QUI ema peaze À | arO” Vo ali FAR SL TI n Î ARA Ept >. SINO ) . N Ò & Sé É Pac sa TT Nn Sata L 6 > » a 7 i TA EVE tu Re 9: corte ta < e Lal ‘agh. x ON HARVARD UNIVERSITY. JEICISIZZA IRINA OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. nda Sg IAU: Ur ì AMOR al k Rot PI ato: memi oo v. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA MEMORIE DI PALEONTOLOGIA PUBBLICATE PER CURA RESOR SRO CINE VE SRI Museo GeoLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI PISA —__— -— — VoLume XIV. — 1908. a CP PISA UCCESSORI 71908 INDICE DEL VOLUME XIV CeruLLI-IReLLI S. . . — Fauna malacologica mariana. Parte seconda. Leptonidae, Galeommidae, Cardiidae, Chamidae, Cyprinidae, Veneridae (Tav. I-XII [XI-XXII]) SterANINI G. . . . .— Echinididel Miocene medio dell’ Emilia. Parte prima (Tav. XIINI-XVI|[ILIV]) Siuvestri A. . +. +. +. — Possilicretacei della contrada Calcasacco presso Termini-Imerese (Palermo) (Tav. XVII-XX [I-IV] e Fig. 1-38 interc.) b) Vinassa pe Reeny P. KE. — Fossili dei monti di Lodin (Tav. XXI [I] e Fig. 1, 2 intere.) UeoLini R. . . . . .— Monografia dei Pettinidi neogenici della Sardegna. Parte terza ed ultima. Generi: Amussiopecten [cont.], Flabellipecien, Pecten (Tav. XXII-XXV [V-VIII]). Pag. 121 171 191 10 pe I” or PR » AA SERAFINO CERULLI-IRELLI FAUNA MALACOLOGICA MARIANA PARTE SECONDA Leptonidae, Galeommidae, Cardiidae, Chamidae, Cyprinidae, Veneridae (Tag III DIS IIA) Fam. Leptonidae?, Gen. Lepton Turron, 1822. Lepton nitidum Turr. — Tav. I [XI], fig. 1-4. (1822. — ToRTON. Brit. Biv., pag. 63). (1849. — FORBES a. HANLEY. Brit. Moll., vol. II, pag. 92, tav. XXXVI, fig. 3, 4, e vol. IV, pag. 255. — Kellia nitida). 1864. Poromia antiqua Desa. Conti. ‘Op. cit., 1.3 ed., pag. 18. 1871. — —_ _ — Op. cit., 2. ed., pag. 26. A Monte Mario è specie non rara, e vi si raccoglie in tutte piccolissime valve, di cui la maggiore ha un diametro antero-posteriore di mm. 2, 8. Il contorno della conchiglia varia leggermente, alcune valve presentandosi per rispetto ad altre più allungate e meno alte, ed altre a margine dorsale più declive. La striatura esterna non è sempre evidente, ed alcune valve ne appaiono assolutamente sfornite: molto variabile è egualmente la punteggiatura, per maggiore o minore evidenza delle impressioni puntiformi, e per la loro estensione sulla superficie delle valve: occorre per altro, in ogni caso, ingrandimento molto forte per vederla, e parecchi esemplari ne sono totalmente sprovvisti. Diametro antero-posteriore . ò : : 0 : : mm. 2 » umbo-ventrale . o o 5 5 o i » 1,65 Spessore . o . È c 5 È c . : » 0,09 1 Per la PARTE PRIMA vedi Palaeontographia italica, vol. XIII, pag. 65-140, tav. III-XII. 2) Seguo, nell'ordinamento dell’interessante e difficile gruppo dei Leptonacea, quello proposto abbastanza recen- temente dal DaLL (Contrib. to the tertiary Fauna of Florida. Transact. of the Wagner free Institute of Science Phi- ladelphia, vol. III, part. V, pag. 1114), in un importante studio di revisione dei Pelecipodi. Tuttavia non può dirsi, e lo riconosce lo stesso DALL, che si sia giunti ad una classificazione definitiva e naturale. La mancanza spesso di sufficienti conoscenze sull’ anatomia dei Leptonacea viventi, la facile variabilità di caratteri di queste che il DALL ben definiva imbarazzanti conchiglie, le scarse, incomplete, talora inesatte notizie che di esse si hanno, fanno sì che l’aggruppamento dei generi e specie debba esser tuttora considerato provvisorio. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 2 8. CERULLI-IRELLI [78] I nostri esemplari corrispondono abbastanza bene alla forma vivente nei mari inglesi, figurata da ForBEs ed HAanLEY, e da JEFFREYS; sono forse meno quadrangolari, il lato dorsale essendo meno elevato dall’uno e dall’altro lato dell’umbone. Si differenziano invece maggiormente da quella fossile nel Crag inglese, in quanto che il margine dorsale è in essi meno declive, i lati anteriore e posteriore si presentano di diversa lunghezza, e l’umbone è più centrale. Ma, se la figura del Woop ” è esatta, la specie fossile del Crag sembrerebbe abbastanza diversa dalla vivente, come diversa ne è la specie primieramente figurata dal Woop come L. nitidum 2, e che l’autore stesso riferì in seguito al L. depressum NxsT. Specie assai affine è il L. prismaticum MontRS., distinto per forma più equilaterale, più ovale- allungata, umboni più centrali, margine dorsale posteriore più declive. Per la scultura esterna punteggiata, in alcune valve più evidente, la specie in esame potrebbe venir confusa — come credo sia stato per lo più a M. Mario — con il L. squamosum; ma è ben facile distinguere le due specie. In effetti il L. squamosum è molto depresso, quasi piatto, a contorno alquanto diverso, perchè generalmente contratto nella parte superiore e dilatato nella parte inferiore delle valve: 1’ umbone è molto meno sporgente e situato più in avanti, in modo che il lato più breve della conchiglia è l’an- teriore: i denti sono meno robusti, meno sporgente il dente apicale, che manca nella valva destra: la scultura esterna è notevolmente più manifesta, a punti più larghi e più impressi ?). Il L. nitidum, vivente nei mari del Nord e nel Mediterraneo (JEFFREYS), è citato fossile nel Crag inglese dal Woop, in sedimenti post-glaciali a Cristiania dal Sars, e in Italia da BruenonE a Babbaurra presso Caltanissetta, dal MonteRosaTto per M. Pellegrino e Ficarazzi, e dal SecueNZA per Reggio Calabria (siciliano e sahariano). SR M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.) . Lepton subtrigonum Jerrr. — Tav. I[XI], fig. 5. (1875. — FIscHRR. Les fonds dela mer, vol. JI, pag:80, tav. II, fig. 10). 1864. Lepton squamosum Monr. Conti. Op. cit., 1.8 ed., pag. 18. Mei — — — Op.cit., 2.2 ed., pag. 26. 1887. —. sub-trigonum Jerrr. Ponzi e Meri. Op. cit., pag. 22. Conchiglia molto depressa, discretamente solida, sub-trapezoidale, leggermente inequilaterale: lato anteriore più lungo: margini dorsale e ventrale sub-rettilinei e paralleli; margine anteriore obliquamente troncato, margine posteriore più convesso, e l’uno e l’altro uniti ad angolo ottuso col margine dorsale. Umboni piccoli, acuminati, pochissimo sporgenti, quasi centrali, non inclinati. Superficie esterna coperta di sottilissime strie concentriche. Cardine della valva destra formato di un piccolo dente cardinale anteriore alla fossetta legamentare triangolare, posta immediatamente sotto l’umbone, e di due denti laterali allungati, robusti, separati dal margine da una profonda fossetta per i denti della valva opposta: in questa manca il dente cardinale, e i due denti laterali sono più deboli che nella valva destra e più vicini al margine. Impressioni muscolari ben distinte, l’anteriore ovale molto allungata, la posteriore sub-reniforme. Diametro antero-posteriore . o o . 0 : mm. 2,1—4 » umbo-ventrale 100 c ò c a » 2,1-3 i) S. Woop. Supplem. to Crag Mollusca. Palaeontogr. Soc. London, vol. XXVII (1874), pag. 122, tav. IX, fig. 1. 2 S. Woop. Crag MoU., vol. II, tav. XI, fig. 7. ® Il L. squamosum figura tanto nel catalogo dello Zuccari che in quello di Ponzi e Meri del 1887, come altresì nell'elenco dei fossili di Acquatraversa del CLeRIcI. In collezione non ne esistono esemplari: quelli del Conti spettano al L. subtrigonum. [19] 8. CERULLI-IRELLI 3 Non conosco di questa specie altro che la figura citata del FiscHER, cui le nostre valve assai bene corrispondono per contorno e struttura cardinale. È specie assai rara, e delle pochissime valve che esistono in collezione, alcune hanno il lato anteriore più allungato, cuneiforme, rispetto alle altre ed alla figura di FiscHER. Forma affine è il Lepton depressum Nyst; ma in questo l’umbone è sub-troncato, depresso, non sporgente; diverso altresì è il contorno, più triangolare ed equilaterale. Il L. depressum Nyst è stato citato a M. Mario dal MeLi”. Del L. subtrigonum raccolto dal JerrREYs nella spedizione deli “ Porcupine , e dal FiscHER nel Golfo di Guascogna, e vivente anche nel Mediterraneo, si trova citazione allo stato fossile per la provincia di Caltanissetta (BRUGNONE). M. Mario: Farnesina (s. g.). Lepton striatissimum n. sp. — Tav. I [XI], fig. 6, 7. Conchiglia sub-rettangolare, allungata, molto depressa ed inequilaterale, fragile: lato anteriore di lun- ghezza quasi doppia del posteriore, che è sub-troncato: margine dorsale sub-rettilineo e declive dall’uno e dall’altro lato dell’umbone: margine ventrale quasi diritto. Umbone acuto, poco sporgente, situato presso il margine posteriore ad 1/3 circa dell’intera lunghezza. . Superficie esterna fortemente striata per traverso: strie lamelliformi, numerose, spesso confluenti, concen- triche, ma non circolari, bensì divise, lungo linee che irradiano dall’umbone, in tanti segmenti sub-rettilinei, paralleli fra loro. Cardine della valva destra costituito di due denti laterali lamelliformi, robusti, separati dal margine da una fossetta ampia, ma non molto profonda; il dente posteriore appare, benchè oscuramente, doppio per un rilievo dentiforme del margine dorsale: nella valva sinistra pure due denti laterali, quasi confusi col margine dorsale, il posteriore più breve e più vicino all’umbone; non vi è traccia di dentino apicale, solamente il dente laterale anteriore presenta presso l’umbone una piccola sporgenza. Fossetta legamentare piccola, triangolare, leggermente obliqua indietro. Impressioni muscolari non molto distinte, assai vicine al margine, specialmente quella posteriore, e situate abbastanza in alto: l'anteriore stretta, allungata, reniforme, la posteriore più ampia. Impressione palleale poco distinta, discretamente distante dal margine ventrale. Diametro antero-posteriore . o o . 0 c , mm. 1,8—3,7 » umbo-ventrale . 0 a o o o 6 » 1,9— 2,9 L’unica valva, che di questa elegante e minutissima specie esiste in collezione, è leggermente incom- pleta nel lato più lungo, e perciò non potrebbe dirsi con precisione della sua forma, se non avessi avuta recentemente la ventura di trovarne altra valva ben conservata ed anche più adulta, fra parecchie mi- nute specie, cortesemente datemi in istudio dal sig. Lurer GRASSI, un giovane ed appassionato ricercatore dei fossili del M. Mario. Tuttavia giudicando dall'andamento del margine dorsale, delle strie, e del mar- gine laterale anteriore, si arguiva facilmente che la forma della conchiglia dovesse essere a margine dorsale poco declive, e quindi quasi rettangolare. 4) 1896. MeLI. MoMuschi foss. rec. estr. d. giacim. del M. Mario. Boll. Soc. geol. it., vol. XV, pag. 75. 4 S. CERULLI-IRELLI [80] È assai caratteristica l’ornamentazione esterna, fatta di strie numerose, larghe e rilevate, quasi la- melle, non tutte regolari, perchè alcune confluenti, divise in tanti segmenti sub-rettilinei, paralleli gli uni cogli altri ed angolati lungo linee che irradiano dall’umbone: le strie a ?/ circa dell’altezza delle valve presso l’umbone divengono bruscamente più sottili, e l’umbone ne è completamente privo, ed appare liscio. Per la scultura esterna, la nostra specie mostra affinità col L. nitidissimum DesA. dell’Eocene pari- gino, ma il contorno ne è molto diverso. L'assenza del dente cardinale su entrambe le valve distingue il L. striatissimum, come forse anche la specie seguente, dai Lepton s. s., e lo avvicina alla sez. Planikellia Cossm.: ma questa comprende specie a scultura radiale. M. Mario: Farnesina (s. g.). Lepton naviculare n. sp. — Tav.I[XI], fig. 8. Conchiglia ovale, allungata, obliqua, molto inequilaterale, leggermente convessa: Jato posteriore brevissimo, quasi '/, dell’intera lunghezza, sub-troncato; lato anteriore molto allungato, attenuato in avanti, cuneiforme: margine dorsale anteriore quasi rettilineo e declive: margine ventrale regolarmente arcuato. Umbone assai piccolo, poco sporgente. Superficie esterna leggermente, ma fittamente striata: strie concentriche, regolari. Cardine della valva destra formato di due denti laterali lamellari, robusti, triangolari, di cui quello anteriore più allungato dell’altro e più distante dall’apice, entrambi separati dal margine da un’ampia fossetta. Fossetta legamentare sotto l’umbone, assai robusta, obliqua indietro. Impressioni muscolari non molto distinte, ovali-arrotondate. Diametro antero-posteriore . . . 0 È . . mm. 3,7 è umbo-ventrale . i 3 5 5 ò 6 » 2,5 Di questa specie non ho che una sola valva. Ricorda alquanto il L. glabrum FiscHER !, ma rispetto a questo è molto più inequilaterale, più allun- gato e meno alto, a superficie esterna striata, a struttura cardinale diversa: il ZL. glabrum ha nella valva destra un dente cardinale, oltre i due denti laterali. Dalla specie precedente si distingue facilmente per la striatura esterna più regolare e più minuta, per contorno ancor più inequilaterale, e più allungato, e per la linea curva descritta dal margine ventrale. M. Mario: Farnesina (s. g.). Lepton (Epilepton) Clarkiae CLark. — Tav. I [XI], fig. 9-12. (1852. — CLARK. Ann. Nat. Hist., 2.3 ser., marzo ed aprile). (1853. — FORBES a. HANLEY. Brit. Moll., vol. IV, pag. 255, tav. CKXXII, fig. 7). 1864. Kellia sub-orbicularis Mont. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 18. 1871. — _ — — Op. cit., 2. ed., pag. 26. Conchiglia obliquamente sub-ovale, inequilaterale, poco convessa: lato posteriore più breve, quasi la metà del lato anteriore: margine dorsale debolmente declive dall’uno e dall’altro lato dell’umbone, i) FiscHER. Les fonds de la mer, vol, II, pag. 83, tav. II, fig. 9. [81] S. CERULLI-IRELLI (O) i non angolato; margine posteriore arrotondato; margine anteriore oscuramente sub-troncato; margine ven- trale arcuato. Umboni piccoli, poco sporgenti. Superficie esterna striata da minutissime linee concentriche, più distinte presso al margine ventrale. Cardine della valva destra armato di un forte dente cardinale anteriore, acuto ed eretto, lesgermente inclinato in avanti, e di due denti laterali lamellari, di cui il posteriore leggermente più vicino all’apice: nella valva sinistra un dente cardinale anteriore molto obliquo in avanti, quasi aderente al dente laterale, e due denti laterali marginali, dal margine poco distinti. Fossetta legamentare ben distinta, profonda, obliqua indietro. Impressioni muscolari poco evidenti, sub-ovali. Diametro antero-posteriore ._. o . : È . mm. 4 » umbo-ventrale . x 1 ; : : Sh DO Le nostre poche valve corrispondono abbastanza bene alla figura di ForBes ed HanLEY: solo in esse il lato anteriore, anzichè rotondato, è obliquamente sub-troncato, ed appare quasi cuneiforme. Potrebbero perciò riguardarsi come varietà (sub-truncata). Tuttavia, corrispondendo tutti gli altri caratteri, credo che la piccola differenza di forma notata abbia ben poca importanza, tanto più che la specie sembra a con- torno abbastanza variabile, a giudicarne dalle due figure di ForBEs ed HAnLEY e di JEFFREYS *) ; l'esemplare figurato da JEFFREYs è assai più obliquo e più corto che non la figura di FoRrBEs e gli esemplari di M. Mario, ma il lato posteriore appare in esso sub-troncato. Il LZ. Clarkiae, che il DALL prende a tipo della sezione Epilepton, per la struttura cardinale mostra notevole affinità con specie del genere affine Erycina; anzi si può dire che la sezione Epòlepton rappre- senti quasi l’anello di congiunzione fra i due generi Zepton ed Erycina. Questa specie vivente nei mari del Nord d’Europa e nel Mediterraneo è dal MontERosATO citata fossile per M. Pellegrino. M. Mario: Farnesina (s. g.). Gen. Erycina (LamaARcK, 1806), RécLuz, 1844. Questo genere, cui il LAMmARCK, dopo averlo esattamente diagnosticato, riunì elementi molto etero- genei, fu per tale ragione assai variamente interpretato, ed a volta escluso, a volta ammesso. Il PHI- LIPPI nell’ Enumeratio Molluse. Siciliae lo trasformò completamente, comprendendovi specie che furono in Seguito quasi tutte riferite ad un nuovo genere, Syndosmia. L'opinione del Pricipri fu largamente seguita in Italia, ond’ è che la massima parte delle specie, citate come Erycina, appartengono o al gen. Syn- dosmia, o al gen. Ervilia. Ma nel 1844 il RfcLuz restituì al genere il suo vero significato, e i suoi criteri furono più tardi seguiti dal DesHayEs nella classica opera degli Arimaux sans vertèbres ecc. Per altro il DesHayrs includeva nel gen. Erycina altri tre, ora considerati distinti: il gen. Kellya, il gen. Bornia (da alcuni malacologi ritenuto semplicemente sezione del gen. Xelya), e il gen. Montucuta. Le ricerche successive di FiscHER, Cossmann e DALL hanno notevolmente contribuito ad una più esatta conoscenza del genere e lo hanno posto su più sicure basi. Per altro è rimarchevole l’affinità fra il gen. Erycina e il gen. Lepton per la cerniera, così che sembra quasi non esservi interruzione fra loro, nè i caratteri dif- 1 JarrrnySs. Brit. Conch., vol. V, tav, XXXI, fig. 5. 6 S. CERULLI-IRELLI [82] ferenziali assegnati all'uno e all’altro genere hanno un valore assoluto e costante. Tuttavia nel gen. Erycina la cerniera, costituita quasi sempre di uno, più raramente due denti cardinali, e di due denti laterali l’uno anteriore, l’altro posteriore, presenta quest’ultimo più lontano dall’ apice che non il dente laterale anteriore, laddove nei Lepton sembra verificarsi più facilmente l'opposto: i due denti laterali hanno forma meno triangolare, più allungata, e raggiungono la loro massima altezza e sporgenza quasi alla loro estremità lontana dall’umbone: essi sono spesso ricurvati su loro stessi a guisa di segmenti di un ci- lindro: la fossetta legamentare è meno centrale, e in corrispondenza il margine cardinale interno non è profondamente inciso come nella maggior parte dei Lepton. Le due specie che per ora cito a M. Mario non rappresentano tuttavia, per l’ assenza del dente cardinale nella valva destra, il tipo del gen. Erycîna, e potranno costituire un sotto-genere Properycina. Del gen. Erycina sappiamo che ha goduto larga diffusione nell’Eocene parigino, mentre sembra poi rarissimo e di dubbia esistenza in terreni europei più recenti. È tutt'ora vivente e lo si conosce nella Carolina del Nord, nel mare di Behring (DALL). Erycina mariana n. sp. — Tav.I[XI], fig. 13. Conchiglia sub-triangolare, leggermente inequilaterale ed obliqua, assai poco convessa, pellucida: lato anteriore più lungo, obliquamente sub-troncato. Umboni sub-mediani, non inclinati, poco sporgenti. Superficie esterna ornata di minute strie concentriche, regolari. Cardine della valva destra costituito di due denti laterali lamelliformi doppi, con un solco in mezzo per le lamine della valva opposta: il dente anteriore, più vicino all’apice, si mostra in prossimità di questo leggermente più sporgente e più ispessito del dente posteriore, quasi a tener luogo della mancanza del dente cardinale: nella valva sinistra un dente cardinale anteriore alla fossetta del legamento, inclinato in avanti, e due denti laterali allungati. Fossetta del legamento obliqua indietro, ristretta, profonda. Impressioni muscolari poco distinte, piccole, ovali-tondeggianti, vicine al margine, e situate in alto. Diametro antero-posteriore . O 0 0 0 o à . 0 mm. 6 » umbo-ventrale . . o , : . 0 o o >» 5 Spessore o o LISA o 0 ò a o È . o » 2,8 L’unico individuo, fortunatamente completo, che attribuisco a questa specie si distacca dal gen. Ery- cina tipico per la mancanza nella valva destra del dente cardinale, di cui vi è solo un’ oscurissima traccia in un maggior rilievo della lamina dentaria anteriore presso l’umbone. Ma la natura dei denti laterali, la struttura cardinale della valva sinistra mi spingono a mantenere la specie nel gen. Erycina: credo solo possa esser presa a tipo di un nuovo sotto-genere. Dai Lepton si distingue per la forma dei denti, bassi in prossimità dell’umbone, più alti a distanza, e ripiegati in dentro alla sommità; per la maggiore vicinanza all’apice del dente laterale anteriore; per la meno profonda incisione del margine cardinale. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Erycina ovalis n. sp. — Tav.I[XI], fig. 14. 1864. Scintilla Philippiensis Desa. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 18. 1871. _ —_ — — Op. cit., 2.* ed., pag. 26. [83] S. CERULLI-IRELLI 7 Conchiglia sub-ovale, sub-equilaterale, poco convessa; lato anteriore leggermente più allungato e più alto del posteriore: margini convessi. Umbone piccolo, poco sporgente, non inclinato. Superficie liscia. Cardine della valva destra armato di due denti laterali lamellari, doppi, come nella specie prece- dente, con in mezzo la fossetta del legamento obliqua indietro. Impressioni muscolari rotondo-sub-ovali. Linea palleale poco distinta, ma situata assai più presso al margine che non nella specie precedente. Diametro antero-posteriore . 5 o . à 6 a o : mm. 5,9 » umbo-ventrale . . . È c . c 5 È » 4,2 Si distingue facilmente dalla £. mariana, di cui l’unica valva destra della nostra collezione ha un’ identica cerniera, per la mancanza di striatura concentrica, e per la forma ovale, più lunga e meno alta. La Scintilla Philippiensis DesH., cui il ContI riferì la specie in discorso, a giudicarne dalle figure di Apams e CHENU, ha contorno molto simile, e perciò forse il Conti fu tratto in errore: ne è per altro essenzialmente diverso il cardine. M. Mario: Farnesina (s. g.). Gen. Scacchia Puizpri, 1844 1. Scacchia elliptica (Scaccai) Pan. — Tav. I [XI], fig. 15. (1844. — PuILIPPI. Enum. Moll. Sic., vol. II, pag. 27, tav. XIV, fig. 8). 1882. Seacchia elliptica Scaccni. Zuccari. Cat. cit., pag. 12. Rarissima: una sola valva, che è-leggermente più allungata della forma figurata dal Priuipri. È identica tuttavia ad altri individui viventi nel Mediterraneo, gentilmente comunicatimi dal march. Mon- TEROSATO. Diametro antero-posteriore . c : . : ò o mm. 5,9 » umbo-ventrale . c a 5 0 5 o >» 4,8 La Se. elliptica è citata fossile in Italia dal Fucini per le sabbie di Spicchio. M. Mario (s. g.). Scacchia subquadrangularis n. sp. — Tav. I [XI], fig. 16, 17. 1864. Kellia semimaslum Pain. Conti. Op. cit., 1. ed., pag. 18. 1871. — — _ — Op. cit., 2.8 ed., pag. 26. Conchiglia sub-quadrata, poco convessa, inequilaterale, molto sottile; lato anteriore più lungo, e più alto; margine posteriore troncato, quasi verticale; margine anteriore sub-troncato, declive; margine ventrale leggermente convesso; margine dorsale ondulato. Umbone piccolo, poco sporgente, inclinato e situato più vicino all'estremità posteriore delle valve. 1) Il Dart considera il gen. Scacchia sotto-genere di Erycina. La peculiare natura dei denti laterali, la forma dei denti cardinali, mi sembra siano caratteri sufficienti per ritenere distinto il gen. Scacchia, tenendo anche conto del lungo uso in suo favore. 8 8. CERULLI-IRELLI [84] Superficie liscia, con poche linee di accrescimento; solo con forte ingrandimento essa appare molto sottilmente punteggiata. Cardine nella valva destra munito di un sol dente anteriore robusto, inclinato in avanti: nella valva sinistra due denti, di cui l’anteriore più robusto, sub-parallelo al margine dorsale, l’altro sub-apicale assai minuto. I denti laterali pliciformi sono particolarmente manifesti nella valva destra. Fossetta legamentare marginale, obliqua indietro. Impressioni muscolari abbastanza grandi, ma poco distinte, l'anteriore sub-ovale, più grande, la po- steriore sub-reniforme. Diametro antero-posteriore 0 È o È 0 3 mm. 2,25 » umbo-ventrale o 2 0 c 0 - » 1,08 Questa assai minuta ed interessante specie, molto rara a M. Mario, mostra per la forma caratteri di affinità con la Sc. tenera JeFFR.!: ma questa è ovale, a margini arrotondati, e mentre nella nostra specie il lato più alto è l’anteriore, nella fenera viceversa è più alto il lato posteriore. La struttura cardinale della specie nuova che propongo è quasi identica a quella della Sc. elliptica, solo nella valva sinistra il dente apicale appare assai meno sviluppato, quasi indistinto 2). M. Mario: Farnesina (s. g.). Gen. Kellya Turton, 1822 (emend.). Kellya suborbicularis Mra. sp. — Tav. I[XI], fig. 18-20. (1803. — MonTaGu. Test. Brit., pag. 39 e 564, tav. 26, fig. 6. — Mya). 1864. Poromia rubra Mont. Conti. Op. cit., 1.8 ed., pag. 18. 1871. — — _ — Op. cit., 2.3 ed., pag. 26. 1882. Kellia suborbicularis Mra. Zuccari. Cat. cit., pag. 11. 1887. — — — Ponzi e Mex. Op. cit., pag. 21. La forma più comune di questa minuta e fragile specie, non molto rara alla Farnesina, è sub-ovale, trasversalmente allungata, a margine ventrale poco convesso, quasi rettilineo. Diametro antero-posteriore . c 0 Dì . 0 : mm. 5 » umbo-ventrale 7 Ò 6 ò E è ò >» 4,1 Sono assai più rare invece le valve a contorno quasi perfettamente orbicolare, e delle altre più ri- gonfie, più tumide. Appartiene a questa seconda forma l’individuo più adulto della nostra collezione, da me stesso raccolto alla Farnesina. Diametro antero-posteriore . 5 0 : ; 0 . mm. 8,5 » umbo-ventrale . " Ò o 5 : o » 8 Spessore (della valva). o o c . o d È » 3 ) Jorrroys. On the Mollusca proc. d. Lightning a. Porcupine exped. Loc. cit., pag. 696, tav. LXI, fig. 2. ? L’abate BruenoNE ci dà notizia (Bull. Soc. mal. it., vol. III, pag.41) di una terza specie di ,Scacchia, che sì raccoglierebbe a M. Mario, la ,Sc. inversa Prin. : ma nelle collezioni esaminate non ne esistono esemplari. [85] S. CERULLI-IRELLI 9 La K. virgella De GrEe. !, che l’autore identifica colla var. fransversa Woop 2) di X. suborbicularis, corrisponde alla nostra forma più comune, la quale si incontra anche oggi vivente, ed appartiene senza dubbio alla subordicularis. La K. suborbicularis, scarsamente citata fossile in Italia, è vivente tanto nel Mediterraneo che nel- l’Oceano Atlantico, fino alla Norvegia boreale. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). Gen. Rochefortia Verain, 1876. x Il nome Zellimya Brown, come è stato inteso nell’uso generale, dopo che H. ed A. Apams ne scel- sero a tipo nel 1857 la 7. bidentata Mta., è sinonimo di Rochefortia, ma non può esser mantenuto. In effetti il DALL ha dimostrato che Brown nel proporre il nuovo genere nel 1827 lo divise in due sezioni, scegliendo a tipo della prima, che comprendeva forme brevi orbicolari, la Xelya suborbicularis Mrse., e a tipo della seconda, in cui riuniva le forme allungate, la Montacuta ferruginosa Me. Solo molto più tardi, e cioè nel 1844, vi fu inclusa la 7. bidentata, che nel 1827 Brown riferiva invece al gen. Anatina. Per queste ragioni il nome del Brown non può esser usato a distinguere le forme in esame. Il DaLt, contrariamente al criterio finora seguito, considera il gen. Kochefortia (= Tellimya auct.) completamente distinto dal gen. Montacuta. Questo anzi, per i suoi caratteri anatomici, è ritenuto di sede incerta : tuttavia per la conchiglia devesi per ora collocarlo fra-i Leptonacea. i Rochefortia bidentata Mre. sp. — Tav. I [XI], fig. 21-23. (1803. — MontaGu. Test. Brit., pag. 44, tav. 26, fig. 5. — Mya). 1864. Tellimya bidentata Mra. Conti. Op. cit., 1.a ed., pag. 18. 1871. —_ — — — Op. cit., 2.3 ed., pag. 26. 1882. Montacuta — — Zuccari. Cat. cit., pag. 11. 1887. — _ — Ponzi e Mrni. Op. cit., pag. 22. Confusa in collezione colla Montacuta ferruginosa, e come essa rara, se ne distingue facilmente per forma più corta e meno trasversa, umboni più acuti e prominenti, senza fessura apicale, e per diversa struttura del cardine. Nella didentata i due denti cardinali, essenzialmente corrispondenti in ogni valva, sono laminari, molto più largamente divergenti, nella valva sinistra quasi indistinti. Nella Montacuta fer- ruginosa all'opposto i due denti, anteriore e posteriore, sono notevolmente diversi fra loro, e situati a differente livello. : Diversa altresì è la fossetta del legamento, assai più allungata, più profonda nella M. ferruginosa. Diametro antero-posteriore . ù o È ì 7 7 : mm. 4,15 » umbo-ventrale . : : o ò . o 5 c » 2,93 Assai buona figura per questa specie è quella data dagli autori della classica opera sui “ Mollusques du Roussillon ,9; i nostri individui ne differiscono solo per avere il margine ventrale più rettilineo. 1 De GREGORIO. Studi su tal. conchiglie mediterranee. Boll. Soc. mal. it., vol. X, pag. 196. 2) S. Woop. Crag Mollusca, vol. II, tav. XII, fig. 8d. 3) Bucquoy, DAUTZENBERG, DoLLFUS. Moll. marins du Rouss., vol. II, tav. 39, fig. 3,4. to Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 10 S. CERULLI-IRELLI + [86] Vivente nel Mediterraneo e nell’Atlantico, dove gode di una notevole dispersione batimetrica, questa specie conosciuta fossile nel Crag inglese (Woop), nel pliocene del Belgio (Nyst), è in Italia citata, benchè scarsamente, tanto in formazioni plioceniche (empolese, senese), che post-plioceniche (Reggio Calabria, Ficarazzi). M. Mario: Farnesina (s. g.). — (Coll. Rigacci); — Malagrotta. — (Coll. CLERICI). Rochefortia, gibbosula n. sp. — Tav. I[XI], fig. 24. Conchiglia convessa, gibbosa, fortemente inequilaterale: lato posteriore breve, sub-troncato; lato anteriore convesso, a margine dorsale arcuato e più alto dell’umbone; margine ventrale sub-rettilineo. Umbone acuminato, e fortemente inclinato verso il lato posteriore. Superficie liscia, ornata solo di linee di accrescimento. Cardine della valva destra armato di due forti denti lamellari, ampiamente divergenti. Impressioni muscolari ampie, ma poco distinte. Diametro antero-posteriore . 6 ; : 3 È E Ò o mm. 4,5 » dorso-ventrale 5 i ; o . . c ò b De. È una bella specie, che per la sua forma più breve, più convessa, più inequilaterale, a margine dor- sale fortemente arcuato e sorpassante in altezza l’umbone, situato assai più presso al margine posteriore, si distingue assai facilmente dalla . didentata. Presenta affinità anche colla R. ovata JEFFR., ma questa è a margine dorsale meno elevato, margine anteriore più arcuato, margine ventrale non rettilineo, ma convesso. Diversa è egualmente la È. tumidula JEFFR. L’unica valva studiata mi è stata gentilmente comunicata dal sig. G. FRENGUELLI che, come il GRASSI, si occupa con passione della raccolta di fossili dei dintorni di Roma. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Rochefortia ovata Jerrr. sp. — Tav. I[XI], fig. 25. (1881. — G. JEFFREYS. On the Moll. proc. d. Lightning a. Porcupine exped., part. III. Proceed. Zool. Soc. London 1881, pag. 698. — Montacuta). Riferisco a questa minuta specie due piccolissime valve destre. Hanno forma ovale-arrotondata, al- quanto obliqua, abbastanza convessa, fortemente inequilaterale: margine posteriore debolmente sub- troncato, anteriore e ventrale arcuati, margine dorsale anteriore elevato e pur esso convesso. Umbone piccolo, sporgente, situato vicino all’estremità posteriore, a quasi un quinto dell’intera lunghezza. Superficie liscia, ornata solo di linee di accrescimento. Cardine armato di due piccoli denti laminari, divergenti ad angolo retto. Diametro antero-posteriore . 0 o . c : o 5 o mm. 1, 4 » umbo-ventrale 0 . 0 . . o È 0 o » 1,25 Le nostre valve corrispondono abbastanza bene alla figura del JeFrREYS: sembra in esse solo legger- mente più elevato il margine dorsale, più arcuato il margine ventrale. Non credo tuttavia andar er- 1) Può essere che alla E. ovata si riferisca la R. (Montacuta) tumescens BRUGNONE, da questo autore citata oltre che per M. Pellegrino anche per M. Mario (1877. Boll. Soc. malac. it., vol. III, pag. 40). Ma in mancanza di de- serizione e figura non è possibile sincerarsene. [87] S. CERULLI-IRELLI 11 rato, riferendo alla ovata le nostre due piccolissime valve: le lievi differenze di contorno potendo rien- trare nell’ambito di variazioni della specie. La E. ovata vive nell'Oceano Atlantico. M. Mario: Farnesina (s. g.). Rochefortia rotundata n. sp. — Tav. I [XI], fig. 26. Conchiglia minutissima, obliquo-rotondata, molto convessa, liscia, a margini regolarmente arcuati. Umbone piccolo, sporgente, presso al margine posteriore, ad !/, dell’intera lunghezza. Cardine della valva destra armato di due robusti denti lamellari, divergenti ad angolo meno aperto che nella X. ovata; il dente anteriore più allungato. Impressioni mùscolari piuttosto ampie, sub-rotonde. Diametro antero-posteriore . A : 0 o ” $ , . mm. 1,1 » umbo-ventrale o , ò o , 7 . c . DARAI Si distingue dalla precedente per contorno più breve, più regolarmente e decisamente arrotondato, per maggiore convessità; ma potrebbe forse ritenersene spiccata varietà, se non avessi riscontrate diffe- renze anche nella struttura cardinale. Nella rotundata i denti sono meno divergenti, più robusti, il dente anteriore assai più allungato, e più evidente la sporgenza laminare interna del margine anteriore innanzi . al dente stesso. M. Mario: Farnesina (s. g.). Rochefortia Fontemaggii Conti sp. — Tav. I [XI], fig. 27-28. (1864. — ConTI. IZ M. Mario ecc., 1. ed., pag. 18 e 45. — Tellimya). 1864. Tellimya Fontemaggi n. sp. Conti. Op. cit., 12 ed., pag. 18 e 45. 7 1871. — _ — — Op. cit., 2* ed., pag. 26 e 50. 1882. Montacuta — Conti. Zuccari. Cat. cit., pag. 11. Conchiglia molto inequilaterale, cuneiforme, debolmente convessa, discretamente solida: lato poste- riore brevissimo, obliquamente troncato; lato anteriore lungo, cuneiforme, arrotondato: margine dorsale anteriore debolmente arcuato; margine ventrale sub-rettilineo, con leggerissima insenatura nella sua metà posteriore, in corrispondenza di un solco di depressione, che dall’umbone scende al margine. Umbone fortemente acuminato, sporgente, inclinato verso il lato posteriore. Superficie esterna segnata di larghe rughe concentriche di accrescimento, ed ornata di impressioni puntiformi minutissime. Cardine della valva destra costituito di due denti largamente divergenti, l'anteriore assai robusto, sporgente, il posteriore piccolissimo: nella valva sinistra pure due denti lamelliformi ben poco distinti dal margine, l'anteriore più allungato. Impressioni muscolari sub-rotonde, la posteriore più ampia, l’anteriore poco distinta. Diametro antero-posteriore.. 0 , o , 0 c 0 o mm. 2,2 ” umbo-ventrale 0 c Ù 0 0 o c Ò . a rdioati Posseggo di questa specie, che il Conti descrisse per primo, tre piccole valve; altre pochissime sono nella collezione CONTI. 12 S. CERULLI-IRELLI [88] Per la sua forma anteriormente cuneata e posteriormente troncata essa presenta notevole affinità colla R. truncata Woop ”: ma il lato posteriore è obliquamente troncato, il lato anteriore più cuneiforme, l’umbone più acuto e più inclinato verso il lato posteriore: la superficie esterna anzichè striata, è ornata di minutissimi punti impressi, visibili colla Jente: dei due denti cardinali l’ anteriore sembra più robusto, più piccolo invece e meno evidente il dente posteriore. Per questi caratteri differenziali, ritengo che la Rockefortia di M. Mario debba considerarsi specifi- camente distinta da quella del Crag inglese. Le differenze colla R. bidentata risaltano ben manifeste dall’esame delle figure, e non occorre te- nerne parola. L M. Mario: Farnesina (s. g.). — Coll. RIgaccI. Gen. Montacuta Turton, 1819. La correzione del nome Montacuta in Montaguia, proposta da Bucquor, DAUTZENBERG e DoLLFUS, non è stata generalmente adottata, in vista della consuetudine ormai lunga in favore del primo, e del- l’esistenza del nome corretto applicato a generi di altre classi. Montacuta substriata Me. sp. — Tav. I [XI], fig. 29-31. (1808. — MontAaGU. Test. Brit. Suppl., pag. 25. — Zigula). (1849. — FORBES a. HANLEY. Brit. Moll., vol. II, pag. 77, tav. XVIII, fig. 8). 1882. Montacuta substriata Mrs. Zuccari. Cat. cit., pag. 11. Diverse valve di questa fragile ed elegante conchiglia, di cui talune iesEnianO dimensioni maggiori di quelle della specie vivente nei mari nordici. Diametro antero-posteriore . ; E ò 6 c c c d mm. 4,2 » dorso-ventrale : c . 0 c . o . 0 » 3,8 Come osserva il JEFrREYS, variabile è la forma di questa specie. Fra i nostri esemplari possiamo distinguere due tipi: l’uno, più raro, a forma ovale, fortemente obliqua, a margine dorsale posteriore rapidamente declive, che s’avvicina al tipo figurato da JerrREys ?); l’altro, molto più frequente, a forma più allungata, meno obliqua, lato posteriore più espanso, vicino E figura di ForBes ed Hancey. I due tipi sono fra loro collegati da una forma intermedia assai prossima a quella fossile nel Crag inglese. Più o meno marcate e numerose, ma sempre visibili nei nostri esemplari, le caratteristiche esili co- Sticine, che irradiano, ma non tutte, dall’ umbone: quasi sempre evidente e visibile coll’aiuto della lente la striatura concentrica: ben marcata egualmente la depressione del margine ventrale in corrispondenza del foro d’uscita del bisso. Nella valva sinistra, — ma solamente dell’individuo più adulto — si osserva nella parte più alta della fossetta legamentare, immediatamente sotto l’umbone, un ben distinto risalto triangolare, tuberco- liforme, che delimita lo spazio fra la fossetta legamentare e la fossetta destinata a ricevere il dente della valva opposta, e che ha l'aspetto di un piccolo dente apicale, di cui per altro non vi ha traccia i) S. Woop. Crag Mollusca, vol. II, pag. 127, tav. XII, fig. 16 (Montacuta truncata). 2) JEFFREYS. British Conch., vol. V, tav. XXXI, fig. 6. [89] S. CERULLI-IRELLI 13 nelle restanti valve, perchè tanto la valva sinistra che la destra sono munite di un sol dente cardinale anteriore. Questa specie vive nell'Atlantico e nel Mediterraneo e si conosce fossile del modenese, di Toscana (S. Miniato, Livorno), nell’Italia meridionale. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). — Coll. RicaccI. Montacuta ferruginosa Mre. sp. — Tav. I [XI], fig. 32-35. (1803.— MonraGu. Test. Brit. Suppl., pag. 166, tav. 26, fig. 2. — Mya). 1882. Moniacuta ferruginosa Mra. Zuccari. Cat. cit., pag. 11. 1887. — —_ — Ponzi e Men. Op. cit., pag. 22. Le nostre poche valve, di cui diverse complete non ostante la notevole fragilità del guscio, sono, per lo più, a margine ventrale e dorsale quasi paralleli, lati anteriore e posteriore arrotondati: altre invece, assai più rare, hanno forma più allungata, margine ventrale e dorsale più arcuati, lato anteriore e posteriore più acuminati, umbone più centrale, il lato posteriore essendo più allungato. Diametro antero-posteriore . È 3 ° 3 5 . 5 mm. 4,5T€T—- 7,5 » dorso-ventrale 5 5 5 ò . c È ; >» 2,5— 4,5 Paragonate con la forma vivente nei mari inglesi, quale è figurata da MontaGu e da JEFFREYS , le nostre valve si mostrano in generale meno rettangolari, ad estremità anteriore e posteriore più ar- rotondate, a margini più arcuati. Ma ForBes ed HanLEY ?) ci danno notizia della notevole variabilità di questa specie, avvertendo che la figura del MontAGU non rappresenta il tipo vivente più comune. Credo perciò, che alle differenze di forma notate non sia da dare importanza. Le nostre valve a forma più allungata sono assai affini alla specie fossile nel Crag inglese figurata dal Woop. La cerniera della Montacuta ferruginosa è alquanto diversa da quella della M. substriata, per la presenza di un dente cardinale posteriore e per la profonda incisione del margine cardinale sotto l’umbone. Mi sembrerebbe perciò doversi la M. ferruginosa riferire ad una sezione del gen. Montacuta diversa da quella cui può appartenere la I. substriata, e riterrei che potrebbe ad essa applicarsi il nome 7ellîmya Browx, appunto in considerazione che la prima specie nominata dal Browx in una delle due sezioni del genere, era la M. ferruginosa. Ma lascio per ora in sospeso tale questione e seguo senz'altro il DALL che pone la ferruginosa fra le Montacuta s. s. Vivente tanto nel Mediterraneo, che nei mari del Nord, la M. ferruginosa è citata fossile dal Se- GuENZA e dal MontERosaTO per l’Italia meridionale. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). Fam. Galeommidae Gray, 1840. Gen. Solecardia Conrap, 1849. Il DALL considera il gen. Scintilla DESH. sotto-genere di Solecardia ConR., e raggruppa in un nuovo sotto-genere Spaniorinus tutte le varie specie di Scintilla, con tal nome conosciute fossili particolar- mente nell’ Eocene parigino. 1) JorrRnrs. Brit. Conch., vol. V, tav. XXXI, fig. 9. 2) ForBrs a. HanLHY. Brit. Moll., vol. II, pag. 72. 14 S. CERULLI-IRELLI [90] Le osservazioni del DALL sono solo in parte ammesse dal Cossmann !, in quanto che questo autore, pur convenendo che le Scintilla parigine siano Spaniorinus, non crede dover sostituire il nome generico del DesHAayes con l’altro del ConraAD, solo in considerazione della priorità di quest’ ultimo, tenuto conto che il primo è per il lungo uso più conosciuto. L’affinità fra le Scintilla (e Spaniorinus) e le Sportella — che pur appartengono a famiglie diverse — è così grande, che non sempre ne riesce ben definita la distinzione, tanto che lo stesso DESHAYES, autore di entrambi i generi, descriveva nel gen. Sportella la S. angusta, che in seguito Cossmann ha riconosciuto essere Scintilla (Spaniorinus). I due generi venivano principalmente caratterizzati dalla differente posizione del legamento, interno nelle Scintilla, inserito in un piccolo solco obliquo posteriore; esterno nelle Sportella, attaccato su ninfe. ; Ma i termini di distinzione fra i due generi sembra siano divenuti assai meno precisi, da che il Dar ha constatato, da una parte che nelle Scintilla ‘esiste, oltre la fossetta interna già descritta da DesHayEes, anche un legamento esterno per lo più assai poco manifesto od obsoleto, e dall’altra che nelle Sportella si osserva pure una fossetta interna, sebbene non sempre chiaramente delimitata, e di cui DESHAYES non ci aveva fatto parola. Avverte tuttavia il DALL, che nelle specie dell’eocene parigino, a differenza di quanto si osserva nelle Sportella americane, la fossetta interna lascia sempre assai debole o nessuna traccia di sè. Sembrerebbe perciò che la distinzione fosse ridotta a caratteri di valore più quantitativo che qualitativo. i Ho avuta la fortuna di poter prendere in esame esemplari di ScirtM/a viventi (aurantiaca e am- bigua Desz.), di cui alcuni così ben conservati da mostrare chiare tracce del legamento, e di Spariorinus parisiensis, e Sportella dubia, questi ultimi assai cortesemente comunicatimi da Cossmann. Ho in tal modo osservato — senza parlare delle differenze della cerniera — che nelle ScintiZa il legamento, oltre essere inserito nella fossetta obliqua interna, occupa anche un sottilissimo solco marginale allungato, e le due porzioni del legamento sono assai chiaramente fra loro in parte unite, per quasi tutta la lunghezza della fossetta interna. Immediatamente dietro la fossetta e sottoposto al solco legamentare del margine si sol- leva il dente laterale, caratteristico per le Scintilla. Nella Sportella dubia è invece ben evidente la presenza di ninfe per il legamento esterno, brevi, distinte dal margine da un piccolo solco impresso, mentre non v’ ha traccia di fossetta interna. Nello Spaniorinus parisiensis, mentre la fossetta interna è assai ben distinta a guisa di solco im- presso, allungato, obliquo indietro e dall'alto in basso come nelle .Scinzti/Za, non v’ha traccia d°’inser- zione del legamento esterno. L’esame di questo, senza dubbio, troppo scarso materiale non mi permette di esporre un giudizio sicuro sul valore dei generi in parola, in considerazione delle variazioni a cui essi sembrano soggetti: ma tuttavia, con l'osservazione di detto materiale e con la scorta degli studi di Cossmann e DALL, credo che per ora — tenuto conto dei caratteri della cerniera, per i quali mi riferisco a quanto ne hanno scritto DesHAyes, Cossmann e DALL — siano da ascriversi al gen. Sportella tutte quelle specie che mo- strano chiara traccia di ninfe per il legamento esterno, mentre vanno attribuite a Scintilla e Spaniorinus le altre che presentano la fossetta interna ben definita, laddove il legamento esterno non è sempre chiaramente rintracciabile, e in ogni caso non è inserito su vere ninfe. L'assenza del dente laterale posteriore, lo sviluppo prevalente del dente cardinale orizzontale nella valva sinistra, la mancanza di sicuro indizio di legamento esterno servono a distinguere il sotto-genere Spaniorinus da Scintilla. 1) Cossmann. Catal. ill. d. Coquilles fossiles de 0° Eocèéne de Paris. App. III, Ann. Soc. roy. malacol. de Bel- gique, vol. XXXVI (1901), pag. 21. [91] S. CERULLI-IRELLI 15 Ma se la mancanza dei denti laterali è buon carattere distintivo fra Spariorinus e Scintilla, rende invece quelli assai più vicini che non queste alle Sportella. Tuttavia la spiccata differenza, nei Spariorinus, fra il dente della valva sinistra, orizzontale, triangolare, compresso, e quello della valva destra obliquo in avanti, sporgente, ispessito particolarmente alla sua estremità, la mancanza di legamento esterno e la presenza invece di una profonda fossetta legamentare interna separano gli Spariorinus dalle Sportella. Ciò posto, riferisco tutte al sotto-genere Spaniorinus le specie di M. Mario. Esse si differenziano per altro dal tipo (S. Cossmanni DALL) per la presenza di un dentino apicale nella valva sinistra, dietro il dente orizzontale anteriore. Ma di questo dente trovo parimenti traccia nella Scintilla (Spaniorinus) parisiensis DESH., e più evidente ancora nella Scintilla (Spaniorinus) ambigua, fossile, figurata da DesHAyYEs !. Il genere Scintilla, conosciuto per parecchio tempo vivente solo nei mari tropicali, fu da JEFFREYS ritrovato nell'Atlantico nella spedizione del “ Porcupine ,. Dell’Atlantico sono parimenti la Scintilla recondita Fisc®., dal FiscBER riferita in seguito al gen. Sportella, ma che a mio parere spetta al gen. Solecardia, avendo caratteri comuni tanto a Scintilla che a Spaniorinus, e la Scintilla crispata Fisca., che DALL prende a tipo dal sottogenere Scinzi/lorbis. Le specie fossili, le quali, come s'è detto, rappresentano un tipo alquanto diverso dalle Scintilla viventi, risultano assai frequenti nell’ Eocene parigino e nel Miocene del- l'America del Nord, per quanto si rileva dalla non troppo ricca bibliografia. Solecardia (Spaniorinus?) recondita Fiscn. sp. — Tav. I[XI], fig. 36-39. (1875. — FiscHER. Zes fonds de la mer, vol. II, pag. 49, tav. II, fig. 3,3a. — Scintilla). 1864. Sportella Caillati Desa. Conti. Op. cit., 1.3 ed., pag. 20. 1871. — — — — Op. cîùt., 2.2 ed., pag. 27. ? 1882. Lasea antiqua RecLuz. Zuccari. Cat. cit., pag. 11. 1887. Scintilla recondita Fisca. Ponzi e Mei. Op. cit., pag. 22. 1888. CLERICI. Loc. cit., pag. 112. Di questa specie, chiaramente descritta dal FiscHER, esistono in collezione diverse valve che alla figura del FiscHeR bene corrispondono per il loro contorno allungato e poco alto. Diametro antero-posteriore . o . . o c 0 0 c mm. $ » umbo-ventrale. . o 0 5 5 5 d c a » 4 L'individuo più adulto ha invece contorno in proporzione più breve e più alto. Nei nostri esemplari non sono evidenti le sottili linee raggianti a cui accenna il FiscHER, mentre è ben manifesta la minuta striatura concentrica, e la superficie appare minutamente punteggiata. La struttura cardinale è perfettamente corrispondente: un unico dente (anteriore) nella valva destra obliquo in avanti, con la fossetta (posteriore) del legamento divergente, minuta, obliqua; nella valva sinistra due denti divergenti, di cui l’anteriore quasi orizzontale, e posteriormente la fossetta del legamento. Aggiun- gerò, che nella valva sinistra dopo la fossetta legamentare si nota un piccolo rilievo allungato del mar- gine interno, cui nella valva opposta corrisponde una sporgenza laterale del margine dorsale. Il FiscHeR dopo aver descritto questa specie nel gen. Scinzi/Za, pur notando che essa poteva essere tanto bene una Scintilla che una Sportella, l’ assunse in seguito nel Manuel de Conchyliologie a tipo del gen. Sportella. Il Dar ? ha espresso il dubbio che essa spetti invece al sotto-genere Spaniorinus: altri autori, MontERosaTo, Sacco, LocarD, ecc. credono possa riferirsi alle Pseudo-pythina FIscH. 1) DesHayESs. Description d. animaux s. vertèbres. Vol. I, pag. 700, tav. XLIX, fig. 13-15. 2) DaLL. Contribut. to the Tertiary fauna of Florida. Loc. cit., parte V, pag. 1124. 16 S. CERULLI-IRELLI [92] A me sembra, che la specie in discorso, mentre certamente appartiene ad una sezione del gen. So- lecardia, com’ è inteso dal DALL, ha caratteri che la rendono direi quasi intermedia fra Scintilla e Spa- niorinus. In effetti il legamento inserito nella fossetta obliqua interna, ne supera il margine superiore, e, come nelle Scintilla, sembra occupi anche un piccolo solco marginale allungato. Ma non vi ha traccia del caratteristico dente laterale posteriore delle ScintiWZa, e dei due denti della valva sinistra — al con- trario che nelle Scintilla da me osservate, e come si rileva dalla chiara descrizione del DesHAYES ! — è più sviluppato il dente anteriore. Differisce dai Spaniorinus, per la presenza del legamento marginale e per il forte sviluppo del dente apicale nella valva sinistra — dente che manca nei tipici Spaniorinus. Ma se per questi caratteri la specie in discorso potrebbe forse esser presa a tipo di un nuovo sotto- genere, tuttavia credo che, per lo meno provvisoriamente, essa debba attribuirsi al sotto-genere Spanto- rinus, più che alle. Scintilla. Dal genere Sportella si distingue nettamente per la presenza della fossetta legamentare interna, bene sviluppata. Nè ritengo possibile riferirla alle Psewdo-pythina (sotto-genere di Xellya secondo il FiscHer, e di Erycina secondo il DALL) per la differente struttura del cardine, chè in queste — stando alla descrizione di FiscHER — si avrebbero due denti cardinali posteriori, uno per valva, oltre i denti anteriori. D'altronde appare poco sicura l’interpretazione di dette forme, atteso che DALL ne dà carat- teristiche abbastanza diverse da quelle di FiscHER. La S. recondita la troviamo citata, col nome di Sportella, a Ficarazzi dal MontEROsATO, a Cerreto Guidi dal Fucini, nel Piemonte dal Sacco, ecc. É specie vivente nel Golfo di Guascogna. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.); A ualiazerca (fide CLERICI). Solecardia recondita var. inanzalate n. var. — Tav. I [XI], fig. 40. Si distingue dal tipo per forma meno allungata e più alta, più triangolare, margine dorsale più fortemente declive dall'uno e dall'altro lato dell’umbone. Diametro antero-posteriore . . . . i è 0 o D mm. © » umbo-ventrale. è o ò o 7 ; ò c . » 4,4 Ne esistono in collezione due sole valve. M. Mario: Farnesina (s. g.). Solecardia (Spaniorinus) Woodi Cossu. sp. — Tav. I[XI], fig. 41,42. (1870. — S. Woop. Crag Moll., vol. II, pag. 120, tav. XII, fig. 11d. — Kellia ambigua). (1896. pri CREMANO. Catalogue ill. d. Coquill. Ffoss. de l’ Eocène d. environs de Paris. App. II, Ann. Soc. r. malac. de Belgique, vol. XXXI, pag. 9. — Scintilla). ? 1882. Erycina ambigua Nyst. Zuccari. Cat. cit., pag. 11. Abbiamo di questa specie due sole valve destre, le quali per contorno e struttura cardinale corri- spondono assai bene alla figura della Xelya ambigua in Woop. Diametro antero-posteriore . . È o 1 0 b a o mm. 5,8 » umbo-ventrale. c » c o o . 6 0 3 DET ) DosHavns. Sur le genre Scintilla. Proceed. Zoolog. Soc. London, part. XXIII, (1855), pag. 171. [93] $. CERULLI-IRBLLI 17 Differisce dalla S. recondita per forma meno allungata, più regolarmente ovale, più depressa, mar- gine ventrale non diritto, ma arcuato, cardine meno robusto. Il Woop aveva creduto poter assimilare la specie del Crag inglese con la specie del Belgio descritta dal Nysr, primieramente sotto il nome di Cordula, poi di Erycina, e infine, seguendo il Woop, come Kellia ambigua. Ma Cossmann ha riconosciuto che la specie del Belgio è una vera Erycina, ed ha tro- vato necessario cambiar nome alla specie descritta da Woop, per la preesistenza di altra Scintilla ambigua DESH. La S. ambigua è stata citata dal Fucini per Spicchio, come Sportella, e con dubbio dal FoRESTI per Zappolino, come Kellya. M. Mario: Farnesina (s. g.). Solecardia (Spaniorinus) farnesiniana n. sp. — Tav. I [XI], fig. 43,44. 1864. Scintilla parisiensis Desa. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 18. 1871. — —_ _ — Op. cit., 2.* ed., pag. 26. Conchiglia sub-ovale, leggermente convessa, sub-equilaterale: lato anteriore più lungo, a margini arrotondati; lato posteriore a margine dorsale piuttosto rapidamente declive; margine ventrale sub-ret- tilineo. Umboni quasi mediani, poco sporgenti. Ì Superficie liscia, solo con linee di accrescimento; con forte ingrandimento si scorge una minuta striatura concentrica e una ancor più minuta striatura radiale, onde la superficie appare punteggiata. Cardine nella valva destra, munito di un sol dente cardinale anteriore, quasi verticale, sporgente, debolmente solcato, e della fossetta legamentare divergente, obliqua indietro; nella valva sinistra, un robusto dente triangolare anteriore, quasi orizzontale, sub-parallelo al margine dorsale, e un debolissimo dente sub-apicale, verticale, pochissimo sporgente, seguito dalla fossetta legamentare. Impressioni muscolari ampie, l’anteriore sub-ovata, la posteriore sub-rotonda. Linea palleale poco distinta, a discreta distanza dal margine. Diametro antero-posteriore . 0 o d 0 0 . 0 o mm. 9 » umbo-ventrale . o È ; a o . ò : DO JEFFREYS !) credette poter identificare la specie menzionata dal Conti con la Kellia ambigua Nxst (= Scintilla Woodi Cossm.), ma le due forme sono ben distinte. La S. Woodì è più regolarmente ovale, ed equilaterale, meno alta. La S. parisiensis, a cui Conti riferì la specie di M. Mario, sebbene senza dubbio affine, se ne distingue per forma più equilaterale, e per il dente apicale della valva sinistra assai meno sviluppato. Specie affine per contorno alla nuova proposta sembrami la Scintilla primaeva Cossm. dell’ eocene parigino, ma diversa ne è la cerniera: il dente anteriore della valva sinistra è in questa assai più breve e più acutamente triangolare; non vi è traccia del dentino sub-apicale. M. Mario: Farnesina (s. g.). Solecardia (Spaniorinus) depressiuscula n. sp. — Tav.I[XI], fig. 45. Conchiglia depressa, equilaterale, a margini regolarmente arcuati, ad eccezione di quello ventrale che è sub-rettilineo. Umbone piccolo, assai poco sporgente. ; 1) JEFFREYS. Crag Beds of Suffolk a. Norfolk. Quarterly Journ., vol. XXVII (1871), pag. 495. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 3 18 S. CERULLI-IRELLI [94] Superficie liscia, segnata solo da linee concentriche d’accrescimento. Cardine della valva destra armato di un minuto dente, leggermente obliquo in avanti, seguito dalla piccola fossetta cartilaginea, obliqua indietro, quasi orizzontale e marginale. Impressioni muscolari ovali allungate, l’anteriore_ più stretta. Diametro antero-posteriore . " o 6 È È o c Ò mm. 4,9 » umbo-ventrale. 6 o 0 È o o ò a » 8 L’unica valva, che rappresenta questa specie, si distingue assai facilmente dalle altre innanzi descritte, di cui presenta la stessa struttura cardinale, per la forma equilaterale e più depressa, con depressione specialmente accentuata nella parte mediana della conchiglia; margini anteriore e posteriore simmetrica- mente arcuati, margine dorsale assai più elevato dall’una e dall'altra parte dell’umbone, e per un pic- colissimo tratto rettilineo e sub-parallelo al margine ventrale: l’umbone è meno sporgente. M. Mario: Farnesina (s.-g.). Fam. Cardiiîdae Lawirck, 1809, emend. Bronerip, 1889. Gen. Cardium Linxro, 1758. Cardium aculeatum L. — Tav. Il [XII], fig. 1-4. (1767. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1122). 1854. Cardium aculeatum L. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. ©. 1858. — — — Ponzi. Nota ctt., pag. 558 e 559. 1864. — _ — Conn. Op. còt., 1.è ed., pag. 21. 1868. — _ — Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — _ — Contri. Op. cît., 2.3 ed., pag. 29. 1874. —_ _ — Mantovani. Op. cit., pag. 44. 1875. — — — Ponzi. Op. cît., pag. 19, 24 e 27. 1882. —_ = — Zuccari. Cat. còt., pag. 12. L 1887. — — — Ponzi e Mr. Op. cit., pag. 20. 1888. - — — Cuerici. Loc. cit., pag. 112. 1896. — _ — Mzui. Moll. foss. rec. estr. d. giacim. class. d. M. Mario. Boll. Soc. geol. it., vol. XV, pag. 83. Specie non rara, e rappresentata da individui grandi e spesso in ottimo stato di conservazione, con le spine rilevate ed aguzze. Diametro antero-posteriore . È È o o 7 c mm. 80 » umbo-ventrale o - . . 0 0 o » 76 Spessore Ò 0 c 6 ò ; È ; ò è » 57 Negli esemplari fossili a M. Mario non si riscontrano differenze sensibili colla forma vivente nel Mediterraneo, nè nell’aspetto generale, nè nell’ornamentazione delle coste che sono in numero di 22 a 23. Solo in qualche individuo il lato posteriore appare più tondeggiante, non obliquamente troncato. E specie vivente oltre che nel Mediterraneo e nell’Adriatico, anche nell'Oceano Atlantico: fossile è citata largamente in depositi pliocenici e post-pliocenici del bacino Mediterraneo. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.); Acquatraversa. [95] S. CERULLI-IRELLI 19 Cardium paucicostatum Sow. — Tav. II [XII], fig. 5, 6. (1839. — SoweRBY. Z7/. Conch. Gen. Cardium, tav. I, fig. 20). 1864. Cardium ciliare L. Conm. Op. cit., 1.* ed., pag. 21 (pars). 1868. — — — Manrovani. Op. còt., pag. 14, 1871. - — — Con. Op. cîit., 2.* ed., pag. 29 (pars). 1882. _ — Gwen. Zuccari. Cat. cit., pag. 12 1887. _ paucicostatum Sow. Ponzi e MeLI. Op. cit., pag. 20. 1895. — - — — Meu. Loc. cit., pag. 141. Poche valve spettano a questa specie, ed una sola al tipo, qual’è considerato dagli autori francesi B. D. D.!. Le altre per la loro forma più obliqua, posteriormente più dilatata e compressa, corrispondono meglio alla var. producta B. D. D.?: in esse anche le coste sono più rilevate che nel tipo. Diametro antero-posteriore . c ; 3 5 : c mm. 23 » umbo-ventrale . 0 0 è è ò ; De? Spessore 0 3 6 5 z 3 5 È a - » 18 Molto spesso citato come C. ciliare L., e con tal nome figurato dal PoLI, questo Cardium, a tipo x pre-pliocenico, è attualmente vivente nel Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). — Coll. Rigacct. C. paucicostatum var. Bianconiana Cocc. sp. — Tav. II [XII], fig. 7-9. (1873. — Cocconi. Enum. Moll. mioc. plioc. Parma e Piac., pag. 296, tav. IX, fig. 6-9. — C. Bianconianum). 1864. Cardium ciliare L. Conti. Op. cit., 1.3 ed., pag. 21 (pars). 1871. = — — — ©p.cit., 2.* ed., pag. 29 (pars). 1887. — Bianconianum Cocc. Ponzi e Men. Op. cît., pag. 20. 1888. _ _ — Crerici. Loc. cit., pag. 112. 1895. _ — — Man. Loc. cit., pag. 141. Possediamo di questa varietà diverse valve ben conservate non ostante la loro vecio e quasi tutte di individui grandi, che raggiungono le massime dimensioni seguenti : Diametro antero-posteriore . o A o È 5 0 mm. 72 » umbo-ventrale 5 6 i ; " 5 5 » 63 Spessore . - 6 . 5 A c : 5 ; » 46 Ben distinta dalla specie tipo per caratteri costanti e spiccati, quali la struttura delle coste piatte, larghe, lisce, di cui le ultime tre o quattro del lato posteriore filiformi; gli aculei più robusti, e forse anche diversi sulle costole posteriori, dove sono spinosi, lateralmente schiacciati e non tuberculiformi; la forma costantemente allungata per traverso; le dimensioni molto maggiori — caratteri che persistono anche nello stato giovanile — questa varietà potrebbe anche ritenersi specie a sè, diversa dalla prece- dente. Ma posseggo di questa troppo scarsi individui per potervi istituire opportuni confronti: preferisco perciò, come altri hanno fatto, considerare la specie del Cocconi varietà del paucicostatum. i) Bucquoy, DAurZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. II, tav. XLIV, fig. 1-5. 2) Bucquoy, DAuTZENBERG, DoLLFUS. Op. cit., vol. II, tav. XLIV, fig. 6-8. 20 S. CERULLI-IRELLI [96] Questa forma, che nell’insieme dei suoi caratteri tanto si approssima al C. aculeatum, non è stata segnalata vivente nei mari odierni. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.); Acquatraversa. Cardium echinatum L. var. mucronata Porri — Tav. II (XII], fig. 10-15. (1791. — Por. est. utr. Sic., vol. I, pag. 59, tav. XVII, fig. Y, 8.— €. mucronatum). 1854. Cardium rusticum L. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 6. 1858. —_ — — Ponzi. Nota cît., pag. 558 e 559. 1864. —_ echinatum L. Conti. Op. cîit., 1.% ed., pag. 21. = Ù 1868. — — — Mantovani. Op. còt., pag. 14. 1871. = — — Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 28. 1882. — — — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — — — Ponzi e Mai. Op. cît., pag. 19. 1888. —_ = — Cuerici. Loc. cit., pag. 112. 1895.1) — mucronalum Poni. Mani. Loc. cit., pag. 141. Ascrivo tutti gli esemplari spettanti a questa specie alla var. mucronata Poti, sia per la forma delle papille, spatuliformi e non spinose, che per il contorno della conchiglia meno obliquo, meno inequilaterale, che nel tipo vivente nei mari del Nord; mentre non v’ ha in collezione alcun individuo che possa con questo identificarsi. Fra gli esemplari studiati riscontro piccole differenze di forma, dipendenti dall’essere la conchiglia talora più tondeggiante, più equilaterale, tal’altratraversalmente più espansa, più ovale, a lato posteriore sub- troncato, con margine dorsale più declive. Il numero delle coste, quasi sempre di 20, talora giunge anche a 22: così pure variabile è il numero e la robustezza degli aculei, che però non sono mai così fitti e numerosi come nella specie seguente. È notevole il grado di sviluppo che questo Cardium raggiunge nel nostro deposito. Diametro antero-posteriore . o . . 5 a, mm. 57 » umbo-ventrale , ; Ò s 5 : 4 » 53 Spessore " è G 5 . 3 : - ; è » 45 La var. mucronata vivente nel Mediterraneo e nell'Adriatico, è allo stato fossile scarsamente citata, perchè venne comunemente riunita alla specie tipica: ma è certo che la si raccoglie in molti giacimenti del nostro pliocene, come altresì del post-pliocene. M. Mario: Farnesina (piuttosto rara), Valle dell’ Inferno (frequente); Acquatraversa. Cardium Deshayesi Pavr. — Tav. IMI [XIII], fig. 1-6. (1826. — PAYRADEAU. Cat. d. Ann. et Moll. d. Corse, pag. 56, tav. I, fig. 33-35). 1854. Cardium Deshayesti Pavr. Dr Ray., V. p. H., Ponzi. Cat. cît., pag. 6. 1858. _ - — — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. — —_ — Doni. Op. cit., 1.8 ed., pag. 21. i) Alla Farnesina il MeLi oltre il C. mucronatum Porti cita anche il C. echinatum L., nello stesso lavoro; nel dubbio per ciò possa trattarsi di forme diverse non ho riportata in sinonimia la seconda citazione. [97] S. CERULLI-IRELLI 21 1868. Cardium i Pavr. Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — Conn. Op. cîit., 2.3 ed., pag. 28. 1874. — _ — MANTOVANI. Ori cit., pag. 44. 1875. — — — Ponzi. Op. ct., pag. 19, 24 e 27. 1882. — _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1888. — — — CLerici. Loc. cit., pag. 112. 1895. —_ _ — Meu. Loc. cit., pag. 141. Più frequente della forma precedente, in particolar modo fra le sabbie gialle della Farnesina, e in esemplari abbastanza ben conservati ed adulti. Diametro antero-posteriore . ; 6 . È 5 o mm. 45 » umbo-ventrale GI è ‘ È 5 3 5 » 44 Spessore 6 i ò D : Ù ; o 5 5 » 38 Sebbene i malacologi non siano d’accordo sul valore da assegnare a questa forma, se cioè conside- rarla specie a sè, o varietà della precedente, e quantunque non possa negarsi che qualche forma inter- media sembrerebbe giustificare la seconda opinione, pure dall’insieme dei caratteri a me pare che il C. Deshayesi possa ben ritenersi buona specie. In effetti la forma della conchiglia è generalmente più glo- bosa che nel C. echinatum, ad umbone più sporgente e più involuto, meno obliqua e più rotondeggiante che nella var. mucronata, più equilaterale. Le coste sono sempre in numero maggiore, da 23 a 24, più nettamente rilevate e più sottili, ma principalmente sormontate da aculei a forma di papille corte, ri- strette alla base, molto dilatate, fogliacee, fragilissime alla sommità, molto vicine e numerose, partico- larmente nella regione centrale ed anteriore delle valve, dove spesso le papille appaiono come saldate fra loro, quando sono intatte. Oltre questi caratteri differenziali noto quasi costantemente negli esemplari di M. Mario, che la lunula è profondamente impressa e nettamente distinta, mentre negli esemplari di C. echinatum essa è molto superficiale e meno ampia. Anche questa specie, attualmente vivente, è citata di diverse località plioceniche e post-plioceniche. M. Mario: Farnesina, Villa Madama, Valle dell'Inferno; Acquatraversa. : Cardium erinaceum Lx. — Tav. II [XIII], fig. 7,8. (1835. — LAMARCK. Hist. nat. d. anim. s. vert., ed. II, vol. VI, pag. 397). 1854. Cardium erinaceum Brua. De Ray., V. pn. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 7. 1864. — — — Coni. Op. cit., 1.* ed., pag. 21. 1871. — — — — Op. cît., 2.* ed., pag. 29. 1875. _ — — Ponzi. Op. cò., pag. 24. 1881. —_ _ L. MreLi. Loc. cit., pag. 450. 1882. _ —_ — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — — — Ponzi e Meti. Op. còt., pag. 20. 1888. — — Lx. Cuerici. Loc. cit., pag. 112. 1895. _ —_ -—- Mena. Loc. còt., pag. 141. Di questo bel Cardîum, che l’ornamentazione esterna, fatta di coste superiormente piane, numerose ed armate di aculei pure molto numerosi, rende facilmente riconoscibile tanto dal C. aculeatum che dal- l’echinatum, esistono in collezione poche valve, ma tutte di individui adulti. 22 S. CERULLI-IRELLI |98} Diametro antero-posteriore . o o 5 È o mm. 61 — 65 » umbo-ventrale > : . - è 5 » 60 — 68 Spessore È È ; 7 ; È : : ; » 48— 53 Quasi tutte le nostre valve, per essere meno allungate e lateralmente più espanse, si differenziano leggermente dal tipo figurato dal PoLI, col nome errato di C. echinatum ®: ma fra gli individui viventi nel Mediterraneo la forma fossile a M. Mario è anche frequentemente rappresentata. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.), Valle dell’ Inferno; Acquatraversa. Cardium tuberculatum L. — Tav. III [XIII], fig. 9-11. (1767. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1122). 1864. Cardium tuberculatum L. Conti. Op. cit., 1.à ed., pag. 21. 1871. - —_ — — Op.cit., 2. ed., pag. 28. 1874. — rusticum Lx. Mantovani. Op. cit., pag. 44. ©) 1875. — — L. Ponzi. Op. cît., pag. 24 e 27.9 1881. — tuberculatum — Mzui. Loc. cît., pag. 450. 1882. — = — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — — — Ponzi e Meti. Op. cit., pag. 20. 1888. — — — Cuerici. Loc. cit., pag. 112. 109, = — — Maui. Loc. cit., pag. 141. Pochissime valve, e forse provenienti tutte dalle sabbie gialle di Acquatraversa, dove questa specie è molto più comune che nelle altre località fossilifere del M. Mario. Gli individui giovani sono a contorno più circolare e forma più equilaterale che non gli adulti, i quali si presentano forse leggermente più allungati che non la specie vivente. Diametro antero-posteriore . . ° 0 c 3 ; mm. 55 » umbo-ventrale - 5 0 o : 5 i; » 55 Spessore 7 c o 5 È 0 i : È 3 » 44 Oltre la specie tipica, possiamo anche distinguere fra i nostri esemplari la var. mutica B. D. D., ca- ratterizzata dalla mancanza di tubercoli sulle coste. Il C. tuberculatum è vivente nel Mediterraneo ed Adriatico, e nell’Oceano Atlantico. M. Mario: Farnesina e Valle dell'Inferno (fide MELI); Acquatraversa. Cardium (Trachycardium) multicostatum Br. — Tav. III [XII], fig. 12-14; Tav. IV [XIV], fig. 1-4. (1814. — BroccHI. Conch. foss. subapp., vol. II, pag. 506, tav. XIII, fig. 2). 1854. Cardium multicostàtum Br. Dx Rav., V. p. H. Ponzi. Cut. cit., pag. l. 1858. = = — Ponzi. Nota cît., pag. 558. 1864. — _ — Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 21. i) PoLi. Test. utr. Sic., vol. I, tav. XVII, fig. 4, 5. 2) Riporto nella sinonimia del C. tuberculatum le due citazioni di C. rusticum di MANTOVANI e Ponzi, .a diffe- renza di quanto ho fatto per le altre citazioni di Dr RayvNnEVAL (1854), e Ponzi (1858), riferite al C. echinatum, a ciò indotto dall’ordine in cui il Ponzi e MANTOVANI enumerano le specie di Cardium, e che fa supporre il C. rusticum diverso dall’echinatum. [99] S. CERULLI-IRELLI 23 1868. Cardium multicostatum Br. Mantovani. -Op. cit., pag. 14. 1871. — — — Conti. Op. cit., 2... ed., pag. 29. 1875. —_ —_ — Ponzi. Op. cit., pag. 20. 1882. — —_ — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — — — Ponzi e MrLI. Op. cit., pag. 20. 1888. = — — Cuerici. Loc. cit., pag. 112. 1896. — — — Meu. Loc. cit., pag. 83. Questa elegante specie, citata in tutti i precedenti cataloghi, si raccoglie a M. Mario in buoni esem- plari, e in notevole grado di sviluppo. Diametro antero-posteriore . : à . 5 ot mm. 82 » umbo-ventrale D- 0 ò o c 7 . DUI Spessore 5 6 ° à È : ò x ° . >» Ba Molto variabile è la forma, ma in generale si nota che essa si fa sempre più obliquamente allungata ed inequilaterale, grossolanamente quadrangolare, quanto più l’individuo è adulto, mentre nei più giovani esemplari tende a divenire rotondeggiante, quasi equilaterale. Tuttavia non mancano giovani individui a forma obliqua, e taluno presentandosi obliquamente più allungato, e meno alto per rapporto alla figura del BroccHI, corrisponde alla var. miocaudata Sacco. L’ornamentazione esterna di questa conchiglia, di cui la descrizione del BroccHi non dà una chiara idea, è veramente caratteristica, e, non ostante la sua notevole fragilità, è in alcune delle nostre valve ben conservata per gran parte della loro superficie: ciò mi dà modo di darne un breve cenno. Essa è costituita da sottilissime lamine ondulate, prominenti, fogliacee, estese dall’umbone al margine ventrale, ed aderenti alla faccia posteriore delle costicine piatte e lisce: tali lamine, dopo essersi alquanto sollevate vertical- mente, si piegano ed allargano alla sommità, ricoprendo, a guisa di tegola, tutta o quasi tutta la superficie delle coste, le quali così assumono l’aspetto di tanti piccoli nastri arricciati. Solo nel lato anteriore delle valve, spesso queste lamine, alla loro sommità, si suddividono in tanti piccoli tubercoli molto vicini fra loro. Ma, data l’estrema fragilità di queste prominenze laminari delle coste, ben sovente tutta la super- ficie ne è spoglia, ovvero esse sono limitate alla regione anteriore e posteriore delle valve. In questo stato la conchiglia con le sue coste piatte, lisce, lucenti, assume un aspetto totalmente diverso. La forma del bacino di Vienna, molto bene descritta dall’ HornEs !, rappresenta lo stato giovanile della specie del BroccHI, a contorno cioè più tondeggiante ed equilaterale, come molti degli esemplari giovani a M. Mario. Leggermente diversa mi sembra invece la forma del pliocene della valle del Rodano descritta e figurata dal FontANNES?), perchè in essa — se la figura è esatta — la lamina che orna posteriormente le coste si divide su tutta la superficie in piccoli tubercoli. Per il contorno obliquo corri- sponde benissimo ai nostri esemplari la specie del miocene del Portogallo figurata nell’opera postuma di PrrEIRA DA Cosra 3). Questa bella specie ha avuto un ciclo di vita brevissimo: comparsa nel miocene, essa finì nel qua- ternario, raggiungendo nel pliocene superiore, specialmente, il suo maggiore sviluppo. Dei mari odierni le è in qualche modo affine il C. muricatum L. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.), Valle dell'Inferno; Acquatraversa. i) HornEs. Fossilen Mollusken d. tert. Beck. v: Wien, vol. II, pag. 179. ?) FONTANNES. Moll. plioc. d. Rhòne et Rouss., vol. II, pag. 87, tav. V, fig. 10. 3 DoLLrus, CortER, Gomns. Mollusques tert. d. Portugal. Planches d. Cephal., Gaster. et Pélécyp., par Pa- REIRA DA Cosra, tav. XVII, fig. 1. 24 S. CERULLI-IRELLI [100] Cardium (Ringicardium) hians Br. — Tav. IV [XIV], fig. 5-7. (1814. — Broccui. Conch. foss. subapp., vol. II, pag. 508, tav. XIII, fig. 6). 1854. Cardium hians Broc. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 7. 1858. — — — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. _ — — Conn. Op. ctòt., 1. ed., pag. 21. 1868. —_ — — Manrovani. Op. cît., pag. 14. 1871. _ — — Conn. Op. cît., 2.* ed., pag. 29. 1874. — — — Manrovani. Op. còt., pag. 44. 1875. — — — Ponzi. Op.ctt., pag. 20, 24 e 27. 1881. — — — Max. Loe. cit., pag. 450. 1882. — — — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. _ — — Ponzre Mru. Op. cet., pag. 19. 1888. _ — — Currici. Loc. còt., pag. 112. Mentre per la fragilità della conchiglia è ben raro raccogliere questo Cardium in esemplari interi, a M. Mario invece se ne trovano spesso individui completi, ottimamente conservati con traccia persino dei loro naturali colori, di cui i più adulti misurano circa 11 cent. di altezza per quasi altrettanto di larghezza. La forma è quasi costantemente ovale, obliquamente allungata, rispondente perciò al tipo considerato da BroccHI, quantunque nei nostri esemplari il numero delle coste è sempre maggiore, da 19 fino a 20. V’ha per altro qualche individuo che invece si presenta a forma più equilaterale e tondeggiante, non obliqua; a lato anteriore più alto, e lato posteriore verticalmente, non obliquamente, troncato: numero delle coste minore, da 17 a 18. Potrebbero riguardarsi come una var. rotundata della specie (Tav. IV [XIV], fig. 7). Per il loro aspetto questi individui si avvicinano moltissimo alla specie fossile nel bacino di Vienna figurata da HòRNES, la quale, secondo il MAveR, dovrebbe costituire una specie distinta, C. danubianum. Nei nostri esemplari è pure manifesta, sebbene forse non tanto pronunziata, la piccola costicina nei solchi intercostali, ma è egualmente ben manifesto, come nel Dico C. hians, il solco sul dorso delle coste, che viceversa pare manchi nella specie di Vienna. Una forma anche affine, ma meno rotondeggiante, è il C. hians var. recta D. C. G.) del miocene della Spagna. Il ©. hians, conosciuto già nel miocene, è specie assai diffusa nelle formazioni plioceniche italiane come in quelle più recenti: oggi s'incontra vivente solo sulle coste d’Algeri.: M. Mario: nelle varie località fossilifere, e ‘a preferenza fra le sabbie gialle. Cardium (Parvicardium) papillosum Porri. — Tav. IV [XIV], fig. 8-16. (1791. — PoLI. Test. utr. Sicil., vol. I, pag. 56, tav. XVI, fig. 2-4). 1854. Cardium papillosum Poni. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. ‘. 1854. — planatum Broc. — —_ —_ Ibid., pag. 7. 1854. — punctatum — _ = —_ Ibid., pag. 1864. — planatum — Conti. Op. cit., 1.2 ed., pag. 21. i) DoLLFUs, CorteRr, Gomes. MoZusques tert. d. Portugal. Planches d. Cephal. ecc., par PEREIRA DA Costa, tav. XVI, fig. 4-6. [101] S. CERULLI-IRELLI 25 1864. Cardium punctatum Broc. Conti. /bid., pag. 21. 1868. — planatum — Mantovani. Op. cît., pag. 14. 1868. — punciatum — _ lbid., pag. 14. 1871. — planaium — Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 29. 1871. — punclalum — — Ibd., pag. 29. 1874. — planatum — Manrovani. Op. cit., pag. 44. 1874. — punctatum — —_ Ibid., pag. 44. 1875. — _ — Ponzi. Op. cît., pag. 20, 24. 1875. — papillosum Porri. — Ibid., pag. 24. 1875. — planatum Broc. — Ibid., pag. 24. 1881. — papillosum Poi. Metti. Loc. cit., pag. 450. e, L= i — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — — — Ponzi e Mrti. Op. cit., pag. 20. 1888. _ _ — Crerici. Loc. cit., pag. 112. N.B.— Può essere che qualcuna delle citazioni di C. planatum e C. punctatum si riferisca al ©. minimum: ma non può dirsi quali di esse. Le due citazioni del CONTI spettano sicuramente al C. papillosum. La variabilità di questa specie, assai comune a M. Mario, è notevolissima, ed i vari aspetti in cui essa si presenta potrebbero giustificare una suddivisione in parecchie varietà ed anche in specie distinte, se, studiando una serie di individui, non apparisse tale graduale transizione dall’una all’altra forma, da rendere difficile non solo, ma soggettiva e di nessuna utilità la separazione dei vari tipi. Tuttavia qual- che forma, che per più spiccati caratteri si differenzia dalla specie tipica, va senza dubbio distinta al grado di varietà. La forma tipica è rappresentata da individui, che non sorpassano i 12 mm. di diametro, a conchiglia rigonfia, gibbosa, sub-rotonda, poco obliqua, con indizio appena di area di depressione nel lato poste- riore: i tubercoli sono sub-rotondi, o allungati nel senso delle coste, non molto vicini fra loro, irrego- larmente allineati, non a file concentriche, talora aguzzi nel lato posteriore, ma non così fortemente come nell’individuo, forse con un po’ d’esagerazione, raffigurato dal PoLi: gli interstizi costali sono fortemente punteggiati. Da questa forma tipica, per gradi, si passa ad altra notevolmente più depressa, a lato anteriore arrotondato, lato posteriore espanso e troncato, con evidente area di depressione caratterizzata da costi- cine più piccole. Tanto nell’uno che nell’altro tipo i tubercoletti costali sono spesso assenti nella regione centrale delle valve, ma con maggior frequenza nella forma depressa. Il C. papillosum è specie largamente citata fossile, e vivente nel Mediterraneo e nell’ Oceano Atlantico. i M. Mario: nelle varie località fossilifere, specialmente frequente alla Farnesina (s. g. e s. gr.). C. papillosum var. dertonensis Micar. — Tav. IV [XIV], fig. 17-20. (1847. — MICHELOTTI. Descript. Foss. mioc., pag. 111. — C. dertonense). 21854. Cardium edule L. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cît., pag. 7. 1864. — — — Conn. Op. cit., 1.3 ed., pag. 21. 1871. Op. cit., 2. ed., pag. 29. ? 1875. _ — — Ponzi. Op. cit., pag. 24. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 26 S. CERULLI-IRELLI [102] Si differenzia dal tipo per le sue dimensioni molto maggiori, fino a 18 mm. di larghezza e circa altrettanto di altezza, per la quasi totale mancanza di tubercoli sulle coste, limitati solo al lato anteriore e posteriore delle valve, per evidente area di depressione, ma principalmente per la struttura delle costicine che sono bisolcate da due solchetti laterali. Questa peculiare natura delle costicine, che si osserva anche in piccoli esemplari, potrebbe far con- siderare questa varietà come specie a sè. Ma d’altra parte ho osservato che vi sono piccole valve, per contorno e presenza di tubercoli su tutte le coste, spettanti senza dubbio al C. papillosum, le quali pre- sentano presso al margine ventrale l’inizio di due solchetti laterali sulle costicine. Non mi sembra perciò errato ritenere la specie del MicHELOTTI varietà del papillosum, come già la considerò il Sacco. Forma a questa identica è il C. obliquatum Arapas !, cui il CreMA?, per la preesistenza di altro C. obliquatum Micat., propose di cambiare il nome in 0. Aradasì. ì Nelle collezioni di M. Mario esaminate, questa varietà che è abbastanza frequente, era indicata col nome di C. edule. È perciò che nella sinonimia figurano le due citazioni del Conti, mentre per le altre due di DE RAYNEvAL e Ponzi sono stato indotto a farlo per la considerazione che il ©. edule non si raccoglie nel gruppo del M. Mario propriamente detto. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.), ecc. C. papillosum var. transversa n. var. — Tav. IV [XIV], fig. 21, 22. È distinta dalla varietà precedente, di cui potrebbe anche solo considerarsi forma elongata, e di cui ha in comune l’ornamentazione esterna, per il suo contorno lateralmente più allungato, lato posteriore più nettamente troncato, ed espanso. Raggiunge dimensioni anche maggiori della var. dertonensis. Diametro antero-posteriore o 0 . 0 o o 0 5 o mm. 24 » umbo-ventrale . RA c . 5 3 È 3 ? >» 21 È assai affine a questa forma la var. Batesoni B. D. D. (= var. pectinata Lx.) di C. edule, e non è improbabile, che le due forme siano state talora confuse, come ho constatato esser avvenuto nelle colle- zioni di M. Mario prese in esame. Ma la varietà di C. edule è a coste piatte, più vicine fra loro, non solcate lateralmente, e principalmente separate da interspazi costali non punteggiati o segnati da linee impresse, angolate in basso, come nella var. di C. papillosum, senza parlare di altri minori caratteri e della differente struttura cardinale: sicchè non è difficile distinguere le due forme. Credo che a questa varietà debba riferirsi la citazione di C. edule. var. pectinata Lx. del catalogo dello Zuccari 3), e forse anche l’altra del CLERICI *. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). Cardium (Parvicardium) sp. — Tav. IV [XIV], fig. 23. Conchiglia obliquamente triangolare, molto convessa, inequilaterale, sottile: lato anteriore più breve, contratto, arrotondato: lato posteriore troncato, biangolato, assai più alto dell’anteriore. Umbone sub- mediano ed involuto. i) Arapas. Descriz. di varie specie nuove malacologiche della Sicilia. Memoria II. Atti Acc. Gioenia di Catania, 1846, s. 2.2, vol. III, pag. 244, tav. III, fig. 2. i 2) CREMA. Sul piano siciliano n. Valle del Crati (Calabria). Boll. Comit. geol. it., anno 1903, pag. 11. 3 Zuccari. Cautal. d. fossili d. dint. di Roma, pag. 12, (1882). 4 CceRrIcI. Sulla Corbicula fluminalis ecc. Boll. Soc. geol.it., vol. VII, pag. 112, (1888). [103] S. CERULLI-IRELLI 27 Superficie costata; coste in numero di 25, convesse, bisolcate e separate da interspazi poco più ristretti di esse, ed ornati di strie ondulate colla convessità rivolta in basso; presso al margine ventrale le strie, benchè assai attenuate, si continuano anche sul dorso delle costicine, ma con la convessità rivolta in alto. Le costicine anteriori sono sormontate da tubercoletti arrotondati; ne sono sprovviste invece le costicine centrali e quelle posteriori, le quali ultime sono assai più esili ed acute. Cardine della valva destra come nell’exiguum. Margine interno dentellato in corrispondenza delle costicine esterne. Diametro antero-posteriore 0 Ò È o 0 o 0 o ò mm. 22 » umbo-ventrale . 6 5 È È 6 ò È 6 ; di Je Spessore (della valva) . ; i ° . o à , 5 è » 8,5 È specie che ha caratteri di affinità tanto col C. papillosum var. transversa, quanto col C. exiguum. Si differenzia dal primo per la sua forma notevolmente più obliqua ed inequilaterale, per conves- sità più pronunziata, particolarmente presso l’angolosità o pseudo-carena del lato posteriore, la quale è perciò anche più evidente. Ne sono invece caratteri di affinità il numero e la forma delle costicine, l’am- piezza e la forte striatura degli interspazi costali. Si distingue d’altro lato dal C. exiguum — cui per contorno e convessità molto s’avvicina — prin- cipalmente per il maggior numero e la natura delle costicine, bisolcate, convesse, non pianeggianti e a - sezione sub-triangolare come nell’eziguum, separate da interspazi più ampi e più fortemente striati: ne è maggiore inoltre la convessità della conchiglia, e più uniforme per assai minore evidenza dell’angolosità posteriore; il contorno è più allungato e meno alto; il margine ventrale è più convesso; le dimensioni sono maggiori. Mi sembra perciò possa trattarsi di specie distinta, forse nuova, che chiamerei ambiguum. Ma trat- tandosi di Cardium, e non possedendone che una sola valva, mi astengo per ora dall’annoverarla fra le specie sicure di M. Mario, pur avendo per altro creduto utile darne un cenno descrittivo e notarne le differenze con le specie affini. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Cardium (Parvicardium) minimum Pan. — Tav. IV [XIV], fig. 24-27; Tav. V [XV], fig. 1-4. (1836. — PaILIPPI. Znum. Moll. Sic., vol. I, pag. 51; vol. II. tav. XIV, fig. 18). 1864. Cardium papillosum Poni. Conti. Op. cit., 1° ed., pag. 21. 1871. — — - =. Op. cot., 2 ed., pag. 29. 1887. — minimum Prin. Ponzi e MELI. Op. cit., pag. 20. Questo piccolo Cardium è nella nostra formazione assai più comune del C. papillosum. I nostri esemplari hanno quasi costantemente forma sub-rotonda, obliqua, notevolmente convessa: le costicine; in numero di 30 circa, sono ora completamente piatte, ora molto debolmente convesse, e le squamette a forma di tegole, che le ornano, si osservano ben raramente su tutta la superficie, chè invece più di frequente sono limitate alle due regioni anteriore e posteriore delle valve, e talora mancano quasi completamente. I nostri esemplari raggiungono dimensioni presso a poco identiche a quelle della specie vivente nel Mediterraneo, alquanto maggiori delle altre indicate dal PrILIPPI, mentre per gli altri caratteri citati alla figura e descrizione del PHILIPPI benissimo corrispondono. 28 S. CERULLI-IRELLI [104] Diametro antero-posteriore . 5 o 6 o 6 o 0 mm. 5,5 — 6,5 » umbo-ventrale c c è 3 : 0 ò b » 556 —T Spessore . : 6 ò 7 5 È ; 6 % 3 ò » 45 — 5,5 Il 0. minimum, considerato da alcuni autori specie dubbia, o identificato, o per lo meno creduto molto affine al C. papillosum, è viceversa specie nettamente distinta. In effetti è facile separarlo dal C. papilosum per il numero delle coste sempre maggiore, per le coste stesse più depresse, più vicine fra loro, divise solo da una linea molto poco impressa: le squamette co- stali sono più numerose, più piccole, trasversali, arcuate, concave, e danno apparenza fortemente scabra alla superficie di quelle valve, che ne sono coperte quasi per intero: nel papillosum invece si osservano sulle coste veri tubercoletti, più distanti inoltre e più grossi — differenza di ornamentazione questa che rende possibile distinguere a prima vista anche individui piccolissimi. Nel C. minimum inoltre la forma è costantemente sub-rotonda, gibbosa, la conchiglia più sottile, le dimensioni sempre minori. Ne è sinonimo il C. suecicum L6ven, dei mari del Nord, a testimonianza del JEFFREYS !, e come altresì si rileva dall'esame della figura di ForBrs ed Hantey ?): anche Sars 3 pone le due specie in sinonimia. Il C. minimum si conosce fossile in Italia di Vallebiaja (Manzoni), di Reggio Calabria (SEGUENZA), di M. Pellegrino e Ficarazzi (MonTERosATO), e di altre località del post-pliocene siciliano (ScALIa), M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). Cardium (Parvicardium) roseum Lx. — Tav. V [XV], fig. 5-7. : (1819. — LAMARCK. Mist. nat. d. anim. s. vert., vol. VI., pag. 14). (1853. — FORBES a. HANLEY. Brit. MoU., vol. II, pag. 22, tav. XXXII, fig. 7. — C. nodosum TuRT.). 1871. Cardium scabrum. Pai. Conti. Op. cit., 22 ed., pag. 29. 1882. — — — Zuccari. Cat. cît., pag. 12. 1887. —_ roseum Lx. Ponzi e Meli. Op. cit., pag. 20. Delle poche valve, spettanti a questa specie, alcune hanno forma sub-orbicolare, convessa, poste- riormente sub-troncata e depressa; umbone sporgente, quasi mediano; le coste in numero di 26 a 28, debolmente convesse, molto vicine fra loro ed ornate di numerose e robuste papille trasversali, legger- mente concave, e nella regione posteriore alquanto spinose o aguzze. Per questi caratteri esse corrispondono al tipo vivente, quale è figurato da ForBes ed HANLEY, e da JeFFREYS #, come altresì alla forma fossile nel Crag inglese 9). Diametro antero-posteriore . Cit, . . x . 5 ò mm. 4,75 » umbo-ventrale . . ò 0 0 ò 7 c Ò » 4,50 Altra valva, meno convessa, a contorno più orbicolare, con area di depressione posteriore poco evi- dente, potrebbe identificarsi col C. scabrum PHIL., considerato varietà del roseum: ma in quello le coste sembrano più distanti fra loro, a giudicarne dalla figura. 1) JEFFREYS. Brit. Conch., vol. II, pag. 294. ? ForBes a. HanLEY. Brit. MoMl., vol. II, pag. 33, tav. XXXII, fig. 6 (C. suecicum Lovan). 3) Sars. Moll. reg. arct. Norvegiae, pag. 48. i JnrrREys. Brit. Conch., vol. V, tav. XXXV, fig. 4. (C. nodosum). 9) S. Woop. Supplem. to Crag Moll. Palaeontogr. Soc. London. vol. XXVII (1874), pag. 134, tav. X, fig. 6. [105] S. CERULLI-IRELLI 29 Diametro antero-posteriore . o È : 2 o c c È mm. 3,50 » umbo-ventrale 6 o © 0 0 o o 5 : DIA Variazione opposta a questa è in ultimo rappresentata da altri individui, i quali rispetto al tipo hanno forma meno alta e lateralmente più espansa, con area di depressione più marcata. Diametro antero-posteriore . È , o . à c : 6 mm. 4 » umbo-ventrale 3 ” 5 0 , o 5 0 , 18490 Ma attraverso queste modificazioni di forma rimangono costanti l’ornamentazione e il numero delle coste. Il C. roseum sì riconosce facilmente tanto dal C. papillosum che dal minimum, con cui mostra mag- giore affinità, per la forma delle papille, che ne ornano le costicine, lamellari, diritte, robuste, molto vicine fra loro, collocate trasversalmente sulle costicine ed occupanti tutta la sezione di queste. Nel C. papillosum, come s'è visto, le papille sono, oltre che più distanti, circolari, a testa di spillo, e nel C. minimum pure più distanti, meno estese sulle costicine, più esili, non diritte o debolmente arcuate, ma triangolari e più fortemente concave. Il C. nodosum Turr. degli autori inglesi è, a confessione dello stesso JEFFREYSs, sinonimo di questa specie, mail nome di LAMARCK, per ragione di priorità, dev’ essere prescelto. Il C. roseum è stato citato da Seuenza per Val d’Era, sotto il sinonimo di C. nodosum, e altresì per l’astiano e siciliano della provincia di Reggio Calabria. Vive tanto nel Mediterraneo che nell'Atlantico. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). — Coll. Rieacci e Musro. Cardium (Parvicardium) fasciatum Mre. — Tav. V [XV], fig. 8. (1308. — MontaGU. Zest. Brit., Supplem., pag. 30, tav. XXVII, fig. 6). (1853. — FoRBES a. HAanLEY. Brit. Moll., vol. II, pag. 25, tav. XXXII, fig. 5). * Questa specie non citata finora a M. Mario, vi deve esser rarissima; in collezione ne esiste una sola valva, da me trovata fra altre di C. minimum. Diametro antero-posteriore . o : o . : 0 5 c mm. 6 » umbo-ventrale. . o 0 c o . . 6 . » 5,4 Spessore (della valva) . » - 5 : 0 « o 5 , sed Per il suo contorno obliquo, posteriormente angolato, la nostra valva bene corrisponde alla figura di ForBes ed HANLEY, come a quella posteriore di JEFFREYs , solo sembra più convessa, e potrebbe identificarsi colla var. gIobosa JEFFREYS; i tubercoletti trasversali sulle costicine del lato anteriore sono molto numerosi ed avvicinati fra loro; mancano invece, sebbene non completamente, sulle costicine cen- trali, che sono debolmente convesse, e separate da spazi lineari punteggiati come nella specie vivente. La figura di MontaGU rappresenta un individuo lateralmente più allungato. Questo Cardium si può considerare come una specie intermedia fra il C. roseum e il C. exiguum. Si distingue dal primo, — cui è strettamente collegato tanto per il numero delle coste che per la forma dei tubercoletti, — per il suo contorno più obliquo, per l’angolo o carena posteriore più evidente, per la mancanza di tubercoletti sulle costicine centrali. A quest’ultimo carattere differenziale — di cui trovasi i) JEFFRHYS. Brit. Conch., vol. V, tav. XXXV, fig. 3. 30 S. CERULLI-1RELLI i [106] parola tanto in ForBrs ed HanLey che in JeFFREYS — credo per altro sia da dare limitato valore, in quanto che, come si è visto già nel C. papillosum e nel C. minimum, in questi piccoli Cardium, a minuta ornamentazione esterna, spesso i tubercoletti costali mancano su parte della superficie delle valve, e più frequentemente sulle costicine della parte centrale. D'altro lato di tubercoletti sono ricoperte le co- sticine centrali del C. fasciatum fossile nel Crag corallino inglese ®, dallo stesso JeFFREYs identificato colla specie vivente. Si differenzia invece dal C. eriguum, per la sua forma più regolarmente convessa e non decisamente e fortemente angolata nel lato posteriore, per maggior numero di costicine, 26, mentre nell’exiguum sono 22, per la loro regolare convessità e per diversa forma dei tubercoletti, lineari, appiattiti, e non rotondi. Questa specie vivente nel Mediterraneo e nell'Oceano Atlantico; fu dubbiosamente citata fossile per Vallebiaja dal MANZONI; è invece comune nelle formazioni terziarie di Calabria, dove il SEGUENZA la cita dal Tongriano al Siciliano. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Cardium (Parvicardium) exiguum Gwer. — Tav. V [XV], fig. 9,10. (1790. — GmeLIN in Linneo. Syst. Nat., ed. XIII, pag. 3255). (1892. — B. D. D. Moll. mar. du Rouss. vol. II, pag. 277, tav. XLV, fig. 14). 1854. Cardium exiguum GweLin. De Ray., V. pn. H., Ponzi. Cut. cit., pag. 7. 1864. Conti. Op. cit., 1. ed., pag. 21 (pars)?). 1871. Op. cit., 2.* ed., pag. 29 (pars). 1875. _ _ —_ Ponzi. Op. cit., pag. 24. 1882. — — — Zucoari. Cat. cit., pag. 12. IS E specie pur questa rarissima, ma ben distinta dalle precedenti per la decisa angolosità del lato posteriore. 1 Delle tre valve da me studiate una è delle sabbie della Farnesina ed appartiene ad individuo assai piccolo, le altre due, di poco più adulte, provengono da Malagrotta: tutte corrispondono bene al tipo vi- vente nel Mediterraneo. Diametro antero-posteriore . : ; ò , . ò s È mm. 5,5 — 6,5 » umbo-ventrale . o o 3 . È ? ò ù : » 45 — 5,9 M. Mario: Farnesina (s. g.); Malagrotta. — (Coll. CLERICI): Cardium (Parvicardium) hirsutum Brn. — Tav. V [XV], fig. 11-13. (1831. — Bronx. tal. tert. Gebila., pag. 101). 1854. Cardium scabrum? Pan. De Ray., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 7. 1864. — Metaxd n. sp. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 21 e 46. 1871. —_ = —_ — Op. cit., 2. ed., pag. 29 e 50. ? 1875. — Sotteri Micurn. Ponzi. Op. cit., pag. 24. 21882. — _ _ Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — hirsutum Brx. Ponzi e Meti. Op. cit., pag. 20. 1) S. Woop. Crag Moll., vol. II, pag. 153, tav. 13. fig. 4(C. nodosum); — In. Supplem. to Crag Moll. Palaentogi. Soc. London, vol. XXVII (1874), pag. 133. 2) Sono nella collezione Conti insieme confusi individui di C. roseum, minimum, ed exiguum. [107] S. CERULLI-IRELLI 31 Questo Cardium, per la sua forma e scultura esterna, tanto caratteristico, di cui ottima figura è quella dell’HornES !, si raccoglie alla Farnesina in rari esemplari. Essi per il loro contorno corrispon- dono esattamente alla forma del bacino di Vienna, come a quella fossile nel Piemonte. Una bella valva conservata nella collezione Conti appartiene ad individuo molto adulto: Diametro antero-posteriore : . È . o 5 , - ù mm. 12 » umbo-ventrale . ò 6 5 5 ò 5 ò o è Dan Gli individui giovani hanno — particolarmente nella metà anteriore delle valve — le costicine di al- terna grandezza e molto regolarmente disposte, ma sempre in numero di 35 circa. Come ben suppose HORNES, è errato il credere affine a questa specie il C. minimum PaÙit., che ne è invece molto ben distinto, tanto per minor numero di coste, che per differente ornamentazione e strut- tura di esse, oltre che per forma più regolarmente convessa e tondeggiante. Egualmente differente sembrami il C. strigilliferum Woo del Crag inglese 2, che 1’ HORNES, seguito anche dal Cocconi, ritiene sinonimo di C. hirsutum: ne è diversa la forma, molto minore il numero delle coste. Il C. scabrum citato con dubbio da DE RAYNEVAL, a testimonianza del Conmi, deve riferirsi a questa specie, che il ContI da parte sua esattamente riconobbe come distinta dalle congeneri, descrivendola per altro come specie nuova. Credo che anche le citazioni di C. Sotterì Micat., per M. Mario, debbano riferirsi alla specie in discorso. Il C. hirsutum non è conosciuto vivente. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). — Coll. Rieacci e Zuccari. Cardium (Cerastoderma) edule L. (1767. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1124). 1864. Cardium rusticum L. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 21. 1871. — — — Op. cît., 2.* ed., pag. 28. 1881. = edule L. Meri. Loc. cit., pag. 450. 1882. —_ crassum Deer. Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1882. — edule L. _ Ibid., pag. 12. 1887. _ —_ = Ponzi e Mrli. Op. ci., pag. 20. 1888. — _ — CLERICI. Loc. cit., pag. 112. A M. Mario manca la specie tipica dei mari del Nord, e gli esemplari copiosissimi, che si raccolgono ad Acquatraversa e principalmente a Malagrotta, si raggruppano attorno alle due varietà umborata Woop (= C. crassum DEFR.) e Lamarcki REEVE, intese in senso alquanto lato, giacchè con una specie tanto polimorfa non credo sia il caso di fare troppo minute distinzioni. Questa specie è stata a M. Mario, come altrove, citata con nomi diversi, come si vede dalla sino- nimia riportata: in questa non figurano -le più antiche citazioni di C. edule del catalogo di DE RAYNEVAL, dell'altro del Ponzi, come di quello di Conti, perchè io credo che dette citazioni si riferiscano al C. pa- pulosum. Ne ho la certezza per le citazioni di Conti; per le altre lo desumo dal fatto, che nel gruppo i) HorNES. oss. Moll. tert. Beck. v. Wien, vol. II, pag. 190, tav. XXVI, fig. 6-8. 2 S. Woop. Crag Moll., vol. II, pag. 154, tav. XIII, fig. 5. 32 i S. CERULLI-IRELLI [108] del M. Mario propriamente detto, quale quello cui si riferiscono i cataloghi succitati, di DE RAYNEVAL e Ponzi, il C. edule non era stato rinvenuto, e difatti esso non figura nel lavoro più recente di Ponzi e MELI, nè se ne trovano esemplari, di quella provenienza, nella nostra ricca collezione. Questo argomento perde, a dir il vero, un po’ di valore, perchè recentemente il sig. Lurei Grassi, ha trovato alla Farnesina una valva di ©. edule var. umbonata. Ma la specie vi sarebbe comunque rarissima, e nel catalogo di DE Ray- NEVAL nessuna indicazione di tal fatta noi troviamo, indicazione che viceversa non manca per altre specie poco comuni. La sinonimia riportata si riferisce ad entrambe le varietà seguenti. C. edule var. umbonata Woop. — Tav. V [XV], fig. 14-19. (1850. — S. Woop. Crag Moll., vol. II, pag. 155, tav. XIV, fig. 25). Questa varietà, che non sempre è facile nettamente separare dalla seguente, si distingue dal tipo per maggiore spessezza e convessità della conchiglia, forma meno regolarmente ovale, umboni più spor- genti e più convessi. Ad essa spettano gli esemplari più adulti della nostra collezione, ed è parimenti forma assai comune. Per accorciamento del lato anteriore, spesso con corrispondente contorsione degli umboni, questa forma assume talora aspetto più inequilaterale, quasi triangolare, e corrisponde alla var. contortula SAcco (fig. 18, 19). Questa varietà è stata spesso indicata quale var. crassa o O. crassum DEFR.; ma tale nome, benchè molto anteriore a quello del Woop, non può esser conservato per la preesistenza di altro C. crassum GMEL. M. Mario: Farnesina; Acquatraversa; Malagrotta. C. edule var. Lamarcki Reeve sp. — Tav. V [XV], fig. 20, 21. (1845..— REEVE. Conch. Icon., tav. XVIII, fig. 93. — 0. Lamarcki). Notevolmente variabile per spessezza del guscio, per lunghezza del lato posteriore, convessità e spor- genza dell’ umbone, questa forma è comunissima tanto ad Acquatraversa, quanto e più ancora a Malagrotta. Essa è certamente distinta dal C. edule dei mari del Nord, oltrechè per contorno molto inequilate- rale e meno regolarmente ovale, per maggiore sporgenza degli umboni, e principalmente per il lato po- steriore protratto, appiattito, quasi caudato. Per quest’ultimo carattere, oltrechè per minore spessezza del guscio, e meno regolare convessità, la var. Lamarclki si distingue dall’umbonata Woob. La var. contortula Sacco serve quasi di anello di congiun- zione fra le due varietà. La var. Lamarcki è comunissima nel Mediterraneo. Acquatraversa; Malagrotta. i Cardium (Laevicardium) norvegicum Srenan. — Tav. V [XV], fig. 22-27. (1790. — SPENGLER. Skrifter of Naturhist. Selskabet, vol. I, pag. 42). (1848. — ForBEs a. HANLEy. Brit. Moll., vol. II, pag. 35, tav. XXXI, fig. 1,2). 1854. Cardium norvegicum SreneL. De Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 7. 1864. — _ — Conti. Op. cit., 1." ed., pag. 21. 1868. — _ — Mantovani. Op. còit., pag. 14. 1871. _ - — Conu. Op. cît., 2.8 ed., pag. 29. 1875. _ — — Ponzi. Op. cit., pag. 24. 1882. — — — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. Laevicardium — — Ponzi e Mru. Op. cit., pag. 20. 1888. _ — — Crrerici. Loc. cit., pag. 112. [109] S. CERULLI-IRELLI 33 È specie non rara, e più frequentemente in giovani esemplari, i quali presentano piccole variazioni di forma, consistenti in una diversa relazione e proporzione dei due principali diametri, antero-posteriore ed umbo-ventrale, e perciò forma o rotondeggiante a lato posteriore superiormente espanso, o obliqua- mente allungata. Quest'ultima forma, più frequente negli esemplari più adulti, corrisponde alla var. me- diterranea B. D. D. !). La costulazione esterna, in molte valve denotata semplicemente dalla differenza di colorazione delle costicine e degli intervalli costali, in altre è leggermente accennata presso al margine ventrale, e in par- ticolar modo sul lato posteriore, dove le 5 o 6 ultime costicine si rendono ben manifeste. Però è assai difficile avere esemplari in buono stato di conservazione, lo strato superficiale esterno della conchiglia essendo normalmente in gran parte corroso. Diametro antero-posteriore . DI c 5 o ò mm. 15,59 — 20— 31 » umbo-ventrale . o o ò . o ; » 15,59 — 17,6— 36 Questa specie è così vicina alla seguente, per il suo aspetto esterno, che, ove non esistessero dif- ferenze anatomiche nell’animale, osservate dal PoLi e confermate da WEINKAUFF, si sarebbe indotti a considerarla varietà del C. oblongum. Nel C. norvegicum — per quanto ho potuto constatare nel non ab- bondante materiale sia fossile che vivente avuto in studio, e paragonando fra loro esemplari nello stesso grado di sviluppo — la forma è decisamente più obliqua che nel C. oblongum, e il lato posteriore è presso: al margine cardinale normalmente meno espanso. : Il C. norvegicum vive oggi nel Mediterraneo e nell’Atlantico. M. Mario: Farnesina (s. g. più frequent., e s. gr.), Valle dell’Inferno; Acquatraversa. Cardium (Laevicardium) oblongum Caeun. — Tav. V [XV], fig. 28-31. (1782. — CaEMNITZ. Conchyl. Cabin., vol. VI, pag. 195, tav. 19, fig. 190). 1854. Cardium sulcatum Lx. De Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 7. 1858. — — — Ponzi. Nota cit., pag. 559. 1864. — — — Coni. Op. cit., 1.° ed., pag. 21. 1868. Mantovani. Op. ci., pag. 14. ui = — _— Comm. Op. cît., 2. ed., pag. 29. 1874. — = — Mantovani. Op. cit., pag. 44. 1875. _ _ — Ponzi. Op. cît., pag. 20, 24 e 27. 1882. — oblongum Caenn. Zuccari. Cat. ci., pag. 12. 1887. Laevicardium oblongum Cnenn. Ponzi e Meri. Op. cit., pag. 20. 1888. — —_ — Cuerici. Loc. cit., pag. 112. Assai comune a M. Mario nelle varie località fossilifere, questo Cardium vi raggiunge un notevole grado di sviluppo: alcuni esemplari misurano fino a mm. 90 di altezza. La forma, che negli esemplari adulti è in generale ovale-allungata, a lato posteriore sub-troncato, negli individui più giovani è più orbicolare, a lato posteriore più espanso. - Diametro antero-posteriore b " c 6 ò 0 : È mm. 40 — 65 » umbo-ventrale . o 5 o , } 5 i o. » 44-82 4) Bucquoy, DAUTZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. II, pag. 302, tav. XLVIII, fig. 7-9. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. I 34 S. CERULLI-IRELLI ; [110] x Anche questa specie è attualmente vivente nel Mediterraneo: la sua presenza nell’ Oceano Atlan- tico è posta in dubbio dagli autori francesi B. D. D. M. Mario: Farnesina, Villa Madama, Valle dell'Inferno ; Acquatraversa. Cardium (Laevicardium) Jeffreysi Ricacor (in sched). — Tav. V [XV], fig. 32. 1882. Cardium Jeffreysii Ricacci. Zuccari. Cat. còt., pag. 12. Conchiglia molto fragile, trasversalmente ovale, inequilaterale: lato anteriore arrotondato, breve; lato posteriore protratto, depresso, oscuramente biangolato. Umboni convessi, sporgenti, inclinati in avanti, e situati più presso al margine anteriore. Superficie lucente, segnata da costicine perfettamente appiattite, in numero di 44, separate da inter- spazi costali più ristretti di esse e di color bianco latteo: le otto ultime costicine, situate sull’area di depressione del lato posteriore, si mostrano invece acutamente rilevate, ed oscuramente rugose: quella centrale, essendo delle altre più sporgente e più larga, fa apparire l’area di depressione come divisa in due parti. Le costicine cessano bruscamente a breve distanza dal margine cardinale tanto anteriormente che posteriormente, e si attenuano moltissimo nella regione peri-umbonale, che per ciò si mostra levigata, lucentissima. Cardine come nel C. cyprium BR. Margine ventrale internamente dentellato in corrispondenza delle costicine esterne. Diametro antero-posteriore 0 È o È Ò : o o o mm. 15 » umbo-ventrale . o . ” 6 o 5 o o o » 12,5 Spessore . ; ; È 6 3 ; . ; è % : ; » 9 La forma trasversalmente allungata, il molto minor numero di coste, che sono appiattite e non con- vesse, separate da interspazi costali più ambpii, distinguono bene questa specie dal C. cyprium Br., e m’inducono a considerarla specie a sè, che direi quasi intermedia fra il C. norvegicum, cui si avvicina moltissimo per la forma appiattita delle costicine sul dorso delle valve, e il C. cyprium. Questa specie, di cui non esiste in collezione che un unico esemplare, fu citata nel catalogo della collezione Ricacci, redatto dallo ZUuccaRI, ma era semplicemente nominativa. M. Mario (s. g.). — Coll. RigaccI. Cardium (Discors) laevinflatum Sacco. — Tav. VI [XVI], fig. 1-3. (= Discors aquitanicus May. var. laevinflata SAcco). (1899. — Sacco. I Moll. d. terr. terz. Piem. ‘e Lig., parte XXVII, pag. 55, tav. XII, pag. 13-16). 1864. Cardium aeolicum L. Coni. Op. cit., 1.% ed., pag. 21. 1871. Op. cit., 2.* ed., pag. 29. 1874. — _ Lr. MantovanI. Op. co., pag. 44. 1875. _- _ L. Ponzi. Op. cît., pag. 20 e 24. 1882. —_ peclinatum L. Zuccari. Cat. cit, pag. 12. 1887. Laevicardium pectinatum L. Ponzi e Meli. Op. cît., pag. 20. Questa specie, comunemente identificata col vivente C. pectinatum L., fu dal Sacco, nel suo impor- tante lavoro sui Molluschi terziari del Piemonte, riconosciuta diversa dalla specie di LinnEo, ma conside- rata var. laevinflata di O. aquitanicum May. [111] S. CERULLI-IRELLI 3 (Si Da parte mia credo essa sia specificamente distinta sì dall’una che dall’altra specie. In effetti nel C. pectinatum vivente, di cui ho potuto esaminare alcuni esemplari nella collezione del Museo Zoologico di Roma, il lato posteriore è ornato di cordoncini radiali acuti, separati da solchi profondi, e più larghi dei cordoncini, i quali ultimi si attenuano bruscamente sul dorso della conchiglia all'incontro colle lamelle ondulate del lato anteriore. Nel C. aquitanicum May. le costicine radiali, sebbene meno rilevate che nel pectinatum, sono pure chiaramente accennate e separate da solchi impressi abbastanza profondamente, e discretamente ampi: onde la specie di MayER molto s’ avvicina alla vivente. Tale impressione la traggo dall’esame oltre che della figurà di Mayer, anche di quella dell’Hornrs 2), il quale assicura essere gli esemplari del bacino di Vienna — da lui determinati C. pectinatum — perfettamente identici a quelli di S.t Avit, determinati dal MayER C. aquitanicum. Nella forma fossile a M. Mario, come altresì in quella del Piemonte figurata dal Sacco, non si osser- vano invece sulla superficie esterna della conchiglia che delle sottili e superficiali limee radiali, che si estendono tanto sul lato posteriore che anteriore, sul quale esse si mostrano leggermente più superfi- ciali e intagliano anche le sottili lamelle trasversali di questo lato. Credo perciò che la forma fossile in Italia vada considerata specie a sè, e la distinguo con l’agget- tivo già usato dal Sacco per la varietà, quantunque esso abbia un significato di relatività, che non sarebbe opportuno conservare ad un appellativo specifico. Ripeto per altro ciò che già ebbe ad osservare il SAcco: può essere che l’esame di più copioso materiale possa convincere del graduale passaggio fra le 3 specie pectinatum, aquitanicum e laevinflatum, e spinga a considerare le due ultime come varietà della forma vivente. La specie, poco comune a M. Mario, presenta qui limitate variazioni di forma, e si nota che mentre negli esemplari più giovani, particolarmente, essa è più obliqua e più larga che alta, in individui più adulti invece accade l’ opposto, senza che del resto «uesto sia un fatto costante. Diametro antero-posteriore . ; 5 Ò o pianti to mm. 39 — 56 — 62 » umbo-ventrale . o o o 6 . 0 : » 32— 56 — 70 Spessore . - o 5 . ò : c . 0 . » 22-39 — 52 Le citazioni di C. pectinatum fossile per l’Italia (Piemonte, Piacentino, Vallebiaia, Reggio Calabria) è probabile si riferiscano alla specie nuova da me proposta, ma ne ho la certezza solo per il Piemonte. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). Cardium (Nemocardium) striatulum Br. — Tav. VI [XVI], fig. 4. (1814. — BroccHI. Conch. foss. subapp., vol. 11, pag. 507. tav. XIII, fig. 5). Posseggo due sole valve di questa elegantissima specie, che la diversa ornamentazione dei due lati anteriore e posteriore rende assai facilmente riconoscibile. Diametro antero-posteriore . É 5 o È È o i È mm. 11,9 » umbo-ventrale 0 : c . é 5 . ” 0 >» ‘10,5 Spessore 6 . : c ò ; . o . o 5 o » 9 1) Mayor. Descript. Coquil. foss. tert. sup. Journ. Conchyl., vol. VII, tav. III, fig. 3. 2) Hornes. Moss. Moll. tert. Beck. v. Wien, vol. II, pag. 175, tav. XXIV, fig. 6, 7. 36 S. CERULLI-IRELLI [112] Essa non figura nei cataloghi delle specie del M. Mario finora pubblicati, ma le due valve studiate appartengono alla collezione Rieaccr ed erano determinate C. cyprium. È specie poco frequentemente citata e non conosciuta vivente. M. Mario (s. g.). — Coll. RieaccI. Fam. Chamidae Lavirck, 1809, emend. Grar, 1840. Gen. Chama Linnro, 1758. La grande polimorfia e variabilità delle Chama, come ha spinto taluni malacologi a suddividere il ge- nere in numerose specie, così ha giustificato il criterio completamente opposto di riunirle tutte in una sola. Nello studio dei numerosi individui fossili di M. Mario, avendo notato come, non ostante la loro variabilità, certi caratteri di. ornamentazione si mantengano notevolmente costanti, non posso convenire nella riunione delle varie forme in una sola, e sono invece indotto a distinguere tre specie: Ch. gryphoi- des, Ch. placentina, Ch. gryphina. Chama gryphoides L. — Tav. VI [XVI], fig. 5-11. (1767.— Linneo. .Syst. Nat., ed. XII, pag. 1139). 1854. Chama asperella Lx. Dr Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cèòt., pag. 8. 1864. — — Conti. Op. cit., 1.3 ed., pag. 23. 1868. — — — Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — — — Conti. Op. cît., 2. ed., pag. 30. 1874. — — — Mantovani. Op. cit., pag. 45. 1875. _ = — Ponzi. Op. cit., pag. 24. 1875. — gryphoides L. — Ibid. pag. 24. 1832. — asperella Lx. Zuccari. Cat. cit., pag. 13. 1882. — gryphoîdes L. — Ibid., pag. 13. 1887. — — — Ponzi e Meu. Op. cit., pag. 22. 1888. — — — Cnerioi. Loc. cit., pag. 112. Si raccoglie abbastanza frequentemente e spesso in ben conservati esemplari. Le lamelle, che ornano la valva superiore, fortemente laciniate e spinulose nella maggior parte degli individui, in taluni si mostrano più depresse, sub-spinose, in modo da ricordare alquanto la ©. austriaca Horn. che il Sacco considera varietà di CA. gryphoides. Per altro mi sembra che le figure del Sacco, cui le nostre valve bene corrispondono, rappresentino un tipo leggermente diverso da quello figurato da HornESs, e meno differenziato dal tipo della C%. gryphoides. Qualche individuo, per forte sporgenza ed avvolgimento a spira dell’umbone, rappresenta l’anomalia assai frequente nelle Chama corrispondente alla var. unicornaria Lx. della specie seguente, e che il Sacco distingue col nome di var. pseudo-unicornis. La Ch. gryphoides è assai comunemente citata dal miocene al pleistocene: a M. Mario fu citata anche .dall’Hornes. Vive oggidì nel Mediterraneo e vi raggiunge, sembra, un grado di sviluppo inferiore alla specie fossile. M. Mario: Farnesina, Valle dell'Inferno; Acquatraversa. [113] S. CERULLI-IRELLI 37 Chama placentina Derr. — Tav. VI [XVI], fig. 12-20. (1817. — DEFRANCE. Dict. Sciences Nat., vol. VI (suppl.), pag. 69). (1899. — Sacco. I Moll. terr. terz. Piem. e Lig., parte XXVII, pag. 64, tav. XIII, fig. 18-22). 1854. Chama squamata Desz. De Ray., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 8. 1858. — _ — Ponzi. Nota cît., pag. 559. 1864. — _ — Conti. Op. cit., 1.3 ed., pag. 23. 1864. — unicornis Lx. — Ibid., pag. 23. 1868. — squamosa ? Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — squamata Drsx. Conti. Op. cit., 2.3 ed., pag. 30. 1871. — unicornis Lx. — Ibd., pag. 30. 1874. — squamosa Broc. Mantovani. Op. cit., pag. 454). 1874. —. wnicornis Mantovani. Ibid., pag. 45. 1875. — squamata Drsr. Ponzi. Op. cit., pag. 20, 24. 1875. — dissimilis Bronn. — Ibid., pag. 24. 1875. — wnicornis Lx. — lbid., pag. 24. 1882. — squamata Desa. Zuccari. Cat. cit., pag. 13. _ 1882. — unicornis — —_ Ibid., pag. 13. 1887. — squamata — Ponzi e MrLi. Op. cit., pag. 22. Assai più comune della precedente, questa Chama si raccoglie a M. Mario in magnifici esemplari ben conservati e completi, di cui taluno a guscio fortemente ispessito. Diametro antero-posteriore c d 0 ò c . 7 o o mm. 65 » umbo-ventrale . o o 0 : 0 : o o È » 82 Alcuni individui, mostrandosi a valve rotondeggianti, molto crasse e fittamente fogliacee lamellose, sem- brerebbero corrispondere alla C%. garmella De GREG., che il SAcco considera buona specie. Ma, la super- ficie delle valve non essendo in buono stato di conservazione e trattandosi di valve isolate, sorge il dubbio che la mancanza di rilievi scagliosi delle lamelle sia soltanto occasionale ed apparente. In tale sopposi- zione mi conferma il fatto che esistono individui sicuramente di C%. placentina per l’ornamentazione della valva fissa, nei quali la valva superiore fortemente lamellosa, non essendo in buono stato di conserva- zione, prende appunto l’aspetto delle corrispondenti valve di Ch. garmella, figurate dal Sacco. Ritengo perciò che detti esemplari spettino pure alla specie in discorso, di cui presentano altresì il caratteristico solco di depressione posteriore, e di cui potrebbero riguardarsi quale var. folîosa (Tav. VI [XVI], fig. 18). Oltre questi, meritano di esser menzionati alcuni individui, nei quali l’ornamentazione esterna è più regolare, quasi costicillata, a squame poco elevate, molto avvicinate fra loro e più numerose. Corrispon- dono alla var. percosticillata SAcco (Tav. VI [XVI], fig. 19). Sono pure assai frequenti le forme anomale, ad umbone molto elevato ed avvolto a spira, che corrispondono alla CA. unicornaria Lx. (Tav. VI [XVI], fig. 20). Ed è appunto per l’esame del materiale esistente nelle nostre collezioni, che io suppongo che le varie citazioni di O%. unicornis Lx., le quali figurano in parecchi dei cataloghi 1) Non esiste Chama squamosa BroccHI, bensì una Ch. squamosa Branp: ma non v'ha dubbio che le due citazioni del MANTOVANI, del 1868 e 1874, si riferiscano a questa specie. Non è raro pur troppo nei cataloghi di MANTOVANI riscontrare simili inesattezze. 38 S. CERULLI-IRELLI [114] del M. Mario, debbano riferirsi a questa specie; ma non escludo che con tal nome, abbiano potuto esser talora indicate anomalie corrispondenti di Ck. 9gryphoîdes. La Ch. placentina è nettamente distinta dalla gryphoides: ne sono caratteri costanti di distinzione — almeno per quanto ho constatato sul materiale avuto in studio — oltre le dimensioni molto maggiori, le squame molto più grandi, più robuste, più elevate, e talora fortemente sporgenti oltre il margine: l’ornamentazione eguale su entrambe le valve, mentre nella gryphoîdes la valva superiore è molto più minutamente squamosa della inferiore: ma principalmente la presenza nella placentina di un solco longi- tudinale di depressione nel lato posteriore, che dall’umbone scende al margine ventrale, originando, in cor- rispondenza, nell’interno della valva un rilievo, in prossimità dell’ impronta muscolare posteriore, più o meno evidente a seconda dell’ispessimento della conchiglia. È questa una caratteristica costante che si osserva fin nei più giovani individui, e che, insieme all’ ornamentazione più grossolana, più irregolare, più foliosa, serve a farli facilmente distinguere da altri pur giovanissimi individui di C%. gryphoides. Questa specie fu indicata a M. Mario già dal LamaRcK quale C%. lacernata ®, e con lo stesso nome, non molti anni dietro dal De GREGORIO 2), che ne considerava perfettamente sinonima la Ch. squamata Desa. Il Sacco ha rimesso in onore il nome più antico del DEFRANCE. La Ch. macrophyUa L., oggi vivente nelle Indie occidentali, mi sembra sia molto affine, se non spe- cificamente identica alla forma fossile, a giudicarne dalle figure di CREMNITZ. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno. Chama gryphina Lx. 3). — Tav. VII [XVII], fig. 1,2. (1835. — LAMARCK. MHist. nat. d. Anim. s. vert., ed. 1I, vol. VI, pag. 587). 1854. Chama gryphina Lx. Dr Rav. V.p. H., Ponzi. Cat. cîit., pag. 8. 1864. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 23. 1868. Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — — — Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 30. 1874. — —_ — Mantovani. Op. cit., pag. 45. 1875. — - — Ponzi. Op. cît., pag. 20 e 24, È specie al contrario delle precedenti molto rara a M. Mario, e in collezione ne esistono tre soli esemplari. Per il forte ispessimento della conchiglia, per la struttura cardinale essi bene corrispondono alla f.* altavillensis De GREGORIO 4). Della bontà di questa specie, che anche oggi s'incontra vivente, si è già a lungo e ripetutamente discusso. Lo scarso materiale avuto in studio non mi permette di portare il mio contributo nella que- stione: tuttavia ritengo sia più esatto considerare la gryphina specie a sè, anzichè var. sînistrorsa di altra specie. Per quanto ho constatato negli esemplari di M. Mario, noto che la particolare struttura car- 1) LAMARCK. Hist. nat. d. Anim. s. vert., vol. VI, pag. 37 (1819). 2 De GREGORIO. Appunti int. a talune Chame. Boll. Soc. mal. it., vol. X, pag. 207 (1884). 3) Citata a M. Mario in gran parte dei precedenti cataloghi, il MeLI (MoQ. foss. di M. Mario, pag. 22 [nota], 1887), ritenne di dovervela escludere, e difatti essa non figura nel suo catalogo redatto insieme al Ponzi, nè in altri poste- riori. Gli esemplari studiati, di cui uno della coll. RiGaccI, pongono fuor di dubbio l’esistenza di questa specie a M. Mario, e danno, per lo meno, apparenza di veridicità alle precedenti citazioni, che perciò figurano in sinonimia. Ma d'altra parte debbo parimenti far notare, che nelle collezioni studiate le due specie placentina e gryphina erano grandemente confuse, e molti esemplari della prima specie erroneamente attribuiti alla seconda. 1) De GREGORIO. Appunti int. a talune Chame. Boll. Soc. mal. it., vol. X, pag. 210 (1884). |115] S. CERULLI-IRELLI 39 dinale dei nostri individui, e specialmente la profonda fossetta, anteriore al dente cardinale nella valva libera, non si osserva mai in corrispondenti valve libere, anche egualmente molto ispessite, di Ch. pla- centina, cui più che alla gryphoîdes mi sembra avvicinarsi la CR. gryphina, in ciò convenendo pienamente ‘col Sacco. : M. Mario (s. g.). Fam. Cyprinidae H. et A. Apans, 1857. Gen. Cyprina Lx., 1812. Cyprina islandica L. sp. — Tav. VII [XVII], fig. 3-10; Tav. VIII [XVIII], fig. 1,2. (1766. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1131. — Venus). 1864. Cyprinà aequalis Bronn. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 20. 1868. — eslandica L. Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — aequalis Bronn. Comet. Op. cît., 2.2 ed., pag. 28. 1875. — islandica L. Ponzi. Op. cit., pag. 245). 1882. — — — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1882. — — — var. elliptica. Zuccari. Ibid., pag. 12. 1887. = _ — Ponzi e Mei. Op. cit., pag. 18. 1894. — aequalis Bronn. Met. Paragone fra gli strati sabbiosi a Cyprina aequalis Bronn ecc. Boll. Soc. geol. it., vol. XIII, pag. 162. 1895. _ — — Mm. Nota cit., Boll. Soc. geol. it., vol. XIV, pag. 134. Questa specie, assai comune e in ben conservati esemplari alla Farnesina, è stata oggetto di discus- sione per il nostro deposito, alcuni autori ritenendo essa fosse da considerarsi distinta dalla specie oggi vivente solo nei mari del Nord, altri a quella riportandola. E perciò innanzi tutto d’un qualche interesse, che coll’esame del copioso materiale a mia disposizione e con opportuni raffronti la questione venga risoluta. Credo per altro, d’accordo col Sacco, che il valore stratigrafico attribuito a questa specie non abbia l’importanza che gli venne assegnata. Il Met, nel lavoro redatto insieme al Ponzi, aveva già accennato che la Cyprina di M. Mario fosse da considerarsi diversa dalla islandica. Ma dopochè il De FRANCHI ?) espresse invece parere contrario, il MELI ritornò sull’argomento, e cercò dimostrare che la specie di M. Mario non fosse la islandica L., bensì la aequalis BRoNN. per avere “ un contorno più circolare nelle valve e per essere di assai più gonfia ,, ed istituendo raffronti tra la specie vivente e quella che si raccoglie a M. Pellegrino e Ficarazzi, e che egli sembra ritenere non diversa dalla islandica, osserva, che nella Cyprina di M. Mario “ il diametro antero-posteriore della conchiglia quasi uguaglia il diametro dorso-ventrale, mentre nella C. islandica vivente e nella Cyprina del post-pliocene siciliano il diametro antero-posteriore è ben maggiore di quello dorso-ventrale e inoltre il diametro traverso (spessore della conchiglia) nella Cyprina di M. Mario è con- siderevole in rapporto alla misura del diametro dorso-ventrale ,. i) Il Ponzi, sulla fede di MANTOVANI, cita nello stesso lavoro a pag. 19, una Cyprina islandicoides DesH., che non può dirsi se si riferisca alla C. islandica o alla Venus Brocchii. 2) F. DE FRANCHI. Descriz. comparativa d. Molluschi postplioc. di Galatina. Boll. Soc. mal. it., vol. XIX, pag. 73. 40 S. CERULLI-IRELLI [116] A tal riguardo, pur notando che il De FRANCHI, nel suo accurato studio su questa specie, annette, e giustamente, poca importanza al carattere del rapporto fra i diametri, l'esame dei vari individui, ed il confronto con esemplari viventi dei mari Britannici, e fossili di M. Pellegrino, non mi fanno assolutamente convenire nell’ opinione espressa dal MeLI. Perchè, se fra gli esemplari di M. Mario alcuni mostrano una forma più tondeggiante, ed altri anche più gonfia, la grande maggioranza concorda così perfettamente con la specie vivente e con la fossile di M. Pellegrino e dei Ficarazzi, che non si saprebbe come tenerle di- stinte. A comprovare questa mia asserzione, riporto qui i diametri di alcuni individui, pur ritenendoli di assai scarso valore: Diametro Diametro Spessore Rapporti antero-posteriore dorso-ventrale mm. 70 mm. 62 mm. 35 1:0,88: 0,50 Individui viventi. . . . . . » 86 » 75 » 45 1:0,87:0,52 » 115 » 105 » 71 1:0,91:0,61 | mm. 85 mm. 76 mm. 42 1:0,89:0,49 Individui fossili a M. Pellegrino » 101 » 86 » 54 1:0,81: 0,53 | » 117 » 105 » TI 1:0,86 : 0,60 mm. 82 mm. 72 mm. 42 1:0,87:0,51 >» 105 » 86 » 54 1:0,82:0,51 90 » 80 » 56 1:0,88: 0,62 Individui fossili a M. Mazio . 3 i » 87 » 84 » 50 1:0,96: 0,57 » 97 » 90 » 62 1:0,92:0,64 » 97 » 99 » 61 1:1,02:0,62 Dall'esame di questi rapporti numerici risulta come variabili essi siano, ma comunque ci vien di- mostrato, che fra la specie di M. Mario, quella di M. Pellegrino, ela vivente nessuna possibile distinzione possa farsi, non essendovi differenze nè nel rapporto fra i diametri antero-posteriore e verticale, nè nella tumidità delle valve. Tale mia asserzione sarà resa ancor più evidente dall’ esame delle figure, quando le si voglia confrontare con quelle della specie fossile a M. Pellegrino, e vivente nella Baja di Massa- chusetts, date nel ricordato lavoro del De FRANCHI. Mi è stato inoltre possibile, per l’esistenza, nelle collezioni del Museo, di due valve di Cyprina aequalis Bronn, provenienti dal Crag corallino di Suffolk, anche con queste stabilire utilissimi raffronti. Mi son convinto che la Cyprina di M. Mario, anche nelle rare forme più gonfie, si mantiene sempre ben distinta dalla specie del Nord, per umbone meno prominente, più inclinato verso il lato anteriore, e meno involuto, per convessità più uniformemente diffusa, e non particolarmente accentuata nella parte centrale della conchiglia e nella regione umbonale. Per la maggiore sporgenza ed elevatezza della regione umbo- nale nell’ aequalis, il contorno della conchiglia appare in essa meno ovale, più triangolare. È per me perciò fuor di dubbio che la Cyprina di M. Mario altro non sia che la islandica. Ciò stabilito farò notare che questa specie a M. Mario, come del resto anche nei mari attuali, pre- senta modificazioni di forma abbastanza notevoli. Se come tipo della specie vivente prendiamo quello fi- [117] S. CERULLI-IRELLI 41 gurato primieramente da Lister ! a forma sub-orbicolare, transversa, più lunga che alta, moderatamente rigonfia, troviamo a M. Mario, oltre questo tipo, da un lato forme più rotondeggianti, ma egualmente: convesse (f.* sub-rotunda) fino a giungere a forme a lato dorsale più rapidamente declive, lato anteriore più breve, le quali rappresentano una deviazione assai spiccata dal tipo (f.* sub-trigona), e dall’ altro forme trasversalmente più allungate e in proporzione più depresse (f.* transversa = var. elliptica Zuccari), le quali corrispondono, mi pare, assai bene alla var. transversa Woop del Crag inglese. Alcuni pochissimi individui presentano le valve più tumide (£.* inflata), e si avvicinano perciò al- quanto alla forma fossile che venne distinta come 0. aequalis, voglia essa considerarsi specie a parte, o Varietà della specie vivente, mantenendosene per altro — come già si è detto — perfettamente distinti. Anche nella specie vivente del resto, come ForBes ed HanLey ci fanno notare, assai variabile è lo spes- sore della conchiglia, e tale fatto risulta altresì dai rapporti fra i diametri degli individui da me esaminati. Ma non ostante la variabilità di contorno e di spessore notata, l'aspetto generale della conchiglia — e cioè la sporgenza e l’inclinazione degli umboni, la regolare ed uniforme convessità delle valve, la struttura del cardine — si mantiene sempre eguale. Nei più giovani esemplari la forma è meno inequila- terale, l’umbone più centrale. Ho osservato altresì che l'ampiezza della superficie formata dal dente cardinale e dente legamen- tare, presa dall’Acassiz a carattere distintivo fra le due specie aegqualis ed islandica, è molto variabile, come variabile è l’ ampiezza della callosità ninfale. La C. istlandica a tipo pre-pliocenico, giunse nel pliocene, e post-pliocene specialmente, molto più a sud, di quanto oggi non si verifichi, essendo essa confinata nei mari odierni al Nord d’Europa e nel- l'America del Nord. Per tale fatto questa specie assunse una grande importanza stratigrafica e il DE STEFANI la ritenne caratteristica dell’epoca post-pliocenica. M. Mario: Farnesina (s. g. più frequent.). Gen, Isocardia Lx., 1799. Isocardia cor L. var. Mayeriana Cocc. sp. — Tav. VIII [XVIII], fig. 3-5. (1873. — Cocconi. Enum. Moll. mioc. plioc. Parma e Piacenza, pag. 304, tav. VII, fig. 13, 14. — I. mayeriana). 1864. Isocardia cor Lx. Gonti. Op. cit., 1.% ed., pag. 22. 1868. — — — Mantovani. Op. cit., pag. 15. 1871. —_ — — Conn. Op. cit., 2.* ed., pag. 29. 1874. — — — Manrovani. Op. cîòt., pag. 46. 1875. — — — Ponzi. Op. cet., pag. 20 e 24. 1882. — — L. Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. = — — Ponzi e Maui. Op. co., pag. 18. La forma fossile a M. Mario si differenzia abbastanza notevolmente dalla forma vivente, e da quella. fossile più comune. . I nostri esemplari sono a forma più irregolarmente e più fortemente gibbosa: umbone molto più sporgente ed apice più involuto: altezza delle valve, in proporzione, molto maggiore della larghezza: ango- losità posteriore, che dall’umbone scende al margine ventrale, molto più accentuata: depressione lunu- 4) ListwR. Hist. Conchyliorum, tav. 272, fig. 108, (1685). Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 6 42 S. CERULLI-IRELLI [118] lare molto più ampia, più forte, più profonda, in modo che la conchiglia, vista di fronte, si presenta fortemente incavata sotto l’umbone, e l’incavo è nettamente demarcato ai bordi. Al maggiore sviluppo della regione umbonale corrisponde un notevole restringimento della parte centrale della conchiglia, più particolarmente destinata a contenere l’animale. Il cardine è più robusto. Delle impronte muscolari, quella posteriore è, come negli individui viventi, molto superficiale; l'impronta anteriore invece è profondamente impressa, e limitata nel suo orlo interno da un risalto molto forte — ciò che non si verifica negli esemplari viventi esaminati, e che negli individui fossili di M. Mario mi sembra essere in rapporto col maggiore ispessimento della conchiglia. Diametro antero-posteriore . 6 a ò 5 5 ; . imm. 74 — 81 » umbo-ventrale . 0 . 0 . ; . ò . » 84-84 Spessore . 5 5 RIAnARto ò 6 Ò . 1 i g » 4-97 In alcuni esemplari, il margine ventrale anzichè essere regolarmente arcuato, in modo da descrivere un regolare semicerchio dal lato anteriore fino all’incontro dell’angolosità posteriore, si presenta ante- riormente angolato, benchè ottusamente, e sembra formare come tre lati d’un esagono: in questi esem- plari l’umbone è ancor più sporgente, più pronunziata la depressione lunulare, meno forte invece l’ an- golosità posteriore, e in conseguenza anche meno accentuata l’area di depressione del lato posteriore. Per i caratteri differenziali accennati mi sembra che 1° Isocardia di M. Mario diversifichi abbastanza sensibilmente dalla specie vivente, corrispondendo all’ I. mayeriana Cocc., senza che tuttavia tali caratteri differenziali siano così pronunziati da giustificare una separazione specifica, come credeva il Cocconi. Ma d’altra parte non” posso convenire col prof. PANTANELLI il quale ritiene questa forma fossile come corri- spondente al tipo medio vivente più comune, a giudicare almeno dai molteplici individui ‘viventi osservati. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.), Valle dell’ Inferno. — Coll. Rieacci e MELI. Fam. Yeneridae Lrc7, 1819. Gen. Meretrix Lxk., 1798. Meretrix (Amiantis) Brocchii Desa. emend. Sacco sp. — Tav. VIII [XVII], fig. 6,7. (1835. — DESHAYES in LAMARCK. Hist. nat. d. Anim. s. Vert., ed. II, vol. VI, pag. 289, nota - [pars]. — Venus). (1900. — Sacco. I Moll. d. terr. terz. Piem. e Lig., parte XXVIII, pag. 23, tav. V, fig. 6-9. — Amiantis). 1871. Venus Agassizii v° OrB. Conti. Op. cit., 2.8 ed., pag. 28. ? 1874. — Islandicoides p’ Org. Mantovani. Op. cit., pag. 44. 1881. — Brocchiù Desa. Mei. Loc. cit., pag. 450. 1887. Cariatis islandicoides Lx. Ponzi e Men. Op. cò., pag. 17). 1388. — —_ — CreRIcI. Loc. cit., pag. 112. È specie molto rara: i pochi individui studiati più che al tipo, per la loro forma rotondeggiante, meno allungata, corrispondono meglio alla var. suborbicularis SAcco. 1) In un lavoro successivo il MreLI (Sopra ale. rare specie di Moll. foss. d. M. Mario. Boll. Soc. geol. it., vol. XIV (1895), pag. 94) cita la Venus umbonaria Agass.= V. Brocchii DesH. (pro parte). Con questa semplice indica- zione non saprei se trattisi della V. Brocchi, come è intesa dal Sacco, o della V. gigas LE., di cui la V. umbonaria è sinonima. [119] S. CERULLI-TRELLI 43 Questa specie fu per diverso tempo mal compresa e considerata sinonima talora di IM. islandicoides e tal’ altra di I. gigas: ma il Sacco, nel lavoro citato, dimostrò come essa sia ben distinta tanto dall’una come dall’ altra specie. Non è conosciuta vivente, nè può dirsi della sua diffusione allo stato fossile, data l’incertezza delle determinazioni. M. Mario: Farnesina (?) (s. gr.). — Coll. CALANDRELLI, e (S. g.); Acquatraversa (fide MELI e CLERICI). Meretrix (Callista) chione L. sp. — Tav. VIII [XVIII], fig. 8-10; Tav. IX [XIX], fig. 1-3. (1758. — LINNEO. Syst. Nat., ed. X, pag. 686 [pars]. — Venus). 1854. Cytherea chione L. Dr Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cît., pag. 6. 1864. — =. = Coni Oo ib IE ed, mas 20. 1864. — puella Pam. — Ibd., pag. 20. 1868. Venus chione Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. Cytherea — L. Conti. Op. còt., 2.. ed., pag. 28. 1871. — puella Pain. Conti. Ibid., pag. 28. 1874. Venus chione L. Mantovani. Op. cit., pag. 44. STO e =. a Love On Wh pag: 8 1875. Cytherera — — — lbid. pag. 24. 1881. =. =.» Min oe, a, as 450, 1882. |. = Zoni 4 Ci DES IE 1887. — =.= Pozie Iii Vo i nas Io 1888. —— «= Gan Zoe, Wi DS, Wa, 1896. =. = «limi o i pes. 83. Abbastanza frequente nelle sabbie di M. Mario, questa specie vi si incontra spesso in ben conservati esemplari, i quali mostrano anche quasi intatto il naturale colore giallo-rossiccio. Gli individui fossili corrispondono assai bene ai viventi, solo fra essi più che la forma tipica, quale è considerata dagli autori francesi B. D. D., è frequente la var. elongata B. D. D. !, a forma più allun- gata. Qualche esemplare anzi presenta tale carattere anche più accentuato che nella figura di B. D. D., e insieme il lato posteriore più acuminato. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.), Valle dell’ Inferno; Acquatraversa. Meretrix (Pitar) rudis Porri sp. — Tav. IX [XIX], fig. 4-11. (1795. — Por. Test. Utr. Sicil., vol. II, pag. 94, tav. XX, fig. 15, 16. — Venus). 1854. Cytherea rudis Poi. Der Ray., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 6. 1864. —_ — — Conm. Op. cit., 1.3 ed., pag. 20. 1868. _ — — Manrovani. Op. ci., pag. 14. 1871. = — — Conn. Op. c., 2.» ed., pag. 28. 1874. Venus — = Manrovani. Op. cit., pag. 44. 1875. Cytherea — —‘—. Ponzi. Op. cît., pag. 19 e 24. 1882. — — <= Zan, © Wi ass Ie, 1887. Cariatis.« ‘6 — —— Ponzi e Mzni. Op. cit., pag. 17. 1888. = — = Crarior. Loc. cit., pag. 112. 1) Bucquoy, DAUTZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. II, pag. 328, tav. LII, fig. 10. 44 S. CERULLI-IRELLI i [120] Questa delicata conchiglia, comune alla Farnesina particolarmente tra le sabbie grigie, si presenta, allo stesso modo che in altri depositi, a contorno assai variabile. È meno frequente la forma tipica, ovale- transversa, quale è figurata dal PoLi, molto più numerosi invece sono gli esemplari a forma sub-trigona, a diametro antero-posteriore più corto, più rigonfi, che s’accostano alla var. rugata Loc. !. A questa varietà possono riferirsi quasi tutti gli esemplari più adulti che esistono in collezione. Per altro qualche individuo, per gibbosità ancor più pronunziata, per lato anteriore meno arrotondato, per lunula più impressa, si differenzia dal tipo ancor più della var. rugata. Fra i giovani esemplari molti presentano un contorno sub-circolare, tanto alto che largo, e tali a lato posteriore molto alto s’avvicinano assai alla figura 5 c-d del Woop ?). Assai variabile altresì è la striatura esterna, ma in nessun esemplare essa è così marcata come nella var. mediterranea Ti. = Gli individui più adulti presentano le seguenti dimensioni: Diametro antero-posteriore : 3 à 5 . ò x q 5 mm. 24 » umbo-ventrale . 0 0 6 5 o È . , o » 21 Spessore . È È } , : ; 5 ; 5 3 b 5 » 17 La M. rudis è largamente diffusa nei mari odierni, e lo fu egualmente nel pliocene e post-plio- cene, essendo citata di quasi tutti i giacimenti sub-litorali. M. Mario: Farnesina (s. gr. e s. g.); Acquatraversa (fide MELI e CLERICI). Gen. Gouldia G. B. Apaws, 1847. Gouldia minima Mrs. sp. —- Tav. IX [XIX], fig. 12-19. (1803. — MontaGU. Test. Brit., pag. 121, tav. III, fig. 3. — Venus). 1854. Cytherea minima Mont. De Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 6. 1864. — apiîcalis Pam. Conti. Op. cit., 1.2 ed., pag. 203). 1868. — — — Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. —_ —_ — Conti. Op. cit., 2.2 ed., pag. 28. 1874. = _ Lx. Mantovani. Op. cit., pag. 44. 1875. — — Pam. Ponzi. Op. cit., pag. 19. 1875. - Cyrilli Scac. — Ibid., pag. 24. 1881. Circe minima Monr. Meli. Loc. cit., pag. 450. 1882. — _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — — — Ponzi e Mi. Op. cit., pag. 17. 1888. — —_ — Crerici. Loc. cit., pag. 112. E abbastanza comune a M. Mario, ed anche discretamente variabile nella forma, più o meno ovale, allungata, o quasi circolare, talora fortemente appiattita, tal’ altra discretamente convessa. Possono perciò distinguersi le seguenti variazioni principali: . ) Bucquoy, DAUTZENBERG, DoLLEUS. Moll. mar. du Rouss., vol. II, pag. 333, tav. LIII, fig. 5. 3) S. Woop. Crag Moll., vol. II, pag. 208, tav. XX, fig. 5c-d (Cytherea rudis). 3 La Cytherea minima dei cataloghi del Conti è l'Astarte triangularis. Per disavvertenza le corrispondenti ci- tazioni non furono trascritte nella sinonimia di detta specie. [121] 8. CERULLI-IRELLI 45 Var. triangularis Mra., a forma più rotonda, e superficie più liscia del tipo; Var. rotondula n. var., ancor più rotonda della precedente, sub-equilaterale, a margine ventrale più arcuato ; Var. elongatella Sacco, a forma trasversale allungata, e più o meno depressa. La Gouldia minima, la di cui sinonimia è abbastanza complessa (triangularis Mte., pumila Lx., inquinata Lx., apicalis PhiL., Cyrilli Scac. ecc.), è specie molto diffusa nei mari odierni, e lo fu egual- mente nel pliocene e post-pliocene. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno; Acquatraversa. Gen. Dosinia Scopoti, 1771. Dosinia exoleta L. sp. — Tav. IX [XIX], fig. 20, 21. (1758. — LinnEO. ,Syst. Nat., ed. X, pag. 688. — Venus exoleta). 1864. Dosinia orbicularis Agass. Conti. Op. cit., 1.® ed., pag. 21. 1871. — — — — Op. cit., 2.° ed., pag. 28. 1881. Artemis exoleta L. Meli. Loc. cit., pag. 450. 1882. — — — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. Dosinia /— — Ponzi e MrLi. Op. cit., pag. 18. 1888. — — — CLerIici. Loc. cit., pag. 112. Sembra specie molto rara, giacchè in collezione non ne esistono che pochissimi esemplari. Due valve della nostra collezione, come altre poche nella collezione Conti, appartenenti ad individui adulti, si mostrano rispetto alla forma comunemente figurata, e vivente nel Mediterraneo, a contorno più circolare, margine dorsale posteriore assai regolarmente arcuato, senza indizio di angolo al passaggio al margine ventrale: Diametro antero-posteriore : 0 o ò o 6 0 o 5 mm. bl » umbo-ventrale . o o o o 5 c o È 0 » 49 Spessore . 5 x 5 c : È o o , o . o » 26 x Ma tuttavia l’affinità tra le due forme è assai spiccata, e una variazione di contorno simile a quella delle nostre valve si riscontra anche negli individui viventi. Questi individui a contorno più circolare potrebbero riguardarsi come una varietà adulta dell’exo- leta, e fors'anche corrispondere alla var. major B. D. D. ®, che presenta un identico rapporto di diametri ?). M. Mario: Acquatraversa. D. exoleta var. lentiformis Sow. sp. — Tav. IX [XIX], fig. 22. (1818. — SoweRBY. Min. Conch., t. 203. — Venus lentiformis). (1853. — S. Woop. Crag Moll., vol. II, pag. 215, tav. XX, fig. 7. — Artemis). 1881. Artemis lentiformis Sow. Meli. Loc. cit., pag. 450. 1887. Dosinia _ — Ponzi e Meu. Op. cot., pag. 18. 1888. — = — Crerici. Loc. cit., pag. 112. i) Bucquoy, DAUTZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. II, pag. 345. 2) Credo che le citazioni di D. discus per M. Mario (MANTOVANI — 1868 e 1874; — Ponzi e MeLI— 1887; — CLaRICI — 1888), all'infuori di quella del ContI, possano riferirsi a questa forma. 46 S. CERULLI-IRELLI [122] L’unica valva che ascrivo a questa varietà si distingue dall’exoleta per forma più depressa, meno tondeggiante, lato posteriore appiattito, margine dorsale più bruscamente rialzato in prossimità dell’ um- bone, e poi rapidamente declive, meno arcuato, quasi rettilineo; angolo fra il margine dorsale e ventrale più evidente; umbone più piccolo; area cardinale meno ampia, ed anche meno arcuata. Diametro antero-posteriore ò ò 7 . È : 5 0 a mm. 42 » umbo-ventrale . ò , 6 0 ò ; È ò 6 » 40 Spessore . È c 0 0 0 o 0 o 5 à o , » 16 Non ostante i caratteri differenziali accennati, l’ affinità tra questa forma e il tipo exoleta è troppo evi- dente, perchè a mio parere si possa considerarla specificamente distinta; ma d’altra parte non è possi- bile ritenere identiche le due forme, come parecchi autori hanno dubitato. La var. lentiformis sta al- l’exoleta come la D. lupinus tipo alla var. lincta. Il PanTANELLI dice la Zentiformis abbastanza comune nel pliocene italiano, senza tuttavia affermare in modo assoluto che il tipo italiano corrisponda a quello fossile nel Crag inglese e nel Belgio. Da parte mia, avendo confrontato l'esemplare di M. Mario con alcune valve provenienti dal Crag di Suffolk, ne ho riscontrata la perfetta identità. La forma figurata dal Nyst ! come D. ezoleta, e che il WooD crede poter riferire alla Zentiformis, mi sembra più prossima al tipo exoleta: ma debbo notare che le due figure del Nysr differiscono alquanto fra loro. Acquatraversa. - Dosinia lupinus L. sp. (1758. — Linneo. Syst. Nat., ed. X, pag. 689. — Venus). Il tipo di questa specie non è rappresentato a M. Mario, ma i numerosi esemplari che vi si raccol- gono spettano tutti alle due varietà limcta e nitens. La forma tipica del resto, comunissima oggi nel Mediterraneo, è allo stato fossile assai meno frequente che non la var. lincta. D. lupinus var. lincta PuLrn., sp. — Tav. IX [XIX], fig. 23-30. (1813. — PuLTENEY. Hutehins Dorsetsh, pag. 34. — Venus lincta). (1853. — ForBES a. HANLEY. Brit. Moll., vol. I, pag. 431, tav. XXXVIII, fig. 5, 6). 1854. Dosinia lupina Pori. De Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 6. 1864. — — — Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 21. 1864. — discus Reeve — lbid., pag. 212. 1868. — lupina Poni. Mantovani. Of. cit., pag. 14. 1871. — = — Coni. Op. cit., 2.a ed., pag. 28. 1871. — incta Lx. Conti. Ibid., pag. 28. 1874. — lupina Mant. Mantovani. Op. ciòt., pag. 46. 1882. Artemis lupinus Pori. Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1882. — — var. orbicularis Epw. Zuccari. Ibid., pag. 12. 1887. Dosinia lincta PuLtn. Ponzi e MeLI. Op. cit., pag. 18. 1894. _ —_ — Merli. Loc. cit., pag. 163. 1805; _ — _ — Loc. cit., pag. 138. 1) Nysr. Descript. d. Coquill. et Polyp. foss. d. Belgique, pag. 184, tav. XIV, fig. 1. (1843). — In. Conchyliot d. terr. tert. d. Belgique, pag. 212, tav. XXIII, fig. 60, db. (1881). 2) Sono indotto a riportare qui la citazione del Conti, dal fatto che nel catalogo del 1871 essa non compare più, ma è sostituita dall’altra di D, Zincta. {[1 23] S. CERULLI-IRELLI ri Mentre il tipo della /upînus manca a M. Mario, sono assai numerosi gli esemplari che appartengono alla var. lineta e in diverso grado di sviluppo. Diametro antero-posteriore È . 3 : 7 7 : o è mm. 34 » umbo-ventrale . , , 5 c : 7 . 5 . » 138 Spessore . { , Ò E 7 . . b È 1 È 5 DIMAI9 Qualche raro esemplare raggiunge dimensioni anche maggiori, ed una valva, disgraziatamente incom- pleta, misura 5 ce. di diametro antero-posteriore, e forse altrettanto di altezza. Si distingue dal tipo per conchiglia più solida, per maggiore convessità, contorno più orbicolare, margine dorsale più arcuato, umbone meno acuminato, striatura più marcata, area cardinale più ampia ed allungata, denti più robusti, bordo cardinale interno meno arcuato; area legamentare meno ampia e meno ampio altresì il seno palleale — carattere quest’ultimo del resto molto variabile. Varia però alquanto il contorno e la convessità delle valve, e l'evidenza della striatura esterna. Per i caratteri differenziali notati sembrerebbe che la forma lincta dovesse considerarsi distinta dalla lupinus. Ma gli autori francesi B. D. D., dopo esame di numerosi individui viventi delle due forme, conclusero per la loro identità specifica, ed alle loro conclusioni mi attengo. La D. lincta vive nell-»Oceano Atlantico, mentre la lupîinus abita nel Mediterraneo. M. Mario: Farnesina, Valle dell’ Inferno. D. lupinus var. nitens (DoperL.) Pant. — Tav. IX [XIX], fig. 31, 32. (1892. — PANTANELLI. Lamellibr. plioc.— Enum. e Sin. Boll. Soc. mal, it., vol. XVII, pag. 197). 1864. Dosinia intermedia DoperL. Conti. Op. cit., 1.% ed., pag. 21. 21868. — = — Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — — — Conti. Op. cit., 2.3 ed., pag. 28. 21874. — — — Mantovani. Op. cît., pag. 46. 1882. Artemis lupinus var. intermedia DoperL. Zuccari. Cat. cit., pag. 12. Conchiglia molto sottile, spesso a superficie lucente, obliquo-sub-rotonda o ovale, inequilaterale: lato posteriore più o meno allungato, a margine dorsale poco arcuato ed ottusamente angolato nell'unione ‘col margine ventrale: lato anteriore più breve, arrotondato. Umbone situato molto in avanti, poco sporgente. Lunula poco impressa. Striatura molto sottile. Cardine come nella D. lupinus: denti sottili, il 4.° dente nella valva sinistra ben sviluppato. Seno palleale ampio, digitiforme. Diametro antero-posteriore . o o 0 0 ò . 5 mm. 26 — 35 » umbo-ventrale Ò o . È ò ò 0 0 » 125-—33,5 Spessore 5 o 5 ; } i . 5 , . o » 14-17 I pochi esemplari della collezione del Museo variano solo leggermente per la forma più o meno po- ‘steriormente allungata. Per squisita cortesia del prof. PANTANELLI, mi è stato possibile confrontare i miei esemplari con altri di Castellarquato spettanti alla D. riters, e ne ho riscontrata la perfetta identità nei principali carat- teri, sebbene uno degli esemplari di Castellarquato avuti in esame, presentasse rispetto alla forma 48 S. CERULLI-IRELLI [124] di M. Mario gli apici più acuti e una maggiore depressione delle valve, sì da approssimarsi molto al tipo della Dosinia lupinus. La D. nitens differisce dalla lupinus — cui ha molta somiglianza per l’ornamentazione esterna, strut- tura cardinale e seno palleale — per maggiore convessità delle valve e sottigliezza della conchiglia, mi- nore sporgenza ed acutezza dell’umbone, depressione lunulare minore, e lunula meno impressa. Mag- giore diversità presenta ancora colla var. lincta per molto maggiore sottigliezza del guscio, striatura molto più minuta, lunula meno impressa, cardine meno robusto, seno palleale normalmente più ampio. Sembra quasi una forma intermedia fra la lupinus vivente e la lincta vivente e fossile. Il prof. PANTANELLI ritiene la D. rifens specificamente distinta dalla D. lupîinus: a me sembra che, considerando la D. lincta varietà della lupinus, per seguire uno stesso criterio di classificazione, e per la evidente affinità fra queste forme, si debba riguardare anche la nitens varietà della lupinus. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.). Dosinia Portisi n. sp. — Tav. IX |XIX], fig. 33. Conchiglia discretamente solida, sub-ovale, depressa, inequilaterale; lato anteriore molto più breve, quasi un terzo dell’intera lunghezza: margine dorsale dolcemente arcuato ed unito senza angolo al margine ventrale, che descrive un quasi regolare semicerchio fino alla depressione lunulare. Umbone situato molto in avanti, inclinato verso il lato anteriore e depresso. Lunula Piccola allun- gata, fortemente impressa. — Superficie lucente, molto sottilmente striata. Cardine della valva destra munito di tre denti molto sottili, di cui il posteriore nettamente bifido ed arcuato, separato dal dente centrale da una larga fossetta dentaria. Area legamentare ampia. Seno palleale digitiforme, inclinato in basso, discretamente ampio. Diametro antero-posteriore 0 0 . , 0 . ò . 0 mm. 46 » dorso-ventrale . . o o 0 0 : ” c . » 44 Spessore (della valva) . 0 Ò 5 c c : 0 ò . » 10 Questa specie, di cui non ho che una sola valva, differisce dalla D.lupinus, oltre che per le di- mensioni, per forma più regolarmente ovale, umbone depresso, sorpassato in altezza dal margine dorsale, che è pure più arcuato che nella lupinus: cardine meno robusto, con-ampia fossetta dentaria fra il dente legamentare e il dente centrale; bordo cardinale interno molto meno arcuato; seno palleale rivolto in basso. Presenta notevole affinità con esemplari viventi dell'Oceano Atlantico, determinati nella collezione del Museo zoologico di Roma come D. discus REEVE, ma oltre che per le dimensioni minori, se ne di- stingue per convessità leggermente maggiore, contorno meno ovale, più alto in proporzione della lun- ghezza, lato anteriore meno espanso e più breve, margine dorsale più declive nel suo ultimo tratto: striatura più fitta. Vi corrisponderebbe bene invece per i caratteri interni, del cardine, ampiezza del- l’area legamentare, seno palleale. E potrebbe perciò fors’anche considerarsene varietà, se i caratteri differenziali accennati non fossero, a mio parere, abbastanza notevoli per specie di un genere come quello in discorso, in cui la distinzione specifica è fondata spesso su lievi differenze di forma. Acquatraversa. — Coll. ZUccaRrI. [125] S. CERULLI-IRELLI 49 D. Portisi var. affinis n. var. — Tav. X [XX], fig. 1. Si distingue per forma lateralmente meno espansa, e più alta, leggermente più depressa; umbone più sporgente; margine cardinale interno più arcuato. Diametro antero-posteriore 6 È 6 i È 3 . ò 7 mm. 42 » umbo-ventrale . ; È i x N 3 Ò È t » 43 Potrebbe anche considerarsi specie a sè: ma l’ornamentazione esterna, la struttura del cardine, mi consigliano per ora a riguardarla quale varietà della specie nuova proposta, tanto più che delle due forme non ho che un esemplare per ognuna. Presenta ancora più della specie tipo caratteri di affinità colla D. lupinus; ma le dimensioni ne sono di assai maggiori, la forma è più appiattita, più debole il cardine, inclinato più in basso il seno palleale. M. Mario: Acquatraversa. . Dosinia Distefanoi n. sp. — Tav. X [XX], fig. 2. Conchiglia discoidale, solida, depressa, inequilaterale: lato anteriore assai breve, sub-troncato; mar- gine legamentare fortemente arcuato e più alto dell’umbone, margine posteriore e ventrale pur essi re- golarmente arcuati, in modo da descrivere col margine dorsale quasi */, di un circolo abbastanza regolare. Umboni assai piccoli, poco sporgenti, molto inclinati in avanti, e presso al margine anteriore. Lunula piccolissima, fortemente impressa. Superficie concentricamente striata. Cardine della valva destra armato di tre denti assai sottili, di cui il posteriore bifido: nella valva sini- stra quattro denti, di cui l'anteriore tuberculiforme, e il legamentare assai poco distinto, filiforme. Area legamentare discretamente ampia. Seno palleale digitiforme. Margine ventrale interno fortemente appiattito. Diametro antero-posteriore . 6 o aa ò o o 6 mm. 42 » dorso-ventrale 5 , i ; ; 5 Ò ò c >» 40 Spessore + , d 6 o d o ò E o 0 7 DIM Gio Questa specie, pur essa assai rara, di cui ho studiato due sole valve, è affine alla D. ordicularis AG., ma dal tipo fossile a Castellarquato si distingue per contorno più circolare, margine legamentare più arcuato, forma più depressa. È ben facile distinguerla altresì dalla D. exoleta, di cui la varietà adulta ha anche contorno quasi regolarmente circolare, per la depressione notevole della conchiglia, l’umbone più piccolo e più inclinato in avanti, il margine legamentare assai più elevato ed arcuato, la depressione del margine innanzi alla lunula piccolissima, la lunula assai più piccola. M. Mario: probabilmente Acquatraversa. “i Palaeontographb'a italica, vol. XIV, 1908. 50 S. CERULLI-IRELLI [126] Gen. Venus Linneo, 1758, em. LAMARCK, 1798. Venus (Ventricola) verrucosa L. — Tav. X [XX], fig. 3-5. (1758.— Linneo. Syst. Nat., ed. X, pag. 685). 1864. Venus verrucosa L. Conti. Op. cit., 1.2 ed., pag. 20 (pars) 4). 1864. Cytherea rugosa Gue. Conti. Ibid., pag. 20. 1871. Venus verrucosa L. — Op. cit., 2.* ed., pag. 28 (pars)!). 1871. Cytherea rugosa Gue. — Ibid., pag. 28. 1875. Venus verrucosa L. Ponzi. Op. cit., pag. 24. 1882. — —. — Zuccari. Cat. còt., pag. 12. 1887. — — — Ponzi e Meli. Op. cit., pag. 24. Esistono di questa specie in collezione pochissime valve, ma di individui adulti, che bene corrispon- dono agli esemplari viventi; mostrano solo meno impressi i solchi divergenti che irradiano dall’ umbone, e quindi meno pronunziati i tubercoli posteriori. Ma a questo riguardo il WrInKAUFF avverte che anche attualmente si nota grande variabilità. Nei nostri esemplari, come nella specie vivente, variano la convessità delle valve, e il contorno, più o meno arrotondato, come nel tipo figurato da GUALTIERI, o trasversale (var. transversa B. D. D.). Diametro antero-posteriore ‘ 0 o 0 . c o o mm. 39 — 52 » umbo-ventrale . 0 0 o o 0 o o o » 40— 49 Spessore . . P ò - c 0 6 : 6 o o » 30-31 x La Cytherea rugosa della collezione Conti è un esemplare giovane della specie in discorso ?). La V. verrucosa vive attualmente in tutto il Mediterraneo e nell'Atlantico. M. Mario (s. g.): Farnesina (s. gr... — [ide MELI]. Venus (Ventricola) casina L. — Tav. X [XX], fig. 6-8. (1767. — Linneo. Syst. Nat., ed. XII, pag. 1130). 1875. Venus casina L. Ponzi. Op. cit., pag. 24. 1887. — — — Ponzi e Mzxu. Op. cît., pag. 14. IX, = — — Mrui. Sopra ale. rare specie d. molluschi foss. estr. d. giace. class. d. M. Mario. Boll. Soc. geol. it., vol. XIV, pag. 94. 3 Gli esemplari molto rari, ma ben conservati, che si raccolgono a M. Mario, per la natura delle la- melle, ravvicinate, elevate, abbastanza sottili, per la maggiore convessità e spessezza delle valve, più che al tipo dei mari del Nord, corrispondono a quello mediterraneo, che Arapas e BENOIT distinsero quale 1) Conti confuse sotto questa denominazione specifica tre specie ben differenti, e cioè la verrucosa, la casina, la Zamellosa var., ed anche un esemplare di V. mu/ltilamella a lamelle più fitte, e forma più gibbosa, più alta. 2) Nella collezione CONTI trovansi colla scritta Cytherea rugosa GweL., due valve di Venus libellus DE Ravn., mentre nella scatola di V. libellus vi è un esemplare giovanissimo di V. verrucosa L. È molto verosimile, per me anzi certo, sia avvenuto uno scambio di scatole, giacchè non posso credere che il ContI non conoscesse la specie di M. Mario descritta da Dn RayvNAVAL, la V. libellus. È perciò che nella sinonimia figura la Cytherea rugosa e non “la Venus libellus. |127] S. CERULLI-IRELLI 5I var. Corsicana *), e il BenoIT 2) stesso in seguito e il MontEROsATO 3) quale var. g/obosa. Fra le lamelle maggiori ne sono interposte altre più sottili, meno elevate, in numero variabile, ma più numerose verso il margine ventrale, che nel resto della superficie. La forma varia leggermente, o quasi tondeggiante, o più ovale. Diametro antero-posteriore . o - . DIRÀ c . mm. 44 — 48 » umbo-ventrale c È 5 3 : : di È » 42 — 46,5 Spessore ; ò ; b 3 6 6 6 5 . : » 30 — 32 La V. casina, esclusa dal prof. PANTANELLI ‘ dal novero delle specie plioceniche italiane accertate, nel dubbio che le varie citazioni potessero riferirsi alla V. lamellosa De Ravn., fu in seguito nuovamente citata dal Sacco per il Piemonte e la Liguria: ma le varietà descritte per il pliocene di queste regioni sono abbastanza diverse dal tipo, alcune intermedie quasi fra la V. lamellosa e la casina, a quella anzi più vicine che a questa. Tuttavia se. la presenza di questa specie nel pliocene italiano non è finora pienamente sicura, è certo che essa s'incontra nel pleistocene dell’Italia meridionale, come ne fanno fede — per non dire di ‘altri — il march. di MoxreRrosato per M. Pellegrino, e il SecueNza per le formazioni di Reggio Calabria. Da parte mia ho osservato nella collezione dell'Istituto geologico esemplari di Carrubbare, perfettamente corrispondenti al tipo vivente nei mari nordici. Fuori d’Italia è conosciuta del pliocene, nel Crag inglese, dove è molto frequente, nel Belgio, in Francia, nella Grecia, in Egitto. M. Mario: Farnesina (Coll. MeLi), Villa Madama, Valle dell’ Inferno (Coll. MELI e Zuccari. V. casina var. Aradasi B. D. D. — Tav. X [XX], fig. 9. (1893. — BucQuoy, DAUTZENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. II, pag. 376, tav. 58, fig. 6, 7). Conchiglia a forma sub-triangolare, depressa; ornata di lamelle concentriche, numerose, molto vicine fra loro, senza lamelle secondarie intermedie, fuorchè presso al margine ventrale: umbone abbastanza sporgente, situato molto in avanti. Diametro antero-posteriore . È : 0 o . 0 o c mm. 50 » umbo-ventrale 6 5 . 5 È D 7 a 5 » 46 Spessore (della valva) . È ” 0 o ò ò , 5 ; 5) SEO Non è senza qualche dubbio che riferisco alla var. Aradasì l’individuo di M. Mario, in quanto che la forma ne è più triangolare, l’umbone più sporgente, la lunula più allungata; mentre vi corrisponde per la de- pressione della conchiglia, per le lamelle numerose, sottili, irregolarmente disposte, che ne ornano la superficie, e per le quali a primo aspetto sembrerebbe V. multilamella. È per questi caratteri di affinità, che io credo di non andar errato nel riferimento proposto, tanto più che allo stato vivente questa va- rietà pare presenti forme diverse. 1) ArapaS e BaNOIT. Conchigliologia vivente marina d. Sicilia, parte 1, pag. 63. 2) BenorTt e Granata GrILLO. Sulla Venus Joenia n. sp. Boll. Soc. mal. it., vol. III, pag. 63. 3) MontEROSATO. Nuova rivista d. Conchiglie mediterr., pag. 16. 4) PANTANELLI. Lamellibranchi Pliocenici. — Enum. e Sinon. Boll. Soc. mal. it., vol. XVII, pag. 200. 52 S. CERULLI-IRELLI [128] La var. Aradasi si differenzia dal tipo della V. casina per forma più depressa, lamelle più numerose, meno elevate, corsaletto più allungato, e sembrerebbe da essa specificamente distinta. Tale la considera- rono Arapas e Benorr *, che credettero riconoscervi la V. cygnus Lx. Più tardi BenoIr e GRANATA?) ne fecero una specie nuova, la Venus Joenia. Ma il MontEROSATO 3) non ammise nè l’una nè l’altra determinazione, e identificò questa forma con la V. Rusteruciù PavR., tenendola pure specificamente distinta dalla V. ca- sina. Gli autori francesi B. D. D. considerano invece la V. Rusteruciò Pavr. diversa dalla V. cygnus Arapas (non LAMARCK), ma ne fanno due varietà della Y. casina, dando il nome di var. Aradasi alla V. cygnus Arapas (= V. Joenia Benoit, = V. Rusterucii (PAYR.) MontRS.). Mi attengo per ora a questa opinione in mancanza di esemplari viventi di confronto. i M. Mario (s. g.). Venus (Ventricola) multilamella Lx. sp. — Tav. X [XX], fig. 10-18; Tav. XI [XXI], fig. 1-7. (1835. — LAMARCK. Mist. nat. d. Anim. s. vert., ed. II, vol. VI, pag. 329. — Cytherea). 1854. Cytherea multilamella Lx. De Rav., V.p. H., Ponzi. Cat. cut., pag. 6. 1858. — — — Ponzi. Nota cit., pag. 558 e 559. 1864. — —_ — Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 20. 1868. — — — Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — - _ — Coni. Op. cit., 2.3 ed., pag. 28. 1875. — = — Ponzi. Op. cùt., pag. 19, 24 e 27. 1881. Venus —_ — Metti. Loc. cit., pag. 450. 1882. — — — Zuccari. Cat. ci., pag. 12. IS =, —_ — Ponzi e Mati. Op. cit., pag. 14. 1888 _ — Crerici. Loc. cit., pag. 112. È specie abbastanza frequente ed anche discretamente polimorfa. Il contorno talora è ovale-allun- gato, come nella figura di ARADAS e BENoIT per la specie vivente nel Mediterraneo 4), tal’ altra più triangolare, più arrotondato, oppure a lato posteriore molto protratto quasi caudato, sì da corrispondere alla var. Boryi Desa. Variano altresì la convessità delle valve, e l’ornamentazione esterna per numero ed elevatezza delle lamelle. Su tali diversità di caratteri — di forma e di scultura esterna — il SAcco ha istituito parecchie varietà, delle quali potremmo ricordare a M. Mario, oltre la var. Boryi, già menzionata, la var. perlamellosa, e la var. subrotunda. Questa specie raggiunge a M. Mario, e particolarmente a Valle dell'Inferno, un notevole grado di sviluppo: i due maggiori individui hanno rispettivamente le seguenti dimensioni: Diametro antero-posteriore . ò o o o o 6 0 mm. 49 — 51 » umbo-ventrale . . c . : ò 0 : 5 » 53 — 59 Spessore . ò . L ò c 6 c . ò 5 È » 38-35 La V. multilamella, comparsa nel miocene, raggiunse nel pliocene il suo massimo sviluppo: si pre- senta già in decrescenza nel post-pliocene, e nei mari odierni — nel Mediterraneo particolarmente — 1) ARADAS e BeNOIT. Conchigl. viv. mar. d. Sicilia, parte 1%, pag. 57, tav. II, fig. la, d. 2 Benoit e Granata GrILLO. Sulla Venus Joenia n. sp. Boll. Soc. mal. it., vol. III, pag. 61. 3) MonTEROSATO. Sopra alcune conchiglie coralligene d. Mediterraneo. Boll. Soc. mal. it., vol. VI, pag. 248. 4 ARADAS e BanoIT. Conchigl. viv. mar. d. Sicilia, parte 12, tav. I, fig. 3. [129] S. CERULLI-IRELLI 53 sembra assai poco frequente. Nè gli autori sono d’accordo sul nome da dare alla specie vivente: il WEINKAUFF la dice corrispondere alla V. cygnus Lx., mentre MontEROsATO, CaARUS, KoBELT ecc. la chia- mano senz’ altro multilamella. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.), Valle dell’ Inferno; Acquatraversa. Venus (Ventricola) lamellosa Dr Ravn., V. p. H., Ponzi. — Tav. XI [XXI], fig. 8-16. (1854. DE RAYNEVAL, VAN DEN HECKE et Ponzi. Cat. foss. di M. Mario, pag. 6 e 15. — Venus sp. n. [B]). 1854. Venus lamellosa sp. n. [B]. De Ray., V.p. H., Ponzi. Cat. ci., pag. 6 e 15. 1864. — _ De Ravn, Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 20. 1868. — _ — Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — — —_ Conti. Op. cîit., 2.2 ed., pag. 28. 1874. — —_ Nysr. Mantovani. Op. cit., pag. 44. 1875. — — De Rayn. Ponzi. Op. cit., pag. 19 e 24. 1881. — fasciculata Reuss. Meli. Loc. cit., pag. 450. 1882. — — — Zuccari. Cat. cît., pag. 12. 1887. — lamellosa Dr Ravyn. Ponzi e MELI. Op. cit., pag. 14. 1888. — — —_ CLERICI. Loc. cit., pag. 112. Conchiglia sub-trigona, transversa, convessa, con leggera depressione posteriore, particolarmente accentuata presso al margine ventrale: lato anteriore breve, regolarmente arrotondato dopo la depressione — lunulare: lato posteriore lungo, declive, quasi rettilineo, sub-angolato al passaggio al margine ventrale. Umbone situato molto in avanti. Lunula impressa, cordiforme. Area ampia, lanceolata, ben delimitata e liscia nella valva sinistra. Superficie ornata di lamelle concentriche numerose, sottili, erette, regolarmente disposte, spesso più fitte presso al margine ventrale, ottuse, schiacciate nella regione peri-umbonale. Cardine armato di soli tre denti. Seno palleale piccolo, corto, acuminato. Margine interno crenellato. Diametro antero-posteriore . c Ò o , o 6 o , mm. 20 » umbo-ventrale . i ; 5 È È 2 ; ; >» 18 Spessore o . 6 ; È c ò 7 o È > ; 5) Io Le variazioni cui questa specie va soggetta — escluse quelle che per me stanno a rappresentare distinte varietà — sono poco notevoli, e non riguardano che l’ornamentazione esterna e la forma. Le lamelle talora si presentano molto più rade, tal’ altra sono invece notevolmente più fitte; ora perfetta- mente erette, ora debolmente inclinate verso l’umbone e più robuste. In alcuni esemplari il diametro umbo-ventrale è proporzionalmente maggiore che in altri, e la conchiglia si presenta più alta rispetto alla sua larghezza: il lato posteriore è talora più allungato, più depresso, debolmente sinuoso, sì da ricordare la var. Boryì di V. multilamella. Ma in complesso tutte queste variazioni non alterano la facies della conchiglia. Le dimensioni degli esemplari sono per lo più inferiori a quelle indicate, le quali rappresentano quasi il massimo di sviluppo del tipo. La YV. lamellosa per la scultura esterna presenta a primo aspetto notevole affinità colla V. meul- tilamella Lx.: ma è ben facile distinguerla per la forma sub-trigona e trasversa; per il maggior numero di lamelle, specialmente nella regione peri-umbonale, in cui esse sono depresse, e non lamellari erette; per l’area più ampia; per il cardine munito di soli tre denti nella valva sinistra. 54 S. CERULLI-IRELLI [130] L’ affinità sembra ancora maggiore colla V. fasciculata REUSS, ma, a mio parere, la nostra specie ne è egualmente distinta: diversa ne è la forma, posteriormente angolata e non rotondata, il lato dorsale più rettilineo ed allungato; le lamelle sono acute ed egualmente decorrenti su tutta la superficie; manca il 4.° dente nel cardine della valva sinistra. La V. lamellosa, che non è conosciuta vivente, oltre che per M. Mario, dove è molto abbondante, è citata dal PANTANELLI per il modenese, per la Toscana, per il piacentino e l’astigiano. Ma nelle due ultime regioni il prof. SAcco asserisce di non averla rinvenuta. Esistono per altro nelle collezioni del nostro Istituto geologico due individui di V. Zamellosa provenienti da Castellarquato, dono del prof. Pan- | TANELLI, che starebbero effettivamente a comprovare la presenza della specie in discorso nel piacentino. M. Mario: Farnesina (s. g. e s. gr.), Villa Madama, Valle dell’ Inferno; Acquatraversa. V. lamellosa var. rhysalea Fonr. sp. — Tav. XI [XXI], fig. 17. (1879. — FONTANNES. Moll. plioc. d. Rhéne et Rouss., vol. II, pag. 55, tav. III, fig. 7,8. — Venus rhysalea). Le differenze fra questa varietà e la V. lamellosa tipica stanno nella natura delle lamelle della parte centrale ed anteriore delle valve, e nella leggera diversità di struttura e di andamento delle lamelle fra il terzo posteriore delle valve e il resto della superficie. In effetti mentre, rispetto al tipo, le lamelle della parte centrale ed anteriore della conchiglia sono più ispessite, e superiormente inclinate verso l’ um- bone, in modo da coprire in parte gli spazi intermedi, esse si presentano invece sottili ed erette nella parte posteriore. A M. Mario questa varietà è rappresentata da quasi tutti giovani esemplari, in modo che la pecu- . liare natura delle lamelle potrebbe esser ritenuto un carattere giovanile, se esso non persistesse anche in poche valve più adulte, e non avessi d’altro canto osservato frequenti giovani esemplari di V. lamel- losa colle lamelle acute, erette, sottili, su tutta la superficie. Per la scultura esterna gli individui spettanti alla var. rRysalea si approssimano alla V. gallina, pur tenendosene ancor più distinti, che non la varietà seguente. M. Mario: Farnesina. V. lamellosa var. gibbosula n. var. — Tav. XI [XX], fig. 18-20. Si distingue dal tipo per maggiore convessità, lato posteriore più gonfio, bordo ventrale non depresso, ma inflesso in dentro: scultura esterna più irregolare; lamelle più numerose, molto avvicinate, poco spor- genti nella metà o terzo inferiore delle valve, meno depresse nella regione peri-umbonale. Diametro antero-posteriore . cain È : - - È 3 mm. 21 » umbo-ventrale o o o . . . . . . >» 18,5 Spessore ° . 5 5 7 di : b ì Grin : » 14 Ma anche in questa varietà il rapporto fra i due principali diametri va soggetto a modificazioni, e taluni individui più aliungati degli altri, con leggera sinuosità nel margine ventrale posteriore, mostrano a primo aspetto tale somiglianza colla V. gallina var. laminosa LAsx., che furono da me creduti appartenere a detta forma. Ma un più attento esame, e il confronto con esemplari viventi mi hanno persuaso che essi ne sono diversi. In effetti nella Zaminosa la scultura esterna è fatta di lamelle meno esili, quasi cingoletti, meno elevate, debolmente ottuse alla sommità; ma nella regione posteriore delle valve, esse bruscamente diventano più sottili, più esili e vi si presentano spesso bifide, in modo che il numero delle (Dai (O) [131] S. CERULLI-IRELLI lamelle è sul lato posteriore maggiore che sul resto della superficie. Ciò non accade nella var. gibbosula di V. lamellosa, in quanto che le lamelle decorrono egualmente su tutta la superficie. Comunque l'affinità tra le due forme è evidente e notevole, e si può dire che la nostra varietà rap- presenta quasi il termine di passaggio dalla specie oggi vivente alla Y. Zamellosa fossile. Una forma ‘identica a quella da me descritta sembra raccogliersi nel post-pliocene siciliano a M. Pellegrino. M.. Mario: Farnesina (s. g.). Venus (Ventricola) libellus De Rawn., V. n. H., Ponzi. — Tav. XI [XXI], fig. 21-23. (1854. — DE RAYNEVAL, VAN DEN HECKE et Ponzi. Cat. foss. d. M. Mario, pag.6 e 15. — Venus sp. n. [A]). 1854. Venus sp. n. [A]. DE Ray., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 6 e 15. 1864. — Vibellus De Ray. Conti. Op. cit., 1.* ed., pag. 20. 1871. — . — _ — Op. cit., 2.* ed., pag. 28. 1875. — — sp. n. Ponzi. Op. cù., pag. 24. 1887. — — — Ponzi e Meu. Op. cit., pag. 16, fig. 2. « Testa rotondata, globosa, concenirice costata; costis numerosis, plano-convexis, adproximatis, interstitia quasi aequantibus; costis et interstittis dense et concentrice lamellato-striatis; lunula cordiformi, impressa; margine in- terno minute crenulato; impressione musculari parva. Conchiglia ricoperta di coste concentriche e strette, che la fanno comparire finissimamente e regolar- mente striata. Coll’ingrandimento per età si mostra rivestita di tante piccole faccette frangiate, da so- migliare ai fogli d'un libro tagliati collo stecco, e perciò il nome di ibellus. Nella prima età le coste sono più salienti, benchè sempre ricoperte di minute striature, ma coll’aumentarsi del guscio si smussano, si arrotondano e si allontanano fra loro, facendosi più apparenti » (Ponzi e MELI). Diametro antero-posteriore . : . c . . : o mm. 34 » umbo-ventrale . o 0 o . ò 5 - 6 » 32 Spessore (della valva) . 6 6 ò o o ò o - DIL Ai caratteri specifici surriportati aggiungo che, oltre la costolatura concentrica, la superficie esterna della conchiglia mostra delle minute e fitte strie raggianti estese tanto sulle coste che negli intervalli fra esse, e specialmente evidenti sul lato posteriore, sul quale, e in corrispondenza, le coste sono anche meno rilevate. Per le osservazioni riportate dal MELI sappiamo, che questa specie, mentre in giovani esemplari ha forma alquanto trasversa, meno-gonfia, in esemplari più adulti si mostra più globosa e quasi circolare. Ciò ho constatato anch’io nei pochi esemplari avuti in esame: ho notato inoltre che le sottili lamelle, le quali ricoprono le coste e gli spazi intercostali, sono nei giovani esemplari più rilevate ed evidenti, che negli adulti, laddove le coste sono invece più depresse. Le valve della nostra collezione appartengono entrambe ad individui abbastanza adulti, e la maggiore rispetto alla figura di Ponzi e MELI è a contorno meno tondeggiante, umbone più sporgente, lato anteriore meno alto, e si approssima perciò moltissimo alla figura di HornES per la Venus praecursor May.!. La stessa forma hanno le due valve della collezione Conti ?). L’esemplare giovane figurato è della colle- zione privata del sig. GRASSI. 1) Hirnns. Foss. Moll. tert. Beck. Wien, vol. II, pag. 126, tav. XIV, fig. 5-9. 2?) Vedi nota ?) a pag. 50 [126]. 56 S. CERULLI-IRELLI [132] La YV. praecursor May. (= V. Bronni May.!), descritta e figurata da HorNES corrisponde assai bene alla presente specie, e in ciò mi conferma il confronto di un esemplare di detta specie, proveniente ap- punto da Grussback. Anche in essa sono manifeste le strie longitudinali raggianti. Alla V. libellus corrisponde pure benissimo la var. Comitatensis di YV. Bronni May., descritta da Fox- TANNES, e che egli credeva diversa dalla forma del bacino di Vienna, principalmente per la presenza delle strie longitudinali. Queste varie forme vanno perciò tutte riunite sotto la denominazione più antica di V. lbellus: ma io penso, che ad essa dovrà parimenti, con ogni probabilità, riunirsi la forma più antica ora distinta col nome di V. praecursor. È forse affine la V. messanensis See. dell’Astiano di Calabria, come già suppose il Sacco. Nei mari attuali presenta la stessa ornamentazione la V. effossa Biv., che tuttavia si distingue nettamente per il profondo incavo lunulare. La V. libellus è in Italia specie assai diffusa: è citata nel Senese, nell’Astigiano, nel Piacentino, nel Genovese, ecc. M. Mario: Valle dell'Inferno. Venus (Chamelaea) gallina L. — Tav. XI [XXI], fig. 24-31. (1767.— LinnEO. ,Syst. Nat., ed. XII, pag. 1130). 1864. Venus senilis Br. Conti. Op. cît., 1.% ed., pag. 20. 1871. — Oi IENA Pap 828: 1875. — — — Ponzi. Op. cùt., pag. 27. 1881. — — — MeretI. Loc. cit., pag. 450. 1882. — — — — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — gallina L. Ponzi e Met. Op. cit., pag. 13. I = — — Cnerici. Loc. cit., pag. 112. Nel nostro giacimento, dove del resto è scarsamente rappresentata, questa specie si presenta assai meno polimorfa, che in altri depositi e nei mari odierni. Varia principalmente la forma, che più comu- nemente ovale, depressa, in alcuni individui diventa più raccorciata, più convessa, ad umbone più spor- gente, per depressione lunulare più pronunziata. A tale seconda forma corrisponde anche una scultura esterna diversa, fatta di lamelle più sottili e più fitte. Gli esemplari, che presentano questi caratteri, potrebbero per la loro convessità ed ornamentazione identificarsi colla var. gibba JeFFR.?; ma la depres- sione lunulare sembrami maggiore, e maggiore altresì la sporgenza dell’ umbone. È anche notevole il grado di sviluppo che la specie in discorso raggiunge fra le sabbie di Acqua- 1) MAYER, dopo aver descritto e figurato per tre volte la V. praecursor (MAYER in HARTUNG. Azoren, pag. 129, tav. 19, fig. 8; MavyeR. Neues Jahrb. fiir Min., Geol. u. Palaeont., (1860), tav. II, fig. 22, 23; In. Journ. d. Conchyl. (1863), tav. 3, fig. 1), in un lavoro posteriore (Tertiéir-fauna d. Azoren u. Madeiren, pag. 18), ritenne che esistessero due tipi assai affini, ma diversi per l’orizzonte in cui si raccoglievano, e conservò l’appellativo praecursor per la forma eocenica, dando alla forma miocenica l’appellativo Bronni. Il SAcco nel Piemonte distingue pure la V. praecursor dalla libellus, cui assimila la Bronni. : 2 JEFFRDYS. Brit. Conch., vol. II, pag. 346. [133] S. CERULLI-IRELLI 57 traversa: una valva misura mm. 45 di diametro antero-posteriore, per mm. 41 di diametro umbo-ventrale, dimensioni maggiori di quelle assegnate da B. D. D.! alla loro var. major della specie vivente. Come s'è detto parlando della specie precedente, l’affinità fra la V. gallina e la lamellosa è così spiccata in talune delle loro forme più divergenti, che si potrebbe per queste anche rimanere in dubbio sulla loro assegnazione specifica. Ma è caratteristica costante nella V. gallina, almeno per le osservazioni da me fatte, un brusco assottigliamento delle lamelle nella regione posteriore delle valve, e la non acutezza di esse sul resto della superficie, oltre — negli esemplari adulti —la biforcazione e confluenza delle lamelle. La V. gallina non è stata nei cataloghi precedenti citata con sicurezza del M. Mario propriamente detto, ed anzi Ponzi e MeLI ve la escludono. Ma della collezione CALANDRELLI esiste in Museo un esem- plare completo, che, dalla natura della sabbia racchiusa, sembrami quasi senza dubbio provenire da una delle località fossilifere del M. Mario. In ciò mi conferma anche il fatto che sul cartellino, che accompagna la specie, vi è aggiunta l'indicazione di raro, mentre ad Acquatraversa la specie non è certo rara. M. Mario: Acquatraversa. Venus (Clausinella) fasciata Da Cosra sp. — Tav. XI [XXI], fig. 32-40. (1778.— Da Costa. Brit. Conch., pag.188, tav. XIII, fig.3. — Pectunculus fasciatus). 1854. Venus fasciata Donov. De Rav., V. n. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 6. 1864. — — — Comm. Op. est., 1.3 ed., pag. 20. 1868. Mantovani. Op. ci., pag. 14. 1871. — _ — Con. Op. cit., 2.* ed., pag. 28. 1874. — — Br. Mantovani. Op. cit., pag. 44. 18750. — — Donov. Ponzi. Op. cît., pag. 19, 24. 1881. — — Da Costa. Meni. Loc. cit., pag. 450. 1882. — — Doxov. Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — —_ — Ponzi e Men. Op. cit., pag. 17. 1888. — _- — Cuerici. Loc. cit., pag. 112. È una Venus assai comune a M. Mario. Non v'è tuttavia rappresentata la forma tipica, ma i numerosi esemplari si raggruppano attorno alle var. raricostata JEFFR., stricta SAcco., rudis B. D. D. e Brongniarti Payr. I nostri individui raggiungono anche un limitato grado di sviluppo, e i più adulti non superano i 17 mm. di lunghezza, per poco meno di altezza. La YV.fasciata è specie assai diffusa nei mari odierni. M. Mario: nelle varie località fossilifere. Venus (Clausinella) scalaris Ben. — Tav. XI [XXI], fig. 41. (1831.— BRONN. Ital. tert. Gebild., pag. 100). Abbiamo di questa specie una sola valva, che mostra le lamelle a superficie elegantemente increspata. Diametro antero-posteriore . c È c Ò Ò : o mm. 19 » umbo-ventrale . o c È o 6 5 o ò dal È discusso se sia da considerare questa Venus specie autonoma o varietà della fasciata. Ma la maggiore spessezza del guscio e delle lamelle, le quali sono più nettamente rilevate e incurvate alla sommità, e principalmente la presenza di un quarto dente nel cardine della valva sinistra — dente che invece non i Bucquoy, DauTZzENBERG, DoLLFUS. Moll. mar. du Rouss., vol. II, pag. 362, tav. LVI, fig. 3. (es) Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 58 9. CERULLI-IRELLI [134] ho osservato in alcuno degli esemplari di V. fasciata — mi spingono per ora a ritenere le due forme specificamente distinte. È specie vivente nel Mediterraneo. M. Mario (s. g.). Venus (Timoclea) ovata Pennr. — Tav. XII [XXII], fig. 1-10. (1767. — PENNANT. Brit. Zool., vol.IV, pag. 97, tav. 56, fig. 56). 1854. Venus ovata Penn. DE Ray., V. pn. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 6. 1864. — _ — Cont. Op. cit., 1.* ed., pag. 20. 1868. — —_ — Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — — — Comm. Op. cît., 2.* ed., pag. 28. 1874. — —- D’OrB. Mantovani. Op. ci., pag. 44. 1875. — — Penn. Ponzi. Op. cit., pag. 19. 1875. — radiata Broc. — Ibid., pag. 24. 1881. — ovata Prann. Maui. Loc. cit., pag. 450. 1882. — — — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — — — Ponzi e Mei. Op. cit., pag. 14. 1888. — — — Crerici. Loc. cit., pag. 112. Fra le Venus è una delle più comuni a M. Mario, ed alcuni esemplari raggiungono dimensioni fino ai 18 mill. di lunghezza. Assai variabile nella forma e nella scultura esterna questa specie conserva per altro caratteristiche tali, che riesce sempre facile distinguerla. Per la forma più o meno tondeggiante o allungata potrei ricordare le var. trigona JEFFR., var. transversa B. D. D., ed anche una var. ovalis, per individui a contorno quasi regolarmente ovale. Ma più ancora della forma varia la scultura esterna, le coste presentandosi oltre che in diverso numero, ora nettamente e profondamente bifide, ora intere, quasi piccoli cordoncini rego- larmente convessi, più distanti fra loro, divise da solchi più ampii: in qualche individuo infine esse si mostrano elegantemente tripartite. Più o meno evidente altresì è la striatura concentrica. Fra queste molteplici variazioni di scultura, merita tuttavia di esser distinto un esemplare, in cui le strie concentriche sono assai meno numerose, molto ben rilevate sulle costicine, in modo che la su- perficie ne risulta elegantemente cancellata. Si approssima molto alla var. fauroscalaris Sacco, ma è a strie ancora più larghe e più evidenti, mi sembra. La distinguo quale var. cancellata (fig. 10). La YV.ovata è specie altrettanto comune allo stato fossile, che vivente, e nei mari odierni gode di una distribuzione batimetrica assai estesa. M. Mario: Farnesina, Valle dell'Inferno; Acquatraversa. Gen. Lucinopsis Forsrs et HANLEY, 1848. Lucinopsis undata Prnnr. sp. — Tav. XII [XXII], fig. 11-13. (1777. — PENNANT. Brit. Zool., vol.IV, tav. LVIII, fig.51.— Venus). 1854. Cyclina undata Desa. De Ray., V. n. H., Ponzi. Cat. cit. pag. 6. 1864. Diplodonta rotundata Drsx. Conti. Op. cit., 1.2 ed., pag. 19. 1871. — — — — Op. cit., 2.» ed., pag. 27. [135] S. CERULLI-IRELLI 59 21874. Cyclina undaia Par. MantovanI. Op. cit., pag. 46. 1875. — — Desa. Ponzi. Op. cît., pag. 24. 1882. Lucinopsis undata Penn. Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. —_ — — Ponzi e Mer. Op. còt., pag. 13. 1895. = —_ — Muat. Loc. cit., pag. 138. È specie molto rara. Fra i nostri esemplari, di cui il maggiore ha un diametro antero-posteriore di mm. 32, e umbo- ventrale di mm. 30, uno presenta un contorno più equilaterale, umbone più sporgente e mediano, e forse corrisponde alla var. aequalis JEFFR.!) Conti confuse questa specie con la Diplodonta rotundata, con cui ha notevole somiglianza all’aspetto esterno: invece le citazioni di Cyclima undata dei suoi cataloghi, nella collezione poi corrette in Cytherea minima, vanno riferite, come già si è detto, all’Astarte triangularis. Le altre citazioni di Cyclina undata è assai probabile si riferiscano alla Lucinopsis, ma non si può asserirlo con sicurezza per tutte. È specie vivente nel Mediterraneo e nell’Atlantico. M. Mario: Farnesina, (s. g. e s. gr... — Coll. Rreaccr. Gen. Tapes MecerLE von MuaLFELDI, 1811. Tapes rhomboides Penxwr. sp. — Tav. XII [XXII], fig. 14-17. (1777. — PENNANT. Brit. Zool., vol. IV, pag.97, tav.LV.— Venus). (1893. — B. D. D. Moll. mar. du Rouss., vol.II, pag.396, tav. LX, fig.1-18). 1854. Tapes virginea Mec. De Rav., V. p. H., Ponzi. Cat. cit., pag. 6. 1864. — _ L. Contri. Op. cit., 1.8 ed., pag. 21. 1868. — — — Mantovani. Op. cit., pag. 14. 1871. — = — Conti. Op. cit., 2.* ed., pag. 28. 1874. — — Pon. Mantovani. Op. cit., pag. 43. 1875. — —_ L. Ponzi. Op. cit., pag. 24. 1882. — _ — Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1882. — Olivi MeneGn. Zuccari. Cut. cit., pag. 12. 21882. — vetula Basm. = Ivid., pag. 12. 1887. — edulis Curmn. Ponzi e Mei. Op. cit., pag. 18. 21887. — Olivii MenEGn. — — Ibid., pag. 18. È specie molto comune ed egualmente molto variabile per il suo contorno. Manca il tipo figurato da PennanT —a forma allungata, umbone poco sporgente —; i pochi individui, che vi si avvicinano, sono o a lato anteriore più breve, o ad umbone più sporgente. Gli altri numerosi nostri esemplari si raggruppano attorno alle due varietà Zepidula Loc., ed edulîs (CHEMN.), auct.: la prima assai vicina al tipo, la seconda più raccorciata e più alta in proporzione; varia per altro in questa il rapporto fra i due principali diametri antero-posteriore e umbo-ventrale, ed abbiamo questi estremi: Diametro antero-posteriore . b } : È 6 : mm. 56-— 50 » umbo-ventrale . 0 : È ° " o c » 40—33,5 1) JorrRHYs. Brit. Conch., vol. II, pag. 364. 60 S. CERULLI-IRELLI [136] Altri pochi esemplari a forma in proporzione più raccorciata e più alta della var. edulis, a margine legamentare più elevato, corrispondono alla var. curta Loc. Oltre il contorno presenta leggere modificazioni anche la convessità delle valve, ma più ancora la striatura esterna, più o meno irregolare, superficiale e fitta. Qualche individuo a solchi concentrici più di- stanti, più regolari, mostra per questo carattere qualche somiglianza col 7. vetulus Basr., pur mantenen- dosene perfettamente distinto. Tuttavia è assai difficile aver esemplari a superficie esterna ben conservata. Le dimensioni che questa specie raggiunge a M. Mario sono anche molto notevoli, non maggiori del resto di quelle della specie vivente (var. major B. D. D.). i Credo che al 7. rhomboides possa riferirsi il Tapes Oliviù MENEGH., citato in due dei cataloghi di M. Mario: certo vi appartengono gli individui, che erano così determinati, della collezione RIeACcI: sono a contorno allungato, assai vicino al tipo della specie, ma a lato anteriore più breve, e costolatura concentrica più marcata. Anche l’ApprLIUS considera il 7. OQlivîî, che è specie nominativa, varietà del T. edulis. i Al T. rhomboides ho riferito parimenti, sebbene con dubbio, la citazione di 7. vetula del catalogo dello Zuccari, perchè gli esemplari così determinati della collezione RigAcci spettano alla specie del PENNANT; sono solo a costolatura più larga e più marcata. Della diffusione del 7. yRomboides allo stato fossile in Italia non può dirsi con precisione, in quanto che non è certo se vi si riferiscano, e quali, delle citazioni di 7. edulis e 7. virginea: certo lo si incontra nel post-pliocene di Calabria e Sicilia. Oggi vive nell’Atlantico e nel Mediterraneo. M. Mario: Farnesina (s. g. più frequentem., e s. gr.), Valle dell’ Inferno. Tapes eremita Br. sp. — Tav. XII [XXII], fig. 18. (1814. — BroccHI. Conch. foss. subapp., vol.II, pag.546, tav. XIV, fig.4. — Venus). Ascrivo alla specie del BroccHI due individui completi delle sabbie gialle della Farnesina. Per la loro forma sub-rettangolare, allungata, a lato posteriore troncato, margine legamentare lungo, sub-parallelo al margine ventrale che è poco convesso, umbone poco sporgente, inclinato in avanti, essi bene corrispondono alla descrizione e figura del BroccHI. Diametro antero-posteriore o c o o 6 6 5 5 mm. 35 » umbo-ventrale . 0 : ò ; } h 5 5 » 22 Spessore . d E 5 0 ò d G È 3 3 o » (13 x Questa specie è così vicina alla precedente, che sono stato a lungo perplesso, se considerarla specie a sè, o varietà della rhomboides. Ma fra i numerosi esemplari che spettano a quest’ultima non ne ho trovato alcuno che indicasse un termine di passaggio alla specie del BRoccHI, e perciò tengo per ora separate le due forme. Nel 7. eremita la forma è più allungata e meno alta, ma principalmente più rettangolare; l’umbone è meno sporgente, più inclinato in avanti, il margine legamentare è più lungo, più elevato, diritto, sub- parallelo al margine ventrale, il lato posteriore è più nettamente troncato, meno obliquo, il margine ven- trale è meno curvo, più rettilineo. Ond’è che all’aspetto esterno ricorda perfettamente il 7. (Pullastra) geographicus, solo distinguendosene per la diversa scultura delle valve, per la mancanza cioè della stria- tura longitudinale. 5 Tuttavia il 7. eremita è assai prossimo al tipo del 7. rRomboides, e non stupirei che più abbondante materiale potesse indurre a considerare le due forme come appartenenti ad un’unica specie. Lo stesso [137] S. CERULLI-IRELLI 61 dubbio espresse il Sacco, e a me sembra che qualcuna delle forme (var. sub-edulis e sub-major) dallo stesso attribuite al 7. eremita spettino invece meglio al 7. rRomboides. M. Mario: Farnesina (s. g.). Tapes senescens DoperL. — Tav. XII [XXII], fig. 19-24. (1873. — Cocconi. Enum. Moll. mioc. plioc. Parma e Piacenza, pag.287, tav.IX, fig.1,2). 1882. Tapes decipiens DoperL. Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — caudata D’Anc. Ponzi e MrLI. Op. cit., pag. 18. È specie assai comune fra le sabbie di Malagrotta, e vi presenta modificazioni di forma spiccatissime. Tuttavia ne rimangono costanti alcuni caratteri che permettono sempre di identificarla. Il contorno varia per il prolungamento maggiore o minore del lato posteriore, e per il margine dorsale più o meno evidentemente angolato in prossimità dell'impronta muscolare posteriore. Assai di- versa è pure la convessità della conchiglia e talora particolarmente accentuata nella regione centrale delle valve. L’umbone è più o meno involuto e sporgente, ma sempre inclinato molto in avanti. La striatura esterna concentrica si presenta più o meno regolare per la minore o maggiore evidenza e profondità dei solchi di accrescimento: ma essa è sempre più manifesta e regolare sul lato anteriore, quasi obliterata nel centro delle valve, irregolare, rugosa nella parte posteriore. Le sottilissime strie longitudinali ondulate sono al contrario, normalmente più evidenti nella parte centrale delle valve, ed hanno l’apparenza come d’un fascio di raggi luminosi che irradii dall’umbone. Il seno palleale è breve, ad estremità arrotondata: le impronte muscolari — specialmente l’ante- riore — fortemente impresse. Se prendiamo per tipo quello figurato dal Cocconi possiamo distinguere le seguenti principali va- riazioni: Var. rotundata, (Tav. XII [XXII], fig. 21). Forma più regolarmente convessa, lato posteriore meno pro- tratto, meno caudato, meno pronunziata l’angolosità, o carena ottusa, che dall’umbone scende alla punta più sporgente del margine posteriore: umbone meno sporgente; scultura esterna più regolare. Var. subtriangularis, (Tav. XII [XXII], fig. 22). Assai vicina al tipo, ma a contorno lateralmente più breve, e convessità più accentuata nel centro delle valve: angolosità posteriore più acuta: conchiglia molto ispessita. Può forse corrispondere alla var. crassior Cocc.: ma di questa non abbiamo illustrazioni. Var. umbonata, (Tav. XII [XXII], fig. 23). Forma assai più corta, e in proporzione assai più alta, più irre- golarmente convessa: angolosità posteriore acutamente demarcata: umbone fortemente sporgente ed involuto. Questa specie è stata citata a M. Mario coi due nomi 7. decipiens DopERL. e 7. caudata D’Anc. fra loro sinonimi. Gentilmente comunicatemi dall'ing. CLERICI, ho potuto osservare fotografie degli esemplari originali del 7. caudatus D'Ancona. Dall'esame di esse e di esemplari di Peccioli, località originaria, mi sono convinto che questa specie deve considerarsi sinonima del 7. senescens. Solo in essa le strie concentriche sembrano normalmente più regolari e manifeste, anche nella regione centrale delle valve, discostandosi in ciò tanto dall’esemplare figurato dal Cocconi, quanto dai nostri più frequenti: la conchiglia è anche più regolarmente convessa. ì Per tali caratteri la specie del D'Ancona potrebbe tutt'al più conservarsi quale varietà della sene- scens, assai vicina alla var. rotundata innanzi descritta. 62 S. CERULLI-IRELLI [138] In ciò mi conferma l’esame degli esemplari bellissimi e ben conservati che si raccolgono fra le lenti di argille dette salmastre della Rimessola, e che agli esemplari del 7°. caudatus di Peccioli corrispondono perfettamente. Fra gli individui della Rimessola è ben facile notare il passaggio fra il tipo caudatus D'Ancona e senescens DoDERL., e l'identità specifica delle due forme ne appare evidente. Ho creduto perciò utile fotografarne una valva (Tav. XII [XXII], fig. 24). Specie affine al 7. senescens è il T. Dianae Requien dello stagno di Diana in Corsica: ma questo è a forma più regolarmente ovale, posteriormente meno allungata, umbone più centrale, striatura concentrica più manifesta ed eguale su tutta la superficie, e striatura longitudinale assai meno evidente. Il 7. senescens sembra specie poco diffusa, ed oggi estinta. Malagrotta. Tapes (Pullastra) aureus Gue. sp. — Tav. XII [XXII], fig. 25. (1790. — GMELIN in LINNEO. .Syst. Nut., ed. XIII, pag. 3288. — Venus). 1887. Tapes aurea Gue. Ponzi e MeLI. Op. ctt., pag. 18. Questo Zapes sembra rarissimo al contrario del precedente, cui per contorno nei giovani esemplari assai si avvicina. Ma è sempre facile distinguerlo per la diversa scultura esterna, in quanto che nel 7. aureus le strie concentriche sono più regolari, evidenti ed egualmente decorrenti su tutta la superficie: meno numerose invece, ma pure assai superficiali, le strie radiali. L’unica valva da me trovata in collezione corrisponde assai bene alle figure 12 e 14 della tav. LXIII per la specie vivente nel noto lavoro di B. D. D. ; Può essere che a questa specie si riferisca anche la citazione di 7°. Zaeta del catalogo di ZuccARI. Malagrotta. — Coll. RicaccI. Tapes (Amygdala) decussatus L. sp. — Tav. XII [XXII], fig. 26 e 27. (1767. — LinnEO. Syst. Nat., ed. XII, pag.1135. — Venus). 1882. Tapes decussata Lin. Zuccari. Cat. cit., pag. 12. 1887. — — — Ponzi e Mxur. Op. cit., pag. 18. Di questa elegante specie esistono rarissime valve pure provenienti dalle sabbie gialle di Malagrotta. Ma benchè rara essa vi presenta un notevole grado di sviluppo, e un esemplare completo raccoltovi dal sig. Grassi ha un diametro antero-posteriore di mm. 66. È specie vivente nel Mediterraneo, nell’Adriatico, e nell'Oceano Atlantico. Malagrotta. Gen. Venerupis Lx., 1818. Venerupis irus L. sp. — Tav. XI [XXII], fig. 28. (1767. — LinnEO. Syst. Nut., ed. XII, pag.1128. — Donax). 1896. Venerupis irus Lin. Mei. Loc. cit., pag. 76. Questa specie è stata finora citata a M. Mario solo dal MELI, e vi deve essere rarissima. Da parte mia debbo alla cortesia dell’ing. CLERICI, che vivamente ringrazio, se posso anch’io annoverarla fra le specie studiate e darne la figura. [139] S. CERULLI-IRELLI 63 L’esemplare comunicatomi dal CLERICI, assai ben conservato, con tracce persino del legamento e del naturale colore aranciato sugli apici, e brunastro sulle impronte muscolari, corrisponde perfettamente alla specie oggi vivente, e ne mostra quasi lo stesso grado di sviluppo. Diametro antero-posteriore c ; o o 7 c 5 ; mm. 22 » dorso-ventrale . c c o o o c . 5 » 14 Spessore . c c : o o o 7 c . 3 , F9R5 E notevole come questa specie, sempre poco comune o rara nei vari giacimenti di cui si conosce, si sia mantenuta costante nei suoi caratteri dal miocene ai mari attuali, dove essa vive tanto nell’Atlantico, che nel Mediterraneo, e nel Mar Nero. M. Mario: Farnesina (s. gr.). Finito di stampare il 26 settembre 1908. GIUSEPPE STEFANINI ECHINIDI DEL MIOCENE MEDIO DELL'EMILIA PARTE PRIMA CIV LIV) INTRODUZIONE Gli echini fossili da me illustrati in questa memoria furono raccolti nelle arenarie e molasse serpen- tinose, molasse marnose e marne sabbiose dalla maggioranza degli autori attribuite al miocene, le quali appaiono in vasti affioramenti nelle provincie di Reggio, Modena, e Bologna. Quello di Guiglia-Montese- Vergato, che si trova parte nel Modenese, parte nel Bolognese, è forse il più importante, sia per la sua vastità, sia per la varietà delle roccie, sia dal punto di vista paleontologico. Quivi infatti raccolsero le loro ricchissime collezioni l’ab. GrusepPe MAZZETTI e il dott. AnceLo MANZONI: pochissimi campioni aggiun- gendovi provenienti dagli altri affioramenti. E sono appunto queste collezioni, i cui fossili furono in parte descritti o nominati dai raccoglitori stessi in numerosi lavori, appresso citati, quelle che hanno fornito a me il contingente più forte per il mio studio, avendo io potuto raccogliere in una mia gita nel Mode- nese-Bolognese, fossili in confronto di quelli ben poco numerosi, e sufficienti solo a trarre qualche deduzione sulla distribuzione delle specie nei diversi strati. Del resto conviene osservare che i due raccoglitori già mentovati — e particolarmente il MAzzeTTI — furono in verità diligentissimi nell’indicare la località precisa di ritrovamento; ciò che mi ha permesso di fare un raffronto abbastanza interessante fra le diverse località. È dunque il mio un lavoro in gran parte di revisione. Ma basterà dare un'occhiata alle lunghe e complesse sinonimie, alla massa ingente di specie che il MazzetTI menziona, alla copia e complessità della bibliografia relativa agli echini miocenici, dispersa in mille memorie speciali e non ancora sintetizzata — come quella degli echini eocenici — in un vasto studio d’insieme, per persuadersi che un tale lavoro di revisione è stato in questo caso assai meno agevole che di ordinario. La compattezza delle arenarie e la costituzione chimica delle marne hanno cospirato con le disloca- zioni, le fratture, le piegature, i sollevamenti, a ridurre i fossili in uno stato spesso pietoso. A volte il guscio conserva la sua superficie quasi intatta, ma appare tutto schiacciato, compresso, deformato: a volte in- vece la forma si conserva perfettamente, ma i dettagli della superficie sono del tutto o in parte scomparsi. Fortunatamerte gli esemplari sono tanto numerosi, che si finisce spesso col trovarne qualcuno buono, che permette di eseguire una determinazione esatta o di abbozzare una descrizione, che può talvolta essere completata coi dati desunti dall’esame degli altri esemplari. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 9 66 G. STEFANINI [2] Queste compressioni e deformazioni, delle quali gli autori, e specialmente il MAzzETTI, non tennero sempre il debito conto, in un con la poca conoscenza che allora si aveva di parecchie importanti faune echinologiche del miocene, bastano a spiegare il numero ragguardevole di cambiamenti che ho dovuto portare alle determinazioni dei miei predecessori. Degli echini raccolti nelle formazioni in esame, credo che ben pochi siano sfuggiti al mio studio; alcuni pochi esemplari delle collezioni Manzoni e MAZZETTI non sono stati ritrovati, ed è a credere siano andati perduti ®. Una piccola raccolta ne fece anche il Corpi nell’affioramento di Montebaranzone — Rocca Santa Maria (Modena), e rese noti i nomi delle specie in un suo catalogo. Non avendo potuto esaminare i fossili, mi sono contentato di citare a R. S. Maria le specie da me pure trovate, sulla fede del Coppi stesso: egli attribuì però diversi dei suoi fossili a specie che io non ho trovato fra i miei, e che perciò non figurano neanche citate in questa memoria. Con tutto ciò in massima si può dire, che la fauna echinologica di questi terreni emiliani viene ad essere col mio lavoro illustrata, nel suo insieme, completamente. La collezione MAnzoNI si conserva nel Museo di Paleontologia dell’Istituto Superiore di Firenze, e mi è stata affidata in studio dal mio maestro il prof. CARLO DE STEFANI, al quale debbo per ciò la più viva riconoscenza. Anche gratissimo sono al prof. D. PANTANELLI, l’insigne collaboratore del MAzzeETTI nel- l’illustrazione della fauna di Montese, il quale ha posto a mia disposizione la sua biblioteca e la collezione Mazzetti, custodita ora nel Museo di Geologia dell’ Università di Modena. Ringrazio infine vivamente il prof. Rosa del Museo di Zoologia (Invertebrati) di Firenze per avermi concesso larga ospitalità nel suo gabinetto, ove ho potuto fare interessanti confronti con specie viventi, nonchè il prof. C. F. PARONA e il prof. M. CanAvVARI i quali, con l’imprestito di libri, hanno contribuito a completare alquanto la mia bibliografia echinologica. DESCRIZIONE DELLE SPECIE I. Gen. Tylocidaris Powmet, 1883. 1. Tylocidaris Scarabellii n. sp. — Tav. XIII [I], fig. 1,2. 1872. Cidaris melitensis (non For8. in Wr.) Mazzetti. Cenno int. ai foss. di Montese. Ann. Soc. nat. Modena, VI, pag. 11, fig. 12. 0 = — (non Fors. in Wr.) Manzoni. Ech. foss. mol. serp. Denk. k. Ak. Wiss., XLII, pag. 186. 1880. — — (non Fors. in Wr.) Manzoni. Spugne mol. mioc. Bol. Atti Soc. tosc. Sc. nat., V, pag. 174. 1896. — _ (non For. in Wr.) Mazzerti. Cat. cch. foss. coll. Maxx. Mem. Acc. Sc. Lett. Arti, Modena, ser. II, vol. XI, pag. 9. 1907. — Scarabellîù (Strranini) Neuti. Il mioc. del Monte Titano. Boll. Soc. geol. it., XXVI, pag. 254, tav. X, fig. 4-5. i) Gli esemplari del MazzatTI sono stati ritrovati quasi tutti: quelle specie che non si trovano indicate nelle sinonimie sono rappresentate da esemplari mal conservati, che non permettono una determinazione. Anche di quelli del ManzonI ne mancano pochi: tra questi però non ho potuto trovare quelli dal Manzoni attribuiti al Pygorhyn- chus Colombi e all’ Echinocardium Loveni. [3] G. STEFANINI 67 Echino di dimensioni piuttosto piccole, con guscio di forma circolare, depressa ai poli e rigonfia all'ambito. Zone ambulacrali strette, leggermente flessuose, costituite da due zone porifere un poco depresse, composte di pori unigeminati, separati da granuli. La zona interporifera è occupata da quattro file di tubercoli: le due file esterne hanno tubercoli più grandi e sono continue, le interne hanno tubercoli molto meno sviluppati. Manca ogni spazio nudo mediano. Zone interambulacrali ampie, formate di due file di placche larghe e basse, ciascuna delle quali reca un grande tubercolo. I tubercoli, in numero di 6-8 per fila, sono molto sporgenti, non crenellati nè perforati, cinti ciascuno da una profonda scrobicola circolare nelle placche dell’ambito, ellittica in quelle più vicine al polo adorale. Le scrobicole sono limitate ciascuna da un cerchio di granuli, che tocca da un lato della placca la zona porifera adiacente, da altri due i margini della placca stessa — pur rimanendo la scrobicola perfettamente chiusa. Il lembo interno delle placche interambulacrali, mediocremente largo, è occupato da granuli più piccoli dei precedenti, ma relativamente piuttosto grossolani, alquanto disuguali fra loro e non seriati, che costituiscono una zona miliare discretamente estesa, e assolutamente sprovvista di qua- lunque incisione o depressione in corrispondenza della sutura mediana delle placche. Sono forse da attribuire a questa specie vari radioli, uno dei quali particolarmente è stato trovato nella stessa località di alcuni dei gusci descritti. Essi hanno una forma leggermente ma nettamente cla- vata, e sono coperti di grossolani e radi granuli allineati più o meno distintamente in file longitudinali. Ho creduto di dover descrivere come tipi di una nuova specie alcuni incompleti, ma assai ben con- servati esemplari della molassa, che il MazzertI e il Manzoni attribuirono al C. melitensis ForB. Se però la nostra specie, per la inesattezza della figura di WRIGHT ! potè essere confusa col D. me- litensis, rimane da esso ben distinta in realtà per l’assenza dello spazio ambulacrale nudo e depresso, per la minore disuguaglianza tra i granuli delle file esterne e quelli delle interne, per la maggior am- piezza della zona miliare, non depressa nella sua linea mediana, le serobicole più profonde, e, finalmente per i mamelloni non perforati. Quest'ultimo, anzi, è per il PomeL ?) e per il LamBERT 3) un carattere di importanza molto maggiore, servendo a distinguere dagli altri il gen. Zylocidaris. Anch'io credo oppor- tuno accettare questo genere, pur osservando che i tubercoli non perforati si ritrovano nello stadio gio- vanile di varî cidaridi, per es. della D. papillata (LESKE) #. Ciò non significa che non sia un buon carattere generico, particolarmente se associato agli altri, che il PomeL indica nella diagnosi. Questi, per verità, non possono tutti essere riscontrati nei miei esemplari; riguardo ai quali, però, è da escludere assolutamente che si tratti di individui giovanili, come risulta anche dal confronto, che ho potuto fare, coi belli e numerosi esemplari di S. Marino, studiati dal NELLI. Il Lamsert?) ha descritto recentemente un echino di Sardegna, anch’esso munito di tubercoli non perforati, erigendolo a tipo di un nuovo genere, Sardocidaris, che sarebbe il rappresentante terziario dei Z’ylocidaris 1) Vedi STEFANINI. Echini miocenici di Malta. Bull. Soc. geol. it., XXVII, 1903, pag. 438. 2 PompL. Classific. méthod. et genera des échin. viv. et foss. Alger, 1883, pag. 109. 9 LamBrrT. Descript. des échin. foss. de Barcelon, pt. I, Mém. Soc. géol. de Fr., Paléont., IX, 1902, pag. 27. 4) Agassiz A. Revision of the Echini. Ill. Cat. Mus. of Comp. Zoòl. at Harv. Coll., n.° 7, 1872, pag. 297, tav. II, fig. 7. 5) LamB®RT. Descr. des échin. des terr. miocen. de la Sardaigne. Mém. Soc. paléont. Suisse, XXXIV, 1907, pag. 22, tav. II, fig. 1,2. , 68 G.STEFANINI [4] cretacei. Il genere terziario si distinguerebbe dall’altro per gli ambulacri un poco più stretti, per i radioli non clavati, e per la presenza di una cresta saliente, traversale, tra i pori. Tali caratteri non hanno, a parer mio, un gran valore, come generici. Questo S. Piae LAmB. è specie per lo meno molto vicina alla nostra: io non ho potuto, negli esemplari dell’ Emilia e neppure in quelli di S. Marino, studiati dal NELLI, osservare queste creste degli ambulacri e neppure, con sicurezza, i radioli; gli altri caratteri sembrano concordare. Comunque, poichè qualche piccolo dubbio sussiste ancora, non pongo in sinonimia la specie sarda. La quale, ove la identità fosse riconosciuta, dovrebbe prendere appunto il nome specifico di Sca- rabellii, essendo stata questa specie pubblicata già dal NeLLI entro il 1907. Località: — Serra dei Guidoni e Montese. Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. Località diverse: — Miocene medio di S. Marino. II. Gen. Cidaris KLEIN, 1734. 1. Gidaris avenionensis Desmoun. 1838. Cidaris avenionensis Desmovrins. Tableau des échinides, Act. Soc. Linn., Bordeaux, pag. 336. 1881. — sfemmacantha Mazzerti. Echinod. foss. di Montese. Ann. Soc. nat. Modena, XV, pag. 5. 1885. — avenionensis Mazzenti e PantanELLI. Cenno monogr. fauna foss. Montese. Atti Soc. nat. Modena, ser. III, vol. IV, pag. 5. 1885. — striatogranosa? (non D’ArcH.) Mazzetti e PANTANELLI. Ibid. 1896. — avenionensis Mazzenti. Cat. echin. foss. coll. Maxzetti. Mem. Acc. Sc. Lett. ed Arti, Modena, ser. II, vol. XI, pag. 9. 1896. — _ Dx Lorior. Descr. échin. tert. du Portugal. Direct. des trav. géol. du Port., pag. 1, tav. I, fig. 1-4. 1901. — — Der Anernis. Terzo cont. allo st. del mioc. nell Umbria. Boll. Soc. geol. it., pag. 15. 1904. — — Arracni. Echinod. mioc. di S. Maria Tiberina (Umbria). Atti Ace. Se. di Torino; XL, pag. 6. 1906. — — Lamert. Hehinides mioc. dela Prov. de Barcelone, pt. II-INI. Mém. Soc. géol. de Fr., Paléont., XXIV, pag. 64 (cum syn.). Frammenti di radioli con fusto cilindrico o subcilindrico, assottigliato verso l’estremità, e di forme molto varie. Alcuni sono regolarmente cilindrici con granuli conici ottusi e quasi emisferici, piuttosto radi e disposti più o meno regolarmente: in qualche esemplare schiacciato e ad apice ottuso la regolarità però è tale, che i granuli disposti in fitte file longitudinali costituiscono una specie di fine striatura, come negli esemplari 3 e 4 della tav. I della memoria del De LorioL. Non mancano infine campioni della forma tipica, terminati all'estremità da un’ espansione ciatiforme internamente liscia, esternamente in- crespata e dentellata sul margine. Recentemente il LawBeRT ha posto in chiaro come il 0. avenionensis GREG. (= Leiocidaris Sismondai. Mayer) di Malta sia da tenersi distinto dal C. avenionensis DesmoUL. peri radioli sottili, ornati di spine lunghe, fini e un po’ ricurve e di un fascetto di aghi in luogo dell’espansione terminale. Quanto al guscio, quello riferito dal GREGORY a detta specie non corrisponderebbe nè all’una nè all’altra, e viene dal LamBERT classificato come Dorocidaris Hollandei (Cort.). [5] G. STEFANINI 69 L'attribuzione di questi esemplari ad altre specie da parte del MazzentI si spiega facilmente, se si considera che egli probabilmente non conosceva il polimorfismo dei radioli di questa. Il C. striafogranosa D’ArcH. ha granuli molto più fini e uniformi di quelli di questa specie, per poter essere con essa confuso. Località: — Molassa di Iola e di Montese (?). Collezione: — MAzzETTI. Località diverse: — Miocene di Provenza (Avignon, Dròme), di Bretagna (Basse Alpi), di Sviz- zera (Neuchatel, Vaud), di Portogallo (Azeitào), e di Spagna (Catalogna). — Miocene di Piemonte (Colli torinesi). — Miocene dell’ Umbria, di Sicilia, di Egitto. — Miocene medio di San Marino. — Miocene di Corsica e di Pianosa. 2. Cidaris rosaria (Bronn). 1831. Cidarites rosaria Bronn. Italiens terticiirgebilde, pag. 131. 1862. Cidaris — MenecumnI. Eckinod. necg. della Toscana. Il territorio di Siena, pag. 16, tav. II, i fig. 6,7 (cum syn.). 1880. -_ — Manzoni. Eckinod. foss. pliocenici. Atti Soc, tosc. Se. nat., Proc. verb., vol. IV, pag. 3. 1885. — actcularis (non D’Arcx®.) Mazzermi e PanranELLI. Oenno monogr. fauna foss. Montese, p.° II. Atti Soc. nat. Modena, ser. III, vol. VI, pag. 4. 1885. — hirta Mazzenti e PanraneLti. Ibid., pag. 5. 1897. — rosaria Vinassa. Echin. neog. Mus. Parmense. Atti Soc. tosc. Sc. nat., XV, pag. 143. 1901. —_ — Arragui. Echin. foss. Piem. e Liguria. Palaeont. ital., VII, pag. 168, tav. XIX, fig. 14- 19 (cum syn.). Frammenti di radioli con fusto cilindrico coperto di spine rade, bene sviluppate, lunghette, volte in alto, con disposizione confusamente seriata. L'attribuzione di questi esemplari alla ©. rosaria mi sembra non dubbia, non ostante lo stato incompleto di essi. Nè è facile comprendere come il MAzzETTI ne avesse attribuiti alcuni al C. acicularis, dal quale sono tanto distanti, coi loro aculei radi. Il C. Rirta è stato posto in sinonimia con questa specie da ATRAGHI. Località: — Montese, Iola (fide Mazz.). Collezione: — MAZZETTI. Località diverse: — Miocene dei Colli torinesi. — Pliocene di Zinola e d’Asti, del Parmense, del Senese, ecc. 3. Cidaris cfr. tessurata Max. 1862. Cidaris tessurata MeneGHnINI. Echinod. neog. della Toscana. Il territorio di Siena. pag. 25, tav. I, fig. 5-7. Piccolo radiolo frammentario, di forma conica, piuttosto tozza, non troppo acuminato all’estremità. L’ornamentazione è costituita da granuli relativamente assai fini e fitti, in serie longitudinali ravvicinate e alternanti, in modo che ciascun granulo corrisponde allo spazio tra due granuli contigui nelle serie vicine. Verso l’apice si nota una tendenza nei granuli a fondersi in costicine sottili e appressate. La forma generale, Je dimensioni, nonchè la disposizione dei granuli corrispondono pienamente, per quanto rilevasi dalla descrizione — chè le figure, specialmente nei dettagli, sono poco dimostrative — a quelle che si osservano nel C. fessurata Men. — Questa specie somiglia anche molto alla C. websteriana FoRB. 70 G. STEFANINI [6] del London Clay alla quale specie fu attribuita dal MAZzzETTI (în sch.); però questa ha granuli più grossolani e forma più tozza. Dal C. Loriolî Corr. dell’ Eocene francese si distingue pure per la maggior finezza dei granuli. Località: — Pantano. Collezione: — MAZZzETTI. Località diverse: — Pliocene di S. Frediano (Toscana), Imola, ecc. 4. Cidaris Peroni Cort. 1877. Cidaris Peroni Corteau. Descr. des échin. tert. de Corse. Ann. Soc. Agr. et d’Hist. nat. de Lyon, pag. 431, tav. I, fig. 8-14. 1885. — — Mazzenti e PantaneLLI. Cenno monogr. fauna foss. Montese. Atti Soc. nat. Modena, ser, III, vol. IV, pag. 6. 1901. — — Arracni. ch. foss. Piem. e Ligur. Palaeont. ital., VII, pag. 170, tav. XIX, fig. 23-25 (cum syn.). 1904. Echin. mioc. S. M. Tiberina (Umbria). Atti Acc. Sc. di Torino, XL, pag. 7 (cum syn.). Radioli con fusto sottile, elegante, cilindrico, ornato da numerose e fini coste longitudinali, regolari, compresse, seghettate, che si arrestano a una discreta distanza dal collaretto. Gli spazi fra le coste sono finemente striati longitudinalmente. Il collaretto è ben distinto e striato, l’anello mediocremente svilup- pato, il bottone regolarmente conico, la faccetta articolare crenellata. Questa specie fu riunita a torto — come dimostrò Airacni — al C. Minsteri Sism., che è sinonimo di C. avenionensis. Località: — Montese? Collezione: — MAZZETTI. Località diverse: — Miocene di Corsica, Sardegna, di Serravalle Scrivia. — Miocene medio della valle del Rodano. II. Gen. Dorocidaris Acassiz, 1872. 1. Dorocidaris Mazzettii n. sp. — Tav. XII [I], fig. 3, 4. 1878. Dorocidaris papillata (non Leste) Manzoni. Echinod. foss. Schlier coll. Bol. Denkschr. k. AK. Wiss., XXXIX, pag. 5, tav. III, fig. 25-27. 1880. — — (non Leste) Manzoni. Echinod. foss. mol. serp. Ibid., XLII, pag. 4. 1880. _ —_ (non Leste) Manzoni. Spugne sil. mol. mioc. Bologn. Atti Soc. tosc. Sc. nat., V, pag. 174. Guscio a contorno circolare, depresso ai poli, rigonfio all’ambito. Zone ambulacrali semplici, sinuose, piuttosto strette. Zone porifere strette, depresse, costituite di pori grandetti, leggermente ellittici, in coppie fitte non coniugate. Due file di granuli regolarmente disposti accosto alle zone porifere e fiancheggiate internamente da altre due file di granuli leggermente più piccoli. Ogni spazio nudo mediano sembra mancare. [7] G. STEFANINI 71 Zone interambulacrali ampie, con due serie di 8-9 grandi tubercoli sporgenti, mamellonati e perforati. Aree scrobicolari liscie, molto depresse, circolari nei tubercoli del polo aborale e dell’ambito, ellittici nei 3 o 4 ultimi tubercoli. Le scrobicole sono limitate da corone di granuli assai più grossi degli altri, le quali si mantengono nettamente distinte, eccetto nelle placche del polo adorale, dove tali corone si fondono insieme lungo la linea di sutura delle placche: le serobicole rimangono però sempre delimitate. Le placche anambulacrali, piuttosto alte e strette, sono, nel resto, occupate da una fitta e fine granulazione unifome. Le corone scrobicolari pur non toccando le zone porifere adiacenti, vi si ravvicinano moltissimo, e la- sciano una zona miliare assai stretta, distintamente incisa e depressa lungo la linea suturale media dell’anambulacro. Il Manzoni menziona e figura come rinvenuto in prossimità del guscio, un frammento di radiolo, che io non ho potuto trovare nella collezione. Qualche altro esemplare però, e particolarmente uno, impastato in una specie di calcare conchigliaceo di Serra dei Guidoni, si rivela veramente nella forma, simile ai radioli della D. papillata. È assai grande, (60 mm.) tronco all'estremità ed uniformemente ristretto dalla base all’apice. Altri esemplari ancora dello ScHLIER di Bologna presentano anch’ essi forma assottigliata e ottusa all’apice, sono scannellati, con coste longitudinali più o meno fortemente granulate, più o meno fitte e munite di un colletto sottile striato finissimamente, anello sporgente e pure striato, bottone conico ben sviluppato, faccetta articolare liscia. In una sua recensione del lavoro di Manzoni il Dames ® osservava che l’attribuzione degli Rocks Ilciglichen frammenti del Bolognese alla D. papillata gli sembrava incerta. e dopo avere sollevato il dubbio che potesse trattarsi di un Lezocìdaris invece che di un Dorocidaris, ammettendo le affinità con que- st'ultimo genere, consigliava dei confronti con il C. praehistrix QueNST., progenitore del vivente €. histrix Lux. (=D. papillata) e affine al C. Schivabenaui Le. A parte la considerazione sullo stato di con- servazione degli esemplari, che sono bensì frammentari, ma ottimamente conservati e tanto completi da permettere benissimo una coscienziosa classificazione, sta il fatto che la fig. 26 del Manzoni presentandoci i pori riuniti da solchi, rende giustificato il dubbio sulla attribuzione generica, sollevato dal Dames. Mi affretto ad assicurare che detti solchi non esistono in realtà, ma solo nella figura e nell’immaginazione del disegnatore. Quanto al confronto col C. praekistrix, al quale il QuensTEDT 2 sembra voglia ravvici- nare, ma a torto, secondo me, anche una specie delle colline di Torino, C. vesiculosa (non Gorpr.) Sism. (=C. încurvata Sisw.), esso è rappresentato da un frammento di radiolo, del quale l’Autore si limita ad affermare la grande somiglianza con la specie vivente. Non conviene, a parer mio fondere una specie ben rappresentata da interi gusci e frammenti ben conservati, con altra rappresentata da un frammento di radiolo. Uno di questi belli esemplari, completo e appartenente alla collezione MazzettI, presenta 8-9 placche interambulacrali. Ora gli individui di D. papillata, che hanno presso a poco le stesse dimensioni contano appena 6-7 di tali placche 8). D'altra parte tutti gli esemplari che mi è stato dato vedere — una diecina -—— si mantengono presso a poco di queste stesse dimensioni, oscillanti intorno ai 35 mm. di dia- metro; dimensioni che, apparentemente, sono normali per questa specie. Finalmente la D. papillata negli individui adulti ha scrobicole ellittiche con tubercoli scrobicolari quasi uguali agli altri della zona miliaria i) Dames. Manzoni. Echin. foss. Schlier ete. N. Jahrb. fiir Mineral. ecc., 1879, pag. 727. 2 QueNsTEDT. Petrefaktenkunde Deutschlands, I, 3 Echinodermen, pag. 211, tav. 69, fig. 1. 3) AGASSIZ A. Revision of the Echini. L. cit., pag. 256. 72 G. STEFANINI ì [8] mentre le scrobicole della D. Mazzetti sono circolari e con tubercoli scrobicolari grandi e ben distinti. Le altre specie viventi hanno placche anche meno numerose, scrobicole più nettamente ellittiche della D. papillata, e quindi sono anche meglio distinte. Dalla D. melitensis (WR.) si riconosce per la statura mag- giore, le placche ambulacrali più alte, la zona ambulacrale media occupata totalmente dai tubercoli, dei quali, quelli delle file interne sono poco diversi da quelli delle file esterne ecc. Colla D. papilata fu riunita dal MANzoNI, e dopo di lui, da Vimassa e da ArrAGHI, la C. Schwaben- auì Lee. Il piano onde questo fossile proviene farebbe ritenere probabile la sua identità colla C. Mazzetti : ma come le differenze tra questa specie e la D. papiata non sono fondate su caratteri che si possano verificare sull’esemplare dei calcari della Leitha, la questione rimane ancora dubbia: e pur augurandomi che essa possa essere presto risoluta, credo più opportuno proporre per la specie del miocene emiliano un nome nuovo. Degli esemplari pliocenici attribuiti dal Manzoni, dall’ArraGHI, dal Vinassa e dal CHECCHIA alla specie Vivente nulla io posso dire: quelli di Sicilia paiono veramente appartenere alla D. papwWIata. C. Miinsteri Mex. (radiolo) ha la faccia articolare crenellata e quindi non sembra si possa ugua- gliare alla D. papillata, come fa l’AmrAaGHI: altrettanto deve dirsi della C. signata Mex., per la quale una fusione analoga è proposta da Vinassa. Quanto alla prima di queste due specie, non vedo in che diffe- risca essenzialmente dalla C. Peroni: quanto poi alla seconda, essa sembra corrispondere alla C. Miinsteri Simon. della quale ho potuto vedere — per la cortesia del prof. CAPELLINI — gli esemplari giacenti nel Museo di Bologna. La C. Miinsteri Mazz. non è stata ritrovata. Località: — Montese, Pavullo, Guiglia, S. Leo Praduro e Tano. Collezioni: — MazzeTTI, MANZONI. IV. Gen. Phyllacanthus Branpr, 1835. 1. Phyllacanthus florescens (Arr.). 1881. Cidaris clavigera (non KoenIG) Mazzenti. Echinod. foss. di Montese. Ann: Soc. nat. Modena, XV, pag. 5. 1885. — — (non KoenIe) Mazzetti e PantanELLI. Cenno :monogr. faun. foss. Montese. Atti Soc. nat. Modena, ser. III, vol. IV, pag. 5. 1901. —.Y/lorescens Arracni. Echin. foss. Piem. e Liguria. Palaeont. ital., VII, pag. 169, tav. XIX, fig. 58-62. Alcuni frammenti di radioli costituiti di un fusto cilindrico, con perforazione assile, espanso all’e- stremità. Tale espansione trovasi sormontata da una cupoletta emisferica irregolarmente frastagliata; ciò che dà a questi radioli una forma clavata, che li ha fatti confondere con la €. clavigera KoeNIG, del cretaceo. Da questa specie si riconosce però con tutta facilità per la forma diversa della clava, per l’as- senza di corone denticolate sulla parte prossimale della espansione, per l'irregolarità delle frastagliature, che non potrebbero essere confuse colla regolare granulazione che ricuopre 1’ estremità dei radioli di C. clavigera. Questi radioli sono assai vicini a quelli del PhyMacanthus verticillun Mazz., che però hanno diversi ingros- samenti sul fusto, e a quelli del PhyMWUacanthus tirsiger SIMONELLI, che si distingue per l’irregolarità maggiore e la forma conica della sua ornamentazione cercinata ed asimmetrica. L'attribuzione al: gen. PhyWNacan- thus piuttostochè al. Cidaris mi è suggerita soltanto dal fatto che i radioli sono canalicolati e dalla forma nodosa di essi, che si accosta alquanto a quella di alcuni PlyMWacanthus viventi. [9] G. STEFANINI 73 Località: — Montese. Collezione: — MAZZzETTI. Località diverse: — Miocene dei Colli torinesi. 2. Phyllacanthus verticillum Mazz. — Tav. XIII [I], fig. 5. 1885. Cidaris verticillum Mazzei e PanraNnELLI. Cenno monogr. fauna foss. Montese. Atti Soc. nat. Modena, 1896. IV, ser. III, pag. 5. Mazzerm. Catal. ech. foss. coll. Mazzetti. Mem. Acc. Sc. Lett. Arti, Modena, ser. II, vol. XI, pag. 9. Frammento di radiolo, con stelo leggermente conico, interrotto da grossi nodi regolari, decrescenti, e terminante con un bottone. I nodi sono rappresentati da ingrossamenti interi, con margine fortemente crenellato: differiscono così da quelli del P%. verticillata AGaAss., nel quale si hanno veri verticilli di la- minette sottili, a sezione ellittica, impiantate obliquamente sul fusto. Il Ph. tirsiger Sim. di Pianosa, al quale la specie Emiliana è molto affine, si distingue da questa per la irregolarità delle sue ornamenta- zioni e pel numero dei nodi. Ciò non significa, che non possano magari appartenere alla stessa specie; e altrettanto può dirsi anche rispetto al PW. florescens ATR. Località: — Tola. Collezione: — MAZZETTI. 1847. 1872. 1877. 1879. 1880. 1881. 1885. 1895. 1896. 1901. V. Gen. Tripneustes Acassiz, 1841. 1. Tripneustes Parkinsoni Acass. et Drs. Tripneustes Parkinsoni Acassiz et Desor. Catal. rais. des échin. Ann. de Sc. nat. Zool., III, 1847, Hipponoe Tripneustes Hipponoe Tripneustes Hipponoe Tripneustes Hipponoe pag. 60. Mazzenni. Cenno intorno ai fossili di Montese. Ann. Soc. nat. Modena, pag. 11, fig. 11. Cortrau. Descript. de la faune tert. de Corse, pag. 239, tav. VIII (cum syn.). Mazzeni. La molassa marnosa. Ann. Soc. nat. Modena, XIII. Manzoni. Ech. foss. mol. serp. Denk. k. Ak. Wiss., XLII, pag. 8. Mazzenti. Echinod. foss. di Montese. Ann. Soc. nat. Modena, XV, fasc. I, pag. 5. Mazzenti e PantANELLI. Cenno monogr. fauna foss. Montese. Atti Soc. nat. Modena, ser. III, vol. IV, pag. 6. Corrrau. Deseript. Hchin. mioc. de la Sardaigne. Mem. Soc. géol. de Fr., Paléont., v. fasc. II, pag. 10. Mazzerti. Cat. ech. foss. coll. Mazzetti. Mem. Acc. Sc. Lett. Arti, Modena, ser. II, vol. XI, pag. 10. Atragni, Ech. terz. Piem. e Lig. Palaeont. ital., VII, pag. 176, tav. XIX, fig. 76. La determinazione è stata fatta sulla figura pubblicata dal CortEAU, rappresentante un esemplare di Corsica, che al sig. LamBERT ! pare non corrisponda in tutti i dettagli al tipo della specie. L'Autore stesso 1) LamBaRT. Echin. mioc. Barcel., pt. II, III, Loc. cit., pag. 75. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 10 74 G. STEFANINI [10] ha descritto e figurato recentemente un esemplare di 7. galRardensis (SEUNES) LAMB. specie che è stata trovata in Bretagna e in Catalogna. Essa è ben distinta da quella di Corsica e da quella di Provenza, tra le quali il LamBerT ha trovato qualche differenza e perciò egli le ascrive a due diverse varietà. I rari e non belli esemplari del Modenese non son tali da permetterci di portare altra luce sulla questione. Località: — Montese, Salto. Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. Località diverse: — Miocene di Corsica e Sardegna. — Miocene dei Colli torinesi e Val Staf- fora. — Miocene medio della Valle del Rodano. VI. Gen. Psammechinus Acassiz, 1847. 1. Psammechinus sp. ind. 1881. Psammechinus sp.? Mazzenti. Echinod. foss. Montese. Ann. Soc. nat. Modena, XV, pag. 6. 1885. —_ monilis? (non Drsor) Mazzetti e PanTANELLI. Cenno monogr. fauna foss. Montese. Atti Soc. nat. Modena, ser. III. vol. IV, pag. 6. 1896. = _ (non Desor) Mazzerti. Catal. echin. foss. coll. Maxzetti. Mem. Acc. Sc. Lett. Arti, Modena, ser. II, vol. XI, pag. 10. Questo piccolo echino di forma subsferica presenta realmente tutto l’aspetto della specie cui venne dubitativamente riferito dal Mazzetti; ma è rappresentato da un nucleo interno così poco ben conservato che permette a mala pena di stabilire che deve trattarsi davvero di un Psammechinus. Sarebbe dunque impossibile attribuirgli coscienziosamente un nome specifico. ì Località: — Montese. Collezione: — MAzzETTI. VII. Gen. Echinocyamus V. PreLsum, 1774. Riguardo alle questioni relative a questo genere e al gen. Fibularia AGASs. mi riferisco alle giuste ed opportune osservazioni del CaEccHIA ! e del MortENSEN ?), che le hanno recentemente riassunte. 1. Echinocyamus cfr. Studeri (Srsw.). 1842. Anaster Studeri Sisuonpa. Monogr. echin. foss. Piem. Mem. R. Acc. Sc. Tor., IV, pag. 44, tav. II, pag. 8,9. 1880. Echinocyamus pusillus (non Desx.) Manzoni. Spugne foss. mol. mioc. Bol. Loc. cit., pag. 174. 1901. — Studerî Arragni. Ech. tera. Piem. e Lig. Palaeont. ital., VII, pag. 177, tav. XXII, fig. 10. i 1906. — — CapepER. Mibular. mioc. di S. Gavino a Mare. Boll. Soc. geol. it., XXV, pag. 507, tav. X, fig.5 (cum syn.). Guscio di piccolissime dimensioni, ovale, un poco più allargato in avanti che in dietro. Faccia su- periore depressa, faccia inferiore debolmente concava intorno al peristoma. I petali e l’apice non sono i) CHEccHIA. Echin. viv. e foss. di Sicilia. II. Echin. del piano Siciliano. Palaeont. ital., XIII, 1907, pag. 213. 3 MoRTENSEN. Echinoidea. The dan. Ingolf-Expedit., vol. IV, p.t 2, 1907, pag. 38. [11] G. STEFANINI 75 visibili, causa lo stato di conservazione del mio unico esemplare, però si può facilmente riconoscere la forma delle zone ambulacrali, più ampie e sviluppate di quelle interambulacrali. Peristoma grande circolare, eccentrico indietro. Periprocto circolare, posto tra la bocca e l’orlo posteriore, ma più vicino a que- st’ ultimo. Il Manzoni indicò questo esemplare come E. pusillus; considerando però la forma molto depressa, ad orli sottili, e la posizione del periprocto, ritengo piuttosto debba ravvicinarsi all’ E. Studerì. — La forma del guscio, allargato anteriormente, mentre per lo più nelle figure di questa specie esso appare regolarmente ellittico, o dilatato indietro, non saprebbe esser considerata come un carattere differenziale avvertendo l’ArrAGHI, che essa può variare in questo senso. E altrettanto deve dirsi della posizione del peristoma, leggermente eccentrico indietro. Queste variazioni non possono far meraviglia, stante la ben nota variabilità riscontrata da tutti nelle specie del genere Eckinocyamus. Di essa parla fra gli altri il CAPEDER nel suo interessante lavoro che trovasi citato in sinonimia. Malauguratamente non posso neppur tentare un confronto con le specie ivi descritte, che sono fondate sopratutto sui caratteri del sistema apicale, poichè l’apice nel mio esemplare è rimasto ostinatamente invisibile, non ostante i tentativi di colorazione col sistema consigliato dal CAPEDER Stesso; sistema apparso insufficiente nel caso mio, forse per la natura della ganga. Credo bene lasciare dubbiosa la identificazione specifica, stante la cattiva conservazione della faccia superiore nel mio unico esemplare: debbo quindi omettere la trattazione di alcune questioni relative alla sinonimia di questa specie. Mi sembra però di un certo interesse segnalare la presenza di questo Echinocyamus nella molassa, stante l’estrema rarità di questo genere e della famiglia da esso rappresentata, nella formazione in studio. Esso si trovava aderente ad un guscio di Spatungus aequedilatatus. Località: — Serra dei Guidoni. Collezione: — MANZONI. Località diverse: — Miocene dei Colli torinesi. — Miocene di Lombardia, di Malta (?), dell’ Umbria, di Egitto. (Comunicazione epistolare del sig. FourtEAU). — Pliocene di Cipro (fide GAUDRY). VIII. Gen. Tristomanthus BITmNER, 1892. Il LamBERT ! ha cercato recentemente di mettere un po’ d’ordine alla confusione che regna relati- vamente ai generi Pliolampas Pox., Gitolampas GautE., Galerolampas Cort., Milletia Dunc., Tristoman- thus BirtN., ed Echinanthus Breyn. Milletia e Pliolampas sono molto affini, e non differiscono che pel numero dei pori genitali. Tra le Milletia il LamBeRT pone anche il primo tipo del gen. Tristomanthus, Ca- topygus clegans Dam. del miocene australiano, ritenendo che esso non possa distinguersi dalle Màlletia stesse e lasciando come tipo dei Tristomanthus il Nucleolites subcarinatus GoLpe., specie che il BIrTNER considerò come secondo tipo del suo genere, e con la quale il LamBET pone — parmi giustamente — in sinonimia l’Echinanthus subhemisphaericus EseRT. Se però confrontiamo il O. elegans con la M. elegantula (Mixt.), noi troviamo che le due specie presentano qualche differenza, che non sarà inutile segnalare. Il C. elegans, infatti, ha la parte ventrale dell’anambulacro impari rigonfia e posteriormente angolosa, per 1) LamBert. Echin. foss. Barcel. pt. IT-IIMI. Loc. cit., pag. 95; — LAMBERT. Htude sur les échin. de la mol. de Vence. Ann. Se. Lett. Arts Alpes-Marit., XX, 1906, pag. 41. . 76 G. STEFANINI [12] modo che l’ano viene ad aprirsi in alto di un solco, che si sviluppa in una specie di faccia posteriore verticale o quasi, analoga a quella che si osserva nella Studeria recens AGaAss. e nei Catopygus; inoltre la forma carenata del dorso dà origine ad una piccola sporgenza situata al di sopra del periprocto; il guscio è indietro ristretto, acuminato, protratto. ‘ La M. elegantula ha un guscio pure posteriormente acuminato, protratto, ma è privo del rigonfia- mento dell’interambulacro impari e relativa faccia posteriore: inferiormente all’ano si ha una superficie che si continua senza angolosità con la faccia inferiore, come nei Pliolampas ®. Se confrontiamo poi il Nucleolites subcarinatus, nuovo tipo dei Zristomanthus secondo il LAMBERT, con la Milletia, troviamo prima di tutto una differenza di forma, che il LAMBERT non ha posto in evidenza; infatti le MMi2/etia ed anche C. elegans ha guscio di forma subcilindrica, con faccia inferiore ad orli più o meno rigonfi, per lo più stret- tamente e assai profondamente incavata intorno al peristoma; invece il N. subcarinatus ha forma sub- conica, con faccia inferiore largamente svasata e orli poco rigonfi: la prima forma rassomiglia più, nel suo insieme, alla Studeria recens AGass. e ai Catopygus, la seconda agli Echinanthus. Il LAMBERT cita invece altri due caratteri differenziali fondati sulla posizione del periprocto e sulla forma posteriormente rostrata o arrotondata del guscio. Ma che deve intendersi per rostro? La forma posteriormente ristretta o la sporgenza dell’interambulacro impari al di sopra dell'ano? Se si accetta la prima di queste ipotesi — che sembra quella preferita dal sig. LAMBERT — conviene osservare che il carattere non può avere valore generico qui, come non lo ha negli Echinolampas ecc., se la seconda, possiamo accordare ad un tal carattere maggior valore, sopratutto perchè esso viene ad essere strettamente connesso col secondo carattere differenziale citato — la posizione dell’ano — ma allora non è più possibile contrapporre forma arrotondata a forma rostrata, potendosi avere dei gusci posteriormente arrotondati e magari tronchi o smarginati — come quelli del N. subcarinatus e del Pygorynchus Sprattì WrIGHT i quali, visti di profilo, mostrano evidente una sporgenza rostriforme — più o meno sviluppata, al di sopra dell’ano. In conformità delle precedenti considerazioni, ritengo doversi fare tra i generi di Cassidulidi con peristoma allungato e tre pori genitali, queste distinzioni: 1. Gen. Milletia Dunc., tipo Echinolampas elegantula Mintet. Guscio subcilindrico, faccia posteriore obliqua, periprocto marginale, basso. 2. Gen. Tristomanthus BITTN., tipo Catopygus elegans Dames. Guscio subcilindrico, faccia posteriore tronca, verticale, periprocto marginale, elevato, in alto di un solco. 3. Gen. Un terzo genere, il cui tipo sarebbe il Nucleolites subcarinatus GoLpr., caratterizzato dal guscio subconico, faccia posteriore tronca, verticale, periprocto marginale, elevato, in alto di un solco. Ai Tristomanthus BirtN. ascriverei, oltre il tipo, 1° E. corsicus Cort., il Pygorynchus Spratti WRIGHT., il 7. Lorioli LAamB., e la specie dell’Emilia appresso descritta, 7. Pantanellii; affine invece al N. subca- rinatus è il N. dinanensis Baz. 1. Tristomanthus Pantanellii n. sp. — Tav. XII [I], fig. 6. DIMENSIONI Lunghezza . ; . d c . . . 5 c c mm. 21 Larghezza c . ò o . : 0 . o . o » 16,5 Altezza ; . 5 . o 5 o 0 . o 2 » 13.5 Distanza della bocca dal margine anteriore . . o . o » 10 Distanza dell’apice dal margine anteriore . . . ò o » 9 1) Cfr. CortHAU, Paron et GauTHIBR. Echinod. fossiles de Vl’ Algérie. Paris, Masson, 1879-1891. [13] G. STEFANINI "1 -J] Echino di piccole dimensioni con guscio di forma subcilindrica, allungato, con la massima elevazione al terzo posteriore, sensibilmente carenato e ristretto indietro, faccia posteriore alta, tronca e assai in- cavata, faccia inferiore ricolma agli orli, strettamente e profondamente depressa intorno al peristoma. Zone ambulacrali petaloidee. Petali stretti, quasi lineari, aperti; i posteriori un poco più lunghi degli altri e poco divergenti fra loro, mentre gli anteriori pari formano un angolo molto ottuso. Zone porifere superficiali, uguali fra loro in ciascun petalo per la forma e le dimensioni. Pori radi e grandetti. Zone interporifere non rilevate, larghe quanto una delle zone porifere. Zone interambulacrali non rigonfie, eccetto la posteriore, carenata. Sistema apicale un poco eccentrico in avanti con tre pori genitali, essendo mancante quello ante- riore sinistro. Periprocto allungato, marginale, posto in alto del solco posteriore e in certo modo protetto da un piccolo rostro. i Peristoma pentagonale, allungato, subcentrale. Col 7. elegans Lse. del terziario d’Australia la nostra specie ha grandi affinità, pur distin- guendosene facilmente per la forma più allungata, più cilindrica, pel contorno più regolarmente ovale, non angoloso, non ristretto indietro, per la faccia inferiore un poco più rigonfia ai margini. Rassomiglia però soprattutto al 7. Spratti WR. del Miocene di Malta, dal quale non credo si possa in alcun modo separare genericamente: la specie melitense però ha un guscio meno elevato, non carenato, a con- torno meno regolarmente ovale, e i suoi petali avrebbero, secondo le figure, zone porifere più strette. Il 7. Loriolì Lam. ha come il 7. Spratti, al quale somiglia assai, guscio più basso, meno regolarmente ovale e meno carenato della nostra specie. Il 7. corsicus Corr. — confuso a torto, come notò il LAMBERT, colla Milletia Vassali — è un poco più basso, ha petali più larghi, orli meno rigonfi, dorso meno carenato e statura maggiore della nostra specie. Finalmente lE. camerinensis DesoR del quale, per la cortesia del prof. CAPELLINI, ho potuto esaminare l’esemplare tipo, nel Museo di Bologna, sembra appartenere esso pure a questo genere (i pori genitali non sono visibili) e si distingue per la forma assai meno allungata, più bassa, più larga, non carenata, non rialzata posteriormente, e per la statura molto minore. L’ E. Badinskiù Pom. ha vari tratti a comune con la nostra specie ma si distingue per molti caratteri, tra gli altri per la forma fortemente dilatata al terzo posteriore. Esso appartiene a quella singolare fauna di Kef Ighoud, la cui eocenicità mi sembra alquanto dubbia: e dubbia sembra anche l'appartenenza di quella Specie al genere cui è stata ascritta. Località: — Serra dei Guidoni. Collezione: — MANZONI. IX. Gen. Milletia Duncan, 1889. Milletia non differisce da Pliolampas Pow. che per il numero dei pori genitali — tre in quello e quattro in questo. — Pur non riconoscendo a questo carattere tutto il valore che gli è stato da altri attribuito, ma considerando col LamBERT la sua costanza assai notevole, credo convenga accettare, almeno provvisoriamente la distinzione. Vedere, a questo proposito l’ampia discussione del LamBERT e le mie ob- biezioni alle conclusioni di questo insigne scienziato !). 4) Vedi indietro, pag. 75. 78 i G. STEFANINI [14] 1. Milletia marginata (Mazz.). — Tav. XIII [I], fig. 7. 1881. Echinanthus marginatus Mazzenti. Echin. foss. Montese. Ann. Soc. nat. Modena, XV, pag. 14, tav. I, fig. 1. 1885. = — Mazzerti e PantanELLI. Cenno monogr. ete., L. cit., pag. 32. 1896. — _ Mazzenti. Catal. ech. foss. coll. Maxxetti. L. cit., pag. 29. Echino di piccole dimensioni, con guscio arrotondato in avanti, dilatato al terzo posteriore, ristretto, acuminato e leggermente rostrato indietro; superficie superiore e inferiore mediocremente convesse, la prima essenzialmente carenata nell’interambulacro posteriore, l’ultima incavata intorno al peristoma. Zone ambulacrali petaloidee. Petali superficiali lineari, aperti, lunghi quasi egualmente, gli anteriori pari alquanto più larghi degli altri. Zone porifere larghe presso a poco quanto le interporifere, e sub- eguali fra loro in lunghezza. I petali anteriori pari sono molto divergenti, ravvicinati invece i posteriori e alquanto curvi in fuori; ambulacri pari posteriori proporzionalmente più ampî degli anteriori. Pori esterni allungati, interni circolari. Apparato apicale assai eccentrico in avanti, con tre pori genitali, essendo mancante l’anteriore di sinistra. Periprocto subcircolare, leggermente allungato in senso antero-posteriore, posto obliquamente al margine, subito sotto il rostro. Peristoma un poco spostato in avanti, sensibilmente ma strettamente incavato, di forma pentagonale allungata. Bpistroma costituito di fitti e fini tubercoletti scrobicolati. Questa specie è strettamente affine alla IM. Fischeuri Pom.; anzi, se i tipi del MazzetTI non fossero stati piuttosto mal ridotti dalle compressioni subite, non avrei probabilmente esitato a porre in sinonimia la specie di Algeria e di Spagna. È da notarsi che questa ha statura un poco maggiore e, forse, petali alquanto più larghi della M. marginata. La M. Vassalì non è carenata e sembra avere le zone porifere più strette, i petali più estesi; la M. elegantula ha i petali posteriori meno larghi della specie dell’ Emilia. Località: — Montese, Salto. Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. 2. Milletia angulosa (Mazz.). 1881. Echinanihus sp. Mazzanti. Echin. foss. Montese. L. cit., pag. 15, tav. I, fig. 2. 1885. — angulosus Mazzerti e PantANELLI. Cenno monogr. fauna foss. Montese. L. cit., pag. 32. 1896. — angulatus Mazzarri. Cat. ech. foss. coll. Maxx. L. cit., pag. 29. Piccola specie con guscio ovalare, tumido sui margini, arrotondato in avanti, acuminato e rostrato indietro: faccia inferiore assai incavata nel mezzo, piuttosto rigonfia agli orli. Zone ambulacrali petaloidee. Petali posteriori un poco più stretti degli anteriori, tutti poi molto stretti, lunghi, aperti, con zone porifere uguali alle interporifere e pori in coppie rade, coniugate. Apice assai eccentrico in avanti, con tre pori genitali: manca l’anteriore sinistro. [15] G. STEFANINI 79 Periprocto ovale-longitudinale, posto subito sotto il rostro, all’estremità posteriore della faccia infe- riore, in quel punto obliqua e sfuggente. Questa specie è assai vicina alla M. Vassalî Wr. di Malta, che il LamBERT acutamente osserva essere Stata a torto fusa col 7. corsicus Cort. e che egli sembra voler ravvicinare, alle Z/arionia. Se ne distingue per la forma un po’ meno allungata, per la faccia inferiore apparentemente più depressa al centro, più rigonfia agli orli, per le zone interporifere più strette. Inoltre la M. Vassali è descritta come provvista di quattro pori genitali; ma ritengo che, come rilevasi dalla figura, essa ne conti in realtà tre soli, per mancanza del destro, se pure non si tratta di immagine rovesciata. La M. angulosa è distinta dalla M. marginata Mazz. per l’assenza della carena dorsale e per la forma posteriormente non dilatata. La IM. titanensis NELLI, descritta dall'A. come Pliolampas, ha maggiore statura e guscio dilatato al terzo posteriore. L'E. camerinensis DE Lor. (= PI. camerinensis Air.) è una minuscola specie, pertinente forse ai Tristomanthus. Da essa deve esser tenuto distinto 1° E. camerinensis UeoLINI, (non Pliolampas cameri- nensis AtR.) del miocene del Monte Cedrone, poichè questo esemplare, che ho potuto vedere a Pisa ed avere in comunicazione, per la cortesia del prof. CANAVARI, appartiene ad una specie grandetta, probabil- mente alla M. Vassalli, segnalata anche dall’Arracat nella stessa località dell'Umbria. Il LAMBERT ritiene che gli esemplari indicati con tal nome dall’ArracHI debbano essere riferiti in parte al suo 7. Lorioli in parte al 7. corsicus. Che essi appartengano a due specie diverse può essere; ma non mi pare che quello delle figure 9, 10, che mostra un profilo posteriormente acuminato, con faccia posteriore sfuggente, possa corrispondere al 7. corsicus, che ha profilo tronco e faccia posteriore verticale. Il PI. aremoricus di Umbria (ArraGHnI) ha tre pori genitali, come ho potuto riscontrare sul tipo, a Torino: sarebbe dunque una Milletia. Si riconosce subito dalla M. angulosa, non foss’altro, per l’assenza del rostro. Località: — Salto. Collezione: — MAZZETTI. X. Gen. Echinolampas Gray, 1834. 1. Echinolampas angulatus Mér. — Tav. XIII [I], fig. 10-13. 1847. Eckinolampas angulatus Mfrran in Acassiz et Drsor. Catal. rais. des échin., pag. 108. 1854. = —_ D’Orsieny. Rev. et Mag. de Zool., 2° sér., t. IV, pag. 23. 1858. _ — Desor. Sym. des échin. fossiles, pag. 302. 1880. —_ depressa (non Gray) Manzoni. Echin. foss. mol. serp. Denk. k. Ak. Wiss. XLII, pag. 4, tav. I, fig. 4-15. 1880. = — (non Gray) Manzoni. Spugne foss. mol. mioc. Bologn. L. cit., pag. 174. 1882. —_ depressus (non Gray) Mazzenni. Echin. foss. Montese. Ann. Soc. nat. Modena, XV pag. 16. 1882. = scutiformis (non Deswovr.) Mazzerti. Ibid. 1882. —_ hemisphaericus (non Acass., non Lam.) Mazzem. Ibid. 1882. = hayesianus (non Drs.) Mazzemti. Ibid. 1882. _ angulatus Da Lorror. Descript. des échin. de Camerino. Mem. Soc. Phys. Hist. Nat. de Gen. XXVIII, pag. 13, tav. II, III, fig. 1, 2. 80 G. STEFANINI ; [16] 1883. Echinolampas Manzonii Poner. Classif. méth. et genera des échin. vw. et foss. pag. 62. 1885. = 1885. = 1885. = 1885. = 1885. _ 1885. — 1885. = 1885. n 1885. a 1885. = 1885. = 1885. “i 1885. = 1885. = 1885. — 1885. = 1885. — 1885- = 1885. = depressus (non Gray) Mazzenti e PanrannLII. Cenno monogr. fauna foss., Montese. Atti Soc. nat. Modena, ser. III, vol. IV, pag. 34. similis (non AG. et Des.) Mazzerti. Ibid. angulatus Mazzanti. Ibid. subangulatus (non HrrkLors) Mazzenti. Ibid. globulus (non Lausr) Mazzenti. Ibid. silensis (non Drsor) Mazzei. Ibid., pag. 35. productus Mazzenti. lbid., pag. 35, tav. II, fig. 9, rostratus Mazzerti. Ibid., pag. 35, tav. II, fig. 10. subquadrangulatus Mazzerti. Ibid., pag. 36, tav. II, fig. 11. ellipticus (non Des. non Aver.) Mazzerti. Ibid. Kleini (non Goupr.) Mazzerti. Ibid., pag. 37. discus (non Des.) Mazzei. Ibid. hemisphaericus (non AGass., non Lamr.) Mazzerti. Ibid. hayesianus (non Acass. et Des.) Mazzerti. Ibid. scutiformis (non DesmouL.) Mazzerti. Ibid. pilus Mazzenti. Ibid., pag. 38. hemipilus Mazzerti. Ibid., pag. 39, tav. II, fig. 13. Blainvillei (non Agass. et Des.) Mazzermi. Ibid. Beaumonti (non AGass. et Des.) Mazzerti. Ibid. 1885. Nucleolites pyramidalis Mazzanti. Ibid., pag. 33, tav. II, fig. 8. Da) 1889. = 1891. = 1891. = 1896. = 1897. —_ 1899. — 1901. = 1901. = 1902. — 1904. — 1907. —_ 1887. Echinolampas cartenniensis Power. Echinod. foss. de DAlgerie, pag. 136, tav. VIII. angulatus SmoneLti. Terr. e foss. di Pianosa. Boll. R. Com. geol., XX, pag. 232. Manzoni Gracori. The maltese foss. Echinoidea. Trans. r. Soc. Edinb., XXXVI, p. DI. pag. 606, 607 (cum syn.). cartenniensis Cortrau, Peron et Gaurmmer. Echin. foss. de V Algerie, X, pag. 157. magnificus Mazzenti. Catal. echin. foss. coll. Mazzetti. Mem. Acc. Sc. Lett. Arti, Modena, XI, pag. 33. Tutte le specie sopra indicate del Mazzemmi vi si trovano ripetute. angulatus De AressanprI. La pietra da Cantone. ecc. Mem. Soc. it. Sc. nat., VI, fasc. I, pag. 77 (non figura). — UcoLinI. Sopra ale. foss. d. Schlier d. M. Cedrone. Boll. Soc. geol. it., XVIII, pag. 4. —_ Arracar. Echin. terx. Piem. e Lig. L. cit., pag. 195, tav. V. _ Verri e De AnceLIS. Stud. mioc. Umbria. Boll. Soc. geol. it., X, pag. 20. — Mariani. Osservax. geol. sui dint. di Camerino. Boll. Soc. geol. it., XX, pag. 321. = Arracni. Echin. mioc. S. M. Tiberina. L. cit., pag. 12. — NeLLI. Il mioc. del M. Titano. Boll. Soc. geol. it., XXVI, pag. 263. Il De Lorior !, nella sua accuratissima descrizione di questa specie tratta per disteso di una grande variabilità riscontrata da lui negli esemplari del Camerinese, e accenna già che il MANZONI “ fisure des variations presque aussi considerables dans un Echinolampas qu’il rapporte, a tort..... à “% signale et “ une éspèce vivante, l’ E. depressa GRAY.... etc. ,. 1) Dn LorioL. Descr. des échin. de Camerino. Mem. Soc. Phys. Hist. nat. Genève, XXVIII, 1882, pag. 13. [17] G. STEFANINI 81 Questa specie del Manzoni fu infatti riconosciuta diversa dalla vivente, e fusa coll’ E. Richardi WR. col nome mutato di E. Manzonii, del PomeL, fu poi descritta dal Gregory. Oggi però, dopo uno studio maturo sopra un grande numero di esemplari, credo di poter concludere che 1’ E. Manzonii non solo presenta delle variazioni parallele a quelle dell’ E. angulatus, ma che è addirittura da riunirsi a questo. Ad analoga conclusione è giunto il NeLLI nello studio degli Eckinolampas di S. Marino. Infatti il De LoRIor nell’enumerare i caratteri differenziali fra le due specie dovette per necessità fondarsi sulla descrizione e le figure del Manzoni; ora la prima è un semplice accenno, fatto sopratutto con le parole dell’Agassiz, le quali, si sa, si riferivano all’ E. depressa; le altre sono, almeno in parte, assai poco precise. Ne viene, che, mentre il De LorIoL pone come carattere differenziale tra le due specie l’angolosità maggiore e il maggiore sviluppo del rostro nell’ E. angulatus, questi caratteri sono invece propri anche della nostra specie: così pure il grande echinologo svizzero, basandosi probabilmente sulla fig. 10 dell’opuscolo del MANZONI, pone come caratteristica di questa specie “ face inferieure moins ac- cidentée et plus uniformement évidée du bord au peristome ,,; malauguratamente, io non ho potuto tro- vare tutti gli esemplari che servirono al Manzoni; mi mancano quelli da lui rappresentati con le fig. 6, 7,8e9, 10; l’ultimo dei quali realmente — se la figura è esatta — presenterebbe in modo specialmente spiccato questo carattere; però in oltre 100 che ne ho potuto esaminare, provenienti dall’ Emilia, e ap- partenenti alla collezione MANZONI, e in molti altri della stessa provenienza, appartenenti alla coll. Maz- ZETTI, non ne ho potuto osservare neppure uno che avesse la superficie inferiore uniformemente concava; ma tutti quanti erano assai convessi presso agli orli, o, come dicono i francesi “ pulvinés , con relativi rigonfiamenti più sentiti in corrispondenza degli anambulacri: questo carattere è anzi esageratissimo negli esemplari giovani, e pur conservandosi sempre sensibile, va attenuandosi con l’età. In pochissimi dei miei esemplari ho potuto osservare bene il floscello, che, a detta del De Lo- RIOL, e sulla fede della solita figura, dovrebb’ essere meno sviluppato qui che nell’ E. angulatus; in quei pochi però ho potuto riconoscere che esso appariva, se non molto sviluppato, certo assai più sensibile ‘che negli esemplari della fig. 10. Se adunque questo si potesse ritrovare e la figura risultasse ad un accu- rato esame veramente corrispondente in tutti i dettagli alla verità, tale echino sarebbe così diverso per tutti i caratteri indicati ed altresì per la maggiore eccentricità dell’apice, dagli altri E. della molassa, quanto dai tipi dell’ E. angulatus, rappresentati dal De LorIoL. Ove questo caso poco probabile si avve- rasse, quell’ esemplare resterebbe il tipo di una nuova specie, dalla quale però sarebbero sempre da tener distinti gli altri esemplari della molassa ed anche l’ E. Manzonii di Malta, come risulta da un confronto fatto con esemplari di quella provenienza ®. Un altro carattere differenziale sarebbe la larghezza dei petali, maggiore nell’ E. Manzonii che nell’ E. angulatus. Anche questa diversità non sussiste: la larghezza è presso a poco la stessa, e la forma anche, se si tien conto del fatto, che le figure del ManzoNI sono in questo caso tutt’ altro che modelli di precisione. Piuttosto direi, che le zone porifere nei miei esemplari sono relativamente alle interporifere, un po’ più strette che negli esemplari del Camerinese: ma non mi pare questa, da sola, una differenza sufficiente; molto più che la strettezza delle zone porifere rispetto alle interporifere è un carattere tipico dell’ E. angulatus; d’altra parte è da notare che gli individui giovani hanno zone porifere più larghe, relativamente alle interporifere, che non gli adulti: di più gli esemplari superficialmente consunti appariscono pure provvisti di petali più stretti e di zone porifere relativamente più larghe degli altri. 4) Cfr. STEFANINI. Echini mioc. di Malta. L. cit., pag. 451. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. ll 82 G. STEFANINI [18] Un’ ultima differenza :che, non accennata dagli autori, si potrebbe trovare fra le due specie, consi- sterebbe nella diversità’ di lunghezza delle zone porifere nel petalo impari, la quale può sembrare più forte nell’ E. Manzoni che nell’ E. angulatus. Premesso che anche in questo una tale disuguaglianza sussiste ! e non è nulla come a torto afferma l’AtrAGHI ?), diremo che nei nostri esemplari di Montese e di Serra dei Guidoni essa è assai variabile nella sua entità, oscillando fra limiti piuttosto larghi in- torno ai dati che il De LorioL pone per i suoi esemplari. Per le considerazioni precedenti, non esito adunque a mettere in sinonimia con l E. angulatus questa povera e tanto tartassata specie della col- lina bolognese. Notevolissima è l’ affinità che lega questa specie con alcuni Echinolampas di Schio e tra questi sopratutto con l’ E. batystoma OPPENE., che si distingue per il peristoma più profondo, le zone porifere depresse e meno disuguali. L° E. scurellensis OPPENA., ha la forma generale e la forma dei petali molto diversa; l’ E. orcagnanus OPPENE., presenta apice più eccentrico, peristoma più incavato, zone porifere del petalo impari uguali tra loro in lunghezza. L’ E. Savini LamB. della molassa di Vence ha forma più emisferica, contorno meno allungato, quasi subpentagonale, più ristretto in avanti, più dilatato al terzo posteriore. All’ E. angulatus è anche assai vicino l’ E. sulcatus Pow. del giacimento di Kef Ighoud (Algeria), che il PomeL considera come eocenico. Il LawBeRT ®) dice che lE. angulatus Mr. ha ambulacri con pori rotondi non coniugati: non so di dove abbia tratto questa notizia, poichè il Dr LoRrioL non parla affatto di ciò: forse egli lo ha desunto dalle figure; io però, esaminando gli esemplari camerinesi che servirono al De LorioL, e che ho potuto vedere — grazie alla cortesia del prof. CAPELLINI — nel Museo di Bologna, ho avuto modo d°’ accertare che tali figure rappresentano per la maggior parte esemplari, nei quali i solchetti non erano visibili, causa lo stato di conservazione. Vari infatti ve ne sono che presentano ancora assai distinti dei solchi, come si può anche riconoscere in alcune delle figure del De Lorior ®. Aggiungerò che anche nella maggior parte dei miei esemplari i solchi non sono visibili; ma non per ciò mi credo autorizzato a negarne l’esi- stenza: molto più che in diversi si può benissimo osservarne le tracce. Per tali ragioni non pongo questa specie nel gen. Progorolampas BIttN., come vorrebbe il LAMBERT: e ciò, prescindendo da qualunque ap- prezzamento sulla accettabilità di detto genere. Su tale pretesa differenza, dell’esistenza di pori non coniugati negli esemplari italiani nonchè sul- l’aspetto bitorzoluto di questi e su qualche lieve differenza nella grandezza dei tubercoli, il LamBERT 9) vorrebbe fondare una distinzione specifica tra gli esemplari italiani e quelli della Dròme. Mi rincresce di non essere neppure in ciò d’accordo coll’illustre echinologo francese; ma ritengo che cotesto aspetto sia puramente casuale e non abbia valore di carattere specifico: anche tra gli esemplari dell’ Emilia ve ne sono alcuni che lo presentano, altri invece sono lisci. Ciò si verifica altresì negli esemplari del Ca- merinese; così la fig. 3, tav. II, della Memoria di De LoRioL ci presenta appunto un esemplare liscio. La variabilità grande alla quale abbiamo di sopra accennato è stata probabilmente una delle cause principali delle numerose e svariate attribuzioni specifiche, che il Mazzerti ha dato ad esemplari, che i) De LorIoL. Ech. foss. Camerino. L. cit., pag. 18. 2 AtrAGHI. Echin. terz. Piem. e Liguria. L. cit., pag. 196. 3 LamBert. Hude sur les échin. de la mol. de Vence. Ann. Sc. Lett. Arts des Alpes Maritimes, XX, 1906, pag. 85. 4 De Lorror. L. cit. tav. II, fig. 7,8. 5) LAMBERT. Echin. Mioc. Barc. L. cit. pag. 94, nota. Cfr. a questo proposito anche quanto è detto in: STEFANINI. Echini mioc. di Malta. L. cit., pag. 452. [19] G. STEFANINI 83 pure appartengono tutti a questa specie: altra causa importante è il fatto, che egli non si sia reso esatto conto dei cambiamenti di forma e di dimensioni dovuti all’ effetto delle pressioni subìte dai fossili. Così lE. hemipilus, del quale il MazzertI ha fatto una specie nuova, non è che un esemplare di E. angulatus for- temente compresso in direzione longitudinale e assumente per ciò quel contorno circolare, che si trova disegnato nell’opera del MAZzzETTI: e questo dà una ragione anche della posizione dell’ano, assai discosto dal margine. Analogamente si potrebbero spiegare quasi tutti i caratteri che distinguono secondo il Maz- zETTI le sue specie dall’ E. angulatus. Io ritengo inutile il fare un simile lavoro: accennerò soltanto, che, tra le altre specie, trovasi in sinonimia di questa anche il Nucleolites pyramidalis Mazz.: la faccia infe- riore di questo echino è ben conservata, ed è quella di un Eckinolampas angulatus nel suo stadio gio- vanile, cioè molto pulvinata: la superficie superiore e i margini sono assai mal ridotti, ma permettono sempre di riconoscere tale forma, che, si sa, può essere assai elevata in corrispondenza dell’ apice: la parte posteriore è tronca, e non lascia vedere il periprocto, il cui solo margine anteriore, largamente ed ampiamente ellittico, è visibile sulla faccia inferiore, dove in realtà trovavasi tale apertura. Oltre quelle da me poste in sinonimia, il Mazzetti descrive brevemente o indica varie altre specie di Echinolampas, e alcune altre ancora ne ho trovate, con nome nuovo, sulle schede, e non mai pubbli- cate: diverse di queste ultime e forse qualcuna anche delle prime sono da riferirsi a questa stessa specie; le altre, che non si trovano citate in questa o in altre sinonimie, sono rappresentate da esemplari mal conservati e tali da non permettere un’ esatta determinazione. Località: — Montese, Salto, Maserna, Serra dei Guidoni, S. Maria Vigliana e Paullo. Collezioni: — Manzoni, MAZZETTI, STEFANINI. Località diverse: — Molassa miocenica della Dròme, Miocene medio di Rosignano (Piemonte), di Camerino (Marche), di S. Marino, dell’ Umbria, di Pianosa. Miocene di Malta (G/ob. limest.). Lan- ghiano d’Algeria? 2. Echinolampas Lorioli n. sp. -- Tav. XIII [I], fig. 14. ? 1896. Eckinolampas stelliferus (non Laxk., non Desw.) Mazzenti. Cat. ech. foss. coll. Maxzetti. Mem. Acc. Sc. Lett. Arti, Modena, ser. II, vol. XI, pag. 34. DIMENSIONI Lunghezza 3 0 c o c 5 z o . . o . mm. .45 Larghezza a 5 o c : 0 6 . : . 3 : » 42 Altezza . c 5 h 0 6 0 . . i; È 6 i Du IO Petalo impari. Lunghezza . . 0 . . o c ; 6 DIRLO » . Larghezza ; 6 È o ò ò 6 6 6 » DI Distanza dell’ apice dal margine anteriore c o : i È 5 o 18 Guscio di forma subpentagonale arrotondata, quasi discoidale, schiacciato, con la faccia superiore non molto rigonfia, il profilo anteriormente assai rialzato e tondeggiante, di dietro e ai lati leggermente declive; faccia inferiore concava; orli poco rigonfi. Zone ambulacrali petaloidee. Petali stretti, assai lunghi, aperti; disuguali, essendo l’anteriore impari uguale agli anteriori pari, questi un po’ più corti dei posteriori; il paio davanti molto più divergente di quello di dietro. Le zone porifere sono larghe circa quanto lo spazio interporifero; quelle sono un poco s4 G. STEFANINI [20] incavate, questo sensibilmente rigonfio, costulato. Le zone porifere dell’ambulacro impari sono quasi uguali in lunghezza; quelle degli ambulacri pari sono invece disuguali, essendo più corta la linea anteriore dei petali anteriori, la posteriore dei posteriori. Tali linee sono leggermente incurvate, non flessuose, e si continuano ciascuna in una singola serie di piccoli pori estrapetali; queste serie, visibili in uno degli esemplari, percorrono le zone ambulacrali fino al peristoma. Zone interambulacrali un poco rigonfie. Sistema apicale di tipo monobasale, piccolo, e costituito dalla placca madreporica stellata, coi so- liti quattro pori genitali, che in questa specie sono piccoli e ravvicinati. L’ apice è assai spostato in avanti. Periprocto piuttosto grande, di forma non ben determinabile, inframarginale e posto in un leggero rostro. Tubercoli piccoli, uguali, profondamente scrobicolati, fittissimi, almeno sulla faccia inferiore, e sparsi uniformemente. Dei miei due esemplari meglio conservati, l’ uno è spiccatamente pentagonale, l’altro è un po’ più circolare. Ciò nonostante, per l’insieme dei loro caratteri mi sembrano evidentemente appartenere alla stessa specie. Il nostro echino ha una certa affinità coll’ E. calarensis DE ALESssANDRI, dal quale però si distingue per la statura minore, per i petali assai più stretti, per il petalo impari lungo quanto gli anteriori pari, e per le zone porifere degli ambulacri posteriori disuguali. Anche dall’ Eckinolampas cassinellensis var. de- pressa ArraGHI differisce principalmente per la ristrettezza delle zone ambulacrali e per le dimensioni minori. - E Dall’ E. angulatus si riconosce per la forma più circolare, più larga, per le zone porifere leggermente costulate e larghe circa quanto le zone porifere. Finalmente si distingue questa specie dall’E. stelliferus Lamx., al quale fu attribuito, ma col quale ha ben pochi rapporti, per il guscio più depresso, non allungato, i petali più stretti ecc. Località: — Montese, S. Maria Vigliana. i Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. (?) 3. Echinolampas Peroni n. sp. — Tav. XII [I], fig. 15. DIMENSIONI I II Lunghezza 3 ; i i . 3 . ; mm. 28,5 mm. 29 Larghezza 3 o ò c ò o È ò » 26,5 » 25 Altezza . PA - 6 o c : È » 16,5 » 15,4 Petalo impari. Lunghezza, zona destra . : ò » 11,5 » 10 » » » » sinistra . 0 6 » ti » 9 » » Larghezza . o . 0 : . » 2 » 2 Petali pari anteriori. Lunghezza, zona anteriore . » 6 » 6,5 » ” » » » posteriore . d Io » 10,5 Petali pari posteriori. Lunghezza, zona anteriore . » 14 » 13 » » » » » posteriore , » 7 » 10,5 Distanza del margine anteriore dall’ apice o 3 Db. 13 PIMIRISID Echino di piccole dimensioni, di forma circolare, sferico, molto convesso, assai alto, con la massima elevazione un poco indietro dell’ apice, ma poco distinta; fortemente rigonfio all’ ambito, specialmente [21] G. STEFANINI 85 in avanti e ai lati; faccia inferiore — per quanto si può vedere — rigonfia sugli orli. Nessun accenno a rostro. Zone ambulacrali petaloidee. Petali stretti, aperti, assai lunghi, disuguali tra loro in lunghezza, essendo l’impari uguale ai pari anteriori, ma assai più corto di quelli del paio posteriore; per la forma sono tutti uguali, lanceolati. Le zone porifere di ciascun petalo sono disuguali tra loro: nell’ ambulacro impari la zona sinistra è più corta della destra, ma tutte e due sono ugualmente curve; nei pari anteriori la zona porifera anteriore è curva in dietro e raggiunge quasi la metà della posteriore la quale è invece curva in avanti; negli ambulacri posteriori la zona porifera anteriore è lunga e flessuosa; la posteriore più corta e leggermente piegata in avanti. I due petali davanti sono molto più divergenti di quelli di dietro. Le zone porifere sono strette e superficiali; le interporifere, circa il doppio di una delle porifere. Dell’apparato apicale si possono facilmente scorgere i quattro pori genitali assai grandi, relativa- mente alle dimensioni dell’ esemplare, e distanti tra loro; e ciò indica che l’apparato nel suo insieme e la placca madreporica dev’ esser grandetta. L’apice è leggermente spostato in avanti. Periprocto ellittico, trasversale, inframarginale. La forma quasi sferica ravvicinerebbe forse il mio echino all’ E. globulus e suoi affini; ma esso è ben distinto da questi per la statura minore, per una maggiore sfericità, per il diverso rapporto tra la lunghezza delle zone porifere, e per il fatto che anche l’ambulacro impari ha, nella specie qui studiata, zone porifere di lunghezza diversa. Differenze grandi nella larghezza degli ambulacri e nella proporzione tra le zone porifere tengono distinta la nostra specie anche dall’ E. Castroî CoTt. Dall’ E. Contii Desor la nostra specie diversifica peri petali più brevi, non prolungati fino all’am- bito, e per la forma non ristretta posteriormente. Dall’ E. angulatus essa differisce per la forma sferica, rigonfia, a contorno circolare, senza angolosità nè rostro posteriormente. Nè si può supporre si tratti di una fase giovanile dell’ E. angulatus, poichè di questa specie ho esaminato vari esemplari piccoli, che hanno, come i più grandi, forma allungata, rostrata e non differiscono da quelli se non per essere un po’ più rigonfi sugli orli della faccia inferiore. I due esemplari tipi della specie differiscono alquanto fra loro nel rapporto tra le due lunghezze delle zone porifere del petalo anteriore: esaminando però numerosi esemplari di E. angulatus ho dovuto per- suadermi che tale rapporto è un carattere di valore specifico assai dubbio, e ciò fu già osservato anche dal MAZZzETTI. Località: — Montese. Collezione: — MANZONI. 4. Echinolampas italicus Lam. — Tav. XIII [I], fig. 16, 17. 1880. Echinolampas hemisphaericus (non Lamr.) Manzoni. Echin. foss. mol. serp. L. cit.; pag. 4, tav.I, fig.1-3. 1881. - = (non Lam.) Manzoni. Spugne mol. mioc. Bol. Atti Soc. tosc. Sc. nat., V, pag. 174. 1906. = italicus Lawmert. Echin. mioc. de la Prov. de Barcelone. Mém. Soc. géol. de Fr., Paléont., XXIV, pag. 90. 86 G. STEFANINI [22] DIMENSIONI I II III Lunghezza . c 5 c . c . 0 . . mm. 65 mm. 64 mm. 43,5 E e UO RR ai Tallone a Mz, 5 BG >» 40 Altezza o . o o 0 . 5 . c 0 » 28,2 » 28 » 16 Petalo impari. Lunghezza, zona destra . È ò È » 24,8 » 25,5 »* 20 ” » » » Sinistra . 0 : 0 » 22,3 » 24 — » » Larghezza . 5 o à c 0 . » 5,5 » 6 dato 4 Pori, zona destra P 5 ò $ E dit fici . n.° 45 = e » zona sinistra . . o 0 c 0 : , » 40 = = Petali ant. pari, Lunghezza, zona anteriore . o 6 mm. 18,4 mm. 27,5 mm. 20 » » » zona posteriore . o : » 26 » 21 = » » Larghezza 0 o 0 6 5 b » 5,5 » 6 » 4 Pori, zona anteriore . . 0 0 0 . o 0 bo IMCARN A = = » zona posteriore . c ò c 0 ò 3 ì » 48 — _ Petali posteriori pari. Lunghezza, zona anteriore . 1 mm. 26 mm. 27,5 mm. 20 » » » » zona posteriore . 0 » 19 » 21 _ » » » Larghezza 0 c o c o » 5,5 » 6 » 4,5 Pori, zona anteriore . b o o , ò 0 ò n.° 48 _ 2 » Zona posteriore . o 6 o . 0 ò 6 » . 88 -_ I Distanza della bocca dal margine anteriore 5 i , mm. 31,2 mm. 30 mm. 19,5 » dell’apice dal margine anteriore. . 6 5 » 31 » 30 » 21,5 Echino di statura mediana, di forma generale conica, non molto alta, circolare, subpentago- nale, debolmente rostrata. Faccia superiore assai convessa, coll’ apice spostato in avanti, ugualmente de- clive in avanti e in dietro, un poco più declive ai lati. Ambito non rigonfio, anzi molto sottile. Faccia inferiore fortemente, largamente ed uniformente concava intorno al peristoma, a pena rigonfia a mo’ di cercine intorno agli orli. Ambulacri petaloidei lunghi, mediocremente larghi, completamente aperti alle estremità, terminanti oltre i due terzi della distanza tra l’apice e l’orlo; tutti larghi ugualmente, quello impari leggermente più corto degli altri. Il petalo impari è asimmetrico, per avere la zona porifera sinistra un pochetto più breve della destra e dritta, mentre la destra è curva. Il paio anteriore dei petali è molto divergente: in questi petali la zona porifera anteriore è corta e a pena curva in dietro, la poste- riore è più lunga e sensibilmente flessuosa. Il paio posteriore è molto meno divergente, e i suoi petali hanno la zona porifera. anteriore lunga e flessuosa, la posteriore quasi dritta. Zone porifere strette, lineari, leggermente infossate, costituite di pori rotondi gl’interni, allungati e più grandi gli esterni, riuniti in coppie da cospicue fossette oblique. Dal punto ove terminano i petali in corrispondenza delle zone porifere si continuano nelle zone ambulacrali due file semplici di pori minuti, visibili solo in qualche punto, e che prolungandosi sulla faccia inferiore, convergono al peristoma. Quivi si allargano, si sdoppiano e costituiscono dei fillodi grandetti e bene sviluppati. Zone interporifere debolmente convesse, larghe tre o quattro volte le zone porifere. Zone interambulacrali leggermente rigonfie; la impari non più delle pari, ma protratta posterior- mente in un leggero rostro, limitato dalla sutura mediana degli ambulacri posteriori. [23] G. STEFANINI 87 Sistema apicale di tipo monobasale, grande, un poco rilevato, leggermente spostato in avanti, e costituito da una grande placca madreporica, stellata, uniformemente crivellata di finissimi idrotremi: in corrispondenza del vertice degli interambulacri stanno i quattro pori genitali, assai grandi; in corrispon- denza del vertice degli ambulacri si trovano i cinque pori neurali (ocellari). Periprocto grandetto, largamente ellittico, trasversale, inframarginale, separato dall’ orlo da uno Stretto spazio. Peristoma spostato in avanti, meno però che l’apice; di forma confusamente pentagonale, e cinto da fillodi ben marcati ma con carelli poco sviluppati. Il guscio è coperto di piccoli tubercoli serobicolati, tutti uguali e uniformemente diffusi, molto fitti intorno all'ambito, sia nella faccia superiore sia nella inferiore, un po’ più radi presso il peristoma e tutto all’intorno dell’apice. L'opportunità di erigere questo echino a tipo di una nuova specie è apparsa presso a poco con- temporaneamente a me, che l’ho indicata come. sp. n. nella nota preventiva di questo lavoro ! e al Lam- BERT 2), il quale, accennando ad essa quasi per încidens, ha proposto di darle il nome di £. italicus, che adotto. Il LamBERT aggiunge anche una specie di diagnosi, che però, per essere fondata sulle sole figure — assai inesatte — del Manzoni, non è riuscita molto precisa. Di qui la convenienza di darne una de- scrizione più ampia e dettagliata. Dall’ E. Remisphaericus LAMK. si riconosce per la minore statura, per la forma conica, gli ambulacri pari subeguali e più lunghi di quello impari, che, a sua volta, è uguale in larghezza agli anteriori pari e poco dissimile dai posteriori, per la faccia inferiore molto concava, per il periprocto ellittico e non sub- triangolare, come, a detta del CortrAU, sarebbe quello della specie in questione. Riguardo alla quale ha fatto uno studio assai profondo il LamBERT nel suo recente layoro citato in sinonimia. L’ E. italicus si distingue dall’ E. cassinellensis De Lor. per la forma conica e non ovalare, per la larghezza dei petali, sempre minore, per la disuguaglianza delle linee porifere nel petalo anteriore. Questa specie può forse essere ravvicinata anche all’ E. coricus LBE.; ma, a parte anche certe leggere differenze nella posizione del- l’apice e nella forma — l’esemplare figurato dal LAauBE mi sembra più circolare, un poco più basso e più distintamente conico del mio — debbo notare che la descrizione di questo autore non accenna affatto alla disuguaglianza delle zone porifere nel petalo impari, carattere non comune tra le forme eoceniche da lui studiate, e che per ciò non sarebbe certo sfuggita, per quanto piccola fosse, all’attenta osserva- zione dello scienziato tedesco, se veramente avesse caratterizzato la sua specie. Concludo quindi tenendo separata la nuova specie anche dalla specie del LAUBE, che, del resto, è eocenica. E. Guebardi Lam. ha petali più larghi, profilo più arrotondato, orli più rigonfi dell’ E. italicus. Il confronto con l’ E. subhemisphaericus Pow. dell’ Elveziano d’Algeria, che pur sarebbe molto opportuno, è reso difficile dalla mancanza di figure. Sembra però che la distinzione si possa fare in base al guscio meno uniformemente circolare e ai petali più stretti. L’ E. barcinensis LamB. dell’Elveziano di Catalogna ha il profilo molto simile a quello della specie emiliana, ma ha statura molto maggiore, guscio a contorno quasi circolare, non dilatato indietro, petali pari disuguali etc. Probabilmente dovrà porsi in sinonimia con l’ £. italicus, lE. angulatus (non MER.), DE ALESSANDRI (pars) che l’ArrAGHI riunì a torto — come il LamBERT dimostra — all’ E. hemisphaericus. 1) STEFANINI. Echini foss. mioc. medio Emilia. Rendic. Ace. Lincei, vol. XVI, pag. 540. 2 LamBERT. Ech. mioc. Bare. Loc. cit., pag. 93. 88 G. STEFANINI [24] Le due specie paiono differire solo per essere la faccia inferiore di quella piemontese pianeggiante e non incavata; ma non oso effettuare una tale riunione in base alla sola fotografia. Località: — Montese, Serra dei Guidoni, S. Maria Vigliana. Collezione: — MANZONI. 5. Echinolampas plagiosomus (Acass.). 1897. Echinolampas plagiosomus Dr ArrssanprI. La pietra da cantoni di Rosignano e Vignale. Mem. Soc. it. Sc. nat., VI, pag. 75 (non syn.). 1907. — —_ SteranINI. Conoclipeidi e Cassidulidi conoclipeiformi. Boll. Soc. geol. it., XXVI, pag. 363, tav. XII, fig. 1 (cum syn.). Riferisco a questa specie alcuni pochi tra gli esemplari della collezione MAnzoNI, i quali differiscono dagli altri per la forma del guscio più bassa e non espansa alla base, peri petali più stretti, con zone porifere più sottili e statura alquanto minore. Gli esemplari di Rosignano e Vignale studiati dal DE ALESSANDRI corrispondono in realtà a questa specie. Nel Museo di Torino ho potuto trovare anche un esemplare di Nizza (Palaces), menzionato già dal Sismonpa e ricercato invano dal De ALESSANDRI. Un an- tico cartello lo indica come €. Lucae. Località: — S. Maria Vigliana. Collezione: — MANZONI. Località diverse: — Miocene di Corsica, di Sardegna, del Monferrato e di Nizza. La specie è segnalata in molte altre località nel Miocene; ma siccome con essa ne sono state confuse varie altre, la maggior parte senza descrizione nè figure, è molto difficile stabilire la sinonimia. Delle forme figurate nessuna però appartiene alla specie. Il De ALESSANDRI # cita questa specie per 1’ Eocene d’Egitto, ma in realtà anche in Egitto essa proviene da terreni miocenici, come appare da quanto ne dice il DEsoR e come mi ha confermato, con la consueta cortesia, il prof. FouRTEAU. 6. Echinolampas montesiensis (Mazz.). — Tav. XIII [I], fig. 18. 1880. Conoclypeus plagiosomus (non Acass.) Manzoni (pars). Echin. foss. mol. serp. L. cit., pag. 5, tav. II, fig. 23. 1881. —_ montesiensis Mazzanti. Echin. foss. Montese. Ann. Soc. nat. Modena, XV, pag. 17, tav. II, fig. 3. 1907. Echinolampas — SrEFANINI. Conoclipeidi e Cassidulidi conoclipeiformi. L. cit., pag. 370, tav. XIII, fig. 3-6 (cum syn.). Nel mio lavoro citato si trova la ricca sinonimia e un’ ampia descrizione di questa specie, che ha ‘assorbito quasi tutti gli echini descritti dal MazzertI come specie diverse del gen. Conoclypeus. Quivi sono posti in evidenza i caratteri che distinguono queste forme elevate di Cassidulidi dai Conoclipeidi, coi quali erano in origine confuse. Per le questioni concernenti questi Cassidulidi conoclipeiformi rimando senz’ altro ad esso e ad altro mio lavoro di prossima pubblicazione, sugli echini di Malta. Aggiungerò qui, che la i) De ALESSANDRI. Appunti di geolog. e paleontol. sui dintorni di Acqui. Milano, 1901, pag. 112. [25] G. STEFANINI 89 varietà di forma, da me riscontrata negli esemplari emiliani, si osserva pure nei due campioni raccolti in Sardegna dal dott. CAPEDER e giacenti nel Museo di Torino. Località: — Montese, Serra dei Guidoni, S. Maria Vigliana Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. Località diverse: — Miocene di Sardegna e della Verna (?). XI. Gen. Toxopatagus PomeL, 1883. Guscio grande, depresso, sottile, cuoriforme, con due rigonfiamenti alla parte posteriore del piastrone, apice eccentrico indietro, e grande solco anteriore lanceolato, largo e profondo, intaccante il margine. Ambulacro impari disuguale dagli altri: ambulacri pari sub-petaloidei, superficiali, aperti, flessuosi; zone porifere divergenti e disuguali, le posteriori più larghe delle anteriori, con pori coniugati, più o meno allungati, : uasi uguali tra loro in ciascuna zona porifera: quelli delle zone anteriori più piccoli e meno allungati di quelli della posteriore. Pori estrapetali circolari in coppie rade non coniugate. Sistema api- cale di tipo intercalare, allungato. Peristoma fortemente labiato, molto eccentrico in avanti. Periprocto ovale trasversale, posto sotto al margine posteriore. Tubercoli piccoli, uguali, uniformi, assai radi, sero- bicolati e perforati, più fitti e cospicui intorno all'apice e al solco anteriore. Il tipo è il Toropatagus italicus Manz. et Mazz. (sub Hemipneustes) del Miocene emiliano. Si rico- nosce dagli Hemipneustes per la forma depressa, il guscio sottile, l’apice molto eccentrico indietro, i pori nelle zone porifere posteriori ‘degli ambulacri pari subeguali, nonchè per la posizione del periprocto al di sotto di un potente rostro, e per la forma larga e lanceolata del solco anteriore; dagli Holaster per la diversa conformazione e struttura degli ambulacri e per il peristoma fortemente e nettamente labiato. Già il Dames !) in una recensione del lavoro del Manzoni sugli echini dello Schlier esponeva diverse ragioni, ‘per le quali credeva inopportuna la collocazione dell’ H. italicus nel gen. Hemipneustes. Egli anzi manifestava anche il dubbio che la specie miocenica possedesse veramente l'apparato apicale intercalare, che quella determinazione generica sottintendeva, seguito in ciò anche dal De ALEssANDRI ?). Che 1’ ap- parato apicale non fosse intercalare ma tetrabasale sembra aver ritenuto anche il PomeL, fondando il nuovo genere Zoxopatagus 3) — con evidente allusione ad insussistenti analogie con gli Spatangus — e col- locandoio appunto nella sotto famiglia degli Spatangidi (Tribù Euspatangidi, sotto-tribù Ipsospatangidi ) fra il gen. Brissomorpha e il gen. Heterobrissus — cioè in una specie di magazzino di generi d’incerta sede, ben distante dalla sede naturale del nuovo genere, che era ed è fra gli Ananchitidi, e molto vicino al gen. Hemipneustes. Dal mio esame dei fossili è infatti resultato evidente che quell’apparato è del più puro tipo intercalare, e questo tronca ogni altra questione in proposito. Del resto, nel lavoro di CoTTEAU, Peron et GauTHIER 4 le affinità dell’. italicus cogli Ananchitidi sono implicitamente riconosciute. 4) Damps. A. Manzoni. Gli echinod. foss. dello Schl. etc. L. cit., pag. 726. 2 Dn ALESSANDRI. Geologia e paleont. dei dintorni di Acqui, 1901, pag. 134, nota. 3) PomEL. Class. méth. L. cit., pag. 30. 4 CoTTtEAU, PrRoN et GauTHIDR. Echinod. foss. etc. L. cit., fasc. VIII, 1884. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 12 90 G. STEFANINI [26] 1. Toxopatagus italicus (Manz. e Mazz.). — Tav. XIV [I], fig. 1-3. 1877. Hemipneustes italicus Manzoni e Mazzenti. Echinod. nuovi della mol. mioc. di Montese. Atti Soc. tosc. Sc. nat., III, pag. 352, tav. XIX, fig. 1. 1878. — — Manzoni. Echinod. foss. dello Schlier delle coll. Bol. L. cit., pag. 8,tav.I, fig. 3, tav. II, fig. 16, 17, tav. IV, fig. 31, 32. 1880. — —_ — Echinod. foss. mol. serp. Denk. k. Akad. Wiss. XLII, pag. 5, tav. II, fig. 18. 1880. — — = Spugne sil. mol. mioc. Bol. Atti Soc. tosc. Sc. nat., V, pag. 174. 1881. — — Mazzerni. Echinod. foss. di Montese. L. cit., pag. 14. 1883. Toxopatagus — Pomen. Class. méth. et gener. des échin. viv. et fossiles. Alger., pag. 30. 1884. Hemipneustes — Coppi. Il miocene medio nei colli modenesi. Boll. R. Com. geol., ser. II, tav. V, pag. 192. 1885. — — Mazzeni e Pantanenti. Cenno monogr. fauna foss. Montese. L. cit., pag. 30. 1896. _ — Mazzerm. Cat. echin. foss. della coll. Mazzetti. L. cit., pag. 28. 1397. — — Dr Aneruis D’Ossar e Luzi. I fossili dello Schlier di S. Severino. Boll. Soc. geol. it., XVI, pag. 66. 1899. _ — Dr Anertis D’Ossat e Luzi. Altri fossili dello Schlier delle Marche. Boll. Soc. geol. it., XVIII, pag. 64. 1899. — — Arracni. Ech. del bac. di Bormida. Boll. Soc. geol. it., XVIII, pag.163, tav. II, fig. 2. 1901. Toxopatagus — — Ech. tera. Piem. e Liguria. L. cit., pag. 213. 1901. —_ — Dr ALESsANDRI. Appunti di geol. e paleontol. sui dintorni di Acqui. Atti Soc. it. Sc. nat., XXXIX, pag. 134. DIMENSIONI I II III IV Va Lunghezza Ò 0 o 0 . . mm. 129 mm. 109 mm. 90 mm. 80 mm. 74 Larghezza 0 0 o o c o » 127 » 106 » 105 » 71 » 73 Altezza . © 4 — n 3 0 » — » 33 » 88 » — » 27 Distanza dall’apice al margine anteriore . » 19 » 70 >» SI » 55 » 45 » dalla bocca al margine anteriore. » 26 > ii » — »_— Pi — Guscio schiacciato, di notevoli dimensioni, di forma subcircolare, talora più larga che lunga, talora invece un poco ovale, cuoriforme, fortemente smarginato in avanti, a margini sottili; faccia inferiore pia- neggiante, depressa attorno al peristoma, con due rigonfiamenti tuberiformi alla base del piastrone; faccia superiore debolmente e uniformemente convessa, con la massima elevazione verso l'apice, che è situato circa al terzo posteriore del guscio. Solco anteriore largo e profondo, di forma lanceolata, ad orli care- nati, intaccante il margine e prolungantesi fino al peristoma. Zona ambulacrale impari posta nel solco anteriore e diversa dalle altre, formata di due file di piccoli pori circolari ravvicinati a due a due in rade coppie non geminate. Ambulacri pari sub-petaloidei superficiali, flessuosi, perfettamente aperti, con zone porifere divergenti, gli anteriori piegati in avanti, i posteriori indietro. Sì nel paio anteriore come in quello posteriore la zona porifera anteriore è lineare, larga circa un terzo dell’altra, e composta di pori leggermente allungati, coniugati: la zona porifera posteriore è invece alquanto dilatata nel suo mezzo e con le estremità affilate, ha i pori geminati in forma di lunghe fessure lineari subeguali. Verso l’ambito le zone porifere degli ambulacri pari tendono a restringersi e [27] G. STEFANINI 91 i pori a diradarsi, poichè le placche vanno facendosi via via più alte, e viene così ad aumentare di assai la distanza fra due coppie contigue: inoltre questi, presso l’ambito si fanno incospicui, quasi circolari e sembrano non coniugati. Le zone interporifere si amplificano procedendo dal vertice verso l'ambito per la descritta diver- genza delle zone porifere. Zone interambulacrali larghe. L'apparecchio apicale appartiene al tipo così detto intercalare: consta cioè di due coppie di placche basali recanti dei pori genitali di media grandezza, alternate con due coppie di placche radiali e con una quinta placca radiale impari; le placche radiali sono pure perforate dai pori neurali, più piccoli degli altri. La placca genitale anteriore destra è il madreporite e si mostra crivellata da numerosi e sottili idrotremi. Periprocto ovale trasversale, posto nella faccia posteriore, completamente al disotto della sporgenza costituita dall’interambulacro impari, fra detta sporgenza rostriforme e gli ingrossamenti tuberiformi della parte posteriore del piastrone. Peristoma semilunare con labbro sporgente e posto in avanti. Epistroma costituito di piccoli tubercoli tutti uguali, assai radi, un poco rilevati, scrobicolati e per- forati, che nella faccia superiore si fanno più grossi e fitti specialmente intorno all’apice e al solco an- teriore, nella faccia inferiore si addensano soprattutto verso gli orli e nel piastrone. ; Località: — Montese, Serra Guidoni e S. M. Vigliana; Pantano, S. Leo, Praduro e Jano, Tolè e Guiglia, Chiusa di Casalecchio. Schlier delle colline d’Ancona, Rocca S. Maria (fide Coppr)}, Rocca Ma- latina, Rosola, Semelano, Salto, Pavullo (fide Mazz.). Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. Località diverse: — Langhiano di Val Bogliona e Mondovì (Piemonte), Marne di S. Severino (Marche), Fabriano e M. Luco (esemplari nel Museo di Torino). XII. Gen Heterobrissus Manzoni e MAazzETTI, 1877. (Palaeopneustes (pars) A. AGassiz, 1879. — Archaeopneustes Gregory, 1892). Guscio di forma conica, inferiormente piatto o leggermente convesso, senza solco anteriore. Piastrone amfisterno, posteriormente non strozzato; placche dell’ambito uguali alle altre. Ambulacro impari diverso dagli altri; ambulacri pari subpetaloidi, aperti, superficiali, molto sviluppati. Pori grandi, radi, più o meno disuguali, non coniugati. Sommità coincidente con l’apparato apicale, spostata in avanti. Sistema apicale di tipo tetrabasale. Periprocto subcircolare, inframarginale, ma posto strettamente accosto al margine, che ne viene un po’ intaccato. Peristoma semilunare fortemente labiato, circondato da cinque solchi ambulacrali actinali, assai eccentrico in avanti. Tubercoli primari numerosi, grandetti, leggermente scrobicolati, perforati e crenellati, occupanti tutti gli interambulacri, e, lungo i margini, nella parte estrapetala, anche gli am- bulacri; sulla faccia inferiore essi sono più fitti e rivestono tutta la superficie, eccetto un piccolo spazio nella parte adorale delle vie ambulacrali. Tubercoli secondari fini, numerosi, uniformi, piuttosto radi, non crenellati nè scrobicolati. 92 G. STEFANINI [28] Come il nome stesso lo dimostra, in origine il MANZONI intese di ravvicinare questo genere ai Brissus. Riconobbe in seguito l’errore; ma, senza tener conto delle osservazioni di Dames !), si limitò a confrontare il suo echino col gen. Brissomorpha Ls. (sabbie di Gauderndorf) dal quale esso è assai distante per l’as- senza del catteristico rostro, nel quale si apre il periprocto, e pel diverso sviluppo dei petali. Pure, questi due generi mi paiono presentare una certa affinità, come sembra sia apparso anche al Duncan ?, che tutti e due li pose in sinonimia di Brissus. A torto però, e trascurando completamente le differenze costituite dagli ambulacri, che in Meferobrissus e in Brissomorpha sono superficiali, a zone porifere di- vergenti, e dai caratteri dell’epistroma ecc. Altrettanto a torto, probabilmente, il GREGORY?) segue il WriGHT 4) nel considerare come un Prenaster il Pr. (Pericosmus) excentricus; la quale specie presenta somiglianze notevolissime col gen. Brissomorpha (già lo notarono CortEAU, PERON e GAUTHIER 5) ) e soprat- tutto col nostro genere. Questa impressione, destata dall’esame della figura, è assai attenuata dalla de- scrizione, che ci presenta quell’echino come provvisto di un solco debolmente intaccante l’ambito: carattere che dalla figura non risulta evidente. Comunque altre differenze, più positive, sono date dal diverso svi- luppo dei petali e dall’esistenza delle fasciole peripetala e laterale. A ragione, dunque, il WRIGHT ag- giunge, che in quella sua forma c’è una considerevole deviazione dal tipo normale, soprattutto in quel che riguarda appunto le fasciole. Le vere affinità del gen. Heterobrissus sono da ricercarsi, come DamES ° accennò e come OPPENBEIM pose anche meglio in evidenza °, tra quei singolari generi terziari di sede tassonomica tanto discussa, quali Asterostoma, Linopneustes, Palacopneustes 8). Il gen. Asterostoma AGass., smembrato da AL. AGASSIZ parte tra gli Oviclypeus Dam., parte tra i Palaeopneustes A. Ac., fu dal GREGORY? limitato alla sola specie tipo: esso ha peristoma pentagonale subcentrale con lunghi solchi actinali, e periprocto marginale. Linopneustes A. AG. sorse come sottogenere di Palacopneustes e fu elevato al grado di genere da Dunx- CAN 19); esso è discretamente affine agli Heterobrissus, perchè provvisto esso pure di ambulacri subpetaloidi, tubercoli numerosi ed uniformemente diffusi, ambulacro impari disuguale dagli altri, ma è caratterizzato dalla preseuza di un lieve solco anteriore, dal piccolo sviluppo dei solchi actinali e dall’avere la placca labiale lungamente prolungata indietro in un lembo a forma quasi di losanga, posteriormente al quale le zone periplastronali si ravvicinano molto, limitando un piastrone piuttosto corto e lanceolato; finalmente 1) Damns. A. Manzoni. Echinod. foss. mol. serp. L. cit., pag. 128. 2) DUNCAN. Revision of the gen. and gr. groups of echin. Journ. Linn. Soc. Zool., XXIII, 1889, pag. 242-243. 3) Gregory. The Maltese foss. Echinoidea. Trans. r. Soc. Edinburgh., XXXVI, p.t III, n.° 22, 1891, pag. 619. 4) WRIGHT. On foss. echinod. of Malta. Ann. and Mag. of Nat. Hist., XV, pag. 195; — WrIGEHT. On the foss. Echinoidea of Malta. Quart. Journ. Geol. Soc., XX, pag. 487, tav. XXII, fig. 3. 5) CorTtEAU, PrRON et GauTHIER. Echin. foss. Alg. L. cit. 6) Dames. A. Manzoni. Ech. foss. mol. Ibid. 7 OPPENHEIM. Revision tert. ech. Venet. und Trentino. Zeitschr. deutsch. geol. Gesellsch., 1902, pag. 221, 222 e 256. 8 Questo ravvicinamento non dovè, in principio, sfuggire al MazzetTI. Nel 1878, infatti, egli faceva una co- municazione alla Società dei Naturalisti di Modena (Ann. Soc. nat. Mod., ser. II, vol. XII, pag. 35), sopra un Astero- stoma trovato a Guiglia. Sebbene ciò non sia detto esplicitamente, nè sia possibile ricavarlo dalla brevissima comuni- cazione o dai lavori successivi, il fatto appunto di questo silenzio e la frequenza della specie nelle marne di Guiglia mi fa credere che questo presunto Asferostoma non fosse altro che un esemplare di quella specie, che quasi contempo- raneamente il MazzerTI pubblicava in collaborazione col MANZONI col nome di Heterobrissus Montesii. 9 Gregor. On Archaeopneustes abruptus. Quart. Journ. Geol. Soc., XLVIII, 1892, pag. 163-169. 10) Duncan. Revis. L. cit. pag. 223, 257. [29] G. STEFANINI 93 in Linopneustes le placche degli ambulacri pari posteriori si estendono molto verso la linea mediana nei pressi dell’ano, per modo che l’interambulacro impari viene in quel punto ad essere molto ristretto. Le affinità maggiori sono evidentemente coi Palaeopneustes A. AG., 1873 (s. s.). Questo ebbe per tipo il P. cristatus A. AG., vivente, cui si aggiunse presto P. Aystrìx A. AG., 1880 e, molto appresso, altre specie, dell’oceano Indiano. Ma nel 1892 il GrEGoRY ! prendendo occasione dal rinvenimento di una specie ab- bastanza vicina alle precedenti, negli strati cenozoici (serie oceanica) delle isole Barbados, faceva una revi- sione delle specie pertinenti a questo gruppo di generi, e, tra le altre cose, notava alcune differenze, da lui ritenute abbastanza importanti, tra P. hystrix e P. cristatus, e precisamente una maggiore estensione della parte subpetaloide degli ambulacri e una minore eccentricità del peristoma nel primo che nel secondo. In base a ciò fondò il gen. Archaeopneustes, considerando come tipo di esso il P. hystric ed ascrivendovi altresì l’Asferostoma cubense Cort., del quale egli fece conoscere la bocca labiata, nonchè la sua specie delle Barbados, che chiamò A. abruptus. A queste conclusioni si oppone recentemente l’Agassiz 2), soste- nendo in primo luogo che A. abruptus è genericamente diverso da P. hystrix, e limitandosi a ravvicinarlo ad Amphipneustes KoEBLER: ravvicinamento, reso possibile dalla cattiva conservazione del fossile di GREGORY, la quale non permette di verificare se l’ambulacro impari sia veramente uguale agli altri, come è carattere del gen. Amphipneustes. L'osservazione è infatti giustissima, e A. abruptus si distingue net- tamente dal P.%ystrix per la forma generale del guscio, per la forma delle placche a V, rigonfie e leg- germente embriciate, e soprattutto per la diversa costituzione delle zone periplastronali, che nel fossile presentano le placche più vicine al peristoma lunghe ed assottigliate, mentre le placche occupanti quella posizione nella specie vivente sono larghe, corte, costipate, a formare quei solchi ambulacrali actinali, che Lovén ed Acassiz chiamano a torto, secondo me, col nome di fillodi. In secondo luogo questo illustre echi- nologo osserva, che nel P. Rystrix i petali non raggiungono l’ambito, come invece afferma il GrEGoRY, in- gannato dalle figure. Io penso, del resto, che tanto questo, se fosse esistito, come anche l’altro carattere invocato dal GREGORY come generico e concernente il grado di eccentricità della bocca, non siano da soli sufficienti. Ma un accurato esame delle belle figure di Acassiz mi sembra rivelare tra P. hystrix e P. cristatus ben altre differenze. Lasciamone pure da parte alcune di poco momento e di valore più specifico che generico, come il contorno diverso, la forma pure diversa dalla placca labiale, la posizione alquanto varia del peristoma e del periprocto 3; ma la forma delle placche primordiali degli interambulacri po- Steriori, non raggiungenti il margine orale, l'assenza del poro genitale anteriore destro e le zone peripla- stronali * sprovviste di tubercoli principali, quali si riscontrano 5 nel P. cristatus, non sembrano caratteri tali da potere essere trascurati: essi accrescono di molto il valore anche di alcuni degli altri, già citati, come quello della diversa posizione della bocca ecc. e mi sembrano abbastanza importanti per tenere da quella specie distinto anche genericamente il P. Rhystria. Ora col P. Aystrix ha strettissime affinità l’HMeterobrissus Montesiù Manz. e Mazz.9: un confronto fra le due specie ci mostra in ambedue la stessa forma conica, con base piatta, gli stessi ambulacri sub- ). GreGorY. On Archaeopneustes. L. cit. 2) Agassiz A. Pdanamie deep sea Echini. Mem. Mus. Comp. Zoòl. at Harw. Coll., XXXI, 1904, pag. 186. 3) Acassiz A. Ibid., tav. 95 e 97; pag. 183, fig. 269-270. 4) AGassiz A. Ibid., pag. 178, fig. 261; pag. 179, fig. 262, tav. 96-97, e pag. 190, tav. 95 e 97. 5) AGassiz. Ibid., tav. 95. © Vedi pag. 95. Vedi pure le descrizioni e le figure degli AA. ivi citati in sinonimia. 94 G. STEFANINI [30] petaloidi discretamente estesi, e il peristoma fortemente labiato, non molto eccentrico in avanti, circon- dato da forti solchi actinali formati di placche corte, larghe e fitte: in ambedue il periprocto è marginale infero, in ambedue i grossi tubercoli primari, sparsi su tutto il guscio, anche nelle zone periplastronali, rivelano la grandezza dei radioli, che erano destinati a sostenere. Quindi il nome Archaeopneustes, dal GrEGoRY proposto per P. Rystrix nel 1892, deve cedere il posto al nome Heterobrissus, proposto già, per la specie fossile, nel 1877. Archaeopneustes potrà forse essere conservato per la terza specie indicata dal GreEcory, A. abruptus. I caratteri differenziali fra Heterobrissus e -Palacopneustes già sono stati indicati. L’ Asterostoma Jimenoi Cort., pel quale Duncan creò il suo gen. Pseudasterostoma ® e che il GrE- cory 2) incluse nel gen. Palaeopneustes, sembra per la forma del guscio e delle placche, assai prossimo all’Archeopneustes abruptus GREG.; nè gli ambulacri, che in questa specie presentano una maggior ten- denza a chiudersi e divenire petaloidei, sono da soli un sufficiente carattere distintivo: l'esame del pe- ristoma e delle zone periplastronali del Pseudasterostoma Jimenoi da un lato, la conoscenza dell’ambulacro impari dell’ Archaeopneustes abruptus dall’altro sono però necessarie, per stabilire qualcosa sulle relazioni che corrono tra queste due specie. Asferostoma cubense Cott. 3), ravvicinato giustamente dal GREGORY 4 al P. hystrix, rientra molto bene nel gen. Heterobrissus, nè mi sembra un ostacolo a ciò l’estensione degli ambulacri che nella specie di Cuba raggiungono l’ambito, nè lo sviluppo un po’ minore del labbro orale: la struttura dei solchi ambulacrali actinali, posti in evidenza da una figura del CortEAU 5, mi conferma in questa opinione. Finalmente col nome di P. conicus Daw. fu descritta 9 una specie del Miocene infe- riore (Schio; Italia) per la quale PomeL ®? creò il gen. Brissolampas (Euspatangidae) e che Duncan 5) pro- pose in seguito di includere nel suo gen. Plesiolampas (Cassidulidae), senza por mente alla forma labiata e alla posizione eccentrica del peristoma, e preoccupato solo dallo sviluppo normale dell’ambulacro ante- riore impari, petaloideo. Come fu osservato da OPPENHEIM ® probabilmente questa specie singolarissima dovrà costituire il tipo di un genere a sè, al quale però converrà conservare il nome, già proposto per essa dal PomeL e che sembra ignoto all’OppenHEIM. Un accurato confronto tra Brissolampas e Amphi- pneustes KorHL.!°) — caratterizzato esso pure dai pori dell’ambulacro impari non dissimili da quelli degli ambulacri pari, uniforme distribuzione dei tubercoli sulla parte aborale e notevole tendenza dei petali a chiudersi alla loro estremità distale — potrebbe riuscire assai interessante. Il P. Antillarum Corr. è un Macropneustes, come già fu riconosciuto dal CortrAU medesimo. L’omogeneità di questo gruppo di generi è forse più apparente che reale. Asterostoma, posto un tempo (1871) dal Correav!! fra gli Echinocoridi, e, più recentemente da Duncan !° a capo dei Plesiospatangidi, quasi anello di congiunzione fra Cassidulidi e Spatangidi (s. 7.), ha finito col passare per opera del CoT- i) Duncan. Revis. L. cit., pag. 203. 2 GreGory. On Archaeopneustes. L. cit., pag. 165-167. ?) Corrmau. Equin. fossiles de la isla de Cuba. Bolet. Comis. Mapa Geol. de Espaîia, XXII, 1897, pag. 67. 4 GreGoRY. Ibid., pag. 167. 5) CornzAU in GreGoRY. Ibid., tav. IV, fig. 6, 5) Dames. Die echin. der Veron. und Vicent. tert.-Ablag. Palaeontographica, XXV, 1878, fig. 47, tav. VIII, fig. 1. © PomeL. Classif. méth. L. cit., pag. 31. 5 Duncan. Revis. L. cit., pag. 193. © OpPENHEIM. Revision. L. cit. . 10) KogHLER. Exped. antarct. belge. Result. du voy. du S. Y. Belgica. Echinides et ophiures. Anvers, 1901. 1! CorrEAu. Notice sur les genre Asterostoma. Mem. Soc. géol. de Fr., Paléont., ser. II, vol. IX, 1873. 12) DUNCAN. Revision. L. cit., pag. 201-202. [31] G. STEFANINI 95 x TEAU !) stesso (1889), ai Cassidulidi e con ciò si è venuti a riconoscere alla forma e posizione della bocca e alla disposizione delle placche nell’interambulacro impari un maggior valore tassonomico, che alla disuguaglianza degli ambulacri. La posizione di Sferoria, posta in questo medesimo gruppo da AGassiz, è lungamente discussa da LamBERT °) e da Dr MEIJERE ?). In base ai caratteri del suo piastrone e dell’apice, essa sembra allontanarsi veramente dagli EchRinocorydae, e doversi ravvicinare agli Aéropidae o agli Echinospatangidae. Palaecopneustes e Linopneustes furono da AGAssIz 4 considerati pure, in origine, come Holasteridae. Dux- CAN 5) li colloca fra gli Spantangidae (s. s.); De MENERE È) sembra ritenerli non distinti dagli Echinospatan- gidae. Quasi contemporaneamente alla pubblicazione dell’opera di questo recente autore, Acassiz ? fondava molto opportunamente, a parer mio, la fam. Palaeopneustidae, per comprendervi, oltre ai due generi indicati, anche Plesiozonus De MEI. ed Amphipneustes KorHL. Heterobrissus, che ha tante affinità con Palaeopneustes, trova benissimo posto in questa famiglia. Archacopneustes (abruptus) e Pseudasterostoma (Jimenoi) da un lato, Brissolampas dall’altro sembrano avere delle affinità con Amphipneustes, e, se questo genere potrà essere mantenuto nella posizione che gli è stata attribuita, andranno probabilmente anch’essi a far parte della fam. Palacopneustidae. Questa apparterrebbe secondo Acassiz 3 al gruppo degli Ananchitidi; ma il MoRTENSEN ) considerando il piastrone amfisterno del quale i generi che vi appartengono sono provvisti, la ritiene assai più vicina agli Spa- tangidi (s. s.) che agli Ananchitidi, sebbene, in quel primo gruppo, rappresentante di un tipo piuttosto antico. Io sono del tutto della sua opinione, a questo proposito; anzi, se la fam. dei Paleopneustidi non dovesse essere accettata, considerando i legami che stringono specialmente Linopneustes a certi generi di veri Spatangidi, come Hypsopatagus od Eupatagus, sarei più favorevole a ravvicinarne i componenti a questi, anziehè agli Ananchitidi. 1. Heterobrissus Montesii Manz. et Mazz. — Tav. XIV [II], fig. 4, 5; Tav. XV [II], fig. 1. 1877. “Heterobrissus Montesi Manzoni e Mazzerti. Hchinod. mol. mioc. Montese. Atti Soc. tosc. Sc. nat., INI, pag. 350, tav. XIX, fig. 2. 1878. — — Manzoni Echinod. foss. Schl. coll. Bol. L. cit., pag. 14. 1880. —_ —_ —_ Echinod. foss. mol. serpent. L. cit., pag. 7, tav. III, fig. 24-26. 1881. _ _ Mazzerti. Echinod. foss. Montese. L. cit., pag. 10. 1884. — = Coppi. Il Miocene medio dei colli modenesi. Boll. R. Com. geol. ser. II, t. V, pag. 191. 1885. —_ = Mazzerti e PanraneLLI. Cenno monogr. faun. foss. Montese. L. c., pag. 30. 1896. — — Mazzemi. Catal. echin. foss. coll. Mazzetti. L. cit., pag. 28. 1901. —_ Formai Arracuni. Hchin. terx. Piem. e Lig. Palaeontogr. ital. VII, pag. 210, tav. XXVI, fig. 6. 4 CortEAU. Paléont. Franc. Terr. eoc. L. cit., vol. I, pag. 460. LamRoRT. Note sur g. échin. crét. de Madagascar. Bull. Soc. géol. de Fr., 3, XXIV, 1896, pag. 322. Da Mayrri. Die Echinoidea der Siboga-Expedition. Leiden, 1904, pag. 240 e seg. Agassiz A. Rep. on the echin. dredg. by Challenger. London, 1881, pag. 167. Duncan. Revision. L. cit., pag. 223, 257. Dn Muyere. Siboga-Expedit. L. cit., pag. 240. : AGassiz. Panamic deep sea echin. Mem. Mus. Comp. Zoòl. Harw. Coll., XXXI, 1904, pag. 150, 178. AGassiz. Ibidem. MortansEN. Danisch Ingolf- Erpedition. Echinoidea, II. L. cit., pag. 58. 2 3 4 5 6 DI 8 9 96 G. STEFANINI [32] DIMENSIONI I II III IV Lunghezza . o . . 7 o mm. 69 mm. 123 mm. 108 mm. 99 Larghezza : c . . : 0 » 55 » 102,5 » 92 » 88 Altezza . 6 à G 4 5 3 — PN 5 OI — — Distanza dall’apice al marg. anteriore . —_ » b4 » 47 » 45 » dalla bocca — » ” o — » 44 = = Guscio di medie o grandi dimensioni a contorno ovale, uniformemente ma fortemente ristretto in dietro; faccia superiore subconica, ambito non molto rigonfio, faccia inferiore piana, piastrone amfisterno, ampio. Placche dell'ambito uguali alle altre per le dimensioni. Negli individui piccoli — probabilmente giovani —i margini sono tumidi, rotondeggianti, la forma generale del guscio è quasi ovalare, i tubercoli sembrano più radi. L’individuo figurato da Manzoni e Mazzetti nel 1877 ne è un esempio: il tipo del- l’ H. Formai AirAGHI è pure un giovane. Zone ambulacrali subpetaloidee. Ambulacro impari disuguale dagli altri, perfettamente superficiale, assai stretto, e costituito di due file ravvicinate di pori semplici, grandetti. Ambulacri pari dritti, aperti, superficiali e leggermente depressi vicino all’apice; gli anteriori moltissimo divergenti e un poco più corti dei posteriori. Ciascuno di essi è formato da due zone porifere uguali, divergenti, costituite a loro volta di pori assai grandi, virgolari gli esterni, ellittici gli interni; zone interporifere ampie. Intorno alla bocca gli ambulacri si allargano un poco e divengono sensibilmente escavati. Però anche qui essi constano di tutte placche semplici ed intere, con pori singoli grandetti, posti sulle suture. Zone interambulacrali piane o appena rigonfie verso l’apice. Apparato apicale leggermente spostato in avanti, non visibile, nei suoi dettagli, in alcuno dei miei esemplari. Peristoma grande, semilunare, con un fortissimo labbro, circondato da cinque sensibili solchi, corri- spondenti alle zone ambulacrali. La bocca è spostata in avanti assai più dell’apice. Periprocto subcircolare posto obliquamente fra il margine posteriore e la faccia inferiore, sulla quale si estende in gran parte. Epistroma costituito di tubercoli grandi, leggermente scrobicolati, perforati, crenellati, piuttosto radi e disposti uniformemente su tutta la faccia superiore, della quale essi occupano tutti gli interambulacri, e perfino gli ambulacri, nelle parti estrapetale. Sulla faccia inferiore i tubercoli sono più fitti, e diffusi in modo assolutamente uniforme su tutta la superficie — ambulacri e interambulacri — eccetto intorno alla bocca, ove gli ambulacri sono, per breve tratto, incavati e nudi. Fra i tubercoli, almeno nella faccia superiore, si osserva una rada granulazione. Fino ad oggi, questo genere contava, per quanto io so, un’altra sola specie, l’ 7. Formai ATRAGHI, del Miocene dei Colli torinesi, che io ho posto in sinonimia, avendo potuto constatare a Torino, che i ca- ratteri invocati dall’Airaghi come differenziali — minor numero di tubercoli sulla faccia inferiore e man- canza quasi totale dei tubercoli sulla faccia superiore — sono solo apparenti e derivano il secondo, probabilmente dall’età, il primo dall’essere le assule consunte come lo dimostrano le irregolarità dei tuber- coli rimasti e lo stato generale di conservazione , specialmente della faccia superiore. Occorre avvertire i) Anche il primo tipo della specie è mal conservato. Il CorTEAU (Monographie des Spatangus. Grenoble 1896, pag. 9-10) in riguardo a ciò dice di non poter accettare nel metodo il gen. Heferobrissus; ma evidentemente egli dimenticava in quel momento il lavoro del MANZONI, dove un neotipo, di ottima conservazione, trovasi illustrato. [33] G. STEFANINI 97 che l'esemplare dal Manzoni figurato nel suo secondo lavoro citato non si è potuto ritrovare e per ciò non ho potuto togliermi il dubbio che tale figura sia in parte inesatta: dubbio in me ingenerato dal fatto che, negli esemplari esaminati, — che pur oltrepassano il numero di venti — non ne ho trovato neppure uno che avesse l’apice così fortemente spostato in avanti. L’H. hystrix (AcAss), vivente, è senza dubbio la specie più affine alla nostra: ne diferisce per avere le assule più corte, i tubercoli disposti più regolarmente, gli ambulacri pari disuguali in larghezza, gli ante- riori più divergenti, il guscio alquanto più elevato e meno dilatato in avanti. L’H. cubensis (Cort.) ha pure forma più elevata, guscio più tumido agli orli, petali più estesi, peristoma con labbro meno sviluppato. Località: — Montese, Rocca Malatina, Zocca, Guiglia, S. Leo, Praduro e Jano, Rocca S. Maria (fide CoPPI). Collezioni: — Manzoni, MAZZETTI, STEFANINI. XIII. Gen. Linopneustes Acassiz, 1881. (Maretia [non Avcr.] Manzoni, 1880. — Manzonia Powst, 1883). Guscio depresso, subconico o subemisferico, smarginato in avanti da un solco anteriore non molto sviluppato; faccia inferiore pianeggiante, eccetto nel piastrone carenato e in corrispondenza del solco anteriore: apice più 0 meno eccentrico in avanti. Ambulacro impari diverso dagli altri; ambulacri pari subpetaloidei, superficiali, espansi, molto estesi, più o meno flessuosi, più o meno aperti. Pori subeguali, coniugati. Piastrone amfisterno lanceolato, ombilicato, carenato, coperto tutto di tubercoli disposti in linee raggianti. La placca labiale si prolunga indietro in uno stretto lembo di forma rombica od ellittica, che può essere intero o diviso dal labbro per una sutura !, posteriormente alla quale le due vie ambulacrali si inflettono, mediante una angolosità di una delle loro placche, fino quasi a toccarsi, divergendo, da quel punto, in avanti e in dietro. Sistema apicale di tipo tetrabasale etmolisiano, con quattro pori genitali. Peristoma semilunare labiato, anteriore, allargato e con labbro poco sviluppato; periprocto ovale, nel margine posteriore. Epistroma costituito da una granulazione uniforme, con piccoli tubercoli secondari crenellati e per- forati, sparsi sulle zone interporifere e su tutto il resto della faccia superiore. Tubercoli principali me- diocremente sviluppati, scrobicolati, crenellati e perforati, in linee costeggianti il margine superiore di tutte le placche interambulacrali fino all'ambito. Nella faccia inferiore i tubercoli cuoprono tutti gli interam- bulacri eccetto il labbro ed occupano anche gli ambulacri presso i margini. Zone periplastronali nude. Fasciole sottoanale e peripetala. Radioli corti, sottili, curvi, striati, canalicolati, con grosso capo articolare. Subito dopo pubblicato il lavoro di MANZONI, fu osservato che la specie da lui descritta come M. Pareti, non appartiene al gen. Maretia. Il Dames ?), che per il primo fece l’osservazione, si sforzò di dimostrare 1) Agassiz A. Rep. Challeng. Echin., tav. XXV, fig. 2,7; AGassiz A. Panamic deep sea echin. L. cit., pag. 183, tav. 92, fig. 1-2. 2) Damps. A. Manzoni. Gli ech. dello Schl. etc. L. cit., pag. 727. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 13 98 G. STEFANINI [34] che era uno Spatangus e propose di chiamarla S. Manzoni; il MAzzeTTI invece ®, pur notandoche l’at- tribuzione generica del Manzoni è errata, la conservò “ per non ingenerare confusioni , — come dice; il De LorioL ?) e, in seguito, il Borro Micca 3) ripetono incidentalmente l’osservazione, ponendo in rilievo le sue affinità con gli Spatangus. Nessuno però prima dell’AtrAGHI # si accorse —o almeno fece osser- vare il fatto, che il PoweL ® avesse nel 1883 proposto per questa specie un sottogenere, dandogli il nome di Manzonia. Intanto però, fino dal 1881, Acassiz ®© fondava il s. gen. Linopneustes, elevato poi al grado di genere dal Duncan ?, che ne riconobbe la somiglianza cogli Eupatagus e colle Maretia, somi- glianza già anche meglio posta in luce da Lovin °°. Le affinità tra Manzonia e Linopneustes sono tanto strette, che non esito a porre il primo nome, più recente, in sinonimia del secondo, più antico. Le differenze nella forma del guscio — non ristretto posteriormente nei Linopneustes viventi, e dello sterno — alquanto più lungo nella specie estinta — non mi sembrano caratteri differenziali sufficienti. È vero, che negli individui da me esaminati non è stato possibile riconoscere la presenza delle fasciole, ma nep- pure è possibile escluderne l’esistenza, dato il loro stato di conservazione. Finalmente, i petali sembrano avere una maggior tendenza a chiudersi nella specie estinta che nelle viventi, ma un tale carattere è nel L. Pareti piuttosto variabile; d’altra parte cotesta tendenza si riscontra, sebbene in grado alquanto minore, anche nel L. longispinus A. Ac. Il gen. Spatangus, cui la specie estinta fu anche attribuita, è ben caratterizzato dalla forma rigonfia, dai petali ordinariamente più chiusi, dal piastrone ampio, con labbro non prolungato indietro, dai tu- bercoli diversamente sviluppati e disposti: i principali più grandi, raggruppati all’ apice degli interambulacri e lascianti più o meno liberi i margini, i secondari assenti, la sranulazione alquanto più grossolana; vi è inoltre la fasciola peripetala, per distinguerli; ma ben si vede, che, anche prescindendo da cotale carattere, che nel L. Pareti non può essere riscontrato, questo è ben distinto da tutti gli Spatangus. Dalle Maretia, alle quali i Linopneustes si avvicinano per la forma quasi identica del piastrone — che però in quelle è d’or- dinario anche più corto — questi ultimi si riconoscono per la fasciola peripetala e per i tubercoli di tre sorta, i principali relativamente piccoli e fitti, e occupanti anche l’interambulacro impari. Quest'ultimo carattere e la presenza di una netta smarginatura anteriore servono a distinguere i Linopneustes dagli Eupatagus. | 1. Linopneustes Pareti Manz. — Tav. XV [III], fig. 2-4. 1878. Maretia Pareti Manzoni. Echinod. foss. schl. coll. Bol. L. cit., pag. 9, tav. I, fig. 1-2, II, fig. 18, IV, fig. 34-39. 1881. —_ — Mazzenti. Echinod. foss. di Montese. L. cit., pag. 8 e 22. 1882. Spatangus Canavariù De Lorror. Descript. des échin. de Camerino. L. cit., pag. 25, tav. III, fig. 8-10. 1883. Manzonia Pareti Power. Classific. méth. et genera. L. cit., pag. 29. 1884. Maretia — Copri. Il Mioc. medio nei colli Modenesi. L. cit., pag. 192. 1) MAZZETTI e PANTANELLI. Cenno monogr. L. cit., pag. 12. 2) Da Lorrior. Descr. des échin. de Camerino. L. cit., pag. 27. 3) Borto Micca. Contrib. st. ech. terz. ecc. L. cit., pag. 370. 4. AtraGHI. Ech. terz. Piem. e Lig. L. cit., pag. 217. 5) PomeL. Classîf. meth. L. cit., pag. 29. 9) Agassiz. Report. Challeng. Echin., L. cit., pag. 167. ” Duncan. Revis. of the gen. and gr. gr. of echin. Journ. Linn. Soc. Zool. XXIII, 1889, pag. 257. 5 Lovin. On Pourtalesia. K. Svenska Vet.-Ak. Handling., XIX, 1881, pag. 88. [85] G. STEFANINI 99 18385. Maretia Pareti Mazzanti e PantANELLI. Cenno monogr. fauna foss. Montese, I. L. cit., pag. 12. 1896. — — Mazze. Catal. ech. foss. coll. Mazzetti. L. cit., pag. 20. 1896. Spatangus — Cortrav. Monog. des Spatangus. Soc. Stat. Sc. nat., ecc., de l’Isère, pag. 30. 1896. — Canavarti. CorteAT. Ibid, pag. 31. 1902. — _ MARIANI. Osservax. geol. sui dint. di Camerino. Boll. Soc. geol. it., XXI, pag. 321. DIMENSIONI I II j III IV Vv Lunghezza . ò ò È 5 .- mm. 135 mm. 100 mm. 110 mm. 95 mm. 79 Larghezza . 5 : 5 È ; » 101 » 115 » 83 » 65 » 52 Altezza . 6 o c . . 3 » 30 = — — —_ Petalo anteriore. Lunghezza . c c - » 48 » 40 —_ —- DIRT » Larghezza . Ò : — » 9 » 8 = LL » posteriore. Lunghezza . o o _ — » 42 —_ —_ » » ' Larghezza . . ; —_ — » 8 = — Distanza dell’apice dal margine anteriore » 63 DST » 48 » 40 » 32 » della bocca » » » 35 _ = 2 pe Guscio cuoriforme ellittico, per lo più molto allungato, schiacciato, con solco nullo sulla superficie Superiore presso l’apice, assai poco sensibile verso l’ambito, che ne viene leggermente, largamente ma poco profondamente inciso. Ambito sottilissimo, tagliente. Faccia inferiore piana fuorchè in dietro, ove si hanno due rigonfiamenti appena sensibili alla base del piastrone, e un rilievo carenato nella parte mediana di questo. Non è possibile verificare sui miei esemplari se le placche dell’ambito siano corte e larghe, come nelle specie viventi e come sembra probabile per la sottigliezza del medesimo. Aree ambulacrali subpetaloidee. Ambulacro anteriore diverso dagli altri; ambulacri pari molto lunghi, prolungantisi tutti fino a poca distanza dall’ambito; per lo più gli anteriori molto divergenti e più 0 meno flessuosi. Zone porifere flessuose un poco depresse nei petali anteriori pari, curve nei posteriori; | larghe tutte circa la metà della zona interporifera. I pori sono leggermente disuguali, congiunti a due a due da sentiti solchi trasversali. Zona interporifera talora alquanto convessa. Sistema apicale di tipo tetrabasale, con quattro pori genitali; più o meno perfettamente spostato in avanti, a seconda che gl’individui sono di forma più o meno allungata. Peristoma semilunare labiato, situato assai in avanti, con placca labiale lunga e labbro poco spor- ‘gente; non è possibile osservare se detta placca sia intera o no. Epistroma costituito di una granulazione minuta ed uniforme, che ricuopre tutto l’echino, per lo meno superiormente; in mezzo alla quale si osservano, assai distanti fra loro, dei tubercoletti mediani, sparsi ugualmente sulle zone interambulacrali e interporifere. Finalmente più radi ancora, ma pur abbastanza fitti e uniformi, i tubercoli primari non grandi, serobicolati, crenellati con un piccolo mamellone perfo- rato, sono diffusi ugualmente e copiosamente in tutti gli interambulacri, che ricuoprono fino agli orli. Questi tubercoli sono distribuiti in linee ad angolo, aventi la loro base al margine superiore delle placche. Fasciola sottoanale: la peripetala non è visibile nei miei esemplari, causa forse la conservazione di essi, non perfetta in quel punto. Il Manzoni, incerto se la forma da lui studiata fosse da attribuirsi allo Spatangus Pareti Acass., e vedendo d’altro canto, che uno Spatangus non era, ma si avvicinava alle 2Maretia, chiamò tale forma 100 G. STEFANINI [36] Maretia Pareti. Essa infatti differisce dallo S. Pareti per la forma più cordata, per i tubercoli più piccoli, meno profondamente scrobicolati e più numerosi. Queste sole differenze ho potuto desumere dall’esame dei non belli esemplari di S. Pareti che si trovano nel Museo di Torino, dove ho potuto esaminarili. Quanto alle dimensioni, il Botto Micca ! non è esatto, attribuendo dimensioni minori alla M. Pareti che allo S. Pareti, mentre nella -prima specie si hanno esemplari grandissimi, come apparisce anche dalle figure del MANZONI. i Il De LorIoL poi descrive come S. Canavarii una specie, della quale ho potuto vedere i tipi nel Museo di Bologna, e che non esito a porre in sinonimia con la nostra; a detta dell’autore se ne distin- guerebbe; “ par sa région postérieure beaucoup plus acuminée, son sillon ambulacraire antérieur beaucoup moins accusé, son sommet plus excentrique en avant et ses ambulacres beaucoup plus courts ,. Di tutte queste differenze l’ultima sola sembra sussistere in realtà: chè anche il nostro echino è molto acuminato poste- riormente, ha un solco anteriore debolissimo e un apice, la cui eccentricità varia colla lunghezza relativa di ciascun individuo, e che perciò negli esemplari più lunghi e acuminati è molto forte, come si può desumere dalle figure. Quanto ai petali, già il ManzonI ° avvertiva, che negli esemplari giovani e piccoli essi sono più corti e stretti. Relativamente poi alle dimensioni del guscio, ho già detto come, accanto ai grossi esemplari nella collezione ManzonI siano anche copiosi i piccoli; anche più piccoli, talora, di quelli di Camerino. Il L. Pareti è ben distinto dalle specie viventi dello stesso genere per la sua forma allungata, ri- stretta e acuminata indietro, a profilo meno nettamente conico. Dal L. Murrayi AGass. si riconosce inoltre per i petali meno aperti all'estremità, per l'apice un poco più eccentrico in avanti e per il piastrone più allungato; dal L. Zongispinus AGass. delle Antille, oltre che per la forma, per i petali più estesi nell’adulto, e mostranti una maggior tendenza a chiudersi all’estremità. Località: — S. Leo, Praduro e Jano, Guiglia, Rocca S. Maria (fide Coppi). Il MAzzeTTI indica questa specie anche a S. M. Vigliana e a Pantano; ma ho potuto verificare che parte degli esemplari da lui attribuiti ad essa sono invece di S. austriacus. Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. Località diverse: — Miocene di Camerino (Marche). XIV. Gen. Eupatagus L. Acassiz, 1847. 1. Eupatagus pressus Mazzerti. — Tav. XV [III], fig. 5. 1887. Eupatagus pressus Mazzetti e PantANELLI. Cenno monogr. fauna foss. Montese, parte II, L. cit., pag. 9. 1896. Euspatangus lateralis (non Desor) Borro Micca. Contrib. allo studio echin. terx. Piemonte. Boll. Soc. geol., it.,, XV, pag. 29. 1901. — Melii Arracni. Echin. foss. Piem. e Liguria. L. cit., pag. 215, tav. XXVII, fig. 3. Echino di piccole dimensioni, provvisto di un guscio ottusamente pentagonale indietro, ristretto, leg- germente sinuoso in avanti, con la faccia superiore pianeggiante, leggermente carenata indietro, faccia posteriore tronca. Ambulacro impari diverso dai pari. Questi sono petaloidei, superficiali, espansi, costituiti di zone porifere più larghe dello spazio interporifero. I petali pari anteriori sono moltissimo divergenti, quasi ad i) Borro Micca. Contribuzione ecc. L. cit., pag. 370. 2 Manzoni. Echinod. foss. Schl. ecc. L. cit., pag. 10. [37] G. STEFANINI 101 angolo retto con la linea mediana; i posteriori, ravvicinati, terminano a notevole distanza dall’ambito. Le zone porifere hanno pori grandetti, in coppie rade distintamente coniugate. Sistema apicale tetrabasale, di tipo etmolisiano, con quattro pori genitali ravvicinati. La posizione non è determinabile, stante le deformazioni subite dall’unico esemplare. Periprocto subcircolare, posto nella faccia posteriore. Epistroma. costituito di tubercoli principali scrobicolati, aggruppati negli anambulacri anteriori e posteriori pari, nei quali ultimi però sembrano assai poco numerosi. Le fasciole e i tubercoli piccoli non sono visibili. Pongo in sinonimia con questa specie 1’ E. Meliî Arr., che non presenta differenze sensibili con essa, quando si ricordi che la posizione dell’apice è molto eccentrica, nell’esemplare emiliano, causa lo schiac- ciamento subito da esso. L’ArraGHI ha gia fatto notare i caratteri per i quali è lecito tener distinta questa specie dall’E. Zaferalis, del quale malauguratamente è andato smarrito il tipo. Il MazzemmI dal canto suo rilevò .le differenze della sua specie coll’E. rostratus D’ARcH. al quale gli pareva si avvicinasse alquanto. Un altra specie eocenica è a questa vicina, E. subrostratus d’Algeria; ma non è difficile tenerne distinta la nostra, per la forma più depressa, i petali meno ampi, i posterieri arrestantisi assai più lontano dall’apice ecc. L'E. de-Konincki WrIGaT ha statura alquanto maggiore, petali un poco più espansi, i posteriori più divergenti, gli anteriori meno. Eupatagus pressus ha finalmente una innegabile affinità con Brissoides Oppenheimi Lam. della molassa di Vence: questo però è del tutto privo di sinuosità nel margine anteriore, ed ha tubercoli più numerosi — a quanto pare — negli ambulari posteriori. E. melì- tensis (GREG.) !) ha guscio più ovale, più grande, petali più stretti ecc. Nella mia nota preventiva su questo stesso argomento ® indicavo la specie presente e la seguente col nome di Brissoîdes, accettando un po’ ad occhi chiusi, lo confesso, la modificazione recata in proposito dal LamBERT ®. Un esame successivo della questione e della figura di KLEIN mi ha persuaso della con- venienza di conservare agli Eupatagus il loro vecchio nome. Località: — Lago Vrazzano (Salto). Località diverse: — Miocene dei Colli torinesi. Collezione: — MAZzETTI. 2. Eupatagus sp. — Tav. XV [III], fig. 6. Guscio di grandi dimensioni, schiacciato, a contorno ovale, uniformemente convesso alla faccia su- periore e con margini taglienti. Di un solco anteriore sembra mancare ogni traccia. Ambulacro impari diverso dagli altri. Ambulacri pari petaloidei, superficiali, assai grandi e diffusi, sublanceolati, gli anteriori un poco flessuosi, i posteriori con una caratteristica forma di scimitarra, es- sendo la loro zona porifera anteriore diritta e la posteriore fortemente incurvata in avanti. Zone porifere larghe circa un terzo delle interporifere, costituite di pori circolari, geminati da profondi e larghi solchi. Le zone porifere si assottigliano molto avvicinandosi all’apice, ma specialmente assottigliate sono la zona 1) Cfr. STEFANINI. Echini miocen. di Malta. L. cit., pag. 464 e seg. : 2) STRAFANINI. Echin. foss. mioc. medio Emilia. Rendic. Ace. Lincei, XVI, ser. V, 1907, pag. 538. 3) LamBnRT. Desc. ech. foss. prov. Bare., I, Mém. Soc. géol. de Fr., Paléont.IX, 1902, pag. 48. 102 G. STEFANINI |38] porifera anteriore dei petali anteriori, avendo oltre la metà dei pori più o meno atrofizzati (15 su 25) e la zona posteriore dei petali posteriori (10 su 30 pori atrofizzati). Zone interporifere rigonfie legger- mente. Zone interambulacrali alquanto tumide. Apparato apicale subcentrale, con quattro piccoli pori genitali ravvicinati. Epistroma costituito di una fitta granulazione uniforme, finissima sulla faccia superiore e sui margini, mentre i granuli si fanno via via più grossi, man mano che si avvicinano al peristoma, nei cui pressi sembrano molto grossi e radi, ma sempre disposti regolarmente. Tubercoli principali scrobicolati e perfo- rati, assai fitti, visibili solo negl’ interambulacri pari posteriori. La determinazione generica di questo interessante echino, del quale ho potuto osservare un esemplare solo e frammentario, è dubbia: pure di tutti i generi di Spatangidi, quello cui meglio si avvicina sembra essere il gen. Eupatagus. Comunque ho creduto utile farlo conoscere, nella speranza, che altri, più fortu- nato di me, possa trovarne e descriverne qualche esemplare migliore. Località: — Montese. Collezione: — MANZONI. XV. Gen. Sarsella Poxet, 1883. 1. Sarsella anteroalta Greco. 1885. Hemipatagus grignonensis (non Desmar., non Drsor) Mazzerti e PAnTANELLI. Cenno monogr. fauna foss. Montese. L. cit., pag. 31. 1891. Sarsella anteroalta Gregorr. The maltese foss. echin. L. cit., pag. 626, tav. II, fig. 78. 1896. Hemuipatagus grignonensis (non DasmAr., non Desor.) Mazzerti. Cat. echin. foss. coll. Maxzetti. L. cit., pag. 29. Veramente nel nostro esemplare la fasciola interna, caratteristica di questo e dei generi vicini, in confronto specialmente con le Maretia, non è visibile. Ma la forma dei petali anteriori pari cunei- formi, asimmetrici, per essere le due zone porifere disugualmente inclinate e la anteriore forte- mente e nettamente atrofizzata su metà del suo percorso, l’esistenza di pochi grossi tubercoli con scrobicole profondamente incise, la forma stessa del guscio, con solco anteriore nullo presso l’apice, e sviluppato alla periferia, mi fanno ritenere non dubbia l'attribuzione generica. Infatti, in queste forme una tale atrofia così pronunciata, mi sembra indizio sicuro della esistenza di una fasciola interna, anche se di essa non resta più altra traccia. D'altro canto, nessuna Maretia io conosco, nella quale si possa riscontrare cotesto carattere, ad eccezione forse della M. Guebhardi LamB., che potrebbe essere benissimo anche una vera e propria Lovenia. Per ciò ritengo che la specie descritta da AlraGHI ! come Maretia Saccoî, che presenta spiccatissima questa conformazione degli ambulacri, — come ho potuto verificare nel tipo ed anche in un buon esemplare di questa specie, proveniente dalla Sardegna e appartenente al Museo di Firenze — sia essa pure una Sarsella. Dalla Sarsella Saccoi, adunque, la nostra specie, che le è vicinissima, si distingue peri petali anteriori più larghi e larghi quanto i posteriori, mentre nella S. Sacco essi sono più sottili, e per il profilo pia- neggiante, alquanto diverso da quello della specie umbra e sarda, che discende uniformemente dal di 4) ArraGHI. Echinod. mioc. di S. Maria Tiberina. Atti R. Acc. Sc. di Torino, XL, 1904, pag. 13, fig. 21, 22. [39] ; G. STEFANINI 103 dietro in avanti. Anche la sinuosità corrispondente al solco anteriore sembra maggiore in questa che nella specie di Malta. Le differenze fra la S. anteroalta e la S. Wrighti (WrIGHT) PomeL 1887 (= Spa- tangus ocellatus WricaTt = Sarsella Duncani GrEG. 1891), sono diffusamente poste in rilievo dal GREGORY. Del resto il LAMBERT opina che si tratti di una Loveria. La Lovenia Peroni, fu a torto considerata dal GREGORY come una Sarsella. — E dal tipo delle. Sarsella mi sembra allontanarsi non poco anche la ,S. mauritanica (non Pow.) CorteAU, 1885-1889. Dalla Sarsella sulcata dell’Eocene la specie miocenica si distingue facilmente pel minor numero di tubercoli, pel profilo diverso, i margini più sottili, i petali anteriori meno divergenti. Probabilmente appartiene a questa medesima specie anche un altro esemplare dell’ Emilia, che il Mazzetti descrisse e figurò schematicamente !) come tipo di una specie nuova — Hemipatagus cordiformis. È un esemplare molto guasto e schiacciato posteriormente, al punto da simulare quel curioso contorno cuoriforme, che si osserva nella figura del Mazzerti. Il suo stato di conservazione non mi permette però una sicura identificazione. Località: — Salto, Montese? Collezione: — MAZZETTI. Località diverse: — Miocene di Malta (G/ob. Limest.). XVI. Gen. Mariania AIRAGHI, 1901. Non starò a ripetere la diagnosi di questo genere, pubblicata di recente dall’ArrAGHI, prendendo per tipo il Macropneustes Marmorae Acass. et Des., e lo Spatangus chitonosus Sism. Le affinità del nuovo genere sono, più assai che col gen. Macropneustes, coi gen. Hypsopatagus e Spatangus, alla cui famiglia appartiene senza dubbio. Dal primo differisce per l’assenza, ormai sicura, di fasciola peripetala, per i tubercoli non limitati verso l’ambito, per i petali larghi, depressi ma non escavati, con zone porifere strette e zona interporifera relativamente ampia; dal terzo per i petali aperti all'estremità, per i tubercoli grandi non ineguali, diffusi su tutto il campo degli interambulacri fino al confine coi petali e fino all’ambito e, sulla faccia superiore, anche nella parte estrapetala delle zone ambulacrali. Di più i pori nei miei esem- plari e nella figura di CortEAU appaiono non coniugati e tali sono anche nel tipo dell’AtRAGHI, per quanto, per svista, egli dica il contrario. Il CortEAU indica poi i solchi come quasi nulli. Finalmente dal gen. Hypsospatangus, al quale la nostra specie fu a torto ascritta dal Borro Mticca, il gen. Mariania si di- stingue per l’assenza di fasciola peripetala e per la presenza di quella sottoanale. Pure seguendo nella sua ipotesi l’AtrRAGHI, ed ammettendo per un momento la mancanza anche di quest’ultima fasciola, della quale però mi sembra avere scorto qualche traccia nei miei esemplari meglio conservati, le Mariania reste- rebbero sempre assai lontane dai Leiopneustes per la presenza di tubercoli principali, che mancano invece in quest’ultimo genere. Il dott. CueccHIA ? ed anche il sig. LAMBERT 3) fecero poco buona accoglienza a questo nuovo genere. La base principale delle loro critiche sta nel valore attribuito dall’AtraeHI alla forma depressa e aperta dei petali, caratteri dei quali il CHECCHIA contesta perfino l’esistenza: ora io ho potuto riscontrarli anche 4) MAzzaTtTI e PANTANELLI. Cenno monogr. ecc., L. cit., pag. 31, t.II, fig. 7. 2) CHECCHIA, in Riv. It. di Paleontol., vol. VIII, fasc. 1, 1902, pag. 16. 3) LAMBERT, in Revue de Paléozool., par. M. Cossman, vol. VI, n.° 2, pag. 91; — LAMBERT. Etude échin. de Vence, L. cit., pag. 51. 104 G. STEFANINI [40] sui miei numerosissimi esemplari. È invece opportuna la discussione sul valore da attribuirsi a tali caratteri; e non a torto il LamBERT osserva, che diversi veri Spatangus hanno petali leggermente de- pressi, il che è ben diverso da incavati, con la quale parola si sogliono più particolarmente indicare i petali dei Brissidi, i quali, del resto, si possono riconoscere da quelli degli Spatangidi per vari altri caratteri e per l’aspetto, agevolmente; d’altro canto si sa che la maggiore o minore depressione di essi è spesso un carattere puramente individuale, connesso, a quel che pare — almeno in certe specie — con la pro- fondità dei mari nei quali vissero i diversi individui . i Il LampertT aggiunge che anche l’essere i petali aperti all’estremità non costituisce un carattere im- portante, potendosi trovare petali aperti e petali chiusi perfino in individui diversi della stessa specie. Anch'io ho riscontrato questo fatto talvolta; ma esso non significa, a parer mio, che la forma aperta o chiusa dei petali, intesa si capisce con discrezione, non abbia alcuna importanza. E bisogna osservare, che a tale carattere dei petali è stato sempre attribuito dagli echinologhi un certo valore: l’ArracHI ?) cita, a difesa del suo genere, una frase del CorreAU *); io mi contenterò di accennare che anche Duncan con- sidera il gen. Spatangus come provvisto di petali chiusi 4 e ricorderò che il CotTEAU perfino nella prima sua descrizione di questa specie insiste sull’importanza di tale carattere. Ma ciò che più importa si è, che il carattere sopra indicato è accompagnato anche da altri, come quello dei pori non coniugati, dei solchi actinali molto impressi e della disposizione e diffusione dei tubercoli sul guscio della Mariania Marmorae; prima di accettare l’abolizione di Mariania, ho voluto porre in evidenza una tale conforma- “zione, che mi sembra non priva di importanza, e non si trova indicata, che io sappia, in alcuna descri- zione di echini fossili appartenenti al genere Spatangus. L'unico Spatangus fossile al quale la M. Mar- morae si avvicina alquanto è lo S. pes-equuli Corr. dell’ Eocene medio belga e francese: esso non ha però i tubercoli sugli ambulacri e i suoi pori sarebbero coniugati. I caratteri specifici differenziali fra le due specie abbondano, e risiedono nel solco anteriore, nell’ampiezza dei petali, nella diversa disposi- zione delle vie ambulacrali e diversa estensione degli ambulacri laterali sulla faccia inferiore ecc. Tra i viventi è notevole lo S. Raschi Lov., delle coste atlantiche orientali, specificamente ben distinto, dalla M. Marmorae, ma caratterizzato come essa da solchi actinali molto marcati, forma subconica, elevata e tubercoli principali copiosi, uniformi, e distribuiti ugualmente sugl’interambulacrali e sulla parte estra- petala degli ambulacri, fino agli orli. Anche qui — giudicando dalle belle fotografie del MortENSEN °) — i pori appaiono molto debolmente coniugati, se pure lo sono. Il BeLL 9 però cita degli esemplari intermedi fra lo S. Raschi e lo .S. purpureus, e il MoRTENSEN ” spiega il fatto, supponendo possa trattarsi di un’incrociatura tra le due specie. Se ciò venisse confer- mato, costituirebbe un valido argomento contro l'accettazione del gen. Mariania, in quanto sarebbe la. prova migliore della poca importanza di quei caratteri che abbiamo invocato come differenziali tra essa e Spatangus; ma l'esempio di questo preteso ibrido, che il MoRtENSEN figura 5), mi pare poco persuasivo:. esso non sembra accostarsi allo S. Raschi che per l'altezza. hi 4 Lovin. On Pourtalesia. K. Svenska Vetensk.-Ak. Handl. XIX, n.07, pag. 95. ArrAGHI. Echinofauna oligo-mioc. della conca benac. Boll. Soc. geol. it., XXI, 1902, pag. 387, nota. CortEAU. Paleont. franc. Echin. Eoc. L. cit., vol. I, pag. 140. DUNCAN. Revision ecc. L. cit., pag. 251. MortENSEN. Echinoidea, II, L. cit., pag. 129, tav. I, fig. 4, 5, tav. II, fig. 19. °) BaLL. Rep. on a deep-sea trawl. Cruise S. W. Coast of Ireland. Ann. Mag. Nat. Hist., IV, 1889. 7) MoRrTENSEN. /bid., pag. 130, 131. 8) MoRrTENSEN. Ibid., tav. II, fig. 12, 14, 16. 2 3 4 5 [41] G. STEFANINI 105 1. Mariania Marmorae Acass. et Des. - Tav. XVI [IV], fig. 1. 1847. Macropneustes Marmorae Agassiz et Desor. Catal. raîis. echin. L. cit., pag. 115. 1877. _ _ Corrrau. Descript. échin. tert. Corse. Ann. Soc. Agric. Lyon, IX, pag. 320, tav. XV, fig. 1-3. 1880. — —_ Manzoni. Spugne sil. mol. mioc. Bol. Atti Soc. tosc. Sc. nat., vol. V, pag. 174. i 1896. Hypsospatangus — Borro Micca. Contrib. st. echin. terx. Piem., L. cit., pag. 28. 1896. Spatangus — Correau. Monogr. des Spatangus. L. cit., pag. 7 (cum syn.). 1901. Mariania — ArtracuHI. Echin. terx. Piem. e Lig. L. cit., pag. 211, tav. XXVII, fig. 5. DIMENSIONI Lunghezza o - : Gero È 2 5 mm. 50 mm. 48 Larghezza. È c . : È : 5 - » 54,5 » 49 Altezza . 3 e È 5 ò . » 23,5 DI EE Petali rota pari. a È o . - > e » 24 » Larghezza ” : 5 n » 4.5 —_ Petali posteriori. Lunghezza . . 5 - » 23 » 24 » Larghezza . 5 3 5 » 5 » 5,5 Distanza della bocca dal margine anteriore . : Di lo » 12 » dell’apice » » x È > 2335 > 24 Specie di mediocri dimensioni, provvista di un guscio cordiforme, subcircolare, subemisferico, poco inciso in avanti e troncato in dietro. Superficie superiore uniformemente e fortemente convessa, con la massima elevazione corrispondente all’ apice, che è quasi centrale. Orli sottili, particolarmente in corrispondenza degli interambulacri anteriori, ove il margine si piega sensibilmente in giù, in modo caratteristico. Faccia posteriore limitata, tronca. Faccia inferiore piana o leggermente concava per l’accennato piegamento degli orli, con due forti solchi actinali. Il solco anteriore si prolunga fino al peristoma. Piastrone amfisterno poco o punto rilevato. Zone ambulacrali petaloidee. Il petalo anteriore, costituito da due linee di pori semplici in coppie oblique, decorre in un solco poco pronunziato. I petali pari sono un poco depressi, lanceolati, assai luoghi e piuttosto larghi, imperfettamente chiusi all’estremità; essi sono formati da due zone porifere legger- mente curve, superficiali. Le zone porifere sono larghe un po’ meno della metà delle interporifere. I pe- tali anteriori e posteriori sono all’incirca uguali fra loro per forma e dimensioni; gli anteriori, tuttavia, generalmente un poco più lunghi. Le zone porifere dal punto ove termina il petalo si continuano cia- scuna in una linea di pori piccoli e radi, che convergono intorno alla bocca; quelli degli ambulacri pari anteriori sono particolarmente notevoli, perchè sono bene sviluppati e in parecchi degli esemplari si ve- dono formare, ai lati del peristoma, entro i solchi actinali, due ben distinte linee curve e quasi parallele: Zone interambulacrali debolmente rigonfie vicino all’apice. Sistema apicale quasi centrale, tetrabasale, di tipo etmolisiano, con quattro pori genitali. La placca madreporica è tempestata di sottili idrotremi. Periprocto grande, ovale trasversale, situato nella faccia posteriore. Peristoma, assai eccentrico in avanti, semicircolare, con labbro grande e saliente. Epistroma costituito da una fine granulazione, in mezzo alla quale, sulla faccia superiore, si trovano i tubercoli grandi scrobicolati, mamellonati, e perforati, uguali, molto numerosi, e disposti spesso assai confusamente, ma spesso anche in modo molto evidente in gruppi triangolari al margine superiore di Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. te. 106 G. STEFANINI [42] tutte le placche, fino all’ambito. Presso agli orli alcuni tubercoli invadono in parte anche le zone ambu- lacrali e di qui la faccia inferiore, ove si dispongono uniformemente, più piccoli e numerosi verso gli orli, via via più grossi e radi a misura che si avvicinano al mezzo. Le zone ambulacrali sulla faccia inferiore sono tutte e cinque nude. In pochissimi campioni credo riconoscere alcune traccie di fasciola sottoanale. Ad uno degli esemplari stanno ‘ancora aderenti alcuni radioli, piccoli, sottili, cilindrici, lisci. L’ identificazione dei numerosi esemplari della molassa con quelli delle colline torinesi mi sembra indubbia: e così pure credo giustificato attribuirli tutti alla specie corsa descritta dal CorTEAU, sebbene abbia osservato che i meglio conservati tra i miei esemplari sono più bassi ed hanno, sopratutto ante- riormente, il margine piegato e un poco più sottile di quello figurato dal CortrAU. La disposizione dei tubercoli lungo l’orlo superiore delle placche ambulacrali in gruppetti triangolari o in forma di V, è in alcuni esemplari evidente, in altri invece è un poco confusa e mascherata da alcuni tubercoli che escono di fila: ciò non toglie che detta disposizione sussista. Così si spiega come il DesoR nella descrizione prima della specie dicesse che i tubercoli sono solo talora disposti in “chevrons,; e ne vien chia- rita altresì l’espressione un po’ incerta del CorteAU. Questi dice che i tubercoli sono “quasi nulli, sulle aree ambulacrali: ciò è smentito dalle sue stesse figure nelle quali, come nei miei esemplari, si vede la parte estrapetala degli ambulacri pari occupata da tubercoli uguali a quelli degl’ interambulacri. Località: — Serra dei Guidoni. Collezione: — MANZONI. Località diverse: Miocene di Corsica e dei Colli torinesi. XVII. Gen. Spatangus KLEIN, 1754. Il sig. LAMBERT, osservando con molta erudizione, che il KrEIN creò il gen. Spatangus per echini “ insignem habentes lucunam in dorso, sulicosque în vertice , vorrebbe cambiato il vecchio nome in uno nuovo, Prospatangus. Egli propose questo cambiamento fino dal 1902 ®, ma per allora non lo adottò, anzi si affrettò ad aggiungere una giusta riflessione: “ peut-étre aujourd’ hui est-il possible de ne pas revenir sur une tradition presque séculaire; mais il est bon de ne pas ignorer, qu’ elle repose sur une erreur ,. Nei suoi più recenti lavori -— già più volte citati — egli mette invece in esecuzione il pro- gettato cambiamento, e ribattezza tutti gli Spatangus, riserbando questo nome a certi Schizaster. Ricordo che ad una proposta consimile, fatta dal GREGORY a proposito del gen. Echinanthus, il GAUTHIER, col suo fine spirito di critico, commentò: “ il eut peut-étre mieux valu laisser dormir la question ,,. E così fu fatto. Altrettanto propone ora di fare, per quanto riguarda Spatangus e Schizaster, il dott. MORTENSEN 2) ap- poggiandosi anche sull’ autorità di Lupwic e di BaATHER ed io credo opportuno accettare questa conclu- sione, che elimina una inesauribile sorgente di confusioni. i) LAMBERT. Descr. ech. Barc. P. I (L. cît.), pag. 55, nota. 2) MorTENSEN. Echinoidea (Dan. Ingolf-Exp.: L. cit.), pag. 123, 132, 175-176. V. anche: FourTEAU. Note sur le Schizaster gibberulus et obs. sur le genre Schizaster. Bull. Inst. Egypt., 5. sér., tome I, 1908, pag. 197. Per risolvere queste questioni di nomenclatura, che in certi casi si sono fatte quasi inestricabili e che minacciano di portare un’ enorme confusione negli studi echinologici, il dott. MORTENSEN propone di formare un comitato internazionale, allo scopo di venire ad un accordo. La proposta merita la maggiore considerazione. [43] G. STEFANINI 107 1. Spatangus corsicus Drsor. — Tav. XVI [IV], fig. 2. 1847. Spatangus corsicus Dasor in Agassiz et Desor. Catal. raisonné des Hchin., pag. 113. 1878. — chitonosus (non Sisw.) Manzoni. Echin. foss. Schlier coll. Bol. L. cit., pag. 11, tav. IDE fig. 28, 29, 30. 1880. = —_ - — Eecn. foss. mol. serp. L. cit., pag. 6. 1883. — Manzonti (non Dawes) SimoneLi (pars). Y fossili del M. della Verna. Boll. Soc. geol. it., pag. 276 (non figure). 1835 hemiornatus Mazzenti e PantANELLI. Cenno mon. fauna foss. Montese. parte I, L. cit., pag. do tav. I, fig. 3. 1887. — discoidalis _ — Ibid. parte II. L. cit., ser. III, vol. VI, pag. 6. 1887. — semelanensis —_ — Ibid., pag. 7. 1887. — podex _ _ Ibid., pag. 8. 1887. — cor — Ibid., pag. 8. 1887. — corsicus? PARONA. Appunti a mioc. Sard. Boll. Soc. geol. it., VI, pag. 21. 1896. — = De Lorron. Descr. Ech. tert. Portugal, pag. 47, tav. XIII, (cum syn.). 1896. —_ Philippii (non Drsor) Mazzent. Cat. echin. foss. coll. Maxx. L. cit., pag. 12. (In questo lavoro sono citate anche le altre specie del Mazzemti che ho posto in sino- nimia e che tralascio di ripetere per brevità). 1896. — corsicus Borro Micca. Contr. studio echin. terx. Piem. L. cit., pag. 369. 1896. _ —_ Corrrau. Monog. des Spatangus. L. cit., pag. 2, tav. I, fig. 1-3, tav. IL fig. 1. 1896. — hemiornatus. Corrrav. Ibid, pag. 30. 1897. —_ corsicus De ArssanprI. La pietra da Cantoni di Ros. e Vignale. Mem. Mus. Civ. St. Nat. Milano, V, pag. 69. 1899. = _ Arracui. Ech. bac. Bormida. Boll. Soc. geol. it., XVIII, pag. 177. 1901. - —_ —_ Echin. terz. Piem. e Liguria. L. cit., pag. 215. 1906. Prospatangus corsicus LamerrT. Echin. de la Molasse de Vence. Ann. Soc. Lett. Sc. Arts des Alp. Mar., pag. 57, tav. XX. Riferisco a questa specie un discreto numero di echini, dal Manzoni considerati a torto come appar- tenenti allo Spatangus chitonosus Sism. del Miocene medio piemontese. Da questo si distinguono per la forma più lunga che larga, per la disposizione dei tubercoli principali in gruppetti triangolari e non in linee a forma di V, per gli ambulacri, a pena depressi in confronto degli interambulacri, che sono rigonfi, e infine per i petali di regola chiusi. In due soli esemplari ho osservato i petali assai aperti; ma coin- cidendo essi in tutti gli altri caratteri con la specie, credo debbano considerarsi come anomali. Per verità i miei fossili si discostano alquanto dalla figura del CortEAU; si avvicinano invece mol- tissimo a quella del De LoRrIoL; e siccome quest’ ultimo insigne autore, dopo accurati confronti con gli esemplari di Corsica, concluse che la figura del CortEAU, non era, in certi particolari, molto esatta, non ho esitato a prendere per modello la sua figura. Qualche piccola variazione individuale, unita a variazioni di forma dovuta alle compressioni, cui i diversi fossili sono andati soggetti, hanno dato origine alle numerose distinzioni specifiche, con creazione di altrettante specie nuove, cui il MAzzETTI sottopose gli individui, che io non esito ad ascrivere tutti a questa specie. Località: — S. M. Vigliana, Montese, Salto, Semelano, Pavullo, S. Leo, Praduro e Jano, Guiglia. Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. Località diverse: — Miocene di Corsica e Sardegna, Miocene di Piemonte, Miocene medio del Portogallo e della Dròme; Molassa di Vence. 108 G. STEFANINI [44] 2. Spatangus pustulosus WriGaT. 1864. Spatangus pustulosus WriGut. On the foss. echin. of Malta. Quart. Journ. Geol. Soc., XX, pag. 489, tav. XXI, fig. 2. 1881. — chitonosus (non Sisw.) MazzentI (pars). Echin. foss. Montese. L. cit., pag. 6. 1881. Prenaster (?) falax Mazzenti. Ibid., pag. 12. tav. I, fig. 5. 1883. Spantangus Manzonti (non Dawrs) Simonetti (pars). I fossili del M. della Verna. L. cit., pag. 276, tav. VI, fig. 22. 1885. Linthia Capellini (non De Lorio) Mazzerm e PanranELLI. Cenno monog. fauna foss. Montese, I. L. cit., pag. 14. 1885. — subelliptica Mazzanti e PantaneLLI. Ibid., pag. 16, tav. I, fig. 4. 1885. Spatangus chitonosus (non Sisw.) Mazzerti e PantanELLI. (pars). Ibid., pag. 9. 1891. _ pustulosus GrEGorY. On the Maltese Echinod. L. cit., pag. 624 (cumsyn.). 1996. —_ _ (non Sism.) Mazzerti (pars). Cat. ech. foss. coll. Mazzetti. L. cit., pag. 13. 1896. Linthia Capellinii (non De Lorior) Mazzerti. Ibid., pag. 26. 1896. — subelliptica Mazzei. Ibid., pag. 26. 1896. Spatangus pustulosus Cortest. Monographie des Spatangus. L. cit., pag. 29. 1906. Prospatangus — Lamsert. Echin. Mol. de Vence. L. cit., pag. 51, tav. X, fig. 2,3. 1908. Spatangus —_ SreFANINI. Ech. mioc. Malta. L. cit., pag. 462 e seg. Il guscio di dimensioni piuttosto piccole, alquanto depresso, smarginato in avanti, con apice un poco spostato anteriormente; i petali pari depressi, affilati, espansi, stretti, gli anteriori molto divergenti; le zone porifere larghe oltre la metà delle interporifere; l’ epistroma costituito di tubercoli principali aggrup- pati negli interambulacri, sono altrettanti caratteri che mi sembrano provare. largamente l’appartenenza di questi echini alla specie maltese. Nella nota preventiva lî indicavo come S. delphinus, parendomi potessero ravvicinarsi alla var. minor di questa specie, descritta dal LamBeRT. Un esame più accurato dei miei esemplari, che hanno petali anteriori non flessuosi, e sopratutto il confronto con due buoni esemplari di Malta dello ,S. pustulosus, mi hanno dimostrato che a questa specie, e non all'altra, debbono essere riferiti gli esemplari emiliani. Rien- trano in questa sinonimia due campioni, uno dei quali attribuito in origine al gen. Prenaster, fu pas- sato poi a Linthia, l’ altro descritto originariamente come Linthia. Non ho bisogno, dopo il cenno descrittivo precedente, di dilungarmi a provare l'errore di tali determinazioni, errore prodotto dalla forma depressa dei petali, che sembra essere stata confusa dal MAZzETTI con quella incavata che si os- serva nei Brissidae, nonchè — per la L. Capelliniî (non De Lor.) Mazz. — dall’ apparenza di una fasciola peripetala, che in realtà non esiste, e da una certa somiglianza nella forma generale del guscio. Aggiun- gerò che quasi tutti gli altri individui, considerati dal MAZzETTI come Linthia, pur non essendo per la maggior parte esattamente determinabili, sono evidentemente ben lontani dal genere cui furono attribuiti, e appartengono probabilmente a questa specie. Con essa il GREGORY pose in sinonimia lo ,S. aequedilatatus Mazz., di queste stesse formazioni emiliane, che io credo di dover lasciare separato, per ragioni che dirò appresso. In sinonimia ho posto anche una parte dello S. Manzonii Sim. il quale, sia dalla figura, sia, molto meglio, dall’esame diretto, si mostra ben distinto dallo S. austriacus. Località: — Semelano, Salto e Montese. Località diverse: — Malta (Globig. Limest.), Molassa di Vence, Miocene della Verna (Toscana), Miocene di Sicilia, Grecia? {45] G. STEFANINI 109 3. Spatangus austriacus Laure. 1861. Spatangus purpureus (non Min.) MicasLonmti. Descr. nouv. foss. mioc. coll. Turin. Rev. Mag. Zool. (fide Manz.). 1871. — austriacus Laure. Die Echin. oest-ung. ob. tert.- AbI. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., V, pag. 67, tav. XIX, fig. 3. 1878. — — Manzoni. (pars). Ech. foss. Schl. coll. Bol. L. cit., pag. 12, tav. II, fig. 10-15; III, fig. 21-22; IV, fig. 40 (non fig. 19, 20, 41). 1880. — = Manzoni. Ech. foss. mol. serp. Ibid., XLII, pag. 6. 1880. — _ — Spugne sîl. mol. mgoc. Bol. Atti Soc. tosc. Sc. nat., V, pag. 175. 1880. — — Manzoni in De Bosniasti. La form. gess.-xolf. Pr. Verb. Soc. Tosc. Sc. nat. 1881. — — Mazzerti. Ech. foss. Montese. L. cit., pag. 21. 1884. — _ Coppi. Il mioc. medio nei colli modenesi. Boll. R. Com. geol., XV, pag. 191. 1885. — — Mazzenti e PanranELLI. Cenno mon. fauna foss. Montese. L. cit., pag. 11. 1887. — — Nrviani. Contrib. alla geol. del Catanzarese, I. Boll. Soc. geol. it., VI, pag. 208. 1887. ES Sen Parona. Appunti per la paleont. mioc. della Sardegna. Boll. Soc. geol. it., VI, pag. 307. 1896. — —_ Mazzetti. Cat. ech. foss. coll. Mazzetti. L. cit., pag. 15. 1896. — —_ CorrtraU. Monogr. des Spatangus. L. cit., pag. 30. 1897. —_ — Vinassa. Echin. neog. mus. parm. Atti Soc. tosc. Sc. nat., XV, pag. 19. 1897. = —_ De Anernis. Contr. st. pal. valle dell’ Aniene. Boll. Soc. geol. it., XVI, pag. 292. 1898. Maretia Pareti (non Manz.) Amracni. Echini del Plioc. lomb. Atti Soc. It. Sc. nat. XXXVII, pag. 21. 1901. Spatangus austriacus Atracni. Ech. terx. Piemonte e Liguria. Palacont. ital., VII, pag. 215, tavola XXVII, fig. 8. 1903. — Manzoni (non Sim.) Nelli. Fossili mioc. mac. Porretta. Boll. Soc. geol. it., XXII, pag. 194, tav. VIII, fig. 2, 3; tav. X, fig. 5. 1907. — —_ — — Il miocene del V. Titano. Boll. Soc. geol. it., XXVI, pag. 273. | DIMENSIONI ni II III IV Limiti di 40es. adulti!) es. 2 di LAUBE Lunghezza o 5 . mm. 42 mm. 60 mm. 93 mm. 116,5 mm. 60-123 mm. 81 Larghezza ia ò - » 42 » 63,5 » 99 » 109,5 da0,93a 116 » 76,4 Altezza . 0 0 . — = » 37 » 38 da0,28a0,40 » 38 Petali ant. pari. Lunghezza » 15 » 29 » 39 - » 29 » » Larghezza » 3 » 3,2 » 8,2 —_ da0,19a0,24 » 7 Petali posteriori. Lunghezza » 14,5 » 29 » 36 —_ — » 31,5 » Larghezza » 3 » 3,2 » 8,2 — —_ » 6,8 Distanzadell’apice dal marg.ant.» 19 » 28 » 41 » 52 da 0,40a0,50 _ Grande specie di forma largamente cordata, profondamente incisa in avanti, più o meno troncata, ma a pena smarginata in dietro. La superficie superiore è bassa lungo gli orli, che sono per ciò taglienti, ma si rialza poi ad un tratto specialmente negli interambulacri pari anteriori e nel posteriore impari, 1) I dati di questa colonna relativi alla larghezza, altezza e distanza dell’ Apice sono posti in rapporto con la lunghezza del guscio: quelli della larghezza dei petali anteriori con la rispettiva lunghezza. 110 G. STEFANINI [46f che sono fortemente rigonfi: questi rigonfiamenti cedono però presso l’apice, il quale viene a trovarsi così alquanto depresso rispetto ai punti circostanti e particolarmente rispetto all’ interambulacro poste- riore, sul quale si riscontra la massima altezza. La superficie inferiore è, in complesso, piana, rigonfia in forma di due gobbe nella parte posteriore del piastrone, un poco incavata intorno al peristoma, verso il quale si continua il solco anteriore, fiancheggiato da due rilievi. La superficie posteriore è ristretta, obliqua, poco incavata. Zone ambulacrali petaloidee. Il petalo anteriore impari, diverso dagli altri è costituito di due linee di pori semplici e decorre in un solco, a pena accennato e talora assolutamente mancante nella prima metà del suo percorso, ma che va crescendo rapidamente in profondità se non in larghezza, da quel punto fino all’orlo, che ne viene intaccato profondamente. I petali pari anteriori sono chiusi, piuttosto acumi- nati, flessuosi, di media larghezza, molto: divergenti. I petali posteriori, sempre più corti degli anteriori, sono però, all’incirca della stessa larghezza di quelli; sono essi pure chiusi e acuminati, ma dritti. Le zone porifere, flessuose nei petali anteriori, curve nei posteriori, sono superficiali, larghe circa la metà della zona interporifera, e constano ciascuna di una doppia fila di pori, virgolari gli esterni, rotondi gli interni, e riuniti a due a due da sensibili solchi obliqui. Pori estrapetali finissimi e radi, difficilmente visibili. La zona porifera anteriore dei petali anteriori pari ha alcuni pori atrofici. Zone interambulacrali rigonfie, sopratutto la posteriore impari. Sistema apicale più o meno eccentrico in avanti, assai grande e costituito da tre placche basali, più la placca madreporica, tutte e quattro recanti ciascuna un poro genitale; la placca madreporica, tempe- stata di idrotremi, attraversa tutto l’apparato, e si espande largamente in dietro, in corrispondenza del- l’interambulacro impari. Im corrispondenza delle zone ambulacrali stanno le placche radiali, che assomi- gliano per la forma, ad un accento circonflesso. Periprocto ovale trasversale, posto in alto della faccia posteriore. Peristoma molto eccentrico in avanti, con labbro bene sviluppato. La faccia superiore è ricoperta da una sottilissima granulazione uniforme, i cui minutissimi granuli si trasformano in veri tubercoli scrobiculati, molto più grossi e radi, regolarmente e uniformemente dif- fusi, sugl’interambulacri della faccia inferiore, ove crescono in grandezza gradatamente e insensibilmente a partire dall’ estremità posteriore venendo verso l'anteriore. Una fasciola sottoanale. Gl’interambulacri della faccia superiore sono inoltre occupati dai tubercoli principali, molto grandi, scrobiculati crenellati, recanti dei mamelloni perforati. Questi tubercoli sono disposti in triangoli o in: V, aventi la loro base all’ orlo superiore delle placche; in quelle più lontane dall’ apice, però, del primitivo V non resta che una gamba sola. Negl’interambulacri anteriori i tubercoli, diminuendo gradatamente di grossezza, giun- gono fino all’orlo, mentre sui margini del solco anteriore si hanno pure numerosissimi piccoli tubercoli. Negl’interambulacri posteriori pari i tubercoli si arrestano a un tratto all’altezza dei petali vicini. Anche nell’interambulacro impari raggiungono sempre questa altezza o la oltrepassano di poco. Avendo a mia disposizione un grande numero di esemplari — circa settantacinque fra buoni e cat- tivi — ho potuto osservare numerose e notevoli variazioni, sempre però entro limiti assai ristretti. Nella descrizione ho già accennato che avrei tenuto conto degli esemplari tipici; infatti ne ho potuti osservare diversi, nei quali la modellatura speciale del guscio, sopra descritta, ha uno sviluppo minimo o nullo, tal che per gradi insensibili, si passa ad esemplari la cui superficie superiore è leggermente e quasi uniformemente convessa. Ho però notato che gli esemplari accennati hanno costantemente di- mensioni più piccole degli altri; e ne inferisco che questa diversità di forma sia in rapporto coll’ età. {47] G. STEFANINI noia Quanto all’esemplare figurato dal Manzoni a tav. III, fig. 19, 20 ®, come esemplare giovane, io non credo che esso possa rimanere in questa specie, sia per le numerose differenze che ne lo distinguono, e che lo fanno piuttosto ravvicinare allo S. subconicus MAzz., sia per il fatto, che gli esemplari giovani dello S. austriacus sono noti, ed hanno, come ho detto, la superficie superiore poco ed uniformemente convessa. Variazioni degne di essere mentovate si osservano anche nella larghezza relativa delle zone porifere e interporifere, nella larghezza stessa degli esemplari, alcuni dei quali sono più larghi che lunghi, mentre in altri avviene il contrario, e finalmente nella eccentricità maggiore o minore dell’ apice. Come risulta dalle misure che espongo in principio, queste variazioni si esercitano entro limiti piuttosto ristretti, e, d’altra parte, il passaggio tra i vari tipi avviene così gradatamente, che sarebbe impossibile, a parer mio, distinguere in base ad esse delle specie o anche delle varietà. Differisce dallo S. purpureus per la forma meno regolarmente cordata, più larga, generalmente più tronca in dietro, per i tubercoli più grandi, meno numerosi e disposti più regolarmente: dallo S. corsicus per la curvatura meno uniforme della superficie superiore, per la forma del guscio e dei petali anteriori, che in quest’ultima specie sono solo subflessuosi. Infine lo S. austriacus si distingue dallo S. pustulosus WR. et Apams per l’apice meno eccentrico, per il minor numero di tubercoli, i petali anteriori flessuosi, il margine posteriore troncato ma non smarginato, come nella specie del WRIGHT. Gli esemplari che ho attribuito a questa specie furono descritti già ed accuratamente figurati dal MANZONI con questo stesso nome. Nel 1883 però il Simonetti 2), identificando a torto con essa alcuni suoi campioni della Verna — che io ho riscontrato appartenere in parte allo S. pustulosus, in parte allo S. corsicus — osservava alcune differenze tra gli esemplari dello Schlier italiano e quelli austriaci, e particolarmente notava, che i primi avrebbero i petali più stretti, gli ambulacri anteriori più lunghi dei posteriori, i tubercoli dell’area interambulacrale impari oltrepassanti o almeno raggiungenti l’altezza dei petali vicini. Le sue osservazioni, sebbene fatte a proposito di echini che non appartenevano alla specie, conservano il loro valore per il fatto, che il Simonetti si basava sopratutto sull’ esame delle figure, non inesatte, del Manzoni. Ma tali osservazioni furono subito contestate. Fin da principio infatti presero le difese dell’antica attribuzione il Coppi ®) e il MazzemtI 4); e, in seguito a ciò, alcuni degli autori rima- sero completamente persuasi 5, altri conservarono dei dubbi, che il solo esame dei tipi del LauBE avrebbe potuto risolvere 9. Così io pregai il prof. G. DarneLLI, della cui amicizia mi onoro, e che trovavasi allora a Vienna per ragioni di studio, a volermi inviare notizie e misure. Occorre intanto osservare come i due esemplari figurati dal Lause appariscano dalle figure stesse assai diversi tra loro; l’uno molto convesso, conico, espanso alla base, con petali flessuosi; l’altro con la superficie uniformemente e debolmente con- vessa, e petali apparentemente dritti. Quest’ ultimo sembra rassomigliare molto ad alcuni esemplari, che descrivo come tipi di una specie nuova, lo S. De-Stefanti. Non potendo, senza aver visto gli esemplari, effettuare una tale separazione, credo però opportuno considerare come tipo della specie soprattutto l’esemplare 2. Confrontando ora con questo gli echini dell’ Emilia, apparisce assai chiara l’aftinità stret- 41) Manzoni. Ech. foss. Schl. L. cit. ; 2) SIMONELLI. IZ Monte della Verna e î suoì fossili. Boll. Soc. geol. it., II, 1883, pag. 276, tav. VI, fig. 22. 3) Coppi. Il mioc. medio ecc. L. cit., pag. 191. 4) MAZZETTI e PANTANELLI. Cenno monogr. ecc. L. cit., pag. 11. 5) ArraGHI. Ech. terz. Piem. e Lig. L. cit., pag. 216. 6) NeLLI. Foss. mioc. macigno Porretta. Boll. Soc. geol. it., XXII, 1903, pag. 195; — Vinassa. Ech. neog. Mus. Parm. L. cit., pag. 19. 112 G. STEFANINI [48] tissima delle due forme, non ostante che i dati trasmessimi dal DAINELLI dimostrassero in parte reali le differenze; le quali in questo caso sono però tali, che si possono spiegare agevolmente notando, che il tipo è un modello interno, nel quale i petali debbono necessariamente apparire un poco più larghi ecc. D’altra parte, anche il confronto con la figura 2*, a parte le differenze già messe in evidenza, non re-. cherebbe necessariamente ad una separazione specifica, sembrandomi che l’essere i tubercoli un poco più o un poco meno estesi sul guscio sia in sè stesso un carattere di scarso valore. Riporto dunque gli echini emiliani alla specie austriaca; e con questo cade definitivamente il nome di S. Manzonti, che, del resto, avrebbe dovuto in ogni modo essere sostituito, essendo già stato proposto dal Dames !) per il Linopneustes Pareti, che egli considerava appunto come uno Spatangus. Località: — Montese, S. Maria Vigliana, Serra dei Guidoni, Rocca S. Maria (f.de Corpi), Pantano, Tolé, Praduro e Jano e Guiglia. Ciano d’Enza (fide Vinassa), Macigno miocenico di Porretta. Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. Località diverse: — Miocene d’Austria ((Schlier). Miocene di Val Staffora (Lombardia), di Sambuci (Valle dell'Aniene), di Sardegna e di Calabria. Miocene di S. Marino. 4. Spatangus De-Stefanii n. sp. — Tav. XVI [IV], fig. 3. 1878. Spatangus austriacus (non Lausr) Manzoni (pars). Ech. foss. Schlier coll. Bol. L. cit., pag. 12, tavola IV, fig. 41 (non aliae). Specie di grandi dimensioni, provvista di un guscio di forma uniformemente e debolmente convessa, con orli sottili, contorno confusamente cuoriforme, con una angolosità al terzo anteriore e una forte in- taccatura in avanti in corrispondenza del solco, il quale è assai debole presso l’apice ma si fa assai più largo e profondo all’ ambito. Zone ambulacrali petaloidee, l’impari disuguale dalle altre e costituita di pori semplici e minuti. I petali pari sono chiusi, lanceolati, diritti, simmetrici, in lunghezza e larghezza subeguali. Zone porifere larghe circa la metà della zona interporifera, un poco depresse, composte di pori geminati, diseguali, virgolari gli esterni, circolari gl’ interni. Presso l’apice alcune coppie atrofiche o mancanti specialmente alle zone anteriori dei petali anteriori. Zone interambulacrali un poco convesse, le posteriori pari con una lieve costola in corrispondenza della angolosità accennata del contorno. Sistema apicale subcentrale, tetrabasale etmolisiano, con placca madreporica lungamente prolungata indietro, con idrotremi relativamente grandi, placche basali subcircolari con grandi pori ravvicinati, placche radiali in forma di accento circonflesso. i Tubercoli principali grandi, scrobicolati, perforati e crenellati, molto numerosi e disposti in gruppi triangolari o in linee a forma di V, con la base al margine superiore delle placche. Negl’interambulacri anteriori i tubercoli vanno diminuendo di grandezza verso l’ ambito, ma si prolungano fino ad esso, anzi, vi si raffittiscono. Negl’interambulacri pari posteriori raggiungono a pena l’altezza dei petali, e distri- buèndosi più in avanti che in dietro. Nell’interambùlacro impari sono molto numerosi e si prolungano, molto oltre l'altezza dei petali; nelle placche più distanti dall’ apice dei primitivi V non resta però che una sola gamba, quella accosto alla linea mediana dell’interambulacro. La superficie è poi ricoperta di granuli finis- 1) Damps. A. Manzoni. Gli echinod. dello Schl. ete. L. cit., pag. 727. [49] G. STEFANINI 113 simi nella faccia superiore, più radi e grossi sui margini della inferiore, dove vanno facendosi via via più grossolani fino ad assumere la forma di tubercoletti scrobicolati, disposti in serie assai regolari. Questa specie differisce dallo S. austriacus LAuBE, al quale i tipi furono dal Manzoni attribuiti, per la forma uniformemente e debolmente convessa, non subconica ed espansa alla base, per le angolosità del contorno, specialmente al terzo anteriore, originate dall’esistenza di lievi costole, per la forma lan- ceolata simmetrica e dritta, non flessuosa, dei petali anteriori pari, pel solco anteriore più uniformemente e gradatamente marcato dall’ apice all’orlo. Le sue maggiori affinità sono con lo S. Peroni Cott., che gli è in realtà assai vicino: da esso lo S. De-Stefanii si riconosce pel solco anteriore intaccante molto profondamente il margine, i petali un poco più estesi, e, forse, qualche differenza vi è nella disposizione dei tubercoli. È degno di nota il fatto, che, per qualche carattere, la nostra specie si avvicina assai più all’esem- plare 2.8 dello S. austriacus di LauBE, che non all’esemplare 2. Ho già accennato al dubbio, che i due esemplari figurati dal LauBE non possano essere mantenuti nella stessa specie. Località: — S. Leo, Praduro e Jano. Collezione: — MANZONI. 5. Spatangus subconicus Mazzetti. — Tav. XVI [IV], fig. 4. 1878. Spatangus austriacus (pars) Manzoni. Echin. foss. Schlier coll. Bol. L. cit., pag. 12, tav. III, fig. 19, 20 (non aliae). . 1881. = subconicus Mazzerti. Echin. foss. Montese. L. cit., pag. 21 tav. II, fig. 2. 1884. _ = Coppi. Il Mioc. medio nei colli modenesi. L. cit., pag. 191. 1885. —_ arcuatus Mazzerti e PantanELLI. Cenno mon. fauna foss. Montese, I parte. L. cit., pag. 7, tav. I, fig. 2. 1887. —_ hemisphaericus Mazzanti e PantANELLI. Cenno mon. fauna foss. Montese, II parte. L. cit., pag. 5. 1896. — = Borro Micca. Contr. allo st. d. echin. tera. d. Piemonte. L. cit., pag. 373, tav. X, fig. 7. 1896. _ subconicus Mazzanti. Cat. echin. foss. coll. Maxzetti. L. cit., pag. 12. 1896. — arcuatus Mazzerti. Ibid., pag. 10. 1896. —_ hemisphaericus Mazzerti. Ibid., pag. 12. 1896. — arcuatus Cortrau. Monogr. des Spatangus. L. cit., pag. 30. 1901. — Botto-Miccai (non Vinassa) Arracni. Echin. tera. Piem. e Liguria. L. cit., pag. 216, ta- vola XXVII, fig. 7. DIMENSIONI I II III IV v Lunghezza . v . 0 ò : o mm. 84 mm. 87 mm. 90 mm. 9l mm. 78 ‘Larghezza . SIT d ; SILLA » | 78 » 88 » 93 » 88 » 78 Altezza .. . o à 0 . 0 = » 45 — » 42 » 32 Petali anteriori pari. Lunghezza. . o » 31,5 » 35 » 136 Deb) 506 » » » Larghezza. o i » 1 » 8,5 » 1,5 » 6,5 » 8 Petali posteriori. Lunghezza. 1 à » 31 » 35 » 36 DIMENSS » 30 » » Larghezza . o o » Y » 9 » 8,5 » T( » 8 Distanza dell’apice dal marg. ant. o ò >» 39 » 41 » Al » 44,5 » 36 15 Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 114 G. STEFANINI [50] Echino di grandi dimensioni, provvisto di un guscio cordiforme, rigonfio, alto, profondamente e net- tamente inciso in avanti, acuminato e tronco in dietro, percorso sulla faccia superiore da leggere costole, che vanno dall’apice ai margini, ove determinano delle ottuse angolosità nella linea di contorno. Zone ambulacrali petalo:ds®. Petalo anteriore impari diverso dagli altri e decorrente in un solco pochissimo pronunciato presso l’apice, ma che si approfondisce rapidamente, e descrivendo, per la forte convessità del guscio, un arco molto accentuato, scende a intaccare 1’ orlo. Petali pari subflessuosi, assai grandi, presso a poco uguali tra loro. Zone porifere un poco depresse, larghe circa la metà delle inter- porifere, costituite di pori tondeggianti, grandetti, uniti a due a due da ben marcati solchi obliqui: la zona porifera anteriore dei petali pari anteriori ricurva indietro, è assai larga alla sua estremità distale, ma va facendosi sempre più stretta via via che si avvicina all'apice, per il graduale ravvicinarsi e atro- fizzarsi dei pori: le coppie di pori più o meno atrofici o completamente mancanti sono circa 10. sulle 32 che costituiscono l’intera zona. Zone interambulacrali un poco rigonfie, specialmente le due anteriori e la posteriore impari. Sistema apicale spostato debolmente in avanti con quattro pori genitali non molto grandi. Epistroma costituito di tubercoli scrobicolati e perforati, grandi e assai numerosi. Negli ambulacri anteriori essi occupano tutto lo spazio, nei posteriori pari raggiungono e non oltrepassano l’altezza dei petali, nell’impari la oltrepassano sensibilmente, giungendo circa a metà strada fra l’apice e l’orlo. La minuta granulazione della faccia superiore si fa assai più rada e grossolana nella inferiore. La fasciola sottoanale, l’unica che si trovi negli Spatangus, non è visibile nei nostri esemplari. Questa specie è nettamente distinta dalle altre per la sua superficie superiore tumida, pel contorno cordiforme, strettamente e profondamente inciso dal solco anteriore, ottusamente angoloso ai lati, ristretto e acuminato indietro. Questi caratteri mi sembrano sufficienti per riconoscerla dallo S. delphinus DEFR., al quale, più che agli altri Spatangus, sembra avvicinarsi. Il MazzerTI aveva distinto alcune altre specie, che io riunisco a questa, in base a piccole differenze di forma, dovute talora a deformazioni, più spesso ad una certa variabilità della specie. Le dimensioni sono assai variabili, essendovi individui più lunghi che larghi, e individui, al contrario, un po’ più larghi che lunghi: anche l’ampiezza dei petali è un poco variabile; ma tutti i caratteri nel loro complesso e l’aspetto generale sono così concordanti, e d°’ altro canto, le variazioni sono così attenuate da forme intermedie di passaggio, che sarebbe impossibile fare di questi caratteri alquanto variabili altrettanti caratteri specifici differenziali. Come individui giovani di questa specie considero alcuni piccoli esemplari alti e rigonfi, con solco anteriore svasato e petali dritti; uno dei quali è figurato dal Manzoni come S. austriacus. Lo S. arcuatus Mazz. è fondato su di un esemplare molto guasto dalle pressioni, talchè la descrizione e la figura schematica che ce ne dà l'A. riescono grandemente inesatte: esso parmi sicuramente coincidere con lo ,S. subconicus. Con questo pongo in sinonimia anche lo S. Botto-Miccaè (Botto M.) AtR. (non Vin.) del Miocene medio torinese. Tale specie ha subìto una complessa serie di vicende. Il VinassaA 2) in una recensione del citato lavoro del Borro Micca osservava che il nome di ,S. Manzonei da questo imposto ad una specie pliocenica 1) Esso appare un poco eccentrico indietro nell’esemplare da me riprodotto, causa la non perfetta collocazione sotto l’obiettivo: appare invece molto eccentrico in avanti nella figura del tipo di Botto Micca per una causa ana- loga, ma opposta. 2) Vinassa in Riv. It. di Paleont., III, 1897, pag. 3. [51] G. STEFANINI 115 non era accettabile, a norma delle leggi di nomenclatura, perchè troppo simile a quello di S. Manzoni , già proposto dal SimoneLLi per la ben nota specie dello Schlier: in sostituzione di quello, proponeva dunque il nome di ,S. Botto-Miccaî. E che il VinAassA avesse ragione di temere le confusioni, lo dimostra il fatto, che l’AtracHI !) ponendo lo S. Manzonei in sinonimia con lo S. purpureus, cominciò subito con lo sbagliare, e lo chiamò Manzonii. Però un altro errore più grave commise nel tempo stesso l’ATRAGHI, confondendo tra loro lo S. Manzonei e lo S. sp., descritti ambedue nello stesso lavoro dal Borro Micca, e applicando al secondo, nella sinonimia, il nome di S. Botto-Miccai, dal Vinassa proposto per il primo, e le osservazioni stesse a proposito di questa specie. Riassumendo, ecco come deve esser corretta la sinonimia: S. Manzonei Borto M. = S. Botto- Miccai Vin. = S. purpurens Mùr1 (fide ATRAGHI). S. sp. Botto M. = S. Botto- Miccaì Arr. (non Vin.) = S. subconicus MAZZETTI. Questa osservazione resulta, in compendio, anche dalla mia nota preventiva a questo lavoro, apparsa nell’ ottobre 1907. Quasi contemporaneamente il CHECCHIA 2) creava il suo S. Lambertè per una specie del piano siciliano molto affine alla nostra e notava anch’egli la confusione nata a proposito dello ,S. Botto- Micca AiR., ponendo questa specie in sinonimia con la sua. Se l’identità di tali due specie venisse ad essere confermata, lo S. Lamberti CHECccHIA dovrebbe cadere in sinonimia dello ,S. subcoricus; però mi sem- bra notare nella specie pliocenica di Sicilia alcuni caratteri differenziali, come la minor ampiezza dei petali, la mole, pure minore, dei tubercoli, e l’assenza delle costole interambulacrali; preferisco adunque non effettuare per ora l’accennata fusione. L’ATRAGHI parla, a proposito di questa specie, di una fasciola peripetala, entro la quale sarebbero rinchiusi i tubercoli grandi, ma non è che una svista: nei miei esemplari non vi ha traccia di fasciola peripetala, nè la presenza di questa risulta in alcun modo dalle fotografie del Borro Micca e dell’ At- RAGHI stesso. D'altra parte, è notorio che il gen. Spatarngus non ha tipicamente che una fasciola, la sot- toanale; onde, se questo carattere esistesse realmente, l’esemplare dovrebbe esser considerato come anomalo 3), oppure, ad onta del suo aspetto e dei suoi caratteri di Spatangus, essere escluso tosto da questo genere. Ma a Torino ho potuto verificare che anche quegli esemplari non hanno fasciola peripe- tala ed altrettanto ho riscontrato sopra un esemplare della Collina torinese, esistente nel Museo di Firenze. Località: — Montese, Pantano, Praduro e Jano; Montorsello. Rocca S. Maria (fide Coppi). Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI. Località diverse: — Miocene di Piemonte. )) ArraGHI. Ech. terz. Piem. Lig. L. cit., pag. 218. 2) CHEcCHIA-RiIsPoLI. Echin. e viv. foss. di Sicilia. Parte II, Piano Siciliano. Palaeont. ital. XIII, 1907, pag. 229. 3) Dall’AgassIz è stato descritta come Macropneustes spatangoides una specie vivente affine agli Spatangus, ma provvista di una curiosa fasciola peripetala multipla. Di essa ho scritto qualcosa in un mio già citato studio sugli echini di Malta (pag. 466, 467). Ivi affermo, che essa non può in aleun modo appartenere ai Macropneustes e propendo a ritenerla uno Spatangus; e ciò non perchè non accordi importanza alla esistenza o meno di fasciola peripetala, ma perchè dubito che quella struttura possa solo fino ad un certo punto omologarsi ad una fasciola, data special- mente la sua forma bizzarra e variabile e la incostanza della sua presenza nella specie; della quale si conoscono esemplari al tutto privi di qualunque traccia di una localizzazione dei granuli. 116 G. STEFANINI i [52] 6. Spatangus aequedilatatus Mazzerti. — Tav. XVI [IV], fig. 5. 1881. Spatangus aequedilatatus Mazzetti. Echin. foss. Montese. L. cit., pag. 6, tav. III, fig. 6. 1881. _ delphinus (non Derr.) Mazzermi. Ibid., pag. 8, tav. II, fig. 5. 1885. —_ _ aequedilatatus Mazzanti e PantaNELLI. Cenno monog. fauna foss. Montese, I. L. cit., pag. 9. 1885. — purpureus (non Min.) Mazzerti e PANTANELLI (pars). Ibid. ; 1885. — delphinus (non Derr.) Mazzerti e PanraneLLI. Ibid. 1887. — brissoides Mazzenti e PantanELLI (pars). Ibid., parte II. L. cit., pag. 4. 1896. — aequedilatatus Mazzenti. Catat. echin. foss. coll. Mazzetti. L. cit., pag. 14. 1896. — delphinus (non Derr.). Mazzermi. Ibid., pag. 10. 1896. —_ spinosissimus (non Desor.) Mazzerti. Ibid., pag. 11, tav. I, fig. 3. 1896. — meridionalis (non Risso.) Mazzerti. Ibid., pag. 12. 1896. _ brissoides Mazzerti (pars). Ibid., pag. 15, tav. I, fig. 4. 1896. _ purpureus (non Min.) Mazzei. Ibid., pag. 16, tav. I, fig. 5. 1896. = aequedilatatus Cortzav. Monogr. des Spatangus. L. cit., pag. 31. DIMENSIONI Lunghezza . 5 o ; 1 - 6 A È 6 . . mm. 80 Larghezza o 5 o . Ò ò 0 o 0 5 2 ò » 5 Altezza . 0 ò o : o c ò G ò . 0 o —_ Petali anteriori pari. Lunghezza . è . 0 È 0 0 : du 20 » » » Larghezza . 5 » 7 Larghezza di una zona porifera » 1,5 » » » interporifera DIOR: Petali posteriori. Lunghezza . È o B ò ò Ò à 0 » 27 » » Larghezza » 8 Larghezza di una zona porifera » 1,7 » » » interporifera : » 4,5 Distanza dell’apice dal margine anteriore 0 o 0 c . o » 35 Echino di grandi dimensioni, provvisto di un guscio cuoriforme, angoloso, con superficie superiore non molto convessa ed orli rigonfi; profondamente e largamente inciso in avanti, sensibilmente smargi- nato in dietro. Zone ambulacrali petaloidee. Petalo anteriore impari disuguale dagli altri e costituito di due file sem- plici di pori ben visibili ad occhio nudo, posti, per la notevole grandezza delle placche, a parecchia di- stanza l'uno dall'altro. Esso decorre in un solco stretto e quasi insensibile all’ apice, che si allarga molto, prendendo una forma svasata verso l’orlo. Petali pari lunghi e larghi, chiusi, non perfettamente uguali tra loro. Infatti gli anteriori sono più lunghi, più flessuosi, più affilati dei posteriori, ed hanno l’ estremità piegata in avanti. Zone porifere larghe circa la metà delle interporifere, tutte molto flessuose, costituite di pori ovali (gli esterni di un ovale un po’ più allungato, quasi ellittici) riuniti due a due da profondi solchi. Le zone porifere anteriori dei petali anteriori cominciano ad atrofizzarsi a notevole distanza dal- l’apice, essendo più o meno atrofiche o addirittura nulle circa 12 coppie di pori sulle 33 che costituireb- bero l’intera linea. Zone interporifere piuttosto strette e sinuose. Zone interambulacrali rigonfie, particolarmente le pari posteriori e la impari, la quale ultima è carenata. Sistema apicale di tipo tetrabasale, e cioè costituito da tre placche basali poligonali, più la placca madreporica, tutte e quattro perforate ciascuna da un grande poro genitale circolare, ed occupanti le estremità dei quattro interambulacri pari: la placca madreporica, visibilmente tempestata di minutissimi [53] G. STEFANINI 117 idrotremi, attraversa tutto il sistema e si prolunga indietro, occupando così il centro dell’apparato e lo spazio corrispondente al vertice del quinto interambulacro. Al vertice degli ambulacri stanno le cinque placche radiali, provviste di pori neurali. L’apice è subcentrale. Tubercoli non molto grandi, numerosissimi, e disposti molto regolarmente in triangoli, aventi la loro base alla sutura superiore di ciascuna placca e il vertice volto in basso. Negli interambulacri anteriori essi giungono fino all'ambito, e sono uniti ad altri, un po’ più minuti, che si aggruppano sugli orli del solco; nei posteriori pari essi superano di poco l’altezza dei petali in avanti, mentre invece neppur la raggiungono completamente nella metà posteriore dell’ interambulacro; ‘e così pure raggiungono ed oltrepassano l'altezza dei petali nell’interambulacro impari, ove però essi appariscono in minor numero e limitati alla linea mediana. Nell’ ambulatro impari ogni placca porta un piccolo tubercoletto isolato. Tutta la superficie superiore del guscio è poi coperta da una fine granulazione, che si fa molto più grossa e rada alla superficie inferiore. Fasciola sottoanale ben distinta. Sebbene questa specie abbia caratteri assai costanti, è bene far notare in che cosa ed entro quali limiti essa possa variare. I tubercoli non molto grandi e presso a poco tutti uguali in grossezza, si esten- dono, negli ambulacri posteriori pari, più o meno secondo gli individui, talora non riuscendo a raggiun- gere, talora superando di poco l'altezza dei petali. Altrettanto avviene nell’anambulacro impari posteriore. La posizione dell’apice, generalmente subcentrale, in certi individui, come in quello da me figurato, può subire uno spostamento alquanto maggiore. Finalmente i petali, pur mantenendosi sempre grandi, espansi e più o meno flessuosi, sono in certi individui — come in alcuni di quelli figurati dal Mazzetti ! — assai più sottili ed affilati del solito. Ove questo carattere, realmente assai sensibile, potesse ritenersi sufficiente a stabilire una specie diversa od una varietà, essa dovrebbe conservare il nome di S. brissoîdes dato ad uno di tali individui dal MAZZETTI. Questa specie si distingue dallo S. austriacus LBE per i tubercoli più numerosi, più minuti ed uni- formi, più fitti, pel solco anteriore più svasato e più uniformemente escavato dall’apice all’orlo, per la forma generale del guscio più uniformemente convessa e non tagliente sui margini. Dallo S. purpureus e dalle altre forme recenti, che con questa costituiscono una sola specie, ma che il MazzertI teneva distinte, la nostra differisce per le dimensioni alquanto minori, per una maggiore angolosità del contorno, e per la diversa forma dei petali. Dallo S. pustulosus WR., al quale si avvicina molto, tanto che il GREGORY la pose con esso in sinonimia, si riconosce peri petali flessuosi, per l’incisione meno ampia dell’orlo ante- riore, per i tubercoli più numerosi e più grandi ecc. Grandi affinità si riscontrano anche con lo $S. corsicus: nella specie dell’ Emilia i gruppetti dei tubercoli principali negli ambulacri laterali sono limitati all’in- circa all'altezza dei petali, e si allargano fino a toccare quasi i petali contigui; però essendo questi caratteri soggetti a motevoli variazioni nello S. corsicus 2), non si può loro attribuire grande valore come carattere distintivo; comunque, la nostra specie è bene individualizzata — rispetto a questa specie e allo S. delphinus DEFR. — dai suoi grandi petali, più ampi ed espansi, gli anteriori con l’estremità affilata e piegata in avanti, il solco anteriore meno pronunziato. Lo S. Oranensis d’Algeria hai petali meno affilati, meno flessuosi, tronchi ed aperti: gli anteriori pari meno divaricati, il contorno più dilatato in avanti ece. L'individuo descritto dal Mazzetti come tipo di questa specie ‘malauguratamente non presenta ben distinti e tipicamente marcati quei caratteri, che l’esame di oltre cento esemplari mi ha mostrato essere 4) MazzaTTI. Cat. ech. ecc. L. cit. tav. I;fig. 3,4. 2 CortnAU. Ech. mioc. Sard. L. cit., pag. 53. 118 G. STEFANINI [DA] propri di essa. Alcune compressioni e rotture, sebbene non molto pronunziate, sono state sufficienti a fare apparire i petali meno flessuosi, l’apice più centrale, il contorno più quadrangolare (donde il nome) di quanto non siano in realtà, negli esemplari meglio conservati. Mal volentieri adunque e solo in omaggio al principio della anteriorità conservo a questa specie il suo nome, e procuro di rimediare, presentando la fotografia di un esemplare, che ritengo più espressivo e caratteristico. Del resto le fotografie stesse delle altre specie del MAZzETTI, da me poste con questa in sinonimia, mostrano esemplari assai migliori. Località: — Montese, Serra dei Guidoni, S. Maria Vigliana, Rocca S. Maria, Salto, Pantano, Guiglia, Zocca, Semelano. Collezioni: — MANZONI, MAZZETTI, STEFANINI. XVIII. Gen. Trachypatagus Pomet, 1868. Grandi echini con guscio più o meno elevato e convesso, tronco indietro, non smarginato in avanti e privo di solco anteriore. Apice più o meno eccentrico anteriormente. Ambulacro impari diverso dagli altri; ambulacri pari petaloidei, superficiali, imperfettamente chiusi, con zona interporifera assai bene sviluppata; pori disuguali coniugati. Sistema apicale tetrabasale etmolisiano con quattro pori genitali. Peristoma semilunare labiato, eccentrico in avanti. Periprocto grande, situato nella troncatura posteriore. Tubercoli principali crenellati e perforati, diffusi su gran parte della faccia superiore, nelle zone inte- rambulacrali e interporifere; tubercoli secondarî più minuti ed uniformi. Fasciola peripetala non limitante completamente i tubercoli grandi: fasciola sottoanale. i Il tipo è 7. oranensis del Miocene superiore algerino: se ne conoscono specie eoceniche e mioceniche. Si riconosce dai Macropneustes AgAss. per l’assenza di solco anteriore e per i petali superficiali; dai Brissus KLEIN per i petali superficiali, i tubercoli diversi ed occupanti un’area più estesa; dagli Hypso- patagus Pom. per il solco anteriore nullo e la presenza di fasciola sottoanale. Ho creduto bene di ripetere e completare alquanto la diagnosi del PomeL, ed aggiungere i rapporti coi generi vicini; essendo le opere echinologiche di questo autore assai rare, specialmente în Italia, e la diagnosi assai poco nota. 1. Trachypatagus tuberculatus (WxriGaT). 1864. Brissus tuberculatus Wriant. Poss. echin. of Malta. L. cit., pag. 486, tav. XXII, fig. 1. 1873. Macropneustes Meneghinii (non Des.) Manzoni. Il Monte Titano, i suoi fossili ecc. Boll. R. Com. geol., IV, pag. 121. 1877. — Peroni. Correau. Descr. faune terr. tert. Corse. L. cit., pag. 323, tav. XV, fig. 4, 5. 1880. —_ Perroni Manzoni. Spugne sil. mol. mioc. Bol. L. cit., pag. 174. 1787. Trachypatagus tuberculatus Power. Eehinod. foss. del Algérie, pag. 29, tav. XXII, fig.3,4. (cum syn.). 1891. Brissus —_ Grecorr. On the Maltese ecc. L. cit., pag. 620. 1895. Trachyspatangus Peroni Contrau. Descr. échin. mioc. Sard. L. cit., pag. 51. 1906. _ tuberculatus LawBeRT. Echin. mioc. Prov. d. Barcelone. Mém. Soc. géol. de Fr., XXIV, pag. 120. 1907. — Peroni Neuni. IL mioc. del Monte Titano. Boll. Soc. geol. it., XXVI, pag. 274. La forma emisferica a contorno ovale, con orli non molto rigonfi, i petali stretti, lanceolati, super- ficiali, aperti, gli anteriori molto più divergenti e un po’ più corti dei posteriori, tutti con zone inter- 155] G. STEFANINI 119 porifere leggermente rigonfie, tubercolate e larghe un po’ più delle zone porifere, la forma dei pori, ovali gli esterni e circolari gl’interni, l’apice eccentrico in avanti, l’assenza del solco anteriore e la natura dei tubercoli mi permettono di ascrivere senz’altro a questa specie. un notevole esemplare della molassa. Io avevo dapprima creduto necessario tener distinta questa specie dal 7. fuberculatus Wr. di Malta, in base alla ristrettezza della parte posteriore del guscio e alla maggiore strettezza dei petali in quest’ul- timo. Ora il LamBerT ! afferma che il primo di questi caratteri è solo un’ apparenza, dovuta a frattura nel tipo di Malta. Il secondo rimane così solo e perde molto del suo valore. Non resta dunque altro che riunire le due specie, ed è quanto faccio. Il 7. tuberculatus si riconosce dal 7. depressus PeR. et GautE. del miocene d’Algeria per i suoi petali posteriori più divergenti, per la forma dei pori ambulacrali ecc.; dal 7. oranensis Pow. per la forma meno convessa e gibbosa, non angolosa nel contorno e non ristretta indietro. Il 7. Meneghini (Des.) ha — a differenza della nostra specie — un guscio cuoriforme, debol- mente ma sensibilmente ondulato in avanti, per la presenza di una leggera depressione e, almeno a giudicare dalla figura del LauBE ?) sembra presentare dei petali chiusi all’ estremità. Finalmente il 7. Hantkeni (PAv.) si distingue per le zone interporifere uguali alle zone porifere e gl’interambulacri un poco rilevati. Con quest’ultima spécie 1’ OpPENHEIM 5 pone in sinonimia anche un fossile del Vicentino, descritto dal Mazzetti * come Hypsospatangus (Macropneustes) Peroni. Questa fusione, però, considerando la larghezza relativa delle zone porifere e interporifere nei due tipi, nonchè la forma stessa dei petali, lineari nella prima, sublanceolati e flessuosi nell’altra, mi sembra assai poco giustificata. La descrizione del Mazzetti lasciava invece sospettare una reale identità con la nostra specie, molto più che l’apice, da lui erroneamente descritto come situato eccentricamente indietro è, al contrario, eccentrico in avanti, come nel 7. Peroni Cort. (= 7. tuberculatus). Per sincerarmi, ho esaminato, grazie alla cortesia del prof. CanAVARI, l'esemplare tipo del MazzertI, che si conserva al Museo di Pisa, ed ho potuto convincermi che esso differisce realmente dalla specie di Corsica e dell’ Emilia per la forma rego- larmente ovata e non dilatata al terzo posteriore, per i petali anteriori flessuosi, per le zone interpo- rifere più rigonfie, costulate, e infine, per la minore statura. Credo che l’echinide del Vicentino, debba esser considerato come il tipo di una specie nuova, per la quale propongo il nome di 7. Mazzetti. Località: — Serra dei Guidoni. Collezione: — MANZONI. Località diverse: — Miocene di Malta (Up. Coral. Limest.), Miocene di Bonifacio (Corsica) e di Cagliari (Sardegna), Miocene di S. Marino. Elveziano (?) di Minorca (Baleari), Miocene di Algeria. 1) LamBERT. Descr. échin. Barcel. L. cit., pag. 120. 2) LauBE. Hin Beitr. zur Kenntn. der Echin. Vicent. und Verones. tertiîir- ADI. Denkschr. k. Ak. Wiss. XXXI, 1868, tav. VII, fig. 1. 3) OppENHDIM. Rev. fert. echin. ecc. L. cit. pag. 267. 4) MazzetTI. Echin. foss. del Vicentino. Mem. Pont. Acc. N. Lincei, X, 1894, pag. 6, tav. I, fig. 4. Finito di stampare il 20 dicembre 1908. Teli ane MAIS BISI pi int » li) “i A. SILVESTRI FOSSILI CRETAGEI DELLA CONTRADA CALGASACCO PRESSO TERMINI-IMERESE (PALERMO) (Tav. XVII-XX [I-IV] e Fig. 1-38 intere.) INTRODUZIONE > Il materiale contenente i fossili che formano oggetto di questa memoria, è un calcare grigio con macchie verdicce, di cui il prof. SaverIo CIoraLo di Termini-Imerese m’inviò campioni nell'aprile del 1905, indicandomi d’averlo scoperto alla profondità di più d’un metro dalla superficie del terreno coltivato, nella contrada Calcasacco di Termini, e precisamente nel vigneto detto “ Indovina ,, in occasione di scassi fatti per una piantagione di viti americane, ed esponendomi come fosse stato trovato da lui in posto ed a contatto con calcari brunastri a Fucoidi, eocenici, i quali anch'io dovetti riconoscer tali, ed attribuire al bartoniano, avendovi potuto determinare: Paronaeu Tchihatcheffi (D’ARcH.) var. depressa (TELLINI), P. Guet- tardì (D’ARrcH.), Orthophragmina sella (D’ARcH.), O. stellata (D’ARCH.), ecc.; e ciò nei campioni di quest’ul- timi, pur gentilmente favoritimi. Le poche notizie sul giacimento di quel calcare grigio a macchie verdicce, che il Cror4Lo mi potè fornire, m’indussero, appena ricevuti i campioni di cui sopra, consistenti in frammenti di straterelli dello spessore di appena 15 o 20 mm., e veduto che si trattava di roccia cretacea ad Orbditoîdes, cioè d’ una novità per la regione, a metter da parte tali campioni, in attesa che altri fortunati rinvenimenti mi per- mettessero di stabilire anche lo sviluppo del dordoriano ad Orbitoides nel territorio di Termini-Imerese: l’esistenza del quale ivi avevo già potuto intravedere, per mezzo di certe Orbitoidi mescolate a Nummuliti eoceniche, avute precedentemente dallo stesso CroraLo, e provenienti dal vallone Trepietre in quel di Termini. Segnalatasi in seguito la presenza di Lepidocicline in alcuni calcari eocenici a Nummuliti del vallone in discorso, sovrapposti in concordanza e con intimo legame litologico al cretaceo superiore !, compresi subito, data l’isomorfia d’ Orbitoides e Lepidocyclina, come potesse trattarsi di quelle medesime Orbitoidi di tipo dordoniano a mia conoscenza, e, per vederci chiaro, mi decisi a pubblicare quel che sapevo circa la probabile loro origine, indicandole nel dordoriano della contrada Calcasacco, nella breccetta di trasgres- sione dell’ eocene sul dordoniano del vallone Trepietre ®, ed anche nel dordoniano della rupe del Castello i) Di StEeFANO G. I pretesi grandi fenomeni di carreggiamento in Sicilia. Rendic. R. Ace. Lincei, CI. sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. XVI, 1907, sem. 1°, pag. 265, in nota. i ?) Fossili dordoniani nei dintorni di Termini-Imerese (Palermo). Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), 1907, pag. 105-109. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 16 122 A. SILVESTRI [2] di Zermini !, dove successivamente le avevo scoperte. Le pubblicazioni che han seguito la mia mi hanno dimostrato come in parte ben mi apponessi 2); però è sorto un singolar contrasto sull’età dei fossili di quella roccia di Calcasacco, che, dordoniani per me, da altri sono stati giudicati eocenici ed attribuiti al bartoniano inferiore #. Formano detti fossili l'argomento del presente lavoro, che ha per mira di richiamar su di essi l’attenzione dei competenti, affinchè decidano a.qual età debbano veramente riferirsi. E ciò non per una semplice e sterile verifica di determinazioni e deduzioni, bensì perchè ne può venir fuori qualcosa d’importante paleontologicamente e geologicamente, in riguardo alla nota queszone sull’età delle Lepidocicline: parte, a sua volta, notevole d'un problema ancor più complesso, qual si è quello se taluni terreni terziarì del nostro Appennino siano in realtà eocenici, anzichè oligocenici o miocenici, come son ritenuti dalla maggioranza dei geologi. Vadano i miei più sinceri ringraziamenti al prof. M. CANAVARI, per aver permessa una ricca illu- strazione grafica al presente studio, qual si addiceva al fine che si propone, ed a tutti coloro i quali 0 direttamente ovvero indirettamente, con materiali di confronto, pubblicazioni ecc., mi hanno reso possi- bile di mandarlo a termine: in particolare ai sigg. E. van DEN BRorck, E. VREDENBURG, J. BOcKLN, ingegner C. CREMA, dott. P. LemoINE, dott. R. DouviLLE, prof. H. DouvILLÉ, prof. C. F. PARONA, prof. P. E. VinASSA DE Reeny, professori Saverio e MicHELE CroraLo, e dott. P. L. PREVER. ILLUSTRAZIONE DEI FOSSILI Data la natura della roccia, calcare clastico, compatto e duro, l'esame dei fossili contenutivi non è stato agevole, e mi è occorso del tempo prima di venirne a piena conoscenza. A quelli che passo a de- scrivere, ed i quali rappresentano i costituenti principali della roccia, vanno aggiunte piccolissime Glo- bigerine e Miliolidi di tipo mesozoico, per ora indeterminate specificamente, appartenenti a frammenti di calcare dalla grana minutissima come il litografico, facenti parte della roccia in discorso, ma con evi- denza non coetanei agli elementi litologici organogenici predominanti, da distinguersi come segue: Algae. Lithothamnium sp. — Tav. XVII [I], fig. 1. Frammenti cilindroidi, lunghi circa da 3 a 3,5 mm., ramificati o no, nel cui interno osservansi trasver- salmente all’asse maggiore zoue d’accrescimento, tra le quali la struttura del fossile presentasi come un 1) La questione delle Lepidocicline nell’Umbria. Atti Pont. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), 1907, p. 168, in nota. 2) Dr StEFANO G. I calcari cretacei con Orbitoidi di Termini-Imerese e di Bagheria (Palermo). Giorn. Sc. nat. ed econ., Palermo, vol. XXVII, 1907, pag. 3 estr., e seg. — CHEccHIA-RIspoLI G. Nota preventiva sulla serie nummu- litica dei dintorni di Bagheria e di Termini-Imerese in Provincia di Palermo. Ibid., pag. 9 estr., e seg. -- CHECCHIA- RispoLi G. e GemmELLARO M. Prima nota sulle Orbitoidi del Sistema Cretaceo della Sicilia. Ibid., pag. 4 estr., e seg. — CHeccHIA-RispoLi G. Sulla provenienza di alcune Lepidocicline dei dintorni di Termini-Imerese (Palermo), pa- gina 2 e seg. Palermo, 1907. 3 Di SterAno G. I calcari cretacei con Orbitoidi ecc. Loc. cit., pag. 4 estr. e seg. — CHECCHIA-RIsPoLI G. Nota preventiva sulla serienummulitica ecc. Loc. cit., pag. 15 estr., e seg. — CHeccHIA-Rispori G. e GemmELLARO M. Prima nota sulle Orbitoidi ecc. Loc. cit., pag. 4 e 5 estr. [3] A. SILVESTRI 123 complesso di linee curve concentriche, molto vicine, aventi il loro intervallo suddiviso da fitte lineette ad esse perpendicolari, ossia disposte radialmente. Qua e là notansi spazî di solito irregolarmente ovali (Tav. XVII [I], fig. 1), che credo rappresentino i concettacoli di questa forma; presso di essi il tessuto è più rado. Piuttosto rari nel calcare grigio a macchie verdicce della contrada Calcasacco. Può darsi che la forma in questione sia prossima al Lithothamnium procoenum GUMBEL, trovato nel dordoniano di Maastricht nel Belgio, ma non mi è stato possibile accertarmene. C) Protozoa. Orbitolina Paronai Prever. — Tav. XVII [I], fig. 2. Orbitolina f. Parona, 1903 in CaeLussi. Atti Soc. It. Sc. nat., vol. XLII, pag. 71. Orbitolina f. Parona, 1904. Trattato di Geologia (1903-1904), pag. 549. — Parona, 1907. Rendic. R. Acc. Lincei, Cl. Sc. fis. mat. e nat., ser. 53, vol. XVI, sem. 2°, pag. 232. Orbitolina Paronai Prever, 1906 in Parona. Rendic. R. Acc. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. XV, sem. 1°, pag. 163 e 164. — Prever, 1908 in Parona. Mem. R. Acc. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 5%, vol. VII, pag. 323 e 324. Orbitolina michaelis A. Sinvesrri, 1907. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 168. — A. SiLvestri, 1908. Ibid., anno LXI (1907-1908), pag. 18. Nell'aprile del 1907 istituii certa Orbitolina Michaelis, sopra il frammento d’una sezione assiale d’Or- bitolina, contenuta in un campione del calcare grigio a macchie verdicce della contrada Calcasacco, dal quale potei arguire d’essere in presenza di forma per me nuova in quel tempo. Fatte in seguito altre ricerche, allo scopo di darne la descrizione completa, non mi è stato dato ritrovarne esemplari in altri campioni di roccia di Calcasazco. Però ciò mi è invece accaduto nel calcare grigio cristallino a Polyco- nites della rupe del Castello di Termini-Imerese, ed in esemplari dove ho osservato il Polyconites Dou- villei Di STEFANO !, per cui credo di non sbagliare attribuendolo al livello n.° 2 dei “ Calcari con Poly- conites Verneuili BAYLE ,, ? ivi distinto dall'autore or nominato, che lo giudicò, nel 1898, spettante ad un “ cenomaniano leggermente più basso di quello con Caprotina striata D’ORB. ,, 3). Ma in tal livello il Di SterANO ricorda “ due specie, comuni con i calcari a Caprotina, una molto conica e l’altra più bassa, che rammenta la Orbifolina concava Lamr. sp. del Cenomaniano ,, 4, a nessuna delle quali mi sembra spetti la mia forma. E difatti essa (Tav. XVII [I], fig. 2), oltre ad esser molto piccola (diametro alla base di 1,37 mm., con altezza di circa 0, 65 mm.), presentasi nelle sezioni litologiche, le sole in cui l’ho potuta studiare, conica ma schiacciata, e con la base convessa e priva d’avvallamento centrale; e, per lo strato corticale assottigliantesi gradatamente verso il vertice, dalla sezione riprodotta in figura, non apparisce che la forma esterna degli individui isolati si discosti molto da quella conica deducibile da quest’ultima. Non resulta quindi da confondersi, nè con la prima delle due specie indicate dal Di StE- 1) 1898. Palaeontogr. italica, vol. IV, pag. 36, tav. III, fig. 3; tav. IV, fig. 2,3a-c, 4, ba-d; tav. V, fig. 1a-c, 3, 4. 2) Studi stratigrafici e paleontologici sul sistema cretaceo della Sicilia. II.I calcari con Polyconites di Termini Imerese. Palaeontogr. italica, vol. IV (1898), 1899, pag. 1. 3) Ibid., pag. 22. 4 Ibid., pag. 23. 124 A. SILVESTRI [4] rano, e nemmeno con la seconda, ossia con la lamarckiana Orbitolina concava. È vero però che, secondo le osservazioni di H. DouviLté, di solito le Orbitoline sono conico-concave, e soltanto “ dans Zes formes très coniques, la face inférieure peut rester dans son ensemble régulièrement et legèrement convexe ,, 1), quindi non posso escludere affatto la possibità d’un errore per parte mia, consistente nello scambio d’una sezione obliqua con sezione prossima alla retta; ed in tal caso avremmo la corrispondenza con la suddetta prima specie. 1 Ma se ciò è possibile, è in realtà poco probabile: il 9 marzo di quest’ anno (1908) il dott. P. L. PREVER di Torino, buon conoscitore d’ Orbitoline, mi chiese d’esaminare.la fotografia che oggi pubblico, della mia supposta specie nuova, e, inviategliela, il 14 aprile successivo, mi scrisse che era da attribuirsi alla sua Orbitolina Paronai del 1906 2); forma conica depressa, priva anche questa d’incavo al centro della base convessa, rinvenuta dapprima nel cenomaniano del Veneto orientale e nel calcare di scogliera, pure ceno- maniano, del Colle Pagliare, nella catena del Monte Ocre (Aquila), e successivamente nel cenomaniano di Termini-Imerese. Orbitolina però resa nota finora soltanto mediante questa succinta descrizione pubblica- tane dal prof. C. F. Parona: “ La 0. Paronai, conica, a faccia inferiore generalmente convessa >, qualche volta piana, nell’aquilano ha parecchie varietà e specialmente notevole quella molto convessa nella faccia infe- riore, che sembra rappresentare il passaggio dalla forma tipo alla O. ovulum n. f., esclusiva, per quanto ci consta, del Col dei Schiosi ,, ©. Alla futura illustrazione della specie in parola per parte del suo autore, cioè del PREVER, sono co- stretto a rimettermi nel caso mio, perchè l'avanzata spatizzazione de’ miei esemplari non mi consente rilevarvi maggiori dettagli morfologici e strutturali, di quelli offerti dalla fig. 2 dell’annessa Tav. XVII [I]. La presenza dell’ Orbitolina Paronai, cenomaniana, nel calcare ad Orbitoidi di Calcasacco è sospetta; la sua estrema rarità, nonchè l’averla rinvenuta in un solo frammento, mi fanno supporre sia fossile rimaneggiato, però, di sicuro, non eocenico, e ciò mi premeva metter in evidenza). 1) Sur la structure des Orbitolines. Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. IV, 1904, pag. 654. 2 Loc. cit. nella sinonimia. ; 3) Tal carattere, che effettivamente si riscontra nella forma di Termini-Imerese (vedasi la fig. 2, Tav. XVII [1]), sa- rebbe però contraddetto dal seguente brano del medesimo chiarissimo autore, ‘il quale trascrivo dal di lui lavoro sui « Fossili turoniani della Tripolitania » (Rendic. R. Ace. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. XV, sem. 1. 1906, pag. 163): « Orbditolina. Il dott. P. L. PREvER, per un suo studio comparativo di orbitoline di diverse .prove- nienze e dei diversi orizzonti del Cretaceo, ebbe anche occasione di esaminare gli esemplari di Tarahuna comuni- catigli dal prof. Vinassa. Egli mi informa di avere riconosciuto tre forme ». « Una forma regolarmente conica, colla faccia conica liscia ed a colletto molto pronunciato e con quella inferiore piana o leggermente convessa: è affine alla O. dulgarica (DesH.) dell’Albiano ed alla O. Paronai n. f. del Ceno- maniano del Veneto orientale e dell’Appennino aquilano, differendone per il colletto basale e per la faccia inferiore che non è mai concava ». i Ela contraddizione resulta precisamente da quest’ultima frase, per la quale l’ Orbitolina Paronai avrebbe la faccia inferiore non convessa, ma concava. 4) Saggio per uno studio sulle Caprinidi dei calcari di scogliera (orizzonte del Col deî Schiosi) nelle Prealpi venete orientali. Mem. R. Ace. Lincei, Cl. Sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. VII, 1908, pag. 323 e 324. 5) Durante la correzione delle bozze di questa memoria, mi è capitato sott’ occhio uno studio del prof. C. F. PaRroNA dal titolo « Notizie sulla fauna a Rudiste della pietra di Subiaco » (Boll. Soc. geol. it., vol. XXVII, 1908, pag. 299-310, fig. a-c, tav. IX), dove a pag. 300 l'illustre autore segnala il rinvenimento per parte della dott. G. Osimo, nella lumachella senoniana di Subiaco detta « marmo Occhi di Pavone », d'una Orbitolina specificamente non determinata, in merito al qual rinvenimento egli osserva che è « abbastanza interessante in una roccia più recente del Turoniano, per quanto non si possa escludere che l’ Orbitolina si trovi qui in giacimento secondario! ». [DI] A. SILVESTRI 125 Rotalia? sp. — Tav. XVII [I], fig. 3. Rotalina piano-convessa, del diametro di appena 0,76 mm.; ha pareti grosse, porose, sfera iniziale grande. E costituita d’otto logge disposte in un giro di spirale (Tav. XVII [I], fig. 3). Resulta rarissima nella faunula di Calcasacco. Calcarina sp. — Tav. XVII [I], fig. 4. Per le sezioni (Tav. XVII [I], fig. 4) riterrei spettassero al genere Calcarina D’ ORBIGNY, rarissimi esem- plari d’una conchiglia contenuta nel calcare grigio a macchie verdicce della contrada Calcasacco, ma una ri- serva mi s'impone, essendo sottile la distinzione del suddetto dal genere Siderolites LamaRCK, poichè fin qui prevalentemente fondata sul disporsi delle logge in spirale “ plus ou moins élevée, apparente d’ un coté seulement , * nel primo, in spirale “ embrassante en tout ou en partie; point de tours visibles , 3, nel secondo. Tali esemplari sono microsferici, di forma globosa un po’ compressa, dotata di grosse papille disposte con una certa regolarità alla superficie, le quali ci rappresentano l’ estremità superiore di pilastri radiali, attraver- santi la compagine del plasmostraco. L’avviluppo a spirale di questo resulta piuttosto fitto (Tav. XVII [I], fig. 4); il suo diametro misura 2, 6 mm. Col nome di “ Calcarina ? eteromorfa De GREG. ,,, il De GREGORIO 5) accenna alla presenza, nel calcare cretaceo ad Orbitoides ed Hippurites cornucopiae (DeFRANCcE), di Porto Palo presso il Capo Passero in Si- cilia, d'una specie che, per la descrizione la quale egli ne dà, sembrerebbe simile alla mia. Ed anche il Prever 4) indica una “ Calcarina sp. , nel cretaceo superiore del M. Conero, presso Ancona, di cui però non espone i connotati. La forma di Calcasacco è molto affine certamente alla Calcarina Quoyi D’ORBIGNY 3), che poi corri- sponde alla C. hispida Brapy ®. Siderolites cfr. calcitrapoides Lamarcx. «Étoiles marines» Kworr, 1768-1778 in Warcn. Recueil monum. catastr. conten. Pétrif., vol. III, pag. 158, tav. VI, fig. 8 e 16. 1) D’ORBIGNY A. D. Tableau méthodique de la classe des Céphalopodes, ecc. Ann. Se. nat., vol. VII, 1826, pag. 268. — Per la struttura di Ca/carina son da tenersi presenti gli ottimi studi del CARPENTER (Researches on Fo- raminifera. Fourth and concluding Series. Phil. Trans., vol. CL, 1860, pag. 948 e seg. — Introduction to the study of the Foraminifera. Ray Society, 1862, pag. 216 e seg.). 2) D’ORBIGNY A. D. Tableau, ecc. Loc. cit., pag. 282. — Il carattere dell’avvolgimento pianospirale del plasmo- straco nel genere Siderolites, con i segmenti abbracciantisi, è poi confermato nella seguente descrizione contenuta nei « Foraminifères fossiles du bassin tertiaire de Vienne, ecc. » (Paris 1846, pag. 116). « Siderolites Montfort, La- MARCK. — Coquille libre, équilatérale, orbiculaire, encroùtée en dehors, composte d’ une spire embrassante à tous les dges, ayant des appendices allongés au pourtour, interrompant, dans l’ intérieur, la suite des loges. Ouverture contre le retour de la spire toujours masquée à la dernière loge ». 3) Fossili dei dintorni di Pachino, ecc. Palermo 1882, pag. 13. 4 In CassetTI M. Appunti geologici sul Monte Conero presso Ancona e suoi dintorni. Boll. R. Comit. geol. It., (vol. XXXVI), ser. 4, vol. VI, fase. 1°, 1905, pag. 60. 5) 1826. Ann. Se. nat., vol. VII, pag. 276, n.° 6. — FORNASINI, 1908. Mem. R. Ace. Sc. Bologna, ser. 6°, vol. V, pag. 45, tav. III, fig. 8, 8a, 85, 9 (dai disegni inediti del D’ ORBIGNY). i 6) 1876.. Proc. R. Irish Acad., ser. 2*, vol. II, pag. 590. — 1884. Report Challenger, Zool., vol. IX, pag. 714, tav. CVIII, fig. 6a-c. 126 A. SILVESTRI [6] Siderolites calcitrapoides Lamar, 1801. Syst. Anim. sans Vert., p. 376. — Bowprca, 1822. Élém. Conch., parte 12, pag. 15, tav. I, fig. 23. — Bramnvinne, 1825. Manuel Malacol. et Conch., pag. 373 (1827), tav. V, fig. 7. — Crovc®a, 1827. Introd. Lamarck, pag. 41, tav. XXII, fig. 8. — LamaRcE, 1832. Encycl. Méthod. «Vers», vol. III (1827), pag. 948, tav. 470, fig. 4. — Brown, 1839. Conch. Texi-book, pag. 60, tav. X, fig. 12. — Brown, 1843. Elem. Foss. Conch., pag. 23, tav. II, fig. 10. — QuensreDT, 1885. Handbuch Petref., ediz. 3, fasc. 5°, pag. 1053, tav. LXXXVI, fig. 24. « Polypiers étoilés» Fausas-SAmnt-Fonp, 1799. Hist. nat. Montagne Saint-Pierre de Maestricht, pag. 188, tav. XXXIV, fig. 5-12. - iSiderolites calcitrapes Lamarcx. MontrorT, 1808. Conch. Syst., vol. I, pag. 151, genere 38°. Stiderolina caleytrapoides (LamARrcK). DerrAncE, 1824. Dict. Sciences nat., vol. XXXII, pag. 180. — DEFRANCE, 1827. Dict. Sciences nat., vol. XLIX, pag. 98, Atlas « Conch. >, tav. XXIII, fig. 7. Stiderolina calcitrapoides D’ OrBIGNY. Cuvirr, 1824-1843 in Guérin-MenévinLe. Iconogr. Règne Animal, pag. 9, tav. II, fig. 8. — Cuvrier, 1834. Animal Kingdom, ediz. di Henderson, vol. III, pag. 17 (1837). tav. III, fig. 8. — Cuvier, 1836-1846. Reégne Animal, vol. IX, pag. 33, tav. XV, fig. 6. Siderolîithes calcitrapoides Lamarox. Bronn, 1824. Syst. urîeltl. Conchyl., pag. 7, tav. I, fig. 21. — Reuss, 1845-1846 in Grininz. Grundr. Verstein., pag. 661, tav. XXIV, fig. 46. — Russ, 1861. Verzeichn. 100 Gypsmod., n. 88 e 89. — Reuss, 1865. Gypsmodellen, n. 53 e 54. — Osimo, 1907. Atti R. Acc. Sc. Torino, vol. XLII, pag. 280, tav., fig. 3, 4, 6a, 10, 16 e 17. — Di Strerano, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 8 e 9 estr. Sideroporus calcitrapa (Lamarck). Bronn, 1825. Syst. urweltl. Pflanzenthiete, pag. 31, tav. VII, fig. 12 a-g. Siderolina Calcitrapoides (Lamarck). D’ OrBIGNY. 1826. Ann. Sc. nat., vol. VII, pag. 297, n. 1. Siderolithus calcitrapoides Bronn, 1837. Lethaea Geognostica, ediz. 2°, pag. 712, tav. XXXIII, fig. 17 a-c. — Bronn, 1851-52. Lethaea Geognostica, ediz. 82, vol. II, pag. 83, tav. XXXIII, fig. 17 a-c. Siderolina Picrer, 1846. Traité de Palconi., pag. 228, tav. XII, fig. 8 e 9. Siderolina AnsteD, 1847. Ancient World, pag. 237, fig. 91. — Ansrep, 1848. Ancient World, ediz. 2*, pag. 221, fig. 87. Rotalia (Calcarina) Spengleri (GxeLIiN). PARKER et Jones, 1859. Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 3°, vol. III, pag. 480, $ H, e pag. 482. Calcarina Spengleri (GueLIin). ParkrR et Jones, 1860. Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 38, vol. V, pag. 286, n. 3, pag. 288, n. 3, pag. 290, n. 3. — ParKER et Jones, 1863. Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 32, yol. XII, pag. 216, n.° 127, pag. 437, n. 55. Calcarina calcitrapoides (Lamarcx). Reuss, 1861. Sitzungsb. k. Ak. Wiss. Wien, vol. XLIV (1862), pag. 315, tav. IV, fig. 1-4 e 6. — Zirre, 1876. Handbuch Palacont., vol. I, pag. 99, fig. 33. — Zirrer, 1883. Traité Palacont., trad. BARROIS, vol. I, parte 12, pag. 93, fig. 34. Calcarina (Siderolina Lamarcx). Carpenter, PARKER et Jones, 1862. Introd. Foram., pag. 223. Calcarina sp. aff. C. Spengleri (Linné). Prever, 1905 in Cassenti. Boll. R. Comit. geol. It., ser. 48, vol. VI, fascic. 1°, pag. 60. Siderolithes Preveri dI, 1907. Atti R. Acc. Sc. Torino, vol. XLII, pag. 280, tav., fig. 1, 13, 14 e 15. Siderolithes nummulitispira Osimo. 1907. Atti R. Acc. Se. Torino, vol. XLII, pag. "980, tav., fig. 2 e 12. — Di SrerAno, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 9 estr. Siderolithes calcitrapoides Lamarcx var. brevispina Osimo, 1907. Atti R. Acc. Sc. Torino, vol. XLII, pag. 281, V., fig. 5 e 18. Siderolithes rhomboidalis Osimo, 1907. Atti R. Ace. Sc. Torino, vol. XLII, pag. 282, tav., fig. 7, 19, 20.621. — Di Srerano, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 9 estr. Stiderolithes rhomboidatis Osimo var. crassissima Osimo, 1907. Atti R. Acc. Sc. Torino, vol. XLII, pag. 283, V., fig. 22. Stderolithes rhomboidalis Osimo var. latispina Osimo, 1907. Atti R. Acc. Sc. Torino, vol. XLII, pag. 283, tav., fig. 65, 23 e 24. 7] A. SILVESTRI 127 Stderolithes Van den Broecki Osimo, 1907. Atti R. Acc. Sc. Torino, vol. XLII, pag. 283, tav., fig. 8 e 25. Stiderolites sp. (aff. calcitrapoides Lamarck). A. Siuvestri, 1907. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 168. Siderolites aff. calcitrapoides (LamARcK). A. StuvestrI, 1908. Atti Pont. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), p. 18. Non ho introdotto in questa sinonimia la Siderolites laevigata D’ OrBIGNY !), sebbene la ritenga spe- cificamente inseparabile dalla S. calcitrapoides, e la stessa cosa della S. rhomboidalis Osimo, la quale ul- tima, come tutte le altre forme distinte dalla Osimo (v. sopra), rientra nella variabilissima specie del LAMARCK ”), perchè essendo venuto in possesso di ricco materiale a Siderolites, della medesima località da cui il D’ORBIGNY sembrerebbe avesse tratto la sua specie, “ Za montagne de Saint-Pierre de Maestricht 3, preferisco verificare prima se per combinazione vi fosse davvero qualche forma romboidale liscia; quan- tunque un esame sommario non mi abbia dimostrato nulla di simile, e pertanto sia venuto a sospettare che il medesimo D’OrBIenY abbia avuto fiducia in figure dello KnoRR. Come già sapevo 4, e come ha detto la Osimo , il genere Siderolites va tenuto distinto, almen per ora dal Calcarina, ad onta che varî autori e di merito come per es. il Reuss, il CARPENTER, il PARKER ed il Jones, e lo ZirtEL, li abbiano riuniti, confondendo persino la Siderolites calcitrapoides LAmck. con la Calcarina Spengleri GwueLIN 9; la prima, fossile e, per quanto mi consta, solo nel cretaceo superiore, la seconda, recente. In preparati del calcare grigio a macchie verdicce della contrada Calcasacco, ho osservato, benchè: rare, sezioni d’una Stiderolites dalle apofisi spinose corte e grosse, molto prossima, se non identica e pei con- torni e per la struttura, ad una delle tante forme della specie calcitrapoides. Non essendomi però finora imbattuto in sezioni orientate, mi è necessaria una certa riserva. Il diametro maggiore di tali sezioni è di circa 2,70 mm. L’istessa Siderolites di Calcasacco ho trovato pure, insieme alle Orbitoîdes media e gensacica ed alla Lepidorbitoides Paronai %, nonchè a frammenti di Sphaerulites 0 Radiolites, nel calcare grigio-chiaro cri- stallino della rupe del Castello di Termini-Imerese, dove 1° ha rinvenuta anche il Di SterANo con le Or- bitoides medesime e la Lepidorbitoides socialis (LEYMERIE), indicandone per specie la calcitrapoides, me- diante questo nome e sinonimi. Scarse sono le località della ,S. calcitrapoides citate dagli autori: la montagna di Saint-Pierre di Maastricht nel Belgio, dov'è comunissima nella creta a Briozoi, Omphalocyclus macropora Laxcx., Orbi- toîdes apiculata ScALUMBERGER, 0. media (D° ARCHIAC), e Lepidorbitoides minor (ScaLUMB.) [KnoRR, LAMARCK; FaAuJas-SAINT-FonD, DEFRANCE, D’ ORBIGNY, BRONN, BLAINVILLE, REUSS, CARPENTER, PARKER e JONES, ZITTEL, Osimo, A. SiLvestri]; i dintorni di Bagheria (Palermo), nel calcare del cretaceo superiore ad Orbditoides gensacica, 0. apiculata, e Lepidorbitoides bageriensis (CHECCHIA e GeMMELLARO) [DI STEFANO]. Con Orbitoides gensacica, O. Tissoti ScHLUMB., e Lepidorbitoides minor, ne è stata poi indicata la presenza di forma affine nel 1) 1826. Ann. Sc. Nat., vol. VII, pag. 297, n.° 2. — Modéles, n.° 89. 2 Vedasi a questo riguardo la mia recensione a pag. 55 della Riv. It. Paleont., anno XIII (1907). — La grande variabilità della .Siderolites calcitrapoides era del resto evidente dalle fig. 5-12, tav. XXXIV, del FAUJAS DE SAINT- Fonp (v. la sinonimia). 3) Tableau méthodique, ecc. Ann. Sc. nat., vol. VII, 1826, pag. 297. 4 Riv. It. Paleont., anno XI, 1905, pag. 102. 5) Il gen. Siderolithes Lamx. Atti R. Acc. Scienze Torino, vol. XLII, 1907, pag. 274. 6) Nautilus Spengleri GmpLIN, 1788 in Linné. Syst. Nat., ediz. 138, di GMELIN, pag. 3371. 7 Si veda in seguito. ; 128 Ai SILVESTRI s [BE cretaceo superiore del Monte Conero presso Ancona [PREvER]. Io la conosco pure del dordoniano di Latoue (Haute-Garonne), dove l'ho rinvenuta frequente insieme all’Orbditoîdes media ed all’Omphalocyclus macropora. Omphalocyclus macropora (Lamarck). — Tav. XIX [III], fig. 1; Tav. XX [IV], fig. 1. Discolithes Fortis, 1801. Journ. de Physique, vol. LII, pag. 106, tav. II, fig. 1-3. « Discolite orbicolare, piatta, con un bottoncino al centro ov’ è depressa» Fortis, 1803. Opuscoli scelti Sc. ed Arti, vol. XXII, pag. 159, tav. III, fig. 13. «Numismale plate un peu concave, et presque papyracée» Favsas-Samnm-Fonp, 1799. Hist. nat. Montagne Saint-Pierre de Maestricht, pag. 186. ; Orbulites macropora Lamarcx, 1816. Hist. nat. Anim. sans Vert., vol. II, pag. 197, n.° 5. Orbitolites macropora (Lamarck). DeFRANCE, 1825. Dict. Sc. nat., vol. XXXVT, pag. 295. — GaLeorm, 1837. Mém. couronnés Ac. R. Bruxelles, vol. XII. — Reuss, 1861. Verzeichn. 100 Gypsmod., n. 30. — Reuss, 1865. Gypsmodellen, n. 90. — QuensreDT, 1866. Handbuch Petrefactenk., pag. 404, tav. LXXII], fig. 14. Orbitulites macropora (LAmARcK). GoLpruss, 1826-1833. Petrefacia Germaniae, vol. I, pag. 41, tav. XII, fig. 8. — Reuss, 1845-1846 in Grmz. Grundr. Verstein., pag. 626, tav. XXIII, fig. 5. — Hacenow, 1851. Bryoxoen Maestrichter Kreide, pag. 103, tav. XII, fig. 17 a-c. Cupulites macropora (Lamarck). D° OrBIGNY, 1850. Prodrome Paléont. Stratigr., pag. 397, n. 1184. Orbitolites disculus LexmerIe, 1851. Mém. Soc. géol. France, ser. 2*, vol. IV, mem. 32, p. 190, n. 1 tav. IX, fig. la-d. Omphalocyclus macroporus (Lamarck). Bronn, 1851-1852. Lethaea Geognostica, edizione 3%, vol. II, pag. 95, tav. XXIX, fig. 9 @-c, p. 967. — PaquieR, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. IV, p. 417 e 418. Orbitolites complanata var. macropora LAWARcK. PARKER et Jones, 1860. Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 32, vol. V, pag. 286; vol. VI, pag. 38. Orbitolites complanata LAmarer, «large-colled variety» ParkER et Jones, 1863. Ann. and. Mag. nat. Hist., ser. 33, vol. XII, pag. 212. Orbitolites duplex? CArpENTER, 1883. Report. Challenger, Zool., vol. VII, parte 212, pag. 29. Omphalocyclus macropora (Lawarcr). H. DouviLLLÉ, 1902. Bull. Soc. géol. France, ser. 4, vol. II, pag. 307. — pE Grossouvre, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 48, vol. IV, pag. 514. — H. DouviLLé, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. IV, pag. 550 e 551. — pr LaPPARENT, 1906. Traité de Geologie, ediz. 5*, vol. III, pag. 1456. — A. Sinvesrri, 1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), pag. 20, fig. 1-3. — A. Sirvesrri, 1908. Riv. It. Paleont., anno XIV, pag. 125. Omphalocyclus disculus (Le:merIe). H. DovviLLé, 1902. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. II, pag. 308. — pe Lapparent, 1906. Trazié de Géologie, ediz. 52, vol. III, pag. 1453. Omphalocyclus macropora (Lamarck) var. Schlumbergeri A. Siuvessri. — Tav. XVII [I], fig. 5-7. Orbitoides schlumbergeri A. SiuvestrI, 1907. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 106. Omphalocyclus macropora (Laxa4rck) var. schlumbergeri A. StuvestrI, 1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), pag. 20. Il più antico accenno a questa specie del LAMARGK, tanto, e sotto varî aspetti, interessante, sembre- rebbe fosse quello che troviamo nell’ estesa opera del FAUJAS DE Sarnt-Foxp, sulla montagna di S. Pietro di Maastricht !, dove a pag. 186, trattando in generale delle Orbitoidine del cretaceo superiore di tal 1) Histoire naturelle de la montagne de Saint-Pierre de Maestricht. In 4°, pag. 1-263, tav. I-LIV. H. J.Jansen; Paris 1799. La data delle varie parti di quest’ opera è incerta, non resultando dal suo frontespizio che ‘quella del prin- 20 0)] A. SILVESTRI 129 località, che egli chiama “ Numismales , ed opina siano sorta di polipai liberi somiglianti alle Madrepore, viene a dire che: “ Lamarck a sì bien senti cette verité, que, guidé par l analogie, il a choisi la numismale plate, un peu concave, et presque papyracée, de Grignon; la méme que Fortis a fait figurer dans la lettre citée cì-dessus [1801; loc. cit.], fig. 1, 2 et 3, pour la tirer du genre nummulite, et en former un genre particulier, parmi les polypiers solides et à rayons et sur la ligne peu éloignée des rétépores. Il en fait le genre 19 des polypiers, page 376, qu’ il a désigné sous la denomination d’ orbitulite; c'est celle que Fortis considère comme une veritable discolithe, c'est-à-dire, une numismale mince et fragile ,. È da notare che il Fausas non descrive la forma la quale pur così chiaramente designa, tra i fossili di Maastricht; per cui sembrerebbe pure che non ve l’avesse trovata. In realtà il Fauzas fu preceduto dal Fortis e seguito dal LAmARCK; questi intese la sua specie macropora, qual Orbulites “ centro depressa, poris utroque latere majusculis , (1816; loc. cit.); dal DE- FRANCE, dal GoLpruss, ece., fu attribuita al genere Orbitolites od Orbitulites del suddetto LamarcK ®, dal D’ORBIGNY al Cupulites del LAamouRoUx (1821); finalmente il Bronn la prese a tipo del nuovo genere Imphalocycelus, indicandone le provenienze di Maastricht, Falkenberg, Bemelen, Heer, Grignon e Montpel- lier, fisurandola e descrivendola. Nella sua descrizione si contiene la frase “ Nur die aussersten Zellchen der Mittelscheibe miinden nach der Randfliche aus ,?. Però, successivamente, il PARKER ed il Jones 3), occupandosi delle specie enumerate dal LAMARCK, esposero il loro parere che l’ Orbulifes macropora di questi fosse una varietà d° Orbitolites complanata, cui conservarono la denominazione di macropora, ed ebbero a soggiungere: “ A# first sight this Orbitolite has distinctive characters, compared with the common varieties of O. Complanata— such as tts small primordial chamber, the strong limbation of the septa, comparatively thick disk and large chambers, readily worn doun so as to resemble pores; but these features are not accompanied by any peculiarity of structure essentially different from the mode of grouth of the later and world-wvide O. complanata ,,. “ 0. macropora îs common in the Bryozoan Chall of Maestricht, and appears there as the first representative of a genus and species which (with some others, namely Lagena, Rotalia Turbo, Cal- carina Spengleri, Planorbulina Poeyi, and Amphistegina vulgaris), first occurring in that deposit, have continued through the Tertiary period to our cun day ,*. Ed anche in seguito i sopra nominati, nell’esame critico delle specie citate dal BrarnviLLE e dal DE- FRANCE, confermarono il giudizio già espresso, dicendo essere 1° “Orbitoîdes macropora Lam. , “ A large-celled variety of Orbitolites complanata LAwxx. , ?). cipio della sua pubblicazione nell’ « An 7.éme de la République Frangoise », cioè nel 1799: lo SHERBORN (A Bi bliography of the Foraminifera ecc. London 1888, pag. 49) dà complessivamente ad esse quella del 1799, ed io sto ad attribuir loro -invece date diverse, dal 1799 al 1802, per lo meno. La pubblicazione ebbe luogo in 9 puntate; la parte cui sopra mi riferisco, la puntata settima, è certamente posteriore al 1799, perchè il FAuyJas vi cita, sebbene indirettamente, il « Système des Animaux sans vertèbres, ecc. » del LAMARCK, portante la data del 1801, e, diretta- mente, il lavoro del FoRTIS « Sur quelques nouvelles Espèces de Discolites » (Journ. de Physique, vol. LII), che ri- monta pure allo stesso anno. 1) 1801. Syst. Aniîm. sans vert., pag. 376. 2) Lethaea Geognostica, ecc. Ediz. 82, 1851-1856, vol. II, pag. 95. 3) On the Nomenclature of the Foraminifera. Part IV. The species enumerated by Lamarck. Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 88, vol. V, 1860, pag. 38. 4) Loc. cit., pag. 39. 5) On the Nomenclature of the Foraminifera. Part IX. The Species enumerated by Blainville and Defrance. Ann. and Mag. Nat. Hist., ser. 32, vol. XII, 1863, pag. 212. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 17 130 A. SILVESTRI [10] Ma il CARPENTER, buon conoscitore d’ Orbdizolites, fu d'altro avviso: egli, trattando dell“ Orbitolites duplex ,, ossia del Sorites Hemprichi, vi mise in sinonimia 1’ “ Orbitolites macropora LAMARCK ,, seb- bene con punto interrogativo, perchè “ ye as worn specimens of i [O. duplex] often present a close re- semblance to the representation given by Gorpruss (Petrefacta, PI. XII, fig. 8) of his (LAMARCK) Orbitolites macropora, which he distinguishes by its poris utroque latere majusculis ,,ne concluse: “ I think it probable that the two are identical ,, . E da ciò resulta come il CARPENTER si fidasse d’un solo e frainteso carattere dimostrato dalle figure del GoLpruss, quello delle perforazioni, per giungere a resultato che è merito di H. DouviLLé aver chiarito erroneo. Questi, nel suo importante studio del 1902 sulla “ Distribution des Orbitolites et des Orbitoides dans Fic. 1. Fic. 2. Fic. 3. Struttura dell’Omphalocyelus macropora di Maastricht. Fig. 1, sezione equatoriale d’esemplare megalosferico (X22); fig. 2, sez. meridiana d’esemplare microsferico (X22); fig. 3, id. d’esemplare megalosferico (x22) 2). la Craie du Sud-Quest ,, ricordato il fatto che “ L’ 0. macropora n'est pas rare a Maéstricht dans les couches à Bryozoaires, où il uccompagne les Orbitoides , *),. soggiunge: “ sur plusieurs préparations de 1) Report on the specimens of the genus Orbitolites, ece. Report Challenger, Zool., vol. VII, parie XXI, 1883, pag. 29. ‘ 2) Le presenti figure sono la riproduzione delle 1-3 pubblicate nel 1908, a pag. 19 degli Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), nella mia nota preliminare dal titolo: L’Omphalocyelus macropora (Lamcx.) a Ter- mini-Imerese (Palermo). Esse si corrispondono così: Fig. 1=Fig. 2; Fig.2= Fig. 1; Fig.3=Fig. 3. 3) Distribution des Orbitolites et des Orbitoides dans la craie du Sud-Quest. Bull. Soc. Géol. France, ser. 48, vol. II, 1902, pag. 307. [11] A. SILVESTRI 131 cette espèce nous avons reconnu que les paroîs des loges, présentaient non pas des ouvertures comme les Or- bitolites, maîs des fines perforations tout-à-fait comparables è celles des Orbitoides; il faut donc faire passer ce genre Omphalocyclus du groupe des Foraminiferes imperforés dans celui des Foraminiferes perforés et à cote des Orbitoides. Il se distingue de ces derniers par l’ absence des couches latérales, et il se compose d'une couche d’ abord simple de loges cyclostègues, subdivistes en logettes comme celles des Orbitoides; cette couche se dédouble ensuite, puis une troisiome vient s’intercaler, entre les deux premiòres, de telle sorte que V épaisseur augmente progressivement ct que la forme eatérieure devient jusg? à un certain point comparable à celle de V Orbitolites complanata; V'analogie est encore augmentée par la disposition régulière des lo- gettes. Mais cette analogie est purement superficielle ,, 1). ‘ Per le mie osservazioni, il plasmostraco dell’ OmpRalocyelus macropora presenta al margine delle vere aperture, che non sono da confondersi con quelle piccolissime nelle pareti delle facce e le accidentali molto grandi, e quindi facilmente visibili, alla periferia delle facce stesse, dovute a corrosione per attrito Apparati embrionali megalosferici d’Omphalocyelus macropora di Maastricht. Fig. 4, sezione equatoriale dell’apparato normale (X60); fig. 5, id. di variazione comune (x60); fig. 6, id. di variazione tendente all’ apparato embrionale di Zepidocyelina (tipo marginata) (x60); fig. 7, sezione meridiana, verticale rispetto alla fig. 4, d’apparato normale (X60). delle parti, cioè dei segmenti, prominenti di esso, e ciò per la sua forma discoidale depressa al centro: dette aperture corrispondono agli intervalli tra i segmenti i quali lo costituiscono (Fig. 1 e 8). Questi si sviluppano ciclicamente ed alternatamente attorno ad un apparato embrionale tondeggiante, per regola Fic. 8. Fic. 10. Frammenti marginali di sezioni equatoriali d’Omphalocyelus, Lepidorbitoides ed Orbitoides. Fig. 8, dell’Omphalocyelus macropora di Maastricht (X60); fig. 9, della Zepitorditoides Paronai di Calcasacco (X60); fig. 10, dell’Orbitoides media di Calcasacco (X60). tetralobato e diviso in quattro cavità, come resulta dalle Fig. 4 (sezione equatoriale) e 7 (sezione me- ridiana), nella forma megalosferica (v. pure le Fig. 1 e 3), ancora oscuro, pei guasti che subisce fossiliz- 4) Loc. cit., pag. 307 e 308. 132 A. SILVESTRI [12] zandosi, nella microsferica (Fig. 2; Tav. XVII [I]; fig. 6), ma con probabilità formato di segmenti disposti a spirale attorno alla microsfera. Sono tipicamente costituiti da una porzione di superficie cilindrica munita di basi, e pertanto compariscono foggiati ad arco nella sezione equatoriale (Fig. 1 e 8), a D più o meno irregolare nella meridiana (Fig. 2, 3 e 11); essendo tale superficie continuata oppostamente al lato concavo con altra ad essa parallela, che s’addossa al lato convesso d’un segmento consimile, mentre ai fianchi rimangono larghe aperture, per le quali s’incastrano due nuovi segmenti (Fig. 1 e 8). Le basi dei segmenti consecutivi aderiscono perfettamente tra di loro, e si prolungano in guisa da dare origine ad una lamina continua (Fig. 11), però gli stessi segmenti, che originariamente costituiscono Fic. Il. un solo strato, mano a mano che si allontano dal centro ne vengono a for- mare due, tre, ecc., principali, e numerosi secondarî di minor spessore (Fig. 2; Tav. XX [IV], fig. 1). Costruzione questa che ha, si, analogie con l’altra delle Orbitolites, ma ne è anche ben distinta principalmente per la saldatura delle ricordate basi, e la figura dell’apparecchio embrionale; il quale ultimo netta- mente dimostra la grande affinità tra il genere Omphalocyclus e l’Orbitoides, accennata anche dall’omologia tra i segmenti equatoriali del secondo ed i simili del primo. Quest’affinità, mancandomi in allora la conoscenza delle sezioni orientate dell’ Omphalocyclus macropora, e della meridiana di certa forma del calcare grigio con macchie verdicce della contrada Calcasacco, m’indusse a determinar quest’ultima qual nuova Orbitoîdes, cui imposi il Frammento marginale di sezione o 0 o I a DEA meridiana d’Omphalocyelus ma DOME Specifico Schlumbergeri , mentre invece è una semplice varietà del- cropora di Maastricht (X60). l’Omphalocyclus indicato, alla quale, tanto per distinguerla, conserverò il nome È Schlumbergeri. Essa è dimorfa come tutti gli Omphalocyclus; posso darne la sezione equatoriale d’individuo megalosferico con la fig. 5, della Tav. XVII [I], la meridiana di altro con- simile, fig. 6, Tav. XVII [I], e la meridiana di esemplare microsferico, fig. 7, Tav. XVII [I]. Differisce dal tipo specifico, o, per meglio dire, dagli esemplari di Maastricht, che presentano spesso alla superficie un singolare aspetto vermicolato, prodotto dalla limbazione delle suture (Tav. XIX [III], fig. 1), a causa delle minori dimensioni di tutte le sue parti, e d’una curiosa modificazione dell’apparato em- brionale, Fig. 13, la quale ben risalta confrontan- dolo col simile d’individuo di Maastricht, Fig. 1 e 4: una loggia si riduce molto, la superiore della Fig.13,i due tramezzi laterali che la delimitano accennano a scomparire (Tav. XVII [I], fig. 5), Fig. 12, sezione equatoriale di variazione teorica tendente all’apparato l’inferiore s’arroton da e viene a formare una linea embrionale di Zepidocyelina (tipo marginata) (x60); fig. 13, id. della continua coi due rimanenti, per cui, alla scom- var. Sehlumbergeri di Calcasacco (x60); fig. 14, id. di forma ecce- 5 a È noia diapoio, di eni (GI) parsa totale dei suddetti, si dovrebbe avere un ; apparato embrionale corrispondente alla Fig. 12, ossia somigliante a quello d’una Lepidocyclina del tipo marginata (MicneLoTTI) (Fig. 35). Non convien però dare soverchia importanza a questi caratteri differenziali: le variazioni nella gran- dezza dei segmenti in una stessa specie son comunissime nelle Orbitoidine, cui spetta pure 1° Omphalo- Apparati embrionali megalosferici d’Omphalocyelus macropora. 1) Mossili dordoniani nei dintorni di Termini-Imerese (Palermo). Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), 1907, pag. 106. [13] A. SILVESTRI 133 cyclus; in quanto all’apparato embrionale, esso subisce modificazioni profonde anche nei campioni di Maastricht; bastino le unite Fig. 5, 6 e 14 a convincerne. L’ultima però va forse riguardata come anomalia resultante dall’accoppiamento di due apparati. La var. Schlumbergeri è mediocremente rara nel calcare ricordato di Calcasacco; le sue conchiglie variano in diametro da 3 a 4 mm., con lo spessore quasi costante di 1 mm. circa. A Maastricht la specie l’ ho riscontrata mediocremente comune, e variabile in diametro da 2 a 5 mm., in spessore, da 0,8 a 0,9 od 1mm.; gli esemplari più frequenti misurano: diam. 3 a 4 mm., spess. 0,8 ad 1 mm.; i più grandi sono microsferici, i più piccoli, megalosferici. Ivi trovasi in compagnia delle Orbitoîdes media e apiculata, e della Lepidorbitoides minor. L° Omphalocyclus macropora (Lamcx.) è stato fin qui tenuto distinto dall’ O. discalus (LEYMERIE), ma tra essi non esiste, come avevo già avuto occasione di constatare !, maggior differenza di quella derivante dal dimorfismo specifico, e pertanto vanno riuniti in una sola specie, cui, per la maggiore antichità, de- vesi conservare il nome lamarckiano: si è dato per lo più questo alla forma megalosferica, che fu la prima conosciuta, l’altro di O. disculus alla microsferica, scoperta in seguito, e si è potuta mantenere la distinzione, perchè dove l’una abbonda l’altra è scarsamente rappresentata. Però, già il LEYMERIE, autore della specie disculus, fondata sopra individui del diametro dai 10 ai 14 mm. e dello spessore di 2 mm., trovati molto abbondanti a Saint-Marcet ed a Latoue (Haute-Garonne) e che erano microsferici, come ho potuto verificare su campioni raccolti a Latoue, a pochi chilometri di distanza dal punto donde provennero quelli del LeyMERIE?, aveva notato la grande, anzi stretta rassomiglianza d’alcuni piccoli suoi esemplari, certo megalosferici, con quelli di Maastricht, che avevano servito ad istituire la specie O. macropora, e tra i quali prevale la forma megalosferica, e così ne scrisse: «“ Je considère comme des jeunes de cette espèce de petites Orbitolites à pores, relativement plus grands, que Von trouve à Latoue, et qui ressemblent tellement à Vl Orbitolites macropora Lamx., de Maestricht, que je les aurais meme rapportées à cette dernière, si ce n’ était le passage graduel de ces petits individus à ceux bien plus grands, qui mont servì à établir l espèce , 3). Del resto, anche H. DouviLLé, cui debbonsi, come s'è veduto, le migliori conoscenze sul genere 0m- phalocyclus, ha considerato ultimamente il disculus qual semplice varietà (“race ,) del macropora 4). Secondo gli autori che se ne sono interessati, 1° Omphalocyelus macropora, inteso come sopra, ossia nelle sue due forme A e 5, non è raro nella creta a Briozoi della montagna di Saint-Pierre a Maastricht 5) [DrFRANCE, BronN, PARKER e Jones, H. DouviLLÉ, PAQUIER]; rinviensi anche nel senoniano superiore d’altre località del Belgio, come a Foréts e St. Gilles [GaLEoTTI], ed in quello di Montpellier [SERRES], Grignon 1) Riv. It. Paleont., anno XIV, 1908, pag. 93. 2) Li debbo alla cortesia del dott. R. DouviLLÉ: in essi la dimensione più frequente è di 8 a 9,5 mm. di diametro, con lo spessore di 1,2 a 2 mm., per la forma 5, che è la più comune; di 6 0 7 mm., e spessore di 1,5 ad 1,8 mm., per la forma A. Vi è poco evidente la limbazione delle suture esterne dei segmenti nelle facce, marcatissima invece in esemplari di Maastricht (Tav. XIX [III], fig. 1), ma ciò può dipendere in parte dall’esser dessi logori. Li ho trovati comuni ed in compagnia di Briozoi, dell’ Orbditoides media (D’ArcHIAC), e della Siderolites calcitrapoides LAMARCK, con lunghe spine. 3) Mémoire sur un nouveau type pyrénéen parallele à la craie proprement dite. Mém. Soc. géol. France, ser. 2?, vol. IV, mem. 32, 1851, pag. 190. 4) Les explorations de M. de Morgan en Perse. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. IV, 1904, pag. 544. 5) Il PAQUIER ne precisa l’orizzonte nel penultimo strato a Briozoi, che immediatamente ricopre il calcare tu- faceo di Saint-Pierre, le cui cave sono in esercizio (Sur Ze calcaire à Orbitoîdes de Meaudre (Isère). Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. IV, 1904, pag. 418). 134 A. SILVESTRI [14] [Forris, Fauyas-SAInt-Fonp, GoLpruss, D’ORBIGNY], e, genericamente, dell’ Haute-Garonne [pe GRossouvRE], in Francia. In questa stessa regione è poi abbondante a St. Marcet ed a Latoue [LevmeRIE, A. SILVESTRI], ed è pure specie degli strati superiori del cretaceo di Gensac, dov’ è associato all’ Orbitoides gensacica, e del livello più elevato del dordoniano a Mauléon, nel SW della Francia, in compagnia dell’ O. gensacica stessa e della Zepidorbitoides socialis (LEYMERIE), mentre ne resulta probabile la presenza nel dordoniano medio della cava Badeo (SW della Francia), assieme alla Zepidorbitoides minor (ScHLUMBERGER), ed alla Fallotia Jaquoti [DoUvILLÉ]. Di recente è stato ritrovato nel maastrichtiano superiore (dordoniano) di Zardalal nel Luristan (Persia), associato alla Loftusia Morgani, sopra gli strati con Loftusia persica, Polyptychus, Hippurites cornucopiae una Lapeirousia prossima alla Jouanneti, e la Desmieria rugosa [H. DouviLLé]; già però conoscevasi del maastrichtiano del Belucistan (Persia), sempre in unione alla Loftusia Morgani [H. Douvincé], ed in par- ticolare della località di Dès-Valley ” [VreDEMBURE]. Da poco io l’ho poi scoperto in calcari bianco- brunastri dordoniani di: S. Emiliano nella Terra d’ Otranto, con 1° Orbitoîdes media. In conclusione il suo habitat è esclusivamente nel senoniano superiore, dordoniano, come quello di tutti gli altri rappresentanti del genere a me noti, se pur si tratta di specie nuove, quale per es. I Omphalocyclus specificamente indeterminato, rinvenuto dal RepLICA con Orbitoides a nucleo pluricellu- lare, come la gensacica, ed Hippurites Lapeirousei, nel cretaceo superiore della Transilvania 2). Da che cosa derivi la forma ciclica Omphalocyclus non si può ancor dire con certezza, ma proba- bilmente non da Arnaudiella H. Douvirni *, perchè i segmenti del primo (Fig. 1 e 8) son troppo ben distinti per potersi ritener prodotti dalla suddivisione di altri radiali convertiti in ciclici. Ciò non ostante anche Arnaudiella è al caso di dar luogo a forme orbitoidi, a distinguer le quali occorrerà ancor del tempo. L’origine più verosimile d’° Omphalocyclus, pei fatti paleontologici che conosco, si è dalla “ Pla- norbulina? cenomaniana , G. SEGUENZA 4), scoperta da questi aderente all’ Ostrea Delettrei Coquanp ed all’ Exogira oxyntas (Coquanp), nel cretaceo medio, cenomaniano, della Portella di Falcò presso Ferruz- zano di S. Giorgio, nelle vicinanze di Brancaleone, in provincia di Reggio-Calabria. Però questa forma, che a parer mio non appartiene al genere Planorbulina D’ ORBIGNY, andrebbe ristudiata con nuovi criterî ed in confronto con Omphalocyelus; per ora ciò non mi è possibile, mancando del materiale necessario, e mi limito a cambiarle il nome generico in quello d° Archaecyclus, nell'ipotesi di cui sopra, e per di- stinguerla dalle vere Planorbuline. Non è però da escludersi a priori un’ altra derivazione d’ Omphalocyclus, ossia quella da Cyclolina o da qualche Cyclolina turoniana, sebbene ciò sia poco attendibile, stando alla definizione classica del genere Cyclolina D’ORBIGNY, dovuta a quest’ autore, di: “ Coquille discoidale, libre, régulière, équilatérale, très comprimée, entièrement circulaire, formée de loges concentriques faisant chacune un cercle complet autour des autres de méme forme. Quvertures très nombreuses, éparses sur le dessus de la dernière loge , >. i) Il sig. E. VREDENBURG della « Geological Survey of India », mi ha gentilmente inviato campioni di questa provenienza, nonchè una fotografia di sezione equatoriale di forma A, coi quali ho potuto verificare l’esattezza della. determinazione, la stretta somiglianza loro con quelli di Latoue nell’ Haute-Garonne, anche per le dimensioni e lo stato di fossilizzazione. Mi resultano frequenti, ma con predominio della forma B (diam. da 7,5 a 9 mm. spess. 1,5 mm.) sulla 4 (diam. da 4 a 5 mm., spess. da 1 a 0,8 mm.). ? H. DouviLLÉ. Distribution des Orbitolites et des Orbitotdes dans la craie du Sud-Quest. Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. II, 1902, pag. 308. 3) 1907. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. VI (1906), pag. 599. 4) 1882. Mem. R. Acc. Lincei, Cl. Sc. fis. mat. e nat., ser. 33, vol. XII, pag. 200, tav. XXI, fig. 4, 4a-e. 5) Foraminifères fossiles du bassin tertiaire de Vienne (Autriche), ece., pag. 139, tav. XXI, fig. 22-25. Paris 1846. [15] È A. SILVESTRI 135 Nondimeno sembrami sicuro che tra Cyclolina ed Omphalocyclus corrano egualmente relazioni di parentela. Ma sospendendo pel momento la trattazione di questioni ancor immature, dirò che nell’ attualità parmi sia ad ogni modo da riconoscere nell’ Omphalocyclus il progenitore diretto d’alcune Orbitoides, quali la media (D’ARcHIAC), l’apiculata ScaLUMBERGER, la Zissotî ScHLUMB., e forse anche la mamillata ScaLUMB., quantunque queste due ultime sembrino un po’ aberranti !) e, per l’Orbitoides mamillata, possa aver ra- gione H. DouviLLé nel ritenere discenda da Arnaudiella ©. Basta, per rendersene agevolmente conto, immaginare che ad un certo punto dell’accrescimento d’un Omphalocyclus, i segmenti marginali, al luogo d’aumentare radialmente e nel senso dello spessore del nicchio (Fig. 2 e 3. Tav. XX [IV], fig. 1), si mol- tiplichino estendendosi e ripiegandosi sulle facce, fino a congiungersi al centro di queste, e che in pari tempo s’appiattiscano (Tav. XX [IV], fig. 2 e 3). Quando questo fenomeno raggiunge il massimo, può complicarsi con la produzione accessoria dei pilastri, organi di sostegno derivanti dal riempimento secondo, raggi di spazî tra i segmenti; i quali pilastri traduconsi alla superficie del plasmostraco in rilievi lineari (Tav. XVIII [II], fig. 3), pustole, papille, o granulazioni, mentre gli dànno maggior robustezza. Stretto parente del genere OmpRalocyclus è il Linderina ScaLuMBERGER È), rappresentato, tra le forme fin qui meglio studiate, dalla Linderina sp. raccolta dall’ArnaUD nel calcare del campaniano ad Alveolina dei dintorni di Belvès in Francia ®, e dalla L. brugesi ScHLUMB. 5), trovata, ma rara, nell’eocene supe- riore di Bruges (Gironda), provenienza che andrebbe verificata, se non altro per l'orizzonte geologico; però si tratta di parentela collaterale e non in linea retta, ripetendo a mio avviso il genere Linderina in riguardo al genere Orbitoîdes, stricto sensu, press’a poco i rapporti intercedenti tra Cycloclypeus ed Orbi- toclypeus ®; esso è, in poche parole, il Cycloclypeus delle Orbitoides ”. 1) L'Orbitoides Tissoti fa rinvenuta abbondantissima, dall’autore, in una roccia probabilmente senoniana del- l’ Oued-el-Arab, in provincia di Costantina (Deuaième note sur les Orbitoides. Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. II, 1902, pag. 260), da H. DouviLLé nelle selci a Faujasia del dordoniano superiore di Maurens-au-Buisson in Francia, ma in esemplari molto mal conservati e di dubbia determinazione (Distribution des Orbitolites et des Orbitoides dans la craie du Sud-Quest. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. II, 1902, pag. 309), e sarebbe stata ritrovata dal PREVER nel senoniano del Monte Conero presso Ancona, con la Lepidorbitoides minor (ScuaLUMB.) (in CASSETTI. Appunti geologici sul Monte Conero presso Ancona e suoi dintorni. Boll. R. Comit. geol. it., (vol. XXXVI), ser. 42, vol. VI, fasc. 1°, 1905, pag. 60), e dal PREVER stesso e dal PARONA, nella formazione coeva dei monti di Bagno nell’Aquilano (in PARONA. Risultati di uno studio sul cretaceo superiore dei monti di Bagno presso Aquila. Rendic. R. Ace. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 5*, vol. XVI, sem. 2°, 1907, pag. 236). Ma pur riconoscendo la grande autorità scientifica del prof. Pa- RONA e la competenza speciale del dott. PrEvER In simili fossili, credo prudente attenderne conferma negli ultimi due casi, perchè, se questi autori non hanno potuto esaminar sezioni orientate dei loro campioni, non è impossibile, nè inverosimile, abbiano determinato per O. Tissoti 1° O. media (D’ArcHIAC), cui molto rassomigliasi. 2 H. DouviLLÉÈ (pense que) les nombreux travaux dont les Orbitoîdes ont été l’ objet rendent nécessaire une revision d’ensemble de tout le groupe. C. R. sommaire Séances Soc. géol. France, n.° 14, 1907, pag. 109. 3) 1893. Bull. Soc. géol. France, ser. 32, vol. XXI, pag. 121. ; 4) H. DouviLLà. Evolution et Enchaînement des Foraminifères. Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. VI, (1906), 1907, pag. 601, tav. XVIII, fig. 18. 5) 1898. Bull. Soc. géol. France, ser. 3%, vol. XXI, pag. 120-122, fig. 3-5, tav. III, fig. 7-9. 6) Si consultino a questo proposito le mie « Considerazioni paleontologiche e morfologiche sui generi Operculina Heterostegina, Cycloclypeus », nel Boll. Soc. geol. it., vol. XXVI, 1907, pag. 58 e 59. 7 Ciò sia detto per le conoscenze attuali, non essendo inverosimile che sotto il nome di Linderina si siano com- prese dagli autori forme essenzialmente diverse per la loro origine, a meno che il genere in questione non siasi con- tinuato, cosa ancor da provarsi in modo sodisfacente, dal cretaceo all’ eocene, e da questo all'oligocene e miocene. 136 * A. SILVESTRI [16] Mi si potrebbe opporre quanto lo ScHLUMBERGER scrive in merito alla struttura della sua Linderina brugesi, ossia che “ dans la partie médiane de leur hauteur, la paroi de toutes les loges est continue sur tout le pourtour, sans aucune trace de suture et s’ infléchit pour former chacune des petites loges , *), e questo carattere a tutta prima sembrerebbe differenziale tra i generi Omphalocyclus e Linderina, ma non è che apparenza: anche nell’ Omphalocyclus, come abbiamo visto, i segmenti saldansi alle basi formandovi una lamina unica, ed anche per una certa altezza, essendo liberi nel resto, per cui una sezione prossima alla lamina stessa può far sembrare costituiscano una parete continua flessuosa, proprio come manifestasi in Linderina, ed a mio parere nelle stesse condizioni. Che i segmenti delle forme di quest’ultimo genere ad un certo punto sian divisi, lo dànno a capire tanto la fotografia fig. 9, contenuta nella tav. III, che accompagna il lavoro dello ScaLuMBERGER dov’ esso è descritto per la prima volta ?, quanto la fotografia fig. 2, tav. I, della “ ? Linderina, sp. ,, di NEwron ed Hoxcanp 8), trovata da questi in un calcare del- l'Isola Iriomoté nell’arcipelago di Riu-Kiu, oligocenico o miocenico, ed è per ciò singolare che H. Dou- VILLÉ abbia sul proposito scritto ultimamente: “ le type L. Brugesì ScHLUMB. présente cette particularité... que les cloisons sont à plis contrariés comme celles des Fusulines, ce qui simule une division en logettes: sì les plis étaient un peu plus accentués la disposition caractéristique des loges équatoriales des Orbitoides de la craie se trouverait réalisée ®. Più singolare ancora che la Osimo abbia creduto poter stabilire un carat- tere differenziale tra certa sua “ Linderina Paronai , ® dell’oligocene di Celebes, e la Linderina brugesi, sull’osservazione che nella prima: le camere “ non appaiono formate da lamine continue e ondulate, ma, come in Lepidocyclina, da tante laminette isolate e alternanti con quelle dei giri continui , 9). Orbitoides media (0’Arcarac). — Tav. XVII [I], fig. 8-11. Lycophris Faujasii DerrancE, 1822. Dict. Sc. nat., vol. XXIV, pag. 271 ?. — QuensreDT, 1885. Handbuch Petref., ediz. 32, pag. 1056, tav. LXXXVI, fig. 39. Orbitolina media [pars] p’ArcatAc, 1837. Mém. Soc. géol. France, ser. 1°, vol. II (1835), pag. 178. — Fautor et Reyr, 1891. Actes Soc. Linn. Bordeaux, ser. 5%, vol. IV, pag. 353. Orbitoides media »’OrBIGNY, 1850. Prodrome Paléont. stratigr., vol. II, pag. 279, n. 1349. — p’OrBIGnY, 1851. Cours elem. Paléont., vol. II, fasc. 1°, pag. 193, fig. 316; vol. II, fasc. 2° (1852), pag. 683 e 689, fig. 657. — Presrwica, 1888. Geology, vol. II, pag. 290, fig. 151; I. — CartER, 1888. Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 62, vol. II, pag. 440, 444, 446 e 447. Nummulites cretacea Frans, 1867. Wiirttemb. nat. Jahresb., pag. 227, tav. II, fig. Sa-c. — Fraas, 1869 in Larmeo. Geol. Palestine, pag. 177 8). Note sur les genres Trillina et Linderina. Bull. Soc. géol. France, ser. 3%, vol. XXI, 1893, pag. 122. 2) Ibidem. 3) 1902. Journ. Coll. Science, Imp. Univ. Tokyo. vol. XVI, art. 6, pag. 15, tav. I, fig. 2. EHvolution et Enchaînement des Foraminifères. Loc. cit., pag. 600. 5) 1908. Riv. It. Paleont., anno XIV, pag. 38, tav. I, fig. 13-14; tav. II, fig. 3-5. Di alcuni Foraminiferi dell’eocene superiore di Celebes. Riv. It. Paleont., anno XIV, 1908, pag. 39. Questa citazione parrebbe dovesse riferirsi all’ Orbitoîdes apiculata ScHLUMBERGER (figurata dal FAUJAS DE Sarnt-Fonp) ovvero alla Lepidorbitoides minor (ScHLUMB.) (descritta dallo stesso FAaUJAS); però, sopra esemplari della collezione DEFRANCE, lo SCHLUMBERGER ne ha riconosciuto la sinonimia con l' Orbitoides media (Première note sur les Orbitoides. Bull. Soc. géol. France, ser. 48, vol. I, 1901, pag. 461). 8) La presunta Nummulites del FrAAS, dei calcari ippuritici di Gerusalemme in Palestina, credo sia un’ Orbi- foides; ne do però con riserva l’assegnazione alla specie: del D’ARCcHIAC. - » CÒ 7 [17] A. SILVESTRI 137 Orbitoides media (0° ArcnIac). PARKER et Jowms, 1860. Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 32, vol. VI, pag. 36. — Carter, 1889. Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 63, vol. III, pag. 210, 211, 212, 213 e 214. — Fannor et Revr, 1892. Bull. Soc. géol. France, ser. 3%, vol. XX, pag. 356. — H. Douvinné, 1898. Bull. Soc. géol. France, ser. 3%, vol. XXVI (1899), pag. 592 e 595. — H. DouviLué, 1900. Bull. Soc. géol. France, ser. 3%, vol. XXVIII, pag. 232. — ScarumserGER, 1901. Bull. Soc. géol. France, ser. 4, vol. I, pag. 464, tav. VII, fig. 1-7. — H. DovvinLé, 1902. Bull. Soc. géol. France, ser. 48, vol. II, pag. 308 e 312. — Parona, 1904. Trattato di Geologia (1903-1904), pag. 539 e 546. — PaquIrR, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 4, vol. IV, pag. 416, 417, 418 e 419. — pe GrossouvrE, 1904, Bull. Soc. géol. France, ser. 4, vol. IV, pag. 514. — pr LappPARENT, 1906. Tradté de Geologie, ediz. 5%, vol. II, pag. 1449, 1452, 1453, 1460 e 1461. — A. Sivvestri, 1907. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 168; anno LXI (1907-1908), pag. 22. — Di Srerano, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 8 e 9 estr. — CarccrnTA-RispoLi e GemmeLtARO, 1907. Giorn. Scienze nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 5 estr., tav. I, fig. 1. — H. Douvinné, 1907. ‘ C. R. somm. Séances Soc. géol. France, n. 14, pag. 108. — R. DouviLLé, 1907. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. VII, pag. 310. — H. DouviLLé, 1907. Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. VII, pag. 374. — A. Sinvesrri, 1908. Riv. It. Paleont., anno XIV, pag. 125. Stimplorbites perforataeformis De GrEGoRrIO, 1882. Fossili dint. Pachino, pag. 13, tav. VI, fig. 25 !. — Coppa, 1899. Atti e Rendic. Acc. Sc. Lett. ed Arti, Acireale, n. s., vol IX, (1897-98), pag. 8. Orbitoides medius (D’Arcaniac). OppenHEM, 1906. Zeitschr. Deutsch. geol. Gesellsch., vol. LVIII, pag. 133. Orbitoides cfr. media (0’ArcuiAc). A. StuvestrIi, 1907 e 1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 106 e 107; anno LXI (1907-1908), pag. 18. Orbitoides Philippi CarccHIA-RispoLi, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 8 e 9 estr. La prima volta fu data notizia del genere Orbitoîdes dal n’ OrBIGNY, in una lettera che questi, in data del 18 giugno 1847, diresse al LyELL, inserita a pag. 11, vol. IV (1848) del “ Quarterly Journal of the Geological Society ,, e dove indicò soltanto d’aver dato detto nome, a causa delle loro analogie con le Orbitolinae, ad un gruppo di forme fossili comprendente le specie media, papyracea ed americana [= Orbitoides Mantelli (Mortox)]. Ricordatolo poi nel 1850, a pag. 279, 334 e 406, del vol. II del “ Pro- drome de Paléontologie stratigraphique universelle, ecc. ,; a proposito della distribuzione stratigrafica delle medesime specie, ne dette finalmente la descrizione nel 1851, a pag. 194 del vol. II, fasc. 1°, del “ Cours éléementaire de Paléontologie et de Géologie stratigraphique ,, accompagnata da cinque figure concernenti l’Orbitoides media (figure 316 di pag.-193) e così concepita ?): “$ 1420. G. Orbitiodes, D’ORB., 1847. Coquille discoidale convere des deux còtes, formée d’ une seule rangée de loges autour du disque, très fortement enerotté extéerieurement au milieu, et montrant soit 4) Tanto in questo, quanto nei casi successivi, è sempre con incertezza che metto in sinonimia di qualche specie le Orbitoides dette Simplorbites dal De GREGORIO, essendo queste insufficientemente illustrate. Non mi è stato pos- sibile eliminarla perchè non mi è stato conceduto l’esame dei topotipi, però essa riflettesi soltanto sui nomi specifici. 2) C. D. SHERBORN, nel suo prezioso repertorio di citazioni « An Index to the Genera and Species of the Fora- minifera » (Smithsonian Misc. Collect., n.° 856 e n.° 1031, 1893 e 1896), segna l’ Orditoides media D’ORBIGNY nel vol. I, 1849, del « Cours é&émentaire de Paléontologie, ecc. », a pag. 193, fig. 316; e nel vol. II, fase. 2°, 1852, a pag. 689, fig. 557. Evidentemente per la prima parte della citazione egli è caduto in errore, ed è curioso ciò sia ripetuto per H. DouviuL® (Sur ? dge des couches traversées par le canal de Panama. Bull. Soc. géol. France, ser. 3, vol. XXVI (1898), 1399, pag. 592), complicandolo con l’indicare il 1852 come data di pubblicazione del vol. II del « Cours élém., ecc. », mentre questo porta due date: il 1851 pel fasc. 1°, ed il 1852 pel fase. 2°. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 18 138 A. SILVESTRI [18] des lincoles rayonnantes, soit des granulations. Nous connaissons de ce genre perdu 4 espèces fossiles: les premières, de l’ étage sénonien: les dernières et le maximum, de l’ étage parisien (fig. 316) ». Nel vol. II, fasc. 2° dell’opera citata, pubblicato nel 1852, a pag. 683, comprese poi la specie Orbi- toides media tra i fossili più diffusi e caratteristici del senoniano; e le figure di questa nuovamente pro- dotte (fig. 557 di pag. 689), perchè ripetizione delle altre su cui era già stato istituito il genere, benchè di maniera, hanno permesso la sua identificazione con la specie, messa del resto in sinonimia della sua dal p’OrBIGNY, che il D’ARcHIAC aveva descritto nel 1837, a pag. 178 della “ Mémoiîre sur la formation crétacte du Sud-Quest de la France ,, *, ed in questi termini: «“ Orbitolina media, nob. — Lenticulaire, déprimée. Du centre de chaque face partent de petits sillons nombreux, qui se croisent en se dirigeant vers la circonférence; pores irréguliers à la surface; souvent le polypier [come uno di questi era considerata] se divise en deux parties égales dans le sens de son épais- seur; l’intérieur présente alors des couches d’accroissement et des cercles qui, en se croisant, ornent ces lames de losanges disposés en quinconces circulaires. Diamètre de plus grands individus, 50 mill.; épaisseur, 3 mill. “ Les individus jeunes, dont on serait tenté de faire une espèce, sont moins larges, plus elevés, proportion gardée, et ressemblent à deux cones opposés base à base. “ Cette espèce est figurée dans Faujas de Saint-Fond (* Histoire de la Montagne de Saint-Pierre de Mae- stricht ,, pl. XXXIV, figs. 1, 2, 3, 4). EMe est aussi indiquée, mais non décrite dans le genre discholite de Fortis. «“ Loc. de S. Quest. Royan, Lanquais, Dordogne. “ Loc. du Nord de la France et de l Europe. Maestricht. «“ Etage. Craie tuffeau. ,, Ma se le due specie in discorso si son potute identificare, ciò che ha portato per conseguenza l’ado- zione del nome del D’ArcHIAC, perchè più antico, giova osservare che è questa un’ identificazione parziale e non totale, perchè, e ciò resulta dal contesto del p’ARcHIAC, or riferito, questi comprese nella propria specie forme diverse, una delle quali può agevolmente riconoscersi per l’Orbitoîdes apiculata SCALUMBERGER. Ritornando ora al D’OrBIGNnY: avendo egli compreso nel suo genere Orbitoides, oltre la specie media, e come sopra ho già significato, la papyracea (Nummulites papyracea Boubée, 1832), e l'americana D’ORB., ossia la Mantelli (Nummulites Mantelli Morton, 1833), ed indicatone l'habitat generale nei limiti inclusivi dal senoniano al luteziano, è evidente v’intendesse attribuite le forme di poi aggruppate in generi di- stinti dall’ Orbitoides, detti Orthophragmina dal MunIER-CHALMAS (1891) e Lepidocyclina dal GùMBEL (1868). Quindi abbiamo un genere Orbitoîdes, lato sensu, ed un altro stricto sensu; questo, secondo il concetto degli autori moderni, di cui però nessuno s’ è preoccupato d’emendare completamente ed esattamente l’antico genere d’orbignyano. Ed in vero: il GumBEL lo suddivise in Discocyclina, Rhipidocyclina, Akti- nocyclina, Asterocyclina e Lepidocyclina, soprattutto in base alla figura esterna ed ai caratteri dei segmenti equatoriali, ma egli s’interessò soltanto di forme eoceniche ed oligo-mioceniche ?, e delle sue distin- zioni solo l’ultima è comunemente adottata, ed attende pur essa un emendamento. H. Dovvinté, il primo degli autori recenti che l’abbiano preso in seria considerazione, lo definisce come dotato di: “ réseau médian rhombique ..... VOGESIRRERO limitées en avant par un arc de cercle et en arrière par deux demi arcs de cercle semblables, appartenant aux deux loges précédentes , 3, e gli dà per tipo 1’ Orbitoides media 1) Mém. Soc. géol. France, vol. II (1835), 1837, pag. 157-192. ?) Beitriige zur Foraminiferenfauna der nordalpinen Eoccngebilde. Abhandl. k. bayer. Ak. Wiss., II CI., vol. X (1870), fasc. 2°, 1868, pag. 581-730, tav. I-IV. 3) Sur Vdge des couches traversées par le canal de Panama. Bull. Soc. géol. France, ser. 3% vol. XXVI, (1898), 1899, pag. 595. [19] A. SILVESTRI 139 del dordoniano. C. ScHLUMBERGER, secondo in ordine di data, pur mantenendogli detto tipo, ne dà per caratteri: “ Zoges équatoriales rhombiques augmentant assez sensiblement en hauteur vers la circonférence où elles sont frequemment subdivisées; perforations des cloisons assez fortes ,. Descrizioni queste troppo incerte e troppo comprensive. Non pretendo, almeno pel momento, far di più o meglio dei due ultimi autori nominati, ma solo di limitar maggiormente il genere in questione, da cui escludo affatto tutte le forme ad apparato embrio- nale per lo più biloculare (Fig. 31-34) e dai segmenti equatoriali a lati paralleli riuniti da arco tondo (Fig. 36), od ogivale, aventi per tipo le specie minor ScHLUMBERGER e socialis (LEYMERIE), aggregandole in genere distinto che dico Zepidorbitoides, e di cui tratterò nelle pagine seguenti; ciò per mezzo della presente descrizione: Gen. Orbitoides D’ORBIGNY. — Plasmostraco lenticolare, più o meno convesso, più o meno appiattito, spesso disugualmente dalle due parti, presentante sulle due facce, o rilievi vermicolari irradiantisi dal centro (forme più antiche), ovvero pustolette o granulazioni (forme più recenti), non di rado assieme sullo Fis. 15. Fic. 16. Fis. 17. Fic. 18. Apparati embrionali d’Orbitoides media di Calcasacco. Fig. 15, sezione equatoriale d’apparato di forma normale (X60); fig. 16, id. id. di forma quasi normale (X60); fig. 17 e 18, id. di variazioni (X60). stesso esemplare. Nell’interno osservasi uno strato mediano di segmenti disposti secondo una superficie, coincidente negli individui regolarmente sviluppatisi col piano principale di simmetria, altrimenti curva, Fic. 19. Fic. 21. Apparati embrionali d’Orbitoides. Fig. 19, sezione equatoriale di quello dell’Orbitoides media di Maastricht (X60); fig. 20 e 21, id. id. d’Orbitoides apiculata di Calcasacco (X60). e costituito per lo più d’ un solo ordine di essi, che però può sdoppiarsi, specialmente a distanza dal centro, od altrimenti complicarsi, per es. con ordini di segmenti più piccoli. Da questo strato mediano 41) Première note sur les Orbitotdes. Bull. Soc. géol. France, ser. 4 vol. I, 1901, pag. 463. 140 A. SILVESTRI [20] hanno origine e vi si addossano accavalcandosi ai due lati di esso, altri numerosi, piccoli segmenti, che crescono in numero dalla periferia al centro del nicchio. I segmenti mediani s’iniziano da un apparato embrionale micro o megalosferico, il quale ultimo è sempre provveduto di parete grossa e, carattere fondamentale, mai biloculare (Fig. 31-34), ma monoculare (Fig. 15-25) e suddiviso da sottili tramezzi secondarî in 4 o più (Fig. 26) scompartimenti, eccezionalmente in tre o due. Nelle sezioni equatoriali presentano contorno ad arco per regola depresso (Fig. 10, 27 e 28), disposizione radiale ed a cicli alternati a partire dalla megalosfera (Tav. XVII [I], fig. 8-10; Tav. XVIII [I], fig. 1,2e 4; Tav. XIX [III], fig. 3 e 4; Tav. XX [IV], fig. 4), a spirale e poi nella stessa guisa nel caso FIG. 24. Apparati embrionali d’Orbitoides apiculata. Fig. 22 e 23, sezioni equatoriali d’apparati eccezionali in esemplari di Calcasacco .(X60); fig. 24, sezione equatoriale d’apparato eccezionale in esemplare di Maastricht (x60). di microsfera, rimanendo sempre un piccolo intervallo tra ogni segmento ed i due che lo precedono imme- diatamente (Fig. 10, 27 e 28). Nelle sezioni meridiane mostrano pure contorno ad arco, però meno depresso Apparati embrionali d’Orbitoides. Fig. 25, sezione equatoriale d’apparato non comune d’Orbitoides apiculata in esemplare di Maastricht (X60); fig. 26, id. d’apparato normale d’Orbitoides gensacica in esemplare di Calcasacco (X60). (Tav. XVII [I], fig. 11; Tav. XVIII [II], fig. 5; Tav. XIX [III], fig. 2 e 5; Tav. XX [IV], fig. 2 e 3), la cui concavità è costantemente rivolta al centro della conchiglia; in tali sezioni si osservano perforati. [21] A. SILVESTRI 141 I segmenti laterali offrono contorno pure arcuato e depresso nelle sezioni meridiane stesse (Tav. XVII [I], fig. 11; Tav. XVIII [II], fig. 5; Tav. XIX [II], fig. 2 e 5; Tav. XX [IV], fig. 2 e 3), poligonale nelle tangenziali; la loro disposizione è radiale, convergendo dalla periferia al centro delle facce del plasmo- straco, ed alternante parallelamente e perpendicolarmente a queste. Nelle sezioni tangenziali essi si riconoscono perforati, e con forellini assai minuti. Tra tali segmenti laterali, che determinano cellette intercomunicanti per la loro base, produconsi nelle pareti di contatto ovvero agli angoli, degli ispessimenti, oppure file di essi, radiali dal piano me- diano, riempionsi continuativamente di sostanza del nicchio (Tav. XVIII [II], fig. 5; Tav. XIX [III], fig. 2 e 5; Tav. XX [IV], fig. 3), questo probabilmente allo scopo d’irrobustirlo (endoscheletro di sostegno); e con ciò il reticolo superficiale suo, determinato dalle suture dei diversi segmenti, rimane coperto, o si complica coi rilievi esterni precedentemente indicati. Esempi: Orbitoides media (D’ARcHIAC), O. apiculata ScHLUMBERGER, 0. gensacica (LEYMERIE). Fre. 27. Fre. 28. ZS A SE GE Pato CR Frammenti marginali di sezioni equatoriali d’Orbditoides. Fig. 27, d’Orbitoides apiculata di Calcasacco (Xx60); fig. 28, d’Orbitoides gensacica di Calcasacco (X60). Premesse queste indispensabili considerazioni tassinomiche, confermo l’ esistenza dell’ O. media nel calcare grigio a macchie verdicce della contrada Calcasacco presso Termini-Imerese, dov’ è piuttosto fre- quentemente rappresentata da esemplari megalosferici (Tav. XVII [I], fig. 8-11), del diametro di mm. 2, 8; 3; 4; eccezionalmente di 4,5 mm. L’ho riscontrata pure, e mediocremente comune, nella breccetta ros- siccia di trasgressione eocenica del vallone Trepietre e nel calcare grigio-chiaro cristallino a Sphaerulites Sauvagesi della rupe del Castello di Termini-Imerese. Anche il Di SreFANO, il CHECCHIA-RisPoLi ed il GeEMMELLARO la ricordano di quest’ultima località, e dell’alto vallone Trepietre, accennando d’averla rin- venuta pure nella regione Serradifalco nei dintorni di Bagheria (Palermo). Già avevo notato come gli esemplari di Calcasacco presentassero segmenti equatoriali un po’ irre- golari, e difatti lo sono tanto per la forma, quanto per la disposizione (Fig. 10; Tav. XVII [I], fig. 8-10), mentre per quelli della rupe del Castello di Termini, nulla avevo avuto da osservare in proposito, e giustamente, come mi riprova la fig. 1, tav. I, del CHEccHIA e GemmELLARO (loc. cit., in syr.), riguar- dante individuo dell’ultimo habitat ricordato. Però i primi sono specificamente indistinguibili dai secondi, nè i caratteristici sepimenti longitudinali con briglia trasversale (Fig. 15 e 16; Tav. XVII [I], fig. 10), di varî individui, lasciano adito a dubbio. Di varî ho detto, e non di tutti, perchè tali sepimenti subiscono per regola nelle Orbitoides grandissime variazioni, di cui le Fig. 17 e 18 concernenti campioni di Calcasacco, e la 19 individuo di Maastricht nel Belgio, bastino a darne un saggio pel caso dell’ 0. media. Attribuisco alla specie stessa anche la sezione meridiana riprodotta nella fig. 11 dell’unita Tav. XVII [1], ricavata da .una conchiglia di Calcasacco avente lo scheletro supplementare ridotto, il piano delle logge equatoriali spostato, e l'apparato embrionale anomalo. Disgraziatamente la spatizzazione ha distrutto 142 A. SILVESTRI [22] in parte i setti di questo, per cui potrei anche essermi ingannato, sebbene l'identità dei segmenti equa- toriali e laterali a quelli dell’ O. media mi assicuri di no. Tanto i segmenti mediani, od equatoriali che dir si voglia, quanto 1’ apparato embrionale (cfr. le Fig. 15 e 5) della specie in discorso, mostrano tale grande affinità o somiglianza con gli omologhi dell’Omphalocyclus macropora, da farmi giungere per altra via alla medesima conclusione di H. DovvILLÉ ®, e cioè che 1’ 0. media presenti caratteri arcaici; è per me l’Orbitoide più prossima al genere Omphalo- cyclus 2), ed i rilievi vermicolari della superficie ne darebbero la conferma. L’ 0. media comparisce in Francia al livello superiore del campaniano, nei calcari bianchi a Crania ignabergensis di Talmont [| ArnAUD e H. DouviLLé ], ma abbonda soprattutto nella “ craie banche , del dordoniano inferiore di Royan (Charente-Inférieure) [p'ARcHIAC, D’ ORBIGNY, BERTHELIN, CARTER, e H. Dou- VILLÉ] e dintorni [ScHLUMBERGER], raggiungendo il massimo della frequenza nei calcari grigio-verdastri di Meschers (Charente-Inférieure), coi quali comincia il dordoniano e che racchiudono già Nerita rugosa HoExnINe (= Ofostoma ponticum) ed Alectryonia ungulata (ScaLoTA.) (= Ostrea larva Lamox.) [ARNAUD e H. DouviLLeé]. Anche nella regione dell’Haute-Garonne è stata trovata abbondante negli strati inferiori del campaniano superiore, ossia del dordoniano [pe GRossouvrE], ed è ricordata negli strati coevi di Ro- quefort [FaLLort e Rey], Saint-Georges, Suzac, Mirambeau (Charent-Inf.), Maurens (Isère), Beaumont-de- Périgord [ScHLuMBERGER], Lanquais (Dordogne) [p'ARcHIAC, D’ORBIGNY], nel calcare (“ calcasre-nankin ,) ad Alectryonia ungulata, Nerita rugosa, Hemipneustes pyrenaicus, ed Orbitoides gensacica, d’Ausseing e Gensac [DE LAPPARENT], nei calcari gialli con Nerita rugosa, Alectryonia ungulata e Pycnodonta vesicularis (LAMCK.], di Méaudre (Isère) a W di Grenoble [MunieR-CHALMAS, Lory e PAquUIER]; ed in generale nel dordoniano dell’interno del bacino d’Aquitania [FaLLor e Reyr]. Io l’ho rinvenuta anche nel dordoniano di Latoue (Haute-Garonne) assieme alla Siderolites calcitrapoides ed all’ Omphalocyclus macropora. Inoltre se ne cita la presenza nella creta di Maastricht nel Belgio [D'ARcHIAC e D’ORBIGNY], dove starei a confermarla (Fig. 19 e 30) ed in società coll’ OmpRalocyclus macropora, 1° Orbitoides apiculata e la Lepidorbitoides minor; quindi nei calcari e nelle marne sabbiose dordoniani ad Alectryonia ungulata di Monsech (Catalogna) [VipAx], e di Alcoy e Valenza, come pure in quelli arenacei contenenti alla base Hemipneustes pyrenaicus e Clypeolampas Leskei, dei dintorni d’Alicante, in Spagna [Mrcxtks]; nel calcare ad Actaconella cfr. Renauziana D’OrB. ed Endiaplocus cfr. libanensis (Hamuin), di Mkow nella penisola Balcanica, ritenuto corrispondente alla formazione di Gosau (Traunwand) [OPPENHEEIM]; e nei calcari grigiastri a Pironaea polystylus PIRONA, inclusi nei conglomerati eocenici presso la valle dell’ Isonzo [H. DouviLLÉ, e PARONA]. Sembrerebbe esistesse pure tra i fossili dell'orizzonte ad Hippurites cornucopiae DEFRANCE, di Porto Palo presso il Capo Passero in Sicilia [De GREGORIO], e nei calcari ippuritici dei dintorni di Gerusalemme in Palestina [FrAAS e LARTET], ma esiste certamente in calcari bianco-brunastri dordoniani di S. Emi- 1) Distribution des Orbitolites et des Orbitoides, ecc. Loc. cit., pag. 308. 2 Sotto il nome di « O. Johannis CHECCHIA », il CHECCcHIA-RIisPoLI descrive brevemente un’ Orbitoides dei cal- cari marnosi e marne di color biancastro, verdiccio, rossiccio, associati a sottili strati d’ argille scagliose di color: rosso vinaccia del valloncello Calcasacco, nella regione omonima dei dintorni Termini-Imerese, il cui apparato em- brionale apparirebbe quello dell’ Omphalocyelus macropora, per cui è molto probabile si tratti di semplice varietà dai caratteri arcaici dell’ O. media, nè le dimensioni di « 6 XX 2,5 mm. » e la forma « lenticolare» vi contraddicono (Nota preventiva sulla serie nummulitica dei dintorni di Bagheria e di Termini-Imerese in Provincia di Palermo. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, 1907, pag. 17). [23] i i A. SILVESTRI 143 liano nella Terra d'Otranto, in compagnia dell’ Omphalocyclus macropora [A. StuvestRI], e nei calcari del cretaceo superiore della regione Serradifalco nel territorio di Bagheria (Palermo), in unione ad Hippu- Fic. 29. Fic. 30. Apparati embrionali d’Orbitoides. Fig. 29, sezione meridiana di quello dell’Orditoides apiculata di Maastricht (X60); fig. 30, id.id. dell’Orbitoides media della medesima località (Xx60). rites Oppeli H. DouviLLÉ, Caprina communis GeMMELLARO, Orbitoides apiculata ScaLUMB., 0. gensacica (LEYM.), ecc. [CHEccHIA-RispoLi e M. GEMMELLARO]. Orbitoides apiculata Scarumsercer. — Tav. XVII [II], fig. 1,2; Tav. XIX [II], fig. 2,3. Discolithus lentiformis Fortis, 1802. Mem. Hist. nat. Oryct. Italie, vol. II, pag, 106, tav. II, fig. N ed O. « Numvismale .... avec une ébauche de mamelon au centre» Fausas-Samt-Fonp, 1799. Hist. nat. Montagne Saini- Pierre de Maestricht, pag. 186, tav. XXXIV, fig. 1-4. Discolithus lentiforme Derrance, 1823; èn schedis (fide ScaLumseRGER, 1901. Bull. Soc. géol. France, ser. 4, vol. I, pag. 461). Lycophris lenticularis var. B, DerrancE, 1823; èn schedis (fide ScarumgeRGER, 1901. Bull. Soc. géol. France, ser. 4, vol. I, pag. 461). Orbitolina media [pars] D’ArcHIac, 1837. Mém. Soc. géol. France, ser. 12, vol. II (1835), pag. 178. Hymenocyclus Faujasi (Derrance). Bronn, 1851-1852. Lethaca Geognostica, ediz. 3%, vol. II, pag. 94. tav. XXIX: 1, fig. 29). Orbitoides Faujasi (DerrancE). [Pars] Rruss, 1862. Sitzungsb. k. Ak. Wiss. Wien, vol. XLIV (1861), pag. 309, tav. IV, fig. 7-9; tav. V, fig. 1-5. 3) Il BRONN propose il nome generico Hymenocyclus in sostituzione di quello d' Orbifoides D’ ORBIGNY che giu- dicò, e non con tutti i torti, ibrido, prendendone a tipo (Faujasì) la forma figurata e descritta dal FAUJAS DE SAINT- Fonp come « Numismale » (v. la sinonimia), e ricordata dal DerRANCE qual Lycophris Faujasi. Ma, come abbiamo veduto (v. la nota in calce a pag. 136 [16]) quest’ ultima è l’ Orbitoides media (D’ARCH.), diversa, per quanto il D’ AR- cHIAC l'abbia invece identificata ad essa, dalla forma del FAuJAS, riconoscibile per l’Orbditoides apiculata ScHLUMB. Nasce dunque la questione a quale delle due specie, O. apiculata od O. media, abbia voluto alludere il Brown. A me pare, sulla scorta delle figure di questi, non possa esser dubbia la corrispondenza dell’ Hymenocyclus Paujasi all'O. apiculata, ed è per ciò che l’ho posto nella sinonimia di quest’ ultima. 144 A. SILVESTRI [24] Simplorbites cupulinus De GreGoRIO, 1882. Fossili dint. Pachino, pag. 11, tav. VI, fig. 21 e 22 5). — Copra, 1899. Atti e Rendic. Acc. Sc, Lett. ed Arti, Acireale, n. s., vol. IX (1897-98), pag. 8. Simplorbites expansopsis De GrEGORIO, 1882. Fossili dint. Pachino, pag. 12, tav. VI, fig. 23 e 24. — Coppa, 1899. Atti e Rendic. Acc. Sc. Lett. ed Arti, Acireale, n. s., vol. IX (1897-98), pag. 8. Simplorbites uniconicus De GreGoRrIO, 1882. Mossili dint. Pachino pag. 12, tav. VI, fig. 26. — Coppa, 1899. Atti e Rendic. Acc. Sc. Lett. ed Arti, Acireale, n. s., vol IX (1897-98), pag. 8. Simplorbites nummulitinus De GrEGoRrIO, 1882. Fossili dint. Pachino, pag. 12, tav. VI, fig. 28. — Coppa, 1899. Atti e Rendic. Acc. Sc. Lettere ed Arti, Acireale, n. s., vol. IX (1897-98), pag. S. Orbitoides apiculata ScarumeERGER, 1901. Bull. Soc. géol. France, ser. 48, vol. I, pag. 465, tav. VIII, fig. 1, 4 e 6; tav. IX, fig. 1 e 4. — H. Douvinué, 1902. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. II, pag. 308 e 311. — Paquier, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. IV, pag. 417-418. — pEr GrossouvrE, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 48, vol. IV, pag. 514. — pe LapParENT, 1906. Trasté de Géo- logie, vol. III, pag. 1456. — A. SiuvestrI, 1907 e1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 106 e 107; anno LXI (1907-1908), pag. 18 e 22. — Di SreFano, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 9 e 10 estr. — H. Douvinué, 1907. C. R. somm. Séances Soc. géol. France, n. 14, pag. 108. — CHEccnIa-Rispori e GemweLtaRo, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 6 estr. Orbitoides socialis (LeymerIe). ScaLUMBERGER, 1902 (pars). Bull. Soc. Géol. France, ser. 42, vol. II, tav. VI, fig. 6 (non fig. 7; non tav. VIII, fig. 15 e 16). Stlvestrina apiculata (ScaLumeerGER). PrEvER, 1904. Riv. It. Paleont., anno X, pag. 122, tav. VI, fig. 3. Stilvestrina Vanden-Broecki Prever, 1904. Riv. It. Paleont. anno X, pag. 122 e 127, tav. VI, fig. 2. Lepidocyclina Ciofaloi Carccnia-Rispori, 1905. Riv. It. Paleont. anno XI, pag. 812). — Id., 1905. Palaeontogr. italica, vol. XI, pag. 148. — Id., 1906. Boll. Soc. geol. It. vol. XXV, pag. 219. — [?] R. Douvicé, 1907. Bull. Soc. Géol. France, ser. 4%, vol. VI (1906), pag. 629). — M. Corato, 1907. Giac. e stratigr. Eoc. dint. Termini-Imerese, pag. 14. — CupccHia-RispoLi, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 13 estr., n. 2. Lepidocyclina Ciofaloi (A) CarccHIA-RisPoLI, 1906. Riv. It. Paleont., anno XII, pag. 88-89, tav. III fig. 4-54). — M. Crorano, 1907. L’Eocene nei dint. di Termini, pag. 3. Orbitoides Paujasi pe LarparenT, 1906. Traité de Geologie vol. III, pag. 1460. Lepidocyelina Ciofali CarccHIA. SAcco, 1906. Bull. Soc. géol.. France, ser. 48, vol. V, pag. 889. 1) Secondo quello che ho significato nella nota a pag. 137 [17], le Simplorbites del De GREGORIO qui segnate in sinonimia, lo sono con riserva; però è sicuro che tra le forme del proprio genere l’autore comprese pure l’ 0. api- culata, avendola rinvenuta anche il Di STEFANO nella medesima località esplorata dal primo (7 calcari cretaceî con Orbitoidi dei dintorni di Termini-Imerese e di Bagheria (Palermo). Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, 1907, pag. 10 estr.). ; ?) Questa forma va distinta dall’altra da me indicata, per incompleta figura e descrizione per parte dell'autore: della specie, come « Lepidocyclina ciofaloi? B CHEcCHIA » ((Sull’età geologica delle Lepidocicline. Atti Pontif. Ace. N. Lincei, anno LX (1906-1907), 1907, pag. 89), e da M. CroraLo qual « Lepidocyclina ciofaloi ? CanccnIA » (Sulla Posizione delle rocce a Lepidocicline nel territorio di Termini-Imerese (Palermo). In 8°; Palermo, 1907, pag. 7), es- sendo la prima un’ Orbitoides, str. s., e la seconda una vera Lepidocyclina; originariamente dordoniana la prima, sebbene trovata dal CHEccHIA-RISPOLI assieme a fossili eocenici, e spettante, per quanto finora so, alla specie O. api- culata SCHLUMBERGER, oligocenica la seconda ed appartenente al gruppo della Lepidocyclina marginata (MicHELOTTI). 3) Credo che anche a R. DouviLLÉ sia accaduto un caso come quello sopra indicato, ossia la confusione d’una Lepidocyclina oligocenica con un’ Orbitoides cretacea, ma, nella mancanza d’indicazioni che me ne possano dar la certezza, ho preferito tener conto, con la debita riserva, del supposto sinonimo. 4) Si veda la precedente annotazione n.° 2. [25] A. SILVESTRI 145 Orbitoides saverii A. SiuvestrI, 1907 e 1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 106; anno LXI (1907-1908), pag. 18. — CarccHIa-Rispori, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 18 estr. Orbitoides Caroli CarEccHIA-RisPoLi, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 8, 17 e 30 estr. Orbitoides Ciofaloi Caeccnia-RispoLi, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 17 estr., n. 7, pag. 21 estr., n. 8. — Id., 1907. Sulla proven. ale. Lepidoc. dint. Termini-Imerese (Palermo), pag. 2 e 4. — A. Sivveseri, 1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI, (1907-1908), pag. 172. Orbitoides Adelis CaeccHIa-Rispori e GemmeLLARO, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 7 estr., tav. I, fig. 2 e 3. Orbitoides panormitana Carccnia-Rispori e Gemuenzaro, 1907. Giorn. Sc. Nat. ed Econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 8 estr., tav. I, fig. 4. Dobbiamo al PaquIER ” un’importante osservazione sull’Orbitoîdes apiculata, e cioè che essa sembra sia una mutazione dell’O. media; le mie indagini mi portano a confermarla: dove l’0. apiculata è fre- quente, come p. es. a Maastricht, si rinvengono talune forme, di solito le più piccole, aventi i connotati esterni della specie nominata, il cui apparato embrionale è però quello dell'O. media (Fig. 19), per la qual cosa, se a questo si dà il maggior valore, come gli ho dato, esse vanno classificate nell’ultima delle specie in discorso. Lo spostamento in alto della briglia di tale apparato embrionale, col successivo distacco e scomparsa dei due tramezzi corti, lo convertono in quello dell'O. apiculata (Fig. 20 e 21); in pari - tempo i rilievi vermicolari s’interrompono, convertendosi in protuberanze irregolari. Avvenuta la scom- parsa dei tramezzi corti (Fig. 20 e 21) i rimanenti diventano continui ed assumono un contorno ton- deggiante (Fig. 24) come nelle varietà, o piuttosto variazioni, dette 0. panormitana ed O. Adelis dal CHEccHIA e GeuMELLARO (v. la sinominia). Quest'ultima fase è molto importante, perchè ci dà la ripetizione dell'apparato embrionale delle Zepidocyclina del tipo dilatata (MrcHELOTTI) (Fig. 38), ma continuantesi con segmenti mediani e laterali diversi (cfr. le Fig. 27 e 37). Però, essendo grande la variabilità dell’ap- parato in questione anche nell’O. apiculata, come nell’O. media, si possono pur avere posizioni insolite dei sepimenti, di cui mi limito a qualche esempio riprodotto per mezzo delle Figure 25, 22 e 23, la quale ultima è ricavata da quella forma che avevo denominato 0. Saveriì (v. la sinonimia) riprodotta nella unita Tav. XIX [III], fig. 3. Anche le sezioni meridiane provano gl’intimi rapporti di parentela tra 1°0. media (Fig. 30) o lO. apiculata (Fig. 29). La seconda di queste specie non è infrequente nel calcare grigio a macchie verdicce della contrada Cal- casacco, dove raggiunge il diametro da 4 a 5,5 mm. con lo spessore di 2 a 2,5 mm.; l’ho riscontrata anche nella breccetta di transizione eocenica del vallone Trepietre, ed in ambedue le rocce sempre mega- losferica (Tav. XVIII [II], fig. 1 e 2; Tav. XIX [III], fig. 3), con apparato embrionale, come già ho significato, assai variabile (Fig. 20-23). A somiglianza delle forme del cretaceo di Maurens in Francia e di Maastricht nel Belgio, presenta il nicchio dissimmetrico, più o meno conico al centro d’una faccia, convesso pianeggiante nel- l’altra (Tav. XIX [III], fig. 2). È questo il carattere pel quale il PREvER ® credè poter distinguere l’Orbitoides apiculata in genere a parte, che denominò SwWvestrina, ma il quale tanto io ® quanto LemoINE e R. Dou- 1) Sur le calcaire à Orbitoides de Méaudre (Isère). Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. IV, 1904, pag. 417. 2) Osservazioni sulla sottofamiglia delle Orbitoidinae. Riv. It. Paleont., anno X, 1904, pag. 122. 3) Lepidocyclinae ed altri fossili del territorio d’Anghiari. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LVIII (1904-1905), 1905, pag. 127. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 19 146 A. SILVESTRI [26] VILLE ”, abbiame osservato non esser valido, resultando fondato sopra irregolarità d’accrescimento, comune nella specie apiculata, ma non infrequente anche in altre, p. es. nella gensacica (Tav. XX [IV], fig. 3) ?. Spesso tale irregolarità non si produce subito (Tav. XIX [III], fig. 2), ma invece dopo una certa fase d’accrescimento del plasmostraco, quasichè, diventato troppo pesante, fosse costretto a rimaner posato al suolo sopra una faccia, che è poi quella in cui non infrequentemente lo scheletro secondario prende notevole sviluppo. Il PREVER ® accenna anche ad altra SWvestrina, la “ Vanden-Broecki n. f. ,, che distingue dall’apiculata; 10 non credo vi sia una differenza sostanziale tra le due: è vero che egli la trova ne “la camera embrionale ,, ma non indica in che cosa consista, laonde mi ritengo autorizzato a supporre si tratti d’una delle tante mutazioni dell'apparato embrionale dell’0. apiculata. L'esistenza della specie in discorso a Calcasacco è stata confermata dal CHEccHIA-RISsPOLI, che la ricorda nei calcari marnosi varicolori del valloncello omonimo, coi nomi d’O. Carolìi n. sp., 0. Ciofaloi, CHECCHIA, ed O. Saverti A. Stnv.; circa lO. Ciofaloi debbo osservare come per la prima volta sia stata rinvenuta dall’au- tore assieme a fossili eocenici della contrada Rocca nel territorio di Termini-Imerese, e perciò attribuita all’eocene *. Ivi è con tutta la probabilità un fossile rimaneggiato. L’A. stesso la descrive come dotata d’una loggia circolare senza tramezzi, ma io non conosco di simili Orbitoidi, nè ne trovo ricordate negli autori: credo sia capitato al CHEccHIA qualche esemplare dove i sepimenti interni dell’apparato embrionale siano rimasti distrutti nella fossilizzazione. Altri punti dei dintorni di Termini-Imerese nei quali si è constatata la presenza dell'O. apîculata, mi resultano, la rupe del Castello di Termini e l’alto vallone Trepietre, dove presentasi in compagnia delle Orbitoides media e gensacica, ecc.; ciò secondo il Di STEFANO, il CHECcHIA-RiIsPoLI ed il GEMMELLARO, che ve la indicano nel senoniano, ma anche, pel vallone Trepietre, nella breccetta di cui sopra ho detto. In altre regioni: trovasi negli strati elevati del dordoniano di Maurens (Isère) assieme all’0. media [SCHLUMBERGER, DE GRossouvRE], e nell’ultima zona senoniana della regione dell’Haute-Garonne con Ompha- locyclus macropora [pe GrossouvRE], però fa la sua prima comparsa nel dordoniano medio della Francia (strati di Beaumont e del Buisson nelle Charentes e la Dordogne), associata alle Meandropsina [H. DouvILLÉ], e del Belgio; essendo in quest’ultimo territorio frequente nel penultimo strato a Briozoi, che ricopre immedia- tamente il calcare tufaceo, le cui cave sono in esercizio, di Saint-Pierre di Maastricht, in compagnia della Hippurites Lapeirousei, delle Sphacrulites Hoeninghausi e Faujasi |H. DouviLLÉ, DE LAPPARENT], nonchè del- l’Omphalocyclus macroporà e della Lepidorbitoides minor [FAUJAS-SAINT-FonD, DEFRANCE, SCHLUMBERGER, H. DouviLLé, PREVER, PAQUIER, A. SILvestRI], (Fig. 24, 25 e 29). Resulta pure abbondantemente rap- presentata nel dordoniano di Méaudre (Isère) in Francia [PAQuIER], e nei calcari cretacei con Hippu- rites cornucopiae DEFR., Actaeonella crassa D’ORB., A. laevis D’ORB. Orbitoides gensacica, ecc., di Porto Palo 1) Remarques à propos d’ une note de M. Prever sur les Orbitotdes. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. V, 1905, pag. 58. 2) La dissimmetria nell’accrescimento dei nicchi delle Orbitoidi, non è del resto esclusiva di queste: possono presentarla le Ortoframmine, le Lepidocicline e financo le Nummuliti. Troppi generi nuovi si dovrebbero quindi istituir per essa, di nessun valore paleontologico, e tanto meno zoologico. 3) Loc. cit., pag. 127, tav. VI, fig. 3. 4 Osservazioni sulle Orbitoidi. Riv. It. Palaeont., anno XI, 1905, pag. 81. Sopra alcune Alveoline eoceniche della Sicilia. Paleontogr. italica, vol. XI, 1905, pag. 148. Di alcune Lepidocicline eoceniche dellu Sicilia. Riv. It. Paleont., anno XII, 1906, pag. 88-89, tav. III, fig. 4e 5. Avverto che nei luoghi così citati 1’ Orditoides Ciofaloi CHEccHIA-RIsPOLI, che corrisponde all'O. apiculata ScaLUm- BERGER, è indicata col nome di « Lepidocyclina Ciofaloî ». [27] A. SILVESTRI 147 presso il Capo Passero in Sicilia [De GrEGoRIO, Coppa, DI StEFANO]. Rinviensi anche nelle marne a Baculites e nei calcari ad Hippurites Lapeirousei, H. colliciatus, Alectryonia ungulata ed Orbitoides gensacica, situate sopra il fiume Olt, nella regione Carpatica [pe LAPPARENT], ; ed in Sicilia, nei calcari del cretaceo supe- riore, nella regione Serradifalco a Bagheria (Palermo), unitamente ad Hippurites Oppeli H. Douv., Caprina communis Gemm., Pecten quadricostatus D’ORB., Actaconella laevis D’ORB., Orbitoides gensacica, Lepidorbi- toides bageriensis (CHEccHIA e M. Gemm.), ecc. [DI STEFANO, CHECCHIA-RISPOLI e GEMMELLARO]. Orbitoides gensacica (Levxerie). — Tav. XVIII [II], fig. 3-5; Tav. XIX [III], fig. 4,5; Tav. XX [IV], fig. 2-4. Nummulites papyracea Bousfe, 1832. Bull. Soc. géol. France, ser. 18, vol II, pag. 445 4). Orbitolites gensacica LevmerIa, 1851. Mém. Soc. géol. France, ser. 23, vol IV, mem. 3, pag. 190, n. 2, tav. IX, i fig. 2a-d, e 3 a-d. Orbitolites gensacica LeymERrIE, var. gigantea LevwerIe, 1851. Mém. Soc. géol. France, ser. 22, vol. IV, mem. 88, pag. 190, n. 2, tav. IX, fig. 2 a-d. Orbiltolites gensacica LeymErIE, var. concava LevmerIe, 1851. Mém. Soc. géol. France, ser. 22, vol. IV, mem. 38, pag. 190, n. 2, tav. IX, fig. 3 a-d. Orbitolites gensacica LexMmERIE, var. nummularia LeymerIe, 1851. Mém. Soc. géol. France. ser. 22, vol. IV, mem. 3°, pag. 190, n. 2. Orbitolites secans LevmeRIE, 1851. Mém. Soc. géol. France, ser. 23, vol. IV, mem. 3, p. 191, n. 3 tav. IX, fig. 4a-b. Hymenocyclus papyraceus (Bousér). Bronx, 1853-56. Lethaca Geognostica, ediz. 3%, vol. II. pag. 251, tav. XXXV: 3, fig. 10 a-g. Simplorbites spongians De GrEGoRIO, 1882. Fossili dint. Pachino, pag. 13, tav. VI, fig. 30 2). — Coppa, 1899. Atti e Rendic. Acc. Sc. Lett. ed Arti, Acireale, n. s., vol. IX (1897-98), pag. 8. 1) Per la dichiarazione dell’autore che questa supposta Nummulite fu da lui raccolta nel terreno cretaceo dei dintorni di Boulogne e di Gensac nella Haute-Garonne, essa va tenuta distinta, non solo dalle Nummuliti, ma eziandio dalle Ortoframmine dette : Orbitoides papyracea (BouséE). p’ArcHIAC, 1846. Mém. Soc. géol. France, ser. 22, vol. III, pag. 405, tav. VIII, fig. 13. — D’ORBIGNY, 1850. Prodrome Paléont. stratigr., vol. II, pag. 334. — [Orbitoîdes (Discocyclina) papyracea] GumBEL, 1868. Abh. k. bayer. AK. Wiss., II CI., vol. XI (1870), pag. 690, tav. III, fig. 3-12, 18-29. — Ecce. 2 Come già ho avuto occasione di esporre (v. la nota a pag. 137 [17]), in mancanza dei topotipi è impossibile l’esatta identificazione delle Stmp/lorbites, cioè delle Orbitoides del De GREGORIO, con le specie d’altri autori, e pertanto anche il sinonimo di cui sopra va inteso con riserva. Però è da notare che tanto H. DouviLLi®i (Ztudes sur les Rudistes. Distribution régionelle des Hippurites. Mém. Soc. géol. France, Paléont., vol. VII, 1897, pag. 223) quanto il Dr STEFANO (I calcari cretacei con Orbitoidi dei dintorni di Termini-Imerese e di Bagheria (Palermo). Giorn. Scienze nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, 1907, pag. 10 estr.), assicurano l’esistenza dell’O. gersacica (Laym.), associata alla Hippurites cornucopiae DerRANCE, nel calcare cretaceo del Capo Passero, donde il De GreEGORIO trasse le sue Simplorbites. Il CheccHIA-RispoLi ed il GemmELLARO (Prima nota sulle Orbitoidi del Sistema Cretaceo della Sicilia. Giornale Scienze nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, 1907, pag. 9), preferiscono mettere in sinonimia dell'O. gersacica la Simplorbites detta nummulitinus da me attribuita all’O. apiculata (v. a pag. 144 [24]); a meno che essi non abbiano osservato esemplari eccezionali della Sicilia, non condivido la loro opinione, perchè la fig. 28, tav. VI, del De Gre- corIo (Loc. cit.), che riguarda la specie nummulitinus, mi ricorda troppo le forme dissimmetriche dell'O. apiculata, ad onta, fatto sopra osservato, di simili ne possa pur presentare lO. gensacica (Tav. XX [IV], fig. 3), come d'altronde resulta ottimamente dalle fig. 35 e 45 del LevMEeRIE, riguardanti : l’una la sua var. concava dell’ Orbditoides gensacica (Orbitolites, 1851) e l’altra quella forma da lui detta « Orbitolites secans» (1851), reputata pure sinonima della specie O. gensacica. 148 A. SILVESTRI [28] Orbitoides gensacica (LevmeRrIE). Roussen, 1892. Ann. Soc. géol. Nord, vol. XX, pag. 287. — H. Douvinué, 1897. Mém. Soc. géol. France, Paléont., vol. VII, pag. 223. — Parona, 1901. Mem. R. Acc. Sc. Torino, ser. 22, vol. L, pag. 5. — RepLicz, 1899. Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XLIX. — ScALUMBERGER, 1902. Bull. Soc. Géol. France, ser. 4%, vol. II, pag. 256, fig. 1; tav. VI, fig. 4 e 5; tav. VII, fig. 8-14. — H. DouviLLé, 1902. Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. II, pag. 310. — PARONA, 1904. Trattato di Geologia (1903-1904), pag. 550 e 553. — PaquieR, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. IV, pag. 418. — pe Grossouvre, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. IV, pag. 514. — DE LAPPARENT, 1906. Traité de Géologie, vol. III, pag. 1452, 1460 e 1461. — H. DovvirLé, 1907. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. VI (1906), pag. 601. — A. SivestRrI, 1907 e 1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 107 e 168; anno LXI (1907-1908), pag. 18. — H. Douviué, 1907. C. R. somm. Séances Soc. géol. France, n. 14, pag. 108. — H. DouvicLé, 1907. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. VII, pag. 374. — Carrz, 1907. Bull. Soc. géol. France, ser. 4% vol. VII, p. 256. — Di Srerano, 1907. Giorn. Scienze nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 8, 9 e 10 estr. — CamocHia-RispoLi e GemueLLaRO, 1907. Giorn. Scienze nat. ed econom., Palermos vol. XXVII, pag. 8 estr., tav. I, fig. 5-9. Orbitoides papyracea (= gensacica) H. Douvinré, 1900. Bull. Soc. géol. France, ser. 32, vol. XXVIII, pag. 232. Simplorbites De GreGoRrIO. (= Orbitoides gensacica) Parona, 1901. Mem. R. Acc. Sc. Torino, ser. 28, vol. L, pag. 5 e 10. — De SreranI, 1902. Rendic. R. Acc. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 58, vol. XI, 1. sem., pag. 513. —(= Orbitoides gensacica) Parona, 1904. Trattato di Geologia (1903-1904), p. 553. Orbitoides (Lepidocyclina) gensacica Levmeris. PrEveR, 1905 in Cassenti. Boll. R. Comit. geol. It., ser. 42, vol. VI, fasc. 1°, pag. 60. Orbitoides secans De LAPpARENT, 1906. Traité de Geologie, vol. III, pag. 1452 e 1460. Orbitoides gensacica (LevWeRrIE), var. secans LevmeriIe. Di SteFANO, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 8 estr. Orbitoides Januarii CarccHIA-RispoLi, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 17 estr. Orbitoides sicula CaeccHIA-RispoLi e GemmeLLARO, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 9 estr., tav. II fig. 1. Orbitoides euracensis CarccnIA-Rispori e GenmeLLARO, 1907. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 9 estr., tav. II, fig. 2-5. Scrisse lo ScaLuMmBERGER ” che nell’Orbitoides gensacica “ comme dans beaucoup d’espèces de ce genre, la forme générale présente beaucoup de variétés ,, nulla di più vero, ma tali varietà riflettonsi anche nei parti- colari dell’apparato embrionale, grande, e dalla grossa parete esterna (Tav. XVIII [II], fig. 4), traversato internamente da setti irregolarissimi, molteplici, che prendono origine dalle inflessioni della parete stessa. Basta, per acquistarne un’idea, esaminare accuratamente le figure contenute nella tav. VII dell’autore ricordato. Per questa variabilità io non trovo mezzo di distinguere, come fanno il CaEccHIA-RIspPoLI ed il GEMMELLARO, ben quattro specie (januarii, gensacica, sicula, euracensis), dove ne vedo una sola; conviene anche tener conto del fatto che in alcuni casi l’apparato embrionale si sviluppa obliquamente (Tav. XIX [IXI], fig. 5) e, variando la sua obliquità, se ne possono avere sezioni equatoriali diversissime. Nè giovano alle suddette distinzioni specifiche i caratteri dello scheletro secondario, poichè lo ScHLUMBERGER medesimo osservò che le numerose granulazioni ricoprenti le facce plasmostraco “ parfois, s'anastomosent vers le centre pour former des petites còtes , ”, il qual fenomeno è offerto dalla sezione tangenziale fig. 3 dell’annessa Tav. XVIII [II]. 1) Deuxième note sur les Orbitoides. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. II, 1902, pag. 256. 2) Loc. cit., pag. 256. [29] A. SILVESTRI 149 Ho verificato che nel calcare grigio a macchie verdicce di Calcasacco 1°0. gensacica è piuttosto frequente, come lo è anche nel calcare grigio-chiaro cristallino della rupe del Castello di Termini-Imerese; maggior- mente comune si mostra nella breccetta a cemento rossiccio, di transizione eocenica, del vallone Trepietre, la quale mi ha fornito l’individuo della fig. 5, Tav. XVIII [II], che, e per le dimensioni e per la struttura, mi sembra debba riconoscersi per forma microsferica della specie. Esemplari di Calcasacco son quelli riprodotti mediante le fig. 3 e 4, Tav. XVIII [II]; 4 e 5, Tav. XIX [III]; 2-4, Tav. XX [IV], dalle quali ben ne resulta la variabilità de’ connotati esterni e dell’apparato embrionale; un esempio del quale ho voluto dare nella Fig. 26 intercalata in questo testo. Nei dintorni di Termini-Imerese 1°0. gensacica è stata pur ritrovata dal DI STEFANO, il CHECCHIA-RISPOLI ed il GEMMELLARO, e, per precisare, nei calcari marnosi varicolori da loro detti eocenici, del valloncello Calcasacco, con 0. media ed 0. apiculata; assieme ad O. media e Lepidorbitoides socialis nei calcari del cretaceo superiore della rupe del Castello di Termini, ed infine, nei calcari varicolori con Actaeonella laevis D’ORB., Orbitoides media ed O. apiculata, dell’alto vallone Trepietre. Essa raggiunge nei campioni di Calcasacco, ed in generale in quelli del territorio di Termini-Imerese che ho esaminato, il diametro di 6 a 9 mm., con lo spessore di 1,8; 2; 3 a 3,5 mm.; più comuni son le conchiglie spesse al centro [Orbitotdes secans (Levm.)] (Tav. XIX [III], fig. 5; Tav. XX [IV], fig. 3) delle ap- piattite [O. gensacica (Leym.)] (Tav. XX [IV], fig. 2). La posizione filogenetica dell'O. gensacica è un po’ incerta a cagione del suo apparato embrionale che apparentemente molto si discosta da quelli delle specie in precedenza trattate, e sembrerebbe somigliante agli embrioni della Polytrema miniacea (PALLAS) >, per cui dovrei concluderne con H. DouvIrLé “ qu'on devrait le considérer comme ayant une origine commune avec ce dernier genre ® . Ma l’esame dei segmenti mediani e laterali, il confronto dei primi (Fig. 28) e dei secondi (Tav. XIX [III], fig. 5), con quelli delle altre Orbitoidi, rispettivamente (Fig. 10 e 27; Tav. XVII [I], fig. 11, e Tav. XIX [III], fig. 2), la forma fondamen- talmente, prescindendo dai sepimenti secondarî, uniloculare dell’apparato in discorso, qual resulta in tutte le altre Orbitoidi com’io le intendo, rende molto problematica una simile comunanza d’origine, a meno che non sia molto, ma molto remota ®. Preferisco supporre sia lO. gensacica lo stadio massimo del processo di divisione della loggia embrionale d’un gruppo morfologico avente per stipite l’Omphalocydus macropora, nel quale l’Orbitoides media rappresenterebbe a sua volta lo stadio minimo, come l’Omphalocyelus nominato, e l’Orbitoides apiculata una variazione laterale. Passando alla distribuzione dell'O. gensacica ricordo che in Francia essa caratterizza la parte superiore del dordoniano dei Pirenei (RoussEL); è comune nelle marne giallastre, nei calcari marnosi disgregati, e 1) Millepora miniacea PaLtras, 1766. Elencus Zoophytorum, pag. 251. — EsPeR, 1791. Die Pfanzenthiere, pag. 225, tav. XVII, fig. 1-4. » È però da notarsi che, per quanto mi sovvenga, non si conoscono Polytrema cretacee e son dubbie le eoce- ‘niche; accertata resulterebbe l’esistenza del genere nel miocene, aquitaniano od elveziano (p. es., il CHAPMAN ne ha trovato di recente il genere planum CARTER, in formazioni di tale età dell’Isola dello Spirito Santo, nelle Nuove Ebribi, come dai: Proceed. Linn. Soc. New South Wales, anno 1905, parte 2%, pag. 264, 268 e 270; però convien tener presente che il Polytrema planum istituito dal CARTER nel 1876, negli Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 49, vol. XVI, pag. 211, tav. XIII, fig. 18 e 19, fu da lui in seguito, ossia nel 1880, ibid., ser. 5%, vol. V, pag. 455, riferito alla sua Gypsina melobesioides del 1877, e di cui nei suddetti annali, ser. 48, vol. XX, pag. 172). Sarebbe utile di verificare che cosa esattamente sia la Polytrema sp. indicata dal Savi e dal MenEGHINI (1851 in MurcHIsoN. Mem. sulla struttura geol. Apennini e Carpazi, pag. 418, n. 30) nel calcare eocenico di Mosciano nelle vicinanze di Firenze. Polytrema sicure si possono dire per ora soltanto quelle trovate nelle acque basse dei mari attuali. 150 A. SILVESTRI [30] nel calcare (“ calcaîre nankin ,) ad Alectryonia ungulata, Nerita rugosa, Hemipneustes pyrenaicus, di Ausseing, Gensac e dintorni, come alla Barade presso Gensac ed al Moulin-de-Gensac, della costa di Terme (o Ternes, secondo l’ortografia dello ScHLUMBERGER) presso Saint-Marcet, e tra Licoux e Latoue, tutte località del- l’Haute-Garonne, assieme alla Lepidorbitoides socialis, che vi è abbondante, e spesso anche all’ Ompha- locyclus macropora ed all’Orbitoides media [Bousfe, LEYMERIE, ScHLUMBERGER, CAREZ, DE LAPPARENT]. Si ricorda inoltre nel dordoniano dei dintorni di Boulogne (Haute-Garonne) [ScHLUMBERGER, CAREZ], di Mauléon e d’Audignon (al S della Gironda presso i Pirenei), di solito in compagnia dell’Omphalocyclus macropora e della Lepidorbitoides socialis, più raramente dell’Orbitoîdes mamillata ScarvmBERGER [H. DouvILLÉ, DE GRos- souvRE, PaquiER]. Ma esiste pure nel calcare nerastro ad Alectryonia ungulata, Ananchytes ovata e Lepidor- bitoides socialis del Cirque-de-Gavarnie, fino alla Brèche-de-Roland ed ai Tours-du-Marboré, e nelle marne a Baculites e nei calcari ad Hippurites Lapeirousei, H. colliciatus, Alectryonia ungulata ed Orbitoides apiculata, di sopra il fiume Olt, nella regione Carpatica [pr LAPPARENT]. Anche in Romania la specie in questione è comparsa, e precisamente nei calcari cretacei contenenti l’ Hippurites colliciatus Woop. e 1’ H. Lapeîrousei (Gorpr.) [REDLICH]. In Italia 1’O. gensacica è stata trovata nel senoniano del monte Conero presso Ancona, unitamente all’O. Zissotò ScELUMB. ed alla ZLepidorbitoides minor (ScELUMB.) [PREVER], nonchè in formazione coeva del monte Gesso nelle vicinanze d’Ariano di Puglia (Avellino) [PARONA]. Si cita nei calcari del cretaceo su- periore ad Hippurites Oppeli H. DouviLLE, Caprina communis Gemm., Pecten quadricostatus D’ORB., Actaeo- nella laevis D’ORB., della regione Serradifalco presso Bagheria (Palermo), insieme ad Orbitoîdes apiculata ScHaLuMmB. e Lepidorbitoides bageriensis [CHEccHIA-RIsPoLI e GemmELLARO], e negli altri ad Hippurites cor- nucopiae DEFR., Actaconella crassa D’ORB., A. laevis D’ORB., ecc., del Capo Passero in Sicilia [DE GREGORIO, H. DouviLLé, ScaLUMBERGER, PARONA, Di StEFANO, CHECCHIA-RISPOLI e GEMMELLARO]. Una forma prossima all’0. gensacica, se non questa medesima, pare, infine, sia stata osservata nel cretaceo del Monte Judica, nella provincia di Catania [MARINELLI, DE STEFANI]. Lepidorbitoides Paronai A. Siuvesrri. — Tav. XX [IV], fig. 5, 6. Orbitoides paronai A. Siuvestri, 1907. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 168. Lepidorbitoides paronai A. Stuvesrri, 1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), pag. 18 e 99. Ho detto avanti come escluda dal mio emendamento del genere Orditoîdes D’ORBIGNY, le antiche Orbitoidi degli autori, aventi l'apparato embrionale biloculare (Fig. 31-34), od eccezionalmente di- Fic. 31. Fre. 32. Fic. 83. Fic. 34. Fic. 35. Apparati embrionali di Zepidorbitoides e Lepidocyelina. Fig. 31, 32 e 33, sezioni equatoriali d’apparati embrionali comuni nella Zepidorbitoides minor di Maastricht (X60); fig. 34, sezione equatoriale d’apparato embrionale della Lepidorbitoides Paronai di Calcasacco (X60); fig.35, id. id. di Zepidocyelina marginata della Collina della Madonna della Catena presso Termini-Imerese (x60). verso, i segmenti equatoriali a Jati paralleli congiunti da arco tondo (Fig. 36) od ogivale, e quindi del tipo delle specie minor SCHLUMBERGER e socialis (LEYMERIE), per farne, assieme ad altre forme consimili, [31] A. SILVESTRI 151 un genere a sè che dico Lepidorbitoides ®. Senza stare a ripetere caratteri comuni di costruzione, pei quali mi rimetto a quanto ho significato a pag. 139 [19], mi limito ora ad esporre d’intender comprese in esso, tutte quelle Orbitoidi i cui segmenti mediani offrono nella sezione equatoriale, contorno semilunare (Fig. 9), oppure ad arco tondo, spesso prolungato verso la base con due lati paralleli (Fig. 36), od Fic. 36. Fic. 37. CRESTA ASA AA d DI Cor RAME Frammenti marginali di sezioni equatoriali di Zepidorbitoides e Lepidocyclina. Fig. 36, della Zepidorbitoides minor di Maastricht (X60); fig. 37, di Zepidocyclina dilatata della Collina della Madonna della Catena presso Termini-Imerese (x60). anche ad arco ogivale, prolungato o no nella stessa guisa alla base, e sono prevalentemente dotate d’ap- parato embrionale biloculare, costituito di due segmenti di diversa grandezza, dalle pareti grosse, addossati pei capi degli archi di cui hanno la forma, la cavità determinata dai quali è divisa da un tramezzo avente origine dal segmento minore, che apparisce anche d’essersi formato pel primo (Fig. 31-34). Aventi poi la volta dei segmenti laterali manifestamente perforata, benchè tali perforazioni misurino appena 3,3 p, e la superficie delle facce cosparsa di granulazioni più o meno minute ?. Le Lepidorbitoides, per la costruzione generale, il contorno dei segmenti mediani (cfr. le Fig. 36 e 37), la forma dell'apparato embrionale (cfr. le Fig. 31-34 e 35), e perfino per gli ornamenti della superficie, sono morfologicamente così somiglianti alle Lepidocicline oligo-mioceniche, che il differenziar- nele genericamente, almeno per talune forme, è estremamente difficile, e va affidata principalmente alle piccole dimensioni ed uniformità dell'apparato embrionale nelle prime, quand’è biloculare, ed alle suddette perforazioni, che non appariscono così evidenti nelle Lepidocicline. Caratteri differenziali dei quali non bisogna nascondersi il valore precario; finchè non si saranno trovate le forme ancestrali dei due generi in discorso, rimarrà aperta la questione se essi debbano considerarsi identici o no, ad onta che la mancanza di prove geologiche attendibili della loro continuità attraverso l’eocene, ci obblighi a spiegar tale stretta ras- somiglianza con la convergenza. Per ora non sono al caso d’indicare con qualche precisione qual sia lo stipite delle Lepidorbitoides:; è certo però che talune di esse presentano caratteri arcaici, come p. es. quelli dei segmenti mediani della L. Paronai (Fig. 9), i quali rassomigliano assai ai segmenti omologhi degli Omphalocyelus (Fig. 8), pochissimo agli altri delle Orbditoîdes (Fig. 10, 27 e 28). Ma di Omphalocyclus ad apparato embrionale bilo- 1) Questo mio genere prende data dal 28 novembre 1907 (Riv. It. Paleont., anno XIII, pag. 89). 2) V'è unaforma, la « Lepidocyclina bayhariensis » CHECCHIA et GEMMELLARO, di cui in seguito, che sembra spetti al mio genere, e farebbe eccezione a questa regola, perchè, a detta degli autori, i suoi « esemplari meglio conser- vati appaiono perfettamente lisci alla superficie». (Prima nota sulle Orbitoidi del Sistema Cretaceo della Sicilia. Giorn. Sc. nat. ed econom. Palermo, vol. XXVII, 1907, pag. 13, estr.). 152 A. SILVESTRI [32] culare, o simile ad altri che pur possono presentare le Lepidorbitoides (si veda in seguito a pag. 154 [34]), e segmenti equatoriali minuti e fitti, o di Lepidocyclina dilatata (MicHELOTTI) e L. marginata (Mica.), nel momento non ne conosco. È forse possibile si tratti di qualche forma del campaniano considerata fin qui come Orbitolitina; d’altronde non è inverosimile che tanto le Orbitolitine quanto le Orbitoidine cretacee derivino da un ceppo comune, il quale potrebbe esser rappresentato dal genere Archaecyelus (v. ante, a pag. 134 [14]), oppure dal Cyclolina D’ORBIGNY, il nicchio finamente arenaceo dei quali sappiamo che nelle forme affini più recenti, come p. es. in Broeckina, - Praesorites, ecc., diviene poi calcareo omogeneo. È poi possibile che le Lepidorbitoides abbiano date origine a certe Ortoframmine, quelle del daniano, rappresentate per ora dalla Orthophragmina A H. DouviLLé ”, trovata dal SeunEs nei giacimenti di Les- coumières e di Bos-d’Arros nei Pirenei, sempre in compagnia dell’Operculina Heberti, e nella seconda delle due località, anche del Cidaris Beaugeyi e della Nummulites sp., uno dei primi campioni del genere Nummulites, la cui forma è poco diversa da quella delle giovani Opercoline ?. Le Ortoframmine del daniano avrebbero prodotto alla loro volta alcune Ortoframmine dell’eocene; non tutte, perchè ritengo di varia origine le forme fin qui comprese dagli autori nel genere Orthophragmina. Le Lepidorbitoides attualmente conosciute sono poche: in ordine di data ha il primo posto quella descritta dal Fausas DE Sarnr-Fonp nella sua “ Histoire naturelle de la Montagne de Saint-Pierre de Maestricht , ®, che la trovò abbondante nel calcare dordoniano a Briozoi della regione, e la disse “numismale lenticu- laire 5 ; figurata soltanto posteriormente dallo ScaLUMBERGER, che gl’impose il nome d’Orbitoides minor, sopra esemplari della medesima provenienza, nella “ Première note sur les Orbitoides ,” del 1901. Essa è facilmente riconoscibile dalla sezione equatoriale, dove, oltre dell'apparato embrionale caratteristico del mio genere (Fig. 31-34), i segmenti si presentano foggiati ad arco tondo, spesso prolungato alla base (Fig. 36), corri- spondente a quello delle Zepidocyclina del tipo dilatata (MicaELOTm) (Fig. 37), il cui apparato embrionale è però differente (Fig. 38). A similitudine dei segmenti di quest’ultime, i primi fanno vedere di frequente 1 Limite du Cretacé et de l'Éocèéne dans V'Aquitaine. Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. VI, 1906, pag. 47, 48 e 40. 2) Loc. cit., pag. 49. Qui stesso H. DouviLLÉ ricorda d’aver osservato nella roccia calcarea ad Hippurites cor- nucopiae, Orbitoides gensacica, O. apiculata, ece., del Capo Passero in Sicilia, la sezione di forma avente tutti i caratteri d’una piccola Nummulite; ciò confermerebbe quanto sopra, ossia la prima comparsa del genere Nummu- lites, lato sensu, nei piani più alti del cretaceo superiore. 3) Histoire naturelle de la Montagne de Saint-Pierre de Maestricht. Paris, 1799, pag. 187. 4) Loc. cit., pag. 187. Allo ScHLUMBERGER& (v. in seguito) sembra sia sfuggita l’importanza della descrizione della forma in discorso, pubblicata dal FaUJAS, poichè non la cita per nulla. Essendo diventata rara l’opera del FauUJAS, stimo utile, per la storia delle Lepidorbditoides, sottoporre a chi legge tale descrizione : « On trowve une autre numismale, beaucoup plus petite que celle-ci [la numismale.... avec une ébauche de mamelon au centre (= Orbitoides apiculata SCHLUMB.)], dans les environs de Maestricht; on pourroît l’appeller lenticulaire, parce qu'elle n'est pas plus grosse qu’une petite lentille; j'en possède plus de cinq cent qui sont à pew de chose près de la méme gyrosseur les unes que les autres. Leur surface esctérieure est plus raboteuse..... on reconnoît que ces petites pro- tubérances, presque globuleuses, ne sont pas accidentelles ; mais tiennent à l'organisation particulière de cette espèce de numismale. L'on voit à còté de ces mamelone, qui son très-rapprochés, des espèces de points enfoncés, qui donnent à cette surface l’aspect de certains madrepores.à contexture grenue; en usant, d'un còté, ces numismales sur une pierre à repasser les rasoirs, et en se servant d’eau au lieu d’huile, on découvre les cellules intérieures, qui sont comme veticulées ». 5) Première note sur les Orbitoides. Bull. Soc. géol. France, ser. 48, vol. I, 1901, pag. 466, tav. VIII, fig. 2, 3 e 5; tav. IX, fig. 2 e 3. ) [83] A. SILVESTRI 153 nel loro spessore una linea oscura (Fig. 36) che sembrerebbe indicasse un sistema di canali interpa- rietali, ma significa piuttosto la sutura di due porzioni d’ogni segmento costituitesi successivamente; a glu- dicarne almeno da quanto avviene nell’Omphalocyelus macropora (Fig. 8). Apparato embrionale di Lepidocyclina dilatata. Fig. 38, sezione equatoriale d’apparato normale in esemplare della Collina della Madonna della Catena presso Termini-Imerese (x60). Vien seconda la “ Orbitolites socialis ,, del LEYMERIE, illustrata da questi nel 1851, su esemplari del dordo- niano dei dintorni di Gensac e della costa di Terme presso Saint-Marcet, nell’ Haute-Garonne ”, ritrovata abbondante dallo ScHLUMBERGER nel dordoniano della seconda di queste due località, che egli però chiama Ternes-Saint-Marcet ?, e da lui ridescritta e riprodotta in figure, sotto il nome di “ Orbitoîdes socialis LEYM. sp. ,,, nel 1902 ®. E questa riconoscesi dalla sezione equatoriale qual Lepidorbitoides, pel solito apparato embrionale biloculare (Fig. 32); distinguendosi dalla precedente pel contorno ogivale dei seg- menti equatoriali, determinato più che da un arco, da una linea spezzata: carattere che li rende corrispon- denti ai simili delle Lepidocyclina del tipo marginata (MIcHELOTTI). È terza la forma proveriente dal dordoniano di Ausseing (Haute-Garonne), la quale l’EGGER descrisse e figurò nel 1902, pure sotto il nome di “ Orbitoîdes socialis LevMERIE , #, che non gli può esser mante- nuto, perchè, pur rassomigliandosi dessa esternamente alla specie del LeyMERIE, secondo la descrizione di 1) Mémoire sur un nouveau type pyrénéen, ecc. Mém. Soc. géol. France, ser. 2%, vol. IV, mém. 33, 1851, p. 191, n. 4, tav. IX, fig. ba-c. 2) Non ho potuto appurare quale delle due ortografie sia più esatta, se cioè « Terme» o « Ternes», ma mi sembra sia la prima. 3) Deuxième note sur les Orbitoides. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. II, 1902, pag. 258, fig. 2, tav. VI, fig. 7 (non fig. 6= Orbitoides apiculata); tav. VIII, fig. 15 e 16. 4) Der Bau der Orbitolinen und verwandten Formen. Abhandl. k. bayer. Ak. Wiss., II CI., vol. XXI, 1902, pag. 596 e seg., tav. II, fig. 1-10. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 154 A. SILVESTRI [34] questi e dello SCHLUMBERGER, ne differisce assai per l’apparato embrionale, resultante di due logge semilu- nari di differente grandezza che chiudono tra le loro concavità una camera centrale sferica, e la forma delle logge equatoriali, a lati paralleli congiunti da arco tondo, come nella Lepidocyclina diletata (MicHELOTTI) (Fig. 37), e non da linea spezzata od arco ogivale. Per questa io ho proposto il nuovo nome di Lep?- dorbitoides Eggeri, dedicando la specie al suo scopritore . Quarta è, per data, la curiosa ed interessante “Orbitoides Vidali , del PREYER? , dal plasmostraco discoidale ornato di sranulazioni Sulle facce, molto appiattito ed un po’ ondulato, tagliente al margine, al cui bordo sottile segue un rilievo arrotondato, anulare, al quale si succede poi un solco anulare portante al centro un rilievo mamellonare. Forma proveniente da Bel in provincia di Castellon (Spagna), che all’epoca della sua illustrazione (1904) fu attribuita dall’autore alla facies urgoniana dell’aptiano, ma resulterebbe oggi, anche pel parere dell’autore stesso, più giovane del turoniano, e quindi, probabilmente, senoniana ®. Essa, essendosi presentata con un solo esemplare, non ha potuto essere studiata a fondo strutturalmente, ma, da quello che è riuscito ad osservare al PREVER, parrebbe avesse le logge equatoriali corrispondenti a quelle della Lepidorbitoides socialis, già Orbitoides socialis, nel senso in cui l’intese lo SCHLUMBERGER (v. sopra). Quinta è poi la mia Lepidorbitoides Paronai del dordonianio del territorio di Termini-Imerese (v.le cita- zioni a capo di quest’articolo), che al consueto apparato embrionale (Fig. 34) unisce, nella sezione equa- toriale, i caratteri arcaici de’ suoi segmenti (Fig. 9), fatti a mezzaluna (Tav. XX [IV], fig. 5), tra i quali osservansi certe singolari striature (Fig. 9 e Tav. XX [IV], fig. 5), riscontrate del resto anche in talune Ortoframmine, di cui per ora non mi so spiegare la natura. Vengono per ultime le forme dette dal CaEccHIA-RiIsPoLI e dal GemmeLLARO “ Lepidocyclina senoniana ,,® e “ Lepidocyclina bayhariensis , ® (per errore; deve dirsi bageriensis), trovate rispettivamente nel territorio suddetto ed in quello di Bagheria (Palermo) nel senoniano superiore. La prima di queste, a giudicarne dalle figure incomplete e troppo in piccolo prodotte dagli autori, non è separabile dalla specie soczalis, precedentemente trattata; lo sarebbe la seconda, ma non per la sezione equatoriale, sebbene pel carattere d’estrema sottigliezza del plasmostraco, leggermente apiculato al centro, perfettamente liscio alla super- ficie, però, o gli autori stessi non son stati precisi nel descrivere, e invece che con una Lepidorbitvides si ha che fare con una forma Cycloclypeus delle medesime. Ciò perchè essi scrivono che, dei loro esem- plari “ quelli alquanto logorati mostrano, specialmente verso la periferia, un reticolo formato dalle pareti delle loggie equatoriali ,; ora, se per una logorazione superficiale (“ alquanto logorati ,) e non profonda, in una Orbitoidina appaiono subito le pareti verticali delle logge equatoriali, ossia mediane, è segno che delle laterali ve ne son poche o punte, ed in quest’ ultimo caso non si ha più nè Orbitoîdes, nè Lepi- dorbitoides, nè Lepidocyclina, nè Orthophragmina, ma una costruzione di Cycloclypeus. Nuove comunicazioni 1) Sulla « Orbitoîdes socialis LevmERIE». Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), 1908, pag. 98 e 99. 2) Osservazioni sopra alcune nuove Orbitoides. Atti R. Ace. Sc. Torino, vol. XXXIX, 1904, pag. 3 estr., tavola, fig. 1-5. 3) Vedasi: A. SivestRI. Philippe de la Harpe nella questione delle Lepidocicline. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), pag. 172, in nota. 4) Prima nota sulle Orbitoidi del Sistema Cretaceo della Sicilia. Giorn. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 11 estr., tav. II, fig. 6-8. Questa forma compare con Hippurites Oppeli H. Douv., Caprina communis Grmm., Pecten quadricostatus D'ORB., Actaeonella laevis D’ORB., ecc., e le Orbitoides apiculata e gensacica; è la stessa cosa dell’« Orbitoides (Lepidocyclina) sp. nov.» del Di STEFANO (1907. Gior. Sc. nat. ed econom., Palermo, vol. XXVII, pag. 9 estr.). 5) Loc. cit., pag. 13 estr., tav. II, fig. 9-12. [85] ; A. SILVESTRI 155 per parte dei suddetti autori, ma soprattutto la conoscenza della sezione meridiana, ch’essi han trascu- rato di produrre, ci permetteranno deciderci in seguito per la Lepidorbitoides o la Clypeocyclina, nuovo nome che propongo per designare detta costruzione nelle Lepîdorbitoides. Ritornando alla Lepidorbitoides Paronai, ne completo la descrizione come segue: plasmostraco lenti- colare, sottile, particolarmente al margine, che è acuto e si prolunga un po’ (Tav. XX [IV], fig. 6); superficie cosparsa di minute e fitte papille; diametro di 6 a 10 mm., spessore di circa 2 mm. Dei carat- teri interni, indicati dalla fig. 5, Tav. XX [IV], e dalla Fig. 9, ho già dato notizia; aggiungerò che nella sezione meridiana (Tav. XX [IV], fig. 6) i segmenti laterali si presentano molto fitti, i mediani crescenti rapidamente in altezza verso il margine, dove i primi tendono a scomparire. Non sembra dimorfa, come invece sono in generale le Orbditoidinae. È una specie rara, ma non rarissima nel calcare grigio a macchie verdicce della contrada Calcasacco, rara pure nella breccetta a cemento rossiccio, di transizione eocenica, del vallone Trepietre, e mediocremente comune nel calcare cristallino, grigio-chiaro, della rupe del castello di Termini. Può darsi però che queste indicazioni di frequenza vadano modificate, perchè il CreccHIA-Rispori ed il GemmELLARO indicano con la loro Lepidocyclina senoniana (v. ante), l’esistenza della Lepidorbitoides socialis, nell’ultima roccia or ram- mentata, la quale specie è quindi probabilmente diffusa nel territorio; ed è un po” difficile distinguere nelle sezioni meridiane non perfettamente orientate, che son quelle le quali più spesso presentansi nelle sezioni lito- logiche, una Lep?dorbitoides dall'altra. Potrei averle scambiate, per quanto ciò mi sembri poco probabile. Se . mai non è un gran male, anzi mi giova, perchè una volta che le due Lepidorbitoides, Paronai e socialis, trovansi nello stesso ambiente, l'habitat della seconda sarà utile a stabilire in massima la posizione geologica della prima. Im Francia la Lepidorbitoides socialis trovasi indicata genericamente tra le specie del senoniano supe- riore nella regione dell’ Haute-Garonne, assieme ad OmpRalocyelus macropora, Orbitoides mamillata ed O. gensacica [pe Grossouvae ”, e LamBERT ? |], e resulta effettivamente abbondante nel dordoniano della costa di Terme, o Ternes, presso Saint-Marcet, e nei dintorni di Gensac e Boulogne, nella regione predetta, in compagnia dell’Omphalocyclus macropora e dell’ Orbitoides gensacica [| LeyMERIE ®, SCHLUMBERGER #, H. DouviLLé ?, e PAQUIER ® ]; presentasi pure con queste specie nel livello più elevato del dordoniano di Audignon e Mauléon [H. DouviLLé ” |, ed anche nel calcare nerastro ad Alectryonia ungulata ed Ananchites ovata [pe LAPPARENT ® ], del Cirque-de-Gavarnie, fino alla Brèche-de-Roland ed ai Tours-du-Marboré. Nel Belgio, ossia nella montagna di Saint-Pierre di Maastricht, non è citata; forse v'è sostituita dalla Lepidorbitoides minor (ScHLUMB.), che morfologicamente le resulta assai prossima. Quest'ultima, come abbiamo veduto (pag. 152 [32]), è comune nel dordoniano della località in discorso. 1) Orbitoides socialis, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. IV, pag. 514. 2) Orbitolina socialis, 1908. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. VIII, pag. 374. 3) Orbitolites socialis, 1851. Mém. Soe. géol. France, ser. 2%, vol. IV, mem. 3?, pag. 191, n. 4, tav. IX fig. Da-c. 4) Orbitoides socialis, 1902. Bull. Soc. géol. France, ser. 4, vol. II, pag. 258, fig. 2, tav. VI, fig. 7 (non fig. 6); tav. 8, fig. 15-16. 5) Orbitoides socialis, 1902. Bull. Soc. géol. France, ser. 4°, vol. II, pag. 308. 8) Orbitoides socialis, 1904. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. IV, pag. 418. 7 Orbitoides socialis, 1902. Bull. Soc. géol. France, ser. 4%, vol. II, pag. 310. — DE LAPPARENT, 1906. Trazté de Géologie, vol. III, pag. 1453. 8) Orbitoides socialis, 1906. Traité de Géologie, vol. IMI, pag. 1452. > 156 - A. SILVESTRI [36] Al Madagascar è stata rinvenuta nel cretaceo superiore una Lepidorbitoides prossima alla socialis [H. DouvinLé 1)|. Nel Belucistan la specie in questione si è ricordata assieme ad Alectryonia ungulata, Hemipneustes pyrenaicus, Sphaenodiscus acutidorsatus, Baculites binodosus, ecc. [NoETLING ? , DE LAPPARENT ® ]. In Sicilia pare che la ZLepidorbitoides socialis esista, oltre che nelle rocce e luoghi sopra indicati, nei calcari ad Hippurites cornucopiae DeFR., Actaeonella crassa D’ORB., A. lacvis D’ORB., Orbitoides gensacica (Levm.), ecc., del Capo Passero in Sicilia [De GREGORIO * ], e nell’Italia continentale si ha ricordo del suo rinvenimento nel calcare bianco senoniano dei monti di Bagno nell’Aquilano, con Orbifoides Tissoti SCELUM- BERGER (vedasi l'osservazione a pag. 135 [15]) [PREvER e Parona ®]. Porifera. Doryderma? sp. — Tav. XVII [I], fig. 12. Spongiae gen., sp. A. Sivestri, 1907 e 1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 106; anno LXI1 (1907-1908), pag. 18. Con molta riserva attribuisco al genere Doryderma dello ZirtEL, non rari frammenti informi del calcare grigio a macchie verdicce della contrada Calcasacco, costituiti d’un ammasso ramoso, nel quale parmi trovar rapporti con la struttura della Doryderma dichotoma (BENNET) del cretaceo superiore. Ma ammesso che si trattasse proprio di Doryderma, al luogo di Stoliczkaria od altro 9, mi guarderei bene dall’attribuire con troppa facilità il mio fossile alla specie indicata, sia non corrispondendovi esattamente, sia perchè giusta- mente il Poéra ebbe ad osservare nel suo lavoro “ Sur quelques Éponges du Sénonien de Nice ,, come i caratteri i quali distinguono le tre specie di Doryderma, dichotoma (BENNET), ramosa (MANT.) e Roemeri Hixpe, siano insufficienti alla determinazione sicura dei campioni di esse. Anche il De GREGORIO indica l’esistenza d’una “ Sporgia sp. ,5 nel calcare ad Hippurites cornucopiae DEFR., ecc. (v. sopra), di Porto Palo presso il Capo Passero in Sicilia, scrivendo che si tratta di “ Diversi frammenti digitiformi, dendroidi, d’incertissima determinazione ,; caso simile al mio. Mollusca. Hippurites, e Sphaerulites o Radiolites sp. — Tav. XIX [III], fig. 6. Mollusca gen., sp. A. Siuveseri, 1907 e 1908. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 106; anno LXI (1907-1908), pag. 18. Radiolites sp. A. Silvestri, 1907. Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX .(1906-1907), pag. 168. CS ) Orbitoides «voisine du O. socialis », 1908. Bull. Soc. géol. France, ser. 4, vol. IV, pag. 476. 2) Orbitoides socialis, 1897. Mem. geol. Survey India. 3) Orbitoides socialis, 1906. Traité de Géologie, vol. III, pag. 1463. 4) Simplorbites pachinensis, 1882. Fossili dint. Pachino, pag. 12, tav. VI, fig. 27. — Coppa, 1899. Atti e Rendic. Ace. Sc. Lett. ed Arti, Acireale, n. s., vol. IX (1897-98), pag. 8. Così la specie Lepidorbitoides socialis sarebbe stata indicata dal De GreGORIO e poi dal CoPPA, però si tenga conto a questo proposito di quanto ho esposto nell’annotazione in calce a pag. 137 [17], sebbene l’esistenza accertata dell’Orbitoides gensacica nella medesima località della forma del De GrEGORIO, renda probabile l’identificazione di questa con la Lepidorbitoides nominata, essendone l’O. gernsacica la compagna quasi costante. 5) Lepidocyclina socialis, 1907. Rendic. R. Ace. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. XVI, sem. 2°, pag. 286. 6) P. es. di un Chaetide, cui detti frammenti si rassomigliano in alcuni punti. ? Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. VII, 1907, pag. 165. 8) 1882. Fossili dint. Pachino, pag. 14. [87] A. SILVESTRI 157 Nel calcare grigio a macchie verdicce della contrada Calcasacco, ho osservato diversi frammenti di nicchi dai quali è impossibile procedere ad una diagnosi specifica, essendone perfino dubbia quella generica: alcuni attribuisco al genere Hippurites LAMARCK (1801), altri allo Sphaerulites De LA METHERIE (1805), oppure al Radiolites LamARcK (1801) [o Biradiolites ’ORB. (1850)|, mancando in tali frammenti il mezzo per giudi- care se trattisi di Radiolitèdae con | Sphaerulites] o senza [ Radiolites] piega legamentare sulle due valve; e ciò adottando i criterî del BayLe ”. Più frequenti i secondi, dall’aspetto di reticolato a celle prismatiche rassomigliante a quello rappresentato nella fig. 123, pag. 86, del vol II, parte 12, del “ Traité de Paltonto- logie , dello ZirtEL?. Anche a Sphaeruites o Radiolites credo siano da assegnarsi caratteristici frammenti con pori ovali, o rettangolari aventi un lato arcuato, di cui do esempio mediante la fig. 6 dell’annessa Tav. XIX [III]. Di tritumi di Rudiste in generale si ha pur ricordo nella breccetta di trasgressione eocenica sul cretaceo, del vallone Trepietre nei dintorni di Termini-Imerese (Palermo) [CaEccHIA-RISPOLI, A. SILVESTRI]. CONCLUSIONE E col testo e con le figure le quali lo corredano, spero aver dimostrato l'esattezza delle mie determi- nazioni. Rinunziando a tutte le forme fatte conoscere pel solo genere, dubbie o no, e che si riducono a poche, all’Orbitolina Paronai, la cui presenza nella faunula esaminata sembrami accidentale e da attribuirsi a rima- neggiamento di materiali cretacei più antichi, i fossili del calcare grigio a macchie verdicce raccolto, come già ho avuto occasione di dire, nel vigneto Indovina della contrada Calcasacco presso Termini-Imerese (Pa- lermo) dal prof. S. CioraLo (pag. 121 [1]), dimostrano una facies molto omogenea, data da: Siderolites cfr. calcitrapoides Lamcx. Omphalocyclus macropora (Lamcx.) var. Schlumbergeri A. Stnv. Orbitoides media (D’ARCH.) hi apiculata SCHLUMB. Di gensacica (Levm.) Lepidorbitoides Paronai A. Stnv. Quest'ultima è forma nuova, però ha stretti rapporti con la Lepidorbitoides socialis (LEYm.) e dimostra di averne lo stesso valore cronologico (v. pag. 155 [35]). Ciò posto, tenendo conto degli habitat geologici indicati volta per volta nel corso di questo studio, resulta come tutte le specie nominate spettino esclusivamente al senoniano superiore, dordoniano, ad eccezione d’una, l’Orbitoides media, che già sarebbe comparsa in oriz- zonte più basso dello stesso senoniano superiore, ossia nel campariano; mai ne era stata dichiarata la pro- venienza dall’eocene, se non in seguito a rimaneggiamento ®. Non solo, ma, a dar fede ad una competenza 1) Observations sur la structure des coquilles des Hippurites, suivies de quelques remarques sur les Radiolites. Bull. Soc. géol. France, ser. 22, vol. XII, 1855, pag. 772 e seg. ) Trad. BarroIs. Munich et Leipzig, 1883. 3) Come nel caso che il ParoNA ricorda in questi termini: «... verso la valle dell’ Isonzo esistono tra la scaglia e le molasse eoceniche, dei conglomerati eocenici (pseudocretaceî), con massi di calcari grigiastri ad Orbitoides media e rudiste, fra cui specialmente notevole il Pironaea polystylus: questi massi derivano dallo sfacelo di una assise ippuritica che secondo DouviLL®, dovrebbe corrispondere al dordoriano (campaniano sup.), ultimo livello ippuritico » (Trattato di Geologia. Milano, 1903-1904, pag. 546). 158 A. SILVESTRI [38] in fatto di fossili cretacei qual è il prof. HENRI DouvILLE, tutte le forme delle Orbitoîdes, str. s., “ se rencontrent exclusivement dans le Campanien supérieur (Maestrichtien ou Dordonien) ,, e se quest’autorevole parere non bastasse, aggiungerò che il De GrossouvrE ripete che “es Orbitoides (s. str.) sont toutes confinées, comme Va montré M. H. Douvillé dans la Craie supérieure. Nous les rencontrons uniquement dans la dernière zone sénonienne, c’est-à-dire dans cet ensemble de couches habitées par une faune d° Ammonites largement répandue sur toute la surface de la terre, Pachydiscuscolligatus, P. neubergicus, P. gollevillensis, couches tou- jours situées immédiatement sous le Danien, qui lui, au contraire, est caractérisé par la disparition des Ammonites, des Scaphites, des Baculites, des Bélemnitelles, des Hippurites, des Sphérulites et des Radiolites ,”. E tanto più importante, in quanto che il pr Grossouvre dissente dal DouviLLÉ circa la distribuzione delle Orbitoides e forme affini nel cretaceo. Difatti, mentre il secondo ammette per esse, dall’alto al basso, i seguenti livelli nel sud-ovest della Francia: 5. Omphalocyclus-Orbitoides gensacica-Lepidorbitoides socialis 4. Omphalocyclus Lepidorbitoides minor 3. Orbitoides apiculata-Lepidorbitoides minor 9.—— Orbitoides media [Royan] 1 Orbitoides media [Talmont] ® il primo fa conoscere d’aver osservato a sud della Gironda, sempre dall’alto al basso, i livelli a: 2. Omphalocyclus macropora-Orbitoides gensacica-Lepidorbitoides socialis 1. Omphalocyclus macropora-Orbitoides mamillata-Lepidorbitoides minor e nella regione dell’ Haute-Garonne: 3. Omphalocyelus macropora-Orbitoides apiculata 2. Omphalocyclus macropora-Orbitoides mamillata-Orbitoides gensacica 1. Orbitoides media traendone la conseguenza “ qu'il n'en résulte aucun ordre de succession bien défini des diverses espèces ,, ® . De- duzione alla quale, tenendo anche presenti le associazioni di Maastricht nel Belgio, a: Omphalocyelus macropora-Orbitoides media-Orbitoides apiculata-Lepidorbitoides minor della rupe del Castello di Termini-Imerese (Palermo), a: Orbitoides media-Orbitoides apiculata-Orbitoides gensacica-Lepidorbitoides socialis dei dintorni di Bagheria (Palermo), a: Orbitoides apiculata-Orbitoides gensacica-Lepidorbitoides bageriensis 1) Sur la distribution géographique des Rudistes, des Orbitolines et des Orbitotdes. Bull. Soc. géol. France, ser. 82, vol. XXVIII, 1900, pag. 232. 2) Sur la distribution verticale des Orbitoides. Bull. Soc. géol. France, ser. 48, vol. IV, 1904, pag. 514. 3) Distribution des Orbitolites et Orbitotdes dans la craie du Sud-Quest. Bull. Soc. géol. France, ser. 48, vol. II, 1902, pag. 312. 4) Sur la distribution verticale des Orbitotdes. Bull. Soc. géol. France, ser. 48, vol. IV, 1904, pag. 514. [39] A. SILVESTRI 159 e dal Capo Passero in Sicilia, a: Orbitoides apiculata-Orbitoides gensacica mi associerei, se i resultati delle mie ricerche sulle faunule dei dintorni di Termini-Imerese e di Maastricht, non m’inducessero a stabilire, in base alla filogenia, ì livelli geologici che passo ad indicare, dall’alto al basso: 4. [Omphalocyclus macropora] — [Orbitoides media] — [Orbitoides apiculata] — Orbitoides gensacica — [Lepidorbitoides minor] — Lepidorbitoides socialis 3. [Omphalocyclus macropora] — [Orbitoides media] — Orbitoides apiculata — Lepidorbitoides minor 2. [Omphalocyclus macropora] — Orbitoîdes media 1. Omphalocyclus macropora Dove ho segnato tra parentesi le forme più antiche, e che in favorevoli condizioni possono persistere assieme alle più recenti, come avviene per la faunula di Calcasacco, da attribuirsi al livello n.° 4. Lo stesso è da ripetersi, sebbene le conoscenze non ne siano ancora complete, per le altre della rupe del Castello di Ter- mini, della regione Serradifalco nelle vicinanze di Bagheria (Palermo), del Capo Passero, di S. Emiliano nella Terra d'Otranto, e forse pure per quelle del Monte Gesso presso Ariano di Puglia (Avellino), del Monte Conero presso Ancona, dei Monti di Bagno nel gruppo del Monte Ocre (Aquila) ”, e del Monte Affi- lano presso Subiaco (Roma) ?, le cui formazioni ad Orbitoides e Lepidorbitoides mi resulterebbero quindi sincronizzabili ed attribuibili al livello superiore del dordoniano ad Orbitoidi, inteso come sopra ® . In qualunque modo, e prescindendo pure da qualsivoglia livello del dordoniano, mi sembra di poter affermare con tutta sicurezza che la faunula di Calcasacco la quale ho qui illustrata spetti a questo sotto- piano del senoniano superiore, e non al bartoniano inferiore, cui da altri è stata attribuita (v. a pag. 122 [2]) ®. ) PARONA. Risultati di uno studio sul cretaceo superiore dei monti di Bagno presso Aquila. Rendic. R. Acc. Lincei, Cl. Sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. XVI, sem. 2°, 1907, pag. 236. 2) Idem. Ibidem. 3) Formazioni calcaree ad Orbitoidi esistono probabilmente anche ad Alatri, a Fumone, nella Valle di Santa Marta, ed in vari luoghi dei Monti Ernici, nel Lazio, al Monte Judica in Sicilia (Dn STEFANI. I terreni terziarì della Provincia di Roma. I. Eocene. Atti R. Acc. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. XI, sem. 1°, 1902, pag. 513), ma se ne hanno per ora conoscenze troppo limitate e quindi insufficienti a deduzioni cronologiche. Sempre, s'intende, dal punto di vista delle Orbitoidi stesse. 4 La controversia che così presentasi, è il viceversa dell’altra sui fossili eocenici nella scaglia ritenuta cretacea, di cui trattarono i ViLLa A. e G. (Memoria geologica sulla Brianza. Lo Spettatore Industriale. Milano, 1844), Vira G. (Escursioni geologiche nella Brianza. Atti Soc. It. Sc. nat., vol. XXVI. Milano, 1883. — Rivista geologica dei terreni della Brianza. Ibid., vol. XXVIII. Milano, 1885), il TARAMELLI (Geologia delle provincie Venete. Mem. R. Ace. Lincei, Cl. Sc. fis. mat. e nat., ser. 33, vol. XIII. Roma, 1882. — Spiegazione della carta geologica del Friuli (provincia di Udine). Pavia, 1881), il DE ALESSANDRI (Osservazioni geologiche sulla Creta e sull’ Eocene della Lombardia. Atti Soc. It. Sc. nat., vol. XXXVIII. Milano, 1889), il CanAVARI (I terreni del Terziario e quelli della Creta superiore nell’ Ap- pennino centrale. Atti Soc. Tosc. Sc. nat., Proc. verb., vol. VIII (1892). Pisa, 1891-93. — Ancora su l’eocenicità della parte superiore della Scaglia nell’ Appennino centrale. Atti Soc. Tosc. Se. nat., Proc. verb., vol. IX (1894). Pisa, 1894-96), il VioLA (Appunti geologici ed idrologici sui dintorni di Teramo. Boll. R. Comit. geol. It., vol. XXIV. Roma, 1893). il MARIANI (Fossili miocenici del Camerinese. Riv. Ital. Paleont., anno VI. Bologna, 1900), il LoTTI (Irocerami nella scaglia cinerea senoniana presso Titignano (Orvieto). Boll. R. Comit. geol. It., ser. 48, vol. III. Roma, 1902), il PREVER (Sulla Fauna nummulitica della scaglia nell'Appennino centrale. Atti R. Acc. Se. Torino, vol. XL. Torino, 1905), ecc., e simile a quella discussa dal CassETTI, sull’eocenicità di formazioni a fossili cretacei (Appunti geologici sul Monte Conero presso Ancona e suoi dintorni. Boll. R. Comit. geol. It., ser. 4%, vol. VI, fasc. 1° e 2°. Roma, 1905). 160 . A. SILVESTRI [40] In quanto all’età della roccia che li contiene, non ritenendo, per quel poco a mia conoscenza, sia da ammettersi pei dintorni di Termini-Imerese un’alternanza nelle formazioni eoceniche e cretacee, simile a quella osservata dal De STEFANI nel Pesarese e nell'Appennino meridionale ”, data la triturazione in cui si trovano i nicchi delle Rudiste nei miei campioni del calcare di Calcasacco, ad onta della presenza tra essi d’un frammento d’Orbitolina, il quale accennerebbe se mai a rimaneggiamento di fossili ancor più antichi dei dordoniani, non avrei difficoltà ad accettare l’ipotesi che il suddetto calcare potesse appartenere ad orizzonte eocenico; nota essendo la grande resistenza di certi nicchi dei Rizopodi reticolari, sopratutto di forma rotonda o lenticolare, all’attrito, per ‘cui spesso passano quasi inalterati da terreni più antichi a più recenti, e perfino di formazione attuale ?. Ma se si ammette un eocene costituitosi a spese esclusive del cretaceo, a somiglianza di quanto, secondo le osservazioni del SAcco, sarebbe avvenuto negli Abruzzi centrali e meridionali ®, convien pure ammettere nel mio caso si tratti d’eocene privo di fossili proprî, il che nella fattispecie è semplicemente assurdo #. Ed in vero v’è la contradizione determinata dell’esistenza nel territorio, non solo di tali fossili, ma benanco della mescolanza loro, come al valloncello Calcasacco, al vallone Trepietre, salvo se altrove, con le Orbitoides e Lepidorbitoides dordoniane. Laonde ritengo che anche la roccia in questione, dai fossili dordoniani, sia da assegnarsi al dordoniano, e, prescindendo dalle trasgres- sioni che a mio avviso possono esservi state dell’eocene medio e superiore sul cretaceo superiore nel territorio di Termini-Imerese in generale, con la conseguenza o no del rimaneggiamento dei fossili cretacei, sto a 1) Fossili cretacei dell’ Emilia e delle Marche. Rendic. R. Acc. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 52, vol. I, sem. 2°, 1892, pag. 297 e 298. 2) Su quest'argomento sia sufficente il ricordo che: nel pliocene di Sudbourne in Inghilterra, PARKER, JONES e Brapy trovarono una Nummulite (Nummulites Boucheri ve LA HARPE, 1897. Foram. Crag, parte 48, pag.367, rav. II, fig. 51 e 52) ed una Orbitoidina, probabilmente del genere OrthRophragmina (Orbitoides aspera GimeeL, Id., Ibid., pag. 369, tav. III, fig. 25), e Jonns e PARKER un'Anfistegina di tipo terziario nelle sabbie della spiaggia di Rimini (Amphistegina vulgaris D’O., 1860. Quart. Journ. Geol. Soc., vol. XLI, tavola di fronte a pag. 302, n. 147), tutti fossili più antichi, ed, almeno apparentemente, incompatibili con la formazione in cui presentaronsi. Aggiun- gendo poi, come, per mie osservazioni, ben poche siano le argille attribuite dai geologi al pliocene continentale, affatto prive di Globigerine, Orbuline, od altre forme marine dal niechio tondeggiante, e come qualche volta vi abbia financo riscontrato faunule intiere a Rizopodi reticolari marini. Uno di questi casi è offerto dal colle Risana, presso Spoleto, assegnato fin qui senza contestazione al pliocene suddetto, le cui argille, in strati alternati ai ciot- toli fluviali, nel fianco che guarda la città nominata, ne ricettano una interessantissima, e che un giorno o l’altro mi deciderò a pubblicare. 3) Dice in proposito il SAcco : «È assai interessante il fatto... della frequenza, anzi talora di una vera abbon- danza di frammenti, anche assai grandi, di Rudiste (sia Ippuriti sia Radioliti) nei calcari che paiono dell’Eocene, di gran parte degli Abruzzi centrali e meridionali, ciò che può talora ingannare nel riferimento cronologico di certe formazioni anche assai vaste; tale fatto ci indica un notevole rimaneggiamento di depositi riccamente fossiliferi, ed ancora poco coerenti, del cretaceo nelle prima metà dell’ Era terziaria, probabilmente in seguito al movimento oro- genetico che chiuse l'Era secondaria; ma ne restano pure zone incerte » (Gi Abruzzi. Schema geologico. Boll. Soc. geol. it., vol. XXVI (1907), 1908, pag. 400). È 4) L’ipotesi che nel territorio di Termini-Imerese, calcari dai fossili cretacei potessero rappresentare sedimenti eocenici costituitisi a spese del cretaceo, fu per la prima volta avanzata per quelli della rupe del Castello di Termini, dal TELLLINI (Rassegna delle Scienze geologiche in Italia, anno I, fasc. 3° e 4°, 1892, pag. 483), ma il Di STEFANO (Palaeontogr. italica, vol. IV, 1898, pag. 23) la escluse affermando che « l’Eocene ben caratterizzato esiste in quel luogo ». E «Il caso di calcari eocenici formati a spese di altri cretacei non è poi assai raro in Italia, come non è tale in Grecia e nei Balcani; ma l’età di tali calcari è provata dalla presenza di nummuliti determinabili e dalla posizione stratigrafica. Certamente nè l’un carattere nè l’altro giustificano il sospetto che quelli a camacee e rudiste di Termini-Imerese possano eventualmente appartenere all’Eocene. Non è inutile qui di far rilevare che quegli strati non contengono nummuliti, bensì Orbitolina » (doveva dire Orbitolina ed Orbitoides). [41] A. SILVESTRI 161 spiegare la presenza pur verificatasi di qualche Orbitoide cretacea (p. es. 1’ Orbitoides Ciofaloi CHECcHIA-RISPOLI, corrispondente all’O. apiculata ScHLUMBERGER), 0 forma affine, nell’eocene medio e superiore del territorio in discorso, supponendo siano state isolate dalla loro roccia ancor poco coerente, per via della degradazione meteo- rica nell’età eocenica, ovvero dell’erosione di acque continentali o marine e, non essendo andate in sfacelo a causa della loro peculiare resistenza agli agenti fisico-chimici, siano poi state disseminate più o meno abbon- dantemente, tra i nicchi degli animali viventi sul littorale dei mari di detta età ”. Confortano la mia suppo- sizione, oltre agli esposti, due altri fatti: 1°, nell’eocene di Termini-Imerese non sono stati rinvenuti nè Siderolites nè Omphalocyclus, il plasmostraco dei quali, angoloso e largamente concamerato, ovvero discoidale e sottile, facilmente deperisce, mentre cio è accaduto per le loro compagne, le Orbitoides, la cui conchiglia, lenticolare e minutamente concamerata, presenta una resistenza eccezionale. Perchè si sarebbero continuate nell’eocene le Orbitoides e non le \Siderolites e gli Omphalocyclus? Ammettiamo pure che quest’ultimi, come più antichi, possano essersi estinti al sopraggiunger dell’eocene, ma le Calcarina recenti del tipo Spengleri (GweLIN) ?, ed altre, sono troppo prossime alle Siderolites da permetterci per queste simile ipotesi, conce- duta la sopravvivenza delle Orbitoides cretacee nell’eocene; 2°, fossili eocenici identici a quelli trovati nel territorio di Termini-Imerese assieme alle OrVifoides così dette eoceniche, nel maggior numero delle volte costituiscono in esso faunule affatto prive delle stesse Orbitoîdes, di cui dunque risulta dimostrata accidentale la presenza. E ciò vie maggiormente in quanto che tra i fossili eocenici in discorso, per la maggior parte Nummuliti, non mancan mai le Orthophragmina, così affini alle Orbitoides che un tempo si consideravano come un sol genere con esse. Nel presente studio ho esposto ed illustrato fatti, significato anche dei modi di vedere, e questi solo perchè mi sarebbe sembrato incompleto se li avessi taciuti, ma chi legge può benissimo non tenerne conto, e, basandosi esclusivamente sui primi, decidere in merito alla questione posta sull’età dei fossili presi a considerare. i) Credo ciò possa ripetersi in riguardo alla comunicazione datami per lettera il 17 giugno di quest’anno (1908) dal dott. PREVER, dell’accertata comparsa di Orbitoidi (Orbitoides Tissoti, O. apiculata, o forme affini) in calcari eoce- nici a Nummuliti, da lui e da altri raccolti nella Brianza. Anche nel Friuli si dovrebbero trovare le associazioni d’Orbitoides cretacee con Nummulites eoceniche; ciò per mia supposizione, sorta dalla lettura d’un lavoro del MARINELLI (Descrizione geologica dei dintorni di Tarcento in Friuli. Pubbl. R. Ist. Studi sup. Firenze, 1902, ‘pag. 54). 2) Nautilus Spengleri, 1788 in Linné. Syst. Nat., ediz. 13? (di GmELIN), pag. 3371. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 21 162 A. SILVESTRI [42] INDICE BIBLIOGRAFICO ? 1.— p'ARCcHIAC ÉTIENNE JULES ADOLPHE DEXMIER DE Simon, Vicomte. — Mémoire sur la formation crétacée du Sud- Quest de la France. In 4.°; Mém. Soc. géol. France, vol. II (1835), pag. 157-192. Paris, 1837. 2.— pE BLamviLLe Henri MarIR Duororay et Dnrrance Jacques Lovrs MARIN. — Dictionnaire des Sciences Na- turelles. In 8.9; vol. XXIV (1822), XXXII (1824), XXXVI (1825) e XLIX (1827). Paris et Strass- burg, 1882-1827. 3. — [InEM]. — Dizionario delle Scienze naturali. In 8.9; vol. XIII, parte 2.2, fasc. 11.° (1844); XVI, fasc. 6.° (1846) e XX, fasc. 1.° (1849). V. Batelli e Figli; Firenze, 1844-1849. 4. — Bousie Nérbe. — Nummulites millecaput et N. papyracea. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 1.8, vol. II, pag. 444-445. Paris, 1832. 5. — BRONnN HrInrICH Grore. — Lethaea Geognostica, oder Abbildung und Beschreibung der fir die Gebirgs-For- mation bezeichnendsten Versteinerungen. In 8.°; ediz. 3.2, vol. I-III. Stuttgart, 1851-1856. 6. — CaRRZ Lovis — Observations sur la classification du Tertiaire inférieur de 1’ Ariège et de la Haute-Garonne. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.2, vol. VII, fasc. 5.9, pag. 255-256. Paris, 1907. T.#— CARPENTER WILLIAM BENJAMIN. -- Researches on Foraminifera. Fourth and concluding Series. In 4.0; Phil Trans., vol. CL, pag. 535-594, tav. XVII-XXII. London, 1861. 8. — Inam. — (Assisted by WiLLiam K. PARKER and T. RuPERT Jonns). Introduction to the study of the Foraminifera. In 4.9; Ray Society, pag. I-XXII, 1-319, fig. 1-47, tav. I XXII. London, 1862. 9. — IneM. — Report on the specimens of the genus Orbitolites collected by H. M. S. Challenger during the years 1873-1876. In 4.0; Report Challeng., Zool., vol. VII, parte XXI, pag. 1-47, tav. I-VIII. London, 1883. 10. — CarTER Henry JoHN. — Further Observations on the Structure of Foraminifera, and on the larger Fossilised Forms of Scinde, with Observations on their Internal Structure, including a new Genus and Species. In 8.9; Journ. Bombay Br. R. Asiatie Soc., vol. VI, pag. 32-96. Bombay, 1861. In 8.9; Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 3.2, vol. VIII, pag. 309-333, 366-382, 446-470, tav. XV-XVII. London, 1861. 11. — Innm. — Description of a Large Variety of Orbitolites Mantelli, Cart., from the West Bank ofthe River Irrawadi, in the Province of Pegu, Burma, about 36 miles above Prome. In 8.0; Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 6.2, vol. II, pag. 342-348. London, 1888. 12. — Inem. — On the Foraminiferal Genus Orbitoides of d’ Orbigny. In 8.9; Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 6.2, vol. II, pag. 439-450. London, 1888. 13. — Inem. — Further observations on the Foraminiferal genus Orbditoides of d’ Orbigny. In 8.0; Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 6.2, vol. III, pag. 210-214. London, 1889. 14. — CassetTI MicHELE. — Appunti geologici sul Monte Conero presso Ancona e suoi dintorni. In 8.°; Boll. R. Comit. geol. It. (vol. XXXVI), ser. 4.8, vol. VI, fasc. 1.°, pag. 54-65; fasc. 2.9, pag. 89-106, tav. V (carta e sezioni geologiche). Roma 1905. 15. — CHrccHIA-RIspoLi Giuseppe. — I Foraminiferi eocenici del gruppo del M. Iudica e dei dintorni di Catenanuova in provincia di Catania. In 8.°; Boll. Soc. geol. It., vol. XXIII, pag. 25-66, tav. II. Roma, 1904. 1) Riguarda soltanto le pubblicazioni aventi stretta attinenza col mio studio, o di cui maggiormente mi son gio- vato. Vi ho distinto con asterisco quelle che non trattano di Orbditoîdinae. [43] A. SILVESTRI 163 16. — Inem. — Osservazioni sulle Orbitoidi. in 8.0; Riv. It. Paleont., anno XI, pag. 79-81. Perugia, 1905. 17. — Inem. — Sopra alcune Alveoline eoceniche della Sicilia. In 4.°; Paleontogr. italica, vol. XI, pag. 147-197, tav. XII-XIII. Pisa, 1905. 18. — Inem. — Un nuovo rinvenimento di Lepidocyclina nell’ eocene della Sicilia. In 8.0; Naturalista Siciliano, anno XVII, n.° 11, pag. 1-2 estr. Palermo, 1905. 19. — Inpm. — Di alcune Lepidocline eoceniche della Sicilia. In 8.0; Riv. It. Paleont., anno XII, pag. 86-92, tav. III. Perugia, 1906. 20. — IneM. — Nota preventiva sulla serie nummulitica dei dintorni di Bagheria e di Termini-Imerese in Provincia di Palermo. In 4.9; Giorn. Sc. nat. ed econom., vol. XXVII, pag. 3-35 estr. Palermo, 1907. 21. — Inpem. e GemmaLLARO MARIANO. — Prima nota sulle Orbitoidi del Sistema Cretaceo della Sicilia. In 4.0; Giorn. Sc. nat. ed econom., vol. XXVII, pag. 3-15 estr., tav. I-II. Palermo, 1907. 22. — Inem. — Sulla provenienza di aleune Lepidocicline dei dintorni di Termini-Imerese (Palermo). In 4.9; pag. 1-7. [ Tipografia Domenico Vena] Palermo (15 luglio 1907). 23. — CasLussI IraLo. — Sulla geologia della Conca aquilana. In 8.9; Atti Soc. It. Sc. nat., vol. XLII, pag. 58-87, 1 profilo geol. Milano, 1903. 24. — Coppa ANTONINO. — Studio geologico e paleontologico del miocene del Siracusano. In 8.9; Atti e Rendic. Ace. Sc. Lett. ed Arti, Acireale, n. s., vol. IX (1897-98), pag. 1-46. Acireale, 1899. 25. — DarneLLI GiorTo. — Vaccinites (Pironea) polystylus Pirona nel cretaceo del Capo di Leuca. In 8.9; Boll. Soc. Geol. It., vol. XXIV, pag. 119-136, fig. I-III. Roma, 1905. 26.— DerRAncE JAcQqUES Louvrs MARIN. — Vedi: DE BLAINVILLE (1822-1827). 27.— De GreGoRrIO AnTonIO. — Fossili dei dintorni di Pachino (Cretacei dell'orizzonte a MHippurites Cornucopiae - Defr. e terziari dell’ orizzonte a Carcharodon megalodon Ag.). In 8.9; pag. 1-22, tav. I-VI. Tipo- grafia del Giornale I Tempo. Palermo, 1882. 28. — Dn StHFANI CarLo. — Fossili cretacei dell’ Emilia e delle Marche. In 8.°; Rendic. R. Acc. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 5.2, vol. I, sem. 2.°, pag. 294-298. Roma, 1892. 29. — Inem. — I terreni terziari della provincia di Roma. I. Focene. In 8.0; Rendic. R. Ace. Lincei, CI. Sc. fis. mat. e nat., ser. 5.8, vol. XI, sem. 1.°, pag. 508-513. Roma, 1902. 30. — Di STEFANO GIOVANNI. — Il Pliocene ed il Postpliocene di Sciacca: osservazioni stratigrafiche. In 8.°; Boll. R. Comit. geol. It., ser. 2.%, vol. X, n.° 3 e 4, pag. 69-110. Roma, 1889. 31.*— Inem.— Studj. stratigrafici e paleontologici sul Sistema cretaceo della Sicilia. 1. Gli Strati con Caprotina di Termini-Imerese. In 4.0; Atti R. Acc. Sc. Lett. e Belle Arti, vol. X, pag. III-XVI, 1-44, 1 fig. (se- zione geol.), tav. I-XI. Palermo, 1888. 32.#_ Inem. — Studi stratigrafici e paleontologici sul sistema cretaceo della Sicilia. II. I calcari con Polyconites di Termini-Imerese. In 4.°; Palaeontogr. italica, vol. IV (1898), pag. 1-46, fig. A-E, tav. I-V. Pisa, 1899. 33. — Ipem. — I calcari cretacei con Orbitoidi dei dintorni di Termini-Imerese e di Bagheria (Palermo). In 49; Giorn. Se. nat. ed econom., vol. XXVII, pag. 3-11 estr. Palermo, 1907. 34. — DoLLrus G. F. — L’Omphalocyelus macropora (Lamcek.) a Termini-Imerese (Palermo), per Prof. Alf. Silvestri. In 8.0; Revue critique Paléozool. Cossmann, anno XIII, n.° 1, pag. 60-61. Paris, 1909 4). 35. — Ipem. — Sulla « Orbitoides socialis» Leymerie, per Prof. A. Silvestri. In 8.°; Revue critique Paléozool. Cos- smann, anno XIII, n.° 1, pag. 61-62. Paris, 1909.) 36. — Ipem. — Sulla « Orbitolites complanata» Martelli, per Prof. A. Silvestri. In 8.°; Revue critique Paléozool. Cossmann, anno XIII, n.° 1, pag. 62. Paris, 1909. 3 37. — Inem. — Philippe de la Harpe nella questione delle Lepidocicline, per Prof. A. Silvestri. In 8.9; Revue cri- tique Paléozool. Cossmann, anno XIII, n.° 1, pag. 62-63. Paris, 19094. 38. — DouviLL&è HenRrI. — Sur l’àge des couches traversées par le canal de Panama. In 4.°; Comptes rend. Ace. Sciences, vol. CXII, (2 mars 1891) pag. 497-499. Paris, 1891. i) Recensione critica della pubblicazione di cui al n.° 135. 2) Idem idem al n.° 137. 3) Idem idem al n.° 138. 4 Idem idem al n.° 139. 164 3 A. SILVESTRI [44] 39. — Inpm. — Etudes sur les Rudistes. Distribution régionelle des Hippurites. In 4.°; Mém. Soc. gèol. France, Paléont. vol. VII. Paris, 1897. 40. — IneMm. — Sur l’àge des couches traversées par le canal de Panama. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 3.2, vol. XXVI (1898), pag. 587-600. Paris, 1899. 41. — Ipem. — Sur la distribution géographique des Rudistes, des Orbitolines et des Orbitoides. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 3.*, vol. XXVIII, pag. 222-235, [indicazioni supplementari] pag. 1002. Paris, 1900. 49. — Inem. — Distribution des Orbitolites et des Orbitoides dans la craie du Sud-Quest. In 8.0; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.2, vol. II, pag. 307-313. Paris, 1902. 43. — Innm. — Les explorations de M. de Morgan en Perse. In 8.°; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.2, vol. IV, pag. 539- 553. Paris, 1904. 44. — Inem. — Évolution des Nummulites dans les différents bassins de l’ Europe occidentale. In 8.°; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. VI, pag. 13-42. Paris, 1906. 45. — Inem. — Limite du Crétacé et de 1’ Éocène dans 1’ Aquitaine. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 42, vol. VI, pag. 43-49, fig. 1. Paris, 1906. 46. — Inam. — Charles Schlumberger. Notice nécrologique. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.2, vol. VI, pag. 340- 350, 1 fig. Paris, 1906. 47. — Inam. — Evolution et Enchaînement des Foraminifères. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.2, vol. VI (1906), pag. 588-602, fig. 11-13, tav. XVIII. Paris, 1907. 48. — Inem. — [Pense que] les nombreux travaux dont les Orbifozdes ont été l’objet rendent nécessaire une revision d’ensemble de tout le groupe. In 8.9; Compte rendu sommaire Séances Soc. géol. France, n.° 14, pag. 108-109. Paris, 1907. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.2, vol. VII, pag. 373-375. Paris, 1907. 49. — Ipem. — Les couches à Lépidocyclines dans l’ Aquitaine et la Vénétie. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. VII (1907), pag. 465-476. Paris, 1908. 50. — DouviLLé RoBeRT. — Vedi: LEMOINE et DouviLLÉ (1904). 51. — DouvILL& RoBERT. — Sur l’ àge des Lépidocyclines (À propos d’une Note de M. Silvestri). In 8.9; Feuille jeun. Nat., ser. 4.2, anno XXXVII, n.° 438, pag. 121. Paris 1907. 52. — Inpem. — Sur les « Argiles écailleuses» des environs de Palerme, sur le Tertiaire de la còte d’ Otrante et sur celui de Malte. In 8°; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.2, vol. VI (1906), pag. 626-634. Paris, 1907. 53. — IneMm. — Sur la variation chez les Foraminifères du genre Lepidocyclina. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. VII, pag. 51-57. Paris, 1907. 54. — Inem. — Sur des Lépidocyclines nouvelles. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. VII, pag. 307-313, fig. 1-3, tav. X. Paris, 1907. i 55. — InaM. — Observations sur les Faunes à Foraminifères du sommet du Nummulitique italien. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.2, vol. VIII, pag. 88-95, fig. 1-10, tav. II. Paris, 1908. 56. — Eccer JosepH Grore. — Der Bau der Orbitolinen und verwandten Formen. In 4.9; Abhandl. k. bayer. Ak. Wiss., II C1., vol. XXI, pag. 577-600, tav. I-VI. Munchen, 1902. 57.-- FAaLLOT E. et Revr L. — Observations sur le ‘Crétacé de Roquefort et ses relations avec quelques assises ter- tiaires affleurant dans cette localité. In 8.0; Actes Soc. Linn. Bordeaux, ser. 5.2, vol. IV, pag. 353- 360. Bordeaux, 1891. = 58. — Inam. — Quelques observations sur le Crétacé supérieur dans l’interieur du Bassin de l’ Aquitaine, et ses re- lations avec les Terrains tertiaires. In 8°; Bull. Soc. géol. France, ser. 3.%, vol. XX, pag. 350-370. Paris, 1892. 59. — FAUJAS DE SAINT-Fonp BARTHÉLEMY. — Histoire naturelle de la montagne de Saint-Pierre de Maestricht. In 4.9; pag. 1-263, tav. I-LIV. H. J. Jansen. Paris, 17994). 4) Vedasi quanto ho detto in riguardo alla data di quest'opera nella nota 4) di pag. 128 [8]. Ultimamente, nel consultare il « Bicher- Verzeichnis N.° 466» della libreria X. Friedlaender u. Sohn di Berlino (pubblicato nel 1908), mi è capitata sott’ occhio l'indicazione libraria che trascrivo: « FAUJAS DE ST. Fonp, B. Natuurl. Hist. v. d. St. Pietersberg bij Maastricht. (Palàont.) Amsterd. 1802. 8. m. 52 Kpfrt., ecc.». Chieste informazioni alla suddetta libreria, ne ho avuto gentilmente la risposta che si tratta di 1 vol. di 336 [45] A. SILVESTRI 165 60. — ForTIs GIOVANNI BATTISTA. — Sur quelques nouvelles espéces de Discolithes. In 8.9; Journ. de Physique, vol. LII, pag. 106-115, tav. II. Paris, 1801. 61. — Ipem. — Mémoire pour servir à 1’ Histoire Naturelle, et principalement à l’Oryctographie de l’ Italie. In 8.9; vol. I e II. Paris, 1802. 62. — Innm. — Sulle Discoliti chiamate dianzi pietre Lenticolare, Numismale, Frumentarie, Elicite e ultimamente Ca- merine. In 8.9; Opuscoli scelti Se. e Arti, vol. XXII, pag. 145-163, tav. III. Milano, 1803. 63. — FrAAS OsKar. — Geologisches aus dem Orient. In 8.°; Wilirttemb. nat. Jahreshefte, pag. 145-364, tav. I-II. Stuttgart, 1867. 64. — GaLEOTTI HEeNRI GuIiLLAUME. — Sur la constitution géognostique de la province de Brabant. In 8.9; Mém. cou- ronnés Ac. R. Bruxelles, vol. XII, pag. 1-192, 1 carta e tavole. Bruxelles, 1837. 659. — GrInIiTz Hans Bruno. — Grundriss der Versteinerungskunde. In 8.°; [pag. 635-686, tav. XXIV]. Dresden u. Leipzig, 1845-46. 66. — GoLpruss Grore AuGust. — Petrefacta Germaniae, tam ea quae in Museo Universitatis Regiae Borussicae Fridericiae Wilhelmiae Renanae servantur, quam alia, etc. In folio; vol. I-III, con tavole. Diis- seldorf, 1826-1844. 67. — Inem. — Idem. Ediz. 2.2, di Giebel. In 4.° Leipzig, 1862-1866. 68. — pa Grossouvre A. — Sur la distribution verticale des Orbitoides. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. IV, pag. 513-514. Paris, 1904. 69. — von HagaNnow FrIEDRICH. — Die Bryozoen der Maestrichter Kreide-Bildung. In 4.0; pag. 1-111, tav. I-XII. Cassel, 1851. 70. — Jones THomas RupERT. Vedi: CARPENTER (1862). 71. — Dn LAMARCK JEAN BaPTISTO Prerrn ANTOINE DE Monpt. — Système des Animaux sans vertèbres, ou tableau genéral des classes, des ordres et des genres de ces animaux. In 8.9; vol. II (1816) [pag. 193-197]; vol. VII (1822) [pag. 580-632]. Paris, 1816-1822. 72. — Inn. — Idem idem. Ediz. 2.2 Paris, 1835-1845. 73. — LamBeRT J. — Notes sur quelques Echinides de la Haute-Garonne. II. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.%, vol. VIII, pag. 360-375, tav. V, fig. 13-15. Paris, 1908. 74. — DE LAPPARENT ALBERT. — Traité de Géologie. In 8.9; ediz. 5.2, vol. III (Géologie propremente dite), pag. 1289- 2015, fig. 581-883. Masson et Cie. Paris, 1906. 75.— LarteT Lours. — Essai sur la Géologie de la Palestine et les Contrées avoisinantes. Part. I (1869), Part. II, Paléontologie (1872). In 4.0; Ann. Sc. géol., vol. III, art. 5, pag. 1-94, 4 tav. Paris, 1869-1872. [Ristampa nella:] Bibl. Ecole Hautes Études, vol. VII, n.° 2. Paris, 1873. 76. — Inpm. — Exploration ggologique de la Mer Morte, etc. In 4.9; (Voyage du Duc de Luynes) pag. 1-326. Paris, 1877. €. Lamone PauL et DouviLLé RoBERT. — Sur le genre Lepidocyclina Gimbel. In 4.0; Mém. Soc. géol. France, Paléont.; vol. XII, fasc. 2.9, mem. n.° 32, pag. 5-41, fig. 1-4, tav. I-III. Paris, 1904. 78. — Inem. — [Font] «quelques remarques à propos d'une note del M. Prever sur les Orbitoides ». In 8.9; Compte rend. somm. Séances Soc. géol. France, anno 1905, n.° 2, pag. 12-14. Paris, 1905. 79.— Inem. — Remarques à propos d’ une note de M. Prever sur les Orbitoîdes. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.23, vol. V, pag. 58-59. Paris, 1905. 80. — LeymerIin ALrxANDRE FéLIix Gustave AcHILLE. — Mémoire sur un nouveau type pyrénéen parallele à la eraie proprement dite. In 4.0; Mém. Soc. géol. France, ser. 2.%, vol. IV, mem. 3.8, pag. 177-202, tav. IX- XI. Paris, 1851. 81.— LypLL CHARLES. — On the Relative Age and Position of the so-called Nummulite Limestone of Alabama. In 8.9; Quart. Journ. geol. Soc., vol. IV, pag. 14-16. London, 1848. 82. — MunIER-CHALMAS. — Étude du Tithonique, du Crétacé et du Tertiaire du Vicentin. In 8.9; Série Stratigr., vol. I, pag. 1-184, fig. 1-30. Savy. Paris, 1891. pagine con 52 tavole e 2 carte topografiche, cui fu aggiunto nel legarlo il catalogo della biblioteca del FauTAS, ven- duta all’asta nel 1820. Resulta dunque che l’opera in discorso ha avuto due edizioni: la prima in francese e la seconda in olandese; ma è singolare che lo SHERBORN (v. il n.° 124 di questa bibliografia) non faccia alcuna menzione di quest’ ultima. 166 A. SILVESTRI [46] 83. — Inpm. — Communication relative au Cénomanien, au Turonien, au Sénonien et au Danien du Bellunais, de 1’Al- pago, du Frioul et de l’Istrie, In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 3.2, vol. XIX, pag. XXXII XXXIII. Paris, 1391. 84. — Nnwron R. Buren and HoLLAanD RicHARD. — On Some Fossils from the Islands of Formosa and Riu-Kiu (= Loo Choo). In 8.°; Journ. Coll. Soc. Imp. University Tokyo, vol. XVI, art. 6, pag. 1-23, tav. I-IV. Tokyo, 1902. 85. — OPPENHEIM PauL. — Neue Beitrige zur Geologie und Paliontologie der Balkanhalbinsel. Unter Diskussion von damit zusammenhingenden Fragen (Neogen in Griechenland, Alter des Ellipsactinienkalkes und Stellung der Schichten von Priabona). In 8.9; Zeitsechr. Deutsch. geol. Gesellsch., vol. LVIII, pag. 109-180, fig. 1-8, tav. VIII. Berlin, 1906. 86.*— D’ORBIGNY ALCIDE DESSALINES. — Tableau méthodique de la classe des Céphalopodes, precédé d’ une introduc- tion par M. de Férussac. In 8.9; Ann. Se. nat., vol. VII, pag. 96-169 [introd. del F&RUSSAC], 245- 314. In 4.9; Ann. Sc. nat., Ng des tomes 7, 8, 9, pag. 5-6, 10-15, tav. X-XVII. Paris, 1826. 87.*— IpeM. — Roo) fossiles du psgin tertiaire de Vienne (Autriche), découverts par son exellence le che- valier Joseph de Hauer. In 4.°; pag. I-XXXVII, 1-312, tav. I-XXI. Gide et Comp.; Paris, 1846. 88. — Inam. — In: LyELL (1848). 89. — InpM. — Prodrome de Paléontologie stratigraphique universelle des Animaux mollusques et rayonnés, faisant suite au Cours élémentaire de Paléontologie et de Géologie stratigraphiques. In 16.9; vol. II, pag. 1- 427. Victor Masson; Paris, 1850. 90. — Ipem. — Cours élémentaire de Paléontologie et de Géologie stratigraphiques. In 8.°; vol. II, fase. 1.° (1851), pag. 1-382, fig. 166-392; vol. II, fasc. 2.° (1852), pag. 383-847, fig. 393-626. Paris, 1851-1852. 91. — Osimo GIUSEPPINA. — Il genere « Gianna » Lamk. In 8.°; Atti R. Acc. Scienze Torino, vol. XLII, pag. 272- 285, 1 tav. Torino, 1907. 92. — Innm. — Di alcuni Foraminiferi dell’eocene superiore di Celebes. In 8.°; Riv. It. Paleont., anno XIV, pag. 28-54, tav. I-III. Perugia, 1908. 93. — PaguIER Vicror Lucien. — Sur le calcaire à Orbitoides de Meaudre (Isère). In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.3, vol. IV, pag. 416-419. Paris, 1904. 94.*_ Parker WiLLiam KircHEN and Jones THomas RUPERT. — On the Nomenclature of the Foraminifera. I. On the Species enumerated by Linnaeus and Gmelin. In 8.0; Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 3.8, vol. III, pag. 472-482. London, 1859. 95. — IneMm. — On the Nomenclature of the Foraminifera.. Part IV. The Species enumerated by Lamarck. In 8.9; Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 3.2, vol. V, pag. 285-298, 416-477; vol. VI, pag. 29-40. London, 1860. 96. — Inem. — Vedi: CARPENTER (1862). 97.— Inem and Jones THomas RuPERT. — On the Nomenclature of the Foraminifera. Part IX. The Species enume- rated by de Blainville and Defrance. In 8.9; Ann. and Mag. nat. Hist., ser. 3.8, vol. 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XVI, sem. 2.9, pag. 229-236. ono, 1907. 103.*— Inox. — Saggio per uno studio sulle Copri dei calcari di scogliera (orizzonte del Col dei Schiosi) nelle Prealpi venete orientali. In 4.°; Mem. R. Ace. Lincei, Cl. Sc. fis. mat. e nat., ser. 5.2, vol. VII, pag. 319-346, fig. 1-30. Roma, 1908. 104. — Inem. — Notizie sulla fauna a Rudiste della pietra di Subiaco nella Valle dell’ Aniene. In 8.9; Boll. Soc. geol. it., vol XXVII, pag. 299-310, fig. a-c, tav. IX. Roma, 1908. [47] A. SILVESTRI 167 105.*— Pocta Painiprs. — Sur quelques Éponges du Sénonien de Nice. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.2, vol. VII, pag. 163-173, fig. 1-7, tav. III. Paris, 1907. 106. — PrestwIca JosePA. — Geology. In 8.%; vol. IT. London, 1888. 107. — PREveR Pietro Lopovico. — Osservazioni sopra alcune nuove Orbitoides. In 8.9; Atti R. Ace. Sc. Torino, vol. XXXIX, pag. 3-10 estr., 1 tavola. Torino, 1904. 103. — Inam. — Osservazioni sulla sottofamiglia delle Orbditoidinae. In 8.9; Riv. It. Paleont., anno X, pag. 111-127, tav. VI. Perugia, 1904. 109. — Inewm. — Sulla Fauna Nummulitica della Scaglia nell’ Appennino centrale. In 8.0; Atti R. Acc. Se. Torino, vol. XL, pag. 3-15 estr. Torino, 1905. 110. — Inem. — In: CassETTI (1905). 111. — QuenstEDT F. A. — Handbuch der Pretrefactenkunde. In 8.9; ediz. 1.à (1852), 2.2 (1866), 3.2 (1885). Tubin- gen, 1852-1885. 112.— RepLICH K. A. — Geologische Sidia im Gebiete des Olt und Oltentzthales in Rumànien. In 8.9; Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., vol. XLIX. Wien, 1899. 113. — Rnuss Aueustus EmanuEL. — In: GrinITz (1845-46). 114. — Ipem und FrITscH Anton. — Verzeichniss von 100 Gypsmodellen von Foraminiferen welche unter der Leitung der prof. A. Reuss und Dr. Anton Fritsch gearbeitet wurden. Id 8.0; 4 pag. Prag., 1861. 115. — Inem. — Palontologische Beitràge. 2. Die Foraminiferen der Kreidetuffes von Marteichi, 3. Die Foraminiferen der Schreibkreide von Riigen. 4. Die Foraminireren der senonischen Griinsandes von New-Jersey. In 8.0; Sitzungsber. k. Ak. Wiss. Wien., vol. XLIV, pag. 304-324, 324-333, 334-340, tav. I-VIII. Wien, 1861. 116. — Rousse J. — Sur la composition des terrains erétacées des Pyrénées centrals et des Corbières. In 8.9; Ann. Soc. géol. du Nord, vol. XX. Paris, 1892. UT. — Sacco FepERICO. — Gli Abruzzi. Schema geologico. In 8.9; Boll. Soc. geol. It., vol. XXVI (1907), pag. 377- 460, 1 carta geotettonica, tav. XIV (carta Seplosical Roma, 1908. 118. — ScaLumBERGER CHARLES. — Note sur les genres 7rillina et Linderina. In 8.°; Bull. Soc. géol. France, ser. 3.2, vol. XXI, pag. 118-123, fig. 1-5, tav. III. Paris, 1893. 119. — Innm. — Première note sur les Orbitoîdes. In 8; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. I, pag. 459-467, tav. VII-IX. Paris, 1901. 120. — Ipem. — Deuxième note sur les Orbitoides. In 8.9; Bull. Soc. géol. France, ser. 4.8, vol. II, pag. 255-261, fig. 1-2, tav. VI-VIII. Paris, 1902. 121. — ScHuBERT RicHARD JOHANN. — Beitrige zu einer natiirlicheren Systematik der Foraminiferen. In 8.9; Neuen Jahrb. Min., Geol. u. Pal&ont., vol. XXV, pag. 232-260, 1 fig. Stuttgart, 1907. 122.*— Secuanza Gruspppe. — Studi soologiot e paleontologici sul Cretaceo medio dell’ Italia meridionale. In 4.9; Mem. R. Acc. Lincei, Cl. fis. mat. e nat., ser. 3.8, vol. XII, pag. 3-152 estr., tav. I-XXI. Roma, 1882. 123. — Seunes JEAN. — Recherches géologiques sur les terrains secondaires et l Éocéne inférieur de la région sous- pyrénéenne du Sud-Quest de la France (Basses-Pyrénées et Landes). In 8.9; (pag. 109-120), 9 tav. Paris, 1890. 124. — SHERBORN CHARLES DAVIES. — A Bibliography of the Foraminifera, recent and fossil, from 1565-1888; with notes explanatory of some of rare and little-known publications. In 8.9; pag. I-VI, 1-152. Dulau e C.°; London, 1888. 125. — Inam. — An Index to the Genera and Species of the Foraminifera. In 8.9; Smithsonian Mise. Collect., n.° 856 (Part I. A to Non) (1893) pag. I-IV, 1-240; n.° 1031 (Part II. Non to Z.) (1896) pag. 214-485. Wa- shington, 1893 e 1896. 126. — SiLvestRI ALFREDO. — Osservazioni critiche sul genere Baculogypsina Sacco. In 4.9; Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LVIII (1904-1905), pag. 65-82, fig. 1-8. Roma, 1905. 127. — Inem. — Lepidocyclinae ed altri fossili del territorio d’' Anghiari. In 8.°; Atti Pontif. Ace. N. Lincei, anno LVIII (1904-1905), pag. 122-128, fig. 1. Roma, 1905. 128. — Innm. — [Recensione della nota di P. L. PreavER: Sulla Fauna Nummulitica della Scaglia nell’ Appennino centrale]. In 8.0; Riv. It. Paleont., anno XI, pag. 100-103. Perugia, 1905. 168 A. SILVESTRI [48] 129. — Inem. — Sull’età geologica delle Lepidocicline. — In 4.°; Atti Pontif. Ace. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 83-95. Roma, 1907. : 130. — Inem. — Fossili dordoniani nei dintorni di Termini-Imerese (Palermo). In 4.0; Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906-1907), pag. 105-110. Roma 1907. 131. — Ipem. — Probabile origine d’alcune Orbitoidine. In 8.9; Boll. Naturalista, anno XXVII, pag. 11-12. Siena, 1907. 132. — Inem. — La questione delle Lepidocicline nell’ Umbria. In 4.0; Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LX (1906- 1907), pag. 167-187. Roma, 1907. 133. — Inpm. — [Recensione della nota di A. SirvestrI sulla: Probabile origine d’ alcune Orbitoidine]. In 8.9; Riv. It. Paleont., anno XIII, pag. 79-81. Perugia, 1907. 134. — IpeM. — Considerazioni paleontologiche e morfologiche sui generi Operculina, Heterostegina, Cycloclypeus. In 8.9; Boll. Soc. geol. It., vol. XXVI. pag. 29-62, fig. A-C, tav. II. Roma, 1907. 135. — Ipem. — L'’Omphalocyclus macropora (Lamk.) a Termini-Imerese (Palermo). In 4.09; Atti Pontif. Acc. N. Lincei. anno LXI (1907-1908), pag. 17-26, fig. 1-3. Roma, 1908. 136. — Inam. — [Recensione della nota di A. Silvestri su: L'Omphalocyelus macropora (Lamcr.) a Termini-Imerese (Palermo)]. In 8.9; Riv. It. Paleont., anno XIV, pag. 93. Perugia, 1908. 137. — Inem. — Sulla « Orbitoides socialis (LevmerIe) ». In 4.9; Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), pag. 94-99. Roma, 1908. 138. — Inem. — Sulla « Orbitulites complanata» Martelli. In 4.9; Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), pag. 128-137. Roma, 1908. 139. — Inem. — Philippe de la Harpe nella questione delle Lepidocicline. In 4.9; Atti Pontif. Acc. N. Lincei, anno LXI (1907-1908), pag. 171-179. Roma, 1908. 140. — Ipem. — Miliolidi trematoforate nell’eocene della Terra d'Otranto. In 8.9; Riv. It. Paleont., anno XIV, pag. 117- 148, tav. IX. Perugia, 1908. 141. — Ipaw. — Osservazioni ad uno scritto di G. Rovereto «Sur le Stampien à Lépidocyclines des environs de Varazze ». In 4.9; Atti Pontif. Ace. N. Lincei, anno LXII (1908-1909), pag. 17-25, fig. 1-3. Roma, 1909. 142. — Inem. — Nummuliti oligoceniche della Madonna della Catena, presso Termini-Imerese (Palermo). In 8.9: Boll. Soc. geol. It., vol. XXVII (1908), pag. 593-654, fig. I, tav. XXI. Roma, 1909. 143. — IpeMm. — In DoLLrus (1909). 144. — TourKowski PAUL. — [Index bibliographique de la littérature sur les Foraminifères vivants et fossiles (1888- 1898)]. In 8.0; Zapiski Kievsk. Obsch Estest. [Mém. Soc. Natur. Kiew], vol. XVI (1898), pag. 137- 240. Kiew, 1899. 145. — WintER F. W. — Foraminifera (Testacea reticulosa) fiir 1891-1895. In 8.9; Archiv fiir Naturgesch., anno LXVII, vol. II, fasc. 3.9, pag. 37-146. Berlin, 1904. 146. — Ipem. — Foraminifera (Testacea reticulosa) fiir 1896-1900. In 8.0; Archiv fiir Naturgesch., anno LXXI, vol. II, fasc. 3.°, pag. 1-78. Berlin, 1908. 147. — WrEpENBURE Ernest W. — Nummulites Douvillei, an undescribed Species from Kachh with Remarks on the zonal Distribution of Indian Nummulites. In 8.9; Records Geol. Survey India, vol. XXXIV, parte 2.8, pag. 79-95, tav. VIII. Calcutta, 1906. 148. — Ipem. — A Summary of the Geology of India. In 8.9; pag. 1-67, 2 quadri. 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Palermo, 1909. 153.*— Heron-ALLEN Epwarp and EaRLAND ARTHUR. — On Cycloloculina, a New Generic Type of the Foraminifera. With a Preliminary Study of the Foraminiferous Deposits and Shore-sands of Selsey Bill. In 8.9; Journ. R. Miecr. Soc., anno 1908, pag. 529-543, fig. 138, tav. XII. London, 1908. 154. — WREDENBURG ERNEST. — The Cretaceous Orbitoides of India. — In 8.9; Records Geol. Survey India, vol. XXXVI, parte 3.2, pag. 171-213, fig. 1-5, tav. XXV-XXIX. Calcutta, 1908. i Durante la stampa di questo lavoro, per cortesia degli autori, ai quali ne sono molto grato, son venuto in possesso di alcune opere di recente pubblicazione, che cito qui onde il lettore possa prenderne conoscenza, e rime- diare dopo di ciò alle mie involontarie omissioni. È soprattutto di speciale interesse per l’ argomento che ho trattato, la bellissima memoria del VREDENBURG, di cui al superiore n.° 154. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 22 170 A. SILVESTRI [50] INDICE DELLE MATERIE Introduzione; 1)’ ibi tao RU ea di RE O e RIA ER pa ce N] Illustrazione dei fossili o o o c o sa do $ o . > AURA: 5» 22 | Lithothamnium sp. . . - 6 ; È 5 6 ; : 6 i o 0® 122° [[ Orbitolina Paronai PREVER . ò 6 . i : È ò : 6 î od 188 [ [ Rotalia sp. . o 0 . o . 0 c 6 c c 5 . ò o dI | Genere: Calcarina D’ OrBIGNY —. c 5 o È o o ; 3 . 20 12] Calcarina sp. . i » ) 5 . ; * : : È i È SIR 55] Genere: Siderolites Lawarck : : o ò o o o 5 a 3 o 20 [2] Siderolites cfr. calcitrapoides LAMmAReK ò c ? c . ? c ; oi Genere: Omphalocyclus Bronn . : 0 6 ì : . 5 : : o ® 188. [6] Omphalocyclus macropora (LAMARCK) . 5 . c o o d 7 6 o d J23. [N] Omphalocyclus macropora (Lamcx.) var. Schlumbergeri A. Siuvestri . . c o è 128. [E Genere: Archaecyclus A. Silvestri |. rasa cora È o o . . o ® iS4 pu Genere: Orbitoides D’OrBIGNY (emend.) Ò i o ò E c , 5 o 0 ir Mr Orbitoides media (0’ArcHIAC) ” 0 c 6 . : 6 ; . : . > 136 [16] Orbitoides apiculata ScaLUMBERGER 3 7 , 5 c . 6 o o od 43 RS Orbitoides gensacica (LEvWERIE) . 5 ‘ . è ; i - } . od IV [Ra] Genere: Lepidorbitoides A. SivesTRI . È 6 . o È 0 0 6 od dt [E] Lepidorbitoides Paronai A. SiuvestRrI . i : 6 ; 5 , ; s o © I60 [Bo] Lepidorbitoides minor (ScHLUMBERGER) . ò o 6 . o 5 6 o 5 ® 162 [BA] Lepidorboides socialis (LevMERIA) 5 o ò 5 ; s 5 0 ; 53083] Lepidorbitoides Eggeri A. SiuvestrI . , o È 7 É È ; , o IS [ES] Lepidorbitoides Vidali (PrEvER) . ; ; i ° . AE E : . >» 154 [84] Genere: Clypeocyclina A. SirvestRrI . ta - 6 5 6 , 0 2 . > 155 [35] Lepidorbitoides | Clypeocyclina?] bageriensis (CaEccnIA-RispoLi et GEMMELLARO) |. o ® 154 [4 Doryderma? sp. . x - ; . 5 d 158 [Es] Hippurites, e Sphaerulites o Radiolites sp. . ; : : a : 1 o o. 560 [EG] Conclusione . , 5 o ; . . G : 5 - 3 È 7 . cd 167 |E9] Indice bibliografico . : 6 5 3 5 ; È ; ; : 5 5 . » 162 [42] Finito di stampare il 23 dicembre 1908. P.E. VINASSA de REGNY FOSSILI DEI MONTI DI LODIN (Tav. XXI [I] e Fig. 1,2 intere.) Di questi fossili ha parlato per primo il De AnceLIs nella sua Terza Contribuzione allo Studio *della Fauna fossile delle Alpì Carniche ®. Ma già prima di lui ne aveva parlato il FRECH, il quale aveva riferito al Siluriano superiore tali fossili, prevalentemente corallari, facendo anzi notare la loro impor- tanza in questo periodo, durante il quale mancano nelle Carniche formazioni di scogliera. Il De ANGELIS invece credè di dover riferire tale fauna al Devoniano medio. Evidentemente egli si era limitato al puro e semplice studio paleontologico, e non doveva aver fatto alcuna osservazione sul terreno. Alla memoria del De AnerLIS il FRECH rispondeva riconoscendo il suo errore di riferimento al Siluriano; ma nemmeno accettando il riferimento del De ANGELIS: egli dallo studio dei fossili ammetteva invece che i calcari grigi appartenessero al Devoniano inferiore. | Nel lavoro che, insieme al GortANI, pubblicai nel 1902 sui terreni della Tavoletta di Paluzza , accennai come, per evidenti ragioni stratigrafiche e tettoniche, i calcari con Coralli silicizzati non potessero in alcun modo riferirsi al Devoniano medio. Per alcun tempo ho lasciato tale argomento, altri di maggiore importanza per la geologia carnica avendo occupato il mio tempo. Nella estate dell’anno scorso però ho potuto raccogliere nuovo materiale anche in altre località e fare alcune osservazioni tettoniche, le quali, a mio parere, escludono assolutamente ogni riferimento al Devoniano medio degli strati in questione. E nuovo materiale ho raccolto pure nella revisione eseguita quest’anno. Poichè anche dal punto di vista paleontologico gli esemplari da me raccolti hanno qualche interesse, così comincio dal fare di essi una breve descrizione, e lascio al termine del lavoro la discussione stra- tigrafica dei risultati. Il nome scelto dal De AneeLIS di Devoniano medio di Lodinut non è forse troppo felice. Difatti presso la Casera di Lodinùt alto non si ha che Carbonifero superiore trasgressivo e fossilifero, e, a qualche distanza, Siluriano in forma del tipico Calcare rosso con Orthoceras; mentre presso la Casera Lodinùt bassa si hanno rocce eruttive. Ora il giacimento principale dei fossili silicizzati si trova poco sopra alla Casera di Lodìn alto. Qual- che altra massa si vede sopra la Casera di Lodin Grande e molti blocchi franati si hanno nel Rio di Confin dietro alla stessa Casera. i) Mem. R. Accad. Lincei, CCXCVIII, 1901. 2) Boll. Soc. geol. it., XXIV, 2, 1905. 172 P. E. VINASSA DE REGNY [2] Come già ho detto, fossili silicizzati delle stesse forme e dello stesso periodo si hanno: alla cima Val di Puartis tanto e specialmente sul versante settentrionale quanto sul meridionale; poi alla Casera di Ramàz alto, in masse minori ed in evidente continuazione di quelle che affiorano sopra Lodin alto, e finalmente sui declivi della Cima costa alta alla cosiddetta Creta rossa. Poichè tutte queste località possono essere molto logicamente, anche dal punto di vista geografico, aggruppate sotto il nome della cima culminante, il Monte Lodin (Findenig Kofel della carta austriaca) così credo sia bene denominare la fauna che ci occupa adesso col nome di Lodin. Non potei, quantunque lo desiderassi e ne avessi anche fatto richiesta, avere il materiale che ha servito allo studio del Prof. DE ANGELIS. Non mi è quindi possibile dare un giudizio su varie forme che mancano nel mio materiale e delle quali il De Anerris non ha dato figura o la ha data mal riuscita e accompagnata da descrizione spesso insufficiente. Me ne spiace tanto più perchè i resultati del mio studio conducono a conclusioni stratigrafiche diverse da quelle cui giunge il De ANGELIS, come già ho accennato; e perchè quindi talune delle determinazioni da Tui fatte meritano una revisione. Le forme descritte dal De ANGELIS, non comprese le due varietà di Heliolites, sono 21; di queste nel mio materiale ne ho riconosciute solo 10; due (-Alveolites suborbicularis e Stromatopora concentrica) come vedremo, sono erroneamente determinate; le rimanenti, prevalentemente Ciatofillidi, non son riu- Scito a trovare in esemplari determinabili. I coralli isolati non sono rari in questi giacimenti, ma sono sempre così mal conservati, che sino ad ora mi è stato difficilissimo procurarmi esemplari che permet- tessero una determinazione sicura. E sono appunto prevalentemente queste forme, che il De ANGELIS non figura e che come risulta dalle sue descrizioni, anche nella sua collezione sono malissimo conservate, quelle che hanno indotto il Dr ANGELIS alla sua determinazione cronologica. | Ma se poche delle forme citate dal De ANGELIS ho potuto riconoscere nei miei esemplari, ne ho avuto a disposizione altre, e benissimo conservate queste, le quali parlano chiaramente per una maggiore antichità del deposito e pongono così, ancora una volta, in accordo la paleontologia colla stratigrafia. Tetracorallia HAECK. Cyathophyllidae E. H. Gen. Cyathophyllum Gprs. Cyathophyllum Taramellii De Ane. — Tav. XXI [I], fig. 1. 1901. Cyathophyllum Taramelliù De AnceLIS. Op. cit., pag. 12, tavola, fig. 1. La descrizione e più che altro la figura del De AnGELIS lasciano molto a desiderare per chiarezza, pur tuttavia credo che l’esemplare che passo a descrivere sia da riportare a questa forma a causa della caratteristica disposizione delle tavole ammassate nella porzione mediana dei setti. Il corallo è isolato, unico, di forma conica, leggermente appuntita al basso. Ma l'esemplare essendo incompleto, poco si può dire della sua forma esterna. Invece sono benissimo conservati i caratteri interni. Il calice misura circa cm. 2,5 di diametro. La sua porzione esterna non è conservata che per tre quarti [B]: P. E. VINASSA DE REGNY 173 circa della circonferenza. I setti sono 24+-24. I maggiori giungono sin quasi al centro, i minori sì arre- stano prima. La lunghezza dei setti maggiori è quindi di mm. 12; quella dei minori va da mm.8 amm. 9. I setti maggiori sono alla loro terminazione leggermente ondulati; i minori si piegano al loro ter- mine sin quasi a toccare i setti maggiori ai quali sono interposti; anzi per alcuni avviene il contatto. La forma dei setti è caratteristica. Essi sono irregolari di dimensioni e si dilatano singolarmente in corrispondenza all’incirca del primo terzo per ridursi poi un poco a breve distanza dalla parete cali- cinale, che è costituita da tessuto molto lasso. Nel punto in cui si inizia il rigonfiamento, ed anche un poco prima, i setti, che nella loro parte terminale erano compatti, si rendono discontinui. È come se lo scheletro di essi si dividesse in ramificazioni irregolari. Le tavole sono abbastanza rare e quasi mancanti nella porzione prossima alla parete calicinale; ma a circa mezzo centimetro di distanza da essa sono fittissime, in maniera da produrre quasi come un cingolo continuo nel calice della larghezza di circa quattro mm. Più verso il centro del calice le tavole sono irregolari e più grosse ed anche leggermente ricurve. Anch'io, come il DE ANGELIS, nulla posso dire della sezione longitudinale non avendo la possibilità di farla coll’ unico esemplare a mia disposizione. Non è però necessaria in quanto che la sola sezione trasversale basta per caratterizzare la specie, distinta dalla tipica forma dei setti e dalla disposizione delle traverse. Questa forma si trova, secondo la indicazione del FrecH comunicata dal De ANGELIS, anche al Wolayer Thòorl !.. Cyathophyllum helianthoides Gprs. 1901. Cyathophyllum helianthoides Gprs. De AnGrLIS. Op. cit., pag. 8 (cum syn.). Il De AncELIS cita di questa forma un solo esemplare; nel mio materiale, dei dintorni di Lodin, sono arrivato a riconoscerne quattro con sicurezza ed altri sono dubbiosi. In generale difatti lo stato di conservazione dei Tetracoralli di questi strati lascia sempre moltissimo a desiderare. La forma e la costi- tuzione dei setti esclude, come giustamente osservò DE ANGELIS, che si possa trattare della varietà phi- locrina più recente. Questa forma non ha valore cronologico, essendo diffusa in tutto il Devoniano: dall’ Eodevonico superiore cioè al Neodevonico. Col ritrovamento di essa in questo giacimento la sua estensione verticale aumenta ancora. Cyathephyllum vermiculare Gprs. — Tav. XXI [I], fig. 2. 1901. Cyathophyllum vermiculare Gprs. De ANGELIS. Op. cit., pag. 8 (cum syn.). La forma non è rara a Lodin, ove un esemplare quasi completo mi ha permesso una sezione tras- versale che è poi quella che ho disegnata da una fotografia. L’esemplare misura mm. 21 di diametro massimo; esternamente la superficie è tutta quanta scan- nellata, come nell’esemplare figurato dal FrecH ? alla Tav. II fig. 7. La forma è subcilindrica, lievemente appuntita. I setti sono in numero di 32-32; quelli di secondo ordine sono poco meno estesi di quelli 1) Che non è affatto il passo di Volaia come crede il Dn ANGELIS. 2) Cyathophylliden und Zaphrentiden des deutschen Mitteldevon. Palaeont. Abh. Damns und KaysER, III, 3, 1886. 174 P. E. VINASSA DE REGNY [4] DS di primo; questi non raggiungono mai il centro. La loro massima lunghezza è di 10 mm. I setti sono più o meno ondulati e terminano in punte sottilissime. Le tavole settali sono abbastanza numerose, irregolarmente disposte, ricurve, colla convessità verso la parete calicinale, che è fortemente ingrossata. Non ho potuto eseguire una sezione longitudinale tale che permettesse di vedere nettamente il tes- suto spugnoso mediano. Mi sembra però che i caratteri della sezione trasversale siano sufficienti a dar sicurezza alla determinazione. È notevole la somiglianza che si ha coll’esemplare mesodevonico descritto dal LeBEDEW !), il quale è solo più piccolo. Questa forma è prevalente nel Mesodevonico, ma si trova pure e non di rado nell’ Eodevonico germanico. Oltre agli esemplari di Lodin ho anche esemplari del versante settentrionale della Cima di Val Puartis e della Cas. Ramàz alto. Cyathophyllum angustum Lonsp. 1839. Cyathopylium angustum Lonspare in MurcHison. Silur. Pag. 690, tav. XVI, fig. 9. 1354. — —_ Lonsp. M. Epwarps and Hamer. British fossil Corals, V. Palaeont. Soc., pag. 281, tav. 66, fig. 45 (cum syn.). Questa forma venne citata la prima volta dal FRECH come presente in questi strati; ma successiva- mente non fu più da lui ricordata. Il De AneELIS nemmeno la nomina. Io ne ho rinvenuto due esem- plari di cui uno solo è dubbio, ma il secondo è invece del tutto rispondente a questa specie. L’esemplare determinabile è completo nella parte inferiore; esso misura poco più di 25 mm. di diametro; il calice è profondo poco più di 1 cm. Manca l’epiteca e la superficie apparisce quindi colla sua tipica quadrellatura alveolare, che è carat- teristica della specie ed è dovuta alla presenza e potenza di sedimenti che fittamente e regolarmente sono disposti perpendicolarmente ai setti. I setti sono sottilissimi, ridotti; le tavole settali sono limitate alla porzione periferica, il rimanente del corallo è ripieno di un tessuto vescicolare, fitto. Le pareti delle vescicole sono abbastanza spesse, ricurve a semiluna; le vescicole sono regolarmente disposte e hanno dimensioni limitate oscillando tra mm. 1,5 e mm. 2,5. : La sottigliezza dei setti, la forma tipica della parete senza epiteca, la caratteristica riduzione delle tabule, la sufficiente regolarità e fittezza del tessuto vescicolare, e la uniformità di questo riempimento vescicolare per tutta quanta la estensione del corallo sono particolari a questa forma, abbastanza rara e caratteristica sino ad ora del Siluriano (Wenlok e Caradoc). Nei calcari dei dintorni di Cas. Lodin ?). Gen. Cystiphyllum Lonsp. Cystiphyllum Geyeri Dr Ana. 1901. Cystiphyllum Geyeri Dr AnceLIis. Op. cît., pag 17, tavola, fig. 5-7. 1) Rol Korallow Devonskih Otlogenah Rossii. Mém. du Com. géolog. russe, XVII 2, 1902, tav. V, fig. 59. 2 Varie altre forme di CyathophyWMlum esistono in questa fauna e talune sembrano appartenere a nuove forme: esse sono però così mal conservate da non permettere una determinazione sicura. [5] P. E. VINASSA DE REGNY 175 Il mio esemplare di Lodin, che è il solo che possa con tutta sicurezza riportarsi a questa specie, è minore di quello che il De ANGELIS figura, misurando esso un diametro di 2 cm. Risponde però perfet- tamente a questa specie del gruppo del C. cristatum FRECH. Il mio esemplare è però in troppo cattivo stato di conservazione per potermi permettere di fare aggiunte o modificazioni alla descrizione data dal De ANGELIS e corredata di buone figure. L’esemplare descritto è unico e proviene dai calcari attorno alla Casera Lodin. Un secondo esem- plare, pure riferibile a questa forma, ho trovato a Cas. Ramàz alta. Un terzo, ma però molto dubbio, proviene dai calcari della Creta rossa. Aleyonaria M. E. Hieliolitidae Livpsrr. 5 Gen. Heliolites Dana. Il genere Heliolites venne per la prima volta fatto conoscere in Italia, ed appunto di questa stessa località, dal De ANGELIS * il quale descrisse poi nella sua terza contribuzione citata cinque forme diverse. Anche nel mio materiale non son rare le forme di ZHeliolites, sebbene quasi sempre in frammenti. Heliolites interstinctus L. sp. — Tav. XXI [I], fig. 4. 1899. Helolites interstinctus L. sp. Linpsrròm. Remarks on the Heliolitidae. K. Svensk. Veten. Ak. Handl. Bnd. XXXII, 1, pag. 41, tav. I, fig. 1-36; tav. II, fig. 1,2; tav. III, fig. 1,2 (cum syn.). 1901. Heliolites interstinctus L. sp. De AnGnLIS. Op. cit., pag. 24, tavola, fig. 18, 19. Ne ho due frammenti che non mi permettono di dir niente sulla forma generale del polipierite, ma che conservano sufficienti caratteri per una esatta determinazione specifica. I calici hanno tutti la stessa dimensione che si aggira attorno ad 1 mm. Essi sono perfettamente circolari. Tra di essi intercede una distanza che va da mm. 1,5 a mm. 2, occupata dalle aperture dei canali cenenchimatici dei quali si trovano da 2 a 3 per mm. La teca calicinale è assai sottile; da essa partono 12 setti, sempre ben distinti, ma assai brevi. Solo per eccezione in qualche calice è possibile notare una alternanza nella dimensione dei setti; negli altri la erosione non permette di vedere questo carattere. La columella manca. Le tavole sono sottili, nume- rose, da 4a 5 per mm., orizzontali e regolarmente disposte. Tutti questi caratteri parlano chiaramente per il riferimento a questa forma prevalentemente siluriana, ma nota anche nell’ Eodevonico. Le dimensioni, specialmente di un secondo esemplare, accennano però piuttosto a quella forma, che il De AncELIS ha distinto come varietà devorica, collegata però alla forma tipica da numerosi passaggi, come del resto ammette lo stesso Dr ANGELIS (Op. còt., pag. 25, tavola, fig. 20). Calcari dei dintorni di Cas. Lodin. Heliolites porosus Gprs. — Tav, XXI [I|, fig. 3. 1899. Heliolites porosus Gprs. Linpstròm. Op. cit., pag. 53, tav. II, fig. 29-37; tav. III, fig. 37. 1901. — — — Dr Ancrus. Op. cit., pag. 26, tavola, fig. 21. - 1) Il gen. Heliolites nel Devoniano delle Alpi carniche italiane. Boll. Soc. geol, it., XVIII (1899), n.° 1 176 P. E. VINASSA DE REGNY [6] Un pezzo di polipierite, magnificamente conservato, può riferirsi a questa specie, caratteristica del Devoniano inferiore e medio. La forma dell’esemplare sembra accennare ad una coppa: ma poco di sicuro può dirsi su di essa, causa l'erosione subìta dal pezzo. I calici circolari quasi tutti uguali tra loro hanno un diametro di circa mm. 1,5 e sono disposti ab- bastanza irregolarmente; e infatti taluni distano tra loro di mm. 1, altri si allontanano sino al doppio. I canali del cenenchima hanno forma irregolarmente poliedrica, e sono molto sottili, contandone circa 4 per ogni millimetro. La teca è ingrossata, a contorno esterno leggermente ondulato per effetto dell’inserzione dei canali cenenchimatici. Da essa partono 12 setti, sottilissimi ma ben netti, che arrivano sino al centro, ove si intrecciano irregolarmente coi processi spiniformi tanto da formare come l’apparenza di una columella, che invece effettivamente manca. Trasversalmente si notano numerose tavole, da 3 a 4 per mm., irregolarmente disseminate, sottili, orizzontali, indipendenti nei singoli canali cenenchimatici e nei calici. Come è noto questa forma è abbastanza variabile, pur mantenendo caratteri sufficienti a distinguerla. Pei setti assai più allungati di quanto normalmente non avvenga comunemente in questa forma, il mio esemplare rassomiglia a quello del Devoniano di Torquay, figurato dal Linpstròm tav. III, fig. 6. La var. Lindstromi che il De ANGELIS distingue esclusivamente basandosi sulle minori dimensioni, non esiste nel mio materiale. Nei calcari di Cas. Lodin. Heliolites Barrandei R. Hòrn. in Prneckn. — Tav. XXI [I], fig. 5,6. 1899. Heliolites Barrandei Pen. Linpsrrix. Op. cit., pag. 58, tav. III, fig. 8-12, 17-27; tav. IV, fig. 1 (cum syn.) 21901. — = — Dr Aneeus. Op. cit., pag. 27. La forma esterna di questa ZHeliolites è abbastanza strana. Essa infatti è tozza, irregolarmente cilin- drica e come costituita da tanti: cingoli irregolari, a superficie esterna tondeggiante, nettamente distinti da solchi lineari. Questo aspetto è dato dal fatto che l’accrescimento è dovuto a masse cenenchimatiche che si espandono come un ventaglio, irraggiando da un centro mediano e divaricando in curva verso l’alto. Ha per questo talune analogie coll’ H. parvistella come è figurato dal Linpstròm (Op. còt., tav. IV, fig. 10). Esternamente i calici hanno la teca rilevata, tanto che la forma a prima vista potrebbe prendersi per qualche forma di Plasmopora. Un attento esame però dimostra che questo è semplice effetto di fos- silizzazione, poichè sezionando l’esemplare si riconoscono tutti i caratteri di MHeliolites. Caratteristica di questa forma è la rarità dei calici e la grande frequenza quindi dei canalicoli cenenchimatici. I calici circolari hanno il diametro che, oltrepassando sempre il mezzo millimetro, non, raggiunge mai il millimetro e sono sempre distanti tra loro almeno di mm. 3,5 ma taluni distano anche mm. 5. I canali cenenchimatici sono tondeggianti, numerosi, su per giù della stessa dimensione, e se ne contano da 4 a 5 per millimetro. i La teca calicinale è ingrossata; i setti sono brevissimi, ma nettamente distinti. Nulla si può vedere delle spine. Trasversalmente si notano tavole che sono meno numerose nei calici che non nei canali; nei calici sono 2-3 per mm., nei canali 3-5. Le tavole sono orizzontali, non molto regolarmente disposte. La somiglianza della superficie del mio esemplare è abbastanza grande con alcune delle forme figu- rate dal Linpstrim. A esempio la fig. 8 della tav. III, che risponde per le dimensioni dei calici, e si [7] P. E. VINASSA DE REGNY 177 distingue soltanto perchè i calici sono leggermente più avvicinati. Ma questo esemplare siluriano ri- sponde anche bene per la struttura interna, specialmente per la sezione trasversale, nella quale, come nella mia, è netta la diversità del numero delle tavole, molto meno numerose nei calici che non nei ca- nali cenenchimatici. La mancanza di spine ben visibili non credo possa modificare la esattezza della determinazione. Tanto più che esse non mancano del tutto; ma in una sezione anzi sono relativamente ben manifeste. Soltanto che la fossilizzazione in silice impedisce di veder bene questo carattere. Non saprei, mancando una figura, giudicare se gli esemplari riferiti dal DE ANGELIS a questa specie effettivamente vi appartengano. Dalla descrizione sembrerebbe di no. Specialmente la fittezza dei calici e le dimensioni dei canalicoli non mi sembrano troppo rispondenti a quanto si sa di questa forma. Nei calcari di Cas. Lodin. Tabulata E. H. Favositidae E. H. Gen. Favosites Lam. Favosites Goldfussi Ep. H. — Tav. XXI [I], fig. 7. 1901. Favosites Goldfussi E. H. De AnGeLIS. Op. ciu., pag. 10, tavola, fig. 13 (cum syn.). Ho cinque frammenti poco ben conservati e molto inferiori all’esemplare che il Dr AneeLIS ha figu- rato. Pur tuttavia anche nei miei esemplari sono riuscito a riconoscere il carattere fondamentale della specie, che è quello di avere i pori disposti in una sola serie, a differenza di quanto avviene nel 7. go- thlandicus, da parecchi ritenuto distinto, che. ha invece pori disposti in due serie. Non raro nei calcari attorno alla Cas. Lodin. Favosites Thildae Dr Ance. — Tav. XXI [I], fig. 8,9. * 1901. Favosites Thildae De AnerLIS. Op. cit., pag. 18, tavola, fig. 8-12. È la forma la più comune di questo genere e ne ho raccolto esemplari tanto attorno a Cas. Lodin quanto anche alla Cas. Ramaz, alla Cima Val di Puartis sia sul versante settentrionale sia sul meri- dionale, ed alla Creta rossa. Nulla ho da aggiungere alla descrizione data dal DE ANGELIS di questa specie. Solo faccio osservare che le somiglianze col P. Ottiliae PENECKE (Grazer Devon, pag. 605, tav. IX, fig. 10-12 e tav. XI, fig. 9, 10) sono maggiori di quanto non appaia dalla descrizione del De AncELIs. Ho difatti esemplari ove il numero dei pori risponde a quello che si riscontra nel F. Ottilîae. Resterebbero dunque come solo carattere di- stintivo, forse di non grande valore, le tavole curve e più rade. Favosites sp. pl. Dei calcari attorno alla Casera di Lodin ho altri tre frammenti che certamente sono di Favosites ma che per il loro stato di conservazione non mi permettono sicurezza di determinazione. La forma è ramosa, i rami hanno il diametro di mm. 15-20 e portano celle poligonali abbastanza uniformi a spessa parete. 23 Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 178 P. E. VINASSA DE REGNY [8] Le somiglianze sono specialmente forti col . reticulatus BLAIN. e più che altro con un esemplare così determinato dal FrEcH e proveniente dal Devoniano chinese. Un’ altra forma, a celle molto sottili, ha somiglianze colla 7. Bowerbanki, siluriana, ma non ho dati sufficienti per riferirla ad essa con sicurezza. Gen. Pachypora Nick. Pachyphora reticulata Gprs. sp. 1896. Pachyphora reticulata Gprs. sp. Giirica. Das Palacozoicum im polnischen Mittelgebirge. Verb. russ. Kais. Miner. Gesell., pag. 182, tav. V, fig. 4. 1901. — — — Dx Ancetus. Op. cît., pag. 20, tavola, fig. 14. Un solo esemplare incompleto, ma che conserva più della sua metà laterale, alla lustratura mi ba dato così netti i caratteri tipici della forma che quasi si potrebbe credere che la figura del GuRICH sia stata fatta per il mio esemplare, tanto la forma delle celle, la loro disposizione, il loro numero, le loro dimensioni e la dimensione generale della colonia corrispondono perfettamente. Una sola e piccolissima diversità si nota nelle celle laterali che sono nel mio esemplare un pochino meno piegate all’infuori. Unico. Nei calcari dei dintorni di Cas. Lodin. Gen. Alveolites Law. Alveolites cfr. Labechei E. H. — Tav. XXI [I], fig. 10. Gli esemplari di Alveolites non son rari in questi giacimenti ma sempre in condizioni tali di con- servazione da non permettere una determinazione sicura. Osservazione questa fatta anche dal DE ANGELIS per l’ esemplare da lui determinato e riferito alla comune Al». suborbicularis Lux. del Devoniano. La determinazione delle Alveolites è tutt'altro che facile. Il lavoro del NicHorson (Structure and affinities of the “ Tabulate Corals ,, of the Palaeozoic period, Edimburgh 1879) soccorre in parte, ma solo per esemplari che siano ben conservati. Intanto per l’Alveolites suborbicularis il NicHoLson pone come carattere di grande importanza distintiva la sua forma a strati concentrici su di un corpo estraneo sul quale il corallo viveva. Questo carattere manca del tutto nei miei esemplari e sembra anche mancare in quello figurato dal De AnGELIS. Quanto ai restanti caratteri il NicHoLson (Op. cit., pag. 126) avverte che MiLne EpwarDES e Haim (British fossi Corals, Paleont. Society, VIII, pag. 219, tav. XLIX, fig. I, Ia) hanno benissimo segnato i caratteri interni, tra i quali primeggia la quasi assoluta mancanza di setto. La figura del De ANGELIS invece ha frequentissimi tali setti, quali mai si rinvengono nella vera Alv. subor- bicularis. Nei miei esemplari si distinguono invece piccolissimi ma distinti setti che non son mai meno di due o tre per ogni calice. Potrebbe darsi che anche nell’esemplare del DE ANGFLIS, oltre al setto da lui disegnato, altri ne esistano, scomparsi forse per la fossilizzazione. Ora questo carattere riporta i miei esem- plari ad un tipo diverso di Alveolites e cioè alla Alveolites Labechei, senza però permettermi una deter- minazione sicura. L' A. Labechei ha dimensioni di calice un poco maggiori di quelle della sudorbicularis; la forma è un poco più tondeggiante e nell’ interno si hanno vari setti, brevi ma distinti. Questo è appunto il caso dei miei esemplari, che rispondono anche per dimensioni. In uno di essi si vede nettamente in sezione [9] P. E. VINASSA DE REGNY 179 longitudinale la presenza di questi setti sotto forma di spine. La somiglianza perciò colla fig. 3 della tav. VI del NicHoLson è grande. Ma come ho detto e come ripeto, sinchè non si avranno migliori esemplari sarà impossibile aver sicurezza su questa determinazione. Quello che è certo è che la forma descritta e figurata dal DE ANGELIS sotto nome Alv. suborbicularis non appartiene a questa specie, la quale va radiata dall’elenco dei coralli fossili di Lodin. Non molto rara nei calcari dei dintorni di Cas. Lodin. Stromatoporoidea. Hydractinioidea NICH. Fam. Aetinostromidae Nicx. Gen. Actinostroma Nica. È uno Stromatoporoide, come tutti quelli di tipo idractinioide, privo di tubi zooidiali, caratterizzato dalla struttura a maglie reticolate a tipo esactinellide con pilastri radiali, che si continuano successiva- mente a traverso a due o più lamine e spazi interlaminari corrispondenti. È forma quindi facilmente riconoscibile a prima vista. Tra i fossili in studio il genere è abbastanza diffuso. Il De ANGELIS non lo cita, quantunque la sua presenza fosse accennata dal FRECH. Giustamente il De ANGELIS pone in guardia contro la facile confusione, che, ad una osservazione superficiale, si può fare tra un Actinostromide ed una Stromatopora. Ed è perciò tanto più inesplicabile l'errore che egli commette determinando come Stromatopora concentrica una forma che, anche a prima vista, si riconosce facilmente per 1’ Actinostroma clathratum Nica. Actinostroma clathratum Nica. — Tav. XXI [I], fig. 11-17. 1881. Stromatopora concentrica (non Gprs.) BarcatzrY. Die Stromatoporen des rheinise. Devons, pag. 54. 1885. — = = FrecH. Devon Ostalpen. Zeitschr. d. deut. geol. Gesell., pag. 116. 1886-1888. Actinostroma clathratum Niczorson. British Stromatoporoids, I, pag. 76, tav. I, fig. 8-13; IL pag. 131, tav. XII, fig. 1-5. 1895. Stromatopora concentrica non Gprs. De AncrLIS. Op. cit., pag. 29 (p.p.); tavola, fig. 22. È la forma più comune nei calcari tanto attorno a Lodin quanto in altre località, colla stessa facies di fossilizzazione. Ne ho parecchi esemplari tutti più o meno incompleti. Ma tutti però presentano spic- cati i caratteri di questa forma, facilmente riconoscibile e molto variabile. La forma generale è massiccia ed irregolare. Spesso ricopre ed investe altri coralli. Un magnifico esemplare, quasi completo, di Cas. Ramàz alto misura 14 cm. di larghezza massima; ma queste dimensioni ‘in taluni casi dovevano essere maggiori, a giudicarne dai frammenti che posseggo. Non ho mai avuto la fortuna di vedere un esemplare completo nella parte basale, cosicchè nulla posso dire della forma dell’ epiteca. 3 Frequentissimo è il caso che il cenosteo cresca sotto forma di latilamine ed allora, ad una osserva- zione superficiale, si può forse fare errore con un tipo di vera Sfromatopora. Le lamine sono sempre x concentriche e più o meno ondulate. Ho ad esempio esemplari ove la ondulazione è piccolissima e le | 180 P. E. VINASSA DE REGNY [10] lamine possono dirsi quasi pianeggianti, ed ho invece esemplari ove l’ondulazione è molto forte. Non si giunge però mai alla formazione di protuberanze o mammelloni alla superficie. Questa, negli esemplari ben conservati come sono la maggior parte di quelli da me raccolti, presenta nettissimi i tubercoli tondeggianti che sono la terminazione dei pilastri radiali (Tav. XXI [I], fig. 17) ed anche i processi la- terali, che li collegano con un reticolato regolare caratteristico dei tipici Actinostroma. Non son mai riuscito a vedere le astrorize. Microscopicamente si presenta la struttura che è esclusiva e caratteristica di questa specie. In sezione longitudinale cioè si vedono nettamente delle maglie regolari di forma quadrata. Sono difatti in questa specie caratteristiche le distanze uguali tra lamina e lamina concentrica e tra pilastro e pilastro radiale (Tav. XXI [I], fig. 12, 13). I pilastri che si continuano per parecchie lamine di seguito e che hanno lo stesso valore delle lamine concentriche, a differenza di quanto avviene in altri tipi più prossimi ai Clathrodictyum, hanno una sezione circolare nettissima. Non ho mai trovato esemplari con pilastri a sezione angolosa. Come il NicHorson anche io debbo avvertire che di questa specie si hanno due tipi. Uno a maglie molto rade ed uno a maglie molto fitte. Il NicHoLson crede che qualche paleontologo potrebbe esser disposto a considerare questi due tipi come specie diverse. A parer mio essi sono collegati da tanti pas- saggi e di più si trovano anche assieme nelle stesso giacimento, che non credo si possano separare specificamente. Tutt’al più potremo, per comodità di nomenclatura, distinguere una varietà macropora per i tipi a maglie molto larghe ed una varietà conferta per i tipi a maglie sottili. La varietà macropora (Tav. XXI [I], fig. 11-13), ha i pilastri posti a distanza tale che in un milli- metro se ne contano tre. I pilastri sono nettamente cilindrici e, date le dimensioni degli elementi schele- trici, la forma è riconoscibile anche senza ricorrere a sezioni o ad ingrandimento. Nella varietà conferta (Tav. XXI [I], fig. 14-15) si contano da 4a 5 pilastri, talvolta più, per ogni millimetro. La forma di essi è al solito cilindrica; solamente in questo tipo si avverte una minore rego- larità nella struttura scheletrica. i Le due varietà sono poi riunite da termini di passaggio, sia per la dimensione delle maglie sia per la minor regolarità nel loro intreccio. Le diversità notate dal NicHoLson si riferiscono non solo alle dimensioni delle maglie ma anche al parallelismo dei pilastri. Ed è notevole che mentre nei miei esemplari sono più regolari quelli a maglie larghe, negli esemplari distinti dal NicHoLson sono questi invece i più irregolari. Mi pare quindi di poter concludere che questa specie è molto variabile per dimensioni e forma delle maglie, pur mantenendo caratteri tali che non è possibile tenerne distinte specificamente le singole modalità colle quali si presenta. } La forma di Lodin a maglie larghe ha innegabili somiglianze di struttura cogli esemplari figurati dal NiczoLson alla tavola I, fig. 9 e 12. Invece la varietà conferta presenta le maggiori somiglianze colle fig. 3 della tav. XII. Nessun dubbio mi pare possa sussistere sulla appartenenza a questa specie, che come ho detto è molto diffusa in questi giacimenti, dell'esemplare figurato dal Dr AnGELIS col nome di Stromatopora con- centrica. La descrizione della specie nel testo lascia supporre che il De ANGELIS abbia confuso sotto il nome di Stromatopora concentrica, insieme a vere Stromatopore, anche Actinostroma ed altri tipi. Ma per quanto sì riferisce alla figura della tavola, chiarissima risulta la continuità dei pilastri radiali da lamina a lamina; | carattere questo tipico degli Actinostroma, mentre manca ogni e qualunque carattere di vera Stromatopora. E credo pure che senz’altro possa riferirsi a questa forma, che come si vede è molto variabile, anche l'esemplare dell’ Eodevonico russo figurato dallo TscHERNISCHEW. {11] P. E. VINASSA DE REGNY 181 Del resto anche il GurICH (Op. cit., pag. 115) cita questa specie come molto variabile per le dimen- sioni degli spazi interlaminari. Parecchi esemplari dei calcari attorno alla Casera Lodin. Nei calcari di Cima Val di Puartis tanto sul versante settentrionale quanto sul versante meridionale. Comune anche presso Casera Ramàz alto e al M. Culèt. Actinostroma bifarium Nic. — Tav. XXI [I], fig. 22. 1888. Actinostroma bifarium NicHoLson. Op. cit., pag. 136, tav. XIII, fig. 3-7. Si tratta di un solo frammento, ma la sua struttura, benissimo conservata, è così caratteristica che non vi può esser dubbio sulla sua determinazione. La forma generale è ignota. Dall’ andamento delle lamine però sembra che l’esemplare sia stato massiccio. Nulla pure posso dire della base nè della superficie, e del resto anche l’esemplare originale del NicHoLson ne: era privo. Non resta quindi che la struttura microscopica, e questa è identica a quanto il NicHoLson dice del suo esemplare. Già ad occhio nudo si vedono nettamente i pilastri maggiori paral- leli tra loro, posti a distanze diverse, tramezzo ai quali appariscono pilastri secondari molto più piccoli e più numerosi o fitti. Le lamine sono abbastanza fitte; se ne contano da cinque a sei per millimetro, ed anche per questo le somiglianze colla specie del NIcHorson sono grandissime. La forma non si può confondere certamente con altre, dato il carattere della varia dimensione dei pilastri, che apparisce nettissima. Piuttosto si potrebbe far la questione se si tratti di vera specie o non piuttosto di una varietà dell’Acfinostroma clathratum. È certo che dalle osservazioni stesse del NicHorson e da quelle del TscHERNISCHEW, del GùRICH e mie risulta che 1’ A. clathratum è forma molto variabile e forse la variabilità potrà presentarsi anche nella diversa forma dei pilastri. Potrebbe quindi forse meglio am- mettersi un gruppo compreso col nome di A. clathratum e di cui dovrebbero far parte con nomi spe- ciali tutte le varietà a lamelle fitte e rade, a pilastri più o meno vicini o di dimensioni diverse. Ma per risolvere una tal questione saranno necessari nuovi studi su materiale molto più ricco di quello, che non abbia avuto a mia disposizione. Unico. Nei calcari dei dintorni della Cas. Lodin. , Actinostroma intertextum Nica. — Tav. XXI [JI], fig. 21. 1888. Actinostroma intertertum. NicHorson. Op. cit., II, pag. 138, tav. XIII, fig. 8-11. Caratteristica di questa forma, già riconosciuta dal FrECcH in questi giacimenti, è la sottigliezza dei pilastri radiali e la mancanza assoluta di regolarità nella disposizione delle lamine trasversali, che a dif- ferenza degli Actinostroma precedentemente descritti, non son mai regolarmente parallele e concentriche, ma assumono un tipo più 0 meno vesiculare ed irregolare. Anche la forma generale, che è quella di una espansione laminare sottile con epiteca basale, è una buona caratteristica, secondo il NicHoLson, per distinguere la specie. Secondo me non sarei per dare troppa importanza alla forma esterna generale delle Stromatoporoidi, dacchè, come avrò occasione di accennare anche per il Clazhrodictyum regulare, si hanno con identità di struttura microscopica, diversità fortissime di forma generale. 182 P. E. VINASSA DE REGNY [12] L'A. intertextum è facile a riconoscersi anche a prima vista, dacchè mantenendo i caratteri di Acti- nostroma, cioè dei pilastri continui a traverso varie lamelle, si distingue subito per la irregolarità delle lamine concentriche. Raro nei calcari attorno a Cas. Lodin; un esemplare anche a Cas. Ramàz alto. Gen. Clathrodictyum Nica. Clathrodictyum regulare Rosen sp. — Tav. XXI [I], fig. 18-20. 1887. Stromatopora regularis Rosen. Ueber die Natur der Stromatoporen, pag. 74, tav. IX, fig. 1-4. 1888. Clathrodictyum regulare Rosen sp. Niczorson. Monograph British Stromatoporoids, I pag. 155, tav. III, fig. 8-11. Il NicHorson descrivendo questa forma avverte che il cenosteo è di piccole dimensioni. L’esemplare da me raccolto presso Lodin è invece il più grande Stromatoporide che si trovi in quella località. Ma è ben noto che la dimensione e forse anche la forma non hanno valore nemmeno di varietà e quindi non esito a riferire a questa specie il mio esemplare, poichè la struttura microscopica, che è poi quella che veramente interessa, corrisponde perfettamente. L’esemplare come ho detto è grande molto. Esso misura un diametro di circa cm. 15 ed uno spes- sore di cm. 10. La forma è nettamente emisferica, regolare, con netta formazione di lamine regolarmente successive, concentriche. La superficie è curva, priva di ogni e qualungqne rigonfiamento o mammellone. Essa però è tutta ricoperta di minutissime granulazioni che sono la terminazione dei pilastri radiali. Insieme all’esemplare maggiore completo ho raccolto anche numerosi altri frammenti. La struttura microscopica è caratteristica e risponde perfettamente a quella della forma tipica. Prevalgono le lamelle concentriche, in generale leggermente flessuose, solo qua e là irregolari, in modo che due di esse si fondono in una o che una di esse si interrompe lasciando uno spazio interlaminare maggiore che non nel resto dello scheletro. Le lamine sono assai grosse, misurando uno spessore di circa 1, di mm. ed hanno nel loro interno una linea più scura, dimostrandosi così formate da due strati diversi. Dalla parte inferiore di esso sporgono, con regolarità più o meno grande, dei prolungamenti o pilastri che il più delle volte arrivano sino alla lamina inferiore, ma che talvolta si arrestano prima. Può avvenire che tali pilastri siano posti uno sotto l’altro, ed allora si manifesta una somiglianza con tipi di Actinostroma. Ma è facile riconoscere che tale aspetto è semplice apparenza, e che in realtà non si tratta di pilastri continui ma di sovrapposizione causale di pilastri tra loro assolutamente indipen- denti, come in tutti i Clathrodictyum. Le lamine concentriche sono molto fitte, di esse infatti si contano da sei a sette per ogni millimetro. Le logge invece che si originano per la sporgenza dei pilastri hanno grandezze variabili, i pilastri na- scendo irregolarmente. Le dimensioni vanno da un minimo di 0,1 mm. ad un massimo di 0,2 mm. Una sezione trasversale mostra la terminazione dei pilastri radiali sotto forma di punteggiature ton- deggianti (Tav. XXI [I], fig. 19). Queste sono riunite tra loro da prolungamenti più o meno regolari e visibili, che però non presentano quella tipica struttura esactinelloide caratteristica degli Actinostroma. Le astrorize mancano del tutto. E per quante sezioni abbia fatte in vari punti dell’ esemplare, che per il suo stato di conservazione si prestava benissimo, non son mai riuscito a trovarle. Il dubbio quindi espresso dal NicHoLson che questa specie non presenti astrorize è pienamente giustificato, e credo che si possa asserire la mancanza di esse. [13] P. E. VINASSA DE REGNY 183 Non mi pare sia necessario spender parole per sostenere Ja assoluta identità di questa forma della Carnia con quella descritta dal v. Rosen e dal NicHorson. Uno sguardo alle figure della mia tavola ripro- dotte da fotografie, ed a quelle della tavola del NicHoLson, in special modo alle fig. 10 e 11, dimostra che la determinazione è giusta. Resta la sola dimensione e questa non basta a creare una nuova forma. La specie è rarissima; essa non venne trovata che in tre sole località dell’ Inghilterra e dell’ Estonia. Sempre però nel Siluriano. Un solo esemplare completo nei calcari dei dintorni della Casera Lodin, e vari frammenti della stessa località ed a Ramàz alto. Clatrodictyum bohemicum Pocra. — Tav. XXI [I], fig. 23. 1894. Clathrodiciyum bohemicum Pocta in BARRANDE, Syst. sil. de la Bohème. VIII, 1, Hydroxoaires ete., i pag. 151, tav. XVIII. È questa una forma che rientra nel gruppo del CI. regulare RosEN sp. a cui si avvicina molto per l'aspetto, ma se ne distingue subito per le dimensioni delle maglie che sono molto più rade e cioè in media 4 con tre spazi interlaminari per millimetro. Per tali dimensioni la forma è più prossima al CI. striatellum D’ORB. sp. (NicHoLson, Op. cit., pag. 117, tav. I, fig. 1; tav. V, fig. 8; tav. XIX, fig. 12). Da questo però si distingue subito per la mancanza di ondulazione nelle lamine, per il loro maggiore spessore e più che altro per il modo di formazione dei pilastri che non sono doppi alla base e non si sviluppano solo alla superficie inferiore delle lamelle. Invece la forma boema è del tutto corrispondente. La descrizione di essa lascia a desiderare, ma per fortuna è completata da una buona figura e dalla spiegazione di essa, nella quale sono posti in evi- denza caratteri distintivi importanti, dei quali non si parla nel testo. Nulla posso dire della forma esterna del mio esemplare, che è eroso da ogni lato, e diviso in tre frammenti lustrati dalle acque. Ad occhio nudo si scorgono le lamine concentriche regolarissime, appena leggermente ricurve, equidistanti; e si vedono pure benissimo i pilastri non continui e irregolarmente disposti. La superficie è liscia e mancano le astrorize. . Im sezione trasversale si vedono nettamente sotto forma di punti scuri assai fitti le terminazioni dei pilastri i quali sono riuniti da sottili processi laterali. Nella specie boema questi, secondo il Potrai man- cano. Forse essi non appariscono nelle sezioni che il Poòra stesso dice un poco mal riuscite. Ma del resto non credo che per questo solo fatto si possa distinguere la forma carnica dalla forma boema. Sta il fatto che nel mio esemplare si vedono in taluni punti, dove la sezione taglia nettamente uno spazio interlami- nare, che dei sottili processi includenti delle aree triangolari, come in molti tipi di Clatlrodictyum, partono dai pilastri. In sezione verticale si vedono le lamelle concentriche regolari, equidistanti, disposte in generale quattro in un millimetro. Spesso però si avverte una biforcazione di tali lamelle per dicotomia. In tal caso, come avviene anche nella forma boema e come è notato nella spiegazione della tavola, la lamella secondaria corre vicinissima alla lamella madre. Si può anche dare il caso, che mi pare del resto risulti anche dalla figura data dal Pocra, che la seconda lamella si riunisca di nuovo alla lamella primitiva, deri- vandone così un aspetto ad ampolla ovoidale, che si vede chiaramente anche nella mia figura. I pilastri sono irregolarmente disposti. Se ne possono in taluni punti contare cinque o sei per mil- limetro ed in altri non vederne nemmeno uno nello spazio stesso. Anche il loro sviluppo è svariato. Tal- volta difatti, anzi il più delle volte, giungono da una lamella all’altra e chiudono tutta la loggia come 184 P. E. VINASSA DE REGNY [14] nel CI. regulare Rosen. Tal’altra invece non la raggiungono e persino si manifestano soltanto come pic- coli aculei sporgenti dalla lamella. Unico. Nei calcari attorno alla Cas. Lodin. Milleporoidea NIcH. Fam. Stromatoporidae Nick. Gen. Stromatopora Gprs. Il genere era stato citato in questa località dal Dr AnceELIS che vi determinò la Stromatopora con- centrica Gprs. Ho già mostrato che la forma così chiamata dal De AxeELIs e da lui figurata con questo nome è l’ Acfinostroma clathratum. Nella descrizione però sembrerebbe che il DE ANGELIS avesse avuto anche delle vere Stromatopora a sua disposizione, poichè parla, sebbene molto poco chiaramente, di tubi zooidiali e di astrorize. Nel ricco materiale da me raccolto io non ho trovato la Stromatopora concen- trica; ma ho trovata un’ altra forma che è senza dubbio una vera Stromatopora, ben diversa però dalla concentrica. Stromatopora cfr. discoidea Lonsp. sp. — Tav. XXI [I], fig. 25, 26. Ho di questa forma un esemplare completo ed un frammento, che sebbene mi autorizzino a rico- noscere le somiglianze con questa forma così ben descritta ed individuata dal NicHorson non mi per- mettono però piena sicurezza. I? esemplare completo è il minore; esso misura una altezza di mm. 18 cdi una larghezza massima di mm. 22. È irregolarmente piriforme avendo la base ristrettita. Ma l'erosione ne ha modificato la forma esterna superiormente. La base invece si vede molto bene; essa è inferiormente incavata, come - nella forma tipica. Una epiteca sottile, lievemente rugosa la ricopre. Il frammento manca della base; esso è superiormente meglio conservato dell’ esemplare prima de- Scritto e mostra una forma tondeggiante. Ha una larghezza massima di mm. 24. La superficie in entrambi i pezzi è troppo mal conservata e non si può quindi vedere se presenta l'aspetto tipico della specie inglese. Ma dalle sezioni le somiglianze risultano molto forti. Non apparisce difatti l'accrescimento per lati- lamine. Questo mi dà a credere che tra le forme vedute dal De ANGELIS la presente mancasse, poichè il De Aneenis parla tra l’altro anche di latilamine. Si vede netto però, specialmente negli strati più esterni, una tendenza alla disposizione concentrica come nelle SEO: L'andamento generale delle lamine è lievemente ondulato. Le astrorize sono caratteristiche per la loro grande ramificazione. In esse si trovano anche nettis- sime le tabule astrorizali (Tav. XXI [I], fig. 26) come nella forma tipica. Le astrorize misurano un dia- metro all’incirca di mm. 6-7; alla loro terminazione si intrecciano variamente e danno così allo scheletro un’apparenza caratteristica. In sezione perpendicolare appariscono numerosi e fitti i tubi zooidiali, da 5 a 6 per ogni due milli- metri. Gli zooidi sono di forma irregolare, ricurvi, contorti, irregolarmente cilindrici e sempre muniti di un gran numero di tabule per lo più diritte. Nella sezione appariscono tubi di Caunopora. Per la forma delle astrorize così ramificate e munite di tavole astrorizali, per il numero, la forma e la disposizione dei tubi zooidiali, l'esemplare di Lodin ed il frammento che con esso ho raccolto è cer- tamente molto prossimo a questa forma del Siluriano inglese. Nuovi esemplari spero potranno dare sicu- rezza maggiore al mio riferimento. [15] P. E. VINASSA DE REGNY 185 Caunopora sp. — Tav. XXI [I], fig. 24. I tubi di Caurnopora sono molto frequenti nelle Stromatoporidi di questi giacimenti. Ne ho riscontrati commensali in esemplari di Actinostroma clathratum ove sono comunissimi (Tav. XXI [I], fig. 24) e ne ho trovati anche in taluni esemplari di Clathrodictyu sebbene molto più rari. Ho già detto che le Caunopora sono pure insieme alla Stromatopora cfr. discoîdea. * * * Vediamo adesso i risultati a cui lo studio di questa piccola ma importante fauna ci conduce, e che appariscono chiaramente dalla tabella che segue: Ramo Devoniano Lodin Siluriano So inferiore | medio |suwperiore CyathophyUum Taramellii Da Ans. + x = DE = DE C. heliantoides Gprs. + = ne + SL sE C. vermiculare GDFS. SL = na sL su * C. angustum LonsD . + = + = = = CystiphyUIum Geyeri Da Ang. + IL = = = LA Heliolites interstinetus L. Sp. . c + = + + = 2 H. porosus GDFS. . . ; c + = | + + SE H. Barrandei Pen. + = + + = Pe Favosites Goldfussi E. H. + == + sL Sb = FP. Thildae Dn Ana. : È + + = = = = Pachypora reticulata Gprs. DIE = sl SL + iL Alveolites cfr. Labechei E. H. + _ + = = = Actinostroma clathratum NIcH. . + + — + + SÈ A. bifarium NIca. . o o . 6 ò o + — — IL = = A. intertextum NicH. + = + = LE 2 Clathrodictyum regulare Ros. + + + = a SS CI. bohemicum Pot. . .° . SL = SE 2 = x Stromatopora cfr. discoidea Lonsp. + = + = = nu Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. DI 186 P. E. VINASSA DE REGNY [16] Di queste 18 forme non hanno valore perchè nuove o dubbie: Cyathophyllum Taramellii De Ana. Cystiphy0lum Geyeri DE ANG. Favosites Thildae De ANG. Alveolites cfr. Labechei E. H. Stromatopora cfr. discoidea Lonsp. delle quali le ultime due accennano però a tipo siluriano. Delle dodici rimanenti hanno valore limitato perchè passano dal Siluriano, anche basso, al Devo- niano le seguenti: Cyathophyllum vermiculare GDrSs. -Heliolites interstinetus L. porosus GDrs. S Barrandei Pen. Favosites Goldfussi E. H. Pachypora reticulata Gprs. ” Ne restano quindi solo sette che hanno valore stratigrafico. Di queste se ne hanno tre esclusive, sino ad ora, del Devoniano e cioè: Cyathophyllum heliantoides GDES. Actinostroma clathratum NIcH. A. bifarium NICE. mentre quattro sono esclusive del Siluriano e cioè: Cyathophyllum angustum Lonsp. Actinostroma intertextum NIcH. Clathrodictyum regulare Ros. 5 bohemicum Poc. Avendo dunque riguardo che le forme esclusive siluriche sono più di quelle devoniche e che, dell’altre forme, le più accennano a Siluriano, mentre poche invece a Devoniano, io credo che si possa escludere il Devoniano tipico e si debba invece accogliere piuttosto un riferimento al Neosilurico superiorissimo. Come sempre avviene per gli strati di passaggio, si potrà esser in qualche dubbio sul riferimento esatto. Vi potrebbe forse essere alcuno che voglia accettare piuttosto che un riferimento al Neosilurico supe- riorissimo all’ Eodevonico inferiore, anche tenuto conto della mancanza dei generi di corallari ritenuti N tipici del Siluriano. Quello che però è fuori di discussione è senza alcun dubbio il Devoniano medio !). * * * E vediamo adesso come le condizioni tettoniche confermino pienamente le deduzioni cronologiche desunte dallo studio dei fossili. i) In una nota preventiva (Proc. verb. Soc. tosc. Sc. nat., 3 maggio 1908) riferivo questa fauna all’Eodevonico inferiorissimo. Le nuove ricerche di quest’ anno mi hanno invece fatto propendere per. il Siluriano. [17] P. E. VINASSA DE REGNY 187 La cima Val di Puartis (Thòrl Hohe della carta militare austriaca) è costituita da una ripidissima anticlinale, con frequenti piccole rotture e sospingimenti locali, prevalentemente siluriana, erosa e rico- perta trasgressivamente da strati carboniferi fossiliferi. Tutta la sella che è tra il Segnale ed il dossone che fa capo a Cima Val di Puartis è carbonifera. In vari punti della copertura neocarbonifera scistosa, facilmente erodibile, sporgono delle pareti ripide, di pochissima estensione superficiale, di calcare siluriano rosso tutto contorto. Prima di giungere alla vetta, specialmente sul versante settentrionale, compariscono delle masse grigie calcaree isolate, le sole che si scorgano in mezzo alla grande prevalenza di scisti e di calcari rossi. i In tali calcari grigi si hanno alcune delle più tipiche forme che appariscono in maggior copia attorno alle Casere Lodin. Anche la facies di fossilizzazione è identica, essendo anche qui i fossili silicizzati. Il medesimo strato che affiora in anticlinale sui due versanti di Cima Val di Puartis, più a Sud si piega con. dolce sinclinale, nella qnale giace ancora del Neocarbonifero trasgressivo. Ma in un punto, e precisamente sopra a Cas. Ramàz alto e per tutto il declive sino circa a Cas. Lodin Grande, sovrastante alla massa maggiore dei soliti calcari rossi neosilurici si ha un altro lembo fossilifero di questo calcare grigio corallino. Solo è da osservare che qui al di sopra del calcare grigio compariscono ancora pochi banchi di calcare rosso identico a quello Neosilurico con Orthoceras. Nessun dubbio mi pare possa esservi sulla pertinenza di questi calcari grigi sovrastanti alla grande massa dei calcari rossi e grigi neosilurici o intercalati ai banchi che la terminano, o al Neosilurico supe- riorissimo o all’ Eodevonico inferiorissimo. Tutto dipende dal valore che si vuol dare alla facies litologica dei calcari rossi. Questi possono appartenere anche, nella loro porzione terminale, all’ Eodevonico essendo privi di fossili di qualche valore, certo è che la facies litologica dei calcari rossi, quando esiste, è molto comoda per la delimitazione del Siluriano dal Devoniano, e che a Volaia il Devoniano inferiore tipico si presenta diversamente. Là dove mancano i colenni rossi la facies a Stromatoporoidi silicizzate, che è assai più diffusa di quanto non si credesse !), è tipica e caratteristica, e potrebbe benissimo servire alla determinazione del- l’inizio del Devoniano. Le stesse condizioni di Val di Puartis si ripetono anche per il M. Lodin (Findenigkofel della carta austriaca). La cima di esso è coronata da scisti che, per analogia con quelli di Val di Puartis, per la giacitura e per le condizioni geologiche della regione attorno, quantunque sino ad oggi non abbiano dato fossili, credo debbano riferirsi al Neocarbonifero. Il nucleo però del monte è siluriano e si ripete anche qui il motivo tettonico della Cima Val di Puartis, cioè di una anticlinale; qui però in parte rovesciata. Sopra alla Cas. Lodin alto e seguendo il sentiero che conduce a Cima Val di Puartis, compariscono i calcari grigi con fossili silicizzati, ma questa volta in massa più estesa, al solito sovrastanti al calcare rosso e grigio neosilurico e ricoperto da pochi banchi di calcare rosso senza fossili. E da questa massa che sono ruzzolati i blocchi che si trovano al Rio Confin ad Ovest di Cas. Lodin Grande. Tali condizioni tettoniche sono espresse nelle due sezioni che seguono. La prima di esse (Fig. 1) va dal Ponte Fusèt sul rio Major alla Cima Val di Puartis. Continua qui un motivo che è già accennato al Germula; cioè una piega devoniana, in parte con rovesciamento locale del Siluriano dal Rio Major sino alla gola del Chiarsò, che precede la Stua di Ramàz: ove i calcari rossi siluriani sono enormemente contorti e ripiegati. Forse la grande potenza del Siluriano a facies calcarea può riportarsi anche a numerose piegature secondarie, oltre che ad un maggiore svi- 1) La ho potuta seguire dal Passo di Pizzùl, pel Germula e Lodin, sino a Pal Piccolo. 188 P. E. VINASSA DE REGNY [18] luppo locale in confronto della facies scistosa. Gli scisti però compariscono con grande potenza sopra alla Stua di Ramàz ed alcuni di essi vanno riferiti al Siluriano medio. Al disopra degli scisti siluriani viene il Neocarbonifero trasgressivo, il quale lascia vedere come bottoni sporgenti dalla sua copertura erosa, delle masse calcaree neosiluriche con fossili silicizzati. La Fia. 1. UN x TN Waste Ò a Ta a Fic. 2. Fig. 1. — Sezione da P. Fusèt a Cima Val di Puartis. Fig. 2. — Sezione da C. Culèt a M. Lodin. Scala di 1:25,000 1. Scisti siluriani.— 2. Calcari siluriani.—3. Calcari neosilurici con fossili silicizzati. — 4. Calcari devoniani.—5. Neocarbonifero.— 6. Alluvione. enorme pila degli strati devonici del Germula, ove pure sottostanno i calcari con stromatoporidi, e la massa assai grande che si ha presso a Ponte Fusèt che rappresenta la gamba meridionale della anticlinale nella quale è scavata la valle del Cercevesa, sono quassù ridotte a presentare solo dei lembi di strati con fossili silicizzati che loro servono di base. Questi lembi però si continuano al M. Lodin, come risulta dalla fig. 2 che da Cas. Culèt giunge alla cima di M. Lodin. Il Devoniano in doppia piega di P. Fusèt e M. Culèt, ove pure appariscono i calcari con Stromatoporidi, svanisce poco a poco sotto al Neocarbonifero trasgressivo. Nella Valle del Cercevesa predominano scisti e calcari siluriani. Pel rimanente è come a Cima Val di Puartis, salvo che qui il siluriano fa una curva più complessa e si rovescia verso Nord, iniziando così il motivo tettonico che, da qui in avanti, diviene caratteristico del nucleo centrale carnico più occidentale. 19] P. E. VINASSA DE REGNY 189 L'andamento della piega, ripidissima ma non fagliata, di Val di Puartis conferma la mia interpre- tazione della doppia curvatura del Siluriano di M. Lodin senza ricorrere alla faglia che ammise il GEYER. Anche all'infuori del gruppo dei Monti di Lodin si ritrova, sebbene non sempre con tanta ricchezza di forme, il medesimo orizzonte con Stromatoporoidi silicizzate con identica facies litologica e giacitura identica. Sul versante meridionale del Germula poco sopra alla Cas. Germula si hanno i soliti calcari rossi, continuazione del Siluriano che sino da anni fa dimostrammo esistere in questo versante, e che al Clap di Milie è fossilifero. Intercalati agli ultimi banchi di questo calcare e poco sotto al tipico e massiccio calcare grigio di scogliera, che verso la vetta è Mesodevonico, tornano i soliti calcari grigi con coralli e stromatopore (Actinostroma clathratum, Clathrodictyum regulare ecc.) e quindi si ha identità di giaci- tura con Lodin. Anche identico è il tipo dei calcari con abbondantissimi fossili, per quanto poco ricchi di specie, che si ha nel nucleo siluriano del Pizzo di Timau di faccia alla Cas. Pal Grande e nella regione detta Pradersachia dalla quale ha origine il Rio Gaier. Qui sopra ai calcari rossi strabocchevolmente ricchi di Orthoceras e sottostanti ad altri banchi di calcari rossi senza fossili, tornano i grossi banchi grigi identici a quelli che stanno attorno alla Cas. Lodin. Mi sembra adunque che non vi possa esser dubbio che, anche tettonicamente, i calcari grigi con fossili silicizzati non appartengono al Devoniano medio, ma che, essendo immediatamente sovrastanti al Neosilurico e intercalati agli ultimi banchi di esso, siano da riferirsi al Neosilurico superiore o tutt’ al più ad un gruppo di passaggio dal Neosilurico superiorissimo all’ Eodevonico inferiore. Sono così confermate pienamente le deduzioni a cui lo studio della faunula aveva condotto. Catania, Istituto geologico della R. Università. Dicembre 1908. Finito di stampare il 26 dicembre 1908. Gio Ae: Pa. UIL rin alfieri "SERIO POR t et Nago Ri: SEA IVI TIR o Ato LE eri BAH dh > TTAIO, AMR FTLUE PISTE A ESRI, SRO 959 n RR po Ri i RESI IA RICCARDO UGOLINI MONOGRAFIA DEI PETTINIDI NEOGENICI DELLA SARDEGNA PARTE TERZA ED ULTIMA Generi: Amussiopecten [cont.]), Flabellipecten, Pecten. (Tav. XXII-XXV [V-VIII]). 7. Amussiopecten Koheni Fucns. — Tav. XXII [V], fig. 1-6; Tav. XXIII [VI], fig. 1,2. 1876. Pecien Koheni Fucas. Ueber den sogenamnten « Badner Tegel» auf Malta. Sitzb. d. k. Akad. Wis- sensch., Bd. LXXVIII, 1 Abth., pag. 3, tav. I, fig. 1,2. 1882. — — HmBser. Neue u. wenig bekannte Conchylien a. d. Ostgalixischen Miocîin. Abhandl. geol. Reichsanst., VII, pag. 32, tav. IV, fig. 10,11. 1899. — — Uconmni. Sopra ale. Pettinidi d. aren. mioc. d. circond. di Rossano in Calabria. Atti Soc. tosc. Sc. nat., Mem., vol. XVII, pag. 107, tav. VI, fig. 1. 1899. — = = Monogr. d. Pettinidi mioc. d. Italia centrale. Boll. Soc. geol. ital., vol. XX, pag. 190. DIMENSIONI I II Altezza della valva destra c o o c sai 1 il 48 — Ml Larghezza >» » È . 5 . > 00 =1,05 50,5 =1,05 Angolo apicale c è o o 3 6 140° Pi 140° Altezza della valva sinistra . È 3 o manent TO IL 401=1 Larghezza >» » o 5 ò Ò » ‘(3,9— 1,05 1=1,06 Angolo apicale b : È ; 3 , 1400 140° Conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, di forma suborbicolare, leggermente inequilaterale ed obliqua, biconvessa. La valva destra è poco rigonfia, percorsa da 10 coste principali e da altre 4 secondarie, disposte due a due sui lati della valva stessa. Le coste principali sono sottili al- l’apice, più grosse, più sporgenti e di forma subquadrangolare alla porzione mediana, larghe e depresse sin quasi ad obliterarsi verso la periferia. Le coste secondarie sono pressochè simili alle principali, ma meno spiccate. I solchi profondi ed angusti come le coste nella parte superiore della valva, si allargano e si abbassano sino a confondersi con le coste medesime dalla parte inferiore o palleale. L’ornamenta- zione concentrica è finissima nella parte centrale, più rada in quella periferica. Quivi le strie concentriche sono, anzi, attraversate da altre striettine radiali molto sottili e visibili soltanto sotto speciali incidenze di luce. Le orecchiette sono piccole, disuguali, distintamente ornate di strie concentriche, e provviste di un margine cardinale che è un poco angoloso ed aperto in fuori e fortemente seghettato. 192 R. UGOLINI [64] La valva sinistra, che è la più caratteristica, è un poco più rigonfia della sua contigua e fornita dello stesso numero di coste. Quest’ultime, però, nella metà superiore della valva, mostransi distintamente tripartite mediante due piccoli solchi longitudinali che spariscono poi a poco a poco con il deprimersi graduale della costa. I solchi intercostali di questa valva sono, qui pure come nella destra, tanto larghi quanto le coste, più ristretti e profondi nella metà superiore, larghi e depressi nella metà inferiore. Però, nel loro mezzo si nota una costicina intercalare sottile che nella valva destra, invece, manca affatto. Tutte le costicine costali ed intercalari sono poi sensibilmente granuloso-scagliose. Le orecchiette sono piccole, perfettamente uguali, ornate concentricamente come tutto il resto della valva e prive affatto di coste. I margine cardinale è diritto e liscio. Questa specie, la cui presenza io ebbi occasione di riconoscere forse per la prima volta e per il primo nelle formazioni mioceniche italiane (Op. còt. in sin.) fy istituita dal Fucks sopra esemplari del Miocene di Malta e da lui descritta e figurata nella Memoria già più sopra menzionata. Nella descrizione stessa sono assai efficacemente messi in rilievo i caratteri particolari di ciascuna valva; senonchè parrebbe dalla descrizione ed anche dalla fisura che l’accompagna che il carattere della tripartizione delle coste come quello della loro squamulatura fosse proprio della valva destra, mentrechè, invece, in tutti gli esemplari da me studiati pel Miocene della Calabria, degli Abruzzi, della Toscana ed in quelli numero- sissimi della Sardegna, i caratteri stessi si manifestano sempre e costantemente nella valva superiore o sinistra. Lo stesso fatto fu pure rilevato dall’ HrBeR molto prima di me; ed egli, nella descrizione del P. Koheni del Miocene della Gallizia esprime infatti il dubbio, che io pure condivido, che, cioè, il FucHS abbia preso una valva per l’altra. Ad ogni modo non è escluso il caso che l’inversione dei suddetti ca- ratteri possa anche essere l’effetto di una anomalia del tutto individuale. I numerosi esemplari sardi mi hanno permesso di riconoscere tutta una serie di passaggi dalla forma tipica ad altre da essa differenti, o per lo sviluppo delle spine della valva sinistra e perciò molto pros- sime all’Am. Manassei n. sp. descritto più oltre, o per la tripartizione meno sensibile delle coste della valva stessa, per l'assoluta mancanza di spine e per l’assenza della costicina intercalare. Queste due va- riazioni della specie, che io ho creduto opportuno di riprodurre nelle figure sopra citate, sono anzi così diverse fra di loro da indurre quasi a tenerle distinte, sia pure come varietà. Il P. Koheni Fucas, descritto e figurato da HiLBER, è molto più vicino al. P. Manassei n. sp. che non alla specie tipica ed a questa nuova forma ho preferito di riferirlo. L’Am. Koheni è specie caratteristica del Miocene medio, ed i giacimenti italiani nei quali io ebbi occasione di riscontrarla appartengono infatti tutti a quest’epoca. - Località: — In Sardegna la specie è estremamente comune nelle argille di Fangario (Cagliari) di dove ne ho esaminati almeno una cinquantina di esemplari di tutte le dimensioni. Essa è, però, molto comune anche nella pietra cantone di San Michele (Cagliari) e nei terreni argillosi della Possessione Pili (Cagliari). Collezione: — Gli esemplari di quest’ultima località soltanto, e sono ben pochi, appartengono al Museo di Pisa; tutti gli altri a quello di Cagliari. 8. Amussiopecten Manassei n. sp. — Tav. XXII [V], fig. 7. 1882. Pecten Koheni Herr. Neue u. wenig bekannte Conchylien a. d. Ostgalizischen Miocin, pag. 32, tav. IV, fig. 10, 11. [65] R. UGOLINI 193 DIMENSIONI Altezza di ambedue le valve ò ? : c a 3 : mm. 60=1 Larghezza » » 5 o , 0 È ; ò > (Gi=I05(01 Lunghezza del margine cardinale } ; 5 . . ò » 24—0,40 Angolo apicale delle due valve . È , 5 ; z 5 1250 Conchiglia di media grandezza, con guscio sottile, di forma subcircolare, leggermente inequilaterale ed obliqua, a valve ugualmente poco rigonfie, ma ornate differentemente. La valva destra è poco con- Vessa, ornata di 8 coste principali più grosse e di altre 6 secondarie gradatamente minori e disposte 3a 3 da un lato e dall’altro della valva. Le coste principali sono sottili, rotonde, sporgenti nella parte superiore; alte e subquadrangolari in quella mediana; larghe, basse e longitudinalmente incavate nella parte inferiore o palleale della valva. Gli spazi intercostali, che sono molto profondi nella porzione me- diana della valva stessa, lo sono invece assai poco in quella umbonale e palleale. Inoltre, mentrechè nella metà superiore appaiono un po’ più angusti delle coste, nella metà inferiore, invece, si allargano tanto rapidamente da. oltrepassare assai la larghezza delle coste medesime. A questo rapido allargamento degli interspazi è pure intimamente connessa la comparsa in ognuno di essi di una costicina intercalare, la quale, nascendo a metà circa della valva, cresce rapidamente in larghezza ed altezza nel mentre che si avvicina al margine palleale. Tali coste intercalari sono molto sottili nelle due parti laterali della valva e mancano affatto in vicinanza delle orecchiette. Queste sono piccole, disuguali, percorse radialmente da due o tre costicine sottili, filiformi. Il margine cardinale è angoloso, aperto in alto e fortemente cre- nulato. L’ornamentazione concentrica è generalmente poco accentuata, ma lo è un po’ più verso la re- gione periferica della valva. > La valva sinistra è poco convessa, ornata di 13 coste di cui solo 7 principali. Queste sono sottili e poco sporgenti all’umbone; più grosse e più sporgenti nella parte mediana; larghe e depresse in quella palleale. Ognuna è poi suddivisa da solculi longitudinali in altre costicine minori le quali sono tanto più numerose quanto più si avvicinano alla periferia. Essi, però, non arrivano mai ad essere in numero maggiore di cinque. Gli spazi intercostali che sono più angusti e poco profondi nella metà superiore della valva, diventano rapidamente più larghi e bassissimi nella regione palleale. In ogni spazio inter- costale e ad un terzo circa di distanza dall’umbone compaiono inoltre una o due costicine intercalari. Le coste secondarie sono anch’ esse plurisolcate, ma il numero dei solculi diminuisce verso i margini la- terali. Tanto le costicine costali, quanto quelle intercalari sono fortemente granuloso-scagliose. Le orec- chiette sono piccole, uguali, percorse da due sole costicine radiali granulose; il margine cardinale è diritto; l’ornamentazione concentrica molto spiccata. » L’Am. Manasseì sembra a primo aspetto molto vicino al P. spinolosus Minst. al quale si assomiglia principalmente per la squamulatura delle costicine in cui suddividonsi le coste principali della valva Sinistra. Basta però un esame per poco accurato che sia delle due specie per convincersi subito delle. differenze notevoli che distinguono l’una dall’ altra. Sta il fatto che 1’ Am. Manassei ha l'angolo apicale di ambe le valve alquanto minore di quello della specie di Munster. Esso è inoltre meno orbicolare e più ellittico, cioè dire, meno largo e più allungato. Infine ha coste meno numerose in tutte e due le valve ed ha la valva destra più depressa e fornita di coste le quali sono completamente liscie, anzichè squamose, di forma subquadrangolare e fortemente abbassate verso il pallio invece che di forma arro- tondata e sporgenti sino alla periferia, quali appunto si presentano nella suddetta specie di MunsrER. Una specie alla quale realmente è prossimo l’Am. Manassei è il P. Koheni Fucgs. A questo difatti si avvicina per la forma del contorno della conchiglia, per la squamulatura delle coste della valva sinistra, Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 25 194 R. UGOLINI [66] per la presenza in essa di una costicina intercalare, per la forma semplice e liscia delle coste della valva destra. Ma d’altra parte anche se ne allontana, e non poco, sia per la pluricostulazione delle coste della valva sinistra, sia per il fatto di essere queste ultime sporgenti e squamulose costantemente dall’apice alla periferia, sia, infine, per la forma subquadrangolare e depressa delle coste della valva destra nonchè per la presenza fra quest’ ultime di una costa intercalare. Nonostante l’ affinità che l’esemplare in esame presenta indiscutibilmente con 1° Am. Koheni Fucgs, esso è dunque ancora ben lungi dal tipo di Malta al quale fa graduale passaggio. Il P. Koheni dei terreni miocenici della Gallizia descritto da HiLBEr e da lui figurato alla tav. IV, fig. 11 della memoria già citata, è, come l’A. ha dichiarato di riconoscere, alquanto diverso dal tipo di FucHs, segnatamente per la maggior copia delle costicine costali. Per questa ragione è forse da doversi più giustamente ascrivere all’Am. Manassei, al quale, d’altronde si avvicina pure notevolmente per la sporgenza e spiccata squamulatura delle coste della valva sinistra. L’esemplare riprodotto dall’ HiLBER alla tav. IV, fig. 10 è, invece, un po’ meno prossimo all’Am. Manassei; ma, ad ogni modo, lo è sempre più a questa specie che non al tipo di Malta. Località: — L’unico esemplare di questa specie, composto di ambedue le valve unite insieme e complete, proviene dal calcare argilloso (pietra cantone) di* San Michele (Cagliari). Collezione: — Museo di Cagliari. VI. Gen. Flabellipecten Sacco, 1897. Conchiglia a valve di varia grandezza, di forma arrotondata, subellittica, più larghe che alte, disu- guali; la destra convessa, la sinistra piano-convessa o, più di rado, piana. Le valve sempre costulate e le coste generalmente numerose, più sviluppate alla periferia che all’apice. I solchi quasi sempre più angusti delle coste. Le orecchiette subeguali, non troppo grandi. Quelle della valva destra formano un margine cardinale un poco angoloso, quelle della valva sinistra lo fanno completamente diritto. L'angolo apicale ampio. Il seno bissale, generalmente nullo, eccezionalmente poco accentuato. Questo genere si di- stingue molto bene dalle specie del gen. Pecter str. s. le quali hanno sempre la valva destra più rigonfia e ricurva all’apice, la valva sinistra più o meno sensibilmente incavata, le coste più numerose. Tipo: — ZFlabellipecten flabelliformis BR. 1. Flabellipecten incrassatus Partsca. — Tav. XXIII [VI], fig. 3,4. 1848. Pecten incrassatus ParTscH (in schedis) Hornns. In Czyzer’s Erliuterungen xur geognostischen Karte von Wien, pag. 28. 1865. — Tournoueri Maver-EymarR (in schedis). Collezione del Museo di Zurigo. 1870. — Besseri Hornes (non Anprz.). Die foss. Moll. d. Tert.-Beck. v. Wien, Ba. II, Bivalven, pag. 404, tav. LXII; tav. LXIII, fig. 1-5. < 1887. — —: Parona. App. p. la paleont. mioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol. it., vol. VI, pag. 315. 1897. — —_ De Brives. Mat. p. la carte ‘geolog. de 0° Algerie. Fossiles miocènes (prem. part.), pag. 6, tav. I, fig. 1 02. 1897. — = Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 57. 1399 — UgoLini. Monogr. d. Pettinidi mioc. d. Italia centrale. Boll. Soc. malac. italiana, vol. XX, pag. 161. [67] R. UGOLINI 195 1899. Pecten Besseri UaoLInI. Sopra ale. Pettinidi delle aren. mioc. d. circondario di Rossano in Calabria. Atti Soc. tosc. Sc. nat., Mem., vol. XVII, pag. 110. 1900. - — ‘incrassatus OrpennEni. Il Miocene di Verona ed il P. Besseri degli Autori. Riv. ital. di Pa- leont., vol. VI, pag. 92. 5 È 1904. — — NetLi. Il Miocene medio di Dulcigno e Pisctulj nel Montenegro. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 150. 1904. Flabellipecten incrassatus Vinassa pe Reeny. Fossili ed impronte del Montenegro. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 312. Riferisco a questa specie numerose valve destre e sinistre, tutte più o meno bene conservate, so- migliantissime alle figure che di questa specie ne ha dato 1’ HòrnEs nella sua ben nota opera paleon- tologica sul bacino di Vienna. Per vero dire tali figure portano il nome di Pecten Besserì Anprz.; ma come fu già ampiamente dimostrato da HirBeR (Op. cit.) per la prima volta, e successivamente confer- mato da OpPpENHEIM (Op. cit.) da NELLI (Op. cit.), e da Vinassa (Op. cit.), il P. Besseri Anprz. tipico è molto diverso da quello figurato da HoRNES, il quale a sua volta corrisponde esattamente al P. incras- satus PARrTSCH. In quanto poi al dubbio manifestato già da OPPENHEIM, che, cioè, il P. conjux SmitE, che HORNES ha posto in sinonimia del suo P. Besserì non ANDRZ. (= P. incrassatus PARTSCH), possa essere veramente sinonimo di questa specie e per necessaria conseguenza doversi nel caso preferire il nome di SWiTH a quello di ParTScH per la priorità, io confesso che cotesto dubbio punto divido, anzi lo escluderei a dirit- - tura, giacchè se è vero che il P. conjux è noto per la sola valva sinistra e se è pur vero che questa valva si somiglia per l’aspetto generale e per la forma del contorno al P. îincrassatus, è altrettanto vero che dalla valva sinistra della specie di PARTSCH essa differisce per essere concava anzichè convessa nella regione umbonale — la qual cosa ben risulta oltrechè dalla figura anche dalla descrizione di Swita — e per avere le coste radiali distintamente arrotondate sul margine palleale sporgenti anzichè depresse ed a sezione trapezoidale quali appunto si osservano nel P. incrassatus. Moltissime citazioni del P. Besserà degli Autori (non Anprz.) debbono sicuramente riferirsi al P. în- crassatus PARTSCH ; tali, ad esempio, quelle del Sacco (Op. cit., 1897), del PARONA (Op. cit., 1887), del De BrIves (Op. cit., 1897) i cui esemplari ho potuto riconoscere nelle figure da essi riprodotte. Queste ho, anzi, indicato nella sinonimia da me data per questa specie. Delle altre citazioni — e non sono poche — del P. Besserî, che pure in gran parte riguardano sicuramente esemplari di P. incrassatus, non ho creduto opportuno far cenno nella sinonimia, non avendo potuto esaminare gl’ individui ai quali esse si riferiscono neppure in figura. Il P. incrassatus PARTSCH è specie caratteristica segnatamente dell’epoca Elveziana, nonostante che sia comune a tutti i piani del Miocene, succedentisi dall’ Aquitaniano al Tortoniano. In Sardegna è poi molto comune, come ne attestano i numerosi esemplari che io ebbi occasione di esaminare e le diverse località nelle quali essi furono rinvenuti. Ma è da credersi che esso sia pure diffusissimo in tutta la regione mediterranea, compresa l’Italia, se, come è opinione generale ormai, il maggior numero degli esem- plari, segnatamente quelli italiani, che furono impropriamente indicati come P. Besserî AnpRrz., dovranno venire definitivamente riuniti alla specie di PaRTScH. A questo proposito conviene anzi di osservare, come, dopo il giusto richiamo fattosi molto opportunamente dall’OrpenHEIM agli odierni paleontologi, di ritornare all’osservanza dei caratteri propri al P. încrassatus PaARTSCH, ed al P. Besseri AnpRZ. tipico, l’equivoco si è dissipato del tutto. Ragione per cui quasi tutte le citazioni che si sono fatte di recente dagli Autori di esemplari di P. incrassatus, queste portano il nome di PartscH e non più quello male appropriato di Anprzesowsky. Vedansi a questo proposito le memorie del NELLI (Op. còf., 1904) e del VI- NASSA DE ReenY (Op. cit., 1904) sui fossili del Montenegro. 196 R. UGOLINI [68] Località: — Degli esemplari di questa specie che io ho avuto occasione di esaminare, i migliori provengono dai calcari grossolani biancastri dei dintorni di Cagliari, e da quelli pure bianchi, granulosi compatti di Is Meriones. Appartengono nulladimeno e con certezza alla specie medesima anche alcuni frammenti di valve destre e sinistre raccolte nei grès a Scutella del Capo Sant? Elia (Cagliari). Le valve indicate dal PAaRroNA con il nome di P. Besserî ANDRZ. provenienti dai terreni di Fonta- nazza, di Capo Frasca e di San Michele, dovranno come io credo, sebbene non li abbia veduti, ascri- versi probabilmente a questa medesima specie. Collezione: — Museo di Cagliari. 2. Flabellipecten Besseri Anprz. (non P. Besseri Hòrn.). — Tav. XXIII [VI], fig. 5. 1830. Pecten Besseri Anpezesowsrr. Notice sur quelques fossiles de Volhyn. et Podolien. Bull. Soc. nat. de Moscou, pag. 103, tav. VI, fig. 1. 1882. — (Vola) Besseri Hrnerr. Neue u. wenig bekannte Conchylien a. d. Ostgalizischen Miocin, pag. 30, tav. IV, fig. 3,4 (cum syn.). Riferisco al P. Besserî Anprz. una valva destra di media grandezza, incompleta nella regione po- steriore ed avente un’ altezza di mm. 73 ed una larghezza di mm. 83 circa. La sua forma è pressochè circolare, molto rigonfia e ricurva all’apice. È ornata esternamente da 20 coste radiali che son di forma arrotondata in vicinanza dell’ umbone, e di forma subquadrangolare verso il pallio e sui fianchi. Esse però sono sempre molto sporgenti e più larghe degli spazi intercostali. L’ ornamentazione concentrica, che, nei solchi è sempre più visibile che sulle coste, e su queste lo è soltanto verso la regione periferica della valva, è fortemente lamellosa, e le lamelle appaiono nella regione palleale assai più fitte che in quella umbonale. L’orecchietta anteriore, che è la sola conservata, è piuttosto ampia, a superficie convessa, ornata, oltrechè dalle lamelle di accrescimento che vi sono molto fitte, anche da due o tre costicine radiali filiformi visibili appena sotto speciali incidenze di luce e solo in prossimità dell’angolo apicale. Il margine cardinale è leggermente angoloso. ; Per tali caratteri, che trovansi pressochè esattamente ripetuti nella specie di ANDRZEJOWSKY e nelle figure che di essa ne han dato il Fucas sotto il nome di P. Sivringensis (= P. Besseri Anprz.!)) e l’HixBer (Op. cit. in sin.), ho ragione di credere che la mia determinazione sia esatta. Una cosa sola è da avvertirsi a questo proposito, ed è che, per la riconosciuta presenza del vero P. Besserì Anprz. nel Miocene della Sardegna, devesi per conseguenza attribuire a questa specie una estensione geografica maggiore di quella che fu testè ammessa dall’OpPENHEIM (Op. cit., 1900). Così il 7. Besseri ANDRZ., già ritenuto esclusivo dell’ Europa orientale, non avrebbe più per estremo limite il bacino di Vienna, ma si sarebbe spinto anche più verso occidente, nella regione cioè, che corrisponde presso a poco a quella cir- cummediterranea attuale. Parmi superfluo di dire che il 7. Besserì AnpRz. è ritenuto prevalentemente elveziano. Località: — L’esemplare descritto in principio proviene dai grès calcarei a celenterati ed echino- dermi della regione Munis presso Bosa. Collezione: — Museo di Cagliari. ) FucHs in KARRER. Geologie d. Kaîs. Franz Joseph Hochquell. Wasserl. Abh. k. k. geol. Reichsanst., vol. IX, pag. 369, tav. 16, fig. 7. 1877. [69] R. UGOLINI 197 3. Flabellipecten vindascinus Fonr. — Tav. XXIV [VII], fig. 1,2. 1857. Pecten sp. ind. MenEGHINI. Paltont. de ile de Sardaigne, pag. 584, N.° 94. 18597. — (Janira) sp. ind. MenecrnI. Ibidem, pag. 578, N.° 88. 1878. — wvindascinus Fonnannrs. Htud. stratigr. et paléont. p. servir a V hist. de la période tert. d. bass. du Rhòne, part. III, Bass. de Visan (Vaucluse), pag. 100, tav. V, fig. 3. 1883. — = FucuHs. Ber. x. Kenntn. d. Mioc.-Pauna Aegyptens u. d. lybisch. Wiiste. Palaeon- tographica, vol. 30, pag. 40. 1887. — solarium MarianI e Parona. oss. tort. d. Capo S. Marco in Sardegna. Atti Soc. ital. Sc. nat., vol. XXX, pag. 163. 1899. — vindascinus UcorinI. Sopra alc. Pettinidi d. aren. mvioc. d. circond. di Rossano in Calabria. Atti Soc. tosc. Sc. nat., Mem., vol. XVII. 1899. — (Flabellipecten) vindascinus. UGoLinI. Monogr. dei Pettinidi neogenici dell’ Italia centrale. Boll. i Soc. malac. ital., vol. XX, pag. 174. 903 — — —_ Pettinidi nuovi 0 poco noti di terreni terziari italiani. Riv. ital. di Paleont., Anno IX, pag. 85. Conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, di forma suborbicolare, equilaterale, inequivalve. La valva destra è convessa, ma poco rigonfia, ornata di 19 coste radiali subeguali, a sezione subquadrangolare. Queste sono sottili in prossimità dell’apice, assai più larghe verso la periferia, ma sempre molto depresse e verso i lati si deprimono a tal segno da rendersi quasi invisibili. I solchi sono un poco più angusti delle coste, poco profondi, a fondo piano. Coste e solchi sono concentricamente or- nati di strie d’accrescimento ben distinte e più fitte alla periferia che al centro. Le orecchiette grandi subeguali, prive di coste, molto sviluppate trasversalmente e a superficie convessa danno origine ad un margine cardinale che è quasi diritto e leggermente superato dalla estremità dell’apice. L’angolo apicale è ampio e non minore di 120°. La valva sinistra è piano-convessa, ma leggermente incavata all’ apice. Essa ha 19 coste circa, delle quali quelle del mezzo in numero di 13 sono sempre più sviluppate delle altre laterali. Le prime sono sottili all’ apice, ampie e depresse alla base, sempre a sezione arrotondata e separate da solchi un poco più larghi di esse ed a fondo piano. Coste e solchi mostrano evidentis- sima l’ornamentazione concentrica esistente nella valva destra. Le orecchiette, basse e strette trasver- salmente, a superficie incavata, prive di coste, formano un margine cardinale che è perfettamente diritto. L’ angolo apicale di questa valva è ancora più ampio della valva destra, potendo superare persino i 140°. Il FI. cindascinus Font., al quale debbonsi molto sicuramente riferire i frammenti di valve destre e sinistre di Sardegna che io ho avuto in esame, è specie bene individualizzata e distinta da altre sue affini come il F/. Besserì Anprz., il Fl. incrassatus PAaRTScE ed il FI. planosulcatus MATE. Il Fl. Ley- thajanus PARTSCH è già troppo lontano dalla specie in esame perchè il dubbio manifestato da FonTANNES di un suo possibile riferimento al F7. vindascinus possa avere qualche fondamento. I frammenti da me esaminati sono quelli stessi che il MENEGHINI, in parte ebbe occasione di determinare è schaedis come P. eliacoideus McxH., ed in parte lasciò indeterminati, pur descrivendoli a pag. 578 come P. (Janîra) sp. ind. ed a pag. 584 come Pecten sp. ind. Altri esemplari pure frammentari sono quelli che MARIANI e Parona credettero di potere rassomigliare all’ Inaeguip. solarium Lux. in HORN. con il quale la specie in esame ha difatti qualche analogia. Il 7. vindascinus Font. è, come è noto, originario degli strati marnoso-arenacei a Cardita Jouan- neti Bast. di Calréas e di Cairanne (Vaucluse). È dunque specie prevalentemente caratteristica del Tor- toniano. Essa è stata fino ad ora poco citata in Italia, dove, è invece, a mio credere, piuttosto co- 198 R. UGOLINI [70] mune. Non è difficile quindi che essa possa essere stata scambiata con altre specie ad essa vicine. Come risulta dalla sinonimia di questa specie, essa fu già riconosciuta da me nel Miocene medio dei dintorni di Rossano (Op. cit. in sin.) e nel Miocene superiore di varie località toscane, come Rosignano Marit- timo, Berignone ed Orciano (Pisa). Ma non manca neppure nel Miocene dell’Italia settentrionale, avendo avuto occasione di riconoscerla in una valva sinistra incompleta ed in alcuni frammenti di valve destre provenienti dal classico giacimento di Monte Gibio. Parmi poi opportuno di osservare che non credetti conveniente di porre in sinonimia della specie il 7. vindascinus Font., descritto dal DePÉRET! sopra un esemplare di Carry, e neppure il Y/. vindascinus Font. var., citato dal De Brives ?), perchè in verità essi sembrano allontanarsi alquanto, per lo meno pei caratteri della valva destra, dalla forma tipica del bacino di Visan. Località: — Degli esemplari di Sardegna riferiti a questa specie, quelli che già ebbero in esame il MENEGHINI e MARIANI e PARONA, che sono anche i migliori, provengono dal giacimento già più volte menzionato di Capo San Marco. Appartengono nulladimeno alla stessa specie anche varie altre valve destre incomplete che furono raccolte negli strati calcarei a lithothamni di San Bartolommeo (Cagliari). Collezione: — Al Museo di Pisa appartengono soltanto gli esemplari che già ebbe in esame il MeneEGHINI. Tutti gli altri sono di proprietà del Museo di Cagliari. 4. Flabellipecten bassanensis Oppena. — Tav. XXIV [VII], fig. 3. 1900. Pecien (Janira) bassanensis OppanzEM. Sopra due nuovi Pecten del Miocene di Bassano. Riv. ital. di Paleont., anno VI, pag. 28, tav. I, fig. 2, 2a. DIMENSIONI Altezza della valva sinistra a . o . o c . mm. d4=1 Larghezza >» » o o a c ò 0 0 0 » 47=1,06 Lunghezza del margine cardinale , 0 c c . o » 22=0,50- Angolo apicale . c 0 . o 0 ” ò Ò 6 1200 Valva sinistra di una conchiglia di piccole dimensioni, dal guscio di poco spessore, di forma sub- circolare, flabelliforme, inequilaterale, sensibilmente obliqua. È piana, leggermente convessa all’apice ed alquanto rilevata sui margini. La percorrono esternamente 13 coste principali, non tutte egualmente svi- luppate. Di fatti 4 di queste e più precisamente la 4°, la 7, la 9* e la 11?, a cominciare dal lato po- steriore, sono visibilmente più sviluppate delle altre. Gli spazi intercostali principali sono in parte larghi quanto le coste e in parte di larghezza maggiore. Sui margini laterali si hanno altre coste meno spiccate o più sottili delle principali così distribuite: 4 sul margine posteriore e 3 su quello anteriore. Le orecchiette sono piccole, quasi uguali, incavate sul dorso e senza coste. Solo vi si nota la solita ornamentazione con- centrica che è pure evidentissima in tutto il resto della valva ma segnatamente sul fondo dei solchi. Il margine cardinale è diritto. Il FI. bassanensis, che molto differisce dalle specie con le quali fu già paragonato dall’A., è bene individualizzato e distinto specificamente; non fosse altro che per la costanza con cui sembra ripetersi l’ineguaglianza dello sviluppo delle coste, almeno di quelle della valva sinistra che è la sola conosciuta. per ora. La stessa cosa non può dirsi per altro del genere cui la specie medesima deve riferirsi. Infatti 1) DeP6RET. Etages tertiaires de la còté de Carry. Ann. Soc. Agric. Lyon, 1881. ?) De Brives. Op. cit., pag. 7. Alger, 1897. [71] ; R. UGOLINI È 199 se, per il maggior numero dei suoi caratteri essa ben si adatterebbe al gen. Pecten str. s., per la forma sua piano-convessa invece trova buon posto tra le forme del gen. F/abellipecten al quale va forse più giustamente riferito. L’età del 77. bassanensis OPPENE., secondo quanto ci viene riferito dall’ A. che per primo la de- Scrisse, è sicuramente miocenico, ma l’ orizzonte preciso non fu potuto, come egli dice, esattamente deter- minare. Ad ogni modo se la formazione arenacea nella quale questa specie fu raccolta è, come pare infatti, stratigraficamente sottoposta alle marne a Zurritella rotifera DESE., che, secondo il MANZONI !) e molti altri, sarebbero tortoniane, non si può dubitare che la formazione stessa sia da riferirsi od al Tor- toniano antico o alla parte più alta dell’ Elveziano. Località: — San Michele (Cagliari) nelle argille sottoposte ai calcari argillosi (pietra cantone) el- veziani secondo Lovisato, PARONA ed altri. Collezione: — Museo di Cagliari. 5. Flabellipecten Grecoi n. sp. — Tav. XXIV [VII], fig. 4,5. 1897. Flabellipecien cîr. leythaianus Sacco. Moll. d. terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 57, tav. XVII, fig. 12. DIMENSIONI I II Altezza della valva destra. 7 c o mm. 49=1 mm. 37=1 Larghezza >» ato 5 c c » met » 40=1,08 Lunghezza del margine cardinal o 5 » 20=0,46 » = Angolo apicale . . 5 ” 0 . » 110° 110° Valva destra di una conchiglia piccola, dal guscio sottile, di forma suborbicolare, subequilaterale, con- vessa, rigonfia e poco ricurva all'apice. Questo è alquanto acuminato. Le coste radiali sono 20 in tutte. Di queste, 6 sono situate in gruppi di 3 da un lato e dall’altro della valva, sono più sottili delle altre e di forma molto depressa; le rimanenti o principali sono assai più sviluppate delle prime o secondarie, a sezione arrotondata nella parte superiore, di forma subrotondata e coi fianchi piani e verticali verso la periferia. Tanto le prime quanto le seconde sono completamente lisce e separate da solchi molto stretti, profondi, pianeggianti, lisci. Le orecchiette sono piccole e disuguali. Hanno superficie subconvessa e sono percorse da due o tre costicine radiali sottilissime ed a loro volta intersecate dalle strie d’ accrescimento le quali sono qui ed in tutto il resto della valva piuttosto evidenti. L’orecchietta anteriore è un poco sinuosa. Il margine cardinale è un poco angoloso ed oltrepassato appena dall’ estremità dell’ umbone. I due esemplari che io ho appartengono alla valva destra, niente perciò si può dire della valva sinistra. Dai confronti istituiti fra le valve destre ora descritte resulta una evidentissima somiglianza di esse con le valve corrispondenti del 7. vindascinus Font. già descritto in principio, le quali però hanno coste molto depresse, e con quelle del F7. bassanensis OPPENH. pure già descritto e del P. fraterculus Smita. Le coste di questi due ultimi, però, sono alquanto più larghe e più piatte specialmente verso la regione palleale. Un esemplare cui in massimo grado parmi possano corrispondere le valve in esame è quello che trovasi descritto e figurato in Sacco (Op. cit.) alla tav. XVII, fig. 12. Questo esemplare è una piccola 1) ManzoNI. Della fauna marina di due lembi dell’Alta Italia. Sitzungsber. k. Akad., nat.-naturw. ClI., 60, I, pag. 475. Wien, 1869. 200 R. UGOLINI [72] valva destra; proviene dai colli torinesi e fu dal Sacco stesso indicata come una specie paragonabile al FI. leythaianus PARTSCH. A questa infatti si somiglia per la forma e le dimensioni così delle coste come dei solchi. Basta però uno sguardo anche fugace alla specie di PARTScH figurata in HòRrNnES per convin- cersi subito della differenza esistente fra le due forme. Il F. leythatanus ha la forma generale della valva decisamente subellittica invece che subcircolare quale è nella specie in esame. Essa ha poi un angolo apicale maggiore (125° invece di 110°) e le coste radiali molto maggiori di numero. Nessun dubbio quindi che tanto la valva già citata di SAcco quanto quelle qui descritte, che si somigliano perfettamente, debbano esser tenute separate dalla specie di ParTtscH non soltanto, ma anche da tutte le numerose altre conosciute. A questa specie sarebbe stato doveroso assegnare il nome del Sacco che per il primo ebbe occasione d’ indicarne la esistenza nel Miocene italiano, ma esistendo già un Pecten Saccoì RovER., dei terreni oligocenici della Liguria, ho dovuto rinunziarvi per non incorrere in un doppio impiego. La specie fu perciò indicata col nome del mio diletto amico prof. GRECO. Secondo le indicazioni offerteci dal Sacco sulla età del giacimento donde la specie fu per la prima volta rinvenuta, questo apparterrebbe all’ Elveziano ed elveziana probabilmente è la specie. Nulla però può dirsi, se cioè la specie sia caratteristica di questo piano o comune a più piani del Miocene. Località: — In Sardegna la specie fu raccolta nei due esemplari ora descritti a Bodde Crapolu prima di arrivare a Logulenta (Sassari) negli strati a .Scutella subrotunda che probabilmente vanno ascritti all’ Elveziano. i Collezione: — Museo di Cagliari. VII. Gen. Pecten BeLon, 1553 (= Vola KLEIN, 1753 —=Janira ScHuMACHER, 1817). Conchiglia di forma generalmente suborbicolare e subequilaterale, sempre inequivalve. La valva destra o inferiore sempre convessa, variamente rigonfia e ricurva all’apice, con la superficie esterna di rado subliscia, più spesso fornita di coste radiali raramente sviluppate. Orecchiette subeguali o poco diverse. Nel primo caso manca il seno bissale; nel secondo vi è appena accentuato. La valva sinistra, subpiana in alcune specie, è nella maggior parte dei casi veramente concava e formata di coste radiali più o meno sviluppate e quasi sempre poco numerose. Orecchiette piccole ed uguali. i Essendo questo genere fra i più ricchi di forme, DEPÉRET e Roman hanno ‘tentato di suddividerlo in sei sotto-gruppi caratterizzati dalle specie seguenti: 1. P. subarcuatus Tourn., 2. P. Beudanti Bast., 3. P. Hornensis DeP. et Rom. (= P. Rollei Hoòrn.), 4. P. benedictus Lmx., 5. P. aduncus Eicaw., 6. P. Jacoboeus L. Ma se il tentativo può sembrare lodevole, non può dirsi, almeno secondo il mio modo di vedere, altrettanto proficuo. Infatti, il srande numero di forme intermedie che si sono trovate fra le forme tipiche di cotesti gruppi, ha reso oltremodo difficile, per non dire a dirittura impossibile, lo sta- bilire i limiti morfologici entro i quali debbono ritenersi comprese le diverse specie che di essi fanno parte, e questi limiti, se tuttavia stabiliti, più che convenzionali, conviene dire arbitrari. Tipo: — Pecten Jacoboeus L. 1. Pecten cristato-costatus Sacco. — Tav. XXIV [VII], fig. 6,7. 1847. Pecten acuticostatus Swmn. On the age of the Tertiary Beds of the Tagus, with a Catalogue of the Fossils. Quart. Journ. Geol. Soc., vol. III, fasc. 12, pag. 419, tav. XVII, iilzo IS [73] R. UGOLINI i 201 1857. Janira Beudanti MenecHINI. Palatont. de Vale de Sardaigne, pag. 580 (pars). 1883. Pecten acuticostatus Fucus. Beitr. x. Kenntn. d. Mioc. Aegyptens u. d. lyb. Wiiste. Palacontographica, vol. XXX, pag. 41 e 59, tav. III, fig. 1-6. 1897. —. cristato-costatus Sacco. (pars). Moll. d. terr. terz. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 64, tav. XXI, fig. 2, 5, 6, 7. 1899. — -- Fourtau. Note sur quelques publications paléontologiques concernani l° Eqypte. Bull. Inst. Egypt., pag. 11. 2 1903. — — Depérert et Roman. Mon. des Pectinides néog. de l Europe et des rég. vois. I. Gen. Pecten. Mém. Soc. géol. de France, vol. X, pag. 14, tav. I, fig. 11, 12. 1901... — _ BrancxeNHORN. New. x. Geol. u. Pal. Aegyptens. Zeitschr. d. Deutsch. geol. Ges., Bd. 53, pag. 125. - DIMENSIONI I II Altezza della valva destra . 2 c ò mm. 29=1 mm. 21=1 Larghezza >» » " 7 0 o 28112 vr 123—= 1,09 Angolo apicale . î ò È à ò 900 920 Valva destra di una conchiglia di piccole dimensioni, di forma subequilaterale, molto convessa, ri- curva all’apice, ornata di 20 coste radiali, strette, avvicinate, sporgenti molto verso la regione palleale, assal meno in prossimità dell’umbone, a sezione distintamente triangolare. Le separano degl’interstizi pro- fondi, pianeggianti, più stretti delle coste. Le strie d’accrescimento, leggermente lamellose e fittamente disposte, sono più specialmente visibili verso la regione palleale della valva, sul fondo degl’interstizi e sui fianchi delle coste. Le orecchiette, incomplete nell’esemplare in esame ma probabilmente subeguali, sono piccole, a su- perficie ricurva verso l’interno della valva ed ornata di strie radiali leggerissime. Il margine cardinale è diritto. Per le ragioni giustamente addotte da DePÉRET e Roman non v'è alcun dubbio che la specie del Sacco ed il P. acuticostatus Sow. debbano riferirsi ad un unico e medesimo tipo da indicarsi con il nome della specie del SAcco stesso. Tra le specie che si avvicinano di -più al P. cristato-costatus SAcco sono degne di nota: il P. sub- - arcuatus Tourn., il Pect. Fuchsi Font., ed il P. Seguenzai DeP. et Rom. L’affinità notevole del P. cri- stato-costatus SAcco con il P. subarcuatus ToURN., era stata rilevata dal Sacco sino dall’epoca in cui isti- tuiva la detta specie; tantochè egli non escludeva che essa potesse anzi doversi considerare come una buona varietà di quella. To per altro sono d’accordo con DEPÉRET e Roman nel ritenere quello che a tal proposito fu da essi già in parte accennato, e cioè che il P. cristatus-costatus SAcco avendo la sua valva destra più profonda e ricurva all’apice di quella corrispondente del P. subarcuatus e le coste radiali più triangolari ed acute, deve indiscutibilmente considerarsi come una specie ormai bene individualizzata e distinta. Secondo i suddetti autori la specie stessa potrebbe forse più giustamente considerarsi come una va- rietà del P. Fuchsì Font. Non divido però tale opinione perchè la forma profonda e ricurva della valva destra e quella triangolare acuta delle coste la fanno facilmente distinguere anche dalla specie di FoNTANNES. Le somiglianze che la valva destra del P. cristato-costatus presenta con la valva corrispondente del P. Seguenzai Dep. et Rom. (= Janira pumila SEG.) sono, secondo me, assai più rilevanti di quelle che abbiamo messe in evidenza più sopra. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 2%6 202 i R. UGOLINI [74] Tali somiglianze consistono principalmente nella forma molto profonda e ricurva all’apice della valva medesima e nella forma distintamente triangolare ed acuta delle coste. La valva da me posseduta, so- miglia inoltre notevolmente alla specie suddetta anche per l'andamento che le strie lamellose di accresci- mento seguono nei solchi, sui fianchi delle coste e sulla loro sommità: ciò che appunto si verifica nell’ ori- ginale calabrese. Una differenza notevole che impedisce di riferire il P. cristato-costatus SAcco e la valva in esame al P. Seguenzai trovasi però nelle coste radiali. Queste infatti, mentre nella specie del SEGUENZA sono 15 appena, nella specie in esame invece sono in numero di 20 e di forma più ristretta e più acuminata. Degli esemplari figurati nella nota memoria del Sacco come ?P. cristato-costatus, alcuni, per la forma meno triangolare delle coste, vanno indiscutibilmente separati da questa specie, come già fu affermato da DePÉRET e Roman. Veramente questi autori ritengono doversi togliere solamente gli esemplari ripro- dotti con le fig. 1 e 3 della tav. XXI (Op. cit.); a me pare, però, doversi togliere anche quello della fig. 4, e riferire esso pure al P. Fuchsi Font. Il P. cristato-costatus Sacco è originario dei Colli Torinesi, ritenuti elveziani, dove anzi non sarebbe raro. Ma può ritenersi specie geograficamente assai estesa, essendo stata rinvenuta non solo negli strati terziari della valle del Tago, per dove fu descritto da SmirE sotto il nome di P. acuticostatus Sow., ma anche nel Miocene dell’oasi di Siuah (Egitto). Gli esemplari provenienti da questa località sono appunto quelli di FucHs, descritti impropriamente come P. acuticostatus Sow. Sulla fede del FourtAU, la specie sembra esistente anche negli strati miocenici di Gebel Aouebet. Secondo DePÉRET e Roman, sarebbe stata altresì riscontrata nei terreni miocenici del bacino del Rodano, ed in varie località della Francia (Languedoc, Ralaruc, bacino dell’ Herault) unitamente al P. Fuchsi Font. BLANCKENHORN la cita infine per varie altre località del Miocene egiziano quali: Gebel Fajid, Ge- neffe, Oasi Siuah, Mirsa Tobruk. Come resulta dalla sinonimia posta in testa alla descrizione di questa specie, una buona parte degli esemplari stati descritti dal MeNEGHINI come P. Beudanti BAsT. e provenienti dai grès calcarei di Scala Cavallo, debbono trovare posto in questa specie del Sacco. (Vedi descrizione del P. pseudo-Beudanti). Località: — Degli esemplari che ho avuto la possibilità di esaminare in discreto numero, quello più grande, ma purtroppo mal conservato perch’io ne potessi dare le dimensioni precise, proviene dai calcari biancastri di Bonaria (Cagliari). La specie sembra però più comune nelle arenarie a grossi ele- menti di Chiaramonti (Sassari) d’onde proviene l'esemplare I, e da quelle di Ploaghe dove fu raccolto l'esemplare II. Collezione: — Meno quest’ ultimo che appartiene alla collezione MENEGHINI esistente nel Museo di Pisa, e indicato su determinazione del MENEGHINI stesso come P. (Janira) Beudanti Bast., tutti gli altri appartengono al Museo di Cagliari. 2. Pecten Labnae Mayer. — Tav. XXIV [VII], fig. 8. 1876. Pecten Labnae Mayer. Descript. des coq. des terr. tert. sup. Journ. de Conchyl., vol. XXIV, pag. 170, Teo VAL si Sb 1577. Janira pumila Securnza. Le formax. terx. nella prov. di Reggio Calabria. Atti R. Acc. Lincei, an- no CCLXXVII, pag. 75 e 122, tav. XI, fig. 56. 1887. Pecten (Janira) pumilus MarIANI e Parona. Foss. terx. ecc., pag. 166. 1903. — Seguenzai Dreréret et Roman. Mon. des Pectinidés néog. de ?° Europe. Mem. Soc. geol. de France, vol. X. pag. 17, tav. I, fig. 16, 160. [25] R. UGOLINI 203 DIMENSIONI Altezza della valva destra c : b È o È 5 mm. 15 =1 Larghezza >» » . ò 5 c . c 5 » 16,3=1,08 Massima curyatura della stessa valva o o : 0 0 » 5 —=0,33 Angolo apicale . ò o 5 È . 5 , . c 97° Conchiglia di piccole dimensioni, con guscio sottilissimo, di forma subtriangolare, subequilaterale, inequivalve, concavo-convessa. La valva destra è rigonfia, poco ricurva all'apice, percorsa da 15-16 coste radiali. Queste sono sporgenti, a sezione distintamente triangolare, col dorso alquanto ottuso, trasversalmente ornate di strie squamulose riunite in alto e visibili solo con la lente, con fianchi fortemente e obliquamente munite di squame ricurve embricate. Intervalli profondi, piani, più larghi alquanto delle coste, ornati trasversal- mente, e fino al margine palleale, di squame embricate e diritte. Le orecchiette, alquanto ineguali e di media grandezza, sono a superficie pressochè piana, radialmente costulate e concentricamente squamulose. Il margine cardinale è diritto. La valva sinistra è concava in vicinanza dell’apice, ed ornata di 15 coste subeguali a sezione trian- golare, aventi il dorso più acuto di quelle della valva destra, ma la stessa ornamentazione squamulosa. Gl’intervalli sono un poco più larghi delle coste loro interposte, profondi e forniti delle solite squame trasversali diritte. Esse però non arrivano quasi mai sino al margine palleale. Le orecchiette piccole e a superfice pianeggiante sono concentricamente squamulose e radialmente percorse da poche e leggeris- sime costicine. Il marginale è diritto. È facile di vedere che il P. Labnae May. ed il P. (Janira) pumilus SEG., costituiscono una sola e medesima specie, come già ebbero a costatare per la prima volta DEPERET e Roman che giustamente li hanno uniti. Se non che essendo il nome specifico creato dal SEGUENZA, già stato adottato per altra specie giurassica dello stesso genere, sarebbe stato conveniente, piuttosto di complicare. inutilmente con una nuova denominazione la già tanto complicata nomenclatura pettinologica, avessero richiamato il nome del MAYER che per primo descrisse e figurò la specie. Questa cosa che non fece SeGuENZA perchè forse non conobbe la preesistenza del P. Zabrae, ho cre- duto opportuno di fare io stesso, ora che se n’è offerta l’occasione. Il P. Labnae è originario dei terreni marnosi tortoniani di Mascara (Algeria), ma è frequente, a quanto sembra, anche in varie località dell’ Italia meridionale. Secondo il SEGUENZA questa specie sarebbe anzi stata ritrovata diffusamente non soltanto nel Tor- toniano ma anche nell’ Elveziano. Quest’ ultima epoca è forse sfuggita a DEPÉRET e Roman i quali hanno detto che nell'Italia meridionale il P. Seguernzai (= P. Labnae) non è stato rinvenuto che nel Tor- toniano. Località: — Con la presenza del P. Labrae nel giacimento di Capo S. Marco d’onde provengono i numerosi esemplari quasi tutti frammentari, da me esaminati, viene così ad accrescersi l’estensione geografica di questa bellissima specie. Collezione: — Museo di Cagliari. 3. Pecten Nicolai Vinassa. — Tav. XXIV [VII], fig. 9. 1904. Pecten Nicolai Vinassa pe Reenv. Fossili ed impronte del Montenegro. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 313, tav. IX, fig. 1-3. 204 R. UGOLINI [76] DIMENSIONI Altezza della valva destra 5 b È S 3 STR i 7 mm. ? Larghezza » » 5 5 0 . o . 5 o . » 53 Angolo apicale è . c d o c G . . c . 110° Va riferita con sicurezza a questa specie una valva destra incompleta nella sua porzione inferiore ventrale, di forma convessa, subtriangolare; subequilaterale, percorsa da 13 coste principali e da altre 10 secondarie situate 5 a 5 da un lato e dall'altro della valva. Le coste principali sono larghissime in confronto dei solchi esilissimi e poco profondi che le sepa- rano, sono depresse, quasi pianeggianti, a sezione quindi quadrangolare. La superficie loro è liscia; quella dei solchi invece è percorsa dalle solite striettine concentriche dell’ accrescimento, che in questa specie sono esilissime e molto vicine. Anche le coste secondarie presentano gli stessi caratteri delle principali, ma si distinguono da queste per essere più strette e separate da solchi filiformi. Le orecchiette piccole e subeguali sono a superficie convessa, non costulate, ma soltanto concentricamente striate. Il margine cardinale è quasi diritto. Giustamente il Vimassa confronta questa sua nuova specie con il P. Fuchsi Font. var. perflabellata Sacco per quanto concerne la forma delle coste e dei solchi; per gli altri caratteri però il confronto non reggerebbe, non fosse altro che per la sola notevole curvatura dell’apice, per la quale anzi l'esemplare suddetto del Sacco non somiglia affatto al P. Fuchsi Font. Il P. Nicolai Vin. potrebbe meglio paragonarsi con il P. Hornesì UgoL. ® per la forma appiattita delle coste, per la ristrettezza dei solchi, per la forma e: la curvatura della valva e per il valore del- l’ angolo apicale. Tuttavia ne differisce per le coste meno numerose. Termino con l’osservare che le analogie che Vinassa avrebbe riscontrate fra il P. Nicolai ed il P. sub- arcuatus TourN. descritto e figurato da DePÉRET e Roman sono trascurabili, le due specie rassomiglian- dosi solamente per la forma del contorno. : La specie è originaria dei terreni calcarei a Zthothamni di Dulcigno, già menzionati dal Tretze ?) il quale, per mancanza di materiale ben determinabile, rimase incerto se dovere ascrivere quella formazione al Miocene o non piuttosto al Pliocene. Il BaLpaccI 3) successivamente li riferì al Pliocene. Come fu in- tuito dal Surss * e dimostrato di poi, sopra dati paleontologici, dallo stesso Viwassa 5 i calcari predetti debbono ritenersi con sicurezza appartenenti al Miocene, e più precisamente come vuole il NeLLI ® al Miocene medio (Elveziano). Località: — Is Meriones. Collezione: — Museo di Cagliari. 1) UGoLINI R. Monografia dei Pettinidi miocenici dell’ Italia centrale. Boll. Soc. malac. ital., vol. XX, pag. 193, tav. VII, fig. 4. Pisa, 1899. 2 Triarze. Geologische Uebersicht von Montenegro. Jahrb. d. k. k. geolog. Reichsanst. Wien, 1884. 3 BALDACCI Ricognizione geologico-mineraria del Montenegro. Boll. R. Com. geol. d’Italia, vol. XVII, pag. 416. Roma, 1886. 4 Suess. Das Antlitz der Erde, III, I, pag. 413. Wien, 1901. 5) Vinassa Da ReGNY. Osservazioni geologiche sul Montenegro orientale e meridionale. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXI, pag. 520. Roma, 1902. 5 NELLI. IZ miocene medio di Dulcigno e di Pisctulj nel Montenegro. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 148. Roma, 1904. [27] R. UGOLINI 205 4. Pecten pseudo-Beudanti DrP. et Row. — Tav. XXIV [VII], fig. 10. 1870. Pecten Beudanti Hòrnes (non Basr.). Die Foss. Moll. d. Tert. Beck. v. Wien, vol. II, pag. 399, tav. LIX, fig. 1-3. 1880. — — Fucxs. Tertiùrverst. Persien, pag. 105. Denkschr. d. k. Akad. d. Wiss., vol. 41. 1903. — pseudo-Beudanti Deréret et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de Vl Europe. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. X, pag. 20, tav. II, fig. 3, 3a. Riferisco a questa specie due esemplari. Uno di essi è conservato con ambedue le valve aderenti, le quali però sono alquanto danneggiate nella regione umbonale. L'altro consiste della sola valva destra che è molto deformata per una fortissima compressione, subita all'incirca nella direzione longitudinale della valva stessa. Con tutto ciò l’ uno e l’altro molto si avvicinano alla descrizione ed alla figura che DEPERET e Roman hanno dato per questa specie. Il Pecten pseudo-Beudanti fu, a mio credere, giustamente separato dal tipo di Bordeaux descritto e figurato dal Basreror, e le differenze che distinguono la specie medesima dal tipico di BastEROT e che già furono in parte rilevate dallo stesso FucHSs (Op. cit. in sin.) sono state molto chiaramente messe in evidenza da DePÉRET e Roman. Tali differenze consistono specialmente: per la valva destra, nella minore ampiezza dell'angolo apicale (105° invece di 120°), nella maggiore profondità della valva stessa, nella curvatura più accentuata dell’umbone, nella diversa forma delle coste che sono più sporgenti e tali si conservano sino al margine palleale invece di abbassarsi come si verifica appunto nel P. Beudanti; per la valva sinistra, nella minore ampiezza dell’angolo apicale, nella forma sua più pianeggiante, in quella delle coste che sono più sporgenti, e dei margini laterali che sono più rilevati. Gli esemplari indicati dagli Autori sotto il nome di P. Beudanti, somigliano poco a questa specie, e molto all’esemplare del bacino di Vienna che è un P. pseudo-Beudanti caratteristico, il quale, secondo DePÉRET e Roman, sarebbe nel Mediterranco il rappresentante del tipico P. Beudanti Bast. Non è impro- babile poi che al P. Beudanti Bast. debba venire ascritto anche il P. conjux Swita. Sempre a proposito di questa specie ricordo che gli esemplari ad essa riferiti dal MENEGBINI (Op. cit., pag. 580), sono quasi tutte valve incomplete del P. cristato-costatus Sacco (V. descriz. di questa specie). Una piccola valva si- nistra solamente, come già si disse, deve invece riferirsi al P. Kochi Sow. (V. descriz. di questa specie) del quale presenta ogni più minuto particolare. In quanto poi all’età, il P. pseudo-Beudanti, come il tipico P. Beudanti, deve ritenersi specie ca- ratteristica del primo piano Mediteraneo. Località: — Strati calcarei di Nurri. Collezione: --- Museo di Cagliari. 5. Pecten Kochi Locarp. — Tav. XXIV [VII], fig. 11. 1857. Pecten (Janira) Beudanti MeneGHINI. Paltont. de Vîle de Sardaigne, pag. 580 (pars). 1857. — benedictus _ Ibidem, pag. 513, tav. G, fig. 225. 1877. — Kochi Locarp. Descript. de la faune des terr. tert. moy. de la Corse, pag. 149, tav. II, fig. 1-5. IE = — Drepfrer et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de D Europe. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. X, pag. 23, tav. II, fig. 5, ba (cum syn.). 1905. — — Drepfrer et Rowan. Monogr. des Pectinidés néog. de 1° Europe. Gen. Pecten, Suppl. Mém. de la Soc. géol. de, Brance, vol. XIII, pag. 81, tav. IX, fig. 6, 7, 7a (cum syn.). 206 R. UGOLINI DIMENSIONI Altezza della valva sinistra . Larghezza » » 0 o o ò [28] mm. 53=1 » 56—=1,05 120° Angolo apicale . c . o Ascrivo a questa specie numerosi esemplari rappresentati da valve sinistre complete o frammentarie, di forma suborbicolare, equilaterale, piano-convessa, percorse da 14 coste principali arrotondate, spor- genti dall’apice alla base e separate da solchi profondi, piani, pressochè larghi quanto le coste. Queste sono limitate, nei due lati anteriore e posteriore della valva, da due margini più elevati di tutto il resto della valva medesima e percorsi da due o tre costicine secondarie. Tanto le coste quanto î solchi sono concentricamente ornati da strie squamulose evidentissime, più fitte verso la periferia, più rade in pros- simità dell’ apice. Le orecchiette sono subeguali, piccole, a superficie concava, leggermente striate, e for- mano un margine cardinale diritto. Nei numerosi esemplari da me esaminati ho potuto osservare che la valva sinistra di questa specie non è sempre perfettamente piano-convessa, ma talora leggerissimamente pianoconcava. Di essi poi quello figurato e di cui sono date le dimensioni fu già esaminato da Parona e riferito al P. Beudanti Basr. dubbiosamente. Il P. Kochi, che è bene individualizzato e distinto specificamente, è stato spesso scambiato con altre specie affini. È da osservarsi anzi a questo proposito che in Sacco (Op. cit.) sono descritti e figurati come va- rietà di P. Beudanti Bast. vari esemplari che giustamente sono stati ascritti da DePÉRET et Roman al P. Kochi LocArD. E in questo errore caddi io stesso quando in un mio precedente lavoro descrissi come var. stricticostata Sacco e var. rarilamellosa UcoL. del P. Beudanti Bast., alcuni esemplari che giustamente furono, dagli autori più sopra ricordati, riuniti alla specie in esame come semplici varietà di essa. Una valva sinistra che il MeNEGHINI descrisse e figurò (Op. cit. in sin.) come P. (Jamira) bene- dictus Lmx. va molto probabilmente ascritta a questa specie. (Vedasi a questo proposito la descrizione del P. benedictus). Il P. Kochi è originario dei terreni elveziani e tortoniani della Corsica, dove fu rinvenuto a Boni- facio ed a Crovo. Fu trovato però anche in Italia, nelle arenarie serpentinose elveziane delle colline di Torino (Sacco), nel Miocene della Toscana e dell’ Umbria (UeoLINI); e non è improbabile che in realtà possa esser comune assai più di quanto resulti dalle poche citazioni degli Autori, se, come pare, il P. Kochi può facilmente venire scambiato con il P. Beudanti Bast. Fuori d’Italia il P. Kochi è stato segnalato per ora in Algeria nel Tortoniano di Capo Figalo (GENTIL), in Egitto negli strati elveziani di Gebel Geneffe (Fourtau) e nel Portogallo nei dintorni di Lisbona, negli strati probabilmente langhiani superiori di Foz da Fonte (CoTtER). Località: — Is Meriones (Cagliari) nel calcare bianco granuloso: 4 valve sinistre fra cui quella di cui sono date le dimensioni; sotto il Bastione di S. Remy (Cagliari) nel calcare compatto (tramezzano o pietra forte): 2 valve sinistre; fra Portotorres e la Nurra nel calcare sabbioso e argilloso: vari esem- plari; nei grès calcarei di Scala Cavallo, un esemplare (valva sinistra) determinato come P. Beudanti dal MenEGHINI (Op. cit., pag. 580) e di proprietà del Museo Pisano; nei calcari a Scuzella subrotunda di Badde Crapolu: due valve sinistre. Collezione: — Musei di Cagliari e di Pisa. 1) UGoLINI. Monogr. d. Pettinidi mioc. d. Italia centrale. Pisa, 1899. [79] R. UGOLINI 207 6. Pecten Paronai n. sp. — Tav. XXIV [VII], fig. 12. DIMENSIONI Altezza della valva sinistra d n o E : : mm. (0 _ =1 Larghezza » » 5 5 ; 5 È . : 820) = IT), Angolo apicale .. Ò . 7 1 7 7 a o 135° Valva sinistra di una conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, di forma subellit- tica, più larga che alta, equilaterale, piano-concava al centro, un poco sporgente sui lati. Esternamente porta 14 coste radiali principali sottili che sono a sezione arrotondata, più sottili e quasi filiformi all’apice, più grosse e sporgenti nella regione palleale. Esse sono separate da solchi pro- fondi, pianeggianti e pressochè larghi quanto le coste. Queste e quelli sono ornati da quattro o cinque costicine longitudinali più fini, le quali incontrandosi con le strie concentriche d’ accrescimento, che sono lamellose, segnatamente nei due terzi superiori della valva, divengono visibilmente scagliose e decussate. Da notarsi che fra le costicine interstiziali se ne trova una mediana più sviluppata e distinta delle altre. Da un lato e dall’altro della zona costata della valva si hanno poi due altre piccole aree triangolari più elevate sul piano della zona suddetta, non però troppo sporgenti, che sono fittamente costicillate e leggermente scagliose. Le orecchiette grandi, uguali, triangolari, incavate, sono percorse radialmente da sette od otto costicine filiformi, decussate esse pure dalle strie d’accrescimento. Il margine cardinale è diritto. Questa valva che per la forma piano-concava deve sicuramente ascriversi al gen. Pecten str. s., rientra in quello dei due gruppi opportunamente istituiti per detto genere da DePERET e Roman, che fa capo al tipico P. Beudanti Bast. Spetta inoltre a quello dei due sottogruppi da esso dipendenti che comprende le forme a coste ornate da costicine longitudinali e decussate da lamelle concentriche. Questa valva che ricorda un po’ lontanamente il P. Kochi Loc. per alcuni caratteri, ed il P. vindascinus Font. per altri, presenta le maggiori somiglianze con il P. Fraasì FucHs. Se ne distingue tuttavia in grado eminente per la maggiore ampiezza dell’angolo apicale (135° invece di 120°) e sopratutto pel numero maggiore delle coste così principali che secondarie. Località: — L’esemplare in esame fu raccolto nei calcari compatti ed argillosi della regione Piano (Bosa), dove fu pure rinvenuto il Flewopecten sardous Ucot. ?. Collezione: — Museo di Cagliari. 7. Pecten Macphersoni Bere. — Tav. XXIV [VII], fig. 13. 1888. Pecten Macphersoni Bercrron. Mission d’Andalousie. Etudes du terrain pliocòne. (Et. géol. de la ser. de Ronda), pag. 304, tav. XXII, fig. 4a-c. 1902. — Reghiensis DepeRET et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de Vl Europe. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. X, fasc. 1°, pag. 24, tav. II, fig. 6, 6a. 1906. — Macphersoni Usor. Sulla esistenza del Pecten Macphersoni Bere. nei terreni plioc. del Pie- monte. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXV, pag. 760, fig. 1-3 interc. DIMENSIONI Altezza della valva destra È c o 5 o . : mm. 45 (?)=1 Larghezza » » . È c c È c È » 44 =0,97 Angolo apicale . o o : : . ; . : ò 100° 1) UGoLINI. Monografia dei Pettinidi neogenici della Sardegna. Parte I. Palaeontogr. italica, vol. XII, pag. 180. Pisa, 1896. 208 R. UGOLINI [80] Deve ascriversi a_questa specie una valva destra ben conservata nella regione mediana e palleale, ma priva affatto dell’apice. I caratteri di questa valva, come ben risulta dalla riproduzione che ne ho dato, sono gli-stessi di quelli indicati nella descrizione particolareggiata della specie che io già feci in altra occasione e che non ho creduto opportuno di ripeter qui. Neppure parmi conveniente di rilevare le analogie e le differenze che servono a tenere distinta la specie in esame dal P. regiensis SEG., avendolo già fatto nell’ occasione testè ricordata Osserverò solo che esiste pure un’altra specie la quale somiglia non poco al P. Macphersoni BER6., voglio dire del P. concavus BLANcK. Bastano però a distinguerlo da quest’ ultima diversi caratteri rico- noscibili e primi fra tutti: il numero un po’ maggiore delle coste principali, la maggior profondità dei solchi costali, ed infine la forma delle coste laterali che sono filiformi ed intere, anzichè costulate. La diffusione del P. Macphersoni BerG., che DePÉRET e Roman vollero unito al P. regiensis SEG., a formare una sola ed unica specie, va dunque sempre più aumentando, e non è improbabile anzi che essa venga in seguito a risultare anche meno rara di quello che oggi effettivamente sembra. Il tipo della specie proviene dal Pliocene dell’ Andalusia e fu pure citato da me pel Pliocene del Piemonte ?). L’ esemplare indicato con questo nome dal De BrIves (Op. cît., pag. 13, tav. II, fig. 8) parmi un po’ diverso dalla specie in esame, perciò non l’ ho citato nella sinonimia. La specie, in verità non molto comune, fu trovata fino ad ora nel Pliocene; può darsi però che ulteriori notizie sulla diffusione del P. Macphersoni BERG., portino a stabilire l’ esistenza di questa specie sino dai tempi miocenici. Località: — Capo S. Marco. Collezione: — Museo di Pisa. _8. Pecten benedictus Lux. — Tav. XXIV [VII], fig. 14. 1819. Pecten benedictus Lamaror. Hist. nat. des anim. sans vert., vol. VI, pag. 433 (non figurato). 1836. — — — Ibidem, ediz. II, vol. VII, pag. 157 (non figurato). 1883. — _ Fucus. Beitr. x. Kenntn. d. Mioc. Fauna Aegypt., vol. XXX, pag. 35 (53), tav. XX (XV), fig. 3-6. 1903. — — DepféRrET et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de Vl Europe. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. X, pag. 33. tav. IV, fig. 1, 3, 5 (non fig. 4). Il P. benedictus Lmg. non essendo stato mai figurato dall’ autore, è una delle specie meno facili a determinarsi. Sta il fatto che anche nella diagnosi Lamarckiana, i caratteri della specie in esame non sono bene fissati, prestandosi bene spesso a interpretazioni inesatte. La prima figura del P. denedictus Lwx. fu data dal FontanNES (Moll. plioc. du Rhone et du Roussillon, vol. II, Acéphales, tav. XII, fig. 12), sopra un esemplare proveniente dal giacimento tipico pliocenico di Perpignan. Essa però non corrisponde troppo bene alla descrizione con cui il FoNTANNES stesso accom- pagna la figura. Difatti in questa è detto che la valva inferiore è provvista di 12 coste più o meno sporgenti, di forma arrotondata o leggermente appiattite, obliterate alla sommità, mentre che nella figura che la riproduce le coste sono spiccatamente visibili sino all’ estremità dell’ apice. i) UgoLINI. Monografia dei Pettinidi neogenici della Sardegna. Parte I. Paleontogr. italica, vol. XII, pag. 180. Pisa, 1906 2) UGOLINI. Op. cit. in sin. 1906. [81] R. UGOLINI 209 Gli esemplari figurati da DEPÉRET e Roman parmi soddisfino assai meglio ai caratteri indicati per il P. benedictus nella descrizione suddetta del FonTANNES, e riportati in quella dei due autori ora men- zionati. E siccome i loro esemplari provengono dagli stessi terreni nei quali fu raccolto 1’ esemplare di FonTANNES, così io consiglierei di prendere, come io prendo infatti, a tipo della specie in esame l’esem- plare descritto da DEPÉRET e Roman, e figurato alla tav. IV, fig. 1, e di considerare poi quello descritto e figurato dal FonTANNES come una varietà estrema a coste molto sviluppate e sporgenti. Dei numerosi esemplari sardi che io ho avuto agio di esaminare, la maggior copia sono del tipo di quello riprodotto da DePÉRET e Roman alla tav. IV, fig. 1. E la somiglianza è dovuta principalmente, oltre che all’ aspetto generale della conchiglia, alla forma e allo sviluppo delle coste, dei solchi e delle orecchiette. Ma non vi mancano però alcune valve che si avvicinano più specialmente all’ esemplare di FONTANNES, per avere le coste assai sviluppate anche nella regione apicale. Di queste ultime che, come ho già detto, ‘possono concorrere a costituire insieme all’ esempiare di FonTANNES, una varietà del tipico P. denedictus, sarà detto fra breve. Intanto mi preme subito far rilevare che DePEÉRET e Roman hanno posto in sinonimia del loro P. benedictus anche il P. medius Lmx. var. plioparva SAcco, descritto e figurato dal Sacco (Op. còt., pag. 60, tav. XIX, fig. 1) ed il P. planomedius Sacco. Avverto subito però, che il primo deve, secondo me, più ‘ giustamente riferirsi al P. Beudanti Basr. e che il secondo fu poi dagli stessi DEPÉRET e RomAN ricono- sciuto specie buona, la qual cosa io pure ritengo. Le due citazioni fatte dal MenEGHINI per questa specie, mi sembrano poco esatte. Infatti la prima (Op. cit., pag. 513) si riferisce ad un esemplare poco facilmente determinabile, ma che è tuttavia molto vicino al P. Kochi Loc. (Vedi MENEGHINI, Op. cit., pag. 513, tav. G, fig. 26). L’altra riguarda una pic- cola valva destra che differisce dal tipico P. denedictus per più caratteri, ma soprattutto per avere i solchi filiformi e le coste molto larghe. Essa appartiene invece al P. Lapedusae TraB. di cui sarà detto in seguito. Quella valva sinistra proveniente dai calcari bianchi di Bonaria e che fu già descritta e figurata dal MENEGHINI sotto il nome di P. benedictus Lux. non può in alcun modo appartenere a questa specie e neppure può andare riferita al P. aduncus ErcHw. come credette di dover fare successivamente il PARONA !), ma è piuttosto del tipo del P. Kochi Loc. al quale, come dissi, piuttosto che alla specie di LamARCcK lo vorrei riferito. Ne consegue che nessuno degli esemplari di Sardegna indicati col nome di P. benedictus Lwmx., appartengono a questa specie. La specie lamarckiana è citata da Locarp pel Miocene di Corsica. Il P. denedictus che compare durante l’ epoca langhiana come ne attestano gli esemplari raccolti a Clausayes presso Sain-Paul-Trois-Chàteaux (Dròme), passò attraverso i tempi miocenici per raggiungere il suo massimo sviluppo nel Pliocene. Di fatto se se ne eccettuano alcune citazioni fatte dagli autori pel Miocene di Corsica (LocarD), di Chazé-Henri nell’Anjou (DePÉRET e Roman), di Orano in Algeria (IDEM), tutte le altre riguardano giacimenti pienamente pliocenici come quelli di Millas presso Perpignan (Pirenei orientali) di Bedarrives e di S.* Aries (Vaucluse) e di Bordetta presso Sans (Barcellona in Ispagna). Località: — Dei 9 esemplari esaminati, il più completo di ‘tutti. (quello figurato) proviene dal calcare ‘arenaceo a lithothamni di Capo Frasca. Due esemplari, l’uno dei quali alquanto danneggiato nella regione umbonale, provengono dal calcare a Zithothamni di S. Bartolommeo (Cagliari). Altro esemplare proviene dai calcari cinerei a Zithothamni sottoposti alle arenarie di Castelsardo. Gli altri 5 esemplari 1) Parona. App. per la paleont. mioc. della Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., vol. VI, pag. 314. Roma, 1887. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 27 210 R. UGOLINI [82] provengono rispettivamente: dai terreni situati all'imbocco meridionale della galleria presso la stazione di Portotorres; dai calcari compatti a lithothamni situati presso la fermata di S. Giorgio sulla via ferrata Sassari-Alghero; dai calcari grossolani biancastri con ?P. încrassatus dei dintorni di Cagliari; dai terreni di Capo S. Marco (Oristano). L’esemplare frammentario, dai grès calcarei di Torre Iscala presso S. Ca- terina di Pittinuri. Collezione: — Museo di Cagliari. var. Fontannesi n. var. 1879-82. Janira benedicta Fontannes. Moll. plioc. de la vallee du Rhòne et du Roussillon, vol. II, Acéphales, pag. 196, tav. XII, fig. 12. 1903. Pecten benedictus DePéRET et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de l'Europe. Mem. de la Soc. géol. de France, vol. X, tav. IV, fig. 4 (non fig. 1, 2,3, 5). Ho separato dal tipico P. benedictus Lmx. in DEPÉRET e Roman l’esemplare figurato da questi autori alla tav. IV, fig. 4,4@ e quello figurato da FonTannES (Op. cit. in sin.) perchè, per la notevole sporgenza delle coste, si allontanano alquanto dal tipo della specie. A tale varietà riferisco 4 esemplari. Due di questi sono giovani valve destre di piccole dimensioni. e pressochè uguali. Esse provengono dai grès calcarei di Torre Iscala presso S. Caterina di Pittinuri. Gli altri due esemplari sono pure valve destre frammentarie ma più grandi, e provenienti dai terreni calcarei di Nurri, che il Lovisaro riferisce al Bormidiano come altra volta ebbi già occasione di avvertire. _ Ora, dato il fatto che tanto l'esemplare di FonrannEs quanto quello di DEPÉRET e RomaN qui men- zionati furono rinvenuti in giacimenti pliocenici, e più precisamente nel Piacenziano di Perpignan il primo, e nell’Astiano di Sans (Barcellona, Spagna) il secondo, si potrebbe supporre che la varietà a coste più sporgenti fosse comparsa solamente nel Pliocene e non prima, come appunto si verifica pel P. bene- dictus tipico, se questa supposizione non venisse contradetta dalla constatazione che il giacimento sardo da cui.gli esemplari qui esaminati provengono è da ritenersi più antico per la presenza ivi riscontrata di altre specie che indiscutibilmente sono più antiche del Pliocene. Località: — Torre Iscala presso S. Caterina di Pittinuri. Collezione: — Museo di Cagliari. 9. Pecten Lapedusae Tras. — Tav. XXIV [VII], fig. 15. 1890. Pecten Lapedusae TraBucco. L’ isola di Lampedusa. Boll. Soc. geol. ital., vol. IX, pag. 604, tav. XXIV, fig. 4,5. DIMENSIONI Es. di Lampedusa I Il Altezza della valva destra > mm. 33=1 mm. 37,8=1 mm, 30=1 Larghezze » » 5 » 34=1,03 » 40 =1,06 » 32=1,06 Lunghezza del margine cardinale » 19=0,57 PI ZIONI(0356 » =? Angolo apicale . . . . È 105° 107° 108° Conchiglia di piccole dimensioni, con guscio di poco spessore, di forma suborbicolare, equilaterale, inequivalve, concavo-convessa. La valva destra è molto rigonfia, ricurva all’apice, percorsa da 19 coste, delle quali 12 principali ampie, depresse, a sezione leggermente rotonda, e 7 secondarie. Queste ultime sono tanto più sottili quanto più vicine al margine laterale della conchiglia. Di esse 4 sono situate sul lato posteriore, le altre 3 sull’ante- [83] R. UGOLINI 211 riore. I solchi sono esilissimi e poco profondi a tal segno da sembrare, più che solchi, strie radiali. Le orecchiette relativamente grandi sono subeguali, a superficie convessa, e distintamente costulate. Il margine cardinale è quasi diritto, ed oltrepassato per 2 mm. almeno dall’apice umbonale, che è alquanto ricurvo. La valva sinistra, come risulta dalla diagnosi dell’ Autore ® è poco concava, quasi pianeggiante, e percorsa da 13 coste radiali depresse, separate da solchi più stretti, poco profondi, e limitate da un lato e dall’altro della valva da due aree marginali sporgenti e liscie. Le orecchiette subeguali ed a superficie concava, formano un margine cardinale perfettameute diritto. La descrizione della valva destra che io ho qui riportato è stata eseguita sugli esemplari sardi da me esaminati e combina in tutto ed esattamente con la diagnosi latina offertaci dal TRABUcco. La descri- zione della valva sinistra, invece, è stata redatta su quella dell’originale, non avendone potuto rinvenire alcun esemplare. Dalla descrizione che ora ho dato del P. Lapedusae TRAB. è facile di rilevare subito l’affinità note- vole che passa fra questa e la specie lamarckiana descritta poco fa, nonostante che il TRABUCcO la ritenga maggiormente vicina al P. aduncus Ercaw. Perciò sarebbe stato utile che il TRABUCCO avesse pur messe in evidenza le differenze che distinguono la sua specie dal P. beredictus Lux. | Tali differenze — quelle della valva destra, ben s'intende — consistono principalmente: in una più accentuata profondità della: valva stessa, in una più spiccata curvatura dell’umbone, nel maggior numero delle coste secondarie, nella maggior larghezza delle principali, ed infine nella forma molto più esile dei solchi. Il P. astensis Sacco descritto e figurato dal De StEFANI ?) pel Pliocene di Viterbo, ha le coste ed i solchi che ricordano molto quelli della specie in esame. Esso è però da quest’ultima molto diverso. Il P. Lapedusae TraB. è specie, per ora almeno, conosciuta altro che pel Pliocene; nè dall’epoca in cui fu instituita è stata, per quanto io mi sappia, citata da alcuno. Località: — Riferisco a questa specie due piccole valve destre. Una di esse (es: I) è quella stessa che il MenEGHINI ha descritto come P. benedictus Lux. Essa proviene dalle sabbie calcarifere di Genone. L'altra invece (es: II) dai dintorni di Fontanazza. Collezione: — Musei di Pisa (I) e di Cagliari (II). 10. Pecten Josslingi Sura. — Tav. XXIV [VII], fig. 16,17. 1847. Pecten Josslingi Swata. On the Age of the Tertiary Beds of the Tagus. Quart. Journ. of the Geol. Soc. London, vol. III, pag. 419, tav. XVI, fig. 10-12. 1857. — (Janira) Josslingi MenecamiI. Paléont. de Vle de Sardoigne, pag. 579. 1897. — Josslingi var. lycnula Sacco. Moll. dei terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pecti- nidae, pag. 65, tav. XXI, fig. 8-12 (cum syn.). 1897. — Iyenulus De Brives. Carte géol. de l Algerie. Foss. miocèn., pag. ©. 1901. — (Janira) Josslingi Branczenzorn. N. x. Geol. u. Pal. Aegyptens. Zeitschr. d. Deutsch. geol. Ges., vol. 53, pag. 125. 1903. — Josslingi Derfret et Roman. Monogr. des Pectinides néog. de V° Europe. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. X, pag. 41, tav. V, fig. 3-5 (cum syn.). 4) «Testa rotunda, transversa, aequilatera, inaequivalvis; valva superior fere plana, ad umbonem adunca, costae 15, quarum 2 laterales crassiores, eminentiores; coeterae multo minores, valde propinquae, striis tenuibus, radiolaribus interjectis, concentrice subtilissime striatae; valva inferior valde convexa, umbone involuta, costae 19, latae, fere planae, sulcis superficialibus disjunetae; auriculae aequales, tortuose, longitudinaliter lamelloso-striatae ; margo cardinalis fere recto °/,,, testae altitudinis aequans. Diam. transv. 34 mm., altit. 33 mm. ». 2) Dn STEFANI. Molluschi pliocenici di Viterbo. Atti Soc. tosc. Sc. nat., Memorie, vol. XVIII, pag. 22. Pisa, 1902. 212 R. UGOLINI [84] DIMENSIONI I II III Altezza della valva destra 0 Ò mm. 53=1 mm. 42=1 mm. — Larghezza . » » ò c » 50=0,94 » Path » — Curvatura massima della valva destr » 24=0,45 » 20=0,46 As Angolo apicale . . . ò 80° 7° —_ Altezza della valva sinistra o 0 mm. 42=1 » — o. IO=1I Larghezza » » c 0 » 48=1,14 » — » 18=1,12 Angolo apicale : c . o 120° — 117° ._ Conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, di forma subtriangolare, leggermente inequilaterale, inequivalve, concavo-convessa. Valva destra molto profonda e molto ricurva all’ umbone che sporge notevolmente al di sopra della linea cardinale, provvista di 19 coste radiali. Di queste: 11 .sono principali, pressochè uguali fra di loro, alte, a dorso spesso quasi piano, subquadrangolari, più di rado un poco arrotondate, lisce nei due terzi superiori, impercettibilmente suddivise in costicille da solculelli visibili sotto speciali incidenze di luce, verso il margine palleale separate sempre da interstizi pure subquadrangolari, a fondo piano, profondi, percorsi da una costicina secondaria, e larghi un po’ meno della metà delle coste. Dalle principali si passa quasi bruscamente alle coste secondarie che sono in numero di 8, situate 4 a 4 da un lato e dall’altro della valva. Queste si distinguono dalle prime per la larghezza loro che è assai minore e per la sotti- gliezza degl’interstizi. Le orecchiette grandi e subeguali, sono molto incurvate, sempre nettamente costulate e continuamente striate. La valva sinistra è concava ma non molto. Ha 11 coste principali, subquadrangolari, sporgenti, lon- gitudinalmente e visibilmente solculate, le quali sono separate da interstizi che sono il doppio circa più » larghi delle coste, profondi, pianeggianti a sezione subquadrangolare, e concentricamente striati. Da un lato e dall’altro delle coste principali stanno due margini grossi, sporgenti alcun poco al di sopra del fondo della valva, su ciascuna delle quali corrono altre 3 costicine secondarie sottili e poco sporgenti. Le orec- chiette grandi e incavate, sono impercettibilmente costulate verso il margine cardinale, e fornite di strie concentriche d’accrescimento, fittamente disposte e ben visibili. In ambedue le valve il margine cardinale è diritto. Di questa specie che è tanto caratteristica da non lasciare dubbio alcuno sulla sua determinazione, posseggo numerosi esemplari di diversa grandezza i quali, pur differendo leggerissimamente fra di loro per il grado un poco diverso di curvatura della valva destra e per quello della concavità della sinistra, somigliano sempre e notevolmente al tipo della specie, secondo la descrizione e la figura che ne ha tra- mandato lo SmIrH. Uno solo degli esemplari stessi, quello più completo (es. I), per la incipiente solculatura delle coste, visibili al margine palleale, si avvicina un poco al P. deperditus MicHT., che però poco differisce dal tipico P. Josslingi SMITE. Nessuna differenza notevole esiste tra il P. lycnulus Font. ed il P. Josslingi SmiTE, e ciò era stato riconosciuto prima dal Sacco, che considerò l'esemplare di FonrannEs soltanto come una semplice varietà del P. Josslingi, e poi da DEPÉRET e Roman i quali con ragione lo hanno decisamente riunito alla specie di SMITH. Sempre a proposito di varietà di questa specie non posso fare a meno di rivendicare l'autenticità [85] R. UGOLINI 213 della var. superprofunda che io credetti opportuno di istituire !) sopra un esemplare di Tortona, e che DePÉRET e Roman harno invece voluto ritenere come un P. subbenedictus FonT., tipicissimo. In verità è evidente che l’esemplare in questione ha una valva destra che somiglia notevolmente a quella del P. subbenedìctus Font., figurato dai suddetti autori alla tav. VI, fig. 1. Ma non si può nep- pure disconoscere che, secondo la descrizione e la figura data dal FonTANNES per il P. subbenedictus tipico (Op. cit., tav. II, fig. 1 a, dò, c), le coste della valva destra sono larghe molto più degl’interstizi ed a sezione ondulata, come si osserva altresì nell’esemplare di DEPÉRET e Roman, riprodotto alla tav. V, fig. 2, e nella fig. 18 interc. Mentrechè, invece, nell’esemplare sul quale io feci la varietà suddetta, le coste della valva destra sono pressochè larghe quanto gl’interstizi, ed a sezione nettamente quadrangolare. Oltre di che è poi da osservarsi che la valva sinistra del mio esemplare è molto più concava di quella corrispondente del tipico 2. subbenedictus, ed è percorsa da coste le quali, specialmente sui lati, lasciano intravedere le traccie di una incipiente solcatura radiale che mai si rinviene, secondo la descrizione della specie, nelle coste della valva stessa del P. subbenedictus. Io credo quindi che l’esemplare stesso, e quello: della tav. V, fig. 1, 1a di DePÉRET e Roman che ad esso molto si somiglia, possono considerarsi come forme di passaggio fra il P. subbenedictus Font. ed il P. Josslingi SMITH, avvicinandosi a questo principalmente per la notevole involuzione e profondità della valva destra, e per la forma sub- quadrangolare delle coste, ed al P. subbenedictus per la maggior larghezza della valva stessa rispetto all’ altezza. La specie descritta fu istituita da SmItH sopra un esemplare raccolto nelle molasse marnose langhiane della Valle del Tago. Alla stessa deve riferirsi, secondo DEPÉRET e Roman, la specie del FONTANNES, P. lycnulus, trovata nel Langhiano superiore di Montsegur (Dròme). L’esemplare dell'Algeria, che De BRIves ascrisse al suddetto P. lycnulus FonT., forse appartiene pure al P. Josslingi. Questa specie fu trovata inoltre nel- l’Elveziano di Beaumadalieu e di Tamaris (DEPEÉRET e Roman) e delle colline di Torino (Sacco). In Sar- degna il P. Josslingì era già stato segnalato dal MENEGHINI, che lo descrisse sopra un esemplare di grandi dimensioni, ma incompleto, proveniente dal giacimento di Capo S. Marco. Questo stesso esemplare fu poi da MARIANI e PARONA ”) riunito al P. aduncus ErcEw. perchè, come essi dicono nella descrizione, HoRNES mise la specie di SmirtH in sinonimia del P. aduncus Eicaw. L’esemplare è indiscutibilmente di P. Josslingi SMITH. Località: — Degli esemplari sardi da me esaminati, alcuni provengono dai calcari di S’Arcidano presso Laconi; altri dai calcari argillosi situati fra Semnariolo e Tresnuraghes (Planargia), e sono fra questi gli esemplari II e III; altri infine degli strati calcareo-arenacei di Nurri, già ritenuti bormidiani dal Lovisaro. Appartiene a questo giacimento l’esemplare I. i Collezione: — Musei di Pisa e Cagliari. 11. Pecten paulensis Fonr. — Tav. XXV [VII], fig. 1. 1857. Pecten medius (non Lwx.) MeneGnINI. Paléoni. de V ile de Sardaigne, pag. 574 (pars). 1878. — Paulensis Fontannes. Etudes stratigr. et paléont. de la Pér. tert. dans le bassin du Rhòne, II, Bass. de Visan, pag. 84, tav. II, fig. 2. 1) UGoLINI. Pettinidi nuovi o poco noti di terreni terziari italiani. Riv. ital. di Laico niolezia; vol. IX, pag. 89, tav. VII, fig. 1a, 1D. 1903. 2) MARIANI e PARONA. Fossili tortoniani del Capo S. Marco. Atti Soc. ital. Se. nat., vol. XXX, pag. 165. Milano, 1887. 214 R. UGOLINI [86] 1897. — cfr. — Sacco. I Moll. dei terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 63, tav. XX, fig. 19, 20. 1902. — _ Depfrer et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de ? Europe. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. X, pag. 45, tav. V, fig. 7. 1903. — — Uconini. Pettinidi nuovi o poco noti di terreni terziari italiani. Riv. ital. di Paleont., vol. IX, pag. 90, tav. VII. 1905. — — Depérar et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de l° Europe. Gen. Pecten, Suppl. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. XIII, pag. 93. DIMENSIONI Larghezza della valva destra o ì 0 , 0 . . mm. 68=1 » » » sinistra . o o o o ; à » 66 Curvatura massima della valva destra . . . 0 0 . » 23=0,33 Angolo apicale » » aio 3 5 . , 5 115° » » » » sinistra 6 . c o c 1220 Appartengono a questa specie due esemplari con ambedue le valve unite insieme, ma incomplete, alcune valve sinistre complete, ed alcuni frammenti di valve sinistre e destre. Quello di essi meglio con- servato è lo stesso che io descrissi sotto questo nome in altro mio lavoro (Op. ce. in sin.) e che già il MENEGHINI aveva determinato come P. medius Lmx. Essa è ormai specie ben conosciuta e caratterizzata specificamente, e non può essere confusa con alcun’altra, nonostante le affinità che essa ha con il P. revolutus McHT. e con il P. benedictus Lmx. e che già io ho avuto occasione di mettere in rilievo. A questo proposito, anzi, è d’uopo di osservare come in un recentissimo lavoro del NeLLI sul Miocene del Monte Titano, il P. paulensis sia posto in sinonimia del P. revolutus. Ma ciò io ritengo per- fettamente inesatto, per un numero considerevole di caratteri, ma segnatamente perchè la valva destra del P. paulensis Font. è meno rigonfia, assai meno ricurva all’apice, ed è ornata di coste le quali sono molto meno depresse e appariscenti. Del resto l’esemplare in esame, di Capo S. Marco, fu mandato al prof. DePÉRET il quale ecco che cosa ne dice (Op. cit. in sin.): “ L’espèce figurée par M. UcoLINI est tout à fait conforme au type du bassin du Rhòne et provient du Miocène du Cap S. Marc en Sardaigne. Cette observation permet d’ajouter cette localité è l’aire de repartition du P. paulensis dans la region meditérranéenne ,. Ad ogni modo quando si propongono nuove sinonimie sarebbe necessario prima di fare accurati confronti sugli esemplari originali. ( Il P. paulensis Font. è originario delle arenarie marnose della Valle del Rodano, riferite al Lan- ghiano medio, e sembra sopratutto abbondante nei dintorni di Clansayes, di Montsegur, di Chantemerle ed a Saint-Restitut (Vaucluse). Ma è forse presente anche nel bacino di Crest ad Autchamp, dove DePfrRET e Roman avrebbero raccolto una valva destra molto simile all’ esemplare tipico di FonTANNES. In Italia fu già citata dal SAcco sopra esemplari un po’ mal conservati provenienti dai terreni elve- ziani delle colline di Torino e di Baldissero. l La maggior parte delle altre località italiane e straniere ricordate dal NELLI, riguardano il P. revo- lutus MicHat., e non il P. revolutus Font. che egli, come ho avvertito; riunisce in una sola specie. Località: — Tutti gli esemplari provengono dai terreni di Capo S. Marco, eccezion fatta per un solo frammento di valva destra che viene indicato come proveniente dai grès scuri compatti a Scutella del Capo S. Elia (Cagliari), e per uno di valva sinistra proveniente dalle arenarie a basanite di Fon- tanazza. Collezione: — Musei di Pisa e di Cagliari. [87] R. UGOLINI 215 12. Pecten revolutus Micar. — Tav. XXV [VIII], fig. 2,3. 1847. Pecten revolutus MicarLormi. Deserix. dei foss. mioc. dell’ Italia settentr., pag. 87. 1877. Pecten Felderi KarRER. Hochquellen Wasserleitung Abh. d. k. K. geol. Reichsanst., vol. IX, pag. 370, tav. XVI, fig. 18. 1879. Janira revoluta Secuenza. Le formaz. terz. d. prov. di Reggio Calabria, pag. 53, 61, 75. 1879. —. calabra Secuenza. Ibidem, pag. 75, tav. VII, fig. 13. i 1881. — revoluta Fucus. Ueb. d. von G. MicneLomi a. d. Serpentinsanden v. Turin beschr. Pecten-Arten. Verh. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 318. 1887. Pecien revolutus. Parona. App. per la paleoni. mioc. d. Sardegna. Boll. Soc. geol. ital., vol. VI, pag. 315. Ie >> — Sacco. Moll. dei terr. terx. d. Piemonte e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, È pag. 63, tav. XX, fig. 10, 11, 13 (non fig. 12, 14, 15). o = — var. perglabra Sacco. Ibidem, fig. 16. 1900. — _ NeLLI. Foss. mioc. d. Apennino aquilano. Boll. Soc. geol. ital., vol. XIX, pag. 391. IO 42, nia) revolutus BLanctenHorN. N. «. Geol. u. Pal. Aegyptens. N. Jahrb., vol. LIII, pag. 124 (cum syn.). 1903. Pecten revolutus DepfrET et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de V Europe. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. X, pag. 46, tav. V, fig. 8,9,9a, 16 (cum syn.). 1904. — — Netui. Il Miocene medio di Dulcigno ecc. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXIII, pag. 152. RL905 eee —_ Depfret et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de VP Europe. Gen. Pecten, Suppl. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. XIII, pag. 93 (cum syn.). 1907. — — — Netui. Il Miocene del M. Titano. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXVI, pag. 295 (pars). DIMENSIONI I II Altezza della valva destra . c . 0 mm. 43=1 mm. 38=1 Larghezza » DIR 0 o - » 50=1,16 » 42=1,15 Angolo apicale . A . a : c 130° 130° Questa specie è rappresentata in vari esemplari da me posseduti. Di essi non ho che le valve destre, in parte conservate al completo ed in parte frammentarie. Le principali caratteristiche della valva destra del P. revolutus MicHT. consistono nella notevole cur- vatura della valva stessa che raggiunge generalmente la metà dell’ altezza, e nella quasi assoluta man- canza di coste alla superficie esterna. Tali caratteristiche si ripetono con perfetta precisione negli esemplari di Sardegna, i quali del resto si somigliano alla specie tipica del MicHELOTTI, anche per gli altri caratteri secondari, quali la forma bassa e slargata del contorno, la sensibile inequilateralità, la presenza sulla parte interna della. valva di coste che traspariscono talora anche all’ esterno, la mancanza di ornamentazione concentrica, la forma delle orecchiette che sono subeguali e lisce esse pure, ed infine la forma del margine cardinale che è un poco angoloso e distintamente oltrepassato dall’apice umbonale. Il P. revolutus è originario, come è noto, dei terreni langhiani ed elveziani delle colline di Torino. Fu figurato per la prima volta da Sacco (Op. cit.). Questi anzi, ne ha istituite alcune varietà sopra esemplari che a mio parere debbono in parte almeno rientrare nei limiti della specie. Anche questi esemplari provengono dai terreni elveziani del Piemonte. TRABUCco citò la specie anche nei calcari aquitaniani di Acqui (Piemonte). Altre località italiane dove la specie fu ritrovata sono: in Calabria, 216 R. UGOLINI [88] nell’ Elveziano e nel Tortoniano dei dintorni di Reggio ® dal SEGUENZA citata col nome di J. revoluta MicaT., e con quello nuovo di Janîra calabra See.; e nel Miocene medio dell’Abruzzo aquilano (NELLI. Op. cît. in sin.). Fuori d’Italia questa specie è citata dal De BrIves 2) sotto il nome di P. Pomelì n. sp. per iterreni langhiani dell’ Algeria; dal KARRER per quelli di Baden e di Vollersdorf, sotto il nome di P. Felderi n. sp. (Op. cit. in sin.); dal BLANCKENHORN sopra esemplari provenienti dai terreni miocenici dei dintorni di Gebel Geneffe (Egitto), e finalmente pel Montenegro dal NELLI (Op. ci. in sin.) sopra esemplari del Miocene medio di Dulcigno. Tuttavia sembra esistere anche in altri giacimenti stranieri come in Spagna, ad Altafulla nella prov. di Barcellona; nel Portogallo, in alcuni luoghi della valle del Tago; nella provincia di Orano (Algeria) e finalmente nel Miocene dell’isola di Creta, come risulta dalle osservazioni fatte da DEPÉRET e Roman sopra gli esemplari comunicati loro rispettivamente dai signori ALMERA e BoriLt, CortER, GENTIL, CAYEUX. Il P. revolutus è dunque specie caratteristica del Miocene medio. Per la Sardegna fu già citato da PARONA sopra una valva destra proveniente da Capo S. Marco. Località: — E da questa località infatti provengono quasi tutti gli esemplari da me esaminati. Uno solo di questi, una valva destra incompleta e superficialmente molto corrosa, fu raccolta negli strati calcarei arenacei di Peschin’Appiu presso S. Caterina di Pittinuri (Oristano). Collezione: — Museo di Cagliari. 13. Pecten pertransversus Sacco. — Tav. XXV [VIII], fig. 4,5. 1897. Pecten revolutus De AressanprI. La pietra da cantone di Rosignano e di Vignale. Atti Soc. ital. di Sc. nat., Memorie, vol. VII (II d. N. Ser.) fasc. I, pag. 60, tav. I, fig. 22. 1897. — = var. pertransversa Sacco. Moll. dei terr. terz. d. Piem. e d. Liguria, parte XXIV, Pectinidae, pag. 63, tav. XX, fig. 12 e 17. DIMENSIONI Altezza della valva destra . . o 0 c c 0 ; mm. 42=1 Larghezza » » c c 7 0 . 0 a 6 » 46=1,09 Curvatura massima della stessa . 6 6 b ò c 0 » 21=0,5 Angolo apicale . o c 6 o A 7 c o ; 100° Valva destra di una conchiglia suborbicolare, inequilaterale, obliqua, molto convessa, ricurva all’apice, e dotata di una curvatura uguale alla metà dell’altezza. È ornata di 11 coste principali distintamente visibili dall’apice alla base della valva, depresse, arrotondate, e di 8 secondarie più sottili, situate 4 a 4 da un lato e dall’altro della valva. Le orecchiette piccole e un poco disuguali sono distintamente costulate e percorse da strie concentriche d’accrescimento, le quali sono invece molto meno visibili su tutto il resto della conchiglia. Il margine cardinale è angoloso e oltrepassato notevolmente dall’estremità del- l’umbone. : Posseggo di questa specie due sole valve destre. La più completa di esse, della quale sono state date le dimensioni, ricorda molto per l’aspetto generale, per la gonfiezza e per la curvatura dell’apice 1) SeGUENZA. Le formaz. terz. nella prov. di Reggio Calabria. Mem. R. Acc. d. Lincei, anno CCLXXVII, pag. 53, 61, 75. 2 Dn BrIves. Op. cit., pag. 8, tav. II, fig. 5-7. [89] R. UGOLINI 217 il P. revolutus MicHt. da cui si distingue per la spiccata evidenza delle coste radiali. Per la forma e pel numero delle coste la specie in esame ricorda molto invece il P. Lapedusae TraB. Può dunque dirsi che il P. pertransversus SAcco stia a rappresentarci una forma intermedia fra le specie precitate. Il P. pertransversus fu per la prima volta considerato dal Sacco come una buona varietà del P. re- volutus Micat. Ma la notevole evidenza delle coste parmi costituisca un carattere sufficiente per sepa- rarlo decisamente da quella specie. Al P. pertransversus SAcco mi è poi sembrato di dover unire anche l’esemplare riprodotto dal Sacco alla tav. XX, fig. 12, perchè gli somiglia assai più di quel che non somigli alla specie predetta del MicaELOTTI. L'originale della specie in esame, descritto prima da DE ALESSANDRI come ?P. revolutus e poi da Sacco come var. pertransversa della specie stessa, proviene dai terreni elveziani di Vignale; ma secondo Sacco sembra trovarsi, e non di rado, anche in altre località delle colline di Torino. Località: — Gli esemplari sardi provengono dalle arenarie di Fontanazza. Collezione: — Museo di Cagliari. 14. Pecten cfr. planomedius Sacco. 1857. Pecten medius MeneGnINI. Paléont. de l’île de Sardaigne, pag. 577 (pars). Riferisco con qualche dubbio a questa specie un piccolo frammento. di valva superiore, perfetta- mente piano, nel quale spiccano due coste principali ed una interstiziale. La presenza della costicina interstiziale e la forma subtrapezoidale delle coste principali, mi fanno avvicinare il frammento in que- stione alla specie del Sacco più che ad altra ad essa affine. Non oso però azzardare di più, trattandosi di un frammento molto piccolo. Questo frammento è quello stesso che il MenEGHINI descrisse e riferì, insieme ad altri esemplari, al P. medius Lmx. Io però lo credo più vicino al P. planomedius specialmente per la forma più pianeg- giante e meno incavata della valva sinistra, di cui esso faceva parte. Si potrebbe anche pensare che il frammento in esame, potesse appartenere al P. planosulcatus MATH., la cui valva sinistra è appunto - provvista di costicine intercalari; ma la forma distintamente quadrangolare delle coste principali del frammento in parola fanno escludere decisamente questa possibilità. Come è noto, il P. planomedius SAcco è specie puramente ed esclusivamente pliocenica. Esso è ori- ginario dei terreni piacenziani superiori ed astiani del Piemonte, ma a quanto sembra fu pure recen- temente trovato dal Lemorne nel Pliocene antico, in diversi luoghi della costa atlantica del Marocco. DeréREr e Roman nella loro interessantissima monografia ritennero dapprincipio il P. planomedius Sacco sinonimo del P. benedictus Lmx., al quale lo avevano riunito ®; ma poi ?) lo distaccarono di nuovo dal P. benedictus Lmx., da cui lo riconobbero diverso per la minore gonfiezza della valva destra, per la forma piana o piano convessa della valva sinistra, per la bassezza delle sue coste e per la costante presenza della costa intercalare e lo considerarono come specie buona. Località: Il frammento proviene dai dintorni di Orosei. Collezione: — Esso fa parte della collezione del MeNEGHINI conservata nel Museo di Pisa. 1 DePÉRET et Roman. 0p. cît., pag. 33. 1903. 2) Ipem. Op. cit. Suppl., pag. 89. 1905. e DA Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. 218 R. UGOLINI [90] 15. Pecten cfr. inflatus Misuer. — Tav. XXV [VIII], fig. 6,7. 1865. Pecten inflatus Muner. Indicateur de Maine-et-Loire, vol. II, pag. 607, n.° 230 (non figurato). 1903. — — DrpPfrer et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de l° Europe. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. X, pag. 51, tav. VII, fig. 2e 4 (non fig. 3). DIMENSIONI I II Altezza della valva destra . . c mm. 63 =1 mm. 64=1 Larghezza » » o 5 ? » 10=1,12() d @=1,8 Profondità » » 7 0 o » 24 =0,39 » = Altezza » sinistra 7 , » 58 =1 3 MRI e Larghezza » » c 0 » 63(?2)=1,08(?) » p= È Angolo apicale della valva destra . 128° 128° » » » » sinistra . 1140 2 Conchiglia di media grandezza, con. guscio di spessore sottile, di forma suborbicolare, leggermente inequilaterale, inequivalve. La valva destra è convessa, rigonfia, con l’apice umbonale molto ricurvo, ed è esternamente percorsa da 16 coste radiali appiattite, ondulate verso il margine palleale, obliterate verso la regione umbonale, le quali sono separate da solchi uguali in larghezza alla metà delle coste, a sezione ondulata e visibili essi pure, soltanto verso la regione palleale. Tutta la superficie della valva in esame è fittamente per- corsa da strie concentriche di accrescimento le quali sono molto più appariscenti nella regione ventrale e nelle orecchiette, che in tutto il resto della valva stessa. Le orecchiette sono di media grandezza e diversificano alquanto fra di loro per essere l’anteriore alquanto sinuosa presso il margine della conchiglia. Il margine cardinale è angoloso ed oltrepassato di poco dall’estremità dell’umbone. La valva sinistra è leggermente concava e fornita di 10 coste non tutte egualmente sviluppate, ma quasi sempre un poco più ristrette dei solchi. Esse sono quasi invisibili verso l’umbone; più evidenti alla periferia. Sono molto depresse ed a sezione generalmente subquadrangolare. In qualche costa è vi- sibile pure una sottilissima costicina radiale; in qualche altra se ne hanno due. Anche i solchi mostrano la traccia di una costicina mediana. Da una parte e dall’altra delle coste si hanno due aree sporgenti non costulate. Le orecchiette che sono grandi, a superficie concava e prive di costicine, mostrano evi- dentissima la sola ornamentazione concentrica che si manifesta in tutto il resto della valva, ma più specialmente lungo il margine ventrale e negli spazi intercostali. Il margine cardinale di questa valva è diritto. Questa specie presenta le maggiori somiglianze con il P. paulensis Font., e con il P. aduncus Ercaw. Parmi però che non possa in alcun modo confondersi con nessuna delle due. Si distingue infatti dalla prima per la curvatura maggiore della valva destra, per la minore larghezza delle sue coste, e conse- guentemente per l’ampiezza maggiore dei solchi, ma sopratutto per la forma tutta diversa della valva sinistra, che è più concava e fornita di coste assai disuguali. Differisce poi dal P. aduncus EicHW., per avere l’umbone assai meno involuto, le coste della valva destra assai meno spiccate, e quelle della .valva sinistra meno numerose, più depresse verso la periferia ed obliterate all’apice. Per l’aspetto generale della conchiglia, il P. inflatus Mit., somiglia un poco anche al P. benedictus [91] R. UGOLINI 219 Lmx. dal quale d’altronde si distingue molto facilmente per la forma molto diversa delle coste così della valva destra come della valva sinistra. Delle due forme di valva sinistra, sensibilmente differenti fra di loro, che DePÉRET e Roman hanno avuto in esame e descritto e riprodotto alla Tav. VII, fig. 3 e 4, è a quest’ultima principalmente che si avvicina la valva sinistra di uno de’ miei esemplari (fig. 76). Di questi, uno possiede la sola valva destra che, salvo qualche piccola rottura del margine ventrale, può dirsi quasi completa. L'altro possiede anche la valva sinistra cui è tuttora collegato; però manca di una parte del margine posteriore. Trattandosi di specie non per anco ben definita, specialmente nei caratteri della valva sinistra, può darsi che la determinazione sia suscettiva di qualche rilievo. Essa è originaria dell’ Elveziano di Saint- Georges-Chàtelaison (Maine-et-Loire), e non pare sia stata citata per altri giacimenti. Località: — Capo S. Marco (Oristano), nelle argille marnose. Collezione: — Museo di Cagliari. 16. Pecten stazzanensis May. — Tav. XXV [VIII], fig. 8-10. 1876. Pecten (Neithea) stazzanensis Mayor. Description des coquilles fossiles des terrains tertiwires supériewrs. Journ. de Conchyliologie, vol. XXIV, pag. L71 (non figurato). 1857. — (Janira) medius MenEeGHINI. Paléontologie de l'ile de Sardaigne, pag. 574 (pars). 1896. — wigolenensis SimoneLti. Appunti sopra la fauna e l’ età dei terreni di Vigoleno. Boll. Soc. geol. ital., vol. XV, pag. 328, fig. 1 interc. 1897. — stazzanensis Sacco. Moll. dei terr. terr. d. Piemonte e d. Liguria. Parte XXIV, Pectinidae, pag. 61. 1899. — wvigolenensis UcoLini. Monogr. d. Pettinidi mioc. dell’ Italia centrale. Boll. Soc. malac. ital., vol. XX, pag. 179. 1902. — — DepfreT et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de V Europe. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. X, pag. 54, tav. VII, fig. 5, Da. 1903. — © — UGoLINI. Pettinidi nuovi o poco noti di terreni terziari italiani. Riv. ital. di Pa- leont., vol. IX, pag. 92, tav. VII, fig. 5. 1903. — sfarzanensis UcoLini. Ibidem, pag. 92, tav. VII, fig. 6a, 65. 1905. — wvigolenensis Depéret et Roman. Monogr. des Pectinidés néog. de V Europe. Gen. Pecten, Suppl. Mém. de la Soc. géol. de France, vol. XIII, pag. 95. 1905. — stazzanensis = Ibidem. L. cit., pag. 95. 1906. — - UGoLinI. Sopra alcuni Pettinidi di terreni miocenici italiani. Boll. Soc. geol. ital., vol. XXV, pag. 796, fig. 2 e 3 interc. 220. (8:39 [ITA] AXX'ACT oI0A©] ogsenb ur ogeIinSg 0 09gqrIos9 p %0 ‘AV SISU2UNZZDIS"T=) 00187 ‘S 0deg Ip eIe[durosH (G*95 “TIA ‘AVI ‘6 *3ed XI “TUA ID HAL INITOD( UL "IS s2su2u9) obra "da =) (INIEOUNI] Opuoo9s ‘MIT SMIP9aw*T=) 0038] ‘S Ode) Tp eTe]duosH] di alcuni esemplari di P. stazzanensis May. IMmensioni Quadro comparativo delle di (9 ‘5% ‘TIA ‘AI ‘6 :96d XI TUA IP9LANI INITODA UIL Di ‘AVI S2840UDEZMIS "d=) BOT], UL IMUBAOIY) UBS IP QIe]durosiH] (‘o1ogui g ‘75% 962°T‘AXX “31 [093 ‘008 "TOA INITODA UTI ‘XVI s.8u9UDZZDIS "“di=) ogenbIe][9gse) tp oIe]daosH] 67=1 R. T4A=1,10 UGOLINI 24—0, 32 58=1 1,10 87 = ; (2°2 01 *3Y [ITA] AXX ‘AVI IpoA) (621°d ‘Xx*H 7099 ‘008 ‘Og INITOOA UI da *NIS sisuouopobia "gg =) (stpoqos ur *HTLS T( SN0Sn479 "d=) "N ‘S180% Ip ete]duroso 01I1Y (g1:5y uow 1:59 ‘XI ‘AVI ‘9gG"d ‘Xx “91 ‘]099 1008 *TOg TAONVINIA], UL “NWI sesuauapohia'gJ=) Co) (SHOAT Ep 0jgrIosOp UoI @ oqemmSyg "ds 'g=) "N 0u8uSISON Tp ote]duosH = 13 il 67 1,12 65 1,08 80 1,08 13 0,55 32(2) 64-1 l = 62; 76 55 ? 1,13 70 86=1,13 63=1,14 18= ? 113° 1130 112° I 32—0, 47 (mg uo) 1,7 :88d ‘AIXX “TAUouO9 ep rumor Ul “AVI SISU2UNZZMS *d=) OUBZZegg Tp QIE]durostH] (‘010gu1 7 ‘39 ‘82810 ‘AX “I1:]093 008 ‘IToq UL “NIC s18uaupoba'g=) OUA]osIA Ip QIe]durosHq 45=1 . mm. |64=1 Altezza della valva destra —1,08 72=1,12| 49 ») » Larghezza 23—0, 35 Curvatura massima della stessa valva » Lunghezza del margine cardi- nale della stessa valva =; 64 1 45 61=1 » Altezza della valva sinistra . 1,15 —1,13| 49=1,08 | 69()= 69 » Larghezza 2 1220 1100 Ahgolo apicale della valva destra [92] 1200 1280 ? 1200 1280 1280 1290 sinistra . [93] R. UGOLINI 221 Conchiglia di media grandezza, con guscio di medio spessore, di forma suborbicolare, talvolta subequi- laterale, tal’altra un poco obliqua, sempre inequivalve e piano-convessa. La valva destra non è molto ri- gonfia e porta 11 coste principali e 6 secondarie più piccole situate a tre a tre sui lati anteriore e po- ‘ steriore della valva medesima. La forma del dorso delle coste principali è subquadrangolare con tendenza a diventare più rotondo verso l’apice umbonale e più pianeggiante alla periferia. Da notarsi su di esse la presenza di una o più striettine longitudinali poco spiccate, tendenti a suddividere ogni costa princi- pale in due o tre più piccole. I solchi intercostali sono meno larghi delle coste ed uguali pressochè alla metà di esse; queste poi vanno sempre perdendo in profondità ed acquistando in larghezza a misura che si allontanano dall’apice per avvicinarsi al margine palleale. Le orecchiette sono piccole ed un po’ ine- guali per essere l’anteriore sinuosa; la loro superficie esterna è convessa ed adorna di poche costicine radiali e della consueta striatura concentrica che è pure evidentissima in tutto il resto della valva. La valva sinistra è piana nella regione periferica, incavata in quella umbonale. Porta da 11 a 12 coste principali arrotondate e longitudinalmente plurisolcate, alle quali altre coste si aggiungono, più sottili, situate sopra le due aree sporgenti laterali. Gli spazi intercostali, che sono pianeggianti e più larghi assai delle coste, sono percorsi sempre da una o più costicine secondarie le quali a loro volta sono, naturalmente, tanto più evidenti quanto meno sono numerose. Le orecchiette piccole ed uguali, sono a superficie concava, leggermente costulati ed hanno evidentissima l’ornamentazione concentrica la quale ricuopre anche tutto il resto della superficie di questa valva. Il margine cardinale è diritto ed oltrepassato per un certo tratto dalla estremità dell’umbone. Ho riunito sotto il nome di P. stazzanensis May., tutti gli esemplari menzionati nel quadro della pagina precedente, e che già erano stati da me e da altri autori ascritti a questa specie o al P. vigole- nensis Sim. Mi hanno indotto a tale riunione i resultati di un accurato esame comparativo degli esemplari stessi, i quali, pur somigliandosi notevolmente, hanno tutti qualche leggerissimo carattere differenziale che, però, non può essere sufficiente a tenerli separati neppure come varietà. Queste lievi differenze riguardano più specialmente il numero e la profondità dei solculi costali ed il numero e lo sviluppo delle costicine interstiziali di ambe le valve. Tanto gli esemplari descritti dagli autori come P. vigolenensis Sim., compreso il tipico di Vigoleno, quanto quelli indicati da me come P. stazzanensis May., formerebbero dunque, secondo la convinzione che adesso mi sono fatta, una sola ed unica specie. A questo proposito non deve tacersi che DEPÉRET e Roman, pure accettando la ripresa che io già feci del P. stazzanensis May., manifestarono l’opinione che la sola presenza di una o due coste in più per ogni valva, e lo sdoppiamento, per quanto costante, della costa interstiziale della valva sinistra non potevano costituire caratteri sufficienti a giustificare la sepa- razione del P. stazzanensis dal P. vigolenensis. Ciò premesso, poichè il nome specifico del MayER è di molto anteriore a quello del SIMmoNELLI, esso deve avere la precedenza e perciò preferirsi a quest’ultimo, come appunto ho io fatto qui, tanto più che dalla descrizione del SimonELLI, dove il P. stazzanensis May. non è indicato fra le specie affini, non risulta che questo autore avesse presa visione dell’esistenza della specie del Mayer. Chè se ciò fosse avvenuto, io credo fermamente che il SimoneLLI non avrebbe certa- mente mancato di riferire 1’ esemplare di Vigoleno al P. stazzanensis, o quanto meno di considerarlo come una varietà di quest’ultimo. N P. sfazzanensis Max. (= P. vigolenensis Sim.) è dunque specie alquanto variabile, e la variabilità interessa generalmente l’equilateralità delle valve, il valore dell’angolo apicale, e sopratutto il numero delle costicine interstiziali. Ciò risulta evidentemente dall’esame comparativo degli esemplari da me già 222 R. UGOLINI [94] indicati più sopra. L’esemplare descritto e figurato come P. vigolenensis Sim., da TRENTANOVE !), e prove- niente dal calcare di Rosignano Marittimo (Monti Livornesi), fu già, molto tempo prima della pubblicazione di questo autore, esaminato dal FucHs e indicato come Pecter sp., in una tavola raffigurante le due valve di esso: tavola che è rimasta tuttora inedita e della quale io potei avere in esame una copia. Questo Pecten, pure essendo molto vicino al P. vigolenensis tipico, se ne distingue un poco più degli altri già menzionati, principalmente per l’assenza nella sua valva sinistra di costicine interstiziali. Altre differenze si notano però anche nella forma generale del contorno delle valve come risulta chiaramente anche dai rapporti delle dimensioni indicati nel quadro riportato in principio. È per queste ragioni che non ho creduto conveniente di riunire questo esemplare nella sinonimia del P. sfazzanensis May. Tuttavia, volendo si potrebbe considerare il Pecten stesso come una forma estrema della specie tipica, caratterizzata dalla man- canza di costicine nei solchi della valva sinistra e dall’ampiezza minima dell’angolo apicale (120°). In tal caso da questa si arriverebbe alle forme tipiche del P. sfazzanensis, che hanno i solchi della valva sinistra pluricostulati e l’apice dotato di un valore angolare massimo (128-29°), passando attraverso agli esemplari di P. stazzanensis della Sardegna, qui descritti e figurati, i quali, come dissi, hanno i solchi della valva sinistra unicostulati e l’angolo apicale simile a quello dell'esemplare di FucHs e di TRENTANOVE (120°). Il P. stazzanensis May. tipico, proviene dalle marne sabbiose giallastre a Cer. pictum, Cer. rubi- ginosum di Stazzano presso Novi (Piemonte), da lui riferite al Messiniano inferiore, ma ascritte successi vamente dal Sacco (Op. cit.) al Tortoniano superiore. Esso fu pure citato con lo stesso nome da me per la formazione marnoso-sabbiosa miocenica di San Giovanni in Galilea e pei terreni miocenici di Castel- larquato 2. Il maggior numero delle citazioni di questa specie porta, però, il nome di P. vigolenensis Sim. ed è appunto sotto questo nome che la specie è stata indicata, prima dal SimonELLI stesso, per le sabbie argillose azzurre di Vigoleno, da lui ascritte alla facies elveziana della parte inferiore del Mio- cene medio, (sebbene ritenute messinane dal Sacco, e tortoniane dal DE STEFANI), e successivamente dal TRENTANOVE (Op. cit.) pel Miocene medio di Rosignano Marittimo, da me pel Miocene medio pure di questa stessa località ® e pel Miocene superiore di .Capo S. Marco (= a medius Lux. in MENEGBINI), e finalmente da DEPERET e Roman pel Miocene di Corfù. Non è improbabile poi, come io credo, che gli esemplari che il Cocconi 4. ha citato come ?. Rollei Horn., provenienti dal Miocene di Vigoleno e di Scipione, debbano in parte almeno se non tutti, ri- ferirsi invece alla specie in esame. Forse il P. stazzanensis May. appartenne tanto al Miocene superiore quanto al Miocene medio. Degli esemplari sardi da me esaminati, quello a valve unite ed incompleto nella sua parte poste- riore (Tav. XXV [VIII], fig. 8) fu raccolto negli strati di Capo San Marco, già ritenuti tortoniani; la piccola valva sinistra (Tav. XXV [VIII], fig. 9) fu raccolta, insieme al 77. incrassatus ParstTcH nelle are- narie di Torre Iscala presso Santa Caterina di Pittinuri (Oristano) che io pure come il Lovisato credo spettante all’Elveziano. i TrenTANOVE. IZ Miocene Medio di Popogna e Cafaggio. Boll. Soc. geol. ital., vol. XX, pag. 526, tav. IX, fig. 14 (non fig. 13). Roma, 1901. ? E questo esemplare quello stesso che io ebbi occasione di descrivere poco tempo fa nel mio lavoro « Sopra alcuni Pettinidi di terreni miocenici italiani » e che, per un errore di cui io stesso non saprei rendermi ragione, in- Di come proveniente da Vigoleno, mentre è, invece, di Castellarquato, come è detto nel cartellino. ©) UgoLInI. Monogr. d. Pettinidi mioc. d. Italia centr. Boll. Soc. malac. ital., vol. XX, pag. 179. Pisa, 1899. dA esemplare che non fu figurato ancora è quello qui riprodotto alla tav. XXV [VIII] fig. 10. i Cocconi. Moll. mioc. e pliocenici, pag. 339. Bologna, 1873. [95] R. UGOLINI 223 # Località: — Capo S. Marco, Torre Iscala. Collezione: — Museo di Cagliari (questi due esemplari), Museo di Pisa (quello descritto e figu- rato in altro mio lavoro. Op. cit. in sin., tav. VII, fig. 5. 1903). AVVERTENZA Prima di chiudere questo lavoro debbo dire che le località donde proviene la fauna studiata non furono sempre precisate bene o correttamente scritte. Nel dare ora l'elenco di tutte le specie credo op- portuno d’indicare nuovamente la loro provenienza precisa e bene scritta come mi è stata gentilmente comunicata dal chiarissimo prof. DomENIco Lovisato che anche per questo titolo io debbo sentitamente ringraziare. 1. Chlamys varia Linn. — Bonaria (Cagliari), San Michele (Cagliari), Santa Caterina di Pittinuri (Oristano), Capo San Marco (Oristano). » var. percostulata Sacco. — 0. S. Marco. 2. Chlamys multistriata Por. — C. S. Marco, Bonaria. » var. limata GoLpr. — C. S. Marco. 3. Chlamys tauroperstriata Sacco. — Orosei. » var. simplicula Sacco. — Santa Reparata al Capo della Testa (Gallura). 4. Chlamys plubiensis n. sp. — Ploaghe. DE » gloriamaris Dus. pe Monte. — Monte Pertuxu (Ploaghe), Monte Alvu presso Bosa, Peschin’ Appiu non lungi da Santa Caterina di Pittinuri (Oristano). 6. Aequipecten opercularis Linn. — Bonaria, Capo Sant’ Elia (Cagliari), Ploaghe, Scala di Ciocca (Sassari). It » Malvinae Dus. pe Monmp. — C. S. Marco, Silatari presso il monticolo Coroneddu (Bosa), S. Michele, Scala di Ciocca, Rio Mannu (Portotorres). 8. » giavenensis n. sp. — Giave. EL » sub-Malvinae BLancrn. — Silatari, San Giorgio (fermata ferroviaria fra Sassari e Alghero), Abcalzu (fra Sassari e Osilo), Badde Crapolu (Sassari), Cappuccini (Cagliari), C. S. Marco. 10. » ventilabrum GoLpr. — C. S. Marco, Bonaria. Tal » scabriusculus Mata. — C. S. Marco, Poetto Sant'Elia. 12. » cfr. apenninicus Rover. — Badde Crapolu, Serra Loriga (Ploaghe). 113), » camaretensis Font. — C. S. Marco. 14. > Northamptoni Micur. — Fontanazza (a mare della miniera di Montevecchio), Perdas de Fogu (fra Sorso e Castelsardo), Bannari presso Ales (Cagliari). 15. » obliquatensis Sacco. — Fontanazza. 16. » Martellii n. sp. — Peschin ’Appiu, Barrali (non lungi da Senorbì). 17. Hlexopecien pes-felis Linn. — Cheremule. 18. » sardous n. sp. — Portotorres (Sassari), Piano (Bosa, Planargia), San Baingio Scapezzato (Porto- torres, Sassari). 19. Lyropecten Meli UgoL. — Sassari. 20. » nodosiformis Serr. Cagliari, S. Michele. » var. miocostulata n. var. — Capo della Frasca (Oristano). 21. Grigantopecten latissimus Br. — Bonaria. » var. unicosticillata n. var. — C. Frasca. » var. planulata n. var. — Is Meriones (Cagliari). 224 R. UGOLINI © i [96] 22. Gigantopecten cfr. restitutensis Font. — Bonaria. 23. » Holgeri Grim. — Fontanazza. 24. » variradiatus n. sp. — San Bartolommeo (Sant’ Elia, Cagliari), Is Meriones, C. Frasca. 25. Hinnites cfr. Brussonii Serr. — Nurallao non lungi da Laconi. 26. Inaequipecten Tournali Serg. — Bonaria, Torre Iscala non lungi da S. Caterina di Pittinuri, Fontanazza. » var. pseudo-Tournali n. var. (?) — Fontanazza. 27. Inaequipecten gibbangulatus Sacco. — C. Frasca. 28. » Lovisatoi n. sp. — C. Frasca, Peschin ’Appiu, S. Caterina di Pittinuri. 29. » arboreanensis n. sp. — C. Frasca, Nurri. 30. » solarium Lmx. — S. Bartolommeo. S1. » Karalitanus Men. — Cagliari, Is Meriones, Fontanazza, Genoni a due ore da Laconi. 32. » Pucintii Ueor. — Nurri, Is Meriones, Torre Iscala. 33. » planosulcatus Mara. — Is Meriones, Bonaria. 34. Amussium cristatum Bronn. — C. S. Marco, Vigna Pili (Fangario, Cagliari), Vigna Tealdi (Sassari), Orosei. 35. Amussium corneum Sow. var. denudata Reuss. — C. S. Elia, Cameseda di Ales (Cagliari), Villanova Forru non lungi da Sanluri. 36. Amussiopecten Burdigalensis Lux. — Sassari, Munis (Bosa, Planargia), Fontanazza. 37. » placenta Fucas. — Nurri, S. Michele, Crocetta di Piazza d’ Armi (Sassari), Vigna Tealdi. 38. » De Stefanii UcoL. — Bonorva, Giave, Tresnuraghes, Ploaghe. 39. » Pasini Mez. — Cappuccini. 40. » flabellum n. sp. — M. Coroneddu (Bosa). 4l. » Vinassai n. sp. — Castelsardo. 42. Flabellipecten incrassatus PartscHa. — Bonaria, S. Bartolommeo, Is Meriones, C. S. Elia. 43. » Besseri Anprz. — Munis. 44. » vindascinus Font. — C. S. Marco, 45. » bassanensis n. sp. — S. Michele. 46. » Grecoi n. sp. — Badde Crapolu. 47. Pecten eristatocostatus Sacco. — Bonaria. S. Bartolommeo, Ploaghe, Chiaramonti (Sassari). 48.» Labnae May. — C. S. Marco. 49.» Nicolai Vin. — Is Meriones. 50.» pseudo-Beudanti Dep. et Rom. — Nurri. 51. » ochi Loc. — Is Meriones, S. Remy (bastione di Cagliari), Nurra (non lungi da Portotorres). 52. » Paronai n. sp. — Piano. 53.» Macphersoni Bere. — C. S. Marco, Castelsardo. 54. » Benedictus Fonr. — O. S. Marco, Bonaria, S. Bartolommeo, C. Frasca, Torre Iscala, Castelsardo, San Giorgio, Portotorres. - » var. Fontannesi n. var. — Torre Iscala. 55. Pecten Lapedusae Trag. — Fontanazza, Genone. 56. » Josslingi Sara. — C. S. Marco, Nurri, S'Arcidano (Laconi), Semnariolo non lungi da Tresnuraghes. 57. » paulensis Fonr. — C. S. Marco, Fontanazza, C: S. Elia. 58. » revolutus Mcat. — C. S. Marco, Peschin ’Appiu. 69.» pertransversus Sacco. — Fontanazza. 69.» medius Lux. — C. S. Marco. 6L. » plano-medius Sacco. — Orosei. 62.» @nflatus Mir. — 0. S. Marco. 63. » staxzanensis May. — C. S. Marco, Torre Iscala. Finito di stampare il 30 dicembre 1908. NIUTISEOAO Lg PST 7A PATTI Baio Fic. Spiegazione della Tavola I [XI]. Lepton nitidum Turr. — 1, valva sinistra; 2a, valva destra internam. ; 26, la stessa esternam. ; 3a, valva sinistra; 3d, la stessa internam.; 4, valva destra: ingrandite 12 volte, — pag. 1 [MT]. Lepton subtrigonum JEFFR. — 5a, valva destra; 50, la stessa internam. : ingrandite 11 volte, — pag. 2 [118]. Lepton striatissimum n.sp. — 6a, valva sinistra; 60, la stessa internam.: ingrandite 6 volte; 7, valva destra, ingrandita 15 volte, — pag. 3 [79]. Lepton naviculare n. sp. Valva destra, ingrandita 6 volte, — pag. 4 [80]. Lepton (Epilepton) Clarkiae CLARK. — 9 e 11, valve sinistre; 10, valva sinistra internam; 12, valva destra internam.: ingrandite 6 volte, — pag. 4 [80]. Erycina mariana n. sp. — 13a, valva destra; 130, la stessa internam.; 13c, valva sinistra internam.: in- grandite 54/, volte, — pag. 6 [82]. Erycina ovalis n. sp. Valva destra, ingrandita 5 ‘/, volte, — pag. 6 [82]. Scacchia elliptica (ScaccHI) PHIL. Valva destra, a, esternam., d, internam. : ingrandita 3 volte, — pag. 7 [83]. Scacchia subquadrangularis n. sp. — 16, valva sinistra; 17a, valva destra; 17 d, la stessa internam.: ingran- dite 12 volte, — pag. 7 [83]. Kellya suborbicularisg MTG. sp. — 18a, valva destra; 185, la stessa internam.: ingrandite due volte; 19a, valva sinistra; 190, la stessa internam.; 20, valva destra: ingrandite 3 volte, — pag. 8 [84]. Rochefortia bidentata MTG. sp. — 21, valva sinistra; 22, valva sinistra internam.; 23a, valva destra; 235, la stessa internam.: ingrandite 6 volte, — pag. 9 [85]. Rochefortia gibbosula n. sp. Valva destra, a esternam., è, internam.: ingrandita 6 volte, — pag. 10 [86]. Rochefortia ovata JEFFR. sp. Valva destra, a, esternam., d, internam. : ingrandita 20 volte, — pag. 10 [86]. Rochefortia rotundata n. sp. Valva destra, a, esternam., è, internam.: ingrandita 20 volte, — pag. 11 [87]. Rochefortia Fontemaggii CONTI sp. — 27 a, valva destra; 27, la stessa internam.; 28, valva sinistra: in- grandite 11 volte, — pag. 11 [87]. : Montacuta substriata MTG. sp. — 29, valva sinistra internam.; 30, valva destra: ingrandite 10 volte; 31 a, valva destra; 310, la stessa internam.: ingrandita 7 volte, — pag. 12 [88]. Montacuta ferruginosa MTG. sp. — 32, valva destra; 33, valva sinistra: ingrandite 7 volte; 34, valva destra. internam.; 35, valva sinistra internam.: ingrandite 3 volte, — pag. 13 [89]. Solecardia (Spaniorinus ?) recondita FiscH. sp. — 37, valva sinistra; 38, valva destra; 39, valva sinistra in- ternam. : ingrandite 3 volte; 36a, valva sinistra; 360, valva destra internam.: ingrandite 2 volte, — pag. 15 [91]. Solecardia recondita var. triangularis n. var. Valva destra, ingrandita 3 volte, — pag. 16 [92]. Solecardia (Spaniorinus) Woodi Cossm. sp. — 41, valva destra; 42, valva destra internam.: ingrandite 5 volte, — pag. 16 [92]. Solecardia (Spaniorinus) farnesiniana n. sp. — 43a, valva sinistra; 435, la stessa internam.; 44, valva destra _ internam.: ingrandite 3 !/, volte, — pag. 17 [93]. — Solecardia (Spaniorinus) depressiuscula n. sp. Valva destra, ingrandita 6 volte, — pag. 17 [93]. N. B. — Tutte le figure di questa Tavola e delle seguenti, sono la riproduzione diretta di negativi fotografici. Tutti gli originali descritti e figurati, quando non sia altrimenti indicato, si conservano nell’ Istituto geologico della R. Università di Roma. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol. XIV, Tav. L CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana. [Tav. XI]. ELIOT CALZOLANIA FENNANIN- MILANO ant % si dx De tai ILLA n si pr Spiegazione della Tavola II [XIT]. Fi. 1-4. — Cardium aculeatum L. — 1 e 3, valve sinistre; 2, valva sinistra internam.; 4, valva destra, — pag. 18 [94]. » 5,6. — Cardium paucicostatum Sow.— 5, valva sinistra; 6, valva sinistra internam., — pag. 19 [95]. » 1-9 — Cardium paucicostatum var. Bianconiana Cocc. — 7, valva sinistra; 8, valva destra; 9, valva sinistra Guv.), — pag. 19 [95]. >» 10-15. — Cardium echinatum L. var. mucronata PoLi — 10 e 13, valve destre; 11, valva sinistra; 12, valva destra internam.; 14, valva sinistra internam.; 15, esemplare visto dalla parte superiore, — pag. 20 [96]. N. B.— Tutte le figure sono in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. IE 2 IVAMGTa va PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol. [Tav. XTI]. CERULLI- IRELLI, Fauna malacologica mariana. 'OLANIA FENNARIO=MILAN® ELIOT CAL. î 2 Y Ma N DIN Spiegazione della Tavola III [XIII] Fia. 1-6. — Cardium Deshayesi PAYR. —- 1,2,4e 5, valve sinistre; 3, valva destra; 6, esemplare visto dalla parte superiore, — pag. 20 [96]. » 7,8. — Cardium erinaceum Lx. — 7, valva sinistra; 8, valva destra, — pag. 21 [97]. » 9-11. — Cardium tuberculatum L.— 9 e 11, valve simistre; 10, valva destra, — pag. 22 [98]. » 12-14. — Cardium (Trachycardium) muiticostatum Br. — 12, valva sinistra; 13, valva destra internam.; 14, valva destra esternam., — pag. 22 [98]. N. B. — Tutte le figure sono in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. ICI Ten IDOL PALAEONTOGRAPHIA ITALICA vol. CERULLI-IRELLI, Fauna malacologica mariana. [Tav. XIII]. OLARIA FENNAMIC-MILAN® ELIOT CAL: UD HI Spiegazione della Tavola IV [XIV]. Fic. 1-4. — Cardium (Trachycardium) multicostatum Br. — 1, valva sinistra internam.; 2 e 4, valve destre (juv.); 3, valva sinistra (juv.), — pag. 22 [98]. » 5#*#-7#** — Cardium (Ringicardium) hians Br. — 5, esemplare visto dal lato destro; 6, valva sinistra; 7, valva destra, — pag. 24 [100]. » 8*-16*. — Cardium (Parvicardium) papillosum Poi. — 8 e 9, valve destre; 10 e 12, valve sinistre; 11, valva destra internam.; 13, esemplare visto dalla parte superiore (Tipo); 14, valva destra; 15, valva sinistra; 16, esemplare visto dalla parte superiore (f. depressa), — pag. 24 [100]. » 174-20%, — Cardium papillosum var. dertonensis MicHT. — 17, valva sinistra; 18, valva sinistra internam.; 19, valva destra; 20, valva destra internam., — pag. 25 [101]. > 121,122. — Cardium papillosum var. transversa n. var. Valve sinistre, — pag. 26 [102]. >» DB — Cardium (Parvicardium) sp. Valva destra, — pag. 26 [102]. » 24*#-27*#* — Cardium (Parvicardium) minimum PHIL. — 24 e 25, valve destre; 26, valva sinistra; 27, valva sinistra internam., — pag. 27 [103]. » N. B.— Le figure con *** sono a ?/3 della grandezza naturale; le figure con ** in grandezza tripla della naturale; quelle con * in grandezza doppia; le altre in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol. XIV, Tav. IV. CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana. [Tav. XIV]. ELIOK CALZOLAIt! 8 FENNANIO- MILANO cieli i ai ARTE SAVENA! Mi eda a Fre. 1*#-4*%. Do BET DE Di 953110 D Mea » 14-17. » 18,19 » 20, 21 Spiegazione della Tavola V [XV]. Cardium (Parvicardium) minimum PanIL. — 1, valva sinistra; 2 e 3, valve destre; 4, esemplare visto dalla parte superiore, — pag. 27 [103]. Cardium (Parvicardium) roseum Lx. — 5, valva sinistra; 6, valva destra; 7, valva sinistra, — pag. 28 [104]. Cardium (Parvicardium) fasciatum M'rG. Valva destra, — pag. 29 [105]. Cardium (Parvicardium) exiguum GmeL. — 9, valva sinistra; 10, valva destra, — pag. 30 [106]. Cardium (Parvicardium) hirsutum BrNn. — 11, valva destra; 12 e 13, frammenti della parte ante- riore (12), e posteriore (13) di valva più adulta, per mostrare la differenza di forma delle squamette costali dei due lati, — pag. 30 [106]. Cardium (Cerastoderma) edule L. var. umbonata Woop. — 14 e 17, valve destre; 15 e 16 valve sinistre, internam. ed esternam., — pag. 32 [108]. - Cardium edule var. contortula SAcco. — 18, valva destra internam.; 19, valva sinistra, — pag. 32 [108]. Cardium edule var. Lamarcki Resve. — 20, valva sinistra; 21, valva destra, — pag. 32 [108]. Cardium (Laevicardium) norvegicum SpeENnGL. — 22, valva destra; 23, valva sinistra; 24, valva si- nistra internam.; 25, valva destra internam.; 26 e 27, valve sinistre, — pag. 32 [108]. Cardium (Laevicardium) oblongum CHEMN. — 28 e 30, valve destre; 29, valva sinistra; 31, altra valva sinistra (juv.), — pag. 33 [109]. i Cardium (Laevicardium) Jeffreysi RicAccI. — 32a, valva sinistra; 320, valva destra, — pag. 34 [110]. N. B.— Le figure con *** sono in grandezza quadrupla della naturale; le figure con ** in grandezza tripla; quelle con * in grandezza doppia; le altre in grandezza naturale. \ Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA CERULLI- IRELLI, Fauna malacologica mariana. Vol. IV Team VW ELIOT CALZOLAIIN FENNARIO=- MILANO Spiegazione della Tavola VI [XVI]. Fig. 1-3. — Cardium (Discors) laevinflatum Sacco sp. — 1, valva sinistra; 2, valva destra; 3, valva sinistra (@uv.), — pag. 34 [110]. » 4*. — Cardium (Nemocardium) striatulum Br. Valva destra, — pag. 35 [111]. » 5-11. — Chama gryphoides L. — 5 e 7, valve inferiori o fisse; 6, 8-10, valve superiori o libere; 11, valva inferiore (var. pseudo-unicornis SAcco), — pag. 36 [112]. » 12-20. — Chama placentina Derr. — 12a, valva inferiore, 120, valva superiore; 13 e 14, valve inferiori; 15, valva superiore internam.; 150, valva inferiore internam.; 16 e 17, valve superiori (juv.); 18, valva superiore (var. foliosa); 19, valva superiore (var. percosticillata SAcco); 20, valva inferiore internam. (var. unicor- naria LK.), — pag. 37 [113]. N.B.— Tutte le figure sono in grandezza naturale, ad eccezione della tigura 4*, che è in grandezza doppia della naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. RAESEHONEOGRARETM IVA CA VO NE rav Va CERULLI- IRELLI, Fauna malacologica mariana. [Tav. XVI]. ELIOT CALZOLAI!M FENNARIO- MILANO Spiegazione della Tavola VII [XVII]. Wie. 1,2. — Chama gryphina Lx. — 1a, valva superiore o libera; 10, valva inferiore o fissa; 2, valva superiore, — pag. 38 [114]. b » 3-10. — Cyprina islandica L. sp. — 3-5, valve destre; 6, valva sinistra internam.; 7, valva destra (Juv.); 8, valva sinistra internam. (juv.); 9, esemplare visto dal lato sinistro (f.® subtrigona); 10, valva destra (f.* subro- iunda), — pag. 39 [115]. N.B. — Ad eccezione delle figure 1, 2, 7 e 8 che sono in grandezza naturale, tutte le altre sono leggermente impiccolite. Palaeontographia italica, vol. XIV, 9U8. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol. XIV, Tav. VII. CERULLI-IRELLI, Fauna malacologica mariana. [Tav. XVII]. ELIOT CALZOLANIA FENNARIO- MILANO se Pra e) a i Spiegazione della Tavola VIII [XVIII]. FIG. 1,2. — Cyprina islandica L. sp. — 1, valva destra internam.; 2, valva sinistra (f.2 transversa), — pag. 39 [115]. » 3-5. — Isocardia cor L. var. Mayeriana Cocc. sp. — 3 e 4 valve sinistre; 5, valva sinistra internam., — pag. 41 [117] » 6,7. — Meretrix (Amiantis) Brocchii DesH. sp. — 6, valva destra; 7, esemplare visto dal lato sinistro, — pag. 42 [118]. » 8-10. — Meretrix (Callista) chione L. sp. — 8, valva sinistra; 9, valva desio iniezione 10, valva destra esternam., — pag. 43 [119]. 3 i N.B.— Tutte le figure sono in grandezza naturale, ad eccezione delle figure 1 e 2, che sono leggermente più piccole del naturale. r Palaeontographia italica, vol, XIV, 1408. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol. XIV, Tav. VIIL CERULLI- IRELLI, Fauna malacologica mariana. [Tav. XVIII]. ELIOT CALZOLARIA FENNARIO-MILAND dè pin 83} i Vi Terni LIL FOE Oi TE id Fre. 1-3. — 4,5, 6, 7-10, 118% — 19%-17*, 18#F, 194 — 23-30. — 31,32. SE 33 a, d. —_ Spiegazione della Tavola IX [XIX]. Meretrix (Callista) chione L. sp. — 1, valva sinistra (jwv.); 2, valva destra (juv.); 3a, valva destra; 3b, valva sinistra internam., — pag. 43 [119]. Meretrix (Pitar) rudis PoLI sp. — 4, 7, 11, valve destre; 5, valva destra internam.; 6a, valva destra; 60, valva sinistra internam.; 8 e 9, esemplari visti dalla parte superiore; 10, valva sinistra, — pag. 43 [119]. Gouldia minima MG. sp. — 12, valva destra; 13, valva sinistra internam. (tipo); 14, valva destra internam.; 15 valva sinistra (var. triangularis MTG.): 16 e 17 valve destre; 18, valva sinistra (var. rotondula): 19, valva sinistra (var. elongatella SAcco), — pag. 44 [120]. Dosinia exoleta L. sp. — 20a, valva destra; 205, valva sinistra internam.; 21, valva sinistra (var. cfr. major B. D. D.), — pag. 45 [121]. Dosinia exoleta var. lentiformis Sow. Valva destra, — pag. 45 [121]. Dosinia lupinus L. var. lincta PULTN. sp. — 28a, valva sinistra; 23d, valva destra internam.; 24a, valva destra; 24b, valva sinistra internam.; 25 valva sinistra; 26, valva sinistra internam.; 265, valva destra; 27 a, valva sinistra; 27b, valva destra internam.; 29, valva destra; 30, valva sinistra, — pag. 46 [122]. Dosinia lupinus var. nitens (DoDERL.) PANT. sp. — 31, valva destra; 32, valva sinistra, — pag. 47 [123]. Dosinia Portisi n. sp. Valva destra, @ vista esternam., db, internam., — pag. 48 [124]. N. B. — Le figure con ** sono in grandezza tripla della naturale, quelle con*in grandezza doppia, tutte le altre in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALAVTONITOCRAETA IALIA Val SON Tav 15 CERULLI-IRELLI, Fauna malacologica mariana. [Tav. XIX]. ELIOT CALZOLAI?IA FENNAINO-MILAN® ble, = s) Pi rin n atbbior -i CI AI EURO TeS0O sed Leo VI b = LORENA AVIS off IRURrtiTÀ SS Ai et [e] % x Spiegazione della Tavola X [XX]. la, db. — Dosinia Portisi var. affinis n. var. Valva destra, a, vista esternam., d, internam., — pag. 49 [125]. 2a, db. — Dosinia Distefanoi n. sp. Valva sinistra, a, internam., è, esternam., — pag. 49 [125]. 3,4,5**. — Venus (Ventricola) verrucosa L. — 3a, valva destra; 36, valva sinistra internam.; 4, valva destra; 5, valva sinistra (juv.), — pag. 50 [126]. 6,7, 85. — Venus (Ventricola) casina L. — 6a, valva sinistra; 60, valva destra internam.; 7, valva destra; 8, valva destra (juv.), — pag. 50 [126]. 9. — Venus casina var. Aradasi B.D.D. Valva sinistra, — pag. 51 [127]. 10-16, 17**, 18**. — Venus (Ventricola) multilamella Lx. sp. — 10, valva destra; 11, valva destra internam.; 12 e 13, valve sinistre; 14, valva sinistra internam.; 15, valva sinistra internam. (juv.); 16 valva destra (juv.); 17, valva sinistra (juv.); 18, valva destra internam. (jguv.), — pag. 52 [128]. N. B. — Tutte le figure sono in grandezza naturale, ad eccezione di quelle con **, che sono in grandezza tripla della naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol. XIV, Tav. CERULLI-IRELLI, Fauna malacologica mariana. ELIOT CALZOLA[!R FENNANRO-MILAND LEN LI bmpa AA IRAN È PED UVA SI Tec hi 19 Net le DIAL na) È \ AMIN (SER ERTTIO) inve Sai Spiegazione della Tavola XI [XXI]. Fre. 1-7. — Venus (Ventricola) multilamella Lx. sp. — 1-3, valve sinistre; 4, valva destra; 5, valva destra (var. Boryi DesH.); 6, valva sinistra (var. perlamellosa SAcco); 7, valva destra (var. subrotunda SACCO), — pag. 52 [128]. » 8-16. — Venus (Yentricola) lame!tosa De RAYN. — 8 e 12, valve sinistre; 9 e 11, valve sinistre internam.; 10, 14 e 15, valve destre; 13, valva destra internam.; 16, esemplare visto dalla parte superiore, — pag. 53 [129]. » 17. — Venus lameilosa var. rhysaiea Font. sp. Valva destra, — pag. 54 [130]. » 13-20. — Venus lamellosa var. gibbosula n. var. — 18, valva destra; 19 e 20, valve sinistre, — pag. 54 [130]. » 21, 22,23** — Venus (Ventricola) libellus De RAYn. — 21, valva destra; 22 valva destra, a, esternam., d, internam.; 23, valva sinistra (juv.), — pag. 55 [131]. » 24381. — Venus (Chamelasa) gallina L. — 24a, valva destra; 245, valva sinistra internam.; 25, 26, 28, 29, valve destre; 27, 31, valve sinistre; 30, valva destra internam., — pag. 56 [132]. » 32##*40**. — Venus (Clausinella) fasciata DA Costa sp. — 32, valva destra internam.; 33, valva sinistra internam.; 34, 37,39, 40, valve sinistre; 35, 36, 38, valve destre, — pag. 57 [133]. » 4la”** b. — Venus (Clausinella) scalaris Ben. Valva sinistra, a, esternam., d, internam., — pag. 57 [133]. N. B. — Le figure con*** sono in grandezza 1/3 maggiore della naturale, quella con ** in grandezza tripla, le altre in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA Vol. XIV, Tav. XI CERULLI - IRELLI, Fauna malacologica mariana. [Tav. XXI]. ELIOT CALZOLANRI& FENRARIO-MILAN® cu VI Spiegazione della Tavola XII [XXII]. Fre. 1***9**## — Venus (Timoclea) ovata PENNT. — 1, 4, 6, 7, 9, valve destre; 2 e 8, valve sinistre; 3, valva sinistra internam.; 5, valva destra internam., — pag. 58 [134]. 10*#FF#, — Venus ovata var. cancellata n. var. Valva destra, — pag. 58 [134]. 11-13. — Lucinopsis undata PENNT. — lla, valva destra; 11 d, la stessa internam.: 12, valva sinistra internam.; 13, esemplare dal lato destro (var. aequalis JEFFR.), — pag. 58 [134]. 14-17. — Tapes rhomboides PeNNT. sp. — 14, valva sinistra; 15, valva destra; 16, valva destra internam.; 17, esemplare dal lato destro, — pag. 59 [135]. 18. — Tapes eremita Br. sp. Esemplare dal lato sinistro, — pag. 60 [136]. 19,20. — Tapes senescens DopERL. — 19, valva sinistra internam., 20, valva sinistra esternam., — pag 61 [137]. 21. — Tapes senescens var. rotundata. — Valva destra, — pag. 61 [137]. 29° — Tapes senescens var. subtriangularis. — Valva destra, — pag. 61 [137]. 23. — Tapes senescens var. umbonata. — Valva destra, — pag. 61 [137]. 24, — Tapes senescens DopeRL. Valva destra (Tipo Tapes caudatus D’ ANCONA), — pag. 62 [138]. 25. — Tapes (Pullastra) aureus GmeL. sp. Valva sinistra, — pag. 62 [138]. 26,27. — Tapes (Amygdala) decussatus L. sp. Valve destre, — pag. 62 [138]. 28a-d. — Venerupis irus L. sp. — a, e db, valva destra: esternam. e internam., c, e d, valva sinistra esternam. e internam., — pag. 62 [138]. (Coll. priv. CLERICI). N. B. — Le figure con***#* sono in grandezza quattro volte maggiore della naturale; quelle con*** in grandezza 1/3 maggiore della naturale; tutte le altre in grandezza nuturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PAEANEONTOGRARHIATKEATRICAVORxIV Tav 011 CERULLI- IRELLI, Fauna malacologica mariana. [Tav. XAII]): ELIOT CALZOLAItI A FENNARIO- MILANO Ù la Dù fa è - \ SNES 2a FAdIT ì ’ ì G î . + x è È * DI x \ d Ò vr i Ù r + ì DI of x x n ) r Ù « - x È ci ® a = PL n I i dI . y i D , al ni ® Do - nni È Ì (1 % A pre ù è Ù si) A E, a Spiegazione della Tavola XIII [I]. Fia. 1. — Tylocidaris Scarabellii n. sp. Località: Serra dei Guidoni. Collezione: MANZONI, — pag. 66 [2]. . — Tylocidaris Soarabellii n. sp. Località: Serra dei Guidoni. Collezione: MANZONI, — pag. 66 [2]. . — Dorocidaris Mazzetti n. sp. Località: Pavullo. Collezione: MAZZATTI, — pag. 70 [6]. . — Dorocidaris Mazzettii n. sp. Località: S. Leo. Collezione: MANZONI, — pag. 70 [6]. 2 3 4 » 5. — Phyllacanthus verticilum (MAZz.) Località: Jola. Collezione: MAZZETTI, — pag. 73 [9]. 6. — Tristomanthus Pantanellii n. sp. Località: Serra dei Guidoni. Collezione: MANZONI, — pag. 76 [12]. 7. — Milletia marginata (Mazz.) Località: Montese. Collezione: MANZONI, — pag. 78 [14]. 8. — Milletia angulosa (MAZZ.) Località: Salto. Collezione: MAZZETTI, — pag. 78 [14]. 9. — Milletia angulosa (Mazz.) Località: Salto. Collezione: MAZZETTI, — pag. 78 [14]. » 10. — Echinolampas angulatus MéR. Località: Montese. Collezione: MANZONI, — pag. 79 [15]. » 11. — Echinolampas angulatus MéR. Località: Montese. Collezione: MAZZETTI, — pag. 79 [15]. » 12. — Echinolampas angulatus MéR. Località: Montese. Collezione: MAZZETTI, — pag. 79 [15]. » 13. — Echinolampas angulatus MR. Località: Serra dei Guidoni. Collezione: MANZONI, — pag. 79 [15]. » 14. — Echinolampas Lorioli n. sp. Località: Montese. Collezione: MANZONI, — pag. 83 [19]. » 15. — Echinolampas Peroni n. sp. Località: Montese. Collezione: MANZONI. — pag. 84 [20]. » 16. — Echinolampas italicus Lam. Località: Montese. Collezione: MANZONI, — pag. 85 [21]. » 17. — Echinolampas italicus LAMmB. Località : Montese. Collezione: MANZONI, — pag. 85 [21]. » 18. — Echinolampas montesiensis (MAzz.) Località: Serra dei Guidoni. Collezione: MANZONI, — pag. 88 [24]. N.B.— Tutte le fotografie e figure sono di grandezza naturale, eccetto le 2 e 5, leggermente ingrandite. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALATON'TOGRAPREIA MALGA, Vel sh Maw IN STEFANINI, Echinidi del Miocene medio dell’ Enuilia. i [Tav. 1]. ELIOT CALZOLANIA FENNATÙI) - MILANO SÈ Spiegazione della Tavola XIV [II]. Fig. 1. — Toxopatagus italicus (Manz. et Mazz.) Località: Casalecchio. Collezione: Manzoni, — pag. 90 [26]. » 2. — Toxopatagus italicus (Manz. et MAzz.) Località: Serra dei Guidoni. Collezione: MANZONI, — pag. 90 [26]. » 3. — Toxopatagus italicus (Manz. et Mazz.) Località: S. Leo. Collezione: MANZONI, — pag. 90 [26]. » 4. — Heterobrissus Montesii Manz. et Mazz. Località: S. Leo. Collezione: MANZONI, — pag. 95 [31]. >» 5. — Heterobrissus Montesii Manz. et Mazz. Località: S. Leo. Collezione: MANZONI, — pag. 95 [31]. N.B.— Tutte le fotografie sono di grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XIV, Tav. XIV. STEFANINI, Echinidi del Miocene medio dell’ Enulia. [ Tav. II]. ELIOT CALZOLA]ttA FENNAMEI - MILANO i vat i ” ERA NI REAL Fic. 1. INNI » 3. » 4 » 5 3 Spiegazione della Tavola XV [III]. Heterobrissus Montesii MAnz. et Mazz. Località: Montese. Collezione: MAZzETTI, — pag. 95 [81]. Linopneustes Pareti Manz. Località: S. Leo. Collezione: MANZONI, — pag. 98 [34]. Linopneustes Pareti MAnz. Località: S. Leo. Collezione: MANZONI, — pag. 98 [84]. Linopneustes Pareti Manz. Località: S. Leo. Collezione: MAnzoNI, — pag. 98 [34]. Eupatagus pressus MAzz. Località: Salto. Collezione MAZZETTI, — pag. 100 [36]. » 6. — Eupatagus sp. Località: Montese. Collezione: MANZONI, — pag. 101 [87]. N.B.+ Tutte le fotografie sono di grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PIAIEAEONITO GRIAPRIETAICRANEICA Vol SV idav. XIV STEFANINI, Echinidi del Miocene medio dell’ Emilia. [Tav. II]. ELIOT GALZOLAItI A FENNARCIO = MILANO si. Spiegazione della Tavola XVI [IV]. Fig. 1. — Mariania Marmorae (AcAss. et Des.) Località: Serra dei Guidoni. Collezione: MANZONI, — pag. 105 [41]. » 2 — Spatangus corsicus Des. Località: S. Maria Vigliana. Collezione: MANZONI, — pag. 107 [43]. » 3. — Spatangus De-Stefanii n. sp. Località: S. Leo. Collezione: MANZONI, — pag. 112 [48]. » 4. — Spatangus subconicus Mazz. Località: Pantano. Collezione: MAZZETTI, — pag. 113 [49]. » 5. — Spatangus aequedilatatus Mazz. Località: Serra dei Guidoni. Collezione: MAZzaTTI, — pag. 116 [52 . N.B.— Tutte le fotografie sono di grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XIV, Tav. XVI. STEFANINI, Echinidi del Miocene medio dell’ Emilia. [Tav. IV]. ELIOT. CALZOLANI& FENNANIO- MILANO TO A Go FA ba ce ME Fic. CIA Spiegazione della Tavola XVII [I]. Lithothamnium sp. Sezione longitudinale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 122 [2]. Orbitolina Paronai PREVER. Sezione longitudinale. Località: Rupe del Castello di Termini-Imerese, — pag. 123 [3]. Rotalia? sp., A. Sezione trasversale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 125 [5]. Calcarina sp., B. Sezione trasversale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 125 [5]. Omphalocyclus macropora (LAMCK.), A. var. Schlumbergeri A. SiLv. Sezione equatoriale. Località: Calca- sacco (Termini-Imerese), — pag. 128 [8]. Omphalocyclus macropora (LAmcK.) A. var. Schiumbergeri A. Sicv. Sezione meridiana. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 128 [8]. Omphalocyclus macropora (LAmcx.), B. var. Schlumbergeri A. SiLv. Sezione meridiana. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 128 [8]. Orbitoides media (D’ ARCH.), A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — , pag. 136 [16]. Orbitoides media (’ARCH.), A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 136 [16]. Orbitoides media (p’ARCH.), A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — . 136 [16]. (e) pa (e) Orbitoides media (D’ARCH.), A. Sezione meridiana. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 136 [16]. Doryderma? sp. Sezione longitudinale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 156 [36]. N. B. — Tutte le figure sono ingrandite 22 volte. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. XIV, Tavo SOVINE Vol. PALATONTOGIRAIEIV IMRALIG/A. [Tav. 1]. A. SILVESTRI, Fossil cretacei di Termini - Imerese. ELIOT CALZOLARIN FERKNRIO-MILANO AUOT. PHOT, 5, ba”) * Spiegazione della Tavola XVIII [IT]. Fig. 1. — Orbitoides apiculata ScHLUMB., A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 143 [23]. » 2. — Orbitoides apiculata ScHaLUMB., A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 143 [23]. » 3. — Orbitoides gensacica (Leym.), A. Sezione tangenziale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 147 [27]. » 4. — @rbitoides gensacica (Levm.), A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), — pag. 147 [27]. » 5. — Orbitoides gensacica (Levm.), B. Sezione meridiana. Località: Vallone Trepietre (Termini-Imerese), — pag. 147 [27]. N. B. — Tutte le figure sono ingrandite 22 volte. Palneontographia italica, vol. XIV, 1908. SAI Mao NOVE Vol. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, [Tav. 11]. A. SILVESTRI, Fossili cretacei di Termini - Imerese, MILANO ELIOT CALZOLARIA FERKARIO= AUOT. PHoT. N Di n n “ v CI da fi Mi T u I) Ù Ri ca ; : È x i i dad DI ba > gl 7 Vara “\ = - î Ù Ù Ù) A a j n ts n i Pa ì ta 5 d 4 2 Ò n Di fi n pù a Pa i Ù a n 7) E © | 2 ; UE & a i Cos Spiegazione della Tavola XIX [III]. Fi. 1. — Omphalocyclus macropora (LAmcx.), A. Faccia esterna. Località: Maastricht (Belgio), — pag. 128 [8]. » 2. — Orbitoides apiculata ScaLuMB., A. Sezione meridiana. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), pag. 143 [23]. » 3. — Orbitoides apiculata ScaLUME., A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), pag. 143 [23]. » 4. — Orbitoides gensacica (Leym.), A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese ), pag. 147 [27]. » 5. — Orbitoides gensacica (Leym.), A. Sezione meridiana. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), pag. 147 [27]. » 6. — Sphaerulites o Radiolites sp. Sezione longitudinale d’un frammento. Località: Calcasacco (Termini- Imerese), — pag. 156 [36]. N. B.— Tutte le figure sono ingrandite 22 volte. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. XIV, Tav. XIX. A. SILVESTRI, Fossil cretacei di Termini - Imerese, [Tav. 111]. AUCT. PHOT. ELIOT CALZOLARIA FERNAKIO-MILANO va ner fi Di x o UU Ma Co pen 1 SA DRS : . È ato nu FRS -.. 4 = d Î CI LO A x P i x E Ni N a A - »i a da x tr \ ai v } wii 5 dCI ARA sà s- x nei A N H Ca l FCR À iN, b x ) Val DI Vv - i : Pi : a iu agli Ù f] Ù CRI Ù cn i ’ ti i 1 “i ” n ®i na Îl Pi Ù È, } ri È a ì o; "Wi PERE, È & Uri ni si PONI mi, TI Ripi : 7 Ci | n ini n LS bi =, NO ta 2 DI Îì sa a LIVAR ’ Li Li 5 fe ni ui î ui , É 7 le 3 ni | î , : = F ” % 4 CÀ - ap 4 E x a n $ JN 29 © a e ij DI % L' Ul nti LONS uc Li x » a Dl » di Sa pa a J 4 L; aa ; v A Y va G 7 fa v ti n Cai “ti Ù 3 È i Ù e) Ve) n» PASSA î 4 da ul “i . hi n h (1 di È & 2A. MILO 230 gi Roo î y l n + w ale A dì Pi LI Di x în i 0 È » Ni) i 3 3 Ù ue, Ù Si Lato * ") LI » ca tei‘ ci } i À ì * \ x È il n CI ) î n 7 a ù DI sh , ” PERL : i ? PI ‘ i è ' È e fi ; bai S si K $ % 4 du } Ù 0-1“ POBRI) 1-0 Ù tir i 2 , Spiegazione della Tavola XX [IV]. Fre. 1. — Omphalocyclus macropora (LAmcx.), B. Sezione meridiana. Località: Maastricht (Belgio), — pag. 128 [8]. » 2. — Orbitoides gensacica (Levm.), A. Sezione meridiana. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), pag. 147 [27]. » 3. — Orbitoides gensacica (Levm), A. Sezione meridiana. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), pag. 147 [27]. » 4. — Orbitoides gensacica (LEym.), A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), pag. 147 [27]. » ©. — Lepidorbitoides Paronai A. SiLv., A. Sezione equatoriale. Località: Calcasacco (Termini-Imerese), pag. 150 [30]. » 6. — Lepidorbitoides Paronai A. SiLv., A. Sezione meridiana. Località, Calcasacco (Termini-Imerese), pag. 150 [30]. N. B.— Tutte le figure sono ingrandite 22 volte. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. ZI, Alamo SE, Vol. PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, [Tav. IV]. A. SILVESTRI, Fossili cretacei di Termini - Imerese. rTZI to to mA MISARA È CIC > ELIOT CALZOLARIA FERKAKIO- MILANO AUCT. PHOT. DL art puuitgton tinti sila nd A RT E ERA lhi Spiegazione della Tavola XXI [I]. Fic. 1. — Cyathophylium Taramellii De AnG. Cas. Lodin (2 :1), — pag. 172 [2]. » 2. — Cyathophylium vermiculare Gprs. Lodin (2:1), — pag. 173 [3]. » 3. — Heliolites porosus Gprs. Lodin, — pag. 175 [5]. » 4. — Meliolites interstinetus L. sp. Lodin, — pag. 175 [5]. » 5. — Heliolites Barrandei Horn. in PEN. Lodin — pag. 176 [6]. » 6. — Heliolites Barrandei Horn. in Pen. Lodin (2:1), — pag. 176 [6]. ES | Favosites Goldfussi M. E. H. Lodin, — pag. 177 [7]. » 8. — Favosites Thillae De An. Val di Puartis, — pag. 177 [7]. » 9. — Favosites Thildae De AnG. Lodin, — pag. 177 [7]. » 10. — Alveolites cfr. Labechei M. E. H. Lodin, — pag. 178 [8]. » 11. — Actinostroma clathratum NicH. Lodin, — pag. 179 [9]. » 12-13. — Actinosiroma clathratum NicH. Lodin (2: 1), — pag. 179 [9]. » 14. — Actinostroma clathratum Nic®. Val di Puartis, — pag. 179 [9]. » 15. — Actinostroma clatiratum NicH. Lodin, — pag. 179 [9]. » 16. — Actinostroma clatiratum NicH. Sezione trasversale (10 :.1), — pag. 179 [9]. » 17. — Actinostroma clathratum Nic®. Superficie (2: 1), — pag. 179 [9]. » 18. — Clathrodictyum regulare Rosen. Lodin, — pag. 182 [12]. » 19. — Clathrodictyum regulare Rosen. Sezione tangenziale (10: 1), — pag. 182 [12]. » 20. — Clathrodictyum regulare Rosen. Sezione trasversale (10:11), — pag. 182 [12]. » 21. — Actinostroma intertextum NicH. Sezione tangenziale (10: 1), pag. 181 [11]. » 22. — Actinostroma bifarium Nica. Lodin (2: 1), — pag. 181 [11]. » 23. — Clathrodictyum bohemicum Pocra. Sezione trasversale (10: 1), — pag. 183 [13]. » 24. — Caunopora sp. Lodin, — pag. 185 [15]. » 25. — Stromatopora cfr. discoidea Lonsp. sp. Lodin (2,5: 1), — pag. 184 [14]. » 26. — Stromatopora cfr. discoidea Lonsp. sp. Lodin (10:11), — pag. 184 [14]. N. B. — Gli esemplari originali si conservano nel R. Museo Geologico della Università di Pisa. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. IR/AILVA LO N'ITO(GIRYARIEDIVA VINASSA, Fossili dei M. di Lodin. SIRIA: Da 4 3A RONSSSO Ln PN a 2 12 E AR cio 3 er ve DTA. fb ann apatia AUT. FOT. E DIS. ITA: Vel SI, Tav. XI, ELIOT CALZOLARI &SFENRARIO-MILANO : A È a ° fi Ù (o va o v to È i van nt - în i li x hi “ DI DI * ì 3 Ù e È o “ 5 = Pi 4 » RI 4» Co ' ) CS FIG. Spiegazione della Tavola X.XII [VI]. 1. — Amussiopecten Koheni FucHs. Valva destra. Fangario. L’'orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 191 [63]. 2. — Amussiopecten Koheni Fucas. Valva sinistra di un giovane individuo. San Michele. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 191 [63]. 3a,b.— Amussiopeten Koheni FucHs. — 3a, valva destra di un individuo adulto; 30, valva sinistra del medesimo. San Michele. L’ orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 191 [63]. 4. — Amussiopecten Koheni Fucas. Valva sinistra incompleta. San Michele. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 191 [63]. 5a,b.— Amussiopecten Koheni FucHs. — 5a, valva destra incompleta; 50, valva sinistra. San Michele. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 191 [63]. 6a,b.— Amussiopecten Koheni Fucas. — 6a, valva destra; 60, valva sinistra. San Michele. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 191 [63]. Ta,b.— Amussiopecten Manassei n. sp. — 7a, valva destra; 7, valva sinistra. San Michele. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 192 [64]. N. B.— Tutti gli esemplari sono figurati in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. KXIIT IN'ALIGA, Vel XXV, Ta PALAEONTOGRAPHIA [Tav. V]. UGOLINI, Monografia dei Pectinidi neogenici della Sardegna. ULARI FERRARIO-MILANO ELIOT CAL, È si ù ; pre da ni no M DER. vi NG: Î s “ x 3. - o: î Di ' $ 3 tig ve Parogen Ri ptt cieli LETTE EZIO Hi Spiegazione della Tavola XXIII [VI]. Fi. 1. — Amussiopecten Koheni FucHs. (Vedasi anche Tav. XXII [V] fig. 1-6). Valva sinistra di un giovane individuo. Fangario. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 191 [63]. » 2. — Amussiopecten Koheni Fucus. Valva sinistra di altro giovane individuo. San Michele. L’ orig. nel Museo Gi Cagliari, — pag. 191 [63]. » 3. — Flabellipecten incrassatus PartscH. Valva sinistra incompleta di un giovane individuo. Is Meriones. L'orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 194 [66]. » 4. — Flabellipecten incrassatus PARTSCH. Valva sinistra incompleta di un individuo adulto. Dintorni di Cagliari. L° orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 194 [66]. » 5. — Flabellipecten Besseri Anprz. Valva destra incompleta. Munis (Bosa, Planargia). L’orig. nel Museo di Ca- gliari, — pag. 196 [68]. N.B.— Tutti gli esemplari sono figurati in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PRALATONTOGIRARIEIN IMRALIG, Mok INS av SOGNI UGOLINI, Monografia dei Pectinidi neogenici della Sardegna, [Tav. VI]. ELIOT CALZOLAItIA FENNANMO- MILANO i i ue: MEC | Li n a e I A gra ni Segr ioha pira x f n n ca " DE RO LR \ REI port n n LI Doe & Dr) O. a 7 i 7 b N DE o È Pe Ù Ù 7 x 5 na U DI “ Ò LI a ci i dl è My Î : i È KE; - D- Ù : i Di d ra Ù - Pai : 1 = x ANA » »d Spiegazione della Tavola XXIV [VII]. 1,2. — Flabellipecten vindascinus Font. — 1, valva destra incompleta; 2, valva sinistra incompleta di un altro in- dividuo. Capo San Marco. L’orig. 1 nel Museo di Cagliari; l’orig. 2 nel Museo di Pisa, — pag. 197 [69]. 3. — Flabellipecten bassanensis OpPENH. Valva sinistra. San Michele. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 198 [70]. 4,5. — Flabellipecten Grecoi n. sp. Valve destre. Badde Crapolu. Gli orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 199 [71]. 6. — Pecten cristato-costatus SAcco. Valva destra. Chiaramonti (Sassari). L’ orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 200 [72]. 7. — Pecten cristato-costatus Sacco. Valva destra. Ploaghe. L’orig. nel Museo di Pisa, — pag. 200 [72]. 8. — Pecten Labnae May. Valva destra incompleta. Capo S. Marco. L’ orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 202 [74]. 9. — Pecten Nicolai Vin. Valva destra. Is Meriones. L’ orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 203 [75]. 10,6. — Pecten pseudo-Beudanti DeP. et Rom. — 10a, valva destra; 105, valva sinistra. Nurri. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 205 [77]. 11. — Pecten Kochi Loc. Valva destra. Is Meriones. L’ orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 205 [77]. 12. — Pecten Paronai n. sp. Valva sinistra. Piano (Bosa). L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 207 [79]. 13. — Pecten Macphersoni Bere. Valva destra incompleta. Capo S. Marco. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 207 [79]. 14. — Pecten benedictus Lmr. Valva destra. Capo Frasca. L’originale nel Museo di Cagliari, — pag. 208 [80]. 15. — Pecten Lapedusae TraB. Valva destra incompleta. Genone. L’orig. nel Museo di Pisa, — pag. 210 [82]. 16a,b.— Pecten Josslingi SuitH. — 16a, valva destra; 160, valva sinistra. Nurri. L’ orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 211 [83]. 17. — Pecten Josslingi. Valva destra. Capo S. Marco. L' orig. nel Museo di Pisa, — pag. 211 [83]. N.B.— Tutti gli esemplari sono figurati in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PALATONTOGIRIA III INDAGA, Val SSD tav, SV UGOLINI, Monografia dei Pectinidi neogenici della Sardegna. È [Tav VII]. ELIOT CALZOLAIA FENNANIO-MILANO MII na de” Ma Spiegazione della Tavola XXV [VIII]. Fic. 1. — Pecten paulensis Font. Valva sinistra. Capo S. Marco. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 213 [85]. » 2,3. — Pecten revolutus Micat. Valve destre. Capo S. Marco. Gli orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 215 [87]. » 4,5. — Pecten pertransversus Sacco. Valve destre. Fontanazza. Gli orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 216 [88]. » 6. — Pecten cfr. inflatus Mir. Valva destra. Capo S. Marco. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 218 [90]. » a,b.— Pecten cfr. inflatus Mir. — 7a, valva destra incompleta; 76, valva sinistra incompleta. Capo S. Marco. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 218 [90]. » 8. — Pecten stazzanensis May. Valva destra incompleta. Capo S. Marco. L’orig. nel Museo di Cagliari, — pag. 219 [91]. » 9. — Pectenstazzanensis May. Valva sinistra incompleta. Torre Iscala. L’orig. nel Museo di Cagliari, pag. 219 [91]. » 10a,b.— Pecten stazzanensis May. (= orig. del P. etruscus DE STEF. in schedis). — 10a, valva destra; 105, valva sinistra incompleta. Esemplare di Rosignano Marittimo (Pisa),figurato per confronto. L’orig. nel Museo di Pisa, — pag. 219 [91]. N. B.— Tutti gli esemplari sono figurati in grandezza naturale. Palaeontographia italica, vol. XIV, 1908. PA LA ZSONTOGIRA II MALGA, Vel IN Mar SW UGOLINI, Monografia dei Pectinidi neogenici della Sardegna. [Tav. VINI]. ELIOT CALZOLAIN® FEMRARIO- MILANO h Lo so © dr È dì: 5 MIO E» ata SEE sai 73 CR ETà coro) ARR LAADNEI=STT! } qee* VANTA \ | AAA PROTTTRÀ|: VI GIATA > STORE LES Li VIGNA e è OR ' ar WATT IR AL, KA ta TCS TRERETTATR® Sr % A Vai