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RIVISTA ITALIANA
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DL IRONTOLOGIA —
FEB 6 1999
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EG PONTOLOGIA
REDATTORI
CARLO FORNASINI | VITTORIO SIMONELLI
COLLABORATORI
Francesco Bassani — Pio BENASSI
Guipo BonareLLi — Ivanoe Bonomi — Emit Bose
Augusto Busaccu1 — Aressanpro Cocci
GroacHino De AnceLIS D' Ossat — ALserTo DeL Prato
Carto Emery — Lucio GaseLLI — ANTONIO NEVIANI
Paut OpPENHEIM — DANTE PANTANELLI
Paoto Peota — Aressanpro Portis — GAETANO ROVERETO
FepERICO Sacco — Domenico SANGIORGI
‘ALESSANDRO- Tosi — Paoto E. Vinassa DE REGNY
Volume II. Anno 1806.
vT BOLOGNA
TIPOGRAFIA GAMBERINI E PARMEGGIANI
1396
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Rassegna delle pubblicazioni italiane . . . . . . p
Pubblicazioni estere.
Del Prato .
Oppenheim .
Bonarelli .
Gabelli. . .
Fornasini .
De Angelis.
Vinassa . .
Oppenheim .
Vinassa . .
Fornasini .
Del Prato .
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Fornasini .
Oppenheim .
Sangiorgi .
Bonomi...
INDICE DEL VOLUME Ii.
— A. Recensioni
B. Annunzi .
MEMORIE E NOTE ORIGINALI
Asteroidei terziari del Parmense e del Reggiano (con fig. e tav. I). pag.
Il terziario antico nei Colli Berici, le faune di Zovencedo e di
Grancona, e la posizione del complesso di Priabona .
Sulla presenza del calloviano nell'Appennino centrale .
Sulla diagnosi delle fucoidi e delle filliti, e sulle anomalie fogliari
in rapporto colla diagnosi delle filliti (con figure). 5
A proposito della figura 11, tavola XXI, della « Paleontologia
del Regno di Napoli, parte 2* » (con figura)
Il Trigonodon Oweni E. Sism. e l’Umbrina Pecchiolii ? Law. nel
miocene di Sardegna . . pone
A proposito dei tufi glauconitici di Fovencelo SEE
Sui molluschi eocenici del Monte Postale descritti dal dott. P. E.
Vinassa de Regny È :
Il Platycarcinus Sismondai del Misa Pannonse, e il Duse
pilius macrocheilus del Museo Pisano eon tavola II)
Sull’ accrescimento anormale di un esemplare di Cristellaria, e
sulla Crist. auris Sold. sp. (con figura)
Delfinoide fossile del Parmense c
Flora fossile dell’Astigiano (con quadro e tavola n) .
Il cigno fossile nelle vicinanze-di Roma
La « Phialina oviformis » di 0. G. Costa (con feud).
A proposito dei tufi glauconitici di Zovencedo
Il tortoniano nell’ alta valle dell’ Idice (con figura e (oa IV).
Contributo alla conoscenza dell’ittiofauna miocenica di Mondaino
(con tavola V).
»
ag. 1, 57, 109, 165, 245, 293
13, 65, 116, 171, 249, 300
36, 77, 121, 1722, 258, 307
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Fornasini .
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Fornasini .
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Rovereto. .
Portes:
Fornasini .
Gabelli.
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Arcangeli
Arduini .
Baltzer
Bassani . .
Beushausen .
Butte meat.
Bonarelli.
Boulenger
Brasil.
Burrows .
Cacciamali .
Canavari. .
Capellini.
Cerulli
Chapman.
Clerici
Cocchi
INDICE DEL VOLUME Il. |
Fossili tortoniani di Castelnovo ne’ Monti. . .
Fossile problematico (con figura). . . . SION a Gn a, i
Sulla eta dei caleari marnoso-arenacei varicolori di Pietracutale
6 Bocchigiioro inwCalabriag: I IN I
La « Glandulina acuminata » e la « Gl. elongata » di 0. G. Costa
(Coma 6 5 BG a eo 6 oe)
Florule plioceniche dei Piemonte .
Bibliografia geologica del Bolognese (1648- 1896) .
Piante ed insetti fossili di Re in Val Vigezzo oo bee es
Molluschi pliocenici del Balzo del Musico (comune di Monte San
Pietro) nel Bolognese ;
Sinonimie degli anellidi più fecale citati del iain
d’Italia .
Anomalie riscontrate salt? adatte aia un ernia Fosco dei ain-
torni di Roma. ips
Sulle nodosarie con camere sacramento Si n figura):
Sulla nomenclatura di due biloculine plioceniche.
Sopra tre specie di foraminiferi descritte da Ferdinando Bassi
nel 1767
Sulle forme « flabelline » della Clistellania auris bean ‘fa
La « Glandulina deformis » di 0. G. Costa (con figura)
La « Nonionina ornata » di 0. G. Costa (con figura) .
La « Nodosaria antennula d’Orb. » di 0. G. Costa (con fein).
Alcune considerazioni sulla nota « L’ ascendance de l’érable plane »
del signor Pierre Marty o
Di un nuovo genere di apiaria fossile nell’ antes di Sicilia. Me:
liponorytes suceini. M. sicula (con 9 figure e tavola VI)
RECENSIONI
I. Autori dei quali furono recensiti i lavori.
pags 1 109° Corti pag. Co 10 Sligo
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Piante .
Foraminiferi .
Nummuliti .
Radiolari .
Spongiari .
Corallari .
Echinodermi .
Briozoi.
Vermi .
Crostacei .
Brachiopodi .
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INDICE DEL VOLUME II.
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II, Fossili dei quali si tratta nei lavori recensiti.
pag. 1, 5, 35, 75, 109, 110, 112, 171, 247, 294, 295
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Cefalopodi . . 13, 22, 29, 32, 60, 61, 62, 110, 112, 116, 246, 296, 297, 3
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III. Terreni dei quali si tratta nei lavori recensiti.
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NOTIZIARIO
Comunicazioni accademiche
Annunzi di pubblicazioni .
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29 Febbraio 1896
Fascicolo I.
RIVISTA ITALIANA
13,177 DI
PALEONTOLOGIA
REDATTORI
CARLO FORNASINI
VITTORIO SIMONELLI
SONE ERO
I. RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE.
(Arcangeli, Arduini, Bassani, Clerici,
Cocchi, De Stefani e Trabucco, Fabrini,
Foresti, Fornasini, Meli, Neviani, Pa-
rona e Rovereto, Tommasi, Trabucco,
Vinassa de Regny).
II. PUBBLICAZIONI ESTERE.
A. Recensioni.
(Beushausen e Denkmann, Deecke,
Delgado, Gorjanovic-Kramberger, Li-
ster, Loerenthey, Marsh, Martin, Mil-
ler, Nehring, Oppenheim , Schlùter,
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Schrodt, Scupin, Steinmann, Deecke e
Meo niche: Weissermel, Williamson e
Scott, Woodward).
B. Annunzi.
III. A. Del Prato. Asteroidet terziari del
Parinense e del Reggiano (con
una tavola).
IV. P. Oppenheim. J7 terziario antico nei
Colli Berici, le faune di Zoven-
cedo e di Grancona, e la posi-
zione del complesso di Priabona.
NOTIZIE vaRIE. — Comunicazioni scientifiche.
BOLOGNA
TIPOGRAFIA GAMBERINI E PARMEGGIANI
1396
La « Rivista. » si pubblica bimestralmente, in È
‘di non meno di 32 pagine in 8°. È
wee
Abbonamento annuale : cinque lire. — Un fa
sepa rato: una lira.
“INSERZIONI A PAGAMENTO NELLA COPERTINA
(riservate ad annunzi librari e ad offerte di materiali e di strumenti sit
Un quarto di pagina. SC Lire 5
Mezza: paSma ii. ni » 100
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FEB 6 1999
n di Anno II. 29 Febbraio 1896 Fascicolo I.
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RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE
ArcancELI (G.) — La collezione del cav. S. de Bosniaski e le
filliti di S. Lorenzo nel Monte Pisano. — Boll. Soc. Bot.
Ital., 1895, pag. 237-244.
La collezione si compone di crittogame vascolari e di gimno-
sperme del M. Pisano, nonchè di una bella serie di alghe proble-
matiche del macigno di Vienna appartenenti ai tipi sin qui descritti
sotto i nomi di Taonurus, Zoophycos, Glossophycos, ecc., che il
De Bosniaski riunisce nel genere Spirophyton.
Le crittogame vascolari appartengono ai quattro gruppi: filicinee
(15 generi con 49 specie), calamarie (6 gen. con 12 sp.), sfenofillacee
(2 gen. con 5 sp.) e lepidodendracee (5 gen. con Io sp.). Le gimno-
sperme sono rappresentate da una cicadea (Noeggerathia) e dalle
Cordaites (8 gen. e 13 sp.).
Fra le crittogame vascolari il De Bosniaski ha istituito due
specie nuove: Taeniopteris Zeilleri (una filicinea) e Trizygia arcan-
geliana (una sfenofillacea).
Queste filliti, raccolte nel M. Pisano al Colletto, a M. Vignale,
a M. Campanaro e a Coselli, e riferite dal De Stefani al ca:bo-
bonifero, sono invece dal De Bosniaski e dall’Arcangeli ri-
tenute, per considerazioni floristiche, quali rappresentanti di una
ricca flora permiana. L. GABELLI.
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Arpuini (V.) — Conchiglie plioceniche del bacino di Albenga.
— Atti Soc. Ligustica Sc. Nat., vol. VI, fasc. 2°, 55 pag. con
una tavola.
È un elenco di 248 specie di molluschi e 3 di brachiopodi pro-
venienti dalle argille grigie e gialle di Albenga, che l’A. riferisce
Z RIVISTA ITALIANA
decisamente al pliocene inferiore, poichè 110 di tali specie vivono
nei mari attuali. I
L’A. illustra tre forme nuove: Murex Torseroi, M. albiga-
nensis e Umbrella Sassoi. Quest ultima si avvicina all’U. mediter-
ranea Lam., ma ne differisce « perchè presenta la sommità più ri-
curva e non centrale ».
Oltre ai molluschi e ai brachiopodi, si rinvennero avanzi di
foraminiferi, di corallari e di echinidi, un dente di squalo, un osso
dell’ apparato uditivo di un cetaceo, e un cono di pino. Ei;
Bassani (F.) -— La ittiofauna della Dolomia principale di Gif-
foni (provincia di Salerno). — Palaeontographia italica,
vol. I, pag. 42, in 4°, con 7 tavole. Pisa 1895.
Giffoni Valle Piana è situata a N. E. di Salerno, da cui dista
circa venti chilometri. Il gruppo montuoso che la cinge a tramon-
tana ha per centro il monte Pettine, ed è essenzialmente costituito
da strati di calcare dolomitico, intercalati da scisti argillosi e cal-
carei, bituminiferi, neri, tra i quali affiorano qua e là sottili stra-
terelli di lignite, distribuiti senza ordine. Esso richiamò da oltre
un secolo l’attenzione degl’ industriali e degli scienziati per la
presenza del combustibile, che fu studiato da Andrea Savaresi
(1797), da Giuseppe Melograni (1802), da Matteo Tondi
(1825), dal r. Arsenale di Napoli (1854), da Oronzio Ga-
briele Costa (1857-58), da L. Ricciardi (1882) e da Vittorio
di Matteo (1892). Ma i ripetuti scavi e le analisi chimiche pro-
varono che il carbone è molto scarso e di qualità scadente.
Però le ricerche successivamente eseguite fornirono impor-
tanti risultati sotto il punto di vista scientifico, perchè misero allo |
scoperto molti pesci, fossilizzati negli scisti. Essi vennero in gran
parte esaminati da P. Egerton e da O. G. Costa: quegli pub-
blicò, nel ’43, un cenno sommario di tre esemplari, mal conser-
vati; questi se ne occupò a più riprese dal ’48 al ’66.
Tuttavia, per mancanza di serii studii comparativi, non si
stabilì mai con sicurezza l’ eta del giacimento in parola. Melo-
grani lo riferì al carbonifero, Egerton e Pilla al lias, Di
Matteo al « sistema giurese », altri al cretaceo.
I risultati ottenuti dall’ A. in seguito all’ esame della ittiofauna
— da lui pubblicati in succinto nel 1891 e nel 1892 (Boll. Soc.
geol. it., vol. X, pag. 1005; Mem. Soc. it. delle scienze, detta dei XL,
ser. 3°, tom. IX, n° 3) ed esposti particolareggiatamente nella mo-
nografia in discorso — hanno risolto la questione. Ecco I elencai
delle specie illustrate, con i relativi sinonimi:
UnpINA picena Costa sp. (= Urocomus picenus p. p. Costa; Coe-
lacanthus picenus Costa sp.).
BeLonorHyNcHus sp. (= Palaeoniscus Costa, non Bl.; Accipen-
ser? Costa, non Linn.; Giffonus deperditus Costa).
CoroBopus ornatus Ag. sp. (= Lepidotus ornatus Ag.; L. spe-
ciosus id.; L. acutirostris p. p. Costa; L. obesus id.; L. macropte-
rus id. [ms.]; L. gigas id., non Ag.; L. Triumplinorum Zigno;
L. [Colob.?| ornatus Ag. sp.; L. spinifer Bellotti; Semionotus
spinifer Beil. sp.; Sem. curtulus p. p. Costa; Urocomus picenus
peap. id:).
aa Cotozopus LATUS Ag. sp. (= Dapedius altivelis Ag, ; Semiono-
a tus latus id.; Sem. Pentland: Egert.; Sem. pustulifer id.; Sem.
È: curtulus p. p. Costa; Notagogus carinulatus id. [ms.|; Lepidotus
= acutirostris p. p. id.; L. notopterus id., non Ag.; L. parvulus
Miinst.; L. latus Ag. sp.; L. Ragazzonii Zigno; L. |Colob.?| latus
a Ag. sp.).
fi: ‘Daprepius Costar Bass. (= Fam. Coccostei Costa, non Ag.;
Omalopleurus speciosus Costa; Dap. Costai Bass.).
a. EueGnaTuus BrAcHILEPIS Bass. (= Semionotus carinulatus Costa;
Eugn. cfr. serratus Bell. et insignis Kner, in Bass.).
PHÒoLiporHorus cEPHALUs Kner (= Notagogus incertus Costa;
Semionotus curtulus? p. p. id.).
PHOLIDOPHORUS LaTIUscuLUS Ag. (= Ph. latiusculus p. p. Ag,;
Ph. fusiformis id.; Ph. Taramellii Zigno; ? Ph. Deeckei id.; Se-
mionotus curtulus p. p. Costa).
Da PHoLIpoPHorus PusILLus Ag. (= Semionotus curtulus p. p. Co-
sta; Phol. Kneri Zigno) (1).
PELTOPLEURUS HUMILIS Kner (= Semionotus curtulus p. p. Costa).
THoRACOPTERUS? sp. (= Urocomus picenus p. p. Costa; Ptery-
gopterus? sp., Bass.) (?).
(1) Molto probabilmente, come ha osservato A. Smith Woodward
nella III parte del suo Catalogue, comparsa in questi giorni Phol. pusillus
è sinonimo di Phol. latiusculus.
(2) Oltre ai pesci, si raccolsero, in parte negli scisti e in parte nel
calcare dolomitico, alcuni avanzi, mal conservati, di molluschi e di piante.
Fra i resti vegetali degli scisti 1’ A. riconobbe tre cicadacee affinissime a
Pterophyllum crassinerve Goepp. (« Lapide con impronte di fronde », in
Costa), Pier. Zinkenianum Germ. (« Lapide c. s. »., in Costa) e Podozami-
Questa piccola ittiofauna permette efficaci confronti con quelle
triasiche della Nuova Galles del Sud (Gosford), della Carinzia
(Raibl), del Tirolo (Seefeld) e della Lombardia (Lumezzane, Be-
sano, Perledo), e corrisponde esattamente a quelle di Seefeld e
di Lumezzane, che appartengono, com’ è noto, alla Dolomia prin-
cipale. Infatti, delle sei specie riscontrate negli scisti di Lumez-
zane, cinque si rinvennero anche nel giacimento salernitano (Colo-
bodus ornatus, Col. latus, Pholidophorus cephalus, Phol. latiusculus
e Phol. pusillus), e delle dieci provenienti: dagli scisti di See-
feld, sei (Col. ornatus, Col. latus, Phol. cephalus, Phol. latiuscu-
lus, Phol. pusillus e Peltopleurus humilis) viveano pure a Giffoni,
e tre (Belonorhynchus sp. [= Teleosaurus tenuistriatus Kner],
Eugnathus insignis Kner e Dapedius Bouei Agassiz) presentano
stretti rapporti con Belonorhynchus sp., Eugnathus brachilepis e
Dapedius Costae di quest’ ultima località. Per conseguenza, il de-
posito ittiolitifero di Giffoni va riferito al trias superiore e pre-
cisamente alla Hauptdolomit. È;
La grandissima importanza di queste conclusioni, annunciate
dall’ A. fin dal ’91, per la geologia dell’ Italia meridionale riesce
evidente. Prima di esse, il trias era noto soltanto nella Calabria
citeriore, mentre quasi tutti i gruppi montuosi compresi fra i golfi
di Gaeta e di Policastro si ascrivevano al cretaceo. Dopo di esse,
invece, stabilito un preciso livello paleontologico in quella po-
tente pila di dolomie e di calcari, si aperse una nuova via alle
ricerche stratigrafiche, e per opera di una schiera di geologi si
estese rapidamente la conoscenza del trias superiore nel mezzo-
giorno della nostra penisola. F. BAssanI.
tes distans Presl. (« Fronda crassa-Algacea », in Costa). Secondo Bas-
sani, appartiene con la massima probabilità al gen. Pterophyllum anche
il fossile riferito da Costa agli anellidi e descritto col nome di Hirudella
laticauda (erroneamente citato da Zittel e da Hoernes nel cretaceo di
Pietraroia, in prov. di Benevento). Degli altri frantumi di piante, alcuni,
fra i quali Iridites prisca Costa, spettano pure al gen. Pterophyllum; i
rimanenti, compreso Tetracarpon Costa, gen. nov., sono indeterminabili. —
Fra i molluschi, tutti riferiti da Costa a specie nuove, Di-Stefano, a
cui furono comunicati dall’ A. alcuni degli esemplari conservati nel Gabiuetto
geologico di Napoli, determinò Mytilus cfr. Minsteri Klipst. (il solo tro-
vato negli scisti), Ostrea aff. Montis Caprilis id., Gonodus aff. Mellingi
Hauer sp., Pecten aff. subalternans d’ Orb., Cardita cfr. crenata Goldf.; e
Bassani riscontrò Gervilleia exilis Stopp. sp. e Megalodus [Neomegala-
dus] cfr. triqueter Wulfen sp.
DI PALEONTOLOGIA O)
Crerici (E.) — Presentazione di fossili della regione fra i monti
Corniculani e Lucani, ecc. — Boll. Soc. Geol. Ital., vo-
lume XIV, pag. 315-320.
I fossili pliocenici presentati con brevi note sono i seguenti:
Melania Verrii de Stef., Nematurella etrusca de Stef., Melanopsis
nodosa Fér., flammulata e oomorpha de Stef., Neritina Marcel-
linae Cler., Typhis tetrapterus (Bronn), Venus excentrica Agassiz,
Tapes caudata d’Anc., Chama sinistrorsa Brug., Pecten Alessii Phil. -
Acicularia italica Cler.
Crerici (E.) — Sopra un nuovo giacimento diatomeifero presso
Orvieto, ecc. — Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XIV, pag. 294-206.
A 5 km. a sud-est di Orvieto s’ incontra una collina di ar-
gilla pliocenica sulla quale s’' erge una rupe di travertino tipico.
Fra questo e l’argilla si trovano straterelli di farina calcarea e
sabbia argillosa, i quali contengono diatomee in abbondanza. La
Melosira varians Ag. dà l’aspetto caratteristico alle preparazioni.
CoccHÙi (I.) — Di uno scheletro di Elephas antiquus trovato
presso Arezzo. — Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XIV, pa-
gine 276-277.
Furono scavate le due zanne intere, due bellissimi molari, le
vertebre cervicali ed altre ossa; ma il resto dello scheletro è tut-
tora sotterra, entro un’argilla arenacea con conchiglie d’acqua dolce,
sulla sponda sinistra del torrente Castro. È noto che nei depositi
quaternari dei dintorni di Arezzo furono trovati un tempo avanzi
di elefante e d’ uomo, all’Olmo, e di E. primigenius, al Ponte
della Nave. 19,
De Srerani (C.) e Trasucco (G.) — Nuovi fossili cretacei dei
dintorni di Firenze. — Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XIV,
pag. 290-291.
Si comunica il rinvenimento di numerosi esemplari di Ino-
ceramus Cripsii nella pietraforte (creta superiore) dei dintorni di
Firenze.
FABRINI (E.) — Sopra due Felis di Romagnano. — Boll. Soc. Geol.
Ital., vol. XIV, pag. 164-169, tav. VII.
Il Museo di Firenze possiede alcuni resti di Felis spelaea Gold-
fuss, provenienti dalla breccia ossifera del Serbaro presso Roma-
6 RIVISTA ITALIANA
gnano di Valpantena (Verona), i quali vengono qui descritti dal-
l’A., unitamente a una branca mandibolare destra di F. antiqua
Cuvier, della stessa località.
Questa seconda specie sembra meno diffusa della prima nel
postpliocene ed è più antica di essa. F. antiqua non è ancora ben
definita anatomicamente; ma pare che abbia stretti rapporti non
solo con F. pardus, ma anche con F. pardinensis.
Nella tavola unita sono riprodotte due branche mandibolari,
luna di F. antiqua, l’altra di F. spelaea. E
Forest: (L.) — Enumerazione dei brachiopodi e dei molluschi
pliocenici dei dintorni di Bologna. Parte III. — Boll. Soc.
Malac. Ital., vol. XIX, pag. 240-262.
L’A. dedica questa parte esclusivamente ai Dentalidae, dei quali
descrive le seguenti forme: Dentalium elephantinum L., D. Deles-
serti Chenu (= D. Philippii e D. delessertianum Monter.), D. apri-
num L., D. Linnaei n. sp. (che differisce dal precedente per le strie
longitudinali e trasversali), D. sexangulum L., D. fossile L., D. den-
talis L., var. alternans B. D. e D., var. obsoleta Dod., var. aequi-
costata n. (che differisce dal tipo per avere le cose distanzate fra
loro in modo disuguale e scendenti fino all’ apertura anteriore colla
stessa prominenza), D. vulgare Da Costa, D. entalis L., D. stria-
tissimum Dod., D. Jani M. Hoern., Pulsellum tetragonum (Brocchi),
P. tetragonum var. quinqueangularis Forb., Siphonodentalium
(Gadila) gadus (Montagu), S. (Gadilina) triquetrum (Brocchi),
S. (Loxoporus) subfusiforme Sars, S. (Cadulus) ovulum (Phil.).
Del nuovo sottogenere Gadilina lA. dà la diagnosi seguente:
« Conchiglia triquetra in tutta la sua lunghezza e non gonfia alla
parte mediana ; posteriormente attenuata e leggermente curva; liscia,
lucente coll’ apertura anteriore contratta e leggermente ovale e col-
l’apertura posteriore semplice e intera, » E.
Fornasini (C.) — Contributo alla conoscenza della microfauna
terziaria italiana. Di alcune forme plioceniche della
Textilaria candeiana e della T. concava. — Mem. Acc.
Sc. Ist. Bologna, serie 5.°, tomo VI, pag. 1-6; con una tavola.
Di queste due varietà (che vengono qui distinte coi nomi di
Textilaria fungiformis e T. heterostoma Forn.) l'A. si era già
brevemente occupato in antecedenza. Egli si trova ora in grado
di presentarne una più ampia illustrazione, giovandosi del mate-
DI PALEONTOLOGIA 7
riale raccolto dipoi nell’ argilla del Ponticello di Sàvena presso
Bologna. La 7. heterostoma è interessante principalmente per i
caratteri dell’ apertura; la 7. fungiformis lo è anche sotto Il’ a-
spetto faunistico, inquantochè, come rappresentante pliocenico della
T. candeiana d’ Orb. vivente nei mari delle Antille, serve a con-
fermare i rapporti della fauna del Ponticello col tipo atlantico
meglio che col tipo mediterraneo; rapporti che erano già stati
messi in rilievo dallo studio degli antozoi fatto dal Simonelli,
nonchè dalla presenza della Bigenerina robusta (v. questo perio-
dico, vol. I, pag. 224).
Meri (R.) — Molluschi fossili estratti recentemente dal giaci-
mento classico del Monte Mario presso Roma. — Boll.
Soc. Geol. Ital., vol. XIV, pag. 141-148.
Si tratta di circa 40 specie rare, o citate con inesatta deter-
minazione, od anche non indicate affatto per quel giacimento, nei
cataloghi finora pubblicati. Particolarmente interessanti sono la
Emmericia Pigorinii Cler. e la Vivipara fasciata (Mull.) var. py-
ramidalis Jan. Quest’ ultima forma di acqua dolce fu rinvenuta alla ,
superficie del terreno smosso di fresco, ma non fu estratta in posto
dal giacimento fossilifero. La conchiglia però era ripiena della
stessa argilla grigia con foraminiferi che costituisce il sedimento
marino. L’A. cita inoltre: Echinocyamus pusillus (Mull.), Pyrgoma
sulcatum Phil. e Lichenopora mediterranea Blainv. = Discoporella
mediterranea Busk. 108
Met (R.) — Notizie su resti di mammiferi fossili rinvenuti re-
centemente in località italiane. — Boll. Soc. Geol. Ital.,
vol. XIV, pag. 148-164.
L’A. descrive anzitutto un molare superiore di Mastodon ( Te-
tralophodon) arvernensis, delle sabbie gialle plioceniche dell’Asti-
giano; poscia: una porzione di cranio di Canis associato a 6 in-
cisivi superiori di Equus, di Chiusi (pliocene?), due molari di
Elephas (primigenius ?) della stessa località, due molari di E. an-
tiquus del travertino di Rapolano (Siena), una grossa zanna, due
molari e parecchie ossa di E. antiquus del quaternario di Prata-
lata nella Valle dell'Aniene, un frammento di branca mandibolare
di Bos primigenius delle ghiaie alluvionali di una cava che si trova
nella stessa valle, un molare di Equus trovato a 15 m. di profon-
dita a Campoinorto, due stiletti di Cervus (Strongyloceras) ela-
8 RIVISTA ITALIANA
phus raccolti in terreno alluvionale a Conca, e infine due stupende
corna dello stesso Cervus rinvenute presso Nettuno. Fi
Met (R.) — Ancora sugli esemplari di Neptunea sinistrorsa
Desh. (Fusus) pescati sulla costa d’Algeri. — Boll. Soc.
Geol. Ital., vol. XIV, pag. 302-306.
Questa nota interessa il paleontologo per il confronto degli
esemplari recenti con quelli fossili del postpliocene medio di Fi-
carazzi e colla Neptunea contraria (L.), vivente nei mari del nord
e fossile nei crag pliocenici dell’ Inghilterra e nel crag nero di
Anversa. La N. sinistrorsa è, secondo l’A., una forma localizzata
e derivata dalla N. contraria. E
Neviani (A.) — Briozoi fossili della Farnesina e Monte Mario
presso Roma. — Palaeontographia Italica, vol. I, pag. 77-
THO AVA er VL:
In questo periodico (vol. I, pag. 54) venne dato il sunto della
nota preliminare che pubblicai nel Boll. d. Soc. Rom. per gli studi
Zoologici (pag. 65-74). La memoria che ora é stata stampata nel
primo volume della Palaeontographia Italica diretta dal prof.
Canavari, contiene nelle prime tredici pagine delle notizie sto-
riche sugli studi fatti nel giacimento classico della Farnesina e
colli circostanti, un quadro generale di tutte le specie e varietà di
briozoi raccolti, e le conclusioni alle quali sono giunto merce
l'esame di queste forme; e cioè : 1.° che tanto il giacimento delle
argille sabbiose grigie, quanto quello delle sabbie gialle si debbono
ritenere contemporanee; 2.° che detti giacimenti non sono più an-
tichi del Siciliano (ad ogni modo, sempre superiori all’ Astiano);
3.° che la deposizione di quelle rocce si è fatto in una zona che
varia dalla formazione di spiaggia, a quella di un centinaio od al
massimo di centocinquanta metri di profondità; 4.° che la fauna
fossile a briozoi della Farnesina è essenzialmente mediterranea;
tolte le specie e varietà nuove, si ha la percentuale dell’ 88, 75 %
di forme che vivono appunto nel Mediterraneo.
Nella seconda parte vengono studiate 110 specie e varietà delle
quali 20 sono ritenute nuove, e sono figurate; I’ elenco di queste
leggesi nella citata recensione. Le variazioni più importanti intro-
dotte nella classificazione sono le seguenti: 1.° Ho accettato le di-
visioni fatte dal Jullien per il genere Micropora, dando però
ad esse il valore di sottogenere: (Gargantua) hippocrepis Goldf.,
DI PALEONTOLOGIA 9
M. (Calpensia) impressa Mol e var. Farnesinae n. v., M. (Manzo-
nella) exilis Mnz. -- 2.° Le specie riferite dagli autori ai generi
Salicornaria o Cellaria così poco determinati, le ho riportate a
Melicerita M. Edw. più antico e meglio determinato. — 3.° An-
che il gen. Figularia Jul. l’ho adottato, ma come sottogenere di
Cribrilina. — 4.° Le otto specie di Microporella le ho suddivise in
cinque sottogeneri: Fenestrulina Jul. (gen.), Diporula Hk. (gen.),
Heckelia Nev. n. s. g., Reussina Nev. n. s. g., Calloporina Nev.
n. s. g. — 5.° Le specie attribuite al gen. Lepralia nel senso inteso
da Hincks le ho riportate al nuovo genere Hippoporina, per to-
gliere la confusione derivante dal fatto che da Johnston in poi
Lepralia è stato riferito a forme diversissime. — 6.° Anche le
molte specie del gen. Smittia ho divise in sottogeneri, e cioè: Smit-
tia s. s., Marsillea Nev. n. s. g., Watersipora Nev. n. s. g., Phy-
lactella Hk. (gen.), Mucronella Hk. (gen.), Reussia Nev. n. s. g.,
Palmicellaria Ald. (gen.). — 7.° Al gen. Tubulipora Lk., riporto
molti dei generi che si hanno su leggere variazioni del briozoario,
e do a questi valore di sottogeneri; essi sono: Filisparsa d’ Orb.,
Stomatopora Br., Tubipora Lin., Pavotubigera d’ Orb., Diasto-
pora Lmx. A. NEVIANI.
Nevianr (A.) — Briozoi neozoici di alcune località d’ Italia.
Parte seconda. — Boll. Soc. Rom. p. gli studi Zoologici,
vol. IV, pag. 227-248.
In continuazione alla prima parte (vedi recensione nel vol. I,
a pag. 179) pubblico altri briozoi di varie località d’ Italia in quat-
tro capitoli (V-VIII), dei quali il V comprende i briozoi postplio-
cenici di Presinaci in Calabria con 33 specie Di esse è nuova la
Hippoporina integra, con figura nel testo; vi noto pure la Tubu-
cellaria Farnesinae Nev. identica alla nuova specie rinvenuta nel
postpliocene della Farnesina presso Roma. — Cap. VI. Briozoi del
calcare ad Amphistegina di Parlascio. È I’ elenco d’ una collezione
inedita del Manzoni, posseduta dal Museo di Geologia della R.
Università di Bologna; comprende 19 specie, fra le quali noto la
mia var. castrocarensis della Microporella ciliata Lin. e una var.
imperforata Manz. della Schizoporella sanguinea Norm., che era
inedita. — Cap. VII. Briozoi pliocenici del Bolognese; ho unito in
un unico elenco di 16 specie, quelle conservate ne!la Tabella Ory-
ctographica di Ferdinando Bassi (1757) posseduta dal Museo
Geologico di Bologna, ed altre specie di Monte Veglio, S. Lorenzo
10 RIVISTA ITALIANA
in Collina, Tiola e del Ponticello di Savena. — Cap. VIII. Briozoi
miocenici e pliocenici dell’ Astigiano. Sono 25 specie, fra le quali
maggiormente interessano: la Onychocella (Selenaria) miocenica
Seg., sino ad ora trovata dal solo Seguenza nel tortoniano di
Benestare; la Microporelia coscinopora Rss. tipica, per la prima
volta trovata fossile in Italia (di essa do una figura con 4 zoeci);
una nuova varietà (Paronai) della Hippoporina annulatopora Mnz.;
la Schizoporella sulcata Nev., e le due specie Eschara ampla
Rss. e tessulata Rss., anch’ esse per la prima volta trovate fossili
in Italia. — Tutto il materiale dell’ Astigiano mi venne gentilmente
coneesso in studio dal prof. Parona dell’ Università di Torino.
A. NEVIANI.
NevianI (A.) — Briozoi eocenici del calcare nummulitico di
Mosciano presso Firenze. — Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XIV,
pag. 119-127.
Il materiale che servì a questo breve lavoro fu raccolto dal
prof. G. Trabucco. Vi rinvenni 16 specie delle quali una nuova
che denominai Conescharellina eocaena così caratterizzata « Zoeci
prismatici quasi sempre esagonali, formanti un zoario irregolar-
mente conico; orificio circolare; piccole aperture vibracolifere (?)
sul solco superficiale che divide i vari zoeci ». Fra le altre specie,
l’ Idmonea carinata Rém. è alquanto dubbia; riporto a Membra-
nipora sp. e Retepora sp. alcuni frammenti specificamente indeter-
minabili. Le altre sono: Membr. Hookeri Haim., M. macrostoma
Rss., Onychocella angulosa Rss., Pavotubigera flabellata d’ Orb.,
Diastopora tenuis Rss., Defrancia stellata Rss., Heteropora ano-
malopora Goldf., H. dichotoma Goldf., H. stipitata Rss., Fungella
plicata Hag., Ceriopora megalopora Rss., C. arbusculum Rss.
A. NEVIANI,
Parona (C. F.) e Rovereto (G.) — Diaspri permiani a radiolarie
di Montenotte (Liguria occidentale). — Atti Acc. Sc. To-
rino, vol. XXXI. 17 pagine, con una tavola.
Dalla descrizione geologica della regione, ed in particolare
della zona diasprigna, risulta dimostrato che nei dintorni di Mon-
tenotte la zona stessa è accompagnata da anageniti permiane ed
affiora in mezzo all’arcaico. Per le roccie diasprigne gli Autori
espongono i risultati dell’ esame petrografico e paleontologico; ne
risulta ch’ esse contengono numerose radiolarie, in generale mal
DI PALEONTOLOGIA ll
conservate ed indeterminabili. Tuttavia le numerose lastrine esa-
minate al microscopio permisero di riconoscere 57 forme riferibili
a 38 generi, costituenti una fauna identica a quella delle rocce
simili di Cesana (alta valle di Susa) e di Baldissero (Canavese),
e che presenta specialmente dei rapporti colle faune del carbonifero
e del trias. È notevole questo contributo alla conoscenza delle faune
permiane a radiolarie, finora pressochè completamente sconosciute.
Gli Autori notano la presenza di non poche forme già conosciute
per terreni più antichi o più recenti, ciò che è nuova conferma
della persistenza di determinate forme di questo gruppo di rizopodi
attraverso lunghe epoche geologiche. Delle 57 forme, 20 all’ incirca
si prestano a confronti più o meno vicini con forme triasiche o
paleozoiche, 10 con forme del giura e della creta, 11 si ritengono
nuove (Staurostylus cribrum, Cenellipsis armata, Stylatractus
praecursor, Spongurus fusiformis, Theodiscus? (an Triactiscus ?)
cinctus, Stylodictya aranea, Hagiastrum avum, Cannobotrys stru-
mosa, Sethocapse micropora, Theosyringium Hindei, Tricolocapsa
phiala). Le altre sono specificamente o genericamente di dubbia
- determinazione.
La nota è corredata di un profilo geologico e di una tavola
in fototipia con oltre 70 figure di radiolarie. G. BONARELLI.
Tommasi (A.) — La fauna del trias inferiore nel versante me-
ridionale delle Alpi. — Palacontographia Italica, vol. I,
pag. 43-76, tav. III, IV.
Giovandosi del copioso materiale di cui « le non interrotte
escursioni dei geologi nostrali arricchivano (in questi ultimi anni)
i varii musei, massime dell'alta Italia », lA. prende ora minuta-
mente in esame la fauna del « trias inferiore » lombardo-veneto
già parzialmente conosciuta per i lavori del Meneghini (1846),
del Hauer (1851), del Benecke (1868), del Lepsius (1878),
del Mojsisovics (1852) e dello stesso dott. Tom masi (1882, 1885).
Di questa fauna nessuno ancora aveva tentato uno studio d’ insieme.
Sono descritte, e per lA più gran parte figurate, 52 forme di
molluschi (34 lamellibranchi, 11 gasteropodi e 7 cefalopodi) ed una
sola di brachiopodi (la Lingula tenuissima Schloth.). Dodici di
queste forme sono descritte dall’A. come nuove, compresevi quelle
che egli pubblicò in qualche lavoro precedente. Esse sono: Pecten
Tellinii, P. n. f., Avicula Taramellii, A. f., Posidonomya Haueri,
Gervillia gibba, G. Meneghinit, Mytilus anonymus, Anoplophora
* LI = dig ER A Ng Ue LI Aa BARA iat SES ars ot able a, n
3 A È De Dis MAE ce SI n A
’ Ne ieee
12 RIVISTA ITALIANA
Stellai, Psammoconcha Servini, Pleurotomaria Sanson, Ortho-
ceras f. La Pos. Haueri è stabilita sul'a seguente sinonimia :
1851. Posidonomya aurita Hauer, Venet. Alp., pag. 20, tav. XX, fig. 7 e 9,
1859. » (Monotis) Clarae Emm. var. ovata Schauroth, Kritisch.
Verzeichn., pag. 316, tav. II, fig. 11.
1895. » ovata Schaur. sp. Salomon, Marmolata, pag. 80, tav. IV.
fio. 42, 43.
Dall'esame complessivo di questa fauna risulta che buona parte
delle forme onde è costituita sono finora riconosciute come carat-
teristiche del trias inferiore e fra queste sono da annoverarsi le
7 forme di cefalopodi. Non mancano però le forme comuni al trias
inferiore ed al Muschelkalk. Esse anzi raggiungono il numero di 22.
L’A. pertanto giustamente osserva che, nonostante questo notevole
numero, la fauna del trias inferiore delle Alpi meridionali netta-
mente si distingue da quella del Muschelkalk, e per non poche specie
sue proprie, e per il minore sviluppo dei cefalopodi (7 nel trias inf.,
31 nel Muschelkalk), e per l'assenza degli echinodermi, e per la
mancanza quasi completa anche dei brachiopodi. L’A. crede che
questi caratteri della fauna da lui esaminata siano devoluti alle
condizioni batimetriche e alla natura argillosa del fondo marino in
cui si deposito la serie triasico-inferiore del Veneto e della Lom-
bardia. G. BONARELLI.
Trasucco (G.) — Il langhiano della provincia di Firenze. —
Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XIV, pag. 173-178; con 7 figure.
Le figure date dall’ A. rappresentano: Aturia Aturi Bast., Ba-
lantium pedemontanum May., Vaginella Calandrellit Mchtti, Sole-
nomya Doderleini May., Ostrea langhiana Trab., Palaeodictyon
Rubiconis Scar., vale a dire altrettante specie caratteristiche del
langhiano, raccolte dall’ A. negli strati marnoso-calcareo-arenacei
riferibili appunto a quel piano del miocene medio. By
Vinassa pe Recny (P. E.) — Synopsis dei molluschi terziari delle
Alpi venete. Parte 1°: Strati con Velates schmiedeliana.
I. Monte Postale. — II San Giovanni Ilarione. — Palaeon-
tographia Italica, vol. I, pag. 211-275, tav. XVI-XVII
In questa memoria, che non ha la pretesa di essere una vera
e propria illustrazione della fauna terziaria veneta, ma un semplice
elenco delle specie già conosciute, l’A., tralasciando discussioni geo-
DI PALEONTOLOGIA i3
logiche che formerauno oggetto di altro lavoro, da una nota delle
specie citate nelle varie localita, aggiungendo la descrizione e la figura
delle forme da esso credute nuove.
La fauna è molto ricca di forme, e tra queste predominano
quelle speciali al nostro bacino, tanto che può sostenersi senza al-
cun dubbio la perfetta autonomia di esso. Del M. Postale sono ci-
tate 66 forme (3 nuove), di cui 4 indeterminate e 3 dubbie. Delle
59 rimanenti, 33 sono caratteristiche di quegli strati, 23 son comuni
a San Giovanni Ilarione, e 3, non ancora trovate nel Veneto, sono
caratteristiche del calcare grossolano di Parigi. Di San Giovanni
vengono citate 254 forme (50 nuove), di cui 30 dubbie. Delle 224
rimanenti, 123 son speciali del bacino veneto (114 esclusive di San
Giovanni, e 9 comuni a Roncà); delle rimanenti, 90 si trovano nel
calcare grossolano di Parigi, 29 anche nei Pirenei, 31 a Nizza, g in
Ungheria, 6 in Croazia e Carinzia, e 6 nell’ India.
Sono aggiunti alle singole faune i prospetti colle corrispondenze
principali, i quali furono eseguiti colla massima cura, ma son certo
lungi dell’ essere perfetti. Nella sistematica, fu tenuto il metodo di
Neumayr pei lamellibranchi, e quello di Cossmann pei gaste-
ropodi. Il significato di genere fu preso un po’ più comprensiva-
mente di quello che si ammette oggi, e non furono citati i sotto-
generi. P. E. Vinassa DE REGNY.
Vinassa pe Recny (P. E.) — Prospetto della fauna del Monte
Postale e di S. Giovanni Ilarione. — Proc. Verb. Soc. Tosc.
Sc. Nat., adunanza 17 novembre 1895. Sei pagine.
Contiene gli elenchi delle due faune, delle quali è parola nel
sunto precedente.
If.
PUBBLICAZIONI ESTERE
A. — RECENSIONI.
BeusHausen (L.) e Denxmann (A.) — Ergebnisse eines Ausflugs
in den Oberharz zu Pfingsten 1894. — Zeitschr. deutsch.
geol. Ges., Band XLVI, pag. 480.
È principalmente rimarchevole la scoperta dell'orizzonte a
Clymeniae in quattro punti dell’ Harz superiore,
14 RIVISTA ITALIANA
(epee sean ne aan ee X= SS w= a> ae vam ome em «=== ese aw oe eee eee Panam oan ee SE ERRE ee eee eee ee ene aad aed eepae onstee ewe mass me ts eae = ae ee eee
DeEckE (W.) — Eocaene Kieselschwàmme als Diluvialgeschiebe
in Vorpommern und Mecklenburg. — Mitth. naturm.
Ver. Neuvorpommern u. Riigen. Jahrg. XXVI.
Corpi cilindrici, la cui superficie è coperta da serie di varico-
sità e di pustole, furono trovati erratici nella Scania meridionale.
Corpi simili furono osservati in Vorpommern (Riigen) e in Meck-
lenburg, specialmente nei dintorni di Neubrandenburg, ove sono
racchiùsi in istrati fimamente arenacei di caolino. Queste arena-
rie, come fu dimostrato da Gottsche e da Roemer, spet-
tano all’ eocene inferiore e medio. Alla superficie di tali ciottoli
enigmatici, e particolarmente sulle varicosità, si trovarono pertanto
degli aghi silicei in grande quantità, la maggior parte con quattro
raggi, e accanto ad essi, e più rari, dei piccoli elementi monasso-
nici e poliassonici. Aghi di Hexactinellidae s° incontrano affatto
isolati; ma hanno sempre l’ aspetto di corpi rotolati. Stando agli
elementi aghiformi finora osservati, queste spugne appartengono
alla Choristinae, e particolarmente alle Astrophorae: esse vengono
distinte col nome di A. baltica. La loro frequenza nell’ eocene della
regione baltica dimostra che questa aveva la sua origine in un
mare normalmente salato. Secondo tutte le apparenze, il mare eo-
cenico si estendeva verso oriente fino a Bornholm; altrimenti la
presenza delle Astrophorae nella Scania meridionale non si po-
trebbe spiegare. P. OPPENHEIM.
DeLcapo (J. F. N.) — Sur Y existence de la faune primordiale
dans le Alto Alemtejo. — Comm. da Dir. dos Trab. Geol.,
tomo III, pag. 97-103.
Si tratta della recente scoperta di avanzi di trilobiti in uno .
schisto grigio scuro, presso Villa Boim, 10 km. all’ovest di Elvas.
Questi trilobiti appartengono verosimilmente alla fauna primor-
diale, rappresentata però con caratteri totalmente diversi da quelli
che essa mostra in vari punti della Spagna, e simili invece a quelli
della fauna primordiale nord-europea e nord-americana. Sono in
tutto 7 od 8 specie, che I’ A. crede nuove e che spettano per la mag-
gior parte agli Olenidae e ai Conocephalidae. Le parti meglio con-
servate sono le glabelle, le quali appartengono probabilmente ad
uno dei tre generi Ptychoparia, Liostracus, Bathyurus. Un esem-
plare intero, ma male conservato, spetterebbe al gen. Olenus. Un
altro che si trova pressa poco nelle medesime condizioni, non
DI PALEONTOLOGIA 15
permette di determinare le sue affinita generiche. Lo stesso dicasi
dei pigidii, che l’ A. non può classificare. E:
Gorsanovié-KrampeRrGER (C.) — De piscibus fossilibus Comeni,
Mrzleci, Lesinae et M. Libanonis et appendix de piscibus
oligocaenicis ad Tiiffer, Sagor et Trifail. — Opera Aca-
demiae scientiarum et artium slavorum meridionalium, pa-
gine 68, in 4°, con 12 tavole. Zagreb 18095.
Il dottor Carlo Gorjanovic-Kramberger, professore di
geologia e paleontologia nell’ Università di Zagreb e direttore del
museo nazionale geologico e paleontologico della stessa città, ha
portato, con questa grande Memoria, un nuovo importante con-
tributo alla palittiologia cretacea e terziaria. Il lavoro è diviso in
due parti: la prima riguarda pesci del calcare cretaceo di Comen,
di Mrzlek (Istria), delle isole Lesina e Brazza (Dalmazia) e di
Hakel (Siria); la seconda (« appendice ») illustra ittioliti dei de-
positi oligocenici di Sagor, Tiiffer, Trifail e St. Georgen (Stiria).
Le specie sommano a 43. Gli esemplari studiati sono, in generale,
bellissimi, e le figure che li riproducono sono eseguite assai bene.
L’opera è scritta in lingua croata, ma vi è usata largamente
anche la lingua latina. (Come l'A. ha avvertito per lettera, alle
parole chorda dorsalis va sostituito : columna vertebralis).
Parte I. — Prscr cretacer (Musei di Zagreb, di Gorizia e di
Trieste; collez. I Novak, Brusina e Marchesetti). — Le
specie illustrate ammontano a 29, delle quali 16 sono, secondo l’A.,
nuove alla scienza. I generi nuovi sono tre: Ancylostylos (ord. Phy-
sostomi, fam.?), Lobopterus (fam. Holocentridae) e Acanthophoria
(fam. Percidae). Molti particolari interessanti sono esposti intorno
ai generi Amiopsis Kner, Coelodus Heckel, Palaeobalistum Blainv.
ed Exocoetoides Davis, al quale lA. rapporta Engraulis evolans
Agass. del Monte Bolca ed Engr. (?) tenuis Davis del Monte Li-
bano. Ecco l’elenco delle specie, distribuite secondo la provenienza
e in ordine alfabetico :
Scisti calcarei bituminosi di Mrzlek [Monte Santo], presso Go-
rizia (Località nuova. — Cenomaniano): Amiopsis prisca Kner,
Ancylostylos gibbus Kr., Aspidorhynchus Mtis Sancti id., Belono-
stomus Matteuzzi id., Clupea Gaudryi P. et H., Coelodus latus Kr.,
C. rostratus id., Opsigonus squamosus id.
Calcare dell’ isola Brazza (Località nuova. — Cretaceo): Coe-
lodus saturnus Heck., Holcodon aff. lesinensis Kr., Lepidotus sp.,
Thrissops microdon Heck.
Calcare dell’ isola Lesina (cenomaniano): Aipichthys pretio-
sus St.. Belonostomus dalmaticus Kr., Belonostomus Novaki id.,
Coelodus mesorachis Heck.
Scisti calcarei bituminosi di Comen (cenomaniano): Beryx
Stachei Kr., Clupea Gaudryi P. et H., Coelodus multipinnatus Kr.,
C. suillus Heck., C. Vetteri Kr., Elopopsis (?) sp., Lobopterus pe-
ctinatus Kr., Thrissops vexillifer Heck. sp.
Calcare di Hakel [Monte Libano] in Siria (cretaceo sup.):
Acanthophoria libanica Pict. sp. (= Pagellus libanicus Pict.), Da-
ctylopogon parvulus Kr., Eurygnatus Marchesettit id., Exocoetoi-
des minor Davis, Palaeobalistum libanicum Kr.
Calcare giallo di provenienza ignota: Coelodus ovalis Kr.
Alla descrizione di queste specie fanno seguito un quadro si-
nottico delle specie comuni ai cinque depositi suddetti, un rias-
sunto delle conclusioni ottenute, l'elenco completo dei pesci fossili
di Comen, di Lesina e di Hakel e la bibliografia relativa (1).
Parte II. — Pesci oLigocenici (Musei di Celj e di Leoben), —
Le specie sono 15, distribuite così:
Scisto marnoso aquitaniano di Tiiffer: Chaetodon Hoeferi Kr.,
Cybium sp. (cit.), Gadus? sp., Oxyrhina sp. (frammento della parte
addominale del corpo), Pagrus? sp. (cit.), Scomber aff. priscus Kr.,
Serranus stiriacus id. (*), S. validus id. (*), Zeus robustus id., Zy-
gobates aff. Studeri Agassiz (cit.).
Scisto argillo-marnoso oligocenico di Trifail: Palaeorhynchus
Riedli Kr., Thynnus planovatus id.
Scisto calcareo marnoso oligocenivo di St. Georgen: Auxiîs
stiriacus Kr.
Scisto calcareo marnoso oligocenico di Sagor: Clupea mucro-
nata Kr. F. Bassani.
(3) Nella bibliografia di Hakel non sono nominate, per dimenticanza, le
pubblicazioni di A. Smith Woodward: Catalogue of the foss. fishes in
the British Museum, part. I, 1889; On some upper cretaceous fishes of the
family of Aspidorhynchidae (Proc. zool. Soc. of London, Nov. 1890);
On the deep-bodied species of the Clupeoid. Genus Diplomystus (Ann.
and Magaz. of nat. Hist., Jan. 1895), ecc. (Rep. Brit.. Assoc., 1878; Geol.
Magaz., 1887; Proc. zool. Soc., 1888). Per ciò l'elenco delle specie di Hakel
dato da Gorjanovicé-Kramberger deve subire qualche aggiunta e qual-
che modificazione.
(2) Nella spiegazione delle figure (Tav. X) questa specie è indicata
= a quanto pare, erroneamente — come proveniente da Sagor.
nf
i es
DI PALEONTOLOGIA 17
Lister (J. J.) — Contributions to the Life-History of the Fo-
raminifera. Phil. Trans. Roy. Soc. London, vol. CLXXXVI,
pag. 401-453, tav. VI-IX. — Note sur la biologie des fo-
raminiféres; par le prof. J. J. Lister (traduite par M. Ch.
Schlumberger) — Ann. Soc. Nat., Zool.), serie 7, vol. XX,
pag. 273-280 (*),
Il fenomeno del dimorfismo iniziale nei foraminiferi viventi e
fossili è troppo interessante perchè noi possiamo esimerci dal ri-
portare, allo scopo di spiegare il fenomeno medesimo, le conclu-
sioni principali alle quali è giunto il Lister nel suo lavoro di
biologia.
1.° Le specie sono dimorfe in un gran numero di casi. Il di-
morfismo fu riscontrato in 33 generi, compresi in 4 famiglie della
‘classificazione di Brady.
2.° Le due forme differiscono tra loro: (a) per le dimensioni
della camera centrale: in molti casi tale differenza è grandissima,
ma talvolta è piccola (7runcatulina); (b) per la conformazione e
disposizione delle camere che succedono alla megalosfera; (c) per
i caratteri dei loro nuclei: in alcune specie la forma microsferica
ha molti piccoli nuclei, mentre la megalosferica ha un grande nu-
cleo unico.
3.° La forma megalosferica è molto più abbondante della -mi-
crosferica.
4.° Si è riscontrato in certi casi (in 7 generi almeno) che gio-
vani individui di forma megalosferica, già muniti di guscio, si sono
originati nelle camere terminali o periferiche del loro genitore; il
quale poteva essere tanto di forma microsferica (Orbitolites) quanto
di megalosferica (Peneroplis, Orbitolites).
5.° I foraminiferi, in certe condizioni, danno origine a sciami
di cellule attive. Questo fatto era già stato osservato nelle Gromiae
e nelle Cymboloporae. Nella forma megalosferica di una Polysto-
mella il protoplasma è stato trovato diviso in sciami di cellule uni-
formi (isospore), e si sono visti sfuggire corpuscoli simili muniti
di flagello. La produzione d’anisospore è stata riscontrata nelle
Miliolae e nelle Poly-Stomellae.
Hanno le due forme dei foraminiferi un’ origine distinta, op-
pure è l'una di esse una modificazione dell’ altra? Le ragioni se-
(1) Schlumberger cita veramente 1 Proceedings of the Royal Socie-
SUI.
[N90]
Rivista Italiana di Paleontologia. — Febbraio 1896.
guenti sembrano sfavorevoli alla seconda ipotesi. Fra i miliolidi
l’ ordinamento delle camere è molto diverso nelle due forme. L’1-
potesi di una modificazione richiederebbe quindi una ricostruzione
di tutte le camere interne. Se cosi fosse, si dovrebbero trovare pa-
recchi stadi successivi di sostituzione della megalosfera mediante
piccole camere. Ma questo fatto non è ancora stato osservato. Se
da un lato non si trova la forma megalosferica in via di tra-
sformazione microsferica, la si osserva però col suo protoplasma di-
viso in sciami di cellule (Polystomella), oppure con giovani indi-
vidui megalosferici nelle camere periferiche (Orbitolites) mentre il
protoplasma ha abbandonato completamente le camere centrali. La
forma microsferica si riscontra in individui giovani ('). I caratteri
nucleari delle due forme sono nettamente distinti nelle specie esa-
minate.
Se pertanto si può concludere con certezza che le forme mi-
crosferica e megalosferica sono distinte fino dalla loro origine,
quali saranno i rapporti esistenti fra loro ?
Allorché nel regno animale o nel vegetale s’ incontrano due
forme in una stessa specie, questa differenza deriva o da una di-
versità di sesso o da un ciclo di generazione ricorrente. Ora, nei
foraminiferi è impossibile ammettere che le due forme dipendano
dal sesso, poiché s’ è visto che nell’ Orbitolites complanata le forme
megalosferica e microsferica producono dei giovani « a disco pri-
mitivo » nelle loro grandi camere periferiche. Non si può quindi
riguardare l'una delle forme come il maschio. Rimarrebbe dunque
l'ipotesi che le due forme siano conseguenza di una generazione
ricorrente. In questo caso è necessario ammettere che la forma
megalosferica possa ripetersi durante una o più generazioni prima
che si produca la microsferica: si cita infatti l'esempio dell’ O.
complanata e della sua forma megalosferica contenente dei giovani
megalosferici nelle camere terminali. L'esame delle Polystomellae
non ha dato alcuna prova di una simile ripetizione.
L’ipotesi che lo sviluppo vitale dei foraminiferi comprenda
più d’ una maniera di generazione è in armonia col fatto che le.
trasformazioni nucleari osservate nelle due forme di Polystomella
somigliano molto a quelle che Brandt ha recentemente descritte
per il gen. Thallasicola fra i radiolari. E noto che in questo gruppo
(1) Schlumberger però a questo punto fa notaré, che nelle migliaia
di sezioni fatte non gli è mai capitato di vedere piccoli individui di forma
microsferica.
:
>
È
È,
2
3
>
DI PALEONTOLOGIA 19
‘gli individui di una medesima specie si distinguono in due sezioni:
quelli che producono isospore e quelli che danno origine ad ani-
sospore. Si considera questo fatto come una generazione sessuale
alternante con una asessuale.
La divisione simultanea dei nuclei per cariocinesi, immediata-
mente prima della formazione degli elementi riproduttori, che è
stata osservata nella forma megalosferica di Polystomella, è un fe-
nomeno frequentissimo. Una divisione simile ha luogo in vari ge-
neri di Mycetoza subito prima della formazione delle spore, e
sembra probabile che questo fenomeno sia analogo a quello della
divisione del micronueleo che precede la coniugazione degli infu-
sori, ¢ della divisione dei nuclei che si osserva al momento della
maturità degli elementi riproduttori nelle forme superiori degli
animali e delle piante.
Le ricerche di Lister, che Schlumberger ha creduto tanto
importanti da procurarne la diffusione, si sono rivolte particolar-
mente alla Polystomella crispa. Anche Schaudinn ha studiato i
due modi di generazione in questa stessa specie, ed ha potuto anzi
osservare stadi più giovani ('). E Rhumbler, trattando recente-
mente dei risultati ottenuti dai due naturalisti (*), fa notare che esi-
ste un accordo fra Lister e Schaudinn in questo: che le forme
megalosferiche posseggono un grande nucleo, al cui posto si for-
mano più tardi nuclei più piccoli, originati per cariocinesi e desti-
nati alle cellule degli sciami. La formazione del nucleo principale
sarebbe però sfuggita a Lister, ovvero questi avrebbe interpretato
diversamente gli stadi relativi, ES
LorrentTHEY (E.) — Einige Bemerkungen zur Lithiotis-Frage.
— Mitth. aus dem ungar. Nationalmuseum, vol. XVIII,
pag. 143 e seg.
Il compianto prof. M. von Hantken trovò nel calcare cre-
taceo di Ajka in Bakony avanzi mal conservati di conchiglie, che
dapprima egli riferì alle rudiste, ma più tardi, come risulta da un
manoscritto suo, riconobbe essere di Lithiotis, non omettendo di
far osservare la somiglianza di queste colle ostriche. L’ A. pertanto
(1) F. Schaudinn. Ueber den Dimorphismus der Foraminiferen. Sit-
zungsb. Ges. Naturf. Freunde, Berlin, Jahrg. 1895, n. 5, pag. 87-97.
(2?) L. Rhumbler. Neuere Untersuchungen tiber den Dimorphismus
der Foraminiferen. Zoolog. Centralblatt, Jahrg. 2, n. 15.
animato da pietoso sentimento, fa notare che von Hantken fu
il primo, dopo Massalongo, a riconoscere I’ affinita fra Lithiotis
e Ostrea. Se l'A. però in fae a questa scoperta ed a ricerche
proprie é giunto al risultato, che nel calcare problematico, sotto-
stante alle marne carboniose di Ajka, non siano racchiuse delle
rudiste, io debbo contestare questa conclusione in seguito alle os-
servazioni mie.Io stesso dichiaro esplicitamente di avere trovato ru-
diste tipiche in questo complesso di calcari, e precisamente lungo
il corso d’acqua che si trova dietro il fabbricato della locanda di
Csingerthal nella direzione di Urkùt (*). Anche Tausch cita delle
radioliti nel complesso medesimo. P. OPPENHEIM.
®
LorrEenTHEY (E.) — Neuere Daten zur Kenntnis der oberpon-
tischen Fauna von Sgegzar Természetragzi Fuzetek.
— Mitth. aus dem ungar. Nationalmuseum, vol. XVIII,
pag. 316 e seg.
Di questa ricca fauna scoperta dall’ A. viene descritta, accanto
a parecchie specie conosciute, una forma nuova del genere Baglivia
Brusina. Tate genere è vicino a Liobaikalia v. Martin, del lago
Baikal, ma differisce dal tipo vivente per gli anfratti embrionali
che non sono angolosi e prominenti come in questo. La specie,
Baglivia spirata, possiede una conchiglia ravvolta a guisa di un
cava-turaccioli, nella quale i giri sono ornati di spine nel loro an-
golo. posteriore. Essa rappresenta certamente una forma ben di-
stinta e molto caratteristica del piano pontico, e bisogna quindi
essere riconoscenti all’ A. per averla ampiamente descritta e be-
nissimo figurata. P. OPPENHEIM.
LorrenTHEY (E.) — Ueber die geologischen Verhaltnisse der
Lignitbildung des Széklerlandes. — Mediz.-naturwiss.
Mitth. Budapest. 1895.
Gli strati neocenici dello Széklerland, che da Neumayr e
da Herbich, nel loro lavoro sulla fauna di Vargyar e Arapatak,
erano stati considerati come pontici inferiori ossia sarmatici, sono
(1) L. Tausch — Ueber die nicht-marine Fauna der Gosaumergel von
Ajka ecc. Abhandl. k. k. geol. Reichsanst., vol. XII, 1886.
P. Oppenheim — Ueber einige Brackwasser-und Binnenmollusken
aus der Kreide und dem Eocaen Ungarns. Zeitschr. deutsch. geol. Ges.
1892, pag. 697 e seg.
NOTO ‘da AL:
DI PALEONTOLOGIA 21
giudicati dall’ A. (che da anni si occupa con successo della età dei
sedimenti pontici e levantini) come appartenenti al piano levantino
inferiore. Mancano, cioè, a questi depositi le congerie e i limno-
cardii caratteristici del piano pontico, e in luogo di essi si trovano
le dreissensie e i cardii chiusi, insieme a numerose vivipare, idro-
bie e melanopsidi. Anche Unio maximus Fuchs attesta un’ eta
levantina. Accanto a numerose specie di molluschi, che I’ A. cita
come provenienti dai tre diversi orizzonti e spettanti ai generi
Limnaeus, Planorbis, Valvata, Sandria e Neritodonta, furono rin-
venuti avanzi di Mastodon arvernensis, Cervus capreolus, Equus
primigenius, P. OppENHEIM.
MarsH (0. C.) — The Reptilia of the Baptanodon Beds. — The
American Journal of Science. New Haven (Connecticut)
1895, Pag. 405.
I « Baptanodon Beds » nelle Wyorming, Utah e Rocky Moun-
tains riposano discordantemente sopra arenarie rosse triasiche e
immediatamente sotto gli strati con Atlantosaurus. Oltre il Diplo-
saurus nanus, piccolo coccodrillo, vi si sono trovati gli ittiosauri
sdentati, che Marsh chiama Baptanodon,e dei quali egli figura e
descrive qui brevemente il membro posteriore sinistro e resti di
vertebre cervicali. Negli stessi strati si trova anche il Pantosaurus
striatus Marsh, plesiosauro con vertebre fortemente scanalate (stron-
gly grooved) le quali assomigliano più che mai a quelle del Ple-
siosaurus plicatus Phill. P. OpPPENHEM.
MarsH (0. C.) — Restoration of some European Dinosauria.
Ibidem, pag. 407 (tav V-VIII).
Questo breve sunto di una comunicazione preventiva fatta alla
British Association for the Advancement of Science, merita men-
“zione speciale per le mirabili ricostruzioni di Compsognathus, Sce-
lidotherium, Hypsilophodon e Ignanodon su eleganti tavole che
accompagnano I’ estratto. P. OpPENHEM.
Martin (K.) — Die Fossilien von Java auf Grund einer Samm-
lung von R. D. M. Verbeeck bearbeitet. Heft 2-5: Mol-
lusken. — Sammlungen des geol. Reichsmus. in Leiden.
Neue Folge, vol. I.
L’ A., le cui profonde e vaste ricerche hanno già preparato il
terreno per la suddivisione e la determinazione cronologica del
terziario di Giava, presenta in un grosso volume la descrizione
particolareggiata e le figure di una parte dei gasteropodi. Non
vengono istituiti nuovi generi, né si discutono i rapporti generali
di questi depositi miocenici, ma viene presentata una serie di ac-
curatissime descrizioni di specie che qui non è il caso di riportare.
I generi, dei quali si tratta nel volume del Martin, sono:
Bulla, Terebra, Conus, Pleurotoma, Oliva, Ancillaria, Harpa,
Marginella, Voluta, Mitra, Turricula, Fusus, Latirus, Pyrula,
Tritonidea, Dipsaccus, Nassa, Columbella, Murex.
È rimarchevole il numero grande di specie recenti rappresen-
tate nel terziario di Giava: la loro fine ornamentazione tanto
preziosa per il paleontologo, mentre dal conchiliologo viene gene-
ralmente trascurata a vantaggio della colorazione, è studiata dal-
P A. nel modo il più completo.
Questo eccellente lavoro sarà certo di grande utilità nella de-
terminazione delle conchiglie viventi e post-terziarie dell’ Oceano
Indiano: ma dovrà avere anche una grande influenza sopra una
revisione della fauna terziaria delle Indie orientali. P. OppENHEM.
Mtitter (G.) — Belemnites Grasi aus den Aptmergeln von
Timmern bei Hedeper. — Zeitschr. deutsch. geol. Ges.,
Band XLVI, pag. 491.
La presenza di questa forma, specificamente sud-europea, nelle
marne di Gargas nel nord della Germania dimostra, che le pro-
vincie mediterranea e boreale della creta inferiore non sono poi
tanto distinte fra loro sotto l’ aspetto faunistico, quanto Uhlig
credette un tempo di dovere ammettere. P. OpPENHEMM.
Neurinc (A.) — Fossiler Schadeltheil einer Saigaantilope aus
Westpreussen. — Naturvissenschaftliche Wochenschrift,
vol. X, pag. 508.
Questo avanzo, un vero corno con le parti prossime del cra-
nio, è stato dissepolto nella località Gruppe poco lungi da Grau-
denz e riconosciuto dall’ A. come appartenente alla antilope saiga.
L'esistenza in Germania di questo animale caratteristico delle
steppe è accertata per la prima volta, dopochè in Francia, nel
Belgio e nell’ Inghilterra meridionale, questa specie è stata ricono-
sciuta già da tempo come parte integrante della fauna diluviale.
Non c’è bisogno di dimostrare quanto sia utile la presenza del-
l’antilope saiga nell’ Europa centrale per sostenere la teoria dell’ A.
sulle steppe. P. OpPENHEM.
DI PALEONTOLOGIA 23
NeHRING (A.) — Ein Pithecanthropus-ahnlicher Menschenscha-
del aus den Sambaquis von Santos in Brasilien. — Na-
turwiss. Wochenschrift, vol. X, pag. 549 e seg.; con figure.
Discutendo sul cranio del Pithecanthropus, Virchow aveva dato
speciale importanza al distacco evidente della parte orbitale dalla
parte cerebrale e all’ apparenza di binoccolo della prima, e vi aveva
riconosciuto un tratto che è caratteristico delle scimmie e non s’ è
mai osservato nell’ uomo (Nation, 13 Jahrgang 1895, pag. 53-55).
Inoltre, nella seduta straordinaria della Società Antropologica te-
desca indetta per la trattazione della questione del Pithecanthropus,
egli aveva attirato l’ attenzione sul forte strozzamento della porzione
occipitale della vòlta cranica, ch’ è stato finora osservato solo nelle
scimmie. Il cranio brasiliano ora descritto dall'A. toglie peso, circa
quei due caratteri, alle considerazioni di Virchow.
Codesto cranio ben conservato proviene dai grandiosi accu-
muli di avanzi di molluschi commestibili, che corrispondono ai
Kjbkenmoeddings delle coste danesi, e sono da considerarsi come i
depositi di rifiuto dell’ economia domestica degli uomini primitivi.
In questi accumuli, accanto a utensili di pietra umani molto rozzi,
negli strati più profondi si rinvenne il cranio in parola, insieme ad
‘altri resti di uno scheletro umano. La massa che circondava il cra-
nio era costituita di conchiglie e frammenti cementati; essa in
certi punti era tanto dura che fu necessario farla saltare con
la polvere. Il cranio sambaquiano mostra, come s'è detto, una
grande simiglianza con quello del Pithecanthropus. Essenzialmente
diversa è solo l’ altezza della porzione posteriore del cranio, rispetto
alla quale la parte corrispondente nel Pithecanthropus apparisce
molto più piana; ciò che indica nell'uomo brasiliano uno sviluppo
cerebrale molto maggiore. È da rilevare il forte prognatismo della
porzione facciale. La conformazione a muso di quest’ ultima è an-
cora aumentata dallo sviluppo di sette incisivi (in luogo di quat-
tro) per ciascuna mascella, dei quali due sono cresciuti dalla su-
perficie palatina dietro alla serie dentaria. I femori ritrovati insie-
me col cranio sono nelloro tratto mediano un poco curvati in
avanti come nel Pithecanthropus; essi mostrano delle inserzioni
muscolari molto forti e nettamente delimitate. Quanto alle eso-
stosi ramose che, il femore del Pithecanthropus mostra nella sua parte
anteriore in grado così rilevante, e le quali Virchow considera
come favorevoli all’opinione che quest osso abbia appartenuto ad
un uomo, l’A. non vuole attribuire loro importanza di carattere
24 RIVISTA ITALIANA
diagnostico, come del resto s’ era manifestato Dubois nella se-
duta sopramenzionata della Società Antropologica tedesca. Guarigioni
di affezioni ossee si verificano abbastanza frequentemente in natura,
el’ A.sitrova nella fortunata condizione di potere presentare una
intera serie di esempi nella sua propria collezione (volpi, scimmie).
Del resto, le conclusioni dall’ A., accompagnate da tre incisioni
molto istruttive, costituiscono un forte aiuto per la teoria di Du-
bois, ed è lecito star a vedere che cosa potranno opporre gli
avversari del Pithecanthropus. P. OPPENHEIM.
NeHRING (A.) — Ueber einen diluvialen Kinderzahn von Pred-
most in Maehren, unter Bezugnahme auf den schon friiher
beschriebenen Kinderzahn aus dem Diluvium von Taubach
bei Weimar. — Verh. Berl. anthrop. Ges., 1895, pag. 426 e seg.
Il molare di latte della mandibola sinistra di un bambino, tro-
vato a Predmost e comunicato all’A. dallo scopritore di questa fauna
diluviale, il prof. K. Maska di Teltsch, non possiede alcun carattere
pitecoide, e corrisponde perfettamente in grandezza e forma col dente
analogo di selvaggi attuali. Vengono confrontati i denti analoghi di
indiani di Goajiro e di Bolivia, e di negri di Maluba. Il dente di
Taubach, geologicamente più antico e proveniente dalla fauna con
Elephas antiquus (cioè del diluviale medio), mentre quello di Pred-
most spetta al diluviale superiore con E. primigenius, possiede al
contrario, come già altrove fu notato dall’A., molti caratteri pitecoidi.
P. OppENHEIM. -
OppenHEMM (P.) — Neue Binnenschnecken aus dem Vicentiner
Eocaen. — Zeitschr. deutsch. geol. Ges., anno 1895, pag.
57-193, tav. III e IV.
È una estesa monografia delle conchiglie terrestri, d’ acqua
dolce e salmastra del complesso di’ Roncà nel Vicentino. Le spe-
cie già descritte dall’ A. nelle Memorie dell’ Accademia di Vienna,
nel 1890, vengono qui considerate di nuovo con metodo critico, e
viene ad esse aggiunta una serie di forme nuove. La memoria co-
mincia con una esatta descrizione stratigrafica delle località (Roncà,
S. Marcello, Fochesatti, Pugnello, Altissimo, ecc.). Questi strati formano
due orizzonti al disopra e al disotto del calcare di Roncà e suoi equiva-
lenti: la diversità paleontologica fra questi due piani è abbastanza
piccola e limitata essenzialmente alla ricomparsa della Helix dam-
nata Brong. nella sezione superiore. Le formazioni d’acqua dolce
e terrestri nel Vicentino occupano un’area considerevole e non
DI PALEONTOLOGIA LO
veagono ad invadere gli strati marini, come pensava Munier.
Tanto per la loro forma, quanto per la presenza di numerosi ciot-
toli eterogenei di gneiss, schisti micacei, sienite, porfido ecc. nei
tuti dei Fochesatti e di Sauiri, si conclude all’ esistenza di una
estesa area di terraferma montuosa alla fine del piano di Ron-
cà, mentre la diversità fra le due flore di Bolca e di Novale ricon-
duce parimente alle mutazioni climatiche conseguenti al solleva-
mento di queste montagne. Infine, è resa probabile in tutta la re-
gione, anche per lo sviluppo decisamente trasgressivo del piano di
Priabona tanto negli Euganei quanto nei dintorni di Bassano, l’ e-
sistenza di un periodo continentale. Segue un esame critico del
lavoro di De Gregorio sullo stesso argomento, nonchè una iden-
tificazione delle specie descritte dai due autori.
Nella parte speciale precede una revisione dettagliata del sot-
togenere Dentellocaracolus, che viene riguardato come intermedio
fra i due gruppi di elicidi Dentellaria e Caracolus delle Indie oc-
cidentali. La Helix Proserpina Oppenh. viene riconosciuta come
forma giovine della H. damnata Brong.; H. nummulitica ed H.
vicentina v. Schaur. son descritte nuovamente (la prima anzi figu-
‘rata nel testo) in base agli esemplari originali. Vengono poi illu-
strate come nuove: Stenogyra Orci, Clausilia Meneguzzoi, lapillo-
rum, cinerum, satyrus, Mazzinorum, Caelostele eocaena, Acme
eocaena, Aperostoma bolcense e Mazzinorum, Pugnellia (nuovo ge-
nere, affine ai Diplommatinidae indo-australiani) streptaxis, Di-
plommatina (Styx: nuovo sottogen.) supraelegans de Greg., Maz-
Zinia (nuovo gen. di Cyclophoridae) lirata, Planorbis vicentinus.
Pl. muzzolonicus, Melania Bittneri, Neritina bericensis e N. ron-
cana. La presenza di un Planorbis, il quale con molta probabilità
è da ritenersi per il P/. pseudammonius v. Schloth., nelle marne
lignitifere di Colle Battaggia presso Bolca, rende anche molto pro-
babile il riferimento dell’ intero complesso al calcare grossolano,
vale a dire all’ eocene medio.
Nella parte generale, che è molto estesa, s’ indica dapprima
come la fauna sia distribuita nelle singole località, e si mette in
evidenza I’ intima correlazione di queste. Si accenna poscia a quanto
siano scarsi i rapporti delle forme in discorso con altre faune ter-
restri ecc, studiate fin qui: le conchiglie terrestri ecc. dell’ eocene
settentrionale, particolarmente del bacino di Parigi, posseggono un
aspetto affatto diverso. Fra queste predominano robuste Physae,
molteplici Auriculidae, Helicinae, Palaeostoae e Melaniae simili a
Pyrguliferae, e inoltre: Succinea, Vitrina, Cylindrella, Glandina,
26 RIVISTA ITALIANA
Azeka, Ancylus, Truncatella. Il Vicentino invece possiede Dentel-
locaracolus, Aperostoma, Cyclotopsis, Cardiostoma, Pugnellia, Cras-
pedotropis, Cyathopoma, Diplommatina, e sopratutto Clansilia, e
questa ancora sotto una meravigliosa moltiplicita di gruppi e di
specie. Clausilia e Pomatias sono antichi abitatori della regione
mediterranea, ove dominano anche oggidi: Clausilia costituisce in
Italia fin dall’ eocene un membro caratteristico della fauna mala-
cologica. Solamente, non esistevano allora dei precursori delle at-
tuali Albinariae, Agathyllae, Medorae ecc., ma bensì Phaedusae,
Oospirae e Serrulinae, vale a dire elementi asiatici. Le Clausiliae
abitano le rocce e popolano di preferenza distretti montuosi. La
loro frequenza nell’eocene vicentino parla quindi in favore della
teoria continentale dell’ A. Fra le altre specie si trovano molte
conchiglie terrestri che si sogliono incontrare nei boschi umidi; e
anche queste stanno in appoggio dell’ origine terrestre dei sedi-
menti che le racchiudono, per opera di nubifragi e d’ inondazioni.
Dopo aver fatta la storia geologica di tutti i generi che s’ in-
contrano nelle formazioni terrestri ecc. del Vicentino, I’ A. passa a
trattare, coll’aiuto di una tabella annessa a tale scopo, la questione
geografica, la quale pone in luce come questa fauna sia composta di -
forme che nell’attualità sono sparse sopra l’intera superficie del globo.
Vien toccata! la questione dell’ origine polifiletica, e ritenuta come
spiegazione non infondata. La presenza nel complesso dell’ Europa
meridionale, di forme oggi localizzate in parte all’ India e all’ Au-
stralia, in parte alla Sudamerica o alla regione mediterranea, sta ad
indicare l’ esistenza di una estesa connessione fra le terre durante il
periodo eocenico. Non regge in questo caso I ipotesi di Darwin
e Wallace di un trasporto passivo operato mediante montagne
di ghiaccio o da uccelli emigranti. La teoria dell’Atlantide viene qui
trattata, e poscia si fa cenno dell’ ipotesi di Haacke sull’ origine
di nuove faune vitali al polo nord: le quali, come anche per gli
elementi marini si hanno numerosi esempi, avrebbero spinti poco
a poco gli elementi più antichi verso I’ emisfero sud, ove anche
attualmente troviamo fra le viventi una quantità sproporzionata di
forme fossili. Chiude il lavoro una critica del « Versuch einer
erdgeschichtlichen Entwicklung der jetzigen Verbreitungsverhaltnisse
unserer Thierwelt (Hamburg 1891) » di Pfeffer, dissentendosi dalla
teoria emessa da questo naturalista intorno ad una fauna univer-
sale che si estendeva uniformemente sopra tutta la terra in epoche
anteriori. P. OpPENHEM (').
(1) Versione dal MS tedesco, di C. Fornasini.
DI PALEONTOLOGIA Pall
OpPENHEIM (P.) —- Beitrage zur Binnenfauna der provencali-
schen Kreide. — Palaeontographica, vol. XLII, pag. 309-
378, tav. XVI-XIX. Canel 1895.
L’A. dà un’ampia descrizione della ricca fauna terrestre, d’acqua
dolce e salmastra, che si trova negli strati di Fuveau e Rognac
nei dintorni di Marsiglia e nel bacino del Rodano. Precede un
completo sunto storico, il quale dimostra come finalmente, me-
diante i lavori stratigrafici di Matheron, Coquand, Leyme-
rie, Collot, ed altri eminenti geologi della Francia meridionale,
si sia giunti a vedere in questi depositi, riferiti al terziario medio
da Elie de Beaumont e Dufrénoy, gli equivalenti del seno-
niano marino. Nella parte speciale, vengono descritti e figurati:
Cyclophorus heliciformis Math. (= C. Luneli Math.), C. solarium
Math.; Cyclotus primaevus Sandb., C. Heberti Roule. Viene isti-
tuito il genere Rognacia, della famiglia dei Cyclophoridae, per una
conchiglia vicina a Hybocystis e Coptochilus, ma che ne differisce
per la mancanza del canale posteriore e della depressione dell’ ul-
timo giro presso l’ apertura. Viene illustrata la R. abbreviata Math.,
forma già descritta nel 1832, ma poi dimenticata. Nel genere Bau-
xia Caziot (secondo l’ A., affine al Dissostoma mumia dell’ eo-
cene parigino, e quindi spettante alla famiglia dei Cyclostomidae)
vengono riunite sotto il nome di B. bulimoides Math. le diverse
forme distinte da Caziot e Sandberger come Leptopoma Bay-
lei, L. fuscostriatum, Bauxia viviparaeformis, B. Boulayi ecc.
Trattasi poscia della Paludina novemcostata, beaumontiana, e
bosquiana Math., della P. Dieulafaiti, e della P. deshayesiana
Math., la quale come tendono a dimostrare le figure date dall’ A.,
è vicinissima alla recente P. bulimoides Olivier, e appartiene insieme
a questa al gruppo delle Cleopatrae Troschel, limitato oggidì al-
l'Africa settentrionale. Fra i Melaniadae e i Pyrguliferae, V A.
descrive come nuova la Melania pennensis delle marne con. fauna
di Rognac, di Les Pennes presso Marsiglia. Fra le Neritinae, è
nuova la N. Matheroni, appartenente a una sezione Neritoplica
istituita dall’ A. in un lavoro antecedente per le forme che posseg-
gono una vera piega columellare nella bocca. Descritte poscia le
diverse specie di Limnaeus e Physa, Y A. passa agli Helicidae, e si
trova nella fortunata condizione di poter descrivere due Clausiliae,
di questi strati cretacei, affini alle Albinariae attuali di Sicilia, delle
isole dell’ Egeo, di Creta ecc., e alcune specie di Palaeostoa, ge-
nere intermedio fra le Megaspirae e la Clausiliae, e che differisce
28 RIVISTA ITALIANA
dalle prime per la presenza di una quantita di pieghe palatali che
corrispondono alla stessa parte nelle Clausiliae. Il gen. Palaeostoa è
stato fondato da Andreae per una conchiglia dell’ eocene medio
di Buxweiler in Alsazia, trovata dipoi anche nell’ oligocene dell’ i-
sola di Wight. L’ A. dimostra che anche le Megaspiridae del ba-
cino di Parigi spettano al gen. Palaeostoa che quindi è ben carat-
teristico della creta superiore e del terziario antico. Nel gen. Ly-
chnus, istituito da Matheron per gli Helicidae in cui l'apice è
avvolto dall’ ultimo anfratto, l’ A distingue solo due specie invece
della grande quantità di nomi proposti da Munier-Chalmas,
Roule e Matheron: il L. Matheroni Req., con carena, e il L.
ellipticus Math.. senza carena. Quanto alle bivalvi fluviatili della
famiglia dei Najadidae, l’ A. non ha potuto convincersi che si tro-
vino fra esse delle forme senza denti cardinali: la Spatha gallo-
provincialis di Sandberger, che per questo autore sarebbe una
forma di tipo principalmente africano, è una Margaritana con veri
denti.
Da questo esame dettagliato della fauna terrestre ecc. di Fu-
veau e Rognac I’ A. deduce:
1.° che questi strati appartengono, anche per il carattere pa-
leontologico, alla creta, e sono molto vicini alla formazione della
Gosau, ad Ajka, e specialmente al senoniano sub-ercinico studiato
dal Frech nei dintorni di Quedlinburg;
2.° Che la fauna cretacea coi generi Pyrgulifera, Campylosty-
lus, Hadraxon ecc., ha coll’ eocene inferiore molti rapporti, che
son dati dalle Physae, Palaeostoae, Clausiliae e Rillyae ;
3.° che le forme più prossime a questa fauna si trovano oggidi
per la maggior parte nell’ Asia meridionale e nell’ arcipelago paci-
fico (le specie di Cyclophorus e Cyclotus riccamente ornate, quelle
di Hybocystis e di Coptochilus, le Paludinae con linee spirali, ecc.).
mentre altre, come le Tudorae, si trovano nelle Indie occidentali,
e le Cleopatrae, nell’ Africa settentrionale; cosicchè il clima di
Provenza deve essere stato più caldo durante il senoniano che non
attualmente, ma sempre temperato in modo da permettere la vita
alle Clausiliae affini alle Albinariae siciliane;
4.° che quantunque esistano stretti rapporti fra le forme seno-
niane e le viventi, si nota tuttavia un carattere strano e singolare
in questa fauna, proveniente dal fatto che molte delle forme si
presentano contorte, cogli ultimi anfratti rivolti all'insù e av-
volgenti la spira, come in Lychnus, Anastomopsis, Anadromus, Ni-
colasia, ecc.: carattere questo, che, secondo |’ A., deve dipendere
DI PALEONTOLOGIA 29
da adattamento a certe condizioni ignote di esistenza, qualche cosa
di analogo essendo stato osservato da von Moellendorf nella
fauna recente dell’ isola Cebù;
5.° che confrontando la fauna dei livelli sovrapposti di Fuveau
e Rognac, si trova che in questa potente serie di strati essa. ha
cambiato poco e lentamente, osservandosi molte forme comuni ai
due livelli e pochissime caratteristiche di ciascuno. Fra queste
ultime, si notano per il fuveauliano: Paludina novemcostata, Ana-
dromus proboscideus, Cyrena cuneata, C. gardanensis, ecc.; e pér
il rognaciano: Lychnus, Tournouerellia, Clausilia patula ecc. In
seguito a ulteriori ricerche, il numero delle forme caratteristiche
finirà probabilmente per diminuire ancora. P. OppENHEIM.
ScHLiTER (C.) —- Ueber den ersten Belemniten im jiingsten
Plaener mit Inoceramus Cuvieri. — Zeitschr. deutsch.
geol. Ges., Band XLVi, pag. 281.
L'A. descrive il primo belemnite del Plaener recente di Pader-
born. Lo confronta col B. plenus Blainv, col B. strehlenensis Fr.
Schloenb., col B. westphalicus Schliit., e trova che il frammento in
ésame è diverso specificamente da essi, cosicchè essi si dovrà distin-
guere per l'avvenire col nome di B. paderbornensis. Infine lA.
sostiene, contro l'opinione di Stolley, che l Inoceramus Cuvieri
Sow. non passa nella creta a belemnitelle, ma è limitato al Plae-
ner e al turoniano. P. OPPENHEIM.
Scuropt (F.) -- Beitrag zur Neogenfauna Spaniens. — Zeitschr.
deutsch. geol. Ges., Band XLVI, pag. 483.
Del pliocene di Spagna, tanto della valle del Guadalquivir
(ove presso Carmona fu osservata una evidente discordanza del
pliocene sul miocene), quanto dei dintorni di Barcelona, vengono
date lunghe liste di fossili, fra cui principalmente si notano nu-
merosi foraminiferi. La maggior parte dei sedimenti è riguardata
come avanzo di un mare poco profondo ma caldo, mentre le
marne di Gracia presso Barcelona sembrano essere state depositate
in acque più profonde. P. OppENHEIM.
Scupin (H.) — Ueber die Histologie der Ganoidschuppen. —
Inaug. Diss. Berlin 1895, 65 pagine.
L’ A. ha esaminato sezioni microscopiche delle squame di
molte specie di Ganoidi viventi e fossili ed ha riassunto in forma
di tabella i risultati risguardanti la struttura di quelle squame. Da
essi si possono ricavare buoni caratteri sul riconoscimento delle
famiglie e delle loro affinità reciproche.
I Crossopterigit sono caratterizzati dalla presenza di uno o più
strati con canali di Havers, alcuni dei quali emettono per lo più.
quei tubolini finissimi comparabili ai tubolini della dentina e
che Williamson ha chiamato canalini di cosmina. Anche le
singole famiglie sono ben distinguibili, Così nelle squame dei
Rhombodipterini, vi sono due strati con canali di Havers, separati
da uno strato d’ isopedina; seguono uno strato di cosmina e lo
smalto. — Nei Cyclodipterini manca lo strato inferiore dei canali
di Havers. — Nei Polypterini lo smalto acquista uno sviluppo
maggiore e si osservano numerosi i « lepidine tubes » di Wil-
liamson. — Canali di Havers (cioè canali per vasi sanguigni) si
osservano pure negli altri Ganoidi, ma non costituiscono strati
distinti.
Nei Paleoniscidae, la lamelle ossee sono debolmente convesse,
i corpuscoli ossei arrotondati e poco ramificati, spesso mancanti;
per lo più molti tubi di lepidina. — I Platysomidae differiscono
per l’ assenza dello smalto.
Negli Stylodontidae, l’ osteina è indistintamente stratificata, con
canalicoli ossei finissimi e scarsi corpuscoli di forma angolosa e
poco ramificati. Creste sporgenti nello smalto sono poco sviluppate.
Negli Sphaerodontidae, lo smalto è spesso e I’ osteina nettamente
stratificata, con lamelle dirette ad angolo acuto verso la superficie;
forti creste penetrano nello smalto. I canalicoli ossei sono molto
ramificati e terminano talvolta in canalicoli di cosmina; i corpu-
scoli ossei sono angolosi e stellati, con processi più o meno ra-
mosi. — Similmente si comportano i Gynglimodi, che posseggono
numerosi tubi di lepidina. — Nei Saurodontidae, la struttura piu
semplice e le creste che penetrano nello smalto più deboli.
Dalle precedenti 4 famiglie, che potrebbero essere riunite sotto
il nome di Euganoidi, si distinguono agevolmente i Rhynchodon-
tidae. Lo smalto tende a sparire dalle loro squame, le lamelle os-
see si rovesciano le une sulle altre. I canali ossei penetrano dalla
superficie superiore o inferiore, per terminare negli strati medii
delle squame. — I corpuscoli ossei sono di forma stellata irrego-
lare, con lunghi processi riccamente ramificati. Per siffatta strut-
tura, questi pesci meritano una posizione a parte fra i Ganoidi.
Le loro affinità più dirette sono con i Saurodontidae, come ha già
supposto il Reiss.
DI PALEONTOLOGIA SI
Anche ai Pycnodontidae manca lo smalto e le lamelle ossee
si comportano come nei precedenti, ma i canali ossei sono scarsi
e i corpuscoli hanno sezione rotondeggiante o poligonale, ed hanno
processi non molto ramosi.
La struttura delle squame degli Amiadae è talmente semplice che
non dà luogo a distinguere fra loro le singole famiglie. Mancano o
sono scarsissimi i canali ossei; i corpuscoli possono essere nume-
rosi; lo smalto manca o pure è sottilissimo. L’ osteina è ricca di
sostanze minerali e offre, nella luce polarizzata, vivaci colori d’in-
terferenza. C. Emery.
STEINMANN (G.), DEEcKE (W.) e Méricxe (W.) — Das Alter und
die Fauna der Quiriquinaschichten in Chile. Beitrige zur Geo-
logie und Palaeontologie von Stidamerika. Theil IL]. — Neues
Jahrbuch fiir Mineralogie. X. Beilageband. Stuttgart 1895.
L’ isola Quiriquina nel golfo di Talcahuano (Chili meridionale)
contiene dei depositi marnosi nei quali si trovano delle ammoniti
di varia forma insieme -con molluschi di un’apparenza relativa-
mente molto recente. L’eta di queste formazioni rimase perciò
sinora molto indeterminata: esse furono considerate come cretacee
da d’ Orbigny, come terziarie da Darwin e come giurassiche
da Sieveking, mentre Mallard e Fuchs con la loro divisione
della formazione in due piani (uno superiore, del terziario antico,
corrispondente all’ argilla plastica del bacino di Parigi, e un altro
più antico, appartenente al cretaceo superiore, gli strati a baculiti)
si avvicinarono di più al vero. Le estese ricerche sopra luogo diStein-
mann, come pure lo studio delle sue ricche collezioni paleontolo-
giche fatte da Deecke (sauri), da Mdricke (gasteropodi e lamel-
libranchi) e daSteinmann stesso (cefalopodi), lo hanno condotto,
per anticipare questo risultato, a conclusioni analoghe a quelle
degli ultimi autori, ma espresse in modo più preciso e appoggiate
a prove di fatto. Per gli A. la formazione propria di Quiriquina,
le cui marne e arenarie compatte verdastre glauconitiche, ricche
di concrezioni ferruginose, riposano trasgressivamente sopra filliti
antiche e a loro volta sono coperte da strati terziari poco com-
patti con ligniti, è senoniana ed è contemporanea del così detto
Gruppo di Valudayur dell’ India (Pondichéry etc.), la cui età seno-
niana (non cenomaniana) è stata recentemente dimostrata da
Kossmat.
Con questo Gruppo di Valudayur la formazione di Quiriquina
ha comuni 4 specie di cefalopodi (Phylloceras Surya Forb., Ly-
toceras varuna Forb., Lytoceras Kayei Forb., Baculites vagina
Forb.), mentre una specie (Phylloceras ramosum Meek) esiste
anche in California e nell’ isola Vancouver; e i rimanenti 5 cefa-
lopodi mostrano una rilevante simiglianza specialmente con le
forme senoniane dell’ Europa settentrionale. Steinmann ammette
con Kossmat un mare cretaceo indo-pacifico, la cui fauna si sia
estesa sopra Assam, Borneo, il Giappone, la California, Vancouver,
e si sia allargata ad ovest fino a Natal, a sud fino alla Nuova Zelanda.
Ora, sembra che nei tempi senoniani questa fauna pacifica abbia rag-
giunto anche l’ Europa. L’ A. fa rilevare la grande trasgressione
che è avvenuta nel nord durante il senoniano, la quale in causa
della trasgressione cenomaniana non si manifesta chiaramente come
dovrebbe, ma-che però ha abbassato ancora sotto il livello del
mare il Limburgo, Aachen, la Germania settentrionale, la Svezia
meridionale, la Polonia, la Galizia e la Russia meridionale fino
alla Crimea. In questa parte del senoniano europeo si trovano
forme di Pachydiscus, litocerati evoluti, vere baculiti e fillocerati,
i quali non appariscono più nell'Europa meridionale e nell’ Africa
settentrionale, ove dominano esclusivamente tipi atlantici, e saranno
penetrati senza dubbio insieme al mare invadente come rappresen-
tanti del Pacifico, dalla regione indo-pacifica. Questi rappresentanti
possono essere apparsi ad est o ad ovest: nel primo caso gli
strati a baculiti potrebbero essere segnalati alla Sosswa in Siberia,
nel secondo caso le intercalazioni di Patoot nella costa occidentale
della Groenlandia potrebbero interpretarsi come stazioni inter-
medie.
I depositi superiori con le conchiglie terziarie vengono, da
Steinmann e dai suoi collaboratori, separate dagli strati seno-
niani di Quiriquina. Il grande numero di forme che, secondo gli
autori antecedenti, avrebbero avuto in comune i due depositi, è
ridotto, ad un minimo e per lo più dovuto allo scambio di indi-
cazioni di località. Quello che di comune ai due gruppi non può
essere messo in dubbio da Steinmann, sulla base dei fatti che
gli stanno innanzi, si riduce a sole due specie (Pyrula hombro-
niana d’ Orb. e Pleurotoma acutinoda Phil.; ed anche quì si po-
trebbe pensare a priori anche alla scomparsa di queste due specie
da-uno dei due gruppi. Perocché Steinmann considera gli strati
superiori di Quiriquina (i quali indubbiamente sono terziari e si
staccano dal senoniano per una debole ma evidente discordanza
dei depositi, e si cominciano anche con conglomerati) come
DI PALEONTOLOGIA 33
contemporanei del piano di Navidad nel Chili meridionale. Questo
piano deve contenere, secondo Philippi, solo P1a1%%% di
specie viventi,ma Steinmann basandosi sulle ricerche del dottor
Moericke lo considera come oligocene o forse gia come miocene
inferiore. (Un passaggio completo di specie dal senoniano fino al
miocene, a non parlare forse dei foraminiferi e dei briozoi, sarebbe
pur sempre un fenomeno ancora senza esempio). L’ idea di una età
relativamente così recente per una fauna, la quale ha comune col
vicino mare solo l’1 a 1/° delle specie, non è ancora del tutto
sostenuta dagli autori, ma è messa innanzi per una prossima con-
tinuazione dell’ opera. Per di più, a sostenere quest'idea, Stein-
mann si appoggia allo studio, fatto da Engelhard, della flora
fossile contenuta negli strati del piano di Navidad, il quale
studio ha reso possibile lo stabilire i rapporti fra la maggior parte
dei numerosi avanzi di filliti e le specie attualmente viventi. Del
resto, né il senoniano nè il terziario raggiungono le Cordigliere:
si elevano fino ad un massimo di 300 metri dal livello del mare,
pressa poco parallela all’ attuale linea della Bosta sopra una zona
di 50 km. di larghezza. Siccome secondo Steinmann le forma-
zioni terziarie della Sudamerica sono ritenute generalmente come
post-andine, cosi il mare terziario, e probabilmente anche quello
senoniano, avrebbe invaso, a quanto pare, solo il margine più este-
riore del continente.
Gli avanzi di sauri degli strati di Quiriquina, studiati accura-
tamente da W. Deecke, sono dei veri plesiosauridi, da riferire
ai gen. Pliosaurus Owen e Cimoliosaurus Leidy em. Lydekker. Si
distinguono le specié Pliosaurus chilensis e Cimoliosaurus Andium:
della prima sono descritte delle vertebre cervicali, il coracoide,
l’ischio, porzioni dell’ estremità anteriore e 1’ estremità posteriore
sinistra completa, raccolta da Steinmann; e della seconda, I’ o-
mero, frammenti di vertebre cervicali, dorsali e caudali, costole e
ossa del piede. Non si trovarono nè cranio nè denti, perchè « quando
il corpo dell’ animale morto era trasportato dalle acque, il cranio
compatto e pesante dovette staccarsi e cadere al fondo ». Gli ani-
mali furono spinti dalla corrente entro seni tranquilli e relativa-
mente profondi e vi si sono putrefatti. Nemmeno una delle ossa,
che, quando |’ animale era vivo, erano probabilmente circondate di
grasso, mostra traccie di spostamenti; e le intere pinne hanno an-
cora le loro 76 ossa tutte in connessione. A quanto pare, i plesio-
sauri erano provvisti, come i cetacei attuali, di molto grasso ed olio,
che serviva loro per diminuire il peso specifico del corpo.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Febbraio 1896. 3
Moericke comunica infine gli studi suoi sui gasteropodi e
sulle bivalvi degli strati di Quiriquina. Fra essi il più importante è
il gen. Pugnellus, il quale finora era stato trovato solo nel creta-
ceo superiore di California, dell’ India e dell’ Africa meridionale.
(Ma anche Natica (Lunatia) singularis Moer. mi sembra essere af-
fine alle specie di Amauropsis delle formazioni europee di Gosau).
Sotto il nome di Owalopsis è descritto un genere nuovo, affine al
gen. Ovula; ma, pel debole sviluppo del sifone e per la forma ge-
nerale, esso potrebbe piuttosto appartenere agli opistobranchi ( Vol-
vula ecc.). La specie descritta a pag. 99 come Cinulia chilensis
d’ Orb. e rappresentata a tav. VII fig. 3-4, ricorda più Nerita o
Neritopsis che non le cinulie munite di pieghe columellari. E da
rilevare poi la esatta descrizione e la buona figura che Moericke
dà di Trigonia hametiana d’ Orb., di questo fossile caratteristico
del piano di Quiriquina. P. OpPENHEIM. (1)
WeissermeL (W.) — Die Korallen der Silurgeschiebe Ostpreus-
sens und des Ostlichen Westpreussens. —. Zeitschr.
deutsch. geol. Ges., vol. XLVI, pag. 580 e seg.
In quest’ampia monografia dei coralli siluriani erratici della
Prussia orientale vengono descritti estesamente, fra i rugosi, i generi
Cyathophyllum Goldf., Endophyllum Milne Edw. e H. Acervula-
ria Schweigg., Stauria M. E. e H., Omphyma Cliff., Hallia M.
E. e H., Palaeocyclus M. E. e H., Cyathophylloides Dyb., Stre-
ptelasma Hall, Ptychophyllum M. E. e H., Zaphrentis Cliff.,
Amplexus Sow., Pholidophyllum Lindstr., Lindstroemia Nichols,
Cystiphyllum Lonsdale, Actinocystis Lindstr., Polycaelia King,
Syringophyllum M. E. e H.; e fra i tabulati, i generi Favosites
Lam., Pachypora Lindstr., .Striatopora Hall, Alveolites Lam.,
Syringopora Goldf., Aulopora Goldf., Halysites Fisch., Heliolites
Dana, Spasmopora M. E. e H., Thecia M. E. e H., Monticulipora
d’Orb. (*). Sopra alcuni pezzi astreodici viene istituito il nuovo ge-
nere Storthygophyllum, i cui calici poliedrici e stipati posseggono
serie di spine in luogo di setti, mentre i Bòden e Blasen dell’ en-
toteca sono completamente sviluppati. Anche dalla sola enumera-
(1) Versione dal manoscritto tedesco di A. Coggi.
(2) Per i tabulati 1’ A. nega, insieme a Neumayr, qualunque connes=
sione con forme viventi. Io però mi riservo di esporre in altro luogo este-
samente la mia opinione diversa da questa. P_e08
Re . GRES
È:
as
+.
=
DI PALEONTOLOGIA 35
zione dei generi si vede gia quanto fosse ricco il materiale che stava
a disposizione dell’A. La provenienza della maggior parte di tali
resti sarebbe, secondo il parere dell’ A., dalla provincia russa del
Baltico; in qualche caso appaiono dei rapporti col Gothland, sol-
tanto per il fatto che la fauna a coralli di questo paese è molto
più conosciuta di quella dell’ Esthland e dell’ Oesel. Il lavoro,
che fa impressione per la straordinaria accuratezza, dovrà essere
consultato da chiunque cercherà una guida sul terreno tanto diffi-
cile e ancor tanto o poco conosciuto dei coralli siluriani.
P. OPPENHEIM.
Wirtiamson.(W. C.) e Scorr (D. H.) — Further Observations
on the organization of the Fossil Plants of the Coal-
Measures. Part. II. The Roots of Calamites. — Phil. Trans.
Roy. Soc. London, vol. CLXXXVI (1895), B, pag. 683-701,
tav. XV-XVII.
Le conclusioni alle quali sono giunti gli A. in questa memo-
moria (di cui fu già fatto un breve cenno in questo periodico (')
e in cui viene studiata accuratamente la struttura delle radici di
Calamites e dimostrato con esattezza appartenere esse veramente a
tali piante), sono le seguenti. i
I fossili descritti sotto il nome di Astromy-elon Williamsonis
sono radici avventizie di Calamites. Essi hanno la struttura carat-
teristica delle radici, cioè: fasci alternanti di xilema e floema, le-
gno primario centripeto, rami endogeni, assenza di modi. Alcuni
grandi esemplari, dei quali alcuni appartengono a Calamites (Art-
hropithys), altri a Calamodendron, dal Renault creduti non ra-
dici ma stoloni, non possono ritenersi tali, poichè la loro struttura
(legno primario centripeto) non concorda con quella dei cauli di
Calamites (legno primario centrifugo), ma bensì con quella delle
vere radici di tali piante. I piccoli esemplari senza midollo, o con
midollo ristrettissirno, non sono altro che gli ultimi e sottili rami:
i grossi rami relativi sono rappresentati dagli esemplari a largo
midollo. Infatti, questi due estremi di radici sono collegati fra loro
da numerosa e non interrotta serie di esemplari intermedi, nella
quale il midollo rappresentato in alcuni di essi da un gruppo mi-
croscopico di poche cellule, raggiunge in altri il diametro di due
centimetri. L. GABELLI.
A) Rivista Italiana di Paleontologia, vol. I, pag. 34.
36 RIVISTA ITALIANA
Woopwarp (A. S.) —- The fossil fishes of the Talbragar beds
(Jurassic ?), with a note on their stratigraphical relations
by T. W. E. David and E. F. Pittman. — Memoirs of the
geolog. Survey of New South Wales. Palaeontology, N.° 9,
pag. VII, 27. in 4.°, con uno schizzo geologico, una foto-
grafia della regione e 7 tavole di pesci fossili. Sydney 1895.
L’ interessante ittiofauna descritta in questa Memoria proviene
dagli schisti silicei di Talbragar, nella Nuova Galles del Sud. Essa
è rappresentata dai Crossopterygii e dagli Actinopterygii ed è co-
stituita da dieci specie, distribuite in sei generi ed in cinque fa-
miglie (Coelacanthidae, Palaeoniscidae, Semionotidae, Pholidopho-
ridae e Leptolepidae). Tutte le specie e tre generi sono nuovi.
Eccone I’ elenco:
Fam. Coelacanthidae, gen. non det.; Coccolepis australis, sp. n.;
Aphnelepis australis, gen. et sp. n.; A., sp.; Aetheolepis mirabilis,
gen. et sp. n.; Archaeomene tenuis, gen. et ‘sp. n.; A. robustus,
sp. n.; Leptolepis talbragarensis, sp. n.; L. Lowei, sp. n.; L. gre-
garius, sp. n.
Insieme ai pesci si raccolsero anche numerosi avanzi di vege-
tali ed un insetto. Fra i vegetali, W. S. Dun determinò Taxites
cfr. planus Feistm., Neuropteridium australe Ten.-Woods?, Sphe-
nopteris sp., Thinnfeldia odontopteroides Morris., Taeniopteris Dain-
treet McCoy e Podozamites lanceolatus Lind. et Hutt.; e R. Ethe-
ridge, junior, riconobbe, oltre a queste tre ultime specie, Podozamites
spathulatus Feistm. e P. longifolius McCoy? — L’ insetto rincoto
fu descritto da Etheridge e A. Sidney Olliff col nome di
Cicada ? Lowei. :
L’ eta del giacimento in discorso — il quale sta sopra I’ are-
naria ittiolitifera, quasi certamente triasica, della Serie di Hawke-
sbury (A. S. Woodward, The foss. fishes of the Hawkesbury
Series at Gosford, in Mem. geol. Surv. New South Wales, 1890)
ed è ricoperto in qualche punto da rocce basaltiche, probabil-
mente terziarie — non è esattamente determinata. In base all’ esame
dei pesci ed al loro confronto coi generi e con le specie note,
l A. lo suppone non più antico del lias superiore e probabilmente
riferibile all’ oolite inferiore. F. Bassani.
B. — ANNUNZI.
ALprIcH (T. H.) — Descriptions of the new Eocene Solariidae
from Alabama. — Nautilus, vol. IX, n. 1, pag. 1-2, con
una tavola.
DI PALEONTOLOGIA 37
Amr (H. M.) — Notes on a Collection of Silurian Fossils from
Cape George, Antigonish County, Nova Scotia, with de-
scriptions of four new species. — Proc. Trans. N. Scot.
Inst. Sc., vol. VUI, pag. 411-416.
Baur (G.) — Cope: on Temporal Part of the Skull, and on the
Systematic Position of the Mosasauridae. A Reply. —
Amer. Naturalist, vol. XXIX, nov., pag. 998-1002.
BrarpsLEE (H. C.) — Occurrence of Glacial Plants in Ohio. —
Ann. Rep. Ohio Acad. Sc., vol. III, 1895, pag. 17.
Bernarp (F.) — Sur la morphologie et le développement de la
charniére chez les lamellibranches. — Compt. rend. Soc.
géol. Fr. Séance du 3 février 1896.
Brernarp (H. M.) — Zoological Position of Trilobites. — Science
Progress, vol. IV, pag. 33-49. Estratto in: Journ. Micr. Soc.
London, 1895, p. 6, pag. 631.
BrusHausen (L.) — Die Lamellibranchiaten des rheinischen
Devon, mit Ausschluss der Aviculiden. — Abhandl. geol.
Landesanst. Berlin 1895. 519 pag. con 34 illustr. e atlante
di 38 tav. in folio.
Bicot (A.) — Les organismes précambriens du massif breton,
— Bull. Soc. Linn. Normandie, serie 4, vol. IX, pag. 8-14,
con una figura.
Id. — Nérinéidés du séquanien de Cordebugle (Calvados). —
Compt. rend. Soc. géol. Fr. Séance du 20 janvier 1896.
Bituines (E.) e Wuireaves (J. F.) — Palaeozoic Fossils of Ca-
nada. Volume III by Whiteaves. Part 2. -—- Geol. Survey.
Ottawa 1895. Pag. 45-128, con 7 tavole.
Birtner (A.) — Lamellibranchiaten der alpinen Trias. I Theil:
Revision der Lamellibranchiaten von St. Cassian. —
Abhandl. k. k. geol. Reichsanstalt, vol. XVIII. 236 pag. con
24 tavole (v. questa Rivista, vol. I, pag. 138).
Burrows (H. W.) e HorLanp (R.) — Foraminifera of the Chalk
and of To-day. — Natural Science, vol. VII, Febr., pa-
gine I0I-104.
CLark (W. B.) — Contributions to the Eocene Fauna of the
Middle Atlantic Slope. — Johns Hopkins Univ. Circul.,
vol. XV, n. 121, pag. 3-6.
Craypote (E. W.) — On the Structure of the Teeth of the De-
vonian Cladodont Sharks. — Proc. Americ. Micr. Soc.
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III.
Asteroidei terziari del Parmense e del Reggiano.
Nota pi ALBERTO DEL PRATO
I resti fossili di asteroidei, confermava ancora nel 1893 il pro-
fessor F. Sacco, (') sono generalmente molto rari nei terreni ter-
ziari, e quasi solo rappresentati da placchette marginali isolate che
sono di determinazione molto incerta, nè permettono di ricostituire
la forma esatta del fossile. Aggiunge poi che non poche specie,
solo su queste rare placchette marginali furono fondate, e che po-
chissime di esse furono finora figurate (*); manca quindi la base
(1) Sacco F. — Sopra alcuni asteroidei fossili. Atti della R. Acc. di To-
rino, vol. XXVIII. con tav.
(2) Il M. Ant. De Gregorio, negli Ann. de Geologie, livr. 17 (1895)
indica, nella prefazione, le specie italiane figurate finora: a queste è da
aggiungersi l’A. bononiensis Cavara, figurato nel Bull. della Soc. Geol. It,
volume V.
DI PALEONTOLOGIA 43
di una seria comparazione. Inoltre, diverse delle specie descritte
erano allo stato di impronta, e per qualcuna di quelle note ita-
liane mancano le indicazioni precise della giacitura.
In queste circostanze credo che possa tornare utile il figurare
e descrivere tre resti di asteroidei del terziario parmense-reggiano,
i quali, di fronte a quanto si è sopra accennato, si presentano, per
così dire, in condizioni eccezionalmente favorevoli.
Xx
v'*
Lo stelleride rappresentato nella figura 1 si può dire com-
pleto, non mancando che poche placchette all’ estremo di due raggi:
esso poggia colla faccia dorsale sopra la roccia .e ne sporge, per
erosione, colla faccia ventrale od orale. E a cinque raggi, di forma
‘in complesso regolare e mostra di aver subite trascurabili defor-
mazioni. La lunghezza del raggio che si addimostra più completo,
e nel quale si possono contare ventitre (23) placche marginali, è
di 0,075 dal centro di figura del fossile, e la sua larghezza va
da 0,006 alla punta gradatamente a 0,018 alla base, misurata que-
sta ai vertici degli angoli esterni, ed esternamente alle placche. Vi
corrisponde una larghezza del disco, misurata anch’ essa esterna-
mente ai vertici opposti, che sensibilmente costante per le diverse
combinazioni, è di 0,030: il rapporto sarebbe quindi 1:21/s.
Le placche marginali presenti, come già si disse, nel raggio più
completo sommano a 23, e questo numero può essere un poco mag=
giore: esse non presentano ora caratteri di superficie di importanza,
poichè evidentemente un’azione erosiva si è esercitata su di esse:
alcune però messe artificialmente allo scoperto mostrano una gra-
nulazione poco spiccata: sono completamente spatizzate, carattere
che si ritenne generale per le parti solide fossilizzate degli echi-
nodermi, e la separazione fra le placche marginali dorsali e ven-
trali è quasi scomparsa, restando solo accennata da un debole solco
lungitudinale rettilineo ai lati dei raggi e da linee corrispondenti
di confine nella rottura trasversa dei raggi stessi. Le dorsali par-
rebbero più strette e collocate più addentro delle ventrali.
Il contorno delle placche ventrali, all’ estremo libero dei raggi
quasi rombico, passa mano mano verso il disco a figura parallelo-
grammica, e solo poche di esse (3-4) al vertice degli angoli fra i
raggi diventano cuneate colla punta rivolta all’ esterno. Il rapporto
fra la larghezza, trasversa ai raggi, e la lunghezza, nel senso dei raggi,
di queste placche marginali partendo da quello di 0,004 : 0,002 '/,
arriva al massimo di 0,006 : 0,003; quelle cuneate appena arrivano
44 RIVISTA ITALIANA
a quest’ ultime dimensioni. Le linee di separazione trasversa fra le
diverse placche sono oblique, dirette in alto verso il disco, for-
mando le corrispondenti dei due lati fra loro angolo ottuso.
Le placchette ambulacrali ed adambulacrali, anch’ esse spatiz-
zate, sono imperfettamente distinte per il loro contorno e nel loro
confine; due adambulacrali sembrano corrispondere ad una margi-
nale ventrale, ma le linee di loro separazione sono meno oblique
che quelle fra le marginali. A cinque vertici degli angoli interra-
diali, nella regione della bocca, sono nettamente distinti i due pezzi
adambulacrali accollati, che funzionano spesso negli asteroidei come
organi masticatori.
Il fossile poggia sopra un’ arenaria grigio-gialliccia, di tipo mo-
lassico, ed alla superficie mostra qua e la piccole masse e venuzze
di limonite: sono evidenti, alla superficie erosa su cui giace la
stella, resti di Dorocidaris, sp. Proviene dalla località detta Bosco
del Fabbro nella frazione di Gombio, comune di Ciano d’ Enza
nella provincia di Reggio Emilia, dove si raccolsero pure resti ben
conservati di Spatangus austriacus Laube, Spatangus purpureus,
Miill.; Cidaris cf. melitensis Wright, ed assai prossima alla C. sa-
baritensis Cotteau, (eocenica) (!).
Il Sacco nella Carta dell’ Apennino dell’ Emilia (*) e nello
studio geologico sommario di questa regione, (*) mette Gombio nel
tongriano, assieme a Rusino nel Parmense che fu già dallo scri-
vente riferito al miocene superiore (*): dato pure che Rusino sia
più antico di quello che i fossili mi parve indicassero, non potrebbe,
credo, essere riferito che al miocene medio, e se male non mi ap-
pongo, le arenarie di Gombio, secondo le idee del Pantanelli (°)
sarebbero da riferirsi pure a quest’ ultimo piano. i
Questo stelleride è da riferirsi evidentemente al genere Astro-
pecten Link.; ma per quanto sia assai completo, il grado avanzato
di spatizzazione e la mancanza delle spine marginali dorsali, non
permettono sicuri confronti. Seguendo il criterio che ancora si
adopera, ma che non tutti lodano, delle dimensioni e dei rapporti
fra le varie parti del corpo, il nostro fossile, più che alle specie note
(1) Determinazioni dovute alla gentilezza del prof. D. Pantanelli.
(?) Torino, 1892.
(3) Boll. della Soc. Geol. Ital., vol. XI, 1893.
(4) Del Prato A. — Sopra una calcaria a bivalvi dell’Apennino par-
mense, Boll. del Com. Geol. It., n.° 7-8, 1881. :
(5) Nella Guida dell’ Apennino Modenese, art,° « Geologia » pag. 24.
DI PALEONTOLOGIA 45
italiane, si potrebbe ascrivere all’A. Forbesi del Leithakalk,
descritto e figurato dall’ Heller (') in grandezza naturale ed alla
faccia dorsale: ma il numero delle placche marginali appare un
. po’ troppo diverso.
Tralascio il solito avvicinamento colle specie viventi sia per le
condizioni del fossile, sia perchè tanto questo A. Forbesi, come
VA. bononiensis Cav. (*) e l'impronta figurata dal Sacco (I. c.
fig. 1) furono tutte avvicinate al vivente A. bispinosus Otto, del
Mediterraneo.
Del resto è bene ricordare a questo proposito, I’ affermazione
ben provata di B. Sttirtz: « die Klassifikation recenter Seesterne
beruht zum Theil auf der Benutzung von Merkmalen, welche ftir
die Beurtheilung fossiler Formen keinen Werth haben» (°).
va
L’altro stelleride (fig. 2) è rappresentato per la maggior parte
in nitida impronta, ma verso il disco specialmente rimangono an-
cora in posto placche adambulacrali e marginali colle loro spine.
Il fossile giace sulla roccia evidentemente colla faccia orale, mo-
strando libere le impronte delle placchette ambulacrali rilevate
verso uno spigolo mediano, oltre alla superficie di contatto fra le
placche marginali ventrali e dorsali, mancanti quest ultime com-
pletamente: esso è a cinque raggi e di forma ben regolare. La mag-
giore larghezza apparente per i raggi, a partire dal centro di fi-
gura, è di 0,040, ed il diametro del disco, misurato all’ unione
esterna delle due placche marginali maggiori collocate al vertice
degli angoli interradiali, e di 0,015: si può quindi ritenere un rap-
porto fra il diametro del disco e la lunghezza del raggio non mi-
nore di 1:3. La lunghezza di un raggio, misurata all’ unione esterna
delle placche marginali ora accennate, è di 0,009: alla punta del
raggio più lungo, nell’ impronta, di 0,002.
Si contano almeno 26 placche marginali ventrali per lato, le
quali dalla punta del raggio crescono gradatamente in larghezza
verso il disco, ed una diventa la maggiore costituendo colla se-
(1) Ueber neue fossile Stelleriden, tav. 1.7 Sitzwngsb. d. k. Akad. d. W.,
Band 28. Wien 1858.
(?) Cavara F. — Le sabbie marnose plioceniche di Mongardino e i
loro fossili. Bull. della Soc. Geol. It., vol. V, 1886.
(3) Ueber versteinerte und lebende Seesterne. Verh. d. nat. Ver., Jahrg. L,
5 Folge. Band X, pag. 80.
ORE Nas SNE tA kT gaa
x
46 RIVISTA ITALIANA
guente dell’ altro raggio il vertice dell’ angolo interradiale. La 5° di
queste placche, a partire dal vertice accennato, ha una larghezza
di 0,002!/ ed una lunghezza di 0,001. Mostrano esse nettamente
allo scoperto una superficie pianeggiante di unione alle placche
dorsali, un po’ più lunga (nel senso del raggio) che larga, a mar-
gini abbastanza netti, e da questa superficie sono poi declivi verso
l’interno e verso l'esterno, fino all'incontro colla superficie infe=
riore convessa ; sulle facce laterali presentano in conseguenza tre
margini rettilinei ed uno curvo, risultando in complesso di forma
cuneata, colla testa del cuneo all’ esterno.
Nelle faccie laterali si eleva una placca ben pronunciata che
lascia un’area depressa verso la parte esterna, area che si continua
in un solco stretto lungo il margine curvilineo. Per quest'area de-
pressa, mentre le placche ventrali sono contigue all’ interno del
raggio, all’ esterno lasciano invece fra l’ una e l’ altra una rientranza.
Al confine fra la faccetta declive esterna e la faccia curva, nel
margine che ne risulta assai ottuso e ristretto per le aree laterali
ricordate, vi è un solco trasverso che determina due tubercoli ben.
distinti. Questo solco non appare in punto ben costante nelle di-
verse placche, tanto da sembrare ora mediano ora laterale. Una
placca marginale ventrale si potrebbe dunque rappresentare, vista
sulle facce laterali, colla seguente figura.
Si nota infine che queste placche non mostrano apparente, alla
superficie convessa, alcun disegno di fossette o di tubercoli, pre-
sentandosi le faccie come aspre per struttura
cristallina.
Sono presenti ancora ed in posto, alcune
spine di queste placche ventrali, e sono del resto
‘ben evidenti le impronte lasciate da quelle ca-
dute ; la loro forma è conico-accorciata e si restringe un po’ alla
base; si dimostrano doppie ad ogni placca, una maggiore ed in-
terna al margine esterno, l’altra più corta ed esterna nella rien-
tranza della stessa placca. Le dimensioni di queste due spine
di ogni placca marginale ventrale sarebbero di 0,004 !/ per la mag-
giore e di 0,003 per la minore; tutte le spine si dirigono in basso
verso l’apice del raggio.
Le placchette adambulacrali sono a contorno quadrilatero ed
a superficie d’unione colle ambulacrali non simmetricamente in-
cavata: molte ne rimangono in posto ma non si può determinarne
il numero. Le ambulacrali tutte rappresentate in impronta dimo-
strano contorno rettangolare.
elite hata Seen ne
= Le
DI PALEONTOLOGIA 47
Questo fossile impronta un’ argilla fina leggermente calcarea, di
color grigio-gialliccio simile a quelle che nel parmense sarebbero
da riferirsi ad un piano mio-pliocenico : tali quelle che si incon-
trano alla destra dell’Ongina per salire a Vigoleno dove si ritro-
varono resti di echinidi. Non è indicata la precisa provenienza
dell’ esemplare posseduto dal Gabinetto di Geologia della R. Uni-
versità di Parma; esso faceva parte delle raccolte del Conte Fi-
lippo Linati acquistate per quel Gabinetto fin dal 1840. Nell’in-
ventario di quelle raccolte figura un elenco di circa 400 specie
di fossili, per la maggior parte molluschi, colle due indicazioni di
provenienza « nostrale » e « dei nostri colli » ; soltanto sei o sette
specie di molluschi portano la località di Suffolk. Tenendo poi
conto che un fossile così raro ed in ottimo stato non sarebbe stato
messo facilmente in commercio, io lo debbo ritenere come prove-
niente dalla formazione marnosa mio-pliocenica delle colline par-
mensi-piacentine.
A quale delle specie di Astropecten italiane si può riferire od
avvicinare questa del Museo Parmense? Meneghini, riferendo
dubitativamente (') alcuni resti di Astropecten della Collina di To-
rino alla sua specie A. foveolatus, fondata da prima sopra‘un unico
ossicino (*), od al Crenaster Desmoulinsii, Michett. in litteris, vi
assegna come carattere, oltre Je rare foveole a quinquonce, I’ altro
« facce laterali divise da cordone sporgente in una zona esteriore e
in un piccolo triangolo interno » : questo carattere spicca nel nostro
esemplare, ma non si accorda poi nel complesso degli altri caratteri
coll’ A. foveolatus ; poichè non presenta quel cingolo sporgente che
il Meneghini dice eguale a quello dell’A.? Colei, Forbes, col
quale ultimo afferma avere del resto qualche altra analogia la specie
da lui fondata « per le dimensioni non per la forma degli ossi-
cini »; assegna poi all’ A. foveolatus, solchi laterali esageratamente
estesi, larghezza delle piastre 7 mm. lunghezza 4 mm. Tutto ciò
allontana la nostra specie da quella meneghiniana, che è detta pure
somigliante, ma in dimensioni grandemente minori coll’ A. poritoi-
des Des M. Non credo però che sia il caso di estendersi in con-
fronti con questa e colle altre due specie terziarie del Des Mou-
lins (*), poichè sono fondate anch'esse sopra placche isolate, rap-
presentate con figure poco significative e troppo brevemente de-
(1) Gomiodiscus Ferrazzii. Pisa, 1886.
(?) Siena e il suo territorio, pag. LXVI. 1862.
(3) Actes Soc. Linn., Bordeaux, tomo V, pag. 196.
scritte. Dalla sola A. adriatica Des M. (del miocene) sarebbe da
distinguere la nostra specie e qui riportiamo parte della diagnosi
della prima: « ossiculis laevibus Jateribus depressissimis, parieti-
bus lateralibus carina eminentissima, margini superiori parallela,
instructis ». Aggiunge poi l’autore, che questa carena divide in due
metà quasi eguali le pareti laterali. Bastano le parti in corsivo
della descrizione del Des Moulins, per distinguere le due specie
che si discutono.
In conclusione io ritengo la specie qui figurata come nuova:
a meno che non mi abbiano ingannato le figure e descrizioni ripor-
tate nei lavori fin qui citati, che ho avuto a mia disposizione. De-
dicherei questo Astropecten al nome del Linati che fu appassio-
nato raccoglitore e tramandò alla scienza questo bell’ esemplare.
xx
L’ asteroideo rappresentato nella fig. 3 è invece molto incom-
pleto, non avendosi che dodici placche marginali ancora in posto
sulla roccia, sette ad un lato e cinque all’ altro, convergenti all’a-
pice di un raggio. Altre cinque placche marginali sono rappresen-
tate nella stessa figura alla loro superficie libera conversa; esse si
sono isolate probabilmente nella raccolta del fossile o dopo, poichè
sono accompagnate da alcuni pezzi della roccia colle impronte cor-
rispondenti; la loro unione è artificiale, e questa parte della figura
non serve quindi che a far riconoscere i particolari della superficie
libera delle placche marginali di questo asteroideo.
Aderendo le placche ancora in posto.alla roccia colla super-
ficie esterna, mostrano allo scoperto la faccia d’ unione colle cor-
rispondenti dell’ altra fila dello stesso lato, che qui mancano com-
pletamente e colle quali dovevano formare la doppia serie delle
placche marginali. È principalmente su queste facce libere d’unione
che si dimostra una struttura a sottili gusci in accrescimento se-
condo un quadrilatero ed ora facilmente separabili.
La faccia piana, laterale, d’unione fra le placche in fila ha
figura di settore di circonferenza, mentre, guardando alla faccia li-
bera conversa, il contorno è nel complesso esagonale: e ciò per
essere le due faccie interne rilevate ciascuna verso uno spigolo che
si manifesta in una angolatura ai due margini laterali delle placche
in corrispondenza della superficie libera convessa, angolatura assai
debole, ora mediana ora no.
Tranne l'estrema, le placche sono più larghe nel senso tras-
verso al raggio, che lunghe, con un estremo laterale spesso più
Dl PALEONTOLOGIA 49
sviluppato dell’ altro: questa sproporzione non permette di dare
rapporti fra la lunghezza e la larghezza delle placche stesse. La su-
perficie libera loro non presenta particolarità di disegni, e le im-
pressioni cave, che si scorgono anche nella figura, si dimostrano
dovute ad erosione, sia per la loro distribuzione come per la inu-
guaglianza di forma e di sviluppo: ma tutte al margine presentano
un leggero solco o gradino, il limite superiore del quale è cre-
nulato, mentre nel solco si notano una o due serie di foveole ben
distinte.
Questo resto fossile faceva parte delle raccolte fatte nei colli
piacentini dal cav. Giuseppe Cortesi, l’autore dei Saggi Geo-
logici degli Stati di Parma e Piacenza ('); e l’argilla sabbiosa, mi-
cacea, grigia, con abbondanti resti di molluschi è evidentemente
quella così sviluppata in quelle formazioni plioceniche.
Confrontando la nostra figura con quelle date dal Forbes (?),
Heller, Pictet, si riconosce subito che questo resto fossile, per
quanto incompleto, è da riferirsi al genere Goniaster Agass., e pro-
babilmente al sottogenere Astrogonium M. Trs. Per i solchi a cre-
nulature marginali e sul fondo, per la forma prismatica triango-
lare delle placche marginali, si potrebbe riferire al Crenaster Sol-
danii Mgh. (°); ma le facce laterali d’ unione sono piane e non
incavate; d’ altra parte, mentre il Meneghini nel fondare questa
sua specie avvertiva che quei resti di stelleride potevano con egual
diritto essere riferiti ai generi Stellaster e Pentagonaster, più tardi
li riferiva all’Astropecten Soldanii (*). Questo nostro non è certo da
paragonarsi al G. senensis Mgh., e, di fronte al G. Stokesii Forbes,
manca completamente delle punteggiature superficiali delle placche
marginali. E invece notevole la sua somiglianza colla specie cre-
tacea A. stratifera, figurata e brevemente descritta dal Des Mou-
lins: ma anche in questa le faccie laterali sono incavate. Trat-
tandosi però di un resto assai incompleto, non credo sia il caso di
stabilire anche per esso una nuova specie.
va
Soltanto per la storia degli stelleridi fossili italiani, non avendo
(1) Piacenza 1819; con tav.
(?) Forbes E. — British Organic Remains, Dec I. 1849.
» Monogr. of the Echinod. of the British Tertiaries, 1852.
(8) Siena e il suo territorio.
(4) Goniodiscus Ferrazzii, ecc.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Febbraio 1896. 4
rapporti con quelli qui descritti, accenno all’ Astrogonium prope-
geometricum, del postpliocene di Sicilia, stabilito recentemente e
figurato dal M. A. De Gregorio (’).
IV.
Il terziario antico nei Colli Berici, le faune di Zovencedo e di
Grancona, e la posizione del complesso di Priabona
NoTA PREVENTIVA DI PAUL OPPENHEIM (*).
Le condizioni stratigrafiche dei dintorni di Grancona furono este-
samente descritte da Bittner (*). Secondo quest’autore, le asserzioni
del quale trovai sempre confermate dai fatti, il Monte Cingielle
presso Pieriva in Val Liona è costituito da arenarie calcaree, chiare
e tenere, la cui parte più profonda contiene in grande quantità la
Nummulites gizehensis Ehr. e la N. curvispira Savi e Mgh., e tra
esse di rado un qualche esemplare di N. perforata. Vi si trovano.
inoltre grandi ostriche fortemente arcuate (Ostrea Brongniarti
Bronn, secondo la mia determinazione). Verso la parte superiore,
le grosse nummuliti (N. perforata) acquistano tale sviluppo nu-
merico, da divenire predominanti. Al disopra di questi calcari a
perforata riposa pertanto una massa di tufi di color bruno-
sporco, colla facies dei tufi di San Giovanni Ilarione, i quali alla
loro volta sono sottoposti alla lumachella con Cytherea ecc. Stanno
infine sopra questa, in serie continua, gli strati di Priabona (*).
Mentre il tufo inferiore, al Monte Cingielle racchiude soltanto
7
(1) Annales de Géol. et Paléont. 17 livr. 1895.
(?) Versione dal manoscritto tedesco, di C. Fornasini. — Il lavoro
è in corso di pubblicazione nella Zettschr. deutsch. geol, Ges., 1896, fase. 1.
(*?) Verhandl k. k. geol. Reichsanst., 1882, p. 82 e seg.
(4) Questi tufi decisamente eocenici non sono da confondersi colle
ligniti dell’ oligocene superiore, le quali sono note nella letteratura geolo-
gica col nome di ligniti di Zovencedo, e celebri per i resti di Anthracothe-
rium trovati in questa località. Si confronti a questo proposito Vinassa
de Regny (Proc. Verb. Soc. Tosc. Sc. Nat.. adunanza 7 maggio 1893), che
ha confuso questi due piani.
e RA =,
DI PALEONTOLOGIA ol
sprcnvdencivavuzze taverna tinta tene tes lonatnareabane ata resinenaniosianeneveverenziz onesta zasveeniaiosaeeaiziecccs ina zionazianIsvienasinscnniceescona ti seesciczicreceve cvusieecene
fossili mal conservati, al nord-est, nella parte più alta della Val
Liona, esso è stato di nuovo scoperto a piccola profondità al di-
sotto della lumachella mediante un pozzo. Il materiale prove-
niente da questo tufo, e appartenente al r. Museo di Storia Na-
turale di Berlino, venne studiato da me. Fra le 93 specie deter-
minabili di questa fauna si trovano le seguenti forme, eminente-
mente caratteristiche di un livello più antico: Terebellum sopitum
Brand (Ciuppio ecc.), 7. fusiformopse de Greg. (ibidem), Cypraea
parvulorbis de Greg. (ibidem), Voluta harpula Lam. (ibidem), Mar-
ginella phaseolus Brong. (ibidem, Roncà), Conus conotruncus de
Greg. (Ciuppio ecc), Bulla plicata Desh. (M. Postale), Triton tria-
mans de Greg. (Ciuppio ecc.), Natica epiglottina Lam. (Ciuppio ecc.),
N. debilis Bay. (Croce grande), N. acuminata Lam. (ibidem), N. ce-
pacea Lam. (ibidem, M. Postale, Pulli, Roncà), Delphinula calcar
Lam. (Ciuppio, Roncà), Anisodonta ambigua Desh. (sabbie di Cuise
e calcare grossolano), Cardita asperula Desh. (calcare grossolano),
Arca granulosa Desh. (Ciuppio), Vulsella minima Desh. (ibidem).
Io credo quindi con Bittner giustificata l’ idea di collocare questi
tufi, che al M. Cingielle contengono in grande quantità la grossa
N. perforata, nel livello di S. Giovanni Ilarione, e di scorgere nel
calcare marino con grandi cerizii e pectinidi lisci ecc. (il quale,
secondo le asserzioni di Bittner, si presenta in diversi punti al
disopra di questo tufo o intercalato ad esso) un equivalente del
complesso di Ronca.
La lumachella, che un poco superiormente ai tufi si presenta
a quanto pare concordante con essi, fornì le 4o specie seguenti:
Heliastraea Meneghinii Reuss (Crosara), Anomia tenuistriata Desh.,
Modiola corrugata Brong. (M. Pulli, Roncà), Cardita Bericorum
n. sp, Cardium granconense n. sp., Lithocardium carinatum Bronn
(caratteristico dell’ oligocene), Cytherea Villanovae Desh. (Saint-
Bonnet, Pernant, Diablerets), C. hungarica Hantk. (eocene d’Un-
gheria), Corbis maior Bay. (M. Postale, Ronca) Psammobia gran-
conensis n. sp. (Zovencedo: tufo), Corbula gallica Lam. (Ronca),
Trochus Deshayesi Héb. e Ren. (Saint-Bonnet e oligocene vicen-
tino), Nerita Caronis Brong. (M. Postale e oligocene vicentino),
N. tricarinata Lam. (pentastoma Desh., Thersites Bay.: Roncà,
Diablerets ecc.), Neritina bericensis Oppenh. (fra S. Lorenzo e Sa-
rego nei Colli Berici, in un complesso coetaneo) Velates schmidelia-
nus Chemn. (M. Postale, Ciuppio, Roncà, strati di Priabona di Lo-
nigo e Sarego), Natica Pasinii Bay. (Roncà, Ciuppio: eocene; Gnata:
oligocene) N. Vulcani Brong. (= N. vapincana d’Orb.: Ronca,
52 RIVISTA ITALIANA
Faudon), N. parisiensis d Orb. (= N. Studeri Quenst.: ibidem;
olig.: M. Grumi), Calyptraea aperta Sol. (= C. trochiformis Lam. :
Ciuppio, Pozza) Melania Stygis Brong. (Ronca, Faudon), M.
Bittneri Oppenh. (Sarego eS. Lorenzo: Colli Berici), Cerithium
vivarii Oppenh. (= C. elegans Desh. non Blainv., = C. Weinkauffi
Tourn. non Fuchs: oligocene), C. trochleare Lam. (oligocene), C.
pentagonatum Schloth. (Roncà ecc.), C. plicatum Brug. (oligocene),
Clavilites Noae Lam. (Roncà, strati di Priabona: Via degli Orti,
Val Organa), Melongena subcarinata Lam. (Roncà e oligocene del
Vicentino e d’ Aquitania), Tvitonidea polygona Lam. (Roncà, M.
Pulli), Strombus auriculatus Grat. (Roncà e oligocene), Pleurotoma
filosa Lam. (eocene e olig.), Marginella ovulata Lam. (idem), M.
crassula Desh. (olig. di M. Grumi ecc., calcare grossolano di Pa-
rigi), M. quinquiesplicata n. sp. (Roncà), M. Zitteli Desh. (= M.
ovulata Zitt. non Lam.. eocene d’ Ungheria), Ancilla pinoides de
Greg. (Ciuppio ecc.), Oliva nitidula Desh. (ibidem), Pleurotoma
subcarinata Rouault (strati di Priabona di Bos d’Arros presso Pau),
Pl. Tallavignesi Rouault (ibidem), Voluta Bericorum n. sp. Que-
sta faunula di 40 specie ne ha comuni due con quella del tufo
di Zovencedo, che immediatamente sta sotto: la Psammobia gran-
conensis n. sp. e la Marginella crassula Desh. Quantunque per
il carattere parzialmente salmastro del deposito di Grancona sia
da ammettersi una certa diversità di facies, tuttavia non può que-
sta sola spiegare la strana dissomiglianza tra le due faune. A. ciò
si aggiunge il presentarsi insolito di tipi oligocenici nel deposito
di Grancona. Il Cerithium elegans Desh., il C. plicatum Brug., il
C. trochleare Lam., il Lithocardium carinatum Bronn, sono ap-
punto fossili caratteristici dell’ oligocene. Per quanto mi è dato di
rilevare dalle mie proprie collezioni, che pur non sono insignificanti,
tali specie non si presentano nella fauna di Roncà, d’ altronde tanto
somigliante. Le tre prime però si ritrovano insieme ad altri tipi
oligocenici nella fauna dei Diablerets ecc., come pure in quella di
Branchaî e Allons, descritta da. Tournouer ('). In ambedue i
casi mancano i membri più antichi dell’ eocene, e la formazione
nummulitica riposa trasgressivamente, come lo dimostrano conglo-
merati e depositi salmastri insieme, sopra il complesso più antico.
Coetanea di quella diîGrancona sotto |’ aspetto faunistico, ed an-
che sotto l’ aspetto stratigrafico egualmente orientata, è la fauna della
Granella presso Priabona, che appunto sta alla base degli strati di
(1) Bull. Soc. Geol. Fr. serie 2°, tomo XXIX (1871-72), pag. 492 e seg.
DI PALEONTOLOGIA 53
fe ee were ee ewe we ee cen senza na waceeenatseeernacceeeeteusneeaeeweneeewenencenanneeee ees uneweane ae een nen eww eens we redeem nen w iena za aianena zone rive veeeze renze neon zioni ~~
Priabona, e della quale Munier (?') cita: Cerithium ct. plicatum
Brug., C. diaboli Brug., C. cf. margaritaceum Brocchi, e Bayania
semidecussata Lam.; fauna, di cui quest'ultima specie è sicuramente
la varietà ornata della Melania Stygis, e il C. cf. margaritaceum
è forse una varietà del C. elegans Desh., e il cui carattere speci-
ficamente oligocenico risulta del resto evidente anche senza tali
modificazioni. i
Se pertanto noi consideriamo:
1° che le faune di Grancona e della Granella sono identiche
con quelle delle Alpi occidentali (Diablerets, Faudon nelle Hautes-
Alpes, Brancnat e Allons nelle Basses-Alpes);
2° che gli strati delle Alpi occidentali sono indubbiamente
«trasgressivi, e che, come quelli di Grancona ecc., stanno in intima
connessione cogli strati di Priabona che sono al disopra;
3° che la trasgressione degli strati di Priabona in molti luo-
ghi del Veneto (Euganei, Via degli Orti ecc. presso Possagno ecc. ecc.
e forse anche a Gallio?) è evidentissima, come già osservarono
Mayer e Bayan;
4° che al disopra del complesso di Roncà esistono in molti
punti depositi d’ acqua dolce con ricca fauna terrestre;
5° che infine, presso Focheratti, in questo livello si riscon-
trano tracce svariate di ciottoli eterogenei i quali provengono da
rocce che oggidi in tutto il territorio non si trovano in posto;
parmi risultare da tutto ciò che la medesima trasgressione che
si riscontra nelle Alpi occidentali, si osserva anche nel Veneto, nella
rioccupazione fatta dal mare di distretti rimasti lungo tempo ter-
raferma; e che quindi Priabona giace trasgressivamente sul com-
plesso più antico dell’ orizzonte di Roncà.
La fauna dei Diablerets ecc. è stata equiparata da Hébert e
Renevier alla fauna mista del gesso di Parigi, e certamente non
senza un intimo convincimento. Per altri essa sarebbe equivalente
alle marne a Cyrena dell’ oligocene inferiore. Priabona possiede,
come ho dimostrato, le stesse nummuliti dell’ oligocene vicentino:
N. Fichteli Mich., N. intermedia d’ Arch., N. Boucheri de la Harpe;
le quali rappresentano parimente la loro parte in tutto I’ oligocene
mediterraneo. Degli intimi rapporti che Biarritz conserva, special-
mente nei suoi strati più recenti, coll’ oligocenico Calcaire à A-
stéries e colle marne a Natica crassatina, ha avuto occasione di
trattare Tournouer. Nei materiali abbastanza insignificanti della
(1) Etude du Vicentin. Paris 1891, pag. 62.
a4 RIVISTA ITALIANA
Via degli Orti che io posseggo, credo di riconoscere la Sanguino-
laria Hollowaysii Sow. e la Crassatella trigonata Fuchs, due spe-
cie che nel Veneto sono caratteristiche di formazioni più recenti.
Lo Spondylus cisalpinus Brug. s incontra tanto a Priabona, M.
Crearo ecc., quanto a M. Grumi; ma pare che manchi in depositi
più profondi. Anche i pectinidi del complesso di Priabona appaiono,
a quanto si crede, in formazioni più recenti. Una conoscenza più
precisa della fauna di Priabona sarebbe perciò molto importante
per giudicare della sua posizione nella serie stratigrafica tanto nel
Vicentino quanto nell’ intera formazione nummulitica sud-europea ;
nella quale forse, in seguito ad uno studio più esatto della sua
fauna, si riscontreranno le influenze dei fattori medesimi, che sono
stati riconosciuti convenienti per la classificazione dei depositi ter-
ziari nord-europei. È difficile sottrarsi alla supposizione, che il
mare invadesse |’ Europa alpina nel tempo stesso che copriva colle
sue acque il nord della Germania, e che gli strati di Priabona,
come anche Von Hantken supponeva (forse una facies soltanto
dell'orizzonte di Sangonini nella Marostica) aprano la serie stra-
tigrafica oligocenica.
Hes
DI PALEONTOLOGIA do
NOTIZIE VARIE
Società Zoologica di Londra. — Nella seduta del 19 novem-
bre 1895 Saville Kent, dopo avere descritto le particolarità del
Chlamydosaurus, sauriano della famiglia delle Agamidae, unica-
mente rappresentato dalla specie australiana vivente C. Kingi, ne
ha rilevato certi caratteri che ricordano i dinosauri. Se non è a
considerarsi proprio come un rappresentante attuale di questo
gruppo estinto, esso ne ha ereditato il caratteristico modo di pro-
gressione bipede. — Nella seduta del 3 dicembre R. Lydekker,
in una comunicazione sulle affinità del così detto ghiro gigante
di Malta, ha concluso che questo rosicante estinto non dey’ essere
messo fra le Myoxidae, ma più tosto fra le Sciuridae, a meno
che non se ne voglia fare una famiglia a parte. L. propone per
esso il nuovo nome generico Leithia. — Nella seduta del 17 di-
cembre F. A. Bather ha presentato un lavoro sul crinoide fossile
Uintacrinus, in cui è data la descrizione morfologica della specie
U. socialis del cretaceo superiore del Kansas occidentale, e son
riempite lacune e corretti errori di lavori precedenti. La compa-
razione con altri crinoidi mostra che Uintacrinus non può essere
messo nè fra i Camerata nè fra gli Articulata.. Esso deve dunque
essere riferito o agli Imadunata paleozoici, o ai loro discendenti
mesozoici, i Canaliculata. Fra questi un processo di comparazione
dà per risultato la linea filogeneticamente ascendente che contiene
Encrinus, Dadocrinus, Pentacrinus e Apiocrinus. Ed è facile ve-
dere in Dadocrinus quello, fra tutti i generi conosciuti, che deve
aver avuto maggior affinità con l’ antenato Uintacrinus.
Accademia delle Scienze di New York. — Sezione biologica.
Nella riunione dell’11 novembre ’95 H. F. Osborn ha illustrato gli
scheletri, recentemente montati, di Zitanotherium e Metamyodon
del Museo Americano, e il 9 dicembre ha presentato il lavoro:
« Titanotheres ot the American Museum of Natural History ».
Lo scheletro completo di Titanotherium robustum presenta solo
56 RIVISTA ITALIANA
venti vertebre dorso-lombari, numero tipico per gli artiodattili»
ma caso intieramente unico fra i perissodattili. Sembra probabile
che lo sviluppo di corna nei titanoterî rappresenti un carattere
puramente sessuale, e che i generi Titanops Marsh e Brontops
Marsh sieno stati fondati su individui rispettivamente maschi e
femmine di Zttanotherium robustum.
Società Linneana della New South Wales. — Nella seduta
del 27 novembre 1895, R. Broom ha dato, in un lavoro intito-
lato « On a small fossil Diprotodont Marsupial, with large groo-
ved Premolars », una descrizione di esemplari meglio conservati
del piccolo marsupiale fossile Burramys parvus, del quale aveva
già parlato in una seduta del giugno. E in un altro lavoro « On
. a small fossil Petaurus - like Marsupial », lo stesso Broom ha
descritto sotto il nome provvisorio di Palaeopetaurus elegans un
piccolo marsupiale fossile di una breccia ossifera delle vicinanze
di Taralga. Esso è molto affine a Petaurus, ma ne differisce per
certi dettagli dei denti, e specialmente pel grande sviluppo del
pm' superiore. A. Cocci.
er nn n ene ——_00_n ___oe ——_——r—_—__e_T_/_ _'_r_m_m__—__n_@24m4mirrrrrt— —
Dott. Carlo Fornasini, redattore responsabile.
Hanno pagato Vabbonamento alla « Rivista »
per l’anno 1895 i signori :
Aichino - Avanzati - Baldacci - Bassani - Berti - Bom»
bicci - Bonarelli - Bose - Botti - Cacciamali - Canavari -
Cecconi - Cerulli - Ciofalo - Clausen (4 copie) - Cortese -
D'Ancona - De Amicis - De Angelis - De Bosniaski - De Gre-
gorio (2 copie) - Delgado - Del Prato - Dervieux - Di Rova-
senda - Dollfus - Dulau e C. - Evans - Fabrini - Foresti - Fuchs
- Fucini - Gaudry - Greco - Issel - Loriol - Lovisato - Malagoli
- Malfatti - Mariani - Meli - Neviani (2 copie) - Omboni -
Oppenheim - Pantanelli - Parona - Pasquali - Patroni - Peola
- Portis - Prestwich - Regalia - Riva - Rothpletz - Sacco -
Salmojraghi - Salomon - Stefanescu - Tellini - Tosi - Tra-
bucco - Tuccimei - Vinassa - Viola.
E per l’anno 1896 i signori:
Baldacci - Berti - Bombicci - De Bosniaski - Delgado -
Dervieux - Dollfus - Fuchs - Malagoli - Mariani - Meschi-
nelli - Riva - Rothpletz - Sacco - Salmojraghi - Stefanescu
- Viola.
a) AG
Ley
Anno II,
SO Aprile 1896
Fascicolo II.
RIVISTA TFAETANA
13,977 a
PALEONTOLOGIA
REDATTORI
CARLO FORNASINI |
VITTORIO SIMONELLI
SOMMARIO
*
I. RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE.
(Capellini, Corti, De Angelis, De
Gregorio, Fucini, Greco, Mariani, Ne-
viani, Osasco, Parona, Sacco, Tom-
masi, Vinassa).
II. PUBBLICAZIONI ESTERE.
A. Recensioni.
(Bittner, Fuchs, Jones, Koch, La-
ville, Parker, Pellat, Redlich, Rzehak,
Schlosser, Schlumberger, Williamson
e Scott, Woodward).
B. Annunzi.
III. G. Bonarelli. Sulla presenza del cal-
loviano nell’ Appennino centrale.
IV. L. Gabelli. Sulla diagnosi delle fu-
coidi e delle filliti, e sulle ano-
malie fogliari in rapporto colla
diagnosi delle filliti.
V. C.Fornasini. A proposito della fig.11,
tav. XXI, della « Palzontologia
del regno di Napoli, parte 2° »
VI. G. de Angelis. IZ Trigonodon Oweni
E. Sism. el’ Umbrina Pecchiolii?
Lawl. nel miocene di Sardegna.
VII. P. E. Vinassa. A proposito dei tuft
glauconitici di Zovencedo.
VIII. P. Oppenheim. Sui molluschi eoce-
nici del M. Postale descritti dal
dott. P. E. Vinassa de Regny.
Notizig varie. — (Comunicazioni scienti-
fiche. - Annunzi di pubblicazioni).
BOLOGNA
TIPOGRAFIA GAMBERINI E PARMEGGIANI
1896
La « Rivista » si pubblica bimestralmente, in fascicoli
di non meno di 32 pagine in 8°.
Abbonamento annuale: cinque lire. — Un fascicolo
separato : una lira.
Gli autori di note originali e di recensioni inserite
nella « Rivista » riceveranno gratuitamente 25 estratti.
Dirigere vaglia e corrispondenza alla ltedazione della
Rivista Italiana di Paleontologia: Via delle Lame 24, BOLOGNA.
INSERZIONI A PAGAMENTO NELLA COPERTINA
{riservate ad annunzi librari e ad offerte di materiali e di strumenti scientifici)
Un quarto@dispasma e Lire 5
Mezza pagina ss 2)... atl » 10
Una’ pagina antenna 262 a yeahs
FEB 6 1999
Anno IL SO Aprile 1996 Fascicolo II.
I III_IIZ I rr ITTTZI | 'L'RÙÎÉÒTZAEZOZTZÉZIII ILL‘ reeeIeliUlaOWO@BF *+<*‘o*‘*‘60
SUL WTTIT. 5 9.5 5hh 5,9 KS
IL
RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE
CapeLLini (G.) — Di una caverna ossifera presso Pegazzano
nei dintorni di Spezia. — Rend. Acc. Lincei, serie 5, vol. V,
pag. 78-84.
« Riguardo ai fossili, scrive l’ A., trattasi esclusivamente di
ossa di orso. Sono in prevalenza i resti di Ursus spelaeus Blum.,
ma ho già constatato ia presenza di un orso più piccolo, proba-
bilmente identico a quello che trovai nella caverna ossifera di Cas-
sana nel 185$, e che fu pure scoperto or sono pochi anni nella
breccia ossifera della famosa grotta di Gargas nei Pirenei, illustrato
maestrevolmente dal prof. Gaudry. Anche dell’ U. priscus Goldf.,
credo di avere qualche indizio; ma poichè mi mancano ancora
parti dello scheletro caratteristiche di questa specie, così mi riservo
a dirne in altra circostanza ».
Corti (B.) — Sulla scoperta di avanzi fossili di Arctomys mar-
motta e di Talpa europaea nel terrazzo morenico di Ci-
viglio sopra Como. — Atti Soc. Ital. Sc. Nat., vol. XXXV.
Tre pagine.
L’ A. comunica la scoperta di parecchi cranii, e numerosi arti,
vertebre e denti di Arctomys, e un piccolo cranio di Talpa. L’ età
di questi avanzi è indubbiamente quaternaria, e la loro presenza
nelle morene laterali del ghiacciaio abduano è in intimo rapporto
colle condizioni climatologiche di quella regione in quell’ epoca,
sensibilmente diverse dalle presenti.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Aprile 1896.
EN
58 RIVISTA ITALIANA
De Ancetis vp’ Ossat (G ) — Sopra alcuni mammiferi fossili della
valle del Po. — Rend. Ist. Lomb., vol. XXIX. 15 pagine.
Descrivonsi avanzi di E/ephas (Loxodon) meridionalis Nesti,
E. (L.) africanus? L., E. (Euelephas) antiquus Falc., E. (E.) pri-
migenius Blum, e di Rhinoceros (Merckianus) Etruriae Falc.,
avanzi che trovansi nel Museo dell’ Università e in quello Civico
di Pavia, nel Museo Civico di Milano, e nell’ Istituto Tecnico di
Bergamo. « Riuscirebbe immatura, scrive l’A., qualunque conclusione
che si volesse inferire dalle esposte determinazioni, perchè fatte con
un breve esame, senza libri e confronti, e quindi soggette a modifica-
zioni. Le località poi, donde provengono i materiali, non sono
disgraziatamente ben determinate dal punto di vista stratigrafico.
Infine non vanno dimenticate le sicure vestigia di corrosione, che
presentano alcuni esemplari, ciò che può far sorgere l’idea della
possibilità di trasporto, avvenuto anche dopo la fossilizzazione ». F.
De Gregorio (A.) — Description de quelques fossiles tertiaires
(surtout miocènes) de Malte. — Ann. de Geol. et Paléont.,
livraison XIX. 22 pag. con 4 tavole.
Premesse alcune considerazioni sulla corrispondenza geologica
degli strati terziari medi di Malta con quelli del territorio di Si-
racusa, e una lista di una trentina di lavori che trattano della.
geologia di Malta, lA. viene alla descrizione delle forme, parec-
chie delle quali sono illustrate come nuove. Tali sono, fra i cirri-
pedi: 4 varietà (angusta, radiata, ornata ed aequisignata) dello
Scalpellum magnum Darwin, 3 specie di Scalpellum (Sc. melitense,
Sc. venustum e Sc. sp.) e una placca che appartiene probabilmente
a un nuovo genere. Fra i molluschi si notano: Patella melitensis,
Cassis? Guliai, Xenophora incertissima, Conus Mercatii var. me-
litensis, Conus melitosiculus, 4 varietà (gibbosula, arcaeopsis, post-
scabriuscula e costatoscabriuscula) del Pecten scabrellus Lam.,
P. melitensis, P. Cookei, Ostrea serrodentata, O. (Pirmula, nuovo
sottogenere) perminuta. Si descrive inoltre una nuova varietà (pa-
rumlobata) della Terebratula Costae Seg., e infine un Flabellum
melitense ? R
De Gregorio (A.) — Description des faunes tertiaires de la
Vénétie. Fossiles de Lavacille près de Bassano, des as-
sises de S. Gonini à Conus diversiformis Desh., Ancil-.
DI PALEONTOLOGIA 59
RRR BD A COLL] LACErCI Ama nan ma ninna a na AAADAR AAR A AE RAANAIA MANARA ANAANI ANARIARATAAARI ARAIAA RIA NINA
laria anomala Schloth., Eburna Caronis Brongn. (recueil-
lis par M. Andrea Balestra). — Ann. de Géol. et Paléont.,
livraison XX. 24 pag. con 2 tavole.
L’A. ebbe già ad occuparsi (Annales, livr. XIII) di fossili di
Lavacille, riconoscendo fin d’ allora che la fauna di questa località
corrispondeva perfettamente a quella di S. Gonini. Colla nuova
contribuzione le specie di Lavacille oltrepassano il numero di go.
Riportiamo i nomi delle forme illustrate come nuove: Strom-
bus vialensis Fuchs var. lavacillensis, Chenopus pescarbonis Brongn.
var. lavacillensis, Conus procerus Beyr. var. perlaevigata, C. se-
mistriatus Desh. var. lavacillensis, Pleurotoma euthriaeformis ,
Pleurotoma antalina, Pl. antalina var. alariopsis, Pl, iscriptum
Schaur. var. musica, PI. (Raphitoma) simplex Desh. var. lavacil-
lensis, PI. (R.) fusopsis, Fusus (Melongena) subcarinatus Lam.
var. miscus, acarinata, F. sopitus, Murex barattus, M. typhopsts,
Eburna Caronis Brongn. var. abbreviata, Cassidaria ambigua Bran-
der var. lavacillensis, Natica spirata Lam. var. improvida, N. n. sp.,
Phasianella pinea, Melania nudopsis, Turritella linda, T. asperu-
lata Brongn. var. antefuniculata, Trochus lavacillensis, Solen pli-
catus Schaur. var. lavacillincola, Crassatella trigonula Fuchs var.
subregularis, Pholadomya subaffinis Schaur. var. veretriangularis.
De Grecorio (A.) — Terza nota su talune conchiglie mediter-
ranes viventi e fossili. — Naturalista Siciliano, anno XIV,
num. 12. Otto pagine.
Descrivonsi, fra le altre, due nuove varietà (altavillensis e bi-
fidocostata) del Pecten scabrellus Lam., e una nuova varietà (per-
ponderosa) dell’ Ostrea lamellosa Brocchi, del pliocene d’ Altavilla,
Viene pure descritta una nuova varietà (collastensis) dell Axinus
rostratus Pecch., del pliocene dei Colli Astesi. Ke
Fucini (A.) — Il lias medio nei monti di Campiglia Marittima.
Proc. Verb. Soc. Tosc. Sc. Nat., 26 genn. 1896. Due pagine.
Il Monte Calvi, presso Campiglia Marittima, forniva al Museo
geologico pisano una importante collezione di ammoniti a facies
hierlatziana raccolte in un giacimento che il Meneghini, il De
Stefani e il Lotti riferirono già al lias inferiore; mentre ora il
dott. Fucini, in seguito alla determinazione specifica di esse am-
moniti, che gli permise di riscontrarvi le forme seguenti: Amm. mu-
60 RIVISTA ITALIANA
ticus, Jamesoni, mimatensis, Partschi, cylindricus (?), Lipoldi,
Guidonii (?), margaritatus, masseanus etc., considerandovi inoltre
la assoluta assenza dei psilonoti, degli arieti e degli angulati, è
persuaso trattarsi piuttosto di lias medio. G. BONARELLI.
Greco (B.) — Il lias superiore nel circondario di Rossano Ca-
labro. — Proc. Verb. Soc. Tosc. Sc. Nat.,-26 gennaio 1896.
Tre pagine.
Provenienti dalla località di Pietracutale e di Bocchigliero nelle
vicinanze di Pontadura (circondario di Rossano Calabro), ivi rac-
colti in un complesso di strati calcareo-marnosi, arenacei, grigi o
giallastri, che sovrastanno perfettamente concordanti ai calcari neri
con brachiopodi del lias inferiore, si conservano nel Museo geolo-
gico pisano numerosi fossili, intorno ai quali il dott. Greco pub-
blicherà uno studio monografico. Limitandosi per il momento a
farci conoscere |’ elenco delle forme da lui determinate, il dottor
Greco (dissentendo dalla opinione dell’ing. Cortese che riferi-
sce la formazione d’ onde proviene questa fauna alla parte supe-
riore del lias medio), crede piuttosto che la si debba riferire alla
parte inferiore del lias superiore, trovandola perfettamente iden-
tica a quella sincrona dei dintorni di Taormina già studiata dal
Gemmellaro e dal Seguenza. G. BONARELLI.
Mariani (E.) — Alcune ricerche paleontologiche nel Buco del
Piombo sopra Erba. — Atti Soc. Ital. Sc. Nat., vol. XXXV,
pag. 239-244.
Questa grotta non aveva fornito avanzi di orso delle caverne
prima dello scorso anno, durante il quale, tanto l'A. quanto il dottor
Corti poterono raccogliervi i seguenti resti scheletrici: un incisivo
inf., un premolare (P‘) di mascella inf. sin., un molare ant. (M') di
masc. inf. sin., tre molari mediani (M?°) di masc inf. sin., tre ca-
nini di masc. sup., un frammento di femore sin., un’ ulna destra,
un frammento di omero destro, alcune ossa delle estremità degli
arti e un frammento di costa. E;
NEVIANI (A.) — Appunti bibliografici per servire alla storia
degli studi sui briozoi. Prima serie. — Rivista Ital. Sc.
Nat., anno XVI, pag. 1-7, 25-28, 35-38.
L’ A. si propone di passare in rassegna l’opera dei naturalisti,
ae
DI PALEONTOLOGIA 61
a NN NW EN Ww we Se eee TE re ec EER i «clues
dai tempi piu antichi fino a Lamarck e suoi contemporanei, non
solo ponendo in evidenza quanto riguarda il modo come furono
intesi nei vari tempi i briozoi, ma procurando anche di riferire
alle forme ora conosciute quelle studiate nelle varie opere, sia che
trattino di forme fossili, sia di viventi.
In questa prima serie sono presi in esame venti lavori, comin-
ciando da uno del Rondelet (1555) per finire con quello classico
dell’ Olivi (1792) « Zoologia Adriatica ». Le specie nominate o
descritte dai vari autori non sempre si son potute riportare a forme
ben determinate. Queste sommano in tutto a 49, e, come è facile
comprendere, sono fra le più comuni. A. NEVIANI.
Osasco (E.) — Di alcuni corallari pliocenici del Piemonte e
della Liguria. — Atti Acc. Sc. Torino, vol. XXXI. Sedici
pagine con una tavola doppia.
Si enumerano 60 forme, delle quali, 18 (quasi tutte varietà)
vengono illustrate come nuove. E sono le seguenti: Eupsammia
porosissima (vicina alla contorta de Ang.), Balanophyllia italica
(Michn.) var. gigantea, Dendrophyllia digitalis Blainv. var. crassa,
Trochocyathus arenulatus Ponzi var. turbinata e var. laevis, Pa-
racyathus pedemontanus (Michn.) var. alternicostata e var. Miche-
lottii, Ceratotrochus duodecimcostatus (Goldf.) var. producta, var.
Ploriformis e var. expansa, C. multispina (Michtt.) var. laevis, C.
multiserialis (Michtt.) var. miopliocaenica, Flabellum Peolae (che
si confronta col Fil. Vaticani Ponzi), Fl. ovicula (Michtt.) var.
ornata, var. erecta e var. subroissyana, FI. trapezoidale, e FI. tra-
pezoidale var. semiovoidalis.
Tutte le 60 forme, meno due, furono trovate nel piacenziano ;
25 nell’astiano; 20 nel tortoniano ; 6 soltanto vivono nel Mediter-
raneo. Le forme nuove son tutte accuratamente figurate nella ta-
vola annessa, e lo sono inoltre: Dendrophyllia ramea (L.), Cera-
totrochus duodecimcostatus (Goldf.),Trochocyathus arenulatus Ponzi,
Caryophyllia clavus Scacchi e Desmophyllum elatum de Ang. F.
Parona (C. F.) — Considerazioni sulla serie del giura supe-
riore e dell’ infracretaceo in Lombardia a proposito del
rinvenimento di fossili del piano barremiano. — Rend.
Ist. Lomb., serie 2, vol. XXIX. Quattro pagine.
Un esemplare di Lytoceras cf. Phestus (Math.), un frammento
hie) HMR Ag Ea aU tare EVI RR
i; Ù CARINE baia
È
62 RIVISTA ITALIANA
di Silesites Seranonis (d’ Orb.) e due buoni esemplari di Costodi-
scus recticostatus (d’ Orb.), rinvenuti dal prof. Taramelli tra
Opreno e Burligo (Prealpi bergamasche) in certi scisti calcarei ci-
nerei o grigiastri giacenti fra la majolica e la sovrastante serie
cretacea, permettono all’ A. di segnalare con assoluta certezza, per
la indicata località, la presenza del piano barremiano (urgonien
d’ Orb. 1847; Vernsdorferschichten aut. ted.), aggiungendo così un
nuovo dato importantissimo per la conoscenza del cretaceo lombardo.
G. BONARELLI.
Parona (C. F.) — I fossili del lias inferiore di Saltrio in Lom-
bardia. III. Nautili. — Boll. Soc. Malac. Ital., vol. XX,
pag. 7-20, con tavola doppia.
Il gen. Nautilus è rappresentato nella formazione di Saltrio
(sinemuriano medio-sup.) da un’ abbondanza insolita di individui e
di forme. L’ A. vi riconosce le seguenti:
Naut. striatus Sow. (comune al lias inf. ed al medio).
Naut. intermedius Sow. (comune a tutto quanto il lias).
Naut. Sturi Hauer. Quattro modelli lievemente diversi dalle
figure tipiche date da Hauer di esemplari degli strati di Késsen
(lias inferiorissimo), per avere il foro sifonale più in basso, I’ om-
belico più stretto e la sezione dei giri più arrotondata.
Naut. Araris Dum. Parecchi esemplari tutti egualmente un
po’ diversi dal tipo di questa forma per avere il foro sifonale più
verso il centro della superfice dei setti.
Naut. Stoppanii n. f. Distinto dal Naut. Araris per avere
l’ ombelico più stretto, i giri più larghi, il lato esterno più con-
vesso, le linee suturali meno incurvate sui fianchi ed il foro sifo-
nale quasi nel centro dei setti.
Naut. Spreaficoi n. f. Con ombelico chiuso. Molto affine al
Naut. clausus d’ Orb. dell’ oolite inferiore.
Naut. Balsamo-Crivellii n. f. Probabilmente ancestrale del Naut.
inornatus d’ Orb., dal quale differisce per i suoi giri più alti che
larghi, le suture meno arcuate ecc.
Naut. Breislacki n. f. Distintissimo da tutti i congeneri lia-
sici ed affine al Naut. glaber Foord & Crick del bajociano.
Naut. Amorettii n. f. Distintissimo per la conformazione dei
suoi fianchi e del suo dorso escavato. Lo si potrebbe considerare
come una forma di passaggio tra il gen. Nautilus ed il sottogen.
Hercoglossa (Aganides), G. BONARELLI,
DI PALEONTOLOGIA 63
Sacco (F.) — Le rhinocéros de Dusino (Rhinoceros etruscus
Falc. var. astensis Sacco). — Arch. Mus. Hist. Nat. Lyon,
vol. VI, 31 pag. con 4 tavole.
Uno scheletro quasi completo di Rhinoceros, discoperto a Du-
sino (Villafranca d’ Asti), in depositi villafranchiani, a poca distanza
dalla localita ove molti anni addietro erano stati raccolti i famosi
avanzi del « mastodonte di Dusino » illustrato dal Sismonda,
offre ora al prof. Sacco argomento per questa voluminosa mo-
nografia.
L’ esame particolareggiato dell’ intero scheletro permette all’ A.
di stabilire che si tratta di un individuo adulto, di forme assai
snelle, probabilmente di sesso femminino, riferibile non al Rh. an-
tiquitatis Blum., nè tampoco al Rh. tichorinus Fisch. come scrisse
il Baretti, ma bensì al Rh. etruscus Falc., quantunque esso diffe-
risca dal tipo di questa forma per i seguenti caratteri: parietali più
rapidamente rilevati nella parte posteriore; nasali più regolarmente
rugosi, colla porzione ‘anteriore meno proversa; occipitale più rile-
vato e fornito di condili più prolungati all’ indietro ; intermascel-
lari più arcuati con rudimenti d’ alveoli per gli incisivi, ecc. Le
quali differenze inducono l’ A. a considerare questo individuo come
una varietà, ch’ egli chiama astensis, del Rh. etruscus.
Questa forma tipica del gruppo dei Coelodonta è ritenuta
dal prof. Sacco come la progenitrice del Rh. Merckii, e questo a
sua volta del Rh. antiquitatis, contrariamente a quanto scrisse nel
1892 la signora Paulow (Sur les Rhinoceridae de la Russie et le
développ. des rhinoc. en général), la quale fa derivare il Rh. etru-
‘ scus dal Rh. megarhinus e il Rh. Merckit dal Rh. leptorhinus.
: G. BONARELLI.
Tommasi (A.) — Sul recente rinvenimento di fossili nel calcare
a Bellerophon della Carnia. — Rend. Acc. Lincei, serie 5,
vol. V, pag. 216-221.
Premesso un riassunto delle « varie vedute ch’ebbero in que-
st ultimo ventennio i geologi, sul riferimento cronologico del così
detto calcare a Bellerophon », secondo le quali questo fu ritenuto
ora come triasico, ora come permiano, ora come membro di tran-
sizione fra il dias ed il trias, V A. comunica il risultato di sue re-
centi scoperte fossilifere nei calcari schistosi di varie località della
Carnia. È importante l’osservazione fatta lungo la strada della
o ME REN ani DICI pal dorate ln gi te Me TR as eR F
ZANE Seok aN Saba PAGO
64 RIVISTA ITALIANA
eee ie ene i eee re i rr OT OO TA ONO ig td oe
Val Pesarina, ove fra gli strati rossi marnosi del piano di Werfen
e il calcare a Bellerophon esiste concordanza perfetta di stratifica-
zione, con passaggio litologico graduato di questo calcare alle roc-
cie del trias inferiore. I Sellerophon sono scarsi e in generale male
conservati; abbondano invece le bivalvi, particolarmente le Avicu-
lae e i Pecten. Pertanto, i fossili del Bellerophonkalk di Carnia si
riducono alle seguenti specie: Bellerophon Ulrici, B. sextensis,
B. fallax e B. cadoricus?, Natica pusiuncula, Pecten (Entolium)
tirolensis, P. pardulus, P. (Aviculopecten) comelicanus, P. (A.)
Trinckeri, P. (A.) Giimbeli, Avicula striatocostata (tutte di Stache),
Ancella cf. Hausmanni Goldf., Nucula n. f., Najadites sp., Diplo-
pora Bellerophontis Rothpl. Nessuna delle specie note o delle nuove
può essere non solo identificata ma neppure ravvicinata a quelle
del trias inferiore alpino, o del Muschelkalk o di piani triasici più
recenti. BR.
Vinassa DE Recny (P. E.) — Fossili del tufo glauconitico di Zo-
vencedo. — Proc. Verb. Soc. Tosc. Sc, Nat., 26 gennaio 1896.
Due pagine. .
_ Ricordata I’ opinione precedentemente emessa, secondo la quale
il tufo glauconitico di Zovencedo segnerebbe un passaggio dal piano
dei calcari di Roncà a quello di Priabona, I’ A. da qui un elenco
di 55 forme estratte dai frammenti di tufo esaminati, riservando-
sene più ampia trattazione in una prossima monografia. Riportiamo
i nomi delle specie nuove determinate: Arca Gottardi, Spondylus
gigas, Delphinula pusilla, Trochus Fuchsi, Turritella acutispira,
Cylichna Schmiedti Mgh. in sch. Dodici specie sono comuni agli
strati con Velates schmiedeliana del Veneto. RE
Vinassa DE Reeny (P. E.) — Echinidi neogenici del Museo Par-
mense. — Proc. Verb. Soc. Tosc. Sc. Nat., 1.° marzo 1896.
Una pagina.
Annunciando la prossima presentazione di una memoria su
questo argomento, |’ A. enumera qui 18 forme diverse, colle quali
vengono sensibilmente arricchite le nostre conoscenze sugli echi-
nidi neogenici di Castellarquato, Bacedasco, Riorzo, ecc. Bi
ad
DI PALEONTOLOGIA 65
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DE
PUBBLICAZIONI ESTERE
A. — RECENSIONI.
Bittyer (A.) — Ein von Dr. E. Bòse neu entdeckter Fundplatz
von Brachiopoden in den norischen Hallstàtter Kalken
des Salzkammergutes, zwischen Rossmoos- und Hiitte-
neckalpe. — Verh. k. k. geol. Reichsanst., 1895, pag. 367-369.
L’A. riferisce intorno ad una piccola fauna di brachiopodi
tipicamente norici: 1.° Rhynchonella superba Bittner, della quale
finora era stato trovato un solo esemplare nel Salzkammergut
(a Leisling). Questa specie è abbondantissima nella nuova località
e in certi punti costituisce da sola alcune parti della roccia.
2.° Rh. (Austriella) longicollis Suess: sei piccoli esemplari, intera-
mente simili a quelli del calcare norico di Leisling. 3.° Rh. (No-
rella) Geyeri Bittner: tre esemplari. 4.° Juvavella Suessi Bittner,
la quale, al pari della precedente, è conosciuta quasi soltanto in
località tipicamente noriche. 5.° Koninckina cf. blandula Bittner:
un solo esemplare. 6.° Amphiclinodonta n. sp.: due esemplari. Que-
sta specie appartiene al gruppo della A. crassula Zugm., ed è so-
pratutto vicina alla A. Manzavinii Bittner, del trias di Baliaj}Maa-
den nell’ Asia Minore. | E. Bose.
BITINER (A.) — Neue Brachiopoden und eine neue Halobia der
Trias von Balia in Kleinasien. — Jahrb. k. k. geol. Rei-
chsanst., vol. XLV, pag. 249-254, con una tavola.
È una nuova contribuzione che I’ A. viene ad aggiungere alle
altre sue precedenti (') intorno al trias di Balia. Egli descrive le
seguenti nuove specie di brachiopodi: Waldheimia (Zeilleria) aff.
austriaca Zugm., Rhynchonella Coulanti (prossima alla Rh. angu-
(1) Jahrb. k. k. geol. Reichsanst., 1891, pag. 97; 1892, pag. 77.
=
a ae ates fe Ss 2
$t- 4 ee ari
66 RIVISTA ITALIANA
lifrons delle Alpi), Rh. baliana (spettante al gruppo delle halorica,
halophila e juvavica Bittner), Rh. (Halorella 2) sp. indet., Spirigera
ex aff. Deslongchampsi Suess (appartenente alle vere Spirigerae
liscie e non alle Diplospirellae, sebbene esternamente essa si possa
distinguere appena dalla D. Wissmanni), Koninckina sp. (la prima
specie extra-europea di questo genere, simile alla K. elegantula
Zugm.), Amphiclinodonta Manzavinti (prossima alla A. crassula
Zugm.), Retzia aff. pretiosa Bittner, Spiriferina ex aff. Suessi,
Lingula sp.
Viene dall’ A. illustrata anche una nuova Halobia, la quale si
distingue dalla H. Neumayri principalmente per la larghezza molto
maggiore delle coste, e fors’ anche per la minore obliquita della
conchiglia. Essa è vicina, pare, alla H. Hochstetteri della Nuova
Zelanda. E. Bose.
Fucus (T.) — Tertiaerfossilien aus den kohlenfiihrenden Mio-
caenablagerungen der Umgegend von Krapina und Ra-
doboj, und iiber die Stellung der sogenannten aquitani-
schen Stufe. — Mitth. Jahrb. ungar. geol. Anstalt, vol. X,
fasex is.
Dagli strati inferiori alle ligniti di Krapina e Radoboj sono
pervenuti all’ A. dei fossili, fra i quali egli ha potuto determinare:
Pleurotoma concatenata Grat., Cardium cf. leognanicum May.,
C. aquitanicum May., C. moeschanum May., Cerithium margarita-
ceum Brocchi, C. plicatum Brug., Ostrea aginensis Yourn., Cor-
bula carinata Duj., Arca cardiiformis Bast., Cytherea erycina Lam,
Di 14 specie determinate con sicurezza, g sono caratteristiche del
primo piano mediterraneo, e 6 in particolare dell’ orizzonte infe-
riore di Molt e Loibersdorf. Gli strati inferiori di Radoboj non solo
dunque sono contemporanei di quelli di Molt, ma anche dell’ aqui-
taniano, come dimostrarono Hoernes e Paul.
L’ A. poscia esamina che cosa sia veramente questo aquitaniano
di Mayer, e trova che gli strati inferiori dei dintorni di Bordeaux,
i faluns di Bazac e Mérignac, contengono una fauna evidentemente
miocenica, la quale non conserva che qualche rarissima specie oli-
gocenica. Al contrario, le sabbie d’ Ormoy e di Cassel e l’arenaria
a Pectunculus d’ Ungheria sono ricche di fossili oligocenici e non
contengono che qualche rarissima specie miocenica. Questi strati
rappresentano anzi il tipo dell’ oligocene superiore e costituiscono
un piano per il quale Fuchs propone il termine di chattiano (da
DI PALEONTOLOGIA 67
un antico nome tedesco che indicava le popolazione dell’ Assia).
L’ aquitaniano di Mayer è già miocene inferiore, e ad esso ap-
partengono il primo piano mediterraneo, gli strati superiori a Cy-
renae di Baviera e la lignite del Zillythal in Rumenia (').
L’ A. aggiunge di avere trovato recentemente negli strati di
Horn a Eggenburg (primo piano mediterraneo) delle grandi Cyre-
nae, che egli ritiene identiche alla C. gigas Hofm. del Zillythal.
P. OPPENHEIM.
Jones (T. R., assisted by H. W. Burrows, C. D. SHERBORN, F. W.
Mittert, R. HoLranp and F. CHÒapman) — A Monograph
of the Foraminifera of the Crag. Part II. — Palaeontogr.
Society, vol. for 1895, pag. i-vii, 73-210, tav. V-VII, con
22 figure nel testo.
Ad alcune considerazioni di H. B. Burrows sulla stratigrafia
del crag d'Inghilterra e sulla distribuzione in esso dei foraminiferi,
fa seguito la parte più interessante e sviluppata del lavoro, cioè la
descrizione delle specie, con correzioni alla nomenclatura e con
note illustrative delle forme figurate ma non descritte nella prima
parte di questa monografia, che fu pubblicata, com’é noto, nel
18€6.
Le specie qui descritte appartengono alle famiglie dei Mzlioli-
dae, dei Lituolidae, dei Textilariidae e dei Lagenidae. Di quest’ ul-
tima vengono illustrate soltanto le Lageninae e una sola specie di
Nodosariinae (Glandulina laevigata), essendo riservata alla terza
parte del lavoro la descrizione delle altre forme di quest’ ultimo
gruppo. La determinazione dei Miliolidae vien fatta in base al
metodo seguito già in precedenza dagli autori inglesi, vale a dire
non tenendo calcolo dell’ esame minuto della intima struttura de-
gli esemplari, che deve condurre, secondo Schlumberger, alla
distinzione delle specie, come ha già condotto alle importanti sco-
perte relative al dimorfismo iniziale. Così è che, per citare un
‘esempio, vediamo ridotte le Biloculinae del crag alle quattro solite
(1) Non posso che convenire pienamente col grande conoscitore del
terziario. Forse anche gli strati di Schio appartengono all’7aquitaniano
quale è inteso da Fuchs; certamente essi non sono oligocenici, nè aqui-
taniani nel senso di Mayer. Credo che queste idee di Fuchs siano della
più grande importanza per la classificazione dei depositi del terziario medio.
PO;
68 RIVISTA ITALIANA
specie: B. ringens (Lam.), B. elongata, depressa e bulloides d’Orb.,
(quest ultima rappresentata dalla var. inornata d’Orb.). Del resto
l'A. non nega l’importanza delle scoperte di Munier Chalmas
e di Schlumberger, e dichiara (pag. 102) che le differenze nel-
l’intima struttura e le ricerche recenti sulla biologia di alcuni fo-
raminiferi (*), lasciano sperare una più esatta distinzione di forme
e una più perfetta classificazione. Nessuna specie o varietà è indi-
cata come nuova fra i rimanenti Miliolidae del crag: i generi orbi=
gnyani Zriloculina e Quinqueloculina sono sempre riuniti nei ge-
nere Miliolina, ma è accettato il nuovo gen. Sigmoilina Schlumb.
(S. tenuis Czjzek sp.). Le Textilariinae sono ben rappresentate:
noto fra esse una nuova specie di Textilaria (T. sulcata Jones, di-
stinta per un ispessimento dei margini delle camere presso la linea
mediana di congiungimento), e una nuova varietà (densa Jones)
della 7. agglutinans, con camere numerose, compatte, basse e
orizzontali. Noto inoltre, senza entrare in appunti critici, la iden-
tificazione di certe grandi forme grossolanamente arenacee e. cor-
rugate (fossili nel neocene italiano e nello stesso crag, da me altra
volta riferite alla T. sagittula Defr.) colla 7. jugosa Brady (piccola
specie con suture limbate da sostanza ialina), che viene qui consi-
derata come varietà della 7. sagittula. Fra le Bulimininae (che
vengono comprese nel gruppo degli Arenacea) è descritta una
nuova varietà (obesa Jones) della Virgulina schreibersiana. Le
Lagenae sono rappresentate nel crag da 23 forme diverse, due
delle quali sono nuove: L. annectens e L. lacunata Burr. e Holl,,
di cui la prima ricorda L. quadricostulata Reuss, la seconda L. or-
bignyana (Seg.).
Precede il lavoro una interpretazione corretta delle figure con-
tenute nelle quattro tavole relative alla prima parte, mentre anche
nelle tre tavole che accompagnano questa seconda parte vengono
riprodotti molti esemplari che verranno descritti soltanto nella terza
parte della importante monografia. Tie
Kocu (A.) — Die Tertiaerbildungen des Beckens der sieben-
biirgischen Landestheile. I. Palaeogene Abth. — Mitth.
Jahrb. ungar. geol. Anstalt, vol X, fasc. 6.
E un’ ampia monografia del terziario antico del bacino di
Transilvania. Comincia l’eocene -- (1°) cogli strati argillosi infe-
(1) V. questo periodico, vol. II, pag. 17,
DI PALEONTOLOGIA 69
riori variegati, che non hanno dato fossili e che giaciono trasgres-
sivamente sugli schisti cristallini dei monti Benedek-Czikò. Essi
sono coperti — (2°) da un calcare d’ acqua dolce, che nei dintorni
di Rona e Szibò ha fornito: Planorbis aff. elegans F. Edw., Pa-
ludina aff. globuloides Forb., Limnaea aff. Michelini Desh., L. aff.
arenularia Brand., L. aff. inflata Brong., Pisidium sp., Chara sp.
L’ A. deduce dal complesso di questa fauna, che il calcare di Rona
appartiene all’ eocene medio, e non all’ inferiore come scrisse lo
Stache, giacchè le forme più prossime si trovano tutte nei sedi
menti superiori all’ eocene inferiore. Seguono — (3°) gli strati mar-
nosi e gessosi con Nummulites perforata e con una fauna tipica
dell’ eocene medio, ma, a quanto pare, mal conservata e rappre-
sentata da soli modelli. Vi si notano: Velates schmidelianus Chemn.,
Ostrea Brongniarti Bronn, Fusus subcarinatus, Turritella imbri-
cataria, Corbula gallica, Bulla striatella Lam., Ficula nexilis
Sol., ecc. Quest’ orizzonte a N. perforata si alterna cogli strati a
N. striata. Si osserva poscia — (4°) un calcare grossolano inferiore
con una fauna analoga, nella quale predominano: Ostrea multi-
costata Desh., O. cymbula Lam., Vulsella Kochi Hofm., Pecten
subimbricatus Miinst., Scutellina nummularia e Sismondia occitana
Desh. — (5°) Strati argillosi variegati superiori, col calcare d’acqua
dolce medio. Vi furono scoperti Brachydiasthematherium transyl-
vanicum Boeckh. ed altre ossa di pachidermi; e fra i molluschi:
Limnaea cf. Michelini Desh., e Planorbis cf. cornu Brong. —
(6°) Calcare grossolano superiore con intercalazione di strati mar-
nosi e gessosi. Questo complesso contiene pure una fauna ricchis-
sima di molluschi e di echinodermi. Mancano le nummuliti. La
maggior parte dei molluschi è rappresentata da modelli: hanno
resistito soltanto i gusci calcitizzati. Vi si notano: Harpa mutica
Lam., Cassidaria nodosa Dix., Terebellum convolutum Lam., T.
belemnitoideum d’ Arch., T. obtusum Sow., Ficula pannus Desh.,
Cerithium sp. aff. giganteum Desh., Natica cepacea, N. sigaretina,
N. patula Lam., Velates schmidelianus Chemn., Turritella imbri-
cataria, Lucina mutabilis, Pectunculus pulvinatus Lam., ecc. ecc.
Anche tale complesso appartiene, secondo l’ A.. all’ eocene medio.
— (7°) Strati marnosi assai potenti con Nummulites intermedia’
d’ Arch., i quali contengono inoltre: N. Fichteli Mich., N. vasca
Joly e Leym., N. Boucheri d’Arch., Terebellum obtusum Sow.,
Natica cepacea e Turritella imbricataria Lam., Cardita Laurae
Brong., Pecten Thorenti d’ Arch., P. solea Desh., P. corneus Sow.,
Spondylus radula Lam., S. Buchi Phil, Ostrea flabellula Lam.,
70 RIVISTA ITALIANA
O. Martinsi d’ Arch., Serpula spirulaea Lam., ecc. ecc. Questo
complesso appartiene, secondo | A., al bartoniano e agli strati di
Priabona. — (8°) Strati con briozoi e con: Pecten Thorenti d’Arch.,
P. corneus Sow., P. arcuatus Brocchi, Ostrea Martinsi d’ Arch.,
Cardium tenuisulcatum Nyst., Turritella asperula Brug., O. cya-
thula Lam., O. Brongniarti Bronn, Serpula spirulaea Lam., ecc. ecc.
Con questi strati finisce, secondo l’A., il bartoniano e la serie
eocenica. — (9°) Strati di Hoja: calcare marnoso giallastro o gri-
gio chiaro, poco potente (4 m.), con fossili molto meglio conser-
vati di quelli dei depositi precedenti: Zurritella asperulata Lam.,
Diastoma costellatum Desh., Turbo Parkinsoni Bast., Delphinula
scobina Brong., Xenophora cumulans Brong., Natica crassatina
Lam., N. auriculata Grat., N. Beaumonti Héb. e Ren., Cerithium
margaritaceum Brocchi, C. trochleare Lam., C. plicatum Brug.,
Cancellaria evulsa Sol, Fusus subcarinatus Lam., Ficula nexilis
Sol., F. condita e Conus alsiosus Brong., Cassis vicetinus Fuchs,
Eburna Caronis Brong., Voluta modesta Mer., Panopaea Heéberti
Bosq,, Corbula pyxidicula Desh., Psammobia pudica Brong., P.
Hollowaysi Sow., Cytherea splendida Mer., C. incrassata Sow.,
Cyprina compressa Fuchs, Venus Aglaurae Brong., V. lugensis
Fuchs, Cardium anomale Math., Pectunculus medius Sow., P. an-
gusticostatus Samt., P. Thorenti d’ Arch., P. corneus Sow., Ostréa
flabellula e O cyathula Lam., Avicula stampinensis Desh., Num-
mulites intermedia d° Arch. e N. Fichteli Mich. Questo complesso
spetta, secondo l’A., all’ oligocene inferiore, orizzonte di Sangonini.
— (10°) Strati di Revkoertvelyes: argille e marne con banchi di
lignite assai potenti (da 1 a 3 m.) e con: Cerithium margarita-
ceum Brocchi, C. plicatum Brug., Diastoma costellatum Desh., Na-
tica angustata Grat., Eburna Caronis Brug., Cyrena semistriata
Desh., Congeria Brardi Brong. —— Strati di Mera: marne con Scu-
tella subtrigona Koch, e con ricchissima fauna quasi identica a
quella di Hoja, rappresentanti, secondo |’ A., il complesso di Ca-
stelgomberto, oligocene medio. — (11°) Strati di Nagy-Honda:
schisti marnosi con scaglie di Meletta e con Cardium Lipoldi Rolle,
spettanti parimente all’ oligocene medio. — (12°) Strati di For-
gacskùut: marne lignitifere con Anthracotherium sp., Melanopsis
Hantkeni Hofm., Cyrena semistriata Desh., Congeria Brardi
Brong., ecc. — (13°) Strati di Fellegvar o a Corbula, con C. aff.
henkelusiana, Cyrena semistriata e Corbulomya triangula Nyst.
— (14°) Strati di Szombor, colla fauna degli strati (12°) e (13°). —
(15°) Strati di Pupta Svt Mihaly: argille; gessi e lignite, con: Me-
eek
\l 4
DI PALEONTOLOGIA 71
RAMA Acne Ann an KERAar mania nesoderrrar spezzoni renne 4
lanopsis Hantkeni Hofm., Cyrena Brongniarti Bast., C. gigas Hofm.,
Mytilus Haidingeri Hoern., Ostrea aginensis Tourn. I complessi
degli strati (13°) a (16°) sono ritenuti dall’ A. appartenenti all’ oli-
gocene superiore, cioè all’ aquitaniano. Nel nord della Transilvania,
nella regione dei fiumi Szamos e Lapos, trovasi |’ aquitaniano ma-
rino riccamente fossilifero e intimamente affine all’ arenaria a Pe-
ctunculus d’ Ungheria e all’ oligocene superiore di Germania.
Ho riferito fin qui fedelmente intorno al contenuto del lavoro
di Koch, senza esporre I’ opinione mia in proposito. Ora mi per-
metto di fare alcune osservazioni. Se dobbiamo da un lato essere
contenti di conoscere la serie stratigrafica di uno dei bacini più
completi del terziario, d’altra parte siamo costretti a deplorare che
la paleontologia vi lasci alquanto a desiderare. Ciò che più colpi-
sce è l’intima corrispondenza fra gli strati di Transilvania e quelli
dell’ Ungheria occidentale. In realtà, nei due bacini la serie eocenica
comincia con depositi d’ acqua dolce trasgressivi, spettanti all’eocene
medio o alla parte più recente dell’ eocene inferiore. Gli strati (3°)
e (4°) di Koch corrispondono all’ orizzonte con Numm. subplanu-
lata Hantk. e Mad., e agli strati con N. perforata; (6°) corrisponde
all’ orizzonte con N. striata dei dintorni di Gran; (7°) è il calcare
a Orbitoides di Ofen ecc., e corrisponde certamente come scrive
anche il Koch, agli strati di Priabona, dei quali contiene i prin-
cipali fossili. Debbo però notare che in questo orizzonte non ho
mai trovato grandi Zerebellum e Natica cepacea, e che, sino a
prova contraria, riterrò che Koch sia in errore, tanto più che anche
nella fauna di Bos d’Arros presso Pau mancano nell’ orizzonte me-
desimo questi due fossili. Per me, come per il compianto M. v.
Hantken, con questi strati (7°) comincia 1’ oligocene. (8°) corri-
sponde alle marne di Buda, vale a dire all’ oligocene inferiore,
orizzonte di Sangonini. (9°), (10°) e (11°) sono equivalenti del
gruppo di Castelgomberto e del Kleinzeller Tegel, cioè dell’ oligo-
cene medio. (12°), (13°) e (14°) rappresentano I’ aquitaniano, strati
con Cyrena semistriata d’ Ungheria e ligniti di Monte Viale e
Zovencedo nel Vicentino, cui corrispondono interamente o in parte
l’arenaria a Pectunculus d’ Ungheria e gli strati dello Szamos e del
Lapos nel nord della Transilvania. Gli strati (15°) di Pupta Syt
Mihaly e le ligniti del Zillythal in Rumenia appartengono già al
miocene, come opina anche Fuchs, e credo che miocenici siano
anche gli strati di Schio.
In conclusione, nonostante questa diversità di opinioni, il la-
voro di Koch è altamente importante per la stratigrafia terziaria
72 RIVISTA ITALIANA
e mentre ci rallegriamo coll’ A. pei risultati ottenuti, ci auguriamo
che faccia seguito fra breve una descrizione altrettanto diligente dei
fossili. P. OpPENHEIM.
LAvILLE (A.) — Le gisement pleistocène a Corbicules de Cergy.
-— Bull. Soc. géol. France, serie 3, tomo XXIII, pag. 504-506.
In una cava delle vicinanze di Pontoise fu trovata in grande
quantità e benissimo conservata Corbicula fluminalis Miill., insieme
ad utensili di pietra del tipo magdaleano, chelleano e monsteriano.
Il rimanente della fauna è costituito da conchiglie terrestri e d’acqua
dolce che anche oggidì s'incontrano in quei luoghi, e da resti di
vertebrati, fra i quali sono da notarsi Bos priscus ed Elephas an-
tiquus. Si tratta dunque, a quanto pare, di depositi del diluviale
medio. P. OPPENHEIM.
Parker (P. J.) — On the Cranial Osteology, Classification and
Phylogeny of the Dinornithidae. — 7rans. Zool. Soc. Lon-
don, vol. XIII, parte 2, pag. 373-431, tav. LVI-LXII.
L’ A. ha esaminato la maggior parte del materiale esistente
nelle collezioni pubbliche e private, e dà una descrizione partico-
lareggiata del cranio delle vatie specie di Dinornithidae, accom-
pagnata da eccellenti figure. I numerosi generi finora proposti si
possono ridurre a soli cinque, ripartiti in tre gruppi naturali o
sottofamiglie. 1.° n gruppo altamente specializzato (Dinornithinae)
comprende le forme di alta statura, con gambe allungate, cranio
largo e robusto e becco lungo, ampio e curvato: corrisponde al
genere Dinornis. 2.° Un altro gruppo egualmente estremo (Emet-
nae) è caratterizzato da membri massicci, cranio forte e stretto,
becco largo e breve, mandibola robusta: corrisponde al genere
Emeus. 3.° Il resto (Anomalopteryginae) costituisce un gruppo più
indifferente: statura mezzana o piccola, cranio stretto e becco acu-
minato; abbraccia i generi Pachyornis, Mesopteryx e Anomalo-
pteryx. In questa classificazione, che poggia principalmente sulla
struttura del cranio, lA. non ha tenuto conto di quei generi che
sono fondati esclusivamente sulle ossa dei membri. Così pure, nelle
considerazioni comparative che seguono, non vanno presi in con-
siderazione gli uccelli giganti di Madagascar e altri il cui cranio è.
rimasto ignoto.
Il Parker ritiene che tutti i Ratiti dell’ Australasia siano. fra
“4
ae
+ È,
te) ve OU ie Oe aA at
Fe E IAT ARIES,
DI PALEONTOLOGIA 73
loro affini e discendano da stipite comune. Dromaeus e Casuarius,
enchè si scostino maggiormente dagli altri, pure offrono nella
struttura del loro cranio non poche rassomiglianze coi Dinornithi-
dae. Le differenze fra questi e Apteryx sono di minor rilievo, e
sono |’ espressione di speciale adattamento. Invece, Rhea e Struthio
differiscono profondamente dai precedenti e anche fra loro; per
cui l'A. ritiene che siano derivati indipendentemente dal tronco
delle Protocarinatae. C. Emery.
PeLLaT (E.) — Notes préliminaires sur la géologie du sud du
bassin du Rhone. — Bull. Soc. géol. France, serie 3, tomo
XXIII, pag. 426.
L’A., che è uno dei più profondi conoscitori della geologia e
della paleontologia francese, presenta qui alcune note preliminari
sulle sue nuove scoperte.
1. e 2. Descrive un nuovo giacimento del calcare a Planorbis
pseudoammonius e Strophostoma lapicida (eocene medio dei dintorni
di Avignone) a Choisity presso Arancon, e nota la presenza di un
conglomerato a Bulimus Hopei Mar. de Serr., e della mollassa a
Pecten praescabriusculus nella stessa località.
3. Descrive un conglomerato, col quale comincia il miocene
nei dintorni di Villeneuve-lès-Avignon, e che è ricchissimo di
fossili.
4. Comunica la scoperta, fatta da esso a Lussau e a Brousset
(Gard), di Holcodiscus Caillaudi d’ Orb., H. Perezi d’ Orb., De-
smoceras difficile d’ Orb., forme tipiche del barremiano d’ Algeria
(prov. di Costantina).
5. Comunica, fra le altre scoperte stratigrafiche, quella di una
nuova fauna d’acqua dolce nei dintorni di Beaucaire (Gard), pro-
babilmente oligocenica e diversa in realtà dalle faune eoceniche e
mioceniche dei ricchissimi depositi d’ acqua dolce della Provenza.
Cita di tale fauna: Melania albigensis e Vivipara soricinensis
Noul:, e un gran numero di Melaniae, Cyrenae, Hydrobiae ecc.
Questo terreno oligocenico è coperto discordantemente dalla mol-
lassa a Pecten praescabriusculus, ed è sovrapposto alle argille va-
ricolori dell’ eocene inferiore e ad un banco di calcare, che forse
è dell’eoceno medio. L’ A. descrive esattamente la stratigrafia della
località. I fossili verranno studiati dal prof. Depéret di Lione.
P. OPPENHEIM.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Aprile 1896. 6
.
74 ‘RIVISTA ITALIANA
RepLicH (A.) — Ein Beitrag zur Kenntniss des Tertiaers im
Bezirke Gorju (Rumaenien).-- Verh. k. k. geol. Reichsanst.,
1895, pag. 330 e s.
L’ A. ha trovato il Leithakalk, il Badenertegel e il sarmatiano.
Egli dimostra che verso oriente, come aveva già notato Alimane-
stianu, il miocene marino finisce, e che al sarmatiano è immedia-
tamente sottostante il cretaceo. P. OppENHEIM.
RzeHAK (A.) — Das Alter des Pausramer Mergels. — Verh. £. È.
geol. Reichsanst., 1895, pag. 363 e s.
È una comunicazione importante per I’ eta del terziario carpa-
tico. L’ A. aveva già studiati i foraminiferi di queste marne (le
quali prima erano state ritenute mioceniche in seguito ad alcune
determinazioni erronee di R. Hoernes, e confrontate con lo
Schlier) e vi aveva riscontrata Clavulina Szaboi ed altre forme
del terziario antico. Coll’ esame dei molluschi, assai rari in questo
terreno, Th. Fuchs ha ottenuto lo stesso risultato: s’incontrano
molte forme simili alle mioceniche, ma nessuna eguale ad esse.
Fuchs vi riscontrò: Flabellum Idae Taube (oligocene inferiore
di Burgas in Bulgaria: semplice varietà di F. appendiculatum
Brong. di Sangonini), Conus plicatilis v. Koenen (olig. inf. di Ger-
mania), Pleurotoma Wetherelli Edw. (eocene superiore d’ Inghil-
terra), P. odontella v. Koenen (olig. inf. di Burgas e di Germania),
Borsonia biarritzana Rouault (olig. inf. di Biarritz), Cardita Suessi
v. Koenen (olig. inf.). Non si può quindi dubitare che le marne
gessifere di Pausram spettino al terziario antico, e formino parte
degli strati di Niemschitz, orizzonte molto importante per il ter-
ziario dei Carpazii ('). P. OpPENHEIM.
ScHLOSssER (M.) — Hohlenstudien und Ausgrabungen bei Velburg
in der Oberpfalz. -- Correspondenzblatt der deutsch. an-
LIMOP GESSO GOMMA PAZ TORI
Sono stati scoperti nella grotta di Velburg due livelli fossili
feri. Il superiore contiene qualche avanzo mal conservato d’ uomo,
(1) Si può forse vedere in questo deposito giustamente rappresentato
l’ oligocene inferiore, e pensare alla formazione coetanea di esso, scoperta
da Uhlig a Wola Luszansca nella Galizia occidentale. P.O:
DI PALEONTOLOGIA Lo)
e insieme: Lupus vulgaris, Ursus spelaeus, Hyaena crocuta, Ran-
gifer tarandus. L’ inferiore non è altro che la Nagethierschicht
dello Schweizerbild presso Sciaffusa, ed ha fornito al pari di que-
sta, insieme ad altri roditori, il Myodus torquatus, e fra gli uc-
celli, il Lagapus alpinus in numerosi individui. L'A. non dubita
che i resti fossili del livello superiore siano stati portati dall’ uomo
stesso neolitico. Il livello dei roditori ha sempre la potenza di un
decimetro, cosicchè |’ A. crede che esso debba riguardarsi come
deposito alluvionale piuttosto che un prodotto di uccelli rapaci,
come vorrebbe il prof. Nehring. Ad ogni modo, la presenza di
animali artici nel sud della Germania è di nuovo dimostrata per
le ricerche diligenti dell’ A. P. OPPENHEIM.
ScaLumsERGER (C) — Note sur la biologie des foraminifères. —
Feuille Jeunes Natur., serie 3, anno XXVI, pag. 85-89, con
9 figure.
L’ A., che già si è occupato delle ricerche di Lister sulla
causa del dimorfismo iniziale, fenomeno tanto interessante per lo
studio dei foraminiferi viventi e fossili ('), riferisce in questa nota
intorno ai risultati ottenuti nello stesso campo da Schaudinn, il
quale, come dicemmo, studiava esso pure quasi contemporanea-
mente a Lister la riproduzione della Polystomella crispa. Rimane
accertato che questa specie possiede due modi di riproduzione:
formazione d’ embrioni ed emissione di spore. La prima è tipica
della forma microsferica e produce individui megalosferici; la se-
conda caratterizza la forma megalosferica e produce individui mi-
crosferici. Con ciò è reso evidente, che la causa del dimorfismo è
basata sopra un’ alternanza di generazione. E
WirLiamson (W. C.) e Scotr (D. H.) — Further Observations
on the Organization of the fossil Plants of the Coal-
Measures. III. Lyginodendron and Heterangium. — Phil.
Trans. R. Soc. London, vol. CLXXXVI, B, pag. 703-779,
tav. XVII-XXIX (?).
Vengono esposti i risultati di accurate ricerche anatomiche sui
due generi carboniferi sunnominati, dei quali il secondo pare una
(1) V. questo periodico, vol II, pag. 17.
(2) V. questo periodico, vol. I, pag. 210,
76 RIVISTA ITALIANA
vera felce, mentre il primo, sebbene conservi molti caratteri delle
filicinee, mostra evidentemente di essersi gia avviato verso il
tipo delle cicadee. Molto singolare (specialmente perchè in con-
trasto colla meravigliosa conservazione degli esemplari) è la man-
canza di qualsiasi organo riproduttivo nei Lyginodendron. Ciò
potrebbe spiegarsi ammettendo che tali piante abbiano posseduto,
come le felci attuali, gli sporangi sulle foglie, non lasciando, dopo
il distacco, alcuna traccia della loro esistenza ; oppure ammettendo
invece (ciò che agli A. pare anche più probabile) che gli esem-
plari studiati siano giovani. Nel L. Oldhamium Will. gli A. hanno
potuto studiare persino varie anomalie di struttura nel caule: av-
vertimento molto importante, che deve render cauti nell’ uso dei -
caratteri anatomici. Queste anomalie sono simili a quelle che oggi
vediamo presentate dai cauli di Tecoma, Jodes e Acantholimon, e
consistono nella formazione, alla periferia del caule, di un meri-
stema secondario, il quale o dà origine soltanto ad uno spesso
parenchima secondario, o forma in altri casi dei fasci librolegnosi
ad orientazione invertita. L. GABELLI.
Woopwarp (A. S.) — A Description of the So-called Salmonoid
Fishes of the English Chalk. — Proc. Zool. Soc. London,
1895, pag. 655-664, con una tavola.
È l’inizio di una rivista dei pesci del cretaceo. L’ A. comin-
cia dai Salmonidi del cretaceo d’ Inghilterra perchè nei corrispon-
denti terreni di altri paesi si son trovati finora pochi rappresentanti
di questo gruppo (Portheus e Protosphyraena della Nordamerica,
Enchodus e Dercetis di Westfalia e di Lebanon, Osmeroides di
Boemia).
La determinazione generica di Osmeroides, fondata da Agassiz
su pesci del cretaceo di Westfalia, è stata poi riconosciuta da lui
stesso come incerta e provvisoria. In seguito gli autori hanno una-
nimemente considerato Osmeroides lewesiensis inglese come un
salmonide, sebbene Agassiz lo comprendesse nella famiglia « Ha-
lecidae » in cui riuniva i salmonidi e i clupeidi. L’ A. dà descri-
zione e figure di Osmeroides lewesiensis L. Agass. ed Elopopsis
(Osmeroides) crassus Dixon.
Un altro genere del cretaceo inglese comunemente considerato
come un salmonide è Aulolepis. Se ne conosce una sola specie,
descritta e figurata dall’ A.: A. typus L. Agass., rappresentata nel
British Museum da una numerosa serie di esemplari.
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DI PALEONTOLOGIA. a7
Per Acrognathus boops L. Agass., considerato già come un sal-
monide di mare profondo, non si ha nessun nuovo contributo. È
rappresentato nel British Museum da un solo esemplare tipico e da
un frammento.
La determinazione di questi pesci è impossibile farla in base
al carattere esterno principale che distingue i salmonidi dei clu-
peidi: la presenza della pinna adiposa dorsale. Tre caratteri osteo-
logici dei gen. Osmeroides e Aulolepis si accordano però per po-
terli ravvicinare ai generi viventi Elops e Megalops e affini estinti.
Essi sono: 1.° L'incontro delle ossa parietali in una sutura sagit-
tale, con esclusione del sopra-occipitale del tetto cranico; 2.° due
grandi ossa sopramascellari sporgono allo innanzi sulla mascella ;
3.° presenza di una grande piastra giugulare.
Così i due gen. cretacei in discussione possono essere provvi-
soriamente raggruppati con gli elopini fra i clupeoidi; e ad essi
vanno pure associati i pesci chiamati Osmeroides del calcare del
monte Lebanon, anch’ essi muniti di una larga piastra giugulare.
Quanto ad Elopopsis, esso è già assegnato in questo gruppo dal
consenso universale,
Elops e Megalops hanno molti più parenti prossimi nel cre-
taceo e nel terziario inferiore che non si sia fin qui sospettato, e
rappresentano un tipo che pare sia stato dominante fra gli antichi
fisostomi. A. Cocci.
— ANNUNZI.
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kreide von Braunschweig. — Mitth. Roemer Mus., Hil-
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1895. Tre pag. con tavola.
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1995, pag. 714; e: The Ibis, serie 7, vol. II, num. 5, pag. 1-12,
con 4 figure.
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logy of Diaphorapterix Hawkinsi. — Novit. Zool. Tring,
vol. III, pag. 73-84, con tavola,
ArtHABER (G. v.) — Die Cephalopodenfauna der Reiflingerkalke.
— Beitr. Paldont. Geol. Oesterr. Ung., vol. X, pag. 1-112,
con 1o tav. e 10 illustr.
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1895, pag. 211-212.
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Prof. E. D. Cope. — Amer. Naturalist, vol. XXX, pag. 143-147,
con tavola.
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pag. 569.
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pag. 315-357, con ritratto.
BoopLE (L. A.) — Spores in a specimen of Tp — Ann.
of Bot., 1895, pag. 137-143.
Boyer (C. S) — Dépòt diatomifere du puits artésien de Wild-
woord (N. Jersey). — Diatomiste, 1895, pag. 205-208.
Brun (J.) — Note sur quelques diatomées miocènes. — Diato-
miste, 1895, pag. 209-210, con 6 tavole.
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DI PALEONTOLOGIA 80
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257-258.
Id. — On a Fossil Octopus, Calais Newboldi, from the Creta-
ceous of the Lebanon. — Estratto in: Ann. Nat. Hist.,
serie 6, vol. XVII, pag. 258.
III.
Sulla presenza del calloviano nell’ Appennino Centrale.
Nota DI GuIinpo BoNARELLI
AI prof. M. Canavari, che da circa vent’ anni, con ogni zelo
e profitto, assiduamente si occupa dello studio geologico della
sua terra nativa, è dovuto il merito d’ avere accennato per il primo
alla probabile esistenza del calloviano nell’ Appennino centrale.
Egli infatti scriveva, alcuni anni or sono ('), che al Campo
delle Monnece, nel gruppo montuoso del Suavicino, aveva raccolto
« erratico, un ammonite che corrisponde al Perisphinctes patina
_Neum. (*) dei Macrocephalen-Schichten ».
(1) Canavari M. — La Montagna del Suavicino. Boll. d. R. Com.
Geol. d’ It., vol. XI, 1880, p. 259.
(2) Il Neumayr descrisse e figurò con questo nome, e successiva-
mente in lavori diversi, due esemplari di ammonidee, che per parecchi ca-
ratteri l’ uno dall’ altro notevolmente differiscono.
Il primo di questi esemplari (Neumayr, 1870, Ceph. d. Macroc.-Sch.,
Jahrb. d. k. k. geolog. Reichs., p. 149, (c. syn.), t. VIII, fig. 1) è caratteriz-
zato dall’ avere: notevoli dimensioni; sezione dei giri sub-trigona-arcuata
sul dorso e a fianchi diritti, col massimo diametro in vicinanza delle su-
ture ombelicali; costole diritte e poco rilevate, specialmente nella regione
dorsale-esterna dei giri; biforcazione di esse costole visibile anche nella
porzione ombelicale della spira.
Il secondo esemplare (Neumayr, 1871, Ceph. v. Balin, Abhandl. d.
k. k. geol. Reichs., p. 41 (ex. p.; excl. syn.)t. XIII, fig. 3) differisce dal
primo per essere di assal minori dimensioni, per avere una sezione dei
86 RIVISTA ITALIANA
Posteriormente a questo rinvenimento, a me non consta che
siansi praticate altre ricerche in proposito, e così, fino ad oggi,
l’ unico fossile calloviano indicato per l’ Appennino centrale si è
appunto l'esemplare di Perisphinctes patina rinvenuto dal prof. C a-
navari nella citata località. Ora, essendochè questo esemplare venne
trovato erratico, rimane ancora a sapere da quale punto esso pro-
venga, della serie geologica costituente il Suavicino.
Nel 1893, quando pubblicai alcune mie Osservazioni sul Toar-
ciano e l’ Aleniano dell’ Appennino Centrale (') accennai, per la
località di Val d’ Urbia presso Scheggia (gruppo montuoso del Ca-
tria), alla presenza di « calcari bianchi stratificati a frattura sca-
glioso-poliedrica verticale alla stratificazione » premettendo che
questi calcari stavano lì probabilmente a rappresentarvi il Dogger
e il calloviano. Essi sono direttamente sovrapposti alle marne e
calcarie rosso-gialle ammonitifere dell’ aleniano e sottostanno agli
Aptychenschiefer. Somigliano alquanto a quei calcari che in tutto
l'Appennino centrale rappresentano il cenomaniano e che vennero
appunto per la prima volta indicati e descritti dallo stesso prof. Ca -
navari (°). Ne differiscono soltanto per essere più compatti, per
l'abbondanza di macchie gialle ferruginose in corrispondenza delle
antiche superficie di frattura e per la notevole quantità di arnioni
e letti di selce interstratificati. In questi calcari, per quanto attive
sieno state le mie ricerche, non mi fu ancora concesso di ritrovare
alcun fossile, per la qual cosa non posso ancora stabilire con as-
soluta certezza quale ne sia la età geologica.
giri sub-ovata a fianchi dolcemente ricurvi; per avere le costole rilevate e
distinte, leggermente arcuate indietro e quindi proverse sul dorso, ed in-
fine perchè la biforcazione di esse costole non è visibile nei giri ombeli-
cali, essendo ivi nascosta dall’ avvolgimento spirale. (Per questo esemplare
il prot. C. F. Parona ed io abbiamo stabilito il'nuovo nome specifico di
Perisphinctes pseudo-patina nella nostra memoria « Sur la faune du cal-
lovien inf. (chanasien) de Savoie » che fin dall’ aprile del 1894 presen-
tammo all'Accademia di Chambery e che soltanto fra pochi giorni uscirà
per le stampe).
Ho creduto opportuno di tener parcla delle accennate differenze, desi-
derando conoscere a quale delle due figure di Neumayr debba venir rife-
rito per confronto questo esemplare del Suavicino di cui parla il prof. C a-
navari.
(1) Balli Soc: geolatt XII, fase 2220!
(2) Gli scisti a fucoidi ete. Una Radiolites del Suavicino. Atti Soc.
Tosc, Sc. N., Proc. Verb., vol. III, adun. 13 nov., p. 6, Pisa 1881],
DI PALEONTOLOGIA 87
Oggi pertanto mi è possibile aggiungere alla conoscenza del
calloviano appenninico un nuovo dato ben importante, che ser-
virà probabilmente come punto di partenza per ulteriori studî e
ricerche al riguardo.
In questo R. Museo geologico di Bologna, e più precisamente
nella collezione paleontologica pel mesozoico marchegiano, si con-
serva un esemplare di ammonidea raccolto al Monte Pietralata
(Furlo), che riferisco senza esitare alla
REINECKEIA ReviLi Par. et Bonar.
1894-96. Reineckeia Revili, Parona e Bonarelli, Sur la faune du callov.
inf. (chanasien) de Savoie. Mém. de |’ Ac. de Savoie, pl. VI, fig. 1.
caratteristica del calloviano inferiore. La quale forma si distingue
dalla Reineckeia Stuebeli Steinm. (') per molti caratteri diffe-
renziali. Specialmente i giri interni della sua spira hanno un
aspetto al tutto particolare. Essi non sono a sezione depressa, ste-
fanoceriformi, come nella Reineckeia Stuebeli ed in altre forme
affini. Hanno invece sezione quadrata ed aspetto parkinsoniforme e
presentano il punto di biforcazione delle costole molto spostato
verso la regione esterna dei fianchi, rimanendo appena scoperto
dall’avvolgimento spirale. Inoltre la ornamentazione di questi giri
interni è assai più numerosa. Anche per la forma dei giri maggiori
della spira queste due forme differiscono fra loro, essendochè nella
Reineckeia Revili sono meno compressi di quello che non siano
nella Reineckeia Stuebeli.
L’esemplare del Monte Pietralata, essendo tuttora in gran
parte coperto dalla ganga rocciosa (nè in alcun modo mi fu pos-
sibile liberarnelo), si presenta alquanto mal conservato, ma di non
dubbia determinazione.
Le sue dimensioni sono di poco inferiori a quelle del tipo:
DINO ORO RO RR he he 7A
Alfezzadellultimo Bino <0) ye 4
Spessore » » Pe eae: DY ADO
Wareghezzas delllambilico ee 5." 435
_ Differisce pure dal tipo, ma assai leggermente, per il numero
un po’ minore delle sue costole.
(1) = 1842-49, Amm. anceps, d’Orbigny, Céph. jur., p. 462 (ex p.)
t. 166, fig, 3-4, (caet, excl.)
Lungo la regione dorsale, alquanto erosa della prima meta del
suo ultimo giro, si vede allo scoperto quasi tutto il sifone di cui
d’ altronde, nell’ altra metà del giro stesso, non si scorge alcuna
traccia; ne deduco che quest ultima porzione della spira rap-
presenta almeno una parte della camera d’ abitazione.
Questo esemplare è impietrito in un calcare « bianco ecc. »,
identico a quello che ho indicato per Val d’Urbia, talchè mi sem-
bra di potere a buon diritto accennare fin da questo momento
alla grande probabilità che anche il calcare di Val d’ Urbia debba
venir riferito, almeno in parte al calloviano.
Ed ora dovrei forse dire qualche parola intorno alla età dei
cosidetti strati a Posidonomya alpina dei dintorni di Rocchetta
presso Arcevia ('), i quali, ove realmente fossero sincroni a quelli dei
Sette Comuni nelle Alpi Venete (*), dovrebbero anch'essi ritenersi
calloviani. Ma sopra questo argomento scriverò in altro lavoro
quando, per ulteriori studi e ricerche, mi troverò in grado di por-
tare, alla conoscenza di tale argomento, un qualche mio contributo.
IV.
Sulla diagnosi delle fucoidi e delle filliti,
e sulle anomalie fogliari in rapporto colla diagnosi delle filliti.
Nora DI Lucio GABELLI.
Il paleontologo nella determinazione dei fossili abbisogna di
studio e di pratica in grado molto maggiore di un sistematico,
zoologo o botanico, che si occupi di soli viventi: esso deve posse-
dere una cognizione ampia e dettagliata della sistematica, per non
essere portato lontano dalla esatta determinazione col basarsi sopra
somiglianze che talvolta sono illusorie. La diagnosi spesso è fon-
data sopra una parte sola dell’ organismo, la quale può mancare a
3
(1) La presenza di questi strati venne indicata per la prima volta dal
prof. Canavari (— Sulla presenza degli strati a Posid. alp. nell’ App. C.)
Atti Soc. Tosc. Sc. N., Proc. Verb., v. III, 1883, adun. 14 genn., p. 221.
(2?) Parona ©, F. — Nuove osservaz. sopra la fauna e l'età degli
strati con Posidonomya alpina nei Sette Comuni. — Palaeontographia Ita-
lica, vol. I, 1895, Pisa,
rn)
DI PALEONTOLOGIA 89
POI III III i I e
sua volta di certi caratteri, secondari sì, ma di non piccolo valore
diagnostico, quali la peluria, il colore, la consistenza ecc.
Tali difficoltà, comuni ai paleontologi in generale, divengono
anche più serie per i paleofitologi, poichè a questi, nella determi-
nazione dei fossili, mancano il più delle volte i resti degli organi
sui quali è basata la sistematica vegetale (apparati sporiferi e fiori),
e sono costretti a diagnosticare fondandosi sopra impronte alghi-
formi o fogliari. Il sistematico di piante viventi si astiene in gene-
rale dal determinare piante che manchino di fiori o di apparati
sporiferi, per quanto siano complete nelle altre parti. D'altronde
la diagnosi dei fossili vegetali è tutt’ altro che un lusso: chè, se da
un lato sotto Il’ aspetto geologico essi possono fornire, al pari degli
animali, elementi utili per stabilire i diversi orizzonti, il botanico
dall’ altro lato molto si aspetta dalla paleofitologia per colmare le
tante lacune che si osservano nel quadro sistematico delle piante
attuali.
Facilmente si spiegano le maggiori difficoltà che s’ incontrano
nella determinazione dei fossili vegetali, qualora si consideri che
gli animali posseggono uno scheletro interno od esterno, il quale,
per essere in gran parte costituito da sostanza minerale, può resi-
stere alla decomposizione e lasciare per tal modo tracce durature.
Inoltre è lo scheletro, specialmente nei vertebrati, una parte del-
l'organismo molto importante per la sistematica; esso è studiato
con gran cura dagli anatomici, e per sua natura è forse soggetto
in minor grado delle altre parti alle variazioni individuali dovute
all’ ambiente. Nelle piante invece; un organo che ha molta proba-
bilità di essere conservato è la foglia, la quale può variare più di.
qualunque altro ed è quindi di piccolo valore sistematico, tanto
più che fino ad oggi è stato relativamente poco studiato. I cauli,
sebbene abbastanza resistenti, non furono molto risparmiati nella
loro struttura, mentre la loro impronta a ben poco potrebbe ser-
vire; e i fiori, per loro estrema delicatezza rarissimamente ci furono
conservati (ricorderò l’ inclusione nell’ ambra).
Ma poichè non ogni male, come suol dirsi, viene per nuocere,
così queste difficoltà diagnostiche che opprimono il paleofitologo
hanno rese necessarie serie investigazioni sulla natura fogliare, il
quale argomento, che sta in relazione intima coll’ architettonica
vegetale, non può che dar luogo ad importanti ricerche morfolo-
giche, specialmente in rapporto coll’ affinità delle piante.
Due sono i problemi che il paleofitologo deve affrontare: I’ uno
concerne le piante cellulari, |’ altro le librolegnose. Col primo si
90 RIVISTA ITALIANA
domanda quale sia la natura dei fossili conosciuti sotto il nome
di fucoidi e attribuiti sinora ad alghe, sebbene mancanti di organi ,
sporiferi. Col secondo, che riguarda le filliti, ossia impronte di fo-
glie di piante librolegnose, si domanda fino a qual punto possa
ritenersi esatta la diagnosi delle filliti medesime, o, in altri termini,
se tale diagnosi il più delle volte si debba ritenere esatta o meno.
In quest ultimo caso, ‘il fossile potrebbe forse servire al geologo,
ma la sua determinazione non esprimerebbe una vera affinità ve-.
getale e non avrebbe valore sistematico.
Il primo problema può dirsi in genere risolto, specialmente
per opera del Nathorst. Contrariamente a quanto era stato cre-.
duto fino allora, si riconobbe che le fucoidi nella maggior parte
dei casi sono dovute, non a impronte di alghe, ma bensì a tracce
di certi animali in movimento o ad agenti inorganici. Nonostante
le obbiezioni mosse dagli avversari di questa teoria, la nuova opi-
nione ha prevalso, ed ora le forme principali delle fucoidi vengono.
diagnosticate come segue. E necessario però non dimenticare, a
scanso di equivoci, che alcune fucoidi rappresentano con certezza
vere alghe.
° Le impronte nastriformi o filiformi, rettilinee, ondulate o
decisamente curve, semplici o multiple, sono per la massima parte.
dovute al telson, a tentacoli, o ad altri organi di animali acquatici.
in movimento.
2.° Le impronte articolate, ossia a grossi tratti. alternanti con,
sottili, sono dovute al passaggio di animali che periodicamente
contraevano i muscoli dell’ organo originatore dell’ impronta stessa.
3.° Le impronte raggiate furono il più delle volte originate da.
certe specie di vermi.
4.° Le tracce flabelliformi possono benissimo essere state cau-
sate da vere alghe, i cui filamenti fissi venivano agitati all’ estre-
mità libera dal movimento dell’ acqua, e flagellavano così il fondo
melmoso.
5.° Le forme a fronda di felce sono dendriti.
6.° Le forme a semplici areole, sparse o raggruppate mediante
sottili filamenti e raggianti da un centro, sono originate da goccie
di pioggia.
7.°.Le impronte nastriformi, con ornamentazioni simmetriche
alla linea mediana, sono il So di correnti d’acqua.
8.° Certe impronte debbonsi attribuire a vari organi di piante
superiori. Le radici di p ante librolegnose, p. e., si possono talvolta
confondere con alghe, tanto più che la ramificazione di queste non.
Bey) ap eee
hs
DI PALEONTOLOGIA OI
irrensasenzasiomeiion ona enen«vovvsvonaesasnananeoneninzoneo po» vueneneonnenansanenenicaaneaniQovonncana@eprpnanennenecva@ponpnencnanpanizefpesanpresprunvascpninea a naane ERS
di rado è simile a quella delle radici, cioè protofanica. Dirò a
questo proposito come io abbia qui sott'occhio un magnifico esem-
pio di grande rassomiglianza fra un disegno di una fucoide, un’ alga
vivente (Codium tomentosum), foglie a lacinie capillari di ranun-
culi e ombrellifere, e radici di Salix cresciute liberamente nel-
l’ acqua.
Se pertanto la diagnosi delle singole fucoidi non può dirsi
molto progredita, bisogna però ‘convenire che la buona via da se-
guirsi è stata additata agli studiosi. È necessario osservare diligen-
temente le alghe viventi in tutti i loro stadi e in tutte le loro va-
riazioni, moltiplicare le esperienze del genere di quelle eseguite dal
Nathorst e dal Fuchs sopra animali ed agenti inorganici; col
confronto dei risultati ottenuti mediante tali due ordini di studi si
potrà riescire a concludere qualche cosa nel difficilissimo argomento.
Quanto all’ interpretazione delle filliti, non può esservi que-
stione: esse sono |’ impronta di vere foglie di piante librolegnose,
cioè di crittogame vascolari, gimnosperme, monocotiledoni e dico-
tiledoni. Le difficoltà sorgono allorchè se ne vuole determinare il
genere e la specie: la diagnosi diventa in tal caso pericolosa e non
di rado impossibile coi mezzi di cui oggi disponiamo. Fa eccezione
a questo riguardo un certo numero di filliti molto caratteristiche,
quindi facilmente determinabili. E a dimostrare quanta incertezza
regni nelle opere illustrative delle flore fossili, basta sfogliare qual-
cuna di esse, anche se di autore valentissimo, come Heer, per
persuadersi che, accanto a molte diagnosi sulle quali non può sor-
gere alcun dubbio, parecchie altre si notano sulle quali nessuno
oserebbe pronunciarsi. Per ottenere dallo studio di flore antiche
risultati esatti, è indispensabile una conoscenza profonda di tutto
quello che concerne le foglie : è necessario un lavoro d’ indole ge-
nerale sul tipo di quello di Pokorny, ma più dettagliato, ed esteso
a tutta la flora attuale. Allora soltanto si potranno determinare
con sicurezza molte filliti, la cui denominazione non dice nulla o
fa cadere in errore rispetto alle loro affinità.
Importantissimo sarebbe uno studio sulle cause che possono
far cadere in errore il paleofitologo nella diagnosi delle filliti. L’e-
terofillia dovuta a variabilità, il polimorfismo fogliare prodotto da
cause biologiche, le somiglianze tra foglie di specie diversissime
(tra foglioline, p. e., di foglie composte e foglie intere di altra specie),
le variazioni che si osservano nelle foglie in causa dell’ età loro o
dell’ età della pianta a cui appartengono, i casi patologici e la te-
ratologia fogliare, sono altrettanti argomenti interessantissimi, che
92 RIVISTA ITALIANA
richiedono una trattazione specialmente comparativa, ampia e pro-
fonda.
Nulla qui dirò di questi argomenti, che mi auguro vengano
trattati presto e bene; mi limiterò a dimostrare brevemente quanti
errori possano derivare dalle anomalie fogliari, finora ben poco stu-
diate in relazione colle filliti.
Le anomalie fogliari possono indurre il paleofitologo in errore
allorchè si verifichi il caso di foglie anomale che posseggono la
facies di foglie normali. E qui viene naturale una domanda: è egli
probabile che possano essere conservate impronte di foglie ano-
male? Non esito a rispondere affermativamente: Heer, p. e., nella
sua Flora fossile della Svizzera presenta i disegni di due foglie di
Acer sdoppiate; e lo sdoppiamento delle foglie è appunto un’ ano-
malia, la quale s' incontra anche meno frequentemente di altre di
cui ora mi occuperò. Del resto la probabilità di conservazione delle
anomalie fogliari nelle filliti è appoggiata inoltre dal fatto stesso
dell’ essere molto frequenti le anomalie nelle piante attuali, nonché
dal considerare che il nostro globo fu in epoche passate rivestito
di una flora molto più prospera della presente, e che colla pro-
sperità crescono in frequenza molte forme di anomalie. Fanno ec-
cezione naturalmente quelle anomalie che colpiscono di preferenza
gli organismi indeboliti.
Le anomalie fogliari nelle piante viventi sono, come ho detto,
di una frequenza notevolissima, e chiunque può facilmente persua-
dersi di ciò facendo poche gite a scopo di raccolta in qualsiasi re-
gione. Nei trattati di teratologia vegetale e altrove si trova la
descrizione di tutte le anomalie conosciute: io mi limito a dare
qui un elenco delle più frequenti.
1.° Accenni a lobi, spesso unilaterali o bilaterali asimmetrici e
alle volte simmetrici, con trasformazione completa della facies della
foglia. Esempio: due bellissimi casi (uno dei quali sorprendente)
in foglia trilobata di Quercus robur.
2.° Allungamenti o stiramenti del lembo, con o senza susse-
guente perturbazione della nervatura fogliare. Esempio: Simphori-
carpus racemosa, Mina lobata ecc.
3.° Formazioni laterali, basali, apicali, che modificano in vario
modo la forma delle foglie. Esempio: un bellissimo caso in foglia
di Ranunculus, che ha I’ aspetto stipulato.
4.° Bilobature apicali, spesso molto pronunciate.
5.° Sdoppiamenti fogliari in vario grado.
Esistono poi moltissime altre forme d’ anomalie che non pos-
ou
DI PALEONTOLOGIA 93
sono venire comprese in alcune delle categorie sopra accennate.
Alcune di esse mettono tosto il classificatore sull’ avviso; altre
invece possono essere scambiate con tutta facilità con foglie
normali.
Allo scopo di ben conoscere I’ importanza delle anomalie come
causa d’ errore nella diagnosi delle filliti, non sarà inutile il vedere
con un esempio in qual grado può una specie essere colpita dalle
anomalie stesse. Scelgo la Robinia pseudacacia L.
In essa le anomalie colpiscono di preferenza il contorno delle
foglioline, e solo leggermente le nervature loro. Ma non per que-
sto riescono meno interessanti, giacché, se piccolo è il valore del
contorno di fronte ai caratteri della nervazione, non è però piccolo
per sè stesso, e le modificazioni che subisce possono indurre con
facilità il paleofitologo a classificare erroneamente fra specie di-
verse ciò che solo è portato di anomalia.
Le anomalie da me osservate nella R. pseudacacia si possono
raggruppare come segue.
1.° Foglie con fogliolina unica, molto grande; picciuolo: mm.
32-40 ; fogliolina provvista di due stipule spinescenti alla sua arti-
colazione col picciuolo ; picciuolo della fogliolina: mm. 7-7,5 ; lun-
ghezza della fogliolina : 111-116; larghezza : 88-92 ; coll’ apice smar-
ginato di mm. 5-5,5.
2.° Foglioline munite di stipule spinescenti come la foglia.
3.° Anomalie varie nelle stipule spine, e sopratutto loro scis-
sione in due sovrapposte.
4.° Foglioline più o meno profondamente bilobe, ma non sdop-
piate. Il passaggio di questa forma anomala alla normale (sia nel
caso che si consideri la bilobatura causata da ipertrofia laterale
simmetrica, sia da atrofia della nervatura mediana, problema que-
sto che potrà essere risolto coll’ esame della foglia e della sua ner-
vatura) avviene mediante foglioline triangolari, coll’ apice tronco a
linea marginale retta. I molti casi di questa categoria si possono
dividere in due gruppi. Nel primo si hanno piccole foglioline a
contorno somigliante a quello di molti frutti di crocifere, a foglio-
line di Oxalis, ecc. (fig. 1) (1). Nel secondo gruppo comprendo fo-
glioline di grandezza normale, che somigliano a foglie bilobe di
altre leguminose e a molte altre foglie normali bilobe (fig. 8). Altri
esemplari non figurati hanno rispettivamente le seguenti dimen-
(1) Tutte le figure rappresentano i contorni di altrettante foglioline di
R. pseudacacia ridotte a metà del vero.
sioni in millimetri, per la lunghezza, larghezza e smarginatura :
47, 34, 11; 28, 20, 9; 39, 27, 8; 35, 30, 5; 33, 30, 7; ecc.
5.° Foglioline sdoppiate: vari casi di intere foglie che posseg-
gono, uscenti da una stessa area d’ inserzione, due foglioline invece
di una, presentando così un vero sdoppiamento fogliare. In gene-
wo. 4
Sere
rale le foglioline cosi sdoppiate sono anche ipertrofiche, cio che
costituisce una controprova del vero sdoppiamento.
6.° Foglioline ipertrofiche, molto grandi, col contorno diverso
da quello normale e caratteristico, e simile a quello di altre piante.
Esempi: lunghezza mm. 80, larghezza 57; 77, 64; 64, 38; 87, 45;
74, 02.
7.° Foglioline con produzioni apicali impari (fig. 9), che tra-
sformano la facies normale: ricorderebbero le foglioline delle acacie
mirmecofile, se la produzione fosse minore. Altri esempi: lunghezza
della produzione anomala 5,10; larghezza 2,10. i
8.° Foglioline con produzioni basali che rammentano quelle
dei Citrus (fig. 4). Altri esempi: lunghezza della produzione 14, 12, 7;
larghezza 5, 3, 3.
9.° Foglioline con produzioni basali laterali somiglianti a sti-
pule (fig. 12). E un caso importante, che potrebbe venire scambiato
facilmente con una foglia stipulata.
, MEG INAS ee
DI PALEONTOLOGIA 95
mabenenteSetàde rane seu menace nanan ne coreinega nea nerme ne en henengnnanscetnaseateecee es cesns tae nnnencmensnresraccnseus cer encnnseasuensenrancnsansensnass=nsunssecpuaveneauvawnan
10.° Foglioline coll’ apice lateralmente e simmetricamente atro-
fico. Ciò dà luogo a forme strane e svariate la cui diagnosi sarebbe
difficile assai (fig. 6, 7, 10, II).
11.° Foglioline con insenature simmetriche, il cui livello è tal-
volta situato in prossimità dell’ apice, o anche della base, e altre
volte è quasi mediano. Queste foglie non sembrano anomale, e,
quando le insenature sono mediane, la fogliolina rammenta i Rumex
edvalitepiante: (figs 203305):
Enumerate cosi le principali anomolie fogliari della R. pseu-
dacacia (fra le quali esistono numerose forme di passaggio) credo
superfluo spendere altre parole per dimostrare che le foglie ano-
male costituiscono una delle più serie difficoltà per il paleofitologo.
È necessario dunque che gli studiosi si armino contro tale diffi-
coltà e contro tutto ciò che può sviarli dalla retta interpretazione
delle filliti. Auguriamoci di poter ottenere, coll’ aiuto di profonde
ricerche, risultati più esatti di quelli che si ebbero finora dallo
studio delle flore fossili, e di risparmiarci lavoro e forze col fare
uso di molta prudenza e coll’ astenerci dal volere determinare ad
ogni costo ciò che talvolta è assolutamente indeterminabile.
Ve
A proposito della figura 11, tavola XXI,
della « Paleontologia del regno di Napoli, parte 2.* ».
Nora DI CARLO FORNASINI
La figura sopra citata appartiene al novero di quelle che nella
spiegazione delle tavole furono indicate da O. G. Costa con un
asterisco, e accompagnate dall’ annuncio che sarebbero state descritte
‘nella terza parte del suo lavoro. Ma siccome tale descrizione non
fu data, e di quelle figure non si ebbe mai altro che la sola deno-
minazione, così di molte di esse, rappresentanti con poca fedeltà gli
‘esemplari, rimase assai ‘dubbio il significato. Questo però non è il
caso della figura in parola, la quale distinta dall’ autore col nome
di Truncatulina innormalis, fa da Brady identificata giustamente
colla Tr. variabilis d’ Orbigny. Ma v’ha di più: non è vero che la
forma illustrata da Costa non sia stata da esso descritta; soltanto
96 RIVISTA ITALIANA
lo fu sotto un altro nome, bastando, per convincersi di ciò, leg-
gere quanto scrive l’ autore a proposito della 7. excedens della
marna bianca di Lucugnano in Terra d’ Otranto. Inoltre, a mag-
giore conferma di questa identità (Zr. innormalis = Tr. exce-
dens = Tr. variabilis) aggiungero, che nel Museo di Napoli esiste
tuttora l’ esemplare figurato da Costa, coll’indicazione: « Zrun-
catulina irregularis Cos. Lucognano », esemplare che, a scopo di
completa dimostrazione, qui riproduco all’ ingrandimento di 45 dia-
metri (').
Tenuto calcolo di tutto ciò, mi trovo in grado di presentare la
(1) Credo utile di riportare le parole colle quali Costa descrive la
Ty. excedens: « Simile del tutto alla lobatula, questa specie si distingue
per l’ultima cavità, la quale cresce fuor di proporzione, dilatandosi ancora
in senso trasversale alla spira; e talvolta inverte il cammino, aggiungendo .
un’ altra cavità retrograda; nella quale perciò l’ apertura si trova sul dorso”
della spira ed alla sua posterior parte ».
Debbo alla squisita gentilezza del prof. Bassani l’avere potuto esa-
minare questo esemplare, nonchè tutti gli altri della collezione Costa di
cui ho trattato in lavori precedenti (Mem. Acc. Sc. Ist. Bologna, serie 5,
tomo IV, pag. 201-233, tav. I-III; tomo V, pag. 1-18, tav. IV, V. — Palaeon-
tographia Italica, vol. I, pag. 141-148, tav. VII).
DI PALEONTOLOGIA 97
ew ew a cene cei EN NE NI ONT =
seguente lista di sinonimi della 7. variabilis d’Orb., lista che, ben
lontana dall’ essere interamente accettabile, dovrà in seguito a ul-
teriori ricerche venire assai modificata.
1789. Testae ammoniformes . . .
1826. Truncatulina variabilis . . .
1839. » »
1856. excedens. . . .
1856. » innormalis .
1856? » irregularis . .
1857. Planorbulina truncata. . . .
1863. Truncatulina variabilis? . .
1864. » variabilis. . .
1866. » »
1869. Planorbulina variabilis . . .
Truncatulina variabilis .
1870.
1871. »
1872.
1876.
1877. -»
1878. »
. Nonionina,Anomalina, Trun-
catulina, Rotalina.....
tuberosa .s
Planorbulina (Tr.) variabilis
Truncatulina variabilis...
tuberosa....
variabilis . . .
. Soldani. Testac., vol. I, parte 1, pag. 77-
80, tav. LXX-XCII.
d’ Orbigny. Ann. Sc. Nat., vol. VII, pag.
279, num. 8.
~
d’ Orbigny. Foram. Canaries, pag. 135,
tay. Il, fig. 29.
Costa. Atti Acc. Pontan. vol. VII, pag. 250.
. Costa. Ibidem, pag. 368, tav. XXI, fig. 11.
Costa. In schedis (Collezioni del Museo
di Napoli).
Egger. Neues Jahrb. Min., pag. 280, tav. X,
fig. 15-17.
Reuss. Sitz. Ak. Wiss. Wien, vol. XLVIII,
pag. 61.
Reuss. Denkschr. Ak. Wiss. Wien, vol.
XXIII, pag. 10, tav. I, fig. 15.
Reuss. Ibidem, vol. XXV, pag. 159.
Reuss. Sitz. Ak. Wiss. Wien, vol. LIX,
pag. lo.
von Schlicht. Foram. Pietzpuhl, pag. 59,
60, 63, 64, tav. XXI, fig. 12-23, 27-29;
tav. XXII, fig. 7-9, 20-23 (fide Reuss).
. . Reuss. Sitz. Ak. Wiss. Wien, vol. LXII,
pag. 36.
Parker, Jones e Brady, Ann. Nat. Hist.,
serie 4, vol. VIII, pag. 177, tav. XII,
fig. 138.
Jones e Parker. Quart. Journ. Geol. Soc.,
vol. XXVIII, pag. 104.
Terquem. Class. Anim. Dunkerque, pag.
75, tav. IX. fig. 3.
Brady. Ann. Nat. Hist., serie 4, vol. XIX,
pag. 107.
Terquem. Mem. Soc. Géol. Fr., serie 3,
vol. I, mem. 3, pag. 20, tav.I, fig. 18-25.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Aprile 1896. 8
1884.
1885.
1886.
1888.
. Truncatulina variabilis var.
obscura
. Truncatulina variabilis.. .
»
»
»
»
»
»
»
»
»
0 0 0 0 e 0 o s we e 0 e 0
»
»
»
»
»
>
variabilis? .
variabilis ..
»
»
5. Truncatulina variabilis? ..
variabilis . .
Terquem. Class. Anim. Dunkerque, pag.
I2T tav VAs iow ae
2. Planorbulina ( Tr.) variabilis Brady. Proc. Roy. Soc. Edinburgh. vol. XI,
pag. 712.
Terquem. Mém. Soc. Géol. Fr., serie 3,
vol. II, mem. 3, pag. 92, tav. IX,
fig. 22-25.
Brady. Rep. Foram. Chall., pag. 661, tav.
XCM fio 0,46
Woodward. Journ. New York Micr. Soc.,
vol. I, paz Tot:
Fornasini. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. V,
pag. 190, 191.
Millett. Trans. Geol. Soc. Cornwall, vol. X,
pag. 226.
Brady, Parker e Jones. Trans. Zool. Soc.,
vol. XII, pag. 227, tav. XLV, fig. 17.
Terrigi. Mem. Acc. Lincei, serie 4, vol. VI,
pag. :klG. tay... VID o ieee ie
. Burrows, Sherborn e Bailey. Journ. Micr.
Soc., pag. 562, tav. XI, fig. 22.
. Chapman. Quart. Journ. Geol. Soc., vol.
XLVIII, pag. 517.
Egger. Abhandl. bayr. Ak. Wiss., vol.
XVIII, pag. 404, tav. XVI, fig. 57-59,
63, 64.
Chapman. Quart. Journ. Geol. Soc., vol. L,
pag. 721.
de Amicis. Naturalista Siciliano, anno
XIV, num. 4, 5 e s., pag. 92.
. Jones. Mon. Foram. Crag., tav. VI, fig. 23.
La 7r. variabilis è varietà intima della comune 77. lobatula
(W. e J.). Non essendovi limiti netti fra l’ una e l’ altra, è naturale
che siano state riferite alla prima parecchie forme che spettano alla
seconda, o forse a qualche altra varietà. È perciò che nella lista
precedente non si ha una sinonimia esatta della Tr. variabilis. Le
determinazioni di Reuss e di Terquem sono, p. e., molto di-
DI PALEONTOLOGIA vg
scutibili: la stessa figura di d’ Orbigny (1839) lascia in dubbio
se si tratti veramente di questa varietà. Non parlo delle figure di
Terrigi, che non so proprio come possano ricordare la Tr. va-
riabilis; mentre d’ altra parte sono da riguardarsi come non dubbi
rappresentanti di essa, oltre le figure di Soldani (1789), quella
di Costa (1856), di Egger (1857), di Brady (1884) e di Jones
(1895).
Pertanto, anche la distribuzione della Tr. variabilis non è
stabilita con assoluta certezza. Stando agli autori inglesi, essa già
si troverebbe nel gault; secondo Reuss e Terquem, la sua
presenza nel terziario antico sarebbe più che provata. Certo è che
negli strati neocenici è stata incontrata molto di rado (Egger,
Costa e Millett), mentre nell’ attualità essa raggiunge il suo
massimo sviluppo, ed è comunissima non solo nel Tirreno (Sol-
dani), ma in generale nelle acque basse dei mari subtropicali e
temperati. Eccezionalmente fu trovata a 500 o 600 fathoms e in
un solo caso a più di 2000 fms. di profondità (Brady).
Quanto alle affinità zoologiche, se da un lato la 77. variabilis
è, come sopra fu detto, strettamente collegata alla Tr. lobatula,
essa è d’ altra parte in intimi rapporti colla Planorbulina mediter-
ranensis. Parker e Jones non esitarono (') a dichiararla inter-
media (exactly intermediate) fra la tropicale Pl. vulgaris d Orb.
(= PI. mediterranensis) e il Nautilus farctus F. e M. (ben poco
diverso dalla Tr. lobatula, come poco ne differisce il N. tuberosus
F. e M.). Williamson aveva osservato (*) che la Pl. mediterra-
nensis era facilmente distinguibile dalla 77. lobatula per il suo
aspetto ialino, per l'irregolarità della spira e sopratutto per la
visibilità dei numerosi giri interni alla superficie superiore ; ma
egli stesso doveva in pari tempo riconoscere, che più vicine di
qualunque altra alla Pl. mediterranensis erano certe forme, spe-
cialmente giovani, della Zr. lobatula. Il carattere intermedio della
Tr. variabilis consiste veramente in ciò: che in essa le camere
sono disposte a spira irregolare come nelle Planorbulinae tipiche,
e come non avviene mai nelle 7runcatulinae, dalle quali poi essa
è d'altronde inseparabile per tutti gli altri caratteri.
(1) Ann. Nat. Hist., serie 3, vol. V, 1860, pag. 177.
(2) Foram. Great. Brit., 1858, pag. 58.
100 RIVISTA ITALIANA
VI.
Il Trigonodon Oweni E. Sism. e 1) Umbrina Pecchiolii? Lawl.
nel miocene di Sardegna.
Nora DI G. DE ANGELIS D'OSSAT.
A titolo di appendice alla mia nota inserita in questo perio-
dico (vol. I, pag. 250) credo che non riuscirà discara la seguente
notizia.
Nelle visite fatte, durante il Congresso, Geologico dell’ aprile
ora decorso, al Museo Geologico della r. Università di Cagliari
ammirai, fra le molte ricchezze paleontologiche ivi raccolte con
intelligente operosità dal prof. Lovisato, un numero grandissimo
di denti di pesci, trovati negli strati miocenici della Sardegna. Tra
essi riconobbi ben presto due forme interessanti: Trigonodon Oweni
E. Sismonda, ed Umbrina Pecchiolii? Lawley; le quali sono rap-
presentate da parecchi esemplari in ottimo stato di conservazione.
I denti della prima forma provengono dall’ elveziano di S. Barto-
lomeo....., quelli della seconda furon trovati al Monte della Pace......
(elveziano).
Nella classica opera del prof. Bassani « Contrib. alla paleont.
della Sardegna. Ittioliti mioc. » (Attî Acc. Sc. Napoli, 1891) non
si fa menzione delle forme citate, perchè non ancora scoperte dal
prof. Lovisato. Ho però trovato menzionato il gen. Sargus nel
miocene di Sardegna dal Woodward (Remarks on the Mioc.
Fish-Fauna of Sardinia. Geol. Magazine, 1891, pag. 465). Laonde
le località mioceniche sopra indicate della Sardegna sono nuove per
le due specie.
Giustamente il Woodward ritiene ben caratterizzato il ge-
nere Trigonodon E. Sism., come rilevasi dalla descrizione intorno
al Sargus? serratus P. Gervais, che viene riportato al Tr. serra-
tus Gerv. sp. ('). Lo stesso prof. Bassani, come mi risulta da
comunicazioni epistolari, è dello stesso avviso. Si può quindi rite-
nere Trigonodon come genere a sè, e non piu come sezione di
Sargus.
t
(1) Notes on some Fish-Remains from the Lower Tertiary and Upper
Cretaceous of Belgium. Geol Magazine, 1891, pag. 109,
DI PALEONTOLOGIA. . 10}.
—-nenbromnooypansasceuaszetozconones. Lenn en ean nanan nen nn en een n mene ee na anna inner pere RRR as irpini RATA AAA AAA Ar nana SE Net nine
L’ abbondante materiale appartenente al gen. Umbrina fa na-
scere la speranza del rinvenimento. degli otoliti caratteristici di
questo genere nei giacimenti sardi.
Mi auguro infine che l'abbondante materiale dell’ ittiofauna
miocenica sarda venga presto a formare oggetto di una completa
monografia (1).
VII.
A proposito dei tufi glauconitici di Zovencedo.
Nora pi P. E. Vinassa DE REGNY.
Il dott. Paul Oppenheim nel numero scorso di questa Ri-
vista, in nota, ha espresso il suo giudizio sopra un mio modesto
scritto del 1893 (*), dicendo a proposito delle ligniti e dei tufi di
Zovencedo, che io ho confuso due piani. Questo errore so di non
averlo commesso, ed è perciò che mi prendo la libertà di rispon-
dere due parole. Già nell’ Annuaire géologique (*) facendo la re-
censione del lavoro mi fu fatto dire quest’ errore, ed io mi trovai
costretto a rispondere in questi giorni (4). Ora probabilmente il
dott. Oppenheim o non ha compreso quanto ho scritto, o si è
contentato di leggere il riassunto dell’ Annuaire; altrimenti avrebbe
visto che io ho detto molto diversamente da quanto egli mi vuol
far dire.
Nel mio citato lavoro parlo chiaramente di tufi g/auconitici,
cioè verdi, i quali vennero cavati per fare un pozzo di miniera. È
in questi tufi verdi che si ha una fauna, in cui, insieme alle forme
di Roncà, si hanno numerosissime orbitoidi del piano di Priabona.
Il dott. Oppenheim parla di tufi bruni sottostanti alla luma-
chella con Cytherea, io parlo dei tufi verdi scavati per trovar le
ligniti. Appunto perchè è mio uso di andar molto cauto nelle
(1) Il prof. Lovisato, cui ho comunicato la bozza di stampa, mi as—
sicura di aver egli già riconosciuta la presenza dei citati generi nel mio-
cene sardo, con esemplari da me non veduti.
(2) Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb. Adunanza 7 maggio 1893.
(3) Annuaire géologique universel, vol. X, fasc. 2, pag. 311.
(4) Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb. Adunanza 26 gennaio 1896.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Aprile 1896. 8*
102 RIVISTA ITALIANA
asserzioni, rispetto alle ligniti, dopo aver esposta la questione sulla
loro eta, ebbi cura di aggiungere: « Ora io non so cosa dire delle
ligniti, la cui fauna mi è incognita ». Non mi par quindi di aver
fatto confusioni, ma di avere esposto semplicemente quanto aveva
potuto constatare coi fossili alla mano. Dal resto della mia frase
poi si rileva come a me sembrava strana una tale innegabile con-
comitanza di forme; ma sembra che a Zovencedo questo segua
con facilità, dacchè il dott. Oppenheim non solo trova insieme
fossili dei piani di Roncà e di Priabona, come ne ho trovati io, ma
a dirittura fossili di Ciupio e del Postale con fossili dei piani di
Sangonini e di Castelgomberto.
Attendo con impazienza I’ esteso lavoro preannunziato, e credo
che dopo queste mie spiegazioni il dott. Oppenheim non vorrà
anche in esso ripetere, che ho confuso l’eocene coll’ oligocene, o
cioè, come egli dice non so con quanta chiarezza, le ligniti coi tufi!
VII.
Sui molluschi eocenici del Monte Postale
descritti dal dottor P. E. Vinassa de Regny (').
Nota DI PAUL OPPENHEIM.
Nel primo volume del nuovo periodico pubblicato sotto la
direzione del prof. M. Canavari, e destinato ad illustrare le ric-
chezze paleontologiche del suolo italiano, il dott. Vinassa de
Regny comincia una monografia dei molluschi terziari delle pro-
vincie venete descrivendo la fauna del Postale. Facilmente si com-
prende come questa pubblicazione mi abbia particolarmente inte-
ressato, tanto più che fino dal settembre dell’anno passato consegnai
nelle mani del prof. von Zittel una monografia della stessa fauna,
frutto delle mie ricerche. Mi permetto qui di fare alcune osserva-
zioni sulle forme del Postale descritte dal dott. Vinassa, riser-
vandomi di trattare, quanto prima, di quelle di S. Giovanni Ila-
rione. Per tutto ciò che potesse rimanere oscuro in queste pagine,
(1) V. questo periodico, vol. II, pag. 12.
DI PALEONTOLOGIA 103
prego gentilmente il lettore di volere confrontare la mia monogra-
fia, che, come promette il prof. v. Zittel, non tarderà molto a
vedere la luce.
Arca Oppenheimi n. f. (Vinassa, |. c., pag. 214, tav. XVI,
fig. 3). Non mi tengo interamente sicuro della indipendenza di
questa specie. Potrebbe essere l'A. appendiculata Sow. (= planico-
sta Desh.), che conosco al Postale. Per risolvere la questione, sa-
rebbe necessaria una figura più chiara, che lasciasse vedere i det-
tagli dell’ ornamentazione.
Cardium postalense n. f. (pag. 214, tav. XVI, fig. 2). La spe-
cie, come si vede dal cardine, è una Cardita. Mi pare di averla
veduta anche fra i miei materiali, e di averla ritenuta molto affine
alla C. minuta Leym., benchè diversa da essa.
Corbis lamellosa Lam. (pag. 215). Non conosco questa specie
al Postale, ove del resto è citata anche da Munier. Avendo avuto
a disposizione un materiale molto ricco, ritengo che essa non sia
« assai comune al Monte Postale ». Credo piuttosto ad uno scam-
bio colla C. Bayani Oppenh. o C. major Bay.
Lucina Escheri May. (pag. 216). Fra le Lucinae descritte e
figurate da De Gregorio come L. gigantea Lam. sono comprese
molte specie, ma nessuna di esse è la L. Escheri, forma caratte-
ristica sebbene non comune. Anche la L. gigantea Lam. esiste al
Postale, ma è rarissima.
Lucina supragigantea de Greg. (pag. 216). È una buona spe-
cie, ma identica alla L. pullensis Oppenh. del M. Pulli.
Liicina subalpina May. (pag. 215). È per me identica alla L.
bipartita Desh. del bacino di Parigi.
Tellina bayaniana n. f. (pag. 216, tav. XVI, fig. 1). Pare iden-
tica alla erycinoides Lam. del bacino Di Parigi, dic non è rara nei
calcari del Postale.
Trochus mitratus Desh. var. Rafaéli May. (pag. 217).
Tr. Rafaéli è una buona specie, e non ha che fare colla specie
parigina. Anche il Tr. Saemanni Bay. è una specie a sè. Il com-
pianto Bayan conosceva assai bene il bacino di Parigi e non
avrebbe istituita una specie che potesse poi divenire sinonimo di
una delle più caratteristiche di tale formazione: egli confronta il
Tr. Saemanni coll’ ornatus Desh., e non fa menzione alcuna del
mitratus, che del resto finora non ho trovato nel Veneto.
Trochus abavus May. (pag. 217). Vinassa scrive: « A giu-
dicare dalla descrizione e dalla figura invece che ai Zixyphinus
essa va forse riferita ai Calliostoma ». Ora, leggesi De Manuel de
104 RIVISTA ITALIANA |
Conchyliologie di Paul Fischer (pag. 826): « Calliostoma Swainson |
1840 (Synonymie Ziziphinus Gray 1840) ».
Nerita crassa Bell. (pag. 218). Non so come l’A. possa dirsi .
sicuro della identità della N. circumvallata Bay. colla specie di
Nizza, senza aver veduto l’ apertura dell’ originale di Bellardi.
Dal Bayan fu accennato soltanto alla probabilità di una tale iden-
tità. Vinassa non dice in qual modo sia giunto a. risolvere la
questione.
Velates schmiedeliana Chemn. (pag. 218). La specie non è
tanto rara al Postale quanto crede l’A., e anche qui può raggiun-
gere le dimensioni degli esemplari di Roncà, come rilevo da uno
dei miei esemplari.
Ampullina postalensis nom. mut. (pag. 218, tav. XVI, fig. 7).
L’ esemplare figurato dall’ A. non è la specie di Mayer (Natica
Rouaulti), e questa non è la specie di De Gregorio (N. pro-
pehortensis). Quest’ ultima sembrerebbe molto vicina all’ A. Vul
cani Brongn. di Roncà, e nel mio lavoro ho derominata perciò
vulcaniformis. Invece la N. Rouaulti May. (non d’Arch.) pare
una vera Natica, senza il lembo umbilicale delle Ampullinae, come
si può dedurre dalla descrizione molto chiara di Mayer e dalla
sua bella figura. Qualora Mayer avesse sbagliato, e nell’ originale
di N. Rouaulti si trovasse il lembo umbilicale, non sarebbe im-
possibile che la specie sua fosse identica all’ A. parisiensis d’ Orb.,
tanto comune nel Veneto e che io posseggo del M. Postale. Del
resto l A. postalensis Vin. de Regny non è un’ Ampullina, e forse
neanche una Natica, bensì un Orthostoma? L’ unico “0
come scrive l’ A., è mal conservato.
Ampullina hybrida Lam. (pag. 219). Per quel che. concerne
questa specie, comunissima al Postale e conosciuta da tanto tempo,
mi trovo d’ accordo coll’A. Manca però nel suo catalogo l'A. sues-
soniensis d’ Orb. (A. dissimilis Desh.) che trovasi nella stessa for-
mazione.
Solarium. bistriatum Desh. (pag. 220). Non conosco questa:
specie al Postale, nè alcun altro Solarium; forse non sarebbe stato
male di figurare una specie tanto rara e interessante.
Cerithium vicetinum Bay. (pag. 220, tav. XVI, fig. 5, 6). Credo
che gli esemplari figurati dal De Gregorio come C. giganteum
appartengano realmente alla specie di Lamarck, e non al vice-
tinum Bay. Certo è che il C. giganteum Lam. si trova al M. Po-
stale, ove è stato citato da Mayer e da altri.
Cerithium Palladioi May. (pag. 221). Non so se gli esemplari
eh Bae hy >
wy
.
DI PALEONTOLOGIA 105
del dott. Vinassa appartengano veramente alla specie di Mayer.
Certo è che questa non è frequente al Postale e non ha che
fare col C. multisulcatum Brongn. di Ronca, che ha qualche rap-
porto col lamellosum Brug. Il C. pernicum de Greg. non sembra,
per le sue coste rade, essere il tipo di Mayer. Avendo poi sot-
t’ occhio una figura disegnata dallo stesso Rauff, posso assicurare
che il C. anguloseptum di quest’ autore non è identico, nè analogo
alle specie studiate dal dott. Vinassa.
Cerithium familiare May. (pag. 222). Non capisco come I’ A.
abbia potuto identificare il suo esemplare colla specie di Mayer,
vicina, come scrive il Mayer stesso, al C. conjunctum, ed anche
(posso affermarlo sull’ esame dei miei esemplari) al C. Lamarcki
dell’ oligocene. La specie figurata dal Vinassa è ben altra cosa,
e sono quasi sicuro di vedere in essa un giovane del C. gomphoceras
Bay., tanto comune nei calcari del Postale.
Strombus pulcinella Bay. (pag. 222). Lo Str. Tournoueri Bay.
non è da identificarsi, come dimostrerò nella mia monografia, con
questa specie, e De Gregorio ha pienamente ragione di rifiutare
la sua prima opinione. Lo Str. Tournoueri va aggiunto (come del
resto ha già riconosciuto il Sacco nella sua monografia degli Strom-
bidae terziari del Piemonte) allo Str. auriculatus Grateloup (Str.
problematicus Michelotti) dell’ oligocene. Prego di confrontare quanto
ho scritto di questa specie nel mio lavoro sulla fauna di Zovencedo.
Rimella fissurella Lam. (pag. 222). Non la conosco al M. Po-
stale.
Rostellaria postalensis Bay. (pag. 223). Mayer non « ha ab-
bellito e completato il proprio esemplare » della R. Escheri, sino-
nimo della specie di Bayan, come crede il dott. Vinassa. Pos-
seggo nella mia collezione molti esemplari anche più belli del tipo
di Mayer: uno di essi conserva anzi i colori.
Rostellaria mutabilis May. (pag. 223). Non è da identificarsi
collo Strombus pulcinella Bay., come lo provano esemplari col lab-
bro esistenti nella mia collezione. Ammetto però, che gli esemplari
giovani in tutti questi Strombidae siano molto analoghi e difficili
da separarsi specificamente.
Rostellaria Tallavignesi May. (pag. 223). Questa specie mi
sembra fondata sopra un giovane della R. postalensis Bay. (= E-
scheri May.).
Gisortia Hantkeni Héb. e Mun. (pag. 224). Conosco ora un
esemplare di questa specie, proveniente dal Postale ed esistente nel
Museo di Berlino. Desidererei di confrontare la citazione del Ma-
ecg cawec pe eereeneeeeesnngecnane nie ee eee
rinoni fatta dall’ A.; ma come vedere « Contr. geol. Friuli, II,
pag. 10 »?
Cypraea interposita Desh. (pag. 224). Non mi trovo d’ accordo
con De Gregorio, nè con Vinassa, su questa specie. Per me
non è la specie di Parigi, ma una forma nuova che ho denomi-
nata C. elegantiformis nella mia monografia.
Turbinella Leymeriei May. (pag. 225). La Voluta pulcinellae-
formis de Greg. è una specie a sè, ed è una vera Voluta del
gruppo delle Auriniae.
Mitra crebricosta Lam. (pag. 225). La M. Marsalai de Greg.
è tutt’ altra cosa, nè sembra identica a quella del bacino di Parigi,
che non conosco al M. Postale.
— «Re
NOPIZIE. VAs
Società Zoologica di Londra. — Il 18 febbraio C. W. An-
drews ha letto una nota sul cranio di Orycteropus Gaudryt,
specie estinta di formichiere del pliocene inferiore di Samos, sco-
perta e descritta già da Forsyth-Major. A non tener conto delle
dimensioni e di certe piccole differenze nelle ossa craniche e nei
denti, essa rassomiglia ad O. aethiopicus dell’Africa orientale. Que-
sto genere ebbe anticamente una distribuzione geografica maggiore
dell'attuale, perchè si trovarono avanzi di esso in luoghi ancora
più orientali, come Maragha in Persia, e la fauna con la quale è
associato, tanto in quest’ ultima località come a Samos, si estende
forse dalla Spagna fino nella China meridionale. Sembra dunque
che, sebbene questo genere sia ora esclusivamente etiopico, esso
possa aver avuto un'origine nordica, ed abbia invaso l’Africa in-
sieme coi resti della fauna pliocenica. — Il 3 marzo G. E. H. Bar-.
ret-Hamilton ha mostrato due scheletri ed altre ossa di Myodes
lemnus delle caverne del Portogallo meridionale. Questa scoperta
aumenta le conoscenze nostre sulla distribuzione del lemming di
Norvegia. Vivente è stato veduto finora solo in Norvegia e Lap-
ponia, avendo per limite meridionale il 58° ?/ lat. N., e resti di
esso erano stati trovati in Inghilterra e a Quedlinbourg in Sasso-
DI PALEONTOLOGIA 107
nia. — Il 17 marzo A. Smith Woodward ha letto un lavoro
su alcuni teleostei estinti della famiglia dei Gonorhynchidae. La
descrizione di un nuovo esemplare di Notogoneus osculus del-
l eocene (Green River Shales) di Wyoming negli Stati Uniti d’A-
merica, conferma la determinazione di Cope che lo considerò già
come appartenente alla su detta famiglia. Sphenolepis squamosseus
e S. Cuvieri, imperfettamente descritti da Agassiz nell’ eocene di
Francia, sono identici con Notogenus. A prova di questa identifi-
cazione lA. dà conto di nuovi esemplari del British Museum.
Sembra così che i Gonorhynchidae comprendano pesci d’ acqua
dolce che hanno vissuto nei primi tempi del terziario tanto in
Europa che nella Nordamerica.
Accademia delle Scienze di New York. — Sezione biologica.
Il 13 gennaio Bashford Dean ha letto un lavoro « On the Sup-
posed Kinship of the Palaeospondylus ». Un esemplare ben con-
servato di questo fossile, ricevuto da Wm. T. Kinnear di Forss,
Scozia, sembra confermare l’ ipotesi che questo animale lampredi-
forme abbia posseduto delle pinne pari, carattere questo che con-
trasta con |’ opinione quasi generale che lo ritiene affine ai ciclo-
stomi. Le pinne sarebbero state sostenute da una serie di raggi
diretti trasversalmente, e che partono dalla regione della lamina
postoccipitale di Traquair. Per questo carattere peculiare, come
anche per l'apparenza lamprediforme del fossile, le affinità di
Palaeospondylus sono ancora molto incerte.
Accademia di Scienze Naturali di Filadelfia. — Il 21 gen-
naio E.D. Cope ha descritto gli avanzi di balenidi fossili, dei
quali egli ha determinato 16 specie, del neocene di Maryland, Vir-
ginia e Nordcarolina, specialmente gli ossicini dell’ udito di una
Balaenoptera forse non ancora descritta e di una Balaena apparen-
temente identica con B. affinis. — L’ 11 febbraio ha descritto un
pezzo di cranio di cetaceo dei depositi neocenici della costa occi-
dentale della baia di Chesapeake. Il frontale ed i parietali hanno
caratteri non comuni per essere ossa cetaceane. Non si è potuto
determinare la presenza o la mancanza di dentizione. L'A. consi-
dera l’ esemplare come nuovo genere e nuova specie e propone per
esso la denominazione Metopocetus durinasus. — Il 18 febbraio
ha descritto esemplari di rettili fossili del permiano e del trias,
Essi appartengono all’ ordine dei Cotylosauria da lui descritto
nel 1879 e caratterizzati di poi da Seeley come tipi africani,
nen a on oe ne er RR ean enn nan nen ema Renn meee n nnn nea mene ne nem ennasenn an naamnensaanpomannewsonsangannanmensgsa=se
L’ ordine comprende le fam. Elginiidae, Pariasauridae e Parioti-
chidae. Nuovi generi di Diadectidae sono descritti sotto i nomi
Bolbodon e Diatomodon, i cui denti sono illustrati insieme con
quelli degli altri generi della famiglia. I Platodontia possono essere
derivati dai Diadectidae. Il tetto sopra la fossa temporale e il
forame per |’ occhio parietale sono illustrati da esemplari. L’A. ha
mostrato ancora i denti molari di una specie di Empedias, il cra-
nio di Bolbodon tenuitectis e la mandibola di Diatomodon. Un’ altra
forma descritta col nome di Conodectes favosus può appartenere
ai Diadectidae, ma le sue ‘affinità sono per ora incerte. — Il 3
marzo J. Willcox ha presentato una collezione di 308 esemplari
di Fulgur recenti e fossili di differenti località ed orizzonti geologici,
i quali illustrano con gradazioni complete l’evoluzione delle forme:
25 specie si possono ridurre a tre o quattro per la constatazione
di serie di forme intermedie. > A. Cocci.
Mai
Il prof. Mario Canavari annunzia, che dentro il corrente
anno verrà pubblicato il secondo volume della Palaeontographia
Italica, che conterrà importanti memorie accompagnate da circa
25 tavole.
Il prezzo di questo volume, per tutti coloro che I’ acquiste-
ranno direttamente, resta fissato in L. 50.
Mu
Annunziamo con piacere la pubblicazione di un nuovo Com-
pendio di Geologia, autore il prof. Arturo Issel, col concorso
dell’ ing. S. Traverso. È già uscita la prima parte, la quale con-
tiene, oltre un’ introduzione sull'oggetto e sull’ indirizzo della geo=
logia, estesi capitoli di nozioni preliminari (forma, dimensioni, den-
sità, calore e magnetismo della Terra), di fisiodinamica (atmosfera,
terre emerse, mari, acque continentali e sotterranee, ghiacciai, vul-
cani, terremoti e bradisismi) e di litologia.
E un ricco volume in 8°, di oltre 400 pagine, con 200 figure
intercalate, una tavola e due prospetti, edito a Torino dall’ Unione
Tipografica, e che si vende al prezzo di sei lire.
La seconda parte è in corso di stampa. © E;
Dott. Carlo Fornasini, redattore responsabile,
‘ 0
AMATI
Hanno pagato l’abbonamento alla « Rivista »
per l’anno 1896 i signori:
Aichino - Baldacci - Berti - Bombicci - De Bosniaski -
Delgado - De Loriol - Dervieux - De Stefani - Dollfus -
Foresti - Fuchs - Gaudry - Malagoli - Mariani - Meschinelli
- Riva - Rothpletz - Sacco - Salmojraghi - Stefanescu -
Viola - Zezi.
Pagarono l’abbonamento per l’anno 1895 anche
i signori:
De Stefani - Simoni - Zezi.
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“FEB: 6 1099
Anno II.
50 Giugno 1896
Fascicolo III
RIVISTA ITALIANA
13997
PALEONTOLOGIA
REDATTORI
CARLO FORNASINI. |. VITTORIO SIMONELLI
SOMMARIO
I. RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE.
(Arcangeli, Canavari, Cerulli Irelli,
Clerici, Corti, De Alessandri, Dervieux,
Failla Tedaldi, Greco, Lotti, Meli, Ne-
viani, Regalia, Sacco).
II. PUBBLICAZIONI ESTERE.
A. Recensioni.
(Brasil, Chapman, Schaudinn, Schlum-
berger).
B. Annunzi.
III. P.E. Vinassa. IZ Platycarcinus St-
smondai del Museo Parmense e
il Palaeocarpilius macrocheilus
del Museo Pisano (con tavola).
Ta
PERSONALIA.
BOLOGNA
TIPOGRAFIA GAMBERINI E PARMEGGIANI
1896
Fornasini. Sul? accrescimento a-
normale di un esemplare di Cri-
stellaria e sulla Cr. auris(Seld.).
. Del Prato. Delfinoide fossile del
Parmense.
. Peola. Flora fossile dell’ Asti-
giano (con tavola).
. Portis. IZ cigno fossile nelle vi-
cinanze di Roma.
Fornasini. La Phiaiina oviformis
di O. G. Costa.
. Oppenheim. A proposito det tufi
glaucomnitici di Zovencedo.
La « Rivista » si pubblica bimestralmente, in fascicoli
di non meno di 32 pagine in 8°.
Abbonamento annuale: cinque lire. — Un fascicolo
separato : una lira.
Gli autori di note originali e di recensioni inserite
nella « Rivista » riceveranno gratuitamente 25 estratti.
Dirigere vaglia e corrispondenza alla ledazione della
Rivista Italiana di Paleontologia: Via delle Lame 24, BoLoena.
INSERZIONI A PAGAMENTO NELLA COPERTINA
(riservate ad annunzi librari e ad offerte di materiali e di strumenti scientifici)
Un quarto di pagina. . ....... Lire 5
Mezza spa ii e e » 10
Una wag ina imtevan oe. ie » 15
FEB 6 1895
Anno II. 50 Giugno 1896 Fascicolo III
MI
I
RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE
ArcaAnGELI (G.) — Sopra due fossili d’ Iano. — Boll. Soc. Bot.
Ital., anno 1896, pag. 65-69.
Negli schisti antracitiferi di Iano l'A. ha trovato una impronta
che ha molta somiglianza colla Daubreeia pateraeformis Zeiller.
Come questa, essa è fornita di sei nervature primarie e di nerva-
ture secondarie disposte secondo i raggi della apparente foglia
peltata, ma possiede anche nervature terziarie parallele fra loro e
colle secondarie, e che mancano nella D. pateraeformis, nella quale si
può appena colla lente scoprire nel margine una specie di sagri-
natura dovuta probabilmente a tessuto cellulare. L’ A. ha denomi-
nata questa sua nuova specie D. biondiana, per ricordare il nome
di chi lo coadiuvo nelle ricerche. Per l’interpretazione di questo
fossile egli cita il Platycerium alcicorne e le foglie di Aspidistra,
dichiarandosi propenso per il primo, senza però ritenere esaurita
la questione. — A lano l’A. potè rinvenire anche uno Spirophyton
nuovo, che egli chiama Sp. Jani e che, come egli nota, è impor-
tante, essendo il primo rappresentante del genere nel carbonifero,
ben inteso quando si voglia tenere distinto tale genere da 7ao-
nurus, Zoophycos ecc.
ArcanGELI (G.) — La flora del Rothliegenden di Oppenau e le
formazioni di S. Lorenzo nel M. Pisano. — /bidem,
pag. 85-94.
Premessa una recensione di uno studio del prof. Sterzel di
Chemnitz sulla flora di Oppenau, lA. applica al M. Pisano le
considerazioni dell’ autore tedesco, e trova che le formazioni di
S. Lorenzo corrispondono a quelle di Oppenau, meno alcune
lievi differenze che si debbono considerare come varianti locali.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Giugno 1896, 9
110 RIVISTA ITALIANA
queste ee che ee NATA NT TANI IAT NI e AZ TT SE IO ITTICA E ee
Infatti, nel M. Pisano le specie comuni al Rothliegenden sono 27,
quelle comuni a ‘questo e al carbonifero 33, quelle esclusive del
carbonifero 9 (e rare), e le proprie sono 6. Predominando poi le
felci tipiche, e secondariamente le calamariee e le sfenofillee, è
evidente che le formazioni di S. Lorenzo vanno riferite alla
parte inferiore del Rothliegenden, cioè agli strati di Cusel dei
geologi tedeschi. L. GABELLI.
Canavart (M.) — La zona con Aspidoceras acanthicum nell’A p-
pennino centrale. — Proc. verb. Soc. Tosc. Sc. Nat., anno
1896, pag. 117-118.
Una ricca fauna raccolta a Monte Serra nel Camerinese, che
l’A. aveva ritenuta anni addietro come titoniana, viene ora, in se-
guito alla scoperta di nuovi materiali, riguardata come più ‘antica.
Ricordando 13 specie di questa fauna, l'A. fa notare che esse son
tutte proprie della zona con Aspidoceras acanthicum Oppel, « da nes-
suno avvertita prima di ora nell'Appennino centrale ». Aumentano
per tal modo le affinità fra questa regione e i terreni del giura su-
periore di Sicilia e del Veneto. Ei
Cerutti IreLLI (S.) — Molluschi fossili del pliocene della pro-
vincia di Teramo. — Boll. Soc. Geol. Ital., anno 1896,
pag. 9-11.
E un elenco di 121 specie raccolte nelle argille e nelle sabbie
della zona pliocenica compresa fra Colonnella, Bellante, Castellalto
e Notaresco.
CLerici (E.) -- Alcune notizie di geologia romana. — Boll. Soc.
Geol. Ital., anno 1896, pag. 12-13.
L’ A. annunzia il rinvenimento di giacimenti diatomeiferi nei
dintorni di Roma, indicando le località. 3
Corti (B.) — Ricerche micropaleontologiche sul deposito gla-
ciale di Re in Val Vegezzo. — Rend. Ist. Lombardo, anno
1895, pag. 498-504.
E uno studio sulla flora diatomeacea fossile delle marne e
argille di Re in Val Vegezzo (Novara), che spettano al quaternario
e rappresentano un deposito lacustro-glaciale. Di 39 forme, 6 sono
comuni colla marna di Pianico (formazione pliostocenica lacustre
di spiaggia), 10 col deposito di Pianico e con le torbe glaciali del
DI PALEONTOLOGIA 111
errr eee reece cere eters sr eer eee Teer few ow wee ee ren ee re en et I ee re mr ry eee
Ticino e dell’Olona, e 12 solo con queste. Delle rimanenti, una
(Odontidium hyemale var. mesodon) è specie nivale; le altre sono
proprie dei laghi attuali. Nessun dubbio quindi per « ritenere le
marne e le argille a filliti di Re coeve con le torbe glaciali del
Ticino e dell’Olona, non escludendo in pari tempo una somiglianza
spiccata di formazione lacustre con la marna di Pianico ». Un
elenco delle forme studiate accompagna queste considerazioni. F.
De Atressanpri (G.) — Ricerche sui pesci fossili di Parana (Re-
pubblica Argentina). — Atti Acc. Sc. Torino, anno 1896:
17 pag. con tavola.
Premesso un sunto storico degli studi geologici fatti sul grande
bacino di Parana da d’Orbigny ad Ameghino, l'A. esamina gli
avanzi di pesci che fanno parte di una ricca collezione di fossili
paranesi esistente nel r. Museo Geologico di Torino. Tali avanzi
appartengono agli elasmobranchi, ai ganoidi e ai teleostei, rappre-
sentali, i primi da 5 generi e 7 specie, i secondi da un genere ed
una specie, i terzi da 3 generi e 3 specie. Questa ittiofauna pare
eocenica: Odontaspis elegans e Carcharias (Aprionodon) Gibbesi
sono specie essenzialmente eoceniche ; Lepidosteus fu finora raccolto
solamente nell’ eocene d’acqua dolce del Messico, e Od. Hopei è
specie eocenica che persiste nel miocene. Acrodus e Corax spettano
al cretaceo superiore, ma per il loro modo di fossilizzazione gli esem-
plari provengono certo dallo stesso giacimento degli altri fossili
paranesi. Lo studio di questi pesci sembra dunque confermare il
concetto della eocenicità del piano paranense (ad Ostrea Ferrarisi),
Vengono descritti e figurati dall’A.: denti di Odontaspis elegans
e di O. Hopei (Ag.), di Carcharias (Aprionodon) Gibbesi Wood,
di un Corax affine a C. falcatus Ag., di una nuova specie di Acro-
dus (A. paranensis de Al.); piastre dentali e spine di Myliobates
americanus Bray. e di altro Myliobates ; denti di Lepidosteus, di
Chrysophrys e di Sparidae, e infine di una nuova specie di Pro-
tautoga (P. longidens de Al.). IS
Dervieux (E.) — Esame micropaleontologico di un calcare rosso-
cupo del « lias superiore » di Monsummano (Val di Nie-
vole) in Toscana. — Mem. Pont. Acc. Nuovi Lincei, anno
1896. Tre pagine con una tavola.
Mediante l’esame microscopico di alcune sezioni sottili, lA. ha
potuto osservare in quella roccia resti di foraminiferi molto piccoli,
RAR RI Pica Je as CURE DR Bek PR STR TAL] PRON è da
A ia rt il Sh Nh fever
112 RIVISTA ITALIANA
a
:
dei quali i maggiori raggiungono il diametro di circa 7/3 di milli-
metro. Vi sarebbero rappresentati i generi Lagena, Nodosaria, Cri-
stellaria, Vaginulina, Flabellina ? Bolivina, Globigerina, Pulvinu-
lina e Truncatulina. Una sola forma sarebbe determinabile speci-
ficamente, la Cristellaria calcar, tuttora vivente. « L’assieme delle
forme, scrive l’A., è molto analogo con quello del calcare liasico
di Nese in Val Seriana descritto dal Mariani, il che sarebbe una
prova della giusta determinazione geologica data dai geologi to-
scani. » 1
Fartta Tepatpi (L.) — Scoperta di un’altra grotta preistorica
nelle Nebroidi. — Boll. del Naturalista, anno 1896, pag. 57-58.
L’A. aveva scoperta una necropoli preistorica nel territorio di
Isnello. Dall'esame dei resti trovati ora in quest'altra della Chiu-
silla « emerge, che gli uomini della necropoli appartengono al pe-
riodo neolitico, o alla fine di questa epoca, quando cominciano 1
primi albori dell’epoca del rame. »
Greco (B.) — Il lias superiore nel circondario di Rossano Ca-
labro. — Boll. Soc. Geol. Ital., anno 1896, pag. 92-121, tav. L
Chondrites Savii e Ch. Meneghinii (Zigno), Ch. liasinus Heer,
Ch: Canavarii, Ch. Mariae, Ch. irregularis, Ch. Grecot, Ch. Ta-
ramellii Vinassa, Cidaris? f., Koninckodonta Geyeri? Bittn., Te-
rebratula erbaensis Suess, Terebrat. Renierii? Cat., Arca? f.,
Pleurotomaria? f., Nautilus cfr. semistriatus d’Orb., Phylloceras
Nilssoni (Héb:), Phyll. f., Phyll. Stoppanii Mgh., Phyl. cfr. Part-
schi (Stur), Rhacophyllites lariensis (Mgh.), Rhac. extmius (Hau.),
Rhac. Nardii (Mgh.), Lytoceras fimbriatoides? Gemm., Lyt. cfr.
cornucopia (Y. et B.), Lyt. f., Lyt. dorcadis ? Mgh., Dumortieria?
naxensis e Dumort.?, Haugi Gemm., Arieticeras Di Stefanot,
Ar. Paronai e Ar. fontanellense (Gemm.), Grammoceras Canavarit
eGr. Timaei (Gemm.), Gr. radians? e Gr. serpentinum? (Rein.), Har-
poceras falciferum ? (Sow.), Hildoceras Hoffmanni e H. Manzonii
(Gemm.), Harpoc. cfr. lythense (Y.etB.), Coeloceras crassum(Y.et B.),
Aptychus cfr. zonatus Stopp., Atractites indunensis (Stopp.), Bele-
mnites f., sono le forme riscontrate dall’A. in quei calcari marnoso-
arenacei grigi o giallastri di Pietracutale e Bocchigliero che sopra-
stanno « con perfetta concordanza » ai calcari neri con brachiopodi
del lias inferiore. Questi fossili si conservano nel Museo geologico |
DI PALEONTOLOGIA — 113
della r. Università di Pisa. Il dott. Greco riferisce al lias superiore
la formazione da cui provengono, facendo notare « le analogie
litologiche e le corrispondenze paleontologiche che essa presenta
con il lias superiore dei dintorni di Taormina (Sicilia) illustrato dal
Gemmellaro e dal Seguenza ». Ricorda inoltre, come I’ ing:
Cortese, che si era già trovato d’ accordo con questi due autori
nel riferire al lias superiore la formazione di Taormina, abbia
invece recentemente riferito al lias medio le formazioni di Pietra-
cutale e di Bocchigliero, che a quella di Taormina perfettamente
corrispondono così per i loro caratteri litologici come pure per i
fossili che contengono (’). G. BONARELLI,
Lotti (B.) — Strati eocenici fossiliferi presso Barigazzo nel-
l’ Appennino Modenese. — Boll. Com. Geol. It., anno 1895,
pag. 429-440.
Va ‘principalmente rilevata l’ importanza. del fatto osservato
dall’ A., della presenza cioè di strati con inocerami che soprastanno
a strati con nummuliti, ed enunciato come segue: « Nella stessa
località e nella stessa formazione compariscono inocerami e bivalvi
_ simili a quelle trovate in altri punti dell’ Appennino in roccie di
tipo eocenico e descritte come mioceniche; gli strati con Inocera-
mus sono superiori a quelli a bivalvi e la loro distanza stratigra-
fica non supera i 4o metri; tanto nell’arenaria con inocerami,
quanto in quella che racchiude le lenti a bivalvi si osservano resti
di Zaonurus e di Palaeodictyon; il tutto sovrincombe alla forma-
zione calcareo-argillosa o delle argille scagliose, la quale, subito
sotto agli strati a bivalvi, contiene |’ Helminthoida labyrinthica,
fucoidi, briozoari, foraminifere e, a poca distanza nei dintorni, or-
bitoidi e nummuliti, ed è sovrapposta ad arenarie racchiudenti esse
pure strati nummulitici ».
(1) Mi permetto di dichiarare qui in nota, che questa fauna di Pietra-
cutale e Bocchigliero così pazientemente ed accuratamente studiata dal-
l’egregio amico e collega dott. Benedetto Greco non mi sembra riferibile
al toarciano inferiore, come egli crede. L'esame complessivo delle forme
riconosciutevi dallo stesso dott. Greco, m’induce a ritenerla piuttosto
decisamente caratteristica del charmoutiano superiore (orizzonte « dome-
riano » Bonar. 1895). Credo inoltre, che della formazione di Taormina,
riferita, finora dagli autori tutta quanta al toarciano, almeno la parte
inferiore debba ritenersi domeriana. E sarebbe soltanto con questa porzione
che le formazioni di Pietracutale e Bocchigliero presentano corrispondenze
paleontologiche.
114 RIVISTA ITALIANA
A Nl NB I A en eee ene sere
Met (R.) — Sulla esistenza di strati di torba affioranti entro.
mare, lungo la spiaggia di Foglino presso Nettuno nella
provincia di Roma. — Boll. Soc. Geol. Ital., anno 1896,
pag. 15-36.
Citiamo questa nota, poichè in essa, oltre l'elenco delle pub-
blicazioni paleontologiche dell'A. sul territorio Anziate e Nettu-
nese, troviamo accennata la presenza, sulla spiaggia di Foglino, di
ciottoli di focaia pieni di nummulitidi e di Alveolinae. Il rinveni-
mento di tali ciottoli non è un fatto raro nella regione romana e
sabina, ed io ricorderò, a mia volta, la loro presenza anche nel
conglomerato postpliocenico della Croara nei dintorni di Bologna.
E.
i
Metr (R.) — Molluschi fossili recentemente estratti dal giaci-
mento classico del Monte Mario presso Roma. — Ibidem,
pag. 74-84.
Vengono enumerate e accompagnate da osservazioni le specie
seguenti: Tracia pubescens (Pultn.), Axinus flexuosus (Montg.),
Lepton depressum (Nyst). Loripinus fragilis (Phil.), Donax (Ser-
rula) venusta e Tellina (Peronaea) nitida Poli, Venerupis irus (L.),
Cerithium varicosum (Brocchi), Cassis saburon Lam., Pollia pli-
cata (Brocchi), Murex conglobatus Michtti, Murex scalaris Broc-
chi, Triton nodiferum Lam., Xenophora trinacria Fischer, Cheno-
pus serresianus (Michd.). Segue una lista di 22 pleurotomidi, tro-
vati in gran parte nell’esaminare le sabbie grigie della Farnesina
contenute in grosse bivalvi, vengono poscia citati resti di briozoi,
di echinodermi e di Raja, e vien data per ultimo una lista di spe-
cie rare, estratte dalle sabbie gialle di Acquatraversa sulla Via Cassia.
E.
NEVIANI (A.) — Il pitecantropo o la scimia-uomo e la teoria
dell’ evoluzione. — Rivista di Sociologia, anno 1896, pag.
205-233, con 5 figure.
È una conferenza tenuta al Circolo dei Naturalisti in Roma,
nella quale, oltre a riassumere dettagliatamente le ricerche del
Dubois (ben note ai lettori del nostro periodico), l’ A. discute
ampiamente le obbiezioni mosse al Dubois medesimo, profittando
di questa occasione per ricordare tutti gli argomenti che furono
sino ad oggi messi innanzi in appoggio della teoria dell’ evoluzione.
E.
DI PALEONTOLOGIA 115
RecàLIia (E.) — La prima Nyctea nivea quaternaria d’ Italia.
Proc. verb. Soc. Tosc. Sc. Nat., anno 1896, pag. 110-111.
L’A., di cui sono ben note le importanti ricerche sulla fauna
della Grotta dei Colombi (Isola Palmaria, Spezia), ha ora ricono-
sciuta l’esistenza in essa di oltre trenta altre specie ornitiche, fra
le quali va citato uno strigide, la Nyctea nivea Daudin. La deter-
minazione è fatta sopra un pezzo solo, i due quinti superiori di
un’ulna. La N. nivea, specie artica (in parte subartica durante
l'inverno), era stata trovata finora soltanto in depositi quaternari
di Germania, Moravia, Boemia e Francia: la sua presenza quindi
nei dintorni di Spezia non è priva d’ importanza. Bi
Sacco (F.) — I molluschi dei terreni terziarii del Piemonte e
della Liguria. XVIII. — Torino 1895: 52 pag. in 4°, con
una tavola.
Questa parte è dedicata alle famiglie Melanidae, Littorini-
dae, Fossaridae, Rissoidae, Hidrobidae, Paludinidae e Valvati-
dae, le quali non presentano forme molto numerose nè molto
varie nel bacino terziario piemontese. — Vi sono rappresentati i
seguenti generi: Melania, coi sottog. Striatella (2 specie, 7 va-
rietà), Balanocochlis (2 sp., 7 var.), Ptychomelania n. sottog. [tipo :
Pevbuccinelig Bors| (isp. Ivar) — Melanopsisi (1 sp.,, 3 var),
col sottog. Lyrcaea (5 sp., 14 var.) — Littorina, col sottog. Me-
laraphe (2 sp., 1 var.) — Lacuna, col sottog. Epheria (1 sp.,1 var.)
— Fossarus, col sottog. Phasianema (2 sp., 6 var.) — Rissoia,
(3 sp., 2 var.), coi sottog. Apicularia (3 sp., 8 var.), Mohrenster-
nia (1 sp., 1 var.), Zippora (2 sp.), Rissostomia (1 sp., 1 var.) —
Schwartzia (1 sp., 2 var.), Zurbella (1 sp, 2 var.) — Alvania
(3 sp., 4 var.), coi sottog. Acinus (3 sp.,5 var.), Alvaniella (3 sp.,
3 var.), Arsenia (2 sp., 1 var.), Acinopsis (3 sp., 3 var.) Galeodi-
nopsis n. sottog. [tipo: G. liberiana Coppi] (1 sp., 1 var.), Massotia
(1 sp., 2 var.), Alvinia (1 sp., 1 var.) — Manzonia (2 sp., I var.),
col sottog. Flemminzia (2 sp., 6 var.) — Onoba (1 sp.), col sottog.
Hyala (1 sp., 1 var.) — Stossichia (1 sp., 3 var.) — Cingula, coi
sottog. Setia (1 sp.), Cingulina (1 sp.), Parvisetia (1 sp.), Nodulus
(1 sp., 2 var.), Pisinna (1 sp., 1 var.), Peringiella (1 sp.) — Bar-
leeia (1 sp., 2 var.) — Alaba (1 sp., 1 var.) — Rissoina (2 sp.,
4 var.) coi sottog. Rissolina (1 sp. 4 var.), Zebinella (3 sp., 5 var.),
Zebina (2 sp., 1 var.) — Pseudotaphrus (1 sp., 1 var.) — Hydrobia
(2 sp., 1 var.) — Saccoia (3 sp., 6 var.) — Emmericia (1 sp.) —
116 RIVISTA ITALIANA
a en enn Rn RED EAR Ree eee ironia zena zia diciia
Bythinia (1 sp., 1 var.) — Nematurella (2 sp., 4 var.) — Vivipara
(1 sp.) — Valvata (1 sp.), col sottog. Concinna (1 sp.).
Si hanno adunque, in complesso, 81 specie, di cui 12 nuove
(Hemisinus? miodertonensis, Phasianema taurelegans, Apicularia
angulatacuta, Alyaniella pagodulina, Arsenia tauropraecedens , Man-
zonia miocristata, Onoba miostriata, Setia tauromiocenica, Cingu-
lina taurominima, Parvisetia mioscrobsoides, Nodulus tauromioce-
nicus, Peringiella tauroatava)con119 varietà, la più gran parte nuove.
Il lavoro è accompagnato da una tavola in litografia con 129
figure.
Sacco (F.) — I molluschi dei terreni terziarii del Piemonte e
della Liguria, XIX. — Torino 1895: 44 pag. in 4°, con 3 tav.
Questa parte è dedicata alle due famiglie Turritellidae e
Mathildidae, rappresentate nei terreni terziari del Piemonte e della
Liguria dai seguenti generi: Zurritella (7 sp., 28 var.), coi sottog.
Zaria (1 sp., 5 var.) — Archimediella (5 sp., 16 var.), Haustator
(19 sp., 45 var.), Zorculoidella (3 sp., 8 var.) — Mesalia (2 sp..
6 var.) — Protoma (1 sp., 15 var.) — Mathilda (5 sp., 7 var.),
col sottog. Fimbriatella (3 sp., 4 var.) — Tuba (2 sp., 3 var.),
col sottog. Gegania (1 sp., I var.).
Si hanno in complesso 48 specie, di cui 11 nuove (Archime-
diella miotaurina, Haustator striatellatus, H. magniasperulus,
H. conofasciatus, H. tauroperturritus, H. miotrifasciatus, Torcu-
loidella subvaricosa, Mesalia dertobicincta, Fimbriatella filogranata
[= Cerithium filogranatum Dod. in sch.], Tuba Rovasendae, Ge-
gania miocenica), con 138 varietà, la più gran parte nuove.
Il lavoro è accompagnato da tre tavole in elio-fototipia con
193 figure. G. BONARELLI.
IL. |
PUBBLICAZIONI ESTERE
A. — RECENSIONI.
BrasiL (L.) — Céphalopodes nouveaux ou peu connus des éta-
ges jurassiques de Normandie. — (Bull. Soc. Géol. Nornr.,
1892-93). Havre 1895: 22 pag. in 8°, con 4 tavole.
I numerosi e ben conservati fossili che si possono raccogliere
e che in gran copia gia furono raccolti nelle formazioni toarciane,
DI PALEONTOLOGIA 117
aleniane e bajociane di Normandia, non ancora furono oggetto di
speciali studi monografici; possiamo anzi dire che posteriormente
ald’ Orbigny (1842-50, Terr. jurass., vol. 1, Il) ben poco si
contribuì alla conoscenza paleontologica di queste importantissime
informazioni. Non è adunque a meravigliare se coloro i quali si
accinsero, in questi ultimi anni, a colmare questa grave lacuna,
siano stati compensati ad usura, nelle loro fatiche, dalla soddisfa-
zione di pubblicar cose nuove e molto interessanti. Così il signor
L. Brasil si è reso recentemente benemerito della paleontologia
normanna colla pregevole pubblicazione di alcune sue interessanti
ricerche sopra 25 forme di ammonidee provenienti in parte dal
toarciano di Feugnerolles-sur-Orne, May-sur-Orne, Fontenay-le-
Marmion, Tilly-sur-Seulles etc., in parte dall’ aleniano (bajocien
inf. Bras.) di May, di Feugnerolles et. ed in parte anche dal
bajociano (bajocien sup. Bras.) di Sully e di St-Vigor. Ben 19 di
queste forme vennero dal Brasil descritte e figurate come nuove;
a me sembra peraltro che non siano veramente tutte nuove, come
pure credo che alcuni riferimenti generici adottati dal Brasil non
siano esatti. Desidero pertanto esporre ora le ragioni che mi in-
dussero a tali miei personali apprezzamenti.
Lytoceras Quenstedti Brasil (pag. 3, cum syn.). Il Brasil
indica, come tipo di questa forma, l Amm. jurensis interruptus
di Quenstedt (1885, Amm. schwab. J., tav. XLVII, fig. 6). Il
Pompeckj a sua volta (1896, Beitr. 7. ein. Revis. d. Amm. d.
schwab. J., Lief. Il, pag. 141) pone questa forma in sinoni-
mia col Lytoc. Germaini di d’Orbigny (Amm., 1842-49. Céph.
jur., tav. 101, fig. 4-5, non fig. 1-2, né fig. 6). Un’ altra forma
che presenta notevoli somiglianze con questa di Quenstedt,
e dalla quale differisce soltanto per il minor spessore dei suoi
giri, è il Zytoc. veliferum di Meneghini (1867-81. Monogr.,
pag. 106, tav. XXII, fig. 2). Ma dell’ opera classica del Meneghini
il Brasil non sembra aver conoscenza, non trovandosi essa citata
in nessun punto del suo lavoro.
Lytoceras semicinctum Brasil (pag. 4, tav. I, fig. 1-2). Un'altra
forma del Meneghini presenta netevoli somiglianze con questa
di Brasil ed è quel certo Lytoc. « sp. » indet., an cornucopiae
var. (1867-81, Monogr., pag. 111, tav. XXII, fig. 6) per il quale fin
dal 1893 io proposi il nuovo nome specifico di Lytoc. corruga-
tum (v.Bonarelli 1893, Osserv. sul Toarc. el Alen. del? App. C.,
Boll. Soc. geol. it., vol. XII, pag. 210). Il Lytoc. semicinctum
Bras. differirebbe dal Lytoc. corrugatum. Bonar. soltanto per le
118 RIVISTA ITALIANA
sue dimensioni alquanto maggiori. Esso inoltre proviene da ter-
reni aleniani mentre il Lytoc. corrugatum proviene probabilmente
dal toarciano superiore.
Phylloceras Deslongchampsi Brasil (pag. 5, tav. I, fig. 6-8).
Questa forma è certamente sinonimo del Phylloc. Circe di Hé-
bert (Amm., 1866, Bull. Soc. géol. Fr., sér. 2, vol. XXIII, pag. 526,
fig. 2) di cui lo Zittel (1869, Geolog. Beobacht. aus d. Centr.
App. Geognost. paltiont. Beitr. v. Dr. Benecke, If Bd., II Hft.,
pag. 138, tav. 13, fig. 1 a-b) ha pubblicato una assai buona figura.
Tanto del lavoro di Hébert, come-di quello dello Zittel, ul
Brasil non sembra avere conoscenza.
Grammoceras quadratum (Haug) in Brasil (pag. 7, tav. I,
fig. g-11) per Buckman è un Grammoceras, mentre secondo
Haug è un Hildoceras. La questione è sempre viva e bisogne-
rebbe occuparsene. Assolutamente io credo che non sia un Gram-
moceras, come pure ho il sospetto che non sia nemmeno un Fiildo-
ceras, considerata la forma al tutto particolare del suo dorso.
Catulloceras subaratum Brasil (pag. 7, tav. IV, fig. 1-3). Cfr.
Catulloceras Perroudi (1876, Dumortier et Fontannes, Descr.
des Amm. de la zone à Amm. tenuilob. de Crussol, etc., pag. 22,
tay ties 3:
Zurcheria pugnax (Vac.) in Brasil (pag. 8, tav. II, fig. 4-5).
La presenza di costole secondarie nella sua regione dorsale e le
dimensioni proporzionali della conchiglia distinguono assoluta-
mente questo esemplare figurato dal Brasil dai tipici Zurcheria
pugnax figurati dal Vacek, avvicinandolo piuttosto alla Zurche-
ria pertinax di questo stesso autore.
Zurcheria Boutillieri Brasil (pag. 9, tav. II, fig. 6-8). La figura
data dal Brasil per questa sua forma è disgraziatamente molto
mal riuscita ; non vi si scorge traccia alcuna di ornamentazione,
tanto che a prima vista potrebbesi riferire ad un Lytoceras. D’al-
tra parte dalla diagnosi dello stesso Brasil non mi risulta che
questa sua forma sia veramente una Zurcheria, essendoché le costule
falculiformi ondulato-proverse che ne adornano i giri non sono
riunite a fasci sopra le vere costole, come si verifica appunto nella
Zurcheria Ubaldi Douv. L’esemplare di Brasil è forse mal conservato.
Poecilomorphus Moisyi Brasil (pag. 12, tav. III, fig. 6-7) non
mi sembra poi tanto distinto dal Poecilom. macer S. Buckm.
quanto afferma il Brasil. Le differenze da lui indicate come di-
stintive della sua forma possono a mio parere venir considerate
come variazioni puramente individuali
DI PALEONTOLOGIA 119
Hammatoceras Vaceki Brasil (pag. 14, tav. II, fig. 1-2) = Amm.
insignis Meneghini (1867-81, Monogr. (ex p.), tav. XII, fig. 2,
caet. excl.). Questa figura del Meneghini venne posteriormente
dal Vacek considerata come tipo del suo Hammatoc. planinsigne
(1886, S. Vigilio, pag. 89, fig. excl.).
Hammatoceras megacanthum Brasil (pag. 14, tav. III, fig. 1-3)
= Amm. subinsignis Opp. in Dumortier (1874, Bass. du Rhone,
panier pap 20m tav III, fig. 3-4, fig. ica) non in'Vacele.
Confronta pure: Hammatoc. planinsigne Vacek (ex p., 1886, S.
Vigilio, tav. XIII, fig. 5, caet. excl.).
Strigoceras Buckmani Brasil (pag. 18, tav. IV, fig. 4-5) e Stri-
goceras bessinum Brasil (pag. 19, tav. IV, fig. 6-7). Non mi sem-
bra che queste due forme, così decisamente diverse |’ una dall’ altra
per una serie numerosa di caratteristiche differenziali, possano ri-
ferirsi allo stesso genere. Riservandomi di conoscere quale sia ve-
ramente il tipo del gen. Strigoceras, osservo per il momento che
numerose affinità legano strettamente lo Strigoceras? Buckmani al
gruppo dei Lophoceras calloviani. Alle « bandes suturales » così
nette e distinte in questa forma, come in tante altre ammonidee,
venne già dato il nome di « taeniolae ombilicales » (1893, Bona-
Tenn ecticocy ml. een. (Bolli Soc Malic. tale vol, XVII
pag. 89).
Indipendentemente da queste mie osservazioni, insisto nella
mia prima affermazione, essere cioè il lavoro del Brasil un assai
importante contributo alla conoscenza paleontologica della serie
toarciano-bajociana di Normandia. Importante sopratutto è la isti-
tuzione del nuovo gen. Bajocia (tipo: Bajocia Farcyi n. «sp.»)
la cui diagnosi potrebbe venire riassunta nella frase seguente: Amm.
(fam.?) testa discoidea compressa spiratissima ; anfractibus subqua-
dratis, libere superpositis, lateribus costatis ; costis rectis, prover-
sis; dorso subplano fere exornato ; ombilico amplissimo ; apertura
subquadrato-depressiuscula, septis lateribus trilobatis, parum di-
VISiS. G. BONARELLI.
Cuapman (F.) — The Foraminifera of the Gault of Folkestone.
VIII. — Journal R. Micr. Soc., anno 1896, pag. 1-14, tav.
lest
Continua in questa parte la descrizione delle Cristellariae ('),
cui fa seguito quella delle Polymorphinae. Delle 12 forme spettanti
(1) V. questo periodico, anno 1895, pag. 58.
E alt AT Co Sak BAC € cries
A rip Ue IAIA Tr PORTE SI aa AIGITO
120 RIVISTA ITALIANA
Rarenennanzianaeae a mepensconponcannmanasonnc=camaase;sa---maxncnos- ser enARapchAra Ret Enel" aSR LEM LEN ENEA RE CLEAN ATENE NERI NA ARI
al primo genere una sola è nuova, ed è una varietà (angulosa) di
Cr. secans Reuss. Delle altre, 7 sono esclusive dei terreni cretacei:
turgidula Reuss, circumcidanea Berth., nodosa (Reuss), rotulata
(Lam.) var. macrodiscus Reuss, gaultina, sternalis e diademata
Berth.; una sola (subalata Reuss) si trova anche nel terziario an-
tico, e 3 vivono tuttora: convergens Born., gibba d’ Orb. e rotu-
lata (Lam.).
Del gen. Polymorphina si descrivono 8 specie, una varietà e
5 forme fistolose, cioè: lactea (W. e J.), gibba e gutta d’Orb., fu-
siformis Roemer, sororia Reuss, sororia var. cuspidata Brady, an-
gusta Egger, communis e compressa d’Orb. Tutte queste forme,
meno forse P. gutta, vivono tuttora. Le 5 forme fistolose spettano,
secondo l'A. a P. lactea, gibba, gutta, fusiformis e sororia. F.
ScHaupIinn (F.) — Ueber die Plastogamie bei Foraminiferen.
Sitz. Ges. Naturf. Freunde, anno 1895, num. 10, pag. 179-
190, con una figura. — La plastogamie dans les forami-
niféres, par Ch. Schlumberger. — Feuille Jeunes Na-
tur., anno 1896, pag. 128-133, con 2 figure.
L’esistenza di « esemplari doppi » di Textilaria folium e di
Discorbina, illustrati da Brady, e che si potrebbero trovare facil-
mente anche allo. stato fossile, riceve una spiegazione soddisfacente
mediante la scoperta di Schaudinn, il quale per primo ha os-
servata la plastogamia (o copulazione di due cellule i cui nuclei
non si fondono) nei foraminiferi, e più precisamente in Patellina
corrugata Will. e Discorbina globularis d’ Orb. E
SCHLUMBERGER (CH.) — Note sur le genre Tinoporus. Mem. Soc.
Zool. France, anno 1896, pag. 87-90, tav. III, IV.
Prendendo occasione dal descrivere una specie nuova (Baculo-
gypsina floresiana) vivente sulle coste dell’isola di Florès (Indie
Olandesi), l'A. approva la conclusione cui era giunto sino dal 1893
il prof. Sacco, il quale giudicava insussistente il termine generico
Tinoporus Montfort, e proponeva di applicare alla specie illustrata
da Carpenter e da Brady come Tin. baculatus Montf. il nuovo
termine generico Baculogypsina (B. sphaerulata P. e J. sp.). Il
Sacco ‘faceva la sua proposta descrivendo un fossile miocenico
della collina di Torino, che somiglierebbe tanto a Baculogypsina
quanto a Gypsina, ma che secondo lui dovrebbe ascriversi ad un
genere nuovo (Taurogypsina). E:
DI PALEONTOLOGIA 121
B. — ANNUNZI.
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morphologie de la coquille chez les lamellibranches
(taxodontes). — Bull. Soc. géol. Fr., anno 1896, pag. 54-82,
con 15 figure.
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Moricke 1894, Del Castillo 1895, Bohm 1894, Kossmat 1893,
Vinassa 1895, Lorenthey 1893). — Feuille Jeunes Natur.,
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DI PALEONTOLOGIA 123
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Geol. Soc., anno 1896, pag. 229-234, tav. VI, con una figura
nel testo.
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pag. C-CI.
IN pr MAIO eA OA re PE EW i MP TERRI TANA EI
TADS RIVIERA ONT LEN Aor VEIL ae
124 RIVISTA ITALIANA
OE ee eV eee ve We ee ay ye eee ey owe ee NINNI OY EN we rN NS Ee NW OY REY UVES ery PENE nnn wee E
III.
Il Platycarcinus Sismondai del Museo Parmense
e il Palaeocarpilius macrocheilus del Museo Pisano.
Nora DI P. E. Vinassa DE REGNY
(TAVOLA 11)
Come a ragione è stato osservato da altri, la carcinclogia fos-
sile in Italia non vanta molti studiosi, e non sono eccessivi gli
esemplari studiati e descritti. Avendo avuto la fortuna di potere
studiare due esemplari meravigliosamente conservati, credo possa
interessare la loro descrizione. Uno di essi, il Platycarcinus Si-
smondai, si trova nel Museo di Parma, e proviene da Lesignano
dei Bagni ove lo raccolse il Guidotti. Dopo lungo e paziente
lavoro riuscii fortunatamente a ottenerlo completamente isolato an-
che dalla parte addominale. Il secondo esemplare, il Palaeocarpilius
macrocheilus, fu da me raccolto nel 1894 negli strati eocenici della
Cava Valle presso Avesa (Verona), e fa ora parte delle collezioni
del Museo di Pisa.
I. PLatvcarcinus Siswonpar H. v. May. sp.
+ a b
Favale sro
1886. Cancer Sismondae H. v. May., Ristori G. I crostacei bra-
chiuri e anomuri del pliocene italiano. Boll. Soc. geol. it., V, pag. 5,
tav. II, fig. 1 (cum syn.).
Questa forma fu descritta da A. Sismonda (Sopra due fossili
di-S. Stefano Roero. ‘R.tAcc.sSc. Torino, serie Icon Rae
fig. A e B) e riferita al Cancer punctulatus Desm. — H. von
Mayer ed E. Sismonda riconoscendo che si trattava di nuova
specie le diedero ciascuno un nuovo nome, ma poi lo stesso E. Si-
smonda accettò il nome di v. Mayer riconoscendone la precedenza.
Questa forma assai comune fu descritta e figurata da molti autori,
tra cui maestrevolmente dal Meneghini (Pal. della Sard., pag. 448,
tav. II, fig. 11) e dal Reuss (Zur Kenntn. foss. Krabben, pag. 41,
tav. IX, fig, 1, 2). Il Reuss però descrive anche una nuova forma,
il Lobocarcinus imperator (Op. cit., pag. 42, tav. VII, VIII, 1X,
fig. 1), la quale secondo il Bittner (Die Brachyuren des vicent.
Tertizirgeb., pag. 23) rientra nel P. Sismondai; questa opinione a cui
DI PALEONTOLOGIA 125
si associa anche |’ egregio prof. Ristori (Op. cit. pag. 5), a me
pure sembra giustamente fondata. — Il nostro individuo è un ma-
schio che misura cm. 10,1 di larghezza massima, e cm. 7,5 di al-
tezza massima. Come risulta quindi dalle suindicate dimensioni
l’animale, coll’ addome ripiegato, era un quarto più largo che alto.
Le sue dimensioni non erano poi molto grandi, dacchè si conoscono
esemplari di questa specie, che sono quasi il doppio del nostro.
Dalla parte dorsale non si può troppo vedere la divisione dei
lobi, poichè |’ esemplare ha subito varie deformazioni e compres-
sioni. Si può solo osservare molto bene la dentellatura del mar-
gine, coi numerosi tubercoli e la punteggiatura rilevata, fitta e mi-
nuta di tutto lo scudo. Benissimo conservate sono invece le parti
addominali e sternali. — La protosternite è fusa colla deutoster-
nite, e tale fusione è indicata da un leggero solco leggermente ri-
curvo. La protosternite è molto acuta, col vertice volto in alto, a
contorno quadrangolare, con una leggera depressione centrale lungo
la diagonale; questa depressione o solco va allargandosi verso il
basso, ove si unisce alla depressione ancora maggiore della deutoster-
nite. Questa è molto allargata verso il basso, e molto rigonfia nelle
due porzioni laterali al solco mediano. Col loro insieme le due prime
sterniti danno I’ aspetto di due triangoli isosceli a base convessa, riuniti
pei loro vertici, e separati dal solco, esso pure triangolare. La meso-
sternite è separata in alto dalla deutosternite mediante un solco assai
profondo, ricurvo verso il basso. Il decorso dei margini laterali di
essa è regolarmente e leggermente ricurvo. Un solco triangolare,
profondo, slargato verso il basso e destinato a ricevere |’ ultimo
segmento addominale si trova nel centro di questa sternite, la quale
lateralmente al solco mediano è al solito molto rigonfia. Le seguenti
sterniti, assai minori, sono appena visibili, e se ne possono distin-
guere due le quali sono assai più pianeggianti delle prime tre. —
Le episterniti sono triangolari, coll’ apice molto acuto verso I’ in-
terno, e un lato aderente alle sterniti. Esse sono leggermente ricurve,
ed hanno il lato libero esterno un po’ rilevato a modo di costola.
Dell’ addome sono visibili 5 segmenti. Il primo è triangolare,
assai acuto, coi margini esterni lievemente concavi verso la metà,
e convessi verso la base. Il margine inferiore è concavo verso i due
margini laterali, e sporgente nel centro a modo di sperone. La
superficie ne è leggermente ricurva. Il secondo segmento è in alto
esso pure ricurvo, seguendo, però meno spiccatamente, il decorso del
margine inferiore del primo. Esso ha una sezione quasi rettangolare,
un poco slargata verso il basso; è rilevato a modo di costola nel
Rivista Italiana di Paleontologia. — Giugno 1896, 10
4
"NI
at.
126 RIVISTA ITALIANA
centro, e lateralmente a questa costola è leggermente depresso.
I tre restanti segmenti sono man mano più larghi che alti, e mo-
strano tutti sempre più spiccata la costola ottusa mediana, e le
depressioni laterali quasi a solco. Verso i lati esterni essi sono
nuovamente rigonfi. — La branchiostegite è triangolare, allungata,
lievemente convessa, un poco depressa verso la parte posteriore e
tutta minutamente granulosa.
La sutura pleurale è assai rilevata, ed è, come si vede, legger-
mente convessa verso l’ interno. Dell’ apparato boccale si hanno
conservati alcuni pezzi, e specialmente benissimo il destro (relati-
vamente all’ animale, quindi a sinistra di chi guarda) dei piedi-
mascelle del terzo paio. A contatto della protosternite si ha prima
un piccolo segmento quasi triangolare, poi un segmento allun-
gato, acuto verso l’ alto, accanto al quale sta un terzo segmento
quasi pianeggiante a margini laterali quasi paralleli, munito di un
leggero solco verso il suo terzo interno, e col mafgine interno
quasi carenato e fornito di rade incavature puntiformi non molto
profonde, destinate all’ infissione dei peli.
Il segmento superiore seguente è esso pure pianeggiante, di
forma subquadrata, con una leggiera depressione diagonale; ad
esse seguono i tre piccoli segmenti terminali piegati all’ interno e
volti al basso. Salve le dimensioni e la forma si riscontrano nei
piedi mascelle del 3.° paio di questa specie le stesse particolarità
che si hanno nel Corystes dentatus Latr., così come è figurato dal
Cuvier e ripetuto in Bronn (Klassen und Ordnungen des Thier-
reichs, Band V, Abth. Il, Lief. 29-51, tav. 75, fig. 1).
Le chele sono robuste, a sezione ellittica verso la terminazione,
subquadrangolari verso il loro principio; in questo punto sono
quasi del tutto levigate, mentre più in su, sulla epipodite o seg-
mento che porta i diti, sono munite nella parte esterna di granu-
lazioni molto spiccate, riunite in serie, le quali si manifestano quasi
come carene equidistanti, rettilinee, in numero di circa 5-6; dalla
parte interna invece tal segmento sembra interamente levigato.
Verso l alto poi porta alcuni tubercoli di svariata grandezza,
sparsi senza ordine qua e là lungo la cresta, assai acuta, della epi-
podite. Al punto di curvatura, là dove la epipodite si articola sulia
carpopodite, dalla parte interna si vedono due mammelloni, depressi
verso la base e terminati in un lungo tubercolo quasi aculeato,
assai acuto, I due diti terminali non sono molto sviluppati, raggiun-
gendo appena quello di essi quasi completo rimasto una lunghezza di
circa 15 mm. J] dito è a sezione ellittica ed è pure munito di scana-
DI PALEONTOLOGIA 127
lature, e nella parte esterna anche di granulazioni riunite in serie
che continuano quelle della epipodite, e che vanno a confluire verso
la punta terminale del dito stesso. Salva la forma e il numero
maggiore dei tubercoli, per l'andamento degli ornamenti nella
parte terminale della chela, questa specie somiglia assai a quella
figurata da Ristori (Op. cit., pag. 14, tav. II, fig. 8) sotto il nome
di Pilumnus spinosus n. sp.
Le tre, seguenti paia di piedi non offrono particolarità notevoli.
Esse mantengono una sezione subquadrangolare più nettamente
angolosa presso al margine inferiore che è volto un poco verso
l’ interno; questo margine, nei pochi punti ove si può scorgere,
porta spesso dei forti aculei assai sviluppati. Sulla parte esterna
visibile la superficie è interamente levigata, e solo il segmento ter-
minale semplice, non digitato, a quanto se ne può vedere, porta le
solite granulazioni riunite in serie, e dei tubercoletti sul margine
acuto superiore; sempre però molto meno spiccati di quelli che si
hanno nei segmenti terminali delle chele. — L’ultimo paio, di
cui purtroppo non ho che le mesopoditi, ha forma affatto diversa.’
Questi piedi dovevano servire all'animale come mezzo di propul-
sione, dacchè i segmenti che sporgono ai due lati, della parte
inferiore dello scudo, e che prendono posto nelle due incavature
laterali, sono molto depressi, allargati e pianeggianti come due
natatoie. La loro superficie è al solito adorna di tubercoletti assai
sviluppati e riuniti in 3-4 serie longitudinali.
II. PaLAFOcARPILIUS MACROCHEILUS Desm. sp.
a b
aha VL fig 2 od:
La forma che ho io stesso raccolto in cava Valle presso Verona,
appartiene alla varieta descritta da Bittner (Neue Brachiuren des
Eocaens von Verona — Sitzb d. k. Akad. d. Wiss. Wien, Band 94,
I Abth., Nov. Heft 1896) e da lui chiamata coronata. Le dimen-
sioni del nostro esemplare sono assai notevoli misurando esso 80 mm.
di massima larghezza e 64 mm. di massima altezza, non comprese
le chele che sporgono circa 1 cm. Esso è pure molto rigonfio, mi-
surando quasi 40 mm. di spessore tra l’addome ripiegato e la
massima concavità dello scudo. Questo è tutto minutamente pun-
teggiato, e in prossimità della sua regione cardiaca mostra i quat-
tro caratteristici tubercoli ottusi riuniti in arco molto ampio,
piegato verso l’ alto. Nel nostro esemplare però, a differenza di
quanto osserva Bittner, benchè sia di dimensioni abbastanza
128 RIVISTA ITALIANA
notevoli, pure tali tubercoli sono pochissimo sviluppati, e si mani-
festano solo come leggieri rigonfiamenti pianeggianti a contorno
molto ampio, di cui i due mediani posti lungo una linea quasi
retta sembrano confluire. I due tubercoli laterali tanno parte dei
due lobi branchiali, e i due mediani sono posti sulla termina-
zione del lobo gastrico. Bene spiccati si vedono i due solchi che
separano il lobo cardiaco dai due branchiali, talchè è ben visibile
la figura quasi a corona, « eine vierzackige Krone » come la chiama
il Bittner. — In alto dello scudo, e proprio in faccia al punto
di articolazione della carpopodite, due depressioni, circondate da
un cercine rilevato, manifestano ben distinte le due cavità orbitali.
La parte addominale è benissimo conservata; dello sterno si
vedono le varie sterniti molto espanse e pianeggianti, profondamente
solcate nel loro mezzo per ricevere i segmenti addominali, di cui
se ne vedono sei molto bene. Il primo di essi è triangolare, stretto
e non molto acuto, i seguenti sono tutti quadrangolari, e al solito
diminuiscono di altezza e crescono di larghezza. La sutura che li
unisce è quasi sempre rettilinea ; solo quella che unisce il primo
al secondo segmento mostra una lieve sinuosità. Nulla di notevole
si osserva nei piedi propriamente detti, di cui manca I ultimo
paio. Enormemente sviluppate sono le chele, di cui la destra (a si-
nistra di chi guarda) è molto più sviluppata dell’ altra, misurando
la epipodite una altezza quasi doppia. Nella carpopodite invece non
si ha differenza nella dimensione. Molto ben visibile è il punto di
articolazione tra la epipodite e la carpopodite, la quale attesta della
grande forza che dovevano avere le chele in questa specie. Tutta
la epipodite nella parte superiore ristretta, quasi carenata, è mu-
nita di una serie di grossi noduli in numero di 6-3. I diti sono tutti
ben conservati in posto, e al solito sono più sviluppati quelli della
chela destra, nella quale il dito mobile forte e ricurvo raggiunge
18 mm. di lunghezza dal suo punto di articolazione sino alla cima.
Dell’apparato di masticazione purtroppo non si hanno resti, se ne
togli alcune traccie del punto d’attacco, probabilmente dei piedi
mascelle del terzo paio.
Sarebbe questo, per quanto mi consta, il secondo esemplare di
questa specie trovata nel Veronese; gli altri tutti provengono dal
Vicentino. Una tal cosa però ha un valore affatto secondario in-
quantochè nessuna differenza esiste tra i depositi vicentini e quelli
veronesi, che, meno studiati sul primo, fecero sì che i vicentini acqui-
starono più notorietà nel mondo scientifico. L'esemplare del Bittner
proviene da S. Giovanni in Valle, località che secondo I’ egregio ing.
DI PALEONTOLOGIA 129
Nicolis va ascritta all’ eocene superiore. Il nostro lo raccolsi nella
Cava Valle, la quale pure appartiene certamente all’ eocene supe-
riore, come lo provano non solo i fossili, ma anche la sua po-
sizione stratigrafica ; inquantochè avendosi nella Valle d’ Avesa una
leggiera inclinazione degli strati verso Sud, si può benissimo vedere
che gli strati della Cava Valle vanno al di sopra di quelli della sus-
seguente Cava Scole posta più a Nord, la cui corrispondenza al
gruppo di S. Giovanni Ilarione è completamente fuori di dubbio.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA II
10, 1°. Platycarcinus Sismondai H. v. May. sp.
2%, 2. Palaeocarpilius macrocheilus Desm. sp., var. coronata Bittner.
IV.
Sull’ accrescimento anormale di un esemplare di Cristellaria
e sulla Cr. auris (Sold.).
Nota DI CARLO FORNASINI
Nell’ argilla pliocenica di Sivizzano nel Parmense è stato trovato
di recente dal prof. Vittorio Simonelli un esemplare di Cri-
stellaria, il quale tanto al mio collega quanto a me parve merite-
vole d'attenzione e di nota, rappresentando esso un caso di accre-
scimento anormale non ancora osservato, per quanto io sappia, in
questo genere di foraminiferi.
Ho sott'occhio una figura di Brady, che riproduce un esem-
plare in cui le prime camere sono disposte come in Cristellaria e
le ultime come in Nodosaria (*). E questo un caso di accrescimento
anormale, per cui si passa da un genere ad un altro, da una specie
liscia ad una costata; mentre un caso analogo di dimorfismo, reso
costante in una stessa specie, ha dato origine, com’è noto, alla isti-
tuzione di un genere a sé, Amphicoryne Schlumberger. Un’ altra
anomalia, per la quale si passa, non ad altro genere, ma da una
specie ad un’altra interamente diversa, è quella osservata nello scorso
anno dal Dervieux. Si tratta di un esemplare dimorfo, in cui le
prime camere spettano ad una Cristellaria tubercolata, e le ultime
ad una Cristellaria liscia (°*).
Nell’ esemplare di Sivizzano invece i caratteri generici e speci-
fici si mantengono costanti: solamente, a un certo punto dello svi-
(1) H. B. Brady. Rep. Foram. Chall., pag. 556, tav. CXIII, fig. 13.
(2?) E. Dervieux. Atti Acc. Pont. Nuovi Lincei, vol. XLVIII, pag. 111.
ARATE yet KEIR Cie ESE NG NEO RE aS IVIRNNI ee BERIO RARE
si ; \ My, val FS ah
130 RIVISTA ITALIANA
luppo le camere invertono ad un tratto e completamente la loro
disposizione, come si rileva dalla figura qui sotto (ingrandimento:
18 diametri).
Non so se questa anomalia accenni veramente ad una tendenza
verso il tipo Flabellina; è certo però che se contemporaneamente
ad una tale inversione unilaterale delle camere si suppone abbia
continuato anche lo sviluppo nor-
male, l’esemplare in esame sa-
rebbe diventato una vera Fla-
bellina. Molto probabilmente FI.
harpa (Batsch) rappresenta ap-
punto la forma /labellina di Cr.
auris ('), come FI. elongata
(Costa) va riguardata quale for-
ma flabellina di Cr. cymba (?).
Cr. auris è connessa col tipo
Cr. crepidula (F.e M.) mediante
Cr. elongata (Montt.), liscia e
carenata, e Cr. lanceolata d’Orb.,
carenata e costata. Quanto poi
all’ intimità dei rapporti fra Cr.
auris e Cr. cymba (d’ Orb.), già
riconosciuta del resto da vari
autori, credo superfluo d’ insi-
stere, principalmente dacchè ebbi
la fortuna d’ illustrare la splen-
dida serie di Messina studiata da
O. G. Gosta (3) In quellaveir-
costanza, persuaso appunto della
utilita pratica di distinguere i due
tipi, e in pari tempo della im-
possibilità di stabilire limiti netti
fra l’uno e I’ altro, proposi di raggruppare tutte le forme intermedie
sotto la denominazione di Cr. lanceolata d’Orb. Qualora la mia
proposta non venga accettata, potrà ognuno riferire, secondo i cri-
teri individuali, all'uno o all’altro dei due estremi le singole forme
intermedie. Per ora, la sinonimia di Cr. auris è per me la seguente.
(1) A. J. G. K. Batsch. Sechs Kupfert., tav. V, fig. 14 bce.
(2) C. Fornasini. Mem. Acc. Sc. Bologna, serie 5°, vol. V, pag. 3,
Tav Vises eo.
(3) C. Fornasini. Ibidem, tav. V, fig. 2-24.
DI PALEONTOLOGIA 131
1780. Nautilus semilunaris. ...
1791. Orthoceras auris... 1.
1791. Nautilus (Orth.) harpa. .
LOZA PIGNRULGNUGNGUIIS ise 2
1825. » »
1826. » »
1826. Cristellaria costata.....
1846. » semiluna. . .
1852. » »
1852. > ROWS oe oe
1857. Frondicularia lanceolata.
Soldani. Saggio, pag. 134 e 97, tav. XVIII,
Bos:
Soldani. Testac., vol. I, parte 2°, pag. 98,
tav CIV, fig A:
. Batsch. Sechs Kupfert., tav. V, fig. 14 d,
14 e.
Defrance.’ Dict. Sc. Nat., vol. XXXII,
pag. 178; vol. XLI, pag. 244; Atlas,
Conch-tav XIV; fico:
Blainville. Malac., pag. 371, tav. VI, fig. 5.
d’ Orbigny. Ann. Sc. Nat., vol. VII, pag. 260,
num. 5.
d’Orbigny. Ibidem, pag. 292, modello 84.
. d’ Orbigny. Foram. Vienne, pag. 90, tav. II],
fig. 43, 44.
d’Orbigny. Prodrome, vol. III, pag. 154,
num. 2850.
d’Orbigny. Ibidem, pag. 192, num. 509.
. Costa. Mem. Ac. Sc. Nap., vol. II, pag. 372,
tav. Alione
1857. > sp. (sinvata in schedis) Costa. Ibidem, tav. III, fig. 11.
1857. » similis. . . . Costa. Ibidem, pag. 372, tav. III, fig. 16.
1857. » longiuscula. Costa. Ibidem, pag. 373, tav. II, fig. 26.
1857. » subangulata (angulata in schedis) Costa. Ibidem, pa-
gina 373, tav. III, fig. 14.
1857. » elata vel ovata Costa. Ibidem, pag. 371 e 373, tav. III,
Mei
1857? » semirugosa. Costa. In schedis (Collezioni del Museo
1860. Planularia auris ......
1861. Cristellaria semiluna. .
1862. » »
2
1862? » »
1862. Frondicularia lanceolata. .
1863. Planularia auris......
1863. » »
di Napoli).
Jones e Parker. Quart. Journal Geol. Soc.,
vol. XVI, pag. 302, quadro, num. 27.
. Karrer. Sitz. Ak. Wiss. Wien, vol. XLIV,
pag. 456.
Doderlein. Mioc. sup. It. centr., pag. 11.
Silvestri. In schedis (Collezioni del Museo
di Firenze).
Seguenza. Terr. terz. Mess., pag. 20.
Parker e Jones. Ann. Nat. Hist., serie 3*,
vol. XII, pag. 215.
Parker e Jones. Ibidem, pag. 435.
1865. Planularia auris..... Parker, Jones e Brady. Ibidem, vol. XV,
pag. 230.
1865. » » Parker, Jones e Brady. Ibidem, vol. XVI,
pag. 32, tav. I, fig. 46.
1867. Cristellaria semiluna. ... Karrer. Sitz. Ak. Wiss. Wien, vol. LV,
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1871. Planularia auris . .... Parker, Jones e Brady. Ann. Nat. Hist.,
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pag. 81, 82, So, tav. CXXIX, fig. lo.
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lume VI, pag. 141, 224.
1880. » longiuscula. . . Seguenza. Ibidem, pag. 224.
1880. » semiluna . . Seguenza. Ibidem, pag. 141, 224.
1880. » SPRUOUS et NIE Seguenza. Ibidem, pag. 224.
1882. Cristellaria semiluna.... Jones. Cat. Foram. Brit. Mus., pag. do.
1882. » costata . . . . . Jones. Ibidem, pag. 55.
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1586. » » Fornasini. Ibidem, vol. V, pag. 201.
1887. Planularia auris ...... Jones e Sherborn. Journal R. Mier. Soc.,
pag. 548, 554, 555.
1889. Cristellaria auris... .. Fornasini. Tav. Foram. S. Rufillo, fig. 20-23.
1890. » semiluna. . .. Schrodt. Zeitschr. deutsch. geol. Ges., vo-
lume XLII, pag. 392.
1591 » USINO Dervieux. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. X, pa-
gine 37 e 569.
1891. » semiluna. . Dervieux. Ibidem, pag. 628.
1891. » » Rzehak, Ann. naturh. Hofmus., vol. VI, pa-
gina 9.
1894. » OROTISI MAO Fornasini. Foram. Coll. Soldani, pag. 23.
x
DI PALEONTOLOGIA 133
1895. Cristellania auriso sui: Fornasini. Mem. Ace. Sc. Bologna, serie 5*,
vol. V, pag. 4-8, tav. V, fig. 3-6, 8-10.
1895. > lanceolata ... Fornasini. Ibidem, fig. 2, 7, 18, 19.
1895 » GUTUS sb, PRO de Amicis. Natur. Siciliano, anno XIV,
pag. 104.
1895. » auris var. subtrigona de Amicis. Ibidem, pag. 105, tav. I,
fies iio:
1895. » BUTUS A] Dervieux. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XIV,
pag. 307.
Se si considera l’età dei terreni nei quali fu trovata la Cr. auris,
appare evidente che essa è caratteristica degli strati argillosi e mar-
nosi del neocene. Si conoscono, è vero, numerose Nodosariinae del
giura e della creta (*) che ricordano assai la Cr. auris; ma non
per questo sono da confondersi con essa (*). A parte la questione
se la Cr. auricula delle sabbie di Cassel (*) rappresenti o no una
varietà della specie soldaniana, è fuori dubbio che questa si trova
già, sebbene rarissimamente, nel terziario antico, avendola Rze-
hak (1891) raccolta nel bartoniano di Bruderndorf. S’ incontra poscia
nel miocene d’Austria e d’ Italia, e raggiunge il suo massimo svi-
luppo nel messiniano di Sicilia e di Calabria, e in generale anche
nelle argille plioceniche subappennine. Fu trovata pure nel pliocene
di Spagna. |
Non è dimostrato che la Cr. auris viva tuttora. Gli esemplari
che si raccolgono sulla spiaggia di Rimini provengono verosimil-:
mente da strati neocenici. Rimarrebbe la var. 8 che d’Orbigny (1826)
cita del Mediterraneo; ma di essa non conosciamo disgraziatamente
né descrizione nè figura.
V.
Delfinoide fossile del Parmense.
Nota pi ALBERTO DEL PRATO
Dalla fine dello scorso secolo ad oggi, si scopersero nelle col-
line plioceniche del Piacentino numerosi resti di mammiferi fossili
(1) A. E. Reuss. Sets. Ak. Wiss. Wien, vol. XLVI, tav. III IV.
O. Terquem. Bull. Soc. Hist. Nat. Moselle, vol. XI, tav. I-VII.
O. Terquem. Bull. Soc. géol. France, serie 3", vol. IV, tav. XV.
(2) La Cr. auris Zwingli e Kibler (Yoram. schweiz. Jura, pag. 22,
tav. II, Ornatenthon, fig. 4) non ha che fare colla specie soldaniana.
(3) A. E. Reuss. Sits. Ak. Wiss. Wien, vol, XVIII, pag. 235, tav. III,
fig. 38.
134 RIVISTA ITALIANA
riferibili a rinoceronti, elefanti, e specialmente a balenidi e delfi-
noidi ('); nel Parmense invece non si era trovato che un fram-
mento di mandibola destra di rinoceronte, nel 1866, ad Arola, la
zanna di Elephas meridionalis Nesti, nel 1882, a Belvedere di Bar-
gone, e lo scheletro abbastanza completo di un giovane Rhinoceros
Mercki Jaeger, a Lodesana di Salsomaggiore. Nulla in questa seconda
provincia si era raccolto di cetacei fossili, eccettuata una piccola
vertebra riferita al gen. Delphinus (?) e che nel Museo Geologico
della R. Università di Parma viene indicata come raccolta nelle
colline plioceniche fra Maiatico e S. Vitale di Baganza da G. B.
Guidotti; credo quindi utile, per quanto seguace del sistema di
non annunciare in fatto di fossili che scoperte veramente impor-
tanti, di segnalare i primi resti ben sicuri di delfinoidi rinvenuti
nel Parmense, anche in riguardo al giacimento in cui vennero
trovati.
om
Nello scorso maggio, in S. Maria del Piano, sul colle detto
Cantone della Rabbiosa, al displuvio fra la piccola valle del Rio
Masdone e quella del Parma (309 m.), mentre si eseguiva uno
scavo per costruzioni nel podere del signor Fedele Mori, furono
rinvenute alcune vertebre e pochi frammenti di altre ossa, a me
inviate poi dalla cortesia del proprietario. Non mancai di interes-
sarmi con ulteriori ricerche per ricuperare il più possibile di quei
resti ma, per quanto aiutato validamente dalla famiglia del signor
Mori, non riuscii a raccogliere che poche e mal conservate parti;
ad ogni modo ecco le poche osservazioni che ho potuto fare in
confronto principalmente collo scheletro di un 7ursiops molto
adulto, scoperto nello scorso anno nel Piacentino, e del quale spero
di dare fra non molto una descrizione.
*
xx
Rimangono della testa piccoli frammenti, che potrebbero forse
permettere qualche determinazione delle ossa alle quali apparten-
nero, ma non darebbero sicuramente mezzo per trarne qualche
conclusione: invece i pochi pezzi che rappresentano il ramo man-
dibolare sinistro indicano nettamente come quest’ osso, alla sua
(1) Per le indicazioni relative ai fossili piacentini e parmensi qui ri-
cordati si rimanda alla « Bibliografia Scientifica di Storia Naturale per le
provincie di Parma e Piacenza, di A. Del Prato ». Parma 1884.
DI PALEONTOLOGIA 135
parte posteriore, fosse molto sottile e colla porzione compresa fra il
margine superiore e lo spigolo alla faccia interna, molto ristretta
(0,015): il condilo articolare spicca per la sua lunghezza verticale
di 0,050, per avere il margine superiore rettilineo ed orizzontale,
e per non mostrarsi, per quanto eroso, convesso al margine anteriore.
Il periotico è in stato di perfetta conservazione e corrisponde
esattamente, per forma generale, per dimensioni, per forma e svi-
luppo dei fori come delle diverse parti, a quello figurato nell’ opera
del Gervais e Van Beneden (tav. LX, fig. 8) (1) proveniente
dal crag rosso di Suffolk: Gervais nota poi che esso è simile al
labirinto osseo figurato da Lankester per la sua specie Delphinus
uncidens, pure del crag di Suffolk (tav. VIII, fig. 2-3) (?). Per quella
esatta corrispondenza non è quindi il caso di insistere in una com-
pleta descrizione.
Non si ebbe che un sol dente (ramo mandibolare sinistro ?)
della lunghezza di 0,045, logorato però alla punta: nella corona,
che pare relativamente breve, è coperto da smalto grigio-violaceo,
ma internamente, nell’ avorio, è nero. Mentre la sua faccia laterale
interna, supposto inferiore sinistro, è rettilinea, pianeggiante ed
allargata presso la corona, |’ esterna corrispondente è data da un
margine ottuso assai convesso; ne risulta un contorno subtrigono,
nella sezione della radice, l'estremo della quale è poi notevol-
mente compresso. Questo dente somiglia assai, tranne forse una
minore curvatura, a quello dato dal Gervais (tav. LX, fig. 7)
proveniente da S. Frediano in Toscana: in complesso i denti figu-
rati in quella tavola (fig. 5-7) a pag. 573 sono indicati come del-
fini fossili d’Italia, e secondo Gervais hanno molta rassomi-
glianza ancora con quelli del crag rosso di Suffolk che Lankester
ha descritti come Delphinus (Phocaena) uncidens e D. orcoides :
ma aggiunge anche che questi hanno pure somiglianza con Campso-
delphis, Tursio, D. Brocchi.
Dalla breve descrizione riportata dal Brandt (°) per il D. un-
cidens, il nostro dente risulterebbe assai prossimo ad esso. So-
(1) Ostéographie des Cétacés vivants et fossiles. D'aris 1880.
(2) On New Mammalia from the Red Crag. Annals a. Mag. of Nat.
Hist., serie 3, vol. XIV (1864). Ho potuto consultare questo lavoro per la
cortesia del dott. R. Gestro del Museo Civico di Genova. Rendo a lui i
miei vivi ringraziamenti.
(3) Untersuchungen tiber die fossilen und subfossilen Cetaceen Euro-
pa’s, pag. 243. Mém. de l’Ac. Imp. de St. Petersbourg. 1873.
136 RIVISTA ITALIANA
miglia pure questo dente a quello dato, assieme ad altri, dal
Brandt (') (tav. V, fig. 15°) posseduto dal Museo Geologico di
Torino e proveniente dalle sabbie gialle di Baldichieri nell’ Asti-
giano: la radice all’ estremo appare però meno schiacciata. Portis
nel Catalogo descrittivo dei talassoteri terziari del Piemonte (?)
riferisce quei denti al Zursiops Cortesii Desm., affermando esplici-
tamente che per forma e dimensioni non sono discernibili da quelli
dell’ esemplare tipico della. Torrazza; riporta pero l’ opinione del
Brandt: che quei denti per forma e grandezza somigliano so-
vratutto a quelli del G/obicephalus globiceps di media età, ma che
possono anche appartenere ad alcuno dei delfinotteri italiani descritti.
In confronto con quelli del delfinoide ultimo scoperto nel
Piacentino e sopra ricordato, da riferirsi a giudicio del prof. G.
Capellini assolutamente ad un 7ursiops, il dente trovato a
S. Maria del Piano, che sarebbe uno degli anteriori, ne risulta
diverso per la forma molto alta alla base della corona e schiac-
ciata all’ estremo della radice, per non avere tutto quel complesso
di curvature cui accenna anche il Capellini per il 7ursiops
Brocchii di S. Lorenzo (*), e per le dimensioni assai maggiori ; d’ al-
tra parte in questo secondo fossile risultano: più sottile lo spes-
sore delle branche mandibolari e molto meno sviluppate le verte-
bre, che accennano ad un individuo assai meno adulto.
Pal
L’ atlante, senz’ arco superiore e senza apofisi, incompleto ai
margini e corroso, permette ancora di riconoscere chiaramente che
risulta da saldatura di due vertebre; si può ritenere un’ altezza
di 0, 057 per la sua faccia posteriore con una larghezza di 0,05 al
margine inferiore : altre misure precise non sono possibili, ma ne
risulta un atlante di dimensioni assai notevoli tenendo conto che
l'individuo non si dimostra affatto adulto. Un altro carattere che
spicca si ha nell’ axis, che alla parte superiore si presenta appianato
e non convesso e schiacciato, per cui non appare incavatura fra la
parte superiore delle due superficie articolari. Della regione cervi-
cale si ha poi un altro frammento di corpo vertebrale collo spes-
sore marginale di 0,008.
(1) Erginzunyen zu den fossilen Cetaceen Europa’ s. Ib. 1874.
(2) Mem. dell’ Ace. delle Se. di Torino. Serie II, vol. XXXVII.
(3) Delfini fossili del Bolognese. Mem. dell’ Ace. delle Sc. di Bologna.
Serie II, tomo III.
‘
DI PALEONTOLOGIA > 137
x
La regione dorsale è rappresentata da cinque vertebre, sen-
z arco e apofisi, la maggiore delle quali, la sola che presenti il
corpo completo, ha un altezza anteriormente di 0,057 ed una lar-
ghezza sul diametro perpendicolare di 0,064, con una lunghezza di
0,052; Si mantengono così i caratteri generali delle vertebre di
questa regione, ma i rapporti delle tre dimensioni, mentre sem-
brano affatto speciali, conducono ad un contorno decisamente obo-
vale nelle faccie anteriore e posteriore, e ad una forma subcuneata
del corpo. Se non vi ostassero le dimensioni delle faccie (della
metà soltanto), si potrebbe confrontare questa nostra con quella
dorsale data dal Brandt (tav. XXXIII, fig. 16) come « vertebra
cetacei ignoti », proveniente dalla molassa di Baltimgen, ma rife-
rita poi dall’ autore dubitativamente ad una balenottera ('). Le
epifisi vertebrali sono saldate, ma non perfettamente. Sei altre ver-
tebre, incomplete allo stesso modo, vengono riferite alla regione
lombare, per la carena alla faccia inferiore in alcune assai pronun-
ciata ed acuta e per la traccia dell’ arteria intercostale: in esse 1
dischi epifisari sono meno saldati (fatto già noto) che nella regione
precedente. La maggiore di queste vertebre ha una lunghezza di
0,067, una larghezza di 0,076 con un’ altezza (esclusa la carena)
di 0,070: questa almeno non è dunque press’ a poco così larga
che alta.
Si hanno infine due vertebre della regione caudale, anteriori
poichè non vi appaiono ancora i fori verticali: sono lunghe 0,067,
con un’altezza di 0,073 ed una larghezza eguale, alla faccia posteriore.
Diversi sono i frammenti di coste del lato sinistro: uno della
prima dimostra notevole robustezza ma non spiccata larghezza.
In tre abbiamo la biforcazione in testa e tubercolo, e forse sono le
tre ultime con questo carattere verso il mezzo come accenna la
notevole robustezza: il tubercolo è pochissimo obliquo sia all’ in-
dietro come verso I’ interno della costa, e quindi appare veramente
trasversale alla costa stessa; il collo è poco inclinato sul tubercolo,
mentre è lungo notevolmente (0,975) il tratto che va dal tubercolo
alla piccola apofisi del margine supero-posteriore: il margine op-
posto è appena incavato.
Estremi articolari delle coste non biforcate si presentano sub-
cilindrici, e non con quegli spigoli acuti e superficie incavate che
sono così evidenti nel 7ursiops nostro di confronto diverso anche
per quanto si è accennato dalle prime coste.
(1) Untersuchungen ecc,
In conclusione io ritengo il delfinoide fossile di S. Maria del
Piano riferibile ancora al gen. Tursiops, ma non identificabile ad
alcuna delle due o tre specie italiane e loro varietà fin ora stabi-
lite: per i denti e periotico da avvicinarsi piuttosto al D. uncidens
stabilito da Lankester coi resti trovati nel crag rosso di Suffolk,
specie già revocata in dubbio dal Brandt, e giustamente, poichè
non era positivo il criterio adoperato per riferire denti e periotico
figurati dal Lankester (tav. VIII) ad una medesima specie.
*
xx
Il colle detto Cantone della Rabbiosa risulta da quelle marne
bianche che, confrontandole con quelle dello Schlier, io ebbi a
riferire al miocene superiore (1); marne che da Guardasone sul-
l’ Enza vanno fino allo Stirone attraversando il Parmense. Sacco
pare riferisca questa formazione all’ elveziano (*), ma, nella Carta
geologica dell’ Apennino dell’ Emilia, segna presso S. Maria del Piano
soltanto il piacenziano ed un sottile lembo di messiniano. È da
notare però che nella parte superiore del colle le marne si fanno
grigio-giallastre con una caratteristica frammentazione globulare, e
potrebbero essere un po’ più recenti delle sottostanti.
Nel ricercare i resti del delfinoide si rinvennero fossili diversi
con notevole abbondanza di echinoidei: il seguente elenco e rela-
tive indicazioni mi venne favorito dal dott. P. E. Vinassa della
R. Università di Parma. -- Laurus sp., Quercus etymodris Ung.
(cfr. var. entelea Massal.) — Schizaster canaliferus Ag., S. cfr.
Karreri Laube; — Pecten cristatus Bronn; Limopsis cfr. aurita
Brocchi; Ostrea cochlear Poli, var. alata For.; Dentalium Deshayesi
Guid.; —- Frondicularia alata d Orb.
Questo complesso, massime per alcune specie, parrebbe con-
fermare il riferimento al miocene superiore del Cantone della Rab-
biosa; ma è pero da notare che la maggior parte di quelle specie
sono comuni col pliocene e che diverse vi sono anzi abbondanti.
Ed a proposito dell opinione che esprimo, che i! Tursiops di S. Ma-
ria sia del miocene superiore, e dei confronti fatti, ricorderò l’idea
dell’ Owen riferita dal Capellini ('), che i denti, cetoliti, ossa
(1) Del Prato. — Geologia dell’Apennino Parmense. Rend. del R.
Ist. Lombardo. Serie II, vol. XV, 1882. :
(2?) L’ Apennino dell’ Emilia. — Boll. della Soc. Geol, It., vol. XI, 1892,
(1) Delfini fossili del Bolognese ece.
DI PALEONTOLOGIA 139
fossili del crag rosso di Suffolk sembrano provenire dalla denu-
dazione di alcuni depositi miocenici avvenuta mentre il crag rosso
si depositava.
VI.
Flora fossile dell’ Astigiano.
Memoria DI PaoLO PEOLA
(TAVOLA III)
Mentre. dei tipici terreni dell’ Astigiano furono studiati e la
natura geologica ed i fossili animali, invertebrati e vertebrati, le
poche filliti raccolte in quella regione rimanevano oscure negli
scaffali del R. Museo di Geologia di Torino. Il Sismonda (’)
non descrisse che queste tre specie:
1.° Pinus abies L. proveniente da Valdondona ;
2.° Corylus Heeri E. Sism. proveniente da S. Damiano d’Asti ;
3.° Planera Ungeri Ett. proveniente da Castello d’ Annone.
Nella mia nota: Le conifere fossili del Piemonte (*) diedi
nel 1893 la descrizione di quattro specie di Pinus di cui due nuove,
ed ora presento lo studio degli esemplari che si conservano nel
R. Museo Geologico di Torino, e che il prof. C. F. Parona (al
quale rendo sinceri ringraziamenti) volle gentilmente inviarmi per
la determinazione.
Le impronte della massima parte delle specie descritte in que-
sta mia nota si trovano su alcuni grossi massi di arenaria molto
dura, di colore gialliccio, e sono ricoperte da una patina di
idrossido di ferro e confusamente disposte. Portano l’indicazione :
Impronte vegetali prese nei dintorni di Annone d’ Asti in uno
strato che pare dell’ eta di quello in cui si trovò il Balenottero.
Sei specie si trovano su esemplari di marna arenacea gialla, fria-
bilissima, raccolti nelle vicinanze della stazione di S. Damiano
d’ Asti. Due specie si trovano pure su esemplari di marna arena-
cea bianchiccia, friabilissima, trovati mei contorni di Pralormo,
e donati al R. Museo Geologico di Torino nell’ ottobre 1867
dal sig. Intendente cav. Ottavio La Marmora, il quale, in un
(1) E. Sismonda: Matériaux pour servir à la Palcontologie du
terrain tertiaire du Piemont. Mem. Ace. Scienze Torino, tomo XXII.
(2) P. Peola: Le conifere terziarie del Piemonte. Boll. Soc. geol.
ital., vol. XII.
140 RIVISTA ITALIANA
biglietto-memoria per il comm. Sismonda, precisava il luogo
dove furono rinvenuti e cioè nella escavazione di un pozzo alla pro-
fondità di m. 35 a 40 nella cascina del sig. Negrotti, sita in
territorio di Pralormo a poca distanza dal bosco di Pavroglio. Due
specie si trovano su esemplari di marna giallognola, fogliettata,
provenienti da Ferrere d’ Asti. Serbando questi esemplari molte
impronte impresse debolmente ed ingarbugliate fra di loro, è diffi-
cil compito il seguirne il contorno e le nervature e quindi deter-
minarle.
CONIFERAE
Gen. Pinus Link.
1. Pinus pinastroides Unger
1850. Pinites pinastroides (1) Unger: Iconogr. pl. foss., pag. 29, tav. XV, fig. 1.
1893. Pinus pinastroides Peoia: Le conifere ters. del Piem. Boll. Soc. geol.
ital, vol. XII, pag. 711.
Impronta di un grosso strobilo sopra un grande arnione di roc-
cia sabbiosa, lungo 8 cm., largo 5 cm. Le apofisi romboidali hanno
una larghezza di 15 mm. per 10 mm. di altezza.
Astigiano ?
2. Pinus Paronai Peola
dove
1893. Pinus Paronai Peola: Le conifere terz. del Piem. Boll. Soc. geol.
ital., vol. XII, pag. 716, tav. VI, fig. 4.
« Strobilo cylindrico-ovato, apice acuminato, basi excavato, pe-
« tiolato, 87 mm. longo, 46 mm. lato; squamarum apophysi leviter
« crassa, mm. 15 lata, 8 mm. alta, exagona, margine superiore fere
« rotundato, carina parum notata, umbone plano ellyptico ».
Questo bellissimo esemplare, dato dall’ impronta che lo stro-
bilo lasciò nella dura arenaria, ha una lunghezza di 87 mm. per
46 mm. di larghezza, e una forma cilindrico-ovata, un po’ acumi-
nata all’ apice, alquanto tronca ed incavata alla base, donde sorge
un grosso picciolo. Le apofisi sono poco elevate, di una larghezza
di 15 mm. per 8 mm. di altezza, hanno una forma esagonale, ir-
regolare, in cui i tre lati della parte superiore si incontrano ad
angoli molto ottusi, dando all’ apofisi apparenza d’ avere il margine
superiore rotondo ; e dei tre inferiori uno è molto più lungo degli
altri due e dà all’ esagono una forma obliqua. La carena arroton-
(1) Per brevità nella sinonimia non riporterò che il lavoro dove per
la prima volta fu descritta la specie, e la sinonimia dell’ esemplare,
DI PALEONTOLOGIA 141
data, più notata ai bordi dell’ apofisi, passa per l’umbone piano
ellittico, abbastanza grande. Ha analogie, sebbene di proporzioni
minori, con il P. pinastroides Unger, ma si distingue facilmente
per la forma delle apofisi più decisamente esagone e per |’ umbone
compresso. Avrebbe pure analogie con il P. Hageni Heer, da cui
si distingue per avere le apofisi tutte esagone ed un po’ rialzate.
Astigiano ?
3. Pinus Gaudini Peola
Maia NUTS, itor i
1858. Pinus santiana Gaudin e Strozzi: Fewilles fossiles de la Toscane,
mem. I, pag. 26, tav. II, fig. 3.
1859. Pinus veratoria Gaudin e Strozzi: Mem. II. Valdarno, pag. 33.
1893. Pinus Gaudini Peola: Le conifere ters. del Piem. Boll. Soc. geol.
ital., vol. XII, pag. 721, tav. VI, fig. 1.
« Strobilo ovato, 80 mm. longo, 40 mm. lato, squamis in spi-
« ris valde ascendentibus insertis, apophysibus transverse rhombeis,
« 13 mm. latis, 9 altis, pyramidatis, margine profunde sulcatis, stria-
« tis, umbone ellyptico, rhombeo, elevato ».
La bellissima impronta dell’ intero strobilo, le cui apofisi hanno
moltissima analogia con quella già disegnata dal Gaudin alla
fig. 3 della tav. II della sua prima Memoria sulle Fewilles fossiles
de la Toscane, ci permette di distaccare questa forma dal P. vexa-
toria del Gaudin. Lo strobilo astiano è picciolato, ha una forma
ovale di dimensioni eguali a quelle del P. vexatoria, cioè 80 mm.
di lunghezza per 4o di larghezza; ma si distingue facilmente per
le spire molto più ascendenti ed alquanto sinuose ; per le apofisi
molto più romboidali e più piccole (al massimo 13 mm. di lar-
ghezza per 9 di altezza); per la grande infossatura che presentano
alla metà dei lati, si da rendere i lati alquanto ricurvi e da dare
alla parte delle apofisi corrispondente ai quattro angoli una mag-
giore rilevatezza ; per le strie radiali molto più notate da parere
vere infossature, e da rendere la superficie dell’ apofisi molto on-
dulata, e per giunta, ciò che più importa, per l’ umbone rialzato che
dà all’apofisi una forma piramidata. Le squame debbono essere state
rilassate, poichè la roccia ha formato tra l’una e l’altra solidi tramezzi.
Astigiano ?
4. Pinus vexatoria Gaudin
1859. Pinus veratoria Gaudin et Strozzi: Feuilles foss. de la Toscane.
Mem. Il. Valdarno, pag. 33, tav. I, fig. 3.
1893. Pinus veratoria Peola: Le conifere terz. del Piem. Boll. Soc. geol.
ital.ss Vols; XI pags do,
Rivista Italiana di Paleontologia, — Giugno 1896. II
Impronta di uno strobilo ovale, lungo dagli 80 ai go mm.
largo 40 mm. Le apofisi sono romboidali, alquanto allungate tra-
sversalmente dai 13 ai 15 mm., per 8-10 mm. di larghezza; sono
alquanto convesse ai quattro angoli, un poco infossate in corri-
spondenza della metà dei lati; I’ umbone, da cui partono lievi stria-
ture verso i margini, è alquanto infossato.
Astigiano ?
5. Pinus... sp. ind. (strobilo).
1859. Pinus abies? E Sismonda: Prodrome ecc., pag. 8.
1865. » » » Matériaux ecc. Mem. Acc. Sc. Torino, vol.
XXII, pag. 408, tav. V, fig. 3.
1893. Pinus... sp. ind. Peola: Le conifere terz. del Piem. Boll. Soc. geol.
od
ital., vol. XII, pag. 727.
Il Sismonda, quantunque asserisse che il cattivo stato di
conservazione del fossile impediva di entrare in dettagli nella descri-
zione di questo esemplare. pure dubitava che appartenesse al P. abies L.
L’ esemplare porta pure un cartellino con la determinazione P. pa-
laeostrobus. Ma il cattivissimo stato in cui si trova, la mancanza
totale di squame e delle loro impronte, consigliano di lasciare in-
determinato questo fossile.
Valdondona.
GRAMINACEAE
Gen. Arunpo Linné
6. Arundo Goepperti Heer
1855-1859. Arundo Goepperti Heer: Fl. tert. Helv., I, pag. 62, tav. XXII,
fig. 3; tav. XXIII; III, pag. 161, tay. CXLVI, fig. 37.
I tre frammenti di foglie, per avere il nervo mediano più con-
sistente degli altri ed un numero grande di nervi eguali e paral-
leli, paiono riferibili a questa specie. Uno di questi frammenti rap-
presenta l'apice di una foglia, che è acuminato. Dai dintorni di
Montiglio si ha pure un frammento di rizoma riferibile a questa specie.
Annone d’ Asti, Montiglio.
Gen. Puracmites Trin.
7. Phragmites oeningensis (Al. Br.) Heer
1855-1859. Phragmites oeningensis Heer: Fl. tert. Helv., I, pag. 64, tav.
XXII, fig. 5; tav. XXIV; tav. XXVII, fig. 26; tav. XXIX, fig. 3c;
II, pag. 161, tav. CXLVI, fig. 18.
Impronte di due frammenti di foglie e di due di culmi,
Annone d’ Asti.
DI PALEONTOLOGIA 145
BAMBUSACEAE
Gen. Bamsusa Schreb.
8. Bambusa astensis n. sp.
Tavo IIa.
« Folia elongata, apice acuminata, basi obtuse angustata; pe-
« tiolo brevi atque aliquanto lato depressoque, nervis 22-24 paral-
« lelis, medio fortiore apicem versus diminuente ».
È l'impronta di una foglia lunga circa cm. 6, larga mm. 33,
acuminata all’ apice ed a base attenuata, ottusa. È munita di un
picciolo; ha una nervatura mediana discretamente consistente, più
verso la base, meno verso |’ apice, con 22-24 nervature minori,
eguali, parallele, senza nervature trasversali. Sebbene, anzichè prov-
vista di nervi tenui in mezzo ad altri consistenti, sembri avere tutti
i nervi eguali, credo di non errare riferendola al genere Bambusa,
sia per la facies propria del genere, sia per essere munita di un
pedicello piuttosto allargato, piatto (mm. 1,5), sia per avere la ner-
vatura mediana più consistente verso la base e meno verso I’ apice,
dove si confonde quasi con le altre nervature. Essa ha la facies
dei bambù che si coltivano nei giardini, e dell’ unica specie fossile
che si conosca fin’ ora, cioè della Bambusa lugdunensis Sap., dalla
quale però si diversifica e per avere tutti i nervi eguali e per avere
dimensioni molto minori.
Annone d’ Asti.
LILIACEAE
Gen. Smirax Desf.
g. Smilax mauritanica Desf.
1860. Smilax mauritanica Desf. in Gaudin: Contrib. a la fl. foss. ital.
-
Mem. V. Tufs vulcaniques de Lipari, pag. 8, tav. I, fig. 5, 7;
tav. II, fig. J, 2.
È l'impronta di meta del lembo di una foglia; ne manca la
base, ma pare che non sia stata tanto cordata. Ha sette nervi
principali e nervature secondarie ad angolo retto con le primarie.
Tra le due forme che il Gaudin distinse nei suoi esemplari, pare
che la piemontese si avvicini a quella a base poco intagliata. Rico-
struendo la foglia, verrebbe di circa cm. 8 di lunghezza e di cm. 6
di larghezza, dimensioni poco dissimili delle due maggiori disegnate
dal Gaudin.
Annone d’ Asti.
144 RIVISTA ITALIANA
CUPILIFERAE
Gen. Carpinus Tourn.
10. Carpinus grandis Unger
1340. Carpinus grandis Unger: Gen. et sp., pag. 408.
Due esemplari di cui uno piccolo, lungo cm. 2, largo 1, a
lembo tutto pieghettato, e l altro più grande, lungo circa cm. 6 e
largo cm. 3.
Annone d’ Asti.
11. Carpinus pyramidalis Heer
1855-59. Carpinus pyramidalis Heer: Il. tert. Helv., Ul, pag. 177, tav.
LXXXVII, fig. 76; tav. CL, fig. 27, 28.
Un esemplare, intero e ben conservato, è lungo cm. 6,5 e.
largo 2,4; si presenta alguanto asimmetrico alla base, è allungato-
lanceolato, con 24 nervi per lato, dei quali la maggior parte sono
biforcati all’ apice. Le impronte di altre due foglie, alquanto gua-
ste, rassomigliano del tutto all’ esemplare descritto. Altri due fram-
menti invece ne diversificano alquanto; ma uno di essi va. riferito
a questa specie per le nervature secondarie numerose e parallele,
l’altro, quantunque paia a prima vista da ascriversi al genere Ul-
mus, per avere i due lembi della foglia pressochè eguali va riferito
al genere Carpinus, e per i numerosi nervi secondari al C. pyra-
midalis Heer.
Annone d’ Asti.
Gen. CoryLus Tourn.
i 12. Corylus Heeri E. Sism.
1859. Corylus Heeri E. Sismonda: Prod. fl. tert. Piém., pag. 10, 23,
favs IIgaiprale
1865. Corylus Heeri E. Sismonda: Matériaux ecc. Mem. Acc. Se. Torino,
XXII, pag. 428, tav. XIV, fig. 2; tav. XXXI bis.
Sono 10 impronte sparse nei vari massi raccolti ad Annone,
di varie grandezze, più o meno ben conservate ed intere, che però
rispecchiano molto bene i caratteri dal Sismonda dati per queste
specie. In generale sono denticolati ai margini e con dimensioni
ed aspetto delle figure dateci dal Sismonda; uno solo è meno
denticolato e di dimensioni molto maggiori, largo circa 12 cm.,
lungo (ricostruendo la foglia) da 12 a 14 cm. e parrebbe corri-
spondere al Corylus gigas E. Sism. (Prodr. fl. tert. Piém., pag. 10, 23,
Hiatt ari re ERA I
DI PALEONTOLOGIA 145
tav. II, fig. 2). Ma a me sembra che sia una forma più sviluppata
del C. Heeri, e perchè la troviamo. sola in mezzo a molti esem-
plari di quest’ ultima specie, e perchè, ricostruendo I’ esemplare,
vediamo che anch'esso dà una foglia arrontondata, a base alquanto
cordata, a margine dentato e con un egual numero di nervi secondari.
Annone d’ Asti, S. Damiano d’ Asti (1).
13. Corylus insignis Heer
1855-59. Corylus insignis Heer: Fl. tert. Helv., II, pag. 43, tav. LXXIII,
fig. 11-17.
Questo esemplare si distacca dagli altri di Corylus, così ab-
bondanti in Annone, per avere una forma più ellittica e I apice
acuminato. Trova il suo riscontro nella fig. 11 della tav. LXXIII
della FI. tert. Helv. È lungo cm. 7, largo cm. 4,5 ed ha 11 nervi
secondari.
Annone d’ Asti.
Gen. Facus Tourn.
14. Fagus ambigua (Viv.) Mass.
1253. Fagus ambigua Massalongo: Descriz. delle piante foss. ital., pag. 4,
tav. I, fig. 5.
È la specie che nella florula di Annone è rappresentata da un
- maggior numero di esemplari. In essi si osserva una diversità di
forme proveniente da leggiere modificazioni del margine, dell’apice
e della base: e, se si avesse un concetto ristretto della specie, se
ne potrebbero creare forse tante quanti sono gli esemplari. Ma già
Massalongo aveva dubitato che alcune diverse specie di Fagus, da
esso stesso create, si potessero riunire in una specie sola, la Fagus
incerta; ed il Ristori nel suo studio sul Valdarno superiore (°),
confortato dai lievi passaggi che correvano fra i numerosi suoi
esemplari, propose di raggrupparli in una specie sola, la Fagus
incerta, che Meschinelli e Squinabol fanno sinonimo di Fa-
gus ambigua (*). I dodici esemplari meglio conservati della florula
di Annone, senza contare gli altri frammenti, sono riferibili ai tre
tipi disegnati dal Ristori (fig. 9, 10, 11) nella tavola annessa al
suo lavoro.
(1) Cito questa località sulla fede del Sismonda; le sue figure cor-
rispondono agli esemplari di Guarene e dei terreni villafranchiani lungo
la Stura, e che egli riferì al miocene medio.
(2) Ristori: Contributo alla Flora fossile del Valdarno superiore.
(3) Meschinellie Squinabol: Flora tertiaria italica. Padova, 1892.
146 RIVISTA ITALIANA
Dei due esemplari di S. Damiano d’ Asti uno è lungo cm. 7,5
e largo cm. 4, ed è del tipo della fig. 10 del Ristori, cioè di
forma ellittica, acuminato all’ apice, ed a nervi opposti; I’ altro,
lungo cm. 6,5 e largo cm. 2,5, è più lanceolato, il margine è più
ondulato, e si potrebbe riferire invece al tipo della fig. 9.
Annone d’ Asti, S. Damiano d’ Asti.
15. Fagus Gaudini Ristori
1885. Fagus Gaudin Ristori : Contrib. alla Fl. foss. del Valdarno sup.,
pag. .19, tav. VIII, fig. 12,13.
Sono sei esemplari, in cui si trovano spiccati i caratteri che
distinguono questa nuova specie del Ristori, cioè la base arro-
tondata ed i margini a lobi arrotondati, ed il nervo mediano al-
quanto ondulato, Sono lunghi cm. 6 e larghi cm. 3,5 circa. Un
altro esemplare lungo circa cm. 4, largo mm. 23 corrisponderebbe
alla fig. 13 della tavola del Ristori e cioè ad una giovine foglia.
Anche in questo esemplare la base parrebbe arrotondata, il nervo
mediano ondulato ed i margini lobati, sebbene meno intensamente
delle foglie adulte.
L’esemplare di S. Damiano d’ Asti ha dimensioni alquanto
maggiori (cm. 6,5 di lunghezza per cm. 4 di larghezza) ed è mu-
nito di picciolo lungo circa mm. 5.
} Annone d’ Asti, S. Damiano d’ Asti.
16. Fagus sinuata n. sp.
Tav. HI, fig. 4.
« Folia margine integro, apice subacuminato, basi forsitan
« obtuso-rotundata, penninerve, nervo primario inferne rectilineo,
« sinuoso apice versus, nervis secundariis simplicibus, alternis, re-
« ctilineis, parallelis, sub angulo acuto e nervo primario egredien-
« tibus, area multis ordinariis sinibus munita ».
Impronta di pit dei due terzi superiori di una foglia la cui
determinazione generica non lascia dubbi. Essa é a lobi con mar-
gine integro, con l’ apice alquanto acuminato, a base che pare sia
stata alquanto ottuso-arrotondata. La nervatura principale sarebbe
rettilinea nella metà inferiore, a zig-zag nella metà superiore. Le
nervature secondarie si distaccano ad angolo acuto e vanno, diret-
tamente e parallelamente fra di loro, al margine. La parte del lembo
tra una nervatura e l’ altra è spiccatamente pieghettata in modo da
lasciare nella dura arenaria l’ impronta dello spigolo prodotto dalla
pieghettatura. Per la forma della foglia e per la sinuosita del
DI PALEONTOLOGIA 147
nervo mediano si avvicinerebbe al F. Gaudini Rist., ma se ne di-
stacca per il bordo integro e per la pieghettatura del lembo. Per la
pieghettatura del lembo si avvicinerebbe invece alla F. sylvatica L.
(fig. 20 della tav. I del Gaudin: Contrib. a la FI. foss. ital., IV),
ma ne differisce per la integrità del lembo, per la sinuosità del
nervo mediano, e per un numero maggiore di nervature seconda-
rie, che secondo il Gaudin dovrebbero nella F. sylvatica L. es-
sere da 8 a 10, mentre in questo esemplare se ne contano 11 nella
sola parte conservata. L’ esemplare di Annone pare adunque si di-
stacchi dalle forme fossili sinora descritte.
Annone d’ Asti.
Gen. Castanea Tourn.
17. Castanea Forilivii Mass.
Tay: Ti; fig? 5:
1858. Castunea Foriliviv Massalongo: Syn. Il. foss. Senog., pag. 35.
E l’impronta di una foglia lunga cm. 9, larga 5 cm. acumi-
nata all’ apice, largamente arrotondata alla base, con 12 nervature
secondarie partenti ad angolo di circa 45° con la principale, piut-
tosto tenue. Il primo paio di nervi secondari verso la base è al-
quanto arcuato, mentre gli altri sono rettilinei e paralleli fra di
loro. Tutti vanno a terminare in denti lunghi dai 3 ai 4 mm,
stretti, e di forma triangolare, che si distaccano quasi perpendi-
colarmente dal bordo della foglia. I nervilli terziari sono alquanto
lassi fra di loro e si distaccano ad angolo retto dai secondari. La
facies fa subito riferire quest impronta al gen. Castanea e fra le
fossili non trova miglior riscontro che nella Castanea, Forilivii
Mass. (fig. 2 della tav. XXIV della Flora foss. Senogal.) quantun-
que se ne distacchi per le dimensioni. Avendo il mio esemplare
in comune con questa specie la base arrotondata, il nervo pri-
mario alquanto esile, i nervi secondari inferiori alquanto arcuati,
un egual numero di nervi secondari, i denti del bordo simili, non
esito punto a ritenerlo analogo alla C. Forilivii di Sinigallia ed
affatto distinta dalle altre specie fossili.
Annone d’ Asti.
Gen. Quercus L.
18. Quercus roburoides Gaudin e Strozzi
1859. Quercus roburoides Gaudin e Strozzi: Contrib. Il, pag. 44, tav. III,
fig. 4.
Un esemplare che porta l’ impronta della parte inferiore di una
foglia, la cui pertinenza al gen. Quercus è evidente. La base è
Bede eet Rh Be Bo
Ae ei & Ne
acuminato-arrotondata, il nervo primario è consistente ; dei secon-
dari gli inferiori sono ad angolo meno acuto ed i superiori invece
ad angolo più acuto; ed i nervi terziari si distaccano dai secon-
dari con angolo più o meno retto. I lobi sono ottusi, arrotondati,
perpendicolari al bordo. È evidente la sua pertinenza al gruppo
della Quercus robur. Ho confrontato la porzione conservata del mio
esemplare con analoghe porzioni di esemplari viventi di Q. robur,
e ho visto che, mentre negli esemplari viventi si arrivava a stento
al secondo nervo od appena appena lo si sorpassava, nell’ esem-
plare fossile si contavano da una parte 3 e dall’ altra 4 nervi se-
condari; ciò che mi fa credere che il fossile abbia un numero
maggiore di nervature secondarie della Q. robur, e quindi si
possa ascrivere alla Q. roburoides Gaudin. D'altronde, tolte le
minori proporzioni, è affatto analogo al disegno che ci dà il Gaudin.
Annone @ Asti.
19. Quercus scillana Gaudin
1859. Quercus scillana Gaudin: Contrib. Il, pag. 42, tav. III, fig. 11-13;
tav. IV, fig. 13-15; tav. VI, fig. 3, 4.
Due frammenti di foglie, di cui uno non rappresenta che una
porzione del lembo e l’altro la metà inferiore. Quest’ ultimo con-
tiene spiccatamente i caratteri della specie, cioè di essere integro
verso la base attenuato-arrotondata, di avere denti regolari, nervo
mediano consistente e nervi secondari ad angolo abbastanza acuto.
Nell’ altro esemplare i nervi secondari sono ad angolo più aperto.
Annone d’ Asti.
20. Quercus serraefolia Goepp.
1855. Quercus serraefolia Goeppert: Tert. FI. v. Schossn., pag. 17, tav. V,
fig. 14.
Porzione inferiore di una foglia analoga e per la forma della
base e per la nervatura alla fig. 9 della tav. III del Gaudin: Feuil-
les foss. de la Toscane.
Annone d’ Asti.
IUGLANDEAE
Gen. IucLans L.
21. Luglans acuminata Al. Br.
1845. Luglans acuminata Al. Br.: Neues Iahrb., pag. 120.
Porzione apicale di una foglia.
Pralormo.
DI PALEONTOLOGIA 149
22. luglans strozziana Gaudin e Strozzi
1858. Zuglans strozziana Gaudin et Strozzi: Mem. s. quelq. gis. de fewil-
les foss., pag. 39, tav. VIII, fig. 7, 8.
Impronta abbastanza nitida di una fogliolina alla quale non
manca che la parte apicale. E larga 35 mm.
Ferrere d’ Asti (Valle dei Tucci).
23. Luglans pedemontana n. sp.
Tav. III, fig. 5.
« Foliola ovato-ellyptica, sexile, margine integro, ondulato,
« nervo medio distincto, nervis secundariis utrinque 6, campto-
« dromis, suboppositis, sub angulo fere recto e nervo primario ex-
« orientibus ».
Fogliolina lunga circa cm. 3, larga mm. 14, di cui non manca
che piccola parte dell’ apice. Ha una forma ovato-ellittica, pare sia
stata sessile, a bordo integro, ondulato, con nervatura primaria
discretamente consistente, sei nervi secondari camptodromi, sub-
opposti, ad angolo quasi retto con il primario. Fra le foglie fos-
sili di /uglans si distingue principalmente per la scarsezza dei
nervi secondari. Si avvicinerebbe per questo carattere alla J. celti-
folia Mass. (Spec. photogr. pag. 91, tav. XXXV, fig. 3, 4) ed alla
I. paucinervis Heer (FI. foss. arct., pag. 125, tav. XIX, fig. 8) delle
quali non ho potuto consultare le figure. Stando però alle loro
diagnosi, la forma piemontese si distaccherebbe dalla J. celtifolia
Mass. per avere il margine integro e per avere i nervi secondari
ad angolo quasi retto, e dalla /. paucinervis Heer, forse per le di-
mensioni e per essere ellittica e non lanceolata.
Annone d' Asti.
Gen. Prerocarya Kuntk.
24. Pterocarya denticulata (O. Web.) Heer
1855-59. Pterocarya denticulata Heer: Fl. tert. Helv., III, pag. 94, tav. CKXXI
fig. 5-7.
Impronta di una fogliolina analoga a quella disegnata nella fig. 6
della tavola in sinonimia citata, E cordata alla base e munita di
denti finissimi e spessi. È lunga cm. 4, larga cm. 1,5.
Annone d’ Asti.
25. Pterocarya Massalongi Gaudin
1858. Pterocarya Massalongi Gaudin: Fewlles foss. de la Toscane, pag. 40,
tav. VIII. fig. 1-6; tav. IX, fig. 2.
Impronta della parte mediana di una foglia che rispecchia i
caratteri di questa specie, ed è molto analoga alle figure dateci dal
Gaudin.
Annone d’ Asti.
BETULACEAE
Gen. Beruca Tourn.
26. Betula Brongniarti Ettingsh.
1853. Betula Brongmiarti Ettingshausen: oss. Fl. v. Wien, pag. 11, tav. I,
fig. 16-18.
Un esemplare quasi intero di una foglia lunga cm. 6,5, larga
cm. 3, a 10 nervi secondari, di forma ellittica, avvicinantesi al-
quanto alla fig. 1 della tav. LXXII dell’ Heer: Fi. tert. Helv. Il.
Annone d’ Asti.
Gen. Atnus Tourn..
27. Alnus nostratum Unger
1847. Alnus nostratum Unger: Chlor. protog., pag. 117, tav. XXXIV, fig. 1.
Sono due impronte, di cui una rappresenta la parte inferiore
di una foglia alquanto piccola, |’ altra invece la parte superiore,
di dimensioni più grandi. La prima è larga mm. 25, la seconda
mm. 45 circa.
Ferrere d’ Asti. i
28. Alnus cuneata n. sp.
Tav. III, fig. 7.
« Folia apice rotundata, basi attenuata, fere cuneata, margine
« integro, nervo primario tenue, secundariis utrinque 5, sub angulo
« acuto e nervo primario exorientibus, rectilineis, parallelis, qui
« dixtant alii ab aliis 1 cm., inferioribus extus ramificatis ».
Una foglia lunga 5 cm,, larga circa cm. 4,5, arrotondata al-
l apice, ristretta, quasi cuneata alla base. Il bordo, se si deduce da
alcune porzioni conservate, pare integro, la nervatura mediana al-
quanto esile, le secondarie solide quanto la mediana, in numero
di 5 per parte, sono ad angolo acuto con la mediana, rettilinee.
parallele fra di loro, distanti circa 1 cm. I’ una dall’altra e le in-
feriori ramificate esternamente. Fra le forme fossili non ho trovato
altro riscontro che con la fig. 13 della tav. LXXI dell’ Heer (FI.
tert. Helv., II) rappresentante l’A/nus nostratum, ma se ne distin-
gue subito per il bordo integro e per un numero considerevol-
mente minore di nervi secondari. Credo quindi poterla distaccare
dalle altre specie fossili, e crearne una nuova.
Annone d’ Asti.
SALICACEAE
Gen. Satix Tourn.
29. Salix integra Goepp.
1855. Salix integra Goeppert: Moss. Fl. v. Schossn., pag. 25, tav. XIX, fig. 1,
5-7, 10-16.
Impronta dei due terzi inferiori di una foglia larga mm. 13,
che molto si avvicina ai disegni dell’ Heer: Fi. tert. Helv., I,
tav. LXVIII, fig. 20-22.
Annone d’ Asti.
Gen. Poputus Tourn.
30. Populus balsamoides Goepp.
1855. Populus balsamoides Goeppert: Fl. foss. v. Schossn., pag. 23, tav. XV,
fig. 5-6.
L’ esemplare è guasto, non vi è di conservato che la parte
centrale della foglia, e mancano tutte le parti in cui risiedono i
caratteri specifici. Ma per la grandezza della foglia, per la consi-
stenza del nervo mediano e per |’ aspetto dei nervi secondari, pare
riferibile a questa specie.
Pralormo.
URTICACEAE
Gen. Pranera I. F. Gm.
31. Pianera Ungeri (Kov.) Ettingsh.
1853. Planera Ungeri (Kov.) Ettingshausen: Foss. Fl. v. Wien, pag. 14,
tav. II, fig. 5-18.
1859. Castanea atavia? E. Sismonda: Prodr. fl. foss. Piem., pag. 11.
1865. Planera Ungeri E. Sismonda: Matériaux ecc., pag. 48, tav. XVII,
fig. 2-4.
Due esemplari, di cui uno lungo cm. 5 e largo cm. 1,5, so-
miglia alla fig. 2 della tavola citata dal Sismonda; I altro,
ys tal eh A ks Sis
pari N te i
ten eas
iy
+
152 RIVISTA ITALIANA
più grande, lungo cm. 6,5, largo 3, si avvicina invece alla fig. 4
della stessa tavola del Sismonda. i
Annone d’ Asti.
Gen. ULmus Tourn.
32. Ulmus Braunii Heer
1855-59. Ulmus Brawn Heer: FI. tert. Helv., II, pag. 59, tav. LXXIX,
fig. 14-21.
Due esemplari, di uno dei quali non si conserva che porzione
della meta inferiore, la quale lascia travedere la grande asimmetria
del lembo, propria di questa specie, e l’altro, quasi completo, lungo
cm. 4,5, largo 2,5 si presenta alquanto attorcigliato, ma però vi è
evidente e l’ asimmetria del lembo e la presenza di 12 nervature
rette e parallele.
Annone d’ Asti.
33. Ulmus quercifolia Unger -
1860. Ulmus quercifolia Unger: Syll. pl. foss., I, pag. 13, tav. IV, fig. 7-13.
Sono cinque esemplari più o meno frazionati, che rispecchiano
abbastanza bene i caratteri stabiliti per tale specie, e sono simili
alla fig. 20 della tav. VIII del Ristori: Contributo alla FI. foss.
del Valdarno superiore.
Annone qd’ Asti.
a PA ee ees ON ee ee a
34. Ulmus sp.
E un’ impronta guasta di una foglia tutta attorcigliata e con-
torta, che la consistenza della nervatura primaria e la forma delle
nervature secondarie fanno credere appartenga al gen. Ulmus; ma
è difficile identificarne la specie.
S. Damiano d’ Asti.
LAURACEAE
Gen. Laurus L.
35. Laurus canariensis, v, pliocenica Sap. e Mar.
1876. Laurus canariensis v. pliocenica Saporta e Marion; Recherches sur.
les végct. foss. de Meximieux, pag. 246, tav. XXVII fig. 6-7; tav.
XXVIII, fig. .1-8.
Impronta della meta inferiore di una foglia che per il sistema.
di nervatura e per la base lungamente attenuata è riferibile a que-
ASI
DI PALEONTOLOGIA 153
sta specie di Saporta e Marion. Fra le sottovarietà da questi
autori stabilite corrisponderebbe alla Janceolata.
Annone d’ Asti.
36. Laurus princeps Heer
1855-59. Laurus princeps Heer: Fl. tert. Helv., II, pag. 77, tav, LXXXIX,
figel6-liytave Cy fie. Is tav, XVII, fies 1.
Due esemplari, uno lungo cm. 14 e largo cm. 5, I’ altro lungo
cm. 12 e largo cm. 3,5, lanceolati ed acuminati all’ apice. ©
S. Damiano d’ Asti.
Gen. Cinnamomum Burm.
37. Cinnamomum lanceolatum (Ung.) Heer
1855-59. Cinnamomum lanceolatum Heer: Fl. tert. Helv., Il, pag. 86,
tav. XCIII, fig. 6-11.
Piccolo esemplare lungo circa 5 cm. e largo 1,5.
Annone d’ Asti.
38. Cinnamomum spectabile Heer
1855-59. Cunnamomum spectabile Heer: Fl. tert. Helv., Il, pag. 91, tav.
XCVI, fig. 1-8.
Si conserva l’impronta dei due terzi inferiori di una foglia
che per le dimensioni e per la forma (quantunque non si pre-
senti così ottusamente ristretta come vuole la diagnosi, essendo ri-
piegata) è da riferirsi a questa specie.
Annone d’ Asti.
Gen. OrEoDAPHNE Nees.
39. Oreodaphne Heeri Gaudin
1858. Oreodaphne Heeri Gaudin: Fewilles foss. de la Toscune, pag. 35,
tav. X, fig. 4-9; tav. XI, fig. 1-7.
Un esemplare proveniente da S. Damiano d’ Asti intero, lungo
cm. 13, largo cm. 4, presenta la nervatura propria di questa specie
con le ghiandole ascellari; i tre esemplari invece di Annone non
offrono che frammenti di foglie, che lasciano però travedere il si-
stema di nervatura particolare di tale specie.
Annone d’ Asti, S. Damiano d’ Asti.
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154 RIVISTA ITALIANA
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STERCULIACEAE
Gen. Stercutia L.
40. Sterculia maiolana Mass.
Sterculia maiolana Massalongo: Lett. a Scarabelli, pag. 22, N. 114.
x
E il lobo mediano di una foglia palmata con porzione delle
due nervature laterali ed accenno del seno tra i due lobi, che pare
acuto. L’ essere questo lobo integro ed ottuso, anzi arrotondato al-
l’ apice, e le nervature arcuate congiungentisi ai margini, ed i seni
fra i lobi acuti mi fanno credere che questa fillite rappresenti il
lobo mediano di una foglia di Sterculia maiolana Mass.
Annone d’ Asti.
CELASTRACEAE
Gen. CrerastRrus L.
41. Celastrus Bruckmanni Al. Br.
1851. Celastrus Bruckmanni Al. Br.: Stisenb. Verzeich., pag. 87.
Un esemplare di foglia a 5 nervi secondari, lungo cm. 2,5,
largo cm. 2, analogo alla fig. 6 della tav. III del Gaudin:
Contrib. VI.
Annone d’ Asti.
RHAMNACEAE
Gen. BercHEMia Neck.
42. Berchemia multinervis Heer
1855-59. Berchemia multinervis Heer: FI. tert. Helv., III, pag. 77, tav. CKXXIII,
fig. 9-18.
Esemplare di una foglia lunga circa cm. 5,5, larga cm. 4, con
i margini alquanto attorcigliati, ad 8 nervi secondari, a base allar-
gata. È analoga alla fig. 17 della citata tavola dell’ Heer.
Annone d’ Asti.
Gen. Ruamnus Lam.
43. Rhamnus deletus Heer
1855-59. Rhamnus deletus Heer: Il. tert. Helv., pag. 79, tav. CXXIII,
fig. 19-23.
Un esemplare che rappresenta la meta inferiore di una foglia
a base cordata, a margine integro ed a nervi subopposti, dei quali
il paio inferiore è ramificato esternamente. Trova molto riscontro
DI PALEONTOLOGIA 155
e per l’ aspetto e per le dimensioni con la fig. 20 della citata ta-
vola dell’ Heer.
Annone d’ Asti,
CORNACEAE
Gen. Cornus L.
44. Cornus rhamnifolia O. Web.
1852. Cornus rhamnifolia 0. Web.: Palaeontogr., Il, pag. 192, tav. XXI,
fig. 8.
Un piccolo esemplare lungo circa cm. 4, largo cm. 2,5 evato-
ellittico, con g nervi. Sebbene di dimensioni minori si avvicina al
tipo della fig. 23, della tav. CV dell’ Heer: FI. tert. Helv.
Annone d’ Asti.
AMYGDALACEAE
Gen. Prunus Tourn.
45. Prunus maxima n. sp.
av.) Ul fietes:
« Putamine ovale, mm. 37 longo, mm. 28 lato, laevi, lenissime
« ondulato, basi subtruncato, apice obtusciusculo, rotundato, asym-
« metrico. Sulco parallelo duarum suturarum quorum margina
« producta sunt ».
Nocciolo di un frutto carnoso infisso ancora per una faccia
sulla roccia. È di forma ovale, lungo mm. 37, largo mm. 28, con
una sutura più sporgente dell’ altra, ed un solco che accompagna
parallelamente le suture. La base è alquanto troncata, ed è mani-
festa l’ incurvatura in cui si inseriva il picciolo; l'apice è ottusetto,
arrotondato, ed alquanto asimmetrico. Subito si vede che tale
avanzo di frutto è riferibile o al gen. Amygdalus od al gen. Pru-
nus. Per la sua grandezza parrebbe riferibile al gen. Amygdalus,
ma la superficie liscia e non rugosa e bucherellata, e la presenza
delle due suture evidenti, alquanto carenate, e di due solchi che
accompagnano parallelamente le suture, lo fanno riferire al genere
Prunus e ad una specie molto simile alla nostra Prunus armeniaca,
dalla quale non si distingue se non per la maggiore grossezza e
per essere alquanto più ovato ed appiattito: il che potrebbe anche
essere effetto della compressione subita durante la fossilizzazione.
Fra i frutti fossili si distacca da tutte le specie studiate dal Lud-
wig in Palaeontographica, V, e provenienti dalle ligniti di Derheim
(Wetterau), principalmente per la sua grandezza. Si avvicinerebbe
alquanto al Prunus ornata (tav. XXII, fig. 8) per essere ovato ed
un po’ compresso, ma si differenzia e per le maggiori dimensioni,
e per non avere delle pieghe trasversali ondulate.
S. Damiano d’ Asti.
ERICACEAE
Gen. LeucorHoE Don.
46. Leucothoe vacciniifolia Unger
1850. Leucothoe vacciniifolia Unger: Foss. FI. v. Sotzka, pag. 43, tav. XXIII,
fig. 10-12.
Esemplare di una fogliolina lunga cm. 2,5, larga cm. 1, a ner-
vatura mediana molto consistente, che molto si avvicina al tipo
della fig. 25 c della tav. CI dell’Heer; FI. tert. Helv.
Annone d’ Asti.
EBENACEAE
Gen. Drospyros Daleck.
47. Diospyros brachysepala Al. Br.
1837. Diospyros brachysepala Al. Br.: Neues Iahrb. f. Min., pag. 170.
Due esemplari, forse impronta e controimpronta, che molto. si
avvicinano al tipo della fig. 1 e 2 della tav. CII dell) Heer: Fi.
tert. Helv. per essere alquanto acuminati all’ apice ed alla base.
Annone d’ Asti.
CONSIDERAZIONI SULLA FLORA E SUL CLIMA
Dal presente quadro noi possiamo rilevare, che delle 47 specie
che costituiscono la flora fossile dell’ Astigiano, 27 (57 %) furono
già rinvenute nel miocene e principalmente nel miocene superiore,
e di queste, 14 erano esclusivamente mioceniche; pure 27 specie
furono già rinvenute nel pliocene, e di queste, 4 sono esclusiva-
mente plioceniche; una specie è quaternaria e 7 sono nuove.
Paragonandola con le altre flore, vediamo che con la flora
miocenica di Senigallia non ha in comune che 8 specie (17 %),
con quella di Mongardino ne ha pure 8, con quella del Valdarno
superiore 18 (38 °/), con quella di Meximieux 2, e con quella di
Bra 15 (32 %).
Riguardo al clima vediamo poi, che 39 specie (83 %) appar-
tengono a generi proprii di regioni temperate, ed alcuni di essi di
regioni temperate fredde, e solo 12 (23 °) a generi proprii di re-
gioni intertropicali e tropicali. La pliocenicità di questa flora è
adunque spiccata: grande comunanza di forme con altre flore plio-
ceniche già studiate, e tipo di flora prevalentemente di clima tem-
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DI PALEONTOLOGIA 157
perato. Tra le plioceniche, la flora, oggetto di questo studio, trova
maggior riscontro con quella del Valdarno superiore studiata dal
Ristori, non solo per il gran numero di specie che ha con essa
in comune, ma anche perchè ha in gran copia le impronte delle
specie più "tipiche e più diffuse di “quel bacino, come la Fagus
ambigua, la Fagus Gaudini e |’ Ulmus quercifolia. Essa ha pure
in comune un gran numero di specie con quella di Bra da me
studiata ('); però esse rappresentano due tipi di flora a facies di-
versa, quantunque siano entrambi da riferirsi all’ astiano, e siano
state raccolte in località poco discoste l’ una dall’ altra. Quella di
Bra s' attacca più alle flore mioceniche, questa alle plioceniche,
quella rappresenta un clima piuttosto caldo, questa un clima tem-
perato volgente già al freddo. In ambedue ‘le flore prevalgono le
stesse famiglie, cupilifere, conifere, lauracee, urticinee, ma però
nella flora braidese con predomini o di specie mioceniche, in questa
con predominio di specie plioceniche. La spiegazione di tale discor-
danza credo si possa ricercare e nella stratigrafia e nella orografia.
Gli strati che hanno fornito gli esemplari della flora fossile brai-
dese, quantunque costituiti dalle tipiche marne gialle dell’ astiano,
posano direttamente sulle marne bleu del piacenziano; anzi vi si
osserva un graduale passaggio, e quindi li possiamo ritenere come
appartenenti all’ astiano inferiore. Gli esemplari dell’ Astigiano in-
vece vennero raccolti nelle stesse localita in cui vennero pure rin-
venuti avanzi di proboscidati e di erbivori, in istrati cioè che non
rappresentano formazioni di mare più o meno profondo o di lito-
rale, ma, come osserva il Sacco, formazione deltoide, e costi-
tuitisi quando nella parte centrale del bacino terziario piemontese
erano già potenti i sedimenti del mare astiano. Essi rappresen-
tano adunque I’ astiano superiore, complesso che il Sacco cre-
dette di dovere distaccare dall’astiano e chiamare fossaniano. Dando
poi uno sguardo alla Carta geologica del Bacino terziario de!
Piemonte rilevata dal prof. Sacco nel 18809 alla scala di 1 a 100000,
vediamo che il mare astiano formava uno stretto più o meno fra-
stagliato, che divideva I’ odierno bacino terziario del Piemonte in
due parti, di cui una, meridionale, era data dai terreni che si ada-
giavano sulle Alpi marittime e sull’ Appennino settentrionale, e
I altra, settentrionale, era costituita da un’isola formata dai terreni
eocenici e miocenici delle colline Torino-Casale-Valenza. Bra si
trova sul versante occidentale della parte meridionale di detto ba-
cino; Annone d’ Asti, S. Damiano d’ Asti, Pralormo ecc. si trovano
sul versante settentrionale. Questo doveva essere probabilmente di:
clima più freddo di quello. All’uno ed all’altro motivo credo si
debba attribuire la diversità di facies tra la flora fossile di Bra e
quella dell’Astigiano, e da ciò possiamo dedurre che durante l’ astiano,
di mano in mano che il braccio del mare padano attraversante
il bacino piemontese, si restringeva, il clima di questa regione an-
dava sensibilmente raffreddandosi, passando da clima marittimo pit
mite a clima continentale pit freddo e più vario.
(1) P. Peola: Flora fossile braidese. Bra, 1895.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Giugno 1896. 12
158 RIVISTA ITALIANA
PY re ne eh ee ee wer we Ur II IITIIIAIIA III III EEE)
La flora fossile dell’Astigiano è rappresentata in massima parte da
alberi (36 su 47 specie); sei sono arboscelli o frutici, tre rizomatose,
due rampicanti. Vi predominano le piante silvicole dei generi Pi-
nus, Carpinus, Fagus, Quercus, Iuglans, Ulmus, ecc. che dove-
vano ornare le vette, mentre le regioni submontane dovevano es-
sere abitate da generi di clima più caldo: Laurus, Cinnamomum,
Sterculia, Rhamnus, Cornus, ecc. sui quali si arrampicavano gli
Smilax ed i Celastrus; e le regioni litorali, paludose, deltoidi, do-
vevano essere ornate da Alnus, Salix, Populus, Bambusa, ecc.
accanto ai quali vegetavano Arundo e Phragmites. Non doveva
poi mancare, specialmente nella parte paludosa, un ricco tappeto
di erbacee, e propriamente di graminacee, confacenti a tal ge-
nere di clima, e che dovevano dare alimento agli erbivori, i cui
avanzi si trovano numerosi. Se di queste graminacee non si conser-
varono traccie, si deve alla maggiore difficoltà che esse hanno a
fossilizzarsi.
Confrontando infine la flora fossile dell’ Astigiano con la vi-
vente, vediamo che su 29 generi se ne conservano ancora 15, di
quelli che allora erano rappresentati da un maggior numero di
specie. Ma però delle specie fossili non se ne conserva alcuna
nella flora vivente, e ciò indica che durante il periodo glaciale ed
alluvionale i generi proprii di climi più caldi hanno emigrato verso
il sud, e gli altri si sono modificati in modo da rendersi più adatti
al nuovo clima. Di questo passaggio, abbastanza interessante per la
storia dell'evoluzione delle piante, credo si potrà avere spiegazione
collo studio della flora quaternaria dell’ epoca glaciale ed allu-
vionale.
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III
Fig. 1. Pinus Paronai Peola . . . grand. nat.
Sirio (Canin Xxolleh 6S. gn VS >
» 3. Bambusa astensis Peola. . . » >
» 4. Fagus simuata Peola. 2.22. > »
> 5. Castanea Forilivii Mass. . . » »
» 6. Iuglans pedemontana Peola. . >» >
> TO Alnus: cunentia Peola . 23. > »
> 8. Prunus maxima Peola ... . > >
VII.
Il cigno fossile nelle vicinanze di Roma.
Nora DI ALESSANDRO PORTIS
Dai nostri pliocenici calcari travertinoidi che, giacenti sopra
ghiaie con ricca copia di augiti e ciottoli lavici e tufacei, e com-
prendenti essi stessi verso la base talor relativamente ben conservati
fossili lamellibranchi marini a valve ancor associate e più in alto
DI PALEONTOLOGIA 159
impronte di foglie e rami di alberi ed arbusti diversi nonchè car-
politi di fico e numerose conchiglie di heliceidi ed affini; dai nostri
calcari travertinoidi che posson esser frammezzati di strati di ghiaie
e sabbie a foraminiferi simili a quei che or li reggono or li ricoprono
o che posson esser ricoperti e terminanti in strati tufacei di varia-
zioni diverse, fra le quali non sempre prima inferiore quella chia-
mata dei tufi litoidi; è stato ricavato nel corrente maggio un fossile
abbastanza prezioso i di cui avanzi, grazie alla oculatezza ed alla
cortesia del sig. Enrico Carreras impiegato telegrafico in questa
città e del dott. Giuseppe Colini assistente al Museo Preistorico
ed Etnografico di Roma, furono subito assicurati al nostro R. Museo
Geologico Universitario.
In una di quelle lacune saccocciformi con cui si terminano
frequentemente gli strati calcari travertinoidi verso il limite a cui
sì sovrappone e si sostituisce talor quasi improvvisamente altro de-
posito (frequentemente tufaceo) al calcare coerente: lacune, talor
ricolme di una tenuissima argilla stratificatasi in esse corne in mi-
nuscolo bacino, che, per erosione naturale o per apertura di trincee,
scoperte poi lateralmente possono simulare piccole grotte: si tro-
varono alla Punta di S. Giuliano sotto Villa Glori parecchie ossa
di un grosso uccello parte impigliato nell’argilla che aveva invasa
e si era stratificata nella lacuna, e parte cementato ed improntato
sulla dura roccia calcarea Ja quale aveva pure ricevuta l’ impres-
sione di moltissime piume e piumino dell’ animale. Si noti che, al
punto di rinvenimento, la lacuna osservabile, come accennai, nella
regione localmente superiore dei calcari travertinoidi (') si trova ad
avere sotto di sè, scoperti: ben otto metri di potenza di questi strati-
ficati calcari coerenti; ed al di sopra, in strati concordantemente ada-
(1) A giudicarne dalla forma e dai dettagli della faccia interna delle
sue pareti, la lacuna si è molto probabilmente occasionata e foggiata sul
cadavere dello animale; e man mano che di questo diminuiva il volume per
alterazione e consumo delle parti molli è stata colmata dal materiale argil-
loide che vi si infiltrava e stratificava al di dentro comprendendo insieme i
prodotti finali della decomposizione dei tessuti. Le ossa intanto, tentate alla
fiamma di Bunsen e tenutevi anche lungo tempo, non anneriscono meno-
mamente nè danno alcun cattivo odore. Anche quella pellicola di materiale
argilloide che continuamente rivestiva ciascun osso allo stato fresco di cava
e che, col prosciugamento, in pochi giorni si lacerò e cadde completamente
in piccoli brandelli accartocciati, presentata ad una fiamma ordinaria di
Bunsen, non brucia, non fonde e può venir portata ad arroventamento lu-
minoso senza alterazione visibile e ripigliando col raffreddamento il suo
primitivo colore grigio verdiccio.
160 RIVISTA ITALIANA
giati su di essi e continuamente trasgredienti sopra le loro acciden-
talità, i materiali seguenti: 1° inf. calcare travertinoide incoerente
per circa 3 metri di potenza ; 2° sabbie fini argillose, grigiastre, per
2 m.; 3° tufo a scorie bianche ed a scorie nere, per 2 m.; 4° tufo
scorioide-argilloide giallo a rosso, per 2 m.: 5° tufo litoide ranciato,
strato in via di frammentazione ed intaccato dalla sommità ; 6° de-
posito, variabile per potenza, di terriccio vegetale e, comunque, rima-
neggiato.
Le ossa raccolte e salvate sono :
il tibiotarso completo sì destro che sinistro,
il perone (porzione prossimale) destro ; lo stesso sinistro,
3° il femore completo, tanto destro che sinistro,
4° il cubito (metà prossimale) destro ; !o stesso sinistro,
5° il radio (metà prossimale) destro ; lo stesso sinistro,
6° l’omero completo sinistro ; frantumi insignificanti dell’e-
stremità distale del destro,
7° il coracoide sinistro completo,
8° la forchetta, metà o clavicola sinistra, quasi completa,
9° lo scudo sternale, completo pei tre quarti anteriori,
10° molte coste vertebrali, in frammenti,
11° parecchie coste sternali; altre integre altre in frammenti,
12° numero sette vertebre caudali quasi intatte,
13° parecchi frammenti (dei quali due abbastanza estesi, sim-
metrici e mostranti la cavità articolare pel femore) del complesso
osseo del bacino.
Malgrado la mancanza assoluta del capo, di rappresentanze le
estremità distali degli arti sì posteriori che anteriori (particolarmente
da rimpiangersi quella del tarsometatarseo e delle’ falangi); mal-
grado la non facile ricostruttilità del bacino e la quasi completa
assenza della catena vertebrale, tuttavia, grazie al ben conservato
scudo sternale studiabile nella maggior parte dei suoi\dettagli, fu
assai agevole l’attribuire a primo colpo d’occhio lo scheletro par-
zialmente rappresentato ad un maschio di grosso cigno; determi-
nazione questa ampiamente confermata dallo esame delle restanti
ossa salvate,
Poichè è notevole, che nella cavità sviluppata nella regione an-
teriore della carena sternale per sdoppiamento di questa in due
sottilissime lamine ossee, rimasero conservati parecchi degli anelli
ossificati armanti l’ansa che la trachea notoriamente affonda pel
maschio di alcune specie di cigno precisamente in questa particolare
e particolarmente ottenuta cavità. E piccole soluzioni di continuità
O)
I
3°
DI PALEONTOLOGIA 161
ottenutesi per sfondamento delle lamine ossee che circoscrivono
questa prigione permettono di riconoscere e descrivere tutto l’an-
damento dell’arco imprigionato di essa trachea e lo sviluppo suo
ben più limitato di quel che assume, in similmente ottenuta cavità,
la trachea per esempio del genere Grus.
La lunghezza massima dell’omero rinvenuto sale a 288 milli-
metri. Quella del tibiotarso destro (il più completo per le sue creste
tibiali anteriore ed esterna) raggiunge mm. 217. La massima lar-
ghezza trasversa della estremità articolare distale dello stesso tibio-
tarso sale a mm. 24. Tali dimensioni sono alquanto più esigue di
quelle prese sulle corrispondenti ossa del Cygnus musicus o ferus.
La riconoscibile costituzione dello sterno e della trachea, cui ho
accennato, mentre non permettono di assegnare lo scheletro rinve-
nuto ad una femmina di Cygnus musicus, non permettono eziandio
di assegnarla a maschio o femmina di Cygnus olor, o sua varia-
zione C. immutabilis, in cui un più diretto andamento della trachea
non occasiona nemanco nel maschio la così particolare costituzione
ed incavazione della carena sternale. Misure prese poi allo stesso
modo sulle ossa del Cygnus minor o C. Bewickii condurrebbero a
cifre assai più esigue di quelle trovate.
Mi limito per conseguenza a dire che il cigno romano doveva
esser di poco minore statura del Cygnus musicus e forse della mole
del Cygnus olor, ma che sicuramente non era il C. olor. Compa-
razioni più accurate alle quali mi accingo per le altre ossa permet-
teranno di definire con sicurezza se si tratti di un maschio appar-
tenente ad una specie conosciuta vivente, oppure se si debba per lui
creare una nuova specie.
Intanto è un fatto paleontologico assai importante questo del
rinvenimento del cigno nei travertini del pliocene superiore italiano.
Nel pliocene superiore toscano io non ne avevo ravvisata traccia,
benchè abbia avuta occasione di descrivere avanzi di altri minori
palmipedi lamellirostri, Ed anche le ossa di uccelli fin qui rinvenuti
nel pliocene superiore (sotto al maggior locale complesso tufaceo)
dello urbano terrazzo quirinalese, se erano facilmente attribuibili a
diversi lamellirostri, indicavano tuttavia che questi erano di mole
assai più piccola di qualsiasi cignide attuale,
Cigni, con avanzi ben poco significanti (due vertebre cervicali),
furono invece segnalati dal Regalia nella Grotta dei Colombi al-
l’ Isola Palmaria (Golfo della Spezia). Ma il Regalia stesso è ben
incerto se li debba ritener siccome fossili o subfossili, ossia intro-
dotti nel deposito posteriormente a molti dei residui animali in com»
pagnia dei quali vennero rinvenuti, Per contro, in altra isola me-
diterranea che solo orogeneticamente estende oggidi I’ arida italica
verso mezzodì senza politicamente appartenerle : nell’ isola di Malta
e nelle sue caverne di Zebbug e Krendi vennero a scoprirsi avanzi
di cigni con una tal quale abbondanza: sì che fu possibile discer-
nerne parecchie specie. Associando i risultati delle determinazioni
del Parker a quelle del Lydekker si conoscono di là: 1° avanzi
di una specie (C. Falconeri Parker) assai più grande del C. musicus;
2° avanzi di una specie presso a poco della statura del C. olor
(che qualcuno aveva anche attribuita al C. musicus) e rappresentata
tanto da individui maschili che femminili; 3° di una specie assai
più piccola del C. musicus. ;
Questi cigni (il C. musicus è eziandio stato rinvenuto nel così-
detto pleistocene di Grays, Southev-Fen ed Ilford; come il C. Bewicki
è segnalato a Newport; come avanzi di cigni si rinvennero in pa-
recchie grotte ossifere della Francia) facevano parte di una, non gran
che numerosa, fauna di vertebrati, nella quale ad avanzi di minori
lamellirostri si accompagnavano resti di grandi e piccoli testudinini
e di lucertole, pochi cervi, quasi nessun carnivoro, poche specie di
rosicanti, fra cui caratteristico il Myoxus melitensis, e parecchie razze
o variazioni pigmee sì di ippopotami discendenti dallo Hippopota-
mus amphibius che di elefanti derivanti dallo E. antiquus; una
piccola fauna che per molti rispetti si avvicina alla ben più nume-
rosa conosciuta dai terreni pliocenici superiori (comprendenti i tufi
edi calcari travertinoidi) di Roma, della quale il cigno novellamente
constatato entrò ad aumentare il numero, l'interesse e la complessità.
VIII.
La Phialina oviformis di O. G. Costa.
Nota pi CARLO FORNASINI
Nel recente lavoro del prof. T. Rupert Jones sui foramini-
feri del crag d’ Inghilterra ('), fra i sinonimi di Lagena globosa
(pag. 177) vedo citata Phialina oviformis, specie istituita da Costa
nella « Paleontologia del Regno di Napoli » sopra esemplari fossili
dell’ argilla di Taranto (*). Non altrimenti aveva concluso Brady
a pag. 452 della sua grande opera, mentre Seguenza (*) aveva
riguardato Ph. oviformis quale sinonimo di L. vulgaris (= L. laevis).
(1) V. questo periodico, vol. II, pag. 67.
(?) Att Acc. Pontan., vol. VII, pag. 123, tay. XI, fig. 8, 9.
(3) Mem. Ace. Lincei, serie 3°, vol. VI, pag. 305.
Ì
DI PALEONTOLOGIA 163
Anche Reuss (') portava Ph. oviformis fra i sinonimi di L. vul-
garis, ma con (?);e Jones, Parker e Brady la identificavano
parimente con L. laevis (©).
In verità, a giudicare dalla descrizione e dalla figura di Costa,
chiunque avrebbe creduto trattarsi di una Lagena liscia; ed io
stesso avrei continuato a crederlo, se l’esame degli esemplari ori-
ginali, che si conservano nel Museo di Napoli, non mi avesse di-
mostrato che essi non appartengono al genere Lagena. Il tubetto
della collezione Costa contenente i detti esemplari, e sul quale
leggesi « Phialina oviformis Cos. », era chiuso alla lampada. Non
è quindi probabile che sia avvenuto uno scambio. Gli esemplari sono
due, l’uno riprodotto dalla fig. 8, l’altro dalla fig. 9 di Costa.
Rappresento con la fig. 1 i contorni dell'esemplare corrispon-
dente alla fig. 9, e con le fig. 2 e 2' quelli dell'altro, corrispon-
dente alla fig. 8 di Costa. Ingrandimento: 70 diametri.
1 9 .
IN
Nella fig. 1 scorgesi evidentemente una forma biloculare liscia,
spettante al genere Glandulina. La fig. 9 di Costa riproduce I’ e-
semplare capovolto. Con ogni probabilità « l'ampia apertura cir-
condata da un risalto o cordone » non è altro che la camera iniziale
della Glandulina, circondata da una striscia opaca in corrispondenza
della sutura. Quanto al significato specifico, trattasi, senza dubbio
alcuno, della Gl. laevigata, e, più precisamente, di quella varietà
ottusa che si suole distinguere col nome di Gl. rotundata (*).
Nelle fig. 2 e 2' si ha un’altra forma biloculare liscia, la quale,
per una certa irregolarità e per I’ obliquita della sutura, si allontana
alquanto dalla precedente, avvicinandosi piuttosto al tipo Polymor-
phina, o fors’ anche al tipo Marginulina. Essa rappresenta, a mio
avviso, uno dei¥numerosi termini di passaggio che costituiscono
una delle principali difficoità per la sistematica dei foraminiferi.
(1) Stitz. Ak. Wiss. Wien, vol. XLVI, pag. 321.
(2) Mon. Foram. Crag, parte 1*, pag. 33.
(3) Rep. Foram. Chall., pag. 491, tav. LXI, fig. 17, 18.
164 RIVISTA ITALIANA
IX.
A proposito dei tufi glauconitici di Zovencedo.
Nota DI PAUL OPPENHEIM
Fino dall’anno 1882 era noto, per il lavoro di Bittner sui
Colli Berici (*), che i tufi glauconitici di Zovencedo non hanno che
fare colle ligniti della stessa località, le quali si trovano a quel
posto soltanto per un abbassamento di livello causato da una fa-
glia (*). Siccome i tufi glauconitici contengono una fauna spettante
all’ eocene medio, e le ligniti invece, oltre |’ Anthracotherium,
contengono la Natica crassatina ed altri fossili del tongriano, così
è evidente che i primi non sono soprastanti alle seconde, come
scrisse il dott. Vinassa de Regny (*), ma bensì sottostanti. Il
dott. Vinassa non fece menzione del lavoro di Bittner, e nep-
pure nella « Synopsis » citò i più importanti lavori sopra il Vi-
centino e la sua fauna. E si vede benissimo, che anche recente-
mente non conosceva la differenza fondamentale tra la fauna dei
tufi glauconitici e quella delle ligniti, perchè, in una nota pubbli-
cata pochi mesi or sono, dice proveniente dai tufi un Anthracothe-
rium estratto sicuramente dalle ligniti (4). È per me quindi cosa
certa che, trovandosi anche ligniti incluse nei tufi superiori del-
l’orizzonte di Castel Gomberto (cf. Bittner, |. c.), il dott. Vinassa
ha confuso i tufi di questi due orizzonti tanto diversi, o se egli
così vuole, l’eocene coll’ oligocene (°).
(1) Mittheilungen tiber das Alttertidr der Colli Berici. Verh. k. k. geol. |
Reichsanst., anno 1882, pag. 82 e s.
(Ai welches weiter thalabwarts am linksseitigen Gehànge i
einer offenbar verstiirsten Scholle der oberen Tuffmassen des Gomberto-
niveaus abgebaut wird und durch seine Anthracotherienreste bekannt ist. »
(3) Proc. verb.)Soc. Tose. Sc.-Nat., 7) maceio SII so però
che sopra alle ligniti si ha un tufo glauconitico »).
(4) Ibidem, 26 gennaio 1896.
(5) V. questo periodico, anno 1896, pag. 102.
PER SONATA
Il giorno 29 maggio mancò ai vivi in Parigi l’ eminente geologo
Gabriel Auguste Daubrée, nato a Metz il 25 giugno 1814, Membre
de I’ Institut e per molti anni direttore della Ecole nationale des Mines.
Una notizia sui lavori dell’ illustre estinto fu letta alla Società
Geologica di Francia dal presidente G. Dollfus, nella seduta del
1° giugno (CR. Soc. géol., 1896, pag. XCVII-XCIX).
Dott. Carlo Fornasini, redattore responsabile.
SEA LA i ote Sire
Hanno pagato l'abbonamento alla « Rivista »
per l’anno 1896 i signori :
Aichino - Baldacci - Berti - Bombicci - Botti - De Bo-
sniaski - De Gregorio (2 copie) - Delgado - De Loriol - Der-
vieux - De Stefani - Di Rovasenda - Dollfus - Fabrini -
Foresti - Fuchs - Gaudry - Malagoli - Mannai - Mariani -
Meschinelli - Mircea - Peola - Portis - Regalia - Riva -
- Rothpletz - Sacco - Salmojraghi - Salomon - Stefanescu -
Tuccimei - Viola - Zezi.
Pagarono l’abbonamento per l’anno 1895 anche
1 signori:
Castelli - Mannai - Mircea.
Anno II. 51 Agosto 1896 Fascicolo IV.
RIVISEA ITALIANA
13, DI DI
PALEONTOLOGIA
REDATTORI
CARLO FORNASINI | VITTORIO SIMONELLI
SOMMARIO
I. RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE. III. D. Sangiorgi. I? tortoniano dell’alta
(Corti, Crema, Lioy, Longhi, Lovi- valle dell’ Idice (tavola IV).
sato, Mariani, Neviani, Simonelli, Vi-
IV. I. Bonomi. Contributo alla cono-
nassa de Regny).
scenza dell’ ittiofauna miocenica
II. PUBBLICAZIONI ESTERE. di Mondaino (tavola V).
A. Recensioni.
: NoTIZIE vARIE. (Comunicazioni scientifiche).
(Baltzer, Boulenger, Dames, Gorja- (
novic-Kramberger, Lorenthey, Rei- PeRsoNaLIA. (Prestwich, Bornemann, Bey-
chenau). rich).
B. Annunzi. RE co eni
BOLOGNA
TIPOGRAFIA GAMBERINI E PARMEGGIANI
1896
N
i
deli. ee |
La « Rivista » si pubblica bimestralmente, in fascicoli
di non meno di 32 pagine in 8°.
Abbonamento annuale: cinque lire. — Un fascicolo
separato : una lira.
Gli autori di note originali e di recensioni inserite
nella « Rivista » riceveranno gratuitamente 25 estratti.
Dirigere vaglia e corrispondenza alla Redazione della
Rivista Italiana di Paleontologia: Via delle Lame 24, BoLoana.
INSERZIONI A PAGAMENTO NELLA COPERTINA
(riservate ad annunzi librari e ad offerte di materiali e di strumenti scientifici)
Un quarto:.di pagina. are o
MEezza-tpaginat une)
Una-rpasna sinierase eo
Anno II. 51 Agosto 1896 Fascicolo IV.
WWW WWW JJ JJ JJ JOVI NING
I.
RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE
Corti (B.) — Appunti di paleontologia sul miocene dei din-
torni di Como. — Rend. Ist. Lombardo, serie 2°, vol. XXIX:
7 pagine.
Già nel 1893 |’ A. aveva accennato al rinvenimento di bivalvi,
di echinidi ecc. nelle marne argillose di Val Grande. Egli esamina
ora i foraminiferi raccolti in queste marne, che crede elveziane, e
trova che il complesso loro fa ritenere che il deposito sia di mare
poco profondo. Segue un elenco di 20 forme, fra le quali meritano
speciale attenzione quelle che dall’ A. vengono riferite al Bathysi-
phon taurinensis Sacco. F.
Crema (C.) — Addizioni agli echinodermi del Muschelkalk di
Recoaro. — Atti Ist. Veneto, serie 7°, vol. VII, pag. 854-861,
con tavola.
Due specie nuove, Aspidura italica (che presenta grandi affi-
nità coll’ A. Ludeni Hag., ma ne differisce principalmente per la
conformazione delle braccia) e Apiocrinus recubariensis (che si
avvicina all’ A. Parkinsoni (Schl.), ma ne differisce per la costitu-
zione del calice), e due esemplari di Dadocrinus gracilis (v. Buch),
specie ben conosciuta e diffusa a Recoaro, vengono qui descritte e
figurate dall’ A.
Questi fossili furono raccolti nei pressi di Rovegliana, e ap-
partengono al Museo Geologico di Torino. Ie,
Lioy (P.) — I coccodrilli fossili del Veneto. — Atti Ist. Veneto,
serie 7°, vol. VII, pag. 754-783.
Il riassunto delle scoperte relative a crocodiloidi fatte sino ad
oggi nel terziario del Veneto, è preceduto da un cenno sommario
intorno agli avanzi dei rettili mesozoici trovati nella stessa regione.
DÌ
Rivista Italiana di Paleontologia. — Agosto 1896. 13
166 RIVISTA ITALIANA
Ricordansi: il teschio famoso dello Steneosaurus Barettoni de Zigno
scoperto fin dal secolo scorso nel calcare di Treschè, il Mesoleptos
Zendrinii Cornal., il Karsosaurus Marchesettii Korn., I’ Hydro-
saurus lesiniensis Korn., l Adriosaurus Suessi Seel., l’ Acteosaurus
Tommasinii Mey., ? Agialosaurus ignotus Kramb., di Comen nel-
I’ Istria, le ossa, forse di notosauri, rinvenute nel Muschelkalk di
Recoaro, i denti di mosasauridi della scaglia bellunese, il rostro
d’ Ichtyosaurus aff. intermedius trovato ad Erbezzo sui Lessini, le
vertebre di plesiosauro del calcare ammonitico rosso di Cesuna, e
finalmente la splendida Protosphargis veronensis Cap., della sca-
glia d’Alfaedo. Venendo ai coccodrilli terziari, la rassegna incomin-
cia dagli avanzi, sciaguratamente andati ora dispersi, che I Ar-
duino scopriva nel 1765 a Lonigo nel Vicentino, e sèguita cogli
scheletri dissepolti nelle ligniti del Bolca ed illustrati già dal Lioy
medesimo e dal Sacco (Cr. vicentinus Lioy, Cr. bolcensis Sacco),
coi coccodrilli del calcare nummulitico di Monte Zuello (Cr. Ar-
duini Zigno) e con i resti, assai incompleti, che si rinvennero nel-
l’oligocene di Monteviale, nell’ arenaria grigia di Libano bellunese,
e nella pietra molare di Bolzano. Si accenna quindi alle condizioni
dell’ ambiente in cui è presumibile vivessero quei rettili, ai fapporti
loro filogenetici coi tipi mesozoici ed attuali, ai caratteri d’ insieme
della fauna macrovertebrata del terziario italiano, ed anche ai miti
popolari che sembrano ispirati al ricordo di mostruosi animali
fossili. S.
Loneui (P.) — Della pietra da coti o da mola bellunese e di
alcuni suoi fossili. — Atti Soc. Ven. Trent. Sc. Nat., se-
rie 2%, fasc. ao pag. con 3, tavole:
Premesse alcune notizie sulla posizione stratigrafica dell’ are-
naria grigia di Cullonighe, I’ A. ci fa sapere com’ egli sia riescito
a trovare in essa parecchi fossili, fra i quali buona parte del cra-
nio di un cetodonte. Dopo avere riassunto ciò che è stato scritto
sui delfinorinchi italiani, descrive i resti, e in modo speciale i denti,
del delfinorinco bellunese, che finisce per distinguere da tutti gli
altri colla denominazione di Schizodelphis ? squalodontoides Capel-
linii n. sp., esprimendo l’idea che esso costituisca un vero anello
di congiunzione tra gli squalodonti e i platanistidi.
Segue l'elenco di alcuni fossili dell’ arenaria di. Costalunga
(Cullonighe-Libano), dal quale risulta che quel deposito è riferi-
bile all’ elveziano. 195
DI PALEONTOLOGIA 167
Lovisato (D.) — Notizia sopra la ittiofauna sarda. — Rend.
ACC REIMCE?,. SELIG) 5 4. vola Vi, 1.27 sem. fasc. 2-5, Ppag. 75779-
Rispondendo al dott. De Angelis (1), I’ A. osserva: 1° come
resti di Trigonodon e della possibile Umbrina fossero già stati da
lui stesso scoperti in Sardegna, prima che il Bassani stampasse il
suo lavoro sulla ittiofauna sarda; 2° come egli non possa ammet-
tere, col De Angelis, che l’ abbondante materiale da questi rife-
rito al gen. Umbrina spetti veramente a questo genere, ritenendolo
piuttosto appartenente in massima parte al gen. Dentex.
Segue un elenco di 52 forme di pesci del miocene di Sardegna,
buona parte delle quali determinate solo genericamente. E
Mariani (E.) —- Appunti di paleontologia lombarda. — Atti Soc.
Ital. Sc. Nat., vol. XXXVI: 25 pag. con 2 tavole.
L’A. presenta la descrizione di parecchi fossili mesozoici di
Lombardia, alcuni dei quali sono forme nuove, altri, sebbene già
noti, vengono ora per la prima volta riscontrati nelle località in-
dicate nella memoria. Ci limiteremo a citare quelle forme, di cui
l’ A. ha creduto conveniente di dare la figura, ritenendo che siano
le più interessanti. Esse sono: Fedajella Stoppanit e Lima ? len-
nensis, due specie triasiche nuove, la prima di Val del Monte, la
seconda di Lenna; Patella crateriformis Kittl, Coronaria aft. com-
pressa (Mstr.) e Myophoria? sp., di quest’ ultima località; Worthe-
nia cf. Marmolatae Kittl, Pecten stenodictyus Sal., e Lima sp., di
Val del Monte; la var. conoidea della Hologyra declivis Kittl, e
la Spiriferina ampla Bittn., del trias di Val dei Molini; Neritina
subneritina Bohm, Loxonema Kokeni Kittl, Avicula decipiens Sal.,
Gervilleia cf. leptopleura Sal., e Opis sp., del trias di Cainallo;
Pecten tenuicostatus Horn., del trias di Esino; Hungarites affine
(Par.) del raibliano di Acquate; Choristoceras rhaeticum (Gtimb.),
del retico di Asso; e infine Pecten cf. velatus Goldf., del lias di
Moltrasio. Es
NeviANI (A.) — Briozoi postpliocenici di Spilinga (Calabria). —
Atti Acc. Gioenia Sc. Nat., serie 4°, vol. IX: 66 pag. con 32
figure.
In questa memoria, premessi alcuni cenni geologici sulla loca-
lità, studio 72 specie, riunite ip 30 generi, e tanto delle specie
(1) V. questo periodico, vol. II, pag. 100.
Rivista Italiana di Paleontologia, — Agosto 1896, 13*
168 RIVISTA ITALIANA
quanto dei generi do la relativa diagnosi, oltre alle osservazioni
speciali sugli esemplari raccolti; di 32 specie do le figure, delle
quali, 6 sono tolte da fotografie senza ritocco. Ho ritenute per spe-
cie nuove le seguenti: Bactridium calabrum, Microporella Manzo-
nit, Hippoporina circumcincta, H. Spilingae, Retepora Pignatarit,
Porina impervia. Le specie cha son note viventi sono 54: di esse,
4 ho rinvenute fossili per la prima volta; esse sono: Schizotheca
fissa Bk., Smittia marmorea Hks., Retepora Solanderia Ris., e
Hornera lichenoides Pont. Delle viventi poi, 45 ne trovo nel Me-
diterraneo e 27 nei mari boreali. Quanto alla durata nel tempo, se
ne rinvengono nel mesozoico 6 specie, nell’ eocene 10, nel mio-
cene 33 e nel pliocene 57. A. NEVIANI.
Simonetti (V.) — Intorno agli avanzi di coccodrilliano scoperti
a San Valentino (provincia di Reggio Emilia) nel 1886.
— Rend. Acc. Lincei, serie 5°, vol. V, 2° sem., fasc. 1°,
pag. 11-18, con 2 figure.
Ripreso in esame il coccodrilliano studiato già dal professor
Uzielli (1) nel 1887, lA. ha concluso trattarsi di un tipo così
diverso da tutti gli altri Eusuchia finora conosciuti, da giustificare
la proposta di un nuovo genere e di una nuova specie (Capelli-
niosuchus mutinensis Sim.). E vero che il rettile di S. Valentino
ha in comune con gli eusuchi a muso corto un carattere di grande
importanza, qual’ è il prolungarsi dei nasali fino alla narice esterna ;
ma d’altra parte si trova che negli eusuchi brevirostri il muso è
più depresso, assai meno estesa (generalmente) la sinfisi mandibo-
lare, costante la ondulazione più o men pronunziata dei lati del
rostro, come costante è la ineguaglianza della forma nei denti. An-
che si deve notare, nella mascella superiore di tutti i brevirostri
attuali ed in parecchi di quelli estinti, la presenza di scanalature
o di fossette destinate a ricevere taluni denti anteriori della man-
dibola ; disposizione che non ha certo riscontro nel fossile reggiano.
Quanto ai coccodrilliani a muso allungato, un carattere che si
ritiene di molto valore nella sistematica degli Eusuchia, permette
di escludere fin da principio le quattro famiglie dei teleosauridi,
dei macrorinchidi, dei rincosuchidi e dei garialidi; nelle quali tutte .
le ossa nasali rimangono separate dagli intermascellari mediante
{1) Uz ielli G. — Sopra un cranio di coccodrillo trovato nel Modenese,
Boll. Soc. Geol. Ital., vol. V, fasc. 3°, pag. 360. Roma 1887.
DI PALEONTOLOGIA * 169
Sis wee ew ated pe Sass Chas ket aween~see ewes ewenses ann = wane wees nesh eases sssunagensvenqcecenya=Swcssueasesnarenscenssenseawnn deche cere ss a aaueacenuecaeuS ee shes sb nuenN ews wen nose
un intervallo assai lungo (teleosauridi, garialidi) o penetrano con
la sola punta fra le estremità posteriori degli intermascellari stessi
(macrorinchidi, rincosuchidi) senza mai pervenire fino alla narice
esterna. Solo un metriorinchide, il Plesiosuchus Manseli (Hulke)
di Kimmeridge, presenta col Capelliniosuchus numerose ed impor-
tanti analogie: tali la forma generale del rostro, identica nei due
casi, l'andamento rettilineo dei margini laterali del rostro stesso,
l’ uniformità che domina nei denti, il numero limitato di questi,
la mancanza di vere e proprie sculture ornamentali nella superfi-
cie delle ossa.
Accanto alle analogie sorgono però dissomiglianze notevoli.
Così nel rettile di Kimmeridge affatto diversa è la forma dei na-
sali, che divaricano posteriormente di 45-50° i loro margini interni
per abbracciare i larghissimi frontali; i premascellari sono più
estesi, e portano tre denti per ciascuno, invece di due: le corone
dei denti sono più strette e più allungate. Altre differenze sembra
di scorgere nella mandibola; ma la descrizione e le figure date
dall’ Hulke non si prestano a paragoni esatti e concludenti.
Cosi, senza rientrare precisamente nel genere Plesiosuchus, il
fossile di S. Valentino rappresenta un derivato di quei metriorinchi
giurassici, che ad un tempo partecipavano di alcuni caratteri pro-
pri agli eusuchi longirostri e di altri peculiari dei brevirostri.
Circa l'originario giacimento del fossile, supponeva l’Uzielli
fosse da ritenere eocenico o miocenico, il pliocene ed il quaterna-
rio « essendo probabilmente da escludersi per ragioni locali alti-
metriche ». L'opinione del Capellini (1) è, che quelli avanzi
abbiano la provenienza stessa dei tronchi di cicadeoidee scoperti nel
Reggiano, o, in altre parole, che vengan dalle argille scagliose ; e
questa opinione sembra pienamente confermata dall’ esame della
roccia che tuttora aderisce alle ossa.
Il materiale grigiastro, ruvido al tatto, abbastanza duro e tenace,
che riempie lo spazio tra i due rami della mandibola, al primo aspetto
ricorda certe marne sabbiose indurite o certe molasse neogeniche.
Ma nelle sezioni sottili apparisce come un aggregato di minute sfe-
rule giallognole, a struttura fibroso-raggiata, fornite di un involu-
cro pur fibroso-raggiato, ma senza colore. Le sferule mostrano a
Gy Gaipe Mii (Gr = Sul coccodrilliano garialoide (Tomistoma calari-
tanus) scoperto nella collina di Cagliari nel 1548. Mem. Acc. Lincei, serie 4%,
vol. VI, pag. 8. Roma 1890; e Ichthyosaurus campylodon e tronchi di cicadee
nelle argille scagliose. Mem. Acc. Sc. Bologna, serie 4°, vol. X, 1890, pag. 431.
a
Ea
ay è de
luce polarizzata la croce oscura, con le branche parallele alle se-
zioni principali dei nicol incrociati, e si sciolgono con effervescenza
nell’ acido cloridrico. Dopo il trattamento con I’ acido, della lami-
netta osservata più non rimane che uno scheletro argilloso, for-
mante come un reticolato a grandi maglie. Meno la grandezza delle
sferette calcaree, assai minore nel caso nostro, questo materiale
corrisponde completamente ad una roccia che fa non di rado la
sua comparsa nell’ Emilia (per esempio ai calanchi di Ozzano nel
Bolognese) fra i rottami e gl’inclusi svariatissimi che si rinvengono
entro le argille scagliose. Ora, se sotto a certi punti di vista le ar-
gille scagliose presentano sempre più di un problema insoluto, so-
pra il significato cronologico dei resti animali e vegetali che di
tratto in tratto si vanno in esse scoprendo, non v'è più luogo a
discussioni o ad equivoci. Dagli Ptychodus di Vernasca e del San-
terno all’ ittiosauro di Gombola, dagli Inoceramus e dalle Schloen-
bachia alle superbe cicadeoidee del Bolognese e del Reggiano, ac-
cennano tutti chiaramente al cretaceo. Cretaceo quindi si può rite-
nere anche il rettile di S. Valentino, che così viene ad essere il più
antico coccodrilliano finora scoperto in Italia. SÌ
SimoneLLI (V.) — Sopra due nuovi pteropodi delle argille di
Sivizzano nel Parmense, — Boll. Soc. Geol. Ital, vol. XV,
con 5 figure.
I due nuovi pteropodi descritti in questa nota sono una Clio
Guidottii, grande e bellissima forma che ha qualche analogia con
la vivente C. balantium (Rang) e con la C. sinuosa (Bell.) del mio-
cene medio torinese; ed una Cavolinia Rattonei, vicina per molti
caratteri alla C. tridentata (Forskal) dei mari tropicali e tempe-
rati caldi, compreso il Mediterraneo.
Le argille marnose di Sivizzano, ove questi fossili furon rac-
colti, non son da riferire al tortoniano, come pensava il Cocconi,
ma al pliocene; e in prova di ciò l'A. riporta l’ elenco delle specie
(circa una novantina tra foraminiferi, corallari, echinodermi e mol-
luschi) trovate assieme coi due pteropodi. Sotto ad esse argille affio-
rano marne argillose dure, un po’ schistose, racchiudenti la fauna
caratteristica delle formazioni d’acqua salmastra del miocene supe-
riore: notansi, fra l’altro, Dreissena simplex (Barbot), Adachna
sp. aff. Karreri (Fuchs), A. semisulcata (Rouss.), Neritodonta mu-
tinensis (d’ Anc.), Melania tuberculata (Miill.), Melanopsis Mathe-
ront May. Sì
DI PALEONTOLOGIA | 171
Vinassa DE Recny (P. E.) — I molluschi delle glauconie bellunesi.
— Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XV, pag. 192-213, tav. IV e V.
L’A., che su questo argomento pubblicò l’anno passato una nota
preliminare (1), presenta ora la illustrazione dell’ intero materiale re-
lativo, esistente nel Museo di Pisa. Ne risulta, che di circa 60 forme,
37 sono determinabili con bastante sicurezza, 14 delle quali sono
nuove per questi strati, 11 si trovano anche nell’ oligocene vicen-
tino, e le rimanenti son comuni al miocene. Pare quindi che le
glauconie bellunesi debbano collocarsi alla base del miocene.
Le forme nuove sono: Corbula Taramellii, Isocardia (?) glau-
conitica, Cardium Longhii, Corbis bellunensis, Cardita hoernesiana,
Dentalium Catulloi, Neverita josephinia (Risso) var. bellunensis,
Ficula condita Brongn. var. bellunensis, Cassidaria echinophora
Lam. var. Catulloi, tutte istituite dall’A.; inoltre: Turbo bellunensis,
Ficula Giannellii, F. condita Brongn. var. Schaurothi, Voluta psal-
therium, tutte istituite da Meneghini (in schedis). Oltre le forme
sunnominate, vengono anche figurate: Glycymeris declivis (Michtti.),
Venericardia ct. Jouanneti (Bast.), Cytherea dubia (Michtti.), due
Pecten sp. ind., Voluta apenninica (Michtti.), Fusus cf. maxillosus
Desh., Conus n. f. e Conus sp. ind. E°
IL.
PUBBLICAZIONI ESTERE
A. — RECENSIONI.
Battzer (A.) — Beitrage sur Kenntnis der interglacialen Abla-
gerungen. I. Das Interglacial von Pianico-Sellere bei Lo-
vere am Iseo See. — Neues Jahrbuch, 1896, pag. 159 e seg.
Le marne di Pianico e della valle della Borlezza, di cui I’ A.
dà un profilo esatto, sono interglaciali, essendo soprastanti ad una
morena e sottostanti ad un’ altra. La flora di tali marne, studiata
da Ed. Fischer, contiene: Rhododendron ponticum, Buxus sem-
(1) Y. questo periodico, vol. I, pag. 137.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Agosto 1896. 13**
pervirens, Carpinus betulus, Corylus avellana, Acer pseudoplatanus,
Abies pectinata; corrisponde quindi a quella di Hoettingen, ed
ha, come questa, un carattere essenzialmente pontico. Rhod. ponti-
cum e Acer insigne sono due piante caratteristiche del Caucaso, e
anche Carp. betulus, Castanea sativa, Acer pseudoplatanus, Buxus,
Viburnum lantana, si trovano oggidi nelle montagne pontiche in
compagnia delle due prime. Le ossa di un roditore (che Th. Stu-
der determina per Myoxus nitedula Pallas, vivente nel sud-est
d’ Europa e in una parte dell’ Asia centrale e occidentale) sono in
perfetta armonia col tipo della flora. L’ A. ritiene interglaciali an-
che le argille con filliti di Lugano, che contengono pure il Rhod.
ponticum ed altri elementi del Caucaso. — Tre tavole accompa-
gnano questo lavoro interessantissimo, che offre una storia esatta dei
dintorni del lago d’ Iseo durante |’ epoca glaciale. La prima contiene
i profili, la seconda le piante, la terza, non troppo ben riescita, lo
scheletro di Myoxus. P. OPPENHEIM
Boutencer (G. A.) —- On a Nothosaurian Reptile from the Trias
of Lombardy, apparently referable to Lariosaurus. —
Trans. Zool. Soc. London, anno 1896: 10 pag., con tavola.
L’A. illustra in questo lavoro uno splendido esemplare di un
piccolo notosauro, conservato nel Museo Senckenberg a Franco-
forte sul Meno, e raccolto nel trias superiore di Perledo presso
Varenna sul Lago di Como. Questo fossile fu portato al Museo,
assieme a resti di pesce, verso il 1850 dal fu dott. Rippel sotto
il nome di Macromerosaurus Plinii Cur., e rimase dimenticato
sino ad oggi. Il Boulenger lo descrive ora minutamente, presen-
tando diversi disegni schematici ed una magnifica tavola in cui è
figurato l’intero fossile, che determina come Lariosaurus Balsami
Cur. Coglie |’ occasione intanto per trattare in generale dell'ordine
dei plesiosauri, che divide in mesosauri, notosauri e sauropterigi.
Al lavoro è unito un esteso elenco bibliografico riguardante i no-
tosauri, di cui i lariosauridi costituiscono appunto una famiglia.
F. Sacco
Dames (W.) — Ueber eine von Menschenhand bearbeitete Pfer-
descapula aus dem Interglacial von Berlin. — Neues
Jahrbuch, 1896, pag. 224.
Alle porte di Berlino, a Halensee, è stata trovata alla profon-
dità di 11 metri, nelle sabbie interglaciali del livello di Rixdorf,
DI PALEONTOLOGIA 1724
una scapola di Equus caballus fossilis, lavorata dall’ uomo dilu-
viano. Il margine della scapola è stato tagliato presso I’ articola-
zione a formare uno strumento acuto, cosicchè, invece dell’ arco
ellittico che si suole trovare in quel posto, si scorge una linea di-
ritta. Non si capisce bene a quale scopo potesse servire un oggetto
formato a quel modo, e |’ A. stesso non aggiunge alcuna ipotesi
in proposito. D’ altronde si accetta volentieri un’ altra opinione di
Dames, di cui è ben noto il criticismo previdente, e cioè, che con
questa scoperta si ha la prima nozione sicura della presenza del-
l’uomo nell’ epoca interglaciale, anche nel terreno in cui si trovano
le traccie di due periodi glaciali. L’ A. aggiunge, che colla sco-
perta di Halensee aumenta la probabilità che anche i rinvenimenti
alquanto incerti di Eberswalde siano in realtà dell’ interglaciale, e
vadano essi pure riferiti all’ uomo diluviano. P. OPPENHEIM
Gorsanovié KramBERGER (C.) — Ueber das Vorkommen von Pe-
reiraia Gervaisi Vez. sp. in Croatien. — Verh. k. k. geol,
Reichsanst., 1896, pag. 142.
Questo tipo interessantissimo di gasteropodi è stato scoperto
ora per la prima volta in Croazia. Come in Carniola e in Unghe-
ria, esso si trova anche qui nelle argille sottostanti al Leithakalk
e contenenti la fauna degli strati di Grund. P. OPPENHEIM
LorenTHEY (E.) — Einige Bemerkungen iber Papyrotheca. —
Foldlani Kozlény, vol. XXV, pag. 387 e seg.
Il piano pontico, ricchissimo di forme speciali, aveva offerto a
Brusina negli strati di Ripanj in Serbia un genere nuovo di gaste-
ropodi denominato Papyrotheca. La conchiglia è poco consistente
e par fatta di carta bianca: non ha umbilico, e lascia vedere sol-
tanto |’ apice e un anfratto coll’ apertura, come avviene nei generi
Crepidula e Velates. Brusina la ritenne appartenente alla famiglia
dei Limnaeidae, e la riguardò come una Limnaea avente la fisio-
nomia di una Crepidula; per LOrenthey invece (che sollevando
la questione di priorità dice di avere trovata questa forma prima
di Brusina) essa è una vera Succinea. — Quanto a me, credo che
la parentela colle forme viventi non sia dimostrata nè per il gen.
Papyrotheca nè per il gen. Valenciennesia Rousseau. È certo che
il signor Lòrenthey non ha interpretato bene le parole del prof.
O. Bòttger, e che non c'è una Succinea che abbia I’ opercolo
(Cf. pag. 39t: « Da selbe also eine Succinea ist, muss sie trotz
der Diinnheit der Schaale dennoch einen Deckel gehabt haben »).
-— Concludendo, |’ A. presenta un catalogo della ricchissima fauna
pontica di Tinnye, e promette una illustrazione della medesima.
P. OppENHEIM
Reicuenau (W. v.) — Der Alpensteinbock (Capra ibex L.), ein
Bewohner des Rheingaues wahrend der Glacialperiode.
— Neues Jahrbuch, 1896, pag. 221.
Durante i lavori di costruzione di una cava presso Lorch nel
Rheingau furono trovate le corna di uno stambecco gigantesco,
che sorpassava in grandezza le dimensioni dei più grandi esem-
plari viventi. La lunghezza delle corna si calcola di un metro, e
la larghezza del frontale, misurata alla base delle corna medesime,
di 41 cm. Il deposito che conteneva tali resti è una breccia molto
potente ma di età incerta; almeno |’ A. non da altri particolari su
questo punto. Egli crede, che durante il diluviale gli altipiani del
Taunus fossero coperti di neve anche per molta parte dell’ estate
e che vi crescesse una flora alpina o subalpina, della quale, Arnica
montana, Ranunculus aconitifolius e Helleborus foetidus rappre-
sentano i resti conservatisi nelle valli del Taunus fino ai nostri
giorni. P. OpPENHEM
B. — ANNUNZI.
Anpersson (G.) — Ueber das fossile Vorkommen der Brasenia
purpurea Mich. in Russland und Danemark. — Bih. Vet.
Ak. Handl. Stockholm, 1896: 24 pag. con 2 tavole.
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Ibis, 1896: 14 pag. con 2 tavole.
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Geol. Magazine, num. 382, n. s., dec. 4°, vol. HI, num. 4,
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DI PALEONTOLOGIA 172¢
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iiber Seeley: on Thecodontosaurus etc. — Zool. Central-
blatt, anno III, n. 11, pag. 407-408.
Id. — Professor Cope’s criticisms of my drawings of the squa-
mosal region of Conolophus subcristatus Gray, and a few
remarks about his drawings of the same object from Stein-
dachner. — Amer. Naturalist, vol. XXX, aprile, pag. 327-329.
BeecHER (C. E.) — The Morphology of Thriarthrus. — Amer.
Journal Sc. (Silliman), serie 4°, vol. I, n. 4, pag. 252-256,
con tavola.
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in Amer. Naturalist, vol. XXX, maggio, pag. 409.
Broom (E.) — On a small fossil Marsupial with large grooved
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parte 4°, 1896, pag. 563-567, con 2 tavole.
Id. — On a small fossil Marsupial allied to Petaurus (Palaeope-
taurus n. g., elegans n. sp.). — Ibidem, pag. 568-570, con
tavola.
Cope (E. D.) — The Palaeozoic Reptilian Order Cotylosauria.
— Amer. Naturalist, vol. XXX, aprile, pag. 301-304.
Id. — The Ancestry of Testudinata. — /bidem, maggio, pag.
398-400.
Id. — Dr. Baur on my drawings of the skull of Conolophus
subcristatus Gray. — Ibidem, pag. 411-412.
Id. —- The Reptilian Cotylosauria. — Proc. Amer. Phil. Soc.
Philadelphia, vol. XXXIV, n. 149, pag. 436-457, con 3 tavole.
Id. — On some Pleistocene Mammalia from Petite Ause, La.
— Ibidem, pag. 458-468, con 3 tavole.
Cossmann (M.) — Contribution a la paléontologie francaise. Etu-
des sur les gastropodes des terrains jurassiques. — Mém.
Soc. géol. France, 1895: 167 pag. con 6 tavole e 36 figure
nel testo.
Id. — Appendice N. 1 au Catalogue illustré des coquilles fos-
siles de l' éocène des environs de Paris. — Ann. Soc. Roy.
Malac. Belg., vol. XXVIII, pag. 3-16, con 14 figure.
172¢ RIVISTA ITALIANA
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convient d’attribuer au Corbula qui caractérise les sables
des Merxem. -- Proc. verb. Soc. Malac. Belg., vol. XXV,
marzo, pag. XVIII-XXI.
Id. — Du nom à adopter pour la grande térébratule du plio-
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vol. VIII, marzo, pag. 245-253.
Id. — The fin-fold Origin of the Paired Limbs in the Light of
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xelles. — Ibidem, decembre, pag. CLV-CLX. ‘
Id. — Nouvelles additions 4 la faune et a la flore du rupelien
supérieur. -- Ibidem, vol. XXV, aprile, pag. XXV-XXX.
Id. — Quelques mots sur les coelentérés des argiles rupelien-
nes. — Ibidem, pag. XXXIX-XLI.
DepÉRET (CH.) — Note sur les dinosauriens sauropodes et thé-
ropodes du crétacé supérieur de Madagascar. — Bull.
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nel testo.
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— Amer. Naturalist, vol. XXX, aprile-giugno, pag. 306-31!,
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Di PALEONTOLOGIA 172°
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von W. Volz. — Palaeontographica, 1896: 124 pag. con I1
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con 2 figure.
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con 7 tav. e 2 fig. nel testo.
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gure nel testo.
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1727 RIVISTA ITALIANA
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— Paris 1896: 327 pag. con 17 tavole e 2 figure nel testo.
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1896: 16 pag. con 26 figure. (In russo).
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dargestellt in 7 Bildern un 3 Federzeichnungen. — In 8°, III,
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DI PALEONTOLOGIA 1729
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Id. — Menschenreste aus einem Sambaqui bei Santos, Bra-
silien, unter Vergleichung des Pithecanthropus. — Ibidem,
pag. 610-721, con 4 figure.
Id. — Ueber Furcifer antisensis d’Orb. und Cervus brachyceros
Philippi. — Sit. Ges. Naturf. Fr. Berlin, anno 1895, n. 2,
pag. 3-18, con 3 figure.
Id. — Eine interessante Riesenhirsch-Schaufel aus der Provinz
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Zeitung, vol. XXVII, n. 17, pag. 251-254, con 4 figure.
PavLow (M.) — Nouveaux mammifères tertiaires trouvés en
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PomeL (A.) — Paléontologie de l’Algérie. VI. Les rhinocéros
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1896. In 4°, con 27 tavole.
Pompecks (J. F.) — Beitràge zu einer Revision der Ammoniten
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tav. VIII-XII, con 14 figure nel testo.
Priem (T.) — Sur les poissons de la craie phosphatée des en-
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Rozon (J. V.) — Weitere Mittheilungen iber die Gattung
Thyestes. — Bull. Acad. St. Petersburg, 1896: 13 pag. con
tavola.
172% RIVISTA ITALIANA
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burg i. B., vol. IX, 1895, pag. 174-175. — Estratto in Jour-
nal Micr. Soc. London, 1896, parte 2°, pag. 193.
Sauvage (H. E.) — Sur un ophidien des terrains crétaciques
du Portugal. — CR. Acad. Sc. Paris, vol. CXXII, n.35,
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zoiques du Portugal. — Bull. Soc. Géol. France, serie 3°,
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Sorms LausacH (H. zu) — Ueber devonische Pflanzenreste aus
den Launeschiefern der Gegend von Grafrath am Nie-
derrhein. — Jahrb. k. geol. Landsanst. Berlin, 1896, pag.
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Storms (R.) — Sur les poissons de l’argile rupelienne. IV. —
Bull. Soc. géol. Bruxelles, 1895: 3 pagine.
StupER (T.) — Mioxus nitedula aus dem Interglacial von Sellere.
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Tornouist (A.) — Die Arbeiten der letzten drei Jahre iber
die vergleichende Morphologie und die Phylogenie der
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373-386, con 3 figure.
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nischen Trias, und tiber die stratigraphische Bedeutung des-
selben. — Nachr. Ges. Wiss. Gottingen, 1896: 24 pag. con
2 figure.
DI PALEONTOLOGIA 79%
Tornguist (A.) — Beitrag zur Kenntniss von Archaeocidaris.
— Neues Jahrbuch, 1896: 34 pag. con tavola e una figura
nel testo.
Toucas (A.) — Note sur le turonien et sénonien de Camps. —
Bull. Soc. géol. France, 1896, pag. 172-173.
Utrica (E. 0.) — On Lower S_lurian Bryozoa of Minnesota. —
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© con 8 tavole e 13 figure nel testo.
Vincent (E.) — Note préliminaire sur Poromya. — CR. Soc.
Roy. Malac. Belg., vol. XXIV, pag. LXXXVI-XCI, con
6 figure.
Id. — Le Fusus serratus de l’éocène belge. — Ibidem, pag.
CIV-CVII, con 2 figure.
Id. — Note préliminaire sur Crassatella. — /bidem, pag. CLX-
CLXX, con 16 figure.
Id. — Description d’ espèces tertiaires nouvelles. — Ann. Soc.
Roy. Malac. Belg., vol. XXVIII, pag. 29-37.
Id. — Contribution à la paléontologie des terrains tertiaires de
la Belgique. Brachiopodes. — Ibidem, pag. 38-64, con 2
tavole e 5 figure.
Waacen (W.) — Salt-Range Fossils of India. II. Fossils from
the Ceratite Formation. Part 1. —- Paleont. Indica, 1896:
323 pag. con 4o tavole.
WesrHoFrF (F.) — Das Insektenleben der Steinkohlenzeit. —
23 Jahresb. westfal. Prov. Ver., 1895, pag. 47-48.
Id. — Der praehistorische Menschenfund auf dem Macken-
berge. — Ibidem.
Warre (T. G.) — The Faunas of the Upper Ordovician Strata
at Trenton Falls, Oneida Co. N. Y. — Trans. Acad. New
York, 1896: 24 pag. con 4 tavole.
Wicsranp (J.) — Ein Mammuthfund an primarer Lagerstatte
in Westfalen. — 23 Jahresb. westfal. Prov. Ver., pag. 70-71.
WincHett (N. H.) e ScHucHERT (C.) — Sponges, Graptolites and
Corals from the Lower Silurian of Minnesota. — Geology
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Id. — The Lower Silurian Brachiopoda of Minnesota. — Ibi-
dem, pag. 333-474, con 6 tavole e 14 fig. nel testo.
Lhe” RIVISTA ITALIANA’
WinceE (H.) — Singes (primates) et carnivores fossiles et vi-
vants de Lagoa Santa, Minas Geraes, Brésil, avec un
apercu des affinités mutuelles des primates et des carnassiers.
— E Museo Lundii, 1896: 187 pag. con 10 tavole. (In da-
nese, con sunto in francese).
Woopwarp (A.) e THomas (B. W.) — The microscopical Fauna
of the Cretaceous in Minnesota, with Additions from
Nebraska and Illinois. — Geology of Minnesota, vol. III,
parte 1°, pag. 23-52, con 3 tavole.
ZeEILLER (R.) — Note sur la flore fossile des gisements houil-
lers de Rio Grande do Sul, Brésil méridional. — Bull.
Soc. géol. France, 1895, pag. 601-629, con 3 tavole.
Id. — Le marquis G. de Saporta, sa vie et ses travaux. —
Ibidem, 1896, pag. 197-224.
Id. -- Sur l’attribution du genre Vertebraria. — CR. Acad. Se.
Paris, 1896, 23 marzo.
ZeiLer (R.) e Renautt (B.) -- Flore fossile du bassin houiller
et permien d’Autun et d’ Epinac. II (par Renault). Texte.
— Paris 1896: 582 pag. in 4°, con 2 tavole ‘e con figure
nel testo.
ZirteL (K. A. v.) e HausHorer — Palaeontologische Wandtafeln.
Lieferung 13 u. 14. Tafel 59-68. — Cassel 1896.
DI PALEONTOLOGIA 178
ne
Il tortoniano dell’ alta valle dell’ Idice.
Memoria DI DOMENICO SANGIORGI
(TAVOLA ly)
Nel 1880 il dott. Angelo Manzoni (1), ricercando con in-
sistenza nelle argille cenerine fissili, che formano la base del Monte
delle Formiche nell’ alta valle dell’Idice, ebbe la fortuna di mettere
la mano sopra un nido fossilifero, ricco specialmente di ancillarie.
Disgraziatamente, causa I’ infiltrazione dell’ umidità, la maggior
parte dei fossili trovati, appena messi allo scoperto, andavano in
frantumi; fu solo dopo una serie lunga ed infruttuosa di ricerche
che gli venne dato alla fine di trovare, in un punto accidentalmente
protetto dalle infiltrazioni (punto da lui tenuto nascosto) un di-
screto numero di fossili, abbastanza ben conservati. Potè in seguito
vedere che alle argille succedevano, senza alcuna discordanza, le
molasse quarzose, e che queste contenevano gli stessi fossili carat-
teristici di quelle. Il fatto d’ aver trovato fossili in abbondanza in
terreni che fino allora si era creduto ne fossero privi, era di per sé
stesso abbastanza interessante; ma l’importanza della scoperta si
accrebbe quando il Manzoni prima, il Fuchs in seguito, dallo
studio dei fossili trovati si accorsero che si trattava di una fauna
tortoniana, e quindi di una vera novità per la geologia della pro-
vincia di Bologna. L'elenco dato in quell’ occasione comprende
24 specie di molluschi, 1 di echinidi, 7 di coralli, 3 di foraminiferi,
che vengono complessivamente dalle molasse e dalle argille. Se-
condo Fuchs, la fauna trovata nelle argille fissili corrisponderebbe
esattamente a quella di Baden del bacino di Vienna, e la fauna
della molassa quarzifera corrisponderebbe a quella di Grund e di
Niederkreuzstatten dello stesso bacino.
(1) Manzoni — Il tortoniano e i suoi. fossili, nella provincia di Bologna.
Boll. Com. Geol. It., anno 1880, n. 11, 12.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Agosto 1896. 14
174 RIVISTA ITALIANA
min nirncane ico ance wns nn ecadeaauenevaneeusscwverwedssbsandunsseauenssenceswnccn odes arseseasass ans cunans dace sdamonews stan pes uni maneria ze s0varaenepaze per dentoreneneneatto
Al parere del Manzoni si uniforma completamente il Bo m-
bicci, che nel suo lavoro sulle Montagne e vallate del territorio
di Bologna (1) riporta le osservazioni e riproduce il catalogo dei
fossili del Manzoni stesso. Mentre il De-Stefani (2), anzichè
riferire al tortoniano tutta la serie argilloso-molassica del Monte
delle Formiche, ammette che in quella regione si abbiano alter-
nanze di più facies del miocene medio, e indica dal basso all’alto
la seguente successione:
1° Janghiano,
2° tortoniano,
3° elveziano, e quindi nuovamente il
4° langhiano.
Il Sacco (3) finalmente, malgrado riconosca che le arenarie
sabbiose, grigio-giallastre, e le marne più o meno compatte, grigie
bluastre delle valli dell’ Idice e del Setta, hanno talora una facies
tortoniana, le considera come rappresentanti dell’elveziano superiore.
Essendo a questo punto la questione, mi è parso fosse oppor-
tuno un tentativo per risolverla definitivamente con nuove ed ac-
curate ricerche sul terreno, e coll’ esame minuzioso dei fossili di
quella località.
Il fiume Idice che pressochè parallelo alle vallate del Reno,
della Sàvena, della Quaderna, corre con prevalente direzione da
sud a nord, è fiancheggiato nel suo tratto montano da due impor-
tantissimi contrafforti appenninici, che prendono origine I’ uno dalla
Madonna del Bosco sopra Loiano, I’ altro dal gruppo di Monte
Canda sopra Pietramala, Il primo, quello a sinistra, che divide
le acque dell’ Idice da quelle della Zena, ha i punti più notevoli
del suo crinale nelle alture di Gragnano, Monte delle Formiche,
Casola Canina, Ronzano, e con le dolci ondulazioni di Farnè
e di Pizzocalvo si perde nella pianura. Il secondo contrafforte,
quello a destra dell’ Idice, staccatosi dal Monte Canda, offre come
punti culminanti i Tre Poggioli, Cassano, Monterenzo e Ca’ del
Vecchio, ove si bipartisce. Il ramo tra l’Idice e la Quaderna ci
(1) Bombicci — Montagne e vallate del territorio di Bologna. Bologna,
Tipografia Fava e Garagnani, 1882.
(2) De Stefani — Les terrains tertiaires superieurs du Bassin de la
Mediterranee. Liége 1893.
(3) Sacco — L'Appennino dell’ Emilia, Boll. Soc, Geol. It., vol. XI, 1892,
Pag: 551. i
di
n
PRI
DI PALEONTOLOGIA 175
dà Vignale, Monte Armato, Sette Fonti e va a terminare con le
colline di Ozzano. L’ altro ramo tra la Quaderna e il Sillaro, com-
prende Monte Farneto, Monte Cerere, Monte Calderaro e finisce
con le colline ad ovest di Castel S. Pietro.
Ho limitato per ora le mie ricerche al territorio compreso nel
triangolo Villa di Cassano, Bigallo nella Zena, e Monte Armato,
dando però la preferenza ai dintorni immediati del Monte delle
Formiche, come quelli che maggiormente mi potevano offrire pro-
babilità di successo. In questo tratto, oltre alle alluvioni recenti
che occupano il fondo della valle dell’ Idice e oltre ai terreni mio-
cenici di cui verremo a parlare più tardi, è assai sviluppato anche
il pliocene. Sulla cima del Monte delle Formiche, troviamo un
banco di conglomerato pliocenico, identico a quello che corona le
alture da Monte Mario, Battidizzo, Badolo, Livergnano fino alle
colline di Dozza. I ciottoli di cui è formato questo conglomerato
sono in massima parte di calcari argillosi, e alcuni anche di rocce
serpentinose. Vi sono numerosissimi i gusci di grandi ostriche. La
potenza del banco al balzo del Monte delle Formiche è di circa
ro metri: I’ inclinazione è di circa 25° verso nord.
Il conglomerato riposa sopra un’ arenaria più o meno compatta
che per certe apparenze litologiche potrebbe confondersi con la
molassa miocenica. In essa si raccolgono Ostrea, Pecten, e un
po’ al nord del Maceratoio, in certo punto ove questa arenaria
passa a sabbia quasi sciolta, si trovano colossali colonie di Clado-.
cora. Nelle falde settentrionali del Monte delle Formiche sono no-
tevolmente sviluppate le ordinarie sabbie gialle plioceniche, le quali,
tagliate in molti punti dalla strada che dalla chiesa di S. M. di Zena
va a Pianoro, si mostrano qua e là ricche di fossili, in ispecie di
_ Pectunculus. Anche lungo la strada comunale di Monterenzo noi
troviamo spessissimo queste sabbie, le quali al ponte della Roc-
chetta sono ricchissime di fossili. Tanto le arenarie come le sabbie
quasi sciolte sono in perfetta concordanza col conglomerato plioce-
nico. Similmente sono concordanti con le sottoposte arenarie le
marne turchine plioceniche che troviamo alla Rocchetta, a Casa
Rocca, al Mulino della Luna, a Ca’ di Bazzone, a S. Chierico, a
Ca’ del Rio e in molti altri punti della strada che dal comune di
Monterenzo porta a Bologna sempre lungo I’ Idice.
Eccettuato i lembi pliocenici che nella regione da me visitata
coronano i vertici di Monterenzo e del Monte delle Formiche, nei
due versanti della valle dell’ Idice, tra il Rio di Ca’di Dino e
l'Osteria, affiorano esclusivamente le marne e le molasse mioceniche,
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4
La marna, sempre più o meno sabbiosa, grigio
azzurrognola nelle fratture recenti, biancastra nelle
superfici da lungo esposte all’ atmosfera, notevol-
mente dura e tenace, fa pasta con relativa agevo-
lezza nell’ acqua, ed ha tendenza ad una grossolana
schistosità. Contiene spesso minuti ciottoletti di
quarzo e di serpentina, e laminette di mica bianca.
La molassa, ordinariamente in lastre di assai li-
mitato spessore, nei più tipici esemplari ha grana
assai fina, omogenea, tinta grigio chiara o giallo-
gnola: consta in prevalenza di granuli quarzosi e
di pagliette di mica, con abbondante cemento cal-
careo-argilloso.
Là dove più evidente apparisce la stratifica-
zione, come nelle valli trasversali al corso dell’ Idice,
è chiaro che marne e molasse s’ immergono pre-
valentemente verso N. O. con inclinaz'one media
dai 20°-25°.
Lungo la strada che corre sulla destra dell’Idice,
poco dopo la casa municipale di Monterenzo, ci
viene offerto uno spaccato assai istruttivo (vedi fig.),
in cui si vede, come indipendentemente dalla ten-
denza generale degli strati miocerici ad immergersi
verso N. O., essi presentino forti e ripetute ondu-
lazioni, e in qualche punto si raddrizzino sino a
fare con l’orizzontale angoli di 55° e più. Lo stesso
spaccato mette in evidenza un altro fatto impor-
tante, e cioè che le marne e le molasse non occu-
pano una posizione determinata le une. rispetto
alle altre come asseriva il Manzoni, ma che in-
vece alternano fra loro ripetutamente. Oltre che nel
luogo citato, noi troviamo la molassa intercalata
alle marne nel balzo a sinistra dell’ Idice, rimpetto
a Fiume, e lungo il Rio Baccanello un ricco de-
posito fossilifero contenuto nella marna è sovrap-
posto ad uno strato di molassa quarzifera.
I depositi fossiliferi principali da me trovati
nel comune di Monterenzo sono sette. e precisa-
mente tre sulla sinistra del fiume Idice, uno a Sud,
l’altro a Nord della casa denominata Fiume e nel
Rio Olgnano; quattro sulla destra dell’ldice, cioé
er
i
DI PALEONTOLOGIA 177
nei rii di Cassano, Baccanello, sulla strada poco lungi. dalla casa
Massei, e, sempre sulla strada, un ultimo alle falde del Monte Armato.
Questi depositi son veri nidi a limiti ben determinati e decisi,
dove i fossili sono accumulati in quantità straordinaria, mentre
per vaste estensioni le marne e le molasse non offrono alcun ve-
stigio di organismi.
Lo stato di conservazione dei fossili non è purtroppo molto
soddisfacente: la marna poco argillosa permette con sufficiente fa-
cilità l’ infiltrazione delle acque, quindi tutti i fossili hanno subìto
un notevole deterioramento.
Questi depositi che potrebbero chiamarsi depositi ad Ancillaria
per la straordinaria abbondanza di tale genere di molluschi, sono
estremamente poveri di lamellibranchi. Su oltre un centinaio di
molluschi da me trovati, non si conta infatti che uua diecina di
specie di lamellibranchi, quasi tuite rappresentate da piccolo nu-
mero di esemplari.
Oltre le già nominate Ancillaria, i fossili più comuni e abbon-
danti nei depositi di Monterenzo sono, fra gli antozoi i generi
Acanthocyathus, Balanophyllia e Flabellum; fra i molluschi i ga-
steropodi, segnatamente dei genere Natica, Nassa, Pleurotoma,
Cassis, Conus. Eccettuati pochi generi, fra cui Nerophora, Conus,
Ancillaria, per le quali ultime e dal numero e dalla grossezza de-
gli individui si deduce facilmente dovevano esistere condizioni di
vita eccezionalmente favorevoli, gli altri tutti sono rappresentati da
individui che non raggiungono che a stento i */; delle dimensioni
abituali.
Segue l’ elenco dei fossili da me raccolti e determinati.
FORAMINIFERI
1. Noposaria FARCIMEN Soldani, Testaceographia et Zoophytographia parva ac
microscopica, vol. I, pag. 98, tab. CV, fig. o, Siena 1791 (Orthoceras).
— Brady, Report on the Foraminifera dredged by H. M. S. Challenger,
pag. 498, tav. LXII, fig. 17, 18, Edimburgh 1881 (Dentalina). — For-
nasini, Lagenidi pliocenici del Catanzarese. Mem. Acc. Sc. Ist. Bologna,
serie 4, vol. X, pag. 8, tav. I, fig. 13, Bologna 1890.
Marne scure fissili di Casa Massei.
2. N. annutaTa Reuss, Die Versteinerungen der bòhmischen Kreideformation ,
vol. I, pag. 27, tav. 13, fig. 21, Stuttgart 1845-46. — Fornasini, Fora-
miniferi miocenici di S. Ruffillo, tav. I, fig. 10-13, Bologna 1880.
Come sopra.
ST
NI
0.
VAGINULINA BADENENSIS d’ Orbigny, Foraminiferes fossiles du Bassin tertiaire
de Vienne, pag. 65, tav. III, fig. 6-8, Paris 1846.
Come sopra.
. CRISTELLARIA VORTEX Fichtel et Moll, Zestacea microscopica etc., pag. 33,
tab. XI, fig. d-i, Vienna 1803 (Nautilus). — Brady, op. cit., pag. 548,
tav. LXIX, fig. 14-16, 1881.
Come sopra.
. CrISTELLARIA CULTRATA Montfort, Conchyliologie systematique, vol. I, pag. 214,
54™° genre, Paris 1808 (Robulus). — Brady, op. cit., pag. 550, tav. LXX,
Me OF TOOT
Come sopra.
. UvicERINA pyemaEs d’Orbigny, op. cit., pag. 190, tav. XI, fig. 25, 26, Pa-
ris 1846. — Brady, op. cit., pag. 575, tav. LXXIV, fig. 11, 12, 1881.
Come sopra.
. TexruLarIA sacitruta Defrance, Dictionnaire de Sciences Naturelles, vo-
lume XXXII, pag. 177; vol. LIII, pag: 344, 1825. — Brady, op. city
pag. 361, tav. XLII, fig. 17, 18, 1881.
Come sopra.
CORALLARI
. BALANOPHYLLIA FALCIFERA Michelotti in Sismonda, Materiaux pour servir a
la Paleontologie du terrain tertiaire du Piemont. Mem. Acc. Sc. Torino,
serie 2, vol. XXV, pag. 280, tav. IX, fig. 22, 1871 (Zurbinolia).
Nelle marne e molasse di Baccanello, Casa Massei, e altre località di Mon-
terenzo. Comune.
B. incerta Michelotti in Sismonda, op. cit., serie 2, vol. II, pag. 290, tav. VIII,
fig. 2, 3, 1871 (Zurbinolia).
Nelle marne di Baccanello. Abbastanza comune.
. B. cfr. cyLinprica Michelotti, Specimen Zoophytologiae diluvianae, pag. 73,
Torino 1838 (Zurbinolia).
Troppo mal conservata per poterne dare un giudizio abbastanza sicuro.
Nella marna di Baccanello. Rara.
. B. praELonca Michelotti, op. cit., pag. 67, Torino 1838 (Turbinolia). —
Milne Edwards et Haime, Histoire naturelle des coralliaires, vol. III,
pag. 104, Paris 1860.
Nelle marne e molasse di tutti i depositi di Monterenzo. Comunissima.
16.
Tr
18.
10.
20.
DI PALEONTOLOGIA 179
. STEPHANOPHYLLIA IMPERIALIS Michelin, /conographie Zoophytologique, pag. 31,
tav. VIII, fig. 1, 1841. — Reuss, Die Fossilen Korallen des oesterreichi -
schen-ungarischen Miocdns, pag. 58, tav. XIV, fig. 1-5, Wien 1871.
Nella marna di Baccanello. Abbastanza rara.
. DenproprLLIA amica Michelotti, op. cit., pag. 85, tav. II, fig. 5, 1838
(Cariopyllia). — Sismonda, op. cit., serie 2, vol. XXV, pag. 286, tav. IX,
Pape 55) 20, LOOr.
Come sopra.
. ® D. ramea Linneo, Systema Naturae, vol. I, part. 2, pag. 797, edit. 10,
) ; > F Pas. 797,
1760 (Madrepora). — Milne-Edwards et Haime, op. cit., pag. 115, Pa-
ris 1860.
Nella molassa contro Casa Fiume. Rara.
. PHyLLancia FEstIva Michelotti in Sismonda, op. cit., serie 2, vol. XXV,
pag. 295, tav. X, fig. 3, 4, 1871.
Nella marna e molassa di Baccanello e Monte delle Formiche. Abbastanza rara.
CLADANGIA CONFERTA Reuss, op. cit., pag. 51, tav. XVI, fig. 1-7, Wien 1871.
Nelle marne del Rio presso Casa Massei. Rara.
CARIOPHYLLIA POLYMORPHA Seguenza, Disquisizioni paleontologiche intorno ai
Corallari fossili delle roccie terziarie del distretto di Messina, disp. 1,
pag. 53, tav. VI, fig. 2, 1863 (Ceratocyathus).
Comune in molte località di Monterenzo.
ACANTHOCYATHUS VINDOBONENSIS Reuss, op. cit., pag. 16, tav. II, fig. 10, 11, 1871.
Nella marna e molassa di Baccanello, Casa Massei, Monte Armato, Bordi-
ghello. Comunissima.
TrocHocyarHus armaTus Michelotti, Foss. des terr. mioc. de l’ Italie sept.,
pag. 23, Leide 1847 (Zurbinolia). — Milne Edwards et Haime, op. cit.,
vol. II, pag. 44, 1857.
Nella marna di M. Armato. Rara.
T. mirratus Goldfuss, Petrefacta Germaniae, pag. 52, tav. XV, fig. 5, 1826,
(Turbinolia). — Milne Edwards et Haime, op. cit., vol. Il, pag. 27,
Paris 1857.
Nella marna di Baccanello e del deposito contro Fiume. Rara.
io Deasp. rind.
Nella marna di Baccanello.
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Le)
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LS)
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28.
209.
. DeLtocvatHUs ITaLICUS Michelotti, Spec. Zooph., pag. 51, tav. I, fig. 8, 1838,
(Turbinolia). — Milne Edwards et Haime, op. cit., vol. II, pag. 56,
Paris 1857.
Nella marna di Casa Massei. Rara.
CERATOTROCHUS MULTISERIALIS Michelotti, Foss. des terr. mioc., pag. 20, 1847
(Zurbinolia), — Reuss, op. cit., pag. 27, tav. IV, fig. 5, 1871.
ella marna di Baccanello, e di altre località. Comune.
Nell di B llo, e di altre località. C
FLABELLUM EXTENSUM Michelin, op. cit., pag. 40, rav. IX, fig. 14, 1841. —
Milne Edwards et Haime. Monogr. des Turbinolides. Ann. des. Sc. nat.,
serie 3, vol. IX, pag. 262, Paris 1848 (F. distinctum).
Nella molassa contro la Casa Fiume. Abbastanza raro.
F. avicuta Michelotti, Spec. Zoop. dil., pag. 58 tav. III, fig. 2, 1838 (Zw-
binolia). — Milne Edwards et Haime, Hist. des corall., vol. II, pag. 52, 1857.
Nella marna di Baccanello. Raro.
5. FLaseLLUM Royssianum Milne Edwards et Haime, Monogr. des Turbinolides,
pag. 268, tav. VIII, fig. 1, 1848.
Come sopra.
ECHINIDI
. Ciparis Tessurata Meneghini, Studi sugli echinodermi neogenici di Toscana,
pag. 25, tav. I, fig. 6, 7, Siena 1862.
L’ unico radiolo trovato nel deposito di Monterenzo, va riferito, per tutti
i caratteri, alla forma minore dei radioli, descritti dal Meneghini nel
citato lavoro.
Nelle marne di Baccanello.
BRIOZOI
CUPULARIA sp. ind.
Un solo esemplare, in cattivo stato di conservazione, si può avvicinare con
la massima riserva alla C. canariensis Bk.
Come sopra.
LAMELLIBRANCHI
OsTREA sp. ind.
Frammenti indeterminabili di Ostrea si raccolgono, rarissimamente, nella
molassa di Monte Armato.
. SPONDYLUS sp. ind,
Non ho potutto raccogliere nessun esemplare completo di Spondylus, quan-
tunque piuttosto numerosi ne siano i frammenti nelle” localita esplorate.
Bills
32:
33:
34:
35
DI PALEONTOLOGIA 181
Questi accennano ad una forma che differisce dallo S. crassicosta Lk., per
la superficie meno fortemente costulata, per l’area ligamentare assai più
estesa, per la piccolezza relativa della fossa cardinale mediana e pei
denti cardinali molto più grossi e robusti. Probabilmente si tratta di
una forma nuova, che come tale però non è possibile descrivere, per lo
stato incompleto degli ‘esemplari raccolti.
Nelle marne scure fissili di Casa Massei.
Arca pituvit Lamarck, Histoire naturelle des animaux sans vertèbres, vol. VI,
pag. 45, Paris 1859. — Hérnes, Die fossilen Molluscken des tertiàr-Be-
ckens von Wien, vol. III, pag. 333, tav. XLIV, fig. 3 (a-d), fig. 4 (a-c),
Wien 1870.
Come sopra.
A. PAPILLIFERA Hòrnes, op. cit., vol. Il, pag. 338, tav. XLIV, fig. 7 (a-c), 1870.
Molassa quarzifera di Monterenzo.
PecruncuLus PILosus Linneo, Systema Naturae, edit. XII, pag. 1143, n. 182,
1766 (Arca). — Hòrnes, op. cit., vol. II, pag. 316, tav. XL, fig. 1, 2;
tav. XLI, fig. 1, 10, 1870.
Come sopra.
P. sp. ind.
Si distingue dalla specie precedente per le dimensioni molto minori, e per
qualche particolarità dei margini e del cardine.
Nella molassa di Rio Olgnano.
i
Limopsis anomaLa Eichwald, Naturhistorische Skizze von Lithauen, Volhy-
nien etc., pag. 211, 1830 (Pectunculus). — Hòrnes, op. cit., vol. II,
pag. 312, tav. XXXIX, fig. 2, 3, 1870. i
Nelle marne scure fissili di Casa Massei.
. Carpita JovannETI Basterot, Mem. geol. sur les environs de Bordeaux ,
tav. V, fig. 3, 1825 (Venericardia). — Hornes, op. cit., vol. II, pag. 266,
tav. XXXV, fig. 7-12, tav. III, fig. 1, 2, 1870.
Pay Visio aie he
Si raccoglie di frequente nelle marne e nelle molasse di Monterenzo questa
specie sommamente caratteristica del tortoniano. Gli esemplari sono pur
troppo tutti frammentari; ma come si potrà rilevare dalle figure, essi
mostrano con sufficiente chiarezza che si tratta della var. laevicosta della
C. Jouanneti.
Nelle marne e nelle molasse di Baccanello, di Casa Massei, Balzo contro
Fiume, Rio Bordighello. Comune.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Agosto 1896, 19
37:
40.
44
46
Lucina miocenica Michelotti, Brevi cenni sui brachiopodi ed acefali. Ann.
Sc. Regno Lombardo-Ven., pag. 24, 1839. — H6rnes, op. cit., vol. II,
pag. 228, tav. XXX, fig. 3 (a-c), 1870.
Nella molassa di Baccanello. Piuttosto rara.
. Lucina sinuosa Donovan, Nat. Hist. of British Shells, tav. XIII, fig. 2, 1801
(Venus). — Hòrnes, op. cit., vol. II, pag. 244, tav. XXXIV, fig. 1 (a-d), 1870,
Nelle marne di Baccanello. Rara.
. CorsuLa REvoLUTA Brocchi, Conchiol. foss. subapp., pag: 516, tav. XII, fig. 6,
1814 (Tellina). — Hérnes, op. cit., vol. II, pag. 38, tav. III, fig. 9 (a-g) 1870.
Nelle marne di Casa Massei. Comune.
Venus ovata Pennant, British Zool., edit. 4, vol. IV, pag. 206, tav. XOVi
fig. 3,1777. — Hòrnes, op. cit., vol. II, pag. 139, tav. XV, fig. 12 (a-d), 1870.
Come sopra. Piuttosto rara.
. Mactra TRIANGULA Renier, 7av. alfab. delle Conch. Adriat., 1804. — Hòrnes,
op. cit., vol. II, pag. 66, tav. VII, fig. 11 (a-d), 1870.
Come sopra.
. TEREDO sp. ind.
Come sopra.
SCAFOPODI
. DentaLIUM Boveri Deshayes, Monogr. du genre Dentale. Mém. soc. d’ Hist.
nat., vol. II, pag. 355, tav. XVIII, fig. 8, Paris 1825. — Hòrnes, op. cit.,
vol. I, pag. 653, tav. L, fig. 31, 1856.
Nelle marne e nelle molasse di Casa Massei, Baccanello, Balzo contro Fiume,
burroni del Monte delle Formiche. Comune.
GASTEROPODI
Turso ruGosus Linneo, op. cit., pag. 1234, 1766. — Hòérnes, op. cit.,
vol. I, pag. 432, tav. XLIV, fig. 2, 3, 1856.
Nella marna e molassa di Baccanello e Casa Massei. Comune.
TrocHus paruLus Brocchi, op. cit., vol. II, pag. 356, tav. V, fig. 19, 1814.
— Hòrnes, op. cit., vol. I, pag. 458, tav. XLV, fig. 14, 1856.
Nella molassa di Baccanello.
T. roreLLARIS Michelotti, Descript. des foss. des terr. mioc. etc., pag. 182, 1847.
Come sopra.
bi PALEONTOLOGIA 183
47. SOLARIUM carocoLLatum Lamarck, op. cit., Vol. VII, pag. 6, 1822. — Sacco,
I moll. dei terr. terz. del Piem. e della Lig., parte 12, pag. 41, tav. I,
fig. 35, Torino 1892.
Nelle marne di Baccanello, Balzo contro Fiume, Bordighello. Comune.
48. TURRITELLA TORNATA Brocchi, op. cit., pag. 372, tav. VI, fig. 11, 1814.
Nelle marne di Rio Olgnano. Comune.
49. T. rurRIs Basterot, op. cit., pag. 20, tav. I, fig. 11, 1825. — Hérnes, op. cit.,
vol. I, pag. 423, tav. XLIII, fig. 15, 16, 1856.
Nelle marne e molasse di Casa Massei, Balzo contro Fiume, Baccanello.
Comune.
50. XENOPHORA cumuLans Brongniart, Mem. sur les terr. calcaréo-trappeens du
Vicentin, pag. 57, tav. IV, fig. 1, Paris 1823. — Hérnes, op. cit., vol. I,
pag. 443, tav. XLIV, fig. 13, 1856.
Nella molassa del Balzo contro Fiume. Rara.
51. XENOPHORA Sp.
Nel deposito di Casa Massei ho trovato sopra un blocco di molassa una
serie spirale di incavi a contorno irregolarmente ovale o reniforme, che
decrescono di grandezza man mano si va dalla periferia verso il centro
della spira, e che ritengo sian le impronte dei corpi stranieri che ade-
rivano agli anfratti di una grande Xenophora. Doveva questa misurare
non meno di 15 centimetri in diametro, e non molto più di 3 centimetri
in altezza, venendo ad essere così molto più depressa delle specie a me
note di questo genere.
»
52. Natica JosepHinia Risso, Hist. nat. de l'Europe merid., vol. IV, pag. 149,
tav. IV, fig. 42; Marseille 1826, (Neverita). — Sacco, op. cit., parte VIII,
pag. 83, tav. II, fig. 54 (a, b, c), 1891.
Ho trovato nei depositi di Monterenzo un grandissimo numero di forme
della N. Josephinia, le quali possono rispettivamente avvicinarsi a piu va-
rieta descritte dal Sacco. V’é la piccola forma depressa, dall’ ultimo anfratto
longitudinalmente schiacciato, dall’ombelico a sinistra molto scoperto, e
coperto a destra da un callo assai sviluppato, che si può riferire alla
v. priscodepressa di Sacco. La forma piccolissima dall’ombelico quasi
completamente occupato dal grosso funicolo leggermente convesso, che
con. tutta sicurezza si può riferire alla clausodepressa; e si trova pure
la forma abbastanza grossa, alquanto conica, dall’ultimo anfratto allungato,
che corrisponde perfettamente alla poliniceoides.
Tutte queste forme si trovano comuni tanto nelle marne che nelle molasse
di Baccanello, di Casa Massei e di Rio Olgnano.
53"
3)
56.
58.
DIO.
60.
Narica catena Da Costa, Brit. conch., pag. 83, tav. V, fig. 7, 1778. —
Sacco, op. cit., parte 8, pag. 73, tav. II, fig. 44, 1891.
Nella marna scura fissile di Baccanello. Rara.
. N. ruLcHELLA Risso, op. cit., vol. IV, pag. 148, fig. 42, 1826. — Sacco,
op. cit., parte 8, pag. 77, tav. II, fig. 50, 1891.
Nella molassa di Casa Massei. Abbastanza comune.
N. susmawiLLaRIS d’Orbigny, Prodr. de Paleont. stratigraph., vol. III, pag. 38,
Paris 1852. — Sacco, op. cit., parte 8, pag. gi, tav. II, fig. 66, 1891
(Polinices).
Nella marna di Baccanello. Abbesianze rara.
N. mwiLLepuncrata Lamarck, op. cit., vol. VI, parte 2, pag. 199, 1822. —
Sacco, op. cit., parte 8, pag. 47, 48, 49, tav. II, fig. 6 (a, b), fig. 9, 10, 1891.
Anche di questa specie si trovano parecchie forme. A Bordighello predo-
mina il tipo a conchiglia piuttosto piccola, a spira elevata, dall’ombelico
profondamente incavato, che dal Sacco è posta come varietà col nome
di epigloafuniculata. — Presso Casa Massei si trova invece una forma a
dimensioni maggiori, dal labbro columellare grosso, dall’ ombelico rela-
tivamente piccolo e che porta traccie di minutissime punteggiature; per
tutti questi caratteri ho creduto di poterla riferire alla varietà miopuncta-
tissima Sacco. — Un’ altra forma dall’ ampio ombelico, dal funicolo pic-
colo e depresso, che si rinviene in molti depositi di Monterenzo, |’ ho
avvicinata alla varietà subfuniculosa Sacco.
Nella marna e molassa di Casa Massei, Rio Bordighello, Baccanello ecc.
Comune.
. N. recruta Bonelli in Sacco, op. cit., parte 8, pag. 81, tav. II, fig. 53, 1891.
Nella marna di Baccanello. Abbastanza rara.
Rissoa sp.
Come sopra.
Eurima Lacrea d’ Orbigny, op. cit., vol. III, pag. 34, n. 481, 1852. — Hòrnes,
op. cit., vol. I, pag. 545, tav. XLIX, fig. 21 (a, 6). 1856.
Le dimensioni dell’ esemplare di Monterenzo sono assai inferiori a quelle
del tipo descritto e figurato dall’ Hérnes. Per tutti gli altri caratteri
vi corrisponde perfettamente.
Nella marna di Casa Massei. Non rara.
TURBONILLA COSTELLATA Grateloup, Z'abl. des coquilles foss. du Bassin de
l’ Adour, Bull. Soc. Linn., vol. II, pag. 107, n. 79, 1827 (Auricula). —
Hornes, op. cit., vol. I, pag. 498, tav. XLIII, fig. 27, 1856.
Nella molassa di Casa Massei. Rara.
DI PALEONTOLOGIA 185
DMG GSWmhAmaxQhANA Wasa an awed Wa ann mms nana me Cen nen satee neat ans menn ewer mena emanatnerinnn sono aa non aan nantes nanan spas an neaannannsdhdawa a= aaehanoedneccenassa0s=—5an==eaase n=
61. CERITHIUM GRANULINUM Michelotti in Sacco, op. cit., parte 17, pag. 25, tav. II,
fig. 37, 1895.
Nelle marne del Monte delle Formiche. Raro.
62. CypraEa PORCELLUS Brocchi, op. cit., vol. II, pag. 283, tav. II, fig. 2, 1814.
— Sacco, op. cit., parte 15, pag. 26, tav. II, fig. 25, 1894.
L’ esemplare imperfetto raccolto nelle marne di Baccanello è meno globoso
del tipo dato dal Sacco, i denti sono assai meno pronunziati e le di-
mensioni alquanto minori.
63. C. urrIcuLata Lamarck, Ann. du Museum, vol. XVI, pag. 105, n. 4, Paris 1810.
— Sacco, op. cit., parte 15, pag. 28, tav. II, fig. 31, 1894.
Nelle marne di Baccanello. Abbastanza comune.
64. C. FELSINEA n. f., tav. IV, fig. 4 (a, b, c).
Conchiglia piccola, subovale, notevolmente ristretta in avanti, quasi piana
nella faccia ventrale, assai rigonfia nella dorsale. Essa presenta un di-
stinto bottone in corrispondenza del principio della spira, e lascia
vedere anche il penultimo giro. La superficie è liscia come in tutte le
vere Cypraeae ; l’ apertura boccale spostata tutta verso l’ esterno, è leg-
germente sigmoidea nel suo percorso, presentando però il tratto mediano
quasi in linea retta: per tutta la sua estensione non mostra nessuna
traccia di maggiore allargamento. Il labbro esterno abbastanza ingrossato,
si restringe al suo quarto superiore, e s’ innalza oltre il piano del bot-
tone della spira. I bordi interni dei due labbri sono denticolati distin-
tamente nella parte posteriore, assai meno nella anteriore. Numero ap-
prossimativo dei denti 12.
Lungh. mm. 18.
argh. » 10.
Per la forma generale potrebbe avvicinarsi al C. utriculata Lk., ma si
distingue da essa per la presenza del bottone della spira, e per il maggior
numero delle denticolazioni. L’ apertura boccale ha poi nella specie in
esame un decorso piu rettilineo, e non presenta allargamento nella parte
inferiore ; inoltre essa ha il labbro destro meno rigonfio ed incurvato,
il che non si osserva nella C. utriculata.
Nella marna di Baccanello.
65. Erato LaEVIS Donovan, op. cit., vol. CXLV, 1709, (Voluta). — Hérnes,
op. cit., vol. I, pag. 79, tav. VIII, fig. 16 (a, 6), 1856.
La corrosione subita dall’esemplare non permette di vedere se il labbro
esterno sia internamente dentato, nè se sia dentata la columella alla base.
Inoltre le dimensioni sono alquanto inferiori a quelle del tipo viennese;
però corrispondendo tutti gli altri caratteri specifici ho creduto di poterlo
riferire alla E. laevis Don.
Nella marna di Casa Massei,
186 RIVISTA ITALIANA
66. Eraropsis cfr. BarranpEI R. Horn. et Auinger. — Sacco, op. cit., parte 15,
pag. 62, tav. III, fig. 70, 1894.
Quantunque abbia molti caratteri comuni con la varietà planulosa di Sacco,
pure esito nella determinazione, avendo l’ esemplare bolognese dimensioni
molto maggiori.
Nella marna di Baccanello.
67. Cassis sapuron Lamarck, op. cit., vol. VII, pag. 227, 1822. — Hornes,
op. cit, vol. I, pag. 177, tav. XV, fig. 2-7, 1856.
L’esemplare in esame è alquanto meno globoso del tipo del bacino di
Vienna, il callo si mostra ben rotondeggiante e non così schiacciato, e
le dimensioni generali della conchiglia sono inferiori di circa un terzo.
Nella marna di Casa Massei. Rara.
68. SEMICASSIS MIOLAEVIGATA Sacco, op. cit., parte 7, pag. 29, tav. I, fig. 27, 28, 1890.
Nella molassa di Baccanello. Comune.
69. Cassis variaBiLIs Bellardi e Michelotti, Saggio orittogr. del Piemonte. Mem.
Acc. Sc. Torino, serie 2, vol. III, pag. 146, 1841. — Hòrnes, op. cit.,
vol. I, pag. 176, tav. XV, fig. 9g, Wien 1856.
Nella molassa di Rio Cassano. Rara.
70. GALEODEA ECHINOPHORA Linneo, pp. cit., edit. 12, pag. 1198, 1766. — Sacco,
op. cit., parte 8, pag. 54, tav. II, fig. 1; pag. 59, tav. II, fig. 9, 1890.
A
E assai comune nella marna di Baccanello. Vi si trova la forma dalle strie
spirali assai pronunziate, dal cingolo basale assai depresso, distinta dal
Sacco come sotto varietà miostriata: e l’altra forma assai più grossa,
munita di 4 cingoli di tubercoli, dal labbro esterno relativamente poco
arcuato, e con gli altri caratteri che distinguono la varietà subthyrrena
dello stesso autore.
71. G. rauroPomum Sacco, op. cit., parte 7, pag. 67, tav. II, fig. 24 (a,b), 1890.
Marna di Casa Massei. Comune.
72. EupoLium rascratum Borson, Saggio orittogr. del Piemonte, pag. 75 (321),
tav. I, fig. 20, 1821. — Sacco, op. cit., parte 8, pag. 13, tav. I, fig. 19, 1891.
\ ee . . DI
E comunissima questa specie in tutti i depositi di Monterenzo. Differi-
scono gli esemplari dal tipo piemontese, perchè tra le costole spirali
principali vi sono, in luogo di una sola, tre costicine secondarie, di cui
la mediana è più rilevata delle laterali.
73. Ficuta conpira Brongniart, op. cit., pag. 75, tav. VI, fig. 4 (6), 1823. —
Sacco, op. cit., parte 8, pag. 23, tav. I, fig. 27 (a, b), 1891.
In quasi tutti i depositi di Monterenzo, benchè non molto abbondante, si
rinviene questa elegantissima forma.
a
DI PALEONTOLOGIA 187
74. FicuLa OLIGOFICOIDES Sacco, op. cit., parte 8, pag. 27, tav. I, fig. 33, 1891.
Ho creduto di dover attribuire a questa specie un cattivo esemplare rac-
colto a Baccanello. Corrisponde alla figura data dal Sacco per I’ aspetto
generale, e per i cingoli spirali principali grossi e tra loro distanti.
Però le costicine trasversali sono nell’ esemplare di Baccanello assai meno
numerose, e quindi appaiono tra loro più distanti.
75. F. GEOMETRA Borson, op. cit., pag. 179 (311), 1823. — Sacco, op. cit.,
parte 8, pag. 29, tav. I, fig. 36, 1801.
L’unico esemplare di questa specie pel suo cattivo stato non può essere
ascritto con sicurezza a nessuna delle varietà di Sacco, quantunque per
la globosità della conchiglia, si possa forse avvicinare alla F. geometra
v. taurinensis.
Nella marna di Baccanello.
76. Trironium pistortum Brocchi, op. cit., vol. II, pag. 399, tav. IX, fig. 8, 1814
(Murex).
Nella marna di Baccanello. Raro.
77. RANELLA MARGINATA Brongniart, op. cit., pag. 65, tav. VI, fig. 7, 1823. —
Hòrnes, op. cit., vol. I, pag. 214, tav. XXI, fig. 7-12, 1856.
LI
E comunissima in tutti depositi. Gli ornamenti che nella forma tipica sono
ben distinti solo negli individui giovani, nei nostri si mantengono
anche negli adulti.
78. PHos PoLyGonus Brocchi, op. cit., pag. 344, tav. V, fig. 10, 1814 (Bucci -
num). — Bellardi, I moll. dei terr. terz, del Piemonte e della Liguria,
parte 3, pag. 8, tav. I, fig. 5 (a, 6), 1882.
Nella marna di Baccanello. Abbastanza raro.
79. Esurna DERIVATA Bellardi, op. cit, parte 3, pag. 11, 1882.
Come sopra. Comune.
8o. Nassa 1nTERCcISA Genè sp. in Bellardi, op. cit, parte 3, pag. 60, tav. IV,
fig. 6 (a, b), 1882.
L’ unico esemplare trovato nella molassa del deposito contro Fiume, ha le
coste longitudinali assai meno spiccate.
81. N. Brucnonis Bellardi, op. cit., parte 3, pag. 73, tav. V, fig. 2 (a, 6), 1882.
Un solo esemplare molto imperfetto raccolto nella marna di Baccanello.
82. N. sp.
Conchiglia semiglobosa, a spira breve, ingrossata a meta; anfratti convessi,
l’ultimo de’ quali alto circa la metà della lunghezza totale della conchi-
RIVISTA ITALIANA
glia. La superficie è longitudinalmente solcata da sottilissime strie. Bocca
subovale ; labbro sinistro grosso, regione ombelicale sollevata. Differisce dalla
N. Brusinae Bell. [Bellardi , op. cit., parte 3, pag. 81, tav. V, fig. 13 (a, b)],
nella bocca che non è subquadrata; nei labbri, tanto sinistro che destro,
i quali sono assai meno ingrossati ; nella regione ombelicale meno elevata.
Nella molassa del deposito contro Fiume. Rara.
82. N. semicosruLATA Bellardi, op. cit., parte 3, pag. 82, tav. V, fig. 15 (a, b), 1882.
L’ esemplare trovato a Baccanello è di dimensioni alquanto inferiori alle
forme descritte dal Bellardi.
84. N. scutprizis Bellardi, Bellardi, op. cit., parte 3, pag. 110, tav. VII, fig. 9
85.
87.
88.
89.
(a, b, c), 1882.
L’ esemplare assai corroso non lascia vedere se sia perfetta la corrispon-
denza con la forma piemontese. Sono assolutamente invisibili le costole
spirali, e le longitudinali si vedono solo nei due ultimi anfratti.
L’ ho raccolta nelle marne di Baccanello.
N. soprina Bellardi, op. cit, parte 3, pag. 118, tav. VII, fig. 22 (a, b, c), 1882.
Nella molassa del deposito contro Fiume.
o. N. sapENSIS Partsch, Neue Aufstel. der Petref. Samm. der kk. Hof-Min.
Cabinet, n. 909, 1842 (Buccinum). — Bellardi, op. cit, parte 3, pag. 131,
tav. VIII, fig. 17 (a, 6), 1882.
Nelle argille del Monte delle Formiche. Raro.
N. CoLLeGnor Bellardi, op. cit., parte 3, pag. 135, tav. VIII, fig. 23 (a, b), 1882.
L’ unico esemplare che ho raccolto di questa specie nel deposito contro
Fiume, differisce da quello figurato in Bellardi per l’ assoluta mancanza
di coste trasversali e di funicoli spirali nel penultimo anfratto, e nella
metà posteriore dell’ ultimo. Vero è però che la descrizione dice: super-
ficies in ultimis (anfractubus) laevis; mentre nella figura tutti gli an-
fratti sono provveduti di solchi spirali ben distinti. Le dimensioni sono
un po’ minori di quelle indicate da Bellardi.
N. mecastoma Bellardi, op. cit., parte 3, pag. 152, tav. IX, fig. 20, 1882.
Nella marna di Casa Massei. Comune.
N. sp.
Conchiglia piccola, globosa, spira breve, poco acuta. I primi anfratti piut-
tosto convessi, l’ ultimo superiore alla metà della lunghezza totale della
conchiglia. Coste trasversali numerose in tutti gli anfratti; nell’ ultimo
21 distintamente sigmoidee, negli altri leggermente curve ed oblique:
i solchi spirali stretti, profondi, tra loro abbastanza distanti, 5 nel pe-
Di PALEONTOLOGIA 189
nultimo anfratto, 16 nell’ ultimo. I funicoli spirali della meta posteriore
dell’ ultimo anfratto presentano una leggera infossatura. Bocca suborbi-
colare ; labbro sinistro arcuato e internamente pluridentato ; labbro destro
abbastanza grosso e alquanto sporgente oltre il piano della bocca: colu-
mella anteriormente scavata.
Lunghezza mm. 12.
Larghezza » 7-8.
Si differenzia dalla N. concinna Bell., nelle dimensioni che sono maggiori,
(non arrivando la concinna che a 7 mm. di lunghezza e a 5 mm. di
larghezza) e nella bocca che è pluridentata. Inoltre 1° esemplare bolognese
avendo |’ ultimo anfratto meno globoso si presenta con aspetto generale
alquanto diverso e la forma di Bellardi non porta traccia di infossatura
nelle coste spirali dell’ ultimo anfratto. Se l’ornamentazione non fosse
differentissima, per l'aspetto generale potrebbe riferirsi alla N. difficilis Bell.
Nella marna di Baccanello.
go. N. sp.
A Casa Massei ho trovato un’altra piccola Nassa, che spetta forse ad una
nuova forma, ma che non mi attento a descrivere perchè non trppo ben
conservata.
gt. Purpura INAEQUISULCATA Bellardi, op. cit., parte 3, pag. 176, tav. XI, fig. 6, 1882.
Non si possono vedere, causa la corrosione dell’ esemplare, le coste dell’ul-
timo anfratto. Come al solito le dimensioni sono minori degli esemplari
descritti e figurati nel lavoro del Bellardi.
Nella molassa di Casa Massei. Comune.
92. Fusus muLTILIRATUS Bellardi, op. cit., parte 1, pag. 138, tav. IX, fig. 8, 1873.
Nella marna di Baccanello. Raro.
03. EurHRIA Pusicca Bellardi, op. cit., parte 1, pag. 104, tav. XII, fig. 15, 1873.
Nella molassa di Baccanello, Rara.
94. Latirus PINENSIS Bellardi, op. cit., parte 4, pag. 47, tav. II, fig. 26, 1884.
Nella marha di Baccanello. Rara.
5. Murex Anconat Bellardi, op. cit., parte 1, pag. 117, tav. VIII, fig. 2, 1873.
WS)
I due esemplari trovati al Rio presso casa Massei, sono un po’ più globosi
del tipo piemontese, e le dimensioni loro sono alquanto minori.
Nella marna di Casa Massei.
g6..M. Manzoni n. f., tav. III, fig. 3 (a, 0).
Non si può dare della splendida conchiglia una descrizione rigorosa, perchè
l’ultimo anfratto è completamente decorticato. La conchiglia è lunga,
190
97.
08.
99-
RIVISTA ITALIANA
IRR AAARA IAA RASA Annan hA Rd piane RE NN n MARIANA RANA RAR CANARIA ANA CINA Lane dated aR REALTA Alaninatksionenia i ananiza
robusta, e per tre varici molto sviluppate è a sezione triangolare. Gli an-
fratti sono abbastanza convessi specialmente nella parte anteriore, mentre
la parte posteriore giunge quasi pianeggiante fino alla sutura. L’ ultimo
anfratto raggiunge in lunghezza i 5/ della conchiglia. Vi sono 3 varici
rilevatissime subcristiformi, le quali hanno un decorso alquanto elicoi-
dale, e sono continue nei vari anfratti, prolungandosi fino alla coda. In
ogni anfratto, tra due varici, vi sono due grossi nodi, i quali essendo
allungati secondo l’asse longitudinale della conchiglia, ed essendo in
perfetta corrispondenza tra un anfratto e l’altro, hanno l'apparenza di
coste longitudinali. Inoltre la conchiglia porta sottili cingoli spirali, circa
12 per ogni anfratto, separati gli uni dagli altri da strettissimo solco,
che si dilatano alquanto e divengono subnodosi nel passare sulle varici.
Fra questi cingoli alcuni sono più rilevati degli altri, e sono presso a
poco equidistanti. La bocca è piriforme, e un callo grosso, esteso, dal
labbro sinistro si alza fin quasi alla sommità della coda, dove staccatosi
produce una specie di ombelico. La coda è straordinariamente robusta,
trigona, e assai lunga in proporzione della grandezza della conchiglia, ed
‘ è obliquamente ornata di quattro grosse coste trasversali.
Lunghezza mm. 76.
Larghezza » 35.
Un solo esemplare nella marna di Baccanello.
MARGINELLA LATIRIMA Sacco, op. cit., parte 6, pag. 31, tav. VI, fig. 7, 189.
La conchiglia è assai globosa, e non è affatto depressa nella parte ante-
riore. come sarebbe se perfettamente corrispondesse alla forma tipica
descritta dal Sacco.
Deposito a nord contro Fiume. Piuttosto rara.
M. auris LEPORIS Brocchi, op. cit., vol. II, pag. 320, tav. IV, fig. 11, 1814
(Voluta).
Ritengo che gli esemplari raccolti a Baccanello, spettino ad una varieta
distinta che si potrebbe chiamare macrodonta, distinguendosi dalla specie
del Brocchi per la conchiglia meno allungata, per gli anfratti dal profilo
assai meno incavati nella parte posteriore, e per le pieghe columellari
sviluppatissime, piatte superiormente, a fianchi verticali e troncate bru-
scamente verso I’ esterno.
Rara.
M. parvuta Sacco, op. cit., parte 6, pag. 320, tav. II, fig. 12, 1890 (Volvarina).
Nella molassa di Casa Massei. Abbastanza comune.
100. Mitra BREVIS Bellardi, op. cit., parte 5, pag. 12, tav. III, fig. 28, 1887.
Nella marna di Baccanello. Rara.
DI PALEONTOLOGIA 191
rot. Mirra ALLIGATA Defrance in Bellardi, op. cit., parte 5, pag. 72, tav. IV,
fig. 35, 1887.
I numerosi solchi trasversali, tra loro equidistanti, di cui è adorna tutta la
superficie della conchiglia, la fanno avvicinare alla varietà A di Bellardi.
Come sopra.
102. M. pranicosta Bellardi, op. cit., parte 5, pag. 5, tav. II, fig. 9, 1887.
Le dimensioni anche qui sono alquanto inferiori a quelle delle forme
tipiche del Piemonte, non misurando i nostri esemplari più di mm. 24,2
di lunghezza, e mm, 6 di larghezza. Inoltre la coda è relativamente più
stretta.
Come sopra. Rara.
103. VoLura FicuLina Lamarck, Ann. du Mus. etc., vol. XVII, pag. 79, n. 15,
1811. — Hòrnes, op. cit., vol. I, pag. g2, tav. IX, fig. r1, 12, 1856.
Come sopra.
104. V. rarISPINa Lamarck, op. cit., vol. XVII, pag. 79, n. 16, 1811. — Hòrnes,
op. cit., vol. I, pag. gi, tav. IX, fig. 6-10, 1856.
Nella.marna di Casa Massei. Abbastanza comune.
105. ANCILLARIA suTURALIS Bonelli in Bellardi, op. cit., parte 3, pag. 21
fig. 38, 1882.
Lo stato di corrosione della porzione posteriore della conchiglia impedisce
di vedere se realmente lo strato testaceo « inter canaliculum posticum
oris et suturam decurrens » si protragga fino al margine dell’ anfratto
precedente. Essendo questo |’ unico carattere di qualche importanza fra
quelli che Bellardi cita come distintivi della A. suturalis, rispetto alla
vicinissima A. appenninica, non può escludersi si tratti di quest’ ultima
specie. Le dimensioni (26 >< 09) e la forma generale dell'esemplare si
uniformano sufficientemente a quelle della A. appenninica.
Nella marna di Baccanello. Rara.
100. A. oBsoLETA Brocchi, op. cit., pag. 330, tav. V, fig. 6, 1814 (Voluta). —
Bellardi, op. cit., parte 3, pag. 222, tav. XII, fig. 44, 1882.
avrei 52500):
Li
E comunissima in tutti i depositi.
107. A. cLanpiFormis Lamarck, op. cit., vol. XVII, pag. 305, 1810. — Bellardi,
Op. cit., parte 3, pag. 225, fig. 41, 1882.
Tav. III, fig. 6.
Qi *»,% *|* .
E pure abbondantissima questa specie in tutte le località fossilifere di Mon-
terenzo. Si presenta con un'infinita varietà di forme, alcune delle quali
determinano un graduale passaggio tra lA. glandiformis e l'A. obsoleta.
Gli individui sono assai sviluppati, e a Baccanello ne ho raccolto che
misurano oltre 6 cm. di lunghezza.
Nelle marne e nelle molasse.
108. CANCELLARIA CANCELLATA Linneo, Syst. Nat., edit. 12, pag. 1191, 1766
(Voluta). — Sacco, op. cit., parte 16, pag. 38, tav. III, fig. 50, 1894.
Nella marna di Baccanello trovasi la varietà che presenta piccole costicine
tra le coste trasversali principali, chiamata appunto per questo infra-
costicillata dal Sacco. Un’ altra forma pure di Baccanello alquanto piccola,
con la spira più slanciata, dalle coste spirali e trasverse numerose, e
dagli anfratti sensibilmente più convessi, può riferirsi alla varietà pseudo-
nassoides Sacco.
109. TEREBRA ACUMINATA Borson, op. cit., pag. 45 (224), tav. I, fig. 17, 1820. -—
Sacco, op. cit., parte 10, pag. 19, tav. I, fig. 31, 1891.
Ha molti caratteri comuni con la v. pergranularis Sacco, però le striature
degli anfratti sono assai più spiccate, e le dimensioni generali della con-
chiglia sono minori.
Nella molassa di Casa Massei. Comune.
110. T. pLicarta Basterot, Descript. geol. du Bass. tert. etc., pag. 52, tav. II,
fig. 8, 1842. — Sacco, op. cit., parte 10, pag. 12; tav. I, fig. 15, 1900
(Subula). È
Anche di questa specie si trovano due forme assai distinte. L’ una a conchi-
glia piuttosto grossa, più conica della tipica e lievemente plicata (conico-
gigantea di Sacco :) l’altra a conchiglia alquanto minore, a spira più
elevata, cogli anfratti un po’rigonfi e pressochè lisci ( fusco-modesta Sacco).
Comune nella marna di Baccanello. — i
111. PLEUROTOMA veRMICULARIS Grateloup in Hérnes, op. cit., vol. I, pag. 358,
tav. XXXVIII, fig. 2, 1856.
Come sopra.
112. P. rotata Brocchi, op. cit., pag. 434, tav. IX, fig. 11, 1814 (Afurex). —
Bellardi, op. cit., parte 2, pag. 13, tav. I, fig. 2-6, 1877.
Le dimensioni essendo molto inferiori alla tipica, si può riferire alla va-
rietà E o F di Bellardi, nelle quali uno dei caratteri differenziali prin-
cipali è appunto la minore grandezza.
Nella marna di Baccanello. Comune.
113. GENoTa RAMOsA Basterot, Mem. geol. sur les envir. de Bordeaux, pag. 63,
tav. I atis. nni
tav All, (e 2010
Tav hist 7" (Gin):
825 (Pleurotoma). — Bellardi, op. cit., parte 2, pag. 84,
77
Nelle marne di Baccanello. Rara.
DI PALEONTOLOGIA 193
114. GENOTA sp. ind.
x
E una forma vicina alla G. ramosa Bast., dalla quale per altro differisce
per vari caratteri importanti. | denti dei margini posteriori sono assai
più sviluppati e ad ogni dente non corrisponde una costicina come nella
ramosa. Le suture inoltre sono molto più profonde e larghe.
Nella marna di Baccanello. Rara.
115. CLavatuLa cfr. Agassizi Bellardi.
Nell’ ornamentazione e aspetto generale corrisponde esattamente al tipo, ma
non così nelle dimensioni, che sono maggiori nell’esemplare trovato nel Rio
presso Casa Massei. Con ogni riserva quindi l’avvicino alla C. Agassizi.
1160. C. Grapata Defrance, Ann. Sc. Nat., vol. XLI, pag. 393, 1826 (Pleurotoma).
— Bellardi, op. cit., parte 2, pag. 175, tav. V, fig. 39, 1877.
Nella marna e molassa di Monterenzo, comune ma in cattivo stato.
117. €. picarinaTA Bellardi, op. cit., parte 2, pag. 197, tav. VI, fig. 22, 1877.
Nella marna di Casa Massei. Abbastanza comune.
148. C. unicosrata Bellardi, op. cit., parte 2, pag. 196, tav. VI, fig. 22%, 1877.
Nella marna di Baccanello. Rara.
11g. C. raurinensIS K. Mayer in Bellardi, op. cit., parte 2, pag. 187, tav. VI,
1 AO TOg7.
Come sopra. Non comune.
120. C. corHnica K. Mayer in Bellardi, op. cit., parte 3, pag. 195, tav. VI,
fig. 20, 1877.
Oltre la forma ordinaria si trova quella a superficie longitudinalmente più
rugosa, dalla ‘coda breve, che il Bellardi indica come varietà A.
Come sopra.
IRC TDICENSIS” OO LAN TO
Conchiglia subfusiforme a spira acuta sul principio, e verso |’ ultimo an
fratto assai aperta. Anfratti largamente e profondamente incavati nel mezzo.
L'ultimo anfratto, che supera i 3/, della lunghezza totale della conchi-
glia, è munito di due cingoli nodosi l’ uno dei quali collocato presso la
sutura posteriore, l'altro a meta dell'altezza dell’anfratto; gli altri
anfratti mostrano il solo cingolo posteriore, perchè l’ altro resta coperto
dall’ anfratto che segue. Nei primi, i nodi sono quasi completa
mente obliterati, permanendo però i cingoli su cui dovrebbero trovarsi.
La supeîficie è pressochè liscia, ma la coda essendo solcata da numerose
RA cog
rughe che si intersecano colle fittissime strie di accrescimento, prende
un aspetto caratteristicamente granulato. La bocca è ovale allungata, la
coda lunga, e assai robusta.
Lunghezza, . . mm. 38.
Warehezzate) oi .n ea ucuuioe
Angolo spirale. . . 50°.
Per l’aspetto generale potrebbe confondersi con la C. spinosa Grtlp., ma da
essa differisce principalmente per la lunghezza dell’ ultimo anfratto che
raggiunge la metà dell’ altezza totale della conchiglia, e per la mancanza
dei cingoli spirali nodulosi sulla coda. Un’altra forma che potrebbe
avvicinarsi alla nostra è la C. zibinica descritta dal Pantanelli, a pag. 88
del vol. XIV, del Bull. Soc. Malac. Ital., 1889. Questa forma però, la
quale per gli ornamenti e per la lunghezza dell’ ultimo anfratto e della
coda, è molto simile alla nostra, se ne distingue immediatamente per la
spira molto più acuta. Infatti mentre nella nostra con 16 mm. di lar-
ghezza si ha una lunghezza di 38 mm., in quella di Montegibio la lun-
ghezza raggiunge 56 mm. pure essendo uguale la larghezza.
Nella marna di Baccanello. Rara.
122, Conus aNnTEDILUVIANUS Bruguiere, Enciclop. method., vers. 1, pag. 037,
tav. CCXLVII, fig. 6, 1792. — Sacco, op. cit., parte 13, pag. 41, tav. IV.
fig. 29, 31, 1893 (Conospirus).
Nella molassa del Rio presso Casa Massei trovasi una forma distinta dalla
tipica per la sua piccolezza, per la lieve depressione dei primi anfratti
e per le granulazioni più pronunziate, prossima a quella che Sacco de-
scrive come v. dertonensis. Altra forma, poco dissimile, pure piccola, ma
più acuta e fortemente granulata, indicata dallo stesso autore sotto il
nome di v. dertogranosa, si rinviene nella marna di Casa Massei.
123. C. BercHausI Michelotti, op. cit., pag. 242, tav. XIII, fig. 9, 1847. —
Sacco, op. cit., parte 13, pag. 8, tav. I, fig. 10; pag. 9, tav. I, fig. 14;
pag. 11, tav. I, fig. 17, 1893 (Dendroconus).
5
Anche di questa elegante specie, abbondante a Baccanello, a Casa Massei,
e in altri depositi di Monterenzo, si possono distinguere svariate forme.
Alcuni esemplari a conchiglia assai sviluppata, acuminata nella parte
anteriore, e a spira assai depressa, riferibili alla v. propebetulinoides di
Sacco, son comuni a Baccanello. Altri più conici, quasi triangolari, po-
steriormente assai rigonfi, riferibili alla v. triangularis Sacco, trovansi
a Casa Massei, unitamente ad una terza forma a spira più rigonfia, cogli
anfratti più arrotondati, che corrisponde alla v. glandiformis Sacco.
123, C-NSpi indi
Nel ricco deposito di Baccanello ho trovato due frammenti di enormi Conus,
che però per lo stato malconcio in cui si trovano non è possibile deter-
minare con sicurezza. La spira addiritura concava farebbe credere che
si trattasse di una forma esagerata del C. Berghausi.
ry
DI PALEONTOLOGIA 195
125. Conus sp. ind., tav. III, fig. 10.
Pure a Baccanello* ho raccolto un frammento di Conus, il quale senza
dubbio appartiene ad una nuova forma, alla quale però mi astengo dal
dare un nome specifico perchè di troppo imperfetta conservazione. La
spira che è intiera e ben conservata, ricorda la varietà taurochelyconoides
Sacco del C. oblongoturbinatus Grat. Ma il profilo della spira in quest’ul-
| timo è leggermente concava, mentre nella nostra forma è perfettamente
rettilineo. Gli anfratti inoltre sono più distintamente scalarati, e portano
presso alla sutura un cingolo ben rilevato. Nei primi anfratti si notano
traccie di tubercoletti e |’ ultimo è profondamente solcato dalle strie di
accrescimento.
126. C. piruLornes Doderlein, Giacim. dei terr. mioc. dell’ Italia centr., pag. 25,
(107), 1862. — Sacco, Cat. paleont. del Bacino terz. del Piemonte, n. 5444,
1890.
Tav. III, fig. 9 (a, d).
Negli esemplari spettanti a questa specie, trovata a Baccanello, la spira è
più pianeggiante che nel tipo.
127. C. Bronni Michelotti, op. cit., pag. 339, tav. XIV, fig. 3, 1847. — Sacco,
I Moll. dei terr. ter. del Piemonte e della Liguria, parte 13, pag. 48,
tav. V, fig. 8, 1893 (Conospirus).
Numerosissima è questa specie in tutti i depositi di Monterenzo: v'è la
forma tipica e forme che si avvicinano alla v. subscalarata di Sacco.
128. C. montiscLavus Sacco, op. cit., parte XIII, pag. 69, tav. VI, fig. 42, 45,
1893 (Chelyconts).
Si hanno forme a conchiglia grossa, subconica a spira mamillata liscia, che
molto probabilmente appartengono alla v. mamillatocrassa. Mentre altre
a spira più depressa si accostano piuttosto alla v. magnomamillata pure
di Sacco.
Nelle marne di Baccanello, Casa Massei. Abbastanza comune.
IZONCACLAVATUSISACCO, ,Op.) Cit, spalten 13, pac. 7.1, tav. VII, ig. 7, 1893
(Chelyconus).
Come sopra.
130. C. PuscHi Michelotti, op. cit., pag. 340, tav. XIV, fig. 6, 1847. — Hòrnes,
Ops cits, VOM mag fie. 0 (a, bs, c), fie. 75 1050.
Tav ties ir.
Si avvicinafper le ornamentazioni a perle dei primi giri al Chelyconus
Puschi_v. pseudoconica Sacco. Per la forma però ricorda la v. scalarata
Sacco. Molti altri esemplari, raccolti nel Bolognese si possono avvicinare
ad altre varietà dello stesso autore. Comunissima in tutti i depositi di
Monterenzo, sia nella marna che nella molassa,
9
NI
135.
enumerati siano riferiti dal prof. Sacco all’ elveziano, e precisa-
RIVISTA ITALIANA
. Conus Maru Sacco, op, cit., parte 13, pag. 63, tav. IV, fig. 8, 1893 (Chelyconus),
Nella marna del deposito a nord di Fiume.
. C. parvus Borson, op. cit., pag. 17 (196), 1820. — Sacco, op. cit., parte 13,
> PAs 95), 7 OF o) 33
pag. 96, tav. IX, fig. 40, 1893.
LI
È comune nella marna di Baccanello e di Casa Massei.
. RINGICULA DOLIIFORMIS Seguenza, Ringicole Italiane (Atti Acc. Sc. Lincei ;
Mem. Sc. fisiche, matem. e natur., serie 3, vol. IX) pag. 26, tav. I, fig. 6 (a, d).
Come sopra.
. Butta BroccHn Michelotti, op. cit., pag. 151, 1847. — Hdérnes, op. cit.,
vol. I, pag. 622, tav. L, fig. 6 (a, 0).
Come sopra.
. B. Lasoxkatreana Basterot, Mem. geol. sur les envir. de Bordeaux, pag. 22,
tav. I, fig. 25, 1825 (Bellina). — Hérnes, op. cit., vol. I, 624, tav. L,
fig. 6 (a, b), 1856.
Come sopra.
), VAGINELLA DEPRESSA, Daudin, Bull. Soc. Phil., n. 43, pag. 1, 1800. — Bel-
lardi, op cit., parte 1, pag. 34, 1973.
Come sopra. -
ENTOMOSTRACI
. BaLanus concavus Bronn, Italiens tertidr. Gebilde, 1831. — Seguenza, Ri-
cerche palentol. intorno ai Cirripedi terz. delle Prov. di Messina, parte 1,
tav. X, fig. 1-8, 1873.
x
È un compartimento mal conservato, raccolto a Baccanello, che con ogni
riserva riferisco al B. concavus.
CYTHERIDEA Sp.
Come sopra.
PESCI
. Dente di Sparoide indeterminabile.
Come sopra,
Ricordai già come i terreni da cui provengono i fossili sopra
mente all’ elveziano superiore, malgrado il Sacco medesimo rico-
nosca che offron talora una facies tortoniana. La fauna che abbiamo
passato in rivista, mi sembra invece confermi il giudizio espresso
già
dal Manzoni e dal Fuchs, sulla piena corrispondenza di
quei terreni col tortoniano; solo credo di non poter convenire con
a
DI PALEONTOLOGIA 197
questi autori allorchè riguardano le marne come un orizzonte di-
stinto dalle molasse, poiché, come si è detto fin da principio, le
due forme litologiche alternano ripetutamente fra loro ed hanno
in comune le specie più caratteristiche.
Non ho bisogno d'’ insistere troppo per mettere in rilievo le
strettissime analogie tra la fauna miocenica della valle dell’ Idice
e quella dei più tipici giacimenti tortoniani d’ Italia. Mi basta ri-
cordare come accanto ad ottimi fossili-guida, quali V Ancillaria
glandiformis Lk. e la varietà laeviplana della Cardita Jouanneti
Bast., si ritrovi nel giacimento nostro l’associazione di quelle
specie di nasse, pleurotome, volute, coni ecc., che caratterizzano
tanto le argille di Baden e le marne di Cabrières d’ Aigues,
quanto i depositi classici di Tortona e di Monte Gibio ecc. Oltre
alle numerosissime specie in comune con le altre faune tortoniane,
è anche interessante notare come la nostra offra spiccato il carat-
tere dell’ « incrassamento del calcare delle conchiglie » che il Sacco
ha notato più di una volta come peculiare del tortoniano (1).
Invece, dato che la fauna propria alla massima parte dell’ el-
veziano bolognese sia quella cui sembra accennare il prof. Sacco,
non è facile trovare in che somigli alla fauna del Monte delle For-
miche e dei luoghi adiacenti. L’ aspetto complessivo è tutto diverso,
le forme in comune è molto se giungono al 10 per cento. Manca
nell’ una tutto ciò che per I’ altra è caratteristico. Come sono esclu-
sivi della fauna nostra le Balanophyllia, la Cardita Jouanneti, le
Ancillaria, parecchi pleurotomidi, coni ecc., esclusivi dell’ elveziano
di Sacco sono |’ Aturia Aturi (Bast.), e i numerosi pteropodi, gli
Amussium, le Solenomya, le Verticordia, le Brissopsis, gli Hemi-
pneustes, gli Spatangus, il Flabellum Vaticani Ponzi (2), per citar
solo i fossili più importanti.
Per noi che ci uniformiamo completamente alle vedute del
prof. De Stefani nel considerare langhiano, elveziano, tortoniano
e messiniano, come corrispondenti non a piani cronologicamente
diversi, ma solo a differenti zone batimetriche del miocene medio,
le dissomiglianze notate tra la fauna della valle dell’ Idice e quella
dei terreni bolognesi che secondo il Sacco rappresenterebbero l’el-
veziano, debbono appunto essere intese come dipendenti da diversa
(1) Le variazioni dei molluschi, pag. 147, Boll. Soc. Malac. It. vol. XVIII.
Modena 18094.
(2) Simonelli. Sopra la fauna del così detto Schlier nel Bolognese e
nell’ Anconitano. Pisa 1891.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Agosto 1896. 15
198 RIVISTA ITALIANA
ne NI A N RUNE PO OR RU RR RRA RARI AAA RRR RARE RR ORR ARR OA OAR TRANI ANA A RNA RAMI RA A A AR AARDAAARALAAR AAA ASS AAA
profondità di deposito. Gli strati ad Ancillaria e Cardita Jouanneiti,
così ricchi di coralli isolati e di gasteropodi carnivori, apparten-
gono certamente alla zona coralligena, come gli altri depositi tor-
toniani. Mentre le marne più o meno sabbiose ad Aturia, ptero-
podi, Solenomya Doderleini, Pholadomya, Verticordia, Amussium
ecc., si dovettero depositare in quella zona più profonda alla quale
corrisponde, in genere, il /anghiano degli autori.
L’ intercalazione di depositi grossolanamente detritici alle marne,
non è un fatto nuovo pel tortoniano, giacchè anche De Stefani
nota che « des conglomerats et des sables n’ y manquent pas » (1);
e non è inconciliabile con l’idea che ci facciamo della profondità
nella quale gli strati si costituirono.
Finalmente, da quanto ho potuto osservare sin ora, mi sembra
potere cut il fatto ammesso dai De Stefani della esistenza
nel Monte delle Formiche di strati elveziani e langhiani, alternanti
fra loro e col tortoniano, tutta la massa affiorante sotto al pliocene
potendo, per i suoi fossili, essere complessivamente riferita al tor-
toniano.
Parma, Museo Geologico dell’ Università, 1896.
(1) De Stefani — Op. cit., pag. 20.
SPIEGAZIONE DELLA TavoLa IV.
1, 2 Cardita Jouanneti Bast. var. laeviplana
3 (a, d) Murex Manzonii n. f.
4 (a, b, c) Cypraea felsinea n. f.
5 (a, b) Ancillaria obsoleta Brocchi
6 » glandiformis Lam.
7 (a, b) Genota ramosa Bast.
8 Clavatula idicensis n. f.
9g Conus piruloides Dod.
TOMO NMISp indi
II » Puschi Micht.
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DI PALEONTOLOGIA 199
Weerevoveuransevesccannvundscnceneannnscnsdesduncawennwusun=ncnnetnnnnaresunnan=saaccnnenacancsnnanennsaenanenanasescasenneneacsccnesccensanudacsvenanunascaawsacamaanaccenssas
IV.
Contributo alla conoscenza
dell’ ittiofauna miocenica di Mondaino.
Memoria DI Ivanoe Bonomi
(TAVOLA Vv)
Quasi tutti gli ittioliti che sono oggetto di questo studio mi
furono cortesemente ceduti dal dott. Giacomo Cecconi che li
raccolse a Mondaino (prov. di Forlì) e precisamente in una collina
a S. E. del paese, nella proprietà del sig. Davide Scatolari. Di que-
sti ittioliti il dott. Cecconi prometteva, in una sua nota sopra
un coleottero fossile raccolto in quella medesima località (1), di
occuparsi fra breve, ed anzi ne anticipava un elenco di 8 generi
comprendenti 18 specie. Pochi altri ittioliti, sempre raccolti nel
tripoli di Mondaino, mi vennero gentilmente comunicati dalla
Direzione del Museo paleontologico di Pisa.
Il paese di Mondaino — secondo le notizie che ho potuto rac-
cogliere unicamente dalla Monografia della provincia di Forlì
del senatore Scarabelli (2) — poserebbe proprio sulla testata
di strati schistosi bianchi, fogliacei, ad ittioliti. Questi « schisti
argillo-silicei che odorano di bitume » starebbero, in tutte quante
le località dove si ritrovano in strati di sufficiente potenza, imme-
diatamente sopra alla molassa del miocene medio, mentre superior-
mente, o sarebbero collocati in piena concordanza colla formazione
gessifera, o si alternerebbero in istrati sottili coi gessi stessi come
a Formignano, oppure starebbero a rappresentare da soli la forma-
zione gessosa, come osservasi a Mondaino. Nella quale località di
conseguenza — sempre secondo lo Scarabelli — gli schisti ad
ittioliti si collegano in alto con quegli strati potenti di sabbia con-
solidata giallastra che altrove ricoprono le formazioni gessose. Quanto
alle notizie paleontologiche intorno a questo giacimento, il sena-
(1) Cecconi — Sphodrus Capellinii, dei tripoli di Mondaino. Bologna 1892.
(2) Forlì 1880.
200 RIVISTA ITALIANA
rr ee TA ACACIA EEE TIE EAE COIL EEE DEE
tore Scarabelli non riporta, nell’opera citata, che un elenco
delle diatomee studiate dall’ abate Castracane; in seguito il dot-
tor Cecconi vi ritrovò, oltre ad un coleottero fossile (Sphodrus
Capellini), la Globigerina bulloides e Y Orbulina universa tra le
foraminifere, i generi Lithocampe e Spongodiscus tra i radiolari, e
avanzi di vegetali terrestri, quali Laurus, Glyptostrobus, Pinus (1).
Va fatta menzione ancora di una clupea (Clupea tenuissima Ag.)
figurata e descritta dall’ Agassiz (2), e di un Lepidopus determi-
nato dal de Bosniaski (3).
Intorno all’ età geologica dei tripoli — non potendo recar qui
che le diverse opinioni di quelli che si sono occupati dei tripoli
italiani — lo Scarabelli li ascrive, assieme ai gessi, la cui com-
parsa ritiene coincida con quella dei tripoli, al tortoniano, anzi al
tortoniano inferiore ; gli strati superiori essendo costituiti dalle sab-
bie consolidate e dalle marne. Per lo Scarabelli questo giaci-
mento starebbe a « rappresentare : deposizioni di paduli o lagune
in cui per la vicinanza del mare deponevansi anche i relitti di que-
sto ». Ipotesi che gli pare confermata tanto « dalla natura stessa
litologica dei loro strati » e dalla grande abbondanza di filliti negli
schisti fogliacei di Senigallia, che considera sincroni con quelli di
Mondaino, quanto per la natura decisamente lacustre che assume più
lungi il calcare cavernoso interposto agli schisti siliciferi di Mondaino.
D’ altro avviso è il Cecconi, il quale, riferiti i tripoli di
Mondaino non già al tortoniano, o miocene medio, o secondo piano
mediterraneo dei geologi austriaci, ma al miocene superiore, non
crede nemmeno che, per una pretesa analogia cogli schisti fogliacei
di Senigallia, debba ritenersi anche il particolare deposito di Mon-
daino di natura lagunare. Tanto più che I’ origine marina del gia-
cimento gli pare risulti dalla forte preponderanza di forme marine
negli ittioliti osservati, dalla abbondanza di alcuni foraminiferi
quali la Globigerina bulloides e l’ Orbulina universa, ritenuti — er-
roneamente però — solo di mare profondo, e finalmente dalla flora
diatomacea, quasi esclusivamente pelagica secondo I’ autorevole opi-
nione dell’ ab. Castracane (4). Nè può contraddire a questa ipo-
(1) Cecconi — Op. cit., pag. 5.
(2) Agassiz — Recherches sur les poissons fossiles. Neuchatel 1833-44,
vol. V, parte 2, pag. 120.
(3) Proc. verb. Soc. Tose. Sc. Nat., vol. I, pas. 115.
(4) In una lettera del 19 luglio 1891 che l’ ab. Castracane scriveva al
Cecconi. Vi. Gecconi, op. cit pag. 12.
i
By
di
DI PALEONTOLOGIA 201
tesi il trovarsi nei tripoli di Mondaino parecchi vegetali terrestri e
pochi insetti a volo debole e breve, potendosi facilmente, secondo
il Cecconi, spiegare la loro presenza con le azioni di correnti
marine od atmosferiche.
Ma i tripoli con ittioliti di Mondaino, per quanto poco stu-
diati, vennero gia da tempo comparati a tutti gli analoghi tripoli
terziari del bacino mediterraneo, e riferiti tutti insieme ad uno
stesso orizzonte.
Fino dal 1876 il senatore Capellini faceva corrispondere i
banchi di tripoli che sottostanno alla formazione solfifera di Ver-
gato, Montovolo e Loiano, agli schisti a diatomee, filliti ed ittioliti
del Gabbro in Toscana, di Mondaino nelle Romagne, di Licata in
Sicilia (1), e riconosceva la loro corrispondenza cronologica coi
celebri tripoli di Bilin in Boemia (2).
Il de Bosniaski in parecchie adunanze della Società toscana
di Scienze naturali, esponendo i propri studi sull’ ittiofauna del
Gabbro, rilevava le strette affinità che i tripoli toscani presentano
con gli altri italiani di Licata, Grotte, Cannitone, Stretto, Calta-
nissetta, Catanzaro, Mondaino, Talacchio, ecc., e con quelli di
Orano in Algeria.
Finalmente il Sauvage, nelle sue nuove ricerche sui pesci
fossili di Licata, aggiungeva : « Signalé depuis longtemps en Algérie
par Louis Agassiz, découvert près de l’antique Phintia par
M. Alby, retrouvé a Stretta par M. St6hr, vu dans divers points
de la Sicile par M. Mottura et par M. de Pinteville dans
l’ haute Egypte, indiqué par MM. Capellini et de Bosniaski
en Toscane, cet horizon existe avec les mémes caractéres pétrogra-
phiques et paléontologiques en Espagne, en Asie Mineure, aus por-
tes de Costantinople (3) ». E, potremo aggiungere ancora, all’ isola
di Candia, dove il mio egregio professore Simonelli rinvenne
nei terreni neogenici i tripoli con ittioliti (4).
(1) Capellini — Swi terreni terziari di una parte del versante setten-
trionale dell’ Appennino. Acc. Sc. Ist. Bologna, serie 3, vol. VI, 1876, pag. 597.
(2) Capellini — Calcare a Amphistegina, strati a congerie e calcare
di Leitha nei Monti Livornesi. Rend. Acc. Sc. Ist. Bologna, 1875, pag. 5-
(3) Sauvage — Nouvelles recherches sur les poissons fossiles de Licata.
Bibl. de I’ Ecole des hautes études, vol. XX, art. 4, 1880. i
(4) Simonelli — Appunti sopra i terreni neogenici e quaternari del-
l’ isola di Candia. Rend. R. Acc. dei Lincei, vol. III, 2° sem., serie 5, fasc. 7, 8,
1894, pag. 265.
202 RIVISTA ITALIANA
Ora, se i paleontologi che hanno studiato questi diversi gia-
cimenti siliciferi ad ittioliti sono concordi nel ritenerli appartenenti
ad uno stesso orizzonte, questo orizzonte non è il medesimo per tutti,
Il Sauvage ritiene, dietro gli studi del Seguenza e del
Mottura, che il giacimento di Licata sia da ascriversi al miocene
superiore, a quel gruppo di terreni compreso fra il miocene medio,
o tortoniano, e I’ astiano e che costituisce lo zancleano di Seguenza
o il messiniano di Mayer. La sua origine sarebbe marina e rap-
presenterebbe una formazione d’estuario, dove piccoli fiumi aves-
sero nelle loro piene trascinato al mare i loro pesci, o in cui il
mare, penetratovi per l’ impeto delle tempeste o nelle alte maree,
ne avesse tratti e ritenuti i cadaveri (1).
Intorno agli stessi tripoli siciliani lo St6hr ha diversa opinione :
i tufi ed i tripoli non si rinvengono, come afferma il Mottura,
separati da alcun strato intermedio, la loro connessione intima e
quindi il loro sincronismo è dimostrato ancora dalle specie carat-
teristiche di pesci che si rinvengono nei tufi di Stretto (2). Ora
dalla facies di questi tufi, come dai microorganismi fossili dei tri-
poli, egli ritiene questi terreni conternporanei alle marne di Baden,
ossia li ascrive al tortoniano o secondo piano mediterraneo. Questi
terreni rappresenterebbero una formazione di mare profondissimo,
nel quale avrebbero dovuto sboccare i fiumi delle isole prossime,
condizione che ricorda quella attuale del Gange, dove I’ abisso si
sprofonda sotto la foce. Solo in seguito, pel sollevamento dei ter-
reni il mare accennando a divenir laguna, si deposero cogli ultimi
tripoli i primi strati solfiferi, la cui comparsa segna l’ aurora del
messiniano.
Il senatore Capellini, studiando i tripoli del Gabbro in
Toscana, in cui rinvenne ittioliti, entomoliti e numerose filliti, po-
neva questo giacimento nel miocene superiore e precisamente nel
sarmatiano, tra il calcare di Rosignano disotto ed i conglomerati cal-
careo-serpentinosi e le sabbie marnose a Tapes gregaria di sopra (3).
(1) Sauvage — Memoire sur la faune ichthyologique de la periode ter-
tiaire etc. Bibl. de 1° Ecole des hautes études, vol. VIII, 1873. Ann. Sc. Géol.,
vol. VII, 1876, pag. 66 e 263.
(2) Stéhr — Sulla posizione geologica del tufo e del tripoli nella zona
solfifera di Sicilia. Boll. R. Com. Geol. Ital., 11-12 1878.
(3) Capellini — Il calcare di Leitha, il Sarmatiano e gli strati a Con-
gerie nei monti di Livorno ecc. R. Acc. dei Lincei, serie 3, vol. II, 1878. —
Gli strati a Congerie la formazione gessoso-solfifera nella provincia di Pisa ecc,
R. Acc. dei Lincei, serie 3, vol. V, pag. 55, 1880,
DI PALEONTOLOGIA 203
Ma il de Bosniaski quasi contemporaneamente, data rela-
zione de’ suoi studi paleontologici e stratigrafici intorno ai tripoli
dello stesso monte Gabbro, concludeva col porli — per I’ habitus
molto recente della loro ittiofauna fossile e per |’ asserita connes-
sione tra i gessi ed i tripoli, che si supponevano così deposti in
due fasi successive ma ininterrotte —- alla base di quel pliocene
d'acqua salmastra che sottostà al pliocene marino (Older Pliocene
di Lyel)) e che costituisce la zona mio-pliocenica di molti autori (1).
Senonchè più tardi, recatosi ad osservare la successione stratigra-
fica dei terreni e risultandogli sottostare i tripoli al calcare di Ro-
signano ed essere separati dalla formazione gessosa da un sedi-
mento marino di grande potenza, ascriveva i tripoli del Gabbro al
secondo piano mediterraneo del Suess (2).
Completando queste conclusioni con i risultati stratigrafici
offerti dai tripoli di Calabria, delle Marche, di Romagna, dove non
li ritrovò mai alla base della formazione gessosa (a Mondaino e
Talacchio ne sono separati da « una molassa di oltre roo metri
di potenza ») il de Bosniaski ritiene che i tripoli italiani for-
mino la zona intermedia del tortoniano: una zona superiore ma-
rina separerebbe i tripoli dalla formazione gessoso-solfifera, una zona
inferiore, pure marina, poserebbe sull’ eocene in Toscana e Calabria
e sul primo piano mediterraneo nelle Romagne, nelle Marche e
forse in Sicilia. Respinta poi l’ ipotesi del Sauvage e dello Stòhr,
che suppongono la formazione dei tripoli nei seni di mare alla foce
di fiumi, egli ammette l’esistenza di una lunga zona salmastra, co-
stituitasi in un periodo dell’epoca tortoniana nel quale si fos-
sero rallentate o interrotte le comunicazioni fra il nostro mare e
l'Oceano (3).
Il De Stefani finalmente, ritenendo, per una larga serie di
fatti, che Elveziano, Tortoniano, Langhiano, Messiniano primo di
Mayer, Zancleano inferiore di Seguenza, primo e secondo piano
mediterraneo di Suess, non rappresentino che profondità diverse
nel mare del miocene medio, distingue in questo mare quattro
zone batimetriche: zona littorale, zona delle laminarie, zona coral-
ligena e zona abissale. Considerati poi i tripoli come depostisi nel
(1) “Atti Soc: Tose. Sc. ‘Nat., vol. I, pag. 55.
(2) Bosniaski — Cenni sull’ ordinamento cronologico degli strati terziari
superiori nei monti Livornesi ecc. Atti. Soc. Tosc. Sc. Nat., vol. I, pag. 113.
(3) Bosniaski — La formazione gessoso-solfifera ed il secondo piano
mediterraneo in Italia. Atti Soc. Tosc. Sc. Nat., vol. II, pag. 98, 1870.
VARIANTI Hens TP TANO ESAT TORRE PETE
ce Tad O A î
204 RIVISTA ITALIANA
RI RIA I LEE TL RA ME FE E MIO AA PA ATA PL EIA RR POR RL RN REIT NODI IINA SIR RIDA PORES PA
miocene medio, ascrive quello del Gabbro alla zona littorale, cor-
rispondente alla facies del Messiniano primo, e quelli di Mondaino
e di Licata alla zona abissale o langhiana (1).
A completare questa breve rassegna degli studi sui tripoli mio-
cenici italiani, occorre far cenno dell’ opinione dello Spezia, ac-
cettata dal Tedeschi, intorno alla formazione di questi tripoli, e
per la quale la silice, che attraverso la trafila organica andò costi-
tuendo questi depositi, deve avere una origine endogena (2).
Segue la descrizione di quelli fra i pesci fossili mondainesi che
io son riuscito a determinare.
SIPHONOSTOMA ALBYI Sauvg.
1870. Singnatus Albyi Sauvage, Synopsis des poissons, tertiaires de. Licata, en
Sicile. Ann. des Sc. géol. 1870, art. 7, et Bibl. de l'Ecole des hautes
études voll sl Ve aarti, (pac. we
1873. Siphonostoma Albyi Sauvage, Mem. sur la faune ichthiolog. de la période
tert. etc. Bibl. de 1° Ecole des hautes études, vol. VIII, 1873; Ann. des
Sc.. géol., vol. VII, 1876, pag. 81, fig. 42, 42 a, 42 b.
1878. Siphonostoma Albyi Stohr, Sulla posizione geologica del tufo e del tripoli -
nella zona solfifera di Sicilia. Boll. Com. geol. ital., 1878, n. 11-12.
1892. Siphonostoma Albyi Cecconi, Sphodrus Capellinii, nuova specie di Coleot-
tero fossile dei tripoli di Mondaino. Bologna 1892, pag. 5.
1892. Siphonostoma sp., Cecconi, op. cit., pag. 5.
Lunghezza totale mm. 163-186. — Altezza massima 7-8. — Lungh. testa
27-34. — Alt. mass. testa 5-6. — Tratto postoculare testa 6-2. — Lungh.
muso ?-24. — Distanza dal muso alla dorsale 83-?.
Questa specie che l’ Alby trovò assai frequente nella forma-
zione di Licata, così da costituire uno dei principali caratteri di
quella fauna, si presenta in 12 esemplari, tutti frammentari ad ecce-
zione di due, pur essi mal conservati, e da cui ho tratto le dimen-
sioni che reco.
Si riconosce facilmente per la forma stretta ed assai allungata
del corpo, pel muso foggiato a rostro, per la dorsale caratteristica
collocata a mezzo della complessiva lunghezza, per la esigua coda
a pennacchio, ed infine per le grosse squame che danno al corpo
(1) De Stefani — Les terrains tertiaires superieurs du bassin de la
Mediterranee. Liége 1893.
(2) Spezia — La silice nei tripoli di Sicilia. Acc. Sc. Torino 1894. —
Tedeschi — I radiolari delle marne mioceniche d’ Arcevia. Rivista ital. di
paleont., fasc. 1, pag. 39, 1895.
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DI PALEONTOLOGIA 20
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un aspetto annulato, e che, fortemente prominenti nella loro linea
di incontro, fanno assai rugosa la superfice. La testa, compresa sei
volte nella intera lunghezza, è solo un poco più bassa della massima
altezza del corpo: termina con un rostro diritto, sviluppatissimo ed
alquanto dilatato alla sua estremità. In prossimità del tratto ove la
parte superiore di questo rostro si congiunge colla testa propriamente
detta, è situata I’ orbita, abbastanza grande, di forma ovale e quasi
due volte più lunga che alta. L’ opercolo, grande, irregolarmente |
quadrilatero, è situato piuttosto in alto, subito all’ indietro dell’ oc-
chio. Inferiormente si continua, con un margine molto arrotondato,
il subopercolo, sviluppatissimo, a foggia di un quadrante di cer-
chio, ed ornato da circa 13 sottili strie disposte come stecche di
. ventaglio, intersecate da poche altre parallele al margine esterno.
L’interopercolo si prolunga sotto I’ orbita per innestarsi alla parte
inferiore del rostro. Le due porzioni del rostro formate, la supe-
riore dall’ etmoide, vomere, nasale, intermascellare e mascellare, la
inferiore dall’ jugale, articolare e mascellare inferiore, si aprono con
una fessura leggermente obbliqua, che costituisce lo squarcio della
bocca. Il corpo, che per le grosse squame da cui è ricoperto non
permette d’ osservare lo scheletro interno, può venire distinto dal-
l’inizio della pinna dorsale, in tronco e regione caudale. Unifor-
memente allungato, il tronco presenta nel margine ventrale del suo
tratto ultimo una leggiera concavità che segna il successivo restrin-
gimento della parte caudale. La pinna dorsale comincia alla metà
della lunghezza complessiva del corpo, e si prolunga per un tratto
che è un poco più del quinto della regione caudale. Vi conto 38
raggi, esili, diritti, distintamente separati l’ uno dall’ altro da un
intervallo corrispondente a due volte il diametro di un raggio.
L’ altezza della dorsale, che si mantiene pressochè uniforme, equi-
vale all’ altezza del corpo nel tratto sottostante alla pinna. Nella
caudale piccola e foggiata a pennacchio non si possono distinguere
i raggi. Le altre pinne non si sono conservate. Le squame sono
molto grandi e caratteristiche. Hanno una forma fondamentalmente
rettangolare, ad angoli arrotondati in modo da rendere iJ margine
quasi ovale, specie nelle squame inferiori. La faccia esterna pre-
senta una depressione mediana, i cui labbri fortemente rialzati
contribuiscono a renderla più profonda e più decisa. Normalmente
a questa depressione, che corrisponde all’ asse maggiore dell’ ovale,
si notano circa ro solchi diritti e profondi. Questi solchi sono
intersecati da alcune strie sottili, parallele all’ asse maggiore, ma
leggermente curve. Le squame che ricoprono la parte superiore del
Rivista Italiana di Paleontologia. — Agosto 1896. 16
206 RIVISTA ITALIANA
corpo sono alquanto più piccole delle inferiori. Ogni serie di squame,
nella sua linea longitudinale di incontro con un'altra serie, pre-
senta una cresta molto prominente ed acuta.
Ho ascritto a questa specie anche il Siphonostoma sp. del
dott. Cecconi, perchè le lievi differenze che esistono fra gli esem-
plari mi paiono piuttosto individuali che specifiche.
CLUPEA TRINACRIDIS Sauvg.
1873. Clupea trinacridis Sauvage, op. cit., pag. 234, fig. 77.
1878. » » Capellini, Il calcare di Leitha, il Sarmatiano e gli
strati a congerie nei monti di Livorno, di Castellina marittima, di Miemo
e di Monte Catini. R. Acc. Lincei, serie 3, vol. II, 1878.
1878. Clupea trinacridis De Bosniaski. Atti Soc. Tosc. di Sc. Nat., Processi
verbali, vol. I, pag. 19.
1892. Clupea trinacridis Cecconi, op. cit., pag. 5.
Lungh. totale mm. 44. — Alt. mass. 7. — Lungh. testa 11. — Dal muso
all’origine della dorsale 15. — Da orig. dorsale a orig. caudale 19. — Da orig.
pettorale a orig. ventrale 6. — Da orig. ventrale a orig. anale 7. — Da orig.
anale a orig. caudale 14.
Questa specie di forma snella e molto allungata, misura la
sua massima altezza subito dietro la testa. I margini superiore ed
inferiore del corpo, quasi diritti, convergono leggermente ed uni-
formemente verso il pedicello caudale. La testa, contenuta quattro
volte nella lunghezza totale, termina con un muso alquanto acu-
minato. La linea della fronte scende diritta. L’ orbita, assai grande
ed ovale, è situata molto in avanti ed in prossimità della linea
frontale. Le due mascelle hanno pressochè eguale lunghezza. Lo
squarcio della bocca è profondo ed alcun poco obliquo. L’ oper-
colo, col margine posteriore molto arrotondato, ha la forma rego-
lare di un quadrante di cerchio. Il subopercolo è sviluppato, e si
prolunga molto in avanti. La colonna vertebrale consta di vertebre
gracili, alquanto più lunghe che alte. Conto circa 19 vertebre ad-
dominali e 15 caudali, essendo le altre vertebre posteriori (che
dovrebbero essere 3, secondo ii numero complessivo che loro as-
segna il Sauvage) non conservate. Le coste, 12 paia, sono relati-
vamente forti e lunghe; arcuate le prime, quasi diritte le ultime.
Al margine inferiore della cavità addominale si vede qualche costa
sternale. Le emapofisi e le neurapofisi sono lunghe e sottili: di-
ritte nel loro primo tratto basale, s’ incurvano leggermente all’ in-
dietro nella loro estremità libera. Sono pressochè egualmente incli-
DI PALEONTOLOGIA 207
a ee eB ree ee ee eee ee E e e a
nate sulla colonna vertebrale, solo verso la coda le emapofisi sono
piu inclinate e piu lunghe delle corrispondenti neurapofisi. La dor-
sale è alquanto più ravvicinata all’ estremità anteriore del corpo
che non alla posteriore. Si distende per breve tratto, ma in com-
penso è molto lunga. I suoi raggi, ramosi nel loro tratto estremo,
e circa in numero di 12, hanno una altezza che quasi eguaglia
quella del corpo nel punto corrispondente. Sono sostenuti da 12
interneurali abbastanza robusti, e, ad eccezione dei primi quattro,
che oltrepassano la metà della distanza che corre tra la colonna
vertebrale ed il margine superiore del corpo, sono anche rivolti
obliquamente in avanti.
In corrispondenza del termine posteriore della dorsale, comincia
l’anale, che occupa un breve tratto. Dei suoi raggi sottili e lunghi
non posso precisare il numero. Osservo però come la loro lun-
ghezza vada decrescendo dai raggi anteriori ai posteriori. La ven-
trale, ad egual distanza dalla anale e dalla pettorale, è situata sotto
l’ origine della dorsale. Ha raggi gracili, lunghi ed arcuati, ed è
di forma triangolare. La pettorale, inserita ai lati del corpo subito
dietro l’ opercolo, ha raggi gracilissimi e numerosi che paiono ab-
bastanza lunghi. La caudale, espansa e divisa in due lobi da un
seno stretto e profondo, ha i suoi margini, inferiore e superiore, in
proseguimento con quelli del corpo. Nel nostro esemplare non si
è conservato, ed anche imperfettamente, che un solo lobo, il su-
periore.
CLUPEA XENOPHANIS Sauvg.
1873. Clupea Xenophanis Sauvage, op. cit., pag. 237, fig. 83, 86.
1892.» » Cecconi, op. cit., pag. 5.
Lungh. totale mm. 37. — Alt. mass. 8. — Lungh. testa 9,5. — Dal muso
a orig. dorsale 13. — Da orig. dorsale a orig. caudale 15. — Da orig. ventrale
a orig. anale 5. — Da orig. anale a orig. caudale g. — Lungh. caudale 8.
La testa, grossa ed alquanto più lunga che alta, è contenuta
quattro volte nella lunghezza complessiva del corpo. La linea della
fronte scende convessa ad un muso arrotondato. La mascella su-
periore, che sporge distintamente sopra l’inferiore, è arcuata, ed il
suo intermascellare, situato molto avanti, si congiunge alla linea
della fronte con un angolo arrotondato. L’ occhio, grande e circolare,
è situato assai in avanti. Lo squarcio della bocca è alquanto pro-
fondo. Il mascellare inferiore è robusto, espanso, a foggia di un
triangolo scaleno di cui il lato maggiore corrisponderebbe al mar-
gine esterno. L'apparecchio opercolare è mediocremente sviluppato :
208 RIVISTA ITALIANA
il suo margine posteriore è arrotondato. La colonna vertebrale, ro-
busta e diritta, è formata da vertebre quasi egualmente lunghe
che alte. Conto 32 vertebre, alle quali bisognerà aggiungere quelle co-
perte dalle ossa della testa. Sopra questo numero, 18 sono caudali.
Le neurapofisi sono esili e brevi, colla loro estremità libera legger-
mente arcuata. Le emapofisi, pure esili, sono invece lunghe e diritte.
Le coste, lunghe, robuste ed assai arcuate, raggiungono il margine
inferiore della cavità ventrale, dove non si possono osservare trac-
cie di coste sternali. Conto circa 10 paia di coste. La dorsale s’ ini-
zia un poco più avanti della metà del tratto che corre dal muso
all’ origine della caudale. È estesa ed assai alta. Vi conto circa 12
raggi esili e lunghi, ramosi alla loro estremità. Gli interneurali
gracilissimi giungono, specie gli anteriori, fino a °/ della distanza
fra il margine superiore del corpo e la colonna vertebrale. La
anale è situata alquanto indietro rispetto all’ estremo posteriore della
dorsale. I raggi sono esili e non troppo lunghi: la loro lunghezza
va gradatamente diminuendo dagli anteriori ai posteriori. La ven-
trale, situata sotto il mezzo della dorsale, è gracile ed ha pochi raggi
e sottili. Lo stesso si osserva nella pettorale, situata molto in alto.
La caudale è sviluppata e divisa da una profonda incisura in due
lobi che paiono dover terminare poco acuti. Non posso con pre-
cisione darne la formola.
CLUPEA CAUDATA Sauvg.
1870. Sardinella caudata Sauvage, Synopsis etc., pag. 21.
1873. Clupea caudata Sauvage, Mem. sur la faune etc., pag. 238, fig. 75.
TO7O ke) » De Bosniaski, op. cit, pag. 19.
1892. » » Cecconi, op. cit., pag. 5.
Lungh. totale mm. 35. — Alt. mass. 5,5. — Lungh. testa 10. — Dal muso
a orig. dorsale 14. — Da orig. dorsale a orig. caudale 18. — Da orig. anale a
orig. ventrale 6, —- Da orig. anale a orig. caudale 9. — Lungh. caudale 7.
Questa forma esilissima, allungata, e molto piccola, misura la
sua massima altezza subito dietro la testa. Il corpo, i cui margini
superiore ed inferiore sono appena sensibilmente arcuati, si restringe
alquanto al pedicello caudale; ma la differenza tra la massima al-
tezza e la minima è molto esigua. La testa, due volte più lunga
che alta, è contenuta tre volte e mezzo nella lunghezza comples-
siva. La linea della fronte, sviluppata e diritta, concorre al vertice
di
DI PALEONTOLOGIA 209
di un muso appuntato, di cui il lato inferiore è quasi orizzontale.
L’ orbita grande ed ovale, è situata assai in avanti: il diametro
maggiore trovasi in una linea parallela alla frontale. Lo squarcio
della bocca penetra molto profondo. Il mascellare superiore forma
quasi interamente il margine della mascella: è molto lungo e a
foggia di un triangolo isoscele col vertice più acuto rivolto in
avanti. L’ intermascellare, esile e breve, si continua alquanto rivolto
superiormente. Nella mascella inferiore osservasi un dentario lungo,
sottile e diritto: non vi ho potuto riconoscer traccia di denti.
L’ apparecchio opercolare, molto espanso, è di forma pressochè
quadrilatera, col lato posteriore leggermente concavo. La colonna
vertebrale, esile ed alquanto arcuata nella porzione superiore, con-
sta di vertebre gracili, assai più lunghe che alte. Il loro numero
complessivo non si può determinare con precisione: conto però 19
vertebre caudali. Le coste, lunghe e molto curvate, paiono rag-
giungere le 9 paia. Esse si prolungano fino al margine inferiore
della cavità addominale, in cui si possono osservare, in posizione
alquanto obliqua, circa tre coste sternali. Le neurapofisi gracili
e brevi si inclinano debolmente sulla colonna vertebrale: la loro
estremità libera si piega leggermente in arco in direzione della
coda. Le emapofisi, più lunghe e più esili, hanno un’ inclinazione
maggiore sull’ asse vertebrale: quelle poi in prossimità della coda
sono perfettamente diritte. La dorsale si inizia alquanto più innanzi
della metà del corpo, non compresa la coda. È formata da raggi
abbastanza robusti, lunghi quasi come l’ altezza del corpo nel tratto
corrispondente. Gli interneurali, circa 10, sono corti e sottili: i tre
anteriori però giungono fino a metà della distanza che corre tra il
margine superiore del corpo e la colonna vertebrale. L’ anale è
poco distinta. I raggi sono brevi e gracili come gli interemali. Que-
sta pinna è di breve lunghezza. La ventrale è situata in corrispon-
denza alla dorsale. Ha pochi raggi sottili. La pettorale non si è
conservata. La caudale, assai sviluppata, raggiunge un quinto della
lunghezza complessiva. È profondamente divisa in due lobi acu-
minati, poco espansi, ma per compenso assai lunghi.
CLUPEA TENUISSIMA Ag.
Tav. V, fig. 2.
1833-43. Clupea tenuissima Agassiz, Recherches sur les poissons fossiles. Neu-
chatel, 1833-44, vol. V, parte II, pag. 120. gtlas: vol. V, tav. LXI, fig. 3.
— Clupea tenuissima. In sch. Mus. Pis,
210 RIVISTA ITALIANA
Lungh. totale mm. 52. — Alt. mass. 19. — Lungh. testa 16. — Dal muso
a orig. dorsale 24. — Da orig. dorsale a orig. caudale 23. — Da orig. anale
a orig. caudale 15. — Da orig. anale a orig. ventrale 7. — Lungh. caudale 8,
— Diametro orbita 4,5.
Questa Clupea che trovasi in più di venti esemplari nella no-
stra collezione, ritrovasi pure numerosissima fra gli ittioliti di
Mondaino che mi furono cortesemente comunicati dal Museo pa-
leontologico di Pisa.
Va notato che questa specie, descritta e figurata da Agassiz,
veniva indicata come proveniente dai tripoli di Radusa e di Mon-
draino (certo Mondaino) presso Rimini, ossia dalla stessa località
da cui provengono gli esemplari che descrivo. Però la figura che
l’ Agassiz dava di questa specie è così incompleta, specialmente
nella parte anteriore del corpo, che le nostre forme potranno a
primo tratto sembrare spettanti a specie diversa. Nondimeno nella sua
descrizione Agassiz notava che la testa gli pareva assai volumi-
nosa: e questo carattere assai importante, assieme a quelli che ab-
biamo potuto osservare nella regione caudale, ci persuadono che i
nostri esemplari così abbondanti possono essere ascritti alla specie di
Agassiz.
La forma tipica del corpo, in mezzo alle numerose variazioni
individuali, è assai tozza e compressa lateralmente. I margini su-
periore ed inferiore fortemente convessi si riuniscono in avanti con
una curva continua che limita il muso schiacciato, e tutta la re-
gione addominale assume I’ aspetto di un ovale. La regione della
coda invece si restringe uniformemente fino al pedicello caudale
poco alto, presentando così la forma di un cono tronco. La testa,
egualmente alta che lunga, è assai sviluppata, la sua estremità po-
steriore coincidendo colla altezza massima del corpo. La linea della
fronte scende convessa. L’ orbita, collocata in avanti, assai prossima
alla linea frontale, è molto grande ed ha forma ovale. Lo squarcio
della bocca s’ apre molto in basso ed obliquamente. I pezzi oper-
colari hanno un margine posteriore arrotondato, quasi semicirco=
lare. La colonna vertebrale sufficientemente robusta è composta di
vertebre alquanto più lunghe che alte, e il cui numero non può
esser dato con precisione, a causa delle grosse squame che rico-
prono il corpo in tutti i nostri esemplari. Paiono ad ogni modo
raggiungere le 35. L’ asse vertebrale si mantiene prossimo al mar-
gine superiore del corpo, per cui le apofisi superiori sono più brevi
delle inferiori, poco inclinate. Le coste, molto lunghe, racchiudono
uno spazio addominale assai vasto. La dorsale s’ inizia a metà circa
(1) Sauvage — Memoire sur la faune etc., pag. 238, fig. 75.
(2)
Idem — Op. cit:, pag. 234, fig. 77.
DI PALEONTOLOGIA 215
III III III III III
CLupea Bosniask n. sp.
ADEA in lesoweds se
1892. Clupea gregaria non Bosn., Cecconi, op. cit., pag. 5.
Lungh. totale mm. 37. — Alt. mass. 10. — Lungh. testa 10. — Dal muso
a orig, dorsale 15. — Da orig. dorsale a orig. caudale 14. — Da origine anale
a orig. caudale ro. — Da orig. ventrale a orig. anale 7. — Lungh. caudale 6.
Questa specie è, come la Clupea gregaria Bosn. a cui il Cec-
coni la riferiva, di piccole dimensioni: misura la sua massima
altezza subito dietro la testa, da dove il corpo comincia subito a
restringersi fino a misurare, al pedicello caudale, soltanto un terzo
della massima altezza. La testa, egualmente alta che lunga, è con-
tenuta quasi tre volte nella lunghezza del corpo, caudale non com-
presa. La linea della fronte è prolungata e diritta. Il muso appuntato
ha una forma regolarmente conica. Lo squarcio della bocca è pro-
fondo e si apre obliquamente. La mascella inferiore robustissima si
presenta come un triangolo isoscele di cui il vertice più acuto sa-
rebbe rivolto anteriormente. L’ orbita, assai grande e circolare, è
situata in avanti, sotto la metà della linea frontale. I pezzi operco-
lari sono poco espansi e col margine posteriore arrotondato. La
colonna vertebrale s’ inizia dietro |’ estremità superiore della testa,
e si mantiene nella linea mediana del corpo. Le vertebre, gracili,
sono alquanto più lunghe che alte: ne conto 17 caudali e circa 14
addominali. Le coste sono lunghe e sottili e, specie le anteriori,
molto arcuate. Non posso contare il loro numero, perchè son disor-
dinatamente intersecate da numerose lische muscolari. Le emapofisi
e le neurapofisi, molto gracili, hanno una pressochè identica incli-
nazione sull’ asse vertebrale. Le neurapofisi si inseriscono quasi alla
metà del corpo della vertebra. La dorsale è situata quasi ad egual
distanza fra l’estremo anteriore del muso ed il posteriore della coda,
Consta di raggi assai lunghi e relativamente robusti, la lunghezza dei
quali eguaglia quasi I’ altezza del corpo nel tratto corrispondente;
ne conto circa 10, di cui il primo breve e spinoso, gli altri ramosi.
L’anale s’ inizia in corrispondenza al termine posteriore della dor-
sale. I suoi raggi abbastanza robusti sono gradatamente più brevi
dai primi agli ultimi. Conto 11 interemali molto brevi. La ven-
trale è collocata sotto I’ origine della dorsale, ed è anch’ essa molto
sviluppata. I suoi raggi sono esili, assai lunghi e numerosi. La pet-
torale, subito dietro |’ opercolo, ha pure raggi assai esili. La cau-
dale è divisa in due lobi piuttosto tozzi da una incisura profonda,
216 RIVISTA ITALIANA
eee ee YY OEY OPE PEP EYEE EEY EVEN ONPG Caw ny ETP TEU Mey eae RI PERETTITI CITI COLCIA ET YEO REG Eee a yee ee Yee CLIAIAGIGIA LO MILIARLIAGIAA IAA IAA LIARALLI IALIA NALI AA AAA
Questa specie, che il Cecconi riferiva alla Clupea gregaria
Bosn. (1), presenta infatti con quest’ ultima notevoli somiglianze nella
forma generale del corpo. Dal confronto accurato però che ho po-
tuto istituire fra la mia specie e gli esemplari della Clupea grega-
ria cortesemente favoritimi dal Museo paleontologico di Pisa, ho
rilevato che, mentre nella Clupea gregaria i due margini, superiore
ed inferiore, del corpo vanno uniformemente restringendosi verso
il pedicello caudale, dando così a tutto il corpo quasi la forma di
un tronco di cono, nella nostra specie il margine superiore si re-
stringe bruscamente subito dopo la dorsale. Il volume della testa
è maggiore nella nostra specie, la mascella inferiore non sopra-
vanza la superiore. Di più lo sviluppo delle pinne, e specialmente
della dorsale, è molto più forte nella nostra specie che in quella
del Bosniaski, dove ancora le pinne anale e ventrale sono più
lontane dalla testa. La caudale poi è totalmente diversa: a raggi
lunghi e robusti nella nostra specie, esile e corta nell’ altra. Queste
differenze si rilevano ancora comparandola colla figura e colla de-
scrizione che della Clupea gregaria Bosn. ci dà il Sauvage, che
la figurò e la descrisse prima come Clupea sp. (2) e solo più tardi
la riferì alla Clupea gregaria (3). i
CLUPEA sp. ind.
Lungh. del frammento mm. 77. — Alt. all’ 8% vertebra 22. — Lungh.
caudale 39. — Distanza fra le due estremità dei lobi caudali 30.
Sebbene in questo ittiolite non siasi conservata che la estrema
porzione caudale, io credo poterlo ascrivere al genere Clupea, tanto
per l'aspetto delle squame, quanto per la grande regolarità e la
giusta proporzione di tutte le parti, carattere che l’ Agassiz pone
come generico (4), ed anche infine per la forma delle apofisi nelle
estreme vertebre caudali. Di più va notato che le clupee non
hanno caratteri molto precisi, così che i generi prossimi non pos-
sono fino al presente esserne distinti, e si è obbligati a prendere il
(1) Atti Soc. Tosc. Sc. Nat., vol. I, pag. 19.
(2) Sauvage — Memoire sur la faune etc., pag. 241, fig. 74.
(3) Idem — Nouvelles recherches sur les poissons fossiles decouverts
par M. Alby a Licata. Bibl. de 1° Ecole des hautes études, vol. XX, art. 4
pag. 45, 1880. Per un errore tipografico le due indicazioni che precedono, a
modo di titolo, le descrizioni delle Clupea gregaria e Clupea Ecnomii, sono
state invertite.
(4) Agassiz — Recherches sur les poissons fossiles, vol. 5, pag. 115.
ae td
DI PALEONTOLOGIA 217
genere Clupea nel significato più largo (1), — La colonna vertebrale,
robusta e diritta, in prossimità della pinna caudale si dirige verso
il lobo alquanto più breve e che mi sembra dover essere il supe-
riore. Le apofisi vertebrali, piuttosto gracili, sono leggermente incli-
nate. Conto nel frammento 9g vertebre, due volte più lunghe che
alte. Il corpo si restringe fortemente all’inizio della caudale; la
sua altezza in quel punto è appena tre volte |’ altezza del corpo
vertebrale. La caudale, bene sviluppata ed elegante, è divisa in
due lobi appuntati da una profonda incisione. Essa è sostenuta dalle
apofisi caratteristiche delle tre ultime vertebre; apofisi che nel no-
stro esemplare non permettono una descrizione minuta. Vedesi solo
che l’ apofisi superiore della terz’ ultima vertebra non prende parte
alla costituzione della caudale. I raggi della caudale sono lunghi,
diritti e ramosi: essendo troppo strettamente addossati non posso
dare la loro formola. Le squame sono di grandezza media, sottili
ed arrotondate.
OsMERUS PROPTERYGIUS Sauvg.
1870. Osmerus propterygius Sauvage, Synopsis etc., pag. 18.
1873. » » Sauvage, Mem. sur la faune etc. , pag. 216, fig. 54,62.
1878. » » Capellini, op. cit., pag.
1892. Osmerus sp. ind. Cecconi, op. cit., pag. 5.
Lungh. totale mm. 89. — Alt. mass. 12. — Lungh. testa 22. — Dal muso
a orig. dorsale 37. — Da orig. dorsale a orig. caudale 39. — Da orig. petto-
rale a orig. ventrale 12. — Da orig. ventrale a orig. anale 15. — Da orig.
anale a orig. caudale 25. — Lungh. dorsale 13. — Alt. dorsale g.
Il corpo è stretto ed allungato. La massima altezza, misurata
dove il corpo si attacca alla testa, è contenuta quasi otto volte nella
lunghezza complessiva. La testa, molto stretta, misura il quarto di
questa lunghezza. La linea della fronte, leggermente arcuata, scende
ad un muso fusiforme, acuminato. Lo squarcio della bocca è poco
profondo. L’ orbita, grande ed ovale, tocca quasi la linea della
fronte, ed è situata in avanti. L'apparecchio opercolare si prolunga
assai stretto all’ indietro: il suo margine posteriore è fortemente
arrotondato. La colonna vertebrale abbandona la linea mediana
per portarsi alquanto più vicina al margine superiore del corpo.
Conto 36 vertebre, di cui 19 addominali e 17 caudali. Le vertebre,
piuttosto delicate, sono più lunghe che alte e poco concave late-
ralmente: quelle della porzione estrema del corpo sono alquanto
(1) Sauvage — Memoire sur la faune etc., pag. 223.
218 RIVISTA ITALIANA
più allungate. Conto da 13 a 14 paia di coste; le anteriori robuste
e ricurve, le altre lunghe e diritte. Le neurapofisi lunghe e sottili
hanno, sopra la colonna vertebrale, la medesima inclinazione delle
emapofisi, diritte, lunghe ed alquanto più robuste. La dorsale s’ ini-
zia ad egual distanza dall’ estremità del muso dall’ origine della
caudale. La sua altezza è di qualche poco minore alla lunghezza.
Vi si contano circa 12 raggi diritti, molto robusti, ed assai lunghi.
Gli interneurali, prolungatissimi ed in numero eguale a quello dei
raggi, giungono a breve distanza dalla colonna vertebrale; i primi
tre, assai ravvicinati alla loro base, sono anche molto robusti. L’anale
ha la sua origine in corrispondenza all’ estremità posteriore della
dorsale; dista dalla ventrale per lo spazio occupato da sette ver-
tebre. È lunga quanto la dorsale e consta di 12 raggi robusti, leg-
germente ricurvi, e dagli anteriori ai posteriori gradatamente più
corti e più sottili. Questi si articolano alle emapofisi con interapofisi
brevi, esili e diritte. La ventrale, situata sotto I’ inizio della dorsale,
ed a metà della distanza fra l’ anale e la pettorale, consta di circa
12 raggi: gli anteriori diritti e robusti, i posteriori meno lunghi,
più gracili e leggermente curvati all’ indietro. La pettorale, collocata
immediatamente dietro |’ opercolo, ha raggi esilissimi, piuttosto
lunghi, e di cui non si può precisare il numero. La caudale, con-
tenuta cinque volte e mezzo nella lunghezza complessiva, ha forma
quasi di pennacchio, i margini superiore e inferiore essendo quasi
paralleli. È divisa in due lobi da una profonda e stretta incisura.
I raggi sono robusti e diritti.
Il Cecconi riferiva questi esemplari al genere Osmerus senza
fissarne la specie: ma pei caratteri più sopra descritti non ho al-
cun dubbio d’ascriverli all’ O. propterygius Sauvg.
OsMERUS SCARABELLII N. Sp.
Tav. V, fig. 6:
Lungh. totale mm. 95. — Alt. mass. 16. — Lungh. testa 21. — Dal
muso a ‘orig. dorsale 39. — Da orig. dorsale a orig. caudale 38. — Da orig.
ventrale a orig. anale 15. — Da orig. anale a orig. caudale 20. — Lungh:
caudale 18.
Sebbene di questa specie abbia un solo esemplare e non per- .
fettamente conservato, pure credo poterne fare una specie nuova,
molto prossima all’ Osmerus propterygius Sauvg. La massima al-
tezza del corpo, compresa sei volte nella lunghezza complessiva, si
trova in prossimità della testa, da dove la regione posteriore del
DI PALEONTOLOGIA 2h9
corpo comincia a restringersi uniformemente e lentamente. La testa,
allungata, è contenuta quattro volte e mezzo nella totale lunghezza.
La linea della fronte è diritta. L’ orbita, posta in avanti, è gran-
dissima e circolare. L'apparecchio opercolare è stretto ma allun-
gato. La colonna vertebrale, abbastanza robusta, è, nella regione
caudale, più prossima al margine superiore del corpo. Conto circa
20 vertebre caudali alquanto più lunghe che alte: delle addominali
non posso contare che le g posteriori. Le coste, lunghe, sottili e
molto arcuate, limitano una cavità addominale molto vasta. Le
neurapofisi della regione addominale sono brevi, robuste e molto
inclinate, quelle della regione. caudale sono al contrario lunghe;
più sottili e meno inclinate. Le emapofisi, molto lunghe e diritte,
sono più inclinate delle corrispondenti neurapofisi. La dorsale si
origina alla metà della lunghezza complessiva del corpo. Consta
di 11 raggi assai gracili: il primo breve, gli altri molto lunghi e
ramosi. La pinna pare obliquamente troncata. Gli interneurali,
robustissimi e piatti, si prolungano fino quasi a toccare la colonna
vertebrale. L’ anale si inizia in corrispondenza all’ estremità poste-
riore della dorsale, anzi qualche poco più indietro: ha raggi sottili,
ma probabilmente lunghi. La ventrale, situata circa sotto la metà
anteriore della dorsale, e precisamente ad egual distanza dai due
estremi dell’ intero corpo, ha raggi lunghi, diritti, robusti. I primi
tre paiono spinosi, gli altri ramosi. Non osservasi che un indistinto
accenno della pettorale. La caudale, assai sviluppata, è contenuta
più di cinque volte nella lunghezza complessiva del corpo. Ha forma
di pennacchio come quella dell’ Osmerus propterygius. È divisa in
due lobi da una profonda e stretta incisura. I raggi sono robusti
e diritti. Le squame piuttosto grandi ed arrotondate, sono ornate
da finissime strie concentriche.
Come ho detto disopra, questa specie si avvicina all’ Osmerus
propterygius Sauvg. per l'aspetto generale del corpo: ne differisce
però, oltre che per la forma alquanto meno slanciata e sottile, an=
che pel numero delle vertebre caudali, per lo sviluppo e la posi-
zione delle pinne, specialmente delle pinne anale e ventrale, situate
più indietro nella nostra specie, ed infine per la diversa forma e
grandezza dell’ orbita. Per la quale orbita parrebbe doversi avvici-
nare assai all’ Osmerus Larteti Sauvg. (1), di cui però non ha nè
la forma allungatissima, nè la forte pettorale, nè la robustissima
colonna vertebrale. Dall’ O. Larteti, di grandi proporzioni, differi-
(1) Sauvage — Memoire sur la faune etc., pag. 213, fig. 41.
220 RIVISTA ITALIANA
cena cecnccavenmcevwe cawane nyo ewe caus sew seus a wes adele owa woe onn anni neenehaeepbane oe Snae ewe c eva en enw nana eh eS ousw > = Heel w ew ens on Sues tu oy eek See sees dd KEREKK ETA
sce ancora per non avere la ventrale situata più innanzi della
dorsale.
OsmeRUS sp. ind.
‘Lungh. muso alla 71% vert. caudale mm. 76. — Alt. mass. 16. — Dal
muso a orig. dorsale 39. — Da orig. pettorale a orig. ventrale 11. — Lungh.
testa 14.
La forma del corpo, per quanto si può vedere nell’ esemplare
incompleto, pare snella ed allungata, quale è caratteristica del ge-
nere Osmerus. La massima altezza si incontra dietro la testa; da
questo punto i margini inferiore e superiore del corpo cominciano
a convergere uniformemente verso l’ estremità posteriore. La testa,
piuttosto grossa, è circa una volta e mezzo più lunga che alta. Non
vedesi la linea della fronte; ma probabilmente doveva essere al-
quanto convessa. L’ orbita, oblunga e non troppo grande, è situata
in avanti. La mascella inferiore è assai lunga e robusta. L’apparec-
chio opercolare è poco espanso. L’ opercolo presenta posteriormente
un margine assai arrotondato. Le vertebre sono più lunghe che
alte: gracili nella regione addominale, più robuste e più profonda-
mente incavate nella regione caudale. Conto 17 vertebre addomi-
nali: l'esemplare è troncato alla 17% vertebra caudale. Le coste
robuste sono in numero di 13 paia: le prime molto, le ultime solo
leggermente arcuate. Le neurapofisi sono brevissime, robuste, e
molto inclinate nella regione addominale, in seguito si fanno esili,
lunghe, poco inclinate, e curve alla loro estremità libera. Le ema-
pofisi, pure lunghe ed esili, sono in tutta la loro lunghezza legger-
mente arcuate. La dorsale pare si inizi più vicino all'estremità an-
teriore del corpo che non alla posteriore. È molto alta, la lunghezza
de’ suoi primi raggi raggiungendo l’ altezza del corpo nel tratto
sottostante. I raggi sono finamente ramosi nel loro tratto ultimo,
e paiono in numero di 10. La pinna è obbliquamente troncata.
Conto 12 interneurali: i primi tre, allungati ed inclinati in avanti,
convergono alla loro base; gli altri, gradatamente più corti, si
mantengono sempre robusti. La ventrale s’ inizia in corrispondenza
all’ origine della dorsale. Consta di 7 raggi robusti e leggermente
arcuati. La pettorale, situata molto in alto, ha 8 raggi esili, e diritti.
Le squame sono ovali, con strie concentriche leggermente ondulate.
Questo esemplare, che per essere incompleto non permette di
stabilire una specie nuova, differisce dall’ O. propterygius e dal-
lO. Scarabelli non solo pel diverso numero delle vertebre, ma
ancora per la forma ed il volume della sua testa, assai più grande
DI PALEONTOLOGIA 221
e meno appuntata. Avrebbe qualche somiglianza coll’ Osmerus ?
Stilpnos Sauvg. (1), di cui riproduce la grossa testa ed il muso
ottuso: ma la ventrale non parmi così ravvicinata alla testa come
nella forma figurata dal Sauvage.
ANAPTERUS SPHEKODES Sauvg.
1870. Tydeus sphekodes Sauvage, Synopsis etc., pag. 23.
1873. Anapterus sphekodes Sauvage, Mem. sur la faune etc., pag. 208, fig. gr.
1878. » ) Capellini, op. cit., pag.
1878. » » Bosniaski, op. cit., pag. 10.
1892. Anapterus sp. Cecconi, op. cit., pag. 5
Lungh. testa mm. 28-33. — Alt. testa 10-11. Tratto postoculare testa $-0.
— Lungh. orbita 4-4,5. — Alt. orbita 3-3,5.
Questa specie, molto prossima all’ Anapterus elongatus Sauvg.
— da cui non si differenzia pel numero delle vertebre addominali,
come inesattamente afferma il Sauvage (2) — si presenta in
frammenti assai incompleti. La testa è tre volte più lunga che alta.
Il profilo della fronte si mantiene pressochè orizzontale, con una
leggera inclinazione verso l’ estremità del muso. il muso lungo,
ottuso al suo termine, è a foggia di un cono tronco. L’ orbita ar-
rotondata, molto grande, alquanto più lunga che alta, è interamente
situata dietro la metà della testa. Lo squarcio dellabocca è assai pro-
fondo: non posso scorgervi i denti. Il premascellare, breve e sottile,
s’ articola con un mascellare allungatissimo, diritto, e di forma ret=
tangolare. Nella mascella inferiore notasi un dentario lungo, robu=
sto, di forma triangolare: il suo lato più breve e posteriore si
continua poi con un articolare fortissimo ed espanso. I pezzi oper-
colari sono poco sviluppati. L’ opercolo e il subopercolo hanno una
forma stretta ed allungata: i loro margini sono appena leggermente
arcuati. Conto sei raggi branchiostegi. La colonna vertebrale, piut-
tosto gracile, consta di vertebre profondamente anficele, molto con-
cave anche sui lati, ed un poco più lunghe che alte. Ogni vertebra
presenta lateralmente una cresta orizzontale ed i margini delle due
faccie articolari fortemente rilevati. Si vedono alcune neurapofisi,
brevi, esilissime, leggermente arcuate, ed inserite quasi a metà del
corpo vertebrale. La pettorale è sviluppata. Vi si contano da 15
(1) Sauvage — Memoire sur la faune etc., pag. 218, fig. 55, 63-
(2) Idem — Op. cit., pag. 208.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Agosto 1896. 17
v
a 16 raggi diritti e sottili: la loro lunghezza e la loro robustezza
diminuiscono sensibilmente dagli anteriori ai posteriori. Non si
possono osservare altre pinne.
ANAPTERUS MACROCEPHALUS N. Sp.
Tav. V, fig. 7.
Alt. testa a livello dell’orbita mm. 16. — Dall’ estrem. post. della testa
all’ orig. della dorsale 48. — Da orig. pettorale a orig. ventrale 38. — Diametro
dell’ orbita 6,5. — Tratto postoculare della testa 7.
Questa specie, assai prossima alla precedente tanto per l’ aspetto
generale del corpo, quanto per la disposizione e lo sviluppo delle
inne, si distingue per il volume e la forma della testa, per la gran-
p ) gue p »?P 8
dezza dell’ orbita. La massima altezza della testa, che si trova a
livello dell’ orbita, è contenuta tre volte nella distanza che inter-
cede tra l’ estremità posteriore della testa stessa e l’inizio della
dorsale. Non può vedersi 1’ estremità anteriore del muso, ma da
quel tratto del suo margine inferiore che è visibile, pare dovesse
essere acuminato. L’ orbita grandissima, circolare, è situata, a dif-
ferenza di quanto osservasi nell’Anapterus sphekodes Sauvg., molto
più indietro della meta della testa: il tratto postoculare della testa
supera appena il diametro dell’ orbita. L° apparecchio opercolare è
di conseguenza piccolissimo: I’ opercolo ha una forma pressochè
. triangolare. La colonna vertebrale s’ inizia sulla linea assiale della
testa. Le vertebre, assai robuste, sono, nella regione addominale,
egualmente alte che lunghe, mentre nella regione caudale, sono più
lunghe che alte. Conto circa 33 vertebre dalla testa all’inizio della
dorsale. Le coste esilissime e lunghe sono, specie alla loro base,
molto curve. Le neurapofisi, molto lunghe e sottili, si articolano quasi
a metà del corpo vertebrale nelle vertebre caudali, molto più avanti
invece nelle vertebre del tronco. Le emapofisi, brevi, sono anche
più inclinate delle corrispondenti neurapofisi. La dorsale, con raggi
assai sviluppati, si prolunga per un brevissimo tratto. Vi si con-
tano distintamente i primi 7 raggi: i posteriori non essendosi con-
servati. Il primo raggio è lungo quanto è alto il corpo nel punto
corrispondente, gli altri decrescono gradatamente in lunghezza ed
in robustezza. La ventrale situata più innanzi dell’ origine della
dorsale ha raggi numerosi e sottili di cui non è possibile rilevare
il numero. È portata, come nell’Anapterus sphekodes, da un me-
tapterigio robustissimo di forma triangolare. La pettorale, molto
DI PALEONTOLOGIA 223
AAA RRR IRAP IRR DA RR AAR RA BR AAA AA RRA AAA RAR RRR RRA RAR IR RM III RI MICAELA EERE RM Im RR mi
espansa, situata subito dietro la testa, ha forma triangolare, e porta
16 raggi lunghi, curvi e sottili.
Questa specie, come abbiamo detto, potrebbe per i caratteri del
corpo venire riferita all’ Anapterus sphekodes Sauvg., ma la gran-
dezza della testa e più ancora il forte diametro dell’ orbita e la sua
posizione molto prossima all’ estremo posteriore della testa stessa,
mi paiono caratteri troppo importanti per ritenerli variazioni indi-
viduali.
Ruopeus Epwarpsi Sauvg.
1870. Rhodeus Edwardsi Sauvage, Synopsis etc., pag. 16.
1873. » ) Sauvage, Mem. etc>, pag. 192, fig. 73 (non 87).
1892. » » Cecconi, op. cit., pag. 5.
Lungh. totale mm. 32-38. — Alt. mass. o-10,5. — Lungh. testa 8-9,5. —
Dal muso a orig. dorsale 13-15. — Da orig. dorsale a orig. caudale 13,5-16.
— Da orig. anale a orig. caudale g-11. — Da orig. anale a orig. ventrale 6-8.
— Alt. dorsale 6,5-7.
Questa specie rappresentata nel giacimento di Licata da 20
esemplari — frequenza dovuta certo al costume, osservato nell’ unica
specie vivente di questo genere, e che con ogni probabilità si può
ritener molto antico, di viaggiare in truppa, specie nella primavera,
nell’ epoca della fregola (1) — si ritrova nella mia collezione in
solo quattro esemplari conservatissimi. Il corpo di piccole dimen-
sioni, tozzo nella porzione anteriore, è invece elegantemente allun-
gato nella porzione caudale. L’ altezza massima del corpo, che nel
Rhodeus amarus vivente è pressochè a metà della lunghezza
caudale non compresa (2), si trova spostata qui verso la
testa, il cui muso non affatto sporgente si continua colla curva
molto ovale del margine superiore del corpo. Per l’ aspetto gene-
rale assomiglia al Rhodeus elongatus Ag. d’ Oeningen (3), se non
che quest’ ultimo è più snello, più schiacciato, e solo leggermente
più alto nella porzione anteriore del corpo. La testa è grossa ed ha la
forma di un triangolo regolare di cui i lati fossero curvi. Raggiunge
il quarto della lunghezza complessiva, ed è più alta che lunga.
L’orbita, arrotondata e molto grande, è situata nella parte superiore
della testa, assai in avanti. Lo squarcio della bocca è molto obli-
quo. Nell’ apparecchio opercolare poco espanso, si notano un oper-
(1) Blanchard — Les poissons des eaux douces de la France, pag. 350.
(2) Idem — Op. cit.
(3) Agassiz — Recherches sur les poissons fossiles. Atlas: vol. V, pag. 54+
224 RIVISTA ITALIANA
colo col margine posteriore regolarmente arrotondato ed un sub-
opercolo esile. La colonna vertebrale consta di 34 vertebre, di cui
16 addominali e 18 caudali. Le vertebre generalmente un poco piu
lunghe che alte, si mostrano piu allungate nella regione caudale.
Si contano 10 paia di coste poco arcuate: le prime più lunghe e
robuste delle ultime. Le neurapofisi, poco inclinate, vanno, dalle
anteriori alle posteriori, perdendo in robustezza ma acquistando in
lunghezza. Le emapofisi sono lunghe, sottili, diritte, ed inclinate
quanto le neurapofisi corrispondenti. La dorsale ha origine un poco
innanzi alla metà della lunghezza del corpo, caudale non com-
presa. Vi si contano 3 raggi spinosi anteriormente, e 9 raggi ra-
mosi. L’ altezza della dorsale è quasi eguale alla sua lunghezza. Gli
interneurali, in numero di 11, sono molto lunghi, diritti e robusti.
L’ anale s’ inizia quasi in corrispondenza al termine posteriore della
dorsale. Ha forma pressochè triangolare, e consta di circa 10 raggi,
lunghi, diritti e robusti: gli ultimi più corti sono anche più esili.
Essi si articolano con delle interapofisi esili, diritte, e molto lunghe:
ne conto 10. La ventrale, situata un poco innanzi all’ origine della
dorsale, dista dalla anale per uno spazio occupato da sei vertebre.
Vi conto 8 raggi lunghi e sottili. La pettorale è posta non troppo
lungi dalla ventrale: è poco espansa ed ha pochi raggi. La caudale,
di cui la lunghezza raggiunge quasi il quinto di quella comples-
siva del corpo, è divisa in due lobi lunghi ed eguali. Le squame
sono grandi, sottili, a forma irregolarmente quadrilatera, con mar-
gini arrotondati. Vi si distinguono sottilissime strie longitudinali,
diritte o ondulate, ed altre strie verticali profonde e più vicine,
leggermente divergenti, che irraggiano da un margine della squama.
Aspius CoLUMNAF Sauvg.
1873. Aspius Columnae Sauvage, Mem. etc., pag. 180, fig. 86.
NOG ONORE) ) Capellini, op. cit., pag.
TO 7 GM » Bosniaski, op. cit., pag. 10.
Lungh. totale mm. 64. — Alt. mass. 19. Lungh. testa 17. — Dal muso
a orig. dorsale 28. — Da orig. dorsale a orig. caudale 23. — Da orig. ventrale
a orig. anale g. — Da orig. anale a orig. caudale 19. — Lungh. anale 12. —
Lungh. caudale 16.
La massima altezza del corpo si trova in prossimità della te-
sta, da dove i margini superiore ed inferiore discendono quasi
diritti, convergendo fortemente verso la coda, il cui pedicello non
DI PALEONTOLOGIA 225
raggiunge così che il terzo della massima altezza. La superficie del
corpo, ricoperta da grosse squame ornate da strie, caratteristiche
del genere Aspius, non permette di osservare lo scheletro. La testa,
molto grossa, quasi egualmente alta che lunga, è compresa più di
tre volte e mezzo nella lunghezza totale. Il profilo della fronte di-
scende diritto ad un muso assai ottuso e schiacciato. L’ orbita molto
grande ed oblunga, è situata molto prossima alla linea frontale. La
mascella inferiore assai robusta sopravanza di qualche poco la ma-
scella superiore. Lo squarcio della bocca è profondo ed obliquo. |
pezzi opercolari sono poco espansi. La colonna vertebrale è robu-
sta: non si possono però contare le vertebre nè distinguere le coste
e le apofisi. La dorsale s’ inizia alquanto più indietro della metà
del corpo, caudale non compresa. E lunga e troncata obliqua-
mente. Conto 14 raggi robusti, lunghi, ramosi. L’anale si origina
in corrispondenza al tratto posteriore della dorsale, assai vicina alla
ventrale. È grande, distesa, a forma triangolare. I primi raggi sono
assai allungati e robusti, gli altri gradatamente più corti e più esili.
La ventrale è situata alquanto più innanzi del punto corrispon-
dente all’ origine della dorsale. Ha pochi raggi, lunghi, robusti,
ramosi. La pettorale è appena accennata: pare assai esigua. La
caudale, lunga, sviluppata, elegante, raggiunge un quarto della lun-
ghezza complessiva. Profondamente lobata, ha due lobi acuminati
di cui il superiore è alquanto più lungo. I raggi sono robusti e
minutamente ramosi.
Aspius sp. ind.
Lungh. totale mm. 44. — Alt. mass. 10. — Lungh. testa 12. — Dal muso
a orig. dorsale 21. — Da orig. dorsale a orig. caudale 16. — Da orig. anale
a orig. caudale 31. — Da orig. ventrale a orig. anale 6. — Da orig. ventrale
a orig. pettorale 6.
Il corpo strettissimo e snello nella regione caudale raggiunge
la sua massima altezza in prossimità della testa, dove il margine
superiore s' innalza fortemente convesso. La testa, alquanto più lunga
che alta, è contenuta quattro volte circa nella lunghezza totale; la
sua forma è pressochè conica. L’ orbita, situata sotto la metà del
profilo della fronte, è molto grande ed oblunga. Lo squarcio della
bocca si apre obliquamente. La mascella inferiore sporge legger-
mente oltre la superiore. L'apparecchio opercolare è poco svilup-
pato. La colonna vertebrale è gracile: consta di circa 34 vertebre
più lunghe che alte, di cui 16 caudali. Le coste, robuste e poco
curve, sono, specialmente le prime, assai lunghe: racchiudono una
226 RIVISTA ITALIANA
neeuszer er orazezienazzonao zio rire tert ere uv ee we ven ee we ee ei neve VINTE PNT een eee
cavita addominale molto spaziosa. Le neurapofisi sono diritte e
molto inclinate sull’ asse vertebrale: le emapofisi più forti sono
invece leggermente ricurve e poco inclinate. La dorsale si inizia
un poco innanzi della metà della lunghezza complessiva. Consta
di 10 raggi robusti e assai lunghi. L’ anale assai distesa, e che
s’ origina in corrispondenza al mezzo della dorsale, è obliquamente
troncata così da assumere la forma di un triangolo. Vi conto 11
raggi. La ventrale, posta ad eguale distanza circa dall’ anale e dalla
pettorale, ha raggi numerosi, sottili, ed egualmente lunghi. La petto-
rale, situata molto in alto lateralmente al corpo, è robusta. I suoi
raggi paiono forti ma brevi. La caudale, male conservata così da
non permettere di darne la formula, è divisa in due lobi da una
smarginatura poco profonda. Le squame sono grandi, con strie con-
centriche ondulate.
Questa forma è assai prossima all’ Aspius gracilis Ag. (1) per
l’aspetto e le proporzioni del corpo. Differisce principalmente per lo
sviluppo della testa che è molto più voluminosa nel nostro esemplare.
Leuciscus cfr. pusiLLus Ag.
— Leuciscus pusillus Agassiz. In sch. Mus. Pis.
Lungh. totale mm. 66. — Alt. mass. 10. — Dal muso a orig. dorsale 27.
— Da orig. dorsale a orig. caudale 26. — Da orig. anale a orig. caudale 15.
— Da orig. anale a orig. ventrale g.
Gli esemplari riferiti a questa specie mi vennero cortesemente
comunicati dalla Direzione del Museo paleontologico di Pisa. In
nessuno il corpo è completamente conservato. La massima altezza,
raggiunta più innanzi della dorsale, è contenuta sei volte e mezzo
nella lunghezza complessiva. La testa termina con un muso ap-
puntato. L’ orbita, non troppo grande, è situata superiormente.
La linea della fronte scende convessa. La mascella superiore so-
pravanza stretta ed allungata. La colonna vertebrale, piuttosto
gracile, procede diritta nella linea mediana del corpo. Le vertebre
sono più lunghe che alte; ne conto 16 caudali. Non si possono
contare esattamente le vertebre addominali. Le coste sono assai
lunghe e fortemente arcuate. Le apofisi superiori ed inferiori sono
di uniforme lunghezza, gracili, diritte, ed inclinate nella regione cau-.
(1) Agassiz — Recherches sur les poissons fossiles, vol. V, parte 2,
pags. 37. Atlas: vol, itavi iV neri, wares.
it
DI PALEONTOLOGIA 227
dale di circa 45° sulla colonna vertebrale. La dorsale si inizia a
circa metà della lunghezza del corpo, caudale non compresa. I
raggi sono assai lunghi, forti e ramosi. Pure lunghi sono gli inter-
neurali. L’ anale comincia più indietro del termine posteriore della
dorsale. Consta di raggi piuttosto brevi. La ventrale, con raggi
lunghi e forti, si origina in corrispondenza all’inizio della dorsale.
Non si distingue la pettorale. La caudale è sviluppatissima: è di-
visa in due lobi appuntati da un seno profondo. I raggi mostransi
forti e ramosi.
Non riferisco questi esemplari al Leuciscus pusillus Ag. (1),
ma solo mi limito a ravvicinarveli dubitativamente, perchè la loro
incompleta conservazione non mi permette di osservare molti im-
portanti caratteri. Inoltre le vertebre non sono grosse e robuste
come nella specie descritta dall’ Agassiz.
Leuciscus cfr. DORSALIS Sauvg.
— Leuciscus cfr. dorsalis. In sch. Mus. Pis.
Lungh. totale mm. 74. — Alt. mass. 12. — Lungh. testa 17. — Dal muso
a orig. dorsale 30. — Da orig. dorsale a orig. caudale 34. — Da orig. ventrale
a origine anale 11. — Da orig. anale a orig. caudale 21.
Anche questo esemplare, che mi fu comunicato dal Museo pa-
leontologico di Pisa colla indicazione che mantengo, non posso che
ravvicinarlo dubitativamente al Leuciscus dorsalis Sauvg. (2). In-
fatti ha di questa specie la forma caratteristica slanciata e quasi a
foggia di fuso, i margini dorsale e ventrale non convessi e le squame
grandi arrotondate. La testa, piccola, più lunga che alta, termina con
un muso appuntato. La linea della fronte è convessa. L’ orbita è
oblunga, grande, e collocata in avanti. L'apparecchio opercolare ter-
mina posteriormente con un margine pressochè diritto. La colonna
vertebrale si mantiene più prossima al margine superiore del corpo.
La presenza delle squame impedisce di numerare le vertebre e di
distinguere le coste e le apofisi superiori e inferiori. La dorsale si
inizia circa a metà del corpo, non comprendendo in questa la caudale.
La sua posizione è alquanto più portata all'indietro di quello che si
osserva nel L. dorsalis. Non si possono contare i raggi, che pare doves-
sero esser piuttosto lunghi. La ventrale e l’anale sono pure assai incom-
(DIO prcitevoEgVi panier2 Npae. 277.) Atlas: volevo tava. EVS fies 2%
(2) Sauvage — Memoire sur la faune etc., pag. 175, fig. 97.
228 RIVISTA ITALIANA
pee nw ce mee ne n Rn seneezasianasave conio sazeneveravevonenzanneri Cu Ge EEECRCSERS SS UTENCTOe eg eten ona tenerne sens possareazananze
pletamente conservate: esse si originano in corrispondenza rispettiva-
mente dell’ estremità anteriore e posteriore della dorsale. Nella pinna
anale osservansi raggi lunghi, diritti, ramosi. La caudale, ancor essa
incompleta, è profondamente bilobata e mostra raggi forti e ramosi,
Leuciscus (Scarpinius) DumerILI Sauvg. |
1870. Leuciscus Dumerilii Sauvage, Synopsis etc., pag. 14.
1873. Leuciscus (Scardinius) Dumerilii Sauvage, Mem. etc., pag. 183, fig. 1014
Lungh. totale mm. 45. — Alt. mass. 12. — Lungh. testa 11. — Dal muso
a orig. dorsale 16. — Da orig. dorsale a orig. caudale 19. — Da orig. ventrale
a orig. anale 8. — Da orig. anale a orig. caudale 14. — Lungh. caudale 10.
Questa specie, per la forma del corpo che ricorda quella del
Scardinius erythrophthalmus e per la sua dorsale situata in cor-
rispondenza al tratto che intercede tra le ventrali e I’ anale, appar-
tiene secondo il Sauvage, al genere Scardinius, uno dei tre generi
(Leuciscus, Scardinius, Squalius) in cui il principe di Musignano
divise il primitivo genere Leuciscus (1). Il corpo, tozzo e raccor-
ciato, misura una lunghezza che è appena un poco più di tre volte
e mezzo l’ altezza massima. La testa è grossa ed appena un poco più
lunga che alta. La linea della fronte discende convessa in avanti,
a limitare la parte superiore di un muso arrotondato. L’orbita,:
grande ed ovale, è situata alquanto in avanti. Lo squarcio della
bocca è poco profondo e leggermente inclinato. L’ apparecchio oper-
colare è poco espanso. La colonna vertebrale è abbastanza robusta :
le vertebre sono un poco più lunghe che alte. Ne conto 36, di cui
15 addominali e 21 caudali. Le coste, molto robuste ed allungate,
si incurvano leggermente in avanti. Le neurapofisi, pure robuste,
sono brevi nella regione addominale, lunghe nella caudale. Le >
emapofisi, molto lunghe e leggermente ricurve, sono meno inclinate
delle corrispondenti neurapofisi. La dorsale è situata a quasi eguale
distanza dal muso e dalla caudale: essa corrisponde al tratto in-
termedio tra l’anale e la ventrale. E molto estesa e bruscamente
troncata: i primi raggi quindi sono assai lunghi in confronto con
gli ultimi. Tutti però sono molto robusti e, ad eccezione del primo,
ramosi. Posso contare soltanto i primi to. Gli interneurali sono
forti ad allungati: giungono fin oltre la metà della distanza tra
(1) Agassiz — Recherches etc., vol. V, parte 2, pag. 23. — Sauvage
— Memoire sur la faune etc., pag. 174.
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DI PALEONTOLOGIA 229°
WH evy ewer evewnwye ITALA TILIICITALO Orrerereseseer coset ena vereererrecpeyeresyesveaysrrecuyenrettsyiveccy sreersesyernsvaveevecsvyudpeusuysrev¥eryesvystewsre revere ris a
il margine superiore del corpo e la colonna vertebrale. I primi
quattro, più lunghi, sono inclinati fortemente in avanti: gli altri
pochissimo. L’ anale s’ origina in corrispondenza alla estremità po-
steriore della dorsale. È anch'essa bruscamente troncata. Conto 12
raggi robustissimi: lunghi gli anteriori, gradatamente più brevi i
posteriori, e, all’ infuori del primo, tutti ramosi. Gli interemali.
sono brevi e forti: i primi due più lunghi, e rivolti fortemente in
avanti. La ventrale è situata al margine inferiore del corpo, in
corrispondenza all’ inizio della dorsale. I raggi, robusti e distesi a
ventaglio, sono 8: i primi lunghi e diritti, i posteriori brevi e ri»
curvi. La pettorale componesi di raggi esili, poco lunghi ed assai
serrati fra loro. La caudale, vigorosa e con largo peduncolo, è con-,
tenuta quattro volte e mezzo nella lunghezza totale. È divisa in
due lobi acuminati da una incisura assai profonda. I raggi sono
ramosi soltanto nel loro tratto ultimo.
Leuciscus (ScaRDINIUS) sicanus Sauvg.
1873. Leuciscus (Scardinius) sicanus Sauvage, Mem, etc., pag. 180, fig, 98, 99
Lungh. totale mm. 58. Alt. mass. 12. — Lungh. testa 14. — Dal muso
a orig. dorsale 23. — Da orig. dorsale a orig. caudale 26. — Lungh, caudale 9,
Questa specie si distingue tanto per l'aspetto generale del corpo,
di cui la massima altezza si incontra in prossimità della testa,
quanto per la forma delle squame, grandi, rotondate, ornate da
strie concentriche e col margine posteriore frastagliato. La testa è
una volta è mezzo più lunga che alta. La linea della fronte scende
convessa ad un muso appuntato. L’ orbita, ovale, è situata in
avanti, L’ apparecchio opercolare è poco sviluppato. La colonna
vertebrale è molto gracile. Le vertebre sono alquanto più lunghe
che alte: ne conto 37 o 38. Le coste sono lunghe, forti e curve.
Le apofisi, esili e lunghe, sono diversamente inclinate sull’asse ver-
tebrale, le neurapofisi formando con quest’ asse un angolo quasi
retto, le emapofisi un angolo molto acuto. La dorsale è molto ro-
busta ed espansa. Non vi si possono contare con precisione i raggi,
che sono forti, lunghi, ramosi. Questa pinna si inizia alquanto più
innanzi della metà del corpo, caudale non compresa. La caudale
robusta, permette, per quanto assai male conservata, di distinguere
la sua forma poco forcuta. Non si possono osservare le ventrali
e l’anale: si conservano invece le traccie della pettorale, esile, con
raggi numerosi e sottili,
230 RIVISTA ITALIANA
See ett TTT ETE ieee tet neh ie Lei ~ age rye tere ene en eoetrrsseorvovezio zi n andananzzanene mese
Leuciscus Cecconir n. sp.
Davoli;
Lungh. totale mm, 54. — Alt. mass. 13. — Lungh. testa 13. — Dal
muso a orig. dorsale 18. — Lungh. dorsale 8. — Da orig. dorsale a orig,
caudale 28. — Da orig. pettorale a orig. ventrale 8. — Da orig. ventrale a
orig. anale 9. — Da orig. anale a orig. caudale :5. — Lungh. caudale 9,
La forma del corpo è tozza in avanti, dove, all’inizio della
testa, raggiunge la massima altezza. La testa molto allungata, rag-
giunge quasi il quarto della lunghezza complessiva ed è una volta
e mezzo più lunga che alta. Il profilo della fronte scende molto
convesso ad un muso la cui estremità è smussata. L’orbita, circo-
lare ed assai grande, è situata in avanti. Lo squarcio della bocca
pare poco profondo. Il mascellare superiore è visibilmente arcuato
e molto robusto. L’ apparecchio opercolare, molto espanso, ha un
margine posteriore regolarmente circolare. La colonna vertebrale
è diritta e si mantiene alquanto ravvicinata al margine superiore
del corpo. Le vertebre, più lunghe che alte, sono circa 33 0 34, di
cui 20 caudali e 13 o 14 addominali. Le neurapofisi gracili e brevi,
specie nella regione addominale, sono pochissimo inclinate sulla
colonna vertebrale. Le emapofisi invece, pure gracili, ma lunghe
e diritte, sono molto oblique all’ indietro. Nell’ ultime vertebre
le apofisi appaiono leggermente arcuate. Conto 9 paia di coste,
lunghe, robuste e solo lievemente curve. La dorsale si inizia assai
in avanti. Consta di circa 12 raggi molto lunghi, forti, ramosi: i
primi due però brevi e spinosi. Gli interneurali, in numero di 12,
sono robusti e quasi perpendicolari. L’ origine dell’ anale è alquanto
dietro al punto che corrisponde all’ estremità posteriore della dor-
sale. Si possono osservare soltanto 10 raggi, forti, diritti e grada-
tamente più corti a misura che si procede dagli anteriori ai poste-.
riori. La ventrale è situata sotto la metà della dorsale, quasi ad
eguale distanza dalla anale e dalla pettorale. Consta di 8 raggi
robusti: i primi quattro lunghi e diritti, gli ultimi più corti, e
leggermente curvi. La pettorale ha pochi raggi e sottili. La caudale, .
per quanto non completamente conservata nei nostri esemplari, si
mostra sviluppata e robusta. S' innesta al corpo con un largo pe-
duncolo, al quale arriva la stretta incisura che la divide in due
lobi. Le squame, a contorno arrotondato, sono ornate da sottili strie
concentriche leggermente ondulate. — Questa specie nell’ aspetto
generale del corpo si accosta al Leuciscus (Scardinus) sicanus
Sauvg., ma ne differisce per molti caratteri scheletrici, quali il diverso
DI PALEONTOLOGIA 231
numero delle vertebre, la posizione della dorsale assai più ravvi-
cinata al muso nella nostra specie, lo sviluppo e la posizione della
ventrale. Delle forme viventi ricorda per il volume e la lunghezza
della testa lo Squalius bearnensis, da cui però si differenzia per la
posizione delle pinne e per il numero dei loro raggi (1).
Leuciscus SAUVAGEI n. sp.
Mave Vi, tiger,
1873. Leuciscus? Sauvage, Mem. etc., fig. 79.
Lungh. del corpo senza la coda mm. 50. — Lungh. testa 15. — Alt. mass. 13.
— Dal muso a orig. dorsale 26. — Da orig. dorsale a orig. caudale 26. — Da
orig. anale a orig. caudale 16. — Da orig. ventrale a origine anale 10.
Per l'aspetto generale del corpo allungato e fusiforme, per la
disposizione delle pinne, pel numero delle vertebre, questa specie
parmi debba essere la stessa che Sauvage figurava, senza descriverla,
sotto l'indicazione: Leuciscus? — La forma delle squame, grandi,
ornate da strie concentriche ondulate, col margine crenulato in cui
terminano altre strie più profonde irraggianti dal centro, è molto
simile quella delle squame del Leuciscus oeningensis Ag., figurate
dal Winkler (2), e puo ritenersi caratteristica del genere (3).
Questo carattere quindi mi ha confermato trattarsi veramente di un
Leuciscus, come del resto aveva già indicato il Sauvage e come
lasciavano supporre l’ aspetto generale ed alcuni caratteri dello
scheletro. La testa, contenuta più di tre volte nella lunghezza del
corpo, e coi margini superiore ed inferiore convessi, termina in un
muso appuntato. L’ orbita grande ed oblunga è posta in avanti.
Lo squarcio della bocca è orizzontale e profondo. La mascella
superiore ha un margine arrotondato, come osservava l’Agassiz
in tutti i Leuciscus (4); la mascella inferiore è triangolare e for-
tissima. L’ apparecchio opercolare, abbastanza espanso, termina po-
steriormente con un margine diritto, La colonna vertebrale, molto
robusta, si mantiene diritta nella linea mediana del corpo. Le ver-
tebre sono quasi egualmente alte che lunghe; ne conto circa 34 di
(1) Blanchard — Op. cit., pag. 400.
(2) Vinkler — Description de quelques nouvelles espèces de poissons des
calcaires d’ eau douce d’ Oeningen, 1861, tay. II, fig. 8.
(3) Agassiz — Recherchestete., vol. Vi, parte 2, pag. 22.
(4) Idem — Op. cit.
232° RIVISTA ITALIANA ©
cui 21 caudali, e circa 13 addominali. Le coste sono lunghe, ed
arcuate. Le neurapofisi, piuttosto brevi e sottili, sono inclinate sulla
colonna vertebrale quanto le corrispondenti emapofisi. La dorsale
si inizia alla metà del corpo, caudale non compresa ; consta di raggi
lunghi, sottili, ramosi. L’ anale è situata in corrispondenza all’ e-
stremità posteriore della dorsale: è poco estesa e troncata. La ven-
trale ha la propria origine in perfetta corrispondenza con quella
della dorsale. Non s' è conservata che incompletamente la caudale :
il pedicello a cui s’innesta è piuttosto stretto. Questa pinna sem-
bra però sviluppata e con raggi lunghi e sottili.
Il Leuciscus Sauvagei ricorda, per il profilo generale del corpo
fusiforme ed allungato, il Leuciscus dorsalis Sauvg. (1), ma ne
differisce oltre che per |’ interna struttura, anche per la posizione
delle pinne, e per la forma della testa. Sebbene sia molto più al-
lungata del Leuciscus (Scardinius) sicanus Sauvg., pure si avvicina
anche a questa specie per I’ altezza massima del corpo raggiunta a
livello della pettorale, e per la disposizione ralativa delle pinne.
LEPIDOPUS ANGUIS Sauvg.
1870. Lepidopus anguis Sauvage, Synopsis etc., pag. 6.
1873. » » Sauvage, Mem. etc., pag, 128, fig, 27.
1878. » » Capellini, op. cit., pag.
1878. ) » Bosniaski, op. cit., pag. 19.
= » » In sch. Mus. Pis.
Anche questo esemplare fa parte degli ittioliti di Mondaino in-
viatimi dal Museo paleontologico di Pisa, In esso è conservata com-
pletamente soltanto la regione addominale, che misura dall’estremità
posteriore della testa all’inizio della regione caudale mm. 88, con una
altezza massima di mm. 13. La colonna vertebrale diritta si man-
tiene nella linea mediana del corpo anche immediatamente dietro
la testa. È costituita da 35 vertebre alquanto più lunghe che alte,
e non troppo strozzate nella loro parte di mezzo. Le e
gracili e lunghe si inseriscono quasi nel mezzo del corpo verte-
brale. Le coste più brevi ed alquanto più gracili sono mediocre-
mente arcuate. La colonna vertebrale nella regione caudale si
avvicina alquanto al margine inferiore del corpo, per cui le
emapofisi, pure gracili ed inserite quasi nel mezzo del corpo ver-
tebrale, sono più brevi delle corrispondenti neurapofisi. L’ incli-
(1) Sauvage -— Memoire sur la faune etc., pag. 175, fig. 97.
DI PALEONTOLOGIA 233
nazione sull’ asse delle vertebre delle apofisi superiori e delle in-
feriori è identica. La dorsale comincia subito dietro 1’ occipitale :
il suo primo raggio è situato più innanzi della prima neurapofisi.
I raggi sottili non ramosi, diritti, hanno una lunghezza che egua-
glia l’ altezza del corpo: si fanno più brevi verso la regione cau-
dale. Sono sostenuti da ossa interapofisali che si uniscono me-
diante un raggio spinoso alle neurapofisi sottostanti. All’ estremità
superiore queste interapofisi portano ortogonalmente un pezzo
orizzontale, « aréte marginale » di Agassiz, sopra cui si in-
serisce il raggio della pinna. Questi pezzi marginali sono con-
nessi strettamente fra di loro. La pettorale è collocata in cor-
rispondenza alla terza vertebra. Il primo raggio superiore è breve,
lievemente arcuato, robusto ; gli altri gracili, diritti e molto lun-
ghi, sopratutto i mediani. L’ anale, con raggi assai brevi e sottili,
presenta delle ossa interapofisali identiche alle superiori.
Questo genere Lepidopus, secondo il de Bosniaski rappre-
senta « il genere più antico Anenchelum Ag. del Flysch delle
Alpi e dei Carpazi, che si conosce come Lepidopides Heck. nei
terreni miocenici del bacino del Reno e di quelli di Polonia, e
che sotto il nome di Lepidopus Cuv. si trova nel tripoli nel suo
ultimo stadio di sviluppo, in cui vive anche attualmente nel Me-
diterraneo » (1).
ACANTHONEMOPSIS ? Sp.
Tav. V, fig. 9.
Dal muso all’ orig. della caudale mm. 47. — Alt. mass. 20. — Lungh.
testa 18. — Alt. testa 13. — Dal muso a orig. dorsale 18. — Da orig. anale
a orig. caudale 15. — Da orig. anale a orig. ventrale 11.
Il nostro esemplare appartiene indubbiamente alla famiglia
dei Carangidi, ed è molto prossimo al genere Acanthonemus Ag.
Probabilmente può essere ascritto al genere Acanthonemopsis Bosn.
che secondo Il’ opinione del Bosniaski stesso rappresenterebbe
il genere più recente degli eocenici Acanthonemus, precisamente
come il Lepidopus dei più antichi Anenchelum (2). La conserva-
zione incompleta del mio esemplare ed il frammento troppo poco
caratteristico di Acanthonemopsis Capellinii Bosn. che ho potuto ve-
dere nella collezione del Museo paleontologico di Pisa, non mi
permettono di ascrivere con sicurezza la mia specie ad un genere
(1) Atti Soc. Tosc. Sc. Nat., Processi verbali, vol. I. Adunanza 12 gennaio
1879.
(2) Loc. cit.
di cui non saprei ritrovare esattamente e completamente i caratteri.
Il corpo, alto e compresso lateralmente, raggiunge la massima altezza
in corrispondenza alla pettorale. Il margine superiore del corpo
è lievemente convesso: |’ inferiore invece ha una convessità molto
forte. Questi margini convergono ad un pedicello caudale, la cui
‘altezza è appena un terzo della massima. La testa, alquanto più
lunga che alta, termina con un muso assottigliato di cui I estre-
mità è smussata. Il profilo della fronte è diritto. L’orbita, situata
molto vicino alla linea frontale, è assai grande e pressochè circo-
dare. Il mascellare superiore è lungo, diritto, sottile. La mascella
inferiore è robusta e più breve della superiore: sembra vi si scor-
gano le traccie di due denti lunghi e conici. I pezzi opercolari
sono lunghi e stretti. Si vedono quattri raggi branchiostegi. La
colonna vertebrale, molto robusta, si mantiene prossima al margine
superiore del corpo. Le vertebre sono alquanto più alte che lunghe :
ne conto 10 addominali e circa 15 caudali. Le neurapofisi sono
brevi, le prime robuste e quasi ortogonali alla colonna vertebrale,
le altre esili ed inclinate. Le coste sono lunghissime e forti, le
emapofisi al contrario assai gracili. La dorsale, che s’inizia a breve
distanza dalla testa, consta anteriormente di 9 raggi spinosi lun-
ghi e robustissimi, in seguito di altri raggi, dei quali posso con-
tarne solo 10, più gracili e ramosi. Gli interneurali sono lunghi
e raggiungono la linea laterale del corpo, che corre mediana tra
la colonna vertebrale ed il margine superiore. Le osse interapofi-
sarie, abbastanza robuste, sono leggermente inclinate in avanti.
L’ origine dell’ anale è alquanto dietro ai primi raggi ramosi della
dorsale. I suoi quattro raggi anteriori sono lunghi e forti, spe-
cie il primo. Gli altri, che proseguono come i dorsali corrispon-
denti fino in prossimità del pedicello caudale, sono più brevi,
sottili e ramosi. La ventrale è collocata un poco dietro all’origine
della dorsale, quasi al disotto alla pettorale. È a foggia di venta-
glio, con circa 7 raggi, di cui i primi son più lunghi e più robusti
degli altri. Il cinto scapolare è assai sviluppato. La pettorale, si-
tuata molto in alto sul lato del corpo, è formata da raggi rela-
tivamente gracili, brevi e diritti. Ne conto circa 12. La caudale
non è conservata.
TRIGLA SIMONELLI N. sp.
Tav. V, fig. 10.
1892. Trigla sp. Cecconi, op. cit., pag. 5.
Lungh. totale mm. 46. — Alt. mass. 10. — Lungh. testa 11. — Dal muso
a orig. dorsale 14. — Da orig. dorsale a orig. caudale 24. — Lungh. caudale 7.
Mc
Nato
DI PALEONTOLOGIA 295
a re rn ie mini ara neon sanare eo RR AA AAA RRR AAA VARIA A A ARAARAA ARA ARR AA RARI RARA
Questo esemplare, che il Cecconi ascriveva esattamente al
genere Zrigla, presenta nell’ aspetto generale del corpo una forma
schematica di triangolo isoscele, di cui due lati eguali assai al-
lungati farebbero 1 due ‘margini, superiore ed inferiore, gradata-
‘menti convergenti verso il pedicello caudale. La lunghezza com-
plessiva è quattro volte e mezza |’ altezza massima che s’ incontra
a livello della testa. La testa, contenuta quattro volte nella lun-
«ghezza complessiva, è egualmente alta che lunga. La linea della
fronte discende breve e diritta. L’ orbita, grande ed arrotondata,
è posta indietro, nella regione superiore del capo. Nei suborbitali
molto espansi osservasi una superficie granulosa, Lo squarcio della
bocca è abbastanza profondo. Il margine dell’ intermascellare è
minutamente dentato. Il dentario, allungato e robusto offre pure
le traccie di piccoli denti. L’ apparecchio opercolare, poco espanso,
ha un opercolo ed un subopercolo di forma rettangolare schiacciata
con margini posteriori curvi. I raggi branchiostegi, molto robusti,
lunghi e ricurvi, giungono fino all’ origine della pettorale: ne
conto circa 6. La colonna vertebrale, molto forte, procede diritta
nella linea mediana del corpo e consta di 23 vertebre, di cui
10 addominali e 13 caudali. Le vertebre son robuste, pressochè
egualmente alte che lunghe nella regione anteriore, più allungate
nella posteriore. Conto otto paia di coste, lunghe e robuste. Le
neurapofisi molto sviluppate si inclinano di circa un mezzo an-
golo retto sulla colonna vertebrale: nelle vertebre caudali esse
sone innestate sul corpo vertebrale alquanto più indietro delle
corrispondenti emapofisi. Le emapofisi, forti e lunghe, sono appena
lievemente inclinate all’ indietro. La dorsale è divisa in spinosa ed
in molle da uno spazio brevissimo. La dorsale spinosa, che comin-
cia assai in avanti, consta di forse cinque raggi lunghi e robusti.
I raggi della dorsale molle, più corti e più esili, non possono con-
tarsi: si può osservare soltanto che arrivano a breve distanza dal-
l'origine della caudale. Gli interneurali, che paiono essere circa
28, sono sottili e lunghi: gli anteriori giungono fino alla metà
della distanza tra il margine superiore del corpo e la colonna
vertebrale. Tutti terminano con una cresta, che come nelle specie
viventi (7rigla Hirundo, Pini, Gurnardus, lineata) segna il li-
mite superiore del corpo (1). La caudale espansa, ha i suoi raggi
disposti a stecche di ventaglio. Ha circa 20 raggi robusti, disposti
in due metà simmetriche, appena accennate da un’incisura molto
‘ (1) Sauvage — Memoire sur la faune etc., pag. 112.
236 RIVISTA ITALIANA
nn nae Ann naman an anne Rann ne RnR Rn nn nn RAR RRR nnn Renn n nn RNa nn RAR R AD nanan Anne enn Onan n denne aiar AR ANRAeD RRR Ree,
debole. L’ anale si origina un poco dietro I’ inizio della dorsale
‘molle, in corrispondenza alla prima vertebra caudale. Non si pos-
sono contare i suoi raggi, che paiono gracili e corti. La prima
termina alquanto più lungi dal pedicello caudale che non la dor-
sale molle. Gli interemali sono numerosi, esili e corti. La petto-
rale situata in molta prossimità alla testa s’ inserisce su pezzi
‘basali formanti una breve cintura ad arco. Nei pezzi basali infe-
riori si innestano i raggi liberi che si possono distinguere, nell’ e-
semplare nostro, dagli altri. Pare che la pettorale debba essere
molto espansa, giudicando dai raggi inferiori forti e robusti, e dai
raggi dislocati sparsi più sopra. Le squame molto piccole, hanno
una forma pressochè rombica coi margini arrotondati.
Questa specie è prossima alla 7rigla Licatae Sauvg. (1) per
l'aspetto generale del corpo e per la disposizione delle pinne, ma
ne differisce, oltrechè pel numero delle vertebre e dei raggi delle
«pinne, per la forte cresta che termina superiormente gli interneu-
rali, specialmente anteriori. Non ricorda alcuna altra delle Trigle
fossili a me note: nè la 7. infausta di Heckel (2) nè la 7. Nar-
idii di Bosniaski (3). Non può nemmeno avvicinarsi alla 7. sp.
Sauvg. (4) caratterizzata da una testa relativamente assai volu-
minosa.
CopROLITI.
Parecchi coproliti si trovano racchiusi nel tripoli. All’ analisi
chimica mostrarono di contenere abbondantemente dei fosfati. Al-
cuni sono piccoli, a forma di un doppio cono, a superficie bitor=
zoluta: misurano appena 15 mm. di lunghezza. Un frammento di
coprolite di forma cilindrica, misura.invece 100 mm. in lungo, con
un diametro di 21 mm. Nella parte rivestita dal tripoli questo
coprolite presenta tre successivi rigonfiamenti a guisa di tre nodi:
nell’ interno si può osservare un oscuro accenno di andamento eli-
coide, per cui ogni rigonfiamento corrisponderebbe al giro di una
spira.
(1) Sauvage — Mémoire etc., pag. 111, fig. 1. — Nouvelles recherches,
pag. 21, fig. 8.
(2) Heckel u. Kner — Neue Beitrége zur Kenntniss d. foss. Fische Oe-
sterr. Denkschr. Akad. Wiss. Wien, vol. XIX, 1861, pag. 22-29.
(3) Atti Soc. Tosc. Sc. Nat. (Adunanza 5 maggio 1878).
(4) Sauvage — Memoire sur la faune etc., pag. 113.
DI PALEONTOLOGIA 237
PO ev ae ee YN ee oe ee ee ee IS ON
CONCLUSIONI
I risultati paleontologici a cui siamo pervenuti rendono palese
l’intima analogia di questa ittiofauna con quelle di Licata e
del Gabbro : quasi tutti i nostri generi e moltissime specie sono
comuni ai tre giacimenti. Ma mentre a Licata la presenza del
genere Equula, limitato attualmente all'Oceano indiano, del genere
Trichiurichthys, analogo a Trichiurus, che vive quasi esclusivamente
nell’ Oceano indiano e nel Pacifico, e del genere Pseudovomer, che
è probabilmente una forma subtropicale, dà a quella ittiofauna un
aspetto più meridionale del presente, a Mondaino ed al Gabbro
la fauna ittiologica ha uno spiccato habitus mediterraneo con una
impronta alquanto nordica, come osservava il Bosniaski.
Anche nei nostri tripoli, come in quelli di Licata e del Gab-
bro, si ritrovano commiste una ittiofauna marina ed una ittiofauna
d’acqua dolce: a Licata gli esemplari di specie di acqua dolce
stanno al complessivo numero di individui studiati nel rapporto
di 59 %, al Gabbro questo rapporto discende al 3 °/; a Mondaino
non supera il 28 °/). La nostra fauna ittiologica quindi deve con-
siderarsi più spiccatamente marina di quella di Licata, ma più
ricca di specie d’ acqua dolce rispetto a quella del Gabbro.
Quanto alla origine di questa formazione con ittioliti non
crediamo di ammettere, col de Bosniaski, l’esistenza di una va-
sta zona salmastra in condizioni analoghe a quelle che offrono
attualmente il mar Nero ed il Baltico, e in cui avessero potuto
coesistere pesci di alto mare e piccole specie di acqua dolce. Alla
piccola ittiofauna trovata nelle marne di Cutrò e di Reggio — che,
ritenuta per la presenza di forme d’acqua dolce tra forme marine
contemporanea ed analoga a quella dei tripoli, proverebbe secondo
il de Bosniaski l’esistenza e l'estensione di questo mare sal-
mastro — ci pare non possa darsi una decisiva importanza. I po-
chi depositi di tripoli, con la loro area relativamente ristretta e
con la loro ittiofauna caratteristica, rimangono ancora fenomeni
troppo locali per aver bisogno di una spiegazione generale. Per
questo i tripoli di Mondaino ci pare debbano supporsi, meglio
che deposti in un largo mare salmastro, originati in un golfo
tranquillo, dove ruscelli di poco potere erosivo portavano i pesci
d’ acqua dolce, ed in cui penetravano, oltre i pesci d'alto mare,
anche, per l’azione di correnti marine, i radiolari e le diatomee
pelagiche, che galleggianti prima alla superficie, s' andavano poi
deponendo nelle acque meno dense dal littorale.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Agosto 1896, 18
238 RIVISTA ITALIANA
Non contraddice a questa ipotesi il trovarsi nei tripoli di
Mondaino molta abbondaza di foraminifere, quali l’Orbulina uni-
versa e la Globigerina bulloides, osservandosi la prima anche ne-
gli estuari dei fiumi britannici, e rinvenendosi la seconda nelle
acque salmastre della Dee da Chester ad Hilbre (1). Inoltre i Sin-
gnati a cui appartengono i Siphonostoma sono essenzialmente lit-
torali (2); gli attuali rappresentanti degli Osmerus, pur essendo
prevalentemente marini, risalgono i fiumi fino a grande distanza
dalla foce (nella Senna fino a Rouen) e vi soggiornano a lungo (3);
i Lepidopus abbandonano le profondità dell’ alto mare e si avvi-
cinano ogni primavera alla costa (4); infine fra le Trigle ve ne
ha che vivono attualmente nei bassi fondi littorali ed anche nelle
pozze d’acqua che la marea bassa abbandona sulla spiaggia nel
ritirarsi (5). Di più le piccole forme d’ acqua dolce (Aspius, Rho-
deus, Leuciscus) che vivono comunemente in ruscelli limpidi e
poco profondi (6) escludono la necessità di supporre la presenza
di grandi fiumi che, come obbietta il Bosniaski, avrebbero cer-
tamente dovuto trascinare i loro detriti alla foce.
Il carattere littorale del deposito di Mondaino può così facil-
mente spiegare la presenza di vegetali terrestri e d’ insetti a volo
debole e breve, e da questa stessa presenza può riceverne una
nuova conferma. Intorno poi all’età geologica di questi tri-
poli con ittioliti ci pare ormai accertato che essi si sono deposti
durante il miocene medio. Infatti il de Bosniaski, in Toscana,
nelle Marche, in Calabria ed in Sicilia trovò sempre sopra i tri-
poli delle formazioni decisamente marine (7). Ed anche il prof.
Simonelli, nel reeente suo viaggio all’ isola di Candia, ritrovava
alle foci dello Stavromeno i calcari nulliporici del miocene medio
al disopra dei tripoli, e all’ isola di Gavdos osservava che le marne
fogliettate giallastre con avanzi di pesci e di vegetali e ricchissimi
(1) Walther — Die Lebensweise der Meeresthiere. Iena 1893. Il. Th.,
pag. 220, 224.
(2) Sauvage — Memoire sur les poissons fossiles etc., pag. 265.
(3) Blanchard — Poissons des eaux douces de la France. Paris 1880,
PAs eto:
(4) Cuvier et Valenciennes — Hist. Nat. des poiss., vol. VII, pag. 231.
(5) Doderlein — Manuale ittiologico del Mediterraneo. Palermo 1881,
fasc. 5, pag. 297.
(6) Sauvage — Op. cit., pag. 34.
(7) Bosniaski — La formazione gessoso-solfifera e il secondo piano
mediterraneo in Italia. Atti Soc. Tosc, Sc. Nat., vol. II, pag. 90.
Rie
DI PALEONTOLOGIA 239
di foraminiferi e di spicule di spongiari, erano sottoposte ai calcari
con Clypeaster altus Lam., Ostrea crassissima Lam. ecc., ossia che
costantemente terreni con facies elveziana ricoprivano i depositi
di tripoli (1).
Museo Geologico dell’Università di Parma, luglio 1896.
(1) Simonelli — Appunti sopra i terreni neogenici e quaternari del-
l’ isola di Candia. Rend. R. Acc. Lincei, 1894.
SPIEGAZIONE DELLA TavoLa Y.
Squama di Leuciscus Sauvagei Bonomi.
Clupea tenuissima Ag.
Clupea mondainensis Bonomi.
Clupea macrocerca Bonomi.
Clupea Bosniaskii Bonomi.
Osmerus Scarabellii Bonomi.
Anapterus macrocephalus Bonomi.
Leuciscus Cecconii Bonomi.
Acanthonemopsis ? sp.
OTO Toei] een) Eat CSS ST)
x
n
Trigla Simonellii Bonomi.
NOTIZIE VARIE
Accademia delle Scienze di Parigi. — Sedute dal 26 maggio
al 1° giugno. — Fino ad ora si era ammesso che le caprotine
apparivano solo nel cenomaniano. In seguito a ricerche sulle ru-
diste dell’ urgoniano, il signor Paquier ha potuto assicurare che
quelle forme esistevano fin da quest’ epoca. Le località ove le ha
trovate sono Chateauneuf-du-Rhone (Drome), Donzére e il monte
Granier (Isére). Infine, in una serie di fossili comunicatigli dal ca-
nonico J. Almera di Barcellona, egli ha riconosciuto delle Ho-
riopleura, e Polyconites Verneuili, o almeno una specie molto vi-
cina. — Sedute 1-8 giugno. — Il signor Boule presenta uno stu-
dio su una mandibola di Cadurcotherium, mammifero fossile delle
dimensioni di un piccolo rinoceronte, scoperta a Barlière, presso
Bournonde-Saint-Pierre (Haute-Loire). Questo pezzo è stato tro-
vato in strati oligocenici con una bella mandibola d’ Entelodon
magnum e diversi frammenti di Acerotherium e di tartarughe.
Fino ad ora i soli resti conosciuti di Cadurcotherium erano denti
isolati e frammenti di mandibole. La mandibola nuova è un do-
cumento che mostra trattarsi di un animale tutto. speciale e affatto
isolato, la cui dentizione lo direbbe erbivoro. Solo la Sudamerica
ha. offerto delle forme che hanno con esso delle affinità accertate,
sopra tutte Astrapotherium dell’ eocene di Patagonia. L’ A. osserva
che Cadurcotherium, così disparato fra gli altri mammiferi d’ Eu-
ropa che furono suoi contemporanei, è fino ad ora il solo legame
fra le faune eoceniche d’ Europa e quelle della Sudamerica. È in-
leressante constatare che questo genere non è stato trovato nei
depositi oligocenici della Nordamerica, i cui mammiferi offrono le
rassomiglianze più strette con quelli dell’ oligocene di Francia.
Accademia di Scienze Naturali di Filadelfia. — Seduta del
I4 aprile. — In occasione della presentazione di una serie di
strombidi recenti e fossili, H. A. Pilsbry discute l’antichità di
Strombus costatus e Melongena subcoronata, le loro relazioni con spe-
cie fossili essendo illustrate da serie di forme intermedie. — Pilsbry
annuncia la scoperta fatta da Chas. Johnson nell’ eocene del
Texas di un rappresentante del genere Scalpellum, pel quale è
proposto il nome specifico Chamberlaini. — Seduta del 21 aprile.
Cain
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Di PALEONTOLOGIA 241
dd ceaendcdeecnccnenrenaneccnneremencncesnnpamanannanecanwannncenennsennnmannenneasecnancenescenennnmanaecananen zzz -newanwannannaenaensnsennssnesacensessnsceasessensarsnmennes
— A. E. Brown premette di avere recentemente avuto la oppor-
tunità di esaminare nel British Museum un getto del frammento
di cranio di Pithecanthropus erectus scoperto da Dubois. Un
esame del getto porta all’ opinione avanzata da Cope e Allen
innanzi all’ Accademia, che i resti descritti e figurati da Dubois
non presentano caratteri che separino la specie dall’ Homo nean-
derthalensis. Il cranio di Giava è forse più appiattito di quello di
Neanderthal; ma questo carattere è puramente individuale ed è
compensato da un rigonfiamento sulla sutura coronale. Esso è an-
che un poco più gonfio postero-lateralmente e la cresta sopraorbi-
tale non è forse altrettanto spessa. Il cranio. di Giava è circa i
‘J, 0 i 7/5 della lunghezza dell’ altro, e la capacità cubica è un
poco minore. Sulla filogenia dell’uomo han discusso poi Rother-
mel, Brown e Chapman. — 26 maggio. — E. D. Cope de-
scrive un nuovo genere e una nuova specie di cetaceo miocenico
(Yorktown Epoch) sotto il nome di Cephalotropis coronatus. Esso
è caratterizzato da un allungamento delle ossa parietali e fron-
tali, e stabilisce la relazione col gruppo degli zeuglodonti. — 16
giugno. — E. D. Cope continua le sue ricerche sui resti di ver-
tebrati di Port Kennedy Bone-Fissure. Fra i musteliti ha trovato
cinque nuove specie dei generi Lutra, Mephitis, Osmotherium
e Putorius. Erano almeno quaranta individui. Descrive anche i
resti di una tartaruga gigante, appartenenti ad una nuova specie
di Clerunys, e un ofidiano prossimo al genere Zamenis.
A. Cocci
PERSONALIA
Colla morte di Joseph Prestwich, avvenuta il 23 giugno, si
è perduta una delle più eminenti notabilità scientifiche. Fu pro-
fessore di geologia in Oxford dal 1874 al 1888, nel quale anno
presiedette il Congresso Geologico Internazionale di Londra. Ri-
cordiamo fra i suoi lavori: « On the Coalfield of Coalbrook Dale »,
« The Waterbearing Strata of the Country about London », « The
Ground beneath Us », « Contributions to the Literature of Eocene
and Pliocene Deposits in Eastern England », « Text-book of Geo-
logy », « On the Correlation of the Eocene Strata in England,
Belgium and France », ecc. — Aveva 84 anni.
242 RIVISTA ITALIANA
*
xx
Il 5 luglio cessava di vivere in Eisenach Johann Georg Bor-
nemann. Si occupò di geologia italiana e specialmente della Sar-
degna, ed era membro della Società Geologica Italiana sino dal
1881. Ricordiamo: « Deux lettres sur la Sardaigne », « Lettre sur
quelques mines de la Ligurie et de la Sardaigne », « Sur les phé-
roménes éruptifs de la Sardaigne ». « Ueber Erscheinungen am
Vesuv und Geognostisches aus den Alpen », « Aetnakrater », « Sul
trias nella parte meridionale della Sardegna », « Bericht tiber eine
Reise in Italien », « Ansichten von Stromboli », « Sur la classifi-
cation des formations stratifiées anciennes de l’ile de Sardaigne »,
« Ueber Schlackerkegel und Laven », « Von Eisenach nach Thal
und Wutha », « Beitrége zur Kenntniss des Muschelkalks », « Der
Quarzporphyr von Heiligenstein », « Ueber den Buntsandstein in
Deutschland », ecc. E fra i suoi lavori di paleontologia: « Ueber
di Liasformation in der Umgegend von Géttingen, und ihre organi-
schen Einschliisse », « Die mikroskopische Fauna des Septarientho-
nes von Hermsdorf bei Berlin », « Bemerkungen tiber einige Fora-
miniferen aus den Tertitirbildungen von Magdeburg », « Geologi-
sche Algenstudien », « Palaeontologisches aus dem cambrischen
Gebiete von Canalgrande », « Ueber cambrische Fossilien von der
Insel Sardinien », « Ueber die Fortsetzung seiner Untersuchungen
cambrischer Archaeocyathus-Formen und verwandter Organismen
von der Insel Sardinien », « Die Versteinerungen des cambrischen
Schichtensystems der Insel Sardinien », « Ueber fossile Thierspuren
aus dem Buntsandstein Thiiringens », ecc.
xx
Heinrich Ernst Beyrich, mancato ai vivi il 9 luglio, era nato
a Berlino il 31 agosto 1815. Nel 1837, circa sessant’ anni fa, pub-
blicò la memoria sulle goniatiti del devonico renano, la quale, in-
sieme al grande lavoro (pur troppo non finito) sulle conchiglie
terziarie della Germania settentrionale, alle monografie dei trilobiti
e a quelle dei crinoidi e dei cefalopodi del Muschelkalk, ha tut-
tora ed avrà sempre importanza fondamentale per il paleontologo.
L’ opera scientifica di Beyrich si estese all'insegnamento, e il
numero grande di allievi che ha lasciato attesta il valore di lui,
professore di geologia all’ Università di Berlino. Fu membro in-
fluente nella Direzione dell’ Istituto Geologico di Prussia e stati di
DI PALEONTOLOGIA 243
Turingia, e le splendide collezioni che si ammirano nella sezione
paleontologico-geologica del Museum ftir Naturkunde di Berlino
stanno a dimostrare l’attività sua come Direttore della sezione
medesima. Non va dimenticato inoltre che, nella fondazione della
Società Geologica Tedesca (novembre 1848), troviamo il nome di
Beyrich accanto a quello di Leopoldo v. Buch, di Ales-
sandro v. Humboldt, di Ehrenberg, di Mitscherlich edi
altri sommi naturalisti; e ricorderemo infine la parte da esso presa
ai Congressi Geclogici Internazionali, e particolarmente a quelli di
Bologna (1881) e di Berlino (1885), del quale ultimo fu anzi pre-
sidente effettivo. JR
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Dott. Carlo Fornasini, redattore responsabile.
enti
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RIS
Hanno pagato l'abbonamento alla «
l’anno 1896 1 signori:
Aichino ing. Giovanni
Baldacci ing. Luigi
Berti dott. Giovanni .
Bombicci prof. Luigi.
Botti comm. Ulderico
De Alessandri dott. Giulio.
De Bosniaski cav. Sigismondo ;
De Gregorio march. Antonio (2 copie) .
Beleado~cays Ji Ws Noci
De Loriol Lefort sign. P. .
Dervieux sac. Ermanno .
De Stefani prof. Carlo .
Di Rovasenda cav. Luigi
Dollfus sign. Gustavo
Fabrini prof. Emilio .
Foresti dott. Ludovico
Fuchs dott. Teodoro .
Gaudry prof. Alberto
Issel prof. Arturo .
Lovisato prof. Domenico
Malagoli prof. Mario
Mannai sign. Edoardo
Mariani prof. Ernesto
Meschinelli prof. Luigi .
Niicecasinp CR ior
Oppenheim dott. Paolo .
Pantanelli prof. Dante
Peola prof. Paolo .
Portis prof. Alessandro .
Regàlia dott. Ettore
Riva dott. Carlo
Rothpletz prof. A.
Sacco prof. Federico .
Salmojraghi ing. Francesco
Salomon dott. Guglielmo
Stefanescu prof. Gregorio .
Tuccimei prof. Giuseppe
Viola ing. Carlo
Zezi ing. Pietro.
Rivista » per
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bis SS ll LUIGI
Anno If. 51 Ottobre 1896 Fascicolo V.
RIVISTA ITALIANA
13,997
PALEONTOLOGIA
REDATTORI
CARLO FORNASINL | VITTORIO SIMONELLI
SOMMARI9O
I. RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE. | IV. (. Fornasini. Fossile problematico.
(Cacciamali, Fucini, Neviani, Pao- | v. 1. Bonarelli. Sulla età dei calcari
marnoso-arenacei di Pietracutale
ME RIONI ESTERE e Bocchigliero in Calabria.
NERA VI. C. Fornasini. La Glandulina acu-
lucci).
3 ) minata e la Gl. elongata di O.
Degrange-Touzin, Kissling, Kénigs, G. Costa.
LOR) VII. P. Peola. Florule plioceniche del
B. Amnunzi. Piemonte.
III. V. Simonelli. Fossili tortoniani di VIII. C. Fornasini. Bibliografia geologica
Castelnovo ne? Monti. del Bolognese (1648-1896).
BOLOGNA
TIPOGRAFIA GAMBERINI E PARMEGGIANI
1396
La « Rivista » si pubblica bimestralmente, in fascicoli
di non meno di 32 pagine in 8°.
Abbonamento annuale: cinque lire. — Un fascicolo
separato : una lira.
Gli autori di note originali e di recensioni inserite
nella « Rivista » riceveranno gratuitamente 25 estratti.
Dirigere vaglia e corrispondenza alla Nedazione della
Rivista Italiana di Paleontologia: Via delle Lame 24, BoLoana.
INSERZIONI A PAGAMENTO NELLA COPERTINA
(riservate ad annunzi librari e ad offerte di materiali e di strumenti scientifici)
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Anno Ii. £ 51 Ottobre 1596 Fascicolo V.
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LU 5 6 JJ
IL
RASSEGNA DELLE PUBBLICAZIONI ITALIANE
Cacciamati (G. B.) — Sugli studi intorno all’ uomo fossile di
Castenedolo. Comm. Ateneo di Brescia, 1395.
E parte della relazione sulle ricerche fatte a Castenedolo: vi
si tratta della orografia, stratigrafia e petrografia della collina, ma
non di ciò che riguarda direttamente i resti dell’ uomo.
Fucini (A.) — Studi geologici sul circondario di Rossano in
Calabria. — Catania, tip. Galàtola, 1896; 89 pagine in 4°, con
una tavola di profili ed una carta geologica.
In questo lavoro si trovano parecchi elenchi di fossili rinvenuti
nelle formazioni liasiche, giuresi, terziarie e post-plioceniche del cir-
condario di Rossano Calabro. In questi elenchi sono indicate pa-
recchie forme nuove non peranco descritte. In quello dei fossili si-
nemuriani dei dintorni di Longobucco, già studiati e descritti in
un suo precedente lavoro (Mollus. e Brachiop. del lias inf. di Lon-
gobucco. Boll. Soc. Malac. ital., vol. XVI, 1891), A., correggendo
due antiche sue determinazioni, mette Pecten rarus Seg. (0 P.
amphiaratus di Stef.) invece di P. Thiollierei Mart. e Lima Geor-
ginae Fuc. (Lima densicosta Quenst. in Greco) invece di Cardita
Georginae Fuc. G. BONARELLI
Fucini (A.) — Faunula del lias medio di Spezia. — Boll. Soc.
Geol. Ital., 1896, pag. 123-164, tav. II III.
Questa faunula, già parzialmente conosciuta per i lavori del
Capellini e del Canavari, viene ora monograficamente de-
scritta dal dott. Fucini, il quale vi riconosce le seguenti 23 forme:
Astarte Canavarii n. f., Atractites cfr. indunensis (Stopp.), Amal-
theus margaritatus Montf., A. (Pleuroc.) spinatus (Brug.), Rha-
Rivista Italiana di Paleontologia. — Ottobre 1896. 19
cophylites libertus (Gemm.), Phylloc. Meneghinn Gemm., Ph. fron-
dosum (Reyn.), Ph. Zetes (d’ Orb.), Ph. tenuistriatum (Mgh.), Ph.
mioptychum n. f., Ph. Capellini n. f., Lytoc audax Mgh., L. no-
thum Mgh., L. sepositum? Mgh., Aegoc. f. ind., Coeloc. cfr. Sellae .
(Gemm.), Amphic. propinquum? Gemm., Arietic. algovianum (Opp.)
A. Lottii (Gemm.), A. retrorsicosta (Opp.), Harpoc. cfr. Bayani
(Dum.), Leioc (?) compactile (?) Simps, Grammoc. fallaciosum Bayl.
Nelle due tavole in fototipia che accompagnano questa mono-
grafia è data. figura di quasi tutte le forme descritte nel testo.
G. BONARELLI
Fucini (A.) — Fossili del lias medio del Monte Calvi presso
Campiglia marittima. — Proc. Verb. Soc. Tosc. Sc. Nat.,
5 luglio 1896, cinque pagine.
Questa è la nota preventiva di una monografia, che verrà tra
breve pubblicata nel 2° vol. della « Palaeontographia italica », e
della quale daremo la recensione non appena potremo averne una
copia.
NEviIANI (A.) — Il pitecantropo e la origine naturale dell’ uomo.
— Riv. Ital. Sc. Nat., anno XVI, pag. 113 e seg.
« Ristampo questa conferenza, scrive l’ A., che già tenni al
Circolo dei Naturalisti in Roma (1). Lasciata intatta nelle parti
principali, porto alcune modificazioni in particolari secondari, to-
gliendo specialmente tutti quegli accenni occasionali voluti dallo
speciale ambiente nel quale parlavo; ed aggiungo poi, sia qualche
cosa riguardante la questione della teoria evolutiva, sia i riferi-
menti di nuovi studi sul pitecantropo. »
Paotucci (L). — Nuovi materiali e ricerche critiche sulle piante
fossili dei gessi di Ancona. — Ancona, edit. Morelli, giu-
gno 1896, 158 pagine in 4° e 24 tavole in lit. con 188 fig.
Le splendide filliti descritte e figurate in questa voluminosa
monografia, provengono dalle località di Sirolo, Camerano, Monte-
dago, Varano, Trave e Pietralacroce; ivi raccolte nella formazione
gessifera del miocene superiore, la quale, nelle accennate località,
(1) Vedasi questo periodico. 1896, pag. 114.
DI PALEONTOLOGIA 247
en e RR ON NN NR NR i e ia e rien
si presenta con caratteri litologici e paleontologici identici a quelli
delle gessaie senigalliesi (della cui flora si occuparono, come tutti
sanno, il Massalongo e lo Scarabelli) (1), tantoché delle 128
forme ora riscontrate dal prof. Paolucci nei gessi anconitani, ben
81 si raccolsero anche nei gessi senigalliesi; le altre 47 sembrano
invece peculiari dei depositi anconitani e 15 fra queste vengono
ora descritte dallo stesso prof. Paolucci come nuove in paleofi-
tologia: (Pinus Cocconii, Smilax debosisiana, Persea mirabilis,
Fraxinus Capellinii, Sapotacites ilicifolius, Arbutites doricus, Cor-
nus palaeosanguinea, C. Schimperi, Sapindus anconitanus, Rhamnus
Scarabellii, Iuglandites carpinifolia, Eugenia anconitana, Legumi-
nosites robinioides, L. 7izyphoides, L, cameranensis, L. gleditschiae-
formis).
Dopo avere accennato ai molteplici problemi riguardanti spe-
cialmente la possibile fisonomia geografica della regione marchi-
giana alla fine del periodo miocenico, i quali si affacciano alla
mente dello studioso considerando la sorprendente ricchezza di
forme arboree nella flora dei gessi (problema che attende una
soluzione dai geologi), e dopo avere ricordato il fatto che detta flora,
per la sua stretta parentela con le flore mioceniche inferiori dello
Spitzberg, dell’ Islanda, del Groenland, indubbiamente discese da
queste terre artiche, il prof. Paolucci espone minutamente i cri-
teri principali che lo guidarono alla determinazione delle filliti an-
conitane (e che sono radicalmente diversi, nel maggior numero dei
casi, da quelli seguiti dal Massalongo nello studio delle filliti
senigalliesi), augurandosi di vederli « accolti dai paleofitologi, af-
finchè dal riordinamento dei materiali che la scienza già possiede
e dallo studio di quanto sarà per conquistare, scaturiscano dati di
indiscutibile valore, alla scorta dei quali possa essere concesso di
assorgere con sicurezza alla storia dello svolgimento delle flore at-
tuali, valutando nel giusto senso quanto conosciamo delle vegeta-
zioni passate. Nessuno tra coloro che hanno tentato fin qui il diffi-
cile arringo può nascondersi le incertezze innumerevoli contro le
quali si è trovato, pensando con quanta differenza di metodi furono
a tutt'oggi classificati i resti fossili vegetali. Ragione per cui valen=
tissimi botanici, fra i quali basterebbe ricordare l’ insigne I. D. Hoo-
ker (on the Flora of Australia) hanno protestato contro certe,
determinazioni in paleofitologia ». Il prof. Paolucci, botanico
volendo soddisfare, in questo suo lavoro, alle esigenze della tasso-
(1) Studi sulla Flora fossile senigalliese. Imola 1859.
nomia vegetale moderna, sa come e quanto, nella distinzione spe-
cifica d’ ogni fillite, debbasi procedere con iscrupolosa cautela, con-
tenendosi in giusti limiti nella valutazione dei caratteri differenziali,
tenendo cioè gran conto (nell’ esame singolo e nel confronto com-
plessivo delle varie foglie di una stessa « specie » e spesso anche
di uno stesso individuo) dei valori estremi di variabilità dei seguenti
caratteri, gli unici caratteri sopra i quali è fondata la determina-
zione delle filliti, chè ad altri caratteri non si potrebbe ricorrere:
a) dimensioni e forma delle filliti (molto variabili),
b) numero delle nervature secondarie (vario entro certi limiti),
c) angolo nevrale delle foglie penninervie (oscillante entro limiti abbastanza
ristretti),
d) presenza e misura del picciuolo (relativa alla posizione delle foglie sulla
pianta),
e) potenza della nervatura (diversa nelle due pagine di una stessa foglia),
f) rete venosa (importante in rarissimi casi),
g) consistenza primitiva della foglia (riconoscibile soltanto in casi particolari,
e specialmente relativa alla natura della roccia racchiudente la fillite),
h) distinzione tra foglia e fogliolina (assai difficile trattandosi di filliti in cui
raramente si può rilevare |’ articolazione del pedicello).
Risulta pertanto al prof. Paolucci, che circa il 30 % dei
nomi adottati dal Massalongo perle filliti senigalliesi non hanno
assolutamente valore specifico e che molte forme descritte da que-
sto autore come diverse fra loro devono invece venir fuse insieme
e riferite ad una sola « specie ».
E così, delle 8: forme comuni al miocene anconitano e al
senigalliese, per determinare le quali il prof. Paolucci ha fatto
uso del lavoro di Massalongo, soltanto a 46 egli ha potuto
mantenere il nome generico e specifico che si riscontra in detto
lavoro, mentre le 35 rimanenti « risultano sovente dalla fu-
sione di parecchie pretese specie di Massalongo alle quali fu ne-
cessario dare una nuova interpretazione, ovvero che mi parve con-
veniente determinare », talora soltanto specificamente, talora invece
anche genericamente, « in modo diverso da quest’ ultimo paleon-
tologo. »
Queste interpretazioni diverse date del Massalongo e dal
Paolucci al valore specifico e generico di alcune delle filliti mar-
chigiane hanno indotto lo stesso prof. Paolucci a stabilire delle
nuove denominazioni che qui sotto indichiamo:
— Arundinites sepultus Paol. .... = Bambusium sepultum (Ung.) Mass. e
Bamb. Heeri Mass.
uit
ees
DI PALEONTOLOGIA 249
— Fagus pristina Sap. 1870....
— Fagus palaeosylvatica Paol. . .
— Cinnamomum obtusifolium Paol.
— Oreodaphne Massalongi Paol. .
— Viburnum palaeo-tinus Paol. .
— Acer palaeorubrum Paol.
— Acer controversum Paol. ....
— Celastrus (?) Redii Paol.....
Fadeanaliialica Paola
— Carya (?) berberidifolia Paol. .
= Fagus ambigua (Viv.) Fagus Marsilti
Mass. ex p., etc.
= Alnites Reussi Ett., Fagus Chierici Mass.
e Fag. Deucalionis (Ung.) Mass.
— Castanea palaeovesca Paol. . . . = Castanea Forilivii Mass. e. Castanea
Tornabenii Mass.
— Quercus proteifolia Paol. . . .. = Quercus microdonta Mass., Q. Cardanii
Mass. etc.
— Salix minima Paol........ = Nemopantes Pareti Mass. e Banksia Ar-
chippae Mass. ex p.
— Ulmus antiqua Paol... .... == Ulmus Bronnii Ung., U. Samniorum
Mass. etc.
= Cinnamomum polimorphum var. obtusi-
folium Mass.
= Laurus oreodaphnifolia Mass.
. = ? Magnolia Morisii Mass.
. = Acer trilobatum H., Acer Heeri var.
productum Mass. etc.
= Acer monspessulanum Viv., Acer inte-
grilobum Web., Acerribifolium G6pp.,
Acer triaenum Mass., Acer trimerum
Mass. etc.
= Microtropis Redii Mass.
= Juglans italica Mass.
= Juglans hydrophila Mass. (non Ung.),
Quercus Drymeja var. Mandrali-
scae Gaud.
G. BONARELLI
II.
PUBBLICAZIONI ESTERE
A. — RECENSIONI.
Dzcrance-Touzin (A.) —- Note sur deux affleurements de falun
situés dans le voisinage du Chateau du Thil, a Léo-
gnan. — Proc. verb. Soc. Linn. Bordeaux, 4 decembre 1895.
Il signor Fallot, professore di geologia all’ università di Bor-
deaux, ben conosciuto come autore di un grande e scrupoloso la-
voro sul cretaceo della Francia orientale, nonchè di una Carta
250 RIVISTA ITALIANA
geologica dei dintorni di Bordeaux, scopriva nei dintorni di Léognan,
al Chateau du Thil, due affioramenti di terreno terziario, i quali
venivano, in seguito allo studio della loro fauna, da esso. riferiti:
l’uno all’ aquitaniano superiore, l’altro al burdigaliano (= lan-
ghiano) inferiore. Il Sig. Degrange-Touzin, che da molti anni si occu-
pa delle ricche faune del bacino della Gironda, crede, stando alle sue
ricerche, che si tratti piuttosto di aquitaniano medio e superiore,
e che non esista il burdigaliano nei pressi del Thil, o almeno che
non esista nei due affioramenti sopra indicati, e che gli hanno
dato: il primo 78, il secondo più di 200 specie di molluschi. È dif-
ficile giudicare chi abbia ragione. Ma, se veramente i sig. Fallot
e Degrange-Touzin hanno avuto che fare collo stesso falun,
avendo il primo scoperto 7udicla rusticula, Ficula condita, Fusus
burdigalensis, Cerithium salmo e Ancillaria glandiformis, e l altro,
Cerithium calculosum, subcorrugatum, Bittium spina, ecc., nello
stesso strato, si comprende la difficoltà di separare questo aquita-
niano dal langhiano, e come un tal fatto parli in favore delle idee
espresse recentemente dal Fuchs su questo proposito.
P. OppENHEIM
DecrangGE-Touzin (A.) — Les Scalariidae fossiles des terrains
tertiaires supérieurs du Sud-Quest. — Actes Soc. Linn.
Bordeaux, vol. XLVII.
L’ A. dà un catalogo di 46 specie di .Scalariîdae trovate nel
miocene della Francia meridionale, e determinate in massima parte
dal signor de Boury. Le specie nuove, che son molte, non ven-
gono qui descritte nè figurate; e l’A., per buona fortuna, non ha
applicato ad esse il nome specifico. P. OPPENHEIM
KissLing (E.) — Die Fauna des Mitteloligocaens im Berner Iura.
— Abhandl. schweiz. palaeont. Ges., vol. XXII._
Questo lavoro contiene una semplice determinazione dei fossili
tongriani del Giura bernese, e le tavole molto ben riescite che ac-
compagnano la memoria, dimostrano che la determinazione è esatta.
In questa mollassa del Giura bernese si trovano forme caratteristiche
del tongriano di Weinheim, e fra le altre: Lamna cuspidata e
Notidanus primigenius Ag., Fusus elongatus Nyst, Tritonium
flandricum de Kon., Cerithium Boblayei Desh., C. dentatum Defr.,
C. plicatum Brug., C. trochleare Lam., C. Lamarcki Brongn., Caly-
ea "=
DI PALEONTOLOGIA 201
ptraea striatella e Panopaea angusta Nyst, Tellina Nysti Desh.,
Cytherea incrassata Sow., C. splendida Mér., Cyprina rotundata Al.
Braun, Cardium scobinula Mér., ecc. ecc. È meravigliosa la corri-
spondenza che ha questa fauna con quella del bacino di Magonza.
E interessante di vedere nella fauna del bacino di Magonza
qualche specie del liguriano alpino che non si trova nei dintorni
di Weinheim, come Melania semidecussata Lam., Psammobia Fi-
scheri Héb. e Ren., ecc. Viene qui descritta come nuova |’ Arca
coevensis, affine all’ A. clathrata Defr. Bisogna dar lode all’ A., perchè
si è contentato di creare questa sola specie nuova, tenendo conto
del cattivo stato di conservazione del materiale. Forse la Terebra-
tulina polydichotoma May. non è altro che la 7. tenuistriata di
Leymerie. Quantunque fosse desiderabile un confronto fra questa
nuova fauna e gli altri depositi terziari, conviene tuttavia dichia-
rarsi soddisfatti per il ricchissimo materiale paleontologico che I’ A.
ci ha fatto conoscere, e per avere potuto stabilire colla fauna me-
-desima un punto di comunicazione tra l’oligocene della valle del
Reno e quello delle Alpi occidentali. P. OPPENHEIM
Kéònics (E.) — Die geologische Vergangenheit der Gegend von
Crefeld und darauf beztigliche Funde. — Verhandl. na-
turhist. Ver. preuss. Rheinlande, anno LIU, pag. 130.
In una cava di sabbia sull’ Egelsberg, presso Crefeld, son state
trovate più di cento specie dell’ oligocene superiore, che finora era
stato riscontrato nei dintorni di Crefeld solamente in pozzi e gal-
lerie. Questi molluschi terziari sono inclusi, come deposito rima-
neggiato, in un deposito glaciale con ciottoli di provenienza nordica.
P. OPPENHEIM
Lory (P.) — Sur les couches à nummulites du Dévoluy et des
régions voisines. — CR. Soc. géol. France, s. 3°, vol. XXIV,
pag. XVIII.
È una comunicazione breve, ma importante. L’ A. ha trovato
nei depositi nummulitici del priaboniano (oligocene inferiore, se-
condo la divisione di Beyrich)a S. O. del Pelvoux, oltre la Num-
mulites striata e la N. contorta, anche la N. Fichteli; più, alcune
forme del gruppo della N. Boucheri e del gruppo della N. Tour-
noueri (1). L’ A. parla di una specie appartenente alle nummuliti
(1) L’ A. scrive N. Zournoueri Mun. Ch., ma bisogna credere che egli in-
tenda parlare della forma descritta da de la Harpe nella monografia delle num-
202 RIVISTA ITALIANA
granulose e denominata N. Garnieri de la Harpe in litt. (1), e fi-
nisce col dare la corrispondenza fra i depositi nummulitici delle
Basses Alpes (Allons, ecc.) e le diverse località delle Hautes Alpes
(Cenze, Dévoluy et Chaillol de Champsaur). Secondo Lory, i primi
strati del Flysch cominciano già nel priaboniano (2).
P. OPPENHEIM
Ravin (V.) — Sur la faune oligocène de Gaas (Landes), —
Bull. Soc. géol. France, s. 3°, vol. XXIII, pag. 546.
La ricchissima fauna del tongriano di Gaas era rimasta fino
ad oggi quasi sconosciuta. Grateloup ne illustrò i gasteropodi;
ma le sue determinazioni sono inesatte, cattive le figure, e mancano
interamente le descrizioni. D’Orbigny nel « Prodròme » fece molte
correzioni all’ opuscolo di Grateloup; ma, non avendo sott’ oc-
chio il materiale necessario, e partendo dal principio che nessuna
specie passa da un livello ad un altro, ha pure sbagliato frequen-
temente. Raulin presenta qui un catalogo, nel quale dà i sino-
nimi delle specie di Grateloup e d’ Orbigny. ‘ed ageiunge
altre forme descritte da Mayer e da Bénoist. Tutte le specie,
in numero di 246, si trovano veramente a Gaas, e non son prese
dal miocene di Saubrigues, come molte di quelle pseudo-tongriane
di d’Orbigny. Per le determinazioni, Raulin non aggiunge al-
cuna critica, e si limita per lo più a ridare i nomi e i sinonimi
come li ha trovati. Bisogna convenire che ha tenuto in ciò un me-
todo un po’ troppo oggettivo, giacchè egli poteva ritenersi sicuro che
certe specie come la Natica cepacea Lam. non si trovano a Gaas.
Mancano del resto molte specie descritte da Dollfus, Fuchs ed
altri. Pare anzi che l’ A. non conosca il lavoro di Fuchs su Castel-
gomberto; per lo meno egli non fa alcuna allusione alle molte
rettifiche proposte in quel lavoro per le specie di Gaas dal grande
conoscitore del terziario.
Non trovo citata, ad esempio, nel catalogo la Natica angustata
Grat, questo fossile caratteristico del tongriano, nè la N. gibberosa
muliti di Biarritz. Si vede dunque la perfetta armonia fra questi depositi num-
mulitici delle Hautes Alpes, non solo. con quelli delle Basses Alpes, ma anche
con Biarritz e Priabona.
(1) È forse questa la specie che de la Harpe aveva descritta come N. lu-
casana degli strati di Biarritz?
(2) Credo io pure che una gran parte del Flysch terziario non sia altro
che una facies dell’ orizzonte di Priabona,
DI PALEONTOLOGIA 253
een eee re ean ens cer ee bse tnenen ner up v areca ven nereurnsapere nowy vee neue mente neenrernensebeoe snes newness secs ene scewscveransuctssuwwuswesseesomacn sense sseuhoeser cess cccwesaswewwys =
Grat., nè la N. auriculata Grat., nè il Cardium anomale Math. ;
e le determinazioni dei polipai sembrano erronee per la massima
parte. Sebbene dunque il catalogo di Raulin possa essere utilis-
simo per un lavoro completo sulla fauna di Gaas, esso va tuttavia
usato con grande precauzione. P. OpPENHEIM
B. — ANNUNZI.
Amecuino (F.) — Sur l’évolution des dents des mammifères. —
Bol. Acad. Cord. Buenos-Ayres, 1896: 139 pag. con 4 fig.
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léont. Hydr., vol. IX, pag. 260-288.
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— Geol. Magazine, dec. IV, vol. III, pag. 296.
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Id. — Quelques rectifications et additions aux listes de fossi-
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verschiedene in das Gebiet der Hieroglyphen gehòrige
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GosseLET (J.) — Note sur les troncs d’ arbres verticaux dans le
terrain houiller de Lens. — Ann. Soc. Géol. Nord, 1895:
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14 pag. con 2 tavole.
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Katzer (F.) — Phytopalaeontologische Notizen. — Sitzb. Ges.
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LecHIEN (V.) — Découverte d’ un nouvel ichthyosaure à Arlon. —
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DI PALEONTOLOGIA 259
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MercanTe (V.) — Biografia de Florentino Ameghino. — Buenos
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schr. Ak. Wiss. Wien: 1896: 129 pag. con 22 tav. e 8 fig.
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Id. — Nouvelles du British Museum. — Feuille Jeunes Natur.,
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Toura (F.) — Ueber die Auffindung einer Muschelkalkfauna am
Golfe von Ismid. — Neues Jahrbuch, 1896: 3 pagine.
Id. — Ueber die Muschelkalkfauna am Golfe von Ismid. —
Neues Jahrbuch, 1896 : 3 pagine.
206 RIVISTA ITALIANA
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Vogpes (A. W.) — Supplement to the Bibliography of the Pa-
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WETTSTEIN (R. v.) — Die Geschichte unserer Alpenflora. —
Schrift. Ver. Verbr. Nat. Kenntn. Wien, 1896: 26 pagine.
III.
Fossili tortoniani di Castelnovo ne’ Monti.
Nora pi VITTORIO SIMONELLI
Alla cronologia dei terreni che forman le alture tra I’ Enza e
la Secchia potrà contribuire utilmente la conoscenza di una fau-
nula, invero non molto ricca, ma sufficientemente caratteristica, da
me rinvenuta nelle marne grigie del Monte Piano, al N. O. di
Castelnovo ne’ Monti (Prov. di Reggio Emilia). Tali rnarne, ora
più ora meno sabbiose, alternano ripetutamente con strati e ban-
chi di arenaria gialliccia o grigiastra, ricca di foraminiferi, co-
perta di rilievi vermiformi nelle superfici di stratificazione, si
addossano, in perfetta concordanza, alla potente serie pur marnoso-
arenacea che forma il monte di Vetto e si protende poi sulla sini-
stra dell’ Enza, in quel di Parma, fino alle valli della Parmossa e
della Bardea.
I punti dove ho trovato maggiore abbondanza di avanzi orga-
nici decifrabili sono i quattro seguenti: ad E. di Casa del Cerchio,
poco sotto la vetta del M. Piano, a circa 750 m. s. l. d. m.; sopra
il podere di Campetello; fra Rosano e Cà del Grosso; presso la
chiesa della Madonna dell’ Aiuto, a poco più di un chilometro da
Castelnovo ne’ Monti.
Nel materiale finora raccolto abbondano i coralli semplici e
segnatamente i turbinolidi, come Trochocyathus affinis Reuss e
Ceratotrochus multiserialis (Micht.); ho anche potuto riconoscere
Deltocyathus italicus (Micht.), Caryophyllia (Acanthocyathus) vin-
dobonensis (Reuss), Flabellum avicula (Micht.), Balanophyllia cfr.
falcifera Micht. in Sism., Balanophyllia sp. — Gli echinodermi,
DI PALEONTOLOGIA 257
assai più rari, sono esclusivamente rappresentati da frantumi di
un grosso spatangide (affine, se non identico, allo Spatangus au-
striacus Laube) e da radioli di una Dorocidaris ch’ io non saprei
tener divisa dalla vivente D. Blakei Al. Ag., del mar dei Caribei.
Uno di questi radioli, estremamente compresso e dilatato a venta-
glio, riproduce con grande esattezza la forma, gli ornamenti e le
dimensioni di quelli singolarissimi rappresentati dall’ Agassiz
nelle fig. 9 e 1o della tav. II del Report on the Echini (in Reports
on the Results of Dredging in the Gulf of Mexico etc., by the
U. S. Coast Survey St. « Blake ». — Mem. of the Mus. of Comp.
Zoology at Harvard College, vol. X, n° 1, Cambridge 1883).
Numerosi sono i molluschi gasteropodi, dei quali però non
resta, nel più dei casi, altro che il nucleo agatizzato. Tra le forme
determinabili con sicurezza posso citare: Stenorytis globosa De
Boury, Turritella Archimedis Brongn., T. subangulata (Br.), Na-
tica millepunctata Lk., Trivia affinis (Duj.), Eudolium subfascia-
tum Sacc., Ficula condita (Brongn.), Columbella thiara (Br.), An-
cillaria obsoleta (Br.), Cancellaria varicosa (Br.), Pleurotoma ro-
tata (Br.), Clavatula Jouanneti (Desm.), Conus Puschi Micht. A
queste si accompagnano parecchie altre specie dei generi 7rochus,
Echinophoria, Nassa, Fusus, Marginella, Terebra, con esemplari
troppo mal ridotti per consentire ravvicinamenti.
Di lamellibranchi, oltre a qualche frammento di piccole ostri-
che e a buoni esemplari di Amussium duodecimlamellatum (Bronn)
ho potuto raccogliere impronte di Limopsis sp., Yoldia cfr. nitida
(Br.), Chama gryphoides Lk., Lucina sinuosa Don., Tellina sp., e
gruppi di Zeredo cfr. norvegica Spengl. — Son da aggiungere:
modelli interni silicizzati di due specie di Dentalium; Aturia Aturi
(Bast.); pezzi staccati di Balanus sp.; avanzi di pesci (squame cte-
noidi e denti di lamnidi); uno strobilo di Pinus per ora inde-
terminato.
Questa piccola serie di fossili parmi dimostri esuberantemente,
che le marne grigio-scure del M. Piano (indicate come bartoniane
in parte e in parte tongriane nelle più recenti pubblicazioni geo-
logiche su questa parte dell’ Appennino (1)) per facies e per età
corrispondono ai depositi tortoniani del miocene medio. Con la
famosa « pietra di Bismantova » esse marne hanno probabilmente
(1) Sacco — L’ Appennino dell’ Emilia. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. XI,
fasc. 3°. Roma 1893. — Carta geologica dell’ Appennino dell’ Emilia, rilevata
nel 1892. Torino, Clausen.
258 RIVISTA ITALIANA
gli stessi rapporti che si verificano tra le sabbie argillose ad Ancil-
laria di Chiusi in Casentino ed il calcare a cellepore del Monte
della Verna (1).
Parma, Gabinetto di Geologia dell’ Universita, 21 agosto 1896.
IV.
Fossile problematico.
Nora pt CARLO FORNASINI
Nello studiare i foraminiferi della collezione Soldani-Sil-
vestri esistente nel Museo Paleontologico dell’ Istituto Superiore
in Firenze (2), ho trovato, in uno dei tubetti con nodosariine
delle argille plioceniche senesi, il fossile di cui presento qui sotto i
contorni.
Esso misura tre millimetri in lunghezza, è sensibilmente com-
presso, cosicchè la sezione trasversa normale all’asse è ellittica, ed
è formato di cinque anelli (?), ciascuno dei quali appare come co-
stituito da 16 a 18 verghette (?), e si allarga superior-
mente in modo da ricevere nel suo interno l’anello
successivo. L’esemplare si restringe un poco dal basso
all’alto, ed è rotto alle due estremità: a quella supe-
riore si scorge l’inizio del sesto anello.
Non è questa la prima volta che vengono osservati
corpi simili. Reuss, nel 1860, descrisse e figurò certi
frammenti, i quali presentano la massima somiglianza
con quello di cui sto trattando. Egli li riguardò come
aculei di echinidi, benchè molto diversi da tutti gli
altri, e trovandoli sopratutto corrispondenti alle figure
date da Desor per gli aculei del Diadema Savignyi,
li riferì, con dubbio però, al genere Diadema, è istituì una
specie nuova: ? Diadema Desori. Riconobbe la presenza
di tali frammenti nell’argilla miocenica di parecchie località: a Baden,
a Grinzing ecc. nel bacino di Vienna, a Steinabrunn e in altri luoghi
|
(1) Simonelli — Il Monte della Verna e i suoi fossili. Boll. Soc. Geol.
Ital., vol. II, fasc. 3°. Roma 1883.
(2) C. Fornasini —. Foram. della collezione Soldani relativa al Saggio
Orittografico, ecc. Bologna 18094.
di Moravia, nell’argilla salifera di Wieliczka e nell’ isola di Rodi (1).
Fin d'allora dunque Reuss nutriva incertezza sulla sua determi-
nazione: incertezza che non deve essere diminuita dipoi, giacchè
nella minuta descrizione dei fossili di Wieliczka, pubblicata nel 1868,
egli non fa cenno alcuno del Diadema Desori (2).
Forme che ricordano il nostro frammento, e quelli descritti da
Reuss, incontransi anche fra le alghe (clorosporee), e precisamente
fra le dactiloporidee. Si confronti la Haploporella fasciculata Giim-
bel, delle sabbie di Astrupp (3).
Infine, a puro titolo di superficiale confronto, farò menzione di
un foraminifero agglutinante, Reophax spiculifera Brady, nel quale
ciascuna camera è costituita da una serie di spicule di spugne, di-
sposte in modo da presentare un aspetto analogo a quello dei
frammenti in parola (4).
Uno studio accurato della struttura del nostro fossile potrà
forse mettere in chiaro i rapporti di esso con altri organismi. A me
basta di averne qui fatta conoscere la presenza nel neocene italiano
‘ e di aver ricordate alcune delle forme più somiglianti.
L’ esemplare viene restituito alla Direzione del Museo di Firenze.
V.
Sulla età dei calcari marnoso-arenacei varicolori
di Pietracutale e Bocchigliero in Calabria.
Nora pi Guipo BoNARELLI
Anche il dott. Fucini (5) riferisce al toarciano inferiore la
fauna dei calcari marnoso-arenacei varicolori di Pietracutale e Boc-
(1) A. E. Reuss — Die marinen Tertidrschichten Bohmens, etc. Sitzb. Ak.
Wiss. Wien, vol. XXXIX, pag. 222.
(2) A. E. Reuss — Die foss. Fauna der Steinsalzablag. von Wieliczka.
Ibidem, vol. LV, pag. 109-110.
(3) C. W. Giimbel — Die sogenannten Nulliporen. II. Die Dactylopo-
rideen. Abhandl. bayer. Ak. Wiss., vol. XI, parte 1%, 1871, pag. 261, tav. DI,
fig. 7, 7°.
(4) H. B. Brady — Report on the Foram. dredged by H. M. S. Chal-
lenger, etc., pag. 295, tav. XXXI, fig. 16, 17.
(5) — Studi geol. sul circond. di Rossano in Calabria. 1896 (v. recens,
a pag. 245 del presente fasc.).
260 RIVISTA ITALIANA
chigliero, gia illustrata, come toarciana, dal nostro egregio e co-
mune amico il dott. B. Greco (1), riconoscendo peraltro che in
questa fauna mancano « quelle forme di ammoniti proprie é ca-
ratteristiche del lias superiore, come |’ Harpoceras bifrons, ’ Harpoc.
Boscense (2) ed altre. »
Ebbi già occasione (3) di manifestare il dubbio che questa fauna
di Pietracutale e Bocchigliero, così come la si conosce per il la-
voro del dott. Greco, del quale il Fucini si limita ora a ripor-
tare in riassunto i risultati, debba riferirsi al domeriano piuttosto
che al toarciano inferiore, essendochè in questa fauna non solo
mancano assolutamente le forme « proprie e caratteristiche del lias
superiore », ma vi si trovano anche abbastanza numerosi certi
cefalopodi [Rhacoph. lariensis (Mgh), Rh. eximius (Hau.)! Rh.
Nardii (Mgh.) Phylloc. gr. Partschi (Stur), Atractites indunensis
(Stopp.) etc.|, che la maggior parte degli ammonitologi considera oggi
come più o meno caratteristici delle zone superiori del lias medio.
Potrebbe darsi peraltro (quantunque manchino finora delle
buone prove paleontologiche per poterlo asserire), che con identica
facies litologica del supposto lias superiore sia rappresentato, a Pie-
tracutale e a Bocchigliero, anche il vero lias superiore. Ossia: non
è improbabile che la parte superiore dei calcari marnoso-arenacei
varicolori di Pietracutale e Bocchigliero debba riferirsi al toarciano
e che, cercando con cura, vi si possano trovare dei fossili caratte-
ristici di questo piano, verificandosi per tal modo la completa cor-
rispondenza sincronica di questi calcari con quelli quasi omotipici
di Taormina dove appunto, per quanto risulta dalle ricerche del
Seguenza (le quali per vero vennero in seguito tutt'altro che con-
fermate dal prof. Gemmellaro), tanto I’ orizzonte del Medolo
quanto il toarciano sovrastante sarebbero più o meno rappresentati
da uno stesso tipo di rocce. E così i famosi strati a Leptaena, che
a Taormina sottostanno ai calcari marnoso-arenacei varicolori e che
il prof. Gemmellaro illustro fin dal 1886, dovrebbero riferirsi
(1) Il lias sup. nel circond. di Ross. Cal. Boll. Soc. geol. ital., anno 1896,
pag. 92-121. (v. recens. nel fasc. di Giugno della pres. Rivista).
(2) Certamente è un lapsus calami. Invece di « Harpoc. Boscense » |’ A.
voleva dire « Harpoc. comense ». Il Fucini sa, come ogni altro, che l’Har-
poc. (?) boscense (Reyn.) viene generalmente dagli autori considerato come ca-
ratteristico del lias medio. ;
(3) Di questa Rivista, nel fasc. di Giugno 1896, a pag. 113.
a
eee
DI PALEONTOLOGIA 261
non al lias superiore, ma bensì monograficamente anch’ essi al do-
meriano (1).
Mi credo ora in dovere di aggiungere che, avendo scritto di-
rettamente al prof. Gemmellaro ed al dott. Di Stefano intorno
alla età dei calcari marnosi di Pietracutale e Bocchigliero, essi vol-
lero usarmi la cortesia di farmi subito conoscere il loro parere in
proposito, dichiarandomi di trovarsi d’ accordo con il dott. Greco
nel ritenere toarciana codesta formazione e perfettamente sincrona
a quella di Taormina.
(1) Degli strati a Leptaena si conoscono importanti giacimenti in località
veramente assai distanti fra loro. Esse sono: Wiirttemberg, Inghilterra S. O.,
Calvados (Normandie), Portogallo e Sicilia. Gli autori che si occuparono di
questi strati sono tutti d'accordo nel ritenerli come un passaggio tra la spi-
natum-zona (domeriano Bonar.) e gli strati a Posidonomya Bronni (toarciano
inferiorissimo); sono peraltro assai discordi fra loro quando si tratta di riferire
questi strati alla parte media o alla superiore del lias. Alcuni autori infatti li
riuniscono alla spinatum-zona riferendoli perciò al lias medio (Deslongchamps
[1864!], Moore [1866], Buckman [1889] ecc.). Altri autori invece riferi-
scono senz'altro questi strati al lias superiore (Oppel [1856], Choffat [1880],
Gemmellaro [1886] ecc.) ed il Choffat, fra questi, risolverebbe definiti-
vamente la questione facendo osservare, che nel Portogallo questi strati a Le-
ptaena non solo contengono « nombreux Céphalopodes toarciens », ma riposano
anche « sur des couches à faune toarcienne », (Etud. strat. et pal. des terr.
jurass. du Portug., part. I: Le lias et le dogger au Nord du Tage, Lisbonne
1880, pag. 21).
E qui giova ricordare che in quest'opera del Choffat il toarciano por-
toghese viene diviso in quattro zone distinte, le quali sono :
aalensis-zona.
sup.
P bifrons-zona.
Toarciano « Couches à Leptaena », con Amm. cfr. pettos,
crassus, communis, annulatus, cfr. Holan-
inf drei, undulatus, cfr. cornucopiae, cfr. nor-
mannianus, cfr. Calypso, cfr. ovatus.
« Couches de passage », con Amm. spinatus, aff. spi-
natus, « sp. » n. aff. Valdani, undulatus,
cfr. pettos, Holandrei, crassus, cfr. com-
munis, Desplacei, « sp. » n. aff. aalensis,
cfr. cornucopiae.
Ora, come si vede da questo quadro, chiaramente risulta che negli « strati
di passaggio » ed in quelli a Leptaena mancano veramente le forme di Cefa-
lopodi caratteristiche del lias superiore. (L’ Amm. Holandrei, V Amm. crassus,
l’ Amm. Desplacei ed altre, così com’ erano interpretate dagli autori, sedici anni
Rivista Italiana di Paleontologia. — Ottobre 1896. 20
Non avendo peranco avuto la fortuna di eseguire delle ricer-
che in posto tanto a Taormina, quanto in Calabria, e di fronte
alle dichiarazioni cosi autorevoli del prof. Gia lio e del
dott. Di Stefano, io dovrei probabilmente ricredermi ed accettare
d’ora in poi le conclusioni del Fucinie del Greco intorno alla
età dei calcari marnosi varicolori di Pietracutale e Bocchigliero.
E veramente lo farò, quando questi miei carissimi amici ed egregi
colleghi mi avranno dato una soddisfacente spiegazione dei fatti
seguenti:
— Come e perehe: dato e concesso che la fauna di Pietracu- .
tale e Bocchigliero sia toarciana inferiore, vediamo mancare in que-
fa, nelle loro sinonimie, le troviamo citate tanto per il lias medio che per il
toarciano, mentre i tipi di queste forme sarebbero per vero toarciani. Il Me -
neghini ne citò per il Medolo e per altre formazioni domeriane di Lombardia,
ed ora nessuno più crede che il Medolo sia toarciano). D'altra parte il Chof-
fat indicava, per queste due zone, alcuni fossili eminentemente caratteristici
del domeriano, quali sono appunto l’Amm. spinatus, l Amm. aff. spinatus, l’Amm.
aff. Valdani, Amm. cfr. pettos, Amm. cfr. normannianus. Il Choffat inoltre
porta la bifrons-zona nel toarciano sup., mentre gli autori, dopo averla chia-
mata con vari nomi diversi (zona a Posid. Bronni, commune, falciferum-zona,
ecc.) sono d'accordo nel riferirla al toarciano inferiore.
Un altro fatto risulta dal lavoro di Choffat, ed è che mentre le due zone
inferiori del suo toarciano portoghese presentano fra loro e col lias medio sot-
tostante, numerose attinenze paleontologiche, almeno avuto riguardo ai cefalo-
podi, d’altra parte fra gli strati a Leptaena e la sovrapposta bifron-zona si è,
direi quasi, una separazione marcata essendoche fra l’una e l’altra zona si
ànno soltanto tre forme comuni.
Le conclusioni a cui è giunto il Choffat (1880) nello studio degli strati
a Leptaena, del Portogallo sono le stesse a cui giungeva il prof. Gemmellaro
sei anni dopo ( sugli str. con Lept. nel lias sup. di Sicilia, Boll. com. geol.
ital., vol. XVII, 1886, v. a pag. 168) studiando quelli di Sicilia, per i quali,
oltre alle forme nuove loro particolari, l’ illustre autore indica anche le se-
guenti: Zamites gracilis in Qu., Pentacrinus jurensis, comune al domeriano e
al toarciano, in varie località), Cidaris cfr. erbaensis Stopp. (fossile nel dome-
riano lombardo), Leptaena gibbosula (già indicata dal Gemmellaro per il
lias medio di Sicilia), Leptaena Davidsoni (Desl.) proprio dei « Leptaenabett » di
Oppel, Kingena Deslongchampsi (Dav.) Ismenia, cfr. Suessi Desl. (fossile nel lias
medio dell’ Inghilterra e di Normandia), Zeilleria Lycetti Dav. proprio dei
« Leptaenabett » di Oppel), Pecten incrustatus Defr., Harpoc. Ruthenense
(Reyn.) fossile nel domeriano di molte località, Coeloc. crassum (Phill.), C.
Holandrei (d'Orb.), Phylloc. Partschi (Stur) fossile nel domeriano di molte lo-
calità, Rhacoph. libertus (Gemm.) (fossile nel domeriano di molte località.
ite
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soe.
f LA
DI PALEONTOLOGIA 263
minerari ea zia neem enna ee rame va siasi ana ze nr ian new ipo near en ee a ay icone eee errori iran -
sta fauna gli elementi caratteristici delle faune toarciane e sovrab-
bondare invece le forme più o meno caratteristiche del domeriano
sottostante ?
— Come spiegare la regolare « perfetta concordanza » (Greco
op. cit. 1896), la quasi transizione dei calcari marnosi, che racchiu-
dono questa fauna, coi calcari neri del lias inferiore, senza che,
nella maggior parte dei casi, si trovi indizio alcuno di formazioni
intermedie riferibili al lias medio? O meglio:
— Come spiegare, in molti punti delle accennate località la
mancanza del lias medio, degli « strati a Leptaena », anche dove
la serie si presenta con caratteri di perfetta concordanza ?
Bologna, Ottobre 1806.
Wis
La Glandulina acuminata e la Gl. elongata di O. G. Costa.
Nora pi CARLO FORNASINI
Nell’ opera di H. B. Brady sui foraminiferi dragati dal « Chal-
lenger » fra i sinonimi di Nodosaria ( Glandulina) laevigata (pa-
gine 490 e 491) citansi Gland. acuminata e Gl. elongata, due specie
istituite da Costa nella « Paleontologia del Regno di Napoli »
sopra esemplari fossili dell’ argilla di Taranto (1). Ma l'esame de-
Il Buckman dal canto suo, in un recente lavoro (On the Cotteswold,
Midford, and Yeovil Sands, and the division between Lias and Oolite. — Quart.
Journ., vol. XLV, 1889, p. 460 bis), sembra propenso a seguire il Deslong-
champs nel riferire piuttosto al lias medio gli strati a Leptaena, considerando for-
se questi strati come una facies speciale « benthonica » di una parte o di tutto
il domeriano a seconda delle località; alla stessa guisa che i « Posidonomya-
schiefer » di Oppel, i « Saurian and Fish-Bed » di Moore, il « calcaire
en nodules aplat. avec. poiss. » di Deslongchamps etc. sono facies speciali
benthoniche o sub-benthoniche del toarciano inf.
(1) Atti Acc. Pontan., vol. VII, pag. 125, tav. XI, fig. 19; pag. 128,
tav. XI, fig. 23. Anche Seguenza cita Gland. acuminata (Form.'terz. Reg-
gio, pag. 306).
gli esemplari originali, che si conservano nel Museo? di Napoli,
facilmente dt com’ essi non 1
appartengano in realtà al genere
Glandulina. I due tubetti della col-
lezione Costa contengono ciascuno
un esemplare e portano un’ etichetta
sulla quale è scritto di mano del-
l’autore: sul primo « Glandulina
acuminata Cos. Fos. in Taran. » e
sul secondo « Glandulina elongata C.
Tar. foss. ». Senza dubbio i due e-
semplari sono quelli stessi di cui
Costa diede le figure. _
Rappresento (ingrandimento :
50 diametri) con le fig. 1 e 1' i
contorni dell’esemplare figurato dal-
l’autore come Gl. acuminata e con
le: fig. 2 e 2' i contorni dell’ altro,
figurato come Gl. elongata. Si tratta
evidentemente di due nodosariine
liscie, con suture oblique ed apertura
eccentrica, l’una triloculare, l’altra
quinqueloculare, da riguardarsi en-
trambi come forme giovani di Mar-
ginulina glabra d’ Orb.
I Psecadium di Reuss non sono altro che 4 con su-
‘ture oblique. In essi l’ apertura è centrale, e quindi non sono da
confondersi colle forme giovani della M. glabra. Non è tuttavia
improbabile che talune di queste siano state determinate come Pse-
cadium.
4!
VII.
Florule plioceniche del Piemonte.
Memoria DI PaoLto PEOLA
Alle mie memorie « Flora fossile braidese » (1) e « Flora
fossile dell’ Astigiano (2), che danno la descrizione delle due prin-
(1) P. Peola — Flora fossile braidese. Bra 1895.
(2) ) — Flora fossile dell’ astigiano. Riv. ital. di Paleont.; 1896.
jg aie
è
oT
DI PALEONTOLOGIA 265
cipali flore del pliocene piemontese, faccio ora seguire questa mia
nota che descrive le piccole collezioni di filliti raccolte qua e là
negli strati pliocenici del Piemonte. — Alcuni esemplari raccolti a
Caccia presso Druent, e lungo la Stura di Lanzo costituiscono gli
unici rappresentanti ‘del Villafranchiano piemontese; altri raccolti
tra Carrù e Mondovi dal dott. Filippi di Clavesana, alla Ma-
donna di Galizia dal dott. Sacco, ed a Pocapaglia presso Bra da
me stesso, formano tre florule dell’ Astiano: altri infine raccolti
pure dallo scrivente a Monte Castello presso Alessandria costitui-
scono insieme agli esemplari di Valduggia, illustrati dal prof. Pa -
rona (1) e ad alcuni da me descritti nella Flora fossile braidese,
la flora del Piacenziano.
Darò separatamente la descrizione di queste florule.
VILLAFRANCHIANO
FLORULA DEI TERRENI LUNGO LA STURA DI Lanzo.
Le impronte delle filliti costituenti questa florula si trovano
su marna micacea facilmente friabile, di un colore giallognolo, e
sono provenienti alcune da Caccia presso Druent, altre dai terreni
lungo la Stura di Lanzo. Molte di esse sono così debolmente im-
presse ed ingarbugliate fra di loro da rendere difficil compito il
seguire il contorno e le nervature delle foglie, e quindi di deter-
minarle. Alcuni esemplari studiati dal Sismonda furono riferiti
al miocene medio.
1. Glyptostrobus europeus Heer.
1855-59. Glyptostrobus europeus Heer: FI. tert. Helv. 1, pag. 51, tav. XIX,
tav. XX, fig. 1.
1859. « » E. Sismonda: Prodrome ecc. pag. 7.
1865. » » » Materiaux ecc. Mem. Acc. Sc.
‘Torino, vol. XXII, pag. 402, tav. ‘IV,
fig. 1; tav. XXXI bis.
1889. » » Sacco: Catalogo paleont., pag. 13, n. 93.
1893. » » Peola: Le conifere terziarie del Piemonte. Boll.
soc. geol. ital., vol. XII, pag. 735.
Questi esemplari furono gia studiati dal Sismonda. Sono.
molto comuni, frammisti specialmente a foglie di Corylus Heeri
a Caccia presso Druent.
(1) C. F. Parona — Valsesia e lago d'Orta. Atti Soc. it. di Sc.-Nat., 1886.
266 _ RIVISTA ITALIANA
RAPIRE ROC OGG RO ina ie ibinliiscisiosii iii EWES ED 80S elica
2. Cyperus reticulatus Heer.
1855-59. Cyperus reticulatus Heer: FI. tert. Helv. III, pag. 165, tav. CXLVII,
fiero: 11:
Tre frammenti di foglie, di cui uno ne rappresenta la parte
apicale. La carena è abbastanza notata, e la foglia è larga mm. 14.
Lungo la Stura.
3. Corylus Heeri Sism.
1859. Corylus Heeri E. Sismonda: Prod. fl.tert. Piem., pag.10, 23,tav. 66, pag. I.
1865. » ) » Materiaux ecc. Mem. Acc. sc. Torino XXII,.
pag. 428, tav. XIV, fig. 2, tav. XXXI bis.
Oltre agli esemplari disegnati dal Sismonda in fig. 2 della
tav. XIV e tav. XXXI bis del Matériaux, molti altri esemplari si
conservano nel R. Museo di Torino provenienti pure dai pressi di
Caccia di Druent, quasi tutti però sotto forma di frammenti.
4. Sapindus Hazslinszkyi Ett.
1853. Sapindus Hazslinszkyi Ettingshausen: Foss. fl. v. Tokay, pag. 33, tav. IV.
ieee,
È l'impronta di una foglia, di cui manca la parte apicale.
Si trova sopra un masso portante pure impronte di diverse fo-
glie di Corylus Heeri. E larga circa mm. 28 e presenta la facies
tipica di questo Sapindus a foglia alquanto arcuata, asimmetrica,
a nervi ad angolo quasi retto con il primario, e rivolti ad arco
verso il margine.
5. Rhamnus acuminatifolius O. Web.
1852. Rhamnus acuminatifoliusO. Web. Palaeontog. II, pag. 206, tav. XXXII, fig. 13.
Due esemplari, impronta e contro impronta, di cui il più com-
pleto rappresenta una foglia lunga cm. 57 e larga 30. Le dimen-
sioni sono quindi alquanto più piccole delle dimensioni date dalla
diagnosi, ma però nella facies si avvicinano agli esemplari disegnati
dalla fig. 3 della tav. CXXVI dell’ Heer. Fi. tert. Helv. MII.
I nervi sono solo in numero di 8, e di questi gli inferiori sono
ad angolo retto con la nervatura primaria, ed i superiori hanno
gli angoli di inserzione sempre più acuti ed in un lembo più esa-
geratamente che nell’ altro. Considerando che di ciò già vi è un
accenno nella citata fig. dell’ Heer credo di non dover distaccare
questa forma dalla specie R. acuminatifolius per farne una specie
o varietà nuova.
Lungo la Stura,
ON
DI PALEONTOLOGIA 267
soem ee ee ee ARA recare nana nananIna ani nera ennzte salina ianpora rca cane nnn cor concorrere si SER RRR re meo
6. Cassia hyperborea Ung.
1850. Cassia hyperborea Unger: FI. fos. v. Sotzka. pag. 58, tav. XLIII, fig. 2,
1859. » » E. Sismonda : Prod. fl. tert. Piem., pag. 16.
1865. » » » Matériaux ecc. Mem. Acc. Sc. Torino,
XXII, pag. 66, tav. XXVI, fig. 2, 3.
Sullo stesso esemplare che gia aveva disegnato il Sismonda
misi a nudo un'altra impronta della stessa specie. Il Sismonda
dava questo esemplare con l'indicazione « Fossile a Turin dans
un argile micacée » ascrivendolo al miocene medio. Esso proviene
dai terreni lungo la Stura che vengono ora riferiti al Villafranchiano.
Già rinvenute
N.| —GENERE e SPECIE | PS, gcog. odiema
ISLA cene cene CIS
1 | Glyptostrobus europeus Heer .. | + | + | China.
2 | Cyperus reticulatus Heer ....| + | — | reg. calde e temp.
3 | Corylus Heeri i. Sismi. n.d » + | + | reg. temp.
4 | Sapindus Hazslinszkyi Ett....| + | + | reg. temp.
5 | Rhamnus acuminatifolius O. Web. (age: | ECE: temp.
6 | Cassia hyperborea Ung...... | + | + | reg. trop. dell'America.
Dal presente quadro (se lo scarso numero delle specie rinvenute
nel Villafranchiano piemontese ci permette trarre qualche conclu-
sione) si vede come la flora di questo orizzonte mantenga una fa-
cies affatto terziaria (tant’é che le specie piemontesi si trovano
diffuse nel pliocene e miocene), e quindi sia giustificata l’iscrizione
di tale strato nel terziario anzichè nel quaternario. Essa ci rappre-
senta un tipo di flora di clima temperato, ma piuttosto caldo, al-
quanto diverso dall'attuale; concorda quindi con la fauna di detto
strato che secondo il Sacco sarebbe di clima molto dolce e spesso
di littorale, e presenterebbe pure soventi strette affinità con forme
asiatiche, africane ed americane, differendo talora molto dalle forme
ora viventi in Piemonte (1). L'orizzonte Villafranchiano, come
quello che rappresenta una formazione fluvio-lacustre, e con un
clima abbastanza caldo, doveva avere una ricca vegetazione, ma
piuttosto erbacea che arborea, e fornire copioso alimento agli er-
bivori che in gran numero dovevano abitare queste regioni, se si
(1) Sacco — Il bacino terziario del Piemonte, pag. 545.
268 RIVISTA ITALIANA
(ewennamennnnercnanamansnaannamnamnannennnnanahanamnnmnsmanSnsenecnnenaennnnaeusnnanaceresarensauenanneennsevecunsepentesaasnefercasunecantenencnauseeennesunrsrecerenseseeres
giudica dai numerosi avanzi di tali animali rinvenuti in questo
orizzonte. La scarsezza delle filliti di questo orizzonte si spiega
pure, pensando che solo le filliti arboree, come le più coriacee,
possono più facilmente subire il processo di fossilizzazione.
ASTIANO
A. FLORULA DELLO STRATO ASTIANO TRA CarRÙ E Mownpovi.
Sono tredici esemplari su marna azzurrognola che portano l’in-
dicazione: Clavesana (Mondovi) dott. Filippi,e che si conservano
nel R. Museo geologico di Torino.
Ma nei dintorni di Clavesana, non v' esiste astiano, ed il pro-
fessor Sacco crede che, essendo esse state donate dal dott. Fi-
lippi di Clavesana, fossero stati riferite a tale località anche le fil-
lite raccolte nei paesi limitrofi, e quindi non pare improbabile che
provengano da qualche strato astiano che si trova tra Carrù e
Mondovi.
1. Fagus Deucalionis Ung.
1847. Fagus Deucalionis Unger: Chloris protogaea, tav. XXVII, fig. 1, 9.
Parte apicale di una foglia di dimensioni alquanto grandi a
nervi secondari alterni, paralleli.
2. Fagus ambigua (Viv.) Mass.
1853. Fagus ambigua Massalongo: Descriz. piante foss. ital., tav. 1, fig. 5.
Un esemplare porta |’ impronta della parte mediana di una
foglia a bordo ondulato, a nervature parallele, subopposte, e molto
probabilmente appartiene a questa specie. L’ altro ha I’ intera im-
pronta della foglia lungamente picciolata (cm. 1), a base attenuato-
arrotondata, ad apice acuminato, con i bordi ondulati. È lunga
cm. 7,5, larga 3,5.
3. Fagus sylvatica L.
1764. Fagus sylvatica Linné: Sp. pl., n. 1416.
Foglia ovata, a base arrotondata, ad apice alquanto acuminato,
a margine ondulato, a 8 nervi secondari suboppositi. Lunga 4 cm.
e larga 2,5.
4. Quercus Laharpii Gaud. et Stroz.
1859. Quercus Laharpii Gaudin et Strozzi: Contrib. II, pag. 45, tav. III, fig. 5, 10.
Impronta di una foglia mancante dell’ apice, a base attenuata
munita di picciolo lungo 7 mm, con nervatura mediana consistente,
con i nervi secondari inferiori camptodromi. E larga 3 cm,
DI PALEONTOLOGIA 269
5. Iuglans Strozziana Gaud. et Stroz.
1858. Iuglans Strozziana Gaudin et Strozzi: Mem. s, quel. gis. d. feuil. foss.
pag. 39, tav. VIII, fig. 7, 8.
Impronta della meta inferiore di una foglia a nervo mediano
consistente, a nervi secondari ad angolo aperto, quasi retto, a base
con lobi ineguali. Pare una fogliolina laterale. E larga 4 cm.
6. Pterocarya Massalongi Gaud.
1858. Pterocarya Massalongi Gaudini: Feuilles foss. de la Toscane, pag. 40,
tav. VIII, pag. 1-6; tav. IX, fig. 2.
Foglia alquanto arcuata, allungata, a base arrotondata, con i
nervi secondari numerosi, ad angolo retto con il primario, arcuati
all'apice. Non vi è evidente la dentellatura nel margine, ma per la
facies e per il sistema di nervatura pare riferibile a questa specie.
7. Populus Gaudini (Fisch.) Heer.
1855-59. Populus Gaudini Heer: FI. tert. Helv. II, pag. 24, tav. LXIV.
Quattro esemplari con impronte di porzioni di foglie che pa-
iono essere state di grandi dimensioni, e che per avere il nervo me-
‘diano consistente ed i secondari più deboli ed arcuati verso l’apice
sembrano riferibili a questa specie.
8. Persea speciosa Heer.
1855-59. Persea speciosa Heer: FI. tert. Helv. II, pag. 81, tav. XC, fig. 11, 12;
tav. C. fig. 18, III, pag. 185; tav. CLIII, fig. 5.
Esemplare di foglia alquanto guasta all’ apice, lunga circa 10
cm. larga 4 cm.
o. Acer latifolium Sap.
1869. Acer latifolium Saporta: Sur l’ exist. de plus espèces act. observ. dans
la FI. phoc. de Meximieux Boll. soc. geol. 2* ser.,
pag. 765, tav. XXVI.
Impronta di una foglia palmata. Vi è distinto il nervo mediano
con nervi secondari rari, arcuati in alto, i due nervi laterali vi-
cini al mediano fanno con esso un angolo di circa 45°, ramificati
più esternamente, meno internamente. Da un lato poi si scorgono
distaccarsi dalla base del nervo mediano due altri nervi di minore
consistenza che paiono altri due nervi laterali. La base ed i bordi.
non si sono conservati.
Essa con probabilità si può ascrivere al g. Acer, ma fui e sono
titubante nel darle una determinazione specifica. Per i nervi late-
270 RIVISTA ITALIANA
ere nen re nA RARER RARE ERS RIA MA RARA RRR A REE A RIA RA ER SAN NEARER REO R AREER RARER RR ERRSRL SRS RS ORS LER DARD RR OR RSS EOP ORAARREREDS,
rali primari diritti e non curvati piu che all’ Acer Ponzianum Gaud.
si avvicinerebbe all’ Acer. latifolium Sap., dal quale si differenzierebbe
per i nervi secondari partenti dalla nervatura mediana, i quali
essendo più curvi la fanno avvicinare al tipo del vivente Acer neapo-
litanum Ten. Ma secondo il Saporta l’ Acer Ponzianum ed il
latifolium non sarebbero che i rappresentanti del vivente A. neapo-
litanum nelle successive epoche geologiche passate, e quindi io credo
di essere nel vero ascrivendo la forma piemontese a quella del
pliocene più vicina, cioè all’ Acer latifolium Sap.
ro. Rhamnus sp.
Per i nervi arcuati verso il bordo e riuniti da numerosi ner-
villi terziari si può ascrivere questo esemplare al g. Rhamnus,
ma essendovi guasti la base, |’ apice ed il contorno della foglia è
di difficile determinazione specifica.
B. FLoruLa DI Maponna DI GALIZIA.
Sono dodici esemplari alquanto malconci (1) su arenaria gial-
liccia raccolti dal prof. Sacco e portanti I’ indicazione: Madonna
di Galizia, Bene Vagienna, Astiano. Dessi sono quegli stessi che il
prof. Sacco nel suo studio: La valle della Stura di Cuneo ecc. ri-
portò come provenienti da Castello Galateri, altra località dello
stesso orizzonte, ma posta più a Sud.
1. Fagus? sp.
1886. Fagus sp. Sacco: La Valle della Stura di Cuneo, pag. 8.
1992." » Meschinelli e Squinabol: FI. tert. ital., pag. 204.
Frammento di foglia che non presenta altro che alcuni nervi
secondari subopposti, e quindi di difficile determinazione anche ge-
nerica. =
2. Quercus nereifolia Al. Br.
1840. Quercus nereifolia Al. Br. in Unger: Gen. et spec., pag. 403.
1886. Quercus? Sacco: La valle della Stura di Cuneo, pag. 8 (in parte).
1892 » Meschinelli e Squinabol: FI. tert. Ital., pag. 232 (in parte)..
1886. Cornus Mastagni Sacco: La valle della Stura di Cuneo, pag. 8.
1896. » ) Meschinelli e Squinabol: Fl. tert. ital., pag. 405 (in
parte).
L’esemplare tenuto per Quercus è |’ impronta della parte me-
diana di una foglia che, per parere allungata, per avere le nerva-
(1) I tre esemplari riferiti dal Sacco a Phragmites sono così guasti che
mi pare miglior partito lasciarli indeterminati,
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TI ROTTE TETI
DI PALEONTOLOGIA 271
pv uerovveepumwyeeVevonnerr rer sywepeuEsWwpunsee¥errisneenrenennnapeerenaesnsuntewanevrecsrensnnsnnwsynaveunsnerrccenosrurrevunrsnsnnrarranDrarsounrnesenesuessvnuauversucenurnren
ture secondarie ad angolo quasi retto ed arcuate ai bordi, pare ri-
feribile a questa specie. L’altro esemplare non si deve ascrivere al
Cornus Mastagni Mass., perché invece di avere i nervi secondari
ad angolo acutissimo con il nervo mediano, li ha ad angolo quasi
retto. Vi manca la base, l’ apice è allungato-lanceolato, acuminato,
il bordo è integro, è largo cm. 2, e quindi pare piuttosto riferibile
alla Q. nereifolia.
3. Quercus Pironae Mass.
1858. Quercus Pironae Massalongo: Synops. FI. foss. Senog., pag. 33.
1886. Quercus? Sacco: La Valle della Stura di Cuneo, pag. 8 (in parte)
1892. » Meschinelli e Squinabol: FI. tert. ital., pag. 232 (in parte)
Impronta di una foglia guasta ai bordi ed all’apice, con nervi
secondari quasi ad angolo retto con il primario.
Ha una facies analoga alla fig. 17 della tav. 26-27 del Massa-
longo: FI. foss. Senog.
4. Cinnamomum spectabile Heer.
1855-59. Cinnamomum spectabile Heer : FI. tert. Helv., pag. 91, tav. XCVI, fig. 1-8.
1886. Platanus sp. Sacco: La Valle della Stura di Cuneo, pag. 8.
1892. ) « Meschinelli Squinabol: Fl. tert. ital., pag. 414.
1886. Cinnamomum polimorphum Sacco: La Valle della Stura di Cuneo, pag. 8.
1892. ) ) Meschinelli e Squinabol: Fi. tert. ital., pag. 309
(in parte).
L’ esemplare determinato per Platanus pare riferibile invece a
questa specie perchè i nervi principali laterali sono pressochè pa-
ralleli al mediano, e le nervature secondarie partenti dal nervo
mediano non vanno ai margini, ma s’incurvano in su. L’ altro
esemplare pare, più che al C. polimorphum, riferibile al C. specta-
bile per essere ottuso alla base ed avere i nervi secondari ramifi-
cati esternamente.
5. Rhamnus Gaudini Heer.
1855-59. Rhamnus Gaudini Heer : FI. tert. Helv. Ill, pag. 179, tav. CXXIV, fig. 4-15.
1886. Rhamnus sp. Sacco: La Valle della Stura di Cuneo, pag. 9.
1892. « « Meschinelli e Squinabol: Fi. tert. ital., pag. 398.
Fra le diverse specie di Rhamnus pare che piu che ad ogni
altra questo esemplare sia riferibile alla R. Gaudini Heer, per essere
picciolato, a nervi secondari consistenti. È largo mm. 20 circa.
Non si conserva che la parte inferiore della foglia.
6. Eucaliptus oceanica Ung.
1850. Eucaliptus oceanica Unger: FI. foss. v. Sotzka, pag. 52, tav. XXXVIj
fig. 1-13.
272. RIVISTA ITALIANA
1886. Eucaliptus oceanica Sacco: La Valle della Stura di Cuneo, pag. 9.
1892. » » Meschinelli e Squinabol: FI. tert. ital., pag. 423.
Impronta di foglia mancante della base e dell’apice.
7. Diospyros brachisepala Al. Br.
1845. Diospyros brachisepala Al. Br.: Neu. Iah. f. Min. Geol., pag. 170.
1886. Fagus Marsilii Sacco: La Valle della Stura di Cuneo, pag. 8.
1892. » —Deucalionis Meschinelli e Squinabol: Fl. tert. ital., pag. 201 (in
parte).
Un’ impronta di foglia lunga cm. 6, larga cm. 2, che per avere
i nervi secondari alquanto arcuati ed esili mi pare riferibile a que-
sta specie.
C. FLoRULA DI PocAPAGLIA.
Sono nove esemplari su arenaria gialla grossolana che io stesso
raccolsi nelle vicinanze di Pocapaglia, paese vicino a Bra. Quivi il
territorio è tutto frastagliato da profondi burroni, opera dell’ ero-
sione delle acque in epoche abbastanza recenti, che asportò il po-
tente strato delle sabbie astiane e parte del sottostante piacenziano,
rispettando qua e là pilastri piramidali che abbelliscono il passag-
gio, e forniscono un istruttivo esempio di erosione delle acque.
1. Salisburia adiantoides Ung.
1840. Salisburia adiantoides Unger: Gen. et. spec., pag. 392.
Due esemplari con l'impronta di una foglia aventi la nerva-
tura particolare di questa specie.
2. Ficus obtusata Heer.
1855-59. Ficus obtusata Heer: FI. tert. Helv. II, pag. 65, tav. LKXXII, fig. 5,6;
tav. C, fig. 14.
Due esemplari lunghi 7 cm., larghi 3, 5, ovato-ellettici, ottusi
all’ apice ed alla base, con nervature secondarie rare, poco appari-
scenti, arcuate all’ apice.
3. Laurus canariensis v. pliocenica Sap. et Mar.
1876. Laurus canariensis v. pliocenica Saporta et Marion: Recherch.s.les veget. foss.
d. Meximieux, pag.246; tav. XXVII,
fig. 6-7; tav. XXVIII, fig. 1-8.
Un esemplare porta |’ impronta della parte inferiore di una fo-
glia attenuata alla base, alquanto picciolata, con piccole ghiandole
alle ascelle delle nervature secondarie. Essa molto si confà alla
4
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9
DÌ PALEONTOLOGIA 273
mencanerzzarcenazenaaza eee ewe ean een ricezione nine immane ere ia ie E a I E A E E RS TR n es
fig. 6 della tav. XXVII del Saporta, e quindi è riferibile alla v.
lanceolata.
Un altro esemplare non conserva che la porzione mediana di
una foglia, che per le nervature con piccole ghiandole alle ascelle,
e per i margini quasi paralleli, mi pare si possa anch’ essa riferire
a questa specie ed al tipo della fig. 4 della sopracitata tavola del
Saporta, e quindi alla v. media. Al Museo geologico della R.
Università di Torino si conserva un frutto proveniente pure dai
dintorni di Pocapaglia, alquanto compresso, lungo 3 cm., largo 2,5
di forma ovale, ottuso alla base, dove si vede una concavità, im-
pronta dell’ attacco di un picciolo di 4 mm. di diametro. E un
po’ acuminato all’ apice ed alquanto asimmetrico.
È molto paragonabile alla fig. p. v. o. della tav. XXVII del
citato studio di Saporta, e se ha dimensioni alquanto maggiori
si devono forse anche allo schiacciamento subìto per effetto della
fossilizzazione.
Il trovarsi abbondantemente nello stesso deposito foglie di
Laurus canariensis mi fa credere di essere nel vero attribuendo
questo frutto alla stessa specie. Questo mio credere è confortato dal
fatto che dopo la pubblicazione del mio studio Fl. foss. braidese
ho raccolto in Bra, in regione detta Val Maire, che si trova appunto
tra Bra e Pocapaglia, un esemplare che porta l'impronta di una fo-
glia riferibile al L. canariensis pliocenica v, latifolia e di un frutto:
affatto analogo a quello di Pocapaglia.
4. Laurus montemassana Gaud. et Stroz.
1859. Laurus montemassana Gaudin et Strozzi: Contrib. VI, pag. 16, tav. I,
HZ:
Fogliolina ben conservata lunga 37 mm. larga 15 mm. ottu-
setta all'apice ed alla base, con il bordo integro, il nervo mediano
consistente, i secondari arcuati, alterni, molto rassomigliante alla
fig. 7 della citata tavola del Gaudin.
5. Platanus depertita (Mass.) Sord.
1873. Platanus depertita Sordelli: Avanzi veg. delle Arg. pl. lombarde. Atti
Soc. it. Sc. nat., vol. XVI, pag. 379, tav. V, fig. 14, 17.
Porzione della parte basilare di una foglia con un lobo laterale
la di cui forma e nervatura fa credere sia riferibile a questa spe-
cie. Non si può con sicurezza, stante la cattiva conservazione del
fossile, dire a quale varietà di questa specie si possa riferire.
274 RIVISTA ITALIANA
dee enn ene ca ese cueneeneucceenceunereweawase cue e se ewns aw eee weve ce nn awa canna nen en eee nw ene ees n ence wenn nasa sane nese vara ees iene acari easier e TE -coin
Le specie riscontrate in queste florule dell’ astiano piemontese
sono le stesse che furono già rinvenute e studiate nelle flore astiane
di Bra e dell’ Astigiano, e quindi le conclusioni riguardo alla na-
tura della flora e dei clima dedotte per quelle, valgono anche per
queste. Conviene solo notare che le florule di Madonna di Galizia
e di Pocapaglia più si avvicinano a quelle di Bra, cioè sono di un
tipo a clima temperato piuttosto caldo; mentre quella rinvenuta ©
tra Carrà e Mondovi si avvicina di più a quella dell’ astigiano,
cioè ad un tipo a clima temperato volgente al freddo.
PIACENZIANO
FLoruLa DI Monte CAsTELLO.
I dintorni di Monte Castello di Alessandria presentano rappre-
sentanti di massima parte dei vari terreni del terziario, ed in essi
vi trovai numerosi avanzi di filliti e di animali (1). Nei terreni
pliocenici (piacenziano), posti ad E. del paese, se abbondano i resti
animali, e specialmante molluschi (2) pochi sono gli avanzi vege-
tali. Nelle numerose escursioni che vi feci ed in particolar modo
sulla sponda sinistra del Tanaro dove per le frequenti frane ven-
gono messe a nudo sempre nuovi strati, non vi potetti raccogliere
che un solo esemplare di foglia ed alcuni strobili di conifere. Il
terreno donde provengono tali fossili è costituito dalle tipiche marne
piacenziane bleuastre.
1. Pinus salinarum Sch.
1849. Pinus salinarum Unger: Plansenr. v. Wieliczka. Deukschr. d. K. Akad.
d. Wissens. pag. 8, tav. I, fig. 28-20.
Uno dei due esemplari, abbastanza conservato per le apofisi
romboidali si avvicina alla fig. 28 dell’ Unger, op. cit. ed al tipo di-
segnato alla fig. 6 della tav. XV dello Squinabol: Contrib. III,
Gimnosperme, ed a quello di Cherasco da me stesso studiato in;
Le conifere terz. del Piemonte, pag. 9. L’ altro, di cui si’ conserva
solo la metà inferiore, per le apofisi a margine arrotondato, più si
avvicina-invece al tipo della fig. 29 della stessa tav. dell’ Unger.
(1) P. Peola — Nuovi rinvenimenti di fossili terziari nelle colline di Ales-
sandria. Bol. soc. geol. ital. 1893, vol. XII, pag. 93.
P. Peola — Le conifere terziarie del Piemonte. Bol. soc. geol. ital, 1893;
vol. XII. pag. 709.
(2) Vedi elenco dei molluschi in appendice.
j
-
:
:
:
DI PALEONTOLOGIA 275
2. Pinus lignitum Ung.
1847. Pitys lignitum Unger: Chloris protogaea, pag. 75, tav. XIX, fig. 12, 13.
Due esemplari alquanto malconci, le di cui scaglie rimaste in-
tatte lasciano scorgere i caratteri specifici.
3. Pinus holontana Ung.
1867. Pinus holontana Unger: Foss. fl. v. Kumi, pag. 19, tav. II, fig. 1-11.
Due esemplari, dei quali uno guasto e a squame rombee, al-
quanto appiattite, e l’altro meglio conservato ed intero, a squame
rombee, si avvicina molto al tipo della fig. 9 della tav. II dell’Un-
ger op. cit.
4. Quercus chlorophylla Ung.
1847. Quercus chlorophylla Unger: Chloris protog., pag. 111, tav. XXXI, fig. 1.
Un esemplare portante l’ impronta della metà superiore della
foglia che per avere i margini alquanto rivoltati, la nervatura me-
diana sviluppata, rari e tenui i nervi secondari, è riferibile a que-
sta specie, quantunque l’apice del lembo fogliare sia alquanto ellit-
tico e non arrotondato come vorrebbe la diagnosi. Si avvicina ab-
bastanza al tipo della fig. 3 della tav. LXXV, dell’ Heer: Fl. tert.
Helv. II.
Insieme a questa fiorula di Monte Castello comprendiamo in
un quadro le altre filliti piacenziane già studiate dal Parona (1)
e dallo scrivente (2) per poterne dedurre qualche considerazione.
(1) C. F. Parona — Valsesia e lago d’ Orta, pag. 118.
(2) P. Peola — Le conifere terziarie del Piemonte e Fl. foss. braid.
276 RIVISTA ITALIANA
Fate nel
N. GENERE e SPECIE (37; i
poi O|=|A
1 | Pinus pinastroides Ung. . . . =| A lent (()
2 DOO SAUMAFUM SCHIO -+|-+| Mc. Chs.
3 » aequimontana Goep. . . | .. |-+|.. | Tor.
4 » uncinoides Gaud..... . |4-| Tor.
5 ye AAS. ADIN ee 5 So .|-+] .. |Br. Mc. Ch.
6 DI MIPIINCEPSISAP RIE IO. +|. Br.
7 » holontana Ung... ... .|+|..| Mc.
8| Fagus ambigua Mass. . . .. er
g| Castana recognita Sch. . .|-F} .- | Br.
10 | Quercus charpentieri Heer. . Sees Ba
II ) clorophylla Ung. . . | ..|4-|+| V. Me.
12 » Gastaldii Heer. . . |..|+|..| Br.
13 » nereifolia Al. Br. . |+|+|+| Br.
14 » Drymeia Ung... .|+|4+|+
I5 » Meriani Heer. . Le +|-
16 | Alnus Kefersteinii Ung... . |+/+|+| V.
17| Salix angusta Alb. Br. ... +|+| Br.
18| Laurus princeps Heer... . LELE
19| Byrsonima pachyphylla Mass. |+-|-+|--| V.
20| Platanans depertita Sord. . . |..|+|+| V.
Distrib. geog. odierna
del Genere
reg. temp. e fredde
dell’ emisf. boreale.
reg.temp.e poco fred.
dell’ emisf. bor.
reg. temp. emisf. bor.
reg. temp.
reg. temp.
Europa-Asia. Africa-
America.
reg. calde.
reg. trop. e temp.
Asia min. America set.
Se lo scarso numero delle specie rinvenute ci permette anche
qui di trarre conclusioni sulla natura della flora che ornava il Pie-
monte durante il piacenziano, vediamo come la maggior parte delle
specie fosse di piante silvicole, con il primato dei generi Pinus e
() Le abbreviazioni Br. Ch. Chs. Mc. Tor. V. significano rispettivamente
Bra, Chieri, Cherasco, Monte Castello, Torino, Valduggia.
DI PALEONTOLOGIA 277
Quercus. Vediamo pure che gran parte è data da specie comuni
al miocene ed al pliocene, e che dei 9 generi, 7 sono proprii di
un clima temperato, e due di un clima più caldo; perciò possiamo
concludere che il piacenziano piemontese presenta una flora ad al-
beri piuttosto silvicoli e di clima temperato alquanto caldo. La
scarsità delle specie credo poi sia più apparente che reale, poiché,
presentandosi tale orizzonte in Piemonte come deposito di mare
tranquillo e profondo, solo strobili e poche foglie coriacee, più re-
sistenti alla putrefazione, hanno potuto allontanarsi dalla sponda e
depositarsi sul fondo. del mare. D'altronde durante il miocene, e
specialmente nel messiniano, ricchissima è la flora piemontese; ric-
chissima ricompare nell’ astiano, e quindi non credo si debba am-
mettere una discontinuità, non suffragata da nessun fatto climato-
logico, invece di una lacuna spiegata dalle condizioni sfavorevoli
alla fossilizzazione delle filliti.
Alla florula piacenziana di Monte Castello credo utile far se-
guire come appendice l’ elenco degli avanzi animali da me rinve-
nuti nella stessa località, rappresentando essi una fauna piacenziana
tipica e ricca di specie, I molluschi mi furono determinati dal
dott. De Alessandri, gli echinodermi dal dott. Botto Micca,
ed i corallari furono studiati e già pubblicati dalla Sig.na Elodia
Osasco (1). Ad essi tutti rendo le mie sentite azioni di grazie.
Dentalium entalis L.
Turbo fimbriatus Bors.
Trochus miliaris Brocc.
Xenophora testigera Bronn.
MoLLUSCHI.
Ostrea cochlear Pol.
Anomia striata Brocc.
Pecten cristatus Bronn.
» duodecimlamellatus Bronn.
Pectunculus nununarius L.
Pinna tetragona Broce.
Anomalocardia diluvii Lk,
Limopsis aurita Brocc.
Nucula placentina Lk.
Lucina cunctata Font.
Isocardia cor. Lk.
Corbula gibba Oliv.
Pecchiolia argentea Marit.
Dentalium sexangulum L.
» mutabile Doder.
Hirtoscala frondicula Wood.
Turritella subangulata Brocc.
Naticina catena v. helicina Brocc.
Echinophoria pliorondoletii Sacc.
Ptymelania buccinella Bon.
Cerithiella Genei Bell. et Mich.
Chenopus uttingerianus Risso.
Cassidaria sp?
» echinophora Lk.
Triton tuberculiferum Bronn.
Nassa italica May.
» megastoma Bell.
(1) Elodia Osasco — Di alcuni corallari pliocenici del Piemonte e della
Liguria, Atti Acc. Sc. Torino. vol. XXXI, 1895.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Ottobre 1896. 21
Columbella carinata Bonn. Homotoma reticulata Ben.
» thiara Brocc. Raphitoma submarginata Bon.
Iania angulosa Brocc. Conus antidiluvianus Brong.
Fusus longirostris Brocc. ECHINODERMI.
Murex spinicosta Bronn. Etirchinus scillae Des.
Typhis fistulosus Brocc. Schizaster sp?
Mitra fusiformis Brocc. CORALLARI.
Uromitra nitida Bell. Stephanocyathus elegans Segu?
Drillia Allionii Bell. Flabellum pavonium Lesson?
Calcarata calcarata Brocc. ; Vaticani Ponzi?
Pleurotoma rotata Brocc. A Peolae Osc.
» Bonelli Bell. » avicula v. subrossyana Osc.
» cuneata Doder. » roissyanum E, H.
» contigua} Broce.
VIII.
Bibliografia geologica del Bolognese.
(1648-1896)
Nota DI CARLO FORNASINI
Nella « Bibliographie géologique et paléontologique de I’ Italie »
pubblicata nell’anno 1881 per cura del comitato d’ organizzazione
del 2° Congresso Geologico Internazionale, il capitolo XXI è dedi-
cato alla geologia delle provincie di Bologna, Forlì e Ravenna.
È un elenco di 133 pubblicazioni compilato in base ad altret-
tante schede, 94 delle quali eran state fornite dal dott. Manzoni, e
le rimanenti furono aggiunte dal dott. Portis, che a tale scopo ebbe
a servirsi anche di una lista comunicatagli dal prof. Capellini.
Quantunque rappresenti già un primo importante contributo
alla bibliografia geologica delle Romagne, quell’ elenco è in talune
parti deficiente: alcune indicazioni mancano interamente, altre sono
incomplete, altre inesatte.
Nel 1892 il prof. Sacco, in coda al suo lavoro « L’Appennino
dell’ Emilia » pubblicava una bibliografia geologica.di questa re-
gione, citando naturalmente anche i titoli di parecchi lavori sul
Bolognese, ma tutti con data posteriore all’anno 1880.
La bibliografia seguente concerne la sola provincia di Bologna
e contiene i titoli di 264 pubblicazioni. Abbraccia i diversi rami
DI PALEONTOLOGIA 279
della geologia, ed avendo speciale riguardo allo studio dei fossili,
‘esclude la mineralogia pura e l'archeologia preistorica.
Aldrovandi, U. — Musaeum Metallicum, in libros IIII distributum. — B. Am-
brosinus composuit. Bononiae 1648.
Anonimo. — Una parola sulle ossa fossili dell’ Imolese. Nuovi Ann. Sc. Nat.,
Se icy VOL. V1, 1840.
— Rinvenimento di fossili. Boll. Com. Geol. It., vol. 1, 1870 (pag. 175).
— La frana del Sasso nella valle del Reno. Ibidem, vol. XXIII, 1892.
Archiac, A. d’ — Histoire des progrés de la géologie de 1834 a 1845. Vol. I
(pag. 410) e II (pag. 796). Paris 1847 e 1849.
Artini, E. — Sulla natrolite di Bombiana nel Bolognese. Rend. Acc. Lincei, 1889.
Bassi, F. — De quibusdam exiguis madreporis agri bononiensis. Bonon. Sc.
Art. Inst. Acad. Comm., vol. IV, 1757.
—- Tabella oryctographica sedimenti marini fossilis ex agro bononiensi (1757 ?).
— Vedasi: Fornasini 1884 e Neviani 1893.
— De marinis quibusdam rebus in bononiensi agro repertis. Bon. Sc. Art. Inst.
Ac. Comm., vol. V, parte 1%, 1767.
— De bononiensi phytotypolito. Ibidem.
— De porrectanarum aquarum accensibili vapore. Ibidem, vol. VI, 1783.
Beccarii, J. B. — De bononiensi arena quadam. Ibidem, vol. I, 1731.
Beneden, P. J. van, et Gervais, P. — Ostéographie des cétacés vivants et fos-
siles. Paris 1867 (pag. 240 e 256).
Bertoloni, G. — Esposizione di due fatti dai quali i geologi possono trarre
lumi per ispiegare l’oscura origine del gesso idrato delle colline bolognesi.
Nuovi Ann. Sc. Nat., vol. I, 1838.
Biagi, C. — Alcune osservazioni geognostiche sugli Apennini bolognesi, e spe-
cialmente sull’estrema punta sud-ovest de’ medesimi. Ibidem, s. 2°, vo-
lume III, 1845.
Biancani, G. — Vedasi: Blancani.
Bianchi, G. — Vedasi: Planci.
Bianconi, G. A. — Prove della contemporaneità dell’ epoca glaciale col periodo
pliocenico a Balerna e a Monte Mario sul Reno. Mem. Acc. Sc. Bologna,
Sie. VOL. V1, 975%
Bianconi, G. G. — Sul sistema vascolare delle foglie, considerate come carattere
distintivo per la determinazione delle filliti. Nuovi Ann. Sc. Nat., vol. I, 1838.
— Storia naturale dei terreni ardenti, dei vulcani fangosi, delle sorgenti infiam-
mabili, dei pozzi idropirici e di altri fenomeni geologici operati dal gas
idrogeno, e dell’origine di esso gas. Ibidem, vol. II, III, IV e V, 1840.
_— De mare olim occupante planities et colles Italiae, Greciae etc., et de
aetate terreni quod geologi appellant « marnes bleues ». Novi Comm. Acad.
Sc. Inst. Bonon., vol. VIII, 1846; vol. IX, 1849; Mem. Acc. Sc. Bologna,
vol. I, 1850; vol. IV, 1853.
— Se il mare abbia in tempi antichi occupato le pianure e i colli d’Italia,
di Grecia, dell’Asia Minore, ecc. Nuovi Ann. Sc. Nat., s. 2°, vol. IX e X,
1848. — V°. Topografia delle marne subapennine. Nuovi Ann. Sc. Nat.,
Volts: ea OCA.
Bianconi, G. G. — Discorso pronunziato il 2 luglio 1852 per l’apertura del
nuovo Museo di Storia Naturale di Bologna. Ibidem, s. 3*, vol. VI, 1852.
— Note sur l’origine métamorphique des argiles écailleuses du terrain ser-
pentineux des environs de Bologne. Bull. Soc. Geol. France, s. 2*, vo-
lume XIV, 1856.
— Cenni storici sugli studi paleontologici e geologici in Bologna. Catalogo
della serie geognostica dei terreni bolognesi. Atti Soc. Ital. Sc. Nat., vo-
lume IV, 1862.
— Observations sur la note de M. Pareto: « Coupes a travers l’Apennin, etc. »
Bull. Soc. Geol. France, s. 2*, vol. XX, 1862.
— Sur une période de la mer éocène. Bull. Soc. Geol. France, s. 2", vol. XXIII,1866.
— Sur les Apennins de la Porretta. Ibidem, s. 2", vol. XXIV, 1867.
VE I O vee
— Escursioni geologiche e mineralogiche nel territorio porrettano. Bologna 1867.
— Intorno al giacimento delle fuciti nel calcare eocenico, e sulla origine del
calcare stesso. Afti Soc. Ital. Sc. Nat., vol. X, 1867.
— Osservazioni sopra i gessi di Monte Donato e sopra i loro fossili. Bologna 1869.
— Intorno alle argille scagliose di origine miocenica. Mem. Acc. Sc. Bologna,
SUE: VOLVO 19074,
— Considerazioni sul deposito di rame di Bisano. Scienza Applicata, vol I, 1876.
— Considerazioni intorno alla formazione miocenica dell’ Apennino. Mem. Acc.
Sc. Bologna, s. 3°, vol. VUI, 1877.
Blainville, D. de — Ostéographie, ou description iconographique des mammi-
féres récents et fossiles. Vol. IV. Paris 1864.
Blancani, J. — De quibusdam animalium exuviis lapidefactis. Bonon. Sc. Art.
Inst-sAcadilComm:vol XIV: 757:
—- De itinere per montosam bononiensis agri partem suscepto. Ibidem, vol.V,1773- i
Bombicci, L. — Sulla oligoclasite del Monte Cavaloro presso Riola nel Bolo-
gnese, e sulla composizione della pirite magnetica. Mem. Acc. Sc. Bologna , i
S. 2 VOL (Vill sTeOs:
— Descrizione della mineralogia generale della provincia di Bologna. Ibidem,
S. 3:3, VOl. Vand O7 Ay vole tro 75.
— La cosidetta « cera minerale » di Savigno. Gazz. dell’ Emilia, 1876, n. 193 € 194.
— I terremoti di Bologna. Ibidem, 1881.
~ Il sollevamento dell'Appennino bolognese per diretta azione della gravità e j
delle pressioni laterali, con appendice sulle origini e sui reiterati trabocchi
delle argille scagliose. Mem. Acc. Sc. Bologna, s. 4*, vol. III, 1882.
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314 RIVISTA ITALIANA
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DI PALEONTOLOGIA 315
III.
Piante ed insetti fossili di Re in Val Vigezzo.
Nota pi Pro BENASSI
Tra la Toce e l'estremità settentrionale del Lago Maggiore
si allunga dall’est all’ ovest la depressione nota col nome di Val
Vigezzo per la parte italiana, di Centovalli per la parte svizzera.
Quella depressione, fiancheggiata da alture in prevalenza costituite
da gneiss e da micaschisti, è occupata fra Druogno e Dissimo da
un deposito morenico, inciso nel tratto occidentale della valle dal
Rio Melezzo affluente del Toce, e nel tratto orientale dalla Me-
lezza, che corre al Verbano. In vicinanza di Re la Melezza mette
a nudo una serie piuttosto potente di strati argillosi, sottoposti al
deposito morenico, notevoli per la ricchezza non ordinaria di
avanzi di animali e di piante.
Le argille fossilifere compariscono poco oltre Malesco sulla
riva sinistra della Melezza presso lo sbocco del Rio del Sale. Si
possono seguire tanto lungo il torrente Melezza quanto rimon-
tando per un certo tratto lo stesso Rio del Sale. Si ritrovano
poi anche a circa 100 metri ad est del Ponte Majone. — L'’ ar-
gilla è d’ ordinario di colore cenerino chiaro, o traente al giallic-
cio, assai compatta generalmente, talora alquanto sabbiosa, spessi-
simo ricca di pagliette di mica bianca. Passa qualche volta ad una
vera e propria sabbia grossolana, micacea. Le varietà più com-
patte sono leggermente allappanti, ma difficilmente fanno pasta
coll’ acqua, nè fanno alcuna effervescenza cogli acidi; per contro
sono facilmente degradabili sotto l’ azione degli agenti atmosferici.
Formano le argille strati più o meno sottili, più o meno se-
parabili, ma tutti perfettamente orizzontali. Non si può dire se
esse riposino direttamente sopra un fondo di roccie cristalline
antiche, o se fra queste e le argille intervengano altri depositi,
poichè anche nelle parti più profonde il letto stesso del torrente,
laddove non è ingombrato dall’ alluvione attuale, risulta costituito
dalle argille.
Lo spessore massimo della parte visibile del deposito argilloso
è valutato dal Sordelli ad una trentina di metri; in generale
però esso non si eleva (massime dove si trovano fossili) per più
di 4 0 5 metri al disopra dell’ alveo del torrente.
Fra il deposito morenico e le argille s intercala in alcuni
punti un banco di conglomerato di oltre 10 metri di potenza,
316 RIVISTA ITALIANA
Questo conglomerato risulta da frammenti angolosi, prevalente-
mente di anfibolite, di svariatissima grandezza, tenuti insieme
poco saldamente da un cemento calcareo-argilloso. Questa breccia
trovasi anche al ponte di Gagnone a poco più di un chilometro
ad ovest di Druogno. Alternasi in alcuni punti con ammassi no-
tevoli di sabbia ed in alcuni punti con piccoli straterelli di ar-
gilla, che non contengono traccie di fossili.
I fossili non sono uniformemente distribuiti nelle argille sot-
toposte al conglomerato anfibolico, ma formano a diversi livelli
concentrazioni o nidi. Nelle argille più compatte abbondano le
filliti, meravigliosamente conservate tanto da lasciar discernere
i più delicati particolari; si potrebbe in qualche caso staccare
quasi intera la lamina fogliare dalla roccia. Sono perfettamente
conservati qualche volta i parassiti, come le sferiacee, delle
quali per mancanza di libri ho dovuto sinora trascurare la deter-
minazione. Accanto alle filliti si trovano di frequente avanzi di
insetti (larve, crisalidi, insetti perfetti) di conservazione relativa-
mente abbastanza buona. — Là dove il sedimento è un po’ più
grossolano, nelle argille sabbiose od anche nelle vere e proprie
sabbie, s incontrano di preferenza strobili di conifere ed anche
grossi pezzi di legno poco alterato.
La ricerca di avanzi organici microscopici nelle argille mi
ha dato quasi sempre risultati negativi; solo in alcuni esemplari
di roccia a grana più fine e fogliettata in modo da somigliare
lontanamente ad un tripoli, ho riconosciuto numerosi frammenti
di spicule di spongiari, e piuttosto abbondanti diatomee.
Per quanto è a mia cognizione il primo a parlare di questi
avanzi fossili fu il prof. Sordelli il quale ne ebbe esemplari dal
bravo e diligente raccoglitore cav. Dall’ Angelo e ne parlò in
una sua memoria pubblicata ne’ Rendiconti del R. Ist. Lomb. nel-
l’anno 1883. Più tardi il cav. Dall’ Angelo diede intorno ai fos-
sili stessi qualche indicazione nell’ Elenco dei minerali e delle roccie
di Val Vigezzo (1885). Nell’ anno stesso il Taramelli ne ripar-
lava nelle sue Note geologiche sul bacino idrografico del fiume Ti-
cino (Roma, Boll. della Società geologica, 1885). Nell’anno 1895 poi
del deposito di Re si occupava il Traverso nella Geologia del-
POssola (Genova, Tip. Ciminago 1895); e poco dopo per la parte
micropaleontologica il Corti inseriva ne’ Rendiconti del R. Ist.
Lomb. una nota sulle Diatomee Fossili di Re (1895). Eccettuati
questi autori, nessun altro ch’ io sappia si è più ory di duet
giacimento fossilifero.
DI PALEONTOLOGIA
SUE Ka dead ahah A LAS ATRIA AMS kp adh nin hence ane tannins een aen mend en enn mns nw n na ennnannenannanannnensnncineemeeamansne-senmrenanahandneadanesesbncaansensnennnenaos ezine
oa.
n]
°
21.
O PIA hw dn
PROTEO N
Dopo alcune fortunate escursioni nella Val Vigezzo io mi
sono trovato in possesso di una così abbondante raccolta di ento-
moliti e di filliti, che mi trovo in grado di contribuire (sebbene
non abbia ancora terminati i confronti) alla conoscenza della flora
e della fauna fossile di Re, con aggiunte considerevoli all’ elenco
dato dal Sordelli.
Il Sordelli nella sua memoria novera le 17 specie seguenti
i piante:
Nekera sp.
Nephrodium filix-mas Straem.
Pinus sylvestris L.
Abies pectinata De C.
Abies excelsa De C.
Typha sp.
Alnus incana L.
Corylus avellana L.
Fagus sylvatica L.
10.
Castanea latifolia sp. vel var. nova
Sord.
. Quercus sesciliflora Sal.
. Populus tremula L.
. Tilia platyphylla L.
Ulmus campestris L.
. Acer platanoides L.
. Rhododendron sebinense Sord.
I7-
Una fogliolina forse di leguminosa.
A quest’ elenco io posso fare le seguenti aggiunte:
Blechnum spicant Roth.
Asplenium sp. \
Juniperus cfr. commuris L.
Juniperus sp.
Pinus montana Dur.
Pinus Larix L.
Iris (sensu latu) sp.
Cyperacaea vel graminacaea (?).
Betula alba L.
Alnus glutinosa Gaert.
. Alnus sp.
. Carpinus betulus L.
. Quercus robur var. pedunculata W.
. Juglans sp., che ha grande ras-
somiglianza con la Juglans re-
gia di L.
. Populus alba L.
. Populus nigra L. Parecchi esem-
plari che rispondono in tutto alla
varietà Populus pyramidalis Roz.
. Populus canescens (?) Sm.
. Salix retusa L.
. Salix aff. angusta Ad. Br.
. Salix reticulata L.
Salix sp.
22, Acer cfr. platanoides L.
PI
. Acer pseudoplatanus L.
iS)
o)
Acer campestre L.
. Ceratophyllum submersum L.
. Rosacea g. et sp. ind. Ricorda
molto la vivente Rosa canina L.
. Colutea arlorescens L.
. Rhododendron ponticum L. — Ho
così classificato varie filliti, per-
chè conformi alle descrizioni e ai
disegni che di questa specie dà il
Baltzer in una recentissima pub-
blicazione (nel Neues Jahrbuch fir
Mineralogie, Geologie, und Palae-
ontologie, I, 3, Stuttgart,1896), dove
scarta, a proposito del deposito di
Pianico-Lovere, il Rhododendron
sebinense, di cui Sordelli avea
fatta una specie nuova.
. Fraxinus sp. Alcune foglioline o-
vali, lanceolate, sessili, a base ine-
guale, seghettate nel margine dal
mezzo incirca in su. Inclinerei a
crederle di Fraxinus excelsior L. ri-
scontrato fossile, assieme al Fraxi-
nus ornus L., nei tufi quaternarii
di Montpellier,
318 RIVISTA ITALIANA
Alle 29 specie di piante, che posso aggiungere al catalogo del
Sordelli, fanno seguito, per ora, 16 specie di insetti, che son
pure una novità per questo giacimento. Il cattivo stato di conser-
vazione lascia quasi sempre molto incerti nella determinazione di
questi avanzi: nè sarei riuscito a venirne a capo senza i consigli
gentilmente fornitimi dal prof. Emery di Bologna e dal professor
Fiori di Modena, ai quali mi è grato attestar qui la mia profonda
riconoscenza.
1. Carpocoris sp. — Benchè non sia il più ben conservato de-
gli esemplari d’ insetti, quasi a prima vista può riconoscersi per
un pentatomide; da un complesso poi di caratteri, più o meno
chiaramente distinti, crederei d’ascrivere il nostro insetto al ge-
nere Carpocoris.
2. Corisa sp. — La forma generale dell’ addome, la nervatura
delle ali ecc. permettono non solo di riconoscere un notonettide,
ma di accostarlo al genere Corisa, genere comunissimo ne’ nostri
stagni e ne’ laghi.
3. Pirates sp. — Il corsaletto triangolare e una scultura spe-
ciale dell’ala rivelano un reduvide, e un insieme di caratteri, più
che altro empirici, fanno ascrivere questo esemplare al genere
Pirates.
4. Meloide gen. et sp. ind. -- Ciò che resta dell’ addome,
dell’ elitra e delle zampe ci dicono trattarsi di un meloide, che
potrebbe accostarsi a’ generi Lytta, Zonabris o Lydus.
5. Donacia sp. — Mancano le elitre e le zampe; ma dalla
forma generale, dalle dimensioni, dalla disposizione delle ali ar-
guirei trattarsi veramente di una Donacia.
6. Donacia sp. — Resta di questo insetto un’elitra di qualche
zampa e il corsaletto. L’ elitra è punteggiata finamente, la zampa
ha la coscia armata di sotto come di una spina. Lo ravvicinerei
alla Donacia reticulata Gyll.
7. Ephemera sp. — È una larva abbastanza conservata sì da
lasciar vedere i tre stili anali, 9 segmenti addominali ed il torace
con le due ultime paia di zampe.
8. Tephrites sp. — E distintissima la caratteristica macchiet-
tatura delle ali.
o. Lepidoptera ropalocera suspensa. — Una crisalide discreta-
mente conservata.
10. T'hecla sp. — Una larva che ha le maggiori somiglianze
con quella della 7. quercus L.
11. Porthesia sp. — Un’ ala posteriore con la nervatura poco
DI PALEONTOLOGIA 319
chiara, striata radialmente, ma che dalla forma generale parmi
spetti ad un bombice, probabilmente del genere Porthesia.
12. Proctotrupes sp. — Benchè questo insetto a prima vista
si faccia riconoscere per un imenottero e precisamente per una
femmina, pure lo stato di conservazione non permette di vedere i
particolari che sarebbero più caratteristici: onde, giudicando em-
piricamente, forse non si è lontani dal vero ascrivendolo al genere
Proctotrupes.
13. Camponotus sp. — E ben conservato; all’ habitus si rico-
nosce per un maschio alato di formica. La mancanza di nervatura
ricorrente lo fa ascrivere senz’ altro al genere Camponotus. Po-
trebbe essere il C. ligniperda o il C. vagus.
14. Lasius sp. — Un solo esemplare alato di una femmina.
15. Zapinoma erraticum Latr. — Da un residuo di ala e dalla
forma dell’ addome si riconosce quest’ insetto per una femmina di
formica. Tenendo conto del peduncolo addominale e dell’ aspetto
generale potrebbe riferirsi al Zapinoma erraticum Latr., comune
anche oggidì nell’ alta Italia.
16. Zapinoma sp. — Ho parecchi esemplari di questo genere,
ma il loro stato di conservazione lascia troppo dubbiosi sulla de-
terminazione della specie.
Circa l’età geologica del deposito di Re, la flora, tutta vi-
vente, dice subito che si tratta di quaternario. Fra i depositi fos-
siliferi quaternari di Lombardia quello di Pianico-Lovere ha
col nostro i rapporti più stretti. Esso offre difatti in comune
col giacimento di Re le seguenti specie di piante: Abies pecti-
nata de C., Carpinus betulus L., Corylus avellana L., Ulmus cam-
pestris L., Acer pseudoplatanus L., Rhododendron ponticum L., e
quella forma di dubbia affinità descritta da Sordelli col nome
di Castanea latifolia Sord. Fra tutte è di grande importanza il
Rh. ponticum L. (notato già da Sordelli col nome di Rh. sebi-
nense Sord.) perchè indizio di quella mescolanza di elementi del-
l'Europa media con elementi pontici, che Wettstein riscontrava
anche nella flora del deposito di Hòttingen.
Anche per disposizione stratigrafica il deposito di Re presenta
notevoli analogie con quel di Pianico. Quivi direttamente so-
pra la Dolomia principale si succedono in ordine ascendente:
1. breccia dolomitica, 2. morena inferiore, 3. marne grigiastre fi-
namente stratificate con avanzi di foglie e di animali, 4, kies,
sabbia e argilla, 5. calcare bianco terroso con foglie ed avanzi
320 RIVISTA ITALIANA
animali, 6. morena superiore dell’ ultimo periodo glaciale, 7. kies,
lehm, sabbia e prodotti di demolizione morenica. — Il deposito
morenico di Re in Val Vigezzo coi sottostanti. « conglomerato
antibolico, sabbie con intercatazioni argillose ed argille a fil»
liti » corrisponde abbastanza bene alla serie di Pianico dal nu-
mero 3 al 6.
Se sono buone le ragioni che fanno considerare come inter-
glaciale la fase lacustre, durante la quale si depositarono gli strati
con filliti di Pianico, interglaciali sembta debbano anche consi-
derarsi le argille ipomoreniche di Val Vigezzo.
A questo risultato ero giunto anche prima di conoscere la re-
cente pubblicazione del Traverso sopra La Geologia dell’ Ossola;
solo da pochi giorni ho potuto procurarmi quell’ importante lavoro
e con piacere vi ho trovato espresse analoghe conclusioni.
IV.
Molluschi pliocenici del Balzo del Musico
(comune di Monte San Pietro) nel Bolognese.
Nota pi AuGUSTO BUSACCHI
La scoperta di un resto fossile fatta dal Monti nelle colline
bolognesi e pubblicata nel 1719 (1) fu fino al giorno d’ oggi tro-
vata interessantissima sotto tutti i rapporti da quanti paleonto-
logi ebbero occasione di studiare quel prezioso avanzo. Dopo la
prima interpretazione erronea data dallo scopritore, che la credette
una mandibola di un animale marino del genere Rosmarus, V a-
bate Ranzani accertò esser quella un resto appartenente al ge-.
nere Rhinoceros. Ciò fu in seguito confermato dal Cuvier e da
altri paleontologi illustri, e finalmente dal prof. senatore Ca-
pellini, che più diffusamente ebbe a parlarne (2). Sia perchè
questo fossile raccolto nelle colline bolognesi interessa, come s’ è
detto, la paleontologia della nostra provincia, sia perchè il Balzo
del Musico rimase sconosciuto ai più degli scienziati che ebbero
a scudiare la malacologia fossile del Bolognese, non ho creduto
(1) J. Monti — De monumento diluviano nuper in agro bononiensi de-
tecto. Bononiae 1719.
(2) G. Ce — Rinoceronti ui del Museo di Bologna. Mem.
Acc. Sc. Bologna, s. 5%, vol. IV, 1894
DI PALEONTOLOGIA 321
wane secveceevecevecnveucccecuvesuveu¥rtsuNeuy-U¥UFUNSSUEDDNSSCNIETEY SENET ENS ESOS ERSTE RYE SYED TS STEVES ON TOY ERIS ETSI VSN ESET TTY novena reni steretvesiorereeszeona pensati iii)
fuor di proposito dare un catalogo dei molluschi da me raccolti
nella suddetta localita.
Anzi tutto mi preme stabilire che questa balza, detta del Mu-
sico, non trovasi al Monte Biancano (come, non so per qual ra-
gione, si è ripetuto e si ripete tuttora, indicandosi sempre il « fos-
sile », la « mandibola », il « rinoceronte di Monte Biancano »),
ma presso al Monte San Pietro. Per essere sottoposta al così detto
Palazzo del Musico, ne prese il nome. Mi sembra del resto che il
Monti stesso si esprima chiaramente, poichè, dopo avere accennato
ad alcune osservazioni fatte discendendo dalla parte orientale di
Monte Biancano, dice, che di contro s’ innalza il Balzo del Musico,
nel quale un contadino asserì di aver raccolto la mandibola (1). La
località in discorso trovasi appunto quasi al confluente del rio Gigli
col rio Landa, affluente del torrente Lavino, e dista pochi metri dalla
strada carrozzabile che da Riale conduce nella vallata del Samoggia
pel valico di Monte San Pietro. Uno dei tanti valloncelli, che da
Monte Biancano discendono nel rio Gigli, permette di vedere da que-
sto luogo il Balzo il Musico, il quale dista non più di 800 metri
in linea retta. Inoltre, mentre Monte Biancano è costituito quasi
interamente da sabbie gialle con qualche piccola intercalazione di
strati di minima potenza di argille turchine, nel Balzo del Musico
abbondano le marne argillose grigie, meno nella parte superiore,
nella quale le sabbie gialle si mostrano in piccolissimi strati.
Questo a maggior conferma del mio asserto, perchè il fossile era
compreso in una marna argillosa indurita di color cenerognolo, e
non in sabbia gialla, come si può anche oggi osservare dal fram-
mento di roccia, che si conserva presso la stessa mandibola, abil-
mente estratto dal Capellini per scoprire la doccia inferiore e
rendere più palese la traccia degli incisivi.
Durante le vacanze, trovandomi a San Martino in Casola e
peregrinando per le località di Pradalbino, San Lorenzo, Monte
Vecchio, ecc., raccolsi parecchi molluschi fossili, che l’ illustre ma-
lacologo dott. Lodovico Foresti ebbe la gentilezza di deter-
minare, incoraggiandomi in pari tempo a raccoglierne altri, dandomi
libri e ammaestramenti. Estendendo le mie escursioni, m’ imbattei
nel Balzo del Musico ; ed allora lo stesso Foresti mi suggerì di
(1) « Descendimus igitur de Blancano Monte ad partem orientalem et
observavimus verticem illius montis..... Ex adverso huic loco sese offert ingens
rupes dicta Balzo del Musico, ex qua decidisse fossile nostrum, rusticus asse-
ruit » (Monti, op. cit., pag. 40, 41).
322 RIVISTA ITALIANA
Menrepanasinendunesiaravevinivneniare eve areeieezesiezioneevuniza vez eeriv ice rizizenevaravanetevivereevizesioveenivesverieesesieesieveranicaseorevveeiereveceze va vazeasioseseneo
dare il catalogo dei fossili ivi raccolti, facendomi conoscere che
ciò poteva interessare la paleontologia del Bolognese. Poche sono
le conchiglie qui enumerate, poche essendo state le escursioni
fatte in quella località. Mi propongo però di ripetere tali escur-
sioni colla speranza di aggiungere nuovi generi e nuove specie.
PELECIPODI
Glycymeris glycymeris (Born).
Corbula gibba (Olivi).
Mactra (Hemimactra) sub-truncata Da
Costa.
Meretrix multilamella Lk.
» pedemontana (Agass.).
Venus gigas Lk.
» plicata Gml.
» islandicoides (Lk.).
Tsocardia cor (L.).
Cardium hians Br.
Mytilus aquitanicus May.
Anomia ephippium L.
Ostrea lamellosa Br.
» plicatula Gml.
» Boblayi Desh.
» cucullata Born.
SCAFOPODI
Dentalium elephantinum L.
» sexangulum L.
» fossile L.
» » var. costata Sow.
GASTEROPODI
Niso eburnea Risso.
Natica millepunctata Lk.
var. tigrina Dfr.
Neverita josephinia Risso.
Sigaretus striatus D. S.
Xenophora infundibulum (Br.).
» testigera Bronn.
Crepidula unguiformis Lk.
» ))
Solarium simplex Bronn.
Turritella sub-angulata Br.
» tricarinata Br.
» marginalis (var.) Br.
Mathilda quadricarinata (Br.).
Cerithium crenatum Br.
Chenopus pes-pelecani L.
» uttingerianus Risso.
Cassis saburon Lk.
» » var. laevigata
Triton affine Desh.
Cardium echinatum L.
» aculeatum L.
Arca (Soldania) mytiloides Br.
» (Anadara) diluvii Lk.
Pectunculus insubricus (Br.).
» violacescens Lk.
Perna Soldanii Desh.
Pinna Brocchii dV Orb.
Chlamys scabrella (Lk.).:
Amussium cristatum (Bronn).
Pecten flabelliformis (Br.).
Spondylus gaederopus L.
Murex polymorphus (Br.).
» torularius Lk.
» truncatulus Foresti.
_ » craticulatus Br.
Monoceros monacanthus (Br.).
Nassa emiliana May.
» ¢lathrata Born.
» semistriata (Br.).
» obliquata (Br.).
» gibbosula (L.).
Fusus longiroster Br.
» rostratus (Olivi).
Mitra scrobiculata Br.
Cancellaria varicosa (Br.).
» hirta (Br.).
) cancellata L.
» contorta Basta,
Conus ventricosus Bronn.
» ponderosus Br.
» Deshayesi Bell. Mich,
eS
OO
DI PALEONTOLOGIA 323
Conus antediluvianus Brug. Terebra fuscata (Br.).
» Brocchii Bronn. » reticularis Pecch.
Surcula dimidiata (Br.). » pliocaenica Sacco.
Pleurotoma turricula Br. » Forinesi Font.
» interrupta Br. » acuminata Bors.
Dolichotoma cataphracta (Br.). Ringicula buccinea (Br.).
V.
Sinonimie degli anellidi più frequentemente citati
del terziario d’ Italia.
Nora pi GAETANO ROVERETO
Per la gentilezza di molti fra i direttori dei nostri musei geo-
logici, specialmente dei profi A. Issel, C. F. Parona, D. Pan-
tanelli, C. De Stefani, G.Omboni, F. Bassani, ho potuto
radunare d’ Italia una ricca collezione di anellidi terziari, dei quali
intendo pubblicare una diffusa illustrazione. Ma in attesa di racco-
gliere nuovo materiale, sopratutto di esemplari viventi, i quali sono
necessari per il confronto con le correspettive forme fossili, faccio
conoscere nella presente nota, nel modo il più breve, alcune sino-
nimie che ho stabilito delle specie più frequenti, e che d’ ordinario
sono erroneamente classificate.
Fam. SERPULINA
Trib. SERPULIDAE
Gen. Serputa L.
a) viventia (gen. Serpula Phil. s. str.).
Serpula vermicularis L.
S. vermicularis Mérch, S. fascicularis Lmk., S. contortuplicata Say. et auct.
non L., S. trilatera Grube, S. triquetra Phil., S. Philippii Mérch, S. in-
certa Qtrfgs.; non: S. fascicularis Catullo.
S. infundibulum D. Ch.
S. infundibulum Scacchi, S. crater Clpde; non S. infundibulum Gm., Lmk.
b) fossilia (Serpulites Schloth., Serpularia Miinst.).
S. anfracta |Goldf.| Rov.
Vermilia planorboidea Minst., S. anfracta Goldf., Spirorbis anfracta Lmk.,
S, discohelix Seg.
A RSS I ASA AI TIA OLII ARA OI IVA VIII LEE DOSE REA TOA MA AA PATO ORA i
Gen. Hyprorpes Gunn.
Hydroides pectinata Phil. sp.
Eupomatus pectinatus Phil., S. pectinata Grube, Hydr. pectinata Mérch,
V. pectinata Qtrfgs.
Gen. Firocrana s. lat. mihi.
a) fossilia (incl. Filograna Oken., Salmacina Clpde,
Filogranula Lang ).
Filograna Paronai n. sp.
S. minima auct. pedemontan, non Lmk.
b) viventia.
Sub-gen. Firocrana D. Saint Jos. s. str.
Filograna implexa Berk.
S. filigrana L., Filograna Schleideni Schm., ? Salmacina Dysteri Huxl.
Gen. VermiLia Link.
Vermilia multivaricosa Mérch.
S. infundibulum Lmk., S. infundibularis Chieregh., Psyg. multicostatus Clpde,
V. spirorbis Lang.
Var. Spirorbis mihi (V. spirorbis Lang. ).
Gen. Dirrupa Berk.
Ditrupa cornea L. sp.
Dent. corneum L., Dent. arietinum Miller, Dent. incrassatum Sow., ? Dent.
coarctatum Brocchi, Dent. subulatum Desh., ? S. libera Sars, Dit. subu-
lata Berk., Dit. libera M. Edw., Dent. nigrofasciatum Eichw., Dent. Bur-
tini Nyst, Dent. Deshayesianum Gal. non Guid., Ditrypa cornea Mérch,
Dit. arietina M6rch, ? Dent. Sowerbyi Mich., Dent., Dit., Gadus, Si-
phonodentalium incurvum auct. ; non: Dent. minutum L., Dent. incurvum
Ren., Dent. strangulatum Desh., Serpulites coacervatus Blum.
Var. stricta mihi.
Dit. strangulata Desh. sp.
? Dent. corneum Lmk., Dent. strangulatum Desh., Dent. bulbosum Bronn,
Dit. strangulata Gray, Nodosaria siphunculus Costa, Dent. corneum L.
var. Jay, ? Vaginella sp. Hérnes , Dit. ? siphunculus Seg., Dit. bulbosa Pant.
Gen. POMATOCEROS Phil
Pomatoceros triqueter L. sp.
S. triquetra L., V. triquetra Lmk., S. triquetroides D. Ch., S. angulata
Miinst., .S. bicanaliculata Goldf., ? V. ? muroena Def., S. conica Flem.,
V. porrecta Miller, Pomat. tricuspis Phil., V. elongata Phil., V. dinema
Mérch, V. Lamarkii, socialis, conigera, trifida Qtrfgs., V. miocenica Seg.,
Pom. triqueter D. Saint Jos,
DI PALEONTOLOGIA 325:
Var. porrecta mihi (V. porrecta O. F. Miiller).
» tricuspis mihi (Pom. tricuspis Phil.).
Var. Lamarckii mihi (V. Lamarckii Qtrfgs.).
» bicanaliculata mihi (S. bicanaliculata Goldf.).
» elongata mihi (V. elongata Phil.).
Pom. polytremus Phil. sp.
S. foraminosa Bon., V. polytrema Phil., S. polytrema Grube, V. perforata
Seg.; Pomatostegus polytremus v. Marenz., Pom.? polytremus D. Saint Jos.,
i Gen. Pracostecus Phil.
Placostegus tricuspidatus Sow. sp.
S. tricuspidata Sow., S. cristallina Scacchi, PI. cristallinus Phil., PI. Lan-
gerhansi v. Marenz., PI. incomptus Elhers ?, V. cristallina Qtrfgs., S. armata
M. Edw., PI. tricuspidatus Mérch, S. echinata auct. palaeont.
Gen. ProtuLa Risso.
Protula tubularia Mont. sp.
S. tubularia Mont., S. protensa auct. zool., Protula Rudolphii Risso, Psyg.
protensus Phil., P. protensa Grube, Psyg. intricatus Phil., Psyg. tubularis
Qtrfgs., P. elegans M. Edw.+, Psyg. intermedius Mar.
P. protula Cuv. sp.
Sabella protula Cuv., Sab. graeca Brullé, S. intestinum Lmk., S. protensa
Scacchi, P. intestinum Phil., S. cinerea Forsk., Psyg. cinereus Phil., P.
protula v. Marenz.
P. firma Seg. sp.
Psygmobranchus firmus Seg., S. protensa auct. palaeont.
Gen. SpirorBis Lmk.
a) fossilia (incl. Pileolaria Clpd., Janua De Saint Jos.,
Circeis id., Omphalopomopsis id., Janita id., Leo-
dora id., Mera id., Hyalopomatopsis id.)
x - sinistrorsa (sub-gen. Spirorbis Flem.)
Spirorbis umbiliciformis Miinst. sp.
Spirillum umbiliciforme Minst., S. umbiliciformis Goldf., Sp. umbiliciformis
Lmk., Sp. obtectus Seg.
b) viventia (gen. Spirorbis Daud. s. str.)
Spirorbis borealis Daud.
S. spirorbis L., Sp. nautiloides Lmk., Sp. communis Flem.
. Rivista Italiana di Paleontologia. — Dicembre 1896, 24
VI.
Anomalie riscontrate sull’atlante di un elefante fossile
dei dintorni di Roma.
Nora pi ALESSANDRO PoRTIS
Nel mese di maggio del volgente 1896 acquistavo pel Museo
Geologico Universitario di Roma, assieme ad altro materiale pa-
leontologico scavato nelle cave di ghiaia delle « Vigne torte », un
grosso pezzo osseo, che, ancor compreso nella roccia, considerai
siccome l’atlante di un giovane elefante.
Liberando accuratamente in gabinetto il fossile dalla ghiaia
che vi aderiva e quasi totalmente lo mascherava, constatai che il
fossile rispondeva alla determinazione sommaria che ne avevo fatta;
ma che, di più, esso presentava alcune particolarità non ancora”
riscontrate su altri esemplari dell’osso stesso rinvenuti sia nella
stessa cava, sia in altri depositi fossiliferi più o men distanti dallo
abitato di Roma.
Basta un’occhiata gittata sulla annessa figura 1° ottenuta con
un processo fotografico e rappresentante la faccia anteriore del-
l'osso in questione ad !/, del suo vero diametro (e se si vuole, in
confronto colla fig. 27 della tav. 3° del mio 2° volume di « Contri-
DI PALEONTOLOGIA 327
LeteonIvevenesvenievevisiorasaeareseeesaenevsveniavevanesane ve vineevizeezionveseieniezion ina vize zzz e ei zizi zazione nane ene eeeaiereezizarizi sie ci nane cene evase seni rieiinirion
buzioni alla storia fisica del bacino di Roma » nella quale pure
con un processo fotografico è stata riprodotta alla stessa scala la
faccia anteriore di altro atlante elefantino presso a poco della stessa
età, delle stesse dimensioni e della stessa origine di questo), per
scoprire agevolmente la anomalia principale: la sostituzione di un
apparecchio legamentoso con vero e proprio osso (1); con un ponte
dividente il grande foro vertebrale dell’atlante, avente nella gene-
ralità dei casi una figura paragonabile ad un 8 arabico, in due di-
stinti fori l’ uno all’altro sovrapposto (od anteposto) e l'un dal-
l’altro totalmente isolato.
Il legamento trasverso, legamento fibroso che, nell’ atlante della
generalità degli elefanti fossili o viventi, slanciandosi da quell’apo-
fisi interna che determina sull’ una delle masse laterali Ia stretta
dell’ 8-forme forame vertebrale si buttava sull’apofisi simmetrica
dalla massa opposta, è qui rimpiazzato da un robusto processo
osseo facente corpo continuo colle stesse due masse laterali del-
l’osso, terminante dal di sopra il corpo vertebrale negli altri atlanti
incompleto, e separante qui materialmente ed incontrastabilmente
la parte dello (per questa vertebra) ampio foro vertebrale destinata
a condotto del centro nervoso da quella destinata a ricevere l’apo-
fisi odontoide.
Uno sguardo alla figura 2°, presentante alla stessa scala della
prima la faccia posteriore di questo atlante, basta a dimostrare ancor
più che a parole I’ ufficio del ponte osseo sovra menzionato, ufficio
genetico di complemento del corpo vertebrale; aggiuntcvi si intende
il supplemento centrale dato dal processo odontoideo della ver-
tebra asse, sul significato del quale a tale uffizio abbastanza sono
d'accordo anatomisti ed embriologi.
Ora se è facile il darsi soddisfazione sopra il valore genetico
di questa anomalia non così naturale riesce la sua interpretazione
fisiologica. Poichè se è ammissibile che nelle successive fasi di svi-
luppo dei mammiferi da vertebrati inferiori si ebbero: stadii in cui
atlante ed epistrofeo riuniti in un sol osso erano rappresentati da
vertebra assai simile alle susseguenti; e stadii transitorii in cui, per
agevolare il movimento del capo, la prima vertebra cervicale dovette
scindersi in due emivertebre così che I’ ossificazione dello intero
tratto corrispondente ad esse di corda centrale tutto toccasse, oltre
(1) Dimostrato tale anche coll’ esame microscopico comparativo di sezioni
sottili tratte e dallo elemento in questione e da una delle masse laterali dello
stesso atlante.
328 RIVISTA ITALIANA
lecccdecdcuncussrcieedacccedesaceccuascomgucunecen speansacespucucadcnvsnsascddnqsaacansseccseauquaseqnunannecsucsuscuvesdau¢ausu~ca---—Na«seuuseneausssseWneSn ade Ncwas ace
alle proprie parti costitutive, alla emivertebra posteriore mentre‘
alla prima non veniva a cadere che lo sviluppo delle ossificazioni
di sovrapposizione alla corda, ipocentro cioè e pleurocentro; e
stadii ancora più avanzati in cui, allo scopo di render ancor più
ampii i movimenti del collo, venne ad abolirsi I’ ossificazione del
pleurocentro così che desso, per tutta la durata di vita dell’ ani-
male, rimase fibroso ed unicamente rappresentato dal legamento
trasverso dell’ atlante; egli è ben difficile il concepire, quando non
si tratti di cetacei, come un individuo di una specie di mammi-
feri in cui il lungo cammino evolutivo percorso ha portato ad
una certa libertà di movimento del capo basata appunto sulla pre-
senza costante di un pleurocentro fibroso o legamento trasverso
dello atlante, possa per un salto atavico ad un pleurocentro osseo
rinunziare ad un tratto a tale comodità e raggiungere, ciò mal-
grado, una certa età. (Poichè una retta trasversa congiungente i
margini esterni estremi delle due faccie di articolazione pei con-
dili occipitali misura su questo atlante non meno di 23 centimetri
ed una tale dimensione non riscontreremmo sull’ atlante di un
elefante dell’ India dei giorni nostri che dopo il trentesimo anno
di età).
È abbastanza razionale lo ammettere che il ponte osseo di
cui è qui questione non sostituisse tutto il legamento trasverso,
ma che un suo residuo anteriore od inferiore tappezzasse in strato
più o meno alto la faccia anteriore od inferiore del ponte, con-
tuttociò veniva sempre notevolmente diminuita la mobilità del-
I’ atlante sullo epistrofeo e del capo sullo epistrofeo, data la forma
dell’articolazione occipito atlantoidea. i
E che la diminuzione si sia fatta notevolmente, ben lo si con-
stata coll’ esame della faccia articolare posteriore dell’ atlante in
questione (fig. 2°). Vedesi di essa, in confronto colla corrispondente
faccia anteriore della vertebra asse esaminata su alcuni pezzi fos-
sili esistenti in museo o su figura dell’ atlante del Blainville,
una quantità di modificazioni di forma per adattamento sulla
faccia articolare dell’epistrofeo, una sorta di modellazione su que-
sta, abbastanza completa; da far di leggieri comprendere come (per
lunga e quasi totale immobilità su di essa e come posteriormente
progredita alla perfetta ossificazione) abbia smarrite molte delle
curve e rientranze proprie per plasmarsi sopra la superficie che le
stava di fronte ed assumerne la controimpronta abbastanza perfetta.
Con ciò si viene a concludere ad una semianchilosi del-
l’ atlante coll’epistrofeo, possibile in animali che come gli elefanti
DI PALEONTOLOGIA 329
hanno una regione vertebrale cervicale brevissima, con vertebre
posteriori della regione stessa assottigliatissime e quindi, anche
nei casi normali, poco liberi nei movimenti laterali del capo; se-
mianchilosi, che in altri animali in cui i movimenti laterali e
giratorit.del capo diventano tanto più rari e tardi può poi con-
durre, come per parecchi cetacei, alcuni rosicanti e sdentati ad
anchilosi complete e poi a saldature e coalescenze ben più avan-
zate di parte o di tutta la serie di vertebre cervicali.
In un tipo corrispondente al moderno elefantino, adunque,
l’ ossificazione della parte che vengo di descrivere, pare benchè
rara, possibile; ed una volta accennata od iniziata, potè, senza gravi
incomodi per le funzioni dell’ animale, mantenersi e aumentare
per un notevole numero di anni fino a presentarci il carattere in
un individuo che benchè giovane ancora, tuttavia è ben superiore
per mole a tanti altri che lasciarono le reliquie nel medesimo
giacimento.
La maggior parte degli avanzi elefantini che si riscontrano
nei depositi ghiaiosi o tufacei d’ attorno a Roma o più peculiar-
mente in quelli delle « Vigne torte » vengono ascritti alla forma E-
lephas antiquus Falc. Ad essa si ascrisse aziandio la quasi totalità
di vertebre cervicali o meno e di atlanti che attorno a noi si rin-
vennero; un altro atlante esistente in museo, della stessa mole di
quello cui accenno e proveniente dalla stessa località e dallo stesso
deposito di esso, venne attribuito alla stessa forma. Ad essa si
330 RIVISTA ITALIANA
ween ewww ecw e meee no ncnnnncees a 0aceeabiacavsoonaveatearenanseozaovaceanezazaoneonaziznenaonezzezcoioeecconnpnnaronvoronenonanenezerest cda Gdddizadiede sonddàzedicazicai ded
può pel momento attribuire anche l’atlante così curiosamente
anomalo, così lontanamente atavistico di cui ho fin qui tenuto
discorso.
Chè anzi, poichè incidentalmente ho ricordata i questione
sulle specie elefantine, mi occorre aggiungere a proposito della
derivazione loro, l’una specie dall’ altra, una notizia non scevra di
interesse. Mentre nel 1894-95 attendevo allo studio ed alla deter-
minazione dell’elefante di Riofreddo in contradditorio colle reli-
quie elefantine dei dintorni immediati di Roma, e da tale studio
venivo a conchiudere alla inesistenza come specie |’ una dall’ altra
sempre distinguibili dell’ Elephas meridionalis e dell’ E. antiquus,
confermando così nel 2° volume pubblicato nel 1896 delle mie
Contribuzioni alla Storia fisica del Bacino di Roma ecc., quanto
parecchie volte avevo avanzato e non completamente potuto pro-
vare nel primo volume di dette contribuzioni pubblicato nel 1893 ;
mentre adunque io facevo un tale studio, non aveva ancora potuto
pervenire a mie mani un altro studio su affine argomento fatto
dal prof. Gaudry e da lui partecipato nel 1894 alla Società di
Studio delle Scienze naturali di Nimes (1). Ne ebbi il risultato
solo alcuni mesi dopo la pubblicazione del detto mio secondo vo-
lume. Vi trovai una notizia sulla parentela delle nostre più recenti
e comuni specie fossili o viventi di elefanti riassunta in una tavo-
letta dimostrativa che qui presento, mettendovi a fianco una simile -
tavoletta che riàssuma pure il più brevemente possibile le conclu-
sioni al mio studio dei sovraccennati elefanti fossili dell’ Italia
centrale inserite a pag. 272-73 dello stesso mio secondo volume.
Ecco le due tavolette senz’ altro.
(i) Caudry AY 2 3 Elephant de Durfort. Bull. d. 1. Soc. d'Et. d. Se.
hat. d. Nimes 1894, 30 pag., 1 pl.
| avguore syvymbyuy (pia) sy — “urutig —
apmampy (Suid ‘piuu) “3 —
avouaup (snurid pitau) ‘1 —|—T
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sypyinbyup (pia) ‘7 — ERA
syvynbyup (‘pluau) “7
nuasiuad (pria) sq —
- | sndA} suvuorpuau “sy —~
MLayqUosoOd, (‘prdau) “T —
7 ER eee be FORA RT RENZO
La tavoletta del Gaudry spicca per più bella semplicità;
ma godo in constatare come ci conduca egualmente a quel risul-
tato a cui, con una tabella un po’ più complicata, son pervenuto
nel 1895 0, se si voglia prender data dalla pubblicazione, nel 1896;
ma che bandivo già sin dal 92-93.
VII.
NOTERELLE- MICROPALEONTOLOGIGHE. -- ---—--—-—--- —--- —
pi CarLO FORNASINI
Sulle nodosarie con camere parzialmente costate.
Vari autori hanno avuto occasione d’ illustrare certe forme di
Nodosaria diritte o curve, nelle quali l’ ornamentazione, rappre-
sentata da traccie di coste longitudinali, è limitata a quella parte
delle camere che si trova in prossimità delle suture, sia che inte-
ressi la sola parte anteriore o posteriore di ciascuna. camera, sia
che le interessi entrambi.
Nodosarie ornate in tale maniera non erano sfuggite all’ os-
servazione di Soldani, e nella « Testaceographia » egli ha dato
tre figure, le quali servirono più tardi a d’Orbigny per istituire
tre specie: Nodosaria semistriata, N. flexuosa e N. (Dentalina) aci-
culata (1). In quest’ ultima le traccie di coste si estendono ai due
lati di ciascuna sutura; nelle due prime esse interessano soltanto
ta parte anteriore di ciascuna camera. In altre quattro specie del
neocene di Vienna, descritte dallo stesso d’Orbigny, si hanno invece
tracce di coste nella sola parte posteriore di ciascuna camera (Nod. ~~
semirugosa, Dent. semiplicata, D. semicostata e D. antennula) (2).
Nel paleocene di Germania questo tipo di nodosarie si trova
ben rappresentato. Roemer fu il primo ad osservarlo nella sua
N. intermittens (3), e Reuss istituiva poscia quattro specie (D. Bu-
chi, D. Philippii, D. Sandbergeri e D. girardana), che più tardi
egli stesso riuniva alla D. capitata Boll (4). Delle sei forme figu- ——
rate da von Schlicht, e che presentano il carattere in discorso,
la prima (tav. VII, fig. 20) è considerata da Reuss come varietà
(1) A. D. d Orbigny — Tableau methodique. Ann. Sc. Nat.; vol. VIL, |.
1826, pag. 252, 254 € 255.
(2) — Foram. foss. de Vienne, 1846, pag. 34, 52 e 53, tav. I e IL
(3) F. Roemer — Cephalopoden d. norddeutschen tert. Meeresandes. Neues
Jahrbuch, 1838, pag. 382, tav. III, fig. 2.
(4) A. E. Reuss — Foram., Anth. u. Bryozoen d. deutschen Septarien-
thones. Denkschr. Ak. Wiss. Wien, vol. XXV, pag. 134.
DI PALEONTOLOGIA 333
SS a ur io —
costulata della N. stipitata, altre due (tav. VIII, fig. 1 e 7) sono
considerate come varietà incompletamente costate della N. bifor-
mis, le due seguenti (fig. 9 e 11) sono riferite alla N. capitata, e
la quinta (tav. X, fig. 13) alla N. intermittens (1). Nella N. cylin-
drella Reuss, l’ornamentazione si estende ai due lati di ciascuna
sutura (2).
La determinazione specifica di queste nodosarie presenta in
generale una certa difficoltà, la quale tuttavia può essere molto
diminuita qualora si prenda per base un concetto diverso da quello
seguito finora dai più: si considerino cioè queste forme non già
come distinte e indipendenti, ma bensì come semplici modifica-
zioni di tipi lisci o costati. È il metodo tenuto in parte da Reuss.
Brady, dovendo determinare un esemplare ornato nella parte
posteriore di ciascuna camera, lo riguarda giustamente come
forma finamente striata della N. soluta (3). Al quale propo-
sito ritengo utile far conoscere un caso molto istrut-
tivo che mi è occorso di osservare studiando alcuni
foraminiferi dei neocene di Vigoleno nel Piacentino,
raccolti e comunicatimi dal prof. Simonelli. Si tratta
di una Nodosaria curva, rotta alle estremità, ma di cui
sono conservate dieci camere, delle quali le prime sei sono
subcilindriche, e le altre quattro globose. Come si vede
nella figura qui accanto (4), l' esemplare è ornato da
traccie di coste longitudinali, che nella porzione ini-
ziale si estendono alle intere camere, mentre nella
rimanente interessano la sola parte posteriore di cia-
scuna camera. È precisamente l'inverso di ciò che av-
viene nella N. costellata Reuss, del cretaceo di Boemia,
nella quale le coste coprono interamente la porzione
‘terminale, mentre nella iniziale sono visibili soltanto
in corrispondenza delle suture (5). Ora, l'esemplare di Vigoleno
non è altro che una varietà semicostata di una delle tante forme
appartenenti al gruppo della N. farcimen (Sold.), e che potrebbe
(1) E. v. Schlicht. Foram. von Pietzpuhl. Berlin 1870. — A. E Reuss.
Foram. von Pietzpuhl. Sitzb. Ak. Wiss. Wien, vol. LXII, pag. 471 e 475-
(2) A. E. Reuss — Charakt. d. Tertiarschichten Deutschlands. Ibidem,
vol. XVIII, 1836, pag. 222, tav. I, fig. 2.
(3) H. B. Brady — Report Foram. Chall., pag. 503, tav. LXIV, fig. 28.
(4) Ingrandimento : 18 diametri.
(3) A. E. Reuss — Verst. d. bohm. Kreideformation, 1845, I, pag. 27,
tav. VIII, fig. 8,
cece eceucewacrececneceeeccssdawsheecnnacecancecea cence nennecn ene n sade ncne eee eee irene dda li sscadssasasdssss mi denee dan madonie
essere la N. annulata Reuss (1); mentre la N. costellata può con-
siderarsi come varietà semiliscia di una forma costata, come: sa-
rebbe la N. nodosa d’ Orb. Analogamente, la N. semirugosa d’ Orb.
va riguardata come varietà semicostata della N. pyrula d’ Orb.;
la N. semiplicata, la semicostata, V antennula (d’ Orb.), la stessa
N. capitata Boll, come varietà di forme spettanti al gruppo della
N. farcimen (Sold.), e via dicendo. Goés riunisce parecchie no-
dosarie curve, e le riguarda come forma intermittens della Wades
sarina communis (d’ Orb.) var. obliqua (Le
Il tipo di nodosarie in discorso si trova già rappresentato nel
lias dalla D. metensis Terq. e dalla D. cognata T. e B. (3):
Chapman ha trovato nel gault di Folkestone un frammento che
egli riferisce alla N. costellata Reuss, di cui sopra (4). Bell’ esem-
pio di una forma costata soltanto nella parte anteriore di ciascuna
camera ce l’ offre la D. proteus Reuss (5) della creta di Mastricht;
non va dimenticata la N. filiformis Reuss, del cretaceo di Boe-
mia (6); e Marsson indica col nome di N. interlineata Reuss,
una forma della creta bianca di Rigen ornata di finissime strie
in corrispondenza delle suture (7). Sherborn e Chapman rife-
riscono alla N. subornata Reuss, un frammento raccolto nell’ ar-
gilla di Londra (8); e von Hantken ci dà un bell’ esempio di
D. capitata della marne di Buda (9). Nel neocene d’ Italia queste
forme sono piuttosto rare. Seguenza cita la D. aciculata delle
(1) C. Fornasini-- Foram. mioc. di S. Rufillo (tavola), 1889, fig. 10-13.
(2) A. Goés — Retic. Rhizopoda of the Caribbean Sea. Svenska Vet.
Ak. Handl., vol XIX, 1882, n. 4, pag. 33.
(3) O. Terquem — Foram. du lias de la Moselle. I. Mém. Ac. Di
Metz, vol. XXXIX, 1858, pag. 602, tav. II, fig. 10. — O. Terquem et G.
Berthelin. Etude micr. du lias na d Essey-lès-Nancy. Mém. Soc. Géol.
Fravs..2)/ vol, XSsamem.. 38 LO75, Rae: 2a tav Ll, et
(4) F. Chapman — Foram. of the Gault of Folkestone. IV. Journ. R.
Micr. Soc., 1893, pag. 590, tav. IX, fig. 3
(5) A. E. Reuss — Palaeontolog aie Beitrage. Sitzb. Ak. Wiss. Wien,
vol. XLIV, 1861, pag. 306, tav. I, fig. 9.
(6) A. E. Reuss — Verst. d. bohm. Kreidef., I, 1845, pag. 28, tav. XII,
fig. 28.
(7) Th. Marsson — Foram. d. Schreibkreide d. Insel Riigen. Mitth.
Naturw. Ver. Neuvorp. Rigen, anno X, 1878, pag. 132, tav. I, fig. 11.
(8) C. D. Sherborn a. F. Chapman — Mikrozoa from the London
Clay. Journ. R. Micr. Soc., s. 2%, vol. VI, 1886, pag. 747, tav. XIV, fig. 30.
(9) M. v. Hantken.— Foram. d. Clavulina Szabòi Schichten. Mitth.
Jahrb. Ung. Geol. Anst., vol. IV, 1875, pag. 35, tav. III, fig. 16.
Di PALEONTOLOGIA 335
marne di Calabria (1). Io stesso ho figurato e determinato con tal
nome un esemplare dell’ argilla del Ponticello di Sàvena (2);
Dervieux ha istituita una nuova specie (N. plicosuturata) del-
l’elveziano del Piemonte (3); De Amicis ha raccolto nelle
marne di Bonfornello due esemplari che riferisce alla N. acicu-
lata (4); e A. Silvestri, due frammenti nella salsa di Paternò,
che riferisce alla N. cana (5).
Appartengono infine a questo tipo due forme viventi illustrate
da Brady: N. costulata Reuss, e N. catenulata Brady (6). La
prima è varietà semicostata della N. pyrula; la seconda è varietà
semiliscia della N. vertebralis. Reuss aveva già considerato la
sua costulata come varietà della N. stipitata, che per lo stesso
Brady è sinonima della N. pyrula.
Sulla nomenclatura di due biloculine plioceniche.
Le due specie di Biloculina, delle quali intendo trattare sono
quelle che illustrai nel 1886 coi nomi di B. bulloides d’ Orb. e
B. brachyodonta Forn. (7).
Quanto alla prima, anzitutto va ricordato che, un anno dopo, il
signor Schlumberger, descrivendo due Biloculina dell’ eocene pa-
rigino, ha messo in chiaro a quale specie debbasi giustamente appli-
care il termine specifico bulloides (8). D'Orbigny nel « Tableau »
aveva indicata la B. bulloides come fossile a Parigi e a Bordeaux
e vivente nell’ Adriatico; ma più tardi, nel « Prodrome », riconobbe
l’ errore e notò che la forma di Parigi non era da confondersi con
quelle di Bordeaux e di Rimini. A me era sfuggita questa rettifica;
(1) G. Seguenza — Formazioni ter. di Reggio. Mem. Acc. Lincei,
s. 3%, vol. VI, 1880, pag. 220.
(2) C. Fornasini — Foram. plioc. del Ponticello (tavola), 1891, fig. 17.
(3) E. Dervieux — Nodosarie terz. del Piemonte. Boll. Soc. Geol. Ital.,
vol. XII, 1893, pag. 613, tav. V, fig. 43.
(4) G. A. de Amicis — lap di Bonfornello. Natur. Siciliano, 1695,
Pas 95:
(5) A. Silvestri — Foram. foss. della salsa di Paternò. Atti Acc. Ze-
lanti Acireale, vol. V, 1893, pag. 13, tav. II, fig. 16 e 17.
(6) H. B. Brady — L. c., pag. 515, tav. LXIII, fig. 23-27, 32-34.
(9) C. Fornasini — Di alcune biloculine fossili negli strati a Pecten
hystrix del Bolognese. Boll. Soc. Geol. It., vol. V, pag. 255, tav. IV e V.
(8) Ch. Schlumberger — Note sur le Biloculina bulloides et B. rin-
gens. Bull. Soc. Géol. Fr., s. 3*, vol. XV, pag. 119, tav. XV.
e, pur riconoscendo che (analogamente alla B. ringens) la forma
eocenica non poteva essere identica alla pliocenica, non ritenni con-
trario al concetto di d’ Orbigny I applicare alla seconda la de-
nominazione bulloides.
Stabilito cosi che quest’ ultimo termine deve esser riservato alla
specie eocenica, rimane a vedersi quale nome convenga applicare
a quella da me illustrata come bulloides. È nota l' importanza del
dimorfismo iniziale nella determinazione dei miliolidi, ed è noto
pure che la forma B è quella che definisce la specie. Ora, se si
confronta la figura della sezione trasversa della cosidetta B. bul-
loides pliocenica del Bolognese con quella della B. comata Brady
(forma B), si rileverà facilmente la somiglianza grandissima .che
esiste fra di loro. La B. comata fu illustrata in modo completo dal
signor Schlumberger nel 1891 (1). La sua fig. 27 (pag. 179)
corrisponde talmente alla mia fig. 1 (tav. V), che, se si eccettua
l’ornamentazione caratteristica della B. comata (che del resto in-
teressa soltanto le cinque ultime camere), si può concludere col
ritenerle identiche. D’altronde è discutibile se l’ esistenza o non
dell’ ornamentazione alla superficie esterna delle camere nella B. co-
mata sia carattere sufficiente per una separazione specifica. Per parte
mia posso assicurare di avere osservato esemplari di questa specie
(che si trova fossile al Ponticello anche in forma tipica) nei quali
la costellatura è ridotta a traccie minime; cosicchè non sarebbe
fuori di proposito il riguardare la forma da me studiata come
varietà laevis della B. comata.
Quanto alla B. brachyodonta, mi limiterò a notare la somiglianza
della sua forma B colla forma B della B. Fischeri, altra -specie
illustrata da Schlumberger insieme alla B. comata (2), augu-
randomi che ulteriori ricerche sulla struttura della parte iniziale
possano in seguito decidere se le due forme sono :o non sono
identiche. Nel primo caso, spetterebbe evidentemente a me la prio- .
rità di nomenclatura.
La B. comata è specie di mare profondo. Secondo Brady,
essa non fu trovata a profondità minore dei 550 metri (3). Schlum-
(1) Ch. Schlumberger — Revision des biloculines des grands fonds.
Mém. Soc. Zool. Fr., vol. IV, pag. 155, tav. IX-XII.
(2) Ch. Schlumberger — L. c., pag. 177, fig. 24. La B. Fischeri è
indicata nel golfo di Guascogna a 1850 metri. SE
(3) H. B. Brady — Foram. dredged by H. M. S. Challenger, pag. 144.
— Nello Skager Rack si trova la B. comata a profondità molto minore, poi-
‘DI PALEONTOLOGIA 337
berger la indica nel golfo di Guascogna dai 1800 ai 2000; Brady,
nelle acque al nord della Nuova Guinea, a 1960. E queste sono
le massime profondità da essa raggiunte. Tranne quest’ ultima sta-
zione e un’altra nelle acque di Sydney (770 m.), tutte quelle che
hanno fornito la B. comata appartengono all’ Atlantico. E così essa
fu trovata anche nei mari delle Antille, a 700 m., insieme alla Bi-
generina robusta: donde un elemento di più in appoggio all’ ipotesi
già emessa intorno alle condizioni batimetriche d’ origine dell’ ar-
gilla del Ponticello di Sàvena e ai rapporti di questa fauna fossile
col tipo atlantico piuttostochè col tipo mediterraneo (1).
Sopra tre specie di foraminiferi
descritte da Ferdinando Bassi nel 1767.
Allorchè ebbi ad occuparmi della « Tabella Oryctographica »
di Ferdinando Bassi, e in modo particolare dei foraminiferi
che vi sono ordinati e determinati (2), non feci alcun cenno del
discorso col quale il Bassi accompagnò la presentazione della
Tabella all’ Istituto di Bologna. Il sunto di quel discorso, scritto
dal segretario F. M. Zanotti, fu pubblicato nel V volume dei
Commentarii, col titolo : De marinis quibusdam rebus in bononiensi
agro repertis (3); e di esso giudico interessante il far qui menzione,
non solo perchè non fu mai citato dagli autori e non figura nelle
bibliografie (4), ma anche perchè contiene la prima descrizione di
alcuni foraminiferi, i quali fortunatamente si trovano conservati
nella Tabella.
Della località e degli strati donde proveniva il materiale, non-
chè Goés ne illustra due forme (striolata e semistriolata) raccolte a 130 e 133
metri (Synopsis of the Arctic and Scandin. Foram. Svenska Vet. Ak. Handl.,
vol. XXV, num. 9, pag. 117, tav. XXII, fig. 883, 884).
(1) C. Fornasini — Settimo contrib. alla conoscenza della microfauna
terz. ital. Mem. Acc. Sc. Bologna, 1895, pag. 657. — Ottavo contrib. ecc. Ibi-
dem, 1896, pag. 2 e 6.
(2) C. Fornasini — Foram. della Tabella Oryctographica esistente nel
Museo Geol. di Bologna. Boll. Soc. Geol. Ital., vol. III, 1884, pag. 85 e s.
(3) Bonon. Scient. Art. Inst. Acad. Comm., vol. V, parte 1%, 1767, pag. 33 € s.
(4) Nè da Bianconi, nè da Neviani, che pure si occuparono della
Tabella, fu citata la comunicazione di Bassi. Solo recentemente, nel compilare
la bibliografia geologica del Bolognese (v. questo periodico, 1896, p. 279), mi
è occorso di trovarne il titolo. In nessuna poi delle bibliografie relative ai fora-
miniferi, compresa quella accuratissima di C. D. Sherbo rn, essa trovasi citata,
338 RIVISTA ITALIANA ©
aururevezzvosguesevesevareorioeeseozieasceraseseorieseoniinienierrezesvivzezizvvvsecizeovsiseseseerezineeie eos vronvaneriss vs vrivissesevosivava»ersveveionsevegisiionaeeo soe
chè delle madrepore (briozoi), il Bassi si era occupato in una’
memoria precedente. In questa comunicazione, dopo avere appena:
accennato ai minuti resti di pesci e di crostacei, egli si ferma al-
quanto sui testacei, che sono abbondantissimi. Il saggio preso in
esame pesava trenta libbre ed appariva costituito quasi per intero
da frammenti e da integri politalamii. Fra questi ultimi, nessuno.
manca dei tipi già osservati da Bianchi. e da Gualtieri: anzi
l’autore trova, che tre di tali forme meritano di essere descritte, non
ricordandosi egli di averle viste illustrate altrove: un’ Ammonia, un
Nautilus e un Orthoceras.
e xx
« Ac primum ammonia occurrit quaedam. Fa est in trochi modum con-
voluta, ut minus attente consideranti pro trocho parvissimo haberi possit, cujus
basis lineam pateat paulo plus unam. Quod si, microscopio adhibito satis bono,
introspexeris, thalami apparebunt permulti siphunculis suis inter se communi-
cantes ; quorum thalamorum distinctio manifesta et patens, quaeque in exteriori
etiam prominenti facie se ostendit, novitatem generis prodit ; non enim de am-
moniis aliis id legitur. Ammonias hujus formae numeravit Bassius ad sexdecim. »
È questa la prima descrizione che si conosce della Pulvinulina
Schreibersi (d’Orb.), ed è merito del Bassi di avere distinta questa
specie dall’ammonia di Beccari. Nella Tabella, al numero 97, esi-
stono tuttora quattro esemplari di P. Schreibersi (uno dei quali
sezionato), accompagnati per l'appunto dalle parole: Ammonia mi-
nima, in trochi formam convoluta (1).
Mal
« Post ammonias ad nautilos quosdam venio, quos ille (Bassius) tamquam
novos proposuit. Hos primo adspectu vix ab illo distinguas, quem Gualterius
in testaceorum conchyliorum indice, tabula decima nona, ad literam C expres-
sit; sed si diligentius inspexeris, genus aliud agnoscas. Nautilo enim, quem
Bassius protulit, umbilicus ad centrum prominet, quo Gualterii nautilus caret.
Deinde illius costa tenuissimo instruitur margine, et diaphano, in serrae modum
secto, cui decem sunt inflexi dentes, atque acutuli, thalamis totidem exterioris
spirae respondentes. Dentes Gualterius in nautilo illo suo numerat non plus
quatuor. Videtur ergo genus aliud descripsisse. Bassius ex eo genere, quod ipse
descripsit, nautilos integros legit omnino septem; neque dubitavit, qui multo
plures inventurus fuisset, nisi sedimentum illud suum manu versans, contre-
ctansque saepius, multos per imprudentiam fregisset ; sunt enim tenues admo-
dum, ac friabiles, ut vel levissimo attactu rumpantur. Qui magnitudine prae-
stant, lineas quatuor parisiensis digiti non excedunt. »
(1) C. Fornasini — L..c., pag. 92:
DI PALEONTOLOGIA 339
veLPvevvonceseeszizeaeoepepaez ia seor voci eporopopaeopensencasavpniasvposipronesevevavaseviszessossve seri vesvosesesespnovcrsensosevoszresessessrespoasaspnpponssponsaevosossoce
Così viene descritta per la prima volta la forma adulta della Cri-
stellaria calcar (L.). La figura di Gualtieri, di cui parla Bassi,
servi a Linneo nel 1758 perl’ istituzione del Nautilus calcar, e rap-
presenta una forma a poche camere e quindi a pochi aculei. Nella
Tabella si conservano ancora, al numero 96, tre esemplari (uno dei
quali sezionato), coll’ indicazione: Nautilus minimus umbilicatus,
costa acutissima marginata, profunde acuteque serrata (1). Essi
corrispondono particolarmente a quella forma di Crist. calcar che
Soldani illustrò più tardi nel « Saggio » colla fig. H della tav. I.
tx
« Orthocerata, quae tertia est species, invenit Bassius omnino tria, digito
uno longa, lineam lata vix unam; aeque fere crassa per totum. Exteriores co-
stulas perpetuas habent, nullis neque foveis, neque prominentibus anulis inter-
ruptas, qui de subjectis interioribus thalamis moneant. Quo quidem videntur ab
eo differre, quod expressit Gualterius in tabula decima nona ad litteram L. Hanc
differentiam vix tanti Bassius facit, ut genus mutare velit ; neque cum iis admo-
dum pugnet, qui varietatem potius aliquam in eodem genere agnoscant. Atque
haec quidem ad univalvia pertinent polythalamia. »
E quella specie che si è convenuto di distinguere col nome di
Nodosaria raphanistrum (L.). Linneo l’aveva istituita nel 1758 (2),
ma di ciò il Bassi non era a cognizione o non voleva tener conto,
e si limitava a confrontare i suoi esemplari colla figura citata di
Gualtieri, che rappresenta la Nod. raphanus (L.), concludendo
giustamente che non erano da confondersi con essa. Nella Tabella
esistono tuttora, al numero 98, alcuni esemplari di N. raphanistrum
(uno dei quali sezionato longitudinalmente), accompagnati dalle
parole: Orthoceras rectum, aeque continuatis costulis et sulcis prae-
ditum, vix lente decrescens (3).
*
xx
Il rimanente della comunicazione verte sopra due specie nuove
di monotalamii turbinati (probabilmente anellidi), e finisce coll’ac-
cennare ai bivalvi e ai multivalvi, e a resti di echinodermi. Come
documento in appoggio a quanto ha detto, il Bassi presenta la
Tabella, « qua nihil elegantius », come scrive lo Zanotti.
(1) C. Fornasini — L. c., pag. 92.
(2) C. von Linné — Systema Naturae. Editio X, pag. 710, num. 242,
(3) C. Fornasini — L. c., pag. 93.
i E
340) RIVISTA ITALIANA
Sulle forme « flabelline » della Cristellaria auris.
Recentemente ho avuto occasione di occuparmi della Cristel-,
laria auris (Sold.) (1); e leggendo la memoria del Cafici sulla
formazione miocenica di Licodia Eubea, ho trovato che il chiar.mo
autore, dopo aver citato parecchie Planularia fossili in quella lo-
calità, ne mette in rilievo una, qualificandola come « un vero
anello intermedio fra la Planularia e la Frondicularia » (2). Que-
ste parole mi fecer nascere il sospetto che si potesse trattare di una
forma « flabellina » di Cr. auris, e desiderando vivamente di co-
noscere l'esemplare di Licodia, mi rivolsi al Cafici, dal quale lo
ebbi gentilmente in comunicazione.
Come si rileva dalla figura qui accanto i in esso si possono
distinguere due parti: l'una, la principale, rappre-.
senta, se non il tipo della Cr. auris, certo una forma.
assolutamente inseparabile da questo; l’altra, la secon-
daria, è costituita dalle due ultime camere, le quali ad
un tratto si dispongono come nelle Frondicularia, e
discendono lungo il margine dorsale della Cristella-
ria fino ad oltrepassarne la metà (4). Si tratta dun-
que di una Flabellina, e poichè la specie non può
essere altro che la Cr. auris, diremo che si tratta di
una forma « flabellina » della Cr. auris.
Della medesima specie noi conosciamo un’altra
forma « flabellina » cioè la Fl. harpa (Batsch) (5).
Se però si confronta la figura di Batsch col no-
stro esemplare, si vedrà facilmente quanto differiscano fra loro:
in quella è molto sviluppata la parte « frondicularia » e il passag
gio dal tipo « cristellaria » avviene gradatamente; nel secondo, è
più sviluppata la parte « cristellaria » e il passaggio da un tipo
all’ altro si fa ad un tratto.
(1) C. Fornasini — Sull’ accrescimento anormale di un esemplare di
Cristellaria, ecc. Riv. Ital. Paleont., 1896, pag. 129.
(2) I. Cafici — La formazione miocenica di Licodia Eubea. Mem. Acc.
Lincei, s. 3%, vol. XIV, pag. 84.
(3) L' esemplare misura in lunghezza poco meno di 3 millimetri e mezzo.
(4) Una disposizione analoga delle camere si osserva nella Flabellina pri-
maeva Terq. e Berth., del lias medio d’ Essey-lès-Nancy (Mém. Soc. Géol. Fr.,
s. 2°, vol. X, mem. 3*, pag. 41, tav. III, fig. 13), la quale viene appunto con-
siderata come una delle numerose varietà della Cristellaria primordialis,
(5) C. Fornasini — L. c., pag. 130.
Di PALEONTOLOGIA 341
Flabellina elongata (Costa) è forma « flabellina » di Cr. cymba
-(d’Orb.) (1); e come non esistono limiti fra Cr. cymba e Cr. auris,
così è lecito supporre che non ne esistano tra Fl. elongata e FI.
harpa. Comunque sia, è indubitato che l’esemplare di Licodia differi-
sce sì dall’ una che dall’ altra, cosicchè preferirei di tenerlo inse-
parato dal tipo auris.
Il dott. LL Rhumbler, pubblicando una recensione della mia
nota sopra citata, conviene pienamente con me nell’ ammettere
l’esistenza di rapporti intimi fra Cr. auris e Cr. cymba, e fra que-
ste e le due rispettive Flabellina (2). Egli però non crede che I’ ac-
crescimento anormale dell’ esemplare di Sivizzano sia la manifesta-
zione di una tendenza « flabellina », come del resto ho appena
osato di accennare (3). Ritiene più probabile che si tratti di un
caso di rigenerazione. Attesa l’ irregolarità del margine ventrale
della prima parte, la parte aggiunta avrebbe preferito di disporsi
sul margine dorsale, che ha pressa poco il grado di curvatura
dell’ altro. La spiegazione è soddisfacente; e Rhumbler, che ha
potuto osservare una simile inversione di spira anche in qualche
esemplare di Peneroplis pertusus, ha trovato per I’ appunto che tale
anomalia si verifica soltanto allorchè il margine dorsale della prima
parte possiede un grado di curvatura eguale o poco diverso da
quella del margine ventrale.
La « Glandulina deformis » di O. G. Costa.
Nel 1890, descrivendo alcuni foraminiferi neocenici della Re-
gione Incascio presso Catanzaro, illustrai, fra le altre, una specie
molto variabile nei contorni e nella disposizione delle camere, as-
segnandole il nome di Dimorphina deformis (Costa) (4); e anche
recentemente, nella monografia dei foraminiferi del crag, il prof.
T. Rupert Jones, accettando la mia identificazione, ha portato
Glandulina deformis e D. deformis fra i sinonimi di D. tuberosa.
(1) C. Fornasini — /bidem.
(2) Zoologisches Centralblatt, 5 ottobre 1896.
(3) Ecco le mie parole: « Non so se questa anomalia accenni veramente
ad una tendenza verso il tipo Flabellina ; è certo però che se contemporanea-
mente ad una tale inversione unilaterale si suppone abbia continuato anche
lo sviluppo normale, l’ esemplare in esame sarebbe diventato una vera Fla-
bellina ».
(4) G. Fornasini — Primo contrib. alla conoscenza della microfauna
terz. ital. Mem. Acc. Sc. Bologna, s. 4", vol. X, pag. 471, tavola, fig. 35-37."
Rivista Italiana di Puleontologia. — Dicembre 1896, 25
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349 RIVISTA ITALIANA
ence ee nnn en iz aaa nazione nio ze neazez ez oz cane eian ene zanenananienen nica nen iene zi eee azione zazione sananazazzzezaaeana ana ee zanne zenanena nasa eeadicaniizadiiddia salina tilisdlo
d’ Orb. (1). Lasciando per ora da parte la questione se la specie
del Catanzarese appartenga o non al genere Dimorphina, mi limito
qui a dimostrare l'insussistenza della determinazione specifica, ba-
sata unicamente su figure inesatte o incerte di Costa. |
La Glandulina deformis è descritta a pag. 120 della « Paleon-
tologia del Regno di Napoli » ed è rappresentata dalle fig. 16, 17,
18 e 26 della tav. XI. Nel Museo di Napoli si conservano gli ori-
ginali che servirono a Costa per istituire la specie, ma disgrazia-
tamente quei due soltanto che corrispondono alle fig. 16 e 17. Il primo
è accompagnato dalle parole « Glandulina deformis — Tav. XI, f. 16 »
e il secondo da « Glandulina deformis, C. fig. 17. Taran. ». Questa
indicazione di località (Taranto) è contraddetta da ciò che leggesi
nel testo, cioè che la 9 si
specie fu « trovata 1
nell’argilla figolina di
S. Pietro in Lama pr.
Lecce » ; ma tale con-
traddizione nulla to-
glie all’ esatta corri-
spondenza degli esem-
plari colle due figure
citate.
Rappresento (2)
con la fig. 1 i con-
torni dell’ esemplare
riprodotto dalla figura 16, e con le figure 2 e 2' quelli dell’ altro, che
corrisponde alla fig. 17 di Costa. Si tratta evidentemente di due
forme diverse di Marginulina, la prima delle quali, quadriloculare,
è ornata da coste oblique delicatissime, ed è probabilmente da in-
dicarsi con nuovo nome specifico; mentre la seconda, quinquelo-
culare e liscia, appartiene al gruppo della M. glabra d’Orb., essendo
identica a quella varietà che von Hantken distinse col nome di
M. subbullata (3).
Le altre due figure, indicate da Costa come Gl. deformis, e
delle quali non ho trovato sinora gli originali in collezione, sono
(1) T. R. Jones — Monograph of the Foram. of the Crag. Part III.
Palaeontogr. Soc., 1896, pag. 275.
(2) Ingrandimento: 60 diametri.
(3) M. von Hantken — Foram. der Clavulina Szaboi Schichten. Mitth.
Jahrb. Ung. Geol. Anst., vol. IV, pag. 46, tav. IV, fig. 9g e 10.
|
Di PALEONTOLOGIA 343
molto incerte. Probabilmente esse pure non rappresentano esem-
plari di Glandulina, ed è inoltre con poco fondamento che possono
venire identificate con la specie del Catanzarese sopra citata.
La « Nonionina ornata » di O. G. Costa.
A pag. 203 della « Paleontologia def Regno di Napoli »
Costa, descrivendo la Nonionina ornata dell’ argilla pliocenica di
San Pietro in Lama presso Lecce, cita la fig. 11, A, B, C, della
tav. XVII; ma erroneamente, poichè questa figura non corrisponde
alla descrizione. Infatti, nella spiegazione della tavola medesima
s' indica la Non. ornata come rappresentata dalla fig. 17, A, B, C.
Vero è che a pag. 204 l’autore descrive una Non. obliqua di altra
località citando la stessa fig. 17, A, B; ma è anche vero che nella
spiegazione delle tavole non trovasi applicato ad alcuna figura il
nome di Non. obliqua. Cosicchè, in presenza di questo doppio errore
di citazione, è da ritenersi come cosa certa che la Non. ornata è
descritta a pag. 203 e rappresentata dalla fig. 17, A, B, C, della
tav. XVII (1).
Nel Museo Geologico di Napoli si conserva fortunatamente un
tubetto con entro nove esemplari di « Nonionina ornata. C. — S. P.
in Lama » con indicazione autografa dell'autore. Riproduco qui
i contorni di uno degli esemplari, quale si presenta visto nei
due lati e perifericamente (2). Se la figura di Costa bastava per far
nascere il dubbio che si trattasse di una Nonionina, la mia figura
è più che sufficiente per dimostrare che si tratta certamente di
un’ Anomalina.
(1) Pare che Non. obliqua sia sinonima di Non. ornata. Quanto poi alla
Nonionina ornata var., della tav. XIX (fig. 8, A, B), essa non ha che fare colla
forma di cui sto trattando : non è certamente una Nonionina, nè un’ Anomalina.
(2) Ingrandimento: 30 diametri.
Quanto alla determinazione specifica, va riconosciuta anzitutto
I’ identita di questa forma con un’ altra illustrata da Costa, tanto
nella « Paleontologia » (Nonionina? helicina: non descritta), quanto
nella memoria sui foraminiferi delle marne vaticane. Seguenza,
avendola poi trovata nelle marne di Messina, ne riconobbe il
il vero carattere generico, e in una collezione da esso donata al
Museo di Napoli la determinò come Anomalina helicina. Solo più
tardi, nell'opera sul terziario di Calabria, la citò come 7runcatulina.
Ma, oltre che all’ A. helicina, lA. ornata è identica a quella
forma che ho illustrata nel 1894 sotto il nome di Anomalina se-
nensis. Questa specie fu istituita da d’Orbigny nel 1826 sopra
una figura del « Saggio Orittografico » la quale rappresenta con
ogni probabilità la Truncatulina ungeriana. Nello studiare i fora-
miniferi della collezione Soldani-Silvestri del Museo di Firenze
ho avuto occasione di osservare gli esemplari determinati da Sil-
vestri come Anom. senensis, e da esso riferiti alla figura soldaniana
di cui sopra. Ora, io credo che questo riferimento sia sbagliato,
poichè e la descrizione e la figura di Soldani corrispondono assai
meglio alla Trunc. ungeriana di quello che alla nostra Anomalina.
La denominazione specifica senensis, applicata a quest’ ultima, non
ha quindi ragion d’ essere. La Trunc. ungeriana differisce partico-
larmente dall'A. ornata per il contorno carenato e per l'ombelico
concavo; ed è perciò che ritengo sia inseparabile dall'A. ornata
quella rotalina delle sabbie vaticane che il Terrigi illustrò sotto
il nome di Planorbulina ungeriana.
Ricorderò infine che, rivedonde i foraminiferi della collezione
Seguenza del Museo di Napoli e seguendo le idee di Brady,
riunii senz’altro l'A. helicina all’A. ammonoides Reuss; ma che
l’anno dopo, descrivendo quelli delle marne vaticane illustrati da
Costa, esternai il dubbio sull'identità della forma vivente di
Brady con quella cretacea di Reuss. Ed ora, in attesa che tale
questione venga risoluta, mi. limito a presentare per l’A. ornata
(Costa) la seguente sinonimia:
1856. Nonionina ornata. . . . Costa. Atti Acc. Pontan., vol. VII, pag. 203,
tav. XVII, fig. 17.
1856. » obliqua (?) . Costa. Ibidem, pag. 204, tav. XVII, fig. 17.
1856. Nonionina ? helicina . Costa. Ibidem, pag. 364, tav. XIV, fig. 13.
1857. Nonionina helicina . . . Costa. Mem. rae Sc. Nap., vol. I, pag. 12%:
tav. I, fig. 18.
1862? Anomaling helicina . . Seguenza. In schedis (collez. del Museo di Napoli).
1862 ? » senensis . . Silvestri. In schedis (collez. del Museo di Firenze),
DI PALEONTOLOGIA 345
1880. Truncatulina helicina . Seguenza. Mem. Acc. Lincei, s. 3*, vol. VI, pa-
gina 228, 309, 376.
1880. » nucleata . Seguenza. Ibidem, pag. 64, tav. VII, fig. 8.
1880. Planorbulina ungeriana Terrigi. Atti Acc. Nuovi Lincei, vol. XXXIII,
pag. 203, tav. III, fig. 53.
1884. Anomalina ammonoides Brady. Rep: Foram. Chall., pag. 672, tav. XCIV,
fig. 2, 3.
1894. » senensis. . . Fornasini. Foram. Collez. Soldani, pag. 12, ta-
vola I, fig. 3.
1895» » helicina. . . Fornasini. Palaeontogr. Italica, vol. I, pag. 146.
tav. VII, fig. 15.
La « Nodosaria antennula d’ Orb. » di O. G. Costa.
Col nome di Dentalina antennula, d’ Orbigny istituiva nel 1846
una specie quadriloculare, nella quale ciascuna camera è ornata
nella sua parte posteriore da pieghe longitudinali (1); ed è a tale
specie che Costa, dieci anni più tardi, giudicava pressochè iden-
tica una forma fossile a Taranto e a San Pietro in Lama, osser-
vando egli, che in questa le sottili pieghe indicate da d’ Orbigny
erano ridotte a traccie minime (2).
Due sono gli esemplari illustrati da Costa: l’uno, raccolto a
« Taranto, nella marna del ceraso », lungo mm. 1,8; Palio trovato
« nell’argilla di S. Pietro in Lama presso Lecce », lungo
mm. 2 !/. Due sono parimente le figure date da Costa
per la Nodosaria antennula: la prima è quella citata nel
testo, cioè la fig. 3 della tav. XVI; la seconda, non citata
nel testo, trovasi soltanto indicata nella spiegazione
delle tavole (pag. 363) come N. antennula var., ed è la
fig. 25 sup. della tav. XII. Queste due forme appaiono so-
migliantissime, e non differiscono fra loro che per il breve
mucrone di cui la seconda é fornita.
Nelle collezioni del Museo Geologico di Napoli non mi
è riescito sinora di trovare che uno degli esemplari, quello
di S. Pietroin Lama. Ne presento qui accanto i contorni (3).
A giudicare dalla presenza del mucrone, esso corrispon-
derebbe alla fig. 25 sup. di Costa meglio che all’ altra ;
ma, come ho detto, le due figure sono tanto somiglianti, che riesce
indifferente il sapere quale delle due rappresenti |’ originale con-
(1) A. D. d Orbigny — Foram. foss. de Vienne, pag. 53, tav. II, fig. 29 e 30.
(2) O. G. Costa — Paleont. del Regno di Napoli. II. Atti Acc, Pontan.,
vol. VII, pag. 140 e 141.
(3) Ingrandimento : 20 diametri.
346 RIVISTA ITALIANA
We eee ee re ee er ce re re ee ee PEPPE LEE ee Pe TEN ee eee ren eee EE Ee EEE eee eee ee aio FEES diodi
servato. Ciò che invece interessa notare è, che questo esemplare è
privo di qualunque ornamentazione, e che quindi non è da confon-
dersi con la N. antennula (d'Orb.). E neppure è da confondersi
con la N. antennula di Silvestri. Questo autore fondandosi uni-
camente sulle figure e sulla descrizione di Costa, che egli stesso
riconosce incomplete, ha identificato con la N. antennula Costa,
una forma delle argille plioceniche senesi, la quale è assolutamente
diversa da essa (1).
L’ esame dell’ originale di San Pietro in Lama persuade facil-
mente della insussistenza delle determinazioni di Costa e di Sil-
vestri, poiché quell’esemplare non rappresenta altro che una delle
tante forme appartenenti al gruppo della N. farcimen (Sold.), e
ricorda in modo particolare la N. consobrina (d’ Orb.) (2).
VII
Alcune considerazioni sulla nota
« L’ascendance de l’érable plane » del sig. Pierre Marty (3).
Nora pi Lucio GABELLI
Un’ osservazione fatta a Cantal sul polimorfismo delle foglie
dell’Acer platanoides L., ha dato occasione al sig. Pierre Marty
di scrivere una breve nota sulla filogenesi della specie sopra citata.
Non è certo fuor di luogo I’ analizzare brevemente tale pubblica-
zione, sia per l'interesse che per sè stessa suscita questa, come
qualsiasi altra questione filogenetica, sia in riguardo al caso spe-
ciale di polimorfismo fogliare col quale l’ Autore tenterebbe conva-
lidare le proprie opinioni, sia, finalmente, in vista del metodo che
il Marty tacitamente, col fatto, viene a propugnare nello studio
delle scienze naturali.
(1) O. Silvestri — Nodosarie fossili e viventi. Atti Acc. Gioenia, n. s.,
vol. VII, 1872, pag. 89, tav. XI, fig. 252-250.
Silvestri sapeva benissimo che la Dent. antennula d’Orb. era diversa
dalla Nodosaria che egli illustrava: solamente, credeva di poter conservare lo
stesso nome specifico per una forma che egli riteneva anche genericamente
distinta da quella di d' Orbigny.
(2) A. D. d Orbigny — L. c., pag. 46, tav. II, fig. 1-3.
(3) La Feuille des Jeunes Naturalistes, serie 3%, anno 26°, n. 310, pag. 188,
189; agosto 1806.
DI PALEONTOLOGIA 347
L’ Autore sopra uno stesso individuo di Acer platanoides L.
ha raccolto tre diverse forme di foglie, cioé:
a. Una forma quinqueloba denticolata
bis» » » non »
CC » triloba » »
E di pari passo col contorno della foglia, ha osservato modi-
ficarsi ancora la nervazione. Infatti, i ramuscoli marginali della
rete libro-legnosa fogliare terminano nel primo caso liberamente
innervando le dentature, mentre nel secondo e nel terzo, curvan-
dosi ad arco verso |’ apice della foglia, si innestano |’ uno sull’al-
tro. Si osservano insomma due modi di nervazione ben distinti, ai
quali coloro che si occupano di studi fogliari, e specialmente i
paleofitologi, sogliono attribuire importanza non piccola in ordine
alle tassonomia.
Quale è la causa di questo fenomeno? come va esso inter-
pretato ?
L’ Autore ricordandosi a questo punto dell’ esistenza di filliti
determinate rispettivamente per Acer laetum pliocenicum C. A. Mey.,
e per Acer integrilobum O. Web., propone il seguente schema fi-
logenetico, che egli non dubita punto valga a sciogliere i problemi
suscitati dalla varietà di tipi fogliari dell’ Acer platanoides L.:
ACER INTEGRILOBUM O. Web. (Mio-pliocene)
A. LAETUM PLIOCENICUM C. A. Mey. (Pliocene)
|
A. PLATANOIDES L. (vivente) A. MONSPESSULANUM L. (vivente)
Osservando poi che tanto I’ Acer integrilobum O. Web., quanto
l’ Acer laetum pliocenicum C. A. Mey., sono stati raccolti dal signor
J. B. Rames a Cantal dove ora vegeta l’Acer platanoides L., ’ Au-
tore mostra la propria compiacenza per aver potuto non solo con-
statare tra le citate specie di Acer rapporti filogenetici, ma persino,
come egli si esprime, |’ evoluzione in sito.
Il Marty, nel descrivere il fenomeno che gli avrebbe permesso
di arrivare ad una conclusione tanto importante, non ha creduto
necessario dirci se, e come, il polimorfismo in questione sia localiz-
zato nella pianta. È però facile I’ assicurarsi, che mentre il tipo a
€ rappresentato dalle foglie della chioma dell’ albero, i tipi b e c lo
348 RIVISTA ITALIANA
sono dalle prime foglie, o di una pianticella germogliante, o di una
gemma ordinaria, o dei polloni.
E bene ricordare che le specie arboree in determinate condi-
zioni (specialmente di grande umidita e di nutrimento copioso)
emettono, segnatamente presso la base, a fior di terra, rami che
possiedono foglie di un tipo speciale e diverso dall’ ordinario al-
meno nella grandezza (donde il nome di polloni che si dà a tali
rami), spessissimo nella forma del contorno, e frequentemente an-
cora nella nervazione. È poi interessante notare che tali forme fo-
gliari, che si direbbero caratteristiche dei polloni, osservansi ancora
nelle prime foglie delle pianticelle germoglianti e delle gemme
ordinarie, colla differenza che nelle pianticelle germoglianti tali
foglie vedonsi generalmente solo nel primo nodo, mentre nelle
gemme ordinarie e nei polloni esse si possono osservare in più
nodi consecutivi.
Con tutta facilità chiunque può osservare esempi di questo feno-
meno generale nelle fanerogame, fenomeno che è forse stato intrave-
duto sino dal secolo scorso dal Goethe (1790), e dai primi propu-
gnatori della teoria della metamorfosi della foglia. Occupandomi io
di studi di morfologia fogliare, molte volte mi è occorso osservare
belli esempi di questo polimorfismo. Per fare qualche nome mi basti
il citare i curiosi brachiblasti dei Crataegus L., le gemme dell’ A-
cer pseudo-platanus L. (nelle quali ho riscontrato lo stesso caso
che il Marty descrive per Il Acer platanoides L.); le pianti-
celle germoglianti di Vitis vinifera L., di Ailanthus glandulosa
Desf., di Rubus sp., di Chondrilla juncea L.; i polloni di Quer-
cus robur L., di Populus sp., di Platanus orientalis L., specie
questa che fra le altre assai bene si presta ad illustrare il fenomeno
coi suoi frequenti polloni a foglie inferiori con base acutamente
cuneata, nervatura primaria unica sino ad un terzo della lunghezza
del lembo fogliare ed ivi tripartita in rami di quasi uguale po-
tenza, mentre le foglie superiori rassomigliano perfettamente a
quelle ordinarie della chioma, e le medie formano una serie non
interrotta di gradazioni tra l uno e I altro tipo fogliare.
Ma tra gli altri debbo accennare al bel caso ché ho potuto
osservare |’ estate scorso nel Zilia platyphylla Scop. a Fognano sulle
colline di Faenza. Si tratta di circa ottanta esemplari che ombreg-
giano il viale che dalla stazione ferroviaria conduce al paese. Il piede —
di tutti questi alberi era circondato da una corona di numerosi pol-
loni a foglie per vari gradi manifestamente tendenti alla triloba-
zione: quelle (non molte) che possedevano il lembo integro erano
DI PALEONTOLOGIA 349
perfettamente simmetriche e prive affatto di quella curiosa ed ele-
gante asimmetria caratteristica dei tigli. Inoltre le foglie di tali
polloni erano con straordinaria frequenza anomalé nel contorno
generale del lembo, nella dentatura, e persino nella nervazione :
ma di ciò mi occuperò di proposito in altro lavoro. È poi da no-
tarsi che i semi di questa specie germogliando danno origine ad
una pianticella colle due prime foglie profondamente lobate (1).
Essendo questi i dati principalissimi e maggiormente degni di
nota, mi pare affatto arbitrario il cercare in condizioni ataviche la
causa di questo speciale polimorfismo la cui interpretazione devesi
invece chiedere alla biologia e alla fisiologia.
Infatti si comprenderebbe come le prime foglie delle giovani
pianticelle germinanti potessero riprodurre forme ataviche giusta
l'ipotesi biogenetica dell’ Haeckel (2); ma a qual titolo si do-
vranno riconoscere per forme ataviche quelle che si sviluppano in
età relativamente avanzata nei polloni e nelle gemme normali dopo
il pieno e completo sviluppo del tipo che sarebbe il solo ritenuto
specifico ? perchè questo periodico ritorno a forme ataviche in uno
stesso individuo quando ragioni biologiche di difesa entro la gemma,
e ragioni fisiologiche di nutrimento bastano a spiegare tale poli-
morfismo ?
L’ essere i tipi fogliari speciali caratterizzanti i polloni localiz-
zati in tutti tre i casi (gemme normali, polloni, piantine germo-
glianti) nella parte bassa della pianta;
La differenza che a tale riguardo si osserva tra i polloni e le
gemme normali da un lato, e le piantine germoglianti dall’ altro
(le foglie di tipo speciale si osservano nel primo caso in più nodi
consecutivi, solo nel primo nodo nel caso dei germogli), differenza
spiegabilissima colla mole maggiore e colla maggior complicazione
della gemma svernante, nella quale molte sono le foglie che
(4) A Contribution to our Knowledge of Seedlings. John Lubbock, 1892.
(2) La così detta legge biogenetica fondamentale proclamata dall’Haeckel
(e contemporaneamente dal Miller nel 1864) non è una legge, bensì una ipo-
tesi che solo in alcuni casi si trova avverata. I fatti contemplati da questa
ipotesi erano noti già sino dall’ antichità alla scuola peripatetica, come si può
vedere nelle opere di Aristotile, e più tardi nel medio evo San Tommaso
e gli scolastici li spiegavano colla successione delle forme, in altri termini
come una necessità fisiologica dello. sviluppo progressivo. Il Meckel pure, nel
1821, ne parla senza dare peraltro alcuna spiegazione dei fatti, che si limita
prudentemente a constatare.
Rivista Italiana di Paleontologia. — Dicembre 1896. 25*
He eee Te E RSE Dh iy | li oa a
n . Se THe, A
_ 350 RIVISTA ITALIANA
stanno racchiuse, mentre il germoglio emette a poco a poco le
proprie foglie dopo l’uscita dall’ invoglio seminale ;
E finalmente il caso nel tiglio dei polloni a foglie a lembo
integro che non accennano per nulla alla singolare asimmetria
propria alle foglie ordinarie, il che fa capire che altri fenomeni
biologici si compiono dalle foglie dei polloni e altri diversi da
quelle della chioma ordinaria ;
Queste, dico, sono ragioni più che sufficienti a favore di
un’ interpretazione biologica di questo polimorfismo e ne escludono
affatto il carattere atavico.
E le frequenti anomalie che sono anch'esse una caratteristica
dei polloni in genere, e che tanto spiccatamente io ho potuto osser=
vare nel Tilia platyphylla Scop. sono ancora spiegabili con cause fi-
_siologiche. I polloni invero derivano o da gemme normali sin al-
lora dormienti o da gemme avventizie sul caule e sulla radice. In
quest ultimo caso, la perturbazione morfologica avvenuta nell’ ar-
chitettonica della pianta, colla produzione delle gemme avventizie,
renderebbe pienamente ragione delle anomalie che si osservano
nelle foglie di tali gemme. E anche supponendo che i polloni più
spesso derivino da gemme normali dormienti, non si avrà, è vero,
perturbazione morfologica; ma come negare una profonda pertur-
bazione fisiologica nella ripartizione dell’ alimento in causa del
tempo, del luogo e del modo di: svilupparsi di tali gemme ?
E poi io stesso ho riscontrato lo stesso fatto osservato dal
Marty a Cantal, ma non sull’ Acer platanoides L., bensì sull’Acer
pseudoplatanus L., e allora sarebbero queste due specie sorelle ?
non mi oppongo certo a tale opinione, ma mentre il fitografo di
piante dell’ attualità non ha ancor azzardato alcun giudizio, oserà
forse pronunciarsi un paleofitologo col moncone di foglia che solo
possiede ?
E non ho sinora espresso alcun dubbio sulla esatta determi-
nazione delle filliti citate dal Marty; ma saranno esse veramente
di Acer? %
Non starò ora a dilungarmi sopra questo argomento; noto
solamente che a poco a poco la paleofitologia sente sempre più il
bisogno di rifarsi dai fondamenti se non vuol costruire un edifizio
grande e bello, ma simile a quelli che sogliono fare i fanciulli colle
carte da gioco, cui fa crollare il movimento che all’ aria può im-
primere una mosca! E di questo tardivo ma savio pentimento che
ora fortunatamente pare farsi strada tra i paleofitologi ho recente
prova nella descrizione di una flora fossile dei gessi anconitani
DI PALEONTOLOGIA sol
che il prof. Paolucci ha testè pubblicato (1). Il lavoro che si
dovrà intraprendere in questo senso è colossale e superiore alle
forze di un uomo, giacchè si deve tutto creare, occorrendo anzi-
tutto uno studio. generale e speciale di morfologia sulle foglie
delle piante viventi, e molti essendo i pregiudizi da abbattere. La
sola iniziativa basta a dare al Paolucci un titolo di beneme-
renza scientifica, sebbene il suo lavoro nei dettagli possa trovarsi,
anche considerato come abbozzo, alcun poco deficiente (2).
Ed ora credo d’ avere dimostrato più che a sufficienza come
(purtroppo per il Marty, il cui lavoro avrebbe aperto la via a una
lunga serie di scoperte filogenetiche) nemmeno nel regno vege-
tale si verifichi troppo spesso quella che Il’ Haeckel chiama
legge biogenetica fondamentale. E terminando faccio voti a che la
Natura venga studiata positivamente, non solo quando si tratta
delle manuali minuzie della preparazione di un animale o di una
pianta e della loro illustrazione a mezzo di descrizioni elaborate e
di eleganti disegni e fedeli fotografie, ma ancora, e più, quando
si arriva a dover interpretare i fatti stessi, nel che il naturalista è
veramente scienziato, cioè filosofo. Allora la sola logica è lo stru-
mento di cui si deve far uso: la fantasia è un’ arma troppo peri-
colosa in mano allo scienziato !
(1) L. Paolucci — Nuovi materiali e ricerche critiche sulle piante fossili
dei gessi di Ancona. Vedasi questo periodico, vol. II, 1896, pag. 246.
(2) Ad esempio non comprendo come il Paolucci possa dare lieve im-
portanza alla rete venosa delle foglie. Certamente, questa, non sempre è a di-
sposizione del paleofitologo, ma sarebbe bene ricordare ancora che spesso |’ im-
possibilità di una determinazione seria delle filliti dipende appunto dal non
potersi osservare la rete librolegnosa, e che, d’altronde per la scienza sarebbe
assai meglio il non possedere certe diagnosi.
IX.
Di un nuovo genere di Apiaria fossile nell’ambra di Sicilia
(Meliponorytes succini - M. sicula). |
Nora pi ALEssanpro Tost
(TAVOLA VI)
Et latet, et lucet Phaetontide condita gutta
Ut videatur apis nectare clausa suo.
Dignum tantorum pretium tulit illa laborum ;
Credibile est ipsam sic voluisse mori.
MARTIALIS M. V. - Epigrammata, Liber 4.
MELIPONORYTES n. gen.
(Melipona e éguxtys = fossile).
Si avvicina al gen. Trigona ed anche al gen. Tetragona per
la gracilità degli arti e lunghezza del collo; ne differisce per gros-
sezza e forma elissoidale dell'addome, non che per l’obliterazione
della 2* vena transverso-cubitale dell’ ali anteriori che I’ avvicinano
al gen. Melipona (s. str.).
Meliponorytes succini n. sp. — Lunghezza totale del corpo mm. 4:
di colore oscuro, eccetto l’addome che si mostra di color rossastro.
Capo — Ha forma subquadrangolare ed alquanto schiacciata.
Occhi assai grandi, ovali, allungati, integri, sfaccettati, glabri.
Occelli. pure grandi, disposti sul vertice del capo in linea
leggermente curva in avanti. I due laterali for-
mano come due leggiere prominenze; il me-
diano si trova un po’ infossato in un solco tra
i due primi.
La faccia è un po’convessa, pubescente:
area facciale elissoidale, leggermente promi-
nente, pelosa: il clipeo di forma quasi trian-
golare, pure provvisto di peli. Il vertice pre-
" Fig. 1 - Faccia della senta due rialzi a guisa di cornetti separati dal
M. succiîni (17: 1). solco mediano.
Antenne di 12 articoli. Lo scapo è lungo 1/3 circa dell’an-
tenna, alquanto schiacciato e leggermente
piegato a gomito alla sua inserzione.
ll flagello è lungo il doppio dello
scapo. Il 2° articolo è globoso-ovoidale, il 3°
caliciforme, slabbrato da un lato. Gli articoli
iy seguenti sono cilindrici, eccetto Il’ ultimo che
è conico, e tutti pressochè uguali in lun-
ghezza. Gli articoli 4-12 sono rivestiti di corti e fitti peli e forniti
di piccole fossette disposte regolarmente in serie.
Fig. 2 - Antenna della
M. succinî (17:
DI PALEONTOLOGIA 353
eee eeeeeeeeyseyeevseeeuseeenenertersaneressesepenereeeeseaseaereseseeseesstsesensustsssensessneatseacsaeseusnesesesnasseesenannstastrssesseeaehenasesnaresesesyTe hasan esvesiae
Organi boccali — Labbro superiore sporgente, roton-
deggiante ed incavato a guisa di scodella. Mandibole strette al-
l'inserzione ed allargate all’estremita che presenta
due leggeri solchi. Lingua assai lunga, ripiegata,
provvista di peli e con apice dilatato. Mascelle
lunghe, prive di palpi. Palpi labiali di 4 articoli;
il 1° assai lungo, il 2° più corto e finiente in punta;
il 3° ed il 4° simili fra loro, presi insieme hanno rig. 3 - Organi
la lunghezza del 2° e sono inseriti a lato di questo boccali della M.
e ripiegati. succini (17:1).
Collo che si protende assai in avanti del torace.
Torace — Pronoto molto ridotto, che rimane in gran parte
coperto dal mesonoto. Il mesonoto arcuato a guisa di una grossa
gibbosità si prolunga assottigliandosi in addietro in uno scutello
cavo, triangolare, che cuopre quasi tutto il metanoto. Il mesonoto
è ricoperto di folti e lunghi peli che si osservano shecialmenty nei
bordi, e che all’ estremità dello scutello :
si mostrano ripiegati in alto. Epimeri
assai grandi, convessi in forma di scudo,
pubescenti con peli all’orlo inferiore.
Sotto l’inserzione delle ati, si osserva
una piccola fossetta rotondeggiante, lo
stigma del mesonoto.
Il metanoto è largo al principio
e va restringendosi verso I’ estremità Fis 4 è Torace della M. succin?
a guisa di un cono tronco ed è rive- PR
stito di corti peli. Nella sua metà anteriore, mostra in ciascun lato
uno stigma in forma di fossetta elissoidale, di grandezza tre volte
maggiore di quello del mesonoto.
Ali — Tegole delle ali assai grandi. Membrana delle ali
ialina, pubescente, che sorpassa in lunghezza l’addome.
Ali anteriori — Stigma dell’ala anteriore ben distinto, di
forma lanceolata. Co-
sta e subcosta pa-
rallele, pressochè della
stessa lunghezza. Ve-
nature cubitale e
bracchiale ravvici-
nate e quasi parallele.
Vena trasversa ordinaria non molto discosta dalla forca
del cubito. Una sola cella cubitale chiusa da una sottile ve-
Fig. 5 - Ala anteriore di M. succini (17:1).
304 RIVISTA ITALIANA
weveerurevsveryepeeereeresuveryreryususevervae¥HPONS¥USESERYSS¥SRUESEEENNESTESEEENSSSY SESE Y Rae aren SSH YOVESUNESTTIVIFYNETESSESVY YSU TSE YYVUVYNSWES SEV EVEN SSSSSSUED TET ES SORE DESSE
natura, che non sempre è possibile riconoscere con certezza, di forma
quasi pentagonale: non riceve nessuna nervatura trasversa. 2° cella
cubitale aperta che riceve la vena cubitale transversa. Una sola
cella discoidale allungata, quasi della stessa forma e grandezza
di quella bracchiale. Cella radiale allungata, lanceolata, av-
vicinata all’orlo dell’ala ed aperta alla sua estremità.
Le ali inferiori sono ripiegate così da non
potersi con chiarezza descrivere e figurare; però si
scorgono venature ben distinte e vi si osserva un
lobulo grande e rotondeggiante.
Zampe — Le zampe anteriori sono mu-
nite di stregghia. Nel punto d’ articolazione del
Fig. 6 - Zampa tarso si osserva un’escavazione rivestita di peli e
anteriore della M. ; ‘i : 5
succini (17:1), SOTMONtata da una scaglietta in forma di spatola
molto sottile ed appuntita. Corrispondentemente a
questa si osserva nel 1° articolo del tarso, un’ incavatura semilunare,
con la superficie rigata da sottili e spesse strie. Il
1° articolo del tarso ha la lunghezza degli altri
articoli presi insieme, edè rivestito di peli e forti
setole.
Le zampe posteriori presentano la tibia
ben sviluppata, rivestita di folti e lunghi peli
ed anteriormente munita di peli e setole più rade
e robuste. 1° articolo del tarso dilatato e, come
la tibia, munito di peli e setole. Gli altri articoli
del tarso sono piriformi, pressochè della stessa gran-
dezza, eccetto l’ ultimo che si presenta più lungo,
i cilindroide, ed è fornito di unghie grandi ed ap-
ig 7- Zampa poste- x A - ò 5
riore di M. succini puntite, munite di un pulvillo ben sviluppato.
feti, L’addome ha forma ovoidale ; segmenti
quasi tutti della stessa grandezza, pubescenti e con fascia di peli
più lunghi all’ orlo posteriore. Il 1°
ha una forma un po’ stretta e conica,
e presenta anteriormente una escava=
zione. Il ventre si riconosce legge-
rissimamente carenato ed i segmenti
ventrali sono forniti di una fascia di
peli abbastanza lunghi, e presentano
un leggiero solco mediano che segue
la direzione delle fascie. L’epigidio è pure rivestito di folti peli,
Fig.8- Addome di M. succîni (17:1).
— eee
ye
DI PALEONTOLOGIA 305
Meliponorytes sicula n. sp. — L'unico esemplare di questa
specie di apiaria presenta il corpo deformato ed in gran parte
distrutto.
Si distinguono però abbastanza bene il capo, il mesonoto, un’ala
anteriore e i tarsi posteriori con qualche segmento dell’ addome.
Queste parti sono di colore oscuro; da esse si può riconoscere che
questa specie è tre volte circa maggiore della specie precedente.
Il capo, sebbene alquanto deformato, è simile a quello della
M. succini; gli occhi grandi, ovali, integri; occelli disposti
come nella specie precedente; antenne di 12 articoli. Le man-
dibole sono lunghe ed allargate con due leggeri solchi all’estremità ;
mascelle prive di palpi; palpi labiali di 4 articoli come nella
M. succini; lingua lunga, coperta di peli.
Del torace è ben conservato il mesonoto che si presenta
un po’meno arcuato che nella specie precedente, con
scutello assai prominente, ed è rivestito di folti e
lunghi peli.
Nell’ala anteriore, sebbene un po’ guasta, si
distinguono una cella cubitale chiusa e la cella
radiale aperta all’ estremita, come nella M. suc-
cini. Manca lo stigma alare.
Il 1° articolo dei tarsi è più stretto e lungo cheFig.9-Tarso poster.
sito 5 3 5 x 5 di M. sicula (6:1).
nella M. succini; l ultimo articolo è assai lungo,
cilindroide, munito di due robuste unghie con pulvillo.
I resti di questa specie la fanno riconoscere dello stesso genere
della precedente; ne differisce oltre che per la grandezza, anche
per la forma del 1° articolo dei tarsi posteriori, e più per la man-
canza dello stigma alare che l’avvicina al gen. Melipona (s. str.).
Le due specie descritte si trovano nell’ambra di Sicilia della
ricchissima collezione del Museo di Mineralogia dell’ Università di
Bologna (1).
La M. succini si trova assai abbondante, avendone rinvenuti
più di otto esemplari; ed in un sol pezzo d’ambra della grossezza
di poco più di una nocciuola se ne trovano tre.
Nel pezzetto d’ambra in cui è inclusa la M. sicula si trova
(1) Debbo rendere vivissime grazie al prof. Luigi Bombicci che mise
liberalmente a mia disposizione 1 pezzi d’ ambra insettiferi di detta preziosa
raccolta; ed ai professori Carlo Emery e Giovanni Gribodo che mi
furono larghi di consiglio e di aiuto.
anche un esemplare della M. succini ed il mesonoto di un esem-
plare distrutto della stessa specie.
In generale gli esemplari sono mal conservati, specialmente
l'addome; mentre il mesonoto col suo caratteristico scutello meglio
di ogni altra parte si è conservato.
Due esemplari, che mi servirono per descrivere e figurare la
M. succini, sono integralmente conservati in tutte le loro parti.
‘Questi sono inclusi in due pezzi d’ambra uguali per grandezza,
colore, trasparenza, e lavorati in una forma simile, così che con
sicurezza può ritenersi appartenessero originariamente ad uno stesso
pezzo d’ambra. ;
È da notarsi infine un esemplare di M. succini che presenta le
zampe ricoperte di una sostanza biancastra, probabilmente polline.
Fino ad ora non abbiamo descrizioni di apiarie fossili del gruppo |
delle Melipone ; solamente ne danno un cenno il Burmeister H.
ediil BrischkeD:
Burmeister nel suo « Handbuch d. Entomologie (t. 1. p. 636)»,
enumerando gl’ insetti fossili allora conosciuti, ricorda per la fam.
delle Apiarie, da esso osservate nell’ambra di Prussia, solamente
« una forma assai piccola che sembra appartenere al gen. Trigona L.
« indigeno dell'America Meridionale. » —
Brischke poi, in una lista sommaria che dà degli Imenotteri
dell’ambra della collezione di Menge « Die Hymenopteren des
Bernsteins p. 1 », accenna, fra le altre apiarie, a « due apidi che
« per la venatura delle ali assomigliano al gen. Melipona dell’ A-
« merica Meridionale, ma ne differiscono per la forma delle zampe. »
. Il trovarsi adunque delle Melipone, e nell’ambra di Prussia e
in quella di Sicilia, ci fa conoscere che specie di questo gruppo
erano comuni in Europa nell’Epoca terziaria.
Se poi si consideri che la M. succini è assai mumerosa in.
questi pezzi di ambra insettifera rispetto agli altri imenotteri fossili
che, tranne le formiche, sono scarsissimi; e più ancora se si con-
sideri che si trovano avvicinati 2-3 esemplari in un sol pezzo, si è
tratti a credere che anche questa specie vivesse allo stato sociale
e gli esemplari studiati siano delle operaie.
— so
Di PALEONTOLOGIA 357
REZRENARAA DARA FAMA AA n BADA AMARAMM amp w an dn meme nannnnanammnnnnnnnnncasnnamnnnannamnnnenannanennannansnannnaanenannnnnananennannnnanennasanamamnnnnamnennsnnaanarancasacacnneenenena
NOTEZIESVARIE
È uscito in questi giorni il secondo volume della traduzione
dell’ Aspetto della terra, la celebre opera del prof. Suess (1).
Noi non possiamo fare a meno di raccomandare caldamente que-
sta pubblicazione ai cultori della geologia. Nessuna delle opere
geologiche pubblicate in questi ultimi anni è così importante ed
utile come questa dell’ illustre professore viennese. Si può dire
con certezza che dalla classica opera di Humboldt ad oggi nes-
sun lavoro è comparso che, così altamente comprensivo, abbia sin-
tetizzato tutto quanto si conosce della Terra, non solo dei tempi
trascorsi ma anche del presente.
È da notarsi poi che ognuna delle parti dell’opera, mentre è
collegata colle altre in un tutto armonico, può anche considerarsi
come una cosa a sé, perfettamente indipendente. La prima parte, la
cui traduzione venne pubblicata sin dal 1894, tratta dei movimenti
della Terra; questa seconda parte si occupa delle montagne; la terza
tratterà dei mari e dei continenti.
L’ Italia, di cui Suess è ammiratore entusiasta e conoscitore
profondo, occupa in tutta l’opera un posto importante; ma gli
esempi e le illustrazioni son presi da tutte le parti del globo. Non
solo il geologo, ma il geografo, il naturalista, il letterato trove-
ranno in quest'opera quanto è necessario sapere, anche come col-
tura generale.
La traduzione è stata accuratamente eseguita, e I’ editore Spoerri
nulla ha tralasciato per rendere il libro bene accetto, sia per le
illustrazioni e le tavole che accompagnano il testo, sia per la cor-
rettezza e l'eleganza dell’ edizione.
‘Ci auguriamo quindi che il pubblico italiano voglia fare buona
accoglienza a questa pubblicazione, acciocché, incoraggiati dal suc-
cesso, il traduttore e I’ editore possano presto pubblicare anche le
parti rimanenti.
via
Annunziamo con piacere la pubblicazione della parte XX del-
l'opera: I molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della
Liguria del prof. Federico Sacco. Essa contiene: Caecidae, Verme-
(1) Traduzione dal tedesco del dott. Vinassa de Regny. Pisa, Enrico
Spoerri editore. — Un volume di 490 pag. in 8.° — Prezzo L. 18.
358 RIVISTA ITALIANA
tidae, Siliquariidae, Phoridae, Calyptreidae, Capulidae, Hippo-
nycidae, Neritidae e Neritopsidae, e costituisce una memoria in 4°
di 65 pagine con 5 tavole, le quali contengono 334 figure.
x * x
Fra i lavori pubblicati all’estero in quest’ anno, e che presen-
tano carattere sintetico fondamentale, occupa certamente il primo
posto l’ Essai de paléontologie philosophique (ouvrage faisant
suite aux Enchainements du monde animal dans les temps géolo-
giques) del prof. Alberto Gaudry (1). Chiarezza di vedute,
abbondanza di dati positivi, vastita di concetto, fanno di quest’ opera
uno dei trattati piu splendidi di paleontologia, nel quale la moder-
nita delle idee si concilia colla fede nell’ esistenza di un ente su-
premo e regolatore. |
Nell’ introduzione e nelle conclusioni dell’ opera l’A. si pro-
pone appunto di dimostrare che un piano domina la storia della
natura e che le forze non possono esistere senza un motore. I ca-
pitoli intermeai trattano: 1° dell’ unità del mondo animato, nel
quale si può seguire lo sviluppo come in un individuo; 2° della
moltiplicazione degli esseri; 3° della loro differenziazione; 4° del-
l'accrescimento del loro corpo; 5° del progresso dell’ attività nel
mondo animato; 6° del progresso della sensibilità; 7° delle appli-
cazioni pratiche dello studio dell’ evoluzione.
»*a
Un’ altra importante recentissima pubblicazione è il Catalogue
des Bibliographies géoloziques compilato dal signor Emm. de
Margerie, col concorso dei membri della. Commissione biblio-
grafica del Congresso G2ologico Internazionale (2). È uno splen-
dido volume in 8°, di XX e 733 pagine, il quale, senza avere la
pretesa di essere una bibliografia della geologia (che richiederebbe
ben altre proporzioni), è un accurato, ordinato e completo reper-
torio, che giustamente può essere denominato: Bibliografia delle
bibliografie geologiche. Questo lavoro deve certamente essere co-
stato molto tempo e molto denaro al signor de Margerie, al quale
scienziati e bibliotecari saranno oltremodo riconoscenti.
La materia è anzitutto divisa in due parti: una generale ed
una regionale. La prima abbraccia le seguenti sezioni: A, storie e
(1) Paris, Masson e C. — 230 pagine in 8°, con 204 incisioni nel testo.
(2) Paris, Gauthier Villars et Fils.
Di PALEONTOLOGIA 309
TAN ntassasinasecenaned Race a Sear sar etapa Skat oR eae HS ae hse ni ENI
bibliografie dell’ insieme della geologia; B, bibliografie periodiche
(relative: 1° alle scienze naturali in generale, 2° alla geologia e alla
mineralogia in generale e all'arte delle miniere, 3° ai rami speciali
della geologia); C, bibliografie personali; D, bibliografie per ma-
terie; E, geologia geografica in generale. La parte regionale ab-
braccia altrettante sezioni quanti sono gli stati, o i gruppi di stati,
e ciascuna sezione comprende: 1° le generalità; 2° i cataloghi delle
pubblicazioni dei servizii geologici officiali; 3° i quadri generali
delle raccolte periodiche; 4° le bibliografie periodiche; 5° i cataloghi
di biblioteche; 6° le bibliografie personali; 7° le bibliografie per
materie; 8° le bibliografie regionali e locali.
Per facilitare al lettore le ricerche in questa enorme raccolta
di materiale bibliografico, VA. ha fatto seguire tre indici alfabetici:
uno, dei nomi degli autori, l’ altro, delle materie principali, e il
terzo, dei nomi geografici.
Quest’ opera, destinata ad essere di somma utilità ai cultori
delle scienze geologiche, non è stata messa in commercio. Il si-
gnor de Margerie ne possiede però un certo numero d’esem-
plari, che tiene a disposizione del pubblico, al prezzo di 25 franchi.
E.
PERSONALIA
Il 21 decembre cessava di vivere in Modena, ove da lungo
tempo si era stabilito, l’ ab. Giuseppe Mazzetti. Nato a Montese,
e spesso vi tornava, fu la più chiara dimostrazione del dettato che
i fossili si trovano sempre dove trovasi un geologo. Datosi tardi
nella sua vita alle ricerche di geologia, ebbe deficiente la cul-
tura preparatoria a questi studi, e ciò sentivasi principalmente nei
lavori di pura geologia; ma nelle ricerche di paleontologia avendo
avuto il sano criterio di circoscriversi ad un solo argomento, agli
echini terziari, presto acquistò in essi una singolare familiarità e
potè, lodato dai maggiori tra gli echinologi, illustrare i numerosi
avanzi di quest ordine raccolti nell’ Appennino e nei colli Vi-
centini.
Le sue prime pubblicazioni cominciano nel 1872, precisamente
con una nota di fossili di Montese, e fu questo il suo argomento
prediletto. Si occupò anche di echini viventi, specialmente di quelli
del Mar Rosso, e più avrebbe fatto senza le grandi difficoltà alle
quali ognuno va incontro per raccogliere il materiale necessario.
860 | RIVISTA ITALIANA
unlusenenaeeenzzzonez aaa zanna e none een einer aw ae anon ad ewsascecaes nee,
sentimento innato d’indipendenza, per il quale non aveva mai
luto limitare la sua libertà contentandosi del poco ereditato «
tori della SMod italiana.
Tributando l’ estremo saluto alla sua salma in Modena,
minciai con le parole « modesto e dotto », e mi parve di compe
diare in esse completamente la sua vita, le sue opere.
D. PANTANELLI.
x* x Ro
Abbiamo inoltre a lamentare la perdita recente e immatur
di un altro nostro chiarissimo collega della Società Geoleeiae
seguenti a « Le valli del Leogra, di Posina, di Ein pi
l’Astico nel Vicentino », « L’ anfiteatro morenico dell’ Astico
l’ epoca glaciale nei i Sette Comuni », « « Rapporti della Pace
Veneto ».
Dott. Carlo Fornasini, redattore responsabile.
Indice e frontispizio del volume II della « Rivista »
saranno distribuiti quanto prima agli abbonati che a-
vranno pagata la loro quota per l’anno 1806.
Hanno pagato l’abbonamento alla « Rivista » per
l’anno 1896 1 signori:
Aichino ing. Giovanni
Baldacci ing. Luigi
Berti dott. Giovanni .
Bombicci prof. Luigi.
Botti comm. Ulderico
Cacciamali prof. G. B. . .
Cerulli Irelli dott. Serafino
Ciofalo prof. Saverio.
De Alessandri dott. Giulio . È
De Angelis d’Ossat dott. Crane 4
De Bosniaski cav. Sigismondo
De Gregorio march. Antonio (2 copie) .
Welzado cay. J. FUN...
We Vonol Lefort’ ston. Pi...
Dervieux sac. Ermanno .
De Stefani prof. Carlo .
Di Rovasenda cav. Luigi
Dollfus sign. Gustavo
Fabrini prof. Emilio .
Foresti dott. Ludovico
Fuchs dott. Teodoro .
Gaudry prof. Alberto
Issel prof. Arturo .
Lovisato prof. Domenico
Malagoli prof. Mario
Mannai sign. Edoardo
Mariani prof. Ernesto
Meli prof. Romolo
Meschinelli prof. Luigi .
Mircea ing. C. R. .
Neviani prof. Antonio (2 ua
Oppenheim dott. Paolo. . .
Pantanelli prof. Dante
Roma
Roma
Bologna
Bologna
Reggio Cal.
Brescia
Teramo
Termini Im.
Torino
Roma
S. Giuliano
Palermo
‘Lisbona
Frontenex
Torino
Firenze
Sciolze
Parigi
Chieti
Bologna
Vienna
Parigi
Genova
Cagliari
S. Remo
Cagliari
Milano
Roma
Vicenza
Bucarest
Roma
Charlottbg.
Modena
Parona ey Cate Fabrizio
Patroni dott, Carlow 247)
Peola prof. Paolo:
Portis prof. Alessandro. .
Regalia dott Ettore:
Rivacdortt, Carlos.
Rothpletz, prop eee. th
Sacco profi Mederico 4...
Salmojraghi ing. Francesco
Salomon dott. Guglielmo .
Stefanescu prof. Gregorio .
Tellini: prof Achille...
Tosi dott. Alessandro . .
Trabucco prof. Giacomo .
Tuccimei prof. Giuseppe .
Vinassa de Regny dott. P. E.
Viola ange Carlo: age os
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