a pen ee Coe Library of the Museum COMPARATIVE ZOOLOGY, AT HARVARD COLLEGE, CAMBRIDGE, MASS. > Founded bp private subscription, im 1861. PALEONTOLOGIA DEL REGNO DI NAPOLI PALEONTOLOGIA DEL REGNO DI NAPOLI CONTENENTE LA DESCRIZIONE E FIGURA DI TUTTI GLI AVANZI ORGANICI FOSSILI RACCHIUSI NEL SUOLO DI QUESTO REGNO Pel Prof. 0.-G. COSTA PARTE ls cou quindici tavole im tovwe STABILIMENTO TIPOGRAFICO DEL TRAMATER Strada S. Sebastiano N. 30 primo piano. ‘m1850. GIORGIO FRANZ IN MONACO, Se Min AMaiassa (CAIO SU w II ovina LI dd aviaria aid tI u Ai ji î w tati: Fd ito RATA La SIVE 0 TA annuo 100 fan dm AAP 3 Magi > P-RPRAN PALEONTOLOGIA DEÒù REGWIO DVI WAPOLÙ PREFAZIONE Fu provvido consiglio della sapiente natura il custo- dire fra gli strati della crosta terrestre reliquie delle gene- razioni passate, per rivelare alle generazioni future le vicende alle quali lo stesso pianeta soggiacque. I rimasugli degli esseri organici servono evidentemente alla fisica storia del globo , come le opere dell’ arte alle politiche vicende dei popoli. Onde è la terra stessa l’ archivio che racchiude gli indistruttibili documenti delle proprie rivoluzioni. Nell’ età trasandate non furon pochi coloro che, ele- vando la mente alla contemplazione del passato , pretesero squarciare il velo che copre la vetustà di quei mutamenti e rovesci, i quali la terra ne porge a vedere qua e là disse- minati e confusi : e fra questi l’Italia vanta non pochi ed i primi. Ora però questi studii sono divenuti un bisogno dell’ intelletto, perocchè ogni uomo , anche mezzanamente istruito, vuol esser chiarito di quanto pertiene alla storia I 4 )( della terra che abita. Quando a ciò pervenir si pretese pog- giando i ragionamenti sopra pochi fatti o niuno; quando i fatti medesimi sofisticando s’ intesero, le deduzioni non furono che vaghi e bizzarri concepimenti di fervida fanta- sia. E quei pochissimi, che in tempi meno remoti , me- glio sentirono l’espressione de’ medesimi documenti, si di- lungarono meno dal vero nello indicarne le cause : ma que- sti ebbero pochi seguaci. Perocchè, sostenuti da pochi do- cumenti, e non a pieno studiati, insufficienti trovavansi ad ispirar confidenza. Nè conviene in pari tempo tacere, es- sere state ancor esse menti italiane sempre corrive ad in- nalzarsi con le ali del pensiero , e lente e ritrose nello ab- bassarsi coi sensi ad investigazioni pazienti e diuturne. La- onde, dando poca importanza alle materiali ricerche, mol- tissima alla speculazion della mente, si pretese piegar la natura a servire ai preconcepiti sistemi , travolgendone i fatti; in vece di seguirla pazientemente ne’ suoi penetrali per sertirne l’ oracolo. Si volle divinare, non intendere : era per essi il vero filosofare quel modo , e questo uno studio materiale ed abietto. E per tal guisa, lasciandosi sfuggir dalle mani i germi immaturi di qualche nuovo tro- vato, ànno perduto soventi fiate la gloria delle proprie in- venzioni , e si sono trovati costrelti a comperarne il frutto dalle mani straniere. Mutate però le cose, ed assise le naturali dottrine sul- l’alto poggio che la ragione loro assegnava; presa la ra- gione stessa per guida, si è visto il bisogno di andare in traccia di fatti, onde avere stabili basi all’ edifizio che si tenta innalzare. E basando la Geologia sopra quei docu- menti che la terra stessa conserva, è evidente esserne la Paleontologia pietra angolare ad un tempo e guida. xX5 A mal grado che nei giorni presenti molti si fossero quelli, che dirigono la loro attenzione a spiare nella ter- restre epidermide , in cerca di quei fanti resti di animali e di piante in essa racchiusi; pure, rimpetto alla vastità del soggetto, alla estension della terra, ed alle difficoltà d’ o- gui maniera che oppongonsi nel penetrare, non già nelle viscere sue, ma nella crosta soltanto la cifra degli scrutatori n’è piccolissima, il tempo decorso brevissimo , il numero de subbietti infinito. È tempo ancora di raddoppiare gli sfor- zi, dandosi opera a ricerche severe e metodiche, onde rac- corre documenti siffatti, da scaturirne corollarii evidenti e non soggetti ad emenda. Ben sappiamo di quante leggi sia stata corredata testé la Geologia , e queste desunte dalle scoperte già fatte di resti organici ; ma è incontrastabile pure che tutto dì la terra dischiude alcun fatto novello, atto a svelare verità sco- nosciute, od a chiarire le antiche vacillanti ed oscure. E da ciò ne proseguita, che le ultime ripellendo le prime, lungi dall’ assodar l’ edifizio, rendesi sempre mal sicuro e incompiuto. Non saria quindi miglior consiglio lo attendere a fortificarlo più sempre con migliore studio de’ documenti già noti, e con altri non ancora svelati; in vece di logo- rarsi la mente ed il cuore con discussioni dottrinali, facen- dosi scudo delle già profferte sentenze e degli altrui pen- samenti ? Non siamo cerlo noi i primi a pensare, che la geo- logia risente ancora penuria di fatti, onde possa avan- zare verso il suo culmine. E però servir può ad essa di verace conforto ogni briciola, purchè ne venga religio- samente raccolta e studiata. Lasciando perciò noi ad altri il pensiero di ravvicinare quei fatti, da cui dipende la * 6 verità complessa che costituir debbe la legge; vagheg- giando sol quello d’ investigare ed illustrare quel tanto, che ci è permesso ritrarre dal suolo nativo ; tentiamo così con- correre con l’opera nostra al conseguimento di taluna di quelle verità, che legano la nostra esistenza con le gene- razioni sa Iddio quanto rimote, e che aprono il cuore a più certe speranze su i nostri futuri destini. Qui crediamo aver posta ogni nostra sollecitudine , perchè, lungi dall’ inviluppare d° inutili invogli la scienza, possa restarne in qualsiasi modo ajutata. Che s’egli è vero non potersi conseguire altrimenti un cumolo di docu- menti bastevoli onde ne scaturiscano corollarii meno fallaci, senza che molti concorrano a frugare in più punti la este- sissima crosta terrestre; non riuscirà certo vana la Paleon- tologia del regno di Napoli. Anzi osiam dire, che la po- sizione topografica di questa estrema regione d’ Italia, e la singolar mescolanza di terreni di origine svariata, la rendono più interessante allo sguardo de’ doiti. Nè temiamo l’ insano cigolio di quell’uno, se mai vi fosse, il quale sprezzasse il lavoro come quello che versa su cose patrie, te- nendole al pari del volgo in niun conto. La Dio mercè sem- bra scancellato 1’ errore di quelli, che volsero tutta la loro attenzione a quanto venia da terre straniere e lontane , ri- putando quasi quisquilie da letamajo le cose della casa pro- pria. Teniamo altronde per fermo essere obbligo santissimo quello di concorrere col proprio ingegno ad illustrare la pa- tria, ciascuno dal lato delle proprie abitudini ; e stare in questo adempimento appunto lo amarla. I fatti che il mondo antico ne porge a studiare si tro- vano collegati talmente con quelli che 1’ attuale compon- gono, da non potersi ben intendere la esistenza e ’ ordi- Ao namento degli uni senza il pieno concorso degli altri. Que- sta verità, per essere ben per molti sentita , ci dispensa di entrare in ragionamenti speciali. Donde emerge che la Fauna e la Flora attuale di un paese qualunque non deb- bono esser disgiunte dalle fossili o antiche; le quali riunite formano propriamente il soggetto della Pa/eontologia. Laon- de, dopo avere inoltrata la Fauna attuale del regno, crediamo opportuno dar opera alla pubblicazione della sua Pa/eon- tologia. Con ciò non pensiamo trovarci corredati a bastan- za di quanto la bisogna richiede, per compiere opera di si- mil fatta. Ben sappiamo di quante difficoltà si accompa- gnano quelle reliquie di animali e di piante; che dalla terra si svolgono. Oltre la frequente mancanza di quella integrità individuale, dal cui complesso di caratteri risulta la dia- gnosi della specie ; avviene pur bene spesso, che siano alterati i soggetti dall’ azione lenta e perenne di tutli gli agenti fisici e chimici, sì che appena ci è dato ravvisarne le im- magini; le quali riduconsi a semplici impronte , o ad in- terni modelli, e talora a moduli di eterogenee e minerali sostanze. Non infrequente è il caso ben anche, di ottenere frammenti o parti integranti sì piccole, da dover riconoscere solo dall’unghia i Leone. Indispensabile si rende perciò al paleontologo il simultaneo soccorso de’ lumi che por- gono la zoologia, l’ anatomia, la fitologia e la fitotomia. Il difetto di tali soccorsi è dato origine a molti gravissi- mi errori, di che avremo occasione di tener proposito in que- sto lavoro. Che se lungo è il corredo del quale à bisogno lo zoologo, come già dimostrammo (Lezioni di Zool. e di Anat. comp.), maggiore si fa sentire quest’ altro, che ac- compagnar deve colui, che sommette al proprio esame le immagini o gli avanzi di esseri infranti e svisati, e de’ quali X 8 X la vivente nalura più non ci porge modello. Egli deve non solo chiamare in soccorso la composizione e le forme di quanti esseri organici popolano attualmente la terra , ma ricorrere ancora alla immaginazione per invocare l’idea dei possibili ; e da ultimo farsi scudo di ogni arte per costrin- gere la natura alterata a svelargli la vera sua origine. In mezzo a queste difficoltà è solo nostro pensiero ini- ziare il lavoro con poche linee tracciate a disegno, lascian- do al tempo ed alle menti che seguono il compimento del- l’opera. Esibiamo cioè l’ effigie, la descrizione, e quante notizie concernono la giacitura, ed il modo di esistere degli avanzi organici, che per noi stessi si sono discoperti, senza dar luogo a quegli altri, che nè possediamo nè vedemmo. Delle quali cose facendo menzione soltanto, inciteremo al- ri a contestarne la vera esistenza. Per tal modo possiamo raggiungere lo scopo cui mirasi, ponendo freno alla imma- ginazione , e studiando cautamente ogni nostra regione. Quest opera vuol esser considerata sotto cinque aspetti diversi : dal lato scientifico, di cui già abbiamo discorso, materiale, tecnico, artistico, e morale. In quanto alla parte materiale, noi ripetiamo essere ben convinti molte altre cose rimanere tuttora a discoprirsi nella vastità e varietà di terreni del regno di Napoli. Tut- tavia crediamo , che la copia de’ materiali raccolti in 32 anni di studio della Zoologia fossile e delle razze {tutt'ora viventi, possa dare risultamenti siffatti da restarne assai ri- schiarate le geologiche condizioni del nostro suolo. Noi ab- biamo percorse iterate volte le diverse regioni del regno; e iutto quello, che ne abbiamo ritirato, è frutto de’ nostri studi sopra il terreno stesso che racchiude quei documenti ; i quali poscia sono stati anche arricchiti con la moltiplicità degli X9 esemplari ottenuti, sia da’ nostri allievi, sia da persone ze- lanti, le quali si sono gentilmente prestate al nostro invito ed alle nostre preghiere. Per tal modo siamo pervenuti al com- plesso di una ricca collezione di avanzi organici fossili ani- mali e vegetali. Nella quale pur non mancano di simili oggetti tratti da terre straniere al nostro regno, i quali in- tervennero a sussidiarci nelle difficili ricerche diagnostiche. E però, limitandoci per ora a pubblicare tutte quelle spe- cialità , che, o nuove, o malamente conosciute, servono a spandere maggior luce nella geologia del regno, e forse ancor della Italia; riserbiamo a miglior tempo il comple- mento dell’opera , onde aversi un giorno la intera paleon- tologia del regno, per la quale concorreranno eziandio al- iri e migliori ingegni. Dal lato tecnico crediamo aver adoperata ogni nostra cura , perchè le descrizioni risullino chiare , e le defini- zioni non ambigue. A tal uopo abbiamo consultato tutte quelle opere che il nostro paese possiede. Le quali certa- mente non sono né tutte nè molte, per nostra disavventu- ra; ma le più classiche certo si sono procacciale e per- corse. Che se poi, ciò mal grado, non siamo riuscili a con- seguire l’intento, abbiamo la conscienza di averlo per ogni modo tentato. Non sapremmo, nè vogliamo occultare per- tanto , che quando anche coteste due cose toccato avessero la loro sommità , esse non bastano a rendere scientifica- mente utile il nostro lavoro. Rammentiamo ciò che osser- vava in proposito il Flemming: che fre tutti coloro, che dedicati st sono ad investigare la storia delle specie fos- sili, assai pochi ve n’ ebbero che periti fossero al tempo stesso e de’ caratterî degli animali recenti (e noi ripe- tiamo lo stesso per i vegetali), e delle particolarità della )( 10 X geognosia (1). Senza pretender noi di riunire queste due qualità come richieggonsi, possiamo solo accertare di es- serci adoperati a tuttuomo onde raccogliere ad un tempo ogni notizia spettante alla giacitura de’ fossili di cui par- liamo , e quindi delle qualità e condizioni del terreno nel quale erano sepolti, come di qual altra si voglia relazione geognostica. In tal guisa crediamo aver messo ognuno nello stato di giudicare esattamente della origine e della etade delle diverse formazioni alle quali appartengono. Per rapporto alla parte artistica faremo notare, non solo essere le figure tratte dal vero dal diligentissimo Sig. Ca- lyò, che già da 20 anni lavora in tal genere di disegno e dipiutura, sotto la nostra medesima direzione , e della cui esattezza noi rispondiamo ; ma di avere invocato ezian- dio ogni sorta di ausilio, che la meccanica , la fisica e gli oltici stromenli possono prestare in questo genere di ricerche. Senza entrare da ora in ispecialità relative a que- sto argomento, preghiamo i lettori a riscontrare l'articolo Paleocero , perchè possa restarne convinto. Da ultimo, rivolgendo lo sguardo alla parte morale, come in ogni altro scientifico e letterario lavoro , voglia- mo richiamare l’ altenzione sulle cose da noi tenute presenti nella nostra Paleontologia. Dopo aver confessato , che ad onta delle moltiplici perlustrazioni eseguite nel regno , molto ancor resta a scoprirsi, spezialmente nelle Calabrie , nel Gargano, nella Majella, e nel Gran Sasso d’Italia, sorge il desiderio e la speranza, che questo genere di ricerche sia alacremente continuato dalla gioventù che succede. Già ta- luno vi à diretto lo sguardo, come è facile rilevare dalle (1) Filosof. Zool. IT. p. 138. Traduz. ital. tt dichiarazioni che ne saran fatte nel corso dell’opera: e noi ci auguriamo , che propizie circostanze si dessero , perchè giovani bene avviali possano persistere nella volontà d’in- vestigare almeno le patrie contrade. Ma nella condizione, in cui trovasi attualmente la scienza appo noi, l’offrir loro le prime linee d’un lavoro di tal natura, che possa servir, se non di guida, di esempio, è certo un incoraggiamento che si può loro prestare. A. tal uopo , lungi dal limitarci ad esibire le sole ed isolate notizie de’ soggetti che formano l'argomento dell’opera , abbiamo cercato legarle e farle dî- pendere dai principii fondamentali, e da quello stato già detto ‘da’ classici scrittori, che forse non tutti potranno con- sultare. Ecco perchè ci siamo regolati in quella guisa stessa, che per la Mauna del Regno ci avvisammo fare. Così cre- diamo aver soddisfatto ai doveri ai quali ci stringe la patria carità, e l’amore per la scienza. Possano i pochi lumi , che cerchiamo diffondere, valere almeno come semplice in- citamento , onde altri si accinga ad illustrare questa clas- sica terra: dal che non mancherà certo di scaturire mol- tissima utilità e decoro. J( 12 )( CAPITOLO I. Miami feri Genere PHOCA, Lin. Un solo esempio di avanzi scheletrici di questo ge- nere si cita per i terreni d’Italia, quello cioè della brec- cia ossifera delle vicinanze di Pisa, di cui fece menzione il Tozzetti nel V. volume de’ suoi viaggi, p. 98; ma Cu- vier, mentre riguarda come ipotetica l’ opinione del dotto pisano (1), avverte ancora essere sommamente rari gli esempli di ossi fossili sì di Foche, come di Lamantini : e ne’ pochi casi avverati, trovarsi sempre in terreni evidentemente ma- rinî, con denti ed ossi di pesci ordinari, e conchiglie, ed anche semplicemente in terreni di alluvione abbando- nati recentemente dal mare (2). Noi però crediamo non in- gannarci riferendo a questo genere alcuni denti fossili tratti dalla marna calcare leccese, dopo averli diligentemente com- parati con quelli della Phoca a/biventer. I canini di questa specie ànno, è vero, molti e stretti rapporti con quelli del ge- nere Orso; ma una nota molto osservabile rende assai fa- (1) Ossem. foss. vol. V; p. 1) pag:232. (2) Lc. p. 233. )( 13 X cile distinguere i primi, non essendo comune ad altro verte- brato. Consiste essa in ciò, che, essendo conici nella parte esteriore, poco ricurvi, appianati dalla faccia interna, con due spigoli acuti, che separano questa dalla parte opposta convessa, sono lisci in punta, e nel resto fino alla base profondamente scolpiti di solchi irregolari e tortuosi. La parle interna o radicale de’ canini superiori è un poco com- pressa ne’ lati, tumida rel mezzo, spezialmente dalla superior parte, ove è quasi gibbosà, e superante la porzione esteriore per più che due volte e mezza. Possediamo di essi due esemplari, il maggiore de’ quali, benchè incompleto, non è men lungo di pollici 3, con un diametro di 16 linee nel sito della sua gibbosità. Andavano eziandio accompagnati da un canino inferiore, della lunghezza di un pollice e 2 linee, oltre un piccolo resto della sua parte radicale, il cui diametro è di linee 6. In esso la sola estrema parte apicale è un poco liscia, nel resto è tutto profonda- mente solcato. Oltre lo spigolo mediano @, Tav. I, f. 1, del- la sua faccia interna, vi son pure i marchi di due spigoli laterali, de’ quali il sinistro 4 è più delicato ma meglio espresso. Essi ci vennero somministrati dal sig. Giuseppe Costa , che recavali da Lecce (1), dalla cui calcare fu- rono scavati ;. alla profondità d’intorno a 60 palmi: e la cui condizione corrisponde appuntino a quella indicata dal prelodato Cuvier, come propria a racchiudere avanzi di questo genere di carnivori. Uno di essi vedesi rappresen- tato nella Tav. I, f. 1 (2), ove la parte residuale del cono (1) Debbo a questo primo de’ miei fi- listi, nella pubblica adunanza de’ 17 gen- gli la scoperta di parecchi fossili interes- najo 1848. santi fatta in quella calcare , di cùi è (2) Si è rappresentato un tal dente mu- fatto cenno in una Memoria da esso let- tilato come naturalmente si trova; ma è ta nell'Accademia degli Aspiranti Natura- ben facile intendere qual ne fosse il suo * 14 esterno è bastevole ad accertarci del genere cui esso ap- partenne. La fig. 2 della medesima tavola è la immagine del canino inferiore, rappresentato dal lato sinistro. Le dimensioni di tali denti sono appena maggiori di quelle che il Prof. Ranzani trovava nell’ individuo ch’ egli esaminava, esistente nel Museo zoologico della Pontificia Università di Bologna, il quale à di lungo 7 ad 8 piedi, o palmi napolitani 10 % ad un bel circa. Osservazioni. Di questo mammifero carnivoro , costante abitator delle acque, si anno parecchie specie tuttora viventi ne’ mari attuali, tralle quali la Phoca vitulina , ch'è comune sulle coste dell’ Oceano , e che di rado ap- proda su queste del Mediterraneo ; e l’@/biventer, che abita propriamente fra le Isole dell’ Arcipelago. Nella Fauna del regno di Napoli abbiamo notato di già trovarsi nel- l'Adriatico e nel Mediterraneo entrambe tali specie, alla seconda delle quali pare spettassero i denti di cui si parla. Senonchè le loro dimensioni accen- nano ad individuo di maggior grandezza di quelli che finora abbiamo ve- duti viventi, e sopra de’ quali abbiamo comparativamente studiato i denti fossili descritti (1). Cuvier, nella prima parte del V. volume degli Ossi fossili, pag. 232, ci dà notizia di due monconi di omero: di una Foca vitellina scavata in Angers: ed avverte , che le dimensioni del maggiore di essi mostrano essere propor- zionalmente doppie di quelle della medesima specie tuttora vivente. Il sig. de Cristol però à smentito posteriormente questo esempio , dimostrando esser quelli due pezzi di un solo omero, e spettare a cetaceo di un genere nuovo detto da lui Metaxytherium (2). complemento , e quindi la naturale lun- Opusc.scient. di Bologna, pag..58 ; 1819. ghezza. Si è perciò supplita la porzione Egli però ne descrisse la sola parte esterna: esteriore mancante , indicandola con sem- o visibile , perchè esaminavali nello stato plici punti. normale, impiantati nelle proprie ma- (1) L’egregio Prof. C. Ranzani ci diede scelle di un cranio di Foca lunga piedi: pel primo l'esatta descrizione dell’appa- 7248. rato dentario della Phoca albiventer, la (2) Compt. rend, de l' Inst. de Fran, quale trovasi inserita nel IV vol. degli. 21 Sept. 1840, [| 15 X Genere PALAEOCEROS, Costa (1). Rafforzata più sempre la nostra opinione, per fatti rac- colti e per analitiche comparazioni istituite, intorno alla na- tura di quei corpi fossili, che ben dal principio credemmo appartenere a corna di Cervo; ci vediamo ora costretti fon- dare per esse un genere distinto. Non avendo però altri elementi per la ricognizione dell’ animale , al quale cotesti monconi di corna appartennero , ragion vuole che se ne desumano i caratteri generici dalle stesse parti che avan- zano : e però abbiam creduto indicarlo col nome di Pa- feocero , corrispondente a corno-antico. I caratteri dai quali può restare dagli altri generi della famiglia de’ cervi agevolmente distinto sono = Corna po- co ramose; quasi coniche, e leggermente incurvate, com- presse e contorte; « superficie ricoperta da tubercoli ovato- allungati molto stivatî, o reticolata. PALAEOCEROS GRANULATUS , Costa. Tav. II. Nella nostra Corrispondenza Zoologica per l’anno 1839, p.32, annunziammo trovarsi alcuni corpi fossili presso Pie- traroja, disseminati in un terreno, che dicemmo cretaceo (2), e de’ quali demmo una succinta indicazione, accompa- gnata ancora d’ alcune figure. Più tardi , nella Enumera- (1) Da merz antico e xa; corno. (2) Vedi in fine di questo articolo. 16 X zione de’ mammiferi spettanti alla Fauna Napolitana, fa- cendo menzione ancora di quelli, che in altro tempo ànno abitato questo medesimo suolo , parlammo pure di questi organici avanzi sotto il corrispondente titolo Cervo. Quivi si diè estesa alquanto meglio la descrizione di siffatti cor- pi, a fin di diradare le oscurità, che forse dato avevano luogo in allora a qualche critica nota. Da ultimo ne facem- mo il subbietto di una seria discussione , sedendo qui in Napoli il Congresso scientifico italiano , nell’ autunno del 1845: e nel breve sunto richiestosi della nostra Pa/eonto- logia sta detto ancor quanto potevasi intorno al medesimo soggetto (1). Quantunque nell’animo nostro convinti della opinione già manifestata più volte, disprezzare non sì potevano al- ironde sì le difficoltà che taluno opponeva, comunque fosse- ro state poco valevoli a divertirci dal nostro concepimento, e sì ancora la titubanza che altri mostrava nello ammettere la nostra sentenza. Per la qual cosa, volendoci meglio chiarire, abbiamo ammesso come possibile ogni altra op- posta idea, e l’ abbiamo soltomessa ad una analisi critica, ugualmente come la propria, onde vedere qual meglio reggesse allo serutinio severo della ragione sul fatto. Som- mettiamo ora dunque al giudizio altrui quanto per noi è stato operato , ed i nostri ragionamenti, diretti a raggiun- gere la verità, dando qui una descrizione accurata per quanto sappiamo, tanto dello esterno, che della massa in- terna de’ corpi in quistione. 1. Si trovano de’ tronconcelli di varie dimensioni, ma non più lunghi di 3 pollici, e di un diametro non minore (1) Zedi Atti del Congr, Scient. ital. 1845 , p. 839. 17 X di 3 linee, nè maggiore di due pollici. Essi sono sempre più o meno compressi ; e lo sono tanto più, per quanto maggiormente decrescono in diametro , posta ogni altra cosa uguale ; un poco ritorti, rare volte cilindrici , e questi per lo più sono i tronchi maggiori , o nelle loro estreme parti, sempre con leggerissima incurvatura. L’una delle estremità à sempre un diametro minore dell’ altra , sicchè ciascun pezzo è il tronco di un cono molto ele- vato. La loro superficie è costantemente ricoperta di ele- vatezze ovato-allungate , a superficie liscia e convessa , quasi tutti uguali, in parità di condizioni relative ; ove più ove meno confluenti , per lo più ben ordinati, in alcuni punti confusamente stivati e compressi; in tal guisa mo- strandosi là dove la massa totale è corrugata o come intro- flessa ; mentre nella parte opposta più inarcata e conves- sa si trovano più diradati, distratti, più spianati, e tal-- volta quasi scancellati del tutto. Questa condizione diversa, ma costante , palesa senza equivoco , che tutto l’invoglio di tali corpi sia intimamente composto di questi corpuscoli glandolari, se così possiam concepirli, e che una maggior distrazione, per effetto dello accrescimento dallo interno allo - esterno, e non per soprapposizione di parti, li obbligò ad appianarsi, allungandosi pur là ove la convessità cre- sce, e quindi con essa cresce la superficie : siccome una compressione oppostamente anche maggiore li costrinse ad aggrupparsi, comprimersi, e confondersi ne’ siti in cui la massa si corruga e ripiega in dentro. L’ uno el'altro dei due lati pel contrario conserva, come di necessità, normal- mente disposti , naturalmente rilevati e di regolar figura i tubercoli della propria superficie. A questa generale di- sposizione si aggiunge, in alcuni pezzi, una evidente divari- 18 X( cazione e divisione in due rami, di cui manifestamente. si vede il troncamento (1). Più, uno di tali tronchi, il più grosso che finora possediamo, ne porge da una delle sue facce un complesso di cordoncini rilevati, ramificati, ana- stomizzati, e come per i due lati convergenti nel mezzo coi maggiori, i minori essendo in massima parte sottoposti. Ed anche la superficie di questi cordoncini è così tubercolata come tutto il resto, con tubercoli però molto minori e pro- porzionati alla rispettiva loro grossezza , sì che per i mi- nori cordoni è d’ uopo armare l’ occhio di lente acuta, onde poterli ben osservare. E però abbiamo di tal fatta anche un altro moncone, nel quale di siffatti cordoncini si costi- tuisce un reticolo a maglie romboidali, senza che su di quelli nè in tutta la superficie si osservasse traccia di tu- bercoli. Se sia questa una variazione anormale , o distinta specie, non osiamo asserirlo. Certo è solo, che questi due: pezzi erano frammisti a molti altri de’ tubercolati, e pro- vengono dall’ Aspromonte. 2. Allo insieme di tali costanti ed evidentissimi caral- teri esterni era ben facile accorgersi, che questi corpi deb- bano appartenere al regno organico. Perciocchè la natura non ci à porto finora alcun tipo permanente nel regno mi- nerale, allo infuori delle forme cristalline, i di cui grup- pi ancora sono scevri di legge. Nelle concrezioni altronde, di qualunque sostanza esse si fossero , sebbene affeltasse talvolta alcune forme quasi simmetriche , come di fiori , fronde, frutta, o simbolo informe di animale ; pure essendo queste figlie dello azzardo, di rado o non mai s'incontra» no due simiglianti esemplari. (i) Vedi fig. 2 della citata Tav, II. X tg 3. Dopo questa prima conclusione succede naturalmente la ricerca, se ad animale od a vegetale debbasi riferire. Dapprima la questione si presenta di un aspetto assai gra- ve; ma poscia, in seguito di una facilissima considerazione, diviene ‘a parer nostro troppo leggiera. Se colesti troncon- celli fossero parte di un tulto, albero arbusto o pianta erbacea , ‘certo si troverebbero e maggiori tronchi, a cui questi fossero appartenuti, e minori ancora che dagli stessi sorgevano. Nulla di tuito ciò: anzi per opposto troviamo frequenti monconi con la estremità tondeggiante ben ter- minata , nè sdrucita, ma uniformemente coperta di quei medesimi tubercoli , di cui si riveste tutta la superficie ; e questi decrescenti in modo proporzionale al diminuir del diametro di quello. E ne troviamo più o meno acuti, stiac- ciati, contorti. Sarebbero essi allora tronchi senza ramo- scelli, senza fronde, e senza frutti? Niuna cicatrice di tali cose vi appare; meno alcuni rari troncamenti d’ una ra- mificazione grossolana. Dalla quale considerazione fummo bentosto condotti a crederli in preferenza moduli di una qualche parie dura di animale. 4. In questa serie ci parve anche più facile trovare la sede nella quale riporli. Non parti scheletriche interne cer- tamente ; non unghie, non denti o difese. Non ci si presen- tava alla mente altro che corna. E fra queste le sole corna ramose e piene della famiglia de’ Cervi. Laonde furono per noi diffiniti cotesti monconi per corna di cervo. Tutte le analogie ci guidavano a tale giudizio. Solo avanzava, «come specialità essenziale, quella granulazione esterna di tuberco- letti, che certo non lroviamo in alcun corno ramoso delle specie tuttora viventi. Nulladimeno, considerata a fondo la struttura delle corna de’ cervi, non si negherà, che in tulte 3 ) 20 si trovano delle escrescenze tubercolari, le quali seguono l'ordine della crescenza del corno, e delle ramificazioni va- scolari dalle. quali dipendono. Ma quando ciò ancora man- casse, è forse questo il primo ed il solo esempio di forme e di strutture, di cui più non si trova modello vivente? o ripugna essa alle leggi dell'organismo ? Quando ciò non può addursi in riprovazione delle nostre conclusioni, ben si può dire , esser queste corna spettanti ad un genere di già scomparso dal mondo attuale. Nè questo, dicevamo, è unico e nuovo esempio ; che anzi altro ne abbiamo del medesimo genere. In Inghilterra si trovano frequentemente corna fossili di cervo appartenenti a genere od a specie non esistenti (1). 5. Malgrado il complesso di tutti questi fatti, avverso de’ quali non pare potersene addurre altri più poderosi, o che sieno anche di uguale valore ; abbiamo pur voluto far prova d’una ricerca più importante e più decisiva. La quale , ove fosse mancata di risultamento, non avrebbe certo distrutto né infermato il valore degli argomenti sopra accennati. Percioc- chè, trattandosi di corpi organici fossili, ben di sovente vengono essi distrutti, e modellati poscia soltanto dalle sostanze minerali che ne riempiono il vano. Nulladimeno, avendo levigata la faccia o sezione risultante dal tronca- mento, in molti di cotali monconi, tali facce ci ànno ma- nifestato un caraltere costante , ed un altro variante, en- irambi concordi nel dichiararci la natura di questi fossili. 6. In qualsivoglia sezione, si trova una linea di separa- zione, che limita la interna sostanza dalla esterna, quasi fosse corticale o dermoidale : e questa penetrante più o meno, (1) V. Flemm. vol. IT, p. 165. 21 )( seguendo le introflessioni o contorsioni della inlera massa. Nella sostanza interna non si trova alcun vestigio di strati, sieno o no concentrici, come per altro esser dovrebbero , nè segno di separazione tra libro e legno, nè di alcun punto centrale midollare: le quali cose sono costantemente visibili ne’ legni fossili, siano lapidefatti, conservati, car- bonizzati , o in qualunque altra guisa alterati. Tutti i le- gui fossili sin qui conosciuti si lasciano ravvisare appunto dalla struttura fibrosa , dallo accrescimento per strati con- centrici, e dalle cellule. E ne abbiamo una prova tratta dal luogo stesso , anzi dal medesimo sito in cui positiva- mente giacciono sepolti i tronchi in esame. Quivi si sono trovati frammenti di legno fossile quasi piceo , o ridotto fossile dalla medesima sostanza ferruginosa : ed in essi scorgesi apertamente il tessuto fibroso longitudinale , ed i successivi accrescimenti di esso. E qui mancar non do- vrebbero cotesti contrassegni, perchè , essendosi ben ‘con- serrato quel limite tra lo interno e l’esterno invoglio non solo, ma anche in quest ultimo i marchi della sua strut- iura intima , non pare che vi sia ragione a supporre che cotali marchi fossero stati distrutti nella sostanza interna. Volendo pure esser larghi in concessioni, ammetteremo come possibile , e che siansi disfatti tutti cotesti segni di strati e di fibre, e che fossero esistiti vegetali di tal fat- ta, che non presentassero nello interno del loro tessuto le- gnoso alcuno di cotesti segni di struttura e di accresci- mento. La mancanza di tronchi maggiori, da cui derivas- sero, ugualmente che di minori che ne dipendessero , o altro segno qualunque, come di gemme, di messe, o di ovoli, costringe necessariamente a deporre cosiffatta ipotesi. Sarebbero essi tronchi sorti della terra a mò di funghi o * X 22 )( di piante crasse, come Cacsus p. e. ! Cresce la forza ‘di que- sto argomento poi, quando di qui a poco vedremo quali segni di organismo ne porge anche questa sua parte. Di- cemmo, che la sostanza esteriore mostrasi internamente or- ganizzata ; perciocchè guardata con occhio armato essa ci presenta le sezioni di quei tubercoli che la rivestono allo esterno , i quali penetrano altri più altri meno , compri- . mendosi o addossandosi soltanto. Una porzione ingrandita di cosiffatta esterna sostanza si vede in DD della fig. 3; corrisponde essa alla parte cui è posta a rincontro, e che rappresenta lo intero piano della sezione di naturale gran- dezza, e quale all’ occhio nudo si mostra. La presenza di questa parte esteriore avvolgente la interna è un fatto co- stante sopra qualsivoglia porzione st cerchi. 7. Mentre la sostanza interna manca, come si è detto, di ogni segno di vegetale struttura, ci presenta per l’op- posto vestigia di un tessuto cellulo-vascolare: e questo di- verso nelle opposte sezioni: siccome diversa dobbiamo con- siderare andarsi facendo la interna tessitura, per un diverso eoncorso di vasi, a misura che da un punto all’ altro della lunghezza si procede collo accrescimento successivo. Laon- de, in una di tali facce il tessuto si trova più uniforme ; e nel sito a, in cui si trova allo esterno una manifesta introflessione, la esterna sostanza penetra, si ripiega sopra sè stessa, e manda dal perimetro alcune delicate ramifi- cazioni, come di vasi; ma che noi crediamo più propria- mente risultanti dai ripiegamenti stessi. Nel resto si vede solo qualche differenza prodotta dalla materia, da cui è stalo quel tessuto compenetrato. La faccia opposta per lo con- irario ci palesa con chiarezza, in tutta la estensione della superficie sua, un reticolo, come proveniente dallo accoz- )( 23 )( zamento di fascetti vascolari , e di cavità cellulari. E di: queste differenti combinazioni abbiamo prove su moltissimi esemplari, le cui sezioni abbiamo sottomesse a levigazione ed a brunitura. Più manifeste poi si fanno tutte coteste cose, allorchè la stessa analisi si porta sul moncone rappresentato dalla fig. 4. Quivi, nelle due opposte sezioni, la sostanza interna non solo si presenta nella guisa che testè abbiam dimostrato, diversamente penetrata: dalla materia mineralizzante ; ma in quella che appartiene alla faccia inferiore 56, radicale o basilare che dir si voglia, essa manifesta un tessuto cellulo- vascolare grossolano , e proporzionato alla sua maggior grossezza, in confronto del moncone minore rappresentato nella fig. 3. L’altra sua faccia 4a per contrario non porge altro disegno, che quello di alcune cavità o grosse cel- lule, ed una diversa compenetrazione del mineralizzatore in due ed opposte parli. 8. Riunendo in breve le cose osservate e notate, sia per la costante forma ed esterna struttura, sia per tutti gli accidenti che l’ accompagnano , e per la condizione della sostanza interna, sembra che tutto concorra a rivelarci l’organizzazione delle corna de’ cervi (1). (1) Nelle corna ramose de’ Cervi à luo- go una fusione o rimescolamento delle due sostanze cornea ed ossea ; il che ne dimo- stra l’intervento di un processo del siste- ma cutaneo, dal quale prende origine la sostanza cornea medesima., E questa ve- rità vien rafforzata dalla evoluzione e ca- duta delle corna, alternante nel periodo di ciascun anno, e corrispondente allo sta- to degli organi della generazione. Nelle altre vere corna, la sostanza lor propria rimane distinta dall’osso allo in- terno e priva di pelle allo esterno , es- sendo ancor permanenti. Nelle piccole corna della Giraffa à luo- go uno stato intermedio ; perciocchè il tessuto cutaneo è intimamente unito alla sostanza ossea, portando pelo raso anzi» chè no alla superficie , e ciuffetti di peli più lunghi sul contorno della loro estre- X 24 )( g. Ma non ci siamo arrestati neppure a questa, che grossolana dimostrazione potrebbe sembrare: e tale è cer- iamente a fronte delle sottili ricerche alle quali si è oggi ricorso, per discoprire i tessuli intimi ed elementari ne’ corpi organici renduti fossili. Quindi, a soddisfare ancor per questa via il desiderio nostro ed altrui, abbiamo portato a trasparenza una lamina di questa sostanza, tolta per un taglio trasversale di uno di tali monconi ; ed in essa, ol- ire le grandi cellulosità , che abbiamo già vedute sulle superficie levigate e brunite , altre. minori costituenti le prime si sono scoperte ad occhio armato d’ una potente combinazione di lenti microscopiche , dalla quale risulta un reticolo a maglie di svariata figura, come si veggono rappresentate in «0, ad fig. 6. Sottoposte indi allo ingran- dimento microscopico di 10,000 , apparisce. nitidissimo l’ elementare tessuto cellulo-vascolare, quale si è espresso in de, de della medesima figura (1). Dopo tali prove, se può restare nell'animo di taluno alcun dubbio , noi certo non sappiamo presentirlo. 10. Onde niuna sorta di analisi mancasse per com- mità. Le corna sono insieme permanenti. Nel nostro Paleocero pare che il pelo mancasse, e che il tessuto cutaneo non- dimeno vi sia più intimamente fuso che nelle corna della Giraffa; ma che ciò non ostante, le sue corna fossero caduche. E però si trova a parer nostro in questo e- sempio un secondo anello , che meglio stringe e ravvicina gli altri, e non lascia quella brusca interruzione che la natura sembra abborrisse. (1) Nella tornata de’ 10 giugno 1849 si è sottoposto allo sguardo di quanti ono- randi sociì Pontaniani intervennero un pezzo così apparecchiato , e sotto l’ indi- cato ingrandimento di un microscopio di Ploessl , e ciò senza alcuna preventiva indicazione ddi quel che si fosse. Tutti concordemente dichiararono di ricono- scervi un tessuto cellulo-vascolare, e spe- zialmente quei che son usi ad esaminare tal sorta di organici tessuti: alcuni si esprimevano dicendo vedervi l’ organiz- zazione di una foglia. Simile dimostrazione si è data all’ Ac- cademia degli Aspiranti Naturalisti , in occasione che uno de’ suoi socii la rag- guagliava de’ risultamenti ottenuti per Y analisi chimica; a' 9 agosto 1849. 25 ) piere e chiarire il soggetto, si è pure ricorso alla chi- mica. A tal uopo ne affidammo l’incarico al diligentissi- mo sig. Raffaele Cappa, il quale, nella tornata de’ g ago- sto 1849, rendeva conto all’ Accademia degli Aspiranti Na- turalisti del metodo da lui tenuto per siffatta analisi, e de’ risultamenti ottenuti. Egli vi ritrova tenue quantità di car- donato di calce e di magnesia, e di sesquiossido di allu- minto ; quantità predominante di silice, sesquiossido di ferro, e di materia organica non azotata. Notava poi come negativa la presenza del manganese , che per altro noi crediamo potersi ritrovare in altri soggetti, non es- sendo tutti identicamente penetrati da sostanze minerali. Dalla quale analisi noi ricaviamo ciò solo , che rafforza gli altri argomenti, la presenza della sostanza organica in quantità considerevole: ogni altra cosa spettando alle so- stanze minerali che sono subentrate alla lenta scomposi- zione del corno. Ir. Leggendo la descrizione de’ varii pezzi di corno di cervo esaminati dal precitato chiarissimo Targioni Toz- zetti , e tratti dai fossati di Valdarno , e spezialmente di quelli tratti da Municoro, è facile avvedersi come essi siano quasi identici ai mostri per i caratteri fisici. Solo manca la presenza de’ tubercoli alla esterna superficie, nella quale à potuto l’autore vedere poca importanza. Ma tutto l'articolo di questo scrittore , posto alla pag. 335 del volu- me vi de’ suoi 7zag9:, merita di essere consultato , e con- frontato con quanto da noi è stato già detto. 13. Rimarrebbe ora a sciogliere una difficoltà, sol per- chè come tale ci è stata presentata ; ma che veramente non à gran fondamento. Come mai avviene che si trovi sì gran copia di siffatte corna, senza che alcun avanzo d'’ altra X 26 parte animale siasi discoperia nel medesimo luogo? Per non lasciare qui nulla a dire sull’ argomento, ricorderemo bre- vemente quello ch'è stato osservato in altro luogo (1): che cioè i cervi, dando ogni anno un pajo di corna, quando l’animale non vivesse più che dieci anni, avremmo già 20 corna per individuo durante la sua vita, ed un solo carcame, ove questo non fosse pur consumato da altri ani- mali carnivori. Quindi soli 700 individui darebbero in 10° anni, e per una sola generazione, ben 2000 corna di di- versa grandezza, bastevoli a disseminarne una vasta selva, spezialmente ridolte a monconi come queste si trovano. Di fatto, la storia delle scoperte in tal genere ci atlesta, che frequenti sono i luoghi in Halia ove siensi disolterate cor- na di cervo, e raramente altri ossi spettanti al medesimo animale. Tali sono Valdichiana, Vallombrosa e Valdarno, in cui si discopersero corna e denti di cervo, come assiì- cura il Targioni ne suoi viaggi: nel dipartimento del Pa- naro, come afferma l’ Amoretti, fu trovato un corno ap- partenente a spezie di Daino ; ed altrove nelle torbiere di Destelberghelez Gand in Fiandra, il sig. Murren ricono- sceva fra i moltissimi ossami fossili delle corna di questo animale con altri suoi avanzi (2), ma che certo sono di una data più recente di quella cui spettano i nostri, ed i già citati d’Italia, oltre quelli dell’ Inghilterra. 13. Si trovano di tali monconi in Pietraroja , come si è detto, e nella Calabria Ultra seconda sulle pendici dell’ Aspromonte. Nella prima di queste due località sono più frequenti che nell’ altra; ma tra i saggi che abbiamo ricevuti da quest ultima , essendovene di dimensioni mag- (1) Atti del VII Congresso Scient. (2) Bullett. dell’ Accad. R. delle Scien- italiano , pag. 829 e 830. ze e Belle lett, di Brusselles , 1835, n..4. X 27 X giori, accennano ch’ esse appartennero ad individui di maggiore statura o di elà più avanzata. In Pietraroja , secondo che si assomigliano da quegli abitanti , si danno loro nomi diversi : così altri gli appella sceusce/le , sino- nimo volgare -di carruba, altri pretre serpentine , quasi che fossero monconi di bisce. La loro giacitura è proprio sulla maggiore pendice di quel monte, luogo detio /e fucine, forse a cagione del ferro che predomina in quella marna , dal cui ossido si colorano e la calcare sottoposta , ed i corpi che vi si racchiudono. Vi si trovano associati frammenti di legno si- milmente divenuto fossile, nero, con evidente tessitura fibro- sa, ma compatto. Lo sfacimento su di quel terreno pone a nudo i fossili racchiusi, e le acque piovane e lo scio- glimento delle nevi li tragettano giù sulle falde, ove dis- seminati spezialmente si trovano in un campo di marna argillosa, che comunemente dicesi creta. Nell’Aspromonte questi medesimi monconi di corna si trovano nelle sue pendici. Il sig. Pasquale la Gava, da cui gli abbiamo ricevuti, non ci à dato veruna indicazione del luogo preciso, nè dell’ indole del terreno d'onde li trasse, Genere BOS, L. Nella stessa calcare stratosa di Castellammare; in cui frequenti sono le impronte scheletriche di pesci, fu disco- perta una gran testa fossile, che per essere cornuta a si- miglianza di quella di un Ze fu battezzata per tale. Il sig. Auldjo, inglese, che qui vegliava per acquistare tutto che di antico e d’ importante potevasi offrire , fu sollecito a persuadare quei tagliamonti, impadronirsene, e spedirla J( 28 X( altrove senza porre tempo in mezzo. Rimase a noi così va- no il desiderio di osservarla, e vanamente ancor si tentarono iutti i possibili mezzi a tale uopo. È poi deplorabile che non ci fu dato neppure d’impedire le successive sottrazioni di simili oggetti, che, ingiuriose sempre, ridondano a disca- pito del patrio decoro e degli studiosi nostrali. Nella defi- cienza assoluta in cui siamo di osservazioni dirette , sulla fede delle altrui assicurazioni, ravviciniamo un tal fatto a quello del quale ci ragguaglia il Soldani nel suo Saggio ortttografico , p. 64 e 144, ove discorre di una testa cre- duta di Bue, dissepolta nell’agro aretino nel 1779, e pro- prio nel luogo detto Monzione. La sua gigantesca grandezza , la forma direzione e scanalatura delle corna, ben la fecero assimilare a quella del Bue Bonaso di Jonston. E tale essendoci stata descritta la testa fossile di Castellammare, alcuni de’ cui caratteri tra- emmo dalla bocca del medesimo Auldjo, noi crediamo con molta probabilità che fosse l’ analoga , citandola qui solo per non lasciare lacuna. E potrebbe aver pure qualche analogia con quella esi- stente nel museo kircheriano in Roma, scavata in Mon- talto della maremma romana, e che riferiscesi all’ Uro o bue selvaggio (1); ma nulla di positivo possiamo asserire , mancando di osservazioni dirette. (1) Vedi rocchi, Discorso prelimina- sa fossili del Museo kircheriano, pag. 14. re, anno 1780 — Pianciani, di alcune os- EA )( 29 ) Genere HIPPOPOTAMUS, L. Non è da porre in dubbio il fatto asserito nella citata nostra Corrispondenza Zoologica (1), e ripetuto nel catalo- go de’ Mammiferi della Fauna Napolitana, di aver trovato in Valle di Orfenda un moncone di difesa di questo ani- male. Consiste esso in un pezzo, il cui avorio è sì ben con- servato, che ne lascia nitido ogni altro esterno carattere. Se nonchè la stretta simiglianza ci trasse a confonderlo con altri pezzi spettanti ad or/oceratiti, di cui credemmo scegliere un esemplare che meglio lo rappresentasse, in luogo dello incompleto rottame. La figura quindi rafforzando la sentenza già profferita, di non trovarsi nel calcare giu- rassico avanzi organici spettanti a questo mammifero , fe porre in sospetto lo asserto. A maggior chiarezza diciamo, che il rottame indu- bitatamente di zanna d’ Ippopotamo fu da noi medesimi trovalo al cominciar di wuel vallone, sottostante al luogo detto Zena, andando da Caramanico in Valle d’ Orfenda. E qui importa notare di passaggio, per rivenirci poi di proposito, che gli ossami, e principalmente le difese di Z/e- fanti, di Anoploterit, Megaterii ec., come d’ /ppopotami, si trovan sempre sepolti ed interrili in caverne, che me- glio diresti angustissime valli, o foce di qualche fiume. Condizione molto importante, ed alla quale sembra essersi poco o nulla posto attenzione. Laonde coloro tra geologi, che, educati o sorti sotto l’impero di preconcepiti sistemi, si attengono rigorosamente ai loro dettati, incontrano spesso (1) Anno I, 1839, pag. 40. Y 30 X( gravissime difficoltà nello ammettere i nuovi documenti che la terra dischiude , e che a quelli si oppongono. Dicevamo perciò, nello esordire questo lavoro, pag. 5, che ben molto resta a scoprire, ed esservi ancora penuria di fatti per raggiungere lo scopo che la geologia si prefigge. I denti, le difese, e qualunque altro avanzo d’ Ippo- potamo, non sono da tenersi come proprii del terreno presso del quale s'incontrano, quando non siano in questo inca- strati. Così d’Ippopotamo si sono trovati denti e zanne nel Modenese (1), nella Toscana, e ne’ terreni vulcanici in vicinanza di Roma (2), e nella grotta di Mare dolce presso Palermo : terreni tutti questi differentissimi tra loro e per epoca, e per origine, e per natura. Genere TAPIRUS , L. Tra i mammiferi tuttora viventi noi non trovammo for- ma dentaria alla quale meglio convenir potessero alcuni denti fossili, che non di rado si scavano in una specie di tufo de’ contorni di Cosenza. Nel 1836 trovammo colà noi me- desimi due di tali denti, uno de’ quali diviso per lo lungo e l’altro privo della sua radice; e non potemmo meglio assimilarli che ad incisivi di Tapiro. Posteriormente aven- done ricevuto più altri dal sig. Paura, abbiam potuto per essi chiarire la prima nostra opinione. Perciocchè, svariati nella grandezza, ne dimostrano la successiva graduazione. In molti tra questi troviamo il taglio consumato, e quindi scoperta la doppia lamina o la guaina compressa , e la rima intermedia ; le quali condizioni lasciansi vedere an- (1) Zannicheli— Enumeratio rer.natur. rinvenute in Roma ec. p. 13. (2) Pianciani — Di alcune ossa fossili X 31 X che nella mascella di Tapiro, che Cuvier rappresenta nella Tav. II, fig. 7 del II vol. p. 1 des Ossem. fossil. Tuttavia i fatti novellamente raccolti, ed il ravvici- namento loro con altri di analoga natura, ci stringono a deporre la primitiva opinione , ed attaccarci ad altra forse più plausibile, mancando ancor di certezza. Laonde, ri- mettendoci all’ articolo Sferodo (Sphaerodus) della classe de’ pesci, abbiamo qui ricordato il genere 7'ap:ro, per dar ra- gione dello emendamento alla prima apparizione di que- sto titolo. Cexene ELEPHAS, Lin. La scoperta di zanne di Elefante nelle Puglie data dal 1555, perciocchè di esse fece menzione Falloppio, mo- strandole dalla cattedra di anatomia in Padova, come esem- pio di concrezioni terrose : e si fa menzione d’ una man- dibola di questo pachiderme , che Ferrante Imperato con- servava nel suo museo qui in Napoli. In tempi a noi mol- to vicini belli e non rari esempii ne abbiamo nel regno , senza rammentare i molti d'’ Italia. In Basilicata, e proprio in Pisticci ed in Chiaromonte sì sono trovate intiere difese, le sole cioè che si è avuto cura di ritirare, mentre con esse certo vi erano altri ossa- mi. Niuna notizia abbiamo intorno alla natura del terreno ed alla località precisa per rapporto al primo de’ due nomi- nati luoghi; pel secondo sappiamo essere state scavate due intere difese dal luogo detto le MoZine, di proprietà della famiglia Grandinetti, e proprio sulla sinistra sponda del Sinno. Una delle due zanne, rotta in tre pezzi, fu data al cav. Mon- ticelli, nella cui collezione mineralogica trovasi tutt’ ora: 32) l’altra, lunga intorno a 7 palmi, fu venduta alla R. Uni- versità degli studii, nel cui Museo mineralogico si trova conservata. Nello stesso Museo vi è pure un moncone di tali di- fese , che dicesi provenire dal Gargano, ma per sola tra- dizione, mancando eziandio di ogni altra notizia. Queste poche note non sono certo di molta importanza allo sguar- do del geologo; serviranno però non di meno a legare le future scoperte con le passate , e ad eccitare l’attenzione di quelli che succedono, perchè nel raccogliere gli avanzi organici fossili, non tralasciassero di por mente a tutte le condizioni e posizioni del terreno dal quale si ricavano. Il sig. Tchihtchoff, in un suo Coup d’eeil sur la constitution géologique des provinces meridio- nales du Royaume de Naples, alla p. 121, riferisce aver veduto presso gli abitanti di Chiaromonte molti ossi fossili, in mezzo ai quali crede aver distinto un fram- mento di mascella inferiore del genere; Mastodonte , e proprio del J/. ongirostris (1). La località da esso accen- nata, in cui gli venne assicurato essersi quegli ossi tro- vati, è precisamente la stessa, da cui furono le due difese di Elefante scavate : e mostrasi lo stesso autore sorpreso della presenza di ossami di questo Pachiderme negli strati superiori de’ terreni terziarii, essendo caralteristici de’ m220- cenîi o strati medii (2). (1) Cuvier si vide autorizzato a fondare il gen. Mastodon dalla sola diversa strut- tura de’ molari; sicchè il Tilesius ne con- trastava potentemente la validità , per es- sere insufficiente cotesto carattere. Come poi il sig. Tchihtchoff, dal solo frammen- to di mandibola avesse potuto riconoscere che quello appartenga a Mastodon meglio che ad Elephas è certo sorprendente. (2) Ecco un documento palpabile di ciò che si è detto alla pag. 29; parlando dell’Ippopotamo ; e delle difficoltà che ‘5 incontrano nello ammettere fatti novelli in Paleontologia. X 33 RODITORI. Tav. I, fig. 4. Nell’ordine de’ roditori riponiamo un dente tratto dalle cave di calcare tufacea a grana fina di Terra d’ Otranto, senza poterci pronunziare a qual genere fosse appartenuto. Tutti i caratteri conducono a riconoscere in esso un incisivo di animali di quest ordine, ma la sua grandezza è tale da non potersi avvicinare ad alcuno de’ generi conosciuti. Esso consiste in un moncone, Tav. I, f. 4, lungo pol- lice 1, ed 8 lin., avendo la spessezza di lin. 8 %: nella sua maggiore estremità, decrescendo alcun poco nell’altra: quasi quadrilatero, con una delle sue facce appianata , le altre leggermente convesse: è incurvato per modo che rappresenta un segmento di cerchio , il cui diametro sia di 4 a 5 pollici, e del quale n'è quasi l’ ottava parte, abbracciandone presso che 4o gradi. La faccia anteriore convessa à tre sensibili scanalature longitudinali, ed un poco obblique, una delle quali nel mezzo, le altre due una per lato, meno profonde, e che cominciano ad apparire a poco a poco; ed anche dalla faccia opposta concava ne appariscono due così gradata- mente incipienti. La faccia piana è quasi liscia, terminata da uno spigolo molto netto dalla parte concava, e da al. tro ottuso dal lato convesso : la faccia opposta a questa è leggermente ritondata. Dalla posizione della faccia piana, e dallo accrescimento maggiore di una delle due estremità si deduce essere del lato destro, ed appartenere alla man- dibola piuttosto che agl’ intermascellari, considerando la sua grande curvatura per rapporto alla grossezza. La sostanza interna o asse osseo è uniformemente du- ra, di color bigio, con un punto centrale più fosco ; e )( 34 guardala con occhio armato si vede risultare da accresci- menti uniformi concentrici e raggianti. La esterna dentina pel contrario è tenera, si lascia intaccare facilmente da un ferro duro e tagliente, sgretolandosi ; il suo colore è ros- siccio , i suoi strati molto apparenti, paralleli, ed ondeg- giati, seguendo le curve l'ordine stesso de’ solchi esterni. Rapportando la grandezza di questo dente a quella dell'animale cui appartenne, i soli generi viventi ai quali meglio si accosta sarebbero il Pedeze ed il Castoro; ma la forma non simiglia nè a quella degl’ incisivi dell’ uno, nè a quella dell’ altro. Sotto questo rapporto accostasi a quel- la dell’ /sfrice, de’ cui denti nondimeno non à gli spigoli così squisiti, mentre à marcatissimi solchi; oltrachè esser dovrebbe gigantesca la specie, stando le dimensioni :: 9g : 1, comparando il fossile con incisivi dell’ Istrice crestato tut- tora vivente e di età mezzana. Esige esso quindi che ul- teriori ricerche fatte nel luogo stesso venghino a rischia- rarlo, sia con altri esemplari, sia con altri resti di ossì speltanti allo stesso animale. Noi abbiamo solo un osso che lo accompagnava, e questo sembra una falange: ma lo studio dee farsi sul luogo medesimo delle ricerche , perocchè le probabilità della spettanza de’ pezzi diversi di- vengono maggiori o minori secondo la giacitura rispettiva. E qui l'intelligenza ed il criterio di chi si addice a tal ge- nere di studii costituisce il maggior fondamento per i buoni risultamenti. Devesi nondimeno qui aggiungere , che Cuvier, nel TII volume degli ossami fossili, discorrendo della specie di Anthracotherium de’ contorni di Agen (1) fa menzione (1) Vol. III, pag. 402 , PI. LXXX, f.3. ‘nella lignite della Liguria, e la terza ne Del genere Anshracotherium Cuvier rico- terreni di acqua dolce de’ contorni di posce 3 specie; due delle quali scoperte Agen. ) 35 ) di un dente, ricevuto in modello di gesso dal sig. Luffin, il quale credeva spettasse alle mascelle di questo animale, che Cuvier descriveva e rappresentava. Alla quale opinio- ne però Cuvier non soscrisse, poggiando principalmente sopra di ciò, che nelle mascelle ch'egli aveva fra le ma- ni non trovava nè sito nè alveolo nel quale quel dente presumer si potesse essere stato impiantato. Or cotesto den- te, tranne le dimensioni doppie, conviene perfettamente al già descritto, essendo ancor quello un moncone. Restò dunque dubbio quel dente a Cuvier, che lo dice grossissizo canino: e dubbio è pure per noi, però lo crediamo me- glio 7nczs7vo. ; CETACET. Consultando l'antica e l’attual condizione del continente italiano, dal piede delle Alpi alla bicipite estremità che si perde fra il mare Adriatico ed il Tirreno; l’una come l’al- tra ci attesta essere stato ben di sovente la tomba di grandi e piccoli Cetacei. E meglio che i favolosi o poetici racconti intorno alle Orche ed altri mostri marini, l’oracolo della stessa natura dirà quanti e quali essi furono : e special- mente le Balene che vi perderon la vita ne’ tempi da noi più lontani, per legare il passato al presente, in cui spes- so veggiamo il loro naufragio. Della qual cosa molto si meravigliano quelli che giungono nuovi in questo campo di osservazioni. i Nella più fiate citata calcare tufacea di Terra di Otran- to sono frequenti gli ossami di tali mammiferi pesciformi. Un carcame discuoprivane il Prof. Scacchi nelle adiacenze di Gravina in una roccia anche tufacea. Dalla prima di queste località abbiamo ottenuto vertebre, costole, e per fino gruppi 5 )( 36 )( di esse rivestite del proprio derme. Fra la moltiplicità de’ pezzi che ne possediamo , uno è caratteristico a segno, da permetterci la ricognizione del genere al quale appartiene. Esso è indubitatamente un Delfino. Genere DELPHINUS. Tav. I, fig. 13-16. Senza fallo spetta a tal genere un a//anle, con parte del corrispondente epistrofeo. Esso à pollici 2 ed 11 lin. di diametro trasversale, ed un pollice, 10 lin. e 9/.. nel lon- gitudinale. Le quali dimensioni c’indicano un individuo di 8 palmi allo incirca, fatta proporzione tra questo pezzo e l’ identico spettante ad individuo fresco da noi medesimi dissecato, e di cui conserviamo intero lo scheletro. Frammenti di altre vertebre e di costole accompagna- vano questo bello esemplare, e probabilmente appartenenti al medesimo individuo ; di che pure le proporzioni loro ci danno sicuro indizio. Questi ossi furono scavati alla pro- fondità di 60 palmi dall’ attuale livello del suolo (1). Fra i molti esemplari di costole infrante uno è pres- sochè intero, e ci mostra la prima costola anteriore. Essa è rappresentata nella Tav. I, fig. 13, di naturale gran- dezza. Le sue dimensioni guidano a giudicare ch’ essa appartenne ad individuo che aver dovea per lo meno pie- di 14 di lungo, pari a palmi nap. 17% ; e però diverso dal precedente. Tra le specie che attualmente vivono nel Mediterraneo, del pari che nell’ Oceano europeo, potrebbe con probabilità riferirsi al 7ursio, che misura ben 19 pie- (1) Non abbiamo creduto interessante bre cervicali, di cui si è fatto parola , esibire la figura delle due prime verte- come di cosa molto facile a riconoscersi. X 37 X di di lungo. Non sarebbe neanche improbabile che spet- tasse alla specie più comune, il De/phinus Delphis , il quale , sebbene attualmente par che non superi i 10 pie- di, o palmi 12%, pure è presumibile che oltrepassato avesse tal dimensione, quando le condizioni climatiche eran diverse; chè abbiamo ciò pure provato per moltis- simi altri generi di abitanti del mare. Con tutto ciò non intendiamo escludere la possibilità, che quel carcame ap- partenesse a specie diversa dalle citate , come al Beluga (D. albigans, Fabr., e 2. Zeucas, Lin.- Gm.), che tocca i 18 piedi, e trovasi di presente ne’ mari settentrionali : nè che la specie sia anche scomparsa del tutto, come fa- rebbe sospeltarlo la struttura del suo derme. La figura 14 della medesima tavola è quella di un pez- zo della stessa roccia tufacea racchiudente tre costole a 6/6, ricoperte dall'uno e l’altro lato del proprio derme ddd: le quali si sono rappresentate di profilo, col taglio trasversale delle costole, a fin di mostrare come vi si ritrovano natu- ralmente incastrate, e quale è la tessitura del derme che le ricopre. Esse hanno ricevuto tal compressione, che le costole di un lato sono state costrette frammettersi a quelle dell’al- tro, in guisa da formare un piano solo: e lo strato adiposo ne ha occupato per fino gl’ intervalli. Pare che questo pezzo spettasse alle ultime regioni toraciche, ove le porzioni estre- me delle costole sono quasi cartilaginee ; laonde han po- tuto stiacciarsi e divenire in qualche sito laminari. E que- sto indica pure la maggior crassezza della sostanza adiposa di tal pezzo, mentre le costole più solide mostrano essere rivestite da un derme più delicato e meno pingue. Porzio- nì, in cui gli ossi sono più consistenti, hanno conservato la loro forma , ed han potuto meno interporsi le une * 38 X alle altre: e di tal fatta abbiamo costole lunghe un piede, e larghe un pollice , ciò che suppone una lunghezza più che doppia. Notevole è la struttura del derme, qual esso .sì appalesa nello stato fossile. Alla superficie esterna prende l’ aspetto di zigrino, o come di piccole ma solide squame disposte quasi a mò di embrici. Allo interno, lo strato che imme- diatamente succede, presentasi come composto di cilindri accollati per i loro lati, e costituiti di glandole o follicoli ordinatamente riuniti, così come si veggono nella fig. 15 ingranditi. Sono essi accozzati in due serie, alternanti quei dell’ una con quelli dell’altra , in guisa, che rimangono tra essi degl’interstizii voti, simili quasi ai pieni. Si è. creduto entrare in questi particolari, poichè essi possono rischiarare dal canto loro l’ intima struttura dello strato succutaneo di tali mammiferi, e spargere ancor lume per ricercare questo tessuto in Giri generi tra viventi. È poi indispensabile chiarire siffatte cose, onde non esser tratto in errore, come ben potrebbe avvenire , se isolatamente e senza altre parti scheletriche cadesse sotto l'occhio d' im- perito zoologo. Succede a questo primo strato un secondo ed esterno, costituito come quello anche di glandole o follicoli, ma non sì bene ed ordinatamente tra loro collegati da costi- tuir cilindretti; aggregati essendo invece semplicemente in una massa compatta. Questa organizzazione dermoidale pare non sia stata fi- nora avvertita, nè tra viventi, nè tra fossili ; e maggiormente richiama l’attenzione la superficie epidermale , che nelle specie viventi del genere Delfino conserva dal più al meno la disposizione di finissime rughe, o di strie, come di fi- 39 X bre longitudinalmente conteste (1). Ed era questa considera- zione appunto che ci suggeriva il sospetto di appartenere a genere estinto. Sono però conghietture d’ una probabi- lità, che potrà farsi maggiore o minore, quando meglio siasi studiato il tessuto cutaneo di questi animali sopra individui viventi. È pure a desiderare lo scoprimento di qualche altra parte scheletrica più caratteristica, onde con minore incertezza si possa ragionare. Genere BALENA, Lin. Molti sono gli esempli in Italia di ossami spettanti a gigantesche specie del grande genere Balena. Tra’ quali i più certi e caratteristici sono quelli che si oltennero da Castellarquato ; d'onde dissotterrava il Cortesi scheletri ap- pena mutilati di Balenottera, di cui una delle due specie giustamente porta anche il nome del suo scopritore (2a- Zaenoptera Cortesi), e l’altra è insignita di quello dello illustre Cuvier (Balaenopiera Cuvierit). Nel regno di Napoli però le sole Puglie ci han porto finora avanzi organici spettanti indubitatamente a Balena. (1) È risaputo che il corio de” Cetacei consta di fibre disposte verticalmente, on- de il corpo papillare risulta uniformemen- te piano e liscio : talchè taluno à pur det- to, che in questa genia di viventi , ugual- mente che ne’ pesci , manca affatto (Ca- rus, not. com. $. 608); e che l’ apparec- chio glandolare della pelle sembra. non esistere (1. c. $ 609). Sappiamo altron- de che la cute de’ Cetacei è mantenuta morbida liscia e splendente come la se- ta da un trasudamento oleoso segregato dalla medesima cute ; trasudamento che lo stesso scrittore ammette, mentre esclu- de l’esistenza dell'apparecchio secernente. Nel fossile di cui qui si ragiona sem- bra doversi ammettere, che le fibre siansi trovate disposte in fascetti uniformemente inclinati: non potendosi altrimenti con- cepire la forma di squame ovali, sotto la quale si appalesa il corpo papillare. Nè crediamo che si volesse ciò attribuire al- l'epidermide o al reticolo malpighiano , chè, essendo meno resistenti, si modellano pure sul medesimo corpo papillare sotto- posto, poco essendo alterabile nell’ acqua. dae In Terra d'Otranto, nella più volfe citata calcare di Lecce, sì trovano vertebre di questo cetaceo di mezzana grandezza. Le più grosse e meglio conservate che siano a noi perve- nute hanno poco meno che due pollici di grossezza, ma il loro diametro indeterminabile, perchè sono esse rotte e logo- rate allo intorno: e di altre di dimensioni anche maggiori si ottennero solo rottami; perocchè esse non mai sì trovano compenetrate da succo lapideo ,,. ma invece sono semplice- mente racchiuse, e come rammollite dall’umido che conserva costantemente la roccia fin nelle maggiori sue profondità. Onde il tessuto spugnoso o celluloso è sempre netto, visi- bile, e senza altra alterazione, eccetto quella che proviene dal tempo. Facili sono perciò a rompersi e sgretolarsi. Il carcame di Balena che traeva da Gravina il prof. A. Scacchi, era nel luogo detto il Campo santo. Gran parte di quegli ossi trovansi ora nel Museo mineralogico della nostra R. Università degli Studii : e consistono in vertebre , costole , scapola, e rottami del cranio. Delle vertebre ve ne sono alcune cervicali interissime , le quali hanno il diametro di 8 pollici e sono alte poll. 1’. Le costole son larghe 3 a 4 pollici, poco meno che un pol- lice grosse, ed i monconi lunghi pollici 24 e 28. Vi sono pure alcune delle cartilagini intervertebrali , del diametro di 6 a 7 pollici, con una delle facce convessa e liscia, l’altra piana e rugosa, avendo nel mezzo loro la spessezza di 6 a 7 linee. Adi Genere SYNODONTHERIUM, Costa (1). Tav. III. Il fossile che noi descriviamo è una piastra dentaria, lunga pollici 5 e due linee , larga pollici 2 ed 8 linee, spessa soltanto linee 8. Essa si compone di sei denti in- cisivi appartenenti alla mascella inferiore, così strettamente stivati e compressi che non lasciano punto sospettare esser- vi stata tra loro interposta sostanza alveolare di sorta al- cuna; nè pare verosimile che questa gli avesse investiti così come si trovano: nel qual caso dovrebbe anche sup- porsi, che fosse stata di tal natura da non resistere all’a- zione corrosiva o dissolvente del mezzo in cui rimase l’ ani- male sepolto. De’ sei denti i due medii sono i più prolungati, e più dilatati ancora nella porzione esterna o corona; e per ano- malia forse, la corona del destro è maggiore di quella del sinistro; e questa anomalia si mantiene pure ne’ due denti intermedii, ne’ quali anzi è maggiore: i due denti esterni pel contrario si dilatano mano mano dalla corona allo estremo opposto, talchè hanno essi figura conico-stiacciata ; e qui l’ anomalia, per la legge de’ compensi, s' inverte , facendosi il sinistro dente più largo del destro. La parte esterna de’ denti, o la loro corona, non è ben distinta dalla radicale: è però molto consumata, sicchè la interna cavità è rimasta scoperta; ed il consumo è sì obbliquo, da non potersi credere prodotto dall’uso della vita, senza sup- porre, o che gl’incisivi superiori fossero stati straordinaria- (1) Da cè simul, saldato ; 6doòs ders, dente; e Gnpiov fera, fiera. X 42 X mente adunchi , o che l’intera piastra dentaria fosse stata essa stessa inclinata sul piano dell'orizzonte almeno per gra- di 45. Del resto, la linea curva parabolica rappresentata dal taglio superiore , ugualmente che dall’ inferiore limite della parte sdrucita, guida piuttosto ad opposta sentenza. Tolta dunque una brevissima porzione dell’ anterior parte , tutto il resto della lunghezza spetta alla radice; la quale è longitudinalmente ed irregolarmente contorta e rugosa, 0 fatta a pieghe, sì che diresti risultare da cordoni riuniti in fascio : la loro superficie è ineguale, tubercolosa e scabra; guardata con occhio armato si vede tutta papillosa. Quella del destro dente mediano è in oltre segnata sì sopra che sotto da un cordone più che ogni altro rilevato , e scorrente da de- stra a sinistra accavallandosi quasi alla radice compagna. Esaminando tutlo questo apparato dentario dalla parte poste- riore, ove è roilo , scorgesi ne due denti esterni la parte centrale ossea, ben distinta dalla deutina esterna, e l’ una come l’altra stiacciata, dilatata, e quasi laminare; la pri- ma della spessezza di 2 linee nel mezzo , assottigliandosi ne due lati gradatamente fino a disparire; la sua larghez- za, nel sito della frattura, è di lince 5 nel sinistro ; ma nel destro , che mantiene la sua integrità per una maggiore lunghezza, non apparisce più che di 3 linee. A prescinde- re dunque dalla ineguaglianza ed irregolarità loro , pare che questi due denti si dilatano maggiormente sul mezzo della loro lunghezza. I quattro denti mediani , lungi dal presentare alcuna traccia di parte ossea centrale, lasciano tutti insieme una cavità regolarissima, larga lin.177 in senso orizzontale, e 2 '/. nel verticale, e proprio nel suo mezzo, chè negli estremi si va restringendo, terminandosi in linea curva, Siffatta cavità si profonda anche regolarmente, re- 43 )( stringendosi per ogni senso , e seguendo la fisura totale della piastra dentaria. È quindi evidente, che la radice di questi quattro denti siasi divisa in due lamine, una supe- riore e l’ altra inferiore ; che queste lamine siansi saldate reciprocamente ne’ margini laterali ; e che divaricando gra- datamente ver dietro abbiano lasciata la cavità descritta. Es- sa è ugualmente tapezzata allo interno da un sottile strato d'una sostanza diversa da quella della lamina esterna , la quale è ora carbonato calcare, v. arragonîte, traslucida ; e tra l'una el'altra vedesi fusa la parte ossea in una sot- tilissima lamina. . La cavità si è trovata ripiena di materia terrosa ros- sastra, simile ad argilla ferrifera. Tutto il pezzo era incrostato da materia di color bian- co-sudicio, macchiata di gialliccio, stratificata in sottili la- mine sfogliese ; mancava essa solo ne’ margini tutti, e da ogni lato ugualmente , come vedesi in « 6 della fig. 1; perocchè noi, lasciatane la porzione xx così naturalmente incrostata, l'abbiamo spogliata nel resto, onde mettere a nudo le parti, e seguirne l’ andamento. Questa sostanza attacca fortemente la lingua, non si scioglie nell’ acqua, fa effervescenza con l’ acido acetico, che la riduce in una pasta molle ; in somma è tutte le qualità fisiche di car- bonato calcare alquanto argilloso, con poco ossido di ferro: e tale l’analisi chimica l’ha pur dimostrato. È ben difficile farsi una giusta idea della organizza- zione della mandibola, alla quale appartenne questa parte puramente dentaria. Tutte le ipotesi trovano alcun che di ostacolo per essere ammesse; e tutti i ravvicinamenti, se per un lato si trovano compatibili , potentemente ne ven- 6 )(44 gono respinti per l’altro, per lo stato attuale delle nostre conoscenze. Denti incisivi sì lunghi, senza potere ammet- tere ch’ essi fossero stati impiantati in alveoli, non esi- stendo ira loro alcuno spazio in cui si possa supporre es- servi stata altra parte, sia essa ossea o carnosa; ad ecce- zione del piccolo, irregolare, e mediano =, che rimane fra l'esterno de’ denti ed i medii — interior parte de’ quattro denti medii scavata, e questi lateralmente connessi in modo da lasciare una cavità comune y; mentre gli esterni sono pieni d’ una sostanza ossea, e forsi il bulbo, ed hanno forma conica, per la quale si accostano alla struttura de’ canini — forma dello intero apparato dentario flessuosa , allargata posteriormente, in luogo di restringersi ; ristretta anteriormente e ritondata — tutto conduce a ravvisare in esso un organo destinato a scavare ; mentre sembra assur- do che questo uffizio siasi potuto esercitare senza un va- lido appoggio ; e se lo ebbe, dovè investire tutti insieme i sei denti. Per la soluzione di tutte queste ed altre difficoltà che possono elevarsi, noi abbiamo bisogno di altri lumi, che ci attendiamo dalla natura e dai suoi cultori. Per lo che, limitatici ora alla sola descrizione del fossile, lo abbiamo contrassegnato con un nome generico, che n° esprime la principale e più notevole condizione organica, come dalla sua elimologia si rileva. Proviene questo fossile da Mormanno, Calabria Citra, e proprio dal luogo detto Zarco, presso le sponde del fiu- me Juso, che scorre fra due monti, sul dorso di uno de’ quali siede Mormanno. Il sig. Eduardo Pandolfi, da cui lo abbiamo grazio- )(45 )( samente ricevuto (1), assicura essersi trovato sotto un masso di tufo, che tagliavasi ad uso di costruzione; e questo es- sere stato messo a giorno dalle alluvioni. Accompagnava il fossile descritto un molare di Ca- vallo, ed un roltame di piastra dentaria di JMobate. Del primo di questi due generi, non avendo fin qui che questo solo esempio, ci limitiamo al semplice cenno , in altenzione di altri documenti, ed anche di maggiori illu- strazioni sulla località (2). Dell’ altro terremo parola nel proprio luogo al capitolo de’ pesci. Iccetli Di questa classe di vertebrati sono ovunque rarissimi gli esempli di avanzi fossili ; e tra noi non possiamo ci- tarne un solo sin qui. (1) Rendendo in questo luogo la me- (2) Non avendo di questa località co- ritata lode al sig. Eduardo Pandolfi, gio» vine medico, e premuroso di corredarsi di quanto può essere di ausilio e di or- namento all’ arte salutare ; lo scongiuria- mo a fare delle ricerche accurate sopra luogo , onde pervenire allo scoprimento di qualche altro brano, capace d’ illustra- re il presente, e chiarirci forsi un giorno del genere di animale al quale appar- tenne, noscenze dirette, nè estese, ci atteniamo a quanto ne vien detto dal sig. Pandol- fi. Egli ci fa noto ancora, essersi trovato sotto lo stesso masso di tufo tronchi di alberi, e fra questi una soccia trave di abete di circa 100 palmi di lunghezza. Sarebbe stato pregevole aversi di tali le- gni un saggio, per conoscerne lo stato di fossile, o di petrificazione. | Î } 46 ) CAPITOLO I. Rettili Men rari de’ precedenti sono i casi di ossami spettanti a Rettili, spezialmente degli ordini superiori, di cui ora vuol farsi una classe distinta. Per lo più i resti dello sche- letro loro appartengono a quelli che vivono abitualmente nell’acqua, come i Cheloniarii. Tra i Sauriani è più fa- cile incontrare avanzi del Genere CROCODILUS, Laur. L’ Arduino pel primo ci à dato la conoscenza di denti fossili speltanti a questo genere di Rettili Sauriani, scavati dai terreni del Vicentino, in vicinanza della Favorita, per rapporto all'Italia. Abbiamo altrove annunziato essersene scavati già due nel tenimento di Cannole (1) verso Otranto, i quali si tras- sero dalla profondità di palmi 20 dal suolo, che spetta al calcare appennino (2). Essi furono riconosciuti per denti di (2) La formazione di quei monticelli , come di molti altri che corrono nella pro- vincia otrantina e nella limitrofa Peuce- (1) Tra i varii oggetti che insieme a questi denti vennero dissepolti da quel luogo , meritano particolare menzione alcuni che sembran dischi di molle pasta zia, è dovuta a macigni aggregati disor- arrotolati sopra loro stessi, di cui dare- dinatamente, e cementati in diverse gui- mo ampia notizia sotto il titolo Plara- se, facili bene spesso a slogarsi. Questo è rie fra gli Anellidi. il carattere comune delle così dette murge. X 47 X Coccodrillo anche dal Brocchi. Ci duole l’ animo di non poterne esibire qui la figura, mentre non più li possedia- mo, perchè il. conte Wolkoff li portò seco partendo da Napoli inopinatamente. Più di recente però G. Costa traeva dalle cave della calcare di Lecce un altro dente di questo genere, che se- condo tutti i caratteri appartiene a specie della tribù de’ Coccodrilli. L’ esemplare che trovasi rappresentato nella Tav. I fig. 17 evidentemente è un di quelli che, spettando alla mascella inferiore, sono di tutti più lunghi, e che allorquando la bocca è chiusa, sorpassano il labbro , e sporgono fuori anche del superiore. Siccome però di cotesti denti sono fornite più specie, privi di altri segni caratteristici, non possiamo affermare, almeno con grande probabilità , a quale di esse tal dente fosse appartenuto. Identico a questo, ma meglio conservato, era un di quei due menzionati di sopra: l’altro era dop- pio in diametro, di uguale altezza, conico, a punta ot- tusa e pulita, mostrando i confini dello strofinio ricevuto con l’usare contro la cavità corrispondente della opposta mascella ; era mancante solo della porzione radicale. Caratteristico è poi l’altro, rappresentato nella mede- sima tavola fig. 3. Esso è conico, ottuso, un poco com- presso, con uno spigolo ben rilevato d’ambo i lati, dai quali vien limitata la faccia esterna maggiormente conves- sa, dalla interna che è la meno, e che scende quasi in linea retta sulla base del cono, onde esso è obbliquo ; la superficie è levigata, smaltata, e di color marrone , sul quale si veggono delle linee o strie trasversali più oscure parallele tra loro ed alla linea che limita la corona ; le 48 X quali risultano dallo accrescimento successivo. La interna sostanza ossea è compalta , eguale, poco o nienie fibrosa; ma che però si fende sempre in linea longitudinale : ha color bianco-sudicio tendente al gialliccio. La lunghezza di questo dente, dal limite della ra- dice all’apice, ch'è un poco consumato, è di linee g; il diametro alla base di 7 linee, nel senso delle due pieghe o spigoli, e nell’altro di sole linee 6. Della radice non avanza che una piccola porzione. )( 49 X CAPITOLO HI, Pesci Iniziava tra noi il Cavolini questo ramo di Zoologia fossile , che, nata in Italia, vantava già un gigantesco lavoro nella Z{liologia Veronese (1). Egli, verso 1’ anno 1809 (2), con una lettera indirizzata al Conte G. Zurlo, allora Ministro dell’ Interno , scritta in purgato latino ser- mone , accompagnava tre tavole incise in rame, in cui sono effigiati cinque di quei pesci, de’ quali è gremita la calcare di Castellammare. Meditava il chiaro autore illu- strare in tal guisa gli Appennini circostanti alla Campania, oggi Terra di Lavoro, per indi passare a disquisizioni maggiori intorno alle catastrofi del nostro globo, come accenna il titolo dell’ opera (3). Mancato indi a poco ai viventi, il lavoro si arrestava esordito così senza veruna pubblicità. Laonde i pesci fossili del nostro suolo non fi- gurano altrimenti nella grande opera dell’ Agassiz, che per (1) Con questo titolo veniva in luce a Verona un’ Opera in folio , di pag.323, e 76 tavole, rappresentanti 123 specie di pesci fossili ; la massima parte de’ quali tratti da Zestana nuova, comunità limi- trofa col Bolca , che si frappone tra il Veronese e ’1 Vicentino. Gli originali effi- giati erano ne’ due Musei, l'uno del C. Ludovico Moscardi, l’altro di Francesco Calciolari. Nel 1810 il sig. Brugnatelli pubblicava un catalogo generale di esso, dandone una nuova descrizione. (2) Siccome nè la lettera , nè il fron- tespizio dell’ opera porta alcuna segna- tura di tempo, deduciamo quest’ epoca da quella in cui il Conte Zurlo passava al Ministero degli affari Interni, e quin- di della Pubblica Istruzione. Perocchè il Cavolini cessò di vivere nel 1810. (3) Appenninorum montium Campa- niam ambientium physica disquisitio ad generales orbis nostri catastrophas quas olim subiit praecipue cognoscendas. )( 50 )( le poche notizie che il Pentland recentemente somministra- vagli. Per la qual cosa l'illustre autore, nella sua £nu- meration des Poissons fossiles d’Italie , pronunziava l’as- soluta sentenza= che in Castellammare si trovassero tre sole specie appartenenti all’ Ordine de’ Ganoidi, cioè Pycnodus rhombus, Notagogus Pentlandi e Notagogus major (1). Opposlamente egli però avea dichiarato nella sua opera, che nella calcare di Castellammare, col Pycnodus rhombus e Notagogus si trovano pure specie di generi Semzonotus e Pholidophorus ; onde trovavasi imbarazzato nello assegnare l età di quella formazione , avendo precedentemente. sta- iuito, che le specie del genere /Votagogus provengono tutte dai deposili superiori (2). Erano pur note altre località del nostro regno, nelle quali non infrequenti appariscono z//704i: ne fecero men- zione Breislak , Melograni, Savarese, Tondi e Giovine ; ma troppo vagamente, e senza alcuna almen generica indi- cazione gli annunziarono. Nè il Cavolini si mostrò nello impreso lavoro tanto perito, quanto lo fu in altre ricer- che ; anzi pare che fossegli venuto meno quel fino criterio di cui mostrossi dotato in più altre. Veramente questa parte di storia naturale è troppo spinosa: nè l’Agassiz à potuto meglio percorrerla, che sal- tellando, e varcando le lacune invece di appianarle. Egli à trovato il campo incolto, e lo à dissodato a modo suo, per lo mezzo di sodi principii ; ma non per questo l’ arbi- rio non si fa di sovente avvertire. Ciò malgrado, la scienza gli deve moltissimo per questo ed altri ben improbi lavo- (1) Vedi, Congresso degli Scienziati Ita- (2) Vedi, Recher. sur les Poissons foss, liani tenuto in Torino, tornata de’ 29 set- vol. I pag. 196. tembre;, Sezione di Zoologia. dI ri; e noi ci vediamo costretti a seguirne le tracce, non però ciecamente, nè senza riserbarci di rivenire su questo argomento. Siamo in pari tempo convinti di non aver fatto ab- bastanza per illustrare la nostra itliologia fossile; ma ab- biamo pur la coscienza di averlo per ogni guisa tentato : ed oltre quello che di presente viene alla luce, molte altre note ci avanzano , che dopo maturo esame e più copiose investigazioni e confronti verranno a chiarire quanto per ora esporremo. Genere BERYX, Cuv. Cuvier fondava questo genere per comprendervi alcuni pesci stranieri ai mari di Europa, i cui essenziali carat- ieri consistono in ciò = Corpo molto alto; occhio gran- demente aperto (il cui diametro talvolta adegua la metà della lunghezza del capo, come nel 8. decadactylus) ; colore del corpo rosso vivace; raggi spinosi sopra e sot- to la base della pinna codale; creste dentellate sopra diverse parti del corpo; pinna dorsale unica con alcune spine gracili nella sua parte anleriore, senza perciò es- ser questa distinta dalla rimanente. L’ Agassiz ritiene questo genere per riferirvi alcuni monconi di pesci fossili, ne’ quali niuno de’ summentovati caratteri è evidente. Nè egli altro ne assume come essen- ziale, eccetto la pinna dorsale unica, con alcuni raggi spinosi nella sua parte anteriore soltanto ; capo grosso ottusissimo (1). Nei roltami e frammenti di pesci fossili , (1) Agas. Op: cit: IV. p. 4. Cap. I. Quadro Sinottico , Fam. de’ Percoidei. 7 )( 52 X che il prelodato autore riferisce a tal genere, della squa- ma allo infuori, niuna altra cosa è bastevole ad assodare questo divisamento. Le quali specie, rigorosamente ancor considerate, non convengono col B. decadactylus , specie tipo di tal genere; e molto meno col 2. Zinealus, secon- da specie descritta da Quoy e Gaimard, tralta dai mari della Nuova Olanda. E le difficoltà cresceranno a parer nostro, quando avremo descritto il Beryx , che noi tro- viamo identico per le squame stesse al radians del mede- simo autore. BERYX RADIANS, Ag. Tav. IV, fig. 1-D. Il nostro esemplare, che per analogia riportiamo a que- sta specie, è un capo con la porzione cervicale del tronco. Esso è lungo 3 pollici e 5 linee, alto 2 e 10 lin., con irlin. di spessezza: è però meno grosso di quello che natural- mente lo era, per evidente compressione ricevuta entro la roccia che lo racchiude. Il rostro principalmente è stiacciato, come quello che potè opporre minore resistenza alla forza comprimente , onde i pezzi opercolari veggonsi infranti e dissestati, e ciò dal sinistro lato più che dal destro. Alcuni de’ pezzi opercolari che avanzano sono bellamente e profondamente cesellati, ugualmente che i sottorbitali , e la porzione esteriore dello scapolare. Sembra che l’ o- percolo sia ricoperto di squame simili a quelle del corpo, perocchè dal lato destro molte ben ordinate se ne veggono in o tra lo scapolare e, fig. 1, e l’opercolo, che certo non provengono d’ altra regione. Il corpo è ricoperto di larghe e corte squame, fig. S, profondamente solcate sul contorno (53 X esteriore a mo di raggi, i cui termini sporgendo fuori del margine lo rendono dentellato : l’aja mediana è perfettamente liscia, e senza verun segno di strisce concentriche, o de’ successivi accrescimenti: ed in ciò disconvengono esse da quelle del Zerye radians, mentre vi somigliano in tutto il resto. Il colore è un bel rosso di cinabro, proprio de’ Beryx viventi, e che conservato si trova ne' fossili. Sotto la gola evvi una grossa squama cordiforme, con una leggiera ca- rena longitudinale nel mezzo, fig. 1, £ e fig. 7’; e questa sembra appartenere alla base delle pinne pettorali , delle quali si veggono vestigi immediatamente sotto la gola, dal lato destro. La linea laterale comincia dall’ angolo superiore del- l'apertura branchiale, e scorre parallela al profilo dor- sale, sulla terza serie di squame. Singolare è il modo con cui un tal pesce à conser- vato la forma esteriore, e le squame intatte ed ordinate quasi normalmente, mentre la carne è stata rimpiazzata dalla medesima sostanza calcare nella quale era racchiuso. E nello interno è pur conservato lo scheletro , che ben si vede nel mezzo della roccia dalla parte della sua frattu- ra, fig. d3.aa' dec. È questo il più bello esempio d'’itliolite, che la cal- care leccese porgeva al sig. G. Costa, sia per la conser- vazione delle esterne spoglie, sia pel modo com’ è lapide- fatto (1). Esso è tratto dalla profondità di So palmi dal li- vello del suolo, che si eleva 300 palmi allo incirca sopra l’attuale livello del mare. Secondo un calcolo di proporzioni molto probabile , (5) Egli ne dava un cenno in una sua — ranti Naturalisti, nella tornata de’ 16 gen: Memoria letta all'Accademia degli Aspi- najo 1848. "E )( 54 l'individuo, al quale appartenne questo moncone, aver dovea la lunghezza di un piede, compresa la pinna codale. Le sue squame somigliano assai più a quelle che l'A- gassiz rappresenta nella Tavola 14.%,f.3, sotto nome di 5. microcephalus ; e per la grandezza e figura del capo si accosta altronde al 5. radians, Tavola 14.°, fig. 7. Un po ritrosi a moltiplicare le specie, ci siamo decisi assimilarlo a quest ultimo meglio che al primo , dal quale molto si scosta per la forma e grandezza del capo , come il nome stesso lo indica, assai piccolo in ragione del suo corpo. Forse ad altri piacerà considerarlo come specie diversa dall’ uno e dall’ altro : ed in tal caso noi crediamo conve- nirgli l’ aggettivo di macrolepis. Noteremo da ultimo, che tutte le specie di questo ge- nere descrilte dall’Agassiz provengono dalla creta di Lewes: e questo per gli Geologi sistematici è altro grave motivo di escludere il nostro pesce dal genere Beryx! Sarebbe con- siglio quindi creare per esso un genere nuovo ; ma non trovando alcun carattere proprio sul quale fondarlo, ci con- ientiamo seguire le analogie meglio che usar dell’arbitrio. ) 55 Gexere SARGINITES , Cos. (1). Questo genere è facile a distinguersi dai PhoVidopho- rus, e dai Zeptolepîis, coi quali si potrebbe riunire, ove non si ponesse mente ai caratteri seguenti. I Sarginites 4anno le mascelle armate di denii alquanto conicî, ottusi, un poco încurvutî , ed in piccol numero. Una sola pinna dorsale direttamente opposta alle ventrali. Mancano affaito di pinna anale. La pinna codale ha per base due lunghi osseitî, all’ estremità de’ quali s' impiantano î raggi propri costituenti la pinna. Osservazione. La presenza de' denti rari e conici è un importante ca- rattere per lo quale i nostri Sergezztes debbono esser separali eziandio dal g. Cobitis; oltre la pinna dorsale ch' è unica ed angusta. Per tatt’ altro converrebbero col Cod. centrochir dell’ Agassiz. La mancanza dell’ anale li di- stacca dai Leptolepîs. (Questi pesciolini si trovano in gran copia nella calcare di Pietraroja : e tutti i 12 individui che ne ha raccolti A. Costa presentano il solo scheletro , nel quale si contano 32 verlebre , senza traccia di costole slernali ; nè verun segno di squame, SARGINITES PYGMAEUS, Cos. Mia v AVIR O: 08% Frequentissima è questa specie e gregaria, non man- cando di trovarne una dozzina in 3 o 4 palmi di spazio. Questi pesciolini sono piccoli, non oltrepassando la lun- ghezza di un pollice e mezzo ne’ maggiori individui che noi possediamo. Il capo è conico-ovato , il rostro un poco (1) 2epyivovs chiamava Aristotile i pesci sto nuovo genere, volendo con ciò ricor- gregari , (Arist. Hist.Anim. lib.IX). Noi dare appunto ch’essi dovevano vivere lo abbiamo adottato per insignirne que- riuniti a branchi. ) 56 )( allungato, con Ja mandibola più lunga degl’ intermascella- ri, e rivolta un poco in alto. Le pinne peltorali mediocri, con 14 raggi, e molto ravvicinale agli opercoli, i quali non si lasciano distinguere dallo insieme del capo. La pin- na dorsale, angusta e gracile, con soli 12 raggi, è posta proprio nel mezzo della intera lunghezza del corpo. A que- sta si oppongono direttamente le ventrali, le quali sono anguste, ma lunghette, composte di 7 raggi molto ramosi, ritondate. La pinna codale consta di due lunghi ossetti impiantati sull’ ultima vertebra codale , alle cui estremità | sì attaccano i raggi delicatissimi ed assai corti, che formano l’ossatura de due lobi. L’occhio è piccolo e posto dietro la scissura boccale. La colonna vertebrale si compone di 32 vertebre. L’esemplare effigiato sotto il n. 6 sembra distinguer- si dal già descrilto n. 7 pel capo assai più piccolo ed un poco ancor diverso di forma ; ma noi crediamo che ciò dipenda dall’ essere denudato dalle parti accessorie al cra- nio, come-branchie , ed opercoli , di che ci danno chiaro indizio Je pettorali più scoperte , e la porzione della rachi- de vertebrale spettante alla cervice: forsi anche per la po- sizione apparisce diverso. X 57 X Gevere MEGASTOMA, Cos. (1). Non possiamo dispensarci dal separare dalla precedente la specie che serve di tipo a questo nuovo genere, a cau- sa della notabile differenza che troviamo nella struttura della pinna codale, e nella presenza della pinna anale. Di talchè questo genere parrebbe doversi allontanare dalla famiglia nella quale entrano i Sarginzes. Come è suo nome generico lo indica i Megastoma hanno una bocca am- plissima, non altrimenti che quella degli Scopeli, la cui scissura ol- trepassa la regione oculare: intermascellari estensivi. In ambe le mascelle vî sono denti conicî molto grossi, e quindi in piccol numero, î quali st alternano quando le due mascelle si avvicinano. Pinna a- nale piccola e molto remota. La pinna codale è forcata, a lobi quasi eguali, non molto lunghi , è cui primi raggi sono querniti di molti e validi fuleri all esterno della sua base. MEGASTOMA APENNINUM , Cos. Tav-SNIifiorenio; Capo elegantemente ovoideo, con la mandibola lunga, molto larga, ed archeggiata nel profilo inferiore. Le pinne pettorali sono ritondate, con 12 raggi semplici, di medio- cre lunghezza. Le ventrali sono un poco più lunghe delle pettorali, con 10 raggi ramificati: esse si attaccano a due ossa innominate lunghe e strette. La dorsale, opposta alle ventrali, nasce un poco innanzi all’ origine di queste, e si compone di 10 raggi semplici e quasi eguali. L’ anale è molto remota, estendendosi fin presso il peduncolo della (1) weya magnum, e orcua os. J 58 X coda; vi si contano 8 a g raggi, i tre primi de’ quali spinosi e gradatamente crescenti, gli altri sono molli e ramificati alla loro estremità quasi due volte ; pinna codale molto forcata ma piccola, il cui lobo inferiore sostenuto da 4 a 5 osselti ; raggi delicati al numero di 13, artico- lati, e bifidi alla loro estremità ; nel lobo superiore pare ve ne sia un minor numero. Si contano 86 vertebre nella colonna vertebrale, più lunghe alquanto che alte; oltre quelle che servono di sostegno al lobo superiore della pin- na codale. Nove a dieci costole sternali chiudono la cassa toraco-addominale. Gevere HISTIURUS, Cos. (1). Capo corto ed altissimo. Pinna codale amplissima lunga e delicata. Cre- sta cefalica. Dorsale stretta ed opposta alle ventrali: queste medio- cremente lunghe : pettorali piccole. Addome carenato e guernito di grandi scudi osset. Dentî piccoli e ritondati sul contorno interno della mascella. Scheletro molle. Osservazioni. L' Agassiz ci rappresenta tn piccol pesce del genere Smer- dis (Sm. latior, Tab. 8, f. 8) così rassomigliante a quello da noi effigiato e Della Tav. VI, f. 3, da non far punto esitare nel dirlo identico. Ma consal- tandone la descrizione , ed esaminando attentamente l’ uno e l’ altro pesce , si trovano tante disparità e così rilevanti da non permettere non solo di cone fonderli, ma neppure di lasciarli nello stesso genere. Però non manca lo stesso lodatissimo Autore di fare avvertire le incertezze nelle quali egli rimane tutt’ ora nel dargli un posto diffinitivo e sicuro , oscillando i caratteri che vi trova tra quelli del genere Smerdis e quelli dell'Enoplosus. Nota ben pure, che igno- rando la località dalla quale provengono gli otto esemplari ch’ebbe per le mani, che per sola analogia della roccia, in cui uno di essi è racchiuso , presume fossero del Bolca, è rincresciuto di non poterne eccitare la ricerca, onde perve= nire a maggiore chiarezza. Noi abbiamo trovato l’ unico individuo, dal quale abbiamo ricavato i caratteri del genere, nella calcare di Pietraroja, fra i Sarginites edi Megastoma , restando pur desiosi di averne altri esemplari. (1) forio velum, e ovpé cauda. x 59 X Oltre i caratteri ch’ essenzialmente allontanano il nostro Hist&urus dagli Smerdis ed Enoplosus, come la mancanza di raggi spinosi nell' anterior par- te delle ventrali, e queste non toraciche } la presenza di cresta cefalica, e di costole sternali; e la incertezza su i raggi spinosi anteriori nella dorsale ; 8 incontrano tali specialità in tutto il resto, che ben ci autorizzano ad ele- varlo a tipo di un genere molto distinto. mstivrus ELAPUS, Cos. Tav. VI. f£, 3. Il capo di questo pesciolino è sì alto, che appena vien superato dalla maggiore altezza del suo corpo ; questo al- tronde è tanto corto, che la lunghezza del capo vi entra appena due fiate, escludendo la pinna codale. L° apertura della bocca è brevissima, nè raggiunge l’ orbita : la man- dibola vedesi guernita nel lato interno di una serie di pic- coli denti ritondati, neri, di cui 4 distintissimi; gl’ inter- mascellari sembra averne del pari, ma meno distinti ; le due branche vi si trovano disgiunte nella sinfisi loro e slo- gate. L’ occhio è piccolo e posto ad eguale distanza da- gl’ intermascellari e dal vertice. 1 sottorbitali son larghi e longitudinalmente solcati ; i pezzi opercolari grossolana- mente cesellati. Il preopercolo è stretto, triangolare, ottu- sangolo ; l’interopercolo ritondato e più largo; l’ opercolo stretto ed archeggiato. Tre a quattro raggi branchiosteghi appariscono al di sotto della mandibola, lo joide essendo un poco abbassato. La cintura toracica è asportata; ma dietro la base delle pettorali và una cinta ossea, che dalla colonna ver- tebrale allo sterno la cinge: questa è stretta e solcata per lo lungo, somigliando a quelle che cingono l’ addome de’ Gasterostei. Le pinne pettorali sono mediocri, composte 8 )( 60 X di 16 a 17 raggi, l'anteriore de’ quali assai robusto, tutti semplici. Le ventrali sono quasi uguali a quelle, di g rag; gi, l'anteriore de quali spinoso, più grosso e più lungo de’ rimanenti ; il contorno di queste pinne è ritondato ; e sono impiantate tra le pettorali e l’ anale giusto nel mezzo; e dietro di esse succede una delle grandi lamine stiliformi, la cui punta aguzza si arresta un poco prima del raggio ultimo. L'anale comincia di rincontro al punto cui ter- mina la base della dorsale: ha essa 15 a 16 raggi gra- datamente decrescenti , essendo il terzo degli anteriori di tutti il più lungo, ed uguagliando la quarta parte dell’ al- tezza del corpo nel corrispondente sito ; si arresta col suo ultimo raggio brevissimo a piccola distanza dalla base del- la pinna codale. Sul frontale, nel sito in cui sembra es- sere l’incontro de’ frontali con i parielali, si genera una angolosità estuberante; e da questa sorgono 3 piccoli raggi formanti una cresta. Sulla prominenza occipitale si veg- gono due altri raggi spinosi più lunghi , e disordinata- mente direlti allo innanzi, ma de’ quali però sembra non essere la posizione naturale. Questi due raggi s' impiantano uno avanli e l’altro dietro di un ossetto che sorge dalla pri- ma vertebra cervicale, e ch'è d'una struttura singolarissi- ma; consta esso di due pezzi cuneiformi, quasi inseriti l’ uno nell’ altro, o come se fosse embriciato dalle due facce da altrettante grosse squame : tra la cresta frontale e questi due raggi lo spazio rimane come interrotto; ma un poco al di sopra ed in mezzo si veggono gli avanzi di una pin- na membranosa, sostenuta da raggi delicatissimi, aggrup- pati e disuguali, che fanno supporre essere stata in con- tinuazione di quelle due parti: dietro la nuca le apofisi spi- nose delle due seguenti vertebre restano libere, e senza ve- X( 61 )( runa parle accessoria; la successiva o quarfa comincia a legarsi con je altre quattro che seguono, per lo mezzo di osselti interspinali, che stanno in luogo di ossi in V, e che sono ovali e laminari; questi crescono in grandezza fino alla quarta apofisi, o settima della serie , ove cominciano ad allungarsi verso giù od allo interno, frapponendosi alle apofisi come all’ordinatio; e dove pure cominciano a com- parire alcuni piccoli rag ggi Spinosi impiantati ed arlicolati. sopra di essi. Colesli raggi van mano mano crescendo fino al quinto; il sesto si allunga maggiormente, s’ingrossa e diviene il primo della prima pinna dorsale. Gli undici rag- gi che compongono questa sono semplici, ma molli, e pare sì ramificassero una sol voltà, dando un raggio fila- mentoso ) che scorte fra mezzo a due de primari: il più lungo è quello di mezzo, onde la pinna è triangolare; la sua maggior lunghezza supera la metà della corrispondente altezza del corpo. Essa irovasi distesa sul dorso. 1 soste- gni de suoi raggi sono delicati, allungaii, ed interposti alle apofisi, come all’ ordinario, e precisamente come quelle del- l’ Asticciuola (Sudis hyalina). Succedono altre 16 apofisi spinose verticali, decre= scenti, libere, e senza ossetti inlerposti: quindi 22 in tutto. Dall’ apofisi della ventitreesima vertebra, la quale sì eleva assai più della precedente, spicca un raggio filamentoso e cedevole, che torluosamente scorrendo fiancheggia la pin- na codalof : lo stesso fa il 24.° crescendo maggiormente ; ed entràmbi sembra si dilatassero verso la estremità loro ramificandosi. Quello però che nasce in seguito del pedun- colo della coda forma una rachide articolata, spiccando dai lati di ciascuno di essi un filamento, che prolungandosi vanno insieme a costituire il corrispondente lobo della pinna: Gal X 62 )( Dal lalo inferiore però , a contare dalla 23.* vertebra in poi, nascono sei ossetli allungati, come negli altri omocerchi , dalla cui estremità spiccano i raggi filamentosi che com- pongono il lobo inferiore: e l’uno all’altro congiungen- dosi costituiscono la pinna, larga , lunga, ondeggiante, che così tortuosamente ripiegata trovasi nell’ individuo che for- ma il soggetto della presente descrizione. Non si può con precisione indicare la sua lunghezza, a causa del modo in cui trovasi disordinatamente piegata e franta; ma ben si può giudicare, che per lo meno adegua »/; della intera lunghezza del corpo. La linea ventrale sembra esser carenata: e la carena è rivestita da squame ossose molto robuste. Vedesi essa in- fatto guernita, dalla cintura toracica fino alla base delle ventrali, da una triplice serie di squame strette e lunghe, riunite in modo tra loro, che sembra formassero una sola lamina ossosa. Fra le ventrali e l’anale stanno in loro luogo 3 grandi squame cuspidale, molto allungate j e pare che sotto la pinna stessa ventrale ne siano due altre occultate. . Le vertebre della rachide spinale sono 24, oltre quelle che strettamente appartengono al peduncolo codale. Il loro corpo generalmente è un poco più lungo che largo , e ciò maggiormente a misura che si accostano allo estremo coda- le; verso la cervice si abbreviano , e le cervicali sono più larghe che lunghe : tutto il loro corpo è per lo lungo scana- lato come ne’ 7rackitteri. Le apofisi spinali superiori, come le inferiori codali che da esse sorgono, sono delicate : lo sono maggiormente le trasversali, che ripiegate in giù chiu- dono la gabbia toraco-addominale, le quali sembrano suddi- vidersi poco dopo l’origin loro in due eguali filamenti, che scorrono paralleli tra loro; oppure sono esse solcate nel )( 63 mezzo sì che appariscon divise in due: esse si prolungano quasi fino alla carena sternale, frameltendosi alle lamine di questo nome. Partono dallo sterno 14 larghe lamine , le quali successivamente restringendosi si avanzano fino al terzo della larghezza del cavo addominale, ove si arrestano ter- minate in punta acuta ; ciascuna di esse si frappone alla coppia di delicate costole, e concorrono a compier con quelle la cassa o gabbia toraco- addominale, ampia, e ben chiusa. E quì noteremo, che l’ Agassiz esclude dal suo ge- nere Smerdis la presenza di costole sternali, di che forsi sarà assicurato altrimenti, perchè nell’ esemplare ch’ egli figura, essendo il corpo coperto di squame , precisamente nella parte inferiore, non lascerebbe intravedere le costole che stan solto i tegumenti. Dallo andamento flessuoso e contorto di tutte le parti scheletriche, e spezialmente delle apofisi e de’ raggi, è na- turale il dedurre che tutte fossero pieghevoli, e non dure e resistenti, come ne' veri pesci spinosi. Di squame non si trova alcun segno. L’ originale è nel mio Gabinetto. Osservazione. Si è di già avvertito, che la struttura del corpo delle vertebre è simile a quella che trovasi nel g. Trackypterus, Riunendo oltre a ciò la cresta frontale, la probubilissima esistenza d' una delicata pinna scorrente sul vertice, sia o no congiunta con la dorgale, la grande e membranosa codale, le asprezze e gli aculei della carena sternale e ventrale , la cinta toracica striata, lo scheletro molle e fibroso, e la forma del capo altissimo ; cui segue un corpo alto, ma che sembra essere sommamente compresso : tutto concorre ad indicarci un genere prossimo al 7'rackypterus. Abbiasi ciò per ‘ora come una semplice conghiettura, potendo essere avvalorata o distrutta da ulteriori osservazioni, )( 64 X Gryxene SEMIONOTUS, Agas. (1). Corpo di forma elegante, men largo dé quello de' TDetragonolepis, e meno svelto di quello de Lepidotus. Capo allunzato; mascelle strette, più lunghe che alte , armate di denti în brusca più o meno fini. Dor- sale lunga, che comincia @ sorgere quast rimpetto alle ventrali, pro- lumgandosi quasi fino a rincontro dell’anale. Pettorali di mezzana grandezza, Le ventrali piccole. L'anale stretta; È raggi anteriori di questa più lunghi de' seguenti, ugualmente che nella dorsale. Codale forcata , col lobo superiore un poco più lungo dell’ inferiore, coperio în parte di sguame sopra î raggi esterni del lobo supertore. sEMIONOTUS CURTULUS , Cos. Tav. VÎ, £.4 e B; Tav.VII, f.6.; e Tav.VIII, f. 2. Ben dalle note specie di tal genere distinguesi la pre- sente per la brevità del suo corpo, la picciolezza delle squame di cui è rivestito, e la grandezza del capo. Questo non entra ‘due volte nella lunghezza del corpo , escluden: do la pinna codale, e la sua altezza è superatà appena dalla convessità del dorso. Mutilato com'è nella estremità del rostro , l’esemplare rappresentato nella Tav. VII, fig. 6, prende un aspelto assai ottuso , e pare più corto; però manca pochissimo degl’ intermascellari e della man- dibola, com'è facile a concepirsi alla sola ispezione della figurà : per la stessa ragione non troviamo alcun segno dell’ armatura dentaria. L'occhio è piccolo, e posto sul primo terzo superiore e posteriore del capo. Le ossa craniee e facciali sono confusamente sliacciate ed infran= te, apparendo solo il contorno del preopercolo , ch'è ben (1) Da corus, signum; è voros dorsumi Y 65 ) ritondato ; l’ opercolo è poco dissimile e stretto. Immediata- mente sotto la gola pendono le pettorali, piccole piutto- sto, ritondate, e composte di delicati raggi ramificati ed articolati, il cui numero è di 15. Il dorso è molto inar- cato, el suo profilo si continua con quello del capo in una curva stessa. Poco prima della metà sua comincia a sorgere la pinna dorsale, che si estende fin quasi a cor- rispondere con la base del lobo inferiore della codale : si compone di 24 raggi articolati, ed un poco ramificati nella loro estremità; i tre primi anteriori gradatamente si elevano, il 5.° e 6.° sono i più alti di tutti, e gli altri suc- cessivamente si abbassano, gli ultimi essendo poco tra loro diversi in altezza. L’anale ha la sua origine anteriore cor- rispondente alla metà quasi della dorsale, e, decrescendo, si estende fin presso la base della pinna codale; vi si con- tano g raggi, il primo de’ quali è aculeato ed intero, gli altri ramosissimi ed articolati ; di essi il più lungo pareg- gia la terza parte della corrispondente altezza della coda. La pinna codale quì trovasi troncata, ma la sua base è intera, e la sua porzione spettante al lobo inferiore è ben prolungata, sicchè vi si osserva distintamente un valido aculeo, che le serve di fulcro, senza che sul raggio prin- cipale di essa se ne trovi altro vestigio : tutti i suoi rag- gi sono ramosi ed articolati. Le ventrali non sono punto visibili nè in questo, nè nell’altro grande esemplare effi- giato nella Tav. VIII, fig. 2. Tl corpo è rivestito di squame quadrilatere un poco romboidali, più allungate essendo l’ estreme che coprono la base del lobo superiore della pinna.codale, come d’ or- dinario ciò avviene; i loro margini sono interi, e la su- perficie liscia; di esse però qui non ne avanzano che po- )( 66 Y( chissime sulla estrema coda, chè nel resto vi stanno le impronte solamente. Se ne contano 5o serie sulla lunghezza del corpo, e 30 sopra l'altezza del medesimo. Questo esemplare proviene dal JMonte Petline in Gif- foni, irovandosi co’ seguenti nel medesimo scisto car- bonifero. i Il secondo esemplare effigiato nella Tav, VIII, £. 2 è di questo più grande, ma meno ben conservato, In tale stato esso mostra la massima somiglianza col Semionotus leptocephalus di Agassiz; talchè lo avrem- mo definito per tàle, ove un'importante carattere non ci si fosse appalesato. Esso consiste nell'occhio, ch’ è posto quasi nel mezzo della larghezza del capo, e l’ orbità sua è piut- tosto ristrelta, e discosta dall’ orlo superiore del cranio. Dopo ciò, riproducendo la descrizione medesima che Vl’ Agas siz ne dà del suo Zeptocephalus , onde farne rilevare i iratti di simiglianza, aggiungeremo solo quello che nel nostro esemplare troviamo degno di nota, per cui di- slinguesi (1). Il capo à una forma allungata, la quale diminuisce in- sensibilmente di larghezza fino alla sua estremità, ch'è pun- tuta (2). Z’orbita è piccola, e posta nel mezzo: ed è la prima fiata che ne’ pesci fossili da nor esaminali si tro- vasse îl cristallino completamente lapidefatto, e ben di- stinto. La gola è piccola, e sembra essere stata estensiva. Gli ossi delle mascelle sono gracili. I pezzi opercolari sono piccoli; l’opercolo. soprattutto è angusto. sostordi/ali non sono quì ben distinti, ugualmente che gli ossi della cin- (1) Tutto il corsivo è 1’ espressione del- (2) Siccome in ambe le impronte il to- le note caratteristiche differenziali spet- stro è mutilato, non abbiamo che una tanti alla nostra specie, e che la dis- probabilità ch’ esso sia simile a quello del giungono dal S. Zeptocephalus, leptocephalus, (679 tura toracica. Le peltorali si compongono di un grande numero di raggi delicati, 14 a 15. Le ventrali sembra essere state piccolissime ; i loro raggi sono in gran parte distrutti, ed n uno de’ nostri esemplari se ne scorge ap- pena un vestigio. La dorsale è molto elevata nel suo mar- gine anteriore, che sembra protrarsi al di là della inser- zione delle ventrali, perciocchè innanzi de’ suoi maggiori raggi ve ne sono ancora 5 o 6 piccoli, che finiscono per con- fondersi con le grosse squame impari del mezzo del dorso, accollate alla base della notatoja: il numero de’ raggi bi- forcati è di 28 (1); essi sono gracili, ramificati più volte nella loro estremità , ed articolati fino alla base. L’ anale comin- cia con 5 raggi, che gradatamente si elevano, e si con- finuano in fuleri lungo il più grande, i seguenti vanno diminuendo successivamente di lunghezza ; essi sono al nu- mero di 12, molto gracili, e molto ramificati. Allorchè questa notatoja è piegata, la sua estremità raggiunge l’ in- serzione de’ raggi del lobo inferiore della pinna codale. Il tronco è mezzanamente largo nella sua parte media; il dorso ed il ventre sono leggermente archeggiati, ciò che lo rende fusiforme ; la larghezza del peduncolo della coda pareggia appena la metà di quella del mezzo del corpo. La codale, che nel leptocephalus dicesi non molto grande, nel nostro curtulus , essendo pur dimezzata , annunzia essere stata di mezzana grandezza. Le squame sono tutte perfettamente lisce ed a margini diritti; quelle della ante- rior parte de’ fianchi sono alquanto più alte che lunghe ; ._ (1) Nello esemplare rappresentato nel- che alcuna fosse sfuggita per mancanza la Tav. VII f. 6 ne abbiamo potuto nu- d’impronta. merare solo 24; ma non è improbabile )( 68 quelle de’ lati del dorso sono equilatere ; sul peduncolo della coda sono un poco più allungate, ed al suo margine superiore prendono la forma romboidale molto allungata. Notisi intanto, che l’ esemplare da noi effigiato nella Tav. VIII, fig. 2, è una delle due impronte di un individuo medesimo ; in questa manca una parte del rostro , della coda, e della sua pinna, di cui si veggono appena alcuni raggi; la parte addominale è intersecata ed occultata dalla sovrapposizione di altro individuo ; e le squame ricoprono alcuni siti soltanto di tutto il corpo. Le pinne pettorali quì non appariscono, ma nell’ altra metà se ne veggono le pri- me tracce radicali. Esso è più grande di quello rappre- sentato nella Tav. VII; ma entrambi provengono dalla cal- care scistosa e carbonifera di Giffoni, 1. d. il Pelfine, ove trovasi insieme coi Lep:dotus. Il medesimo scisto carbonifero racchiudente il Semzo- nofus superiormente descritto , ugualmente che i Zepido- Ius , trovasi gremito sovente di piccoli, anzi minutissimi pesci, dalla lunghezza di 8 linee , fino ad uno, due e tre pollici. I più piccoli, come quello rappresentato nella tavola VI, £.5, oltre il contorno del corpo, ed alcuni oscuri iratti del capo e delle notatoje , niuna altra cosa lascian vedere distinta. La superficie del corpo mostrasi tutta tras- versalmente striata, secondo l'ordine che terrebbero» le squame, di cui però non vedesi traccia veruna. Tutto è lucido e splendente come la mica. Ne’ maggiori individui le cose si appalesano un poco meglio ; le pinne sono più distinte e regolari, la linea la- terale apparisce, le strie trasversali del corpo più profon- )( 69 ) de, e lungo esse cominciano ad affacciarsi le impronte di squame, senza precisione : tal’ è quello rappresentato nella fig. 4, della medesima Tav. VI. Più oltre, in esemplari di 2 pollici, la squamatura è meglio espressa ; i raggi delle pinne ben distinti, e del capo meglio vedesi espressa la forma. Perocchè, ne’ più pic- coli essa è sì stiacciata e slogata, che si presenta mostruo- sa, e ad imperito o mancante de’ fatti, che noi abbiam po- tuto raccogliere con assidue ricerche e falighe , svegliar potrebbero idea di genere strano e mostruoso di estinto notante. I molti esempli avendoci permesso d’intravedere il successivo sviluppo di questi pesciolini, fino a che la for- ma e l’organizzazione non apparisce chiara e completa ; siamo pervenuti alla convinzione, che cotesti pesciolini sia- no i feti del Semzonotus superiormente descritto. Siccome le tavole erano già tirate, allorchè noi siamo arrivati a questa conclusione ) ci riserbiamo per la seconda parte di questa opera di porgere le impronte degl’ in- dividui ne’ diversi loro stati intermedii , per le quali il fatto vien dimostrato, e soltoposto allo sguardo analitico degl’ Ittiologi. 70 Genere LEPIDOTUS, Ag. (1). Pinna dorsale unica, posia dietro la maggiore elevatezza della curva dorsale , corrispondente allo spazio frapposto tra le ventrali e l'a nale, quernita di fuleri sul margine anteriore. Codale forcata, e col lobo superiore un poco più lungo dell’ inferiore , terminata ne' lati da grossi raggi semplici, a cui si accollano grossi fuleri este- riori fino alla loro estremità. Anale simile alla dorsale, sovente meno robusta e pù allungata anteriormente. Pettorali e ventrali piccole e costruite allo stesso modo. Corpo coperto dî squame rom- boidali, smaltate, le quali ricoprono pure in parte la base del lobo superiore della pinna codale. Una sola serie di denti piccoli în cono ottuso sull’ orlo di ambe le mascelle; denti emisferici allo interno în più ordini. Osservazioni. Tatti i caratteri esposti di sopra, e che costituiscono la diagnosi de’ pesci di questo genere, s'incontrano eziandio ne' generi Semzo- notus, Amblypterus, Dapedius ed altri, talvolta meglio distinti e chia- ri. Ma quello su cui lA. fa principalmente riposare il genere Lepidotus è la presenza di denti rotondi emisferici nella parte interna delle mascelle, e dietro i piccoli che ne armano l'orlo; affermando egli stesso, che ne' soli Lepidoti fra i Lepidoidei si trova tal sorta di denti ; senza tacere altrove, che in ciò si confondono in certa guisa con quelli del suo genere Sphocrodus, (Vedi questo genere). Di alta importanza dichiara l' Agassiz la ricognizione de' Zepidotus , come che caratteristici della formazione giurassica, Questa sua sentenza però fu da lui medesimo emendata, allorchè venne in cognizione del Coccolepis Bucklandi, Lepidoideo eterocerchio de’ scisti litografici di Solenhofen (Ved. vol. II, p. 300), Grandi pesci, egli dice, che di rado si trovano inleri, di cai però le squame ed i denti sono ben conservati, Pesci oblonghi , spessi, e corpulenti. Veramente non sappiamo in qual modo si possa stabilire ne’ pesci fossili la spessezza; perchè sempre sono talmente stiacciati, che nelle due facce oppo- ste si trovano squame o chiari indizi di esse, restandovi appena talvolta una linea di sostanza interposta. (1) Da Asmidurds , squamatus. 71 X La grande difficoltà in fine sta riposta nel riconoscere i rottami di talì pesci, per determinare il genere, Nè possiamo dissimulare la meraviglia che ci destano molti di quelli, che come tali riguarda il prelodato autore. Tali per esempio sono il Z. ornatus, laevis, palliatus , e soprattutto il tuder- culatus : noi vi scorgiamo in vero troppo arbitrio. Egli si affida alla sua pro- pria perizia; ma confessa nondimeno , che una profonda conoscenza de’ caratteri del genere Lepidotus gli faccia intravedere nuove difficoltà nella determinazione delle specie dell’ ordine de' Ganoidei. I. LEPIDOTUS ACUTIROSTRIS, Cos. Tav. VIII, fig. 1. 4. L’esemplare che noi rappresentiamo è diviso in due pezzi, de’ quali possediamo ancor le due opposte facce; ma ciò che meglio si conserva nell’una, manca nell'altra, e della porzione intermedia abbiamo rottami , de’ quali ci è riuscito vano il tentar lo accozzamento. Queste due porzioni appar- tengono a due specie distinte : e le abbiamo ravvicinate in guisa da esibire una tal quale immagine del pesce intero, senza pretendere con ciò che i suoi contorni e le sue dimen- sioni siano perfettamente quelle che risultano dalla figura. Però la parte meglio conservata è quella del capo e porzione del tronco, la quale abbiamo noi medesimi posta a giorno, togliendone alcune porzioni del lato sinistro, che informe- mente la coprivano. Così siamo riusciti a dividere i mascel- lari superiori ed inferiori, e discoprire le due sorte di denti di cui sono armali. Come si vede nella figura, i mascellari ed i mandibolari sono in esso allungati e stretti; e facendo i primi continua- zione della curva del dorso e del cranio, ne risulta un rostro molto acuto. Sul lato interno dell’intermascellare destro si veggono chiaramente quattro denti ritondati ed emisferici , e le impronte di alcuni altri che sono stati asportati dal pezzo (72 X sovrastante distaccatone. Il corrispondente arco mandibolare è armato di denti delicati, allungati, cilindracei, a punta oltusa, de’ quali se ne contano 15; dal lato interno vi sono de’ denti emisferici, che pare fossero distribuili in due serie. II profilo del frontale anteriore è molto archeggiato, seguendo regolarmente quello del dorso, L’orbita è mediocre, ma il suo contorno superiore confina col profilo frontale. Il preo- percolo è grande, liscio, a contorno semplice e semiovale ; l’opercolo è stretto, a foggia di luna crescente. Tmmediata- mente sotto di esso si veggono le basi di ambe le pinne pet- torali, troncate; le radici de’ raggi che avanzano sono deli- cate e poco numerose, ina indicano ch’esse siano assai pic- cole e gracili. Veggonsi pur sotto di esse alcune tracce di archi branchiali. Dello scapolare poco ne resta visibile, per- chè coperto dalle squame. Sul profilo dorsale, a cominciar dall’occipite, vi sono delle squame impari, che, successi- vamente crescendo, si convertono in grossi aculei, curvi, a punta acuta, ed erigonsi a modo di raggi: carattere co- mune col Z. serrulaius Ag., e col Semzonotus leptoce- phalus e Bergerit Ag. Le squame sono quadrilatere, più alte che lunghe, ed il margine loro posteriore è flessuoso ; le dorsali sono meno alte delle addominali. La linea laterale sembra stare nella inferior parte del corpo , parallela e prossima al profilo ventrale. Nella im- pronta opposta si trovano tracce della colonna vertebrale. Osservazione. L’Agassiz rappresenta alenni frammenti spettanti a specie di questo genere , che insignisce con l'aggettivo orzazus (1). Le sole squame lo (1) La provenienza di esso è ignota3 Stuttgard, nel Wurtemberg, come assi: ma i due informi pezzi si trovano nella cura l’Agassiz. collezione della Società di Agricoltura in X 73 distinguono dalle specie congeneri , avendo queste il margine posteriore flessuo- so, econ uno degli angoli più squisito ed acuto. Noi troviamo stretta analogia tra le squame del nostro Z. acutirostris e quelle dell’ornezus ; ed. abbiamo alcuni frammenti tratti dalla medesima località , le cui squame sono loro più si- miglianti, e molto più grandi di quelle che rivestono il corpo del nostro acuti: rostrîs : la loro grandezza e l'altezza del moncone, indicata da 4 B, fig. 3, accenna a specie di grande dimensione ; e forsi appartener potrebbe al gigas. Pertanto noi abbiamo assegnato al nostro lepidoto lo specifico nome di aew- tirostrîs , che per questa forma esso ben si distingue di quanti altri se ne sono conosciuti, non avendo alcun altro termine di comparazione, onde poterlo assimi- lare coll’ orzatus senza dubbiezza alcuna , od almeno con molta probabilità, Giova inoltre avvertire, che la non dubbia esistenza di denti emisferici ci determina a riporlo nel gen. Zepidotus; potendosi per tutt’ altro riferire al Semionotus latus , Ag. II, p. 227, tab. 27; specialmente per la forma della pinna dorsale, Del resto noi ignoriamo per quali note siasi fatto certo l'A. che quel moncone spettasse a Semzonotus più che a Zepédotus. Egli medesimo di fatto lo riguardò dapprima come un Dapedius. 2. LEPIDOTUS NOTOPTERUS, Ag. Tav. VIII, fig. 1. 2. Quest’ altro moncone, benchè messo in armonia col precedente, e ad onta che provenga dal medesimo scisto carbonifero di Giffoni, spetta nondimeno ad altra specie. Tuite le note che se ne possono trarre convengono a pun- tino con quelle del Z. nofopterus descritto dall’ Agassiz. q p Esso si distingue dal precedente a primo aspetto per la forma delle sue squame quadrilatere, un poco romboidali, e con l’angolo inferiore e posteriore acuto ed un poco prolungato in giù, mentre il superiore è un poco riton- dato ; la superficie è liscia, uguale e splendentissima (1): 9 ato) G) A anita equivoci avvertiamo di vrastante materia, allorchè rimasero inter» non confondere le squame con quelle im- rati, sulla quale parte molle le solide pronte romboidali che in tutto il corpo squame s’infossarono, e vi lasciarono pro- si veggono. Queste ultime dipendono dal- fondo il marchio. la carnosità o muscoli stiacciati dalla so- 74 X quelle che rivestono la base del lobo superiore della pinna codale sono molto allungate. La pinna dorsale (1) è grande, lunga, quasi uguale, col margine rifondato ; si compone di 17 raggi ramificati ed atiicolali , de’ quali i due primi o anteriori assai corti e robusti : dietro a questi succede un ferzo raggio più lungo di tutti, biramoso, ed il ramo anteriore guernito di fuleri a modo di cirri crassi sul mat- gine anteriore od esterno ; sono essi grossolani, attenuan- dosi in ragione dello assoltigliamento del medesimo rag- gio, mantenendosi però quasi uguali in quanto alla lun- ghezza. Anche i due raggi precedenti a questo sono così guernili di cirri, ne quali però son essi meno numerosi e più grossi (2). L'altezza di questa pinna sta alla larghezza iglo: sua base ::25:57; ma la lunghezza del suo [erzo raggio ugua- glia la base della stessa. Vi si veggono alcune squame sopra i loro raggi, come ne’ Seuamipenni. Essa è posta in prossimità della codale, come si vede. Della pinna codale avanza ben poco; e solo in essa si {rova la porzione basilare del lobo superiore , rivestita di squame; le quali sono romboidali, molto allungate, come fu detto, e tanto più per quanto maggiormente si (1) Per equivoco dell'incisore questa posterior parte fu messa a rovescio } one de la pinna che figura d’anale è la dot sale. Avvertiremo però che in questo ge= nere , giusta la mente dell’ autor suo 4 l'una non differisce dall’altra, se non per essere l’anale più debole d’ ordinario ; ma mon costantemente così, (2) Questo carattere è comune col Les pidotus undulatus , essendone ornati 1 raggi estremi della pinna codale (Agas. IT, tab. 33); coi Semionotus leptocepha- lus e Bergeri (1. c. tab. 26, fig.16 2), con |’ Amblyurus mactostomus , col Dape- dius, ec. Noteremo pertanto, che sebbene un tale catattere sia poco apparente sull’ e- semplare qui stato effigiato, in rottami che possediamo spettanti ad altri individui essi sono rilevantissimi : e noiì abbiam cre- duto di non tradir la verità imitandolo sulla figura attuale, per non raddoppiarle con monconi superfluamente. 75 accostano alla estremità sua: carattere ancor esso comune a più generi, oltre i già notati nelle osservazioni superiori. Lepidotus notopterus, Agas. I, p. 257, tab. 35. Provengono questi due monconi dallo scisto carboni- fero di Monte Pettine, posto sopra ed al N. di Giffoni , in provincia di Salerno. Questa località fu visitata dal dotto mineralogo Andrea Savarese nel 1797’, ed egli vi notò la esi- stenza degl’ittioliti; ma senza renderci alcuna speciale no- tizia intorno ad essi (1). Nel 1802 vi fu il Melograni, al- îro peritissimo geologo e mineralogo, ma ne parlò ancora più fugacemente (2). 9. LEPIDOTUS OBLONGUS, Ag. Tav. VII, fig. 7. La pinna codale che trovasi da noi effigiata, benchè più mutilata, è però idenlica a quella che l’Agassiz à cre- duto dover riferire a specie, ch’egli distingue col nome di ob/ongus-; specie fondata sopra rottami imperfetti , esi- stenti nel Museo di Monaco, e provenienti da Solenhofen. Il nostro frammento è tratto dalla medesima calcare di Pie- traroja, d'onde il Z. Maximiliani e gli altri ittioliti di quella località. La grandezza di questa pinna è tale, che ove non fosse sproporzionata al corpo cui appartenne, indica un pe- sce almeno di due piedi, quando essa non entrasse più che 4 fiate nella lunghezza del corpo. I suoi raggi sono molli, flessuosi, molto ramosi ed articolati ; ciascun lobo (1) Vedi, Atti del R. Istit. d'Incorag. viaggio mineralog. fatto in Basilicata po- vol. II. sto in fine del suo Manuale geolog. pag. (2) Vedi, Melograni Rapporto di un 302, î 10 76 ha dodici raggi primarii, grossetti, tra’ quali una moltitudine di delicatissimi, e tutti uguali, che presso l'orlo estremo de lobi giungono fino a do. Lepidotus oblongus , Agas. II, p. 259 — Tab. 34. fig. 3. 4. LEPIDOTUS MAXIMILIANI , Ag, Tav. VII, f. 2. Fondava questa specie il chiar. Agassiz sopra alcune squame, che il sig. Massimiliano Braun raccoglieva dalle marne di calcare grossolano presso la barriera de’ Fornelli a Parigi. Noi troviamo le identiche squame in un gruppo di 5 a 6 pollici nella calcare di Pietraroja, insieme col Zepidofus oblongus e Sauropsidium laevissimum, La identicità loro con le quatiro squame che l’ Agassiz rappresenta nella Tav. 29 fig. 8-11 è perfetta, sicchè non lascia alcun dubbio sulla determinazione specifica (1). Abbiamo però noi d' aggiun- gere, che il nostro esemplare porta ancora una pinna vené irale, assai piccola relativamente alla grandezza del pe- sce, che certo aver non deve meno di un piede di lungo, come può dedursi da quello che diremo. La pinna non è lunga che 11 linee, e si compone di 6 raggi ramificati, articolati, i cui articoli sono brevissimi, ma grossi, sicchè i raggi appariscono ramosi, (1) Son questi, dice l' Autore, i soli convinzione ch' essi provengono da una rottami di questo genere che siano stati specie diversa da tutte quelle descritte segnalati ne' terreni terziari. Benchè sia "precedentemente. La specie cui forsi si difficile determinare vigorosamente fram- accosta è quella del Zepidotus gigas. menti così imperfetti , ho nondimeno la Agas. Op. cit, II, p. 368. Var Un altro pezzo conliene il capo del medesimo pesce, stiacciato, e scomposte in guisa le sue ossa, da non poterne neppure approssimativamente ravvisare la forma. Chiari appariscono i mandibolari e gl’ intermascellari , armati di due sorte di denti, l'una di ovato-allungati, l’altra di roton- dati (1), che circondano la prima serie; gli archi branchiali bellamente embriciati dal lato interno ; gli ossi della mem- brana branchiostega ; lo scapolare largo linee sei, archeg- giato, la cui soltesa è lunga poll. 2: essa si presenta dalla sua faccia interna, come tutto quel disordinato ammasso, che pare essere stata squarciata la bocca, e diviso il pe- sce giusto per la cavità sua. V'ha pure parte delle pinne pettorali. Quello che singolarmente merita quì l’attenzione è un pezzo de’ tegumenti interni, che sembra spettare al farin- ge, tutto coperto di denticelli rotondi , altri neri, altri color di succino; i quali rappresentati si veggono nella citata tavola figura 2 d di naturale grandezza. Su questo pezzo si trovano pure, oltre Ie squame a foggia di picca, come le precedenti, alcune altre lineari assai lunghe, ed altre spatolate, anch'esse senza verun ordine nè simmetria. Noi ne abbiamo rappresentate alcune solamente da servire di modulo, nella fig. 2 c. Rimane ora il desiderio di conoscere per intero la forma di questo pesce, e la sua organizzazione completa; essendo per noi contestata la specie, come l’ Agassiz la suppone distinta. Lepidotus Maximiliani, Ag. IL, p. 268 n. 21, tab. 29 fig. 3-11. (1) Questa forma di denti vuol essere giusta l'opinione dell’Agassia, Vol. ÎI, propria de’ Zepideti fra i Lepidoidei, pag. 267. * 78 X 5. LEPIDOTUS GIGAS,) Ag. Tav. VII, fig.3 42. A giudicare dalla figura e struttura delle squame, il moncone quì rappresentato deve riferirsi al ZL. gigas, Ag. descritto nel vol. II, pag.235, Tav. 28. Ma non dobbiamo pur dissimulare il rapporto ch’ esse hanno coll’ ornazus (vol. II, pag. 249, Tab. 52), come è stato avvertito, e meglio ancora con l’undatus (1. c. pag. 245, Tab. 33). Noi ne abbiamo disegnate compiutamente alcune sul pezzo che n’è ricoperto. Esse hanno figura quadrilatera , un poco obbliqua, co’ margini laterali rettilinei e paral- leli tra loro, il margine esterno un poco ondeggiato, ove più e dove meno; la superficie è liscia , smaltata. Esso proviene dal medesimo calcare carbonifero di Giffoni, ove trovasi framischiato con le altre descritte specie prove» nienti da quella località. Però io non ho potuto averne fi- nora che questo rottame. )( 79 )( Genere PHOLIDOPHORUS, Agas. (1). Un tal genere non differisce dal /Votagogus altrimenti, che per la pinna dorsale, i cui raggi sono continui, e tutti della medesima struttura ; siccome dichiara l’ Agassiz par- lando de’ (Votagogus. Nondimeno egli stabilisce la diagnosi de’ Pholidophorus sopra i caralteri seguenti : Fisonomia delle Aringhe. Dorsale di mediocre grandezza , opposta alle ventrali od ‘allo spazio compreso fra queste e l'anale. Codale am- piamente forcata o scissa, a lobi uguali, sorrelti da un pedun- colo ordinariamente largo e vigoroso. I raggi esterni di ambo i lobi querniti di fulcrî più o meno sviluppati. Squame uniformi, fatte al modo stesso di quelle de' Lepidotus, con questa differenza nondimeno, che sono più stipate nella loro sovrapposizione. Le mascelle armate di piccoli denti în brusca. PHOLIDOPHORUS STABIANUS , Cos. Tav. VII, fig. 3 e 4. Mancante come si irova di rivestimenti, lo scheletro ci presenta col proprio carattere generico le seguenti spe- cialità. Il capo non è piccolo , entrando circa tre fiate nella restante lunghezza del corpo, compresa la pinna codale. La bocca è scissa fino al centro della pupilla, con minutis- simi denti negl’ intermascellari e nelle mascelle. L’ orbita è grande e mediana. Innanzi ad essa evvi una piccola cresta rilevata e dentellata. Gli opercoli sono cesellati, e con qual- (1) Da QoXlc-1d0s squama , col finimento @opos, che dinota Fferens. )( 80 )( che leggiero risalto: l’occipitale posteriore si prolunga in una lamina stretta, lunga e sfrangiata, a simiglianza delle due laterali de’ Muggini. L'apertura branchiale è larga, e si veggono în essa, sollo il lembo de’ pezzi opercolari, sette raggi branchiosteghi, gli anteriori de’ quali delicatissimi e corti. Lo joide è sporto in fuori, formando, un gomito colla sua estremità fra l’estremo della mandibola e gli archi branchiali. Lo scapolare è larghetto ; e l’omero si dilata nella estremità anteriore per dare appoggio alla pettorale corrispondente; anche sopra di questi ossi trovasi qualche risalto lineare. Le peltorali sono piccole, strette, e com- poste di 6 a 7 raggi ramificali; esse si trovano impian- tate molto in giù. La dorsale unica nasce sulla metà della lunghezza del corpo; sorge con quattro raggi anteriori gra- datamente crescenti , il quinto si eleva sopra tulti , ugua- gliando quasi la metà dell’altezza del corpo , indi rapida- mente discendono gli altri facendosi perciò la intera pin- na triangolare; vi si contano in fulto 15 raggi, di cui i dieci posteriori mostrano essere ramentacei. Direttamente opposte all’ origine di questa si attaccano le piccole ventrali alle ossa del bacino, o innominate , strette ed allungate. La colonna vertebrale monca come si trova, lascia vedere 46 vertebre; il loro corpo è più largo che lungo; le apofisi spinose sono delicate , e da ciascun lato ne sorge un’ altra. delicatissima, che si articola sulla propria apofisi , e ri- piega in su; dall’apofisi laterale inferiore sorge la terza, che discende in giù per costituire la cassa toraco-addomi- nale, prolungandosi fino al margine inferiore : dalle ver- tebre codali sorge sì sopra che sotto la spina verticale, che però non è molto lunga. XS La pinna anale comincia a sorgere sul punito corri- spondente allo estremo della dorsale ; e si compone di 12 raggi, il primo de quali più robusto degli altri, come apparisce dalla sua base arlicolare, essendo tulti dimezzati. L’esemplare rappresentato sotto il numero 4 della ci- iata iavola è nel mio gabinetto. L'altro n. 3 appartiene al Museo mineralogico della R. Università degli studii , comunicatomi dal suo Direttore Pr. Scacchi. Questo è più bello, intero, e più piccolo, ma privo ancor esso di te- gumenti. La sola notevole differenza che vi si nota risiede nella posizione della pinna anale un poco più remota; ma siccome i suoi raggi sono dimezzati ed in parte asportati, così è probabile ch’essa in realtà cominciasse a sorgere un poco prima. Anche la sua posizione incurvata contri buisce a dargli una fisonomia alquanto diversa. Proviene l’ uno e l’altro dalla calcare stratosa di Ca- stellammare , ove trovasi co’ Picnodus ed i Motagogus , località che abbiamo ricordata col medesimo nome spe- cifico. )( 82 Genere NOTAGOGUS, Ag. (1). Denti affollati e sottili a modo di brusca. Pinna dorsale bipartita , con raggi omogenei e simili in ciascuna delle due parti. Abito e fisonomia de’ Folidofori. NOTACOGUS PENTLANDI , Agas. Tav. V, fig. 2; e Tav. VII, fig. 5. Il primo degli esemplari effigiati, quantunque col capo dimezzato, conserva nel resto quasi interi i suoi caratteri. Esso è rivestito in gran parte di squame, le quali hanno stretta analogia con quelle di certi Lepidoti: sono di figura quasi reltangolare (2) nella porzione libera, che per la reciproca intersecazione de’ margini laterali apparisce esagona: la loro superficie è semplice e liscia, elevandosi solo un profilo la- terale ; il margine posteriore è dentellato , avanzandosi al- quanto il dentello di mezzo, che cade sempre fra le due sottoposte squame. Se ne contano 14 serie sulla maggiore altezza del corpo, di cui 4 sopra e 10 sotto la linea laterale ; e sulla lunghezza di esse pare ve ne fossero più che 34, non potendosi conlare esattamente a cagione che n° è spo- gliato in parle: sono più larghe e men lunghe di quelle della specie seguente (3) ; la loro disposizione è pure me- no obbliqua. (1) Da swraywyoss în dorso referens. essere il loro margine posteriore sensi- (2) In ciò troviamo grande discrepan- dilmente ritondato. za tra quello che ne dice l’ Agassiz, e (3) L’Agassiz nulla dice intorno a que- quel che si vede nell’esemplare che ab- sta proporzione relativamente agli esem- biamo sotto gli occhi; perocchè egli dice —plari da lui esaminati. 83 )( La pinna dorsale comincia a sorgere a piccola di- stanza dall’ occipite, si estende fino ai *; della lunghezza del dorso, ove si abbassa notabilmente, e comincia indi a sorgere la seconda. I primi 3 o 4 raggi di quella crescono gradatamente, e si accollano strettamente al quinto, che pa- reggia in lunghezza la metà della corrispondente altezza del corpo ; indi rapidamente si abbassa, facendosi così triango- lare, come l’analoga de’ Muggini. L° anale si oppone diretta mente alla dorsale posteriore, a cui è simile ed uguale. La codale sembra molto forcata, col lobo inferiore più prolungato, come fanno crederlo alcune tracce di raggi estremi di esso; ma i raggi mediani sono in gran parle scancellati, perchè più tenui. Le. pettorali sono. piccole , a giudicarne da alcuni avanzi appena percettibili ad occhio armato. Le ventrali pare fossero poste sulla metà della lunghezza del corpo, ma sono troppo oscuri i segui ch’ esse ne lasciano. La linea laterale parte dall'angolo superiore dell’ a- pertura branchiale , e, scorrendo parallela al profilo dorsale, cui è più ravvicinata, va nel mezzo della pinna codale. L’opercolo è grande, col margine ritondato , e la superficie striata. Notagogus Pentlandi, Agass. II, p. 292, n. 2. Tab. Ho), Mina! L’ esemplare sul quale abbiamo fatta la descrizione , e che si è rappresentato nella Tav. V fig. 2, proviene dalla calcare di Castellammare, come la specie seguente. L’al- tro della Tav.VII, fig.5 proviene da Pietraroja. In quest'ul- timo non si veggono vestigi di pinne, meno di quella della coda, ed in parte delle ventrali. Le squame sono quasi le II )( 84 stesse ; solo in quest’ultimo è un poco più rilevato il loro margine posteriore ; ma la statura, la fisonomia, e quanto altro vi si può rilevare, ce lo presentano identico. Entrambi appartengono al Museo Mineralogico della R. Università, e mi sono stati comunicati dal Direltore dello stesso prof. A. Scacchi. NOTAGOCUS ERYTHROLEPIS , Cos. (1). Tav. IV. f. 667. La pinna dorsale è distintamente divisa in due lobi, l'anteriore con 23, il posteriore con 11 raggi; tutti sem- plici, e poco meno lunghi della quarta parte dell’altezza del corpo. Comincia essa a sorgere dietro la linea della cintura toracica, e si arresta a qualche distanza dalla base della codale. L’anale corrisponde giusto al lobo| posteriore della dorsale: essa è composta di 10 ad 11 raggi, il me- dio de’ quali è di tutti più lungo, abbassandosi gli altri rapidamente, sì che acquista una forma assai acuta; i mag- giori de’ suoi raggi sono pure più lunghi di quelli della pinna dorsale. Di ventrali non vedesi traccia. Le pettorali sono piccole, e non mostrano più che 9 a 1o raggi. La pinna codale è gracile, un poco smarginata, e non lunga; essa entra quattro fiale e mezzo nella intera lunghezza del corpo. Questo è tutto coperto di squame ovato-ritondate , un poco più allungate nel mezzo, o quasi lobate ; hanno un color rosso-gialliccio con isplendore di oro, segnate di alcune linee nere, come la fig.° 7 della citata tavola le rappresenta ingrandite: di esse si contano 14 serie, 4 so- (1) Vedi Atti del VII. Congr. degli Scienz. Ital. Nap. 1845, par. I, p. 832. )( 89 )( pra e ro sotto la linea laterale, avendone 34 sulla loro lunghezza. L’ occhio è mediocre , e posto giusto nel mezzo tra l'estremità del rostro e quella dell’ occipitale. L’ oper- colo è stretto, facendo un angolo assai ottuso : il preo- percolo è ritondato. Si contano 40 vertebre nella colonna vertebrale. La linea laterale corre a dirittura dall’ angolo supe- riore dell'apertura branchiale al mezzo della coda, paralle- lamente al profilo dorsale , cui è più vicina. Comunque in apparenza molto simile alla specie pre- cedente, ne differisce notabilmente per la forma della se- conda pinna dorsale, la quale non si eleva come in quella, che anzi si tiene assai bassa, e si compone di raggi tutti simili e delicati: ne differisce ancora per la figura dell’ oper- colo ; e principalmente poi per la struttura delle squame: delle quali cose è facile avvedersi dietro la loro compara- zione immediata. Ha esso pure molta simiglianza col /alior; ma in questo manca la pinna anale; la pinna dorsale anteriore è poco espressa ; e di squame è sprovveduto. Laonde la comparazione non può islituirsi senza incontrare dubiezze. Proviene dalla medesima località de’ precedenti. hi L'originale è nella mia collezione. NorAGOGUS MINOR, Cos. Tav. V, fig. 4. Si distingue evidentemente questa specie dalle prece- denti Pentlandi ed erythrolepis, non solo per la grandezza, che certo non è carattere costante, ma per la forma del corpo, Lal )( 86 ) per la fisura delle sue squame, e pel numero maggiore delle serie di esse. Il capo non è completo, ma mostrasi più ele- vato e meno allungato che in quelle; il corpo è similmente più elevato ed a profilo superiore archeggiato e convesso , lungi dall’ essere rettilineo od alquanto concavo. Vi si con- lano 17 serie di squame sulla maggiore altezza del corpo, delle quali 4 sopra la linea laterale ; ed in ciascuna serie longitudinale 36 squame : queste sono quasi esagonali , più larghe che lunghe nella parte dorsale ; il margine po- steriore à due dentelli mediani molto squisiti, ma piccoli, con altri meno sensibili ed irregolari; però questa dispo- sizione si muta, chè quei della parte dorsale sono molto più alti che lunghi, e gl’ inferiori o ventrali oppostamente si allungano a misura che si accostano alla estrema coda, prendendo figura quasi ovale; come può rilevarsi dalle fi- gure ingrandite della citata tavola: i margini laterali hanno una linea rilevata. La pinna dorsale genericamente identica a quella della specie precedente. La pinna anale è stretta. Le ventrali sono piccole ed opposte all’intervallo che lascia la dorsale. La codale è forcata, od almeno profondamente smarginata. La linea laterale scorre come nelle specie precedenti. Tratto dalla stessa calcare di Castellammare, ove le altre due specie congeneri, co Pycnodus e Rhynchoncodes. L'originale è nel Museo mineralogico della R. Uni- versità degli studii. Osservazione. L’ Agassiz descrive 6 specie di questo genere ; il Zzetenti, Penilandi, laitor, denticulatus , propierus, e microstomus. Di questi il pri- mo proviene dalla calcare litografica di Solenhofen , i due seguenti da Castel. lammare, e gli altri tre dalla calcare litografica di Kehlhein.— Pertanto egli conchiudendo stabilisce in generale che « tatte le specie provengono dal de- ‘87 posito superiore della formazione giurassica ». Vedi vol.II, p. 293.= Altron- de, nella pag.190, parlando del Pyenodus rhombus, così si esprime.« Il terreno d'onde provengono questi ittioliti appartiene senza alcun dubbio alla forma- zione giurassica ; poichè, indipendentemente dal Pyerodus che d già descrit- to. vi si è trovato pure de’ Serzionoti, Folidofori, Notagoghi, \utti ge- neri esclusivamente giurassici, Non ostante mì sarebbe difficile ora pronun- ziarmi sulla età giurassica alla quale la calcare di Torre di Orlando debba essere riferita ». Da principio aveva pur detto, che spettassero alle marne se- condarie appennine. Vedi la nota della pag. 288. Di qual terreno son dun- que caratteristici i \ofegogus? Certo tra il giurassico superiore od inferiore che sia, e la marna secondaria appennina vi è grandissima differenza! Genere RIIYNCHONCODES, Cos. (1). Estremita del rostro superiormente iumida. Due pinne nel dorso disgsunte , e dissimili; anale remota e della stessa natura che l' anteriore dor- sale. Squame dilatate, con uno de' margini laterali rilevato. Osservazione. Se noi separiamo dal genere Notagogus questa specie per elevarla a tipo di un altro genere, l'è perchè la condizione o carattere più importante che l’' Agassiz dà al suo genere /otagogus quì non prevale. Non due lobi di una sola pinna dorsale , nè due pinne ravvicinate ed omo- genee ; ma ve n'à una anteriore e ben diversa dall’ altra posteriore, che dalla prima è remotissima, Potrebbesi sospettare è vero che la interruzione dipendesse dall’ asportazione de’ raggi intermediari ; ma questa ipotesi, che sarebbe pur troppo arbitraria, non essendovi alcun vestigio di raggi nella porzione inter- media, vien poi combattuta dalla differenza non piccola che passa tra l'una e l'altra pinna ; oltre la probabile esistenza di denti canini. REYNCHONCODES scaccni, Cos. Tav. V, fig. D. La pinna dorsale anteriore comincia a sorgere imme- diatamente dietro la nuca con un valido raggio spinoso , preceduto d'alcuni altri minori graduati, e strettamente ad (1) Da fuyxos rostrum, e 0yxédns tumidus. X 88 Y esso accollali; e questo si solleva più che la metà della cor- rispondente altezza del corpo ; discendono indi gli altri ra- pidamente, prendendo così la pinna la figura triangolare: la seconda nasce là dove giungerebbe la estremità de’ raggi pie- gati della prima, e presso la terza parte della lunghezza del corpo; i suoi ultimi raggi par che siano sì lunghi da rag- giungere la base della codale , essendo gli altri gradata- mente minori; ciò almeno fan credere alcune tracce che ne avanzano sopra la impronta. Le pettorali sono piccole e basse. Le ventrali, assai più piccole, corrispondono al termine della prima dorsale. L’anale, assai remota, na- scendo poco prima del termine della seconda dorsale, con un grande e forle raggio guernito anche di alcune appen- dici quasi come quello della dorsale anteriore e si prolunga fino al corrispondente incominciamento della codale. Que- sta è molto smarginata, apparendo forcata per la mancanza della estremità de’ raggi mediani, di cui però oscuramente ‘si veggono le impronte, come la figura lo indica; i suoi primi raggi sono guerniti di fuleri, il primo ed anteriore de’ quali assai robusto, e ben espresso, precisamente nella base del lobo superiore. La scissura boccale è corta ; e pare che alcun dente vi sia negl’intermasceliari ; ma di ciò siamo ancora dubbiosi. Gli opercoli sono squamosi : 14 a 15 serie di squame si contano nell’altezza maggiore del corpo; e 30 squame in ciascuna di esse. La loro figura è quasi esagonale nella parte scoperta, più larghe che lunghe, ma ai margini laterali offrono una elevazione lineare, che si prolunga sul mezzo della squama sottoposta, poco diversamente da quello che mostrano le squame del /Notagogus minor. Di tale risalto, ben espresso nelle impronte di squame esistenti ) 89 nell’esemplare, si ha solo il documento in due o tre squa- me vere che si trovano sul peduncolo della coda. La linea laterale è dritta, partendo dall’ angolo superiore dell’ aper- tura branchiale , ed incurvandosi leggermente si dirige sul lobo superiore della codale. L'originale di questo ittiolite è nel Museo mineralo- gico della R. Università, che con i precedenti mi è stato gentilmente comunicato dal Direttore di quello, prof. Ar- cangelo Scacchi, il cui nome ho creduto qui ricordare assai meglio con insignirne la specie. Proviene dalla stessa calcare di Castellammare più volte menzionata. Cevene BLENNIOMOEUS , Cos. Dorsale unica , lunga e trilobata. Pettorali mediocrî e larghe. Ventrali piccole ed opposte al lobo medio della dorsale. Codale uguale, quasi intera, e molto crassa. Intermascellari e mandibolari armati di denti conici, acuti, un poco archeggqiati, e grossi. Squame ? Osservazioni. Non la sola condizione della pinna dorsale, ma la pre- senza non dubbia di denti conici e robusti ci stringe a separare dai Mosa- gogus due pesci, che per una tal quale fisonomia analoga a quella de’ Blennit abbiamo appellati Blenniomoeus. Essi a primo aspetto si confonde- rebbero coi Notagoghi e col Rinconcode; ma dagli uni li separano la pinna dorsale trilobata e la presenza di denti conici e grossi; dall'altro la sola pin- na dorsale, perocchè di denti và fondato sospetto che ve ne siano, e che lungi di essere in brusca , siano robusti come ne’ Blenniomoeî. I. BLENNIOMOEUS LONGICAUDA, Cos. Tav: NIE aa: Capo grosso , alto poco meno che lungo; mandibo- la armata di un ordine di denti conici quasi tutti uguali, )( 90 )( 10, 0 12 per lato; intermascellari similmente armati, ma î denti quì sono più lunghi e più grossi, sì che se ne vede wvn minor numero. Pinna dorsale unica, ma trilo- ba, coi raggi del lobo anteriore più gracili e meno alti, quelli del posteriore più robusti; se ne contano in tutto 23 (1): nasce poco dopo la linea segnata dalla perpendi- colare che si concepisce innalzata dall’ origine delle petto- rali, e si arresta a tal distanza dalla pinna codale, che i suoi raggi distesi sul dorso raggiungono questa appena col loro estremo. Le pinne pettorali sono mediocri in lun- ghezza, e sembrano acute; esse sono molto in basso ed approssimate tra loro. Le ventrali pel contrario sono pic- colissime, e poste sulla metà dello spazio interposto tra la base delle pettorali e quella della codale. Questa è tanto lunga, ch’entra solo tre volte nella restante lunghezza del capo e corpo insieme ; molto robusta, larga alla base, smarginata appena nell’orlo estremo, nello stato di riposo, come apparisce; ma è facile concepire che spiegata il pro- filo sarebbe rettilineo ; si compone di 11 raggi ramificati: la sua base è costituita da 8 ossicini, impianti sei sul lato in- feriore, e due sul superiore delle ultime vertebre codali. L’anale è stretta, composta di pochi raggi, 5 o 6, e situala nel mezzo, tra le ventrali e la coda (2). Il capo è quasi conico, o triangolare , coll’ occipite” protuberante, rappresentando il vertice di un angolo di (1) I raggi della pinna dorsale pare che siano veramente omogenei, semplici e spinosi gli anteriori, i posteriori ci han- no mostrato un indizio di ramificazione. Tuttavolta, non essendo questo sì chiaro da poterlo francamente asserire e dimo- strare, ci riserbiamo di pronunciarci al- lorchè ci sarà dato esaminarne altri esem= plari. (2) Siccome la struttura scheletrica del- la coda è troppo caratteristica , nè può essere ben espressa sulla grandezza na= turale dell'individuo effigiato , così ne diamo ingrandita la immagine in A della figura citata; sicchè si possa ben intende- re; e riconoscervi quella degli omocerchi, gi )( 150 gradi, formato dalla linea dorsale quasi retta, e dal profilo frontale appena curvo. L’opercolo è angusto, ed a modo di luna crescente ; il preopercolo è quasi triangolare, cutvilineo, e molto ottuso nel vertice ; il sottopercolo an- gusto. L'apertura orbitale apparisce larghissima. La scis- sura boccale non raggiunge il centro della pupilla. Niun vestigio di linea laterale: delle squame si vede qualcuna, ma poco ben distinta. Si contano nella colonna vertebrale 48 vertebie. L'originale è nella collezione del mio privato gabi- netto. Ricavato dalla roccia di Castellammare, 2, BLENNIOMOEUS BREVICAUDA ) Cos, Tav. V, fig. 3. Distinguesi quest’ altra specie dalla precedente per due notevoli caratteri; 1) pel numero delle vertebre minore (32), mentre l'individuo è di grandezza maggiore; 2) per la bre- vità della coda, la quale entra cinque volte e mezza in tutta la lunghezza del corpo, compreso il capo. Nel resto hanno entrambi strettissima simiglianza , di talchè niente ci rimane d’aggiungere. Che se la disposizione dentaria mostrasi un poco diversa da quella del /ongicauda , ciò deriva da spostamento sofferto dalla bocca nel rimanere stiacciata, Proviene questa specie dalla medesima località di Ca- stellammare ; e l’ originale trovasi nel Museo mineralogico della R. Università, comunicatomi dal prof. Scacchi. 92 X Genere SAUROPSIDIUM , Cos. Corpo squamaio ; squame ovali delicatissime concentricamente siriate. Denti rotondi nelle mascelle e nelle fauci. Pinna dorsale unica, posta rinconiro alle ventrali. Anale molto remota. Codale forcata e guernita alla base di un valido fuloro în amba i latî. Colonna verte- brale con numerose vertebre. Osservazioni, Diamo un tal nome generico ad un pesce per ricordare quel- lo di Sazropsis, col quale ha la più stretta affinità di organizzazione e di fiso» nomia, senza che però si potesse con quello associare, Sebbene la colonna verte- brale del nostro Sauropsidium si componesse di 70 vertebre più corte che larghe, pure la proporzione non è mai uguale a quella che trovasi ne’ Sauropsts (1); ugualmente che non sono cotanto approssimate le apofisi spinali, e mancano eziandio gli ossi intersapofisiarii, Le pinne pettorali, sebbene molto sviluppate, non sono sì lunghe come l’Agassiz le trova ne’ suoi Saur0psis (2). I rapporti tra la dorsale e l’anale sono contrariamente a quelli voluti ne’ Szr0pszs, sia per posizione, sia per grandezza (3). La codale non è equiloba ; ed in vece di alcuni raggi piccoli indivisi; vi è un grosso e corto aculeo, Il sistema dentario sembra pure molto diverso, come vedremo. La corazza o rivestimento cutaneo è di squame delicatissime indiscernibili senza il soccorso di un sommo ingrandimento , pel cui solo mezzo si può vedere la loro struttura, SAUROPSIDIUM LAEVISSIMUM, Cos. Tav. VI, fig. 1. Il capo è corto e grosso: entra esso 4 fiate nella lunghezza della colonna vertebrale. Non possiamo asserire (1) La colonna vertebrale de' Sauro- l'origine delle ventrali. psis vuol esser composta di un considere- (3) La dorsale de' Sauropsis è opposta pole numero di vertebre s secondo la men- all’anale, e questa è molto larga, e si te dell'Autore , ed il loro diametro più estende fin presso l'origine della codale ; che il doppio dell’altezza. ne’ Sauropsidium l'anale è piccola, e non (2) Nella specie tipo esse sorpassano vicina alla base della codale. )( 93 X se vi esistano denti nella mandibola e negl’ intermascellari : solo troviamo due fossetti sulla estremità anteriore degl’in- termascellari, e due simili sul corrispondente sito della man- dibola, ove sembra esservi stati impiantati denti, senza poter dire di qual forma si fossero. Il rostro è acuto piut- tosto ; le mandibole strette e lunghe ; la lamina mascellare strettissima. Il preopercolo è archeggiato, semplice e liscio nel suo perimetro, e nella superficie scolpito ; l’ opercolo , ritondato ugualmente sul margine , è cesellato in guisa, che dal perimetro del preopercolo al suo lembo scorrono 8 o g solchi divergenti a modo di raggi, che sembrano partire dal centro comune di un cerchio, di cui l’oper- colo ne fosse un segmento, o meglio una lunetta. Le pinne pettorali sono di mediocre lunghezza, riton- date alla loro estremità, e composte di 7 raggi, l'anteriore de' quali molto robusto e semplice , gli altri tutti ramosi. Le ventrali sono assai piccole, poste sulla metà precisa della lunghezza del corpo; esse si compongono di g raggi semplici spinosi. La pinna dorsale sorge proprio rincontro alle ventrali; ma non se ne veggono che poche ed incom- plete tracce , dalle quali può solo desumersi che sia bre- vissima e bassa. L’anale è pur piccolissima per quel che ne appare ; vi si contano 7 ad 8 raggi semplici ; comincia a sorgere immediatamente dietro le ventrali con un raggio brevissimo e più forte degli altri. La colonna vertebrale, ch’ è ben intera, si compone di 70 vertebre, il di cui corpo è più largo che lungo, più ristretto nel mezzo , liscio, e senza veruna solcatura od impronta: le codali, essendo tutte di diametro mag- giore delle dorsali , il che può dipendere anche dalla di- versa loro posizione ; vanno nondimeno crescendo nel dia- * 94 X metro trasversale a misura che si accostano al peduncolo della pinna. La pinna codale, comunque non esistesse in- tera, dalla porzione basilare superstite apparisce ch’ esser dovea forcata, a lobi disuguali, come meglio si vedrà sopra altro esemplare. Le apofisi spinali non sono visibili che in un sol pun= to, e molto obbliquamente, innanzi alla dorsale, percioc- chè la colonna vertebrale giace sepolta in gran parte dal lato dorsale, onde di essa si vede la faccia interna, che riguarda il cavo addominale: nella porzione spettante alla coda essa è contorta ed in posizione obbliqua. Quindi le apofisi laterali e le costole si trovano distribuite ne’ due lati, e le apofisi verticali delle vertebre, spettanti alla coda, si trovano nella posizione di %. L’unico esemplare che possediamo ci è stato gentil- ‘mente esibito dal colto e perito farmacista Bartolomeo Pao- lillo da Cusano. Osservazione. Il nostro Sauropstdium laevissimum è rroppo vicino al Pholidophorus Flessieriî (Agas. II, Tab. 37, fig. 8), al quale corrisponde ancor per grandezza. Ma nel Sauropsidium le pinne ventrali sono evidente» mente più piccole ; non manca la pinna anale; la dorsale non è preceduta da raggi decrescenti da dietro in avanti. La provenienza del Pho//ophorus Fles- sterii è dalla marna scistosa gialla dell’ Oolte inferiore di Blikworth presso Northampton. Della nostra specie abbiamo trovato recentemente tre pezzi, spettanti ad indi» viduo molto più grande, poco meno che di una lunghezza doppia , sul quale sì è cercalo illustrare le cose già dette. Ma siccome le figure che debbano accompa- gnarne la descrizione e le osservazioni, per porle a chiara intelligenza degli Zoo» logi e Paleontologi, entrar più non possono in questa prima parte del lavoro ; così rimettiamo il lettore alla parte seconda, che vedrà ben tosto la luce. X 99 Gewere SPHAERODUS, Ag. (1). L’Agassiz stabiliva un tal genere nella famiglia de’ Picnodonti, per dar posto ad alcuni denti fossili di figura emisferica, o presso a poco tale, siccome accenna il suo medesimo nome. Nè da altra fonte desumer potè il nome così come il carattere di cotesto genere, chè i soli denti isolati e sparsi costantemente si trovano. La loro esistenza nello stato fossile fu nota a’ nostri maggiori, i quali, a causa della convessità e forma roton- da, della lucentezza, e del colore per lo più nero, ebbero a crederli occhi di serpt: siccome risguardarono alcuni denti di Selacini quali Zngue de serpenti medesimi. Primo ad elevar la voce contro questa antica e falsa credenza fu il rinomato Boccone (2), il quale ben si avvide della loro stretta analogia coi denti della Aurata (CAryso- phrys aurata de’ moderni), e come tali ritenneli. Per tali lì ebbe pure il Cupani , il quale rappresentavane ancor due con questo nome nel suo Pamphiton siculum. Dopo di lui un altro dotto siciliano , lo Schiavo, parlando delle g/os- sopetre di Corleone , dice trovarsi esse miste a piccoli denti di pesci volgarmente detti occhi di serpe (3). Nè gli sfuggiva la singolare loro condizione di trovarsi sempre isolati , e non mai associati con altri avanzi organici di pesci spinosi. Questa condizione meglio assodata dalle ricerche mo- dernamente istituite per molti, e con molta precauzione, (1) Da ogeipa sphaera, e 6dis dens. Egli conserva poi quello di Microdon. à mutata la desinenza vera di questo noe (2) Mus. I. p. 180, e seg. me di sphaerodon in odus , per unifor- (3) Vedi Nuova Raccolta Calogeriana, mità, come egli stesso dichiara, mentre vol. II, pag. 31. )( 96 X onde schivare gli errori, determinava l’Agassiz a risguardar tali denti come appartenenti ad un genere ormai perduto. Egli stesso però sì avvide più tardi, esservi de’ pesci fossili, con mascelle guernite di simili denti, tranne alcune piccole differenze, riposte nella loro base , e nel modo come questa irovasi impiantata sugli ossi mascellari. Tal’ è il genere Lepidotus ; discorrendo del quale confessa di non saper trovare per ora un confine tra questi due generi; in guisa che si è visto costretto di apportarvi alcuni emenda- menti, dopo aver meglio studiato i Lepidotus (1). Nuovo imbarazzo però sono per noi i fatti raccolti di recente intorno a tali denti. Perocchè ne abbiamo trovati alcuni in un medesimo luogo, associati con quei denti , che altra fiata credemmo di Tapiro. La storia di questi ul- timi, se da un lato viene ad emendare il primilivo errore, dall’ altro ci condurrà forsi in nuovi equivoci. Del resto, chi è addentrato in simili ricerche sa bene, che a forza di probabilità, di ravvicinamenti, e di discussioni lente ed assennate si può pervenire a qualche certezza. Ritenendo noi dunque per ora come spettanti al ge- nere Sphaerodus ì denti che troviamo convenire con quelli rappresentati dall’Agassiz come specie distinte, e che sparsi si trovano quà e là in diversi terreni; riserbiamo quegli altri, che per la forma e per la struttura ripugnano di esservi associati, e de’ quali forse dovrà farsi un genere diverso; chè rigorosamente entrar non possono nel genere Z/el/odus. Vedi Ila nota della pag. 100. Gli Sphaerodus sono dunque pesci, i cui denti simi- gliano a quelli che stanno allo interno di molti sparozdes, come ne’ generi Sargus, Ghrysophrys, ec.; dai quali si di- (1) Vedi questo genere. 97 lungano nondimeno per le loro dimensioni, alle quali non giungono punto quelle delle specie tuttora viventi ne’ mari attuali. Ma sia che scomparse fossero del tutto le specie a cui quelli appartennero, sia che le generazioni attuali am- miserite già fossero ; certa cosa è che niun pesce vivente conoscesi, i cui denti molari fossero sì grossi e così elevati: la qual cosa potrà esser bastevole, a giustificare la fonda- zione del genere. Gli Sphaerodus sono le Bufoniti degli antichi (1). SPHAERODUS GIGAS, Ag. Tav. IX, fig. 20. La corona è perfettamente emisferica, di colore bruno- verdiccio, lucente, terminata da una angustissima e fina increspatura. Jl collare che vi succede è di color giallo- gnolo, angustissimo, e liscio , nel che principalmente scon- viene dallo Sp. cincetus, nel quale vuol essere più largo e duplicato (2). Il suo diametro è di lin. 5, l'altezza lin.2. Proviene dalla calcare delle basse falde della Majella, in vicinanza di Caramanico e di Bucchianico. Da quest’ ul- tima località abbiamo un pezzo di roccia, nella quale ve n’erano incastrati 4 di minori dimensioni , e tutti per la loro convessità risguardanti un asse comune, come appari- sce dalle impronte che vi hanno lasciate. Quando ciò non fosse avvenuto per azzardo, accennerebbe a gruppo di denti faringiani, anzi che mascellari. Le impronte sono lisce e splendenti come lo smalto che copre la corona: in due di esse veggonsi macchie dendriformi bellissime e nere. (1) Mercati, De Bufonite, p. 184. apposito lavoro , dopo aver descritto (2) Se ciò sia bastevole per essere spe- quelli delle specie tuttora viventi, e che cificamente distinto , lo esamineremo in godono di simile armatura dentaria. 93 X 2. SPHAERODUS ANULARIS ) Ag. Tav. IX, fig. 210 22. Differisce dal precedente in ciò solo, che l’ emisfero o corona è meno elevato , un poco depresso nel mezzo, senza alcuna traccia d’increspatura sull’ orlo, e lo smalto ha color giallo di arancio, ed anche di succino. Il collare è liscio, senza verun segno d’increspatura ; di un nero lucentissimo, che però non penetra nella sostanza, ma è superficiale, scancellandosi facilmente dietro una leggiera raschiatura. Anche sull’ emisfero evvi una traccia di anello nero, quale indicato viene da @ fig. e1. Il loro diametro è vario, ma non eccede lin. 4. Abbiamo di questa specie esemplari trovati nella cal» care tufacea di Lecce, ed in quella di Cosenza, e proprio delle adiacenze di Cerisano $ ove si trovano associati con denti di!Zeptodon e di altri generi affini, come vedremo. Fra gli esemplari ve n’ha di quelli ne quali manca affatto il collare, e la faccia piana della corona mostra nel centro una cavità ben profonda e cilindrica, come la rappresenta la fig. 22. Lo smalto è stratificato, e pare mutarsi ne’ suoi successivi incrementi. Sphaerodus anularîs, Ag.II,p.211,Tab.73, f.9d-100. sPHAERODUS cINcTUS , Ag. Tav. IX, fig. 24. Esso non differisce dai precedenti che pel collare, or- nato di finissime crespe, o pieghe verticali ;, ma l'esemplare X 99 X che noi possediamo, è che si è rappresentato, ha una lunga radice, di un diametro minore di quello della corona, ci- lindrica, ossea. La qual condizione guiderebbe al genere Lepidotus , ne’ cui denti l’Agassiz riconosce, come solo ca- raltere distintivo, uno srangolamento alla base dello smalto. Proviene questo pure dalla medesima calcare tufacea di Cerisano, Osservazione. L’ Agassiz sotto nome di SpAaerodus lens ci rappresenta molte forme di tali denti nella Tav: 73, dal n.° 22 a 6r.— In questi, quello segnato al n.° 26 conviene con l' esemplare ricevuto da Aquila, e da noi rap» presentato nella Tav. IX, fig. 27; di cui è solamente men curvo. Lo stesso dente simiglia a quello effigiato sotto il n. 27, il quale però è più elevato, benchè uguale quasi nella grandezza. La fig. .28 è maggiormente elevata e curva. Potrebbe anche riferirsi allo SpA. parvus, Tab. 73, fig.18, del quale è solo più piccolo, con l' apice più acuto, e meno curvo. Gevere HELODUS, Ag. (1). I denti per i quali l’ Agassiz fondava dapprima il genere Psammodus, non accompagnando altro resto sche- letrico di pesce, si presentano più o meno clavati, non tulti precisamente simili. In seguito ne sottrasse tutti quelli che hanno la superficie della corona liscia, non punieg- giata, col centro più o meno rigonfiato în forma di cono ottuso; talvolta allungati e ritondati con un solo rigonfiamento nel mezzo; talvolta presentando una serie di coni ottusi , de’ quali il mediano più elevato , ed î laterali decrescenti în lunghezza; tal altra in fine pre- sentando essî un cono più o meno sporgente. Soggiunge il prelodato scrittore, che 4u/le de specie (1) Da nos clavus, e SÎov dens. 13 )( 100 )( siano siate trovate in terreni carboniferi ò bituminiferi (1). Agas. vol. III, p. 104. Osservazione. Allorchè fra le tenebre cespicando si cerca un sentiere , ogni raggio di lasguida luce, anche incerto, è prezioso, e talvolta bastevole per guidare alla meta. È questo certamenie il caso frequente che incontrasi nella Paleontologia, ove sì va errando fra resti di generazioni mutate o scom- parse. L'errore e l’arbitrio si succedono quindi bene spesso nella investiga- zione degli esseri, ai quali appartennero un osso , uno scudo, una squama, un dente, o altra simile parte di un tutto, che non à fra le generazioni at- tuali modello a cui rassomigli. Le conghiettare alle quali sì ricorre sono più o meno probabili, secondo che le analogie crescono di numero e di valore. Un esempio luminoso n'è quello che segue. Nella pag. 31 di questa opera, sotto il titolo Taprmo abbiam detto come e per qual ragione si erano riferiti a questo mammale alcuni denti trovati nelle vicinanze di Co- senza (Calab. cit.), e come, per ulteriori fatti raccolti, e numerosi esemplari riuniti ed esaminati , siamo convinti che spettassero a pesce di un genere ormai sparito da’ mari attuali. Perciocchè, scavati si sono ad un tempo e nello stesso sito , insieme con denti di Carcharias, Leptodon , Lamna, Odontaspis ecc.; ed anche di denti molari o palatini del genere Sphaerodus, ora permutato in £Lept sosteus , Ag. Nella Tavola I, f. 3. si è rappresentato il maggiore degli esemplari che possediamo, privo della parte radicale = La figura 4 della stessa tavola, ‘è di un altro esemplare minore, ma che ci lascia vedere co- (1) Coloro che con troppa fiducia so- quale entrano molecole di mica, di quar- scrivono a queste sentenze incontreranno : zo, di feldspato, provenienti dal gra- grandissima difficoltà ad ammettere, che nito delle prossime montagne che sovra- i denti de’ quali anderemo a discorrere, sta a quell’alto-piano. Noi per ora regi- riferir si possono al genere ZHelodus; pe- strandoli sotto questo genere, miriamo rocchè non si trovano essi in terreni car- a non moltiplicare i generi senza fonda- boniferi o bituminiferi; ma invece nel menta, e ci riserbiamo emendare anche calcare tufaceo a grana grossolana , nel questo ove si scuoprisse nuovo errore. )( sor )( me il suo taglio sia obbliquo , e la parte radicale assai più stretta e lunga. ‘Essi sono costituiti da una sostanza esterna, e dalla interna midollare, ma scarsa e laminare, come la forma del dente richiede. Uno smalto di colot gialliccio rosseggiante ricuopre la corona; bianco e splen- dente essendo nel collare ; la porzione radicale ha color bianco sudicio matto: la superficie è perfettamente liscia, anche guardata con occhio armato da lente acuta. La pro- porzione tra la corona e la radice varia da dente a dente, a prescindere da quello che ne direbbero le mozzature di molti esemplari. La figura, che dapprima era per noi assai limitata, ora è dimostrato variare immensamente. Perciocchè ne abbiamo trovati degli angusti e de’ larghi, de’ com- pressi e de’ quasi ritondati, de’ conici più o meno ottusi e di quelli formati quasi da due coni riuniti, come quello della fig. 6‘ Tav. I. Non vogliamo assolutamente asserire che appartenes- sero allo stesso animale quegli altri, effigiati da noi nella citata tavola sotto i numeri 11 e 12; ma certissima cosa ella è, che cotesti denti sonosi scavati insieme co’ prece- denti dal medesimo punto della stessa località di Cerisano presso Cosenza. La loro struttura, il colore, i passaggi graduati dall’ una all’ altra forma ci persuadono per ora a doverli ritenere come tali. )( 102 )( Genere PYCNODUS, Ag. (1). Capo molto declive, corpo anteriormente guast troncato e tumido , poste riormente più allungato. Pinna dorsale unica sulla meta posterzore, anale opposta, simile ed uguale. Codale larga leggermente smargi- nata. Due sorte di denti, una anteriore in forma dî scalpello , l altra posteriore più o meno allungati, gonfi, lroncatî 0 scavati în mezzo , a superficie liscia (2). PYcNoDUS RHOMBUS, Ag. Tav. IV, fig. 8, etav.V, fig. Corpo compresso , quasi ovale, stando la lunghezza all’ altezza ::3:2 (3). Rostro acuto, con denti anteriori in forma di scalpello, ai quali seguono 3 file di denti ovali, ottusi, o appianati, più o meno compressi e decrescenti dallo esterno allo interno. Capo e pezzi opercolari nudi, vajuolati, () eroso-puntati. Corpo coperto di squame quasi ovali, lisce. Una pinna dorsale , che comincia a sorgere quasi alla metà della lunghezza del corpo, di cui non è più che un terzo del- l’altezza (4), e si compone di 46 raggi (non 36), de’ quali il nono è il più alto di tutti, indi rapidamente si abbassano formando un triangolo, e dal 22 in poi corrono leggermente decrescendo , finchè si arrestano in prossimità della pinna (3) Dal greco svwds creder, e ddùs dens: denti affollati. Genere fondato dall’ A- gassiz, che racchiude 17 specie, ed altre 14 soltanto nominate nella pag. 199; ma non descritte: tutte fossili. (a) Tutto il corsivo è parte aggiunta ai earatteri assegnati dall’ Agassiz a questo genere, che sì trovano espressi in: caret- teri tondi. (3) Questa proporzione varia, spezial = = mente ne?” piccoli individui, che si appre- sentano più acuti anteriormente; ma ine torno a ciò vedi le osservazioni che se- guono. (4) Queste proporzioni variano secon- do l’etade e la conservazione degl’ indi- vidui: ne’ piccoli l’ altezza della pinne è: minore: perchè più tenera è rimasta meno» conservata. )( 103 )( codale. Pinna anale simile eguale ed opposta alla dorsale, solamente un poco meno alta, e composta di 37 raggi (non 30), il 7. de’ quali è di tutti il più alto. Pinne pet- torali piccolissime : ventrali ? Lo scheletro, di cui d’ordinario si trovano solo le im- pronte, presenta una colonna vertebrale con 32 vertebre, esclusa la porzione che costituisce la base del ventaglio codale, dal corpo delle quali parte un’apofisi o spina su- periore , eccetto che dalle 3 prime cervicali. Le apofisi pro- cedono con tal legge, che le prime 7 anteriori o dorsali cor- rono assai più obblique, ed incurvandosi alquanto verso il capo; le altre sincurvano dapprima oppostamente, e si rad- drizzano poi. Delle 20 vertebre codali, le prime 12 hanno dalla parte inferiore un’ apofisi simile del tutto ed eguale alla superiore ; quelle appartenenti all'addome hanno due spine, che tengono luogo di costole, le quali si prolungano fino alla carena ventrale, ove s'incontrano le costole sternali : di queste 10 se ne veggono sempre molto distinte, le altre gradatamente si aftenuano e spariscono. La porzione codale della rachide spinale è sempre ri- piegata in su, e dalle 8 verlebre di essa partono 16 rag- gi, di cui 10 dal lobo inferiore e 6 dal superiore, costi- tuendo la base semicircolare ; alla estremità loro si attac- cano i raggi secondari che formano la pinna ; un valido fulcro spiniforme fiancheggia la base d’ ambo i lati. Gli ossetti interspinali, che prestano appoggio ai raggi delle pinne dorsale ed anale, sono corli e graduali come i raggi delle pinne stesse ; ma gli altri tredici anteriori dorsali sono più robusti, e si prolungano obbliquamente d’avanti in dietro, fino a che non vanno ad incontrare con la loro punta il corpo della corrispondente vertebra. )( 104 )( Sparus melanurus, Cavol. Tab. IT, f. a. A, B, C. S. Mormyrus er Erythrinus , id. Tab. III, fire 2(1). Pycnodus rhombus, Agas. Recherc. sur les Poiss. fossil., vol. II, p.16, 76.73, £. de 7. i La località di questa specie è già nota. Essa trovasi abbondevolmente nella calcare stratosa di Castellammare, tra la città e Vicoequense, non al suo owest, come dice l’ A- gassiz, ch’ è occupato dal mare. Non sappiamo poi d’ on- de abbia atlinto I’ autore, che in Napoli si tenga come lo analogo dello Sparus quadracinus (2): forse da taluno del volgo che lo assimila al Guarraczno, il quale è il Chromis vulgaris, o Sparus chromîs, Lin., ora Heliases chromîs, Heck.: pesciolino che gli antichi itliologi indicarono col latino nome di Coracinus. Osservazioni. Allorchè si guardano ad un tempo i piccoli individui, che non oltrepassano i due pollici e mezzo , e quelli maggiori da 4 a 5 pollici o più, si ravvisa una fisonomia un poco differente, da svegliare l’idea di due ‘distinte specie. E come tali di fatto li riguardò il Cavolini, onde i primi assimilò allo Sparus melanurus di Linneo, e per i maggiori fu in dubbio , se riferirli al m20rmyrus o all’ erytArzus del medesimo autore. Egli si lasciava così guidare dalle semplici grandezze, senza por mente neanche alle forme o sagome, di cui aver potea gli originali sott' occhio. (1) L' illustre autore, niuna attenzione portando ai caratteri essenziali delle im- pronte che aveva sotto gli occhi, pare siasi lasciato guidare dalle grandezze loro. (2) » Laspecie di cui quì si tratta sem- bra essere particolare al deposito della cal- care fetida di Torre di Orlando, all’O- west di Castellamare presso Napoli. Essa vi è assai frequente, e pare che si ravvi- si generalmente a Napoli come l’ analogo dello Sparus quadracinus. Il sig. Blain- ville ha già fatto conoscere tutto quel che di erroneo ha questo ravvicinamento , ed osserva con ragione, che benchè molto più piccolo , la nostra specie si accosta alla Coryphaena Apoda della Ittiologia Vero- nese (il nostro Pycrodus platessus). In effetti è in questo genere che deve esse- re riposto, in seguito delle sue più inti- me affinità ». Poiss. foss. T. II, p. 188. Lo stesso autore , nel vol. I, cap. 1. p- 7, parlando delle collezioni di pesci . fossili dice —«Pentland mi.ha comunicato molti pesci fossili, e soprattutto alcune specie molto curiose delle marne secon- «darie appennine (non più calcare giuras- sica) di Torre d' Orlando, presso Castel: lammare ». X 109 )( Un esame altento fatto d'ogni parte scheletrica sopra moltissimi individoi ci à contestato, ch’essi punto non dissimigliano specificamente. Che se ne’ maggiori individui trovasi il capo più declive, ed una maggiore gibbosità nella nuca, è chiaro che ciò deriva dallo spostamento sofferto ; talchè vi corrisponde un maggiore accorciamento del rostro verso l’ addome, ed una curva rientrante nella gola, oppostamente alla gibbosità della nuca. Ciò può derivare, o da differenza sessuale, o meglio da maggiore suscettività dell'addome a ripie- garsi, forsi per essere già voto il cavo addominale per lo sgravio compiuto. Interviene a rafforzar questo nostro divisamento un esemplare, il più bello e completo di quanti ne abbiamo avuti sottocchio (Tav. V, fig. 1). Esso è nello stato normale , non avendo sofferto nè punto nè poco nel pas- sare dalla vita al sepolero : anzi diresti che siansi consolidate pure le carni, se lo scheletro non si mostrasse a nudo ugualmente che negli altri ; tanto è sì bene è rilevato sul piano della lapide che lo racchiude. L’ individuo è esattamente uguale a quello che sì è rappresentato nella Tav. IV f. 8. Nolladimeno la sua forma è più regolare e quasi ovale , sì che non presenta nè la gibbosità della nuca , nè |’ introflessione gutturale (se così potesse dirsi) ; la qual cosa non è potuto aver luogo per lo stato vitale dell’ individuo, che ha conservato intera e rivestita questa parte ante- riore toraco-addominale. Questo esemplare ci è stato comunicato dal prof. A. Scacchi. Ed un tal fatto ci porge ancora un chiaro documento , che questo genere di pescì debba riferirsi all'ordine degli Selerodermi, e non già tra i Corifenor det nell'ordine degli Scomberz , come pensa l’Agassiz. Perocchè la sua apertura branchiale piccolissima sembra stare nel sito x, dove appariscono i piccoli pezzi opercolari striati, non grandi come vorrebbe l’Agassiz, ed una traccia di pinna toracica, come nel Balistes capriseus ec. Oltracciò , in questo esemplare, nel sito y della parie addominale, sì vede un gruppo di larghe e solide squame, tre delle quali distintissime ; la qual cosa si oppone evidentemente all’ organizzazione dermoidale degli Scomsberoidi in generale , e delle Corzfene in particolare. E con questo si associa ben pure il capo privo di squame e vajaolato , come si è detto. Vedi la precedente mota. ; rob X PYCNODUS ACHILLIS, Cos. Tav. VI. f. 11a5d. Consagro questa specie a mio figlio Achille, come a colui che la disotterrava dalla calcare di Pietraroja insieme a molti altri degl’Ittioliti descritti : e serva questo ricordo della sua solerzia ed intelligenza, di cui mi sono giovato negli studii zoologici e zootomici, per segnare un’ epoca molto distinta di nostra vita. Questo apparato dentario è sì completo, che ben ci fa sicuri della sua speltanza a specie distinta. Consta esso di ire serie, la esterna delle quali è formata di denti quasi rotondi, quei della seconda sono un poco allargati e mag- giori, quei della terza amplissimi, un poco ristretti nel mezzo come se fossero strangolati, e sono maggiori di tutti. Crescono essi in dimensioni come all’ ordinario dall’ ante- riore alla posterior parte od interna. Sono un poco appia- nati al di sopra, lisci, e di color di succino. Si accostano molto a quelli del P. Mantelli, Ag. (Vol. II, p. 196 - Tab. 72.°f. 6-14), provenienti dalla fo- resta di Tilgate, senza però convenire, spezialmente per le dimensioni. Possediamo nel nostro gabinetto tanto i su- periori quanto gl’ inferiori in due lapidi divise , ma che sta- wano naturalmente accoppiate. )( 107 )( Plagiostomi. La gigantesca famiglia de’ Plagiostomi lasciò molti avanzi di sè ne’ fondi antichi del mare. La natura essendo stata lor prodiga nello armarli di denti numerosi, validi, e solidi; di questi si trova gran copia nelle terre altra volta dal mare coperte, ed or fatte aride. Nè altro avanza di pesci siffatti, menocchè poche e poco caratteristiche vertebre. Di tali denti si mostran doviziosi dovunque i terreni terziarii della intera italiana penisola : e fra noi soprattutto ne abbonda la calcare tufacea di Lecce e della citeriore Calabria. Si è già delto de’ nomi differenti che hanno essi ricevuto in tempi e da uomini diversi, non esclusa la gente volgare ; ma quelli che più di sovente caddero fra le mani loro spettano alle specie di Carcharzas ed Oryrhina, che furono ancora in varie guise considerati. La più comune e volgare opinione fu, che siano essi lingue di serpenti e di uccelli : e con questo nome si trovano indicati (1) : e gli eruditi, applicando il glossario alle rozze idee del linguaggio nativo, li appellarono g/ossopetrae , equivalente a lingue petrificate (2). (1) Museo Moscardi 1656; quarant'anni dopo che Fabio Colonna li avea dichia- rati per denti di Carcaria. (2) L’estensore del Museo Cospiano , ventuno anni dopo (1677) negò ed affermò nel tempo stesso esser le glossopetre parti di animali, mentre le riconobbe per denti di Carcaria; come già lo avevano dimo- strato lo Stenone e lo Scilla. Tanto erano incerti del fatto loro gli uomini di quei tempi , che si spacciavano per naturali- sti! Lo stesso Stenone, che teneva fra fe mani e diseccava il capo di un Carcaria, benchè persuaso che le glossopetre fossero i denti di questo notante , pure l’ asseri come semplice conghiettura (1667). La medesima cosa era avveruta più che un secolo prima a Falloppio (4555). 14 )( 108 )( La loro sagiltata fisura, ed il vedersi talvolta venir fuora da- gli edifizii traversati dal fulmine, fe concepire agli abitanti . di Lecce l’idea, ch’ essi fossero davvero la cagion materiale delle fenditure; quindi son da quegli appellati Zngue di fuo- no; confondendo anche in tal guisa la causa con l’ effetto. A tali idee false e bizzarre non è da stupire se suc- cessero doltrine anche stranissime. Vi fu chi pretese dar ragione della loro esistenza in seno alla terra, privo affatto di nozioni esalte e reali; ed in luogo d'intendere i feno- meni della natura ardì divinarli e supporli, deturpando e sconvolgendo così le leggi sue. Accordarono essi alle loro g/ossopetrae, come ad ogni altro organico avanzo, ed a qualsivoglia minerale confi- gurato la facoltà di vivere e crescere (1); e perfino d’in- generare (2); taluno meno indiscreto li considerò minerali di loro propria genia (3); e qualche altro opinò essere prodolti minerali coevi alla creazione (4). In mezzo a questi eruditi non mancarono ingegni assai più felici, che si avvidero degli errori de’ loro pre- decessori : e furono anche italiani. Quegli che meglio di ogni altro chiari l'argomento fu il benemerito Fabio Co- quale scrisse nel 1668 sulle G/ossopetres gli Occhi di Serpe , ed i Bastoncelli di (1) Fra coloro che parteggiarono per sif- fatta opinione. và il nostro Baglivi. Egli nel 1702 scrisse una dissertazione De ve- getatione lapidum, nella quale sostenne, che le pietre hanno facoltà di crescere per lo mezzo di nutrizione interna, o per intus susceptionem, come le piante Questo errore si è visto poi ripetuto con mag- giore stranezza dal Tournefort. (2) Il Cardano pretese che avessero le pietre anima e vita: e’l Etmullero ag- giunse che partorissero. (3) Fu questi il maltese Buonamici ,. il S. Paolo, ecc. Vedi Opuscoli Siciliani, vol. XIT. E fu a questi che risponder volle lo Scilla con la sua Zara specula- zione , ecc. (4) Bertrand di Berna (1752) sostenne per lungo tempo siffatta opinione , che abbandonò poi, costretto dalla verità che altri fecegli saltare al viso. Il Mercati le considerò produzioni del la terra. X 109 ) lonna (1) (1616); a cui seguì poco dopo Agostino Scilla (1670), che meglio provò esser le glossopetre denti dello Squalo Carcaria, e che alcuni di essi spellassero ad altra specie del medesimo genere (2). Gli studii più recenti fatti de’ plagiostomi tultora viventi; e le comparazioni immediate de’ loro denti con quelli che si ottengono dallo stato fossile, non solo hanno guidato ad una generica separazione di questi abitanti dei mare ; ma ci hanno porte alcune forme che più non esistono nelle generazioni attuali. i; Non è da preterirsi frattanto che molti de’ generi e delle specie introdotte sono fondati sopra basi fittizie e va- cillaati; perocchè sonosi stabiliti con molla precipitanza , e senza uno studio comparativo esalto e completo tra i denti fossili e quelli che armano la bocca degli Squalidei viventi. Noi abbiam falto di ciò argomento d'una memo- ria letta all’ Accademia Pontaniana; ed oltre quello che anderemo notando quà e là in diversi siti di questo lavo- ro, chiariremo la nostra asserzione nella Fauna del Re- gno, allorchè daremo alla luce l'Ordine de’ Sel/acini o Plag:ostomi. Per ora seguiremo le tracce stabilite da eo- loro che ci hanno preceduli in siffatto arringo. Giossopetrae = Ornithoglossae= Linguae serpentium Ichihyodontes cuspidati — Grazirrhynchus = Plectorites = Lamiodonies = Rostrago. Sono tutti nomi co’ quali si tro- vano indicati i denti di Selacini o Plagiostomi: ed il volgo fiorentino le chiama serre/le. Il (1) Vero è che il Dolce nella tradu- (2) Veggasi pure su tale argomento il zione de’ Trattati di Camillo Leonardi Wuseo Calceolari iMustrato dal Ceruti e (di cui fece plagio) si avvide ed indicò continuato dal Ciocchi , ove il primo di le varietà delle glossopetre, di cui diede essi s' intrattiene a lungo sulle g/osso. pure particolari dettagli o notizie. petre. brS )xro )( Genere CORAX, Agas. (1). Il carattere essenziale ed esclusivo de’ denti de Corax è riposto nella intaccatura de loro margini, ch' è da pertutto uguale. Oltre a ciò sono esst dî tal grandezza che non oltrepassano il mezzo pollice in altezza, essendo questa uquale alla larghezza. La corona è mas- siccia. La interna sostanza al microscopio mostrasi composta di tu- bolini. Nel resto convengono con quei dei g. Galeus e Galeocerdus. CORAX FALCATUS, Ag. Tav. IX, fig. 29 ad. Quantunque non simigli perfettamente ad alcuno de- gli esemplari che sotto tal denominazione specifica ne rap- presenta l’Agassiz, massimamente accostasi a quello segnato sotto il n.4. della Tav. 26. Quasi triangolo equilatero, è molto stiacciato ; la superficie esterna appena convessa, depressa presso la base, con un piccolo risalto nel mezzo ; termine dello smalto quasi rettilineo; superficie interna convessa, con l'orlo dello smalto alla base profondamente smarginato ; la porzione radicale in tutti ì nostri esem- plari è incompleta. Colore giallo-arancio presso la base , tendente al livido nel resto. Questa condizione è costante in tutti i cinque esemplari che possediamo per ora nella nostra collezione. Corax falcatus, Ag. IMI, p. 226; Tab. 26, fig.1-15. I nostri esemplari, tutti uguali e simili, convengono meglio con quello rappresentato, come si è detto, sotto il n. 4. provenienti dalla creta bianca de’ contorni di Brigthon. (1) Da xopeg corpus. ttt Osservazione. L' Agassiz stabilisce per carattere geognostico il trovarsi per lo più i Corax nella creta, escludendoli affatto da’ terreni terziarii , ne” quali , dice egli , sono rimpiazzati dai Ga/eocerdus (p. 224). Pertanto i nostri esemplari appartengono alla calcare tufacea di Cerisano presso Cosenza , d' onde sono stati tralti insieme agli Q/ontaspîs, Lamna , Helodus e Sphenodus. Il Sismonda descrive una specie di tal genere col nome di €. pedemonta- nus molto afline al nostro, senza convenire del tutto. Egli trova tale specie nella sabbia calcare terziaria di Montiglio nel Monferrato. Quindi due esempii per ora, che distruggono la legge prestabilita. Non è da preterirsi pertanto , che anche con quei denti, che l' Agassiz sospetta spettare ad una distinta specie di SpAyrna (1) hanno ì nostri esemplari stretta rassomiglianza; ma lo stesso autore dichiara, che non senza pena ed esitazione imprende a parlare de’ denti fossili delle Sfirne, a causa della grande difficoltà che si prova nella determi- nazione delle specie fossili. Del resto lo stiacciamento sommo della corona, la dentellatura squisita che si trova costantemente in tulta la longhezza de’ due margini, ci persuadono piuttosto a riferirlì ai Corax e non agli SpAyrna. Genere GALEOCERDUS, Mill. et Henl. Denti a corona di figura poco diversa da quella de' Galeus e degli Hemi- pristis; ma è suoî margini d’ ambo î lati sono irregolarmente intac- cati o crenellati, avendo la dentellatura della base un poco gros- solana, e verso l’ apice finissima. Sostanza scavata allo interno. I. GALEOCERDUS RECTUS, Cos. Tav. IX. fig. B. Specie molto affine al G. aduncus, e spezialmente all'individuo figurato dall’ Agassiz nella Tav. 26, fig. 25 e 26. Distinguesi nondimeno per la parte apicale, che scen- de molto dritta, svelta, ed acuta, la quale fa un angolo retto con la porzione basilare del lato posteriore ; ed il la- (1) Sph. lata, l. c. III, p. 235 , Tab, 26 fig. 58 e 39. )( rr2 )( to anteriore scende perpendicolare per una metà, facendo un piccolo gomito, con l’altra un poco obbliqua, in luogo di proceder tullo in una curva continuata. Proviene dalla calcare tufacea tenera di Lecce ; unico individuo esistente nel mio Gabinetto, e trovato da mio figlio Giuseppe. Genere SPHYRNA, Rafin. (zycAENA, Cuv.) Le Sfirne non lasciano altrimenti distinguersi per i loro denti da alcuni Carcharias, se n0n per essere questi di una forma più svelta ; con la faccia esterna piatta, la interna iumida; co’ dentelli marginali piccolissimi, ma sovente mancanti. Osserva nondimeno in proposito l'Agassiz, che i denti delle Sfirze, pro- venienti dallo stato fossile, sono difficili a classificarsi, attesa la stretta simi- glianza loro con quelli del genere Carcharzas (Vol. III, p. 234, e 235). SPHYRNA PRISCA, Ag. Tav. VII, fig. Ù. L’Agassiz ci esibisce la immagine di ben 16 forme un poco diverse di questa specie. L’esemplare che noi pos- sediamo è identico a quello effigiato dal prelodato autore sotto il num. 45 della sua Tav. 26; uno di quelli ch’ egli dice aver ricevuti da Kaup, senza conoscerne la provenien- za; ma che non ha difficoltà di riguardare come ideatici a quegli altri rappresentati sotto i numeri 35 a 93, i quali provengono dalla creta di Malta. Il nostro esemplare ha figura di un triangolo col ver- tice molto acuto, poco inclinato verso dietro, col lato po- steriore prolungato solto un angolo ottuso, e anteriore 113 )( leggermente incurvato ; entrambi i lati sono finamente in- taccali, in guisa però, che verso l’apice le intaccature svaniscono, e presso la base sono grossolane; due o tre intaccature maggiori nel lato anteriore, e nel posteriore è maggiormente così intaccata tutta la porzione basilare”, che forma uno de’ due lati dell’ angolo rientrante. La fac- cia anteriore è piana, con fre a quattro pieghe sensibili , che dalla base dello smalto si prolungano fin quasi alla metà dell’ altezza ; il limite della corona fa un angolo oltusissi- mo : la faccia interna è convessa, con sette sottili pieghe o crepacci, de’ quali il medio si prolunga oltre la metà dell'altezza; la corona è limitata da una linea curva molto sensibile. La parte radicale è ‘0 della intera altezza del dente, e la sua lunghezza è solo '/:» minore dell’ altezza ; è appena smarginata nel mezzo. Sphyrna prisca, Agas. Le. III, pag. 254, n.1. Tab.26 fig. 35-bo. Unico esemplare proveniente dalla calcare di Lecce. Genere HEMIPRISTIS, Ag. (1). Stecome lo stesso nome lo addita gli Emipristi hanno la corona de denti co margini frastagliati fin presso l’ apice, ove poscia divengono lisci più o men presto, secondo il stto cui appartiene il dente. Le dentellature sono grossolane e tanto maggiori, per quanto pù sì ac- costano all’ apice , sul lato concavo più che sopra il convesso. La figura è di un triangolo obbliquangolo, ed un poco irregolare. La superficie esterna apptanata, e la interna rigonfiata , 0 tumida. (1) Da #@ semi, e mpisos serratus 114 I. HEMIPRISTIS SERRA) Ag. Tav. IX, fig. 3e4. Gli esemplari che possediamo di questa specie pro- vengono tulti dalla calcare tufacea tenera di Lecce, ove sono associati con Carcharodon, Lamna, Galeocerdus, ec. I maggiori e meglio conservati son quelli di cui si è data l'effigie nella tavola citata; credendo superfluo mol- tiplicare le immagini per le varietà che troviamo , e che riduconsi ad una forma più o meno svelta, e più curva; nel qual caso l’apice a margini lisci è proporzionalmente più lungo, siccome apparisce anche comparando la figura 3 con la 4. In generale i nostri esemplari hanno la porzione radicale poco men larga dell’ altezza del triangolo, ben in- taccata nel mezzo, e la corona meno incurvata nel lato inter- no. La faccia esterna ha una impressione nel mezzo della corona, che dalla smarginatura della radice scorre per buon tratto ; ed essa è tanto più profonda e squisita, per quanto la faccia è più piana; essendovi pure esemplari in cui cotesta faccia è ancor essa convessa, benchè meno della interna opposta: sono in tal caso i denti pure men curvi. Hemipristis serra, Agas. II, p. 237; Tab. 27, £. 19 e 20 (1). Osservazioni. I Geologi vedranno , se la calcare tufacea tenera di Lecce spetta al periodo terziario medio , o al più recente, onde assodare se cotesta specie sia esclusiva e caratteristica di quello , come pretendesi. Degno di nota è ben pure il trovarsi alcuni esemplari scavati allo interno , certuni più , certi altri meno , secondo la intumescenza della corona. (1) Limitiamo a queste due sole figure maggior parte delle specie note spettano la citazione, come quelle fra le 13 che alla Molassa di Sonabe; quello da noi ci- l’autore rappresenta, alle quali più stret- tato n. 20 è della ereta di Ratisbona e di tamente simigliano i nostri esemplari.La Halden. )( 115 Gexere OTODUS, Ag. (1). Denti a corona triangolare acuta, molto dilatata alla base, e a margini lisci: terminata d' ambo i lati da un denticello basso, ottuso, è compresso © radice ampia e massiccia , profondamente smarginata nel mezzo. Genere di cui non si trova un esempio ne’ mari at- tuali; avanzano solo i denti che trovansi fossili ne’ terreni cretacei, essendo scomparso (così si pretende) negli ultimi periodi terziarii. OTODUS SALENTINUS, Cos. Tav. IX, fig. 6. Base della corona larga : più dell’ altezza sua, con la faccia esterna leggermente convessa, appena depressa nel mezzo della base, la quale si termina in tre curve legge- rissime e concave, elevandosi ne’ due lati ; lo smalto sì arresta assai prima in una curva oppostamente inarcala; € ira questo e la radice intercede un collare, rilevato, an- gusto nel mezzo, slargandosi pel doppio ne’ lati: la faccia interna è convessa, esluberante verso la base, e terminata in una linea quasi orizzontale ; quì tra lo smalto e la ra- dice il collare è scanalato , contrariamente a quello della faccia anteriore: i margini laterali sono lisci ed acuti ; il posteriore incavato , l'anteriore un poco convesso ; sull’estre- mo loro basilare si eleva una piccola protuberanza, com- pressa a modo di cresta. La radice da questa faccia è quasi appianata, depressa nel mezzo; dalla faccia interna è protuberante nel mezzo, (1) Da Gs-@rds auris , ed ddùs dens. 15 116 spianata od appena concava ne’ lati, i quali si assoltigliano mano mano formando due ale, che lasciano nel mezzo un profondo incavo curvilineo. Tutto il dente è d’ un medesimo colore bruno rossiccio o di marrone, lucente, essendo la corona soltanto un poco più lucida e meno fosca. Proviene dalla calcare tufacea tenera di Lecce , ove trovasi insieme al Carcharodon, al Lamna, all Hemi- pristis , ec. Finora non possediamo di quest Otodo che un solo esemplare , il quale si conserva nel nostro Gabinelto. Accoslasi esso alquanto all’ Ofodus appendiculatus , Ag. III, p. 270. Tab..32,,, fig. 1325. Gexene CARCHARODON, Smith (1). Quanto solide fossero le basi sopra le quali poggia questo genere fondato dallo Smith, lo vedrà di leggieri ognuno che sia addentrato filosoficamente negli studii z00- logici. Esso è però adottato per molti, e noi lo conservia- mo, non senza riserba. 1 caratteri fondamentali sono: denti di forma trian- golare, a margini dentellati, a corona piena e massiccia allo interno. Osservazioni. Nella creazione attuale , dice l'Agassiz , non esiste alcuna specie del genere Carcharzas , i cui denti avessero almeno la metà di gran- dezza di quelli che provengono dallo stato fossile. Questa proposizione riman vera semprechè si prendono per termine di comparazione gli estremi ; ma quan- do si ha presente, che tra i pretesi Carc4arodon vi sono dimensioni diverse, e ehe a certe di esse giungono ed oltrepassapo ancora i denti d’ individui tuttora viventi, non si può ammettere con quello assolutismo col quale si pretende sta- (1) Da «xpxepos asper, e 6dss dens. )(En( bilirla. Noi possediamo gl’ intermascellari di un individuo del Carcharzas le- mia, i cui maggiori denti pareggiano i mediocri di quelli che si hanno nello slato fossile. Che nello stato fossile si trovino poi grandezze alle quali più non perven- gono gl’individui de’ mari attuali, è una verità che noi medesimi abbiamo forsi innanzi tutti rilevata , in moltissimi altri generi di abitanti del mare, come lo at testa Lyell. Ma ciò non è l’ espressione d’ una creazione diversa ; sibbene quella di un mutamento avvenuto nelle condizioni de’ mari che noi ben conosciamo , e che non autorizza a riguardare come diverse genle le differenti grandezze. Sarebbe altronde da ammettere , che sia scomparso il genere Mega/odon, ed apparso il Carcharzas; perocchè di quest'ultimo non vi sarebbe esempio nello stato fossile, secondo i principii de’ suddetti scrittori. Nel tempo stesso noi non sapremmo come potersi distinguere le specie, dopo aver assunto come carattere generico le poche note per le quali si è creduto se- parare il Careharodon dal Carcharias , se la voce megalodon n° esprime la più importante fra esse : il polygyrus, l’angustidens, il produetus, ec. sono semplici modificazioni d' un medesimo apparato dentario , o d’ individui diversi. Lo stesso Agassiz considerò sempre come semplici specie gli esemplari gi- ganteschi del genere Careharzas , dando loro l'appellativo ora di m2@9@/0don , ora di macrodon, ed anche di grosseserratus. Piacquegli indi adottare il pen- siere dello Smith, e l'aggettivo 22egalodon prese il posto di sostantivo , come dalla sinonimia risulta. Vedi |. c. pag. 245. Nella diagnosi specifica si considera poi il m2ega/odon come equilaterale : e questo deriva appunto dall’ essersi scelli e considerali i maggiori esemplari , che sono precisamente i mediani anleriori, e quindi più dritti; mentre i late- rali divengono scaleni tanto più per quanto maggiormente si accostano agli estremi. Verità che non è sfoggita allo stesso lodatissimo autore; ma che ha poco tenuta presente nel valatare le differenze specifiche ; il che avremo occasione sovente di rammentare. CARCHARODON MEGALODON, Ag. May TX, flor Figura triangolare, quasi equilatera ne’ maggiori in- dividui, e scalena più o meno negli altri; con l’ uno e l’altro margine leggermente dilatato, ed uniformemente den- tellato; lo smalto ricopre appena la radice sul termine * Y 118 )( suo; questa è tagliata quasi ad angolo retto dalla faccia interna, essendo semplicemente concava dalla faccia ester- na (1). La spessezza del dente è considerevole e propor- zionata alle altre sue dimensioni; la faccia interna è tu- mida; la esterna è piatta, ed in alcuni esemplari anche un poco concava (2). La radice è mollo grossa, e costi- tuisce essa sola più che un terzo della intera lunghezza del dente. In quanto alle dimensioni esse variano, anche rife- nendo, che gli esemplari minori apparlengano a genere ed a specie diversa, come si pretende (3). ‘ (1) L'uno e l’altro di questi due ul- timi caratteri non è rigorosamente vero. Fra i molti esemplari della nostra colle- zione si trovano spesso di quelli in cui il taglio dello smalto fa un angolo ottuso dalla faccia interna ; com’ è quello che abbiamo rappresentato nella nostra tavo- la IX; e dalla esterna è rettilineo. (2) Non mancano esempli ne’ quali, re- stando veri tutti gli altri caratteri, que- sta faccia sia sensibilmente convessa, con un risalto longitudinale nel mezzo, più sensibile , e più lungo di quello che d’or- dinario vi si trova, spezialimente presso la base. (3) I maggiori denti che noi possedia- mo di carcharodon hanno la dimensione di altezza pol. 3; 2; 6— pol. 3; 0, 3. larghez. compresa la radice pol. 4,0, 0— Tn altri pol. 3, 1, 6— pol. 3, 0, 0. Dalle quali.proporzioni apparisce, che ove crescono in larghezza relativa , sminul- scono nell’ altezza, e viceversa. Perchè si possa aver facilmente un ter- mine di comparazione tra i denti di Car- ahiavodon e quelli.de' Carcharias tu!tora viventi nel nostro Mediterraneo, ponia- mo quì la descrizione di un arco pala- tino di un individuo di quest’ ultimo ge- nere, pescato nel Faro di Messina nel 1826. Nello stomaco suo furono trovati gli avanzi indigeriti degli abiti di un uomo che aveva ingoiato per intero ; cioè gli stivali, la giubba, il calzone ; ed altri malconci residui di vestimenti; in una delle tasche si trovò un taccuino con lettere di cambio bancali ec. L’ arco intero è di due piedi, pari a palini. napoletani 27 ; e la sottesa sua è di piedi 1, 4,0. In ciascuna branca si contano 12° denti ; e di essi 4 Serie © quindi 48 denti;.e però in tulto l’arco in- sieme 96, Di questi i due primi anteriori di cia- scun lato hanno figura di un triangolo isoscele , la cui altezza è di pol. 1,3, 0; e la base pol. 1, 1,10, calcolando la so- la parte scoperta e smaltata. Succede a , mi- questi un dente di uguale base, ma % nore in altezza , e col lato posteriore un poco più lungo dell’ anteriore , e quin- di.inclinato verso.’ anterior parte. I due che seguono sono alquanto men alti dei due primi , restando la base ugualè ,.ed 119 X Carcharodon megalodon, Ag.MI, p. 247. Tab. 29, f. 2-3. Tab. 28, fig. tolte. Carcharias megalodon, Ag. in Egerton Catal. macrodon , grosseserratus , Id. ibid. Id. 2024. Scilla. Vana Specolaz. Tav.III, f.1; Tav.V, f.2; Tav.VI, f.t. Glossopetre, Giovine, Cenni Geol. e Meteor. della Japig.— Milano, Cenni Geol.sulla prov.di Terra d’Otranto ec. Lingue di tuono, Leccesi. Dalla calcare tufacea di Terra d’ Otranto, ove sono frequenti : ed anche dalle basse falde della Majella presso Lama, ove è però rara. Osservazioni. L' Agassiz, citando sotto questa specie | esemplare esi- stente nel Museo di Strasbourg , la cui etichetta indica provvenire da Mal- ta, soggiunge : inclinano verso la parte interna , facen- dosi di più in più scaleni ; il quarto non- dimeno è alquanto meno alto del quinto; il sesto si abbassa arche più del quinto ; e decrescono maggiormerte il settimo e l’ot- tavo , ne' quali il lato minore ed interno diviene concavo. Indi ne succedono al- tri quattro , che immensamente sminui- scono in altezza ed in ampiezza di base, in guisachè il nono à poco più di % del- l'altezza de' primi due, ma la base è più che Ja meà di quella; il lato interno s' ivar- ca maggiormente, in guisa che i due penul- timi prendono la forma de’ depli diCorax, e l'ultimo è bassissimo e largo, con l’ api- ce poco acuto ; esso è alto solo una li- nea ", avendone 31 di ampiezza nella base; sempre ne' limiti della corona , 0 parte smaltata e libera. Quest'ultimo den- te porta dal lato interno sopra la base, tn’ appendice a foggia di squama o den- tello crestiforme. La-faccia-esterna nei principii anter'ori è leggermente convessa , alquanto conca- va nel mezzo e presso la base , con mol- te increspature o pieghe assai corte, ed una linea media e longitudinale elevata, ma poco sensibile: dall’ ottavo in poi la superficie diviene mano mano più elevata o convessa , le pieghe della base e Ja li- nea elevata media si vanno scancellando, e spariscono del tutto nell’ ultimo. La fac- cia interna è convessa, maggiormente nel terzo dente degli anteriori, in ragione del- la sua brevità ; e negli ultimi piccoli Ja convessità interna poco differisce da quel- la della faccia esterna. I margini latera- li sono un poco dilatati, assottigliati, mi- .nutamente ed uniformemente dentellati o intaccati. La parte radicale è più che 7 dell’ al- tezza della corona. Dobbiamo allo zelo ed amicizia del sig. D.Pietro Greco, Segretario perpetuo della Soc.Econ. dì Reggio, lo aver raccolto que- sto brano, di cui ci ha fatto pur deno:- 120 )( » Io aggiango poche fiate tali indicazioni di giacitara o di origine tratte d'antiche collezioni, e dubito fortemente che vi sia ne Musei di Europa un gran nomero di tali denti di Carcharzas megalodon provenienti da Malta, come sì pretende. Credo piuttosto , che tali indicazioni derivano da ciò, che lo Scilla, avendo figurato di questi nostri denti, provenienti da Malta, ma di una specie differente (rozzs7 anche ciò), sono stali in seguito generalmente indicati sotto nome di dentz maltesi, e solto quesla denominazione sì tro- vano nelle collezioni , qualunque fosse stata la loro provenienza ». Siffatta dichiarazione sembra dimostrare, che l'A. non conoscesse quanlo abbondevoli siano tali denti nella calcare mallese, identica a quella di Terra d'O:ranto e della Peucezia, ove pore rilondano. Ove mai bisognasse, noi soli potremmo provvederne tutti i Musei di Europa. © In quanto poi alle figure dello Scilla, non sappiamo indovinare in che ripone l’Agassiz, come il Blainville, la differenza specifica tra queste ed i 2Ze- galodon da lui rappresentati come tali. Noi li troviamo perfettamcute conve- nire co’ nostri. Genere OXYRHINA , As. (1). Carattere de’ denti spettanti a questo genere è l' assoluta mancanza di qualsivoglia risalto tubercolo o dentello laterale alla base della co- rona; margini lisci ed affilati, molto stiacciati; figura triangolare come quella de’ Carcharias e Carcharodon , ma sempre più svelta, con base meno dilatata e meno grossa. Osservazione. L' Agassiz riferisce a 14 distinte specie le forme di denti di tal genere trovati fossili , e da lui conosciuti ; cioè Ov. paradora, Mantelli, Zippei, hastalis, wiphodon, trigonodon, plicatilis, retroflera, quadrans, leptodon, Desorî, crassa, subinfleva, minuta. La prima di tali specie rilega egli al Giura, la 2.e 3 alla formazione cretacea, e le restanti undici ai terreni terziari. Noi troviamo in un raccolti denti di tal genere riferibili alla Zepto dor alla Desorii, alla Zippetî, alla Xiphodon ed alla plicatelis; ma non siamo però convinti esser tulte specie distiote. Perocchè, i mutamenti ai quali vanno sog- getti i denti degli Sgua/idi sono molto svariati; e diversi pure sogliono esser quelli delle mandibole da quelli degl’ intermascellari , o meglio palatini. Non volendo quì rimescolare le discussioni scientifiche con la storia degli avanzi organici che si trovano ne’ terreni del regno di Napoli, le riserbiamo per i rispettivi generi della Fauna recente. (1) Da déis acutus, ed fiw-fwis nasus. (121 )( I. OXYRHINA LEPTODON, Ag. Tav. IX, fig. 11, ad. Riferiamo a questa specie con tal nome descritta e rappresentata dall’ Agassiz gl individui che troviamo , me- glio che farne una specie distinta, potendosi anche acco- stare alla p/icatilis, come forsi la giudicherebbe il Sis- monda. Essa occupa un posto medio fra l’ hastalis e la Desorti, e lo stesso sopralodato A. non vide dapprima che una varietà dell’ Zastalis di età diversa ; né le ragioni che poscia lo dissuasero dal primilivo giudizio ci sembrano di tanto valore da convenire con esso lui nel secondo. Del resto noi ci limitiamo all accostarla soltanto. Oxyrhina leptodon , Agas. II, p. 282; Tab. 34, f.1 ela. ((Ox.hastalis): Tab. 37, f.09-5. 2. OXYRHINA ZIPPEI, Ag. Tav. XT, fig. 8 e 19. Costante carattere de’ denti di questa specie è lo aver la corona molto appianata, co’ margini laterali affilati e quasi taglienti; la faccia esterna ora più ora meno con- vessa nel mezzo deprimendosi ne’ lati, onde meglio spicca il taglio marginale, che sembra rilevarsi da questa faccia; la interna più gibbosa, discende ugualmente e gradatamente d'ambo i lati, dilatandosi nella base, ove lo smalto si termina in una leggiera curva, talvolta un poco flessuosa, tal’ altra rilevandosi negli estremi. La radice estubera ugual- mente da ogni lato, e si restringe gradatamente per ter- minarsi tondeggiante, senza veruna intaccatura © smargi- (220) natura. In tutti gli esemplari la corona è di color bianco di corno, con una zona bianco-rossiccia presso la base. Oryrhina Zippei, Ag.II, p. 234, Tab. 36 f.48-do. Possediamo di questa specie meglio che 20 esemplari di grandezza diversa , il maggiore de’ quali ha lin. 5 % di altezza. Tutti provengono da un medesimo luogo, dalla calcare tufacea di Cerisano. Abbiamo qualche esemplare in cui, distrutta la dentina, è rimasta la corona con lo smalto intero e vòto. La figura 6 della Tav. II, Oxyrhina isocelia, Sism., conviene con alcuni de’ nostri esemplari i più dritti. 9. OXYRHINA xIPHODON, Ag. Tav. IX, fig. 9 4,0. Distinguonsi come specie i denti di tal fatta, ch’ es- sendo molto inclinati verso un lato, hanno la faccia esterna quasi piana, con leggiera solcatura presso i margini; la faccia interna convessa ma non molto elevata, e nella base dello smalto offre una depressione considerevole, ciò che la fa distinguere dall’hastalis. Il Sismonda vi aggiunge che anche la radice sia assai stiacciata, ed appena appena oltrepassante il livello della base della corona; lo smalto pochissimo intaccato d’ ambo le facce ; ed i limiti suoi nella base corrono paralleli a quello della radice. Oxyrhina xiphodon, Ag.IMI, p.278; Tab.33, f.11-14. E. Sismon. p. 42; Tab. II, f. dr e 52. Trovasi questa specie nel gesso de’ contorni di Pari- gi, in Castelnau presso Dax, nell'Isola di Malta, ed in varii Musei; Sismonda la trova nelle argille mioceniche 123 del colle di Torino; noi la troviamo nella calcare tufacea tenera di Lecce. OXYRHINA BASTALIS , Ag. Tav. IX, fig. 10 e 13 abc. La maggior parte de’ denti di questa specie sono dritti; coll’apice solo piegato alquanto al di fuori. Si distingue principalmente per la uniforme convessità della faccia inter- na, la quale dalla base all'apice non offre alcuna depres- sione; mentre nella xphodon si trova uno stiacciamento considerevole. La base dello smalto è leggermente smargi- nata. La faccia esterna è piatta, ma sopra i margini v è un leggiero solco che scorre ad essi parallelo, fino ai” 0 % della lunghezza; nel mezzo è al contrario leggermente tumi- da, con una piccola depressione presso la base dello smalto. Il nostro esemplare più corrisponde a quello effigiato dal- lAgassiz sotto il n. 10; ma nondimeno è più dritlo, più tumido, e co’ lati più incurvati verso l'apice, sicchè prende un’ aspetto più oltuso. Oxyrhina hastalis, Ag. IMI, p. 217; Tab. 34, figure tutte, meno quelle segnale dai num. 1,2 e 14. E. Sism. pag. 40; Tab. I, f. 41-47. Possediamo di questa specie due soli esemplari prove- nienti dalla calcare di Lecce. 16 (124 Genere LAMNA, Cuv. (Lamna, Odontaspîs, e Sphenodus , Ag.) I Lamna, quali si considerano dall’ Agassiz, oltre la forma piramidale del rostro, hanno la mandibola ed i palatini armati di denti conici, molto svelti, angusti, ed appiattiti dalla faccia esterna ; alla base della corona sono innoltre querniti di uno 0 due dentelli più o meno acuti, di cui talvolta mancano affatto. Dalle sopra indicate diverse condizioni son sorti i generi Zamna p. detto, Odontaspîs, e Sphenodus, nelle mani dell’ Agassiz. Gli Odontaspîs hanno la corona più cilindrica, più ritorla, armata di den- telli laterali nella base, e questi più lunghi e più acuti, al numero di uno , due od anche tre. Gli sphezodus sono di un genere ancor dubbio e senza caratteri positivi. I rimanenti son Zamna. Ma lo stesso Agassiz, a vista dell’imbarazzo che provasi allorchè sì deb- bono determinare denti che provengono dallo stato fossile, quando sono essi per lo più incompleti, e spezialmente mancanti delle parti appendicolari , ritiene il primitivo nome generico Zamze , e fa subentrare i due altri, secondochè pro- babilità maggiori lo conducono ad intravedere l’ uno o l’ altro nelle forme den- tarie che gli sono state per le mani. Noi terremo dietro alle tracce di lui , rile- vandone i dubbii sempre che cì si presenteranno. 1. LAMNA DUBIA, Ag. Tav. IX, fig. 16. Denti molto svelti, ripiegati poco presso come nella con- fortidens, con ambe le facce convesse, la interna delle quali un poco più della esterna soltanto ; i lati sono ritondati e lisci presso la base, e solo verso il terzo di loro lunghezza comincia a farsi avvertire un delicato spigolo, che nell’api- ce acquista un poco più di squisitezza, non mai uguagliando però quella della contor/idens, e meno ancora quella della Zongidens. La superficie interna offre alcune strie delicate, )( 125 )( ma incosfanti per numero e lunghezza, qualunque esser possa il valore di questo carattere. Sulla faccia esterna alla base del cono vi è una piccola depressione con un rialto nel mezzo, che nella Odontaspis ferox è sensibile nell’ an- teriore, scancellato quasi del tutto nel posteriore od interno di ciascun gruppo; quindi negli esemplari fossili se ne trovano di ambi questi modi, e con passaggi intermedii. Lo smalto dalla faccia esterna si limita quasi in linea ret- ta, dalla interna è inarcato, e si continua ne’ lati obbli- quamente. Fra i molti che ne possediamo nella nostra collezione avvene di quelli in cui gli spigoli laterali sono appena av- vertibili, e questi sempre i più lunghi, ed uguali ai mag- giori mandibolari dell’ Odontaspis feroxr vivente, avendo cioè un pollice di lunghezza la sola corona. Lungi però dallo intravedere segni di preesistenti den- ielli ai lati della base del cono, questa si mostra interis- sima ne suoi contorni, sì che ci dissuade dal riferire tali denti agli Qdontaspis. Lamna (Odontaspis) dubia, Ag. II, p. 295, Tab.37 f. 24-26. € _E. Sism. p.48, Tab. II, f. 17-22. Tutti provengono da Cerisano nella Calabria citra. 2. LAMNA contorTIDENS, Ag. Tav. IX, fig. 18. Lo specifico nome di confortidens è ben proprio ad indicare la forma tortuosa dell’ S del carattere arabo, ma ‘ non è però esclusiva; chè anche i denti della Zamna un- dulata e longidens ci offrono la stessa contorsione. La = )( 126 X( specie però di cui è parola si fa distinguere per la sua faccia esterna appianata, e l’interna molto convessa, sicchè tutta la corona rappresenta un cono diviso da un piano che passa per l’asse; ambo i lati squisitamente acuti e ta- glienti dalla base fino all'apice , talvolta però il lato con- cavo è ritondato verso la base ; lo smalto si termina alla base quasi in linea retta dalla faccia esterna, molto inar- cato dalla interna, avendo pure la superficie segnata da strie più o meno numerose che scorrono parallele all’asse della corona. La radice è tuberosa, ritondata dalla faccia interna, scavata a modo di gronda dalla faccia esterna ; il suo confine con la corona è segnalo da una leggiera sca- nalatura che forma un collare ben distinto. Varia per la forma più o meno contorta, per l’ apice spesso appianato d’ambe le facce , per gli spigoli laterali ritondati verso la base, per le strie più o meno numerose ed apparenti sulla faccia interna o convessa, in fine per la sua lunghezza ed obbliquità. Lamna (Odontaspes) contortidens , Agas:IMI, p. 294, Tab. 37, £. 17-23. ——— E. Sism. Tav. II, f. 25-28. Il migliore esemplare di questa specie è quello che abbiamo rappresentato sotto il n. 18 di naturale grandezza, e proviene dalla calcare di Lecce : e questo conviene per- fettamente con l’ esemplare che l’ Agassiz rappresenta sotto il n. 19. Trovasi ben pure nel tufo di Cerisano, ove sem- bra men raro; ma gli esemplari sono meno conservati nella radice. X 127 X( 3. LAMNA RAPHIODON, Àg. Tav. IX, fig. 28 a 5. Denti lesiniformi e di figura elegante, co’ margini taglienti, che si ravvicinano maggiormente verso il mezzo dalla faccia esterna, in guisa da offrire una specie di strangolamento più o meno notevole ; in mezzo alla faccia esterna corre uno spigolo ; la faccia interna molto convessa è segnata da solchi distinti, che ad occhio armato si ren- dono meglio visibili, e disposti talvolta a disegno , i quali verso l’ apice insensibilmente svaniscono. Il nostro esemplare ha dippiù un color roseo. Odontaspis raphiodon , Ag. III, p. 296. Zamna ra- phiodon, ejusd. Tab. 37, f. 11-16. Specie frequente nella creta di Lewes; il nostro pro- viene da Cerisano. 4. ODONTASPIS ELEGANS) Ag. Tav. IX, fig. 30. Upiformandoci al parere dei sig. Sismonda riferiamo a questa specie l’identico a quello che il prelodato autore rappresenta sotto il n. 35 della sua Tav. I. Tutti i caratteri vi corrispondono a puntino ; avendo cioè la faccia interna convessa, non però con moltissime ma con poche strie verlicali delicatissime ; la faccia esterna un poco rilevata nel mezzo, ed appianata verso la base, con un denticello laterale mediocremente lungo ed acuto; radice larga, tur- gida dalla faccia interna, profondamente intaccata alla base, dalla quale intaccatura resta divisa in due corna di- X 128 X vergenti ; base dello smalto orizzontale nella superficie ester- na, leggermente inarcata sulla interna; profilo del cono un poco ripiegato all’ apice dallo interno allo esterno. Lamna elegans, Ag. III, p. 289. Tab. 35, f£. 1-7; Tab. 27, £. 58 e 5g. — E. Sism. p. Ar. Proviene dalla calcare tufacea di Cerisano. LAMNA {SPHENODUS) LONGIDENS, Àg. Tav. IX, fig. 17 ab. Non v'ha dubbio che fra i molti denti congeneri ri- cavati dalla calcare tufacea di Cerisano alcuni hanno la fac- cia esterna appianata quasi completamente, con un solco ne’ lati che rende il margine più squisito , delicato, e ta- gliente dalla base fino all’ apice, ch'è un poco ritondato. La faccia interna è tumida in certi più in altri meno. Tutti più o meno ondeggiati. Certo è però ancora, che da questa forma così squisita si passa lentamente ad altre, che me- glio diresti appartenere al Lamna contortidens (1), e da questa all’ Oryrhina minuta (2), senza trovarvi confini. Quando se ne ha un numero copioso, come noi ne pos- sediamo, e provenienti dalla medesima località limitatis- sima, non si può non trovarsi imbarazzato nel volerlì sepa- rare specificamente. Convinti come siamo della loro muta- bilità di forma sopra un medesimo individuo , secondo che appartengono a diversi siti della mandibola e de’ palatini, noi ammettiamo la specie sulle orme battute per altri, non potendo addurre ragioni contrarie nè in sostegno di quelle. (5) Ag.l.c. p.294; Tab. 37, £.17-23. (2) Ag. l.c. p. 288; Tab. 36, £. 39-47. 129 )( Lamna (sphenodus) /ongidens, Ag. IMI, p. 298; Tab. 37, £. 24-29. Anche dalla calcare di Lecce ne abbiamo ricevuto 3 esemplari; gli altri della nostra collezione spettano a Ce- risano. In quanto al valore del genere Sphenodus , si con- sulti quel che PA. medesimo ne dice alla pag. 238. Osservazione. Un immediato e ben studiato confronto istituito tra questi denti fossili e quelli del vivente Odontaspis ferox ci dimostra la più stretta simi- glianza loro in quanto al cono o corona; ma la radice è affatto diversa ; nè i limiti dello smalto indicano punto esservi state appendici o dentelli laterali, nè la base è così dilatata, tranne taluno, che spetta ai gruppi più interni, e quindi più piccoli. Laonde non son essi da riferirsi evidentemente al genere Odontaspis. Genere MYLIOBATES, Dum. (1). Distinguonsi î denti de’ Miliobati propriamente detti da quelli degli affî- nissimi generi Zygobates e Aetobates, per gli scaglioni o piastrine dentarie mediane straordinariamente sviluppati , essendo ciascuno un quadrilungo trasversale > cinti ne’ latîù da due o tre altre serie di piastrine laterali, sempre più larghe od allungate che le me- diane , e dî figura esagonale allungata o romboidale. La diversa proporzione, numero relativo , e la differente figura delle piastrine laterali danno gli elementi della diversità delle specie. Tutte le specie di tal genere si vogliono de’ terreni terziaril. MYLIOBATES APENNINUS, Cos. Tav. VII, fig. 8 abc. Il frammento di apparato dentario evidentemente di tal genere non à veruno altro esemplare che gli simigli fra (1) Da svxias molare , e Baros raim )( 130 X le 14 specie note all’ Autore delle Recherches sour les poissons fossiles. Sventuratamente il saggio non è inte- ro, sì che non puossi stabilire una proporzione nelle dimen- sioni degli scaglioni mediani, nè determinare il numero de’ laterali di questi, nè com’ essi fra loro si comportassero. Solo è notevole che questi ultimi sono in rombo esagonale molto allungato, e molto regolari (1); e che l’ altezza degli scaglioni mediani è poco più che doppia della loro ampiezza. Nel resto non và che leggerissime modificazioni, che non danno valore al mio modo di valutare. La superficie triturante è liscia e nitida come l’ avorio; e guardata con acuta lente si vede esser tutta la sostanza come granulata, a grani irregolarmente ovali. Tutto il pezzo è nitido , e lasciaci vedere l’intima connessione delle piastrine e de’ travicelliz ma di ciò discorreremo nel proprio luogo della Fauna recente. Il pezzo proviene da Mormanno, insieme con l’appa- rato dentario del Syrodoniherium; ma ignoriamo se fosse stato tratto dalla medesima roccia, e se provenga real mente dalla stessa località. (1) Per questa medesima ragione si di- le differenze nelle loro dimensioni. 7 parte dal 37. argustidens E. Sism.3 oltre )eaon)( Genere CHEIROLEPIS?, Ag. Tav. VII, fis. 1. La tante fiate citata calcare tufacea a grana fina e te- nera di Lecce schiude sovente brani o parti di pesci, ed impronte di essi; ma finora non si ebbe migliore esem- plare del Berya radians, di cui si è fatta parola nella pa- gina 5: di questa opera. La sua indole sembra disadatta alla buona conservazione di siffatti animali; onde sempre disfatti, slocati, e per fino con le parti scheletriche alte- rate e friabilissime, ne porge gl’ ittioliti ch’ essa racchiude. Quello che trovasi rappresentato nella Tav. VIT, fig. 1, è uno de’ meno disfatti, in modo da potersi ravvisare |’ in- sieme di un pesce , che diresti un Mer/ucîus, o altro affi- ne Gadino. Oltre il trovarsi in esso fuor di sito le parti, e disordinatamente , sono ancora in diverso piano; altre più superficiali, altre più profondamente incastrate ; quindi le une sgretolate, le altre ancor ricoperte, e da non potersi spogliare della sostanza lapidea che le occulta, senza di- strugger quella degli ossi stessi. Laonde la scontinuazione loro è molto sensibile. Le sole ossa cefaliche , e mascel- lari si sono mantenute meglio accozzate e ravvicinate ; tal- chè si ravvisa la forma del capo, veduta dalla parte infe- riore o dalla gola: i due archi mandibolari, stretti e lun- ghi, riuniti tra loro, nella cui sinfisi evvi un grosso pezzo osseo molto rilevato, più largo che lungo, o come fosse posto a traverso: forsi avanzo dello joide. In mezzo a que- sli gran parte degli archi branchiali e dello joide, alcune delle ossa craniee senza alcun ordine o simmetria. Succede la colonna vertebrale, ma disordinata ancor essa ed incom- dt) Y 132 X pleta, spezialmente nella parte codale. Le verlebre hanno il corpo molto ristretto, profondamente scanalato per lo lungo, e tutta la superficie ineguale. La loro lunghezza supera il diametro di ‘/; allo incirca. Le apofisi spinose sono molto robuste, ma poche ne avanzano, e solo di quelle spettanti alla parte codale. E sì pure delle pinne pettorali e ventrali si veggono alcuni raggi aggruppati. Quà e là si trovano disseminate squame minutissime, delicate, quali per lo appunto l’ Agassiz le riconosce nel suo genere Chezrolepis, d'onde abbiamo ancor noi presa la indicazione, per riporlo sotto tal genere, non però senza dubbiezza. Il primo de’ miei figli Giuseppe discuopriva questo Ittiolito, che comunicava alla Società Economica di Terra d'Otranto ; e non senza ragioni egli lo avvicinava ad al- cuni Gadi. Alcuni tratti di simiglianza ci sembra avere col Cher- rolepis Commingiae , Ag. I, pag. 301; II, Tab. 12. Ne’ contorni di Serra-Capriola sulle basse falde del Gargano, ed in altri luoghi di quel monte, in una marna stratosa, s'incontrano anche spesso Ittioliti. Un solo esem- plare però ne abbiamo veduto, che si conserva nel Museo Mineralogico della R. Univ., ma di tal fatta, che appena resta adombrata la effigie di un pesce ; non altrimenti che si vede nel Chesro/epis superiormente menzionato. Noi non abbiamo potuto ottenere frattanto da quella contrada verun pezzo fossile da sottoporre a più accurato esame. Ciò riman pure tuttora fra i nostri desiderii. H Cavolini rappresentava. due altri Itlioliti nella. se- )( 133 X conda di quelle tre tavole, delle quali si è fatta menzione nella pag. 49 di questa opera. Quello segnato dal n. 1, è il solo scheletro, le cui vertebre sono mal disegnate, e non caratteristiche. La pinna dorsale potrebbe è vero in- dicarci un /Vofagogus, se anteriormente vi fosse stata altra porzione disgiunta dalla prima; della qual cosa, non trovan- dosi alcun indizio, non è lecito giudicare. Sospettò lA. che appartenesse ad uno Sparoideo , o ad un Muggine ; ma lo stesso dilemma nel quale entrava desta la meraviglia, più che la distanza in cui si trova quella organizzazione dal- l'uno c dall’ altro. L'altro segnato n. 2 è veramente singolare, stando a quanto vien espresso dalla figura. Perocchè è desso tutto rivestito completamente e bellamente di squame, la qual cosa è rara, come ben avvertiva lo stesso Autore. Le squame hanno il margine libero ritondato e dentellato , come sembra; lungo il mezzo del corpo corre una serie rettilinea di squame simili, ma ben dalle altre distinte, che tien luogo di linea laterale. La pinna dorsale (unica, in- tera, ed uguale) scorre dalla nuca alla estrema coda, l’anale simile comincia molto innanzi ; la pinna codale è smarginata ed a lobi uguali. Abbiam cercato gli originali di tali immagini, ma in vano, chè sventuratamente le lapidi si son trovate ado- prate a ben altri usi, e quindi scancellate del tutto le impronte. È quindi fra i desiderii trovare qualche altro esempio di tali specie, ove siano state fedelmente copiate; senza di che ogni giudizio è arbitrario ed azzardato. Nella Tavola IN, lo stesso Cavolini rappresenta due Pycnodus rhombus , il primo de’ quali riferisce allo Spa- rus erythrinus e l’altro al z20rmyrus, senza veruna ana- * Y 154 )( logia. Sulla medesima lapide evvi l’ impronta scheletrica di un pesciolino, che egli riferisce al gen. Godius, e proprio vorrebbe che spettasse al G. niger. Vertebee di pesci Non è raro incontrare vertebre di pesci ne’ terreni terziarii delle Puglie; e spezialmente nella calcare tufacea a grana fina e tenera delta Zeccese. Difficile n° è però a parer mio sì la generica come la specifica determinazione. Tutto al più può dirsi della famiglia cui esse apparten- nero. Perocchè, se ne trovano certe sì grandi, che doven- dosi credere di pesci cartilaginosi, è forza riferirle a P/@ grostomi di grande taglia. Noi daremo la figura di alcune di esse nella seconda parte di questa opera, cercando rav- vicinarne la diagnosi a generi noti e tutt'ora viventi. Da Bagnoli, nella roccia appennina, a 20 palmi di profondità, abbiamo oltenuto varie vertebre di grandezza e forma diversa, ed anche diversamente lapidefalte o in- zuppate di sostanza lapidea. A gigantesco notante spelta pure un pezzo di verie- bra completamente petrificata, e cavata dalla calcare giu- rassica di Pietraroja; quella stessa che racchiude gl’ittioliti, di cui si è parlato. Un tal pezzo consiste in un segmento; ehe poco manca per la metà del corpo cilindrico vertebrale. Il suo diametro è di pollici 4,, 6,0; e l’altezza pollici 2,,1,,6. Le sue due facce sono quasi piane, cen un risalto )( 135 Y periferico largo un pollice, convesso , concentricamente striato; e di minori rilievi è pure ornato fino al centro il piano da questo racchiuso. La superficie è liscia. Non tro- viamo segno di apofisi, sia irasversali, sia verticale. Le sue analogie sono quindi con le vertebre de’ Selacini. Ma l’attuale generazione non porge esempio di pesce così gigantesco. L’Agassiz rappresenta una vertebra ancor gigantesca, che definisce del genere Lana (Vol. III, Tav. 4o"f.12 a 23); quella segnata al n. g è molto simile alla nostra già de- scritta. Essa non à che poll. 3,,9,,6 di diametro, e poll. 1,,6,,0 di altezza. Un'altra minore ne rappresenta nella Tav. 40° f. 10 che, insieme a 12 altre più piccole dice semplicemente di Squalo. Otofiti Spesso avvien pure, che ne’ terreni di alluvione cd in altri depositi abbandonati dal mare, in mezzo ai resti di animali marini, s' incontrino alcuni corpicciuoli, della cui natura ed origine ignoriamo se altri si fosse avveduto. Ri- cercando i politalamii ed i foraminiferi microscopici de’ no- stri terreni, portammo ancor l’attenzione sopra di essi; ce riconoscendoli per gli otoliti od ossetti timpanici de’ pe- sci, ne facemmo il soggetto d’ una Memoria, che fu pre- sentata alla R. Accademia delle scienze fin dal 1837 (1). (1) Vedi, Atti della R. Accad. delle Scienze di Napoli. Vol. V, pag. 121. )( 136 )( Fin d'allora potemmo riconoscerne due aventi gli ana- loghi nelle razze attuali ; uno ne’ generi So/ea e Lothus, e l’altro nel genere Ophidium. Continuando lo studio com- parativo di tali resti organici, siamo pervenuti a risulta- menti di tal mole, che entrar più non possono nel pre- sente lavoro ; e ci è d’ uopo rilegarli a tempi diversi. No- teremo quì solo, che là dove per lo innanzi non n'erano caduti sotto i nostri occhi che di specie piccolissime, recen- temente ne abbiamo scoperto uno, che supera quello di un grosso Merluccio , al quale pur si avvicina per forma: esso proviene dal deposito conchiglifero di Cannitello , nella Calabria estrema. Vediamo pur con piacere , che l’ egregio E. Sismonda à fatto anch’ esso entrare a parte de’ pesci fossili del tori- nese i loro otoliti, lasciandone intatta però la diagnosi ge- nerica così come specifica (1). Rimettendoci dunque per ora a quel saggio, che tro- vasi inserito negli Atti della R. Accademia delle Scienze di Napoli, faremo entrare nella seconda parte della Paleontolo- gia quanto altro sì potrà dire su questo argomento, il quale richiede indispensabilmente il lavoro preliminare della esatta conoscenza di quegli speltanti a specie viventi; senza di che riesce vano ogni sforzo per raggiungere la diagnosi speci- fica, od almeno generica; nè la semplice descrizione e rap- presentazione degli otoliti fossili può condurre ad altro, meno che a riconoscere la presenza di notanti nel terreno d’ onde quelli si trassero. (1) Vedi, Descrizione de’ Pesci e dei Accad.delle Scienze di Torino , Sez, II, Crostacei fossili nel Piemonte, del Dott. T.X, p. i. 1846. E. Sismonda, = Nelle Memorie della R. a 137 )( NOTA Helodus. = L’ Algeria, e proprio i contorni di Stao- veli, porgono i medesimi denti fossili che noi abbiamo ri- feriti al genere Ze/odus, Ag., associati anch’ essi con identi- che specie di Sphaerodus del medesimo autore. Gli uni sono perfettamente simili a quelli da noi effigiati nella Tav. I, fig. 5 a 10, e gli altri nella Tav. IX, fig. 20 a 28. Questi denti si trovano racchiusi in una calcare ma- dreporica subappenina. Il sig. Valenciennes, che ce ne ha dato la descri- zione e la figura, avvicinandoli parimenti a specie della famiglia de’ Sarghi, riferisce gl incisivi 1-5 al Sargo pro- priamente detto, di cui propone farsene 3 specie distinte: gli altri molari, quei de’ numeri 9-14, genericamente a Sar- g0; e quei de n. 6,7,8 alla Chrysophrys Arsenaritana , specie proposta da lui. Ricorderemo quì ancor di passaggio, che di simili denti trovava pure il Soldani presso S. Qurzco , come ri- cavasi da quel che ne scrisse nel suo Saggio orittolo- gico, ec. $. CLXXxI. Siccome le forme, il numero, ed i fatti da noi rac- colti guidano a giudizio un poco diverso; ed essendoci proposti di raccogliere documenti più decisivi per basare la discussione intorno alla spettanza di tali denti fossili ; così ci riserbiamo: di rivenir di proposito su questo argomento: il che sarà fatto nella seconda parte di questo lavoro. Per ora è interessante conoscere la identicità di tali fossili, per quel che riguarda i rapporti geognostici della Toscana e la Calabria con le coste di Affrica. )( 138 Y CAPITOLO 1IV. Crostacei Sebbene la classe de’ Crostacei non offrisse appo noi copia di esempii nello stato fossile, ed i pochi finora di- scoperti riducansi sempre a frammenti (1); uno nondimeno di recente scoperto dal maggiore de’ miei figli, Giuseppe , è di un grande inferesse per la Zoologia non meno che per la Paleontologia. Egli è perciò, che dopo aver falto un rapido cenno delle località in cui trovansi resti di cro- stacei, e di taluno di cui si può con fondamento ravvisare almeno il genere al quale apparliene; ci occuperemo a de- scrivere minutamente quest’ ultimo , che si è accompagnato con opportune sue immagini. La calcare del promontorio Ateneo, oggi Punta della Campanella, ugualmente che di quello di Capri (2), porta so- vente frammenti più o meno ben riconoscibili di crostacez, mescolati ed impastati con zoofil# di ordine e di generi diversi. Essi sono completamente lapidefatti, e sì stretta- mente immedesimati alla roccia, che riesce impossibile isolarne un solo. Cavolini rappresentò un gruppo di co- testi zoofiti impietriti nella Tav. I, fig. 1 della citata Let (1) Vedi quel che fu detto nel com- pendio della Paleontologia del regno in- serito negli Atti del ZII Congresso , Parte I. (2) Si pretende, nè senza potenti ra- gioni, che l'Isola di Capri fosse stata in origine congiunta al continente per la punta della Campanella. Tanto su questa che sulla così detta punta dell’ Impera- dore in Capri, la roccia è la stessa, e racchiude identici corpi organici lapide- fatti. X +39 X tera (v. pag. 49), che dice speltare a Vico Equense: e noi ne abbiamo figurato un altro nella Statistica di Capri. Così impastali si trovano pure in Calabria, presso Villa S. Giovanni, ma non lapidefatti, sibbene cementati da sostanza lapidea quasi fusa. Ne’ depositi conchigliferi e ne terreni di alluvione è poi più facile incontrare di tali avanzi organici, ed ecco quali: ILTA NUCLEUS. Articoli di chele e di gambe spettanti ad individui piccolissimi. Presso l’ Amato, in Calabria; non rari. PORTUNUS . . .. Passo del Gatto, presso Soriano. GALATHAEA STRICOSA. Due rostri abbiamo di questa specie identici affatto a quelli degl individui viventi, ma de’ più giganteschi ; e solo mostransi un poco più larghi in proporzione della lun- ghezza. De’ due esemplari, uno è dell’Amato, e l’altro di Cannitello, nella estremità della Calabria. In Ischia, fra le conchiglie e sabbia abbardonate dal mare, ritirandosi, s'incontrano pure rottami di gambe e scudi di crostacei, speltanti tulti a generi tuttora viventi nel nostro Mediterraneo; de’ quali ha fatto pur menzione il sig. F. Fonzeca nella descrizione geologica di quell’ Isola (1). (+) Atti dell’Accad, degli Aspir. Natur. 2.° serie, vol. I 1848. 18 }( ro ) SPHAEROMA FOVEOLATUM, Cos. Minutissimo erostaceo, non più lungo d’ una linea e mezza. I segmenti del suo torace sono tutti dall’uno e l’ al- tro lato segnati da assai profonde fossette quasi longitudi- nali regolarmente disposte, le quali raggiungono il mar- gine posteriore e non l’anteriore dell'anello : oltre le im- pressioni lineari, analoghe a quelle dello Sphaeroma ser- ratum. L'ultimo segmento addominale, molto convesso e ritondato posteriormente, à due risalti longitudinali poco bene espressi, per li quali si accosterebbe allo SpA. Zoo- keri di Leach. Trovato nel tufo conchiglifero de’ contorni della Pa- lude di S. Giorgio, presso il Piccolo mare di Taranto, fra quella immensa massa di testacei. L'individuo è compiu- tamente conservato , avendolo trovato racchiuso nel mate- riale che infarciva una bivalve. MEGALURITES NITIDUM ; Cos. Tav. X, figgra4. Diamo un tal nome ad un interessante crostaceo, sen- za premetterne alcuna generica definizione, perchè sarebbe cosa assai prematura ed azzardata. I due esemplari che ne possediamo, non sono che la porzione posteriore addomi- nale. Evidentemente però, e per fortuna, uno di essì apparliene al sesso maschile e l’altro al femmineo. Si com- pone ciascuno di 19 segmenti assai angusli, e piegati in duplice arco, sicchè nel mezzo formano essi una linea angolosa. I loro margini sono minutamente dentellati , e X i4i )( l anteriore dell’uno col posteriore dell’ altro costituiscono quasi una sutura. I primi ed anteriori segmenti sono presso che uguali tra loro in lunghezza, ma si allungano alquanto più nel- l’accostarsi alla estremità posteriore, mantenendosi i mar- gini costantemente tra loro paralleli. L’ ampiezza varia al- quanto, perchè sul mezzo restringonsi, ed i tre ultimi sono di tulti men larghi come sono più lunghi. La loro superficie è compiutamente liscia, levigatissima, e quindi splendente. Ne’ due lati ripiegano in giù, formando una spessezza, ch'è quasi la quarta parte dell’ ampiezza, e le facce sono ad angolo retto ; poscia s' inflettono per met- tersi paralleli al dorso; ma nella parte inferiore il piano ondeggia, generando due grandi risalli come cordoni, 0 tre pieghe molto profonde, una delle quali mediana cor- rispondente alla linea media dorsale. Ciascun segmento è bipartito nel mezzo, sia nella faccia dorsale, sia nella addominale ; le due metà s’inarcano d’avanti in dietro , e nel mezzo si trovano perfeltamente disgiunte , onde si genera una linea profonda che scorre longitudinalmente. La faccia anteriore, per la quale ha dovuto essere attac- cato alla porzione cefalo-toracica, ci presenta la sezione della intera spessezza, e quindi la sua figura: e per essa rilevasi come sian tutte le lamine, di cui si compone, divise in due per la linea verticale corrispondente alla longitu- dinale superiore ed inferiore. Ciascuna delle due metà è leggermente concava , sicchè nel mezzo presenta una ele- vazione , sulla quale scorre la sutura. Guardata la su- perficie con occhio armato da lente acula, vi si scorge il relicolo vascolare c della lamina interposta a quelle che costituiscono i segmenti, e che noi abbiamo rappresentata * ) 142 ingrandita nella fig. 4, ugualmente che la ramificazione de? grossi vasi, i quali hanno lasciato la loro impronta concava sulle lamine che quella racchiudono , come si veggono in 5. Si trovano innoltre due forami sull’ orlo estremo dalla parte inferiore d (f. 4e 4), de’ quali quello appartenente al destro lato è maggiore del sinistro, e corrisponde anche ad un maggiore risalto c'd' (fig.2) della faccia inferiore (1). Non sarà strano il credere che per essi scorressero gli ovidutti. De’ due esemplari che possediamo, Vuno, fig.16 2, rap- presenta un quadrilatero più largo che lungo , ristretto nel mezzo, e ritondato ne’ due lobi posteriori. L'altro, fig. 3, è posteriormente ritondato , restringendosi gradatamente ; essendo pure in tutte le sue dimensioni più piccole. Pare ch’ esso debba appartenere a sesso maschile; essendo ogni altra cosa identica al precedente. Questo abbiam mantenuto come naturalmente trovasi incastrato ad un pezzo della roc- cia, onde documentarne in ogni tempo la provvenienza. Noteremo in fine, che tali pezzi sono evidentemente i moduli interni, svestiti cioè della crosta che ricoprivali ; lo che vien dimostrato dall’ ordine inverso in cui corrono le sovrapposizioni de’ margini dentellati de’ segmenti, da die- tro in avanti cioè: siccome da un resto di copertura cro- stacea che trovasi nella faccia inferiore in @ (£. 2), la quale è squamosa, e le squame tutte striate, come veggonsi in A ingrandite. Il colore è in entrambi perfettamente lo stesso, giallo- terroso , tendente al succineo. Somma è la compattezza della sostanza, ed in apparenza silicea, un poco pellucida. L'acido solforico vi produce poca e lenta effervescenza. (1) Le figure 4 e 4 sono state rappre- posizione de' lati. sentate capovolte per serbare la natural )( 543 I Furono essi estratti dalle cave della calcare tufacea te- nera di Lecce, e dalla profondità di 30 palmi dall’attuale livello del suolo, ch'è poco elevato sul pelo del mare ; e proprio da quelle conosciute col nome di Case-vecchie, a circa 300 passi, ed al S-0. della ciltà. Osservazioni. Ricereando la elasse de’ crosiacei, sian essi viventi o fos- sili, non troviamo alcun genere cui si possa riferire il tipo del fossile de- scritto. E però crediamo di non illuderci troppo, se lo accostiamo ai 77r- lobiti. Del quale avvicinamento ben intendiamo qual meraviglia si desterà nell’ animo di coloro che pretendono aver raggiunto le leggi, con cui le razze si suecessero nella creazione , e nelle vicissitudini di questo nostro pia- neta. Ma noi siam fermi nel dire, che hen ci resta ancora a discoprire pri- ma di affermare senza eccezioni tutte coteste leggi; e già nelle poche cose discorse abbiamo avoto occasione di rilevare alcuni emendamenti di tal falta. VBA CAPITOLO VV. Cefofopodi Genere AMMONITES, Brug. Il piccol numero di specie di tal genere, che i ter- reni del regno di Napoli ci han dischiuso finora, dispensa dal rimontare alle generalità per discendere a poche, lievi e non del tutto nuove osservazioni. Sono oramai note le difficoltà che presentano queste spoglie abbandonate da una genia di viventi, che più non figura tra quelli abitanti i mari attuali. E malgrado gl’ importanti lavori di Leopoldo de Buch, di Alcide D’Orbigny, e dirò pure di quello del prof. Pictet, che sebbene speciale, ne porge un bello esem- pio da essere imitato ; pure non tutte le difficoltà si son vinie, e forsi taluna sorta n'è pure valevole ad accre- scere i dubbii, e ad aumentare le specie nominali, che giungono ormai a più che 270. Tale è fra l'altro a parer mio lo aver messa troppa importanza nelle minute modi- ficazioni de lobi e selle suturali de’ sepimenti , senza tener presenti l’età degl’individui, e tutte le altre loro condizioni. Nel regno di Napoli il terreno ad Ammoniti meglio co- nosciuto è il Gran Sasso d’Italia: e sebbene sia stala avvertita già da qualche tempo la loro presenza in quelle rocce, niuna nozione ancor si possedeva delle specie che quello racchiu- de. Dobbiamo alla solerzia e diligenza del prof. A. Amary )( 145 )( i primi saggi di Ammoniti ivi raccolti, ed un'altro nostro allievo, il sig. Manoja, ce ne ha porti di poi alcuni altri (1). Si cita pur qualche esempio di Ammonite trovato nella calcare della Majella. Avendo però sotto l occhio qualche fossile di quella montagna, che sotto tutte le apparenze di Ammonite è lungi ancora di appartenere al regno animale; fortemente dubitiamo della realtà dello asserto, con che però non intendiamo escluderne la possibilità. Nel Museo Mineralogico della R. Università degli Studii conservasi un grande Ammonite, che dicesi provenir dal Gargano, senza aversene però alcuna certezza : di esso sarà tenuto conto nella seconda parte. Ora ci limiteremo a de- scrivere e rappresentare solo tre specie, proprie al Gran Sasso d’ Italia, come si disse, e precisamente del sito detto Portella, che sta fra Corno grande e Corno piccolo. I. AMMONITES sELLIGUINUS, Al. Brong. Tav. XI, fig. 1. Am. testa sub-ovata , laevigata , sculpta; dorso rotundato; umbilico parvulo; anfracto uluimo 0,66; sepus lateraliter trilobatis. L'aumento molto maggiore che l’ultimo giro della spira va acquistando sopra il precedente, che ne resta quasi interamente occultato, fa prendere alla conchiglia la figura ovoidale in luogo di discoidale. Essa non presenta nè sol- chi, nè costole, nè alcun ripiegamento, e quando il gu- scio esisteva forsi era liscio; ora, il nocciolo già denudato (1) Siccome le tavole che accompagna» —moluogo; così son destinati essi per la no questa prima parte erano già incise, seconda parte, insieme a certi altri do- quando il sig. Manoja ci faceva pervenire cumenti di questa famiglia, ed ai fora- gli Ammoniti da lui raccolti sul medesi- miniferi microscopici, )( 146 ci lascia vedere i lobi e le selle delle suture de’ sepimenti quasi rilevati, a cagion dell’ erosione che la spoglia cal- care à sofferto (1), onde fa pompa d’una superficie arabe- scata. I giri della spira sono compressi ne’ lati, e ritondati sul dorso; l’ultimo abbraccia quasi per intero il prece- dente, sì che lascia un piccolissimo umbilico , ed occupa quasi i due terzi dello intero diametro della conchiglia , allargandosi così maggiormente in ogni senso. L’ apertura boccale non apparisce, essendo questo estremo consumato. I sepimenti sono frastagliati in 3 primarii lobi per lato, oltre gli accessori intermedi. Il lobo dorsale è molto più stretto e più corto del laterale superiore, profondamente scisso, e lateralmente triramoso, a rami semplici ; il laterale superiore più profondo del dorsale si divide in cinque rami, di cui i due basilari molto più piccoli degli altri, e più semplici, ed i tre inferiori assai ramosi ; il lobo laterale inferiore, molto minore, diviso in due branche assai disuguali e dissi- mili; primo lobo accessorio quasi tripartito ed obbliquamente discendente; secondo lobo accessorio bifurcato all’ estremità ed assai piccolo ; porzione visibile del lobo ventrale lineare semplice e prolungato a modo di stiletto. Sella dorsale lan- ceolare, semplicissima nel mezzo, ramosissima e molto al- largata ne’ lati. Ammonites Selliguinus , AI. Brong. Cuv. Osm. foss. II, p. 335, PI. VII, f. 1. Am. tatricus, Atti del VII. Congr. degli Scienz. Ital. pag. 1168. L’esemplare di cui abbiamo data la immagine è un piccolo individuo di questa specie, la quale giunge a più che cie ai terreni cretacei della Savoja , di . (1) La Bèche nel suo Manuale Geolo- Westfalia e della Polonia. gico circoscrive la esistenza di questa spe- 147 )( il triplo, ma è il meglio conservato, sì che abbiam potuto ben rilevarne l’ andamento de’ sepimenti. Non così l’ esem- plare maggiore, lungo poll. 5,,7,,0, che si conserva nel gabinetto di Storia Naturale del R. Liceo di Aquila ; e nel quale si veggono appena tracce de’ lobi e delle selle altre interrotte in parte ed altre scancellate affatto. Questo Ammonite spetta al genere Ordu/i/es di Lamk., gruppo degli Ama/iei di L. de Buch = Meserophylli, Piet. Il sig. Amary me lo porgeva col nome di Am. /alricus impostogli da L. de Buch, col qual nome trovasi menzio- nato negli Atti del VII. Congr. I. c. 2. AMMONITES BRONGNIARTIANUS, Pict. Tav. XI, fig. 2e 3. Am. testa discoilea transversim costata } costîs rotundatis , bifur- catis , ad peripheriam umbilici tuberculatis , in dorso breviter subinter- ruptis ; dorso rotundato ; ultimo anfracto 0,44; septis lateraliter qua- drilobatis. Simile del tutto a questa specie, descritta e rappresen- tata da Pictet, è l’ammonite che noi possediamo, prove- niente dalla medesima località (Portella sul Gran Sasso d’ I- talia), ed al quale è stato dato il nome d’ 22signis dal pre- lodato de Buch , come dicesi. Differisce dal Brongniartianus in ciò solo, che man- cano i tubercoli sull’ orlo interno de’ giri della spira, dai quali partono le costole rilevate e rotondate ; ma oltrachè i tubercoli sogliono scancellarsi, quando più e quando meno, in individui di una medesima specie ; in questo, come in altri ammoniti dello stesso luogo, un tal fatto può ben de- rivare dallo sdrucimento sofferto, trattandosi di nuclei , 19 148 X non di conchiglia ; nondimeno le tracce ne avanzano, ve- dendosi in quel sito le costole più elevate. Troviamo qui ancor l’ombelico scancellato, e la sostanza della conchiglia distrutta fino allo interno de’ sepimenti, sicchè i loro fra- stagliamenti si mostrano incavati. I sepimenti laterali sono quadrilobati, il laterale superiore assai più corto e più lar- go di tutti, il laterale inferiore più profondo di ogni al- iro, terminato da due branche suddivise, la esterna in tre la interna in due lobetti. L’ ultimo anfratto occupa 0,30. Ammonites Brongniartianus, Pict., Mem. de la Soc. de Phys. et d’Hist. Natur. de Genève, vol. XI, p.310, DID forato, L’esemplare rappresentato nella figura 3 differisce dal precedente soltanto nella grandezza, essendo a parer nostro un individuo più adulto ; esso è molto logorato, spezialmente nell’ombelico , e nello estremo dell’ ultimo giro di spira. 3. AMMONITES FILOSUS ) Cos. Tav. XI, fig. 4. Simile in apparenza all’Am. costellatus Leym. (1), a cui è pure uguale; ma ne differisce per la mancanza di costole intermedie ed abbreviate sulla periferia esterna, e per la presenza di una carena dorsale. Le costole sono sì delicate, che in un sol giro della spira se ne contano 48, tutte uguali e simili in forma di f; ne’ primi giri della spira di esse non vedesi traccia, nè ciò sembra dovuto a logoramento sofferto, essendo que- sta la parte più depressa o profonda del piano; pare dun- que che nella prima sua etade esser deve liscio del tutto. (1) Mem. de la Societ. Geolog. de France, vol. V, p.15; PI. XVII, f.18. )( 149 X De’ sepimenti si vede solo qualche traccia imperfetta sul margine ventrale , nel resto essendo scancellati. Ultimo anfr. 0,42. Ammonites fimbriatus, Atti del VII Congr. I. c. co- me sopra. Forsi di Sowerby ? Troviamo esser questo il luogo opportuno da porre alla conoscenza de’ cultori della Zoologia antica e recente un fossile , che forma il tipo di un ge- nere, forsi nuovo, di cui però non conosciamo la provenienza (1). È esso singolarissimo , tanto pel modo come si rivolge, alla guisa degli Asell? e degli Sferomiî, che per le sutore de’ suoi segmenti, le quali son proprie degli Ammoniti. Per quanto sappiamo, pare non essere noto ancora, o ma- lamente descritto; e quindi lo abbiamo effigiato nella tavola X, fig. 5-8, onde possa ancor esso concorrere a dimostrare, che meno strana parer debba l'organizzazione del nostro Megalurites nitidum. È da dolere che il pezzo non sia intero in ogni parte; però l’ erosioni sofferte non interrompono la totalità della immagine, nè irapporti delle soe parti, ma solo la configurazione delle selle e de’ lobi, de’ quali taluno è assai chiaro. In attenzione di chiarimenti, proponiamo provvisoriamente per esso il generico nome di Sphaeromites. (1) Questo pezzo singolare lo acqui- vanzi del Museo di Born. stammo in Vienna con parecchi altri a- )( 150 )( CAPITOLO VI. Gasteropodi Genere HELIX , Lin. UELIX OLIVETORUM, Gm. Var. carinata, Cos. Tav. XII, fig. 1. 4,5,C. H. testa orbiculato-converiuscula, umbilicata, tenui, pellucila, su- pra corneo-flavicante, subtus albida ; spira obtusissima ; anfractibus ca- rinatis , carina acuta; labro simplici, acuto. Conchiglia ritondata, leggiermente convessa, con l’apice della spira appianato ; l’ ombelico ampio quasi cilindrico sì che lascia vedere tutti i giri della spira, passando la luce a traverso del primo giro apicale che solamente lo chiude; le parieti son delicatissime e diafane; i giri della spira nel perimetro esterno acutissimi, formando una squisita carena, sotto la quale si salda il giro susseguente, onde le suture restano da quella coperte; la superficie loro è striaia; sì con- tano in tulto 7 giri di spira; il labbro è semplice ed acuto. Diam. lin. 13; due linee cioè maggiore di quello del tipo. Semifossile in Pielraroja; in un terreno ferrugineo- argilloso. Assai rara. Osservaz'one. E facile avvertire com'essa sia l'H. o/ivetorum più de- pressa; onde quella leggerissima carena che incontrasi nel tipo , spezialmente )( 151 )( ne’ giovani individui , quì si fa squisitissima, ed occolta le saldature e le ap- piana. La superficie è bellamente e squisitamente striata a traverso. Il tipo di questa specie lo abbiamo trovato fossile nel travertino de’ monti Ascolani, avendone nel nostro gabinetto un esemplare così nella roccia incastrato. Non è raro incontrare spoglie di molluschi terrestri e fluviatili, rimesco- late con quelle di abitanti del mare; spezialmente ne’ terreni di trasporto. Anche presso l' Amato, in quello immenso e ricco deposito di marine con- chiglie, abbiamo trovato in mischianza il Zymnaeus stagnalis e palustris , l'H. naticoides ec. Con ciò il terreno non muta carattere o natura , essendo la loro presenza dovuta a sopravvenienti depositi per alluvioni. Genere SCALARIA, Lmk. SCALARIA PLICOSA , Phil. Tav. XII, fig. 6. Sc. testa parvula, pyramidata , rudi; anfraciibus longitudinaliter costatis, transversîm sublilissime striatis ; costîs crassis , prope suturam explanatis ; apertura rotundata, labro ealerno varicoso. Piccola conchiglia; che si presenta con l'aspetto di un Cerizio , per l'andamento delle sue costole, le quali sono grosse , turgideltte nel mezzo, e spianate presso la sutura, ove si deprime anche il giro della spira, sicchè le costole, poste come nelle congeneri, restano tra loro disgiunte per gli estremi; essendo ancora l’ una dall’ altra sì discosta, che in ogni giro di spira se ne contano 9g so- lamente ; un maggior numero però ne ha sopra i primi od apicali suoi giri; sono innoltre finamente striati a traverso, ciò che si vede soltanto con occhio armato. L'apertura è ritondata, e sul labbro esterno porta una grossa varice. Altezza lin. 5,,6. Scalaria plicosa, Phil. Faun. Moll. Stc. p.146, Tab. XXIV, fig. 25. )( 192 )( Fossile in Calabria ultra, 1. d. Passo del gatto, tra Monteleone e Suriano ; nell’ argilla : nell’ Amato , Phil. Gevere NERINEA , Defr. (1). Nè i mari altuali, nè i terreni terziarii hanno ancora porto un esempio di conchiglie di questo genere. La cal- care secondaria compatta, ed i terreni oolitici sono i soli che racchiudono nuclei di Nerinee. Tali sono le dottrine dai geologi stabilite, e generalmente ripetute. D’ ordinario non avanza di esse che il nocciolo, e più frequentemente l’asse o colonnelta, con le pieghe più o meno ben conser- vate; ma i caratteri inerenti alla spoglia esteriore mancano affatto, o ben di rado se ne veggono tracce; laonde riesce difficile specificamente distinguerle. La calcare della Ma- jella e del Gargano ci ha esibito abbondevoli esempii di tal fatta. Forsi vi saranno altre località coeve che ne offri- ranno; ma noi non esporremo che i documenti di cui sia- mo coscienziosamente informati (2). Dalla moltiplicità degli esemplari raccolti, e che trovansi nella collezione del mio Gabinetto, scelti ne ho due soli, i più caratteristici, e che ben possono essere specificamente distinti. (1) Nome mitologico. Nerinea, ma senza indicarne la località, (2) 11 pr. Pilla anpunziava, in una sua nè distinguerne specie alcuna. Dice in- scrittura presentata al primo Congresso noltre abbondare le Nerinee siffattamente scientifico italiano (Pisa), aver trovato nel in taluni luoghi, che la roccia n'è impa- regno di Napoli cinque specie almeno di sticciata. )( 153 NERINEA ELONGATA, Cos. Tav. XII, fig. 12. Testa turrita, valde elongata, anfractibus planulatis ; columella bi-vel triplicata > labro externo intus bi-plicato ; bast canalieulata ? Conchiglia torricolata, molto allungata, di cui gli an- fratti bipartiti sono quasi appianati; la parte inferiore poco più larga della superiore, e più depressa, sovente ancora un poco incavata nel mezzo (1). Osservazione. In uno degli esemplari di questo genere trovasi la con- chiglia del tutto distrutta, restando il mollusco libero da ogni parte. Il suo mantello è lapidefatto, e gl’ interni visceri anche distrutti. Quindi si presenta il pallio bellamente piegato tre volte sull’ asse, e due sull’ esterno, sulle quali pieghe modellasi la spoglia calcare. NERINEA ELATA, Cos. Tav. XII, fig. 11. Testa conica basi elata; anfraciibus rotundatis , quorum parte in- feriori anqustiori. Conchiglia conica (2), molto dilatata alla base, co’ giri (1) Sopra un moncone di poll. 2 e 7 lin, si contano 6 anfratti; la differenza de’ diametri de’ due estremi non essendo che di 4 linee, dando la regolare pro- porzione quale ad un tronco conico, ci rende un’ altezza di pollici 6%. Sicchè, considerando come terminato lo accresci» mento di questo individuo , non avrebbe che un pollice e 2 linee nella base, sopra un’ altezza di poll. 6, il che darebbe una conchiglia molto svelta 3 d’ onde il nome di elongata. (2) Il nocciolo di questa seconda spe- cie si offre coll’ apice quasi completo: e sopra una base di lin. 6 11/,, in diame- tro, con una altezza di lin. 11 10/,2, com: prende 6 in 7 anfraîti. Dalle quali proporzioni è chiaro che la conchiglia rappresenta un cono molto di- latato nella base, ed assai ben diverso dalla precedente, anche per la forma ben ritondata degli anfratti; i quali si conser- vano interissimi, e di cui Ja metà supe- riore è più stretta della inferiore , che (154 della spira ritondati allo esterno, e suddivisi; la porzione inferiore due fiate più lunga della superiore. Avvene della e/a/a individui di doppia dimensione, ne’ quali però si conservano tutti i caratteri e le proporzioni indicate di sopra. Essi sono sempre quasi rivestiti di cristalli minutis- simi di calce carbonata in piramidi triedre acutissime. Nella medesima tavola, fig. 13, si è rappresentata la colonnetta e la cavità degli anfratti della seconda di que- ste due specie; a fine di mostrare il caso più frequente, e la disposizione delle tre pieghe caratteristiche di questo genere. Genere PYRAMIDELLA , Lmk. PYRAMIDELLA EXIGUA ; Cos. Tav. XII, fig. Da A. P. testa conico-turrita, subperforata, lacvi, alba, anfractibus pla- niusculis, ultimo rotundato ; columella uniplicata ; labro intus striato sulcato. Conchiglia quasi conica, alta lin. 3 »/.., larga lin.1 ., composta di 10 giri di spira alquanto appianati , l’ ultimo convesso assai più. Il labbro della colonnetta lascia un’ an- gusta apertura, nondimeno chiarissima ; internamente ge- guarda l’apice : mentre nella specie pre» cedente sono al contrario ; e la metà supe- riore, un poco più stretta della inferiore, è appianata, e nel mezzo vi scorre una leg- giera depressione che talvolta la fa ap- parire come triplicata. La colonnetta in ambe queste specie prolungasi in un ca- nale breve, poco più di quello del Ce- rizio Telescopio. Da alcuni piccioli spazi, ne’ quali si veggono gli avanzi della conchiglia lapi- defatta, può giudicarsi, senza errare, esser gli anfratti ritondati e levigati. }( 155 ) nera esso una piega molto elevata (1); il labbro esterno è acuto nel margine, internamente solcato, con 7 solchi ben apparenti, guardandola con occhio armato ; l'apertura è semi-ovala. Osservazione. Tulte le specie di questo genere finora conosciute appar- tengono a mari stranieri ; nè fossile si è trovata tra noi alcuna specie. Per tal ragione si è costituito il genere /zso per le specie fossili ed europee. Tattavolta le differenze tra i due generi sono tali che svaniscono facilmente sotto l'occhio analitico, quando ben s intende il valore e l° importanza delle tenui modificazioni che subiscono alcune parli di un tatto organico , e forsi le meno importanti. L’ esemplare, su cui si è fatta la descrizione, l'ho trovato in Ischia, nell’argilla tratta dalle cave di Casamicciola. Non è da confondersi col Niso eburnea di Risso; Helix terebellata Brocchi, riportata da Phi- lippi nell’ Enuz. Mollus. Ste. p. 158. La Pyramidella antiqua Hoen. , sì limita da La Béche ai terreni del gruppo carbonifero. Genere MITRA, Lamk. Il mare che attualmente bagna e circonda il regno di Napoli par che non alimenti altre specie del genere Mira oltre le sette seguenti: M. ebenus, lutescens, tricolor , columbellaria, cupressina, Aquini, e picta (2); né le terre abbandonate dalle acque medesime schiusero altre specie alle indagini iterate de’ dotti. Alle quali la Sicilia (1) Generalmente le Piramidelle hanno ciolezza della specie, essa mostrerebbe 3 pieghe nel labbro columellare , delle come vadano mano mano a mancare le quali la suprema è maggiore, le due altre pieghe minori. Nel genere Niso pel con- poco elevate. Nel nostro esemplare la pri- trario il labbro columellare suol esser sem- ma è ben grande proporzionalmente alla plice e liscio , talchè Bronn pretende do- conchiglia , le altre due o sono scancel- versi unire con la Melania Boscii e la late o sdrucite, vedendosene appena i ve- nitida per farsene un genere distinto. stigi. In ogni caso, quando anche non (2) Vedi Fauna del R. di Nap. Gen. esistesse che una sola piega, attesa la pic- JZitra. 20 )( 156 X isolare aggiungeva la %. Santangeli del Maravigna, che però credesi identica alla zona/a del Risso e dello Swa- inson , e che fossile indi rinvenne il Philippi nelle Cala- brie ed in Taranto. L'argomento non comportando che ci occupiamo di quelle tuttora viventi; ci limitiamo a descrivere le sole tre fossili di recente scoperle. I. MITRA FASCIATA, Cos. Tav. XII, fig. 2. M. testa pyramidata glabra, anfractibus parum iînflatis , suturis profundîs, ultimo anfracto subeylindrico; labro inferne divaricato ; co- lumella quadruplicata, ad basin contorta; alba, zona suturali flavo- rubra cincta. Conchiglia levigata da pertutto; i giri della spira son quasi appianati, ripiegando rapidamente su quello che pre- cede, onde la sutura risulta molto distinta; il margine dell’ ultimo anfratto, scostandosi in giù maggiormente rende l’a- pertura molto allargata alla base; la colonnetta ha tre pieghe ben distinte cd una quarta poco rilevata ; alla base il labbro columellare s' ingrossa, e forma una grande piega ritorla e rugosetta. Tutta la conchiglia è bianca, con una zona aran- ciata nel mezzo del giro della spira, che nei superiori viene in gran parte occultata dal giro seguente, restando sull’ ul- timo visibile per intero. L'apertura uguaglia la metà della intera altezza della conchiglia. Alt. pol. 2. Fossile di Lecce, nella calcare tufacea tenera detta propriamente leccese. Differisce dalla zonaa di Risso per la enorme dispa- )( 157 )( rità nella proporzione dell’ apertura sull’ altezza della spira, ch’ è ‘5 della intera altezza, e per la diversità di colorazione. MITRA STRIATULA , Broc. — Var. elongata, Cos. Tav. XII, fig. 4. M. testa fusiformi glaberrima, striis filiformibus distantibus , leviter erenulatis transverse succineta 3 columella triplicata, basi acuminata. Conchiglia molto svelta, fusiforme, longitudinalmente solcata, con solchi cinque profondi e punteggiati ne’ primi giri della spira, che indi si vanno scancellando, ed i solchi si fanno più sottili, spezialmente presso l’ anfratto inferiore. La colonnelta è triplicata. L'apertura è lunga quasi tanto quanto la spira. Alt. poll. 1,,5. Fossile dell’ Amato. Differisce dalla siriatula di Brocchi (non Lmk.), per la maggiore lunghezza dell'apertura, se la figura è esatta; per le tre pieghe ben distinte della colonnetta , che nella striatula vogliono essere 5 o 6; e per li punti infossati de solchi, che nella nostra svaniscono ne’ tre ultimi giri della spira. )( 158 )( MITRA PLICATA, Cos. Tav. XII, fig. 3. M. testa pyramidata, glabra, anfractibus plicatis în apice evilen- tioribus 5 columella quadruplicata, plicis ewertis, basi incurva , labro interne lacvissimo. Conchiglia di forma quasi piramidale, splendentissima, avendo la superficie levigatissima di un bianco nitido ; tutti i giri della spira sono ornati di pieghe grossolane ben ri- levate, assai più squisite ne’ primi giri apicali, più rare e meno rilevate nell’ ultimo; questo è un poco appianato nel mezzo, e ripiega verso lo esterno nella base ; la colonnetta ha 4 grosse pieghe molto rilevate; l'apertura è mediocre, ed è lunga assai meno che la metà della intera lunghezza. Alt. poll. 1,,3,,0. Fossile dell’ Amato. Osservazione. Simile alla plicatula di Brocchi, della quale però è più grande, le pieghe più squisite, ed, inversamente, quì sono assai meglio espresse ne’ primi giri della spira che negli ultimi, ove in quella cominciano ad apparire. Genere CERITHIUM , Lmk. CERITHIUM DISPAR, Cos. Tav. XII, fis. 8. Cer. testa turrita, anfructibus planulatis distinctis , bicostatiss costa superne tuberculosa, inferne via granulata , medio subtilissime striata; cauda brevissima haud emarginata. Conchiglia bianca splendente torricolata, appena un 5 È ) poco rigonfiata nel mezzo , composta di undici giri di spira )( 159 ben tra loro distinti, ciascuno de’ quali è terminato sopra e sotto da un rialto , il superiore de’ quali guernito di tu- bercoli allungati molto elevati, Vl inferiore similmente, ma di tubercoli più piccoli; lo spazio intercetto è leggiermente incavato, e solcato da sottilissime strie, visibili ad occhio armato ; il canaletto della colonnelta è brevissimo ed intero. Alt. lin. 9g. Fossile dell’ Amato. Osservazione. Affinissimo è questo Cerizio al turdinatus di Brocchi (Mu- rea turbinatus p. 239, n. 71. Tav. X, f. 1), dal quale dissimiglia perchè mancante della terza costola media, in luogo della quale vi corrono tre a quattro solchi finissimi ; nè la costola inferiore è guernita di granelli allungati, in vece ha essa delle mal pronunziate elevatezze , corrispondenti a quelle del rialto superiore. Però conviene avvertire che le strie mediane ingrossano a mano a mano , sicchè sull’ ultimo giro di spira la media si eleva un pochino, ed on- deggia come gli anfratti. Sembra danque che crescendo potrebbe questa stria farsi più sensibile; ma nel nostro esemplare si contano 9 anfratti, quanti ne trova ancor Brocchi ne’ suoi, quantunque poco meno che di doppia dimensione. Potrebbe danque esserne solo una semplice varietà per degradazione. Potrebbe esser pure una delle varietà del C. varzebile che Deshayes descrive fra le conchiglie fossili de’ contorni di Parigi, simigliando molto a quello della fig. 28, PI. 6r, di cui è solo molto minore. Genere MUREX, Lmk. MUREX vacinatus, De Cr. et Jan. Tav. XII, fig. 7. M. testa turrita, fusiformi, longe caudata ; anfractibus angulato- plicatis , plicis 9 in spinam canaliculatam retrofleram productis ; cauda longa gracili et recta; apertura subovata. La spira di questa conchiglia si eleva a forma di pi- ramide , ed inferiormente prolungasi altrettanto in un ca- nale drilto e delicato un poco piegato ver dentro nella sua )( 160 estremità sola; i giri della spira sono angolosi, formando un piano superiore ed un altro inferiore ugualmente incli- nati sull’ asse; i successivi accrescimenti, nove sopra ogni giro, si prolungano in una spina compressa, obbliquamente diretta in su, ed un poco inclinata ancor verso dietro ; l’a- pertura è quasi ovale, inferiormente prolungata, passando nel canale codale. Alt. lin. 16. Murex vaginatus, Phil.I, p.211, Tab. XI, f.27. — II Spag Sean. De Crist. et Jan. n. 27, d. spec. Murex carinatus , Bivon. p. 27, tav. 3, f. 12. Murex calcar, Scac. Notiz. p.A1, T. I, f. 16. Fusus echinatus, Kien. T. 2, f. 2. Fossile dell’ Amato ; reperibile anche in Sicilia presso Messina. MUREX ASPERRIMUS, Cos. Tav. XII, fig. ge ro. Testa sub-conica inferne ventricosa, octofariam varicosa, varicibus frondiculato-aculeatis 3 anfractibus supra planulatis ; cauda brevissima; apertura ovali. Piccola conchiglia, elegantemente ornata di g varici, sopra le quali si generano tre a quattro pieghe, che si pro- lungano a modo di foglioline piegate, e come embriciate tra loro, lasciando tra la superiore e la sutura uno spazio quasi piano ; inferiormente prodotta in una brevissima coda, alquanto rivolta allo esterno. Alt. lin. 5,,5. Fossile in Ischia 1. d. Casamiccia, nell’ argilla; ed in Taranto presso la Palude di S. Giorgio. Simiglia esso molto al M. seaber , di cui potrebbe credersi un piccolo; ma sì distingue non solo per la forma, ma anche per la brevità della coda, per gli anfratti appianati superiormente, e per gli aculei acutissimi , ne’ quali si convertono le pieghe degli accrescimenti successivi sopra le varici. 161 ) Genere BULLA , Lin. La calcare della Majella in Valle d’ Orfenda racchiude frequentemente nuclei di questo genere di gasteropedi, in- sieme ad altri evidentemente spellanti ai generi /olu/a , Conus, e Trochus; i quali, distrutta la conchiglia , re- stano racchiusi ma isolati nella roccia. Difficile, ed arbi- trario sarebbe il volerne definire le specie e battezzarle. Nonpertanto la 8u/a ampulla lasciasi sovente distinguere con minore incertezza. Una ne abbiamo trovata in Civita-Campomarano di straordinaria grandezza, sicchè può ben dirsi giganlea. Essa per lo meno esser dovea lunga due pollici e mezzo ; perciocchè il nocciolo, monco come si trova nel- ultimo giro della spira, è lungo poll. 2,,0,,6; alla quale lunghezza è d’aggiungere la spessezza della conchiglia e la parte mancante dell’ animale impietrito (1). Altronde la forma di tal nocciolo tende assai alla cilindracea,, quindi lontana dalla Zgnarza, assomigliandosi a quella della s/74- ta, che attualmente non oltrepassa 15 linee. La cavità abbandonata dal mollusco distrulto è stata quivi sostituita dalla sostanza lapidea, e presenta una spes- sezza di lin. 4,,3; lo spazio interposto ai giri, e che ap- partiene al guscio, è rimpiazzato da quarzo cristallizzato. (1) Fra le specie viventi del genere Bu/- che; se il nocciolo di cui discorriamo la, quella che giunge a maggiore gran- dezza è la ligraria, la quale al massimo tocca pollici 2 e 7 linee di lungo , il che però è raro. Ma in questa specie la con- chiglia à i suoi giri assai larghi; in guisa si volesse riferire a questa specie, la sua conchiglia esser dovria almeno di 5 pol- lici. Di fatto, in spoglie di poll. 2,,5,,0, l’animale contratto ne’ suoi primi anfratti non giunge alla metà. )( 162 )( CAPITOLO VIb Ueofali. Gewere ANOMIA, L. ANOMIA SULCATA ? Way. XIII, figa. A. testa oblonga, subarcuata, umbonibus rotundatis tumtdulis, mar- gme postico denticulato longitudinaliter sulcata, sulcis mediocrizus obscure crenatis. Descrisse con tal nome l'illustre Poli una specie vi- vente, alla quale il Brocchi riferì con esitanza una valvola superiore , che fossile trovava nelle crete senesi. I dubbi ch'egli medesimo elevava intorno a tale convenienza, ed intorno alle affinità sue con la undata e patelliformis sa- remmo al caso di elevar ancor noi per quella che abbia- mo fra le mani. Ma rimettendo i lettori alle opere citate quì appresso, perchè possano fare a lor modo giudizio di tali convenienze , noi daremo quì la descrizione della nostra conchiglia. Essa ha forma diremmo di una modiola , un poco in- arcata, con la nalica tumida e rifondata , sulla quale l’ a- pice piccolo e spianato ripiega in spira contrariamente alla incurvalura della conchiglia ; al di là di esso cominciano a parlire 16 pieghe ben distinte, regolari , le quali seguo- no la curva della valvola ; esse lasciano ne’ solchi i vesligi )( 163 ) degli accrescimenti successivi segnali da risalti squamosi , di cui presso il margine se ne veggono due assai ben di- slinti, poichè ripiega esso rapidamente, e si arresta, for- mandovi altrettanti dentelli ritondati in punta quanti sono i raggi medesimi; sul resto essi sono lisci. Allo interno la superficie è levigata, vedendosi appena le tracce delle pieghe longitudinali, che restano bene espresse solamente presso il margine estremo : all’apice corrisponde il fossetto, ove sì attacca il ligamento ; e sul margine s' ingenera una piega ed un risalto a modo di dente, come suol avvenire in qualche individuo della 4. electrica. La conchiglia è solida, poco trasparente, di color bruno e cornco. Fossile in Monteleone, l. d. la Perrera. Osservazione. Differisce questa nostra Anomia da quella descritta e rap- presentata da Brocchi ( Conch. Subapp. p. 265 n. g. Tav. X, fig. 12) per la forma più allungata ed incurvata , e pel minor numero de’ risalti ; diffe- renze poco valutabili in questo genere di bivalvi. Conviene con la paselliformis (Linn. Act. Ups. 1. p. 43. Tav. V, f.3, n. 6, 7) solo per l'apice, che trovasi discosto dal margine sensibilmente , e per le strie trasversali membranacee ; sconvenendo solo per la irregolarità de’ solchi ; ancor esso carattere di niuna importanza in siffatte conchiglie. Riteniamo noi dunque, che la su/cate di Brocchi e la paselliformis del Linneo siano la medesima cosa. In quanto all’4. su/caze di Poli è da ritenersi, ch essa non è punto specie distinta , ma una di quelle tante modificazioni che prendono la stessa mergaritacea , la pectiniformis , e l' aspera Phil. Poche sono le specie di tal genere , che fra le viventi si possono con precisione determinare ; ma tra quelle che si dissepelliscono sono pochissime. Vi sono delle località così abbondevoli, che sembra il terreno di sole @720722e gremito. Tale abbiamo trovato un sito presso il ponte di Potenza, ove con ostriche rammassata sì trova |’ An. Ephipprum ; che però è così crassa, che per la suna sostanza margaritacea può facilmente ingannare un occhio poco e- sperto. Dall’ Amato abbiamo tratto ancora di questa specie certi individui gi- ganteschi, d’ intorno a 2 pollici e mezzo di diametro. Le marne di ‘Tl'aranto e di Lecce abbondano dell’ Anomza squama, che prende tante svariale for- 21 )( 6A )( me, da non poterne avere due soli individui simili. La squamula altronde , se è pur distinla specie , frequectissima si trova nell’Amato, nella Perrera di Monteleone , Canpitello , ec. Gexere MYTILUS, Lamk. Notava già il Brocchi esser questo genere povero di spe- cie fossili; notandone 4 soltanto, due delle quali spettanti propriamente al gen. Modzola. Il Philippi ne raddoppiava perfettamente il numero , sì dell'uno che dell’ altro genere. Ciò malgrado un’altra specie noi ne aggiungiamo al gen. Mitilo: e però possiam ripetere anche quì la necessità di attendere a ricercare, e discoprire, prima di por mano a stabilir leggi, le quali premature spingono necessaria- mente all’ errore. MYTILUS INFLATUS, Cos. Tav. XIII, fig. 5 ade. M. testa oblongo-cordata , valde inflata ; umbonibus tumi lissimis ; superficie eterna concentrice abunde strîata, interna laevi margaritacea. La figura di questo Mililo molto si accosta a quella del JM. unguiculalus; ma i caralteri che ne la separano sono molto rilevanti. Le due valvole sono patentemente dis- simili, essendo la destra sensibilmente più gibbosa nella prossimità della natica, e la sinistra più elevata verso i due terzi della sua lunghezza: ed anche nel piano di po- sizione disconvengono, essendo obbliquamente accoppiate. Il lato ventrale è appianato ; e gli apici delle natiche, ben pronunziati ed un poco spirali, vi si elevano patentemente. I margini sono molto disgiunti nel mezzo , e quindi la )( 165 )( conchiglia rimane quivi sbadigliante assai più di quello che osservasi nelle Iodiole. Il lato dorsale è inarcato e quasi gibboso. Il margine posteriore è rifondato, ed i lati sono dilatati, quasi che volessero farvi un’ angolosità. Sulla parte posteriore delle natiche, oppostamente agli apici spirali, si eleva una punta molto sensibile, che dimostra esservi, nello interno della conchiglia, una fossetta profonda. La superficie è trasversalmente rugosa, e le rughe disuguali, ma molto profonde. La sostanza interna, di cui avanza uno strato attaccato al nucleo, è margaritacea. Lunghezza poll. 2; larghezza maggiore pol. 1,,9,,10. Osservazioni. Dobbiamo la conoscenza di questa rara conchiglia alla gen- tilezza del sig. marchese Taccone da Monteleone, il quale la discopriva in quelli dintorni in un terreno marnoso , ed a piccola profondità dal suolo. La conchiglia è calcinata, ed in massima parte distratta , restando solo lo strato interno attaccato al nocciolo , ch’ è argillaceo , e molto friabile. Analogo a questo Mitilo troviamo un’ altro in Caramanico, alle falde della Majella ; il quale sembra scostarsene alquanto per la forma degli umboni assai meno tumidi, che per altro non sono visibili interamente, trovandosi la conchi- glia immersa per metà nella roccia, che la racchiude. Altro ne abbiamo ricevuto dalla Sicilia, che molto pure simiglia ai pre- cedenti ; ma ne ignoriamo la località , essendoci stato porto da mano imperila. Gexere CHAMA, Lamk. cHAMA RUDIS, Cos. Tav. XIII, fig. 10, ade. Trovammo insieme alla /pAigenia una sinistra valvola di Chama affinissima alla gryphoides, dalla quale per poco si lascia dislinguere ; anzi, paragonata con certi individui della vivente specie, facilmente con essi si confonderebbe. * )( 166 X E però à questa l’umbone bellamente ripiegato in spira sul lato anteriore, e poco meno tumido di quello della mento- vata [phigenia; gli accrescimenti successivi sono ben di- stinti, ed i loro intervalli squisitamente e profondamente striati per lo lungo ; gli ultimi però si fanno squamosi ed a larghe ed ineguali pieghe : allo interno il margine è den- tellato, ed il lato anteriore è disgiunto dall’ umbone ; la superficie è tutta ugualmente ruvida e malta. Lunghezza e larghezza lin. d,,10 ; — altezza lin.2,,9. Trovansi nel medesimo deposito di spoglie testacee an- cor le seguenti specie del medesimo genere. Chama dissimilis, Phil. Chama lamellosa, Cos. Chama gryphoides. Chama plicata , Cos. Delle quali diremo ne’ successivi quaderni e monografie. Gexere CORBULA, Brug. CORBULA SPINOSA, Cos. Tav. XIII, fig. 768, ad. C. testa ovata transversa, valva majore turgila, minore obscure pl'cata > utraque striîs longitudinalibus spinulosis rad atim exarata. Venlitre serie di spinuzze si contano presso gli umboni; ma a misura che cresce la conchiglia le linee spinose di- varicano, ed in mezzo a loro si genera un’altra serie ; quindi il numero si và moltiplicando successivamente per modo che in fine se ne contano go di diversa grandezza, alternanti le maggiori con le minori di secondo e terzo or- dine: allo interno il margine è largamente crenalo per de’ (oz soltilissimi ma lunghi solchi visibili ad occhio armato, e la superficie è margaritacea. Il dente cardinale della val- vola inferiore è assai grosso, ascendente e sporgente ob- bliquamente allo esterno; nella valvola superiore vi corris- ponde la fossetta, e di lato a questa un dente compresso quasi laminare. La conchiglia è spessa; e lo strato este- riore spinoso e ruvido cadendo lascia la superficie leviga- tissima , ,splendente e quasi raggiante come quella della Mactra stultorum, un poco più margaritacea. E questa condizione è necessaria tenersi presente, per non cadere in equivoci, ove si trovassero valvole così spogliate ed incomplete. Lungh. lin. 12,,10; largh. lin. 14. Simile per grandezza e forma alla Cordula gallica , dalla quale eminentemente distinguesi per le piccole ed or- dinale serie di spine che ne armano la superficie. Gevere CARDIUM , Lin. CARDIUM PECTINOIDEUM , Cos. Tav. XIII, fig. 1 e 2. Testa transversa, lateribus expanstîs planulatisque ; lonqiludinaliter sulcata , sulcis 32 squamis asperatis. Questa conchiglia, meglio che a pellime, come a prima vista parrebbe, sembraci un cardio , ed ha stretta analogia col C. c/odiense di Ranieri (Brocchi, p.500, n.2). Ne differisce solo pel numero de’ solchi, de’ quali nel Clodiense voglionsi 22, mentre nel nostro se ne contano 32- 35, oltre taluno che rimane occultato dalla roccia medesima, 168 ) entro la quale giace, e propriamente di quelli del destro lato. Le costole mostran tuttora le impronte degli accresci- menti successivi elevati ed embriciati come nel C. rust- cum; ne’ lati esso si dilata un poco più e si spiana al- quanto, ma sensibilmente. Larghezza poll. 1,,0,,6 ; lunghezza lin. 9,9. Trovasi in una roccia calcare o marnosa, bianchissi- ma, tenera e friabile a grana finissima, della quale ab- bonda il Gargano. } L’esemplare effigiato al numero 2 della medesima ta- vola è solo più grande, e vi si contano 35 solchi; ed è certo anomalia quei due raggi più elevati ed un poco ir- regolari che corrono nel mezzo. Le sue dimensioni sono il doppio di quelle del precedente ; e trovasi incastrato nella roccia calcare-siliceea del medesimo Gargano ; e non è che il modulo interno. i Gli originali di queste due conchiglie sono presso il sig. D. Onofrio Bonghi , attuale sottointendente in Pozzuoli , che ci ha solo permesso di ritrarne la immagine. Gevnere IPHIGENIA , Cost. ( Hrppacus , Phil. ) Conchiglia equivalve , inequilatera, molto convessa, cordiforme , con le natiche tumide, il cui apice spiralmente ripiega sul lato ante- riore ; la cerniera nella sinistra valvola ha un solco profordo allo interno del lato posteriore , suddiviso da un risalto trasversale un poco obbliquo ; sul luto anteriore una eminenza callosa a foggia di dente quasi laminare ; nella valvola destra . . .? Fin dal 1827, quando per la prima fiata visilammo le Calabrie, in compagnia del Cav. G. Gussone, possedia- )( 169 ) mo questa conchiglia, che traemmo dal deposito ricchissi- mo presso il F. Amato. Fummo sempre rilrosi a pubbli- carla, incerti del posto da dargli nella serie, e de’ carat- teri che gli son propri. Perocchè, malgrado lo averne due valvole sinistre ed una destra ; quest ultima è sì mal con- cia, precisamente sul margine cardinale, che non per- mette giudicare se la sua strultura sia idenlica a quella della valvola opposta. Il sig. Philippi, non essendosi avveduto di tale strut- tura, nè della esistenza della destra valvola, allorchè studia- va la nostra collezione ; ed avendone poscia egli stesso tro- vate due altre valvole, entrambe sinistre; credè poterle ri- ferire al genere //ippagus, fondato da Lea per una bivalve, di cui egli confessa non aver piena notizia. Il sig. Deshayes altronde , erede vedere nell’/ppagus di Lea una conchiglia prossima alle Zuczne, giudicandone egli pure dalla sola figura e dalla descrizione, non avendo mai visto la con- chiglia in natura. Il quale ravvicinamento allontana som- mamente l’/ppaego dalla nostra conchiglia, la quale è invece di gran lunga più prossima alle Came, ed alle Cardize. In tale incertezza noi diamo la descrizione della nostra conchiglia sotto quello stesso generico nome con cui provvi- soriamente l'avevamo in collezione ; attendendo da altri esem- plari, che probabilmente si potranno ottenere, un compiuto schiarimento sulla vera struttura della cerniera. Nè voglia- mo tacere, che anche la Merita su/cosa di Brocchi ci parve sempre una conchiglia affinissima alla nostra /phz- genta. Il prelodato autore si sforza a sostenerla come uni- valve, ed escluderla dal genere /a/iotis ; sforzi derivanti appunto dai caratteri, che non convengono con quelli de’ gasteropedì. 170 )( IPHIGENIA ACUTICOSTATA , Cos. Tav. XIII, fig. 9, adcd. I. testa suborbiculata, costata; costs radiantibus lamelliformibus 13-13 lenutssime granulosis ; margine serrato ; intus margaritacea. Conchiglia globolosa, guernita di costole longitudinali, che scorrono dell’ apice al margine, molto elevate, quasi la- minari, con lo spigolo acutissimo ; tredici a quindici in cia- scuna valvola ; la superficie è di color terroso, scabra o gra- nellosa, le quali scabrosità sono maggiori più elevate ed ap- puntite sulle costole anteriori , che nelle posteriori , ove si spianano; sul margine le, costole si prolungano for- mando altrettanti dentelli acuti, triangolari, scavati dalla faccia interna. La superficie interna è margaritacea, un poco violetta sul perimetro , nitida maggiormente verso gli umboni : sul lato anteriore v ha una impressione mu- scolare molto profonda, ovato-allungata, e smarginata dal lato esterno , la quale si estende dal limite della pri- ma fin sulla sesta costola; al di quà di essa il ripiega- mento della conchiglia genera una elevazione callosa, che sul margine forma quasi un dente laminare ; sul lato po- steriore vi è un’altra piccola ma profonda impressione del muscolo adduttore delle valvole, la cui impressione è larga e falciforme ; e sul margine và la fossetta lineare per la inserzione del ligamento ; la quale è lunga, ma suddivisa in due per un risalto mediano trasversale ed obbliquo, che sembra l'analogo della lamina mediana delle cardize. La valvola destra essendo incompleta , nel sito in cui sulla sinistra si genera la callosità a foggia di dente , pare MU 17: che vi fosse una corrispondente smarginalura ; ma siccome quivi appunto vi sono segni di lesione, non si può affer- mare assolutamente. Notevole è pure, che nella valvola con 15 costole , queste sono più laminari, e la loro superficie più granu- lare ; nell'altra con 13 costole, esse sono più basse, e più dilatate nella base, sicchè lasciano un solco più angu- sto tra loro; e nella faccia interna sono meglio pronunziati i solchi corrispondenti. Hippagus acuticostatus , Phil. Faun. Utr. Sic. p. Al. Lungh. lin. 6,,2 — larg. lip. 6,,0 — alt. di una delle valvole 4,;4. 22 (172 )( CAPITOLO VII Vrachiopedi, Genere TEREBRATULA, Mill. Molte sono le specie di tal genere raccolte ne’ terreni diversi, fra i limiti del regno, e tulte conosciute. Nondimeno avanzano ancora certe ambiguità nella loro diagnosi speci- fica, che non sarà senza utile della scienza il farle scom- parire, dandone ad un tempo la loro monografia, sia delle viventi, e sia delle fossili. Quì ci limitiamo ad un solo esempio, che interessa la geologia del regno: riserbando per la Fauna e per la seconda parle di questa opera le rimanenti specie. TEREBRATULA CAPUT-SERPENTIS, Lin. Tav. XII, fig. 11 ade. Brocchi , sulla semplice ispezione della fig. $2 0 0 2, Tab. XVI del Soldani, defini come distinta specie una Z'e- rebratula, alla quale impose nome di stria/a: nome stato di già impiegato per una specie del genere Anomia, col quale le Terebratule stavano confuse nel sistema Linneano. A noi sembra che la conchiglia del Soldani per nulla di- sconvenga da quella che noi abbiamo trovata fossile nella Calabria ulteriore, se n’ecceltui la forma un poco meno 173 allungata (di che facciamo pochissimo conto, per quel. che diremo); e che l'una come l’altra appartengono alla Caput - serpentis del Linneo. E basta confrontare le due frasi , tenendo presente la illustrazione che lo Gmelin aggi unge alla linneana, per restarne convinto. Anomia caput-serpentis , Lin. A. testa obovata striata tomentosa (1): valva altera nate longiori perforata. Lin. Gm. Syst. Nat. p. 3344, n. 21. Anomia striata , Broc. n. 18 (non 8 eiusd.) Testa convera longitudinaliter striata, valva superiori sulco medio ewarala (2), margine integro , apice perforalo. E premettiamo questo schiarimento a fine di non en- trare in novelle confusioni, nello esibire ire altre conchi- glie di questo genere, iratte dal Gran-Sasso d’Italia, con una delle quali più potrebbe confondersi, che con le altre due, che forsi non sono che semplici sue varietà , come vedremo. Come pur potrebbe andar confusa con la pecti- niformis di qualche recente scriltore, e forsi anche con la Pecten del Linneo per la affinità del nome, e per la oscurità delle loro frasi diagnostiche. Elegantissima conchiglia per la sua forma allungata, striala, con strie longitudinali non molto fine, ma ramose, interrotte dagli accrescimenti successivi concentrici: la valvola opercolare spianata ; l’altra poco convessa, con una depres- sione leggiera longitudinale , che dalla natica va all’ orlo opposto ; il margine anteriore è leggiermente smarginato (1) Il tomento nello stato fossile rima- stato rilevato nella frase diagnostica, ac- ne distrutto; quindi non è da far conto cortamente lo Gmelin lo ha aggiunto nel di tale carattere nel caso nostro. suo comento. (2) Quantunque questo solco non sia X( 174 )( nel mezzo, ed un poco dentellato per i prolungamenti delle strie rilevate. —— Davila? Tab. 20, f. /. Anomia. Fossile in Aspromonte 1. d. Melia, insieme alla de- truncata, biparlita , ecc. Genere CRANIA, Rtz. CRANIA RINGENS , Hon. C. testa orbiculata, valva superiori gibbosa, subconica, irregulari ; intus tuberculata foveolataque; albila, rudi. Anomia craniolaris , Lin.-Gm. Syst. Nat. p. 3340. Anomia turbinata, Poli, Test. Utrius. Stc.11, p. 189- Tab. XXX f. 15 ed;f. 21-24. Crania personata , Lmk. VI, 1. p. 238, n. 1. —— Costa, Cat. Stst. p. LV e segu. Specie tuttora vivente nel Mediterraneo; per una delle. sue valvole aderente d’ordinario a Polpari del grande ge- nere Linneano Madrepora. Seguita la morte dell’ animale ed il suo sfacimento, la valvola superiore distaccasi e cade. Laonde nello stato fossile trovasi questa isolata: e portò il nome presso gli antichi di /Vummelus Brartemburgensis. Brocchi, poichè non la trovò mai, la vorrebbe esclusa dalla serie de’ fossili d’Italia. Noi I’ abbiamo trovata, ben- chè rara, nel citato deposito conchigliare presso l’Amato. X 175 )( CAPITOLO 1X. Oetoceratiti, Ippueti, Radiofiti, Oumplessi , Sfecoliti , ed altri Rudioti. 1. Picot de Lapeyrouse, nel 1775, visitando le basse re- gioni de’ Pirenei, conosciute col nome di Cordieres, vi trovò copiosi fossili, che nuovi ed interessanti giunsero allo sguardo di lui. Dal Monferrand fino a Sougragne, allE. de’ Bagni di Rennes, Diocesi di A/es, egli ne raccolse mol- lissimi; tra’ quali alcuni corpi cilindrici di uno a due pie- di di lungo, a cui il volgo dà quel nome di corna. Egli non potendone definir la natura, perchè rottili in più siti non vide che spalo calcare grossolano, senza alcuna trac- cia dell’ antica loro organizzazione , servendosi dello stesso nome volgare convertito in greco idioma gli appellò orzo- cerî, che vale corna diritte. Non lungi da Monferrand trovò de’ frammenti più pic- coli, nel cui interno vide i sepimenti; e pensò dovere ap- partenere ad Or/oceratitià, genere stato di già fondato da Breyn. Verso i fianchi di Sougragne incontrò un conside- revole ammasso di tali corpi cilindrici, aggruppati alla guisa di canne da organo, come egli dice, ed attaccati alla roccia. Egli trovò in seguito un miscuglio di Polipili e Litofiti di ogni specie, e di bivalvi con essi. Partendo egli &aiie idee somministrategli da Breya (Po- lythalamia), e da quanto può leggersi nell'opera cominciata V 176 da Knor (ove si trovano fusi i lavori di Klein, Breyn, Walch ed altri), ugualmente che ne’ Litofiti Borniani, stabilì su quelle norme una famiglia nuova, per racchiudervi questi esseri, di cui cerca indovinare l'organismo e l’ uso delle parti. Assumendo per caralteri tutte le modificazioni e tutti gli incidenti da’ quali sono tali corpi accompagnati, ne co- stitui tre ordini, ciascuno de’ quali composto di uno o più generi, fondati sopra basi tanto anguste, che bastano ap- pena a sorreggere le specie —Le quali cose non è possi- bile intendere, e molto meno approfondire, senza aver pri- ma piena e minuta conoscenza della organizzazione propria degli esseri de’ quali si tratta. 2. Nelle mani di Lamarck gli Orfoceratiti di Picot pre- sero un posto fra i Cefalopedi concamerati; ma, avvedu- tosi della somma differenza che passa tra questi fossili e gli Ortoceri, che già si conoscevano, ne permutò il nome gene- rico in quello d’ /ppuritz. D' allora, è già mezzo secolo , gl Ippuriti si sono ritenuti, e ripetuti da tutti coloro che hanno creduto conoscerli ; ma molti tra essi non han sa- puto neppure ravvisarli, confondendo sovente con tal nome oggetti differentissimi. Il precitato dotto classatore des animaux sans vertébres volle esprimere col nome Hippurites quella esterna striatura , che molti di essi pre- sentano allo esterno; la quale, associata ad una forma conica o tendente a questa figura , eccitavagli la imma- gine di quelle criniere, con le quali si adornavano i ci- mieri de’ greci e de’ romani combattenti, e che ora pur sono in uso tra noi per diverse milizie, come la Gen- darmeria scelta o Veliti (1). Ma trovandosi imbarazzato (1) La voce Zippuris vien dal greco de’ cimieri così da coda cavallina ador- Immos equus et ovj& cauda , coda di ca- nati. vallo : ed irroipdss si dissero le sommità 177 ) nell’applicazione di questa idea a tutte le forme rappresen- tate da Picot nelle sue 13 tavole, si limitò ad indicarne due sole. 9. Gl’'Ippuriti furono quindi per lui definiti nel se- guente modo: Testa cylindraceo-conîca , recta vel subarcuata, intus septis trans= versîis în loculos plures distineta. Carina duo interne longitudinales obtuse convergentes. Loculus ultimus operculo clausus. Gl’/ppuriti (egli dice nelle osservazioni), che sono stati ancor detti Ortoceratiti, sono tubi testacei, petrificati, spessi, di forma cilindraceo- conica , or dritti, ora un poco curvi, il di cui interno è diviso in molti lo- culamenti, per lo mezzo di sepimenti trasversali, che si accollano alle pa- rieli del tubo. Negli uni, i sepimenli sono altraversati successivamente da un sifone, che in niun modo comunica con le concamerazioni o loculamenti del tubo. In altri, in luogo di sifone non trovasi che una gronda laterale , cioè un ca- nale costituito da due creste longitudinali, acute od ottuse ; tal gronda è talvolta scavata, ma per lo più è ripiena da’ medesimi sepimenti che traver- sano la cavità del tubo. In altri finalmente si osserva ed il sifone che at iraversa i loculamenti, ed anche la gronda laterale di cui è stato discorso. L'ultimo Joculamento , ch'è quello che occupò l animale ultimamente , à il suo orifizio chiuso da un opercolo doppio , solido, e di cui i margini tagliati ad ugnatura si adaltano su questo orifizio con molta esaltezza. Gl’Ippuriti a grondaja han sempre molta spessezza, mentre che quelli a sifone sono molto più delicati. Queste singolari conchiglie non sono cono- sciute che nello stato fossile, e sono state discoperte ne’ Pirenei dal fu Picoé de la Peyrouse. Lamk. 7.° p. 597. 4. Da questo dettato di Lamarck chiaro rilevasi, che mentre descrive con esaltezza gli oggetti, ogni frase rac- chiude un’assurdità, quando si vogliono riferire gl’/ppuriti a conchiglie concamerale di cefalopedi. Noi non siamo più obbligati a far rilevare le svariate forme e strutture che si sono racchiuse sotto nome d’ Ippuriti, perchè oramai molti generi sono stati creali a loro spese; come i Badoliti, Ra- X 178 X Sanistri, Teleboiti ed Agatirsi di Montfort, i Radioliti di D'Orbigny, gli Amp/essi di Sowerby, gli Sferoliti di Lamétherie; e de’ quali tutti si compone la famiglia de’ Rudisti di Lamarck : famiglia di una mescolanza di oggetti immensamente diversi fra loro. Basta scorrere il lavoro del signor Desmoulins sopra gli SferoZii (1), per accorgersi di quanti sforzi, circonvoluzioni di linguaggio , ipotesi e conghietture ha fatto uso, per farsi ragione del suo modo di vedere, ed ovviare le assurdità che spontanee gli si affacciavano ad ogni passo (2). 5. Ora noi proveremo, che gl’/ppuriti, eccelto alcuni, spettano al regno vegetale, e che i suddetti generi sono l’espressione di un diverso stato di svolgimento delle piante, de’ loro polloni cioè, degli ovoli, del fusto, nudo od involto da picciuoli: proveremo altresì che nè sifone, nè grondaja hanno menoma analogia con quelle scanalature che traver- sano cotesti fusti: nè le concamerazioni de’ cefalopedi, con- chiglie assai note, e fresche e fossili, convenire con quegli scompartimenti che si trovano allo interno di tali fusti, e che derivano dal midollo allargato de’ medesimi. 6. Si avvidero di fatti alcuni naturalisti, come il Fé- russac, il Deshayes, D’Orbigny, Desmoulins, e Lamethé- rie, esservi grandissima differenza tra il sgfone che traversa i talamî de Nautili, degli Ammoniti e di altre conchiglie concamerate, e quel cordone che sta in luogo suo in certi Ippuriti: come si avvertirono parimenti della diversità di struttura de’ tramezzi degli uni comparativamente a quelli degli altri. Ma lungi dallo escludere perciò gl’Ippuriti dal- (1) Essai sur les Spheérulites, ec., in 4.° getto; ma riverremo sullo stesso in luogo con 10 tav. litogr. Parigi 1827. distinto, e dopo aver reso conto del fatto (2) Non è questo il luogo di entrare in nostro. discussione sopra i particolari di tal sog- )( 179 )( l’ordine de’ concamerati, si accontentarono di trasformare quei sepimenti, e considerarli come falsi tramezzi, la- sciandone con ciò oscuro l’ ufficio. Posteriormente però , sui dubbii elevati da Cuvier, Blainville e Deshayes, rile- nendo sempre gl'Ippuriti come spoglie di molluschi, e per- mutando i tramezzi in semplici strati prodotti dall’ animale, come quelli che si generano in fondo della maggiore val- vola delle ostriche, gli hanno falli solo mutar di sito nel metodo, trasferendoli dalla classe de’ Cefa/opediì a quella degli Acefali bivalvi , nella famiglia delle Rudiste (1). 7. Il Desmoulins, per rendere ragione di quella essen- zialissima differenza avvertita tra l’intima struttura dei vo- luti falsi tramezzi , e quella delle pareti esterne degli Ippuriti (differenza che non esiste, nè può esservi ne’ Nautili, Ammoniti ec. perchè tulto è opera della mede- sima ed identica secrezione cutanea), ricorre all’ ipotesi iroppo lontana, che cotesti falsi tramezzi esser possano prodotti da un organo speciale, e diverso molto dall’ ap- parato cutaneo, dal quale la esterna conchiglia viene inge- nerata. Ma il dotto naturalista non si avvedeva , che con questa ipotesi metteva piede in due altri gravissimi errori. Jl primo è, il considerare come prodotto di secrezione cu- tanea lo esterno invoglio degl’ Ippuriti, il quale essendo costituito da un tessuto reticolare continuo, non esprime per nulla il carattere di un deposito stratoso successivo , ana- logo almeno a quello di qualsivoglia conchiglia, non esclusi i tubi de’ BaZan: ; che anzi è una condizione affatto con- traria. Il secondo consiste nella separazione dell’ organo cu- (1) Vedi Deshayes, Obserpations sur —Sciene. nat. anno 1828. la famille des Rudistes = Ann. des 23 Y 180 )( taneo da quello da cui presumesi esser prodotti i sepi- menti ; discordanze e conghietture mal fondate : il quale or- gano non può essere che continuazione di un solo appa- recchio secretore, e della stessa natura. S. Non potevano non avvedersi di altra fondamentale, anzi capitale eccezione, che presentano alcuni altri Ippuriti. Niun vestigio in essi cioè di quei tramezzi, che costitui- scono il carattere normale delle conchiglie concamerate ; come neppur di sifone; la qual cosa sarebbe bastata per escluderli da questa serie. Invece si è supposto per questi esser chiusa la cavità (che spesso non esiste) da una valvola quasi piana, o meno rigonfia di quella degli sfero4iti. Non isfuggiva del pari che questa valvola offre nella sua intima tessitura una porosità ben diversa da quella della pretesa conchiglia: ma ciò non fece loro alcuno ostacolo. Videro ugualmente mancare nella così detta valvola tanto la cerniera, che l’impressione del legamento. E per eliminare queste due gravi difficoltà, si ricorse al ripiego di considerarla per un coperchietto , senza rendere ragione di questo modo di vedere ; mancanti ancora come sono di analogie per giustificare, od appoggiare al- meno l’idea, si sono contentati rilevare tale condizione, per stabilire il carattere differenziale, e dividere gl’ Ippuriti dalle Bivalvi : così hanno essi reciso, ma non isciolto il nodo. 9. Più di recente (1842) il sig. AI. D'Orbigoy ci ha fatto dono delle sue nuove, e diverse dalle precedenti, Con- siderazioni zoologiche e geologiche sulle Rudiste, che da gran tempo studiava, solto questi due rapporti. Per effetto di questi suoi lunghi studii è pervenuto, com’ egli assi- cura, alla certezza, che le Rudiste siano veri Bracaro- ron, come già lo pensava Goldfuss, ed essere tanto vicine )( 181 )( alle Cranie; che gl’ /ppuriti ed i Radioliti se ne trovano discosti solamente per caratteri di piccola importanza z00- logica. Facendo egli quindi de’ Brachiopedi una classe distinta, la divide in due ordini: de’ Brachioped? rego- larî, e de’ Br. irregolari o Rudiste. Nel primo ripone i generi Lingola, Terebratula, Orbicula, ed 1 restanli ge- neri di tal serie; e nel secondo comprende i generi Cra- nta, Hippurites, Radiolites, Caprina, Capratina ed Ichthyosarcolites. Suddivide indi questo secondo ordine in due famiglie; la prima delle quali comprende i tre primi generi, cui dà il nome di famiglia delle /ppurzdee; la se- conda abbraccia gli altri tre, e vien detta delle Caprenidee. Come una mente sì vasta, e piena di conoscenze z00- logiche abbia potuto farsi una idea chiara dell’ organismo de’ pretesi animali costruttori di tali organici avanzi (eccelto che de’ Brachiopedi regolari e delle Cranie), da vedersi sì nettamente l'analogo di questi ultimi generi, è difficile a concepirsi. E noi entreremo in qualche dettaglio, quando partitamente esporremo i risultamenti delle nostre indagini. Importantissime sono altronde le conclusioni geologi- che, ch'egli trae dallo avere esaminato con molta precisione la giacitura di questi fossili organici. Egli trovando che giacciono essi non disseminati, ma distribuiti in cinque distinte zone, ciascuna delle quali racchiudente specie pro- prie e diverse da quelle delle altre; ne trae quattro legittime conseguenze. Non essendo questo pertanto il nostro argomen- to, ci gioveremo riportare in questo luogo la prima sola- mente, come quella che concorre naturalmente a rafforzare la natura vegetale di questi esseri. Le Rudiste, dice l’A., invece di trovarsi disseminate nella massa, formano deposili successivi, o banchi, la cui * )( 182 )( linea orizzontale è marcata. Possono essi quindi esser con- siderali come i migliori livelli che si possono prendere per limiti degli strati. Or chi non vede in questa disposizione quella legge così generale dalla natura serbata nella vegetazione, che si distribuisce per zone isotermiche; e la inamovibilità pro- pria solo di questi esseri ? 10. Noi altronde ricaviamo da tali discordanti opinioni, e tulle insufficienti ad ispiegare i fatti svariati che ci por- gono gl Ippuriti, una verità semplicissima: che questi dotti ingegni cioè, mentre si avvedevano delle assurdità che si racchiudono ne’ loro concepimenti, si lasciavano sfuggir dalle mani le naturali conseguenze a dedurne : e eiò sol perchè, preoccupati dal falso concelto de’ mag- giori, ai quali ciecamente vollero tener dietro , non guar- darono le cose con occhio analitico ed ampio. 11. Il dotto italiano Catullo si avvide ancor egli delle enormi differenze ch’ esistono fra le diverse specie d’ Îppuriti propriamente detti. Si limitò nondimeno alle più grossolane ed esteriori , senza approfondire la essenziale , che sta riposta nell’ intima loro tessitura. Egli riconosceva sibbene la parte esteriore essere in certi Ippuriti diversa dalla più interna ; ma lungi dal riconoscere nella prima un tessuto reticolare, o cellulo-fibroso , e nella seconda un tessulo spongioso , o compatto, si limitò a considerare la uniformità de’ ri- piegamenti negli strati successivi esteriori : volendo da ciò soltanto desumere, che questi siano in continuazione dello interno modello. Prese da ciò ragione per dividere gl’ Ip- purili in due maniere; in quelli cioè di maggior mole, e quelli di mofe minore. Ecco come egli si esprime su que- sto argomento : X 183 . . 7 modello degli Ippuriti di maggior mole è tutto ricoperto di cordoni longitudinali, molto rilevati, disgiunti tra loro per mezzo di solchi che ne determinano la gros- sezza, sopra î quali avvi talvolta le strie 0 pieghe tra- sversali indicanti il progressivo ingrandimento dell’ ani- male. Il guscio che ricopre questi modelli è liscio este- riormente , ma nella superficie interna comparisce formito di solchi, i quali stanno in perfettissimo accordo con la struttura del modello ; cioè le parti prominenti dell’ uno vanno esattamente a nicchiarsi nelle parti incavale del- l’ altro. Catullo , Mem. pag. 9, 1834 = Zoolog. fossile, pag. 173, Tav. VII, f. 4,5, C. (a). 12. Per quanto sia vero l’asserto del Professor pado- vano, altrettanto è illusoria la distinzione ch'egli fa di guscio e di modello. Il guscio non è che lo stesso modello in uno stato di integrità; ed il modello striato è lo stesso, la di cui parte esteriore è consumata : e quando questa esiste, e se ne distacca, ciò avviene separandosi le lamine interne alternativamente. Noi abbiamo Ippuriti ne quali , allo interno di un mo- dello a superficie striata, trovasi l’ altro a superficie liscia ; contrariamente cioè a quello che stabilisce il lodatissimo P. Catullo. E d'altro lato, nella Tav.XV fig. 7 d veggonsi i piccoli Ippuriti con superficie liscia, in altri de’ quali si discopre la sottoposta superficie striata, per essersi con- sumato l’epidermide, come appunto vedesi in dc, bc, ed in e della medesima figura. Ma la più chiara dimostrazione la porgono quei tanti (a) Facciamo astrazione della pessima liamo, all'occhio poco abituato a riguar figura, la quale per nulla può far ricono- dare siffatte cose. scere la identità de’ soggetti, di cui par- )( 184 )( Ippuriti, in cui il voluto modello è liscio, e quindi è in- viluppato dal guscio, a superficie striata nello esterno e liscia allo interno, o contrariamente. Questo è il caso de’ Birostriti: di quelli precisamente in cui il nocciolo ri- mane ben disgiunto dal guscio, trovandosi fra i due uno spazio vuoto. A conciliare siffatte discrepanze il Desmoulins è ricorso alla ipotesi, che l’animale costruttore della ester- na conchiglia avesse allo interno un osso, che sarebbe l'attuale nocciolo : e che la sostanza carnosa, essendo ri- masla distrutta, à dato luogo al vuoto interposto tra noc- ciolo e guscio. Questa ed altre simili conghietture essendo state già dimostrate insussistenti , per mancanza di analo- gie, ci affrancano dal dovere di discuterle, potendosi ben apprezzare da ognuno che siasi addentrato in questi studii, ovvero leggendo i lavori originali sopra citati. Si doman- da, qual de’ due è in tali casi l’animale, quale il suo guscio? Sarebbero essi forse animale entro animale? o gu- scio enlro guscio ? II D’Orbigny d'altro lato la considera come una delle due valvole delle conchiglie dissimili de’ Brachiopedì ; ed in tal guisa sfugge tutte le difficoltà; ma ne sorgono altre e maggiori a parer mio, come sì vedranno quì appresso e maggiormente allorchè terremo parola delle specialità. Ed in quanto agli accrescimenti successivi, questi si avvertono svariatamente ne’ grandi e ne’ piccoli individui. Anzi sono essi sensibili più nella parte radicale che verso l’apice ; siccome si mostrano negli ‘esemplari rappresentati solto i numeri 2,5 della Tav. XIV, senza mancar l’esem- pio di altri che si presentano nel mezzo. 13. Confrontando questi caratterî con quelli degli Ippuriti di minor mole, noi vediamo che i modello di (185 questi ultimi manca di cordoni longitudinali, e sì mostra affatto liscio; laddove il guscio, în cambio di esser li- scio, si palesa rigato per lungo da coste equabilmente distanti l una dall’ altra. Catullo l. c. p. ga 10. E questo forsi il caso che noi abbiamo superiormente esposto : e vorrebbe il lodatissimo professore costituirne due maniere d’ Ippuriti, senza elevarli a generi. Eppure noi troviamo in minori individui l’ esempio de’ grandi, e vice- versa ; siccome dalle cose discorse. 14. A fin di chiarire le contraddizioni, nelle quali ne- cessariamente doveva cadere il dotto autore, convien dichia- rare innanzi tutto, che noi riconosciamo due sorte d’Ippuriti assai diverse tra loro : non già come generi, o come specie ; ma sibbene per la loro intima natura. Gli uni appartengono a Zoofiti, come a Cariofille: e quindi dubbiamente sono a ritenersi ancora nel regno animale (1). Essi sono propria- mente quelli che son serviti di tipo al genere, ed ai quali si applica esattamente l’ etimologia del nome Ippurite. 15. Avvertiremo da ora soltanto che i primi sono for- mati da lamelle distinte, e scorrenti dalla base all'apice, con cammino verticale, ed insidenti a perpendicolo sull’asse del cono al quale appartengono. Queste lamelle così confluenti nell’ asse costituiscono un solido solcato esternamente per i vani che lasciano le stesse lamelle. Tale precisamente è l’ Ippurite rappresentato nella Tav. XV, fig.7, che corrisponde all’Yippur:tes contortus, Calullo 1. c. Tav. IT, fig.3, senza intendere con qual fondamento siasi considerato di tal genere ; mentre il di lui Podops?s arcuata Tav. II, fig. 6 corrisponde a quello da noì rappre- (1) Consultisi la nostra Prolusione al corso di Zoologia per l’anno scolastico 1843-1841. )( 186 )( sentato nella Tav.XV, fig.6(1). I terreni pertanto dai quali essi provengono sono differentissimi, e per etade geologica, e per la genesi loro. Lo sviluppo ulteriore di coteste es- senziali differenze sarà fatto sopra le rispettive loro figure, onde riescir possa più semplice e più chiaro. 16. Gli altri Ippuriti sono stati abusivamente conside- rati come congeneri, per la loro forma conica, e per le strie longitudinali esterne, che in certa guisa simigliano a quelle de’ primi. Questi noi intendiamo essere indubita- tamente vegetabili, e quindi doversi escludere dal regno animale. La verità, che ben di sovente spontanea e nuda si affaccia, giova ripeterlo, si lascia sfuggir dalle mani, o perchè la luce viva ci abbaglia, o perchè, preoccupata ia mente, non si presta fiducia ai sensi. Così al dotto Catullo offrivasi un Ippurite coll’aspetto vero di vegetabile (2); ma come tale egli vedealo solo per la sua forma cilindrica , siccome afferma. Arrestandosi indi alla buccia, descrive il fossile come una novella specie, cui impone lo specifico nome di fitoloideus, senza innoltrare lo sguardo nella intima struttura di quello. E così pure è intervenuto al sig. D’ Orbigny, che meglio di Catullo vide quello esterno tessuto /asco , fibro- so, lamelloso 0 poroso, ricoperto di laminette o di strie; e lo interno diverso dal primo, consistente in uno sfra/o spesso, com’ egli si esprime. 17. Già molti veri /ppuriti, od almeno quelli a cui ben corrisponde la etimologia del nome, mancano affatto (1) Il genere Podopsis ha per suo tipo mente considerate per tali. delle conchiglie vere: e noi non inten- (2) Saggio di Zool. foss. p. 173. diamo qui parlare che di quelle falsa X 187 di sifone: e questi ancora sono di due sorte. Gli uni appar- tengono a zoofiti analoghi alle Carzofille ed alle Turbinolie, come dicemmo ($.14); gli altri di lor particolar foggia spet- tano puramente a vegetabili. Tal è quello che noi abbiamo rappresentato nella Tav. XIV fig.5. Si vede in esso aperta- mente lo strato esterno s/r70/0; la sostanza interna compat- ta; e piena di anfratti o ce//ole irregolari. La prima od esterna sostanza è un tessuto reticolato-vascoloso , proprio di vegetabili della classe de’ monocotiledoni ; consta esso di lamelle longitudivali e trasversali, le quali chiudono spazii poliedri, o cellole prismatiche, le cui facce oppo- ste, superiore ed inferiore, rappresentano quasi un esagono irregolare, come si veggono in de della fig. 4, Tav. XIV: e le laterali sono per lo più rettangolari, come in 4 della medesima figura. Si disturba solo il regolare loro cammino nelle interruzioni della vita vegetativa, onde si generano quei segni di accrescimento successivo, indicati da 27 fig.5 ; come ingrandito ciò si vede sulla porzione DD, PP. 18. Dimostreremo poi, allorchè con ispecialità dobbiam discorrere de’ ftadiolitt, come le lamelle longitudinali © verticali, se così piacesse meglio dirle, ordinatamente e simmetricamente si elevano per formare quelle ondolazioni trasversali che circondano l’intero stelo o centro. La seconda o interna è la parte midollare così divaricata e cavernosa. Or tali caverne non comunicano per alcun modo tra loro, nè sono attraversate da sifone (o meglio asse) di sorla. La- onde è impossibile il credere che siano queste cellule o cavità l’opera di un animale che successivamente sia pas- sato a costruir luna, senza tenere alcun rapporto con l’ altra che abbandonava, e senza lasciarvi neppure un solo vesti- gio di questo successivo traslocamento. Aggiungasi e la 24 X 188 )( irregolarità di loro forma, e la ineguaglianza della loro ca- pacità, e la picciolezza nella più parte : oltre il mancare un ordine di successione tra l’una e l’altra di queste cavità. Sicché sarebbe uopo ammettere, o che più individui ad un tempo avessero lavorato, senza alcuna relazione tra loro , o che uno stesso animale siasi ora ingrandito, ora impic- ciolito o ristretto, mutando sempre di sito senza alcun or- dine di successione. Alla quale stranissima ipotesi si op- porrebbe la difficoltà, che risultar ne potesse allo esterno quel rivestimento cotanto uniforme e regolare, il cui tessuto costituisce la maggiore e la più patente delle assurdità. Un altro esempio classico ne porge l'individuo rap- presentato nella medesima Tav. XIV, fig. 1, 2. È questo un ovolo, nello stato di svolgimento, aperto in due; ove nel mezzo si veggono le foglie ( fa/se tramezze degli autori), che si vanno svolgendo intorno al pollone centrale; il re- licolo cellulo-vascolare 99, 99; appartenente ai picciuoli in- volventi delle foglie esteriori o radicali ; gli ovoli minori cd, cd nello stalo nascente, e nella sottoposta parte radicale. Nè sappiamo concepire in qual modo coucilierà il chiarissimo D' Orbigny questo fatto con le valvole opposte sian coniche o spirali delle sue Capraudee. 19. Che se per dimostrare completamente la natura ve- getale di questi petrificati mancasse solo l'indicazione precisa del genere di piante, al quale si possono riferire ; noi non esiteremmo a dichiarare : 1.° Che sebbene i nostri studi botanici non si esten- dono a fanto da conoscere a perfezione l’ intima struttura d'ogni famiglia naturale di vegetabili, siccome si richiede per pronunziare un giudizio il men possibile soggelto a controversie; pure crediamo non ingannarci ravvisandovi la X 189 )( struttura delle Monocolledoni, a parenchima reticolato e spugnoso. Un più preciso ravvicinamento bisogna ripeterlo da coloro che professano fitotomia. Nè se questi dichiarassero per avventura di non conoscere alcun genere di piante la cui struttura convenisse con quella che noi riteniamo come tale, basterebbe per distruggere la nostra pretesa. Ben po- trebbero colesti fossili appartenere ad un genere sconosciuto, sparito , o non ancora bene studiato sotto il rapporto della sua intima tessitura. 2.° Che essendoci nondimeno studiati di trovare cole- slo ravvicinamento , crediamo averlo intraveduto nella fa- miglia delle Ombre/lifere ; e proprio tra i generi Apium Ferula, Foniculum, Tapsia ec. Di fatti, quei tronchi cilindrici, solcati e striati lon- giludinalmente allo esterno ; ed allo interno divisi da sepi- menti, come l’ esempio addotto della citata fig. 5, mostra- no evidentemente l’organizzazione di uno stelo di se//aro quando è in fiore. Solo il tessuto reticolare è diverso , si- migliando invece a quello della 7ifa palustre. 20. Ove poi si trovasse che nè tutte, nè sempre corri- spondono perfettamente le parti degli uni con quelle degli altri soggetti , non sarà strano il supporre essersi già permu- ate alcune, e proprio le più molli e più alterabili, durante I’ intervallo della loro lapidescenza : anzi è questa condizione ben naturale e quasi indispensabile. Innoltre dobbiamo quì ri- cordare, che la interna cavità de’ tronchi così come degli steli, gambi, stipiti ed altro, sono naturalmente mutabili , e si mutano per ordinario ne' diversi stadii di loro accrescimento, spezialmente nell’ epoca della fruttificazione. È in questo stato che trovasi alterata o scomparsa affatto la sostanza midol- lare, o rarefatta , e scompartita in grandi cavità o cellette. * )( 190 )( È allora che ì tramezzi si fanno regolari come gl inter- nodii, lasciando quà e là tutta o parte la sostanza midol- lare, che gl’infarcisce. Ciò verrà limpidamente dimostrato più oltre. Aprasi un se//aro in questo stato, spezialmente presso la radice, e la radice stessa, e si troveranno iden- tiche le sue condizioni con quelle di certi /ppurzt? od Or- toceratiti, come quelli da noi rappresentati nella Tav. XIV Teo] Nel Museo Mineralogico della nostra R. Università v' è un fossile proveniente dal Gargano, non definito. Ora que- sto appunto è una radice di Ferula, col suo strato corti- cale, e i residui de’ picciuoli radicali, che gli danno un’ apparenza di squamatura. Non avendo potuto averlo fra le mani in modo da portarvi tutta l’attenzione, non possiamo per ora discorrerne con quella precisione che si richiede ; ima non sarà difficile poter compiere questo desiderio altri- menti. Noi conserviamo un identico esemplare di tale ra- dice fresca tratta dalla Daunia ; che quantunque aggrin- zato ci porge la immagine completa del tulto così, come delle parli. 3. Risponderemo da ullimo, che anche la Flora sotto- marina altuale si risente ancora di molle oscurità, e di lacune. Abbiamo delle produzioni vegetabili del nostro Me- diterraneo, che non si sanno riconoscere dai più periti Bo- ianici. Qual maraviglia dunque se non si conosce ora una genia di piante che monta a tempi remotissimi ! 21, E quì appunto si lega la risposta ad altra obbiezione che ne verrà fatta. Si dirà, che trovandosi coteste petri- ficazioni mescolate a conchiglie, ed altri avanzi organici, escludono esse la possibilità di appartenere al regno vege- tale. Ma è facile rispondere, che oltre la naturale coesi- 191 )( stenza di animali e vegetali nel fondo del mare, vi è pure la mescolanza di spoglie di animali co’ vegetabili ne’ laghi e ne’ paduli. Il Piccolo mare di Taranto, la sua prossima Palude recentemente asciugata, i laghi del Fusaro e di Licola, Mare morto in Miseno, ne porgono tutt'ora evi- dentissimi documenti. La quale osservazione non isfuggì ad altri dotti naturalisti. 22. Dopo questa rapida rassegna, e le poche cose già esposte, col solo fine di prospettare le moltiplici e gravi difficoltà che spontanee si affacciano allo sguardo analitico di ogni Zoologo: e dopo avere emesso il nostro giudizio intorno alla natura di questi corpi organici, sì frequenti nella nostra calcare appennina, e sia pure giurassica, chè estesissimi colli lungo gli Alburni ne sono gremiti; e di cui più belli e giganteschi ne porgono la Majella, il Ma- tese, la Meta, il Gargano, ed altri siti del regno: con- viene scendere ne’ parlicolari, per dimostrare nettamente le cose asserte. Il che volendo noi fare con quello stesso analitico processo con cui siamo pervenuti allo scoprimento della verità enunciata ; ci è d’ uopo di sottoporre allo sguar- do di chi legge, le immagini degli oggetti che debbono intervenire alla sua dimostrazione. Quindi ci rimettiamo alla seconda parte di questo lavoro , per la quale si stanno già allestendo le corrispondenti tavole. 4 pill (RIE Praniolt preti bai pubb vada y gaggi IAA Aula pi TO SIUSA ie i LI COLLA SENI ix aan Teti rag) ARRIVI Mb LÌ goti limiti MÙ da ILIN.. (SII AED (08, CIA n (USSL apri Anindli ni n USE ET UCI RI PATTO Hat: oggrititi ny capre pi RL. i: of, Ms ARA POSTI do Eliche di ano. % RITRAE: ig ta; RULE PORTA MIOTONRTTI RI (DA stable ra DITO. sale sa, pi saga ll pri dee pian, atratiga: guenti ciligag opa dk Foza «bo AR MA Ronptn | ‘ala TUE TAI, gli “pamafig voni ida vin “annata N ge CAR, a aggio tal di galtog” w qua io dix: ALITO Fire ll 39 La | ogortdgl DIA Mii ao; Ù Map; (sgrnonà. obi Sagl diletta at — SUINI, ia Mg; MOT n Ara alta “ovina ii td $ ad i Shot 000068, ide Mg ita Aftai cibano ia Mot Hesbn vpivioa gl sil RIERERV ui CRT DI / veri ; LOST TINI Ri d Li PEAS da Vaciutin A Noe # "apnea pf dr. DR a pr ia i SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tay.I, fig. 1. Dente canino superiore di Foca di naturale grandezza, la cuì corona è rotta, e la parte mancante viene indicata dal contorno a puntini, + Canino inferiore del medesimo genere. Canino di Coccodrillo. . Moncone di dente incisivo di roditore. ‘12. Denti di Z/elodus? Vedi anche Tapiro: e la Nota, pag. 1397. fig. 13. Costola di Delfino. fig. 14. Porzione di costole del medesimo Delfino, abbrac- ciate dalla cute , e vedute di profilo ; dove a, è, c indicano la loro sede e figura nel taglio trasver- sale; ddd lo strato dermoidale che le abbraccia d’ambo i lati. fig. 15. Porzione del medesimo strato dermoidale ingran- dita, per meglio vederte l’intima sua struttura. fig. 16. Porzione della superficie dermoidale qual’essa si vede attualmente ad occhio nudo. fig. 17. Canino di Coccodrillo, con la punta rotta. Tav. II. Destinata ad illustrare le corna cervine del gen. Palacocerus. fis. 1. Immagine di uno di tali corni ottenuto con l’accoz- zamento di varii de’ suoi rottami. fig. 2. Moncone del medesimo corno, in cui sì veggono i marchi d, c delle sue ramificazioni, fig. 3. Altro moncone con la superficie tubercolata, di cui di Sw si sono levigate e polite le facce estreme, per vederne la interna struttura , quale trovasi efli- giata in a'a', e b'b'; — DD è una porzione della esterna parte d ingrandita , per meglio vederne la organizzazione. 194 )( fig. 4. Altro moncone di simile corno, il quale vedesi or- nato allo esterno da’ cordoni rilevati e granolati 1-7, oltre i minori interposti — aa è la corri- spondente superficie , levigata, e veduta di pro- spetto, come nella precedente — 55 idem. fig. 5. Moncone radicale di un esemplare piccolo , ove vedesi il cordone che ne cinge la superficie di attacco. fig. 6. Porzione della medesima sostanza resa trasparente, e veduta al microscopio, ove ab, ad, è una porzione del reticolo veduto con lente d’ ingran- dimento; e dc, de una delle cellole marginali veduta al microscopio. i fig. 7. Altro moncone di corno guernito allo esterno di cor- doni lisci quali si veggono nelle due facce « 6. Tav.IMI. Rappresenta l'apparato dentario del Synodontherium. fig. 1. veduto dalla faccia superiore : fig. 2. dalla faccia inferiore : fig.3. veduto di profilo e dal sinistro lato : -4. veduto dalla parte posteriore, ove y indica la in- terna cavità : fig.5. una porzione della superficie rugosa della parte ra- dicale , qual si vede ad occhio armato. Tav. IV. fig. 1e 2. Capo e porzione del tronco del Berya radians veduto d’ambe le facce : fig.3. parte sua posteriore veduta di prospetto, ove c è la faccia del corpo di una vertebra con le sue apofisi 4a'; — bb porzioni di spine visibili : fig. 4. faccia inferiore del medesimo; ove « la squama so- lida cordiforme , la quale vedesi ingrandita in 7. fig.5. resto della parte dorsale con alcune squame lunghe ed appajate. — S una delle squame ingrandita. fig. 6. Notagogus erythrolepis, Cos. fig. 7. gruppo delle sue squame ingrandite. fig. 8. Pycnodus rhombus , Agas. Tav. V. fig. 1. fig. 2. GE fig. 3. RE Bava VIS fig. )( 195 )( Pycnodus rhombus , Ag. Notagogus Pentlandi, Ag. le sue squame ingrandite a semplice contorno. Blenniomoeus brevicauda , Cos. il suo capo ingrandito a semplici contorni, per rap- presentarvi la forma dentaria. Notagogus minor, Cos. squame dello stesso ingrandite ed a semplici con- torni, per indicarne la loro forma; la @ spetta all’anterior parte del tronco ; la 6 al dorso; la c alla porzione codale inferiore. . Rhynchoncodes Scacchi, Cos. le sue squame ingrandite a semplice contorno. . Sauropsidium laevissimum , Cos. . Blenniomoeus longicauda , Cos. apparato dentario dello stesso , ingrandito. . Histiurus elatus, Cos. di naturale grandezza. fig.4e5. Piccoli del Semionotus curtulus , Cos. fig. 6- 8. Sarginites pygmaeus, Cos. fig. ge1o.Megastoma apenninum , Cos. fig. 11 ad. Apparato dentario del Pycnodus Achillis, Cos. veduto d’ambe le facce. Tav. VII. fig. 1. Cheirolepis ? qual si trova nella roccia incastrato. fig. 2. Frammenti del Lepidotus Maximiliani,Ag.; a grup- po di alcune delle squame , quali naturalmente sì trovano in un frammento di roccia; — d capo del medesimo, qual vedesi in altro pezzo; — c al- cuni de’ suoi denti ingranditi; — d porzione della membrana palatina; — e una delle squame a sem- plici tratti. fig.3 e 4. Pholidophorus Stabianus , Cos. fig. 5. fig. 6. fis. 7. Notagogus Pentlandi, Ag. Semionotus curtulus , Cos. Coda del Lepidotus oblongus, Ag. 25 X 196 Y fig. 8. Porzione dell’apparato dentario del Myliobates apen- ninus, Cos.— a veduta dalla parte esterna; — b dalla interna; — c due delle sue assicelle vedute di prospetto a semplici contorni. Tav.VIII. fig.1 4. Lepidotus acutirostris, Cos.; capo e tronco an- Tav. IX. teriore. B. Lepidotus notopterus, Ag.; tronco codale, ca- povolto. fio. 2. Altro individuo del Semionotus curtulus , Cos. . 4B Porzione di squame di un moncone del Lepi- doius gigas. 4. Impressioni delle squame del Zepidotus notopterus. 5. Porzione di squame del Semionotus curtulus ingrand. 6. Simile del Lepidotus acutirostris. 1. Vedi per essa la seconda parte di quest’ opera. 2. Carcharodon megalodon , Ag. fig.3. Hemipristis serra, Ag. 4 5 6 7 leer) SLI (DO) . id. varietas. . Galeocerdus rectus , Cos. . Otodus Salentinus, Cos. . Sphyrna prisca, Ag. ig. 8. Oxyrhina Zippei, Ag. fig.gab Oxyrhina xiphodon , Ag. fig.ioe 12adc Oxyrhina hastalis , Ag. fig. 1vrad. Oxyrhina leptodon , ho fio. 13. USPI. Denti, per i quali , vedi la seconda parte. fig. 15. fig. 16. fig. 17. ab Lamna longidens, Ag. fig. 183. Lamna contortidens , Ag. ig. 19. Oxyrhina Zippei, Ag. — Vedi n. 8. fig. 20. Sphaerodus gigas, Ag.— Bufonite, Soldani, Fab. XIII, f. 70, G.H. fig. 21 e 22, Sphaerodus anularis , Ag. AMO )( 197 fig. 23. Sphaerodus irregularis , Ag. Tab. 73, £. 75-77. fig. 24. Sph. cincius, Ag. fig. 25. Sph. lens, Ag. Tab. 73, f. 36-4o. fig. 26. fig. 27. fio — — Ag. Tab. 73, f.27 — Bufonite , Sol- dani, T. XIII, f. 70 /, M. — —_. Ag. Tab. 73, f. 29 e 30 (a); la fig. 28 del medesimo A. potrebbe ancor convenirgli, es- sendo solo più elevata e curva. Proviene esso da Aquila, tratto da una roccia calcare bianca, ivi conosciuta col nome di pietra gentile; e proprio dal luogo detto Poggio piacenza ; ricevuto dal Pr. Amary. g. 28. Zamna raphiodon , Ag. fig. 29 ab. Corax falcatus, Ag. fig. 3o. Odontaspis elegans , Ag 5° fig. 1. Megalurites nitidum, Cos. 9, veduto dalla parte dorsale. fis. 2. lo stesso veduto dalla faccia ventrale; — 4 un fram- mento di crosta squamosa @ ingrandito. fig.3. Altro esemplare 7, veduto dalla faccia dorsale. fig. 4. Faccia anteriore, del medesimo S. 4'. La detta faccia ingrandita, per rappresentare il reti- colo vascolare c della lamina interposta; e le ra- mificazioni vascolari 5 della sottoposta faccia del segmento; — a indica la rima interposta alle due metà, corrispondente alla rima longitudinale dor- sale; — dd i due forami corrispondenti ai risalti indicati da be, be fig. 2. (a) Siccome To stesso Agassiz dichiara (Vol. II, p. 212), che le definizioni date da lui medesimo alle diverse forme di Sferodonti non si possono tenere come Der mrive che quando si saranno trovate mascelle intere; così noi abbiamo creduto ora riferire i nostri esemplari rappresentati a quelli propriamente ai quali simigliano , fra i tanti effigiati da lui sotto un medesimo nome, ma senza assentire punto sulle convenienze generiche o specifiche. Ancor noi ci riportiamo su questo argomento ad. un articolo speciale, che si troverà nella seconda parte, sotto la denominazione di Sphaerodus , Helodus , ec. * Tav. XI. Tav.XII. X 198 )( fig.5-3. Genere indeterminato di Ammoniti, affine all'4. Gervilli di Sow. (tra i Macrocefali di De Buch.) — 5 veduto di prospetto e dal lato dorsale ; — 6 id.dal lato dell’apertura;—7 da uno de lati; — 8 andamento de’ lobi e delle selle ingranditi. fig. 1. Ammonites Selliguinus, Brong., veduto di lato — 1 veduto dal dorso; — 1 uno de’ sepimenti ingrandito, ove cc la linea media dorsale corri- spondente al sifone. fi. a. Ammonites Brongniartianus, Pict., veduto di lato; 22 id. dal dorso; — 2° uno de’ sepimenti in- grandito. fig. 3. varietà dello stesso; — 3° veduto di fronte; — 3. dal dorso. fig. 4. Ammonites filosus , Cos. fig. 1. ABC Helix olivetorum; var. carinata, Cos. fig. 2. Mitra fasciata , Cos. fig. 3. plicata , Cos. fig. 4. striatula ; var. elongata , Cos. fig.5. Pyramidella exigua, Cos.; a di naturale grandezza; — A ingrandita. fig. 6. Scalaria plicosa , Ph. fig. 7. Murex vaginatus , De Cris. et Jan. fig. 8. Cerithium dispar, Cos. fig.9g. Murex asperrimus , Cos. ingrandito. fig.10. grandezza naturale. fig.rt. Nerinea elongata , Cos. fig.12. elata , Cos. fig.13. Asse interno o colonnetta di Merinea. fig.14. Bulla gigas, Cos.; nocciolo ricoperto di cristalli di quarzo. Tav.XIIIfig. 1. Cardium pectinoideum , Cos. fig. 2. id. var. fig.3. ab Pecten difformis, Cos. fig. 4. ab Pecten ...? )( 199 ) fig.-5. Mytilus inflatus ,. Cos.; a dal destro lato ; è dal sinistro; c dal lato ventrale. fig. 6. Anomia sulcata; a dalla faccia esterna; & dalla interna. fig. 7. Valvola incompleta d’uua varietà della Corbula spi- nosa, Cos. fig.8. Corbula spinosa, Cos.; a dalla faccia esterna; 2 dalla interna. fig. 9. /phigenia acuticostata, Cos.; a faccia esterna ; — be valvole opposte dalla faccia interna; — d porzione della natica rappresentante il cardine. fig.10. Chama rudis, Cos.; a dalla faccia esterna; — 6 dalla faccia interna; — c la natica ingrandita per mostrare la struttura della cerniera. fig.ri. Terebratula caput-serpentis, L.;— a grandezza na- turale; — de ingrandita dalle due opposte facce. Tav.XIV.fig. 1 e 2. Uovolo vegetale diviso in due, ove nel mezzo della metà sinistra 1 vedesi il pollone lapidefatto, e le pieghe o solchi laterali ; e nella destra 2 la semplice cavità : l’una e l’altra sormontate dalle foglie ripiegate , e nello stato di svolgimento. gg reticolo della sostanza esteriore costituente il fusto; — cc germe laterale; — dd, ce polloni radicali; — ff altro simile laterale. fig.3. Altro preteso /ppurite , il quale si è rappresentato nel modo in cui star dovrebbe , seguendo |’ ac- crescimento del preteso animale. Considerato in- versamente, la cavità qa è l’ analoga del pre- cedente , ma più inoltrata; dove si vede allo interno lo invoglio aa col suo cordone mediano, distinto dal successivo ed esteriore; — d pollone laterale; — c simile più sviluppato. fig. 40 pezzo della sostanza esteriore del fusto , preteso Ichthyosarcolites , secondo D’Orbigny; xx cor- done formato da introflessione, come sarà dimo- strato altrove; ee rughe trasversali. Tav.XV. ) 200 )( fig. 4b porzione del medesimo ingrandita, per mostrare la struttura e disposizione del reticolo, o cellole sue Cc, d. fig. 5. Caprotina, D’Orbiguy, o fusto striato esternamente, la cui tessitura reticolare fd vedesi ingrandita in FD, FD. Di esso si è consumata la porzione db, fg per discoprire le interne anfrattuosità, prodotte dal divaricamento del midollo ; le cavernosità sono senza verun ordine, e non comunicanti tra loro. fig. 1. Gemma nascente, ove de , de sono gli esordii de’ ripiegamenti laterali del fusto; dd parte pro- priamente radicale. fig. 2. Altra simile, ma spiralmente contorta. Si trovano di queste in diversi modi ritorte, o semplicemente in - curvate. Sarebbero entrambe valvole di Caprina, secondo il detto D’Orbigny. fig. 3. Altra simile , conica , solcata. fig. 4. Pezzo di roccia calcare del Gargano, ove 4a è un picciuolo, concavo da una faccia, convesso dal- l’ altra, e solcato nel mezzo della parte convessa, generando un cordone, come all’ ordinario. fig. 5.Un simile peduncolo, ma grande come si vede; convesso e solcato in a d; e dalla faccia opposta quasi piano. fig. 6. Pollone radicale, esternamente striato-solcato, nello interno del quale vedesi la parte più centrale disgiunta da questo invoglio, per essere franta nella estremità, mancando la porzione segnata dal- la linea a puntini ab; — dd parte radicale. Im- propriamente definita per Podopsis da Catullo. fig.6. IepurITE vero, di cui manca la porzione apicale abb. Nella sua base vi sono altri ippuriti mi- nori d ede; questa offre la sua estremità tron- cata, e la forma stellare, per ragion delle la- mine dalle quali è costituita. Vedi g. Cariofilla. L'intelligenza di tutti questi pezzi verrà chiarita coi dettagli analitici che saran dati nella seconda parte di questa opera. INDICE Acefali . . 162 Ammonites RR LA selliquinus, A\.Br. . 145 tatricus , De Buch. . 146 Brongmartianus , P. 147 filosus , Cos. 148 fimbriatus, Sow? 149 Amplessi 175 Anomia : 162 sulcata? . ivi Bolano AIUTI 39 Beryx . RR bi radians , Ag. ba Blenniomoeus NA, 89 lungicauda , Cos. ivi brevicauda , Cos. g9I lina Va le 27 Brachiopedì 172 Bufoniti. 97 Bulla . Da Ibi gijantea, Cos. ivi Carcharo4on . Sai 156 megalodon, Ag... 117 Cardium . TONCO RE 167 pectinotleum, Cos. . ivi Cefalopedì . 144 Cersthium. PA 158 dispar, Cos... + ivi Cetacei Chama: (GA rudis, Cos. dissimilis, Phil. . lamellosa, Cos. . gryphoides , Lin.. plicata , Cos. . Cheirolepis ... +. . Corax . RUGA falcatus , Ag. CORO spinosa, Cos. è Crania. A CI ringens, Hòn.. Crocodilus (Grost'ace 1a Rie E Delplns: MPENMIIAI: Elephas Galathaca strigosa . Gualeocerdus . rectus , Cos. . Casteropedì Glossopetre >. . Helix olivetorum, var. carina- . 150 ta, Cos. Helodus . è Hemipristis serra, Ag. Ci - 174 + 138 . 150 . 113 SUnz! 35 . 165 ivi . 166 ivi ivi ivi o OL 110 ivi + 165 Ivi ivi 46 36 31 - 139 - IIRX ivi 95 99 Heterophylli, Ammon.. +. Hippaqus . oe Hippopotamus Histiurus, Cos. . elatus, Cos. . Ualnucleus tO Iphigenia , Cos acuticostata , Cos. Ippariti. Lamna. ema dubia , Ag. contortidens , Ag. raphiodon, Ag. . Meptdotus 0 NCAA: acuttrostris, Cos. notopterus, Ag. . oblongus, Ag. Maximiliani, Ag. . GLIAsE A Lingue di serpenti Mammiferi Megalurites nitidum, Cos... 140 Megastoma, Così. . . . apenninum , Cos. . Mitra . CRUI fasciata , Cos. . )( 202 )( striatula, Br.var.elon- gata , Cos. . plicata, Cos. a Murex. i asperrîimus , Cos.. Mobobales ONOR. apenninus , Cos. . Mytilus SA TOO inflatus, Cos. è Nerinea . ©. . 4 elongata, Cos. + vaqinatus, De Cr.etJ. ivi e 129 elata, Cos. . iNoragon vs RESO. Penilandi, Ag. + erythrolepis , Cos. minor, Cos. . Occhiga:aser pisa Nei Oduntaspis NAT MII. elegans , Ag. . Ornithoglossae . Ortoceratili. Oo du SCA ; Salentinus, Cos. . Otoliti . Ouyrhina . st leptodon , Ag. Zippei , Ag. . hastalis , Ag. aphodon , Ag. Palaeoceros, Cos. . granulatus , Cos.. Pescio o o Phoca . Pholidophorus E Stabianus, Cos. + Plagiostomi Plectorithes . . è Portunus . Psammodus Pyenodus . pu rhombus , Ag. Achillis , Cos. Pyramidella . exiqua, Cos. . Radiolili Reltili . soi lihynchoncodes , Cos. Scacchi, Cos.. Roditori 203 )( hostrago . - 109 Rudisti . N17 Sarginites. 55 Sauropstidium , Cos. 92 Sphaeroma foveolatum, Cos. . laevissimum, Cos... ivi Sphyrna . è Scalaria . ESE ARTO prisca, Ag. plicosa, Phil. ivi Synodontherium, Cos. . Semionotus ; 64 Tapirus eurtulus, Cos. ivi Terebratula . : Sferoliti DIRE SMRE7O. caput-serpentis , L. . SS p/eciocia SNA SN . 124 Uccelli. longi.lens, Ag. . 128 Vertebre di pesci. ERRORI CORREZIONI Pag. 9$ verso 99 112 121 162 pygmaeus , Cos... . ivi Sphaerodus . anularis, Ag. cinctus , Ag. . gigas , Ag. 17 Leptodon 14 fig. 28 i iDav. VII 16 Tav. XI 7 fig. 2 leggi Helodus fig. 26 Tav. IX Tav. IX fig. 6 Met “tan Mi, Y Lui x PV ERO RITO ni Ki PRBIII Mania Wrtgi dO DÀ Nei CUM " sità ai Lia Ata perda Let e a ILE VT dune A LE: Wi RR Ù LAGAR ‘ fo Ù VASTAZA pe; ere Da LI DE ESA TTI D lizlaneo PIZZA lati dir Sl liga dai MCZ LIBRARY HARVARD UNIVERSITY CAMBRIDGE. MA USA Ta. dal algo: di Coil der. 5 ; (alinsco ie N MCZ LIBRARY | pr i A | «HARVARD UNIVERSITY »° . ai CAMBRIDGE. MA USA ie, DAZIOZIA Geo. Lar per alo 616 i MCZ LibRARY. | HARVARD UNIVERSITY CAMBRIDGE. MA USA. 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