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Tuna reggo id Pater le na SE I] 6- n a PIE, 1 tai .a well de teiona È pen ennio did ne lele 4 è ““REDIA, NALE DIaGEbNTOMOREOGIA PUBBLICATO DALLA R. STAZIONE DI ENTOMOLOGIA AGRARIA EN ESEREBNZE VIA ROMANA, 19 iaàZiolu.imie': DEII. FaAscIicoLO I e II. vi AA136T / (9 lion i pù C ‘ # Mm "ei i STERRATA A IA FIRENZE TIPOGRAFIA DI MARIANO RICCI Via San Gallo, N.° 31 1917 Il presente volume è stato pubblicato il 25 Aprile 1917. x o INDICE DEL VOLUME XII DEL « REDIA » Berlese Antonio, — Aspidiotiphagus How. e Prospaltella Ashm, (con*3: fig. nel’testo) © i tri ar RN SO ND SRO Ri “2. Centuria:prima di Acarinuovi.; Y%}3X SAS ORTO = Centuria-séconda di Acari muoviti: a i E SARA A —.' Scwtellista gigantea Berl. n sp. Vie. TION A Vi VALI — «Centuria terza: di ’Acdari* muovi ci: RN, RR 2a i BOO —_. Leopoldo. Chinaglia (con ritratto)... |. .. ib... . a Dna SL Cavazza F. — Seconda serie di esperienze interno all’ influenza di alcuni agenti chimici sul Bombyx morì . ..° ... +0 » 70 Chinaglia Leopoldo. — Revisione del genere Hydrozetes Berl. (con 7 fig. nel testo) .. . . IRA RARE NOE LT Del Guercio Giacomo. — Contribuzione alla conoscenza degli Afidi (Tav. Il, II WV) REI Giglio Tos Ermanno. — Ortotteri raccolti nella Somalia ita- liana meridionale ">. rl e I E rr Mt 2 Malenotti Ettore. — Sopra un caso di endofagia dell’ Aspidio- tiphagus citrinus (Craw.) How. sul Chrysomphalus dictyospermi (Morg.) Leon. DARCI RE ANI STARE TEOLO AES LINO RI SCRIPTA — Sulle pretese varietà del Chrysomphalus dictyospermi (Morg.) Leon. | desi (con-6 fig. ‘nel testo)» è “by i GEL N TR Pr == ISigniphora: Merceti'Malen. n. sp... 0 TRARNE IR e Nuovi ‘diaspità (Tav. Do. vito lo PO ERI ea — Prospaltella fasciata Malen. n. sp. (con 1 fig. nel testo). . . . » 195 — Metalaptus torquatus n. gen. e n. sp. di Calcidite (Tav. V) . . » 339 È CRORNALE DibheENSERONCO LO GRA Bo P DALLA R. STAZIONE DI ENTOMOLOGIA AGRARIA 0 IN FIRENZE | “9 VIA ROMANA, 19 w'ol wine II; 5° MRI FAscICOLO I e II. fi FIRENZE TIPOGRAFIA DI MARIANO RICCI Via San Gallo, N.° 31 1917 w INDICE DEL VOLUME XII DEL « REDIA » ) 1 î i Berlese Antonio, — Aspidiotiphagus How. e Prospaltella Ashm. i Ms i (cont9: fo Dal oso) Wei RZ ago 1 di" È =: Centunia* prnaa; di cari nuovi oi al e e II “Sy ; o ai. Centuria) seconda, di Acari nuovi . L00126 «SE =aentelliata: giganica Bel, Ds SP... Svelato te i IS Ei po fe Centuria cienza di Avari nuovi... Le ta ASI e SI — | Leopoldo Chinaglia (con ritratto) . . . . . . . . . . >» 961 È d x à Cavazza F. — Seconda serie di esperienze intorno all’ intluenza La di alcuni agenti chimici sul Bombyxr mori... . . 70 È Chinaglia Leopoldo. — Revisione del genere Hydrozetes Berl. i vi ci al (con 7 fig. nel testo) . . . e i e ao +4) RI | Del Guercio Giacomo. — Contribuzione alla conoscenza degli i cia EN n Ce Re LIT } Giglio Tos Ermanno. — Ortotteri raccolti nella Somalia ita- e been o N e Lino RIO. ag Malenotti Ettore. — Sopra un caso di endofagia dell’ Aspidio- : ted tiphagus citrinus (Craw.) How. sul Chrysomphalus dictyospermi "Mg (Morg.) Leon. oa AA AC PURE e DO a Sulle pretese varietà del Chrysomphalus dictyospermi (Morg.) Leon. fi” Ue ea e Ce e e IO ; SigniphoraMerceti: Malen. n. Spi >. ce. el aa» 181 « rendano Rav Dn cani id 188 si Prospaltella fasciata Malen. n. sp. (con 1 fig. nel testo) . . . » 195 o. Metalaptus torquatus n. gen. e n. sp. di Calcidite (Tav. V) . . » 339 “i — A Ù 3 n°: Ù v. ca Pi Mi È Hi = SEM PROCE S P x ‘de (ONRA A NEGO NEO. BRERLESE Via ROMANA, 19 — Firenze Aspidiotiphagus How. e Prospaltella Ashm. È noto che l Howard istituì, nel 1894, i due generi Aspidioti- phagus e° Prospalta a spese del gen. Coccophagus Westw. (1833) distinguendoli dal gen. Encarsia Foerst. (1878), ed è noto ancora che, essendo il nome Prospalta preoccupato per un genere di Le- pidotteri, ’Ashmead proponeva, nel 1904, di sostituirlo con quello di Prospaltella. Tipo degli Aspidiotiphagus è il Coccophagus citrinus del Craw (1891); della Prospaltella la Prospalta murtfeldtii How. (1894). Le differenze fra il gen. Prospaltella ed i Coccophagus sono tut- tavia sotto discussione, come quelle, del resto, fra Aspidiotiphagus e Prospaltella, ma, per queste ultime, esse tendono ad esser con- siderate per totalmente ingiustificabili. Infatti, per quanto sia stato tentato di invocarne più d’ una e desunte da organi diversi, pure coll’ affacciarsi di numerose ecce- zioni non sembra rimanere che il carattere differenziale della mag- giore o minore ampiezza del disco alare, intendasi delle ali del primo paio. « Repito — dice il Garcia Mercet (1912, p. 177) — que entre uno y otro genero no existe otro caracter diferencial que la an- chura de las alas, y ya hemos dicho cuan variable suele er ésta en las Prospaltella. Ni por la forma del pterostigma ni por las proporciones relativas de los nervios submarginal y marginal, hay « Redia n, 1916. 1 MIEI LI e? MA PT) e de LI. dA SA e ai ANTONIO BERLESE medio de separar debidamente Prospaltella de Aspidiotiphagus. tealmente, a quel nombre deberia desaparecer 6 conservarse para algan limitado nîimero de especies, pues la mayoria de las Pro- spaltella hoy conocidas podrian entrar a formar parte del género Aspidiotiphagus. Los entomdlogos italianos Sres. Masi y Silvestri me han comunicado en carta particular su opinion sobre esto asunto y creen que Prospaltella y Aspidiotiphagus son una misma cosa >». Con ciò il gen. Prospaltella minaccerebbe seriamente di scompa- rire, di fronte al precedente Aspidiotiphagus, mentre altre specie potrebbero essere rivendicate dal genere Coccophagus. Ma il solo carattere della maggiore o minore strettezza delle ali anteriori è veramente così incerto ed indefinibile da non poter sostenere esso solo la separazione generica fra gli Aspidiotiphagus e Prospaltella? Ecco la domanda a cui tende rispondere la presente nota. Considerata anche la specie più recentemente illustrata e che è la Prospaltella lounsburyi Berl. et Paoli, parassita del Chrysompha- lus dictyospermi a Madera, si vede che possono essere distinti, ap- punto in grazia della forma e proporzioni delle ali anteriori, due gruppi, sia pure diversamente numerosi e cioè, l’uno, di cui è tipo l’Aspidiotiphagus citrinus (Craw.) e comprende anche la Prospal- tella lounsburyi sopradetta (nè altre specie, per ora) ha le ali an- teriori strette; Valtro, con ali anteriori più o meno larghe, com- prende tutte le altre specie di Prospaltella e può avere per tipo la P. murtfeldii sopracitata. I termini di strette e larghe, assegnati alle ali anteriori non sono per nulla relativi, quando si possa meglio fissarli e ciò, in questo caso, è possibile. Noi vediamo infatti che nell’ A. citrinus, la massima larghezza dell’ ala anteriore cade su una linea (perpendicolare all’ asse mag- giore dell’ ala), che si diparte dal pterostigma ; possiamo cioè dire che la larghezza massima del disco alare è appunto nella regione dlel pterostigma. Così è anche nell’ Aspidiotiphagus lounsburyi (fie. 1, B). Invece, in tutte le altre specie di Prospaltella (come, del resto anche nei Coccophagus finora noti), qualunque siano le proporzioni ‘« ASPIDIOTIPHAGUS » HOW. E « PROSPALTELLA » ASHM. 3 della massima lunghezza dell’ala rispetto alla sua larghezza mas- sima, si può affermare, intanto, che questa ultima misura non cade mai nella regione del pterostigma, ma più o meno distalmente, nella porzione distale del disco, che succede a questa regione, quella parte della lamina alare, cioè, dove non sono nervature e, che, per intendersi, si potrebbe chiamare metadisco (fig. 1, A). Fig. 1. — Ali anteriori: A, di Prospaltella (filicornis Mere.); B, di Aspidiotiphagus lounsburyiî, per mostrare in a la posizione della loro massima larghezza. Meno preciso è il carattere, che si può desumere dalla lunghezza delle setole componenti la frangia dell’ala anteriore, rispetto alla ‘arghezza di questa. È noto che, in generale, tali proporzioni sono inverse, mentre la larghezza della frangia è inversamente propor- zionale a quella del disco dell’ ala ed alla statura stessa dell’ in- setto, ma non è facile fissare un limite preciso, così da offrire un buon carattere di differenza generica. Contuttociò, per quanto mostrano le specie attualmente cono- sciute dell’ uno e dell’ altro genere, può dirsi che negli Aspidioti- phagus la larghezza della frangia delle ali anteriori supera la larghezza massima loro, mentre nella Prospaltella non raggiunge tale misura. Anche in base a questo carattere la Prospaltella lounsburyi rientra negli Aspidiotiphagus. Per dimostrare quanto si afferma, anche a proposito dell’ aumento della larghezza della frangia dell’ ala anteriore, «direttamente pro- MA, 7 ine Ad) L® ro PA Ere eri n Ur SIT x Pe 3. di y Zi SIAE AS CET RIE CY Mallett Lele n 17% A $ 1 | i È 3 | È 4 ANTONIO BERLESE porzionale alla diminuzione della superficie del disco alare, si veda che, mentre nelle Prospaltella propriamente dette, le setole della frangia, come si è avvertito, non raggiungono mai la larghezza della lamina alare, invece, nell’ Aspidiotiphagus citrinus, ad un’ ala anteriore lunga 610 p. e larga 140 p.. corrisponde una frangia di larghezza massima di 180 p..; nell’ A. citrinus var. agilior, l ala anteriore è lunga 430 p.., larga 95 p.. ed ha una frangia larga, al massimo, 150 p.. Nell A. lounsburyi Vala è lunga 255 p.., larga 50 p.. e le setole maggiori della frangia misurano 95 |. In conclusione per VA. citrinus tipico la larghezza dell’ ala sta a quella massima della frangia come 2 a 2,5; nell’A. citrinus var. agilior, come 2 a 3; nell A. lounsburyi come 2 a 4. Perciò possiamo affermare che gli Aspidiotiphagus sono dei Coc- cophagus o Prospaltella, così piccoli che le loro ali hanno ormai ridottissima la superficie del disco mentre, in proporzione inversa, è aumentata la larghezza della frangia. Infatti nessuna delle specie di Prospaltella e Coccophagus veri, ad ali larghe, finora noti, scende alla piccolezza della statura dei due Aspidiotiphagus, che, certo, sono i più piccoli Afelinini finora noti e VA. lounsburyi è anche più piccolo della specie tipica del genere. Le dimensioni, infatti, sono le seguenti: per A. citrinus ho sot- t'occhio esemplari di diversa provenienza, sebbene tutti italiani ; li indico volta a volta e si vedrà che differiscono di poco, per la statura, dalle cifre indicate da altri per la medesima specie, in altre regioni. Cito inoltre una varietà, molto cospicua, dell’ A. citrinus (che chiamo erilior), la quale è comunissima nelle Chionaspis evonymi, in Firenze. Aspidiotiphagus citrinus (Craw.). FEMMINA. — Howard (1894), da 14 femmine di California, sviluppatesi dal Chrysomphalus aurantii Mask., var. citrinus della stessa loca- lità dei tipici... 0... : Lunghezza del corpo 580 p., apertura d’ali 1160 p.. <« ASPIDIOTIPHAGUS » HOW. E « PROSPALTELLA » ASHM. 5 — Garcia Mercet (1912), Spagna, varie località (da Aspidiotus IE O EAST MIRRO) I UTI «+... + +. + + Lunghezza del corpo, da 480 a 580 p. — (Berlese) Italia (Firenze). Esemplari ottenuti dall’ Aspidiotus hederae. Lunghezza del corpo 600 p., apertura d’ali 1400 p.. —- (Berlese) Corsica. Esemplari ottenuti dalla Leucaspis signoreti Targ. Lunghezza del corpo 550 p.., apertura d’ ali 1290 p. Aspidiotiphagus citrinus Craw. var. agilior Berl. n. var. FEMMINA. — (Berlese) Italia (Firenze). Esemplari ottenuti dalla Chionaspis Re nio LI LIT I Lunghezza del corpo da 500 a 540 p.., apertura dali 1128 p.. Aspidiotiphagus lounsburyi Berl. et Paoli. FEMMINA. Esemplari tipici dal Chrysomphalus dictyospermi Morg. di Madera. Lungh. del corpo da 380 a 470 w.. (1), apertura delle ali 790 p.. Le Prospaltella propriamente dette hanno una statura media, che si aggira intorno ai 700 p.. di lunghezza del corpo. La specie mas- sima, finora nota, cioè la P. maculata How. della China, è lunga 1 mill., con una larghezza massima dell’ala anteriore di 310 w..; la specie più piccola è la P. lutea Masi, italiana, che misura 520 pp. di lunghezza e di cui la larghezza dell’ala anteriore non è indi- cata; ma un’altra specie, di poco maggiore, la P. lahorensis How., lunga 540 p.., ha le ali anteriori larghe 250 p. (1) Non credo che questa ultima dimensione sia normale, perchè essa è de- sunta da esemplari ad addome e rimanente corpo molto dilatato nella prepara- zione al liquido Faure ed anche abbastanza compresso. Ritengo che la dimen- sione media normale si aggiri intorno ai 400 p. di lunghezza, escluso 1’ apice dell’oviscapto che, del resto, sporge anche meno che nell’A. citrinus. Lai Ù Mi ANTONIO BERLESE I caratteri differenziali dei generi Aspidiotiphagus e Prospaltella possono dunque essere brevemente indicati così: Aspidiotiphagus How. Massima larghezza delle ali anteriori cadente in corrispondenza del pterostigma. Nella frangia si trovano setole lunghe almeno una volta e mezzo la larghezza massima dellala. Prospaltella Ashm. Massima larghezza delte ali anteriori cadente nella lamina alare al di tà della regione del pterostigma. La frangia non è mai più larga della lamina alare. Specie del genere Aspidiotiphaghus How. finora note. Esse sono due (con una varietà) e sarà bene indicarne qui le differenze specifiche. Aspidiotiphagus citrinus (Craw.) How. Coccophagus citrinus Craw. « Destructive Insectes », Sacramento, 1891. Aspidiotiphagus citrinus Howard, « Insect Life », vol. VII, 1894. _ 2. — « Rev. Aphel. North. Amer. », 1895. _ -- Schmiedeknecht, « Gen. Ins. », 97 Fasc., 1909. _ — Garcia Mercet, « Los Aphelinos », Madrid, p. 173. La specie si è incontrata agli Stati Uniti, Brasile, Ceylon, Ita- lia, Spagna ed è comune su molte specie di Diaspiti, come ad es. : Aspidiotus auranti var. citrinus 3 Aonidiella perniciosa ; Chrysom- phalus ficus (Nord America); Diaspis rosae ; Diaspis pentagona. In Italia ho trovato molto comune la specie vivente a spese dell’ Aspidiotus hederae, e la ho pure ottenuta dalla Leucaspis st- gnoreti V pia ., proveniente da Aiaccio. Colore. Capo di color terreo-fuligineo, con occhi neri. Pronoto ed addome di tinta molto oscura, fuliginosa ed appena più chiari sono i pezzi ascellari. Il rimanente dorso del torace è giallo-pal- lido e di tale tinta sono pure le zampe, meno che le coscie del terzo paio, le quali, specialmente ne! mezzo, sono più oscure. An- tenne di color giallastro-fuligineo. Ali ialine, incolori; le anteriori con una larga fascia trasversa, abbastanza oseura, che abbraccia tutto lo spazio tra la nervatura marginale ed il tratto indurito dell’ orlo posteriore dell’ ala stessa. to « ASPIDIOTIPHAGUS » HOW. E « PROSPALTELLA » ASHM. i Caratteri morfologici. Capo appena più stretto del torace (cioè largo dall’ una all’altra cornea dell’occhio composto nella massima convessità, da 220 a 250 p..). Cornee degli occhi composti con cigli bene visibili. Antenne (fig. 2, 2) lunghe e leggermente inecurvate, col funicolo claviforme e coll’ ultimo segmento all’ apice acuto. Scapo lungo poco più dei primi tre articoli del funicolo presi insieme (che mi- surano insieme 100 p..), cioè 130 p. Antenna, escluso lo scapo, (cioè pedicello 4 funicolo + clava) Innga 300-310. Pedicello più hs a 5 A 3 Fig. 2. — Antenne di Aspidiotiphagus: A, B, di A. lounsburyi, due esemplari di diversa grandezza (massimo e minimo); €, di A. citrîinus var. agilior; D, di A. citrinus. Tutte egualmente ingrandite, cioè 170 diam. e colle dimensioni dei singoli articoli 6 gruppi di articoli. grosso dei primi segmenti del funicolo, cioè lungo 45-50 p.. ; largo © 21-25 p.., obconico. I primi tre articoli del flagello sono fra loro di lunghezza presso a poco eguale, cioè, ciascuno circa 30 pw. ; ma la larghezza del 1.° articolo è di 15 p.., mentre quella del terzo è di 21 p.. I tre articoli della clava sono lunghi, insieme, 160 u.., cioè 43 p. il primo; 46 p.. il secondo ; 70 p.. il terzo e tutti sono larghi circa 22 p.. Da ciò si vede che il primo articolo della clava è pressochè S ANTONIO BERLESE lungo quanto il secondo, cioè più corto di una quantità percetti- bile solo alle più rigorose misure. l | é (a FP -W L'ala anteriore (fig. 3, A) è lunga, senza la frangia, da 450 p. (in un esemplare piccolissimo, in cui essa è larga 80 p..) sino a 610 i negli individui più grandi e più comuni, ed in questi è larga 140 p. A La frangia è larga, nel suo massimo 180 p.. (setole dell’ orlo po- on steriore del disco, presso 1’ apice) negli esemplari più grandi e È più comuni; mentre è di 110 in quello piccolissimo suddetto. LU ; C Di i Pel FP. a B “4 B DIN® Vw Fig. 3. — Ali anteriori di Aspidiotiphagus: A, di A. citrinus; B, di A. citrinus d var. agilior; C, di A. lounsburyi. Tutte egualmente ingrandite (125 diam.). da: wi Il metadisco è limitato da orli (anteriore e posteriore) che leg- $ . di germente convergono, fino a concorrere in un angolo acuto. Questa "e : i . x ir è maniera di terminare dell’ ala, come la sua forma di mandorla È molto allungata, sono caratteristiche della specie. Do È Sull orlo libero della nervatura marginale sì contano circa 9 S setole di mediocre lunghezza (lunghe circa 40 p..) e fra di loro $ eguali. < È 3 ni « ASPIDIOTIPHAGUS » HOW. E « PROSPALTELLA » ASHM. 9 Quanto alle setole della frangia, contandole tutte, anche le più piccole all’origine della frangia stessa, esse sono in numero di 28, dal pterostigma all’ apice acuto distale del disco e 36 da questo apice all’inizio della frangia nell’ orlo posteriore. Queste sono cifre che ho desunto, pressochè invariate, da gran numero di esem- plari. (Nell individuo piccolissimo più volte citato, le setole dell’ orlo anteriore sono invece 26 e quelle dell’ orlo posteriore 532). Una larga area, di forma presso a poco ovale, si vede nel disco alare, tutta nuda di peli, ed è situata subito dopo il pterostigma e dietro a questo. Sul disco stesso si contano, oltre ai piccoli peli paralleli alla inserzione delle setole della frangia, si contano, ri- peto, un centinaio di piccoli peli, dei quali una metà circa nella zona più infoscata del disco alare, cioè sotto la nervatura margi- nale, e gli altri nel metadisco. Le ali posteriori sono incolori, ma con una leggerissima e quasi impercettibile sfumatura brunastra nella regione sotto la nerva- tura. Queste ali sono assai strette, poichè misurano 55 p. (esem- plari maggiori, mentre sono di 45 nell’esemplare minimo più volte ricordato) di larghezza massima, che cade nella regione ove finisce la nervatura, su una lunghezza di 520 p.. (esemplari più grandi, e di 370 nell’ individuo minimo). Negli individui maggiori le setole massime della frangia sono lunghe 110 p. circa. Si contano otto setole brevissime (12 p..) sull’ orlo libero della nervatura; 15 com- pongono la frangia anteriore, cioè sono sul margine anteriore dell’ala e sono brevi, per quanto vadano crescendo in lunghezza, avvicinandosi all’apice acuto dell’ ala stessa. Di qui in poi, lungo orlo posteriore dell’ala, sta la frangia posteriore, che è molto più larga (se ne è detto la misura massima) e si compone di circa 27 setole. Il torace, dall’ orlo anteriore del pronoto, a quello posteriore del pseudometatorace, è lungo 230 p., su una larghezza massima di 240 p.. (ciò negli esemplari maggiori; in quello minimo il torace misura 180 X 200). L’ endofragma è molto allungato, poichè misura 220 p.. di lunghezza (dalla sutura dello scudo del metatorace e lo scutello, fino all’ apice posteriore del detto endofragma) per una larghezza massima (alla base) di 160 (questa è la larghezza dello 10 ANTONIO BERLESE seutello); l endofragma è cioè quasi una volta e mezza più lungo. che largo; esso, posteriormente, finisce rotondato-acuto. Le zampe del secondo paio misurano : femore lungo 150 p.., largo 30, cilindrico ; tibia lunga 200 p.., larga, al massimo, 20; metatarso lungo 50 p..; 1.° e 2.° articoli del tarso insieme lunghi 40 p. — Zampe posteriori: femore lungo 140 p.. (nell’esemplare minimo 80 p..), largo 40 (circa 3,5 volte più lungo che largo), fusiforme ; tibia lunga 200 p.. (nell individuo minimo 140 4...) ; metatarso 67 |.; 1.° e 2.° artie. tarsali, insieme 60 p.. Addome largo 230 p.. ed in individui dove è normalmente di- steso, misura circa 300 p.. di lunghezza (non compreso I apice del- I’ ovopositore). Ovopositore lungo 200 p.. Dimensioni. L’ individuo più piccolo che io abbia osservato tra grandissimo numero d’ altri di dimensioni molto maggiori, ed è quello da cui ho desunto via via le misure minime di taluni or- gani, è lungo circa 500 p.., ma la media di tutti gli altri è di 600 p.., dall’ orlo degli occhi semplici a quello posteriore dell’ ultimo arti- colo dell’ addome (1). Aspidiotiphagus citrinus (Craw.), var. agilior Berl. n. var. Dalla Chionaspis evonimi dell Evonymus japonica, ho ottenuto, qui in Firenze, da più anni, ed in numero grandissimo, un Aspi- diotiphagus, che, pur dovendosi ascrivere all’ A. citrinus, pei suoi ‘aratteri più salienti, come sono ad es. la forma, struttura e pro- porzione degli arti, ne differisce abbastanza per talune secondarie modalità, sopratutto per le dimensioni dei singoli organi, colorito ecc. tanto che parmi il caso di istituire una particolare varietà, che chiamo appunto agilior per le sue più snelle proporzioni. Espongo qui sotto i caratteri e le differenze risulteranno col (1) Alcune dimensioni date dal Garcia Mercet non mi sembrano esatte. An- zitutto esemplari di 480 u. di lunghezza, se pure esistono, sono rarissimi ed anormali. Inoltre la massima larghezza dell’ ala anteriore è data, dal suddetto Autore, di 90 4. nè io ho mai veduta ala così stretta; anche la frangia dell’ala posteriore, indicata per 140 di larghezza massima, mi sembra molto eccessiva, « ASPIDIOTIPHAGUS » HOW. E « PROSPALTELLA » ASHM. 1l confronto di quelli indicati in antecedenza per la forma tipica A. citrinus Craw., secondo gli individui italiani. Colore tutto più pallido del tipo. Dimensioni. Lunghezza massima (desunta dagli esemplari maggiori e meglio distesi) di 550 p.., mai oltre; su una larghezza massima (del torace) di 180 p.. Testa più larga del torace, perchè misura 200 p.. dall’ orlo libero di una cornea dell’ occhio composto all’ altra. Caratteri morfologici. Antenne (fig. 2, C) collo scapo lungo 110 p.., cioè lungo poco più dei primi tre articoli del funicolo presi in- sieme (90 p..). Clava lunga 150 p.., cioè 1.° articolo 50 p..; 2.° 50 L..; 3.° 60 p..; il 2.° articolo misura 25 p.. di larghezza ed è il più largo di tutti. Pedicello funicolo e clava, lunghi insieme 280 p.. Ala anteriore (fig. 3, 5) della caratteristica forma di mandorla molto allungata, che ha nel tipo, trasparente e colla macchia sfu- mata, brunastra, sotto la nervatura marginale appena sensibile. Lunghezza dell’ ala 430 p..; larghezza massima 95; massima lar- ghezza della frangia 150 p.. Sull orlo libero della nervatura mar- ginale si contano 6 setole; mentre se ne noverano 26 pertinenti alla frangia anteriore e 34 in quella posteriore. Meno numerosi sono i peli sul disco; infatti se ne contano (escluse le serie sub- marginali) 35 nella regione sotto la nervatura marginale e 40 circa nel rimanente disco. La area nuda ovale sotto il pterostigma è come nel tipo. Ali posteriori lunghe 430 p..; su una larghezza massima di 40 p..; con frangia posteriore della larghezza massima di 100 yy. e composta di circa 30 setole, dall’ apice libero dell’ ala a quasi un terzo dalla sua origine. Il torace è lungo 180 p.., su una larghezza massima di altret- tanto. Endofragma lungo 180 per 150 circa, proporzionatamente molto più corto che non nel tipo. Zampe del secondo paio col femore lungo 110 p.., largo 25 p., quasi cilindrico; tibia lunga 160 p..; metatarso lungo 40 p..; 1.° e 2.° articoli del tarso, insieme lunghi 50 p.. Zampe del 3.° paio; femore lungo 100 p.; largo 35, (quindi circa tre volte più lungo che largo); fusiforme ; tibia lunga 135 tb. ; metatarso lungo 40 p..; 1.° + 2.° articoli tarsali lunghi insieme 30 jr. Addome, normalmente disteso, lungo 250 p.; largo 190 p. dA no Ì A : SR IRA II ROBBIE SS DIE SERENE, Lg ) 10 TT IE x ih $ : a pece * r ® ll spl ALE 12 ANTONIO BERLESE Questa forma non solo è distinta, adunque, per la minore sta- tura, e pel colorito meno intenso, ma, sopratutto, per la sua mag- giore snellezza, come si rileva dal fatto che il torace è molto più stretto del capo, mentre nella forma tipica le condizioni sono affatto inverse. Aspidiotiphagus lounsburyi Berl. et Paoli. Prospaltella lounsburyi Berlese e Paoli. Un endofago esotico ecc. ; (« Redia > vol. XI, fase. I, p. 305,-1916). Molto diversa è questa specie dall’ A. citrinus, non solo per le dimensioni notevolmente minori, ma per le proporzioni e la forma degli arti. | Colore più oscuro che non nell’ A. citrinus, anche sul dorso del to- race. Certamente il capo e le zampe sono di tinta più fuliginosa (1). Testa larga quanto il torace ; cioè 180 u. a 190 p.. Cornea degli occhi composti senza peli. Antenne (fig. 2, A, B) brevi, più sensibilmente clavate che non nel A. citrinus e tutte molto oscure, quasi fuliginee. Scapo breve e fusiforme, lungo 68-80 p.. su una larghezza di 15; esso è tanto Inngo quanto i tre articoli del funicolo presi assieme. Il restante della antenna (cioè pedicello + funicolo +4 seapo) misura da 160 a 190 p.. Articolo 1.° del funicolo circa tanto largo che lungo (circa 12 p..); gli altri due sono poco diversamente lunghi, ma dal 2.° al 3.° vanno crescendo di larghezza, in modo che. pe sto ultimo è più largo (13 p..) che lungo. fi Oltre che per le dimensioni, che sono quasi metà di quelle det: l'antenna dell’ A. citrinus tipico, questo organo nell’ A. lounsburyi si differenzia dal corrispondente dell’ A. citrinus tipico e della sua varietà erilior anche per la grossezza del pedicello, che è molto maggiore in A. lounsburyi (proporzionatamente), che non nelle altre due forme e per la grandezza del primo articolo della clava. Infatti, mentre nell’ A. citrinus e nella sua varietà il 1.° articolo della clava è di pochissimo, cioè insensibilmente, più corto del 2.°, (1) Molto di più non posso dire circa il colorito di questa specie, perchè non ho esemplari freschi e possiedo solo quelli tipici preparati in liquido Faure. vet ei sa Mr « ASPIDIOTIPHAGUS » HOW. E « PROSPALTELLA » ASHM. 15 invece, nell’ A. lounsburyi esso raggiunge, in lunghezza, la metà o poco più di quella del secondo articolo; perciò la sna maggior brevità salta subito all’ occhio. Clava lunga circa 90 p. per 20 di larghezza. Il primo articolo è molto breve ; in taluni esemplari più largo che lungo ; il 2.° ed il terzo sono fra loro di dimensioni pressochè eguali; 1’ ultimo però è conico-acuto. Il pedicello è molto grosso, subgloboso, lungo quasi quanto i primi articoli del funicolo presi assieme. Il torace è largo 190 p.. e lungo presso a poco altrettanto. L’endofragma è pressochè in forma di triangolo equilatero, acuto posteriormente, lungo 140 p.. e largo altrettanto. Caratteristica è la forma delle ali anteriori (fig. 3, ©). Infatti l orlo posteriore, subito dopo la parte ispessita, fa un arco in avanti, di guisa che viene a riescire parallelo o quasi all’orlo ante- riore. Così V ala non ha la forma di mandorla molto allungata, ma piuttosto quella di un piede e 1’ apice dell’ ala non fa un an- golo acuto, ma è rotondato. L’ala è lunga 225 p.., larga, al massimo, 50 p.. La massima lun- ghezza delle setole della frangia è di 95 pp. Si contano 16 setole nella frangia anteriore ed altrettante in quella posteriore, dunque circa la metà di quante se ne trovano, invece, nell’ A. citrinus. Anche i piccoli peli sul disco sono in numero di neppure la metà di quanti se ne trovano sulla lamina alare del- VA. citrinus. Oltre a ciò, la zona glabra non ha forma ovale ma è mal definita, più estesa ed occupa quasi tutta la larghezza dell’ ala. Ali posteriori strettissime; sono lunghe 300 p.. e larghe, al mas- simo, nella regione degli uncini, 25 p. Le setole più Innghe che sono nella frangia misurano 80 p. Zampe del 2.° paio col femore lungo 56 .., largo 18; la tibia lunga 80 p.. (90 negli esemplari maggiori); metatarso lungo 20-25 u..; 1.° e 2.° articoli tarsali lunghi 22-30 y.. Zampe del 3.° paio col femore lungo 45 p.. e largo 20, cioè poco più di due volte più lungo che largo; colla tibia lunga 75 p.. e larga 17; il metatarso lungo 25 p.. ed il 1.° e 2.° articoli tarsali, presi insieme, lunghi 20 p.. circa. Ovopositore lungo 100 p.. Firenze, Marzo 1916. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 28 Aprile 1916. ii De ne e I ETTORE MALENOTTI (Via Romana, 19 — Firenze) SOPRA UN CASO DI ENDOFAGIA DELL’ “ ASPIDIOTIPHAGUS CITRINUS ,, (Craw.) How. SUL “ CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI ,, (Morg.) Leon. Aleuni giorni or sono ebbi occasione di osservare, mentre rac- ‘eoglievo cocciniglie sulle piante delle serre della R. Scuola di Po- mologia delle Cascine e su quelle dell’ Istituto Agricolo Coloniale Italiano, un interessante caso di endofagia dell’ Aspidiotiphagus citrinus (Craw.) How. sul Chrysomphalus dictyospermi (Morg.) Leon. Questo endofago, che schiude di frequente dall’ Aspidiotus hederae, A. betulae, e da tante altre specie di Diaspiti, non era mai stato indicato da noi come parassita non del tutto accidentale del Chry- somphalus dictyospermi. Soltanto H. E. Hodgkiss (1) lo ricorda, in America, per il Chrysomphalus dictyospermi, sulle palme delle grandi serre di W. R. Pierson a Cromwell, nel Connecticut; e perciò questo da me osservato sarebbe il secondo caso. Il grado di inquinamento del suddetto crisonfalo per opera del- VP A. citrinus risultò fortissimo. Dì 121 femmine osservate su due foglie, ve ne erano : morte naturalmente Di IO e | barassiizzabe .. . ..'. .... 97 SANCITA I n, 1° (1) The Life-history and treatment of a Common Palm Scale. Rep. of the Mas- sach. Agr. Boll. Boston, april 1904. * af. I] LI 16 ETTORE MALENOTTI Sulle altre foglie della stessa pianta la parassitizzazione della cocciniglia era pure in misura altissima. Le osservazioni da me compiute sull’ argomento permettono ora di stabilire nettamente le : Differenze tra la maniera di comportarsi dell’Aspidiotiphagus citri- nus (Craw.) How. in confronto dell’Aspidiotiphagus lounsburyi Berl. et Paoli (1) rispetto al medesimo ospite. Queste differenze dipendono, in parte dalle dimensioni degli adulti dei due endofagi, notevolmente minori per lA. lounsburyi ; in parte dalla diversa azione patologica che essi esercitano sulle loro vittime. IL’ A. lounsburyi : 1.9) Schiude tanto dalle adulte che dalle ninfe femminili, però con una sensibile maggior proporzione da queste ultime. 2.9) Lascia inalterati forma e colore delle vittime, tanto se si tratta di adulte quanto di ninfe. Soltanto, le femmine inquinate acquistano una maggior trasparenza e fragilità; e se talvolta si osservano ninfe colorate più intensamente di altre, ciò devesi alle due diverse forme che il Chrys. dictyospermi presenta sovente as- sociate sulla stessa foglia, forme di cui mi sto occupando in altra nota. 3.°) Pratica al dorso della vittima.e del suo scudo un foro d’ uscita lungo 140-180 p.. e largo 580-100 p.. L’ A. citrinus, al contrario : 1.°) Schiude generalmente dalle adulte, e solo di rado (5 °/ circa) dalle ninfe. 2.°) Fa assumere alle adulte infette per lo più una forma pen- tagonale allungata, intermedia tra quella della ninfa e quella della (1) Vedere su questa specie: BERLESE A. e PaoLI G., Un endofago esotico efficace contro il « Chrysomphalus dictyospermi Morg. », « Redia », Vol. XI, fa- scicolo I, p. 305-307. Firenze, Ricci 1916. — BERLESE A., Aspidiotiphagus How. e Prospaltella Ashm., « Redia », Vol. XII, fase. I, p. 1-14, Firenze, Ricci, 1916. UN CASO DI ENDOFAGIA DELL’ASPIDIOTIPHAGUS CITRINUS 17 femmina ovigera sana, ed ai loro anelli addominali un margine più spiccatamente lobato che nelle sane. Inoltre, 1’ epidermide delle femmine inquinate si ispessisce notevolmente ai margini del corpo, ì quali si presentano altresì colorati in rosso-mattone. Ispessi- mento e colorazione diminuiscono invece gradatamente verso il centro del corpo, dove 1 epidermide appare sottile e di color giallo-bruno oppure paglierino. Per le ninfe non si ha cambia- mento di forma, ma soltanto di colore, divenendo esse di un color rosso mattone ai margini, e di un giallo bruno o rossastro, più intenso che nelle sane, al centro. 3.0) Si apre un foro dorsale di uscita lungo 170-250 p.. e largo 105-190 p. Differenze queste, come si vede, profonde, e tali da potersi in gran parte rilevare con la semplice lente anche dagli agricoltori. Il materiale di Chrysomphalus dictyospermi così fortemente attae- cato dall’ A. citrinus fu da me raccolto sovra ie foglie carnose di una pianticella a fibra tessile della famiglia delle Haemodoraceae, la Sanseviera arborescens. Questa pianta si trova nelle serre dell’ Istituto Agricolo Colo- niale di Firenze già da circa tre anni. Essa fu importata dal « Musée d’histoire naturelle » di Parigi, ed è originaria, come le altre specie congeneri, dell’ Africa tropi- cale e delle Indie orientali. Insieme ad altre piante delle medesime serre, essa venne esposta all’ aria libera tutti gli anni durante i tre mesi dell’ estate. Difficile quindi riesce di sapere, se con il Ckrysomphalus dictyo- spermi, che, a detta del personale sorvegliante, è sempre stato veduto sulla suddetta pianta di Nanseviera, venne pure il suo en- dofago, o se questo proviene dalla forma nostrale, adattatasi alla cocciniglia importata. La quale, qui a Firenze, manca aftatto sugli agrumi delle stesse serre, mentre, d’ altra parte, io ne ho raccolto esemplari su Cymbidium tracyanum, su Aralia reginae, su Kentia sp. e su Arenga Sp., per quanto in piecola quantità ed anch’ essì più o meno attaccati dallo stesso endofago. Una tale efficace endofagia non si ripete, purtroppo, sugli agrumi in piena coltivazione infetti dalla Bianca-rossa. L’ inte- ressante caso da me osservato potrebbe quindi trovare una spie- « Redia », 1916. 2 18 ETTORE MALENOTTI gazione nelle condizioni di mitezza e di quiete affatto particolari agli ambienti delle serre, e nel fatto che questo endofago-polifago (o, più propriamente, polissenico) è stato costretto, per diverse ge- nerazioni di seguito durante |’ anno, @ deporrè le sue uova in vit- time, relativamente non troppo numerose, dello stesso diaspite. | Firenze, R. Stazione di Entomologia Agraria, 8 maggio 1916. Gli estratti di questa Nota furono pubblicati il 22 Maggio 1916. ANTRONEO BERLESE Via Romana, 19 — Firenze Centuria prima di Acari nuovi Fra gli Acari che ho ricevuto, per istudio, da varie parti del mondo e cioè dall’ Africa orientale (Allaud ed Jeannel); dalla Etio- pia, (Rothschild); dalla Somalia italiana (Paoli); dalla N. Cale- donia (Sarrasin e Roux); dalla Repubblica Argentina (Bruck, Spegazzini) e da altre parti, nonchè fra gli italiani, che vado sem- pre raccogliendo e determinando, ho trovato un grandissimo nu- mero di specie nuove, che mi accingo a descrivere con una breve diagnosi, mentre mi riserbo di illustrarle più tardi, anche colle opportune figure. Per ora pubblico la prima centuria di specie nuove e non pochi generi e sottogeneri, non per anco stabiliti da altri. PROSTIGMATA. 1. Microtrombidium (Enemothrombium) bipapillatum Berl. n. sp. — Cinnabarinum (?), elongatum, sive duplo longius quam latum, totum densissime papillis indutum. Papillae incolores, du- plici fabrica distinetae, sive nonnullae, rariores (tamen in extremo corpore frequentiores), lanceolatae, longitudinaliter striatae, serie- bus longitudinalibus villoruam ornatae, ad 40-50 p. long. Inter has plurimae sunt multo humiliores, sed inconsuetae fabricae, quod SE, SE sla el “a a n È 7 A " è 20 ANTONIO BERLESE subglobosae sint et secundum lineam aequatorialem mucronibus sex, apice plumigeris sint ornatae et in summa parte duobus con- formibus mucronibus sint auctae; hac re, in prospectu, sive su- perne visae, figuram sexlobatam praebent. Oculi omnino sexiles et difficilius conspicui. Tarsus primi paris percrassus, amigdali- formis, e latere visus 220 u. long.; 120 p.. lat. Ad 1200 p.. long.; 600 1.. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla collecta in Africa orientale a CI. Allaud et Jeannel. 2. Microtrombidium (Enemothrombium) clavodigitatum Berl. n. sp. — Rubrum, sat corpulentum. Truncus totus papillis leniter clavatis, subvillosis, apice dilatato-digitatis (digitis conicis, acutis) nec diaphragmate interruptis, totus dense indutus. Papillae istae non vacuae videntur; sunt retrorsus leniter incur- ae, omnes intersese statura et fabrica pares, ad 40 p.. long. Pedes pilis conicis, robustis, barbatulis induti. Tarsi antici elongate ovales, tibia multo crassiores, ad 230 p.. long.; 90 p.. lat. Ad 1400 p.. long. ; 700 p. lat. Habitat raro in muscis agri Tridentini (« Tiarno »). OSSERVAZIONI. La specie è affine al M. E. denstpapillum Berl., ma ha le pa- pille molto meno fitte e diversamente conformate (senza il diaframma; all’ apice terminate da molti prolungamenti conico-digitiformi, robusti ecc.). 3. Microtrombidium (Enemothrombium) carduigerum Berl. n. sp. — Cinnabarinum. Papillae trunci (ad dorsum) densiores, duplici fabrica intersese diversae, sive maiores curte clavatae, in medio diaphragmate divisae, villosulae, parte basali cinnabarina, dimidia apicali incolore, ad 40 p.. long. ; coeterae, inter praedictas dissitae, subdiscoidales, dermati corporis appressae, basi rubrican- tes (vel non), superne albido-hyalinae, totae barbulatae. Pedes pilis conicis, barbulatis dense induti. Venter papillis maioribus super- dictis destitutus usque ad anum ; post foramen anale sicut in dorso vestitus. Ad 2200 p.. long.; 1450 p. lat. Habitat. Unum vidi exemplum collectum a Cl. Allaud et Jean- nel in Africa orientali. CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 921 4. Microtrombidium (Enemothrombium) strobiligerum Berl. n. Sp. — Abdomine saturatius atro-sanguineo, tamen inter hu- meros macula late reetangula rubra; cephalothorace vix pallidiori; pedibus cinnabarinis, segmentis mediis sanguineis. Palpi externe articulo quarto spinis tribus armato, perrobustis, ex quibus dista- lis validior, caeterae statura decrescentes; tentaculo elongate cy- lindrico. Pectina duplicia. Tarsus primi paris plus duplo longius quam latus (long. 360; lat. 160), subeylindricus. Papillae corporis duplici fabrica et colore; omnes alto tuberculo truneo-conico, basi circine chitineo cireumdato sustentae. Papillae maiores colore atro-purpureo, praecipue secundum lineam aequatorialem sunt insignitae, curtae, subglobosae, breviori pedunculo sustentae, in parte infera longitudinaliter striatae et villosae, in parte superna reticulatae et curtissime (vix conspicue) barbatulae ; haec papillae sunt longae circiter 40 p. et diam. 30 p. gaudent. Papillae mi- nores incolores, breviter foliiformes, villosulae. Pedes et palpi dense papillis foliiformibus, villosis indutae. Ad 1650 p. long.; 1200 n. lat. Habitat. Plura collegerunt exempla Cll. Allaud et Jeannel in Africa orientali. OSssERVAZIONI, La specie è affine al M. £. cruentatum Berl. (tipico) di Giava, ma le papille maggiori sono certamente molto diverse. Anche il colore è dif- ferente. 5. Microtrombidium plicifrons Berl. n. sp. — Cinnaba- rinum, pedibus rostroque miniaceis. Corpus peculiaris fabricae, quod non suleo nec linea cephalothorax ab abdomine sit distin- ctus, sed inter humeros plica transversa recta stat, quae, tamen in exemplis valde repletis evanescit. Truncus subeylindricus, hume- ris parum prominulis, totus papillis densis, perfecte aequedissitis et retrorsus omnibus pariter directis elegantissime ornatus. Papil- lae omnes intersese conformes et statura pares sunt, lanceolatae, erassiusculae, leniter incurvae, latere dorsuali duplici linea villo- rum cinnabarinorum signatae, villisque conformibus marginatae ; subtus nudae; hace re rubro tristriatae adparent. Tarsi antici ceor- dati, basi lati, sive ad 150 L.. long.; 95 p. lat. Ad 1100 p.. long.; 660 pu. lat. FaPetag ast i A i ii di. 32 ANTONIO BERLESE Habitat. Austro-America, Nonnulla exeémpla huius pulcherrimae speciei collegit CI. Bruck ad. « La Plata ». 6. Microtrombidium 13-maculatum Berl. n. sp. — Cinnaba- rinum, capitethorace, rostro pedibusque roseo-miniaceis. Dorsum abdominis maculis rotundis usque ad 13 numero, albicantibus ornatus, quibus una in medio antico abdomine; altera in medio dorso, minor, alia postica sat magna; adsunt etiam utrinque ma- culae eiusdem coloris, variae magnitudinis quinque, seriem mar- gini laterali parallelam efticientes. Corpus sat elongatum; pedes longi et exiles. Papillae omnes conformes, sive elongate conicae, barbulis longis ornatae, sat erassae, statura pares, sed nonnullae incolores (in maculis), caeterae laete cinnabarinae, ad 40 p.. long. Tarsus primi paris elongate ovalis, fere triplo longior quam latus (340 p.. long.; 140 p.. lat.). Palpus articulo quarto externe spina sat valida ad unguem aucto ; interne pectine 8-9 spinigero; tenta- culo sat brevi, cylindro-conico. Exempla juniora maculis numero paucioribus gaundent. Ad 1800 p.. long.; 950 p.. lat. Habitat. Nonnulla exempla collegit Cl. Bruck ad « La Plata ». (Am. Austr.) . 4 7. Diplothrombium eximium Berl. var. insignius n. var. — Rubrum, pedibus vix pallidioribus. Diftert a typico praecipue (sta- tura ?) pilis tranci basi alto tuberculo sustentis; tarsis anticis multo elongatioribus (700 p. long.; 210 p.. lat. in exemplo magno), sive amplius triplo longioribus quam latis (in typico minus triplo sunt longi) et claviformibus. In exemplis junioribus, sive statura D. eximii typici, tarsi antici elongatiores sunt, subeylindrici. Ad 2650 p.. long.; 1850 p.. lat. (Exempla maiora ad 3 mill. long.). Habitat. Plura exempla collegi in mense septemb. inter folia emortua et in muscis ad Vallombrosa. OSSERVAZIONI. Può essere che l’esemplare tipico del D. eximium (Germania) non sia adulto e perciò non insisto sulla differenza di statura tra la specie tipica e la presente varietà. Però ho confrontato la specie tipica con individui della varietà di eguale statura e veggo che gli altri caratteri differenziali, sopra indicati, rimangono invariati in tutti gli individui italiani, in confronto di quello germanico. Può essere si tratti veramente di una specie diversa anzi- chè di semplice varietà, ma i caratteri della cresta metopica e dei palpi sono conformi. Mico. OA ZE [ERETTI apra trge Ma EI CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI di 8. Smaridia pulcherrima Berl. n. sp. — S. rubro quadrima- culata, quod dorsum (et pedes) squamis latis nigris sint obtecta, exceptis maculis dorsualibus quatuor, sive una antica verticem late occupanti; duabus lateralibus, subhumeralibus, denique una postica in medio extremo dorso, quae maculae squamis struetura conformibus, sed hyalinis sunt obtectae. Sunt etiam duae maculae (utrinque una) ad oculos, minores, elongate ovales. Squamae sunt trunci magnae, subovales, tamen apice subacutae, inferne concavae, superne convexae, costula media robustiori carinatae, totae dense aciculis scabratae. In squamis nigricantibus, costula et acienlae nigerrimae sunt; in hyalinis hyalinae. Squamae omnes dirciter 30 p.. sunt longae. In pedibus et palpis squamae omnes nigrae sunt, elongatiores, sive lanceolatae, caeterum trunci conformes. Pedes perlongi. Ad 950 p.. long.; 600 p.. lat. Pedes antici ad 1500 p.. long. Habitat in Africa orientale. Collegerunt CI, Alland et Jeannel. 9. Smaris exculpta Berl. n. sp. — S. rubra, sculptura der- matis totius ut in S. caelata Jabae, sell papillis omnibus confor- mibus, sive clavato-lanceolatis, retrorsus recurvis, nullo pilo sim- plici interposito. In dorso utrinque foveae tredecim numero sunt ubi dermatis plicae radiatim concurrunt ad glandulare foramen, nullo pilo ornatae. Alia conformis fovea impar est inter oculos. Tarsi antici elli- psoidei fere duplo et dimidio longiores quam lati. Ad 2500 p.. long. ; 1550 pw. lat. Habitat in Atrica orientali. Coll. CI. Alland et Jeannel. MESOSTIGMATA. SUBGEN. CYLLIBULA BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Oyllibano (Uropodidae). Typus: €. €. infumata Berl. 10. Cyllibano (Cyllubula) infumata Berl. n. sp. — Satu- rate badio-fusca, lateribus etiam infumate fuscioribus, perfeete ovata, antice angulata, perconvexa, nitidissima, pilis simplicibus, riolo cd tipi ci ni 24 ANTONIO BERLESE percurtis in dorso (non tamen ad margines) rectis, ornata. Epi- stoma rotundato-trimucronatum, saturate badio-piceum. Margo postieus prope lineam mediam utrinque tuberculis minimis, qua- tuor numero, non piligeris ornatus. Stigma inter tertias et quartas coxas apertum, peritrematis ramulo descendenti ad tertias coxas oblique decurrenti; ramo ascendenti arcuatim extrorsus plicato. Foem. epyginio lanceolato, magno, usque post quartas coxas pro- ducto. Ad 560 p.. long.; 440 p.. lat. Mas foramine genitali rotundo, inter quartas coxas aperto. Ad 520 p.. long.; 410 p.. lat. Habitat in nidis formicae: Acromyrmex lundi. Quamplurima exempla collegit CI. Bruck ad « La Plata » et mecum benignis- sime communicavit. 11. Discopoma coronata Berl. n. sp. — Testaceo-fuliginea, pyriformis (quod ovata sit, sed antice valde attenuato-producta), summo vertice rotundato. Dorsum in medio carina alta et lata ele- vatum. Margo totus papillis curtiuseulis, crassis, acutulis et in- curvis ornatus. Scutum medium sat magnam dorsi partem nudam ad lateres et postice relinquens, in quo dermate molli seutula 22 sunt, aeque distributa, quasi scutulo medio coronam sistentia et quodque seutulum spinulam brevem gerit. Spinulae conformes sunt etiam in scuto medio, quod areolato-scabratum est, postice mu- crone insignitum. Epigynium ferri equini instar, elongati, fabrica- tum. Foem. ad 460 p.. long.; 330 p. lat. Mas scutulis marginali- bus obsoletioribus. Ad 440 p. long.; 290 p. lat. Habitat. Plura collegit exempla Cl. Bruck ad « La Plata », in nidis formicae : Acromyrmea lundi. SUBGEN. OLOUROPODA BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Uropoda Latr. Characeteres generis (sensu strieto), sed linea metapodica nulla, sive scutum ventrale totum integrum. Spe- cies typica UV. 0. nitidissima Berl. 12. Uropoda (Olouropoda) nitidissima Berl. n. sp. — Mas testaceo-badius, perfecte obovalis, postice acutus, nitidissimus ; pilis ad marginem rarioribus, exilioribus, curtis. Peritrema striete ig ii CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 25 uniplicatum, ramulo inferno vix arcuato. Scutum dorsuale inte- grum. Maris foramen genitale (ovale) inter tertias coxas insitum. Dorsum et venter subglabra. Ad 660 p. long.; 430 p.. lat. Habitat. Mares duos (duasque nymphas omeom.) vidi collectos a Cl. Allaud et Jeannel in Africa orientali. 13. Uropoda coronata Berl. n. sp. — Badia. Facies nostratis U. obscurae, sed vix posterius minus acuta. Vertex in laminam valde produetus, cuins margo apicalis antieus subrotundato-trun- catus, in dentes, tres, incisura duplici, in qua pilus sat longus api- calis est insitus, seulptus est. Metapodium angulatim attennatum. Peritrema ramulo ascendenti toto oblique ad marginem (corporis) decurrenti et undulato. Epigynium amigdaliforme, anterius angn- latim rotundatum. Margines corporis et dorsum pilis aequedis- sitis, simplicibus, sat longis, fere ut in UV. obseura, ornati. Seutum dorsuale integrnm. Ad 1000 pu. long. ; 680 p.. lat. | Habitat. Mares foeminasque plures nec non nymphas omeomor- phas (et larvam hexapodam) vidi colleetos in Somalia a C1. Prof. G. Paoli, in lignis putrescentibus, ad foces Jubae. +EN. URODIASPIS BERL. N. GEN. Ex Fam. Uropodidae. Typus: U. tecta Berlese ex Kram: Adde: Uropoda foraminifera Trig. (quae minor. est. An satis diversa ?). Urodiaspis tecta Berl. n. sp. (= Uropoda tecta Berl. ex Kramer, A. M. Sc. it. XLI-10). Videas fig. et descript. in A. M. Se. it., sed (quod ibi non dixi) dorsum in medio alte et subito quasi in carinam longitudinalem elevatum est. Ad 750-770 p.. long.; 600 u. lat. (melins mensa). Habitat haud rara in muscis, praecipue altioram montium Ita- liae centralis et septentrion. 14. Urodinychus retrobarbatulus Berl. n. sp. — Mas badio- castaneus, ellipticus, postice rotundatus. Sentum dorsuale medium convexum, nulla impressione signatum, dermate scabro, pilis sat densis, mediocribas totum indutum. Sentum marginale non bene, in VISRNI Sert Pi, LIMI Aia die As 26 + ANTONIO BERLESE margine interno, dentieulato-incisum. Pili in margine corporis mi- nimi, sat rari, tamen in margine extremo, aliquanto densiores; quamvis curtuli. Linea metapodica obliqua ad margines decurrens. Foramen genitale rotundum, inter tertias et quartas coxas insitum, easque fere attingens. Peritrema unci stricti more plicatum, non margines corporis attingens, sed a marginibus iisdem sat remo- tum. Ad 530 p.. long.; 480 p. lat. Habitat. Collegerunt exemplum unum CIl. Allaud et Jeannel in Africa orientali. 15. Urodinychus hieroglyphicus Berl. n. sp. — Mas testaceo- fuligineus, sat elongate ellipticus, lateribus subparallelis, postice subacutus, subimpilus, tamen in margine pilis aliquot percurtis, simplicibus, aequedissitis vix ornatus. Derma totum sat crasse areo- latum. Scutum dorsuale medium non impressum. Linea metapodica oblique ad margines decurrens. Foramen genitale magnum, subcir- culare, inter tertias coxas apertum. Peritrema insolite complicatum, quod primitus figuram late S-formem constituat, denique, ramo superno supradictae litterae, marginem fere attingat eique paral- leliter decurrat, sed, denique interius plicetur et supra secundas coxas procedat. Ad 700 p.. long.; 420 p. lat. Habitat in Africa orientali; collectus est a CII. Allaud et Jeannel. 16. Urodinychus terrosus Berl. n. sp. — U. testaceo-fuligi- neus, totus terra et quisquiliis sordidus, ovalis, marginibus pilis crassis apice late-spatulatis, subbarbatulis, deorsus et retrorsus inflexis, magnis ornatus. Dorsum convexum, tamen impressionibus linearibus, longitudinalibns duabus in dimidio postico seuto si- gnatum, coronam strictam intersese occludentibus pilis cylindricis et appendicibus remiformibus supradictae fabricae indutum. Derma totum (exceptis lineis profundis supradictis, ubi derma laeve est) reticulatum. Linea metapodica subrecte ad margines excurrens, sat a postico pede remota, Epigynium stricte amigdaliforme, usque ad summas quartas coxas productum, anterius acute rotundatum. Peritremata primitus ad marginem arcuatim decurrentia, denique ad coxas secundas recurrentia. Ad 600 u. Jong.; 470 p. lat. Habitat. Exempla nonnulla utriusque sexus et pullos vidi colleeta ad « La Plata » a CI. Bruck, in nidis formicae: Acromyrmex lundi. CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI LS) -1 SUBGEN. DIURODINYCHUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Urodinychus. Typus: U, D. rectangulovatus n. sp. 17. Urodinychus (Diurodinychus) rectangulovatus Berl. n. sp. — Foem. testacea, marginibus subparallelis, postice rotundata. Scutum dorsuale scabratum, sive punctis pellucidulis sat crebre signatum, pilis sat raris, curtis simplicibus auetum. Margines cor- poris ad humeros tenui squama aucti et pilis curtis, simplicibus, aequedissitis, parvo tuberenlo sustentis praediti, Linea metapodiea valde oblique ad margines laterales excurrens. Fovea postpedalis nulla. Epigynium amygdaliforme, magnum, postice truncatum et usque ad extremas coxas quartas productum, anterius rotundato- acutum. Scuti dorsualis marginalis margo interior ad humeros sen- sim ut in Urodinychis crenulato-incisus. Dorsum postice valde de- pressum, ita ut linea inter scutum dorsuale medium et posticum profundior in dorso sit et lateri ventrali fere contigua adpareat. Peritrema unei lati et rotundati more inflexum. Ad 530 u. long.; 350 1. lat. Habitat raro in muscis, ad « Vallombrosa ». Mas ignotus. 18. Uroobovella interrupta Berl. n. sp. — Saturate badia, ovata, antice et postice aeque rotundata, convexa, nitidissima. Pili sunt minimi submarginales, aequedissiti, non ultra ceorporis mar- ‘ ginem produceti. Dorsum pilis minutis, aequedissitis vestitum. Epi- stoma fuscobadium, obtuso-mucronatum, utrinque linea longitudi- nali divergenti quasi in areas tres divisum. Scutum ventrale fissura arcuata, perconspicua, minime interrupta ab anale seiunetum. Fo- veolae pedales posticae in angulum acutum, iineae corporis longi- tudinali mediae subparallelum desinent. Peritremata curvam per- stricte rotundatam extrorsus conficiunt, valde a margine corporis remotam. Foem.; seuto genitali ovato, amygdaliformi, inter quartas coxas subito aliquanto constrieto et subimpresso, postice subrotun- dato, a summa coxa secunda, ad extremam quartam extenso. Ad 480 p. long.; 380 p. lat. PA RT REY CRT do eg RONN TINO, ai E OPA 5 A O ati “de 25 ANTONIO BERLESE Habitat in nidis formicae : Acromyrmex lundi, ad « La Plata ». Plurima utriusque sexus et pullorum exempla collegit et mihi misit CI. Bruck. SUBGEN. CALOTRACHYTES BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Polyaspis Berl. — Typus: 7rachynotus selerophyllus Mich. (« N. Zelanda »). Adde: 7rachynotus fimbriatipes Mich. (« N. Ze- landa »). GEN. DISCOTRACHYTES BERL. N. GEN. (Ex Fam. Uropodidae ; trib.: Polyaspidini). Characteres gen. Eutrachytes, sed pedes antici ambulaero destituti. Species typica: 1). splendidiformis Berl. 19. Discotrachytes splendidiformis Berl. n. sp. — Mas te- staceo—fuligineus. Facies Discopomae splendidae. Seuta omnia crasse reticulato-foveolata. Corpus pyriforme, ad margines pilis raris, aequedissitis, minutis, deorsum inflexis vix anetum. Ad 900 p.. long. ; 650 u.. lat. Habitat in Africa orientali. Colleg. CI. Allaud et Jeannel. 20. Discotrachytes spinosissimus Berl. n. sp. — Mas testaceo- fuligineus, trigono-pyriformis, depressus. Seuta dorsualia sublaevia. Margo corporis pilis perlongis et densis ornatus, ex quibus antici, molles, retrorsus incurvi sunt, denique, ad quartos pedes recti, primitus debiliores, gradatim, marginem posticum versus robustiores et longiores ; postremi maximi et crassiores, tertiam cireiter partem totius corporis longitudines aequantes, omnes autem alto et robu- stiori tuberculo sustenti. In margine postico, ad ventrem, sunt etiam pili longiores, sed minus crassi, introrsus recurvi, utrinque numero quatuor, basi latissimi, subito autem attenuati. Pili recti, dorsuales marginis posterioris sunt utrinque numero 9. Ad 570 p. long.; 450 1. lat. Habitat. Unum marem collegerunt in Africa orientali Cl. Allaud et Jeannel. —_mn x call" CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 29 21. Euzercon jeanneli Berl. n. sp. — Badius, ellipticus, sat latus, pilis curtis in marginibus corporis auetus, nullo postico caeteris longioribus. Mas sterni margine anteriore processubus tu- bereuliformibus duobus, apice rotundatis, ineisura angulata basi seiunetis, magnis ornato. Foemina sterni margine anteriori vix antrorsus arcuato; margine anteriori foraminis genitalis (quare etiam postico sterni) non nimis antrorsus arcuato. Mas ad 850 I. long.; 600 p.. lat.; Foem. 920 p.. long.; 690 1. lat. Habitat. Plura utriusque sexus collegerunt exempla CIl. Allaud et Jeannel, cui speciem reverentissime dicatam volui, in Africa orientali. SUBGEN. LEPTANTENNUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Messoracarus Silv., cuius valde affine, tamen sterni et seuti postanalis fabrica, aliisque characteribus (foemineis) diversum. Corpus transverse ovale, pilis conicis aequedissitis, radiantibus ad margines ornatum, supra convexum, nitidum. Sternum frustu- lis tribus (praeter jugularia) compositum, sive primum transverse rectangulo-ovale ; secundum transverse vittiforme, tertium obtri- gonum, anterius rectum, postice angulo profunde inter valvas ge- nitales (magnas, subtrigonas, longiores quam latiores, intersese angulo interne subeontiguas) penetrans. Seutum epigastrieo-anale late ampulliforme : scutum postanale transverse vittiforme, plus minusve cum marginale concretum. Pedes antici femure basi stri- ctiori peduneulo cum trochantere articulato. Coetera sat sicut in gen. Messoracarus Silv. Species typica: M. (L.) pendulipes Berl. 22. Messoracarus (Leptantennus) pendulipes Berl. n. sp. — Foem. testacea, transverse elliptica, ad dorsum sat convexa, pi- lis dorsualibus mediocribus, exilibus, aequedissitis ornata; pilis marginalibus (cuius series ad humeros exoritur) utrinque 29-30 elongate lanceolatis, aequidissitis (post tertios pedes tamen vix densioribus), ad 50 p.. long. praedita. Pedes antici femure basi exillimo ita ut caeter terminalis pes fere pendulus e trochantere adpareat. Ad 450 p.. long.; 510 p. lat. Habitat. Collegerunt unam foeminam Cl. Alland et Jeannel in Africa orientali. Species myrmecophila mihi videtur. e e API SI, IA NO Ti ibi. d'a 50 ANTONIO BERLESE GEN. PSEUDOL ZZLAPS BERL. nom. nov. Badii. Maris pedes omnes inermes. Epistoma duriusculum, ante- rius spinosum ut in Pergamasis. Foem. scutum hypogastricum maius, usque ad scutum anale trigonum produetum. Scuta peritrematica cum parapodicis confusa, valde post quartas coxas producta, ut in Pachylaelaptinis. Scutum dorsunale totum dorsum ocenpans, inte- grum, aliquando sat in ventre inflexnm. Species typica: Laelaps (Hoplolaelaps) doderoi Berl. NoTA. Per questa specie e per l’affinissima L. H. paulseni Berl., ho istituito altra volta (« Redia », vol. VI, 1910, p. 259) il sottogenere Hoplolaelaps, fra i Laelaps. Ma io avevo già usato tale nome (« Zool. Anzeig. » 1903, Bd. XXVII, n. 1) per quei Lelaptidi pei quali 1'Oudemans aveva già fatto il genere Pseudo- parasitus per cui il nome Hoplolaelaps.è da abbandonarsi per questi e per quelli, ed ora lo muto in Pseudolaelaps ed ho anche trovato il maschio. La sinonimia, adunque, è la seguente: Pseudoparasitus Oud. = Hoplolaelaps Berl. 1903; Hoplo- laelaps Berl. 1910= Pseudolaelaps Berl. 1916. GEN. LAELANTENNUS BERL. N. GEN. (Ex fam. Laelaptidae, trib. Laelaptini). Facies Myrmonyssi anten- nophoroidis, sed pedes antici ambulacro destituti. Mandibulae fixae, curtulae, apice papilla molli, subeonico-rotundata terminatae(Foem.). Senta ventralia ut in Myrmonyssis supradictis. Mas ignotus. Certe insecticoli; an myrmecophili ? Species typica L. lagena Berl. 25. Laelantennus lagena Berl. n. sp. — Foem. testacea, bur- siformis, valde corpulenta, seuto dorsuali totum dorsum occupante. Epigastrinm (cum epigynio confusum) latum, marginibus erosis. Pili corporis breves, rari, simplices. Ad 530 p.. long.; 540 p. lat. Habitat in Africa orientali. Colleg. CII. Allaud et Jeannel. 24. Eviphis magnificus Berl. — Foem. saturate rubro-te- staceus, rotundus, pilis robustis et sat longis, aequedissitis ad margines auctus. Scuta ectopodica cum sceuto peritrematico confusa. noi CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 51 Scutum peritrematicum (cum metapodico coneretum) usque ad seu- tum anale, latius, trigonum, productum idque attingens. Seutum epigastricum angulato-lagenaeforme, totum spatium inter metapo- dia et scutum anale occupans. Ad 460 p.. long.; 390 p. lat. Habitat in Africa orientali, collegerunt C11. Alland et Jeanne]. OSSERVAZIONE, Il carattere degli scudetti ectopodici (del 3.° e 4.° paio) sal- dati collo scudo peritrematico-metapodico avrebbe valore, a mio eredere, di so- stenere un sottogenere, che potrebbe chiamarsi Oloiphis. GEN. JTULOLAELAPS BERL. N. GEN. Characteres gen. Hypoaspis, sed corpus robustius et melius chi- tineum. Ambulacra omnia ungue omnino destituta, ad cursum su- per laeves et nitidas superficies tantum apta. Species typica : Julolaelaps dispar Berl. (Animaleula haec super Julidas agilissime currunt nee non super laeviores superficies, sed super asperas nulla ope incedere possunt. Species tres infrade- seriptae in « Somalia italiana » super Julidas maiores sunt inventae a C1. Paoli). 25. Julolaelaps dispar Berl. n. sp. — Badius, ovatus, mas a foemina sua statura minore, corpore elongatiori valde diversus. Foem. ovalis, posterius rotundata, pilis sat densis et sat validis tota ad dorsum et ad margines induta. Pedes secundi paris cae- teris vix erassiores, nulla spina robusta armati. Metapodia minima, rotunda. Epigyninm cum seuto ventrali confusum, lagenaeforme. Scutum anale elongatius trigonum. Ad 1500 p.. long. ; 1000 uv. lat. Mas testaceo-badius, elongate elliptieus, totus pilis densis, ro- bustis et, praecipue in corpore postico, longioribus indutus. Coxae quarti paris intersese valde appressae. Pedes secundi paris caete- ris vix crassiores, inermes. Mandibulae chela digitis ambobus cul triformibus, edentatis, subrectis, subhyalinis, caleari eultriformi, digitis iisdlem duplo longiori et lato, vix ad $S ineurvo, multo ultra digitos antrorsus porrecto. Ad 1120 u. long.; 650 p.. lat. Habitat super Julidem quemdam, statura maiore, in « Somalia italiana (Goriei) ». Coll. plura exempla €C1. Paoli. v able! Pl a di e Sa 32 ANTONIO BERLESE 26. Julolaelaps rotundatus Berl. n. sp. — Mas ignotus. Foem. badia, sat late ovato-rotundata, valde convexa, pilis curtioribus induta. Pedes secundi paris caeteris crassitie subpares, nulla vali diori spina vestiti. Epigynium (cum scuto ventrali confusum) valde ultra quartas coxas (intersese valde remotas) productum. Scutum anale subtrigonum, postice attenuatum, non vel vix longius quam latum. Metapodia perparvula, ovalia. Ad 1150 p.. long. ; 850 p. lat. Habitat. Plura exempla (foeminea) coll. CI. Paoli in « Somalia ita- liana (EI Ualac)», super maiorem Julidem quemdamagillime currentia. 27. Julolaelaps luctator Berl. n. sp. — Mas ignotus. Foem. saturate badia; rectangulo-ovalis, lateribus parallelis, postice ro- tundata, pilis minutissimis parce induta. Pedes secundi paris cae- teris crassiores et spinis curtis, validioribus inferne et ad apicem ornati (in femure spinae sunt tres; in genu et tibia duae; in tarso duae, aliaeque duae apicales). Etiam caeteri pedes inferne et ad apicem spinosi. Epigastrium strictum, parum post quartas coxas produetum. Scutum anale regulariter trigonum. Metapodia magna, transverse late semilunaria. Ad 1500 pu. long.; 950 p. lat. Habitat in « Somalia italiana », super Julides maiores velocis- sime eurrens. CI. Paoli unum exemplum collegit ad « El Ualac », cum J. dispari ; aliud ad « Goriei ». GEN. AMEROSEIUS BERTI. 1904. Ho fondato il genere pel Seius echinatus del Koch, che si deve considerare si- nonimo del $S. hirsutus dello stesso Autore. Al gruppo ho ritenuto altra volta che si dovesse aggiungere il Seius muricatus K.; il mio S. unguiculatus ed altri. Inoltre (Acarotheca italica, p. 12) ho ritenuto che il genere Ameroseius dovesse rientrare, col gen. Seius Koch (tipo : $S. togatus), in una stessa tribù (Seiini) della famiglia Seiidae, la quale sarebbe stata distinta dalla fam. Zerconidae. Oggi, dopo aver ristudiato tutti questi generi e le loro specie mi sono con- vinto di quanto segue : Il gen. Seius K. (tipo : S. togatus) abbraccia poche specie e, per la posizione dell’ apertura genitale del maschio, come per lo scudo dorsale diviso, può rien- trare nella stessa famiglia coi Zercon ed altri generi da me già iscritti nella famiglia Zerconidae e bisognerà, vedere se vi potranno aver luogo anche i ge- neri Atacoseius Berl. (di cui non si conoscono gli adulti) ed Epicroseius Berl. (di cui non sono noti i maschi); certo vi deve entrare il gen. Deraiophorus Can. sebbene forse in una tribù distinta. FR RT TE i Reg FORT RT e "4, ) Ra vt cl ROTTO agli î I CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 35 ‘Invece, la tribù dei /odocinini si deve ascrivere alla famiglia Laelaptidae e comprenderà i generi : Podocinum Berl.; Ameroseius Berl.; Asternoseius Ber], ; Epicriopsis n. gen.; Iphidozercon Berl.; Amblyseius Berl.; Iphiseius Berl. e con- verrà discutere come e quanto si può differenziare dalla tribù dei Phytoseiini. Quanto poi al gen. Ameroseius ho trovato alcune nuove specie congeneri del- VA. echinatus K. e con caratteri comuni tali da permettere che questo genere venga distinto da quello di cui è tipo il Seius muricatus (A. M. Sc. italiani. XLI, 6), da me illustrato, richiamandomi alla specie del Koch. Questo ultimo genere io chiamo ora Lasioseius e suddivido in parecchi sottogeneri e vi com- prendo anche i miei Epicrius corniger ; E laelaptoides ; E. glaber di altri tempi. Riguardo al gen. Paraseius Triig. fondato pel Gamasus mollis Kram. esso, come dirò innanzi, è da discutersi. Io stabilisco qui un nuovo genere Epicriopsis (pel Gamasus horridus del Kramer), con un sottogenere (Actinoseius), di cui è tipo una bellissima nuova specie sudamericana (£. A. tferrificans). A questi generi e sottogeneri va probabilmente aggiunto il gen. Hoploseius Berl., della cui posizione però saremo certi dopo il rinvenimento del maschio (Vedi « Redia », vol. X, fasc, I, p. 136). Ecco come possono essere distribuite, nei vari generi e sottogeneri, le specie î di Podocinini, dei generi Ameroseius, Lasioseius, Epicriopsis finora note, con quelle ; che qui si descriveranno. 1 Gen. Lasioscius n. gen. typus Seius muricatus Berl. ex Koch. a) Subgen. Lasioseius (s. str.), species: L. muricatus Berl. ex K.; Gamasus tricornis Kram. (non abbastanza bene descritto per poterlo identiticare); Epicrius glaber Berl.; E. corniger Berl. ; E. laelaptoides Berl. (1887, non Ameroseius lae- laptoides Berl. 1904, che forse non è neppure di questo genere); Hypoaspis neo- corniger Oudem. ; Ameroseius italicus Berl. ; A. borealis Berl. ; A. flagellatus Berl. ; A. jacobsoni Berl. ; A. bispinosus Berl. ; Paraseius glaber var. minor Trig.; Seiulus novaeguineae Oudem.; Paraseius serratus Halb.; P. tenuipes Halb. ; Hypoaspis scu- talis Banks; Lasioseius grandis n. sp.; L. parapodicus n. sp.; L. similis n. sp. ; L. parvulus n. sp.; L. mutilus n. sp.; L. fissuratus n. sp. (et. var.); L. brevi- sternus n. sp.: L. conviva n. sp. (et var.); L. consocius n, sp.; L. pusillus n. sp.; L. listrophorus n. sp. b) Subgen. Cheiroseius n. ; typus: Seius unguiculatus Berl. Adde ; L. Ch, al- pestris n. sp. c) Subgen. Zygoseius n, ; typus: L. Z. furciger n. Sp. d) Subgen. Platyscius n. ; typus: L. P. capillatus n. sp. Adde: Hypoaspis subglabra Oudem.; L. P. mollicomus n. sp. e) Subgen. Zercoseius n. ; typus: Seius spathuliger Leon. Adde : Gamasus re- » di miger Kram. ; Hypoaspis ometes Oudem. ; Ameroseius rveticulatus Berl.; L. Z., paliger 4 n. Sp.; ZL. Z. podocinoides n. sp.; L. Z. penicilliger n. sp. (et var.); L. Z. sub- È laevis n. sp. a _ Sf) Subgen. “Leioseius n, ; typus Ameroseius minusculus Berl. Adde: A. favosus È Berl. ; A. crassipes Berl.; L. L. venustulus n. sp.; L. L. setosulus n. sp. 2. Gen. Ameroseius Berl.; typus Seius hirsutus Berl. ex K. Adde: Seiulus À È « Redia », 1916. 3 n 34 ANTONIO BERLESE ». plumosus Oud.; A. geometricus Berl.; A. epicrioides n. sp.; A. sculptilis n. sp. A. tenellus n. Sp. 3. Gen. Epicriopsis Berl. n. gen. Typus Gamasus horridus Kram. Adde: E. horrida, var. sicula n. var. a) Subgen. Actinoseius n. ; typus P. A. terrificans n. sp. 4. Hoploscius Berl.; typus Zercon cometa Berl. GEN. LASIOSEIUS BERL. N. GEN. U ha Typus: Seius mugicatus Berl. ex Koch. Lasioseius italicus Berl. (= Ameroseius italicus Berl., « Redia », vol. II, fase. 2.9, p. 234). — Mas ad 480 pw. long. ; 300 p. lat. Calcar mandibulae mirae longitudinis, flagelliforme, in tertia parte apicali inflexum et extra rostrum ad eius basim transverse productum, totum eirciter 200 u. long. Cum foemina, ad « Udine » inter folia putria. Lasioseius borealis Berl. (« Redia », vol. I, fasc. 2.°%, p. 259). — Deserip- tioni ibi praeditae adde : Scutum peritrematicum post quartos pedes parum pro- ductum, rotundatum. Canaliculus inferior peritrematis foveolae pedis quartis valde adpressus et parallelus et in eodem margine postero-interiori foveolae eiusdem desinens. Tarsus primi paris ad 140 p. long. Exemplum typicum vidi collectum in Norvegia, sed alia typico conformia ipse collegi in septentrionalis Italiae altiorum montium muscis. 8. Lasioseius borealis Berl. var. temperatus Berl. n. var. — Typico etiam statura persimilis; differt propter scutulorum peri- trematicorum fabricam; quae scuta post quartos pedes angulato— rotundatim sunt valde producta et canaliculus posticus peritrematis in medio margine interiori seuti peritrematici, post quartos pedes desinet. Tarsus anticus ad 130 p.. long. Habitat in muscis, ad « Palermo ». 29. Lasioseius grandis Berl. n. sp. — Foem. Testaceo-fusca, ovalis. Dorsum scabratum, pleramque terra quisquiliisque valde conspurcatum, pilis simplicibus, curtioribus vestitum. Etiam pili postici sunt curtiores. Epistoma trispinum, spina media longa, apice bifurca, caeteris acutis. Pedes antici longi, tarso perlongo ; omnes setulis simplicibus ornati. Ambulacra ut L. italico. Jugularia nulla. Sternum angulis anticis valde extrorsus productis; posticis subrotundatis, margine antico undulato; postico recte truncato. CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 35 Adsunt costulae duae chitineae, sat bene conspienae, longitudina- les, a margine antico sterni procedentes, denique evanescentes, valde intersese appressae et parallelae. Scutum genito-ventrale minimum, subrectangulum. Seutum anale subtrigono-rotundatum, mediocre vel sat parvum; anterius recte truncatum. Inter seutum genito- ventrale et anale tantum scutula duo, minima sunt conspicna. Metapodia seutulo rotundo, minimo dubie significata. Scutua pe- ritrematica sat lateraliter et post quartos pedes rotundatim pro- dueta; ramulo descendenti perimetratis margini externo seuti para- podicì omnino contiguo, sat strieto, vix introrsus ineurvo, a pedis quarti basi remoto. Ad 670 p. long.: 450 p.. lat. Habitat. Collegi exempla in muscis et inter folia putria ad « Maccarese, (Roma) » ad « Casalmonferrato (Piemonte) », in Agro Veneto alibique. 30. Lasioseius parapodicus Berl. n. sp. — Foem. ochra- cea, consuetae figurae, sat L. italico similis, pilis eurtioribus in truneo induta, dorso sat asperato. Epistomatis spinulae apice bicuspides. Pedes longiores, antici esiliores et longissimi, ambula- ero subsexili et perparvulo armati. Ambulacra caetera spinis ad latera unguinum setiformibus, perlongis (magis quam in caeteris omnibus speciebus longis); membranula interunguiculari triloba, lobo medio elongatissime lanceolato, lateralibus uneiformibus, lon- gioribus. Sternum subquadratum. Seutum genito-ventrale mini- mum, rectangulum, valde a sterno et a seuto anali remotum. Seutum anale parvum, rotundate pentagonum, fere aeque longum ae latum. Seuta iugularia et metapodica nulla. Seuta parapodica magna, longe quam in coeteris speciebus post quartos pedes magis dila- tata et producta; peritrematis ramo poststigmatico latissimo, bene post quartas coxas arcuato. Ad 480 p.. long.; 320 p.. lat. Habitat. Nonnulla collegit exempla ©. Jacobson in insula « Giava », super Dipterum parvulum ex fam. Tipulidae (non tamen cum Diptero hospite Lasioseii jacobsoni confundendum). 31. Lasioseius similis Berl. n. sp. — Foem. sat L. italico similis, sed statura aliisque characteribus optime diversa. Auran- tiacea, elongate ovalis. Dorsum retienlo bene conspieno (areola- : - î è batta lle a i aa dl er be My & pe” TRI AMO DETTO PENE RO STAR RITA i soi desi den 536 ANTONIO BERLESE rum marginibus plerumque denticulatis) setisque percurtis tenuibus ornatum; seta humerali nulla, verticalibus perparvis. Epistoma, hypostoma, pedes, ambulacra ut in L. italico. Scutum dorsuale mar- ginibus subserrulatis, mucrone postico et linea chitinea duriori nullis. Iugularia nulla. Sternum multo longius quam latum, postice arcuato-excavatum : scutum genito-ventrale elongate rectangulum, inter quod et anale scutula minima sex sunt, ex quibus quatuor in serie transversa, duo lateralia parvula. Metapodia minima, valde postremo scuto peritrematico adpressa, subcontigua. Scutum anale magnum, parum latius quam longum, subpentagono-circulare, po- stice rotundatum. Scuta peritrematica maxima, post quartos pedes (cuius coxam partim externe amplexant) valde producta; peritre- matis ramo postico sat a coxa quarta remoto, lato, tenuiter inflexo. Ad 440 p. long.; 270 p. lat. Habitat. Plurima collegi exempla ad « Castions di Strada, Udine », inter folia putrescentia, ad paludes alibique in agro Veneto, Etru- sco, Pedemontano. Questa specie è certamente molto affine al L. serratus dell’ Halbert (Para- seius serratus Halb., 1915), ma le eccellenti figure (bellissime fra quante io ho veduto di Acari), che ne dà 1’ Halbert stesso mi permettono di rilevare qualche differenza notevole, come la forma dello sterno, che nel serratus è breve, cogli angoli fra il 2° e 3° paio di zampe rotondati, mentre nella presente forma (sì- milis) essi sono acuti e tutto lo sterno è più lungo. Inoltre il L. similis ha sei scudetti fra lo scudo genito-ventrale e 1° anale, mentre il serratus ne mostra due soli. Anche lo scudo anale è alquanto diverso. I miei esemplari sono di diverse parti d’ Italia, cioè Veneto, Piemonte, Toscana e tutti fra loro perfet- tamente eguali. Può, essere, del resto, che si tratti di una semplice varietà. 32. Lasioseius parvulus Berl. n. sp. — Foem. ovata, consue- tae figurae, dilute aurantiaca. Dorsum totum robusto reticulo scabratum, excepta area ovali, sat magna in dimidia postica scuti parte. Pili subspiniformes, curtiores, scuto arete appressi, e tuber- culo parvo exorti sunt in dorso et in marginibus. Pedes curtuli (primi paris 300 p.. long.) subspinosuli, ambulaero antico subsexili, caeteris seta ad basim unguium sat magna, lobulis membranulae parum productis. Epistoma videre nequeo in unico exemplo,. quod supinum est in praeparatione. Sternum elongate rectangulum, mar- gine antico in medio excavato, postico sat arcuatim posterius pro- i LA CENT URIA PRIMA DI ACARI NUOVI 37 ducto, tamen in medio arcnato-impressum. Sculptura reticulata tenuis est in medio sterno. Sceutula inter seutum genito-ventrale et, anale sex numero, minima. Scutum anale latum, vix latius quam longum, subsemidiscoidale, anterius rotundatum, totum retienlo sat conspieno exharatum. Iugularia nulla; metapodia minima. Scuta peritrematica maxima, posterius valde produceta, magis quam in congeneribus speciebus angulatim ad marginem desinentia; ramulo postico peritrematis latiori, recte ad angulum seuti externum de- sinenti, nec inflexo. Vertex fere ut in L. cornigero ornatus. Ad 360 pu. long.; 230 wu. lat. Inter subgeneris sui species, minima. Habitat in Insula « Giava ». Collegit C1. Jacobson. 33. Lasioseius mutilus Berl. n. sp. — Foem. Aurantiaca, valde L. serrato vel L. simili aut L. italico similis, sed iisdem diversa precipue pedum anticorum characteribus. Scutum dorsuale scabra- tum, pilis perparvulis indutum. Epistoma spinis tribus, apice bifur- cis terminatum. Pedes antici mediocres (450 pu. long.); tibia lon- giori quam tarsus (tibia 90 p. long.; tarsus 70 p. long.), qui character in nulla alia generis specie est. Ambulacra ut in L. ita- lico. Scuta ventralia ut in L. serrato Halbert. Scutum anale subcirculare-obpentagonum (160 u. long.; 140 p.. lat.). Ad 490 p. long. ; 320 up. lat. Habitat in muscis Etruriae; collegi prope Florentiam et in « Chianti ». 34. Lasioseius fissuratus Berl. n. sp. — Foem. aurantiaceo— subbadia, elongate ovalis, dorso sublaevi. Setulae omnes par- vulae, simplices, exceptis quatuor posticis (ex quibus duae sunt marginales, aliae in extremo dorso) caeteris aliquanto longiores. Pedes omnes longi; antici erassiusculi, setis simplicibus undique ornati (in femure postico, ad dorsum sunt tamen setae spinifor- mes duae, sursum erectae). Ambulacra longa; antica longo et exili peduneulo, articulato sustenta. Hypostoma corniculis parvis, strietis, subhyalinis, cuius ad basim spina robusta et curta oritur. Sternum anterius areuato-productum, utrinque impressum, trapezinum ; po- stice arcuatum, excavatum. Scutum anale stricte et elongate hexa- gonum, multo longius quam latum. Character insignis est fissura hyalina humeralis strieta, e margine procedens et valde medium dor- ; È a ; ; î PRETI IT lE TER SALATI a SI SESTO REISER SIT VEE SRO 35 ANTONIO BERLESE i i sum versus oblique excurrens, quae multo magis in hac specie quam in congeneribus est lata et conspicua. Ad 450 p.. long. ; 260 p.. lat. Habitat. « La Plata ». Collegit Cl. Bruck. 35. Lasioseius fissuratus Berl. var. nostras Berl. n. var. — Foem. Differt a typico statura vix minore ; sterno in margine postico arcuatim producto (margine tamen eodem angulatim utrin- que plicato); scuto peritrematico strictiori et ad quarti paris coxas, in medio margine exteriore foveclae pedalis angulatim desinenti ; pedunculo ambulacrorum anticorum breviori ; stylis ad basim exter- nam unguium caeterorum ambulacrorum aliquanto longioribus. Etiam patria valde diversa, quod species typica est in Austro-A me- rica collecta. Ad 400 p.. long.; 250 p.. lat. Habitat. Florentiae, in muscis. 36. Lasioseius brevisternus Berl. n. sp. — Foem. ochracea, ovalis. Setae dorsi longae, exiles, nec barbatulae, molles (posticae ad 70 p.. long.). Sternum pereurtum, quod ad extremas secundas coxas non est productum, tantum quadripilum. Seutum genito- ventrale perlongum et strietum; anale magnum, fere aeque lon- gum ac latum. Scutum peritrematicum non post quartas coxas expansum, sed lineare, perexile. Ambulacra membranula rotundata, Tea spinis ad latera uncorum subinconspicuis; antica pedunculo sat brevi sustenta. Hypostomatis cornicula parvula, acuta, intersese valde appressa, quorum ad basim seta perparvula, exilior oritur. Ad 450 p. long.; 270 p.. lat. Habitat in « Somalia italiana », in lignis putribus, ad foces Jubae. Collegit Cl. Paoli. ni va Eee =, “1 Cali 37. Lasioseius conviva Berl. n. sp. — Foem. pallidius terrea, ovato-rectangula. Truncus setis mediocribus vestitus, posticis ta- men vix longioribus (ad 50 p.. long.) subspiniformibus. Pedes longi et exiles, setis simplicibus aucti; ambulacris spinis ad latera uncorum, quantum video, nullis. Ad eorniculoram hypostomatis basim pilus sat longus (sed non spiniformis) oritur. Sternum ma- gnum, peculiari sculptura insignitum, quod lineis longitudinalibus POSTA NERE VELI SILE duabus, intersese valde appressis sit sculptum, ex quibus utrinque lineae plures oblique divergunt, et inter dnas lineas longitudinales CENTURIA PRIMA DIU ACARI NUOVI 39 duplex series est areolarum subrectangularium. Seutum anale par- vum, sive longius quam latum, sat seuto genito-ventrali adpressum (70 p.. long.; 60 p.. lat.), ovato-trapezinum. Metapodia, iugularia et seuta inter anale et genito-ventrale nulla. Scutum peritrematicum minime cireum coxam quarti paris inflexum, sed angulatim parum ultra stigma produetum. Ad 350 p. long. ; 230 p. lat. Habitat. Plura vidi exempla collecta ad « Giava », super Gryllus. sp., ad basim alarum, a CI. Jacobson. 38. Lasioseius conviva Berl. var. laevisternus Berl. n. var. — Foem. typico similior eodemque colore depicta, a quo tamen differt propter sternum non peculiari (typici) sculptura exharatum ; setis ad corniculorum hypostomatis robustioribus, curtis, vere spi- niformibus ; scuto peritrematico etiam minus post stigma producto ; setis trunci curtioribus et exilioribus (posticae sunt longae 40 p..). Statura speciei typicae. Habitat super tuberculos plantae: Hypomaea batatus, ad « Bni- tenzorg, Giava ». Collegit et mecum benignissime communicavit CI. Lammerman. 39. Lasioseius consocius Berl. n. sp. — Pallide terreus, ova- tus. Foem. dorsi seuto laevi, pilis simplicibus, sat longis induto (postici, caeteris longiores; sunt. longi 35 |.) Epistoma spinis acutis et sat longis, tribus terminatum. Pedes sat longi, omnes setosuli. Ambulacra antica pedunculo biarticulato, longiuseulo ; omnia membranula lobulis rotundatis, setis ad basim unguium per- curtis. Scutum sternale laeve, postice vix productum, trunceato- escavatum ; margine antico subevanido. Iugularia non video. Scu- tum genito-ventrale sat magnum, postice rotundatum. Scutum anale perparvum, ovatum, pilis cireumdatum (setae, quibus ornatur sunt tantum adanalia minima et postica longiuseula). Metapodia minimo scutulo, rotundo significata. Scuta peritrematica stricta, acute desinentia, partim externe coxam quartam amplexantia. Ra- mulus descendens peritrematis nullus. Mas foemina sua minor, strictior, setulis vix longioribus ornatus. Mandibulae eurtiores, calcari insolitae figurae, quod perlongum sit, vix incurvum, sub apicem attenuatum et acntum, in medio margine interno lata ap- i ae AR de N uti in sro di Re i e Piatti it rt dali LAATERI CO STENERNO > "1° _NVTVIIO NOTANO n < Prc A del addi RI INES, PI rana a È re ted) eg —P. TRI DIETA A, STE RI EIA 1 CIT TO 40) ANTONIO BERLESE pendicula squamiformi, hyalina ornatum. Foem. ad 370 p. long. ; 220 n. lat.; mas ad 310 vu. long.; 170 p.. lat. Habitat. Innumera exempla mecum benignissime communicavit Cl. Bruck, in nidis formicae: Acromyrmex lundi ad « La Plata » collecta. 40. Lasioseius pusillus Berl. n. sp. — Foem. flavido-auran- tiaca, elongate ovata. Derma dorsi sat laeve; pili. dorsi perpar- vuli, vix conspicui, exceptis duobus posticis, qui sunt 35 p.. longi et exiles. Epistoma videre nequeo. Hypostoma ceorniculis perexi- libus, longis, spiniformibus, valde intersese apice appressis. Pedes mediocres, ambulacris ut in L. muricato. Iugularia nulla. Sternum trapezinum, utrinque fere angulatim constritum, denique dilatatum, bene postice angulatum, margine posteriori recto. Scutum genito— ventrale valde longum, postice recte truncatum, vix a scuto anali seiunetum. Scutum anale sat magnum, cordiforme, certe bene lon- gius quam latum, postice subacutum. Metapodia videre nequeo. Scuta peritrematica postice attenuata; ramulo descendenti peritrematis nullo; ut in L. muricato conformata. Ad 360 u.. long. ; 200 p.. lat. Habitat in ligno putri, ad « Tiarno », in agro Tridentino. 41. Lasioseius listrophorus Berl. n. sp. — An huius subge- neris? Tantum mas mihi notus. Testaceus, ovalis. Dorsum vix in extrema parte scabratulum, pilis subspiniformibus, sat longis, utrin- que quatuor in margine lateropostico, post quartos pedes conspi- euis. Adsunt utrinque, prope marginem lateralem (inter secundos et tertios pedes) setae spiniformes, magnae tres, retrorsus directae. Epistoma spinis tribus, apice bifurcis, longis terminatum. Pedes mediocres, spinosi. Ambulacra antica longe peduneulata; coetera membranula (quantum video) rotundato-lobata, setis ad basim unguium sat curtis. Palporum articulus primus inferne spinis cur- tis, duabus, validis. Calcar mandibulae sat breve, securiforme, tenuiter pedunculatum. Scuta peritrematica bene non video in unico exemplo. Ad 600 p.. long. ; 400 pu. lat. Habitat in Norvegia. SUBGENUS CHEIROSEIUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Lasioseius Berl. Typus Seius unguiculatus Berl. Adde speciem sequentem. CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 41 42. Lasioseius (Cheiroseius) alpestris Berl. n. sp. — Foem. sat late ovata, saturate badia. Differt ab L. 0. unguiculatus Berl. characteribus pluribus, qui sunt: Statura maior et magis lata. Pedes antici minus crassi nec spinis ad tarsum internis armati, sed pilis simplicibus mollibus. Derma dorsi areolis sat magnis, co- lore clariori conspicuis, exharatum (quae areolae in L. 0. ungui- culato non sunt). Sternum brevius, vere trapezinum. Scutum anale maius et latins (est 230 Xx 300; in L. C. unguiculato est 150 Xx 200). Peritrematis ramulus descendens ad apicem leniter introrsus ineur- vus. Ad 600 p.. long. ; 450 p.. lat. Habitat super altos montes, in muscis. Collegit CI. Paoli, ad « Sondrio », prope « Lago Palù », ad 1300 m. SUBGENUS ZYGOSEIUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Lasioseius Berl. Foeminae scutula metasternalia eum endopodicis confusa. Typus L. Z. furciger n. sp. 45. Lasioseius (Zygoseius) furciger Berl. n. sp. — Foem. badiuscula, ovata. Dorsum sublaeve, pilis curtioribus vestitum, ad marginem posticum vix longioribus et runcatim incurvis, parum vel vix e margine productis. Epistoma in spinas duas perlongas et exiles desinens. Pedes mediocres, ambulacris basi inflatis, stylis ad basim uncorum minimis, vix conspieuis; membranula lobulis rotundatis magnis. Sternum, margine antico bimueronato, muero- nibus rectangularibus, margine postico valde arcuatim produceto (seuta metasternalia nulla, qui character subgen. est). Scutum genito-ventrale areolis pellucidulis sex, in seriebus binis longitudi- nalibus distributis, in medio signatum. Seutum anale praecedenti subeontiguum, latius, obtrigonum, vix ad latera impressum, maio- rem ventris partem occupans, ano ad apicem posticum aperto. lugularia et metapodia nulla. Endopodia maiora, ad latera epigynii et basis sterni conspicua, unipila. Scuta peritrematica sat lata, posterius latiora et angulatim post quartas coxas, ad marginem corporis producta. Ad 400 p.. long.; 270 p. lat. Habitat. Collegit Cl. Bruck ad « Olavaria », prope « Buenos Aires » aliaque exempla ad « La Plata », in nidis formicarum. PARVE PE TA CIO BAL dii . “ + ì | ini tt * ANTONIO BERLESE SUBGENUS PLATYSEIUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Lasioseius Berl. Typus: L. P. capillatus n. sp. 44. Lasioseius (Platyseius) capillatus Berl. n. sp. — Foem. laete aurantiaca, trigono-bursiformis, latior; aliquando quisquiliis terreis dense induta. Scutum dorsuale subnitidum, pilis longis, (maiores ad 150-170 p.. sunt longi), mollibus ad margines induta ; in medio pilo raro et eurto vestita. Pili verticales minimi, molles ; humerales nulli. Epistoma trispinum, spinis longis, media apice bifurca, lateralibus apice pluridenticulatis. Pedes omnes longiores (antici 600 p..; tarsis 170 p..; postici tarsi 310 p.. long.); primi paris femure genuque spinis validis, curtis armati; caeteri toti spinis multis aucti. Ambulacra setis ad latera unguium perlongis, membranula in laciniis tribus longis divisa; ambulacra antica sub- sexilia. Mentum perlonga seta duplici, barbatissima terminatum. Scuta iugularia in scutulis utrinque 4 numero fracta, ex quibus interiora transverse subrectangula, coetera circularia, punctiformia. Scuta metapodica nulla. Scutum anale latissimum, obsemicirculare, . totum ventrem posticum occupans, longipilum. Seuta peritrema- tica latissima, postice truncata; peritremate lato, partim quartas coxas amplexantia. Ad 550 p.. long.; 460 p.. lat. Habitat. Plura collegi exempla inter folia putria, ad paludes, prope « Castions di Strada; Udine ». 45. Lasioseius (Platyseius) mollicomus Berl. n. sp. — Foem. aurantiaca, late trigono-bursiformis. Derma dorsi sublaeve, in me- dio nudum (exceptis pilis aliquot parvis et exilibus, duobusque in tertia dorsi parte antica longioribus); ad latera pilis criniformibus longioribus, mollibus dense indutum, ex quibus postico-laterales caeteris maiores, sunt longi 180-200 p.. Pili postici medii e tu- bereuio exorti, coeteris posticis duplo curtiores sed crassiores, apice runcatim deorsum incurvi. Pedes longiores (antici 700 p.. long.) tarsis elongatioribus (antici 200 p.; postiei 300 p..), antici genu tibiaque ad latera spinis validis et sat longis armati; caeteri segmentis omnibus, usque ad extremum tarsum, spinosis. Iugularia atte der * | di — die CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 45 in seutulis subrotundis utrinque tribus fracta, minimis. Sentum anale latissimum (duplo latius quam longum), totum extremum ven- trem occupans, sublaeve, excepta stria transversa margini antico subparallela et adpressa. Metapodia transverse late ovalia, senti peritrematici margini extremo arcte adnexa. Scuta peritrematica latissima, multo quam in caeteris totius generis latiora, post quar- tas coxas arcuatim inflexa, denique in ventre evanescentia. Peri- trema latissimum, truneatim et valde late ad marginem posticum seuti desinens. Ad 580 p.. long. ; 480 p.. lat. Habitat in insula « Giava ». Coll. C1. Jacobson. SUBGEN. ZERCOSEIUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Lastoseius. Pili trunci plus minusve penicillati, vel di- latati. Typus L. Z. spathuliger Leon. 46. Lasioseius (Zercoseius) paliger Berl. n. sp. — Foem. testacea, sat elongate-ovata. Setulae posticae saltem duplo (60 ..) caeteri trunci longiores, tuberculo sat alto sustentae. Sceuta me- tapodica magna, trigono-rotundata. Adsunt scutula quatuor mi- nima inter genito-ventrale et anale. Hoc late trigono-rotundatum est. Sternum magnum, latum. Scutum peritrematicum non post quartas coxas productum, easque tantum partim marginans, post stigma vix expansum. Derma dorsi scabrato-areolatum, in dimidio dorso minus asperatum. Ad 440 p. long. ; 270 p. lat. Habitat. Nonnulla collegit exempla in muscis ad « Filettino, Lazio », CI. Dodero. 47. Lasioseius (Zercoseius) podocinoides Berl. n. sp. — Foem. testaceo-badio-subfuliginea, bursiformis. Truneus pilis sat longis, eylindricis, crassiusculis, apice vix lenissime subbarbatulis vesti- tus; verticis longi. Scutnum dorsuale reticulo uniformi sat crasso seulptum ; anale reticulo areolis transversis, sat magnis exharato. Rostri basis utrinque singulari impressione semicireulari, ad mar- gines excavata. Pedes antici mira longitudine, sive corpore sesqui longiores (900-950 p.. long.) ; tarso eylindrico, elongatissimo (310- 315 p.. long.): ambulaero longo pedunculo, artieulato praedito. (EP Pr MET AL NE dui sea TUR d4 ANTONIO BERLESE Scuta iugularia maiora, transverse late trigona; scuta metapodica duplicia, superiori minimo semicirculari, posteriori rotundo, prae- cedenti valde appresso. Scutum anale latissimum, totam latitudi- nem corporis occupans, semicirculare. Scuta peritrematica ad di- midiam quartam coxam oblique truneata, ramulo inferno peritre- matis nullo. Epistoma quadrispinum, spinis duabus mediis eurtio- ribus et acutioribus quam externae. Ad 520-600 p. long. ; 340- 400 p.. lat. Habitat in Africa orientali. Collegerunt Cl. Allaud et Jeannel. 48. Lasioseius (Zercoseius) penicilliger Berl. n. sp. — Ter- reus, ovatus, sat L. paligero aftinis, sed tamen characteribus istis distinetus. Epistoma subrecte truncatum, spina utrinque laterali vix maiori, caetero margine inter spinas denticulis subaequalibus inciso. Derma dorsi scabratum. Pili eorporis eylindrici, apice acuti, vix sub apicem tenui barbula ornati ; postici (caeteris maiores) ad 60 p. sunt longi. Pedes nt in L. Z. paligero. Foem. Sternum strictius et longius quam in L. Z. paligero, sed antice et postice pariter conformato. Scutaum genito-ventrale valde anali appressum, inter quae seuta non scutula minora sunt, sed tantum linea trans- versa, durior. Scutum anale late trigonum, certe latius quam in L. Z. paligero et utrinque in margine laterali profunde excavato— impressum, transversis lineis bene exharatum. Seuta peritrematica et peritrema ut in L. Z. paligero. Ad 550 p.. long.; 330 p.. lat. Mas mandibulae calcari antrorsus porrecto, lineari, vix undulato, apice truncato, obsolete tridentulo. Ad 400 p.. long.; 240 p.. lat. Habitat in agro patavino, sub lignis putribus, ad terram. 49. Lasioseius (Zercoseius) penicilliger Berl. var. floriden- sis Berl. n. var. — Differt a typico statura aliquanto minori, me- tapodiis (foeminae) utrinque dupliei seutulo constitutis, setis dorsi (praecipue) postici, melius barbulatis. Mas ad 320 p.. long.; 170 p. lat.; foem. 450 p.. long. 290 p.. lat. (vel 440 X 300). Habitat. Plurima vidi exempla collecta in muscis, ad « Lake City, Florida ». 50. Lasioseius (Zercoseius) sublaevis Ber]. n. sp. — Foem. sat lata, zerconiformis, pallidius terrea, subhyalina. Dorsum rugis ali- din = date = * CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 45 quot, reticulum incertum formantibus, exharatum, tamen in dimidio postico dorso utrinque linea, retrorsus arcuata signatum. Pili corpo- ris cylindrici, haud barbulati, statura a vertice ad marginem po- sticum crescentibus ; postici longi, introrsus arcuatim ineurvi, ad 70 p. long. Epistoma in mueronem serrulato-denticulatum desi- nens. Pedes breves, subspinosi, ambulacris membranula rotundato— quadriloba ; setis ad basim unguium inconspicuis. Sternum margine antico subrotundato (tamen in medio impresso), peculiari linea chi- tinea arcuata, utrinque ad menti basim connexo; margine postico leniter excavato. Scutum anale magnum, semidiscoidale, anterius leniter, posterius semicirculariter rotundatum, totum striis concen- tricis (circa anum) exharatum. Metapodia utrinque duplici seutulo, subrotundo significata. Seutum peritrematicum exile, post tertios pedes subito ceonstrietum et vitta exili chitinea, foveas pedales quartas partim circumdans, terminatum. Ad 300 p.. long. ; 220 p.. lat. Habitat. Plura exempla collegit CI. Jacobson in insula « Giava », super Dipterum quodam, quod ex fam. Tipulidae mihi videtur. SUBGEN. LEIOSEIUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Lasioseius. Pedes breves et robusti. Truneus elongatus, lateribus subparallelis. Typus: ZL. L. minusceulus Berl. 51. Lasioseius (Leioseius) venustulus Berl. n. sp. — Foem. pallide terrea, pedibus anticis, praecipue tarsis, vix obseurioribus; elongate ovalis, lateribus parallelis. Scutum dorsuale in quarta parte antica transverse striatum reticulatumque, denique tenuis- sime reticulatum, punctis clarioribus in reticuli lineis iisdem or- natum. Pili dorsi et marginis postici brevissimi, difficilius conspi- cui. Epistoma spinis tribus, subaequalibus, longis, peracutis (in L. L. minusculo, quae species affinis est, sunt apice tenuiter bifidi) desinens. Pedes mediocres, tarsi antici sat longi, sive 100 p.. (in L. L. minusculo sunt 60 p.. long.), ambulacris anticis biarticulatis, sat elongate pedunculatis; caetera ambulacra setis ad basim un- guium sat longis, membranula triloba, lobulis rotundatis. Iugularia magna. Sternum sat elongatum, post secundos pedes bene pro- 1 x x 5 i È i È : Ù d 40; ANTONIO BERLESE ductum, postice truncatum. Sceuta metasternalia nulla. Scutum genito-ventrale perstrictom, non pilis in marginis lateralis medio ornatum. Scutum anale parvulum, rotundato-trigonum, longius quam latum, valde ab epigastrico remotum (est long. 75 p.; lat. 70 p..; in L. L. minusculo et multo maius, sive 120 X 120). Scuta peritrematica sensim, sed parum, a L. L. minusculi diversa. Ad 420 1. long. ; 230 p.. lat. Mas mandibularum calcari subrecto, brevi, apice bimucronato-truncato. Ad 300 p.. long.; 200 p.. lat. Habitat. Nonnulla exempla collegit (cum Rhyzoglypho quodam commixta) CI. Paoli, in myceliis Roselliniae, ad « Figline », in Etruria et mecum benignissime communicavit. Inveni etiam in agro Panormitano nec non ad « Vallombrosa », in muscis. 52. Lasioseius (Leioseius) setosulus Berl. n. sp. — Foem. pallide terrea, elongate ovata, lateribus subparallelis. Scutum dor- suale sublaeve, tantum in medio reticulo evanescenti vix signa- tum. Pili dorsi mediocres, postici longiusculi (40 p..), exiles, recti. Epistoma tantum bispinum, spinis rectis, acutis, sat longis. Pe- des mediocres ; antici tarso eylindrico, ad 100 p.. long. ; ambulaero pedunculo biarticulato, sat brevi. Ambulacra caetera membranula triloba, lobulis strietis; setis ad basim unguium parvulis. Iugu- laria cum sterno confusa. Sternum elongate rectangulum, non an- gulis anticis, nec inter tertios et quartos pedes angulatum. Seuta metasternalia nulla. Secutum genito-ventrale, anale et peritremati- cum ut in L. L. venustulo. Scutum anale 60 X< 60. Ad 340 w. long.; 180 p. lat. Habitat. Plura inveni exempla in muscis, ad « Lake City, Flo- rida » collecta. GENUS AMEROSEIUS BERL., 1904. 55. Ameroseius epicrioides Berl. n. sp. — Foem. elongate ovata, dilute fuliginea, reticulo scuti dorsualis vix obseuriore. Scu- tum dorsuale reticulo irregulariter polygonales, latas areolas oc- cludenti totum ornatum nec non pilis longis, vix barbatulis, incur- vis, ad latera cirriformibus praeditum. Pili postieci sunt longi Siti nin Pt io iii gie inn 4 i 4 pra CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 47 70-80 p.. Pili summi verticis duo sunt, sat exiles, parvi, externe barbula brevi ornati. Epistoma angulum obtusum conficiens, mar- ginibus integris. Sternum obtrapezinum ; seutum genito-ventrale sat magnum, postice subrotundatum. Seutum anale late trigonum, latius quam longum (sive 130 X 80 b..). Ad 440 p.. long. ; 280 . lat. Habitat. Plura collegit exempla CI. Bruek ad « Rio Santiago, La Plata », sub arborum emortnorum cortice. 54. Ameroseius sculptilis Berl. n. sp. — Foem. pallide te- stacea, consuetae figurae. Dorsum areolis erassis ut in A. hirsuto sculptum. Setulae verticis latae, serrulato-plumosae. Setulae dorsi parvulae, lateraliter vix e margine produetae ; etiam posticae bre- ves, ad 40 p.. long.; omnes crassae, serrulato-plumosae, ineurvae. Pedes omnes mediocres, segmentis coneoloribus. Epistoma angu- latim vix produetum, marginibus subserrulatis. Sternum obtrape- zinum, angulis rotundatis, dermate subnitido. Seutum anale qua- drato-rotundatum, margine antico recte truncato, postico rotun- dato, utrinque impressioni parva, angulari signatum, totum areolis magnis, reticulo crasso et obscuriori sculptum. Ad 420 L. long.; 290 p. lat. Habitat in muscis montium altiorum Etruriae (Vallombrosa). 55. Ameroseius tenellus Berl. n. sp. — Foem. pallide terrea, subhyalina, ovata. Dorsi seulptura haec est.: In medio maxima pars seuti dorsualis sulcis exilibus est reticulata; ad lateres, praecipue anterius et usque ad quartos pedes, latae areolae sunt, fere bise- riatae. Sternum et scutum anale snleulis exilibus, reticulam difti- cilius conspicuam efficientibus, sunt exharata. Pili verticis late utrinque barbatuli, plumiformes ; caeteri conici, robusti, longi, vix aliqua barbula ornati, incurvi, radiatim e margine corporis proce- dentes, statura a vertice ad marginem posticum crescentes; po- stici ad 100 p.. long. Epistoma angulatum, spina media acuta, armatum. Sternum subquadratum, angulis rotundatis. Scuta hy- posternalia nulla. Scutum anale subcircolare, aeque longum ac latum (160 Xx 170). Adsunt scuta metapodica sat magna, elongate amygdaliformia. Scutum peritrematieum latum, bene post quartas coxas arcuatum, sed parum retrorsus produetum. Ad 460 p.. long. ; 48 ANTONIO BERLESE 320 |. lat. Tarsus anticus hyalinus, caeteri pedis concolor, tibia genuque simul sumptis longitudine par, sive 110 p. Habitat. Florentiae; in agri Panormitani, muscis et in agro Tridentino (« Tiarno »), in detritis foeni obvius. GEN. EPICRIOPSIS BERI.. N. GEN. Inter Laelaptidas, Podocininos. Typus: Gamasus horridus Kram. (= Epicrius mollis Berl. ex Kram.). i Il Gamasus mollis del Kramer è una forma sprovveduta di ambulacri al 1.° paio di zampe. L’ Haller, riportando senza più la diagnosi del Kramer, introduce questa specie (che nessuno più mai vide dopo lo scopritore) nel genere Epicrius. Il Berlese (A. M. Se. it., fase, XL, fig. 9) chiama Epicrius mollis quello che è invece il Gamasus horridus del Kramer. L’ Oudemans, attenendosi a questo ul- timo erroneo modo di vedere, riconosce che quest’ ultima specie non può entrare fra gli Epicrius, per la posizione dell’ apertura sessuale maschile e la considera per Hypoaspis. Il Trigardth prende a tipo il Gamasus mollis del Kramer, per farne un genere a sè, che chiama Paraseius. Ora, mentre questo ultimo genere potrà o meno essere valido, il che si giudicherà allorquando potrà essere meglio noto il Gamasus mollis vero del Kramer, pel Gamasus horridus dello stesso Au- tore conviene adunque fare un genere a sè, perchè non può essere introdotto fra i gruppi di Podocinini sinora stabiliti. Questo genere io chiamo Epicriopsis. La sinonimia dei due generi Paraseius ed Epicriopsis e delle due specie tipiche è la seguente : Gen. Paraseius Trigardh 1910 (typus: Gamasus mollis Kram.). Paraseius mollis (Kram.) Trig. (= Epicrius mollis Hall.: non syn. Epierius mollis Berl.). Gen. Epicriopsis Berl. 1916 (typus: Gamasus horridus Kram.). Epicropsis horrida (Kram.) Berl. (= Epicrius mollis Berlese : = Hypoaspis mollis Qud.). 56. Epicriopsis horrida (Kram.) var. sicula Berl. n. var. — Differt a typico statura aliquanto minore ; tuberculis dorsi minus numerosis ; setis parvulis dorsi omnibus saltem triplo lorgioribus quam in typico (setis magnis tamen eadem statura quam in typico). Foem. ad 310 p.. long.; 220 p.. lat. i Habitat in muscis agri Panormitani. A e VE CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 49 SUBGEN. ACTINOSEIUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Epicriopsis Berl. Typus /. A. terrificans. Berl. 57. Epicriopsis (Actinoseius) terrificans Berl. n. sp. — i Foem. pallide testacea, subovalis, tamen postice latiuscula, ante- rius subtruncata, tota pilis styliformibus perlongis, vix retror- È sus incurvis, radiatim e marginibus eorporis procedentibus, alto et robusto tuberculo sustentis, mire ornata. Styli isti corporis Ni dimidia latitudine sunt vix longiores vel vix curtiores. In margine antico duo stili sunt antrorsum directi, quatuorque in vertice ; «_—@einde, de humero usque ad dimidium marginem postieum, utrinque undecim styli, fabricae supradictae, in margine.e latere corporis procedunt, aeque dissiti. In medio dorso series duplex est longi- tudinalis stylorum conformium, numero utrinque sex et inter sex- tum huius seriei et margines adest etiam stylus caeteris vix mi- nor. Pedes antici corpore multo longiores. Derma dorsi seabratum. i Ad 400 p.. long.; 300 p.. lat. (Stylus posticus 150 p.. long.). Habitat. Collegit exemplum huius pulcherrimae speciei ad « La Plata » CI. Bruck. È CRYPTOSTIGMATA IL tr GEN. PELOPS K. Ho studiato le specie di questo genere più diligentemente di quello che finora Ka sia stato fatto. Esse sono tutte ad epidermide del tronco liscia, ma sono rivestite _ —di una pellicola (tunica) tutta complicata di rughe e spesso imbrattata di terra | o d’altro. Da ciò un aspetto ben diverso dall’ animale pulito a quello sudicio. È Ritengo che, col solo studio dell’ animale rivestito di dette quisquilie, non sia d | possibile definire bene le diverse specie e differenziarle fra loro, mentre ciò i riesce ottimamente sugli individui puliti. I caratteri specifici si desumono dalla lunghezza e distribuzione delle setole Ci x È del dorso (l’ annessa figura è abbastanza esplicativa per ciò); dalla statura, e h dalla forma degli organi pseudostigmatici. Non danno caratteri utili le appen- È dici spatolate del capotorace, nè le pseudoali, nè le zampe ecc. « Redia », 1916. 4 M ta ° enti 0 3 Ur “i r ELI cata » i) ca è. aa o) 50 ANTONIO BERLESE 3, In seguito a così fatta più minuta indagine sulle specie nostrali ho dovuto persuadermi che le specie del Koch, deljNicolet e di altri, fondate sopratutto su individui coperti dalla tunica, non sono affatto bene precisate e debbono con- siderarsi per nominali. Lo stesso P. acromios Herm. è dall’ Antore medesimo ene SÉries cnileriof sertes (aleralis . serves 9:56, tl a LESSE peli intra lamellares z . limellze % --___ organa pseudosle. ia sguama nelogastre VIZI troppo insufficentemente illustrato per potere esser certi che esso corrisponda a quelli, che, sotto questo nome, sono stati indicati dal Nicolet, da Canestrini e Fanzago, dal Michael, da me stesso e da altri; perciò propongo per questa spe- cie (che vive sulle piante ed è sola nel genere con tali abitudini) il nome nuovo di P. phytophilus. Pelops phytophilus Berl. n. sp. Idest. Pelops acromios M i - chael (Brit. Orib., I, p. 280); Canestrini et Fanzago, (Ac. it., p. 10); Berlese (A. M. Sc. it. XV, 6). Valde dubie: Hermann, (Mém. Apt., p. 91; pl. IV, fig. 1). Non syn. Koch. (C. M. A. Deutschl., 30-9,10), Nicolet: (Ac. env. Paris, p. 425, tab. III, fig. 1). Variat longitudine pilorum notogastri, et organo- rum pseudostigm., quae in nonnullis exemplis sunt curtiora, cras- sius clavata et in aliis exemplis sunt longiora, exilius clavata (var. longipilus ?). Sunt exempla intermedia. Ad 700 p.. long., 550 v.. lat.; usque ad 820 p.. long.; 600 p. lat. Habitat in tota Italia alibique (Corfù, 700 X< 500, curtipilus), etiam in montibus altioribus; frequentior aestate, super plantas varias, rarior in muscis, vel inter folia putria, aut in humo ece. CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 53. Pelops hirtus Berl. n. sp. — Nigerrimus. P. simplici sat similis, sed vix maior. Seta quarta seriei lateralis fere in serie media ineurrens. Setae omnes notogastri longiores quam in P. sim- plici (posticae sunt 200 w.. long.), cylindricae. Foramen genitale sesqui longius et latius quam anale et diametro suo sesqui ab ano remotum. Organa pseudostigm. sat longa, leniter fusiformia. Ad 900 (usque ad 950) p. long.; 750 (usque ad 780 p.. lat.).. Inter congeneres species (enropaeas) mihi notas haec est maxima. Habitat communis in muscis agri Tridentini nec non in Etru- riae montium altiorum (« Monte della Verna; Vallombrosa »). 59. Pelops simplex Berl. n. sp. — P. duplici sat similis, sed aliqnanto maior ; organis psendostigmaticis vix fusiformibus, setis notogastri longioribus (posticae sunt 160 p.. long.). Setae notogastri sunt simplices. Seta secunda seriei interioris et tertia seriei late- ralis sunt valde ad insertionem intersese discretae, ut communius est in speciebus huius generis et seta 4.* seriei lateralis sat a serie interiori remota est. Foramen genitale vix anale maius et duplo diametro suo ab ano remotum. Ad 850 p. long.; 680 p.. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla colleeta in muscis, ad « Vallom- brosa, Firenze ». 60. Pelops subexutus Berl. n. sp. — Castaneus vel nigrescens, pilis notogastri omnibus elavato-ciliatis, subeonformibus ; 1.° et 2.° marginalibus praesentibus. Tunica punetulata adest pertenuis, ita ut animal granulis minimis obsitum videatur et subnudum. Organa pseudostigm. sat elongate claviformia. Squama anterior notogastri profundius excavato-sinuata. Ad 720 u. long. 640 p.. lat. Habitat in Sardinia (« Bosa »), in muscis. 61. Pelops absalom Berl. n. sp. — Castaneo-niger; tunica sat erassa indutus. Pili notogastri omnes longissimi, eylindrici, postici dimidiam corporis latitudinem aequantes (250 pu. long.). Pilus se- eundus seriei interioris et tertius seriei lateralis ad insertionem contigui. Organa pseudostigmatica brevissime clavato-pyriformia, nigra. Squama notogastri media anterius rectilinea. Ad 800 p.. long.; 570 1. lat. Habitat in Africa orientali. Collegerunt C11. Alland et .Jeannel. 3 ME EURI n Lg e n MCR RT 52 ANTONIO BERLESE ;}2. Pelops duplex Berl. n. sp. — Castaneo-niger, subcircularis. Notogastrum pilis leniter clavatis, sat longis ornatum. (Setae po- sticae sunt longae 100 p..)., Organa pseudostigmatica longiora, À eylindrica (vel vix sensim sub apicem crassiora), scabrata. Tarsus i secundi paris ad dorsum, sub apicem, appendicula lanceolata orna- tus. Area porosa ad insertionem setae primae serieis interioris rotunda, sat magna. Seta tertia seriei lateralis valde proxime in- sertioni setae secundae seriei interioris insita (character insignis speciei), inter quas horum pilorum insertiones area porosa rotunda minor stat. Ad 680 p.. long.; 560 lat. Habitat frequens in muscis Italiae centralis (« Vallombrosa, Fi- renze » alibique) nec non in Germania (Amburgo, coll. C1. Strand) et in Bohemia (coll. CI. Roubal). — iii fiano © 65. Pelops geminus Berl. n. sp. — Castaneus, valde P. du- plici similis, praecipue propter pilorum notogastri (secundo seriei interioris in insertione tertio seriei lateralis contiguo) disposi- tione et fabrica, sed statura valde P. duplicis minore, organisque pseudostigmaticis sat late foliaceo-fusiformibus. Ad 510 uv. long. ; 440 p. lat. Habitat. Nonnulla collegi exempla ad mare, prope Pisas («San Vincenzo »), in pinetis. 64. Pelops subuliger Berl. n. sp. — Castaneus, late rotunda- tus, tenui tunica indutus. Notogastrum pilis subulatis, sat curtis (postici sunt longi 80-100 p..) ornatum. Adest pilus marginalis pri- mus. Pilus quartus seriei lateralis sat seriei interiori adpressus. Areae porosae omnes tantum puncto minimo significatae. Organa pseudostigmatica longa, acutissime subuliformia. Foramen genitale 110 p. long.; 130 p.. lat.; foramen anale 90 p.. long.; 110 p.. lat. Genitalia ab ano 190 p.. sunt discreta. Vitta chitinea anterius fo- ramen genitale marginans sat conspicua, tamen non lateraliter pro- ducta. Ad 850 p.. long.; 690 p. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla collecta ad Sondrio, super mon- tes, ad 2300 m. (« Giacciaio dei Fornai »). pe " o se VOTE e, 295 ( PO 65. Pelops subulatus Berl. n. sp. — Exempla exuta. Casta- ci . ai‘a = Po . é neus, ovalis, subnitidus. Vertex valde anterius attenuatus, quasi dati , Di resin tic c) Pini CENTURIA PRIMA: DI AGARI NUOVI 53 in subulam peracutam productus. Pili notogastri longi, vix apice attenuati. Organa pseudostigm. elongate claviformia. Vitta perige- nitalis (sive vitta obscurior, pontiformis, antrorsus areuata, fora- men genitale anterius marginans) perconspicua, usque ad quartas coxas producta. Foramen genitale fere diametro suo longitudinali a foramine anale diseretum. Ad 610 p.. long.; 450 p. lat. Habitat in Norvegia. Nonnulla vidi exempla collecta a CI. Thor, ad « Jomfriiland ». 66. Pelops claviger Berl. n. sp. — Castaneus, tenui tunica indutus, subovalis. Notogastrum pilis curtis, subulatis ornatum (postici sunt longi 50 p..). Mihi videtur adesse pilus primus mar- ginalis. Areae porosae nullae ad insertionem primi pili seriei inte- rioris, nec non ad tertii, sed ad insertionem pili secundi adest area porosa rotunda, sat magna. Pilus tertius seriei lateralis bene a se- rie interiori remotus. Organa pseudostigmatica sat brevia et crasse clavata. Ad 650 p. long.; 470 yu. lat. Habitat ad « Sondrio », in muscis altioram montium (« Ghiae- ciaio dei Fornai », ad 2300 m.). 67. Pelops siculus Berl. n. sp. — Castaneo-niger, ovalis vel sat latus. Notogastri pili omnes erassi, exceptis adalaribus (sive 1.° et secundo seriei lateralis) qui eylindrici sunt; caeteri omnes clavati et longi. Pili postici 90 p.. long. Pili 1," et 2.5 margina- les, nulli. Pili tertii seriei interioris caeteris omnibus maiores et magis clavati, ad 110 p.. sunt longi. Pili 3." et 4," seriel latera- lis intersese basi sat appressi; pilus quartus huius seriei valde a serie interiori remotus. Area porosa ad pilum primum seriei interioris nulla. Foramen genitale non anali maius. Organa pseu- dostigmatica magna, introrsus arcuata, sat crasse fusiformia. Ad 650 p.. long.; 490 p. lat. (exempla subovalia); 590 p. long. ; 430 p.. lat. exempla latiora. Animal tunica sat crassa indutum. Habitat. Plura collegi exempla in muscis, ad « Palermo ». 68. Pelops affinis Berl. n. sp. — P. castaneo-niger, tunica crassa indutus. P. sieulo affinis propter pilos 1.° et 2.° seriei mar- ginalis nullis, sed statura aliisque characteribus bene distinetus. IRE CAI GgAASE RR LEI AE AO SA LARE (PPPEGERI A RIE LARE & + ANTONIO BERLESE Pili omnes clavati, sat longi; postici 40 p. long.; tertii seriei interioris sat magni ad 50 p. long. Adest area porosa puncti- formis, sat ad latus insertionis pili primi seriei interioris remota. 3 Pilus 3." et 4." seriei lateralis intersese sat remoti. Organa pseu- dostigmatica sat elongate clavato-fusiformia. Foramen genitale maius quam anale. Ad 590 p.. long.; 410 p. lat. Habitat frequens in muscis, « Vallombrosa ». 69. Pelops similis Berl. n. sp. — P. castaneo-niger, cerassa 3 tunica indutus; valde P. affini similis, sed tamen characteribus i nonnullis diversus. Tunica indutus et nisi bene expolitus, pilis È posticis carens videtur et tantum tertiis seriei interioris ornatus i adparet. Area adest porosa ad insertionem pili primi seriei inte- rioris, insertioni eidem valde appressa. Organa pseudostigmatica elongatius et exilius fusiformia quam in P. affini. Ad 530-570 p.. long.; 400-450 p.. lat. Habitat sat frequens in Etruriae altioram montium muscis i (« Vallombrosa »). 70. Pelops pulchellus Berl. n. sp. — Castaneus, ovalis, tunica sat erassa indutus. Area porosa ad 1." pilum seriei intermediae punctiformis valde insertioni eidem pili adpressa; adest area porosa similis ad insertionem pili secundi eiusdem seriei. Pili omnes no- togastri curtuli, subclavati, omnibus maiores sunt tertii seriei in- terioris (ad 40 p.. long.). Pili primus et secundus seriei marginalis nulli. Organa pseudostigmatica sat elongate fusiformia. Ad 460 p.. long.; 350 p. lat. Habitat. Nonnulla collegi exempla inter folia emortua, ad Romam (« Maccarese »). 4 | 71. Pelops nepotulus Berl. n. sp. — P. castaneo-niger, rotun- datus, tunica crassa indutus. Pili 1." et 2.55 seriei marginalis nulli. Pilus secundus seriei interioris et tertius seriei marginalis intersese ad insertionem arcte appressi, tantum perparvula areola porosa, punctiformi interposita. Ad insertionem pili primi seriei intermediae est area porosa rotunda, punetulata, sat parva; ad insertionem tertii pili eiusdem seriei est minimum punetum pellu- A + rr i stà PRI A IT IE OR ITEM SII telifenicà eli CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 55 cidum. Pili omnes notogastri sat curtuli; tertii seriei intermediae melius clavati et caeteris longiores (ad 40 L.. long.) et soli in exemplis tunica indutis adparent. Organa pseudostigmatica sat elongate fusiformia. Ad 450-470 p.. long.; 370-380 p.. lat. Habitat in muscis, pluries collectus ad « Città di Castello, Um- bria » et ad « Vallombrosa, Toscana ». 72. Pelops curtipilus Berl. n. sp. (= P. auritus Berl. ex Koch. A. M. Sc. it., XXXV-8; non syn. P. auritus Koch. C. M. A. Deut- schl. 30, 11). — Castaneus ovalis, tunica sat crassa indutus. Pili notogastri omnes perparvuli, simplices, breviores. Pili primi et secundi seriei marginalis nulli. Ad insertionem pilorum 1,5, 2,5, 3.5 seriei interioris area porosa stat perparvula, punctiformis. Organa pseudostigmatica sat erassa, fusiformia. Ad 440 p.. long. ; 290 p. lat. Habitat in muscis, ad « Vallombrosa ». 73. Pelops curtipilus Berl. var. somalicus Berl. — Diftert a typico statura vix maiore et pilis notogastri vix longioribus, omnibus magnitudine intersese paribus. Ad 480 p.. long. ; 350 p. lat. Habitat. Plura vidi exempla collecta in « Somalia italiana », in lignis putribus, ad foces Jubae. Coll. CI. Paoli. 74. Pelops depilatus Berl. n. sp. — Castaneus, rotundatus. Exempla nuda tantum possideo. Pili notogastri et areae porosae nulli; adsunt tantum pili tertii seriei intermediae, qui perparvuli sunt et maioris amplificationis ope tantum conspicui. Organa pseu- dostigmatica claviformia, sat longa. Ad 430 p.. long.: 330 p. lat. Habitat in muscis agri Panormitani. 75. Oribates maximus Berl. n. sp. — Niger, in medio dorso pallidior, leniter ovatus, linea cephalothoracem ab abdomine seiun- genti sat conspicua; setis interlamellaribus exilioribus et curtiu- sculis. Organa pseudostigmatica setiformia, exiliora, longa, barbu- lata, retrorsus directa. Pteromorphae non bene dimidiatae, rugis interruptis linearibus, sat brevibus totae aeque signatae. Vertex 56 ANTONIO BERLESE obtusus. Areae porosae adalares rotundae, sat magnae; mesono- ticae anteriores et posteriores rotundae, sat magnae; posteriores videre nequeo ; an nullae ? Derma nitidissimum. Ad 1100 p.. long. ; 800 p. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla colleeta a CI. Alland et Jean- nel in Africa orientali. 76. Oribates ovatus Berl. n. sp. — Inter longipilos, integros. Piceus, concolor, ovatus, sive sat longiusculus. Organa pseudosti- gmatica longa, exiliora, barbatula, retrorsus directa. Areae adala- res snbevanidae (videre bene in unico exemplo nequeo). Adest ta- men adalaris una rotunda, a margine corporis remota magis quam in caeteris huius generis speciebus ; caeterae notogastricae rotun- dae, sat magnae; posticas non video. Derma nitidum. Vertex obtusus. Pteromorphas in plano videre nequeo, sed tantum vittis obsoletis infamatae esse videntur. Fabrica corporis ovali inter con- generes insolitae figurae. Ad 590 p.. long.; 380 p.. lat. Habitat. Unicum vidi exemplum colleetum a CII. Allaud et Jean- nel in Africa orientali. 77. Oribates ovatus Berl. var. somalicus n. var. — Typico maior et minus ovatus. Ad 700 p.. long.; 500 pu. lat. Habitat. Plura exempla vidi collecta in Somalia a CI. Paoli, in lignis putribus, ad foces Jubae. 78. Oribates parvus Berl. n. sp. — Niger, rotundatus, lon- gipilus, integer. Organa pseudostigmatica sat elongate et sat crasse clavata. Areae porosae adalares vix in longitudine ovales ; area porosa mesonotica anterior mediocris, vel parva (in nonnullis exemplis subpunetiformis), rotunda, caeterae transverse ovales, parvae. Lamellae antrorsus ne dente ullo significatae. Pteromor- phae undique concolores, nec sensim striatae. Ad 420 w. long. ; 320 p. lat. Habitat. Plura collegi exempla in muscis, in Umbria (« Città di Castello »). 79. Oribates difficilis Berl. n. sp. — Inter curtipilos dimi- diatos. Castaneo-fuligineus, nitidus, subrotundatus. Organa pseudo- CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI DT stigmatica sat longa et sat crasse elavata, antrorsus directa. La- mellae minime elevatae, nec anterius prominentes. Pteromorphae parte postica rugis aliquot parvis exharata. Areas porosas in dorso abdominis non video, nisi dubie, in pluribus exemplis quae possi- deo. Ad 320 p.. long. ; 230 pu. lat. Habitat. Plura exempla collegit CI. Paoli in « Somalia italiana », ad foces Jubae, in lignis putribus. SUBGENUS STICTOZETES N. SUBGEN. Ex gen. Oribates (s. str.). Derma totum punetulis minimis sca- bratum, etiam in pteromorphis. (Mihi videtur adesse pellicula qua- dam punetulata, hyalina, perexilis, totum animal induens, valde tenaciter dermati (nitido ?) adherens. Caetera ut in gen. Oribates (Ss. str.). Typus: Oribates (Stictozetes) scaber Berl. 80. Oribates (Stictozetes) scaber Berl. n. sp. — Inter curti- pilos integros. Castaneo-fuligineus, subrotundatus. Derma minutis- simis puncetis, aeque dissitis totum exharatum. Organa pseudosti- gmatica sat crasse lanceolato-clavata. Areas porosas adalares non video, nisi perparvulas duas (utrinque unam) sat ab alis remotas. Area porosa mesonotica anterior perparvula rotunda; posteriores eadem magnitudine. Margo posticus abdominis utrinque impres- sione angulari vix signatus. Ad 320 p.. long. ; 220 p.. long. Habitat. Exempla plura vidi collecta a CI. Paoli ad foces Jubae, in lignis putribus, in « Somalia italiana ». 81. Oribates (Stictozetes) fuscus Berl. n. sp. — Inter curti- pilos dimidiatos. Saturate castaneo-fuscus. Setae lamellares per- parvulae, difficilius conspicuae. Organa pseudostigmatica erasse clavata, apice acuta, nigra, vix barbulata. Areas porosas anterio- res non video. Areae porosae adalares (difficiliter conspicuae) ma- gnae, transverse ovales; mesonoticae anteriores magnae, rotundae. Caeteras notogastri non video. Pteromorphae in margine laterali profundius sinuato—incisae. Ad 330 p.. long. ; 240 p. lat. Habitat. Plura vidi exempla colleeta a CI. Paoli in lignis putri- bus, ad foces Jubae, in « Somalia italiana ». 58 | —ANTONIO BERLESE GEN. GALUMNELLA BERL. N. GEN. Inter Pterogasterinas (Oribatid.). Facies gen. Ordbates (s. str.), sed pteromorphis retrorsus ut in gen. Peloptulus conformatis, non di- midiatis, in margine libero profundius sinuato-incisis anterius si- cut in Oribates (s. str.) productis. Cephalothorax ut in gen. Ori- bates (s. str.) conformatus et armatus, sed pilis interlamellaribus nullis. Derma scabratum. Areae porosae nullae. Pedes omnes ungue unico, sat magno apice armati. Mandibulae attenuatae ut in gen. Pelops ; non chela, sed stylo terminatae. Species typica: G. paradora Berl. 82. Galumnella paradoxa Berl. n. sp. — Saturate castaneo- fusca, anterius acuta, glabra. Derma notogastri totum crebre et aeque punctis pallidioribus scabratum ; cephalithoracis punetis mi- noribus, densis. Setae lamellares inconspicuae. Organa pseudostig- matica longa, vix clavato-fusiformia, apice acuta. Ad 310 p.. long.; 220 p. lat. Habitat. Plura vidi exempla collecta a CI. Paoli in lignis putri- bus, ad foces Jubae, « Somalia italiana ». SUBGEN. ACHIPTERINA BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Achipteria, inter Pterogasterinas (Oribat.). Characteres generis Achipteria, sed pedum uncus unicus. Species typica: A. A. oribatelloides Berl. Adde: Achipteria mi- nuscula Berl. 83. Achipteria (Achipterina) oribatelloides Berl. n. sp. — Dilute castanea, ovata, glabra. Pteromorphae anterius latae, in angulum acutum desinentes. Lamellae spinis duabus longis (inte- rior longior) specierum gen. Oribatella more anterius terminatae, apice inter sese sat remotae. Organa pseudostigm. clavato—fusi- formia, sat longa, apice acuta. Ad 290 p.. long.; 180 p. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla colleeta in lignis putribus, ad foces Jubae, in « Somalia italiana » (Coll. CI. Paoli). ! Ti diddeil CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 59 $4. Podoribates latissimus Berl. n. sp. — P. saturate fuligineus, latissimus, quod abdomen latior sit quam longus (950 p.. long. :; 1000 p.. lat.). Pteromorphae margine antico extrorsus parum de- flexo ita ut animal pteromorphis angulatis et angulo vix extrorsus inflexo videatur. Linea interlamellaris obsoleta, sive plica tantum significata. Lamellae ad apicem vix obtuso-dentatae. Organa pseu- dostigmatica sat breviter claviformia. Areae porosae nonnullae, parvae subrotundatae, lineam antrorsus arcuatam, sat margini antico notogastri adpressam simul costituunt, utrinque 3-4 numero, vel amplius. Caeterae areae porosae (adalares, posticae) linea in- certa limitatae, tamen subovales ; mesonoticae et posticae utrinque duplices. Ad 1150 p.. long.; 1000 n. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla collecta in Africa orientale a CI. Allaud et Jeannel. 85. Podoribates longipes Berl. var. platensis Berl. n. var. — P. saturate castaneo-fuligineus. Characteres omnes sat iisdem no- stratis P. longipes conformes, sed statura multo insignior, sive : ad 750 p.. long.; 560 p. lat. Habitat. Plurima vidi exempla collecta ad « La Plata », a Cl. Bruck. OssERVAZIONI. La differenza di statura è così grande tra questa forma ed il P. longipes d’ Italia (che è lungo 570 p. e largo 450), che, non ostante la con- formità dei caratteri desunti dalle aree porose, dagli organi pseudostigmatici ecc. potrebbe essere che si trattasse di una vera specie a sè, 86. Podoribates elamellatus Berl. n. sp. — P. castaneus, latus (quod abdomen latior sit quam longus, sive 610 p.. long. ; 650 p.. lat.). Areae porosae plurimae, sed parvae, rotundae. Harum adest linea arcuata antrorsus directa, sat a margine antico noto- gastri disereta, numero vario arearum composita, sive utrinque 6-7. Aliae areae conformes sunt in notogastro dispositae, praecipue posticae. Organa pseudostigmatica longissima (220 p.), exiliora, setiformia, arcuatim extrorsus et retrorsus directa. Cephalothorax latior, praecipue basi, lamellis vix linea marginali chitinea signi- ficatis, intersese apice valde diseretis, linea tantum interlamellari alate 9a. et 60 ANTONIO BERLESE obsoleta. Pedes magni et longiores; primi paris fere corporis la- titudinem aequantes. Ad 750 pu. long.; 650 p. lat. Habitat. Collegerunt in Africa orientali Cl. Allaud et Jeannel. 87. Peloribates conspicuus Berl. n. sp. — P. saturate fuli- gineus, scabrato-areolatus, pilis cylindricis, sat longis, (postici sunt longi 85 w.) indutus. Organa pseudostigmatica sat breviter, sed erasse clavata. Lamellae intersese valde remotae, vix linea chi- tinea interlamellari coniunetae, vix elevatae et in dentem obsole- tum anterius productae. Ad 760 p.. long.; 580 p. lat. Habitat. Nonnulla collegerant exempla Cl. Allaud et Jeannel, in Africa orientali. 88. Liacarus nigerrimus Berl. n. sp. — Nigerrimus, nitidis- simus, elongate obovatus, postice acutus, glaberrimus. Organa pseudostigmatica brevissime clavato—pyriformia, apice subrecte truncata. Lamellae apice bidentes, dente exteriori minimo, interiori multo longiore, denteque interlamellari acuto, fere dimidio breviore quam dens interior lamellae. Ad 1250 p. long.; 760 p. lat. Habitat in Africa orientale. Collegerunt Cll. Allaud et Jeannel. GEN. POLYPTEROZETES BERL. N. GEN. Trib. Damoceosomini, inter Oribatidas. Facies Damoesomatis, sed lamellae maxime antrorsus productae (verticem multo superantes) et utrinque in laminam hyalinam, latam expansae, denique sub api- cem pilum gerentes. Foramina pseudostigmatica quoque lamina hyalina laterali aucta. Pedes uniunguiculati. Animalia exuviis plu- ribus et quisquiliis terreis tota (etiam super femura) induta, tantum caetero pede nudo. Species typica P. cherubin Berl. 89. Polypterozetes cherubin Berl. n. sp. — Castaneus. Ab- domen subsphaericus, nitidus, vix seta longa, humerali, antrorsus directa ornatus aliisque minoribus in margine antico. Organa pseu- dostigmatica fere totius abdominis latitudinem aequantia, cylindrica, sub apieem denticulato-barbata. Vertex setis duabus robustis, CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 61 nigris, antrorsus porrectis et parallelis ornatus. Lamellae alifor- mes, maximae, antrorsus et deorsus ultra verticem multo porrectae, forcipis modo inter sese arcuatae, in medio costula chitinea obscu- riori fultae, ad latera hyalinae, latius expansae et pilum nigrum mediocre sub apicem gerentes insignem animaleuli huic figuram praestant. Sub lamellis istis expansio stat aliformis, angulata e cephalithoracis margine laterali procedens, minus bene conspicua. Margo foraminis organi pseudostigmatici lateraliter squamula ali- formi, sat lata ornatus. Pedes omnes femure incrassato. Animal hoc exuviis reticulatis, hyalinis et quisquiliis alte obtectum est. Exuviae a capitethorace aegre removentur, quod ab appendicibus supradietis arete detineantur; super abdomen vero, facilius tollun- tur. Etiam femura omnia pellicula sunt induta. Ad 400 p.. long. ; 230 p.. lat. (nudus). Habitat. Plura collegi exempla inter folia emortua, ad « Val- lombrosa, Firenze ». GEN. EUPTEROTEGAEUS BERI.. N. GEN. Ex fam. Tegeaeocranidae, inter Oribatidas (s. 1... Unei pedum terni. Lamellae maximae, valde antrorsus ultra rostrum produetae. Notogastrum vitta chitinea, figuram ovalem sistenti, marginibus omnibus subparallelam signatum nec non, ad humeros, in squamam subpellucidam, etiam in parte anteriori marginis lateralis extensam dilatatum. Cephalothorax, ad latera, prope verticem utrinque in squamam chitineam late expansus. Animalvula pelliculis et qui- squiliis tota induta. Species typica Tegeocranus ornatissimus Berl. 90. Eupterotegaeus ornatissimus Berl. (Tegeocranus ornatis- simus Berl. : « Redia » 1908, p.9; — Scutovertex ornatissimus Berl. « Redia », vol. VI, fasc. 2, p. 227, fig. 81). Non possedevo che due esemplari, 1’ uno di Vallombrosa, l altro del Monte della Verna (Toscana), ma non ero riescito, come ho detto nella seconda nota a pag. 228, a pulirli dall’ involucro di sudicio, che avvolge questo acaro. Ora ne ho trovati molti esemplari a Vallombrosa ed a Tiarno (Trentino) ed ho po- tuto ripulirne alcuni perfettamente. Ne è riescito un mirabile animaletto, che "CRI pa) RIO Tan 62 ANTONIO BERLESE non può essere ascritto nè al gen, Tegeocranus (anche per le tre unghie dei piedi); nè al gen. Seutoverter. Ecco la descrizione di questo acaro, come apparisce li- berato dalla pruina larvale, che lo protegge. « Vertex trimucronatus, mucrone medio acuto, sursum recurvo, caeteris bre- viter piliferis longiori. Lamellae, quae verticem multo superant, basi latae, de- nique attenuatae, apice pedis humani instar conformatae, in angulo externo, quasi pedis calcaneo, pilo introrsus recurvo praeditae, intersese forcipis more incurvae. Laminae ad latera cephalithoracis apicalis apice truncato, serrulatae. Notogastri laminae humero-laterales antrorsus angulatae, usque in medio margine laterali porreetae, Notogastrum in medio dermate nitido, postice tuberculis brevibus et corte piligeris utrinque sex, aequidissitis (3.° et 4.° tamen intersese magis quam caeteri adpressi) ornatum. Color saturate castaneo-fuligineus. Ad 680 w. long. ; 330 p, lat. ». GEN. EUTEGAEUS N. GEN. Typus: Oribata Bostocki Mich. (N. Zelanda). SUBGEN. MICROTEGEUS BERL. N. SUBGEN. Rx gen. Tegeocranus. Species minores. Vitta marginalis notoga- stri subnulla. Mandibulae exiles et elongatae, parum minus quam in gen. Pelops, chela perparvula. Caetera sat ut in gen. Tegeocra- nus. Species typica 7. M. undulatus Berl. 91. Tegeocranus (Microtegeus) undulatus Berl. n. sp. — Pal- lide castaneus, abdomine subrotundato, anterius truncato, dermate notogastri glabro, sublaevi, sed toto mammillato-undulato, areis subrotundis, vix elevatis (numero sex), dermate obscuriori circum- datis, duabus posticis praecipue caeteris magis conspicuis. Derma cephalithoracis inter lamellas rugis aliquot ramosis, exilibus et magis obscuris signatum. Organa pseudostigm. sat breviter clavi- formia, tenuiter inerassata. Ad 330 p.. long.; 230 p.. lat. Habitat in « Somalia italiana », in lignis putribus, ad foces Jubae. Unum vidi exemplum collectum a C1. Paoli. TRIBUS Zetorchestini. Generibus Zetorchestes et Zetorchella tribus haec constituitur et inter genera Oribatidarum lamellis aneta est inserenda. ao è - CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 63 GEN. ZETORCHELLA N. GEN. Characteres et facies gen. Zetorchestes Berl., sed pedes omnes triunguiculati, membranula subungueali nulla. Species typica: Z. pe- destris Berl. (Adde: Z. latior Berl., sub nomine: Oppia latior de- seripta et fig. in « Redia », vol. IX, pag. 89, tab. VI, fig. 59, ex « Giava »). 92. Zetorchella pedestris Berl. n. sp. — Castanea, ventricosa, abdomine subsphaerico, dermate sensim areolato. Setae noto- gastri mediocres, omnes crassae, sive dilatato-plumatae. Organa pseudostigmatica claviformia, mediocria. Setae interlamellares cae- teris conformes, erectae. Pedes postici caeteris vix robustiores, calcaribus (tibiali et tarsalibus) nullis. Genitalia in summo ventre aperta, ab ano valde remota. Ad 500 p.. long.; 400 p. lat. Habitat. Plura vidi exempla collecta ad foces Jubae, in Somalia, a C1. Paoli, in lignis putribus. 93. Zetorchestes trituberculatus Berl. n. sp. — Castaneus, sub- globosus. Notogastrum subrotundum, postice magno tuberculo ro- tundato, ad humeros utrinque tubereulo truneato aunetus, dermate subnitido, glabro. Cephalothorax dermate minutissime punctulato, setis interlamellaribus parvis et exilibus ; lamellis parum elevatis. Tubereuli antici sat alti, et valde summo vertici appressi, appendice spiniformi, apice acuta, deorsum inflexa ornati. Organa pseudo- stigmatica ut in Z. micronycho. Pedes quarti paris tarso longiori quam in Z. miecronycho calcaribusque sicut in hac specie, sed de- bilioribus. Ad 570 p.. long.; 420 p. lat. Habitat. Unum vidi exemplum colleetum in Africa orientali, a Ci. Allaud et Jeannell. 94. Scutovertex spinipes Berl. n. sp. — Castaneo-fuscus, ma- xula pallidiori in notogastro antico; ovalis; notogastro convexo, glabro, vix, tenuissime in medio margine postico inciso; dermate sublaevi; humeris vix in angulum prominulis. Cephalothorax lamel- lis bene altis, anterius rotundatis, dermate dorsi cephalothoracis et lamellarum areolato-punetato. Organa pseudostigmatica sat tr e tà n a rai ei ava 64 ANTONIO BERLESE longe et sat crasse claviformia, retrorsus et extrorsus arcuata, ni- gra. Pedum omnium tarsus superne ad apicem in dentem produ- ctus, spinaque robustiori, nigrescenti, aspera armatus. Ad 450 p.. long.; 270 p. lat. Habitat in « Somalia italiana », in lignis putribus, ad foces Jubae. Coll. CI. Paoli. 95. Eremaeus columbianus Berl. n. sp. — +. oblongo vix minor, pallidior et paulo latior. Derma notogastri nitidum. Femura omnia (etiam 1.' et 2. paris) lata squama inferne aucta. Tibiae 1. et 2. paris basi supra genu partim inferne productae, brevis- simae, latae. Coxae 3. et 4. paris ad dorsum spina apicali robu- stiori armatae. Dentes chitinei ad basim capitisthoracis, inter fora- mina pseudostigmatica, conici, robusti. Caetera sat ut in E. oblongo. Ad 410 p. long.; 240 p. lat. Habitat in Columbia. Exemplum possideo, coeteris vix minor, dentibus chitineis inter foramina pseudostigm obsoletis. Cum caeteris. 96. Platyeremaeus laminipes Berl. n. sp. — P. saturate ca- staneo—fuligineus, abdomine obscuriori. Abdomen rotundatus, dorso reticula subnigra, areolas polygonales occludenti sculpto, pilis ra- ris, sat longis ornato. Pedes omnes femoribus utrinque lata lamina chitinea, pallidiori ornatis, caeteris articulis lamina tantum in parte dorsuali praeditis (genubus tantum ad dorsum mueronatis). Tarsi omnes in bacillum exilem et perlongum, subito attenuati, ungues apice gerentem. Organa pseudostigmatiea cylindrica, exilia, longa, retrorsus et extrorsus incurva. Animal totum et pedes sunt obte- cta pellicula subhyalina, punetis nigris dense signata. Ad 650 p.. long.; 420 1. lat. Habitat in muscis, ad « Vallombrosa ». Nonnulla collegi exempla. GEN. HALOZETES N. GEN. Typus: Notaspis marina Lohmann. (= N. antaretica Mich.). Adde Notaspis belgicae Mich. CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI 65 97. Gymnodamoeus cephalotes Berl. n. sp. — G. castaneo— fuligineus, nudus. Statura G. femorati. Abdomen perfecte discoida- lis, postice vix mucronatus, utrinque pilo clavato, extrorsus dire- ceto, sat longo auctus. Notogastrum convexum (tamen tenuissimo margine plano) in medio lata carina longitudinali (costulas utrin- que duas marginem versus transverse emittenti), sat elevata orna- tum; dermate undique minute reticulato. Cephalothorax latior, den- tibus duobus altis prope marginem anticum notogastri, tuberculisque, in medio, pilos gerentibus duobus. Organa pseudostigmatica eylin- drica (quamvis quisquiliis ad apicem obtecta, leniter clavata adpa- reant), perlonga, sive cephalitoracis latitudinem subequantia. Ad 770 p. long.; 530 1. lat. Habitat. Collegerunt in Africa orientali CII. Alland et Jeannel. 98. Gymnodamoeus italicus Berl. — G. fuligineus, nudus. Notogastrum rotundatum, «depressiusculum, in medio sieut G. bi- costati impressum, pilis posticis duobus mediis sursum recurvis, duobus vix lateralibus extrorsus incurvis, denique, utrinque, in margine postico, pili sunt bini vel terni, longiusculi, sed deorsus subito ineurvi, qua re vix conspicui. Organa pseudostigmatica cla- vata, longa, nec depressa, sub apicem spinoso-barbata. Cephalo- thorax, in medio, longitudinaliter elevatus, nec peculiariter impres- sus. Venter multo a G. bicostati diversus. Ad 530 p.. long.;310 p.. lat. Habitat. Collectus est, hieme, sub cortiee Platanorum, in horto « Boboli », Florentiae. SUBGEN. ACRONOTHRUS BERI. N. SUBGEN. Ex gen. Nothrus. Typus: Nothrus cophinarius Mich. (N. Zelanda); adde Neoliodes americanus Berl. SUBGEN. PHYLLHERMANNIA BERI. N. SUBGEN. Ex gen. Hermannia. Typus: Hermannia phyllophora Mich. (N. Zelanda). SUBGEN. PROTOTRITIA BERI. N. SUBGEN. Ex gen. Arthroplophora, inter Hoplophoridas. Unci pedum terni. Typus: A. P. armadillo Berl. u Redia », 1916 5 Ai di DA 9 us N x pa vi yi dà Lat è E è vita) A: 66 ANTONIO BERLESE 99. Arthroplophora (Prototritia) armadillo Berl. n. sp. — Terreo-badia, clausa subsphaerica est. Segmentum secundum basi setis aliquot, aequedissitis, totam longitudinem segmenti eiusdem aequantibus, nec superantibus, segmentoque eodem adpressis orna- tum. Segmentum tertium et venter glabra. Organa pseudostigma- tica longa, setiformia. Unci pedum longi, tarsum longitudine aequantes. Ad 320 u. long. (aperta); 240 p.. alta; clansa et su- pina, 240 p.. long.; 210 p. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla collecta a Cl. Paoli, in lignis putribus, ad foces Jubae, in « Somalia italiana ». 100. Arthroplophora (Prototritia) vulpes Berl. n. sp. — Testacea; clanusa subsphaerica est. Segmentum notogastri secun- dum duplici serie setarum perlongarum transverse ornatum. Ven- ter, praecipue postice, densius villosus. Ungues pedum longissimi, tarso longiores. Tarsi, praecipue postici, setis longissimis ornati. Organa pseudostigmatica sat longa, setiformia. Ad 270 p.. long. (e latere visa et clausa); 220 p. alta (cum cephalothorace ventri adpresso). Habitat. Unum exemplum possideo collectam cum praecedente specie, in « Somalia italiana ». CENTURIA PRIMA DI ACARI NUOVI SYNONYMA. Typhlothrombium Oudemans (1 Nov. 1910) non est 7’yphlo- thrombium Berl. ($ Jul. 1910). Sebaia palmata Oudemans (1 Sept. 1904) = Alychus (Monaly- chus) arboriger Berlese (18 Aug. 1904). Oplitis Berlese 1884 (recte Hoplitis) = Uroplitella Berlese 1904. L’Oundemans (Entomol. bericht n. 73, 1913, p. 37) mi rimprovera per aver mutato il nome primitivo del 1884 in quello del 1904, sopraddetto. Ma il nome Hoplitis era preoccupato (pei Lepidotteri) fino dal 1822 (Hiibner). La critica dell’ Oudemans non ha, dunque, ragione di essere. Liroaspis Banks 1902 = Seius Koch. Thinozercon Halbert (1915) = Iphidinychus Berlese (1913). Trachyuropoda triecuspis Banks (1914, Brazil) = Antennurella trouessarti Berlese (1904, Para) (negli Antenophoridae, Fedrizzini), Gamasus hortivagus Berl. = G. spinipes Koch. Macrocheles siculus Oudemans 1905 = Holostaspis vernalis Ber- lese 1887. Hypoaspis laevis var. pilifer Oudemans (1912); Amndrolaelaps pi- lifer Oud. 1912, 1914 (nei nidi di 7a/pa) = Laelaps (Androlaclaps) sardous Berlese (1911, nei nidi di Mus sylraticus). Eviphis mullani Oudem.; E. rufus Oudem. sono da collocarsi nel mio genere Copriphis. Copriphis (Pelethiphis) crinitus Berl. (= Iphis crinitus Berl. 1886), var. curtipilus Berl. 1911 = Eviphis siculus Oud. 1905. Laelaps versteegii Qudemans ($ Jul. 1904), mi sembra lo stesso di Laelaps maximus Berlese (10 Apr. 1904). Pelops minnesotensis Ewing appartiene al gen. Punetoribates, fra gli Oribatini. Oribata banksi Ewing mi sembra il Peloribates peloptoides Berl. (Austro-America). Arthronothrus biunguiculatus Triig. (30 Jun. 1910) = Lohmannia (Eulohmannia) ribagai Berlese (9 Febr. 1910). Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 12 Giugno 1916. ta Sa "TER. » REA VTAZZA SECONDA SERIE DI ESPERIENZE INTORNO ALL’ INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBYX MORI I. Introduzione e metodo. — II. Raftronti dei risultati ottenuti nelle diverse esperienze : 1.° Modificazioni di peso delle larve; 2.° Modificazioni nel ciclo evolutivo ; 3.° Modificazioni nel peso dei bozzoli con crisalide; 4.° Modifica- zioni nel peso dell’imago; 5.° Modificazioni nel numero e peso di uova pro- dotte. — III. Conclusioni. — IV. Lavori citati. I. — Introduzione e metodo. Già in un mio primo lavoro intorno all’infinenza di agenti chi- mici sul B. mori (2) esposi le ragioni che da principio mi hanno spinto alla ricerca, e siccome quanto verrò esponendo in questo seritto non è che un completamento di quelle mie prime espe- rienze, così credo sarebbe superfluo ripetere le cose già dette. A quel primo lavoro ne feci seguire due altri, uno intorno al- l’azione dei fattori chimici sulla fecondità e sul sesso delle uova prodotte (3) e un secondo intorno ail’ereditarietà dei caratteri acqui- siti sotto l’azione dei diversi agenti (4); entrambi si riferivano sempre a quella prima serie di esperienze. Ora in tali miei lavori ebbi occasione di dire che : per uno stu- dio ordinato e completo sarebbe necessario provare Vazione dei suc- citati agenti somministrandoli in dosi gradatamente diverse, ma per le esperienze preliminari importava invece a me di stabilire quale è la dose massima sopportata dalla specie su cui opero, e vedere così quali sono le diversità d’azione a quel limite massimo. Una volta stabilito 70 F. CAVAZZA il massimo sopportato d’ogni sostanza, potrò poi negli anni seguenti far le prove intorno alla diversa azione di uno stesso agente secondo la sua concentrazione 0 quantità. Infatti nell’estate scorsa, 1918, ho ripetute le esperienze con diversi degli agenti già sperimentati e con alcuni altri, e siccome nel 1912 avevo stabilite, per parecchie sostanze, le massime con- centrazioni sopportate dal B. mori, così ho potuto fare la prova intorno alla diversità d’azione di una stessa sostanza secondo la quantità in cui essa veniva somministrata. È ormai noto, essendo stato provato da eminenti ricercatori, primo fra i quali il Loeb (8-9), che tutti i sali sono velenosi, anche quelli più comunemente ritenuti innocui; questo poteva far credere che una parte delle modificazioni da me osservate nel B. mori durante le esperienze del 1912, fosse prodotta da uno sti- molo dovuto alla tossicità stessa delle sostanze somministrate. Ho discusso intorno a ciò in due lavori dimostrando la poca probabi- lità di una simile azione della tossicità (2, pag. 322, 342, 354, 357; 3, pag. 145) ma non avevo un fatto probante che solo poteva de- rivare dalle esperienze intorno all’azione di uno stesso fattore in diversa quantità. Molti autori (D-14-15) stabilirono che alcune sostanze agenti sopra una data forma animale hanno un ottimo di concentrazione, ottimo che rappresenta la dose che fa maggior effetto sopra gli individui pazienti. Accertati questi importanti fatti, si credette da aleuni di poterli generalizzare ammettendo che per ogni specie animale o vegetale vi dovesse essere, di ogni sostanza agente, una dose ottima prima della quale e dopo la quale Vinfluenza del fat- tore chimico produce una minore reazione nell’organismo. Talvolta la dose ottima potrà coincidere colla massima. L’influenza delle diverse dosi di un agente chimico sopra un dato carattere di una specie animale si potrebbe secondo tal modo di vedere, rappresentare quasi sempre con un diagramma regolare, che avrebbe un apice unico e mediano, corrispondente alla dose ottima. Nel caso che dose ottima e massima coincidano si avrebbe solo una metà della curva. Parecchi dei dati da me ottenuti nel 1912 come molti osservati in lavori di autori diversi, pare si oppongano chiaramente a que- ——> INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 71 sto modo di vedere. Infatti, occupandomi specialmente della fecon- dità, concludevo nel 1912: « alcuni fatti dimostrano che Vaumento o la diminuzione della fecondità è collegata a certe proprietà degli agenti sperimentati, ma che non è dipendente dal grado di nocevo- lezza di ciascun agente. Penso, continuavo, che rispetto ad una data specie, si trovino sostanze che la stimolano all'aumento della fecon- dità, ed altre che la stimolano ad una diminuzione ; colle prime so- stanze il grado di fecondità aumenterebbe man mano che aumenta la dose somministrata, cioè fino a che si sia raggiunto quel massimo di dose oltre il quale l’agente diviene tossico mortale per tutti gli esem- plari di essa specie; colle seconde sostanze invece, il grado di fecon- dità potrebbe essere gradatamente diminuito finchè può essere aumen- tata la dose somministrata, il che vale a dire, finchè si sia raggiunta una dose oltre la quale l’agente è tossico mortale. Ciò non esclude che vi siano altre sostanze ancora che di fronte alla fecondità di una data specie presentino un OTTIMO (non corrispondente alla dose mas- sima) oltre il quale la loro azione diminuisce d'intensità ». Quanto dissi parlando della fecondità si sarebbe potuto applicare pure a tutte le altre modificazioni osservabili nello sviluppo e nei carat- teri somatici. Ma anche per ciò era necessario avere una riconferma di quanto traspariva dai risultati delle prime ricerche. Alcuni autori occupandosi specialmente dell’ influenza di certe sostanze sulla riproduzione, chiamarono benefica (14) V azione di quelle dosi di una data sostanza che stimolano una specie a fecon- dità maggiore, ed altri credettero di poter asserire, parlando d’in- setti, che le sostanze dannose alla salute delle larve e crisalidi producono una diminuzione della fecondità. A tali asserti opposi già i dati ottenuti nelle esperienze del 1912, confrontando il grado di fecondità colla mortalità dei diversi gruppi. Nondimeno quelli erano confronti fra due azioni diverse di un'unica dose massima somministrata o fra azioni di sostanze diverse, men- tre mancavano le osservazioni intorno all’ azione di una stessa sostanza somministrata a diverse dosi. Si poteva pertanto obbiet- tare che l’aumento di fecondità da me ottenuto non ostante una grande nocevolezza della dose di sostanza somministrata, non era l’ottimo d’azione di quella data sostanza e che ad nna concentra- a 12 F. CAVAZZA zione minore, non tossica, avrei avuto un aumento ancora supe- riore della fecondità. A tali critiche possibili potevano solo rispondere esperienze in- torno alla diversa azione di una stessa sostanza rispettivamente alla sua quantità. Queste brevemente le ragioni che mi spinsero alla seconda serie di esperienze sul B. mori, le quali non debbono solamente essere la riprova di quelle fatte. nel 1912, ma debbono esporre alcuni dati intorno al valore della quantità della sostanza agente indi- pendentemente dalla sua qualità. Non farò quasi alcuna discussione lungo il lavoro limitandomi ad esporre i più importanti dati osservati, i quali da loro stessi porteranno a conclusioni (parziali, naturalmente) se verranno con- frontati con quelli esposti nel primo lavoro. Delle cinque sostanze da me scelte per gli esperimenti del 1913, tre sono di quelle provate già nel 1912, Potassa caustica, Acido cloridrico, Solfato ferroso, e due sono nuove, Cloruro di potassio e Sublimato. Il cloruro di potassio è stato da me aggiunto perchè esso è il composto dei due primi agenti sperimentati, e il cloruro di mer- curio perchè, provato da alcuni autori sopra diverse specie (5-14), le ha stimolate a modificazioni grandissime anche a soluzioni mi- nime. Tutti questi agenti presentano le qualità di cui dissi nel 1912 esponendo le ragioni che mi avevano spinto a scegliere certe so- stanze per le esperienze. Per ogni sostanza feci tre soluzioni a diversa concentrazione partendo circa da quelle che sapevo, per le esperienze del 1912, essere le massime concentrazioni possibili. Ciò vale per la potassa, per l’acido cloridrico e pel solfato ferroso già esperimentati l’anno precedente ; per le soluzioni massime del cloruro di potassio e del sublimato mi sono dovuto regolare sopra i dati di antori che spe- rimentarono l’azione di questi sali su di alcune specie animali. Le soluzioni più forti delle esperienze di quest'anno furono te- nute a concentrazione un po’ minore delle soluzioni massime pos- AL e 7 ae INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 73 sibili già stabilite l’anno scorso. Generalmente per ogni sostanza feci tre soluzioni partendo da una prima a maggiore concentra- zione e dividendola quindi per /0 e per /00; pel solfato ferroso invece che è sopportato a dosi piuttosto concentrate e che nondi- meno pareva dovesse avere una evidente azione anche a dosi mi- nime, divisi la concentrazione maggiore per 100 e per 1000 e pel cloruro di potassio divisi la concentrazione maggiore per 10 e per 50. Avrei voluto aumentare per ogni sostanza il numero delle solu- zioni sperimentate e anche provare un maggior numero di agenti, ma questo mi è stato reso impossibile dalla quantità di lavoro che richiedeva la continua osservazione di ben 20 gruppi di larve (*). Le soluzioni sperimentate per ogni sostanza agente furono le seguenti : 16 16 16 o x Re CAI x i « a 3 lepibohassantcamsbica: (AO): go 109000 * Los 00 ( normale in litri 35,0987-350,987-3509,87); soluzione IO Nt TA ERO TT) (** 1 L LEO 2. Acido cloridrico (HC1) (*) a: 10000 Tonon (Soluzione normale in litri 96,000-960,0-9600); Da REA . 320 dl è Si 5) 3 “ hi 3.° Cloruro di potassio (KC1) a 0%: 30.000 (Soluzione normale in litri 24,5666-248,666-1243,53); 125 125 125 40 ri "APr 7) v() Hi 9) ear 4.° Solfato ferroso (Fe SO, T H.0) 7000 > La (soluzione normale di Fe SO, in litri 222,457-22245,7-222457); zo Cialtale 2 2 2 5.° Sublimato (Hg08,) To! iMUO0 * 1000,000 male in litri 1354,50-13545,0-135450). Il metodo fu assolutamente lo stesso di quello seguito già nelle (soluzione nor- esperienze del 1912. La foglia adoperata per cibare le larve era degli stessi alberi dai quali l’avevo colta per cibare gli allevamenti dell’anno prima. Preparata una soluzione della sostanza vi tenevo immerse le fo- glie di gelso per 8 ore, dopo le foglie venivano stese su di un can- niecio in ambiente arieggiato e fresco, finchè non fossero asciutte; (*) Quindici gruppi contenevano le larve delle suesposte esperienze, quattro quelle derivanti dai genitori sui quali si era agito nel 1912, e uno gli esem- plari normali di confronto. (#*) Mi riferisco al solito acido cloridrico concentrato del commercio che ha 38°/, HCl. 74 i F. CAVAZZA solo allora venivano somministrate alle larve. Le soluzioni ven- nero sempre rifatte ogni due giorni senza che la concentrazione venisse mai mutata. La temperatura della bacheria fu in media assai più calda che nel 1912, e ciò in causa del calore insolito della seconda quindi- cina di maggio e della prima di giugno. Tutti i bachi sui quali ho sperimentato come quelli normalmente allevati per confronto, derivavano da uova di esemplari di un unico allevamento normale le quali hanno tutte trascorso l’inverno nelle stesse condizioni e sono state poste nell’ incubatrice nello stesso momento.. Ognuno dei /6 gruppi era formato di /00 larve all’ inizio del- l'esperimento. Cominciai (come nel 1912) a somministrare alle larve la foglia stata nelle diverse soluzioni, solamente dopo la 1.* muta (7-8 giorni dopo la schiusura dell’uovo), e ciò per la grandissima difficoltà che ho riscontrata a cibare le larve da poco schiuse con cibo diverso dal normale. Le condizioni di spazio, temperatura, arieggiamento e quantità di cibo furono identiche per tutti i diversi gruppi. Per l’accoppiamento lasciai sempre che le 9 si unissero ai gf sui quali avevo operato collo stesso agente, e che l’accoppiamento fosse illimitato (*). Del metodo seguito nel fare le diverse osservazioni dirò volta per volta parlando dei fatti osservati. Per brevità ometto di pubblicare per esteso il giornale di ogni allevamento e metto le citazioni bibliografiche dei soli lavori men- zionati nel testo. II. — Raffronto dei fatti osservati nei diversi gruppi. 1.° Modificazioni di peso durante la vita larvale. Pesai le larve d’ ogni gruppo tanto due giorni dopo la quarta muta, quanto subito prima che giungessero a maturità. Ciò feci (*) Sono da escludere alcuni esemplari che accoppiai con altri normalmente allevati onde verificare 1’ azione sul sesso delle uova. PLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 75 si 7A per meglio controllare l’ osservazione fatta nel 1912 intorno alla dl | maggiore azione di alcuni fattori ingeriti durante la quinta età. phi .Nella seguente tabella pongo i pesi medi ricavati da ciascun | gruppo, nei due citati momenti dello sviluppo e l’anmento medio RI di peso delle larve durante la quinta età. + 3 I. — Tabella del peso medio dei bachi. Subito prima Aumento di di peso giungere durante a maturità la 5.4 età (*) Due giorni dopo la 4.8 muta N gr. gr. gr. a Normali Sl PTC ROAEA SATIN INI VINO TARA 1,03 3,93 2,90 | Potassa 0,71 2,28 s1;57 0,87 3,315 2,44 0,99 3,455 2,46 ‘ 0,502 1,20 0,69 0,715 2,60 1,88 0,91 3,15 2,24 0,835 2,25 1,41 0,915 3,01 2,09 0,97 da 96 2,39 0,76 2,36 1,60 0,93 2,91 1,98 0,992 3,21 mal 0,57 0,98 0,41 0,85 ‘. 1,89 1,04 0,92 2,95 2,03 » » _ Acido cloridrico Deo » » » Cloruro di potassio DOO HO vw N Ei OwWv ND HH » » » »d . Solfato ferroso . » » o Er 0 » » Sublimato » DN Pi » Confrontando fra loro i pesi medi dei bachi, a maturità, di quei gruppi sui quali agimmo colle soluzioni più concentrate, vediamo che la diminuzione di peso è assai diversa da fattore a fattore, e (*) L'aumento di peso si riferisce non a tutta la durata della 5.* età e ciò perchè il primo peso fu sempre preso due giorni dopo la 4.* muta. 76 F. CAVAZZA se mettiamo questi cinque gruppi in ordine di decrescenza secondo il peso medio delle larve, abbiamo 1 ordinamento che segue : I) solfato ferroso n. 1; II) potassa n. 1; III) cloruro di po- tassio n. 1; IV) acido cloridrico n. 1; V) cloruro di mercurio n. 1. Se confrontiamo questo ordinamento a quello ottenuto osser- vando il peso delle larve nelle esperienze del 1912 vediamo che esso è diverso, perchè mentre allora era assai più forte la dimi- nuzione di peso prodotta dal solfato ferroso che non quella pro- dotta dalla potassa caustica, ora invece è più forte di un poco la diminuzione prodotta dalla potassa caustica. Ho voluto rilevare questo fatto perchè ad una superficiale osservazione esso potrebbe apparire in contrasto con quello ottenuto 1 anno scorso. La spiegazione sta nel grado di concentrazione delle soluzioni adoperate nel 1912 e nel 19183. Le massime del 1912 furono per la potassa 2 "/, e pel solfato ferroso (*) 1,60 °/,, mentre in quest'anno le concentrazioni maggiori erano per la potassa 1,60 °/, e pel sol- fato ferroso 1,25 °/ Si vede facilmente da ciò che le due solu- zioni sono state così modificate da non essere più, le loro diverse azioni nello stesso rapporto che nelle esperienze del 1912, dove entrambe rappresentavano le azioni della concentrazione massima possibile per le larve del B. mori. ‘oncorda perfettamente con quanto rilevai 1’ anno scorso, la maggiore azione dei cloruri e dell’ acido. Prima di passare ad osservare la diversa azione di ciascun fat- tore in rapporto alla sua concentrazione, espongo nella seguente tabella il peso medio dei bachi d’ ogni gruppo (a maturità) rela- tivo al peso medio dei bachi normalmente allevati. Di fronte al peso relativo dei bachi d’ ogni gruppo ho posta la percentuale di mortalità osservata nello stesso gruppo e ciò per dimostrare colla massima evidenza che non esiste un vero legame fra la diminuzione del peso delle larve e la nocevolezza degli agenti ingeriti. (*) Quando parlo di solfato ferroso senza mettere la formula, mi riferisco al sale Fe SO, 7 H,0. " pi Bei ì v ni x STRIP VIDE. IVI RIO Ti INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 77 II. — Tabella del peso medio dei bachi di ciascun gruppo relativo al peso medio dei normali e percentuale di mortalità. Peso relativo Mortalità dei bachi % i pra e an a. 100 3 È AR e e ene È 57,9 70 a » a e 7 84,2 57 È » ART IAA PR 87,7 42 Acidolielorid mico e nn e i 30,4 82 » » A RA N 66,0 59 » » MA 80,0 45 i Cloruro''di potassio — .' . . . . n.1 97,1 27 » » {i ESA ea SRO 76,4 17 » » AR i PS: 85,3 8 Aallalni orso ii en e 58,9 78 » » n. 2 73,8 46 » » PA AV oe MPI I ME DINA (PIO, 81,5 22 SHblinatoMNe Rete est EN iL 24,8 100 » SOMMA e ad 48,0 73 » e ere È 75,0 30 Osserviamo ora le diverse modificazioni di peso prodotte nelle larve adulte dalle differenti soluzioni di uno stesso agente. La potassa caustica all’ 1,60 °/,, ha prodotto una diminuzione del peso medio delle larve adulte di 42,1 centesimi del peso medio nor- 3 male. La seconda soluzione della potassa allo 0,16 °/,,} cioè dieci volte più debole, ha prodotta una diminuzione di 15,8 centesimi del peso medio normale; e la terza soluzione, cento volte più debole della prima, 0,016 °/,,, ha prodotto una diminuzione di 12,3 cen- È tesimi del peso medio normale. tti illa tà 3 I Di ° ) F. CAVAZZA =I La soluzione più concentrata, 1%/,, dell’ acido cloridrico (*) ha prodotta una diminuzione del peso medio delle larve adulte, di (9,6 centesimi del peso medio normale. Nelle esperienze del 1912 I / los tMa diminuzione del peso delle larve adulte di 78 centesimi del peso medio normale, ma la mortalità fu tale che una sola giunse allo stato d’ imago. La seconda delle soluzioni provata quest’ anno, 0,10 °/,, cioè dieci volte più debole che la prima, ha prodotto una diminuzione di 34 cen- ottenni con la soluzione massima, 1,50 ® tesimi del peso medio normale, e la terza, 0,01 °/, cento volte più diluita della prima, una diminuzione di 20 centesimi del peso me- dio normale. » 0 Il cloruro di potassio al 3» ha prodotto una diminuzione nel peso medio delle larve adulte di 42,9 centesimi del peso medio lo, dieci volte più debole della prima, ha prodotto una diminuzione di 23,6 cen- normale ; la seconda soluzione di questo sale, 0,30 ° tesimi del peso medio normale, e la terza soluzione, 0,06 °/» cin- quanta volte più debole delia prima, una diminuzione di cente- simi 14,7. LF, S0,7H,0 all 1,25%» ha agito sulle larve facendo sì che esse raggiungessero un peso minore di 41,1 centesimi del peso medio normale; la seconda soluzione di questo sale di ferro che era cento volte più diluita, 0,0125 °/ ha prodotto una diminu- zione di ben 26,2 centesimi del peso medio normale. Questa so- luzione è controntabile colle terze soluzioni degli altri agenti, eccet- tuato il AC, essendo 100 volte più diluita della prima. La terza soluzione di questo sale, che è mille volte più debole della prima, produsse una diminuzione di 18,5 centesimi del peso medio normale. La prima soluzione del sublimato 0,20 ‘/,,} che ho potuto stabi- lire essere anche la soluzione massima, ha prodotto una diminu- zione nel peso raggiunto dalle larve di 75,2 centesimi del peso medio normale; la seconda soluzione, dieci volte più debole, ha prodotta una diminuzione di 52 centesimi del peso normale e la (°) Mi riferisco sempre all’ acido eloridrico commerciale sicchè le soluzioni di cui parlo corrispondono a HCl? 0,38 "vr 0038 "n ® 0,0038 “o INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 79 terza, 0,002 ‘lo; Cento volte più diluita che la prima, una dimi- nuzione di 25 centesimi. Dalla osservazione dei dati sopra esposti appare che tutte le soluzioni sperimentate di tutti cinque gli agenti, hanno avuto una azione sopra il peso massimo raggiunto dalle larve e che tale azione è stata sempre di diminuirlo. Di fronte all’ azione sul peso delle larve se posso quindi dire di aver trovate, meno che pel ACI, le soluzioni massime possibili (che sono pure sempre le ottime, cioè quelle che producono la mag- giore variazione), non posso dire di aver trovato le soluzioni limite, quelle cioè che sono le più concentrate fra le soluzioni che non producono ancora alcuna modificazione. Non di meno se osserviamo le modificazioni prodotte dalle solu- zioni più diluite sperimentate (soluzioni n. 3) vedremo subito come sia diversa per ciascuna sostanza la concentrazione della soluzione limite. L’ azione delle soluzioni n. 3 del cloruro di potassio e della potassa caustica, sul peso delle larve, dimostra infatti che esse soluzioni sono assai vicine alle soluzioni limite, mentre le modifi- cazioni prodotte dalle soluzioni n. 3 dell’ acido cloridrico, del sol- fato ferroso e del cloruro di mercurio, ci mostrano che le tre so- luzioni sono assai più lontane dalle limite non ostante che la solu- zione n. 3 dell’acido cloridrico sia quasi 16 volte più diluita di quella del AC! e di 4 volte di quella della KOM, che la soluzione n. 5 del Fe SO, sia quasi 88 volte più diluita di quella del KC? e circa 23 volte più della soluzione n. 3. della OH, e che la so- luzione n. 3 del Hy02, sia 30 volte più diluita di quella del AC? e 8 volte più di quella del KOH. Da ciò vediamo che alcuni agenti producono modificazioni nel peso delle larve anche a concentrazioni diluitissime. Il fattore che produce variazioni in minore quantità è il solfato ferroso, dopo vengono il cloruro di mercurio e 1’ acido cloridrico. La potassa cau- stica invece agisce solo ad un grado molto superiore di concen- trazione e il cloruro di potassio ad un grado quasi quattro volte superiore a quello della potassa caustica. Tali osservazioni concordano con quelle di altri autori che eb- bero a constatare che i sali di ferro e di mercurio agiscono su alcuni animali in dosi infinitamente piccole. Se pensiamo in- S0 F. CAVAZZA fatti alla minima parte del sale che si è deposto sulle foglie di 6,83 10.000.000 cora che, della quantità deposta, è stata ingerita da ogni baco, ci sembrerà incredibile che un animale possa essere sensibile, ed evi- dentemente, ad una quantità quasi inconcepibilmente piccola di una data sostanza. Si è spesso detto che le sostanze le quali agiscono sopra i ca- ratteri somatici degli esemplari di una data specie anche a dosi piccolissime, che hanno cioè una soluzione limite bassissima, hanno pure una soluzione massima poco elevata. Secondo questo modo di vedere vi sarebbe una netta ed elementare relazione fra la solu- zione limite e la massima per tutte le sostanze di fronte alla specie sulla quale si agisce. Questa idea erronea è generata dal fatto di credere che l ampiezza del.e variazioni somatiche prodotte, sia le- gata intimamente al grado di tossicità della sostanza agente. Basta infatti confrontare le soluzioni massime da me trovate, colle minori sperimentate (non sono le limite), per vedere come sia diverso, per ciascuna sostanza, il campo d’ azione secondo le quantità. Il solfato ferroso che ha una soluzione massima non molto diluita agisce aneora, ed evidentemente, ad una soluzione 1280 volte più diluita della massima ; il cloruro di mercurio che ha una soluzione massima molto diluita (3 volte e mezza più debole che la massima del Fe SO,) non agisce più ad una soluzione 500 volte più debole della massima; l’acido eloridrico ad una soluzione 150 volte più debole della massima agisce come la minore soluzione del Fe SO, che è 1280 volte più diluita della massima ; e la potassa caustica gelso nella soluzione di Fe SO, e alla minima parte an- 1000 agisce più che molto debolmente ad una soluzione 100 volte mi- nore di concentrazione. che ha una soluzione massima molto concentrata (più di ) non Ciò dimostra chiaramente che mentre la massima dose possibile è per ogni sostanza fissata dal suo.grado di tossicità (relativo alla specie su cui opera) indipendentemente dalle modificazioni soma- tiche prodotte, la soluzione limite invece è dovuta all’ azione spe- cifica di ciascun agente in rapporto al carattere modificabile e quasi sempre indipendentemente dalla nocevolezza o tossicità del fattore stesso. | INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI $1 Già nella prima memoria (2) discussi intorno al sostenuto rap- porto fra la tossicità dell’ agente ingerito e la diminuzione di peso delle larve o dei bozzoli con crisalide, dimostrando che i dati ot- tenuti contraddicevano l’ esistenza di un tal rapporto. I dati qua sopra esposti dimostrano la stessa cosa con evidenza molto mag- giore. Basta per convincersene confrontare la percentuale di mor- talità osservata in alcuni gruppi colle modificazioni del peso me- dio delle larve ottenute negli stessi gruppi. La soluzione n. 1 della potassa ha prodotto una diminuzione di peso di 42 centesimi del peso normale come la soluzione n. 1 del cloruro di potassio, e la soluzione n. 1 del solfato ferroso una di- minuzione che si può dire simile alle due precedenti, 41 centesimi ; orbene queste tre soluzioni che produssero effetti simili sul peso delle larve, furono causa delle mortalità seguenti : la potassa n. 1, del 70 °/,-, il cloruro di potassio n. 1 del 27 °/, e il solfato ferroso n. 1 del 78 °/,. Così la soluzione n. 3 del cloruro di potassio che ha dato solo una mortalità dell’ 8 °/,, ha prodotto una diminuzione di quasi 15 centesimi, mentre la soluzione n. 3 della potassa che ha dato una mortalità del 42 °/, ha prodotto una diminuzione di soli 12 centesimi! E non faccio altri raftronti perchè mi sembrano bastanti i suesposti e perchè il lettore potrà facilmente vedere gli altri osservando la tabella II. Da questo punto di vista sono assai importanti i risultati otte- nuti col cloruro di potassio il quale si mostrò molto poco dannoso pur causando delle evidentissime modificazioni nel peso della larva adulta. Le modificazioni quindi del peso delle larve non sono dovute alla nocevolezza o alla tossicità degli agenti, nocevolezza e tossiì- cità dalla quale dipende invece pienamente la dose massima pos- sibile. Non parlo delle modificazioni di colorito delle larve giacchè solo nel gruppo solfato ferroso n. 1 potei osservare, e assai più tenui, le cose già viste nel 1912. 2.° Modificazioni nel ciclo evolutivo. Nella prima memoria mi occupai a lungo della relazione cor- rente fra le sostanze ingerite dalle larve e la durata dello sviluppo « Redia », 1916. 6 Potediio, dl rai 52 F. CAVAZZA larvale e ninfale ; riferii pure molte osservazioni precedentemente fatte da diversi autori. Per brevità non ripeto quanto già ebbi ad esporre limitandomi a citare quei lavori che allora non cono- scevo e discutendo solo di quelli i quali parlano di cose che spe- cialmente interessano aleuni fatti osservati nelle esperienze 1913. Fra le modificazioni prodotte nello sviluppo rilevai in special modo quella ottenuta dal Pietet (12) che era riuscito ad aumentare il numero normale delle mute della Lastocampa quercus ; non mi era noto che si fosse mai avverato un simile fatto nello sviluppo del Bombyx mori prima che io lo avessi ad osservare sugli esemplari cibati con aggiunta di acido cloridrico, di acido acetico e di clo- ruro di cobalto. Ora da un lavoro del Quajat (15) pubblicato nell « Annuario della R. Stazione Bacologica di Padova », e uscito dopo che io avevo scritto la mia prima memoria, apprendo che il Quajat aveva osservati esemplari a muta sopranumeraria in allevamenti fatti fuori dell’ epoca normale (novembre-dicembre) e con foglia raccolta in ottobre e novembre e tenuta per più d’ un mese in frigorifero. Dall’ esposizione del Quajat si deduce che solamente una parte degli esemplari di B. mori sottoposti alle suaccennate azioni subi- rono una muta sopranumeraria, come ebbi già ad osservare che si era avverato nelle esperienze del Pietet sulla L. quercus. Il Quajat così dice parlando della muta sopranumeraria nel B. mori : « Il fenomeno della comparsa di bachi a 5 mute, fu per noi del tutto nuovo, in nessun libro ne vien fatto cenno, nè mai ne avevamo sentito parlare dai numerosi bacologi che in 40 anni abbiamo avuto occasione di avvicinare ». Ma pare che in Giappone questo fenomeno sia meno raro che in Europa sebbene la prima pubblicazione che ne parli sia quella del sig. Kato che è uscita alla fine del 1911 (6). Anche dalle os- servazioni del sig. Kato si vede che solo alcuni esemplari di di- versi allevamenti presentano il fenomeno della muta sopranume- raria. Questo autore cerca le cause che possono aver prodotto 0 stimolato la 5.* muta negli esemplari da lui osservati e ne espone tre: I’ alimentazione con foglia contenente ceneri vulcaniche, la bassa temperatura durante |’ allevamento, e la deficienza di nutri- mento. Da quanto potei vedere credo che la seconda di tali cause INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 83 possibili non ispiegherebbe che il solo caso del sig. Kato visto che gli altri osservati si avverarono senza che la temperatura fosse diversa dalla normale. Venendo alle modificazioni osservate nello sviluppo dei bachi nelle mie ultime esperienze, comincierò coll’esporre quello che mi fu dato vedere intorno alla muta sopranumeraria. Dei quindici gruppi osservati solamente il n. 1 dell’ acido clo- ridrico presentò degli esemplari a muta sopranumeraria. Nelle espe- rienze del 1912 la muta supplementare avvenne in tutti gli esem- plari sottoposti all’azione dell’acido cloridrico del commercio (1350/00); dell’acido acetico (2 °/,,) e del cloruro cobaltoso (1 °/,,), € gli esem- plari che non ebbero la 5.* muta morirono prima di giungere a maturità. Quest’ anno invece nel gruppo n. 1 acido cloridrico solo 20 esem- plari sopra 100 presentarono il carattere della muta supplementare. Questa diversità fra 1’ azione dell’ acido cloridrico nel 1912 e nel 1913 deriva dalla diversa concentrazione. Nel 1912 provai la so- luzione massima possibile di acido cloridrico commerciale che è 0.57 1000 ? maturità dovettero avere 5 mute; nel 1913 la soluzione n. 1 del “AI te LA O Fe hate acido cloridrico era all’ 1°, uguale a-7707 Foo: € SOpra 100 esem- plari solo 20 presentarono la muta supplementare. Delle 35 larve di 1,50 °/, uguale a HCl e tutti gli esemplari che giunsero a giunte allo stato di crisalide 15 avevano avuto la muta sopranu- meraria e 20 no. La diversità di modificazione da esemplare ad esemplare sì spiega tanto colla diversa sensibilità e reazione individuale, quanto colla maggiore quantità di cibo (e quindi di sostanza agente) ingerito da alcuni esemplari. Appare da quanto ho finora esposto che di fronte alla modifi- cazione aumento di mute — la soluzione HCt allo 0,57%, © 1a 3 Pe 0,88, Mak gt eg massima, mentre la soluzione allo Gg è assai vicina alla limite. Già nel 1912 potei stabilire che tanto la scarsa nutrizione, quanto la tossicità o nocevolezza degli agenti non erano da porsi fra le cause della muta supplementare ; almeno nei casi da me os- servati. Infatti nei gruppi in cui osservai la muta supplementare tanto S4 F. CAVAZZA nel 1912 come nel 1913, ebbi le mortalità seguenti: H ISSa Tri UE OE 2A oe: mentre in altri gruppi dove la muta di più non ebbe mai ad osservarsi, la mortalità giunse a Pa ea 1° co- me nel gruppo sublimato n. 1. Le numerosissime prove di diversi autori che tentarono di dare cibi dannosi alle larve di lepidotteri e che ne procurarono spesso la morte, ma mai (escluso il caso del Pictet) l anmento di muta, dicono chiaro come sia giusto quello che appare dalle succitate osservazioni. Osserviamo ora la durata complessiva del periodo larvale e la sua relazione colla durata della ninfosi. III. — Tabella della durata dei periodi larvale e ninfale. Periodo larvale | Periodo ninfale _rTrr_———rrrrtélt)melimmioff\Vitteg{i{[{«a) ;à;|e)]e]) )]>?*YO\Y giorni giorni NOLI ICT RE I e n Pn 31-34 17-25 . Polissg to Nt inn I 29-32 18-26 » Rod UT RIE A e 30-33 17-25 » Dal RENZO 1 OR ER toto RO 51-34 17-24 AGICO ICIOLICATI COMME N Delnt 38-43 25-28 » » DNA: E 33-35 19-26 » » NERE E VR RT 31-34 18-23 Clorure 01) potassio. Grip li ant 31-34 18-25 » » Di, 32 30-34 18-25 » » n. 3 31-34 18-25 Solfato ferroso = CS Ie 34-38 17-24 » » Re 31-84 17-24 » » a 3 ay Mg SR SN IR 30-34 18-23 Sublumatiod® 3 vega RI 28 — » Lista LAO 29-33 » ATE EC DO 32-38 attenzioni LEE reiitattntrroa io viper INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 85 Confrontiamo ora fra loro le durate del periodo larvale riferen- » tisi ai gruppi sui quali si agì colle soluzioni più concentrate (n. 1). La vita larvale fu abbreviata in media di 2 giorni dall’ azione della potassa caustica e di 4 giorni da quella del sublimato, fu allungata in media di 8 giorni dall’azione dell’acido cloridrico e di 3 giorni da quella del solfato ferroso, e non fu per nulla modifi- cata dall’azione del cloruro di potassio. Dei 5 agenti sperimentati, 2 accelerano lo sviluppo, 2 lo rallen- tano ed uno non produce alcuna modificazione. Sull azione però della soluzione n. 1 del cloruro di potassio non v è da fare con- clusioni giacchè la concentrazione è lungi dall’essere la massima possibile. Nell’esperienze del 1912 avevamo già stabilito, colle dosi massime, che la potassa abbrevia leggermente la durata del periodo larvale (come la soda caustica), che l’acido cloridrico lo allunga di molto (come acido acetico) e che il solfato ferroso lo allunga sebbene meno degli acidi (come il solfato rameico). Si vede che le modifi- cazioni osservate nelle ultime esperienze coincidono assolutamente con quelle già ottenute nel 1912. Le soluzioni più diluite (soluzioni n. 3) dei cinque agenti spe- rimentati sono ciascuna inferiore alla limite relativamente al- l’azione sulla durata della vita larvale e non producono quindi alcuna modificazione. Le soluzioni n. 2 della potassa e del solfato ferroso sono an- ch’ esse inferiori alla limite, e le soluzioni n. 2 dell’ acido clori- drico e del cloruro di mercurio si mostrano assai vicine alla limite producendo variazioni molto lievi. Fra gli agenti sperimentati si vede che quello che può produrre le maggiori modificazioni nella durata del periodo larvale è l'acido cloridrico al quale si può aggiungere l’acido acetico che nelle espe- rienze del 1912 produsse gli stessi effetti. I dati sopra esposti, osservati in relazione alla mortalità nei diversi gruppi, ci dimostrano colla massima evidenza che non vi è alcuna relazione fra la tossicità e nocevolezza degli agenti e le modificazioni prodotte nella durata della vita larvale. Osserviamo ora gli effetti avuti dai diversi fattori sulla durata della ninfosi, Delle soluzioni n. 1 allungarono un po’ la durata di ninfosi, quella S6 F. CAVAZZA della potassa (di 1 giorno in media), e quella dell’acido cloridrico (di 5 giorni), mentre le soluzioni n. 1 del cloruro di potassio e del solfato ferroso non produssero alcuna modificazione. Fra le soluzioni n. 2 è appena sensibile l’azione dell’acido clo- ridrico (5) che allunga in media di 1 giorno ed è più evidente quella del cloruro di mercurio che allunga di 3 giorni in media. Le soluzioni n. 5 non producono mai aleun effetto. Le durate dei periodi larvale e ninfale in rapporto alla durata normale di tali periodi, sono le seguenti nei gruppi sui quali spe- rimentai le soluzioni più concentrate (n. 1): Periodo _==ano: — LARVALE NINFALE giorni giorni Polassa! Sa e ere i IE — 2 +1 Acido cloridrico . : + $ +5 Cloruro di potasstot nea ann = = Solfato ferroso +3 a Gloruro diimerearioo e — 4 manca e le seguenti nei gruppi sui quali si agì colle soluzioni n. 2: Periodo — n n LARVALE NINFALE giorni giorni Potassa SRI RARI NAPPO AVOTSI ETTI = = Acido "CIOLIATICO I e +1 +1 Solfato ferroso di ROME I PARI, = _- CIOruro CA iMNerCLIO e al +3 Già nel 1912 avevamo osservato che la potassa caustica (come la soda caustica) abbreviava la vita larvale aumentando invece la durata della ninfosi, che l’ acido cloridrico (come 1° acido acetico) allungava entrambi gli stadì e che il solfato ferroso (come il sol fato rameico) allungava la vita larvale senza modificare la ninfosi. Il cloruro di mercurio diminuisce la durata del periodo larvale ed aumenta quella della ninfosi mentre, nelle esperienze del 1912, vedemmo che il eloruro cobaltoso produce il caso opposto allun- gando il periodo larvale ed abbreviando quello ninfale. Il cloruro di potassio che produce importanti modificazioni so- matiche, non ha aleuna azione sulla durata dei periodi larvale e ninfale. bi; | INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 87 Mas ì L’unica deduzione che si possa fare da quanto osservammo sul @ rapporto della durata reciproca dei due stadi si è che se vi sono | agenti i quali modificano il rapporto di durata fra gli stadì senza modificare la durata dell’intero ciclo evolutivo, ve ne sono altri che li allungano o li abbreviano entrambi, come altri che modificano solo la durata della vita larvale senza produrre variazioni in quella della ninfosi. 3.° Modificazioni nel peso dei bozzoli con crisalide. I bozzoli con crisalide di ciascun gruppo furono pesati 10-12 giorni dopo la loro formazione. IV. — Tabella del peso medio dei bozzoli con crisalide e del loro rapporto al peso medio normale (12 giorni dopo il loro principio) È A Rapporti Dadi pra gr. | | RIA 2,245 100 3 Me... (UO Oan1 1,08 48,0 70 È » di ATA e 1,25 55,6 57 Met lu 8 1,61 71,6 42 ialfioridniani o... et | 0,5 31,8 s2 » » ZO STR 2 1,155 piss 59 ) » » MAO aio 1,56 69,4 45 Wlormrogdispotassio (i .... . ni. l ION 44,9 27 » » Let A RIPERCORRE 1,40 62,3 17 » » À MESSE ESE, OO, 1,56 69,4 8 19 fino» i0tnoso! 21 e un Dal 1,10 48,9 T8 È. » » n. 2 1,34 59,6 46 % » » muro 1,99 88,5 22 ia n... nl 0,57 25,3 100 i » de a i 1,20 53,4 73 % » n. 3 1,91 84,9 | 30 IO eg REL ET ec Ù x PAR RT MR SS F. CAVAZZA Se confrontiamo fra loro ì pesi medi dei bozzoli con cerisalide dei gruppi sui quali agimmo colle soluzioni più concentrate (solu- zioni n. 1) osserviamo che tutti gli agenti hanno prodotta una diminuzione di peso, ma che tale diminuzione è assai diversa da fattore a fattore. Il solfato ferroso produsse una diminuzione di 51 centesimi del peso medio normale, la potassa caustica, di 52 centesimi, il cloruro di potassio di 55 centesimi, l’acido cloridrico di 68 centesimi e il cloruro di mercurio di 74.7 centesimi. L’ordi- namento secondo l’ampiezza delle modificazioni prodotte è assoluta- mente uguale a quello osservato pel peso delle larve a maturità; e ciò nonostante che la perdita di peso dallo stato di larva adulta a quello di bozzolo con crisalide sia stata diversa da gruppo a gruppo. Non faccio il confronto fra i risultati ottenuti nel 1912 e nel 1913 giacchè dovrei ripetere le cose già dette facendo tale con- fronto riguardo al peso medio delle larve adulte. Passo pertanto ad osservare le diverse modificazioni del peso dei bozzoli con cerisalide prodotte dalle diverse soluzioni di ciascun agente. La potassa caustica all’1,60 *, / fio Da prodotta una diminuzione del peso medio dei bozzoli con cerisalide di 52 centesimi del peso me- dio normale ; la seconda soluzione della potassa allo 0,16 °/,, dieci volte più diluità della prima, ha prodotta una diminuzione di 44 centesimi; e la terza soluzione, cento volte più diluita della prima, 0,016 °/,> Da prodotta una diminuzione di 28 centesimi. La soluzione più concentrata, 1 dell’acido cloridrico com- merciale ha prodotta una diminuzione di 68 centesimi del peso medio normale; la seconda soluzione, dieci volte più diluita, ha prodotta una diminuzione di 48 centesimi, e la terza, cento volte più diluita della prima, una diminuzione di 531 centesimi del peso medio normale. 20) Il cloruro di potassio al 3 ‘/so 55 centesimi del peso medio normale, lo stesso sale dieci volte più ha prodotto una diminuzione di diluito, ha prodotta una diminuzione di 38 centesimi, e cinquanta » 0 volte più diluito, 0,06 ha prodotta una diminuzione di 31 cen- /00° tesimi. La prima soluzione di Fe SO, 7 H,0, 1,25%, ha prodotta una diminuzione di 51 centesimi del peso medio normale, la seconda i - INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI S9 soluzione di questo sale cento volte più diluita della prima, 0,0125 yi ha prodotta una diminuzione di ben 40 centesimi, e la terza solu- zione mille volte più diluita della prima 0,00125 °/,,, ha prodotto una diminuzione di 11 centesimi del peso medio normale. La soluzione più concentrata del cloruro di mercurio, 0,20 %, che è anche la massima, ha diminuito il peso di 75 centesimi del peso medio normale; la seconda soluzione di questo sale, dieci volte più diluita, 0,02 °/, ha prodotta una diminuzione di 47 cen- tesimi; e la terza cento volte più debole della massima, 0,002 ° una diminuzione di 15 centesimi del peso medio normale. /00? Tutte dunque le soluzioni sperimentate dei cinque agenti hanno prodotto una diminuzione di peso dei bozzoli con cerisalide. Debbo quindi ripetere quanto già dissi a proposito dei pesi delle larve; che ho potuto stabilire (colle esperienze delle due annate 1912-13) le soluzioni massime di quasi tutti gli agenti (meno che pel KCt), ma che non ho trovate le soluzioni limite di ogni agente, quelle cioè che sono le più concentrate fra le soluzioni che non producono ancora nessun effetto sul peso del bozzolo con crisalide. Confrontiamo brevemente tra loro le modificazioni prodotte da soluzioni molto dilnite. L’ azione del cloruro di potassio allo 0,06 "/, (soluzione n. 3) fa di diminuire il peso medio di 30,6 centesimi del peso medio normale, fu cioè simile all’ azione della soluzione n. 3 dell’ acido cloridrico, soluzione che era quasi 16 volte più diluita ; la seconda soluzione del solfato ferroso produsse una diminuzione di 40,4 centesimi sebbene fosse quasi nove volte più diluita di quella del cloruro di potassio, il cloruro di mereurio nella soluzione n. 2 produsse una variazione di 46,6 centesimi sebbene fosse tre volte più diluita che non il cloruro di potassio. E simili confronti potreb- bero venire fatti pigliando come unità ciascuna delle soluzioni diluite da me sperimentate. Vediamo quindi, come già pel peso delle larve, che alcuni agenti agiscono sul peso dei bozzoli con crisalide anche a concentrazioni diluitissime. Però è assai importante l’osservare che ciaseuna so- luzione sperimentata non produce sul peso dei bozzoli eon crisa- lide modificazioni della stessa entità di quelle da essa prodotte sulle larve. RATTI SI ge. » L'A ber « PE SRL 90 F. CAVAZZA Lo specchietto seguente dove pongo la diminuzione relativa prodotta da ciascuna delle soluzioni n. 2 e n. 3 sul peso delle larve adulte di fronte alla diminuzione relativa prodotta dalle stesse soluzioni sul peso dei bozzoli con cerisalide dà una idea chiara di tale diversità. SOLUZIONI N. 2 SOLUZIONI N, 3 Azione Azione Azione Azione sul peso sul peso sul peso sul peso delle larve dei bozzoli delle larve dei bozzoli POSSA e dI 15,8 44, d 12,3 28,4 Acido cloridrico. . . 34,1 48,7 20 30,6 Cloruro di potassio. . 23,6 37,7 14,7 30,6 Solfato ferroso . . . 26,2 40,4 18,5 ED Cloruro di mercurio . 52,6 46,6 25 15,1 | Vediamo infatti che mentre ciascuna delle soluzioni n. 1 ha prodotto una variazione nel peso dei bozzoli con cerisalide poco diversa da quella prodotta nel peso delle larve adulte, le solu- zioni n. 2 della potassa, dell’ acido cloridrico; del cloruro di po- tassio e del solfato ferroso hanno invece prodotte variazioni molto più grandi nel peso dei bozzoli con crisalide che non nel peso delle larve. La soluzione n. 2 del cloruro di mercurio fa eccezione avendo prodotto una variazione maggiore (di poco) nel peso delle larve. Se osserviamo poi i gruppi sui quali agirmmo colle soluzioni più diluite (n. 3) vediamo che la potassa, 1 acido cloridrico e il cloruro di potassio, agirono molto più fortemente sul peso dei bozzoli con erisalide che non su quello delle larve, mentre il sol- fato ferroso e il cloruro di mercurio agirono molto più fortemente sul peso delle larve che non su quello dei bozzoli con crisalide. Tutto ciò dimostra che le soluzioni limite di ciascun agente in relazione al peso dei bozzoli con crisalide, sono diverse dalle so- luzioni limite degli stessi agenti in relazione al peso delle larve. Inoltre se facessimo per ogni agente la curva dell’ entità delle variazioni prodotte in funzione della concentrazione, vedremmo RA RL af le» bn * af » sv he "> bi © 6 TO, Let. A a de a E vi POTE O gine fe Ro. INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 91 che la curva delle variazioni prodotte nel peso dei bozzoli sarebbe molto diversa da quella delle variazioni prodotte nel peso delle larve dallo stesso agente. Dai dati sopra esposti si capisce però che la diversità fra una curva e l’ altra sarebbe molto più sensibile ed evidente per aleuni % agenti che non per altri. A Osservando poi Vl ampiezza del campo d’ azione (distanza fra la È soluzione massima e la limite) di ogni agente relativamente al Ri; peso dei bozzoli con crisalide, veniamo alle stesse conclusioni k esposte parlando delle larve ; che cioè non esista una vera rela- È zione fra la dose massima possibile e la limite di un dato agente } perchè mentre la limite è stabilita solo dall’ azione specifica del- 5 l’ agente in rapporto al carattere che modifica, la massima invece p: è fissata per ogni sostanza dal suo grado di tossicità relativo alla specie su cui opera. 3 E non sto a ripetere i dati (già sopra esposti) che ci portano 7 a tale conclusione. In quanto alla relazione che si potrebbe credere esistesse fra : la tossicità degli agenti ingeriti e le variazioni da essi agenti o prodotte nel peso dei bozzoli con cerisalide, invece di ripetere d quanto già ebbi a dire per le larve, espongo nel seguente spec- A chietto alcuni dati riferentisi alla entità delle modificazioni e li 3008 metto di fronte alla percentuale di mortalità osservata nei me- desimi gruppi. i Hi 00 ra Entità Percentuale i della di modificazione mortalità Cloruro di potassio . . . . (soluzione n. 3) 31 8 | Aeidogcloridricotni: |. .. °°. .° (soluzione n. 3) 31 45 Solfato ferroso . . . . . (soluzione n. 8) 11 22 Cloruro di mercurio . . . . (soluzione n. 3) 15 30 Cloruro di potassio . . . . (soluzione n. 1) 55 27 Cloruro di mercurio . . . . (soluzione n. 2) 46 73 Bastano tali esempi per dimostrare che il grado di tossicità e 92 F. CAVAZZA di nocevolezza di un agente non ha nulla a che vedere colle mo- I dificazioni prodotte dall’ agente stesso sul peso dei bozzoli con crisalide. 4.° Modificazioni nel peso dell’ imago. Pesai le farfalle sempre poco dopo la schiusura del bozzolo, 4 come nel 1912, e dal peso delle 9 poi detrassi il peso delle uova da esse prodotte. Per ogni gruppo pesai 10 y' e 10 9 e dal peso complessivo estrassi la media. Pei gruppi acido cloridrico n. 1, solfato ferroso n. 1 e subli- mato n. 2 essendo il numero dei rappresentanti di uno dei due i sessi inferiore a 10, dedussi la media da un numero uguale di Y' e di 9 (variante da 7 a 9). V. — Tabella dei pesi medi delle farfalle e del loro rapporto al peso medio delle normali. ida tica live gr. ie fora GIRI e DO PAS DER E e 0,353 100 3 POLASSRIA OR RE rag: 0,486 15/79 70 » St e i ra SED RIS 0,41 116,0 57 » Pale ice i cao e vo 0,38 107,5 42 AGdogelordrico Rei 0,25 70,7 82 » » RP CI 0,284 80,5 59 » » ROL ae A) 0,325 92,0 45 È Cloruro edi potassio de. ec 0,271 76,6 2° » » Era RE 0,29 82,0 al » » id i e 0,341 96,6 8 Solfatoferroso:, ho anita 0,4d 124,5 78 i » » SAL rt la a 0,367 103,8 46 » » A PARETO] lia Ae) 0,349 98,7 22 SUDLIMAtO Me dee 0a n n 0,296 83,7 73 » DIECI Nessa E 0,336 95,0 30 PRIA CA LAP eo Pid Las ml ed ai INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 98 Se confrontiamo ora fra loro le modificazioni prodotte dalle so- luzioni più concentrate (soluzione n. 1) vediamo che la potassa ha aumentato il peso medio della farfalla di 37 centesimi del peso medio normale, che il solfato ferroso lo ha pure aumentato di 24 centesimi, mentre | acido eloridrico ha diminuito il peso medio della farfalla di 29 centesimi del peso medio normale, il cloruro di potassio lo ha diminuito di 23 centesimi, e il cloruro di mer- curio al 0,02 °/, (soluzione n. 2) lo ha diminuito di 16 centesimi. Raftrontando questi risultati a quelli ottenuti colle esperienze del 1912 vediamo che essi li riconfermano pienamente. Infatti an- che allora avemmo ad osservare che la potassa caustica ed il sol- fato ferroso aumentano il peso medio delle farfalle mentre l acido cloridrico lo diminuisce. Ma, possono logicamente osservare taluni, la diminuzione del peso delle farfalle di alcuni gruppi è conseguenza della troppo forte concentrazione delle soluzioni somministrate, soluzioni che possono di gran lunga aver sorpassato il grado della soluzione ottima ed avere quindi una azione più come tossici che come agenti specifici. A tali difficoltà rispondono i fatti che verremo esponendo col- l’ osservare le diverse modificazioni prodotte da ciascun agente secondo la sua concentrazione nelle soluzioni somministrate. Per brevità pongo i dati in ordine per ogni agente, mettendo davanti ad ognuno di essi il segno + o — secondo che esso si- gnifica aumento o diminuzione in rapporto al peso medio nor- male ridotto a 100. ep. E CANNSI 0,016 TASSI ei = Sos —— + 16; 7,9 Ca 1000 1 57° TE 1000 1 °° i 0,38 0,038 0,0038 _ Acido cloridrico (*) 7 1000 — 29,3; 1000 2A90 uao — 8 3 0,3 0,06 GI di tassi E —— — 23,4; eo AISE oi a 1000 1000 1000 ©’ s da Ve RIA L1 111 0,000683 Solfato ferroso ( ) Ò 1000. + 24,5 i “uo + 3,3 È "1000 so 2 0,002 Cloruro di mercurio 0.8 2a 5; 1000 1000 (*) Mi riferisco in questo caso al HC7 e non alla soluzione commerciale. (**) Mi riferisco al solfato ferroso anidro. 94 F. CAVAZZA 0.000683 1000 non è stata assolutamente sensibile giacchè la differenza che si trova è talmente piccola da dover esser ritenuta nulla più che una Faccio osservare che | azione del solfato ferroso anidro al oscillazione normale. Dai dati sopra esposti si vede dunque che vi sono agenti che, quando la dose è superiore alla limite, anmentano sempre il peso dell’ imago, e che ve ne sono altri che la diminuiscono sempre. Fra gli agenti da me provati nel 1912 e 1915 aumentano il peso dell’ imago : la potassa, la soda, il solfato ferroso e il solfato rameico ; lo diminuiscono : V acido eloridrieo, 1 acido acetico, il cloraro di potassio, il cloruro ferroso, il cloruro di mercurio e il cloruro cobaltoso. Vedremo più oltre come tale diversità derivi specialmente dalla grande azione avuta, dagli agenti che diminui- scono il peso dell’ #mago, sopra il peso delle larve. Osservando i dati ottenuti nelle due annate 1912 e 19153 pos- siamo, anche per quanto si riferisce al peso delle farfalle, asserire che abbiamo trovato le soluzioni massime (meno che pel #02) e che tali soluzioni si sono pur sempre dimostrate le ottime cioè quelle che producono la variazione maggiore la quale è sempre omologa alle più tenui prodotte dalle soluzioni più diluite. Non abbiamo invece potuto stabilire le soluzioni limite che pel solfato ferroso giacchè le soluzioni più diluite di tutti gli altri agenti produssero sempre una modificazione sensibile del peso medio delle farfalle. Dall’ osservazione dei dati suesposti appare che fra le azioni dei diversi agenti a soluzioni molto diluite, sul peso delle farfalle, vi è minor differenza che non fra le azioni degli stessi agenti (alle stesse concentrazioni) sul peso delle larve e dei bozzoli. Le dosi limite cioè dei differenti agenti relative all’ azione sul peso delle farfalle, saranno meno diverse fra loro di quanto non lo siano le dosi limite degli stessi agenti relative all’ azione sul peso delle larve e dei bozzoli. Tutto quanto abbiamo osservato deriva da un fatto reso chiaro dai dati della seguente tabella in cui pongo la diminuzione media di peso subìta in ogni gruppo nel passare dallo stato di bozzolo con crisalide a quello di mago. LU n “ INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 95 VI. — Tabella della diminuzione media di peso dal bozzolo con crisalide alla farfalla, espressa, per ogni gruppo, in centesimi del peso medio dei bozzoli. ME I nn o Le 84,3 E e Sn dl 55,0 MM n i Md 67,2 » È dI EER 3 76,4 i an pat 65,1 » » DI SCSI AI SIINO TRA 2 : 19,9 » » O TIRI I Da 79,2 DlOrRUrOEdporassionie n a n Dt 73,2 » » Di A ORE: TA SA 79,3 » » Dea 18,2 Solfato ferroso mel 60,0 » » n. 2 1(218 | » » DR. 82,5 SOM Rat Ae Re e ie e) 75,4 » PR en ero 82,5 Si vede infatti che tutti gli agenti indistintamente diminuiscono la perdita di peso che l individuo normalmente ha durante la ninfosi. E si osserva che quanto è maggiore la concentrazione dell’ agente somministrato tanto minore è la perdita avvenuta. Questo fatto già osservato nelle esperienze 1912 (2) e da me descritto, si mostra con grande evidenza in quanto ora ho esposto. Esso dimostra che gli agenti i più disparati hanno una azione omologa su alcune funzioni fisiologiche della crisalide (respirazione? traspirazione ?), azione che fa perdere meno peso durante la vita ninfale. | Relativamente al peso dei bozzoli (pesati 10 o 12 giorni dopo la formazione) dai quali esse sono schiuse, le farfalle derivanti dalle larve trattate con tutti i diversi agenti e con quasi tutte le 96 F. CAVAZZA soluzioni, sono più pesanti che le farfalle normali. Solamente pei gruppi solfato ferroso n. 3 e cloruro di mercurio n. 3 possiamo dire di aver trovata la soluzione limite relativamente a questo fenomeno giacchè le differenze riscontrate sono assolutamente trascurabili. Discussi già in altro lavoro intorno alle cause della perdita mi- nore di peso ed ora come allora debbo dire che Panmento relativo del peso della farfalla non avviene che in minima parte a detrimento del peso della seta, e solo in certi gruppi e in grado piccolissimo a detrimento della produzione di uova. i Per quanto si riferisce al rapporto che si è trovato da alcuni esistere normalmente fra la durata della ninfosi e il peso degli insetti perfetti, possiamo dire, dopo un breve confronto di dati, che nel Bombyx mori, quando lallungamento o abbreviamento della ninfosi è prodotto per mezzo di agenti chimici, non si verifica il fatto della relazione costante fra la durata di ninfosi e la perdita di peso. Per non far troppi esempi, confronto solo l esperienza dell’ acido cloridrico, soluzione n. 1, che allungò di 5 giorni la ninfosi con una perdita di peso di 65 centesimi del peso del boz- zolo, con l’esperienza del solfato ferroso, soluzione n. 3, che non modificò la durata di ninfosi ma presentò una perdita di 79 cen- tesimi del peso del bozzolo. In quanto poi alla relazione esistente fra la tossicità o nocevo- lezza degli agenti e il peso della farfalla, basta che noi osserviamo la mortalità nei diversi gruppi e la confrontiamo al peso delle far- falle per vedere come tale relazione non si osservi assolutamente nei casi da me studiati. Nel gruppo solfato ferroso n. 1 vi è una mortalità del 78 per cento ed un aumento del peso della farfalla di 24 centesimi del peso medio normale, mentre nel gruppo cloruro di potassio n. 1 dove è una mortalità del 27 °/, si osserva una diminuzione del peso della farfalla di 24 centesimi del peso medio normale. Possiamo quindi ripetere quanto dicemmo nel 1912, che il mag- giore o minore peso delle farfalle deriva esclusivamente dal- l’azione diretta e specifica della sostanza somministrata e non dal grado di tossicità o nocevolezza di essa sostanza. iii > CRE dl |’ INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 97 #5 5.° Modificazioni nel numero e peso d’uova prodotte. Le uova deposte dalle 9 più quelle estratte dal corpo dopo la deposizione furono pesate un mese dopo la deposizione stessa. Durante questo periodo rimasero in ambiente normale a tempera- ‘tura variante da 19 a 24 cgr. Per ogni gruppo furono pesate le deposizioni di 10 9 meno che pei gruppi acido cloridrico n. 1 e sublimato n. 2 dove le 9 erano rispettivamente 8 e 9. VII. — Tabella della produzione media di uova di una Q per ciascun gruppo. i Numero | Peso medio di di 1 uova un uovo i mgr. i dà 0,280 0,70 Potassa 0,398 0,76 » 0,321 5) 0,72 » 0,280 0,69 Acido cloridrico 0,157 0,69 nel sz 09. al DE » » 0,215 0,70 » » 0,245 0,69 Wiornro! di potassio 0,215 0,69 0,265 0,70 0,281 0,70 Solfato ferroso . 0,335 0,75 > È 0,315 0,72 0,278 Ò 0,70 0,145 0,73 0,199 284 0,70 » » SibliràlbofRe te do Rn vo O Wo N Ho vw N Ho » . . . . . . . n, Tanto il peso medio di un uovo come il numero delle uova de- poste da una 9 normale sono identici a quelli osservati pei ge- nitori nel 1912 (allora il numero medio era 407 ed ora è 402). « Redia n, 1916. 7 (PTT REI RENEE OS ORE 98 F. CAVAZZA Perchè siano resi molto più facili i confronti, pongo una seconda : tabella in cui sono esposti i rapporti fra la fecondità delle 9 di ciascun gruppo e quella delle 9 normali ridotta uguale a 100. VIII. — Tabella del rapporto fra il numero medio di uova deposte da una Q d’ogni gruppo e quello medio deposto da una Q normalmente cibata e confronto colla percentuale di mortalità. È Rapporto Mortalità 9 È i Normalea:l a Wiesetta ga e e, 100 3 È PotassaW T:0-2RI a 1 139,4 70 P » PAPER RI A a 110,6 57 1 » RALE OO 100,7 42 o ‘Acido dlatifiniog 04, MESS MEo e 56,7 82 » » Me 76,3 59 È » » DSS 88,5 45 i) Cloruro di potassio . Megl 77,6 27 » » n. 2 94,0 17 ; » » n. 3 99,5 $ ; Solfato ferroso Deo Thai 78 4 » » n. 2 108,6 46 È » » Luo 99,0 22 J Spolimatio: Bag 4 e RO 50,0 73 ; » RATTI SI RO 70,6 30 | Osserviamo dapprima le modificazioni prodotte dalle soluzioni più concentrate sulla fecondità. La potassa aumenta il numero medio delle uova deposte del 39%, Pacido cloridrico lo diminuisce del 43 °/,, il cloruro di potas- sio lo diminuisce del 22 °/,, il solfato ferroso lo aumenta dell’11 °/,, e il cloruro di mercurio (soluzione n. 2) lo diminuisce del 50 No: Questi evidenti risultati riconfermano in tutto quelli ottenuti nel 1912 (2-3). La potassa al 2%, produsse allora un aumento e CAT Pe 00 be INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 99 del 46 ‘/,, il solfato ferroso Fe SO, 74,0 all’ 1,50 °/, un aumento del 15°, e V acido cloridrico del commercio all’ 1,50 */,, una diminu- zione del 50 °/,. Anche nelle esperienze del 1913 non si trovò nessun nesso e legame regolare e costante fra le modificazioni somatiche e di svi- luppo e quelle della fecondità. Non sto a portare esempi che tutti possono dedurre dall’osservazione e dal confronto dei diversi dati esposti. Ciò che potrei dire intorno ai risultati ottenuti sulla fecondità collo sperimentare le soluzioni più concentrate (soluzioni n. 1) non è assolutamente diverso da quanto esposi discutendo intorno ai risultati ottenuti nel 1912. Ho già detto nell’introduzione delle questioni principali riguar- danti la fecondità che non venivano risolte dalle esperienze con le massime dosi e che richiedevano l’esperienza con diverse quan- tità di ciascun agente. Se osserviamo i dati ottenuti colle ultime esperienze, vedremo che essi danno modo di rispondere a tutte le questioni, per quanto sì riferisce all’azione degli agenti sperimentati. Per brevità pongo i dati in ordine secondo lagente e metto da- vanti ad ognuno di essi dati uno dei segni + o a seconda che il numero significa aumento o diminuzione del numero d’ uova in rapporto al numero medio deposto dalle % normali. Quando il numero non sarebbe diverso dal normale pongo il segno =. Potasan int it 00” Acido cloridrico . = — 43; = — 24 Sl = Cloruro di potassio. . oO — 22; i — 6; si = Solfato ferroso (Fe SO). so +11; a +9; Sii = Cloruro di mercurio. ss — 50; So 201 Da questi dati apparirebbe che vi sono sostanze che, quando la dose è superiore alla soluzione limite, aumentano sempre la fecon- dità e che ve ne sono altre che la diminuiscono sempre. 100 F. CAVAZZA Fra gli agenti sperimentati negli anni 1912 e 13 aumentano la fecondità : la potassa, la soda, il solfato ferroso, il solfato rameico e il cloruro ferroso ; la diminuiscono : l’acido cloridrico, il cloruro di potassio, il cloruro di mercurio e il cloruro cobaltoso. Riunendo complessivamente i dati ottenuti tanto nel 1912 che nel 1913, possiamo dire di aver trovate le soluzioni massime (meno che pel £C7) e che anche per l’azione sul grado di fecondità ab- biamo sempre trovato che esse sono pure le ottime cioè quelle che producono il maggiore differenziamento dal grado normale di fecon- dità (sia in aumento, sia in diminuzione). Le soluzioni limite relative all’azione sulla fecondità le abbiamo 0,06 Sa : | 0.016 METAL : potute stabilire per la potassa (To) pel cloruro di potassio (a 1 0,00125 ; e pel solfato ferroso (Fe SO, 7H:0 = Te che corrisponde a Fe SO, ano 1000 | Le soluzioni più diluite sperimentate per l’acido cloridrico (401 sn e pel cloruro di mercurio (10) producono ancora una evi- dente variazione della fecondità. Da tutto ciò vediamo che alcuni agenti producono modificazioni del grado di fecondità anche a concentrazioni diluitissime. I fat- tori che producono variazioni sensibili assai in quantità minime sono, per primo il sublimato, poi l'acido cloridrico e dopo il solfato ferroso. Le altre sostanze sperimentate agiscono solamente a con- centrazioni molto maggiori. Se confrontiamo le soluzioni massime trovate colle minori speri- mentate, vediamo facilmente come non vi sia alcuna relazione co- stante fra le soluzioni limite e le massime dei diversi agenti e quindi come sia diverso per ogni agente il campo d’azione relati- vamente alla quantità. Osserviamo ora brevemente quale legame vi sia fra la tossicità e nocevolezza e il grado di fecondità. Nei seguenti gruppi la mortalità giunse ad esser fortissima : Acido cloridrico (n. 1) 82 °/,, solfato ferroso (n. 1) 78 °/,, cloruro di mercurio (n. 2) 73 °/,, potassa (n. 1) 70 °/,. Ebbene in due di questi gruppi la fecondità fu aumentata e in due fu diminuita. liò dimostra chiaramente che la tossicità e nocevolezza non è col- legata in ispecial modo all’ aumento o alla diminuzione della fe- condità. CINE DIN Ep PIRA GU 1 © sl rd | x = Gi 206 INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 101 Ma alcuni potrebbero obbiettare che anche le sostanze le quali diminuiscono la fecondità se somministrate in data quantità, forse produrrebbero 1’ effetto opposto qualora venissero somministrate in soluzione più debole e non tossica. Ciò è evidentemente negato dai dati sopra esposti dai quali si vede che tutte le diverse soluzioni diluite da me provate non pro- ducono che delle variazioni omologhe a quelle prodotte dalla con- centrazione massima della stessa sostanza e ciò senza nessun rap- porto colla mortalità. Se confrontiamo fra loro i gruppi potassa n. 3, cloruro di po- tassio n. 3 e solfato ferroso n. 3 che non hanno presentato nes- suna variazione nella produzione di nova, vediamo che esse hanno rispettivamente le mortalità ben diverse del 42 °/,; dell’ 8°, €@ del 22 °/,- Se osserviamo tre gruppi in cui la variazione di fecondità fu in senso di diminuzione e fu quasi di ugual grado, acido clori- drico n. 2, cloruro di potassio n. 1, cloruro di mercurio n. 3, tro- viamo le seguenti percentuali di mortalità ben diverse l una dal- altra: 59 °/,27 e 30°. Se da ultimo prendiamo due gruppi in cui la fecondità fu aumentata e in cui la mortalità fu poco di- versa e fortissima, potassa n. 1, solfato ferroso n. 1, vediamo che il grado d’ aumentata fecondità, ogni 100 uova di 9 normale, fu pel primo -- 39 e pel secondo + 11. Parmi che questi esempi bastino per dimostrare che tanto 1’ au- mento e diminuzione della fecondità come il grado di questo au- mento o diminuzione, sono assolutamente indipendenti dalla tossi- cità e nocevolezza della sostanza agente. Il chiamare benefiche e quindi non tossiche le soluzioni che au- mentano il grado di fecondità è un modo d’ esprimersi non solo impreciso ma erroneo e tale che dimostra ben poca conoscenza dei rapporti che esistono fra 1 azione degli agenti chimici e il grado di fecondità degli esemplari pazienti. Si poteva da alcuni pensare che i gradi d’ aumentata fecondità da me ottenuti colle esperienze del 1912 non ostante le fortissime mortalità, non fossero gli aumenti maggiori possibili per quelle sostanze, e che a concentrazioni minori e meno tossiche 1’ aumento sarebbe stato ancor maggiore. Le esperienze del 1913 dimostrano di LA Le 102 F. CAVAZZA chiaramente che tale supposizione era falsa e che le soluzioni ot- time sono sempre le massime possibili e quindi le più tossiche. Naturalmente io parlo esclusivamente del Bombyx mori e dei nove agenti da me sperimentati. È degno di nota però che sopra parecchie sostanze diversissime fra loro, (acidi, alcali, sali di ferro, di rame, di cobalto e di mer- curio) non mi sia mai stato dato trovarne alcuna che agisca di- versamente, che presenti cioè un’ azione ottima (o in aumento © in diminuzione) a soluzione diversa dalla massima. Per altre specie animali, per esempio pel Cycelops macrurus (14), è stato dimostrato che molti sali non solo agiscono sulla fecon- dità ma che presentano una soluzione ottima intermedia fra la limite e la massima. Alcuni altri agenti però anche su questo cero- staceo producono l azione ottima a soluzione massima. Tali differenze derivano evidentemente dalla diversità di rea- zione di ciascun organismo sicchè sarebbe erroneo voler fare delle deduzioni d’ indole generale. Forse vi sono specie che risentono maggiormente l’ azione di date quantità, mentre ve ne sono altre che reagiscono sempre più man mano che lo stimolo aumenta coll’ aumentare della quantità somministrata. Certo si è che non mi consta che si sia da alcuno trovato che una stessa sostanza produca sulla fecondità di una data specie fenomeni opposti (aumento, diminuzione) secondo la sua concentra- zione. Vi son dunque sostanze che aumentano e sostanze che diminui- scono la fecondità e tali sostanze hanno azioni diverse e talvolta opposte secondo la specie animale su cui agiscono. Troppo pochi sono a mio avviso gli agenti da me sperimentati per dedurne con sicurezza quali elementi chimici possano avere un’ azione positiva (aumento) e quali una negativa (diminuzione) sulla fecondità del B. mori. Nondimeno osservando i dati ottenuti, pare che aumentino la fecondità, il potassio, il sodio, il ferro, il ‘ame e forse lo zolfo. Pare invece che la diminuiscano il cloro, il mercurio e il cobalto. Infatti mentre la potassa caustica aumenta la fecondità il clo- ruro di potassio la diminnisce sebbene assai meno dell’ acido clo- ridrico. Tutti i sali di ferro provati, aumentano la tecondità ma (il cloruro di ferro molto meno degli altri. I cloruri poi di cobalto e di mercurio diminuiscono la fecondità ancor più che 1’ acido clo- DI ridrico stesso. E; . Ma intorno a ciò non mi sento di far deduzioni o ipotesi. "a i IX. — Tabella della percentuale di mortalità. allo allo Esemplari a ; allo stato stato larvale|stato, ninfale d'imago Normali . TPin®SfER 5 Ri, RS SIETE 39 31 30 È MR. .. n 2 bi: » i 0 RR RIE fiedacelezicdmoo: (3 1... 1 Se » 513, SAVA POLI OPA) E » » A o aa fiGloruro di potassio _.«. . .. n.1 » » | ai » » PARI I-IOREANE AOSTA: TAI. 5 3 92 Solfato ferroso . . . . . . ml 52 26 22 » DIRITTI n 32 14 54 » DI MIAO pl ARE RR RT O E. 16 6 78 O 93 Ti DU) » ARTI O E; 58 20 27 » i n. 5 18 12 70 III. — Conclusioni. Se per conclusioni si volessero intendere delle deduzioni gene- rali riguardanti le cause singole e il meccanismo delle variazioni da noi osservate nel soma, nello sviluppo e nella fecondità del 104 F. CAVAZZA Bombyx mori, allora io mi asterrei dallo serivere conclusione al- cuna. E ciò non perchè i fatti osservati manchino di un grande valore generale o siano da ritenersi esclusivi per la specie sulla quale operammo e per gli agenti provati, ma perchè ben altro nu- mero di dati e di ricerche è necessario prima di fare una sintesi che ‘assurga a problemi generali. In quanto alle ipotesi che appaiono (per ora) logicamente deri- vanti dai fatti accertati, mi dispenso dall’esporle, visto che esse appariranno a chi osservi i fatti stessi e li confronti con quelli ottenuti da altri ricercatori. Mi limito quindi ad esporre in riassunto i fatti più importanti e le conclusioni parziali che positivamente ne derivano. RIASSUNTO DEI FATTI OSSERVATI E DELLE CONCLUSIONI PARZIALI. I. — Generali. 1.° Tutte le soluzioni (che producono variazioni somatiche, di sviluppo e di fecondità) di ciascuno degli agenti sperimentati, eser- citano un’ influenza dannosa sulla vita del Bombya mori. 2.° Pei fattori sperimentati, le soluzioni ottime (che produssero cioè la maggiore variazione) furono sempre le massime possibili. 3.° Le diverse dosi di ciascuna sostanza agente aumentano 0 diminuiscono l’entità della variazione producibile (tanto somatica quanto di sviluppo e di fecondità) ma non producono mai altro che variazioni omologhe a quella prodotta dalla dose massima della stessa sostanza. 4.° La massima dose possibile è fissata, per ogni sostanza, dal suo grado di tossicità (relativo alla specie paziente) senza alcun le- game colle modificazioni somatiche, di sviluppo e di fecondità pro- dotte; la soluzione limite invece è dovuta all’azione specifica di ciascun agente in rapporto al carattere modificabile e sempre indi- pendentemente dalla nocevolezza 0 tossicità del fattore stesso. 5.° Le modificazioni ottenute, tanto le somatiche quanto quelle di sviluppo e di fecondità, non sono mai dovute alla nocevolezza 0 tossicità degli agenti bensì unicamente all’azione specifica di cia- scun agente in rapporto al carattere da modificare. Ma Vigo ali miei Me DATA INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 105 II. — Sulle larve. 1.° Tutti gli agenti sperimentati produssero unicamente la di- minuzione del peso e della statura delle larve in rapporto al peso e statura delle larve normali di uguale età. 2.° Alcuni agenti producono modificazioni del peso delle larve anche a soluzioni diluitissime ; è fattori che producono variazioni a minor dose sono, primo, il solfato ferroso, secondo, il cloruro di mercurio, terzo, Vl acido cloridrico ; la potassa agisce solo in dose molto superiore e il cloruro di potassio in quantità ancor molto maggiore. III. — Sul numero di mute. 1.° Solo alcuni agenti (acido cloridrico, acido acetico, cloruro di cobalto ece.) possono produrre Vaumento del numero di mute ed anche questi lo producono solo a soluzioni molto concentrate. (La soluzione dell’ acido cloridrico HCL all’ 0,38 °/, appare essere assai vicina alla soluzione limite). IV. — Sulla durata dello sviluppo. 1.° Fra gli agenti sperimentati, gli acidi sono quelli che pro- ducono le maggiori modificazioni nella durata della vita larvale (acido cloridrico esp. 1913, acido acetico esp. 1912). 2.° L’allungamento o l’abbreviamento della vita larvale come della ninfale appaiono indipendenti dalle modificazioni somatiche che l’agente ha prodotte in tutti i diversi stadi. 3.° La durata del periodo di ninfosi sì mostrò sempre meno facilmente modificabile dall’azione di agenti che la durata del pe- riodo larvale; presenta cioè soluzioni limite sempre più concen- trate. 4.° Vi sono agenti che modificano il rapporto di durata dei due stadi senza modificare la durata complessiva dello sviluppo, ve ne sono altri che li allungano o abbreviano entrambi e ve ne sono altri ancora che modificano solo la durata della vita larvale senza produrre variazioni in quella della ninfosi. P_i ee" i RETE ITA TAR DICI IO SC RERORPU A DERRATE 106 F. CAVAZZA V. — Sul peso dei bozzoli con crisalide. 1.° Tutti gli agenti sperimentati a qualunque soluzione supe- riore alla limite producono unicamente la diminuzione del peso dei bozzoli con crisalide in rapporto al peso normale. 2.° Le soluzioni limite di ciascun agente in relazione al peso dei bozzoli con crisalide, sono diverse dalle soluzioni limite degli stessi agenti in relazione al peso delle larve. VI. — Sul peso delle farfalle. 1.° Vi sono agenti che, quando la dose è superiore alla ?i- mite, aumentano sempre il peso dell’îmago e ve ne sono altri che lo diminuiscono sempre. 2.° Le dosi limite dei diversi agenti relative all’azione sul peso delle farfalle sono meno diverse fra loro di quanto lo siano le dosi limite degli stessi agenti relative all’azione sul peso delle larve o dei bozzoli. 3.° Tutti gli agenti diminuiscono, sebbene in grado diverso, la perdita di peso che normalmente si osserva durante la ninfosi ; e quanto maggiore è la concentrazione dell’ agente somministrato tanto minore è la perdita subita. 4.° Nel B. mori, quando lV’allungamento o abbreviamento della ninfosi è prodotto per mezzo di agenti chimici, non si verifica il fatto della relazione costante fra la durata di ninfosi e la perdita di peso. VII. — Sulla fecondità. 1.° Fra gli agenti sperimentati negli anni 1912-13 aumentano la fecondità la potassa, la soda, il solfato ferroso, il solfato rameico e il eloruro ferroso ; la diminuiscono Vacido cloridrico, il cloruro di potassio, il cloruro di mercurio e il cloruro cobaltoso. 2.° Non si trova nessun nesso 0 legame regolare e costante fra le modificazioni somatiche e di sviluppo prodotte da un agente e quelle da lui prodotte sulla fecondità. e aggnn Pi rn n A e INFLUENZA DI ALCUNI AGENTI CHIMICI SUL BOMBIX MORI 107 3.° Alcuni agenti producono modificazioni del grado di fecon- dità anche se somministrati in dosi minime. Il cloruro di mercurio è la sostanza (fra quelle sperimentate) che produce variazioni sen- sibili in minor dose, vengono poi l’acido cloridrico e il solfato fer- r0s0 ; le altre sostanze agiscono solo a concentrazioni molto mag- giori. 4.° Non vi è alcuna relazione costante fra le soluzioni limite relative all’azione sulla fecondità e le soluzioni massime possibili. 5.° Nessuna delle sostanze (diversissime fra loro) sperimentate sul B. morì ha mai presentato la sua azione maggiore sulla fecon- dità (sia d’aumento, sia di diminuzione) a soluzioni diverse dalla massima possibile. 6.° Le soluzioni che producono il maggior aumento di fecon- dità sono sempre le più dannose, alla vita e ailo sviluppo delle larve e crisalidi, fra le soluzioni di quegli agenti che hanno la proprietà di stimolare il B. mori a maggior fecondità. 7.° Ciascuna sostanza agente pare possa produrre reazioni di- verse e talvolta opposte della fecondità secondo la specie animale su cui opera. Bologna, 29 Luglio 1914. EANWNOKt GIETA-TI 1. BacAaMETIEW P. (1907). Erperimentelle Entomologische Studien vom physikalisch — chemischen standpunkt aus. Staatsdruckerei, Sophia. 2. Cavazza F. (1913). Influenza di agenti chimici sullo sviluppo, metamorfosi e riproduzione del « Bombyx mori ». Prima nota : « Bios, Riv. Biol. Gen. Sperim. », Vol. 1, Fasc. 4, p. 315. CAvAZza F. (1913). Influenza di alcuni agenti chimici sulla fecondità del « Bom- byx mori » e sul sesso delle uova prodotte. « Redia », Vol. 9, Fase. 2, pag. 139. 4. CAVAZZA F. (1914). Modificazioni riscontrate in esemplari di « Bombyxr mori » derivanti da genitori gui quali si è agito con diversi fattori chimici. « Archiv. Zool. Ital. », Vol. 7, pag. 313. vo PESO Su 108 F. CAVAZZA (bi | . ENRIQUES P. (1909). La coniugazione e il differenziamento sessuale negli infu- sori. Parte III : Azione dei sali sull’ epidemia di coniugazione net « Cryptochilum migricans ». « Atti R. Accademia Scienze », Bo- logna. Sì KATO (1911). (Studio sui bachi a 5 mute e sulle cause che possono determinarle). « Bull. Assoc. Seric. du Japon », Tokyo (1). 7. LINDEN M. v, (1899). Versuche iiber den Einfluss iiusserer Verhiiltnisse auf die Gestaltung der Schmetterlinge. « Illust. Zeitschr. fiir Entom. », Vo- lume 4, N. 15, 17, 21, 22, 24. . LOEB J. (1900). Further experiments on artificial Parthenogenesis and the nature of the process of fertilisalion. « Americ. Journ. Physiol. », Vol. 4, pag. 178. 9. LoEB J. (1906). Untersuchungen iber Kiinetliche Parthenogenese. Leipzig. 10. PICTET A. (1905). Influence de Valimentation et de Uhumidité sur la variation des papillons. « Mem. Soc. phys. et hist. nat. de Génève ». Vol. 35, fasc. 1. Do 11. PicTET A. (1906). Des diapauses embryonnaires, larvaires et nymphales chez les Insectes Lépidoptères. « Bull. Soc, Lépidoptèrologique de Ge- nève », N. di dicembre. 12 PICTET A. (1911). Z'echerches sur le nombre des mues subies par les chenilles de « Lasiocampa quercus L. ». « Bull. Soc. Lépidoptérologique de Genéve », Vol. 2, Fasc. 2, p. 80. 13. QUAJAT E. (1913). AMevamento mel cuore dell’ inverno. « Annuario R. Sta- zione Bacol, Padova », Vol. 39, 40, pag. 147. 14. URBINATI R. (1913). L'influenza di alcune soluzioni saline sulla riproduzione degli entomostrachi. « Bios, Riv. Biol. gener. sperim. ». Vol. 1, fase. 2-3. 15. ZWEIBAUM G. (1912). Les conditions nécessaires et suffisantes pour la conju- gaison du « Paramaecium caudatum ». « Archiv. fiir Protisyenkunde », Vol. 26, p. 275. (1) Mancano notizie bibliogratiche più precise. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 3 Agosto 1916. ETTORE MALENOTTI (Via Romana, 19 — Firenze) Sulle pretese varietà del “Cheysomphalus dietyospermi ,, (More:): Leon Il valore delle diverse varietà, che si sono via via considerate appartenenti a questa specie di Cocciniglia, non fu e non è tenuto nello stesso conto dagli entomologi dei vari paesi. Taluno cita la sinonimia, che vi si riferisce, in modo inesatto : V'è chi tiene distinte quasi tutte le varietà e chi invece inelude nella specie-tipo altre specie, anche italiane, che nulla hanno a che fare con essa. Ciò basterebbe, mi sembra, a giustificare la pre- sente nota sull’argomento. Ma la grande importanza agraria che il Chrysomphalus dictyospermi ha assunto da vari anni nel bacino del Mediterraneo, minacciando di distruggere una delle più belle e ricche coltivazioni d’ Italia, quella degli Agrumi, impone ancor più la precisa conoscenza del nemico dei nostri agrumeti, e quindi della validità o meno delle varietà considerate nella specie a cui esso appartiene. Non era ancora trascorso un anno da quando Albert C. F. Mor- gan descrisse per il primo Vl’ Aspidiotus (Chrysomphalus) dictyospermi su Dictyospermum album raccolto a Demerara (Guiana inglese) (1) che W. M. Maskell faceva conoscere la sua Diaspis pinnulifera su pianta indeterminata proveniente dalle Isole Viti o Figi (2). (1) Observations on Coccidae (n.° 5), The Entomologist’s Montly Magazine, Vol. XXV, p. 352, pl. V, fig. 2. August 1889. (2) Purther Coccid Notes : with Descriptions of New Species from New Zealand, Australia and Fiji. New Zealand Transactions, Vol. XXIII, p. 4, pl. I, figure 13-16, 1890. LC PRSIY A, SAS rt re - let. 110 PRETESE VARIETÀ DEL CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI I due suddetti autori illustrarono con figure la descrizione delle rispettive specie; e fu così che T. D. A. Cockerell (1) potè osser- vare, che la femmina della D. pinnulifera Mask. presenta una so- miglianza straordinaria con quella dell’ A. (Chrysomphalus) dictyo- spermi Morg., senza peraltro inferire che si trattasse della stessa cosa, anzi, aggiungendo che la forma del follicolo maschile, come è descritto dal Maskell, separa subito questo da qualsiasi Aspi- diotus. Infatti, il Maskell, parlando del follicolo maschile della sua D. pinnulifera, dice che esso è « allungato, bianco, distintamente carenato », e che perciò la specie, per quanto nello scudo fem- minile somigli all’ Aspidiotus (Aonidiella) aurantii (Comst.), deve rientrare nel genere Diaspis. Se si osservano le figure con cui egli illustra la sua specie, e che qui sotto riportiamo, si vede in realtà che il follicolo maschile WMM delt ad nat. COCCIDA CHP. Lith Fig. 1. — Chrysomphalus dictyospermi (Morg.) Leon. — Figure fornite da W. M. Maskell ad illustrazione della sua Diaspis pinnulifera: 13, scadetti maschili e femminili su toglia; 14, follicolo maschile e scudetti femminili; 25, pigidio di femmina; 16, processi piumiformi del margine pigidiale. (N. Zeal. Trans., Vol. XXIII, pag. 4, PI. 1, figg. 13-16, 1590). indicato dal n.° 14 della fig. 1 non può rientrare nel gruppo degli Aspidioti, mentre andrebbe bene per una Diaspîs. E nemmeno i due scudi femminili, indicati dallo stesso n.° 14, possono riferirsi a specie del gruppo degli Aspidioti, perchè in questi la spoglia (1) Notes on some Scale-Insects of the sub-family Diaspinae. 'The Canadian Entomologist, Vol. XXVI, p. 129, 1894. Dl de e Die ne | at ETTORE MALENOTTI INDI larvale è sempre contenuta entro il contorno della ninfale, e non già sporgente per un buon tratto al di fuori di essa, come si ha invece per le Diaspis. Sin qui, parrebbe che la specie del Maskell fosse valida. Egli certo restò di tale avviso, dopo aver letta la citata osservazione del Cockerell e le descrizioni dell’ A. (Ckrysomphalus) dietyospermi fatte dal Morgan e poi da R. Newstead (1); e nel 1894 egli scri- veva: <«.... È probabile dunque, che in A. dictyospermi il follicolo maschile sia bianeo-grigiastro (Morgan) o rossastro o bruno-aran- ciato (Cockerell). Ma quello della Diaspis pinnulifera è del tutto nettamente bianchissimo e non è affatto simile a quello di un ma- schio di Aspidiotus, essendo cilindrico e carenato come in Diaspis rosae 0d anche come in molte specie di Ohionaspis ». E prosegue : « Secondo Morgan, i due « lunghi pettini » da ciascun Jato dell’ ad- dome della femmina sono « seghettati » in Asp. dictyospermi. Io non riesco affatto a scoprire seghettature di sorta nei « processi pinniformi » della D. pinnulifera » (2). Nonostante, però, tutte queste recise affermazioni dell’ illustre entomologo della Nuova Zelanda, già scomparso, purtroppo, da anni, il Cockerell per il primo passò in sinonimia la Diaspis pin- nulifera Mask. col Chrysomphalus dictyospermi Morg., limitandosi a fare della prima una varietà di quest’ultima (3). Purtroppo, la diagnosi fornita dal Maskell della sua D. pinnu- lifera non è sufficientemente chiara laddove accenna ad uno dei caratteri che distinguono subito gli Aspidiotus s. 1. dalle Diaspis, e cioè alle appendici esistenti fra le palette del pigidio della fem- mina. La denominazione che egli dà di « sealy hairs » a queste ultime, è usata talvolta, tanto per indicare i pettini degli Aspi- diotus come i peli-filiere delle Diaspis e quindi non serve a risol- vere la questione. (1) Observations on Coccidae (n.° 5). The Ent. Mont. Magaz. Vol. XXIX, p. 185, August 1893. (2) Furter Coccid Notes : with Descriptions of New Species: from New Zealand, Australia, Sandwich Islands and elsewhere, and Remarks upon many Species already reported. N. Z. Trans. Vol. XXVII, p. 44, 1894. (3) Notes on Chrysomphalus dictyospermi, a Scale-Insect from Cannes. The Ent. Mont. Mag. Vol. XXXVI, p. 157, July, 1900. 112 PRETESE VARIETÀ DEL CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI A me pare, piuttosto, in mancanza dei cotipi, che il disegno dato dal Maskell del pigidio della femmina di D. pinnulifera, per quanto schematico, non lasci cader dubbio sulla vera natura del genere a cuni esso appartiene. Dall esame del disegno infatti, ri- sulta che la facies di un tal pigidio è propriamente quella di un vero Chrysomphalus, per la presenza contemporanea di dischi ciri- pari perivulvari, di tre pettini oltre la terza paletta e sopratutto di lunghe parafisi, mentre le Diaspis non sono mai provviste di parafisi lunghe. Il disaccordo esistente tra i follicoli dei due sessi ed il pigidio della femmina di D. pinnulifera Mask., è stato già in parte notato dal Cockerell (1) il quale dice in proposito che « il follicolo ma- schile » — ed io aggiungerei « il femminile » — « riferito a que- st’insetto appartiene a qualche altro ». Non sarà poi superfluo notare, che il Maskell stesso ricevette proprio da Demerara dei campioni di cocciniglie che da lui furono riconosciuti appartenenti chiaramente alla sua D. pinnulifera (2-3). I fatti sinora considerati lascian supporre, quindi, che il Ma- skell, per quanto in buona fede, fosse in errore, nel considerare forse appartenenti alla stessa specie follicoli diversi trovati sulla stessa foglia. Queste le ragioni per le quali la D. pinnulifera Mask. è passata parzialmente in sinonimia con il Ohrysomphalus dictyospermi (Morg.) Leon. Vedremo poi, perchè essa dovrebbe considerarsi del tutto sino- nima di quest’ultimo, Frattanto è d’uopo ricordare che Newstead, su foglie di Areca triandra provenienti dal Giardino Botanico di Demerara, trovò e descrisse nel 1893 una forma di Aspidiotus (Chrysomphalus) dietyo- (1) V. pag. 111, op. citata. (2) Further Coccid Notes : with Descriptions of New Species from Australia, In- dia, Sandwich Islands, Demerara and South Pacific. N, Z. Trans. Vol. XXV, p. 208, 1892. (3) Synoptical List of Coccidae reported from Australasia and the Pacific Islands up to December, 1894. N. Z. Trans. Vol. XXVII, p. 5, 1894, ul Li a La È ETTORE MALENOTTI 115 spermi che egli staccò dalla tipica per formarne la nuova e prima varietà arecae Newst. (1). Essa si distinguerebbe dalla specie-tipo unicamente per la forma ed il colore dello sendo femminile che, ovale-allungato e bianco- grigiastro nella specie-tipo, sarebbe invece pressochè circolare e di color arancio-bruno nella varietà arecae. Inoltre, esternamente alla prima spoglia larvale, si avrebbe una depressione circondata da un grosso anello circolare. Il suddetto autore, però soggiunge : « in quanto all’ assettamento delle appendici marginali del pigidio ed ai dischi ciripari perivulvari della femmina, esso si accorda in tutti sensi, tanto con la descrizione, quanto con la figura, date dal Morgan ». Ma il Leonardi, che ebbe occasione di osservare scerupolosa- mente esemplari tanto della forma tipica quanto della varietà arecae, assicura di non averli potuti differenziare in modo assoluto e chiaro, ed attribuisce le minime differenze al diverso habitat (2). Anche a questa R. Stazione pervennero, tempo fa, cortesemente prestati dal Newstead, esemplari di Clrysomphalus dictyospermi tipico e della sua varietà arecae. Del primo, v'era il preparato microscopico di una femmina, senza lo scudo; della seconda, tanto preparati microscopici che esemplari conservati a secco, sun foglie di Coelogyne cristata. In verità, nemmeno noi potemmo riconoscere differenze apprezzabili fra i pigidii di femmina delle due forme, e perciò facciamo anche nostre le conclusioni suesposte del Leonardi. - Un’ altra varietà della stessa specie, la v. jamaicensis, fu de- scritta nel 1894 da Cockerell su Cycas e Rosa della Giamaica. Questo autore raggruppò allora le supposte varietà del C4rysom- phalus dictyospermi nel seguente modo (3) : « Scudo ovale-allungato bianco-grigiastro = dictyospermi Morg. — circolareo quasi; rossastro o bruno- QUEL IO RR e O” (1) Observations on Coccidae (n.° 5). The Ent. Mont. Mag. Vol. XXIX, p. 185, August 1893. (2) Generi e specie di Diaspiti. Saggio di Sistematica degli Aspidiotus, p. 174. Riv. Pat. Veg. Vol. VI-VIII, 1900. (3) Notes on some Scale-Insects of the sub-fumily Diaspinae. "he Canadian Entomologist Vol. XXVI, p. 129, 1894. «u Redia »n, 1916. e) ST "n RISE 5 2 ai vete. Apr Nor 114 PRETESE VARIETÀ DEL CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI 2 Ombelico circondato da una depressione oltre la quale v'è un grosso anello circolare. . . . . . = /@maîcensis CKll. — non circondato nè da depressione nè: da anello. . . . . . . @recae Newst:>. E soggiunge : « Nell’esaminare la forma jamaicensis si possono vedere i carat- teri che, se molto più sviluppati, darebbero origine alla varietà arecae ; e non vi può esser dubbio che, se fosse possibile derivare due specie dalle forme surricordate, esse sarebbero: dietyospermi ed arecae con jamaicensis come varietà di quest’ultima ». Ma la varietà jamaicensis fa poi trovato esser fondata su carat- teri incostanti, e quindi non valida. Infatti il Newstead, nel de- serivere poi lo scudo dell’ A. (0%hrys.) dictyospermi var. arecae, parla di femmine provviste del grosso anello allo seudo e di altre che ne sono sprovviste e dà anche le figure dell’uno e dell’altro tipo, distruggendo così implicitamente la varietà istituita dal Co- ckerell (1). Non si comprende però come egli assegni al follicolo maschile forma circolare con esuvia centrale, mentre esso è allungato e con la spoglia larvale presso ad una delle estremità ; tuttavia, l’osser- razione, per la stessa forma di Chrysomphalus dictyospermi, di scudi femminili con depressione ed anello circolare, e di altri privi di questi caratteri, è giusta, e noi possiamo riscontrarla osservando alla lente gli sendetti femminili della nostra comune Bianca-rossa situati, ad es.: sulla stessa foglia di Arancio. Cosiechè, tanto la varietà arecae quanto la jamaicensis non ci sembrano fondate a sufficienza per poterle accettare. Di conseguenza, la var. pinnulifera, essendo già stata ritenuta sinonima della jamatcensis dallo stesso Cockerell (2) viene anch'essa, con quest’ ultima, a perdere il suo valore. In quanto al Chrysomphalus minor Berlese (3) ritenuto poi sino- (1) Monograph of the Coccidae of the British Isles. Vol, I, p. 107, pl. IX. Lon- don, 1901. (2) V. pag. 111, op. citata. (3) BERLESE A. e LEONARDI G., Diagnosì di cocciniglie nuove. Rivista di Patol. Veget. Anno IV, nn. 7-12, 1895. a i e € IR sa ra e) cc veni ETTORE MALENOTTI 115 nimo delle varietà jamaicensis e pinnulifera dal Cockerell, esso fn trovato in Italia nel 1895, quando cioè, pur essendo note le pub- blicazioni di Maskell, Morgan, Cockerell e Newstead su quella spe- cie che altro non era se non Chrys. dictyospermi Morgan, non si avevano però in proposito nè descrizioni sufficientemente chiare nè buoni disegni. Vedansi a tal uopo il disegno, già riportato, del Maskell, e quello, che si riporta ora, del Morgan. {Cockerell non |D) de © De (CIC) i sa © Fa ar o) DI . Fig. 2. — Chrysomphalus dictyospermi (Morg.) Leon. — Disegno del pigidio di femmina, molto inzrandito, fornito da A. C. F. Morgan. (Ent. Mont. Magaz, Vol. XXV, Tav. V, fig. 2, August 1889. London). credo che ne abbia pubblicati e i disegni di Newstead si hanno soltanto, a quanto io mi sappia, nel 1901). Il Maskell, — lo abbiamo già veduto — non è chiaro nella diagnosi della specie per ciò che riguarda caratteri generici impor- tantissimi. Il Morgan disegna soltanto dune appendici — le mag- giori -— oltre la terza paletta; e nella descrizione sua come in quella del Maskell è del tutto taciuta la presenza di una terza appendice, pvre visibilissima, fino talvolta a raggiungere la gran- dezza delle altre due. In tali condizioni, ed al solo esame delle descrizioni e dei dise- gni fino allora noti, nessuno avrebbe potuto confondere la specie di Berlese nè col Ckrysomphalus dictyospermi Morg. nè colla Lia- spis pinnulifera Mask. Io ho avuto occasione di confrontare però gli esemplari del Chrys. dictyospermi var. arecae con quelli di Chrys. minor; ed, a mio giudizio, non vi ho saputo trovare differenze tali, da doverli considerare nemmeno due diverse varietà della stessa specie. Riporto qui appresso i disegni di due pigidi di femmine: il primo è stato tratto da preparato microscopico inviato gentilmente a que- sta R. Stazione dal Newstead, su insetti raccolti sopra Coelogyne 116 PRETESE VARIETÀ DEL CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI cristata delle serre ; il secondo si riferisce ad insetti da me rac- colti su Pandanus graminifolia nelle serre dell’ Orto Botanico di Firenze, e quindi a cotipi di quelli descritti dal Berlese. Fig. 3. — Chrysomphalus dictyospermi (Morg.) Leon. — Pigidi di femmine: A, su Coelogyne cristata delle serre di Londra (Chrys dict. var. arecae Newst.); B, su Pandanus graminifolia delle serre di Firenze (Chrys. minor Berl.) (1) Il pigidio del C%rys. minor ha forma alquanto più larga e più trapezoidale dell’ altro, con i processi eultriformi più corti e più nettamente seghettati al lato esterno. Tuttavia, queste piccole differenze possono spiegarsi col diverso habitat. Intatti, il Chrys. minor (= dictyospermi) che vive sui nostri agrumi all’aperto anzichè nelle serre, presenta il pigidio femmi- nile non del tutto conforme a quello dei cotipi raccolti sul Pan- danus, dai quali si distacca non meno, certo, di quelli raccolti da Newstead su Coelogyne. Vedansi le tre figure della pagina seguente, tutte riferentisi ad insetti raccolti su Arancio della Sicilia. I pro- cessi cultriformi sono qui notevolmente più sviluppati, e più fran- giati e larghi sono tutti i pettini situati fra le palette. Resta ora da considerare un’ ultima varietà del C4hrys. dictyo- spermi, la var. mangifere Cockerell. Il suddetto autore così sì ETTORE MALENOTTI LL esprime, parlandone (1): « Asp. (Chrys.) mangifere Ckll. della . Giamaica, ha scudo pallido, più pallido del tipico dictyospermi : la sua affinità col dictyospermi è evidente, ed io non resterei sorpreso, Fig. 4. — Chrysomphalus dic'yospermi (Morg.) Leon. — Pigidi di femmine cre- sciute su Arancio in Sicilia e mostranti leggiere variazioni AREA sopratutto nella forma dei pettini (da Del Guercio e Malenotti) (PI pi se in ultimo fosse necessario includerlo sotto quella specie come una varietà ». Egli ne dà, infatti, i seguenti caratteri (2): « Scudo femminile (1) Vedi a p. 113, op. citata. (2) The San José Scale and Its nearest allies. Ball. U. S. Dep. of Agrie, n.° 6, p. 24, 1897. 11S PRETESE VARIETÀ DEL CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI circolare, piatto, con esuvie centrali, coperte, ombelicate e rossa- stre. Le palette mediane sono le più grandi, quelle del secondo paio sono grandi quasi quanto le prime; (quelle) del terzo paio, strette; del quarto, rudimentali ; un paio di grandissimi pettini spiniformi fra la terza e la quarta paletta ».. La presenza di un quarto paio di palette, sia pure rudimentali, affermata da Cockerell per la sua varietà mangiferae, non si ri- scontra mai, nemmeno accidentalmente, nelle altre forme del C%rys. dictyospermi, e perciò questa varietà parrebbe doversi considerare distinta dalla specie-tipo. Senonchè, anche su questa pretesa va- rietà ho potuto fare osservazioni dirette, le quali mi sembrano togliere ogni valore alla istituzione della varietà medesima. Sopra foglie di Mangifera indica provenienti da Madera ed in- viate a questa R. Stazione dal Sig. Adolpho Cesar de Noronha nel giugno decorso, riscontrai una forma di C4krysomphalus dictyo- spermi avente molti degli sendetti femminili di colore più pallido dell’ordinario, alcuni però del solito colore ocraceo. Il pigidio delle femmine, però non presenta affatto differenze, in confronto a quello della forma nostrale, e tanto meno, poi, è provvisto di un quarto paio di palette. Identici risultati ho avuto esaminando forme di Uhrys. dictyospermi cresciute, invece che sulle foglie, sui rami di Mangifera indica, provenienti dalle Indie Occidentali (Porto Rico) ed inviate a questa R. Stazione dal Sig. H. Van Zwalwenburg. To credo che il Cockerell abbia scambiato per una quarta pa- letta rudimentale il primo tratto di orlo chitinizzato trovantesi oltre i processi cultriformi in tutte le forme di Chrys. dietyospermi ma non in tutte egualmente sviluppato e conformato. Questo primo tratto termina posteriormente in un grosso dente triangolare, la cui separazione dall’ultimo pettine del pigidio non apparisce sem- pre in modo evidente, ed anteriormente è limitato da una inci- sura incompleta, più 0 meno rotondata, od acuta, che lo separa dai tratti più anteriori della cresta. Ma questa incisura non esi- ste in tutti gli individui costantemente. Mi sembra quindi, che anche la varietà mangiferae Ckll. non possa reggersi, per il solo fatto di avere, e non costantemente, scudetti più pallidi dell’ ordinario. Il Leonardi, nell’ esporre la tabella dicotomica delle specie del ETTORE MALENOTTI 119 genere Chkrysomphalus (1) fa del mangiferae Ckll. una specie di- stinta dal dictyospermi e porta come carattere differenziale del primo in confronto al secondo la mancanza di incisure nel mar- gine del pigidio oltre la terza paletta, mancanza che egli dice esser comune al C4%rys. minor Berlese, mentre ciò, in realtà, non si osserva. Contrariamente, poi, a quanto asserisce il Cockerell, il Leonardi, tanto nella descrizione che nella figurazione da lui fatte del pigidio del O7%rys. mangiferae non accenna affatto ad un quarto paio di palette. Queste sono invece rappresentate nel disegno che il Leonardi dà del Chrys. dictyospermi a pag. 174 del succitato suo lavoro; e nello stesso disegno mancano i processi cultriformi, caratteristici, oltre la terza paletta. Per cui credo che in ciò debba esservi stato errore. Io credo, che nell’ istituire le diverse varietà di questa specie, non si sia tenuta nel debito conto la oscillazione dei caratteri individuali compatibili entro la stessa unità specifica. Meglio ha fatto Harold E. Hodgkiss, il quale, nel descrivere la forma di Chrys. dictyospermi da lui studiata nel 1904 (2) osserva che essa differisce alquanto, tanto dal tipo come dalle varietà note: ma tenuto conto delle variazioni derivanti dal clima, la include senz’ altro nel Chrys. dictyospermi Morg. D’ altra parte, seguendo ceriterì diversi dal Cockerell e dal New- stead, il Lindinger passa addirittura in sinonimia col Chrysompha- lus dictyospermi (Morg.) Leon. il Chrys. degeneratus Leon. (3). Ma ciò non è esatto. Il disegno del pigidio di questa specie, fornito da Leonardi, corrisponde molto bene al vero, come ho potuto os- servare io stesso, con l’ esame degli esemplari di questa specie i quali si conservano nella Chermotheca italica Berlese et Leonardi. Esso non si può aftatto confondere, nemmeno ad un esame super- ficiale, con quello del dictyospermi, sia per la mancanza dei pro- (1) Generi e Specie di Diaspiti, Saggio di Sistematica degli Aspidiotus, pp. 155- 156. Riv. Pat. Veg. Vol. VI-VIII, 1900. (2) The Life-history and treatment of a Common Palm Scale (Chrysomphalus dictyospermi Morg.) April 1904. ‘The Report of the Massachusetts Agrie, Col lege. Boston. (3) Die Coccidae Europas, Nordafrikas etc. pp. 109 e 362. Stuttgart, 1912. 120 PRETESE VARIETÀ DEL CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI cessi cultriformi, sia per la forma della terza paletta, cortissima, dentiforme, diritta, sia per la grande brevità delle parafisi, per la quale, forse, la Fernald ha passato la specie negli Aspidiotus str. s. Fig. 5. — Chrysomphalus degenera'tus Leon. Pigidio di femmina, molto ingrandito (da Leonardi). Non dirò molto della proposta fatta recentemente dal De-Gre- gorio (1), di considerare cioè la Bianca-rossa di Palermo come una nuova specie del genere Aspidiotus, 1’ Asp. agrumincola De Greg. Se, a sua stessa confessione ed armato 1 occhio di un micero- scopio, egli non riesce a vedere nè dischi ciripari perivulvari, nè parafisi, nè vulva e nè ano nel pigidio della femmina; se dall’aver trovato molti follicoli maschili vuoti, anzichè pensare logicamente che i maschi mancano perchè sono fuggiti o caduti vittima di pa- rassiti prima di arrivare al loro pieno sviluppo, esce con la strana ipotesi della vita indipendente dei follicoli, come è possibile pren- dere sul serio le osservazioni che egli fa al riguardo ? E mi sia permesso, infine, di riportare aleune mie altre osserva- zioni in fatto di varietà del Cl%rys. dietyospermi (Morg.) Leon. Già nel decorso anno, Chas. P. Lounsbury inviò a questa R. Sta- zione dei campioni di Chrys. dictyospermi raccolti a Durban (Natal) su foglie di una palma. Gli esemplari corrispondevano per la mas- sima parte a quelli della nostra Bianca-rossa. Alcuni pochi follicoli femminili, però, invece di essere del solito (1) DE GreGORIO March. ANTONIO, Caratteri e biologia del Chrys. dictyospermi (Morg.) Leon. eee. Il Naturalista Siciliano. Vol. XXII, p. 125, Giugno-Decem- bre 1914, Palermo, Virzì, 1915. ETTORE MALENOTTI 121 colore rosso-bruno si presentavano nerastri, con orlo più chiaro e con esuvie di un rosso-aranciato vivace, e le femmine rispettive mostravano il pigidio con i due processi ceultriformi a margine esterno affatto integro, e notevolmente più sviluppati di quelli delle femmine a seudo rossastro. Nel gennaio del corrente anno lo stesso Lounsbury spedì nuo- vamente a questa R. Stazione esemplari di Chrys. dietyospermi, ‘accolti a Madera, ed i quali si rivelarono fortemente attaccati da un endofago calcidite nuovo, l Aspidiotiphagus lounsburyi Ber- lese et Paoli. Molte femmine di questa cocciniglia eran coperte dal solito scudo rosso-bruno, ma moltissime altre, questa volta in proporzione molto più forte, con lo scudo così nerastro, da ricordare molto da vicino quello del O%krysomphalus aonidum (L.) 0 Chrys. ficus Riley. Anche su questi campioni ho potuto accertare quanto avevo già veduto su quelli provenienti dal Natal, che cioè él pigidio di femmine a scudo nerastro possiede processi cultriformi più sviluppati e più lisci che non quello delle femmine a scudo rosso-bruno. A B Fig. 6 — Chrysomphalus dictyospermi (Morg.) Leon. — Diversi aspetti dei processi cultriformi in pigidi di femmine provenienti: A, da Durban (Natal); 5, da Madera ed aventi: 7, scudetto rossastro; n, scudetto nerastro (T) Per mettere in rilievo queste differenze pigidiali, riporto le fi- gure dei processi cultriformi delle due diverse forme di cocciniglie. Queste diverse forme, tanto per i campioni del Natal come per 122 PRETESE VARIETÀ DEL CHRYSOMPHALUS DICTYOSPERMI quelli di Madera, furono osservate rispettivamente sulla stess: foglia. E allora, debbono esse considerarsi varietà distinte, oppur no? A questa domanda darebbe una risposta decisiva e sicura lo studio della biologia di queste forme, singolarmente unite nello stesso ospite, ma io non ho potuto osservare, purtroppo, che in- setti morti. Tenuto conto del colore del follicolo femminile, mi sembra che nessuno ne abbia messo in vista sinora uno così nereggiante per il Chrys. dictyospermi. Ecco i colori riportati in proposito da au- torì diversi : « greyish-white », Morgan ; « reddish-brown », Maskell; « red- brown », Cockerell; « usually rich orange brown, but sometimes ochreous brown, or dark castaneus », Newstead; « badio », Ber- lese, Leonardi ; « gialliecio », De Stefani; « cinzenta branquinha até pardo-clara », Hempel; « ocraceo, rojo sucio 6 rojo amaril- lento en su cara esterna » Mercet; « ochreous brown to casta- neus and in older specimens often whitish », Hodgkiss; « rotlich bis dunkelbraun, mit oft hellerem Rand, oft schwach durchschei- nend », Lindinger: « rosso-cuoio, avana », Del Guercio e Male- notti; « rouge », Trabut, ecc. Tuttavia, in mancanza di osservazioni biologiche, non mi sem- bra prudente considerare la nuova forma da me osservata come una varietà, distinta dalla nostra Bianca-rossa sopratutto per il colore del follicolo, potendo essa egualmente spiegarsi con le va- riazioni individuali. Inoltre, il carattere differenziale del pigidio sì attenua in un gran numero di forme intermedie, sviluppantesi rariando il clima e la pianta-ospite. Così, ad es., la Bianca-rossa dei nostri agrumeti somiglia alla surricordata forma esotica a seu- detto nerastro, per ciò che riguarda il pigidio, ed alla forma esotica a scudetto rossastro, per quanto si riferisce al follicolo femminile. Se poi si accettasse questa nuova forma per varietà, dovremmo anche logicamente accettare la varietà jamaicensis Ckll. che Newstead ha implicitamente, e giustamente, rifiutata, essendo fondata su caratteristiche che sono soltanto individuali. Riassumendo, dirò che, a mio parere, non esistono vere varietà tra le forme sinora note del Clhrysomphalus dictyospermi ; ricorderò piuttosto, che esso attacca piante appartenenti almeno ad un’ottan- STTORE MALENOTTI 123 tina di specie distribuite in circa venticinque delle più disparate famiglie, tanto dei paesi tropicali che di quelli a clima mite; esso è distribuito in una zona vasta per latitudine e vastissima per longitudine, ed infetta tanto le piante delle serre (Londra, Firenze, Stati Uniti d’ America ecc.) quanto le coltivazioni all’ aperto (A1- geria, Sicilia, Liguria, Costa Azzurra, Spagna ecec.). È molto probabile, poi, che questa specie di così grande inte- resse pratico possegga più spiccatamente di molte altre la ten- denza a variare a dirla col Lamark, oppure, escludendo, con Dar- win, questo concetto metafisico del naturalista francese, la sensi bilità alle mutazioni di ambiente. Così questa sensibilità, insieme al grande cosmopolitismo ed alla vasta polifagia di questa specie, ci spiegano sufficientemente la presenza di molteplici sue forme locali, che per la facile alterabilità dei loro caratteri, non possono esser considerate dal sistematico quali gruppi costituenti le varietà. Dalla R. Stazione di Entomologia Agraria Firenze, 30 giugno 1916. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 28 Luglio 1916. "A EL A Ge LAI 0) CRE perg Zan SOT nare dio, Api (o î 2 CTRONI PUPO NR cate dio Agr Fare Arai TRA RSA ae TI SITO I TTT TL ae cid SE RIPA IGILE TO PUADIN EVTORII METTA TIRO). citta AREZZO RL e fratge Aa è 0° di CIRCLE ngi DIE SA RA il 16 fraz tot aX/5 Maida Hg Fra È da PET 19 To: 1a x AA FE tia Mei più ea Gr rai Si an A RETI ile t bh e de 4 HO IAT srl) ioni: Ent do Re eee atte ia #° IRC 21174 risi i du “i a, È i, À î (i) & ai rea 44 Mea; 8, bi, For È frati A tree ì da Mera Ù » de caga A ’ ru bd SALI 34% Di ere: a % ; ili N è #% 4 IRENE » DA TRON ria pic LUI TOA "al Aa i ** da CS A ironia "= AN TONTO BERLESE Via Romana, 19 — Firenze Centuria seconda di Acari nuovi Alle collezioni di Acari ricordate nella prima Centuria, dalle quali ho tratto molta messe di specie nuove, si sono aggiunti ora gli invii di musco dei boschi di Mendon, presso Parigi (i luoghi classici, che hanno fornito al Nicolet i materiali pei suoi Acariens des environs de Paris, 1855), fattimi, con grandissima cortesia dai Chh. Sigg. Proft. Bordage; H. Lecomte; Dr. Camus; ed inoltre la spedizione di abbondante crivellatura dei muschi di Longny (Orne), che il Ch. Sign. Cordier E., farmacista del luogo e molto apprez- zato studioso di Entomologia, mi ha inviato. Da così fatto materiale io ho ottenuto moltissime belle specie di Acari, fra le quali talune nuove, che qui, con altre, deserivo brevemente. PROSTIGMATA. 101. Smaris spegazzinii Berl. n. sp. — Rubra, consuetae figu- rae, quamvis sat elongata, Dorsum (subplanum) foveis rotundis (in quibus nullus pilus est), quatuor in lineam rectam, transver- sam, inter humeros decurrentem aequedissitis. Propter foveas istas depressio linearis, recta, transversa in supradieta regione perconspicua est. Quatuor foveae conformes, sed minus bene con- spicuae sunt in linea, antrorsus arcuata, subhumerali, intersese 1) (DI ANTONIO BERLESE magis distantes, ita ut extremae margini eidem corporis sint valde propinquae. Sunt etiam foveae duae, valde obsoletae, in dimidio dorso, duaeque bene conspicuae, latae, in parte postica corporis, intersese sat appressae, a margine postico tamen valde remotae. Sculptura dermatis corporis haec est: Sunt pili simplices, breves, conici, robusti, intersese sat discreti, aequedissiti ; retrorsus spec- tantes ; quisque pilus e glandula sphaerica oritur, obseurior, sub dermate conspicua, ita ut corpus totum maculis rotundis aeque- dissitis, fuscioribus (circiter 20 p.. diam.) maculatum adpareat. Circa pilum autem derma tenuissime striatum est et lineae poly- gona concentrica circa pilum quemque conficiunt, undulis lineari- bus, radiatim e pilo divergentibus obsoletis. Ad 1400 w. long. ; S70 p. lat. (Forsitan exemplum immaturum est). Habitat. Collegit ad « La Plata » CI. Bruck. Speciem pulcher- rimam, CI. Carolo Spegazzini, cuius nomen apud omnes rei natu- ralis cultores celebratissimum, qui plures mihi species acarorum austro-americanas benignissime misit, summae reverentiae signo, dicatam volui. 102. Abrolophus spectabilis Berl. n. sp. — Latior, facie A. nemorum, sed aliquanto maior. Corpus nulla macula albicanti insi- gnitum, totum sat infuscatum. Pili dorsi brevissimi (20 p..), vix antici aliquanto longiores, omnes conici, ad apicem valde attenuati et barbulis exilioribus, suberectis, longioribus (quod fere latitudi- nem eiusdem papillae attingant), undique dense vestiti. In pedi- bus et palpis pili lanceolati sunt, sed pariter late barbulati. Ori- sta metopica sat magna, antice valde a vertice remota, postice fere ad constrietionem posthumeralem produeta. Pedes sat robu- sti, omnes sat infuscati, tarsis anticis vix pallidioribus, magnis (600 X 250), elongatius ovalibus, tibia (620 p..) vix curtioribus, du- plo et dimidio (2,6) longioribus quam lati. Tibia postica tarso sesqui longior (in A. nemorum est duplo longior). Papillaram ceorporis fabrica, tarsi antici magnitudine, statura, aliisque characteribus bene ab A. nemorum Europae diversus. Ad 2350 p. long.:; 1700 1. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla colleeta a CII. Alluaud et Jean- nel, in Africa orientali. CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 137 105. Abrolophus albidoinfumatus Berl. n. sp. — Latus; dorsum maculis albis humeralibus iuxta margines corporis retror- sus valde productis duabusque (una utrinque) ad marginem late- ralem, prope corpus extremum, albis, maculis autem omnibus istis gradatim cum caetero brunneo dersi colore infumatis, quod pili hyalini in maculis albis sint et gradatim obscurantur, denique in medio corpore et ad margines extremos subfuliginei sunt. Pili omnes elongate fusiformes, consuetae fabricae, ad 40 p.. long., pe- racuti, eademque statura et fabrica super pedes et palpos. sunt, ubi undique mediocriter brunnei; in tarsis primis pallidiores. Cri- sta metopica sat longa, fere usque ad constrietionem posthume- ralem producta. Tarsi antici magni, elongate amygdaliformes, apice acuti, ultra triplo (3,15) longiores quam latiores. Pedes sat exiles, mediocriter longi. Ad 2400 u.. long.; 1700 p.. lat. (Parsus primi paris 580 u. long.). Habitat. Nonnulla vidi exempla colleeta a CI1. Alluaud et Jean- nel, in Africa orientali. 104. Abrolophus simplex Berl. n. sp. — Immaculatus, sat latus. Pili corporis longi (50 p..), exiles et sensim fusiformes, bar- batuli, nigri; pedum conici, acutiores, aliquanto longiores(70-S0 p..): tactilesque pedum sat numerosi praecipue in tibia antica, exiles, ad 100 u.. long. Crista metopica sat longa, usque post humeros producta. Pedes graciles et sat longi. Primi paris tarsus elongate ovalis 400 u.. long.; 130 p.. lat., sive circiter triplo longior quam latior. Ad 1900 p. long.; 1000 pu. lat. Habitat in Aethiopia meridionale (« Kounhi »). Collegit CI. Roth- schild. 105. Abrolophus magnificus Berl. n. sp. — A. saturate fuli- gineus, maculis albis in dorso elegantissime depictus. Maeulae sunt: frontalis, subquadrata, sat lata, totum verticem occupans; hume- rales (utrinque una), subrombicae, obliquae, intersese late disere- tae, magnae; dorsualis media elongatius ovato-trapezina, magnam partem dorsi medii occupans, impar; analis subrectangula, impar, in extremo postico dorso, usque ad marginem producta. Etiam eri- stae metopicae apex, in medio dorso, tenui macula alba est signi- ie ini AR A) 125 ANTONIO BERLESE ficatus. Palporum articuli secundi apex artieulique tertius. et quar- tus papillis nigricantibus ornati. Pedes basi carnei, denique toti, etiam tarsi, nigricantes. Tarsus anticus duplo longius quam latus (400 X 200). Papillae corporis ut in A. trimaculatus. Corpus valde elongatum, sive plus quam duplo longius quam latius. Ad 2300 p. long.; 1050 p.. lat. Forma junior (1250 u.. long.; 700 p.. lat.) maculis humeralibus et media dorsi confluentibus. Caeterum omnino ut in adulto. Habitat. Communis ad « La Plata ». Collegit C1. Bruck. OssERVAZzIONI. La specie difterisce dall’ A. quinquemaculatus St6ll. (Trombid. >-macul.) del Guatemala, per la macchia bianca frontale; pei tarsi e la metà apicale dei palpi coperti di peli neri. 106. Abrolophus incanescens Berl. n. sp. — Sat latus, fu- seus, macula (pilis albis ornata) dorsi albida, frontali (rectangula), humeralibus et postica mediocribus, bene definitis. Adsunt etiam maculae parvulae aliquot laterales (inter humeralem et posticam) margini corporis sat appressae, plures, variae numero et figura, aliquando simul confusae et vittam sat latam longitudinalem sis- tentes. Palpi carnei, sive nullo pilo nigricanti ornati. Pedes sat crassi et robusti, omnes nigricantes, etiam tarsis fumosis. Tarsi antici sat elongati, sive 2,7 longiores quam lati (e. gr. 320 p.. long. : 120 w.. lat.). Papillae corporis brevissimae (circiter 20 p.. long.) aliquot tamen prope cristam metopicam (quod est etiam in caete- ris omnibus speciebus huius generis) vix longiores, nigerrimae, consuetae fabricae. Papillae albido-hyalinae sunt in maculis albis, caeteris conformes. Super pedes sunt papillae duplo vel triplo longiores et robustae. Ad 1300 p. long.; 780 p. lat. Habitat. Plurima mihi misit exempla CI. Bruck, collecta ad « La Plata ». 107. Abrolophus trinotatus Berl. n. sp. — A. trimaculato Europae, primo visu similis, sed diversus. Corpus mediocriter elon- gatum. Crista metopica brevissima; vix post humeros producta. Dorsum macula bina humerali, subrectangula, sat magna, macula- que postica mediocri, impari, usque ad extremum marginem corporis producta, pilis marginalibus ad maculam eamdem hyalinis (in A. teli CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 129 trimaculato macula postica a margine extremo sat remota est). Palpi toti pilis hyalinis induti. Pedum omnium segmentum primum (subspheroidale) pilis omnibus hyalinis ornatum (in A. trimacu- lato, saltem primi paris pilis nigris obsitum). Pili corporis vel bre- vissimi, amygdaliformes, vel paulo longiores, non densissimi; pe- dum duplo vel triplo longiores, sat crassi. Pili tactiles erecti in pedibus omnibus nulli; tantum in tibia primi paris duo sunt (in A. trimaculato plures sunt in omnibus pedibus). Pedes longi et exiles; primi paris tarso valde elongato et ceylindrico, sive ultra triplo (3,30) longiore quam latiore; (in A. trimaenlato tarsi antici sunt minus triplo longiores quam latiores, sive 2,70), apice pallido. Ad 1500 p.. long.; 900 p.. lat. Habitat. Plura vidi exempla colleeta ad « La Plata », a CI. Brucek. 108. Abrolophus setipapillus Berl. n. sp. — Mediocriter elon- gatus. Corpus papillis peculiaris fabricae vestitum, quod sint lon- gae (80 |.) sed parte media basali non nimis erassa, tota barbulis longis dense vestita; pars media apicalis, setae more simplicis, attenuatissima. Pedes papillis elongate fusiformibus, dense barbu- latis induti. Papillae haec omnes sunt nigerrimae, exceptis aliquot ad oculos, usque ad marginem summum humerorum, quae sunt hyalinae, quare animal maculis duabus parvis, albicantibus in supradicta regione est insignitum. Pedes sat crassi et longi, pa- pillis non densis obtecti, basi pallidis vel incoloribus, caeteram nigris, inter quas plures setae tactiles erectae, scabratae sunt. Tarsi antici parvi, sed elongati, quod circiter triplo sint longiores quam latiores (300 p. Xx 100 tw.) Palpi papillis, pedum confor- mibus, sed hyalinis, induti. Crista metopica, fere usque in medio dorso producta. Ad 1300 p.. long.; 800 p. lat. Habitat. Nonnulla collegit exempla CI. Bruck, ad « La Plata ». 109. Achorolophus brachiosus Berl. n. sp. — Ruber, elon- gate ovalis, parum humeratus. Vertex in conum subhyalinum, lon- gum, pilisque magnis basi obsitum productus. Crista metopica parum post secundos pedes producta. Pili corporis non densi, longi u Redia n, 1916 9 150 ANTONIO BERLESE (60 p..), subspiniformes, vix tenui et curtiori barbula ornati, sub- erecti. Pedes omnes robusti et longi, sed primi paris validissimi, ‘aeteris et corpore longiores et crassitie saltem duplo ceaeteros pedes superantes. Pedes primi paris sunt enim longi: 2300 p.. et eorum articulus tertius (femur), caeteris crassior, est 190 p. lat. Tarsus circiter 300 p.. long. Pedes caeteri non ultra 100 p. sunt erassi. Ad 1550 u. long.; 600 p. lat. Habitat. Plurima huius speciei exempla (variae staturae, sed maximum est quod descripsi) vidi collecta ad « La Plata » a Cl Bruck. 110. Achorolophus humeratus Berl. n. sp. — Cinnabarinus, sat curte ovatus, valde humeratus, pedibus anticis et posticis cor- pore multo longioribus, ita ut pedes subelavati adpareant. Crista metopica areola antica in muerunem conicum, longiusculum pro- dueta. Pili corporis barbatulo-plumosi, variae magnitudinis, quod plures sint minores, inter quos, aequedissiti et minus numerosi, alii sunt, supradietis saltem triplo longiores et robustiores. Ad 1500 p. long.; 850 p.. lat. Habitat « Kounhi; Onotchocha », in Africa orientali. Collegit CI. Rothschild. 111. Bdella anomalicornis Berl. n. sp. — Rubra, abdomine infuscato, subglabra : Rostrum valde longum (fere ut in 5. longicor- nis Europae). Palpi longiores, fere articulo toto postremo haustellum superantes. Praecipuus huius speciei, inter congeneres, character est longitudo articuli quarti palporum. Articulus iste enim triplo lon- gior est quam articulus quartus et dimidiam longitudinem postremi aequat. Longitudo segmentorum 2-5 in exemplo quod describo est: art. 2.9— 270; 3."= 40; 4. —= 110; 5." = 220 p... Latitudo seg- mentorum omnium circiter 530 p. Rostrum 420 p.. long.. Palporum articulus postremus setis intersese longitudine subaequalibus, nec articulo 5.° longioribus, sive 220 p. auetus. Ad 1250 p. long.; 130 n. lat. Habitat. Plura vidi exempla colleeta ad « La Plata », a CI. Bruck. GCENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 151 SUBGEN. DACTYLOSCIRUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Scirus. Differt propter tarsos omnes non apice atte- nuatos et peculiari papilla digitiformi utrinque ad apicem armatos: quae papillae, valviformes, ambulacrum partim oceludere possunt. Species typica S. /. eupaloides n. sp. 112. Scirus (Dactyloscirus) eupaloides Berl. n. sp. — Ruber, pedibus rostroque saturatius cinnabarinis. Corporis pedum rostri- que fabrica sat Eupalis vel Sciris similis. Palpi mediocres, arti- culis duobus postremis apicem haustelli superantes; artienlo tertio inferne in carinam, peraltam, securis lamam simulantem attenuato. Articulus postremus sat breviter falciformis. Spinula est in dorso articuli secundi et tertii; caeter palpus inermis. Seutum dorsuale cephalithoracis sat breve, trapeziforme. Scutum adest quoque ad margines corporis, super coxas tertias, humeros obtegens, in dorso non productum. Caeterum dorsum scuto obsoleto incerte praeditum. Ad 500 y.. long. (sine rostro); 300 u. lat. Habitat ad « La Plata ». Collegit Cl. Bruck. GEN. COLEOSCIRUS BERL. N. GEN. Ex fam. Bdellidae. Characteres gen. Scirus et Scirula, sed cor- pus sceutis duris, fere ut in Halacaris protectum. Species typica : C. halacaroides n. sp. (Adde €. corniculatus n. sp.). 113. Coleoscirus halacaroides Berl. n. sp. — Ruber. Palpi breves (160 p..), articulo secundo cum tertio confuso. Articulus quintus in medio vix tuberculo parvulo armatus. Venter seuto thoracali usque ad lineam coxarum quarti paris producto; seuta lateralia intersese, cum seuto thoracale et cum genitalibus valvis contigua, qua re nulla pars ventris nuda est. Papillae genitales sub valvis non conspiciuntur. Ad 390 p.. long. 215 p.. lat. Habitat. Collegit C1. Jacobson, ad « Samarang, Giava ». 152 ; ANTONIO BERLESE 114. Coleoscirus corniculatus Berl. n. sp. — Ruber. Palpi breves (160 u..), articulo secundo bene a tertio distineto ; articulo postremo inferne tuberculum gerenti, ex quo cornicalus curtus exo- ritur. Tarsi primi et secundi paris superne, prope basim appendi- cula tactili, eylindrica, hyalina et delicatula ornati. Venter seuto thoracali usque ad lineam tertiarum coxarum producto ; scuta la- teralia intersese in medio ventre non bene contigua et inter se et valvas genitales spatium triangulare, nudum, sat magnum relinquen- tia. Sub valva genitali tres conspiciuntur papillae, rotundae. Ad 490 p.. long.; 270 p. lat. Habitat ad « La Plata ». Collegit Cl. Bruck. 115. Seirus dorcas Berl. n. sp. — Rufus. Rostrum sat breve, palpis mediocribus, tantum summo quarto segmento apicem rostri superantibus ; artieulo secundo cum tertio concreto, vix linea obso- leta articulationem, quae in caeteris speciebus est, significanti, si- gnato. Ad apicem segmenti tertii, in dorso, spinula stat eurta et acutula; inferne tuberculus quidam sat magnus, ex quo spina crassa, pellucida latitudinem articuli longitudine sua aequans, apice acuta oritur. Inferne, ad apicem quarti articuli tuberculus parvus stat, pellucidulus. Segmentum quintum longum, leniter incurvum, apice minimo unguiculo, vix conspicuo terminatum. Ad 500 w. long. : 330 p. lat. Rostrum (sine palpis) 210 p. long.: palpus 160 p.. long. Habitat. Collegit ad « La Plata » CI. Bruck. 116. Scirus setirostris (Herm.), var. gazella Berl. n. var. — Diftert a typico palpis aliquanto longioribus et setis spiniformibus duabus longis in extremo articulo armatis, ex quibus spinis robu- stior est anterior. Ad 450 p.. long. ; 220 p.. lat. Palpus 250 p.. long. Habitat in « Somalia italiana ». Collegit ad fauces Jubae, in li- gnis putribus CI. Paoli. 117. Cryptognathus cucurbita Berl. n. sp. — Cinnabarinus, facie C. lagenae, sed bene diversus. Lamina hypostomatica (sive partem inferam tubuli oralis conficiens) sat. magna, areolata. re- trorsus in angulum producta (usque ad epimera prima). Pedes CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 133 omnes aliquanto crassiores quam in C. lagena et segmentis magis inflatis, ita ut multo melius moniliformes adpareant. Derma durius quam in ©. lagena; in dorso reticulo obsoleto et tenuissimo tan- tum ad latera, totum punetis crassiusculis aeque dissitum, in medio dorso vitta lata, longitudinalis est, quae retieulo caret et tan- tum (ut scutum ventrale totum) est sat crasse punctulata. Ad 300 p.. long.; 161 pu. lat.. (Pes primi paris 210 p.. long.). Ergo C. lagena aliquanto statura minor. Habitat. Collegi plura exempla in muscis, in Sardinia, ad «Bosa ». 118. Cryptognathus cucurbita Berl. var. subnitidus n. var. — Differt a typico propter sceulpturam dermatis, quod tenuissimo reticulo, vix conspicuo est exaratum, punetisque subevanidis. Sculptura haec cum eadem €. lagenae convenit, sed multo obsole- tior. Propter pedes, laminam inferam tubuli rostralis, optime con- venit. Typico minor. Ad 265 uv. long. ; 145 p.. lat. Pes primi paris 161 u.. long. Habitat. Collegit ad fancees Jubae, in « Somalia italiana » CI. Paoli. MESOSTIGMATA. 119. Polyaspis platensis Berl. n. sp. — Foem. colore et facie sat. P. patavino similis, sed seutis genitalis fabrica aliisque cha- ‘acteribus bene diversa. Scutum genitale ovale, laeve, sed in medio alte elevatum, quasi tuber, adsit qui ad margines laterales seuti extenditur et anterius est, subrecte truncatus et marginibus bene chitineis, seuti einsdem lateribus parallelis; qui margines denique in scuto eodem evanescunt, qua re tuberi supradicti margo posticus abest. Dimidia pars antica tuberi linea recta a postica separatur et tota est dermate duriusculo, bene chitineo, reticulato-foveolato sculpta. Sculptura tamen prope lineam dimi- lliam partem anticam tuberi a postica laevi separantem, evanescit. Ad 720 p.. long.; 460 p. lat. Habitat. Nonnulla vidi exempla collecta a CI. Bruck in nidis for- micae: Acromyrmex lundii, ad « La Plata ». ci tei nica 134 ANTONIO BERLESE GENUS POLYASPINUS BERL. N. GEN. Facies gen. Polyaspis, sed pedes antici unguibus binis armati ; scutum dorsuale medium in partes 4 divisum, ex quibus anterior maxima, ovalis, posteriores tres in seriem trausversam sunt di- spositae, laterales sat magnae; media minor. Scutum marginale in seutulis minimis, piligeris plurimis ut in Polyaspis fractum. Venter seuto unico (sive non ceonspicue in scutula plura divisum, nisi seulptura diversa areae aliquot magnae — ventralis, metapo- dica, analis — distinguantur). Pedes omnes laciniati (ut in Polya- spis). Mandibulae ut in Polyaspis patavinus conformatae. Typus : P. cilindricus n. sp. 120. Polyaspinus cylindricus Berl. n. sp. — Foem. Testacea, quisquiliis sat conspureata, striete cilindrica, in dorso complanata. Scutum dorsuale anticum in medio laeve, ad lateres rugoso-aspe- ratum. Scuta dorsnalia postica obtrigona, quasi in tuberculum rotundatum et piliferum desinentia, stricte scutum posticum me- dium, elongate trapezinum et multo minus anplexantia. Pili trunci omnes pedumque simplices, curti, vix ineurvi, sat robusti. Venter areis, scuta significantibus, laevibus, dermaque inter areas istas rugoso-scabratum. Epigynium subtrigono rotundatum, ferri equini instar fere conformatum, sed antice angulato-rotundatum, postice latius et recte truncatum, dermate laevi obtectum. Margo anticus sterni, prope medium, utrinque leniter productum, quasi in dentem late trancatum et parum elevatum. Genu, tibiae tarsique pedum omnium margo posticus ventralis in dentes plures, pectinis instar, incisus. Femura prima et secunda, inferne, spina robustiori et curta, calcariformi armata. Rostrum perparvum. Epistoma et mandibulae ut in /olyaspis patavinus. Ad 670 p. long.; 300 p. lat. Habitat. Plures foeminas inveni in muscis et detritis vegetali- bus, prope « Longny (Orne) », in Gallia ceollectis a CI. E. Cordier et mihi benignissime missis. “e CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 155 GEN. METADINYCUS BERL. N. GEN. Ex Uropodidis, Dinychinis. Characteres gen. Paradinychus, sed rostrum inferum; metapodia ut in Uropodis. Mas pedibus se- cundi paris incrassatis et calearibus validioribus, nt in Gamasis, armatis (in femure, tibia tarsoque). Species typica: M. argasiformis n. sp. 121. Metadinychus argasiformis Berl. n. sp. — Testaceus. Corpus perfecte oviforme e. g. ut in Argas reflexus, sed supra con- vexum. Dorsum seuto medio ovali, etiam anterius bene a marginali discreto, convexo, toto areolis rotundis, densis, vix pallidioribus exaratum et pilis simplicibus, sat longis et sat crebris induto. Sculptura supradicta prope extremum scuti marginem est inter- rupta vitta lata, minutissime punetulata. Scutum marginale dorsi strietum, de regione humerali usque ad quartas coxas dentibus crassis et acutis bene serrulatum. In angulo ad basim cuiusque dentis pilus oritur simplex, sat brevis, introrsus incurvus. Pili isti, post quartos pedes, sunt longiores et rariores. Vertex lamini- formis, coronam simulans, denticulis circiter 12 numero ornatam. Venter metapodiis, in angulum obtusum desinentibus, percospi- cuis, ad angulum serrulato-denticulatis. Adest post metapodia, in ventre, linea transversa perconspicua, serrulata, aliaeque an- teriores obsoletae. Mas foramine genitali subrotundo, inter extre- mas quartas coxas aperto. Pedes secundi paris femure calcari validissimo, digitiformi; genu inermi; tibia processu inferno crasse spiniformi, acuto; tarso ineurvo, ad basim inferne processu tibiae conformi, sed aliquanto debiliori; apice validius spinoso. Foem. corona verticis obsoletiori. Epigynium amygdaliforme, postice usque ad dimidias quartas coxas productum et sat rotundatum, antice, de dimidia secunda coxa usque ad camerostomatis marginem in spinam longissimam attenuatum. Pedes secundi paris tantum femure tuberculigero. Ad 590 p.. long.; 350 p. lat. (etiam mas eadem statura). Nympha lata lacinia hyalina marginata. } Ati 156 ANTONIO BERLESE Habitat. Collegit Clariss. Bruck super truncum palmae cuiu- sdam emortuum, ad « Santos, Brasil ». GEN. PHAULODINYCHUS BERL. 1904. (« Redia », vol. I, fase. 2, 1903, p. 269). Characteribus loc. cit. praeditis adde : Peritremata ramulo a stigmate procedenti extrorsus directa, nec undulata, sed juxta costulam, quae inter secundos et tertios pedes est, obliqua decurrentia, deinde in summo margine corporis seulpta et costulam, quae inter secundos et tertios pedes est, at- tingentia et juxta hane costulam introrsus angulo recto decurren- tia (Ph. orchestiidarum foem.); vel in eodem margine corporis desinentia, nec costulam anteriorem supradietam attingentia (Ph. or- chestiidarum mas), vel in apice costulae eiusdem desinentia (Ph. re- pletus ; Ph. lagena). Maris femur secundi paris caleari valido, conico armatum. Linea metapodica manifestissima (P%. orchestiidarum ; Ph. repletus), aut obsoleta (P%. mitis), vel obsoletior, subnulla (Ph. lagena). Paulodinychus lagena Berl. (Berlese, Uropoda lagena A. M. Ne. it., LXX, 14). La descrizione data al luogo citato è troppo breve e per la scar- sezza di esemplari anche incompleta. Merita rifarla sul materiale nuovo, che mi sono procurato. Non conosco però ancora la femmina. — Mas testaceo-terreus, bursiformis, sat latus. Scutum dorsuale medium reticulo polygonali totum aeque sculptum. Derma circa scutum hoc tenuissime striatum, scutulis aliquot (utrinque sex marginalibus, sex posticis) ovalibus vel rotundis, parvis, pilum gerentibus ornatum. Pili marginales, parvi, breves, simplices, sat rari. Pedes secundi paris femure calcari valido, spiniformi armati; femura omnia appendicula laminiformi inferne armata. Foramen genitale subquadrato-rotundatum, vere inter quartas coxas apertum. Peritrema primitus oblique ad margines decurrens, deinde in co- stula, qua inter tertios et secundos pedes est, leniter plicatum, denique in margine corporis desinens, a costula, quae inter secundum et tertium pedem est, sat remo- tum. Venter area sternali elongata (lineis duabus ad pedum coxas longitudina- liter decurrentibus occlusa) dermate reticulato et in areolis punetulato ornata ; ventre post quartos pedes toto retieulo simplici, ut in scuto dorsuali, exarato. Metapodia omnino nulla, ne linea ulla significata. Ad 610 pu. long. ; 450 p. long. Habitat raro in muscis, ad « Vallombrosa ». CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI Ta SUBGEN. HETERODINYCHUS BERL. X. SUBGEN. Ex gen. Phaulodinychus. Characteres generis Phaulodinychus, sed foemina ambulacris anticis nullis. Species typica : Uropoda orchestiidarum Berl. et Troness. ex Barrois. SUBGEN. DINYCHOPSIS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Phaulodinychus. Characteres generis, sed adest seutum dorsuale marginale, quod etiam postice medium cireumdat. Peri- tremata tantum in costula, quae inter secundos et tertios pedes est striete runcatim inflexa, non margines corporis attingentia. Pedes in utroque sexun ambulacrati et pariter squama ad femura omnia inferne armati. Species typica Ph. D. fractus n. sp. 122. Phaulodinychus (Dinychopsis) fractus Berl. n. sp. — Testaceo-badius ; facies Prodinychi cniusdam. Corpus sat elongate ovale. Scutum dorsuale medium punetis et areolis quibusdam asperatum, arete marginali adnexum. Hoc in regione postica fis- suris septem parvis est fractum, ita ut in scutula minora, intersese bene contigua, divisum videatur. Pili simplices, rari, curtuli sunt in dorso et ad margines. Metapodia linea perconspicua, oblique valde ad margines deeurrenti sunt significata. Pedes omnes fe- mure inferne squamula armato, in utroque sexu omnino pariter. Mas foramine genitali rotundo, inter quartas coxas aperto. Foem. epigynio ferri equini, valde elongati, instar fabricato, de summis quartis coxis ad summas secundas productum, sat a margine antico sterni remotum. Mas ad 350 p.. long. ; 240 w.. lat. Foem. ad 400 u.. long.; 250 p.. lat. Habitat in humo. Collectus est ad « Maccarese », prope Romam. SUBGEN. MICROCYLLIBA BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Cyllibano. Scutam dorsuale unum, totum dorsum oceu- pans, ad margines inflexam, nitidum, convexum. Venter sceuto unico, anum amplexanti, non margines corporis attingenti protec- 155 ANTONIO BERLESE tum. Adest linea metapodica bene conspicua. Peritremata (ut in Phaulodinychus) partim in margine eodem corporis excurrentia. Mas ignotus. Species typica: Cyllibano (Microcylliba) misella n. sp. OSssERVAZIONI. Il sottogenere differisce dagli Heterodinychus per avere lo scudo dorsale intero ed unico fino agli orli del corpo. Siccome non si conosce il ma- schio così non si può affermare che gli ambulacri anteriori manchino in ambe- due i sessi, Per ora, dal solo esame della femmina non si può ascrivere questo sottogenere (che differisce dalle CyMNibano — e suoi sottogeneri — per lo scudo ventrale, che non giunge all’orlo posteriore del corpo) se non al genere Cylli- bano medesimo. 125. Cyllibano (Microcylliba) misella Berl. n. sp. — Foem. Testacea, pyriformis, latiuscula, bene convexa, nitidissima, pilis raris, curtis induta. Seutum ventrale postice utrinque profunde sinuato-incisum. Linea metapodica angulum rectum ad foveae pedalis apicem conficiens. Peritremata fere transverse primitus ad margines decurrentia, deinde longo spatio in margine eodem seul- pta; denique, leniter, introrsus inflexa. Epigynium elongate ovale, antice et postice pariter et bene rotundatum, dermate punctis sat magnis, pseudoforaminiformibus, aequidissitis sculpto. Caeteri cor- poris totius derma nitidissimum. Ad 370 p.. long.; 310 p. lat. Nympha omeom. ad 400 p.. long. ; 310 p.. lat. (adulto vix maior et magis ovalis). Habitat. Foeminas duas nymphasque plures inveni in muscis collectis prope Parisios (« Bois de Meudon »). GEN. URODISCUS BERL. N. GEN. Ex Uropodidis, Cyllibaninis. Characteres generis Urodynichus, sed pedes antici ambulacro destituti. Typus: UV. obesus n. sp. 124. Urodiscus obesus Berl. n. sp. — Foem. fuliginea, perfe- cte et curte ovalis, bene in dorso convexa. Scutum dorsuale me- dium totum punetulis rotundatis, aequedissitis, pallidioribus .eri- bratum, excepta linea V-formi in dimidio dorso postico, exiliori, laevi. Pili sunt simplices et sat rari, longiùsceuli in dorso. Scutum CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 159 marginale arete medio adnexum, bene interne, ut in Urodinychis crenulatum, externe pilis simplicibus sat longis, exilibus, retrorsus deflexis, leniter introrsus incurvis, sat densis ornatum. In medio margine postico, tamen, pili minores vel evanidi sunt, et ad ver- ticem nulli. Seutum genitale ferri equini instar, valde elongati et postice latioris (margine postico recte truncato) conformatum : antice, in medio, processu spiniformi sat longo, exili, acuto arma. tum; usque ad extremas quartas coxas productum, dermate laevi. Derma ventris ut in dorso sculptum. Linea metapodica sat a fora- mine coxae quartae remota, interne angulum rectum fere confi- ciens, denique transverse ad marginem decurrens. Ad 500 |. long; 620 p.. lat. Habitat ad « La Plata ». Collegit CI. Bruck. 125. Discopoma bordagei Berl. n. sp. — Foem. Testaceo- fuliginea, ovata. Dorsum seuto medio pseudoforaminibus sat raris, quamvis mediocribus, toto impresso; duplici serie pilorum, curte stiliformium, longitudinali ornato. In dimidia parte postica scuti dorsualis adest gibber, late tuberiformis, sat elevatus et sat retror- sus productus. Scutum dorsuale marginale integrum, sive undique continuum, sublaeve, nullo pilo ornatum, nisi ad margines. Sunt enim pili marginales densi, curti, simplices, retrorsus directi. Ante humeros margo impilus est. Pedes femure, genn, tibiaque inferno margine apicali in squamam hyalinam, rotundatam dilatato. Epi gynium campaniforme, valde posticum, quod non ultra extimas coxas tertias est anterius productum; postice truncatum, valde post quartas coxas desinit; dermate psendoperforato ornatum. Linea metapodica transverse ad margines decurrens. Peritrema primitus ad costulam, quae est inter tertios et secundos pedes ramulo suo descendenti, oblique introrsus et antrorsus directo procedit ; deinde juxta costulam supradietam, margines versus excurrit, denique runcatim, breviter introrsus deflectitur, margine corporis non attacto. Ad 660 p.. long. ; 450 u. lat. Habitat in muscis, ad « Bois de Meudon, Paris ». Speciem hanc perpulechram CI. Bordage, rei entomologicae cultori eximio, qui muscos mihi mittendos propre Parisios collectos curavit, re- verentissime dico. > a 140) ANTONIO BERLESE 126. Uroplitella calceolata Berl. n. sp. — Mas badius, late ovalis, parce et curte villosulus, parte antica corporis fere in lami- nam pallidiorem subexpansa. Peritrema unam tantum plicam externe conficiens, sat latam, denique oblique antrorsus exeurrens. Pedes crassi ; antici ambulacro percurto et crasso; secundi et tertii paris subtus peculiari et paradoxa laminula, soleae instar, sub am- bulaero disposita aucti; quarti paris obsoletiori vel nulla. Pedes secundi et tertii paris tibiae apice et tarso, robustis processibus spinuliformibus vel corniculiformibus armatis. Seutum perigenitale antice latius et sexdentienlatum, postice strietius et quinqueden- ticulatum. Ad 550 p. long.; 450 p. lat. Habitat. Collegit Cl. Jacobson, ad « Samarang, Giava ». 127. Uropoda bruckii Berl. n. sp. — Species primo visu U. anchor Trt.; U. brasiliensis Berl. et UV. consanguineae Berl. similis, sed bene distineta. Seutum dorsuale integram. Saturate badia, ovalis, antice et postice pariter rotundata, nitida, setulis dorsualibus parvis, non e margine productis. Dorsum nitidum, sed totum aeque pilis curtioribus, crassis, acutis vestitum, cuius ad basim, posterius, punetum clarius stat. Scutum ventrale, ante anum, transverse fractum, quasi sì anus in sceuto suo sit apertus. Metapodia primitus oblique marginem versus divergentia, denique subrecta et subtransverse truncata et marginem corporis attin- gentia. Epistoma obseurum, alte trapeziforme, in margine ante- riore ter vel quater inciso-lobulatum. Peritremata ramulo postico ascendenti rectilineo, obliquo; discendenti (antico) subrectilineo, tamen aliquanto antrorsus plicato. Mas sterno inter secundas coxas perstrieto, inter tertias latiori, deinde rursus sat constricto. Ad 920 p.. long.; 700 p.. lat. Foem. epigynio amygdaliforme, tamen marginibus, concurrentibus, subr ectilineis, antrorsus striete rotun- dato, postice truncato. Ad 1000 p.. long.; 750 DU. lat: Habitat. Innumera mihi exempla, cum nymphis suis et larvis, misit pluries merito laudatus CI. Bruck, ad « La Plata » collecta, in nidis formicae: Acromyrmer lundii. 12S. Uropoda digitulifera Berl. n. sp. — Foem. Saturatius sanguineo-badia, fascescens, fabrica corporis U. obseurae persimilis, CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 141 quamvis caeteris characteribus valde diversa. Dorsum pilis raris et perparvulis nec non pseudoforaminibus aequidissitis et perpau- cis subsculptum. Margo corporis, postice, pilis aliquot perparvulis auetus. Epigyninm magnum, subamygdaliforme, postice (ad extre- mas quartas coxas) truneatum, antice (ad summum sternum) ro- tundatum. Peritremata ut in U. obscura. Foveae pedales sube- vanidae. Linea metapodica valde pedi quarto adpropinquata, vix arcuatim ad margines transverse decurrens. In apice tarsi antici . adest pilus tactilis crassus, digitiformis, rubro-fusco depictus, subincurvus et perconspicuus (unde speciei nomen). Ad 730 p. long.; 520 1. lat. Habitat. Invenit in trunco emortuo palmae CI, Brucek, ad « San- tos, Brasile ». 129. Uropoda productior Berl. n. sp. — Foem. Badia, ovalis, sed postice et magis antice acuta. Pars antica corporis enim, de peritrematis angulo, antrorsus in verticem pallidiorem productum, valde in angulum acutiorem, rotundatum magis quam in omnibus congeneribus hucusque notis speciebus desinens. Dorsum pilis ra- rioribus, parvulis hic et illic ornatum; margines pilis raris et parvis aucti. Scutum dorsuale medium duplex ut in U. obscura, sed linea scutum maius (medium) a postico separans densius chi- tinea et quasi in eristam transversam fusciorem elevata. Peritre- matis ramulus descendens angulum conficit rectum cum parte sua transversa. Epigynium amygdaliforme, elongate subpentagonum, quamvis angulis valde et apice acuto, parum rotundato; postice (ad dimidias circiter quartas coxas) recte truncatum, appendicula subeylindrica, perbrevi, in sterni antici incisuram penetranti, an- terius armatum. Metapodia non multo a pedibus quartis remota: oblique ad margines decurrentia. Non sunt lineae nec cristae ullae fovoas pedales significantes. Ad 700 p.. long.; 425 n. lat. Habitat in nidis formicae Camponotus ligniperdus, ad « S. Vin- cenzo », prope Pisas. 130. Uropoda latina Berl. n. sp. — Mas. Testaceo-badius, bene obovatus, postice subacuto-rotundatus. Dorsum nitidissimum, pilis perparvis et rarioribus; margo corporis pilis paucis et mi- 142 ANTONIO BERLESE nutis anetus. Peritremata ut in caeteris Uropodis, sed ramulo de- scendenti ad stigma leniter extrorsus plicato. Foramen genitale minutum, ovale, aliquanto magis marginem postieum versus aper- tum quam non in U. campomolendina, cuius species haec est af- finis (praecipue peritrematis fabrica), quod linea transversa, quae extremas tertias coxas intersese conjungeret, per dimidium transit foramen genitale. Linea metapodica ut in U. campomolendina. Species haec (latina) est maior, melius obovata, sive postice attenua- tior (cum mare U. campomolendinae comparata). Ad 580 p. long.; 400 p.. lat. (Mas U. campomolendinae ex exemplis typicis aliisque agri Veneti est 480 X 340). Habitat. Unum collegit exemplum in humo CI. Dodero, ad « Fi- lettino, Lazio », prope Romam. SUBGEN. TRICHOUROPODA BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Uropoda Latr. (s. str.). Characteres generis, sed corpus setis longioribus ornatum. Typus: Uropoda longiseta Berl. SUBGEN. CENTROUROPODA BEPERLI. N. SUBGEN. Ex gen. Uropoda (s. str.).. Mas pedibus, praecipue secundi paris ad apicem calearibus validioribus armatis. Derma dorsi secabrum, setis penicillatis ornatum. Species typica: Uropoda rhombogyna Berl. SUBGEN. CALUROPODA BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Cropoda (s. str.). Typus: Uropoda pergibba Berl.. Adde : U. aemulans Berl. 151. Urodinychus parallelepipedus Berl. n. sp. — Saturate badius, valde elongate ovalis, lateribus parallelis.. Dorsum seuto medio sublaevi, haud impresso, densius pilis mediocribus, simplici- bus induto. Seutum marginale interne sat bene erenulato-incisum, margine externo pilis simplicibus, mediocribus densius ornato. Cor- pus posterius rotundatum ; anterins sat angulatum, ad verticem bene declive ibique vix excavatum. Foveae tertii (secundique) pa- CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 145 ris externe apertae; quarti paris in ventre maxime attenuatae et productae ad perlongam ambulacrum accipiendaum. Venter totus aeque pilis parvulis (lateraliter et postice vix longioribus) sat dense vestitus.. Peritremata stricte uniplicata, in margine eodem plicae apice inflexo, subtransverse directa. Linea metapodica undulata, antrorsus (non retrorsus) oblique ad marginem decurrens. Foemina epigynio subrotundo, parvo, nitido et impilo non summas secundas coxas, neque tertias extremas attingens. Ad 1030 p.. long. ; 640 wu. lat. Mas foramine genitali rotundo, perparvulo, vix post extremas secundas coxas aperto. Statura foeminae snae. Habitat. Nonnulla huius singularis speciei exempla collegit C1. Bruck, ad « La Plata », in nidis formicae : Dorymyrmex steigeri. 152. Urodinychus maneus Berl. n. sp. — Statura et facies U. patavini, etiam propter pilos sat curtos, clavatos marginales et dorsi. Sed pili isti marginales longe minus numerosi sunt quam in U. patavino et aliquanto longiores et robustiores (fere 30 pu. long.). Utrinque e margine 13 numero pili claviformes (sive apice dense penicillati) supradicti prostant duoque verticales, nec non duo postici, sat a lateralibus remoti. In ventre, post quartos pedes, decem pili conformes sunt et aliquot (circiter 80) in dorso. Derma subnitidum. Epigyninm amygdaliforme, postice recte truncatum (ad dimidias quartas coxas), antice in spinam longam, acutissimam, per canaliculum in margine antico sterni inerassato exeurrentem terminatum. Ambulacra primi paris omnino sexilia. Foem. et mas ad 490 p.. long.; 370 p. lat. Habitat. Plura collegit exempla, cum pullis, in nidis formicae : Acromyrmex lundi, ad « La Plata » Cl. Bruck et mecum summa benevolentia communicavit. 133. Urodinychus pictor Berl. n. sp. — Foem. Badia, ovata, bene ad humeros angulata, ad quartas coxas latior, postice pro- ducto-rotundata. Scutum dorsuale medium vix lineis obsoletis lon- gitudinalibus duabus, intersese subparallelis et sat appressis exa- ratnm, totum sublaeve. In parte postica scuti huius plica chitinea transversa est, quae, fere ut in Diurodinychis, scutum parvum li. mitat. In dorso pili sunt aliquot mediocres, eylindrici. Margines 144 ANTONIO BERLESE pilis peculiaribus, sive sat longis (60 p..), penicillatis ornantur, ex quibus penicillis duo, intersese valde appressi, fere contigui sunt verticales; duo subverticales, tres utrinque humerales, aequedis- siti; unus impar posticus, duoque (unus utrinque) in margine po- stico-laterali. Linea metapodica inconspicua. Peritremata bis unci instar stricte plicata. Epigynium sat late amygdaliforme, postice late trauncatum, de dimidiis quartis ceoxis, usque ad dimidias se- cundas productum. Ad 750 p. long.; 530 n. lat. Habitat in muscis, ad Caput Bonae Spei. 154. Urodinychus faber Berl. n. sp. — Testaceus, perfecte ovalis, sat CU. patavino et U. janeti, prima facie, similis, sed valde diversus. Scutum dorsuale medium convexum, nee impressum, nisi in extremo postico aream sabtrigonam perparvam, sensim depres- siorem ostendens. Derma seuti huius areolis rotundis aequedissitis, sed non densis, cuius ad marginem posticum seta brevis, simplex oritur, pallidioribus sculptum. Ventris derma nitidum. Seutum marginale bene cerenulatum, strietum. Scutula quatuor pilifer: estremi dorsi, quae in U. janeti sunt, in hac specie deficiunt. Margo corporis pilis minimis, simplicibus, aequedissitis ornatus. In utroque sexu femura, inferne, lata squama, rotundata, elegan- ter serrulata armata. Peritremata ramulo ascendenti et descen- denti, bene S-formibus. Foem. epigynio amigdaliformi, magno, antice peracuto et usque in margine camerostomatis (ibi inter- rupto) producto, postice (post quartas coxas) recte truncato. Li- nea metapodica valde oblique ad marginem decurrens, subrecta. Ad 450 p.. long. ; 330 p.. lat. Mas vix strietior, foramine genitali rotundo, perparvulo, inter tertias coxas aperto. Habitat. « Giava ». Collegit CI. Jacobson. 135. Urodinychus elegans Kram. var. gallicus Berl. n. var. — Mas. Terreo-fuligineus, sat elongate ovalis. Varietas haec sat typico affinis, sed tamen bene diversa mihi videtur. Cum typico convenit praecipue dorsi sculptura, sed pluribus aliis characteribus diversa ; elongatior et aliquanto minor. Im medio dorso areolae duae parvae, anterior subrotunda, minor ; posterior transverse ova- lis dermate nitido et clariori significatae. Scutum dorsi marginale CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 145 bene crenulatum est ut in caeteris speciebus huius generis. Mar- gines corporis duplici serie pilorum ornati, qui pili sat longi sunt, cylindrici (nec clavati), omnes intersese fabrica et statura pares, retrorsus ineurvi, aequedissiti. Pili conformes sunt, aequedissiti in seuto dorsuali medio. Venter ut dorsum sculptus. Foramen geni- tale inter tertias et quartas coxas apertum. Ad 650 v.. long.: 420 p.. lat. | Habitat. Collegi in muscis, quos mihi misit benignissime CI, Cor- dier, ad « Longny (Francia) » collectis. SUBGEN. TRICHODINYCHUS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Urodinychus ? Typus: Uropoda rulpina Berl.. Adde: Uro- poda caputmedusae Berl. 136. Trachyuropoda (Urojanetia) tetragonoides Berl. n. sp. — Mas badius, rectangulo-pyriformis, antice valde attenuato-pro- ductus, humeratus, postice arcuato-truncatus. Margines pilis cur- tulis, simplicibus dense induti. Derma dorsi scabratulum. Dorsum nullo gibbere, aut impressione sculptum. Margo internus seuti externi dorsi, post tertios pedes, bene crenulato-incisus. Venter in medio laevis, post quartos pedes et ante anum foveolis foramini- formibus parvis, rotundis, late dissitis sculptus nec non pilis sim- plicibus ornatus. Costula lateris camerostomatis, inter secundos et tertios pedes non marginem corporis attingens, sed tantum muerone significata. Foramen genitale inter summas tertias coxas apertum. . Ad 700 p.. long.; 530 p.. lat. Habitat in « Nuova Caledonia ». Collegerunt CIl. Sarrasin et Roux et mecum benignissime communicaverunt. 137. Trachyuropoda (Dinychura) cordieri Berl. n. sp. — Mas. Sat elongate ovalis, anterius in conum strictum attenuatus, sed squamis lJateralibus dilatatulus. Scutum dorsuale medium in medio carinula longitudinali, sublaevi auctum, caetero dermate scabro, obsolete areolis sat latis, subevanidis impresso. Scutum dorsuale marginale fere ut in Urodinycho eleganti fabricatum. Cae- ter dorsi margo posticus seutis rotundis, sat magnis, in medio pilum « Redia n, 1916. 10 # edo Masa per 146 ANTONIO BERLESE robustum, simplicem gerentibns ornatus. Seuta haee in seriem du- plicem sunt disposita, sive anterioris seriei numero sex; posteriora cum praecedentibus alternata eademque magnitudine numero sunt octo et in extremo margine insita. Linea transversa scutum dor- suale medium in partes duas sejungens nulla, nec impressione ulla significata. Margo corporis serrulato-undulatus, pilis simplicibus, crassiusculis, retrorsus spectanetibus ornatus. Venter et margines sterni crasse areolati. Sterni pars media laevis. Foramen genitale inter quartas coxas apertus. Ad 540 pu. long.: 350 p. lat. Habitat. « Longny », in Gallia. — Speciem eximiam CI. E. Cor- dier, Farmacopolae ad « Longny (Orne) », rei entomologicae bene- meritissimo cultori, qui muscos, ad inveniendos acaros, mihi beni- gnissime misit, grato animo dico. GEN. UROLAELAPS BERL. N. GEN. Ex fam. Uropodidae? Nympha. Rostrum inferum, fere in came- rostomate cum pedibus anticis infossum. Pedes antici ambulacrati, sed Uropodidarum more configurati et producti. Stigmata inter se- eundos et primos pedes aperta. Peritremata ad marginem oblique plicata, ibique deeurrentia ut in Uropodidis. Pedes omnes magni, ita ut animal gamasiforme adpareat. Metapodium magnum, ut in Uropo- dis. Seutum anale late trigono-subdiscoidale, a sterno sat remotum. Scuta ventris sunt ergo ut in Uropodinorum nymphis omeomorphis. Scutum dorsuale integrum. Species typica: UV. macropi Berl. OssERVAZIONI. Istituisco questo genere con riserva, perchè non conosco che le ninfe. Ma esso non conviene con alcuno di quelli già noti e sembra stare in mezzo fra gli Uropodidi, di cui ha i caratteri principali, ed i Lelaptidi, coi quali si raccorda per la grandezza dei piedi, per cui non sembra certo un Uro- podino. Lo studio degli adulti, quando si troveranno, risolverà la questione. 138. Urolaelaps macropi Berl. n. sp. — Nympha secunda. Saturate testacea, ovalis, antice acutior quam postice, tota pilis longissimis (usque ad 260 py.. long.), robustioribus, simplicibus, erectis et radiatim dispositis ornata. Scutum dorsuale medium fere totum dorsum occupat:; marginale, autem, in seutulis perparvulis, rectangulis, intersese appressis totum fractum : haec seutula in ven- CENTURIA SECONDA DI AGCARI NUOVI 147 tris margine sunt conspicua. Pedum anticorum femur inferne squa- mula subrectangula, parva ornatum. Peritrema in margine corporis, ad humeros parvum ‘tubereulum conficit, denique parum (100 U..) in eodem margine corporis antrorsus procedit et ante apicem eius- dem peritrematis margo corporis in squamam tenuem, hyalinam, strietam, sed sat longam (60 y..) est dilatatus. Sentum ano-ventrale transverse late ovale (150 X 430 p..). Pedes postici basi intersese valde appressi. Ad 900 pu. long.; 620 u. lat. Habitat. Plura collegi exempla super Macropus longimanus (Co- leopt. Longic.), « Brasile ». OSSERVAZIONI. Ai suddescritti trovo mescolati individui alquanto diversi, cioè più grandi (1150 X 790) e forniti di quattro lunghissime setole nell’ orlo posteriore del corpo (lunghe da 600 a 700 w.). È forse altra specie (U. longi- setus ?). Inoltre trovo individui col ventre coperto da uno seudo unico, più piceoli dei descritti e forniti di setole spiniformi, non lunghe (60,70), regolar- mente distanziate sull’orlo del corpo e con due setole lunghissime a metà del- l’orlo laterale e 4 su quello posteriore. Queste e quelle finiscono esilissime. tanto che è difticile seguirle e sono più lunghe assai del corpo, cioè raggiun- gono e sorpassano il millimetro, mentre 1° animale è lungo 850 u. Può essere si tratti della prima ninfa dell’ U. macropi. 159. Celaenopsis angulata Berl. n. sp. — Mas saturate ba- dius, late ovalis, setis simplicibus, rectis, sat longis, radiatim ad margines ornatus. Sterni margo anterior sat profunde arcuatim excavatus, qua re in mucrones rotundatos duos ad angula antica est productus, in quo mucrone seta sat robusta, antrorsus directa oritur. Cornicula labialia exillima, bacilliformia, in medio margine interno setis plumosulis duabus, simul exortis, sat longis ornata. Pedes omnes inermes. Derma pseudoforaminibus rotundis, passim dissitis signatum etiam in ventre. Ad 750 p.. long.; 580 u. lat. Habitat ad « Samarang », in insula Jaba. Collegit CI. Jacobson. 140. Megistanus coronatus Berl. n. sp. — Mas badius, sat latus, postice late rotundatus. Dorsum seuto sat lato, subovali, postice non linea duriori et obscuriori transversa marginatum, totum areolis subevanidis rotundis pallidioribus ornatum, glaber- rimum, sed in antico margine corona pilorum longorum, radiatim extrorsus perrectorum (usque ad secundas coxas) ornatum. Ueter 145 ANTONIO BERLESE margo trunci omnino impilus. Scutum perstriectum sternale vix ultra quarti pedis lineam dilatatulum, sat a scuto anali, late tra- pezino-rotundato remotum. Scuta parapodica tantum usque ad lineam marginis anterioris seuti analis producta. Ad 2200-2500 p. long.; 1650-1800 p.. lat. Foem. ignota. Habitat. Mares tres vidi collectos in « Nuova Caledonia, (De- launey) ». 141. Megistanus sarrasini Berl. n. sp. — Foem. Badia, elon- gate ovalis, postice vix latior quam antice. Dorsum sceuto elon- gate ovali protectum, totum pilis densioribus, perparvulis, aeque- dissitis obteetum. Tamen in extremo postico scuto pili sunt longissimi aliquot, simul quasi candam conficientes, fere tertiam partem lati- tudinis corporis aequantes. Sunt etiam in parte antica trunci pili aliquot longi, antrorsnm, extrorsum producti vel erecti. Margo cor- poris pilis parvulis dense indutus. Scutum dorsuale postice nulla linea chitinea duriori et obscuriori anctum. Scutum sternale post quartos pedes constrictum, vix sub apice dilatatum. Scutum anale longe trapezoideum, bene longius quam latius, anterius strictum, postice valde dilatato-rotundatum. Scuta parapodica usque ad di- midium scutum anale producta. Femura quarti paris inferne tritu- berculata, superne quadrilongisetigera. Ad 1900 w.. long. ; 1160 p. lat. (exemplum latius); vel 2250 p.. long.; 1400 p.. lat. Habitat. Foeminas duas collegerunt Cl. Sarrasin et Roux in « Nnova Caledonia, foresta di Ignambi » ad 700-800 m. altit. Speciem Clarissimo Doct. F. Sarrasin, summa reverentia, dico. CELAENOGAMASUS BERL. 1901 e CERCOMEGISTUSBERL. 1914. Nel 1901 (Zool. Anzeig., Bd. XXV, N. 659) ho istituito il gen. Celaenoga- masus, per una specie (C. hirtellus) raccolta nel Sud America e più precisamente a S.t Vincente (Chili) e non ne conoscevo che la sola femmina. Ho indicato fino da allora la somiglianza della apertura sessuale in questa specie con quella delle Celaenopsis in genere. Nel 1914 (« Redia », vol. X, fasc. 1.°) ho istituito il gen. Cercomegistus, di cui conobbi ambedue i sessi e riferii alla famiglia Megistanidae. Avverto subito CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 149 che, nella diagnosi di questo genere, sono incorso in un singolare errore, che non so spiegarmi, pensando che in tutta la famiglia le zampe anteriori sono prive di ambulacri. Pel gen. Cercomegistus ho detto (p. 145): Pedes.... omnes ambulacrati, mentre, invece, gli arti anteriori sono senza ambulaero ; dovevo dire : antici ambulacro destituti, come ho bene indicato, invece, nella fig. 298, a tav. II.® della stessa memoria. Quanto alle affinità fra i due generi, se si considerano le sole femmine non vi ha dubbio che la differenza fra i due gruppi sarebbe difficile a stabilirsi, e forse essa non esiste. Ma il principale carattere del genere Cercomegistus, per cui esso è unico fra gli Acari, si è quello della presenza di cerci tubuliformi nell’estremo dorso del maschio. Perciò, fino a che non si potrà conoscere il maschio del Celaenogamasus non si potrà essere certi della sua identità o meno coi Cercomegistus. Questo io dico perchè possiedo un maschio, raccolto a « La Plata », il quale è molto simile. al maschio del Cercomegistus bruckianus, in tutto, ma non possiede i caratteristici cerci, nè alcuna traccia di tali organi. Questo Acaro rientra probabilmente fra i Celaenogamasus ed anzi, provvisoria- mente in questo gruppo lo inserisco e lo descrivo ora. Oggidì, le cose, rispetto a questi due generi ed a questa specie (Celaenoga- masus? discutendus), sono gravate di tutti questi dubbi. Per ora credo che con- venga offrire una particolareggiata diagnosi della specie Celaenogamasus hirtel- lus Berl. Celaenogamasus hirtellus Berl. (Zool. Anzeig., Bd. XXV, N, 659, p. 13). Facies Cercomegisti bruchiani, sed seuta dorsnalia aliquanto strietiora. Epistoma in spinis filiformibus tribus apice terminatum. Sentum genito-ventrale valde post quartos pedes productum et sensim attennatum, postice rotundato-truncatum, Scuta metapodica maiora, rectangula, usque in medio ventre posterius produ- cta, angulo rotundato terminata. Scutum anale sat parvum, obtrigono-ovale, in dimidia ventris parte postica insitum, margine suo antico non ultra metapo- diorum marginem postieum excedens, post anum pilo sat longo ornatum. Epi- gynium linea U-formi, magna, obscuriori signatum. In quaque valva est area scutuliformis, obamygdaliformis, quae lineolis curtis est tota sculpta. Areola similis impar, sed multo minor, est ad basim valvarum. Sternum nullum, sed scutulis utrinque duobus, in medio longum pilum gerentibus significatum. Cae- tera omnia ut in Cercomegistus bruckianus Berl. Ad 750 w. long. : (melius men- sus); 470 p. lat. Habitat. « S.t Vincente, Chile ». 142. Celaenogamasus (?) discutendus Berl. n. sp. — Mas. Characteres omnes et facies Cercomegisti bruckiani maris, sed cerci postico-dorsuales nulli, ne vestigio quidem ullo significati. Sternum aliquanto latius quam in Cercomeg. bruckiano. Ad 700 p. long; 450 n. lat. Habitat. Marem vidi colleetum ad « La Plata », a CI. Bruck. 150 ANTONIO BERLESE 145. Seius paricornis Berl. n. sp. (— Seius acanthurus Berl. ex Can., Acari Austro-Americ., p. 28). — Foem. pallide terrea, scutis saturate testaceis ; subeylindrica, sive marginibus lateralibus inter- sese subparallelis. Scuta dorsualia (quatuor) inter anticum et posticum perparvula, anteriora transverse rectangula, posteriora rotundata. Cornua postica quatuor numero, intersese statura fere paria; externa seta perlonga: interna seta mediocri aucta. Trun- cus totuns setis crassis, post quartos pedes longioribus, omnibus parte externa dense et elegantissime barbulata. Ad 700 (750) p. long. (cum cornibus posticis, exceptis tamen eorum setis apicali- bus); 400 (450) Di lat. Habitat. Cl. Bruek collegit exempla (ovigera) huius speciei super Diloboderus abderus, ad « Buenos Aires », aliaque ibidem sub arbo- rum cortice. 144. Seius italicus Berl. n. sp. — Mas saturate testaceus, sat ovatus, cornibus posticis et seutis dorsualibus ut in S. togato, sed sternum latius, inter tertios pedes maxima latitudine ; foramine genitali in summo sterno antico aperto, rotundo. Ad 970 1. long. (cum cornibus posticis, exceptis tamen setis), 560 p.. lat. Habitat. Collegi inter folia putria. in horto « Boboli », ad Flo- rentiam. OssERVAZIONI. Non possiedo la femmina di questa specie, che è certo straor- dinariamente rara nella località indicata. Ma il maschio è assai diverso, per la posizione dell’apertura sessnale e per la forma dello sterno da quello del $. to- gatus, secondo disegna il Kramer (Arch. f. Naturgh., 1882, tab. XX, tig. 23), dove è indicata l apertura genitale fra le anche del 3.° paio. cioè in mezzo circa della placca sternale, che è anche più allungata e cogli angoli, fra le anche, rotondati. GEN. EPICRIUS C. et F. e GEN. PARASEIUS TRAG. Ho espresso, nella Centuria prima (pag. 48), alcuni dubbi sul gen. /'araseius, che il Triigardh ha istituito prendendo a tipo il Gamasus mollis del Kramer. Ora ho studiato le forme giovani dell’ Epicrius geometricus C. et F. ed ho ve- duto che i caratteristici tuberculi epidermici dello scudo dorsale si presentano solo nell’ adulto, perciò ho dovuto convincermi che il detto Gamasus mollis non CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 151 è altro se non che una ninfa, molto avanzata, di Epicrius geometricus e i due segni discoidali, che l'Autore indica ciascuno ad un lato del corpo, sono le prime traccie dei caratteristici cornetti dorsolaterali dell’ £, geometricus. Perciò il gen. Paraseius è veramente da considerarsi per sinonimo di Epicrius, ed il Gamasus mollis Kram. (1877), è sinonimo di £Epicrius geometricus C. et F. (1873). 145. Epicrius cirratus Berl. n. sp. — Aurantiacus. Dorsum areolis numerosioribus (quare aliquanto minoribus) quam in E. geo- metrico. In media areola quaque pilus est insitus. Pili isti sunt omnes intersese statura pares, (vix postici longiores) arcuati, alta barbula utrinque ornati, saltem dimidio curtiores (50 wu.) quam in E. geometrico. Corniculus dorso—lateralis ad quartos pedes nullus. Tarsi antici, interne seta una transversa, longa, apice sphaerula minima aucta, unaque minori infera. Foem. sterno in partes duas laterales fracto; quaeque pars autem fissura trans- versa plus minusve bene in scutulis duobus rotundis, in medio piliferis divisa. Seutum anale stricte et elongate trapezinum, quin- quepilum. Ad 440 pu. long.; 300 p.. lat. Mas aliquanto minor. Habitat sat frequens in muscis montium Etruriae (« Chianti, Pontedera »). Marem inveni etiam in muscis prope Genuam. 146. Epicrius washingtonianus Berl. n. sp. — Species hanc describere bene non possum, quod tantum seutum dorsuale unum possideo. Tamen a caeteris hucusque notis est diversum, quod cor- niculis dorso-lateralibus (ad quartos pedes) caret et areolis minus numerosis quam in E. cirrato gaudet. Pili dorsi (qui adhne persi- stunt) breves, nulla barbula ornati, simplices, forsitan omnes inter- sese statura subaequales (ad 50 p.. long.). Tubereuli dorsi plerumque bilobi, rarius trilobi. Ad 600 p.. long.; 420 p.. lat. Caeteris lucus, que notis speciebus maior. Habitat. Inveni in muscis ad « Washington » collectis. SUBGEN. DIEPICRIUS N. SUBGEN. Ex gen. Epicrius. Differt a genere Epicrius quod mas seuto gaudet ventrali (magno) inter sternale et anale insito. {Foeminam non dignosco). Species typica: Z. D. parisiensis n. Sp. Pin i) cir Ì ; 7908 | i ? | 152 ANTONIO BERLESE 147. Epicrius (Diepicrius) parisiensis Berl. n. sp. — Mas. Facies Epierii geometrici, a quo in dorso non dissimilis est. Seu- tum ventrale rectangulum, vix obtrapezinum, latum, seutis ster- nali et anali contigunm. Jugularia punetulata (non denticulis aspe- rata ut in E. geom.). Ad 480-500 p.. long.; 320-330 p.. lat. Habitat in muscis nemoris « Meudon », prope Parisios. Quinque mares vidi. GEN. PACHYLAELLAÀA BERL. N. GEN. Ex Pachylaelaptinis. Characteres generum tribus supradietae, sed foeminae sceuta genito-ventralia et anale sat ut in gen. Hypoaspis configurata. Sentum peritrematieum non ad latera et post quartos pedes expansum. Typus: /. robustissima n. sp. 14S. Pachylaella robustissima Berl. n. sp. — Aurantiaca. Foem. lata, sat humerata, postice rotundata, pilis curtis et raris induta, spinis brevibus duabus ad verticem. Epistoma vix antror- sus arcuatum, margine spinuloso, in. medio spina brevi armatum. Sternum late fere quadratum, quamvis sit hexagonale, postice recte truncatum. PRpigynium anterius rotundatum et cum scuto ventrali frustulum unum sistens, postice rotundatum, elongate trapezinum, sat post quartas coxas produetum. Adsunt scutula metasternalia, ut in gen. Lastoseius. Scutum anale parvum, sat a praecedenti re- motum, rotundato-trapezinum (120 tu. long. et lat.). Metapodia parvo seutulo ovato (antice angulato) significata. Seutum peritre- maticum strictum et quartas coxas amplexans. Peritrema ad sti- gma concameratum, sive quasi in 5 cameras imbricatim divisum, denique tubuliforme, vix ultra primas coxas produetum. Pedes omnes eurti et crassi; secundi paris vix caeteris crassiores, apice spinis ternis robustis et curtis armati. Ad 520 p. long.; 340 w. lat. Mas bene humeratus, brevis, postice subaento-rotundatus. Sternum cum seuto ventre-anali confusum, ad quartas coxas per- strictum. Pedes secundi paris mire inerassati, coxa et trochantere latissimis; femure basi ad dorsum inerassato, tuberculoque rotun- dato ancto ; inferne calcari brevi, incurvo, conico ; tarsis ut in foem. È -® li CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI lid Maxima pedum latitudo est ad basim femuris, Ad 440 4, long. : 250 p.. lat. | Habitat ad collum Scaraboei cuinsdam, ad « La Plata ». Collegit CI. Spegazzini et mecum benignissime commmmnicavit. 149. Neopodocinum afrum Berl. n. sp. — Foem. subrectan- gulo-ovata, sat elongata; pilis in ventre circa anum pancioribus. Spinae pedum et seutuloram ventralium (praecipue tarsi secundi paris dorsuales et apicales) minus robustae quam in N. jaspersi. Ad 1350 p.. long.; 900 p. lat. Habitat in « Lesammise Rendilé », in Africa orientali Anglica. Collegit CI. Rothschild. 150. Holocaeleno magna Berl. var. jugulans Berl. n. var. — Differt a typico praecipue propter seuti ano-ventralis fabricam, quod seutum hoc sit subtetragonum, sive margine anteriori angu- lato-rotundato, cum lateralibus angulo obtuso concurrenti. Seutum dorsuale valde strietius et melius acnutum quam in typico. Femura quarti paris non ad dorsum pilis erassis, duobus, subealearifor- mibus armata ut sunt in typico. Pedes postici tarsus magis atte- nuatus et setis spiniformibus perlongis, erectis valde hirtus. Foem. ad 1070 p.. long.; 830 p.. lat. Maris femura secundi paris calcari va- lido, runcato, armata. Calcar mandibulae leniter ad S incurvum, chela eadem sesqui longius. Tarsi postremi longi, spinis longioribus pluribus hirti. Ad 650 p. long.; 400 1. lat. Habitat. Inveni arete adfixum ad collum Phanaei cuiusdam, ad <« La Plata » collecti a CI. Bruck. 151. Holocaeleno magna Berl. var. hvpocrita Berl. n. var. — Diftert a typico statura minore, epigynio non bene in partes tres fracto, scuto medio subrotundo ; seuto anali maiori quam in typico, obtrigono, non anterius optime rotundato nt est in typico, sed angulato-rotundato. Foemina ad 880 p.. long.; 540 p. lat. Mas foemina sua multo minor; femure inferne calcari valido, eylin- drico armato; caleari mandibulae stylum simulante, chela eadem fere duplo longiore. Tarsi postici crassi, sat breves, spinis brevis- simis armati. Ad 660 p.. long.; 410 1. lat. 154 ANTONIO BERLESE Habitat absconditus sub elitris eniusdam Phanaei, « La Plata ». Coll. CI. Bruck. Holocaeleno mitis Berl. — (« Redia », vol, VI, fase. 2.°, p. 249). De- scriptioni foeminae adde: Sternum postice mediocriter arcuatim excavatum, linea bene conspicua, sat margini antico propinqua, arcuata aliisque, post hanc, rectis, obsoletis sculptum. Epigynii pars media non nimis attenuata, valde a lateralibus remota. Scntum anale laeve. 152. Holocelaeno mitis Berl. var. phanaei Berl. n. var. — Foem. differt a typico propter sternum curtius et latius, linea arcuata, an- tico margini subparallela, in medio late interrupta, post quam linea recta in medio sternum signans vix antrorsus arcuata est, percon- spicua, tenuiter serrulata. Coeterum laeve. Epyginii pars media valde attenuata, antrorsus evanescens. Scutum anale striis tran- sversis, aequedissitis optime exaratum. Ad 620 p.. long.; 320 p.. lat. (typico strictior). Habitat super Phanaeus perspicillatus ; « Equador ». 153. Halocaeleno mitis Berl., var. fuscata Berl. n. var. — Foem. Diftert a typico (et a var. phandei) propter pedum secundi, tertii quartique paris femoribus bene infuscatis. Sternum postice profunde arcuatim excavatum ; linea arcuata, margini antico sub- parallela nulla, linea media transversa recta, non serrulata, quam maxime conspicua; caetero dermate nitido. Epigynium parte media lata, fere aeque longa ac lata, trapezino-rotundata. Seutum anale sublaeve. Ad 610 u.. long.; 420 p. lat. (Exemplum minus video 520 X 330). Habitat super Scarabeum quemdam, sat Atheuco similem, ad « La Plata ». Collegit CI. Spegazzini mecumque benignissime com- municavit. 154. Holostaspella spinosissima Berl. n. sp. — Foem. testa. ceo-fusca, facies H. erispae, sed humeris pedibusque spinis multo validioribus armatis. Pili corporis spiniformes, longi sunt, omnes deorsus runcatim inflexi et barbula regulariter utrinque disposita plumosuli; omnes autem tuberculo plus minusve longo sustenti. Appendices haec maiores sunt ad Dbumeros, introrsus runcatae, altiori tuberculo fultae. Aliquanto debiliores sunt in dermate molli, pt re TRE DAERE a deni PRI VAI CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI do circa scutum dorsuale, quod sublaeve est et elongate cordatum, postice rotundatum. Pedes spinosi, spinis trunei conformibus, sed minoribus, tuberculisque sustentis ornati. Appendices verticales duae sunt, late tfoliiformes, utrinque serrulatae et ad latera pilo fabricae supradictae adpressae. Sternum totum areolatum, areolis eleganter punctulatis, polygonalibus. Epigynium latum, areolis ma- gnis et minus bene delineatis sculptum. Scutum anale obtrapezinum, antice et postice rotundatum, obsolete lineis ano concentricis exaratum. Terra et quisquiliis induta. Ad 600 p.. long.; 380 n. lat. Habitat. Collegit duas foeminas CI. Bruck super Coleopterum La- mellicornem quemdam, ad Rio Cuarto-Cordoba (« Rep. Argentina »). 155. Holostaspella spectabilis Berl. n. sp. — Foem. badia. Scutum dorsuale margine alte serrulato, dentibus maioribus ante quos tres vel quatuor minores sunt, setisque crassis, clavato- barbatis, incurvis et sat longis aucetus. Pili verticales conformes, sed aliquanto melius barbati. Margo corporis ultra scutum pilis supradictae fabricae regulariter ornatus. Pedes secundi paris fe- mure non calcarato nec tubereulato, sed tarso apice spinis curtis et crassis, validissimis armato. Secutum dorsuale in media parte antica areolis parvis et punctis ornatum, denique, praecipue po- stice. areolis maioribus, ad margines maximis et apertis, scul- ptum. Sternum areolis magnis polygonalibus, intersese statura subparibus exaratam:; scutam ano-ventrale latum, ovale, latius quam longius (370 X 4850), totum areolis polygonalibus, plerumque subtetragonis, intersese magnitudine subparibus sculptum. Seu- tum genitale subsemicirculare, anterius areolis sat magnis et pun- ctis, in media parte postica areis duabus permagnis ornatum. Ad 1150 p.. long.; 750 p.. lat. Habitat. Collegit exempla foeminea duo CI. Brnek ad « La Plata », in nidis formicae : Acromyrmer lundii. 156. Holostaspella micrarrhena Ber]. n. sp. — Foem. tuli gineo-badia; mas fuligineo terreus: granulis terreis et quisquiliis induti. Foem. ovalis. Dorsum scuto subnitido, pilis. conicis, sat longis, in parte antica corporis, praecipue ad hmmeros, maioribus (50 \..), retrorsus incurvis, denique dorsum posticum versus sta. Melli 1506 ANTONIO BERLESE tura minoribus, inferne delicatissima barbula vestitis, sat raris ornatum. Vertex papillis late lanceolatis et barbatis, intersese valde appressis et contiguis, breviter auctus. Sternum seulptura tenui et obsoleta ornatum, quae foveis aliquot est significata. Epyginium non bene seulptum. Scutum ano-ventrale sat late cor- diforme, aeque Ilongum ac latum (200 p.. X 200 p..), totum lineis, ano concentricis, aliquot areolisque obsoletis exaratum. Ad 650 p. long; 380 p. lat. Mas foemina sua multo minor, quamvis statura varius, ceordiformis, bene humeratus. Dorsum totum dermate re- ticulo polygonali robuste signatum:; in areis derma punctulatum est ; pilis mediocribus, conicis, barbulatis ornatum. Vertex papil- lis ut in foemina auetus. Venter scuto unico, cuius derma areis polygonalibus non bene punetulis definitis, cirea anum concentri- cis et melius sceulptis exaratum. Femura secundi paris inferne brevi tuberculo armata. Ceteri pedes inermes. Mandibulae cal- cari flagelliformi, primitus transverse, denique deorsus inflexo ar- matae. Ad 350-570 u.. long. ; 220-230 p. lat. Habitat. Innumera exempla vidi colleeta a CI. Bruck, in nidis formicae : Acromyrmex lundii, ad « La Plata ». Ologamasus inornatus Berl. — (A. Berlese: Monogr. gen. Gamasus, « Redia », vol. III, fasc. 1.°, 1905, p. 257). Non conoscevo che la femmina di questa bella specie. Ora ho avuto molte femmine e molti maschi, trovati nei muschi, presso Parigi. Perciò presento qui la descrizione del maschio, che tino ad ora era ignoto. — Mas sterno reticulo perconspicuo exarato, nec non lineis concurrentibus ab extrema quarta coxa usque in medio signato. Lineae haec ad coxam «quartam angulum durius chitineum et obscuriorem ceonficiunt. Sunt autem lineae duae inter coxam secundam et quartam exortae, fere ad summum sternum coneurrentes. Linea valde retrorsus arcuata circa foramen genitale conspicitur. Femura secundi paris fere ut in O. calcarato armata, sed calcari et tuberculo axillari statura intersese subparibus. Foemina sterno in partes duas bene sejunetas, fissura lata longitudinali fractum. Character iste in exem- plis typicis Germaniae hand nimis bene manifestus; in gallicis, autem, percon- spicuus. Nullam aliam discrepantiam invenio, Mas ad 570 pw. long. ; 400 w. lat. — Foem. 640 L. long.; 500 p. lat. ommunis in muscis, ad « Bois de Mendon, Paris ». C l B le Mend E 157. Gamasus lanians Berl. n. sp. — Terreus, ovalis, setis mediocribus, subspiniformibus totus indutus, verticis, humera- libus et quatnor seuti dorsi antici duplo (humeralibus triplo) cae- RAZZA CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI TOT teris longioribus. Epistoma trispinum (aliquando tamen bispinum) spinis curtis, latiusculis, subaequalibus, acutis. Mas femure inferne calcare longiusculo, polliciformi, recto ; axillari subclavato. Genu calcari nullo, nec tuberculo ullo significato; tibia calcari leniter claviformi, mediocri. Palporum articulus primus inferne inconsuete armatus, quod tuberculo magno, spinam crassam, validiorem, per- acutam, runcatim retrorsus intlexam gerenti sit praeditus. Ad 780 U.. long.; 400 p.. lat. Foem. scutis dorsi bene manifestis, epigynio late trigono, lateribus incurvis, apice peracuto ; endogynio nulla peculiari figura insignito. Ad 1000 p. long.: 580 p.. lat. Nympha coleoptr. scuto dorsi postico trigono-subrotundato, multo latiori quam longiori (240 p.. long.; 400 w.. lat.); setis subspiniformibus ut in adulto in dorso induta, duabus posticis senti dorsuali poste- rioris caeteris duplo longioribus. Ad 820 p. long.: 420 p. lat. Habitat. Plura collegerunt exempla Cl. Alluand et Jeannel, in Africa orientali. 158. Gamasus anacentrus Berl. n. sp. — Terreus, sat elon- gate ovalis, setis curtissimis et subspiniformibus in dorso et ad margines corporis indutns, tamen setis verticis, quatuor dorsi seuti antici, et praecipue humeralibus magnis et crassiusculis. Epistoma spinis tribus longioribus, peracutis, lateralibus tamen media vix longioribus. Mas palporum articulo primo inferne spina validiori subbiarticulata, peracuta armatus. Pedes secundi paris fe- mure inferne tuberculis duobus minimis, intersese valde discretis, calcaria femurale et axillare significantia armati, genu tibiaque tuberculis omnino destitutis. Pili pedum omnium robusti, subspi- niformes. Ad 1100 p.. long.; 570 p.. lat. Foem. scuto ano-ventrale setis robustioribus sex (in series binas, longitudin. dispositis) ar- mato. Epigynium sat late trigonum, peracutum, nulla peculiari endogynii figura insignitum. Ad 1330 u.. long.: 750 p.. lat. Habitat in Africa orientali. Collegerunt CI. Alluand et Jeannel. 159. Gamasus lunaris Berl. var. brevipilus Berl. n. var. — Foem. differt a typico praecipue epigynii fabrica. Epigynium enim non subito attenuatum est in longam spinam ut in typico, sed acute triangulare, lateribus subrectilineis, sive sensim in spinam attenuatur. Ad 940 w.. long. ; 580 p.. lat. billion 158 ANTONIO BERLESE Nympha coleoptrata eidem typici sat similis, sed pilis omnibus scutorum dorsnalium et caeteri dorsi multo curtioribus. Scutum dorsuale posticum margine posteriori non aeque rotundato, sed utrinque arcuatim impresso. Ad 770 wu. long.; 450 u. lat. Habitat in Atrica orientali. Collegerunt C11. Alluand et Jeannel. 160. Cyrtolaelaps bouvieri Berl. n. sp. — Laete aurantiacus elongate ovatus, setis parvis et curtis obsitus. Epistoma in squa- mam subrectangulam productum, anterius . excavatam, cuius ad angulos utrinque spinae duae validae et sat longae oriuntur, inte- riores maiores, intersese subparallelae, externae divergentes. Ap- pendix media nulla est. Mandibulae chela perparva, nam foeminae ad 70 p. est longa; maris autem 60 pu. Foeminae dorsum setis humeralibus, duabus interioribus in linea humerorum, verticalibus, duabusque in medio dorso caeteris duplo maioribus. Scutum dor- suale duplex, quod linea in medio retrorsus arcuata (ut in caete- ris generis speciebus) est bene signatum. sed pars sceuti antica (cephalothoracica) tantum lateraliter est fissura a postica sejuneta, in medio verum, quamvis linea arcuata distineta, tamen cum po- stica conjuncta est. Sternum trapezinum, margine postico profunda excavatione trapeziformi incisam. Epigynii (pellucidioris) signum medium rotundum, parvum. Pars epigynii post quartas coxas maior, a scuto ventrali obtrapezino undique disereta. Organa punetifor- mia ad marginem lateralem sceuti genitalis (post quartas coxas) nulla. Metapodia scuto mediocri significata. Scutum anale trans- verse ovale. Digiti chelae tantum denticulo obsoleto sub apicem armati, interne membranula hyalina marginati. Mas setis dorsi ut in foemina. Scutum dorsuale linea transversa, recta signatum. Pedes secundi paris femure inferne calcari subspiniformi et pro- cessu axillari subfungiformi : genu tuberculo minimo conico; tibia processu digitiformi, valde articulo adpresso, sat longo armati. Chelae digiti dentieulo subapicali tantum praediti, calcari tran- sverso, flagelliformi, 60 u.. long., apice acuto, sub apicem inferne squamula securiformi armato. Mas ad 530 u.. long. : 310 p.. lat. Foem. 640 p.. long.: 390 yu. lat. Habitat. Plurima utriusqne sexus inveni exempla in muscis col. leetis prope Parisios (« bois de Meudon »). Speciem hane, ibi CENTURIA: SECONDA DI ACARI NUOVI 159 obviam et pulcherrimam, summa reverentia Cl. Bounvier, Musei Entomologici parisiensis laudatissimo Recetori, summa reverentia dicatam volo. 161. Gamasolaelaps cerviformis Berl. n. sp. — Aurantiacus vel subbadius, ovalis. Dorsum scutis ut in Cyrtolaelapte cervo con- formatis, pilis tamen aliquanto eurtioribus. Epistoma spathuliforme, quod primitus strietum, deinde paulo dilatatum, margine antico excavato-truncato, sed ad angulos utrinque dente spiniforme externo, cuius ad radicem spina longa exoritur, apice bifida. Epi- stoma ergo bifureum est. Foeminae epigynium anterius angulatim peracutum, peculiari macula brunnea sub apice depietum, perbrevi, postice cum seuto ventrali perparvulo, subrotundo et valde ab ano remoto connatum. Seutaum anale fere aequilatere trigono-rotun- datum. Secundus palporum artieulus inferne appendienla securi- formi, sat magna, margine incisivo erenulato armatus. Hoc est etiam in mare. Ad 720 u.. long.; 430 p.. lat. Mas foemina minor (pedibus secundis inermibus), seuto epigastrico fere ut in foemina, sed melius trigono-rotundatum. Ad 550 pu. long.; 330 u. lat. Habitat in Africa orientali. Collegerunt CII. Alluaud et Jeannell. 162. Gamasiphis (Periphis) conciliator Berl. n. sp. — Foem. saturate badia, late ovata, perconvexa, antice et postice subangu- lato-rotundata, nitidissima. In parte antica dorsi sunt pili aliquot (verticales, subverticales, humerales etc.) exiliores, Iongiuseuli. Cae- terum trunci glabram. Jugularia 4 numero. Epigynium marginibus parallelis, postice recte truncatum, antice semicirculariter rotun- datum, longius quam latins. Seutum peritrematieum a parapodico fissurà lata sejunetum (qui character subgen. est), sed post stigma valde triangulariter dilatatum, ita ut totum spatium inter scutum epigastrieum et dorsuale, nt in speciebus gen. Gamasiphis s. str., occupet. Hoc charactere inter utraque subgenera species haec est intermedia. Epistoma anterius subtruneatum, sed spina apice tri- furca, longiuseula in medio armatum. Caetera ut in gen. Gamast- phis. Ad 900 pu. long.; 670 p. lat. Habitat in « Nuova Caledonia »; super montem « Paniè » col- legerunt Cll. Sarrasin et Roux mecumque benignissime communi- caverunt. PEA EI, DENON TT AO RETE ei 160 ANTONIO BERLESE 1653. Gamasellus succinctus Berl. n. sp. — Foem. Sat. pal- lide badia, ovato-elongata, postice rotundata, pilis simplicibus mediocribus in dorso et ad margines corporis ornata. Epistoma rotundatum, serrulatum. Scutum dorsuale punctis chitineis percon- spicuis quatuor, sat prope marginem posticum scuti, in lineam leniter antrorsus arcuatam dispositis, ornatum. Margo corporis ad divisionem dorsualem utrinque sat impresso incisus. Scutum dorsi posticum magnum, transverse striis subparallelis et aequedissitis exaratum. Jugularia intersese discreta. Sternum rectangulum, angu- lis posticis non prominulis, margine postico recte truncato, ali. quanto longius quam latius, dimidia parte antica et parum amplius lateraliter striis et areolis bene sculptum. Epigynium elongate cam- paniforme, sat bene striis longitudinalibus sculptum, non areolis clarioribus ornatum. Seutum ano-ventrale elongate cordiforme, ad latera spatium latum ventris nudum relinquens, transverse stria- tum, multo longius quam latius (sive 250 p.. long.; 220 p.. lat.) Pedes antici fere longitudinem corporis aequantes, caeteris cras- siores, ambulacro sat bene pedunculato aneti. Ad 600. p.. long. ; 320. p.. lat. Habitat in Africa orientali. Collegerunt CI. Alluand et Jeannell. 164. Gamasellus quadrisigillatus Berl. n. sp. — Foem. ba- dia, elongate ovalis, postice rotundata, in dorso et ad margines cor- poris pilis parvis, simplicibus, sat raris ornata. Epistoma angula- tum, in mucronem acutum desinens. Senutum dorsuale anticum angulis. postico-lateralibus ad margines quasi in dentem (piliferum) prominulis et prope marginem suum posticaum peculiari nota si- gnatum, quod sint quatuor tuberculi chitinei rotundi, in lineam margini eidem subparallelam dispositi, medii intersese magis ad- pressi quam laterales, et, per paria, linea obscuriori chitinea V-formi exteriores cum mediis coniuneti. Scutum dorsuale posti- cum nitidum, sed striis transversis, intersese subparallelis et aeque- dissitis, tenniter exaratum. Jugularia sat intersese in medio di- secreta (sive tota menti latitudine). Sternum rectangulum, sesqui longius ac latius, in medio sublaeve, sed ad latera et antice lato spatio striis et areolis. bene seulpto, postice undulato-excavatum, angulis posticis retrorsus prominulis. Epigynium campaniforme, to- CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 161 tum striato-areolatum, areolis quatuor in seriem transversam, prope marginem postieum ornatum. Scutum ano-ventrale late cordiforme, tamen non usque ad margines productum, sed a marginibus late- ralibus sat remotum, fere aeque longum ac latum (sive 230 WU. long. ;.220 p.. lat.). Scuta postperitrematica, quae in G. tetrastigma sunt sat magna, in specie hac nulla, sive minimo punctulo chi- tineo, rotundo significata. Ambulacra antica subsexilia. AA 630 1. long.; 350 p. lat. Habitat in Africa orientali. Collegerunt CII. Alluand et Jeannell. 165. Gamasellus tetrastigma Berl. n. sp. — Foem. Saturate fusco-badia, ovalis, ad dorsum perlaevis et convexa, postice suba- cuto-rotundata, tota ad dorsum et ad margines setis simplicibus, exilibus, capilliformibus ornata. Jugularia longa, intersese sub mento contigua. Sternum fere aeque longum ac latum, dermate nitido et laevi, posterius arcuatum et cum endopodiis confusum. Epigynium trapezinum, anterius rotundatum, margine antico evanescenti, areolis quatuor (longitudinaliter biseriatis) pallidioribus signatum. Scutum ano-ventrale late cordiforme, totum ventrem post quartos pedes occupans, lineis transversis in dimidia parte antica exa- ratum, fere aeque longum ac latum (230 p. long.; 240 p. lat.) Post scutum peritrematicum, inter ani-ventralis angulum anticum et scutum dorsuale, scutulum quoddam stat, subtrigonum, sat ma- gnum et signo rotundo, quasi stigma, stigmatis veri magnitudine, notatum, qua re animal hoc quatuor stigmatibus praeditum vide- tur. Epistoma in mucronem longum spiniformem desinens, peracu- tum, cuius ad basim denticuli duo minimi, acuti sunt. Scutum dorsuale anticum sat prope marginem suum posteriorem, signis quatuor, transverse stricte ellipticis, in lineam margini eidem subparallelam dispositis notatum. Ambulacra antica crassa, sexilia. Ad 500 p.. long.; 320 p. lat. Habitat in Africa orientali. Collegerunt CHI. Alluaud et Jeannell, 166. Gamasellus pyriformis Berl. n. sp. — Foem. Saturate badia, pyriformis, sive sat lata; hoc charactere praecipue a no- strati G. falcigero, cuius affinis, optime distineta. Margines cor- poris setis brevibus, retrorsus deflexis vestiti. Adsunt in margine « Redia », 1916. 11 162 ANTONIO BERLESE postico setae duae, caeteris saltem duplo longiores, rectae, barba- tulae, apice in squamulam hyalinam, rotundatam desinentes. Scu- tum anale maximum, totum ventrem post quartos pedes occupans, multo latius quam longius, sive 240 p.. long.; 380 pu. lat. (in G. falcigero scutum hoc est 180 X 200). Dorsum pilis simplicibus, sat longis, indutum. Epistoma in spinam longam, basi vix denticula- tam desinens. In medio dorso, ad marginem posticum sceuti antici, sunt vittulae chitineae aliquot, in lineam margini eidem parallelam dispositae, quasi callositates transversae. Terra et quisquiliis sunt exempla aliquando induta. Ad 520 wu. long.; 440 p. lat. (G. fal- ciger foem. est: 440 X 260). Habitat in Atrica orientali. Collegerunt CII. Alluand et Jeannell. GEN. OLOGAMASELLUS BERL. 1914. Fra i caratteri del genere ho indicato anche la fusione dello scudo ventrale della femmina col dorsale, nella sua parte posteriore, Così, nell’O. aberrans (tipo del genere) e nell’O. simplicior lo seudo ventrale è separato solo sui lati, dal dorsale, mercè una fessura, che va perdendosi alquanto dopo le zampe del 4.° paio, dopo essersi ripiegata verso la linea mediana longitudinale. Ma nell’ 0. coleoptratus (Hypoaspis coleoptratus Berl.) la separazione laterale fra lo scudo ventrale e quello del dorso si prolunga fino al margine posteriore, e solo lungo detto margine, in alcuni individui, lo seudo ventrale è fuso col dorsale, ma in altre femmine essi sono separati da una sottile linea, che però non si vede, stando essa sull’orlo posteriore medesimo. Così questi individui aberrerebbero un poco dal genere, il quale però si differenzia dai Sessiluncus, in cui tenderebbe ad incorrere, per molti altri caratteri, non fosse altro che quelli presentati dagli seudi ventrali del maschio. Anche in altre specie (0. striolatus) che descrivo ora, lo scudo ventrale di talune femmine è più o meno fuso col dorsale, anche nell’estremo ventre, mentre in altre la fessura, che divide questi scudi, si pro- lunga fino all’orlo posteriore del corpo, ma però lungo questo lo scudo ven- trale è fuso col dorsale. Ologamasellus coleoptratus Berl. (= Hypoaspis coleoptratus Berl. Acari Austro-Americ. « Bull. Soc. Ent. ital. », 1888, estr. p. 28, tab. 1X, fig. 5, foem.). — Mas, hucusque ignotus, ovatus. Pedes secundi paris femuris caleari nee non genu et tibiae fere ut in O. simplicior armatis, sed tibia in latere interno, ad apicem dentibus validis duobus gaudet, ex quibus supernus rotundatus, introrsus valde erectus, inferior acutus, minus erectus. Tarsus basi, interne et superne, sin- gulari processu praedito, sive squamis duabus fere valvas molluscorum bivalvium simulantibus, Mandibulae calear subrectum, prope basim digiti mobilis proce- CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 165 dens, apice acutum, digito eidem subparallelum et sat adpressum. Sternum to- tum reticulo sat lato ut in foemina impressum. Ad 650 wu. long. ; 440 p. lat. Foemina scuto sternali et genitali totis reticulo sat lato bene exaratis. Melius mensa, 710 p. long. ; 500 w. lat. Habitat. Primitus descripta exempla sunt collecta a C1. Balzan, ad « Buenos Aires », sub arborum cortice ; denique, recentius a Cl. Spegazzini, ad « La Plata » et ad « Montevideo », plurimaque utriusque sexus et pulli a C1. Bruck, ad « Buenos Aires », sub petris et ad « La Plata », in nidis formicae : Acromyrmex lundi. 167. Ologamasellus striolatus Berl. n. sp. — Badius, sat elongate ovalis, O. coleoptrato sat similis, sed statura aliisque cha- ‘acteribus (praecipue facilius videnda est seulptura sterni et epi- gynii ut in O. simpliciore) pedum secundorum maris calearibus ete. bene distinetus. Elongatius ovalis et pilis (simplicibus) longioribus quam in O. coleoptrato. Epistoma in spinam validam, obscuram, longiorem, apice bifidam, basi nullo denticulo auctam desinens. Foem. sterno et epigynio magis strietis quam in supradicta specie et sterni partis mediae, epigynii totius derma exillimis striis ad- pressis, parallelis, longitudinalibus exaratum. Scutum. ano-ven- trale obtrapezinum, lateraliter parum a seuto dorsuali sejunetum, postice, sive in extremo corporis margine, cum sento supradicto concretum. Ad 840 p.. long. 460 u.. lat. Mas seuto sternali tenuis- sime striolato ut in foemina. Mandibulae calcari ut in 0. coleo- ptrato, sed non apicem digiti mobilis attingenti. Pedes secundi paris femure calcare polliciformi, longo, apice rotundato et radula aucto ; *aleari spiniformi, curto et valido, prope apicem eiusdem segmenti (inferne); genu processu vix elevato, obsolete bituberculato: tibia tantum calcari infero breviter conico ; tarso processu nullo. Ad 120 p.- long.; 440 u.. lat. Habitat. Nonnulla utriusque sexus et pullos collegit CI. Bruck, ad « La Plata » et ad « Olavaria, Buenos Aires », sub petris. GEN. PSEUDOPARASITUS 0UDEM. 168. Pseudoparasitus meridionalis (. et R. Can. var. stri- etior n. var. — P. testaceus. Foem. typico pallidior, elongatior, vix minor, scuto epigastrico magis elongato. Ad 540 pv. long.; 500 1. lat. Habitat. Plura exempla collegi in muscis, ad « Palermo ». a “ 164 ANTONIO BERLESE | 169. Pseudoparasitus maior Berl. n. sp. — Saturate badius, Foem. P. meridionali maior et vix elongatior; scuto sternali po- sterius minus producto et rotundato; scuto hypogastrico elongatiori, tantum lateraliter striis sublongitudinalibus, areas elongatas con- ficientibus exarato; scuto anali longius trigono; seuto epipodico posterius ultra quartas coxas minus producto. Mas ignotus. Foem. ad 830 1. long.; 480 u.. lat. Habitat. Plura mihi misit exempla huius speciei CI. Bruck, ad « La Plata » collecta. 170. Pseudoparasitus angulatus Berl. n. sp. — P. saturate testaceus. Foem. seuto sternali sat ut in P. meridionali, Scutum hypogastricum strietius quam in P. meridionali, posterius recte truncatum, striis marginibus lateralibus subparallelis, denique in medio transverse exaratum. Scutum epipodicum post quartas coxas in angulum peracutum productum, metapodio lineari valde adpres- sum. Mas ignotus. Ad 650 p. long.; 410 p. lat. Habitat in Umbria (« Città di Castello »). Nonnulla vidi exem- pla collecta in muscis. 171. Pseudoparasitus obsoletus Berl. n. sp. — P. badius. Foem. scuto sternali subtrapezino, vix ad dimidias tertias coxas posterius productum, margine posteriori subrecte truncato. Scutum hypogastricum posterius subrotundatum. Scutum epipodicum poste- rius vix angulatim productum, a metapodiis linearibus sat disere- tum. Sculptura sterni areolas polygonales delineans: hypogastri tan- tum ad margines laterales conspicua, in medio subevanida; scutum anale sublaeve. Differt a P. meridionali Europae et a P. glabrato (sive Zaelaps glabratus Berl.) Austro-Americae praecipue sterni fa- brica; seuto peripodiale posterius minus producto, nec non statura. Ad 500 p.. long.; 290 p. lat. Habitat. Unam foeminam possideo, collectam in « Columbia. U. S.A. »,. in muscis. 172. Pseudoparasitus juvencus Berl. n. sp. — P. testaceus. l'oem. scuto sternali trapezino, vix ad summas tertias coxas pro- ducto, margine postico caeteris latiori et sat arcuatim excavato. Seu- CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 165 tum hypogastrieum strietinsculum, posterius rotundato-truncatum ; anterius (epigynium) minute et bene longitudinaliter striolatum, margine antico evanescenti. Scutum ectopodicum vitta exillima, coxas posticas marginante significatum, a metapodiis valde remo- tum. Scuta omnia subnitida. Mas ignotus. Ad 450 pb. long.; 250 pu. lat. Habitat. Nonnulla collegi exempla ad « Bosa », in Sardinia, in muscis. 175. Pseudoparasitus puellus Berl. n. sp. — Foemina testa- cea, consuetae figurae. Epistoma anterius vix arcuatum. Sternum latum, postice bene arcuato-excavatum. Scutum genito-ventrale ampulliforme, magnum, lineis transversis. subparallelis (retrorsus angulatis) lineaque media longitudinali leniter exaratum. Scuta parapodica post quartos pedes stricte vittiformia, coxam quartam partim amplexantia, minime retrorsus producta. Metapodia sat elongate bacilliformia. Ad 530 yu. long. ; 300 p.. lat. Habitat ad « Olavaria », prope « Buenos Aires ». Collegit CI. Bruek et mihi benignissime misit. SUBGEN. PSEUDOPACHYS X. SUBGEN. Ex gen. Pseudoparasitus. Facies gen. Pseudoparasitus, sed seuta peritrematica eum parapodicis confusa. Pedes secundi paris (in foe- mina) crassiusculi, apice tarsì ungue valido, ut in Pachylaelaptinis, armati. Species typica: P. /P. parasitizans n. sp. 174. Pseudoparasitus (Pseudopachys) parasitizans Berl. n. sp. — Foem. saturate aurantiaco-subbadia. Facies et statura Pseudoparasiti meridionalis. Epistoma recte truncatum, margine vix denticulis minimis aneto, in medio spina exili et sat longa, seti- formi ornatum. Dorsum nitidum, pilis perparvis et sat paucis nu- mero indutnuim. Pedes antici magni et robusti, corpore sensim lon- giores; secundi paris crassi, tantum pilis simplicibus ornati, at in summo apice corniculis binis robustioribus, sed brevibus, armati. Sterni margo posticus rotundato-angulatus. Seutum genito-ventrale 166 ANTONIO BERLESE elongate ampulliforme, lateribus rectilineis et intersese parallelis, posterius recte truncatum et scuto anali trigono arcte contiguum. Scuta peritrematica post quartas coxas valde angulatim producta, sed a scuto genito-ventrali sat discreta. Metapodia bacilliformia, a seutis caeteris bene remota. Ad 530 p. long. ; 300 p.. lat. Habitat. Collegi super Talpam europaeam, Patavii. CU ì 175. Ololaelaps platensis Berl. n. sp. — Foem. O. veneto alde similis, sed scutulorum fabrica diversa. Sternum extremam tertiam coxam attingens, nitidum. Scutum peritrematicum ad extre- mas quartas coxas desinens, a scuti genito-ventralis angulo antico remotum, sed seutum metapodicum lineare perlongum adest, ad angulum seuti parapodici incipiens et juxta angulum supradietum seuti genito-ventralis longe retrorsus decurrens. Scutum genito- ventrale subnitidum. Ad 650 p.. long. ; 490 1. lat. Habitat ad « La Plata ». Collegit CI. Bruck. SUBGEN. CYPHOLAELAPS BERI. N. SUBGEN. Ex gen. Ololaelaps Ber]. Generis characteres, sed scutum genito— ventrale ab anale sejunetum (quamvis contigunm). Typus: 0. €. haemisphaericus n. sp. 176. Ololaelaps (Cypholaelaps) haemisphaericus Berl. n. sp. — Foem. saturatins badia, nitidissima, breviter ovalis, dorso quam maxime convexo, ita ut animal fere haemisphaericum sit. Scutum dorsuale valde in ventre lateraliter inflexum, pilis aliquot exilioribus, sed sat longis, raris, simplicibus ornatum, non e mar- gine protrusis, nisi extremis duobus. Epistoma in mucronem sat magnum in medio productum, edentulum. Scutum anale perfecte obtriangulare. Scutum genito-ventrale in ventre transverse stria- tum, anterius (in regione epigynii) utrinque signo late ovali, inferne interrupto. Sternum cum endopodiis continuum, pilo posteriori longo, plumosulo, introrsus recurvo. Ad 730 vu. long.; 550 p. lat. Habitat. Collegit CI. Bruek ad « La Plata ». CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 167 177. Eulaelaps brucki Berl. n. sp. — Foem. testaceo—-badia. Diftert a caeteris speciebus hucusque notis praecipue sento genito- ventrali aliquanto strictiori; sceuto anali perfecte trianguli aequi- lateri forma ; metapodiis obtrigono-ovatis, multo minoribus quam in caeteris hucusque notis speciebus. Epistoma antrorsus produetum, Spinulis altis et densis ornatum. Ad 1120 p.. long.; 700 p. lat. Habitat ad « La Plata ». Collegit CI. Bruck, cui speciem reve- rentissime dicatam volui. 178. Hypoaspis tripodiger Berl. n. sp. — Foem. testacea, valde elongata, pilis aliquot sat longis dorsualibus. Seutum dor- suale strietius cordiforme, postice angulatim peracutum, sat cur- tum. Scutum sternale fere ampulliforme, quod post secundos pedes sit aliquanto latius et rotundatum. Seutaum genito-ventrale per- strictum, sagittiforme, parum post quartos pedes produetum et vix dilatatum, valde (sive tota longitudine sua) a seuto anale perpar- vulo, elongate ovali, remotum. Jugularia seuto unico pallidiori, sub- evanido, transverse pluries striato significata. Epistoma transverse truncatum, vix arcuatum, tenuissime denticulato-serrulatum. Pedes secundi paris caeteris multo crassiores; femure inferne spina va- lidiori, conica, acuta, recta armato; genu ungue singulo, sat debili ; tibia inferne spinis robustis, sat longis, peracutis duabus; tarso spinis validis inferis duabus, dorsuali una, apicalibusque tribus perrobustis, leniter incurvis, calcariformibus, quasi tripodem circa ambulacrum sistentibus validius armato. Pedes 3" et 4' paris spinosissimi, fere ut in Hypoaspis aculeifer. AA 600 p.. long.; 230 p.. lat. Habitat. Duo collegit exempla Cl. Bruck, ad « La Plata », in nidis formicae: Acromyrmex lundi. 179. Hypoaspis atomarius Berl. n. sp. — Foem. testacea, elongate ovato-cordiformis, bene humerata. Scutum dorsuale elon- gatum, usque ad. extremum abdomen productum, posterius rotun- datum, ad latera, post humeros, tenuiter excavatum. Pili simplices mediocres in dorso et in ventre sunt. Epistoma antrorsus rotun- datum, totum denticulis minimis serrulatum. Pedes secundi paris saeteris vix crassiores (quartos crassitie aequantes), femure inferne spina validiori armato, genu spina una vix pilis crassiore ; tibia 165 ANTONIO BERLESE spinis gracilibus duabus; tarso, praecipue sub apicem, spinoso. Sternum magnum, minutissime punctulatum, ad extremas tertias coxas undulatim truncatum. Seutum genito-ventrale vix inter quartas coxas strietius, valde posterius produetum et rotundatum, ab ano sat remotum. Scutum anale mediocre, obtrigono-rotunda- tum. Ad 400 p. long. ; 190 L. lat. Habitat. Plura exempla collegit CI. Paoli ad « Mogadiscio », in « Somalia italiana », super Coleoptera. SUBGEN. STRATIOLAELAPS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Hypoaspis. 'Typus : Laelaps (Iphis) miles Berl.. Adde : Laelaps (Hypoaspis) grylotalpae Berl.; H. S. rugosissimus n. Sp. ; H. N. cardiophorus n. Sp. 150. Hypoaspis (Stratiolaelaps) gryllotalpae Berl. var. afer Berl. m. var. — “Cum specie typica convenit praecipue seuti dor- sualis fabrica setarumque trunci (quae sunt piliformes, sed inferne spinula una in medio auctae); parum differt seuto genito—ventrale vix latiori quam in typico eademque statura. Epistoma antrorsus angulatim valde productum, alte denticulato-serrulatum. Foem. ad 1050 u. long.; 600 p.. lat. Habitat. Collegerunt CI. Alluaud et Jeannel, in Africa orientali. 151. Hypoaspis (Stratiolaelaps) fuscus Ber. n. sp. — Foem. testaceo-fusca, ovalis. Scutum dorsuale cordiforme, vix ad latera (ad quartos pedes) sensim sinuato-impressum, postice angulato— rotundatum, totum reticulo bene conspicuo exaratum. Pili trunci curti, crassiusculi, sed Simplices, apice acuti, verticis perlongi (duplo caeteris longiores). Epistoma recte truncatmum denticula- tumque, sed in medio, in mueronem spiniformem, longum, acutum desinens. Sternum trapezinum, vix post secundas coxas produ- ctum, postice arcuato-excavatum, reticulo sculptum. Seutum ge- nito-ventrale ampulliforme, sat post quartos pedes productum, lineis longitudinalibus in parte stricta, denique lineis circularibus, in lata, bene exaratum. Scutum anale parvum, transverse ovale. Pedes robusti, fusci, dermate areolato, rugosi. Coxa primi paris, CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 169 ad apicem, interne unidentata. Mandibulae chela picea, magna (ad 200 p.. long.). Ad 1000 wu. long.; 630 u.. lat. Habitat. Collegerunt in Africa orientali CI. Alluand et Jeannel. 182. Hypoaspis (Stratiolaelaps) rugosissimus Berl. n. sp. — Foem. testaceo-fuliginea, ovalis, sat lata, bene humerata. Seu- tum dorsuale sat late obtrigono-cordiforme, totum elegantissime et sat crasse reticulatum. Pili corporis sat brevinsculi, omnes parum dilatato-remiformes, vel folinm sat striete lanceolatum imitantes, apice spinula acuta terminati, leniter introrsus ineurvi, intersese statura pares, sed verticis. aliquanto longiores. Derma dorsi et ventris secuta cireumdans, totum transverse rugis et plicis cras- siuseulis, inconsuete et mire seulptum. Sternum magnum, trape- zinum, longius quam latius, postice rotundato-truncatum, reticulo crasso ornatum. Scutum genito-ventrale subovale, vix post quar- tos pedes latius, postice rotundatum, crassa sculptura impressum. Sentum anale cordiforme, perparvum, rotundatum, rugis foramini anali concentricis crasse signatum. Rostrum superne striis trans- versis serrulatis, retrorsus arcuatis, tribus, ad basim signatum. Epistoma linea recta, transversa terminatum. Ad 700 yu. long.; 440 pn. lat. Habitat in insula « Giava ». Collegit CI. Jacobson. 183. Hypoaspis (Stratiolaelaps) cardiophorus Berl. n. sp. — Foem. Pallide terreo-fusca, ovalis, post humeros dilatatula, humerata. H. S. rugosissimo sat similis propter seuti dorsualis et ventralium sculpturam, piloram corporis fabrica, sed tamen diversa praecipue propter derma circa seuta non rugosum, sed lineolis mi- nimis consuetae dermatis nudi sculpturae signatum. Seutum dor- suale aliquanto strietins trigonum et minus crasse reticulatum. Ster- num ut in H. S. rugosissimo, sed in media parte postica sublaeve. Seutum genito-ventrale post quartos pedes magis dilatatum, qua ve subampulliforme est. Epistoma in mueronem aeutum, longum et fortem, basi utrinque denticulatum, desinens. Rostri basis, ad dor- sum, lineis subreticulata ; sed lineae non bene transversae sunt, nec serrulatae. Ad 670 pu. long.; 450 u.. lat. Habitat. Unum exemplum collegit CI. Bruck, ad « La Plata », in nidis formicae: Acromyrmexr lundi. An casu ibi occurrens ? 170 ANTONIO BERLESE SUBGEN. GYMNOLAELAPS BERL. N. SUBGEN. Ex gen. Hypoaspis Can. Typus: Laelaps myrmecopnilus Berl. — Adde: omnes fere species myrmecophilas. a 184. Hypoaspis (Gymnolaelaps) caudicomatus Berl. n. sp. — Testaceo, badiuseulus, valde elongate ovalis (foemina tamen post humeros gradatim strictior), postice rotundatus. Pili marginis et dorsi simplices, exiliores, post quartos pedes longiores, in margine postico sat longi, duo medii maiores, ad 120 p. in foemina longi, in mare numerosiores. Epistoma subrecte trancatum, margine serru- lato, vix aliquando in medio denticulo caeteris maiori ancto. Pedes secundi paris genu validius interne unispino ; tibia spinis binis robustioribus ; tarso spinis conformibus pluribus; tertii paris spinis aliquanto minus robustis; quarti subdebilibus. Foemina mare minus bene ovalis et elongatior. Sternum circiter sesqui longius quam latum, postice recte truncatum, subnitidum. Seutum genito-ven- trale strictum et elongatissime ovale, usque ad seutum anale trian- guli regularis (angulis rotundatis) forma, produetum ibique rotun- datum. Metapodia scutulo minimo interiori subrotundo, alioque externo bacilliformi, sat longo significata. Ad 780 p.. long. ; 410 p.. lat. Mas melius ovalis, ad 650 p. long.; 370 p. lat. Habitat. Marem unum foeminasque duas collegit CI. Bruck, in nidis formicae Acromyrmexr lundi, ad « La Plata ». 185. Hypoaspis (Haemolaelaps) phialiger Berl. n. sp. — lF'oem. sat pallide testacea, ovalis, dorso setis mediocribus (posticis longiusculis), robustulis induto. Spinae in pede secundi paris sat debiles et in quarto (secundum subgen. characterem) sat robustae. Vitta gularis spinulis seriatis armata. Sternum late trapezinum, margine postico irregulariter undulato-excavato. Scutum genito- ventrale sat magnum, ad quartas coxas strietum, post quas eodem spatio, quo a sterno separatur, est productum, margine postico ro- tundato, valde a seuto anali obtrigono, parvo, postice acuto sepa- ratum. Mandibulae appendicula sat magna, hyalina, primitus ovata, <é CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI 171 deinde constricta et rursus aliquanto globose inflatula, denique attenuata et acutissime desinens, parte ista subtiliori retrorsus inflexa,*quasi phialae vitreae more configurata. Ad 730 v.. long. ; 400 p.. lat. i Habitat. Unum invenit exemplum CI. Bruck, in nidis formicae: Acromyrmex lundi, ad « La Plata » ; an casu ibi oceurrens ? 186. Hypoaspis (Haemolaelaps) callosus Berl. n. sp. — Foem. Testacea, ovalis, setis spiniformibus, mediocribus, praecipue postice, ornata. Pedum anticorum femur inferne callo subrotundo, chitineo, tuberiformi, sat obscuro auetum. Vitta gularis obsolete spinuligera. Chela digitis curtis et robustis:; appendicula foliiformi basi lata, sub apice retrorsus, juxta digitun mobilem detlexa. Ad 640 p. long.; 410 p. lat. Habitat super Lophuromys zena, in Africa orientali. Collegit C1. Rothschild. 187. Myrmonyssus titan Berl. n. sp. — Foem. subalbida, seutis, rostro pedibusque sat bene terreo-fuligineis; pyriformis, sat elongata, postice subacuta. Scutum dorsuale late rhombicum, tantum dimidium dorsum anticum obtegens, margine postico ere- nulato. Epistoma in squamam angulato-rotundatam prodnetum, hyalinum. Sternum breviter trapezinum, non ultra secundas coxas productum, margine postico cerenulato. Scutum genito-ventrale parvum, strietum, antice striato-evanescens, postice acutum, pa- rum post quartas coxas productum, fere in medio ventre desinens, qua re a seuto anali apicali, minimo, subrotundo (utrinque pilo cylindrico, apice papilliformi, mediocri ornato) quam maxime re- motum. Peritremata marginalia, usque ad secundas coxas producta. Corpus subglabrum. Species inter congeneres longe maxima. Ad 1350 p.. long.; 950 p. lat. Habitat. Speciem hane, certe myrmecophilam, collegerunt CI. Al luaud et Jeannel, in Africa orientali. 188. Ameroseius serruliger Berl. n. sp. — Albido-hyalinus, tarsis anticis incoloribus. Facies A. tenelli, sed aliquanto elongatior 172 ANTONIO BERLESE pilisque corporis curtioribus (nam postici 60 p.. sunt longi). Derma dlorsi totum tenuissimo reticulo seulptum, vix ceonspicuo. Pili dorsi duoque ventris ad marginem postienum arenati, costula du- riori, lateraliter fulti, interne membranula serrulata dilatati, ita ut parvulos cultros serrulatos simulent. Pili verticales late plu- mosì, parvi. Sternum quadratum, margine anteriori linea chiti- nea, antrorsus valde arcuata, duriori praeditum, postice subtrun- catum, angulis rotundatis. Epigynium sat elongate rectangulum, leniter trapezinum. Sceutula duo transversa, vittiformia sunt inter epigynium et seutum ano-ventrale. Hoc magnum, subreetangulum, antice leniter excavatum, postice rotundatum, totum reticulo seuti dorsnalis simili tenuiter sculptum, longius quam latius, sive 156 X 120 p..). Ad 400-420 p.. long.; 230-260 p.. lat. Habitat. Foeminas innumeras vidi collectas a CI. Bruck ad « La Plata ». 159. Amblyseius fraterculus Berl. n. sp. — Bene badius, subhemisphaerieus, perconvexus. Foem. Seutum sternale sat breve, anterius incisum ; posterius late arcuatim excavatum, reticulo bene sculptum, multo latius quam longius (60 X 100). Scutum genitale in medio ad marginem anticum spina (an figura spiniformi ?) pera- cuta auctum, in medio laeve, ad margines lineis convergentibus subreticulato-striatum ; linea margini laterali subparallela bene exaratum ; late trapezinum (110 X 130), areolis vix pallidioribus utrinque tribus, in lineas sublongitudinales, sed antrorsus conver- gentes dispositis, subovalibus vel rotundis, antrorsus statura decre- scentibus signatum. Scutum ano-ventrale late obtrigono-rotunda- tum, postice angulatum, multo latius quam longius (130 X 150). Setae corporis sat longae, quod posticae fere corporis dimidiam aequent latitudinem (120 u.. long.). Ad 420 p.. long.; 330 p.. lat. Mas. Calcar mandibulae digito mobili longius, transversum, cireiter in medio angulo subreceto plicatum, in angulo laminula trigona vix expansum, apice subrotundatum. Foemina sua vix minor et magis ovalis, melius humeratus et setis posticis vix curtioribus. Ad 550 u.. long.; 220 u.. lat. Habitat communior ad « La Plata » et « Bnenos Aires », etiam in nidis formicarum (Acromyrmer lundi). Innumera exempla MS, è » | e ia» e Te CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI luo utriusque sexus collegerunt et mihi miserunt CI. Bruck et Spe- gazzini. 190. Amblyseius hexagonus Berl. n. sp. — Foem. Testacea vel badia, ovato-hexagona. Scutum sternale sat breve, anterius subarcuatum, posterius leniter arcuato-excavatum, multo latius quam longius (70 Xx 110). Scutum genitale campaniforme, in medio prope marginem anticum vix vitta parva, transversa, obscuriori signatum ; in medio laeve, nulla area pallidiori ornatum, vix lineis convergentibus prope lineam mediam, longitudinalibus impressum (140 X 125). Scutum ano-ventrale mediocre, subobtrigono-rotun- datum, postice subacutum, paulo latius quam longius (120 X 145). Pili corporis curti; postici tantum 70 p.. long.; sive quartam par- tem corporis latitudinis non aequantes:; caeteri curtiores. Pedes antici magni, caeteris longiores (480 u..) et crassiores, corpore eodem multo longiores. Ad 420 tu. long.; 300 p.. lat. Habitat sat communis ad « La Plata », cum A. fraterculo. Coll. CI. Bruck. 191. Amblyseius perlongisetus Berl. n. sp. — Pallide ter- reus, rubro variegatus (propter intestina figuram ut depinxit Koch pro Zercon festivus, C. M. A. Deutschl. 27,8 praebentia). Pedes concolores, tamen apicem versus vix fusciores. Foem. seutis omnibus difficilius conspicuis, quia corpori concoloribus, laevibus. Sternum sensim trapezinum, anterius tenuiter incisum, poste- rius vix arcuatim excavatum, parum latius quam longius, (sive 80 p.. Xx 120 p..).. Epigynium in margine antico figuram chitineam late A-formem, in medio, praebens, campaniforme, postice trunca- tum, aeque longum ac latum (100 p. Xx 100 p.). Scutum ano—ven- trale ab epigynio valde remotum, multo longius quam latius, subrectangulum, vix post anum rotundato-angulatum. Metapodia utrinque duo, interins minus, ambo elongate amygdaliformia. Setae peculiares huius generis valde longiores quam in omnibus conge- neribus speciebus, sive (Videas « Redia », vol. X, fasc. I, p. 145, 144), seta A, 135 p.. long.; P,:400 p.; Ly 200 p..; seta genualis 4° paris 200 p.. long.; humeralis 180. Ad 500 p. long. ; 320 p. lat. Habitat. Plura collegit exempla Cl. Bruck, ad « La Plata ». 174 ANTONIO BERLESE CRYPTOSTIGMATA II. 192. Sphaerozetes (Trichoribates) glaber Berl. n. sp. — Fuliginens, ovato-orbicularis, abdomine perfecte glabro. In dorso adsunt area porosa adalaris magna, rotunda vel vix ovata; duae sunt mesonoticae, vix post lineam mediam transversam (utrin- que una); dubie duae aliae rotundae, magnae sunt prope mar- ginem postiecum (singula utrinque). Lamellae magnae, ad marginem cephalithoracis decurrentes, antice parum porrectae, bidentes, dente externo vix interiori maior, intersese sat discretae et tenui ponte, undulato conjunetae. Organa pseudostigmatica sat longa, clavato-truncata, transverse extrorsus porrecta. Setae interlamella- res, lamellares et genuales magnae. Ad 1020 p.. long.; 760 p. lat. Habitat in « Nuova Caledonia ». Collegerant exemplum Cl. Sarrasin et Roux, ad « Hienghiene », sub petris. 1953. Oribatella trichoptera Berl. —- Nigra, triunguis, capitetho- ‘ace badio-fusco. Statura 0. deecumanae, quamvis minus lata. La- mellae fuligineae, profundius antice incisae, interne ramulum chiti- nemn ad basim cephalithoracis emittentes, qui ramuli intersese concurrunt, sed non attinguntur. Vertex peracutus. Organa pseudo- stigmatica eylindrica, spinulis minimis. asperata. Notogastrum pilis medioeribus ad lateres, praecipue postice ornatum. Adest seta perlonga, robustior, scabrata, nigrescens, caeteris notogastri pilis circiter triplo longior et robustior, ad basim alarum, prope margi- nem anticum. Areae porosae utrinque quatuor, in serie margini laterali et postico parallela sunt in dorso distributae, rotundae, sat parvae, anticae tamen caeteris duplo maiores. Ad 600 u.. long. ; 400 U. lat. Habitat ad « La Plata ». Coll. Cl. Bruck. 194. Nothrus (Acronothrus) alluaudi Berl. n. sp. — Fuligi- neus, consuetae figurae specieram huius subgeneris; aliquanto latior quam N. A. rothschildi, a quo dittert praecipue propter tu- CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI LD berculorum posticorum distributionem. Tubereuli isti sunt enim statura ut in N. A. rothschildi, sed omnes intersese basi valde appressì et contigui, ita ut brevissimo spatio simul e apice abdo- minis utrinque exoriantur. Margo abdominis antiens tuberenlis minimis, curtissime piligeris, quatuor ornatus. Cephalothorax et pedes ut in N. A. rothschildi armati. Ad 1400 p.. long. ; 650 p.. lat. Habitat. Unum collegerunt exemplum CII., Alluaud et Jeannel, in Africa orientali. 195. Nothrus (Acronothrus) rothschildi Berl. n. sp. — Fu- ligineus, consuetae figurae in speciebus huius subgeneris. Tuber- culi piligeri extremi abdominis (sive lateralis extremus; postico— , intimus et postico medius) omnes intersese statura subpares, vix duplo longiores. quam latiores et intersese spatio longitudinem cuiusdam aequanti separati nec non pilis curtis undulatis, vix duplo tuberculo eodem longioribus, praediti. Pedes tuberculis piliferis minimis, vix conspicuis; quarti paris tubereulis subnullis. Abdo- minis maxima latitudo ad quartas coxas. Cephalothorax praeter tuberculos verticales, piligeros, maiores, etiam tuberculo minori, longe setigero ad primas coxas, alioque vix ante stigma utrinque est ornatus. Ad 1700 p.. long.; 600 p.. lat. Habitat. Unum vidi exemplum colleetum a Cl. Rothschild, eni reverentissime speciem perpulehram dicatam volui, in Abyssinia. 196. Heminothrus robustior Berl. n. sp. — Fuligineus. Fa- cies H. palliati, sed statura valde maiore, pilis corporis aliquanto eurtioribus ; organis pseudostigmaticis eylindricis. Dorsum abdo- minis subcomplanatum, aliquando excavatum. Ad 1050 u. long.; 600 n. lat. . Habitat. Plurima vidi exempla collecta a Cl. Bruck, ad « La Plata ». FAMILIA MALACONOTHRIDAE. In confronto della famiglia Hypochthoniidae, questa, che stabilisco ora, dei Ma- laconothridae è caratterizzata dall’addome indiviso, sebbene una distinta traccia di segmentazione multipla si possa vedere nel notogastro di talune specie, ad es.: di Lohmannia murcioides, ma una vera e propria segmentazione non esiste. 176 ANTONIO BERLESE La famiglia Malaconothridae, certo la più bassa fra gli Oribatidi, si può di- videre in due tribù, cioè : — Foramen pseudostigmaticum nullum o... . .. +. +. Malaconothrini. — Foramen pseudostigmaticum conspicuum . . . . . . . Zohmamini. Quest’ ultima tribù comprende i generi: Lohmannia Mich. : Perlohmannia Berl., Epilohmannia Berl., Malacoangelia Berl., Eulohmannia Berl. GEN. PERLOHMANNIA BERL. N. GEN. Typus: ZLohmannia insignis Berl. Hibernia. (Adde : L. dissimilis Hewing, Anglia: P. erimia Berl. Amer. bor.). GEN. EPILOHMANNIA BERL. N. GEN. Typus: Zohmannia cylindrica Berl. Italia. (Adde: species hic descriptas). GEN. LOHMANNIA MICH. Typus: Michaelia paradora Hall. Germania. (Adde : L. murcioides Berl., Italia; Hypockthonius teranus Banks. Texas; L. aciculata Berl., Italia; L. rubescens Can., N. Guinea; L. parallela Berl., Somalia). 197. Epilohmannia ovalis Berl. n. sp. — Saturate badio- castanea:; abdomine subovato, ad latera valde undulato-impresso, anterius sat stricto, pilis longis ornato. E. eylindricae Berl. Euro- pae sat similis, sed maior, et supradictis characteribus aliisque distineta. Ad 670 p.. long.: 300 p.. lat. Habitat ad « La Plata ». Coll. CI. Bruck. 198. Epilohmannia puella Berl. n. sp. —. Testaceo-badia. Sat E. cylindricae subsimilis, sed marginibus cephalithoracis haud dentatis, vix undulatis, pilisque corporis curtioribus, nec non sta- tura minore. Abdomen subeylindricum, vix cephalotorace anterius latior. Ad 440 p. long.: 170 p. lat. Habitat in « Florida (Lake City.) ». CENTURIA SECONDA DI ACARI NUOVI arri 199. Epilohmannia amygdaliformis Berl. n. sp. — E. testa- ceo-badia. Abdomen perfecte amygdaliformis, sive elongate ovalis, minime ad humeros impressus, totus pilis sat longis, sed exilli- mis, aequedissitis ornatus. Derma totum, etiam cephalithoracis, punctis pallidioribus, maioribus et minus intersese appressis quam in E. eylindrica sculptum. In cephalothorace unum tantum par pilorum video, ante foramina pseudostigmatica insitum, aliud in aliis speciebus oceurrens nulla ope hic conspicere possum. Pedes omnes undique dermate areolato-scabrato. Cephalothorax non den- tibus lateralibus ad pedum originem auetus. Ad 530 p. long.; 240 p.. lat. Habitat. Collegerunt CIl. Alluaud et Jeannel in Africa orientali. 200. Lohmannia parallela Berl. n. sp. — Testacea, M. mur- cioidi Berl. valde similis, sed multo minor, pallidior, lateribus corpo- ris intersese perfecte parallelis ; setis omnibus longioribus; organis pseudostigmaticis densius barbulato-ramosis (ramulis numero cir- citer 17). Ad 450 p.. long.; 210 p. lat. Habitat. Plura exempla huius speciei vidi collecta in lignis pu- tribus, ad fauces Jubae, in « Somalia italiana », a CI. Paoli. SYNONYMA. Il sottogenere Discourella, da me fondato altra volta (« Redia », vol. VI, fase. 2.°, p. 378, 1910) come sottogenere di Trackyuropoda parmi debba piutto- sto rientrare fra i Polyaspidini e fare genere a sè, distinto dal gen. Trachytes, che gli è il più vicino, col quale concorda anche per la spoglia giovanile per- sistente, che avvolge gli adulti, per lo scudo ventrale intero anche nelle femmine. La specie tipica e la mia Trachyuropoda (Discourella) discopomoides (loc. cit.), che però è sinonimo della Celaeno modesta Leon. ; ciò che ho riconosciuto col confronto coi tipi del Leonardi. La sinonimia di questa specie è complessa, perchè io la ho descritta due volte sotto nomi diversi, tratto in errore dalle parvenze della tunica e delle differenze tra animali nudi e vestiti. Ora però, dietro nuovo esame delle mie specie, trovo che la sinonimia è la seguente : Celaeno modesta Leon., 1899. = Trachyuropoda (Janetiella) bella Berl. (Firenze) 1905; = Trachyuropoda (Discourella) discopomoides Berl. (Piemonte) 1910. Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 23 Agosto 1916. « Redia », 1916. 12 ANTONIO BERLESE Via RomaNA, 19 — Firenze “SCUTELLISTA GIGANTEA ,, Berl., n. sp. Caput, pronotum, mesonotum et metascutellum peculiariter im- pressa, sive tuberculis rotundatis (hemisphaericis) pluribus, aeque- dissitis, sat intersese discretis, parvis, inter quos derma minute et complicate striolatum est ornata. Scutellum maximum, ultra triplo longius quam mesonotum, margine postico subtruncato, le- nissime incavato. Eius derma ad margines striolis longitudinalibus obsoletis et perexilibus exaratum, iuxta marginem posticum tamen derma in vitta quadam sat lata tuberculis caret et striis exilio- ribus, margini eidem subparallelis, pluribus est sculptum.. Axillae, ad marginem lateralem, striolis aliquot, valde exilioribus quam in S. cyanea, exaratae. Mesopleurae in parte superna et postica dimidia totae dense striis complicatis sculptae ; in parte antico-infera reticulatae, re- ticulo densiori quam in S. cyanea. Alae quartam circiter abdominis apicalis partem nudam relin- quunt, leniter terreo infuscatae, anticae (in foem.). 2500 p.. long. Abdomen vere conicum. Antennae leniter apicem versus incrassatae. Foem. ad 4 mill. long.; alis apertis 6500 p.. lat. Color corporis totus niger, vix atro cyaneo iridescens. Antennae ochraceo-castaneae, funiculo tamen obscuriori, castaneo-fusco. Pedes omnes villosi, coxa, trochantere femureque nigris; tarsis ochraceo-castaneis, summo apice distali articuli primi vix fusciori, 180 1 ANTONIO BERLESE extremo articulo castaneo-brunneo ; tibiis anticis ochraceo-badiis, ad dorsum et inferne tamen aliquanto fuscioribus, secundi et tertii paris fere totis nigro-castaneis, summo apice ad tarsum, tamen, ochraceo-badio. Mas foemina minor, sive 2500 p.. long. ; alis extremum abdomen obtegentibus. Totus niger, antennis pedibusque piceo-nigris, tar- sis, tamen, castaneo-fuscis. Habitat. Collegit Cl. Doctor Petrus Guicciardini in « Eritrea », e Ceroplastes mimosae Sign. (= Cl. africanus Green) exortam et mecum benignissime communicavit. (li estratti di questa Nota furono pubblicati il 13 Settembre 1916. Dorr. ETTORE MALENOTTI Assistente nella R. Stazione di Entomologia Agraria (Via ROMANA, 19 — Firenze) “ SIGNIPHORA MERCETI ,, Malen. n. sp. Nigrescens, concolor, capite vix pallidiori, antennis brunneis. Pedis coxis, trochanteribus, femoribus (posticis tamen vix palli- dioribus) tibiisque nigrescentibus ; tarsis fuscis, anticis aliquanto saturatioribus. Alae anticae fuscae, lineolis pallidioribus subpolygonaliter si- gnatae, nec non plicas aliquot, lineares, varie directas praebentes; area basali subovali, pallidiori, hyalina. Setae marginales lamina alari bene longiores. Seta discalis (discal dristle) praesens. Vena stigmatica brevi seta aucta; marginalis setis duabus conformibus, in dimidia parte distali insitis; vena submarginalis stigmatica et marginali simul sumptis aliquanto longior, basi seta una ; sub api- cem tribus aequedissitis ornata. Alae posticae vittiformes, setis marginalibus duplo latitudinem alae superantibus. Pedes medii tibia externe trispina, spina basali breviori, caete- ris tibiae latitudine bene longioribus, calcari interne tridenti ; fe- moribus spinis aliquot armatis, sive apicalibus tribus sat magnis, ad dorsum nonnullis minoribus, in series tres longitudinales dispo- sitis. 152 ETTORE MALENOTTI Foem. ad 660 p.. long.; 340 p. lat. Lamina alaris antica ad 510 pu. long.; 110 lat. — Mas ignotus. Habitat in Hispania. E Okrysomphalus dietyospermi Morg. exorta tria exempla vidi. C1. entomologo Richardo Garcia Mercet reveren- tissime dicata. OssERVAZIONE. Diftferisce dalla S. maculata Girault, che è la specie fra tutte del genere più affine alla presente, per il colore più eupo del corpo, per la pre- senza della setola discale alla base delle ali anteriori, per la maggior lunghezza della frangia alare, per la presenza di due pliche oblique anzichè di una (oblique streak) e di altre pliche sottili (una diecina) inerociantisi sulla lamina delle alì anteriori, in tutti i sensi, ma secondo un disegno costante per tutti gli .indi- vidui da me veduti. Gli estratti di questa Nota farono pubblicati il 21 Settembre 1916. Dorr. ETTORE MALENOTTI Assistente nella R. Stazione di Entomologia Agraria (VIA ROMANA, 19. — Firenze). NUOVI DIASPITI Lepidosaphes tuberculata Malen. n. sp. Femmina. Non molto allungata, misurando, se ovigera, 1080 p.. di lunghezza per 625 di larghezza. Anteriormente ristretta a guisa di cono, va allargandosi gradatamente all’ indietro, raggiungendo la larghezza massima al terzo anello pre-pigidiale, dopo di che si restringe rapidamente verso il pigidio, che al margine libero è trapezoidale. Il contorno del corpo, anteriormente liscio, si va facendo lobato agli anelli dell’ addome; ma i lobi che ne resul- tano, per quanto ben marcati, non sono mai molto sporgenti. I tre ultimi di questi lobi si presentano armati ciascuno di alcuni grossi peli-filiere, più lunghi nel primo anello pre-pigidiale, più corti negli altri due (v. Tav. I; fig. 1). Questi stessi lobi presentano, inoltre, presso il loro margine anteriore, tubercoli corti e tozzi, e che ritengo caratteristici. Essi sono in numero di uno per lato e per ciascuno dei tre lobi pre- pigidiali. Sono. conformati a capezzolo, con parete chitinizzata come quella degli anelli, che lo è discretamente, e non debbono confondersi nè con i tubercoli della Chionaspis unilateralis Nwst. nè con i denti triangolari acuti che si osservano ad es., nella Lepidosaphes citricola (Pack.) (v. Tav. I, fig. 2). Gli stigmi anteriori hanno sette od otto dischi ciripari bene sviluppati; i posteriori invece ne sono sprovvisti. 1584 ; ETTORE MALENOTTI Il pigidio, trapezoidale, presenta 5 gruppi di dischi ciripari perivulvari, di cui riporto esempi di formole : 5 12 12-9 19-21 14-12 18-20 In quanto alle appendici pigidiali, la figura che ne riporto (v. Tav. I, fig. 3) mostra a sufficienza la loro straordinaria so- miglianza con quelle delle due specie congeneri comunissime da noi, cioè: L. citricola Pack. e L. pomorum Bouché. Si hanno cioè tre paia di palette, di cui il secondo ed il terzo contigui, e con i lati interni delle palette mediane paralleli, oltre ai soliti peli- filiere, così disposti: due fra le palette mediane; due fra queste ed il secondo paio, due subito oltre il terzo; due in una successiva larga insenatura, e due o tre più esterni e più distanziati dai precedenti che non questi dai loro più interni. I peli-filiere più piccoli sono quelli più interni, eccetto i mediani, che sono svilup- pati almeno quanto quelli del terzo paio laterale. Per la grandezza, il pigidio di questa specie corrisponde presso a poco a quello della L. citricola Pack., e quindi è più piecolo di quello della L. pomorum Bouché. Follicolo femminile. Mitilaspiforme, posteriormente allargato, di- ritto o leggermente ricurvo, a contorno laterale talvolta ondulato, e posteriormente ad angolo ottuso smussato. Misura 2400 X 1330 p.. Ha seudo dorsale piuttosto convesso, di consistenza dura, opaco e di color bruno-rossastro, eccetto agli orli, dove è biancastro e sottile. La faccia esterna è lucida, talvolta segnata da leggieri solchi concentrici. La faccia interna è dello stesso color bruno- rossastro, ma non lucida. Il velo ventrale è biancastro incompleto. Le spoglie sono nude, situate ad un’estremità ed inclinate rispetto all’asse del follicolo. La prima spoglia, carenata, è di color paglie- rino; la seconda, solo leggermente carenata, di color bruno-aran- ciato, col pigidio più decisamente rosso (v. Tav. I, fig. 4). Follicolo maschile. È molto più piccolo del femminile; stretto e lungo, a lati paralleli o leggermente divergenti verso 1’ indietro. Misura 1440 X 375 t.. Ha superficie cilindrica, ed è di consistenza sottile, liscio, translucido e di color bruno-paglierino, più intenso NUOVI DIASPITI 185 presso agli orli. Spoglia molto allungata, sporgente per metà oltre l'estremità del follicolo e di color paglierino (v. Tav. I, fig. 5). Habitat. Ho trovato abbondanti esemplari, tanto femminili che maschili, di questa specie su entrambe le pagine di alcune foglie di Cymbidium tracyanum nelle serre della KR. Scuola di Pomologia delle Cascine a Firenze, il 3 maggio 1916. Sovra alcuni punti delle foglie gli scudetti erano ammassati e sovrapposti in gran numero. Molti follicoli femminili si presentavano forati da paras- siti, di cui furon trovate ninfe di caleidide nere e libere sotto altri scudetti. Si tratta quindi di specie ectofaga. I follicoli ma- schili, invece, si presentavano tutti integri. | Lepisodaphes diaspidiformis Malen. n. sp. Femmina. La femmina di questa cocciniglia si distacca notevol- mente, per la sua forma, dalla maggior parte delle specie conge- neri. Essa si presenta, infatti, molto larga nella regione anteriore, dove il protilo è quasi semicircolare. Mentre in esemplari rimasti con sole poche uova i lati del cefalo-torace divergono verso l indietro (v. Tav. I, fig. 6) in al- tri, distesi completamente e rimasti tali anche da morti per ef- fetto dell’ invasione di un fungo, il cefalo-torace rigonfiato è largo quasi quanto l’addome e dà all’animale più l’aspetto di una Dia- spis che quello di una Lepidosaphes, e da ciò il suo nome (v. Pavedo. ig: 1). Nel primo caso, il corpo misura 830 X 670 p.; nel secondo 1260 X 880. Il contorno del corpo è liscio anteriormente, ma gli anelli del. l'addome sporgono a guisa di lobi, però non molto protratti nè acuti, anzi piuttosto rotondati. I lobi dei primi due anelli pre- pigidiali soltanto, sono forniti di peli-filiere piuttosto numerosi, ma molto corti, molto più corti di quelli della specie precedente. I lobi anteriori, invece, non hanno peli-filiere. Stigmi anteriori con 4-5 dischi ciripari; stigmi posteriori senza dischi. Il pigidio della femmina è grande, largo e munito di cinque paia di palette, di cui quelle del 1.°, 2.°, e 4.° paio più sviluppate 1586 ETTORE MALENOTTI e più chitinizzate di quelle del 3.° e del 5.°. Quelle mediane sono le più grandi, tra loro. parallele, tanto larghe che lunghe, con i due lati leggermente concavi e divergenti, col margine posteriore conformato a ventaglio, rotondato e crenulato, mentre alla base sono appena più ristrette. Anteriormente, ciascuna di queste pa- lette è provvista, al dorso, di due grosse plaeche chitinose, corte larghe e rotondate; ed al ventre di due parafisi lunghe e sottili, poco bene visibili. Queste palette sono situate in una profonda insenatura centrale del contorno del pigidio, sì che il loro mar- gine posteriore non raggiunge o raggiunge appena la retta con- giungente i margini posteriori delle palette del secondo paio. Le palette mediane non si toccano, ma tra di esse intercede uno spa- zio grande quanto la loro larghezza ed occupato in parte da due grossi peli-filiere, i quali sono tra loro saldati per un certo tratto verso la base. Successivamente a ciascuna paletta mediana sone situati: un grosso pelo-filiera non molto lungo, in forma di triangolo acuto parzialmente chitinizzato ed a contorno leggermente ondulato ; lo sbocco di una grossa ghiandola dorsale; una seconda paletta più lunga che larga, rettangolare, con gli angoli smussati, diritta o leggermente rivolta verso Vasse del pigidio, a contorno liscio e provvista anteriormente di due piccole parafisi; una terza paletta più piccola e meno chitinizzata della precedente e di forma tra- pezoidale o triangolare, con gli angoli rotondati; un altro pelo— filiera conformato come il precedente; un altro sbocco di ghian- dola e poi la 4.* e la 5.* paletta, di poco diftormi rispettivamente dalla 2." e dalla 3.*. Segue un terzo pelo-filiera, conformato come Sopra; poi una insenatura larga e poco profonda, seguita da un pelo-filiera molto più piecolo e più corto dei precedenti, e tal- volta biforcato all’ apice. I peli semplici sono sottili e lunghi; i più interni più lunghi, i più esterni meno lunghi. Al dorso, se ne hanno due tra le palette mediane; uno nel mezzo della terza ed uno nel mezzo della quinta paletta, ed uno presso il piccolo pelo- filiera più esterno. Al ventre si riscontrano in egual numero ma disposti però più esternamente di quelli corrispondenti del dorso (v. Tav. I, fig. 8). L’ apertura anale, al dorso, e quella sessuale, al ventre, sono NUOVI DIASPITI 1587 situate alla stessa altezza, non molto distanti dall’estremo poste- riore del pigidio. Attorno alla vulva si hanno 5 gruppi di dischi ciripari variamente disposti e di eni riporto una formola : 10 15-14 15-9 Follicolo femminile. È molto largo, misurando 2080 u. di lun- ghezza per 1600 di larghezza. È appuntito all’estremità anteriore, da dove si dilata all’ indietro con margini pressochè rettilinei, e posteriormente dilatato e rotondato (v. Tav. I, fig. 9). Lo seudo dorsale è opaco, alquanto convesso presso le spoglie larvali, de- presso invece ai lati e posteriormente. Alle due facce, esterna ed interna, è di color bruno-violaceo cupo, ma più spiccatamente vio- laceo alla faccia interna, la quale, inoltre, è liscia per quanto non lucida, mentre 1’ esterna è alquanto sceabrosa. Le due spoglie, situate all’ estremità del follicolo, sono carenate e di color bruno; ma, coperte come sono da un velo grigia- stro, che cuopre la faccia esterna del follicolo, si distinguono ma- lamente da questo, eccetto la parte anteriore della spoglia larvale, che è nuda. Scudo ventrale incompleto, giallo-bruno, molto con- sistente agli orli e nella regione anteriore. Follicolo maschile. È molto più piccolo, più stretto e più pallido del femminile e misura 1240 X 370 p.. Ha lati pressochè paralleli, ma non è carenato, avendo la superficie liscia e cilindrica (v. Tav. I, fig. 10). La spoglia è terminale, rosso-bruna, mentre la parte tessuta del follicolo è bruna, e verso l’estremità posteriore gradatamente più chiara, fino a diventare quasi paglicrina all'orlo posteriore. Habitat. Femmine e maschi abbondanti alla pagina superiore di due foglie di Mirceujenia planipes Berg. raccolti nella provincia di Llanquihue (Chilì) dal Prof. Marcial Espinosa Bustos del Museo Nazionale di Santiago ed inviati cortesemente a questa R. Sta- zione il 29 maggio del corrente anno. Alcune femmine di questa specie erano attaccate da un fungo che ne riempiva tutto il corpo col suo minuto e fitto stroma. Esse si presentavano con gli anelli distesi e di color rosso-bruno cupo al cefalo-torace, mentre erano di color bruno-rosa al’addome. L’alte- , e fot clan MEN di » n La 9 0) ©) ETTORE MALENOTTI razione prodotta dal fungo era piuttosto profonda, sì da aver di- strutte in gran parte le caratteristiche dell’ epidermide. Dinaspis annae Malen. n. sp. Femmina. Allungata, alquanto ristretta anteriormente, con 1’ ad- dome più largo, ma non molto. Anelli del cefalo-torace molto svi- luppati, a margini glabri, non ondulati e tra loro pressochè paralleli nella regione posteriore. Gli anelli addominali, invece, lobati ai margini e gli ultimi tre pre—pigidiali provvisti di peli-filiere piut- tosto lunghi e numerosi (v. Tav. I, fig. 11). La chitinizzazione del cefalo-torace nella femmina ovigera ma- tura è in grado maggiore di quella degli anelli dell’ addome, ma non così forte come in altre specie congeneri. Gli anelli dell’ ad- dome, però, rientrano assai bene entro 1 astuccio formato dal cefalo-torace, e prima ancora che la femmina abbia terminato la deposizione delle larve (1), anche una buona parte del pigidio può esser coperta, al dorso, dagli anelli del torace. Il margine poste- riore della zona chitinizzata si presenta, dalla parte del dorso, rettilineo e nettamente marcato; e così l’animale, visto dal dorso nelle preparazioni microscopiche, ricorda, nel profilo, quello di una campana allungata. Allora esso misura 1350 X 550 p. Veduto direttamente, quando è morto e disseccato, si presenta di color giallo-bruno intenso, scaglioso, fortemente. carenato al dorso e coi bordì laterali arriceiati, come mostra la sezione sche- matica indicata dalla fig. 12 della Tav. IL: Nessuna particolarità degna di nota presentano le antenne. Presso gli stigmi anteriori si contano 8-10 dischi ciripari ; presso quelli posteriori se ne hanno 4-5. Il pigidio della femmina è piuttosto grande, a margine anteriore trapezoidale ed a margine posteriore largamente arcuato a guisa di semicerchio. Esso. presenta cinque paia di, palette, tutte longi- tudinalmente striate. Quelle mediane sono le più sviluppate, più lunghe che larghe, conformate a ventaglio, appena divergenti e (1) Ritengo che la specie sia vivipara, perchè ho trovato addirittura delle larve nel corpo della femmina. NUOVI DIASPITI 159 molto accostate tra loro. Il loro contorno libero è largamente ro- tondato. I margini laterali presentano spesso 4-5 erennlazioni; ma se ne hanno talvolta in numero minore, e non di rado, invece delle crenulazioni si hanno dei veri denti ad angolo retto. Il mar- gine posteriore, invece, è più spesso senza incisioni. Il contorno anteriore è provvisto di una corta e sottile parafisi al lato esterno, che è divergente, mentre i lati interni sono diretti irregolarmente secondo l’asse del pigidio. Presso il margine anteriore delle palette si osservano due piecoli tubercoli tondeggianti. Tra le palette me- diane non si nota appendice alcuna (v. Tav. I, fig. 18). All esterno di ciascuna paletta mediana sono successivamente» situati: un pelo-filiera piuttosto piccolo e corto — il minore di tutti —; lo sbocco, in forma di triangolo smussato, di una grossa ghiandola dorsale; poi altre due palette contigue tra loro. Esse sono di forma rettangolare, col margine posteriore in tutto od in parte crenulato e diritto, oppure liscio e rotondato, e coi margini laterali diritti. Le palette del secondo paio, più grandi di quelle del terzo, sono diritte o leggermente rivolte all’indentro ; più lar- ghe che lunghe, con la base più stretta, col margine posteriore talvolta tagliato da profonda e stretta incisione e con una piccola parafisi al margine interno. Le palette del terzo paio sono invece rivolte all’ infuori, più lunghe che larghe e senza parafisi. Se- guono : un secondo pelo-filiera più sviluppato del primo, lo sbocco di altra ghiandola conformato come il precedente, e poi, accostate tra loro, la quarta e la quinta paletta, poco diverse per forma e dimensioni dalle rispettive due precedenti. La chitinizzazione delle palette varia notevolmente ; però, più spesso, lo sono maggiormente quelle mediane, mentre le altre restano quasi ialine. Seguono an- cora : un terzo pelo-filiera, pure bene sviluppato; lo sbocco di altra ghiandola; poi tre denti molto larghi e poco sporgenti, ai quali corrispondono gli sbocchi della 4.*, 5.* e 6.° ghiandola dor- sale; indi un 4.° pelo-filiera. Oltre di questo, si ha infine un altro dente largo, di solito più sviluppato dei precedenti, sotto lo sbocco di altra ghiandola. Peli semplici grossetti si hanno al margine esterno delle palette mediane, del secondo e terzo gruppo di pa- lette e presso - il 4.° pelo-filiera. Al dorso del pigidio, le ghian- dole dorsali sono grandi e poco numerose. L’ apertura anale è 190 ETTORE MALENOTTI situata molto all’ innanzi. Al ventre, Vl apertura sessuale è pure situata molto all’innanzi, a differenza di tutte le altre specie conge- neri, eccetto la D. permutans (Green) e la sua varietà verecunda (Green) le quali V hanno situata più all’ indietro, verso il centro dell’area pigidiale. Mancano i dischi ciripari perivulvari. Follicolo femminile. Molto allungato, con i lati per i primi due terzi rettilinei ed alquanto divergenti all’indietro, e con l'estremità posteriore ottusa. Misura 2040 X< 570 p.. Ha seudo dorsale oscuro, grigio-bruno da entrambe le facce, denso, ma con Vestremità più sottile e sfumata in chiaro. Molto convesso, con carena abbastanza ben visibile verso il terzo posteriore. Scudo ventrale biancastro, denso, pressochè completo. Spoglie all’estremità anteriore del fol- licolo: la prima spoglia, di color paglierino; la seconda, giallo— bruna; ma, per la tessitura del sottostante follicolo, poco ben distinta dal colore di questo (v. Tav. I, fig. 14). Follicolo maschile. Candido, con i lati paralleli e con la estremità posteriore ad angolo aperto, smussato. È provvisto di una larga ca- rena mediana a superficie cilindrica, limitata da due profondi sol- chi laterali, e di dune carene marginali. I margini del follicolo non sono rettilinei, ma qua e là slabbrati, sì da ricordare quelli del follicolo maschile della D. permutans (Green). Spoglia larvale di color grigio-bruno. Dimensioni: 1050 x 345 p.. (v. Tav. I, fig. 15). Habitat. Abbondantissimi follicoli femminili e maschili su rami di Citrus medica acida, insieme a Lepidosaphes citricola Pack. e ad Aonidiella aurantii (Mask.) raccolti all’ Isola Barbados dal Prof. H. A. Ballou ed inviatici da lui cortesemente il 4 luglio del cor- rente anno. Questa specie somiglia molto alla D. permutans (Green) ma se ne distingue per il follicolo femminile decisamente opaco, oscuro e carenato, anzichè trasparente e chiaro; per il colore della fem- mina, non mai violaceo, ma bruno-cupo, per il maggior numero di dischi ciripari peristigmatici e per le palette mediane più spor- genti delle altre anzichè meno sporgenti ecc. Essa porta così, se non erro, a 15 il numero delle specie e sot- tospecie del genere Dinaspis Leon. Non sarà male perciò ch’ io esponga qui sotto un primo tentativo di raggruppamento delle medesime, in forma di chiave dicotomica, il eui valore, giova ri- NUOVI DIASPITI 191 cordare, è relativo alle cognizioni attuali circa il numero delle specie sinora note di questo genere, ben lungi dall’essere al com- pleto. Mi pare opportuno considerare qui, che per una gran parte di queste specie non si sono descritti i follicoli maschili, non solo; ma i caratteri di essi non figurano nemmeno nella definizione del genere, data da Leonardi, che lo istituì. Nella descrizione delle singole specie, VA. non descrive il fol- licolo maschile altro che per la D. giffurdi Leon. di cuni dice che è « simile al femminile, però coi margini laterali quasi paralleli tra loro » (1) essendo il femminile abbastanza consistente e bianco niveò. Io invece, delle quattro specie da me istituite, ho trovato sempre in abbondanza i follicoli maschili, i quali sono 0 paglierini (D. berlesei) o nivei (D. reticulata, retic. var. minor, annae Malen.). Nivei sono pure quelli della /D. permutans (Green) e della sua var. verecunda (Green). Gli uni e gli altri, sempre più o meno carenati. Per le specie di questo gruppo adunque, il genere Dinaspis si ac- costa al genere Chionaspis (2) anzichè al sottogenere Coccomytilus delle Lepidosaphes, ciò che, dal punto di vista sistematico, non mi sembra trascurabile. Se anche le altre specie mostrassero gli stessi caratteri, il genere Dinaspis potrebbe trovare la sua vera posi. zione nel gruppo dei Diaspides, ed acquistare, con un carattere di più, maggiore stabilità. Mancandomi dunque le notizie al riguardo, non ho potuto tener conto dei follicoli maschili che in via secondaria e per poche spe- cie; tuttavia mi è stato possibile il raggruppamento nell’ ordine che segue; riportando, prima, per maggior chiarezza, i caratteri del genere forniti da Leonardi : (3) « Femmina. Corpo stretto, assai allungato, coi segmenti del to- race, specie col secondo, lunghissimo in paragone di quanto osser- vasi nelle forme congeneri. (1) LeoNnARDI G., Contributo alla conoscenza delle Cocciniglie dell’ Africa occi- dentale e meridionale. Portici, Della Torre, 1914, pag. 216. (2) Il genere Chionaspis, com’è definito da vari autori, comprenderebbe specie con femmine sempre provviste di dischi ciripari perivulvari; ma la C%. denti lobis e la Ch. substriata Nwst. sono sprovviste di tali dischi. (3) LEONARDI G., Contributo alla conoscenza delle Cocciniglie della Repubblica Argentina, pag. 282. Portici, Della Torre, 1911. 192 ETTORE MALENOTTI Regione cefalo-toracica, quando l’insetto raggiunge la maturità, fortemente chitinizzata così da costituire un robusto astuecio entro cui vien ritirata completamente la regione addominale, la quale conserva, al contrario, l'epidermide molle e pieghevole. Pigidio con palette e peli-filiere ; lobi dei segmenti addominali con peli-filiere. Mancano i dischi ciripari perivulvari. Follicolo femminile. Mitilaspiforme, allungato, colle esuvie situate ad un’estremità. Velo ventrale robusto, completo o quasi ». Epidermide della femmina ovigera, eccetto agli ultimi anelli del. l’addome, suddivisa alla faccia interna in numerose aree poli- gonali da fossette sottili, formanti un reticolato. . . . 1. — — — — senza reticolazione ... .......;. 2 |. Pigidio con due paia di palette ; follicolo maschile con carena incompleta ed appena marcata . . . D. reticulata Malen. _ con tre paia di palette; follicolo maschile leggermente tricarenato . .00%- | st9 0 D. ret var. miror: MalenlX(b: 2: Pividio Con ‘cinque paia di palette leo 0 _ con meno -di cinque paia di palette... .. .. . i. Cb. 3. Pigidio con due peli-filiere tra le palette mediane . . . . eine I A ni DI Po RR A 4. Follicolo femminile opaco, molto scuro, grigio-bruno, con ac- cenno: di carena: +0 a lat an DI eno MM aloni n _ trasparente, ocraceo-pallido, non carenato . 5. _ senza peli-filiere tra le medesime . . . . 5. Follicolo femminile e femmina conformati normalmente RI e E — _ — — di solito contratti e notevolmente contorti, semi-nascosti alle ascelle delle vene fogliari 5 . + D. permutans var. verecunda (Green). ARE SF25 a biango=nived: 0,10 SOS Rea: 6. Follicolo femminile bianco-sporco oppure scuro (1) Le differenze tra questa varietà e la specie-tipo sono talmente forti, che forse è meglio considerare la prima come una specie a sè, NUOVI DIASPITI 193 7. Follicolo femminile nero-verdastro (1); pigidio con tre paia di palette e con due peli-filiere tra le palette mediane ; MEN e o. Dierichesvi Teo — — bianco-sporco ; pigidio con due paia di palette e senza peli-filiere tra le palette mediane. D. distinta Leon. 8. Pigidio con due peli-filiere tra le palette mediane. aa D. lahillei Leon. — sprovvisto di peli-filiere tra le medesime . . . 9. 9. Pigidio con un sol paio di palette — le mediane — grandis- sime, oltre le quali non vi sono che rudimenti di palette, ap- POBSSVISEDIlI., } o 03 ea a De gifardi Leon. — con tre paia di palette, tutte ben visibili, e di cui quelle del terzo: paio dentiformi.. .- . . ..... 10. 10. Stigmi anteriori con 4-5 dischi ciripari. D. berlesei Malen. (2) DO — senza-disebi ‘ciripanio vi asl. ele. 004 II. Follicolo femminile piuttosto espanso, romboidale. . . ; I ce ee e la a ADI lounadburyi Lieod. — ts molto lungo e stretto, a lati quasi paralleli. alla a ha ae a Da pseudomorpha Leon. Firenze, R. Stazione di Entomologia Agraria, 12 settembre 1916. (1) Il Leonardi, dalle cui descrizioni e figure ho tratto gli elementi per la classificazione delle sue specie di Dinaspis, parlando della D. ichesii dice essere il follicolo femminile di color « atro-vireo » ; ma forse questa parola, che non esiste in italiano, vuole esprimere il concetto della parola latina atro-virens, che va tradotta nero-verdastro ; e perciò ho creduto opportuno sostituirla con quest’ultima. (2) L’epidermide del secondo e terzo anello toracale di questa cocciniglia mostra, dal lato ventrale, piccole e numerose papille coniche, chitinizzate alla sommità, di diverse grandezze e con l’ asse rivolto all’ indietro, Esse sono di- sposte lungo le pieghe trasversali dell’ epidermide ; talvolta sono solitarie, più spesso raccolte in serie di due, tre, sei ed anche più, ma le serie più nume- rose sono formate dalle papille più piccole. Queste papille mancano verso i lati del corpo, mentre abbondano nella parte centrale, specialmente attorno agli stigmi posteriori. Si distinguono bene schiarendo gli insetti con soda bol- lente (v. tav. I, fig. 16). « Redia », 1916. 13 ETTORE MALENOTTI ARRIVO SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I 194 ie » 2. » » d. » » 4, » » 5. » » 6. » » UO » » 8. » » 9. » DELOS » î È 4l » 11. Dinaspis annae Malen. Femmina ovigera, dal dorso (7) DIVDI2, » » st IE » » D'UId, » » bi La » » . Lepidosaphes tuberculata Malen. Femmina ovigera, dal ventre (7) » diaspidiformis Malen. Femmina ovigera, dal ventre (1) » 1 » Margine lobato dei tre anelli pre-pigi- diali della 9, con i caratteristici tubercoli (7) . » Pigidio della 9, dal dorso CP) » Follicolo femminile, dal dorso 16 » » maschile dal dorso (È » » con gli anelli distesi » Pigidio della Q, dal dorso (7) » Follicolo femminile, dal dorso (FP) » » maschile, dal dorso (È) 1 Sezione trasversale schematica della Q morta e disseccata naturalmente (7) . 1) Pigidio della Q, dal dorso (*° Follicolo femminile, dal dorso (È) » maschile, dal dorso (1) » 16, Dinaspis berlesei Malen. Papille dell'epidermide ventrale della Q, presso n ee .__: (460 gli stigmi posteriori (F) 1 Gli estratti di questa Memoria furono pubblicati il 12 Ottobre 1916. Dorr. ETTORE MALENOTTI Assistente nella R. Stazione di Entomologia Agraria (VIA RoMmaANA, 19 — Firenze) PROSPALTELLA FASCIATA Malen. n. sp. Foem. Caput subaurantiaceum, superne nigricans, oculis rufo- brunneis, antennis subfuligineis. Thorax pallide flavidus, pronoto fusco, mesonoto tantum in parte antica fuscescenti, axillis, tegu- lis, pleuris et metanoto fusco-subnigris. Pedes subpallidi; alae hyalinae. Abdomen basi fuscus, caeterum pallide flavidus, segmen- tis 4-7 ad latera fuscescentibus. Oviscaptum nigricans. Fig. 1. — Ala anteriore di Prospaltella fasciata Malen. ingrandita 125 volte. Caput vix thorace latius, fronte oculisque villosis. Antennae scapo vix fusiformi; pediculo sensim clava latiori. Clava orga- nis sensoriis praedita, segmentis intersese statura subaequalibus. 196 ETTORE MALENOTTI Corpus crassiusculum et robustum. Pronotum setis aliquot mar- ginalibus ornatum. Seutum reticulo tenui exaratum, tantum qua- dripilum. Seutellam obsoletius reticulatum, quadrisetum. Tegulae et scapulae exillime striatae; axillis et pleuris reticulatis. Alae anticae amygdaliformes, setis marginalibus vix latitudine alae curtioribus (sive circites = latitud. alae aequant.). Pili diseum obtegentes longiuseuli. Vena marginalis submarginali longior et margine postico basi in plicam exilem attenuato, quae plica alam obliquae signat. Vena stigmatica acute desinens, angulum valde obtusum cum marginali sistens. i Calcar tibiae anticae bifidum. Long. corporis 625 p.. Lat., alis apertis, 1290 p.. Mas ignotus. Habitat. Plura exempla collegi parasita Chrysomphali dictyo- spermi (super Sanseviera arborescens), in calidariis, Florentiae. OSSERVAZIONE. La specie ricorda assai da vicino la P. lutea Masi; ma se ne distingue per la clava mal distinta dal funicolo, per due setole di meno sullo seudo e per differenze nella colorazione. Gli estratti di questa Nota furono pubblicati il 25 Ottobre 1916. GIACOMO DEL GUERCIO Gontribuzione alla conoscenza degli Afidi Sotto questo titolo presentiamo all’osservazione varie note sugli Afidi, dei quali alenni sono della fauna italiana, o di altri paesi d’ Europa, e le rimanenti sono del continente africano, o di America. Delle specie, che nelle diverse note si trovano esaminate, non poche hanno notevole, o grande importanza economica, e le altre meritano di essere conosciute solo come nuove, o perchè non ancora figurate, o descritte insufficientemente. Delle une e delle altre ci pare di aver qui detto abbastanza, per ora, per porle in vista. In seguito ne estenderemo anche meglio le notizie necessarie, per avversarne efficacemente la diffusione. E a quest’ultimo intento, che è sempre il principale nel genere dei nostri lavori, giova ricordare che, anche la semplice denunzia della presenza di specie nocive, su piante degli altri paesi, può essere talvolta sufficiente, per evitare nuovi guai di invasioni da noi. La qual cosa giova ricordare particolarmente per gli amatori ed importatori di nuove e note piante, giacchè con queste ci perven- gono spesso anche gli insetti ospiti, che anche quando appariscono innocui nel loro paese di origine, possono riuscire gravemente mo- lesti nel luogo di importazione. I. — Intorno ad un nuovo nemico delle Rose. 1. Francoa elegans. (Tav. II, figg. 12). Si tratta di una specie di Afidide mai notata fin qui e che, per vivere sopra piante a portata di mano e diffusissime per tutto, ci 198 GIACOMO DEL GUERCIO sorprende non poco che possa essere sfuggita a quasi mezzo secolo di ricerche reiterate. Le quali furono condotte per opera del Pas- serini, prima, del Ferrari e del Macchiati, e poi a tutte le nostre, fino alla prima decade del Giugno decorso, quando l’abbiamo rin- venuta sulle foglie delle piante coltivate, nel parco del Bobolino, ai viali dei Colli. I rosai di questa città e dei dintorni sono stati visitati da noi da quasi venti anni; quelli del Bobolino li vediamo poco meno che di continuo, ma le osservazioni non si sono mai imbattute in forme come quelle, che formano l'oggetto di questa breve nota. Sulle Rose, prima d’ora, erano stati rinvenuti Afidi dei generi Hyalopterus, Lachnus, Myzus e Siphonophora (1). Quello trovato da noi non appartiene a questi generi, e nettampoco ad altri della famiglia. Diamo la descrizione delle femmine partenogeniche attere per sistemarle nel modo più conveniente desiderato. Le forme adulte dell’ Afide in esame sono di un bel verdognolo pallido, assai delicato, abbastanza uniforme. Il loro corpo, per altro, è piriforme, tanto allungato che appare quasi a contorno ellittico, essendo appena più largo nella parte posteriore. Tutto il corpo pvi è sul dorso, non liscio, ma scabrosetto, a causa di una piccolissima foveolatura, formata di fossettine picco- lissime, ovali e trasverse, ben distinte a notevoli ingrandimenti, in modo particolare sui somiti dell’addome. Il capo è piccolo, del colore del corpo ed a contorno quasi tra- pezoidale, con l’altezza eguale alla metà della sua base maggiore. Il suo margine frontale è ornato agli estremi di molto larghi tuber- coli antenniferi, distinti, ma non molto rilevati, col lato interno ornato di ur pelo capitato, a capitazione asimmetrica, conformata a testa di uccello, o quasi. Il margine della fronte, compreso fra i due tubercoli indicati, è leggiermente convesso; ma, invece di essere libero, come in tutte le specie dei generi della famiglia, indicati, e in quasi tutti gli al- tri, è occupato pressochè del tutto da una sporgenza trasversale, a (1) Vedasi: LICHTENSTEIN I., Les Pucerons (Catalogo), pag. 113. Montpel- lier, 1885. CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 199 contorno fra il trapezoidale ed il rettangolare, distintamente mar- ginata, appena retusa anteriormente, e verso la sommità dei lati ornata di un pelo capitato per parte, simile a quello riscontrato sul lato interno dei tubercoli antenniferi sopraindicati. La sporgenza descritta è poco meno di due volte più corta che larga e sporge sulla froute poco più dei tubercoli antenniferi. Le antenne sono corte, ma distintamente setiformi, col primo articolo molto grosso ed asimmetrico ; il secondo quasi cilindrico, per un terzo almeno più sottile e non distintamente più corto del precedente ; il terzo è abbastanza lungo, striato evidentemente di trasverso, e subeguale al doppio del quarto; questo è cilindrico anch’ esso e subeguale al seguente, che è striato al pari dei due precedenti ed il seguente, con l’appendice ; il quinto però è quasi clavato, essendo notevolmente ristretto verso la base; porta un’ area sensoria orbicolare, ed è della lunghezza e della forma del sesto; questo porta un’ appendice cilindroide o filiforme, poco più lunga di esso. Le antenne con la loro estremità raggiungono il margine posteriore del mesonoto, ed il rapporto lineare fra i loro diversi articoli è il seguente : O O IA Di E IRA FAP ICI 1: SANI i "VIIDI (BET Il rostro è del colore del corpo, tranne che nella estremità del- l’ultimo articolo, il quale arriva al margine posteriore del meso- sterno. Dei tre articoli che lo compongono il primo è il più lungo di tutti, segue il terzo, ed il secondo è il più corto; tutti e tre eguagliano insieme la somma del terzo e del quarto articolo delle antenne. Gli occhi sono grandi, ma non molto rilevati, e di color vinoso intenso. Il torace è foveolato come il capo e V addome, col pronoto a contorno distintamente trapezoidale e con la base bene incassata nel mesotorace, che è arrotondato negli angoli anteriori nel modo indicato dalla figura, che mostra anche i rilievi di cui il pronoto è ornato. Non vi sono sporgenze nei lati dei rimanenti somiti, cosicchè le loro linee ne formano come una sola, fino quasi alla estremità dell'addome, dove è l'attacco della codetta. LI, 200 GIACOMO DEL GUERCIO Le stesse divisioni fra i somiti, pure essendo sensibili, non sono assai accentuate e si presentano nelle giunture come è indicato dalle strie trasversali della figura riportata. Le zampe sono di media lunghezza e di robustezza corrispon- dente. Sono per altro del colore del corpo ed appena ispidule, per quanto i tarsi volgano leggiermente al bruniccio. È Nella figura le tibie anteriori sono presentate di scorcio, e per ciò sembrano molto più corte delle medie, mentre in realtà sono È . ». - 84 o, ira uguali, e le une e le altre corrispondenti ai -+ delle posteriori, 45 le quali sono invece i -7 della lunghezza delle antenne. I femori sono gradatamente crescenti dal primo al terzo paio, mentre dei tarsi quelli delle prime due paia resultano per un quinto circa più corti di quelli posteriori. Le tibie delle zampe posteriori si trovano disegnate in modo da rappresentarle nella loro reale lun- ghezza, e però da esse si possono desumere quelle delle altre zampe, servendosi delle notizie indicate. La forma dell’ addome non ha bisogno di essere descritta, perchè corrispondente a quella del disegno presentato. Di esso il decimo somite, nel suo arco dorsale è rappresentato da un pezzo trian- golare isoscele molto trasverso. Sull’ arco del sesto segmento addominale sono i sifoni, inseriti nell’incavo di un piccolo argine, conformato a semicerchio. I sifoni sono clavati, ma larghi all’origine, poi più oltre i due terzi inarcati dalla base, e volti quasi in fuori, con la sommità rigonfiata, dalla quale si scorgono poco le piccole aperture, che sono orbicolari, e non evidentemente slargate, nè con i margini sporgenti distintamente intorno ad esse. Di questo dà una idea precisa la figura riportata. La lunghezza dei sifoni è mediocre, ma sono per forma e posi- zione molto eleganti ed ornamentali per 1° Afide. La codetta è notevolmente più corta dei sifoni, dei quali è circa la metà. È ispidula, robusta e ornata di rari peli. Quando ora si voglia trovar posto per la specie fra quelle della famiglia descritte, bisogna cercare fra i generi dei Macrosifonidi (Macrosiphonides nob.) e con particolare riguardo fra quelle del gen. Rhopalosiphon Koch, nel quale, meno quelli ad essa proprî, si riseontrano le caratteristiche descritte: tubercoli frontali di- CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 201 stanti, evidentemente rilevati, fronte convessa, sifoni clavati, co- detta distinta. A differenza, però, dei Rhopalosiphon, la specie in esame, come è stato detto, presenta una grossa sporgenza medio frontale, che non si riscontra in nessuno di essi. Inoltre, il corpo foveolato non era stato ricordato fin ora che per le specie del gen. Siphocoryne Pass., dalle quali distingue la presenza dei tubercoli frontali. Siamo costretti per tanto ad istituire un nuovo genere, che riassuma questi caratteri a confronto dei due altri ricordati, e que- sto facciamo limitandoli nel modo seguente : A. Tubercoli frontali distintamente rilevati. B. Margine frontale compreso fra i tubercoli, libero . . . . teen aa e n Me, A Nopalosiphnon. -Koek. BB. Margine frontale occupato da una grossa sporgenza unica, di forma diversa . . . . . . . Gen. Francoa n. 9g. AA. Tubercoli frontali nulli, non rilevati. Gen. Siphocoryne Pass. Il genere Francoa deriva il suo nome da quello di un beneme- rito dell’ insegnamento, il chiarissimo Prof. Franco, Preside del. l’Istituto Tecnico di Napoli; mentre alla specie diamo il nome di Francoa elegans. La Francoa elegans vive, come abbiamo detto, nella pagina in- feriore delle foglie delle Rose e alla estremità dei germogli di queste piante, al pari dei Macrosiphon, dei Myzus e delle specie di Hyalopterus a suo luogo ricordate. Nel mese di Giugno, quando V abbiamo raccolta, ci è parso di vedere che gli effetti della sua presenza, sugli organi della pianta indicati, si appalesano con gravità maggiore di quella, che si attri- buisce certamente al Macrosiphon rosae De Geer. ed al My2zus ro- sarum Kalt. Quanto alla difesa, ancora non abbiamo avuto modo di occupar- cene, ma riteniamo che i mezzi stessi escogitati contro le due al- tre specie ora indicate, servano ugualmente ad aver ragione di quella nuova, introdotta probabilmente con le stesse piante da noi, n E e so) =) bo GIACOMO DEL GUERCIO II. — Due altre specie di Afidi nocivi al Pesco. 2. Anuraphis persicae niger (Smith). — 3. Aphis sp. Occorre che i frutticultori europei si preoccupino di ostacolare la diffusione di altri due Afidi nocivi alla pianta del Pesco, giac- chè, per quanto di regioni assai lontane, uno di essi si trova già sul continente europeo, e se non vi è ancora arrivato, prima 0 poi vi comparirà anche l’altro. La prima delle due specie, che segnaliamo all’ attenzione dei frutticultori, è V Aphis persicae niger Smith, degli Stati Uniti di America, dove i pratici la conoscono col nome di Black peack Aphis, o Afide nero del Pesco. La specie, da comprendersi anch’ essa nel nostro gen. Anuraphis, è prossima ai comune ed antico Afide nero del Pesco, o Anura- phis persicae (Boyer). Noi l'abbiamo rinvenuta da poco in Italia: la prima volta ne scorgemmo, casualmente, la traccia soltanto, sopra radici di piante, che, presso il ponte di Valle Crosia, ci dissero venute di Francia, nel 1912. Due anni più tardi l’ abbiamo trovata in Toscana; ne abbiamo esaminato le femmine vivipare attere, e possiamo essere certi della determinazione indicata. Le radici delle giovanissime piante di Pesco infette non sono di forme nostrali, ma di varietà americane abbastanza diffuse fra noi. Ad ogni modo, esse, in corrispondenza delle parti occupate dal- l’insetto, presentano delle zone irregolari nere più o meno estese, e la colorazione è talmente persistente, che rimane pur dopo che quello ha lasciato le radici, per l’intristimento successivo e la morte della pianta. Quando le famiglie dell’ Afide sono ben numerose, si colora anche la terra, che è a contatto delle radici, e la caratteristica colora- zione pone allora anche in maggiore evidenza la presenza del. l’ insetto, o il suo passaggio. Data, per altro, la tinta nera anche dell’Afide e le sue piccole dimensioni, non è facile scorgerlo, senza attenta ricerca, nelle zone ugualmente colorate delle radici da esso occupate. do dea i : ‘Raf ; CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 203 Giova ricordare tuttavia che a differenza della specie nostrale, questa vive sui rami del fusto, e non sulle radici; sicchè quando le parti sotterranee delle piantine di Pesco si trovano infette, l’ Afide è certamente quello d’ America. Il Black peach Aphis degli Americani è stato notato da molti anni in America, e gli Entomologi americani, che di recente se ne sono occupati, ritengono probabile che vi sia stato importato dall’ Asia. Da una parte o dall’ altra, il certo è che esso arreca nel Colo- rado danni gravi, e che con gli stessi effetti si è appalesato da noi sulle poche piante esaminate. Attualmente le piantine infette sono ancora assai rare e, che si sappia, tutte di varietà americane, con le quali V’Afide è ve- nuto fino a noi. Quelli dei frutticulturi, che non acquistano le piantine in Ame- rica, ma nei nostri mercati, possono avere la infezione con le femmine attere dell’Afide, il quale con le femmine alate passe- rebbe ad infettare le piantine degli altri stabilimenti vicini, che ottengono le piante dai semi, senza importarne di fuori. Dagli Stati Uniti però è più probabile che l insetto arrivi in Europa allo stato di uovo. L’ altra specie di Afide, nociva al Pesco in India, non è stata sufficientemente descritta ed è restata indeterminata. Ma sono stati indicati chiaramente, invece, i tristi effetti, che la presenza dell’ insetto porta sulle piante. Da quanto si conosce al riguardo quest’Afide rappresenta una vera peste per il Pesco. Esso, come si rileva dall’ « Indian Museum Notes » vol. VI, n. 1, p. 70-71, ricopre completamente le estremità dei nuovi germogli e le foglie dei giovani alberi, e succhiandone gli umori i germo- gli abortiscono completamente. I giovani alberi attaccati presentano tutte le punte dei rami infetti contorte a spira, i giovani germogli restano nani, avvizziti e bruni, della lunghezza di alcuni pollici, invece di due piedi, determinando così un rapido arresto di tutto l’ accrescimento della pianta. Il fogliame svoltosi durante la infezione, nella primavera, si increspa, mentre si irrigidisce, prendendo la tinta bruna sopra- indicata, e muore. Nelle pieghe delle foglie così deformate, finchè f Eater 204 GIACOMO DEL GUERCIO queste non muoiono, si trovano tutte le forme dell’ Afide, dalle più piccole larve agli adulti atteri ed alati. Uno degli alberi giovani esaminati presentava tutto il fogliame alterato nel modo indicato e morì evidentemente per causa della infezione. La specie fu trovata sopra alcuni alberi di Pesco dell’ Eastern Dun, nel North India, dove dall’ 11 al 15 Maggio si trovarono tutti gli stadî dell’ Afide, che vi si moltiplica rapidamente. PER OSTACOLARE LA DIFFUSIONE DEI DUE AFIDI. Il primo provvedimento inteso a questo scopo consiste nella im- munizzazione di tutte le piante di Pesco, che da qualunque altro paese si importano da noi, adottando metodo e mezzi proprì al conseguimento dell’effetto indicato. Ove si trattasse di distruggere la infezione sopra piantine in riposo, e quella fosse rappresentata da uova, per liberarne le piante introdotte si operi nel modo seguente. In una botticella delle dimensioni di una comune bordolese, o in un grosso barile ad un sol fondo (secondo il numero delle piante da difendere) si prepara una miscela alcalina di olio pesante di catrame, 0 di petrolio nero, con le quantità dei diversi ingredienti appresso indicati. Ollo *ditcatrameniti e a a SUS TORI Soda del commercio (Na C0* . . . . Kg. 4 AGIO NES SIRO CO DELIA MELATO Si pone lVolio di catrame nel fondo della botte ; sì sciolgono î 4 Kg. di Soda in 10 litri di acqua bollente; si versa la soluzione sull’olio di catrame e si mescola il tutto convenientemente ; poi continuando ad agitare la massa liquida formatasi, vi sì uniscono gli altri 80 litri d’ acqua per arrivare a 90, e nel liquido si immer- gono le piantine di Pesco, che si vogliono liberare dalla infe- zione. Dieci minuti di immersione sono sufficienti per la distruzione delle uova di tutti gli Afidi viventi sulle piante coltivate. La immersione delle piante deve essere completa, perchè tutte CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 205 le loro parti restino, pel tempo indicato e di poi, esposte ugual- mente all’ azione del liquido insetticida; e perchè così avvenga basta imprimere un leggiero movimento al fascio delle piantine immerse; ciò che serve ngualmente a tenere sospesa per tutta la massa liquida la stessa quantità di materia attiva, per conseguire il massimo effetto nocivo eontro l insetto. Dopo i dieci minuti di immersione il fascio delle piantine si tira fuori, per lasciarle asciugare così come si trovano e poi si portano a destinazione. Ove invece le piante ricevute fossero da tempo già poste a destinazione, conviene adoprare altri liquidi, per conseguire lo stesso effetto, senza danno per le piante. AI? uopo, in 10 litri d’ acqua, nella quale sia stata posta una manata di cenere bene stacciata, si diluisce un Kg. e mezzo di estratto di Tabaeco e la soluzione si allunga con altri 80 litri d’ acqua. A parte si scioglie un Kg. e mezzo di sapone in 10 litri di acqua bollente. Si versa la soluzione di sapone in quella all’ estratto di Ta- bacco e con il liquido che ne resulta si irrorano largamente le piantine che si vogliono liberare dai due Afidi. Dopo una settimana si ripete Vl operazione per sopprimere quelle piccole famiglie degli insetti, che potrebbero essere sfuggite nella prima difesa. Ma ove le piante fossero attaccate dall’ Afide americano, che si annida anche sulle parti sotterranee dei piccoli peschi, le ope- razioni indicate non sarebbero sufficienti per sopprimervi l’ insetto. Per colpirlo anche nel terreno, al momento della difesa della parte \fuori terra del Pesco, se ne mettono allo scoperto le radici, e poi si procede alla difesa di tutta la pianta, compreso il fittone, conseguendo una economia notevole di mano d’opera e di liquido insetticida non indifferente. Le piante si rincalzano di poi mano a mano che vengono difese. Per la difesa delle piccole piantine può riuscire economico an- che l’ impiego dell’estratto di tabacco preparato nel modo indicato. Per piante più grandi converrà meglio V uso del miscuglio all’olio di catrame surriferito, diluito nella ragione del 3 al 4 °/, di ma- 9 n ‘ 4 "eù ”, — ii 33 | na | : i nd tI 206 GIACOMO DEL GUERCIO teria attiva, invece che al 7-10 °/,, che è stato ivi consigliato per distruggere anche 1’ uovo dell’ insetto. III. — Una nuova divisione del gen. Aphis ed una nuova specie di Afide del Colorado. 4. Hayhurstia deformans sp. n. (Tav. II, figg. 3-5). Già altra volta, per rendere meno laboriosa e più sicura la de- terminazione delle specie numerosissime dell’antico gen. Aphis L. le abbiamo raccolte in divisioni generiche diverse, fra le quali una fu indicata col nome di Uraphis. Questa divisione è caratterizzata essenzialmente dall’ avere la codetta distintamente più lunga dei nettarî o sifoni. Sicchè essa ha verso il genere Aphis L. quella stessa consistenza che ha il genere Hyalopterus, rispetto al genere Myzus. Ora, nel genere Uraphis si trovano tanto specie con sifoni cilin- drici, quanto specie con sifoni clavati. Queste ultime le distin- guiamo dalle altre e le raggruppiamo sotto la denominazione di Hayhurstia, dal nome del distinto entomologo americano, che ci ha comunicato la specie qui in esame. La specie tipica, per caratterizzare il nuovo genere, si trova sui ‘henopodium e sulle Atriplex del Colorado; e ne diamo i caratteri morfologici e le figure relative, per meglio fissare le differenze non pure fra il nuovo genere e il gen. Anuraphis, ma anche col genere Aphis L., ex part., per dare ragione di tutte e due le divisioni indicate. L’afide in esame ha la femmina attera alquanto polverulenta, quasi ovata, piuttosto allungata, poco più ristretta davanti, col capo a tubercoli antenniferi appena bene accennati dal lato ante- riore od interno, e da questa parte più corti della metà del margine frontale compreso fra essi, il quale è distintamente convesso. Le antenne sono subeguali alla metà della lunghezza del corpo, con i due primi articoli quasi uguali in lunghezza, ma uno note- volmente più grosso dell’ altro e così lungo che largo, mentre il CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 207 secondo è più allungato e tendente al vescicoloso nella metà ter- minale; il terzo è molto lungo, più della somma del quarto e del quinto, ma meno di quella del quarto, del quinto e del sesto; il quarto è appena più corto del quinto, il sesto è poco più corto del quarto, e l’appendice del sesto è per un undicesimo più corta della somma del quinto e del sesto articolo. Sicchè, mettendo di fronte le lunghezze dei diversi segmenti delle antenne si ha: 1 2 3 4 5 6 a ‘13° 18° ‘ar. 095° ‘ip. do. do Esse, per altro, sono scabre per sensibili strie trasversali, corri- spondenti, sul lato anteriore particolarmente, a tante piccole spor- genze, e presentano la estremità del terzo al quinto articolo sen- sibilmente ingrossata ed arrotondata, e lungo gli stessi articoli delle restrizioni che sembrano strozzature. Gli occhi sono mediocri e volgono al rossiccio. Il rostro è robusto, ma assai vario, perchè ora è corto così da non oltrepassare con l’apice il segmento anteriore del mesosterno, e però resta molto distante dalla linea basale del secondo paio di zampe; ora è più lungo. Nel primo caso esso resulta formato di tre segmenti distinti: il basilare appena più stretto del secondo, che però è appena più corto, il terzo assai stretto e poco meno della somma dei due precedenti. Quando è più lungo ed arriva con l’ apice fra la base del secondo e quella del terzo paio di zampe, muta notevolmente il rapporto fra i tre articoli, che lo compongono, i quali nel rostro più corto sono fra loro secondo la serie delle espressioni e nel rostro più lungo secondo i rapporti della serie si e IR, De ine Ra Tanto le femmine attere a rostro corto, quanto quelle a rostro lungo sono perfettamente adulte; e di questa differenza, che non era stata fin ora ricordata nella specie, bisogna tener conto. Le zampe sono robuste, con la tibia per tutto molto più lunga del femore; il tarso assai bene sviluppato, col primo articolo poco più distinto dell’ordinario. cio Aaa 208 GIACOMO DEL &UERCIO I sifoni sono clavati, notevolmente più rigonfi dal lato interno, e brevi tanto da restare molto indietro, con l'apice, dalla linea di inserzione della codetta. Questa è robustissima, tre volte circa più larga alla base, e per un terzo cirea, 7, più iunga dei sifoni. La femmina alata ha la parte della fronte compresa fra le an- tenne quasi piana, e non presenta tubercoli antenniferi; il terzo articolo delle antenne ‘presenta una fila di aree sensorie situata dal suo lato posteriore ; il quarto articolo è appena per + più lungo del quinto, che è per i più lungo del sesto, la. cui ap- pendice è i due terzi della lunghezza del terzo articolo, ed appena più lunga, o uguale alla somma del quinto e del sesto articolo. Sicchè si ha: Il rostro è meno robusto, e relativamente alquanto più lungo, col primo articolo più lungo di tutti, il secondo il più largo e più corto, e l’ultimo a lati assai concorrenti: sicchè si ha: 1 2 3 20 15 35 La zampe sono più spinolose che nelle femmine attere. Le ali sono grandi, con la cubitale avente il tratto basale sub- eguale al ramo anteriore della forcA terminale, ed il piede della seconda forca poco più corto del ramo posteriore della prima, della quale fa parte; la corda della vena pterostigmatica è subeguale ai due quinti della lunghezza dello pterostigma. I sifoni sono anche più clavati che nelle femmine attere, per- chè sono molto più ristretti alla base ed appariscono perciò più larghi alla sommità. La codetta è quasi due volte più lunga dei sifoni, sicchè questi restano relativamente anche più corti che nella femmina attera. Nella femmina alata, per tanto, il carattere generico, posto in- nanzi, per la distinzione delle forme delle Hayhurstia, è anche più esagerato che nelle femmine attere. Succede per siffatta guisa il contrario di quello che ha luogo nel genere Anuraphis, in cui le femmine attere hanno eodetta brevissima, che è meno breve nelle femmine alate. CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 209 Mettendo ora in vista i diversi caratteri del gen. Aphis, nel senso stretto attualmente considerato e degli altri due generi, che a sue spese ne sono derivati, si ha: Codetta, nelle femmine partenogeniche attere, indistinta, verruciforme o quasi, così corta che larga, mai distintamente conica, e del tutto o quasi del tutto nascosta dalla estremità dell’ addome. . cn. . + + +. Gen. Anuraphis Del Guere. — Codetta, tanto nat femmine attere quanto nelle alate, ben distinta. Codetta più corta dei sifoni ; sifoni cilindrici. . . . a Ed ACI AMS Mr (0 AL) aa. Codetta più lunga dei sifoni. b. Sifoni cilindrici. . . Gen. Uraphis Del Guerc. bb. Sifoni clavati . . . Gen. Hayhurstia Del Guere. Quanto ora alla natura della specie, essa non fa parte, di certo, della sezione con sifoni più lunghi della codetta, ma dell’ altra nella quale la lunghezza dei sifoni è al più uguale, o più corta della codetta. In questa sezione bisogna scartare il gruppo con sifoni e codetta così lunghi che larghi, e scegliere l altra invece con queste parti del corpo almeno due volte più lunghe che lar- ghe, e con particolare riguardo le specie a codetta più lunga dei sifoni, come quelle del genere Uraphis. Ma da queste specie quella descritta si distingue senz’ altro per la natura dei sifoni, che sono in esse cilindrici e non clavati. Prossime a quella in esame sono, per altro, 1) Aphis atriplicis L. o A. chenopodii Schrank, e VAphis cucubali Pass. Ma di esse, a mal- grado la simiglianza della forma generale del corpo, e del colore giallo verdognolo, mascherato da polvere cerosa bianca, la prima ha la codetta della lunghezza dei sifoni; e la seconda ha la fem- mina attera con le cosce nere, i sifoni e la codetta foschi, non del colore del corpo, e la femmina alata con capo e torace neri, laddove in quella in esame sono del colore del resto del corpo. Per ciò la specie descritta deve essere distinta, e le diamo il nome di Hayhurstia deformans, dagli effetti che l’ insetto pro- duce sulle foglie delle Chenopodiacee, che restano profondamente alterate. «Redia », 1916. 14 210 GIACOMO DEL GUERCIO IV. — Contribuzione alla fauna afidologica dell’ Eritrea. In questa nota si trovano più o meno sommariamente descritte ed illustrate diverse specie di Afidini. Esse furono raccolte da due miei carissimi amici e colleghi, il chiarissimo sig. Capitano Andreini, delle RR. truppe d’ Africa, e l’egregio Prof. Nello Beccari. Ad entrambi vadano, con affettuosi saluti, le più distinte azioni di grazie. Le specie studiate, che qui si presentano all’osservazione fanno parte di generi diversi in tribù differenti. Si troverà notata per prima una Macchiatiella, dal nome di uno dei primissimi Afidologi d’ Italia, Prof. L. Macchiati, la quale si può ritenere come tipica del genere. Fanno seguito varie specie del gen. Aphis, nel senso stretto da noi considerato ; un Uraphis ; una bella varietà del .Macrosiphon sonchi ; ed una varietà di Toroptera aurantii, che ha dato occa- sione a riportare figure non note delle varie altre Towoptera, da noi studiate per la fauna mediterranea. Abbiamo così materiale per la formazione dell’elenco seguente: Macchiatiella trifolii sp. n. Aphis isabellina sp. n. » helianthi sp. n. » dbeccarv sp. n. >» andreinii sp. n. » tavaresii Del Guercio. Uraphis sorghi (Theob.). Macrosiphon sonchi var. flavomarginata v. n. Toxoptera aurantiù var. limonii v. n. 5. Macchiatiella trifolii sp. n. (Tav. II, figg. 6-8). Di quest’ Afide ho avuto la partenogenica attera soltanto, che è piuttosto snella e di color verde giallognolo. È piriforme allun- gata, con capo piuttosto piccolo a margine frontale tra le antenne appena convesso ; tubercoli antenniferi, abbastanza distinti, ben ’ % CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI ZII distanti fra loro, quasi quanto la lunghezza del loro lato interno. Le antenne sono sottili, e lunghe quasi quanto la lunghezza del corpo, e di color pallido chiaro. Il loro primo articolo è appena più grande del secondo e presso a poco della stessa Innghezza del lato indicato del tubercolo ; il terzo articolo è piuttosto corto, appena più lungo del quarto, che è quasi della lunghezza del quinto ; il sesto è clavato e quasi della metà più corto del pre- cedente, con un’appendice, che eguaglia presso a poco la lunghezza del terzo e del quarto articolo sommati insieme. Gli occhi sono ben rilevati. Il rostro è robustissimo, col primo segmento alquanto più lungo del terzo e questo per altrettanto quasi più lungo del secondo, che è il più largo, mentre ’ apice arriva poco oltre il secondo paio di zampe. Le zampe sono lunghe e robuste, ispidule, con le tibie del primo quasi della stessa lunghezza di quelle del secondo paio, e quelle del terzo per un terzo circa più lunghe delle une e delle altre. I sifoni sono lunghi, successivamente più stretti dalla base al- l’apice. La codetta è verruciforme e pare che manchi quasi affatto, come nella figura riportata. L’ insetto è stato raccolto ad Adi Caiè il 18 Aprile del 1902, sulle piante di Trifoglio, e va compreso fra gli Afidini del genere Anuraphis, sezione a sifoni lunghi (Macchiatiella). In questo genere esso si avvicina all’ Anuraphis viridescens, an- cora inedito, dal quale si distingue anzi tutto perchè è sprovvisto di setole, e poi perchè non ha materia pruinosa sul dorso, il terzo articolo delle antenne non è molto più lungo del quarto, appendice del sesto non è quasi uguale a quella del terzo arti- colo, i sifoni non sono neri, ecc. Distinguendolo dalle altre specie gli abbiamo dato il nome di M. trifolit, dal nome della pianta, che lo ospita, nella zona dell’ Africa ricordata. 6. Aphis isabellina sp. n. (Tav. lI, fig. 9). È rappresentata da femmine attere partenogeniche soltanto, che sono di color marrone bruno, piriformi, piuttosto raccorciate, note- TERE Re SVGA a | i, A Ra % 4 212 GIACOMO DEL GUERCIO volmente più larghe verso la estremità che nella regione del capo e del protorace, e poco convesse nel mezzo dei lati, dalla parte posteriore del torace alla linea dei sifoni. Il capo è piuttosto grande; le antenne impiantate direttamente sulla fronte, che è appena convessa fra esse, e sono piuttosto robuste, arrivanti quasi alla base dei sifoni. Il loro terzo articolo è abbastanza più lungo del quarto, che è appena più lungo del quinto ; il sesto è poco più lungo della metà del precedente, con l’appendice ugnale alla somma del quarto e del quinto articolo. Gli occhi sono grandi. Il protorace è notevolmente più stretto del meso e del metato- race, con un piccolo tubercolo conico nel mezzo dei lati; la lar- ghezza dei due somiti toracici indicati è uguale a quella dei primi cinque somiti addominali. Le zampe sono notevolmente più robuste delle antenne ed ispidule. I sifoni sono corti, alquanto più larghi alla base ed appena più lunghi della codetta. Sifoni e codetta sono appena meno del doppio più lunghi dei tarsi posteriori. È stata raccolta sulle piante di Trifoglio ad Adi Caiè, il 18 Aprile del 1902. 7. Aphis helianthi sp. n. (Tav. 1I, figg. 10-11). Di quest’ Afide non conosco che le femmine partenogeniche attere, che sono distintamente piriformi, flavescenti, con qualche riflesso verdastro in alcune, e tutte con antenne glabre, sube- guali alla metà della lunghezza del corpo, del quale sono di color molto più chiaro, alquanto brunastre nel primo, e bruno- seure dalla seconda metà del quinto articolo alla estremità. I due primi articoli delle antenne sono subeguali in lunghezza; il terzo è abbastanza più corto della somma del quarto e del quinto, o del quinto e del sesto, questi tre ultimi articoli essendo quasi uguali fra loro; mentre ’ appendice del sesto resulta un poco più lunga del terzo articolo e quasi eguale alla somma del CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 213 sesto e del quinto, o di questo e del quarto, così come si può vedere dalla serie delle espressioni numeriche seguenti: Gli occhi sono neri a riflesso vinoso e con il tubercolo per l’occhio supplementare ben distinto. Il rostro è del colore del corpo, con 1’ apice del succhiatoio nerastro, arrivante fra la base del secondo e quella del terzo paio di zampe. Pronoto con un tubercolo conico sui lati, molto più distinto di quelli, che si scorgono sui lati del primo e del nono segmento addominali. Le zampe sono appena setolose e del colore. del corpo, con il terzo terminale delle tibie ed i tarsi di colore bruno-scuro. I sifoni sono scuri, alquanto più larghi verso la base e per ‘/,. più lunghi della codetta, che è flava ed anch’ essa alquanto allar- gata alla base ed ottusa alla sommità, mentre i sifoni sono eguali in lunghezza: ai femori anteriori. La: piega anale è bruniccia, come quella sottogenitale. Quest’Afide è prossimo all’ Aphis helianthemi Ferr., dal quale si differisce per la forma generale del corpo, che non è ovato allnn- gato, il rapporto in lunghezza dei femori delle zampe anteriori @ quella dei sifoni, quello fra questi e la codetta, senza contare le differenze nelle antenne, delle quali non è detto a sufticienza per PA. helianthemi Ferr., sebbene l'A. ne abbia dato per la femmina alata, nella quale il terzo articolo sarebbe eguale alla lunghezza del quinto e del sesto sommati insieme. Per ciò distinguo la spe- cie descritta col nome di Aphis helianthi nel modo seguente : Codetta gialla, allungata, oltrepassante la metà della lunghezza dei sifoni. Sifoni eguali in lunghezza ai femori delle zampe anteriori. . . +. e Aphis hotianthi "sp. n. Sifoni appena più lunghi della metà dei femori anteriori. . . . + 0a 00/4 0,» Aphis. helianthemi.. Ferr. Re 214 GIACOMO DEL GUERCIO | L'Aphis helianthi provoca la formazione di un cecidio floreale, piegando 1’ apice delle corolle della pianta indicata, sulle quali in piccolissime famiglie vive. Una certa alterazione produce anche sulle appendici bratteali della infiorescenza, avendone visto diverse infette e piegate come le appendici corolline. Ove la specie si diffondesse e fosse necessario di combatterla, potrebbero riuscire utili le soluzioni di estratto di tabacco neu- tralizzato, preparato a parti uguali col sapone. 8. Aphis beccarii sp. ». (Tav. II, figg. 12-14). È rappresentato dalla femmina partenogenica attera, che è di color atro rubiginoso, notevolmente piriforme raccorciata. Ha capo piccolo, con margine ‘frontale compreso fra le antenne convesso, ed i processi frontali antenniferi piccoli, col lato interno notevolmente più corto della metà del margine frontale indicato. Le antenne sono giallognole chiare quasi della lunghezza del corpo, con i primi due articoli, l apice del quinto e la seconda metà del sesto, con Vappendice, di color brunastro. Il primo arti- colo è per un terzo circa più lungo del secondo, e per ciò presso a poco come il terzo sta al quarto articolo, che è appena più lungo del quinto, mentre questo è quasi il doppio del sesto, il quale corrisponde alla metà del quarto articolo. L’ appendice è poco più corta del terzo articolo. Sicchè per le antenne si hanno i rapporti lineari seguenti : 2 3 4 5 6 a 1 14” 10%? 58 40° sn 20 53 Gli occhi sono neri e poco rilevati. Il rostro è presso a poco del colore del corpo, con l'apice arri- vante fra la base del secondo e del terzo paio di zampe. Il protorace porta una sporgenza conica ai lati, ben distinta. Le zampe sono gialliece di lunghezza media, ma robuste, info- scate nella seconda metà dei femori, e nere per breve tratto al- l’ apice delle tibie e nei tarsi. CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 215 Ai lati del primo somite addominale vi è un tubercolo conico, che si assomiglia all’ altro ricordato per il protorace. I sìifoni sono neri, cilindrici, leggermente più ingrossati alla base. La codetta è del colore dei sifoni, per quanto meno scura; è cilindrica ed uguaglia la metà della lunghezza dei sifoni. Le pieghe anale e genitale sono brune. Quest’ afide si trova piuttosto numeroso sulle piante di fave, Vicia faba, coltivate in Eritrea, dove fu raccolto dall’ egregio Prof. N. Beccari. Si distingue facilmente dal comune afide delle fave per la forma, il colore del corpo e per varîì degli altri caratteri in- dicati. Si avvicina di più all’ Aphis silybi Pass., dal quale si distingue perchè non è ovale, ma piriforme e tanto raccorciato che sembra quasi orbicolare; nè è olivastro scuro, ma scuro ru- biginoso, ed i sifoni non sono corti, così come la parte posteriore dell’ addome, alla lente, non appare pelosa. La specie è dedicata in omaggio al Prof. Nello Beccari, e da quello del quale essa prende nome. 9, Aphis andreinii sp. n. (Tav. II, figg. 15-21). La sua femmina partenogenica attera è piriforme allungata, di color atro verdastro. Il capo è due volte circa più corto che largo, con tubercoli antenniferi rudimentali, più scuri del corpo, ed il margine frontale fra le antenne è abbastanza convesso. Le antenne sono eguali alla metà della lunghezza del corpo. Il loro colore è bruno seuro, più chiaro alla base del terzo articolo, del quarto e del quinto ; il primo articolo è più largo, ma quasi della lunghezza del secondo ; il terzo è poco più lungo del quarto; questo è appena più lungo del quinto, che è clavato, come il sesto, del quale è poco più di ‘/, più lungo, e l’appendice del sesto è molto più lunga dell’ articolo che la porta, ed uguale al terzo articolo. Il rapporto lineare fra i diversi articoli delle antenne è così indicabile : 216 GIACOMO DEL GUERCIO Gli occhi sono neri, grandi, a riflesso vinoso. Il rostro arriva con l apice al secondo paio di zampe ed è molto più chiaro del corpo. Ai lati del protorace si trovano i soliti tubercoletti conici. I solchi dei somiti addominali sono assai distinti. Le zampe sono lunghe e abbastanza robuste, con la seconda metà dei femori e per non breve tratto, alla estremità delle tibie, nere; mentre i tarsi sono anch’ essi del colore del corpo. I sifoni sono scuri a riflesso verdastro, come la codetta, che è poco meno corta della metà dei sifoni. La piega anale e quella genitale sono nere, ed ispidule come la codetta. La femmina alata è assai più snella della femmina attera e anch’ essa di color verde scuro. Il capo è nero, alquanto lucente, con antenne bruno scure, senza peli, come nelle femmine attere, ma abbastanza più lunghe della metà del corpo. Il primo articolo è per ‘/, circa più lungo del se- condo, e di questo notevolmente più grosso; il terzo è per */, circa più lungo del quarto, ed è ornato di una linea di sette aree sen- sorie orbicolari, sparse quasi dalla base alla sommità; il quarto articolo è scabro, come il precedente, e leggermente clavato; il quinto articolo è uguale al quarto; il sesto è uguale a °/, della lunghezza del’ precedente, ed è fornito di un’ appendice appena più corta del terzo articolo, o della stessa lunghezza. I rapporto lineare fra i diversi articoli delle antenne nelle alate è il seguente : = [S) (SO) AS Si (eh a Il rostro è come nelle femmine attere e con lo stesso rapporto rispetto alla lunghezza del corpo. Il torace è nero, verde nella giuntura del protorace col capo. I tubercoli ai lati del protorace sono bene evidenti; le emi- nenze toraciche (mesotergiti) sono lucenti al pari del postscuto o metatergite. i Le zampe sono atro verdastre, con la seconda metà dei femori nera, come nel tratto terminale delle tibie e nei tarsi. Le ali sono strette e lunghe; le anteriori sono un terzo circa CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 317 più lunghe del corpo, a pterostigma di color giallo aureo e la nervatura giallo infossata. L’ addome è atroverdastro, con quattro grosse macchie nere ai margini, una delle quali è situata dietro alla inserzione dei sifoni, mentre la parte mediana del dorso è in corrispondenza delle dette macchie come marmorata di scuro. I sifoni e la codetta sono come nella femmina attera. Le ninfe presentano due linee parallele di punti seuri ai mar- gini addominali. i La specie è stata raccolta sulle Coreopsis di Eritrea, dove fu trovata in famiglie innumerevoli dal Dott. Andreini dal quale de- riva il nome. 10, Aphis tavaresi Del Guerc. (Tav. II, figg. 22-27). Di questa specie, dovuta alla cortesia del chiarissimo Prof. Ta- Vvares, che la raccolse sugli Agrumi dello Zambese, non avevamo dato che una diagnosi, dedicando la specie a chi | aveva rac- colta (1). Conveniva per tanto offrirne più larga notizia tanto più che fra gli esemplari delle femmine attere esistono diversità ‘di forme che merita conto di mettere in vista. La specie è rappresentata oltre che da femmine vivipare attere, da partenogeniche alate, dalle ninfe di queste e da qualche larva. Delle femmine vivipare attere taluna è assai più rigonfia ed appare come piriforme raccorciata, simile a quella riportata nella fisura 1 della tav. XVI del lavoro ricordato ; altre sono piriformi allungate, ma, come le precedenti, arrotondate dalla parte poste- riore ; ed altre, infine, sono anch’ esse allungate, ma dalla parte po- steriore distintamente coniche, così come si vede dalla figura, che al riguardo viene ora da noi riportata. È perciò che le antenne ora appariscono della lunghezza del corpo, ed ora più corte, come è stato altra volta indicato. Sempre però queste femmine sono nere e abbastanza lucenti, con capo piccolo, a margine frontale, compreso fra le antenne, (1) Broteria, vol. VII, pag. 1483, Cecidologia regionis Zambeziae, del 1908, 215 GIACOMO DEL GUERCIO assai largo e quasi piano, e tubercoli antenniferi piccoli ma ben visibili. Le antenne, piuttosto robuste, sono nere nei due primi articoli e dalla metà del quinto in poi; nel rimanente sono brunastre. Il primo articolo è poco più del doppio del tubercolo antennifero, misurato questo nel suo lato interno ; il secondo articolo è cilin- drico, poco più corto del primo ; il terzo è almeno quattro volte più lungo del precedente è più lungo del quarto articolo ; il quinto è per un terzo circa più corto del quarto; il sesto è la metà circa del quinto, e la sua appendice è molto più lunga del terzo articolo, superandolo di un quarto circa. Sicchè si ha tf. 1 2 3 4 5 6 a low (220006517 65 57 47 20 80 e però una somma di 318 mier. su 360, che rappresentano la lun- ghezza del corpo, misurata dal margine frontale all’ apice della codetta (+ Kor.). In altre femmine Ila serie dei rapporti indicata si muta nell’ altra tf. 1 2 3 4 5 6 a 10 22 17 TA IGO TEO ZO T00 che è quella alla quale conviene tenere di più, perchè è delle forme più intensamente colorate e ci sembrano perciò meno sot- toposte ad ulteriori variazioni. Il rostro è abbastanza robusto, meno seuro del corpo e con l’ apice arrivante poco oltre la base del terzo paio di zampe. Il suo primo articolo è quattro volte la lunghezza del secondo; que- sto è appena più della metà del terzo, che è più stretto e poco meno della metà del primo, come resulta dalla serie dei rapporti lineari seguenti : Gli occhi sono distintamente rilevati e vinoso scuri. Il protorace presenta un distinto tubercolo conico sui lati. Le zampe sono molto robuste, nere, alquanto meno intensamente colorate nella prima metà delle tibie, che sono per breve tratto più larghe alla sommità e così lunghe che dalle prime a quelle del terzo paio stanno fra loro come 40, 55, 75 (-Kor.). IVI CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 219 Come in tutte le specie africane da noi osservate, il tarso è molto corto, giacchè resulta uguale al primo articolo delle antenne, MER cd. 6 Lo, ; e però di "0° #5 #5 delle tibie relative. I sifoni sono di media lunghezza, successivamente più stretti verso la sommità, e per tutto del colore del corpo. La codetta è del colore dei sifoni e metà circa della loro lun- ghezza. La femmina alata è pressochè delle stesse dimensioni di quella attera e per 5 settantesimi soltanto meno larga e corpulenta. Il capo però è anche più corto, perchè misura un terzo circa della sua larghezza e non la metà. Le antenne resultano anch’ esse relativamente alquanto più lunghe, sopra tubercoli antenniferi meno grossi. Il terzo articolo delle antenne poi è quasi nero, come i due precedenti e fusiforme, non cilindrico, nè bruno scuro; di guisa che il quarto articolo ed il quinto sono quelli più scoloriti, brunastri. Il primo articolo delle antenne è poco più del doppio più lungo del suo tubercolo, e per un quarto circa più lungo del secondo, come nelle femmine attere; ma nelle alate appare meno cilindrico; il terzo presenta due file di aree sensorie, o con queste sparse sol- tanto dalla parte posteriore o esterna di esso, e non sono più di una diecina ad una dozzina in tutto, mentre per la lunghezza esso resulta più corto del quarto articolo e poco più lungo del quinto ; il sesto resulta all’ incirea assai meno della metà del precedente, con un’ appendice lunghissima, come nelle femmine attere. Sic- chè si ha: I STR) MSI SR RE UT TORI SNO, Io” “Ra .d6. (Go 98, Mo o 10 oppure 8 24 15 60 67 46 20 100 nella quale il rapporto fra il terzo ed il quarto articolo mostra che la differenza è anche più sensibile a favore del quarto. Le ali sono lunghe ed ampie, a nervatura robusta, ma chiara, col pterostigma molto più corto della corda della sua vena; la prima vena obliqua è più corta del tratto della sottocostale, che va dalla sua origine alla base dell’ala; che è uguale invece alla 220 GIACOMO DEL GUERCIO seconda vena obliqua; la terza ramifica dalla sua metà; così che il ramo anteriore della prima forca resulta uguale al piede di essa, poco più corto del ramo posteriore, mentre i rami della seconda forca stanno per la lunghezza in ragione inversa a quella notata per la prima. Le ali posteriori sono assai strette e lunghe, arrivando con l’apice alla metà della seconda vena obliqua delle anteriori, come appare dalla figura indicata. . Le zampe sono poco più lunghe che nelle femmine attere, come nelle quali, però, i femori sono neri; le tibie sono nere alla base e per un certo tratto alla sommità e brunicce nel mezzo. I sifoni e la codetta sono quasi come nelle femmine attere, giace- chè i sifoni superano di poco il doppio dell’altra. La ninfa con V insieme del corpo rassomiglia più alle femmine attere, posteriormente coniche, che alle alate, delle quali invece ha la forma delle appendici, sebbene alquanto più ridotte, come le antenne i sifoni e la codetta; mentre le zampe appariscono as- sai più robuste. La larva; quando è ancora piccola, ha rostro ed antenne quasi della stessa lunghezza; zampe assai robuste, sifoni. larghi poco meno di due volte più lunghi che larghi e codetta verrueiforme. Tutto il corpo è ornato di peli relativamente più lunghi che nelle forme adulte. Quanto ‘ora a distinguere fra loro quelle descritte dalle altre notate per le piante degli Agrumi, coltivate nei diversi paesi del mondo, presentiamo il quadro seguente : I. Tubercoli frontali subeguali in lunghezza al primo articolo delle antenne, che è due volte più lungo del secondo; fronte sca- nalata.; gifoni e ‘codetta lunghissimi >. RT «+++ +++ + «+ Macrosiphon citrifolii (Aslm.). II. Tubercoli frontali assai più corti del primo articolo delle an- tenne, che è poco più lungo del secondo ; fronte piana o con- vessa, non scanalata. a. Vena cubitale una sola volta forcuta. . . . . . . + sip ia tnl ei eteri FOROpiera 0 QUPAniA: A non aa. Vena cubitale due volte forcuta. CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 221 di hd b. Corpo cosparso di fiocchi cerosi; numerose aree sen- sorie nel terzo articolo delle antenne, scarse nel quarto e nel quinto . . . . Aphis cookii ssig. bb. Corpo sprovvisto di fiocchi cerosi. c. Codetta verruciforme . lio A Me) ae - + + + +» Anuraphis erratica Del Guerc. ce. Codetta più o meno allungata. d. Terzo articolo delle antenne nelle alate con una dozzina circa di aree sensorie distri- buite su due file, o sparse lungo il suo lato posteriore. . . Aphis tavaresi Del Guerc. dd. Non. e. Femmine attere partenogeniche con sifoni lunghi, tre volte circa più lunghi della codetta. . Aphis citricola Del Guere. ee. Femmine partenogeniche attere con si- foni corti, poco più lunghi della co- detta . . . . Aphis papaveris Fab. 11. Uraphis sorghi (7heod.). (Tav. III, figg. 2°-35). Quest’Afide è rappresentato da femmine partenogeniche attere ed alate, da forme ninfali e giovani a vario grado di sviluppo. Le vivipare attere sono piriformi, di color bruno scuro volgente al giallo legno. Hanno il capo quasi come nella femmina alata, ma con le antenne più corte, giallognole fino al terzo articolo com- preso, e nel rimanente nerastre. Il terzo articolo è quasi uguale < n 3 4 al quarto ; questo è per 7 più lungo del quinto; il quale è per + più lungo del sesto, la cui appendice è tre volte più lunga di esso. Gli occhi sono piuttosto piccoli, ma ben rilevati. Il rostro arriva quasi ad oltrepassare con l’apice il secondo paio di zampe. x 222 GIACOMO DEL GUERCIO Le zampe sono mediocri, giallo chiare, appena ispidule, nelle tibie più che altrove. Femori e tibie sono successivamente più lunghi. I sifoni sono bruni, notevolmente più ingrossati verso la base, ristretti verso la sommità, ad apertura leggiermente evasata. La codetta è conica, alquanto più lunga dei sifoni. Le vivipare alate sono ovato allungate, di color castaneo bruna- stro. Hanno capo due volte più corto che largo, con margine poco più lungo del doppio del lato interno dei tubercoli antenniferi ; antenne notevolmente più lunghe della metà del corpo, arrivando quasi alla base dei sifoni; il loro primo articolo è alquanto più lungo del secondo, che è quasi così lungo che largo; il terzo è appena più lungo del quarto, che è quasi uguale al quinto; sie. chè a prima vista questi tre articoli sembrano della stessa lun- ghezza; il quinto è due volte più lungo del sesto, che è ‘quasi cilindrico e molto più corto della sua appendice, che è per un quinto circa più lunga della somma del quarto e del quinto arti- colo. Le antenne sono quasi glabre, ma scabre, ed ornate di grosse aree sensorie, abbastanza numerose nel terzo articolo, ma scarse e rade nel quarto. Gli occhi sono più grandi che nelle femmine attere, molto ri- levati. Il rostro è corto. Il torace è bruno nerastro, con } acro protergite isoscele rac- corciata, le mesotergiti poco più lunghe che larghe, più scure di tutto il torace. Le ali sono grandi, le anteriori con nervatura grossa e scura, pterostigma verso il margine costale più chiaro; prima, seconda e terza vena obliqua quasi equidistanti alla base e poco divergenti nel resto fino al margine posteriore; la cubitale presenta la prima forca a metà della sua lunghezza, col ramo interno parallelo allo pterostigma, e termina colla estremità all’ apice dell’ ala. Le zampe sono piuttosto lunghe, flavescenti, appena ispide, a femori bruni, come alla estremità delle tibie, ma non dei tarsi, che sono più chiari. I sifoni sono cilindrici, nerastri, assai più stretti che nelle attere alla base. I CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 223 La codetta è gialla, conica, ispidula, appena più lunga dei sifoni. Le forme giovani sono di color giallo legno. In base a questi caratteri la specie si deve riferire all’ Aphis sorghi Theobald, che si approssima all’ Aphis genistae Scop., all A. euphorbiae Kalt., all’ A. serpilti Koch., all’ A. tormentillae Pass., e ad altri. Quanto alla importanza economica, l’ insetto, secondo le notizie del Prof. N. Beccari, che l’ha raccolto, riesce infesto per la pianta del Dura, così d’altronde come abbiamo potuto rilevare dall'esame dei campioni che il giovane ed egregio naturalista ci ha dato in esame; e infesta, dice pure che è la specie, il Sig. Theobald, ri- ferendosi ad un rapporto del Sig. A. Balfour, per il Sorghum vwl- gare di Kassala, Sennar e Bahr-el-Ghazal (1). Per la difesa il Sig. Balfour, sopra lodato, pensa che, in una contrada come il Sudan, l’ impiego conveniente dei mezzi preven- tivi di difesa sia difficilissimo. Ritiene invece di efficacia sicura le aspersioni insetticide a base di petrolio, naftalina ed acqua di quassio, sebbene richiedano molta cura e particolari polverizza- tori; afferma la utilità di bruciare le piante infette; accenna al mezzo delle piante di Ricino, da coltivarsi intorno ai campi di Dura, salvo a completare la difesa con la irrorazione delle piante, per quanto per questa via non crede che siavi da aspettarsi molto; dà notizie relative alla utilità delle Coccinelle afidofaghe, come la Chilomenes vicina Muls. e la Coccinella 11 punetata, e raccomanda la diffusione dell’ Entomophtora aphidis nella distra- zione dell’ insetto. Per conto nostro non riteniamo necessario di dimostrare che non è economicamente possibile procedere alla difesa delle gra- minacee con gli insetticidi. Poco o nulla di utile vi è da aspettarsi anche dalla coltiva- zione delle piante di Ricino; ed in ogni modo qualunque altra pianta, che largamente coltivata, interrompa le comunicazioni di- rette fra l’Afide ed il suo ospite, è al caso di fare altrettanto. (1) First Report of the Wellcome research laboratories at the Gordon memorial college. Khartoum, 1904, p. 43. 224 GIACOMO DEL GUERCIO La distruzione delle piante infette può riuscire di giovamento, ma alla condizione che l’Afide viva sul Dura soltanto e deponga le sue uova sulla stessa pianta, e non passi per questo sulle piante spontanee, erbacee, della stessa famiglia o di altre, o sopra piante legnose, come fanno molte specie dei comuni pidocchi delle piante. Per quello che riguarda 1 impiego delle Coccinelle e moltipli- carle è cosa più facile a dirsi che ad effettuarla; ed eftettuandola sappiamo per esperienza che, con siffatti predatori si può aver ragione degli Afidi quando questi vengano colpiti allo stato di uovo, dall’autunno inoltrato alla fine dell’ inverno. E di tutto ciò bisogna bene assicurarsi, prima di invitare la pratica ad operare, per trarne l’ utile desiderato. Quanto infine alla diffusione delle Entomoftere, ci è stato dato di sovente vedere intere famiglie di Afidi distrutte, nei prati; ma nei campi, pur avendo notato spesso questa causa naturale di distruzione, non abbiamo mai potuto veder coltivazioni liberate dagli Afidi a causa della loro dittusione. Volendo poi preparare colture di Entomoftere, a questo scopo, noi sappiamo che è assai difficile, così come ostacolo grande si trova nelle condizioni dell’ ambiente ; e ciò bisogna veder di cono- scere prima di quando realmente bisogna operare, per aver ragione della invasione degli A fidi. 12. Macrosiphon sonchi var. fflavomarginata v. n. (Tav. IlI, tigg. 36, 31). Descriviamo sotto questo nome alcune femmine partenogeniche attere ed alate raccolte dal prelodato prof. Beccari N. sulle foglie del Carciofo, coltivato dai nostri coloni in Eritrea; e ne diamo notizia non pure per la stazione nuova occupata dall’ insetto e la variazione che vi presenta, ma particolarmente perchè la specie riesce nociva in quella località, mentre è passata e passa tuttavia inosservata da noi, dal punto di vista economico. La femmina vivipara attera è piriforme allungata, posterior- mente conica, dopo la linea dei sifoni, e guernita sul dorso di pic- coli tubercoli, raccolti in serie trasversali, sormontati da corti peli setolosi. CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 225 Il colore generale è giallo castaneo seuro, non uniforme ed in qualche parte nerastro. Il capo è per un quarto circa più corto che largo, nero ed a fronte, fra îi tubercoli antenniferi, canalicolata; i tubercoli sono assai distinti, notevolmente più grossi del primo articolo delle antenne. Le antenne sono molto più lunghe del corpo, oltrepassando notevolmente l’apice della codetta. Esse sono del colore del capo ed ispide per piccoli peli setolosi, brevi, piuttosto radi, che si tro- vano anche sul sesto articolo. Il loro primo articolo è assai più lungo ed ingrossato del se- condo ; il terzo è alquanto più corto della somma del quarto e del quinto, dei quali questo è appena più corto di quello ; il sesto è clavato e quasi uguale alla metà del precedente, mentre l’appen- dice è molto più lunga della somma del terzo e del quarto arti- colo, o poco più corta di tutti e tre gli articoli ora indicati. Gli occhi sono grandi, molto rilevati e di color vinoso scuro. Il rostro è del colore del corpo, bruno scuro alla sommità, con la quale oltrepassa di poco la base del secondo paio di zampe. Del torace il pronoto è nero, ed il rimanente è del colore del corpo. Le zampe sono robuste e lunghe, nerastre, ornate di brevi se- tole sparse; la metà basilare dei femori e delle tibie però è di color castaneo brunastro. I sifoni sono neri, cilindrici, arrivanti quasi all’ apice della codetta. La codetta è conica, del colore degli ultimi somiti addominali, ed uguale, in lunghezza, alla metà dei sifoni. La piega genitale è nera. Nella femmina partenogenica alata il corpo è più snello ed allungato che nella femmina attera, di colore parte nero e parte giallo castaneo, e pel resto cosparso di piccoli tubercoli piliferi come in quello dell’ altra forma ricordata. Il capo è quasi per un terzo più corto che largo, con tubercoli antenniferi della lunghezza del primo articolo delle antenne. Que- ste sono del colore del capo, col terzo articolo ornato uniforme- mente di verruche orbicolari, ben rilevate; il quarto ha rare aree « Redia », 1916. 15 226 GIACOMO DEL GUERCIO sensorie, ed il quinto è quasi tre volte più lungo del sesto. Il rapporto lineare dei diversi articoli è così indicato: tf. 1 2 3 4 db i 6 a 4 6 5 37 21 17 15 35 nelle quali espressioni il primo termine si riferisce al tubercolo frontale, quelli dall’ 1 al 6 ai diversi articoli dell’ antenna e l’ ultimo all’appendice del sesto articolo. Il rostro è lungo come nelle femmine attere. Il torace è nero come il capo e porta ali pallido giallognole a pterostigma giallo, stretto ed allungato, nel resto con la nervatura assai sottile e bruniccia. Le zampe sono lunghe e robuste, a femori gialli nel terzo basi- lare soltanto, e con non molta differenza in lunghezza da quelli del primo al terzo paio. Le tibie però sono molto più sottili e più lunghe dei femori, nere per brevissimo tratto alla base, per un quarto della loro lunghezza nelle due prime paia, e per un terzo circa nell’ ultimo. L’ addome è giallo castaneo, ornato di una serie di macchioline nere premarginali, e una serie di grosse macchie orbicolari sul margine parallelo a quello precedente. I sifoni sono neri, lunghi, cilindrici, appena più larghi alla base, e pel resto come nella femmina attera. La codetta è alquanto ricurva all’ insù ed appena più corta della metà dei sifoni. La piega genitale è bruna, come quella anale. Le forme ninfali presentano tre linee brune dalla parte infe- riore dell’ addome. Le larve sono di color giallo castaneo chiaro. Insieme alle forme descritte la specie ne presenta altre, che va- riano pel colore, e fra le quali alcune femmine attere sono dal capo al primo somite addominale di color bruno nerastro, con una grande zona ferruginosa seura sul dorso dell’addome, la quale va poco oltre la base dei sifoni, mentre la codetta è nera; in altre fem- mine attere ed alate il corpo è nero fatta eccezione pel margine posteriore dell’addome, che volge al castaneo rossastro. Per queste ultime forme assegniamo il nome di Macrosiphon sonchi var. flavo- marginata. CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 227 Ora, queste variazioni a parte, l’ insieme dei caratteri posti in evidenza, portano ad assimilare le varie forme descritte alla Sipho- nophora sonchi (Linné) Pass. o Macrosiphon sonchi (L.) ed a riunire, in modo non dubbio, sotto la detta specie, tanto la Siphonophora achilleae Koch, quanto la Siphonophora alliariae, dello stesso autore, e lAphis serratulae L. Si conferma così, anche per materiali rae- colti assai lontani dalla nostra fauna, quanto il Passerini aveva opinato prima, il Buckton e lo scrivente asseveravano più tardi. Con 1 accertamento nuovo, sicuro, della sinonimia indicata, fino a prova in contrario, bisogna revocare in dubbio Y altra relativa alla Siphonophora lactucae Koch, che non abbiamo riscontrata con alcuna delle sue forme nel numeroso materiale eritreo esa- minato. Ma ciò che va posto ancora in vista è la stazione nuova occu- pata dall’ insetto in esame, le cui forme erano state raccolte fin ora esclusivamente sui Sonehus, sui Cichorium, sui Sysimbrium, sulle Achillea e sui Cirsium. Non occorre, dopo quanto è stato osservato, avvertire alle dif- ferenze fra questo Macrosifonino e il comune Afide del Carciofo (Aphis cardui). Giova rilevare invece che quest’ultima specie non mi è stata mai comunicata dall’ Eritrea, dove essa si troverebbe com- pletamente sostituita, almeno sul Carciofo, dal Macrosifonino de- seritto. Quanto alla difesa non vi è bisogno di ripetere qui ciò che in numerose altre pubblicazioni è stato indicato al riguardo. 13. Toxoptera aurantii var. limonii v. n. (Tav. III, figg. 38-43; @ 44-47). Questo afidide è stato trovato assai numeroso sulle poche piante di Limone introdotte da qualche tempo in Abissinia, tanto da provocare sulle foglie alterazioni che di rado si riscontrano sul continente europeo. Esso nei materiali in esame è rappresentato solo dalle femmine partenogeniche attere, che sono ovali, di color verdognolo o giallo verdastro, olivastro più intenso nel mezzo del dorso, ed ivi anche alquanto lucente. srliia de AIAR 228 GIACOMO DEL GUERCIO Il capo è piccolo, superiormente a contorno quasi semicircolare, col margine frontale compreso fra le antenne leggiermente convesso. - I tubercoli frontali sono evidenti, ma tanto piccoli da raggiun- gere appena con il loro lato interno la metà del margine sopra ricordato. Le antenne sono scabre, alquanto più lunghe della metà del corpo e di color verdognolo chiaro, brunastre nel primo articolo ed infoscate dall’ apice del quinto articolo alla estremità dell’ ap- pendice. I due primi articoli, poi, sono quasi della stessa lunghezza, ma, come si sa, di larghezza differente, maggiore nel primo di essi, pure essendo entrambi cilindroidi ; il terzo è per ‘/, più corto della somma dei due seguenti, ma uguale a quella del quinto e del sesto ; il quarto è uguale ai °/, del terzo, al pari del quale è arrotondato, come globulare alla sommità ; il quinto è quasi uguale al sesto articolo, dal quale differisce per '/,, e per un’area senso- ria posta nella strozzatura solita, praticata presso la sommità ; il sesto articolo è clavato ed uguale ai °/, della lunghezza del quarto e porta un’ appendice, che supera per */,, la somma del quinto e del sesto articolo, per cui resulta più lunga del terzo. Sicchè si ha : 1 2 3 4 5 a o Fbi 50 BARMAN eso Gli occhi sono alquanto depressi, di color vinoso scuro. Il rostro è corto, nerastro, con l’ apice nerastro arrivante poco oltre la base del secondo paio di zampe. Le zampe sono robuste, di mediocre lunghezza, di color pallido verdognolo, nella estremità delle tibie soltanto e nei tarsi nerastre ; le tibie resultano per un terzo circa più lunghe dei femori. I sifoni sono neri, distinti, quasi conici, essendo molto più lar- ghi verso la base, ed arrivano con l’ apice a quello della codetta. La codetta è distintamente conica, molto robusta, del colore del corpo, appena più lunga della metà dei sifoni, mentre la sua larghezza alla base è la stessa dei sifoni. Delle ninfe trovate fra le femmine attere, raccolte di ottobre, alcune sono più grandi ed altre più piccole; e di esse mentre queste ultime hanno tubercoli frontali più manifesti, rostro e sifoni come quelli delle femmine attere, le altre hanno il rostro parti- colarmente così corto che oltrepassa di poco il primo paio di CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 229 zampe, ed i sifoni tanto piccoli e cilindrici che, se l’alato che ne deriva, conserverà tali caratteri, si troveranno differenze notevoli per questo, sia rispetto alle specie congeneri, sia a quella stessa degli agrumi, che si conosce nel continente europeo. Non ostante a noi pare ora di vedere negli atteri descritti’ le forme analoghe della Toroptera aurantii Koch, trovata, come si sa, sulle Camelie, sugli Aranci, sui Limoni, sui Manderini, sui Pom- pelmi, sebbene, paragonando la serie delle espressioni relative ai rapporti fra i diversi articoli delle antenne della Toroptera aurantii, 1 e e ; ie° 38 6 48 45 19. 78° CON quella della specie ora descritta, si vede che una certa differenza esiste. Il primo articolo è per ‘/, circa più lungo del secondo nella 7. aurantiù mentre è uguale o quasi uguale al secondo nella specie dei Limoni di Eri- trea; e così sonovi altre discordanze, per le quali le due specie non si possono considerare perfettamente le stesse. Altre difte- renze si riscontrano nei caratteri dei sifoni rispetto alla codetta, la quale è nera nella 7. aurantii e sta ai sifoni come 30 a 40, mentre nella specie ora descritta la codetta è verdognola e sta ai sifoni come 30 a 53; e perciò formiamo con gli insetti in esame la varietà, che indichiamo col nome di Toroptera aurantii var. limonti, riservandoci di ritornare su questa sistemazione non ap- pena avremo le forme alate, che ci mancano. Quanto poi alle altre specie di Toxoptera, per mostrare come queste siano diverse, basterà ricordare che quella delle Grami- nacee è verde, come la specie descritta; ma ha i sifoni cilindrici e la codetta alquanto più lunga e stretta, così che il rapporto è di 35 a 50, mentre per le forme attere degli Agrumi è relativa- mente di 30 a 40, e di 30 a 53; il terzo articolo è molto più corto della somma del quarto e del quinto, e altre differenze si possono rilevare dalla serie dei rapporti lineari fra i diversi articoli, che Poe : de si riporta per le attere della Towoptera graminum Rond., 7 -ir 3 4 5 6 a RICA (83 20 8° La Toxoptera clematidis Del Guere. poi è nera, a sifoni succes- sivamente più sottili dalla base alla sommità, dove appariscono come arrotondati, mentre dalla serie dei rapporti degli articoli È 2 3 4 5 6 a i , S iellewantenno: = ee 4” SI vede, fral altro, come, in nessuna delle specie ricordate, il secondo articolo sia IR Nn "gr CIR AN 230 GIACOMO DEL GUERCIO uguale al sesto, è però assai diversa dalla forma del Limone di Eritrea, ora descritta. La Toxoptera scirpi Pass. ha le femmine attere di colore rubi- ginoso lucente, col margine addominale soltanto irto di piccoli tubercoli ; sicchè anche per questa non vi può essere ragione di assimilazione di sorta. Mettendo ora a confronto le varie specie ricordate con quella in esame, si ha: 1. Femmina attera col margine addominale irto di piccoli tubercoli. | Toxoptera scirpi Pass. — Margine addominale della femmina attera non tubercolato. 3. . Sifoni cilindrici così larghi alla base che alla sommità . Toxoptera graminum Pong W — Sifoni quasi conici, due volte più larghi alla base che alla samanitàe Lo na Valea E li AT 4. Sesto articolo delle antenne uguale al secondo . È «+ x, «+ +. + Toxoptera clematidis Del Gale —- Sesto articolo delle antenne notevolmente più lungo del secondo. . Primo articolo delle antenne notevolmente più lungo del secondo ; sifoni una volta e un terzo circa la lunghezza della codetta sifer oei ein Lei ate UToxopiera:anrantii Kos, (tub) | — Primo articolo delle antenne subeguale al secondo; sifoni due volte circa la lunghezza della codetta T. aurantii var. limonii Del senti V. — Una nuova specie di Afide per la flora delle Graminacee nostrali. In una precedente nota (1) abbiamo fatto osservare che la flora italica delle Graminacee ospita una serie considerevole di A fidi, (1) Specie nuove di Afidini per le Graminacee in Italia (« Redia » vol. IX, fasc. 2, pag. 197), Firenze 1913. CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 231 e pel gruppo strettamente indicato, facemmo notare le seguenti specie : Aphis avenae Fabr. ; Aphis maydis Fitch. : Aphis maydi-radicis Forb. ; Aphis hordei Del Guere. ; Aphis vulpiae Del Guere. ; Aphis papaveris Fab. Da noi sempre, poi, vi sono varie specie di Sipha e qualche Myzocallis, che non si definiscono specificamente, perchè sono fuori di questione rispetto alla nuova specie di Afide, che dobbiamo ricordare. 14. Anuraphis poae n. sp. (Tav. III, fig. 48). Di questa specie si conosce soltanto la femmina vivipara attera ipogea, che vive sulle radici della pianta ospite. Essa è piriforme, ma notevolmente allungata, poco più di due volte la sua massima larghezza. Appare anche poco rigonfia e non assai rilevata, o poco meno che depressa. Ha capo largo, quasi dune volte più della sua lunghezza, col margine frontale tra le antenne quasi piano e senza neppure l’ac- cenno di tubercoli antenniferi. Le antenne sono brevissime, più corte della metà della lun- ghezza del corpo, ed appariscono scabre, con radi peluzzi setolosi. I loro due primi articoli sono grossi, quasi globulari, il primo appena più voluminoso del secondo, e tutti e due oltre il doppio più spessi dei rimanenti articoli delle antenne. Il terzo articolo è alquanto fusiforme, appena più lungo del quarto; questo è cla- vato ed appena più lungo del quinto, che è della stessa forma ; il sesto è anche più clavato dei due precedenti, per un terzo circa più corto del quinto, e poco meno della metà della sua ap- pendice, che è assai robusta. Gli occhi sono grandi, con distinto tubercolo posteriore. Il pronoto è a contorno trapezoidale, a lati esterni posterior- v. IO PI e RZ A UA - À LA 4a 232 GIACOMO DEL GUERCIO mente assai convessi quasi arrotondati e senza il Mtuetonioto, che generalmente si incontra su di essi. Le zampe sono ben robuste, ma di mediocre lunghezza, con tarsi distinti ed alquanti piccoli peli corti, setolosi, sulle tibie. I sifoni sono corti, quasi uguali, se non poco più corti dei tarsi posteriori; e sono due volte più lunghi che larghi. La codetta manca quasi affatto, perchè appare come una ver- ruca alla estremità dell’ addome. Questa specie appartiene per ciò sicuramente al genere Anura- phis e al gruppo di quelle specie in esso, che hanno antenne assai corte e sifoni brevissimi, subeguali o più corti della lunghezza dei tarsi posteriori, come ad esempio l Anuraphis ranthii Del Guerec., VAnuraphis filaginea Del Guere. e, fino ad un certo punto, l’ Anu- raphis myosotidis (Koch), ete. Di queste specie ricordate, che sono anche le più prossime a quella descritta, escluso VA. myosotidis, che ha il quarto articolo delle antenne più corto del quinto ed i sifoni molto più lunghi dei tarsi; e l’Anuraphis xanthii, per i sifoni molto più corti dei tarsi posteriori ed il terzo articolo delle antenne due volte almeno, o quasi, più lungo del quarto, non resta, pel confronto, che 1’ Anw- raphis filaginea. Questa specie però, indipendentemente dalla sua forma del corpo, che è a contorno ellittico, ha il terzo articolo delle antenne eguale alla lunghezza dei due seguenti, e 1’ appen- dice del sesto articolo della Inunghezza dell’ articolo, che la porta. Sicchè la forma descritta non si può confondere nemmeno con essa e va distinta nel modo seguente: Femmina partenogenica attera a contorno ellittico, col terzo articolo delle antenne eguale alla somma dei due seguenti e l appendice del sesto della lunghezza di questo . . . Lita pal si Ae E Anna filaginea Del Guerc. Femmina partenogenica attera piriforme allungata, col terzo articolo delle antenne appena più lungo del quarto e Vappendice del sesto due volte la lunghezza del medesimo . Anuraphis poae sp. n. La forma attera della specie descritta, come è stato premesso, è radicicola, e si trova di primavera e nell’ estate sulle radici i gpedia) n stà hai ie a iii ue dA lei È CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 233 della Poa annua, in compagnia degli atteri della nota Schizo- neura corni. È rara, o tale almeno è stata per noi in Toscana, dove 1’ ab- biamo rinvenuta. VI. — Forme nuove per gli Afidi degli Agrumi di Sicilia. Fino a poco tempo fa la sola specie di Afidide che si ricordasse per le piante degli Agrumi, era la Towoptera aurantii 0 Aphis camelliae Kalt. (1). Gli Entomologi americani ricordavano per il loro paese una St- phonophora citrifolii Ashm., che non essendo stata sufficientemente descritta fu ritenuta dagli Afidologi nostri come un sinonimo della specie precedente, o non venne considerata affatto nè in un genere, nè nell’altro (2); ma in realtà essa esiste ed è certamente un Macrosiphon (M. citrifolii). Di recente l’Essig ha descritto e figurato per gli Agrumi, l Aphis cookii, così come noi avevamo indicato per le stesse piante VD Aphis tavaresi. Sicchè Vl elenco delle specie fin ora ricordate sarebbe il seguente : 1. Macrosiphon citrifolii Ashm.; 2. Toxoptera aurantii Koch. ; 3. Aphis tavaresi Del Guere. ; 4. Aphis cookîi Essig.; e a queste specie noi desideriamo che vengano ora aggiunte quelle appresso figurate e descritte. 15. Anuraphis erratica sp. n. (Tav III figg. 49-51), Femmina vivipara alata due volte circa più lunga che larga e però tozza, all’aspetto, ed ampia. Il suo colore è atro giallastro, e verdognolo nell’ addome. (1) I. LICHTENSTEIN, Le pucerons, catal. pag. 87 (vedi: Citrus). (2) IDEM, Op. cit., pag. 49-52, pag. 55. “iii sei 234 GIACOMO DEL GUERCIO Il capo è atro giallastro, un terzo circa più corto che largo, piuttosto ampio, col margine frontale compreso fra le antenne con- vesso ; i tubercoli antenniferi appena accennati dal lato interno ; e le antenne quasi della lunghezza del corpo. Delle antenne i primi due articoli sono del colore del capo ; il terzo è pallido verdognolo, appena infoscato ; il quarto è pallido verdognolo, come la prima metà del quinto, il resto del quale ed il rimanente dell’antenna sono appena infoscati. Quanto invece al rapporto lineare fra i diversi articoli, il primo è appena più lungo e poco più largo del secondo, che è cilindrico e presso a poco due volte più lungo che largo ; il terzo è tre volte più lungo del primo, scabro, con una distinta strozzatura preapicale, e fornito di una linea di cinque aree sensorie di cui due nella prima metà e tre nella seconda; il quarto è per # soltanto più corto del prece- . . x 1 inia . x PIES dente; il quinto è per - più corto del quarto, ed il sesto è più l LA = mentre la sua appendice è lunga tanto da uguagliare quasi la somma del sesto e del quinto articolo. Sicchè si ha: corto del quinto per 12 101. 00597 03109> 0870 Il rostro è del colore del capo, alquanto più chiaro, col primo articolo più lungo del terzo, e questo più lungo del secondo, men- tre con l’apice si estende alla linea del terzo paio di zampe. Gli occhi sono neri, depressi, ma ampî, e distinti sono anche gli ocelli, di cui due trovansi addossati agli occhi composti. Le zampe sono quasi giallognole, gracili e relativamente lunghe, ispidule, con l’apice delle tibie soltanto, per un tratto poco più lungo del tarso, di color atro, nel primo e nel secondo paio; nel terzo paio di zampe sono bruno scuri anche i femori nel loro terzo terminale. Quanto alla lunghezza delle loro diverse parti basterà ricordare che le tibie del primo paio misurano 35 divisioni micerometriche (È Koristka) laddove ne misurano 32 quelle del se- condo, e 44 nel terzo. Le ali sono relativamente lunghissime ed ampie, perchè supe- rano d’ un terzo circa la lunghezza del corpo, e quelle superiori sono molto più larghe dell’ addome, che è la parte più larga del Je ia CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 235 corpo. Lo pterostigma è giallognolo, la nervatura è sottilissima € quasi dello stesso colore infoscato. Per il rapporto fra il primo ed il secondo paio d’ali vedasi quanto resulta dalla figura riportata. L’addome appare quasi orbicolare, con sifoni del colore del capo e del torace, e la codetta del colore dell’addome. I sifoni sono brevi, notevolmente più larghi alla base, essendo ivi il doppio che alla sommità; la loro lunghezza è doppia di quella del secondo articolo del tarso posteriore. La codetta è verdognolo brunastra, alquanto più chiara dei si- foni, dei quali è i 3 : è poco più che verruciforme essendo un terzo circa più corta che larga, ed uniformemente ispidula, men- tre l’ opercolo anale sottostante presenta una distinta linea di setole arcuate. L’alato descritto è certamente di un Anuraphis, di cui non si conosce l’eguale da noi. Esso inoltre si trova sopra una pianta i cui Afidi sono rari e ben conosciuti, così da non potersi confon- dere con quello ora descritto, per il quale proponiamo il nome di Anuraphis erratica, perchè è pensiero nostro che esso sia arrivato sugli Agrumi da altre piante e non si sa se e per quanto tempo nell’anno vi prenda sede definitiva. Ad ogni modo, data la natura della codetta ed il suo rapporto in lunghezza con i sifoni, la specie in esame non si può parago- nare e confondere con nessuno degli Afidi viventi sugli agrumi, non dico con i Macrosiphon (M. citrifoliiù Ashdm.) e con le 7oxo- ptera (T.aurantii Koch.), ma con le Ceylonia e con gli Aphis. Tra le specie di quest’ultimo genere vi è 1’ Aphis tavaresi Del Guere. ; ma appartiene al genere Aphis propriamente detto, secondo le ri- duzioni strettamente necessarie, che abbiamo dovuto fargli subire, e l’alato, descritto ora, non si può in alcun modo confondere con esso. 16. Aphis citricola sp. n. (Tav. III, figg. 52-57). La forma attera raccolta ha contorno ellittico raccorciato, perchè assai rigonfia nella parte media, tanto da raggiungere i sette de- cimi della lunghezza dell’ animale, esclusa la metà sporgente della codetta, così come è indicato nella figura riportata. fl 236 GIACOMO DEL GUERCIO Il suo colore è nerastro, opaco, alquanto meno intenso verso i margini laterali, per brevissimo tratto e particolarmente fra le congiunture dei diversi anelli, che molto male, o non si distinguono sempre fra loro, neppure alle estremità-laterali indicate. Il capo è piccolo, due volte più corto che largo, col margine fra le antenne convesso, scabrosetto, ornato di due peluzzi appena ben distinti a forti ingrandimenti, come si rileva dalla figura, che è stata riportata. I tubercoli antenniferi sono piccoli, ma evidenti, col lato ante- riore od interno due volte più lungo di quello esterno ed uguale alla quarta parte del margine frontale compreso fra essi. Le antenne sono presso che i quattro quinti della lunghezza del corpo, 0 poco meno che uguali e di color giallo legno chiaro fino all’apice del quarto articolo, dopo del quale sono nerastre, o bruno scure, quasi come il primo ed il secondo articolo. Il primo articolo è più largo, ma della stessa lunghezza del se- condo, che è più cilindrico del primo; il terzo è oltre quattro volte la lunghezza del secondo, e per un quarto circa più lungo dell’articolo seguente; questo è uguale al quinto, che supera per cinque noni il sesto articolo, di cui l appendice è due volte più lunga. Sicchè si hanno i rapporti lineari seguenti : 1 2 Se 1 5 5 a 15 15 65 46 45 25 50 Oltre a questo gli articoli delle antenne sono arrotondati al- l’apice, e per tutto, dal terzo in poi, tanto scabri per rilievi tra- sversali, che appariscono denticolati ai lati. Il rostro è del colore del corpo ed arriva con Vapice fra la base delle seconde e quella del terzo paio di zampe. Gli occhi sono piuttosto poco rilevati. Il protorace termina con gli angoli posteriori in un tubercolo rivolto in basso, ma distinto come quello sul settimo articolo ad- dominale, che segue l’attacco dei sifoni. Le zampe sono molto robuste, di color giallognolo, ma con il terzo terminale dei femori anteriori e mediani, bruno scuro, poco meno del tratto terminale delle tibie, e per una lunghezza eguale a quella dei tarsi, che sono dello stesso colore; mentre la metà iantinrite AAA eti d a CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 237 quasi dei femori posteriori è nera. Esse poi sono ispidule, per peli brevi per tutto, anche sui femori, e appena notevoli sui tarsi. I sifoni sono lunghi, neri, poco più larghi alla base e da que- sta gradatamente più stretti verso il terzo apicale. La loro lun- ghezza è uguale a quella dei femori posteriori. La codetta è nera come i sifoni, assai ispida, e con qualche pelo lungo. È uguale a poco più di un terzo o ad un terzo circa della lunghezza dei sifoni, essendone gli 11 ai 12 trentesimi. La femmina vivipara alata è uniformemente nerastra, poco meno tozza dell’attero precedentemente descritto, di cui ha presso a poco le dimensioni di 75 Xx 40 mier. (È Kor.). Il capo però ha il margine frontale, compreso fra le antenne, piano o quasi, ed i tubercoli antenniferi non sono neppure ae- cennati. Delle antenne, che sono poco più corte del corpo, i primi due articoli sono nerastri; il terzo è giallognolo bruniecio nel mezzo, e dal quarto articolo in poi il colore è giallognolo, appena info- seato. Il primo articolo è poi notevolmente più lungo e più largo del secondo; il terzo presenta una fila di 7 aree sensorie ed è quattro volte più lungo del secondo, e per 11 quarantesimi più lungo del quarto ; il quinto è uguale o appena più lungo del pre- cedente ; il sesto è quasi i due terzi del quinto, mentre la sua appendice è poco più lunga della somma del quinto e del sesto articolo. Sicchè si ha: iure ale pi Ian an egli a Il rostro è lungo, giallognolo, appena infoscato nel terzo arti- colo, che si estende al terzo paio di zampe; il suo primo articolo è quattro volte più lungo del secondo e poco più di due volte il terzo (40, 10, 18), e tutti provvisti di qualche setola abbastanza lunga e rigida. Le zampe sono ispidule, sia nei femori che nelle tibie, dove le spinole sono più allungate. Esse sono giallognole, quasi straminee nelle tibie, che presentano un lungo tratto terminale bruno scuro come i tarsi, mentre dei femori, solo quelli del terzo paio sono ‘nerastri. Per la lunghezza, le tibie anteriori misurano 35, le se- conde 33, e quelle posteriori 45 divisioni micrometriche (4 Kor.). # li Da ee I LMR SIOE TRA E SRI ISTE TIT, MITE IOANNIS Pa È e) h "6 CAPITO PESA 238 GIACOMO DEL GUERCIO Le ali sono ampie e lunghe, ma con lo pterostigma piuttosto stretto e corto, le prime tre vene oblique diversamente dirette, e le ali posteriori assai più strette, come si può vedere dalla figura ri- portata pel confronto. L’addome è posteriormente conico, con un piccolissimo pelo sui i lati dei segmenti, dei quali il settimo porta un tubercolo conico I assai distinto, come si vede dalla figura, che ne è stata riportata. Dalla figura stessa si rileva la forma dei sifoni, che sono alla base quasi due volte più larghi che alla sommità. Essi sono nera- / stri, come il corpo, scabrosi ed uguali alla metà della lunghezza | dei femori posteriori e due volte più lunghi del secondo articolo del | tarso posteriore, come nella specie precedente. | La codetta però è qui verdognola, non nera, e bene conica al- lungata, e raggiunge la metà precisa dei sifoni, dei quali ba presso a poco anche la larghezza. Questa specie è diversa dall’ Aphis tavaresi, precedentemente in- dicato, anzi tutto perchè ha femmine attere ellittiche, non piri- formi raccorciate e arrotondate alla estremità posteriore, come nella specie ricordata. La quale oltre all’essere, poi, assai rigonfia, ha i sifoni molto corti e molto rigonfi nella maggior parte di essi cominciando dalla base, mentre sono cilindrici e lunghi nella spe- cie degli agrumi ora in esame, che per tanto si deve distinguere dall’altra e la indichiamo col nome di Aphis citricola da quello del genere delle piante sulle quali fu rinvenuta. Quanto poi al confronto con le altre forme degli Afidi, che fre- quentano le stesse piante, non vi può certo essere confusione con i Macrosifonini del genere Toroptera e Macrosiphon, già ricordati. Forme affini di Afidi, che si approssimano a quella descritta, ma che frequentano piante diverse dalle Auranziacee se ne conoscono diverse e sono quelle a corpo nero, nitido, od opaco, a sifoni neri lunghi, più lunghi del doppio della codetta, come 1 Aphis hederae Kalt., Pass., V A. intybîì Koch, e VA. sambuci L. Di queste specie però la prima ha le antenne più lunghe del corpo, nei tipici raccolti dal Passerini e nei nostri; la seconda non ha i sifoni della lunghezza dei femori posteriori, ma della metà più corti e col quinto articolo delle antenne più lungo del quarto; e la terza, VA. sambuci, se ne distingue sia per la tinta CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 239 volgente all’olivastro, sul dorso, tanto nelle femmine attere quanto nelle alate, sia perchè il terzo e quarto articolo delle antenne sono neri, come i femori delle zampe medie e posteriori; ma so- pratutto se ne distingue per la brevità delle antenne, che sono soltanto la metà della lunghezza del corpo; per le zampe più corte, e per la codetta, che è più corta e tozza, e non sottile, come nella specie descritta, come si potrà vedere dalle figure riportate pel confronto. 17. Aphis papaveris Fab. (Tav. IV, fig. 58). La sua forma attera. è distintamente piriforme raccorciata, posteriormente arrotondata, o alquanto retratta, come appare dalla figura riportata. Il suo colore è nero intenso, opaco, uniforme fino verso i mar- gini, dove appare meno scuro, ed ornato di un pelo distinto ai lati dei varî somiti. Il capo è due volte più corto che largo, ma alquanto più grande e con peli due o tre volte più lunghi di quelli della specie pre- cedentemente indicata, come si vede nella figura riportata pel confronto. I tubercoli frontali sono ugualmente evidenti; ma le antenne presentano il primo articolo per un quarto più lungo del secondo ; il terzo è quasi cinque volte più lungo del secondo ; il quarto è uguale ai 25 trentunesimi del terzo ; il quinto è per un quarto più corto del precedente ; il sesto è uguale alla metà del quarto, e l’ appendice è uguale a quasi due volte la lunghezza del sesto. Sicchè si hanno i rapporti lineari seguenti: 1 2 3) 4 5 6 a 20 15 72 652 4l 26 50 Le antenne per altro sono giallo brunicce, nerastre quasi nei due primi articoli, nere dall’apice del quinto in poi, e nei sei arti. coli provviste di rari peli, ma bene distinti, e scabre dal terzo articolo alla sommità. Il rostro per la lunghezza è come nella forma precedentemente descritta, ma in quella il terzo articolo è assai sottile ed in que- sta è poco meno largo del primo e del secondo. e atei 240 GIACOMO DEL GUERCIO Le zampe sono anche più robuste, più pelose ed ispide, con i femori provvisti di peluria allungata, che non si riscontra nel- l’altra femmina attera già descritta. In oltre di questi femori, quelli posteriori resultano assai più lunghi di quello che sì è detto precedentemente rispetto ai sifoni. I sifoni sono neri, mediocri in lunghezza, non lunghi, ed uguali alla metà dei femori posteriori. La codetta è più lunga della metà dei sifoni, ed è oltre che ispida assai fornita di lunghi peli, avendone una dozzina per lato. Per tanto questa specie si approssima all’ A. tavaresi, nel quale però le antenne sono della lunghezza del corpo, e ad ogni modo sempre col rapporto lineare fra i diversi articoli diverso, giac- chè si ha: 1 2 15 20 Tia “60. 5I e 000 100) e d’onde si vede che laddove il terzo articolo è qui notevolmente più lungo del quarto, e l’appendice molto più lunga della somma del quinto e del sesto articolo, nella specie nuova descritta essa è molto minore della somma dei due articoli indicati. Quanto poi alle specie, che vivono sopra piante diverse dagli agrumi, bisogna paragonare con lA. viburni Scop., sebbene anche da questo quello descritto si differenzi, a causa del rapporto fr: la codetta ed i sifoni, che sono poco più lunghi di quella; men- tre nell’Aphis viburni sono due volte più lunghi. Lo stesso rapporto fra sifoni e codetta distingue la specie in esame dall’ Aphis medicaginis Koch, che non vive sull’ Erba medica, sulla Liquirizia ed altre leguminose erbacee, soltanto, ma sulle piante di Acacia; mentre la natura delle antenne ed il rapporto fra codetta e sifoni avvicinano all’ Aphis papaveris. Il quale non vive neppure esso solo sulle piante erbacee fin ora ricordate, ma sopra varie piante legnose. Dalle quali, ritorna nuovamente, dopo la primavera, col mezzo degli alati, sulle piante erbacee, assumendo nelle stazioni arboree talvolta variazioni notevoli nel colore e nel rostro, il quale nella specie tipica presenta la serie dei rapporti lineari seguenti : Ri da LR POI, Pola aci E 17 RU UT AVRO I RO n dai x PRINT CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 241 mentre in quelle forme, che stazionano sugli agrumi la serie dei rapporti indicati è per alcuni rappresentata da ed in altre si approssima fino a coincidere con i termini della serie tipica indicata. Per ciò riteniamo di dover concludere, per ora, che l Aphis papaveris si estenda anche sugli agrumi. 18. Aphis symphyti Schrank e A. symphyti Koch. (Tav. IV, figz. 59.62, 63-C6,. Si era generalmente ritenuto fino a qualche anno fa che 1’ afide peste delle Cocomeraie e delle altre cucurbitacee coltivate, de- seritto come Aphis symphyti Schrank fosse identico a quello de- scritto e figurato sotto lo stesso nome da Koch. Noi ritornando sui caratteri assegnati dal Kaltenbach e dal Koch per le forme da essi descritte, e descrivendo sufficientemente quelle rinvenute da noi, osserviamo che in queste le femmine attere sono piriformi raccorciate, alquanto retratte posteriormente, a deposi- zione inoltrata (fig. 59, 60, 61). Il colore è nero olivastro, col mezzo del dorso nero lucente quasi bluastro, e nei lati con un largo margine verde olivastro bene evidente. Il capo è piecolo, del colore del corpo, con occhi nerissimi, molto rilevati e margine frontale distintamente convesso fra i tubercoli antenniferi. Questi sono piccoli, ma bene evidenti. Le antenne sono poco più corte della lunghezza del corpo, arri- vando alla base dei sifoni. Hanno il primo articolo bruno seurò, come la seconda metà del quinto articolo e fino ad un certo punto anche come nell’ appendice che lo segue, mentre negli altri articoli sono chiare. Il primo articolo è cilindrico, poco più del doppio del tubercolo antennifero. Il secondo articolo è alquanto più sottile del primo, ma è cilindrico anch’esso e della medesima lunghezza. Il terzo articolo è poco più lungo del quarto e questo è appena più lungo del quinto. Il sesto resulta poco più della metà del pre- « Redia n, 1916. 16 Pe he ©. LAP. "ie. ei det 2 242 GIACOMO DEL GUERCIO cedente e porta un’ appendice, che è poco più della lunghezza del terzo articolo. Siechè si hanno i rapporti lineari seguenti : fini a VR RN Gicuha 5 5 HI. AB. ARL ca Ro sp) Le zampe sono piuttosto lunghe e robuste, con i femori appena infoscati, specie nel terzo paio, e le estremità delle tibie, per un tratto appena più lungo dei tarsi, di color nerastro. La lunghezza dei femori e delle tibie cresce in proporzione dal primo all’ ultimo paio, mentre è la stessa quella dei tarsi, che resultano appena più corti del sesto articolo delle antenne; mentre di queste il terzo, il quarto ed il quinto articolo, sommati insieme, superano di poco la lunghezza delle tibie anteriori, ed eguagliano quella delle tibie mediane. L’addome è olivastro scuro sul dorso, con i margini laterali ap- pena più chiari, e verdastri nelle femmine non ancora retratte. Nelle altre il dorso è nero olivastro, lucente nel mezzo, e olivastro chiaro nei margini nel modo come nelle figure relative è stato designato. I sifoni sono sempre neri, cilindrici, abbastanza più larghi alla base e di media lunghezza, con la quale essi ora superano note- volmente quella del terzo articolo delle antenne, ora sono poco più lunghi o quasi la uguagliano, secondo lo stato più o meno inoltrato delle femmine, che si prendono in esame. Perciò sarà sempre bene di prendere in esame femmine che depongono o che abbiano già deposto i loro figli, per uscire da ogni causa di errore ; e la retrazione posteriore dell’ addome serve bene allo scopo in- dicato. La codetta è verdastra o giallo verdognola, molto corta e però subeguale o poco più corta della metà della lunghezza dei sifoni. Le femmine alate sono assai più strette ed eleganti delle attere. Hanno il capo nero, il pronoto olivastro ; il meso ed il metanoto del colore del capo; e Vaddome come il torace, nel mezzo, intorno ai sifoni alquanto più chiaro, e quasi lo stesso nei margini laterali, dove si scorgono bene in principio soltanto le macchie scure, che più tardi vengono a fondersi con la tinta generale del dorso. A differenza delle forme partenogeniche attere, quelle alate hanno tubercoli frontali meno bene accennati, evidenti dal lato interno CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 245 dl soltanto, mentre il margine frontale compreso fra essi è più corto e tutto il capo è notevolmente più corto dell’ altro. Le antenne hanno presso a poco la stessa lunghezza, ma sono bruno scure, col terzo articolo fornito di una fila di aree sensorie, le quali possono essere anche non bene allineate, come si può ve- dere dalle figure riportate riferentisi alle antenne della stessa femmina. Quanto al rapporto lineare fra i diversi articoli, esso è in mas- sima come nelle femmine attere, come si può scorgere dalla serie seguente : Il rostro è verdognolo e tende ad oltrepassare il secondo paio di zampe. Esso è robusto, col primo segmento poco più lungo della somma dei due rimanenti; dei quali il secondo è poco più corto del terzo. Sicchè. si ha: ATENEA III 40 10 15 Le ali sono lunghe, le anteriori poco più di un terzo più lun- ghe del corpo, con lo pterostigma giallo, e la lunghezza del piede e dei rami delle forche cubitali gradatamente più corti. Le zampe sono robuste come nelle femmine attere, non più lun- ghe e neanche più intensamente colorate, giacchè i femori sono più neri nelle femmine attere. I sifoni sono neri, ma alquanto più corti e però un quinto od un quarto meno lunghi di quelli delle femmine attere. La codetta è dello stesso colore verdastro, ed uguale alla metà della lunghezza dei sifoni. Con questi caratteri la specie si deve riportare all’ Aphis sym- phiti Schr. descritto dal Kaltenbach (1) e dal Passerini. TL) Aphis symphiti Schrank descritto e figurato nella tav. XII a fig. 98, 94, dal Koch, non è stato menomamente ricordato dal Passerini, probabilmente perchè, sia negli atteri, sia negli alati non corrisponde a quanto della specie ha detto il Kaltenbach. Secondo Koch l’alato ha una piccola macchia nera mediana, avanti i sifoni, dietro questi tre linee nere, e tutto il resto del dorso verde intenso fino nei margini, dove si trovano le solite macchiette * da 244 GIACOMO DEL GUERCIO orbicolari nere. E questo non è quello, che si trova negli esem- plari da noi esaminati. La femmina attera, secondo la figura 94, ha il capo ed il torace verde, tre linee nere su quest’ultimo, e addome dello stesso colore, coperto quasi del tutto da una grande macchia dorsale nera fin die- tro i sifoni, seguita da tre linee trasversali dello stesso colore: la qual cosa non si riscontra neppure nella femmina attera in esame. Bisogna, per altro, rilevare che anche noi abbiamo trovato alati, nei quali i margini laterali del dorso sono larghi e dietro i sifoni la tinta scura, che in altri alati è quasi uniforme, dirada così da mostrare una fasciazione più o meno notevole, che avvicina a quella disegnata da Koch. Mai però la macchia dorsale, che copre quasi tutto l’addome, l’abbiamo trovata ridotta alle meschine proporzioni indicate da Koch. Parimenti, nelle femmine attere vi sono individui, che non pre- sentano divisione verde, fra il capo ed i diversi somiti del torace ; ed altri invece che presentano queste divisioni ben distinte, per quanto sottili; mentre altrettanto non si trova accennato nelle ultime divisioni dell'addome, neppure nelle femmine ad addome più retratto, come nel tipo da una delle figure indicato. Per ciò è da ritenersi che le forme descritte da Koch si appros- simino realmente alla specie a cui dal dotto afidologo furono ri- portate. Però siccome le stesse antenne si trovano in dette figure assai più corte di quelle che dal Kaltenbach, dal Passerini e da noi sono state indicate, ne formiamo una varietà, che dal nome dell'A. che Vha descritta, la indicheremo col nome di Aphis sym- phiti var. kochiella. VII. — Sopra nuove forme di afidi radicicoli. (RICERCHE PRELIMINARI). IL PIDOCCHIO RADICICOLO DELL’ OLMO. 19. Neorhizobius ulmiphilus sp. n. (Tav. IV, figg. 67-63). Tanto l’Olmo campestre, quanto quello americano, più volte ri- cordati, portano sulle loro radicelle più sottili e più superficiali un CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 245 piccolissimo pidocchio ravvolto: in un distinto grovigliolo di so- stanza cerosa bianca. Della specie fin ora non conosciamo che la feramina attera par- tenogenica, che alla fine della primavera è notevolmente vescico- losa, piriforme, piuttosto racecorciata anteriormente e dalla parte posteriore poco meno che arrotondata. Alla fine dell’estate è orbi- colare e notevolmente rilevata. Il suo colore è bianchiecio pallido polverulento, col capo appena infoscato nel mezzo, ed ivi fornito di ghiandole ciripare, come se ne trovano sul dorso e in altre parti dei somiti del torace e del- l’addome. Gli occhi sono rudimentali, almeno nelle forme dell’ insetto esa- minate. Le antenne sono quasi cilindriche, brevissime, eguali alla lun- ghezza dei femori posteriori. Il loro colore è quello del corpo, ap- pena più intensamente colorite e leggierissimamente infoscate. Sì compongono di 4, o di 5 articoli: il primo è poco più lungo che largo, e poco più corto del secondo, che è cilindroide, appena più di due volte più lungo della sua larghezza ; il terzo, quando le antenne sono di quattro articoli, è quasi clavato e appena più lungo, o uguale in lunghezza al terzo; quando le antenne sono di 5 articoli, il terzo è più corto del secondo ed il quarto è quasi globulare ; il quinto ha la larghezza del secondo, o del primo, ed è il più lungo di tutti. Quando le antenne accennano alla divisione nel quarto articolo, e questo si è allungato per dividersi, esso al- lora è quasi uguale alla somma del secondo e del terzo, presi in- sieme; diversamente l ultimo è alquanto più lungo del secondo soltanto ; e però i primi quattro articoli si possono considerare come quasi uguali fra loro. Sicchè si ha: 1 2 3 4 5 (È TO E CN Nelle antenne di 4 articoli, delle piccole setole sono bene evi- denti quelle alla estremità degli articoli medesimi; e in quelle di 5 articoli sono evidenti anche le altre situate nel dorso del se- condo articolo. Il rostro è assai robusto, stramineo alla base, nel secondo arti- colo del colore delle antenne e nel terzo scuro alla sommità sol- 246 GIACOMO DEL GUERCIO tanto. Presenta rare e piccole setole, delle quali le più distinte si trovano nella seconda metà del terzo articolo. Dei tre articoli in- tanto il primo è due volte e mezzo più lungo del terzo, mentre il secondo è quasi uguale ai "/, della lunghezza del terzo articolo, che raggiunge con lapice la base del secondo paio di zampe. Sicchè si ha: | e o: 130 40 50 (For). In altre forme non più voluminose, ma col terzo articolo delle antenne ben diviso, e però con 5 articoli nelle antenne, il rapporto fra i diversi articoli del rostro è così rappresentato : Così che il terzo resulta l'articolo più lungo e raggiunge con l’apice la metà della distanza, che è fra la base del primo e del secondo paio di zampe. Le zampe sono corte, tanto che, piegate, possono restare quasi del tutto nascoste sotto il corpo. Sono però assai robuste, giallo- gnolo pallide, con anca brevissima, con pochissima differenza dal paio anteriore a quello posteriore; femori successivamente più grossi dal primo al terzo paio, così che stanno fra loro come 5 a 6, a 7, mentre per la lunghezza stanno come 12 .a 15, a 20. Delle tibie, quelle del primo paio sono lunghe come quelle del se- condo, e tutte e due più corte di un terzo di quelle posteriori, che sono anch’esse della lunghezza del femore. I tarsi sono del colore delle tibie e dei femori, e nel primo paio sono come nel secondo; Li] . ma nel terzo sono per —- più lunghi, sebbene non siano più ro- busti. Le unghie sono due, piuttosto sottili, dopo la base robusta, e, per lunghezza subeguali alla metà di quella dei tarsi. Le zampe sono provviste di rare setole brevissime e rigide, di- sposte quasi a corona all’estremo terminale della tibia e del tarso. Sifoni nulla. Codetta verruciforme. Piega anale volgente al bru- niccio ; piega genitale giallognola. Le forme assai giovani, a differenza di quelle descritte, sono più piriformi allungate, con le antenne di quattro articoli, ma con i CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 247 primi tre quasi della stessa lunghezza, e l’ultimo poco meno del doppio di uno dei precedenti; sicchè si ha: 9 9 En mm we) Il primo articolo però è anche alquanto vescicoloso, mentre il secondo è a lati concorrenti, ma verso la base, che è più stretta che alla sommità; il terzo articolo è assai più vescicoloso del primo, perchè appare quasi sferoidale nella seconda metà, mentre si restringe notevolmente alla base; il quarto ed ultimo articolo è fortemente clavato, così che all’apice è due volte più largo che alla base e la sua area sensoria è trasversale, ovale, mentre quella del terzo articolo è circolare. Gli occhi, che nelle forme adulte, o quasi adulte, non si scor- gono che a stento, perchè non sono bene sensibili, sono distinti nelle giovani larve e formati di tre corneole di colore rosso fra- gola, ravvicinate strettamente fra loro. Il rostro raggiunge con l’apice la base del terzo paio di zampe. La forma in esame non si può confondere con quella analoga della Tetraneura graminis, perchè in questa il 1.° articolo delle antenne è uguale al 2.°, il 3.° uguaglia la somma dei due prece- denti ed è molto più lungo del 4.°. Si distingue dalla radicicola della Colopha ulmicola, delle graminacee, perchè in questa il 3.° articolo è cilindrico e quasi subeguale al quarto ed ultimo. La presenza di questo pidocchio pare che passi apparentemente inosservata sulle radici delle grosse piante, ma su quelle delle piantine dell’anno si manifesta con l’intristimento del giovanissimo vegetale. PIDOCCHIO LANIGERO DELLE POA. 20. Neorhizobius poae sp. n. (Tav. IV, figg. 70-72). . È un insettino ovale, alla fine della primavera, e di colore stra- mineo uniforme, a solchi appena sensibili fra i diversi somiti spe- cialmente nell’addome. Le antenne sono brevissime, volgenti al pallido giallognolo e quasi così lunghe quanto è largo il capo, che a forti ingrandi- "Ta CI ar i a et ce EQ RETE 248 GIACOMO DEL GUERCIO menti si presenta rugoso nella fronte. Delle antenne il primo arti- colo è appena più largo che lungo, con una serie ben rada di setole brevissime nella sua metà; il secondo è arrotondato alla sommità ed è quasi così lungo che largo; il terzo è claviforme, per quanto raccorciato, ma più sottile e anche alquanto più lungo del secondo. Questo articolo nella temmina partenogenica in esame accenna nettamente a dividersi in due e però si hanno come dne articoli, È che, pel momento sono alquanto più minuti dei due precedenti e per altrettanto più corti. Il secondo segmento di detto articolo, che corrisponderebbe al quarto, presenta un’area sensoria circolare, con nel mezzo una papilla bianca, lucente, più lunga del diametro del- l’area sensoria che la porta. Il quarto o quinto articolo è poco più lungo del terzo (3.° e 4.°), è clavato, e. porta un’ appendice, che termina con cinque a sei setole rigide, ed è presso a poco della lunghezza di uno dei due segmenti del terzo articolo. È L'area sensoria del quinto articolo è ornata di una corona di | brevi setole curve. Il rostro è assai, quasi per un terzo, più robusto delle antenne, e raggiunge con l’ apice seuro il solco fra il secondo ed il terzo paio di zampe. Le zampe hanno la robustezza del rostro, alquanto più giallo- gnole e provviste di due unghie nei tarsi. i Gli occhi sono, al solito, rudimentali ; dei sifoni non si scorgono neppure le aperture e la codetta è meno che verruciforme. In questo piccolissimo pidocchio, lungo poco più di un millimetro, par di vedere una specie dell’antico genere Rhizobius Burm., per . quanto il tarso sia armato di due e non di una sola unghia, secondo ì le notizie del Passerini e, successivamente, anche di altri autori. Delle note specie, però, essa non si può confondere con quelle tipiche descritte troppo sommariamente dal Burmeister, perchè il Rh. pilosellae è luteo, non stramineo, e con zampe ed ‘antenne , fosche, e queste ultime col quinto articolo, fra gli altri, cilindrico, mentre nella specie in esame è clavato, e l’appendice è della lun- ghezza di uno dei segmenti del 3.° articolo (diviso in 2) conica e non lunga, nè clavata. Il Rh. pini Burm. poi è fosco, ornato di peluria bianca, con antenne e zampe del colore del corpo. CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 249 Bruno è pure.il R%. subterraneus Kalt., di cui Vantenna è dise- gnata col sesto articolo cilindrico e con gli altri come nella fig. 35 della PAanzenliuse del Kaltenbach. Le differenze con le due specie descritte dal Passerini sareb- bero anche più evidenti: il A. sonchi, per le antenne pelose, dal sesto articolo clavato, ed i tarsi con unghia semplice; ed il R%. menthae, per le antenne con tutti gli articoli quasi della stessa lunghezza e l unghia semplice come nella specie precedente ; per quanto realmente le forme giovani dei Rizobii rinvenute da noi sulle due piante indicate abbiano le unghie bifide, non semplici ; sicchè la differenza sostanziale esisterebbe solo per le antenne. Sulle radici delle Graminacee piccolissime dei prati, intanto, come Loiesse, Poe e simili, Thomas e Buckten (« Brit. aphis », vol. IV, pag. 93, tav. 129, fig. 9) hanno descritto un Rhizobius graminis Thm., che si presenta con le antenne come quello trovato da noi sul me- desimo gruppo di piante; ma senza la papilla descritta per la specie in esame, e giallo, con due linee longitudinali nere sul capo, con le divisioni fra gli anelli del torace e dell’addome dello stesso colore e le antenne e le zampe nere, fra le quali ultime, quelle anteriori, col tarso armato di una sola unghia, e non di due. Siamo costretti per ciò a nominare la forma descritta indican- dola col nome di Neorkizobius poae. Questo nome specifico fu adot- tato dal Buckton, per descrivere la specie di KhQizobius indicata ; ma poi vi rinunziò, correggendolo in quello di graminis del Thomas. PIDOCCHIO LANIGERO DELL’ ORZO MURINO. 21. Neorhizobius stramineus sp. n. (Tav. IV, figg. 73-74). Questo pidocchio radicicolo è della metà più grande di quello delle Poe, del quale appare più vescicoloso e rigonfio e molto più rac- corciato. Da quello precedente però si distingue subito per le antenne e le zampe, che sono più lunghe e robuste e di colore stramineo al pari del corpo. Le antenne si compongono di cinque articoli, distinti, di cui il primo è quasi così lungo che largo e alquanto più corto del se- È È IC) a PTCP i age Ka 0] Dei, IAT + turpe SE eo e a ae v ai, etna er °° A 250 GIACOMO DEL GUERCIO condo ; questo è cilindroide, più sottile; il terzo è appena più corto del secondo, intaccato leggiermente dal lato posteriore, più che da quello anteriore ; il quarto è alquanto più stretto alla base e per altrettanto più largo, rigonfio ed arrotondato alla sommità, dove l’area sensoria non porta la lunga papilla descritta per la specie delle Poe; il quinto articolo è clavato, alquanto più lungo del secondo, con area sensoria piccola alla sommità e munito di appendice più corta che larga, appena rilevata rispetto all’ area sensoria che sovrasta. Gli occhi sono rudimentali, composti di tre corneole visive sol- tanto. Il rostro è stramineo al pari delle antenne, arrivante con l’apice sul secondo somite addominale; il suo articolo più lungo è il primo, il secondo brevissimo, e corto anche il terzo, il cui apice non è aftatto neppure infoscato. Delle zampe i tarsi sono forniti di due unghie robuste; dei si- foni non si scorgono neppure le aperture; la codetta è rudimentale, e le pieghe anale e genitale del colore del corpo. La forma descritta si trova di Giugno entro un mucchietto di cera bianca sulle radici sottilissime dell’Orzo murino. Il suo corpo appare ripieno di uova incolori; sicchè noi ab- biamo trovato nella primavera quello che per altra specie il Pas- serini aveva ricordato per l’autunno. Passerini dubitò che si trattasse di forme sessuate. Noi rite- niamo invece che si tratti di femmine partenogeniche arrestate nello sviluppo ; e che per ciò è necessario veder meglio nella evo- luzione di questo gruppo di Afidi, che sono i meno conosciuti fra tutti. Ed è quello che ci ripromettiamo di fare. Intanto per distinguere questa dalle altre specie indicate le diamo il nome di Neorhizobius stramineus. A questo punto delle nostre ricerche giova ricordare che sono state descritte varie specie di Rhizobius, fra le quali oltre alle sopra rammentate giova aggiungere un Rhizobius jujubae Bukt, delle radici del Zizyphus Jujubae, e un Rhizobius spicatus Hart. Ora di queste specie, che Passerini desiderava di comprendere nel genere KRhizoicus, sostituendo questo nome al noto AkQizobius, preoccupato per specie di Coleotteri, talune sono provviste real- CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 251 mente di un’ unghia sola nei loro tarsi, e queste si possono e si devono raccogliere sotto una delle denominazioni generiche indi- cate, giacchè quale che sia la natura degli alati il carattere attri- buito alle loro forme radicicole attere è ben sufficiente per dar ragione della istituzione operata. Le altre specie, che presentano due unghie nei tarsi, e che col tempo sono destinate a trovar posto fra le Colopha, le Tetraneura ed i Pemphigus, si devono separare e considerarle a parte sotto altra designazione generica, che sarebbe provvisoriamente quella di Neorhizobius, che noi pre- ghiamo di accettare fino a che la designazione generica precisa d’ogni specie non sarà volta a volta indicata. È con questo intento che, separando i due gruppi di specie sì ha: Femmine radicicole ad antenne brevissime, dal primo al penultimo, o all’ultimo, subeguali ; Vultimo più lungo di tutti. Tarsi terminati tutti 0 in parte da unghia semplice ; eg a ei Alzo uS: Pass; (sp. tipica E. jujubae Buckt.). Tarsi terminati tutti da due unghie. . . ...... 0 Mita sia die ay Gen, Neorhizobius. Del, Guere. Ciò posto, raccogliendo sotto quest’ultimo genere le nuove spe- cie ora descritte e paragonando quelle delle graminacee con l’altra d’ Inghilterra e d’ America descritta dal Buckton e dal Thomas, per le stesse piante si ha: Gen. NEORHIZOBIUS Del Guercio. A. Dorso trasversalmente striato e punteggiato di mero ; due linee longitudinali occipitali, antenne e zampe brune . . . . . - E RO te Se Tai “graminis Thomas. B. Dorso senza strie trasversali e punti neri ; occipite non lineato di bruno. C. Quarto o terzo articolo delle antenne con area sensoria papillifera + . . . . . Neorh. poae Del Guere. “ 2 ; 252 GIACOMO DEL GUERCIO CO. Quarto o terzo articolo delle antenne con area sensoria senza papilla centrale. D. Antenne e zampe perfettamente del colore del corpo ; rostro dello stesso colore arrivante con l'apice sul secondo somite addominale. è . Neorh. stramineus Del Guere. DD. Antenne e zampe volgenti al paglierino, legger- mente infoscate; rostro oltrepassante la base del secondo paio di zampe, non quella del terzo ; pieghe anale e genitale del colore del rostro e delle zampe . .Neorh. ulmiphilus Del Guere. PIDOCCHIO LANIGERO DEL RIBES. 22. Schizoneura Ulmi L. (Tav. IV, figg. 75-77). Visitando le radici dell’ Uva spina e del Ribes a frutto rosso non è difficile scoprirvi dei mucchiettini di sostanza cerosa bianca, più o meno scarsi o abbondanti, nei quali si scorgono dei piccoli pidocchi, ora rotondeggianti, ora più o meno allungati, conforme si vede dalle figure che ne sono state riportate. L'una forma e l’ altra non erano state mai ricordate da noi e rappresentano per ciò un’ aggiunta alle conoscenze della fauna italiana. Negli altri paesi d’ Europa, G. B. Buckton ha figurato e de- scritto la forma, che corrisponde a quella allungata, indicandola col nome di Schizoneura fodiens. Essa da noi non è di color giallo ferruginoso, come quella tro- vata in Inghilterra, ma di un giallo citrino chiaro, reso quasi stramineo da un sottilissimo velo di sostanza cerosa, per la quale l’insetto appare secondo il disegno, che si riscontra nella figura 77, tav. IV. Ma indipendentemente dalla differenza del colore, che varia no- tevolmente con l’ età, e dallo stato vivente a quello morto del- l’ insetto, un’ altra assai notevole e più sostanziale differenza CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 258 starebbe nella lunghezza delle antenne, che nella forma descritta da Buckton, avrebbero quasi i tre quarti della lunghezza del corpo <«..... about three quarters the length of the body » mentre in quella in esame esse sono quasi eguali alla larghezza del capo e non più; sicchè sono brevissime. Gli occhi sono piccoli, ma evidenti. Il rostro è robusto e rag- giunge con la estremità scura il secondo paio di zampe. Le zampe sono brune come le antenne, con peli setolosi partico- larmente nelle tibie; primo articolo tarsale brevissimo, quasi rudi- mentale, e secondo articolo conico allungato, terminato con due unghie piuttosto sottili e lunghe. Sui tarsi non vi sono peli capitati. I sifoni sono ridotti quasi alle aperture soltanto, e la codetta è verruciforme. Questa forma della specie non corrisponde a quella che real. mente è quando ha raggiunto il massimo sviluppo, perchè un’ altra ne abbiamo trovata, che qui presentiamo. e che è affatto diversa dalla precedente descritta. La vera radicicola adulta della Schizoneura del Ribes è globosa, molto rilevata, e tanto rigonfia che gli ultimi tre somiti addomi- nali restano completamente nascosti. Esaminando i caratteri di questa forma, che non era stata de- scritta, neppure dal Buckton, sopra ricordato, diciamo che essa ha contorno quasi circolare e nell’ insieme è di color giallo legno intenso. Il capo è piccolissimo, brunastro, poco più corto che largo, col margine frontale compreso fra le antenne appena prominente nel mezzo ed ornato di sei peli, quattro lunghetti nel imezzo e due più corti, uno per parte sull’ estremo margine delle fossette antenni- fere, che sono grandi quanto i lati del capo, o quasi. Le antenne sono del colore del capo, notevolmente più lunghe della larghezza di quello e composte di sei articoli distinti. Il primo articolo è appena più corto che largo e poco discoidale, cilindrico, più scuro del resto delle antenne; il secondo è poco più corto e più stretto e meno senro del primo, del quale non ha neppure la forma, perchè è assai più ristretto alla base; il terzo è più lungo di tutti, notevolmente allungato, grado a grado A IRE RIA RIE la "Re CISTI AE CRETA 254 GIACOMO DEL GUERCIO sempre più ingrossato dalla base all’apice e subeguale alla somma dei tre articoli seguenti, presi insieme; il quarto è pressochè della lunghezza del secondo, sebbene più sottile, del quale ha presso a poco anche la forma; il quinto è più lungo del precedente, e anche del seguente, che non è clavato, ma cilindrico, con un’ap- pendice tozza, per lunghezza eguale o appena più lunga del tratto basale. Pochi peli setolosi sono sulle antenne, delle quali il terzo arti- colo ne è il più fornito. Nel sesto articolo si trova un’ area sen- soria resa assai distinta da una vera siepe di peli setolosi, che la contornano. Un’ altra area sensoria si trova sul quinto articolo, ornata precisamente come la precedente. Serie trasversali lineari di piccolissime spine si trovano a ricoprire gran parte del sesto articolo. Nel quinto queste stesse produzioni sono disposte in linee ondulate, più distanti fra loro. Nel quarto articolo ed in quelli precedenti queste produzioni mancano, e si trovano delle strie sol- tanto, appena sensibili a forti ingrandimenti. Gli occhi sono piccoli, ma distinti. Il rostro è assai robusto, del colore del corpo, alquanto info- scato e formato di tre articoli, dei quali il primo, basilare, è quasi della nghezza del terzo, ed il secondo è così lungo che largo ; l apice del terzo articolo raggiunge la base del secondo paio di zampe, 0 la oltrepassa di poco. Il protorace è molto più largo del capo, che vi è parzialmente incastrato. Più larghi ancora sono successivamente gli altri somiti del to- race e quelli successivi dell’ addome, fino al secondo, che segna la massima larghezza del corpo, perchè dal terzo al quarto quello decresce sensibilmente fino alla estremità, che resta completa- mente nascosta. Le zampe sono assai robuste, ma corte. I sifoni sono mamellari, abbastanza rilevati, pelosetti, con le aperture piccole alla sommità contornate da sottile margine nero. La codetta è rudimentale, verruciforme, e la piega, od opercolo genitale è bruna. Lunghezza della parte visibile dal dorso mier. 73 _ Kor). Lar- ghezza micr. 63. A O MAU PR cRi , > fara) ) Aida PASTI RE O SEE MAFIE, ERI. (N e TR Va Le “COVACANEI È CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI bo (è) | Li Larghezza del capo fra le fosse antennifere mier. 11, Antenne : 1°, 2,7; 2°,.2,5,; 3°, 6; 49,2,3; 59, 3,3; 6°, 3; com: presa l’appendice. Rostro micr. 16. Paragonando ora l’ ultima forma descritta con quella omologa della specie del Melo, si vede che quest’ultima è rossiccio scura, coperta di un lungo fascio di fiocchi cerosi; laddove Y altra è gialla e senza il vistoso fascio ceroso indicato. Nella specie del Melo il capo in oltre è grande e molto più largo, quasi della lar- ghezza del protorace; e gli occhi, per quanto piccoli, sono rilevati, mentre si assomigliano invece nelle proporzioni i diversi articoli delle antenne, sebbene il sesto articolo presenti linee trasversali di piccole spine, come nel quinto di quella del Ribes e le due aree sensorie siano ornate di peli corti e non lunghi come nell’ altra ora ricordata. Diversa è pure la natura dei peli che guerniscono le antenne, giacchè sono più sottili e corti ed impiantati sopra basi meno rilevate e più piccole nella specie del Melo. ‘ome per le antenne, pochissima o non notevole differenza vi è pure nel rostro. Ma per contrario esistono notevoli differenze nelle zampe, che sono più robuste nella specie del melo, per un quinto circa più lunghe, e nelle loro parti diversamente propor- zionate. Nelle zampe anteriori, ad esempio, il femore è uguale ai due terzi della lunghezza della tibia, nella specie del Melo, mentre è quasi della stessa lunghezza in quella del Ribes, nella quale la tibia anteriore è uguale ai sa di quella posteriore, mentre nella specie del Melo il rapporto fra le due tibie è di È) cioè più lunghe della metà, nella prima specie e più corte di altrettanto nella seconda, del Melo, nella quale le tibie tutte appariscono appena ispide, mentre in quella del Ribes sono distintamente setolose. E questo carattere della produzione pilifera si estende a tutto il corpo del pidocchio, che mostra peli radi e brevissimi nella specie del Melo, laddove sono notevolmente lunghi ed abbondanti nella specie del Ribes. Siechè anche a lasciare da parte le varie altre differenze che esistono fra le due radicicole delle specie indicate, quelle ricordate sono più che sufficienti per distinguerle. Questi rilievi sono stati fatti su femmine raccolte negli stessi mesi di Maggio e di Giugno, su femmine perfettamente sviluppate 256 GIACOMO DEL GUERCIO ed in moltiplicazione inoltrata; e poichè la radicicola del Ribes, deseritta col nome di Schizoneura fodiens Buckton appartiene alla serie biologica della Schizoneura ulmi (Linné) Kalt. questa è di- versa dalla Sehizoneura lanigera Hausm., oltre che nelle forme alate considerate, anche per le forme radicicole attere qui poste a confronto. Quanto ora a porre in relazione la generazione gallogena della specie, sulle foglie piegate dell’Olmo, e quella delle radicicole descritte, dopo quanto ne hanno detto A. OC. Baker nel Rapporto n. 101 del Dipartimento dell’ Agricoltura degli Stati Uniti, nel 1915, ed altri, basterà accennare come da noi la infezione colpisca le radici delle piante di Ribes dal mese di Maggio in poi. A metà di Giugno le forme attere della prima generazione sono già com- plete e si sgravano di numerose piccole larve, che si distribui- scono variamente sulle radici delle piante; vi si ricoprono di un notevole fiocco ceroso bianco bluastro e sotto di quello pun- gono, succhiano e mutano la pelle al pari delle altre Schizoneure radicicole. Il loro accrescimento però non è più rapido di quello notato per.lo sviluppo delle forme della prima generazione, perchè solo ai primi di Luglio, o poco di poi, si vedono le nuove femmine ra- dicicole, che, come è stato detto, sono meno corpulenti delle fon- datrici. Le generazioni si susseguono così fino ad autunno inoltrato, ma già dalla fine dell’ estate e al principio della stagione succes- siva, fra le radicicole appariscono forme ninfali ed alati, corri- spondenti a quelle descritte da Buekton. Sono queste le forme sessupare, che dalle radici del Ribes, ap- pena uscite dal terreno, prendono il volo in cerca delle piante dell’ Olmo, sul quale vanno nell’ Ottobre particolarmente a sgra- rarsi delle forme sessuate. Secondo è stato già visto in altri, gli accoppiamenti e la' depo- sizione successiva delle uova ibernanti ha luogo quasi subito nei crepacci numerosi della scorza dell’Olmo, dove allo stato di uovo la infezione permane fino all’ inizio della primavera. Allora le larve che ne derivano vanno a pungere le laminette foliari tenerissime dell’Olmo, nella loro pagina ventrale, ed ivi crescono, assumendo CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 257 la forma ricordata per la femmina radicicola deseritta. La madre fondatrice prolifera dà numerose larve, che pungendo per largo tratto presso il nervo mediano della foglia, il lembo di questa fini- sce col formar doccia o canale, dalla parte interna del quale restano nascoste le famiglie degli Afidi fino a che non raggiungono lo stato di insetto alato. È la forma migrante della specie, che dalle foglie dell’Olmo, dalla fine di Maggio ai primi di Giugno, trasporta la infezione sulle piante del Ribes. Le radici del Ribes infette presentano qua e là dei fiocchi di cera, che servono a mettere assai bene in vista la infezione ; ma nei punti occupati dall’ Afide non si scorgono le produzioni nodicole o tubercolari, che sono tanto evidenti invece e numerose sulle radici del Melo colpite dalla Schizoneura relativa ; e le alte- ‘razioni che non di rado vi si trovano non sono da riferirsi alla presenza del pidocchio, sibbene a quella di un verme Nematode, noto col nome di Heterodera radicicola Greef. Pur quando lAfide è assai numeroso, le piante difficilmente 0 non fioriscono, 0 i fiori cadono e non abboniscono il frutto, come è accaduto per le piante in esperimento negli anni 1915 e 1916. Quando la infezione è quella abituale, contenuta nei suoi limiti ordinari, il danno è insensibile, o nullo. PIDOCCHIO LANIGERO DEL MELO. (Tav. IV, figg. 78-85). Diremo prossimamente con maggiore larghezza su quest’ Afide. Ora desideriamo di accennare ad alcuni fatti della sua vita, che ci sembrano di qualche interesse. Giova anzi tutto affermare che nel mese di Ottobre, mentre la specie provvede alla produzione, davvero prodigiosa, delle sessupare alate, quella delle moltiplicatrici attere si arresta quasi del tutto e non riprende che a Novembre inoltrato. Quando nel mese di Dicembre spira il vento ‘aldo di scirocco, e la migrazione degli alati è già un fatto compiuto, si avvantaggia notevolmente invece la ripresa delle forme attere, la cui prolifera- zione non si arresta neppure durante l’ inverno, quando ha luogo « Redia n 1916. 17 Mr "1 i DA te, eda 258 GIACOMO DEL GUERCIO uno spostamento evidente della infezione da un posto all’ altro della pianta. Come per tutti gli Afidi radicicoli del gruppo, anche per questa specie, delle forme restate sul Melo, quelle che si vedono peregri- nare sui rami e sul fusto sono le giovanissime, da poco nate, che ora ascendono, ora discendono verso le parti più basse della pianta. Questo movimento, che è costante nelle ore più calde del giorno, sì ripete con maggiore frequenza nelle giornate più soleggiate. Non occorre dire come e quanto ciò accada durante la bella stagione. Tornerà opportuno rilevare invece che, in questo tempo, alla maniera indicata di diffusione dell’ Afide ne corrisponde un’al- tra, che non mi pare ricordata e che consiste nel trasporto delle giovanissime larve col mezzo della cera emessa dalle madri dell’ in- setto, le quali ne producono in tale abbondanza da formare strati diverse volte più alti del corpo del pidocchio. Questi strati di cera sono accidentati alla loro superficie così che in molte parti di essi formano emergenze, che poco alla volta si staccano e cadono. I mucchi di cera più disposti a cosiffatta finalità sono quelli della parte dei rami meglio rivolti verso terra, e siccome sono quelle anche le zone dove più brulicano le larvettine del pidocchio, si può quasi dire che non cada mucchio di cera che non contenga larve e non faccia per questo come apparecchio aereo- nautico, col quale il vento trasporta lontano le larve, che altrimenti non riuscirebbero a scostarsi notevolmente dalla pianta nutrice. Quando si noti poi come ogni larva si ricopra costantemente di cera, dovunque: sì trovi, sì comprende che tale sostanza le serve contemporaneamente a proteggerla dalle azioni nocive esterne, mentre il potere di adesione alle varie parti delle piante giova immensamente a fermarle sui vegetali, invece di farle cadere per terra, dove più facilmente andrebbero perdute. Sarà inutile dire ora che, per cosiffatte ragioni i venti forti della primavera e quelli dell’autunno trasportano con grande faci- lità la infezione da un pomario all’altro; e si spiegano pure così le apparizioni improvvise della Schizoneura nei pomari serbatisi per lungo tempo immuni. Ma un altra causa della comparsa improvvisa della Schizoneura CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 259 bisogna vederla negli Uccelli, nelle Lucertole, nei Roditori ed in alcuni insetti, e secondo il Prof. Patch, degli Stati Uniti d’ Ame- rica, nella migrazione degli alati primaverili dell’ Afide stesso, che dalle foglie dell’Olmo passano su quelle del Melo. Ci è stato possibile di fare più volte la constatazione della diffu- sione dell’insetto a mezzo delle cause prima indicate; ma ancora non abbiamo potuto avere la prova per quello che si riferisce al passag- gio del pidocchio stesso dall’Olmo al Melo, e viceversa; e però, senza pregiudizio per quelli che potranno essere i resultati delle nuove osservazioni in corso, riteniamo opportuno esporre quanto ab- biamo visto al riguardo negli ultimi tre anni. Traendo profitto dalla presenza piuttosto numerosa delle piante di Ulmus americana, U. campestris, U. suberosa, U. montana, dei dintorni di Firenze, particolarmente, e delle località circostanti, nei mesi di Ottobre e Novembre, abbiamo effettuato una ispezione attiva e ripetuta a queste diverse piante, mentre aveva luogo la grande evoluzione delle forme sessupare del pidocchio lanigero. Ma in tutte le gite fatte pochissime volte fu dato di rinvenire gli alati della forma suddetta sulle piante di Olmo; quelle volte le ab- biamo trovate sempre sotto le foglie della pianta, ma sui fusti e sui loro rami nè allora, nè poi abbiamo potuto trovare i ses- suati o il loro uovo d’ inverno. Nel dubbio che la infezione ci potesse essere sfuggita. nella primavera di ogni anno ci siamo fatti daccapo ad esaminare i teneri germogli, e ne abbiamo seguitato lo sviluppo. Contemporaneamente presso a due piante di Melo, completa- mente coperte di Schizoneura sulla chioma di 6 metri di diame- tro, abbiamo situato due piantine di Olmo americano, dell’altezza di un metro e mezzo a due metri circa. Dalle due piante di Melo infette, dalla fine dell’estate al No- vembre del 1915, partirono a volo milioni di sessupare alate; ma di esse qualcuna soltanto si fermò sotto le foglie dei due Olmi, che poi abbandonarono senza affidarvi i discendenti sessuati, che avrebbero dovuto continuarvi il ciclo vitale dell’ insetto. Nella primavera seguente, conforme ai resultati delle ispezioni alle lenti, compiute sui rametti e sul fusto, non comparve neppure l’accenno di una galla sulle nuove foglie. 260 GIACOMO DEL GUERCIO I e In oltre, allo scopo di accrescere ancora, se era possibile, le probabilità della riuscita dell’esperimento, in prossimità delle due piante di Melo infette, ponemmo tre altre piante pure di Olmo americano, in grossi vasi, e tre di Melo, perfettamente immuni di Schizoneura. Intorno ad una delle piante di Olmo in vaso e di Melo limi- tammo un numero straordinario di sessupari di Schizoneura, nella speranza che vi operassero la deposizione desiderata, ma 1’ attesa ed il lavoro fatto furono vani. AI fusto delle altre due piantine di Olmo furono affidati rami infetti di Melo carichi di ninfe di sessupare, ma il resultato del- l esperimento non fu diverso , da quello ricordato per le prime piante in terra. Le due altre piante di Melo in vaso furono collocate sulla via seguita dagli alati sessupari per diffondersi, ma senza nessun re- sultato, perchè le due piante restarono perfettamente immuni. Durante queste ricerche, vedendo gli alati stazionare per qual- che tempo nel luogo stesso di loro sviluppo, sorse il dubbio che una parte potesse deporre sui rami, che li avevano precedentemente alimentati. Tagliammo allora tanti rami infetti da raggiungere una lunghezza di 10 metri e li esaminammo minutamente: gli alati se ne andarono tutti, e neppure un sessuato, nè un selo uovo ibernante fu rinvenuto su questi rami. Nella primavera di quest’ anno abbiamo proceduto ad altre ricer- che, intese pur esse ad effettuare il passaggio della infezione, con gli alati delle galle delle Schizoneure dell’Olmo sui rami di Melo. A questo scopo dalla prima quindicina di Giugno in poi ci siamo fatti a raccogliere le galle delle foglie dell’Olmo americano, conformate come quelle attribuite alle fondatrici della Schizoneura del Melo, e quando in esse si iniziava la formazione e 1 uscita degli alati migranti, le abbiamo raccolte ancora attaccate ai loro rami e le abbiamo portate sui giovani rami dei piecoli meli, adibiti per Vesperimento. Gli alati sono venuti fuori in gran numero dalle galle e si sono sgravati anche dei loro piccoli sulle foglie e sui rami del Melo, ma sono tutti morti. L’esperimento fu ripetuto ancora con modalità diverse, fino a CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 261 fermare le femmine con la estremità delle ali ai rami della pianta, e alle foglie, perchè tutte le giovani larve restassero sulle parti degli organi prescelti. Ma i resultati non furono diversi da quelli indicati. Ora, da tutto questo, a malgrado dei resultati ottenuti, noi non vogliamo dedurre ancora che nessuna forma di Sehizoneura del- P Olmo americano derivi da sessuati portativi dalla specie del Melo; e neppure che i migranti delle specie stesse non siano ca- paci di trasportare, nella primavera, la infezione dalle foglie del- Olmo al fusto e alle radici del Melo. E ci piace di attendere per un giudizio definitivo, perchè quello che abbiamo osservato è bensì qualche cosa, che ha il suo valore, ma non potrebbe ser- vire a spiegarci la molteplicità dei fenomeni, che han luogo nei rapporti fra gli insetti e la natura delle piante nutrici, con tutte le modificazioni, che sugli Olmi americani potrebbero essere inter- venute da noi. Ripeteremo per tanto le ricerche fatte, variandole ancora, se è possibile, col mettere a portata di infezione anche i soggetti del Melo selvatico e del Pero di macchia, per vedere se per caso il ciclo evolutivo dell’ insetto, che non si è chiuso col mezzo del- l Olmo americano, si ripeta senza effetto con questa pianta, e si completi invece col mezzo del Melo e del Pero selvatici. E ciò è necessario, non pure agli effetti pratici della importante questione, ma dal punto di vista speculativo, giacchè su certe piantine di Melo piccolissime (Pyrus pumila paradisiaca), che sì sopraccaricano quasi ogni anno di frutti non più grossi di una castagna o di una noce, abbiamo rinvenute forme ibernanti di Schizoneura, che fin ora, che mi sappia, meno una figurata dal Baker (1), nessuno avrebbe da noi ‘ed altrove posto in vista e deseritto. Queste forme, che non abbiamo riscontrato ancora sulle piante di Melo più gentili, qui coltivate, sono di due serie: una pallida, ed un’ altra volgente al bruno cioccolata. (1) A. C, Baker, The Woolly Apple Aphis (Unit. Stat. Depart. of Agric., Rep. 101, pag. 23, 1915). 262 GIACOMO DEL GUERCIO La serie pallida, trovata dalla fine di Gennaio ai primi di Feb- braio, è rappresentata da forme allungate od ovali, e da forme race- corciate, o piriformi. La figura 78, Tav. IV, che presentiamo per prima all’ osserva- zione è quella di una larva di femmina pallida, allungata, quasi ugualmente larga alle due estremità e cosparsa di piccoli peli nel contorno e sul dorso del torace e dell’addome. Essa, come si scorge dalla figura, è fornita di rostro abbastanza lungo e robusto, che sporge da uno dei lati del torace. Le antenne (fig. 79, Tav. IV) sono brevissime, poco più della larghezza del capo e fornite di brevi peluzzi sparsi. Si compon- gono di cinque articoli, dei quali i primi due sono quasi globulari e appena più corti uno dell’altro ; il terzo ed il quarto sono pres- sochè della stessa lunghezza, ugualmente scabrosetti ed ornati di una rada corona di peli alla sommità, che è alquanto ingrossata, ma più specialmente nel quarto, che porta una notevole area sen- soria alla estremità del lato posteriore ; il quinto articolo non è scabro, come i due precedenti, dei quali è anche abbastanza più corto, e porta un’appendice conica eguale alla sua metà ed ornata di setole, che sono lunghe quanto la larghezza dell’appendice che le porta. Le zampe di questa larva sono ben provviste di setole corte, e robuste ben più delle antenne, ma in esse quello che merita di rilevare, oltre quanto si può scorgere dalla figura, è la presenza di quattro digituli, due corti dal lato interno e due da quello esterno alla estremità dei robusti tarsi. Il capo di questa larva, ingrandito, per mostrare le sue antenne, è come nella figura che si riporta. Le femmine adulte pallide, allungate (fig. 80, Tav. IV) sono vescicolose come nella figura della femmina, che presentiamo al- l’osservazione. Essa è vista dalla faccia ventrale, per mostrare il rostro e la posizione delle zampe, nonchè il contorno degli embrioni che lascia scorgere per trasparenza dal suo addome. Gli occhi sono rudimentali, quasi come nella larva; ma sono assai diverse le antenne, che sono distintamente setolose. I due primi articoli però sono presso che nelle stesse proporzioni fra loro; muta molto il terzo che è quasi claviforme ed è più lungo CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 265 di tutti; il quarto è due volte più corto del precedente e al- quanto più corto anche del seguente, del quale ha la forma; il quinto è clavato; il sesto è il più sottile, quasi lungo quanto il quarto, ed è il solo, che presenti su di esso delle serie trasver- sali di piccolissime punte. Il rostro è robustissimo, arrivante con l’apice sul secondo somite addominale, e composto di quattro articoli nel labbro inferiore: il primo subeguale al quarto, il terzo due volte quasi la lunghezza del primo, ed il terzo subeguale alla metà dell’ultimo. Robustissime sono anche le zampe, che hanno i tarsi forniti di peli capitati, come nelle larve. Ecco ora la figura S1, Tav. IV, di una ibernante di Schizoneura pallida, ma raccorciata, pel confronto con quella dello stesso colore, ed allungata. A differenza della forma precedente, descritta, essa è piriforme piuttosto corta, largamente arrotondata alla estremità posteriore. In oltre le sue antenne, fig. 82, Tav. IV, sono relativamente più lunghe e non come nella larva, alla quale pure appartengono, ma quasi come nella forma perfetta, giacchè il terzo articolo è il più lungo di tutti; i due primi sono globulari ; il quarto è raecorciato più del quinto, ed il sesto è quasi della lunghezza del quarto, senza contare la sua appendice. I caratteri del rostro sono presso a poco gli stessi. Le zampe al pari delle antenne, sono in questa giovane larva più robuste che nell’ altra, mentre i tarsi sono ugualmente digi- tulati. Quanto ora alle forme della seconda serie, raccolte contempo- raneamente a quelle della prima indicate, esse, come è stato detto, volgono al colore bruno cioccolata. Ma non è questo soltanto il carattere che le distingue dalle altre, sebbene la forma, che è a pera allungata, ed il rostro, non della lunghezza, che eguaglia poco meno quella del capo e del torace sommati insieme, ma che oltre- passa la estremità dell’addome. La figura della giovane Schizoneura, che presentiamo all’osserva- zione (fig. 83, Tav. IV), ha le antenne lunghe come nelle forme giallo pallide raccorciate, ma con gli articoli proporzionati come nelle larve, per il rapporto del terzo al quarto articolo; mentre le 264 GIACOMO DEL GUERCIO zampe si presentano relativamente più robuste e gli stessi digituli tarsali notevolmente più allungati. Le ulteriori ricerche sperimentali diranno quale sia la missione differente delle diverse radicicole ora appena accennate. Osserviamo invece che di Marzo, sulle radici dello stesso Melo nano sopra ricordato, compariscono delle femmine giallo bruna- stre fortemente raccorciate, pronte a proliferare. Esse, come dalla figura $4, Tav. IV, che ne diamo, ricordano le forme raccorciate della serie pallida, mentre pel colore ci richiamano alla mente quelle della serie color cioccolata. Ma differiscono dalle une e dalle altre per la natura dei tarsi, che sono sprovvisti di peli capitati o digituli. I discendenti di questa forma si ristrettiscono notevolmente nel corpo, che assume il contorno ovoidale, vescicoloso, ricordato per la femmina pallida a tarsi digitulati del Febbraio. Sarà inutile aggiungere che detti discendenti sono anch’ essi senza digituli nei tarsi. Occorre osservare invece come nel mese di Maggio appariscano fra le forme di color cioccolata degli indi- vidui piriformi allungati corrispondenti a quanto è designato per tutto nella figura 85 della Tav. IV, riportata. In essi è Vinsieme dell’ abbozzo delle forme preninfali, con le antenne di femmina attera, ma col capo soleato largamente nella fronte e più raccolto nel contorno, con poca differenza fra margine anteriore e poste- riore, ed occhi già prominenti come negli alati. Il protorace è corto; molto più lungo, bene sporgente ed arro- tondato sui lati è il mesotorace, che col metatorace accenna anche meglio alla natura e alla finalità di questa forma, che anche con l'addome ricorda quella del futuro alato. Se ne deduce, per tanto, che da noi, indipendentemente dagli alati delle forme gallogene primaverili, migranti dall’Olmo, ricordati ne- gli Stati Uniti d’ America, e dagli alati sessupari, per lo più auntun- nali, che si riscontrano per tutto, avremmo sul Melo gentile per lo meno delle forme intermedie di alati primaverili, che si pre- sumono derivati da forme attere a tarsi digitulati, trovate in Febbraio. Dopo quanto è stato esposto tornerebbe opportuno qualche no- tizia comparativa fra le forme radicicole estive, che si incontrano CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 265 sul Pero e sul Melo; così come sarebbe necessario accennare alla natura delle altre, che si rinvengono sull’Azeruolo e sulle forme prettamente selvatiche del Pero e del Melo. Ma di ciò si dirà nella memoria generale, in preparazione, di tutti i nostri Afidi ra- dicicoli. Venendo ora a dire una parola sul modo di avversare gli Afidi a vita sotterranea o ipogea, giova premettere che fra essi quello più resistente all’azione degli insetticidi è la Schizoneura delle ra- dici del Melo; a fronte della quale, per questo, la stessa Fillossera della Vite, per quanto temibile e dannosa, passa sicuramente del tutto in seconda linea, perchè è più vulnerabile degli stessi radicicoli dei Pemphigus e delle Tetraneura. Ed ecco perchè qui si insiste sulla distruzione principalmente della forma radicicola del Pidocchio lanigero del Melo, perchè 1’ insetticida a eni esso cede distrugge con più forte ragione tutti gli altri della serie qui ed altrove volta a volta ricordati. Per ciò, nell’ avversare la diffusione degli insetti radicicoli, non sarà mai abbastanza ricordata la valida protezione, che essi tro- vano nel fiocco di cera entro il quale si trovano avvolti. La quale, per la infezione fuori terra, induce alla necessità di adoprare so- stanze capaci di vincere la repulsione, che la cera oppone, e di ba- gnarla per modo da pervenire sieuramente con esse al corpo del pi- docchio, che se ne ricopre. In base a cosiffatto criterio, in Germania particolarmente, furono preparati liquidi insetticidi, in alcuni dei quali fu introdotto per- fino V alcool, perchè, quale solvente della cera, avrebbe dovuto contribuire a darci più facile ragione di tutti questi temibili in- setti e più particolarmente della Schizoneura del Melo. Ma, non ostante, dei liquidi preparati, i più efficaci sono quelli a base di olio di catrame, preso questo, ora, a dose non interiore al 5 °/,(1) perchè possa attraversare lo strato superiore od esterno degli in- setti e colpire gli altri che si trovano nascosti di sotto. Nelle evenienze, poi, di infezioni trascurate, sopra rami profon- damente alterati e fenduti, anche a queste dosi di materia attiva possono sfuggire individui, che rinnovano la infezione. La quale (1) « Entomologia agraria », pag. 360. Firenze, 1915. 4 sl TE È » è ‘ rage Ma, 266 GIACOMO DEL GUERCIO sfugge anche nelle profondità delle altre lesioni del fusto. agli abitatori delle quali, dopo qualche tempo, si deve il rifiorire della diffusione dell’ Afide. Da ciò ancora deriva l altra necessità di unire all’olio di catrame sostanze che emanano per lungo tempo effluvî deleterî per l’insetto, e che contribuiscano a consolidare per modo lo strato di cera esterno, sui pidocchi, da impedire l uscita agli altri non tocchi di sotto, che sono nascosti nel fondo delle lesioni dei tubercoli, o degli altri spacchi indicati. Anche nelle evenienze di infezioni ancora iniziali bisogna che le soluzioni insetticide abbiano tutti i requisiti indicati, assicuran- dosene prima di operare in grande, con prove preliminari, condotte nelle condizioni stesse, nelle quali occorre poi operare nel campo. Si eviterà per tanto il metodo, più comodo, di immergere i rami nella soluzione, giacchè, per cosiftatta via, agli affidamenti mag- giori, che si conseguono nelle prove, corrispondono i meno inco- raggianti resultati sulle piante. E affinchè poi le difficoltà di ope- rare siano le stesse, i rami da sottoporre alle esperienze di prova, non si devono staccare dalla pianta, procurando, invece, di operare su rami verticali, obliqui ed orizzontali, giacchè la posizione, che la infezione serba su di essi, contribuisce a ridurre o ad accre- scere gli effetti degli insetticidi. Non occorre dire della utilità di questa maniera di controllo sulla efficacia dei liquidi indicati, per evitare quelli a base di olio di catrame privato del grasso minerale e di quanto altro ne accresce la efficacia. Spendiamo invece una parola per affermare contro gli afidi la- nigeri la grande efficacia e la superiorità dei liquidi al creosoto del commercio, non depurato, che, a parità di altre condizioni, rie- sce più efficace dell’ olio di catrame. Del quale esso eleva il potere mortifero, che permane a danno degli insetti per lungo tempo, de- primendo fino alla morte anche le forze di quelli, che non si tro- rarono ad immediato contatto con gli insetticidi. È perciò che ci siamo serviti, da molti anni, dell’aggiunta del creosoto grezzo agli altri insetticidi, per distruggere insetti internati sia nel corpo del legno, sia. nel terreno. E gli effetti sono stati sempre tali che, sopra oltre tremila piante (del pomario della R. Scuola di Pomo- logia, delle Cascine), difese dalla Zeuzera, prima della potatura, bic iti ee dl i eli e e per, Ù c i Î DIRETTI, 27% 4 d AJ I° CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 267 È, durante questa operazione non fu possibile di trovare una sola larva viva. Lo stesso è accaduto nel grande parco delle RR. Terme' ‘ di Montecatini, contro Cossidi e Cerambici, mentre Afidi radicicoli d’ogni genere hanno trovato costantemente la morte sulle radici delle piante, il cui terreno era stato impregnato del liquido catra- moso al ereosoto, 0 di solo creosoto grezzo, variamente condizionato allo scopo desiderato. Eccellenti sono i resultati che si ottengono, nel terreno special- à mente, unendo al ereosoto del commercio ed al fenolo i polisolfuri : alcalini ed alcalini terrosi, presi a parti uguali o quasi, nel rap- porto del 2 al 5 °/, ricordato. I liquidi così composti, e quelli sullo stesso tipo, che abbiamo potuto preparare, servendoci dell’acqua ammoniacale del gas, si sono addimostrati superiori negli effetti, tanto al solfuro di car- bonio, quanto ai solfocarbonati alcalini ed ai solfocarbonati misti, ottenuti con calce e potassa. Sono quest’ultimi liquidi, di cui conosciamo da anni gli effetti, perfino sulle uova della Fillossera, che si devono disciplinare op- portunamente (nella economia delle operazioni), per distruggere gli afidi radicicoli, che infestano piante legnose, Vite, Melo, Pero, È: Ribes, Olmo, ecc., come la Fillossera, la Schizoneura, e gli altri pidocchi lanigeri, e non lanigeri molesti alle piante coltivate. Le prime ricerche al riguardo furono fatte molti anni or sono sopra radici di piante infette introdotte direttamente, o in appo- site piccolissime gabbie prismatiche, ed a profondità diversa entro cubi di terreno isolati con casse di 0,80 ad 1 metro di spigolo. L’operazione veniva fatta alla superficie del terreno, ed. entro terra, introducendo nella cassa rami e radici di Melo con Schizo- neura, radici di Vite con Fillossera, radici di Lattuca con Pen- figo, rami d’Olmo con Schizoneure e Tetraneure, chiuse nelle galle; ed altre parti di piante differenti impidocchiate. Per operare a diverse profondità con l’ apparecchio indicato, le cassettine con le radici infette si collocavano in corrispondenza di sportellini varì, applicati ad. aperture praticate nelle quattro pareti verticali della cassa, così da scendere dalla profondità di 7, a 35 cm. Gli sportellini si tenevano chiusi nelle esperienze fuori terra, e si aprivano nelle altre entro terra, perchè il movimento 268 GIACOMO DEL GUERCIO d’aria nell’apparecchio non fosse eccessivo nel primo caso, e non scarseggiasse nel secondo; ed abbiamo potuto vedere così che nessuna differenza si riscontrava fra ricerche con cassettine im- merse direttamente nel terreno, e ricerche con cassettine poste nell’ apparecchio descritto. In oltre il solfuro ed il tetracloruro di carbonio riescono ad ef- fetti molto variabili in ragione della natura fisico meccanica del terreno, della temperatura e della quantità di umidità contenuta nel terreno arabile. Sono assai più costanti e più efficaci gli effetti, che si otten- gono con gli stessi liquidi variamente sciolti, divisi e sospesi nel- l’acqua, particolarmente se la stessa quantità di solfuro di carbonio si somministra allo stato di solfocarbonato. A. parità di altre condizioni, le soluzioni di solfuro di carbonio, o le sue emulsioni, addizionate di olio di catrame e di creosoto, si addimostrano più attive delle altre, nelle quali queste due ultime sostanze non siano state aggiunte. Tutte queste soluzioni introdotte, per iniezione, in fori determinati nel terreno, riescono sempre ad effetti parziali, a meno che i fori non si pratichino a distanza di un decimetro ad un decimetro e mezzo fra loro. Questa constatazione fatta, pur troppo, anche nel pomario delie Cascine di Firenze, contro la Schizoneura del Melo, in Liguria e all Isola dell’ Elba, contro la Fillossera della Vite, ci ha inse- gnato che, nella distruzione degli insetti sotterranei delle piante legnose indicate bisogna scalzar le piante, per scoprirne le radici e irrorarle abbondantemente con le stesse soluzioni adoprate per la difesa della chioma, come da tempo abbiamo insegnato, e con- sigliamo di fare contro la Schizoneura del Melo, e contro lo stesso afide radicicolo nero del Pesco, introdotto in Italia con le piantine infette di Peschi americani. Tutto il segreto della riuscita di queste operazioni, qualunque sia la pianta e la specie di atidide da combattervi, sta nell’allar- gare la conca, intorno al ceppo della pianta, in proporzione del- l allungamento dei palchi superiori, o più estesi delle radici; e bagnare così, tanto il terreno in posto, sul quale poggiano le radici scoperchiate, quanto la terra posta fuori della conca, e che subito CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 269 dopo la irrorazione deve essere portata al suo posto. La conca per ciò potrà avere un diametro di m. 0,30, o più, secondo la natura delle piante e la estensione delle radici secondarie, che si dipar- tono dal fittone, o dal disotto del colletto o nodo vitale. Per siffatta guisa il terreno non costituisce più solo un ostacolo alle operazioni della difesa, perchè viene ad essere opportuna- mente utilizzato nell’effettuarla ; e le radici infette, quando l’ope- razione è bene eseguita, si trovano, così, circondate da ogni parte dall’ insetticida, gli eftluvî soffocanti del quale involgono comple- tamente gli insetti. I quali non possono così sfuggire alla morte, che avviene, sia per l’azione diretta del liquido, sia per le ema- nazioni sue, che si protraggono per diverse settimane nell’ aria, che li involge. I liquidi al creosoto, col fenolo, e agli olii di catrame solfurati, infatti, permangono lungamente nel terreno, che ne è impregnato, e operando dopo le piogge del settembre e dell’ottobre, od a terreno umido, la emanazione gassosa perdura anche dopo cinque o sei settimane; mentre con le iniezioni di solfuro e di tetra- cloruro di carbonio, generalmente, dopo qualche giorno non ne resta più traccia. È per ciò che, per avere la massima sicurezza di effetti, totali, più che generali di distruzione, giova indicare quello che chiamiamo metodo a rincalzo, che consiste nel ripetere il lavoro per la distru- zione dell’ insetto, mentre le emanazioni gassose dell’ operazione precedente gravano ancora in modo sensibile sul pidocchio, che si desidera di eliminare. E così, ove si proceda sul serio, non vi può essere via di scampo per la infezione, che deve senza. fallo soccombere. Trattandosi di alberelli e di arbusti, o di cespugli piuttosto vi- cini ed in filari, Vl applicazione dell’ insetticida si può effettuare aprendo un solco più o meno largo, nel fondo del quale si trovino le piante; ed ove questi filari fossero vicini fra loro, e le radici delle varie piante si incontrassero, fino ad oltrepassarsi, la difesa si effettuerà irrorando d’ insetticida il solco della testata del la- voro, a mano a mano che si avanza, zappando, o si retrocede van- gando, nella esecuzione della generale lavorazione del terreno. Tanto nella vangatura che nella zappatura bisogna por sempre LP PI TT, DT, n DE NT 0 | pa VR lee ei i e deli © Pianto. » ei PIER AL n VOTA E I E CAN » “ n. ». fida ae eni ri "And, ’ diritti natanti ian di 9270 GIACOMO DEL GUERCIO mente ad aprire il terreno intorno alle piante, per colpirle bene anche al piede, con il getto insetticida. Le pompe a carrello, con doppia presa di liquido e con funghi di distribuzione a ventaglio, dovunque la posizione del terreno lo permetta, parrebbero meglio indicate. Diversamente si adoprino le pompe a zaino, situando i due operai con gli insetticidi alle due estremità della riga dei vangatori, o degli zappatori. La quantità di liquido necessaria per la difesa contro gli Afidi radicicoli indicati varia con le dimensioni delle piante e più par- ticolarmente con la lunghezza delle radici laterali ricordate. Per- ciò un mezzo ad un litro di soluzione può essere ben sufficiente per alberelli, arbusti e cespugli di tre a quattro anni. Per piante più annose detto liquido aumenta in proporzione. Le soluzioni indicate, adoprate dalla fine dell’ autunno in poi, quando le piante entrano, o sono già entrate in riposo, non por- tano danno alle radici. Abbiamo già detto altra volta che le barbatelle delle viti ba- gnate abbondantemente con i liquidi catramosi in esame vegetarono meglio delle altre, che non avevano subìto il trattamento indicato. Lo stesso abbiamo visto che si verifica per le piantine del- l’Olivo, per il Melo, per il Pero e per gli Agrumi durante il ri- poso relativo o assoluto delle piante. Nel 1891, a Barcellona di Sicilia, numerose piante di Limone furono così abbondantemente irrorate sulla chioma, con soluzioni saponose e gelatinose di olio di catrame al 10 °/,, che il terreno sottostante ne restò impregnato per uno strato considerevole. La primavera dello stesso anno, a distanza di quattro mesi da quello delle operazioni indicate, i semi delle leguminose non vi germinarono; ma la vegetazione degli agrumi era lussureggiante e la successiva coltivazione erbacea fu qualche cosa di meravi- glioso, per vegetazione e prodotto. La qual cosa dimostra che le sostanze catramose opportunamente emulsionate, o disciolte nel- l’acqua, adoprate nelle quantità necessarie per la distruzione dei pidocchi radicicoli, non nuoceciono al regolare andamento vegeta- tivo e produttivo delle piante legnose, che si vogliono difendere. Esse, in principio, alla dose molto elevata suddetta e nella grande quantità adoperata, ostacolano la vegetazione delle piante erbacee; CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 271 ma diluite dal 2 al 5°/, di materia attiva, secondo le corrispon- denti necessità della difesa, ed adoprate per tempo, non arrestano neppure le coltivazioni erbacee; e ad ogni modo, poi, esse si di- sperdono sempre piuttosto facilmente nel terreno e le stesse colti- vazioni annuali prosperano meglio che per Vaddietro. Ciò ha avuto luogo pur dove non furono somministrate sostanze concimanti al terreno; la qual cosa porterebbe a pensare che le sostanze indi- cate ostacolino i microbî avversi alla buona vegetazione delle piante nel terreno, così come par dimostrato che abbia luogo per l’impiego del solfuro di carbonio. Ma nella difesa delle piante contro gli afidi radicicoli bisogna ricordarsi che questi, in momenti determinati della bella stagione, dalla fine dell’inverno cioè, alla fine dell'autunno, lasciano posto a formazioni numerose, talvolta straordinarie, di alati, che ora cer- cano ospitalità sopra piante erbacee, simili e per lo più della stessa naturà; ora vanno a riparare sopra piante legnose; e tal’al- tra, in fine, da una pianta legnosa passano sopra un’ altra della stessa consistenza, come avviene per la Schiconeura del Melo, del Pero, del Ribes, dell Olmo; come ha luogo dei Lemphigus, delle Tetraneura, dei Chermes o degli Adelges, relativamente dell’ Olmo, del Pioppo, delle Conifere, e delle stesse Fillossere delle Querci, delle Viti, e di altre piante. Ora, in cosiffatte evenienze, e nell’ altra di migrazioni dalla chioma delle stesse piante, alle radici loro, e viceversa, la difesa o deve mirare a sopprimere dalle coltivazioni e dalle loro adia- cenze i soggetti destinati a rinfocolare ed a rinvigorire la inva- sione sulle piante, che si coltivano ; o deve servirsene per distrug- gervi le forme dell’insetto, che vi si ricoverano; e quando i rapporti biologici indicati, fra le varie forme della specie e le diverse piante, che le ospitano, non fossero ben noti allo scopo indicato, necessità vuole che si prendano contro le forme rizotile delle piante colti- rate le misure che sono indispensabili per tagliar corto alla for- mazione dei sessupari, la distruzione dei quali, implica la impos- sibilità del ritorno della infezione. Nella difesa contro la Schizoneura del Ribes, ad esempio, il miglior metodo sarebbe quello di allontanare gli Olmi dove si im- prendesse la coltivazione della pianta indicata; perchè senza del. 272 GIACOMO DEL GUERCIO Olmo manca sicuramente la forma gallogena, che si trova su di esso e manca pure il passaggio dell’insetto da esso al Ribes, che si vuole difendere. A malgrado della loro affinità procedono in maniera assai più complicate le cose nella Schizoneura del Melo, sia perchè mancano sul Ribes le alterazioni profonde, che si riscontrano sulle radici del Melo; sia perchè la evoluzione di questo radicicolo dirige i suoi alati sessupari sopra piante di natura diversa, fra le quali, come abbiamo detto, certamente da noi le varietà di Melo, che più sì approssimano alla forma selvatica di questa pianta, come le rarietà fruticose del Pyrus malus, del P. pumila e del P. sylre- stris. Le quali, per la ragione di sopra indicata, non dovrebbero trovar posto nei pomariî, e neppure nelle loro adiacenze; od ove, come all’ estero, ora, e da noi, poi, esse si dovessero coltivare per la preparazione del sidro, o per industrie meno importanti, bisognerebbe necessariamente estendere ad esse le azioni reite- rate di difesa indicate per le piante di Melo a frutto per tavola. Non accenniamo più largamente a considerazioni sulla pianta dell’ Olmo, per la Schizoneura del Melo, perchè per essa non è ancora opportuno l’ocenparsi. Ma 1 Olmo, a malgrado il lodevole pensiero di diffonderlo pei campi, ne dovrebbe essere allontanato, perchè è ricettacolo e fomite di infezioni gravi, per varie piante coltivate, e più intollerabile ancora sarebbe la sua presenza ove le nuove ricerche avessero a designarlo, come ora in America, quale focolare di infezione a danno delle Pomacee. Con Olmo, ad ogni modo, dovrebbe sparire dai campi anche il Frassino, che rappresenta un triste vicino per 1 Olivo, sul quale manda le sue legioni d’Ilesini. Questo porta a pensare alla grande responsabilità di coloro che hanno introdotto e diffondono le Viti americane nelle zone ancora immuni. Queste viti hanno introdotto e diffuso la Fillossera, la quale non esiste ancora dove esse non sono ancora arrivate, se eccezionalmente non vi è stata importata con barbatelle di viti nostrali, o con terra ed altro materiale asportato da vigne infette. ’arimente è avvenuto per la Schizoneura del Melo, la quale ha camminato attraverso l’Italia con le diverse varietà di Melo e con i soggetti infetti spediti dall’estero e diftusi dalle varie istituzioni agri- CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DEGLI AFIDI 273 cole nelle zone pomifere più progredite, o che tendevano ad esten- dere la coltivazione del Melo nel nostro Paese. Avendo seguito passo passo, per 25 anni, questo movimento degli insetti indicati a danno della nostra agricoltura, possiamo essere e siamo garanti di quanto a questo riguardo osiamo affermare ; così come assicuriamo che per evitare di introdurre la infezione nei pomariî e nei vigneti ancora immuni, il meglio che si possa fare è di immunizzare le piantine di Pero, o di Melo, e le barbatelle o le talee delle Viti con la immersione nelle soluzioni degli idrocarburi indicati. Con i quali, in oltre, si può evitare il deperimento delle piante stesse, già infette, nel campo, e rimetterle economicamente in piena pro- duzione. Per il resto attendiamo di conoscere gli alati dei radicicoli del- POlmo, per occuparcene con migliore ragione; e lo stesso dob- biamo dire per gli altri trovati sulle Graminacee spontanee dei luoghi incolti, in attesa di porre in vista rapporti meno dubbi fra essi ed i gallicoli di piante legnose. Nella memoria generale, in preparazione, su tutti gli Afidi radi- cicoli della fauna italiana, daremo non solo generalità e dettagli di biologia, ma precise indicazioni intorno alla economia dei varì trattamenti di difesa, che qui sono stati solo in parte accennati, ed esporremo gli altri lavori, che contribuiscono a completarli. Firenze, Giugno 1916. « Redia *, 1916. 18 Lite 274 Ped PIRO” Ped: pr (di *. abi pr 6, DIRE di 8: DARN9? » 10. > DI he DR prod, » 14. DID; » 16. DINT. » 18. » 19. pPI20, Di BL » 22. » IRA » 24. » 25. pr'20. DI, GIACOMO DEL GUERCIO SPIEGAZIONE DELLE FIGURE TA 90 rt De dh tte REVISIONE DEL GEN. « HYDROZETES » BERL. 357 . Le zampe sono abbastanza snelle. Gli articoli sono un po’ meno rigonfi di che non avviene in H. confervae ed in H. terrestris. Le zampe sono più lunghe, le altre quasi eguali, quantunque quelle del primo siano, di regola, un po’ maggiori di quelle del terzo, le quali, a lor volta, sono un po’ maggiori di quelle del secondo, che perciò risultano essere le più brevi; ma si tratta di differenze piccole, non facilmente apprezzabili ad occhio. Ciò che importa notare è che la lunghezza delle zampe in rapporto con quella del corpo, è sempre maggiore in questa specie di ciò che non sia in quelle precedenti. Infatti, mentre le zampe del primo paio, in H. confervae; sono eguali od al massimo appena superiori, ed in H. terrestris sono inferiori a metà della lunghezza totale del corpo, in H. platensis, invece, esse oltrepassano sempre tale misura. Fig. 6. — H. platensis, prono. (25 d.). Anche le proporzioni tra gli articoli che costituiscono la zampa presentano differenze spiccate con le specie precedenti. Nel primo e nel secondo paio, infatti, si ha che l articolo più lungo è il A Re ne 358 LEOPOLDO CHINAGLIA femore, a cui seguono il tarso e la tibia, la quale è uguale od un poco più breve del tarso. Nel terzo e quarto paio il tarso è, invece, l’ articolo più lungo e la tibia ed il femore sono presso a poco uguali, o quest’ ultimo è appena più lungo della prima. Si ha, quindi, che in tutte e quattro le paia di zampe il tarso è più lungo od almeno eguale alla tibia (primo paio, talora) e nelle due ultime è anche più Jungo del femore, mentre nelle due specie, che precedono, il tarso è sempre più breve della tibia e, nelle zampe del quarto paio soltanto, arriva talora ad eguagliare il femore. Le setole, di cui questi articoli sono provvisti, hanno le stesse forme e la stessa disposizione che si è descritta per H. confervae. Si noti però che, tanto le une quanto l’altra, sono variabili e che in H. platensis le setole del femore e del ginocchio non si presentano serrulate in modo evidente. Quelle tattili, che sorgono dalle tibie, presso l’apice, sono più lunghe ‘di quello che non siano in H. confervae. L’ unghia è maggiore che non nelle spe- cie precedenti, diritta nel tratto basale, curva in quello distale. Gli epimeri del secondo paio sono quasi rettangolari, coi margini anteriore e po- steriore paralleli. Si toccano lungo la linea mediana del corpo ed aderiscono fra di loro per un tratto lungo circa quanto la rima genitale. Quelli del terzo paio, trian- golari, sono i più piccoli, si incurvano fra quelli del secondo e quelli del quarto paio. Questi ultimi sono più larghi di quelli del secondo, col lato inferiore curvo. L’addome è ovale, posteriormente più largo che anteriormente. Esiste la macchia nella porzione anteriore mediana del notogastro. Essa ha forma subrettangolare, con lati curvi ed angoli smussati ed è di colore giallo—paglierino ; V orlo è più chiaro e posterior- mente presenta una leggera incavatura mediana. Fig. 7 — H. platensiîs, supino, Setole sul notogastro come nelle specie precedenti. La valva genitale è munita, presso il margine libero, di quattro brevi setoline, allineate ed equidistanti. — Dimensioni massime : La Lunghezza totale SA CSR TON NAT fee «n i DAT AZO » del capotorace . n e E COSE. 140 160 Larghezza dell’ addome . . DE ile e prado320 Lunghezza delle zampe del 1.° paio ve l’anca e l’unghia) » 310 300 » » » DESIO » » 970270 DIN OM » » 298 280 VIA ON » » 340 310 H. platensis Berl. è specie americana. Fu raccolta dal Prof. Sil. vestri nel Rio della Plata. Nella collezione del Prof. Berlese ne ‘esiste un altro esemplare proveniente dal Chile. Firenze, Maggio 1915. Gli estratti di questa Nota furono pubblicati il 20 Aprile 1917. Pi dh PULA MT Sal î E ATO Ly tac; da VESTI t ai Voet nn se ì LI i) di PALA LANG D.' LEOPOLDO CHINAGLIA NATO A TORINO IL 20 SETTEMBRE 1890 MORTO GLORIOSAMENTE NEL TRENTINO COMBATTENDO PER LA GRANDEZZA D’ITALIA 21 MAGGIO 1916. LEOPOLDO CHINAGLIA Il primo Assistente di questa R. Stazione di Entomologia agra- ria, Dott. Leopoldo Chinaglia, appena venticinquenne, è morto sul campo dell’onore, combattendo da valoroso per la grandezza d’Italia. Questo è, tra i fasti del nostro Istituto, il più glorioso. Ne sia eter- nata a lettere d’oro la ricordanza; ma la nostra scienza ha per- duto uno dei suoi più entusiasti cultori; noi un caro e buono amico e male sappiamo frenare le lagrime. Leopoldo Chinaglia nacque a Torino il 20 settembre 1890, da Marcello Chinaglia, allora capitano (1), e da Benedetta Reycend. Studiò nella città nativa e fu allievo prediletto dell’ illustre se- natore Prof. Camerano Lorenzo, sotto la cui sapiente direzione Egli seguì il corso di scienze naturali e fu laureato nel 1911 ot- tenendo i voti assoluti e la lode, come ebbe poco di poi a pieni voti il diploma di magistero. Nel Laboratorio di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Uni- versità di Torino sono appunto stati condotti quasi tutti i lavori del Chinaglia e si riferiscono ai Lombrichi, alla sistematica e mor- fologia degli Insetti, sopratutto Coleotteri, ed ancora a questioni di Fisiologia comparata e di Psicologia, alla quale scienza si sen- tiva fortemente inclinato, tantochè frequentava anche assiduamente il Laboratorio del Ch."° Prof. Kiesow. Appunto in questo campo il Dott. Chinaglia ebbe occasione di pubblicare due scritti, che incontrarono lode, e si riferiscono alla influenza della temperatura sull’apprezzamento del peso di oggetti posti su difterenti parti del corpo; sulla influenza esercitata dalla temperatura sulla sensibilità gustativa ecc., per le quali ricerche (1) Il Tenente Colonnello Marcello Chinaglia soccombette esso pure, di ferite al fronte, qualche giorno dopo la morte del figlio. FRE IE SIAE REA eV, RIVA PITTI i; A 5 Ni N: rat le 362 LEOPOLDO CHINAGLIA Egli confermò in parte il reperto di altri, in parte giunse a con- clusioni nuove e talora originali. Nel campo della Zoologia sono lodati i lavori del Chinaglia sugli Oligocheti e più specialmente sui Lombrichi. Sopratutto lo scritto: « Catalogo sinonimico degli Oligocheti d’Italia », pubblicato nel Bol- lettino dei Laboratorì di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino, è giudicato come lavoro diligente, nel quale l'Autore ebbe a superare non poche difficoltà e che riescì interessante ed utile. Anche una nuova specie italiana di Lombricide, cioè V Helodrilus (Eophila) laurentii è stata scoperta dal Dott. Chinaglia ed è illu- strata nel sullodato periodico. Si devono al Dott. Chinaglia numerose ed interessanti notizie sulla fauna alpina del Piemonte e della provincia di Brescia e della Sardegna, per ciò che riguarda i Lombrichi. Quanto agli studi entomologici, che sono stati sempre in così grande onore e fortuna presso il Laboratorio di Zoologia diretto dal ch. Prof. Camerano, il Dott. Chinaglia aveva messa insieme una discreta collezioncina di Coleotteri, benissimo conservati ed assai diligentemente classificati. Egli volle regalarla a questa R. Sta- zione ed essa è qui e rimarrà a memoria del troppo breve pas- saggio del caro amico per questo Istituto. Speciale competenza aveva acquistato il Dott. Chinaglia nello studio delle anomalie degli Insetti, particolarmente dei Coleotteri e su questo argomento si debbono a Lui parecchi scritti, con no- tizie e considerazioni molto interessanti, e sono tutte pubblicate, in epoche differenti, nell’ottima « Rivista Coleotterologica italiana ». Anche la bella ed interessantissima collezione di Insetti anor- mali (sopratutto Coleotteri) benissimo ordinata, che il compianto amico aveva raccolto con tanta pazienza e cura, è conservata presso questa R. Stazione, alla quale fu donata dalla gentile siì- gnora Reycend, la madre dolorosa colpita così gravemente nei suoi affetti di sposa e di madre. Fu nel 1913 che io chiamai il Dott. Chinaglia, il quale cono- scevo già ed apprezzavo pei suoi scritti, all’ufficio di primo Assi- stente di questa R. Stazione di Entomologia agraria e qui ho po- tuto riconoscere in Lui non solo un giovane buono e squisitamente , I] l LEOPOLDO CHINAGLIA 965 gentile, ma per Vl alta mente, i forti studi compiuti con tanto pro- fitto e l’amore vivissimo alla scienza mi si rivelava una delle più belle speranze pel lustro del nome italiano, anche nel campo della entomologia dove gli studiosi nostri hanno pur raccolto tanto e così meritato plauso. Ma la sua permanenza qui tra noi fu assai breve, non oltre, cioè, undici mesi, poichè, dapprima pei suoi do- veri di soldato volontario, fra gii allievi ufficiali, di poi perchè chiamato ad impugnare le armi in difesa del diritto d’Italia, la maggior parte del tempo fu così trascorso dal Chinaglia lungi dai suoi studi favoriti. Pure, nel troppo breve tempo in cui egli potè dedicarsi, qui, a ricerche di entomologia aveva già messo mano a lavori di polso, i quali io mi auguravo che avesse potuto presto pubblieare, trat- tando essi di argomenti, sui quali notizie ed osservazioni sono tut- tavia desiderate. Questi lavori, pur troppo, sono dunque rimasti interrotti, ma intanto, il Dott. Chinaglia ha reso di pubblica ra- gione un breve scritto sulla specialissima struttura dei peli, che si trovano riuniti, in ammassi più o meno vistosi, sull’estremo addome delle femmine di taluni Limantridi, come, ad es., Huproctis chrysor- raea L. e Lymantria dispar L., mercè i quali, come ognuno sa, queste farfalle ricoprono di uno strato feltrato le loro uova. La particolare conformazione dei peli permette una vera e propria filatura della massa, che se ne viene come la stoppa dalla co- nocchia. Una breve memoria, fatta con molta diligenza e cura, su un genere di Acari poco noto (Hydrozetes) mi fu lasciata, dal com. pianto amico, per la stampa nel « Redia », ed ora questo scritto è pubblicato. Anche nella compilazione del « Manuale di Entomologia agraria » edito da questa R. Stazione il Dott. Chinaglia collaborò con molta attività e diligenza, e ciò nel troppo breve intervallo tra la prima e la seconda volta in che fu chiamato alle armi, dapprima sui con- fini di Francia, di poi sulle tanto aspramente combattute balze del Trentino. E quivi Egli insistette con ogni sua possa per recarsi, mentre era stato dapprima destinato alla istruzione degli allievi ufficiali a Torino ed in Lombardia. 53604 LEOPOLDO CHINAGLIA Ma nel tempo in cui si moriva, in faccia al nemico, mentre suo padre ed i suoi fratelli erano al fronte e combattevano, pareva al nostro caro amico di non dare abbastanza di sè alla patria e non ebbe pace nè lasciò tregua altrui finchè non ottenne di essere mandato nel maggior pericolo. Quivi cadde, dopo lunghi mesi di trincea, di combattimenti, di lotta continua, di esempio e di incoraggiamento ai suoi soldati. Cadde guardando in faccia il nemico; fu colpito da una palla in fronte. i Così è troncata, con tante altre questa giovane esistenza, que- sta promessa, lasciando intorno a sè così grande rimpianto. E noi, che nei nostri padri abbiamo conosciuto i superstiti di quelle lun- ghe guerre collo stesso nemico per cui Italia si è costituita, noi che vediamo nei nostri figli e nei loro coetanei ripetersi quelle gesta gloriose, noi, che siamo vissuti per la maggior parte della nostra esistenza al di fuori di ogni rumore d’armi, ci chiediamo se abbiamo fatto abbastanza pel nostro paese. Ma questi giovani che partono e vanno al fronte e cantano inni patriottici e danno tutto, salute, vita, sogni, speranze e le lagrime della madre, alla patria, non avranno questo dubbio angoscioso. Oh tre e. quattro volte beati, noi vi benediciamo e benedetta colei che in voi si incinse! ANTONIO BERLESE. Direttore della R. Stazione di Entomologia Agraria Firenze, 1916. Sgr - Al Tenente Dott. Leopoldo Chinaglia è stata concessa la me- daglia d’ argento al valor militare con questa motivazione : « Alla testa della sua Compagnia resisteva ai ripetuti assalti « nemici senza cedere un palmo di terreno, malgrado il furioso « bombardamento. Cadeva ucciso sul campo mentre, in piedi, calmo « e sereno sotto il grandinare dei proiettili, incitava con l'esempio « e con la voce i suoi soldati a compiere sino all’ ultimo il loro « dovere. (Costesin Val d’ Assa) 21 maggio 1916 ». (Dal « Bollettino delle ricompense »). - i E 1) LEOPOLDO CHINAGLIA BEENCO DELLE PUBBLICAZIONI DEL Dott. LEOPOLDO CHINAGLIA 1. Osservazioni intorno alla variabilità di colorazione dell’« Apoderus coryli, Linn. », « Riv. Coleott. Ital. », Anno VI, n.° 2, 1908. 2. Di alcuni coleotteri mostruosi, « Riv. Coleott. Ital. », Anno VI, n.° 5, 1908. 3. Di alcuni altri coleotteri mostruosi, « Riv. Coleott. Ital. », Anno VI, n.° 8-11, 1908. 4. Dell’ influenza esercitata dalla temperatura sull’ apprezzamento di oggetti posti sopra la mostra pelle, « Atti R. Ace. delle Sc. Torino », Vol. XLV, 1910. 5. Coleotteri con anomalie di struttura, « Riv. Coleott. Ital. », Anno VIII, n.i 1-3, 1910. 6. « Helodrilus (Eophila) Laurentii », n. sp. Nuovo lumbricoide italiano, « Boll. Mus. Zool. Anat. comp. Torino », Vol. XXV, n.° 620, 1910. 7. Materiali per la fauna della provincia di Brescia. I. Alcuni Lombrichi raccolti nel Bresciano, « Commentari dell'Ateneo di Brescia », 1911. 8. Materiali per la fauna alpina del Piemonte. II. Lombrichi della valle del Roja, « Boll. Mus, Zool. Anat. comp. Torino », Vol. XXVI, n.° 635, 1911. — 9. Descrizione di alcuni Coleotteri anormali, « Boll, Mus. Zool. Anat. comp. To- inni Vol, XOCVI,. n.° 637, 1911. 10. Materiali per la fauna della provincia di Brescia. III. Altri Lombrichi raccolti nel Bresciano, « Commentari Ateneo di Brescia », 1912. 11. Le più importanti anomalie dei Coleotteri descritte fino ad ora in Italia, « Riv. ‘ È Coleott. Ital. », Anno X, n.° 1, 1911. | d 12. Materiali per la fauna alpina del Piemonte. IV. Lombrichi della Valle del Maira, « Boll. Mus. Zool. Anat. comp. Torino », Vol. XXVII, n.° 651, 1912. 13. fiempimento soggettivo di spazi vuoti nel campo delle sensazioni cutanee, « Riv. di Psicologia », Anno VIII, n.° 2, 1912. 14. Ueber subjektive Ausfilllung von Raumteilen im gebiete der Hautempfindungen. « Arch. fiir die ges. Psychologie », Bd. XXXIII, Hft. 3-4, 1912. 15. Catalogo sinonimico degli Oligocheti d’ Italia, « Boll. Mus. Zool. Anat. comp. Torino », Vol. XXVII, n.° 655, 1913. 16. Escursioni zoologiche in Sardegna del Dott. Enrico Festa. III. Lombrichi, « Boll. Mus. Zool. Anat. Comp. Torino », Vol. XXVIII, n.° 667, 1913. LEOPOLDO CHINAGLIA ' vw : È sr i x % 4 17. Contributo allo studio delle anomalie dei Lumbricidi, Estr. dagli « Atti della R. Ace. delle Sc. di Torino », Vol. 49, 1913-914, Torino (Ad. 14 die. 1913). «+ DR 18. Anomalia toracale in un coleottero (« Timarcha metallica Foli »), « Boll. Mus. Zool. Anat. comp. di Torino », Vol. XXVIII, n.° 676, 1913. _ Sa 19. Osservazioni intorno alla struttura dei peli addominali (peli copritori delle uova) | della « Euproctis Chrysorrhoea L.», (con due figure nel testo). Estr. dal « Redia », Vol. X, p. 1-6, Firenze, 1914. 20. Descrizione di alcuni insetti anomali (con 3 figg. nel testo), Estr. dal « Redia », Vol. X, p. 7-13, Firenze, 1914. 21. La « Prospaltella Berlesei, How. », contro la « Diaspis pentagona, Targ. », Prem. Tip. Agraria, Milano, 1914. 22. Ricerche intorno all’ influenza esercitata dalla temperatura sulla sensibilità gu- stativa, « Rivista di psicologia », n. 3, Anno IV, Nov. 1915, e « Annales de Biologie frangaise », Genn. 1916. 23. Revisione del gen. « Hydrozetes Berl. », « Redia », 1916, Firenze. P, pati U Mibveg fet i I STAR EINTINI RIGATA VILLAR Ù di i {ig Ji DE I SA . n DottEMalenotti ad nat. del. CONA, | > a dii Dirrra C' Fanno: AN firenze dit A: Roffani, Piazza 3 Croce ZU Sare A TRI VI #REDIAY VO (. AN Di I x ® GDel Guercio adnat. del. 2 * : Sirenze LitA fuffoni Pazza Si ‘drace SI Gi ih So aio O_o OM iL Dit te. GDel Guercio ad nat. del. Da A | fi : CA ® SE A EL A @ firenze LtA foffesi Soze Slroca DI ri SA Vl» Pat n E DIA» /0/M/ d i Se . o DottE Malenotti ad nat. del. Senza ditA fuffoni Pozza Slroce DA it. 4 0 ì L: Le Mi eee è sii nen L'ad “REDIA,, GERO RNA eb RIN TO M/0.L'OGIA pubblicato dalla R. Stazione di Entomologia Agraria in Firenze 3 Via Romana, 19 Il giornale « Redia » è destinato a comprendere lavori originali (anche di Entomologi non pertinenti alla Stazione) sugli Artropodi, lavori di Anatomia, Biologia, Sistematica, Entomologia economica ecc. Esso si comporrà annualmente di un volume di circa 24 fogli di stampa, e delle tavole necessarie alla buona intelligenza dei lavori. Prezzo d'abbonamento al periodico L. 25,00, anticipate per ogni volume. Si desidera il cambio coi giornali di Zoologia e specialmente di Entomologia. Il Direttore Prof. ANTONIO BERLESE. NB. — Si pregano coloro*che inviano pubblicazioni in cambio, di spedirle tutte a questo preciso indirizzo : “ Redia ,, Giornale di Entomologia, Via Romana, 19 — FIRENZE. rt MORFOLOGIA E BIOLOGIA DI ANTONIO BERLESE « n Di questo libro, che è destinato alla illustrazione anatomica e biologica degli Insetti, è completo il Volume I, di 1016 pa gine con 1292 figure nel testo e 10 tavole fuori Lenno Le figure sono per la massima parte originali. Contiene i seguenti capitoli : PREFAZIONE. — I. Breve storia della Euidmolezia: II. Grandezza degli Insetti; III. Piano di organizza» zione degli Insetti; IV. Embriologia generale; V. Mor- fologia generale; VI. Esoscheletro; VII. Endoscheletro; VIII. Sistema muscolare; IX. Tegumento; X. Ghiandole; XI. Sistema nervoso ed organi del senso; XII; ‘Organi ‘musicali e luminosi; XIII. Tubo digerente; XIV. Si- stema circolatorio e fluido circolante; xV. Organi e svi Ma Ciascun capitolo è accompagnato da una ricenigsta i *iblio: £ grafia, la quale raggiunge in tutto 3276 lavori di Anatomia. Un supplemento alla bibliografia dei singoli capitoli la com- 5 pleta fino a tutto il 1908. Formato 8° grande; carattere molto fitto. Edizione di vero ua lusso. $ VOLUME II. — Sono usciti i cinque primi capitoli, cioè: 1.° Gli affini degli Insetti. - 2° L’antichità degli Insetti. 3.° Classificazione i Insetti. — 4.° Le età giovanili A degli Insetti. adulto. x Prezzo del primo volume lire: 40, 00. Per acquisti rivolgersi agli Editori « Società Editrice-Libra- ria », Via Ausonio, 22 — MILANO. ; sa Sr mir i nni ir