‘Rivista di Patologia Vegetale Dorr. Luiet MONtEMARTINI Pydfessore di Pea dgr nella R. Scuola Superiore d' Agr icoltura in Milano Deputato al Parlamento 1% ù N sollaboratori : Prof. F. Cavara (Napoli) Prof. G. Dieu Guercio | (Firenze) - Dott. F. O’ B. EL.LISON IDiplizo) - Prof. A. KRoLopp © (Magyar-Ovar - Ungheria) - D.' S. Hori (Nishigahara-Tokio) - __M. Acpine (Melbourne - Australia) - D". E. Brssey (East Lansing - Michigan) - Dott. G. Brereamasco (per la Russia). INDICE DEL FASCICOLO > Marrei L. — La gleosporiosi del Kaki na , î : . Pag. 161 LU rurconi M., — Il ma? bianco della Magnolia nana . /.° 0... 0, 164 U Rivista: R. — Difesa contro la ruggine del ribes ubi \wcerT H. S. — Due funghi causa di gommosi dei limoni PARI 75 ieR E. — Biologia di uredinee » 168 i 2AwA J. — Fusarim Cepae sulle cipolle. /. . . . 0; 175 2. — Caulifloria di uno scopazzo di larice . . . : REI O. La : (Cont. a pag. seg.) x È È di, ù i arse sr ez Bi i PAVIA pi # MATTEI & C. EDITORI de SI I a CI Col 4 è $ D) - : e x 4 PL ui SITL 53 Magica US p vg . Ù sy 34% e Aol mu DI » i ; 9 b° PASO e pa "Nd n # vi H MoRETTINI A. — La germinalità! dei semi si ‘ der contenuti nello stallatico . E 2 ea è : ba ; se Pag. NEeEGER F. W. — I funghi d61f ambrosil IRA VIRA ch 3 > Ngeer F. W. e Lacon G. — Le emanazioni gazose e i vegetali . È OBERSTEIN 0. — Cicinnobulus e il mal bianco dei meli . y î È ScuRrtI F. e Sica V. — Resistenza dei frumenti alle ruggini . ; a, SiLvestRI F. — Viaggio in Eritrea per cercare parassiti della mosca olearia . é a : a ef ò - ; : SnirtH E. F. — I bacteri e le malattie delle:piante . . Topi M. — Come si diffonde la fillossera Idem. — Per una riforma del servizio fillosserico Idem. — Le tiguole della vite . 5 TREBOUX O. — Svernamento di aleuni funghi VAJARELLO G. — Le viti americane a Marsala . Voces E. — Sopra l’ Ophiobolus herpotrichus ZwriceLT Fr. — Fenoineni di succhiamento degli afidi . _. 4 > Digitized by the Internet Archive in 2014 https://archive.org/details/rivistadipatolog276unse Î Ì NO (ALA Il n, N64 î L Lg îi i ARIA, Pen) Mei VARO ti VA ESIURNTA.T, Lo si } SIRIA } Ì 1% Li PLIUZANOT DINI UN Hi NR? + A RR TO i ANNO VII. Giugno 1915. Num. 6. Rivista di Patologia Vegetale Diretta paL Dort. LUIGI MONTEMARTINI Professore di Patologia Vegetale nella R. Scuola Superiore d’Agricoltura di Milano Direzione e Amministrazione: Libreria Editrice MATTEI & C. Corso Vittorio Emanuele N. 63 - Pavia LAVORI ORIGINALI LUIGI MAFFEI La Gloeosporiosi del Kaki (G/oeosporium Kaki Seiya Ito)! Nell’autunno del 1913 si sviluppò sui frutti di alcune piante di Kaki (Diospyros Kaki Linn.) che crescono nell’Orto Botanico di Pavia una malattia che li attaccava tanto sulla pianta quanto raccolti e conservati nel fruttaio. La malattia è ricomparsa anche l'autunno scorso, ma molto tardi, nella prima quindicina di dicembre, e solo sopra pochi frutti di quelli raccolti e conservati. I frutti del Kaki attaccati presentano, al primo manifestarsi della malattia, delle macchioline di un colore più scuro di quello del frutto, che man mano si allargano occupando gran parte del frutto stesso. Si formano così delle macchie di diversa larghezza i I. Serva Ito — Gloeosporiose of the Japanese Persimmon, in “ The Botanical Magazine ,, vol. XXV, N. 296, p. 197. Tokyo 1911. II. Seiya Iro — Referat in “ Rivista di Patologia Vegetale ,, anno V, N. 11, pag. 167. Pavia 1911. 162 PARASSITI VEGETALI che invecchiando prendono forma irregolare ; alcune anneriscono restando delimitate da una zona giallo bruna, altre assumono una tinta scura che va sfumando col colore del frutto. La polpa di questo si rammollisce, si raggrinza dando luogo a delle con- cavità confluenti fra loro. Nella macchia si vedono, anche ad occhio nudo, numerosis- sime pustolette che presentano nel loro insieme un aspetto gra- nuloso e che col tempo rompono l'epidermide e si coprono di una pruina rosea. Osservando al microscopio le sezioni praticate in corrispon- denza di tali pustolette, si vede come la buccia e la polpa del frutto siano invasi da un micelio ialino,-ramificato, che dà luogo ad un abbondante stroma sotto epidermico il quale rompe in seguito, per pressione, l'epidermide formando un acervulo super- ficiale esterno nel quale si osservano numerosissime le spore portate da conidiofori ialini, semplici, di lunghezza varia. L'esame microscopico e l'insieme dei caratteri distintivi mi permise di identificare il fungo per il G/oeosporium Kaki Seiya Ito, essendo questo simile alla specie da me osservata. Le spore, granulose, guttulate , cilindriche, ovoidali o leg- germente appuntite ad una estremità, osservate isolatamente sono ialine mentre la massa loro è rosea e caratterizza il colore delle parti malate del frutto. Se sono poste in acqua e tenute alla temperatura di 25-28 gradi C. germinano in meno di 12 ore e il promicelio è ialino, settato, riccamente guttulato e cresce ra- pidamente ramificandosi producendo qua e là dei dischi adesivi (appressoria *) circolari o irregolarmente poligonali, dapprima ialini, più tardi di color bruno che risaltano subito nella massa germinante. I filamenti micelici originano poi, tanto all’ estre- mità quanto lateralmente, dei conidi secondari, della dimensione | sun hica pete) Vv PARASSITI VEGETALI 1653 di 11-15 a 4 u, che possono essere sessili o portati da conidio- fori di diversa lunghezza. Quale scopo abbia la produzione di questi conidi spero po- terlo chiarire con ulteriori ricerche sperimentali. I frutti attaccati dal G/oeosporium Kaki vanno presto in decomposizione la quale viene affrettata da altre specie mice- tiche, per esempio dalla Botrytis Diospyri Brizi o da altre muffe. Il Gloeosporium Kaki venne segnalato nell’estate del 1910 nella provincia di Echigo, in Giappone, da Seiya Ito dove pare produca danni non indifferenti. Non fu ancora riscontrato in altre località, nè trovasi menzionato in alcun trattato di pato- . logia vegetale italiano o straniero, onde credo utile render noto questa malattia che appare per la prima volta in Italia e che potrebbe prendere maggiore estensione dato che solo da non molto il Kaki è entrato nella frutticultura italiana. Laboratorio Crittogamico di Pavia - Gennaio 1915. a 164 PARASSITI VEGETALI M. TURCONI Il “mal bianco ,, della Magnolia nana (Magnolia pumila Andr.) Col nome di mal bianco designansi comunemente quelle malattie di piante prodotte da funghi parassiti del gruppo delle Erysifee (stato conidico Oidio). Tra queste la specie più comune | È e diffusa è senza dubbio la Erysiphe Polygoni DO. (E. com- munis Grev.) che si sviluppa sopra un graridissimo numero di e, piante erbacee ed arboree appartenenti a generi differenti delle — famiglie le più diverse. Il Salmon nella sua “ Monografia delle 2 Erysifacee , ne formò una specie tipo collettiva riferendovi sd molte forme prima distinte come specie autonome. È Da quanto si può rilevare dalla dettagliata descrizione (dia- gnosi) specifica data dal Salmon ! l’ Erysiphe Polygoni presenta — a dir vero una variabilità assai grande nei caratteri morfologici (natura del micelio, posizione dei periteci, numero, lunghezza, colore e conformazione delle appendici, numero degli aschi Si delle spore, ecc.) con limiti molto vasti per una singola specie. ° o PARASSITI VEGETALI 165 nome. Egli ammette tuttavia che, come per altri funghi, anche ; della specie tipica E£yysiphe Polygoni possano esistere forme biologiche specializzate per dati ospiti. Nei numerosi elenchi di piante ospiti della Erysiphe poly- | goni dati nei diversi lavori sulle Erisifacee del Salmon e degli altri autori non trovasi menzionato il genere Magnolia ; sopra alcune specie di questo genere furono però riscontrate altre eri- sifee e precisamente: Microsphaera Alni (Wallr.) Salm. su Ma- gnolia Kobus; M. diffusa Cke et Peck. su Magnolia hypolenca, e Phyllactinia corylea (Pers.) Karst. sopra Magnolia acumi- nata, Fraseri, Kobus e Julan. Sulla Magnolia pumila invece nessuna erisifea, per quanto mi consta, è stata notata prima d’ ora, onde l’ alterazione che forma l'oggetto della presente nota costituisce una malattia nuova della Magnolia nana. Tale malattia si manifestò, con intensità tale da richiamare l’attenzione, durante la stagione estiva-autunnale decorsa nel- da l'Orto Botanico di Pavia sopra alcune piantine di Magnolia pumila Andr. tenute in vaso, all’aperto nella stagione propizia, in serra nel periodo invernale (dal novembre a tutto marzo). Su parecchie foglie specialmente sulle superiori, più gio- | vani, notavansi, per lo più nella pagina inferiore, delle chiazze i irregolari, bianche, araneose, o più o meno polverose, simili a quelle del comune ma/ bianco dovuto ad erisifee e che al- l’ esame microscopico risultarono infatti costituite da micelio e fruttificazioni di 0idium. Solo assai di rado, come eccezione, ho potuto osservare nelle foglie molto giovani qualche piccola chiazza bianca anche sulla pagina superiore sulla quale notansi invece solitamente delle areole irregolari giallognole corrispon- denti alle chiazze bianche presenti nella pagina inferiore. Essendo le piantine situate in vicinanza di una quercia af- fetta da oidio, erami a tutta prima sorto il sospetto che l’oidio della quercia avesse infettato le piccole magnolie, ma l’ esame 166 PARASSITI VEGETALI microscopico dei caratteri morfologici mi persuase che la crit- togama invadente le foglie di Magnolia nana era riferibile in- vece, anche per la grandezza dei conidî (32-42 Xx 14-20), al comune 0Vidium erysiphotdes, che rappresenta, com’ è noto, lo stato conidico di diverse erisifacee. Quando , alla fine d’ ottobre, le piantine furono ritirate in serra, io ne levai diverse foglie infette che mantenni fuori al- l’aperto lasciandone altre sulle piantine stesse per vedere se ed in quali condizioni si formava lo stadio perfetto, asco- foro del fungo, necessario per una sicura determinazione della specie. ° Sulle piantine in serra continuò, e continua tuttora; a svi- lupparsi la forma oidica, sulle foglie tenute all’ aperto invece comparvero, dopo qualche tempo, numerosi periteci nerastri, gregari o sparsi, del diametro oscillante attorno ai 90 u, prov-. visti di numerosi appendici lunghe 5 a 10 volte il diametro del peritecio. Le appendici si stendono orizzontalmente intrec- ciandosi più o meno tra loro e col micelio; sono settate, bru- nastre verso la base per un tratto più o meno lungo, superior- mente jaline fino all’ apice in vicinanza del quale talora si bi- forcano irregolarmente, Ogni peritecio contiene più aschi ovati od obovati, con breve pedicello, lunghi 58-70 u, larghi 35-45 u; in ogni asco vi sono generalmente 4 spore, jaline, granulose, continue, lunghe 22-28 u, larghe 10-14 pu. i Dai caratteri sopra descritti quindi questa forma ascofora è morfologicamente riferibile alla specie Eyysiphe Polygoni DCO. Alla fine di novembre ripetei l’ esperienze asportando dalle piantine di Magnolia nana in serra due foglie affette dalla forma oidica ed esponendole fuori all’ aperto, e dopo alcuni giorni — potei osservare su esse la formazione di periteci di £rysiphe Polygoni. |. — 06 Credo utile far conoscere la comparsa di questa polifaga erisifea sopra il genere Magnolia, e mi limito ora alla segna- # 3 A, LA AA x") - al di b e E, . mt PI PIL DI (RAigie. "TNIAIS N n a A | PARASSITI VGGETALI 167 . lazione del nuovo ospite, riserbandomi di iniziare nella prossima | stagione propizia delle ricerche sperimentali sulla possibile spe- n i; cializzazione biologica del parassita causa del ma/ bianco della Magnolia nana. 490 Pi r Dal Laboratorio Crittogamico di Pavia, Dicembre 1914. 168 FISIOPATOLOGIA RIVISTA Fiscner Ep. — Beitrige zur Biologie der Uredineen. C. Zur bio- logie einer hochalpinen Uredinee, Puccinia Dubyi Mill. — Arg. (Contributi alla biologia delle Uredinee. C. Sopra la biologia di una Uredinea delle alte Alpi, la Puccinia Dubyi Mill. - Arg.) (Mycol. Centralbl., Bd. V, 1914, pag. 113-119) (pel contributo precedente, veggasi alla pag. 30 del precedente 3 volume di questa Ayvista). c® La Puccinia Dubyi è una Micropuccinia senza picnidii e passa indifferentemente dall’Androsace alpina all’A. carnea, al- lA. lactea, all’A. helvetica, senza dimostrare nessuna specializ- zazione. Le Androsace attaccate sono tutte elementi della flora alpina primitiva, nessuna della flora artica alpina, ed in questa loro comune origine sta forse la ragione della mancanza di specia- lizzazione. A ciò deve anche aggiungersi che tra le specie me- desime non vi sono differenze chimiche sensibili che possano a favorire lo sviluppo del fungo più nell’una che sopra l’altra. - a L. M. Necer F. W. — Zur Frage der systematischen Stellung der SOG Ambrosiapilze (Sopra la posizione sistematica dei funghi del- = delle galle che ne contengono è un Macrophoma, quello però | FISIOPATOLOGIA 169 dello Xi/eborus non è un Macrophoma ma è del gruppo degli Endomyces. I picnidi nei fori delle larve di Tomzicus dispar come le cellule saccaromicetiformi molto probabilmente sono impurità delle colture originarie del fungo dell’ambrosia. L. M. Scurti F. e Sica V. — Sulla resistenza delle diverse varietà di frumento di fronte alle ruggini (Ann. d. R. Staz. Chim. — Agr. Sper. di Roma, Ser. II, Vol. VII, 1914, pag. 33-56). Sono ricerche fatte sopra frumenti coltivati nei campi spe- rimentali della stazione di granicoltura di Rieti; gli Autori, in relazione alla maggiore o minore resistenza dimostrata dai sin- goli campioni alla 7:ggine, determinarono in ogni campione l’aci- dità libera, gli acidi organici presenti sotto forma di sali, i grassi, le sostanze estrattive, le materie tanniche solubili in acqua, gli zuccheri riduttori e le ceneri. Dal complesso dei risultati da essi ottenuti in tre anni di ricerche appare che la teoria del Pr. Comes (veggasi alla pag. Bis 62 del VI volume di questa Rivista), secondo la quale la mag- giore resistenza di alcune varietà di frumento sarebbe dovuta alla relativa rusticità e quindi alla maggiore acidità dei loro succhi, possiede un alto grado di probabilità. Manca però nelle cifre ottenute la perfetta correlazione che dovrebbe costituire una vera dimostrazione del problema, onde gli autori si pro- pongono di continuare le loro ricerche, estendendo i loro studi anche ai fenomeni biologici che presiedono alla formazione ed alle trasfosmazioni delle sostanze dosate. L. MONTEMARTINI. Tregoux O. — Ueberwinterung vermittels Mycels bei einigen pa- rasitischen Pilzen (Svernamento di alcuni funghi parassiti in 170 FISIOPATOLOGIA forma di micelio) (Mycol. Centralbi., Bd. V, 1914, pa- gina 120-126). In appoggio alla teoria che le Uredinee ed altri funghi possano svernare in forma di micelio, l’ Autore porta diverse osservazioni, da lui fatte nei dindorni di Riga, di sori uredospo- riferi o di infezioni viventi in pieno inverno : Puccinia dispersa su Secale cereale al 16 febbraio, Puccinia glumarum su Secale cereale in inverno, Puccinia obscura su diverse Luzula in febbraio, Puccinia arenariae sa Moehringia trinervia al 16 febbraio, Puccinia poarum su Poa pratensis e P. annua ai primi di marzo, Puccinia Carduorum su Carduus crispus, Uredo Airae su Aira caespitosa in marzo, Thecospora Pirolae su Pirola rotundifolia in marzo, Erysiphe graminis su Secale cereale, Melampsora Lini sa Linum catharticum, ecc. ecc. L. M. ZweiceLr Fr. — Beitriàge zur Kenntniss des Saugphaenomens der Blattliuse und der Reaktionen der Pflanzenzellen (Con- tributo allo studio dei fenomeni di succhiamento degli afidi e delle reazioni delle cellule vegetali) (Centra/5/. f. Bakte- riol. ecc. II Abth., Bd. XLII, 1914, pag. 265-335, con due tavole e sette figure nel testo). L’Autore studia dettagliatamente l’apparato succhiatore degli : afidi ed i rapporti che passano tra esso ed i tessuti vegetali nei | quali penetra, i fenomeni di secrezione, le trasformazioni chi- miche nel contenuto delle cellule, la reazione opposta dai tes- suti punti, ecc. Dà un elenco bibliografico completo dei lavori che trattano dell’argomento. MALATTIE DI NATURA INCERTA 171 VaysareLLo G. — Comportamento delle viti americane e degli ibridi siculo - americani nella provineia di Trapani e con speciale riguardo al territorio di Marsala durante il periodo dal 1898 al 1914 (Marsala, 1914, 36 pagine). È una relazione letta al congresso viticolo siciliano tenutosi a Noto nello scorso agosto : in essa 1)’ Autore ha raccolto tutti i risultati di sedici anni di esperienze durante i quali i vigneti di Marsala furono prima distrutti dalla fillossera, poi ricostituiti ed ora non sono ancora completamente affrancati da ogni peri- colo di rovina. A proposito dei deperimenti di vigneti nuovi che si lamen- tano in Sicilia, l' Autore osserva che alcuni di essi sono dovuti ancora a fillossera e si presentano infatti a guisa delle macchie caratteristiche fillosseriche, altri sono dovuti a roncet ed altri finalmente alle seguenti cause : cattiva scelta del legno prove- niente da piante madri ammalate e non selezionate, sì da dar luogo a squilibrio vegetativo fra porta-innesto e marza; poca cura di analisi e scelta del terreno; mancanza di drenaggi in terreni umidi e compatti; sfruttamento precoce delle piante; stanchezza del terreno che prima del ripianto avrebbe bisogno di essere sottoposto a rotazione di coltura. Conclude inoltre l’ autore che gli ibridi siciliani sono de- stinati a sostituire, in Sicilia, quelli francesi perchè hanno mag-- giore facilità di adattamento, maggior resistenza alle matattie crittogamiche e grande affinità con i vitigni indigeni. Quanto al yroncet, pur rimanendone ignota la causa, l'Autore pensa sia male ereditario perchè le talee provenienti da piante ammalate hanno sempre dato vitigni che si ammalarono. Non crede invece abbia influenza su di esso la natura chimica del terreno, perchè infatti esso si presenta tanto nei terreni profondi, freschi e umidi, quanto in quelli superficiali ed asciutti. L’ Autore parla anche dei risultati che hanno dato nel ter- 172 MALATTIE DI NATURA INCERTA — PARASSITI VEGETALI ritorio di Marsala i singoli ibridi utilizzati e dimostra la neces- sità di disciplinare e assistere tecnicamente la ricostituzione dei vigneti che non può essere abbandonata alla sola iniziativa privata. L. MONTEMARTINI. Jaccarp. — Ueber Fruchtbildung und Kauliflorie bei einem Larchen- hexenbesen (Sopra la formazione di frutti e la caulifloria di uno scopazzo di larice) (Naturw. Zischr. Land. —u. For- stw., 1914, pag. 122 - 128, con una figura). L'Autore descrive un grosso scopazzo di Larix decidua il quale raggiungeva il diametro di tre metri e mezzo e che si segnalava perchè portava moltissimi coni non solamente sui rami piccoli ma anche sui più grossi, presentando una vera caulifloria. Da notarsi anche che i rami dello scopazzo erano rivestiti da numerose foglie, mentre le foglie degli altri rami dello stesso albero erano state quasi tutte distrutte dalla Tortrix pinicolana la quale aveva invece, non si sa per quale ragione, rispettato i rami dello scopazzo. Lo studio anatomico del caso ha dimostrato che l’asse prin- cipale dello scopazzo proveniva dal connascimento di sette assi distinti : i rami di esso avevano una maggiore proporzione di legno primaverile e una minore di legno autunnale, in confronto a quello che si aveva nei rami comuni. L. M. . : Ù sa auf der schwarzen Johannisbeere (Efficace difesa contro la ruggine del ribes nero dovuta al Cronartium) (Sorauer’s PARASSITI VEGETALI — AGENTI CHIMICI 1/3 Ztschv. f. Pflanzenkrankh., Bd. XXIII, 1913, pag. 463- 476, con due figure). Il Cronartium ribicola sul ribes nero si propaga sulla pagina inferiore delle foglie, epperò 1 trattamanti colla poltiglia bordolese per essere efficaci devono venire diretti specialmente contro detta pagina inferiore. I piccoli vantaggi che possono dare le irrorazioni della pagina superiore, forse potrebbero venire spiegati ammettendo che le ecidio ed uredospore del fungo cadano prima sulla pagina superiore (dove verrebbero avvelenate) e da questa, forse per mezzo dagli insetti, vengano poi portate sulla infe- riore. Pel ribes rosso invece è utile irrorare la pagina superiore, senza per altro trascurare completamente la inferiore, perchè è specialmente su di essa che si propaga da malattia. L. M. NecER F. W. e Lacon G. — Studien iber den Einfluss von Ab- gasen auf die Lebensfunktionen der Baàume (Studî sopra l’azione delle emanazioni gazoze sulle funzioni vitali degli alberi). (Mitt. kg. sichs. forstl. Versuchsanst. Tharandt., 1914, Bd. I, pag. 177-233, con 10 figure). Gli Autori studiano anzitutto se anche nelle Conifere come nelle piante a foglie caduche gli stomi sono un’ apertura per l’entrata dei gas velenosi. Dimostrano che non è nel vero l’opi- nione che prima si aveva sopra la immobilità degli stomi delle Conifere. Ciò si può dedurre sia direttamente col metodo del- l’ infiltrazione, sia indirettamente misurando la traspirazione in rami tagliati, di diversa età ma tenuti in eguali condizioni : i rami di un anno dopo poco tempo perdono meno acqua che 174 AGENTI CHIMICI quelli di due, quelli di due meno che quelli di tre, ecc. perchè appunto nelle foglie giovani gli stomi sono mobili e si chiu- dono, mentre coll’ invecchiare delle foglie a poco a poco si ir- rigidiscono e perdono la facoltà di chiudersi completamente. Non v'è dunque nessuna ragione per non credere che nelle foglie adulte il biossido di zolfo non penetri dagli stomi. E ciò è dimostrato dal fatto che se in un abete si piegano alcuni rami in modo da ostacolare in essi la circolazione dell’ acqua, e poi si fa sviluppare intorno all’ albero dell’ anidride solforosa, tutti i rami ne soffrono, meno quelli piegati i cui stomi erano chiusi. In seguito gli Autori cercano la ragione dei danni prodotti dal SO?. Il fatto che quando il tempo è umido i danni del fumo sono più considerevoli che con una stagione asciutta, sì spiega ammettendo che il biossido di zolfo coll’ umidità si trasformi, per ossidazione e assorbimento di acqua, in acido solforico. Ma un tale modo di vedere è smentito dal fatto che 1’ acido solfo- rico, anche se in soluzione relativamente concentrata (p. e. al 5 p. 100) e portato colle ferite in contatto coi tessuti interni delle foglie, non produce i danni che producono i fumi conte- te. nenti SO?. ih Contrariamente a quanto ha creduto di dimostrare il Waler, gli Autori dimostrano poi, con metodi diversi, che il biossido di zolfo esercita un’ azione sopra la traspirazione: da prima la eccita, in seguito però ostacola tanto 1’ assorbimento dell’acqua che anche la traspirazione diminuisce, ma il ramo secca. Il fe- nomeno è accompagnato anche da infiltrazione dell’acqua negli spazî intercellulari. i Gli Autori confermano da ultimo l'ipotesi di Wislicerus che il biossido di zolfo sia un veleno specifico della assimila- zione. Coll’ E/odea hanno visto che tale gaz in certe concentra- zioni (‘/:v0 per 100) riesce velenoso solo quando la pianta è in assimilazione, ed è nove volte più velenoso dell’ acido solforico AGENTI CHIMICI — PARASSITI VEGETALI 175 perchè nei processi di assimilazione esso agisce sul prodotto intermedio aldeidico, ciò che non fa l’ acido solforico. L. MONTEMARTINI. Fawcett H. S. —. Two fungi as causal agents in gummosis of lemon trees in California: Botrytis vulgaris and Pythia- cystis citriphthora (Due funghi causa di gommosi negli alberi di limone in California: Botrytis vulgaris e Pythia- cystis citriphthora). (Monthl. Bull. Stat. Comm. Hort., 1913, pag. 601-617, con una figura), Questi due funghi già noti come causa di marciume dei frutti, possono produrre anche gommosi nei rami. La malattia comincia colla formazione di aree necrosate sulla corteccia, cui segue poi la trasudazione della gomma. Quando compaiono i primi sintomi del male conviene aspor- tare la parte infetta della corteccia disinfettando poi la ferita con soluzione di solfato di rame e coprendola con apposito mastice. L. M. Hanzawa J. — Fusarium Cepae, ein neuer Zwiebelpilz Japans, sowie einige andere Pilze an Zwiebelpflanzen (Fusarium Cepae, nuovo fungo delle cipolle nel Giappone, e alcuni altri funghi delle cipolle) (Mycol. Centralbl., Bd. V, 1914, pag. 4-13, con due tavole). ' Nei dintorni di Sapporo, in Giappone, dove le cipolle sono coltivate in grande, si è presentata una malattia assai dannosa a questa coltura, 176 PARASSITI VEGETALI Sono colpite le piante giovani, in campagna; le loro foglie si decolorano ed avvizziscono ; il sistema radicale rimane ri- dotto sì che la pianta sì lascia facilmente sradicare dal suolo ; i bulbi marciscono da un lato o nella parte inferiore, e nel primo caso assumono una forma distintamente asimmetrica per l’ accrescimento della parte sana. Il diffondersi della malattia non è veramente epidemico, ma piuttosto saltuario, ed accanto a piante ammalate ve ne sono di quelle che rimangono sane. Il marciume dei bulbi è dovuto ad una nuova specie di Fusarium che l Autore descrive qui col nome di Y. Cepae. È però solo parassita di ferita e tanto in laboratorio che nei campi attacca solo i bulbi che sieno stati o feriti artificialmente o fo- rati da qualche larva (Antronyia Brassicae, A. ceparum, ecc.). Per combattere la malattia si consiglia: sterilizzare il ter- reno per uccidere il fungo; alternare la coltura specialmente con melanzane, zucche, cavoli; coltivare bulbi sani in siti non troppo concimati, nè soverchiamente umidi ; evitare di rompere i bulbi; combattere le mosche e le loro larve; distruggere le piante infette. Le cipolle sono attaccate poi da altri funghi. Sulle foglie l’ Autore trovò il Macrosporium parasitium v. Thim , l Alter- naria lenuis Nees, ed una nuova specie di Cladosporium , CI. Alliorum. Sui bulbi trovò la stadio di Botrytis dello Selerotium, e il Penicillium canum. L. MONTEMARTINI. MorertINI A. — La germinabilità dei semi di Cuscuta Trifolii contenuti nello stallatico, nel colaticcio e nel terreno (Le Staz. Sper. Agr. Italiane, Modena, 1914, Vol. XLVII, pag. 733-751). L’ Autore fa fatto anche sui semi di Cuscuta Trifolii le Par Fa; IM PPRIAO PII MICA Le MI ne) PARE | PARASSITI VEGRTALI 177 osservazioni e gli studi già fatti pei semi di Orobanche e rias- sunti alla precedente pagina 11 di questa /vzsta. Che i semi di Cwuscuta si conservino germinabili anche quando passano attraverso il tubo digerente degli animali erbi- vori, è ammesso da tutti; è dubbio invece il loro comportamento quando vengano lasciati più o meno a lungo nel concime. A chiarire questo dubbio furono dirette le esperienze e le ricerche dell’ Autore. Da tali ricerche si conclude: che detti semi permanendo nel colaticcio delle concimaie od in acqua semplice anche per un solo mese perdono in numero considerevole la facoltà di germinare ; che nello stallatico tenuto razionalmente perdono quasi tutti, dopo un mese, la germinabilità anche se poco internati nella massa e solo pochissimi si conservano vivi. Praticamente dunque si può dire che il concime di stalla ben tenuto in concimaia non costituisce un mezzo facile di dif- fusione delle cuscute;:ma non si può escludere però che anche per questo mezzo sieno possibili, in casi rari, delle infezioni. Quanto all’ interramento, nei semi interrati alla profondità di 15-20 centimenti la facoltà germinativa viene nei primi mesi stimolata ; oltre i tre mesi invece diminuisce molto più rapida- mente che nei semi conservati in ambiente asciutto. L. MONTEMARTINI. OserstEein 0. — Cicinnobolus als Schmarotzerpilz anch des ApfelmehItaus: Oidium farinosum Coocke (Il Cicennobolus come’ fungo parassita anche del m:a/ bianco dei meli: Oidium farinosum Cooke) (Sorauer’s Ztschr. f. Pflanzenkrankh., Bd. XXIII, 1913, pag. 394-396). L’ Autore segnala sopra l’ oidio dei meli nei dintorni di Hoyerswerda e di Trebnitz, un Cicinnobolus i cui picuidi erano 178 PARASSITI YEGETALI più grossi di quelli trovati sopra l’ oidio dei ribes; non crede però basti questo per farne una specie nuova. Nell’ una e nel- l’ altra località il Cicinnobolus non aveva esplicato azione sen- sibile nel contrastare la diffusione dell’ oidio. L. M. Voces E. — Ueber Ophiobolus herpotrichus Fries und die Fuss- krankheit des Getreides (Sopra l’Ophiobolus herpotrichus Fr. ed il mal del piede dei cereali) (Ztschr. f. Girungsphys., Bd. III, 1913, pag. 48). — — Ueber Ophiobolus herpotrichus Fries, den Weizenhalm- toter in seiner Nebenfruchtform (Sopra l Ophiobolus herpo- trichus Fries, nelle sue forme laterali) (Cen/ralbl. f. Bak- teriol. ecc., II Abth., Bd. XLII, 1914, pag. 49-64, con 9 figure). Si ritiene generalmente come forma laterale dell’Ophiobolus l’ Hendersonia herpotricha che fu trovata spesso ad esso asso- ciata. L’ Autore invece nella prima delle note qui sopra indi- cate ha creduto potere concludere che la forma laterale è il Fusarium rubiginosum App. et Woll.; nella seconda dimostra che non si tratta di un Fusarium, ma di un Acremonium (A. alternatum). Descrive le varie forme di micelio, e dice che sul- l’internodio inferiore delle piante ammalate vegeta una vera formazione fungina, come le associazioni o formazioni di fane- rogame che si trovano in certi paesi. Si trovano infatti: Ophio- bolus herpotrichus e sua forma laterale Acremonium alterna- tum, Fusarium rubiginosum, Hendersonia herpotricha , Asco- chyta sp., Septoria sp., Mucor racemosus, Leptosphaeria Tri- tici, Cladosporium herbarum, Alternaria tenuis. L. MONTEMARTINI. PARASSITI VEGETALI — PARASSITI ANIMALI 179 WoronicÒine N. — Quelques remarques sur le champignon du blane du pècher (Alcune osservazioni sul fungo del mal bianco del pesco) (Bull. trim. d. t. Soc. Mycol. d. France, T. XXX, 1914, pag. 391-401, con una tavola). L’ Autore riassume le diverse osservazioni che si hanno sopra la Sphaerotheca pannosa. In merito al dubbio che la forma che attacca il pesco sia identica a quella che vive sulle rose, ha fatto esperienze di inoculazione e molte osservazioni su materiale fresco e da erbario, ed ha potuto verificare che i conidî del mal bianco delte rose non riescono ad infettare le foglie del pesco, e che per quanto l’ Oidiun. delle rose e quello dei peschi si rassomiglino, pure le dimensioni medie di que- st’ ultimo sono un po’ più piccole. Ne conclude che il ma/ bianco dei peschi e quello delle rose non sono dovuti ad una medesima entità micologica, ma a due forme vicine distinte per caratteri morfologici e biologici. Propone pertanto di distinguere la specie Sphaerotheca pan- nosa Lév. in due varietà: var. /osae Woron. che attacca le rose, e var. Persicae Woron. che vive sui peschi e sui man- dorli. L. MONTEMARTINI. Topr M. — Come si diffonde la fillossera (// Co/tivatore, Casale- monferrato, 1914, N. 31, 7 pagine con una figura). — — Per una radicale riforma nel servizio antifillosserico (col precedente, N. 34, 7 pagine). L’Autore dopo avere richiamato l’attenzione dei viticultori sul fatto, già osservato dal Faucon in Francia e più largamente 180 PARASSITI ANIMALI dal Grassi in Italia, che, specialmente dopo le pioggie estive, le fillossere neonate fuoriescono dal terreno e migrano alla sua superficie, dimostra quale importanza può avere questo fatto per la diffusione del temuto parassita delle viti. Insegna come può essere constatato il fenomeno. Osserva che spesso ha dato risultati pochissimo utili, benchè tanto co- stosi, il metodo delle ordinarie esplorazioni fillosseriche, e pro- pone di sostituirlo con ricerche continue della fillossera alla superficie dei terreni vitati o durante i lavori normali, ricerche che dovrebbero essere affidate in ogni determinata zona di ter- ritorio ad un operaio pratico e fisso. Un tale metodo che l'Autore, per consiglio del Prof. Grassi, ha già applicato in via di prova a Cerignola ha già dato risul- tati soddisfacenti. L. MONTEMARTINI. Topi M. — 0@sservazioni e ricerche sulle tignole della vite (Rend. d. R. Ac. d. Lincei, Classe Scienze, Vol. XXIII, 1° Sem., 1914, pag. 981-984). — — Altre osservazioni e ricerche sulle tignuole della vite (col precedente, 2° Sem., pag. 15-18). Sono osservazioni fatte nell’ Alto Monferrato sopra l’ ineri- salidamento invernale delle tignole della vite (Cochylis ambi quella e Polychrosis-Endemis-botrana), e sopra il modo di cat- turarne le farfalle. Nella prima nota l'Autore comunica che moltissime tignuole vanno ad incrisalidarsi nella estremità delle canne di sostegno, sì che si consiglia lo spuntamento, durante l’ inverno, delle canne medesime. Si ottennero pure risultati soddisfacenti atti- rando le tignuole a incrisalidarsi entro fasce-trappola, avvolte d’ autunno intorno ai ceppi, sì e come è largamente usato da G. Catoni nel Trentino. PARASSITI ANIMALI 181 Nella seconda nota sono esposti i risultati di esperienze fatte per attirare le farfalle delle tignole con liquidi in fermen- tazione (melassa o feccia di vino diluito con acqua). Tali mezzi però non hanno efficacia pratica per la lotta contro il parassita ; possono solo servire come indizio per sapere quando si debbano applicare gli insetticidi. L’Autore notò sempre, nella regione nella quale fece i suoi studî, una grande prevalenza della Endemis sopra la Cochylis. Notò pure che la pira/e si è mantenuta finora in limiti pressochè trascurabili perchè la sua moltiplicazione è probabil- mente tenuta in freno da iperparassiti. L. MONTEMARTINI. SiLvestri F. — Viaggio in Eritrea per cercare parassiti della mosca delle olive (B0//. d. Lab. di Zool. gen., Agraria di Portici, Vol. IX, 1914, pag. 186-226, con 24 figure). Richiamato quanto ha già scritto su questo argomento nella memoria riassunta alla pagina 318 del precedente volume di questa Rivista, l'Autore dà notizia delle ricerche da iui eseguite nell’Eritrea, dove nell’Agosto e Settembre scorsi ha raccolto 14 specie parassite della mosca dell’ olivo: 4 Braconidi (Opzus africanus Sz. var. orientalis Silv., 0. dacicida Silv., Sigalphus daci Sz. e Bracon celer) e 10 Calcididi (Eupelmus afer Silv., Halticoptera daci Silv., Eutelus modestus Silv., Atoposoma varie- gatum var. afra Silv., Achrysocharis formosa var. erythraea Silv., Teleopterus notandus Silv., Metriocharis viridis Silv., Metr. atrocyanea Silv., Allomphale Cavasolae Silv. e Tetra- stichus maculifer Silv. Di tutte presenta una esatta descrizione con buone figure e dà le poche notizie biologiche che si hanno. Osserva che quelle di queste specie che sono fornite di ovopositore corto non po- 182 PARASSITI ANIMALI — BRCTERI tranno acclimatarsi in Italia nelle regioni nelle quali esistono solo olive coltivate, che hanno un sarcocarpio molto più grosso di quello delle piccole olive selvatiche dell’ Eritrea. In tali re- gioni dunque la lotta dovrebbe essere sostenuta principalmente dalle seguenti cinque specie ad ovopositore piuttosto lungo : Opius africanus var. orientalis, 0. dacicida, Bracon celer, Halticoptera daci e Allomphale Cavasolae. Di queste l’ Autore ha ora introdotto in Italia 3500 esem- plari. Si acclimateranno? L'Autore nutre speranze solo pér l’Opius, Halticoptera e lAllomphale perchè degli altri il numero degli esemplari introdotti è stato troppo piccolo; osserva in ogni modo che, non conoscendosi la biologia di tali insetti, le difficoltà dell’ introduzione sono grandissime per tutti. Sarebbe utile impiantare in Eritrea un laboratorio temporaneo per lo studio della biologia dei nemici della mosca olearia, mentre un laboratorio simile dovrebbe sorgere anche in Puglia. L. MOoNTEMARTINI. Swrra E. F. — Baeteria in relation to plant diseases, Vol. III, (I bacteri e le malattie delle piante, Vol. III) (Carnegze Inst. of Washington, Pubblication N. 27, Vol. III, 1914, 809 pagine, con 45 tavole e 639 figure nel testo) (per i vo- lumi precedenti veggasi alla pagina 187 del volume primo e 78 del sesto di questa vista). Questo terzo volume dell’ opera monumentale sopra le ma- lattie bacteriche delle piante continua lo studio delle malattie dei vasi. Le poche malattie studiate sono la malattia di Cobb della canna da zucchero dovuta al Bacterium vascularum (Cobb) Gr. Smith ; la malattia di Stewart del mais, dovuta al Bacte- _ rium Stewarti E. F. Smith: la malattia di Smith dell ama- BACTERI 188 ranto, causata dal Bacterium Amaranthi E. F. Smith; la ma- lattia di Rathay degli ortaggi, dovuta all’ Aplanobacter rathayi E. F. Sm.; la malattia dei pomodori dovuta all’ Aplanobacter michiganense E. F. Sm.; la malaltia vascolare dei banani che viene attribuita a diversi organismi; il marciume nero (brown- rot) delle Solanacee dovuto al Bacterium solanacearum E. F. Sm.; l’avvizzimento del tabacco, ed altre di minor conto. Come nei precedenti volumi, l’opera è riccamente illustrata da buonissime figure e tavole, ed ogni malattia, per quanto è possibile, viene trattata dai seguenti punti di vista: definizione, pianta ospite, distribuzione geografica, storia, sintomi, eziologia (compresi i dettagli sopra le diverse inoculazioni e l’esame delle varietà attaccabili o resistenti), anatomia patologica, il parassita ed i suoi caratteri principali, la cura, i danni e la letterattura. La malattia di Cobb della canna da zucchero è limitata per quanto si sappia, ad un solo ospite, il Saccharum officina- rum. Essa si presenta in Australia, nelle isole Fiji, Giava, Bor- neo, Nuova Guinea. Forse è comparsa anche in Brasile e finora è rara nell'India. Non si è ancora osservata nel Nord America, nè alle isole Hawai. Fu la ‘prima volta segnalata nel 1869 a Bahia nal Brasile, dal Drànert il quale ne parla come di malattia che da sei anni riusciva assai dannosa ed era già conosciuta anche prima. Poi ne riparlò nel 1893 il Dott. N. A. Cobb pel New South Wales e Queesland, dove però la malattia era conosciuta prima del 1884. Il Cobb cercò l’ organismo patogeno e fece alcune inocu- lazioni dirette. Nel 1894 la malattia fu segnalata anche in Bra- sile e nello stesso anno a Mauritius. I sintomi principali della malattia sono il nanismo delle piante, lo scoloramento delle nervature delle foglie, la morte delle cime seguita dalla loro caduta, e la formazione di una mucilaggine o gomma gialla nei fasci vascolari del fusto e delle foglie, i quali ne restano ostruiti. La produzione di zucchero viene ridotta di molto. 184 l BACTERI In principio è dunque una semplice malattia del sistema vascolare, ma di mano in mano che essa progredisce, si estende al parenchima nel quale, specialmente vicino alla gemma ter- minale, sì formano delle larghe cavità. La mucilaggine contiene milioni di bacteri quasi in coltura pura. — Negli stadi ultimi della melattia, questi possono uscire dagli stomi: nelle sezioni . dei fusti ammalati gemono fuori, insieme alla mucilaggine gialla e rossastra, dai fasci tagliati. Sono organismi monoflagellati, isolati o appaiati, o riuniti in numero maggiore. Con colture pure di questo microrganismo l’ Autore ha fatto delle inoculazioni, nelle serre di Washington, per mezzo di aghi e nelle guaine fogliari a tre o sei centimetri dal fusto, inocu- lando due foglie per pianta, talora nella nervatura mediara, talora nel parenchima, coprendo poi le foglie stesse per il primo giorno con carta in modo da ripararle dall'azione della luce senza impedire il libero accesso dell’ aria. Tre settimane dopo l’inoculazione le foglie inoculate presentano strie bianche nelle quali si formano macchie rosse o brune di tessuto morto. Queste strie cominciano nella parte inoculata e sì estendono in ambedue le direzioni, verso l’alto e verso il basso. Dopo alcune settimane le piante inoculate si presentano evidentemente più piccole che quelle lasciate immuni e spesso sì vedono strie scolorate anche nelle foglie di esse che non sono state direttamente inoculate. Tutte le piante inoculate si ammalarono, mentre alcune piante che erano state punte senza però introdurvi l’ organismo rima- sero sane. I bacteri si presentavano abbondantissimi nel fusto ed anche nelle foglie non inoculate e dai fasci vascolari si potè isolare in coltura pura lo stesso microrganismo che era stato adoperato per l’inoculazione. Un secondo lotto di quattordici piante fu inoculato pochi giorni più tardi e tutte rimasero in- fettate e diventarono nane, ma erano di una varietà resistente in grado tale di non rimanere uccise. Altre inoculazioni fatte negli anni successivi su varietà diverse, diedero alle volte buoni risultati, alle volte risultati negativi. TO o , * "RO Set ANA Cali su ; 3 #4» ta TÀ - Michigan e probabilmente Ohio e Illinois. Forse si trova anche ® d BACTERI 185 Condizioni favorevoli per il diffondersi della malattia pare siano l'abbondanza delle pioggie e della rugiada, in modo gene- rale la eccessiva umidità dell’ aria. Gli insetti parassiti forse aiutano l’estendersi del male. In principio i bacteri sono localizzati nelle vie tracheali, ma presto dissolvono le pareti dei vasi e delle cellule circostanti specialmente in vicinanza della gemma apicale. Nelle foglie, tanto più se giovani, riempiono gli spazi intercellulari sì da uscire fino dagli stomi. Quattordici pagine sono dedicate alla descrizione dei carat- teri colturali del microrganismo patogeno. Quanto alla lotta contro di esso, l’ Autore si riporta ai consigli dati da Cobb, Trion e Gr. Smith. Bisogna non adoperare per le nuove pian- tagioni canne ammalate, scegliere varietà resistenti, distruggere le piante infette. In seguito alla precedente, l'Autore descrive la malattia detta sereh della canna da zucchero, malattia che è tanto dan- nosa a Giava ed in altre parti delle Indie orientali. Alcuni dei sintomi sono tanto simili a quelli della malattia bacterica di Cobb che l'Autore dubita si tratti della medesima cosa. Sono descritte anche : il marciume apicale di Wakker della canna da zucchero, apparentemente dovuto a bacteri, ma solo probabilmente alla malattia di Cobb; e la cancrena umida di Spegazzini, o polvillo dell’Argentina, che l’Autore è invece in- clinato a credere identico alla malattia di Cobb. La malattia di Stewart del mais è conosciuta solamente in un ospite, la Zea mays. Essa colpisce principalmente il mais «dolce, o varietà da zucchero, ma fu inoculata con risultato po- sitivo in diverse altre varietà. Fu descritta per la prima volta nello stato di New York dove è frequentissima, e fu poi segna- lata in pochi altri stati: Maryland, Virginia, Virginia orientale, in altri posti, ma non venne ancora ivi riconosciuta. 186 BACTERI Sul campo il primo sintomo è un imbianchimento dovuto al seccare delle infiorescenze maschili che si sviluppano prema- turamente e muoiono tosto : in seguito imbiancano e muoiono anche le foglie. Un altro sintomo importante è il rachitismo o nanismo, che è così pronunciato che le piante possono perire se alte solo pochi decimetri. Le giovani piante muoiono pochi giorni dopo il manifestarsi del male, e se l’ infezione viene dal seme i sintomi della malattia non appaiono che otto o dieci settimane dopo la germinazione. Sezioni del fusto fatte dopo che è sec- cata l’ infiorescenza maschile dimostrano nei fasci fibrovascolari una quantità di bacteri che gemono fuori in goccioline di mu- cilaggine gialla. Nei nodi inferiori i fasci sono bruni, special- mente quelli invasi da poco tempo. I bacteri possono uscire dagli stomi sulla faccia interna delle brattee più interne della pannocchia, così che spesso i giovani semi sono coperti da mu- cilaggine giallastra. La malattia fu per la prima volta scoperta nel 1895 da F. C. Stewart il quale pubblicò la prima nota su di essa nel 1897. Egli la attribuì al microorganismo giallo che ottenne anche in coltura pura, ma non riuscì a fare inoculazioni con risultato x positivo. Osservò pure che quando la stagione è molto umida le piante soffrono meno che quando è secco. — L’Autore ha stu- diato la malattia e fatto diverse inoculazioni fino dal 1902, e ne dà qui dettagliate notizie. Sopra un totale di 473 piante ino- culate, 153 ammalarono semplicemente per aver messo un po’ di mucilaggine bacterica sopra l’ estremità delle foglie giovani, e 151 per avere bagnato piantine germinanti con colture pure di bacteri diluite in acqua. Non tenendo conto di 18 casi dubbi nei quali apparirono i sintomi della malattia ma non si trova- rono i bacteri nei tessuti degli individui ammalati, la percen- tuale delle infezioni ottenute è stata del 62. Le esperienze in campagna furono troncate da un forte gelo che ridusse la percentuale delle piante che si ammalavano. In BACTERI 187 piante in vaso e cresciute poco vigorose, su 355 inoculazioni solo 1’ 8 per 100 diede risultato positivo. In molti casi le ino- culazioni riuscirono semplicemente toccando con un po’ di col- tura pura le goccioline di acqua che gemevano dai pori acqui- feri. La malattia pare si diffonda coi semi coperti di bacteri : infatti se i semi sono puliti la malattia è più rara e quando è passato lo stadio di piantina appena germinante l’ infezione è più difficile. Le osservazioni quotidiane poi hanno dimostrato che la malattia attacca più facilmente le piante che crescono vigo- rosamente anzichè quelle il cui sviluppo è ritardato da condi- zioni sfavorevoli di vegetazione. Le lesioni prodotte dalla malattia sono in tutto simili a quelle che si presentano nella canna da zucchero per la malattia di Cobb: i vasi nei fasci fibrovascolari si riempiono normalmente di bacteri, sì che la morte degli organi cui tali vasi sono de- stinati pare dipenda da riduzione nella circolazione dell’acqua e «non da produzione di sostanze tossiche. Normalmente l'organismo entra nella pianta attraverso gli stomi acquiferi e si moltiplica nei tessuti circostanti fin che arriva ai fasci vascolari, pene- trando allora nei vasi e diffondendovisi rapidamente. Talvolta | poi i vasi stessi sono scomposti e si formano larghe cavità piene di bacteri. In ogni modo il floema dei fasci non viene invaso. L'organismo che è causa del male, il Bacterium Stewarti _ E. F. Smith, è in forma di bastoncini brevi, isolati, appaiati , mobili per mezzo di un flagello polare. Nelle colture è giallo, si | e l’autore dedica quattordici pagine alla descrizione dei carat- | teri culturali. e non avendosi la certezza assoluta di questo, disinfettarli con * soluzione di sublimato corrosivo: una soluzione anche all’ uno | per mille applicata per venti minuti non riesce dannosa alla ii e germinazione. Dopo il trattamento i semi devono essere lavati + 188 BACTERI e poi piantati. Bisogna aver cura anche di selezionare varietà resistenti e di non trasportare l'infezione da un campo all’altro a mezzo del letame. È difficile fare una stima dei danni causati da questa ma- lattia : qualche volta ne viene distrutto l’intiero raccolto, frequen- temente però il danno è del 20 al 40 per 100. La malattia di Smith dell’Amaranthus è dovuta a un orga- nismo bianco-giallognolo (giallo nelle colture vecchie) con un solo flagello polare e che dall’ Autore fu chiamato Bacterium Amaranthi. Esso fu trovato in una specie di Amaranthus cre- scente spontanea e come erba infestante nei giardini incolti di Mumfort a New York nel 1897. Le piante infette rimanevano piccole e morivano appena raggiunta la metà dell’ altezza nor- male. I bacteri si trovavano negli spazi intercellulari del midollo ed anche in alcune delle cellule più grosse del midollo mede- simo, donde poi potevano passare nei vasi dei fasci fibrovasco- lari. Non furono mai trovati nella corteccia. Pare che la stessa malattia sia stata trovata dal Dott. G. F. Burns nel Michigan, ma nè egli nè l Autore fecero espezienze di inoculazione che potessero accertare della natura parassitaria di essa. L’Autore riferisce pure brevemente sopra la malattia bacte- rica dell’Arachis hypoguea segnalata dal Dott. J. von Breda de Haan a Giava. Le piante ammalate seccano come se mancasse loro l’acqua. La malattia è limitata alle radici il cui sistema vascolare è pieno di bacteri dei quali però lo scopritore non ha _ fatto colture pure. È possibile che si tratti di qualcuno dei mi- crorganismi descritti da Honing in Sumatra come Bacterium solanacearum , o dal Fulton nella Carolina del Nord indicati pure qui come causa di malattia per l’ Arachis. Si parla brevemente anche di una malattia bacterica del - mango e della barbabietola da zucchero, segnalata dal Biffen in Inghilterra nella quale pure furono trovati bacteri in molti fasci vascolari. BACTERI 189 E’ descritta dettagliatamente invece la malattia di Rathay della Dactylis glomerata. Questa malattia fu attribuita a bacteri e si manifesta col nanismo delle piante colpite, le quali nelle loro parti superiori (foglie, fusto e infiorescenza)si coprono di una mucilaggine gialla e piena di bacteri la quale riempie anche L ist pprrooiari e, nel fusto, gli spazi a agito Tali : | riuscì ad inocularli con successo ; l'Autore li trovò anche in ma- — teriale proveniente dalla ie e li studiò e descrisse col _ nome di Ap/anobacter Rathayi E. F. Smith: non fece espe- | rienze di inoculazione. s La malattia Grand Rapids dei pomodori fu prima osservata dii - nel Michigam nel 1909. In essa alcuni vasi specialmente vicino cal midollo, sono pieni di microrganismi brevi e non mobili, dei È È quali l'Autore descrive i caratteri culturati e coi quali ha fatto | molte inoculazioni, alcune con risultato positivo concludente col : = graduale avvizzimento della pianta infettata. Pare che l’infezione - penetri dagli stomi delle foglie e del fusto, ed infatti basta, a riprodurre la malattia, spruzzare le piante con acqua tenente in | sospensione un po’ di coltura. L’ Autore inclina a credere che DI questo microrganismo sia identico a quello della malattia delle È patate descritta da Spieckermann come assai diffusa in Germania. Si parla poi di molte malattie bacteriche dei banani: la — malattia della Giamaica; quella di Cuba, che è probabimente i - dovuta prima di tutto ad un Fusarium; quella della Trinità e | del Panama, ecc. _ —Quarantasei pagine sono dedicate al marciume nero (brown- br po delle patate. fps malattia Sera alle patate gt 190 BACTERI nus communis, Vigna sinensis, Portulaca oleracea il mieroor- ganismo vive per alcuni giorni nell’ area inoculata, ma non è causa di malattia. Furono invece assolutamente senza successo le inoculazioni nelle seguenti piante: Cucurbita foetidissima , Cucumis sativus, Capsicum annuum, Solanum muricatuni, S. carolinense, S. dulcamara, Pyrus communis, Eleusine indica , Abutylon avicennae e Palargonium zonale. Hanno dato pure risultato negativo parecchie serie di inoculazioni sul tabacco. La Datura fastuosa e la D. cornucopiae sono impedite di crescere, ma per lo più superano la malattia. Questa negli Stati Uniti è comune in quasi tutte le provincie del sud, mentre è rara in quelle del nord. Fu segnalata anche a Porto Rico ed in diversi paesi di Europa, non che a Giava, Sumatra, nell’A- frica meridionale, nell’Australia e nel Giappone. I sintomi di questa malattia sono i seguenti: le foglie di- diventano prematuramente gialle e muoiono a poco a poco o avvizziscono rapidamente ed i fusti languiscono o raggrinziscono; i fasci fibro-vascolari diventano scuri prima che si manifestino altri sintomi esterni ed i vasi sì riempiono di un grandissimo numero di bacterî che nelle sezioni escono fuori in forma di una mucilaggine bruno-grigia. Talvolta si formano delle larghe cavità nel midollo. I frutti sono attaccati raramente, tranne nei pomodori; per lo più sono attaccate le radici ed i fusti e da questi nelle patate passa alla parte interna dei tuberi penetran- doli poi tutti. Se la malattia si presenta tardi, i tuberi più distanti dal fusto la possono sfuggire. La causa è un microrganismo che fu descritto prima come Bacillus solanacearum. Però l’ Autore, avendo dimostrato che vi è di solito un solo flagello polare, propone il nome deve essere Bacterium solanacearum. È alle volte difficile ottenerlo in coltura pura ed in condizioni di virulenza, sì che le espe- rienze di inoculazione hanno dato risultati variabili: da un lato pare che l’ organismo perda la sua virulenza nelle culture, dal-. BACTERI 191 l’altro anche le piante ospiti presentano gradi diversissimi di suscettibilità. — Sono descritte molte inoculazioni a mezzo delle quali l'Autore ha dimostrato che questo organismo è causa della malattia. Questa potè essere riprodotta anche ponendo la Dort- phora decemlineata a mangiare prima dei tuberi infetti è poi dei tuberi sani i quali in 79 giorni presentarono la malattia in parecchi punti, sempre in corrispondenza alle punture dell’ in- setto. — Esperienze ed osservazioni in campagna dimostrano che la infezione si propaga alle radici quando sono in qualche modo ferite. Di solito la malattia rimane localizzata ai vasi, però molte volte le pareti di questi sì rompono o si sciolgono e gli organismi si diffondono negli spazî intercellulari dei tes- suti circostanti, nei quali possono anche formare cavità dovute alla distruzione di cellule. In questo processo viene prima sciolta la lamella mediana e poi le cellule così isolate sono schiacciate da un lato. L'organismo patogeno è un bastoncino di dimensioni medie, spesso appaiato, con estremità arrotondate. È mobile, tanto nella pianta che nelle colture, ma specialmente nelle colture giovani, a mezzo di un solo flagello polare. L'Autore ne descrive in otto pagine i caratteri morfologici e colturali. Quanto al modo di combattere la malattia, è anzitutto da raccomandarsi di non piantare più, per alcuni anni, piante su- | scettibili di venire infettate nei campi nei quali la malattia | stessa si è presentata. Siccome .poi l’ organismo è un parassita di ferite, bisogna combattere gli insetti e gli altri animali ca- paci di ferire le radici. Le piante ammalate devono essere di- strutte, per le piantagioni devono essere adoperati tuberi prove- nienti da località immuni o che si presentino perfettamente sani. Le perdite che questa malattia produce negli Stati Uniti tt SA 1 ammontano forse a centinaia di migliaia di dollari. Essa fu per la prima volta osservata negli Stati Uniti dal Prof. T. J. Bur- _rill, il quale ne fece oggetto di una breve pubblicazione nel >“ 192 BACTERI 1890, ma non la studiò oltre. Nel 1892 Halsted pubblicò un bollettino sul seccume dei pomodori dovuto a bacterî ma non riuscì a riprodurre l’ infezione mediante inoculazioni. Nel 1895 fu segnalata nel New Jersey e nello stesso anno l Autore isolò l’organismo e fece le prime inoculazioni con risultato positivo. Dopo d’ allora parecchi autori si occuparono dell’ argomento, e la malattia venne anche osservata nella Nuova Zelanda, in Australia, nelle Indie orientali, a Ceylon, nell’ Africa meridio- nale, in Russia, in Francia, in Italia, in Germania e in Inghilterra. Seguono 52 pagine dedicate allo studio dell’ avvizzimento - del tabacco che l’ Autore dubita sia dovuto allo stesso orga- nismo della malattia precedente, benchè siano molto incerte e con- tradditorie le osservazioni fatte dai diversi studiosi in proposito. Quattro pagine sono dedicate allo studio dell’ organismo di Schuster, causa del marciume fluorescente delle patate, orga- nismo conosciuto col nome di Bacterium ranthochlorum. L'Au- tore lo distingue da un organismo simile ricevuto da Berlino come causa di una malattia simile. Si fa pure mensione di una malattia dei Cheirantus stu- diata da Van Hall in Olanda, e di altra della Mathiola annua descritta da Briosi e Pavarino in Italia: sono dati i caratteri morfologici e colturali dell’ organismo isolato da questi Autori, mediante il quale si è potuto riprodurre artificialmente la malattia. Due pagine sono dedicate alla malattia del manihot de- scritta dal Gregorio Bondar nel 1912 nel Brasile, attribuita ad un bacterio vivente nei vasi della pianta, ma che è ancora og- getto di studio. i In ultimo l’ Autore aggiunge alcune note nelle quali degno di mensione è che egli è riuscito a produrre l’avvizzimento del- l’Arachis mediante colture pure di Bacterium solanacearum tolto da patate, le quali produssero avvizzimento anche del tabacco. | E. A. Bessey (East Lansing, Michigan). Pavia - Tipografia e Legatoria Cooperativa 1915 -— Pavia F1 ai) LY: Li li i RI i 4 } PL i O: DA i, Fi i LUNA ti Ù e (TAL (i i N MIDA i