“a. #9. "; A JT Mi ct.) , Wi a A di, è P, - - LA aes x ” I gia HARVARD UNIVERSITN. LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. \bro [| PALAEONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA PUBBLICATE PER CURA DEL PIRO: MEA RIOBGA NAV ARI Museo GeoLoGIcO DELLA R. UNIVERSITÀ DI Pisa ——= = ——- VoLume XI. — 1905. 3 PISA IPOGRAFIA SUCCESSORI FRATELLI NISTRI À 1905 INDICE DEL VOLUME XI. Damerni G. . . — La fauna eocenica di Bribir in Dalmazia. Parte seconda (Tav. I, II |IV, V]) Fucmi A. . . — Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. Parte quinta ed ultima (Tav. INI-XI [XLIII-LI| e Fig. 116-131 interc.). Caeconra-Rispori Gi. .— Sopra alcune Alveoline coceniche della Sicilia (Tav. XII, XIII |I, II)... De AneeLIs D’Ossat G. — Coralli del Cretacico inferiore della Catalogna (Tav. XIV-XVII [LIV] e Fig. 1,2 interc.) Dar Praz G.. . . .— Sugli avanzi di Cyrtodelphis sulcatus dell’arenaria di Belluno. Parte seconda (Tav. XVIIE-XXI [V-VIII] e Fig. 17-26 interc.). . Pag. d 169 GIOTTO DAINELLI LA FAUNA EOCENICA DI BRIBIR IN DALMAZIA PARTE SECONDA (Ha yi SETTE IIVEVA]); Sottocl. Gastropoda. Ord. Prosobranchia. Sottord. Aspidobranchia. Sez. Zeugobranchia. Fam. Pleurotomariidae. Pleurotomaria dalmatina n. sp. — Tav. I [IV], fig. 19. Conchiglia conica, depressa, globosa; gli anfratti, in numero di circa 6, sono poco alti, lentamente crescenti in altezza, ed abbastanza rapidamente nel diametro; la loro superficie mostra presso le suture due convessità longitudinali, delle quali la più elevata e più larga è quella inferiore: tra mezzo sta una ben spiccata concavità. L’ ultimo giro presenta uno sviluppo di poco maggiore che nei precedenti; le suture sono lineari, non incavate, ma ben visibili, perchè gli anfratti hanno aspetto scalariforme, sopra- vanzando ciascuno di essi quello immediatamente precedente; l’inclinazione delle suture sull’asse della conchiglia è minima. La base è molto incavata e regolarmente concava, essendo la superficie inferiore del- l’ultimo anfratto assai leggermente arrotondata, mentre poi forma un angolo ottuso col suo margine late- rale. La bocca è assai larga e poco alta, e si estende fino al centro della base, dove termina, dopo un piccolo restringimento, con margini descriventi una circonferenza regolare e quasi intera; il margine esterno della bocca, che ne segna anche la massima altezza, ha per profilo quello stesso che abbiamo de- scritto per gli anfratti, qui però più accentuato che altrove; presso la bocca la sezione anfrattuale si al- larga sensibilmente, e si ispessiscono un poco gli strati della conchiglia. Manca l’ ombelico. Gli ornamenti consistono in coste longitudinali non molto numerose (circa 8 per anfratto), ben ri- levate, lineari, granulose, divise da solchi abbastanza profondi, a sezione semicircolare. Da un esemplare conservato come ottimo modello interno, si vede che la fessura, propria delle Pleurotomariae, si continua, dalla bocca all'indietro, per poco meno di mezzo anfratto; essa, come resulta anche dagli altri esemplari, si trova a un terzo dell’altezza di ogni giro a partire dalla sutura superiore, e precisamente al vertice Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 1 2 NS OIINT O e |pARELLI [136] della convessità longitudinale, della quale ho sopra accennato; questa anzi, mentre è, come ho detto, meno larga e meno rilevata di quella inferiore, è più acuminata ed acuta, a causa appunto dell’ oblite- ramento della fessura caratteristica. DIMENSIONI Altezza totale, circa , 5 ò 7 $ , ; j ; : mm. 30 Diametro massimo, circa . 7 . RI 0 c 7 ò e» 0 Altezza dell’ ultimo anfratto . ò c . Z o 0 ò : » 15 Larghezza della bocca . . . : "ONLUS: : c “9 » 30 Alla presente forma dalmatina si avvicina, più di ogni altra, la Pleurotomaria Nicaeensis Bayan (Moll. tert., 1870, pag. 12), correzione della Pleurotomaria Deshayesì BELLARDI, non DESLONGCHAMPS ( BELLARDI, Cat. rais. des foss. numm. de Nice. Mém. Soc. géol. de France, 2.m° sér., t. 4, pag. 214, tav. XII, fig. 16-18); questa però è meno depressa, infatti le dimensioni date da BELLARDI sono 40 mm. per l’altezza e 50 per il diametro massimo; è più regolarmente conica, e in conseguenza meno globosa; la superficie esterna degli anfratti non presenta le due caratteristiche convessità longitudinali, ma è abbastanza regolarmente rigonfia e arrotondata, colla sola eccezione di una specie di carena, ottusa, subcentrale, corrispondente all’ oblite- ramento della caratteristica fessura; la base della conchiglia è quasi identica alla nostra. BELLARDI dice di tale specie che “a beaucoup d’analogie avec la précédente ,, cioè con la Pleurotomaria concava DESHAYES (Coq. foss., 1837, pag. 246, tav. XXXII, fig. 1-3); ma le differenze, che corrono tra queste due forme, fanno viepiù diminuire le analogie che la seconda di esse potrebbe mostrare coi nostri fossili dalmatini. Accen- neremo che la Pleurotomaria concava DESHAYES è stata citata, dal Vicentino, nell'elenco dei fossili di S. Gio- vanni Ilarione e di Roncà studiati da Vinassa DE ReenY (Sym. Moll. tere. Alpè Ven. Palaeont. Ital., I, 1895, pag. 244; II, 1896, pag. 163); però tanto DE GREGORIO (FYaun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 21, 1896, pag. 84) che OpPENHEIM (Priabonasch. Palaeont., Bd. 47, Lief. 4-6, 1901, pag. 178) temono che vi sia stata confusione di schede e di fossili: ciò che è assai probabile. I nostri esemplari provengono da Zazvic, Ostroviza, e Giéverske. Sez. Scutibranchia. Fam. Trochidae. Sottofam. Phasianellinae. Phasianella cfr. turbinoides Lamarcx. — Tav. I [IV], fig. 3. Conchiglia turbinata, allungata; anfratti poco numerosi, cioè 4, convessi, rapidamente crescenti in al- tezza ma non in diametro, lisci, separati da una sutura incavata, ben visibile, semplice, assai inclinata sull’asse della conchiglia; l’ultimo anfratto uguaglia almeno i due terzi dell’altezza totale conchigliare. L'apertura è grande, ovale, allungata, un poco ristretta alla estremità inferiore, ed inclinata in basso e all’indietro. DIMENSIONI Altezza totale . "1 S , 7 7 ò 5 5 6 5 î mm. 13 Diametro massimo . ù 5 A È s $ n a ù A » 6 Altezza della bocca . o ò s 5 Ù G 5 ò 6 Ò » 8 Larghezza della bocca —. c È 5 c o . o ò o » 4,5 [137] —G. DAINELLI 3 I nostri esemplari dalmatini sono assai imperfettamente conservati, e per questo non diamo di essi che un semplice ravvicinamento che però ha molta probabilità di esser giusto; si confronti per questo la descrizione e le figure di DesHaves (Cog. foss., 1824, pag. 265, tav. XL, fig. 1-4). La Phasianella turbinoides LAMARCK è stata citata da Roncà (Vicentino); Dabrica (Erzegovina); bacino di Parigi; Valognes; Belgio. I nostri fossili dalmatini provengono dai pressi immediati dei Ponti di Bribir. Sottofam. ‘Liotiinae. Liotia decipiens Baran? — Tav. I [IV], fig. 8. 1870. Rapella delphinuloides Bavan. Terr. tert. Venétie. Bull. Soc. géol. de France, 2° série, t. 27, pag. 479. 1870. Delphinula decipiens — Moll. tert., pag. 18, tav. VII, fig. 8. 1894. — — Bay. Oppennem. Hoc.-Fauna des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 441. 1895. — — — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 244. 1896. —— (Liotia) — — Oprenzem. Eoc.-Hauna des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief. 3-4, pag. 163, tav. XVIII, fig. 11 a-c. Conchiglia irregolarmente conica, globulosa, composta di cinque anfratti arrotondati, assai convessi, dei quali i due ultimi crescono piuttosto rapidamente in altezza ed in diametro; le suture che li divi- dono sono profonde, e incavate. La ornamentazione consiste in coste trasverse ben nette e rilevate, strette, intere, leggermente inclinate sull’asse della conchiglia, e curvilinee, presentando la loro convessità dalla parte dell’apertura; esse sono molto distanti l’una dall’altra, e tanto più quanto più ci si avvicina alla bocca, così che nell'ultimo anfratto se ne contano circa sette, e dodici invece in quello precedente; tra le coste trasverse di due giri contigui non vi ha nessuna corrispondenza, per lo meno fissa. Una ornamentazione secondaria, ma non meno importante, è data da delle coste longitudinali, bastantemente rilevate, e certo ben chiare e visibili, intere, rotondeggianti, separate da solchi piuttosto profondi, le quali decorrono nel senso della spira, interrompendosi però ad ogni costa trasversa, sopra la quale non determinano nessun ispessimento, neanche minimo. I caratteri dell’ apertura mancano; solo si può dire che il labbro è assai spesso, e che la spira, presso alla sua fine, tende ad allargarsi dall’asse della conchiglia; a questo è pa- rallela la bocca, che appare rotondeggiante. _ DIMENSIONI Altezza totale . E ì ; 5 5 3 î 3 È : È mm. 14 Diametro massimo . e AR 5 . 5 ; c 5 6 5 > ib Altezza dell’ ultimo anfratto, circa . 0 6 . 0 0 o 6 » tt Altezza della bocca, circa € 0 c 3 ; i - : 6 » 5 La Liotia decipiens BAYAN, fondata sopra un unico esemplare mal conservato (Bayan, op. cit.) e poi riconosciuta e meglio descritta in un secondo, incompleto (OrpenHEIM, M#. Postale), presenta però carat- teri tali che la individualizzano assai bene. Notisi che, a proposito degli ornamenti trasversi, Bayan (Moll. tert., pag. 18) dice che essi sono dati da: “7 fortes còtes tranchantes, élévées, se continuant d’un tour à l’autre ,; OPPENHEIM invece (Mt. Postale, pag. 163) osserva: “ Beide Windungen (i due ultimi, i soli presenti nel suo individuo) sind durch eine tiefe Naht getrennt, und. auch nicht durch die Lingsrippen mit einander in Verbindung, da diese sich stets in den Zwischenràumen zwischen je zwei Rippen des vorhergehenden Umganges einschieben ,; quanto al numero di tali coste, esso è, secondo OPPENHEIM, di 4 | G. DAINELLI [138] 7 nell’ultimo, e di 12 nel penultimo anfratto. I quali caratteri coincidono esattamente con quelli da noi esposti, onde si debbono ritenere errati quelli di Bayan. I nostri due esemplari dalmatini non conservano i caratteri della bocca, e tale mancanza potrebbe far dubitare della esattezza della determinazione: se- nonchè ci induce a ritenerla giusta l’identità degli ornamenti e dei caratteri generali della conchiglia. La Liotia decipiens BAYAN era fin ora citata solo da Croce Grande (S. Giovanni Ilarione) e dal Monte Postale, nel Vicentino; i miei individui provengono dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir. Postalia De Stefanii n. sp. — Tav. I [IV], fig. 2. Conchiglia depressa dall’alto al basso, assai sviluppata e di forma ovale in senso trasverso; con- siste di 2 anfratti e mezzo, rapidamente crescenti in diametro, ma poco alti; solo l’ultimo, e in specie in prossimità dell’apertura, acquista un’altezza notevole; le suture sono infossate e profonde. La parte superiore della conchiglia appare nel suo insieme pianeggiante, non essendo gli anfratti molto rigonfi, e trovandosi essi tangenti ad un unico piano; la parte inferiore, nella quale si vede il solo ultimo giro, appare assai incavata, non tanto per l’ombelico, che non è molto profondo, quanto per la convessità del- l’anfratto, straordinariamente rigonfio in specie verso l’ apertura. La prima parte della spira rammenta assai da vicino l’aspetto delle Adeorbîs; la bocca è sempre assai grande; negli individui giovani è però meno larga che non la parte opposta dell’anfratto, mentre in quelli adulti tale rapporto s’inverte sen- sibilmente; in quei primi ha forma subrotonda, nei secondi ovale trasversalmente, essendo assai più larga che alta; l'altezza poi dell'ultimo anfratto presso l’ apertura si può dire che coincida con quella totale della conchiglia. L’ ornamentazione consiste, nei primi anfratti (1 !,), in serie longitudinali (in numero di 8) di granulazioni ben distinte l’una dall’altra, allungate un poco nel senso della spira, abbastanza rilevate e ben visibili ad occhio nudo; solo sulla parte esterna degli anfratti tali granulazioni tendono ad unirsi, in modo da costituire delle tenui coste longitudinali, alternativamente più o meno rilevate. L’ultimo anfratto poi è tutto quanto coperto, dalla sutura superiore all’ombelico, da 16 coste spirali, nette, piuttosto alte, ma strette, le quali, nella parte superiore del giro si presentano come un alternato suc- cedersi di piccoli rigonfiamenti (in larghezza e in altezza) e di strozzature: tale carattere si fa meno evi- dente nella parte esterna del giro, e sparisce poi in quella inferiore, dove, in specie presso all’ ombelico, tali coste sono intere, continue, irregolari, ben rilevate e piuttosto acuminate. Intermedii a questi primi rilievi, se ne hanno altri, i quali ne riproducono in tutto i diversi caratteri, ma che mantengono sempre proporzioni assai minori: talvolta diventano quasi evanescenti, tal’altra acquistano dimensioni maggiori (mai però come quelle delle coste principali), e in tal caso (nella parte esterna, del girò) se ne osservano due, anzichè uno solo, intermedii tra due dei maggiori. DIMENSIONI DI UN INDIVIDUO GIOVANE Altezza totale . n 5 È 3 . 5 3 5 7 Ù È mm. 10 Diametro massimo . i 2 È ; p È b 5 È È » 18 Altezza della bocca . n ) 3 5 î È a È . 5 » 8 Larghezza della bocca . . ò } ; o . 3 6 È » 9 DIMENSIONI DI UN INDIVIDUO ADULTO Altezza totale . 7 x 7 s Ù 5 : È ” ; 5 mm. 23 Diametro massimo . i È 5 i s G 3 3 7 n » 44 Altezza della bocca . 3 È ì Lo È : 6 3 6 N IU Larghezza della bocca, circa . ò 9 È ; È c . ; » 23 [139] G. DAINELLI 5 Non credo che, dopo la Postalîa postalensis OrpenHEIM (Eoc.-Faun. des Mt. Postale. Palaeont., 1896, Bd. 43, Lief. 3, 4, pag. 165, tav. XVIII, fig. 1), forma la quale ha servito a stabilire il genere, sieno stati descritti altri fossili di questo tipo; per cui con questa sola specie del Vicentino posso stabilire il para- gone dei miei individui dalmatini. Dirò subito che la forma generale presenta gli stessi caratteri, sì da rendere, secondo me, sicura la riunione generica; però essa stessa, all'infuori degli ornamenti, mostra alcune differenze; così il primo anfratto e mezzo cresce assai più rapidamente in rapporto col seguente, e l’apertura, in conseguenza, appare meno grande in relazione colle dimensioni generali della conchiglia. Una differenza notevole consiste poi negli ornamenti, che, nella Postalia postalensis OPPENEHEIM, sono dati da larghe coste longitudinali, molto regolari, liscie, intere, e tutte eguali tra loro. In quanto al posto che tale genere deve avere nella serie sistematica, OPPENHEIM stesso diceva esser molto difficile il deciderlo; il ravvicinamento al Diaphorostoma FiscHeR (Manuel de Conch., 1887, pag. 756, fig. 521) non credo probabile: le due specie di Postalia fin qui conosciute, quella cioè descritta da Op- PENHEIM, e la presente di Dalmazia, per quanto abbiano una forma veramente caratteristica, pure non presentano, nemmeno dentro ristretti limiti, quella variabilità morfologica che hanno invece i Diaphoro- stoma, pei quali FiscHER osserva (op. cit., pag. 756) che: “ sont très polymorphes et paraissent avoir été déformés par les corps sous-marins (Crinoides) auxquels il s’attachaient à l’exemple des Plazyceras ,. Le Postalia invece, per quel poco che se ne sa fin ora, non sono affatto polimorfe, nè hanno, come i Dia- phorostoma “le dernier tour contigu ou disjoint, parfois très irrégulier , (FISCHER, op. cit., pag. 756), ma la forma del loro ultimo anfratto, per quanto eccezionale di fronte agli altri tipi, si mantiene sempre costante: ciò posso dire io, che posseggo varii esemplari, mentre non può affermare il contrario OPPEN- HEIM, che ne possiede uno solo; quindi la sua ipotesi, che sia “ihre eigenartige Form auf irgend eine Art von Parasitismus oder Commensalismus zurickzufihren , (op. cit., pag. 166), non credo possa per ora essere accettata. Per conto mio, per quanto l’ultima parola non si possa per ora dire, inclino a ritenere le presenti forme vicine alle Adeorbìis, come OPPENHEIM stesso accennava. I miei fossili provengono dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir, da Zazvic e da Ostroviza. Sottofam. Trochinae. Delphinula cfr. scobina BronewIaRT. Conchiglia non molto rigonfia, composta di cinque anfratti piuttosto rapidamente crescenti in altezza, convessi, arrotondati, disgiunti da suture ben incavate e abbastanza profonde; la base è concava, ombi- licata; l’apertura boccale rotondeggiante. Gli ornamenti, non bene visibili nei pochi frammenti di con- chiglia conservati, consistono in coste longitudinali più o meno granulose, più larghe, più rilevate e meno rotte sulla base; sulla parte superiore degli anfratti, ma assai vicino al loro lato esterno, si nota una costa molto più sviluppata delle altre, la quale è veramente divisa in tanti aculei, allungati nel senso della spira, forti e rilevati; superiormente a questa serie se ne osserva un’altra nella quale le granulazioni delle coste ordinarie acquistano dimensioni maggiori, senza pertanto assumere l’aspetto di aculei. DIMENSIONI Altezza totale . : 7 n ; 7 4 6 5 y SEO mm. 25 Diametro massimo . è l 6 6 . 3 È A 5 A » 28 Altezza della bocca . 3 5 a È 3 ; 3 5 i i » 15 6 G. DAINELLI [140] Di questa forma ho molti esemplari, tutti, in vero, mal conservati; i pochi ornamenti però, che sono visibili, fanno supporre assai probabilmente giusto il paragone proposto, perchè si ritrovano con abba- stanza esattezza nella Delphinula scobina BronenIARI (Terr. de séd. supér. calc.-trapp. du Vicent., 1823, pag. 53, tav. II, fig. 7); questa nota specie ha gli aculei della faccia superiore degli anfratti assai zu pati, mentre non lo sono nei nostri individui; si noti però che questi non hanno conservati tutti gli strati conchigliari, ma solo i più interni, in quella parte della loro superficie; onde ben si capisce come i loro ornamenti debbano per ciò apparire molto attenuati. La Delphinula multisulcata ScaaurotE (vedi De GREGORIO, Foss. éoc. de Mt. Postale, 1894. Ann. de Géol. et Pal., 14, pag. 24, tav. IV, fig. 117-118; — In., Faune éoc. de Roncà, 1896, 21, pag. 78, tav. XII, fig. 6), che De GREGoRIO pone varietà della scobina BroNeNIART, è affatto priva della serie spirale di aculei, cioè di un carattere abbastanza importante per distinguere due specie diverse; per questo è dubbio che per la Delphinula scobina BroNGNIART si debba accettare la provenienza di Roncà e Monte Postale; essa è abbondante a Castelgomberto (vedi Fucas, Beitr. Kenntn.-Conchyl. Vicent., 1868, pag. 161), ed è stata citata dai bacini francesi di Dax e Bordeaux; una forma assai vicina al tipo è la varietà. appenninica Sacco (Moll. tere. Piem. e Lig., fasc. 21, 1896, pag. 51, tav. IV, fig. 62) del Tongriano piemontese. I miei individui provengono dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir, da Zazvic, e da Ostréviza. Trochus (Tectus) Radimirii n. sp. — Tav. I|[IV], fig. 17. Conchiglia conica, spessa, poco alta, largamente imbasata; gli anfratti, in numero di circa 8, sono poco alti, lentamente crescenti in altezza, ma rapidamente nel diametro; la loro superficie non è quasi punto rigonfia, e tutt’ al più una maggiore rigonfiezza si osserva presso la sutura inferiore. L’ultimo giro non ha affatto uno sviluppo più grande che i precedenti; solo, come è naturale, si accresce nel diametro. Le suture sono lineari, pochissimo inclinate sull’asse della conchiglia, non sinuose, poco incavate, ma ben nette e visibili; la base è piuttosto incavata e regolarmente concava, ed il suo margine esterno forma un angolo acuto colla superficie laterale dell’ultimo anfratto. La bocca è larga e poco alta, secondo la sezione anfrattuale, e si estende fino al centro della base, che è ingrossato in un rilievo calloso. Gli ornamenti consistono in due serie longitudinali di rilievi tubercoliformi; questi sono non molto rilevati, subcircolari, a larga base, del resto molto irregolari nella forma, nelle dimensioni e nella distri- buzione, talora essendo accoppiati tra le due serie, tal’ altra alternati. La base è in linea generale liscia; però anche ad occhio nudo vi si possono riconoscere degli ornamenti, consistenti in una larga striatura concentrica, e in un’altra radiale assai fine e fitta; di queste due, la seconda è la meglio appariscente. DIMENSIONI Altezza totale, circa . Ò 5 o c o 0 ; 1 : mm. 25-32 Diametro massimo, circa. c 3 ò 5 È - ò 6 » 31-40 Altezza dell’ ultimo anfratto 6 È : ; o 6 ; E » 7-10 Larghezza della bocca, circa : o o o A ; o 6 » 16-20 La specie che più si avvicina alla presente forma dalmatina è il Trochus Lucasianus BRONGNIART, di Castelgomberto (Terr. de séd. supér. cale.-trapp. du Vic., 1823, pag. 55, tav. II, fig. 6), e tanto più se si confrontano la descrizione e la figura originali, secondo le quali sarebbe: “ conicus, basi paululum coar- ctatus, super anfractibus serie tuberculorum duplici ,. Se non che, come è stato poi corretto (vedi FucHs, Schichten von Gomberto, Laverda, 1868, pag. 160, tav. III, fig. 19-21), le serie longitudinali di tubercoli [141] G. DAINELLI 7 sono tre e non due, ciò che è generalmente noto; del resto, anche all'infuori di questa differenza, che è però importantissima, se ne hanno altre e molte negli ornamenti, le quali varrebbero da sole a tener distinte le due specie. Nel Trochus Lucasianus BRoNGNIART i tubercoli sono molto regolari, ben rilevati e meglio individualizzati; alla serie prossima alla sutura superiore corrisponde nell’anfratto una specie di fascia longitudinale più depressa; la base è meno incavata ed in essa gli ornamenti consistono in coste concentriche assai rilevate e nette, ed in una striatura radiale più grossolana e più irregolare. Il Zrochus propelucasianus DE GREGORIO (Faun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 21, 1896, pag. 81, tav. XII, fig. 10 @,0) non ha forse, di simile alla specie di BRoNGNIART, che il nome, e solo, tutt’ al più, una certa analogia nella forma generale della conchiglia; del resto credo che debba considerarsi come una varietà del Trochus Saemani BAavan (Moll. tert., 1870, pag. 13, tav. V, fig. 1). Maggiori analogie ha invece il Zrochus margaritaceus DesHAYES (Cog. foss., 1837, pag. 232, tav. XXVIII, fig. 7-9; vedi anche Coss- MANN, Cat. ill. coq. foss. env. de Paris. Ann. Soc. Malac. de Belg., vol. 23, fasc. 3, 1888, pag. 55), ma solo per gli uguali caratteri generici. I miei individui provengono da Ostréviza e da Vàciane. Trochus (Tectus ?) sp. Conchiglia conica, elevata, di grandi dimensioni; gli anfratti sono piuttosto ‘alti, ma lentamente cre- scenti sì in altezza che in diametro; essi hanno superficie pianeggiante, e sono separati da suture non molto profonde, ma ben nette, non sinuose, poco inclinate sull’asse della conchiglia. L’ultimo giro non è molto più sviluppato dei precedenti; e termina inferiormente con un angolo leggermente acuto, che la sua su- perficie laterale forma colla base; questa è quasi piana; l'apertura, secondo quanto ci è dato supporre, doveva esser piccola, cioè assai bassa, ma estesa fin quasi al centro della base; qui, un ingrossamento, che si deve riferire alla columella, costituirebbe un carattere sottogenerico. Gli ornamenti consistono in coste longitudinali, in numero di circa 8 per anfratto, larghe, poco rilevate, e disgiunte da solchi assai stretti e poco profondi. DIMENSIONI IN PARTE APPROSSIMATE Altezza totale, circa o o o . o . È s . . mm. 110 Diametro massimo . " ù d î 5 i 3 5 È È » 85 Altezza dell’ultimo anfratto . È 3 5 ; 7 ; È ; » 25 Avevamo supposto da principio che l’unico esemplare, che noi possediamo di questo tipo, potesse appartenere ad una di quelle forme di Pleurotomariae molto elevate, delle quali si ha un esempio nella Pleurotomaria laevigata De Zieno (in litt.; vedi OppenHEIM, Priabonasch. Palaeont., Bd. 47, Lief. 4-6, 1901, pag. 178, Textfig. 18 a pag. 179) di Monte S. Fermo presso Lonigo; senonchè, esaminato accuratamente l'individuo in discorso, ci siamo dovuti convincere che manca in esso qualsiasi traccia del caratteristico seno, sia presente che obliterato. Per questo e per altri caratteri ancora, crediamo di sicuro di avere qui un individuo di Zrochus, il quale poi, per l’ispessimento columellare probabilmente esistente, potrebbe appartenere al sottogenere Zectus MontFORT; vedasi, come vicino, il Trochus insignis MicaeLoTTI (Lf. Mioc. ‘ înf., pag. 90, tav. X, fig. 6, 7) del Tongriano di Mioglia, per il quale alla descrizione originale Sacco aggiunge i seguenti caratteri: “ basis in regione centrali profunde excavata, infundibuliformis ,, (Moll. dei terr. tere. del Piem. e Lig., fasc. 21, 1896, pag. 21, tav. II, fig. 31). Tale carattere non è affatto pre- sente nel nostro esemplare; esso, e la non citata presenza dell’ingrossamento columellare, potrebbero far 8 G. DAINELLI [142] dubitare della determinazione sottogenerica di Tectus, ove si vedano le caratteristiche citate dal Cossmann: “ Coquille ... à base aplatie; ... columelle tordue, terminée par une saillie dentiforme , (Cat. 4Ml. des coq. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Malac. de Belg., 3.m° fasc., tom. 23, 1888, pag. 54, 55); i quali caratteri si ritrovano nel nostro individuo. Per questo però, stante la sua cattiva conservazione, non possiamo proporre un nome nuovo, e poniamo anche dubbiosamente la determinazione sottogenerica. La località del ritrovamento è Zazvic. i Trochus cfr. (Pyramis) semilaevigatus Dr GreGorIo. — Tav. I [IV], fig. 4,5. Conchiglia conica, spessa, elevata, composta di circa dieci anfratti; questi sono regolarmente crescenti in altezza, poco però nel diametro; le suture sono nette, ben visibili, diritte, poco incavate e quasi punto inclinate sull’asse della conchiglia. L’ultimo giro è alquanto dilatato in basso, non però molto più alto dei precedenti; la base è pianeggiante o leggermente convessa; la columella un poco arcuata, e l’aper- tura subquadrangolare. Gli ornamenti consistono in due serie longitudinali di granulazioni appena accen- nate, talvolta obsolete, e talvolta addirittura mancanti; esse sono piuttosto numerose, potendosene con- tare circa 32 nel penultimo anfratto; sono ben individualizzate, rotondeggianti, o alquanto allungate nel senso della spira; la serie inferiore presenta granulazioni forse un po’ più grandi che quella superiore, e nell'ultimo giro vi ha talvolta l’accenno di una terza serie prossima all’angolo basale, nella quale per- tanto i rilievi non appaiono mai ben definiti nè definibili. Osserveremo che un esemplare di Zrockus, pro- veniente da Besca Nova (isola di Veglia), e che io ritengo possa riunirsi ai presenti da me raccolti nelle vicinanze più o meno immediate dei Ponti di Bribir, mostra nella serie inferiore granulazioni ben mar- cate, ed anche più accentuate quelle della serie soprannumeraria dell’ultimo anfratto. Quando tali orna- menti mancano, forse per una desquamazione sofferta dalla conchiglia negli strati corticali, la superficie degli anfratti è del tutto liscia. É sempre, poi, o quasi, di aspetto madreperlaceo, dai più varii riflessi metallici. La base infine presenta una striatura concentrica, finissima e delicata, ma ben visibile anche ad occhio nudo, per quanto le dimensioni delle strie sieno tanto piccole che di esse in media 6 sono comprese nello spazio di 1 mm. DIMENSIONI Altezza totale . 5 5 i È ; ; ; È È x mm. 12-15-22 Diametro massimo . î 3 ù é 7 È È * 5 » 11-15-23 Aitezza dell'ultimo anfratto . ; 3 3 0 5 5 5 » 3-4-6 Altezza della bocca È ; ; È 5 ; . 3 ; » 1,6-2,5-? Larghezza della bocca . 3 5 6 - : ò 0 o » 4-2? Di questa forma posseggo numerosi individui raccolti in molte località diverse; vi ho avvicinato per confronto, e quindi unito, anche due esemplari portati dal prof. CARLO DE STEFANI da Besca Nova: questi, come già ho accennato, presentano le granulazioni delle serie longitudinali più marcate e rilevate, e meglio definite quelle della serie soprannumeraria dell'ultimo anfratto. Per tali caratteri sembravano avere grandi analogie col Trochus laevisulcatus v. KoENEN, dell’Oligocene inferiore di Latdorf (Das Norddeutche Unter- olig. Abhandl. zur geol. Specialkarte von Preussen, Bd. 10, Heft 4, Lief. 4, 1892, pag. 883, tav. LVIII, fig. 15 a,b); senonchè questa specie (fondata sopra due piccoli frammenti che lasciano vedere di tutta la conchiglia nemmeno per intero i due ultimi anfratti), dalla descrizione, più che dalle figure, si mostra certo differente, perchè la serie superiore delle granulazioni è data da tante piccole coste allungate tra- . [143] G. DAINELLI 9 sversalmente alla spira, sì da fare avvicinare la specie al Zrochus ornatus LAMARCK (vedi DEsHaYESs, Cog. foss., 1824, pag. 230, tav. XXVII, fig. 1-2; tav. XXVIII, fig. 10-12). Maggiori analogie presentano due fossili figurati da DE GREGORIO (Fauna di S. Giov. Iar., 1880, tav. II, fig. 59, 60); essendo rimasta interrotta ia pubblicazione della fauna di S. Giovanni Ilarione, alla quale essi appartengono, scrissi al marchese Ds GREGORIO, e ne ebbi cortese risposta, colla notizia che quei due individui appartengono alla specie nuova Zrochus (Pyramis) semilaevigatus. Confrontando tali figure coi nostri esemplari e colla descrizione che precede, si vede che le analogie sono grandissime, sì che si pos- sono chiamare identità; sola differenza sarebbe, nei fossili di S. Giovanni Ilarione, la mancanza della serie longitudinale soprannumeraria, che pertanto non si osserva sempre nemmeno nei nostri esemplari dal- matini. Del resto, ornamenti, dimensioni e forma generale, sembrano coincidere esattamente; il solo in- dividuo, del quale pel primo ho dato le misure, mostra un’ altezza totale maggiore rispetto al diametro massimo, ove lo si confronti cogli esemplari del Vicentino e gli altri di Dalmazia; però, malgrado queste analogie grandissime, mancando per ora della specie di De GREGORIO la descrizione, la quale ci potrebbe meglio chiarire sui suoi caratteri particolari, non posso proporre altro che un semplice avvicinamento; non avrei d’altra parte elementi per fare, dei miei fossili, una specie nuova. De GREGORIO, chiamando la sua nuova specie Zrochus semilaevigatus, l’ha certamente paragonata al Trochus laevigatus SoweRBY (Min. conch., vol. 2, 1818, pag. 179, tav. CLXXXI, fig. 1), dalla quale differisce per la presenza delle serie longitudinali di granulazioni, per la mancanza di un rilievo longitudinale, intero e vicino alla sutura inferiore di ciascun anfratto, e per altri minori caratteri diversi. Notisi che SoweRBY ha paragonato la sua specie al Trochus 2izyphinus Linneo ((Syst. Nat., 1766, pag. 1231, n. 599; vedi la biblio- grafia e sinonimia in Bucquoy, DauTZENBERG et DoLLrus, Moll. mar. du Roussillon, fasc. 9, 1885, pag. 345, tav. XLI, fig. 1-7), col quale sembra presentare ancora maggiori analogie l’individuo figurato da NysT (Cog. et polyp. foss. des terr. tert. de la Belg., 1843, pag. 379, tav. XXXVI, fig. 11), per quanto questi lo paragoni al Trochus granulatus Born (Ind. rerum Natur. Mus. Caes. Vindob., pag. 343; vedi la bibliografia e sinonimia in Bucquoy, DAUTZENBER&S et DOLLFUS, 0p. còt., fase. 9, pag. 359, tav. XLVIII, fig. 1-5), che ne differisce evi- dentemente per i chiari ornamenti longitudinali. Notisi ancora che il nome nuovo di Zrockus assimilis, dato alla specie di SowerBy da D’ORBIGNY (Prodr. de pal. str., vol. 3, 1852, pag. 42, 26.° ét., n. 647), il quale riserbava quello di laevigatus all’altra di GweLin (in Linneo, Syst. Naf., 1790, pag. 3573), cade in sino- nimia, dal momento che il Trochus laevigatus GmeLIN (non SowerBY) non è se non il Trochus varius Linneo ((Syst. Nat., 1766, pag. 1229; vedi la bibliografia e la sinonimia in Bucquoy, DAUTZENBERG, e DoLLFus, op. cit., fasc. 10, pag. 385, tav. XLVI, fig. 6-14). Del resto, intorno al nome di /aevigatus, dato a molte specie diverse, regna una certa confusione; per non citare che le forme terziarie, e forse non tutte, vedasi il Turbo lacvigatus DesHAYES del Bacino di Parigi (Cog. foss., 1824, pag. 257, tav. XXXIII, fig. 13-15) cambiato in Trochus Aurelius D’ORBIGNY (0p. cit., vol. 2, pag. 347, 25.° ét., n. 166 dis); il Trochus laevigatus GrarELOUP di Dax e St. Paul (Corch. foss. du Bass. de Adour, 1840, tav. XIII, fig. 16), mutato in sudlaevi- gatus D’ORBIGNY (op. cit., vol. 3, pag. 42, 26 ét., n. 642); la Monodonta laevigata MricaELoTTI del Piemonte (Déscr. Foss. Mioc., 1847, pag. 180, tav. VII, fig. 12-13), citata come Zrochus laevigatus MicHeLoTTI dal Sacco (Cat. pal. Bac. terz. Piem., n. 1806. Boll. della Soc. geol. ital., 1888), il quale poi la pose sino- nima della Leptothyra (Cantrainea) mamilla AnvrzeJowsKI (vedi Sacco, Moll. tere. Piem. e Lìg., parte 21, 1896, pag. 7, tav. I, fig. 11 cum syr.); infine il Trochus laevigatus PaIuIPPI di Sicilia (Enum. Moll. Siciliae, 1836, vol. 1, pag. 175, vol. 2, pag. 154) che pure dovrà, come i precedenti, cambiar nome. Osserveremo infine che abbiamo citata la specie di S. Giovanni Ilarione esattamente come ce l’ha riferita il suo descrittore; però dobbiamo notare che, seguendo ZittEL (Handb. der Palaeont., I Abth., II Bd., 1881-85, pag. 196), il sottogenere Pyramis cade in sinonimia del Zectus MontrORT. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 9 10 G. DAINELLI [144] I miei esemplari dalmatini provengono dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir, da Zazvic, da Ostroviza e da Vàciane; ne conosco: anche di Besca Nova, raccolti dal prof. C. Dr STEFANI. Trochus? dalmatinus n. sp. — Tav. I [IV], fig. 14. Conchiglia turriculata, di piccole dimensioni, poco alta, composta di circa 5 anfratti; questi sono re- golarmente crescenti in altezza ed assai in diametro, assai convessi, rotondeggianti; la sutura è ben netta, visibile, incavata, leggermente canaliculata; l’ultimo giro è molto più sviluppato dei precedenti, e va al- quanto slargandosi presso l’apertura, che è subrotonda, obliqua in basso ed all’indietro. La base è con- cava, ombilicata; gli ornamenti consistono in coste longitudinali, o spirali, assai strette, poco più che fili- formi, rilevate, acute, disgiunte da solchi larghi e pianeggianti; esse sono intere, eccettuata la superiore, la quale è nettamente granulosa; queste granulazioni però sono molto fini e di minime dimensioni; oltre a ciò si osserva un altro ornamento, secondario, il quale consiste in delle piccole costoline trasversali, che occupano i solchi intercedenti tra quelle spirali; esse sono assai fini, poco elevate, nette superior- mente, evanescenti all’estremità opposta, ed assai oblique in basso e all’indietro. DIMENSIONI Altezza totale . È 6 c c a E . 0 o ; . mm. 6,9 Diametro massimo . 6 6 : È È 0 0 0 c : » 8,9 Altezza dell’ ultimo anfratto . o . : ; ò 0 . : » 4 Altezza della bocca. ò ò 6 i 6 ò 0 a ò n » 4 Larghezza della bocca . . È ; . 5 5 ; o À » 4 Della forma che abbiamo così descritto possediamo varii esemplari, tutti però mal conservati, sì che incerta è la determinazione generica; d’altra parte gli ornamenti, visibili chiaramente in alcuni frammenti di conchiglia rimasti inalterati, farebbero propendere a ritenerli una specie nuova. Non piccole analogie ha il Zrochus Zignoi Bavan (Moll. tert., 1870, pag. 16, tav. I, fig. 8,9, tav. IL fig. 9), il quale presenta coste longitudinali e tra esse granulosa quella superiore; però tali coste sono rotondeggianti, ed assai piccoli gli spazii interposti, i quali poi sono affatto mancanti della ornamenta- zione secondaria. Qualcosa di simile si osserva invece nel Zurdo heronvalensis DesnAves (Bassin de Parîs, 1866, II, pag. 909, tav. LXI, fig. 1-3), ma distribuito in modo diverso, e differente anche come proporzioni. Vedasi anche il Z'urbo cancellato-costatus SANDBERGER, di Latdorf (KònEN, Nordd. Unterolig., 1892, 4, pag. 860, tav. LVI, fig. 16). I nostri individui dalmatini provengono dai dintorni immediati dei Ponti di Bribir. Trochus (Monodonta) Zignoi Bavan. — Tav. I [IV], fig. 18. 1870. Turbo Zignoi Baran. Terr. tert. Venetie. Bull. de la Soc. géol. de Fr., t. 27, pag. 477. 1870. Trochus — — Moll. tert., pag. 16, tav. I, fig.8,9, tav. II, fig. 9. 1870. — Suessi Mayer. Cogq. foss. des terr. tert. inf. Journ. de Conch., vol. 18, pag. 328, tav. XI, fig. 4. 1894. — ZignoiBav. De GreGorIo. Foss. éoe. de Mi. Postale. Ann. de Géol. et Pal., 14, pag. 22, tav. IV, fig. 105-111 (cum syn.). 1895. — — —. Vamassa. Syn. Moll. terz. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 217. 1896. _ — — Orrennem. ZFoc.-Faun. des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief. 3,4, pag. 164, tav. XIX, fig. 7 (cum syn.). [145] G. DAINELLI 11 Conchiglia conica, spessa, globulosa; i cinque anfratti, che la compongono, sono arrotondati, convessi, separati da una sutura ben netta, incavata, lineare, poco inclinata sull’asse della conchiglia. L’ultimo giro è di assai più sviluppato dei precedenti, rigonfio, regolarmente arrotondato dalla sutura all’ombilico; questo è piccolo, stretto, poco profondo; la base è pianeggiante; la bocca rotonda. Gli ornamenti consistono in coste longitudinali, ben nette e rilevate, per lo più tondeggianti, talvolta però leggermente acute; esse sono disgiunte da solchi abbastanza profondi, più larghi delle coste stesse, pianeggianti sul fondo; il loro numero è di sei nei primi anfratti, ma assai maggiore nell’ultimo, dove si continuano fino all’ ombilico. Non è visibile il dente presso il bordo columellare, e appena accennata è la granulosità della costa vi- cina alla sutura superiore di ciaschedun anfratto. DIMENSIONI Altezza totale 3 : 5 3 6 c 5 o o o o mm. 15-19 Diametro massimo A o n ò 5 ò ò o ò Ù » 14-18 Altezza dell’ ultimo anfratto i È ; 5 E i È i » COLÌ Sull’identità della presente specie di Bavan col Zrochus Suessì descritto quasi contemporaneamente da MAYER (0p. cit.), non mi pare che vi abbia alcun dubbio; quanto alla descrizione dei caratteri speci- fici è assai meglio, come già ha osservato OPPENHEIM (op. cit.), tornare alle due prime, che non a quella, posteriore e modificata, di De GREGORIO (op. cit.), la quale sembra negare la presenza del dente nel bordo della columella, e dubitare della presenza di un vero e proprio ombilico; il primo di questi caratteri non ho potuto riscontrare nei miei esemplari, ma è risultato a tutti gli autori precedenti; il secondo poi è pure presente senza dubbio anche nei miei individui dalmatini. Il Trochus Zignoi BAvAN è proprio del Monte Postale; io l’ho raccolto nei pressi dei Ponti di Bribir ed a Zazvic. Fam. Neritidae. Nerita pentastoma Desmaves. — Tav. I [IV], fig. 12, 13. 1866. Nerita pentasioma Desnayes. An. sans vert., t.3, pag. 17, tav. LXVI, fig. 7-9. 1888. — —_ Desa. Cossmann. Cat. #02. des coq. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Malac. de Belg., t. 23, fasc. 3, pag. 87. 1896. — — — Orpenzemm in Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., pag. 101, tav. V, fig. 8. Conchiglia poco elevata, trasversalmente ovata ed oblunga, concava nella parte corrispondente all’ ul- timo mezzo anfratto; la spira è corta, essendo composta di tre giri, tangenti superiormente ad un me- desimo piano, e dei quali l’ultimo acquista, come in tutte le forme simili, uno sviluppo straordinario e piuttosto irregolare. La sutura è stretta, regolare, leggermente canaliculata; la superficie basale si può dire in generale pianeggiante, ed appare obliqua dall’avanti all'indietro e da destra a sinistra, a chi guardi la conchiglia dalla parte dell’apertura; questa è relativamente non grande, obliqua nello stesso senso della base, semilunare o semicircolare che dir si voglia. Gli ornamenti sono esclusivi dell’ultimo anfratto; in questo risaltano subito tre coste longitudinali, le quali, partendosi dall’estremità superiore del bordo in- terno della bocca, vanno poi divergendo durante il loro percorso anfrattuale, e terminano tra loro assai distanti, ma non equidistanti, al labbro esterno, sul quale determinano come delle acute prominenze. Tali 12 G. DAINELLI [146] coste sono grosse, ben rilevate, acute, in specie quelle due che sono più lontane dalla sutura, e non intere e regolari, presentando degli alternati ispessimenti a mo’ di tubercoli, pertanto non molto pronunziati. Oltre a questi ornamenti principali, altri se ne osservano, che descriverò, per quanto è possibile, da un mio esemplare: presso alla sutura con l’anfratto precedente si nota un rilievo curvilineo, rotondeggiante, a larga base, ma assai basso da prima, e crescente per gradi in altezza lungo il suo breve percorso, che termina all’estremità superiore del piano columellare; tra questo rilievo e la prima costa vi ha una su- perficie pianeggiante, triangolare, nella quale, a causa, certo, della corrosione subìta dal fossile per opera di agenti meccanici ed anche chimici, non si vedono ornamenti di sorta, mentre secondo la descrizione e la figura di DESHAYES (0p. còt., pag. 18, tav. LXVI, fig. 7) si dovrebbero qui osservare due piccole coste longitudinali leggermente granulose. Tra questa prima e la seconda costa principale, se ne notano altre quattro intermedie, non larghe nè alte, separate da solchi poco profondi, e diversamente tra loro svilup- pate; tra la seconda e la terza si ha la medesima ornamentazione secondaria, la quale si ripete poi tra la terza ed il limite inferiore dell’anfratto, che si distingue dalla parte basale della conchiglia per mezzo di una specie di carena non molto rilevata nè molto acuta; questa si perde nel labbro esterno della bocca. Se si guarda la conchiglia dalla parte dell’apertura, si vede che la parte più prominente dell’an- fratto è qui determinata dalla prima porzione della terza costa principale; al di sotto vi ha, nella parte inferiore della conchiglia, un triangolo, determinato inferiormente dalla carena di cui ho detto; più oltre ancora vi è il piano columellare, molto esteso, liscio in gran parte, leggermente declive verso la bocca, dove termina con un margine columellare, munito di varii denti (circa in numero di sette), piccoli e poco prominenti; di questi, hanno dimensioni maggiori due che si trovano nella parte superiore del margine stesso; tutti poi, o quasi, mandano verso il piano columellare delle piccole coste corrispondenti, non molto larghe e poco rilevate, che presto però svaniscono. Il labbro esterno è spesso; tutta la conchiglia poi, veduta normalmente al piano obliquo basale, presenta un contorno irregolarmente pentagonale. DIMENSIONI Altezza totale i 5 3 7 ò , x 05 o 5 A mm. 12-16 Diametro massimo i 5 à ò : 3 a g 5 3 » 15-22 Altezza della bocca . : 3 3 È 5 ì i i S » 6-10 Larghezza massima della bocca . . o . è i . È » 5-7 Attribuisco alla presente specie di DesHayEs due individui da me raccolti in Dalmazia; di uno solo mi son servito per la descrizione che precede, salvo che nel carattere dei due denti più grossi presso l'estremità superiore del margine columellare, che io ho osservato nel mio secondo esemplare. Come si può vedere da chiunque, la precedente descrizione coincide con abbastanza grande esattezza con quella data da DesHayEs; uniche differenze si hanno forse nella distribuzione degli ornamenti, e cioè: le tre coste principali, nel mio fossile, risultano tutte relativamente più vicine alla sutura, di quel che non appaia dalla figura originale del descrittore; di più questi dice che tra l’una e l’altra di queste coste principali se ne osservano due secondarie, mentre nel mio individuo dalmatino tale numero è raddoppiato. In effetto, la prima di queste differenze credo che abbia un minimo valore; quanto alla seconda poi, si potrà osservare che, dalla figura data da DesHayEs, risulterebbe che tra il rilievo, che decorre presso alla sutura, e la prima costa principale, ve ne hanno tre secondarie, delle quali la mediana è la più rilevata; che tra la prima e la seconda delle principali, ve ne hanno tre minori ugualmente sviluppate; che tra. la seconda e la terza infine, ve ne hanno cinque, delle quali le estreme e la mediana ‘appena accennate, [147] - G. DAINELLI E 13 e le altre due ben nette e individualizzate. Come si vede, dunque, tali ornamenti secondarii presentano una immensa variabilità nello stesso individuo, e quindi la devono presentare anco maggiore tra individui diversi, nè si può accettare come fisso e preciso il numero di due, che DesHAYEs attribuisce alle coste longitudinali, intermedie alle principali. Un’altra osservazione è necessaria, riguardo al mio secondo individuo, che è quello che presenta dimen- sioni minori: in esso diminuiscono di importanza le coste principali, e ne acquistano altrettanta quelle secon- darie; per questo carattere si allontana effettivamente un poco dal tipo, descritto da DESHAYES, e rappre- sentato assai bene dal mio primo esemplare. Sono stato, per questo, alquanto in dubbio, se separarlo o no; poi ha prevalso il secondo pensiero, considerando che gli altri caratteri sono identici, e che poi bisogna ammettere, nelle varie specie, una variabilità dentro certi limiti, che nel nostro caso speciale non si pos- sono determinare per il piccolo numero di esempiari che si conoscono. Del resto, questo secondo individuo non fa, secondo me, che provare la stretta affinità che la Nerita pentastoma DesHaves ha colla Nerita tricarinata LAMARCK (Ann. du Mus., t. 5, pag. 94, n.° 2; t. 8, tav. LXII, fig. 4a,b); affinità già riconosciuta dal DESHAYES stesso ((0p. cit., pag. 17), e confermata dal Cossxann (0p. cit., pag. 87), il quale dice: “ eile a le méme nombre de carènes et de cordons intermédiaires, mais les uns et les autres sont bien plus saillants et portent des granulations tuberculeuses beaucoup plus développées; les stries d’accroissement sont aussi plus fines et plus régulières; malgré ces différences, je la considère comme une forte variété du N. fricarinata ,. Il mio esemplare più piccolo presenta invero quei caratteri che lo fanno distinguere dalla specie di LAmaRCK, ma in ogni modo le si avvicina assai più dell’altro, che ha la caratteristica ornamentazione della forma di DesHAyYEs. A proposito della Nerita tricarinata LAMARCK, veggansi gli esemplari della Loira inferiore (Cossmann, Mol/. éoc. de la Loira inf. Bull. de la Soc. des Sc. Nat. de 1° Quest, t. 2, 1899-1902, pag. 44, tav. IV, fig. 31-32), che mostrano col nostro esemplare di Nerita pen- fastoma DesHAYES maggiore analogia che non gli individui del bacino di Parigi (DesHAYES; Cog. foss., tav. XIX, fig. 9-10). - Finalmente OppeNHEIM ( Priabonasch. Palaeont., 1901, Bd. 47, Lief. 4-6, pag. 182) pone addirittura sino- nime le due specie in questione, citandole insieme dalle località venete di Grancona e Roncà, e da Gutta- ring in Carinzia dietro PENECKE; io credo che la Nerita pentastona DesHaves vada distinta dalla Merita tricarinata LAMARCK, perchè ha caratteri spiccatamente diversi, pure potendone essere, come dice CossMann, una forte varietà. La presente specie proviene dall’ Eocene medio del Bacino di Parigi; sarebbe interessante sapere se essa si trovi anche tra gli individui del Veneto citati dall’OPPENHEIM, con sinonimia, come di Nerita tricarinata LAMARCK; questa è specie assai più diffusa, e proviene da tutto quanto l’ Eocene. I miei esemplari sono stati raccolti ad Ostroviza. Nerita cfr. (Odontostoma) mammaria Laxmarcx. — Tav..II [V], fig. 13. Conchiglia poco elevata, trasversalmente ovata ed oblunga, leggermente concava nella parte corrispon- dente all’ultimo mezzo anfratto; la spira è corta e consta di tre giri, dei quali l’estremo acquista dimen- sioni assai notevoli; la sutura è stretta, regolare, un poco incavata. La superficie dell’ultimo anfratto è tutta quanta coperta da finissime strie trasverse, curvilinee, colla convessità rivolta verso la bocca, intere, fitte e numerose assai, potendosene contare, coll’aiuto della lente, una diecina circa per millimetro; sono però visibili anche a occhio nudo, in specie perchè non tutte presentano lo stesso sviluppo, ma ve ne hanno alcune un poco più rilevate delle altre. La superficie basale si può dire in generale pianeggiante, 14 G. DAINELLI [148} secondo un piano assai obliquo dall’avanti all'indietro e da destra a sinistra, a chi guardi la conchiglia dalla parte della bocca; questa è piuttosto grande, semicircolare, limitata da un labbro esterno piuttosto sottile e regolarmente rotondeggiante. Nella parte inferiore della conchiglia la ornamentazione dell’ultimo anfratto si presenta solo a sinistra ed in alto in una piccola porzione, nettamente limitata, verso il piano columellare, da una linea curva, la quale, da sinistra a destra, presenta prima una concavità e poi una convessità; il piano columellare è esteso, liscio, leggermente declive verso la bocca; denti non ne ho potuti vedere nè sul margine columellare nè sul labbro esterno, non essendo stato possibile togliere la. roccia riempiente, in specie a causa delle piccole dimensioni della conchiglia. DIMENSIONI Altezza totale . ò o . . o o È 0 È o . mm. 9 Diametro massimo . a 0 o o c o c : o o » 10 Altezza della bocca, circa . : c o 0 o È . 0 a » 8 Larghezza della bocca, circa . c c 0 ° ò o o : » 45 Gli individui dalmatini, pei quali vale la descrizione precedente, hanno immensa analogia colla Nerita mammaria LAmaRcK (vedi DesHAYES, Cog. foss., 1826, pag. 161, tav. XIX, fig. 1, 2); di questa non sono visi- bili i denti per la ragione che ho sopra esposto, nè le striature longitudinali (ancora più fini di quelle trasverse), alle quali accenna il Cossmann (Cat. ill. des coq. foss. des. env. de Paris. Ann. de la Soc. Malac. de Belg., t. 23, fasc. 3, 1888, pag. 88), per quanto gli strati conchigliari sieno perfettamente conservati. Questa sarebbe l’unica differenza essenziale; si noti però che tale carattere non è citato dal DesHavEs:; dalle figure date da questo autore, e dai miei fossili, apparirebbe che questi hanno l’ultimo anfratto alquanto più espanso presso l’apertura. Del resto io inclinerei a riunirli addirittura alla specie di LamARcK. La Nerita mammaria LamaRcK è frequente nell’ Eocene del Bacino di Parigi; i miei individui pro- vengono dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir. Velates Schmidelianus CarmNITZ. 1786. Nerita Schmideliana Caewnirz. Conchyl.-Kab., 9, pag. 180, tav. XIV, fig. 975, 976. 1894. Velates — Carun. Ds GreGorIO. Foss. éoc. de Mi. Postale. Ann. de Géol. et Paléont., 14, pag. 31, tav. VI, fig. 181 (cum syn.). 1896. -— Schmidelianus — OrPpenmeni. Eoc.- Faun. des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief. 3, 4, pag. 168 (cum syn.). 1896. — Schmideliana — De Greorto. Fawn. éoe. de Roncà. Ann. de Giéol. et Paléont., 21, pag. 54, tav. VI, fig. 1-3; tav. VII, fig. 1-8 (cum syn.). 1896. — - — Vinassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palacont. Ital., II, pag. 168. 1896. — — — Bonrscnerr. Tert.-Beck. von Haskovo. 1897. + — — Vimassa. Syn. Moll. tera. Alpi Ven. Palaeont. Ital., III, pag. 170. 1901. — Schmaidelianus — Orpennem. Priabonasch. und ihre Fauna. Palaeont., Bd. 47, Lief. 4-6, pag. 182 (cum syn.). 1901. — ue = — Alttert. Faun. der oesterr.-ung. Monarchie. Beitr. zur Palaeont. und Geol. Oesterr.-Ung., Bd. 13, Heft 3, pag. 153; Heft 4, pag. 183, 254 (cum syn.). 902 = — — MarineELLI. Tarcento, pag. 206. [149] G. DAINELLI 15 Questa è certamente la specie più diffusa e più abbondante nelle località dalmatine, dalle quali pro- vengono i fossili, che sono oggetto della presente nota. Descrivere questa forma così generalmente cono- sciuta, non è adesso il caso; accenneremo solo alla grande variabilità sua, avendone esemplari più o meno alti, più o meno allungati; altri depressi, altri rilevati; alcuni a base ovale, alcuni a base subcircolare; grande variabilità è anche nel portamento dell’apice, più o meno spostato dal centro della conchiglia, talora quasi dritto, tal’ altra assai ricurvo da un lato; infine è degna di nota una caratteristica piega longitudi- nale, a mo’ di gradino, estesa solo su metà della conchiglia, evanescente alle due estremità, e posta sul lato opposto all’apertura, circa a metà distanza tra il vertice e il margine basale della conchiglia. Quanto alle dimensioni ed alle loro variazioni coll’età, DE GREGORIO (Rorcà, pag. 54) osserva che gli individui adulti sono in generale più bassi; onde ne deduce che la conchiglia, raggiunta una certa dimensione, si accresce più in larghezza e lunghezza che in altezza. Dei miei numerosissimi esemplari alcuni sono allo stato di modelli interni, facilmente riconoscibili ; i più però hanno gli strati conchigliari, e presentano nettamente conservati tutti i caratteri specifici; onde verificare se l’osservazione di De GREGORIO sulle reciproche relazioni delle varie dimensioni sia giusta, riferirò le misure di varii individui, scelti tutti tra gli esemplari meglio conservati. DIMENSIONI Altezza 13,5 15 Io aly lO 22. 206 23. 20 27 2 20) 0 a I Lunghezza 28 sl 34 30,5 34 43 41 ASA 615055 LS SANTO 65 Larghezza 25 25,5. 30.27 30 37 34 36 46 39 53 43 44 47 47 47. 40 53 59 Dalle quali misure appare evidente come non vi sia una regola speciale, per quanto non costante, secondo la quale negli individui a base assai sviluppata l’altezza sia relativamente minore; gli individui, dei quali ho riferito le misure, sono ordinati in serie secondo i valori ascendenti dell’altezza; orbene, si vede chiaramente che a pari altezza la base varia moltissimo e dentro limiti abbastanza grandi; quindi credo si abbiano solo variabilità individuali, sulle quali l’età non ha influenza, ma nel calcolar le quali bisogna attentamente osservare anche quelle dipendenti dalla fossilizzazione. Il Velates Schmidelianus CHEMNITZ è specie assai diffusa in senso tanto orizzontale che verticale; essa infatti dagli strati di Monte Postale va, nel Vicentino, fino al Priaboniano. Quanto alla sua bibliografia, come quella di una specie molto comune, è abbondantissima, ed è quasi impossibile stabilirla completa- mente; chi voglia conoscerla, consulti le opere sopra citate, dalle cui sinonimie, talvolta ricche, potrà risalire ai numerosi autori dai quali tale specie è stata descritta per le più variate località. Il Velates Schmidelianus CHEMNITZ proviene dal Bacino di Parigi, dai dintorni di Nizza, dall’ Asia, dall'Egitto; abbondantissimo è nel Veneto, dove è stato citato da Roncà, Monte Postale, Ciuppo, la Croce Grande, Monte Alcenago, Ponza, Costagrande, Gichelina di Malo, Val d’Avesa, Monte Arzano, Monte Cain, Purga di Vele, S. Pietro Mussolino, Mussolano, Grancona, Monte Scuffonaro presso Lonigo, Mossano, Gallio nei Sette Comuni. Proviene anche dal Friuli, da Kressenberg; da Hohgauthal nelle Alpi settentrionali; da Porised e Urkut in Ungheria; da Haskovo; dalla Carinzia; da Konjavac e Trebistovo nell’ Erzegovina; da Lopare nella Bosnia; da Valki Totschek e Vacziani presso Scardona, in Dalmazia. Vinassa in una tavola comprensiva delle specie di Monte Pulli, Caldiero, Bolca, ecc., nel Vicen- tino (Moll. tere. Alpi Ven. Palaeont. Ital., INI, 1897, pag. 163) pone il Velates Schmidelianus CHEMNITZ come proveniente anche da Monte Pulli; è evidentemente uno sbaglio di stampa, perchè egli stesso in seguito (pag. 170) ne esclude la presenza in quella località, come pure resulta dai lavori di DE GrEGoRIO ( Foss. di Monte Pulli. Ann. de Géol. et Paléont., 21, 1896, pag. 132) e di OrPENHEIM (Monte 16 G. DAINELLI [150] Postale, quadro comprensivo, pag. 213;— Eoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, 1894, quadro comprensivo, pag. 442). OpPENHEIM tra le varie località, dalle quali proviene il Velates Schmidelianus CHEMNITZ, cita (Alttert. Faun., pag. 254): Monte Promina (Valki Totschek); si noti che Valki Totschek è una località veramente eocenica, e da essa provengono certo gli esemplari confrontati da OPpeNHEIM, mentre il Monte Promina è oligocenico, e non possiede tale specie (DaineLLI, Mioc. inf. del Mt. Promina in Dalm. Palaeont. Ital., VII, 1901). I miei esemplari dalmatini provengono dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir, da Zazvic, da Ostroviza, da Giéverske e da Vàciane. Sottord. Ctenobranchia. Sez. Ptenoglossa. Fam. Solariidae. Solarium cfr. bistriatum DesHavrs. Conchiglia orbicolare, depressa, composta di sette anfratti poco elevati, i quali costituiscono supe- riormente un cono molto ottuso e assai basso; l’ultimo è per la massima parte il solo visibile dalla parte inferiore della conchiglia, involgendo quasi completamente tutti i precedenti. La sutura è lineare, semplice, non profonda, ma netta; l’ultimo giro ha il margine esterno piuttosto acuto; la base della conchiglia è molto incavata, avendosi un ombelico profondo, e libero. L'apertura è subquadrangolare, assai più larga che alta, obliqua in basso dall’esterno verso il centro della base; la superficie è del tutto liscia; e solo si vede qualche traccia di una stria o piccolo solco longitudinale, che segue tutta la spira presso alla sutura. DIMENSIONI Altezza totale . ò , o . 0 o 0 . 5 6 " mm. 14 Diametro massimo . o . Mg . x c . 7 6 » 25 Altezza della bocca . ò o ; È c È c o ; 0 » 5,5 Larghezza della bocca, circa . : x o o 0 . . . » 13 L'unico esemplare da noi posseduto è assai mal conservato, ma i pochi caratteri, che in esso sono visibili e che abbiamo esposti rendorio assai probabile il ravvicinamento proposto; vedasi a questo pro- posito la figura originale di DesHayrs (Eno. de Paris, 1824, pag. 215, tav. XXV, fig. 19, 30). Si osservi la grande analogia, si può quasi dire la identità, che presenta, nella sua parte superiore, colla presente specie, la Discohelix Beyrichi OrpeNHEIM (Colli Berici. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., 1896, Bd. 48, pag. 63, tav. III, fig. 1). Il Solarium bistriatum DesmArEs, oltre che dal bacino di Parigi, è stato citato, nel Vicentino, da Roncà (Vinassa DE ReenY, Synopsis dei Moll. terz. delle Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, 1896, pag. 172; DE GREGORIO, Fauna éoc. de Roncà, Ann. de Géol. et Pal., 24, 1896, pag. 77); da Monte Postale (Vinassa, op. cît., I, pag. 220) e da S. Giovanni Ilarione (Vinassa, op. cit., I, pag. 253): dovunque però sempre raro. OPPENHEIM, nelle sue numerose opere sulle faune fossili del Vicentino, non lo cita mai; Vinassa invece (op. cit., I, pag. 212, 230) lo dice proveniente anche dalla Croazia e Carinzia. Il nostro unico esemplare dalmatino proviene da Zazvic. [151] G. DAINELLI 17 Fam. Scalaridae. Scalaria (Parviscala) Visianii n. sp. — Tav. I [IV], fig. 7. Conchiglia allungata, turricolata, composta di anfratti non molto convessi, in numero totale non pre- cisabile, ma supponibile in circa 9 o 10, essendone presenti solamente i cinque ultimi. Gli anfratti sono piuttosto alti, ma non rapidamente crescenti nè in altezza nè in diametro; la sutura è ben marcata ma non profonda; però all’infossamento naturale esterno non corrisponde veramente la sutura, la quale si trova un poco nascosta dagli ornamenti, che, da ciascun anfratto, si sporgono sulla parte anteriore di quello precedente. Gli ornamenti consistono in coste trasverse ben nette, cordiformi, rotondeggianti, dir ritte, parallele all’asse della conchiglia, le quali, come ho già accennato, sporgono alquanto verso l’an- fratto precedente, mascherando la sutura; esse sono in numero di 23 nel penultimo giro, e di 20 in quello precedente, nel quale sono anche più fitte. Nell'ultimo anfratto, presso alla bocca, perdono forse alquanto della loro continuità, allargandosi un poco, e non mantenendo più il loro aspetto nettamente cordiforme. L’ornamentazione longitudinale, nel senso della spira, è data da delle coste abbastanza numerose (9 nel penultimo giro), le quali sono diritte, ben nette per quanto poco rilevate, disgiunte da solchi larghi quanto esse coste, e non evanescenti sulle coste trasverse, come spesso succede. L'ultimo anfratto non è molto sviluppato; è convesso alla base, sulla quale si prolungano le coste trasverse, pur affievolendosi un poco; nessuno dei cordoni longitudinali vi acquista dimensioni notevoli, anzi tutti si attenuano sensibilmente. La bocca, per quanto mal conservata, appare rotondeggiante, ma più alta che larga, e leggermente obliqua rispetto all’asse della conchiglia. Il labbro esterno deve portare all’ estremità superiore una breve espan- sione spinosa, piuttosto aderente alla conchiglia, come da un frammento conservato ci è dato imaginare. DIMENSIONI Altezza totale, circa. 3 : 6 i; . s È 3 ; 5 mm. 43 Diametro massimo . s ; o 5 i o : ; ; » 14 Altezza del penultimo o : o . ; » TI Altezza dell’ ultimo anfratto, in COLISnONARAzE della Nocca . : à Dc Ig Altezza della bocca . o o c . c c c : o . 9 all Posseggo un unico esemplare dalmatino, il quale, per quanto non perfettamente conservato, si presta ad una. descrizione abbastanza completa, e ad esser considerato come specie nuova; quanto alla deter- minazione sottogenerica, vi sono facilmente giunto confrontando il mio esemplare con i molti, di ,Sca- laria, descritti e figurati da Cossmann (Cat. ill. des cog. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Ma- lac. de Belgique, vol. 23, fasc. 3, 1888), il quale segue De Bourc, il migliore conoscitore di questo gruppo di Gasteropodi. Cossmann infatti, dopo aver dato per le Circuloscala i seguenti caratteri (op. cit., pag. 130): “ Coquille à tours convexes, lamelles élevées et fins sillons; base portant un cordon un peu plus saillant que les autres; bourrelet ombilical adhérent au péristome ,, dice delle Parviscala (op. cit., pag. 131): “ très voisines des précédentes, les coquilles de cette section n’en diffèrent que par l’absence du cordon basal et du bourrelet ombilical formé par le ploiement des lames ,. Nelle ricche faune del Vicentino, con le quali ha grandi analogie quella dalmatina che è oggetto del presente studio, sono state descritte, se non sbaglio, due sole specie di Scalarîa, luna e l’altra da OP- PENHEIM; cioè la Scalaria (Acrilla) vicentina (Die Eoc.-Faun. des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief. 3,4, 1896, pag. 170, tav. XIX, fis. 10) e la Scalaria bryozophila (Die Priabonasch. und ihre Fauna. Palaeont., Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 3 18 i G. DAINELLI [152] Bd. 47, Lief. 4-6, 1901, pag. 187, tav. XVI, fig. 13a). La prima, descritta sopra un unico esemplare di Monte Postale, appartiene, secondo il suo descrittore, al sottogenere Acri/la (vedi CossMann, op. cit., pag. 136), e non ha invero analogie colla nostra specie dalmatina; la seconda invece, almeno da quanto resulta dalle figure, ne presenta alcune, pur differendo per gli anfratti più rigonfi, l’aspetto generale più conico, le coste trasverse più irregolarmente disposte, e quelle spirali assai più fini e numerose; del resto poi, ove queste differenze non bastassero, si aggiunga che la Scalaria bryozophila OpreNnHEIM ha un ben netto disco basale, liscio e sottile (“ das diinne Basalblech ist glatt ;; OpPENHEIM, Priabonasch., pag. 188), che pertanto non si vede nelle figure; la sua presenza, e l’avere tale specie grande affinità con la Sca- laria (Acrilla) affinis DesHAYES, induce a credere ch’essa pure appartenga al sottogenere Acri/Za, mentre ben altra determinazione abbiamo dato alla nostra forma dalmatina. Tanto la Scalaria (Parviscala) Baudoni De Bourr (Journ. de Conch., 1883, vol. 31, pag. 65, 1884; vol. 32, pag. 147. tav. V, fig. 1; vedi anche Cossmanw, op. cit., pag. 132, tav. V, fig. 26) che la Scalaria (Parviscala) Loustauae De Bourr (Cossmann, op. cit., pag. 132, tav. 5, fig. 24) differiscono notevolmente dalla nostra specie, per quanto abbiano a comune i caratteri sottogenerici. Il nostro unico esemplare proviene da Vàciane. Scalaria (Bifidoscala?) ostrovitzensis n. sp. — Tav. I [IV], fig. 6. Posseggo, di questa forma, un solo esemplare mal conservato nei suoi due ultimi anfratti. Conchiglia supponibilmente conica, non molto allungata; i giri sono convessi, separati da una sutura in apparenza leggermente sinuosa, profonda; gli ornamenti consistono in coste trasverse, che occupano tutta quanta l’altezza dell’anfratto, ma che si affievoliscono un poco dalla sutura superiore a quella inferiore; esse sono un poco oblique sull’asse della conchiglia ed alquanto sinuose, e si corrispondono con abbastanza esat- tezza da un giro all’altro; la loro principale caratteristica consiste in ciò, che esse, presentando sul loro asse una infossatura, talvolta assai marcata, appariscono come doppie; sono a base larga, e piuttosto grosse e rilevate, in specie avuto riguardo alle dimensioni generali della conchiglia. Gli ornamenti longi- tudinali o spirali consistono in circa 6 coste, poco spiccate, le quali pertanto si osservano anche sul ver- tice di quelle trasverse. La spira è assai inclinata sull’asse della conchiglia. La base presenta un disco piuttosto spesso, e ben distinto, limitato esternamente da una specie di doppia costa prominente sulle coste trasverse dell'ultimo anfratto, e fornito di coste e solchi concentrici. non molto spiccati. La bocca non è visibile. DIMENSIONI IN PARTE APPROSSIMATE Altezza totale, circa. î d È i 5 i 4 ; 5 a 5 mm. 40 Diametro massimo, circa . " : 2 o . o : ò o - >» 15 Altezza del penultimo anfratto . o ° 5 o o o x c È » 6,5 Altezza dell'ultimo anfratto tra la sutura superiore e il margine del disco basale . » 7 Le dimensioni che qui ho date dell’altezza totale e del diametro massimo sono molto approssimative, non solo perchè del mio esemplare dalmatino non sono conservati che i due ultimi anfratti, .ma special- mente perchè questi sono molto schiacciati, onde bisogna supporre quelle due misure realmente assai inferiori di quel che non apparisca a prima vista. | Le due specie di Scalaria vicentine, che ho innanzi citate a proposito della mia Parviscala, cioè la Scalaria (Acrilla) vicentina OprenHEIM (Die Eoc.-Faun. des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief. 3,4, 1896, [153] G. DAINELLI 19 pag. 170, tav. XIX, fig. 10) e la Scalaria ( Acrilla?) bryozophila OrrenHEIM ( Die Priabonasch. und ihre Fauna. Palaeont., Bd. 47, Lief. 4-6, 1901, pag. 187, tav. XVI, fig. 13 a), differiscono notevolmente dalla presente forma dalmatina non solo per i caratteri specifici, ma anche per quelli sottogenerici, i quali nella prima di esse sono ben distinti, e nella seconda, come ho detto innanzi, offrono argomento di abbastanza sicura determinazione. Nella mia nuova specie, invece, la determinazione sottogenerica è molto incerta; sicuramente il gruppo al quale più si avvicina è quello delle Bifidoscalae Cossmann (Cat. ill. des coq. foss. des env. de Parîs. Ann. de la Soc. Malac. de Belgique, vol. 23, 1888, pag. 135), il quale ha i seguenti carat- teri: “ Coquille turriculée, perforée, ornée de còtes lamelleuses, épaisses et bifides, et de cordons spiraux; disque proéminent et distinct, orné de còtes et de cordons très obsolètes ,. L’essere le coste bifide si- gnifica a rigor di termini, se non erro, che esse si sdoppiano ad una delle loro estremità; mentre nel nostro fossile esse sono realmente doppie su tutta la loro lunghezza; è però vero che, come le coste stesse si attenuano leggermente in altezza dalla sutura superiore di ciaschedun anfratto a quella inferiore, così pure avviene del solco o concavità ch’esse presentano sul loro asse. Onde pare evidente che, ove per gradi questo carattere andasse acquistando di intensità, il solco dovrebbe alla fine sparire alla estremità inferiore e rimanere a quella opposta: così le coste sarebbero effettivamente bifide. Per questa ragione credo assai probabile la mia determinazione sottogenerica, la quale è altresì confortata dal fatto che il mio fossile, per i caratteri che presenta, non può rientrare in nessun altro sottogruppo. La Scalaria (Bifidoscala) Lemoinei De Boury (Journ. de Conch., 1883, vol. 31, pag. 66; 1884, vol. 32, pag. 153, tav. IV, fig. 1; vedi anche Cossmann, op. cit., pag, 135, tav. V, fig. 29), pur appartenendo allo stesso sottogenere, presenta differenze evidenti: è certamente più allungata, ha più numerose coste longitudinali, e quelle trasverse sono disposte con una certa irregolarità, per quanto riguarda la loro distanza reciproca e la loro inclinazione sull’asse della conchiglia; esse poi non appariscono doppie, ma solo, e non tutte, bifide alla loro estremità superiore. Il fossile dalmatino proviene da Ostréviza. Scalaria? cfr. (Pliciscala) Lamarckii DesHaAyes. Un solo esemplare conservato come parziale impronta esterna; manca parte dell’ ultimo anfratto con la base e la bocca, onde è dubbia la determinazione generica. Conchiglia conica, allungata, composta di circa 11 anfratti; questi sono convessi alla loro superficie, leggermente rigonfi, piuttosto alti, non molto inclinati sull'asse della conchiglia. Gli ornamenti consistono in coste trasverse, numerose (12-13 nel pe- nultimo giro), grosse, rilevate e robuste, un poco oblique sull’ asse conchigliare, non sempre corrispon- dentisi esattamente da un anfratto all’altro; sono anche spesso curvilinee a raggio assai ampio, e tra di esse alcune si allargano in varici, senza però un apparente ordine di distribuzione. Gli ornamenti lon- gitudinali sono rappresentati da strie finissime, in numero di circa 8 per giro, appena visibili, e nelle x quali non si possono distinguere caratteri speciali. La sutura è netta, lineare, abbastanza incavata. DIMENSIONI IN PARTE APPROSSIMATE Altezza totale, circa : x B o È o . 5 5 : mm. 33 Diametro massimo, circa . ò ° : o : o 5 c . » 12 Altezza del penultimo anfratto . . . ; o . . » 6 Distanza tra una costa trasversa e l’altra nel penultimo anfratto . » » 1,5 Come si vede dalla incompleta descrizione che ne ho dato, si tratta di un esemplare assai imper- 20 G. DAINELLI [154] fetto, pel quale la stessa determinazione generica è assai dubbia; certo, esso presenta grandi analogie colla Scalaria Lamarckii DesHAyes, la quale appartiene al gruppo Pliciscala De Boury, i cui caratteri, dati da Cossmann (Cat. ill. des coq. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Malac. de Belg., vol. 23, 1888, pag. 141), sono i seguenti: “ Coquille imperforée, turriculée, munie de còtes axiales un peu obliques et épaisses, entremélées de varices, croisées par des rangées spirales de ponctuations très élégantes; disque basal épais et orné; péristome épais et marginé à l’extérieur, aminci sur la columelle ,. Come ho già accennato, la mancanza della base della conchiglia, e quindi la incertezza se questa sia o no prov- vista del caratteristico disco, rende di conseguenza incerta la determinazione generica di Scalaria; bisogna però convenire, che, ammessa questa come probabile e come possibile, è quasi certo aversi qui un esem- plare appartenente al sottogruppo delle Pliciscalae, per quanto non sien visibili quelle fini granulazioni che dovrebbero presentare le strie spirali; ma i caratteri delle coste trasverse e la presenza delle varici sono elementi abbastanza buoni e sicuri. Le analogie poi con la Scalaria Lamarckii DesnAres (An. sans vert., 1866, vol. 2, pag. 347, tav. XL fig. 33, 34), alla quale pure la Scalaria marginalis DESHAYES (0p. cit., vol. 2, pag. 347, tav. XI, fig. 29, 30), e la Scalaria obsoleta DesHAYES (0p. cit., vol. 2, pag. 348, tav. XII, fig. 10) sono state giustamente riunite in sinonimia da CossmAnN (op. ci., pag. 142), sono assai grandi; nè, anzi, date le figure e le descrizioni che ne conosco, potrei trovarvi delle differenze specifiche col nostro imperfetto fossile dalmatino. Il mio esemplare ho raccolto nelle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir. i Sez. Taenioglossa. Sottosez. Holostomata. Fam Turritellidae. Turritella asperula BroncnIaRT. 1823. Turritella asperula BronenIARI. Terr. de sed. cale.-trapp. du Vic., pag. 54, tav. II, fig. 9. 1825. —_ — Bronan. BasteRror. Descr. géol. du bass. tert. du Sud-Quest de la Fr, Mém. Soc. d’Hist. Nat. de Paris, pag. 29. 1840. — — — GrarrLouP. Bass. Adour, tav. XVI, fig. 15. ie — —_ — Bxronn. /nd. pal., pag. 1331. 1850. — — — D’Orzieny. Prodr. str., vol. 2, pag. 310, ét. 24, n.° 230. 1852. — Cytherea D’OrBIGNY. Idem, vol. 3, pag. 4, ét. 26, n.° 55. 1868. — asperulata Bronen. Fucns. Conch.-Faun. des Vicent. Tertiùrg., pag. 170, 177. 1868. — asperula — — Idem, pag. 197, tav. X, fig. 5, 6. 1870. — — — Bavan. Zerr. tert. Venétie. Bull. Soc. géol. Fr., vol. 27, pag. 467. 1894. — — — Orprnze. Eoc.-Paun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., vol. 46, pag. 441. È 1894. — — — Dx GrecorIo. Foss. des env. de Bassano. Ann. de Géol. et Pal., 13, pag. 4. 1895. — — — e varietà (pro parte) Sacco. Moll. terx. Piem. e Lig., 19, pag. 17, tav. I. 1895. — fuchsiana Sacco. Idem, pag. 17. 1896. — asperula Bronen. De GraGorIo. Maun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 24, pag. 60. 1900. _ — — e varietà Roveruro. Moll. foss. tongr. Atti della R. Univ. di Genova, pag. 142. 1900. — —_ — OrpenHam. Oligocin. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 32, pag. 291. [155] G. DAINELLI 21 Possediamo due soli anfratti di un unico esemplare, ma sì ben conservati nei loro ornamenti, che, dopo accurato confronto con le specie vicine, eoceniche ed oligoceniche, proponiamo come sicura la pre- cedente determinazione. La superficie dell’anfratto è pianeggiante nell’insieme, ma in essa si può, sotti- lizzando, osservare, una leggerissima concavità nella metà inferiore, ed una convessità appena accennata in quella superiore. La sutura è lineare, diritta, ben netta e visibile, ma non incavata nè profonda; e neppure la conchiglia presenta, da un anfratto all’altro, quell’aspetto scalariforme caratteristico in tante specie; la sutura poi non è molto inclinata sull’asse conchigliare. Gli ornamenti consistono in 7 coste o cingoli longitudinali, decorrenti regolarmente nel senso della spira, dei quali i tre inferiori sono tra loro più distanti che non i rimanenti; di essi, anche, il più basso ha dimensioni appena un poco più marcate, ma non molto; altrimenti, essendo esso aderente alla sutura, darebbe alla conchiglia quell’aspetto scala- riforme, che questa, come abbiamo detto, non ha affatto. Le coste sono leggermente granulose; del resto ben nette, rilevate, non molto larghe, disgiunte da solchi pianeggianti sul fondo; in questi si può osservare, mediante l’aiuto di una lente, una finissima striatura spirale; tali strie sono in numero di due o tre fra le coste inferiori, che abbiamo dette più distanti, ed una sola in ciaschedun solco che divide quelle superiori. Altri caratteri, più generali, non ci è dato riferire, non possedendo un individuo completo; le dimen- sioni di uno degli anfratti presenti sono: Altezza 5 5 h 5 4 è ò n 3 5 b È 6 mm. 8 Diametro massimo. 7 x 5 5 , È 5 6 3 7 DIN o1! Diremo che mentre il nostro fossile, incompleto, non presenta dubbia determinazione, e concorda cogli esemplari di Zurritella asperula BRONGNIART tipici, che noi possediamo da Roncà, d’altra parte per alcuni caratteri si avvicina alla varietà ventrosimplex Sacco (op. cit., pag. 17, tav. I, fig. 62) per la leggiera curva che presenta la superficie degli anfratti. Del resto, seguendo le nostre consuetudini, diamo a tre delle varietà istituite da Sacco (asperulella, op. cit., pag. 17, tav, I, fig. 60; simplicula, pag. 17, tav. I, fig. 61; e ventro- simplex) ben poco valore differenziale dalla specie tipica; invece alla quarta, perfasciata (pag. 17, tav. I, fis. 63), per la quale egli stesso pone l’annotazione: an species distinguenda, diamo il valore di specie a sè abbastanza bene caratterizzata dai due cingoli basali, assai spiccati e ben rilevati sul rimanente del- l’anfratto, e determinanti così una ben distinta fascia che segue tutta la spira dappresso alla sutura. Di questo parere è pure RoveERETO (op. còt., pag. 143). Quanto alla sinonimia della 7Turritella asperula BRONGNIART, ci siamo tenuti assai larghi, dandole limiti piuttosto ampi, per la grande variabilità che essa presenta, già osservata da Sacco stesso (op. cif., pag. 17); così D’ORBIGNY (op. cit., vol. 3, pag. 4) vorrebbe distinguere la Zurritella asperula (BRONGNIART) GRATELOUP (0p. cit.) come specie a sè, ch’ egli chiama 7. Cytherea D’ORBIGRY; SAcco (op. cit., pag. 17) non vuole sinonima la asperula (BRoNGNIART) FucHs (op. cit.), e la chiama, come varietà, 7. fuchsiana Sacco; noi le aggruppiamo invece tutte nella specie di BRONGNIART, seguendo in questo altri autori, tra i quali, per il secondo caso citato, OPPENHEIM (Oligocàn, pag. 291). Altra divergenza tra gli autori sembra essere la provenienza di tale specie da Roncà, di dove la cita, descrivendola, BRONGNIART (0p. cit.); dopo di lui dànno tale località del Vicentino BasTEROT (0p. còt.), D’ORBIGNY (0p. cit., vol. 2, pag. 310), SAcco (op. cit., pag. 17) ed OppenHEIM (IM#. Pulli, pag. 441) senza incer- tezze; DE GREGORIO cita passim questa provenienza (Bassano, pag. 4), ma poi nella descrizione della fauna di Roncà (-Roncà, pag. 60) dice: “ Non ne possiedo che due esemplari la cui determinazione non è punto sicura, essendo fratturati e non ben conservati ,. Vinassa (Syn. Moll. terz. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I-III, 1895-1897) non cita affatto detta specie dal Vicentino; BAYAN ((0p. cît., pag. 467) solo da Sangonini; FucgHs 22 G. DAINELLI [156] infine (op. cit., pag. 197) ne dice: “ Diese Art gehòrt in Sangonini zu den hàufigsten und bezeichnendsten Arten, und ist noch niemals in Roncà gefunden worden ,. Per conto nostro crediamo che la Turritella asperula BroneNIART, per quanto abbondante e frequente nell’Oligocene, provenga anche da Roncà, per la buona ragione che ne abbiamo esemplari di perfetta conservazione. i E già che l’argomento lo comporta, dobbiamo fare ancora alcune poche osservazioni: descrivendo la fauna, per noi oligocenica, del Monte Promina in Dalmazia, citavamo, figurandola, la Zurritella perfasciata Sacco (Danneni, Mioc. inf. del Mt. Promina. Palaeont. Ital., VII, 1901, pag. 269, tav. XXX, fig. 23-25); contempo- raneamente OpPeNHEIM descriveva e figurava dalla stessa località una Turritella prominensis sp. n. (-Alttert. Faun. der dsterr.-ung. Monarchie. Beitr. zur. Pal. und Geol. Oesterr.-Ung., 1901, Bd. 13, pag. 252, Textfig. 17), vicina alla strangulata GRATELOUP (op. cit., tav. XVI, fig, 13); e poco dopo, in una critica del nostro lavoro diceva a proposito della nostra determinazione: “ Der vorder Kiel ist viel zu stark ausgebildet, um eine Vereinigung mit der Sacco’ schen Art mòglich erscheinen zu lassen. Eher kann mann an 7. strangulata GRAT. denken. Ich habe (op. cit.) die Griinde ventilirt, aus denen ich auch. von einer Beziehung auf diese absehe, und habe die Form als 7. prominensis beschrieben und abgebildet ,, ( Ueber die Fauna des Mt. Promina. Centralblatt fiir Miner., 1902, n.° 9, pag. 270). Certo, si dovrebbe credere che la Turrifella descritta da OPPENEEIM, come quella citata da noi, appar- tengano alla medesima specie, non avendone, l’autore tedesco e noi, nè ricevute nè trovate altre di quella stessa località. Se non che, ove si paragonino le due descrizioni relative, si noteranno notevoli differenze: Turritella prominensis OPPENHPIM. Turritella perfasciata Sacco, in DAINELLI. (Alttert. Fauna., pag. 252, Textfig. 17). « Diese grosse T'urritella steht der Turritella strangulata GRrATELOUP des siideuropàiischen Unteroligocin sehr nahe und stimmt mit ihr besonders in der Entwickelung eines starken, kielartigen Bandes unmittelbar hinter der ganz flachen Nath iberein. Doch sind bei ihr die Windungen flacher, in der Mitte nicht concav eingeh6hlt, sondern dort eher convex herausgetrieben, die Spiralen der Sculptur sind gròber, schtrfer und nur in der geringer Zahl von etwa 4-5 pro Umgang und zwar auf seiner hinteren Halfte vor- handen ; auch kerben die Anwachsstreifen nicht den Nath- kiel». (Mioc. inf., pag. 269, tav. XXX, fig. 23-25). Eovodc Le suture sono profondissime, gli anfratti. poco inclinati sull’asse della conchiglia, non imbricati, ed hanno ornamenti caratteristici: sono concavi, non precisamente nel centro, ma un poco più verso la metà inferiore; questa concavità è unita alla sutura superiore mediante una leg- giera convessità, più sentita negli anfratti vicini alla bocca, assai meno, fino a sparire, negli altri; dall’altra parte la concavità è limitata da una specie di cingolo o cornicione sporgente, formato di due costole laterali, e di un solco centrale, largo e poco profondo, coi quali ornamenti si giunge alla sutura. Tutta la superficie poi dell’anfratto è munita di piccole costole longitudinali, in numero di cin- que, che delimitano altrettanti solchi larghi e poco pro- fondi, come quello che abbiamo veduto nel cingolo di cui sopra si è detto. Le coste sono talora leggermente come granulate, e la superficie dei solchi ornata di minutissime strie, pure longitudinali ». Come si vede dalle precedenti descrizioni, la cui esattezza per quella della Turritella perfasciata SAcco in DAINELLI possiamo assicurare, avendola riscontrata cogli esemplari del Monte Promina, sembra addi- rittura di aver qui presenti due specie diverse: ciò che pertanto non possiamo assicurare. Si paragonino del resto anche le figure tra loro e con quelle di altre specie: le nostre si identificano con quelle di SAcco (op. cit., tav. I, fig. 63), e si avvicinano alla varietà vertrosimplex Sacco dell’ asperula GrATELOUP (v. SAccO, op. cit., tav. I, fig. 62); mostrano una certa analogia colla Z'urritella magnasperula SAcco (op. cît., pag. 18, {157] G. DAINELLI 23 tav. I, fig. 65), e più colla corofasciata Sacco (op. cit., pag. 18, tav. I, fig. 67), vicine ambedue, anche secondo il loro descrittore, alla perfasciata; si distinguono poi nettamente dalla strangulata GRATELOUP (0p. cit., tav. XVI, fig. 13; vedi anche SAcco, op. còt., tav. II, fig. 1), dalla vinculata ZimrteL (Ober. Numm. Form. in Ung. Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wissensch., Bd. 46, 1862, pag. 386, tav. II, fig. 8), e dalla prominensis OPPENHEIM, come anche dalle descrizioni relative appare evidente; mostrano infine una certa analogia colla carinifera DesHAyEs (Eno. de Paris, 1824, pag. 273, tav. XXXVI, fig. 1, 2) e colla è@mbricataria LAMARCK (V. DESHAYES, op. cit., pag. 271, tav. XXXV, fig. 1, 2; tav. XXXVI, fig. 7, 8; tav. XXXVII, fig. 9, 10; tav. XXXVIII, fig. 1, 2), dalle quali le forme, in gran parte oligoceniche, sopra nominate devono geneticamente derivare. Non si può pertanto negare una certa relazione tra la Turritella asperula BRoNGNIART e la strangulata GraTELOUP e le forme da loro derivate, come provano alcune forme di passaggio (v. Zurritella turgida KONEN; vedi Sacco, op. cît., pag. 18, tav. I, fig. 68; varietà simplicula Sacco dell’asperula); main ogni modo teniamo a dichiarare, che gli individui del Monte Promina, da noi riferiti alla Zurritella perfasciata SAcco, sono ben determinati, e tipici, quindi distintissimi dalla strangulata GratELOUP. La Turritella poi, pure del Monte Promina, avuta in studio dall’OPPENHEIM, e che @ priori si sarebbe potuta credere uguale alla nostra, dopo la descrizione e la figura dell’egregio autore tedesco, bisogna tenerla, almeno per ora, separata. La Turritella asperula BRONGNIART è stata citata da Roncà, Salcedo, Gnata, Soggio di Brin, Sango- nini, Monte Carioli, Santa Trinita, Angarano presso Bassano (Vicentino); da Dax e Gaas; dal Tongriano piemontese. Il nostro individuo dalmatino proviene da Ostroviza. Fam. Kenophoridae. Xenophora (Tugurium) cfr. umbilicaris SoLAnpER. Due piccoli esemplari mal conservati presentano grandissime affinità con la citata specie di SoLANDER; però i pochi cararatteri presenti non permettono una sicura determinazione. L'identità dei fossili inglesi, descritti sotto questo nome, con quelli del bacino di Parigi, noti sotto l’altro, posteriore, di Xerophora agglutinans LAMARCK, è stata riconosciuta da CossmaAnn col diretto con- fronto degli esemplari delle due provenienze (Cat. #0. des coq. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Malac. de Belg., t. 23, fasc. 3, 1888, pag. 192); OPPENHEIM però non riconosce la priorità del nome di SoLAnDER ( Alttert. Faun. de ésterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol. etc., Bd. 13, Heft 4, 1901, pag. 253), per quanto ne ammetta, a quanto sembra, la sinonimia; DE GREGORIO poi (Faun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 21, 1896, pag. 79) tiene distinte le due specie, quando cita separatamente, da Roncà, la Xenophora agglutinans LAMAaRcK e la X. cfr. umbilicaris SOLANDER. Tale specie proviene da S. Giovanni Ilarione, Ciupio, Roncà; dai contorni di Trento; dal bacino di Parigi, dall’ Inghilterra; recentemente OPPENHEIM (op. cit.) l’ha citata da Slap in Dalmazia. I due esemplari, da me avvicinatile, provengono dagli immediati pressi dei Ponti di Bribir e da Ostròviza. Fam. Naticidae., Natica (Cepatia) cepacea Lamarcx. 1804. Natica cepacea LamxaRrcx. Ann. du Mus., V, pag. 96, n. 3. 1824. — — Law. DrsHavrs. Eno. de Paris, pag. 168, tav. XXII, fig. 5, 6. 1894. — —_ — Oppenzena. Eoc.-Fauna des Mt. Pulli. Zeitschr. der d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 361 (cum syn.). 24 G. DAINELLI [158] 1894. Natica cepacea Lam. De GrecorIO. Foss. éoc. de Mi. Postale. Ann. de Géol. et Pal., 14, pag. 29, tav. VI, fig. 163-171 (cum syn.). 1895. — — — Vimassa. Sym. Moll. terz. Alpi Ven. Palacont. Ital., I, pag. 218, 249. 1896. — — — — Idem, II, pag. 168. 1896. — _ — De Grreorio. Faun. toc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 21, pag. 56 (cum syn.). 1896. — — — Bonrscarrr. Tertidirbeck. von Haskovo. 1896. — — — ©Oppenzrm. Eoc.-Faun. des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief. 3-4, pag. 179 (cum syn.). 1896. — — — _ Colli Berici, pag. 62. 1897. — — — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., III, pag. 155, 171, 186. 1900. — — — Cossmann. Loire inférieure. il, = —_ = — OrrenHEm. Alttert. Paun. der Osterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, Heft 4, pag. 184, 258 (cum syn.). Questa specie è troppo nota, perchè si debbano adesso descrivere i nostri esemplari dalmatini, per la cui identificazione ci siamo serviti di individui tipici del Bacino di Parigi e del Vicentino. Solo dob- biamo aggiungere poche parole intorno ad un discusso ritrovamento di questa forma. OPPENHEIM (Alttert. Faun., pag. 258) cita la Natica cepaceca LAMARCK, tra le altre località, anche dal Monte Promina in Dalmazia; aggiungendo: “ Die Steinkerne dieser Art, bei welchen die Nahte sehr tief eingeschnitten sind, haben eine auffallise Heliciden-Aehnlichkeit, und ich hàtte z. B. nicht gewagt, die Formen des Mt. Promina schlankwegs dieser Art anzuschliessen, wenn mir nicht aus den Tuffen von S. Gio- vanni Ilarione, zumal aus S. Pietro Mussolino, so iiberaus entsprechende Gestalten vorliegen wiirden, welche durch alle Ueberginge mit der typischen Natica cepacea LAMARCK verbunden sind ,. Contempo- raneamente, o quasi, a questo lavoro sopra alcune faune terziarie antiche dell’Impero Austro-ungarico, noi pubblicavamo una memoria sulla fauna del Monte Promina (DarneLLI, Mioc. inf. del Mt. Promina în Dalmazia. Palaeont. Ital., vol. 7, 1901), dal quale veniva descritta la Natica Sandri n. sp. (op. cît., pag. 269, tav. XXX, fig. 26, 27); e poco dopo, in una breve nota (DAINELLI, A proposito di un recente la- voro del dott. P. OPPENHEIM sopra alcune faune eoc. di Dalmazia. Boll. della Soc. Geol. Ital., 1901, vol. 21, fasc. 1, pag. 179), esprimevamo qualche dubbio sulla esattezza della determinazione dell’ OppeNHEIM, fon- data solo su modelli interni, i quali, come abbiam visto, egli stesso non avrebbe esitato a determinare come appartenenti al genere Helix, se non avesse avuto individui simili, di altre località e di sicura iden- tificazione; coi quali confrontarli. A questa nostra critica rispettosa faceva riscontro, contemporaneamente o quasi, una, assai acerba, del dott. OrPenHEIM sulla nostra memoria (Ueber die Fauna des Mt. Promina in Dalmazia, etc. Cen- tralblatt fir Miner., etc., 1902, n. 9, pag. 270), e in essa, in un breve esame che delle specie da noi descritte si fa con animo poco o punto benevolo, vien detto a proposito della Natica Sandriù DAINELLI: “ Fiir mich ist diese Type auf die eocine N. cepacea LAmaARCK zurickzufiibren, mit welcher der Autor sie nicht einmal vergleicht! ,. i Non possiamo adesso che confermare ciò che abbiamo per l’innanzi scritto; solo una certa analogia presenta l'esemplare da noi rappresentato colla fig. 27 (0p. cit., tav. XXX), mentre l’altro si discosta note- volmente e visibilmente dalla specie di LamaRcK. Diamo le dimensioni di un esemplare dalmatino, conservato perfettamente con tutti gli strati conchigliari: [159] G. DAINELLI 25 Altezza . 9 3 ; 7 È 5 ù . E 5 È ; mm. 26 Diametro massimo . : 3 3 , È 5 5 5 5 d » 40 Altezza dell’ ultimo anfratto . 6 R “ È È i i H 3020) Altezza della bocca . ; È ò s ; È a ; 3 R » 20 Larghezza della bocca . c c ; : 7 ; o ; É >) IL La Natica cepacea LAmARCK è specie molto diffusa orizzontalmente; essa è stata citata da Roncà, Monte Pulli, Monte Postale, San Giovanni Ilarione, Ciupio, Zovencedo, Caldiero, Via degli Orti, Valle Orgagna, Croce Grande, S. Pietro Mussolino (Vicentino); dai Colli Berici; da Fontana fredda, Fontanelle, Costa grande, Val d’Aveza, Villa Ugolini (Veronese); dal Friuli; da Trento; da Einsiedeln; da Thun; da Carpano (Istria); da Haskovo; dall’ Ungheria; da Konjavac e Trebistovo (Erzegovina); dai dintorni di Nizza; dalla Loira inferiore; dal Bacino di Parigi, dai Pirenei, dall’ India, ecc. I miei esemplari dalmatini provengono dai pressi immediati dei Ponti di Bribir, da Zazvic e da Ostréviza. 1804. 1821. 1824. 1832. 1843. 1848. 1848. 1848. 1850. 1851.. 1853. 1854. 1865. 1866. 1868. 1870. 1888. 1894. 1895. 1896. 1896. 1896. 1896. 1897. 1900. 1901. Natica (Ampullina) sigaretina Lamarcr. Ampullario sigaretina Lawarox. Ann. du Mus., tom. 5, pag. 32, n.° 10; tom. 8, tav. VI, fig. 1. — — Lam. Sowrrpr. Miner. Conch., vol. 3, pag. 152, tav. COLXXXIV, fig. 6,7. Natica — — DrsHaves. Eno. de Paris, pag. 170, tav. XXI, fig. 5, 6. - — — Bronn. Italiens Tert.-Geb., pag. 73. Globulus sigaretinus Morris. Cut. of Brit. Fossils, pag. 170. — — — Bronn. /nd. pal., pag. 534. Ampullaria sigaretina Law. — Idem, pag. 69. Natica Idem, pag. 787. — _ Desa. D’OrsIGny. Prodr. strat., vol. 2, pag. 344, 25 ét., n.° 112. — — Lam. BeLLarDI. Foss. numm. de Nice. Mém. Soc. géol. de France, 2.° sér., ; vol. 4, pag. 211. = — — D’Arcarac et Hanm. Numm. de l’Inde, pag. 281, tav. XXV, (fig. 17, 18. ca — — Hreserr et RenEvIER. Numm. sup., pag. 165. — —_ — Hssrrr. It. sept., pag. 132. — — — DrsHaves. An. sans vert., pag. 63. — — . —. Fucas. Conch. des Vicent. Tert.-Geb., pag. 171. —_ — — Bavan. Zerr. tert. Vénetie. Bull. Soc. géol. de Fr., 2.° sér., pag. 461. Ampullina — — Cossmann. Cat. i0l., vol. 3, pag. 174. Natica — _ Dr GreEGorIo. Foss. eoc. dint. Bassano, pag. 31? Ampullina — — — Vimassa. Syn, Moll. terx. Alpî Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 249. —_ _ — — Idem, pag. 169. Natica cfr. — — OppenzemM. Colli Berici. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., pag. 61. — — — Bonrscarrr. Tertidrbeck. von Haskovo. — — — De GreGoRrIo. Muun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 24, pag. 57. Ampullina — — Viwassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., III, pag. 155. — — — Cossuann. Loire inferieure. ; — — — Orpennzem. Altterti. Faun. der oesterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und | Geol,, Bd. 13, pag. 255. ; Questa specie, ben conosciuta, non merita nuove descrizioni, tanto più che i nostri esemplari dal- matini non sono in perfetto stato di conservazione, sì che quelli della località di Ostréviza possiamo, solo, Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 4 26 G. DAINELLI [160] determinare per Natica (Ampullina) cfr. sigaretina LAMARCK; per gli altri non vi ha dubbio, presentando, qual più, qual meno, tutti i caratteri specifici. Per la descrizione vedasi CossMAnn (0p. cit., pag. 174). La Natica sigaretina LamARcK è molto diffusa orizzontalmente; essa è stata citata da Roncà, S. Gio- vanni Ilarione, Ciupio, Zovencedo, Romano presso Bassano, Croce Grande, Pozza, Monte Castellaro, Colli Berici, Veronese (Veneto); da Haskovo; da Konjavac, Trebistovo, Gnojnica (Erzegovina); dai dintorni di Nizza; dai Diablerets, Gap, ecc.; dal Bacino di Parigi; dalla Loira inferiore; dai Pirenei; da Biarritz; dai Bacini inglesi; dal Belgio; dall’ Egitto; dall’Asia minore e dall’ India. i I nostri esemplari provengono dagli immediati pressi dei Ponti di Bribir e da Zazvic sicuramente, da Ostroviza con dubbio. Natica (Ampullina) patulina Munmr-Caarmas. — Tav. II [V], fig. 12. 1875. Natica patula Desa. Hantken. Stidl. Bakony. Jahrb. d. k. ung. geol. Anst., III Bd., 3 Lief., pag. 366, tav. XVII, fig. 2. ì 1877. — patulina Hegerr et Munmr-CHanmas. Rech. sur les terr. tert. de la Hongrie et du Vicentin. C.-R. Ac. des Sc., vol. 85, pag. 127. 1879. — patula Desa. Hanrxen. Die Mitth. d. Herren Heserr und Munir-Cnanmas dber die ung. altt. Bild. Liter.-Ber. aus Ung., Bd. 3, Heft 4, pag. 6. 1894. — patulina Mun.-Ca. Oppenznm. Eoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 46, | 2 Heft, pag. 362, tav. XXIX, fig. 4, 5. 1896. — — —_ Dr GreGoRrIO. Faun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 24, pag. 58. 1896. — —_ — Vinassa. Syn. Moll. terz. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 170. 1897. — — — — Idem, LI, pag. l71. 1902. — _ —_ Der Srerani e DarneLLI. Terr. eoc. presso Bribir. Acc. dei Lincei, vol. 11, ser. 5, fasc. 4. Conchiglia rotondeggiante nel suo insieme, globulosa, di piccole dimensioni, composta di 5 anfratti; di questi, i primi quattro sono visibili in piccolissima parte, cioè appaiono molto bassi, lentamente cre- scenti in altezza, assai in diametro, dando alla parte superiore della conchiglia l’aspetto di piccolo cono ottuso. L'ultimo giro invece è assai sviluppato, ampio, rigonfio ed alto, misurando circa i tre quarti del- l’altezza totale della conchiglia; le traccie di una specie di carena, che si troverebbero, secondo OPPEN- HEIM (op. cit., pag. 362), nella parte superiore dei primi anfratti, sono appena accennate, e certo non tali da richiamar l’attenzione dell’ osservatore. La bocca è irregolarmente ovale, allungata, acuminata e ritorta in alto, in basso allargata in curva regolare; il labbro esterno è rotondeggiante, abbastanza robusto; quello interno, ricoperto da un callo columellare piuttosto spesso, che si seguita fino al margine inferiore dell’apertura mediante una stretta fascia, la quale lascia scoperto il piccolo ombelico. La superficie della conchiglia non presenta rilievo alcuno; solo mostra assai nettamente delle strie trasversali, di accresci- mento, forse a causa dell’erosione che i nostri esemplari hanno in parte sofferto. DIMENSIONI Altezza totale . à o 0 È o o o . c 0 0 mm. 13 Diametro massimo . . o ù o 0 o o è 0 . D SbLo Altezza dell’ultimo anfratto . È c 0 o . o ‘ » 10,5 Altezza della bocca . 0 c o ù . ò c n c 0 » 9 Larghezza massima della bocca » 5 [161] G. DAINELLI 27 Le differenze che distinguono la presente specie dalla Natica patula DesHAves, ha già notato OP- PENBEIM (0p. cit., pag. 363); e sono: dimensioni costantemente molto più piccole, minore numero degli anfratti, minore piegatura della fascia ombelicale, e maggiore sviluppo del callo. Questi caratteri che sem- brano esser costanti negli individui del Vicentino, da noi, pertanto, non potuti esaminare, ed in quelli d’ Ungheria, descritti e figurati dall’ HANTKEN (Bakory) sotto il nome di Natica patula DesHAYES, abbiamo riscontrati nei fossili di Bribir presso Kosavin in Croazia (op. cit.), e nei presenti di provenienza dalma- tina; ciò starebbe a confermare che tutti questi esemplari dell’ Europa meridionale costituiscono una specie a sè, vicina, ma pur diversa da quella ben nota del Bacino di Parigi. La Natica patulina Munier-CHALMAS era citata da Monte Pulli e Roncà nel Vicentino; da Urkut, nel Bakony meridionale (Ungheria), da Bribir in Croazia. I nostri esemplari dalmatini provengono da Ostroviza. Natica (Ampullina) Vulcani BronenIARI. 1823. Ampullaria Vulcani BronaniarT. Terr. de séd. supér. cale.-trapp. du Vie., pag. 57, tav. II, fig. 16. 1823. _ perusta Broncn. Idem, tav. II, fig. 17. 1859. —_ — — Perers in Jahrb. geol. Reichsanst., pag. 497. 1864. — — —_ Reuss. oss. von Oberburg in Steiermark. Denkschr. d. k. Akad. d. Wis- i sensch., 23, pag. 2. 1872. —_ — — Hantren. Graner Braunkohleng:, pag. 65, 73. 1878. _ —_ — —_ Kohlenfl. Ung., pag. 215, 220, 222. 1884. Ampullina Vulcani — FrauscHeR. Hoc.-Fauna von Kosavin. Verhandl. d. k. k. Reichsanst., pag. 59. 1884. — = _ Penecke. Hoc. des Krappfeldes. Sitzungs-Ber. d. k. Akad. d. Wissensch., XC, 1, pag. 341. 1890. MNatica —_ —_ De GreGorIo. Moss. dint. Bassano. Natur. Sicil., n.° 9. 1890. — perusta — —_ Idem. 1894. — — — — Hoss. des env. de Bassano. Ann. de Géol. et Pal., 13, pag. 4. 1894. — Vulcani — —_ Idem. 1894. — —_ _ Oppenzem. Hoc.-Maun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 358 (cum syn.). L896T perusta — De GrEGOoRIO. FPaun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 24, pag. 55, tav. V, fig. 15-18, tav. VI, fig. 4 (cum syn.). 1896. — Vulcani — OpPrennEM. Colli Berici. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 48, pag. 102 (cum symn.). 1901. Natica (Ampullina) — — Priabonasch. Palacont., Bd. 47, Lief. 4-6, pag. 194(cumsyn.). 1901 —_ _ — Alttert. Faun. der oesterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und. Geol. Bd. 13, Heft 4, pag. 183, 255. Numerosi individui riunisco sotto questa specie; di essi molti sono facilmente determinabili, altri invece potrebbero forse rientrare anche sotto forme simili, con le quali pertanto l’identificazione sarebbe impossibile. Per questo ho preferito riunirle qui tutte. Quanto alla riunione delle due specie di BRroneNIART, e al paragone con altre forme simili, vedansi le opere di OpPENEEIM, dopo le quali non possiamo nè aggiungere nè modificare nulla. Riguardo poi al nome, non crediamo di dover seguire De GREGORIO (Roncà, pag. 55), il quale dice: “ ho preferito quello di perusta, perchè, avendo BroneNIART descritto tale specie col nome di DeFRANCE è molto probabile che 28 G. DAINELLI [162] sia stato DEFRANCE primo a classificare questa specie nelle collezioni ,. Ciò è una semplice supposizione, non provata da alcun fatto, per quanto possa pur essere probabile; nè BroNGNIART dice nulla in propo- sito; quindi seguendo l’uso più generalmente invalso, di adottare cioè il nome che, tra i due, vien primo, preferiamo quello di Nazica Vulcani. La diffusione orizzontale di questa specie è assai grande, pur non essendo limitata nemmeno quella verticale. La Natica Vulcani BRoNneNIART è stata citata da Roncà, Monte Pulli, Possagno, Grancona, Via degli Orti, Castelcies, Pomarole presso Rovereto, Priabona, Romano presso Bassano (Vicentino); Monticello (Colli Berici); Kosavin (Croazia); Kermetlik (Balcani); Dabrica e Trebistovo (Erzegovina); Bristewnicka Rjeka, Lopare, Veselnovac (Bosnia); Dubrawitza (Dalmazia); Piszke, Gran, Sarisap, Dorogh (Ungheria); Cormons (Friuli); Guttaring, Krappfeld (Carinzia); Polschitze (Carniola); Oberburg (Stiria); dintorni di Nizza; Gap, Diablerets; Cuise-Lamotte (Oise); Levit (Alpi Marit- time); Branchai. I nostri esemplari dalmatini provengono da Zazvic e da Ostréviza. Natica (Ampullina) parisiensis ’ OrBieny. — Tav. I [IV], fig. 16. 1829. Natica mutabilis Desgavrs. Env. de Paris, pag. 175, tav. XXI, fig. 11-12. 1850. — parisiensis D’ OrBIGnY. Prodr. str., vol. 2, pag. 344, n.° 116. 1894. — — p’Ors. Orpenzem. Eoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 364, tav. XXIX, fig. 6,7 (cum syn.). 1896. — —_ — — Colli Berici. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 48, pag. 104 (cum syn.). 1896. — — — Vimassa. Syn. Moll. tera. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 169. 1896. — — — Orprenmeni. Eoc.-Faun. des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief. 3, 4, pag. 173, tav. XVIII, fig. 18. ; 1896. — _ — Dr GrecorIo. Faun. oc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 24, pag. 58. Ie = — — Vinassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., III, pag. 171. 1900. — —_ — Cossmann. Loire inferieure. 1900. — — — Opprenzem. Kennt. des Oligoc. in den Venet. Voralpen. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 52, Heft 2, pag. 292. 1901. — — — — Alttert. Faun. der oesterr.-ung. Monarchie. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, Heft 4, pag. 183, 256. 1902. — _ — Dr Srerani e Dametti. Terr. eoc. di Bribir in Croazia. Acc. dei Lincei, vol. 11, ser. 5, fasc. 4, pag. 156. Conchiglia di piccole dimensioni, non molto rigonfia, ovale nel suo insieme, composta di 6 anfratti; di questi i primi cinque si mostrano per una piccola altezza, sono lentamente crescenti in diametro, de- terminando così nel loro insieme un cono piuttosto acuto, mentre l’altezza loro cresce da prima adagio, poi più rapidamente, per un carattere che presenta l’ultimo anfratto. Questo è assai sviluppato, alquanto rigonfio, ed alto, misurando circa i due terzi dell’altezza totale della conchiglia; esso, poco innanzi alla bocca si piega un poco in basso, determinando la più rapida crescenza dell'altezza del penultimo giro, che abbiamo sopra citato. La bocca è ovale, appuntita all’estremità superiore, regolarmente arrotondata a quella inferiore; il labbro esterno presenta una curva regolare, ampia assai, ed è piuttosto robusto; il labbro interno è ricoperto da un callo spesso, e mediante questo riunito al principio del margine esterno della bocca. La superficie presenta delle strie trasversali d’accrescimento, in specie nel lato anteriore, presso al margine interno dell’apertura, dove esse sono un poco curvilinee. [163] G. DAINELLI 29 DIMENSIONI Altezza totale . n : , È È 5 = 5 ; 3 = mm. 16 Diametro massimo . ò ò È o Ù 6 È - : n 3012 Altezza dell’ultimo giro . >il Altezza della bocca . 7 î 3 5 n È 5 à 5 È » 9 Larghezza massima della bocca » 4,5 Nei nostri esemplari, come in quelli di Monte Pulli, studiati da OrpengEIM (If. Pulli, pag. 365), non si vedono strie radiali, che, ad esempio, Cossmann (Cat. #07. des cog. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Malac. de Belg., vol. 23, 1888, fasc. 3, pag. 175) nota presso la sutura in individui del Bacino di Parigi. La Natica parisiensis D’ OrBIGNY si distingue dalla patulina MuNIER-CHALMAS, che pure abbiamo trovato nelle nostre località dalmatine, e colla quale ha certo grandi analogie, per il ca- rattere dell’ultimo anfratto, il quale, come abbiam detto, si abbassa prima dell’apertura; buon carattere differenziale è poi, oltre ad altre diversità nella bocca, come la forma di questa e del callo, l'aspetto gene- rale della conchiglia, meno rigonfio, meno espanso trasversalmente, e più allungato. La Natica parisiensis d’ OrBIGNY ha grande diffusione in senso sia orizzontale che verticale; essa in- fatti è stata citata da Roncà, Monte Pulli, Monte Postale, S. Giovanni Ilarione, Ciuppio, Monte Grumi, St. Trinita, Marostica (Vicentino); Grancona presso S. Lorenzo e Sarego (Colli Berici); dal Friuli; Kosavin e Bribir (Croazia); Bristewnicka Rjeka (Bosnia); Einsiedeln, Kressemberg (Alpi settentrionali); dalla Loira inferiore; Saint-Bonnet, Faudon, Pernant, Branchaîi, Entrevernes (Basses-Alpes); Diablerets, Gap; dintorni di Nizza; Valognes; Bacino di Parigi; isola di Wight; India. I nostri esemplari dalmatini provengono da Ostroviza. Natica (Ampullina) incompleta Zirren. 1863. Natica (Ampullina) incompleta Zirrer. Ob. Numm. form. Ung. Sitzungsb. d. k. Akad. d. Wissensch., Bd. 46, pag. 378, tav. II, fig. 3 a, d. 1868.? — baloukeniensis D’ Arcaiacin VicuesneL. Voy. dans la Turquie d’ Eur., II, pag. 454, tav. XXV, fig. 8. 1870. — vwventroplana Bavan. Terr. tert. Venetie. Bull. Soc. géol. de Fr., 2.° sér., vol. 27, pag. 482. 1870. — — — Moll. tert., pag. 24, tav. III, fig. 3. 1878. —. encompleta Zur. Hantxen. Die Mitth. d. Herren Hésert und Munier-CHaLmas diber die ung. altt. Bild. Liter.-Ber. aus Ung., Bd. 3, Heft 4, pag. 4. 1884. — — — Raurr. Altersw. Eoc. Mt. Postale, pag. 3. 1894. — — — De GreGorIo. Faun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 24, pag. 58. 1894. —. wventroplana Bar. De Grecorio. Idem. Id., pag. 55, tav. V, fig. 9, 10. 1894. — — — Orpenzem. Zoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch, Bd. 46, pag. 442. 1896. — — — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 170. 1901. — @ncompleta Zur. OprenBeni. Alttert. Faun. der dsterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, pag. 133, 257, tav. XI, fig. 10, 11. Conchiglia globulosa, rigonfia, sviluppata in senso trasversale più che in altezza; gli anfratti sono in numero di 5 o 6, che, eccettuato l’ultimo, sono bassi, rapidamente crescenti nel diametro, in modo che costituiscono un cono assai ottuso; in essi si osserva una specie di angolo presso la sutura superiore, che 30 G. DAINELLI [164] x dà al loro insieme un aspetto scalariforme. L'ultimo giro è assai più sviluppato dei precedenti, rigonfio in specie nella sua metà superiore, molto espanso presso alla bocca, fornito di un ben marcato angolo vicino alla sutura, sfuggente in basso dalla parte opposta all’ apertura. La sutura è ben chiara, poco incli- nata sull’asse della conchiglia, profonda e assai canaliculata, come i caratteri sopra detti per gli anfratti potevano di per loro fare imaginare. La bocca è grande, semilunare, limitata da un labbro esterno spesso, regolarmente rotondeggiante, assai espanso in ampia curva, ed inclinato alquanto in basso ed all'indietro; il labbro interno presenta una superficie sinuosa, e si riunisce con quello esterno mediante un angolo vicino al retto, in alto; mediante una curva regolare, in basso. L'ombelico e gran parte della base sono ricoperti da un callo spesso e sviluppato, che si espande su larga superficie, avendo a limite esterno una linea curva più o meno regolare. La superficie della conchiglia appare liscia. DIMENSIONI Altezza totale . a 5 " È 5 6 5 5 6 5 3 mm. 50 Diametro massimo . 3 È È 5 5 è È 3 : 5 » 45 Altezza dell’ ultimo anfratto . 5 5 o ò , 5 d ; » 41 Altezza della bocca . detta eo o c o . . o o , » 42 Larghezza della bocca . o : . . | o È o : » 20 Bayan paragonando la sua Matica ventroplana di Roncà alla incompleta ZrrTEL, nota come essa pre- senti delle differenze bastanti e giustificarne la separazione: “ ce sont principalement le profil de la cal- losité columellaire et l’absence sur notre coquille de stries spirales ,. (Moll. tert., pag. 25). La mancanza di strie non può certo costituire un carattere differenziale in fossili non perfettamente conservati, perchè esse, in seguito ad imperfetta conservazione, possono essere con molta facilità cancellate, ed in specie quando solo “ bei starker Vergroòsserung lasst sich eine leichte Spiralstreifung erkennen ,, come appunto era il caso pei fossili d'Ungheria descritti da ZirtEL (op. cit., pag. 378). Quanto poi alle differenze nel profilo della callosità columellare, esse possono dipendere non solo da differente conservazione, ma anche dal variare di tutte quelle condizioni, di dimensioni, di età, ecc., che determinano, in una stessa specie, una certa oscillazione nei caratteri specifici ; la quale pertanto si mantiene sempre dentro certi limiti, più o meno grandi. BAayAN stesso nei suoi individui aveva osservato delle differenze nei caratteri della spira, della sutura e degli anfratti; forse anche in vista di ciò credè di aggiungere: “ peut-étre la comparaison des échantillons en nature amènera-t-elle néanmoins à reconnaître que les deux espèces n’ en font qu’une ,. (Moll. tert., pag. 25). Il primo autore però che propose la riunione delle due specie è, se non erriamo, il marchese DE GrEGORIO; egli infatti cita da Roncà separatamente la Natica incompleta ZittEL (op. cit., pag. 58), e la ventroplana BATAN (op. cit., pag. 55); ma a questa aggiunge come sinonimia: “ (an potius N. incompleta ZirTEL?),, e poi osserva nelle spiegazioni: “io credo che la N. incompleta ZirteL è probabilmente la stessa specie. Se ciò è vero il nome di incompleta ha il diritto di priorità ,. La qual cosa è stata recentemente ribadita dall’OppenzEIM (Altfert., pag. 153, 257). I nostri esemplari dalmatini presentano dimensioni alquanto maggiori di quelle sin ora citate; del resto tutti i caratteri ci sembra coincidano con abbastanza esattezza. La Natica incompleta ZittEL è stata citata da Roncà (Vicentino); da Dubrawitza (Dalmazia); da Da- brica (Erzegovina); da Lopare e Sibosica Rjeka (Bosnia); da Pusta Forna, Dorogh e Tokod (Ungheria); da Guttaring (Carinzia). La sinonimia della Nazica baloukeniensis D° ArcHIAC e la relativa provenienza di [165] G. DAINELLI SIL Balak Keni (Tracia), citiamo dietro OPPENHEIM (0p. cit., pag. 257), che pertanto le dà dubitativamente. I nostri esemplari dalmatini provengono da Ostréviza. Natica (Ampullina) sp. Conchiglia ovale, globulosa, a spira acuta e piuttosto elevata; gli anfratti sono in numero di circa sei, e di essi i primi quattro bassi, il seguente assai più alto, e l’ultimo poi molto sviluppato; in dia- metro crescono lentamente. La sutura è ben visibile, ma non canaliculata; essa è lineare, non sinuosa, assai inclinata sull’asse della conchiglia; l’ultimo giro è rigonfio, in specie dal lato anteriore, e molto alto; la bocca allungata, e stretta, limitata da un labbro esterno ampiamente curvilineo; sul labbro in- terno vi è un grosso e spesso callo che ricopre del tutto l’ombelico; la bocca termina superiormente ad angolo molto acuto, dal lato opposto con una curva assai stretta. La superficie è liscia, e ornata solo da strie trasversali di accrescimento. DIMENSIONI Altezza totale . 5 5 È 5 5 5 ) ò È : " mm. 69 Diametro massimo, circa . 3 0 ò È 3 E Ì ; » 46 Altezza del penultimo anfratto o . o c 5 0 o o » 9 Altezza dell’ ultimo anfratto . A 5 7 5 ; ù x È » 48 Altezza della bocca . . o o 6 ò 6 . . 5 ò » 40 Larghezza della bocca, circa . ; ds ict ò . ° 0 c » 15 Di questa forma — della quale possediamo un unico esemplare, ed in condizioni tali che non ci per- mettono alcun tentativo di determinazione specifica — possiamo dire ben poco; forse essa appartiene alla sezione Crommium Cossmanwn (Cat. ill. des coq. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Malac. de Belg., vol. 23, fasc. 3, 1888, pag. 177), nella quale si avrebbe; “ coquille globuleuse, épaisse, à spire courte, aigiile; ombilic peu ouvert ou presque fermé, dénué de limbe et recouvert en partie par le renversement, du bord columellaire ,. Certo, non tutti questi caratteri sono chiaramente visibili nel nostro esemplare, ma molti sì; nè, del resto, quelli di altre sezioni combinano con maggiore esattezza. Ed una riprova si ha nelle analogie che il nostro individuo presenta con forme già note; cioè colla eocenica Natica (Am- pullina-Crommium) ponderosa DesHAves (Cog. foss., 1824, pag. 140, tav. XVII, fig. 13, 14), e più forse colla Natica (Ampullina-Crommium) ferruginea GratELOUP var. ifalica Sacco del Tongriano piemontese (Sacco, Moll. dei terr. terz. del Piem. e Lig., fasc. 9, 1891, pag. 8, tav. I, fig. 8). A nessuna di queste due specie però si potrebbe riferire il nostro esemplare, senza far cosa quanto mai azzardata, visto il suo im- perfetto stato di conservazione; basti il ravvicinamento fatto, a conferma del riferimento sottogenerico. La presente forma proviene unicamente da Ostroviza. Natica sp. Gli esemplari di Naticide da noi raccolti in Dalmazia sono innumerevoli; disgraziatamente però, in così imperfetto stato di conservazione, che solo sei determinazioni specifiche abbiamo potuto fare, mentre la maggior parte dei nostri individui deve rimanere necessariamente indeterminata. Alcuni esemplari, per la presenza di certi caratteri abbiamo unito alle sei specie, delle quali sopra si è parlato, e delle quali pertanto si è fatta la determinazione sopra individui abbastanza caratteristici; del rimanente abbiamo descritto a sè una forma sola, perchè mostrava caratteri speciali, e, in paragone alle altre, una migliore 32 G. DAINELLI [166] conservazione; adesso infine citiamo sotto l’unica indicazione di Natica sp. una quantità di individui, di modelli, di nuclei, per i quali qualunque avvicinamento, al di là di quello generico, sarebbe facilmente errato. Accenneremo solamente come alcuni individui rammentino la Natica hybrida LAMARCK; altri potreb- bero forse riunirsi alle già citate Natica Vulcani BRONGNIART, cepacea LAMARCK e sigaretina LAMARCK, Se la mancanza di veri caratteri specifici non ci ritenesse da ciò fare. Tali numerosi esemplari provengono dai pressi ammediati dei Ponti di Bribir, da Ostroviza, da Zazvic e da Vàciane. Fam. Rissoidae. Sottofam. Rissoae. Rissoina (Zebinella) bribirensis sp. n. — Tav. IT [V], fig. 8. Conchiglia turricolata, conica, di dimensioni assai piccole; gli anfratti sono poco convessi, ma la sutura è ben visibile, un poco incavata, diritta, relativamente molto inclinata sull’ asse della conchiglia; l’ultimo giro è assai più sviluppato dei precedenti, in specie in altezza. Gli ornamenti consistono, secondo quel poco che si può vedere, in coste trasverse abbastanza rilevate, nette, piuttosto rade, oblique rispetto all’ asse della conchiglia, e leggermente sinuose; sono poi rese come granulose da una fine striatura spi- rale. La bocca è ovale, poco obliqua, più alta che larga; non si vedono i caratteri del labbro. DIMENSIONI Altezza totale, circa 5 ; ; : 5 , É 6 7 : mm. 8. Diametro massimo . , ; : x È , ; o ° 5 » 3 Altezza dell’ ultimo anfratto ; È 0 i c . o . Ò » 3,2 Di questa forma ho varii esemplari, come impronte esterne, le quali, in specie come conseguenza delle piccole dimensioni della conchiglia, non ne mostrano i caratteri con estrema chiarezza. Quanto al sottogenere ho seguìto la divisione adottata da Cossmann, il quale distingue tre sezioni: Rissoina (sensu stricto), adorna di coste trasverse; Zebinella MoRCH, la quale aggiunge strie spirali; e Zebina ADAMS, liscia e ventricosa (vedi Cossmann, Cat. ill. des coq. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Malac. de Bel- gique, vol. 23, 1888, fasc. 3, pag. 241 e seg.). Quanto a ravvicinamenti e raffronti, non ne ho trovati di evidenti colle numerose specie descritte e figurate dallo ScawarTz (Ueder die Fam. der Rissoiden und insbes. die Gatt. Rissoina. Denkschr. d. math.-naturwissensch. Classe d. k. Akad. der Wissensch., Wien, Bd. 19, 1860). Da terreni simili, per età e per facies, a quelli dai quali provengono i presenti fossili da me descritti, non sono davvero nu- merose le forme di Rissoîna citate; da Forna, in Ungheria, proviene la Rissoina Schwarteì DesHAyES (ZirteL, Ob. Numm. Form. in Ungarn. Sitzungsber. d. k. Akad. der Wissensch., Bd. 46, Heft 3-5, 1862, — pag. 385; vedi anche: DesHaves, An. sans vért., 1862, pag. 399, tav. XXII, fig. 26-28), la quale è una forma affatto liscia, una Zebina cioè; e nemmeno quindi paragonabile coi fossili dalmatini. Dal Vicen- tino, e più precisamente da San Giovanni Ilarione e da Roncà, Vinassa (Sym. Moll. tere. Alpi Ven. Palaeont. Ital., vol. I, 1895, pag. 253; vol. II, 1896, pag. 172) cita la Rissoima clavula DesHAYES ((Cog. foss., 1824, pag. 117, Melania clavula, tav. XIV, fig. 18, 19), citata poi di nuovo, da Roncà, ma sempre dietro Vinassa, da De GREGORIO (Faun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, 1896, pag. 83) [167] G. DAINELLI 33 e probabilmente anche da OPPENHEIM (Zoc.-Faun. des, Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, 1894, pag. 441); in ogni modo essa è una forma priva di striatura longitudinale, e quindi non paragonabile alla nostra anche per questa sola differenza, oltre alle altre e molte che realmente vi sono. Tra le varie specie del Bacino di Parigi, appartenenti, come la nostra, alla sezione Zebinella, citate da Cossmann (0p. cit., pag. 242) e figurate in gran parte da DesHAvEs (An. sans vért.), non una è tanto Vicina ai nostri esemplari. dalmatini, da poterne avere un ravvicinamento evidente; in genere, tutte hanno le coste trasverse molto più fitte e in conseguenza più numerose, e meno oblique sull’asse della conchiglia. I nostri esemplari provengono dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir. Diastoma costellatum LAxmARcK. 1804. Melania costellata Lamarck. Ann. du Mus., IV, pag. 430, n. 1, VII, tav. LX, fig. 2. 1863. Diastoma costellata —Lam. Zirrer. 00. Numm.-Form. in Ungarn. Sitzungsber. d. k. Akad. d. Wissen- sch., Bd. 46, pag. 384. 1875. _ _ — Hanrxen. Sud. Bakony. Jahrb. d. k. ungar. geol. Anstalt., Bd. 3, Lief. 3, pag. 368. 1894. — costellatum —‘— Orpenzen. Eoc.-Faun. d. Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 381, tav. XXVI, fig. 19 (cum syn.). 1896. i — — Dre GreEGorIo. HMaun. toc. de Roncà. Ann. de Géol. et Paléont., 21, pag. 63 (cum syn.). 1901. _ — — Darmenti. Miocene infer. del Mt. Pronvina. Palaeont. Ital., VII, pag. 275, tav. XXXI, fig. 22, 23 (cum syn.). 1901. = — — Oprpenmnm. Alttert. Faun. der dsterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, pag. 261. Di questa ben nota specie dell’ Eocene e dell’Oligocene inferiore ho trovato tre esemplari sicura- mente determinabili, per quanto constino ciascuno di un solo frammento, invero ben conservato. Uno di essi mostra forse un maggiore sviluppo delle coste trasverse in confronto della striatura spirale, ma coin- cide in questo con alcuni esemplari del Bacino di Parigi e del Vicentino che ho potuto confrontare. Il Diastoma costellatum LAMARCK è specie troppo conosciuta perchè valga la pena di ripeterne qui la descrizione; vedasi quel che ne ho detto altrove (op. cit.), e le osservazioni che su di esso hanno fatto i varii autori, principalmente OppenHEIM (Mt. Palli). Tale specie è ben nota, perchè molto diffusa e comune: è stata citata da quasi tutte le località fossi- lifere del Vicentino (Roncà, Monte Pulli, dintorni di Bassano, Salcedo, Gomberto, Sangonini, Ciuppo, La Croce Grande, S. Giovanni Ilarione, Zovencedo, Monte Grumi, Monte Carrioli, Monte Castellaro, Monte Rivon); dal Monte Promina in Dalmazia; da molte località dell’ Ungheria (Piszke presso Gran, Tokod, Bajoth, Lablatan, Nagy Kovasci, Csernje); da Trebistovo e Dabrica (Erzegovina); dal Bacino di Parigi, dai Pirenei; da Dego, Carcare, ecc. (Piemonte); Gaas, Lesbarritz, ecc., Gap, Diablerets, Faudon, ecc. I miei tre esemplari dalmatini provengono dai pressi dei Ponti di Bribir, da Zazvic, e da Vàciane. Descriviamo separatamente un individuo proveniente dai Ponti di Bribir, perchè la sua determina- zione non è certa. Diastoma sp. cfr. costellatum LAmARcK. — Conchiglia turrita, allungata, di piccole dimensioni; gli an- fratti dovrebbero essere circa una diecina, da quel che si può supporre dal mio esemplare e dalle specie vicine; però ne sono presenti soltanto gli ultimi cinque. Essi sono leggermente convessi alla loro su- perficie, piuttosto alti, subcilindrici, non molto larghi, e a lenta crescenza diametrale; l’ultimo è molto Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 5 34 G. DAINELLI si [168] sviluppato; la sutura è poco inclinata sull’ asse della conchiglia, non molto profonda, ma ben netta, lineare, diritta. Gli ornamenti sono ben visibili e caratteristici; essi consistono in coste trasverse fitte e numerose (19 nel penultimo anfratto), leggermente curvilinee con la concavità rivolta verso la bocca, molto nette, rilevate, ben definite ai lati; esse occupano tutta quanta l'altezza dell’anfratto dall’ una all’ altra sutura, non sono però intere, apparendo invece come tante serie di rilievi leggermente allungati nel senso della spira, e alternanti fra loro per grossezza. Infatti vi sono (nel penultimo anfratto) dieci solchi longitudi- nali, variamente distanti l’uno dall’altro, ma egualmente profondi, i quali determinano appunto la divi- sione, e il conseguente caratteristico aspetto delle coste trasverse. Di queste, alcune (in genere due per ogni giro) sono assai più rilevate delle altre, a guisa di varice, ma disposte irregolarmente, senza che esista corrispondenza alcuna da un anfratto all’altro; nell’ultimo giro le coste trasverse vanno evanescendo al margine della base della conchiglia; onde questa è solo adorna da coste concentriche, alternativamente più o meno larghe, formate dai solchi spirali, dei quali ho sopra detto. La base è molto rilevata e con- vessa; l'apertura, per quanto mal visibile, appare obliqua, ovale, più alta che larga; la columella adorna di una breve espansione callosa. DIMENSIONI Altezza totale, circa ò 0 o È ò ; o 0 c o mm. 15 Diametro massimo . ù 6 . , ; 5 b c c 7 » 5 Altezza dell’ ultimo anfratto . Ò ; 3 7 c o ò o » 6,5 Altezza del penultimo anfratto ò 0 o : o o 6 Ù » 2,2 Altezza della bocca, circa ò o . 5 0 0 . o ò » 2,5 Questo esemplare, raccolto nelle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir, rammenta molto da vicino, come ben si vede dalla descrizione che precede, il Diastoma costellatum LAmARCK (Ann. du Mus., come Melania, IV, pag. 450, n. 1, VIII, tav. LX, fig. 2). Unica differenza sarebbe l'aspetto delle coste trasverse, che nel mio fossile sono più rilevate e più profondamente divise nelle caratteristiche serie di piccole bacchette allungate nel senso della spira; di più, generalmente, nella specie di LAmARCcK, gli ornamenti spirali sono dati da coste alternate per grossezza, mentre nel nostro individuo si hanno solo dei solchi; ciò può dipendere, solo in apparenza, dal maggiore sviluppo delle coste trasverse. Così pure negli esemplari tipici di Diastoma costellatum LAMARCK, le coste spirali di seconda grandezza sono finissime, filiformi, e talora non visibili; mentre nel nostro fossile le bacchette minori delle serie trasverse (che corrispondono appunto a tali coste spirali) sono ben sviluppate e sempre nettamente visibili. In ogni modo, non ostante queste differenze, ritengo che il mio interessante individuo debba appar- tenere effettivamente alla specie, tanto diffusa, di LAMARCK; ed in questa opinione tanto più son confor- tato, pensando alle immense e numerose varietà e differenze individuali che tale specie presenta, come più volte hanno osservato gli autori, e come io stesso ho avuto occasione di constatare nell’ esame di molti individui di età e di località diverse. Il presente fossile proviene dai Ponti di Bribir. Fam. Melaniadae. Melanatria. vulcanica ScHLotHEM ? 1820. Muricites vulcanicus ScaLorazIMm. Petrefactenkunde, pag. 148. 1823. Certthium Castellini BronentART. Terr. de séd. supér. cale.-trapp. Vicentin, pag. 69, tav. III, fig. 20. 1870. Melania vulcanica Scar. Bayan. Moll. tert., pag. 6 (cum syn.). [169] G., DAINELLI 35 1888. Melanatria vulcanica Scan. Cosswann. Cat. ill. des Coq. foss. des env. de Paris. Ann. dela Soc. Malac. de Belg., vol. 23, pag. 284 (cum syn.). 1894. _ = — Oppenzrim. Hoc.-Maun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. deutsch. geol. Gesellsch., Band 46, Heft 2, pag. 374 (cum syn.). 1896. _ — — — Eoc.-Faun. des Mt. Postale. Palaeont., Band 43, Lief. 3, 4, pag. 180 (cum syn.). 1896. Cerithiumvulcanicum — De GrecorIO. Faun. Hoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont. 21, pag. 69, tav. X, fig. 6-9 (cum syn.). 1897. Melanatria vulcanica —‘— Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 173. 1901. —_ — — OPpenzem. Alttert. Paun. der Osterr.-ung. Mon. Beitr. zur. Pal. und Geol., Bd. 13, pag. 183. 1902. _ — , — DwSrrrani e Damnonni. Terr. eoc. presso Bribir'in Croazia. R. Acc. dei Lincei, vol. X. ser. 5, fasc. 4, pag. 156. A questa ben nota e diffusa specie riporto dubbiosamente un esemplare assai imperfetto da me rac- colto in Dalmazia: esso consiste in un modello mal conservato, perchè parzialmente eroso. L'andamento però degli anfratti, l'aspetto generale della conchiglia, e sopra tutto la presenza delle tipiche e ben svilup- pate coste trasverse giustificano questo avvicinamento; noterò anche l'identità della base della conchiglia, ed il grande sviluppo dell’ ultimo anfratto. i La Melanatria vulcanica ScaLotEEIM, della quale ha dato una esauriente descrizione OppeNHEIM (M#. Pulli), proviene da Roncà, Monte Postale e da Monte Pulli (Vicentino); è stata anche citata dai dintorni di Parigi, da Bribir e Kosavin (Croazia), dal Friuli, da Reichenhall (Alpi settentrionali), e dall’ Ungheria. Il mio esemplare è stato raccolto a Zazvic. Sottosez. Siphonostomata. Fam. Cerithiidae. Cerithium lamellosum Brucurère. — Tav. II [V], fig. 11. 1792. Cerithium lamellosum BrueviùRrE. Hist. nat. des Vers, pag. 488. 1889. — _ Brue. Cossmann. Cat. ill. des coq. foss. des env. de Paris, IV. Ann. de la Soc. Roy. Malac. de Belgique, 24, pag. 23. 1894. — — — Ovrenzem. Foc.-Faun. des Mi. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 399, tav. XXVI, fig. 1-4 (cum syn.). 1894. — — — Dx Grreorto. oss. des env. de Bassano. Ann. de Géol. et de Paléont., 13, pag. 32. 1895. — —_ — — Foss. de Lavacille près de Bassano. Ann. de Géol. et de Paléont., 20, pag. 14. 1896. — —_ — Orremnzem. Eoc.-Faun. des Mi. Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief. 3-4, pag. 184 (cum syn.). 1996. — i - — DeGrreorIo. Haun. doc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, pag. 77. 1896. — —_ — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 220, 256, tav. XVIII, fig. 3. 1897. — — — — Idem. IQ., II, pag. 177. 1898. — — — — Idem. Id., III, pag. 157, 173. 1901. — — — Oppennem. Alttert. Faun. der bsterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd.13, pag. 269. 36 G. DAINELLI [170] Di questa specie, tanto diffusa in particolar modo nel Vicentino, ho un giovane esemplare, mancante dei primi anfratti e della bocca, ma del resto ben conservato negli ornamenti, sì da farne sicura la deter- minazione. Le coste trasverse sono ben rilevate, numerose (11 nel penultimo giro), leggermente curvilinee, disposte in modo che si alternano tra loro da un anfratto all’altro, come ha osservato OPpeNHEIm (Mt. Pulli, pag. 400): questo carattere però non è sempre esattamente mantenuto, per quanto non si abbia mai una perfetta corrispondenza. Ben visibili nel mio esemplare sono le quattro coste spirali, sempre attenuate e spesso evanescenti nei solchi trasversi, ed invece abbastanza rilevate sulle coste pure trasverse, sulle quali si elevano a mo’ di piccola scaglia. Non è conservata la varice dell'ultimo anfratto, opposta alla bocca; ben nette invece sono le coste concentriche che adornano la base conchigliare. DIMENSIONI IN PARTE SUPPOSTE Altezza totale, circa È 5 : . 7 VAlepre 5 ; . mm, ll Diametro o c 0 è . o o 0 o o E . » 3,5 Il mio esemplare rassomiglia, più che ad ogni altro, agli individui di Roncà figurati da OPPENHEIM (Mt. Pulli, tav. XXVI, fig. 3-4), Vinassa (op. cit., 1896, pag. 220), che cita il Cerithium lamellosum BrueuikRE da Monte Postale, dice: “ cito questa specie sulla fede di De GREGORIO, le cui due figure rappresentano certo questa forma ,. À Monte Postale esiste tale specie, perchè più volte citata; ma tengo a fare osservare che le figure che ne offre Dr GrEGoRIO (Foss. éoc. de Monte Postale. Ann. de Géol. et de Paleont., 14, 1894, pag. 15, tav. II, fig. 40-41) non sono punto caratteristiche, e potrebbero, come la maggior parte delle sue illustrazioni tolte da disegni, rappresentare innumerevoli forme diverse. VinASsSA cita poi e figura (op. còt., 1896, pag. 256, tav. XVIII, fig. 3) da S. Giovanni Ilarione la specie di BrueUIÈRE, osservando: “Esemplari bellissimi e molto comuni, i quali però non sono del tutto rispondenti alla forma parigina, specialmente per la forma della base e l’ornamentazione di essa e dell’ultimo anfratto; per tal ragione ho creduto bene ripeterne la figura. Sono somigliantissimi agli individui del Monte Pulli figurati da OPPENHEIM ,. Valga qui la osservazione che ho fatto più sopra per De GREGORIO: la figura di Vinassa non somiglia che lontanamente a quelle di OPPENHEIM, tanto che, se non si trattasse di una specie comunissima in quasi tutte le località fossilifere del Vicentino, inclinerei a dubitare della giustezza della determinazione: certo le coste trasverse, in questa figura tolta da disegno, sono più grosse e larghe, e si corrispondono esattamente da un anfratto all’altro; gli ornamenti spirali invece mancano del tutto, ad eccezione di una leggiera sinuosità che si nota a mezzo della coste trasverse dell’ultimo anfratto. Gli stessi dubbii, e per le medesime ragioni, verrebbero intorno agli esemplari di Zovencedo, dal medesimo autore citati (‘op. cit., 1898, pag. 157) come di sicura determi- nazione perchè in tutto rispondenti all'individuo figurato da S: Giovanni Ilarione. Il Cerithium lamellosum BRUGUIERE è specie assai comune: è stata citata da Roncà, Monte Pulli, Monte Postale, dintorni di Bassano, Ciuppo, Croce Grande, S. Giovanni Ilarione, Zovencedo (Vicentino); da Costa Grande (Veronese); da Konjavac, in Erzegovina; dai dintorni di Trento; da quelli di Parigi; da Hauteville presso Valogne; da Hohgautkette presso il lago Thun; da Althofen in Carinzia ecc. Il mio esemplare dalmatino proviene da Ostroviza. (171) G. DAINELLI 37 Cerithium corvinum Broxneniart. — Tav. JI [V], fig. 9, 10. 1823. Rostellaria corvina BronenIARIT. Terr. de séd. supér. cale.-trapp. du Vicent., pag. 74, tav. IV, fig. 8. 1862. Cerithium corvinum Bronen. ZirteL. Ob. Numm.-Form. Ungarns. Sitzungsber. d. k. Akad. d. Wissensch., pag. 375, tav. II, fig. II (cum syn.). 1870. _ — — Bavran. Moll. tert., pag. 40, tav. III, fig. 5 (cum syn.). 1894. = —_ — ? De GrecorIo. Foss. doc. de Mt. Postale. Ann. de Géol. et Pal., pag. 15, tav. II, fig. 52 (cum syn.). 1894. — Zitteli De GreGoRrIO. Idem. 1894. — corvinum Bronen. Orpengem. Eoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., pag. 394 e seg., tav. XXV, fig. 3, 4. 1895. — subcorvinum OrPeNHEM. Idem. 1896. — corvinum —Bronan. De GreGoRrIO. Faun. toc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., pag. 64, tav. ; VIII, fig. 11-14 (cum syn.). ‘ 1896. — — — — Foss. di Mt. Pulli. Ann. de Géol. et Pal., pag. 137, tav. XXV, fig. 32 a, b. 1896. — Zitteli Dr GreGoRIO. Idem. 1896. — subcorvinum Orpr. De GreGoRrIO. Idem, pag. 135 e seg., tav. XXV, fig. 1-15 a, d. 1897. _ — — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 175. 1898. —_ — _ — Idem. Id., III, pag. 174. Attribuisco a questa nota specie del Vicentino un esemplare abbastanza ben conservato, un fram- mento mostrante chiaramente gli ornamenti di parte dell’ ultimo anfratto, e, dubbiosamente, alcuni indi- vidui assai imperfetti. Del Cerithium corvinum BRoNGNIART molto si è scritto dagli autori, da quelli in specie che ho citati nella sinonimia; siccome però non in tutto concordo con essi, non stimo superfluo descrivere minutamente i miei esemplari dalmatini. i Conchiglia conica, allungata, robusta; la spira è composta di 14-15 anfratti, dei quali nel nostro indi- viduo sono presenti solo gli ultimi sei: essi sono sviluppati, alti, pianeggianti, salvo una leggiera conves- sità che presenta il penultimo. La sutura è lineare, ben netta, poco incavata, poco inclinata sull’asse della conchiglia, ed assai regolare prima dell’ultimo anfratto. Questo è assai sviluppato, misurando circa i tre settimi dell’altezza totale; in esso cresce anche assai il diametro, già di per sè grande, sì da togliere alla conchiglia ogni aspetto affusolato. Nell’ ultimo giro, nella parte opposta alla bocca, è presente una robusta varice trasversale, la quale ha principio immedia- tamente a contatto della sutura superiore, cresce in elevatezza fino a metà, circa, dell’anfratto, indi va diminuendo fino al canale, presso al quale termina ben nettamente definita; anche ai due lati tale varice ha limiti chiari, rappresentati da due leggiere concavità ad essa parallele, cioè trasversali all’anfratto. La sutura, che abbiamo detto regolare, mostra qui una piccola deviazione dal suo andamento normale: prima di giungere all’ altezza della varice, si incurva alquanto, presentando la sua convessità verso la parte apicale della conchiglia, indi, oltrepassata la varice, cambia del tutto inflessione, mostrando una ben mar- cata concavità, oltre la quale riprende il suo andamento regolare. La base è assai convessa; il canale è ben sviluppato, alto, robusto, leggermente incurvato all’infuori, dal lato opposto alla bocca; questa è mancante nel nostro esemplare. La ornamentazione consiste in una fitta striatura longitudinale, presente in tutti e sei gli ultimi an- fratti, e tanto più conservata, quanto più ci si avvicina alla bocca; per quanto però essa appaia anche qui poco spiccata, possiamo pertanto affermare che fosse tale dal frammento di ultimo anfratto che noi 38 G- DAINELLI [172] possediamo; qui infatti si osserva che i piccoli solchi, determinanti la striatura, sono ben netti, interi, relativamente profondi, fitti assai presso la sutura (15 circa in mm. 10), mentre vanno allontanandosi l’un l’altro presso la base del canale (8-9 in mm. 10); l’andamento loro è regolare e segue in tutto quello della sutura: così negli anfratti precedenti sono diritti, mentre nell’ ultimo, in corrispondenza della varice, mostrano chiaramente due concavità ed una convessità come la sutura stessa. DIMENSIONI Altezza totale, circa 0 c a 0 o È ò 0 o .. mm. 140 Diametro massimo . à 0 3 " 5 5 Ò o 5 GRISTOD 50 Altezza dell’ ultimo anfratto . 3 5 ; 5 i ; 5 È » 5 Osserveremo che queste dimensioni, per quanto più grandi di quelle che mostra l'esemplare di Roncà figurato da OPPENHEIM (0p. còt.), relativamente corrispondono a queste con grande esattezza. Vediamo adesso quello che su tale specie di BRONGNIART è stato scritto dai varii autori, seguendo l’ordine cronologico: BAYAN (0p. cit., pag. 41) scrive: “Il nous semble douteux que l’échantillon de Hon- grie figuré par M. ZIrtEL (op. cit.) appartienne à cette espèce: il a des varices sur les premiers tours, et est strié sur toute la surface ,. Che tali differenze non esistano è chiaro, perchè i due caratteri, quello delle varici nell’ultimo anfratto e l’altro delle strie su tutta la spira, sono presenti nel tipico Cerithium corvinum BRroneNIART del Vicentino, di dove ne ho esaminati numerosi esemplari, ed anche nel mio indi- viduo di Dalmazia, ora descritto; che tali differenze poi non abbiano valore, anche se vere, ammette pure OPPENHEIM (0p. cit., pag. 394), attribuendole, nei singoli casi, a differenze di conservazione. DE GREGORIO (1894, M#. Postale) scrive: “Les figures de M. ZirtEL représentent deux variétés du corvinum. La fig. 2 (pl. II) est la var. Zifteli De GREG. ayant le premiers tours costulés etc., la fig. 26 est la var. pleurotomoides De GREG. ayant les tours subangulenx et subcarénés avec les stries d’accroissements anguleuses ,. Osserveremo qui che l’individuo, dai giri subangolosi e subcarenati e dalle strie d’accresci- mento angolose, che De GREGORIO chiama come speciale varietà pleurofomoides, non sappiamo dove sia stato figurato, non avendo il lavoro di ZirtEL (op. cit., tav. II, fig. 2) che una sola figura di corvinum BRONGN., e nessuna figura numerata come la ventiseiesima. Quanto al valore delle varietà stesse diremo in seguito. Quasi contemporaneamente a De GREGORIO, OPPENHEIM (op. cit.) parla a lungo del corvinum BRONGNIART e delle specie vicine; dopo aver negato il valore delle differenze citate da Bayan tra gli individui di Ungheria (descritti e figurati da ZirteL) e quelli del Vicentino, aggiunge: “ Aber die ungarische Type ist auch an den Seiten mehr gerundet, walzenformiger als die italienische, und ihre Umginge nehmen schneller an Breite zu und bleiben sich dann gegen die Miindung hin ziemlich gleich, wahrend das um- gekehrte Verhalten bei dem echtem C. corvinum BronenIART ’s zur Beobachtung gelangt. Es erscheint an- gemessen, die ungarische Form....., als C. subcorvinum n. sp. von der BronGNIART ’schen Art zu trennen, wenngleich hier moglicher Weise nur ein Varietàtverhèiltniss vorliegt ,. OPPENHEIM, dopo aver mosso giu- stamente qualche appunto intorno alle figure di BroneniART e di Bayan, alla descrizione di BRONGNIART, ed a taluna espressione usata da ZITTEL, così divide il gruppo del Cerithium corvinum BRONGNIART: Cerithium corvinum BRONGNIART. —_ subcorvinum OPPENHEIM (= corvinum ZItTEL non BRONGNIART). — Hofmanni OpPENHEIM (= Fuchsi von HANTKEN non Hormann). — corviniforme OPPENHEIM. — Fontis-Felsinae OPPENHEIM. [173] G. DAINELLI i 39 Quanto al cambiamento di nome del Cerithium Fuchsi von HANTKEN non HorMmanNN (von HANTKEN, Geol. und palaeont. Kennt. des Stidl. Bakony. Jahrb. d. k. ung. geol. Anst., 1875, pag. 366, tav. XIX, fig. 8), trovo giusta la ragione addotta da OpPpeNnHEIM; quanto però al nuovo nome di C. subcorvinum dato agli esemplari d’ Ungheria descritti da ZirtEL, pur riservandomi di discuterne il valore paleontologicamente, farò subito un’osservazione: l’egregio autore tedesco, il quale tiene tanto alla priorità delle pubblicazioni, concederà che si debba abbandonare, in ogni caso, la sua nuova specie Cerithium subcorvinum, la quale cade in sinonimia della precedente C. Zittelì De GREGORIO; infatti quella usciva nel vol. 46, fasc. 2 della Zettschrift der deutschen geologischen Gesellschaft, dei mesi cioè di aprile, maggio e giugno 1894, mentre questa veniva pubblicata nel fasc. 14 degli Annales de Géologie et de Paléontologie, cioè del marzo del medesimo anno. De GREGORIO (1896, op. cif., pag. 64) cita poi da Roncà il Cerithium corvinum BROoNGNIART tipico e la sua nuova varietà plicoundosum DE GREGORIO; indi, tra i fossili di Monte Pulli (op. cit., pag. 135 e seg.), distingue il Cerithium corvinum BRONGNIART, con la nuova varietà osculum DE GREGORIO, dal gruppo del Cerithium corvinum (BroneNIART) DE GREGORIO, nel quale ultimo fa la seguente divisione e successione: plicoundosum De GREG. sicariforme De GREG. — digitiforme De GREG. corviniforme OPP. Zitteli De GREG. — corvinum BRONGN. bimixtum De GREG. Fontis-Felsinae OPP. Vedremo tra breve le differenze che passano tra le forme fino adesso citate; mi sia pertanto per- messo di fare due osservazioni su ciò che ho precedentemente riportato da De GREGORIO: prima, non riesco a capire la ragione per la quale egli dà il proprio nome al gruppo del Cerithium corvinum BRON- GNIART, mentre di questo dice appunto (op. cit., pag. 135): “ Essendo il nome di corvinum quello che ha il diritto di priorità sugli altri, e quello più noto, l’ho scelto elargandone il senso ,,; perchè se è la stessa cosa della specie di RRONGNIART, è nome inutile, e se è cosa differente, diventa sinonimo. Si potrebbe anche aggiungere che egli, nello schema di divisione e di successione sopra riportato, pone come forma primitiva, dalla quale derivano tutte le altre, compreso il C. corvinum BRONGNIART, il C. Zittelì De GRE- GORIO (= corvinum ZirteL non BRoNGNIART); perchè allora non ha dato tale nome al gruppo intero, come era forse più logico? Osserverò poi che pone qui tutte queste forme come specie diverse, mentre tanto il plicoundosum (pag. 64) e lo Zitteli (pag. 64; Mt. Postale, pag. 16) aveva prima poste solo come varietà del corvinum BRoNneNIART. Riassumendo, abbiamo dunque nella letteratura paleontologica fin ora citata: Cerithium corvinum BronenIART tipico (vedi bibliografia citata). var. pleurotomoides Dr GrEGoRrIO (Mi. Postale, pag. 16), «ayant les tours subanguleux et subcarénés avec les stries d’acroissement anguleuses » ; abbiamo già detto di non poter accettare questa varietà, i cui originali non si sa dove sieno stati figurati. var. osculum Dr Gregorio (Mi. Pulli, pag. 137, tav. XXV, fig. 32); « è giovane esemplare della forma con- sueta. A guardarsi con la lente però mostra la superficie levigata ma segnata di lineole interrotte in serie; la superficie è bianca e levigata, però con la lente si scoprono cinque lineole spirali di 40 ok, G. DAINELLI [174] colore più bianco della conchiglia stessa, le quali sono interrotte obliquamente formando dei fasci in serie oblique quasi regolari ». Probabilmente questa forma, mal figurata, non si può staccare dalla specie tipica, essendo, come dice lo stesso De GREGORIO, un giovane esemplare della forma consueta: i particolari della ornamentazione si sa benissimo che possono variare da individuo a individuo a seconda che ciascuno è stato meglio o peggio conservato; qui in specie pare che con- dizioni speciali ed eccezionali abbiano valso a conservare gli ornamenti ed anche, almeno in parte, i colori della conchiglia. OppennEIM. (Altiert. Faun. der bsterr.-ung. Monarchie. 1901. Beitr. zur. Pal. und Geol. XII, pag. 262, nota 4) osserva che al Cerzthium corvinum BronanIART appartiene come forma giovanile anche il Cerithium triumphans Visassa (Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, 1896, pag. 176, tav. XXII, fig. 2a, 8); Vimassa veramente, dopo avere descritta la sua nuova specie, dice: « Nessuna delle numerose forme di Cerihium dell’ Eocene veneto può, a parer mio, avvicinarsi a questa forma caratteristica e interessante, la quale sembra esser molto rara a Roncà, conoscendone il solo esemplare figurato ». Le quali recise affermazioni sole ci ritengono dall’ accettare senz’ al- tro il parere di OrrenzEM; valgano del resto anche qui le poche osservazioni che abbiamo fatto intorno alla varietà osculum De GREGORIO. Cerithium plicoundosum Dr GrEGORIO (Roncà, pag. 65, tav. VIII, fig. 13, l4; Mt. Pulli, pag. 135); questa forma descritta prima come semplice varietà del C. corvinum BronanIART tipico, sembra poi esser stata inalzata a specie a sè, come già abbiamo visto; le sue caratteristiche consistono in ciò, che: «la superficie è ornata di costolette larghe, cancellate, dritte, appena sinuose, evanescenti presso la sutura anteriore ». Naturalmente non conosciamo per visione diretta gli esemplari che hanno servito a porre questa nuova specie, e le figure sono in vero assai imperfette; ma ci sembra che questi caratteri non sieno bastantemente differenziali: non si tratterebbe, per caso, di individui di Cerithium Fontis-Felsinae OrppeNnHRII, nei quali azioni fisiche e chimiche, facili a spiegarsi, abbiano cancellato la fine striatura spirale? Il non essere finora citata tale specie, propria di Mt. Pulli, da Roncà, credo non possa essere un impedimento ad ammettere la nostra supposizione, data la grande affinità delle due faune in questione. Cerithium Zitteli Dr GREGORIO = subcorvinum OpPENHEM = corvinum (BroneNIART) Zimmer (vedi ZimmeL, op. eòt., pag. 375; BayaN, op. cit., pag. 41; Dr GrEGoRrIO, Mi. Postale, pag. 16; OPPENHEMN, 0p. còt., pag. 394; Dr GrEGORIO, Roncà, pag. 64, Mt. Pulli, pag. 135). Questa nuova specie, come abbiam veduto, è stata posta sopra gli esemplari di Ungheria, citati e descritti da ZrrreL come appartenenti al C. corvinum BroneNIART; abbiamo anche citato il parere, in proposito, dei varî autori. BAYAN osserva come caratteri differenziali, invero con poco fondamento, la presenza di varici sull’ ultimo anfratto, e la striatura longitudinale sopra la intera spira. De GreGorIo (Mi. Postale) ne fa la varietà Zitteli, perchè «ayant les premiers tours costulés ». OPpenHEM ne fa la nuova specie subcorvinum, perchè essi sono ai lati più arrotondati, sono più cilindrici, e i loro anfratti crescono più rapidamente in larghezza che non negli esemplari del Vicentino. De GrEGoRIO infine ribadisce la sua distinzione (Roncà), ed eleva a specie la sua varietà (Mt. Pulli). Lasciando da parte i caratteri differenziali citati dal Dr GrEGORIO, che poi si limitano alla pre- senza di coste nei primi giri, perchè gli altri, forse molti, li ha riassunti in un efcetera — lascian- doli da parte, perchè anche il tipico corvinum ci pare abbia di fatto tali coste — restano le osser- vazioni, forse in parte più giuste, dell’ OppenHem. Di esse però due nor possiamo accettare: non ci sembra che l’esemplare figurato da ZirteL sia più arrotondato ai lati (an den Seiten mehr gerundet) degli esemplari tipici, dei quali OppenzEM stesso ci ha dato le più belle figure; sarà questa solo una differenza di apprezzamento, ma invitiamo gli studiosi ad esaminare attentamente le figure in questione, e a giudicare se esista in realtà tale carattere differenziale. Quando poi dice che gli [175] i G. DAINELLI 41 individui di Ungheria crescono più rapidamente in larghezza (ihre Umginge nehmen schneller an Breite zu), crediamo addirittura che la parola gli abbia tradito 1’ idea, perchè a parer nostro av- viene tutto il contrario: infatti il fossile-figurato da ZirreL mostra un diametro massimo (misurato subito sotto la bocca) di 31 mm., ed una altezza totale di 130 mm., mentre il fossile figurato da OpPPENHEIM presenta rispettivamente le misure di mm. 30,5 e 108; dalle quali cifre si vede come effettivamente cresca più in larghezza l'esemplare di Roncà. A meno che, -- e questo dubbio ci viene incerto alla mente, — OppeNHEM non consideri per larghezza di un anfratto la distanza tra una sutura e l’altra (e cadrebbero allora le precedenti nostre osservazioni): cosa, pertanto, che ci pare strana, dal momento che egli chiama longitudinali, cioè nel senso della lunghezza, gli ornamenti che sono effettivamente trasversali, ad esempio le coste nei primi anfratti del Oerithium corvinum. Resta infine il carattere della maggiore cilindricità, e questo è giusto; se non che, avendo presenti numerosi esemplari di C. corvinum BroneNIART, provenienti da Roncà (si noti che da qui nessun autore ha mai citato il subcorvinum o Zitteli, che dir si voglia), abbiamo osservato che vi sono individui simili alla forma tipica, cioè più conici; altri molti, uguali alla figura di ZirteL, cioè più cilindrici, e molti poi intermedi tra i primi ed i secondi. Per questo, onde non dilun- garci di soverchio, concludiamo ritenendo gli esemplari di Ungheria appartenenti alla specie di BronGNIART, aventi, pertanto, come carattere unicamente individuale, una maggiore cilindricità. Cerithium sicariforme Dx GreGorIo (Mi. Pulli, pag. 135, tav. XXV, fig. 1-6) «Questa forma è somigliantissima al corvinum BroneNIART in OppenHEM; ne differisce per la apertura più angusta, per la spira più pupoide, e per l’ornamentazione dei primi giri, la quale nel corvinum è.cancellata o consi- stente in tenui pieghe più rare e meno contorte. Però la forma Zitteli ha 1° ornamentazione iden- tica a quella del secariforme, non è però pupoide ». Crediamo che anche qui il maggiore sviluppo degli ornamenti dipenda da più favorevoli condizioni di conservazione; quanto all’apertura più angusta ed alla spira più pupoide, ci sembrano caratteri individuali non capaci di distinguere una specie a sè. Cerithium corviniforme OppentEM (op. cit., pag. 392, tav. XXV, fig. 5-7; De Gregorio, Mi. Pelli, pag. 136, tav. XXV, fig. 9, 10): forma ben caratterizzata. Cerithium digitiforme De GreGoRrIO (Mi. Pelli, pag. 135, 186, tav. XXV, fig. 7, 8). Crediamo che potrebbe essere unito al precedente, il quale se ne distingue, secondo De GREGORIO: « per essere meno bislungo » e «per essere più angusto, per i giri più levigati essendo le pieghe quasi del tutto cancellate, e per la varice dell’ ultimo giro che è più marcata». Caratteri, parte dei quali cade sotto la solita osservazione dello stato e del modo di conservazione, e parte va ritenuta come lieve differenza individuale. Cerithium Hofmanni Oprenzem = Muchsi von HantrEN, non Hormann (OPPENBEM, 0p. ci., pag. 393 e seg.; von Hanrken, 0p. cit., pag. 306, tav. XIX, fig. 8): forma ben caratterizzata. Cerithium Fontis-Felsinae OrPenHENI (0p. cit., pag. 396, tav. XXV, fig. 8-10; De GreGoRrIO, Mi. Pulli, pag. 136, tav. XXV, fig. 13-15 a, 0): forma ben caratterizzata. " Cerithium bimixtum De GreEGorIO (Mi. Pulli, pag. 136, tav. XXV, fig. 11, 12). « Questa forma è molto impor- tante perchè perfettamente intermedia tra il corviniforme Oprennom e il Fontis-Felsinae OrPEN- HEM, talchè riesce ormai impossibile dividere le due specie in modo netto ». Opinione assai giusta, che noi dividiamo pienamente. Avendo così esaminato brevemente il gruppo del Cerihiwm corvinum BRONGNIART, accettiamo la divisione che ne fa l’ OrPeNHEIM, e che abbiamo citata, salvo per il suo subcorvinum (= Zitteli De GREGORIO = corvi- num BroNeNIART in ZimtreL), che per le ragioni su esposte riportiamo alla forma fondamentale. Quanto poi alle molte specie e varietà nuove poste e descritte dal DE GREGORIO, senza voler essere assoluti e cate- Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 6 42 G, DAINELLI [176] gorici, inclineremmo a ritenerle per la massima parte (salvo forse cioè il bimixtum) come varietà indi- viduali riferibili ad una o all’ altra delle specie ben caratterizzate, appartenenti al gruppo stesso. E siamo venuti in questa idea, non tanto per l'opinione che in linea generale sia meglio aggruppare intorno ad un tipo ben definito individui che se ne distinguano di poco, pur facendone risaltare le piccole differenze, quanto perchè nel caso speciale del Cerithium corvinum BRoneNIART, del quale abbiamo esa- minato numerosi esemplari di Roncà, si possono osservare effettivamente, come già si è notato, differenze, che devono essere considerate solo come accidentali o individuali. Il Cerithium corvinum BRONGNIART è stato citato da Roncà, Monte Pulli, Monte Zoppega (Vicentino); dai dintorni di Trento; da Lablatan, Pussta Forna, Piszke, Bajot (Ungheria). I nostri esemplari provengono tutti da Ostroviza, salvo uno proveniente da Vàciane. Cerithium Fontis-Felsinae OrrenHEM? 1894. Cerithium Fontis-Felsinae Orrennemm. Eoc.-Fauna des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 396, tav. XXV, fig. 8-10. 1896. = = — Eoc.-Fauna des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, lLief. 3 e 4, pag. 186, tav. XV, fig. 7. 1896. _ — Oppr. De GreGoRrIO. Foss. di Mt. Pulli. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, To) pag. 136, tav. XXV, fig. 13-15. 1898. — — — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., IMI, pag. 174. Attribuisco solo dubbiosamente a tale specie del Vicentino un Ceritide fossile da me raccolto in Dal- mazia, perchè conservato male e solamente in parte dei suoi due ultimi anfratti; quei pochi caratteri però che sono visibili, certo attenuati dalla erosione, mentre lo differenziano da ogni altra forma, lo pon- gono certo accanto al Cerithium Fontis-Felsinae OPPENHEIM, coincidendo esso abbastanza esattamente con una figura data dal suo descrittore (#. Pull, tav. XXV, fig. 8 a,b). Gli ornamenti consistono in coste trasversali, ben nette, non larghe, poco rilevate, curvilinee con la loro concavità rivolta verso la bocca; esse sono abbastanza fitte, e per questo numerose, ma svaniscono sull’ultimo anfratto; le attraversa una fitta striatura spirale, la quale, costituita da piccole coste e piccoli solchi, le rende scontinue. Questa striatura nell’ultimo anfratto, dove mancano le coste trasverse, diviene l’unico ornamento conchigliare, e si fa ben più marcata. Dal lato opposto alla bocca, tanto sull’ultimo anfratto che sul precedente, vi ha una varice, allungata trasversalmente, non molto rigonfia nè molto larga, che appare in esatta coincidenza con quella del giro antecedente. Gli anfratti non appaiono rigonfi; la sutura è lineare, ben netta, diritta, poco incavata; i giri sono leggermente embricati, subcilindrici; la base è assai convessa e limitata da un angolo molto ottuso; la bocca, della quale non è conservato il labbro esterno, più alta che larga, e fornita di un’ espansione callosa non molto sviluppata. Quale relazione unisca la presente specie al Cerithium corvinum BroneNIART abbiamo già detto. Non crediamo che il Cerithium Catullus De GREGORIO ( Foss. éoc. de Monte Postale. Ann. de Géol. et de Paléont., 14, pag. 18, tav. II, fig. 68-71) sia da attribuirsi al Cerithium Fontis-Felsinae, come OP- PENHEIM dice dubbiosamente (IM. Postale, pag. 187). Il Cerithium Fontis-Felsinae OPPENHEIM proviene da Monte Pulli e da Monte Postale, nel Vicentino; l'esemplare, da me attribuito a tale specie, è stato raccolto ad Ostroviza. G. DAINELLI 43 Cerithium gomphoceras Bavan? Cerithium gomphoceras Baran. Terr. tert. Venétie. Bull. Soc. géol. de France, 2.° sér., t. 27, pag. 478. — Moll. tert., pag. 29, tav. I, fig. 2; tav. II, fig. 3,4. rapum Mayer. Descr. Coq. foss. tert. inf. Journ. de Conchyl., vol. 18, pag. 330, tav. XI, fig. 5, 6. > gomphoceras Bar. De GreGoRrIO. Moss. éoc. de Mt. Postale. Ann. de Géol. et de Paléont., 14, pag. 19, tav. III, fig. 77-87 (cum syn.). —_ — Orpenzem. Eoc.-Faun. des Mt. Postale. Palacont., Bd. 43, Lief. 3, 4, pag. 182, tav. XIX, fig. 4,5 (cum syn.). — — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpî Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 220. A questa tipica specie del Vicentino attribuisco dubbiosamente alcuni pochi frammenti mal conservati; ciò che mi induce a dare per essi tale determinazione (per quanto incerta) si è più che altro l’ avere gli anfratti assai rapidamente crescenti nella larghezza loro o diametro che dir si voglia, e debolmente crescenti nella loro altezza, ossia distanza tra una sutura e l’altra. La sezione interna degli anfratti ap- pare di dimensioni assai piccole, come appunto osserva DE GREGORIO (0p. cit.). Tali frammenti, veduti accanto a numerosi esemplari di Cerithium gomphoceras BarAn, del Vicentino, non lasciano dubbio sulla loro identità, mentre si scorge subito la differenza che presentano dal Cer&hRium corvinum BRONGNIART, più comune in Dalmazia; ciò non di meno non posso, in tutta coscienza, dare un valore assoluto a questa mia dubbiosa determinazione. Il Cerithium gomphoceras è stato descritto dal Monte Postale, dove è molto frequente; è citato anche dal Friuli; i miei esemplari provengono da Ostréviza. Cerithium Diaboli BronenIaRT. 1823. Cerithium Diaboli Broneniart. Terr. de séd. supér. calc.-trapp. du Vicentin, pag. 72, tav. VI, fig. 19 a, d. 1825. 1840. 1848. 1855. 1863. 1868. 1868. 1891. 1897. 1901. — Bronen. Basreror. Bass. tert. du Sud-Quest de la France. Mém. de la Soc. d’Hist. Natur. de Paris, pag. 57. = = GrateLouP. Conch. foss. des terr. tert. du Bass. de l° Adour, tav. XVIII, fig. 10. - — Brown. Ind. pal., pag. 267. trochleare Lam. (in parte) Hésert et Rénfvier. Terr. numm. sup., pag. 178, tav. I, fig. 7. _ —. (in parte) Zirrer. Ober. Numm.-Form. in Ung. Sitzungsber. d. k. Akad, der Wissensch., Wien, Bd. 46, Heft 5, pag. 377. —_ — (in parte) Fucas. Monch.-Fauna des Vicent. Tert.-Gebirges, pag. 153. Diaboli Bronen. Maver. Tabl. terr. sedim. _ — Munrer-Cnanmas. Tith. Crét. et Tert. du Vicentin, pag. 62. trochleare Lam. (in parte) OppenHENI In Zeitschr. d. deutsch. geol. Gesellsch., pag. 108, tav. IV, fig. 5,6. © Diaboli Broxen. OppenzeM. Priaubonasch. Palaeont., Bd. 47, Lief. 4-6, pag. 204, fig. 20, tav. XXI, fig. 19-20. Numerosi frammenti, dei quali alcuni ben conservati, mostrano evidentemente la ornamentazione; questa consiste, come descrive appunto BRoNGNIART (op. cit., pag. 72), in tre coste longitudinali, acute, 44 ; G. DAINELLI [178] non molto elevate, quasi equidistanti tra loro, e le due esterne molto vicine alle suture; esse sono at- traversate da altre, simili, trasverse, le quali determinano, nei punti d’incontro, dei tubercoletti rilevati e acuminati. La serie inferiore è la meno, quella centrale la più sviluppata delle tre. Da che HeBERT e RENEVIER (op. cit.) riunirono la presente specie di BRronGNIART col Cerithium tro- chleare LamaRck (Ann. du Mus., III, 1804, pag. 249; vedi DesHaves, Eno. de Paris, II, 1824, pag. 338, tav. LV, fig. 10-11), regna una certa confusione nella sua bibliografia, riuscendo difficile sceverare le due diverse specie tutte le volte che sono state citate in sinonimia. Per esempio ZirteL, illustrando i suoi fossili di Piszke presso Gran in Ungheria (op. cit., pag. 377) dice: “ Hébert und Rénévier vereinigten zuerst die beiden lange Zeit schon unter dem Namen €. trockleare und C. Diaboli bekannten Formen, und in der That zeigen die mir zahlreich vorliengenden Stiicke der beiden Arten alle Ueberginge unter einander ,. Dalle quali parole è lecito supporre che tra i fossili studiati da ZirTEL esistessero realmente esemplari del Cerithium Diaboli BRONGNIART tipico, tanto più che questo viene citato da Tokod, altra località ungherese, da OppenHEIM (Priabonasch., pag. 204). FucHs (op. cit., pag. 153) pone la sinonimia, comune alle due specie, in testa a fossili provenienti da Monte Grumi, e cita la medesima specie, Ce- rithium trochleare Lamarck = 0. Diaboli BroneNIART, anche da Monte Carioli, da Monte Castellaro, da Monte Viale, da Santa Trinità, tutte località di Castelgomberto (op. cit., pag. 169, 170, 173, 176); però non ci è dato sceverare da ciascheduna le due diverse specie, per quanto dalla variabilità di ornamentazione dei fossili stessi ci sia dato supporre che si trovano ambedue insieme confuse, per es. quando dice (op. cit., pag. 153): “ Die am Mt. Grumi am hàufigsten vorkommende Form tràgt auf jedem Umgange zwei starke leistenformig hervortretende Kiele mit entfernt stehenden Knoten. Die correspondirenden Knoten der beiden Kiele sind hàufig durch kurze Leisten verbunden (Cerithium Diaboli BRONGNIART) ,. Tra i fossili provenienti da Grancona e citati come Cerithium trochleare LAMARCK da OPPENHEIM, questo stesso autore distinse successivamente (Priaborasch., pag. 204) anche esemplari del C. Diaboli BRoNeNIART. Questa specie, generalmente ritenuta propria dell’ orizzonte di Priabona, ma da MUunIiER-CHALMAS (op. cit., pag. 62) riportata ad un livello immediatamente più antico, è apparsa certamente prima, come provano alcuni recenti ritrovamenti. Essa è stata citata dai Diablerets (Alpi Orientali, Vallese); da Dax e Gaas (Francia); da Castelgomberto (?), da Granella presso Priabona, da Grancona presso Lonigo, da Poleo presso Schio, da Laverda (Veneto); da Tokod, e forse da Piszke presso Gran (Ungheria). I miei esem- plari dalmatini provengono tutti da Ostroviza. Cerithium Radimskyanum n. sp. — Tav. II [V], fig. 5. Conchiglia turrita, allungata, di piccole dimensioni; anfratti supponibilmente non molto numerosi, piuttosto alti, assai tardi a crescere nel loro diametro, pianeggianti, disgiunti da una sutura lineare, di- ritta, punto incavata e poco inclinata sull’ asse della conchiglia. Gli ornamenti consistono in due serie ‘spirali di tubercoletti; questi sono ben netti, rilevati, acuminati, con tendenza ad assumere un aspetto triangolare avente un lato rivolto all’apice della conchiglia, e gli altri due convergenti verso il lato op- posto; l’una e l’altra serie differiscono in ciò, che i tubercoli di quella prossima alla sutura superiore di ciascun anfratto sono assai più sviluppati degli altri; le dimensfoni loro sono alquanto più grandi, pur mantenendosi in tutto uguale la forma, sì che ne deriva il loro minore numero rispetto a quelli della serie inferiore. I primi infatti sono circa 10 per anfratto, i secondi circa 16. Negli ultimi giri presso la sutura inferiore l’anfratto si solleva leggermente in una specie di rilievo spirale, poco più che filiforme, continuo. Non è visibile nè la base nè la bocca. {179] G. DAINELLI 45 DIMENSIONI APPROSSIMATE Altezza totale, circa i : . . : c . : . ; mm. 20 Diametro massimo, circa . , c Ò : Ù - : : 0 » 8 Altezza del penultimo anfratto è : : Ò : ; c , » 3,5 Non posseggo di questa forma che due frammenti, i quali naturalmente lasciano incerti sopra alcuni caratteri, anche importanti, della conchiglia; ma la buona conservazione dei loro ornamenti permette, credo, la mia determinazione in specie nuova. Il carattere di serie spirali di tubercoli diversamente svi- luppati è, di fatti, piuttosto comune; pure non conosco alcuna forma, precedentemente descritta, la quale coincida con esattezza colla presente da me raccolta in Dalmazia. Così ad esempio il Cerithium (Batil- laria) Katzeri OrrenHEIM (Alttert. Faun. der dsterr.-ung. Monarchie. Beitr. zur Pal. und Geol., 1901, Bd. 13, Heft 4, pag. 267, tav. XI, fig. 7,9; tav. XV, fig. 32, 33) presenta effettivamente due serie di tu- bercoli, gli uni più sviluppati degli altri; è vero che i primi degenerano presto e sovente in vere spine robuste e assai sporgenti, ed i secondi tendono a sparire, mentre tale carattere non si osserva nei nostri fossili; ma vi ha poi, come differenza essenziale, che la serie dei tubercoli maggiori è quella prossima alla sutura superiore, contrariamente a quanto succede nella nostra forma. Tra le numerose specie di Cerhium del bacino di Parigi, ve ne sono molte che presentano grandi analogie colla nostra, nella ornamentazione anfrattuale, senza avere quella inversione notata nel Ceritfium Katzerì OPPENHEIM; quasi tutte però hanno una serie di grossi tubercoli, superiore, seguìta da molte, in generale due o tre, serie di piccole granulazioni, talvolta difficilmente discernibili. Tra le specie che hanno due sole serie spirali di tubercoli, veggasi il Cerithium denticulatum Lamarck (DesHAYES, Cog. foss., 1824, pag. 303, tav. XXXXVII, fig. 1, 2) che però ha le due serie proprio aderenti alle due suture, in modo che dà alla parte centrale dell’anfratto un aspetto liscio e disadorno; il Cerithium antiquum DESHAYES (op. cit., tav. XXXXVII, fig. 3-6) aggiunge talvolta una terza serie; il Cerithium calcitrapoides LamARCK (DESHAYES, 0p. cit., pag. 347, tav. XXXXVTII, fig. 18, 19, 23) ha troppo preponderantemente sviluppati i tubercoli della serie superiore. All’infuori, infine, delle piccole o grandi differenze che ho sopra notato, si osserverà che in nessuna delle specie citate e delle altre ancora, e molte, che forse si potrebbero citare, si ha, negli ornamenti, quell’aspetto regolare, che essi assumono nella nostra specie dalmatina; tanto che, a prima vista, sembra che essa debba appartenere piuttosto ad altro gruppo di Cerizii e pre- sentare ben altre analogie. I miei due esemplari provengono da Ostroviza. Cerithium (Vertagus) Chaperi Bavan. — Tav. II [V], fig. 14. 1870. Cerzthium Chaperi Bavax. Terr. tert. Venctie. Bull. Soc. géol. de France, pag. 478. 1870. — _ — Moll. tert., pag. 37, tav. I, fig. 4, 5. 1870. _ gothicum Mayer-Evmar. Coq. foss. des terr. tert. inf. Journ. Conch., pag. 333, tav. XII. fig. 2. 1894. — Ohaperi Bar. De GreGoRrIO. Moss. éoc. de Mt. Postale. Ann. de Géol. et de Paléont., 14, pag. 18, tav. III fig. 72-75 (cum syn.). 1895. _ — — Vimassa. Syn. Moll. terz. Alpì Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 221. 1896. _ _ — Opprenzam. Zoc.-Faun. des Monte Postale. Palaeont., pag. 181, tav. XII, fig. 1, 2 (cum syn.). 1901. — — — — Alttert. Faun. der òsterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, pag. 184. Di questa caratteristica specie di Monte Postale ho due soli esemplari, invero conservati non molto perfettamente: uno conserva la conchiglia, ma alquanto corrosa; l’altro, i cui ornamenti sono assai ben 46 G. DAINELLI [180] visibili, è allo stato di modello esterno; e ambedue sono limitati agli ultimi tre o quattro giri della spira. Pur tuttavia ne pongo la determinazione come sicura, avendoli accuratamente confrontati con le descri- zioni e le figure che sono state date di tale specie (vedi BavAn, MaveR-ErmAR, DE GREGORIO, OPPENHEIM, op. cit.) e con esemplari del Vicentino. Nel quart’ultimo anfratto ed in quello seguente le coste trasversali sono ben rilevate, continue, nette, divise da solchi abbastanza profondi; tali coste, in numero di circa 14, non si corrispondono da un anfratto all’ altro, ma si alternano, ed in esse si può notare una maggiore elevazione verso la sutura superiore, carattere che preludia la sparizione delle coste stesse. Infatti esse nel penultimo anfratto si mostrano attenuate verso la sutura inferiore, onde risalta di più il piccolo rigonfio opposto; finchè nell’ultimo giro spariscono quasi del tutto, e sono sostituite, in un esemplare e dal lato della bocca, da piccole e fitte coste, che si allontanano di poco dalla sutura (come si vede bene in specie nella fig. 1 di OpPENHElM), nell'altro individuo e dal lato opposto alla bocca, da coste più sviluppate in lunghezza, ma assai indefinite (come pure si vede nella fig. 2 di MayeR-EvymAR). Gli ornamenti spirali sono dati da; 10-12 strie assai fini e sottili, alternanti con altrettante visibili solo colla lente, le quali tutte dànno agli anfratti, insieme alle coste trasverse, una orna- mentazione regolare. Sulla base della conchiglia, che è assai convessa, sei di quelle strie principali si fanno più marcate ed assumono un aspetto leggermente scalariforme; anche quelle intermedie acquistano di valore, ma si mantengono visibili solo coll’aiuto della lente. L’apertura della bocca appare allungata, doppiamente canalata, munita sul lato interno di un’espansione callosa non molto grande, ma piuttosto rilevata, a bordo circolare, e ricoprente la columella. Lungo la spira si osservano delle grosse varici, delle quali le più rilevate sono una dell’ ultimo an- fratto, opposta alla bocca, ed una del penultimo, corrispondente alla bocca stessa. DIMENSIONI Diametro massimo . 3 È 5 i à È 5 i î 5 mm. 17 Altezza dell’ultimo anfratto . x ò i $ . 3 : 3 » 26 Altezza totale supposta come massimo, circa . 5 7 3 3 dl » 60 BAYAN (op. cit., pag. 38) paragona il suo Cerithium Chaperiì al C. multisulcatum BronenIART { Terr. sed. supér. cale. trapp. du Vicentin, 1823, pag. 68, tav. III, fig. 14) ed al C. Defrancei DesHayves ( Coq. foss., 1824, pag. 375, tav. LVII, fig. 5, 6); ma ben evidenti sono le differenze, e già fatte risaltare da OPPENHEIM, perchè adesso io le debba ripetere. MayER-EYMAR (op. cit., pag. 334) dice il suo Cerithium gothicum (sinonimo del C. Chaperi BavAN) vicino più che ad altri, al O. Vernewili RovauLT (Déser. foss. tert. éoc. env. Pau. Mém. Soc. géol. France, 2.° ser., IMI, 1847-48, pag. 478, tav. XVI, fig. 5), il quale pertanto ha caratteri affatto diversi sì. nell’aspetto generale, che nei particolari dell’ornamentazione. Il Cerithium Chaperì BAYAN proviene dal Monte Postale; è stato citato dal Friuli; i miei esemplari dalmatini, le cui dimensioni sono alquanto minori di quelle degli individui del Vicentino, sono stati rac- colti ad Ostroviza ed a Zazvic. Cerithium (Campanile) Lachesis Bayvan. — Tav. I [IV], fig. 9-11. 1870. Cerithium Lachesis Bayan. Terr, tert. Vénétie. Bull. Soc. géol. de France, pag. 478. 1896. —_ —. Bay. Der GrecorIo. Foss. di Mt. Pulli. Ann. de Géol. et de Paléont., pag. 135. 1897. — —_ — Vimassa. Syn. Moll. terz. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 176. 1901. — — — OppenHEM. Alttert. Faun. der òsterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, pag. 271, tav. V, fig. 34 (cum syn.). “1 CS [181] G. DAINELLI Di questa caratteristica specie posseggo, da me raccolti, numerosi esemplari, alcuni dei quali, abba- stanza ben conservati, mostrano assai chiaramente i loro ornamenti; per questo, quantunque la specie sia già nota dal Vicentino per le ripetute illustrazioni che ne sono state date, non reputo del tutto inutile fisurarla di nuovo, ed aggiungere qui alcune osservazioni. Conchiglia di grandi dimensioni, regolarmente conica; dei venti e più anfratti che la compongono, sono visibili nei nostri esemplari al massimo i dodici ultimi; onde dei primi, le cui dimensioni sono assai piccole, data la proporzione nella quale crescono le loro relative dimensioni, non posso dare, per ora, descrizione. Importa pertanto distinguere gli individui piuttosto giovani da quelli adulti; infatti Bayran (op. cit., pag. 478), paragonando giustamente la presente sua specie al Cerithium Parisiense DesHAYES (Bassin de Paris, vol. III, pag. 117, tav. LXXVI, fig. 1) osserva che: “ elle s° en distingue par sa forme plus renflée, les tubercules de l’adulte plus aigus et plus courts, et par le nombre de còtes granuleuses du jeune (6-7) qui persistent beaucoup plus tard que dans le C. Parisiense ,; e nel successivo lavoro, nel quale egli anche fisura la sua specie { BavAn, Moll. tert., 1870, pag. 33, tav. IV, fig. 2, tav. V, fig. 2) ripete che “ dans l’espèce italienne les còtes spirales persistent plus longtemps ,. De GREGORIO (Yaun. éoc. de Roncà, 1896, pag. 75, tav. X, fig. 1-6), riferendo questi caratteri differenziali notati dal Bayan, dice che “ la differenza precipua cui egli accenna, cioè alla presenza dei grossi funiculi spirali per tutta la conchiglia, non è esatta, perchè questi mancano negli ultimi giri e non sono limitati che ai giri della spira in cui i tuber- coli occupano l’estremità posteriore. L'individuo figurato da Bayan è un’eccezione o si può piuttosto con- siderare come una varietà. Dunque per questo carattere è identico al Parisierse ,. Ora io credo questa affermazione di De GREGORIO ingiusta, e stimo invece che sia opportuno accettare come buona, in parte, l’osservazione di BayAn, in quanto che essa si riferisce ad esemplari giovani, come egli stesso sembra volesse adombrare nella sua prima memoria dianzi citata. Ho infatti numerosi individui adulti, i cui ultimi anfratti sono affatto sprovvisti di ornamenti spirali regolari e regolarmente ripetentisi da una sutura e all’altra: di essi parlerò in seguito; ma posseggo anche due esemplari giovani, trovati uno ad Ostròviza, l’altro a Zazvic, i quali mostrano tali funicoli o costole longitudinali ugualmente sviluppate quasi fin sul- l’ultimo giro. Che tale carattere costituisca una varietà speciale, non credo; perchè è comunissimo il fatto di ornamenti che, col crescere dell'individuo, vanno gradatamente scomparendo dai primi anfratti verso gli ultimi. Di tali coste spirali Bavan ha dato una minuta descrizione; dirò, che nei miei esemplari, per quanto ben conservati, non si posson distinguere quei caratteri speciali che ciascuna di esse sembra debba avere; suppongo anzi per quèsto che tali differenze, più che effettive e caratteristiche, fosser dovute, negli esem- plari di Bayan, a condizioni varie di conservazione, e debban considerarsi quindi, almeno in gran parte, come casuali. Tali coste sono in numero di 6 o 7, leggermente granulose nei primi giri (solo nel primo, nei miei esemplari, il quale deve corrispondere all’ 11°); indi si fanno più regolari, intere, non molto rile- vate, ma ben distinte, e quasi ugualmente distanti l’ una dall’altra; perchè, in relazione a quest’ ultimo carattere, si può osservare che la prima costa verso la sutura superiore, tende a discostarsene sempre più, corrispondendo essa al vertice dei tubercoli trasversali; e così pure la seconda è più distante dalla terza di quel che questa e le successive non sieno tra di loro. Questo sia detto per gli individui giovani; quelli adulti sono affatto privi di tali ornamenti spirali negli ultimi giri. Quanto ai tubercoli trasversali, osserverò anzitutto come essi vadano sempre più modificandosi via via che ci si avvicina alla bocca della conchiglia; da prima essi sono abbastanza regolari, poco rilevati, posti nella metà superiore dall’anfratto, scalariformi, in quanto che da questa parte sono tronchi e vanno invece 48 G. DAINELLI ‘ [182] gradatamente decrescendo verso la sutura anteriore; avvicinandosi sempre più all’ultimo giro, essi si fanno più grossi, più rigonfi trasversalmente alla spira, più irregolari nella loro forma, e si ritirano dalla sutura superiore, verso la quale si mantengono, anzi diventano ognora più tronchi. Negli individui giovani, nei quali ciò si verifica, questi tubercoli non si può dire che costituiscano l’ ornamento anfrattuale più appariscente, perchè troppo chiare e marcate si mantengono, fin quasi alla bocca, le coste spirali; ma negli individui adulti essi non solo formano l’unico ornamento, ma sono ancora più evidenti e caratte- ristici per le maggiori dimensioni che essi assumono. Sono ben rilevati, ma non terminano a punta, sib- bene con una linea, piuttosto acuminata, e quasi perfettamente trasversa all’ anfratto; stante lo sposta- mento subìto, ed al quale ho già accennato, si trovano, negli ultimi giri, aderenti alla sutura inferiore; la loro base è irregolarmente ellittica, e pure irregolari sono i loro fianchi, nei quali si notano da una a due concavità; verso la parte posteriore della conchiglia sono nettamente tronchi. De GREGORIO (0p. cit.) nota come carattere specifico : “ un lieve strangolamento che subiscono gli ultimi anfratti nella parte posteriore, il quale determina in taluni esemplari una specie di troncamento nelle coste; tale strangolamento è sovente bordato da un funicolo spirale, il quale compare in taluni esemplari e manca affatto in altri ,. Questa incostanza, d'altronde vera, come io stesso ho potuto constatare nei miei esemplari, basterebbe a non rendere questo un carattere specifico e differenziale; del resto, anche nel Cerithium Parisiense DesHAYES i tubercoli appaiono, negli ultimi anfratti, strangolati (uso la parola di DE GREGORIO); ma io propendo a considerare questo non come un vero e proprio carattere, ma come conseguenza necessaria di quell’altro, della retrocessione, cioè, graduale dei tubercoli stessi dalla sutura superiore verso quella inferiore. Quanto poi al così detto funicolo spirale, osservo in un mio individuo che esso è rappresentato da una specie di solco curvilineo, largo, poco profondo, ma ben netto, che decorre in senso longitudinale immediatamente alla base dei tubercoli alla loro estremità superiore, e che è limi- tato dalle due parti da due coste spirali, rotondeggianti, poco rilevate, ma ben chiare e visibili; tutto ciò del resto non costituisce, secondo me, un carattere nuovo, ma è solo un resto delle coste spirali, e dei solchi intermedii, degli individui giovani. OPPENHEIM (0p. cit.) aggiunge poi: “ ebenso ist die Zahl der schràg kammformigen Knoten auf den letzten Windungen nur selten 7, wie BayAn angibt, sondern meist 10-11 ,. Cito queste parole, unicamente per rimettere a posto una piccola svista nella quale è caduto l’autore tedesco: BarAan (UWMoll. tert.) dice: “tours margqués d’une série de 6-7 petites còtes spirales ,, ma nei due suoi lavori, qui citati, non scrive affatto quale sia il numero dei tubercoli. Questi del resto variano assai di numero, come ben osserva OPPENHEIM stesso: in un mio esemplare adulto sono 10 nel penultimo anfratto, 12 in un esemplare giovane. Gli anfratti sono piani, in specie i primi; però appaiono leggermente embricati (come si osserva anche nelle figure del Bayan), essendo la loro superficie, lungo una data linea, non sopra uno stesso piano, ma su piani diversi, tra di loro paralleli e vicinissimi; questo particolare non appare dalle figure di De GREGORIO e OPPENHEIM, i quali neppure l’accennano, probabilmente non permettendolo lo stato di con- servazione dei loro fossili. Quanto alla base della conchiglia, adorna da numerose coste concentriche, non molto rilevate, ma ben nette e disgiunte da solchi larghi e pianeggianti, osserverò che è assai più convessa in un mio esem- plare giovane, ben conservato, che non in quelli adulti; OPPENHEIM ((0p. cit.) avrebbe osservato il contrario. La bocca è munita, dalla parte interna, di un’espansione callosa poco rilevata, col bordo esterno quasi perfettamente circolare; alla distanza di mezzo anfratto da questa estremità, cominciano e sollevarsi dalla columella due grosse pieghe spirali, piuttosto sottili, ma molto rilevate, le quali determinano tre semi- circonferenze quasi regolari, nella metà interna della sezione anfrattuale. DE GREGORIO (op: cit.) sembra [183] i G. DAINELLI 49 dubitare che di tali pieghe ne esistano tre; certamente no, come ho potuto facilmente constatare nei miei fossili. DIMENSIONI IN PARTE APPROSSIMATE DI UN INDIVIDUO GIOVANE Altezza totale 0 o . È c . È ù © , . mm. 120 Diametro massimo D o : c c : c È c » 45 Altezza del sestultimo nos È . _ 5 5 . È x » 8 Altezza del penultimo anfratto . 5 » 14 Distanza tra i vertici di due tubercoli nni mal par FAZIO » 9-10 Altezza dei tubercoli nel penultimo anfratto . 7 £ o - » Y Distanza, ai vertici, delle due pieghe columellari 0 c o ò » 6 DIMENSIONI IN PARTE APPROSSIMATE DI UN INDIVIDUO ADULTO Altezza totale 6 6 È d E . e , 0 . mm. 260 Diametro massimo o 0 È ù o . 5 . 0 » 16 Altezza del decimoultimo ario È È 6 ; . c . » 10 Altezza del penultimo anfratto . + » 22 Distanza tra i vertici di due tubercoli nin nol penultimo suftatio » 20-22 Altezza dei tubercoli nel penultimo anfratto È : ; : $ » 14-15 Distanza, ai vertici, delle pieghe columellari, circa c 6 6 » 14 Altezza della fascia di strangolamento nel penultimo nio 7 6 » 6-7 Distanza tra le coste basali .. 5 o c 0 È . ; o » 3 Alcuni frammenti di alcuni dei primi anfratti di Ceritide unisco al Cerithium Lachesis BAYAN, per quanto non li abbia potuti confrontare con buone figure; DE GREGORIO (0p. cit.) dice che la ornamenta- zione “nei primi giri costa di solchi spirali subgranulosi che talora sono quasi uguali tra loro, talora uno o due superano gli altri, e di una corona di pieghe costiformi presso la sutura superiore ,.I quali brevi cenni mi sembrano più esatti di ciò che dice, con ampii particolari, BAYAN, come ho già osservato; ecco pertanto nei due anfratti, in parte assai ben conservati, che ho presenti dalla Dalmazia, quali sono gli ornamenti spirali a partire dalla sutura superiore: una serie di pieghe costiformi, per usare le ben adatte parole di De GREGORIO, poi tre coste granulose. Le pieghe sono ben rilevate, rotondeggianti; decli- nano' più o meno regolarmente verso il lato inferiore; sono invece tronche dalla parte opposta, assumendo così fin da questi primi anfratti quel carattere che poi, come abbiam visto, si mantiene e si accentua vie più negli ultimi e negli individui adulti; la superficie dell’anfratto, occupata da tale serie di pieghe costiformi, è anche adorna da una fitta striatura spirale: sono 8 strie poco rilevate, ma ben visibili anche ad occhio nudo, le quali si affievoliscono leggermente sul vertice delle pieghe, e delle quali è molto più spiccata delle altre la terza, a partire dalla sutura superiore, corrispondente cioè all’estremità superiore, tronca, delle pieghe costiformi. Le altre tre coste spirali che si seguono verso la sutura inferiore sono sottili, ma ben rilevate, diritte, intere, ma granulose al loro vertice: la più vicina alla serie delle pieghe è anche la più grossa, e le sue granulosità sono regolarmente rotondeggianti; la seguente è assai sottile, meno rilevata e le sue granulazioni sembrano un poco allungate nel senso della spira; la terza ed ultima, aderente quasi alla sutura inferiore, e più distante dalla precedente di quello che non lo sia questa dalla prima, è più rilevata di tutte, ma non larga, ed in essa le granulazioni sono appena accennate. Dirò infine come, coll’aiuto di una lente, si scorgano, addossate ai due lati della prima costa granulosa, due sotti- lissimi rilievi filiformi, largamente dentellati. Tale è l’ornamentazione che attribuisco ai primi anfratti del Cerithium Lachesis BAvan, i dettagli della quale ancora non avevo veduto riferiti da alcun autore; ove il riferimento possa apparire impro- Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 50 G. DAINELLI [184] babile, dirò qui che questi anfratti, muniti di tali ornamenti caratteristici, non possono essere riferiti a nessun’ altra specie nota, come ho avuto occasione di verificare; aggiungerò ancora che nei primissimi anfratti, precedenti a quelli la cui ornamentazione ho adesso descritta, mostrano alcune differenze, come ho potuto riscontrare esaminando i numerosi esemplari che ho ricevuto da Vaciane. Le pieghe costiformi vicine alla sutura superiore, prima di acquistare tale aspetto, sono sostituite da una serie di tubercoletti ‘ ben sviluppati; questa poi è seguita da tre o quattro coste spirali, spesso granulose. Strana è l’altezza, relativamente grande, che presentano anche i primi anfratti, da una sutura e l’altra. Il Cerithium Lachesis BAYAN è citato da tutti gli autori da Roncà; De GREGORIO (App. su taluni foss. di Mt. Pulli del medes. oriez. di Roncà; vedi op. cit., pag. 135) lo cita anche da Monte Pulli, dalla quale località l’ha ricevuto recentemente anche OpPPENHEIM. Questi dice frequente tale specie a Trebistovo e Konjavac ( Erzegovina); è stata pure trovata a Gallio (Sette Comuni), e molto probabilmente le corrisponde il Cerithium haskoviense BontscHEFF (Das Terticirbeck. von Haskovo in Bulgarien. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., 1896) di Haskovo (Rumelia orientale). i To l’ho trovata a Ostroviza, a Zazvic ed ai Ponti di Bribir, e la posseggo in numerosi esemplari da Vàciane. Cerithium (Campanile) Vicentinum Bavan. 1870. Cersthium Vicentinum Baxan. Terr. tert. Venétie. Bull. Soc. géol. de France., pag. 478. 1896. — — Bay. Vinassa. Syn. moll. terz. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 220, tav. I, fig. 5, 6. i 1894. — _ -- Dr Gregorio. Moss. éoc. Mt. Postale. Ann. de Géol. et de Paléont., 14, pag. 17, tav. II, fig. 53-60 (cum syn.). 1896. — — — OPrenzem. Hoc. Faun. des Mt. Postale. Palaeont., 43, pag. 184, tav. XVI, fig. 2, 3 (cum syn.). 1901. - — —_ _ Altiert. Paun. der bsterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, pag. 184, 271. 1902. a = — MarineLLI. Tarcento, pag. 210. Posseggo un unico esemplare attribuibile sicuramente alla presente specie di Bayan, colle cui ffgure originali (Moll. tert., 1870, pag. 30, tav. II, fig. 5, 7) coincide in modo più che evidente; mancano i primi anfratti, onde sulla loro ornamentazione posso solo riferirmi a ciò che ne hanno detto BAyAN stesso (0p. cit.), ed in seguito, e con maggiori dettagli, DE GREGORIO (op. cit.) e VINASSA (0p. cît.). Gli ultimi otto anfratti, presenti nel nostro esemplare, mostrano per ornamento principale, e quasi unico, i forti tubercoli trasversali all’andamento della spiva; essi sono assai forti e rilevati, a larga base, rotondeggianti alla sommità, piuttosto regolari; occupano quasi per intero l’altezza del giro, e presen- tano una distanza quasi costante. Nel terz’ultimo anfratto sono in numero di 9; si può osservare che, sul lato opposto alla bocca, nel penultimo giro e in quello precedente, ve ne ha uno, di tali tubercoli, assai più grande degli altri, molto irregolare nella forma, perchè resultante evidentemente dalla fusione di due contigui; a ciò spiegare, diremo che la sua maggiore grandezza è solo basale, ma l’elevazione è presso a poco uguale a quella degli altri tubercoli. Gli anfratti sono del resto pianeggianti, piuttosto bassi, in relazione alle dimensioni della conchiglia; crescono poi relativamente poco, via via che la spira si svolge, onde ne deriva un aspetto generale della conchiglia assai allungato. Le suture, non molto incavate, formano un angolo piuttosto piccolo coll’ asse conchigliare, sul quale sono spesso lievemente inclinati anche i tubercoli trasversali. In alcuni anfratti si [185] G. DAINELLI 51 vedono traccie di una serie di solchi e coste spirali, fini e poco accentuate, che anche OPPeNHEIM (Mt. Postale) ha osservato nei suoi esemplari del Vicentino. Il nostro individuo mostra chiaramente le tre pieghe columellari, le quali hanno principio presso a poco sul lato opposto alla bocca; la posteriore è situata proprio vicino alla parete conchigliare esterna, colla quale sembra doversi in parte fondere. Il Cerithium Vicentinum BAYAN proviene principalmente da Monte Postale; si troverebbe anche nel Friuli e ad Einsiedeln (vedi Maver-Eymar, Zert. von Einsiedeln. Beitr. zur geol. Karte der Schweiz, 1877, 15, pag. 87; OpPENHEIM, M#. Postale, pag. 184); OppeNnHEIM lo cita da Ostroviza (Dalmazia) e da Cormons. Il mio individuo proviene pure da Ostrovica. Abbiamo però un secondo individuo proveniente dai Ponti di Bribir, sulla cui determinazione specifica non siamo del tutto sicuri; per questo se ne fa seguire la descrizione: Cerithium cfr. Vicentinum Bavan. — Conchiglia turrita, allungata, subcilindrica; gli anfratti dovevano essere molto numerosi, a giudicare almeno dal numero (10) dei presenti: essi sono piuttosto alti, ma non rapidamente crescenti in altezza; separati da suture diritte, poco inclinate sull’ asse della conchiglia; hanno un diametro piccolo, che si mantiene proporzionatamente tale anche alla base, infuendo a dare l’ aspetto generale allungato e subcilindrico. Unico ornamento riconoscibile nel nostro esemplare sono delle coste trasverse occupanti tutti l’altezza degli anfratti da una sutura all'altra, ben rilevate, rotondesgianti alla sommità ed assai larghe alla base; calcolo con buona approssimazione il loro numero a 9 nel penultimo anfratto. La base conchigliare è leggermente convessa, il canale presumibilmente ben elevato, la bocca non grande e cioè più alta che larga, e la columella adorna di due creste spirali assai ben rilevate. Il N labbro interno è certamente rivestito di un’ espansione callosa. DIMENSIONI Altezza totale, circa 5 3 , c c > ò 3 È È mm. 125 Diametro massimo, circa È , o 9 0 . 3 È 5 » 35 Il nostro individuo, che abbiamo così imperfettamente descritto in conseguenza del suo cattivo stato di conservazione, assomiglia nell’aspetto generale al Cerithium spinosum DesHAYES ((Coq. foss., 1824, pag. 369, tav. LIV, fig. 27, 28), il quale è, come il nostro, assai allungato, e presenta un diametro massimo numericamente piccolo; esso però, invece di avere coste trasverse ben rilevate, ha, negli ultimi anfratti corrispondenti a quelli visibili nel nostro fossile, delle spine robuste, le quali non interessano tutta l’al- tezza anfrattuale; mancano poi le due creste spirali della columella. Per le quali ragioni non vi ha dubbio che abbiamo qui due forme evidentemente diverse. Maggiore ed assai grande analogia sì trova, ove si confrontino gli esemplari di Cerithium Vicentinum BaAyAN figurati da De GREGORIO ( Foss. éoc. de Monte Postale, 1894. Ann. de Géol. et de Paléont., 14, pag. 17, tav. II, fig. 53-60) alle fig. 53, 54; nel nostro esemplare sono ben visibili due creste spirali sulla columella, mentre nella tipica specie del Vicentino esse sono tre, e ciò costituirebbe una differenza essen- ziale; se non che nel Cerithium Vicentinum Bavan la terza piega columellare, cioè la più esterna, è la meno elevata, e per di più si trova addossata agli strati conchigliari costituenti la parte inferiore del labbro esterno: condizioni, queste, che, nel nostro esemplare mal conservato, avrebbero ben facilmente impedito il mantenimento di tale terza piega. Un'altra differenza mostra il nostro fossile da quelli figu- rati da De GREGORIO ed appartenenti al C. vicentinum BAYAN: questi cioè sono assai più conici, avendo il diametro basale maggiore relativamente alla altezza totale; l'individuo rappresentato alla fig. 53, e che appare quasi completo, misura: altezza totale, mm. 132, e diametro massimo, mm. 45, le quali cifre 52 G. DAINELLI [186] messe a confronto con quelle desunte dal nostro individuo (rispettivamente mm. 125 e 35) conferiscono appunto alla conchiglia un aspetto assai più conico. Dirò però subito, come dimostrano anche le mie osservazioni circa il Cerithium corvinum BRONGNIART, dirò, che io sono d’opinione che certe differenze, talvolta non grandi, sieno individuali più che specifiche, e per questo inclino piuttosto a riunire che a dividere i varii individui studiati. Qui veramente non ho a mia disposizione numerosi esemplari di Ce- rithium vicentinum BAYAN, onde stabilire quali variazioni individuali, e dentro quali limiti per tali possano essere considerate; ma osserverò che, nell’esemplare certo appartenente a tale specie, e da mè raccolto ad Ostroviza, l’angolo col quale convergono all’ apice i due lati della conchiglia proiettata su di un piano, è presso a poco uguale a quello del presente individuo di Bribir, e in conseguenza minore assai di quello degli esemplari figurati da De GREGORIO. Dunque quella variabilità individuale esiste realmente, e per questo il mio fossile può essere con buona verosimiglianza attribuito al Cerithium vicentinum BAxAN; e se non lo determino addirittura per tale, si è per non parere troppo corrivo nella identificazione dei fossili mal conservati. Il nostro individuo proviene dai Ponti di Bribir. Cerithium (Bellardia) Cvijici n. sp. — Tav. II [V], fig. 1,2. Conchiglia allungata, turrita, supponibilmente con non più di 12-14 anfratti ben sviluppati (dei quali però nei nostri numerosi esemplari si conservano soltanto gli ultimi 8 o 9 al massimo), non però molto alti, in specie avendo riguardo al loro diametro, che cresce piuttosto rapidamente; gli ornamenti sono . ben chiari e netti, e per il loro caratteristico aspetto ci permettono di descrivere i nostri fossili come appartenenti ad una specie nuova. I primi giri (visibili nei nostri esemplari) hanno un diametro di circa mm. 6-7; dal quale forse si può forse imaginare lo sviluppo ed il numero dei precedenti. L’ ornamentazione consiste in una serie continua di fitte coste trasversali, in numero di 17 nell’ ottavoultimo anfratto, ben rilevate, nette, disgiunte da solchi abbastanza profondi, decorrenti dall’ una sutura all’ altra, leggermente curvilinee colla concavità rivolta verso la parte, dirò, più giovane dell’ anfratto; tra di esse se ne distingue una, ingrossata a guisa di varice, rigonfia per modo che anche le suture s’ incurvano leggermente alla sua altezza, e situata sul lato opposto a quello boccale; del resto tali coste sono regolarissime, ed appaiono continue, stante la tenuità degli ornamenti longitudinali. Questi si manifestano chiaramente (almeno nei nostri esemplari) solo nell’ anfratto seguente (settimoultimo); essi occupano all*incirca i due terzi superiori dell’altezza an- frattuale, e consistono in tre costoline finissime, acute, lineari, poco rilevate, delle quali le estreme sono, una, assai vicina alla sutura superiore, e l’altra, come si è detto, ad una distanza da quella inferiore, che equivale a poco più di un terzo dell'altezza del giro; l’intermedia è un poco più vicina a quest’ul- tima che non alla prima. Tra mezzo si possono chiaramente osservare colla lente altri ornamenti minori, visibili solo in parte ad occhio nudo; essi consistono in costoline spirali, filiformi, e tanto tenui che le chiamerei addirittura strie: 4 o 5 tra la prima e la seconda delle coste principali, 3 tra la seconda e la terza; di esse due sono un poco più rilevate delle altre, e sono quelle che si scorgono abbastanza bene ad' occhio nudo. In conseguenza di questa ornamentazione spirale, varia alquanto l'aspetto delle coste tra- sverse, che prima apparivano come continue; esse infatti, divenute più grosse, più rilevate, e anche più distanti l’ una dall'altra, per quanto il numero relativo si mantenga in questo anfratto (settimoultimo) ed in quelli immediatamente seguenti costante, si mostrano già qui divisibili in due parti: una inferiore, libera di ornamenti spirali, e per questo regolare e continua; l’altra superiore, nella quale, in corrispon- [187] G. DAINELLI (\i w denza delle coste longitudinali maggiori, si formano dei piccoli rilievi tubercoliformi, dei quali è meno accentuato il mediano. Dirò ancora, che questa seconda parte delle coste trasverse appare un poco meno rilevata di quella inferiore continua; del resto esse mostrano sempre quel certo andamento curvilineo che abbiamo prima osservato, ed una di esse è sempre trasformata in varice, sul lato opposto a quello boc- cale, ma senza esatta corrispondenza con quella dell’anfratto precedente. Questa ornamentazione seguita quasi costante fino al terzultimo anfratto, verificandosi solo lievi va- riazioni nell’intensità dei diversi ornamenti: così la parte inferiore delle coste trasverse cresce sempre, e le tre coste spirali principali e le due intermedie maggiori si fanno più marcate. Finchè nel terzul- timo giro si osserva che esso è come diviso longitudinalmente in due parti presso che uguali in altezza: quella inferiore è occupata da 20 coste trasverse, continue, nette, ben rilevate, tronche posteriormente, dove presentano, alla loro estremità, un piccolo rilievo; quella superiore, più depressa, ha come ornamen- tazione principale cinque coste spirali, ben nette, ma poco rilevate, presso a poco equidistanti, le quali intersecano dei rilievi trasversali piuttosto irregolari, che sono il residuo delle primitive coste trasverse. Dico irregolari, perchè infatti il loro numero è maggiore di quello delle coste continue della metà ante- riore dell’anfratto, colle quali esse hanno comune l’origine:; poi sono molto disuguali in rilevatezza l'uno dall’altro; però in essi si nota che terminano presso alla sutura superiore con un piccolo tubercolo, e che un secondo, minore, rilievo tubercoliforme presentano alla metà circa della loro altezza, in corrispondenza della costa spirale mediana. Anche in questo anfratto, come nei precedenti, esiste la grossa varice. Nei due ultimi anfratti le modificazioni ulteriori sono assai grandi; le coste trasverse, sempre più ingrossando, prendono l’aspetto di veri e proprii tubercoli, i quali crescono sempre in dimensione via via che si avvicinano alla bocca, ed acquistano il massimo sviluppo alla fine del penultimo giro; qui infatti se ne osservano da 7 ad 8 di grossissimi e robusti, molto rilevati, rigonfi, distanti l’uno dall’altro, in- teressanti quasi l’intera altezza anfrattuale. Tutti gli altri ornamenti invece vanno poco a poco attenuan- dosi, e si riducono ad una serie di piccole coste trasverse,.irregolari, poco rilevate, assai corte, addossate alla sutura posteriore del penultimo anfratto. Nell'ultimo giro i tubercoli si attenuano subito, per poi sparire del tutto nel lato opposto alla bocca, dove pure terminano gli altri ornamenti trasversali, che abbiamo seguiti fin qui: e non resta che una larga striatura, data da leggerissime coste spirali, in numero di otto sulla base della conchiglia, attra- versate da strie di accrescimento talora poco visibili. Gli anfratti, se se ne toglie gli ornamenti, sono poco o punto convessi; il penultimo è di molto il più sviluppato, mentre l’ultimo è sensibilmente minore di diametro, non solo per la. perdita completa dei robusti ornamenti, ma per un forte strangolamento antero-posteriore. L'ultimo giro poi ha, sul lato opposto alla bocca, una specie di-grossa varice, molto rigonfia, rotondeggiante, alta, la quale inferiormente si piega verso l’asse della conchiglia, rialzandosi solo nella sua vicinanza a formare un canale che deve essere piccolissimo, del resto mancante nei nostri esemplari. La sutura è lineare, non incavata; tra il penultimo e l’ultimo anfratto si abbassa notevolmente in corrispondenza della grossa varice, di cui si è detto, per riprendere poi il suo andamento normale. La base della conchiglia è molto convessa; la bocca ha piccole dimensioni, ma è più alta che larga; il labbro interno ha un’espansione callosa non molto grande, punto rilevata, ed a bordo irregolarmente rotondeg- giante. In alcuni esemplari si osserva una fascia, larga mm. 1 !/,, di colore giallastro, che decorre lungo tutta la spira unendo i vertici dei tubercoli negli ultimi due giri, e la estremità posteriore delle coste continue nel terzultimo, oltre il quale si perde. 54 G. DAINELLI [188] DIMENSIONI Altezza totale, circa È c o g . o a . . o mm. 80 Diametro massimo . : o c o c È } » 33 » antero-posteriore dell’ sii giro . ° . o ° c » 24 Altezza della bocca . o " o c o o : 5 5 p__ÎM Larghezza massima della neo . c o 5 o 0 : o » 4 Altezza del terzultimo anfratto : È È ; f » 8 » del penultimo anfratto nella sua prima nani o 1 5 » 10 » del penultimo anfratto nella metà occupata dai grossi tubescoli. » 5 Ho alcuni esemplari che presentano dimensioni alquanto maggiori; non tutti poi mostrano ugualmente distinti i caratteri della ornamentazione, quali li ho potuti con abbastanza grande dettaglio descrivere, potendosi da individuo a individuo verificare delle differenze sensibili, dipendenti quasi sempre dal più o meno perfetto stato di conservazione. Questo caratteristico Certhkiwm si deve avvicinare per gli ornamenti al C. Vernewili RovauLT (Déser. foss. terr. éoc. env. Pau. Mém. Soc. géol. de France, 2.®° sér., III, 1847-48, pag. 478, tav. XVI, fig. 5), che mostra una certa analogia negli ornamenti, in specie nei primi anfratti; ma le differenze che si notano negli ultimi bastano a distinguere le due specie. Già il cono formato dalla conchiglia è molto più slargato alla base nel nostro che nel Cerithium Verneuili RovAULT; infatti questo è alto mm. 70, con un diametro massimo di mm. 24, mentre il nostro esemplare, del quale abbiamo dato le proporzioni, su mm. 80 di altezza dovrebbe avere un diametro di circa mm. 27 e non già di mm. 33, come esso ha di fatti. Il Ce- rithium Vernewli RovAULT ha poi il penultimo giro assai più stretto, con tubercoli molto meno robusti e rilevati, e invece procedenti molto più vicino alla bocca che non nel nostro; l’ultimo anfratto, in pa- ragone del precedente, non presenta strozzamento, è carenato (carattere affatto mancante nel nostro), e siccome la descrizione del RouAULT dice che esso porta una varice, questa deve essere ben piccola, o non opposta alla bocca, perchè non è visibile nella figura. OPPENHEIM cita tale specie di RovauLT da Ostréviza, di dove ha un individuo “nicht ungiinstig erhalten und sicher bestimmbar , (Affert. Faun. der vsterr.- ung. Monarch. Beitr. zur Geol. und Pal., 13, 1901, pag. 269); non è a confondersi questo Cerwthium Ver- neuili RouAULT con un altro Ceritide, appartenente però al genere dei Potamides anzichè dei Cerithium propriamente detti, cioè colla Vicaria Vernewili che al D’ARcHIAC (Numm. Inde, pag. 298, tav. RR fig. 4) servì a fare un nuovo sottogenere. Noterò infine che Vinassa ((Syn. Moll. terz. Alpîì Ven. Palaeont. Ital., 1896, pag. 257; 1897, pag. 174) unisce al Cerithium Verneuili RouauLT la Melanatria undosa BronenIART (Mem. sur is terr. de séd. calc.- trapp. du Vicentin, 1832, pag. 68, tav. III, fig. 12); io, con OPPENHEIM, credo che vadano nettamente di- stinti, per quanto abbiano alcuni caratteri a comune, come già ho avuto altra volta occasione di osservare. OPPENHEIM (op. cit., pag. 261, tav. XIX, fig. 10-11) cita da Trebistovo e Konjavac (Erzegovina) il Ce- rithium vellicatum BELLARDI; di cui il descrittore dice che “les deux caractères principaux qui font aisément reconnaître cette espèce sont les tubercules épineux de l’avant-dernier tour et l’espèce d°étranglement du dernier. , (BELLARDI, Cat. rais. foss. numm. Nice. Mém. Soc. géol. de France, 2.m° sér., 4, 1851, pag. 227, tav. XV, fig. 2,3). Osserveremo che questi due caratteri, assai comuni, non valgono a distinguere la specie del BeLLARDI, che, del resto, se ha qualche analogia col Cerithium Verneuili RovAULT e col nostro, si distingue facilmente dall'uno e dall’altro; osserverò che molti dei suoi caratteri, descritti parte da BeL- LARDI, parte da OPPENHEIM, sono presenti nella nostra specie, ma quasi tutti molto attenuati; esistono poi alcune notevoli differenze, delle quali basta citare le due serie di tubercoli, e più che altro l’ aspetto generale della parte basale della conchiglia. [189] G. DAINELLI è 55 L’esserci nel penultimo anfratto della nostra specie, e particolarmente sul lato opposto alla bocca, una serie di forti e robusti tubercoli, non che l’aspetto generale della conchiglia, ed in specie la sua parte basale, colla caratteristica varice, opposta alla bocca, e che si piega fortemente verso l’asse con- chigliare prima di formare il piccolo canale, tutto ciò ricorda alcuni caratteri del Cerithium (Bellardia) palaechroma Bavan (Moll. tert., 1870, pag. 35, tav. I, fig. 1-3); e su queste analogie nella forma generale ci fondiamo principalmente nella determinazione generica. Posseggo esemplari provenienti dalle vicinanze dei Ponti di Bribir, e molti anche dei dintorni di Siveric; essendo dunque tale specie piuttosto comune, viene il dubbio che i due esemplari citati da OPPENHEIM come di Cerithium vellicatum BELLARDI, possano appartenere a questa nuova forma, della quale, per cattiva conservazione (quale è di certo), abbiano perso alcuni caratteri. Cerithium (sectio dubia) coracinum Orrenzsm. — Tav. II [V], fig. 3. 1901. Cerithium coracinum OrrennEM. Alttert. Faun. der bsterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, pag. 262, tav. XIX, fig. 1-3. Di questa tipica specie recentemente descritta e figurata da OpPENHEIM ho due soli esemplari, conservati però abbastanza bene, in modo che, se non possono servire a completare del tutto la descrizione, ci fanno conoscere alcuni altri: caratteri che sono sfuggiti a OPPENHEIM stesso per la imperfetta conservazione dei suoi individui. Conchiglia robusta, allungata, turrita; gli anfratti dovevano essere supponibilmente in numero di circa 15, dei quali però nei miei individui sono presenti solo gli ultimi 8; essi sono regolari, piuttosto alti, a superficie pianeggiante, separati da una sutura lineare, non incavata, poco inclinata sull'asse della conchiglia. L’anormalità, dirò, della forma di questa comincia poco oltre il principio del penultimo an- fratto: la superficie conchigliare si inalza, da prima lievemente, assumendo, da sutura a sutura, una leg- giera convessità, che ben presto, crescendo oltre modo, viene a costituire una forte e robusta carena longitudinale; questa mantiene il suo vertice, arrotondato all’estremità ma del resto piuttosto acuto, proprio nel mezzo dell’anfratto; negli esemplari figurati da OPPENHFIM esso sembrerebbe molto più vicino alla sutura inferiore che non alla superiore: ciò, suppongo, per difetto di disegno. Tale carena poi decresce rapidamente, per scomparire del tutto al principio dell’ultimo anfratto. La sutura, che ho detto regolare, giunta ch’essa è tra l’ultimo giro e il precedente, per l’altezza di questo accresciuta d’un tratto là dove ha principio la robusta carena, si volge in avanti con una ben accentuata curva concava, donde riprende il suo cammino normale; ciò anche ha osservato OPPENHEIM, per quanto sia poco chiaro dalle sue figure. L’ultimo giro è molto sviluppato, in specie nell’altezza, che uguaglia presso a poco la metà di quella totale della conchiglia; vi si osserva un grosso rigonfio, trasverso, quasi opposto alla bocca, nel quale si differenzia ancora una specie di costa, che va a terminare alla sutura all’altezza del principio della carena che adorna il penultimo anfratto; tale specie di costa è ben visibile nella fig. 2 di OppenHEIm. L’ ultimo giro, la cui altezza diminuisce avvicinandosi alla bocca, avendo con ciò, come conseguenza, quell’irregolare andamento della sutura che abbiamo già notato, giunto presso alla estremità si espande ai due lati a formare un ben sviluppato e svelto canale, ed una spessa appendice inferiore, corrispondente al termine della grossa carena del penultimo giro. Dei miei due esemplari uno manca della bocca, non solo, ma anche di tutto l’ultimo anfratto; l’altro, per quanto non completamente conservato, presenta però alcuni caratteri che non appariscono dagli esem- plari di OPPENHEIM, o per lo meno da quelli ch'egli ha figurati. Dirò dunque che gli strati conchigliari sono 56 G. DAINELLI [190] presso all'apertura terminale molto spessi, in specie inferiormente, dove si espandono, come ho già detto, a formare una grossa, acuminata, abbastanza rilevata appendice, la quale è intera, cioè non canalata; pure dalla parte del canale gli strati conchigliari sono molto spessi e robusti, in modo che la sezione interna dell’anfratto già presso la bocca è ristretta. Ed assai ristretta e poco alta è pure la bocca, la quale termina superiormente con un angolo molto acuto, e dal lato opposto con un angolo quasi retto, formato dalla parete interna dell’anfratto e dall’ingrossamento conchigliare partente dal canale. Nel mio esemplare non è conservato il labbro esterno, ma essendovi una: superficie assai liscia, dubito che possa rappresentare il modello interno; in questo caso la bocca sarebbe molto stretta, come già del resto supponevo. L'espansione callosa, per quanto non sussista interamente, credo dovesse essere piuttosto limitata. Tutta la superficie conchigliare è adorna di una regolare striatura spirale, ben conservata in uno dei nostri esemplari; le strie sono 14 nel terzultimo anfratto; in questo e nel precedente esiste una varice, interessante l’intiera altezza anfrattuale, e che corrisponde presso a poco alla bocca. DIMENSIONI Altezza totale . o . o : MINER 7 . ò o . mm. 110 Diametro massimo . } È i z 3 i 6 - , È » 43 Altezza dell’ ultimo anfratto . ò 6 6 c ; o 6 6 » 60 » del penultimo anfratto, nella parte occupata dalla carena . ; » 23 » del penultimo anfratto, nella parte libera dalla carena o ò » 16 » della bocca . } È ò : . Ò 6 Ò 6 5 » 21 » dell’estremità boccale della conchiglia, tra il vertice del canale, e l’appendice posteriore, circa È È 3 È 3 . » 50 OpPENHEIM ad una altezza di mm. 120 accompagna un diametro massimo di mm. 60; questa seconda misura ci sembra un poco esagerata, se la si paragona con quelle precedenti, rilevate sopra un abba- stanza buon esemplare; del resto non corrisponde neppure alle figure. Il Cerithium coracinum OPPENHEIM venne paragonato dal suo descrittore al Ceriftiumcorvinum BRONGNIART (Terr. de séd. sup. calc.-trapp. du Vicent., 1823, pag. 74, tav. IV, fig. 8) al quale sarebbe molto vicino; “ die Beziehungen sind sogar so innige und im ganzen Aufbau des Gehàuses wie zumal in der Sculptur des jungen Thieres so scharf ausgepràgt, dass ich...... nur den durchgreifenden Unterschied angeben werde, durch welchen die Art der Hercegovina von der venetianischen Type durchgreifend trennt , (OPPENHEIM, op. cit., pag. 263). Io non. posso dir nulla circa gli ornamenti degli individui giovani, non avendone alcun esemplare; e sono d’accordo con OPPENHEIM nel riconoscere nella sua caratteristica specie alcune somi- glianze con il Cerithium corvinum BRONGNIART; ma non le ritengo però molto marcate: già la forma gene- rale è nel Cerithium coracinum alquanto più tozza e meno svelta e allungata che non nella specie del Vicentino, della quale pertanto ho dalla Dalmazia un esemplare che in questo carattere gli si avvicina. Identico, o quasi, è il rigonfiamento dell’ultimo anfratto, in opposizione alla bocca; ma questa è affatto diversa nelle due specie, ed il Cerithium corvinum non ha alcuna traccia della grossa carena del penul- timo giro. Per queste ragioni paragonerei la specie di OpPeNHEIM, forse con maggiore evidenza, ad un’ altra forma ben nota del Vicentino, il Cerithium palacochroma BAraN (Moll. tert., 1870, pag. 35, tav. I, fig. 4, 3): questo ha forma meno allungata in paragone al diametro massimo; ha nel penultimo anfratto una serie di grossi tubercoli, tra i quali se si imagini soppressa ogni discontinuità, si ha esattamente riprodotta, [191] G. DAINELLI 57 per posizione ed anche dimensioni, la grossa carena del Cerithiwmn coracinum OPPENHEIM; infine la con- chiglia è molto ispessita presso la bocca, e questa ha dimensioni assai piccole, il labbro esterno poco espanso e molto robusto, e la callosità interna poco rilevata e a bordo circolare. I quali caratteri tutti mancano nel Cerithium corvinum BRoNGNIART; del resto, di queste due specie del Vicentino vedansi pure anche le fisure che ne sono state date (oltre quelle già citate) da OPPENHEIM stesso, al quale, se avesse avuto esemplari della sua nuova specie con la bocca conservata, sarebbe probabilmente apparsa la analogia di cui ho sopra parlato. OPPENHEIM cita il Cerithium coracinum da Dabrica (Erzegovina) e da Dubraviza e Slap (Dalmazia); io l’ho trovato a Zazvic e ad Ostroviza. Crediamo di dover descrivere separatamente un individuo, la cui determinazione specifica non è sicura. Cerithium cfr. coracinum OPPENEEIM. Una parziale impronta esterna di Ceritide riferisco dubbiosamente a tale specie dell’OPPENHEIM (0p. cit., pag. 262, tav. XIX, fig. 1-3), per quanto, avendone trovati tra i miei fossili esemplari abbastanza ben conservati, abbia intima convinzione che anche questa impronta vi debba” appartenere. Da essa sono parzialmente visibili due anfratti, il penultimo e il precedente; il primo presenta una grossa carena longitudinale, o spirale che dir si voglia, molto rilevata, arrotondata alla sommità; il secondo invece è liscio; la sutura che intercede tra essi è leggermente sinuosa, lineare, poco incavata, ma ben visibile. Tutta quanta la superficie è coperta da piccole coste spirali, poco rilevate, a superficie pianeggiante, non molto larghe, disgiunte da solchi larghi meno di esse coste, e appena leggermente inca- vati; di tali coste se ne contano cinque nello spazio di cinque millimetri, presso il vertice della carena longitudinale. Questa non declina regolarmente ai due lati verso le suture, ma verso quella superiore si nota una ben marcata concavità, non continua, ma che nemmeno credo accidentale, perchè in essa si os- servano assai ben conservate le coste spirali. La grossa carena è poi attraversata da un rilievo trasverso, a guisa di costa irregolare, non molto rilevato, nè ben definito ai lati, e molto sinuoso a similitudine di una larga esse, incompleta alle sue estremità; un accenno di un rilievo trasverso simile, ma meno accen- tuato e meno sinuoso, si ha anche nell’anfratto precedente, ma non in corrispondenza di quel primo. Presso la sutura superiore si possono notare alcune lievi rughe trasverse, poco accentuate. Tali sono i caratteri che nel mio parziale modello esterno si possono riscontrare; osserveremo che la carena, a differenza di quella del Cerwfhium coracinum OPPENEEIM, tipico, del quale ho sopra descritto dei buoni esemplari, non ha il vertice acuto, ma assai arrotondato, nè declina regolarmente ai due lati; queste sono le uniche disparità, non ostante le quali però ritengo, che il presente individuo, che ho descritto separatamente a causa della sua imperfetta conservazione, debba realmente appartenere alla caratteristica specie di OpPPENHEIM; e tanto più inclino a ritenere ciò, in quanto che esso proviene da una località, dalla quale ho anche un esemplare tipico. Tale modello esterno ho trovato ad Ostroviza. Cerithium (sectio dubia) Vacianense n. sp. — Tav. I [IV], fig. 1. Conchiglia conica, turricolata; gli anfratti, dei quali nei nostri esemplari sono conservati solo gli ultimi sette, sono alti, lisci, pianeggianti nella loro sezione trasversa, regolarmente crescenti dai primi agli ultimi, e talvolta leggermente embricati da questi a quelli. La sutura è diritta, lineare, punto incavata, ma pertanto ben visibile; gli ornamenti consistono in una fine striatura spirale, talvolta obsoleta ed evanescente per cattiva conservazione dei nostri esemplari. Si ha poi anche una ornamentazione trasversa, specialmente notevole nel penultimo anfratto; qui infatti, Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 8 58 G. DAINELLI [192] a cominciare dal lato opposto alla bocca, si osservano dei grossi tubercoli, i quali si continuano per */, di un giro di spira: essi sono in numero di 6 o 7, per questo piuttosto distanti l’uno dall’altro, molto grossi e rilevati, obliqui rispetto all'asse della conchiglia; occupano tutta quanta l’altezza dell’anfratto, ma sono assai robusti e rigonfi presso la sutura inferiore, e vanno invece diminuendo di larghezza e in specie di rilievo via via che ci si avvicina a quella superiore. Nell’anfratto precedente sono seguiti, in perfetta coinci- denza, da delle specie di pieghe, trasverse, poco sentite e tanto meno quanto più si appressano alla loro sutura, rispettivamente superiore, alla quale non tutte quante arrivano; anche tali pieghe sono oblique rispetto all’asse della conchiglia. L’ultimo anfratto presenta una grossa varice opposta alla bocca; la base, adorna di una larga stria- tura concentrica, è assai convessa; il canale ben sviluppato; la bocca, per quanto non conservata, suppo- nibilmente non molto grande, e più alta che larga, fornita di una espansione callosa sul labbro interno. Nell’ultimo giro, presso la sutura, si osserva una ben chiara fascia, determinata da una specie di strozzatura. DIMENSIONI Altezza totale, circa... 0 ò o 0 5 5 ò : .. mm. 110 Diametro massimo . 2 . : . ò È , . o : » 40 Altezza del penultimo anfratto . c S È : ì È ; Do JI Distanza media tra un tubercolo e l’altro del penultimo anfratto . 3 » 11 Altezza della bocca, circa 5 ò 6 ò : 5 ò , E DIMNR2I1 Questa caratteristica specie nell’aspetto generale sta forse di mezzo al Cerithium corvinum BRONGNIART (Rostellaria corvina, Terr. de séd. sup. calc.-trapp. du Vicentin, 1823, pag. 74, tav. IV, fig. 8) ed al Cerithium palaeochroma BArAN (Moll. tert., 1870, pag. 35, tav. I, fig. 1-3), per quanto sia più vicina al primo che al secondo: infatti l’aspetto generale della conchiglia è assai simile a quello della ben nota specie di BRONGNIART, per quanto gli anfratti non ne riproducano la leggiera convessità; ma dove le coincidenze sono maggiori, si è nell’ultimo giro e nella base, che sono, nelle due specie, veramente identiche. Col Cerithium palaeochroma BAYAN la nostra forma ha a comune l’aspetto pianeggiante degli anfratti, pur non presentando, nei primi, ornamento di sorta; le maggiori analogie sono nel penultimo giro, del quale pertanto i rilievi si distinguono assai bene nelle due specie: in quella di Bayan i tubercoli sono rego- lari, a base circolare, limitati alla metà anteriore dell’anfratto, e mancano le pieghe del giro immediata- mente precedente; nella nostra, i tubercoli sono a base assai allungata, tanto da occupare tutta quanta l’altezza anfrattuale. Le massime differenze si notano poi nei caratteri dell’ultimo giro. Si veda, per confronto, il Cerithium (-Bellardia) delphinus OrpenHEIM (Alttert. Faun. der sterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, 1901, pag. 269, tav. V, fig. 13-14) che ha forse tante analogie colla nostra specie, quante ne ha col Cerithium palacochroma BAyaN, al quale l’ha paragonato il suo descrittore; in esso però i tubercoli del penultimo giro si limitano alla metà anteriore di questo, e ad essi corrisponde uno spigolo o carena, ben visibile negli stadii giovanili, nei quali i tubercoli stessi man- cano. Per questa ragione OPPENHEIM ha determinato la sua nuova specie proveniente dalla Bosnia, come appartenente al sottogenere Bellardia. Infatti il carattere differenziale di questo, consiste in ciò, che “la strie spirale qu'il porte en avant, et qui traverse et fend, en quelque sorte, les tubercules de l’avant- dernier tour et celui du dernier, ne peut étre que l’indice d’une série de fentes temporaires par lesquelles les branchies de l’animal communiquaient directement avec la mer, à l’instar des tubes des Zriforis ,, (MAYER, Descr. de Cog. foss. des terr. tert. inf. Journ. de Conch., vol. 18, 1870, pag. 330). Ora, nella nostra specie ho notato, come sopra si è detto, una specie di fascia, prossima alla sutura nell’ ultimo giro; essa però è posteriore 1193] G. DAINELLI 59 e non anteriore, quindi non può corrispondere a quella del gruppo Lellardia; onde a maggior ragione credo che la presente forma dalmatina vada tenuta lontana dal Certhium palacochroma BArAN, col quale presenta sola qualche analogia negli ornamenti. I nostri esemplari provengono da Vàciane. Cerithium (Potamides) pentagonatum ScaLoraem. 1820. Muricites pentagonatus Scanorzem. Petrefact., pag. 148. 1823. Cerithium Maraschini Broneniart, Terr. de séd. supér. cale.-trapp. du Vicentin, pag. 70, tav. II, fig. 19. 1870. — pentagonatum ScuLora. Bavan. Moll. tert., pag. 39 (cum syn.). 1870. — — — — Terr. tert. Venetie. Bull. Soc. géol. de France, pag. 456. 1875. — — —_ Hantken. Studi. Bakony. Mitth. d. k. ung. geol. Anst., vol. 3, fasc. 3, pag. 365, tav. XXIX, fig. 9, 10. 1890. — —_ — De GreGorIo. Foss. dint. Bassano. Natur. Sic., vol. 9. 1894. Potamides pentagonatus —_ Oppenzem. Hoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., pag. 389, tav. XXVI, fig. 8-10 (cum syr.). 1896. Cerithium pentagonatum — De GreGoRrIO. Faun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, pag. 68, tav. VIII, fig. 33-34 (cum syn.). 1897. Potamides pentagonatus —_ Vinassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 174. 1898. —_ _ _ - — Jem. tIa., III, pag. L73. 1901. — —_ — OppennzemM. Priabonasch. Palaeont., Band. 47, Lief 4-6, pag. 205 (cum syn.). 1901. - _ —_ Cossmann. Moll. éoc. de la Loire inf. Bull. de la Soc. des Sc. Nat. de l’Quest dela France, fasc. 3, pag. 15, tav. XVII, fig. 2,3 (cum syn.). 1902. — —_ — De Srerani e Damenti. Terr. coc. di Bribir in Croazia. R. Acc. dei Lincei, vol. 11, serie 5, fasc. 4, pag. 156. Questa specie è già troppo nota, perchè io ne debba adesso ripetere i caratteri differenziali; d’altra parte gli esemplari che posseggo dalla Dalmazia, pur essendo di sicura determinazione, non sono nume- rosì e neppure ben conservati; per questo ogni osservazione che fossi per fare, potrebbe avere per oggetto solo fossili di altre località, i quali già sono stati a sufficienza illustrati (vedi in specie: DE GREGORIO, OPPENHEIM, 0p. cit.). Si vede da taluni citato il Cerithium pentagonatum ScHLOTHEIM, come proveniente dall’ Ungheria; HANTKEN lo descrive e lo figura (op. cit.) da Urkut (Bacony), mentre OrPENHEIM (op. cit., pag. 390), a propo- sito di questa determinazione, osserva: “nach der Figur zu urtheihen wire di ungarische Form sehr Klein, und die Lingsrippen bilden keine continuirlichen Pfeiler; ich lasse es daher dahingestellt, ob die Identi- fication sich aufrecht erhalten lisst ,; e aggiunge poi anche: “ die Bestimmung v. HANTKEN's der aus dem siidlichen Bakony stammender Exemplare ist mir, wie erwàhnt, fraglich ,. Devo confessare che non sono qui d’accordo con l’autore citato, e credo invece giusta la determinazione di HANTKEN: in primo luogo constato che, tra i numerosissimi esemplari di Bribir in Croazia, che ho avuto in esame, si osservano al- cuni individui presentanti la stessa irregolarità nelle coste trasverse; indicando OPPENEHEIM, colla parola longitudinali, queste, e non già le coste spirali; queste divengono meno accentuate e possono poi sparire coll’età dell’animale, per quanto io abbia individui adulti nei quali sono ancora manifeste; spariscono poi quasi sempre negli esemplari mal conservati. Quanto al secondo appunto che riguarda le dimensioni un poco più piccole negli esemplari ungheresi, osserverò che pure i miei individui di Dalmazia, per quanto non conservati interamente, mostrano dimen- 60 G. DAINELLI [194] sioni certamente minori che non i fossili del Vicentino. Anche gli individui di Croazia, già determinati dal FrAUscHER (Zoc.- Fauna von Kosavin néichst Bribir im kroat. Kiistenlande. Verhandl. d. k. k. geol. Reichs- anst., 1884, pag. 60) per la specie di ScHLOTHEIM, come OPPENHEIM stesso accetta (op. cit.), e studiati succes- sivamente da me (op. cit.), presentano questo medesimo carattere di avere dimensioni minori; in essi poi le granulazioni delle serie longitudinali sono evidentissime, possedendo io, invero, individui quasi perfetti. Per queste ragioni accetto per buona la determinazione dell’ HANTKEN. Da Ostréviza posseggo un esemplare, il quale ha sei coste trasverse in ogni anfratto, anzichè cinque, come normalmente si verifica; esse presentano una perfetta corrispondenza da un giro all’altro; vedansi gli esemplari simili descritti e figurati da OppenHEM (Mt. Pulli, tav. XXVI, fig. 9 a, db). Il Cerithium pentagonatum ScHLOTHEIN, citato dubitativamente da varie e disparate località, proviene con sicurezza da Roncà, Monte Pulli, dintorni di Bassano, Priabona (Vicentino); da Bribir e Kosavin (Croazia); da Urkut e Pussta Forna (Ungheria); dal bacino della Loira. I miei individui dalmatini provengono dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir, da Zazvic e da Ostroviza. Cerithium (Potamides) Vulcani BronenmaRt. 1823. Terebra Vulcani BroneniaRT. Terr. de séd. supér. cale.-trapp. du Vicentin, pag. 67, tav. III, fig. 11. 1870. Cerithium — Bronen. Bavan. Terr. tert. Vénetie. Bull. Soc. géol. de France, pag. 456 (cum syn.). 1894. — = — Oprenzem. Zoc.-Faun. des- Monte Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., pag. 386, pag. XXIV, fig. 5, 6 (cum syn.). 1896. _ —_ — Dr GrrcorIo. Yaun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, pag. 72, tav. VIII, fig. 31 (cum syn.). 1897. Potamides — — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 174. 1898. — — = — Idem.1Id., III, pag. 173. Di questa caratteristica specie del Vicentino ho varie parziali impronte esterne di non dubbia deter- minazione; sono ben visibili le numerose e regolari coste trasverse, come pure il solco longitudinale che segue tutta quanta la spira presso la sutura superiore di ciaschedun anfratto. Per una dettagliata descri- zione di tale specie, vedi gli autori citati, e in specie OPPENREIM e DE GREGORIO. Il Cerithium Vulcani BRONGNIART è citato, come assai comune, da Roncà e da Mt. Pulli: del Vicentino ne posseggo esemplari anche da Gnata; FrauscHER (Zoc.-Faun. von Kosavin in kroat. Kiistenlande. Ver- handl. d. k. k. geol. Reichsanst., 1884, pag. 60) lo cita da Kosavin in Croazia. Gli individui che ho dalla Dalmazia, sono stati da me raccolti ad Ostroòviza e presso ai Ponti di Bribir; forse tale specie è anche pre- sente a Zazvic, come fanno supporre alcuni fossili mal conservati. Cerithium (Potamides) corrugatum BroneniarT. 1823. Cerithium corrugatum BronenIart. Terr. de séd. super. cale.-trapp. du Vicentin, pag. 70, tav. III, fig. 25. 1890. — — Bronen. De GrEGoRIO. Foss. dint. Bassano dell’orizz. a Cer. combustum. Nat. Sic., vol. 9. 1894. — — — OppenzEnI. Eoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 385, tav. XXIV, fig. 7-9 (cum syn.). 1896. _ —_ — De GrEGorIO. Haun. eoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, pag. 69, tav. VIII, fig. 29. 1902. — — —_ De SterANI e DameLLi. Terr. eoc. presso Bribir in Croazia. R. Acc. dei Lincei, vol. 11, ser. 5, fasc. 4, pag. 156. [195] G. DAINELLI 61 Ho, dalla Dalmazia, due esemplari, non interi, ma dei quali uno assai ben conservato, che attribuisco a questa specie del Vicentino. Sono ben chiare le coste trasverse (in numero di 12 nell’ultimo anfratto), abbastanza grosse, robuste e rilevate; edi 3 solchi longitudinali che le intersecano in quattro parti presso che uguali a mo’ di tubercoletti. De GREGORIO dà la massima importanza a questi solchi, come se fossero il principale ornamento della conchiglia, quando egli dice ( Roncà, pag. 69): “ Il tipo della specie ha tre solchi spirali, 1 quali determinano la formazione di quattro funicoli speciali. Tanto i solchi che i funicoli non si vedano che nel sito delle coste ma non negli interstizii; ‘anzi le coste non sono formate che da essi; si possono in altri termini considerare come se le coste fossero traversate da tre solchi che le tagliano in quattro porzioni. Devo osservare che il taglio posteriore ossia il solco posteriore è appena appena più profondo degli altri; la differenza però è minima ,. OPPENHEIM invece (op. còt., pag. 386), anzichè dare la maggiore importanza ai solchi, crede principale ornamento, nel senso della spira, le quattro leggiere coste, che intercedono tra i solchi stessi; ed infatti, come ho riscontrato nel migliore dei miei esemplari, esse si vedono anche tra l’una e l’altra delle coste trasverse. OPPENEEIM poi aggiunge che una striatura fili- forme adorna la spira presso alla sutura; nel mio esemplare non solo si osserva questo carattere, ma traccie di tale striatura si hanno anche sul fondo di tutti i solchi spirali: forse trattasi di un carattere individuale. Il Cerithium corrugatum BRoNnGNIART è citato da Roncà, Monte Pulli, e dai dintorni di Bassano, nel Vicentino; da Kosavin e Bribir in Croazia; i miei esemplari provengono da Ostréviza. Cerithium (Potamides) tristriatum Lamarcx. 1817. Cerithium turritellatum Lamarcr. Ann. du Museum, vol. 3, pag. 347, n. 25. 1823. — tristriatum — Anim. sans vért., vol. 7, pag. 82, n. 25. 1824. —_ crispum Derr. DesHaves. Cogq. foss. des env. de Paris, pag. 406, tav. LIX, fig. 21-23. 1848. — = — Bronn. /nd. pal., pag. 266. 1848. — tristriatum Lam. Bronn. Idem, pag. 275. 1866. — — — Drsmaves. An. sans véri. du bass. de Parîs, vol. 3, pag. 180. 1884. _ crispum Derr. FrauscHRR. Eoc.-Faun. von Kosavin. Verbhandl. d. k. k. geol. Reichsanstalt, pag. 60. 1889. — tristriatum Law. Cosswann. Catal. ill. des coq. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Malac. de Belg., vol. 24, pag. 69. 1902. — crispum Derr. De StrranI e DamvELLI. Terr. eoc. presso Bribir in Croazia. R. Acc. dei Lincei, vol. 11, serie 5, fasc. 4, pag. 156. Ho numerosi esemplari di questa specie, conservati come impronte esterne; i modelli che ne ho ritratti lasciano chiaramente vedere i loro ornamenti. Il tipo, come osserva Cossmann (op. cif.), è caratterizzato da tre coste spirali poco rilevate, le quali assumono l’aspetto di serie di tubercoletti per l’incontro con le coste trasverse curvilinee; però la specie è alquanto variabile, e si dànno individui nei quali le coste spi- rali si attenuano, ma, in cambio, crescono di numero. Questa forma fu descritta da LAmARCK come Cerithium turritellatum, nome che dovette abbandonarsi perchè già esistente per altra specie (vedi DesHavEs, Cog. foss., pag. 415, tav. XLIX, fig. 10, 11); DESHAYES propose la denominazione di Cerithium crispum DEFRANCE, secondo aveva trovato în sehaedis corretto da DEeFRANCE stesso; ma questo secondo nome cade in sinonimia con la precedente correzione di LAMARCK in Cerithium tristriatum, che deve mantenersi. Tale specie proviene dal bacino di Parigi; è stata anche citata da Bribir e Kosavin, in Croazia; i miei esemplari sono stati raccolti nei pressi dei Ponti di Bribir e a Zazvie. 62 G. DAINELLI [196] Cerithium (Potamides) lemniscatum BronenIART. 1823. Cerithium lemniscatum Broneniart. Terr. de séd. supér. cale.-trapp. du Vicentin, pag. 71, tav. II, fig. 24. 1862. — _ Bronen. ZitteL. Ober. Numm.-Form. in Ungarn. Sitzungsber. d. k. Akad. d. Wissensch., Bd. 46, Heft 3-5, pag. 372, tav. I, fig.8 a,b, c (cumsyn.). 1894. —_ - — , OrrenHEm. Hoc.-Fauna des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 384 (cum syn.). 1896. —_ — — Dr GreorIo. Faun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, pag. 66 (cum syn.). 1896. — Zitteli — Idem. Id., pag. 66. 1896. — calcaratum (non Bronen.) — Idem. Id., pag. 66. 1896. — bicalcaratum —_ — _ Idem.Id., pag. 66. 1896. — medioconcavum? — Idem. Td., pag. 74, tav. VIII, fig. 33 a, db. 1896. — lemniscatum Bronen. — Foss. di Mt. Pulli. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, ; pag. 137. 1897. — = —_ Vinassa. Syn. Moll. tera. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 173. 1898. = — = — Idem.tIa., INI, pag. 173. 1902. — — — De SteFANI e DArvELLI. Terr. eoc. presso Bribir in Croazia. R. Acc. dei Lincei, vol. 11, ser. 5, fasc. 4, pag. 156. Conchiglia turrita, conica, non molto allungata, fornita invece di larga base; gli anfratti sono rela- tivamente bassi, e muniti al contrario di diametro piuttosto grande e rapidamente crescente. Gli orna- menti consistono in quattro serie spirali ben visibili anche ad occhio nudo, alle quali, ove si osservi con la lente, se ne può forse aggiungere una quinta assai esile e fine; la prima serie, a cominciare dalla sutura inferiore di ciascun anfratto, è formata da tubercoli piuttosto sviluppati, alti, acuminati, allungati legger- mente nel senso della spira; dopo un solco abbastanza largo e profondo segue la seconda serie, costituita di tubercoletti simili ai primi, ma più allungati, e sopra tutto molto più piccoli; la terza e la quarta serie sono sempre più sottili, e date da piccole coste spirali, nelle quali è appena visibile una certa granulo- sità; la quinta serie, che ho detto vedersi solo colla lente, si trova tra la prima e la seconda fin ora descritte, ed è filiforme. I solchi, che dividono l’uno dall’altro questi rilievi longitudinali, diminuiscono di larghezza via via che ci si avvicina alla sutura superiore di ciascun anfratto. Ho creduto di dover descrivere gli ornamenti del mio unico esemplare, cioè quelli degli ultimi anfratti, perchè nei primi essi vengono alquanto semplicizzati dalla perdita delle serie longitudinali più fini e meno accentuate anche in seguito; come si vede dalla precedente descrizione, vi sono alcune differenze, anche notevoli, con quanto si osserva nelle note caratteristiche e in specie nella figura di BronenIART. Ma ciò non fa maraviglia, quando si pensi come quelie e questa sieno poco esatte al vero, come già osservò giu- stamente lo ZittEL (op. cit., pag. 372): “ Die ziemlich unbestimmte und ungenaue Diagnose von BRONGNIART kann ebenfalls leicht zu Irrthiimern fiihren, da die 5 erwahnten kielformigen gekòrnelten oder glatten Reifen nur am letzten Umgang zu erkennen sind, wahrend man auf den iibrigen Umgingen nur 3 wahr- nimmt, von denen der unterste der stàrkste ist, der mittlere oft nur zu einer feinen gekòrnelten Linie herabsinkt, und der obere sich etwas weniger stark als der untere erhebt ,. Dopo queste giuste osserva- zioni dello ZittEL, fa meraviglia ciò che dice De GREGORIO (op. cit., pag. 66) dubitando della esattezza di determinazione dei fossili ungheresi: “Il Cerithium lemniscatum ZirreL mi pare sia diverso di quello di BRONGNIART, il quale dice che ogni anfratto ha cinque cingoli, mentre l'esemplare di ZirtEL ne ha tre. {197] G. DAINELLI 63 Io per l'esemplare (di ZirtEL) tav. I, fig. 80 “tantum , proporrei il nome di Cerithium Zitteli De GREGORIO. La fig. 8a rappresenta il calcaratum BRONGNIART, la fig. 8c forse il dicalcaratum BRONGNIART ,. Le quali critiche non reggono affatto, come deve essere opinione anche di OPPENHEIN, il quale (op. cià., pag. 384) approva le osservazioni di ZittEL; del resto DE GREGORIO stesso, che sembra dare grande im- portanza al numero dei cingoli longitudinali, sì da ritenere ingiuste le determinazioni dei fossili unghe- resi, perchè questi ne presentano solo 3 al luogo di 5, secondo darebbe la descrizione di BRONGNIART, quando poi cita, nella stessa sua opera (pag. 137) i fossili di Monte Pulli, accetta anch’ egli questa varia- bilità di ornamentazione, poco prima non ammessa: “riferisco alla suddetta specie un giovine esemplare, il cui svolgimento speciale è identico a quello della citata. I primissimi giri sono unicarinati. Nei seguenti compariscono vari cingoli, nell'ultimo ve ne ha 5, di cui il posteriore è bitorzoluto. I seguenti credo ne debbano avere pure 5, secondo asserisce BronenIart. Tale esemplare è rimarchevole, perchè quasi asso- lutamente identico all’ atropoides OpPENHEIM partim (tav. XXVI, fig. 5 tantum), però ha l’angolo spirale più largo ,. In quanto alla quale identità dubitiamo assai, dietro la descrizione e le figure che del suo Cerithium atropoides ci dà l’OPPENHEIM (op. cit., pag. 398, tav. XXVI, fig. 5-6). In ogni modo, quale si sia l’opinione intorno all’esattezza della determinazione data dallo ZiTtEL, resta un fatto indiscusso, e questo è la immensa variabilità di ornamenti nei diversi individui di Cerithium lemni- scatum BRONGNIART; già OPPENHEIM aveva osservato ciò incidentalmente (op. ci., pag. 399), ed'io stesso, studiando alcuni fossili eocenici di Bribir in Croazia, ebbi occasione di notare almeno cinque varietà individuali, alle quali non crederei opportuno dare nomi speciali. Ed è in vista di questa estrema variabi- lità, che incliniamo a far ritenere nella nota specie di BronenIART il Cerithium medioconcavum De GREGORIO?, del quale il suo descrittore, dopo averne data una breve ed incompleta descrizione, e averlo dubitativa- mente ritenuto appartenente ad una specie nuova, dice (op. cit., pag. 74): “ appartiene io credo al tipo del Cerithium lemniscatum LAMARCK, col quale ha forse la maggiore affinità, ma ha un angolo spirale molto più acuto ,. Dove, tralasciando la errata paternità del Zemniscatum, si vede come sia lecita la nostra supposizione, tanto più che le figure (tav. VIII, fig. 33a,ò grandezza naturale con dettaglio dell’ornamentazione) non di- cono affatto nulla e potrebbero appropriarsi ugualmente ad una infinità di altre specie. Il Cerithium lemniscatum BRroNGNIART proviene da Roncà e Monte Pulli (Vicentino); da Kosavin e Bribir (Croazia); da Monticello e Castelcerin (Colli Berici); da Forna (Ungheria). Il mio esemplare ho raccolto ad Ostroviza. Cerithium (Potamides) Dal Lagonis Orpennam. — Tav. I [IV], fig. 15. 1894. Cerithium Dal Lagonis OrPeNzEIN. Eoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., pag. 400, tav. XXVIII, fig. 1-4. 1896. _ — «OPP. De GREGORIO. Maun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, pag. 73.. 1896. = — = — Foss. di Mt. Pulli. Id., 21, pag. 134. 1896. — —_ — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 257. 1897. — _ _ — Idem. tTd., II, pag. 177. 1898. —_ — —_ — Idem. Id., III, pag. 173. Attribuisco con sicurezza a questa specie, comunissima a Monte Pulli nel Vicentino, un unico esem- plare, del quale rimangono solo i due ultimi anfratti, del resto assai ben conservati. Gli ornamenti in essi visibili sono i grossi tubercoli trasversali e la chiara striatura longitudinale: i primi nel penultimo anfratto 64 G. DAINELLI [198] sono in numero di 8, forti, ben rilevati, rotondeggianti, ed occupano tutta quanta l’altezza dell’anfratto; per vero dire le loro dimensioni non sono sempre uguali, ma crescono avvicinandosi alla bocca. Nell'ultimo giro se ne distingue assai bene un altro, ma i seguenti svaniscono presto, e rimane come unico rilievo trasversale una grossa varice, situata sul lato opposto alla bocca, e che dalla sutura superiore si prolunga fino al canale. Gli ornamenti spirali consistono in numerose piccole coste, ben definite, diritte, che rico- prono tutta quanta la superficie dell’anfratto senza punto affievolirsi sopra la sommità dei tubercoli tra- sversali; in esse se ne distinguono nettamente di due grandezze, le quali si alternano tra di loro; il numero è di circa 20 nel penultimo anfratto; tali coste non sono che eccezionalmente e per brevi tratti intere, risultando invece per regola .costituite di tante serie di piccole granulazioni, ben visibili a occhio nudo nelle coste più grandi, e riconoscibili colla lente in quelle intermedie, più piccole; la costa più vicina alla sutura superiore è più larga delle altre, nastriforme, fornita di granulazioni alquanto maggiori, e forma come una banda o fascia, che segue tutta la spira. Tali coste spirali, a cominciare dal principio dell’ ul- timo anfratto, sembra perdano in gran parte la loro granulosità: ne mancano poi affatto sulla base della conchiglia. Questa è poco convessa dal lato anteriore, boccale, ma si rialza notevolmente dal lato opposto, in corrispondenza della grossa varice sopra notata. La bocca non è visibile, essendo mancante il labbro esterno. DIMENSIONI Diametro massimo . s : ò x o o o Ò 6 JE) Altezza del penultimo anfratto 6 c . c 0 0 - } PMR » (in parte supposta) della bocca E È x Ro CLS : Duo abi » totale (in parte supposta), circa i È 6 . 3 9 » 45 OPPENHEIM paragona questa sua specie principalmente al Cerithium Vanden-Heckei BeLLARDI (Cat. rais. des. foss. numm. de Nice. Mém. de la Soc. géol. de France, 2.° série, t. 4, 2.° partie, 1852, pag. 226, tav. XIV, fig. 8), che egli dice tanto vicino al Dal Lagoris, da esser stato in dubbio di unir questo a quello in una specie sola; quasi unica differenza è, secondo OPPENHEIM, quella della forma generale della conchiglia: nei fossili del Vicentino più conica, in quelli dei dintorni di Nizza più turricolata. Veramente crediamo che le differenze sieno alquanto maggiori; già Vinassa lo aveva osservato (1896, op. cit., pag. 257), dicendo: “ benchè vicino al C. Vanden-Heckei Bel. pure questa forma (C. Dal Lagonis OPPENEEIM) se ne distingue assai bene non solo per la forma ma anche per gli ornamenti, e ciò ho potuto constatare confrontando un esemplare di Nizza che si trova nel nostro Museo con quelli veneti ,. Infatti, mentre il Cerithium Dal Lagonis OpPENHEIM ha per ornamenti trasversali delle coste a guisa di varici, interessanti tutta quanta l’altezza anfrattuale, la citata specie del BELLARDI è (0p. cit.) “ anfractibus medio tubercolosis; tuberculis, inter- stitiis majoribus, acutis, verticalibus ,,; si può aggiungere poi, esaminandone la figura, che la fascia spi- rale, la quale segue dappresso in ogni anfratto la sutura superiore, è costituita da due serie parallele e contigue di granulazioni, mentre una sola ve n’è nella specie del Vicentino. Forse OpPENHEIM avrebbe più opportunamente paragonata la sua nuova forma al Cerithium subangulosum BELLARDI (op. cit., pag. 226, tav. XIV, fig. 9), che le è più vicino, come giustamente ha osservato Vinassa (1897, op. cit., pag. 177); esso infatti è fornito “ anfractibus longitudinaliter multicostatis; costis rotundatis, verticalibus, antice, posti- ceque evanescentibus ,,, e, come forma generale, è “ conique, allongé, non turriculé ,,, mentre, infine, ha una sola serie di granulazione della fascia spirale vicina alla sutura. Con tutto ciò, credo che la specie più simile al Cerithium Dal Lagonis OrPENEEIM sia il C. globulosum DesHAyes (0g. foss., 1824, pag. 379, tav. LVII, fig. 11-13); anche De GREGORIO (Roncà, pag. 73), a propo- [199] G. DAINELLI 65 sito della specie del Vicentino, osservava: “ È questa una caratteristica specie di Roncà e Mt. Pulli che presenta, però, mi sembra, immensa somiglianza con talune varietà del O. globulosum LAMARGK, nè so come ciò sia sfuggito al signor OPPENHEIM. La differenza principale che presenta consiste nelle coste, che negli ultimi giri sono un po’ più rare e più grosse ,. Anche Vinassa (op. cif., 1897) dice che la specie del Vicen- tino “ si potrebbe avvicinare al C. globulosum DesHAYES se non che le creste non svaniscono come nella specie di DesHAyEs nell’ultimo giro ,. Oltre a queste differenze, si aggiunga che la specie di Parigi e di Valognes è forse più regolarmente conica, ha numero maggiore di coste trasversali, e andamento della sutura più sinuoso; i quali caratteri rilevo da un esemplare di Cerikium globulosum DesHAYES, da me riconosciuto tra i fossili di Bribir in Croazia (DE STEFANI e DAINELLI, Zerr. eoc. presso Bribir in Croazia, 1902, Lincei, vol. 11, serie 5, pag. 156). ' Il Cerithium Dal Lagonis OPPENEEIM è stato citato da Roncà, da Mt. Pulli e da S. Giovanni Ilarione, nel Vicentino. Il mio esemplare proviene da Ostroviza. Cerithium sp. Alcuni modelli interni, appartenenti certamente al gruppo dei Cerifium, non sono suscettibili di determinazione specifica, e nemmeno di un semplice ravvicinamento. Un esemplare, ad anfratti ben svilup- pati, nei quali si osservano delle serie trasverse di impressioni non molto profonde, a base rilevata e costata concentricamente, come si può vedere da alcuni frammenti di conchiglia aderentivi, può appar- tenere al Cerithium (Campanile) Lachesis BAYAN (Moll. tert., 1870, pag. 33, tav. IV, fig. 2, tav. V, fig. 2; vedi innanzi, nel presente lavoro), quantunque non si possa esprimere che una semplice supposizione, forse prossima al vero, dato il gran numero di esemplari di questa specie trovato da me in Dalmazia nelle località esaminate. Località: — Zazvie. Un individuo, di dimensioni piuttosto grandi, presenta anfratti numerosi, discretamente sviluppati sì in altezza che in diametro; la sutura è poco inclinata sull’asse della conchiglia; la base poco convessa, l’ultimo anfratto non molto sviluppato in paragone dei precedenti; l’apertura subrotonda e non grande. Sopra tutti gli anfratti si osserva una serie longitudinale di impressioni abbastanza profonde, triango- lari, col lato maggiore disposto nel senso della spira e dalla parte della sutura inferiore; tali impressioni sono fitte e numerose, e tanto più, quanto più ci si avvicina all’apértura; nell’ultimo anfratto sono seguite, verso la sutura superiore, da tre solchi stretti ed allungati nel senso della spira, paralleli fra loro, deter- minanti, insieme con le impressioni triangolari, tante serie trasverse, alquanto inclinate sull'asse della conchiglia; negli anfratti precedenti questi solchi non si osservano. Località: — Ostroviza. DIMENSIONI IN PARTE APPROSSIMATE Altezza totale, circa d : ò ò o . c . o . mm. 150 Diametro massimo, circa . ; 3 : Ò . , ; : E » 60 Altezza dell’ ultimo anfratto, circa . o o o . o x È » 55 » del penultimo anfratto, circa c : ? È x ; 6 » 20 Naturalmente, le impressioni che ho descritte corrispondono ad altrettanti rilievi della superficie interna della parete esterna della conchiglia; tali rilievi però si riscontrano-*in varii sottogruppi del gruppo mag- giore dei Cerithium, onde, per questo, non ci è dato supporre a quale possano i nostri individui appartenere. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 9 66 G. DAINELLI [200] Numerosi frammenti, costituiti ciascuno da non più di due o tre anfratti, appartengono ad un'unica forma, che pur doveva essere caratteristica; tali frammenti sono allo stato di modelli, ma assai mal con- servati, presentando poco visibili i loro ornamenti. Conchiglia di assai grandi dimensioni, conica; allungata; gli anfratti sono pianeggianti, poco alti relativamente al loro diametro; le suture lineari, diritte, poco inclinate sull’asse della conchiglia; un accenno della ornamentazione si vede in una larga striatura longi- tudinale, data da coste bassissime, e solchi poco profondi, le une e gli altri a-sezione ampiamente curvi- linea, ma di varie dimensioni, cioè alternatamente più grandi e più piccole; i dettagli pertanto non si possono vedere. Dirò che a prima vista credevo aver qui una forma assai vicina alla mia Zerebralia robusta del Monte Promina (Mioc. inf. del Mt. Promina'in Dalmazia. Palaeont. Ital., vol. VII, 1901, pag. 274, tav. XXXII, fig. 10, 11); senonchè, dietro attento esame e relativo confronto con tale specie oligocenica, mi son dovuto convincere trattarsi di forme diverse, non solo specificamente, ma anche genericamente. Località: — Ponti di Bribir, Ostroviza. DIMENSIONI DI UN ANFRATTO Altezza . È G z 5 5 x 3 7 a 7 Ò ; mm. 35 Diametro . 5 A A £ 3 i 3 A 3 3 i 3 » 100 Tutte queste forme, che ho qui brevemente descritte, appartengono di sicuro al genere Cerithium e corrispondono a tante specie diverse; il loro imperfetto stato di conservazione però impedisce del tutto di avvicinarle a qualsiasi forma già nota; credo d’altra parte che nessuna di esse possa rientrare nelle specie che ho potuto riconoscere con certezza tra i fossili dalmatini, oggetto di questa memoria. Aggiungerò ancora che ricordo di aver veduto in Dalmazia, tanto a Zazvic che a Piramatovci, località prossima ai Ponti di Bribir, ed a Vàciane, un enorme Certthium così immedesimato nella roccia, da riuscire assolutamente impos- sibile l’isolarlo: esso rammentava il Cerithium defrenatum De GREGORIO (Faun. toc. di Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, 1896, pag. 76, tav. XI) per la mole e per l’aspetto generale, pur avendo gli anfratti assai più alti e più marcatamente scalariformi. Cerithium ostrovitzense n. sp. — Tav. II [V], fig. 4. Conchiglia conica, turrita, non molto allungata; degli anfratti, in numero totale presumibilmente non maggiore di 8, si vedono solo gli ultimi cinque; essi sono piuttosto alti, di rapida crescenza diametrale; l’ultimo poi è assai sviluppato, misurando circa la metà dell’altezza totale della conchiglia. Gli ornamenti consistono in coste trasverse ben nette e rilevate, a base piuttosto stretta, occupanti l’intera altezza di di ciascun anfratto, separate da solchi pianeggianti larghi circa il doppio di esse coste; il loro numero non può oltrepassare la diecina nel penultimo giro; la loro direzione è quella dell’asse della conchiglia, e si corrispondono con abbastanza esattezza da un anfratto all’altro. Nell’ ultimo giro tali coste mancano ,quasi del tutto, essendo solo rappresentate da dei rilievi lievissimi presso la sutura, corrispondenti alle coste del giro precedente, ma solo difficilmente visibili e sotto certe condizioni di luce. Gli ornamenti spirali sono dati da numerose coste (8 nel penultimo anfratto), sottili, poco più che filiformi, ma assai nette e rilevate, le quali pertanto si affievoliscono sul vertice delle coste trasverse; nell'ultimo giro e sulla base esse costituiscono quasi l’unica ornamentazione, facendosi però alquanto più marcate; ivi, dalla sutura verso il centro della base conchigliare, se ne contano circa 16, non tutte ugualmente sviluppate, nè equidistanti, ma tanto più fitte quanto più son sottili; non sembra però che vi sia una regola nella loro distribuzione secondo la grandezza. Ancora più in basso, sulla parte centrale della base, se ne osservano 6 ben più [201] G. DAINELLI 67 sviluppate delle altre, più alte, più larghe, e più distanti tra loro. La base è molto convessa e rilevata; la bocca, per quanto non visibile, sembra dover essere obliqua, ovale, allungata; il canale è presumibil- mente corto: di esso pertanto non si vede che il principio. Altri caratteri non sono riconoscibili. DIMENSIONI Altezza totale È 3 x 7 È 9 ; F ; , dg artbano A06) Diametro massimo . , 3 7 À 5 6 i 5 È , » 7 Altezza dell’ ultimo anfratto . 5 a i 6 R 5 b ; » 10 » del penultimo anfratto ò c î 6 h x ò ‘ » 2,5 » della bocca, circa , ò ; c È 5 i ; , » Ti Posseggo tale forma come impronta esterna, invero, ben conservata; però la poca chiarezza di certi caratteri rende incerta la determinazione generica, per quanto gli ornamenti degli anfratti sieno ben chiari e caratteristici. Così sembra certamente che vi debba essere un canale, e per questo abbiamo fatto il ravvicinamento col genere Cerithium, non prestandovisi, a parer nostro, nessun altro gruppo di Gastero- podi sifonati. Del resto, forme assai simili, alle quali si possa avvicinare il nostro fossile con evidente paragone, crediamo che non ce ne sieno. Il presente esemplare proviene da Ostréviza. Fam. Strombidae. Strombus (Oncoma) Tournoueri Bavan. 1870. Strombus (2) Tournoueri BavAan. Terr. tert. Venetie. Bull. Soc. géol. de France, t. 27, pag. 480. 1870. —_ _ — Moll. tert., pag. 45, tav. VII, fig. 5, 6. 1877. — —_ Bay. Hesert et MunirRr-CraLmas. Rech. terr. tert. Acad. des Sciences, t. 85. 1878. — — — Hantken. Die Mitth. der Herr. Higert und MunirR-CHanMas diber die ung. alttert. Bild. Liter.-Ber. aus Ung., Bd. 4, Heft 4, pag. 8. 1880. - — — De GrecorIo. Hauna di S. Giov. Ilar., pag. 9, tav. I, fig. 13, tav. IV, fig. 11, tav. V, fig. 8 (pro parte). 1893. Oostrombus problematicus MicarLomtI var. Tournoueri Bar. Sacco. Moll. terx. del Piem. e Lig., Parte 14, pag. 14, tav. II, fig. 4. i 1894. Strombus Tournoueri Bar. Oppennem. Hoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. der. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 438. 1895. — Pulcinella —— Vinassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 222, 258 (pro parte). : 1896. —_ — — — Idem. Iad., II, pag. 178. 1896. = Tournoueri — De GreGorIO. Maun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 24, pag. 32, tav. I, fig. 13-15. 1901. —_ —_ — Orpenzem. Alttert. Faun. der oesterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, pag. 165, 272. : 1902. — — — MarmneLti. Dintorni di Tarcento in Friuli. Pubbl. del R. Istit. di Studi Sup. Firenze, pag. 211, tav. IV, fig. 9. Possediamo tre esemplari di ,Sfrombus, appartenenti senza dubbio a questa specie, come abbiamo potuto verificare mediante il confronto con esemplari tipici di Roncà; il descriverli non crediamo adesso 68 G. DAINELLI [202] necessario, tanto più che il loro stato di conservazione non è perfetto; ma tale è la confusione che regna su questa e su altre forme simili, eoceniche, ed in specie oligoceniche, che sarà opportuno fare una breve storia della questione. È bene osservare che, essendosene occupati alcuni autori ripetutamente ed in tempi succes- sivi, spesso cambiando dalla loro prima opinione, non sarebbe stato male seguire lo svolgersi delle idee di ciascun studioso di per sè; ma, come in ogni lavoro di ciascheduno si discutono di solito i materiali e le opinioni mostrate di recente da un altro, così stimiamo meglio seguire l’ordine rigorosamente cronologico. Fucus (Kenntn. der Conchyl.-Faun. des Vicent. Tertiàrgeb., 1868, pag. 149, tav. II fig. 1, tav. III, fig. 1) descrivendo da Monte Grumi, presso Castel Gomberto, il suo Strombus èrregularis, lo dice vicino allo S. au- riculatus GratELOUP (Conch. foss. des. terr. tert. du Bassin de l’Adour, 1840, tav. XLVI, fig. 1), ch'egli pure cita e figura dalla stessa località veneta (Fuc8s, op. còf., pag. 149, tav. IV, fig. 1, 2). Successivamente BAYAN ( Terr. terz., 1870, pag. 480) descrive da Roncà il suo Strombus (2) Tournoueri, del quale riconosce l'affinità col suo S. Pulcinella n. sp. di Monte Postale, e coll’ auriculatus GratELOUP; del primo egli ne dice le diffe- renze, ma non già del secondo; di questo, solo nella sua seconda opera (Moll. tert., 1870, pag. 46), dice: “sa plus grande taille et sa spire irregulière ne permettent pas de le confondre avec l’espèce de Roncà ,. De GreGoRrIO (/S. Giov. Ilar., 1880, pag. 9) riunisce in sinonimia al Zournouerì Bavan, il Pulcinella dello stesso autore; ma in questa riunione il suo dubbio appare palese e chiaro dalle sue stesse parole: “ Stante le svariatissime forme, che assume questa conchiglia secondo l’età, e la difficoltà grande ad averne individui in buono stato, ho esitato molto prima di riunire le due specie. Malgrado lunghi con- fronti tra un gran numero di esemplari del Monte Postale, e di S. Ilarione e anche di Roncà, devo con- fessare, che non ogni dubbio mi si è diradato ,. Tale specie del Veneto egli dice poi vicina allo Strombus problematicus MiczELOrTI, del Tongriano piemontese (Éfudes sur le Mioc. inf. de V.It. sept., 1861, pag. 107, tav. XI, fig. 17, 18), che egli crede sia sinonimo dello S. bwlbiformis ScHAUROTE (Vere. der Verstein. im Here. Nat.-cab., 1865, pag. 225); dello stesso tipo è pure lo S. irregularis FucHS. pura Sacco (0p. cit., 1893, pag. 13-14, tav. II, fig. 1-5) nel Tongriano del Piemonte e della Liguria riconosce lo Strombus problematicus MicHELOTTI tipico, al quale aggiunge numerose varietà, delle quali tre sono costituite dal Zournoueri BAYAN, dall’ irregularis FucHS, e dall’ exauriculatus SAcco (= auriculatus FucHs, non GRATELOUP); l’auriculatus GRATELOUP crede specie buona. ; OPPENHEIM (Monte Pulli, 1894, pag. 438), nell’ elenco sommario ch’ egli dà dei fossili del Vicentino, tiene separati gli Strombus Tournoueri e Pulcinella BATAN. De GreGoRIO (Foss. éoc. de Mt. Postale. Ann. de Géol. et Pal., 14, 1894, pag. 11, tav. I, fig. 21-29) cita dal Monte Postale lo Strombus Pulcinella BAYAN, non ponendogli sinonimo il Tournoueri BAYAN, come aveva fatto nell'opera su S. Giovanni Ilarione; ma curioso è poi ciò che egli dice a spiegazione: “ Dans mon ouvrage (S. Giov. Il.) j° ai parlé de cette espèce et de son analogie avec le Str. Tournoueriì BAavaNn. J'ai émis l’opinion que les deux espèces doivent étre réduites à une seulement ‘et j° ai adopté le nom de Zour- noueri pour la désigner. Je suis encore de la méme opinion, c’ est-à-dire que le ,Str. Pulcinella doit étre considéré comme une mutation ou une phase de développement du Zournoverì, qui représente l’espèce adulte; mais, comme le Pulcinella a l’ouverture assez différente et que je ne suis tout à fait sr de cette identité, j° ai cru le considérer come une forme différente, en attendant d’avoir achevé mon ouvrage sur la faune de Roncà, dans lequel cette question sera étudiée avec soin ,. Come si vede dunque DE GREGORIO è più che mai incerto, nè si sa quale opinione dovergli attribuire per ora. Vinassa (op. cit., 1895, pag. 222) pone sinonime le due specie di BayAn, dando, giustamente, la prio- rità al Pulcinella, ciò che non aveva fatto DE GrEGORIO nel suo primo lavoro; ritiene poi forse sinonimo il Fusus polygonus, var. rarecostatus De GREGORIO (Mt. Postale, pag. 21, tav. IV, fig. 131); da non confondersi [203] G. DAINELLI è 69 con l’individuo descritto e figurato collo stesso nome e proveniente da Lavacille, che invece è tutt’ altra cosa, come chiunque può verificare (vedi De GREGORIO, Foss. des env. de Bassano. Ann. de Géol. et Pal., 13, 1894, pag. 28, tav. V, fig. 112). OPpenHEIM (Alttert. der Colli Berici. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 48, Heft 1, 1896, Januar-Màrz, pag. 115) descrivendo dall’ Oligocene Veneto alcuni fossili, li determina per Stronbus auriculatus GRATELOUE, al quale pone sinonimo il Zournouerì BAYAN, facendo osservare che BAyAN stesso non aveva riscontrato grandi differenze, e che quella unica, consistente nelle maggiori dimensioni degli individui oligocenici, non implica una separazione di specie; egli crede pure sinonimo lo Strombus auriculatus GrATELOUP descritto e figurato da FucHs, che altri autori invece, come abbiam già visto, separano; e crede 1’ èrregularis FucHs una semplice varietà a spira più acuminata. DE GREGORIO (Roncà, 1896, Juin-Novembre, pag. 32, tav. I, fig. 13-15), il quale, come abbiamo citato, aveva promesso di studiare qui con ogni cura la questione della sinonimia tra ,Strombus Tournouerì e Pulcinella BavaN, in seguito all’esame degli esemplari di Roncà, dice di essersi confermato nella sua opinione; la quale dovrebbe esser quella della sinonimia; invece egli qui cita lo Strombus Tournoueri BAYAN, e da Monte Pulli (0p.cit., pag. 134) lo Strombus Pulcinella BAYAN, senza che l’uno sia posto sinonimo dell’altro, ma tutti e due ben distinti; si mantiene per questo tutt'ora la sua incertezza. Dice assai vicini al Zour- noueri l’auriculatus GraTELOUP ed il problematicus MicHELOTTI, del quale dubita possa esser sinonimo della specie di BAYAN. OPPENHEIM (Eoc.-Faun. des Monte Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief 3-4, 1896, November, pag. 190, tav. XIII, fig. 1) separa dallo Strombus Tournoueri BAYAN il Pulcinella BayAn, al quale, come già aveva fatto VinAssA, pone sinonimo il Fusus polygonus var. rarecostatus De GREGORIO (IM. Postale, pag. 21). Rovereto (Molluschi foss. tongr. Atti della R. Univ. di Genova, vol. 15, 1900, pag. 154) crede che il problematicus MicaELOTTI sia sinonimo dell’auriculatus GRATELOUP, per quanto la figura originale sia troppo schematica, per farsi in proposito una opinione indubbia; anche l’ auriculatus GrATELOUP- FucHS è sinonimo, quindi cade l’exauriculatus Sacco. L’irregularis FucHs è certo una varietà di questa specie. OPPENHEIM ( Beitr. eur Kenntn. des Olig. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 52, Heft 2, 1900, pag. 306, 307) dice che coll’eocenico Sfrombus Tournoueri ha moltissime analogie l’oligocenico auriculatus, 0 exau- riculatus, 0 problematicus che dir si voglia; l’irregolaris se ne distingue invece nettamente avendo il suo ascendente eocenico nello Strombus maccus OppenHEIM (Mt. Postale, pag. 191, tav. XVII, fig. 1). DAINELLI (IMioc. inf. del Mt. Promina. Palaeont. Ital., VII, 1901, pag. 277, tav. XXXIII, fig. 1) pone sinonimi il problematicus e l’auriculatus; quanto al Tournoueri ed all’irregularis, li cita nella sinonimia, dietro altri autori, ma solo dubitativamente. OPPENHEIM (Priabonasch. Palaeont., Bd. 47, Lief 4-6, Màrz 1901, pag. 207 e seg., fig. 21-22 nel testo) descrive dall’Oligocene del Veneto una nuova specie, cioè lo Strombus naticiformis, sinonimo dell’awricu- latus, non GrATELOUP, OPPENHEIM ( Collì Berici, pag. 115); nelle osservazioni che seguono stabilisce abba- stanza esattamente i caratteri e le differenze delle varie specie vicine; notando, che il Zournouerì è simile all’auriculatus GraATtELOUP, pur differendone; che il Pulcinella pars De GREGORIO ((S. Giov. Mar.) non BAyAaN, è una specie nuova, vicina al problematicus, alla quale dà il nome di Bayani OprenHEM; l’auriculatus è "differente dal problematicus, il quale è vicino all’ îrregularis, sinonimo forse, questo, del bu/biformis SCHAUROTA. Lo Strombus scurrus OPPENHEIM, di Monte Postale, (.M#. Postale, pag. 191, tav. XVII, fig. 4) è ancora diverso. OPPENHEIM stesso, poco dopo, ( Alttert. Faun., 1901, pag. 165, 272, tav. XIX, fig. 7) si limita a citare . lo Strombus Tournouerì BAYvAN, che dice vicino (pag. 165) all’irregularis ed all’ auriculatus. MarINELLI (Dintorni di Tarcento, 1902, pag. 211, tav. IV, fig. 9) accetta la sinonimia tra Pulcinella e Tournoueri, dando la priorità al secondo. 70 G. DAINELLI [204] Da quello che siamo andati per sommi capi riassumendo fin qui, si scorge come complicata sia la questione degli Strombus del Vicentino, tanto che dai medesimi autori si vede, a brevissimo tempo di distanza, mutare diametralmente opinione, ed accettare o respingere sinonimie, che poco prima si erano respinte od accettate. Il principale difetto in tutto ciò consiste certo nell’aver voluto, ad ogni piccola differenza osservata, istituire una specie nuova, e ad ogni analogia, riunire forme anche diverse; crediamo che più prudente cosa, quando ci si trovi di fronte a innumerevoli forme di passaggio come qui è il caso, sia di stabilire alcuni pochi tipi, accennando solo, per gli altri esemplari, con quali di quei primi essi presentano maggiore affinità. Non sarà fuor di luogo citare le diverse specie che sono state poste, indicando, per ciascheduna, gli autori, dalle cui parole e illustrazioni meglio possiamo farci un’idea sui loro caratteri; naturalmente espri- meremo anche la nostra opinione in proposito, non sempre uguale alla più recente di ciaschedun autore, e fondata su ciò che dalla lunga bibliografia si può apprendere, e sugli esemplari che abbiamo sott’ occhi, del Vicentino e della Dalmazia. Strombus Pulcinella Bavan (= Fusus polygonus, var. rarecostatus De GREGORIO). Monte Postale. Bayan (Moll. tert.), Dr GreGorIO (S. Giov. Nlar., Mt. Postale), OrrenzrIM (Mt. Postale, Oligocin, Colli Berici). Per noi, buona specie. Strombus maccus OrprenzEni (Mt. Postale, pag. 191, tav. XVII, fig. 1). Strombus scurrus OprenHEIM (Mt. Postale, pag. 191, tav. XVII, fig. 4). Strombus immutus OprenzEM (Mt. Postale, pag. 192, tav. XVII, fig. 5). Strombus avarus OprennriM (Mt. Postale, pag. 192, tav. XIII, fig. 2). Le precedenti quattro forme, tutte del Monte Postale, hanno, secondo noi, il valore di varietà dello Strombus Pulcinella BAYAN, come OPPENHEIM stesso sembra dubitare. Strombus Tournoueri Bavan. Roncà, S. Giovanni Ilarione, Friuli, Eocene d’ Ungheria e di Dalmazia, Grancona, St. Trinità, Tongriano Piemontese. Bavan (Moll. tert.), De GREGORIO ( Roncà, S. Giov. Nar., Mt. Post.), OppenHEM (Priabona, Mt. Postale, Colli Berici, Oligocin, Alttert, Faun.), MarIinELLI (Tarcento), RoverRETO (Poss. Tongriani), Sacco (Moll. terx.), Vinassa (Syn.). Buona specie. Strombus Bayani OrrenzemM. Roncà, S. Giovanni Ilarione. Dr GreGorIO (S. Giov. Iar.), OprenzEM ( Priabona). Questa forma ha, secondo noi, il valore di varietà della precedente specie, e serve, in certo qual modo, di passaggio tra questa e lo Strombus Pulcinella BAYAN. Strombus auricularius = auriculatus GrareLovP. Dax, Tongriano Piemontese, Oligocene Veneto, Oligocene della Dalmazia. GrareLoUP (Adour), Fucas(Vicent.), DameLti (Mt. Promina), De GrEGORIO ((S. Giov. Iar., Foncd), MicueLortI (Moe. inf.), OrrenHoIM (Colli Berici, Oligocin, Priabona), Rovereto (Foss. Tongr.), Sacco (Moll. terx.). Stimiamo questa forma come buona specie, e geneticamente derivata dallo Strombus Zournoueri BayAN; a nostro avviso le sono sinonimi l’exauriculatus Sacco, il problematicus MicHELOTTI, e le varietà di questo lorgovata Sacco e regularior Sacco. [205] G. DAINELLI 71 Strombus problematicus MicHeLonTI (Mioc. inf.). Strombus exauriculatus Sacco (Moll. terx.) = auriculatus Fucas (Vaicent.). Strombus longovatus Sacco (Moll. terx., pag. 14, tav. II, fig. 2). Strombus regularior Sacco (Moll. terx., pag. 14, tav. II, fig. 3). Queste quattro forme, che il SAcco descrive e figura come varietà dello ,Strombus problematicus MicHELOTTI tipico, poniamo sinonime dell’auriculatus GraTELOUP, il quale ha il diritto di proprietà. Strombus cyathiformis Sacco (Moll. terx., pag. 14, tav. II, fig. 5). Tongriano Piemontese. Ha il valore di varietà dell’auriculatus, secondo l’opinione pure di SAcco. Strombus naticiformis OrrenznM (Priabona, pag. 207, fig. 21) = auriculatus non GratELoUP, OppeNBEDI (Colli Berici). Oligocene Veneto. Crediamo che, piuttosto che una specie a sè, debba essere ritenuto come varietà dello Strombus auriculatus GRATELOUP. Strombus irregularis Fucas. Oligocene Veneto. Fucas (Vicent.), De GREGORIO (S. Giov. INar.), OprenHEM (Colli Berici, Oligocin, Priabona), Rovereto (Foss. Fongr.) Sacco (Moll. terx.). Abbastanza buona spece, ma non sì ben definita come le altre; di qui le incertezze e le disparità degli autori; secondo noi essa proviene geneticamente dallo Strombus Pulcinella BAYAN, o per lo meno da una sua varietà, e nello stesso tempo presenta coll’auriculatus GRATELOUP e colle varietà di questo, assai maggiori affinità, che non avessero tra loro i progenitori eocenici di queste due specie. Lo Sfrombus bulbiformis ScHAUROTE non conosciamo, ma, dietro i più, lo poniamo sinonimo. Strombus bulbiformis ScAuROTA (Verx.), De GREGORIO ((S. Giov. Ilar.), OrrenHEM (Colli Berici, Priabona). Sinonimo del precedente. Se da ciò che abbiamo brevemente accennato si dovesse fermare qualcosa di concreto, gli Sfrombus del Vicentino sarebbero legati tra loro nel seguente modo: Eocene Tournoueri BAYAN Pulcinella Bavan' | var. Bayani OPPENHEIM var. maccus OPPENHEIM scurrus OPPENHEIM immutus OPPENHEIM avarus OPPENHEM Oligocene Tournoueri BAYAN auriculatus GrrareLouP — regularis Fucas sin. problematicus MicHELoTTI sin. bulbiformis ScHAUROTE exauriculatus SAcco longovatus Sacco regularior Sacco var. cyathiformis SAcco naticiformis OPPENHEM. 72 G. DAINELLI [206] Ed in ciò crediamo di essere non molto lontani dal vero, e in ogni modo, per la massima parte, concordi con OPPENHEIM, l’autore cioè che meglio ha sviscerata la questione, non ostante le sue nume- rose incertezze e modificazioni. Già che l’argomento lo comporta, stimiamo opportuno aggiungere poche parole: abbiamo altra volta studiato degli Strombus dal Monte Promina, determinati come problematicus MicaELOTTI (DAINELLI, Mf. Pro- mina, pag. 277, tav. XXXIII, fig. 1); OPPENHEIM, mosso, nello scrivere una acerba critica al nostro, certo imperfetto, lavoro, dalla premessa che quegli strati dalmatini dovessero essere eocenici, anzichè oligocenici, come noi crediamo fermamente, riportando la nostra citazione scriveva: “ Strombus problematicus MIcHE- LortI. Wahrscheinlich geh6rt auch Ficula sp. (pag. 279, tav. XXXIII, fig. 4 del nostro lavoro). Bei der srossen Aehnlichkeit, welche der eocine Sf. Tournoveri Bay. besitzt, sind in dieser Gruppe fiir scharfe Artbestim- mungen Ausserst gut erhaltene Exemplare nothwendig. , (Ueder die Fauna des Mt. Promina. Centralblatt fir Miner., 1902, n. 9, pag. 270). Quanto alla Zicula sp., la sua determinazione generica non ammette dubbii, tanto è facile e sicura; i numerosi esemplari, poi, di ,Sfrombus, che abbiamo accuratamente esa- minati di nuovo e paragonati con individui del Vicentino e con quelli di recente raccolti da noi in Dal- mazia, appartengono con assoluta certezza all’ auriculatus GrAtELOUP 0 problematicus MicHELOTTI dentro gli ampii limiti che a questa forma abbiamo posti; e son certo diversi dai nuovi fossili dalmatini, i quali, veramente eocenici, hanno tutti i caratteri del Zournoveri BAYAN. Questa specie è stata citata da Roncà, da S. Giovanni Ilarione, da Grancona e St. Trinita (Vicen- tino); dal Tongriano Piemontese; da Rio Zimor, Stella, R. Tasaripariam, Attimis (Friuli); da Trebistovo (Erzegovina); da Tokod, Dorogh, Bajna, Piszke, Mogyoros (Ungheria). I nostri esemplari dalmatini pro- vengono da Ostroviza e da Vàciane. Terebellum fusiforme Lamarc. 1804. Terebellum fusiforme Lamarer. Ann. du Mus., vol. 16, pag. 301, n.° 3. 1812. —_ = Lam. SowrrBy. Gen. of Shells, fig. 3. 1824. — — — Drsmaves. log. foss., pag. 738, tav. XCV, fig. 30, 31. 1832. = — = — Enc. méth. Vers, III, pag. 1005. 1835. — — — Rwreve. Conch., pag. 291, fig. 3. 1839. —_ —_ — Lawmarc€x. An. sans vert., III, pag. 411, n.93. 1848. —_ —_ — Bronw. /nd. pal., pag. 1225. 1852. — — — D’Orzieny. Prodr. pal., vol. 2, pag. 314, n.° 304. 1853. — —_ ?— D’Arcurac et Hammer. Numm. de V Inde, pag. 325, tav. XXXII, fig. 23. 1866. _ — — Drsmavss. An. sans vert., III, pag. 470. 1866. =“ = — Marr. Moll. tert. Mus. Zurich, I, pag. 32. 1870. = = — Bavan. Terr. tert. Vénétie. Bull. Soc. géol. de France, vol. 27, pag. 460. = 1830, —_ — — e forme varie Dr Gregorio. Founa di S. Giov. Ilarione, pag. 20 e seg., tav. I e V. 1889. _ — — Cossmann. Cat. dll. coq. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Ma- lac. de Belg., vol. 24, fasc. 4, pag. 96. 1893. —_ — — Sacco. Moll. tera. Piem. Lig., fasc. 14, pag. 21. 1894. — _ — Orpenzeni. Zoc.-Fauna des Mi. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 438. 1894. — — —? Dr GrecorIo. Foss. éoc. de Mt. Postale. Ann. de Géol. et de Pal., 14 ti pag. 11, tav. I, fig. 21. [207] G. DAINELLI 73 1895. Terebellum fusiforme Lam. Viwassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 230. 1896. —_ _ — — Idem.Id., IL, pag. 179. 1896. — propedistortum Dx GrEG. OppenarIM. Eoc.-Maun. des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, Lief. 3, 4, 2 pag. 195. i 1896. — cfr. fusiforme Law. Bonrsc®Err. Tert.-Beck. von Haskovo in Bulg. Jahrb. d. K. k. Geol, Rei- chs-Anst., pag. 382. 1896. — fusiforme — De GregorIo. Fawn. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Pal., 21, pag. 36, tav. III, fig. 5, 6. 1901. —spir Oppenzem. Priabonasch. Palaeont., Bd. 47, Lief. 4-6, pag. 211. 1901. — cfr. fusiforme Law. OrpennemM. Alttert. Paun. der dsterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Géol., Bd. 13, Heft. 4, pag. 273. x Conchiglia sottile e fragile, e, in conseguenza, di difficile conservazione; è allungata, subcilindrica, rigonfia verso il centro; più affusulata dalla parte dell’apertura che da quella opposta, la quale termina a cul di sacco e porta, poco visibili, le suture degli anfratti in numero di 4 o 5. La bocca è allungata, stretta posteriormente, assai larga dal lato opposto, dove l’ultimo anfratto si espande a formare il labbro esterno. Quanto all’andamento della spira, si possono distinguere nei nostri esemplarari alcune differenze, che si riassumono così in due casi. Nel primo: la spira nei primi due giri è assai stretta e quasi nello stesso piano, poi si va slargando, e, pur cambiando di piano per la conicità della conchiglia, si mantiene quasi orizzontale; poi si sviluppa di più prendendo una maggiore inclinazione sull’asse conchigliare, da prima leggiera, in seguito assai sentita, che porta il margine inferiore dell’ultimo giro a circa !|, della lunghezza totale della conchiglia; di lì, con una curva assai stretta, si rivolge di nuovo verso l’apice po- steriore con una appendice lunga e stretta, che si termina poi perdendosi nell’anfratto precedente, sul quale è fortemente saldata. Nel secondo caso: la spira nei primi due giri è assai stretta, poi va sempre gradatamente e regolarmente allargandosi fino all'ultimo anfratto, il cui margine inferiore non si allontana così di molto dall’apice posteriore della conchiglia. Tra gli esemplari che presentano questi due diversi tipi di andamento spirale si può riconoscere una certa differenza anche nella forma generale della con- chiglia: i primi sono più allungati in relazione al loro diametro, e, conseguentemente, più cilindrici, non presentando, a nessuna altezza, un rigonfio accentuato; i secondi, invece, hanno diametro relativamente maggiore, e forma marcatamente affusolata, avendo rapida crescenza, dall’apice posteriore, fino a circa !/, dell'altezza totale, e di qui lenta decrescenza fino all’apice opposto. Vedremo come questi due tipi possano corrispondere a due diverse forme; le dimensioni sono gene- ralmente, nei nostri esemplari, piuttosto grandi. DIMENSIONI IN INDIVIDUI DEL PRIMO TIPO Altezza totale, circa . ' ; 5 . 3 6 , È mm. 90-120-140 Diametro massimo a À 6 0 6 ò È a 6 » 23- 31- 34 DIMENSIONI IN INDIVIDUI DEL SECONDO TIPO Altezza totale, circa . i : È : - 7 : : mm. 38-80-110 Diametro massimo i: 1 s È 7 : 3 . 3 » 13-27- 33 Come si è visto, abbiamo riunito sotto l’unico nome di Zerebellum fusiforme LAMmARCK esemplari ri- spondenti per l’aspetto generale e per l’andamento della spira, a due forme diverse; i primi mostrano molta analogia con la forma che De GrEGoRrIO ha chiamata propedistortum ((S. Giov. Iar., pag. 20, tav. V, Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 10 74 G. DAINELLI [208] fig. 17, 18, 34), se non che questo nel lato posteriore è più affusolato, ed ha le suture più distanti tra loro, cioè più alta la parte visibile degli anfratti, ed in esso la curva che fa la spira per tornare indietro è assai meno stretta. I secondi presentano grande somiglianza, direi quasi identità, colla forma postco- nicum De GrEGORIO (S. Giov. Ilar., pag. 21, tav. I, fig. 18), la quale forse se ne distingue per l’estre- mità posteriore che è molto più affusolata. Altri molti esemplari, conservati imperfettamente, riferisco al tipo del Zerebellum fusiforme LAMARCK, senza però poterli avvicinare ad alcuna forma speciale, come ho fatto per quelli sopra descritti. Non abbiamo abbastanza esemplari, e nemmeno, negli indidui presenti, abbastanza elementi per ri- tenere specie diverse le due forme alquanto divergenti, che abbiamo riunite sotto un unico nome. DE GREGORIO, nella più volte citata sua opera sulla fauna di S. Giovanni Marione (pag. 20), per quanto abbia avuto a sua disposizione un abbastanza ricco materiale paleontologico, mostra le stesse incertezze, ma pure, seguendo il principio di distinguere sempre, contrario alla nostra tendenza di riunire, nota con nome speciale gli individui che presentano differenze morfologiche anche piccole. “ Le noto tutte — egli dice delle varie forme — anche quelle non ben definite, che non porgono criterii chiari per la loro de- terminazione, e che dovrebbero venir considerate come forme di transizione, piuttosto che come specie fisse. Non mi si terrà a male, spero, di aver apposto anche a queste un nome particolare, ritenendolo di somma utilità nella loro affiliazione. Però piuttosto che specie o varietà, per lasciare impregiudicata la questione, le ho dette forme ,. E nel sruppo del Zerebellum fusiforme LAMARCK distingue le seguenti: 1°, propedistortum, che corrisponde abbastanza esattamente ai nostri primi esemplari; 2°, postconicum, identico ai nostri secondi; 3°, saldatum, 4°, pectinatum, 5°, retractum, che sembrano forme di passaggio tra le due precedenti, e tra questo tipo e quello del Zeredbellum sopitum SOLANDER. Delle due forme che più ci interessano da vicino, perchè riconosciute trai fossili di Dalmazia, la prima (Terebellum propedistortum De GREGORIO) è certo meglio definita, e meglio si presta ad essere ri- conosciuta addirittura come specie a sè; e così la intende anche OrpenHEIM (Mi. Postale, pag. 195); la seconda (Terebellum postconicum DE GREGORIO) invece si avvicina tanto al tipo, che CossMmann (op. còt., pag. 96) la pone senz'altro sinonima del Zerebellum fusiforme LAMARCK. Noi, amiamo ripeterlo, non avendo abbastanza ricco materiale, le riuniamo provvisoriamente entrambe al tipo, coll’avvertenza che la prima con ogni probabilità ne va staccata; e siamo portati a ciò anche dal fatto, che è ormai quasi impossi- bile distinguere nella lunga bibliografia del Zerebellum fusiforme LAmaRcK le diverse forme, giuste o no, che vi sono state certamente confuse. De GrEGoRIO (Mt. Postale, pag. 11, tav. I, fig. 21) cita dal Monte Postale la presente specie tipica, dietro un individuo del quale dice: “ Je rapporte à cette espèce un petit exemplaire qui lui ressemble; mais je ne suis tout à fait sùr si on doive le considérer comme une variété de l’espèce précédente (Terebellum convolutum LAMARCK). ,, OPPENHEIM, in seguito a questa incertezza del DE GREGORIO, cita quel- l’individuo come appartenente al Zerebellum fusiformopse De GREGORIO (OPPENEEIM, Mt. Postale, pag. 194); non credo che ciò sia giusto: se DE GREGORIO, descrittore del Zerebellum fusiformopse, ha posto, per quanto dubbiosamente, come fusiforme LAMARCK il suo individuo di Monte Postale, vuol dire che la mas- sima parte dei caratteri visibili inducevano a questa determinazione; nè OPPENHEIM, od altri, dietro la incerta figura di quell’esemplare, può cambiare, con sicurezza, tale determinazione, per quanto dubbia. Per questo l’ho citata nella bibliografia del Zeredbellum fusiforme LAMARCK, solo aggiungendo un punto interrogativo; quanto poi alla bibliografia stessa non presumo che sia completa, trattandosi di specie comune e assai diffusa. Aggiungeremo infine che del fusiforme (non LAMARCK) di Dax, Gaas e Lesbarritz (vedi GRATELOUP, [209] G. DAINELLI 75 Bassin de l’ Adour, 1840, tav. XLIV, fig. 2, 3), per quanto non abbiamo presente la descrizione, pure dalle figure possiamo vedere le differenze (ultimo anfratto assai involgente e a margine molto convesso), che hanno indotto p’OrBIGnY (Prodr. de Pal., 1852, III, pag. 9, n.° 141) a separarlo dal tipo di LAMARCK, e farne una specie nuova, il subfusiforme. Il Terebellum fusiforme LAMARCK, colle sue varie forme, è stato citato dal Bacino di Parigi, dall’ In- ghilterra, dai Pirenei, forse dall’India; e da terreni ai nostri più prossimi, da Roncà, da Monte Postale, da Croce Grande, Ciuppo (S. Giovanni Ilarione), da Borgo in Val Sugana (?); da Haskovo; OPPENHEIM (Alttert. Faun., pag. 273) lo cita anche dal Monte Promina in Dalmazia, dove io invece non l’ho trovato (cfr. DAINELLI, Mtîoc. inf. del Mt. Prom. Palaeont. Ital., VII, 1901); lo conosco invece dalle vicinanze di Siveric. Ne posseggo esemplari dai pressi dei Ponti di Bribir, da Ostroviza e da Vàciane. Terebellum (Seraphs) sopitum SoLanprr. 1766. Bulla sopita SoLanpER in BranpeR. Foss. Hanton., tav. I, fig. 29. 1804. Terebellum convolutum Lamarcx. Ann. du Mus., vol. 6, tav. XLIV, fig. 3. 1875. — — Law. Hannren. Sdi. Bakony. Jahrb. der k. ung. geol. Anstalt., Bd. 3, Lief. 3, pag. 351. 1880. —_ sopitum BRANDER e nuove forme (in parte) De GreGoRrIO. Fauna di S. Giov. Ilar., pag. 22, VA IENE 1894. = convolutum Lam. De GreGoRrIO. Foss. coc. de Mt. Postale. Ann. de Géol. et de Paléont. 14, pag. 11, tav. I, fig. 14-20 (cum syn.). 1895. — sopitum Branper? De GreGoRrIO. Moss. de Lavacille. Ann. de Géol. et de Pal., 20, pag. 11. 1895. — — —_ Vinassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 223, 260. 1896. — convolutum Law. Dr GreEGoRIO. Faun. toc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Pal., 21, pag. 35, tav. III, fig. 4 (cum syn.). 1896. — sopitum Brann. OppenHrIM. Hoc.-Faun. des Mt. Postale. Palacont., Bd. 43, Lief. 3, 4, pag. 194 (cum syn.). 1896. — cir. — = Bonrscaerr. Tert.-Beck. von Haskovo in Bulg. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst, pag. 382. 1896. = —_ — Vinassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palacont. Ital. II, pag. 179. 1897. — - —_ — Iaem. Id., II, pag. 158. 1897. — — Son. Orpenzem. Alitert. Faun. der bsterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, pag. 272 (cum syn.). Conchiglia sottile e fragile, molto allungata, subcilindrica, affusolata alle estremità, in specie a quella posteriore, poco o punto rigonfia. La bocca è allungata, stretta posteriormente, alquanto larga sul lato opposto; la spira è molto bassa sempre, onde si limita all’estrema parte della conchiglia, ed il suo svol- gimento è regolare e graduato: le suture descrivono, per questo, una elica assai stretta. L’ultimo anfratto è del tutto involvente. DIMENSIONI Altezza Diametro massimo mm. 60 » 12 Abbiamo due soli esemplari certamente. attribuibili al Zeredellum sopitum SOLANDER; è probabile però che tale specie sia rappresentata nei nostri depositi dalmatini da molto più abbondanti individui, avendo 76 G. DAINELLI [210] noi infatti numerosissimi frammenti di Zerebellum, per i quali non possiamo argomentare nessuna deter- minazione specifica. I nostri due esemplari, come si vede dai brevi cenni che ne abbiamo dati, sono molto vicini, se non identici, alla forma chiamata da DE GrEGORIO convofusiforme (S. Giov. Iar., pag. 22, tav. V, fig. 32), dalla cui descrizione pertanto non si resta molto persuasi se appartenga al gruppo del sopitum SoLANDER piuttosto che a quello del fusiforme LAMARCK; ma essendo nei nostri esemplari ben chiaro il carattere involvente dell’ultimo anfratto, ogni dubbio sparisce. Non. avendo un abbastanza ricco materiale paleontologicò, non possiamo discutere le varie forme isti- tuite da De GreGorIO; OppeNHEIM (Mi. Pulli, pag. 438), nell'elenco che egli dà dei fossili del Vicentino, cita il Terebellum sopitum SoLANDER, aggiungendo in nota: “ Mit den Varietàten De GrEGORIO’s,, mentre poi accetta come buona specie (JM?. Postale, pag. 194) la forma fusiformopse DE GREGORIO, come già aveva fatto Cossmann (Cat. ill. des coq. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Malac. del Belg., vol. 24, 1889, fasc. 4, pag. 97); noi riteniamo in generale buone queste varie forme. Non possiamo invece seguire DE GREGORIO in ciò che dice riguardo al nome del tipo (2?. Postale, pag. 11), preferendo egli la deno- minazione di Terebellum convolutum LAMARCK a quella, certamente anteriore, di sopitum SOLANDER. Tale specie è stata citata dal Bacino di Parigi, dall’ Inghilterra, dal Belgio, Pirenei, dintorni di Nizza; nel Veneto, da Roncà, Monte Postale, Lavacille (?) nei dintorni di Bassano, S. Giovanni Ilarione (Ciuppo, la Croce Grande), da Fontanelle, Costagrande, Avesa (Veronese), da Zovencedo, da Muzzolone presso No- vale, da S. Pietro Mussolino presso Chiampo; si conosce poi dal Friuli, da Konjavac (Erzegovina), da Haskovo (Bulgaria), dal Bakony (Ungheria). Noi la possediamo dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir e da Ostroviza. Terebellum (Mauryna?) pliciferum Bavan. — Tav. II [V], fig. 6. 1870. Terebellum pliciferum Baxvan. Terr. tert. Venétie. Bull. Soc. géol. de France, t. 27, pag. 481. 1870. —_ — — Mo. tert., pag. 49, tav. VIII, fig. 1,2. 1880. Mauryna plicifera Bay. De GrEGORIO. Fauna di S. Giov. Ilarione, pag. 25, tav. I, fig. 28, tav. V, fig. 28, 31. 1880. — protoelegans Dx GreEcoRrIO. /dem., pag. 24, tav. I, fig. 25, 26, tav. V, fig. 30. 1894. Terebellum pliciferum Bay. OppenHem. Eoc. Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 488. 1895. _ — — Vinassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palacont. Ital., I, pag. 260. 1896. — — — DeGreGorIo. Faune éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Paléont., 21, pag. 36. 1902. — —_ — Marmetti. Tarcento, pag. 212. Conchiglia sottile, allungata, subcilindrica, affusolata alle due estremità, più rigonfia in prossimità della spira; questa è composta di cinque giri, non visibili, perchè l’ ultimo anfratto è completamente in- volvente; la sutura, lineare, poco marcata all'estremità posteriore, ha un andamento regolarmente spirale a passo molto stretto. L'apertura è allungata, stretta, più dilatata anteriormente; un carattere che è presente nel nostro unico esemplare, e che pure si vede, per quanto attenuato, in un individuo figurato da De GREGORIO (IS. Giovanni Ilarione, tav. I, fig. 28), si è una inflessione o concavità della conchiglia presso l'estremità anteriore di essa, e dal lato opposto al labbro esterno. La superficie è coperta di pieghe poco accentuate, regolari, fini, parallele fra loro e col labbro esterno; esse infatti, dirette, a partire dall’ estremità poste- riore, nel senso della maggiore lunghezza della conchiglia, si piegano anteriormente con una curva assai ottusa, parallela al margine anteriore del labbro esterno, giungendo a quello interno con direzione opposta a quella iniziale. [211] G. DAINELLI a DIMENSIONI Lunghezza totale . . 2 È È ; o 5 ; c o mm. 39 Diametro massimo . o c È i ò 5 ; Ù 5 3 » 12 Quanto a maggiori particolari nella ornamentazione di questa specie, vedasi De GREGORIO (S. Gio- vanni Ilarione); Vinassa però (op. cit., pag. 260) vi ha osservato una grande variabilità, quando dice: “ queste coste sono assai variabili nel numero, nelle dimensioni e anche nel loro decorso; talvolta sono fittissime, più o meno falcate; si hanno esemplari poi in cui esse svaniscono verso la base, in altri esse sono nettissime sempre. ,, Data questa variabilità, del resto facilmente riscontrabile anche negli esemplari figurati da Bavan e da DE GREGORIO, viene quasi di conseguenza la riunione, proposta da Vinassa, del Terebellum (Mauryna) protoelegans De GREGORIO. Infatti questo si distingue dalla specie di Baran, se- condo il suo descrittore, per i seguenti caratteri (De GrEGoRIO, S. Giov. Iar., pag. 24): “ La sua forma si avvicina più a quella del sopitum; si potrebbe forse considerare come una varietà di questo a facies del pliciferum. La forma è più bislunga, sembra avvicinarsi più al sopitum, mentre quella del pliciferum più al superbum. Le pieghe sono senza confronto più numerose; il labbro columellare pare sprovvisto di labbro interno (molto sviluppato nella specie di Bayan)., Come si vede dunque, data la variabilità della ornamentazione ed anche, dentro certi limiti, della forma generale, nasce il dubbio che le due specie citate possano veramente riunirsi in una sola. Quanto poi al genere Mauryna DE GREGORIO, per quanto accettato da FiscHER (Manuel dé Conch., 1887, vol. I, pag. 673), si possono fare alcune osservazioni: De GREGORIO stesso, dalle parole che ho sopra citato, mostra come sieno strettamente legati al Terebellum sopitum BRANDER, 0 per lo meno al suo gruppo, tanto il pliciferum BayAn quanto il suo protoelegans; questo fatto di per sè potrebbe indurre a farli rien- trare in quel gruppo stesso. Se non chè un altro se ne dà, che induce viepiù a ritenere probabile questa idea: unico carattere differenziale del sottogenere Mauryna è la presenza delle pieghe, le quali, per quanto non si sappia, dovrebbero corrispondere, secondo De GrEGoRIO, a differenze nei caratteri organici del- l’animale; gli altri caratteri, come si è visto, sono in gran parte comuni coi Zerebellum sensu stricto, e più che altro coi Seraphs. Però Cossmann (Cat. ill. des cog. foss. des env. de Paris. Ann. de la Soc. Roy. Malac. de Belg., vol. 14, fasc. 4, 1889, pag. 97, n.° 3, tav. III, fig. 3, 4) citando, dal Bacino di Parigi, il Terebellum fusiformopse De GREGORIO, che è appunto un Seraphs, nota che “ quelques stries très obliques sont obtusément gravées sur le dos du canal et prennent naissance à la moitié de la hauteur du bord columellaire. , Non è questo evidentemente un principio della ornamentazione che si riscontra nel Zere- bellum pliciferum BAYAN? Se così è, come credo, cadrebbe il sottogenere di Dr GREGORIO; per questa ragione, citando la presente specie, l’ho determinata come Mauryna, ma solo dubbiosamente. Il Terebellum pliciferum BAYAN è stato citato da Roncà, e da Ciuppo, la Croce Grande, Pozza, Ghi- chelina (S. Giovanni Ilarione); dal Friuli; io lo posseggo da Ostréviza. Rostellaria Crucis Bavan. 1870. Rostellaria (?) Crucis Bavan. Terr. teri. Venétie. Bull. Soc. géol. de France, vol. 27, pag. 480. 1870. — — — Moll. tert., pag. 46, tav. VIII, fig. 5, 6. 1880. Strombus (Strombularia) Crucis Bar. Dr GrEGORIO. Fauna di S. Giov. Ilarione, pag. 13, tav. VI, fig. 28. 1880. — (Gallinula) Retiae? De GreGoRIO Idem, pag. 11, tav. V, fig. 15, 16. 1894. Rostellaria Crucis Bav. OrrennEM. Eoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 438. i 1895. — — — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 259. 78 G. DAINELLI ? [212] Conchiglia allungata, stretta, acuminata; gli anfratti crescono assai in altezza, e sono piuttosto svi- luppati, convessi e rigonfi; la sutura profonda, incavata regolarmente, assai inclinata sull’asse conchigliare. Gli ornamenti consistono più che altro in coste trasverse ben nette e rilevate, rotondeggianti, evanescenti leggermente verso la sutura inferiore, in numero di circa 10 per ogni anfratto, non sempre equidistanti tra di loro, e non bene corrispondentisi da un giro all’altro. I solchi che intercedono tra esse sono abba- stanza larghi e profondi, a sezione all’incirca semicircolare; tra le coste trasverse alcune si allargano a mo’ di varici, le quali pertanto non hanno corrispondenza nei vari anfratti. Gli ornamenti longitudinali, dati da una fine striatura, non sono visibili nei nostri esemplari; se ne ha:solo qualche tenue traccia isolata. Apertura allungata e stretta; base assai convessa, solcata concentricamente; canale ben sviluppato, legger- x mente ricurvo; il labbro esterno sinuoso non è conservato. DIMENSIONI Altezza totale, circa . . . a c o ; De È . . mm. 42 Diametro massimo . , ò o ò à à 0 6 ù i dI Altezza dell'ultimo anfratto sino all’estremità del canale, circa 0 4 » 20 » della bocca . 7 È È . o È 6 ò . Ò De io Larghezza della bocca 0 o c 9 . . . 0 ò 5 » 6 Ho dalla Dalmazia vari esemplari, in verità non troppo bene conservati, i cui caratteri pertanto, che ho qui riportato, corrispondono abbastanza esattamente a quelli della specie di Bayan, sì da permetterne la riunione, VinaSssA (op. cit.,) unisce, come sinonimo, lo Strombus (Gallinula) Retiae De GREGORIO (0p. cit., pag. 11, tav. V, fig. 15, 16), del quale il suo descrittore, dopo averlo paragonato e avvicinato allo ,Str0mbus (Gallinula) canalis LamaRcK (vedi DesHAYES, Cog. foss. 1824, pag. 629, tav. LKXXIV, fig. 9-11; vedi anche De GREGORIO, 0p. cit., pag, 11, tav. V, fig. 9, 10, 12), così parla: “ il labbro esterno è nella nostra specie meno spesso, e molto più somigliante a quello di talune Rostellarie; sicchè ero tentato annetterla a quest’ ul- timo genere, ma l’analogia col canalis e la mancanza totale di rostro me ne distolsero..... È dessa benis- simo piazzata in questo posto immediatamente prima alla Strombolaria Crucis BAYAN sp.; un individuo infatti, che mi son procurato da MENEGREZZo (= MENEGUZZO?) quando già avevo fatto fisurare un altro del Museo di Palermo, mostra nella spira una grandissima analogia con quest’ ultima, e raggiunge una lunghezza di circa 50 mm., uguale a quella di questa..... La G. Retiae verrebbe così considerata come intermedia tra il canalis e la Crucis, forma di diramazione interessantissima ,. Come si vede DE GREGORIO stesso si mostra un poco indeciso sin nella determinazione generica della sua nuova specie; certo le ana- logie, che questa ha con la Zostellaria Crucis BAYAN, sono assai grandi, ma vi sono altresì delle differenze, come ad esempio la asserita mancanza di varici. Questo carattere però, credo che possa essere molto mutevole, ed aversi cioè nei diversi individui numero vario, ma sempre limitato, di coste trasverse ingrossate a mo’ di varice; credo altresì che tale ingrossamento possa avvenire per gradi, e che quindi si abbiano vere varici, o solo coste assai sviluppate. Così si potrebbe spiegare l’asserita assenza di tale carattere. In ogni modo accetto solo dubitativamente la riunione che Vinassa ha proposto nella sinonimia della Fostellaria Crucis BAYAN, senza però farla seguire da osservazioni esplicative. La specie di BayAan è assai abbondante a S. Giovanni Ilarione, e nelle sue vicinanze, Croce Grande, Ciuppo, Costagrande; i miei esemplari dalmatini provengono da Zazvic, e dalle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir. ; [213] G. DAINELLI 79 Rostellaria (?) cfr. sp. n. DAINELLI. Due soli anfratti di un individuo, discretamente conservati, si prestano male ad una determinazione anco generica; da quel che da essi si può imaginare, la conchiglia dovrebbe essere allungata e turrita, di piccole dimensioni; essi sono relativamente alti, un poco convessi, con suture ben marcate, incavate, lineari, diritte, assai inclinate sull’ asse conchigliare; gli ornamenti consistono in coste trasverse numerose (18 circa per giro), fitte, ben rilevate e delineate, talora alquanto curvilinee, separate da solchi piuttosto stretti ma relativamente profondi. Questi pochi caratteri, come ho sopra accennato, non bastano a dare un’idea sulla determinazione, nemmeno generica, della conchiglia; se non che coincidono esattamente con quelli di una ostellaria n. sp., da me riconosciuta tra i fossili di Bribir in Croazia (DE STEFANI e DAINELLI, Zerr. eoc. di Bribir in Croazia. R. Acc. dei Lincei, 1902, vol. 11, ser. 5, fasc. 4, pag. 156), sì che se i presenti frammenti dalmatini prove- nissero da quella località, non esiterei a riunirli alla nuova specie. Che possano appartenervi ugualmente non è impossibile, data l’analogia delle due faune; in ogni modo però preferisco porre dubbiosa la deter- minazione generica e suggerire il solo confronto. Tali frammenti provengono da Ostroviza. Non avendo ancora pubblicata la descrizione dei fossili di Bribir in Croazia, ne trascrivo adesso i caratteri di questa nuova ostellaria. Conchiglia allungata, turrita, dagli anfratti rapidamente crescenti in altezza e leggermente convessi; l’ultimo di essi è uguale a poco meno della metà dell’altezza totale della conchiglia. Le suture sono ben marcate, e per la convessità degli anfratti, e per la netta interruzione che gli ornamenti, quasi esclu- sivamente trasversali, presentano tra un giro e l’altro; essi infatti consistono in numerose coste trasverse (in numero di 20 in ciascheduno dei due ultimi anfratti), fitte ben rilevate e delineate, talora un poco curvilinee, corrispondentisi quasi sempre da un giro all’altro; regolarissime, esse si mantengono uguali dal primo anfratto alla bocca. L’apertura è ovale, allungata ed obliqua; presenta un callo interno a mo’ di fascia curvilinea larga poco più di 1 mm.; la quale, riunendosi in alto col margine esterno, si prolunga, verso l’apice della conchiglia, in una specie di canale superiore rilevato sulle coste, ma pianeggiante, anzi leggermente concavo al centro nel senso della sua lunghezza, e aderente alla conchiglia attraverso gli ultimi due anfratti. L’ultimo giro, dalla parte opposta alla bocca, ed in basso, è leggermente concavo e piegato all’esterno; ivi, e presso a tutta la metà inferiore del callo, mostra delle sottilissime strie con- centriche, assai nette e visibili nei solchi che separano le coste trasverse, e più deboli, talora evanescenti, sopra di queste. Non è visibile parte del labbro esterno ed il canale. DIMENSIONI IN PARTE APPROSSIMATE Altezza 5 ò ò " 5 x 5 ; È 3 A 3 : mm. 17 Diametro massimo . È ù o : 5 vi i ; 5 ì DEN Altezza dell’ ultimo anfratto 5 Ri 7 È 5 È È : 5 IICRCS La presente nuova specie si avvicina alla ostellaria fissurella LAMARCK; questa però presenta un aspetto generale più tozzo; coste trasverse assai meno numerose, meno regolari, facilmente mancanti nell'ultimo anfratto; ha quasi sempre in ogni anfratto una costa ingrossata a guisa di piccola varice; il canale superiore sviluppato quasi fino ai primi anfratti e molto rilevato. Questi caratteri differenziali sono certamente abbastanza grandi per tenere separate le due specie, quantunque presentino una grande affinità. 80 G. DAINELLI [214] Fam. Cypraeidae. Cypraea (Cyproglobina) corbuloides BeLLARDI. 1851. Cypraea corbuloides BeLLarDI. Poss. numm. Nice. Mém. Soc. géol. de France, t. 4, sér. 2, pag. 215, tav. XIII, fig. 5, 6. 1880. -— parvulorbis De Gregorio. Fauna di S. Giov. Ilarione, pag. 34, tav. I, fig. 24, 30, 34, tav. VI, fig. 6. 1882. —_ — De Gree. Niconis. Prov. di Verona, pag. 93. 1894. — pisularis — Oppenzem. Eoc.-Faun. des Mi. Pulli. Zeitschr, d. d. geol. Gesellsch., Bd. 46, pag. 421, tav. XXIX, fig. 13. 1895. — parvulorbis — Vinassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 261. 1896. — corbuloides Bet. — JIdem.tId., II, pag. 179. 1896. — parvulorbis De GreG. OppenHnIM. Colli Berici. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 48, pag. 72. 1897. —_ — _ Vinassa. Syn. Moll. terz. Alpi Ven. Palaeont. Ital., III, pag. 158, 175. 1897. — corbuloides Bel. — Idem.Id., III, pag. 158. Conchiglia piccola, leggermente ovata e piriforme, rigonfia; la spira non è visibile, essendo l’ultimo anfratto del tutto involvente. L’apertura è allungata, stretta, curvilinea, protratta inferiormente in un pic- colo canale; il labbro esterno è molto sviluppato, spesso, arrotondato, e porta da 20 a 25 denti prolun- gantisi esternamente in altrettante pieghe, spirali, prominenti, acuminate, strette, a piccola base, ma ben nette e visibili, le quali svaniscono appena giunte al margine esterno del labbro. La stessa ornamentazione osservasi sul labbro interno; del resto, tutta quanta la superficie conchigliare è adorna da tante piccole coste trasversali od assiali, ben nette sul lato posteriore, evanescenti su quello anteriore, dove s°incro-. ciano con quelle spirali del labbro interno, mentre ciò non succede sul labbro opposto. DIMENSIONI Altezza totale, circa è Ò o ; € £ È o Ò . mm, 13 Diametro massimo . i 2 ; ; È î È , . . » 8,5 Il nostro unico esemplare, per quanto mal conservato, presenta tali caratteri (come abbiamo descritto), che non si può fare a meno di riconoscerne l’identità colla Cypraea corbuloides BELLARDI ((0p. cit., pag. 215, tav. XIII, fig. 5, 6); nello stesso tempo riesce difficile separarlo dalla Cypraea parvulorbis De GREGORIO (0p. cit., pag. 34) ed in specie dalla sua varietà pisularis, alla quale si aggiunga qualche carattere della varietà pulchrina. OrpeNHEIM (Mt. Pulli, pag. 423) inclinava da principio a ritenere le quattro varietà, descritte da De GREGORIO, come aventi, ciascuna di per sè, valore di specie; e poi aggiungeva: “ Warhaft iber- raschend ist die grosse Aehnlichkeit zwischen der C. pisularis De GrEG. und der O. corbuloides Beun. Die Type BELLARDI ’s scheint sich nur durch die bedeutendere Grosse der Zihne zu unterscheiden; vielleicht wird sich hier spàter eine Identifikation zwischen beiden Arten vornehmen lassen, welche ich auf Grund des bisher vorliegenden Materials noch nicht wagen méchte ,. Certo, a chi voglia dare a ciascheduna delle varietà di De GREGORIO il valore di specie, riuscirà difficile riunire alla pisularis la corbuloides BELLARDI, la quale, per quanto molto vicina, presenta alcune poche e piccole differenze, in specie nel numero e nello sviluppo, in senso spirale, dei denti. Ma quando si ammetta, come facciamo noi, e come riconobbe in seguito anche OppeNHEIM (Colli Berici, pag. 72), che le forme descritte da De GREGORIO appartengono tutte ad uno stesso tipo, o meglio ad una stessa specie, come varietà diverse, sarà naturale conseguenza ritenere che a questa specie appartenga anche la Cypraea corbuloides BeLLARDI, che con una di quelle varietà è quasi identica. [215] G. DAINELLI 81 Ciò ritenendo, bisogna, per diritto di priorità, accettare il nome dato alla forma dei dintorni di Nizza. È strano che Vinassa, avendo citato dal Vicentino, ci pare, per il primo, la Cypraea corbuloides BELLARDI, non abbia notato le sue analogie colla parvwlorbis De GREGORIO, che egli cita talvolta dalle medesime località. Si veda, come forma vicina, la Cypraea obolus OPPENEEIM, di Priabona ( Priabonasch. Palaeont., 1901, Bd. 47, pag. 234, tav. I, fig. 8). Tale specie proviene da Roncà, Monte Pulli, S. Giovanni Ilarione, Ciuppo, Zovencedo (Vicentino); Val d’Avesa (Veronese); dintorni di Nizza. Il nostro esemplare dalmatino abbiamo raccolto nelle immediate vicinanze dei Ponti di Bribir. Cypraea (Luponia) Proserpinae Bayan. 1870. Cypraea Proserpinae Bavan. Moll. tert., pag. 57, tav. V, fig. 4. 1894. — —_ Bay, Dr GreGoRrIO. Moss. éoc. de Mt. Postale. Ann. de Géol. et de Pal., 14, pag. 14, tav. I, fig. 37 (cumsyn.). 1895. —_ —_ — Vimassa. Syn. Moll. term. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 224, 261. 1896. — — — — Iadem.1Id., II, pag. 179. 1896. _ —_ — DeGrREGORIO. Paun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Pal., 24, pag. 37, tav. III, fig. 9 (cum syn.). 1896. — — — Orponzem. Eoc.-Paun. des Mt. Postale. Palaeont., Bd. 43, pag. 195 (cum syn.). 1897. — _ — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., III, pag. 175. Conchiglia ovata, più che piriforme, rigonfia, sensibilmente più ottusa all’estremità superiore che non a quella inferiore; la spira non è visibile, essendo l’ultimo anfratto del tutto involvente. L’apertura è allun- gata, stretta, quasi diritta, ossia molto leggermente curvilinea; il labbro esterno è molto sviluppato, spesso, arrotondato, prolungandosi in basso in un corto canale, che nel nostro unico individuo non è del tutto visibile. La ornamentazione consiste unicamente nelle pieghe che ornano i due labbri; su quello esterno esse hanno un certo sviluppo nel senso della spira, mentre sono assai brevi su quello interno; esse del resto sono prominenti, acuminate, strette, a piccola base, ma nette e rilevate; sul labbro esterno se ne contano circa 25. DIMENSIONI Altezza totale, circa .. c : 6 6 o à 5 ; 5 . mm. 48 Diametro massimo : 7 5 ” . , ” SACRE Ò ù » 34 Il nostro esemplare, invero non perfettamente conservato, mostra le più grandi analogie con la varietà chiamata da De GrecorIOo normalis (S. Giov. Ilar. 1880, pag. 32, tav. VI, fig. 14), perchè rispondente alla forma sotto la quale la specie si presenta con maggior frequenza. Egli ha istituito altre tre varietà, cioè la Bayana (op. cit., pag. 31), corrispondente all’esemplare tipico descritto e figurato da BAYAN ((0p. cit., pag. 57, tav. V, fig. 4); la ariciopsis (DE GREGORIO, 0p. cit., pag. 32, tav. VI, fig. 11, 13), e la praegnans (op. cit., pag. 32; Mt. Postale, pag. 14, tav. I, fig. 37). Dal canto suo OPPENHEIM descriveva una quinta varietà, la pulliensis (-Eoc. faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., 1894, Bd. 46, pag. 418, tav. XXIX, fig. 12); ma in seguito (Mt. Postale, pag. 195) riconosceva che essa era sinonima della praegnans DE GREGORIO, ma che doveva rientrare nella specie, perdendo il valore di varietà. Questo pure è il nostro parere, come del resto anche per le altre varietà di De GREGORIO, le quali mostrano solo piccole differenze, che possono ‘essere deter- minate da una quantità di circostanze svariate. La Cypraea Proserpinae BATAN è stata citata da Roncà, Monte Pulli, Monte Postale, San Giovanni Ilarione, Ciuppo (Vicentino); Val d’Avesa e Tassine (Veronese); il nostro esemplare proviene dai pressi immediati dei Ponti di Bribir. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. po. 82 G. DAINELLI [216] Cypraea (Cypraedia) elegans Drrrance. — Tav. II [V], fig. 7. 1824. Cypraea elegans Derr. Desnaves. Env. de Paris, Il, pag. 725, tav. XCVII, fig. 3-6. 1881. — — Vasseur. Reéch. geol. terr. tert., tav. I, fig. 22-28. 1888. — _ — Cossmann. Cat. il. cog. foss. env. Paris. Ann. Soc. Malac. Belg., vol. 24, fasc. 4, pag. 106. 1894. = — — ©Orpenzem. Zoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 46, Heft 2, pag. 122, tav. XXIX, fig. 9 (cum syn.). 1895. — *—_ — Vimassa. Syn. Moll: terz. Alpi Ven. Palaeont. Ital., I, pag. 224, 261. 1896. —_ _ —_ — Jdem.1Id., II, pag. 179. 1896. —_ _ — Dr GreGorIo. io: éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et Pal., 24, pag. 38. 1896. — cfr. — — OrrenzeM. Colli Berici. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 48, pag. 72. 1897. — — — Vimassa. Syn. Moll. terx. Alpi Ven. Palaeont. Ital., IMI, pag. 174. 1901. —_ _ — Orrenzem. Priabonasch. Palaeont., Bd. 47, pag. 236. 1901. — —_ — — Alttert. Paun. der oesterr.-ung. Mon. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13. pag. 165, 273. Conchiglia ovale oblunga, leggermente piriforme, rigonfia, più ottusa all’estremità superiore che non a quella inferiore; la spira non è visibile, essendo l’ultimo anfratto completamente involvente. L'apertura è allungata, stretta, curvilinea ad ampio raggio, presentando la concavità della curva al labbro interno; quello esterno è molto sviluppato, spesso, arrotondato, e si prolunga in basso in un canale, che, nel nostro unico esemplare, non è visibile, perchè troncato alla base. Tutta quanta la superficie è adorna da due ordini di rilievi: uno è dato da coste longitudinali, o spirali che dir si voglia, assai strette, quasi fili- formi, acuminate, diritte, ma ben nette e rilevate, nelle quali si osserva facilmente una alternanza tra alcune più, ed altre meno grosse; il secondo ordine di rilievi è costituito da una serie regolare di coste trasversali, od assiali, simili alle prime, ma un poco meno pronunziate, ed assai meno fitte, sì che in ugual spazio ve ne ha circa la metà. Questi ornamenti formano su tutta la superficie conchigliare un reticolo caratteristico e regolare; le maglie di tale reticolo sono date da rettangoli allungati nel senso della spira; se non che, siccome presso ai margini cessano le coste longitudinali di seconda grandezza, le maglie diven- gono subquadrate, o, per una lieve curvatura ed inclinazione dei lati, trapezoidali. Sul labbro interno i rilievi assiali s’ attenuano, e vengono invece rinforzati quelli spirali di prima grandezza. DIMENSIONI Altezza totale, circa . o d o ò 3 c o o 0 . mm. 38 Diametro massimo . . s 5 E o o . c . ò » 25 Larghezza della bocca c c . o 0 ò ò 5 B » 4 Come si vede, il nostro esemplare dalmatino è alquanto maggiore di quelli fin qui studiati, sia del bacino di Parigi che del Vicentino; essendo però i caratteri identici, non vi può esser dubbio sulla deter- minazione. DE GREGORIO ascrive questa specie, anzichè alle Cypraediae, alle Cypraeovulae; questo errore è già stato rilevato dal Cossmann (op. còt., pag. 106). La Cypraea elegans DEFRANCE proviene da Roncà, Monte Pulli, S. Giovanni Ilarione, Monte Postale, Ciuppo, Croce Grande, Bolca (Vicentino); da Fontanafredda, Val d’Avesa, Costa grande, Scole Arzan (Vero- nese); da Possagno e S. Bovo (Priabona); dai Colli Berici; dal Friuli; da Dorogh (Ungheria); Trebistovo e Konjavac (Erzegovina); dal Bacino di Parigi, dai dintorni di Nizza, da Bois-Gouét (Bretagna); dall’Ar- menia. OppenHEIM (Alttert. Faun., pag. 273) la cita dal Monte Promina in Dalmazia; noi non ve l’abbiamo [217] G. DAINELLI 83 trovata, nè si può assicurare che i due esemplari determinati dall’autore tedesco provengano veramente da quella località o piuttosto dai suoi immediati contorni. Il nostro individuo abbiamo raccolto nei pressi immediati dei Ponti di Bribir. Fam. Cassididae. Cassis sp. Un solo individuo come modello interno, quindi non determinabile specificamente; conchiglia sub-ovale, rigonfia, non molto alta, composta di circa 6 anfratti, non tutti presenti; questi sono poco alti e lenta- mente crescenti in altezza, mentre invece aumenta relativamente presto il loro diametro. L’ultimo è assai rigonfio, ben arrotondato; l’apertura è grande, assai alta ed anche larga, limitata da un labbro esterno sub-parallelo all’ asse della conchiglia; la coda è ritorta all’ esterno ed all’indietro. Sull’ ultimo giro si vedono chiare traccie di coste trasversali, grosse, ma assai rilevate solo presso la sutura ed evanescenti in basso. DIMENSIONI Altezza totale, circa . . 5 . È x o 6 ; o STO A2I1] Diametro massimo, circa . Ù : à : 0 o È ò o » 22 Altezza dell’ultimo anfratto, circa . Ò 6 a o } o È » 20 Altezza della bocca . 6 . ; i î . ì È Y 6 Sgt Larghezza massima della bocca ; ; È » , 0 , , d LT Il modello interno che noi possediamo essendo ben conservato, abbiamo potuto dare i caratteri sopra esposti; le maggiori analogie si hanno colla Cassis Aeneae BronenIaRrT (Terr. de séd. calc.-trapp. du Vic., 1823, pag. 66, tav. III, fig. 8), ed in specie colla forma chiamata da De GREGORIO normalis (Fauna di San Giov. Ilar., 1880, pag. 44, tav. V, fig. 37). Dal Monte Promina in Dalmazia noi citavamo il Lambidium cithara BroccHI (DAINELLI, Mioc. inf. del Mt. Prom. Palaeont. Ital., VII, 1901, pag. 278, tav. XXXI, fig. 24); a proposito di questo fossile OPPENHEIM osserva: “ Ohne Làngswiilste und ohne Miindung, vollkommen unsicher, kann Harpa, Natica, und vieles Andere ebenso gut wie eine Cassìs sein ,, ( Ueber die Fauna des Mt. Promina. Centralbl. fir Miner., 1902, n.° 9, pag. 268). Riconosciamo che, trattandosi di un fossile in imperfetto stato di conservazione, sarebbe stato più prudente, anzichè una determinazione decisa, un ravvicinamento, cioè la citazione Lambidium cfr. cithara BroccHI; ma il dire che quel fossile stesso può, come una Cassîs, essere del pari una Natica, fa supporre nella critica un partite preso. Il presente fossile dalmatino proviene da Ostréviza. Sez. Rhachiglossa. Fam. Fusidae. Clavilithes sp. Un individuo assai mal conservato non permette una determinazione più esatta; esso è allungato, fusiforme, ha spira molto sviluppata; gli anfratti, in numero di almeno 8, sono assai alti e rapidamente 84 o G. DAINELLI [218] crescenti in altezza; l’ultimo poi acquista uno sviluppo assai più grande che nei precedenti, prolungan- dosi in basso in un lungo canale. Ornamenti non se ne vedono; solo gli anfratti appaiono superiormente, presso la sutura, come carenati; e l’ultimo, piuttosto rigonfio, non declina regolarmente verso il canale, ma dove questo principia, presenta come una specie di strozzamento. DIMENSIONI APPROSSIMATE Altezza totale . % G 1 3 - È 5 deg 5 5 mm. 60 Diametro massimo . i 5 È 3 ò d È ; à 5 » 20 I caratteri che il nostro individuo presenta sono sì pochi, che una determinazione specifica non è possibile; però osserveremo che esso presenta grandi analogie col Clavilithes pachirhaphe BAYAN (Moll. tert., 1870, pag. 50, tav. VI, fig. 5), descritto da Roncà, e fondato sopra tre esemplari. È curioso però che tale specie non sia, a quel che sappiamo, più stata trovata, per quanto la citino vari autori, come OPPENHEIM (-Eoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. geol. Gesellsch., 1894, Bd. 46, pag. 438), Vinassa ((Syn. Moll. tere. Alpîì Ven. Palaeont. Ital., II, 1895, pag. 181), DE GREGORIO (Faun. éoc. de Foncà. Ann. de Géol. et de Pal., 24, pag. 48); certo, essa presenta grandi analogie con altre specie vicine, come il Clavilithes None LAMARCK (DesHayEs, Env. de Paris, tav. LXXV, fig. 8, 9, 12, 13) ed il Clavilithes maximus DESHAYES (op. cît., tav. LXXI, fig. 11, 12), i quali più volte sono stati citati dal Vicentino, ed ai quali forse una opportuna re- visione dei tre esemplari di Roncà potrebbe far riunire la specie di BAyAN. Il nostro esemplare dalmatino proviene da Ostroviza. Fam. Volutidae. Voluta (Volutolyria) Bezangoni Baran. 1870. Voluta Bezanconi Baxan. Terr. tert. Venétie. Bull. Soc. géol. de France, 2.° sér., t. 27, pag. 481. 1870. — = — Moll. tert., pag. 56, tav. VI, fig. 4, 5. 1894. — —_ Bay. Oppenzemi. Hoc.-Faun. des Mt. Pulli. Zeitschr. d. d. g. Gesellsch., Bd. 46, pag. 439. 1894. — _ — Der GreEGorIo. Faun. éoc. de Roncà. Ann. de Géol. et de Pal., 24, pag. 40. 1896. — subspinosa Bronen. Vimassa. Syn. Moll. terz. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, pag. 181, tav. XXII, fig. 6, 7. 1901. — Bexanconi Bax. OppenzrmM. Priabonasch. Palaeont., Bd. 47, pag. 224, tav. XVI, fig. 4, 5. Possediamo un solo esemplare, e, di più, mal conservato, il quale pertanto permette una determinazione specifica sicura; non è ben visibile che l’ultimo anfratto nella parte opposta alla bocca, ma i caratteri, ch’esso presenta assai distintamente, non fanno dubitare della giustezza del riferimento. Presso la sutura si vede una serie longitudinale, cioè nel senso della spira, di grossi tubercoli, alquanto acuminati in alto, e che in basso si continuano in grosse coste trasverse, ben rilevate, a larga base, roton- deggianti, diritte per buona parte del loro percorso, indi ricurve all’indietro, andando infine a sparire ad una specie di carena irregolare che circoscrive il canale. La conchiglia, per quello che se ne può vedere dal nostro imperfetto esemplare, è spessa, oblunga, di abbastanza grandi dimensioni, ed ha l’aspetto di due coni uniti per la base, dei quali uno, assai grande ed alto, è dato dall’ ultimo anfratto, l’altro, assai basso ed ottuso, dalla parte visibile dei precedenti. [219] G. DAINELLI 85 DIMENSIONI APPROSSIMATE Altezza totale . 5 5 3 è 5 ; ; . ; 3 ou ira, SU Diametro massimo b È È , 7 : 5 A . ; - » 39 Altezza dell’ultimo anfratto b È è i z, i 5 È . » 47 La Voluta Bezangoni, così come la descrisse e figurò BayvAan da Roncà, è certo una forma ben speci- ficata; non può dirsi altrettanto per la Voluta subspinosa BronenIART (Terr. de séd. calc.-trapp. du Vicentin, 1823, pag. 64, tav. III, fig. 5), pure di Roncà, della quale OrpenHEIM (Mt. Pulli, pag. 410, 411) fa una mi- nuta critica, giudicandola una specie enigmatica, e per questo da non tenersi in considerazione, finchè almeno non sia opportunamente studiato di nuovo l’esemplare sul quale essa fu posta. De GREGORIO, nel- l'elenco ragionato ch'egli dà della fauna di Roncà (op. còt., pag. 41) cita anche la specie di BRONGNIART, pur non possedendola nelle sue collezioni; mentre della specie di Bayan egli dice esser molto comune in quel ben noto giacimento del Vicentino (op. cit., pag. 40). VINASSA (0p. còt., pag. 181) invece riunisce le due forme in una sola, dando, nella sinonimia, la priorità alla Voluta subspinosa BRONGNIART. OpPENHEIM infine ( Priabonasch., pag. 225) ribadisce la sua opinione sulla enigmaticità della specie di BRONGNIART, pur concedendo che la riunione proposta da Vinassa possa essere verisimile; però aggiunge: “ BRONGNIART vergleicht seine Form mit V. spinosa und crenulata, beide sind typische Volutilithes; es geniigt also ein wenig guter Wille (son queste parole di Vinassa) allein nicht, um in ihr, dieser mit Voluti- lithes zu verwechselnden Form, die einzige în den Kalken von Roncà auftretende Volutolyria wiederzuer- kennen ,. È però da osservare, che quando Bayan descrisse la Voluta Bezangoni non era peranco stato distinto il sottogenere Volutolyria (CROSSE, 1877); e quando BrowenIart pose la Voluta subspinosa, non si cono- sceva ancora nemmeno il sottogenere Volutilithes (SwAINsON, 1840); quindi si capiscono in parte i paragoni di specie appartenenti anche a generi diversi, ma per allora sconosciuti, e quindi cade, secondo il nostro parere, il nuovo argomento portato da OpPenHEM. Ciò non per tanto noi seguiamo in massima questo autore, e crediamo assai probabile che le due specie in questione possano essere sinonime, tanto più che quella di BRONGNIART non è stata più riconosciuta tra i fossili di Roncà, mentre vi è abbondante l’altra; ciò, per noi, dipende dalla impèrfetta descrizione e figura originali della Voluta subspinosa. In attesa dun- que che l'individuo tipico di BRONGNIART venga nuovamente studiato, accettiamo per ora la specie di BayAN. La Voluta Bezanconi BaraN proviene da Roncà, e da Via degli Orti e Possagno (Priabona); ZITTEL (Ob. Numm.-Form. in Ung. Sitzungsber. d. k. Akad. d. Wissensch., Bd. 46, 1863, pag. 368) e HANTKEN (Kohlenflòtze ete. Ungarns, 1878, pag. 222) citano dall’ Ungheria la Voluta subspinosa BRoNGNIART: sarebbe assai interessante sapere se si trattasse invece della ben definita specie di Bayaw. Il mio unico esemplare dalmatino proviene da Vàciane. Fam. Harpidae. Harpa sp. Un esemplare mal conservato non permette una sicura determinazione specifica; conchiglia piuttosto stretta ed allungata; spira alquanto elevata; superficie adorna di costole trasversali, cioè nel senso dell’asse della conchiglia stessa, ben rilevate, strette, acuminate, non molto distanti l’una dall’altra, certamente numerose per quanto non se ne possa supporre il numero preciso dalle poche rimaste; esse sono diritte per la massima parte del loro percorso, ma oblique sull’asse conchigliare. Gli anfratti presentano un angolo presso la sutura superiore, dando alla spira un aspetto scalariforme; il loro numero però non è visibile; x l'apertura è stretta ed allungata. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. mai 86 G. DAINELLI [220] DIMENSIONI Altezza totale, circa . 0 î : 0 o : . . c . mm. 25 Diametro massimo, circa . ? . . o o o c o c » 14 Altezza dell’ultimo anfratto, circa . ° à o o 0 . o » 18 » della bocca, circa . È . o o . c . c o dI Larghezza massima della bocca c 0 o c - 5 ò ; » 4,5 Questo individuo presenta grandi analogie colla Harpa Bellardù Sacco (Moll. terr. tere. Piem. e Lig., 7, 1890, pag. 9, tav. I, fig. 1) del Tongriano piemontese, sinonima della Harpa submutica (non D’ORBIGNY) MicarLontI (Étud. Mioc. inf. It. sept.,1861, pag. 131, tav. XIII, fig. 17); le analogie si estendono quindi anche alla Harpa elegans DesHAves ( Env. Paris, 1824, pag. 643, tav. LXX.XVI, fig. 16-18) del bacino di Parigi, dalla quale probabilmente deriva quella prima forma. Ben distinguibile invece è la arpa mutica DESHAYES. (op. cit., pag. 642, tav. LXXXVI, fig. 14, 15) che OpPENHEIM cita, con un certo dubbio, dal Monte Promina in Dalmazia, quando egli dice: “ Ein Steinkern vom Mt. Promina konnte recht gut hierher gehòren. Doch mbochte ich auf diese Bestimmung, obgleich ein genauer Vergleich mit pariser Originalexemplaren vorausging keinen Nachdruck legen, da ich einmal gegen die Bestimmungen einzelner Steinkerne selbst skeptisch bin, und ferner #hnliche Formen (Harpa submutica D’ORBIGNY) auch im siidlichen Oligocin auftreten , (Alttert. Faun. d. bsterr.-ung. Monarchie. Beitr. zur Pal. und Geol., Bd. 13, 1901, pag. 274). Il poco o punto valore di questa incerta determinazione avevamo già rilevato (DAINELLI, A propos. dî un rec. lav. del dott. PauL OppeNHEIM. Boll. della Soc. geol. ital., vol. 21, 1902, fasc. 1, pag. 179). Il nostro individuo proviene da Zazvic; forse va qui riunito un assai brutto esemplare raccolto nei pressi immediati dei Ponti di Bribir. Sez. Toxiglossa. Fam. Conidae. Conus sp. Un esemplare mal conservato, del quale restano solo pochi frammenti della conchiglia, non è deter- minabile specificamente; anche proponendo un semplice ravvicinamento si incorrerebbe con molta probabi- lità in errore. Esso ha la spira poco elevata, a guisa di cono piuttosto ottuso, ed è relativamente poco alto nel suo insieme. Ove si consideri la poca elevatezza della spira, si possono trovare analogie nel Conus semicoronatus MENEGHINI ( Vinassa, Syn. Moll. terz. Alpi Ven. Palaeont. Ital., II, 1896, pag. 182, tav. XXII, fig. 9), che pertanto ha un’altezza totale molto più grande; nell’aspetto generale non è molto lontano il Conus Orcagnae OpPENEEIM ( Priabonasch. Palaeont., 47, 1901, pag. 250, tav. XX, fig. 5). Tale individuo proviene da Ostréviza. Conus sp. Due individui mal conservati, come il precedente, sono pur essi indeterminabili specificamente; la conchiglia è assai più alta e allungata, ha piccolo sviluppo trasversale, e spira molto elevata ed appuntita; gli anfratti appaiono nella loro parte superiore come arrotondati. Si confronti il Conus alsiosus BRONGNIART (Terr. de séd. cale.-trapp. du Vic. 1823, pag. 61, tav. III, fig. 3), il quale presenta sicuramente una certa analogia. Località: Bribir. [221) INDICE ALFABETICO DEGLI AUTORI ArHANASIU. Geologische Beobichtungen in den nordmol- dauischen Ost'arpathen. Verhandl. der k. k. geolog. Reichsanst., 1899. BastEROT B. Description géologique du Bassin tertiaire du Sud-Quest de la France. Mém. Soc. Hist. Nat. de Paris, 17 janvier, 1825. Bayan F. Sur les terrains tertiaires de la Vénétie. Bull. Soc. géol. de France, tome 27, 1870. — Mollusques tertiaires. Études faites dans la collection de l’Ecole des Mines sur des fossiles nouveaux ou mal connus, 1." fasc., 1870. BnLLaRDI L. 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Pro- 162 » (Seraphs) sopitum SoLANDER + + — asi 163 » (Mauryna?) pliciferum BAYAN . _ + — 164 | Rostellaria Crucis BAYAN. + = + 165 » (?) cfr. sp. n. DAINELLI _ + — 166 | Cypraea (Cyproglobina) corbuloides BELLARDI + — — 167 » (Luponia) Proserpinae BAYAN + — — 168 » (Cypraedia) elegans DEFRANCE Din = = 169 | Cassis sp. _ + = 170 | Clavilithes sp. = St = 171 | Voluta (Volutolyria) Bezangoni BAYAN — = = Vàciane (n.) 172 | Harpa sp. + = + 173 | Conus sp. DA + sr i oa IL 2 e ALBERTO FUCINI CEFALOPODI LIASSICI DEL MONTE DI CETONA PARTE QUINTA ED ULTIMA (Tav. III-XI [XLIII-LI] e Fig. 116-131 intere.) XVII. Gen. Hildoceras (continuae.). 8. Hildoceras Bastianii n. sp. — Tav. IMI [XLIII], fig. 1; Tav. IV [XLIV], fig. 14, 15. DIMENSIONI I TI Diametro c 5 È È . * x 3 . mm. 40 mm. 33 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . i 0,38 0,37 Spessore » » » ; 5 0,20 0,20 Larghezza dell’ombelico » » o Ò 0,32 0,33 Ricoprimento della spira » » 5 È 0,09 0,06 Intitolo dal Bastiani, che fu il primo a dare alcuni cenni geologici sul Monte di Cetona, una caratte- ristica specie di Hi/doceras, che comprende due forme fra loro un poco differenti. La prima ha la conchiglia tutta concamerata, grandemente compressa, di accrescimento non tanto lento e di discreta involuzione, inquantochè i giri si ricoprono per la metà circa della loro altezza. I giri poi, quasi il doppio più alti che larghi, hanno i fianchi appiattiti ed un poco slargati verso l’esterno, in modo che il maggiore spes- sore si trova sopra la metà dell’ altezza. La loro sezione resulta quindi subquadrangolare allungata. La discesa dei fianchi verso la sutura dell’ ombelico avviene repentinamente e quindi si ha un margine circombelicale acuto; all’esterno essa si fa in modo meno repentino, sempre però rapidamente ed il margine esterno risulta strettamente arrotondato. I giri sono ornati da coste numerose, che sul contorno ombeli- cale sono larghe quanto gl’intervalli, talora riunite presso la metà dell’altezza dei giri o più internamente, e di andamento assai sinuoso, specialmente verso l'esterno, ove esse fanno un ansa assai spiccata; in generale sono un poco retroverse. Il dorso, alquanto appianato, ha una carena molto SA larga, bassa ed ottusa, avente ai lati appena rilevabili indizi di solchi. a La linea lobale (fig. 116) ha il lobo sifonale assai profondo, a lati paralleli e con ai di selletta sifonale piuttosto elevata. Il primo lobo laterale, discretamente ampio, appena : più profondo del precedente, termina in modo poco simmetrico in tre punte. Il secondo I RSEGORA a lobo laterale, assai ristretto, e i due accessori hanno circa la stessa profondità, alquanto sa al diametro di minore.di quella del lobo sifonale. Nel secondo lobo accessorio cade la sutura dell’om- TRO belico. La sella esterna, leggermente più alta che larga, è divisa in due parti alquanto disuguali da un lobo secondario assai profondo. La prima sella laterale, inclinata verso l’interno, non rag- Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 12 dd A. FUCINI [266] x giunge l’altezza della sella precedente, ma è più alta della seguente, che alla sua volta, proporzionata- mente, resulta più alta della prima accessoria. La seconda forma, che io chiamerei perplicata, è rappresentata da due esemplari (fig. 1, Tav. INI [XLIII] e fig. 15, Tav. IV [NLIV]) pressochè completi poichè hanno più della metà dell’ultimo giro occupata dalla camera di abitazione. Per i caratteri generali della conchiglia, essa corrisponde molto bene all’individuo tipico già descritto, dal quale differisce appena per l’accrescimento un poco meno rapido, che determina un ombelico più ristretto. Le differenze per le quali si distingue riguardano esclusivamente le coste. Queste sono più irregolari, più arcuate e più riunite nella parte interna dei fianchi, ma sopra tutto presentano il carattere assai notevole di suddividersi frequentemente presso il margine esterno dei giri. La linea lobale corrisponde perfettamente a quella descritta e figurata più sopra. La prima forma esaminata trova notevoli somiglianze con quella sottilmente costata dell’/d. Lavi- nianum Mex. e con la var. laevicosta dell’Hild. ambiguum; dalla prima di queste però si distingue benis- simo oltre che per il minore spessore dei giri anche per l’ accentuata curvatura delle coste sulla metà esterna dei fianchi; dalla seconda è pure differente per maggiore compressione della conchiglia, per l’accre- scimento assai più rapido, per il dorso meno spiccatamente solcato e per le coste più distintamente riunite. La seconda forma, più della prima, sembra avere una grande affinità con quella rappresentata dal QuenstEDT con la fig. 41 della Tav. 42 della sua monografia sulle ammoniti del Giura svevo, la quale, stando alla figura, sembra avere le coste riunite nella stessa maniera. La descrizione non estesa data dal QUENSTEDT stesso per quell’individuo non permette però un ulteriore avvicinamento. Il primo esemplare descritto, per la forma del dorso, rammenta 1° Hd. Bonarellù Fuc.; il secondo piut- tosto 1’ Hild. volubile Fuc. Gli ornamenti distinguono benissimo le tre specie. Uno degli individui esaminati, il primo, appartiene al Museo di Pisa ed è conservato nel calcare rosso del Lias medio; gli altri sono nel calcare grigio; il più grande è del Museo di Pisa, il più piccolo di quello di Firenze. 9. Hildoceras Lavinianum Mex. — Tav. III [XLIII], fig. 2-5, 9. 1900. Harpoceras Lavinianum Mex. in Fucini. Brevi notizie sulle Amm. ecc., pag. 3. 1900. _ _ _ — Amm. del Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 52, tav. 11, fig. 6, 7. DIMENSIONI L I TI III Diametro . c È . mm. 67 mm. 65 mm. 38 Altezza dell’ ultimo giro in onmono al Rm a 3 0,32 0,32 0, 36 Spessore » » D BLRO : 0,18 0,20? 0,25 Larghezza dell’ombelico » » BUDRIO, 0,43 0,41 0;35 Ricoprimento della spira » » c c 0, 03 0, 03 0,04 Anche nel Monte di Cetona l° Hi/d. Lavinianum Mer. si presenta con numerose varietà, in gran parte corrispondenti a quelle da me osservate nell’Appennino centrale. La forma tipica è rappresentata da parecchi esemplari, i migliori dei quali sono stati figurati per Lane vieppiù apprezzare la corrispondenza con quelli originali dell'Appennino centrale. 267 A. FUCINI 95 [267] ‘La fig. 2, Tav. III [XLIII] rappresenta un individuo appartenente al Museo di Firenze, il quale pre- senta la particolarità di avere, fino alla metà dell’ultima camera, le coste assai regolari, non mai però distintamente riunite presso l'ombelico. Solamente nella seconda metà dell’ultima camera esse divengono quasi ad un tratto molto sottili ed irregolari, ma non danno luogo a quelle depressioni caratteristiche che si osservano nell’ultima camera degli esemplari originali e che forse dipendono da antichi peristomi. Attribuisco l'individuo in esame alla forma tipica sopratutto per la indentica conformazione del dorso. La linea lobale di tale individuo (fig. 117) corrisponde, nei caratteri generali naturalmente, a quella della forma dell'Appennino centrale; si osserva però che essa ha una dentellatura un poco più fitta, il primo lobo laterale un poco più profondo e, cosa notevole, terminato in due punte sebbene in modo non molto deciso, e la sella laterale, alquanto più Do i agi stretta, caratteristicamente inclinata in dentro con l’estremità. ll L’altro esemplare della fig. 3, Tav. IMI [XLIII] può ritenersi pure completo, poichè la camera d’abitazione raggiunge metà dell’ ultimo giro. Esso corrisponde, ‘'insa lobale” Rn forse meglio del precedente, al tipo della specie, per la irregolarità delle coste, che sa al diametro di mm. & ca RIS DSS S E " 5 45, in grandezza natu- però sono più numerose e più sottili, e per la linea lobale, il cui primo lobo late- a rale termina in tre punte distinte. A questa stessa forma, intermedia tra la tipica e quella a coste numerose della var. conîungens, appartiene anche l’esemplare assai piccolo della fig. 9, Tav. II [XLIII]. Anche in questi esemplari non sono molto bene spiccate le depressioni larghe, interposte fra rilievi costali più grossolani e che si scorgono tanto bene negl’individui grandi dell'Appennino centrale. Quest’ ultimo carattere non manca però nell’Hild. Lavinianum del Monte di Cetona e di ciò fanno fede alcuni esemplari del mio materiale, i quali lo manifestano assai bene spiccato e caratteristico. Per quanto parecchi individui possano dirsi completi, avendo la camera di abitazione costituita dalla metà ed anche più dell’ultimo giro, nessuno però presenta conservato il peristoma. Manca quindi, anche al presente, la maniera per assicurarci della esattezza del peristoma di questa specie, che verosimilmente apparisce su di un esemplare dell'Appennino centrale. Il piccolo esemplare della fig. 5, Tav. IMI [XLIII], ha i primi giri lisci, poi ornati da coste sottili assai sinuose ma irregolari e quindi da coste più grossolane, più diritte, più regolari e più retroverse. L’Hild. Lavinianum MGH., con la forma tipica e con le sue varietà, si può considerare come un pre- decessore di specie conosciute del Lias superiore. Per tacere di altre, citerò l’ Wild. Saemanni OPPEL, descritto dal DumorTIER # e dal DENCKMANN 2). Questa specie per la maggior parte è fossilizzata nei calcari grigio-chiari del Lias medio, alcuni esem- plari però sono conservati anche nei calcari rossastri. Il primo individuo esaminato e figurato appartiene, insieme a molti altri, al Museo di Firenze; il secondo, pure con altri, è del Museo di Pisa; pochi esemplari sono di proprietà del Museo Civico di Mi- lano, diversi di quello di Monaco di Baviera e due, malconci, fanno parte della collezione del R. Ufficio geologico. Fic. 117. Var. brevispirata Fuc. — Tav. III IXLIII], fig. 8. 1900. Harpoceras Lavinianum var. brevispirata Fucini. Amm. del Lias medio dell’ App. centr., pag. 56, tav. 12, fig. 4. i) DumoRTIER. Depòts jurass. ecc. Lias sup., pag. 61, tav. XIII, fig. 4-6. 5 DENCKMANN. Umgegend von Dòrtnen, pag. 69, tav. III, fig. 2. 96 A. FUCINI [268] DIMENSIONI I II Diametro . ò 5 o . c o . c mm. 63 mm. 38 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 5 0,36 0,37 Spessore » » CLARE c 0,21 0,26 Larghezza dell’ ombelico » » o 0, 38 0,36 Ricoprimento della spira » » a 0,04? ? A questa varietà dell’Hld. Lavinianum Mex. si riferiscono due soli esemplari appartenenti alla vecchia collezione del Museo di Pisa. Il più grande, come si rileva bene dalle misure comparative date e dalla figura, corrisponde molto bene, per i caratteri dell’accrescimento e delle coste, alla forma dell’ Appennino centrale. Anche la linea lobale, non perfettamente rilevabile, corrisponde in tutti i suoi caratteri, non escluso quello più importante della terminazione in due punte del primo lobo laterale. Data però la grande variabilità della specie è naturale che anche fra i due esemplari esistano delle diversità. In quello del Monte di Cetona si ha il margine circombelicale meno netto e più arrotondato, minore spessore dei giri e quel che più interessa il dorso completamente sprovvisto di solchi ai lati della carena sifonale. Questo carattere è comune con la var. retroflera. Tanto nell’esemplare presente quanto in quello dell’ Appennino, l’ultima camera occupa circa la metà del giro esterno. Questa varietà si trova certamente al Medolo, giacchè nel Museo di Pisa si conserva di quella loca- lità un esemplare incompleto, identico a quello di Cetona ed ugualmente senza solchi sul dorso. Le differenze che passano tra la forma di Cetona e quella dell’Appennino tendono tutte ad avvici- nare la prima all’ Hd. Normannianum D’ORB. al quale infatti l’avrei riunita se non avessi già cono- sciuta e distinta la forma dell'Appennino dalla quale essa è inseparabile. L’Hild. Normannianum D’ ORB. deve ritenersi però un poco diverso per le coste più arcuate e più piegate in avanti, specialmente nella parte esterna dei giri, nonchè per accrescimento più lento e per ombelico più largo. Quell’ esemplare del Schafbergs citato dal GeEYER ! come nuova specie indeterminata, che io avvi- cinai alla forma in esame, non mi sembra ora del tutto corrispondente a questa varietà per le coste più rego- lari e meno sinuose nella parte interna dei giri. Io credo però che tale esemplare appartenga tuttavia all’ Harp. Lavinianum Mex. preso in senso largo, in quanto che esso sembra intermedio tra questa varietà e la seguente. All’individuo di Cetona ora esaminato sono unite due etichette. In una, di mano del MENEGHINI, sta scritto: “ A. Lavinianus Meg. Lias medio, Cetona ,; nell’altra lo ZittEL ha detto: “Konnte dies nicht oberer Lias sein?,. Ho voluto far rilevare l’esistenza di queste etichette poichè è bene notare qui come l'esemplare in esame sia veramente del Lias medio, il quale nel Monte di Cetona, mentre mal si distingue litologicamente dal Lias inferiore, è invece benissimo separabile dal Lias superiore il quale ha sempre una roccia calcarea marnosa ‘grigio-rossastra, diversa assai dalla grigia che costituisce il fossile esaminato. Var. dissimilis n. var. — Tav. III [XLIII], fig. 13, 14. DIMENSIONI I II III Diametro . 6 o o o 0 o . mm. 46 mm. 44 mm. 37 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0,39 0, 38 0,40 Spessore » » » « 0, 26 0, 27 0, 27 Larghezza dell’ombelico » i) c 0,31 0,33 0,32 Ricoprimento della spira » » ; 0,06 0,05 0,06 i) GeveR. Mittell. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 11, tav. I, fig. 18. [269] A. FUCINI 97 Riunisco sotto la stessa var. dissimilis due forme di Ammoniti assai comuni nel Lias medio del Monte di Cetona e non di grandi dimensioni. Ambedue hanno coste assai numerose, più o meno sinuose nella parte interna dei fianchi, dorso tricarinato e quindi con solchi distinti ai lati della carena sifonale, accresci- mento assai rapido, involuzione sentita ed ombelico piuttosto ristretto. Una differisce dall’ altra solamente per presentare, sul terzo interno dell’altezza del giro ed in corrispondenza della leggera sinuosità delle coste, una evidente depressione spirale che sembra però limitata alla camera d’abitazione. Sebbene la camera di abitazione in diversi individui possa ritenersi completa, occupando anche più della metà del giro ultimo, in nessuno dei miei esemplari si vede il peristoma. La linea lobale di questa varietà (fig. 118), tolta dall’ esemplare più grande figurato (Tav. IMI [XLIII], fig. 13), si riporta a quella della forma tipica; la sella esterna però viene bipartita in modo meno asim- metrico da un lobo secondario, ed è un poco più alta della seconda laterale, anzichè più bassa. Il nome dato alla varietà precedente sarebbe stato meglio appropriato a questa che ha la spira molto breve e che somiglia a quella per l’accrescimento assai rapido della conchiglia, per la forma dell’ ombelico e per l’involuzione che è ancora un poco più grande. Il dorso, avente solchi relati- vamente molto profondi ai lati dello carena sifonale, fa differire tuttavia questa varietà dalla drevispirata nonchè dal Lavinianum tipico. Questo poi ha coste più grossolane, fi a più retroverse, ombelico più largo e minore involuzione. pur ; Per la forma del dorso ja var. dissimilis è paragonabile alla var. coniungens, ma Linea lobale dell’ziza. questa ha sempre ombelico più largo, minore involuzione, coste più retroverse e non a presenta la depressione spirale in corrispondenza della piegatura delle coste stesse. E. Gesso a dia Alcuni esemplari senza la depressione spirale tanto spiccata e con coste poco sinuose FE AREE nella parte interna dei giri, si identificherebbero, per i caratteri dei fianchi, a quel- l'individuo del Schafberg ritenuto dal GEYER come nuova specie indeterminata di Harpoceras, e di’ cui già ho accennato più sopra. Anche la linea lobale concorre a rafforzare tale somiglianza. L’Ammonite del Schafberg ha però il dorso quasi sprovvisto di solchi ai lati della carena sifonale. I numerosi esemplari di questa varietà sono per la massima parte racchiusi nei calcari grigi del Lias medio, pochi in quelli rossi; appartengono tutti al Museo di Firenze, eccettuato però il più grande figurato. che è del Museo di Pisa. 5 Fic. 118. Var. retroflexa Fuc. — Tav. III [XLIII], fig. 6, 7. 1900. Harpoceras Lavinianum var. retroflera Fucini. Amm. del Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 55, tav. XII, fig. 1. DIMENSIONI Diametro . ò o 5 È 5 : . o o . o o ita, Shi Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . o È 0 0 0,39 Spessore » » » È ò : ? : 0,24 Larghezza dell’ ombelico » » o . 0 o . 0,37 Ricoprimento della spira ” » 6 o 5 o = 0, 04 L’esemplare più grande che io ascrivo a questa varietà non ha coste così caratteristiche come quelle dell'individuo dell’Appennino. Esso rappresenta una forma intermedia col Lavinianum tipico, perchè le coste sono un poco meno retroverse, sebbene punto piegate in avanti lungo il margine esterno. Il dorso, 98 A. FUCINI [270] specialmente al principio dell’ultimo giro, è privo di solchi come l’esemplare dell’ Appennino sul quale fu istituita la varietà in parola. Meglio di tale esemplare corrisponde alla forma tipica dell’ Appennino il piccolo individuo della fig. 7, tav. III [XLIII]. Degli esemplari in esame, conservati nel calcare grigio, il più grande appartiene al Museo di Fi- renze, il più piccolo al Museo di Pisa. Var. coniungens Fuc. — Tav. III [XLIII], fig. 10-12; Tav. V [XLV], fig. 11. 1900. Harpoceras Lavinianum var. coniungens Fucmi. Amm. del Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 54, tav. XII, fig. 2,3. DIMENSIONI I II III Diametro , ; . ò è 5 3 on mm. 58 mm. 52 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . 0,33 0,33 0,34 Spessore » » » ec 0,22 0,21? 0,20 Larghezza dell’ombelico » » ; 0,39 0,41 0,41 Ricoprimento della spira » » : 0,05 0, 04 0, 04 Questa varietà è rappresentata nel Monte di Cetona da numerosi individui i quali oscillano molto nei loro caratteri. Per lo più essi stanno tra le due forme, a coste più grossolane ed a coste più sottili, notate da me nell'Appennino centrale. La differenza più saliente e generale manifestata da essi consiste nell’accrescimento un poco più rapido, che, insieme ad un’ involuzione maggiore della spira, dà luogo ad un ombelico più stretto. Gli esemplari della Tav. IMI [XLIII], fig. 10, 12, rappresentano la forma a coste sottili ed assai regolari; l’altro della Tav. IMI [XLIII], fig. 11, appartiene alla forma a coste grossolane ed è notevole per la irregolarità di queste nell’ultima camera, la quale occupa un poco più della metà dell’ultimo giro. Le coste però mantengono i caratteri generali della specie. Sembrerebbe che tale individuo avesse conservata la parte inferiore del peristoma; la lunghezza dell’ ultima camera darebbe valore alla supposizione. Parrebbe che il peristoma seguisse l’andamento delle coste, presentando un'espansione in corrispondenza della piega- tura inferiore delle coste stesse. Al principio dell’ultima camera di questo esemplare si ha, nella parte esterna del giro, una costa più grossa ed assai più arcuata in avanti delle altre, la quale molto probabil- mente ripete la forma del peristoma stesso nella parte esterna e nel dorso. La linea lobale (fig. 119) si riporta quasi perfettamente a quella della forma del- SI l'Appennino centrale; solamente si può rilevare una lieve differenza nelle parti in cui ig} viene divisa la sella esterna e delle quali l’interna resulta più alta, anzichè più bassa, cui L SR dell'altra. Linea lobale dell’Z7iza. L’esemplare della fig. 10, Tav. III [XLIII], per avere le coste assai numerose, Lavinianum Men. piuttosto regolari poco retroverse e non molto sinuose anche in prossimità dell’om- Var. COMungens, pre- sa al diametro di belico, costituisce una forma di passaggio a quella dell’Appennino, forse riferibile pure mm. 38, in grandezza DS IA 9 , 5 LINE all’ Hild. Lavinianum Mer., da me riportata 1 all’ Hd. Ruthenense Revnks em. Mez. Probabilmente, come in parte già riconobbi, la forma di Bosc (Rivière) alla quale io, seguendo i concetti del MEeNEGHINI, limitai l’Hil/d. Ruthenense, è specie nuova, non molto dissimile dall’ 7774. i) Fucini. Amm. del Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 82, tav. 12, fig. 5-7. [271] A. FUCINI 99 Lavinianum. L’ Hild. Ruthenense dovrà quindi comprendere strettamente la forma illustrata dal ReynkSs, la quale, come dissi, si trova anche nel Medolo. Il recente lavoro del BertoNI sopra i fossili del Medolo mi conforta nella mia presente persuasione. All’infuori di pochi esemplari fossilizzati nel calcare rosso del Lias medio, tutti gli altri si conservano nel calcare grigio; alcuni appartengono al Museo di Pisa; molti a quello di Firenze. 10. Hildoceras intumescens Fuc. — Tav. III [XLII], fig. 15. 1900. Hildoceras intumescens Fucini. Brevi notizie sulle Amm. ecc., pag. 3. 1900. _ — — Amm. del Lias medio dell’'Appenn. centr., pag. 63, tav. XIII, fig. 3. DIMENSIONI Diametro . È o 5 . . c o . 0 . 5 o mm. 37 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 5 0 ” o 0, 40 Spessore » » » i ; È ° ; 0,28? Larghezza dell’ombelico » » o 5 È : 6 0,31 Ricoprimento della spira » » " : s 5 È 0,06 L’unico esemplare che riferisco a questa specie presenta i medesimi caratteri dell’originale per ciò che riguarda la forma dei giri e degli ornamenti; ma ne differisce leggermente per la maggiore involu- zione che dà luogo ad un ombelico un poco più stretto e per la maggiore altezza di giro. La linea lobale ha la seconda sella laterale meno larga. Questa specie, come molte altre della fauna in esame, presenta notevoli affinità con specie più re- centi. Nel Museo di Pisa si trova infatti un esemplare d’ Hd. Saemanni OpP., proveniente dalla località ben conosciuta di Milhau, il quale ha solo delle leggere differenze con quello in esame. Secondo anche la descrizione datane dall’autore ! 1’ Hild. Saemanni ha però le coste che arrivano fino alla sutura om- belicale, con piegatura interna più accentuata e meno vicina al margine circombelicale. L’Hi/d. Saemanni di Milhau presenta poi solchi dorsali più spiccati, e, non saprei se per carattere individuale, la parete dell’ombelico svasata a guisa d’imbuto. Si avvicina alla mia specie, come già feci osservare, anche 1’ Hd. Bodei DeNcKm. 2) Questo è però diverso, considerato pure allo stato giovanile e quando forse è più paragonabile all’Hi/d. intumescens, per avere i giri tanto rigonfi da essere stato paragonato all’A. Grinowi Hau.®, per le coste aventi una curvatura più larga all’esterno, e per la linea lobale molto differente. L’unico esemplare di questa specie, che ho trovato fra i fossili del Monte di Cetona, è conservato nel calcare grigio ed appartiene al Museo di Fivenze. 11. Hildoceras Targionii n. sp. — Tav. IV [XLIV], fig. 1. DIMENSIONI Diametro . . ò 0 ò ” 6 o ; o c o . mm. 43 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0 c 5 d . 0,37 Spessore » » » 6 , . i i 0,23 Larghezza dell’ombelico » 7 » o Ò : o . 0, 36 Ricoprimento della spira » » 6 N o 6 : 0, 04 1) OppaL. Juraformation, pag. 242. ù 2) DENCKMANN. Umgegend von Dòrtnen, pag. 70, tav. IV, fig. 6; tav. VI, fig. 2; tav. X, fig. 13. 3) HauR. Ceph. a. d. Lias, pag. 27, tav. VIII, fig. 4-6. 100 A. FUCINI i [272] Questa specie, oltremodo interessante per la sua evoluzione e per le relazioni che presenta con forme del Lias superiore, ha la conchiglia compressa, ad accrescimento non tanto lento ed a involuzione non molto grande, inquantochè l’ultimo giro ricopre il precedente per un terzo circa della sua altezza. I giri sono appianati sui fianchi e si deprimono più repentinamente verso la sutura dell’ombelico che non verso l’esterno, dando luogo ad un margine circombelicale assai netto e ad un margine esterno strettamente arrotondato. La sezione dei giri risulta subrettangolare, alquanto arrotondata superiormente e, per quanto meno compressa, del medesimo tipo di quella dell’ 7d. Bastianii descritto precedentemente. Il dorso, assai largo, ha una distinta carena sifonale, fiancheggiata da solchi assai spiccati, la quale sopravanza poco in elevatezza quelle che limitano il dorso stesso dai fianchi. Gli ornamenti sono oltremodo interessanti e caratteristici. I primissimi giri della spira, a un diametro approssimativo di 2 o 3 mm. hanno coste 1 sem- plici, radiali, rade, relativamente molto robuste e rilevate. Im seguito, la spira diviene liscia fino a un diametro di mm. 10, oltre il quale i giri ritornano ornati da coste, ora però molto sottili e numerose, piut- tosto irregolari, le quali si raggruppano indistintamente a 4 per volta presso il margine dell’ ombelico, producendovi dei leggeri e non ben definiti rigonfiamenti. Al principio dell’ultimo giro le coste divengono, quasi direi tutt’ a un tratto, più grossolane ed avendo sempre molta irregolarità si raggruppano in minor numero e non sempre presso il margine ombelicale. Nella camera d’abitazione, che comprende i ?/, del giro ultimo, le coste s’ingrossano ancora, divengono più strette degl’intervalli e la riunione loro presso l'ombelico succede più facilmente fra due che non fra più. Talvolta le coste rimangono semplici fra mezzo ad altre che si accoppiano; allora esse svaniscono sulla metà circa dell’altezza del giro. In quanto all’an- damento le coste sono generalmente retroverse, assai arcuate nella parte interna dei giri e molto piegate in avanti nella parte esterna. Alla fine della camera d’abitazione, che deve ritenersi completa, si trova un solco obliquo, assai. mal conservato, ma che io credo che sia da considerarsi come un indizio del peristoma. Un solco identico si trova anche al termine della camera d’abitazione dell’ Hi/d. inclitum descritto nella parte quarta del presente studio. La linea lobale (fig. 120), semplice, a dentellature piccole, ha il lobo sifonale poco ampio e quasi profondo quanto il primo laterale. Questo è assai largo e termina con cinque punte disposte in semicerchio. Il secondo lobo laterale risulta piuttosto ristretto e di un terzo circa meno profondo dei precedenti. I due lobi accessori, sul secondo dei quali cade la sutura dell’ombelico, sono piccoli e msi indistinti. Le selle decrescono gradatamente da quella esterna all’unica accessoria; SOC però la differenza fra la loro altezza non è molto grande. La sella esterna rimane sud- Linea lobale dell’Hid. divisa da un lobo secondario in parti poco disuguali, restando la parte esterna più ampia SR Ro ‘di quella interna. La prima sella laterale è larga quanto la seconda e circa quanto mid erangezze. la meta della) precedente: Ho riferito a questa specie anche un altro esemplare, non molto ben conservato, che differisce un poco da quello ora descritto per minore involuzione e quindi anche per ombelico più largo. Le sue coste si raggruppano pure indistintamente a tre ed a quattro presso l’ombelico, ma si potrebbero riconoscere diverse da quelle della forma sopra esaminata, considerate ad ugual diametro, per essere più numerose, più fitte e meno arcuate in avanti sul margine esterno. In tale esemplare non si vedono i ca- Fr. 120. ratteri dei primi giri. 1) Di queste coste, che si vedevano benissimo sul fianco sinistro dell’esemplare figurato, ne rimangono ora so- lamente alcune, essendosi guastati i primi giri nella preparazione del fianco destro. 273 A. FUCINI 101 [273] % Questa specie, che ho dedicato al TarcionI, il quale fin da molto tempo fece osservazioni geolo- giche e paleontologiche sulla Toscana, ha somiglianze notevoli con quelle del gruppo dell’ Hd. comense pe Buca ® e dell’ Hild. Bayani Dum. ? A me sembra però bene diversa da tutte per i caratteri della parte interna della spira, che in quelle specie ha sempre coste assai più grossolane. Se l’Hild. Targionti può considerarsi come un predecessore di alcune di quelle, esso ha però un origine diversa se sì deve ammettere che i giri interni ricordino i caratteri della specie originaria, capo-stipite o ancestrale che dir si voglia. Ambedue gli esemplari esaminati appartengono al Museo di Firenze; uno è fossilizzato nel calcare grigio del Lias medio ed uno nel rosso. 12. Hildoceras dubiosum n. sp. — Tav. IV [XLIV], fig. 2,3? DIMENSIONI I II Diametro 5 o . o ò ò ò c o mm. 43 mm. 35 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . o 0,37 0,43 Spessore » » » ò 5 0,25 0,24 ; Larghezza dell’ombelico » » 50th 0,33 0,25 Ricoprimento della spira ” » o 0 0,05 0,09 Sono stato dubbioso se dovessi ascrivere questa forma a nuova specie o farne una varietà dell’ 74. Targioni. Mi sono deciso per la prima idea avuto riguardo alla diversa conformazione degli ornamenti ed a molti altri caratteri differenziali. L'esemplare ha, come l’originale dell’ Hild. Targionii, i giri appia- nati sui fianchi, ma è più acutamente carenato sul contorno dell’ ombelico, sul quale il fianco sembra rialzarsi lievemente; l’altezza del giro è assai più grande, così l’involuzione, per la quale i giri si rico- prono per metà dell’ altezza; l'ombelico invece resulta più ristretto e con parete più verticale. Il dorso ha caratteri pressochè identici; così la sezione dei giri e la linea lobale, che però non si vede molto detta- gliatamente. Per la imperfetta conservazione dei giri interni non è dato seguire lo sviluppo degli orna- menti. Questi non si vedono bene. altro che nella seconda metà dell’ ultimo giro, quasi tutta occupata dalla camera di abitazione, però, più che a quelli della parte corrispondente dell’ ultimo giro nell’ 7ild. Targionii, somigliano meglio a quelli del penultimo giro. Nella specie in parola, le coste hanno una ten- denza a raggrupparsi sopra protuberanze che si trovano distribuite irregolarmente sul terzo interno dei fianchi presso l’ombelico, ma, mentre poi la loro riunione non avviene che di rado, esse quasi sempre rimangono semplici e indipendenti dalle protuberanze suddette. La piegatura delle coste, sulla metà in- terna dei fianchi, in confronto con quella che si vede nell’ esemplare di Hd. Targionii, è poi molto più accentuata, specialmente quando esse restano semplici — il che avviene di preferenza vicino all’ aper- tura — la piegatura esterna rimane invece minore. Per la sola forma delle coste, questa varietà somiglia all’ Hd. (Lilia) cirratum McA. 3), il quale forse appartiene pure al Lias medio e non al superiore come credette il MENEGHINI. L’esemplare rappresentato dalla fig. 3, Tav. IV [XLIV] è da me riunito dubbiosamente alla specie in esame poichè presenta un accrescimento meno rapido, coste meno arcuate e decisamente riunite sulla 1) De BucH. Pétrifications remarg., pag. 3, tav. II, fig. 1,3. 2 DumorTIER. Depòts jurass. ece., Lias sup., pag. 69, tav. 16, fig. 7-9. 3) MENEGHINI. Nuove Ammon. ecc., pag. 10, tav. XXI, fig. 2. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 13 102 - A. FUCINI [274] metà interna dei fianchi e presso l’ombelico, nonchè una minore piegatura delle coste stesse. Io non ho voluto però trascurarlo completamente, poichè esso, avvicinandosi per alcuni caratteri a varie forme del- l’Hild. Lavinianum McoA., dimostra una certa parentela tra la specie meneghiniana e quella ora descritta. Gli esemplari esaminati sono racchiusi nel calcare grigio del Lias medio; il primo appartiene al Museo di Firenze, il secondo al Museo di Pisa. Hildoceras Bonarellii Fuc. — Tav. IV [XLIV], fig. 4, 5. 1900. Grammoceras Bonarellii Fuori. Amm. del Lias medio dell’ Appen. centr., pag. 45, tav. X, fig. 4, 5. DIMENSIONI Diametro . 0 c 0 SHIN VCO . o È c 0 0 o mm. 49 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro —. - . 0 ò o 0, 38 Spessore » » » ò 6 : - 3 0,22 Larghezza dell’ ombelico » » 5 3 , 5 È 0,36 Ricoprimento della spira » » è . o . n 0, 06 Istituendo questa specie feci osservare come essa comprendesse due forme leggermente distinte frà loro, una con coste più grossolane e meno numerose dell’altra. Tali forme si trovano anche nel Monte di Cetona, rappresentate ciascuna da individui rispettivamente in peggiori condizioni di conservazione di quelli appenninici. Per questo niente posso aggiungere alla conoscenza della specie, solo farò osservare come la forma a coste meno numerose del Monte di Cetona anzichè essere un poco più involuta dell’altra, come avviene nell'Appennino, lo è un poco meno. L’Hild. Bonarelliù somiglia moltissimo all’Hild. chrisanthemum recentemente trovato dal Jogoyama nella formazione di Nagato nel Giappone, la quale ha grandi analogie con il Domeriano d’Italia. Per un esatto confronto tra le due specie ci manca però l’esatta conoscenza, per quella del Jokoyama, della forma del dorso e della sezione dei giri. I due esemplari esaminati sono conservati nel calcare grigio del Lias medio; uno appartiene al Museo di Firenze ed uno al Museo di Pisa. 14. Hildoceras cornacaldense? Tausca. — Tav. IV [XLIV], fig. 6-8. 1890. Harpoceras cornacaldense Tausca. Grauen-Kalke, pag. 36, tav. 1, fig. 1. 21900. Hildoceras cornacaldense Bettoni. Foss. domeriani di Brescia, pag. 62, tav. 5, fig. 20, (pars) non fig. 21, non tav. 6, fig. 1. 21900. Harpoceras Stoppanii DeL Campana. Cefal. del Medolo, pag. 197, tav. 7, fig. 55. DIMENSIONI I II III Diametro . ò o o o 7 6 . mm. 40 mm. 38 mm. 37 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,37 0,39 0,37 Spessore » » » 0,22 0,25 0,23 Larghezza dell’ombelico » » 0, 40 0,34 0,37 Ricoprimento della spira » » 0,05 0,06 0,04 i) Jorovama. Jwurass.-Amm. fr. Echizen a. Nagato, pag. 11, tav. 2, fig. 1-4. [275] A. FUCINI 103 Ritengo con dubbio che debbano rapportarsi a questa specie alcuni esemplari non tanto grandi, i quali hanno la conchiglia molto discoidale, compressa, di accrescimento non molto rapido e di involuzione poco sentita. I giri assai più alti che larghi, aventi sezione subovale allungata, sono appianati sui fianchi e scendono più rapidamente all’ombelico che non verso il dorso. Questo resulta ben poco largo, ma spic- catamente provvisto di solchi ai lati della carena sifonale e diviso dai fianchi mercè altre distinte carene marginali. Gli ornamenti consistono in coste, che nell’interno della spira sono meno numerose, più gros- solane e più piegate ad ansa sul terzo interno dei fianchi che non nell’ultimo giro. Qui esse si presentano assai sottili, un poco più strette degli intervalli, non molto piegate sul terzo interno dei fianchi, ove sem- brano talvolta riunite, leggermente retroverse ed evanescenti assai rapidamente sul margine esterno presso il quale si piegano un poco in avanti. Î La linea lobale (fig. 121) corrisponde a quella che si vede disegnata sopra la figura rappresentante l’originale del TAuscH. Il lobo sifonale è ristretto, non molto profondo, nè molto inciso. Il primo lobo laterale invece è profondo, non però molto ampio, ma inciso assai profon- damente, presentando inoltre lunghe punte terminali. Il secondo laterale, assai meno ai oT profondo del lobo sifonale, termina con tre punte e non ha certo una grande larghezza. ai I due successivi lobi accessori sono piccolissimi e poco profondi. La sella esterna, assai Fis. 121. Linea lobale dell’ Hild. cornacaldense? TAU- alta ed ampia, presentasi suddivisa da un lobo secondario non tanto profondo, in modo scH presa al dia- Da SARI Sa metro di mm. 33, in tale che la parte esterna resulta un poco più larga delia interna e questa un poco più Carezze siaso, alta di quella. La prima sella laterale, svelta e ristretta, ha presso a poco la stessa altezza della precedente, ma è alquanto più alta della seconda laterale. Le due selle accessorie sono piccole, basse e molto semplici; la seconda, non riprodotta nella figura, riceve la sutura dell’ombelico. L’esemplare della fig. 18, Tav. IV [XLIV], presenta, in rapporto agli altri esaminati, una leggera differenza, per l’ accrescimento più rapido e quindi per l’ombelico più ristretto e per l’involuzione mag- giore, nonchè per spessore più grande dei giri e per il numero più considerevole di coste nell'interno della spira. Per quest’ ultimo carattere tale esemplare si avvicina a quello del Medolo descritto dal BeTTONI e da lui rappresentato con la fig. 20 della tav. V che io non sono però del tutto certo che appartenga a questa specie. Gli altri esemplari figurati dal BettoNI col nome di Hd. cornacaldense TAuscH mi sembrano assai differenti dal tipo della specie, per avere coste meno numerose, più grossolane, maggiormente ripiegate sul terzo interno dei giri e forse più rapidamente evanescenti verso il dorso, nonchè per l’ accrescimento alquanto più rapido. Tali esemplari, in special modo quello del Castello di Brescia, appartengono, secondo il mio parere, all’ Hd. Bicicolae che il BonarELLI ! istituì come var. dell’ Hi/d. cornacaldense TauscH, ma che può anche credersi distinto specificamente. L’esemplare figurato dal Der CAMPANA come Harp. Stoppanti n. sp. è molto vicino a quello della fig. 20 del BertoNI più sopra esaminato, però meutre il suo autore lo ritiene simile a l’altro rappresentato come A. Boscense dal MenEGHINI fra i fossili del Medolo con la fig. 18 della Tav. 2 (= mut. medolense Bert.), ne differisce tuttavia per accrescimento meno rapido e per coste più numerose e più sottili. La specie in esame trova notevoli affinità con altre della fauna in discussione e specialmente con l'Hild. ambiguum Fuc. e con la forma a coste sottili dell’ Hild. Lavinianum MH. var. coniungens. In queste però si hanno sempre coste più retroverse, ora meno arcuate verso il margine esterno, ora più 1) BONARELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 339. 104 A. FUCINI [276] riunite nella metà interna dei fianchi, giri più spessi, accrescimento meno rapido e differenti linee dei lobi. In ogni modo è da avvertirsi che fra tali specie si interpongono esemplari spiccatamente intermedi. I cinque individui esaminati sono conservati nel calcare grigio del Lias medio; uno appartiene al Mu- seo di Pisa e quattro a quello di Firenze. 15. Hildoceras Pantanellii Fuc. — Tav. IV [XLIV], fig. 9, 10. 1900. Harpoceras Pantanellii Fuomi. Brevi notizie sulle Amm. ecc., pag. 2. 1900. — _ — Amm. del Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 27, tav. VII, fig. 7. DIMENSIONI I II III Diametro . i ui 5 Ò b 1 . mm. 105 mm. 70 mm. 63 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 0,35 0,37 0,36 Spessore » » » 5 0,18 0,17 0,16 Larghezza dell’ ombelico » » 5 0,37 0,34 0,95 Ricoprimento della spira » » n 0,07 0,05 Questa specie si trova rappresentata nel Monte di Cetona, oltre che da una forma quasi identica a quella dell'Appennino centrale, anche da una varietà assai spiccata. Gli esemplari meglio corrispondenti al tipo non sono molto ben conservati; il migliore è quello della fig. 9, Tav. IV [XLIV], che appartiene al Museo di Pisa e che è concamerato fino ai due terzi dell’ ultimo giro. Per la larghezza dell’ombelico, per il margine circombellicale angoloso e netto, per la notevole invo- luzione, per le ornamentazioni e per ogni altro carattere, corrisponde a quello dell'Appennino; meglio però che in quest’ultimo si vedono i caratteri della regione dorsale e della linea dei lobi. La regione dor- sale ha sviluppo notevole, ed è forse più distintamente munita, ai lati della ben spiccata carena sifonale e nell’ultima camera, di solchi assai larghi, sebbene non tanto profondi; la linea lobale sembra diversi- ficare un poco per la minore larghezza del primo lobo laterale, terminato distintamente in due punte assai grossolane ed un poco asimmetriche, nonchè per l’altezza della prima sella che supera quella dell’esterna, anzichè essere inferiore. Un individuo, meno caratteristico, fa parte delle collezioni del Museo di Monaco. Appartiene pure a questa specie un esemplare teratologico (Tav. IV [XLIV], fig. 10) il quale ha la conchiglia asimmetrica per lo spostamento della carena sifonale e dei solchi dorsali verso il fianco destro. La linea mediana del dorso è occupata da quella carena che normalmente avrebbe dovuto separare la regione dorsale dal fianco sinistro. L’ esemplare in parola appartiene al Museo di Pisa. Oltre quelli ricordati, ho esaminato anche altri esemplari in peggiore stato di conservazione. Tutti sono conservati nel calcare grigio del Lias medio. Var. serrata n. var. — Tav. IV [XLIV], fig. 11. Ammonites italicus MENEGHINI, dn schaedis. 1851. _ Murchisonae (non Sow.) MenEeGHINI. Considerazioni, pag. 393 (pars). 277] A. FUCINI 105 DIMENSIONI I II III Diametro . È 5 . mm. 65 mm. 56 mm. 38 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al dilicna Ò 0,41 0, 40 0,42 Spessore » » » Ò 0,20 0,21 0,21 Larghezza dell’ ombelico » » 5 0, 26 0,29 0,28 Ricoprimento della spira » » i 0,10 0,09 0,10 Le conchiglie riunite in questa varietà sono tanto simili per l’ Rabitus generale, in causa specialmente degii identici ornamenti, a quelle della specie sopra descritta, che io non ho creduto di separarle spe- cificamente per quanto la notevole strettezza dell’ ombelico, l’involuzione più grande e la diversa linea lobale potessero giustificare la divisione. La linea lobale di questa forma (fig. 122), presenta nell’insieme una maggiore frastagliatura ed una minore larghezza di tutti i lobi di quella dell’H#Wd. Pantanelliù tipico. Inoltre la sella esterna è suddivisa in modo che la prima parte di essa risulta più bassa di e più larga della seconda, e non solo è sorpassata in altezza dalla prima sella Lo E Sisti laterale, ma è quasi raggiunta anche dalle accessorie. Il numero di queste, poi, = RO è maggiore di una, come di uno è maggiore il numero dei lobi accessori. Licca I6bAle dell'Hsla. Pan: L'andamento speciale delle coste, alcune delle quali ingrossate ad intervalli, tanellii Evo. var. serrata, l'ombelico ristretto e con margini acuti, ed anche la forma del dorso, avevano De PRI fatto credere al MenEGHINI che queste conchiglie appartenessero all’ Amm. Mur- chisonae Sow. L'etichetta con questo nome e con la nota della citazione fattane, scritta di mano del MENEGHINI, giustifica la mia sinonimia. Un'altra parte dell’ Amm. Murchisonae Mer. di Cetona, riguarda l’ Harp. Curionii McH. Questa forma si trova anche ad Erba in Lombardia, d’onde proviene un esemplare conservato nel Museo pisano e determinato dal MenEGHINI per A. Aalensis PHIL. Il nome di italica, proposto per questa forma di Ammonite dal MEeNEGHINI e scritto da lui nell’eti- chetta dell'esemplare più piccolo, che venne ritenuto quindi da lui ragionevolmente una forma nuova, è stato da me adoperato e pubblicato per una varietà del Harp. celebratum, perciò non ho potuto ora mantenerlo. Gli individui esaminati sono sei, dei quali uno è conservato nel calcare rosso del Lias medio e cinque nel grigio; tre appartengono al Museo di Pisa e tre a quello di Firenze. 16. Hildoceras pectinatum Mex. — Tav. IV [XLIV], fig. 12. 1867-81. A. (Harpoceras) pectinatus MeneGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 6, tav. I, fig. 1-3. 1884. Harp. (Arietic.) pectinatum Secuenza. Le roccie del Messinese, pag. 68. 1885. Harpoceras pectinatum. Genmennaro. Sopra taluni Harp. del Lias sup. dei dint. di Taormina, pag. 10. 1891. Harp. (Gramm.) pectinatum Di Srerano e Correse. Guida geol. dei dint. di Taormina, pag. 224. 1895. Harpoceras? pectinatum BonarELLI. Foss. domeriani della Brianza, pag. 21. 21900. Harpoceras cfr. pectinatum Fucini. Brevi notizie sulle Amm. ecc., pag. 2. 1900. — —_ _ Fucmi. Amm. del Lias medio dell’ Appenn. centr. pag. 21, tav. VIII, fig. 2 (cum syn.). 1900. Hildoceras? pectinatum Bertoni. Foss. domeriani di Brescia, pag. 63, tav. VI, fig. 2; tav. VIII, fig. 6 (pars), non tav. VI, fig. 3; non tav. VIII, fig. 5, 7, 8,9; non tav. IX, mig To non 1900. Harpoceras pectinatum DeL Campana. Cefal. del Medolo, pag. 616, tav. VIII, fig. 19, 20. 106. i A. FUCINI [278] DIMENSIONI I Il Diametro . c o site c > o o mm. 50 mm. 49 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro c 0,39 0,40 Spessore » » » ; 0,21 0,33 Larghezza dell’ ombelico » » ; 0, 33 0,31 Ricoprimento della spira » » È ? in Riferisco a questa specie, non senza qualche incertezza, due esemplari, uno appartenente al Museo di Pisa e l’altro al R. Ufficio geologico. Il primo, in migliori condizioni di conservazione, è meno caratterisco del secondo, il quale corrisponde assai bene alla forma rappresentata dal MENEGHINI con le fig. 1 e 3. Esso differisce dal secondo ora nominato, e più ancora da quelli tipici del Medolo, per le coste meno proverse, per il dorso più stretto e con solchi ai lati della carena meno spiccati, e peri fianchi meno nettamente se- parati dal dorso da carene marginali; in una parola, per essere sopra tutto meno distintamente tricarinato. Questa ultima forma riunisce 1’ Hild. pectinatum all’ Hild. Normannianum D’ORB. var. plicatella e al- l’Harp. celebratum Fuco.; l’altra più tipica invece è molto vicina all’ Hild. Boscense Revn. Ambedue ricordano anche 1’ Hi/d. Bonarellii Fuco. L’esemplare del Museo pisano si accosta alla varietà plicatella dell’Hild. Normannianum per le coste assai arcuate in avanti nella parte esterna dei giri, ove svaniscono molto lentamente, e per il dorso acuto, quasi sprovvisto di solchi in corrispondenza della camera di abitazione. Per le stesse ragioni esso si avvicina all’ Harp. celebratun Fuc., ma questo ha coste più sinuose e più grossolane. L’esemplare appartenente al R. Ufficio geologico, ha una grande somiglianza con 1’ Hd. Boscense REYN., venendo a dare una certa ragione all’ Haue ! ed al GryER ?) i quali ritengono questa specie una varietà di quella. Io credo però che 1’ Hild. pectinatum MaHA. possa riguardarsi diverso anche specificamente, sia per la sottigliezza ed il numero molto maggiore delle coste che ornano i fianchi dei giri, sia per la maggiore compressione della conchiglia, sia, infine, per le differenze nella linea lobale. L’'Hild. pectinatum somiglia un poco all’Hid. Bonarellii per la forma dei giri, delle coste e del dorso; ma i primi sono meno quadrangolari, le coste assai più numerose e meno arcuate in avanti sulla parte esterna dei fianchi, ove sono troncate più repentinamente sul margine dorsale, e il dorso è meno largo e con solchi più profondi. A L’Ammonite del Furlo da me confrontato a questa specie, più che alla forma tipica, corrisponde meglio a quella rappresentata dal MENEGBINI con la fig. 2, la quale ha il dorso più arrotondato e meno distin- tamente individualizzato dai fianchi mercè carene marginali. Fra i due esemplari che ho in esame, pro- venienti dal Monte di Cetona, quello del Museo di Pisa si accosta più dell’altro a questa seconda forma. Come riconosce in parte anche il BertoNI 3), nessun esemplare da lui figurato col nome della specie in discussione vi corrisponde completamente. Gl’individui che meglio vi si accostano, per avere coste numerose e sottili, sarebbero quelli rappresentati con la fig. 2 della Tav. VI e fig. 6 della Tav. 8, per quanto essi sembrino avere i fianchi troppo convessi e le coste troppo sinuose e proverse all’ esterno dei giri. Parrebbe quasi che tali individui dovessero rapportarsi all’Harp. Curionti Mer. od alla varietà Zitteliana dell'Hild. Portisi Fuc. Sembrerebbero poi riferibili al Gramm. pseudo-falculatum gli esem- plari di Hi/d. pectinatum figurati dal BertoNI nella Tav. VIII, con le fig. 5,8 i quali hanno coste gros- i) Hauc. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 626. 2) Grvar. Mittell. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 1. 3) Borroni. oss. domeriani di Brescia, pag. 63, tav. VI, fig. 2; tav. VIII, fig. 5-9; tav. IX, fig. 7. [279] A. FUCINI 107 solane e poco numerose. Invece crederei riferibili all’Hild. cornacaldense i piccoli esemplari rappresentati nella stessa Tav. 8 con le fig. 7, 9. L'individuo rappresentato dal BeTTONI con la fig. 7 della Tav. IX, è molto vicino all’altro della fig. 6 della stessa tavola che l’autore riferisce all’ 74. Boscense e che io propenderei ad nnire come varietà all’Hd. Normannianum p’OrB. Non essendo manifesta in tutti la figura del dorso, ci manca però uno dei criteri più certi per un sicuro riferimento. L’esemplare del Medolo riferito dal DeL CAMPANA a questa specie è certo differente per le coste poco numerose, molto grossolane ed assai arcuate e piegate in avanti sull’esterno dei giri. 17. Hildoceras Boscense Reyn. — Tav. IV [XLIV], fig. 13. 1868. Ammonites Boscensis RevnÈs. Geol. et pal. aveyronn., pag. 94, tav. III, fig. 2. 1900. Harpoceras Boscense Fucini. Brevi notizie sulle Amm. ecc., pag. 2. 1900. - —_ — _. Ammon. del Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 17, tav. VII, fig. 1 (cum syn.). 1900. Hildoceras? boscense Bertoni. Foss. domeriani di Brescia, pag. 61, tav. V, fig. 18, 19 (pars), non tav. IX, fig. 6. 1900. Zarpoceras — DeL Campana. Cefalop. del Medolo, pag. 599, tav. VIII, fig. 1 (pars), non tav. VII, fig. 56. DIMENSIONI Diametro . c - 5 . . o 0 o o o . . mm. 50 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro - . o x o 0,32 Spessore » » » ; 0 È È ; 0,23 Larghezza dell’ombelico » » 5 . o 0 o 0,42 Ricoprimento della spira » » . ; è ò ò 0,05 Appartengono a questa specie pochi esemplari e per la maggior parte non così ben conservati da poter essere misurati con esattezza; in ogni modo però presentano assai ben distinti quei caratteri particolari della specie, che io ho cercato di rilevare, con la miglior possibile precisione, nel mio lavoro sulle Am- moniti del Lias medio dell'Appennino centrale. L’esemplare che figuro e dal quale sono tratte le misure date è il più interessante di tutti, per il fatto che si scosta leggermente dalla forma tipica del Reynks, della quale potrebbe riguardarsi come var. evoluta. Esso corrisponde assai bene a quell’esemplare del Medolo descritto dal MENEGHINI ! come una seconda forma dell’A. Boscensis e si distingue sopratutto per l'accrescimento meno rapido e per le coste più grossolane e più rilevate. Ho escluso dalla sinonimia di questa specie l’esemplare di Botticino riferitovi dal BETTONI, poichè mi sembra che esso, nell’accrescimento più lento e nella forma degli ornamenti, corrisponda meglio all’ Hd. Normannianum D’ORB. Mancando però la figura del dorso di quell’esemplare, non è possibile darne un giudizio sicuro. Egualmente ritengo non riferibile a questa specie 1’ esemplare frammentario del Medolo che vi fu riportato dal DeL CAMPANA e da questi rappresentato con la fig. 56 del lavoro citato in sinonimia. Tale esem- plare differisce dall’ Hd. Boscense tipico per avere le coste più sinuose sull’esterno dei giri ove scompari- scono meno rapidamente, facendo una lunga coda evanescente in avanti. 1) MpNEGHINI. Foss. du Medolo, pag. 12, tav. I, fig. 7. 108 A. FUCINI [280] Due dei tre esemplari esaminati appartengono al Museo di Pisa; uno è conservato in un calcare rosso zonato del Lias medio, un altro nel calcare grigio; il terzo, figurato, è nel calcare grigio ed appartiene al Museo di Monaco di Baviera. 18. Hildoceras Normannianum D’ Or. — Tav. V [XLV], fig. 1-5. . 1844. Ammonites Normannianum D’ Orsieny. Pal. frang., Terr. Jurass., t. T, pag. 291, tav. 88. 1890. Grammoceras — Fucini. Brevi notizie sulle Amm. ecc., pag. 2. 1900. — —_ — Amnm. del Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 28, tav. VII, fig. 9 (cum syn.). DIMENSIONI x I TI TII Diametro c " o : ; : } 5 o Tan, 70 mm. 62 mm. 65 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . o 0,33 0,34 0,34 Spessore » » » c c 0,17 0,17 0, 18 Larghezza dell’ ombelico » » 5 . 0,41 0, 40 0,40 Ricoprimento della spira ” » - ; 0,04 0, 04 0,04 Questa specie, assai frequente nel Monte di Cetona, si presenta con forme assai variate, alcune delle quali corrispondenti a quelle dell’Appennino. Nessun esemplare però è veramente tipico come quello della Porcarella nell'Appennino centrale; la maggior parte costituiscono dei termini di passaggio alla var. costicillata. La fig. 2, Tav. V [XLV], è di un esemplare del Museo di Firenze, il quale corrisponde meglio di ogni altro all’ originale orbignyano, di cui ho potuto esaminare un buon modello. La linea lobale soltanto ne differisce un poco per la minore altezza della seconda sella laterale e della prima accessoria. Anche l'esemplare rappresentato con la fig. 1, Tav. V [XLV], corrisponde discretamente alla forma originale. Il bell’individuo della fig. 3, Tav. V [XLV], appartenente al Museo di Monaco, in confronto coll’ori- ginale del D’ OrBIGNY e con la forma tipica dell’Appennino, ha le coste un poco più numerose nella parte concamerata della spira, più rade e più grossolane in corrispondenza della camera di abitazione, la quale comprende la metà dell’ ultimo giro, e tutte un poco meno flessuose. La linea lobale (fig. 123) dell’esemplare in esame, corrisponde a quella della Rue forma quasi tipica, per la prima esaminata, ed a quella dell’individuo tipico dell’Ap- n 30) ga pennino centrale ed è come quelle un poco diversa dalla originale del D’ ORBIGNY per E i ea avere la seconda sella laterale e la prima accessoria un poco più basse. Linea lobale dell’ Hd. L’esemplare rappresentato dalla fig. 4, Tav. V [XLV], appartenente al Museo Normannianum D’ORB., : presa al diametro di di Pisa, corrisponde assai bene a quello di Monaco, ora esaminato, per ogni carattere Pa in grandezza della conchiglia. Deve però osservarsi che esso ha la superficie alquanto corrosa. Rappresento per ultimo con la fig. 5, Tav. V [XILV], un esemplare non molto grande che credo costituire un termine di passaggio all’ Hild. Pantanelliiù Fuc. Esso è notevole per l’irre- golarità delle coste, le quali hanno una curvatura assai repentina presso il margine esterno dei giri, e per i solchi assai spiccati ai lati della carena sifonale. Probabilmente tale esemplare è completo, avendo la camera di abitazione estesa per una metà dell’ultimo giro e presentando al termine della spira traccie di peristoma. [281] A. FUCINI 109 L’ultimo esemplare esaminato appartiene al Museo di Pisa ed è conservato come tutti gli altri nel calcare grigio del Lias medio. Altri individui in peggiore stato di conservazione appartengono tanto al Museo di Pisa quanto a quello di Firenze. Var. costicillata Fuc. — Tav. V[XLV], fig. 6-9. 1900. Harpoceras Normannianum D’ORB. var. costicillata Fuori. Brevi notizie sulle Amm. ecc., pag. 2. 1900. Grammoceras — — — _ Fuomi. Amm. del Lias medio dell’ Appena centr., pag. 29, tav. VII, fig. 10; tav. VIII, f. 1-3 (cum syn.). DIMENSIONI I II III IV Vv VI Diametro . È pi TO mm. 63 mm. 48 mm. 51 mm. 43 mm. 35 Altezza dell'ultimo giro in Csppono al Gia melito 0,40 0,33 0,34 0, 40 0,37 0, 38 Spessore » » » 0,15 0, 18 0,18 ? 0,30? 0,24 Larghezza dell’ombelico » » 0,30 0, 42 0, 40 0,31 0,37 0,35 Ricoprimento della spira » » ? 0,03 0,03 0,06 ? 0, 04 0,05 Riunisco in questa varietà alcuni esemplari che diversificano un poco tra loro, come si vede dalle varie misure e che presentano delle affinità più o meno importanti con altre specie, acquistando perciò un valore scientifico non trascurabile. Nessuno di essi corrisponde perfettamente a quelli originali dell’ Appennino, specialmente per l’ac- crescimento un poco più rapido e per l’ultima parte della spira non ornata di strie e non fornita 0 quasi di coste. Gli esemplari più prossimi a quelli dell’Appennino sono rappresentati dalle fig. 6, 7, Tav. V [XLV]; appartengono al Museo di Firenze e sono notevoli per la spiccata sinuosità delle coste sulla parte esterna del giro. L'individuo della fig. 8, Tav. V [XLV], di proprietà del Museo di Pisa, potrebbe non riferirsi a questa varietà, poichè, mentre per le coste assai numerose e minute si avvicina alla forma detracta, per la irregolarità delle coste stesse e per la forma del dorso è invece prossimo all’esemplare della Rocchetta che io'distinsi col nome di var. semilaevis. In ogni modo essendo giovanile, per quanto completo, non può presentare caratteri ben definiti. Tale esemplare ha i due terzi dell’ultimo giro appartenenti alla camera di abitazione, la quale sembra terminata indistintamente da un peristoma, che ripete l'andamento delle coste. Esso si avvicina all’ Ad. volubile Fuc. sopra tutto per le ornamentazioni retroverse e assai diritte sui fianchi, ma è differente per l’ombelico più largo, senza il margine tanto acuto e per il dorso più arrotondato e non separato dai fianchi da verun margine angoloso. Vicinissimo all’esemplare ora esaminato se ne presenta anche uno del Museo di Firenze, assai grande ma non benissimo conservato, il quale ha le coste più regolari, più flessuose e più strette rispetto agl’in- tervalli. Esso, mentre somiglia un poco anche all’ Hd. Isselì Fuc., ricorda pure grandemente quel frammento di Ammonite del Schafberg, rappresentato dal GevER * con la fig. 11 della tav. I e che probabilmente è da riguardarsi come una forma del variabilissimo Hd. Normannianum D’ORB. Le coste nel mio individuo sono però più numerose e più minute. 1) GrveR. Mittell. Ceph. des Hinter-Schafberges, pag. 8. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 14 110 A. FUCINI [282] Per la spiccata sinuosità delle coste e per la loro notevole regolarità, la forma in esame si avvicina all’Harp. celebratum Fuc. e più ancora all’Harp. Curionii Mez.; ma queste due specie hanno però le coste con differente andamento generale e ombelico poi, specialmente la prima, più ampio. A sviluppo più incom- pleto riuscirebbe tuttavia difficile distinguere queste diverse specie. Notevolissima è la somiglianza della varietà in discussione con 1’ #i/d. pectinatum Mex., col quale presen- tansi anzi termini di passaggio molto spiccati. La specie meneghiniana ha però il dorso decisamente distinto dai fianchi mercè margini spiccati che lo rendono tricarinato, però non sappiamo se essa perde tali caratteri con l'ulteriore sviluppo poichè gli esemplari descritti dal MENEGHINI presentano solo la parte concamerata dalla conchiglia. La somiglianza è quindi maggiore con gli esemplari alquanto incerti di Hild. pectinatum del Monte di Cetona, i quali, nella camera di abitazione, perdono in gran parte il ca- rattere tricarinato del dorso. La varietà plicatella si distingue anche per le coste meno numerose e più retroverse. Per quanto ho detto riguardo alla forma del dorso dell’ 71d. pectinatum Mex.. viene a delinearsi una somiglianza anche fra questo e la var. inseparabilis dell’ Hild. Normannianum più sopra ricordata. Sebbene vicinissime, anche queste due forme non possono confondersi inquantochè la var. ènseparabilis ha sempre l'ombelico assai più grande e coste un poco più grossolane, sopratutto molto retroverse nonchè pochis- simo sinuose. Noterò ora come alcuni esemplari della varietà costicillata, aventi coste alquanto rade e gros- solane, si accostino al Hd. Marianii Fuc. Quest’ ultimo però è distinto per una speciale sinuosità delle coste, per il dorso più acuto, per la sezione dei giri ovale lanceolata, ed anche per la linea lobale con la sella esterna divisa in due parti eguali dal lobo secondario. Esaminerò per ultimo la forma che nella descrizione delle Ammoniti dell’Appennino centrale, chiamai, detracta e che dallo ZittEL ® era stata riferita all’ Hild. Boscense Reyn. Essa è rappresentata da due esemplari (Tav. V [XLV], fig. 9, 10) appartenenti uno al Museo di Firenze, ed uno a quello di Pisa. Essa, avendo la particolarità di possedere dorso assai largo e con leggeri solchi ai lati della carena sifonale, unisce la var. costicillata alla var. inseparabilis da me instituita sopra un esemplare dell'Appennino cen- trale, che ritenni identico all’Hi/d. Normannianum figurato dal WrIcHT ?). La forma detracta e specialmente gli esemplari del Monte di Cetona ad essa riferiti collegano mira- bilmente, come già feci notare 1’ Hild. Normannianum D’ORB. all’Hild. Isseli Fuc. al quale anzi sono stato in dubbio se dovessi riferire l'esemplare rappresentato dalla fig. 10, Tav. V [XLV]. Tutti gli esemplari esaminati di questa varietà sono conservati nel calcare grigio del Lias medio e, come si è detto, sono distribuiti in vari Musei. 19. Hildoceras rimotum n. sp. — Tav. V [KXLV], fig. 12. DIMENSIONI Diametro . ò o 0 6 o . d 3 i. È ” . mm. 25 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro ; ; 6 ; È 0,28 Spessore » » » 5 3 ò 0 ò 0, 33 Larghezza dell’ombelico » » A 3 MELLO , 0, 48 Ricoprimento della spira » » 5 d c c . 0,02 i) ZirteL. Geol. Beob. a. d. Centr.-Apenn., pag. 130, tav. XIII, 3. 2) WrIGHT. Lias Amm., pag. 470, tav. 83, f.1,2. [283] A. FUCINI 111 Conchiglia piccola, di accrescimento assai lento e di poca involuzione, inquantochè i giri ricoprono i precedenti per 4 circa della loro altezza. I giri, specialmente quelli interni, sono più larghi che alti e, per avere il dorso depresso ed i fianchi appiattiti, presentano una sezione subquadrata, slargata trasversal- mente. I margini esterno e circombelicale sono egualmente e strettamente arrotondati. L'ombelico risulta assai profondo ed il dorso, largo ed appianato, ha una carena sifonale abbastanza robusta, fiancheggiata da solchi stretti ma distinti, sul lato esterno dei quali svaniscono le coste che ornano i fianchi. Queste sono molto robuste, rilevate, più strette degl’intervalli e non tanto numerose, contandosene 27 nell’ ultimo giro; nascono sul contorno circombelicale, ove alcune sembrano avvicinate quasi per riunirsi ed ove for- mano una specie di tubercolo per il grande rilievo da esse subito acquistano, e con andamento un poco retroverso e leggermente sinuoso giungono poi al margine esterno; qui dopo avere acquistato il maggiore rilievo, in modo da presentarsi pressochè nodiformi, si piegano in avanti e svaniscono al solco che precede la carena sifonale. } La camera d’abitazione occupa un poco più della metà dell’ultimo giro, però, per quanto essa possa ritenersi completa o quasi, niente apparisce del peristoma. Anche la linea lobale non si distingue esatta- mente, tuttavia si vede che il primo lobo laterale sorpassa appena in profondità quello esterno e che questo non è raggiunto dal secondo lobo laterale; lobi accessori non ve ne sono. La sella esterna, larghis- sima, ha un lobo secondario che la bipartisce non molto profondamente. La prima sella laterale, forse un poco più bassa della precedente, è arrotondata e con indecise dentellature. La seconda sella laterale piccola e indistinta, riceve la sutura dell’ombelico. L’unico individuo descritto è fossilizzato nel calcare grigio del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. 20. Hildoceras tyrrhenicum n. sp. — Tav. VI [XLVI], fig. 1. DIMENSIONI Diametro . c o 0 È " . ; . 0 c ; i ironia Gdl Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro ò ò a ? . 0,40 Spessore » » » 5 5 6 È o 0,39 Larghezza dell’ombelico » » 0 o Ò 6 È 0, 36 Ricoprimento della spira » i » 7 ; 6 7 : 0,11 Conchiglia non molto compressa, che si accresce non tanto rapidamente, ed assai involuta in quantochè l’ultimo giro ricopre il penultimo per la metà circa della sua altezza. I giri sono assai più larghi che alti nell'interno della spira, ma divengono in ultimo più alti che larghi, appianati sui fianchi e sul dorso verso il quale scendono tanto rapidamente quanto verso l’ombelico. La loro sezione resulta subquadran- golare. Gli ornamenti consistono in coste non molto regolari, non molto sinuose, più o meno distintamente aggruppate presso il contorno circombelicale, ingrossate alquanto sul margine esterno dei giri, ove si piegano in avanti prima di svanire in vicinanza dei solchi dorsali. Questi sono assai spiccati, larghi e non molto profondi. La carena sifonale è robusta, larga e non tanto acuta. L’esemplare sembra inoltre completo poichè ha la camera di abitazione più lunga della metà dell'ultimo giro ed al termine della spira pre- senta un evidente solco boccale in corrispondenza del quale il giro si restringe molto chiaramente. Tale carattere non si scorge molto bene nella mia rappresentazione fotografica per la luce non propizia in cui fu fatta l’ultima porzione della spira. La linea lobale è minutamente dentellata, ma assai semplice. Il lobo sifonale, discretamente profondo e non tanto largo, ha le due branchie piuttosto convergenti. Il primo lobo laterale è profondo quanto il precedente, non tanto ristretto e con punte terminali non tanto spiccate. Il secondo lobo laterale, meno 112 A. FUCINI [284] x profondo degli altri, è assai ristretto e si trova sul margine circombelicale. Sembra che la sutura dell’om- belico cada sopra un primo lobo accessorio. La sella esterna, molto alta ed anche larga, resulta suddivisa da un piccolo lobo secondario in modo che la porzione esterna rimane più alta di quella interna. La prima sella laterale è molto più bassa e meno alta della precedente ed è seguita dalla seconda laterale ancora più ridotta. i Questa specie somiglia all’ 734. Mercati HauER ed a quella del Schafberg che il GryeR! lascio indeterminata e che io chiamarei Hd. Geyerianum, ma differisce essenzialmente da ambedue per le coste che si raggruppano più o meno evidentemente presso l'ombelico. Una maggiore somiglianza intercede tra 1’ Hild. tyrrhenicum e l' Hild. dilatum Mex. il quale pro- viene probabilmente dal Lias medio e non dal superiore come credette il MenEGHINI. La mia specie è però più compressa, di accrescimento meno rapido, più evoluta, con solchi dorsali meno spiccati e con coste più diritte e più evidentemente aggruppate verso »l’ombelico. Anche la linea, sebbene dello stesso tipo, è alquanto diversa. È L’esemplare proviene dai calcari grigi del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. 21. Hildoceras comense Dr Buca. — Tav. VI [XLVI], fig. 2. 1831. Ammonites Comensis Der Buca. Pétrif. remarg., pl. 11, fig. 1-3. 1885. Hildoceras Comense Hava. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 633 (cum syn.). DIMENSIONI Diametro . o 5 . . x Ò È c 5 o o . mm. 66 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro 9 : o 0 o 0,37 Spessore » » » 3 5 o , o 0,29 Larghezza dell’ombelico » » s ; à 5 k 0,37 Ricoprimento della spira » » 3 6 9 ò 0 0,04 L’HaueR ° ed il MeNEGHINI ‘) dettero a questa specie un’ interpetrazione molto lata, seguiti dopo da altri osservatori. L° Have però non molto tempo addietro riportò il concetto dell’ Hd. comense De Buca in quei limiti giusti che a me sembra di dovere ‘accettare. Il mio esemplare, concamerato fino all'ultimo quarto della spira, è molto caratteristico ed ha con- chiglia di accrescimento piuttosto rapido, di mediocre involuzione e con giri più alti che larghi, appia- nati sui fianchi e arrotondati sul dorso, ove presentano una carena molto ottusa e solchi non molto di- stinti. Le coste che ornano i fianchi dei giri sono poco sinuose, assai retroverse e si riuniscono a due, più raramente a tre, sopra i nodi che in serie continua circondano l'ombelico. La linea lobale corrisponde molto bene a quella rappresentata dall’HaueR con la fig. 3. Questa specie insieme con la precedente potevasi riferire al gen. Zillia ed infatti, essendo stata questa la mia prima idea, esse non figurano nell’elenco delle specie del gen. H/doceras. Mi sono però in ultimo i) Grvor. Mittell. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 12, tav. I, fig. 19. 2 MenEGHINI. Nuove Amm., pag. 5, tav. XXI, fig. 1. 3) HAUER. Cephal. aus dem Lias, pag. 37. 4 MENEGHINI. Monographie, pag. 21. [285] A. FUCINI 113 deciso a non accettare come distinto il genere Lillia, essendomi sembrato poco bene definito e di valore quindi assai discutibile. L’esemplare esaminato proviene dai calcari rossi del Lias superiore ed appartiene al Museo di Pisa. 22. Hildoceras bifrons Brue. — Tav. V [XLV], fig. 13-15. 1792. Ammonites bifrons BrucuIÈRE. Eneyel. méthod., I, pag. 40. non 1867-81. = — MenecuINI. Foss. du Medolo, pag. 1. 1885. Hildoceras — Have. Amm.-Gattung Harpoceras, pag. 640 (cum syn.). 1895. Harpoceras — Bòse. Lias und mittel-jur. Pleckenm. ete., pag. 755 (cum syn.). DIMENSIONI I II III Diametro ; . 5 : . 5 , .. mm. 49 mm. 31 mm. 25 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro . 0, 36 0,39 0, 40 Spessore » » » 5 0,24 0,29 0,32 Larghezza dell’ombelico » » ; 0,36 0,32 0,32 Ricoprimento della spira » » 7 0,07 0,08 0,08 Questa specie è ormai talmente conosciuta che sarebbe superfluo il ripeterne qualsiasi descrizione det- tagliata. I miei esemplari, non tanto numerosi, sono tutti tipici, dai più piccoli ai più grandi. Questi, di 100 a 130 mm. di diametro, sono generalmente poco bene conservati e perciò nessuno è stato da me misurato. Gli esemplari del Medolo riferiti dal MENEGHINI a questa specie, ne debbono essere assolutamente separati. Io ho creduto di doverne riferire uno all’Hil/d. Capelliniù Fuc., var. turgidula, ed uno all’H#/d. falciplicatum. Gli esemplari esaminati sono dodici, tutti conservati nel calcare marnoso rosso del Lias superiore, ed appartengono al Museo pisano. 23. Hildoceras Levisoni Smups. — Tav. VI [XLVI], fig. 3. 1855. Ammonites Levisoni Siups. Amm. of Yorksh., pag. 99. 1885. Hildoceras Levisoni Have. Amm.-Gattung Harpoceras, pag. 641, tav. XII, fig. 7 (cum syn.). DIMENSIONI Diametro . . . o o o o . ; . 0 o . mm. 44 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro o i : : è 0,32 Spessore » » » . . 0 È o 0,27 Larghezza dell’ombelico » » 5 5 o s ò 0, 38 Ricoprimento della spira » » : i , 0 o 0,05 Questa specie che dal MENEGHINI venne riunita all’ Harp. bifrons BRue., fu giustamente interpetrata dal- l’ Have. Io vi riferisco sicuramente un solo esemplare il quale ha tutte le caratteristiche della forma tipica. Esso è molto interessante per la straordinaria svasatura imbutiforme dell’ombelico e per presen- tare uno spessore dei giri non molto notevole. La linea lobale, non chiaramente distinta, è del tipo di quella rappresentata dall’ Have. La camera di abitazione comprende la metà dell’ultimo giro. L’esemplare è conservato nel calcare rosso del Lias superiore ed appartiene al Museo di Pisa. . 114 A. FUCINI [286] 24. Hildoceras Mercati Hauer. — Tav. VI [XLVI], fig. 4, 5. 1856. Ammonites Mercati Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 43, tav XXIII, fig. 1,2. 1867-81. Harpoceras Mercati MeneGHINI. Monographie, pag. 32, tav. VIII, fig. 1, 2. 1880. — — Taramenni. Monogr. Lias Alpi venete, pag. 76, tav. V, fig. 8, 9. non 1887-81. — — Mexscnmi. Foss. du Medolo, pag. 3, tav. IL fi. 12, 14, 16. 1881. Hildoceras Mercati Have. Amm.-Gattung Harpoceras, pag. 637. Sono riferibili a questa specie diversi individui non molto ben conservati e che non permettono mi- surazioni esatte, essendo tutti alquanto deformati nella fossilizzazione. Corrispondono alla forma tipica dell’HAuER e non sono quindi tanto involuti. Il più interessante è l'individuo figurato al quale sta attaccato, presso la fine della spira, un aptico lamelloso, di forma non ben distinta, ma che potrebbe forse essere appartenuto allo stesso individuo. Lunghissima sarebbe stata la sinonimia di questa specie, io T'ho però limitata alle citazioni più sicure od unite da figura. Deve indubbiamente considerarsi diversa da quella in esame la specie citata dal MENEGHINI nel Medolo e che probabilmente riguarda l’ 7/4. rimotum più sopra descritto. Gli esemplari riferiti a questa specie sono conservati nel calcare marnoso grigio-rossastro del Lias superiore ed appartengono al Museo di Pisa; uno solo è del R. Istituto tecnico di Livorno, favoritomi in studio gentilmente dal prof. MANTOVANI. XVIII. Gen. Coeloceras HyATT. Ritenendo che il genere Coeloceras abbia per tipo il Coel. pettos Quenst.!, io credo che esso debba comprendere, oltre le specie affini al Coel. pettos stesso, almeno molte di quelle, se non tutte, per le quali fu creato dall’HyarT il gen. Dactylioceras. La somiglianza infatti della linea lobale fra tali specie e più ancora la generale corrispondenza delle forme giovanili e delle porzioni interne di spira, mi fanno ritenere probabile per tutte una stessa origine. La forma ancestrale tuttavia non deve certo ricercarsi in tipi molto differenti dal Coel. pettos QUENST. Le conchiglie di questo genere cambiano quasi sempre i loro caratteri con l'accrescimento e non sa- rebbe opportuno, avendo esemplari completi, il fare astrazione dai caratteri presentati all’interno della spira. Per queste considerazioni lo studio dei Coeloceras è molto difficile e riesce sopra tutto incerto quando non si abbiano esemplari con camera di abitazione conservata. Dallo studio degli individui più completi di Coeloceras trovati nel Monte di Cetona si rileva che essi hanno una costante lunghezza della camera di abitazione che comprende, oltre tutto l’ultimo giro, un quarto o metà del penultimo. Non so per conseguenza spiegarmi come nella figura 1160, in “ Grindziige der Paleontologie ,, del v. ZrtTEL, rappresentante un esemplare, a quanto pare completo, del Dact. commune Sow., sembri che la camera di abitazione di tale esemplare si estenda solo per la metà dell’ultimo giro. Altro carattere interessante per molte specie di questo genere, facilmente rilevabile, consiste nel cambiamento, talvolta repentino, della forma e dell’andamento degli ornamenti nell’ultima porzione della spira. i) QuensTEDT. Der Jura, pag. 135, tav. VI, fig. 14. {287] A. FUCINI 115 Secondo le mie osservazioni l’importanza che il genere Coeloceras ha nel Lias medio, resulta dal mio studio, assai aumentata essendo nuova la maggior parte delle specie trovate appunto nel Lias medio del Monte di Cetona e che qui sotto trascrivo: Coeloceras italicum Mex. Coeloceras cfr. commune Sow. » Mortilleti Mex. » fallax n. sp. » psiloceroides n. Sp. » simulans n. Sp. » asperum n. Sp. » sublaeve n. sp. » aegrum n. Sp. » intermedium n. sp. » cfr. Braunianum D’ORB. » obesum n. Sp. » colubriforme Bern. » laevicosta n. Sp. » indunense Mex. » subcrassum n. Sp. » Maresi Revn. » incertum n. Sp. » Avanzati n. Sp. 1. Coeloceras italicum Mez. — Tav. VI [XLVI], fig. 11-14. 1880. Sfephanoceras italicum Mer. in Canavari. Brach. d. str. a Ter. Aspasia, pag. 331. 1900. —_ Lorioli Bertoni. Hoss. dom. di Brescia, pag. 76. tav. VII, fig. 12, (pars), non fig. 13. 1900. Coeloceras italicum Fucmi. Amm. d. Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 95, tav. XIII, fig. 4. DIMENSIONI I II III Vi Diametro c : o ò : E 0 . mm. 66 mm. 55 mm. 51 mm. 34 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0,22 0,22 0,23 0,20 Spessore » » » . 0,23 0,27 0,25? 0,29 Larghezza dell’ ombelico » » 6 0, 60 0, 58 0, 57 0, 54 Ricoprimento della spira » mata, . 0, 03 0,02 _ 0,02 0, 02 Con gli esemplari del Monte di Cetona sono in grado di completare la descrizione che io detti di questa specie sopra un individuo assai piccolo, proveniente dalla Marconessa nell'Appennino centrale. Dirò subito come la conchiglia cambi, con l'accrescimento, tanto nella forma dei giri, quanto negli ornamenti. I giri, all’interno della spira, si accrescono più rapidamente che non all’esterno, specialmente in riguardo al loro spessore, il quale resulta allora assai maggiore dell’altezza, e presentano una sezione ellittico-trasversa, alquanto differente quindi da quella arrotondata che gli stessi giri hanno alla fine della spira. In immediata vicinanza della bocca inoltre essi (Tav. IV [XLVI], fig. 14) si deprimono un poco. La bocca è preceduta da un solco peristomatico più proverso delle coste, il quale sul dorso continua in una curva convessa leggermente in avanti ed è reso più manifesto da una specie di rilievo o cingolo boccale che circonda l’apertura. Gli ornamenti nella parte più interna della spira, ma talora anche fino a notevole sviluppo, sono dati da pieghe ora più ora meno grossolane, oblique in avanti, spesso bipartite, provviste presso l’esterno dei giri di un rilievo tubercoliforme ed attraversanti il dorso, divise in due o tre coste minori, regolari, pressochè diritte. Con lo sviluppo ulteriore gli ornamenti si semplicizzano, venendo ad essere costituiti da costicine semplici, minute, sottili, più strette degli intevalli, un poco proverse e leggermente convesse in avanti tanto sui fianchi, quanto sul dorso. La camera di abitazione è lunga un giro ed un terzo nel piccolo esemplare con peristoma conservato (Tav. VI [XLVI], fig. 14), occupa quasi un giro e mezzo in altri esemplari. 116 A. FUCINI [288] La linea lobale, non facilmente visibile, sembra essere un poco variabile da esemplare ad esemplare. Quella qui disegnata (fig. 124) stata tolta da un individuo non figurato, perfettamente corrispondente però a quello rappresentato dalla fig. 12, Tav. IV [XLVI], ha il lobo sifonale assai ampio, sviluppato, molto profondo, appena raggiunto dal primo laterale che è invece assai ha 04; piccolo e ristretto. Il secondo lobo laterale resulta ancora più minuto e meno profondo. TOSI Il primo lobo accessorio, meno profondo di ogri altro, non però tanto ristretto, è Linea lobale del Coe. obliquo verso l’esterno. Nella parte interna del giro si ha, dopo la sutura, due lobi interni, italicum MGH., pre- R DS o . o RETRO cha poco larghi ed appena più profondi del primo accessorio e quindi il lobo antisifonale, Fio. 124. sa al diametro di tam. 22,in grandezza pure non molto largo, meno profondo del lobo sifonale, e terminato in due punte poco e divaricate. La sella esterna è molto grande, alta, larga e divisa da un lobo secondario in due parti assai ineguali delle quali l’esterna, molto più alta e sviluppata dell’interna, ha .cinque lunghe ramificazioni terminali. La prima sella laterale è assai piccola, non raggiungendo nè l'altezza nè la lar- ghezza della seconda sella laterale, la quale mostrasi per poco bipartita asimmetricamente all’estremità. La prima sella accessoria, larga, bassa e depressa, riceve la sutura ombelicale. Oltre di questa si ha, nella parte interna del giro, una sella discretamente elevata e poco larga e quindi la sella che precede il lobo antisifonale e che è assai alta e mediocremente frastagliata. Alcuni esemplari sembrano essere un poco differenti per accrescimento più rapido della spira, per minore compressione, per gli ornamenti un poco più grossolani, meno numerosi, meno proversi, più curvati sui fianchi e per la linea lobale che non ha la sella esterna manifestamente suddivisa da ua lobo secon- dario e che è assai diversa nella conformazione della prima e della seconda sella laterale. Per tali caratteri differenziali, io ho distinto provvisoriamente questa forma come var. dubia. Questa specie, come feci già rilevare studiando l’esemplare dell'Appennino centrale, si avvicina mol- tissimo al Coel. Mortilleti Mer. sotto studiato, però a mio modo di vedere e dopo avere esaminato gli originali della specie meneghiniana, ritengo che sia assolutamente distinta per avere la conchiglia più discoidale, di accrescimento più lento e con ornamenti più minuti e sottili, nonchè per la linea lobale diffe- rente. A proposito però della differenza della linea lobale debbo notare che essa è minore di quella che apparirebbe dal confronto delle rispettive figure in quanto che quella disegnata dal MENEGHINI non è molto esatta. Avendo esaminato attentamente l’esemplare del Medolo figurato dal MenEGHINI ho constatato che la sua linea lobale, in verità ben poco distinta in corrispondenza del lobo sifonale, sembra avere questo assai più profondo di quello mostrato dalla relativa figura ed ugualmente appare meno profondo il lobo secondario che divide la sella esterna. Per l'accrescimento e per la forma degli ornamenti si riferisce a questa specie l'individuo del Medolo che fu rappresentato dal BeTTONI con la fig. 12 della tav. VII e del quale fa il Coel. Lorioli insieme con l’altro esemplare della fig. 13, che è alquanto diverso non fosse altro per le coste spesso aggruppate verso l'ombelico. Dei numerosi esemplari esaminati di questa specie, quasi tutti conservati nel calcare grigio del Lias medio, parte appartengono al Museo di Pisa, parte a quello di Firenze ed uno è del R. Ufficio geologico di Roma. 2. Coeloceras Mortilleti Men. — Tav. VI [XLVI], fig. 10. 1867-81. A. (Stephanoceras) Mortilleti MeneGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 21, tav. VI, fig. 7; tav. V, fig. 1,2. 1900. Coeloceras Mortilleti Fucini. Amm. del Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 97, tav. 13, fig. 11 (cum syn.). i non 1900. — — Bertoni. FMoss. domeriani di Brescia, pag. 71, tav. VII, fig. 9. non 1900, —_ _ DeL Campana. Cefal. del Medolo, pag. 632, tav. VIII, fig. 47, 48. [289] As FUCINI 117 DIMENSIONI I II III Diametro . 3 . 5 9 ò c 6 mm. 135 mm. 132 mm. 125 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro 0,19 0,22 0,24 Spessore » » » 0,20 0,23 0,24 Larghezza dell’ombelico » » 0, 65 0, 60 0,58 Ricoprimento della spira » » 0,01 0,02? 2 Dall’esame comparativo delle dimensioni proporzionali al diametro, date per tre esemplari, si deduce come in questa specie con lo sviluppo vada diminuendo tanto l’ altezza quanto lo spessore dei giri ed anche l’involuzione, mentre si accresce la larghezza ombelicale. Infatti l’ esemplare figurato, che è il più piccolo fra quelli misurati più sopra, a mm. 60 di diametro presenta un’ altezza di giri di 0,30 in rapporto al diametro, uno spessore di 0,36 ed una larghezza ombelicale di 0,50. La forma dei giri non cambia solo conseguentemente per tali ragioni, da depressa rendendosi compressa o quasi, ma si modifica anche a ca- gione del cambiamento degli ornamenti. Questi, fino al diametro di circa mm. 25, sono dati da pieghe grossolane dei fianchi, proverse, declivi verso l’ombelico, più larghe degli intervalli, le quali si ingrossano andando verso il margine esterno dei giri, ove talvolta si riuniscono a due per formare una spiccata protu- beranza e quindi si suddividono nuovamente in due e più raramente in tre coste attraversanti il dorso. In corrispondenza della protuberanza formata dalle pieghe i giri presentano un’angolosità che va dimi- nuendo gradatamente con l'accrescimento, mentre le pieghe assottigliandosi, perdendo la protuberanza, non suddividendosi altrimenti, si trasformano in coste. Queste da prima sono più regolarmente radiali e più diritte, dopo divengono assai irregolari, proverse, flessuose, piegate in avanti nello scendere al- l’ombelico e convesse leggermente in avanti tanto sui fianchi quanto sul dorso. Tutti gli esemplari misurati possono dirsi completi, avendo la camera di abitazione lunga un giro e mezzo; uno poi presenta presso l’apertura un solco peristomatico assai obliquo in avanti. La linea lobale, che però non si vede molto bene, corrisponde a quella disegnata dal MENEGHINI; in questa però non è fedelmente riprodotto nè il lobo sifonale, che nell’esemplare del Medolo appare profondo quanto il primo laterale, nè la sella esterna che sembra meno profondamente divisa dal lobo secondario. Dall’osservazione delle figure date dal MenEGHINI sembrerebbe a prima vista che esse riguardassero due specie distinte, ma con l’esame degli esemplari originali si vede che appartengono ad un’unica spe- cie. Solo è da notarsi nei miei esemplari come in quello di Tavernola, rappresentato dal MENEGHINI con la fig. 1 della Tav. VI ed in altro della stessa località conservato nel Museo pisano, la mancanza, che però non si può assolutamente asserire a cagione della non buona conservazione degli individui, delle nodosità sparse sul penultimo giro e che si-vedono negli altri due esemplari figurati pure dal MENEGHINI. Ho escluso dalla sinonimia del Coel. MortiMleti Mer. l'esemplare figurato sotto questo nome dal BETTONI poichè ho ravvisato in esso una specie esistente nella collezione pisana dei fossili del Medolo, che il MeENEGHINI riunì all’A. crassus Y. et B. ed i cui numerosi esemplari sono stati da me direttamente osser- vati. Questa specie mi sembra doversi riportare al Coel. acanthoides REYN.! L’esemplare del BerTONI è anche vicino a quella forma di Coeloceras italicum MGH. che io ho provvisoriamente distinto come var. dudia. Sono pure da escludersi dalla sinonimia della specie in esame gli esemplari figurati dal DEL CAMPANA, che si potrebbero riferire piuttosto al Coel. colubriforme Bett., descritto più sotto. 1) RnynÈs. Géol. et paléont. Aveyr., pag. 91, tav. Ibis, fig. 3. Palaeontogruphia italica, vol. XI, 1905. 16 118 : A. FUCINI [290] Dei cinque esemplari esaminati, tutti conservati nel calcare grigio del Lias medio, tre appartengono al Museo di Firenze e due a quello di Pisa. 3. Coeloceras psiloceroides n. sp. — Tav. VI [XLVI], fig. 6-9; Tav. VII [XLVII], fig. 4-12. DIMENSIONI I II III IV Vv VI VII Diametro . i - : d È . mm. 68. mm. 65 mm. 60 mm. 52 mm. 47 mm. 35 mm. 20 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diam. 0,22 0,22 0,22 0,19 0,25 0,25 0, 30 Spessore ” » » 0,19 2? 2? 0,19 0,27 0,27 0,35 Larghezza dell’ombelico » » 0,55 0,55 0,55. 0,60 0, 48 0,46 0,45 Ricoprimento della spira » » 0,02 0,03 0,03 0,01 0, 03 0,04 0,05 Conchiglia oltremodo interessante per i suoi non comuni caratteri e per le modificazioni che pre- senta con l’accrescimento. Nel primo stadio di sviluppo la spira si accresce assai rapidamente, per modo che l’ombelico non è molto grande, l’involuzione piuttosto accentuata edi giri, sebbene assai più larghi che alti, presentano un’altezza considerevole ed una sezione sub-rettangolare depressa. In seguito, come può dedursi anche dalle misure comparative dei diversi esemplari, l'accrescimento si fa più lento, l’involuzione diminuisce insieme com lo spessore e con l’altezza dei giri, l’ombelico invece si allarga, la sezione dei giri diviene sub-ellittica, compressa leggermente ai fianchi, salvo in pochi esemplari che forse formano delle variazioni al tipo e dei quali parlerò più sotto. Anche gli ornamenti cambiano con lo sviluppo. I primi giri, che si vedono assai bene nell’esemplare rappresentato dalla fig. 11, Tav. VII [XLVII], fino a pochi millimetri di diametro appaiono lisci, dopo divengono ornati da pieghe rade, gros- solane, divise da larghi intervalli, un poco proverse, che vanno ingrossandosi verso l’esterno e che ben presto lasciano scorgere uno sviluppo irregolare. Infatti alcune ad intervalli di una o di due, oltre che essere un poco più spiccate delle altre, presentano (Tav. VI [XLVI] fis. 6,7; Tav. VII [XLVII], fig. 7, 11) all’esterno dei fianchi dei rilievi tubercoliformi, assai manifesti in confronto ai leggeri ingrossamenti mostrati dalle pieghe interposte. Tali caratteri hanno una naturale corrispondenza ed anche una spiega- zione nel fatto che, mentre le pieghe poco ingrossate sul margine esterno dei giri si suddividono al più in due coste od attraversano il dorso restando semplici, quelle che presentano gli ingrossamenti si suddividono invece in due o tre coste e talora anche in quattro, quando queste sono molto minute, il che avviene in alcuni esemplari. Con l’ulteriore sviluppo della spira le pieghe tubercoliformi vanno dira- dandosi e nello stesso tempo uniformando il loro rilievo a quello delle altre, per modo che ad an diametro di oltre mm. 25 non presentano più i notevoli ingrossamenti sul margine esterno dei fianchi. Ma le pieghe non possono dirsi ancora del tutto regolari poichè alcune seguitano a dividersi in due coste, mentre altre attraversano il dorso rimanendo semplici. Infine è da notarsi come alcune coste che si trovano sul dorso, ove tutte formano una leggera curva convessa in avanti, svaniscano sul margine esterno dei fianchi senza connettersi a nessuna piega o costa laterale. In seguito le pieghe dei fianchi vanno generalmente e rela- tivamente riducendosi meno grossolane e, poichè anche le coste del dorso si attenuano e divengono molto irregolari e indistinte, non lasciano quindi più scorgere con evidenza la loro suddivisione sul margine esterno dei giri, ove esse invece dal più al meno visibilmente svaniscono. Nell'ultima porzione della spira le pieghe acquistano nuovamente, non però in tutti gli esemplari ed alla stessa guisa, una notevole irre- golarità sui fianchi; infatti alcune sono più ravvicinate, altre hanno decorso un poco irregolare e final- mente, sulla parte interna dei fianchi stessi, alcune sono più grossolane, altre più deboli. [291] A. FUCINI 119 La camera di abitazione negli esemplari più completi, o tali realmente, si estende per un giro e mezzo della spira; nessuna traccia sicura si ha del peristoma. La linea lobale (fig. 125) ha il lobo sifonale molto largo e molto profondo, non raggiunto dal primo laterale. Questo è molto ampio e termina con tre braccia irregolari, delle quali l’in- terna e la più grande mentre la mediana e l’esterna, unite per la base, sono assai ridotte e racchiudono una selletta secondaria meno sviluppata di quella che le separa dal & POCO braccio interno. Il secondo lobo laterale è molto semplice, poco profondo ed un poco A obliquo verso l'esterno. Un primo lobo accessorio ancora più piccolo, obliquo pure i verso l’esterno ed un poco più profondo del precedente e quanto il sifonale, precede Fic. 125. Linea lobale del Coetl. psiloceroides n. sp., la sutura dell’ombelico. Oltrepassata questa si trovano subito due piccoli lobi simili e Dose pi diametro . oLo . . . . . . ° lì mm. , mn gran- simmetrici al secondo laterale ed al primo accessorio, quindi obliqui verso l’interno, Ezzelini, e dopo il lobo antisifonale poco ampio, profondo quanto il sifonale, con due spiccate punte terminali e mediocremente frastagliato. La sella esterna larga ed alta non ha ramificazioni molto Fotone La prima sella laterale, ristretta, assai più bassa della precedente, con ramificazioni pure grossolane, ‘è irregolarmente bipartita da un piccolo lobo secondario. La seconda sella laterale mostrasi molto piccola e ridotta. La sutura dell’ombelico cade sopra una bassa e depressa sella accessoria, alla quale succede nell'interno una sottile selletta inclinata verso l’esterno. La sella interna è alta quanto la prima laterale, piuttosto sottile e discretamente ramificata. Prendendo ad esaminare alcuni esemplari che presentano caratteri un poco differenti da quelli più generali descritti, dirò subito che ve ne sono alcuni che hanno un numero assai limitato di pieghe sui fianchi. Il migliore fra questi (Tav. VII [XLVII], fig. 10) ha infatti 46 pieghe nell'ultimo giro, mentre nella forma più tipica se ne possono avere da 55 a 58. Oltre a ciò sembra che tali esemplari abbiano anche una minor compressione, fianchi un poco più convessi, almeno ad uno stadio non molto grande di sviluppo (Tav. VII [XLVII], fig. 11, 12) ed anche coste del dorso più spiccate e manifeste fino a svi- luppo assai inoltrato della spira. Io ho distinto tali esemplari col nome di var. raricosta. Con la fig. 9, Tav. VII [XLVII] viene rappresentato un esemplare che pure si scosta alquanto dalla forma più diffusa, primieramente esaminata, per esser più compresso, per accrescimento più lento e quindi per l’ombelico più ampio, per i giri più convessi sui fianchi e con sezione pressochè regolarmente arrotondata, nonchè per gli ornamenti che si raffittiscono molto spiccatamente nell’ultima metà dell’ultimo giro. Per questo esemplare, al quale corrisponde perfettamente un altro assai più grande, non sarei alieno dal proporre la var. longispira. Questa specie per le sue peculiari caratteristiche si distingue da qualunque altra; solo potrebbe essere lontanamente paragonata con i Coel. commune Sow. e Coel. annulatum Sow. Dei molti esemplari esaminati, parte conservati nel calcare rosso del Lias medio e parte più grande nel grigio, parecchi appartengono al Museo di Pisa, molti a quello di Firenze, alcuni al Museo di Monaco di Baviera, pochi al Civico di Milano. 4. Coeloceras asperum n. sp. —- Tav. VI [XLVI], fig. 15. DIMENSIONI Diametro . 9 0 . © : È Sd Ria (E) Altezza dell’ ultimo giro in Leto al cio : , 6 0 o 0,24 Spessore » » » ; 6 . SARO 0,24 Larghezza dell’ombelico » » ò o : 5 s 0,55 Ricoprimento della spira D » o . c c E 0,03 120 A. FUCINI [292] L’esemplare pel quale istituisco questa specie non è disgraziatamente ben conservato nell’interno della spira, ove spesso si hanno, in specie di questo genere, dei caratteri molto interessanti, nè mostra bene distinti i caratteri della linea lobale, della quale si hanno solo traccie appena oltrepassata la metà del penultimo giro. La conchiglia è assai compressa, di accrescimento lento e di involuzione piuttosto piccola, poichè l’ul- timo giro ricopre il penultimo per un sesto circa della sua altezza. I giri sono larghi quanto alti, ma mentre essi alla fine della spira presentano una sezione sub-arrotondata, l’hanno invece sub-trapezoidale, slargata in alto e ristretta in basso, un poco più indietro e nel penultimo giro. I fianchi sono piani, anzi quasi scavati, ed inclinano verso l’interno, dando luogo ad una superficie ombelicale poco elevata e ad un ombelico non molto profondo, per quanto limitato da suture bene evidenti. Fra i fianchi ed il dorso, il quale è largo ed arrotondato, sta come linea di separazione una carena marginale assai manifesta e che non sembra sussistere in prossimità della bocca. Questa non è ben conservata; se ne ha però traccia evidente nel solco peristomatico col quale finisce la spira e che non è da confondersi con i solchi intercostali, perchè più profondo, più largo e più obliquo. Le coste, delle quali se ne hanno circa 60 sul fianco del- l’ultimo giro, sono piuttosto irregolari; alcune infatti sono più rilevate, altre divise da intervalli più larghi dei consueti e si mostrano poi evidentemente raffittite sul primo terzo dello stesso ultimo giro. Esse nascono non molto spiccate dall’ombelico e, con direzione radiale ed andamento diritto, vanno in- grandendosi fino a raggiungere la carena marginale esterna, ove formano una distinta protuberanza, volgono quindi indietro ed attraversano il dorso con curva convessa rivolta posteriormente, facendosi sempre più ottuse e grossolane. Nella seconda metà dell’ultimo giro le coste si mantengono semplici tanto sui fianchi quanto sul dorso; nella prima invece, specialmente al principio, alcune si biforcano in corrispondenza della carena marginale, altre dopo od anche avanti. La specie è paragonabile a quella forma figurata dall’ Hauer ! col nome di A. nafrix Zier., però ne è certamente differente per il numero maggiore di coste, che non sono poi arcuate sui fianchi, e per la forma dei giri i quali non sono slargati, ma bensì ristretti lungo il contorno ombelicale. L’esemplare esaminato è conservato nel calcare rosso del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. 5. Coeloceras aegrum n. sp. — Tav. VII [XLVII], fig. 1-3. DIMENSIONI I II III Diametro c È 0 ; 5 5 î . mm. 52 mm. 50 mm. 36 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 0,29 0,30 0,31 Spessore » » i » È 0,23 0,25 0,26 Larghezza dell’ombelico » » 7 0,50 0,50 0,49 Ricoprimento della spira » » ò TIGLA Lu 0,04 0, 04 Questa interessante specie ha la conchiglia compressa, di accrescimento non molto lento, specialmente nel primo stadio di sviluppo, e di involuzione poco notevole, dappoichè l’ultimo giro ricopre il penultimo per meno del quinto della sua altezza. I giri si conservano presso a poco della stessa forma da piccolo a grande diametro e sono più alti che larghi, alquanto appianati sui fianchi, arrotondati sul dorso e sul mar- DI gine ombelicale e presentano una sezione assai regolarmente ellittica. L'ombelico è poco profondo. Gli i) HauER. Ceph. a. d. Lias, pag. 54, tav. 16, fig. 1-3. [293] A. FUCINI 121 ornamenti consistono in coste che mentre si sviluppano regolarmente di numero dall’interno all’esterno della spira, vanno invece con l'accrescimento divenendo meno ottuse, alquanto più rilevate ed assai più strette degli intervalli. Tali coste hanno una direzione spiccatamente proversa, in special modo nei giri interni, ed un andamento leggermente curvato sui fianchi, con la convessità rivolta in dietro. Esse nascono molto deboli dall’ombelico, in prossimità del quale forse alcune si riuniscono, e vanno allargan- dosi e rialzandosi verso il dorso, ove presentano il massimo rilievo ed una moderata curva convessa, rivolta in avanti. La linea lobale (fig. 126) ha il lobo sifonale assai largo, molto profondo e con tre braccia laterali sviluppate. Il primo laterale è profondo quanto il sifonale, ma più ristretto, obliquo verso l’esterno e termina non molto dissimmetricamente in tre braccia. Il secondo lobo laterale, pure un pòco obliquo verso l’esterno, parecchio ristretto, rimane, insieme col primo accessorio, assai meno profondo del lobo sifonale. La sella esterna, molto alta ed ampia, notevolmente ramificata, ha sul lato interno un lobo secondario che la fende obliquamente ed assai profondamente in modo da rimanere quasi divisa in due parti Ta Dir Lo molto differenti. Di queste l’interna, piccola ed obliqua, è suddivisa ancora in due piccoli sa al diametro di È cn . "Dea oo > .38,in grandezz: rami, e l’esterna, molto più grande, ha tre ramificazioni pure suddivise da altrettanti Mameade, piccoli lobiciattoli e delle quali l’esterna è più ridotta delle interne. La prima sella laterale, assai più piccola e più bassa della precedente, è divisa in due parti un poco disuguali da un lobo secondario non molto profondo. La seconda sella laterale è molto piccola, bassa, sottile e semplice. Avanti la sutura ombelicale si trova una prima sella accessoria molto bassa e ridotta. L’esemplare della fig. 1, Tav. VII [XLVII] è anormale. Esso sul fianco destro ha gli ornamenti identici a quelli sopra descritti per la specie in generale; sul fianco sinistro li ha invece di portamento assai differente, limitatamente però all’ultimo giro (che deve considerarsi come penultimo dell’intiero esemplare, essendo concamerato per più della metà) poichè all’interno della spira vi si scorgono ancora con caratteri normali. Le coste di tale ultimo giro fanno sul terzo esterno dell’altezza una manifesta angolosità poste- riore e nello stesso tempo, deprimendosi, producono un lieve solco spirale. La linea lobale di tale individuo, per quanto abbia gli stessi caratteri generali di quella descritta più sopra, ne differisce tuttavia legger- mente per la sella esterna che ha il lobo secondario più sviluppato e che è più sottilmente ramificata. L'individuo della fig. 3,. Tav. VII [XLVII] potrebbe forse distinguersi come var. pinguis, poichè diversifica dal tipo primieramente descritto per avere i giri più rigonfi e meno appianati sui fianchi, nonchè coste più irregolari e talvolta evidentemente riunite presso l'ombelico. Asseconderebbe tale distin- zione anche la linea lobale che ha il lobo secondario della sella esterna moltissimo sviluppato e profondo quasi quanto il lobo sifonale, nonchè la prima sella laterale molto larga e da considerarsi quasi come riunita alla seconda poichè il secondo lobo laterale intermedio è molto piccolo e ridotto. Questa specie è paragonabile al Coel. praecarium Bert. !, ma è però da ritenersi diversa per l’ac- crescimento, per numero differente di coste, le quali poi non corrispondono nemmeno per l'andamento. L’esemplare del BertoNI potrebbe riguardare forse un individuo di Coel. Mortilleti Mez. alquanto deformato per compressione. Gli esemplari descritti provengono tutti dal calcare rosso del Lias medio; due appartengono al Museo di Pisa e quattro a quello di Firenze. Fic. 126. 1) BerTONI. Fossili domeriani, pag. 72, tav. 6, fig. 13. 122 A. FUCINI |294] 6. Coeloceras cfr. Braunianum p’ Oxs. — Tav. VII [XLVII], fig. 15. 1842. Ammonites Braunianus D’OrBienr. Paléont. frang:, Terr. jurass., t. I, pag. 827, tav. CIV, fig. 1-3. DIMENSIONI Diametro . c ° E 6 È c . . mm. 67 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . o 6 0 o 0,24 Spessore » » » , ; o . ; 0,14 Larghezza dell’ombelico » » o ò È o o 0, 58 Ricoprimento della spira » » 3 . , È Dea 0,02 Non ho creduto di dovere trascurare l’unico esemplare di questa specie, sebbene di conservazione molto deficiente, poichè mi è sembrato interessante per alcuni caratteri che lo rendono assai vicino all’ A. Brau- nianus D’ORrB.!, il quale ne potrebbe essere anche un derivato diretto. La conchiglia, molto compressa e discoidale, si accresce assai lentamente ed ha un’ involuzione molto piccola, inquantochè i suoi giri si ricoprono appena per il ritorno della spira. I giri sono più alti che larghi, alquanto depressi sul dorso ed appianati sui fianchi, d’onde scendono all'ombelico con una curva regolare, piuttosto ristretta, e si abbassano al dorso rapidamente, presentando un’angolosità abbastanza pronunziata sul margine esterno. La loro sezione è ellittico-rettangolare. Gli ornamenti a piccolo diametro, visibili sul fianco sinistro, opposto a quello figurato, resultano di coste poco numerose, 23 in un giro di mm. 23 di diametro, assai grossolane, che si ingrossano e si rialzano sul margine esterno del giro stesso. Con l’accrescimento le coste aumentano relativamente assai di numero ed infatti abbiamo che nell’ ultimo giro arrivano a 60. Esse si originano dall’ombelico, ove sono piuttosto sottili ed un poco inclinate in avanti; si ingrossano leggermente procedendo verso l'esterno, ove vanno con direzione un poco proversa, mantenendosi però semplici; sul margine dorsale formano poi un rilievo tubercoliforme e quindi attraver- sano il dorso molto depresse e sdoppiate. Lo sdoppiamento non si mantiene però fino a tutta la spira, poichè nell’ultimo terzo circa dell’ ultimo giro si presentano semplici anche sul dorso, per quanto sempre depresse e slargate. Come ho accennato in principio questa specie ha notevoli somiglianze con il Coe. Braunianum D’ORB., ha però la linea lobale differente ed i primi giri forniti di coste più grossolane e molto meno numerose. Se non si fossero notate tali differenze io avrei potuto tuttavia riferire l’ esemplare in esame alla specie orbignyana e specialmente a quella forma della Verpillière illustrata dal DuMORTIER ?). Il BertonI nel suo lavoro sui fossili domeriani di Brescia, con la fig. 10 della tav. 9, rappresentò un esemplare che sembra corrispondere perfettamente a quello del Monte di Cetona. Egli infatti ugualmente lo ravvicinò al Coel. Braunianum, senza però descriverlo perchè, proponendosi lo studio di fossili di Lias medio, fu da lui ritenuto appartenente al Lias superiore. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. 7. Coeloceras colubriforme Berr. — Tav. VII [XLVII], fig. 13, 14. 1900. Coeloceras colubriforme Bettoni. Fossili domeriani, pag. 75, tav. VII, fig. 10. i) D'ORBIGNY. Paléont. frang., Terr. jurass., pag. 327, tav. CIV, fig. 1-3. 2?) DumoRTIER. Dép. jurass. ecc., Lias sup., pag. 103, tav. XXVIII, fig. 5. {295] A. FUCINI 123 DIMENSIONI Diametro . c È o . x 5 . mm. 63 Altezza dell'ultimo Zito in Lagnorlo 5) dimora o 0 0 . c 0,25 Spessore » » » c o o . . 0,22 Larghezza dell’ombelico » » 0 È : . o 0, 58 Ricoprimento della spira » » : ò ; è : 0,03 To ho riconosciuto la perfetta riferibilità a questa specie dei miei due esemplari, avendoli diretta- mente paragonati con l’originale del BerTONI, il quale però non lascia scorgere che una piccola e defor- mata porzione del dorso e niente della parte interna della spira. La conchiglia è discoidale, compressa, di lento accrescimento e di piccola involuzione, poichè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un settimo circa della sua altezza. I giri sono più alti che larghi, appianati sui fianchi, arrotondati più strettamente lungo il margine ombelicale che non all’esterno; hanno il dorso regolarmente arrotondato, e presentano una sezione ellittica non molto allungata ed un poco compressa lateralmente. Essi sono ornati da un numero molto grande di coste semplici, le quali nascono general- mente dalla sutura dell’ombelico, ma alcune anche un poco al di sopra. Tali coste, nel mio esemplare più grande, sono più irregolari che nell’ originale del BeTTONI, poichè alcune, in special modo presso l’ombe- lico, ora sono più rilevate delle altre, ora più riavvicinate ed ora separate da intervalli più larghi. Nel terz’ ultimo giro del mio esemplare più grande, non conservato nell’ originale sopra ricordato, è molto evidente il fatto di aversi ogni cinque coste circa una di maggior rilievo, più larga delle altre e più ingros- sata verso l’esterno del fianco. Per la forma le coste sono, come quelle dell’esemplare tipico, molto sottili, rilevate, sub-acute superiormente e separate da intervalli molto larghi. Per direzione esse possono dirsi decisamente proverse. In quanto all'andamento esse presentano lungo l’ombelico una distinta e ristretta curva convessa in dietro; sui fianchi e sul dorso sono invece largamente convesse in avanti. Nel piccolo esemplare figurato la camera di abitazione occupa la metà dell’ultimo giro, nel grande un | DOLO più del- l’ultimo giro stesso; in nessuno però può dirsi completa. La linea lobale, che non si può rilevare con molta esattezza, ha il lobo sifonale molto profondo, non tanto largo, e raggiunto dal primo laterale piuttosto ristretto. Il secondo lobo laterale è pure molto ristretto, poco profondo ed un poco obliquo verso l’esterno. Il primo accessorio è molto ridotto. La sutura sembra cadere sopra un secondo lobiciattolo accessorio. La sella esterna, ampia, alta e ramificata, ha sul lato interno un lobo secondario assai profondo, che la divide in due parti molto disuguali. La prima sella laterale, assai più piccola, è pure divisa in due parti, però non molto disuguali, da un lobo secondario. Segue dopo la seconda sella laterale sottile e poco elevata e quindi una prima sella accessoria molto ridotta. Un esemplare non figurato; sembra essere un poco diverso dalla forma esaminata per le coste che appaiono un poco meno numerose al principio dell’ultimo giro e nel penultimo e che, assai più spicca- tamente si mostrano ingrossate sul margine esterno, quasi per formare una specie di tubercolo. La linea lobale è identica. Il Bertoni ha ravvicinato questa specie al Coel. Mortilleti Men. ed al gruppo del Der. Davoeì Sow. To trovo che essa somiglia molto al Coel. Braunianum D’ORB.! dal quale però è certamente distinta per non avere, forse nemmeno a piccolo sviluppo, la bipartizione delle coste sul margine esterno dei giri. Il MENEGHINI, nell’etichetta unita all’esemplare più grande figurato, aveva distinta questa specie col nome di A. pronobus. 1) p'OrBIGNY. Paléont. frang., Terr. jurass., pag. 327, tav. CIV, fig. 1-3. 124 A. FUCINI ‘[296] Una specie molto vicina a quella studiata si trova nella formazione di Nagato nel Giappone ed ha ricevuto il nome di Dact. helianthoides dal Jororama. ® La specie giapponese però sembra aver le coste biforcate esternamente e un poco meno numerose all’interno dei giri. 8. Coeloceras indunense Mor. — Tav. VII [XLVII], fig. 1-8. 1850. Ammonites Davoei (non Sow.) MeneGHINI. Considerazioni, pag. 115. 1867-81. _ (Stephanoceras) crassum J. et B. var. indunensis MenEGHINI. Monogr. d. foss., pag. 72, tav. XVI, fig. 4. 1895. Coeloceras indunense BonarELLI. Amm. d. rosso ammonittico, pag. 211. 1900. — _ Fucini. Amm. del Lias medio dell’ Appenn. centr., pag. 93, tav. XII. fig. 5 (cum syn.). DIMENSIONI I II III IV Vv VI Diametro . c 0 e o : 0 . mm. 60 mm. 55 mm. 48 mm. 44 mm. 42. mm. 21 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,22 0,23 0,25 0,27 0,27 0,35 Spessore 5 > 5 0,259? 0,31 0,31 0,30 0, 34 0,50 Larghezza dell’ ombelico » » 0,56 0,55 0,50. 0,47 0,40 0, 38 Ricoprimento della spira » » 0,03 0, 03 0,04 0,04 0,05 0,05 Questa interessantissima specie, che fino ad ora era conosciuta solo che per mezzo dell’originale del MENEGHINI e dell’ esemplare dell’ Appennino centrale da me già descritto, è molto frequente nel Monte di Cetona e, sebbene non sia rappresentata da esemplari molto belli, può essere esaminata assai estesamente in molti particolari. Io descriverò da prima la forma tipica e dopo passerò alla varietà che io ho creduto di potere accettare, appartenendo ad una forma distinta già con nome nuovo dal BETTONI. La forma tipica, che fu istituita dal MENEGHINI come varietà del Coe. crassum J. et B., ha una conchiglia discoidale, compressa ed assai variabile con lo sviluppo. La spira si svolge più rapidamente nei giri interni che negli esterni e quindi l’ombelico si accresce proporzionatamente col diametro mentre l’invo- luzione, non mai molto sentita, diviene invece più piccola. Lo spessore dei giri diminuisce notevolmente con l’accrescimento, ciò che le misure comparative dimostrano evidentemente; però esso non è molto uni- forme per io stesso diametro. I due esemplari più grandi misurati, non tanto differenti di grandezza, lo hanno infatti alquanto diverso, ma la differenza si trova però più frequentemente e più spiccatamente nei giri interni, ove (Tav. VIII [XLVII], fig. 4) lo spessore del giro ad un diametro di mm. 21 può essere la metà del diametro stesso, come anche più dei 6 decimi, il che si osserva alla grandezza ora citata nel- l’individuo della fig. 6, Tav. VIII [XLVIII]. Anche l’altezza dei giri diminuisce proporzionatamente con Io sviluppo, però la diminuzione non è mai tanto notevole come per lo spessore. I giri interni hanno pure una forma ben diversa da quella degli esterni, in rapporto anche col cambiamento degli ornamenti. Fino al diametro di 25 o di 30 millimetri, ed in generale fino a che non comincia la camera di abitazione, i giri hanno il massimo spessore sul primo terzo esterno circa della loro altezza, ove sono angolosi, hanno i fianchi che inclinano notevolmente verso l’ombelico, il quale resulta molto profondo, ed hanno il dorso ampio e pochissimo curvato e la sezione trapezoidale slargata in alto. Oltre tale diametro, e tanto mag- 1 JOKOYAMA. Jurass.-Amm. fr. Echizen a. Nagato, pag. 16, tav. 4, fig. 4-6. [297] A. FUCINI 125 N giormente quanto è più avanzato lo stadio di sviluppo, lo spessore dei giri si sposta verso la metà dei fianchi, i quali perdono l’angolosità e l’inclinazione verso l’ombelico; questo resulta allora poco profondo, il dorso si restringe e s’incurva e la sezione diviene spiccatamente arrotondata e alquanto depressa. I primi giri sono ornati sui fianchi da grosse e rade pieghe, un poco inclinate in avanti, larghe quanto gli intervalli, le quali sul margine esterno ed in corrispondenza del massimo spessore dei giri stessi for- mano un ingrossamento molto notevole, mammillonare, sul quale si riuniscono, prima a tre per tre, poi a due a due, le costicine più o meno leggere che si trovano sul dorso con lieve curva convessa in avanti. Talora rapidamente col cominciare della camera di abitazione, talora a grado a grado, le pieghe dei fianchi si assottigliano, perdono quasi l’ingrossamento all’esterno e divengono meno spiccate delle coste che si trovano sul dorso, le quali sono andate, all’opposto, continuamente accrescendosi in rilievo e in spessore. Allora non si ha più sul margine esterno dei giri una qualsiasi suddivisione di coste; queste vanno da una sutura all’altra mantenendosi semplici, ma con andamento alquanto tortuoso ed ingrossate gradatamente dalla sutura fino al dorso; solo sul margine esterno, che talura è molto basso, presentano un piccolo rilievo, come residuo degli ingrossamenti che si trovano nei giri interni. Sui fianchi esse sono diritte ed alquanto proverse; dopo il piccolo rilievo si volgono un poco indietro e quindi di nuovo si piegano legger- mente in avanti sulla metà del dorso, ove presentano una ben leggera curva convessa in avanti. Quando gli esemplari sono completi, ancor che di piccole dimensioni e dopo che le coste hanno acquistato la mas- sima grossezza, il che avviene avanti l’ultimo quarto o l’ultimo quinto della spira, si ha prima dell’aper- tura una porzione di giro nella quale le coste sono più depresse, meno grossolane, talora quasi indi- stinte, spesso più fitte, sempre più inclinate in avanti delle altre. Tale carattere che è molto interessante e distintivo per questa specie, sebbene si trovi anche in altre, non si osserva nell’ esemplare originale del MenEGHINI che io ritengo mancante dell’ultima porzione della spira. Il peristoma non può assicurarsi presente in alcun esemplare, solo può notarsi come negli individui che sembrano completi la spira finisca con un solco più largo e più profondo dei posteriori intervalli intercostali, dei quali apparirebbe un poco più obliquo. La camera di abitazione negli esemplari che sembrano completi occupa circa un giro e mezzo. La linea lobale (fig. 127) che non si può vedere frequentemente distinta, è stata da me rilevata per intiero dall’esemplare più piccolo figurato il quale rappresenta l’interno della spira di un individuo tipico e ben caratterizzato, al quale io ho tolto i due ultimi giri. Il lobo FIG. 127. sifonale è molto profondo, piuttosto ristretto e con selletta sifonale alta e poco ampia. : Il primo lobo laterale, poco largo, irregolare e con lunghe braccia, è profondo quasi Fassa quanto il precedente. Il secondo laterale, pure poco largo, e non molto regolare, resulta e ‘Ara assai meno profondo del sifonale ed è uguagliato dal primo accessorio ancora più ri Mie ec Mem. are. stretto ed un poco obliquo verso -Pesterno. Un secondo lobo accessorio piccolo e sem- sa al diametro di > : : È 9 D 9 ò mm.20,in grandezza plice si trova avanti la sutura ombelicale. Dopo di questa, nell’interno del giro, sì naturale. trovano due lobi molto ristretti, obliqui verso l’interno, profondi quasi quanto il sifonale. Viene quindi il lobo antisifonale assai poco largo, con incisioni laterali piuttosto spiccate e terminato nor- malmente con due lunghe punte, con le quali raggiunge la profondità del lobo sifonale. La sella esterna è poco ampia, molto alta e assai ramificata. La prima sella laterale, poco ramificata, larga circa quanto l'esterna, della quale è un terzo circa più bassa, appare tripartita alla sommità più regolarmente della seconda sella laterale che è ugualmente alta ed alquanto più ristretta. La prima sella accessoria, molto piccola e ridotta, è presso che simile alla seconda, la quale riceve la sutura dell’ombelico. All’interno del giro si trova da prima una piccola sella sottile, obliqua e non molto alta, e dopo la sella ‘interna assai ramificata, snella, ed alta circa quanto la seconda laterale. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 16 126 A. FUCINI [298] Il Coel. indunense Mer. non può confondersi, a sviluppo completo, con nessuna altra specie di Coeloceras, per le sue peculiari caratteristiche, ma quando però si avessero in esame solamente porzioni concamerate della spira ben facilmente potrebbe esser confuso con altre forme. Esaminando infatti gli esemplari rappre- sentati dalle fig. 4, 6, Tav. VIII [XLVIII], si scorge subito molto bene come essi potrebbero riferirsi tanto a quella forma di Coel. pettos Quenst.! trovata presso Galati in Sicilia dal GemmeLLARO 2), quanto a quella della stessa località e che dal GemmeLLARO 3) fu chiamata Coel. subpettos. L' esemplare rappresentato dalla fig. 5, Tav. VIII [XLVIII], che non è certamente completo, presenta anche, insieme con altri, una notevole affinità con quelli di Coel. Seguenzae, pure illustrati dal GemmeLLARO 4). Una identità fra le specie siciliane e quella in esame non potrebbe però essere stabilita giustamente, per il fatto che esse, oltre ad essere poco ben definite, perchè rappresentate da individui giovanili o da porzioni interne di spira, sembrano realmente differenti fra loro e potrebbero alla stessa guisa riguardare altre specie vicine come sono quelle sotto descritte. Considerata la maggiore antichità delle specie siciliane si può con molta verosimiglianza ritenere che esse, specialmente l’ A. subpettos Gemm., sieno le forme ance- strali del Ceol. indunense Mez. non solo, ma anche di alcune altre specie che io descriverò in seguito. L’esemplare della fig. 8, Tav. VIII [XLVIIIT] può, insieme con molti altri non figurati, considerarsi come un termine di passaggio alla varietà sotto descritta, per le coste assai fitte e poco grossolane nell’ ultimo giro. Esso è però molto interessante perchè le pieghe grossolane della parte interna della spira cessano repentinamente col cominciare della camera di abitazione, perchè questa apparisce più corta che in altri individui e perchè è assai bene distinta la porzione finale della spira in corrispondenza della quale si hanno coste più fitte, più minute e più oblique. Dei numerosi esemplari esaminati, in parte conservati nel calcare rosso del Lias medio ed in parte maggiore in quello grigio, molti appartengono ai Musei di Firenze e di Pisa, alcuni sono del Museo di Monaco di Baviera. Var. tardevoluta Bem. — Tav. VII [XLVII]], fig. 9-13. 1900. Coeloceras Ragazzomi (non Hauer) mut. tardevoluta. Bettoni. Fossili domeriani, pag. 73, tav. XI, fig. 11. DIMENSIONI I II III Diametro . 5 c . " : . È mm. 48 mm. 46 mm. 44 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,24 0,24 0,25 Spessore ” » » 0,31 0, 33 0,33? Larghezza dell’ombelico » » 0,56 0, 54 0,52 Ricoprimento della spira » » 0,30 0, 40 0,04? Questa varietà differisce dalla forma tipica solo che per le coste, le quali, lungo la camera di abita- zione, sono più sottili e più numerose; del resto i caratteri generali della conchiglia e quelli più speciali dei giri sono identici. i) QuENSTEDT. Cephalopoden, pag. 179, tav. XIV, fig. 8. 1) GEMMELLARO. Poss. d. str. a T. Aspasia, pag. 17, tav. VI, fig. 3-5. 3 In. L. cît., pag. 17, tav. VI, fig. 6-9; tav. VII, fig. 19. 4 In. L. cît., pag. 16, tav. III, fig. 811. [299] A. FUCINI 127 L’esemplare del Medolo che il BertoNI riferì al Coel. Ragazzonii come mut. tardevoluta è stato da me riconosciuto perfettamente identico alla forma in esame dopo il paragone diretto fattone per gentile con- cessione dello stesso Bertoni. La differenza consiste solo nelle dimensioni. Degli esemplari esaminati, tutti provenienti dai calcari grigi del Lias medio, tre appartengono al Museo di Pisa ed uno a quello di Firenze. 9. Coeloceras Maresi Rewn. — Tav. X [L], fig. 1. 1868. Ammonites Maresi RevnÈs. Geol. et paléont. Aveyr., pag. 95, tav. III, fig. 3. DIMENSIONI Diametro . i 5 5 5 5 c : 5 c o 6 0 mm. 47 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . ; È ò 5 0,23 Spessore » » 5) : ; 6 3 ” 0,29 Larghezza dell’ombelico nat » É 5 ; ; ; 0,53 Ricoprimento della spira » » : . ; . 0 0,05 L’esemplare originale figurato dal ReynÈs non è evidentemente completo, per cui, a mio credere, non presenta alcuni caratteri che si osservano in quello che io vi riferisco, il quale è di sviluppo più avan- zato, sebbene neppure completo, ma che vi corrisponde però molto bene allo stesso diametro. La conchiglia, discoidale, non molto compressa, si accresce più rapidamente all’interno della spira che non all’esterno, mentre l’involuzione diminuisce. I giri, sempre più larghi che alti e con sezione sub-arro- tondata, depressa, si accrescono molto in spessore fino alla metà dell’ultimo giro, d’onde poi, mantenendo circa la stessa altezza, vanno restringendosi fino all’apertura. In accordo a questo carattere si ha pure che fino alla metà dell’ultimo giro i fianchi sono più rigonfi ed il dorso conseguentemente più largo di ciò che si osserva alla fine della spira. Anche gli ornamenti cambiano dal penultimo all’ultimo giro, non potendo dir niente di quelli dei primi giri che sono poco ben conservati. Nel penultimo giro essi si vedono costituiti da pieghe, piuttosto grossolane, rade, separate da intervalli non molto larghi, le quali nascono non molto spiccate dall’ombelico, facendo una leggera curva convessa in addietro. Tali pieghe s’ingrossano quindi gradatamente e rapidamente fino oltre la metà dell’altezza del fianco, che raggiungono con direzione decisamente proversa ed ove sono quasi tubercoliformi. Oltrepassata di poco la metà del fianco le pieghe si sdoppiano, sembra molto regolarmente, in due coste assai distinte, che attraversano il dorso con una curva appena leggermente convessa in avanti e che si riuniscono sul fianco opposto nella piega corri- spondente. Tali caratteri, che siconservano fin presso la metà dell’ultimo giro, corrispondono perfettamente quelli a che si osservano nell’individuo figurato dal RernÈs. Oltrepassato però il primo terzo dell’ultimo giro gli ornamenti vanno gradatamente cambiando nei loro caratteri. Le pieghe della parte interna dei fian- chi diventano meno grossolane, più fitte, più irregolari e meno ingrossate presso la metà del giro, ove tanto più raramente si sdoppiano quanto più si procede verso l’apertura. Le pieghe che non si sdoppiano, talora più sottili delle coste che attraversano il dorso, sempre molto irregolari, si rialzano e si ingrossano poco in corrispondenza del punto dei fianchi ove succede lo sdoppiamento delle pieghe e che con l’accre- scimento cambia leggermente di posizione poichè, anzichè rimanere al di sopra della metà dell’altezza del giro, resta un poco al disotto. Oltrepassato questo punto, tanto le pieghe che rimangono semplici, quanto le coste che vengono originate per lo sdoppiamento delle altre pieghe, volgono un poco all’indietro, origi- nando una leggera angolosità, ed attraversano il dorso con leggera curva convessa indietro, opposta quindi 128 A. FUCINI [300] a quella molto lieve manifestata nel penultimo giro. Debbo infine rilevare come tra i solchi intercostali dell'ultima porzione della spira, divenuti tutti assai irregolari, se ne abbiano alcuni tanto più larghi degli altri da potersi quasi ritenere come strozzature peristomatiche. La camera di abitazione, certamente non completa, oltrepassa la lunghezza dell’ultimo giro. Niente si scopre della linea lobale. N L’esemplare è conservato nel calcare grigio del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. 10. Coeloceras Avanzatii n. sp. — Tav. X [L], fig. 3. DIMENSIONI Diametro . i ò 5 o 6 SUS CREO 6 n i 5 2 mm. 43 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . ò . : È 0,27 Spessore » » » SEM 5 È È 0,27? Larghezza dell’ombelico » » a : c c ; 0,48 Ricoprimento della spira » i » seat 3 ; : 0,04 Conchiglia discoidale, compressa, di accrescimento piuttosto lento e di piccola involuzione, poichè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un quarto circa della sua altezza. Al principio dell’ultimo giro lo spessore del giro stesso è notevolmente maggiore dell’altezza; invece sul finire della spira, ove però il fianco destro è mancante e mal conservato, appare uguale. I fianchi sono appianati e scendono assai rapidamente tanto verso l’ombelico, intorno al quale formano una superficie piuttosto alta, quanto verso il dorso ove producono un margine esterno nettamente distinto. Il dorso è largo e poco convesso. La sezione dei giri resulta sub- quadrangolare. L’ultimo giro, che è per tre quarti occupato dalla camera di abitazione, evidentemente non completa, è ornato da pieghe, in numero di 31, assai regolari, divise da intervalli più larghi, radiali, diritte, le quali nascono un poco sopra alla sutura ombelicale e vanno regolarmente ingrossandosi fino al margine esterno del fianco, ove si rialzano rapidamente dando origine ad una specie di ingrossamento tubercoliforme, dopo il quale si suddividono in due od in tre coste che attraversano il dorso leggermente arcuate in avanti. La suddivisione delle pieghe in tre coste avviene più frequentemente al principio dell’ul- timo giro, mentre alla fine di questo si ha più facilmente la suddivisione in due. Nell’ultima metà del penultimo giro sembra che le pieghe si suddividano alternativamente in due ed in tre coste, poichè si ha una piega sì ed una no molto più grossa e sviluppata, in special modo verso il margine esterno. Più all’interno della spira non si scorge nessuna differenza tra le pieghe, ma bisogna avvertire che la con- chiglia non vi è molto ben conservata. La linea lobale (fig. 128) ha il lobo sifonale molto profondo, non tanto largo e con braccia laterali non molto prolungate. Il primo lobo laterale, discretamente ampio, profondo alquanto meno del precedente, ha tre grandi braccia terminali, delle quali l’esterna incide: assai in . alto ed obliquamente la sella esterna, mentre la mediana e l’interna sono ugualmente ESSI profonde, ed interpongono una selletta secondaria triangolare. Il secondo lobo laterale, i o molto piccolo e ristretto, profondo quanto le due più prossime braccia terminali del Leo px; precedente, è molto obliquo verso l’esterno ed è molto simile al primo accessorio che presa al diametro è un poco più profondo. La sella esterna, non tanto larga, ma molto alta, ha, superior- Gin. 20 in gran mente, tre rami principali dei quali l’esterno è il più piccolo ed, inferiormente, un ramo interno molto sviluppato, determinato dal braccio esterno del primo lobo laterale. La prima sella laterale, molto più piccola della precedente, è bipartita inegualmente da un piccolo lobo secondario, in modo che la porzione interna resulta un poco più grande dell’esterna. La seconda sella laterale Fic. 128. {301] A. FUCINI 129 è molto piccola ed obliqua. La prima sella accessoria, ancor più piccola, riceve sul suo lato interno la sutura dell’ombelico. Questa specie ha indiscutibili affinità con il Coel. commune Sow.! e specialmente con quelle forme figu- rate dal D’OrBIGNY e dal Reyrnks. Come si rileva però anche dall’osservazione degli esemplari inglesi figurati dal WRIGHT, essa differisce dalla specie del SoweRBY per giri più larghi, per il minor numero e la maggiore robustezza delle pieghe sui fianchi e per la linea lobale in quanto riguarda specialmente il primo lobo laterale. Le forme figurate dal p’ OrBIGNY 2) e dal Reyrnks 3) hanno notevole somiglianza con quella di Cetona perchè presentano giri un poco più larghi degli esemplari figurati da WRIGHT e pieghe sui fianchi assai grossolane; il numero di queste però è sempre molto notevole e la linea lobale differente. Se è da ritenersi indiscutibile la differenza tra la mia specie e quella del SoweRBy, resta però la persuasione della esistenza di un intimo legame fra loro, in modo che si può giustamente ritenere come il Coel. commune sia un derivato diretto del Coel. Avanzati. b Avendo avuto in esame l’esemplare originale figurato dal BerTONI 4) in grandezza doppia del naturale, col nome di Coel/.? morosum, mi sono convinto che ad esso non deve riferirsi il mio, come potrebbe parere dalla sola osservazione della figura. La specie del Bertoni ha i giri più convessi sui fianchi, il dorso più arrotondato, le pieghe meno grossolane, in special modo verso l’interno dei fianchi stessi, più frequentemente semplici che divise in due coste sul margine esterno, ove mai si ha una tripartizione di esse ed ove alcune coste del dorso svaniscono senza congiungersi a nessuna delle laterali. La linea lobale della specie del BertoNI, somigliando poi molto nelle linee generali a quelle figurate dagli autori per il Coel. commune, diffe- risce alla stessa maniera di queste da quella della mia specie. La mia specie somiglierebbe anche al Coel. crassum J. et B., se per tipo di questa si dovesse pren- dere la forma figurata dal WRIeHT con le fig. 8-10 della Tav. LXXXVI nella sua importante Monografia sulle Ammoniti del Lias, però essa ne sarebbe distinta per la sua compressione e per la regolarità ed anda- mento delle pieghe sui fianchi, non potendo dir niente della linea lobale. L’esemplare descritto è conservato nel calcare grigio del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. 11. Coeloceras cfr. commune Sow. — Tav. X [L], fig. 2. 1835. Ammonites communis SowerBr. Miner. conch., t. 2, pag. 10, tav. CVII, fig. 1-3. DIMENSIONI Diametro . . SS : . . o o o c x LI AAC Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro Ò ò 0 0 9 0,24 Spessore » » » 0 . o : . 0,19 Larghezza dell’ombelico » » : . ò c î 0, 53 Ricoprimento della spira » » ò o o . . 0,03 Io ho tenuto distinto dalla specie precedente un esemplare assai grande che mi è sembrato differirne per alcuni caratteri che lo ravvicinano molto al Coel. commune Sow. Esso, in confronto con il Coel. Avanzatii, 1) SownRByY. Miner. conch., t. 2, pag. 9, tav. CVII, fig. 1-3. 2) D’ORBIGNY. Paléont. frang., Terr. jurass., t. I, pag. 336, tav. CVIII. 3) ReyNES. Ammonites, tav. LVIII, fig. 10-22. 4) BaTTONI. Foss. domeriani di Brescia, pag. (1, tav. 8, fig. 14. 130 A. FUCINI [302] ha i giri più alti che larghi, con sezione ellittica, che si accrescono meno lentamente e che sono provvisti di pieghe relativamente più numerose. Tali pieghe sono poi più proverse, più ottuse, qualche volta semplici, quasi sempre suddivise in due coste presso il dorso e in un punto meno esterno di quello nel quale si suddi- vidono, corrispondentemente, Je pieghe della specie sopra descritta. La linea lobale poco bene distinta, per quanto abbia la prima sella laterale bipartita, sembra riferirsi bene a quella del Coel. commune Sow. per il primo lobo laterale che forse termina più spiccatamente con tre braccia. Per la suddivisione delle pieghe, che avviene non molto esternamente, questa specie somiglia anche al Coel. Holandrei D’OrB.! che il Reynks ? ritiene una varietà della specie sowerbiana, l'accrescimento però è differente, come pure la forma dei giri. Somiglia assai al mio esemplare di Cetona quello dei dintorni della Rocchetta, presso Serra S. Quirico, che il MENEGHINI *) figurò confrontandolo al Coe. Braunianum D’ORB., del quale il BonarELLI fece il Dact. Pantanellii, e che si distingue specialmente per i caratteri delle coste sul dorso, nonchè per il maggior numero di pieghe sui fianchi. L’esemplare esaminato è conservato nel calcare grigio del Lias medio ed appartiene al Museo di Monaco di Baviera. 12. Coeloceras fallax n. sp. — Tav. VIII [XLVIII], fig. 14-16; Tav. IX [XLIX], fig. 1, 2, 4, 5, 7. DIMENSIONI I II III IV SVA Diametro . c c 5 o 0 0 . mm. 59 mm. 55 mm. 53 mm. 46 mm. 19 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 0,27 0,25 0, 26 0,25 0, 33 Spessore » » » 0,25? 0,24 0,26 0,25 0,52 Larghezza dell’ ombelico » » 0,50 0,53 0,50 0,50 0, 42 Ricoprimento della spira » » 0,05 0, 03 0,05 0,05 0,10 Conchiglia discoidale, compressa, che si accresce più rapidamente all’interno della spira che non all’esterno e che ha una involuzione mediocre, la quale diminuisce però con l’accrescimento. I giri all’interno della spira sono assai più larghi che alti, appianati e declivi verso l’ombelico sui fianchi, angolosi sul margine esterno, ampiamente depressi e poco curvati sul dorso ed aventi una sezione sub-trapezoi- dale. Con lo sviluppo essi divengono più alti che larghi, appianati e declivi verso l’esterno sui fianchi, largamente arrotondati sul margine esterno, piuttosto strettamente arrotondati sul dorso e presentano una sezione sub-ovale. Anche gli ornamenti cambiano insieme con la forma dei giri. All’interno della spira essi sono costituiti da pieghe sui fianchi non molto rade, assai proverse, abbastanza spiccate anche presso l’ombelico e ingrossate sul margine esterno, dopo il quale si suddividono in due ed in tre costicine attra- versanti il dorso, con curva convessa in avanti. In seguito le pieghe divengono relativamente più sottili sui fianchi e s’ingrossano molto meno sul margine esterno, dopo il quale si suddividono in due coste i) D'ORBIGNY. Paléont. frang., Terr. jurass., t. I, pag. 330, tav. CV. ©) Revnbs. Ammonites, tav. LVIII, fig. 10-15. 9) MENEGHINI. Nuove Ammoniti, pag. 5, tav. XXI, fig. 5. [303] A. FUCINI hast o non si suddividono affatto, mantenendosi semplici. Con l’ulteriore sviluppo i giri divengono ornati da coste sempre semplici, più strette degli intervalli e proverse sui fianchi, ove presentano una leggera sinuosità assai spiccatamente convessa sul dorso, sul quale anzi presentano il maggior rilievo. Tali coste sono poi molto leggermente e quasi indistintamente ingrossate sul margine esterno dei giri, in corrispondenza del quale manifestano una distinta piegatura in avanti. La camera di abitazione non oltrepassa, in alcuni esemplari, la lunghezza di un giro ed un quarto. L’esemplare della fig. 14, Tav. VIII [XLVIII], il quale può considerarsi come termine intermedio tra la specie in esame ed il Coel. indunense Mer. descritto più sopra, presenta, insieme con altri non figurati, l’ultima porzione della spira ornata ad un tratto da coste più sottili, più depresse, più numerose e più proverse di quelle che si trovano nel resto del giro. La linea lobale (fig. 129) non ha caratteri molto distintivi. Il lobo sifonale, non tanto ristretto ed assai profondo, è quasi raggiunto in profondità da tutti gli altri lobi. Di questi, il primo laterale, discretamente ampio, può ritenersi provvisto di due grandi braccia terminali, anzichè di tre, poichè quelle che sarebbero state esterna e mediana sono talmente DI ds: SANTE Zi Fic, 129. saldate insieme che si confondono in un braccio solo. Il secondo lobo laterale è ristretto e poco regolare ed il primo accessorio, il solo visibile, molto ridotto. La sella esterna, ampia e molto alta, ha ramificazioni non molto sottili, assai divaricate ed in numero a pari. La prima sella laterale, ristretta e poco alta, viene superata in larghezza, ma non si PRISENTI in altezza, dalla seconda laterale che si presenta bipartita all’estremità in due parti TROIA pressochè uguali. Poco si vede della sella accessoria piccola e ridotta. Questa specie collega il Coel. indunense Maz., da un lato con il Coel. aegrum m. e da un altro con il Coel. simulans m., tutte specie descritte in questo lavoro ed alle quali potrebbe venir riferita, per in- ganno di esemplari non molto buoni. Il Coel. indunense Mar. differisce dal Coel. fallax, specialmente a piccolo sviluppo, per le pieghe dei fianchi più grossolane, meno distinte verso l'ombelico e più ingrossate sul margine esterno, ed a sviluppo completo, per i giri più larghi, più arrotondati sui fianchi, più depressi sul dorso e per le coste più gros- solane, non tanto proverse e per la linea lobale. Il Coel. aegrum ha certamente un’ altra origine del Coel. fallax, avendo caratteri molto diversi nell’in- terno della spira e differente sviluppo nella forma dei giri e degli ornamenti. Anche la linea lobale è molto diversa. Il Coel. simulans presenta le maggiori differenze con il Coel. fallax allo stadio adulto, per avere giri di forma differente, coste assai più grossolane e meno proverse, nonchè linea lobale diversa in special modo per i caratteri della sella esterna. Il Coel. Ragazzonii figurato dal ReynÈs !, il quale in verità non corrisponde molto bene alla forma tipica dell’ HauER, ha grande somiglianza con la specie presente, la quale gli si avvicina specialmente allo stadio adulto; sembra però assai differente lo sviluppo degli ornamenti nell’interno della spira. Gli esemplari esaminati, assai numerosi, sono conservati nel calcare grigio del Lias medio ed appar- tengono in parte al Museo di Firenze e in parte a quello di Pisa, alcuni sono del Museo di Monaco di Baviera ed uno è del Museo civico di Milano. 41) RanyNES. Geol. et paléont. Aveyr., pag. 90, tav. I, fig. 1. 132 A. FUCINI [304] Var. irregularis n. var. — Tav. IX [XLIX], fig. 6. DIMENSIONI Diametro . ò è ° c o o 7 c c o c . mm. 54 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro ò A c c 0 0, 26 Spessore » : » » 0 ; . 7 ; 0,28 Larghezza dell’ombelic » » 6 c 0 È . 0,50 Ricoprimento della spira » » 5 3 . ‘ o 0,04? Riferisco al Coel. fallax, come var. èrregularis, un esemplare che poteva forse, se accompagnato da altri individui simili, separarsi anche specificamente. I caratteri dell’interno dalla spira, stando a quello che si può giudicare, sono identici a quelli della forma tipica. Le differenze con questa si manifestano nella camera di abitazione, che comincia in corrispondenza dell’ultimo quarto del penultimo giro, e consistono nella forma dei giri e nell’ornamentazione. I giri sono più arrotondati sui fianchi, più depressi sul dorso, assai più spiccatamente crescenti in spessore ed hanno sezione decisamente arrotondata. Gli ornamenti sono molto più irregolari, ora sottili e ravvicinati, ora grossolani e separati da intervalli assai larghi; ora sono radiali, ora proversi, ora diritti ed ora curvati o sinuosi. Sul dorso essi fanno una curva convessa in avanti, più larga e meno accentuata. La linea lobale sembra essere:simile a quella della forma tipica. L’esemplare, conservato nel calcare grigio del Lias medio, appartiene al Museo di Pisa. Var. semiplicata n. var. — Tav. IX [XLIX], fig. 3. DIMENSIONI Diametro . 3 5 è 6 è o 6 : 5 ò 5 . mm. 50 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 6 ” o 0 . 0,26 Spessore » » » : 3 ; 6 i 0,25 Larghezza dell’ombelico » » . . . o o 0,50 Ricoprimento della spira » » 6 0 o 7 . 0, 04 N All’opposto di quello che è stato osservato nella precedente, questa varietà differisce dalla forma tipica per i caratteri della parte interna della spira, mentre corrisponde ad essa molto bene nell’ultimo giro. I primi giri sono, è vero, ornati da pieghe rade e grossolane come i corrispondenti della forma tipica, ma tali pieghe sono però più rade, più proverse, più irregolari, essendovene alcune più ed altre meno spiccate, ed hanno sopra tutto un diverso andamento poichè, anzichè concave, si presentano manifestamente curvate in avanti sui fianchi. La camera di abitazione comincia sulla metà dell’ultimo giro, per cui l’in- dividuo non può certo ritenersi completo. La linea lobale è simile a quella della forma tipica. L’esemplare esaminato è conservato nel calcare grigio del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. 13. Coeloceras simulans n. sp. — Tav. IX [XLIX], fig. 8, 9, 11, 15. DIMENSIONI I Il III IV Diametro . 6 0 % Ò è ; o mm. 50 mm. 47 mm. 43 mm. 41 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,24 0,22 0,25 0,25 Spessore » » » 0, 28 0,27 ? 0,29 Larghezza dell’ombelico » ; » 0,56 0, 57 0,53 0,50 Ricoprimento della spira » » 0,03 0,02 0,03 0,03 [B05] A. FUCINI 138 Conchiglia discoidale, compressa, di accrescimento piuttosto lento, ma più rapido all’interno che all’esterno della spira, e di involuzione piccola, ma che diminuisce con l’accrescimento. I giri, sempre più alti che larghi, hanno a piccolo diametro i fianchi appianati, declivi verso l’ombelico e separati dal dorso, che è largo ed appiattito, da carene marginali molto distinte; con l'ulteriore sviluppo essi divengono assai curvati tanto sui fianchi quanto sul dorso e, perdendo la carena marginale, presentano una sezione arro- tondata, mentre per l’avanti era trapezoidale. All’interno della spira gli ornamenti consistono in pieghe rade, ottuse e grossolane sui fianchi, ingrossate talora molto spiccatamente sul margine esterno, sul quale formano dei tubercoli più o meno sviluppati. Verso tali tubercoli convergono poi a tre ed a quattro le coste che si trovano sul dorso, che sono assai distinte e che presentano una manifesta curva convessa in avanti. Con l’accrescimento le pieghe dei fianchi diminuiscono di grossezza, i tubercoli marginali si atte- nuano grandemente, le coste sul dorso si fanno sempre più spiccate, rilevate e meno aggruppate ai margini, per modo che in ultimo i giri sono ornati da coste semplici, deboli presso'l’ombelico e molto spic- cate sul dorso verso il quale si accrescono gradatamente in grossezza, presentando solo, come residuo dei precedenti tubercoli, un leggero ingrossamento tubercolare sul margine esterno dei fianchi. Le coste allora sono più o meno spiccatamente proverse sui fianchi, e sul dorso formano sempre una manifesta curva convessa in avanti. Gli esemplari più grandi figurati hanno la camera di abitazione estesa per un giro ed un quarto, ma non per questo possono ritenersi del tutto completi. La linea lobale ha tutti i lobi pressochè della stessa profondità. Il primo lobo laterale è molto irre- golare; i due accessori sono ridotti ed obliqui verso l’esterno. La sella esterna assai alta presenta ramifica- zioni terminali pari ed è provvista alla base, dal lato interno, di un ramo secondario sviluppato ed obliquo. La prima sella laterale, alquanto corrosa nei minuti dettagli, è piccola bassa ed asimmetricamente termi- nata. La seconda sella laterale è più alta della precedente, più sottile e bipartita da un piccolo lobo secon- dario, per modo che la porzione interna resulta più piccola di quella esterna. La prima sella accessoria è molto ridotta, così pure la seconda che riceve la sutura dell’ombelico. Il Coel. simulans somiglia alquanto al Coel. indunense MeHx., più sopra descritto, con il quale forse ha la Stessa origine genetica, dato il medesimo svolgimento dei caratteri evolutivi; ma un esame attento fa scor- gere facilmente come nella specie presente si abbia, anche nell’interno della spira, l'accrescimento meno rapido, che origina un ombelico più ampio, giri meno larghi, coste più proverse ed un’altra linea lobale. Più che alla specie meneghiniana il Coel. simulans si accosta meglio al Coel. intermedium, sotto descritto, col quale ha anche dei termini di passaggio (Tav. IX [XLIX], fig. 9, 15), ma è tuttavia bene di- stinto anche da questo per maggior numero e minor grossezza di pieghe nell’interno della spira e di coste al- l’esterno, per le coste o pieghe che divengono semplici ad uno sviluppo meno inoltrato e per i giri meno appianati sui fianchi ed aventi minore spessore. Altra specie alla quale molto apparentemente si avvicina il Coel. simulans è il Coel. subanguinum Meaxz.! il quale ha però diverso sviluppo. Se vuolsi esaminare infatti l’interno della spira si vede come quest’ultima specie sia priva o quasi dei grossi tubercoli sul margine esterno dei fianchi e sia quindi, in dipendenza di questo, priva anche di altri caratteri. Nell'ultimo giro le coste sono poi di grossezza più uniforme dall’ombelico fino al dorso, presso al quale si biforcano anche in vicinanza dell’apertura, mancano .del caratteristico ingrossamento sul margine esterno dei fianchi ed hanno direzione più radiale ed anda- mento meno curvato. Dei dieci esemplari esaminati, uno solo è conservato nel calcare rosso e gli altri nel grigio del Lias medio. Di questi ultimi, cinque appartengono al Museo di Firenze e quattro a quello di Pisa. 1) MENEGHINI. Monogr. des foss., pag. 73, tav. XVI, fig. 9. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 17 134 A. FUCINI 3 ì [306] Var. subplanulata n. var. — Tav. IX [XLIX], fig. 10, 12-14. DIMENSIONI I II III IV Diametro . . ; 6 0 c . 0 mm. 45 mm. 43 mm. 35 mm. 27 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,26 0,27 0, 28 0,28 Spessore » » » 0, 26 0,27 0,31 0,37 Larghezza dell’ombelico » » 0,53 0, 51 0,50 0, 48 Ricoprimento della spira » » 0, 02 0,02 0,03 0,04 Conchiglia che si accresce poco rapidamente anche all’interno della spira e che ha piccola involuzione ed ombelico poco profondo. I giri, alquanto più larghi che alti e con sezione sub-trapezoidale a piccolo diametro, divengono almeno alti quanto larghi e con sezione sub-arrotondata a notevole sviluppo. I fianchi sorio appiattiti per quasi tutta la spira; nei giri interni inclinano verso l’ombelico, negli esterni sono paralleli al piano mediano della conchiglia, solo presso l'apertura degli esemplari più grandi divengono un poco arrotondati. Gli ornamenti nei giri interni e sui fianchi consistono in pieghette, talvolta piuttosto numerose, sottili, leggermente convesse in dietro, assai proverse, deboli presso l'ombelico e gradatamente ingrossate fino al margine esterno, ove producono, deprimendosi ad un tratto, una specie di tubercolo dopo il quale si suddividono in due od in tre costicine che attraversano il dorso con curva convessa in avanti. Con lo sviluppo, come accade in altre specie e forme vicine, le pieghe dei fianchi si assottigliano, si fanno leggermente convesse in avanti, non s’ingrossano più tanto nè si suddividono presso il dorso, ed i giri divengono «ornati da coste semplici, deboli presso l’ombelico, leggermente ingrossate sul margine esterno e molto rilevate sul dorso, ove presentano una curva convessa in avanti. È notevole il fatto che tali coste, non mai tanto spiccate per la massima parte della conchiglia, si rendono rapidamente assai grossolane in vicinanza dell’apertura degli esemplari più sviluppati (Tav. IX [XLIX], fig. 10, 12) che però non possono dirsi completi per avere la camera di abitazione Innga solo un giro È ARIA ed un punto circa. SEIT. La linea lobale (fig. 130), rilevata dall’esemplare della fig. 12, Tav. IX [XLIX], cor- Fis. 130. Linea lobale del Coe. YiSponde assai bene a quella della forma tipica. simulans n. sp., Var. riotà 7 ict] " ini n= O | i Il SIATE (Questa varietà si distingue dalla forma tipica per avere in generale pieghe più al diametro di mm. sottili e più numerose sui primi giri, fianchi più appiattiti, coste meno grossolane e Yi d y ,]}n grandezza na- Ta . . . AREA che si ingrossano molto e rapidamente presso l’apertura. Essa costituisce una forma intermedia tra il Coel. simulans ed il Coel. sublaeve, sotto descritto ed è intimamente collegata al tipo dall’esemplare più grande figurato. Dei sei esemplari esaminati, tutti conservati nel calcare grigio del Lias medio, quattro appartengono al Museo di Pisa e due a quello di Firenze. Var. subcontraria Mex. in schedis. — Tav. X [L), fig. 8. ‘ DIMENSIONI Diametro . : . c i; 6 ; i . o 7 . . mm. 49 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro " , 0 c ò 0, 26 Spessore » » » ù È à i 6 0,27 Larghezza dell’ombelico » » o 0 , ò 0 0,53 Ricoprimento della spira » » . o o à 3 0,03 [307] A. FUCINI 135 Il MENEGHINI aveva distinto, nell’etichetta scritta da lui, col nome di A. subcontrarius un esemplare che mi sembra riferibile al mio Coel. simulans, come individuo teratologico, 0, se vuolsi conservare il nome meneghiniano, come varietà distinta della suddetta specie, alla quale quindi sono stato in dubbio se dovessi assegnare il nome indicato dal MenEcHINI. Nella considerazione però che tale nome era stato scelto per una forma speciale, la quale non è anche di sicuro riferimento, dati i suoi caratteri anormali e l’imper- fetta conservazione, ho creduto meglio conservarlo strettamente nel senso primitivo. La conchiglia, per l'accrescimento, per l’involuzione e per la forma dei giri, è simile a quella del tipico Coel. simulans, però niente si può dire dei caratteri dei giri interni che non sono conservati molto bene. Il carattere speciale consiste nella forma strana che prendono le coste sul dorso, non per tutta la spira però, sibbene per poco più dell’ultimo giro. In precedenza a questa porzione di spira le coste sul dorso sono, come quelle corrispondenti del Coel. simulans, piuttosto sottili, depresse, continue e convesse in avanti; dopo divengono ad un tratto più grossolane, irregolari, discontinue, molto curvate, ripiegate indietro e riunite, ad angolo acuto volto posteriormente, lungo una linea spostata verso il fianco destro. Lungo questa linea si osserva anche una lieve depressione. x L’esemplare è conservato nel calcare grigio del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. 14. Coeloceras sublaeve n. sp. — Tav. X [Lj fig. 13. DIMENSIONI I H 1) Diametro . ; E o 6 5 0 . mm. 40 mm. 21 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 0, 28 0, 38 Spessore » » » 0,27 0,42 Larghezza dell’ombelico » » 0,45 0,42 Ricoprimento della spira » » 0,03 0, 04 Sebbene io abbia in esame un unico esemplare e non completamente conservato, poichè la camera di abitazione comprende solo la metà circa dell’ultimo giro, tuttavia credo di poterlo prendere a tipo di una nuova specie per i suoi caratteri assai particolari ed interessanti. La conchiglia discoidale, compressa, di mediocre accrescimento, si sviluppa più rapidamente all’interno che non all’esterno della spira; ha involuzione piuttosto piccola, ombelico non tanto largo e presenta giri mutevoli di forma poichè, da essere più larghi che alti e con sezione subtrapezoidale a piccolo «diametro, divengono in ultimo un poco più alti che larghi e con sezione subquadrangolare. I fianchi sono appianati e nei giri interni declinano verso l’ombelico, il quale non è tanto profondo. Il dorso, che a piccolo sviluppo è pure appianato e distinto dai fianchi mercè margini laterali piuttosto distinti, si arrotonda alquanto con l'accrescimento e si unisce ai fianchi per margini assai regolarmente curvati. Gli ornamenti sono simili a quelli della var. subplanulata del Coel. simulans precedentemente descritta, ma più sottili. Essi consistono nell’interno della spira di piccole pieghe sui fianchi, deboli presso l’ombelico ed ingrossate verso l’esterno, ove vanno con direzione proversa ed ove producono una specie di tubercolo prima di dividersi gene- ralmente in due, minute, sottili e pressochè indistinte costicine, le quali attraversano il dorso con manifesta curva convessa in avanti. Con l’ulteriore sviluppo i giri divengono ornati da coste spesso semplici, che nascono deboli dall’ombelico, che si ingrossano leggermente fino al margine esterno, da esse raggiunto con direzione proversa ed andamento curvato convessamente in avanti, e che quindi nuovamente si deprimono 4) Queste misure sono prese sul penultimo giro. 136 A. FUCINI [308] per attraversare il dorso sempre manifestamente convesse in avanti. Ho detto che le coste sono spesso, e non sempre, semplici, perchè talora sul dorso, anche in prossimità dell’apertura, esse resultano bipartite, sebbene non mai tanto spiccatamente ed in modo da sembrare piuttosto bifide in corrispondenza di una porzione ristretta del dorso stesso. È bene notare qui che, considerato lo stato incompleto della conchi- glia, non si può negare come nella porzione mancante, corrispondente ad un ulteriore accrescimento, tali ornamenti possano modificarsi e divenire magari più grossolani sul dorso anzichè sui fianchi, analoga- mente a quello che succede, però ad un diametro molto più piccolo, nel Coe. simulans. La linea lobale, alquanto corrosa, sui fianchi specialmente, ha il lobo sifonale discretamente largo, molto profondo e cun sviluppate braccia laterali. Il primo lobo laterale, che non raggiunge la profondità del precedente, è piccolo, ristretto, un poco obliquo verso l'esterno e terminato piuttosto simmetricamente con tre grosse punte. Il secondo lobo laterale resulta più piccolo, meno profondo e più diritto del primo laterale. I due lobiciattoli accessori un poco obliqui verso l’ esterno sono, in special modo il secondo, più profondi dei laterali, ma meno sempre del lobo esterno. Questo è quasi raggiunto da due lobicini che si trovano all’interno del giro, oltrepassata la sutura ombelicale, che somigliano ai lobiciattoli accessori, ma che sono però un poco obliqui verso l'interno. Il lobo antisifonale è profondo quanto il sifonale, assai largo e con braccia laterali poco sviluppate. La sella esterna, ampia e molto alta, ha ramificazioni secon- darie estese ed in numero pari. La prima sella laterale appare bipartita poco simmetricamente ed è più larga, ma forse ugualmente alta, della seconda laterale che sembra invece terminata con tre rami o foglie. Le due sellette accessorie, la seconda delle quali riceve la sutura dell’ombelico, sono molto piccole e ri- dotte; più sviluppata è la piccola e sottile selletta che è compresa tra i due lobicini interni. La sella interna appare, sul fianco destro, discretamente larga, non molto alta nè tanto ramificata e manifesta- mente bipartita, sul fianco sinistro invece sembra terminata con tre foglie. Il Coel. sublaeve differisce dalla specie precedentemente descritta per l’accrescimento più rapido, per i giri leggermente più alti e sopra tutto per gli ornamenti che sono più sottili e che hanno sul dorso un portamento differente. Per i caratteri del dorso a notevole sviluppo, la specie in esame somiglia anche al Coe. psioceroî- des, che però ha differenti caratteri degli ornamenti e altra linea lobale. L’esemplare proviene dai calcari grigi del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. 15. Coeloceras intermedium n. sp. — Tav. X [Lj], fig. 4-7. DIMENSIONI I II III IV Diametro . ò 7 o 6 o . . mm. 52 mm. 47 mm. 33 mm. 33 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,23 0, 26 0,27 0,27 Spessore » » » 0,30 Phel 0,37 * 0,37 Larghezza dell’ombelico » » 0,53 0,53 0,51 0,50 Ricoprimento della spira » » 0, 04 0, 04 0,05 0,05 Conchiglia discoidale compressa, non molto involuta e di accrescimento non tanto rapido, ma che diviene un poco più lento con lo sviluppo. I giri, sempre più larghi che alti, hanno, a piccolo diametro, una sezione subtrapezoidale, che poi diviene subrettangolare depressa. L’ombelico è più profondo nell’interno della spira che nell’esterno. Gli ornamenti giovanili consistono in pieghe molto rade, ottuse e poco numerose sui fianchi dei giri, molto depresse e quasi indistinte presso l’ombelico ed assai ingrossate sul margine esterno, ove formano ben spiccate protuberanze. Verso di queste ultime convergono poi a tre ed a quattro 1309] A. FUCINI 137 le coste assai minute che si trovano sul dorso, ove fanno una curva convessa in avanti. Come avviene per altre specie esaminate precedentemente, tali ornamenti si modificano con lo sviluppo e mentre le pieghe dei fianchi si raffittiscono, si assottigliano e vanno quasi perdendo l’ingrossamento sul margine esterno, corrispondentemente invece si diradano e s’ingrossano le coste del dorso le quali, passando ad aggrup- parsi solo a due sull’ingrossamento esterno delle pieghe, finiscono per costituire prevalentemente, insieme con queste ultime, delle coste semplici. Queste allora cingono completamente il giro, presentando sul mar- gine esterno un piccolo rigonfiamento ed il maggiore rilievo in corrispondenza del dorso, ove hanno una ben piccola curvatura convessa in avanti. Nell’esemplare della fig. 7, Tav. X [L], il quale ha la camera d’abitazione lunga tutto l’ultimo giro ed un quarto del penultimo, si ha presso l’apertura una porzione non molto lunga della spira, sulla quale gli ornamenti si fanno repentinamente molto piccoli, depressi, irregolari pressochè indistinti e più inclinati in avanti. Non credo al certo che l’individuo in parola possa costituire una forma a sè per quanto in altri, aventi uguale lunghezza di camera di abitazione, evidentemente però non completi, non si abbia il carattere presentato da esso. Della linea lobale non si vedono che traccie incerte. Il nome assegnato a questa specie indica la proprietà che ha d’interporsi fra diverse altre. Infatti sì può ritenere che il Coel. infermedium stia fra il Coel. simulans m., dal quale differisce per minor com- pressione della conchiglia e per maggiore grossezza degli ornamenti, e fra il Coel. obesum m. del quale ha invece maggior compressione, minore grossezza degli stessi ornamenti ed accrescimento più lento. Ugual- mente si può riconoscere la natura intermedia della specie in esame tra il Coel. obesum m. ed il Coel. pseudocrassum m., differendo dal primo nel modo ora notato e dal secondo per gli ornamenti più sottili. Anche il Coel. îindunense, al quale somiglia specialmente l'esemplare imperfetto rappresentato dalla fig. 7, Tav. X [L], è collegato alle specie sopra citate mercè il Coe. intermedium che si distingue sopra tutto per gli ornamenti più grossolani e per diverso sviluppo della spira. Dei sette esemplari esaminati, tutti conservati nel calcare grigio del Lias medio, quattro apparten- gono al Museo di Firenze e tre a quello di Pisa. 16. Coeloceras obesum n. sp. — Tav. X [L], fig. 9-12. DIMENSIONI I II III IV Diametro . c c c o . 0 . mm. 52 mm. 51 mm. 44 mm. 24 Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0, 22 0,27 0, 26 0,33 Spessore » » » 0,37 0,37 0,39 0,55? Larghezza dell’ombelico » » 0,50 0,50 0,52 0,42 Ricoprimento della spira » » 0, 06 0,06 0,07 0,08 Questa specie di Coeloceras è quella che ha la conchiglia meno compressa di ogni altra fra le tante trovate nel Monte di Cetona. Il suo accrescimento è mediocremente rapido e per quanto divenga più piccolo con lo sviluppo, tuttavia non è molto differente dall’interno all’esterno della spira. L’involuzione è pure maggiore di quella osservata per le altre specie descritte, inquanto che l’ultimo giro ricopre per un terzo almeno il penultimo ed a piccolo diametro per quasi la metà. Tanto a piccolo quanto a grande sviluppo il dorso è poco curvato, ed i fianchi declinano verso l’ombelico, dando luogo a una sezione più o meno spiccatamente subtrapezoidale. L’ombelico è sempre piuttosto profondo. All’interno della spira gli 138 A. FUCINI [310] ornamenti consistono in grosse e rade pieghe sui fianchi dei giri, deboli verso l'ombelico, molto ingros- sate sul margine esterno, ove formano delle spiccate protuberanze mammillari alle quali convergono, a cinque a quattro e con l’accrescimento a tre ed a due, le coste del dorso che sono assai minute ed arcuate in avanti. Con lo sviluppo tali pieghe si assottigliano e, mentre le coste del dorso s’ingrossano, finiscono col costituire insieme con queste ultime delle coste semplici, deboli sui fianchi, alquanto rilevate sulla metà dell'altezza del giro per formare un tubercolo piuttosto pronunziato e molto ingrossate sul dorso, ove non presentano alcuna curvatura. Nell’esemplare più grande, (Tav. X [L], fig. 11) che ha la camera di abitazione lunga quasi un giro e mezzo, si ha presso l’apertura una porzione del giro con coste meno grossolane, più ottuse, più irregolari e più inclinate in avanti di quelle che si trovano posteriormente. Negli esemplari delle fig. 9, 10, Tav. X [LL], i quali certo non:sono completi, perchè hanno la camera di abitazione estesa solo per l’ultimo giro, non si osserva con evidenza tale carattere, però se ne ha un indizio evidente nel primo il quale finisce con tre costicine molto sottili e molto ravvicinate. La linea lobale non si vede con chiarezza in nessun esemplare. Questa specie ha. spiccata somiglianza con quella forma che il QuenstEDT ! confrontò con il Coe. pettos e che distinse per i grossi nodi, però l’affinità e limitata ad uno stadio di sviluppo non molto grande, in quanto che le differenze notevolissime, che si osservano dopo negli ornamenti specialmente, si mani- festano con l’accrescimento. Altrettanto può dirsi riguardo alla forma riferita al Coel. pettos da WRIGHT 2) quale ha coste troppo rade e troppo grossolane nell’ultimo giro e diversamente conformate nell’interno della spira. L’esemplare più piccolo figurato dà opportunità di affermare l’intima connessione esistente tra il Coel. obesum m. ed il Coel. subpettos Gemm. *) che per essere più antico può considerarsi come l’ancestrale diretto. Tra altre specie osservate nel deposito del Monte di Cetona e che presentano delle somiglianze con quella, in esame vanno ricordate: il Coel. indunense McH., limitatamente però alla parte giovanile della spira; il Coel. simulans che ha conchiglia più compressa, di accrescimento assai meno rapido, con diversa forma dei giri e fornita di pieghe e di: coste più numerose, ed il Coel. intermedium, pure con conchiglia più compressa, che si accresce più lentamente, che ha ombelico assai meno rotondo e giri più appianati sui. fianchi e meno sul dorso. Dei cinque esemplari esaminati e conservati nel calcare grigio del Lias medio, due appartengono al Museo di Firenze, due a quello di Pisa, ed uno al R. Ufficio geologico di Roma. 17. Coeloceras levicosta n. sp. — Tav. IX [XLIX], fig. 16, 17. DIMENSIONI I II Diametro . 4 . mm. 47 mm. 23 Altezza FAP niio giro in apporto al o ò 0,24 0, 28 Spessore » » » ; 0,37? 0,47 Larghezza dell’ombelico » » i 0, 54 0,50 Ricoprimento della spira » » 7 0,05 0,08 1) QuENSTEDT. Amm. d. schw. Jura, pag. 274, tav. XXXIV, fig. 24. 2? WrIGHT. Lias Amm., pag. 363, tav. XXXVII, fig. 5-7; non tav. LXIX, fig. 5, 6. 3) GEMMELLARO. oss. d. str. a Ter. Aspasia, pag. 17, tav. VI, fig. 6-9; tav. VII, fig. 19. [311] A. FUCINI 139 Conchiglia discoidale, non molto compressa, di accrescimento mediocremente lento, anche ad un certo sviluppo, e di involuzione assai spiccata, poichè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un terzo circa della sua altezza. I giri conservano con lo sviluppo quasi la medesima altezza relativa, ma diminuiscono nellq spessore il quale però è sempre assai maggiore di quella. Essi hanno i fianchi, appianati, che all’ interno decli- nano piuttosto rapidamente verso l'ombelico, il quale resulta abbastanza profondo originando una sezione trapezoidale depressa, e che all’esterno sono presso che paralleli, dando luogo ad una sezione sub-rettango- lare trasversa. All’interno la spira è ornata da pieghe ottuse e non molto rade sui fianchi, molto deboli verso l’ombelico, assai rilevate ed ingrossate sul margine esterno, ove formano un tubercolo appuntito ed ove si suddividono in quattro ed in tre coste assai sottili, le quali attraversano il dorso con curva convessa in avanti. Con l’accrescimento le pieghe si assottigliano, il loro tubercolo sul margine esterno si rimpic- colisce e la suddivisione nello stesso punto diviene meno numerosa, mentre le coste del dorso si fanno un poco più grossolane. Finalmente presso l’apertura si hanno solo coste semplici, deboli e proverse presso l’ombelico e sui fianchi, rilevate e separate da intervalli alquanto più larghi sul dorso, ove presentano una curva convessa in avanti. La camera di abitazione, nell’esemplare più grande, occupa tutto l’ultimo giro ed un terzo del penultimo, però può ritenersi completa poichè la spira finisce con una ben manifesta depres- sione del giro e con un solco peristomatico distinto. Questo è anteriormente limitato da un margine verti- cale che ripete, sebbene non sia tanto proverso, l'andamento delle coste, essendo ripiegato in avanti presso l'ombelico, un poco convesso in dietro sui fianchi e convesso in avanti sul dorso. La linea lobale non si vede che molto confusamente. Sono stato in dubbio se dovessi riferire la forma in esame come varietà all’ una od all’altra delle due specie precedenti, ma mi sono deciso però a separarla completamente da ambedue, non avendovi osservato che affinità assai superficiali. Somiglia al Coel. intermedium sopra tutto per la forma dei fianchi e per i caratteri degli ornamenti, la conchiglia però è assai meno compressa, un poco più involuta, ha sul dorso coste assai più numerose, meno grossolane e più convesse in avanti, presenta minor lunghezza nella camera di abitazione e non ha l’ultima porzione della spira con ornamenti repentinamente mutati di andamento e di forma. Essa si accosta al Coel. obesum per il notevole spessore della conchiglia, ma se ne allontana per l’accrescimento meno rapido, per minore involuzione, per la forma dei giri che non sono rigonfi sui fianchi e per gli ornamenti più sottili, più proversi, e convessi in avanti sul dorso. È molto vicino al Coel. levicosta quell’esemplare che il TarAMELLI riferì allo Sf. Desplacei e che rappre- sentò con le fig. 11 e 12 della Tav. III annessa alla sua importante monografia sul Lias nelle provincie venete. I tre esemplari esaminati, fra i quali uno molto piccolo (Tav. X [L], fig. 17) costituito dalla parte interna della spira e quindi non di sicura determinazione, provengono dai calcari grigi del Lias medio; due appartengono al Museo di Firenze ed uno a quello di Pisa. 18. Coeloceras subcrassum n. sp. — Tav. XI [LI], fig. 1-3. DIMENSIONI I II III Diametro ; 3 , , 2 . ò 0 . mm. 58 mm. 54 mm. 43 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . c 0,23 0, 23 0,27 Spessore » » » : 0 0,31 0,30? 0,32 Larghezza dell'ombelico » » : 7 0,53 0,57 0,51 Ricoprimento della spira » » o : 0, 03 0,03 0,05? 140 - A. FUCINI [312] Conchiglia discoidale, non molto compressa, che si accresce poco rapidamente e che ha poca invo- luzione ed ombelico non tanto profondo. L’interno della spira non è ben conservato in alcun esemplare, per cui mancano dei caratteri moltò interessanti per questo genere. I giri sono assai più larghi che alti, appianati tanto sui fianchi quanto sul dorso ed hanno sezione subrettangolare depressa. Essi si presentano ornati sui fianchi da pieghe rade, proverse e molto grossolane, che nascono piuttosto deboli dall’ombelico e che s’ingrossano molto rapidamente verso il margine esterno, ove producono una spiccata protuberanza. Tanto questa, quanto le pieghe si affievoliscono con l’accrescimento. Sul dorso i giri hanno delle coste depresse, più o meno rade, poco o punto curvate in avanti, le quali in principio convergono talora a tre o più spesso a due verso le protuberanze del margine esterno dei giri stessi ed in modo che qualche volta una di esse si connette, dall’altro fianco, non alla protuberanza corrispondente, ma a quella imme- diatamente vicina. Le coste del dorso con lo sviluppo aumentano di rilievo e presso il termine della spira si uniscono talvolta alle pieghe dei fianchi in modo semplice a formare una costa molto ingrossata sul dorso e leggermente tubercolata sul margine esterno dei giri. L’esemplare della fig. 3, Tav. XI [L]], nel quale sembra che la camera di abitazione cominci dall’ultimo quarto del penultimo giro, ha presso l’apertura una porzione di spira nella quale gli ornamenti divengono ad un tratto più depressi, più irre- golari e più inclinati in avanti, analogamente a ciò che si osserva in altre specie congeneri della fauna studiata. Tale carattere non si vede invece nell’esemplare più grande, il quale ha forse una camera di abi- tazione più lunga, ma che però non sembra ancora del tutto completo. La linea lobale non si vede in alcun esemplare. Questa specie ha le maggiori affinità con il Coel. intermedium, descritto a pag. 308, ma se ne distingue indubbiamente per gli ornamenti i quali sono più grossolani e che sul dorso, molto più appiattito, si comportano assai diversamente. Tuttavia deve riconoscersi fra le due specie un legame molto intimo e siccome il Coel. subcrassum adulto somiglia molto al Coel. intermedium giovanile si potrebbe ammettere che fra le due forme esistesse un intimo legame filogenetico. Il Coel. crassum J. et B., se devono ritenersi bene disegnate e bene appropriate le forme che il WrieaT ! vi ha riferito, è molto differente dalla specie esaminata, sopra tutto per gli ornamenti che seguono uno sviluppo del tutto diverso. Molto vicino alla specie presente è invece quell’esemplare di Sfephanoceras sp. rappresentato dal TARA- MELLI con la fig. 14 della Tav. III nella sua interessante monografia del Lias nelle provincie venete. Dei tre esemplari esaminati, tutti conservati nel calcare grigio del Lias medio, due appartengono al Museo di Pisa ed uno a quello di Firenze. 19. Coeloceras incertum n. sp. — Tav. XI [LI], fig. 4-7. 1850. Ammonites Raquinianus (non D’OrBIGNY) MenEGHINI. Considerazioni, pag. 116. DIMENSIONI iL II III Isa Diametro . ; o È ) 3 , : . mm. 55 mm. 38 mm. 35 mm. 35 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro ò 0,21 0,23 0,21 0,22 Spessore » » » È ò 0,22 0,29 0,34 0,31 Larghezza dell’ombelico » » ; i, 0, 61 0,55 0, 60 0,58 Ricoprimento della spira » » 5 ; 0,01 0,03 0,02 0,03 1 WRIGHT. Lias Amm., pag. 481, tav. LKXXVI, fig. 1, 2, 8-10. [313] A. FUCINI 141 Questa specie assai interessante ha una conchiglia molto discoidale, compressa, che si accresce molto lentamente e che è pochissimo involuta, anche a piccolo diametro. I suoi giri appianati sui fianchi e sul dorso e sempre più larghi che alti, aumentano più in altezza che in spessore con 1’ accrescimento, conser- vando presso a poco la stessa forma e la stessa sezione subtrapezoidale. Essi sono ornati sui fianchi da pieghe le quali, mentre all’ interno della spira sono rade, grossolane, proverse e molto ingrossate sul margine esterno, ove formano una spiccata protuberanza ed ove si suddividono in due ed in tre coste che attraversano il dorso arcuandosi un poco in avanti, con l’accrescimento si fanno più sottili, s’ingrossano meno sul margine esterno e si suddividono, rimanendo però talvolta anche semplici, in due sole coste dorsali. La linea lobale (fig. 131) che si vede abbastanza bene nell’ esemplare della fig. 5, Tav. XI [LI], è piuttosto semplice e non molto differente da quelle presentate da molte delle specie sopra descritte. Il lobo sifonale è molto profondo, e con braccia laterali non molto sviluppate. Il primo lobo laterale, un poco meno profondo, è ristretto e assai regolare. ig Il secondo lobo laterale, più piccolo, più ristretto e meno profondo del precedente, è Ca da un poco obliquo verso l’ interno ed è seguito da un primo accessorio ancora un poco a E meno profondo ed assai ridotto. La sutura ombelicale cade sopra un secondo lobo ac- sa al diametro di cessorio poco distinto. La sella esterna molto alta, non tanto ramificata, è ampia quanto SRESOI Erandezza la prima laterale che resulta però molto bassa e assai semplice. La seconda sella laterale, alquanto più alta della prima laterale ha tre rami principali due dei quali, dalla parte interna uniti per la base. Segue una piccola sella accessoria assai ridotta. Il MENEGHINI che ebbe in esame l’esemplare più grande da me figurato, che è appunto quello al quale sì riferisce la citazione sinonimica da me fatta !, fu molto incerto per la sua determinazione. Con l’etichetta più antica esso lo riferì all’A. subarmatus Youne, dopo, avendo annullato questo nome, all’A. Raquinianus D'ORB. e così pubblicato; più tardi, avendo dato di frego anche a quest’ultima determinazione, con nuova etichetta lo attribuì all’A. mucronatus? D’ORB.?) Questa ultima specie è infatti quella cui più che ad ogni altra si approssima il Coel. èncertum, che tuttavia si distingue indubbiamente per presentare giri più larghi e per avere pieghe molto più grossolane sui fianchi e maggiormente suddivise sul dorso, nonchè diversa linea lobale. Dei cinque esemplari esaminati, dei quali quattro conservati nel calcare grigio del Lias medio ed uno nel rosso, due appartengono al Museo di Firenze e tre a quello di Pisa. Fis. 131 XIX. Gen. Atractites GumBeL. Questo senere, molto interessante per la sistematica dei cefalopodi liassici, del quale sarebbe tanto utile conoscere con esattezza la filogenia, è rappresentato nelle formazioni liasiche del Monte di Cetona da due sole specie, del resto già molto conosciute, una con molti e l’altra con due soli esemplari. L’ Atr. italicus Mica. è specie tanto del Lias inferiore quanto del medio, l’ Atr. Cordierì MeH. è invece del Lias inferiore solamente. 1) La minore grandezza del diametro di tale esemplare data da me in confronto a quella indicata dal MEeNE- GHBINI è dovuta al fatto della frantumazione avvenuta di buona parte dell’ ultimo giro, mentre io stava prepa- randolo. Bot 2 D’OrBIGNY. Paléont. frang., Terr. jurass., t.I, pag. 328, tav. CIV, fig. 4-8. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 142 A. FUCINI [B14] 1. Atractites italicus Mica. — Tav. XI [LI], fig. 10-12. 1776. Orthoceratites italicus MicarLi (in TarGIoNI-TozzentI). Relazione del viaggio fatto in diversi luoghi dello stato senese, vol. 9, pag. 391 (pars). 1851. Belemnites orthoceropsis MenEGHINI. Considerazioni, pag. 380, 394, 401. 1896. Atractites — Fucmmi. Fauna del Lias medio di Monte Calvi, pag. 47 (cum syn.). È superfluo, essendo ormai troppo conosciuta, che io mi intrattenga a descrivere questa specie, alla quale spetta per precedenza il nome di italicus anzichè quello di orthoceropsis datole dal MENEGHINI e col quale è stata generalmente conosciuta sino ad ora. Dirò solo che essa è molto frequente nelle formazioni del Monte di Cetona, ove acquista anche dimensioni assai grandi. È noto che essa, citata come ho detto col nome specifico di orthoceropsis MGA., è stata trovata comunemente tanto nel Lias inferiore quanto nel medio di molte località della Toscana e dell'Appennino centrale. Così mentre posso assicurare che alcuni degli esemplari in esame appartengono veramente al Lias medio, non posso per tutti quelli non raccolti da me, fare una distinzione precisa, perchè la roccia che li costituisce non è sempre riconoscibile, come tante volte ho avvertito. Gli esemplari esaminati, numerosissimi, sono generalmente conservati nel calcare grigio ed apparten- gono in parte al Museo di Pisa e in parte a quello di Firenze; due sono del R. Ufficio geologico di Roma. 2. Atractites Cordieri Mea. — Tav. XI [LI], fig. 13. 1776. Orthoceratites italicus Micaeti (in TARGIONI-TozzettI). Relazione del viaggio fatto in diversi luoghi dello stato senese, vol. 9, pag. 391 (pars). 1867-81. Awlacoceras Cordieri MenecHINI. Monogr. des foss., pag. 140. 1896. Atractites — Fucini. Fauna del Lias medio di Monte Calvi, pag. 47 (cum syn.). Sono riferiti a questa specie due esemplari incompleti, costituiti ognuno da sette loggie assai basse. Uno di tali esemplari porta l’etichetta scritta dal MENEGHINI stesso, che lo citò come appartenente al Lias medio di Cetona. A questo proposito debbo però rilevare che la roccia grigio-carnicina di tale individuo sembrerebbe assolutamente quella del Lias inferiore, ed anche quella dell’altro esemplare parrebbe della medesima età. Del resto la specie fu istituita dal MEeNEGRINI principalmente sopra individui del Lias inferiore di Spezia e della Garfagnana. Questa specie non resterebbe quindi citata nel Lias medio altro che da me per la formazione del Monte Calvi, che rappresenta un livello bassissimo di tale epoca. Nelle due specie di Orthoceratites italicus citate dal MricHELI e raccolte nei dintorni di S. Casciano de’ Bagni, facilmente si riconoscono l’Atractites orthoceropsis Mer. e l’Atr. Cordieri Mez.; però il nome del MicHELI deve e può essere solo assegnato alla specie precedente, essendo questa la prima notata da quell’antico osservatore. Ambedue gli esemplari appartengono al Museo di Pisa; uno è conservato nel calcare rosso del Lias inferiore, l’altro nel grigio. . XX. Gen. Nautilus Linn. In una fauna così ricca. di Cefalopodi, come quella delle formazioni liassiche del Monte di Cetona, sì poteva supporre che anche il gen. Nautilus sarebbe stato largamente rappresentato. Invece esso non ha che quattro soli esemplari, distribuiti in due sole specie, Naut. Sturì HAUER e Naut. cfr. Stoppanii PAR., [B15] A. FUCINI 143 ambedue del Lias inferiore. Questo fatto, posto a confronto con quello di una relativa ricchezza di specie di tal genere, che si osserva in altri giacimenti Jiassici italiani, non trova una spiegazione soddisfacente. Esso tuttavia ci potrebbe, senza esagerarne l’importanza, fare ammettere il bisogno, per il genere Nautilus, di condizioni di esistenza differenti da quelle necessarie alla vita delle Ammoniti in generale. 1. Nautilus Sturi Hauer. — Tav. XI [LI], fig. 8. 1856. Nautilus Sturi Hauer. Cephal. a. d. Lias, pag. 61, tav. XXIV, fig. 3, 4. 1896. —_ — Parona. Nautili di Saltrio, pag. 12, tav. I, fig. 6. DIMENSIONI Diametro . 6 ; > o . . 5 . : 5 . Gi Grrhino (Col Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro o a è . 6 0,56 Spessore » » » ; È È 6 ; : 0,57? Larghezza dell’ombelico » » } 3 È ° 5 " 0, 67 Ricoprimento della spira » » 0 . c ; o o 0,11? To riferisco a questa specie un esemplare del tutto concamerato il quale, più che alla forma di Saltrio illustrata dal PARONA, corrisponde meglio a quella originale di Enzesfeld figurata dall’HaueR, sia per la considerevole larghezza dell’ombelico, sia per una maggiore sinuosità delle suture. Essa sembra avere però un accrescimento un poco più rapido, un’ involuzione minore ed un’ altezza di giri leggermente più alta, poichè questa sembra essere uguale anzichè minore all’altezza. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi del Lias inferiore ed appartiene al Museo di Firenze. 2. Nautilus cfr. Stoppanii Par. — Tav. XI [LI], fig. 9. 1896. Nautilus Stoppanii Parona. Nautili di Saltrio, pag. 15, tav. I, fig. 8. DIMENSIONI Diametro . o , Ò o ò © . o i 5 . mm. 68 Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro 5 o o È 5 0, 64? Spessore » » » 5 0 a 5 . ; 0,60? Larghezza dell’ ombelico » » : Ò o c o c 0,06 Ricoprimento della spira » » 5 c o 6 " o 0, 13 Il Parona tra i Nautili di Saltrio distinse col nome di Nauf. Sfoppanti una specie con ombelico stretto, con giri più alti che larghi, a sezione semi-ellittica e con foro sifonale rotondo, ampio e mediano, alla quale si avvicinano moltissimo tre esemplari del Monte di Cetona. Questi però si differenziano un poco dall’originale della specie per l’ombelico un poco meno ampio, per le suture leggermente piegate in dietro sul dorso, per maggiore spessore dei giri e per il foro sifonale un poco più basso di quel che mostra di essere nell’individuo figurato dal Parona. Per queste ragioni il Nautilus in esame sembra intermedio tra il Naut. Stoppanii Par. ed il Naut. Spreaficoi distinto pure dal PARONA fra i Nautili di Saltrio. I tre esemplari esaminati provengono dai calcari rossi del Lias inferiore; uno appartiene al Museo di Pisa e due a quello di Firenze. 144 A. FUCINI [316] APPENDICE Dopo compiuto l’esame delle specie distribuite nei vari generi ho trovato, tra il materiale speditomi successivamente dal ManciaTI ed in quello via via raccolto da me, altre specie ed altri esemplari inte- ressanti, che non reputo di dovere trascurare del tutto. Tra i migliori credo bene di descrivere, facendone soggetto della presente appendice, i seguenti: Lytoceras cfr. Polidorii Bon. 1895. Lytoceras Polidori BonARELLI. Amm. del Rosso ammonitico, pag. 217. DIMENSIONI Diametro . ò 0 . a CU) 0 0 - c 0 È . mm. 27 Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro È È . à o 0,37 Spessore » » » 7 o : ù È 0,35 Larghezza dell’ombelico » » . di 5 o 6 0,40 Ricoprimento della spira » » ; i 0 Ù 0 0,04 Conchiglia discoidale, compressa, di accrescimento non molto rapido e di involuzione mediocre in- quantochè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un terzo circa della sua altezza. I giri sono un poco più alti che larghi, un poco meno convessi sui fianchi che sul dorso, ugualmente arrotondati tanto sul margine esterno quanto su quello interno e presentano una sezione ellittica. Gli ornamenti sono assai sottili e minuti all’interno della spira, assai grossolani invece nell’ultima metà dell’ultimo giro. Qui essi sono costituiti da pieghe larghe quanto gli intervalli, che si deprimono sul contorno ombelicale e s’ingrossano e specialmente aumentano di rilievo andando verso il dorso. Tali pieghe sono curvate in avanti sulla parte interna dei fianchi e piegate indietro sull’ esterna, mentre sul dorso non presentano alcuna curva- tura distinta. La linea lobale, non distintamente visibile, è piuttosto semplice e non si scosta molto dal tipo di quella del Lyt. triumplinum HAUER. Per quanto questa specie sia vicina al Lyt. Polîdorà Bon., io non ho creduto di potervela sicuramente riunire, sopra tutto per la forma dei giri, i quali nel mio esemplare hanno i fianchi meno appianati, e per le pieghe che sono assai più spiccate. Questa differenza, che è molto notevole, non apparisce però tanto evidente dall’esame della figura tipica del Lyt. Polidori, che come si sa è quella data dal MEeNEGHINI nella mono- grafia dei fossili del calcare rosso ammonitifero, alla tavola XXII e segnata col n.° 5. Avendo esaminato l’originale meneghiniano ho potuto osservare come esso abbia le pieghe assai poco spiccate e parecchio più strette degli intervalli, i quali sono occupati da costicine minori. Per tali caratteri l'esemplare in parola, e quindi la specie del BoNARELLI, presenta una pronunziata affinità con il Lyt. Céjgeki HAuER !). L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi del Lias medio ed appartiene al Museo di Pisa. i HaUER. Cephal. a. d. Lias, pag. 67, tav. XXI, fig. 4-6. [317] A. FUCINI 145 Arnioceras spirale Fuc. — Tav. XI [L]], fig. 14. Nella repartizione generale dei gruppi di Ammoniti, fatta prima di intraprendere singolarmente la descrizione delle diverse specie, io aveva assegnato agli Aegoceras s. l. l'esemplare che io rappresento con la fig. 14 della Tav. XI [LI], del quale non aveva veduto la linea lobale, ritenendolo anche specialmente vicino all’ Aeg. Belcheri Stmps. (in WRIGHT ”). Quando però, terminata la pubblicazione degli Arietites s. l., io intrapresi l’esame accurato degli Aegoceras s. l., mi accorsi, appena preparata la linea lobale dell’esem- plare in parola, che esso doveva riferirsi indubbiamente agli Arrioceras e che la forma speciale della sua regione esterna doveva attribuirsi ad una anormalità. Parendomi questa molto interessante, anche perchè richiama la forma di certi Psi/oceras, dai quali gli Arnioceras si fanno derivare direttamente, ho creduto bene di non trascurarla per quanto l’esemplare sia di cattiva conservazione. Per i caratteri generali della conchiglia, questa mi sembra riferibile all’Arwn. spirale, descritto nella seconda parte di questo lavoro a pag. 180 [140] e rappresentato con le fig. 6-13, della Tav. XIX [XXII]? e più specialmente corrispondente all’esemplare della fig. 12. L’accrescimento è ugualmente molto lento, la forma delle coste, un poco retroverse, diritte, molto rilevate, arrotondate superiormente, divise da intervalli assai larghi, alquanto rovesciate all’indietro in special modo sul margine esterno ove sono più che mai rilevate, è proprio la stessa;.le linee lobali sono pure molto simili, si succedono a lunghi intervalli e non si corri- spondono perfettamente le une alle altre, simile del pari è nella terminazione del primo lobo laterale che ora finisce in quattro punte e ora in numero più grande. i L’anormalità di tale esemplare consiste nel non avere carena sifonale, nè solchi dorsali. Le coste, dopo essersi rialzate notevolmente sul margine esterno dei giri, si deprimono un poco, si volgono in avanti e si riuniscono con quelle del fianco opposto, facendo sul dorso una curva convessa in avanti. Un dorso simile, certamente anormale per gli Arrioceras, si potrebbe forse considerare quale una riproduzione di un carattere ancestrale. Esso infatti somiglia molto a ‘quello che si osserva in certi Psiloceras, che come ho detto in principio, sono da considerarsi i capo stipiti degli Armioceras, per esempio nel sopracitato Ps. Belcheri Simps., nel Ps. pseudo-alpinum PowP.3 ed in altri. L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi inferiori ed appartiene al Museo di Pisa. 1) WRIGHT. Lias Amm., pag. 313, tav. XXV, fig. 7-9. 2) Palaeontographia italica, vol. VIII, Pisa, 1902. 3) PoMPECKI. Revis. d. Amm. pag. 67, tav. V, fig. 4. 146 A. FUCINI [318] AVVERTENZA FINALE Le considerazioni cronologiche sulla ricca fauna ammonitica del Monte di Cetona fin qui descritta furono da me già fatte nel lavoro “ Note illustrative della carta geologica del Monte di Cetona , inserito nel vol. XXV degli Annali delle Università toscane 4. Ad esso pertanto rimando, limitandomi qui sempli- cemente a dire che le specie esaminate sono ben 190, con 44 varietà distinte, così ripartite: 124 dei calcari grigi e rossi inferiori (Lias inferiore e Lias medio parte inferiore?), 61 dei. calcari grigi e rossi superiori (Lias medio parte superiore) e 5 solamente dei calcari pure grigi e rossi più alti di tutta la serie ed appartenenti al Lias superiore. Le specie nuove da me istituite sono 72 e le nuove varietà 32. 4) Pisa, tipografia Vannucchi, 1904. Finito di stampare il 25 agosto 1905. GIUSEPPE CHECCHIA-RISPOLI SOPRA ALCUNE ALVEOLINE EOCENICHE DELLA SICILIA (Tav. XII XII [I, 1I]). PREFAZIONE Il presente lavoro è una prima contribuzione alla conoscenza delle Alveoline della Sicilia, allo studio delle quali sono stato invogliato, non solo dall’abbondante materiale avuto a mia disposizione, ma anche dal fatto che questi organismi, tanto interessanti per la loro struttura e per l’importanza geologica, sono stati quasi sempre trascurati in Italia da coloro che si sono occupati di foraminiferi. Il ricco materiale, che mi ha permesso di eseguire oltre duecento sezioni sottili, in parte mi è stato affidato in studio dal prof. GrovannI Di-StEFANO e in parte mi è stato comunicato dal prof. SAVERIO CIoFALO di Termini-Imerese, per il che sento l’obbligo di ringraziarli cordialmente. Debbo inoltre porgere qui i miei più vivi ringraziamenti al su nominato prof. Di-SteFANO per la solita cortesia con la quale mi è stato largo di consigli ed aiuti, e alla Direzione del R. Ufficio geologico, che mi ha permesso di compire anche quest'altro studio nel Laboratorio paleontologico da esso dipendente. Roma, giugno 1904. Laboratorio di Paleontologia del R. Ufficio geologico. INTRODUZIONE È nota la grande estensione ed il grande sviluppo che assumono in Sicilia le argille scagliose eoceniche, intorno alle quali tanto si è scritto ; in tale formazione sono compresi i giacimenti delle Alveoline, che 1) SEGUENZA G. Brevissimi cenni intorno la serie terziaria della provincia di Messina. Boll. Com. geol. d’Italia, vol. IV. Roma, 1873; — CroraLo S. Enumerazione dei principali fossili dei dintorni di Termini-Imerese. Estr. d. Atti d. Ace. Gioen. d. Sc. nat. di Catania, ser. III, tom. XII, 1878; — De GrEGORIO A. Sulla fauna delle argille sca- gliose di Sicilia ecc. Palermo, 1881. — BaLpaccI. Descrizione geologica dell’isola di Sicilia. Roma, 1886; — Di STE- rano G. Studi stratigrafici e paleontologici sul sistema cretaceo di Sicilia. 1. Gli strati con Caprotina di Termini-Ime- rese. Estr. d. Atti d. R. Acc. d. Sc. Lett. e belle Arti, vol. X. Palermo, 1888. 148 G. CHECCHIA-RISPOLI [2] formano l’oggetto di questa Nota: esse in parte sono state raccolte nei calcari, che stanno alla parte supe- riore delle argille eoceniche, nelle regioni Sparacogna e Frechissa tra Centuripe e Catenanuova, in provincia di Catania, e in parte nei calcari marnosi a fucoidi della regione Rocca presso Termini-Imerese, in provincia di Palermo. Dalle notizie geologiche riguardanti queste località, apprendiamo che i terreni eocenici della regione Sparacogna e della regione Frechissa, abbondanti di nummuliti, orbitoidi, operculine ecc., rappre- sentano il membro più alto dell’ Eocene, cioè il Bartoniano ®. Per quanto riguarda la regione Rocca, dallo esame dei lavori del prof. SecuENZA, del CroraLo e del BarpAcci, per non dire di altri, si desume che l’Eocene dei dintorni di Termini-Imerese è costituito inferiormente da una massa estesa di argille scagliose con diaspri, strati di arenaria, brecciuole nummulitiche e superiormente di calcari marnosi biancastri o grigi a fucoidi, con liste e noduli di selce e con lenti e talora strati di calcare nummulitico brecciforme. Tale gruppo superiore di strati è intimamente legato alle argille con le quali alterna non di rado. Le Alveoline da noi studiate provengono precisamente da questa parte superiore: insieme ad esse vi abbondano pure le nummuliti, orbitoidi, ed altri organismi, di cui qui diamo per-ora un breve elenco: Lepidocyclina himeraensis Carccnia Nummulites perforata D’ ORE. » Ciofaloi CaEccHIA D striata D’ORB. Orthophragmina Pratti MicaeLIN » contorta Desz. » dispansa Sow. » Guettardi D’ARcE. » aspera GimBEL Stylocoenia emaciata M. Epw. et H. » ephippium ScHELOTA. Cidaris acicularis D’ARcE. Nummulites scabra Lmx. » subularis D’ARCH. » laevigata Lmr. » striato-granosw D’ARCH. » Tehihatcheffi D’ ARCH. Porocidaris pseudoserrata CorteAU, ecc. 2) Sulla formazione descritta, come è stato detto dal prof. Secuenza # e dal prof. CroraLo 4), nei dintorni di Trabia e di Termini-Imerese, esistono delle argille scagliose associate con arenarie giallastre, molto potenti, le quali contengono una fauna oligocenica. Da queste poche notizie geologiche, che abbiamo riportate, si deduce che il giacimento principale delle Alveoline in quei luoghi della Sicilia si trova sempre in un livello spettante all’Eocene superiore. Secondo il prof. G. SeeuENZA, anche nella formazione eocenica più recente della provincia di Messina, sot- tostante a quella oligocenica, nei piccoli lembi formati di marne bianche a fucoidi e di calcari nummu- litici si raccolgono: Alveolina oblonga DEesH., Alv. longa Czyzex, Alv. ovoidea D’ORB., Alv. sabulosa Monr. e Alv. sphaeroidea CARTER. Per quanto finora si conosca, in Sicilia questi foraminiferi si riscontrano rara- mente nella formazione immediatamente inferiore, cioè nell’Eocene medio. Il SEGUENZA in questa zona 1) Di STEFANO G. 7 calcare con grandi Lucine dei dintorni di Centuripe in provincia di Catania. Atti dell’Ace. Gioen. di Sc. nat. in Catania, serie 4, vol. XVI. Catania, 1903; — CapccHIA-RispoLi G. I Foraminiferi eocenici del gruppo del Monte Iudica e dei dintorni di Catenanuova in provincia di Catania. Boll. Soc. geol. Ital., vol. XXIV, fasc. 1°. Roma, 1904. Ò 2) CaEccHIA-RIspoLi G. Osservazioni sulle Orbitoidi. Rivista Italiana di Paleontologia, ann. XI, fasc. II. Pe- rugia, 1905. 3 Secuenza G. Dell’Oligocene in Sicilia. Dal giornale « La scienza contemporanea », ann. II, fasc. I. Messina, 1874. 4) CioraLo S. L’'Oligocene dei dintorni di Termini-Imerese. Atti dell’Acc. Gioen. d. Sc. nat. in Catania, serie 4, vol. II. Catania, 1890. [3] G. ‘CHECCHIA=RISPOLI . 149 delle provincie di Messina e di Palermo cita solamente l’ Alv. oblorga DesH. Ultimamente anche io in un lembo di calcare nummulitico ad Est di Pachino, riferibile all’ Eocene medio, ho trovato non scarsi esem- plari di F/osculina pasticillata Scawe. e di Flosculina decipiens Scawe. 2) Gen. Alveolina D’ORBIGNI. Per quanto riguarda la storia di questo genere riassumiamo dai pochi autori che se ne sono occu- pati le seguenti notizie 5). Il gen. Alveolina, noto sin dal 1802 col nome di Discolites Fortis, fu dapprima confuso con i Nau- tilus e col gen. Nummulites dagli autori. Il Bosc, riconoscendo le differenze che vi sono tra questi esseri e le alveoline, ne formò un genere distinto, che chiamò Alveolites, nome che già era stato creato dal LAmARCK per un gruppo di corallarii (1801). Gli autori posteriori non tenendo conto di questi nomi ne adottarono altri: così il Monrort (1808) istituì i generi Borelis, Clausulus, Miliolites, per tre specie di alveoline descritte da Bosc. Dopo il LAmaARCK (1812) diede il nome di Meloria, già adoperato per altri organismi da Monrort, alle forme recenti di alveoline, e quello di Me/orites alle fossili, ed il DEFRANCE, a sua volta, senza tener conto di questi nomi, propose quello di Orizariîa (1820). Finalmente il p’ ORBIGNY (1825) ritornò al nome di Alveolites, ma per evitare confusione ne modificò la desinenza e istituì il nome Alveolina, che fu adottato dagli autori posteriori, sia per le specie fossili che per le viventi. * * * Il genere Alveolina D’ORBIGNY rappresenta il termine estremo di una serie di foraminiferi imperfo- rati, che quantunque di struttura differente sono rilegati da numerosi passaggi. Questi foraminiferi, com- presi nella famiglia Peneroplidae ScawAGER, si distinguono perchè presentano sempre per ogni loggia o concamerazione principale una o più serie di concamerazioni o cellette secondarie trasversali: l’ accresci- mento quindi in queste forme si compie in due direzioni. ; Il'primo termine della serie è rappresentato dal genere Pereroplis Monrort, la cui conchiglia di forma discoide, dapprincipio è avvolta, poi dritta e slargata. I setti, che limitano le concamerazioni prin- cipali sono tutti forati da numerosi pori disposti in serie. Questo genere è il punto di partenza del gruppo delle Orbiculina EnR., Sorites Lux., Orbitolites Lwx., che cominciano con una forma spirale simile a quella dei Peneroplis e più tardi diventano circolari. L’ultimo termine è dato dal genere Alveolina D’ORB., che indirettamente si connette: alle Orbiculina. * * * Le Alveoline che per la forma esterna ricordano le Fusuline, con le quali una volta furono confuse, risultano di una conchiglia completamente avvolta, più o meno sviluppata nella direzione dell’asse di avvol- i) SEGUENZA G. Brevissimi cenni intorno la serie terziaria della provincia di Messina. ?) CHECcCHIA-RispoLt G. I Crostacei dell’ Eocene dei dintorni di Monreale in provincia di Palermo. Appendice : Sw di una nuova specie di Hepatiscus dell’ Eocene di Pachino. Giornale di Scienze Naturali ed Economiche di Palermo, vol. XXV. Palermo, 1905. 3) p’ORBIGNY A. Foraminifères fossiles du Bassin tertiaire de Vienne. Paris, 1846; — CarpenTER W. B. Intro- duction to the study of the Foraminifera. London, 1862; — ScawaGER C. Die Foraminiferen aus den Eocaenablagerungen der libyschen Wriste und Aegyptens. Cassel, 1883; — Brapy H. B. Report on the Foraminifera dredged by H. M. S. Chal- Zenger the years 1873-1876, vol. IX. London, 1884. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 19 150 , G. CHECCHIA-RISPOLI [4] gimento, in guisa da risultarne-forme allungate, fusoidi oppure subsferiche: tra i due estremi vi sono nume- rosissimi gradi di passaggio. ; La superficie della conchiglia presenta dei solchi longitudinali più o meno profondi e più o meno numerosi, secondo le differenti specie e moltissime strie trasversali parallele fra loro ed equidistanti. I solchi longitudinali corrispondono ai limiti delle concamerazioni principali ed indicano esternamente i canali settali, mentre le strie trasversali sono date dalle sporgenze formate dai setti secondari sulla lamina spirale. Lo spessore della lamina è sempre visibile verso il piano dell’apertura ed in talune forme, in cui essa raggiunge un forte sviluppo vi si può scorgere anche ad occhio nudo la serie dei forellini di forma ovale o schiacciata transversalmente: nella specie vivente Al/veolina Quoji D’ ORB. oltre a questa serie rego- lare di pori, se ne osservano altre irregolari. i La conchiglia è composta di concamerazioni principali che si sviluppano parallelamente all'asse di avvolgimento: la fronte di ognuna di esse si piega sempre verso l’interno, servendo in tal guisa da setto divisorio con la concamerazione che segue. Internamente le concamerazioni principali sono divise da setti secondari perpendicolari all'asse di avvolgimento, risultandone così tante piccole concamerazioni secondarie o cellette trasversali disposte a guisa di tubi paralleli tra loro. Questi setti secondari nella loro estremità anteriore sempre e per lo più anche nella posteriore non giungono a toccare quelli principali: così tra le pareti delle concamerazioni principali e le estremità dei setti secondari si producono degli spazi paralleli all’asse di avvolgimento, formanti delle ga/lerîe, come le chiamò CARPENTER, nelle quali sporge più o meno liberamente il setto principale. Si origina così un vero canale di comunicazione tra le cellette, che altrimenti resterebbero isolate. Le concamerazioni secondarie in conseguenza degli ispessimenti dei setti trasversali assumono per lo più una forma cilindrica. 5 In un gruppo di forme si osserva che la lamina spirale via via che procede nell’avvolgimento si ispes- sisce e talora così fortemente che le cellette si riducono di molto. Questo carattere della struttura ha servito allo StacHE per la istituzione del sottogenere A/losculina. Tale contrassegno non si manifesta nei primi giri, nei quali si osserva uno sviluppo normale come nelle Alveoline. Abbiamo però osservato che negli individui di compiuto accrescimento, la lamina dopo aver assunto il massimo spessore, ripiglia negli ultimi giri di nuovo l’andamento normale. In queste forme in genere si può dire che verso le estremità dell’asse la lamina si mantiene presso a poco dello stesso spessore come nella parte mediana. Essendo la lamina tanto spessa è facile poter distinguere anche dall’esterno una Alveolina da una Flosculina, per il forte rialzo che essa fa sul giro sottostante. Un altro carattere speciale si nota nella interna struttura dell’ Alv. Quojî D’ORB. vivente: nella quale invece di una sola serie di cellette trasversali, se ne osservano di più disposte in varii piani. Questo tipo di struttura, chiamato complesso dal CARPENTER, per distinguerlo da quello semplice di tutte le forme fos- sili, si osserva in molto minor grado anche nell’ Av. Violae nobis, fossile dell’ Eocene medio del Friuli. Questa specie oltre all’unica serie di cellette trasversali, mostra un altro sistema localizzato specialmente nella spessezza della lamina in direzione dell’ asse di avvolgimento: raramente queste cellette si spingono verso la regione mediana, esse sono molto disordinatamente sparse e di diversa grandezza. Il CartER ha descritto una Alveolina fossile, cioè Alu. meandrina, la cui conchiglia presenta tracce di un altro sistema di concamerazioni trasversali, però nello stesso tempo egli suggerisce che questa specie è probabilmente più vicina alle Nummuliti che alle Alveoline . i) CARTER. On the true Position of the Canaliferous Structure in the Shell of Fossil Alveolina. An. of Nat. Hist., II ser., vol. XIV, pag. 99. 1854. [5] G. CHECCHIA-RISPOLI 151 Il miglior esempio dunque del tipo complesso di struttura è fornito dall’Alv. Quoyî, nella quale anche unicamente si riscontra. Ciascuna concamerazione principale è divisa non solo verticalmente dai setti secon- dari, ma anche da piani orizzontali; così si ha una successione di serie di cellette trasversali, che ester- namente sul piano dell’apertura sono indicate dai forellini. Generalmente si possono distinguere quattro serie di tali fori: queste poco regolari nella regione mediana sono molto irregolari verso i poli. Lungo il margine esterno si nota un’altra serie regolare di fori, più piccoli. La forma e la disposizione delle cellette trasversali è meglio indicata e spiegata da una sezione equa- x toriale, mediante la quale si osserva che ogni concamerazione principale è suddivisa da lamelle concen- triche in numero di quattro o cinque: lo spessore di queste non è sempre lo stesso e quindi la capacità di ogni celletta trasversale è soggetta a variazioni. Questo tipo di struttura complessa si collega talmente con quello semplice, che non è possibile di separarli. * * * Lo ScHwaAGER, che più profondamente fra gli altri ha studiato il gen. Alveolina nelle sue forme fossili, non ci fa conoscere nulla sulla parte iniziale della conchiglia; crede egli anzi che i primi giri siano di natura chitinosa e che solo più tardi incominci la secrezione calcarea. Disponendo di un materiale abbondante e ben conservato, ho potuto studiare bene le condizioni della parte centrale della conchiglia delle alveoline, dove vediamo ripetersi gli stessi caratteri di molti altri foraminiferi perforati ed imperforati. La conchiglia infatti s' inizia sempre per mezzo di una concamerazione embrionale di natura calcarea, che si trova nel centro della spira: questa concamerazione è l’omologa di quella che si trova nella con- chiglia degli altri foraminiferi. Ora, come in questi, così anche nelle Alveoline, esiste una comunicazione tra la prima loggia o concamerazione centrale e le successive; infatti in una sezione eseguita perpendi- colarmente al piano verticale di simmetria, si osserva nella sua sezione il canale di comunicazione che deprime più o meno al suo passaggio la parete della concamerazione centrale. Tra la parete di questa e quella del canale non esiste una linea di sutura e ciò può indicare che il canale si è formato contem- poraneamente alla concamerazione centrale. Simile carattere permetterà di distinguere il canale dalle prime loggie, che essendosi formate dopo la concamerazione centrale, mostrano nettamente una linea di sutura. Il canale varia di lunghezza, però nelle sezioni da me osservate non descrive più di mezzo cerchio attorno alla concamerazione centrale. La loggia iniziale è variabile di forma e di dimensione: può essere più o meno rotonda come in Alv. Cremae nobis, Alv. Di-Stefanoi nobis, Alv. Schwageri nobis, Alv. ellipsoidalis ScHWAGER, ecc., oppure allungata nella direzione dell’asse di avvolgimento, come nell’ Alv. Violae nobis, Alv. oblonga D’ORBIGNY ece. Hssa è piccolissima nell’ Alv. ellipsoîdalis, non arrivando ad avere, in un individuo lungo mm. 3,5, un diametro più lungo di mm. 0,120: ed è abbastanza grande nell’Alw. Cremae misurando, in un individuo lungo mm. 5,2, mm. 0,302 per asse maggiore e mm. 0,288 per quello minore. Per solito la parte centrale di una Alveolina è occupata da una sola concamerazione embrionale: ma non è raro il caso in cui se ne riscontrano due, tre, quattro ed anche dieci. In quelle in cui se ne riscon- trano due, esse sono per lo più disposte simmetricamente rispetto all’asse più corto: le loro pareti pos- sono toccarsi, oppure sono allontanate fra di loro. In un caso speciale le due concamerazioni appaiono circondate da un giro di lamina spirale indipendente l’uno dall’altro, ed è solo nel giro successivo che le due lamine si fondono tra loro in una unica. Là dove invece si riscontrano più di due concamerazioni iniziali, queste sono disposte senza ordine alcuno: a causa di questo disordinato aggruppamento la lamina 152 G. CHECCHIA-RISPOLI [6] a spirale nei primi giri ha un andamento molto irregolare, di guisa che ivi è sempre impossibile di poter distinguere una qualunque legge d’avvolgimento. Riesce difficile dare una spiegazione a questo insieme di fatti da noi osservato in parecchi individui di Alveoline e più difficile ancora nel caso in cui ogni concamerazione iniziale è circondata da una serie propria di cellette, e solo molto riservatamente mi limito ad esprimere ora un mio giudizio, cioè che i casi da me osservati debbono la loro origine ad una fusione del protoplasma di individui, dapprima distinti, in condizioni speciali d’esistenza, quando però si trovavano ancora allo stato di spore o embrioni, oppure anche in uno stadio più avanzato di sviluppo. Dopo la formazione della loggia iniziale si secreta una nuova conchiglia attorno alla, prima, plurilo- culare a spirale abbracciante: ad una certa distanza dal punto ove comincia a svolgersi la lamina spirale si forma il primo setto principale e si origina così la prima concamerazione della serie, che per la forma- zione del setto secondario si sdoppia e diventa biloculare. Collo svolgersi della spira e quindi coll’in- grandirsi delle concamerazioni principali, i setti secondari aumentano di numero, cosicchè alla fine del primo giro di spira si contano parecchie concamerazioni principali e già molte secondarie, varianti di numero e di forma secondo le specie considerate. Rispetto allo sviluppo di questi organismi resterebbe a stabilire se in essi esista il dimorfismo, che finora è stato dimostrato in molti generi di foraminiferi, sia perforati che imperforati. Dai pochi autori che hanno studiato le Alveoline, sia nelle specie fossili che nelle viventi, non è stato con certezza affer- mato la presenza del dimorfismo in queste forme: nemmeno io, nonostante la eccezionale conservazione degli esemplari sezionati, sono in condizioni di poterlo constatare. In tutti però ho trovato una conca- merazione embrionale nel centro della conchiglia visibile sempre chiaramente e tale da escludere la interpretazione di una microsfera. Con ciò peraltro non intendo escludere « prior. che in queste forme manchi il fenomeno del dimorfismo; altri studi sono ancora necessari, specialmente nelle Alveoline viventi, per potere emettere giudizi sicuri !). » * * Riassunti brevemente i caratteri dell’intima struttura e del modo di accrescimento delle Alveoline, vediamo brevemente quali sono i principi che ci devono guidare nella distinzione della specie presso questo genere di foraminiferi. Se noi consideriamo le Alveoline nei caratteri della forma esterna, da una parte troviamo che mentre per rispetto a questi, si riscontra una certa somiglianza in individui appartenenti a specie distinte, dal- ') Come hanno dimostrato il ListER e lo ScHAUDINN per le forme viventi il dimorfismo è dovuto ad una alter- nanza di generazioni, per cui durante un certo numero di generazioni successive la forma normale, cioè quella pic- cola a megalosfera, produce delle gemmule od embrioni costituiti da una megasfera, la quale è il punto di partenza di individui identici alla forma piccola: se nonchè allo scopo di ripararare ad una tendenza talora molto accentuata di diminuzione delle dimensioni durante la produzione di queste generazioni, si riproduce un modo riproduttore dif- ferente, per cui certi individui di una generazione data dalla forma piccola danno origine, dopo un lavoro di divi- sione interna cariocinetica nucleare e di ripartizione protoplasmatica corrispondente, ad una quantità di spore /la- _ gellate adatte alla vita errante. Queste Zoospore, differenziate in microspore e macrospore, si coniugano dando origine colla loro intima fusione ad una microsfera, che, coperta subito da un guscio calcareo, prima concamerazione e punto di partenza della forma di grandi dimensioni. Questa forma giunta allo stadio riproduttore dà origine a degli embrioni normali a loggia megalosferica, i quali riproducono di nuovo individui normali di piccole dimensioni. [7] G., CHECCHIA-RISPOLI 153 l’altra invece in individui riferibili per i soli caratteri della forma a specie diverse, si nota una certa somiglianza nella interna struttura. Non deve quindi recar meraviglia se mentre il PARKER, lo Jongs e molti altri riuniscono, insieme le forme rotonde, ellittiche ed allungate, dall’ altra parte invece il D’° ORBIGNF, attribuendo al concetto specifico una estensione molto più limitata, separa nettamente questi esseri secondo la sola forma della conchiglia. Ma quando allo studio di questi organismi si applicò l’uso del microscopio col metodo delle sezioni sottili, si potè arrivare a conclusioni più esatte, cioè, che i caratteri esterni presi isolatamente hanno un valore molto relativo e che è necessario invece, per evitare grossolani errori, di studiare questi esseri principalmente nei caratteri della interna struttura, senza per altro trascurare del tutto quelli esterni. I criteri quindi, per le distinzioni specifiche, possono fondarsi sui caratteri della forma esterna, della quale non si può assolutamente prescindere, dalla così detta legge d’avvolgimento della lamina spirale, dal diverso numero deè giri su uno stesso raggio, dall’ andamento generale della lamina, dal numero delle concamerazioni principali per ogni giro, dal numero e dalla forma delle cellette trasver- sali per ogni concamerazione principale, ed infine, non sempre in tutti i casi, dalla forma dei canali settali. La legge d’avvolgimento della lamina spirale introdotta dallo ScHwAGER, come vedremo in seguito di questo lavoro, è costante entro i limiti relativamente ristretti per una data specie. Essa può chiara- mente rappresentarsi, come venne fatto per la prima volta dallo ScawAGER, dalla serie dei raggi vettori, cioè dalle distanze dal centro della concamerazione iniziale alla superficie esterna della lamina (semisso- distanten Radien), misurate sulla sezione meridiana ad ogni mezzo giro (180°). A questa serie lo SCHWAGER premette tra parentesi il valore del raggio della sezione meridiana della camera centrale. 4a Distribuzione geologica. — I primi rappresentanti del genere Alveolina compariscono nel Cretaceo, ove però sono molto rari. L’ Alveolina cretacea D’ArcHIAC del Cenomaniano è uno dei fossili più caratte- ristici della formazione del Cretaceo medio del mezzogiorno della Francia ). L’Alveolina ovum D’ORB. fossile pure del Cenomaniano è stata rinvenuta all’Isle Madame in Francia ?). Alveoline sono state pure indicate nel Senoniano inferiore (= Conaciano) di Kainach nella Stiria ?). Tutte queste Alveoline non mostrano alcuna significante differenza di struttura rispetto alle forme più giovani. Coll’inizio del periodo eocenico, in cui si manifesta la più alta temperatura dell’era terziaria e la fauna europea assume un carattere tropicale, avviene il massimo sviluppo dei foraminiferi e quindi anche delle Alveoline, che colla loro diffusione e abbondanza di specie e di individui costituiscono durante l’ Eocene talora dei banchi interi, e già negli strati più profondi di questo periodo, cioè nel piano liburrico 1) p’ArcHIAC. Mémoire sur la formation crétacée du Sud-ouest de la France. Mém. Soc. géol. de France, tom. 2, part. 1. Paris, 1835. Secondo il p’ArcHIAC l’Alv. cretacea (Melonia DEFR.) è un fossile dei più caratteristici del Sud della Francia: esso si trova nei calcari soprapposti al grès verde da Rochefort e Angoulème, all’ Ovest, sino a Saint-Pons, Cannette, Nîmes e Pont-Saint-Espret, all’Est: poi nei Bassi Pirenei. Essa ha una lunghezza da 7 ad 8 mm. nel versante meridionale della Montagne-Noire, mentre è lunga appena 4 mm. nella Saintouge e nell’An- goumois. Questa specie è forse l’A2v. buZloides che il D’OrBIGNY ha citato nei dintorni di Dax, ma di cui non si conosce nè la descrizione, nè la figura. L’AZv. cretacea, differisce dall’A7v. oblonga D’ORB., comune nel calcare grossier medio del bacino di Parigi, per la forma più raccorciata. 2) D’ORBIGNY. Prodrome ecc., pag. 185, n.° 757. L’Alv. ovum, è una piccola specie ovale, a concamerazioni con- vesse, del Cenomaniano di Francia. i 3) HrLBnR. Fossilien der Kainacher Gosau. Jahrb. d, k. k. geol. Reichsanst., vol. LIS. Wien, 1903. 154 G. CHECCHIA-RISPOLI [8] di StacHE, in Dalmazia troviamo sviluppati questi organismi ”. Del piano libico, meno antico del prece- dente, nel deserto della Libia, lo ScHwAGER descrive pure numerose Alveoline ?. Questi esseri assumono pure un grande sviluppo nell’Eocene medio del Vicentino ® e nella zona delle argille scagliose, apparte- nenti all’Eocene superiore, della Sicilia ®.. In genere possiamo dire che in tutto l’Eocene del bacino me- diterraneo abbondano le Alveoline; come pure in quello della Persia, Indocina, Indie orientali, ecc. Col finire dell’Eocene sotto l’influenza del mare settentrionale il clima europeo diventa più temperato e i foraminiferi in genere cominciano a diminuire di numero. Nell’Oligocene infatti troviamo solo poche specie di Alveoline, le quali già cominciarono a vivere nell’Eocene. L’Alv. bulloides D’ORB., Alu. Haueri D’ORB., e 1’ Alv. melo D’ORrB. sono gli unici rappresentanti del genere che vivono nel Miocene ®. Dopo il Miocene le Alveoline diventano ancora più rare e nel Pliocene le troviamo indicate solamente nel Crag a briozoi di Sud-Bourne 5). Attualmente questi esseri altra volta così abbondanti sono rappresentati da due specie: Alveolina melo D’ORB., e Alveolina Quoji D’ORB. Esse, limitate ai mari delle regioni tropicali e a quelli temperati australi, apparten- gono alla fauna coralligena e generalmente non discendono al disotto della zona dei corallari di FoRBES (=2zo0na corallina, tra 27 e 91 metri). L’Alv. melo vive nelle acque poco profonde sugli scogli coralligeni da 1a 40 metri: si trova presso le Isole Bermude, del Capo Verde, Ascensione, Sandwich, Mauritius, Ceylan, nel golfo di Suez. Una pic- cola varietà sferoidale è stata trovata da EnREMBERG nell’Adriatico, però essendo stata questa Alveolina rinvenuta sulla spiaggia del mare non è improbabile che essa sia un fossile, derivato dalle formazioni circo- stanti e trasportato sulla spiaggia dai fiumi. L’Alv. Quoji si trova abbondante nelle latitudini australi sugli scogli coralligeni: col crescere della profondità diviene rara e di solito sparisce a circa 50 metri. Essa è stata raccolta a Honelulu-Ruf: esemplari piccoli vennero trovati all’Isola Rejne a 282 metri e secondo il Brapy anche a 712 metri. 4) SracHR G. Die liburnische Stufe und deren Grenz-Horizonte, ecc. Abhandl. d. k. k. geol. Reichsanst., Bd. XIII. Nel piano liburnico, che propriamente è un piano di passaggio tra il Cretaceo e l’Eocene, lo STACHE cita senza descrivere, nè figurare le seguenti Alveoline: AZveolina ovulum, Alv. crebriseptis, Alv. fusiformis, Alv. liburnica, Alv. senior, Alv. seminulum, Alv. bacillum (lunga 40 mm. X4), Alv. ovoidea D’ ORB., Alv. melo D'ORB., Alv. Boscit DeFR. (60x10) e Flosculina globularis. 2) ScawaGnR C. Die Foraminiferen aus den Eocaenablagerungen der libyschen Wiiste und Aegyptens. Nel piano libico lo ScHWAGER descrive e figura: Alveolina cfr. ovulum STACHE, Alv. ellipsoidalis, Alv. lepidula var. typus, Alv. ellipsoidalis, Alv. cfr. oblonga D’ORB., Alv. frumentiformis, Flosculina decipiens e Flosc. pasticillata. 3) MunIER-CHALMAS. Etude du Tithonique, du Crétacé et du Tertiaire du Vicentin. Paris, 1891. Secondo il sud- detto autore le Alveoline hanno un ufficio importante nell’Eocene medio del Vicentino e regioni limitrofe: in questo lavoro troviamo citate: AlZveolina Postalensis Mun.-CH. et ScaLuMB., Alv. Stachei In., Alv. Bolcensis Ip., Alv. Valle- censis Ip., Alv. Brusensis Ip., Alv. Heberti Ip., Alv. Ilarionensis Ip., e Alv. Giovannensis Ip. 4) CHNccHIA-RISPOLI G. I terreni eocenici del gruppo del Monte Iudica e dei dintorni di Catenanuova in provincia di Catania. Boll. Soc. geol. Ital., vol. XXIV, fasc. 1. Roma, 1904. Nelle zone delle argille scagliose troviamo citate: Alv. cfr. oblonga D’ORB., Alv. Pellatii, Alv. Di-Stefanoi e Alv. Cremae. 5) Nel Tortoniamo dei dintorni di Reggio Calabria il prof. G. SEGUENZA cita 1’ Alv. melo D’ORB. e l'Alv. Haueri D’ORB. della località di Benestare (v. Le Formazioni terziarie nella provincia di Reggio Calabria. Mem. Reale Acc. dei Lincei, vol. VI, pag. 157, anno CCOLXXVII. Roma, 1879-80). 5) A Monograph of the foraminifera of the Crag, part. I, by prof. RupeRT Jones, PARKER, BRADY...., pag. 24. The palaeontographical Society. London, 1865. :[9) G. CHECCHIA-RISPOLI 155 DESCRIZIONE DELLE SPECIE” Alveolina ellipsoidalis Scawe. — Tav. I [XII], fig. 1. 1883. Alveolina ellipsoidalis Scawacer. Die Foraminiferen aus den Eoc. d. lyb. Wiiste u. Aegypi., pag. 96, tav. XXV, fig. 1a-?, fig. Qa-c. 1897. -— — OppenzemM. Die Eocaenfauna des Monte Postale bei Bolca in Veronesischen, pag. 134. 1900. - — BLanckENHORN. Neues zur Geologie und Paltiontologie Aegyptens. Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., Bd. 2, Heft 3. 1901. Alveolina ellipsoidalis? MartELLI. Le formazioni geologiche e i fossili di Paxos e Antipaxos. Boll. Soc. geol. Ital., vol. XX. fasc. III, pag. 416, tav. VII, fig. 5. Conchiglia di discrete dimensioni e di forma regolarmente ellissoidale. Concamerazioni principali larghe, poco convesse ed in numero di 10 ad 11 per ogni giro; ad occhio nudo si scorge l'estremità della la- mina spirale dal lieve risalto che essa fa sul giro sottostante. La sezione meridiana presenta una piccolissima ma ben visibile concamerazione iniziale di forma rotonda e dalla parete sottilissima 2: essa, in un individuo lungo mm. 3,5, ha misurato mm. 0,120 di diametro. Come si scorge bene dalla sezione equatoriale la lamina è sottilissima e si avvolge con una spira dal passo lentamente crescente. Un carattere degno di nota si osserva in questa Alveolina ed è che la lamina spirale all’estremità dell’asse di avvolgimento non assume quello spessore che è più o meno note- vole nelle specie congeneri, ma si mantiene egualmente spessa in tutte le sue parti. Come legge d’avvolgimento, risultò la seguente serie: (6) - 12,0, 14,4, 16,8, 20,4, 22,8, 26,4, 28,8, 33,6, 36,0, 43,2, 44,4, 50,4, 52,8, 58,8, 61,2, 69,6, 70,8, 81,6, 91,2, 93,6, 96,0, 105,6, 115,2, -9); questa serie corrisponde con molta approssimazione a quella che dà lo ScHWAGER per questa specie ed ottenuta su di un individuo poco più grande del nostro. Su di un semiasse (minore) lungo mm. 1,20 si contano da 13 a 14 giri di spira. 1) Il prof. S. Croraro (v. Voc. cit.) cita della località di Rocca, dalla quale proviene buona parte del materiale che ho avuto in istudio, le seguenti specie di alveoline: Av. longa CzyzeK, Alv. ovoidea D’ORB., Alv. sphaeroidea Lmx., Alv. sabulosa Monr. e Alv. fusiforme Levm. La prima di queste passa in sinonimia dell’A/v. elongata D’ORB.; l’Alv. ovoidea e l’Alv. sphaeroidea, a dover giudicare dalla descrizione e dalle figure che solo in parte danno gli au- tori, pare che con una certa probabilità si debbano riferire rispettivamente la prima alla Flosculina decipiens Scawa. e la seconda alla Y/osc. pasticillata ScawG., come vedremo in seguito. La citazione della A/v. sabulosa e Alv. fusiforme, non si può giudicare con sicurezza: gli autori che istituirono queste specie non si limitano che a dare pochi cenni riguardo ai caratteri esterni: con probabilità si tratta di una delle forme elissoidali per la prima e di una delle forme allungate fusiforme per la seconda, descritte in questo lavoro. 2 Considerando una Alveolina approssimativamente come un solido di rivoluzione, in cambio delle espressioni, sezione longitudinale e trasversale, attualmente in uso e non scevre di qualche ambiguità, mi sembrerebbe più oppor- tuno di adottare per le due sezioni più importanti per lo studio di questi foraminiferi le espressioni di sezione me- ridiana e sezione equatoriale: intendendo la prima qualunque sezione passante per l’asse di avvolgimento, e la seconda quella condotta perpendicolarmente al detto asse attraverso la camera iniziale. 3) Per comodità del lettore è opportuno moltiplicare per 10 i valori delle distanze misurate direttamente. Pi 156 G. CHECCHIA-RISPOLI [10] La sezione delle cellette trasversali è alquanto allungata nei giri centrali e perfettamente rotonda in quelli mediani e periferici: verso l’estremità dell’asse di avvolgimento la sezione ha la forma di una virgola; questo ultimo carattere è comune generalmente a tutte le Alveoline. I setti secondari sono sot- tilissimi e ne risulta quindi che le cellette sono molto avvicinate tra di loro: in un esemplare con un numero grande di giri e quindi a più completo sviluppo, nell’ultimo giro (17°) si contano presso a poco 60 cellette trasversali. Rapporti e differenze: — In tutti gli esemplari da noi esaminati la forma si mantiene sempre poco variabile, come pure i caratteri della interna struttura: accanto però agli esemplari tipici di questa specie ve ne sono alcuni, che, per quanto non si possano separare specificamente dal tipo, mostrano, sia rispetto alla forma esterna che in alcune particolarità dell’interna struttura, delle differenze non trascu- rabili, e tali da far considerare questi individui come varietà dell’ Alv. ellipsoîdalis. Allorchè descriverò l’Alv. Cremae nobis, e l’Alv. Ciofaloî nobis, accennerò alle differenze esistenti tra queste specie e quella in esame. . Dimensioni: — Le due dimensioni si mantengono sempre costanti nei vari esemplari da me pos- seduti: e solo raramente esse sorpassano mm. 4 per l’asse maggiore e mm. 2,8 ‘per quello minore. Località: — Rocca presso Termini-Imerese; regione Frechissa presso Catenanuova (Sicilia). — Questa specie fu per la prima volta rinvenuta nell’ Eocene inferiore del deserto arabico a Wadi-Nafte (ScHWAGER); nell’Eocene inferiore e medio dell’ Egitto (ScAWAGER e BLANCKENHORN); e Paxos e Antipaxos (MARTELLI); a Monte Postale nel Vicentino (OpPenEEIM). Si trova pure discretamente abbondante nel calcare eocenico superiore della Serra Livera presso Paludi in Calabria. Var. lepidula Scawe. — Tav. I [XII], fig. 2. 1883. Alveolina lepidula Scawe. var. typus A. ellipsoidalis Scawacer. Die Foraminiferen aus den Eoc. d. lyb. Wiiste u. Aegypi., pag. 98, tav. XXV, fig. 3a-9. 1896. — ellipsoidalis (pars) OppenHEmM. Die Eocinf. d. Mt. Postale b. Bolca in Veron., pag. 134. 1900. — lepidula Brancrenzorn. Neues x. Geol. u. Pal. Aegyp. Sotto questo nome lo ScHwAGER ha compreso alcune Alveoline, che per quanto mostrino una certa autonomia, tuttavia sono così intimamente connesse all’ Alv. ell'ipsoîdalis, da non potersi separare che come varietà. Gli esemplari oltre che per le minori dimensioni, si distinguono per avere l’asse maggiore più lungo rispetto a quello del tipo, dal che si origina una forma più ellittica e meno arrotondata ai poli. Ma ciò che caratterizza sopratutto queste forme è sempre un maggior numero di giri sopra uno stesso raggio. Del resto nella sezione meridiana questi esemplari si distinguono pochissimo dai giovani della specie ti- pica, ed hanno inoltre i canali settali perfettamente corrispondenti a quelli dell’Alv. ellipsoidalis. Dimensioni: — I più grandi tra gli esemplari da me esaminati non oltrapassano mai mm. 2 di lunghezza. Località: — Rocca presso Termini-Imerese; regione Frechissa presso Catenanuova (Sicilia). Questa varietà ha la stessa distribuzione dell’Alv. ellipsoidalis, con la quale si trova quasi sempre accompagnata. Alveolina Cremae Carccara. — Tav. I [XII], fig. 3-5. Conchiglia di grande dimensione, a forma di ellisse alquanto allungata, ottusa ai poli. Esternamente si contano da 14 a 15 concamerazioni principali, poco convesse, e più strette che non nella specie precedente. [11] G. CHECCHIA-RISPOLI 157 La sezione meridiana mostra una concamerazione centrale di forma leggermente ellissoidale, col suo asse maggiore nella direzione di quello d’avvolgimento e nettamente delimitata da una parete poco spessa. Concamerazione centrale relativamente grande: le dimensioni di essa, in un individuo lungo mm. 5,2, sono di mm. 0,302 per l’asse maggiore e di mm. 0,288 per quello minore. La lamina spirale è sottile nei primi 3 o .4 giri, poi si fa discretamente spessa e si mantiene co- stante in tutti gli altri. Lo spessore della lamina cresce alquanto verso le estremità dell’asse d’avvolgi- mento: questo carattere è comune a quasi tutte le Alveoline, in alcune delle quali, come vedremo nel seguito di questo lavoro, lo spessore è molto notevole. In questa specie la legge d’avvolgimento è data dalla seguente serie: (14,4) - 15,6, 20,4, 21,6, 26,4, 28,8, 33,6, 36,0, 40,8, 42,0, 48,0, 54,0, 58,8, 62,4, 67,2, 75,6, 82,8, 88,8, 96,0, 100,8, 108,0, 115,2, 120,0, 120,0. Su di un semiasse minore uguale a mm. 1,3 circa si contano da 11 a 12 giri di spira. N La sezione delle cellette trasversali è subrotonda nei tre primi giri e di forma ovale in quelli suc- cessivi, verso i poli essa è più stretta ed allungata. I setti secondarii sono sottilissimi: approssimativa- mente si contano nell’ ultimo giro (11°) 80 cellette secondarie. Rapporti e differenze: — Tra le specie di Alveoline finora note, la più prossima a quella in esame è 1’ Alv. ellipsoidalis Scawe. Ma da un minuto confronto tra le due specie si rilevano parecchie differenze di sostanziale importanza, le quali mi hanno “obbligato a tener separate queste due forme. Tali differenze consistono nel diverso numero di giri compresi su di uno stesso semiasse: infatti mentre nell’ Alv. Cremae si contano da 11 a 12 giri di spira su un semiasse lungo mm. 1,3, nell’Alv. ellipsoidalis invece su di un semiasse presso a poco della stessa lunghezza si contano da 17 a 18 giri. Questo fatto dipen- dente dal maggiore spessore che assume la lamina spirale nella nostra specie, risulta meglio paragonando le due serie di numeri, che indicano lo svolgersi della spira nelle due specie. Abbiamo visto inoltre che nell’A/». ellipsoidalis lo spessore della lamina è lo stesso tanto verso la parte mediana che verso i poli, mentre nelle specie in esame lo spessore della lamina verso le estremità dell’asse di avvolgimento, spe- cialmente nei primi giri, è più forte che non nella parte mediana. Un'altra differenza consiste nella forma delle cellette, le quali mentre nell’Alv. ellipsoîdalis sono ovali verso la parte centrale e rotonde verso la periferia, nell’ Alv. Cremae sono invece tutto al contrario. Infine le cellette trasversali nella specie dello SCHWAGER sono molto più grandi e quindi di minor numero per ogni concamerazione principale: in questa infatti nell'ultimo giro (18°) se ne contano 60, nella nostra invece nell'ultimo (11°) se ne contano 80. A dover giudicare inoltre anche dalle figure dell’Alv. ellipsoidalis che dà lo ScHwAGER, la concamerazione centrale, di forma rotonda, è molto più piccola di quella dell’ Alw. Gremae, che invece è ellissoidale e grandissima. Dimensioni: — Uno dei più grandi individui da noi esaminati ha misurato mm, 5,2 per mm. 2,6: un altro più piccolo mm. 4 per 2: il rapporto tra questi due numeri si mantiene costante in tutti gli in- dividui da noi posseduti e l’asse maggiore è sempre due volte quello minore. Località: — Regione Frechissa tra Centuripe e Catenanuova nei calcari dentro le argille (Sicilia). Alveolina Ciofaloi Curconia. — Tav. II [XII], fig. 16-18. Specie di grandi dimensioni, turgida, di forma ellissoidale ad estremità molto arrotondate. Esterna- mente si contano da 9 a 10 concamerazioni principali, molto larghe e regolarmente convesse. In parecchi esemplari da me sezionati, ho osservato due concamerazioni embrionali, di forma rotonda, contigue, ma nettamente separate tra di loro. Esse talora di grandi dimensioni, sono disposte simmetri- Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 20 158 G. CHECCHIA-RISPOLI [12] camente rispetto all’asse minore. In un caso speciale ognuna poi è circondata da un giro indipendente di concamerazioni principali. Intorno a tali concamerazioni e alla serie circolare primitiva di cellette, si svolge la lamina spirale con un andamento regolare, come avviene in tutte le altre Alveoline. Lo spes- sore della lamina che si mantiene lo stesso tanto verso la parte mediana che verso i poli è costante in tutti i giri, meno nel 1.° e nel 2.° dove è più sottile. Dobbiamo rilevare che la presenza di due concamerazioni centrali non si verifica in tutti gli indi- vidui: in uno di quelli, dove ne abbiamo riscontrata una, prendiamo la seguente serie come legge d’av- volsimento: (12,05) -30,45, 34,0, 46,11, 55,68, 59,16, 73,95, 88,74, 106,27, 113,84, 135,72, 148,34, 164,43, 177,48, 183,88. Su di un semiasse lungo mm. 2 non si contano più di 6 0 7 giri di spira. Le cellette trasversali nei primi giri presentano la sezione circolare, talora schiacciata transversal- mente; nei giri mediani la loro sezione è rotonda e leggermente ovale nei periferici. I setti secondarii sono sottili. Nell'ultimo giro (7°) si contano 64 cellette. i Rapporti e differenze: — Le grandi dimensioni di questa specie e il piccolissimo numero di giri su di un raggio sempre grande distinguono facilmente questa specie dalle sue congeneri. Essa se per la forma può lontanamente confondersi con qualche Alveolina ellissoidale, come Al. ellipsoidalis ScAwe., Alv. Cremae nobis, si distingue facilmente da queste per la interna struttura, a causa di un molto minor numero di giri su di un semiasse sempre maggiore. Si può dire che in queste tre specie mentre aumenta il semiasse minore diminuisce il numero dei giri e ciò a causa del maggiore ispessimento della lamina spirale. Anche il numero delle concamerazioni principali è differente in queste tre specie: esso è di 9 a 10 nell’Alv. Ciofaloi, di 10 a 11 nell’Alv. ellipsoidalis e di 14 a 15 nell’Alv. Cremae. Dimensioni: — Il più grande esemplare da me esaminato ha misurato mm. 6 per asse maggiore e mm. 4 per quello minore. Il rapporto tra queste due dimensioni si mantiene sempre costante nei vari individui da me posseduti. Località: — Rocca presso Termini-Imerese (Sicilia). Alveolina cfr. oblonga D’ Orsieny. — Tav. I [XII], fig. 6,7. 1802. Discolithes sphaeroideus oblongus Fortis. Mémoires pour servir à l’ histoire naturelle de l° Italie, vol. II, pag. 113, pl. 3, fig. 8 c-d. 1826. Alveolina oblonga v’° OrBIGNY. Ann. des sc. nat., vol. XII, pag. 306, n. 4. 1828. — — DrsHaves. Ann. des sc. nat., vol. XIV, pag. 322. 1837. Fasciolites elliptica C. ne SowerBy. Transanctions geological Society, V, pag. 329, pl. 24, fig. 17. 1850. Alveolina oblonga D’ OrBIGnY. Prodrome, pag. 336, n.° 691. 1860. —_ cfr. oblonga Giinrer. Bettrag zur Foraminiferen der nordalpinen Eoccingebilde, pag. 27, _ tav. 1, fig. 6. 1883. — efr. — Scawaeer. Die Foraminiferen aus den Hoc. ecc., pag. 99, tav. XXV, fig. 5 a-f. 1890. —_ ef. — Teuuni. Le Nummuliti della Majella, delle Isole Tremiti e del promontorio Gar- ganico, pag. 47. Conchiglia di grande dimensione, di forma subcilindroide, ottusa ai poli. Esternamente si contano da 12 a 13 concamerazioni principali, strette e poco convesse. La sua sezione meridiana mostra una concamerazione centrale, leggermente ellittica nel senso del- l’asse d’avvolgimento. Essa in un esemplare lungo mm. 7,1, ha misurato per asse maggiore mm. 0,300 e per asse minore mm. 0,240. [13] G. CHECCHIA-RISPOLI 159 La lamina spirale sottile nei primi giri cresce gradatamente di spessore nei successivi, di modo che verso le estremità dell’asse è tre volte più spessa che nella parte mediana. La legge d’avvolgimento è data dalla seguente serie: (12,0) - 15,6, 16,8, 21,6, 22,8, 28,8, 30,0, 36,0, 36,0, 44,4, 48,0, 52,8, 63,6, 72,0, 74,4, 84,0, 95,6, 98,4, 114,0, 115,2. Il numero dei giri su di un se- miasse lungo mm. 1,50 è di 9 a 10. Le concamerazioni secondarie o cellette trasversali hanno la sezione di forma rotonda nei primi tre giri: nei successivi questa si allunga, sino a diventare di forma strettamente ovale in quelli periferici: all’estremità dell’asse di avvolgimento esse diventano strette, lunghe e appuntite verso la parte interna. I setti secondarii sottili nei primi giri si ispessiscono gradatamente verso gli ultimi, ove assumono uno spessore superiore alla larghezza delle cellette trasversali. Di queste nell’ ultimo giro (10°) se ne contano circa 75. Rapporti e differenze: — Gli esemplari esaminati sia per la forma che per le dimensioni corri- spondono all’Alv. oblonga D’ ORB. Però tutti gli autori anteriori allo ScHwAGER, che hanno citata questa specie si sono limitati a dare la descrizione e la figura della forma esterna senza occuparsi dei caratteri interni. Su questi caratteri lo ScHwaGER riferì alla specie D’ OrBIGNY alcuni esemplari di Alveoline dell’ Eocene del deserto libico: io fondandomi sulla diagnosi dello ScHwAG6ER ho riportato a questa specie parecchie Alveoline, però con dubbio, perchè nonostante la corrispondenza dei caratteri esterni tra l’Alv. oblonga D’ORB. e gli esemplari riferiti dallo ScawAGER a questa specie, resta il fatto, al quale abbiamo accennato parlando dei criteri specifici, che i caratteri esterni da solo non sono sufficienti, in questo genere, per riferire un esemplare ad una specie piuttosto che ad un’altra. Dimensioni: — Il più grande degli esemplari da me posseduti misura mm. 7,1 per mm. 3: ma sono rari gli individui che posseggono queste dimensioni: generalmente sono più abbondanti quelli che misu- _rano mm. 6 di lunghezza e questa misura si può prendere come media. Il rapporto fra i due assì è quasi sempre costante, potendo leggermente oscillare la grandezza dell’asse minore. Località: — Frechissa nei dintorni di Catenanuova; Rocca presso Termini-Imerese (Sicilia). — Questa specie diffusa per tutto 1’ Eocene, compare in quello inferiore di Soissons (Aisne), Cuise-Lamotte, Meaurian- Mont, Pierrefond (Oise), Couiza (Aude), in Francia (0’ OrBIGNY). Nelle marne delle miniere di ferro di Kres- senberg e nei calcari marnosi nummulitici di Traunthal (GùmBeL). Nel deserto arabico, dentro i calcari di Montalùt e di Nithale, nei calcari marnosi di Meddena e di Wadi-Nafte (ScHwaGER, BLANcKENHORN). Nelle Indie orientali, Baboa-hill, Wagé-ké-Pudda nella provincia di Traunthal (0° OrBIenY). Nell’ Eocene medio della Ghichelina presso Molo nel Vicentino (ScawAGER), del Monte Gargano (TeLLINI), e del bacino di Palermo (SEGUENZA), ecc. Alveolina Canavarii Cseccuia. -- Tav. I [XII], fig. 19-25; Tav. II [XIII), fig. 1-4. Conchiglia di grandissime dimensioni, di forma cilindroide ad estremità sempre regolarmente arro- tondate: vi sono esemplari con l’asse maggiore più corto e così ne risultano delle forme alquanto ellis- soidali allungate. Le concamerazioni principali in numero di 10 ad 11 per ogni giro sono discretamente convesse. Le moltissime sezioni da noi eseguite ci hanno permesso di constatare nella parte centrale di queste Alveoline tutte le modificazioni che subisce la lamina spirale a causa del variabilissimo numero delle con- camerazioni embrionali, variamente aggruppate, e che possono ascendere sino a dieci. Tale fatto, a cui in- 160 G. CHECCHIA-RISPOLI (14] nanzi abbiamo accennato, produce una grande asimmetria e variabilità nel modo di avvolgimento della lamina spirale, per cui è sempre difficile di poter stabilire per i primi giri una legge qualunque d’avvol- gimento, anche approssimativa. Però verso il 3.° o 4.° giro la lamina assume l’andamento regolare e lo spessore di essa diventa costante in tutti i giri: esso però è sempre maggiore verso le estremità dell’asse di avvolgimento, avvicinandosi però verso i poli della conchiglia suole aiquanto diminuire. Nel caso in cui vi sia una sola concamerazione iniziale o anche due simmetricamente disposte, allora l’andamento della lamina è regolare sin dal principio, però sempre vi.si osserva l’ispessimento notevole nella direzione delle estremità dell’asse di avvolgimento. In uno di questi esemplari la legge d’avvolgimento è dato dalla seguente serie: (25,23) - 42,63, 54,81, 58,29, 71,21, 73,82, 87,0, 87,87, 102,56, 107,88, 123,54, 125,28, 145,68, 145,70, 167,91. Generalmente nei più grandi individui non si osservano più di 9 a 10 giri di spira su un semiasse di mm. 2,5. Le concamerazioni secondarie o cellette hanno la sezione rotonda nei primi giri, ovale in quelli me- diani e allungata nei periferici. I setti secondari sono sottilissimi nei primi giri, il loro spessore cresce alquanto nei successivi senza superare mai la larghezza delle cellette. In un individuo di medie dimen- sioni nell’ultimo giro che è il 6° si contano fino a 120 cellette. La conformazione dei canali settali è identica a quella dell’ Alv. oblonga D’ORB. Rapporti e differenze: — Se per i caratteri della forma la specie in esame è molto vicina all’Alo. oblonga D’OrRB. per le sue maggiori dimensioni e per la struttura l’Alv. Canavariè se ne distingue net- tamente. Quest’ ultima specie presenta sempre un molto minor numero di giri rispetto all’ Alv. oblonga, infatti mentre in un esemplare di Av. oblonga si contano su di un semiasse lungo mm. 1,50 dieci giri di spira, in un esemplare di A/v. Canavarii su di un semiasse lungo mm. 2,5 se ne conta lo stesso numero e ciò a causa del più forte ispessimento della lamina spirale. Inoltre la lamina spirale del’ Al». Canavarii negli ultimi giri diminuisce di spessore verso le estremità dell’asse, mentre nell’ Av. oblonga essa cresce gradatamente sino negli ultimi giri. Le cellette trasversali poi sono molto più numerose nella specie in esame e se ne contano 120 nel- l’ultimo giro (6°) di un esemplare di media grandezza, laddove nell’ultimo giro (10°) di un esemplare di Al. oblonga se ne contano 75; ne viene di conseguenza che i setti nell’Alv. Canavarii sono anche più sottili. Dimensioni: — I più grandi esemplari misurano mm. 11 per l’asse maggiore e mm. 6 per l’asse minore. Il rapporto fra questi due assi si mantiene sempre costante, ma, come si è detto più avanti, l’asse di avvolgimento talora ha una lunghezza maggiore di quella normale. Località: — Rocca presso Termini-Imerese (Sicilia). Alveolina elongata D’Orsiany. — Tav. I [XII], fig. 15. 1826. Alveolina elongata D’OrBienY. Tableau méthodique, pag. 307. 1848. — longa Czsznx. Beitrige «ur Kenniniss der fossilen Foraminiferen des Wiener Beckens. Na- tur. Wiss. Abhand. herausgeg. von Wiruem HapInGER, Bd. II, Wien, pag. 143, tav. XI, fig. 34, 35. 1850. — elongata D’ OrBIGNY. Prodrome, pag. 407, n.° 1314. 1850. — — Drxon. The geology and fossil of the tertiargaud cretaceous formations of Sussex, pag. 162, tav. IX, fig. 4. 1850. — fusiformis Drxon. Loc. cit., pag. 162, tav. IX, fig. 5. 1850. — acuta Savi e MeneGHINI. Considerazioni sulla Geologia della Toscana, pag. 206. [15] G. CHECCHIA-RISPOLI 161 1870. Alveolina longa Czizex Bavan. Sur les terrains de la Venetie. Bull. Soc. géol. de France, sér. II, tom. 27, pag. 458. 1883. —_ frumentiformis Scawacer. Die Foraminiferen aus dem Eoc. ece., pag. 100, tav. XXV, fig. 4 a-t. 1890. si acuta TeLuini. Le Nummuliti della Majella ecc. 1894. = Boscù var. fusiformis De GREGORIO. Monographie des fossiles tocéniques ((éiage parisien) de Mt. Postale. Ann. de Géol. et de Pal., 14 livr., pag. 44, tav. IX, fig. 285-287. 1896. — elongata OppenHEM. Eocaenfauna des Mt. Postale, pag. 133. 1900-01. — — — Die Priabonaschichten und ihre Fauna, pag. 34. Questa specie è rappresentata da moltissimi esemplari e si distingue per le sue grandi dimensioni e per la forma presso a poco biconica, simile a quella di un granello d’avena: le estremità generalmente appuntite possono essere talora un poco arrotondate e si hanno allora delle variazioni di forma, le quali però tutte presentano l'uniforme assottigliamento dalla parte mediana verso i poli. Per ogni giro si con- tano da 10 ad 11 concamerazioni principali, pochissimo convesse. La sezione equatoriale mostra una concamerazione iniziale di forma leggermente ellissoidale e di pic- cole dimensioni: essa in un esemplare lungo mm. 11 ha misurato mm. 0,150 per asse minore e mm. 0,225 per quello maggiore. I giri che ripetono la forma esterna della conchiglia sono regolarmente arcuati dalla parte mediana verso i poli. La lamina spirale verso le estremità dell’asse si va gradatamente ingrossando sino ad es- sere ivi quattro o cinque volte più spessa che non nella parte mediana. La legge d’avvolgimento è data in questa specie dalla seguente serie: (1,5) -2-2,5, 3,0, 3,6, 5,0, 6,2, 7,8, 9,0, 10,0, 12,0, 14,0, 16,0, 18,2, 21,5, 25,0, 28,0, 31,0, 36,0, 40,0, 44,0, 48,0, 52,0: la quale serie si avvicina molto a quella data dello ScawAGER. Su di un raggio lungo circa mm. 1,5 si contano 10 giri di spira. Le concamerazioni secondarie sono piccolissime, di forma rotonda in quasi tutti i giri e solamente verso le estremità dell’asse sono allungate o appuntite verso l’interno. I setti che separono queste cel- lette hanno uno spessore uguale presso a poco alla larghezza delle concamerazioni. In un esemplare com- posto di 10 giri di spira, nell'ultimo giro si contano fino a 100 cellette. Rapporti e differenze: — L’Alveolina elongata D’OrB. fu dal dott. OpPENHEIM identificata per la forma e per la struttura all’Alv. frumentiformis Scawe. e all’Alv. Tonga CzszEK. Io credo che anche 1’ Alv. acuta SAVI e Mer. debba entrare in sinonimia, stando alle notizie che ne danno gli autori riguardo alla forma, alle dimensioni e al rapporto tra i due assi !'. Secondo il Brapy, che nei foraminiferi dà una larghissima comprensione al concetto di specie, 1Alv. elongata D’ORB. si continuerebbe nell’epoca presente con l’ Al». Bosciù DEFRANCE, la quale è stata iden- tificata dallo stesso autore con l’Alv. Quoji D’ ORB.? Questa riunione alquanto arbitraria non ci sembra giustificata affatto: 1’ Alv. Boscù Der. 3 del bacino di Parigi differisce dall’ Al. elongata D’ORB. per essere sempre arrotondata verso gli. apici, per avere Sempre l’asse maggiore più corto rispetto a quello minore, risultandone così delle forme brevemente fusoidi. 1) Oltre all’AZv. acuta il Savi e il MenEGHINI nel loro lavoro citano: Alv. Oliva, Alv. cylindrica e Alv. trinodis dell’ Eocene del Vicentino e del Veronese. Ma noi non possiamo giudicare queste tre specie dai pochi caratteri che gli autori ne danno. 2 Brapy. Report on the Foraminifera ecc., pag. 222. 3) DEFRANCE. Dictionnaire des sciences naturelles, tom. XVI, pag. 104, fig. 4-6 (1820). Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. . , dd 162 G. CHECCHIA-RISPOLI [16] Il numero dei giri dell’ A7v. elongata in uno stesso raggio è sempre maggiore che nell’Alv. Boscòì, per causa del minore spessore che assume la lamina spirale: nell’Alv. Bosci inoltre lo spessore della lamina spirale non aumenta verso le estremità dell’asse come nell’Alv. elongata, ma si mantiene lo stesso tanto verso la parte mediana che verso i poli. Nessun rapporto crediamo poi che si possa stabilire tra l’Alv. elongata e lAlv. Bosciù con la vivente Alv. Quoji D’ORB., a causa della complicatissima & diversissima struttura di quest’ ultima !). Dimensioni: — Tra i molti esemplari da me esaminati, rari sono quelli che arrivano ad una lun- ghezza superiore ai 15 mm., mentre sono più abbondanti quelli che ne misurano 10: questa misura si può prendere come media; l’asse minore oscilla poi tra i 2 e 3 mm. Il rapporto fra i due assi è minore nelle forme subcilindroidi. Località: — Rocca presso Termini (Sicilia). — Questa specie è abbastanza diffusa in Italia nell’ Eocene dei dintorni di Rossano Calabro; nel Gargano (TeLLini); nella Majella (Savi e MenEGHRINI); a Monte Postale (De GREGORIO, OPPENHEIM) e a Priabona (OpPENHEIM). Nell’ Eocene del bacino di Vienna (C2yzex); nei dintorni di Valognes in Francia. Poi in Egitto (BLaNncHENHORN) e a Minich nel deserto arabico (ScHWAGER). Alveolina Schwageri Carccara. — Tav. I [XII], fig. 11-14. Alveolina di discrete dimensioni, corta, fusiforme, gonfia, ad estremità non molte acute. Per ogni giro si contano da 15 a 16 concamerazioni principali, strette e poco convesse. La sezione meridiana mostra una piccola benchè distinta concamerazione primordiale, di forma ro- tonda, con una parete sottile: essa in un esemplare lungo mm. 4 ha misurato mm. 0,144 di diametro. Spira regolarissima: la lamina d’avvolgimento cresce gradatamente di spessore dal centro verso la periferia: presso l’estremità dell’asse lo spessore è uguale a due volte quello della parte mediana della lamina. La legge d’avvolgimento è data dalla seguente serie: (7,2) - 9,6, 12,0, 14,4, 15,6, 16,8, 20,4, 20,4, 25,2, 26,4, 28,8, 31,2, 34,8, 37,2, 40,8, 44,4, 48,0, 51,6, 55,2, 60,0, 64,8, 72,0, 96,8, 81,6, 91,2, 96,0, Su di un semiasse uguale a mm. 0,85 si contano da 12 a 13 giri di spira. Le cellette trasversali hanno la sezione ellittica e propriamente in questa specie man mano che si va dai giri centrali verso quelli periferici la sezione dalla forma rotonda passa a quella ellittica: lo spessore dei setti diminuisce gradatamente man mano che si va dalla parte centrale della conchiglia verso la pe- riferia. In un individuo composto di 12 giri di spira nell’ultimo giro si contano circa 66 cellette trasversali. Rapporti e differenze: — La forma brevemente fusoide ad estremità non appuntite e il gran nu- mero di giri su di un semiasse piccolissimo distinguono queste specie dalle congeneri. L’Alv. Di-Stefanoi, che le è vicina per la forma, si distingue dalla specie in esame per il maggiore sviluppo della lamina spirale e per un minor numero di giri su di uno stesso semiasse. Inoltre la specie in esame si distingue dall'A». elongata D’ORB. per un minore sviluppo dell’asse d’avvolgimento, per il minore spessore che as- sume la lamina verso i poli, e per un più gran numero di giri su di un semiasse minore. Dimensioni: — Il più grande individuo da me esaminato ha dato mm. 4,2 per l’asse maggiore e mm. 1,8 per quello minore: uno fra i piccoli ha misurato mm. 2 per mm. 0,9.. Località: — Rocca presso Termini-Imerese (Sicilia). — Inoltre l’abbiamo rinvenuta nel calcare nummu- litico associato con argille scagliose, soprastante agli strati con Antracotherium magnum presso Agnana (Calabria). 1) p’OrBIGNY. Annales des sc. nat., vol. VII, pag. 307, n.° 7. [17] G. CHECCHIA-RISPOLI 163 Alveolina Di-Stefanoi CurccÒia. — Tav. I [XII], fig. 8-10. Conchiglia di discrete dimensioni, fusiforme ad estremità alquanto arrotondate. In ogni giro di spira si contano da 12 a 13 concamerazioni principali, strette, convesse: ad occhio nudo si vede il grande rialzo della lamina sul giro sottostante per causa del suo forte spessore. La sezione meridiana mostra una concamerazione iniziale di forma rotonda, piccolissima: questa in un individuo lungo mm. 5,1 ha misurato mm. 0,250 di diametro. La sezione equatoriale fa scorgere chiaramente lo sviluppo della lamina d’avvolgimento, la quale Sottile nei primi giri, aumenta fortemente di spessore in quelli successivi: verso i poli la lamina assume uno spessore doppio di quello della parte mediana. La legge d’avvolgimento è data dalla seguente serie: (10) - 12,0, 13,2, 16,8, 18,8, 22,8, 30,0 32,4, 38,4, 48,0, 50,4, 60,0, 63,6, 76,8, 79,2, 84,0, 90,8, 107,0. Su di un raggio di mm. 1 si contano da 8 a 9 giri di spira. Le cellette trasversali nei primi giri hanno la sezione rotonda e alquanto allungata nei successivi. I setti secondari in questa specie sono più spessi che in tutte le altre precedentemente descritte special- mente nei giri periferici, ne viene quindi che anche le concamerazioni secondarie sono poco numerose: di queste in un esemplare composto di 7 giri nell'ultimo se ne contano appena 48. Rapporti e differenze: — In nessuna delle alveoline fusiformi abbiamo riscontrato un così note- vole sviluppo della lamina spirale, specialmente negli ultimi giri, come nell’Alw. Di-Stefanoi: si può dire che in questa specie la lamina ha l’andamento di quella delle Flosculine, cioè sottile nei primi giri e rapidamente crescente nei successivi. Questa specie, che per la forma della conchiglia s’ avvicina all’ Alv. Schwageri, se ne distingue oltre che per il maggiore sviluppo della lamina spirale e quindi anche pel minor numero dei giri su di un semiasse quasi sempre maggiore, anche pel minore numero delle cellette trasversali e pel maggiore spessore dei setti secondarii. Dimensioni: — Le massime dimensioni riscontrate in questa specie sono di mm. 5,1 per l’asse maggiore e di mm. 2 per quello minore. Località: — Rocca presso Termini (Sicilia). — Nel calcare nummulitico di Agnana (Calabria). Subgen. Flosculina STACHE. Flosculina decipiens Scawacer. — Tav. II [XIII], fig. 11-15. 1883. HMlosculina decipiens ScawaGER. Foraminiferen aus den Eoc. ecc., pag. 103, tav. XXVI, fig. 1a-K. 1900. Alveolina decipiens BrancrenHORN. Loc. crt. 1902. Flosculina cfr. decipiens MartELLI. Le formazioni e è fossili di Paxos ed Antipaxos, pag. 416, tav. VII, fig. 5. Riferisco a questa specie parecchi esemplari di F/osculina, in cui ho riscontrato sempre una forma ellissoidale costante in tutti gli individui. In essi non s’avverano tutte quelle variazioni descritte dallo ScHwacEr. Questa specie peri caratteri di forma potrebbe a prima vista essere confusa facilmente con qualcuna delle Alveoline di forma ellissoidale; però la sua natura di F/osculina si scorge subito a causa del rialzo che fa la lamina spirale nel giro sottostante, dovuto al forte spessore che questa assume. Del resto i caratteri del sottogenere E/osculina in questa specie si rilevano meglio dalle sezioni equatoriale e meridiana, le quali mostrano il caratteristico sviluppo della lamina negli ultimi giri. 164 G. CHECCHIA-RISPOLI [18] Concamerazione centrale piccolissima, di forma rotonda e circondata da parete sottile. Per ogni giro si contano da 6 a 7 concamerazioni principali. La lamina spirale sottile nei primi tre giri aumenta nel quarto, quinto e sesto, dove si mantiene presso a poco dello stesso spessore e cresce rapidamente negli ultimi. Verso le estremità dell’asse questa si mantiene presso a poco dello stesso spessore che nella parte mediana. In alcuni individui di questa specie ho constatato il fatto che la lamina dopo di aver assunto il massimo sviluppo s’ assottiglia di nuovo gradualmente come nei primi giri. Come legge d’avvolgimento abbiamo in questa specie la seguente serie, che corrisponde moltissimo a quella data dallo ScHwAGER: (4,0)- 7,0, 7,5, 11,0, 12,0, 15,0, 17,5, 21,9, 23,5, 40,0, 69,0, 80,0, 108,0, 124,0, 140,0. Su di un raggio di mm. 3,5 si contano da 8 a 9 giri di spira. Concamerazioni secondarie poco nume- rose, grandi nei primi giri e a sezione rotonda: nei giri successivi esse presentano una sezione subovale schiacciata trasversalmente. In quegli individui, in cui la lamina dopo aver raggiunto il massimo spes- sore di nuovo s’assottiglia, anche la sezione delle cellette passa dalla forma ovale schiacciata transver- salmente a quella rotonda dei primi giri. I setti secondari sono sottilissimi. In un individuo composto di nove giri nell’ultimo si contano circa 60 cellette. Rapporti e differenze: — La specie in esame differisce dalla /osculina pasticillata ScHawAGER perchè quest’ultima presenta sempre una forma quasi sferica, un maggior sviluppo flosculinico della la- mina spirale specialmente negli ultimi giri e perchè infine questa presenta le cellette trasversali sempre più schiacciate della ose. decipiens. Qui esprimiamo un nostro giudizio, al quale abbiamo antecedente- mente accennato, cioè che con molta probabilità l’Alv. cvoidea D’ORB. ! spesso citata dagli autori si debba riferire alla lose. decipiens ScHwe. A dover giudicare infatti dalla descrizione e dalle figure che solo in parte ne danno gli autori, l’A7v. ovoidea presenta una forma identica a quella della E/osc. decipiens, e di più come in questa specie essa presenta su uno stesso raggio lo stesso numero limitato di giri, (8 in un semiasse lungo mm. 1,5) e ciò a causa del forte spessore che deve certamente assumere la lamina nella specie del D’ORBIGNY. Dimensioni: — Il più grande fra gli individui da noi posseduti ha misurato mm. 4 per mm. 2,3. Località: — Rocca presso Termini-Imerese (Sicilia). — Inoltre nell’ Eocene inferiore di Nekeb-el-Fa- rudj e di El-Guss-Abu-Said nel deserto libico (ScawaGER); in Egitto (BLANCKENHORN); a Paxos ed Antipaxos (MARTELLI), ecc. : Flosculina pasticillata Scawe. — Tav. II [XIII], fig. 16-18. 1883. Flosculina pasticillata Scawacer. Foraminiferen aus den Eoc. ecc., pag. 104, tav. XXVI, fig. 2a, b. 1900. Alveolina pasticillata BLAanckeNHORN. Loc. cit. Conchiglia di forma più o meno subsferica e mostrante da 7 ad 8 concamerazioni principali per ogni giro, molto convesse e separate da solchi netti. I setti di separazione secondarii fanno evidente sporgenza sulla lamina, per cui questa si mostra striata longitudinalmente in modo molto chiaro. L'ultima conca- merazione sporgente sulla sottostante, mostra anche ad occhio nudo una fila di forellini transversalmente schiacciati, che corrispondono alle cellette trasversali. i) D’'ORBIGNY. Tableau méthod. des céphal. Ann. des sc. nat., 1826. [19] G. CHECCHIA-RISPOLI 165 La sezione meridiana presenta una concamerazione iniziale piccolissima, rotonda e chiusa da una parete sottile. La lamina spirale nei primi giri cresce lentamente con un andamento regolare e poi passa rapidamente allo sviluppo flosculinico nei successivi. La lamina non aumenta di spessore verso i poli. Come legge d’avvolgimento può essere presa la seguente serie approssimativamente: (6,0) - 13,0 17,0, 19,0, 21,5, 24,0, 32,0, 34,0, 50,0, 70,0, 88,0, 94,0, 104,0, 106,0, 130,0, 132,0. Su di un raggio di mm. 1,5 si contano da 7 ad 8 giri. Le cellette trasversali sono a sezione rotonda nei primi giri e molto schiacciata trasversalmente in quelli mediani e periferici. I setti di separazione sono sottili. Nell'ultimo giro (8°) si contano presso a poco 70 cellette trasversali. In questa specie, come nella precedente, il canale settale è sviluppato presso a poco secondo il tipo delle Alveoline. Rapporti e differenze: — Come abbiamo accennato riguardo all’ Alv. ovoidea, così crediamo pure che alla F/osc. pasticillata si debba riferire 1° Alv. sphaeroidea Lmx., per la forma identica e per lo stesso numero di giri su di un semiasse quasi eguale ®. Questa specie, e del pari la precedente, sono difficili. oggi a potersi giudicare per il fatto che di esse ora noi non possediamo che la figura della forma interna e soli pochi cenni riguardo alla loro struttura; però crediamo almeno di potere rilevare i rapporti del- l’Alv. ovoidea e della Alv. sphaeroidea colle Flosculine per il limitato numero di giri che si riscontra in queste specie su di un semiasse sempre grande. Dimensioni: — I più grandi tra gli esemplari da me esaminati hanno misurato mm. 4 per asse maggiore e mm. 3,5 per quello minore. In esemplari di diversa grandezza il rapporto fra i due assi è sempre lo stesso. Località: — Rocca presso Termini-Imerese (Sicilia). -- Nei calcari di Wadi-Nafti e di Nekeb-el-- Farudj presso El-Guss-Abu-Said nel deserto libico (ScHwAGER); in Egitto (BLANCKENHORN). APPENDICE Di una nuova specie di Alveolina del Friuli. — Tav. II [XIII], fig. 5-10. La nuova specie di Alveolina che descriviamo proviene dalle classiche località di Rosazzo e Buttrio nel Friuli, da strati appartenenti all’ Eocene medio; essa fa parte della collezione privata del prof. GrovANNI Di-StEFANO, a cui venne donata dal prof. A. TELLINI. Con molta probabilità la specie di cui si tratta in questa Nota è quella che è citata da O. MARINELLI, come Alveolina sp. senza però che sia stata nè descritta nè figurata ?). 1) LAMARCK. Animaua sans Vertèbres, vol. VII, pag. 615. 1822. 2 MARINELLI O. Descrizione geologica dei dintorni di Tarcento în Friuli, pag. 179. Pubblic. del R. Ist. di Studi sup. e di perfez. in Firenze; sez. di Sc. fis. e nat. Firenze, 1902. 166 G. CHECCHIA-RISPOLI [20] La specie che descriviamo, distinta col nome di Alveolîna Violae nobis, è di grandi dimensioni, la sua forma è generalmente cilindrica ad estremità leggermente arrotondate; come variazioni della forma pre- dominante vi sono individui ad estremità alquanto appuntite, altri ad estremità molto arrotondate. Sulla superficie della conchiglia si scorgono nettamente le fine strie trasversali dovute alle sporgenze dei setti secondari sulla lamina spirale: nei punti dove è asportata parte della lamina si osservano ad occhio nudo le cellette o concamerazioni trasversali. Per ogni giro di spira si contano da 12 a 13 con- camerazioni principali, strette e pochissimo convesse. La sezione equatoriale mostra una concamerazione iniziale di discrete dimensioni, di forma ellissoidale: in un esemplare lungo mm. 16 essa ha misurato mm. 0,446 per asse maggiore e mm. 0,336 per quello minore. L'andamento della spira è regolare e a passo quasi sempre costante: la Jegge d’avvolgimento è data dalla seguente serie: (16,8) - 24,6, 38,4, 40,8, 50,4, 52,8, 60,0, 64,8, 72,0, 76,8, 84,0, 86,4, 93,6, 105,2, 105,4, 110,4, 112,8, 122,4, 134,4, 134,8, 144,0, 146,4, 158,4, 160,8, 165,6, 172,8, 177,6, 184,8. In in- dividui più grandi si contano in media da 17 a 20 giri di spira su di un semiasse variabile da mm. 1,7 a 2. La lamina d’avvolgimento è sottile verso la metà dell’asse e aumenta gradatamente di spessore verso le estremità di esso, sino a diventare ivi sette od anche otto volte più grossa che non verso la parte mediana; negli ultimi giri lo spessore diminuisce sino ad essere lo stesso tanto nella parte mediana che verso i poli. Le cellette trasversali presentano la sezione rotonda nei giri centrali ed ovale in quelli mediani e periferici: verso le estremità dell’asse la sezione è allungata e appuntita verso l’interno. I setti di sepa- razione secondarî sono sottilissimi e ne risulta che le concamerazioni secondarie sono molto avvicinate fra di loro. In un individuo composto di 15 giri, nell'ultimo giro si contano circa 100 cellette trasversali. .Nella specie in esame, oltre a questa serie di cellette, si osserva un altro sistema localizzato nella spessezza della lamina verso le estremità dell’asse di avvolgimento. Queste cellette di diversa grandezza e disordinatamente sparse hanno una sezione rotonda e sembrano circondate ognuna da una propria parete spessa. In nessuna altra specie di Alveolina fossile abbiamo osservato questo sistema di cellette, essendo tutte del #ipo semplice. Questo sistema ricorda lontanamente il ipo complesso di struttura, riscontrato nella vivente Alv. Quoji D’ORB. Rapporti e differenze: — Le grandi dimensioni, il gran numero di giri compresi su di un semiasse piccolissimo, la spira regolare, l'enorme spessore della lamina spirale verso le estremità dell’asse, il grande numero delle cellette trasversali, il sistema di concamerazioni secondarie localizzate nella spessezza della lamina verso i poli, distinguono l’Alw. Violae dalle congeneri. A prima vista potrebbe sembrare che la forma in esame corrisponda all’ Alv. elongata D’ORB. (= Alo. frumentiformis ScaWG.); ma da uno studio comparativo tra le due specie risulta che, mentre nell’ Alv. Violae la forma è generalmente cilindroide, nell’Alv. elongata si nota sempre un assottigliamento dalla parte centrale verso le estremità, risultandone forme biconiche; ma se in qualcuna delle sue variazioni lA». elongata si avvicina alla specie in esame per la forma, restano sempre spiccate le differenze dei caratteri interni, che consistono nel minor numero di giri su uno stesso semiasse nell’Alv. elongata, e nel molto minore spessore che la lamina assume verso i poli, e che si manifesta fino agli ultimi giri. Inoltre nell’Alv. Violae i setti secondari sono sottilissimi, invece nella specie del p’ OrBI&NY lo spessore di questi supera la larghezza delle cellette, le quali perciò sono in molto minor numero: in questa specie infine manca l’altro sistema di cellette trasversali. [21] G. CHECCHIA-RISPOLI 167 Qualche rapporto ha pure la specie in esame con 1’ Alv. javana VERBECK di Giava !): questa però presenta sempre il rapporto fra i due assi più grande, un molto maggior numero di giri, sino a 27, su di un semiasse poco più grande e l’assenza dell’altro sistema di cellette trasversali. Dimensioni: — Il più grande esemplare da me posseduto ha misurato poco più di mm. 20 per asse maggiore e mm. 4 per quello minore: le due dimensioni si mantengono presso a poco costanti negli individui di diversa grandezza. Località: — Rosazzo e Buttrio nel Friuli. Eocene medio. 1) VeRBECK R. D. M. Voor/oopig bericht over nummulieten, orbitoiden, en alveolinen von Java, en over den ou- derdon der gesteenten Waarin zij optreden. Natuurkunding Zijdschrift woor Nederlandsch-Indie, ecce., Deel LI, Achtste serie, Deel II, pag. 111, fig. 4-7. 1892. Finito di stampare il 31 agosto 1905. #1 uù I È È 31 G. DE ANGELIS D’'OSSAT CORALLI DEL CRETACICO INFERIORE DELLA CATALOGNA (Tav. XIV-XVII [I-IV] e Fig. 1, 2 intere.) Il ch. geologo J. ALMERA mi ha comunicato in istudio un’ abbondante e rara raccolta di Coralli da lui. scoperta nel massiccio infracretacico del litorale della provincia di Barcellona. ' Fortunatamente il medesimo raccoglitore ha pure illustrato la geologia di quella importante provincia, la quale ormai può dichiararsi geologicamente conosciuta, tanti sono gli scritti dell’ALmeRA che la descrivono e così eccellenti le carte geologiche che ne riassumono tutte le conoscenze geognostiche, cronologiche, montanistiche ecc. Hgli è per questo che non mi riuscirà difficile far conoscere le località donde proviene il materiale che forma l'oggetto del presente studio. I coralli sono generalmente ben conservati, specialmente nella parte esterna; dacchè le parti ana- tomiche interne sono spesso obliterate dalla spatizzazione e dall’ erosione subìta sia immediatamente dopo la morte dell’individuo o della colonia, o durante e dopo il processo di fossilizzazione, Per queste ragioni, mancando talvolta i caratteri necessari alla determinazione sia generica che specifica, ho amato meglio non addivenire alla classificazione, che giungervi con soverchie incertezze. Non ho mancato, quando mi fu possibile, praticare acconce preparazioni necessarie allo scoprimento di caratteri anatomici distintivi; come spesso ho ricorso a sezioni sottili ed a levigazioni. In questo paziente lavoro mi fu valevole aiuto DomenIco NARDONI che pubblicamente ringrazio. Si può affermare che il presente lavoro è il primo che venga a far conoscere la fauna corallina del Cretacico inferiore della Catalogna, dacchè le notizie che si hanno sono molto vaghe ed incerte, come quelle che si possono raccogliere dal p'ORrBIGNY 2), dal quale talvolta sono citate specie con la generica indica- zione di Catalogna o del versante spagnuolo dei Pirenei. Le medesime specie, spesso riportate come dubbie, sono menzionate nei lavori del Mirne-Epwarps ed Harme, come in quelli del De FROMENTEL solo o col Ferry. Nel decorso del lavoro avrò occasione di ricordare qualcuna di tali citazioni. Il Coquanp H. ® però nella sua monografia intorno all’Aptiano della Spagna nomina poche forme, delle quali parecchie nuove. Esse però appartengono a località talvolta lontane dalla provincia di Barcel- 1) pe ANGELIS D'Ossat. Fauna coralina del Piso Aptense de Catalunia. Avance d. Mem. R. Acc. Ciene. d. Bar- celona. Época tere., vol. V, n. 5. Barcelona, 1905. ® Prodrome de Paléontologie ‘stratigraphique universelle ete. Vol. II. Paris, 1850. 3) Monographie de l° étage aptien d’ Espagne. Pag. 181 e seg. Marseille, 1865. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 21 170 G. DE ANGELIS D' OSSAT 4 [2] lona e sono troppo brevemente descritte e molto malamente figurate; ad ogni modo ne riporto il breve elenco. Parasmilia Aptiensis Picrer et Renevier. Aptiano sup. di Obon (Aragon). Astrocoenia Utrillensis H. Coquanp. (Per errore nelle Tavole: Thammnastraca). Aptiano inf. di Utrillas, Escucha (Aragon), Godall. (Terragona). Platycyathus Orbignyi From. Aptiano di Obon e di Arcaine (Aragon). Thecocyathus cretaceus Frow. Aptiano di Morella (Valence). Phyllocoenia Fromenteli H. Coquanp. Strati a ligniti dell’Aptiano sup. di Utrillas (Aragon). Ora gli strati menzionati si riferiscono ad altro piano. Albiano? _ Ferryi H. Coquanp. Aptiano inf. di Escucha (Aragon). Solo alcune di queste forme avrò bisogno di discutere nel presente lavoro. Nel lungo studio mi è riuscita di grande utilità una larga collezione di Coralli del Cretacico europeo conservata nell’Istituto geologico della R. Università di Roma; nella quale sono rappresentate abbondan- temente e specialmente le località di Gosau, quelle della Provenza ecc. Ciò che non mi ha fatto difetto è stata la bibliografia, mercè la squisita ed usata cortesia del prof. A. PoRtis, il quale mi ha pur permesso di consultare la sua privata e ricca biblioteca: di che ancora una volta rendo al chiarissimo professore sentite grazie. Non sciorino la lunga bibliografia che ho dovuto consultare, perchè è riportata accurata- mente nelle descrizioni delle singole specie o nelle disquisizioni generiche; ma debbono essere menzionati i nomi di coloro che specialmente studiarono i coralli cretacici e cioè: MicHELIN, GoLDFuss, D’ORBIGNY, Reuss, pe FromENTEL, FerRY, MiLnE-EpwARDS ed Harme, Fetix, StoLIczEA, VoLz ecc. L’ordine seguito è quello additato ultimamente dal FELIX nel suo importante lavoro di revisione dei coralli di Gosau !. Tutto il materiale qui illustrato appartiene alla collezione privata dell’ ALmeRA. L’interessante fauna corallina ora si ammira nel Museo di Storia Naturale del Seminario di Barcellona; dove rimarrà, con altre preziose raccolte, per munificenza del ch. geologo spagnuolo. Molti esemplari poi, per gentile con- cessione dello stesso ALmeRA, hanno notevolmente arricchito le collezioni dell’Istituto Geologico della R. Università di Roma. Passo ora in rassegna le località donde provengono i fossili, procurando di farne conoscere anche il valore cronologico delle formazioni con fauna corallina. Il luogo donde l’ALmeRA raccolse il maggior numero dei Coralli è, senza dubbio, C. Pascual nel ter- ritorio di Castelvi de la Marca nel piano Aptiano. (Ved. fig. 1). i) Felix J. Studien dber die Korallenfiihrenden Schichten der oberen Kreideformation in den Alpen und den Mediterrangebieten. I Th. Die Anthozoén der Gosauschichten in den Ostalpen. Palaeontographica, Bd. XLIX. Stutt- gart, 1903. Le poco numerose forme della famiglia Furgidae non mi permettono di tenere conto del recentissimo tentativo di classificazione proposto dal VausHAN T. W. A critical review of the literature on the simple genera of the Madreporaria Fungida, with a tentative classification. Proc. U. S. National Museum, vol. XXVIII, n. 1401. Washin- gton, 1905. [3] G. DE ANGELIS D’ OSSAT 171 È è» 618° S S N S R = l R |M vi ' ! DEI Ù b1°20 {ck®|! Miani ui \ io VAGIIIV, v rl ec @ SEO 99 VINNVA JE v LA v FARAI v v v PA ANI v n Vv Carta geologica del massiccio Infracretacico di Castelvi de la Marca, desunta dalla Mapa geol. y topogr. de la Prov. de Barcelona (Reg. tere. 1900) dell’ALMmERA. Le formazioni mesozoiche costituiscono un isola circondata da sedimenti miocenici. I numeri I, II e III rispettivamente indicano le tre località principali in cui si raccolsero i Coralli cioè: I. C. Pascual; II. C. Morgades e III. S. Martì Sarroca. Le indicazioni rappresentano: m?2 Elveziano Marne. ero Aptiano Facies litorale. cero! » Facies corallina. cr5 Barremiano Fucies pelagica. (Scala L: 40000) cri » Facies litorale. cr3 Auteriviano Facies di Rudiste. er? » Facies lacustre. er » Facies dolomitica. G. DE ANGELI 172 S D'OSSAT 4 Il Rio de Foix che sfocia al mare ad occidente di Barcellona, riceve ultimo ed importante affluente di destra la Riera de Marmellà, la quale, appena penetra nel confine della provincia di Barcellona, è obbligata a superare le strette forre che si è scavate nella catena di Castelvi de la Marca e di Montmell. Lascio ora la parola all’ALmera ®: “ En amont, à 120 mètres environ au-dessus du ravin, vis-à-vis la ferme Pascual, au-dessus de ces calcaires se voit une assise de calcaires gréseux bréchoîdes, tendres è certains niveaux, jaunàtres, très riches en fossiles, appartenent à l’Aptien récifal, et d’une puissance de plus de 180 mètres ,. La Società geologica di Francia il giorno 8 ottobre 1899, sotto la direzione del- l’ALMERA, studiò quella sezione e riconobbe il livello inferiore, riccamente fossilifero, come appartenente al più schietto Aptiano. Invero oltre alla ZHoriopleura Almerae PaquieR ed alla Polyconites cfr. Verneuilli BayLE, si raccolgono -le seguenti specie: Orbitolina. discoidea A. Gras. Lithodomus avellana D'ORE. » conoidea A. Gras. Trigonia caudata Aa. Enallaster Delgadoi pe Lorion. Cardium Euryalus Co Ehynchonella lata ° ORBIGNY. » amaenum Cog. Terebratula praelonga SoweERBY. Oyprina curvirostris Coq. » sella Sow. Fimbria corrugata Sow. » tamarindus Sow. Tapes cfr. parallela Coq. Ostrea praecursor Coquanp. Anatina sp. » Boussingaulti D’ ORB. Panopaea sp. » aquila Sow. Nerinaea Renauxiana D’ ORB. Janira Morrisi Picrer et RENEVIER. » Coquandiana D’ ORB. Lima Cottaldina n° OrB. » gigantea D’ HowBrEs-FIRMAS. Requienia Lonsdalei Aver. » Archimedis D'ORB. ecc, Toucasia carinata MATH. La successione delle zone è riportata in una anteriore pubblicazione dello stesso Armera °). Presso Castelvi de la Marca si riscontra, dal basso all’alto: “ Dolomies. “a. — Calcaires gréseux fossilifères formant des bances bréchoides, friables, quelques-uns jaunàtres, avec des calcaires marneux intercalés, portant des Polypiers et de Rudistes. (25 mètres). 1° niveau ,. È questo il livello che ha dato la massima parte del materiale in istudio, sia nella nominata loca- lità C. Pascual, come nell’altra vicina C. Morgades. “ 6. — Marnes jaunàtres, noduleuses, friables (25 mètres). “ e. — Calcaires en bancs de peu d’épaisseur avec des dolomies intercalées (70 mètres). “ d. — Deuxième niveau des marnes calcaires gréseux, jaunàtres, renfermant des Polypiers et des “« Rudistes (4 mòètres). “ e. — Marnes jaunàtres très noi contenants les mémes éspèces à peu près que le niveau a “ (20 mètres) ,. 1) ALmERA J. Compte rendu des Excursions. Réunion extraordinaire de la Soc. géol. France à Barcelone. Bull. Soc. géol, Fr., 3° sér., tom. XXVI, pag. 841. Paris, 1899. 2) im. Étude stratigraphique du massif cretacé du litoral de la prov. de Barcelone. Bull. Soc. géol. Fr., pag. 564-571, 3.° sér., tom. XXIII. Paris, 1895. [5] G. DE ANGELIS D’OSSAT 173 È notevole una differenza faunistica nelle due località citate; invero a C. Morgades non solo si ha un numero distintamente inferiore di Coralli; ma non vi si trova nè 1’ Horiopleura, nè la Polyconites. Questa località è rappresentata in una sezione geologica dell’ArmeRrA, nella Relazione delle escursioni della So- cietà geologica francese ”. Tutte e due le località fossilifere figurano nella carta geologica dell’ALmeRA 2). Nella medesima carta figura altresì una terza località della stessa catena, che è quella di San Marti Sarroca; dove presso il Castello fu pure rinvenuto qualche esemplare studiato, nella uguale formazione, chiamata dal geologo spagnuolo: “ Aptense. Facies arrecifal ,. Finalmente due altre località fornirono il materiale in istudio, cioè: Las Mesquitas e La Roqueta. La prima trovasi nella stessa carta geologica; è una casa di campagna del territorio di Villanueva y Geltrù, situata a nord di Cobellas, quasi sul vertice dell’anticlinale del Massiccio cretacico. Quivi furono rinve- nuti pochi avanzi di Coralli, ma relativamente è più ricca della seconda località. La Roqueta trovasi 3) ad oriente di Canyellas ed a nord di Villanueva. Queste due ultime località, non molto lontane fra di loro, pare appartengano allo stesso livello come starebbero a testimoniare parecchie specie fossili comuni, come la Terebratula sella, la Ehynchonella lata ecc., e quindi isocrone e probabilmente isopiche con le tre già menzionate. Infine devo ricordare che qualche esemplare ha Ja sola indicazione generica “ Marmellà ,. Si tratta evidentemente del massiccio infracretacico percorso da questo torrente. Nella Tabella seguente riporto il nome di tutte le specie dell’ Infracretacico della Catalogna o meglio dell’Aptiano, distribuite nelle diverse località donde le esumò l’ALmeRA; riferendo il nome di queste pro- cedendo da ovest verso est. C. Pascual GC. Morgades S. Marti Sarroca Las. Mesquitas La Roqueta Hexacorallia. A. Perfovata. FUNGIDAE. — Thamnastraeinae. — Regulares. LeptophyMlia Eturbensis FROM. . o a : ; 5 o — —_ - = 4 Thamnastraea stricta FROM. 5 5 4 È 5 5 5 L ps ee Dimorphastraea crassisepta D’ORB. n. var. subcrassisepta . . I = » tenuistriata FROM. 3 x ò o o 0 — — — —_ i Latimaeandraraea submorchella n. sp. . c 5 E 0 + — = sn — 2 D_ TU HR 00 DD n » Felixi n. Sp. . , o a 5 0 o —_ + _ — = 1) L. cit., pag. 818. = 2) ArmeRA J. Region tercera 6 Cuenca del Rio Foix y la Llacuna. Barcelona, 1900. 3) In. Region segunda 6 de la Cuenca del Bajo Noya al Mar. Barcelona, 1897. 174 G. DE ANGELIS D’OSSAT [e] Sul Go a Ea 5 = = S Qt = = pi: (H DE 5 PS Si = 2 2 B. Aporosa. c o Astraeidae. — Astraeinae. — Montlivaultiaceae 7 Montlivaultia humilis D’ORB. Sp. + e pes ud Rei » rudis Sow. sp. + = - = pes 9) » cfr. pateriformis Micz. + pri E pito za 10 | è rugulosa KoBy + ESS Sa = i 11 » cfr. Kaufmanni KoByY + = — = = 12 Thecosmilia Catalaunica n. sp. 5 — = _ = Astraeaceae. 13 Brachyphyllia Haueri FaLix + Pa = = = Cladocoraceae. 14 Cladocora Gabriellinae n. sp. + 3 = == e Faviaceae. 15 Isastraea sp. (Marmeltà) —_ _ = SS = Maeandrinaceae 16 Coeloria Oceani D'ORB. sp. . + o = = Si Eusmilinae. — Stylinaceae. 17 PhyUocoenia corollaris REUSS sp. x 3P — — — _ 18 » exsculpta REUSS sp. 3} sta = E cri 19 » Sp. + = Zad Dai = 20 | Cryptocoenia Picteti KoBy DIS pale pù, a pe 21 Converastracea Almerai n. sp. = LI LE, + e, Euphylliaceae. 29 Aplosmilia Vidali n. sp. + = = SI er Eugyraceae. 23 Eugyra pusilla KoBvY n. var. pauciseptata — —_ — + = 24 » Cotteaui FROM. . ‘ c —_ _ = 4 SE 16 2 1 4 2 [7] G. DE ANGELIS D’OSSAT 175 TURBINOLIDAE. — Trochosmilinae. — Trochosmiliaceae. 10 5 i È 2 25 Trochosmilia uricornis MicH. sp. + —_ — = si 26 » cfr. obligua D'ORB. sp. 9P 27 » Portisi n. sp. - ax 28 ‘» Neviunii n. sp. sla ua sr - Ta 29 » sandalina n. sp. + = = e . ‘ecc. Non conoscendosi le località, nè il valore delle ricordate successioni, non si può neppure tentare di stabilire se i coralli studiati debbansi riferire ad uno piuttosto che all’altro dei due sotto-piani dell’Aptiano; cioè Bedoulien (Toucas) o Gargasien (Kirian), perchè nella provincia di Barcellona è difficile la distin- [11] i G. DE ANGELIS D° OSSAT 179 zione cronologica, per quanto sia evidente la, differenza batimetrica attestata dai sedimenti. Dal punto di vista stratigrafico, si può assicurare che il sottopiano inferiore (Bedoulier) corrisponde alla formazione a coralli; perciò essa corrispon derebbe, rispetto alla formazione Urgoniana di Orgon, alla sua parte superiore *. Ho analizzato la roccia che racchiude la fauna di C. Pascual di Castellvi de la Marca per riconoscere il quantitativo contenuto di carbonati, ed ho trovato che questi rappresentano il 95,7°/ del totale. Ciò che rimane dal trattamento con acido cloridrico è una sostanza rossiccia, argillosa, tenue, la quale al microscopio mostra piccoli nucleoli di limonite e non rari granuli di quarzo. Vi ho pure rinvenuto fram- menti di spicule di spugne silicee, le quali non mi hanno meravigliato, avendo trovato tra gli altri fos- sili anche spugne intere. Intorno alle isole Bermude fu riscontrata nel fango del fondo marino una percentuale di carbonato di calcio che sta in proporzione inversa alla profondità; secondo queste ricerche il nostro giacimento dovette originarsi vicino allo specchio marino. Ma non devesi dimenticare che, secondo le relazioni dello “ Challenger ,,, la fanghiglia corallina talvolta presenta una uniformità nel contenuto di carbonati (77-90/o) per le più diverse profondità, cioè da m. 250 sino a m. 3327.:A rigore adunque non è possibile nessuna deduzione. Ciò che può assicurarsi è la poca o punta profondità del mare durante la formazione, come lo de mostrano le Camacee e le Ostriche. I coralli adunque in quel fondo fangoso dovevano trovare un punto per fissarsi sopra le grosse conchiglie, come i coralli massicci potevano prestarsi a sorreggere altri animali. La formazione che ha dato i coralli è una fucies di banco in parte corallino e in parte costituito da: Camacee. È risaputo, come avviene di frequente nel Turoniano, che le Rudiste sono capaci di produrre veri e propri banchi uguali per la facies a quelli corallini. Ciò non può meravigliare dacchè il Signinnie di danco è più topografico che una designazione qualsiasi zoologica. 4) In questi ultimi tempi ho pubblicato una monografia intorno alla rara fauna corallina infracretacica del cal- care caprense; in essa già feci profitto del presente lavoro. Rimando adunque a quello studio chi bramasse conoscere i rapporti della fauna catalana con quella caprense: I coralli del calcare di Venassino (Isola di Capri). Att. R. Accad. Se. fis. e mat. di Napoli. Ser. 2.8, vol. XII. Memoria n. 16. Napoli, 1905. 180 G. DE ANGELIS: D' OSSAT [12] DESCRIZIONE DELLE FORME Hexacorallia HAECKEL. A. Perforata E. H. Fam. Fungidae Dim. Sub-Fam. Fhamnastraeinae Freca. Tribus Regulares Prarz. Gen. Leptophyllia Russ, 1854. Dalla lunga sinonimia del genere riportata dal KoBy !, facilmente si apprendono tutte le incertezze che si ebbero nella posizione sistematica di questo genere, il quale fu traslocato da una famiglia all’ altra. Il suo vero posto fu solo riconosciuto dal PraTz ?), con i suoi diligenti e dettagliati studi anatomici sopra alcune specie di Leptophyllia ben conservate appartenenti al Cretacico. Similmente dobbiamo allo stesso autore la classificazione delle Fungidae proposta nello: stesso lavoro 9 e quasi universalmente accettata. Il Reuss 4, riconoscendone la necessità, fondò il nuovo genere, senza però stabilirne la naturale posizione; anzi non ne intese neppure tutto il valore come afferma il pe FROMENTEL °). Persino il PRATZ, secondo quanto scrive il KoBy 9, non determinò esattamente tutto l’ambito del genere, perchè le ricerche anatomiche riposavano sopra troppo scarso materiale cretacico. Invero il KoBy, con lo studio rivolto sopra forme giurasiche, potè meglio precisare e circoscrivere i limiti del genere. Sono però d’avviso che con maggiore quantità di materiale e meglio conservato, si riuscirebbe a diminuire importanza ad alcuni ca- ratteri ed a concederne una maggiore ad altri. Sgraziatamente il materiale in istudio non mi permette assolutamente tal genere di ricerche. Invero ho un solo esemplare, e non ben conservato, da riportare a questo genere, ciò che farò con una minuta analisi dei caratteri e con breve disquisizione. Non fa mestieri spendere soverchie parole per dimostrare che il nostro esemplare appartiene al gruppo delle Pseudoastraeinae (Fungidae) del PrATZ, e non a quello delle LithophyMliaceae (Astracinae); invero è facile riconoscere in esso, per quanto la spatizzazione abbia cercato di cancellarne i caratteri, la struttura trabecolare dei setti ed i falsi sinatticoli (pseudosinatticoli) ecc. Appunto per questi caratteri ci troviamo 1) KoBy. Monographie des Polypiers jurassiques de la Suisse. Mém. Soc. paléontologique Suisse, vol. VII, 1880 e seg., pag. 313, 314. 2 PraTZ. Ueber die verwandtschaftlichen Beziehungen eineger Korallengattungen mit hauptscichlicher Beriicksichti- gung îihrer Septalstructur. Palaeontographica, Bd. XXIX, 1881. 3) Ip. L. cît., pag. 122, 123. 4 Il Reuss, Beitrige zur Charahteristik der Kreideschichten in den Ostalpen, besonders Gosauthale und am Wolf- gangsee. Denkschr. der Wiener Akad. der Wiss., T. VII, 1854, pag. 101, creò due nuove specie, cioè: L. irregularis e L. clavata, che il FnLIX (Op. cit., p. 200) riunisce sotto il nome di L. cavata, inglobandovi la Trochoseris lobata, Trochosmilia elongata, Parasmilia Bouéi; tutte specie del Reuss. 5) DE FROMENTEL et Ferry. Pal. frang., Terr. Crét., Zooph., pag. 327. 9) KoBy. L. cit., pag.555. {13] G. DE ANGELIS D’OSSAT 181 nel sottogruppo dei Regulares. “ Benachbarte Septalflachen durch Pseudosynaptikeln und Traversen ver- bunden ,. Ai Regulares appartiene il genere Leptophyllia che è quello che abbraccia il nostro esemplare per la corrispondenza di tutti i caratteri generici descritti dal PraTz e dal KoBy, come si potrà osser- vare nella descrizione della specie. Nullameno penso non riesca superfluo escludere tutti gli altri generi cui, con sommario esame, si poteva riferire il nostro esemplare. Per amore alla brevità adduco solo i caratteri principali che servono ad. assicurarne l'esclusione, mentre i secondari risulteranno dalla descrizione della specie. L’esemplare si allontana specialmente dal gen. Gyroseris per la mancanza della columella e di un’ epiteca ben sviluppata ecc. 5 Trochoseris per la deficienza di una columella fascicolare ecc. $ Cyclolites per la mancanza di una forte epiteca e per essere abbastanza peduncolato ecc. s hecoseris per l'assenza di sviluppata epiteca, di setti debordanti e per la forma gene- rale meno elevata ecc. È Cycloseris per non essere libero ed invece largamente peduncolato. Quando non si hanno esemplari sufficientemente conservati, non è facile distinguere quelli che ap- partengono al genere Leptophyllia da quelli che si riferiscono al genere Zrochosmilia, come ebbero pure ad osservare anche altri studiosi tra i quali il KoBy ®; ma la struttura dei setti, quando è riconoscibile, facilmente permette la distinzione. Assicurata così la posizione generica, passo a riconoscere la specie. Leptophyllia Eturbensis pe FrowenteL. — Tav. XIV [I], fig. La, d. 1857. Trochoseris Eturbensis pe FromenteL. Descript. Polyp. foss., ét. Néocomien, pag. 19, tav. I, fig. 3,4. 1859. = — _ Introd. a létude des Polyp. foss., pag. 128. 1863. Leptophyllia — — Pal. frang., Terr. Crét., Zooph., tav. 50, fig. 2, 2a. Descrizione. — Polipierite in forma di fungo aperto e basso, fisso per un largo peduncolo, ma corto. Epiteca sottilissima a guisa di tenue vernicetta che fa trasparire le coste subeguali e sottili. Calice con superficie pianeggiante, maggiormente elevato nel mezzo, a bordi rinversati e di forma sub-circolare, con setti che si seguitano con le coste. I setti numerosi, subeguali in spessore, sottili, raggiungono il centro solo quelli dei primi cicli. L’erosione e la spatizzazione hanno cancellato in parte i caratteri dei setti. Il centro calicinale è appena allungato e parecchio depresso. I setti degli altri cicli si saldano a quelli dei primi a distanze diverse. Sull orlo calicinale ho potuto contare chiaramente più di 85 setti, ciò che dimostra la presenza del 6° ciclo completo, tenendo conto della parte ricoperta dalla roccia. I setti dovevano essere specialmente perforati verso il centro, come lo dimostrano le soluzioni di continuità quivi abbondanti, mentre pare difettino verso l'esterno, ciò che corrisponde ad una osservazione che il KoBy rilevò negli esemplari giurasici. La columella manca. î Si osservano le traverse endotecali ed i falsi sinatticoli. 1) KoBy. Polip. jurass. Suisse, pag. 553. 182 G. DE ANGELIS D’ OSSAT [14] DIMENSIONI DE FROMENTEL Altezza del polipierite . i a o ; 7 $ 6 mm. li mm. 15 Diametro massimo calicinale . i; o o c o : » 32 » 25-27 Numero dei setti, circa . È : ; o 5 Ò 5 170 172 Numero dei setti al bordo calicinale, in 5 mm. . o 0 10-12 — Rapporti e differenze: La L. Eturbensis rassomiglia specialmente alle tre seguenti forme: L. hu- milis pe From. ®, L. Baumbergerì KoBy 2, L. Fromenteli ETALLON 3). Dalla prima si allontana per il peduncolo più largo e per essere più depresso. Dalla seconda per un minor numero relativo di setti e di coste e per il peduncolo più largo; con questa specie però vi è molta somiglianza, come pure osservò il KoBy. Finalmente dalla terza perchè questa è più elevata e per il maggior numero relativo di setti e di coste. Corologia e Cronologia: La specie è conosciuta presso-St. Dizier nelle marne dev ad Ostrea ma- croptera del piano Neocomiano inferiore. Località: La Roqueta de Canyellas. Collezione ALMERA; Barcellona. Gen. Thamnastraea LEsAUVAGE. Thamnastraea stricta pe FRoMENTEL. 1857. Thamnastraea stricta ne FromenteL. Descript. Polyp. foss., ét. Néocomien, pag. 63. 1858. Synastraea — — Introd. à létude des Polyp. foss., pag. 220. 1886. — — — Pal. frang., Terr. Crét., Zooph., pag. 600, tav. 176, fig. 2. Insieme con molti altri autori riporto le specie del genere Syrastracea al gen. Thamnastraea (s. 1), perchè è quasi impossibile pretendere poter riconoscere la struttura della columella negli esemplari fossili di questo genere, cioè distinguere le Thamnastraeae propriae, dalle styliferac e queste dalle papilatae, come vorrebbe il DE FRomENTEL.. Reputo anch’io più accettabile la distinzione fra le numerose specie del genere, basata sulla natura dell’epitecio comune basale 4). Un polipaio della collezione corrisponde alla 7%. stricta, presentando però delle tenui differenze, le quali perfettamente l’avvicinano alla Z%. granifera pe From. et FERRY ?), già riconosciuta con rapporti intimi con la prima. Tanta è la somiglianza che non riterrei azzardato una riunione delle due forme, ciò che non oso fare solo per mancanza di esemplari della Z%. granifera. Descrizione. — Polipaio massiccio, grossolanamente cilindrico, più propriamente claviforme. 1) pe FROMENTEL. Pal. frang., Terr. Crét., Zooph., pag. 300, tav. 32, fig. 3,34. 2) KoBy. Monographie des Polypiers crétacés de la Suisse. Mém. Soc. paléont. Suisse, vol. XXII (1895), XXIII (1896), XXIV (1897), pag. 64, tav. XXII, fig. 22,23. 3) Ip. Polyp. jurass., pag. 314, tav. 91, fig. 5. — pa FROMENTEL et FeRrRY. Pal. frane., Terr. jurass., pag. 91, tav. XXVI, fig. 1-7. 4 Ip. L. cit., pag. 354. ì Ber 5 pe FRoMENTEL. Pal. frang., Terr. Crét., Zooph., pag. 601, tav. 177, fig. 1. [15] G. DE ANGELIS D’OSSAT 183 Calici superficiali, ma con fossetta alquanto profonda, molto ravvicinati, subpoligonali generalmente; ve ne hanno pure dei circolari e di quelli allungati. Setti sottili, stipati, alquanto distorti specialmente presso il centro calicinale; spesso si saldano e frequentemente si anastomizzano. Il numero dei setti varia col variare delle dimensioni dei calici. La enumerazione è resa pure difficile dalla indeterminazione del bordo calicinale non distinguendosi i setti dai raggi setto-costali. I setti principali nel centro calicinale si fondono e danno luogo ad una pseudo- columella. Dell’ epitecio comune non rimane traccia, se non devesi reputare tale uno strettissimo lembo nella parte infima del polipaio, dove nella lunghezza di mm. 5 ho potuto contare ben 21 strie sottilissime. DIMENSIONI DE FROMENTEL Diametro dei calici . i E È ; È . s 3 mm. 5-8 mm. 5-7 Numero dei setti 5 B 3 È . 5 3 5 # 30-50 28-30 Numero dei raggi setto-costali in mm. 4 . 5 ò ? . 12 12 Rapporti e differenze: Secondo lo stesso pe FRoMENTEL la T%. stricta si differenzia dalla grani- fera solo pei suoi calici più superficiali e per il maggior numero dei setti. La prima differenza può essere causata dall’erosione; invero nell’esemplare in esame da una parte si hanno i calici più superficiali e dall’altre alquanto più profondi. Il secondo carattere riposto nel numero dei setti è relativo e non asso- luto; invero il numero dei setti nei calici dell’ esemplare, talora corrisponde a quello assegnato alla stricta, tal altro calice ne enumera quanti se ne ascrivono alla granifera. Vi hanno però altri caratteri che non posso riconoscere senza avere un esemplare sicuro della granifera; essi sono la presenza di una columella papillosa ben sviluppata ed i vari casi di anastomizzamento dei setti. L’esemplare in istudio presenta anche rapporti con altre specie e cioè: con la 7%. Schmidti KoBy ?, da cui però si differenzia per la maggior distanza dei calici, per il relativo maggior numero dei setti, ecc.; i con la Th. Golliezi KoBy ?, da cui si allontana specialmente per il minor numero dei setti, per la maggior distanza dei calici, ecc.; con la Th. agaricites Reuss (? GoLDFUSS sp.); ma questa se ne separa per le dimensioni maggiori dei calici e per la maggiore loro distanza, per la presenza della columella papillosa, ecc. Non nascondo il dubbio che nutro sulla bontà di tutte le specie di questo genere; anzi ritengo che alcune specie debbano scomparire perchè fondate sopra scarso e mal conservato materiale proveniente da terreni di facies litologica diversa. E ciò può essere tanto più vero, in quanto che le differenze spe- cifiche sono di valore relativo e quasi mai assoluto. Corologia e Cronologia: L’esemplare tipico proviene da Gy-l’-Evéque (Yonne), in uno strato del Neocomiano. Località: C. Pascual, Castellvi. de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. 1) KoBy. Polyp. crét. Suisse, pag. TI, tav, XVIII, fig. 3. 2) In. L. cit., pag. 76, tav. XIX, fig. 2. 184 G. DE ANGELIS D’OSSAT [16] Gen. Dimorphastraea D’OrBIEnY, 1850. Quantunque il presente genere non sia derminato da forti e chiari caratteri anatomici, pure fu sempre riconosciuto come distinto da tutti coloro che approfondirono i loro studi in questa classe di animali fos- sili, quali: Reuss, MiLnE-EpwaRDS, Harme, pe FromentEL, KoBy, OcrILvie, Felix ecc. Nullameno vi ha il FrecH ! il quale senz’altro riunisce il genere Dimorphastraca al genere 7'hamnastraca non apprezzando come sufficienti i caratteri generici. È certo che la disposizione dei calici in serie, e quindi l’accrescimento in serie ai margini del polipaio, come altri caratteri anatomici, sono tutti comuni ad altri generi; rimane però sempre il distintivo della distribuzione delle serie intorno ad un individuo evidentemente di mag- gior mole. Se anche non si volesse ritenere l’ultimo carattere come generico, esso è però sempre suffi- ciente a determinare un distinto gruppo nel numerosissimo genere Zhamnastraca, cui si può conservare il nome di Dimorphastraea. Comunque intesa questa ben precisata riunione di specie, ‘essa abbraccia due polipai della collezione in istudio, i quali, benchè non completi, fanno riconoscere tutte le note differenziali. Le Dimorphastraeae hanno principio nel Triasico; raggiungono l’apogeo, col numero delle forme e degl’individui, nel Giurassico, scemano ma di poco nel Cretaceo e finalmente raggiungono il Terziario. Gruppo PBDimorphastraea crassisepta D'ORBIGNY. 1850. Dimorphastraea erassisepta ° OrEIGNY. Rev. et Mag. de Zool., pag. 177. 1850. _ alternata — Prodr. de paléont., II, pag. 93. 1857. Dimorphocoenia crassisepta pe FromenteL. Descript. Polyp. foss., ét. Néocomien, pag. 55, tav. VIII, April 1858. _ — — Introd. à l’étude des Polyp. foss., pag. 200. 1879. — _ — et Ferry. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 556, tav. 144, fig. 1. 1879. _ alternata — — Ibidem, pag. 589, tav. 172, fig. 1. subcrassisepta n. var. — Tav. XIV [I], fig. 2. Descrizione. — Polipaio di forma non conosciuta; ma da quanto si può arguire dalla disposizione dei calici doveva essere grossolanamente lamellare. I calici ben distinti ed alquanto rilevati sulla massa generale; subrotondi e spesso allungati. Il diametro calicinale oscilla di molto anche perchè non è ben determinato il margine calicinale. Fossula calicinale alquanto profonda e di forma variabile. I setti piuttosto numerosi, di dimensioni subeguali e grandi, fra i quali, per l’ottima conservazione dell’ esemplare, si osserva un setto più sottile, raramente due; questi però difficilmente raggiungono la parte centrale. L'orlo superiore dei setti è grossolanamente dentato. La columella è poco sviluppata e difficilmente si riconosce osservando il calice; si rende soaniicsti nelle sezioni trasversali. Contro di essa vanno specialmente i setti di maggiore dimensione. Le coste non sono che il prolungamento esterno dei setti, i quali confluiscono quasi costantemente da un calice all’altro; ciò facendo, però, si assottigliano e s’inflettono a seconda dello spazio entro cui sono ) Frecn. Korallenfauna der Trias. I. Die Korallen der juvavischen Triasprovinz. (Zlambachschichten, Hallstàitter Kalke, Rhaet.) Palaeontographica, Bd. XXXVII, pag. 60. Stuttgart, 1890-91. L7] G. DE ANGELIS D’ OSSAT 185 costretti a svilupparsi. L’avvicinamento dei calici ostacola l'allungamento dei raggi setto-costali. Le traverse sono abbondanti sia fra i setti come fra i raggi setto-costali. La teca manca. L’epitecio comune non si conosce. I calici sono disposti in un certo ordine che, a causa dell’incompleto polipaio, non si può chiara- mente precisare. DIMENSIONI Diametro calicinale massimo minimo Spessore massimo dei setti principali Traverse fra i setti principali (per mm.) Numero dei setti all’ orlo calicinale » » Coste all'orlo del calice (in un cm.) Setti » » » mm. 23-18-20 15-15-12 » Ja 2 60-70 e meno proporzionalmente 11 13 o 14 . . » Rapporti e differenze: Per tutti i caratteri esposti, l'esemplare descritto trovasi fra le due specie D. crassisepta e D. Wiahneri Fenix 1); non riuscirà quindi discaro che, più brevemente possibile, para- goni fra di loro le nominate forme, scrivendo in corsivo i caratteri comuni accertati. D. crassisepta D. Waehneri Polipaio in lamine spesse, fissato per un peduncolo eccentrico. Superficie subplana, convessa ai bordi. I calici in serie concentriche, disposti intorno ad un individuo più grande. Fossula ellittica, profonda. Setti di egual spessore, spessi. I setti nel calice principale sono circa 40, ma vi sono pure dei sottili. 3 Diametro del calice centrale mm. 25-30. Distanza delle serie concentriche mm. 10-15. N. dei raggi settocostali verso il bordo 10-11 per 10 mm. Fossula ellittica o circolare. Setti non di ugual spessore. Fra due forti, uno o due sottili. Setti nel calice principale 50; nei piccoli poi 28-48. Idem. mm. 16. N. ecc., sulla superficie superiore 12 o 14 per 10 mm. La differenza sostanziale fra le due forme, come pure osserva il FeLIx ?) sta nel diverso spessore dei setti, e, aggiungo io, nella più piccola mole delle singole parti anatomiche per modo che più delicata è nel complesso la specie del FeLIx. Il nostro esemplare si trova fra le due specie ed or pare che all’ una ed ora all'altra si avvicini; egli è per questo, che non possedendo esemplari buoni delle due forme, mi sono deciso a descriverla come varietà della crassisepta che erigo a capo gruppo. Per la stessa ragione non azzardo la riunione delle due forme, ciò che potrebbesi fare ritenendo la WuaeRneri come una va- riazione della crassisepta. In qualunque modo o le tre forme, o le due con la varietà, costituiscono un 1) FeLIX. Die Anthozoén der Gosauschichten. L. cit., pag. 214, tav. XXIII, fig. 14. ® In. L. cit., pag. 215. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. . 23 186 G. DE ANGELIS D' OSSAT [18] gruppo ben distinto che deve ripetere l’origine da antenati giurasici. La Thammastraea biformis Reuss 1 potrebbe appunto essere quella che rappresenta i progenitori; mentre la discendenza potrebbe essere indicata dalla T%. centrifuga Reuss di Crosara 2), e forme affini. Corologia e Cronologia: La specie è conosciuta a Gy-l'-Évéque, St. Dizier, Fontenoy, Chénoy, Vénoy e Sault, località tutte del Neocomiano. Il KoBy la cita a Kasernalp ed a Morteau, riferite all’ Urgoniano. Località: S. Marti Sarroca. Collezione Istituto geologico R. Università; Roma. ALMERA; Barcellona. Dimorphastraea tenuistriata pe FromenTEL. 1886. Dimorphastraea tenwistriata pe FromentEL et Ferry. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 584, tav. 170, fig. 3. 1897. — — KoBr. Polyp. Cret. Swisse, pag. 73, tav. XXII, fig. 24, 24 a, 25, 25 a. Un frammento di polipaio, dopo molta esitazione, lo riferisco a questa specie, quantunque non sia riuscito ad allontanare tutti i dubbi, che sono gravissimi, per le forti attinenze di questa specie con altre congeneri, come dirò. Intanto descrivo brevemente l’ esemplare. Descrizione. — Polipaio di forma sconosciuta, sicuramente però massiccio. La superficie simana pianeggiante. I calici non sono rilevati; ciò però potrebbesi pure attribuire all’erosione. Essi sono disposti con poco ordine e hanno un diametro variabile. La teca manca. I setti sono sottili, subeguali, flessuosi vicino al centro calicinale, ove talvolta s° incontrano. Il grande calice non si conosce ma si riscontra nella superficie inferiore del polipaio, mancante di epitecio comune per erosione, come un punto da cui irraggiano i setti ed i raggi setto-costali con un ordine notevolissimo. Il numero dei setti oscilla verso il 30. Poichè la distanza che intercede da un calice all’altro varia con l’allontanarsi dal centro d’origine, essa non è costante; è maggiore ai bordi che non al centro, nei polipai adulti più che nei giovani. Sotto questo rapporto gli esemplari figurati dal pe FRromenTEL e dal KoBy rappresentano polipai più giovani di quello che sto descrivendo. Riporto le misure dell’ esemplare spagnuolo in confronto con quelle attribuite dal DE FROMENTEL e dal KoBy alla specie. DIMENSIONI DE FROMENTEL KoBr Diametro del calice principale. ; 3 incognito mm. 8 mm. 8-10 » dei calici secondari . : o mm. 3-4 » 3-4 » 3-4 N.° delle coste al margine del polipaio . 12 per 4 mm. 15 per 5 mm. 13-15 per 5 mm. Rapporti e differenze: La D. fenuistriata si confonde molto facilmente con le due: D. bellula D’ORB. e con la Thamnastraca maeandra D'ORB.; così con altre forme dei due generi nominati e del gen. Syna- i) Deutsch. k. Akad. Wien, Bd. 27, p. 17, tav. III, fig. 1. 2) Reuss. Paliontologische Studien ‘ber die Alteren Tertitirschichten der Alpen. II Abth. Die Fossilen Anthozoen und Bryozoen der Schichtengruppe von Crosara. Denkschr. Mathem.-naturwissenschaftlichen Akad., Bd. XXIX, pag. 36, tav. 24, fig. 4; tav. 25, fig. 1. Wien, 1869. [19] G. DE ANGELIS D’OSSAT 187 straca, al quale fu pure riportata l’ultima specie nominata. Già ho esposto il valore relativo dei men- zionati generi, e quindi passo senz'altro alle distinzioni. Dalla D. dellula D’ OrB.! si differenzia la tenuistriata per i setti più sottili e più numerosi per ciascun calice, per un peduncolo più forte. La bdellula poi si allontana, a sua volta, dalla vicina D. gran- diflora D’ORB. ?), specialmente per il numero relativo dei setti che nell'ultima forma è maggiore. La Thamnastraea macandra D’ ORB. sp. 3, difficilmente si distingue dalla D. dellula, e quindi dalla tenuistriata, specialmente quando gli esemplari non sono conservati e completi. La dellula però ha setti più sottili, meno compatti, i calici secondari più piccoli e più ravvicinati. La 7%. macandra fu ascritta al presente genere da Mrirne-EpwaARDS e HarmE, dopo che il n’ORBIGNY l’aveva ascritta al gen. Synastraea, ciò che poi fu accettato dal solo pe FromenTEL. Ultimamente il Koy, per le ragioni già esposte, la ri- portò al genere Thammnastraea. Oltre alle due forme citate ve ne sono pure altre che hanno caratteri comuni con la tenwistriata; tra queste ricordo specialmente le due: D. gIomerata Reuss! e 7%. agaricites (? Gorpruss sp.) Reuss ’). La prima presenta calici di molto maggiori dimensioni; così l’altra, cioè la Z%. agaricites, e la vi- cina a questa cioè la Th. exaltata Reuss 9. Finalmente non è difficile separar la specie in discorso dalla D. tenwiseptalis BoLscHE ° ; basta in- vero osservarne la figura per quanto sia di maniera. Corologia e Cronologia: Morancourt (Haute-Marne), piano Neocomiano (pe FROMENTEL et FERRY); Villers (Suisse) nel Vaianginiano (KoBy). Località: La Roqueta, de Canyellas. Collezione ALmERA; Barcellona. Gen. Latimaeandraraea DE FROMENTEL. 1856. De FrowenteL. Catal. ined. des Polyp. foss. de D Yonne. 1856. In. in Eranton. Z#f. paléont. sur le Haut-Jura. 1858-61. pe FrowenteL. Introd. dà letude des Polyp. foss., pag. 247. 1869. Kosy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 550, 568. 1890. FrecH. Korallenf. Trias, I, pag. 21. 1903. Feuix. Die Anthozoen der Gosauschichten. L. cit., pag. 215. Rimando ai lavori citati, e specialmente ai tre ultimi, chi avesse vaghezza di conoscere, per quanto è possibile, i confini di questo genere che il KoBy ed il FELIX specialmente ritengono ben distinto e de- 1) p’ OrBIGNY. Prodr. de paléont., II, pag. 178. 1850. — DE FROMENTEL et FaRRY. Pal. frane., Terr. Crét., pag.583, tav. 170, fig. 1,2. 1885. — KoBy. Polyp. Crét. Suisse, pag. 74, tav. XVII, fig. 2,2 a, 3, 1897. 2 pe FROMENTEL. Descript. Polyp. foss., ét. Néocom., pag. 65, tav. X, fig. 3, 4,5. 1857. — DE FROMENTEL et Ferry. L. cit., pag. 581, tav. 169, fig. 1-3; tav. 170, fig. 4. . 3) D’OrBIGNY. Prodr. de paléont., II, pag. 178. 1850. — pe FROMENTWL. L. cit., pag. 63, tav. IX, fig. 5. — DE FRoMENTEL et FERRY.L. cit., pag. 598, tav. 173, fig. 2; tav. 175, fig. 2. — KoBy. L. cît., pag. 80, tav. XVIII, fig. 1, 1a, 10,2. 1897. 4 Reuss. Gosau, pag. 116, tav. XIX, fig. 12. 1854. — FrLIx. Die Anthozoén d. Gosauschichten. L. cit., pag. 213. 5) Ip. L. cît., pag. 118, tav. XIX, fig. 1, 2. — QuenstaDt. (Astraea) Petref. Deutsch., pag. 889, tav. 178, fig. 4,6. 1881. — Fenix. L. cit., pag. 202. 1903. : 6) Ip. L. cit., pag. 118, tav. XIX, fig. 5, 6. — FELIX. L. cit., pag. 203. 7) BoscHE W. Die Korallen des norddeutschen Jura-und Kreide-Gebirges, pag. 42, tav. III, fig. 7. Berlin, 1867. 188 G. DE ANGELIS D'OSSAT [20] terminato dal genere Latimaeandra. Per quanto abbia studiato con cura e con largo esame la questione, non sono riuscito ad afferrare i positivi e legittimi caratteri generici differenziali in molte forme che si attribuiscono ai generi Latimaeandra, Latimaeandraraea, Isastraca, Thamnastraea, Dimorphastraea ecc. Vi fu anche chi, come il KoBy, tentò giustamente di determinare le differenze con lo studio anatomico degli esemplari; ma risultarono i caratteri distinti solo per quantità. Di più sono così rari gli esemplari che permettono tale genere di ricerche, da perdere d'importanza dal punto di vista pratico, qualsiasi pur giusta, differenza anatomica. La relatività del valore delle differenze e la mancanza di caratteri assoluti, fanno regnare una notevole incertezza nella determinazione delle forme, la quale spesso è fatta non par- tendo dai caratteri anatomici reali; ma sopra quelli cui il soggettivismo concede un valore fittizio. Tale circostanza svia profondamente l’indirizzo dei lavori paleontologici, come avviene quando il soggettivismo non è assolutamente escluso. L'incertezza che si riscontra in tutti gli autori nello studio di questi generi costituisce un fatto che dimostra la veracità di quanto affermo. Invero si vedono le specie riferite ora ad uno ed ora all’altro dei generi nominati. Con ciò non voglio escludere assolutamente il valore dei caratteri generici; ma desidero stabilire la ragione delle difficoltà che s'incontrano nella determinazione a causa del valore delle differenze, le quali per gradi insensibili di quantità passano inosservabili da un genere all’altro. La diversa sistemazione che si ebbero i nominati generi dagli autori, ciò che scrissero in proposito il FRECH e l’OGILVIE ecc., vengono a confermare quanto si sta esponendo. Così il pe FROMENTEL ascrive il gen. Latimaeandra alla rispettiva famiglia e nelle Syrrastrées Apores; pone poi il genere Latimaeandraraea nelle Syrrastrées perforés. Il KoBy invece colloca il senere Latimaeandra nelle Thamnastracidae ed il genere Latimaeandraraca nelle Microselenidae. Fortunatamente gli studi anatomici del PRATZ hanno ben precisata la posizione di quest’ultimo genere, come ha pure ritenuto il FELIX, e per questo l’ho qui accettata. Lo stato di conservazione dei fossili non permette sempre una sicura collocazione generica; ma pure quando questa è possibile rimane a superare la difficoltà della specificazione. I caratteri specifici relativi si trovano sopra tutti i polipai, per modo che ognuno potrebbe essere eretto a specie isolata. Insensibili sono i passaggi dei caratteri di una specie all’altra. Spesso trovai il carattere della distinzione dei calici, della direzione delle colline, delle dimensioni degli elementi anatomici (caratteri tutti ritenuti per buoni nella specificazione), tanto diversi in uno stesso esemplare, da confermare l’attribuzione a due o tre specie contemporaneamente. S’intende che le incertezze specifiche, in questo caso, risvegliano quelle generiche. Dopo ciò passo a descrivere due esemplari, cui do due nomi specifici nuovi, nell’aspettativa di un pro- fondo riordinamento dei generi vicini e delle loro rispettive specie, procurando di affrettarlo e di faci- litarlo con le osservazioni che passo ad esporre. Latimaeandraraea submorchella n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 3. Descrizione. — Polipaio massiccio, subsferico, bitorzoluto, con superficie con diversi raggi di con- Vessità. Calici sempre distinti, quasi costantemente isolati, ma talvolta riuniti in serie di parecchi calici, con valli più o meno larghe e più o meno parallele fra di loro. Si passa dai calici isolati alla serie di calici, gradatamente o con allungamento di calici, o col presentarsi in alcuni di questi più grandi delle piccole colline in cui si possono o no bene individualizzare due o tre calici. Varia enormemente la forma del calice isolato; quasi sempre però è poligonale, con gli orli ben marcati. Similmente svariate sono le dimensioni. Anche la profondità della fossula oscilla parecchio. [21] G. DE ANGELIS D' OSSAT 189 I setti generalmente sono molto numerosi; però variano secondo la grandezza dei calici. I setti sono subeguali e serrati. Quelli degli ordini posteriori si uniscono irregolarmente con quelli degli ordini pre- cedenti, non molto lontano dall’orlo calicinale; laonde sono pochi quelli che si protraggono verso il centro. Dove sono meglio conservati si presentano finemente guarniti di denti subeguali. I setti sono confluenti. La columella, nè nei calici nè nelle valli, si mostra distinta all’esterno, ciò che accade anche alla teca. Le coste non si possono riconoscere nè sul pricipio nè nel loro termine, mancando la teca. L’epitecio comune pare che si mostri in qualche lembo ristretto. Al microscopio, con tenue ingrandimento, ed alla forte lente semplice, si osservano i seguenti caratteri: Si conferma l’assenza della teca. Si scorge una columella semplicemente rudimentale, formata dall’incontro dei setti principali e dalle irregolarità dei loro bordi interni. I setti, anche in sezione trasversale, si mostrano pressochè uguali, ma di diversa lunghezza; i più corti si saldano ai maggiori; tutti presentano delle rugosità che talvolta si toccano con quelle dei setti i vicini formando dei pseudosinatticoli. In sezione longitudinale si osserva più o meno bene l’anatomica costituzione attribuita al genere Latimaeandraraea dal De FromeNTEL e dal KoBx!), cioè la “ structure poutrellaire , con trabecoli però ineguali non ben fusi; e tale costituzione si osserva per tutta la lun- ghezza del setto. DIMENSIONI Maggior diametro del polipaio . o o . o o o . o o mm. 98 » » perpendicolare al primo . ; S ò o i ; i De TR » lunghezza di collina : . 0 Ò : 0 o È c : » 24 » larghezza ” 3 c a o à 6 ; c : ? » 2,54 » diametro di calice separato . o . 7 ò 0 0 c 6 DT Minor » » » 6 , o . . o ò 6 È dr ca Numero dei setti al margine dei calici grandi (in 5 mm.) . o o . 5 20-24 » » nei calici separati . 5 3 5 di $ o c 0 50-64-76 Rapporti e differenze: Per alcuni caratteri esterni parrebbe che la specie dovesse entrare nel genere /sastraca, quali sarebbero: la columella rudimentale e quasi tutti i calici isolati. Ma non mancano caratteri che fanno svanire tale dubbio, come la fusione dei setti, la mancanza della teca, la natura anatomica dei setti ecc. Sono pur conosciute forme del genere Latimaeandraraea che offrono caratteri promiscui alla nostra nuova, tante sono le variazioni dei caratteri. La specie però che è più vicina alla nuova è, senza dubbio, la L. Morchella Reuss sp. ? ; poi viene la L. tenvisepta Reuss sp. ®. È degno di nota che il Mine-EpwARDs e Haim riportarono la L. Morchella al genere Isastraea; ciò che dimostra che le sembianze di questa specie, per avere quasi tutti i calici isolati, sono appunto di specie appartenente al genere /sastraca. Per quest’ultimo carattere si differenzia la nuova forma dalla L. fenwisepta; mentre che dalla L. Morchella se ne separa solo per caratteri relativi, come per un numero minore di setti, per 1) KoBy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 550, tav. 130, fig. 1a. 2) Rnuss. Gosau, pag. 107, tav. XXI, fig. 9,10. (Latomaeandra Morchella). — QuenstEDT. Petref. Deutsch., VI, pag. 889, tav. 177, rig. 53 (n. cît.). A 3) Ip. L. cît., pag. 107, tav. XI, fig. 1, 2. (Latomaeandra tenuisepta). — FELIX. Die Anthozoèn der Gosauschichten. L. cit., pag. 217, tav. XVIII, fig. 1 e fig. 16 testo (Latimaeandraraea). 190 : G. DE ANGELIS D’OSSAT [22] essere questi più serrati ecc. Invece dalla L. astraeoides ReuUSS sp. !, si distingue per il numero minore dei setti e per le maggiori dimensioni dei calici. Per quest’ ultimo carattere si riconosce la nuova forma dalla ZL. angulosa Reuss sp. , pur di tipo astraeoide; invero ha i calici di mm. 25-30 di diametro. La giurasica L. valfinensis KoBy ®) si avvicina parecchio alla L. submorchella; ma quest’ultima ha i calici più piccoli, un minor numero di setti, e questi più sottili e stipati. La polimorfa L. variabilis EraLLon (sp. Microphyllia)® diversifica specialmente per l'aspetto generale, per i centri calicinali distinti; mentre concordano molti altri caratteri. i Facilmente si distingue dalle altre forme congeneri. : Senza dubbio la nuova forma è l’antenata di tutte le specie affini delle assise cretaciche più recenti; egli è per questo che la chiamai submorchella per ricordare la maggiore antichità e la più stretta parentela. SUP. angulosa astraeoides Morchella tenuisepta inf. submorchella Cretacico Nota. A questa nuova specie riporto anche un altro piccolo esemplare, per tutti i caratteri che pre- senta. I pochi calici visibili sono nettamente poligonali. Interessante in questo campione è la sezione naturale longitudinale che mostra chiaramente la struttura trabecolare dei setti e la formazione dei psewu- dosinatticoli. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione: Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALMERA; Barcellona. Latimaeandraraea Felixi n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 4a, d. Descrizione. — Polipaio composto, irregolare; sembra che abbia avuto un ristretto peduncolo, da cui si è allontanato crescendo ed assumendo una forma che si addice grossolanamente ad un polipierite trochoide con la curvatura nel senso del grande asse del calice. Si direbbe che rivestisse un individuo di tal forma. Calici frequentemente isolati, subdistinti, subpoligonali, raramente riuniti in lunghe valli. Alcuni tratti della superficie sono ricoperti dalle sole coste che divengono così lunghissime; talora queste coste accennano a divenire setti ed a costituire delle serie dei calici che non sempre si riconoscono come tali; ma di ciò fra breve. Variabilissime sono la forma e le dimensioni dei calici, come diverse ne risultano le distanze relative. La massima irregolarità regna nella distribuzione, nella forma e nelle dimensioni dei polipieriti. La fossula talvolta è superficiale o quasi, tal altra profonda. Varia altresì l’acutezza dei mar- gini calicinali e delle colline; si riconosce però che l’acutezza delle ultime è sensibile fra i calici isolati, mentre diviene ottuso l’angolo fra le serie. Colline brevi. Risultano ordinariamente di 2 o 3 calici; sono tortuose ed irregolari. i‘) Reuss. L.cit., pag. 106, tav. XXI, fig. 7,8. (Latomacandra). — FeLIX. L. cit., pag. 216 (Latimaeandraraea). 2) Ip. L. cit., pag. 107, tav. XI, fig. 3. — FELIX. L. cit., pag. 216. (Latimaeandraraea). 3) KoBy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 241, tav. LXVII, fig. 3, 3a. (Latimaeandra). 4) Ip. L. cît., pag. 234, tav. LXIX, fig. 4,5. [23] G. DE ANGELIS D’OSSAT 191 I setti sono in numero variabile; ma non raggiungono mai relativamente il numero presentato dalla specie antecedente; essi sono subeguali; dove però si prolungano in coste, diventano alternativamente eguali. Tanto i setti quanto i raggi setto-costali, quando sono conservati, hanno il margine granuloso. Le superficie laterali dei setti, a causa della spatizzazione dell’esemplare, non ho potuto bene ricono- scerle; per questo ho esitato molto, prima di giungere al riferimento generico di questa nuova forma. Tuttavia però ho riscontrato qua e là i caratteri necessari per l’attribuzione al genere Latimaeandraraea; invero i setti mostrano delle granulazioni disposte in serie, che spesso si fondono con le serie del setto vicino. La superficie irregolare dimostra che l'accrescimento avvenne per trabecoli sovrapposti. Verso il centro le granulazioni sono maggiori. I setti sono confluenti, e quando i calici sono vicini, i raggi setto- costali non si riconoscono. I setti degli ultimi ordini si fondono con quelli degli ordini precedenti. Una columella vera e propria non si vede distintamente; nel centro calicinale però, come si con- stata anche nelle sezioni trasversali, si ha una specie di columella probabilmente risultante dall’ irrego- larità del margine interno dei setti maggiori. Le coste o raggi setto-costali non sono che il prolungamento dei setti e da questi non distin- guibili, anche per la mancanza assoluta della teca. Quando sono conservate, sono pur esse granulose ed alternativamente uguali. . Le traverse paiono abbondanti. L’epitecio comune non si conosce. DIMENSIONI Maggior diametro del polipaio . o o ° : È ; mm. 125 » » perpendicolare al precedente . . G È DIDO) » lunghezza di collina . - . 6 o 0 o » 16 eccez.te 18 Larghezza delle colline . . o ° 0 c o c » 3 » 8 Maggior diametro di calice separato . o . c È È » 6 Minor » » » : G H s 6 7 » 3 Numero di setti al margine calicinale (in 5 mm.) . SRI 12-15 » » nei calici separati . c 5 È o è 32-42-50 Rapporti e differenze: Non recherà certo meraviglia se la nuova forma presenta molti caratteri di specie conosciute, data la grande irregolarità che regna nelle parti anatomiche descritte. Tuttavia si riesce sempre a tenerla separata, naturalmente ritenendo buoni i caratteri che presentemente servono di distinzione specifica. Tre forme del giacimento di Gosau somigliano molto alla nuova; esse sono: L. Douvillei FeLIix ®, L. asperrima Reuss sp. ?, L. lophiophora Feux 3). Dalla prima si differenzia per avere i calici maggiori, per il maggior numero dei setti, per le coste alternativamente eguali ecc. Dalla seconda per l’ aspetto diverso, per i setti più serrati, per l'irregolarità della distribuzione degl’individui ecc. Dalla terza per la mancanza di colline lunghe, per i calici più piccoli ecc. Fra tutte le forme descritte dal KoBy del Giurasico e del Cretacico della Svizzera, solo.la Latimacandra 4) FeLix, Die Anthozoén der Gosauschichten. L. cit., pag. 222, tav. XX, fig. 18. 2) Russ. Gosau, pag. 108, tav. XVIII, fig. 3,4. — FuLix. L. cîit., pag. 223, tav. XVIII, fig. 8. 3) FuLIx. L. cif., pag. 224, tav. XXIII, fig. 7. 192 G. DE ANGELIS D’ OSSAT [24] Pictetì KoBy ® è quella che somiglia alla nuova forma; tuttavia la Pictetì se ne allontana per appartenere ad altro genere e quindi per i caratteri generici, per avere tutti i calici isolati, pel minor numero di setti, per i calici più piccoli e sparsi con maggiore regolarità. i Paragonando alla nuova le specie descritte e nel Giurasico e nel Cretacico della Francia, dal nE FromeNTtEL e FERRY, non si trova che una qualche attinenza con la Lafimaeandra duplex 2; quest’ ultima forma però si distingue dalla nostra e dalle altre, come dicono gli autori: “ Cette éspèce diffère des éspèces connues par sa surface plane au centre avec absence presque totale de collines, et par ses sillons très-prononcés à la circonférence etc. ,. Nota. — Ho già accennato al fatto notevole presentato dalla nuova specie, cioè alla presenza di larghe superficie ricoperte da lunghi raggi setto-costali, nelle quali talvolta mancano individui, mentre tal altra si osservano raggi costali vagamente associati ed interrotti, quasi uno sforzo non ben riuscito a formare un calice, come se il calice donde proviene il nuovo individuo avesse perduto la forza di tale genere di procreazione. (Ved. fig. 40, tav. XIV [I]). Questo fatto mi riconduce alla memoria tutti i passaggi graduali che si possono ammirare nelle specie dei generi Cyathoseris e Trochoseris, e l'esempio che ebbi altra volta occasione di esporre parlando di una colonia dell’Aspidiscus cristatus 3), dai quali fatti si con- cludeva un ritorno dalla forma composta ad una semplice, a causa della perdita o della diminuzione della facoltà di generare in una colonia che tende ad assumere un aspetto determinato. Si potrebbe parlare del valore dell’individualità, partendo da questi esempi, se già non l’avessi fatto nel lavoro or ora citato ed in un altro recentissimo 4). Località: C. Morgades; Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. B. Aporosa E. H. Fam. Astraeidae E. H. Sub-Fam. Astraeinae F. H. Trib. Montilivaultiaceae. FELIX. Gen. Montlivaultia Lamouroux, 1826. Come avrò occasione di ribadire parlando del genere Epismilia, il presente genere è di difficilissimo riconoscimento. La massima difficoltà risiede nella mancata conservazione dei bordi dentati dei setti, ciò che costituisce esternamente quasi l’unico carattere differenziale dal genere Epismilia, quantunque collo- cato in altra famiglia. Il genere Mon#livaultia merita, come già asserì pure il KoBy ?, un’accurata revi- ‘© KoBv. Polyp. Crét. Suisse, pag. 41, tav. IX, fig. 8. © pa FrRomeNTEL et Ferry. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 454, tav. 110, fig. 1,2. 3) DD ANGELIS D'Ossat. Sur une forme irregulière d’ une colonie de Aspidiscus cristatus KOENIG sp., fossile dans le système Crétacique de la France? La Feuille des Jeunes Natur., sér. IV, ann. 31, N.° 372, pag. 276. Paris, 1901. ') pe ANGELIS D’ Ossar in BruneLLI G. I concetto di individuo in biologia. Riv. Filosofia ete., anno VI, vol. II, n. 5,6. Bologna, 1904. — pe ANGELIS D’'Ossat. I? concetto d’individuo nei Zoantari fossili. Boll. soc. geol. ital., vol. XXIV (1905), fasc. 1, pag. 147-157. 5) KoBy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 543. [25] G. DE ANGELIS D’OSSAT 193 sione, la quale addurrà profondi cambiamenti nella distribuzione generica delle numerosissime forme, molte più di 100, specialmente giurasiche, che ora vi si riferiscono. Tale difficoltà fu incontrata da tutti gli studiosi di coralli e non recherà certo meraviglia, giacchè tutti sanno che sono instabili sino i caratteri fondamentali che servono alla collocazione del genere nella tribù delle Lithophylliaceae di MiLNE-EDwARDS e HAIME, cioè la riproduzione per uova. Invero non mancano istruttivi esempi non solo di gemmazione, ma anche di fissiparità. Particolarmente notevoli a questo pro- posito sono le seguenti figure che si ammirano nell’opera del KoBy sui polipai giurasici: Tav. XXXVI, fig. 6; tav. XXXIX, fig. 4; tav. XL, fig. 8; tav. XXXVII, fig. 6. Scendendo a ragionare intorno agli altri caratteri generici specialmente secondo le vedute del pe Fro- MENTEL, che del resto poco si allontanano dagli apprezzamenti degli altri, come per es. di MIiLNnE-EpwARDS e Haim, non è cosa difficile il dimostrarne la poca stabilità. 1. Lo spazio columellare (0 fossula) rotondo od allungato. Non solo si hanno individui in cui è incerta la forma della fossula; ma pure vi sono quelli che la presentano rotonda nella gioventù, mentre 1’ hanno allungata nell’età adulta, ciò dipendendo specialmente dai possibili cambiamenti di forma dell’orlo cali- cinale. Tuttavia potrebbesi tenere presente questo carattere solo nelle specie che Jo mostrano in un modo veramente evidente; genererà incertezze se invece lo si assume come carattere di prima distinzione in un genere così vasto. 2. L'essere fisso o libero; pedicellato 0 meno: sono distinzioni oltre ogni dire insufficienti; invero gli stessi studiosi che proposero tale differenza, sono poi costretti ad aggiungere il gruppo dei pedicellati o fissi da giovani e liberi da adulti, togliendo loro stessi il valore alla distinzione che propongono. 3. L'andamento della teca orizzontale od elevata; serve anch’esso meno che mediocremente, quan- tunque tale carattere sia tolto da alcuno come primo nella specificazione. Ora quasi tutte: le forme, poche escluse, cominciano prima con l’essere di forma conica più o meno svasata e poi divengono più o meno cilindriche; dunque è un carattere che varia con l’età del medesimo individuo. 4. Il numero dei setti offre un carattere di un qualche valore relativo quando si hanno molti individui a rappresentare la specie; non serve quando la specie è rappresentata da pochi o da un solo individuo, dacchè tutti i polipieriti cominciano coll’ averne pochi, ai quali se ne aggiungono altri col crescere dell’età. Ho constatato sensibili variazioni di numero perfino negli individui della stessa dimensione ed appartenenti alla medesima specie. | Le precedenti osservazioni non hanno lo scopo di menomare il valore dei lavori degli studiosi che si servirono dei caratteri sopra ricordati, giacchè eglino furono costretti a tanto, solo per mancanza di caratteristiche più stabili. Dopo ciò non sarò giudicato soverchiamente prudente se, con esemplari non ottimamente conservati, piuttosto che creare nuove forme io mi contenterò di ravvicinare, quanto più è possibile, gli esemplari a specie già note, per quanto quest’ultime non abbiano sempre neppure assicu- rata la posizione generica. Montlivaultia humilis n’ OrBIGny sp. — Tav. XIV [I), fig. 5a-e. 1850. Ellipsosmilia humilis »’OrBiGnY. Prodr. de paléont., II, pag. 181, n. 688. 1851. Montlivaultia? — E.4H. Polyp. foss. terr. Paléox., pag. 76. 1856. _ _ — Hlist. Cor., II, pag. 327. 1858. — — DE FromentEL. Introd. à l’étude des Polyp. foss., pag. 120. 1863. Trochosmilia — pe FromenmeL et Ferry. Pal. frane., Terr. Crét., pag. 271, tav. XXIX, fig. 3. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. DI 194 G. DE ANGELIS D’OSSAT : [26] Riferisco a questa specie alcuni esemplari, la cui conservazione mi permette di assicurarne anche la collocazione generica, come rimarrà dimostrato. È Descrizione. — I polipieriti sono pedicellati, di forma trochoide, ma corti. Sono ricurvi nel senso dell’asse minore del calice. Vi hanno piccole variazioni nell’aspetto generale, ma non molto profonde; invero gli esemplari sono più o meno tozzi e con calice più o meno ellittico. Non mancano irregolarità di accrescimento. Coste subeguali. Le piccole differenze dipendono dalla diversa età dei setti cui corrispondono. Special- mente dal lato concavo le coste risultano costituite da granelli; esse sono separate da solchi ben netti. L’epiteca ricopre ora solo limitate superficie; essa dovette essere non molto spessa. Il calice è ellittico, sufficientemente profondo negli individui ben conservati; negli altri è scavato più profondo. Il rapporto degli assi calicinali non è molto costante. I setti molti, completi, sottili, poco o punto debordanti, subeguali nei calici erosi e riuniti da traverse. Le superficie dei setti sono ricoperte da granelli; essi terminano sicuramente dentati. La dentellatura cresce avvicinandosi al centro, dove però si ispessiscono e diventano interi. Ne ho contato un numero vario che oscilla fra 118 e 128; si hanno certamente più di 5 cicli completi. I setti, nei calici ben conservati, sono subeguali di 4 in 4. Caratteristica è la dentatura all’estremità esterna del margine. Riferisco le dimensioni dei tre più ben conservati esemplari, in paragone con quelle riferite dal DE FROMENTEL. DIMENSIONI DE FROMENTEL I II III Altezza del polipierite . +. mm. 20-22 mm. 20 mm. 22 mm. 24 (incompleto) Diametro maggiore calicinale » 18 » 18 » 19,5 » 22 » minore » » 13 » 14 » 16 » 17 Rapporti e differenze: Le piccole dimensioni che le valsero l’umile denominazione, sono quelle che servono a distinguere questa specie dalle congeneri. Che debba poi la specie riportarsi al genere Montlivaultia e non al genere Trochosmilia è provato specialmente dai denti caratteristici che guarniscono il margine superiore dei setti, dalla disposizione delle traverse endotecali e dalla disposizione delle gra- nulazioni sulle superficie laterali dei setti. La mancanza di uno spesso strato epitecale non costituisce una seria difficoltà, giacchè si sa che l’epiteca facilmente: cade perchè è malamente appoggiata ai margini esterni dentati dei setti. La presente collocazione generica già intraveduta da Mirne-EDpwARDS e da HAIME, nonchè dal pe FRoMENTEL nel 1858, come si rileva dalla sinonimia, fu poi da quest’ultimo disconosciuta nel 1863, senza addurne ragioni di sorta e senza fare risaltarne, nella descrizione della specie, i caratteri generici differenziali. Gli esemplari in istudio, con la loro buona conservazione, hanno permesso di collo- care finalmente la specie in questo genere senza lasciare dubbi. Corologia e Cronologia: Il D’OrBIENY la cita all’Isola d’Aix nel piano Cenomaniano; ma il DE Fro- MmENTEL la riporta nel Turoniano col numero 6687, col quale si trova nella collezione del D’ORBIGNY. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. ; Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmERA; Barcellona. [27] G. DE ANGELIS D’OSSAT 195 Montlivaultia rudis SowrrBy sp. 1830. Cyathophyllum rude Sowerzr. Geol. Trans., 2.8 ser., t. III, tav. XXXVII, fig. 2. 1830. Turbinolia aspera — L.cit., fig. 2 (giovine esemplare). 1849. Montlivaultia rudis E. H. Ann. Se. Nat., 3.8 ser., t. X, pag. 258. 1854. — — Rruss. Gosau, pag. 102, tav. VI, fig. 14, 15. 1857. _ — E.H. Hist. Cor., II, pag. 314. ‘1863. —_ — DE FromenteL et Farry. Pal. frane., Terr. Crét., pag. 318, tav. XLIV, fig. 2,2 a. 1903. — — Fuauix. Die Anthozoén der Gosauschichten. L. cit., pag. 239. Alla M. rudis riporto, con quasi assoluta sicurezza, un esemplare, quantunque per lo stato di fossi- lizzazione abbia perduto i caratteri più delicati. A primo esame lo credetti una Epismilia, poi avendo intra- veduto sulla superficie dei setti delle strie e delle linee di granulazioni perpendicolari al bordo esterno, mi sono persuaso della giustezza della presente collocazione. Descrizione. — Polipierite libero, di forma conico-schiacciata, curvato alla base nel senso dell’asse maggiore calicinale. Epiteca spessa, piegata, striata; arriva fino al margine calicinale; presenta qua e là delle false coste larghe e grossolane, da non confondersi con le false coste costituite dal bordo esterno dei setti, le quali talvolta pur si mostrano. Le traverse endotecali sono erose ed a mala pena si intravedono. Calice ellittico-ovolare, con una lunga e stretta fossula columellare. I setti poco o punto debordanti, numerosi; solo i 24 più grandi, con ispessimento fusiforme, rag- giungono il centro dove s’ingrossano e un poco s’inflettono, senza però toccarsi. Generalmente i grandi setti sono intercalati con tre più piccoli. Si avrebbero così 5 cicli completi; sono però presenti pure i setti dei primi ordini del 6.° ciclo, giacchè nel mio esemplare ne ho contati 118. Ciò coincide con quanto già osservò il Reuss che ne contò 120; mentre il pe FRoMENTEL ne annoverò 192. Non ho potuto sicuramente riscontrare sopra i setti la caratteristica dentellatura. Anche le dimensioni corrispondono con quelle riferite dal pe FromenTEL e dal Mirne-EDwaRDS ed HAame. DIMENSIONI DE FROMENTEL E. H. Altezza del polipierite . o ... mm. 50-60 mm. 50-60 mm. 42 Lunghezza dell’asse maggiore calicinale » 50 » 45 » 50 » » minore » » 35 » 25 » 31 » della fossula » 15-18 — » 14 Rapporto degli assi —_ 10:18 10:18 Corologia e Cronologia. La specie è fossile a Gosau (Edelbachgraben). In Francia è fossile a Rennes-les-Bains, alla Cadière (Var), nel piano Turoniano. È da notarsi che il D’OrBIGNY ”, sotto il nome generico di Thecosmilia, la menziona nella frontiera tra la Francia e la Catalogna. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. 1) p'OrBIGNY. Prodr. de paléont., II, pag. 203. 196 G. DE ANGELIS D’ OSSAT [28] Montlivaultia cfr. pateriformis MicHetIN sp. 1863. Montlivaultia pateriformis Mic®. sp., pe FromenteEL et FrRRY. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 316 (cum syn.) tav. XLIII, fig. 2 a-c. Un solo esemplare, quantunque si trovi in non perfetto stato di conservazione, pure, con qualche probabilità, lo riferisco a questa specie. Descrizione. — Per la forma generale corrisponde più alle figure del pe FRoMENTEL et FERRY, che a quelle del MicastIN !. Il polipierite è largamente pedicellato; cortissimo. Calice ovale, quasi ellittico, con fossetta centrale allungata. L’epiteca è spessa e divisa in collaretti. Setti numerosi, raggiungono e sorpassano i 5 cicli, tanto che si contano anche quelli dei primi ordini del. 6.° ciclo. Essi sono spessi e non del tutto diritti. I 24 maggiori raggiungono il centro, dove s’ingros- sano un pochino. L’erosione che ha obliterato le parti superiori dei setti, ha distrutto uno dei caratteri più importanti. Traverse endotecali sottili, specialmente frequenti verso l’esterno. Le dimensioni in genere sono maggiori nell’esemplare catalano che non nel francese. DIMENSIONI DE FROMENTEL Altezza del polipierite . ò ò o o . mm. 20 mm. 18-20 mm. 22 Diametro maggiore calicinale 0 0 0 ? » 40 » 35 » 50 » minore » 5 c o o — » 30 » 37 Lunghezza della fossula c - 5 , Ò — » 9 » 18 Rapporti e differenze: Non si può riportare l’esemplare in istudio alla vicina Mont. Icaunensis D’ORB. sp.?), per presentare questa una ben diversa forma, generale e per il numero medio diverso dei setti. Corologia e Cronologia: La specie proviene da le Mans e dall’Isola d’Aix, dal piano Cenomaniano. Località: C. Pascual, Castellvi de la Marca. Collezione Armera; Barcellona. Montlivaultia cfr. rugulosa Kosy. 1897. Montlivaultia rugulosa Kosr. Polyp. Crét. Suisse, pag. 90, tav. XXII, fig. 8-10. Con molta esitazione riporto alla presente specie un polipierite, per i seguenti caratteri. Descrizione. Polipierite di forma grossolanamente conica, superiormente subcilindroide; pedi- cello attenuato e piccolo, molto ricurvo e distorto verso la base. . ._ L’epiteca molto spessa, piegata e rimontante sino al margine calicinale, per quanto è dato giudi- care. Sull’epiteca si riscontrano qua e là delle larghe e false coste. Il calice non si conosce; di forma circolare leggermente schiacciata. 1) MicHELIN. Iconographie Zoophytologique, pag. 195, tav. L, fig. 8, (AnthophyUum). Paris, 1840-47. ? pa FromenTEL et Ferry. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 315, tav. XLII, fig. 2; tav. LXXVIII, fig. 3; tav. LXXXI, fig. 1,2. [29] G. DE ANGELIS D’ OSSAT 197 Setti molti, di grandezza variabile in rapporto degli ordini cui appartengono; verso il centro si assot- tigliano di molto dove si apre una fossula poco allungata. Ho cercato di contare i setti; essi ammontano circa a 5 cicli. Le traverse endotecali sembrano specialmente abbondanti verso l’esterno. Non ho potuto verificare gli altri caratteri anatomici, neppure i più necessari per un sicuro riferimento. Le proporzioni sono maggiori di quelle attribuite alla specie dal suo autore. DIMENSIONI KoBy Altezza del polipierite 3 a ; . mm. 20-50 mm. 50 Diametri calicinali . a ì 9 È » 20-25 » 41-33 Numero di false coste in 5 mm. ; ò 9 9 Corologia e Cronologia. La specie fu raccolta a Calaz presso St. Croix in uno strato appartenente al Valanginiano. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALMmERA; Barcellona. Montlivaultia cfr. Kaufmanni Kosy. 1896. Montlivaultia Kaufmanni KoBy. Polyp. Crét. Suisse, pag. 37, tav. III, fig. 7, 7a. Non essendo completo, l'esemplare che riporto a questa specie mi lascia qualche dubbio sulla sua determinazione. Descrizione. — Il polipierite è di forma grossolanamente conica; verso il sommo è alquanto schiac- ciato. L’apice, per quanto si può congetturare, doveva essere ricurvo nel senso del piccolo asse calicinale. Il calice è ellittico; non si conoscono altri particolari perchè è eroso. La fossula è lunga e stretta, nella direzione dell’asse maggiore. L’epiteca è spessa, ripiegata a collaretti, e talvolta divisa in larghe, rozze e false coste longitu- dinali: spesso manca perchè asportata. Le false coste sono subeguali anche perchè le più sottili furono talvolta portate via dall’erosione. Traverse endotecali abbondanti, sottili, inclinate, frequenti specialmente verso l’esterno. I setti molti ed ineguali; subeguali quelli corrispondenti ai primi tre cicli, i quali arrivano verso il centro circoscrivendo la fossula. I setti sono diritti, ma con qualche ondulazione; piuttosto sottili, s’in- grossano andando verso il centro; quelli che rimangono lontani sono sottili. Nelle figure riportate dal KoBy sembrano più spessi; ma ciò non risulta troppo evidente dalle misure. Del resto anche le altre dimensioni dell’ esemplare catalano si presentano alquanto minori, come può ricavarsi dalle seguenti misure. DIMENSIONI KoBr Altezza del polipierite 5 o o 1 . mm. 60-70 mm. 53 Grande diametro calicinale ò 5 . È » 50-55 » 47 Piccolo » » c c o 4 » 40-45 __ >» 87 Lunghezza della fossula . . c ò 0 » 10 » 12 (in sezione) \ False coste in 10mm. i n ì a i 12 12 198 G. DE ANGELIS D’OSSAT [30] Rapporti e differenze: A causa delle dimensioni, del comportamento dei setti ecc., non si può riportare il nostro esemplare alle specie vicine alla Kaufmanni, quali sarebbero le tre giurasiche seguenti, e specialmente la prima: MM. ovata From., M. dilatata Mica., M. truncata E. H. Corologia e Cronologia. La specie fu raccolta a Bannalp nel terreno Neocomiano. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. Gen. Thecosmilia E. H. emend. FRECA. Il Freca ! dimostrò che il genere Calamoplyllia BLAINvILLE (1830 p. p.) emend. E. H. non poteva essere separato dal genere Thecosmilia. Nel 1897 OciLviE 2 accettava le conclusioni del FRECH con le se- guenti parole “ Dass die Gattung Calamophyllia nicht mehr aufrecht erhalten werden kann, hat bereits Frech hervorgehoben, der Calamophyllia mit vereinigte ,. Non so spiegarmi come il KoBy 3), nel 1896, senza far motto delle vedute del FrEcH, abbia seguitato a creare forme col nome generico di Calamophyllia. Note- vole però è il fatto dell’incertezza del KoBy intorno alla posizione sistematica del genere Calamophyllia 4); invero parlando delle Dermosmilidae scrive: “ A ce groupe appartient probablement le genre Calamophyllia, dont je n° a pas pu étudier la structure interne ,. Altri, come DE FROMENTEL e REUSS, istituiscono la famiglia delle Calamophylliae. Riunendo il genere Calamophyllia al genere Thecosmilia, viene questo facilmente a prendere il suo posto. L’esemplare che ho, certamente deve ascriversi ad una nuova specie di questi due generi, comunque intesi, e lo riporto specialmente al genere Thecosmilia, abbracciando ora il modo di vedere del FRECH. Thecosmilia Catalaunica n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 6a, d. Descrizione. — Polipaio cespitoso, con polipieriti lunghissimi, subcilindrici e subprismatici; si sud- dividono fra loro con un angolo molto acuto, tanto che essi sembrano quasi paralleli. I polipieriti appena si producono subito si riuniscono con gli altri nell’andamento generale. La teca è ricoperta da un’ epiteca che presenta collaretti più o meno sviluppati, i quali spesso corrispondono non solo agli accrescimenti epitecali dei polipieriti vicini, ma pure di quelli lontani; per modo che rimangono a indicare zone o momenti di accrescimento di tutta la colonia. I polipieriti, nella parte più bassa del polipaio, a causa della moltitudine degli individui, assumono la forma prismatica, mentre che nella regione più elevata, più giovane, si distanziano alquanto, ma sempre irregolarmente. Il calice non si conosce. I caratteri anatomici, per quanto l’esemplare sia profondamente spatizzato, li ho potuti riconoscere con le sezioni longitudinali e trasversali, naturali o praticate ad arte. General- mente il diametro dei polipieriti oscilla fra i 2-3 mm.; qualcuno solo raggiunge i 4 mm. Le sezioni frequen- temente, all’alto, sono circolari; dove sono stipati, come al basso, assumono la forma poligonale. Sono ellittici quando sono in via di scissione. i) FrecH. Triaskorallen, pag. 4-7. 1890-91. 2 OGILVIE. Die Korallen der Stramberger Schichten. Palaeontographica. Suppl. II, Siebente Abtheilung, pag. 115. Stuttgart, 1896-97. 3) KoBy. Polyp. Crét. Suisse, pag. 39. 1896. 4 In. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 570. 1889. [31] G. DE ANGELIS D’OSSAT 199 La teca, nelle sezioni, si appalesa sottile. I setti sono distinti e bene sviluppati; il loro numero oscilla da calice a calice, ma si aggira sempre verso il numero 24.I setti principali o raggiungono il centro o ne rimangono poco lontani; gli altri, a seconda della successione degli ordini, rimangono più distanti. Spesso questi ultimi si uniscono ai mag- giori, e questi alla loro volta si riuniscono verso il centro per formare una falsa columella, ma sempre rudimentale. Le traverse endotecali sono abbastanza frequenti, sottili ed oblique. La vera columella manca. Non parlo delle coste, perchè non si distinguono con evidenza. DIMENSIONI Altezza massima del polipaio ò . 6 3 o È . mm. 156 Larghezza » » DI È 3 a — 5 È P » 45 Diametro medio dei polipieriti . ò 7 , Ò . 0 » 3 Numero medio dei setti 5 5 5 . 0 0 . D » 24 Rapporti e differenze. L’aspetto generale ed i caratteri anatomici del genere Calamophyllia e del genere Zhecosmilia corrispondonsi in tutte le specie dei generi. I caratteri precipui di distinzione specifica sono riposti nelle dimensioni specialmente, ed appunto per queste è facile differenziare la nuova specie da tutte le altre conosciute, come quelle descritte da Micnz-EpwaARrDS ed HAIme, dal DE FROMENTEL, dal Reuss, dal FrEcH, dall’OerLvie, dal KoBy ecc. ecc. Il poco materiale a disposizione non mi permette di entrare in discussioni nè sistematiche, nè anatomiche. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALMERA; Barcellona. Tribus Astraeaceae E. H. Gen. Brachyphyllia Reuss, 1854. A torto il pe FROMENTEL !) dubita che il carattere distintivo del genere, cioè il diverso modo di gemi- nazione — per quanto talvolta di difficile verificazione — non sia sufficiente per distinguere il presente genere dal genere Helastraea. L’autore del genere BrachyphyMia procurò ? di distinguerlo dai generi vicini Mussa e Circophyllia delle Lithophylliaceae; il primo delle forme cespitose ed il secondo delle specie semplici. Più difficile riesce la distinzione, specialmente se gli esemplari non sono bene conservati, fra il genere Brachyphyllia ed i generi Barysmilia e Baryphyllia, le cui specie molto somigliano per l’aspetto gene- rale a quelle del genere in discorso. Quando però gli esemplari sono ben conservati sollecitamente si dileguano i dubbi, perchè, fra gli altri caratteri differenziali generici, il genere Barysmilia abbraccia specie con columella rudimentale, e le forme del genere Baryphylia ne difettano assolutamente; mentre che il genere Brackyphyllia ha il medesimo organo sviluppato e spugnoso. Finalmente per assicurarsi della distinzione, si può risalire, quando è possibile, ai caratteri delle rispettive famiglie. i Da FROMENTEL. Introd. à l’étude des Polyp. foss., pag. 209. — In. et FerRv. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 571. 2) Reuss.\Gosau, pag. 103. 200 G. DE ANGELIS D'OSSAT [32] Le forme del genere Brackyphyllia trovate nel Cretacico alpino e nel bacino terziario mediterraneo, sono tutte più giovani dei nostri esemplari che appartengono ad una forma trovata a Gosau, la quale per questo diventa di più remota origine ed acquista una maggiore distribuzione corologica. Conosciamo però troppo poco delle faune coralline mesozoiche e paleozoiche per poter tessere, con relativa sicurezza, l’albero filogenetico delle forme di questo genere. Da quanto è ora a cognizione, si può affermare che le poche forme del genere Brackyphyllia, si attaccano con vincoli strettissimi di paren- tela e di successione al genere Heliastraca dal quale pare che si siano separate dopo il Giurasico, e si siano tenute separate per lunghi tempi, sino al Miocene medio; ma senza mai acquistare un notevole sviluppo nè per numero di specie, nè per abbondanza d’individui. Trascrivo, a prova di quanto dico, il seguente specchio. | Cretacico Eocene e È: & E S 8 = D inf. | sup. | inf. | sup. s = Brachyphyllia Haueri FeLIx (Die Anth., pag. 261, tav. XX, fig. 15). Gosau . 6 - + IL = SS = pe depressa ReuUSSs (Gosau, pag. 103, tav. II, fig. 8-10). Gosau : . . = + DE 2 = CS: glomerata Reuss (L.cit., pag. 104, tav. II, fig. 11, 12). Gosau . } È = DIS pel ES = = ai Dormitzeri Reuss (L.cit., pag. 103, tav. XIII, fig. 4-6) 4). Gosau ; , = So Di Dei LI ENI gregaria D’AcBrARDI (Cat., pag. 7)?. Castelgomberto, Crosara, Salcedo . = = RS: + IL + sp. D’AcHIARDI (Cor. eoc. Friuli, pag. 53). Cormons. : : . : = = Da = = = umbellata Reuss (Stud. Pal., II, pag. 31, tav. XXI, fig. 6; tav. XXII, fig. 1). Crosara . R 0 . o ò i i i È = = = = De ds affinis D’AcHIARDI (Cat., pag. 7). Crosara. o : è 5 3 ; - = = = de te magna D’AcHiARDI (Cat., pag. 7). Crosara, Montecchio Mag. . , 5 = - - = Il + crassa Osasco (Cor. Olig., pag. 9, fig. 7). Mornese? 3) E È ; 7 = = = = Sl = neglecta MicHBLOTTI (Sismonpa E. Mat., pag.48, tav. X, fig.1,2)4. Dego — _ = _ + - granulosa MicH. sp. (Icon., pag. 53, tav. XI, fig. 1). Colli Torino . : _ = = = = + Brachyphyllia Haueri Felix (Reuss sp.). 1854. Pleurocora Haueri Rruss. Gosau, pag. 112, tav. VI, fig. 26, 27. 1857. _ Reussi Mrune-Enwarps. Hist. Nat. Cor., TI, pag. 602. 3903. Brachyphyllia Haueri FrLtx. Die Anthoxoén der Gosauschichten, pag. 261, tav. XX, fig. 15, e fig. testo 29. ) Le tre nominate forme del Rmuss furono pure descritte e figurate dal pa FromentaL e dal Frrry nella Pal. o ang., Terr. Crét., pag. BIT e seg.; tav. 167, 168. 2 La B. gregaria del D’AcmarpI A. è riportata dal Reuss (Stud. Pal., II, pag. 32) alla Cyathomorpha gre- garia CAT. sp. 3 Non si può dir nulla di questa specie tanto malamente figurata. ! La B. negletta MrcnaLoTTI (in Siswonpa E.) fu, solo per errore, attribuita da alcuno al D’ACcHIARDI. [33] G. DE ANGELIS D’OSSAT 201 È cosa certamente non ovvia la specificazione nel presente genere, per la diversità offerta dagli indi- vidui della stessa specie, i quali pur variano per molti caratteri, per modo che i distintivi specifici diven- gono più relativi che assoluti. In questo genere infatti le specie offrono aspetto esterno diverso; variabile hanno il diametro calicinale. come molto oscillante è il numero dei setti. Tali variazioni mentre spronano alcuni studiosi a creare nuove forme, altri invece fanno più cauti. Dopo un lungo ed accurato esame, mi sono finalmente deciso a riferire alla presente forma, tanto minutamente descritta ed illustrata dal FeLIX, due piccoli esemplari di Catalogna. Essi — fatta eccezione di qualche tenue differenza dell’assetto generale e quindi poco importante — corrispondono precisamente con i caratteri alla B. Hauerì. Invero uno di essi somiglia anche esternamente alla fig. 26 del Reuss; l’altro però se ne allontana tanto da somigliare per l’aspetto generale alle specie dei generi Derdrophyllia, Rhabdophyllia ecc. l Descrizione. — Polipaio di forma variabile, dalla massiccia alla dendroide. Questo carattere serve da ponte di ricongiungimento fra le due tribù delle Astraeiînae, cioè le Astraceae e le Lithophylliaceae. La forma ravvicina pure gli esemplari alle specie del genere Dermosmilia KoBy !; ma gli esemplari si allontanano per caratteri anatomici, come la mancanza di accrescimento basale per la sovrapposizione di strati costali, la presenza di vera columella ecc. Invero la base non è larga; anzi relativamente ristretta corrispondendo al diametro di un solo individuo. I polipieriti sono liberi nel polipaio massiccio per soli 2 e 3 mm., mentre che nell’altro lo sono per 4 o 5mm. I calici sono diversi fra loro per dimensione; infatti essi oscillano fra i 5-9 mm. La forma dell’orlo non è costante e regolare; generalmente sono circolari o con assi poco diversi fra di loro. Le coste dove sono meno erose si mostrano pressochè eguali e ben distinte sin dalla base; ve ne sono di quelle più forti e queste corrispondono ai setti principali, i quali si prolungano maggiormente verso il margine calicinale. Esternamente sono più o meno bitorzolute e lateralmente granulate e verso il bordo calicinale, come ho osservato in un fortunato caso, sono fornite di denti. Iraggi setto costali si presentano come le coste; solo, per l’angustia dello spazio, si fanno più serrate. I raggi quasi sempre riuniscono le coste di un calice con quelle dell’altro. L’epiteca non è assolutamente mancante, dacchè pare che in qualche punto sia rimasta e rivesta il polipaio a guisa di sottile vernicetta. I setti sono in numero variabile; sono però completi 4 cicli e spesso vi sono i rappresentanti dei primi ordini del 5.°, cioè sino all'ordine 8.°, il quale fissa quasi il numero massimo dei setti. Di questi non tutti raggiungono la columella. Si riconoscono solo i pochi più grandi; gli altri sembrano delle stesse dimensioni. Le produzioni endotecali conferiscono delle irregolarità ai setti. La disposizione delle tra- sverse endotecali somiglia a quella figurata dal FeLIx. La columella nelle sezioni trasversali si appalesa relativamente grande e compatta; nel calice sem- bra formata da tante papille che le conferiscono un aspetto spugnoso e di maggior mole. Rapporti e differenze. Per i caratteri sopra descritti, rimane completamente giustificata la posizione di questa specie nel presente genere. Il paragone naturalmente lo istituisco con le sole forme cretaciche del genere e lo restringo al nu- mero relativo dei setti ed alle dimensioni dei calici. i) KoBy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 194, 546, 570. 1884. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 5 202 G. DE ANGELIS D’ OSSAT [34] Br. depressa Setti n.° 96, cioè 5 cicli completi. Diametro dei calici mm. 30 circa. » glomerata 119298 3 20 andra do-18 » Dormitzeri r 36, 40 D È D pui 0 » Haueri » 90 massimo 5 PROMO AO Corologia e Cronologia. La specie proviene dal Cretacico superiore delle Alpi orientali: presso Gosau, Scharergraben presso Piesting. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmERA; Barcellona. Tribus. Cladocoraceae E. H. Gen. Cladocora EgERENBERG et HEMPRICH, 1834. Riporto a questo genere, senza alcuna esitazione, un esemplarino elegante, aderente sul polipaio di una Phyllocoenia corollaris. L'unico dubbio che potrebbe sorgere sarebbe il possibile riferimento al vicino genere Pleurocora; ma la sottigliezza della teca, l’epiteca rudimentale e l'aspetto generale ci per- suadono della giusta collocazione generica. Fra tutte le forme conosciute non ve ne ha alcuna che possa raccogliere il polipaio catalano ed è per questo che lo descrivo come una nuova forma. Cladocora Gabriellinae n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 7a, d. Descrizione. — Polipaio cespitoso, risultante dalla riunione per la base di soli 4 individui molto ravvicinati fra di loro. Poichè la colonia era all’inizio della vita, poco si può aggiungere sulla forma generale. Un’epiteca pellicolare, sottilissima, a guisa di un tenuissimo strato di vernice, ricopre, non velando le coste, i polipieriti e la loro base, quivi però si mostra striata ed involuta a seconda della superficie dell’ostacolo sottostante. Le coste sono ben marcate, subeguali, grossolanamente denticolate, poco salienti e minutamente granulate. I I calici sono subcircolari, con fossetta relativamente grande e poco o niente profonda. Columella papillosa e poco sviluppata. Setti piccoli, diversamente sviluppati a seconda dell’ordine cui appartengono: solo i principali rag- giungono la columella, essi sono altresì alquanto debordanti. I pali, in piccolo numero, si confondono con la columella nei calici ben conservati. Traverse semplici ed incomplete. DIMENSIONI Altezza massima del polipaio . . o 3 . 0 . . . mm. 3 Larghezza » » » , o . 0 . 5 o , DG Diametro maggiore del calice . : 0 ò . . o 0 ao02, » minore » » o 6 . ; 0 o : È DO LILO Numero dei setti, circa . 0 . d x a . 7 0 0 24 [35] G. DE ANGELIS D'OSSAT 203 Rapporti e differenze. Le dimensioni estremamente piccole differenziano facilmente la nuova specie da quasi tutte le altre congeneri. Nel genere Cladocora però vi hanno specie molto piccole e da queste si allontana la nuova per altri ben distinti caratteri: Così dalla C. tenuis Reuss ”, oltre che per il diverso aspetto esterno, anche per le dimensioni. In- fatti il FeLrx ?) fissa queste fra i 3-6 mm.; maggiore nella fenvis è il numero dei setti perchè raggiungono i 36. Non dico nulla della C. manipulata Reuss ?), perchè il Felix la ritiene simile alla fenuis. Dalla C. Simonyi Reuss #, specialmente per il numero dei setti che raggiungono il numero di 48, per le maggiori proporzioni ecc. La C.2 humilis MicH. sp., si allontana per avere circa 40 setti con calici che misurano mm. 3-5 ecc. La ©. Dumortierì From.5, non si confonde perchè ha una geminazione caratteristica, per il numero dei setti ecc.; quantunque somigli alla nostra per le proporzioni. Corologia e Cronologia. Per quanto mi sappia la nuova specie è la più antica del genere, essendo stata riportata la C. Simonyi ScHarHAUTL (non Reuss), alla Thecosmilia fenestrata dal FrECcH ?).. Tenendo conto delle specie vicine alla nostra si può tracciare la possibile seguente parentela. Alpi orientali Francia Spagna superiore tenuis Simonyi humilis Dumortieri \ E e Cretacico Gabriellinae inferiore Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALmeRA; Barcellona. Tribus Faviaceae E. H. Gen. Isastraea E. H. Isastraea sp. Un polipaio, molto profondamente spatizzato, deve essere riportato, con molta probabilità, al genere Isastraea, senza però che se ne possano riconoscere tutti i particolari anatomici generici differenziali. Invero non sono riuscito con levigature e sezioni ad assicurarmi della posizione generica proposta che è sempre però quella che otfre le maggiori probabilità. 1) Reuss. Gosau, pag. 112, tav. IV, fig. 24, 25. ? FaLIix. Die Anthozoén der Gosauschichten, pag. 265. 3) Reuss. L. cît., pag. 111, tav. VI, fig. 22, 23. 4 Ip. L. cit., pag. 112, tav. XII, fig. 5-7. — FrLIx. L. cît., pag. 226, figura testo. 5) MicHELIN. Iconogr. Zooph., pag. 27, tav. VI, fig.9. — pn FROMENTEL et Ferry. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 426, tav. LXXIV, fig. 2. 6) pe FROMENTEL et FeRRy. L. cit., pag. 425, tav. VII, fig. 1-3. ? ScHarHAuTL. Stidbayerns Lethaea geognostica, tav. LXIII, fig. 3. — FrEcH. Die Korallenfauna der Trias, pag. 9 e seguenti. 204 G. DE ANGELIS D’ OSSAT [36] Descrizione. — Polipaio in massa convessa (frammento). Calici poligonali di svariate dimensioni. Polipieriti uniti per tutta la lunghezza. Teca nulla o rudimentale. Gemmazione submarginale. Non si conosce nè columella, nè epitecio comune, nè ornamentazione della superficie dei setti. DIMENSIONI Diametro dei calici . o : 7 o o E o . mm. 3-4 n Numero dei setti nella teca per 2 mm. È o È d 3 1-8 » » per calice o o o È . o 0 20-26 Come si scorge facilmente non è sicuro il riferimento generico, per quanto sia quello che meglio si addice ai caratteri indicati. Rapporti e differenze. Niuna specie conosciuta del Cretacico si avvicina alla nostra, meno la I. Guettardi Mica. sp.!, la quale però si allontana per un costante minor numero di setti e per la loro minore uguaglianza. Altre analogie si riscontrano con specie del Giurasico e specialmente con le tre: I. limitata M°Coy sp... I. Fromenteli KoBy,? I. explanulata M°Cov sp.4) Dalle nominate forme il nostro esemplare si allontana specialmente per le minori dimensioni e per il minor numero dei setti. Del resto non oso affermare nè attinenze specifiche, nè collocazione generica a causa della cattiva conservazione del polipaio. Località: Marmellà. Collezione ALMERA; Barcellona. Tribus Maeandrinaceae Fenix. Gen. Coeloria E. H. Le forme che si riferiscono a questo genere del gruppo delle LithophyMliaceae di MiLnE-EDpwARDS ed Haime, o della famiglia delle Astraceinae di altri autori, sono ben caratterizzate: a) dalla mancanza della columella; b) dalle serie calicinali unite per le teche; c) dai centri calicinali indistinti; d) dalle colline disposte senz’ordine. Per la caratteristica d) il genere Coeloria si distingue evidentemente dai generi \Stelloria e Hydno- phora; per i caratteri c) e d) dai generi Aspidiscus, Tridacophyllia e Mycetophyllia. Infine per la man- canza della columella «) si allontana da molti altri con cui a primo esame si potrebbe confondere. Il genere Coeloria dunque è chiaramente caratterizzato; anche perchè racchiude forme ancora viventi negli attuali mari. Dapprima si riferirono a questo genere forme fossili del Terziario, ma con molta esi- tazione, mentre poi il De FRoMENTEL ed il FERRY vi ascrissero senza incertezze la Meandrina Oceani del D’ORBIGNY (1850), proveniente dal Turoniano di Soulage, e la dichiararono l’unica specie fossile del ) MicHELIN. Iconogr. Zooph., tav. VI, fig. 4. (Astraea formosissima). 2 KoBy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 287, tav. LKXXV, fig. 10. 3 Ip. L. cit., pag. 288, tav. LXXXIV, fig. 2, 2a. 4 Ip. L. cit., pag. 289, tav. LXXXV, fig. 9. — E. H. Brit. foss. Corals, pag. 116, tav. XXIV, fig.3. {37] : G. DE ANGELIS D’OSSAT 205 genere. Non mi consta che posteriormente vi siano state riportate altre forme; ciò c'insegna la necessaria cautela nel fissare i rapporti filogenetici delle forme, per la miseria delle cognizioni acquisite. A questo genere ed alla specie d’Orbignyana riporto due esemplari in studio, quantunque non sa- rebbe difficile rilevare delle piccole differenze che però opino di tanto tenue valore da ritenere sicuro il riferimento. Con molta probabilità le specie di questo genere che riuniscono la forma cretacica alle viventi sono state erroneamente distribuite in altri generi, per difettosa osservazione dei caratteri anatomici e spe- cialmente di quelli che riguardano la columella. Coeloria Oceani p’OrBiny sp. — Tav. XIV [I], fig. 8a, d. 1850. Meandrina Oceani ’OrBIany. Prodr. de paléont., Il, pag. 208. 1886. Coeloria — pe FromenteL et Ferrv. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 473, tav. CVII, fig. 1. Descrizione. — Polipaio di forma svariata; un esemplare elevato, claviforme; allargato e quasi lami- | nare l’altro. Il primo mostra un peduncolo relativamente largo. Le valli pressochè subeguali, disposte disordinatamente, talvolta persino chiuse completamente od in gran parte; spesso corte, raramente lunghe. Per le dimensioni delle valli, per la disposizione loro, i nostri esemplari corrispondono molto bene alla figura citata. Dove sono ben conservate, sono molto profonde. La columella manca, come ho accertato con sezioni e levigature longitudinali e trasversali. Le creste generalmente sono poco salienti; ma. dove esse s’incurvano o si chiudono per restringere od intercludere piccole valli, allora divengono più salienti; nel rilevare queste osservazioni è necessario tenere costantemente presente lo stato di conservazione del fossile. Qua e là sul sommo della cresta si osservano linee più o meno allungate di depressione, ciò che sta a significare che quivi le teche non sono intimamente saldate; invero si riscontra un tessuto che chiamerò esotecale, il quale le riunisce. I setti sono ben sviluppati, subeguali, ben distinti, molto spessi verso la teca, si assottigliano an- dando verso il centro, dove spesso le lamine s’incurvano oltrepassando talvolta la metà. Fra i più grandi, talora sembra scorgerne dei più piccoli. Nulla posso dire con sicurezza intorno alla forma dell’orlo superiore dei setti e dell’ornamentazione delle loro pareti. Le traverse endotecali sembrano specialmente sviluppate presso la teca; mentre che le esote- cali si mostrano chiaramente dove la fusione delle teche non fu completa, formando ivi un tessuto largamente spugnoso. L’epitecio comune sembra sottile e radialmente costulato; ma la conservazione del fossile non mi permette di descriverlo completamente. DIMENSIONI DE FROMENTEL et FERRY dalla figura gr. n. Larghezza delle valli . È ° 6 o . mm. 4-5 mm. 4-5 Numero dei setti in5 mm. . A È : . 6 6 Rapporti e differenze. Il p’ORBIGNY così descrisse la forma: “ Espèce avec l’aspect du Meandrina pyrenacea, mais sans cloison médiane des ses vallées ,. Quest'ultimo carattere, a causa dell’importanza anatomica della columella, bastava per far riportare la specie ad un altro genere e per non paragonarlo troppo alla IM. pyrenacea MicaELIN (Icon. zooph., pag. 294, tav. CXIX, fig. 2). A causa appunto della de- 206 G. DE ANGELIS D’OSSAT [38] ficienza della columella la Oceanì si distingue dalle specie del gen. Diploria e specialmente dalla D. lati- sinuata FELIX (1. c., pag. 279, tav. XX, fig. 17) e dalla D. crassolamellosa E. H.(REUSS. Gosau, pag. 109, tav. XV, fig. 10, 11); alle quali per il solo aspetto generale molto si avvicina. Corologia e Cronologia. Soulage, Turoniano (D’ORBIGNY). Località. C. Pascual, Castellvi de la Marca. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRA; Barcellona. Subfam. Eusmilinae E. H. Tribus. Stylinaceae E. H. Gen. Phyllocoenia EF. H. 1848. La sinonimia e la bibliografia del genere è specialmente raccolta dal FRECH (Xorallenfauna der Trias, 1, pag. 28 e seg.). Secondo il citato autore nel presente genere entrerebbero parecchi altri. Anche la col- locazione sistematica del genere non fu sempre la medesima. La mancanza di esemplari ben conservati, di molte località appartenenti ad epoche diverse, mi proi- bisce di entrare in lunghe digressioni riguardo al genere; solo faccio rilevare che, secondo l’opinione di tutti coloro che studiarono i coralli, il gen. PlyMocoenia è chiaramente caratterizzato. Esso, come giusta- mente osserva il FRrEcH (2. c.) presenta intime analogie col genere denominato PWi/lipsastraea e col gen. Isastraea. Tali somiglianze però non precisano punto supposte parentele e discendenze, anzi secondo il Vorz (Die Korallenfauna der Trias, II, pag. 120) sarebbe dimostrata una ben diversa discendenza. An- ch'io ebbi occasione di differenziare il gen. PhyMocoenia da altri affini. (Cor. tere. Ital. sett., pag. 51 e seg.). Il genere in parola. secondo il FRECH, avrebbe principio dal Triasico superiore, fu molto abbondante durante i tempi Giurasici e nei Cretacici, diminuì notevolmente nel Terziario, per perire, a detta del Freca, nel Miocene medio di S. Domingo ed, io aggiungo (I. c., pag. 52) di Torino ed altrove. Descrivendo le forme trovate nel Cretacico catalano farò osservazioni, pur d’indole generale. Intanto ricordo che il Coquanp (Mon. de l’étage Aptien d’ Espagne, 1865), descrisse due nuove forme di questo genere sopra materiali raccolti negli strati lignitiferi di Utrillas e di Escucha. Gruppo IPhyllocoenia corollaris REUSS sp. — Tav. XIV [I], fig. 9. 1854. Astraea corollaris Reuss. Gosau, pag. 113, tav. IX, fig. 7 e 8. | 1857. Heliastraea? corollaris Minx-Epwarps. Hist. Nat. Cor., t. II, pag. 459. 1858-61. _ — pe FromenteL. Étud. Cor., pag. 206. 1890. Phyllocoemia — Frecn. Korallenfauna d. Trias, I, pag. 128. 1903. — — FrLtx. L. e., pag. 287, tav. XXV, fig. 5; fig. testo 46. Descrizione. — Polipaio massiccio, irregolarmente subsferico, con base quasi sprovvista di epitecio comune. L’unico esemplare in istudio è ottimamente conservato, sgraziatamente però sulla superficie ade- riscono parecchi frammenti di valve di Ostreidae ecc. che lo deturpano. [39] G. DE ANGELIS D’OSSAT 207 I calici, nella regione più elevata, sono più ravvicinati di quello che mostra la fig. 7 del Reuss: mentre lateralmente quasi mancano. Essi sono rilevati e lasciano dei solchi di depressione fra l’uno e l’altro calice. Le dimensioni dei polipieriti variano di molto, ve ne ha di quelli che si colgono nel fatto della fissiparità, come eccezione; perchè più propriamente la si dovrebbe ritenere per gemmazione sub- marginale o marginale. In genere però i piccoli calici nascono negli spazi intercalicinali. La fossula è mediocremente profonda. I calici in maggioranza sono circolari; talvolta stringendosi divengono schiac- ciati ed ellittici. I setti variano in numero coll’ingrandire del diametro calicinale e col trovarsi uniti o separati con i nuovi individui originati da gemmazione submarginale. I setti si prolungano fuori sino alle coste o meglio ai raggi setto-costali. Neppure costante è il numero dei maggiori setti, anzi varia sempre però aggiran- dosi verso 1’8. Ii FeLIx riscontrò tre cicli e mezzo, io ho trovato 4 cicli completi. Nelle sezioni del mio esemplare è difficile riconoscere i setti maggiori, ciò che capitò al Felix (tav. XXIV, fig. 5); esterna- mente però si vedono solo i maggiori arrivare al centro calicinale. La columella, rudimentale e spugnosa, è profonda dacchè la si discerne solo nelle sezioni. È pure irregolare e pare costituita dall’incontro dei setti maggiori, come si osserva avvenire nell’ultima figura citata dal FeLIx. Le traverse endotecali ed esotecali sono abbondantissime, sottili e situate a diversa distanza, ma sempre vicine: ne deriva talvolta un distinto tessuto unitamente celluloso, corrispondente perfetta- mente alla figura 46 dello stesso FELIX. Le coste ben marcate, alquanto larghe, sono il prolungamento dei setti; esse confluiscono con quelle dei calici prossimi; dico incertamente perchè anche sulla superficie superiore tale confluenza non si ac- certa, anzi spesso si può escludere. Nelle sezioni svanisce ancora di più; ciò che corrisponde a quanto ha figurato il FeLix. Quest'ultimo carattere conferisce ai polipieriti una forma subpentagonale che avvi- cina l’esemplare al gen. Confusastraea. Anche l’esemplare catalano mostra la cicatrice dell’aderenza e la superficie scoperta e con le strie allungatissime, unite da minutissime traverse come si osserva nella fig. 7 del Reuss. Riporto le dimensioni confrontandole con quelle che posso ricavare dallo scritto del FELIX. DIMENSIONI - FELIX Diametro dei calici maggiori, esclusi quelli con gemmazione calicinale, a i quali raggiungono i mm. 10 0 o ò o o 0 o Sid mm. 6-10 Diametro dei calici più piccoli 6 - È . o c A : » 2,5-3 DINEZO, Numero dei setti . o o o o È o 5 o o o 48 24-36 Larghezza maggiore del polipaio . È 0 5 o È ° 5 » 0 — Altezza maggiore del polipaio ; o : 3 ; È Ò 6 » 50 a Rapporti e differenze. È facile riconoscere che la presente forma può confondersi con le due: pediculata E. H. (ved. Sinonimia in FELIX /. c., pag. 289) e Lilli (Reuss. 2. c. Gosau., pag. 99, tav. IX, fig. 3, 4); le quali furono pure ritenute sinonimi (MiLNnE-EDwaRDs. Hist. Cor., t. II, pag. 25; DE FROMENTEL. Étud. Cor., pag. 196). Ora si farebbe opera inutile se si volesse dimostrare che sono due specie distinte fra di loro ed alla loro volta diverse dalla corollaris, avendolo egregiamente fatto il FeLIx (2. c., pag. 287 e seg.). Ciò però non toglie che le differenze si trovino difficilmente fra le specie di questo genere, se non si studiano esemplari ben conservati. Invero per il numero dei setti 1’ esemplare catalano si avvicinerebbe più alla pediculata che alla corollaris; ma il numero 8 e non 6 dei setti principali, la na- 208 G. DE ANGELIS D° OSSAT [40] tura della columella ci consigliano il ravvicinamento all’ ultima. Coll’esemplare da me descritto si potrebbe tentare di fissare una parentela, che non mancherebbe certo di base anatomica e corrisponderebbe alla distribuzione cronologica. Per dimostrare le attinenze anatomiche riporto le misure dei calici ed il nu- mero dei setti, desunte dall’opera del FELIX: DIMENSIONI Diametro Numero dei calici dei setti corollaris o ò : o 7 ; . mm. 6-9 (2,5) 24-36 (8-14 maggiori) pediculata — . o p o 6 Ò d » 6-10 30-48 (6-10 maggiori) Lilli. ; . . c - 5 : » 45 (2,5) 24-32 Ecco il quadro delle attinenze di parentela: Lilli (Gosau) Tip. corollaris (Gosau, ecc.) pediculata (Franc., Gosau) superiore Cretacico. corollaris (Spagna) inferiore Specialmente le dimensioni allontanano questa specie dalle due congeneri spagnuole descritte dal Coquanp, cioè: Fromenteli e Ferryi. Corologia e Cronologia. Gosau, Brandenberg (FeLix). Cenomaniano, nei Lichtenstàttgrabens, nel Labergebirge (Sohle). Località. C. Pascual, Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. Phyllocoenia exsculpta Reuss. sp. — Tav. XIV [I], fig. 10. 1854. Astraea exsculpta Reuss. Gosau, pag. 114, senza figura. 1857. Heliastraca exsculpta E. H. Hist. Cor., t. II, pag. 476. 1858-61 -_ — pe FrowenteL. Htud. Cor., pag. 209. 1903. Phyllocoenia — Felix. L. cit., pag. 291, tav. XXV, fig. 1 e due figure nel testo. A questa elegante forma riferisco parecchi esemplari, dei quali solo alcuni sono ben conservati. Descrizione. — Polipaio di forma svariata, massiccio, elevato; a rami talvolta larghi, tal altra compressi; di forma irregolare: generalmente aderente per una ristretta base. Sulla superficie della base sino a diverse altezze si vedono solo lunghe strie, che non sono altro che le coste, terminando nei setti. Esse strie però sono superficiali e non si riscontrano internamente nelle sezioni trasversali: in alcuni casi solo si osservano due strati sovrapposti di queste strie che s’intrecciano; il superiore non cela del tutto l’inferiore; anzi qualche volta il superiore passa pure sopra i calici ricoprendoli di un velo striato trasparente. $ I calici sono sparsi sulla superficie con ineguale frequenza, qua sono rari, là molto ravvicinati; ciò dipende specialmente dalla maggiore o minore curvatura della superficie esterna e dalla distanza dal punto di aderenza. La forma e le dimensioni dei calici variano; spesso sono circolari e non frequente- mente ellittici. I nuovi individui escono fuori negli spazi intercalicinali. [41] G. DE ANGELIS D’OSSAT 209 I calici sono alquanto rilevati; ma con quantità variabile: la fossula è discretamente profonda. Da esemplare ad esemplare si notano piccole differenze, specialmente nel diametro calicinale, nella distribu- zione dei calici e nella sporgenza di questi. I setti sono ben distinti.e ben sviluppati, se ne contano 24 alternativamente subeguali. Nelle sezioni trasversali talvolta si scorgono fusi colla columella solo i setti principali (6), altra volta anche quelli del secondo ciclo. All’esterno del calice sembra che arrivino ben 12 al centro, ma solo 6 pare portino verso il centro un grosso lobo che simula dei falsi paluli. Spesso i setti degli ordini successivi si fondono con . quelli dei precedenti. I setti in sezione sono grossi presso l’orlo e sottili verso l’interno, solo i primi portano un ingrossamento all’interno. La columella esternamente mostrasi papillosa nei calici meglio conservati, invece è spugnosa negli altri. Nelle sezioni soventi si appalesa sviluppata come nella fig. 1 della tav. XXV del lavoro citato del FeLIX; tal altra pare molto ridotta e persino mancante. Ciò spiegasi con l'irregolarità dell’accrescimento del polipaio, la quale fa attraversare alle sezioni individui in condizioni molto diverse. Le coste sono larghe, subeguali ed incertamente confluenti, rilevate e spesso flessuose; nel punto dove s'incontrano si ramificano, o si perdono, o si fondono. Talvolta sono corte, tal altra si prolungano da calice a calice lontani formando sistemi di strie più o meno flessuose: in questo caso acquistano di- versa grossezza. Finalmente fra due coste subeguali se ne scorge una più sottile. Un cenenchima intercalicinale più o meno spugnoso riunisce i diversi individui; ciò appare spe- cialmente manifesto nelle sezioni dove si riscontrano tutte le particolarità anatomiche già riconosciute ed illustrate dal FeLIX. Lo stato di diversa conservazione non permette le medesime osservazioni in tutti gli esemplari. DIMENSIONI Altezza del maggior polipaio ; 5 . . 5 . mm. 1920 ssi Larghezza del medesimo o 0 0 o : c 5 » 65 Diametro del calice : . c ° ò È - ” » 24 mm. 2-4 Numero dei setti . 5 . o 6 o 7 5 o 24 24 Rapporti e differenze: Per le sue caratteristiche la presente specie non può confondersi che con la Ph. coronata Reuss (Gosau, pag. 114, tav. XIV, fig. 7 e 8); ma da questa si differenzia special- mente per la columella, che nella coronata “ Die spongiòse Are nur wenig entwichelt, fast rudimentàr. , Delle altre poi che hanno un diametro calicinale pressochè uguale, come le: Pl. excelsa, neocomiensis, Pictetì, ecc., si allontana la exsculpta specialmente per il minor numero dei setti, ecc. Infine dalla Fro- menteli Coq. si differenzia per il numero dei setti, ecc. e dalla Ferryî Cog. per il medesimo carattere e per la diversità dei calici, ecc. Corologia e Cronologia: Gosau, Cretacico superiore. Località: Pascual, C. Morgades; Castellvi de la Marca. Las Mesquitas; Villanova. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALMERA; Barcellona. Phyllocoenia sp. Un piccolo polipaio che deve essere riportato, con qualche esitazione, a questo genere; non può essere specificato a causa della non buona conservazione. Tuttavia il polipaio presentando calici subeguali e eol diametro di mm. 2, od al più di mm. 3, non è difficile trovare qualche specie cui paragonarlo. Alcune specie che assomigliano vengono escluse a causa del numero dei setti che nel polipaio in istudio si aggira Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 26 210 G. DE ANGELIS D’OSSAT [421 intorno a 24: rimane quindi la sola PA. Zepîda. Non possedendo di quest’ ultima forma esemplari sicuri e non trovando gli autori tutti concordi intorno ad essa, sono costretto ad un doveroso e prudente riserbo. Invero una figura della Ph. Zepîda che riporta il FrEcH (Korallenfauna der Trias, I, pag. 28, tav. VIII, fig. 15), da un esemplare di Gosau; viene poi dal FeLIx messa in dubbio anche per la posizione generica. Il pe FROMENTEL ed il FERRY (Paléont. frang., Terr. erét., pag. 552, tav. 152, fig. 1), istituì una Ph. lepida, pur mantenendo la Heliastraea lepida (L. c., pag. 570, tav. CLXXIII, fig. 2), facendo a questa sinonimi lA. lepida Reuss (Gosau, pag. 114, tav. XII, fig. 1, 2) e la H. Zepida E. H. (pe From. e FeRRy, L. c., pag. 469); cioè tutte le stesse citazioni che il FELIX (L. c., pag. 293) pone a sinonimi della P%. lepìda del DE FROMENTEL (Reuss sp. Astraea). Del resto quasi tutti gli altri caratteri corrispondono alla Ph. Zepida, intesa come la descrive il FELIX; ma non oso fra tante incertezze fare un ravvicinamento con un cattivo esemplare. Dalla Fromenteli H. Coquanp (L. c., pag. 183, tav. XXIII, fig. 10, 11, non buone) si allontana per le minori dimensioni del calice; dalla Ferryî Coq. poi (L. c., pag. 183, tav. XXIV, fig. 3, 4, non buone) spe- cialmente differisce per il numero dei setti e per la distanza fra i calici. Località: C. Pascual, Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. Gen. Cryptocoenia D’OrBIGNI, 1856. Sinonimia in Vorz W. Ueber eine Korallenfauna aus dem Neocom. der Bokowina, pag. 13, 1903. Sarebbe lunga e fuori di luogo la narrazione delle vicende attraversate da questo genere nel vol gere dei tempi. Penso riesca più utile fare risaltare le maggiori differenze che lo distinguono dai generi vicini. Ho in istudio parecchi esemplari che a primo esame parrebbe dovessero essere riferiti al genere Cyathophora e propriamente alla C. neocomiensis D’ORB. sp. (DE FRomeNTEL. Descript. Polyp. foss., ét. Néocomien, pag. 4, tav. V, fig. 11-12. — Paléont. frane., Terr. crét., pag. 541, tav. CXXVI, fig. 2. — KoBy. Polyp. Crét. Suisse, pag. 28, tav. IV, fig. 6 e 60); ma subito devesi escludere tale riferimento, perchè il gen. Cyathophora è specialmente caratterizzato, come la forma nominata, dalla mancanza di coste, dai setti rudimentali, dal tessuto intercalicinale compatto, ecc.; cose tutte che non si trovano negli esemplari catalani. Appunto per questi caratteri il De FROMENTEL, ciò che poi ripudiò (Paléont. frane., Terr. crét., pag. 539) collocò il gen. Cyathophora (Étud. Cor., pag. 198, 278) nelle Polyastrées tabulés e nella fam. Thècostégitinies. Il riferimento possibile parve dovere essere per il gen. Cryptocoenia od affini; ma nacque subito il dubbio sulla reale esistenza di questo genere, dacchè il MiLne-EpwaARDSs (Hist. Cor., t. II, pag. 532 e seg.) propose che il gen. Cryptocoenia, con altri, dovesse essere compreso nel gen. Stylina E. H. (1849) a causa della columella stiliforme ed aggiungendo: “mais nous devons convenir, que par suite des altérations auxquelles sont soumis beaucoup de fossiles de ce groupe, il est souvent très difficile de déterminer avec certitude la presence ou l’absence de ce dernier caractère ,. A ciò oppongo, insieme a coloro che di fatto riconobbero il gen. Cryptocoenia, che gli esemplari non ben conservati e mancanti di caratteri anatomici necessari è meglio generalmente per la scienza che non siano determinati. Però con sezioni e superficie pulimentate si riconosce quasi sempre la natura di un organo negli esemplari discretamente conservati. Per escludere ora gli altri generi prossimi e specialmeate il gen. Convexastraca s'incontrano serie difficoltà a causa della natura delle distinzioni che sono di quantità e non di qualità; cioè riposte spe- cialmente nella distanza relativa delle coste. [43] G. DE ANGELIS D’OSSAT 211 Fra le Stilinidi, con polipieriti uniti per le coste e per il tessuto esotecale e senza columella noi abbiamo i tre generi seguenti che si distinguono per i caratteri: Setti rudimentali e coste serrate = Cyathophora. Setti sviluppati e coste distanziate = Convexastraea. Setti sviluppati e coste serrate = Cryptocoenia. Gli esemplari spagnuoli appartengono all’ultimo genere come sarà dimostrato nella descrizione loro e con i confronti che istituirò con forme affini. Le Styliniìdae si presentano ben distinte nel Muschelkalk, celandoci però la loro diretta provenienza dal paleozoico: con probabilità esse derivano dalle Zaphrertidae dacchè è più difficile ammettere la deri- vazione dalle Cyathophylloideae. Le Stylidae del Triasico attraversano gli altri sistemi del Mesozoico per raggiungere. pure il Terziario. Il gen. Cryptocoenia nell’ Europa Meridionale è a me conosciuto solo nel Giurasico e nel Cretacico e più abbondantemente nel primo dei due sistemi. L'inizio è segnalato finora nel Rauraciano della Svizzera. Notevole dal punto di vista filogenetico è la distinzione che si fa delle forme secondo il tipo esame- rale ed ottomerale (De FROMENTEL), o secondo il KoBy in Hexacryptocoeniae ed in Octocryptocoeniae: gli esemplari catalani appartengono al primo gruppo. Cryptocoenia Picteti Kosy. 1896. Cryptocoenia Picteti Kogy. Polyp. Crét. Suisse, pag. 32, tav. II, fig. 11, la. Descrizione. — Il polipaio forma masse convesse, talvolta emisferiche, tal altra irregolari, dendri- formi, schiacciate, lobate. L’accrescimento della colonia avviene per sovrapposizione di strati, i quali talvolta fanno riconoscere inferiormente un poco di epitecio comune. I calici sono generalmente molto vicini, ma la distanza non è costante, dipende dal maggiore o minore numero dei nuovi polipieriti. I calici sono alquanto rilevati sulla massa generale e differiscono fra di loro per dimensioni di una quantità non troppo forte. Sia per l’erosione dell’orlo calicinale, sia per la compattezza che acquista il tessuto intercalicinale, sia infine per lo stipamento dei polipieriti, in certe parti della superficie del polipaio, i calici si mostrano alquanto poligonali. Il bordo più elevato del calice risulta dalla sommità dei setti e delle coste. Dei setti, nei calici piccoli, ne annovero solamente 6, mentre che nei più grandi se ne contano 12, di cui 6 visibilmente maggiori. Tutti si dirigono verso il centro senza però raggiungerlo confondendosi con la traversa interna convessa. Non posso osservare la presenza di altri setti rudimentali. I setti sono debordanti, molto spessi e taglienti all’orlo calicinale e piccoli. Le coste occupano gli spazi intercalicinali e spesso si riuniscono con quelle dei calici vicini, ma senz’ ordine; poichè quelle, che corrispondono ai setti principali si fondono con quelle relative ai setti secondari del calice vicino. Le coste s’ ingrossano in vicinanza dell’orlo calicinale e non si possono sicu- ramente ritenere come rudimentali. Esse non lasciano però un distinto ed evidente spazio circoscritto. Col primo degli ultimi due caratteri citati escludiamo il riferimento al gen. CyatRophora e col secondo al gen. Convexastraea. , Le traverse sono intere, pressochè orizzontali e molto vicine. In una sezione longitudinale di un 212 G. DE ANGELIS D’OSSAT [44] polipierite ne ho enumerato più di 3 in un solo millimetro. Per quanto ho potuto osservare sembra che le traverse endotecali corrispondano alle esotecali. L’epitecio comune, non sottile e striato, si riscontra nelle condizioni sopra dette. Riporto in confronto con le misure del KoBy le seguenti Diametro calicinale - Distanza dei centri calicinali Altezza del polipaio. Larghezza del polipaio . DIMENSIONI KoBr mm. 1,5-2,5 mm. 2-3 . » 2, 5-4 »d 3-4 (fram.) » 35-55 ». 40 x » 35,50, 60 » 60 Come si scorge, i calici sono alquanto più piccoli negli esemplari catalani; ma osservando che la specie è conosciuta per un solo esemplare e che le dimensioni variano invece da un esemplare all’altro, non ho creduto prudente neppure l'istituzione di una nuova varietà: amando più riunire che dividere gli esem- plari, quando le caratteristiche fondamentali anatomiche convengono e solo diversificano per tenui quantità. Rapporti e differenze: La piccolezza dei calici e le particolarità anatomiche e delle coste e degli altri organi separano facilmente questa specie dalle congeneri sia giurasiche che cretaciche, come ho pur controllato con accurato esame. Anzi cercherò, in poche parole, di esprimere le caratteristiche differen- ziali principali fra la forma in discorso e le altre vicine per caratteri anatomici, per valore cronologico e per la corologia. Forme giurasiche Cryptocoenia limbata Goupr. sp. (1826-31) » castellum Mica. sp. (1843) » octonaria D’ORB. (1850) » decipiens Érarnon (1862) » octosepta Erarton (1862) » Waldeckensis Eranton (1864) » subbrevis D’Acx. (1880) » colturensis D’AcHE. (1880) » 2incerta D’Acu. (1880) » Tiessingi KoBy (1881) compressa Kogy (1881) Cartieri KoBy (1881) tabulata Kox (1881) tenuistriata Kopr (1889) Bonanomii Kogyr (1889) Delemontana KoBx (1889) RA RARA RI RA Forme cretaciche Cryptocoenia antiqua D’OrE. (1850) » excavata D’ORB. (1850) » neocomiensis Dd’ORB. (1850) » dubia De Frow. (1875) » trregularis Vonz (1903) Caratteri differenziali Per le traverse non intere, ecc. Diametro calici mm. 4,5. Setti principali 8, ecc. Otto setti principali, ecc. Idem Idem Diametro calici mm. 3-4, ecc. » » » 2-2,5, ecc. » » 2-3, ecc. » » 2, ecc. » » 1. Coste 24, ecc. 1. Coste 24, ecc. » 3-4. Coste 32, ecc. Otto setti principali, ecc. Diametro calici mm. 3-4, ecc. Otto setti principali, ecc. Diametro calici mm. 1, ecc. CARI TRI? Setti poco sviluppati in n.° 24; calici distanziati ecc. Diametro calici mm. 4, ecc. » STO » 3-3,5. Tre cicli, ecc. » » >» 3-4. Setti poco sviluppati » » » 4-4,5. Tre cieli, ecc. Facilmente pur si differiscono le specie: ©. Icaunensis D’ORB., O. micrommatos FELIX, ecc. [45] G. DE ANGELIS D’OSSAT 213 Corologia e Cronologia: Morteau, Urgoniano. Tra Valeasacca e Valea Mesteacan, Isvoor, Buko- wina (Vorz); Neocomiano. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALwERA; Barcellona. Gen. Convexastraea D’OrBIGNY, 1849. Ho già riportato i caratteri differenziali fra questo genere ed il gen. Cryptocoenia: ora non mi rimane che ricordare la distanza fra i raggi setto-costali; la quale deve almeno essere uguale al loro spessore. Lo sviluppo dei raggi non è sempre uguale nelle diverse forme: quando poi sono confluenti presentano le stesse irregolarità del vicino genere. Se poi i raggi costali mancano, allora i polipieriti si fondono per via di un tessuto esotecale costituito dall’incrocio di lamine longitudinali e trasversali. Riguardo alle parentele di questo genere si può ripetere ciò che fu detto del gen. Cryptocoenia, appartenendo pure esso alle Stylidae. V°ha però una differenza notevole rispetto al tempo; dacchè il gen. Convexastraca è pur fossile nel Triasico di S. Cassiano secondo il D’ORBIGNY (Prodr., I, pag. 208. 1850), il quale riferì a questo genere l’ Astrea regularis KLIPSTEIN (Bettr. 2. geol. Kenntn., pag. 203, tav. XX, fig. 11. 1843) che poi descrissero il Mrune-EpwARDS ed il DE FRomeNTEL. Avverto che il Vorz (Die Korallen der Schichten v. St.-Cassian in Std-Tirol. 1896) non nomina la detta specie. Il Vorz però si fa una premura di farci sapere che per la sua revisione mancavano i soli esemplari di KLIPSTEIN (pag. 4). Comunque sia il gen. Converastraea raggiunge l’apogeo, per specie ed individui, nei tempi del Giurasico europeo e troviamo solo qualche suo rappresentante nel Cretacico. Pare non abbia raggiunto il Terziario. A questo genere riferisco un esemplare che presenta, per quanto lo stato di conservazione lo per- mette, tutti i caratteri generici e lo ascrivo ad una nuova forma per i suoi caratteri differenziali speci- fici. Tuttavia non celo le affinità che presenta con alcune forme giurasiche e cretaciche, dalle quali però nettamente si differenzia. Convexastraea Almerai n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 11a, d. Descrizione. — Polipaio di forma arrotondata, subglobosa. È sorretto da un peduncolo con strie longitudinali, formato da epitecio comune che ha appunto tale foggia. Ciò dimostra la grandissima varia- bilità delle forme nei polipai; carattere cui a torto talvolta si conferì soverchio valore nella specificazione. I calici sono piuttosto piccoli ed abbastanza lontani fra di loro; la distanza però non è sempre la medesima variando da regione a regione. I calici sono poco rilevati sulla massa generale e poco differi- riscono fra di loro. La fossula calicinale sembra fosse profonda. I setti sono discretamente debordanti ed acquistano il massimo spessore sull’orlo calicinale e si prolungano in coste. Dei setti sei sono più grandi ed arrivano assottigliandosi non molto lontano dal centro. Fra i principali ve ne hanno altri sei che poco si allontanano dalla teca. Il margine superiore dei setti, per quanto è dato constatare, pare sia tagliente. La columella manca. Le coste si prolungano nei raggi setto-costali, esse riuniscono fra di loro i polipieriti, dacchè sono confluenti e talvolta alquanto tortuose. Si fondono senza rispetto agli ordini dei setti cui diramano. 214 G. DE ANGELIS D’OSSAT [46] Le coste partendo dal calice si assottigliano e lasciano spazi di poco più larghi dello spessore delle coste. Le traverse endotecali ed esotecali si scorgono nelle superficie pulimentate: esse sono sottili ed incontrano i setti e le lamine longitudinali esotecali ad angolo retto. Il cattivo stato del fossile non mi permette descrivere ulteriori particolari sopra questi organi. DIMENSIONI Diametro dei calici 0 c . 6 . " o È 7 . mm. 1-1,3 Distanza dei centri calicinali . 0 7 0 i ò : ò » 24 Altezza del polipaio (non intero) . 6 0 : : o , à » 30 Larghezza del medesimo o o i 7 . 5 0 È ì » 27 Rapporti e differenze: Procurerò di distinguere la nuova forma da tutte le conosciute, sia giu- rasiche che cretaciche, il più brevemente possibile. Le seguenti forme giurasiche si distinguono dalla nuova specialmente per le dimensioni dei calici e della loro relativa distanza; invero: Diametro calici Distanza fra i calici Converastraca Schardti KoBr (1889) . o ; 0 6 . mm. 24 mm. 3-6 » alveolata KoBx (1889) . o o 0 0 o » 3-4 » 3-6 » hexaphyllia D'ORB. sp. (1850) » 3,5-4 » 4-5 » Meriani KoBy (1881) . o 5 0 0 ò » 3 » 5-10 » sexradiata GoLDF. sp. (1826) (figurata dall'OGILVIE) » 2 » 5-7 » bernensis ÈTALLON Sp. (1862) È » 1,5-2 » 34 Le forme giurasiche seguenti, che potrebbero corrispondere con la nuova per le dimensioni, se ne allontanano specialmente per aver le coste non confluenti, esse sono: Converastraea Gillieroni KoBY (1889) » Bachmanni KoBy (1881) » semiradiata ÉraLLon (1862) » minima ÈrALLON (1862) (figurata anche dall’ OGILVIE) Rimangono così le specie cretaciche delle quali affini alla nostra sono le due: Converastraea Desori KoBy (Polyp. Crét. Suisse, pag. 30, tav. II, fig. 9, 10). » dubia KoBy (L. cît., pag. 31, tav. IV, fig. 1,2, 3). La nuova si allontana dalla prima per la maggiore distanza dei calici, i quali nella Desorî sono serrati; dalla seconda per il maggiore diametro calicinale, il quale nella dubia è solo di mm. 0,5. Le due forme ora citate sono fossili a Morteau nel piano Urgoniano (KoBy). Località: Las Mesquitas ; Villanova. Collezione ALMERA; Barcellona. [47] G. DE ANGELIS D’OSSAT 215 Tribus Euphylliaceae E. H. Gen. Aplosmilia D’OrBIGnY, 1849. Sinonimia in OerLvie. Korallen Stramberg, pag. 122. I caratteri anatomici di questo genere furono specialmente studiati dal KoBy (Polyp. Jurass. Suisse) e discussi dall’OeILvIE (L. ciz.). A questo genere, ritenuto come giurasico, riportò il FeLIx (L. còt., pag. 302) una nuova specie, lA. crucifera (pag. 302, tav. XXIII, fig. 8-10) di Gosau, cioè del Cretacico superiore: quindi non recherà meraviglia se ora ne descriverò un’altra nuova del Cretacico inferiore. Sgraziatamente lo Stato di conservazione non permette una esatta descrizione; ma rimane tuttavia ben determinata. Poichè le attinenze che presenta sono maggiori per le forme giurasiche, la nuova specie servirà di ponte per riunire quelle forme con la crucifera del Felix. Aplosmilia Vidali n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 12 a-c. Descrizione. — Ho in istudio due esemplari uno adulto e giovine l’altro. Sono due rami staccati; anzi è da notare che i rami sono assottigliati verso la base, con visibile tendenza ad assumere la forma conico-compressa e ad individualizzarsi. Caratteristica è la rassomiglianza con le specie del gen. RWipidogyra. La teca è nuda. Le coste risultano della parte esterna dei setti, esse sono profonde, aguzze ed intere, flessuose ed oblique: vanno però perdendosi verso la base, ma a distanze diverse. Isetti sono molto debordanti, taglienti, crassi, di diverso spessore a seconda dell’ordine cui appar- tengono: solo in qualche punto li ho riconosciuti ricoperti di granulazioni. Nel piccolo esemplare i setti sembrano in numero di 12, nel maggiore 24. La columella non si vede, come avviene anche in altre forme congeneri; nelle quali la si riscontra solo con le sezioni trasversali. Rapporti e differenze: Le forme giurasiche che più si avvicinano alla nuova sono la rugosa ( KoBx, Polyp. Jurass. Suisse, pag. 52, tav. VII, fig. 1-6) e la spatula ÉraLLon (KoBy, L. cit., pag. 55, tav. XIII, fig. 1). Esse però se ne distinguono ben presto: Dalla prima la forma catalana si allontana per non avere le coste crestiformi e per non presentare i rami cilindrici e leggermente schiacciati, ecc. + Dalla seconda per non presentare gl’individui compressi, per non mostrare le coste distinte sin dalla base, non interrotte e crestiformi, ecc. Infine la nuova forma si separa dalla crucifera per l’aspetto generale, per le dimensioni, per la dispo- sizione dei setti, ecc. La nuova forma riunisce la crucifera alle forme giurasiche e specialmente alla rugosa di Caquerelle, Soyhières (KoBy) e di Stramberg (OcILVIE, L. còf., pag. 124). Secondo l’osservazione indicata sulla forma generale, cioè la tendenza degli individui a staccarsi, si deve raggruppare questo genere nelle Euphylliaceae caespitosae. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRrA; Barcellona. 216 G. DE ANGELIS D’OSSAT i [48] Tribus Eugyraceae Frux. Gen. Eugyra DE FROMENTEL, 1857. Il gen. Eugyra della famiglia delle Eugyrinae è ben differenziato dagli altri per la mancanza della columella, dai centri calicinali indistinti e dalle serie calicinali fuse; per quest’ultimo carattere si allon- tana dal vicino gen. Stenogyra. l Il gen. Eugyra, per quanto mi consta, è fossile solo nel Cretacico e le seguenti sono le forme che conosco: I. 1857. Hugyra neocomiensis pe FrowenteL. Descript. Polyp. foss., ét. Neocomien, pag. 30, tav. IL, fig. 6,7. 1866-68. — — From. et Ferry. Paléont. frang., Terr. Crét., pag. 442, tav. CIII, fig. 3. 1895. — = Kogy. Polyp. Crét. Suisse, pag. 19, tav. VI, fig. 1. Ta 118507 — Cotteaui From. L. cit, pag. 31, tav. III, fig. 4, 5. 1868. — —_ — et Ferry. L. cèòt., pag. 443, tav. CIII, fig. 1. 1895. — — Kogy. L. ctt., pag. 20, tav. V, fig. 2. III.a 1862. — ‘interrupta Frow. in Sc. Gras. Descript. géol. Vaucluse, pag. 429. 1868. _ — — et Ferry. L. ce., pag. 444, tav. OXV, fig. 3. IV. 1895. — digidata Kogy. L. cit., pag. 21, tav. VIII, fig. 4-7. WE 1805. — pusilla — L. cit., pag. 22, tav. VIII, fig. 8,9. Tutte le menzionate specie appartengono ai piani: Neocomiano ed Urgoniano. Il KoBy, nell’ultimo lavoro citato, parla di una E. dendroidea, senza indicare l’autore, probabilmente egli allude alla sua digitata, cui prima aveva forse designato il nome di dendroîdea. I caratteri specifici sono specialmente riposti nella grandezza delle valli e sul numero dei setti che si contano in una lunghezza determinata delle pareti. Ponendo le specie in ordine secondo i nominati - caratteri ottengo la seguente successione: Eugyra Largh. delle valli N.° dei setti in mm. 2 pusilla h È o dà 6 ” mm. l 12 neocomiensis : 5 o % » 0,5-2 9 digitata . . . 5 5 i » 2-8 5 Cotteaui . 0 - : o È » 2-3 4 interrupta . A È , d ò » 2,5-3 4 I tre esemplari che ho in istudio presentano rispettivamente le seguenti DIMENSIONI N.° d’ord. Largh. delle valli N.° dei setti in mm. 2 A mm. 3/1 5) B » 2-3 4-5 (0) » 233 45 Dai presenti dati si rileva che i due esemplari B e C appartengono alla stessa specie; ciò che è pur confermato dagli altri caratteri, e quindi due sono le forme catalane. [49] G. DE ANGELIS D’ OSSAT 217 Una poi si riconosce, a primo confronto, molto vicina alle due: Cotteauì ed interrupta. L'’esemplare A invece sì scosta sensibilmente dalla pusi//a, cui però si avvicina. Ho quindi un primo elemento da premettere alla serie citata ed un ultimo da far seguire alla medesima. Il primo costituisce una sicura nuova varietà, non così si può dire degli altri due esemplari che riferisco alla Cotteaui. Eugyra pusilla KoBy, var. n. pauciseptata. — Tav. XIV [I], fig. 13. Descrizione. — Polipaio in lamine a superficie pianeggiante. Le valli sono molto strette, raggiungendo appena il millimetro; sono lunghe e generalmente dritte, qua e là sono alquanto flessuose e solo localmente s’inflettono a meandri ben chiari. Ciò evidentemente dimostra che il carattere desunto dall'andamento delle valli non è buono, dacchè cambia spesso e non serve a distinzioni specifiche. Le colline dove sono conservate si mostrano taglienti. I setti, piccoli, larghi vicino alla teca e taglienti all’interno si prolungano senza raggiungere il piano mediano delle valli. Essi sembrano subeguali. Nulla posso dire dell’epitecio comune. DIMENSIONI Larghezza delle valli 7 ? 7 5 6 o ? so san pl N.° dei setti in mm. 2. 3 i ò : È È . 6 6 Rapporti e differenze: La specie è, senza dubbio, la E. pusilla; ma da essa si allontana per il numero minore dei setti, donde il nome della varietà. Per assicurarmi di questa differenza ho fatto ricorsò anche a sezioni ed a superficie pulimentate, con le quali mai riscontrai la presenza di altri setti. Essi seppure vi fossero dovrebbero essere molto differenti in mole da quelli che vi sono, i quali quindi risulterebbero primari, essendo questi conservati normalmente. Ciò potrebbe sempre servire a far ricono- scere la nuova varietà, cui non rimarrebbe in questo caso appropriata la denominazione. Corologia e Cronologia dell’ E. pusilla: Morteau, Urgoniano. Località: Las Mesquitas; Villanova. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRA; Barcellona. Eugyra Cotteaui From. — Tav. XV [II], fig. 1. Descrizione. — Polipaio a superficie irregolare. Le valli larghe da 2 a 3 mm., sono piuttosto lunghe e dritte, sono raggiate verso l’esterno con divi- sione dicotomica; per l’aspetto il polipaio assomiglia più alla E. meocomiensis che alla Cotteaui ed alla interrupta. Già però abbiamo osservato che questo carattere, per quanto appariscente, non deve servire alla distinzione. Le colline, dove è migliore la conservazione, sembrano piuttosto arrotondate. I setti sono di due ordini; come si può riscontrare con le sezioni, essendo i secondari rispetto ai primari, cui sono alternati, molto piccoli. Anche la loro posizione non è costante, donde il diverso numero di essi per la medesima lunghezza. L’ epitecio comune non si conosce. N Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 218 G. DE ANGELIS D’OSSAT [50] DIMENSIONI Larghezza delle valli ò o È ò o 0 c o . mm. 2-3 N.° dei setti in mm. 2 : : x ) o b . : ì 45 Rapporti e differenze. Ho riportato gli esemplari descritti alla Coffeavì e non alla vicina inter- rupta per le seguenti ragioni: perchè l’ultima ha le valli corte ed interrotte, donde il nome, e special- mente per i setti subeguali. La Cotteauì si allontana poi dalla meocomiensis specialmente per il numero dei setti. Tanto il pe FRoMENTEL che il KoBy osservano intorno alla Cotteauì il seguente carattere: “ Les cloîsons “ secondaires sont moins developpées que les primaires et adossées aux grandes cloîsons de la série contigue ,. (From. e FERRv) ed il KoBy scrive: “ Les cloisons d’une série s’adossent et se relient aux secondaires de la série contigue ,. Ora con le sezioni trasversali e longitudinali ho trovato i seguenti caratteri anatomici che chiaramente determinano la struttura anatomica del polipaio. Le teche sono sottili e non aderiscono le une alle altre vicine. I setti invece formano esternamente una specie di coste, relativamente ben sviluppate. Fra le teche vicine oltre alle coste v'ha una produ- zione esotecale che fa da materiale cementante; essa è costituita da traverse irregolari, sottili e diver- samente disposte. Questa produzione starebbe a rappresentare il falso cenenchima costale, come nel genere Pachygyra e che nel genere Eugyra, benchè ridotto, pure è presente. La fusione diretta delle teche, almeno nelle specie in esame, non si verifica. Se con lo studio di altro materiale si viene a generaliz- zare il fatto riconosciuto, allora sarà necessario modificare la diagnosi del genere per quanto riguarda il rapporto fra le teche, le quali non debbonsi più dichiarare intimamente unite; ma saldate da una piccola quantità di cenenchima, o meglio da una produzione ridotta esotecale. Un’ analoga formazione ho pur riscontrato nello spazio mediano delle valli, dove le traverse endotecali spesso attraversano le valli ricon- giungendo un setto all’altro opposto; ciò che può avere occasionato le riportate parole del DE FROMENTEL e del KoBy. Si riscontra così il carattere assegnato alle Eugyrinae, cioè la divisione delle camere per traverse. Corologia e Cronologia: Gy-1°-Evéque (Yonne), Neocomiano; Morteau, Urgoniano. Località: Las Mesquitas; Villanova. Collezione Ist. geol. R. Univ., Roma. ArmerA; Barcellona. Fam. Turbinolidae EF. H. (emend. OGILVIE). Subfam. Trochosmilinae OGILVIE. Tribus. Trochosmiliaceae E. H. (emend. OcibviE). A. Generi senza columella. Gen. Trochosmilia E. H. Riporto a questo genere molti polipieriti dopo un lungo e paziente studio, durante il quale ‘molti dubbi nacquero e svanirono. Le maggiori difficoltà incontrate, naturalmente, debbonsi ripetere dalla non [51] G. DE ANGELIS D'OSSAT 219 ottima conservazione delle parti anatomiche interne degli esemplari, i quali però spesso esternamente sono perfettamente conservati. Più di una volta sono ritornato sulle determinazioni generiche e spesso parvemi di essere traspor- tato, a ragione, da una sotto famiglia all’altra; dopo lunga, accurata e paziente preparazione del materiale, guidato da sottili e delicate ricerche, giunsi a rassicurarmi sulla posizione generica. Non riuscirà certa- mente discara ed inutile una breve rassegna delle diverse osservazioni che ebbi campo di raccogliere durante il faticoso lavoro di determinazione. Per essere i polipieriti isolati o con pedicelli molto ristretti non si poteva cercare il genere che fra le Monastrées del pe FROMENTEL, appartenenti alle Aporosa. Seguendo la classificazione che propongono il pe FromenTEL ed il Ferry ®, per la sicura presenza delle traverse e per il bordo superiore intero dei Setti, per quanto qualche volta un poco frastagliato rozzamente, si era sicuri della tribù delle Zrocho- smiliaceae. A ciò si perveniva pure seguendo l’OcILvIE ed ammettendo la possibilità della verifica dei carat- teri interni. E poichè ciò è riuscito solo che raramente e dopo molto studio, dovetti rimanere incerto specialmente nella collocazione delle specie del gen. Trockosmilia; le quali pareva che potessero trovar posto anche nei generi: Leptophyllia e Thecoseris, quantunque questi due generi appartengano sicura- mente ai Regulares delle Fungidae, come abbiamo già esposto, e come il PRATZ dimostrò, con i caratteri anatomici. Condivido quindi pienamente l’idea del KoBy ?), il quale ritiene che molte forme che si ascrivono al numeroso genere Montlivaultia debbano, con una accurata revisione, essere distribuite nei gen.: Lepto- phyllia, Thecoseris, Epismilia e Trochosmilia. Laonde per assodare completamente le determinazioni gene- riche è necessario mettere in rilievo le rispettive differenze. Prima pongo sott'occhio i caratteri differenziali principali dei tre generi seguenti: Epismilia Trochosmilia Montlivaultia Polipierite ; 0 ò È Semplice Semplice Semplice Calice . 0 , i, ; Ò Forma variabile Forma variabile Forma variabile Setti . È i ; : P Interi Interi Dentati Columella . ; È " ò Nulla Nulla Nulla Traverse . 5 5 x . | Numerose e concave in dentro | Traverse abbondanti Traverse numerose Epiteca 5 ” 5 o ò Forte Rudimentale o nulla Forte I generi Epismilia e Trochosmilia appartengono alle Trochosmiliaceae senza teca, ma con epiteca. Setti forti e compatti, dalla superficie con granulazioni, disposte in serie parallele ai bordi settali interi. Traverse forti, vicine ed inclinate. î Le differenze principali adunque sono nell’epitecio e nelle traverse che nel gen. Epismilia sono più forti e serrate. Esse però sgraziatamente si possono riconoscere con molta difficoltà; dacchè l’epiteca nelle 1) pe FRoMENTEL et Ferry. Paléont. frang., Terr. Crét., 159. 2 KoBy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 543. 220 G. DE ANGELIS D’OSSAT [52] Epismiliae è fragile e quindi facilmente mancante: invero la maggior parte delle specie descritte in questo genere spesso ne mancano, come si può rilevare per esempio dalle specie descritte dal KoBy nel Giurasico della Svizzera. Il gen. Montlivaultia che già conosciamo nelle Isastraeidae si allontana con minore difficoltà dal genere Trochosmilia che dal gen. Epismilia; dal quale ultimo riesce quasi impossibile distinguere se non si ha la possibilità di osservare i: caratteri anatomici dei setti. Ciò spiega la ragione per cui molte specie passa- rono da un genere all’altro. ‘ Si deve a MirascHENWITSCH (Die Korallen der Natheimer Schichten, pag. 184) l'aver riconosciuta la differente ornamentazione delle superficie settali dei due generi. Nel gen. Epismilia, come abbiamo detto, le granulazioni sono in linee seriali parallele al bordo esterno settale; mentre che nel gen. Montlivauttia sono in serie disposte perpendicolarmente allo stesso bordo. Altri caratteri anatomici differenziali riferisce il KoBy!, ma sempre difficilmente riscontrabili. Passo ora agli altri due generi nominati: Thecoseris e Leptophyllia. Il gen. Thecoseris, delle Regulares fra le Fungidae stabilite dal PrATZ, racchiude specie con polipierite semplice, senza teca e con epiteca. I setti risultano costituiti da un tessuto speciale #rabdecolare e con Pseudosinatticoli. Il gen. Leptophyllia già mi occupò nel principio della parte descrittiva. Ora questi due generi, a parte il carattere anatomico della struttura dei setti non sempre osservabile nei fossili, difficilmente si distinguono dai precedenti e quindi è necessario riconoscere ad ogni modo tale carattere. Dopo ciò non mi rimane che ragionare sopra i caratteri principali delle specie che riferisco a questo genere. Con molte sezioni sono riuscito a riconoscere che tutti gli esemplari avevano i setti interi e senza fori di sorta: con ciò ho escluso subito i generi: Thecoseris e Leptophyllia. Dell’ esclusione dal gen. ultimo nominato ebbi pure la conferma dalle numerose traverse endotecali degli esemplari in istudio, quantunque per i caratteri esterni intercedano con il gen. Leptophyllia le più strette somiglianze. . Non era facile togliere di questione il gen. Montlivaultia, anche per il fatto presentato da alcuni ‘polipieriti, cioè della presenza di setti con il bordo verso l’ interno alquanto irregolare o non perfettamente intero. Ma mi vennero in aiuto le granulazioni disposte piuttosto in serie parallele ai bordi e non a questi perpendicolari. L’irregolarità del bordo non mi sorprese di molto, perchè anche il KoBy ?) scrive parlando del gen. Zrochosmilia che: “ le bord libre interne est un peu échaneré chez les cloisons des derniers ordres....... pe Del resto la dentellatura delle Trochosmiliae è molto diversa da quella delle Monzliwaultiae, quando è possibile riconoscerla. Invero nelle ultime i denti hanno uno spessore maggiore del setto, e si continuano sotto forma di coste sopra le pareti laterali del setto in senso radiale, subeguali e più grandi e salienti verso la fossula calicinale. Non avendo riscontrato nulla di simile negli esemplari catalani, mi sono deciso a riferirli al gen. Trochosmilia; non ritenendo, e per ragioni esposte e per quelle che porterò in campo parlando del gen. Epismilia, possibile il riferimento al genere Montlivaultia. Il gen. Trochosmilia è opportunamente diviso, a scopo più sistematico che per ragioni anatomo-gene- tiche, in aggruppamenti secondo l’aspetto generale dell’individuo e la forma del calice. Le forme fanno capo ad alcune, ben conosciute, che funzionano da capo gruppo e cioè: T. inflexa — T. complanata — T. didyma. 1) KoBy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 543 e seg., pag. 534. 2) Ip. L. cit., pag. 583. [53] G. DE ANGELIS D’OSSAT 221 A. Gruppo. Trochosmilia inflexa. Polipierite trottoliforme o compresso. Calice circolare od ovale. Polipierite diritto o ricurvo. B. Gruppo. Trochosmilia complanata. Polipierite fortemente compresso, cuneiforme. Calice ellittico, allungato sino a nastriforme. C. Gruppo. Trochosmilia didyma. Polipierite più o meno compresso, con solco mediano; quindi con calice bilobato. Quanto -ho esposto si riferisce agli esemplari ben conservati, per i numerosi meno conservati si pos- sono fare altre osservazioni di ordine svariato. Tutti i polipieriti hanno il carattere delle Madreporaria aporosa e del gruppo delle Monastrées del pe FromeNTEL. Fin qui è facile la via; subito però si parano innanzi difficoltà, dacchè talvolta le camere o loggie si presentano più o meno libere lungo l’altezza del polipierite, mentre spesso sono le camere divise da nette e molte traverse. Il primo caso deve attribuirsi a cattiva conservazione od i polipieriti debbono essere riferiti alle: Dasmieae, Caryophyllidae, Turbinolidae 2 Per quanto mi è stato dato poter osservare credo che si tratti di obliterazione degli organi a causa della cattiva conservazione; però i fossili non si determinano con criteri soggettivi; ma sopra caratteri anatomici e quindi ho dichiarato indeterminabile tale sorta di fossili. In quanto agli altri si rimaneva fra le due famiglie: Trochosmilinae e le Lithophyllinae, essendo esclusa la presenza delle syrapticola e della struttura trabecolare dei setti. Nel decidersi fra le due famiglie s’in- contra una difficoltà che spesso s’erge insuperabile, dacchè la suddistinzione è posata appunto sulla forma del bordo superiore dei setti, — dentellatura od integrità —, i quali sgraziatamente quasi mai rimangono conservati. Nei rari casi di buona conservazione è facile la distinzione, negli altri molteplici, con pre- parazioni speciali, ho procurato scrutare l’ornamentazione della superficie dei setti, carattere anatomico non facile a riscontrarsi: ecco la ragione per la quale non è sempre sicura la collocazione delle specie di questi generi. V’ hanno altresì considerazioni d’ordine ben diverso e di non minor valore. Gli esemplari delle specie di questi generi, specialmente fiorenti nel Mesozoico, sono rari e spesso non ben conservati; quindi gli autori delle specie non le poterono sempre descrivere e figurare comple- tamente. Mancano poi lavori generali che raggruppino le forme, collo stesso criterio e col medesimo ap- prezzamento dei caratteri anatomici. Tanto per corroborare quanto dico, ritordo per es. il DE FROMENTEL ed il FeRRY, i quali spesso istituendo una nuova forma si dichiararono insoddisfatti delle figure della medesima. A seconda poi del numero degli esemplari che rappresentano una forma, si osserva più o meno considerato il carattere della forma generale. Molti autori che pur dichiarano variabile il numero dei setti nello stesso individuo pur spesso si servono di questo carattere per specificare. A causa di quanto si espone, in presenza di molti polipieriti si può facilmente cadere o nell’ eccesso o nel difetto di creare nuove forme; direi, che solo per ventura si può rimanere nella giusta misura. In questa alternativa, quando non sono rimasto rassicurato dai caratteri anatomici positivi, ho riputato più prudente consiglio il ravvicinamento degli esemplari alle specie già note, facendo però risaltare le differenze, nell’intento di cominciare a raccogliere i materiali utili ad un riordinamento di questi generi e specialmente dei popolosi generi: Montlivaultia e Trachosmilia. 292 G. DE ANGELIS D'OSSAT [54] GRUPPO A. Trochosmilia uricornis Mica. sp. 1846. Turbinolia uricornis MiczeLIin. Icon. xooph., pag. 206, tav. 65, fig. 2 1849. Ellipsosmilia. — D’OrsIGny. Prodr. de paléoni., Il, pag. 202. 1849. Trochosmilia — KE. H. Ann. 3. sér., tom. IX, pag. 241. 1857. — —_ M. KE. Hist. Cor., tom. II, pag. 158. , 1858-61. — — pe FrowentEL. Cor. etag. Néoc., pag. 98. 1863. 2a - _ Ferry. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 282, tav. 31, fig. 2, 2a. Riporto a questa specie due esemplari, i quali, quantunque si presentino con dimensioni minori di quelle attribuite alla specie, pure corrispondono ad essa per tutti gli altri caratteri. Descrizione. — Polipierite conico alla base, cilindrico nel resto; alla base inarcato e con accresci- mento irregolare, come lo dimostrano gli anelli di ristringimento ed il cambiare della forma del calice. Termina col pedicello. Calice subrotondo. Le coste numerose, subeguali, corrispondono ai setti; dove sono più conservate appaiono ricoperte di granuli. Se manca per obliterazione la superficie esterna si osservano distintamente le molte e sottili traverse. I setti, pur numerosi, sono evidentemente compatti e con le superficie ricoperte di granulazioni; sono stipati ed in un individuo anche un pochino ondulati. Il loro numero si avvicina molto a 128; ben poco si distinguono quelli di diverso ordine. Confluiscono i maggiori verso il centro dove sembra formino una falsa columella alquanto allungata. Una vernicetta sottilissima epitecale ricopre scarsamente il polipierite. Le misure sono messe a confronto con quelle riportate dal pe FromeNnTEL e dal FERRY: DIMENSIONI From. e FER. I II Altezza del polipierite . 5 6 : mm. 50-60 mm. 36 mm. 22 Diametro calicinale . è 5 È » 30 » 18 >. 170 N.° di coste in mm. 5, presso ;l calice . _ 11 11 Rapporti e differenze: La presente specie ha delle somiglianze con la 7. tuba E. pr From. (1863. Pal. frane., Terr. Crét., pag. 280, tav. 30, fig. 3, 3a): ma se ne distingue specialmente per le irregolarità l'accrescimento e per il numero relativo dei setti. Non posso tuttavia nascondere tenui differenze che si riscontrano fra i due esemplari in istudio e la specie tipica; le quali però sono cagionate dallo stato diverso di conservazione, dal diverso ambiente e dalla maggiore antichità del giacimento di provenienza; dacchè gli esemplari in parola finora sareb- bero, rispetto al tempo, i primi rappresentanti della specie. Corologia e Cronologia: La specie fu descritta con esemplari provenienti da Sougrainge (Aude) nel piano superiore ad Ippuriti e viene pure indicata nella craîe tufeau delle Corbières e della Cata- logna; sempre però nel Turoniano. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALmEeRA; Barcellona. [55] G. DE ANGELIS D’ OSSAT 223 Trochosmilia cfr. obliqua D’ ORE. sp. 1850. E/lipsosmilia obligua »’OrBIieny. Prodr. de paléont., II, pag. 276. 1851. Trochosnuilia? obliqua E. H. Polyp. foss. terr. Paléox., pag. 47. 1856. — — — Hist. Cor., tom. II, pag. 165. 1858. —_ — pe Frow. Introd. à Vl étude des Polyp. foss., pag. 100. 1862. — — —_ e Ferry. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 281, tav. 32, fig. 4. Riferisco, con qualche esitazione, a questa specie un solo polipierite, perchè presenta i seguenti caratteri: Descrizione. — Polipierite piccolo, conico, con pedicello rotto, inarcato alla base. Coste fine, uguali e granulose. Calice subrotondo; spazio columellare o fossula subrotonda. Setti sottili, serrati, numerosi. Traverse sottili, abbondanti. Epiteca sottile. A questo esemplare ne avvicino un altro che presenta gli stessi caratteri, ma con un’ epiteca alquanto più spessa e con calice alquanto più schiacciato. Somiglia per la forma esterna all’ esemplare figurato e che appartiene alla collezione D’ ORBIGNY. DIMENSIONI DE FROMENTEL I II Altezza del polipierite o c ò mm. 50 mm. 25 mm. 18,non intero Grande asse del calice È ò 6 » 30 » 15 Mi 555 Piccolo asse del calice È 5 q » 125 » 13 DIS Corologia e Cronologia: Martigues e Soulatge, Senoniano (p’ ORBIGNY); Sougraigne (DUMORTIER), Neocomiano superiore. Località: C. Pascual, Castellvi de la Marca. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmerA; Barcellona. Trochosmilia Portisi n. sp. — Tav. XV [II], fig. 2a-f. Una diecina di esemplari, quantunque mostrino delle tenui differenze fra loro nell’aspetto generale, pure li riferisco alla stessa specie per la comunanza dei caratteri anatomici importanti. Descrizione. — Polipierite pedicellato, generalmente di forma tozza, talvolta alquanto elevato; sul principio svasato, poi si restringe: nel complesso è quasi dritto. L’apice che può essere più o meno lungo, è ricurvo appena nel senso del piccolo asse calicinale; alcune volte un poco obliquamente. L’accrescimento non è proprio regolarissimo, anzi alcuni esemplari mostrano anelli di strozzamento e di rigonfiamento notevoli. L’epiteca è sottile, con false coste larghe ed irregolarmente dritte; quasi sempre fa riconoscere il bordo esterno dei setti, specialmente verso il calice. Le coste sono molte, sottili, stipate, subeguali, ben distinte e divise da solchi. Le coste corrispon- dono ai setti e sono ricoperte da granulazioni. Traverse molte, specialmente verso l'esterno. 224 G. DE ANGELIS D° OSSAT [56] Il calice è ovale, con un rapporto degli assi molto vicino a 5:4; i contorni però non sono sempre regolari. La fossula è poco profonda ed alquanto allungata. I setti molti, stipati, dritti, sottili, debordanti, completi, subeguali di 4 in 4. Soli quelli dei primi ordini raggiungono il centro; dove s’ingrossano; e, poichè gli uni passano fra gli altri, ne risulta una. specie di falsa columella. Le superficie dei setti hanno le traverse e, fra le maglie di queste, qualche gra- nulazione. Il numero dei setti attesta non solo 5 cicli completi, ma qualche ordine pure del 6°; natural- mente il numero è variabile secondo l’età. Riporto le misure in confronto a quelle che il pe FRomeNTEL e lo StoLiczka riferiscono per la 7. inflexa. I II III IV Vv vi DE FROM. STOLICZKA Altezza del polipierite . mm.32 mm. 30 mm. 29 mm.:32 mm. 40 mm. 50 mm. 80 mm. 80 Grande asse calicinale . » 25 » 24 »i 124 » 28 » 830 » 37 » 65 » 70 Piccolo » » 6 » 20 » 18 » 18 » 21 D. 25 ZI » 40 » 40 Rapporti e differenze: Ho ascritto la specie in questo genere per avere osservato, quando mi fu possibile, che i setti sono interi e non dentati come lo addimostra la disposizione delle traverse e delle granulazioni. Anche la formazione di una falsa columella esclude il gen. Montlwaultia. Non v’ha dubbio che questa nuova forma abbia rapporti strettissimi con la 7. inflexa Reuss !, tut- tavia però la nuova se ne allontana specialmente per i setti più sottili e più numerosi relativamente, per la presenza dell’epitecio, per il calice meno ellittico, per la foggia delle coste, per lo spazio columellare più corto ecc. Con molta probabilità la nuova forma è l’antenata dell’inflera di Gosau, di Tret (Bouches- du-Rhòne) e di Trichinopoli. A questa medesima specie riporto un esemplare che è più schiacciato degli altri, dal pedicello al calice (mm. 27 X 19). Non conosco il calice. Le false coste alla base sono più irregolari del solito. Alla base porta spine grossolane. Gli altri caratteri però corrispondono perfettamente. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRrA; Barcellona. Trochosmilia Nevianii n. sp. — Tav. XV [II], fig. 3a-d. Descrizione. — Polipierite pedicellato, alquanto compresso, relativamente elevato. Base arcuata più o meno. L’ accrescimento non è regolare e quindi si hanno anelli d’ispessimento. Forma generale piuttosto snella. L’apice è ricurvo nel senso del piccolo asse calicinale; ma quasi sempre obliquamente. L’epitecio è sottile, talvolta però ricopre quasi tutto il polipierite. Le coste molte, serrate, granulose, subeguali; però in qualche esemplare si riscontrano alternati- vamente subeguali e raramente uguali di 4 in 4; in rari casi infine per numero maggiore come avviene alla 7. costata. Per eccezione le coste escono fuori come fossero crestiformi: le più conservate sono rico- perte di granuli. Poco o punto distinte verso la base si accentuano risalendo verso il calice: ciò che non avviene nella 7. incostans. i Calice ovale, poco profondo; nel mezzo i setti formano una fossula rotonda, in cui trovasi una falsa columella. i) Reuss. Gosau, pag. 86, tav. VI, fig. 3-5. — Dn FROMENTEL et FeRRY. Pal. frane., Terr. Crét., pag. 270, tav. 39, fig. 1. — SroLicz€a. Paleont. Indica, vol. IV, ser. VII, pag. 15, tav. II, fig. 1-4. [57] G. DE ANGELIS D’OSSAT 225 I setti sono piuttosto sottili, subeguali o alternativamente subeguali: mentre che nell’ incostans sono spessi, meno numerosi ed uguali di 4 in 4. Di setti in due esemplari ne ho contati più di 150, cioè più di 5 cicli e mezzo. La fossula che circoscrivono è ristretta; mentre che nell’incostans misura due terzi dell’ asse maggiore. DIMENSIONI I II III IV Altezza del polipierite - Ò mm. 30 mm. 35 mm. 37 mm. 40 Diametri calicinali. /{. . » 16X20 =» 16x20 » 20x24 » 19X24 . Rapporti e differenze: La specie più vicina alla nuova è la 7. incostans De FromeNnTEL !) dalla quale già l'abbiamo differenziata. Dalla vicina 7. costata From. 2), si allontana specialmente per il diverso piano di curvatura ecc.; dall’ aspera From. 3 per la medesima ragione e per la forma del calice ecc. Tuttavia sono innegabili i rapporti fra queste tre forme, tanto che ritengo, per il momento, la seguente discendenza: Cretacico superiore incostans costata aspera | | | » inferiore Nevianii n. sp. Località: C. Pascual, C. Morgades; Castellvi de la Marca. S. Marti Sarroca 4 Marmellà. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRA; Barcellona. GruUPPO .. Trochosmilia sandalina n. sp. — Tav. XV [II), fig. 4a-e. Descrizione. — Polipierite pedicellato, appiattito e molto arcuato alla base, nell’ assieme ha una forma cuneiforme molto somigliante a quella della Calceola sandalina, donde il nome. L’accrescimento non è sempre regolare, tanto che in parecchi individui troviamo dei ristringimenti. Il centro dell’ apice con le due rette che sfiorano l’individuo per raggiungere l’estremità dell’asse maggiore calicinale, costituiscono un angolo che si aggira verso i-50°; mentre che nella 7. arcuata, cui alquanto somiglia la nuova forma, sorpassa i 70°. Vi sono però individui che raggiungono questo valore, ma sono stati evidentemente schiac- ciati durante la fossilizzazione. Le coste sono numerose e talvolta come ricoperte da una sottile vernicetta di epitecio: negli esem- plari ben conservati sono visibili dalla base, salienti, alternativamente subeguali, ricoperte da granula- zioni bene distinte. Le coste sono separate da solchi ben chiari. Quando s’ha l’ epitecio rudimentale al- lora le coste sembrano pianeggianti, alternativamente subeguali, poco distinte e non distribuite con so- verchia regolarità. 4 pe FromeNnTEL. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 266, tav. 33, fig. 1; tav. 30, fig. 1. 2) Ip. L. cit., pag. 275, tav. 31, fig. 1. 3) In. L. cît., pag. 276, tav. 33, fig. 2. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. DD DD (ex G. DE ANGELIS D' OSSAT [58] Il calice non si trova con la sua circonferenza ugualmente distante dall’apice; nella parte concava è molto vicino, lontano nella convessa. Veduto quindi il polipierite dalla prima parte mostra ben tutto il calice; questo è un poco obliquo e di forma ellittica più o meno regolare. Il rapporto però dei due assi è sempre molto vicino; ma il calice è sempre meno allungato che nell’arcuata. I setti numerosi, poco debordanti, sono pure essi alternativamente uguali; una metà raggiunge la fossula calicinale che è allungata nel senso dell’asse maggiore. I setti verso il centro si stipano, ondeg- giando si contorcono. Talvolta questo fatto comincia a verificarsi anche non molto lungi dal bordo cali- cinale. I setti sono completi e ricoperti di granulazioni che paiono disposte in serie parallele al bordo del setto. In un individuo dei più grandi ho enumerato oltre i 130 setti, cioè cinque cicli completi e con qualche ordine del sesto. Naturalmente il numero varia coll’età. Non sono riuscito ad osservare la forma del bordo superiore dei setti e quindi la collocazione generica è poggiata sulla disposizione delle granulazioni della superficie dei setti. Le traverse endotecali sono abbondanti e sottili; specialmente numerose verso il bordo calicinale. DIMENSIONI I II III IV Altezza del polipierite . . mm. 26 mm. 29 mm. 29 mm. 32 Lunghezza degli assi calicinali. » 12x24 » 18x26 » 20x28 » 16x24 L'altezza varia a seconda della maggiore o minore conservazione del pedicello. Rapporti e differenze: La nuova specie per la forma caratteristica somiglia alla sola Z. arcuata DE FROMENTEL !, ma da questa si allontana specialmente: 1. per la forma più slanciata della sandalina; 2. per il relativo maggior numero dei setti; 3. per essere meno schiacciata. Non potendosi tuttavia disconoscere i rapporti che intercedono fra le due forme; la nuova deve, per ora, considerarsi come l’ antenata dell’arcuata. * Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmerA; Barcellona. Nella collezione in istudio vi sono parecchi esemplari che non si possono riferire a nessuna delle forme dei generi: Montlivaultia e Trochosmilia, mentre non possono appartenere a nessun altro genere. Con tutta probabilità le forme sono nuove e del gen. Trochosmilia per i caratteri che passerò ad esporre. Poichè la conservazione dei fossili lascia molto a desiderare, per ora, mi limito a segnalare le tre forme, senza però neppure denominarle. 1. — Trochosmilia? n. sp. Due esemplari, dritti, conico-svasati; con calice ovale. Accrescimento ir- regolarissimo. Coste sottili, numerose, subeguali, granulose. Setti numerosissimi, interi, sottili, stipati, fles- suosi. Fossula calicinale relativamente corta. Traverse sottili. ‘ pa FRomeNTEL. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 268, tav. XXXVIII, fig. 1. [59] G. DE ANGELIS D'OSSAT 22/0 DIMENSIONI I II Altezza dei polipieriti . , 0 ò o o Gba SU) mm. 40 Diametri calicinali x 5 È ò } : PIN21ST32 DOSI SC Numero delle coste in 3 mm. : ; ) x — 10 Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRA; Barcellona. 2.— Trochosmilia? n. sp. Tav. XV [II], fig. 5a, 50. Tre polipieriti di forma a trottola schiacciata. Diritti, ma con pedicello ricurvo nel senso del piccolo asse. Al sommo si ristringono. Un forte epitecio copre bene le coste, che sono numerose, subeguali, granulose. Setti moltissimi, sottili, confluenti a super- ficie con granulazioni. Fossula columellare relativamente lunga. Traverse endotecali. Il calice è ellittico- allungato; varia però coll’età. DIMENSIONI I II III Altezza dei polipieriti 5 È o dino SI mm. 40 mm. 41 Diametro dei calici . 5 5 Ò x » 12X 21 (compres.) va DOS » 11x19 (compres.) Diametri massimi dei polipieriti 5 s » 16YX:23 (id.) » 1823 pi SNO Numero delle coste in 5 mm. : ; 13 13 12 Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRA: Barcellona. 3.— Trochosmilia? n. sp. Tav. XV [II], fig. 6a, 60, 6e. Tre polipieriti, di forma trocoide, molto ricurvi, schiacciati, pedicellati, con pedicello aguzzo e rivolto nel senso del piccolo asse. Epitecio quasi completo. Coste visibili bene solo presso il calice, subeguali, aguzze, granulose. Calice ellittico; molto profondo. Setti molti, debordanti, completi, subeguali, granulosi. Spazio columellare allungato. Nei calici erosi si vede nel fondo del calice una falsa columella. Traverse molte, specialmente nella parte esterna. DIMENSIONI I II III Altezza dei polipieriti 0 À ; 5 eo To RS 26, mm. 26 mm. 32 Diametri dei calici . ; . ù È ; DION » 16X21 » 16x22 Numero delle coste in 5mm. . 5 3 È 11 11 10 Località: C. Pascual; Castetivi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALmerA; Barcellona. Gen. Epismilia From. Sinonimia in Ocmuvis. Korallen Stramberg, pag. 141. Quando non si hanno buoni esemplari è cosa molto difficile la determinazione delle Epismiliae, per le ragioni esposte parlando del gen. Zrochosmilia: a quelle osservazioni rimando chi volesse conoscere le differenze generiche. 228 G. DE ANGELIS D’OSSAT [60] Epismilia robusta Kosy. — Tav. XV [II], fig. 7a, d. 1895. Epismilia robusta Kosy. Polyp. Crét. Suisse, pag. 14, tav. II, fig. 6, 6a, 6b. Descrizione. — Riferisco a questa forma un esemplare, più o meno cilindrico, ma con ristringimenti, compresso irregolarmente ed acuto specialmente nella parte inferiore nel piano mediano fra quelli che comprendono l’asse maggiore e minore calicinale. Sembra largamente pedicellato. Il contorno calicinale è grossolanamente ellittico; ma alquanto irregolare, senza però divenire angoloso. I setti sono di diversa grossezza secondo l’ordine cui appartengono: quelli dei primi tre cicli ar- rivano alla fossetta calicinale allungata nel senso dell’asse maggiore. Essi sono più di 120; ma non posso precisarne il numero, sicuramente però è presente anche il 6.° ciclo. Verso il centro si assottigliano e s’inflettono. ) L’epiteca doveva essere robusta, pieghettata trasversalmente, scolpita pure oscuramente con coste longitudinali che sono sicuramente pseudocoste. L’epiteca raggiunge il bordo calicinale. Metto a confronto le seguenti DIMENSIONI KoByr Altezza del polipierite c c : o o . mm. 60 mm. 102 Asse calicinale maggiore . o c . o . » 27 » 52 » » minore ò 6 ; o 1 Ò pdl » 32 L’esemplare spagnuolo offre evidentemente maggiori dimensioni; tuttavia esse però sono proporzionali alla forma descritta dal KoBy. Rapporti e differenze: Non rimane difficile differenziare questa specie dalle altre congeneri, come ha pur osservato il KoBy (2. c., pag. 15). Le differenze che separano il nostro esemplare dalla specie del KoBy, essendo questa, come le conge- neri, molto polimorfa, non ne escludono la pertinenza. Corologia e Cronologia: Perte du Rhòne nel piano Albiano. Località: C. Pascual, Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. Epismilia irregularis Kosy. — Tav. XV [II], fig. 8a, d. 1880. Epismilia ivregularis Kogy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 27, tav. VI, fig. 3-5. — Suppl., pag. 442, tav. CXVI, fig. 4, 4a. Riporto a questa specie un esemplare intero e tre frammenti, perchè ne presentano tutti i caratteri. Le differenze sono quasi inapprezzabili specialmente in una forma che alla sua polimorfia deve appunto il nome. Essa fu già rinvenuta fossile nel Corallien blanc di Caquerelle (Epicorallien. Th.) e di altre località. Non recherà meraviglia che una siffatta forma abbia attraversato parecchi piani e che si trovi ora nel Cretacico inferiore spagnuolo. Ne riporterò le figure che meglio di lunghe descrizioni confermeranno quanto asserisco. Località: C. Pascual, C. Morgades; Castellvi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALmERA; Barcellona. [61] G.' DE ANGELIS D'OSSAT 229 Epismilia Frechi n. sp. — Tav. XV [II], fig. 9a-c. Descrizione. — Polipierite trocoide, allungato, schiacciato, subregolare, leggermente incurvato verso la base nel piano dell’asse maggiore. Largamente peduncolato. L’epiteca, erosa, lascia solo sottili traccie, che fanno riconoscere la presenza dei collaretti trasversali. Vi hanno false coste formate dal bordo esterno dei setti, esse sono lungamente crestate, distinte, non ramificate ed a subeguali distanze: il loro spessore varia a seconda dell’ordine del setto cui appartiene. Pur dall’esterno sì osservano traverse endotecali che abbondanti, sottili, riuniscono i setti; esse sembrano più frequenti verso l’esterno. Calice sconosciuto, di forma ovale-ellittica, ma non regolare. I setti sono dritti, di diverso spessore; quelli dei primi tre cicli raggiungono la fossetta calicinale; quivi però non s'incontrano, ma s’ingrossano a modo di clava. Nella parte superiore se ne contano circa cento, cioè comincia ad essere presente il 6.° ciclo. La fossula calicinale è stretta ed allungata nel senso del grande asse. DIMENSIONI Altezza del polipierite non intero E mm. 58 Grande asse superiore del calice c : 6 o i ò ° o 8 Diametro maggiore del polipierite : 0 5 c 5 o o » 41 Piccolo asse calicinale 5 : È 5 L o 6 é Ò » 21 Lunghezza della fossetta . È ù ; - ; . c o DERGGIOII Rapporti e differenze: Dalla precedente forma menzionata si allontana la rechi per l’aspetto generale, per l’ingrossamento dei setti verso il centro, ecc. Dalla cornucopia per la forma generale meno regolare, per essere più schiacciata; dall’africana specialmente per il numero relativo dei setti. Maggiori analogie presenta invece la Frechi con le specie conosciute nel Giurasico e specialmente con la magna del Kosr®, dalla quale però tuttavia si allontana per le traverse più abbondanti e sottili, per i setti meno diversi fra di loro, ecc. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALmERA; Barcellona. Epismilia Ogilviei n. sp., — Tav. XV [MII], fig. 10, d. Descrizione. — Polipierite poco elevato, trocoide, irregolare, stretto molto alla base e subito poi svasato, con strozzature. Il senso della curvatura non è fisso. Ora largamente, ora strettamente pedicellato. Epiteca caduta, solo alla base è rimasto qualche avanzo. Calice con contorno ovale, ellittico; talvolta un poco irregolare. Fossula allungata nel senso dell’asse maggiore. Fsternamente si osservano le false coste formate dai dorsi esterni dei setti, esse- sono diverse secondo l’età relativa; fra le maggiori si osservano le sottili; sono lungamente crestate. I setti sono riuniti da un tessuto endotecale, formato da abbondanti e sottilissime traverse. 1) KoBy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 32, tav. IV, fig. 10, 10a. 230 G. DE ANGELIS D’OSSAT i [62] I setti dritti, disuguali; solo quelli dei primi tre cicli raggiungono il centro, ingrossandosi ed in- flettendosi, alcuni quasi vengono a toccarsi, ciò che rende irregolare e tortuosa la fossula calicinale. DIMENSIONI A B Altezza del polipierite . ò 6 i; : ; . mm. 35 mm. 30 Maggiore asse calicinale . 0 c È 6 : o » 31 » 27,9 Minore » » : c ò 3 . 5 ò » 28 >) 1022 Lunghezza della fossula . è 7 . . . . » dl » 10 Rapporti e differenze: La forma generale distingue subito l’ OgWviei dalle altre conosciute nel Cretacico. Presenta però notevoli rassomiglianze con le specie del Giurasico e specialmente con l’obesa KoBy !); ma ne differisce per essere quest’ultima più larga che alta. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. } Collezione ALMERA; Barcellona. B. — Generi con columella lamellare. Nella collezione in istudio vi sono abbondanti polipieriti che evidentemente appartengono alla tribù delle Zrochosmiliaceae. Una parte di essi, di cui ora mi occupo, presentano una ben chiara ed evidente columella più o meno lamellare. Sulle prime credetti che un carattere inon troppo comune potesse servire a rendere spedita la determinazione generica e specifica; ma caddi in inganno, dacchè mi vidi le forme passare da uno all’altro genere senza arrivare mai ad acquistare una certezza sulla collocazione. Ciò mi fece nascere il dubbio che i caratteri senerici differenziali non fossero ben precisi od almeno di non fa- cile riscontro. Allora procurai di rendermi conto dei caratteri riunendoli nella seguente tabella il più sinteticamente possibile. In essa sono menzionati quei generi della tribù, con columella lamellare, sopra i quali faccio parecchie considerazioni, dopo aver ricordato i tre seguenti fatti. 1.— Le forme dei nominati generi, quasi tutti esclusivamente giurasici e cretacici, furono istituiti sopra materiali limitati e non sempre ben conservati. 2.— Una certa confusione fra i generi scaturisce dal fatto della istituzione dei generi sopra pochi esemplari, i quali presentavano caratteri che furono ritenuti erroneamente generici, come fu dimostrato dall’osservazione di un maggior numero di esemplari provenienti da località lontane e vissuti in ambienti diversi. 3.— Finalmente i caratteri generici e specifici differenziali talvolta furono riposti sopra particolarità anatomiche visibili solo in esemplari di una eccezionale buona conservazione. Ciò se è giusto scientifica- mente non è del certo pratico; dacchè nel caso della impossibile osservazione si rimane nel dubbio ine- sorabilmente. i) KoByv. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 445, tav. CXVI, fig. 5, 6, 7. [63] G. DE ANGELIS D’OSSAT 231 i Ì Ì rr __————TT8_ym= -.—-—__————___________—_——m—m—_—ÉzrÉm Pleurosmilia Placosmilia Plesiosmilia Lophosmilia Peplosmilia Phyllosmilia Axosmilia A | Polipierite P. libero P. cilindrico- | P. subturbinato |P. subcilindrico | P. compresso, | P. allungato trocoide 0 o pedicellato conico, fisso e fisso o largamente pedicellato e turbinato subcilindrico per base stretta | più o meno fisso o laterale B Epiteca E. rudimentale E. spessa E. manca E. membrani- E. manca E. membrani- spessa o mancante e liscia forme o forte forme e sviluppata o piegata Cc Columella C. lamellare | C. lamellare | C. lamellare, C. intera, C. lamellare | C. compressa, appiattita, ro- stretta e lobata lamellare e sottile forte, saliente, tonda, saliente stiliforme e congiunta ad un setto più sviluppato D | Setti larghi | S. larghi, poco | S. debordanti, | S. debordanti S. larghi, S. sviluppati, | S. si uniscono e debordanti ed interi e granulosi striati ineguali alla columella poco debordanti | ordinariamente| e granulosi e sviluppati meno ingrossati l’ultimo cielo al centro E Traverse T.e.abbon- |T.e.numerose T.e.rare T.e. abbon- T.e.rare T. e. poche endotecali danti danti abbondanti E = Coste semplici| ©. mancano —_ — C. triforcate = e granulose ai lati I generi rappresentati nella fauna corallina catalana sono: Pleurosmilia, Placosmilia, Peplosmilia, Axosmilia. A. La forma generale non offre caratteri di distinzione sicura, perchè nella stessa specie si trovano individui liberi e pedicellati; ricurvi e quasi dritti; come non stabile è il piano di curvatura dell’apice, il quale cambia persino nello stesso individuo nelle diverse fasi di accrescimento. B.—L’epiteca non costituisce certo un carattere assoluto di differenza trovandosi più o meno in tutti i generi e con differenze non notevoli. Qui cade in acconcio avvertire come la parola epiteca so- stituisce erroneamente, presso alcuni autori, l’altra di teca. C.— La columella più o meno lamellare è presente in tutti i generi; essa, secondo i diversi stu- diosi, costituirebbe il migliore dei distintivi, specialmente per il gen. Pleurosmilia e Plesiosmilia. Invero nel primo essa trovasi in relazione diretta con un setto principale più sviluppato, mentre che nel secondo la columella dovrebbe essere libera. Ora come già giustamente ha osservato il KoBy (Polyp. Jurass. Suisse, pag. 535), gl’individui del gen. Plesiosmilia presentano l’attaccatura col setto principale solo nella pro- fondità del calice. Ora aggiungo che le mie ricerche dimostrarono che la fusione avviene, nella regione più profonda, anche con altri setti. Non debbonsi dimenticare le osservazioni che fanno il DE FROMENTEL 232 G. DE ANGELIS D’OSSAT [64] ed il Ferry parlando del senere Axosmilia. Adunque anco questo carattere diviene relativo e perde della sua assolutezza: in mancanza di altro però è sempre il migliore distintivo generico. D.-I setti non presentano un carattere esclusivamente distintivo per nessun genere: solo l’assot- tigliamento o l’ingrossamento al centro può servire; ma tali modificazioni sono in intimo rapporto con la columella. E.—Le traverse endotecali non danno appigli alla classificazione generica. F.— Le coste, se fossero ben conservate, potrebbero riuscire utili alla distinzione; ma ciò avviene molto raramente. Così nel gen. PhyMosmilia essendo triforcate ai lati offrono un buon carattere. Fatte queste osservazioni, senza pregiudizio di possibili fusioni dei nominati generi, passo alla de- scrizione di quelli che hanno rappresentanti nei terreni cretacici inferiori della Spagna. Gen. Placosmilia E. H. Placosmilia cfr. arcuata E. H. — Tav. XVI [III], fig. 1. Sinonimia in Feuix (L. c., pag. 339). Premetto che intendo questa specie come ultimamente la circoscrive il FELIX nel suo magistrale la- voro, cioè facendo ad essa sinonimi la P. consobrina Reuss ((Gosau, pag. 84, tav. V, fig. 17-19) e la P. lobata (pe FromenTEL. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 222, tav. XVII, fig. 1; tav. XX, fig. 3); senza però con- fondere la consobrina Reuss con la P. Parkinsoni E. H. (1849); come ha. fatto il De FRoMENTEL (L. cò. pag. 221) e come ha riconosciuto il FELIX (L. cit., pag. 340). Descrizione. — A questa forma riporto un polipierite, con moltissima esitazione, perchè non completo. Tutti i caratteri che si possono osservare corrispondono alla nominata specie. La collocazione generica poi è sicura per essere l’esemplare sprovvisto di epitecio, per la columella lamellare e per le traverse endotecali. Le coste sono ineguali; quelle che corrispondono ai primi tre cicli di setti sono distinte e con creste allungate. Calice ellittico, un poco irregolare. Traverse endotecali sottili, abbondanti. Le dimensioni corrispondono proporzionalmente a quelle fissate per la forma. I setti interi, spessi inegualmente a seconda del ciclo, s'ingrossano accanto alla columella. Accrescimento irregolare, con anelli di ristringimento. Corologia e Cronologia: Gosau, Piesting, Sougraigne (Bouches-du-Rhòne), Bains-de-Rennes (Aude), Martigues e nelle Corbières. Località: C. Pascual, Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. Gen. Pleurosmilia pe FromENTEL 1856. Sinonimia in OerLvis. Worallen Stramberg, pag. 137. Fu nella riunione straordinaria della Società geologica francese, tenuta a Joinville (Haute-Marne) dal 7-14 settembre 1856, che il pe FroMENTEL nella “ Note sur le polypiers fossiles de l’étage portlandien de la Haute-Saòne. Bull. Soc. géol. de France, 2° sér., t. 13, pag. 851, 1856 ,,, istituì questo nuovo genere (pag. 853), riconoscendolo subito vicino ai gen. Axosmilia e Peplosmilia; dei quali dovrò occuparmi. Il nuovo genere divenne subito ricco di forme, ma descritte sommariamente e non figurate. Di queste e di altre ebbe [65] G. DE ANGELIS D’OSSAT x 233 occasione di parlare il medesimo autore nell’ Introd. à l° étude des Pol. foss., pag. 105 nella Monogr. Polyp. ]Jurass. sup., pag. 8, 1862, e nella Pal. frang., Terr. Crét., pag. 244, 375 e Terr. Jurass., pag. 58 e seg. Anche il KoBy, nelle due citate monografie, descrive nuove forme. Parecchi esemplari in istudio appartengono sicuramente a questo genere di cui alcuni li raggruppo intorno a forme nuove, le quali, come apparirà dalla descrizione, hanno ben pochi e tenui legami con quelle già conosciute. Parlando poi dei due generi: Arosmilia e Peplosmilia, farò rilevare le differenze anatomiche che intercedono fra i due generi ora nominati e quello che presentemente ci occupa. Pleurosmilia Kobyi n. sp. — Tav. XV [II], fig. 11 a-e. Descrizione. — Polipierite conico, risvolto nel senso dell’asse maggiore del calice; con probabilità largamente peduncolato. Presenta strozzamenti irregolari, nel fondo dei quali è più facile osservare l’epitecio, il quale però doveva essere sottile e quasi mancante. Esternamente si può riconoscere il rilievo esterno dei setti ed il tessuto endotecale. Il calice non è perfettamente conservato; ma sopra una superficie pulimentata ho riconosciuti molti caratteri. Esso è ellittico ed ha circa il rapporto di 85:100, perchè l’esemplare non è perfettamente conservato ai bordi. Con probabilità doveva essere poco profondo. I setti si mostrano esternamente come tante coste, quando però l’epitecio non li nasconde. Al- l'esterno sono sottili ed uniti da numerose traverse endotecali, poi s’ingrossano per assottigliarsi nuova- mente verso la columella. Quelli però che appartengono ai due primi cicli assumono una forma a clava; eccettuato il principale che si fonde con la columella. Ve ne hanno poi altri dodici, cioè il 3.° ciclo, i quali si protendono verso il centro e tra questi ed i primi ve ne ha un altro più piccolo; complessivamente si hanno 48 setti. La columella è lamellare, a forma di clava e chiaramente unita ad un solo setto principale; non posso escludere che si saldino ad essa, più profondamente, gli altri setti. La columella nel bordo supe- riore doveva assottigliarsi. L’endotecio sviluppato verso l'esterno diventa rudimentale e sparisce quasi verso l’interno. Sul- l'esterno, dove si vede’è costituito da traverse sottili ed inclinate fortemente verso 1’ interno, le quali concorrono all’ispessimento dell’epitecio. DIMENSIONI " Altezza del polipierite 5 . . : - 3 ; i : mm. 33 Diametri calicinali . o : c ò o ò " c b » 23x27 Lunghezza della columelia . 0 : : : 6 c : 6 » 8 Larghezza massima della columella . c g > . . : » 2 Rapporti e differenze: A questa stessa nuova specie riferisco un altro esemplare di minori di- mensioni; ma con tuttii caratteri specifici. Esso però è moltissimo irregolare nell’accrescimento, il quale probabilmente non potè avvenire normalmente a causa di un ostacolo che pare abbia lasciato una pro- fonda impressione. Interessante è la disposizione dei setti, la quale, senz’altro, potrebbesi chiamare a tipo bilaterale. Anche notevole è la tendenza del setto opposto a fondersi con la columella, giacchè fa riconoscere i rap- porti intimi col gen. Arosmilia. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 29 234 G. DE ANGELIS D’ OSSAT [66] Questi caratteri differenziano ben facilmente la nuova dalle altre forme congeneri. Località: C. Pascual, C. Morgades, Castellvi de la Marca. Collezione Ist. geol. R. Univ.; Roma. ALmERA; Barcellona. Pleurosmilia Volzi n. sp. — Tav. XVI [III], fig. 2a-c. Questa nuova specie è rappresentata da un unico esemplare, ottimamente conservato, che passo descrivere. Descrizione. — Polipierite conico-schiacciato, grosso, piuttosto tozzo e con apice relativamente pic- colo e risvolto nella direzione mediana fra il piano dei due assi, maggiore e minore, calicinali. Solchi profondi di strozzatura, molto marcati, rendono irregolare la superficie esterna e ciò in tuttii periodi di sviluppo. Relativamente alla mole del polipierite il pedicello è molto sottile. L’epitecio esternamente è qua e là abbondante; mentre che altrove manca. Vi hanno collaretti più o meno spessi, più o meno regolari. Se l’epitecio è sottile non cela per intero le coste, che sono disuguali, appiattite, separate da sottili ma visibili strie: dove esso manca si mostrano le produzioni endotecali. Il calice è grossolanamente ellittico ed allungato, con qualche irregolarità. Per quanto può giudi- carsi dall’esemplare in istudio, il calice doveva presentare setti debordanti e doveva avere una fossula discretamente profonda. Gli assi misurati nell’interno del calice starino fra loro come 56 :100. I setti sono molti e sottili; essi si assottigliano dall’esterno verso l’interno; non è facile poter pre- cisare il numero; sicuramente però vi sono 5 cicli completi con la presenza dei setti del sesto ciclo. I setti sono molto diversi, quelli dei due primi ordini molto grossi, gli altri sottili: verso la columella s’ingrossano ed alquanto si ripiegano. La columella è lamellare e sottile, situata nel piano dell’ asse maggiore. Essa si unisce diretta- mente da una parte con un setto principale, mentre all’ altra estremità riceve parecchi setti che confusa- mente vanno ad aderirvi. Solo con un attento esame si riscontra un ingrossamento mediano della columella. Fra i setti verso il centro calicinale non si trova la produzione endotecale od almeno è molto ridotta: invece abbonda verso l’esterno, dove è formata da molteplici e sottili traverse. DIMENSIONI Altezza del polipierite . 3 i 7 Ò è 5 3 : i mm. Jil Larghezza massima del medesimo : 0 . o o ò 0 » 5DX85 Lunghezza della columella . c s o 5 . o o c » 22 Massimo spessore della columella . . ò o 6 o . c » 0,7 Rapporti e differenze: La caratteristica forma della nuova specie è sufficiente a distinguerla da tutte le congeneri. Località: C. Pascual, Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. Pleurosmilia Vaughani n. sp. — Tav. XVI [III], fig. 3. Descrizione. — Polipierite trocoide, svasato, pedicellato, di medie dimensioni; risvolto nel senso del grande asse. Tolta una certa irregolarità sul principio della vita, poi si ha un accrescimento quasi rego- lare, essendo appena sensibili le ondulazioni che solcano la superficie esterna. [67] G. DE ANGELIS D’OSSAT 235 L’epitecio è sottile, ma intero; quantunque presentemente quasi manchi a causa dell’ erosione. Il calice ellittico, con fossula molto profonda: gli assi stanno come 83 : 100. Le coste sono celate dall’epiteca. I setti molti e sottili: si contano cinque cicli completi e qualche ordine del sesto. Essi sono sottili esternamente, poi s’ingrossano in vicinanza pur della teca, per poi nuovamente ristringersi. Quelli però che arrivano vicino alla columella s’ispessiscono nuovamente. La columella lamellare è intimamente saldata ad un setto principale che giace con essa nel piano dell’asse maggiore. Dalla parte opposta s’ingrossa, sempre rimanendo però relativamente sottile. L’endotecio abbondantissimo all’esterno va scemando verso l’interno. Esso risulta di lamine sottili, fini e vicinissime fra di loro. DIMENSIONI Altezza del polipierite . Ò ” - È e 0 i è c mm. 37 Larghezza del calice . 5 0 E o 3 6 0 5 : » 30X36 Lunghezza della columella . 6 c . ; o 5 - c » 13 Massimo spessore della columella . o 7 5 6 3 5 3 » 1 Rapporti e differenze: Sia per le dimensioni che per tutti gli altri caratteri si differenzia questa specie dalle altre con grandissima facilità. Alla stessa forma deve forse attribuirsi un esemplare mal conservato e con anomalie di sviluppo, cui non devesi concedere molto valore, specialmente perchè presenta la uguale disposizione dei setti. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. Pleurosmilia Stutzi Kosy. 1895. Pleurosmilia Stutri KoBy. Polyp. Cret. Suisse, pag. 17, tav. III, fig. 1, 2,3. Con molta sicurezza riferisco a questa specie un esemplare che presenta i seguenti caratteri: Descrizione. — Polipierite elevato, subcilindrico, dritto e compresso. - L’epitecio abbondante, forte, piegato, raggiunge quasi l'estremità superiore del calice. Le false coste sono disuguali. Calice ellittico, gli assi stanno come 62,8 :100. (mm. 22 : 35). I setti sono 24, grandi, intercalati ad altrettanti piccoli, i quali raggiungono appena la distanza di due terzi dal centro. I setti vicino alla columella s’ingrossano. La columella è fortissima, disposta secondo l’asse maggiore e si fonde con un setto principale nello stesso piano: all’estremità opposta s’ispessisce. In una sezione molto bassa non si vedono chiaramente fondere i setti principali alla columella. Le traverse endotecali sono moltissime e relativamente forti. Rapporti e differenze: Non si può riportare l'esemplare alle due forme vicine: gracìosa ed irradiata specialmente per la robusta columella; mentre per il calice ellittico si ha un carattere diverso da quello assegnato dal KoBy alla Stufzi. Ma tale differenza ha poco valore e non è poi positiva; tanto che inferiormente si riscontra un rapporto ben diverso da quello degli assi calicinali superiori e cioè: 80,7 : 100. Le analogie sarebbero anche intime con la P. neocomiensis: ma non può certo appartenervi. 236 G. DE ANGELIS D’OSSAT [68] Corologia e Cronologia: Bannalp nel Neocomiano. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALmERA; Barcellona. Pleurosmilia cfr. neocomiensis pe Frow. 1861. Pleurosmilia neoconviensis pa FromenteL e Ferrv. Pal. frang. Terr. Crét., pag. 375, tav. 78, fig. 1. 1894. Kopy. Polyp. Orét. Suisse, pag. 16, tav. III, fig. 4,5, 6. Riporto, con moltissima esitazione, a questa specie un pessimo esemplare impaniato quasi totalmente nella roccia; perchè corrisponde per quanto è dato vedere alla descrizione ed alle figure della specie. Corologia e Cronologia: Chatourupt (Haute-Marne) nel Neocomiano; Bannalp nel Neocomiano; a Twann nel Valanginiano. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALmERA; Barcellona. Gen. Axzosmilia emend. G. pe ANGELIS D'OssaT, 1905. Sinonimia in KoBy. Polyp. Jurass. Suisse, pag. 41. Nel lavoro citato del KoBy (pag. 42) è pur descritta un’altra forma del Pferoceriano di Vorbourg, cioè: A. cylindrata: con questa sono quattro le forme del genere e cioè: radiata, extinctorum, Wrighti. Non tenendo conto per ora delle riserve che il pe FRomENTEL ed il FERRY emisero prudentemente sopra alcune forme, a me non rimane che descriverne due nuove, quantunque non corrispondano perfettamente alla diagnosi generica. Ma per i dubbi menzionati preferisco cambiare o meglio allargare l’ ambito della dia- gnosi generica, piuttosto che creare un nuovo genere, che non servirebbe che ad arruffare ancora i già poco distinti generi di questo gruppo. Così, invece di ritenere che le forme di questo genere siano tutte con calice circolare, propongo aggiungervi od ellittico, ecc.; ed in questo modo troveranno il naturale posto anche le due nuove forme catalane. Ecco la diagnosi generica emendata: “ Polipierite allungato, cilindrico o conico. Epiteca spessa, nuda, talvolta con sottili strie costali. Calice circolare od ellittico. Columella stiliforme, saliente, allungata e spessa. Setti poco numerosi; di cui verso il “ calice dodici si fondono con la columella. Traverse rare cd abbondanti all’esterno e rare all’ interno ,. Però anche di questi caratteri si osservano dei passaggi graduali da un genere all’altro. L’allarga- mento dell’ambito del gen. Arosmilia potevasi ben prevedere per essere esso fondato sopra poche forme. (03 Axosmilia Bofilli n. sp. — Tav. XVI [II], fig. 4a-e, Descrizione. — Polipierite conico, leggermente schiacciato. Coll’apice talvolta debolmente rivolto nel piano dell’asse minore. Nell’assieme ha un aspetto cuneiforme. L’epiteca è intera, spessa e fortemente pieghettata, essa generalmente nasconde le coste che solo incertamente e localmente traspaiono. Quando l’epiteca manca o meglio quando è stata erosa, allora si rende chiaro il tessuto endotecale, costituito da molte e sottili traverse. [69] G. DE ANGELIS D’OSSAT 3 237 Il calice è ellittico, con gli assi (mm. 35 e 44) in due esemplari di cui uno non completo, col rap- porto di 80 : 100, cioè 4 : 5. Per quanto lo stato del fossile lo permette il calice doveva essere poco profondo e nel mezzo doveva spiccarvi una sottile e corta columella. I setti che verso l’esterno sono riuniti da un abbondante tessuto endotecale, cellulare, si rendono verso l’interno liberi. Sono, in genere, spessi: dodici di essi raggiungono la columella assottigliandosi, mentre altri 12 che si avvicinano ad essa, senza però raggiungerla, s’ingrossano. V’ hanno poi quelli del 4° o 5° ordine, i quali rimangono verso la periferia; per modo che il totale raggiunge il numero 48. In sezione sono sottili verso l’esterno, s’ispessiscono a distanza del bordo calicinale per poi riassottigliarsi, mentre alcuni, come si disse, s’ingrossano presso la columella. La columella è lamellare, abbastanza spessa, verso il sommo si assottiglia. Poco sotto la sommità riceve l'inserzione di 12 setti. L’endotecio è sviluppato verso l’esterno: manca quasi verso l’interno. DIMENSIONI I II Altezza del polipierite 5 5 : : o . mm. 66 64 Diametri degli assi calicinali . 5 7 ; i » 35x45 39x45 Lunghezza massima della columella . 5 ; 6 » 20 — Spessore massimo della columella 5 . E : » 4 _ Rapporti e differenze: Si differenzia da tutte le forme congeneri con grandissima facilità. Per avere la columella appiattita si distingue dalle radiata Micx. sp., extinctorum Mica. sp. e Wrighti E. H.: mentre per la sua forma conica si differenzia dalla cylindrata KoBr; per non menzionare che i caratteri più salienti, il cui valore abbiamo già discusso. Località: C. Morgades; Castellvi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALMERA; Barcellona. Axosmilia Almerai n. sp. — Tav. XVI [II], fig. 5a-e. Descrizione. Polipierite irregolarmente conico-schiacciato; coll’apice che sembra relativamente largo ed aderente, incurvato di poco nel piano dell’asse minore del calice. L’epiteca è spessa, intera e pieghettata con più o meno evidenti strie: quando manca si riconosce il tessuto endotecale. Il calice è ellittico, con un rapporto di assi calicinali che oscillano fra (73-80) :100. Conviene però avvertire che i due esemplari non hanno conservato perfettamente il calice. I setti spessi sono quelli-che raggiungono la columella. Fra questi pare che ve ne siano altri 12 e quindi sarebbero 24; i più piccoli potrebbero essere erosi, non essendo perfetto lo stato di conservazione. La columella è lunga, nella sezione naturale, circa un centimetro 0 poco meno; del resto a causa dell’inserzione dei due setti corrispondenti all’asse maggiore non si può dire dove essa termini e dove quelli incomincino. In sezione la columella ha una forma lamellare, ma abbastanza robusta rispetto alla lunghezza. L’endoteca, sviluppata all’esterno, rende spessa la teca: nell’interno sembra che si riduca. DIMENSIONI I II Altezza del polipierite. 5 o È . o 5 mm. 34 mm. 25 Diametri calicinali . 5 7 ò o o o SAR22 30 ORI Lunghezza massima della columella . È i 6 » 12 » 10 Spessore massimo della columella o o ì ; » 2 » 2 238 G. DE ANGELIS D’OSSAT [70] Rapporti e differenze: Per la forma caratteristica si distingue la specie da tutte le altre del genere. La forma generale tiene pure ben distinte le due nuove specie. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Istit. gseol. R. Univ.; Roma. ALMERA; Barcellona. Gen. Peplosmilia E. H. 1850. Mrrne-Epwarps ed Hans. Brit. foss. Corals. Intr., pag. XXV. 1859. pe FromenteL. Introd. d l étude des Polyp. foss., pag. 106. 1863. pe FrowentEL e Ferry. Pal. frang., Terr. Crét., pag. 240. Il gen. Peplosmilia abbraccia poche forme. Esso fu fondato sopra la P. Austeni E. H. [(L. cit., pag. 57, tav. X, fig. 1) poi rifigurata nella Pal. frane., Terr. Crét., tav. 41, fig. 2,2 a (medesime figure) ] del Tu- roniano. di Halton (upper green sand). Il pe FROMENTEL nel 1859 -vi ascrisse una nuova forma, la P. coral- lina del Coralliano della Haute-Marne, ma poi la riconobbe per una Pleurosmilia, ciò che poi confermò pure il KoBy nella descrizione dei coralli giurasici della Svizzera. Già pero nel 1856 lo stesso pe FRro- MENTEL aveva riportato al genere un cattivo esemplare del Portlandiano di Mantoche. Nel 1863 nella Pal. frang., Terr. Crét., pag. 241, tav. 46, fig. 1 a-d fu descritta la P. depressa. A questo genere ora vengono a far parte parecchie nuove specie, le quali non trovano più naturale collocazione. Sul principio del mio studio pareva che potessero essere riferite al gen. Placosmilia; ma subito ho dovuto ravvedermi per la presenza dell’ epiteca, che nel gen. Placosmilia è mancante od al più rudimentale. I polipieriti, con traverse endotecali, con columella lamellare e con epiteca ben sviluppata, non si hanno che nel gen. Peplosmilia nella famiglia delle Zrochosmilinae. Il nominato genere è vicinis- simo al gen. Awosmilia dal quale però si differenzia per non presentare la columella stiliforme, cui do- vrebbero far capo i setti principali. : Se in qualche esemplare non si riscontra una spessa epiteca, ciò devesi ascrivere ad una perdita avvenuta appena dopo la morte dell’individuo od a causa della fossilizzazione, trovandosene quasi sempre un qualche vestigio. Passo alla descrizione delle forme. Peplosmilia Thildae n. sp. — Tav. XVI [III], fig. 6a-d; Tav. XVII [IV], fig. 1. Questa nuova specie è rappresentata da quattro esemplari. Descrizione. — Polipierite libero, con un peduncolo, con cicatrice di aderenza molto sottile. Forma conico-depressa. Talvolta con un semplice accenno di curvatura nel senso del piccolo asse, altra volta di- scretamente arcuato. Di taglio relativamente grande. L’epitecio abbondante, piegato a forma di festoni e con anelli di discreto spessore: esso raggiunge il bordo calicinale. i Il calice è ellittico, con assi ad un rapporto che oscilla fra (63,6-75,5) : 100. E necessario però osservare che il calice, a causa dei ristringimenti ed allargamenti che conferiscono l’irregolarità esterna al polipierite, non ci presenta dimensioni con rapporto costante nello stesso individuo. Il calice è discre- tamente profondo: fossula stretta ed allungata nel senso dell’asse maggiore. I setti relativamente sottili; i maggiori si protendono fino verso la columella, ingrossandosi alquanto. Al bordo superiore sono sicuramente interi. Quelli che s’ingrossano sono 12, fra i quali sono altri 12, i [71] G. DE ANGELIS D’OSSAT 239 quali però rimangono più lontani e sono più sottili; ugualmente e proporzionatamente fanno quelli degli ordini seguenti. È difficile enumerare i setti, perchè il calice è ripieno di roccia; ma si può assicurare che il quarto ciclo è completo e che vi sono rappresentanti anche degli ordini che servono ad arrivare al 5° ciclo. La columella è lamellare, sottile e separata nettamente dai setti: la si scorge in fondo alla fos- sula calicinale. Le traverse endotecali sono abbondanti, sottili; esse vanno diminuendo dall’ esterno verso l’in- terno; pendono verso l’interno. Si riconoscono chiaramente sulla superficie esterna mancante di epitecio. DIMENSIONI I II III IV Altezza dei polipieriti " . mm. 50 mm. 59 mm. 65 mm. 72 Diametri calicinali . ; 0 » 25x35 » 32X 42 » 28X 45 » 34X 43 Rapporti e differenze: Facilmente si distingue questa nuova forma dalle altre congeneri; invero la depressa e l’Austeni se ne allontanano subito anche per l’aspetto generale. Località: C. Pascual, C. Morgades, Castellvi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRA; Barcellona. ‘ Peplosmilia Coquandi n. sp. — Tav. XVII [IV], fig. 2a, bd. Descrizione. — Polipierite tozzo, conico, molto schiacciato. Largamente peduncolato. Appena un accenno di curvatura nel senso dell’asse minore calicinale. L’epitecio, dove è conservato, è abbondante, listato, con strozzature: con accenni a false coste longitudinali. L’epitecio arriva sino al bordo calicinale. Il calice è ellittico, piuttosto allungato, invero nel polipierite meglio conservato si trovano gli assi del calice nel rapporto di 64,7 :100. La fossula ristretta ed allungata nel senso dell’asse maggiore. I setti numerosi, abbastanza robusti; alcuni appena lungi dal bordo esterno — dove tutti per man- canza di epiteca — si mostrano sottili, subeguali, mentre sono molto diversi nell’interno. Quelli più vicini alla columella s’ingrossano a modo di clava, altri rimangono poco addietro, ma con orlo interno sottile. È difficile raccoglierne il numero; evidentemente però esso trovasi tra quelli che rappresentano il quarto ‘ed il quinto ciclo. La columella è lamellare, sottile, indipendente. Le traverse endotecali abbondantissime, sottilissime e rivolte verso l'interno. Dove l’epitecio manca ho potuto contarne 9 nella lunghezza di mm. 5. Esse vanno diminuendo dall’esterno verso l’interno. DIMENSIONI I II Altezza dei polipieriti : ; È 5 a 39 mm. 47 Diametri calicinali 5 o 0 5 di b » 35 X 50 » 37 X53 Rapporti e differenz e: La forma più tozza, le maggiori dimensioni, i setti più forti ecc. diffe- renziano questa specie dalla precedente e da tutte le congeneri. Località: C. Pascual, Castellvi de la Marca. Las Mesquitas, Villanova. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRA; Barcellona. 240 @. DE ANGELIS D’ OSSAT [72] Peplosmilia Catalaunica n. sp. — Tav. XVII [IV], fig. 3a, d. La specie è rappresentata da un solo individuo. Descrizione. — Polipierite conico-svasato, tozzo, schiacciato, strettamente peduncolato, curvato. La curvatura forte nei primi stadi giovanili si addolcisce in progresso; l'apice rimane nel piano mediano fra quelli del grande e del piccolo asse. L’epitecio abbondante, ricopre il polipierite con forti anelli d’accrescimento, solcati da tenuissime strie: esso raggiunge il bordo calicinale, dove si ha la corona dei setti debordanti. Esternamente all’epi- tecio si trovano larghe false coste longitudinali; sopra cui sono altre più piccole e sottili. Il calice non trovasi in un piano essendo svasato dalla parte dell’apice: la sua forma è ellittica, quantunque non si possa sicuramente affermare essendo erosa una parte del bordo. Gli assi stanno come 70:100. La fossula è ristretta, profondissima, ellittica. I setti sono molti, diversi, piuttosto regolari: di essi 24 vanno vicino alla columella, assottiglian- dosi prima e poi allargandosi. Tra questi altri 24 che non raggiungono o di poco oltrepassano la metà: tra questi poi altri 48 più piccoli e finalmente altri ancora più sottili; tanti da raggiungere il numero 192, cioè il VI° ciclo completo. La columella è lamellare, profonda, sottile, libera, isolata. Nell’ esemplare sembra che raggiunga in lunghezza appena un settimo dell’asse principale. Non posso indagare il rapporto che la columella può avere con i setti più profondamente, perchè si ha un solo esemplare. Le traverse endotecali, dove è stato eroso l’epitecio, si mostrano chiaramente: esse sono molto sottili. Fra due setti ne no contate 7 in mm. 5 di lunghezza: pare che inclinino verso il centro. DIMENSIONI Altezza dall’apice al bordo calicinale dalla parte concava mm. 28 » » » » » convessa » 61 Assi calicinali . : i : ; î , ; 7 » 359 X 50 Lunghezza della columella o ò 0 - 7 . » T Spessore massimo della columella . 0 0 , è » 0,6 Rapporti e differenze: La forma che più somiglia a questa è la precedente, ma se ne diffe- renzia specialmente per l’aspetto generale, per la columella più corta, ecc. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. Peplosmilia Iberica n. sp. — Tav. XVI [IV], fig. 4a-c. Descrizione. — Polipierite conico-schiacciato, allungato, con apice risvolto fra i piani degli assi calicinali: peduncolato con ristretta superficie di aderenza. La forma non è regolare a causa degli stroz- zamenti ed a causa dei bruschi cambiamenti di direzione. L’epitecio è abbondantissimo, forma grossi cordoni irregolari, con fine strie trasversali e con rari solchi longitudinali che costituiscono larghe e false coste. Dove manca od è eroso fa riconoscere la costi- tuzione anatomica interna: esso riveste il polipierite sino al bordo calicinale. Il calice è ellittico con gli assi che stanno come (66-75) :100; cioè non è sempre ugualmente schiac- ciato: oscillazioni dello stesso valore si verificano anche nello stesso individuo nelle differenti fasi del suo [75] G. DE ANGELIS 1’ OSSAT 241 sviluppo. Non essendo completamente conservato l’unico calice rimasto non posso aggiungere altri parti- colari: però è certo che la fossula è profondissima e piccola, ellittico-allungata, con la columella chiara- mente distinta. I setti sono molti, relativamente sottili: assottigliati vicino al calice, s’ingrossano per poi ridivenire sottili. Quelli però che arrivano vicino alla columella s’ispessiscono nuovamente a modo di clava. Non è facile precisare il numero di questi ultimi, a causa della lunghezza della columella. Ciò che può assicu- rarsi è che il 4° ciclo è completo e che non mancano ordini del 5° ciclo. La columella è lamellare, relativamente robusta ed occupa, secondo l’asse maggiore del calice, poco più di !/, di lunghezza. Essa è chiaramente distaccata e separata dai setti, i quali pur talvolta si avvi- cinano per toccarla. Le traverse endotecali sono molte, sottili e fine: esse vanno scarseggiando verso il centro, dove però non mancano; sono inclinate verso l’interno: dove manca l’epitecio sono distintissime. Tre soli individui riporto alla nuova forma, quantunque non interi. Perchè lo studio fosse completo un polipierite è stato segato ed un altro pulimentato nella regione calicinale. Il terzo solo ha il calice intero: ma ha scavezzato l’apice. Le misure si riferiscono a ciò che rimane. DIMENSIONI I II III Altezza del polipierite i ; 3 5 Sira (69) mm. 65 mm. 113) Diametri calicinali o spessore massimo . » 26x40 » 30x40 » 25x45 Rapporti e differenze: Dalle due prime nuove specie, ora descritte, facilmente si allontana la presente. Dalla P. Coquandi si separa per avere questa la curvatura più dolce e nel senso dell’asse minore, per la columella più sottile e relativamente più lunga e per essere più regolare nell’ accrescimento ecc. Con queste differenze certo non si stabilisce la mancanza di intimi legami fra le due forme. Località: C. Pascual, C. Morgades, Castellvi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALmerA; Barcellona. Peplosmilia Casanasi n. sp. — Tav. XVII [IV], fig. 5 a-d. La presente forma è legata, con intimi caratteri, alla specie precedente; se ne differenzia però spe- cialmente per il suo aspetto generale, per le notevoli dimensioni e per altri caratteri che emergeranno dalla descrizione. Descrizione. — Polipierite molto allungato, irregolare, ricurvo. Il piano di curvatura grossolana- mente trovasi fra i due piani degli assi del calice. Il polipierite è scavato da anelli di ristringimento che s’intercalano con quelli di rilievo: esso ha bruschi cambiamenti di direzione. Spesso lungo la sua vita rimpiccolisce e poi riallarga notevolmente il calice. Una figura più di una lunga descrizione fa subito riconoscere il carattere esterno della specie. Dell’ epitecio si può ripetere tutto quanto si è detto della forma precedente; cioè, esso è abbon- dante, forma grosse pieghe ed anelli finemente striati trasversalmente. Longitudinalmente qua e là si scorgono dei solchi che conferiscono all’epitecio l'apparenza di larghe e false coste; queste però sono spianate ed incerte e si seguono generalmente per brevi tratti. L’epitecio raggiunge il bordo calicinale. Il calice non cresce regolarmente, ma bruscamente; sì mantiene però sempre ellittico e con un Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 30 249 G. DE ANGELIS D’OSSAT [74] rapporto di assi che oscilla fra (67-76):100. La fossula è profondissima, stretta, ellittica e fa ricono- scere in fondo la columella distinta e separata. I setti, molti, sono di diverso sviluppo. Anche in questa specie vi ha la solita particolarità nello sviluppo; sottili verso l’esterno, s'’ingrossano ad un terzo di distanza per attenuarsi nuovamente. I mag- giori poi s’ingrossano in prossimità della columella a modo di clava. Anche qui non si può precisare il numero dei setti; ma esso oscilla e rappresenta il 4° e 5° ciclo. La columella lamellare, disposta secondo l’asse maggiore, è sottile e molto più larga di un terzo dell’asse più lungo. Le traverse endotecali sono numerose, sottili e pendenti verso l'interno, scemano in numero an- dando verso il centro: ne risulta così un polipierite robustissimo. DIMENSIONI I II Altezza massima del polipierite . o +. mm. 52 mm. 140 Spessore massimo » i; 5 È >» 31x43 » 38X 55 Rapporti e differenze: Non v’ ha dubbio, come già ho detto, che la presente forma abbia delle forti somiglianze con la precedente e quindi con la Coquandi; tuttavia si allontana da loro per la forma estremamente irregolare, per la maggiore sottigliezza e lunghezza della columella, ecc. Località: C. Pascual, C. Morgades, Castellvi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALmeRA; Barcellona. Peplosmilia Fromenteli n. sp. — Tav. XVII [IV], fig. 6.a-g. Descrizione. — Polipierite irregolare, molto allungato, prima conico e poi subcilindrico; rivolto, più o meno schiacciato, a sezione circolare od ellittica. Talvolta il polipierite è addirittura contorto; ma con bruschi cambiamenti di direzione. Apice attenuato e con piccolissima cicatrice di aderenza. L’epitecio, vicino all’apice, è intero, ripiegato; ma non molto abbondante tanto che traspaiono le coste esterne dei sottostanti setti; in età più avanzata diviene raro e si vede lungo il polipierite, a diverse altezze, formare sottili anelli, quasi cordoncini, a festoni. Dove però si vede è sempre trasversalmente ricoperto di strie; generalmente però il polipierite ne è scarsamente rivestito. Il calice non è conservato e per riconoscerne la struttura ho fatto ricorso alle superficie pulimen- tate. Esso ora è circolare, ora ellittico: cambia spesso nello stesso individuo nelle diverse fasi di sviluppo. I setti sono relativamente molti e sottili, si riconoscono poco bene a causa della spatizzazione: ma sono però sicuramente presenti quattro cicli ed i setti di qualche ordine del quinto. In questa specie i setti sembrano più flessuosi che nelle altre descritte. All’esterno i setti si rivelano come coste subeguali e talvolta abbastanza rilevate, distinte dal primo sviluppo; solo obliterate dall’epitecio. La columella lamellare, collocata nel senso dell’asse maggiore nelle sezioni ellittiche; in un individuo invece si trova fra i due assi: ciò però si spiega a causa del cambiamento della sezione dei polipieriti per l’irregolare accrescimento. La columella è corta, libera e relativamente spessa. Le traverse endotecali sono molte, sottili ed inclinate verso l'interno: esse vanno diminuendo dalla periferia al centro. DIMENSIONI Altezza massima del polipierite (interi e L sE soi non completi) . . h . . mm. 559 mm. 67 mm. 95 mm. 118 Spessore massimo dei polipieriti . i » 20) 24 » 25X32 » 25X 34 » 22X27 [75] G. DO ANGELIS DOSSAT 243 Rapporti e differenze: La presente specie per la forma snella, per il poco epitecio, peri setti sottili. per le piccole dimensioni, con facilità si distingue dalle congeneri. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione Istit. geol. R. Univ.; Roma. ALMERA; Barcellona. * * * V°’ha un esemplare che per i suoi caratteri tenta riunire l’ultima specie descritta con la P. Iberica. Non oso erigerlo a nuova specie, troppo temendo le sorprese del polimorfismo, le quali sono pur tante in questo genere di animali. Tuttavia descrivo l’esemplare (Tav. XVII [IV], fig. 7). Polipierite conico, schiacciato, arcuato nel senso del piccolo asse, con apice aguzzo. Altezza del polipierite non intero mm. 80. Epitecio sottile, intero, con collaretti e strie trasversali; e con larghe, spianate ed incerte pseudo- coste longitudinali. Calice ellittico; con assi di mm. 28 e 36, cioè: 77,7:100. Setti forti, ingrossati vicino alla columella: in numero fra il 4° e 5° ciclo. Columella corta, robusta, larga mm. 12 circa, disposta nel senso dell’asse maggiore. Traverse endotecali numerosissime, sottili, inclinate verso l’interno. Località: C. Pascual; Castellvi de la Marca. Collezione ALMERA; Barcellona. 244 G. DE ANGELIS D’ OSSAT INDICE ALFABETICO Hexacorallia. Anthophyllum 196 [28] Aplosmilia 215 [47] » crucifera 215 [47] » rugosa 215 [47] » spatula 215 [47] » Vidali 174, 215 [6, 47] Aporosa 192, 219 [24, 51] Aspidiscus 204 [36] » cristatus 192 [24] Astraea corollaris 206 [38] » exsculpta 208 [40] » formosissima 204 [36] » lepida 210 [42] » regularis 213 [45] Astraeaceae 174, 199, 201 [6, 31, 33] Astraeidae 174, 192 [6, 24] Astraeinae 174, 180, 192, 201, 204 [6, 12, 24, 33, 36] Astrocoenia Utrillensis 170 [2] Axosmilia 231-233, 236, 238 [63-65, 68, 70] » Almerai 175, 237 [7, 69] » Bofilli 175, 236 e seg. [7, 68] e seg. » cylindrata 236 [68] e seg. ? » extictorum 236 [68] e seg. » radiata 236 [68] e seg. » Wrighti 236 [68] e seg. Brachyphyllia 199 [91] » affinis 200 [32] » crassa 200 [32] » depressa 200, 202 [32, 34] » Dormitzeri 200, 202 [32, 34] » glomerata 200, 202 [32, 34] » granulosa 200 [32] » gregaria 200 [32] 5 Haueri 174, 177, 199-200, 203 [6, 9, 31-32, 34] » magna 200 [32] » neglecta 200 [32] » umbellata 200 [32] Baryphyllia 199 [31] Barysmilia 199 [31] Calamophyllia 198-199 [30-31] Calceola sandalina 225-226 [57-58] Caryophyllidae 221 [53] Circophyllia 199 [31] Cladocora 202 [34] Cladocoraceae 174, 202 [6, 34] Cladocora Dumortieri 203 [35] » ? humilis 203 [35] » Gabriellinae 174, 202-203 [6, 34-35] » manipulata 203 [35] » Simonyi 203 [35] » tenuis 203 [35] Coeloria 204 [36] » Oceani 174, 177,205 [6, 9, 37] Confusastraea 207 [39] Convexastraea 210-212 [42-44] » Almerai 174, 213 [6, 45] » alveolata 214 [46] » Bachmanni 214 [46] » Bernensis 214 |46] » Desori 214 [46] » dubia 214 [46] » hexaphyllia 214 [46] » Gillieroni 214 [46] » Meriani 214 [46] » minima 214 [46] » Schardti 214 |46] » sexradiata 214 [46] Cryptocoenia 210-212 [42-44] » antiqua 212 [44] » Bonanomii 212 [44] » Cartieri 212 [44] » castellum 212 [44] » colturensis 212 [44] » compressa 212 [44] » decipiens 212 [44] » Delemontana 212 [44] » dubia 212 [44] » excavata 212 [44] » Icaunensis 212 [44] » ? incerta 212 [44] » irregularis 212 [44] » limbata 212 [44] [76] [Ce] G. DE ANGELIS D'OSSAT 245 Cryptocoenia mierommatos 212 [44] Eugyraceae 174, 216 |6, 48] » neocomiensis 212 [44] Eugyrinae 216-218 [48-50] » octonaria 212 [44] Euphylliaceae 174, 215 [6, 47] » Picteti 174,179, 211 [6,9, 43] ” caespitosae 215 [47] » ._subbrevis 212 [44] Eusmilinae 174,206 [6, 38] » tabulata 212 [44] Faviaceae 174,203 [6, 35] » tenuistriata 212 [44] Fungidae 173,180, 220 [5, 12, 52] » Tiessingi 212 [44] » regulares 219-200 [51-52] » Waldeckensis 212 [44] Gyroseris 181 [13] Cyathomorpha gregaria 200 [32] | Heliastraea 199 [31] Cyathophora 210-211 [42-43] » ? corollaris 206 [38] » neocomiensis 210 [42] | » exsculpta 208 [40] Cyathophylloideae 211 [48] | » lepida 210 [42] Cyathophyllum rude 195 [27] | Hexacorallia 173, 180 |5, 12] Cyathoseris 192 [24] | » aporosa 174 [6] Cyclolites 181 [13] | » perforata 173 [55] Cycloseris 181 [13] | Hexaeryptocoeniae 211 [43] Dasmieae 221 [53] | Hydnophora 204 [36] Dendrophyllia 201 [33] î | Isastraea 188, 189, 203, 206 [20, 21, 35, 38] Dermosmilidae 198 [30] | » Sp. 174, 203 [6, 35] Dermosmilia 201 [33] | » explanulata 204 [36] Dimorphastraea 184, 188 [16, 20] | » Fromenteli 204 [36] » alternata 184 [16] | » Guettardi 204 [36] » crassisepta 177, 184,185 [9, 16,17) » limitata 204 [36] » » v. suberassisepta 173, 184, [516] | ISastraeidae 220 [52] î » glomerata 187 [19] Latimaeandra 188, 190 [20, 22) » tenuiseptalis 187 [19] | Latimaendraraea 187 e seg. [19 e seg.] » tenuistriata 173, 177, 186 [5,9, 18] » angulosa 190 [22] » Wahneri 185 [17] » asperrima 191 [23] Dimorphocoenia alternata 184 [16] » astraeoides 190 [22] > cerassisepta 184 [16] » Douvillei 191 [23] Diploria 206 [38] - » Felixi 173, 190 [5, 29] » crassolamellosa 206 [88] » lophiophora 191 [23] » latisinuata 206 [38] » Morchella 189-190 [22-23] Ellipsosmilia humilis 193 [25] » submorchella 173, 187-190 [5, 19-22] » obliqua 223 [55] » tenuisepta 189-190 [21-22] » uricornis 222 [54] » valfinensis 190 [22] Epismilia 192, 195, 219, 220, 225 [24, 27, 51, 52, 59] » variabilis 190 [22] » africana 229 [61] Latomaeandra 190 [22] » cornucopia 229 [61] » duplex 192 [24] » Frechi 175, 229 [7, 61] » Morchella 189 [21] » irregularis 175, 177, 228 [7, 9, 60] » Picteti 192 [24] » magna 229 [61] » tenuisepta 189 [21] » obesa 230 [62] | Leptophyllia 180 e seg., 219 e seg. [12 e seg., 51 e seg.] » Ogilviei (7 2297 250 (7, 61 62] » Baumbergeri 189 [14] b) » robusta 175, 177, 228 [7, 9, 60] Eugyra 216, 218 [48, 50] » Catteaui 174,177, 216-218 [6,9, 48-50] » dendroidea 216 [48] » digitata 216 [48] » interrupta 216-118 [48-50] » neocomiensis 216, 218 [48, 50] » pusilla 177, 216, 217 |9, 48, 49] » pusilla var. pauciseptata 174,217 [6, 49] Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. » clavata 180 [12] » Eturbensis 173, 177,181 e seg. [5,9,13 e seg.] » Fromenteli 182 [14] » humilis 182 [14] » irregularis 180 [12] Lithophylliaceae 180, 193, 199, 201, 204 [12, 25, 31, 33, 36] Lophosmilia 231 [63] Lythophyllinae 221 [53]. - Madreporaria aporosa 221 [53] 246 @c Maeandrinaceae 204 [36] Meandrina Oceani 204, 205 [36, 37] » pyrenacea 205 [37] Microselenidae 188 [20] Monastrées 215, 221 [51, 53] Montlivaultia 192 e seg., 219-220, 224 [24, 51-52, 56] » dilatata 198 [30] » humilis 174, 177, 193 [6,9,25] » Kaufmanni 174, 177, 197 [6, 9, 29] » Tcaunensis 196 [38] » ovata 198 [30] A » pateriformis 174, 177, 196 [6, 9, 28] » rudis 174, 177, 196 [6, 9, 28] » rugulosa 174, 177, 197 [6, 9, 29] » truncata 198 [30] Montlivaultiaceae 174, 192 [6, 24] Mussa 199 [31] Mycetophvllia 204 [36] Mycrophyllia 190 [22 Octocryptocoeniae 21 Pachygyra 218 [50] Parasmilia Aptiensis 170 [2] » Bouéi 180 [12] Peplosmilia 231 e seg., 238 [63 e seg., 70] » Austeni 238 e seg. [70 e seg.] » Casafiasi 175, 241 [7, 73] » Catalaunica 175, 240 [7, 72] » Coquandi 175, 239, 241-242 [7, 71, 73-74] » corallina 238 [70] » depressa 238 e seg. [70 e seg.]. » Fromenteli 175, 242 |7, 74} » Iberica 175, 240, 243 [7 72, 75] » Thildae 175, 238 e seg. [7, 70 e seg.] Perforata 180 [12] Phillipsastraea 206 [38] Phyllocoenia 206 [38] » sp. 209 [41] » corollaris 174,177,202,206 e sg.[6,9,34,38esg.] » coronata 209 [41] » excelsa 209 [41] exsculpta 174, 177, 208 [6, 9, 40] » Ferryi 170, 208-210 [2, 40-42] » Fromenteli 170, 208, 210 [2, 40, 42] » lepida 210 [42] » Lilli 207 e seg. [39 e seg.] » neocomiensis 209 [41] » pediculata 207 e seg. [89 e seg.] » Picteti 209 [41] Phyllosmilia 231 e seg. [63 e seg.] Placosmilia 218, 231 e seg. [50, 63 e seg.] » efr. arcuata 175, 177, 232 [7, 9, 64] » consobrina 232 [64] » lobata 232 [64] » Parkinsoni 232 [64] DE ANGELIS D' OSSAT Platycyathus Orbignyi 170 [2] Plesiosmilia 231 [63] Pleurocora 202 [34] » Haueri 200 [32] » Reussi 200 [32] Pleurosmilia 231 e seg., 238 [63 e seg., 70] » corallina 238 [70] » graciosa 235 [67] » Kobyi 175, 233 [7,65] » irradiata 235 [67] » neocomiensis 175, 177, 235-236 [7, 9, 67-68] » Stutzi 175, 177, 234-235 [7, 9, 66-67] » Vaughani 175, 234 [7, 66] » Volzi 175, 233 [7, 65) Polyastrées tabulés 210 [42] Pseudoastraeinae 180 [12] Rbabdophyllia 201 [33] Rbhipidogyra 215 [47] Stelloria 204 [36] Stenogyra 216 [48] Stylidae 211, 213 (43, 45] Stylina 210 [42] Slylinaceae 174, 206 [6, 38] Stylinidae 211 [43] Synastraea stricta 182, 186, 187 [14, 18, 19] Syrrastrées apores 188 [20] » perforés 188 [20] Thamnastraea 182-184, 187-188 [14-16, 19-20] » agaricites 183, 187 [15, 19] » bellula 186, 187 [18, 19] » biformis 186 [18] » centrifuga 186 [18] » exaltata 187 [19] » Golliezi 183 [15] » granifera 182-183 [14-15] » maeandra 186-187 [18-19] » Schmidti 183 [15] » stricta 173, 177, 182-183 [5, 9, 14-15] Thamnastreae papillatae 182 [14] » propriae 182 [14] » styliferae 182 [14] Thamnastraeidae 188 [20] Thamnastraeinae 173, 180 [5, 12] » regulares 173, 180 [5, 12] Thecocyathus cretaceus 170 [2] Thecoseris 181, 219, 220 [13, 51, 52] Thecosmilia 195, 198 e seg. [27, 30 e seg.] » Catalaunica 174, 198 [6, 30] » fenestrata 203 [35] Thècostégitinies 210 [42] Tridacophyllia 204 [36] Trochoseris 181, 192 [13, 24] » Eturbensis 181 [13] » lobata 180 [12] [79] Trochosmilia 181,194, 218-220, 226 e seg. [13,26,50-52,58 e seg.] G. DE ANGELIS D'OSSAT 247 arcuata 225 e seg. [57 e seg.| aspera 225 [57] complanata 220 e seg. [52 e seg.] costata 224 e seg. [56 seg.] didyma 220 e seg. [52 e seg.] elongata 180 [12] humilis 193 [26] incostans 224 e seg. [56 e seg.] inflexa 220 e seg., 224 [52 e seg., 56] Nevianii 175, 224 e seg. [7, 56 e seg.] Trochosmilia efr. obliqua 175, 177, 223 [7,9, 55] » Portisi 175, 223 [7, 55] » sandalina 175 225 [7, 57] » tuba 222 [54] ” uricornis 175, 177, 222 [7, 9, 54] Trochosmiliaceae 175, 218, 219 [7. 50, 51] Trochosmilinae 175, 218, 221, 238 [7, 50, 53, 70] Turbinolia aspera 195 [27] » uricornis 222 [54] Turbinolidae 175, 218, 221 [7, 50, 53] Zaphrentidae 211 [43] 248 G. DE ANGELIS D’OSSAT [80] INDICE SISTEMATICO DELLE SPECIE DESCRITTE Hexacorallia HAEFcKEL. A. Perforata E.H. Fam. Fungidae Dana. Subfam. Thamnastraeinae FRECH. Trib. Regulares Pranz. Gen. Leptophyllia RUSS. 1. Leptophyllia Eturbensis pe FromenTEL. Tav. XIV [I], fig. 1a-d. 4 . c . 0 . pag. 181 [13] Gen. Thamnastraea LESAUVAGE. 2. Thamnastraea stricta pe FROM. . s 2 . x - 5 , : È 5 0 . >» 182 [14] Gen. Dimorphastraea D’ORBIGNY 3. Dimorphastraea crassisepta var, n. subcrassisepta. Tav. XIV [I], fig. 2. 5 ; 5 ; . >» 184 [16] 4 » tenuistriata DE FROM. : : ; . x : 7 ò 6 i . » 186 [18] Gen. Latimaeandraraea DE FRom. 5. Latimaeandraraea submorchella n. sp. Tav. XIV [I], fis. 3. 5 - 3 . ; ; od 68 [E] 6 Felixi n. sp. Tav. XIV [I], fig. 4a-b. : c i. a 5 ò ò 5 IE0. [Ea] B. Aporosa E. H. Fam. Astraeidae E. H. Subfam. Astraeinae E. H. Trib. Montlivaultiaceae Felix. Gen. Montlivaultia LamouROUX. T. Montlivaultia humilis D’ OrB. Tav. XIV [I], fig. ba-e. . ; 0 3 7 . 6 RG 193 [25] 8. » . rudis SOWERBY. . c . > - c o : . ; . 9527] [81] G. DE ANGELIS D' OSSAT Sì 10. Illo 12. 13. Id. 15. TUTO 18. M9) 20. 21. 22. Montlivaultia cfr. pateriformis MicH. » cfr. rugulosa KoBy. » Kaufmanni KoBy. Gen. Thecosmilia E. H. (emend. FRECH). Thecosmilia Catalaunica n. sp. Tav. XIV [I] fig. 6a. Trib. Astraeaceae. Gen. Brachyphyllia Reuss. Brachyphyllia Haueri Felix. (RBUSS). x . c 5 Trib. Cladocoraceae E. H. Gen. Cladocora FEAR. Cladocora Gabriellinae n. sp. Tav. XIV [I], fig. 746. Trib. Faviaceae E. H. Gen. Isastraea E. H. Isastraea sp. Trib. Maeandrinaceae Fer. Gen. Coeloria E. H. . Coeloria Oceani p’OrB. Tav. XIV [I], fig. 8a-d. Subfam. Eusmilinae E. H. Trib. Stylinaceae E. H. Gen. Phyllocoenia E. H. Phyllocoenia corollaris Reuss. Tav. XIV [I], fig. 9. » exsculpta Reuss. Tav. XIV [I], fig. 10 » SP. Gen. Crypitocoenia D’ ORB. Cryptocoenia Picteti KoBy. Gen. Convexastraea D’ORB. Converastraea Almerai n. sp. Tav. XIV [I], fig. 11a-d. Trib. Euphylliaceae E. H. Gen. Aplosmilia p’ ORB. Aplosmilia Vidali n. sp. Tav. XIV [I], fig. 12a-c. Ano 196 197 198 200 202 293 205 211 [82] [34] [35] 37] [47] 250 4 G. DE ANGELIS D’ OSSAT Trib. EBugyraceae Fenix. Gen. Eugyra DE FROM. 923. Eugyra pusilla v. n. pauciseptata. Tav. XIV [I], fig. 13. 24 LG DIE 5 » Cotteaui From. Tav. XV [II], fig. 1. Fam. Turbinolidae E. H. (emend. OGILVIE). Subfam. Trochosmilinae OGILVIE. Trib. Trochosmiliae E. H. (emend. OcILvIE). A.— Generi senza columella. Gen. Trochosmilia E. H. . Trochosmilia uricornis Mica. cfr. obliqua D’ORB. . 9 o c Portisi n. sp. Tav. XV |[ID, fig. 2a-f. Nevianii n. sp. Tav. XV [II], fig. 3a-d. sandalina n. sp. Tav. XV [II], fig. 4a-e. sp. (1). à o ò sp. (2) Tav. XV [II], fig. bad. sp. (3) Tav. XV [II], fig. 6a-c. Gen. Epismilia FROM. . Epismilia robusta KoBy. Tav. XV [II]. fig. 7a-d. » » » irregularis KoBy. Tav. XV [II], fig. 8.a-b. Prechi n. sp. Tav. XV [II], fig. da-c. Ogiliviei n. sp. Tav. XV [II], fig. 104-5. B.— Generi con columella lamellare. Gen. Placosmilia E. H. Placosmilia cfr. arcuata E. H. Tav. XVI [III], fig. 1. Gen. Pleurosmilia pe From. . Pleurosmilia Kobyi n. sp. Tav. XV [II], fig. 1lu-e. Volzi n. sp. Tav. XVI [III], fig. 2a-c. Vaughani n. sp. Tav. XVI [III], fig. 3. Stutzi KoBy. cfr. neocomiensis DA From. pag. 217 » 217 [N90] Ro no) [82] [49] [49] [8 3] G. DE ANGELIS D’OSSAT Gen. Axosmilia emend. G. DE ANG. D’ Ossa. 43. Axosmilia Bofilli n. sp. Tav. XVI [III], fig. 4a-e. 44. 45 » . Peplosmilia Thildae n. sp. Tav. XVI [III], fig. 6a-d; Tav. XVII [IV], fig. 1 46. AT. 48. 49. 50. 51. Almerai n. sp. Tav. XVI [III], fig. ba-e. Gen. Peplosmilia E. H. Coquandi n. sp. Tav. XVII [IV], fig. 2a-d. Catalaunica n. sp. Tav. XVII [IV], fig. 3a-d Iberica n. sp. Tav. XVII [IV], fig. 4a-c. Casaniasi n. sp. Tav. XVII [IV], fig. ba-d. Fromenteli n. sp. Tav. XVII [IV], fig. 6a-9. sp. Tav. XVII [IV], fig. ©. Finito di stampare il 30 novembre 1905 pag. 236 237 258 239 240 240 241 242 243 i x ' “i SIND, »” » x - I ia SR n |A MERI n RE SS NEVE MBAR LT vaga TE SEL "9 LEI Vella VaNDei Rete (CT) E RI VASSOIO Do sopra 39 Ret re i Ra Pr RE, Mag i: DP9 i Per Pea Bian. Tata, OE IRE Na E ad; ; SR SO n Ria e Li (a "i / Li Boi RARO LE ar Li iti a î 5 Tiago LI w: bia BI |) x dard si RO ide Sai . L n » vi A N Por A O % I OST DIRO. DI : pei ho “ at # A MESS, Ma eco: AT AV] È IRE, i PL aa È i 6 È f ce SEDE NPI A È BASI VI GIORGIO DAL PIAZ SUGLI AVANZI DI CYRTODELPHIS SULCATUS DELL’ARENARIA DI BELLUNO PARTE SECONDA” (Tav. XVIII-XXI [V-VIII] e Fig. 17-26 intere.) Colonna vertebrale. In tutte le cave di pietra da mola di Bolzano e di Libano (Belluno), gli avanzi di vertebre furono, anche pel passato, rinvenuti con una certa frequenza. Ma per quanto la loro scoperta fosse interessante, il loro valore scientifico era però sempre limitato, sia per le condizioni di conservazione raramente per- fette, sia per la quasi impossibilità, date le limitate cognizioni che si avevano sullo scheletro dei Plata- nistidi fossili, di poter fissare, con una certa sicurezza, il riferimento generico. In questi ultimi anni fortuna volle che nella raccolta di un bel cranio di Cyrtodelphis sulcatus (individuo n.° 1; v. Parte prima) mi fosse dato di poter salvare anche buona parte della sua colonna vertebrale. Lo studio di tali avanzi, preparati con ogni cura, sussidiato dall'esame comparativo dello scheletro dei Platanistidi viventi, ha portato un notevole aumento alle pochissime cognizioni che si avevano sullo scheletro del genere Cyrfodelphis, di guisa che, anche pei numerosi avanzi di vertebre che furono rinve- nuti isolatamente o a gruppi nelle varie cave, fu possibile, e relativamente facile, poter decidere se appartenevano al genere Cyrtodelphis 0 meno. Fra complete ed incomplete le vertebre prese in esame in questo lavoro raggiungono la sessantina. Nove appartengono ad un solo individuo (n.° 1) e furono tutte isolate ed esaminate: le altre appartengono ad individui diversi e di esse ci occuperemo soltanto di quelle che più interessano il nostro studio. Vertebre cervicali. Delle cervicali ho potuto raccogliere sei vertebre, fra le quali discretamente conservate la prima e l’ultima. Gli altri quattro avanzi sono ridotti a puri frammenti. Atlante. — L’esemplare raccolto è rappresentato dalle fig. 1a, d della Tav. V. La faccia anteriore di questa vertebra è ancora in gran parte intatta, quella posteriore assai guasta specialmente in basso. La larghezza massima di ciò che resta di questa vertebra raggiunge 73 mm., misura notevolmente infe- i) Vedasi la parte prima nel vol. IX, 1903. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 3I 254 G. DAL PIAZ [36] riore alla larghezza totale se la vertebra fosse completa. Il foro rachidiano, che è di forma spiccatamente ovale, ha i due diametri rispettivamente di 32 e di 25 mm., col maggiore disposto in senso trasverso. L’arco superiore è robusto (però assai meno dell’inferiore) largo, presso la metà, 20 mm. e provvisto in alto di una piccola sporgenza che è un rudimento dell’apofisi spinosa. Dal lato anteriore due larghi ma poco profondi solchi vertebrali separano l’arco superiore dalle apofisi articolari anteriori. Le superfici articolari di queste apofisi sono larghe, concave e convergenti verso il basso. Le apofisi trasverse sono guaste; esse, da quanto si può dedurre dall’avanzo ancora conservato, dovevano essere non eccessivamente sporgenti e, come si osserva nell’atlante di Pontoporia e di altri generi, prive di fori per il passaggio di vasi vertebrali. Delle superfici articolari posteriori e delle parti ad esse legate non possiamo dare alcun cenno e ciò per difetto di conservazione. Nel suo insieme l’atlante di Cyrtodelphis ha un tipo robusto, ma piuttosto piccolo rispetto lo sviluppo del cranio e quello di altre vertebre. Confrontato con quello di Pontoporia, tenendo naturalmente conto delle diverse proporzioni, presenta notevoli rassomiglianze, che ritengo sarebbero ancora più appariscenti se l’esemplare fossile fosse completo. È ? Terza, quarta, quinta e sesta cervicali. Fra i resti meglio conservati di vertebre cervicali comprese fra l’atlante e Ja settima, vanno ricordati quelli riprodotti dalla fig. 2 della Tav. V, che furono scavati assieme al cranio n.° 3. Appena ebbi il materiale a mia disposizione, tentai isolare anche questi pochi avanzi, ma le loro condizioni di conservazione erano così poco favorevoli e la roccia (quasi esclusivamente quarzosa) così dura, da farmi abbandonare l’intrapreso lavoro. Tuttavia dal poco ancora presente si può constatare, con tutta evidenza, trattarsi di vertebre cervicali che appartengono, con ogni probabilità, alla terza, quarta, quinta e sesta. Il loro riferimento al Cyrtodelphis può ritenersi certo per le rispettive dimen- sioni, pei rapporti di somiglianza esistenti con le omologhe vertebre della Ponfoporia, per le differenze notevoli con quelle di altri generi riscontrati in questo giacimento e finalmente per essere state raccolte in continuazione di un cranio che appartiene, con tutta certezza, al genere Cyrtodelphis. Settima cervicale. Questa vertebra (Tav. V, fig. 3a-c) appartiene all’individuo n.° 1, e per lo spes- sore del corpo, che raggiunge quasi 30 mm., si direbbe riferibile ad una dorsale. Però se si tien conto dell'andamento delle apofisi trasverse, delle superfici articolari, delle zigapofisi, delle superfici articolari con le coste e in una parola di tutta la forma complessiva, si nota come essa risponde meglio al tipo di vertebra cervicale e fra queste (specialmente se si fa un confronto con le corrispondenti di Pontoporia) le maggiori somiglianze si riscontrano con la settima. Le due facce del corpo di questa vertebra hanno contorno ovale, col maggior asse nel senso trasverso e sono leggermente anficele. Il foro vertebrale appare di forma subtriangolare e la superficie interna del corpo presenta, lonvitudinalmente, un dorso sporgente che separa due depressioni laterali allungate. Le apofisi trasverse, discretamente pronunciate, sono grosse e un poco arcuate verso il basso. Una di queste apofisi (la destra) è rotta, l’altra, meglio conservata, non mostra segni evidenti di superfici articolari della prima costa, ciò che è invece molto bene visibile nella prima vertebra dorsale di Pontoporia. Le zigapofisi sono pure sviluppate, tanto le anteriori quanto le posteriori, e le loro superfici articolari sono inclinate dall’esterno all’interno. Le parti superiori dell’arco vertebrale sono affatto mancanti. Da quanto abbiamo avuto occasione di esaminare ci risulta come le vertebre cervicali di Cyrtodelphis sulcatus sono fra loro nettamente disgiunte, le loro apofisi laterali discretamente robuste, i corpi a forma di dischi più larghi che spessi, ma non eccessivamente schiacciati, anzi a diametro antero-posteriore rag- guardevole specialmente negli ultimi elementi. E [87] G. DAL PIAZ 255 Dagli studî di FLower ® e di BuRrmEISTER ?) noi sappiamo che nel comune DelpRinus delphis il rap- porto fra le cervicali e le altre vertebre sta come 3 a 100; nell’ Inia Geoffroyensis come 8 !/, a 100; e nella Pontoporia Blainvillei (con la quale lo scheletro di Cyrtodelphis sulcatus ha maggiori affinità) come 7,57 a 100, cioè come 5 a 66. Quantunque gli avanzi che abbiamo preso in esame rappresentino già buona parte dello scheletro, essi non sono però ancora tali da permetterci di poter stabilire dei rapporti comparativi. Tuttavia tralasciando di riprodurre dati quantitativi, quali sono quelli espressi da un rap- porto numerico, possiamo rilevare come in confronto ai comuni Platanistidi la serie delle vertebre cervi- cali del genere Cyrtodelphis è costituita di elementi pure fra loro nettamente disgiunti, ma notevolmente più spessi, specie, come s’è detto, nelle ultime vertebre. Questo fatto ci denota che nel Cyrtodelphis sul- catus la regione cervicale aveva uno sviluppo longitudinale molto superiore a quello che oggidì si riscontra nella Pontoporia e negli altri generi sopra citati e ci porta quindi alla deduzione che nel gruppo dei Platani- Stidi, dai tipi fossili ai viventi, la serie delle vertebre cervicali è andata via via riducendosi in spessore. Nei comuni Delfinidi poi, che sono così cosmopoliti e che rispetto i Platanistidi sono da considerarsi forme più specializzate nell’adattamento, si riscontra di sovente, come è noto, la totale o parziale fusione delle cervicali e quindi un’ estrema riduzione nella lunghezza della serie, fatto, del resto, che nei cetacei viventi assume valore di carattere specifico. Vertebre dorsali. Gli avanzi di vertebre dorsali furono raccolti con una certa frequenza; fra questi avanzi hanno spe- ciale interesse sette vertebre che appartengono all’individuo n.° 1, e vanno riferite alla quarta, quinta, sesta, settima, ottava, nona e decima. La prima, seconda e terza dorsali, di questo stesso individuo, fu- rono in gran parte distrutte dagli operai nei lavori di escavazione e sono ridotte a frammenti pressochè insignificanti. Questa lacuna è però in parte colmata da avanzi di vertebre dorsali di altri individui pure appartenenti al genere Cyrtodelphis. ? Seconda dorsale (Tav. V, fig. 4). Trattasi di un esemplare assai incompleto, nel quale sono conser- vati il corpo e in parte i peduncoli. Il corpo ha il diametro antero-posteriore centrale di 42 mm. e le due facce, di forma semicircolare, notevolmente depresse verso il centro. La superficie esterna del corpo è a sella e alle sue estremità due sottili linee chiare (per intercalazione di arenaria) segnano la sepa- razione dell’epifisi. Alla base dei peduncoli si trovano, sui due lati esterni, le fossette articolari del capitolo costale. La superficie interna del corpo, verso il foro rachidiano, ha la solita forma caratterizzata da due depressioni longitudinali separate da un piccolo dosso. La brevità del corpo, la sua forma complessiva, l’impianto e l’andamento dei peduncoli e gli altri caratteri ricordati, provano che questa vertebra appartiene ad una delle prime dorsali, forse alla seconda. ? Terza dorsale (Tav. V, fig. 5a, b). All’ avanzo testè descritto fa seguito una vertebra meno in- i) FLower W. H. Description of the Skeleton of Inia Geoffroyensis and of the Skull of Pontoporia Blainvillei, with remarks on the Systematic Position of these Animals in the Order Cetacea. Transaetions Zool. Soe., vol. VI. London, 1866. 2) BurmristeR G. Descripcion de cuatro especies de Delfinides de la costa argentina en el Océano Atlantico. Anales del Museo publico de Buenos Aires, tom. 1, 1869. 256 G. DAL PIAZ [88] completa che, tenuto conto delle proporzioni diverse, presenta notevoli somiglianze con la terza vertebra dorsale di Pontoporia. Il corpo della vertebra che riferisco alla terza dorsale, è rotto posteriormente; la faccia ancora intatta ha forma di semicerchio e la superficie esterna del corpo è ricurva a sella. Il foro rachidiano è grande, di forma ovale col diametro maggiore disposto in senso trasversale. Le apofisi tra- sverse sono rotte poco prima delle superfici articolari; discretamente conservate sono le zigapofisi ante- riori formate da due lamine abbastanza larghe. L’apofisi spinosa, pure incompleta, ha 1’ orlo anteriore assai arcuato in basso e poi sempre meno man mano che si eleva. Quarta dorsale (Tav. V, fig. 6). Gli avanzi di questa vertebra sono assai scarsi: trattasi di un puro frammento che si può riferire con tutta certezza alla quarta dorsale per la posizione che esso occupava, rispetto le vertebre che lo seguono, allorchè furono raccolti i blocchi di roccia fossilifera. Quinta dorsale (Tav. V, fig. 7a-c). Con la quinta dorsale cominciano le vertebre meglio conservate. Il corpo della quinta dorsale ha, come di solito, una forma a sella; il diametro che unisce i centri delle due facce raggiunge una lunghezza di 52mm. e, come si può vedere anche dalle citate figure, le epifisi sono nettamente distinte. Le due facce del corpo hanno forma a semicerchio, essendo gli orli inferiori del foro vertebrale quasi rettilinei. Queste due facce sono debolmente anficele, con rigatura con- centrica e nella regione centrale sono caratterizzate da una piccola ma bene manifesta fossetta. Il foro rachidiano è molto ampio ed ha una forma rettangolare ad angoli arrotondati. La base di questo foro, costituita dalla faccia interna del corpo vertebrale, presenta, come nelle precedenti, una specie di costa mediana longitudinale saliente, che corrisponde al legamento comune dorsale dei corpi vertebrali e che determina ai due lati due fossette. Queste fossette contengono i seni dell’endorachide, il cui sviluppo (come è noto) diminuisce di estensione dai mammiferi inferiori ai superiori. Degno di nota è inoltre il parti- colare che i seni dell’endorachide presentano, nella parte mediana superiore del corpo vertebrale, due fori (uno per lato), i quali contengono delle vene che vanno nei corpi vertebrali, come si riscontra in generale nei corpi vertebrali dei mammiferi viventi. I due peduncoli sono spessi, quasi diritti e spostati all’innanzi per continuarsi poi nelle lavghe apofisi trasverse fornite di superfici articolari, dove si innestavano le coste. Nella parte anteriore della quinta dorsale, in continuazione delle apofisi trasverse, si allungano due sottili lamine: sono le zigapofisi ante- riori fiancheggiate, esternamente, da due creste lievemente sporgenti che corrispondono alle metapofisi. Dal lato opposto (posteriore) nella parte più bassa dell’apofisi spinosa, si trova un canaletto che separa le due zigapofisi posteriori, le quali sono fornite di superfici articolari di forma triangolare. L’apofisi spinosa è assai larga ed elevata, il suo orlo posteriore scende quasi verticale, quello: anteriore, che termina a spigolo sottile, è inclinato all’innanzi. Sesta dorsale (Tav. VI, fig. 1a-c). È molto simile a quella or ora descritta, salvo le dimensioni poco superiori. Il corpo è infatti debolmente più lungo (56 mm.) e più grosso. Le facce del corpo hanno sem- pre una forma a semicerchio e, come nella vertebra precedente, suono lievemente inclinate all’indietro. La superficie inferiore e la base del foro rachidiano hanno forma del tutto analoga a quella della quinta dorsale. Le apofisi trasverse sono robuste e provviste di larghe superfici articolari a semicerchio. Le ziga- dlcà [39] G. DAL, PIAZ 257 pofisi anteriori sono rotte, quelle posteriori sono provviste invece di faccette articolari assai lunghe che si assottigliano all’innanzi. Fic. 17. Fic. 18. Fig. 17, 18.— Cyrtodelphis sulcatus GERV. sp. Sesta vertebra dorsale. Metà della grandezza naturale. Cr. — Corpo vertebrale. Se. — Seni dell’endorachide. F. — Foro rachidiano Sac. — Superfici articolari con le coste. P. — Peduncoli. M. — Metapofisi. At. — Apofisi trasverse. Zp. — Zigapofisi posteriori. As. — Apofisi spinosa. x Ò L’apofisi spinosa è piuttosto grande ed elevata raggiungendo una larghezza, alla base, di 60 mm. e un’ altezza media di mm. 75. Settima dorsale (Tav. VI, fig. 2a-c). È incompleta in tutto il suo tratto anteriore ed è tagliata in modo che delle apofisi trasverse restano soltanto due sottili frammenti. Anche questa vertebra ricorda assai le sue antecedenti. La modificazione più notevole sta nelle inserzioni delle apofisi trasverse, che in questa vertebra hanno luogo a circa metà altezza dei peduncoli, mentre, in quelle già descritte, ciò av- viene alquanto più in alto, presso la base dell’apofisi spinosa. Le zigapofisi posteriori sono strette, ma lunghe e disgiunte da un solco che allargandosi all’innanzi sfuma nel foro rachidiano. Ottava dorsale (Tav. VI, fig. 3a-c). Questa vertebra è in uno stato di conservazione pressochè per- fetto. Il corpo non ha più una sezione a semicerchio, ma assume la forma di un cilindro debolmente appiattito presso il foro vertebrale. La lunghezza di questo corpo è di 63 mm. e le due facce non sono inclinate nella stessa direzione, ma lievemente convergenti in basso. Ciò risponde naturalmente al posto che occupa questa vertebra rispetto a tutte le altre della serie. Le superfici delle facce sono a striatura concentrica e occupate, nel mezzo, come in tutti gli altri casi, da una piccola fossetta. La parte infe- riore del corpo è pure a sella, ma assai poco infossata. Dove termina il corpo e cominciano i peduncoli, e quindi molto più in basso che nelle vertebre descritte, si attaccano le apofisi trasverse. Un simile sposta- mento delle inserzioni delle apofisi trasverse, rispetto il corpo e i peduncoli, ha luogo in maniera affatto 258 G. DAL PIAZ [40] analoga, cioè con perfetto parallelismo di particolari da vertebra a vertebra, nella vivente Pontoporia. Le apofisi trasverse sono forti, larghe, ad impianto perpendicolare e provviste di superfici articolari incavate. Fic. 19. Fic. 20. | Qua & SE 28 P Fig. 19, 20. — Cyrtodelphis sulcatus GeRV. sp. Ottava vertebra dorsale. Metà della grandezza naturale. Cr. — Corpo vertebrale. Za. — Zigapofisi anteriori. At. — Apofisi trasverse. Zp. — Zigapofisi posteriori. F. — Foro rachidiano. M. — Metapofisi. Sac.— Superfici articolari con le coste. As. — Apofisi spinosa. P. — Peduncoli. I peduncoli s’innalzano quasi perpendicolari di guisa che il foro rachidiano compreso ha forma spic- catamente rettangolare. La base di questo foro rachidiano presenta i soliti caratteri già fatti rilevare. Dal lato anteriore, in perfetta continuazione dei peduncoli, si elevano due robuste metapofisi che nella parte inferiore interna si piegano orizzontalmente per passare alle zigapofisi anteriori, separate fra loro da una stretta e profonda incisione. Le zigapofisi posteriori hanno la solita forma con superfici artico- lari discretamente allungate, disgiunte da un solco abbastanza profondo. L’apofisi spinosa, alta circa 80 mm. e larga alla base 62 mm., si restringe a metà altezza per allargarsi poi di nuovo e terminare a guisa di scure. Nona dorsale (Tav. VI, fig. 4a-c). Anche questa vertebra è bene conservata. Il corpo, lungo circa 64mm., è schiacciato dall’alto al basso di modo che il diametro trasverso è di 54 mm. e quello verticale di 30. La parte inferiore del corpo è poco sporgente rispetto il piano delle apofisi trasverse e ciò pel fatto che queste sono inserite molto in basso. Il foro rachidiano, che col procedere in direzione caudale diventa sempre più piccolo, comincia ad assumere una sezione di forma triangolare. Le apofisi trasverse robuste e piantate perpendicolarmente sotto il livello della faccia interna del corpo, sono molto lunghe. Esse terminano con due superfici articolari infossate, di forma triangolare e distano, l’una dall’ altra, 124 mm. Le zigapofisi posteriori sono rotte e dal lato anteriore è conservata la metapofisi destra. L’apofisi spinosa è lunga, partendo dal seno interno della metapofisi, 90 mm.; l’orlo anteriore è inclinato in avanti nel tratto più basso e diventa poi verticale più in alto. [41] G. DAL PIAZ 259 Decima dorsale (Tav. VI, fig. ba-c). Trattasi di una vertebra bene conservata salvo una piccola deformazione dovuta ad. uno spostamento subìto alla base dell’apofisi spinosa. Il corpo è lungo 70 mm. e le due facce, alquanto depresse dall’alto al basso, sono lievemente concave. La parte inferiore del corpo è fornita di una grossa sporgenza come una carena, stretta nel mezzo e più larga alle due estremità. Dal corpo si staccano le due apofisi trasverse, lunghe ognuna circa .75 mm. Queste apofisi sono piuttosto sottili, più strette alla base, poi più larghe con le punte rivolte indietro e leggermente arcuate verso il basso. Il foro rachidiano è assai più piccolo che nelle vertebre precedenti, ha sezione triangolare con la base foggiata come negli altri casi. Delle apofisi secondarie è ancora presente un frammento della meta- pofisi destra. L’apofisi spinosa è molto elevata, come al solito più larga alle due estremità (superiore e inferiore) e più stretta nella regione mediana. L’altezza di quest’apofisi spinosa è di 92 mm. e la larghezza massima, presso la base, raggiunge mm. 70. PIG. 21, Fic. 22. Fig. 21, 22.— Cyrtodelphis sulcatus GERV. sp. Decima vertebra dorsale. Metà della grandezza naturale. Cr. — Corpo vertebrale. P. — Peduncoli. At. — Apofisi trasverse. M. — Metapofisi anteriore. F. — Foro rachidiano. A 8. — Apofisi spinosa. L'intera serie delle vertebre dorsali, calcolati anche gli spazîì occupati dai menischi, doveva raggiun- gere, nello scheletro di Cyrtodelphis sulcatus, la lunghezza di quasi 55 centimetri, ciò che equivale a circa tre volte la corrispondente lunghezza delle vertebre dorsali dello scheletro di Pontoporiîa illustrato dal BuRmEISTER ®. Se facciamo invece il confronto con altri scheletri, pure di Portfoporia, i rapporti che ci 1) BURMBISTER G. Op. cit. 260 G. DAL PIAZ 3 [42] risultano sono alquanto diversi. Così per esempio con l’esemplare del Museo civico di Genova il rapporto che si ottiene è poco diverso di 1 a 2, rapporto che vale anche per un confronto con le corrispondenti vertebre di Heferodelphis leiodontus *. Prescindendo dalle dimensioni, fra le dorsali di Cyrtodelphis e quelle di Heterodelphis si riscontrano anche notevoli caratteri di somiglianza, che sono comuni d’altra parte all’in- tera famiglia dei Platanistidi, mentre la mandibola e specialmente i denti si staccano profondamente. Noi abbiamo visto come in tutte queste vertebre dorsali siano presenti delle zigapofisi e come quelle posteriori siano provviste di metapofisi abbastanza sviluppate che abbracciano, rispettivamente, la parte posteriore della vertebra precedente. Questa speciale struttura, comune del resto in questo gruppo d’animali, stabilisce un legame più stretto fra le varie vertebre e. dà all’intera colonna una maggiore robustezza. Un altro fatto notevole riguarda l'impianto delle apofisi trasverse considerato nell’intera serie. Questo impianto, nelle dorsali anteriori, comincia nella parte più alta dei peduncoli, a contatto col tratto infe- riore dell’apofisi spinosa, ma, via via che .si passa dalle prime alle ultime dorsali, va gradualmente ab- bassandosi, finchè nell’ultima vertebra, di questa serie, l’inserzione- ha luogo circa alla metà del corpo. Anche il corpo vertebrale subisce notevoli modificazioni di forma e di dimensioni. Corto, semicilin- drico e arcuato a sella nelle vertebre anteriori, va facendosi assai più lungo, pochissimo ricurvo e note- volmente depresso nelle posteriori. La superficie del corpo che fa parte del foro rachidiano ha, in tutte queste vertebre, una sporgenza longitudinale mediana a dosso che diventa meno rilevata dall’avanti al- l’indietro. Le due facce del corpo presentano in tutte le vertebre una leggiera striatura concentrica, sono inoltre concave e la parte centrale è occupata da una piccola infossatura, caratteri che si riscontrano in moltissimi altri animali e in modo speciale assai bene nelle vertebre di Zeuglodon ® e di Squalodon ?. Vertebre lombari. In continuazione delle descritte dorsali dello scheletro di Cyrtodelphis appartenente all'individuo n.° 1, fu possibile raccogliere ancora una vertebra riferibile alla prima lombare. Oltre a questa, in diverse altre occasioni di scavi, vennero raccolti numerosi altri avanzi di vertebre lombari appartenenti a diversi in- dividui. Di tali avanzi noi ci occuperemo soltanto di quelli il cui riferimento al genere Cyrtodelphis offre maggiori probabilità, tanto più che il loro stato di conservazione è spesso deficiente. Prima lombare (Tav. VI, fig. 6a-c). Questa vertebra manca del tratto posteriore destro e ciò che resta è in parte deformato per subita compressione. Il corpo ha la solita forma depressa con la re- gione mediana inferiore occupata da una specie di carena, ai cui lati si aprono dei piccoli fori pel pas- saggio di vasi. La faccia anteriore è di forma ovale con l’asse maggiore in senso trasverso e con la superficie debolmente concava; quella posteriore manca in gran parte. L’apofisi trasversa è sottile, ma larga, a forma di lamina originariamente più ristretta alla base. Le metapofisi sono grosse e assai spor- 1) C. v. PapP. Heterodelphis leiodontus nova Forma aus den Miocenen Schichten des Comitates Sopron in Ungarn. Mittheilungen aus dem Jahrb. d. k. Ungar. geolog. Anstalt, Bd. XIV, 2H. Budapest, 1905. 2) MiLLER J. Ueber die fossilen Reste der Zeuglodonten von Nordamerica. Berlin, 1849; — Dames W. Ueber Zeu- glodonten aus Aegypten. Pal. Abh., vol. V, 1894; — Srtromer E. Zeuglodon-Reste aus dem oberen Mitteleociin des Fajùm. Beitrige zur Palaeontol. und Geolog. Oesterreich-Ungarns ete., Bd. XV, 1903; — Fraas E. Newe Zeuglo- donten aus dem unteren Mitteleociin vom Mokattam bei Cairo. Geolog. und Palaeont. Abhandl. Neue Folge, Bd. VI, Heft 3, 1904. : 3) DaL Praz G. Sopra alcuni resti di Squalodon dell’arenaria miocenica di Belluno. Palaeontogr. italica, vol. VI, 1900. l'iaridioce Lotta VARA A CPT ETA [43] G. DAL PIAZ 261 genti all’innanzi. L’apofisi spinosa, quantunque incompleta, mostra che doveva essere grande, elevata ad orlo anteriore ricurvo. Facendo dei confronti con vertebre di Ponfoporia, si riscontra come la descritta vertebra, specialmente per la forma del corpo e delle apofisi, presenta notevoli rapporti di somiglianza con la prima lombare, ciò che riconferma ancora una volta il nostro riferimento. . Altri avanzi di vertebre lombari (Tav. VII, fig. 1a, b, 2a-c, 3a, b). Fra i numerosi altri avanzi raccolti, tre sono degni di nota. Il migliore (Tav. VII, fig. 14,6) ha ancora bene conservato il corpo, che presenta i soliti caratteri propri della regione alla quale la vertebra appartiene. Le apofisi trasverse e l’ apofisi spinosa sono in gran parte conservate. Caratteristico è il foro rachidiano piccolo e di forma triango- lare. È difficile poter stabilire con esattezza a quale, fra le vertebre lombari, vada riferita; la forma del corpo, quella del foro rachidiano e delle apofisi fanno ritenere che si tratti, con grande probabilità, di una lombare media. Gli altri due avanzi di vertebre lombari sono rappresentati dalle fig. 2 a-c; 3a, d della stessa tavola. Trattasi anche in questo caso di esemplari incompleti, ma in essi, per la forma del corpo, dell’arco che chiude il foro rachidiano, e delle apofisi, sono manifesti i caratteri delle vertebre lombari. Di queste due ver- tebre la prima (fig. 2a-c) va riferita, con ogni probabilità, ad una lombare media, e la seconda (fig. 3 a, d) ad una lombare posteriore. Per ciò che riguarda l’intera serie delle vertebre lombari possiamo aggiungere ben poche osservazioni, In tutte è notevole lo sviluppo del corpo che, specialmente nelle anteriori, si mostra alquanto più lungo e appiattito. Le apofisi trasverse sono lunghe, laminari, allargate e lievemente ricurve verso il basso. Il foro rachidiano va fortemente restringendosi assumendo una forma triangolare. Le metapofisi, almeno nelle vertebre anteriori, sono ancora forti, diritte e sporgenti all’innanzi; le apofisi spinose larghe ed elevate. Vertebre caudali. Fra tanti avanzi che furono raccolti nelle cave di arenaria di Belluno, i resti riferibili a vertebre caudali costituiscono ancora una vera rarità. Questo fatto, considerato il numero rilevante di vertebre caudali che si riscontra nei Platanistidi, riesce abbastanza strano ed è degno di essere tenuto presente per future ricerche. I pochissimi resti di vertebre caudali potuti raccogliere constano di semplici corpi, ma il loro stato di conservazione è così imperfetto e il loro riferimento così incerto, da rendere affatto inutile qualsiasi cenno illustrativo, non potendo istituire dei confronti, nè trarne alcuna sicura considerazione sulla forma, sullo sviluppo e sul rapporto di esse con altre vertebre dello stesso Cyrtodelphis e d'altri generi affini. Arti. I pochi avanzi dell’arto anteriore sono, per le cattive condizioni di conservazione, di riferimento pure assai dubbio. Fra questi resti va compresa una scapola molto incompleta e della quale non fu possibile eseguire l’isolamento dalla roccia, nè istituire dei confronti profittevoli. L’altro avanzo degno di nota è l’ossicino riprodotto dalla fig. 4 della Tav. VII. Questo ossicino, lungo mm. 44, fu rinvenuto nell’eseguire l’isolamento della quinta vertebra dorsale dell'individuo n.° 1, assieme a numerosi frammenti di coste e di altre ossa indeterminabili. Dai confronti istituiti in proposito sono venuto nella convinzione che quest’ osso, assai probabilmente, corrisponde al primo sferno-costale. Dico Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 32 262 G. DAL PIAZ [44] con molta probabilità, perchè un riferimento assoluto non è possibile tanto più essendo l’osso in discus- sione guasto e mancante di una parte. Dell’arto posteriore, il cui rinvenimento sarebbe di un’importanza straordinaria, non ho potuto rac- cogliere alcun avanzo. Coste. Numerosissimi sono gli avanzi di coste, ma altrettanto raro è il caso di raccoglierne una completa. Trattasi in generale di frammenti fra i quali alcuni sono riprodotti dalle fig. 5, 6 e 7 della Tav. VII. Il frammento rappresentato dalla fig. 5 appartiene ad una delle coste anteriori dell’ individuo n.° 1. Si distingue bene per la notevole larghezza, per l’appiattimento e specialmente per la forma dell’estremità che si articola con le vertebre. Gli altri due avanzi riprodotti (fig. 6 e 7) sono di forma cilindrica un poco compressa e vanno riferiti a coste della regione posteriore. Modello intracranico. Quando mi recai alle cave di arenaria di Bolzano (Belluno) per raccogliervi gli avanzi di Cyrto- delphis riferibili all’individuo n.° 1, mi venne dato di osservare che la parte posteriore del cranio, staccata dall’anteriore poco prima della fossa nasale, mostrava, per esportazione delle ossa della regione fronto- occipitale, buon tratto del modello della cavità intracranica. Affinchè il delicato fossile non dovesse subire ulteriori guasti durante il trasporto, ho imbevuto di gelatina tutte le superfici ossee ed ho avvolto con abbondante cotone, stretto da molte legature, tutto ciò che, data la fragilità delle ossa della regione cranica, poteva subire dei guasti anche per piccoli urti. Ho praticato insomma, in scala assai modesta, un metodo analogo a quello adottato negli Stati Uniti d’America nella raccolta di vertebrati fossili, ed esposto dall’OsBorN in occasione dell’ottavo congresso geologico internazionale tenuto a Parigi nel 1900 1). Nell’importante collezione paleontologica del barone AcHILLE DE Zieno esiste (proveniente dalle stesse cave di Bolzano) la parte posterione di un modello intracranico che il compianto paleontologo riferì ad un delfino (Delphinus Taramellii in litt.). L’impossibilità di poter eseguire dei confronti fra l’incompleto esemplare del DE Zieno e quello, ancora in gran parte ricoperto dalle ossa, da me raccolto, e la conside- razione dell’interesse che avrebbe potuto avere lo studio della cavità intracranica di un individuo esami- nato in molti altri suoi particolari, mi hanno indotto a completare l’isolamento del modello intracranico, del quale appariva a nudo, come già dissi, la regione frontale e parte dell’occipitale. Messomi alla delicata operazione, dopo ripetute imbibizioni del fossile con ittiocolla, ho cominciato a levare le ossa pezzo a pezzo, avendo cura di enumerare ogni frammento e di riprodurlo, nella sua pri- mitiva posizione, in uno schizzo complessivo che mi servisse poi per la ricostruzione del cranio. Sono giunto così, dopo alcune settimane di lavoro e molta trepidazione per la tema che il tentativo non riuscisse allo scopo o fosse causa di irreparabili guasti, a poter estrarre il magnifico modello intracranico che viene rappresentato dalle fig. 1a-d della Tav. VIII. Dopo aver tenuto conto di tutto ciò che poteva in- teressare della superficie ossea interna e specialmente della base del cranio, dove i particolari morfologici sì presentavano con una chiarezza meravigliosa, al posto del primitivo modello intracranico di arenaria, 1) OsBoRN H. Des méthodes précises mises actuellement en oeuvre dans l’étude des vertébrés fossiles des États- Unis d’Amérique. Comptes rend. d. VIII Congrès geolog. internat. Paris, 1900. 145] G, DAL PIAZ 263 ne sostituii uno identico di gesso impastato con allume e colla caravella, ed ottenuto dall'originale col solito processo di modellazione alla gelatina disciolta e fatta poi solidificare. Ciò fatto ho rimesso a posto le ossa prima levate ritornando così il cranio nelle sue primitive condizioni. L’anno dopo, che fu raccolto il cranio appartenente all’ individuo n.° 1, mi venne dato di avere (oltre avanzi di vario genere) la parte posteriore di un cranio, pure di Cyrtodelphis sulcatus, che mostrava quasi completamente scoperto il modello della cavità intracranica. Ebbi poi numerosi altri frammenti e in fine, pochi mesi or sono, un altro modello intracranico ottimamente conservato e raccolto assieme ad un cranio riferibile ad un grosso individuo di Cyrtodelphis sulcatus. Tutti questi modelli hanno fra loro stretti rapporti di analogia e tutti, come s’è visto, vanno riferiti alla stessa specie. Tre fra essi, cioè i meglio conservati, appartengono ad individui la cui determinazione Specifica è basata sull’esame delle ossa craniche e sulla forma dei denti. Il primo, che è il migliore di tutti, appartiene, come s’ è detto, all’ individuo n.° 1; il secondo all’individuo n.° 7; ed il terzo fu facile staccarlo ‘dalle ossa del cranio al quale apparteneva (individuo n.° 8), perchè si presentava isolato quasi completamente. La grande facilità con la quale fu possibile staccare quest’ultimo modello, favorì assai la conservazione delle ossa che formano la base del cranio, dal cui studio venne vieppiù accertata l’inter- pretazione dei diversi fori e quella dei vari particolari riscontrati sulla faccia inferiore dei modelli in- tracranici. Ù È noto come il cervello dei Delfinidi e dei Platanistidi raggiunga uno sviluppo considerevole, non solo pel complesso sistema delle circonvoluzioni, ma anche pel volume !. Essendo poi lo spessore delle meningi poco ragguardevole, si può ritenere che i modelli intracranici non siano molto discosti, nella forma e nel volume, dal cervello degli individui ai quali essi appartengono. I modelli intracranici di Cyrtodelphis sulcatus hanno una forma grossolanamente globulare, piatta in- feriormente, ristretta all’ innanzi e alquanto allargata nella regione posteriore. Nel modello intracranico dell'individuo n.° 1 (Tav. VIII, fig. 1a-d) l'altezza misura 78 mm., la lunghezza 103 e la larghezza mas- sima mm. 97. L'altro (Tav. VIII, fig. 2a, è) raggiunge dimensioni poco diverse, cioè: altezza mm. 78, lun- ghezza (diametro antero-posteriore) mm. 110, e larghezza (diametro trasverso) mm. 93. Il volume di questi modelli subisce delle variazioni abbastanza notevoli secondo lo sviluppo maggiore o minore dell’individuo, ma su ciò ritorneremo fra breve quando avremo occasione di fare dei confronti coi volumi di modelli intracranici di generi affini. Per ora basti sapere che il volume medio dei modelli meglio conservati può ritenersi di circa 350 cm3. Tutti i modelli intracranici presi in esame presentano una spiccata asimmetria, specialmente i due esemplari meglio conservati. A questa asimmetria dei modelli corrisponde naturalmente quella del cranio alla quale si aggiunge, in alcuni casi, quella prodotta da schiacciamento. Le deformazioni per schiaccia- mento, quantunque frequenti, sono generalmente non molto accentuate, salvo il caso del cranio n.° 7 nel quale la subìta compressione è assai manifesta anche nel corrispondente modello. Come si può constatare dall'esame della Tav. VIII e delle intercalate figure (pag. 47) nei modelli intracranici di Cyrtodelphis sulcatus si distinguono molto chiaramente i due emisferì (sinistro e destro) divisi da un profondo solco (fessura longitudinale). Questo solco era occupato, in origine, dalla falce la quale, come è noto, deriva dall’ossificazione della parte media della dura madre in continuazione della cresta occipitale. Nella parte più profonda della fessura longitudinale s’innalza una piccola cresta allungata (v. Tav. VIII, fig. 1@) la quale corrisponde alla @mpressione del seno longitudinale superiore della dura madre, 1) WunBeR M. Die Sciugethiere, pag. 561-62. ‘264 G. DAL PIAZ [46] cioè al seno sagittale superiore della moderna nomenclatura dell’anatomia umana. Il modello intracranico di Cyrtodelphis, come il cervello dei mammiferi in generale, può essere diviso in quattro lobì: anteriore, superiore, posteriore e inferiore, i quali corrispondono rispettivamente ai lobì frontale, parietale, occipitale e temporale. i Ebbene, nella parte anteriore del lobo frontale, fra loro disgiunti da un solco longitudinale mediano occupato in origine dalla lamina perpendicolare interna, detta anche crista gallìi, s'innalzano due grossi tubercoli corrispondenti ai bulbi olfattori. Verso l’alto questi bulbi si continuano in due sottili cingoletti attraverso i fori olfattori, dei quali s° è già trattato nella prima parte (pag. 19). Aggiungeremo ora che in tutti i casi presi in esame all’asimmetria di sviluppo dei fori olfattori risponde una relativa asimmetria dei corrispondenti bulbi, dei quali quello di destra fu in generale riscontrato alquanto più grosso di quello di sinistra. Secondo un piano perpendicolare alla fessura longitudinale o mediana, si riscontra una lieve depres- sione che si fa bene manifesta lateralmente in basso dove passa alla fossa di Silvio. Al di sopra della fossa di Silvio, .sotto il lobo parietale si trova una piccola area pianeggiante o lievemente concava sulla quale si scoprono, in rilievo e in uno stato di meravigliosa conservazione, dei sottili cingoletti filiformi i quali corrispondono alle impressioni lasciate dall’arterìia meningea media, e dalle sue ramificazioni, sulla cavità cranica. ; Le superfici dei due emisferi cerebrali dei modelli sono degne di nota, inoltre, per le frequenti im- pressioni di circonvoluzioni, le quali (come del resto in altre classi di mammiferi) sono specialmente evi- denti nei lobi frontali e nei temporali. : Non meno importante delle parti or ora descritte è la faccia inferiore o base del modello intracra- nico. Cominciando l’esame di questa parte dal lato anteriore subito dopo le radici dei bulbi olfattori, si trova una regione lievemente sporgente la cui superficie porta bene evidenti le impressioni delle circon- voluzioni orbitarie inferiori. Ai due lati, destro e sinistro, di questa piccola regione bitorzoluta sporgente, tutti i modelli meglio conservati, mostrano due piccole aree longitudinali a superficie scabra, dovuta alla rottura di due grossi peduncoli che si continuavano attraverso ai forì oftalmici e ai fori laceri anteriori. Che le cose siano veramente in questo modo ne abbiamo una controprova nell’esame dei due avanzi di Cyrtodelphis che presentano ancora bene conservata la faccia interna della base del cranio. In questi due esemplari noi osserviamo infatti che nei tratti laterali anteriori, proprio in corrispondenza alle ricordate superfici di rottura, si aprono delle fessure attraverso alle quali si continua la roccia che forma il mo- dello intracranico. Queste fessure in due casi (destra dell'individuo n.° 7 e sinistra dell'individuo n.° 8) presentano una strozzatura mediana dovuta ad una sottile lamina ossea. Negli altri due casi invece, degli Stessi individui, queste fessure si risolvono in due fori vicini, ma affatto indipendenti, uno laterale poste- riore irregolare e più grande che corrisponde ai fori lacero anteriore e rotondo, attraverso ai quali dovevano passare i nervi del III, IV, V (primo e secondo ramo) e VI paio; e uno anteriore rotondeggiante, pre- ceduto da una breve doccia irregolare, che serviva per il passaggio del II paio, dell’arteria oftalmica e della corrispondente vena. A questo proposito aggiungeremo come tanto nel modello intracranico quanto nella superficie interna della base del cranio, a partire dalla regione del foro ovale (dove esce il terzo ramo del V paio) si possa seguire, con molta chiarezza, l'andamento dei due primi rami del trigemino fino alla confluenza coi nervi del III, IV e VI paio nel grande foro lacero anteriore. Questo decorso è reso manifesto dalla presenza di due leggeri solchi nella superficie interna della base del cranio e da due corrispondenti cingoletti allungati nel modello intracranico. Dal lato interno di queste due linee di [47] G. DAL PIAZ 265. Fic. 23. Fio. 24. Ù Bo ILAMo Ico ) p 6 I, IV. Vin2, VI Rici ZI! c Vino SI Va | | ) VII, VII (A IX, XxX, XI, Vi GUZZI XII XII InAM VII, VINI nea VII VINIX, X. XI Vi NE ; Lt FS HH, IV, Vino, VI DX x, XI, Vi Fig. 23-26. Cyrtodelphis sulcatus GERv. sp. Modello intracranico. Metà della grandezza naturale. Fig. 23, visto di sopra: — Fig. 24, visto di sotto. — Fig. 25, visto di fianco. — Fig. 26, visto di dietro. Ed — Emisfero cerebrale destro. S.l1. — Impressioni di seni longitudinali della base Es — Emisfero cerebrale sinistro. del cranio (probabilmente seno petroso Lf. — Lobo frontale. e seno GaVernoso). Lp — Lobo parietale. P. — Ponte. Lo — Lobo occipitale. Pi. — Parte iniziale del midollo allungato. Lt — Lobo temporale. Amm. — Impressioni dell’ arteria meningea media e Bo — Bulbo olfattorio. della vena omonima. F1 — Fessura longitudinale. Cc. — Carotide. FS — Fossa di Silvio. Rci. — Rami della carotide interna. Lo — Lobi cerebellari. I. — Nervo olfattorio. Cv — Impronta del verme superiore. II. — Ottico. Ss — DECENTE superiore del cervelletto. III, IV, V1-2, VI. — Oculomotore, Trocleare, Primo e Ma. — Midollo allungato: Ere) ‘ secondo ramo del Trigemino, Abducente. Ice. — Impressioni dì circonvoluzioni. ; V 3. — Terzo ramo del Trigemino. Iss. — Impressioni del seno sagittale superiore. VII, VIII.— Facciale, Acustico. Ieg. — Impronta dell’apofisi cristagalli. Da TX, X, XI, Vi. — Glosso-faringeo, Vago o Pneumoga- Ico. — Impressioni delie circonvoluzioni orbitarie strico, Ricorrente. Vena giugulare in- inferiori. 3 terna. Ip. — Ipofisi ed altri organi della sella turcica. XII. — Ipoglosso. 266 G. DAL PIAZ [48] decorso, quasi a contatto con esse e con direzione parallela, si riscontrano altri due solchi (cingoletti nel modello) i quali si originano alquanto più in dietro, poco oltre la posizione del foro ovale. Questi solchi della base interna del cranio (ai quali fanno riscontro dei cordoncini nei modelli) sono dovuti alle im- pressioni dei seni longitudinali inferiori della dura madre e corrispondono, con ogni probabilità, al sero petroso e al seno cavernoso dei mammiferi attuali. Circa nel centro della superficie pianeggiante della base dei modelli intracranici si riscontra un tu- bercolo mammellonare bilobato, piccolo e depresso in alcuni casi, discretamente sviluppato e sporgente in alcuni altri. A questo tubercolo, che si trova nella posizione dell’ipofisì, fa naturalmente riscontro, sulla faccia interna della base del cranio, una fossetta che corrisponde alla sella turcica dello sfenoide. A lato della sporgenza dovuta all’ipofisi e agli altri organi della sella turcica, si trovano, nel modello, due cingoletti rocciosi troncati, in continuazione dei quali, attraverso allo sfenoide, si notano due fori che servivano pel passaggio della carotide. È interessante far osservare inoltre come, nella faccia inferiore di uno dei modelli meglio conservati (Tav. VII, fig. 16), si riscontri ancora il decorso, ad arco, delle arterie cerebrali anteriori che provengono dalle ramificazioni della carotide interna. Continuando il nostro esame della faccia inferiore del modello intracranico noi troviamo che fra i cordoncini longitudinali corrispondenti ai seni petrosi e cavernosi della dura madre e le superfici interne dei lobi temporali, proprio sulla continuazione del tracciato percorso dal primo e secondo ramo del V paio, s’innalzano due cingoletti di sezione ellittica che si continuano nel foro ovale della base del cranio e che corrispondono quindi alla terza diramazione del frigemino e ad un plesso venoso che la accompagna. In tutti i modelli intracranici presi in esame in questo lavoro, fu sempre riscontrata la presenza di questo cingoletto affatto isolato e quindi l’indipendenza del corrispondente foro ovale rispetto quelli che lo pre- cedono e che lo seguono (v. parte prima pag. 21). Subito dopo i cingoletti che attraversano i fori ovali, dal lato posteriore dei lobi temporali, s’innal- zano due grossi peduncoli a forma di tronco di cono nei quali, per la presenza di due solchi, è evidente l'associazione di più fasci concorrenti per l’avvenuta fusione di due o più fori della base del cranio in uno solo. Questi peduncoli attraversano infatti i fori laceri posteriori e medii fusi assieme e tengono il posto che era occupato dai nervi del VII e VIII paio anteriormente, da quelli del IX, X, XI paio e dalla vena giugulare posteriormente. La regione di mezzo, che forma la parte mediana posteriore della base del modello intracranico, è costituita dal porte il quale, seguito dal tratto iniziale del midollo allungato, occupa la così detta doccia basilare dell’anatomia umana. Finalmente, per completare lo studio di questa parte di modello, prima di prendere in esame la faccia posteriore, aggiungeremo come in tutti gli esemplari intracranici esaminati, a 15 mm. circa dalla superficie di rottura dei due tronchi di cono che tengono il posto dei ricordati nervi e della vena giugu- lare, lungo l’orlo posteriore si attaccano due cingoletti che dirigendosi lateralmente in basso si continuano poi attraverso ai fori condiloidei donde passano i nervi del XII paio (poglosso). Visti dal lato posteriore i modelli intracranici hanno il contorno a forma di semicerchio inciso dalla fessura mediana degli emisferi, seguita (verso il basso) da una massa a sezione di trapezio che costi- tuisce il cervello terminale. Questa regione del modello intracranico di Cyrtodelphis è ben distinta dal resto per la presenza, dietro i lobi occipitali e temporali, di un profondo solco dovuto all’esistenza del tentorio ossificato, il quale si estendeva come un tramezzo continuo (salvo nella regione di mezzo) fino a [49] G. DAL PIAZ 267 fondersi con le pareti della cavità cranica ®. In quest’ ultima parte del modello intracranico noi distin- guiamo, in alto, di fronte alla fossa lasciata dalla falce, un tubercolo che si eleva a guisa di piccola piramide a sezione triangolare e che tiene il posto occupato dal verme superiore. Sotto questo piccolo tubercolo succede una larga area pianeggiante o poco convessa, costituita dalla superficie superiore del cervelletto, della quale la parte mediana corrisponde naturalmente alla posizione del verme mediano e inferiore. I Ai due lati di quest’area, presso la regione occipitale, si trovano due masserelle bitorzolute, rilevate, discretamente sporgenti, piuttosto piccole, che occupano il posto dei due lobì ceredellari. Ancora più in dietro, il modello intracranico va. restringendosi e passa al midollo allungato che co- mincia con una sezione ovale schiacciata cioè coi due diametri rispettivamente di 34 e di 20 mm., di cui il maggiore è disposto in senso orizzontale (individuo n.° 1). Terminata così la parte descrittiva del modello intracranico di ©Cyrtodelphis, credo opportuno far seguire quelle poche deduzioni che dai risultati dell’esame e da qualche raffronto comparativo che pos- siamo eseguire, si presentano più evidenti e meno incerte. L’impossibilità di poter fare una rigorosa ricostruzione non dello scheletro, ma di tutto il corpo del genere Cyrtodelphis tale che in base al suo volume si possano istituire dei confronti attendibili fra lo sviluppo delle varie parti, c'impedisce di seguire l’usitato sistema di dare il rapporto fra il volume della cavità intracranica e quello del corpo dell'intero arimale. Nel nostro caso i confronti non si possono istituire che con lo scheletro e per avere dei valori meno incerti soltanto col cranio. Questi rapporti, per gli elementi fra i quali sono istituiti, non sono certo quelli che meglio si prestano allo scopo, tuttavia essi possono servire a dare un’idea generale, meno incompleta, intorno allo sviluppo della cavità cranica del Cyrtodelphis in relazione a quella di qualche altro genere attuale. Come ho già ricordato in principio di questo capitolo, a primo aspetto i modelli intracranici di Cyrtodelphis fanno l’effetto di essere assai voluminosi. Essi sono infatti, in volume assoluto, alquanto superiori a quelli della vivente Pontoporia, ma se si tiene conto invece delle dimensioni del cranio e se facciamo un raffronto comparativo per esempio con la lunghezza dei rispettivi cranî, otteniamo i risultati seguenti, dai quali appare evidente come il Oyrtodelphis sulcatus presenta una capacità cranica, relativa, notevolmente inferiore a quella della Pontoporia e più ancora a quella del comune Delphinus. EEE Ss O Modello intracranico. Individuo n. 1 . o . cm3 337 em. 75? Cyriodelphis sulcatus » » » Tovo o . » 316 » — » » » Go o 6 » 450 » _ Esemplare del Museo di Buenos-Aires . 0 o » 212 » 34 Pontoporia Blainvillei » » Genova . È - È » 193 » 39 | » » Padova . - 6 Ò » 170 » 28 Delphinus delphis — Media di parecchi individui °° . o o 0 » 1773 » 43 1) Il fentorio, costituito in origine dalla dura madre, si presenta ossificato in taluni Marsupiali, Cetacei, e anche in certi Carnivori. In un cranio adulto di delfino di specie vivente ho riscontrato io stesso la presenza di questa parete annulare, essa però non si continuava lateralmente come nel Cyrfodelphis sulcatus, ma lasciava due larghe fessure. Altri crani di Delfinidi non presentano invece traccia alcuna di tentorio ossificato. 2) ManouvRIEZ in Mém. Soc. Anthr. Paris, sér. II, vol. II, pag. 166. 268 da. DAL PIAZ 150]. Il modello della cavità cranica dei comuni Delfini e dei Platanistidi, ha una forma globulare non molto elevata, nella quale il diametro trasverso è sempre superiore di quello longitudinale. Così ad esempio in un modello intracranico di Pontoporia Blainvillei del Museo civico di Buenos Aires (Tav. VIII, fig. 4a-d) i due diametri presentano il seguente rapporto: Diametro antero-posteriore . /././& 0.0.0... +... mm. 70 Diametro; trasyerso,u neo LINES Re ee 93 dove si riscontra una notevole superiorità del secondo sul primo. I modelli di Cyrtodelphis sono pure globulari ma, dei due diametri, il maggiore, invece del trasverso, è quello longitudinale (v. pag. 45); di modo che questi modelli, al contrario di quelli dei comuni Delfini e dei Platanistidi, hanno una forma allungata nel senso del diametro antero-posteriore. Tale diversità fra due generi appartenenti alla stessa famiglia e di cui l'uno è la forma antenata dell’altro, non è casuale, ma trova, come vedremo appresso, la sua spiegazione nelle graduali e profonde, modificazioni subite nel decorso del tempo dalla forma fossile alla vivente. Oltre ad un insieme relati- vamente più stretto ed allungato degli emisferi cerebrali presi da soli, i modelli intracranici di Cyrto- delphis sono forniti, anteriormente, di due grossi lobi olfattori i quali aumentano alquanto la lunghezza del diametro antero-posteriore. La posizione di questi lobi è affatto anteriore senza accenno (come av- viene invece in diversi altri mammiferi acquatici, nei primati ecc.) di regressione, di guisa che, sotto questo aspetto, il Cyrtodelphis sulcatus appartiene ai mammiferi osmatici. Altrettanto si può dire, per lo stesso modello, se lo prendiamo in esame dal lato posteriore dove i lobi- cerebellari non appaiono punto ricoperti dalla massa degli emisferi, ma ben distinti da essi per mezzo di due profondi solchi che occupano la posizione del tentorio. Nel cervello degli attuali Platanistidi e dei Delfini si riscontra invece, come è noto, la scomparsa assoluta d’ogni bulbo olfattorio; oltre a ciò i lobi cerebellari non sono spostati in dietro come nel caso del Cyrtodelphis, ma (in via normale) quasi totalmente ricoperti dagli emisferi cerebrali ?. Una simile modificazione delle due parti estreme (anteriore e posteripre) del cervello di questi animali, ha avuto per conseguenza una notevole diminuzione nello sviluppo longitudinale e. l’avvicinarsi del modello intra- cranico ad una forma sempre più globulare, ma nella quale però l’asse maggiore ha disposizione tra- sversa. A questo fatto va attribuito del resto un valore generale, e quantunque gli esempi non siano molto frequenti (per mancanza di materiale fossile ben conservato), pure modificazioni del tutto analoghe a quelle fatte or ora rilevare pei Delfinidi, si possono constatare anche in parecchi altri gruppi d’animali e basti ricordare, fra i Carnivori, la famiglia dei Viverridi viventi e fossili fra gli Amblipodi quella dei celebri Dinoceras #4, fra i Sirenidi il modello intracranico di Eotherium aegyptiacum, dal cui raffronto con quello di Manatus americanus 9 appare, con altrettanta evidenza quanta nel nostro caso, quale notevole raccorciamento sia avvenuto dalla forma fossile alla vivente. A questa diminuzione di sviluppo longitudinale si collega, a sua volta, lo spostamento delle varie deri- 1) Le stesse condizioni di sviluppo e di forma si rispecchiano naturalmente anche nell’encefalo; si veda infatti: STANNIUS. Ueber den Bau des Delphingehirnes; — BurmeISTER. Op. cit. 2 BurMEISTER G. Op. cît.; — HuxLEy T. H. A Manual of the Anatomy of the Vertebrated Animals. London, 1871. 3) FilHoL H. Recherches sur les phosphorites du Quercy. Annales des Sciences géologiques, tom. VIII. Paris, 1877. 4 MarsH O. C. Dinocerata, a Monograph of an cxtinct Order of gigantie Mammals. U.S. geol. Survey, vol. X, 1886. 5) OwnN R. On Fossil Evidences of an Eocene Sirenian Mammal. Quarterly Journal of the Geological Society, 1875. |51| G. DAL PIAZ 269 vazioni dei nervi della base del cranio, le quali, dalle forme fossili alle viventi, subiscono un progressivo ravvicinamento nel senso del diametro antero-posteriore. Questo fatto può essere constatato, con molta evidenza, facendo un confronto fra le fig. 10 e 4% della Tav. VIII e va tenuto presente per la giusta interpretazione delle varie parti che si possono distinguere nella base dei diversi modelli intracranici. Le maggiori somiglianze dei nostri modelli intracranici stanno (come del resto è facile immaginare) per quelli dei Delfinidi in genere e della Pontoporia in specie. I constatati caratteri riguardanti la forma di tali modelli, la posizione e lo sviluppo dei vari fasci di nervi e specialmente dei lobi olfattori ci pro- vano che il genere Cyrtodelphis, rispetto i Platanistidi viventi, rappresenta una forma meno evoluta e assai meno specializzata. ; Questi risultati sono in perfetto accordo con quelli ai quali vennero, da alcuni anni, KùkENTHAL e ZieneN ! nello studio del sistema nervoso centrale dei Cetacei; essi rispondono completamente ai rapporti che legano la filogenia all’ontogenia e dimostrano, ancora una volta, quale prezioso sussidio possa venire dalle conclusioni dell’una nell’interpretazione dei fatti e nell’indirizzo delle ricerche dell’altra. RASSEGNA DEL MATERIALE ESAMINATO miti (Parte prima: Tav. XXVIII [I], fig.1 a-c; Tav. XXIX [II], fig. 4; Tav. XXXI [IV], fig. 5a, d. Parte seconda: Tav. XVIII [V], fig. 1a, d, 3a-c, 6, 7a-c; Tav. XIX [VI], fig. 1a-c, 2a-c, 3a-c, 4a-c, ba-c, 6a-c; Tav. XX [VII], fig. 4-7; Tav. XXI [VIII], fig. 1a-d). Gli avanzi riferibili a questo individuo sono i meglio conservati fra quanti ebbi occasione di raccogliere. Questi avanzi constano di un bellissimo cranio quasi completo, di numerosi denti, vertebre ed altre ossa, più o meno bene conservate, che furono raccolte assieme ed estratte da parecchi blocchi che, nel giaci- mento naturale, succedevano ordinatamente. Il cranio ha una lunghezza massima di 63 centimetri, misura inferiore alla lunghezza che doveva raggiungere se l’esemplare non fosse mancante dell’estremo anteriore del rostro. Lo stesso cranio è parzialmente rotto nella regione dei parietali, dei sopra-occipitali e manca dell’ apofisi orbitaria sinistra. Tutto il resto è in uno stato di conservazione quasi perfetto ed ha fornito il mezzo, specie la base del cranio, ad una serie di interessanti osservazioni. Cranio, vertebre ecc. furono minutamente descritti nella parte generale di questo stesso lavoro, mano mano che si trattò delle varie ossa che compongono lo scheletro. Ciò ci dispensa da un ulteriore esame tanto più ch’ esso non sarebbe che una inutile ripe- tizione di particolari già fatti rilevare. i) KireNnTHAL W. e Zionnn T. Ueber das Centralnervensystem der Cetaceen nebst Untersuchungen iiber die ver- gleichende Anatomie des Gehirns bei Placentaliern. (Parte 3.3: KixenTHAL. Vergleich. Anat. u. entwickelunggeschichili- che Untersuch. an Walthieren). Denkschr. d. Med. Naturw. Gesellsch. Jena, vol. III Palacontographia italica, vol. XI, 1905. 93 270 G. DAL PIAZ [52] Ricorderò, ad ogni modo, come la determinazione generica e specifica del cranio fu eseguita in base a diretti confronti con materiale, pure dell’arenaria di Belluno, ch’ era già stato riferito, con tutta cer- tezza, al Cyrtodelphis sulcatus !) e col raffronto dei numerosi e bene conservati avanzi della Francia ?) e dell'Austria 3), sia per ciò che riguarda le varie ossa del cranio, sia per i denti dei mascellari superiori e della mandibola. Questi studi comparativi, dopo stabilita l’identità specifica fra i vari individui, hanno permesso di poter rilevare (usufruendo anche dei risultati degli altri lavori) quali sono i caratteri più costanti o che meglio si prestano per distinguere il gen. Cyrtodelphis e la specie sulcatus. Essi furono già esposti nella memoria sopra citata e riprodotti, in modo più completo, nella trattazione dei vari capitoli del presente studio. Individuo n. 2. (Parte prima: Tav. XXIX [II], fig. 1a, b, 2, 3a, è). 1896. Schixodelphis squalodontoides? Vapelliniù Loncar 4). i Gli avanzi di questo individuo furono raccolti dal prof. LoneHI il quale, dopo averne fatto argomento di una memoria, regalò l'interessante esemplare all’illustre prof. CAPELLINI. * Dallo studio del prof. Lone®Gi risulterebbe che il fossile in discussione appartiene ad una nuova specie del genere Schizodelphis = Cyrtodelphis. L'autore osserva giustamente che i caratteri del genere Cyr- todelphis appaiono evidenti dalla forma del rostro percorso da solchi laterali, e dalla cassa timpanica, la quale (pag. 16) “ rispecchia fedelmente la forma allungata, a becco nella sua parte anteriore, della cassa auditiva dello Schizodelphis ,. Ma poi, passando all’esame dei denti, nota che le cose sono ben diverse da quanto sembrava a primo aspetto, e dopo aver detto che ci sarebbe stata più d’una ragione per istituire un nuovo sottogenere, si limita alla fondazione di una nuova specie che basa sulle seguenti argomentazioni (Op. cit., pag. 17): “ I confronti che sì potrebbero stabilire fra il rostro di Cullonighe ® con gli altri Schicodelphis descritti “ nel Miocene, sono con lo Sch. planus GeRv.; Sch. canaliculatus v. MevER, Sch. Depereti Pag.; Sch. sul- “ catus GERV. “ Ma tali confronti avrebbero valore se il rostro di Cullonighe mancasse deì denti e solo sì dovesse giu- « dicare delle ossa del cranio; ma mel caso presente avvi un fattore della più alta importanza, come sono è “ denti, i quali non permettono confronti ed allontanano da esso qualunque altra forma di Delfinorinco “ conosciuta fino ad oggi. Da ciò chiaro appare che il fossile dî Cullonighe è forma nuova ecc....y. Ora lasciando pure a parte il fatto che non mancavano nella letteratura paleontologica esempi di denti di Cyrtodelphis (= Schizodelphis) sulcatus i quali, lungi dall’essere diversi, avevano invece una stra- ordinaria somiglianza con quelli della parte anteriore del eranio in discussione, non si può comprendere 4) DAL Praz G. Di alcuni resti di Cyrtodelphis sulcatus dell’arenaria miocenica di Belluno. Palaeontographia ita- lica, vol. VII. Pisa, 1901. 2 GrervaIs P. Mém. de l’Acad. de Montpéllier, tom. V, 1861. 3) ABnL O. Untersuchungen ‘ber die fossilen Platanistiden des Wiener Beckens. Denkschr. d. k. Akad. d. Wissen- schaften, Bd. LXVIII. Wien, 1899. 4) LongHI P. Della pietra da coti o da mola bellunese e di alcuni suoî fossili. Atti della Soc. Ven. Trent. dil Scienze nat., serie II, vol. III. Padova, 1896. 5) Cullonighe — località presso il villaggio di Tisoi dove venne raccolto il cranio in discussione. [53] G. DAL PIAZ 271 come i suesposti confronti avrebbero avuto valore soltanto se il fossile di Cullonighe fosse stato privo di denti. Oltre a ciò dal canto mio non riesco pure a spiegarmi come i notevoli rapporti di identità riscontrati fra la cassa timpanica e le altre ossa del cranio raccolto a Cullonighe e quello degli Schizo- delphis tipici, non abbiano fatto passare per la mente dell’autoré il sospetto che tali somiglianze potes- sero essere estese anche alla dentatura, tanto più che, malgrado i numerosi lavori comparsi su questi Platanistidi, la dentatura degli Schizodelphis era ignota quasi completamente e che proprio nulla vietava ch’essa (come infatti ebbi campo di dimostrare altrove !) potesse conservare le ultime e assai ridotte testimonianze della sua origine eterodontica. Il prof. LoneHI invece, non ostante le constatate identità scheletriche e non ostante gli mancasse qualsiasi dato di fatto sulla pretesa diversità della dentatura, preferì ritenere che si trattasse di una Specie nuova caratteristica e ben distinta da tutte le forme fino allora note. Fin qui però le cose si sarebbero limitate ad uno di quei casi, abbastanza frequenti del resto, di specie nuove che, o per cause indipendenti dalla volontà dello studioso o per deficienza di indagini, fu- rono ritenute per tali, ma che poi materiale più abbondante e ricerche più esaurienti hanno potuto sta- bilire trattarsi di vecchie specie, delle quali purtroppo l'illustrazione è sovente incompleta. Ma il peggio si è che il prof. LoneHI non solo ha trascurato ogni ricerca sulla dentatura del Cyrtodelphis (= Schizo- delphis) sulcatus preferendo ritenere a priori ch’essa (perchè assente in alcuni esemplari) potesse essere affatto diversa da quella dell'individuo di Cullonighe, ma pel fossile ch’ebbe la ventura di esaminare ha dato un’illustrazione dei singoli denti così esagerata per ciò che riguarda la presenza e lo sviluppo delle crenellature e dei piccoli tubercoli dei denti posteriori, da svisarne addirittura il loro tipo. Se le cose fossero state realmente come ci vengono riferite dall’autore e rappresentate nella tavola illustrativa, il fossile preso in esame sarebbe stato di tale importanza da meritare non una specie nuova, ma da ren- dere indispensabile la fondazione di un nuovo genere, il quale avrebbe costituito il tipo di una famiglia che colmava la lacuna esistente fra i Platanistidi e gli Squalodontidi. Da ciò è facile comprendere come altri, giudicando specialmente dall’ esame delle figure della tavola, possa esser stato tratto in inganno ?), e si comprenderà quindi come, prima di venire a qualsiasi esame comparativo di questo fossile con altre specie note, sia necessario rifarne completamente la descrizione, pure succinta, ma ordinata e precisa, accompagnata da illustrazioni tali che diano il fossile, e special- mente i denti, quali essi sono realmente, senza trascurare dettagli, ma anche senza esagerazioni che rendono vano ogni raffronto, inutile ed immaginario qualsiasi riferimento generico o specifico. Il bellissimo esemplare, del quale riprendiamo lo studio, consta di buona parte del cranio che, com- presa la mandibola, raggiunge una lunghezza complessiva di 61 centimetri. Abbastanza bene conservato, ma non completo, è il mascellare destro. Del mascellare sinistro sono presenti alcuni frammenti della parte anteriore e della parte media. Degli intermascellari discretamente conservato è il destro, parzial- mente il sinistro che sale fino alla regione nasale dove appunto il cranio è troncato. Dell’intermascellare N sinistro è conservata soltanto la parte mediana posteriore e un frammento dell’anteriore. Sono presenti 1) Dar Praz G. Sugli avanzi di Cyrtodelphis sulcatus dell’ arenaria di Belluno. Parte prima. Palaeontogr. italica, vol. IX. Pisa, 1903. 2) ABnu 0. Untersuchungen diber die fossilen Platanistiden des Wiener Beckens, pag. 9. Denkschr. d. k. Akad. d. Wissenschaften, Bd LXVIII. Wien, 1899; — Ip. Les Dauphins longirostres du Boldérien des environs d’Anvers, pag. 37 in nota. Mémoires du Musée roy. de Belgique, tom. 1. Bruxelles, 1901; — DE ALESSANDRI G. La pietra da cantoni di Rosignano e di Vignale, pag. 23. Memorie della Soc. ital. di Scienze nat. vol. VI, fasc. 1. Milano, 1899. 272 G. DAL PIAZ [54] inoltre dei frammenti del mesetmoide, del frontale, del parietale, del basi-sfenoide, dell’alisfenoide, del- l’apofisi zigomatica destra, del temporale, le ossa pterigoidee, il vomere e le palatine. Della mandibola, meno un frammento dell’estremità anteriore, è presente tutta la parte di destra e buon tratto di quella di sinistra. Dei rami liberi solo quello destro si può considerare pressochè completo e la sua lunghezza, dalla superficie articolare del condilo all’angolo sinfisario, è di circa 27 centimetri. È pure conservata, e in ottime condizioni meno una piccola parte del tratto anteriore interno, la cassa timpanica destra isolata e staccata dal periotico. I denti, ancora presenti e in posto, sono parecchi. Molti sono bene conservati, ma di alcuni non ci restano che dei frammenti. In tutto si notano 20 denti sul mascellare superiore destro, 16 sul mascel- lare superiore sinistro, 15 sul fianco destro della mandibola e 16 su quello di sinistra. Parecchi denti mancano completamente e il loro posto è segnato dalle fossette alveolari. Denti del mascellare. — Dei denti di questo individuo è opportuno trattare con un certo dettaglio, non solo pel loro valore sistematico, ma perchè su di essi il prof. Loneni basò esclusivamente la sua specie nuova. Nella descrizione di questi denti ci occuperemo di quelli del lato di destra e più special- mente dei posteriori procedendo dall’indietro all’avanti e ciò perchè con questo sistema si usufruisce di un sicuro punto di partenza. I denti del tratto medio ed anteriore sono assai meno importanti non assu- mendo caratteri specifici ben marcati. Primo. — Corona a forma cuspidale, con l’ apice ricurvo verso l'interno. Faccia esterna pochissimo convessa munita di lieve depressione mediana nel tratto inferiore. Sottile rilievo lineare sulla metà su- periore dello spigolo anteriore sfumantesi sulla faccia esterna, la quale non presenta dentelli. Questi sono invece presenti alla base della faccia interna, grossi e rugosi. Altezza della corona mm. 7, larghezza alla base mm. 3 }|,. Secondo. — Molto guasto. Terzo. — Pure guasto, ma in ciò che resta è assai evidente il rilievo lineare anteriore. Quarto. — Questo dente è molto interno e in parte ricoperto, non si può esaminare quindi suffi- cientemente. i Quinto. — Non presenta granulazioni esterne; l’orlo posteriore non si può esaminare, probabilmente liscio, quello anteriore è consumato nel suo tratto superiore. Sesto e Settimo. — Tutti e due assai guasti. Ottavo. — Solita forma conico-compressa priva di granulazioni esterne. Orlo anteriore occupato da un lievissimo cingoletto lineare sfumantesi prima di arrivare sulla faccia esterna. Nono. — Come l’ottavo. Decimo, Undecimo, Dodicesimo. — In questi denti il cingoletto lineare va facendosi sempre più sottile e termina con lo scomparire completamente. La forma della corona è assai più allungata di quanto lo sia nei denti già descritti, oltre a ciò l’impianto, rispetto la direzione del mascellare, è diritto, mentre negli altri denti del tratto posteriore è più o meno obliquo. i Procedendo nel nostro esame verso l’estremo anteriore si riscontra che i denti diventano sempre meno caratteristici, essi tendono all’ uniformità, ad assumere cioè, per ciò che riguarda la corona, una forma conica appuntita, lievemente compressa, passando, lentamente, per quelle modificazioni che furono già fatte rilevare nella prima parte di questo stesso lavoro. La lunghezza massima della corona dei denti anteriori dell'esemplare in istudio, è abbastanza ragguardevole, in alcuni essa raggiunge quasi 14 mm. Denti della mandibola. — Anche in questo caso noi non ci occuperemo che dei denti del lato destro, che, rispetto al sinistro, sono assai meglio conservati. [55] G. DAL PIAZ 273 Primo. — Corona di forma triangolare, con impianto obliquo e con l’apice ricurvo all’indietro. Faccia esterna con due lievissimi dentelli appena percettibili, situati all’incirca a metà altezza. Parte mediana della faccia esterna con la solita depressione longitudinale; faccia interna in parte consumata per l’uso e provvista, verso la base, delle solite salienze rugose. L'orlo anteriore è occupato da un cingoletto lineare la cui origine, in alto, dà luogo ad una sottile sporgenza a guisa di dentello. (v. Parte prima pag. 212 [26]). Le dimensioni sono le seguenti e come sempre notevolmente inferiori di quelle dei denti ante- riori: altezza mm. 6 a 6!/,, larghezza mm. 4. Secondo. — Molto simile a quello descritto. Faccia interna con le solite granulazioni alla base. Faccia esterna solcata dalla depressione mediana inferiore e munita di due estremamente lievi tubercoli. Orlo posteriore con sottilissime dentellature, delle quali una alla base leggermente più grande delle altre. Orlo anteriore occupato dal solito cingoletto tagliente che origina, in alto, un piccolissimo dentello. Questo orlo è intatto nella sua parte superiore ma poi, dalla metà in giù, è consumato per l’uso, di modo che apparisce diviso in due parti delle quali l’esterna va lentamente sfumando. Terzo.— Simile assai al secondo. Faccia esterna liscia con depressione mediana inferiore. Orlo poste- riore un poco consumato, in esso sono quindi scomparsi i sottilissimi dentelli che lo dovevano ornare. Quello anteriore è occupato, come sempre, da un cingoletto tagliente che principia subito sotto l’apice, continua un poco lungo lo spigolo e poi diverge e si sfuma sulla faccia esterna. Faccia interna con le solite crenellature alla base. Quarto e Quinto. — Mancanti o ridotti a frammenti di nessun valore. Sesto. — In parte guasto; ciò che resta della corona mostra la faccia esterna liscia e le solite cre- nellature rugose su quella interna. L'orlo posteriore è guasto, quello anteriore è percorso, nel suo tratto più alto, dal solito cingoletto rilevato tagliente che segue lo spigolo fino a metà e poi diverge all’esterno. Nulla di caratteristico distingue i denti della parte media e anteriore, per essi sono da ripetersi le cose fatte osservare a proposito dei corrispondenti denti del mascellare. La radice, tanto nei denti del mascellare che in quelli della mandibola, è rigonfia, bitorzoluta e poco arcuata nei denti del tratto posteriore, grande, assai compressa e fortemente ricurva all’ indietro in quelli dell'estremo anteriore. Le radici dei denti del tratto mediano, rappresentano naturalmente una forma intermedia e fanno lento passaggio fra i tipi dei due estremi. x» *o Ck Ora se veniamo alla determinazione generica del fossile di Cullonighe, mi pare che la succinta de- scrizione da noi data abbia messo in evidenza, con sufficiente chiarezza, trattarsi di un Cyrtodelphis. Che il fossile presenti nel-suo complesso i caratteri propri del genere Cyrtodelphis (= Schizodelphis) fu pure ammesso dallo stesso prof. LoneHI, e non sarà difficile, a chi è pratico in questo genere di studî, rendersi persuaso anche con un semplice esame delle fig. 1 a 3 della Tav. XXIX [II] che accompagna la prima parte di questo lavoro. Riguardo la determinazione specifica, le particolarità morfologiche del cranio sono tali da mostrarci subito la sua grandissima somiglianza col cranio di Cyrtodelphis sulcatus. Infatti, anche con l’esame delle citate figure noi vediamo subito come l’andamento delle ossa intermascellari, la forma di quanto è ancora conservato della regione nasale, quella delle ossa della volta orbitaria; l'andamento della sutura tra il mascellare e l’intermascellare, la particolare struttura del vomere, sia posteriormente che anteriormente presso la sinfisi dove esso spunta fra i mascellari, e specialmente il tipo di sutura a W tra il mascellare e le ossa palatine, non potrebbero rispondere con maggiore concordanza con quanto fu fatto rilevare Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. 33% 274 G. DAL PIAZ [56] nella dettagliata rassegna dei caratteri che distinguono il Cyrtodelphis sulcatus. Così la mandibola ha lo stesso identico tipo sia nella parte fusa, sia nei due rami liberi. (v. Tav. XXVIII [I] e Tav. XXIX [II]). L'unione dei due rami avviene con un angolo arrotondato e, anche in questo caso, tale angolo passa, superiormente e inferiormente, a due solchi che si continuano poi in avanti assai sottili. Anche la cassa timpanica risponde assai bene al tipo della specie su/catus. Ciò fu pure riconosciuto dal prof. LoneHI, ma poi nello stesso lavoro (pag. 19) dopo aver riaffermato che non si può a meno di ravvisare una vera analogia con quella di Schizodelphis sulcatus, nota una differenza nella forma della fes- sura longitudinale. Dai confronti da me istituiti non ho trovato alcuna notevole diversità, se pure non si vogliano ritenere per tali delle cose veramente insignificanti e che, lungi dall’assumere valore distin- tivo specifico entrano appena nel novero dei particolari individuali. Un'ultima e decisiva prova della concordanza specifica fra lo Schizodelphis squalodontoîides? Capel- liniiù e il Cyrtodelphis sulcatus è data dall’ esame dei denti i quali, come s’ è già fatto osservare nella prima parte di questo stesso lavoro, hanno anche in questo gruppo d’animali un valore assai notevole. La concordanza dei denti del tratto anteriore e del medio fra l'esemplare di Cullonighe e quelli sicura- mente riferiti al Cyrfodelphis sulcatus è facile notarla anche dopo un semplice esame delle figure, comprese quelle riprodotte dallo stesso prof. LowsBI, qualora per queste non si dimentichi che le dimensioni sono fortemente ingrandite. In tutti è manifesta la solita forma conico-compressa della. corona con salienze al- lungate alla base interna; in tutti, tenendo conto della loro posizione sul rostro, si osserva completa corri- spondenza anche nella forma della radice. Riguardo i denti del tratto posteriore, che sono i più importanti, noi abbiamo già fatto osservare (pel cranio di Cullonighe) che, oltre alle solite rugosità della base interna della corona, sulla faccia esterna si riscontrano delle sottili e appena percettibili sranulazioni, sull’ orlo posteriore delle finissime seghettature assai vicine e fra loro parallele, e sull’orlo anteriore, in alcuni casi, un minuscolo dentello originato dall’iniziarsi del sottile cingoletto lineare già più volte citato. Ebbene: tutti questi caratteri si riscontrano con la stessa frequenza e con la stessa intensità, salvo delle piccole variazioni individuali, in tutti gli esemplari di Cyrtodelphis sulcatus che portavano ancora i denti del tratto posteriore e che ebbi occasione di esaminare. Si veda. infatti quanto indipendentemente dall’ esemplare illustrato dal LongHI, esposi riguardo la dentatura del Cyrtodelphis sulcatus nella mia prima memoria pubblicata su questo argomento alcuni anni or sono !, e quanto inoltre, con materiale abbondantissimo e in perfette condizioni di conservazione ebbi occasione di far rilevare nella prima parte di questo stesso lavoro. Concludendo adunque, il cranio di Schizodelphis squalodontoides? Capelliniù LoncHI non va riguardato come una forma nuova, ma deve essere riferito ad un Cyrtodelphis sulcatus GeRV. sp. del quale per lo stato delle suture e per quello dei denti (alcuni dei quali sono consumati per l’uso) rappresenta un in- dividuo vecchio o per lo meno adulto. Individuo n. 3. (Parte prima: Tav. XXX [III], fig. 1a, d. Parte seconda: Tav. XVIII [V], fig. 2). I resti riferibili a questo individuo, alquanto incompleto per la consueta incuria degli operai cavatori, constano di un grosso cranio assai guasto, di un frammento della mandibola e di pochi avanzi di alcune vertebre cervicali. i) Dar Praz G. Di alcuni resti di Cyrtodelphis sulcatus dell’arenaria miocenica di Belluno. Palaeontogr. italica, vol. VII. Pisa, 1901. [57] z G. DAL PIAZ 275 Fra le varie ossa del cranio sono ancor presenti le due nasali (incomplete), parte dell’ intermascel- lare sinistro, buon tratto del mascellare, del temporale e del frontale pure del lato sinistro. Le ossa della base del cranio sono alquanto spostate; di esse sono ancora visibili il vomere, lo sfenoide, frammenti delle pterigoidee e delle altre vicine. La regione occipitale manca quasi completamente; abbastanza bene conservata invece è la regione dei fori nasali dove, come s’ è già detto a pag. 205 [19] della prima parte, si ebbe la possibilità di poter esaminare, con molta chiarezza, la forma e l’ andamento delle varie ossa e dove fu constatata inoltre la presenza di due forellini (corrispondenti a quelli della lamina cribrosa dell’ anatomia umana) i quali dovevano servire pel passaggio dei due nervi olfattori. Im questo cranio si può constatare, pure con molta chiarezza, come i due fori nasali, che inferior- mente passano alle coane, sono, rispetto gli attuali Platanistidi e i Delfini, posti alquanto in avanti e atte- stano quindi, come s’° è fatto osservare e come dimostrò il dott. ABEL *), il loro progressivo cammino verso la parte posteriore, man mano che si passò dalle forme fossili alle viventi. Il riferimento specifico è stato fatto con tutta certezza per la forma delle singole ossa ancora conser- vate, pel modo assai chiaro col quale fu possibile fissare i loro rapporti e per lo studio di due denti (uno del mascellare superiore e uno della mandibola) i cui caratteri rispondono perfettamente a quelli dei denti posteriori del Cyrtodelphis sulcatus tipo. Individuo n. 4. (Parte prima: Tav. XXX [III], fig. 2,3; Tav. XXXI [IV], fig. 1, 2). Gli avanzi riferibili a questo individuo furono estratti da un unico blocco e constano di un pezzo del rostro e di buona parte della mandibola ad esso riferibile. Il frammento del rostro, che raggiunge una lunghezza di circa 17 centimetri, appartiene alla parte anteriore e porta ancora sedici denti tutti in uno stato di conservazione perfetto. La mandibola ha una lunghezza complessiva di 40 centimetri dei quali 33 corrono dall’angolo sinfi- sario all'estremità anteriore. Ai lati della mandibola si nota la presenza dei due caratteristici solchi (v. Parte prima; tav. XXXI [IV]); un altro solco segue l’orlo inferiore e si allarga verso l’angolo sinfisario che è spiccatamente rotondo. Anche superiormente, fra le due file dei denti, corre un solco mediano a forma di V. I denti ancor presenti sono parecchi, cioè: 17.sul lato destro e 12 su quello sinistro. Tutti questi denti sono bene conservati e senza tracce d’uso, ciò che prova come trattasi di un individuo giovane. Le particolarità dell’osso mandibolare e quelle dei denti sia superiori che inferiori rispondono per- fettamente ai caratteri fatti rilevare per il Cyrtodelphis sulcatus; anzi la lunga e ordinata successione di denti di questa mandibola, fu di grande sussidio per lo studio delle lente modificazioni che si riscontrano nei denti procedendo da un estremo all’ altro della serie. Individuo n. 5. Gli avanzi riferibili a questo individuo constano di un cranio incompleto, di una mandibola ancora incompleta e di pochi denti. Questo materiale fu preso in esame e determinato col diretto confronto di originali sicuramente appartenenti al Cyrtodelphis sulcatus, ancora alcuni anni or sono 2). Rimando quindi 1) ABnL 0. Les Dauphins longirostres du Boldérien des environs d’Anvers, pag. 178. Mémoires du Musée royal d’ Hist. nat. de Belgique, tom. II. Bruxelles, 1902. i ®) Dar Praz G. Di alcuni resti di Cyrtodelphis sulcatus dell’arenaria miocenica di Belluno. Palaeontographia italica, vol. VII. Pisa, 1901. 276 G. DAL PIAZ |58] il lettore, che volesse una dettagliata descrizione degli avanzi appartenenti a questo individuo, a tale studio il quale mi servì come punto di partenza per le successive ricerche. Individuo n. 6. Trattasi di un cranio incompleto della lunghezza totale di circa 30 centimetri e della larghezza massima di 16 centimetri. Questo frammento rappresenta la parte media del cranio, limitato, posteriormente, dalle ossa che formano la parete anteriore della cavità cranica e troncato, anteriormente, dieci centimetri più avanti dell’altezza dell'angolo sinfisario. Della mandibola sono presenti gli archi liberi e una piccola parte del tratto sinfisario. I denti sono ancora numerosi nella mandibola e assai meno frequenti nel mascel- lare superiore. Questo frammento di cranio per l'andamento degli intermascellari, per la forma dei rami liberi della mandibola, per l’angolo sinfisario e specialmente per i caratteri dei denti che rispondono perfettamente a quelli più volte descritti, va pure riferito al Cyrtodelphis sulcatus. Facendo un confronto con i vari crani pure di Cyrtodelphis sulcatus finora studiati si potrebbe notare che nella regione nasale il cranio n. 6 è un poco più largo degli altri. A questo fatto noi non dobbiamo attribuire però alcun valore specifico, ma semplicemente individuale, mentre ripeto che i vari caratteri dei denti e delle ossa concordano con quelli dei diversi crani già descritti e fra questi, in special modo, con l’esemplare n. 2. Individuo n. ‘. (Parte prima: Tav. XXXI [IV], fig. 4a, d. Parte seconda: Tav. XVII [V], fig. 4a, 5, 5a, b; Tav. XXI [VII], fig. 2a, db). Anche gli avanzi di questo individuo furono raccolti molto disordinatamente e sono assai incompleti. Fra essi possiamo contare la parte posteriore del cranio compreso il periotico sinistro, alcuni frammenti della mandibola, numerose vertebre tutte assai guaste e delle quali non fu eseguita l'estrazione che di due soli frammenti appartenenti alla regione dorsale. Da quel poco che venne conservato del cranio fu possibile completare l’isolamento del modello intracranico che si mostrava in parte scoperto. Questo mo- dello intracranico, pel buon stato di conservazione, è assai interessante specialmente dal lato anteriore dove s’innalzano, assai bene distinti, i due bulbi olfattori (Parte seconda: pag. 46, tav. XXI [VIII], fig. 2a, b). Pure interessante è riuscito l’esame della faccia interna anteriore della cavità cranica, perchè in essa sono nettamente visibili i forellini posti in continuazione ai citati bulbi e che servivano pel pas- + saggio dei nervi olfattori. Alla mandibola sono attaccati ancora pochi denti punto consumati e che pei loro caratteri rispon- dono assai bene ai denti di Cyrtodelphis sulcatus. Individuo n. 8. Trattasi di un grosso cranio il quale, quantunque mancante della regione occipitale e di tutto il tratto anteriore, è uno degli esemplari che più interessano il nostro studio. Assai chiari sono i rapporti delle varie ossa situate nella regione dei fori nasali; bene conservato è pure il modello intracranico che è uno dei più grossi fra quelli raccolti e nel quale è in special modo evidente la sporgenza che s’infossa nella [59] G. DAL PIAZ 2977 sella turcica. D’importanza veramente eccezionale è poi la corrispondente base del cranio vista dal lato interno, nella quale fu possibile esaminare ogni dettaglio, ciò che agevolò moltissimo lo studio generale di questa regione e quello dei modelli intracranici. Tanto la mandibola quanto i mascellari superiori portano ancora alcuni denti i quali rispondono assai bene a quelli tipici di Cyrfodelphis sulcatus. Alcuni di questi denti portano i lievissimi tubercoli fatti no- tare nella descrizione generale e anche nell’ esame dell’ esemplare studiato dal prof. LoneHI; altri mostrano evidenti le tracce dell’uso e denotano che il cranio apparteneva ad un individuo probabilmente vecchio ciò che viene riconfermato anche dallo sviluppo delle varie ossa e dal volume del modello intracranico. Individuo n. 9. È un frammento della parte posteriore di un cranio del quale restano ancora conservati e attaccati al modello della cavità intracranica parte del sopraoccipitale, pochi frammenti dello squamoso destro e sinistro, tutti e due i condili, gli exoccipitali, il basioccipitale e le ali posteriori del basisfenoide. Il sopra- occipitale è notevolmente abbassato per compressione di modo che l’arco superiore del foro occipitale ha subìto una frattura con abbassamento del tratto mediano. Il condilo destro è un poco più basso del sinistro ciò che ha determinato la rottura dell’arco inferiore del foro occipitale e delle sottostanti ossa. I condili, specialmente nelle superfici articolari, sono molto bene conservati ed hanno la solita forma arrotondata che risponde bene a quella dei condili dell’ individuo n. 1. I processi paraoccipitali sono rotti in gran parte e a fianco di essi, nel lato interno, s’infossano due cavità nelle quali si scorgono i fori condiloidei. Del modello intracranico manca la parte anteriore tagliata all’altezza della sutura tra il basi- sfenoide e il vomere. Le dimensioni e la forma, tanto di ciò che resta del modello intracranico, quanto di quella delle singole ossa, e specialmente dei condili, degli exoccipitali, del basisfenoide e dei fori condiloidei, oltre gli altri particolari sopra ricordati, concordano assai con quanto si riscontra nel Cyrtodelphis sulcatus al quale va quindi riferito anche: questo: frammento di cranio. Individuo n. 10. (Parte seconda: Tav. XXI [VIII], fig. 3). Come ho già detto a pag. 44 del presente lavoro, fra i fossili della collezione DE Zieno si trova un modello intracranico (proveniente dalle solite cave di arenaria del Bellunese) che venne riferito ad un delfino (Delphinus Taramelliù Ziano in litt.). Questo modello concorda assai, nelle dimensioni e in tutti gli altri particolari, con quelli degli individui n. 1, e n. 7, ed io ritengo quindi di poterlo riferire, con tutta certezza, ad un Cyrtodelphis sulcatus. Individuo n. 11. Gli avanzi riferibili a questo individuo constano in un frammento del cranio e in un pezzo del rostro al quale sono ancora attaccati alcuni denti. Tanto le ossa del cranio, quanto i denti, rispondono perfet- tamente ai caratteri propri del Cyrtodelphis sulcatus. 278 G. DAL PIAZ [60] Individuo n. 12. (Parte seconda: Tav. XX [VII], fig. 1a, 5, 2a-c, 3a, d). In una delle tante visite alle cave bellunesi ho raccolto alcuni blocchi di roccia che facevano parte di un unico pezzo nel quale si trovavano inglobate molte ossa. Assai numerose fra queste ossa erano le vertebre, delle quali parecchie rispondevano perfettamente a quelle dorsali di Cyrfodelphis sulcatus descritte a pag. 43. Con esse, oltre a diversi denti e ad un frammento di mandibola, mi venne dato poter isolare le vertebre riprodotte nella tav. XX [VII], che per la natura degli avanzi assieme ai quali furono rinve- nute, per la posizione che occupavano e specialmente per la loro forma, credo poter riferire ad un Cyrto- delphis sulcatus, ritenendo che tutto quell’ insieme di ossa, cui sopra accennai, abbia appartenuto ad un unico individuo disgraziatamente incompleto più che per difetto di fossilizzazione per trascuratezza nei lavori di scavo. Siamo giunti così alla fine del nostro studio illustrativo al quale aggiungeremo qualche altra osser- vazione che verrà poi ripresa e svolta, assai più ampiamente, in una trattazione speciale riguardante la filogenia dei Platanistidi in genere, ciò che ci sarà reso più facile e più evidente dopo che conosceremo alcuni generi nuovi dei quali non ci fu ancor possibile dare la descrizione. È indubitato che tutto il materiale da noi preso in esame in questa memoria deve essere riferito ad un’ unica specie, cioè al Cyrtodelphis sulcatus. Non sarà sfuggito tuttavia, specialmente per quanto fu esposto in quest’ultimo capitolo, come da individuo a individuo si manifesti qualche piccola diversità di sviluppo e di forma riguardante tanto le ossa del cranio, quanto i denti. Sulla base di tali osserva- zioni sarebbe certamente di grande importanza poter stabilire i limiti di variabilità del Cyrtodelphis sul- catus; sì comprenderà però a priori come dei risultati buoni e completi su tale argomento sarebbero solo possibili se in questo genere di raffronti si potesse disporre di materiale omologo e nelle stesse condizioni di conservazione o di una raccolta straordinariamente ricca e meglio ancora formata con ele- menti provenienti da località diverse. Tuttavia, limitandomi a quanto appare meno soggetto a possibili errori di valutazione, dirò che nell'esame degli individui passati in rassegna ho avuto campo di consta- tare come fra essi si possano distinguere, con sufficiente chiarezza e concordanza di particolari, due tipi; uno più robusto al quale corrispondono dimensioni maggiori delle varie ossa e dei denti, come è il caso degli individui n. 2, 3, 8 e 9; l’altro più debole con dimensioni minori e denti lievemente più piccoli, come si può notare per gli individui n. 1, 4 e 7. p Tali differenze di sviluppo (più o meno sentite del resto da individuo ad individuo) non sono dovute in questo caso a varietà vere e proprie della specie su/catus, ma, prescindendo anche da possibili varia- zioni di sesso, esse si mostrano, più che altro, conseguenze dell’età diversa dei vari individui. Una si- mile interpretazione è basata sul fatto che mentre nel tipo meglio sviluppato e più robusto le suture (e di queste specialmente quella fra gli intermascellari) sono chiuse e i denti spesso consumati, in quello più debole le stesse suture sono più o meno aperte e i denti in uno stato di conservazione perfetto. [61] PARTE PRIMA. Prefazione Sinonimia del ( pda saliera Descrizione dello scheletro . Cranio in generale. Mascellare Intermascellare . Nasale Frontale . Lacerimale Tugale. Interparietale Parietale . Squamoso Sopraoccipitale . Exoccipitale . Basioccipitale Mesetmoide . Vomere Pterigoideo . Palatino . Basisfenoide. Alisfenoide . Orbitosfenoide Presfenoide . Periotico . Cassa timpanica. Fori della base del cranio Foramen olfactorium . Foramen opticum . Foramen lacerum anterius Foramen rotundum Foramen ovale . Foramen caroticum Meatus auditorius . Foramen lacerum medium G. DAL PIAZ IINCDOREC4E US; | Mandibola » 197 [11] » 197 [11] » 198 [19] » 198 [12] | Colonna vertebrale. » 199 [13] | Vertebre cervicali . » 199 [13] | Vertebre dorsali. » 199 [13] | Vertebre lombari » 200 [14] | Vertebre caudali . » 200 [14] | Arti » 200 [14] Coste . » 201 [15] | Individuo » 201 [15] | Individuo » 203 [17] | Individuo » 205 [19] | Individuo » 205 [19] | Individuo » 206 [20] | Individuo » 206 [20] | Individuo » 206 [20] | Individuo » 207 [21] | Individuo » 20% [21] | Individuo » 207 [21] | Individuo » 208 [22] | Individuo CRISI PRESE ARSA Foramen lacerum posterius . Foramen condyloideum 1] | Foramen magnum. [ [ [5] | Denti in generale . Di: » 192 [6] | Denti del mascellare, parte aaa [8] | Denti del mascellare, parte media. [8] | Denti del mesegiio, parte anteriore. » 196 [10] | Denti della mandibola RE » 196 [10] | Brevi cenni sulla struttura i orionni dei denti. » 197 [11] | Osservazioni sulla Poni del reni phis sulcatus Modello ie nico è 5 » 201 [15] | Rassegna del materiale MO, n. DD 1 DU a 0 Finito di stampare il 21 dicembre 1905. PARTE SECONDA. 279 BETTE le A ea SRERgr cebet dea? gi RT a MET: «a 3 1 PEA, Poni iena pi PETS pas: sean ai le n ea ‘ di MI saprai derslee IE DE dI A Lab Misiant ETA Fey Dari te RE Lo ni ore aa RIPARTO it Mi dr di Ha i Sola ar na ui Sn ra Patata Feet arse sa +prrni ch va SE Lui F i: i ba sergliicha ES RESTI, Perna va AES RAI dit 8 . >» 5 e. Von Aaa rca Spata perni) SIR Ae dal | de È x Ù hi È vi “a si { ci oi x » N i Y ti Noi agro i Dea È 4 Ma Tri "Lola ss de ta oe È n è i CR cos Ù ze Ù pie Ad LAI Fx O, Ù * n go) i. a le pi” ‘ ar ict aa Vs Spiegazione della Tavola I [IV]. la. — Cerithium (sectio dubia) Vacianense n. sp. Esemplare figurato dal lato anteriore. Vàciane, — pag. 57 [191]. 1b. — Lo stesso esemplare, figurato dal lato posteriore. 2a. — Postalia De Stefanii n. sp. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ponti di Bribir, — pag. 4 [138]. 2b. — Lo stesso esemplare, figurato dal lato anteriore. 2c. — Lo stesso, figurato superiormente. 3a. — Phasianella cfr. turbincides LAMARCK. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ponti di Bribir, — pag. 2 [136]. 35. — Lo stesso esemplare, figurato dal lato anteriore. 4. — Trochus cfr. (Pyramis) semitaevigatus De GrecoRIO. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ponti di Bribir, — pag. 8 [142]. 5a. — Altro esemplare, figurato dal lato anteriore. Besca Nuova. 55. — Lo stesso esemplare, figurato inferiormente. 6. — Scalaria (Bifidoscala?) ostrovitzensis n. sp. Esemplare figurato dal lato anteriore. Ostroviza, — pag. 18 [152]. ©. — Scalaria (Parviscala) Visianii n. sp. Esemplare figurato dal lato anteriore. Vàciane, — pag. 17 [151]. 8. — Liotia decipiens BavAn? Esemplare figurato dal lato posteriore. Ponti di Bribir, — pag. 3 [137]. 9a. — Cerithium (Campanile) Lachesis BAvan. Frammento di esemplare mostrante il dettaglio degli ornamenti nei primi anfratti. Ponti di Bribir, — pag. 46 [180]. 96. — Dimensioni dello stesso. 10. — Altro esemplare, non adulto, della stessa specie. Ostroviza. 11. — Altro esemplare, adulto, della stessa specie, figurato dal lato anteriore, e mostrante il dettaglio degli ornamenti nell’ ultimo anfratto. Ostròviza. | 12a. — Nerita pentastoma Desnayps. Esemplare figurato inferiormente. Ostròoviza, — pag. 11 [145]. 125. — Lo stesso esemplare, figurato superiormente. 13. — Altro esemplare, figurato suveriormente. Ostroviza. l4a. — Trochus? dalmatinus n. sp. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ponti di Bribir, — pag. 10 [144]. 145. — Lo stesso esemplare, figurato dal lato anteriore. l4c. — Dettaglio degli ornamenti dello stesso esemplare. 15. — Cerithium (Potamides) Bal Lagonis OrrenEpIM. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ostròviza, — pag. 63 [197]. 16a. — Natica (Ampuliina) parisiensis n’ OrBIGNY. Esemplare figurato dal lato anteriore. Ostroviza, — pag. 28 [162]. 165. — Lo stesso esemplare, figurato dal lato posteriore. 16c. — Lo stesso, figurato di fianco. 7a. — Trochus (Tectus) Radimirii n. sp. Esemplare figurato inferiormente. Vàciane, — pag. 6 [140]. 175. — Lo stesso esemplare, figurato dal lato posteriore. 18a. — Trochus (Monodonta) Zignoi BAvax. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ponti di Bribir, — pag. 10 [144]. 185. — Lo stesso esemplare, figurato inferiormente. 19. — Pleurotomaria dalmatina n. sp. Esemplare figurato dal lato posteriore. Giéverske, — pag. 1 [135]. + Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. Vel 33, Tav IL IVATO, PALAEONTOGRAPHIA (Tav. IV]. DAINELLI, Fauna eocenica di Bribir in Dalmazia. ssa EEC5 % FERRARIO - MILANO CALZOLARI =LIOT i G. DAINELLI. PHOTOGR. E. SANPAOLO AD NAT, DELIN, x Fot AE RAMA A tute ERIC * ; aa pa FIG. 8a. Spiegazione della Tavola II [V]. Cerithium (Bellardia) Cvijici n. sp. Esemplare figurato di fianco. Siveric, — pag. 52 [186]. Lo stesso esemplare, figurato dal lato posteriore. Lo stesso, figurato dal lato anteriore. Altro esemplare della stessa specie, figurato dal lato anteriore. Siveric. Cerithium (sectio dubia) coracinum OrprnHnIM. Esemplare figurato di fianco. Zazvic, — pag. 55 [189]. Lo stesso esemplare, figurato dal lato anteriore. Lo stesso, figurato dal lato posteriore. Cerithium ostrovitzense n. sp. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ostròoviza, —pag. 66 [200]. Cerithium Radimskyanum n. sp. Ostroviza, — pag. 44 [178]. Terebellum (Mauryna?) pliciferum Bayan. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ostroviza, — pag. 76 [210]. Cypraea (Cypraedia) elegans Demranco. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ponti di Bribir, — pag. 82 [216]. Rissoina (Zebinella) bribirensis n. sp. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ponti di Bribir, — pag. 32 [166]. Dimensioni dello stesso esemplare. I Cerithium cervinum BroxGxnIART. Frammento di esemplare mostrante il dettaglio della varice dell’ ultimo anfratto. Ostroviza, — pag. 37 [171]. Altro individuo della stessa specie, figurato dal lato anteriore. Ostroviza. Cerithium !amellesum BruGuUIÈRE. Esemplare figurato dal lato posteriore. Ostròviza, — pag. 35 [169]. Dimensioni dello stesso esemplare. ; Natica (Ampullina) patulina MuniER-CHALMAS. Esemplare figurato dal lato anteriore. Ostroviza, — pag. 26 [160]. Lo stesso esemplare, figurato dal lato posteriore. Lo stesso, figurato di fianco. Nerita cfr. (Odontostoma) mammaria LAamARCK. Esemplare figurato inferiormente. Ponti di Bribir, — pag.13 [147]. Lo stesso esemplare, figurato superiormente. Cerithium (Veriagus) Chaperi Bavan. Esemplare figurato dal lato anteriore. Zazvic, — pag. 45 [179]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALAEONTOGRAPHIA DAINELLI, Fauna eocenica di Bribiy in Dalmazia. TTALICA, Vol SI Tew Ji [ Tav. V]: E. SANPAOLO AD NAT, DELIN,}; G. DAINELLI PHOTOGR ELIOT CALZOLARI A FERRARIO - MILANO AP aghe À D da 0 N a x tal LA” x af: fa" K È FREE IE lE srt sraete ; Mavta wb feltro Pa, Ti pet - Rguvgylore ti DA ; VÀ gard 1% sa La VERRA 1 1. 104,0. 1la-c. 12. 13a-d 14a-c. 150,6 Spiegazione della Tavola III [XLIII]. — Hildoceras Bastianii n. sp. (var. perplicata), dei calcari grigi del Lias m. (Si veda anche Tav. IV [XLIV], fig.15). — Del Museo di Firenze, — pag. 93 [265]. .— Hildoceras Lavinianum MGx., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Firenze, — pag. 94 [166]. .— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 94 [266]. . — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 94 [266]. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 94 [266]. | .— Hildoceras Lavinianum Mon. var. retroflexa, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 97 [269]. — Giovane esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 97 [269]. .— Hildoceras Lavinianum MGH. var. brevispirata, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 95 [267]. — Hildoceras Lavinianum Mcx., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 94 [266]. — Hildoceras Lavinianum Mcxu., var. coniungens, dei calcari grigi del Lias m. (Si veda anche Tav. V [XV], fig. 11). — Del Museo di Firenze, — pag. 98 [270]. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 98 [270]. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 98 [270]. . — Hildoceras Lavinianum MGX. var. dissimilis, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 98 [270]. — Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 96 [268]. .— Hildoceras intumescens Fuc., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 99 [271]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XI, Tav. III [ Tau. XLUI |. FUGINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. RUGANI E FUCINI FOT. % la-c. 2a-c. 34,0. 4a, bd. bBa-c. 6a-c. Ta,d. 8a,b. 9da-e. 10 a-c. lla, b. 124, Db. 134, Db. 14a.b, 15 a,b. Spiegazione della Tavola IV [XLIV]. Hildoceras Targioni n. sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 99 [271]. Hildoceras dubiosum n.sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 101 [273]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 101 [273]. Hildoceras Bonareliii Fuc., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 102 [274]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 102 [274]. Hildoceras cornacaldense TausH, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 102 [274]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 102 [274]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 102 [274]. Hildoceras Pantanellii Fuc., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 104 [275]. Esemplare anormale della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 104 [276]. Hildoceras Pantanellii FUc., var. serrata, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 104 [276]. Hildoceras pectinatum MGxH., dei calcari grigi del Lias m. — Del R. Ufficio geologico di Roma, — pag. 105 [277]. Hildoceras boscense Revnés, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Monaco (Baviera), — pag. 107 [279]. Hildoceras Bastianii n. sp., dei calcari rossi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 93 [265]. Hildoceras Bastianii n. sp. (var. perplicata), dei calcari grigi del Lias m. (Si veda anche Tav. IMI [XLIII], fig. 1), — Del Museo di Firenze, — pag. 94 [266]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. RALATONTOGRAPIEITA MALGA Voll SL ite 1 FUCINI, €&falopodi liassici del Monte di Cetona. [ Tav. XL1IV]. ax e gate Sa Li Slice sinti Ù a € RUGANI E FUCINI FOT ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILAN Fi. la-c. — 9 a 6a, bd. — 12a,b. — 13a,b. — Spiegazione della Tavola V [XLV]. Hildoceras Normannianum D’ORB., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 108 [280]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 108 [280]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Monaco (Baviera), — pag. 108 [280]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Musco di Pisa, — pag. 108 [280]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 108 [280]. Hildoceras Normannianum D’ORB. var. costicillata, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 109 [281]. Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 109 [281]. Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, Di pag. 109 [281]. Altro esemplare della stessa varietà (forma detracta), dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 110 [282]. Altro esemplare della stessa forma, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 110 [282]. Hildoceras Lavinianum MGH=. var. coniungens, dei calcari grigi del Lias m. (Si veda anche Tav. III [XLIII ], fig. 10-12). — Del Museo di Firenze, — pag. 98 [270]. Hildoceras rimotum n.sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 110 [282]. Hildoceras bifrons BrUG., dei calcari rossi del Lias sup. — Del Museo di Pisa, — pag. 113 [285]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi del Lias sup. — Del Museo di Pisa, — pag. 113 [285]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi del Lias sup. — Del Museo di Pisa, — pag. 113 [285]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALATONLOG>RAPREIA IMINALIGA, Vol > ibn Me FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [ Tav. XLV]. RUGANI E FUCINI FOT. 5 ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MILANO _ Lg = » DI . VAIO n “ Mari N Ì Li o) Ta “ Ii x -% Vee) Spiegazione della Tavola VI [XLVI]. 1a-c. — Hildoceras iyrrhenicum n.sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 111 [283]. 2a,b. — Hildoceras comense Da BucH., dei calcari rossi del Lias sup.-— Del Museo di Pisa, — pag.112 [284]. 3a,b. — Hildoceras Levisoni Simp., dei calcari rossi del Lias sup. — Del Museo di Pisa, — pag. 113 [285]. 4. — Hildoceras Mercati HAuUER, dei calcari rossi del Lias sup. — Del Museo di Pisa, — pag.114 [286]. 5. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi del Lias sup. — Del Museo di Pisa, — pag. 114 [286]. 6a-c. — Coeloceras psiloceroides n.sp., dei calcari grigi del Lias m. (Si veda anche Tav. VII [XLVII], fig. 4, 12). — Del Museo di Firenze, — pag. 118 [290]. To — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 118 [290]. 8. — Altro giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 118 [290]. 98 -— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 118 [290]. 10. — Coeloceras Mortilleti Mca., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 116 [288]. 11. — Coeloceras italicum MGH., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 115 [287]. 12a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 115 [287]. 13. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 115 [287]. 14d-c. — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 115 |287]. 15a-c. — Coeloceras asperum n.sp., dei calcari rossi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 119 [291]. Palaeontosraphia italica, vol. XI, 1905. EV RT ALL PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XI, Tav. VALE [ Tav. XLVI]. FUGINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. RUGANI E FUCINI FOT i) Fic. Spiegazione della Tavola VII [XLVII]. la,b. — Coeloceras aegrum n. sp. (individuo teratologico), dei calcari rossi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 120 [292]. 2a, b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 120 [299]. 3a,b. — Coeloceras aegrum n. sp., (var. pinguis), dei calcari rossi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 121 [293]. 4. — Coeloceras psiloceroides n. sp. dei calcari grigi del Lias m.(Si veda anche Tav. VI [XLVI], fig. 6-9). — Del Museo di Firenze, — pag.118 [290]. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 118 [290]. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Monaco (Baviera), — pag. 118 [290]. o — Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 118 [290]. 8. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 118 [290]. 9a, b.— Coeioceras psiloceroides n. sp. (var. longispira), dei calcari del Lias m. — Del Museo di Monaco (Baviera), — pag. 119 [291]. 10. — ©celoceras psiloceroides n.sp. (var.raricosta), dei calcari grigi del Lias m.-- Del Museo di Pisa, — pag. 119 [291!. 11 a-c. — Altro esemplare della stessa forma, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 119 [291]. 12a-c. — Altro esemplare della stessa forma, dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Monaco (Baviera), — pag. 199 [291]. 13 a-c. — Coeloceras colubriforme BeTT., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 122 [294]. 14. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 122 [294]. 15 a-c. — Coeloceras cfr. Braunianum D'ORB., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 122 [294]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALABRONTOGIRABEILA MPTAGIGA, Voll 3h ia ve VIE FUCINI, Cefulopodi liassici del Monte di Cetona. [ Tav. XLVII] ]a RUGANI E FUGINI FOT ste NIE, Poi ms I goti ‘ie LEE Lr Fia. la-c. 2a-c. dae. 12 ae. 13 a,b. Spiegazione della Tavola VII [XLVIII]. Coeloceras indunense McA., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 124 [296]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 124 [296]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Monaco (Baviera), — pag. 124 [296]. Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 124 [296]. Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 124 [296]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 124 [296]. Parte interna della spira dello stesso esemplare. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 124 [296]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 126 [298]. Goeloceras indunense McH. var. tardevoluta BerTr., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 124 [298]. Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 126 [298]. Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 126 [298]. Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 126 [298]. Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 126 [298]. Coeloceras fallax n. sp., dei calcari grigi del Lias m. (Si veda anche Tav. IX [XLIX], fig. 1,2,3,5,6,7).— Del Museo di Pisa, — pag. 130 [302]. Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 130 [302] Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 130 [302]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALASONTOGRAPEIA TMPALIGA. Well I Pes Voli FUCINI, Cefulopodi liassici del Monte di Cetona. [ Tav. XLVIILI. RUGANI E FUCINI FOT ELIOT. CALZOLARI % FERRAR FIG. 100,d. 1la,b. 12.a-d. 134, db. 14. 15. 164-d. 16. 1a, bd. Spiegazione della Tavola IX [\LIX]. Coeloceras fallax n. sp., dei calcari grigi del Lias m. (Si veda anche Tav. VIII [XLVIII], fig. 14, 16), — Del Museo di Pisa, — pag.130 [302]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 130 [302]. Coeloceras fallax n.sp., var. semiplicata, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 132 [304]. Coeloceras fallax n.sp., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Firenze, - pag.130 [302]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 130 [302]. Coeloceras fallax n. sp., var. irregularis, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 132 [304]. Giovane esemplare di Coeloceras fallax n.sp., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Firenze, — pag. 130 [302]. Coeloceras simulans n.sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 132 [804]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 132 [304]. Coeloceras simulans n. sp. var. subplanulata, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 134 [306]. Coeloceras simulans n.sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 132 [304]. Coeloceras simulans n.sp. var.subplanulata, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 134 [306]. Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 134 [306]. Altro esemplare della stessa varietà, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 134 [306]. Coeloceras simulans n.sp., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 132 [304]. Coeloceras levicosta n. sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 138 [310]. Parte interna della spira dello stesso esemplare. Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 138 [310]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. I OO VO CI I ne PI nr Pn ‘item PALATONTOGRABIIA MALIGA, Voll S 18 Li " } fe a for va l'A Sata fat ran ne pae e i dea nraRt nen ri IL Wama arl tesi o RI TITA SII AI pi att Lai Anto IAT at na USA È ) i # EPA AT SORIA po ARTO J Ia n sit rt rca Vitta ara vi 10 Riot nad (e een vero ci FIG. 13 a-c. Spiegazione della Tavola X [L]. Coeloceras Maresi Rpyn., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 127 [299]. Coeloceras cfr. commune Sow., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Monaco (Baviera), — pag. 129 [301]. Coeloceras Avanzati n. sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 128 [300]. Coeloceras intermedium n.sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 136 [308]. Giovane esemplare della stessa specie dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 136 [308]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 136 [808]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 137 [309]. Coeloceras simulans n. sp. var. subcontraria McH., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 134 [306]. Parte interna della spira dello stesso esemplare. Coeloceras obesum n.sp., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Firenze, — pag. 137 [309]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 138 [310]. Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 138 [310]. Giovane esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 137 [309]. Coeloceras sublaeve n.sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 135 [307]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALAEONTOGRAPHIA FUCINI, Cy/ulopodi liassici del Monte di Cetona. RUGANI E FUCINI FOT ITALICA. Wal XI %M a Vi X. EMILI st (Rtsasti QRY. Ott. e salta SiacRe 1 IMITA i "DA “i ® ie gun Spiegazione della Tavola XI [LI]. « Fig. la-c. — Coeloceras subcrassum n.sp., dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 1539 [511]. DIM, -— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 139 [811]. » 3a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 140 [812]. » 4 — Coeloceras incertum n.sp., dei calcari grigi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 140 [312]. » 5a,b. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m.— Del Museo di Pisa, — pag. 140 [812]. » 6a-c. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi del Lias m. — Del Museo di Firenze, — pag. 140 [312]. » 7a-d.— Altro esemplare della stessa specie, dei calcari rossi del Lias m. — Del Museo di Pisa, — pag. 140 [312]. » 8a,b.— Nautilus Sturi HAuER, dei calcari grigi del Lias inf. — Del Museo di Firenze, — pag. 143 [815]. DE — Nautilus cfr. Stoppani PAR., dei calcari rossi del Lias inf. — Del Museo di Pisa, — pag.142 [314]. >» 10. — Atractites italicus MrcH., dei calcari grigi del Lias m.? — Del Museo di Pisa, — pag. 143 [815]. » ll. — Altro esemplare della stessa specie, dei calcari grigi del Lias m. ? — Del Museo di Firenze, — pag. 142 [314]. » 12. — Altro esemplare della stessa spccie, dei calcari grigi del Lias m.? — Del Museo di Pisa, — pag. 142 [314]. >» 13. — Atractites Cordieri MGH., dei calcari rossi del Lias inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 142 [814]. » 14. — Arnioceras spirale Fuc., esemplare teratologico, dei calcari grigi del Lias inf. — Del Museo di Pisa, — pag. 145 [317]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALATONTOGRAPII A IMPAILIGA, Well 3 Daw, cli FUCINI, Cefalopodi liassici del Monte di Cetona. [ Tav. LI]. RUGANI E FUCINI FOT SLIOT, CALZOLARI & FERRARIO (er Fio. Spiegazione della Tavola XII [I]. Alveolina ellipsoidalis ScawG. Ingrandita otto volte. Loc.: Rocca presso Termini-Imerese (Eoc. superiore), — pag. 155 [9]. Alveolina ellipsoidalis Scaw6. var. lepidula Scawe. Ingrandita otto volte. Loc.: Rocca presso Termini-Ime- rese (Eoc. superiore), — pag. 156 [10]. Alveolina Cremae CarccAIA. Ingrandita cinque volte. Frechissa (Eoc. superiore) — pag. 156 [10]. Alveolina Cremae Carccna. Sezione meridiana ingrandita dodici volte. Ibid., — pag. 156 [10]. Alveolina Cremae CaECCHIA. Sezione di cellette trasversali periferiche. Ibid., — pag. 156 [10]. Alveolina cfr. oblonga D’OrB. Ingrandita cinque volte. Ibid., — pag. 158 [12]. Alveolina cfr. oblonga p’OrB. Sezione meridiana ingrandita tredici volte. Ibid., — pag. 158 [12]. Alveolina Di-Stefanoi CarccHIA. Ingrandita quattro volte. Loc.: Rocca presso Termini-Imerese (Eoc. supe- riore), — pag. 163 [17]. Alveolina Di-Stefanoi CaEccHIA. Sezione meridiana ingrandita quattordici volte. Ibid., — pag. 163 [17]. Alveolina Di-Stefanoi CaRccHIA. Sezione di cellette trasversali periferiche. Ibid., — pag. 163 [17]. Alveolina Schwageri CarccHia. Ingrandita cinque volte. Loc.: Frechissa (Eoc. superiore), — pag. 162 [16]. Alveolina Schwageri CaRccHIA. Sezione meridiana ingrandita quattordici volte. Ibid., — pag. 162 [16]. Alveolina Schwageri CaeccHIA. Parte centrale di un individuo mostrante la formazione del primo setto secondario. Ibid., — pag. 162 [16]. Alveolina Schwageri CaEccHIA. Alcune cellette trasversali periferiche. Ibid., — pag. 162 [16]. Alveolina elongata ’ORB. (=Alv. frumentiformis ScawG.). Ingrandita cinque volte. Loc.: Rocca presso Ter- mimi Imerese (Eoc. superiore), — pag. 160 [14]. Alveolina Ciofaloi CaEccHIA. Ingrandita cinque volte. Ibid., — pag. 157 [11]. Alveolina Ciofaloi CarccHIA. Sezione meridiana ingrandita dodici volte e mostrante due concamerazioni iniziali. Ibid., — pag. 157 [11}. Alveolina Ciofaloi CaEccHIA. Sezione di alcune cellette trasversali periferiche. Ibid., — pag. 157 [11]. Alveolina Canavarii CapccHIA. Ingrandita cinque volte. Ibid., -— pag. 159 [13]. Alveolina Canavarii CHEccHIA. Sezione meridiana, ingrandita dodici volte. Ibid., — pag. 159 [13]. Alveolina Canavarii CHEccHIA. Frammento di sezione equatoriale mostrante un canale settale. Ibid., — pag. 159 [13]. Alveolina Canavarii ChrccuIA. Sezione di cellette trasversali mediane. Ibid., — pag. 159 [13]. Alveolina Canavarii ChEccHIA. Sezione equatoriale mostrante il canale di comunicazione tra la loggia iniziale e la prima concamerazione seriale. Ibid., — pag. 159 [13]. Alveolina Canavarii CaeccHIA. Sezioni di varii individui, mostranti le varie modificazioni della parte cen- trale a causa del diverso numero e aggruppamento delle loggie iniziali. Ibid., — pag. 159 [13]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALAEONTOGRAPEITA IMPALIGA, Vel XI Taew JI CHECCHIA - RISPOLI, A/veoline eoceniche della Sicilia. [Tav. 1). 23 i 24 DD) Se if PITON sa } tin) ARTO DA APR, sasnne + pron A 129 ira SRO suse ideata do Aa tg sie Ai 10. Spiegazione della Tavola XIII [II]. Alveolina Canavarii CanccHia. Sezioni di varii individui, mostranti le varie modificazioni della parte cen- trale a causa del diverso numero ed aggruppamento delle loggie iniziali. Loc.: Rocca presso Termini- Imerese (Eoc. superiore). — Vedasi anche Tav. XII [I|, fig. 24, 25, — pag. 159 [13]. Alveolina Violae CiE0CHIA. Ingrandita due volte e mezzo. Loc.: Rosazzo e Buttrio nel Friuli (Eoc. medio), — pag. 165 [19]. Alveolina Violae ChEccHIA. Sezione mediana; ingrandita quattordici volte. Ibid., — pag. 165 [19]. Alveolina Violae CHAECccHIA. Frammento della parte terminale di alcune concamerazioni principali, che mostra il sistema delle cellette trasversali secondo il tipo complesso della vivente Av. Quogi D’ORB. Ibid., pag. 165 [19]. i Alveolina Violae CaEccHIA. Sezione molto ingrandita di alcune cellette trasversali dei giri mediani. Ibid., — pag. 165 [19]. Alveolina Violae CAnccHIA. Schema mostrante lo svolgimento della lamina spirale, costruito coi valori dei Semissodistanten Radien. Ibid., — pag. 165 [19]. Alveolina Violae CaRccHIA. Frammento molto ingrandito di una sezione equatoriale mostrante la forma dei canali settali. Ibid., — pag. 165 [19]. Flosculina decipiens Scawe. Ingrandita quattro volte. Loc.: Rocca presso Termini-Imerese (Eoc. superiore). Ibid., — pag. 163 [17]. Flosculina decipiens ScawG. Sezione meridiana; ingrandita diciassette volte. Ibid., — pag. 163 [17]. Flosculina decipiens Scawe. Sezione meridiana di un altro individuo a più completo sviluppo e mostrante l’assottigliarsi di nuovo della lamina nei giri periferici. Ibid., — pag. 163 [17]. ; Flosculina decipiens Scaw&. Sezione molto ingrandita di alcune cellette trasversali dei giri centrali. Ibid., — pag. 163 [17]. Flosculina decipiens ScawG. Sezione di cellette trasversali dei giri periferici. Ibid., — pag. 163 [17]. Flosculina pasticillata Scawe. Ingrandita quattro volte. Ibid., — pag. 164 [18]. Flosculina pasticillata Scawa. Sezione meridiana ingrandita diciotto volte. Ibid., — pag. 164 [18]. - Flosculina pasticillata Scuawe. Sezione di alcune cellette trasversali. Ibid., — pag. 164 [18]. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALATONTOGRARIEIA MPUAILIOCA Vel, d viti Vr Pag Spiegazione della Tavola XIV [I]. Tutte le figure, pochissime eccettuate, sono fotografiche. Fic. la-b. — Leptophyllia Eturensis From. La Roqueta. Collezione Barcellona, — pag.181 [13]. la. Calice. Grandezza naturale. 1. Profilo verticale del polipierite. Grandezza naturale. (Disegno). » 2. — Dimorphastraea crassisepta D'ORE: v. n. subcrassisepta. S. Marti. Coll. Barcellona, — pag. 184 [16]. Parte della superficie superiore del polipaio. Quasi grandezza naturale. » 3. — Latimaeandraraea submorchella n. sp. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 188 [20]. Polipaio. Grandezza naturale. » 4a-b.— Latimaeandraraea Felixi n. sp. C. Morgades. Coll. Barcellona, — pag. 190 [22]. 4a. Polipaio intero. Quasi grandezza naturale ?8/s;. 4. Ingrandimento di parte della superficie. Si riconoscono le coste o setti che accennano a formare i calici. (Disegno). » Sa-e. — Montlivaultia humilis D’ OrB. sp. C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 193 [25]. ba. Polipierite veduto dalla parte convessa. Grandezza naturale. 50. Altro individuo, come sopra. Grandezza naturale. 5c. Altro individuo veduto dalla parte concava. Grandezza naturale. bd. Calice di un altro individuo. Grandezza naturale. be. Calice di un quinto individuo. Grandezza naturale. » 6a-b. — Thecosmilia Catalaunica n. sp. C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 1983 [30]. 6a. Polipaio che mostra il rapporto dei polipieriti. Grandezza naturale. 60. Sagoma e rapporto dei polipieriti. Sezione trasversa. Grandezza naturale. » Ta-b.— Cladocora Gabriellinae n. sp. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 202 [34]. Ta. Polipaio. Grandezza naturale. 7. Un calice ingrandito (Disegno). » 8a-b.— Coeloria Oceani p’OrB. sp. C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 205 [87]. 8a. Polipaio con superficie superiore spianata. Grandezza naturale. 86. Polipaio dendriforme. Grandezza naturale. » 9. — Phyllocoenia corolleris Reuss sp. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 206 [88]. Polipaio sopra cui sono avanzi di Ostreidae. Grandezza naturale. » 10. — Phyliocoenia exsculpta Reuss sp. C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 208 [40]. Polipaio. Grandezza naturale. » Jlla-b. — Convexastraea Almerai n. sp. Las Mesquitas. Coll. Barcellona, — pag. 213 [45]. lla. Polipaio. Grandezza naturale. 11d. Calici ingranditi. (Disegno). » 12a-c.— Aplosmilia Vidali n. sp. ©. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 215 [47]. 12a. Polipierite. Grandezza naturale. 120. Altro polipierite. Grandezza naturale. 12c. Calice del precedente, ingrandito. (Disegno). » 18. — Eugyra pusilla KoBy v. n. pauciseptata. Las Mesquitas, — pag. 217 [49]. Sezione trasversale di parte del polipaio. (Disegno). Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALATONTOGRAPRETÀ MALGA Vol SSL Maw SIN DE ANGELIS D’OSSAT, Coralli del cretacico inferiore della Catalogna. [Tav. I]. RR i, stanti ha: È a e Lee Eee ea Mieli — = PGE A Fa grstdi U € POR o vr er n IOT CALZOLARIA FERRARIO-MILANO AUCT. PHOT. ELIOT CALZOL “om va i "Lo iRta amino vo satattmog ua HT i, une RATE YI TSA III ATSPTIPATI pra 4) : ape a sio signo det - Nuti Dati SE OI Mrinigii Ni CSR? i fi attali Seo vigre cvobrotatisi 63; Sit k | POLV FORMIA UDITE CIN LI cl e AI ost vida st vai 199) por Ma; Le : if toa glie aston: _ + ci se “N stidpoa TROP uit È MGTIVI LUMIA si i et Va ter sori ky ibR& RN RISE Tal NE Fi Miu > "RMINMADTONAT, — end î ati ti già SITA une RT ; ar UL th inci di enfaretalt Da pinta sE - pa LET" n r: a ei ig retià 1 a fr road Masi — pa Liri ù o di io EE : pi sManai ge6) p” cere LI Bru i sp Sh ui inost Logi pic tp Sei FTA GLI CULAPZARUI TO riti: Pt ; nissb Litavale sise. avide di haza spie deo p adito Aia uit SOTA so sdada I DI At, ie di gici iter se Fig. 1. » 2a-f. » 3a-d. » 4a-e » ba-b. » 6a-c. » Ta-b. » 8a-d. » 9a-c. » 10a-b. » lla-e. Spiegazione della Tavola XV [II]. Tutte le figure, pochissime eccettuate, sono fotografiche. — Eugyra Cotteaui From. Las Mesquitas. Coll. Barcellona, — pag. 217 [49]. Polipaio, in parte levigato. Grandezza naturale. — Trochosmilia Portisi n. sp. C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 223 [55]. 2a. Polipierite veduto dalla parte convessa. Pochissimo ingrandito. 20. Polipierite veduto dalla parte concava. Pochissimo ingrandito. 2c. Polipierite veduto di fianco. Pochissimo ingrandito. 2d. Polipierite che mostra le coste. Pochissimo ingrandito. 2e. Calice di un polipierite. Pochissimo ingrandito. 27. Calice di altro polipierite. Pochissimo ingrandito. — Trochosmilia Nevianii n. sp. C. Pascual, ©. Morgades. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 224 [56]. 3a. Polipierite, parte concava, con calice visibile. Pochissimo ingrandito. 3b. Polipierite veduto di fianco. Pochissimo ingrandito. 3ce. Polipierite; parte concava. Pochissimo ingrandito. 3d. Polipierite veduto di fianco. Pochissimo ingrandito. . — Trochosmilia sandalina n. sp. C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 225 [57]. 4a. Polipierite dalla parte concava. Grandezza naturale. 4b. Polipierite veduto di fianco. Grandezza naturale. 4c. Polipierite dalla parte convessa. Grandezza naturale. 4d. Polipierite veduto di fianco. Grandezza naturale. 4e. Parte del calice. (Disegno). — Trochosmilia sp. (2). C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 227 [59]. 5a. Polipierite che mostra il calice. Grandezza naturale. 50. Polipierite veduto di fianco. Grandezza naturale. — Trochosmilia sp. (3). C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 227 [59]. 6a. Polipierite che mostra il calice. Grandezza naturale. 65. Polipierite veduto di fianco. Grandezza naturale. 6c. Calice di altro polipierite. Grandezza naturale. — Epismilia robusta Koy. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 228 [60]. Ta. Polipierite veduto di fianco, con traverse endotecali. Grandezza naturale. Tb. Il medesimo polipierite, dalla parte convessa, con false coste. Grandezza naturale. — Epismilia irregularis Koy. C. Pascual, C. Morgades. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 228 [60] 8a. Polipierite ad irregolare accrescimento. Poco impicciolito (5/;,). C. Morgades. 8d. Altro polipierite, sezionato. Impicciolito come il precedente. C. Pascual. — Epismilia Frechi n. sp. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 229 [61]. 9a. Polipierite. Grandezza naturale. 95. Il medesimo ingrandito. 9c. Calice del precedente. (Disegno). — Epismilia Ogîiviei n. sp. C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 229 [61]. 10a. Polipierite, appena impicciolito (33/40). 10. Altro polipierite. Medesimo impicciolimento. — Pleurosmilia Kobyi n. sp. C. Pascual, C. Morgades. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 233 [65]. lla. Polipierite ingrandito. i 11. Polipierite, quasi grandezza naturale. lle. Altro polipierite. Grandezza naturale. 11d. Calice del precedente. Grandezza naturale. lle. Calice. (Disegno). Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALATONITOGRARPIENA: MPALIG4 Vol SSL Maw Z0W DE ANGELIS D’OSSAT, Coralli del cretacico inferiore della Catalogna. [Tav. II]. ELIOT CALZOLARIM FERRARIC- MILANO AUCT. PHOT. ai i STE ; 3 ; $ j n: 7 = Ve ui slovsì î ‘allobò Dati na Aifferthonri Paga SME ni LIT uragani cu Spiegazione della Tavola XVI [III]. Tutte le figure, pochissime eccettuate, sono fotografiche. Fic. 1. — Placosmilia cfr. arcuata E. H. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 232 [64]. Frammento di polipierite. Appena impicciolito (8/30). » 2a-c. — Pleurosmilia Volzi n. sp. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 234 [66]. 2a. Polipierite veduto dalla parte convessa. Impicciolito. 20. Il medesimo dalla parte convessa. Quasi grandezza naturale. 2c. Calice del medesimo. Ingrandito (?/,,). » Sh — Pleurosmilia Vaughani n. sp. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 234 [66]. Calice appena ingrandito. » 4a-e. — Axosmilia Bofilli n. sp. C. Morgades. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 236 [68]. 4a. Polipierite; poco impicciolito (4%). 4b. Altro polipierite; poco impicciolito. 4c. Calice del primo polipierite ; poco impicciolito. 4d. Calice. Grandezza naturale. (Disegno). 4e. Sezione della columella nella regione profonda del calice. Grandezza naturale. (Disegno). » 5a-e. — Axosmilia Almerai n. sp. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 237 [69]. ba. Polipierite; poco ingrandito. 55. Il medesimo; grandezza naturale. Sc. Calice del medesimo; ingrandito. 5d. Il medesimo; grandezza naturale. be. Sezione del calice: ingrandita. (Disegno). » 6a-c. — Peplosmilia Thildae n. sp. C. Pascual, C. Morgades. Coll. Roma, Barcellona, — 238 [70]. 6a. Polipierite dalla parte concava, con calice. OC. Pascual. Grand. naturale. 65. Altro polipierite, veduto dalla parte convessa. C. Morgades. Grand. naturale. 6c. Calice del polipierite figurato a 64. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALATONTOGIRARIENI IMPALICA, Vel SS Iaw VI DE ANGELIS D’OSSAT, Coralli del cretacico inferiore della Catalogna. [ Tav. IH]. ELIOT CALZOLARI H FERRARIO= MILANO AUCT. PHOT. Spiegazione della Tavola XVII [IV]. Tutte le figure, pochissime eccettuate, sono fotografiche. Fic. 1. — Peplosmilia Thildae n. sp. C. Pascual. Coll. Roma, — pag. 288 [70] Altro polipierite, parte convessa. Grandezza naturale. » 2a-b.— Peplosmilia Coquandi n.sp. Las Mesquitas. Coll. Barcellona, — pag. 239 [71]. 2a. Polipierite che mostra le traverse endotecali. Appena impicciolito (9/,,). 20. Calice del precedente, ugualmente impicciolito. » 3a-b.— Peplosmilia Catalaunica n. sp. C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 240 [72]. 3a. Polipierite veduto dalla parte concava. Impicciolito. 3. Calice del medesimo: grandezza naturale. » 4a-c.— Peplosmilia Iberica n. sp. C. Pascual, C. Morgades. Coll. Barcellona, — pag. 240 [72]. 4a. Polipierite, dalla parte convessa. Grandezza naturale. 4b. Calice dell’antecedente. Grandezza naturale. 4c. Calice di un altro polipierite. Grandezza naturale. » ba-d.— Peplosmilia Casanasi n. sp. C. Pascual, C. Morgades. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 241 [73]. ba. Polipierite. Grandezza naturale. 5b. Calice del precedente. Grandezza naturale. 5c. Altro individuo che mostra il calice. Poco impicciolito. bd. L'antecedente; meno impicciolito. i » 6a-g.— Peplosmilia Fromenteli n. sp. C. Pascual. Coll. Roma, Barcellona, — pag. 242 [74]. 6a. Polipierite; impicciolito. 65. Altro polipierite; impicciolito. 6c. L’ antecedente; ancora impicciolito. 6d. Altro polipierite ; impicciolito. 6e. L’ antecedente; ancora impicciolito. 67. Altro polipierite ; impicciolito. 6g. Calici ingranditi. (Disegno). 2 eten » T. — Peplosmilia sp. C. Pascual. Coll. Barcellona, — pag. 243 [75]. Polipierite che mostra il calice. Impicciolito (39/33). Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PRALATONTOGRAPREITAÀ ITALICA Val, SSL Pay SOVINE DE ANGELIS D’OSSAT, Coralli del cretacico inferiore della Catalogna. [Tav. IV.] ELIOT CALZOLARIH FERRARIO- MILANO AUCT. PHOT. Spiegazione della Tavola XVIII [V]. Cyrtodelphis sulcatus Gerv. sp., — pag. 253 [35]. Fic. 1a. — Atlante dell'individuo n. 1, visto di sopra, (*/; della grand. nat.). » 10. — Lo stesso visto dalla faccia anteriore. 2. — Frammenti di vertebre cervicali, individuo n. 3, (*/3 della grand. nat.). » 3a. — Settima vertebra cervicale dell’individuo n. 1, vista di fianco, (*/3 della grand. nat.). » 30. — La stessa vista dal lato anteriore. » 3c. — La stessa vista di sotto. » 4a.— ? Seconda vertebra dorsale dell'individuo n. 7, vista di fianco, (*/; della grand. nat.). » 4b.— La stessa vista dal lato posteriore. » 5a. — ? Terza vertebra dorsale dell’individuo n.7, vista di fianco, (*/ della grand. nat.). » 50. — La stessa vista dal lato anteriore. » 6. — Frammento della quarta vertebra dorsale dell'individuo n. 1,(?/3 della grand. nat.). » Ta. — Quinta vertebra dorsale dell'individuo n. 1, vista di fianco, (*/; della grand. nat.). » Tb.— La stessa vista dal lato posteriore. » Te. — La stessa vista dal di sotto. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. A E OTT TE PALAZONIOGRAPRETA IPALIGA Wool Sar Tag Vavini, DAL PIAZ, Cyriodelphis sulcatus dell’arenaria di Belluno. [Tav. VI]. AUOT. PHOT. ELIOT CALZOLARIA FERRAKIO= MILANC Spiegazione della Tavola XIX [VI]. Cyrtodelphis sulcatus Grrv. sp., — pag. 256 [38]. Fic. 1a. — Sesta vertebra dorsale dell'individuo n. 1, vista di fianco, (?/; della grand. nat.). » 10. — La stessa vista di sotto. » lc. — La stessa vista dalla faccia posteriore. » 2a. — Settima vertebra dorsale dell'individuo n. 1, vista di fianco; (?/; della grand. nat.). » 20. — La stessa vista di sotto. » 2c. — La stessa vista dal lato posteriore. » 8a. — Ottava vertebra dorsale dell’individuo n. 1, vista di fianco, (*/3 della grand. nat.). » 35. — La stessa vista di sotto. » 3c. — La stessa vista dal lato anteriore. » 4a. — Nona vertebra dorsale dell’individuo n. 1, vista di fianco, (*/, della cond. nat.). » 4b. — La stessa vista di sotto. » 4c. — La stessa vista dal lato posteriore. » 5a. — Decima vertebra dorsale dell’individuo n. 1, vista di fianco, (?/, della grand. nat.). » 5b. — La stessa vista di sotto. » be. — La stessa vista dal lato anteriore. » 6a. — Prima vertebra lombare dell’individuo n. 1, vista di fianco, (*/ della grand. nat.). » 60. — La stessa vista di sotto. » 6c. — La stessa vista dal lato anteriore. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XI, Tav. XIX, DAL PIAZ, Gyriodelphis sulcatus dell'arenaria di Belluno. [Tav. VI) Ù Ù UO © Ù vaghi > W darete ni 34h rendita SED n SPERI 1 auio TANTI partiti speso Lisi “fiat REI, SIRIA E Spiegazione della Tavola XX [VII]. Cyrtodelphis sulcatus GrRrv. sp., — pag. 261 [43]. Fic. 1a. — Vertebra lombare anteriore dell’individuo n. 12, vista dal lato anteriore, (*/3 della grand. nat.). » lb. — La stessa vista di sotto. » 2a. — Altra vertebra lombare anteriore dell’individuo n. 12, vista di fono, (2/3 della grand. nat.). » 26. — La stessa vista dal lato posteriore. » 2c. — La stessa vista di sotto. » 3a. — ? Vertebra lombare posteriore dell’ individuo n. 12, vista dal lato anteriore, (poco più di ?/; della grand. nat.). » 36. — La stessa vista dal di sotto. » 4. — ? Primo sterno-costale dell’individuo n. 1, visto di fianco, (grand. nat.). 5_B — Frammento di costa della regione anteriore dell’individuo n. 1, visto di fianco, (8/, della grand. nat.). » 6,7. — Frammenti di coste della regione posteriore dell’individuo n. 1, (8/4 della grand. nat.). Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. RALAFTONTOG>IAREITÀ MINVGIGA 0 SI iMave 504 DAL PIAZ, Cyriodelphis sulcatus dell’ arenaria di Belluno. [Tav. VII]. ELIOT CALZOLARI A FERRANIO- MILANO Cgadati Db agio las NITE te TE OTT GR PRESTI CRISES CIO = Spiegazione della Tavola XXI [VHI]. Cyrtodelphis sulcatus GrRrv. sp., — pag. 202 [44]. Fig. 1a. — Modello intracranico dell’individuo n. 1, visto di sopra, (*/3 della grand. nat.). » 1. — Lo stesso visto di sotto. » le. — Lo stesso visto di fianco. » ld. — Lo stesso visto dal lato posteriore. >» 2a. — Modello intracranico dell'individuo n 7, visto di sopra, (*/; della grand. nat.). » 2b. — Lo stesso visto di fianco. » 3. — Modello intracranico dell’individuo n. 10, visto di sopra, (*/3 della grand. nat.). Ponteporia Blainvillei Gerv. sp. Fic. 4a. — Modello intracranico di un esemplare del Museo civico di Buenos Aires, visto di sopra, (*/5 della grand. nat.). g » 4b. — Lo stesso visto di sotto. » 4c. — Lo stesso visto di fianco. » 4d.— Lo stesso visto dal lato posteriore. Palaeontographia italica, vol. XI, 1905. PA LATONTOGIRARIENA JIMPALIGA, Wool SL av SOIL DAL PIAZ, ©yvriodelphis sulcatus dell’ arenaria di Belluno. [Tav. VIII]. ELIOT CALZOLARIV FERSAKIC= MILANO » we! Li ATA LI sitiitteiézte.’ sati Y sa) $ : pera > x 24 Pall RR a