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LA

CIYILTA CATTOLICA

ANNO QUARANTESIMOTTAVO

Serie XVI, vol. IX, fase. 1117. 1 21 dicembre 1896.

LA

CIVILTA GATTOLIGA

ANNO QUABANTES1MOTTAVO

Beat us populus cuius Dominus Dens eius. PSALM. CXLIII, 18.

VOL. IX. DELLA SERIE DECIMASESTA

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V* ^^Kivir^

ROMA-

DIREZIONE E AMMIXISTRAZIONE

Via di Ripetta, 246

1897

FEB -9-1957

PROPRIETA LETTERARIA

Koma, Tip. A. Befani, Via Celsa R.

L' EUROPA AL PRINCIPIO DEL 1897

i.

Siamo entrati nel primo dei quattro anni, che ci separano dalla fine di questo fortunosissimo secolo XIX. Quattro anni «oli! E in verit£ poca cosa, al bisogno che vi sarebbe di riparar tanti mali accumulati, di guarir tante piaghe inciprignite e di saldar tanti debiti, perche il secolo nostro non trasmettesse al •ventesimo un'eredita di affanni e forse anche di stragi, non dissi- mUe da quella, che esso medesimo ricevette dal suo imraediato predecessore.

II secolo diciannovesimo, che vale illuderci? ha un'agonia tormentosa, la quale non promette punto di rimettere della sua <rrudezza, prima che sopravvenga la morte. Onde tutto pur troppo fa temere che il mondo civile vada, nei primi anni del novecento, a dibattersi tra nuove piu terribili difficolta, per ces- sare le quali sia d'uopo ricorrere a quella, che fu chiamata Y ultima ragione dei re, ma, a certi periodi storici, puo e deve anche dirsi il rimedio estremo della Provvidenza divina, per la •restaurazione della societa.

Riguardiamo il mondo odierno. Non si sono mai fatte udire tante assicurazioni di pace, tra piu formidabili apparecchi di guerra. E vero che le nazioni vogliono seriamente la pace? Noi non osiamo affermarlo, perche non arriviamo a persua- dercene, ed anzi ci pare, a parecchi segni, di riconoscere in alcune di esse una certa impazienza di venir alle mani. Questo pero e indubitato, che tutte paventano grandemente la guerra; perche tutte intendono benissimo, che, ove essa scoppiasse, sarebbe quasi di sicuro guerra universale e, per gli armamenti di terra e di mare recati all' ultima perfezione, tornerebbe

6 L' EUROPA

certamente micidialissima, mentre poi a nessuno e ora possi- bile di prevedere quali conseguenze ne deriverebbero, riguardo alPassetto politico del mondo civile.

Posto cio, noi non siamo lontani dal convenire nel seguente concetto che, secondo il Morning Post, Francesco Crispi, datosi alia vita epistolaria, avrebbe espresso per lettera, il 23 no- vembre, ad una Vendita berlinese di caritd: « Alcuni sosten- *gono che 1' Europa e favorevole alia pace. E un errore. Le potenze che meditano una rivincita, accarezzano dei progetti ambiziosi ed evitano di lanciarsi in una guerra, soltanto perche la temono. Ma il giorno in cui esse si crederanno sicure del successo, non esiteranno piu e 1' Europa diverra un immenso campo di battaglia. »

Questo vaticinio non sorride per fermo a nessun'anima gen- tilmente cristiana, e noi da parte nostra vorremmo con tutte le nostre forze poter frastornare Pavveramento dalla societa, che amiamo. Ma giova considerare le condizioni politiche e mo- rali del mondo presente, per dedurne, come ed in qual misura, il nero pronostico sia fondato nella realta; non pure afflne di non perderci in fanciullesche illusioni da ottimisti, od in esage- rate querimonie da pessimisti, senza verun pratico pro ; ma al- tresi per confortarci a confidare sempre piu nella Chiesa catto- lica, la quale sola, incontro a tante minacce, mostra di posse- dere vita e virtu riparatrici.

II.

Quale anzitutto ci si affaccia lo stato del mondo civile, al principiar di quest'anno 1897, se lo si consider! in ordine alle relazioni internazionali ? Queste, non vi e dubbio, costitui- scono la parte piu alta della politica e da esse principalmente dipende la stabilita della pace, ed il conseguente florire della pubblica prosperita in ciascun paese. Quindi la politica interna sempre si risente della buona o cattiva politica esteriore; e percio non v'e messaggio di Capo di Stato, o discorso della Corona, il quale non riserbi le prime parti alle relazioni inter-

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nazionali, procurando ogni volta di dar ad intendere che esse sono eccellenti e, oltre tutti i desiderii, paciflche e cordiali.

Ma che cosa veramente puo oggi in tal proposito asserirsi o credersi di sicuro da qualsiasi anche piu potente Monarca? Niente. Oggi qualunque affermazione riguardante la politica internazionale e sempre di necessitk arrischiata e soggetta da un di'all'altro a mentite, non potendosi reggere che a troppo mutabili vedute di opportunismo. Sempre per conseguenza dalle persone gravi le si vorra attribuire un valore molto relative, tanto da non poterne trarre pronostici per la dimane.

Infatti, non essendo piu vincolo delle nazioni il diritto, ma in quella vece la forza, ne siegue che la tranquillita del mondo civile stia tutta raccomandata all'instabilissima fortuna d'un equilibrio, che la diplomazia e incaricata di riparare quasi di minuto in minuto, con continui avvedimenti, e destrezze e pun- telli. Or da tale inviluppo di mosse e di fatti senza posa can- gianti, come le parvenze d'una fata, trarre illazione certa degli eventi venturi, noi non vediamo possibile ad un uomo, tranne nellMpotesi, che, questo uomo sia, per la sua potenza morale e materiale, 1'arbitro supremo del mondo civile.

Tale in verita fu per qualche anno considerate Napoleone III; tale, dopo la costui ruina, ancora per qualche anno il Principe di Bismark: quindi la parola del Sire francese ai ricevimenti . di capodanno. aspettata come un oracolo, dava Toroscopo del- 1'avvenire, rialzando o abbassando i fondi pubblici in tutta Europa ; e simile effetto produceva quella del Cancelliere germanico. Ma, nell'ora presente, nessun Monarca o nessun uomo di Stato in Europa gode piu di quella preponderanza; nemmeno, come ci pare, lo Czar, benche 1'abilissima diplomazia deH'ultimo Ministro russo degli esteri, improvvisamente man- cato durante il viaggio del giovane Nicolo, abbia conferito al Colosso moscovita un'ingerenza formidabile sulle sorti del mondo.

Nessun Governo, pertanto, di nessuna Potenza civile ba oggi, secondo noi, veduta siciira degli avvenimenti che si pre- parano; ma in tutti e somma incertezza, in tutti trepidazione

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continua, che li costringe a procrastinare ogni risoluzioner afferrandosi intanto questo o quell'appicco per tirare innanzi. Aggiungasi a tutto cio la cupidita nei maggiori Potentali di buttarsi addosso al carcame ottomano, per contendersene le- spoglie e soprattutto per impadronirsi del Bosforo, cupidita ere- sciuta a dismisura, mentre le iniquita senza nome, che da oltre un anno il Turco commette in Armenia, a Costantino- poli, a Greta, fanno presentire prossima la distruzione di tanto abbominio della civilta umana. Aggiungansi gli arma- menti della Grecia per Fannessione di Greta, ora anche ufficial- mente proclamati dallo stesso Re; le aspirazioni della Serbia e del Montenegro a riunire, ciascuna per proprio profltto, una grande Serbia tutti i fratelli sparsi, dalle Bocche di Cat- taro alia Dalmazia ed alia Bosnia; fino in Transilvania, in paesi soggetti all'Austria o ad altri Governi; le rivalita di dominio,. o almeno d'influenza, tra 1'Austria e la Russia negli Stati bal- canici; le irrequietezze minacciose degli irredentisti italiani per Trento e Trieste, e i sempre vivissimi ardori francesi di rivincita contro PAllemagna e di vendetta contro P Italia.

III.

A mantenere balenamento cosi funesto, oltreche la man- canza di criterii assoluti di diritto internazionale, da noi teste- accennata, concorrono le molteplici questioni, tutte gravissime^ gravide tutte di conseguenze enormi per 1'equilibrio europeor che sono accese per ogni dove, e alcune delle quali hanno in questo medesimo inomento raggiunto il massimo grado d'in- tensita.

Lasciamo da parte, se vuolsi, le rivolte delle colonie ame- ricane di Spagna, per reprimere le quali questa nazione e co- stretta a sacrifizii d'oro e di sangue che, quando pure le pro- curassero per adesso una tregua, rinnovati pero la finirebbero,. tra le vampe gloriose del suo eroico patriottismo. E ad ogni modo il contegno degli Stati Uniti, dichiaratisi apertamente,. nel recentissimo Messaggio del Cleveland, partigiani dell'auto-

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nomia di Cuba, fa prevedere che in un tempo piu o meno lon- tano, la famosa legge del Monroe vorra estendersi sino all'espul- sione dalle colonie americane di tutte le Potenze d'Europa, con cozzo inevitabile tra 1'antico ed il nuovo mondo.

Omettiamo pure anche le pretensioni russe sull'estremo Oriente, di cui il gigante moscovita diede sufficiente saggio, quando impose al Giappone la pace colla Cina, aiutatrici la Germania e la Francia, acquiescent! per amore o per forza le altre Potenze europee, e di cui dk cenno tuttora, destreggiao- dosi per ottenere alle proprie ferrovie il passo oltre la grande rauraglia, in alcune province del Celeste Impero. Or non puo dubitarsi che siffatte pretensioni infiammerebbero infinite ge- losie, ove si facessero a serrare piu da presso e piu concre- tamente la preda ambita.

Quante altre ragioni di conflitto pero, anche fuori di queste, e piu che bastevoli per mandare a fuoco e fiamme 1'Europa! L'lnghilterra vede sempre minacciata dalla Russia la sua ege- monia nelle Indie; e le converra pure un giorno o 1'altro re- sistere gagliardamente, o lasciar libero sfogo anche alia Rus- sia, in un mare che ora e esclusivamente suo. Intanto essa si prepara da provvida mercantessa un nuovo immenso teatro di monopolii commerciali in Africa, che ha recinta da ogni parte e di cui possiede le zone piu feconde. Ma vi trova rivali disposti ad arrestarla colla forza; e principalmente per 1'occupazione ostinata dell'Egitto, della quale il dispendio di denaro egiziano per Dongola, fatto in onta alle Potenze tutelari, e le dichiara- zioni ardite di lord Salisbury, che ribadivano pure teste il proposito, provoca continuamente la Francia, a cui la via del Mar rosso e divenuta piu che mai indispensabile, dopo la con- quista del Madagascar.

Si vuol forse qualcosa di piu, per conchiudere che 1'Europa £ tutta un vulcano acceso, il quale potrebbe da un momento al- 1'altro scoppiare con boato spaventosissimo? Ebbene, accenne- remo sol di passaggio alle rivalita di stirpe, rincrudite dappoi che 1'egoismo voile prendere il posto dello spirito uniflcatore del cristianesimo, dalle quali escono fuori il pangermanismo

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ed il panslavismo, a soffocare 1'indebolita gente latina, minac- ciando addirittura un rovescio totale dell'antico assetto europeo: accenneremo flnalmente ai pericoli quotidian! di cozzo, fuori del continente europeo, fra le colonie che, in parte il bisogno, in parte la moda spingono ogni di piu fortemente a dilalarsi, con iscarsissimo pro di quella civilta, onde menasi tanto scalpore, ma coll'esito certo di dare ai barbari spettacolo delle nostre vergogne ; siccome vediamo gia avvenire in Africa, per esempio, dove francesi, belgi, russi, italiani, inglesi, tedeschi si bisticciano sol per ingordigia di guadagno e di signoria. In- tanto di la dell'Atlantico I'America, proflttando di tanti guai, s'avanza con giovanile baldanza, nelle vie dei progress! raate- riali, verso la meta agognata, che £ d'intronizzare il Nuovo Mondo sopra le ruine dell'Antico.

IV.

Che cosa hanno fatto per prevenire lo sfacelo, non diciamo le piccole Potenze d'Europa, naturalmente incapaci di muoversi, ma le grandi, o quelle che son ritenute tali? Hanno fatto cio che unicamente potevano. Armatesi sino ai denti, si sono strette nei due grandi gruppi della Triplice e della Duplice, intorno ai quali s'aggirano, come porta il tornaconto, i satel- liti minori, rimanendosi 1' Inghilterra a spiare, secondo il so- lito, 1'occasione di farla in barba a tutti. Con questo s1 il- lusero d'aver assicurata la pace; ma indarno. Perocch6 gl'in- teressi medesimi particolari ed il bisogno particolare di difesa spingono ciascuno degli alleati a cercare neH'altro gruppo quelle guarentigie, che non trova nel proprio. E cosi si 6 venuto sempre piu assodando, in questi ultimi tempi, che la Germania, di nascosto dall'Austria, tratta secretamente colla Russia per difendersi dalla Francia; 1'Austria s'avvicina alia Francia, per preinunirsi contro 1' Italia; 1' Italia poi, accortasi che soltanto I'lnghilterra la puo efficacemente aiutare nel Mediterraneo, fa una politica inglese contraria alia Russia, e per cio stesso poco favo- rita dalla Germania, che ha bisogno di far dimenticare a Nic-

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colo II le antipatie del suo genitore, per le propensioni troppo inglesi del defunto Imperatore Federico.

Quel che noi sostenemmo sempre, 6 un fatto ormai dimostrato, che la triplice e la duplice non sono solido baluardo di pace. E il fossero anche per sfe medesime, a che mai cio gioverebbe, mentre nell'interiore stesso delle aazioni sussistono attivissime tante cause di discordia, anzi di dissolvimento e di ruina?

La Russia, nonostante 1'immanita della sua mole ciclopica, e afflevolita dal nichilismo, che le corrode le viscere; e finanzia- riamente, non bastando a s6 stessa, si vede costretta a rendersi tributaria della Francia. Questa poi, pur essendo meravigliosa sempre per gl'impeti del suo patriottismo, non ha peranco trovato un centre stabile di gravita, tra rassolutismo cesareo e la demagogia, e si travaglia senza posa, sballottata da ogni maniera di partiti, mentre neppure tutti i cattolici francesi sanno sacrificare certe inclinazioni, per seguire risolutamente la via loro tracciata dal Papa, in cui, come scriveva anche di fresco il Card. Rampolla, sarebbe pur necessario che s'incam- minassero, per il bene della Religione e della stessa lor Patria i. In Germania £ scemata di molto quella forza di coesione che proveniva dall'orgoglio entusiastico delle vittorie guerresche, anziche dagli ordinamenti interior!; e per tacere della piaga socialista, avemmo di cio indizio non lieve nel recentissimo processo per i brindisi di Breslavia, onde trasparve, con uni- versale sgomento, tutta un'orditura di maneggi polizieschi cosi potente, che decise della caduta del Cancelliere Caprivi.

L'Austria-Ungheria poi si presenta innanzi in aspetto d'un gran corpo, le cui membra mancanti d'omogeneita si mutano

1 Accenniamo alia lettera del 15 nov. 1896 che il Card. Segretario di Stato indirizz6 al Direttore falYUnivers Monde, la quale, benchfe chiaris- sima, fu og-getto di vivaci polemiche, pretendendo alcuni dissident! che il Papa intendesse di mutare alquanto il suo programme, per rispetto alia Repubblica. Eppure il Ministro del Pontefice avea scritto : « Tenga per fermo che nulla sara modificato ». lu verita non vediamo come possa mo- dificarsi una massima cosi giusta e cosi pratica come questa: cessate da ogni dissensione per darvi tutti uniti con tutte le forze alia restaurazione di una Francia cristiana. Or questa appunto e non altra e la massima inculcata dal grande Leone ai cattolici francesi.

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e si respingono, per disciogliere la comunione della vita. II dualismo della Cisleitania e della Transleitania fu 1'errore fon- damentale, che getto nell'Impero degli Absburgo i semi della dissoluzione, per Fodio implacabile che da un secolo arma le sette, contro questo palladio provvidenziale di conservazione cristiana nel centre d'Europa. L'Ungheria, venuta ora intie- ramente nelle mani delle sette medesime, fa per opera d'un Governo giudaicomassonico gli ultimi apparecchi della procla- mazione d'una Repubblica magiara, fissata forse gia per. il luttuoso giorno in cui Faugusto e sventurato Francesco Giu- seppe scendera. nella tomba. Infatti 1'opera di separazione dal- 1'Austria vi e mandata innanzi alacremente, colle leggi anticri- stiane, col successivo rifluto d'ogni solidarieta tra le due parti dell'Impero, nelle varie appartenenze della vita politica ed ammi- nistrativa, persino col rigetto del compromesso finanziario per le spese comuni; ed all'intento stesso son fatte abilmente ser- vire, dal partito liberale-massonico-kossutista, spadroneggiante nella Camera dei deputati e nel Governo, le aspirazioni del par- tito nazionale di Apponyi, le voglie orgogliose di prevalenza dei sei milioni di magiari sovra tedeschi, sloveni, ruteni, croati,. schiavoni e rumeni, e le differenze religiose di cattolici, sci- smatici, calvinisti, protestanti e giudei. Soltanto il grande par- tito cattolico sta in Ungheria, sotto la condotta del Principe Primate e dei Conti Zichy ed Esterhazi, a difendere, contro- separatist!, antimonarchici e miscredenti, la Corona di Santo- Stefano e la grandezza tradizionale della forte nazione, che riconosce per sua signora Maria.

In Austria, sfumato col ministro Windisgraetz il segno- della coalizione dei partiti liberale tedesco, di Hohenwarth e dei Polacchi, svanita nell'universale discredito ogni autorita- del partito tedesco, che pretendeva sovrastare a tutte le altre nazionalita, czechi, slavi, italiani, croati, rumeni, polacchi si dilacererebbero a vicenda, con irreparabile ruina della Dina- stia e dell'Impero, se un nuovo sofflo generoso di fede e di patriottismo non avesse dato vita alia coalizione dei cattolici e degli antisemiti, che, per quanto e lecito argomentare dal

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felicissimo esito delle ultime elezioni, sembrano destinati a riannodare, sotto la Corona degli Absburgo, in un vincolo d'in- teressi spiritual}, i popoli della Cisleitania e forse anche la Transleitania.

L' Italia, Cenerentola delle nazioni, per la sua guerra al Ponteflce, che le attira tutti i castighi di Dio, si mostra ben piu sventurata. Incapace railitarmente e flnanziariamente di sostenere 1'onore di grande Potenza a cui voile con troppa alte- rigia assorgere, soffoca ogni di piu sotto 1'enorme incubo, schiacciata dalle tasse esorbitanti, dai debiti crescenti, dalla miseria dilagante, dalle vergogne morali incessanti, mentre in Africa e costretta dalla sua propria insipienza a piegare il collo sotto la legge d'un vincitore barbaro, il quale, Fumilia piu an- cora nella gara della civilta, che in quella delle armi. Dilacerata da fazioni senza numero, tutte personali od egoistiche, non le riesce di costituire un Governo che abbia base solida nel Par- lamento e nel paese, e vede altresi tramontane Tunica forza che rimanevale, per conservare la sua unita, perche, non solo le istituzioni vengono in discredito, ma anche il principio mo- narchico si svigorisce. II parum de Principe, nihil de Deo e diventata massima di Governo, a tal segno, che i Ministri pa- ventano soprattutto di veder messa in discussione la Corona, siccome fu ad esuberanza dimostrato dal modo con che pro- posero al Parlamento la dotazione del Principe ereditario.

V.

Tale il quadro sintetico a grandi linee delle condizioni in- terne di alcuni Stati soltanto. Certamente esso e tetro e non puo non mettere in cuore fosche apprensioni per 1'avvenire delPEuropa. Ma quanto piu nero si farebbe quel quadro e piu fosche diver rebbero queste apprensioni, ove volessimo entrare in un' analisi particolareggiata e descrivere, per ciascuna na- zione, a norma di fatti e di documenti, la confusione e la per- versione delle idee, non solo di religione, ma anche di sem- plice naturale giustizia ed onest£ ; la turpissima corruttela dei

14 L'EUROPA

costumi che tutto invade, ed insozza di stomacoso lezzo cosi Ie amministrazioni pubbliche, come i privati istituti ed il sa- cro focolare della famiglia ; lo scatenamento del volgo scami- ciato e delle sette anarchiche che, per la debolezza del go- vernanti e 1'insipienza del codici, sanno di poter tutto osare e gia si preparano a dare 1'ultimo crollo alia societa: nono- stante tutto questo poi la folle indifferenza delle plebi che, come se nulla fosse, si divertono e nel divertimento affogano mise- rie, dolori, paure, dandosi apertamente a vedere sflduciate della politica, delle leggi, della scienza, dell' industria, delPagricol- tura, del patriottismo, d'ogni cosa ; come se realmente fossimo a queirestremo disperato, in cui n6 puo piii temersi che il male peggiori, ne e piu possibile pensare a rimedii.

VI.

I liberali, comunque poi si classiftchino o si distinguano, son essi quelli che diedero la spinta alia societk verso 1'abisso a cui, come vedemmo, trovasi ora cosi vicina. E di vero, la pro- clamazione dei diritti dell'uomo contro i diritti di Dio, e la con- seguente detronizzazione delle leggi e del diritto divino nel- Tordine pubblico, colla violenta distruzione del legame necessario tra la societk civile e la Chiesa, rappresentante in terra e vin- dice delle leggi e del diritto di Dio, non furono forse opera dei liberali? Costoro propriamente sono i rei, nell'epoea mo- derna, di quel triplice delitto, che Isaia rinfaccia al mondo del suo tempo. I liberali transgressi sunt leges, mutaverunt ius, dissipaverunt foedus sempiternum. E per questo triplice delitto, come continua lo stesso profeta, la maledizione 6 piombata sulla terra a divorarla, una insania generale ha fatto dar volta ai cervelli, e pochi si ritrovano che per senno ed onestk sieno degni del nome di uomini l.

Cosi non si pud andare avanti! ripetono tutti quelli che hanno buon senso. E quindi rampolla una specie di fatalismo,

1 « Propter hoc maledictio vorabit terrain et peccabunt habitatores ei us: ideoque insanient cultores eius, et relinquentur homines pauci. » Is. XXIV.

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che dispone gli animi ad accettare qualunque soluzione, pur- che sia, e purche apra una breccia di uscita dal cerchio di ferro, che ci stringe da ogni lato. Condizione di cose so- prammodo opportuna agli ardimentosi ed ai tolli, cui basterk di gettare in mezzo una favilla, per eccitare chi sa quali in- cendii e quanto funesti! Opportuna specialraente al socialismo, il quale, come tutte le dottrine puramente negative, non aspetta altro che di trovare moltitudini scontente e scoraggiate, per fame strumento di rivolta, sotto il pretesto della riforma so- ciale. Cosi e gik avvenuto nella storia, che ci mostra il nichi- lismo politico terminare sovente nelPanarchia sociale.

II liberalismo, cagione prima e principalissima di tanto pe- ricolo, pare che ora cominci ad avvedersene. Quindi e che dalle sfere sue piu elevate manda il grido deH'allarme, e si fa propugnatore della cosi detta politica conservative in presso che tutti i Governi ed i Parlamenti d' Europa. Ma che vuole oramai conservare, esso che fin qui ha continuato a distrug- gere, esso che e sorto al mondo per distruggere, e porta nelle sue viscere 1' istinto della distruzione ?

Conservare, per il liberalismo, vuol dire negativamente non distruggere piu, e positivamente mautenere incolume ed intatta 1'opera sua. Or questo secondo membro implica una contrad- dizione col primo; e pero contraddittorio dimostrasi tutto il programma conservatore, venendosi per esso a dire che bi- sogna non distruggere, ma mantenere vive ed attive tutte le cause della distruzione.

Bisogna che rimanga in credito il sentimento religioso : ma la gioventu deve educarsi laicamente, e laica deve essere la societa; cio e quanto a dire noncurante e spregiatrice di reli- gione. Bisogna che non vi siano piii attentati contro Tor- dine sociale : ma nelle cattedre si mantengano i professori di socialismo ed i giornali e gli arruffapopolo siano liberi di spargere tutti i principii sovversivi, purch6 lascino a chi legge od ascolta di tirarne le pratiche conseguenze. Bisogna che piu non si rubi: ma continuino a tenersi in onore sistemi e metodi incapaci di dare altro fuorche panamisti e saccheggia-

16 L'EUROPA

tori di banche, eccellenze deplorate, onorevoli ladri e commen- datori per le career! di Regina Coeli. Bisogna voler la giustizia e la moralita: ma condannare quali retrivi e nemici di progresso quelli che pretendono esservene una sola, assoluta ed immu- tabile per tutti, ossiano Governi, ossiano uomini privati, ossiano depositarii del Potere, ossiano sudditi e semplici cittadini.

Questo signiflca, nel sistema liberalesco, essere conservatori. Conservare il fuoco acceso e voler che non bruci: conser- var la putredine e pretendere che non ammorbi : conservare nel bilancio 1'eccesso delle spese sulle entrate e proclamare il pareggio. Cosi si e insieme e sinceramente conservatori e fran- camente liberali, al modo che in Italia, per esempio, la intende chi ha il mestolo in mano. Ma non s'intende e non si vuol inten- dere, che per essere conservatore, e raestieri avanti tutto dete- stare il liberalismo. Diciamo anzi piu precisamente : in pratica, ossia giusta la realta concreta e presente delle condizioni so ciali, basta non essere ne poco ne molto liberale, per essere dav- vero conservatore.

Possiamo concedere agevolmente, che non tutti i liberali pre- videro prima tutte le conseguenze disastrosissime della loro ribellione contro Dio e contro la Chiesa, ne tutti le approva- rono poi. E un fatto storico innegabile pero, che i frammas- soni di tutti i paesi e, a capo dei frammassoni, la Sinagoga, che li governa, non altrimenti che per i principii liberali, pro- cedendo con logica inesorabile d' una in altra conseguenza, arrivarono a piantare in mezzo al mondo moderno il loro trono, ed ora vi fanno moralmente, finanziariamente, politica- mente da padroni, non solo, ma anche da dittatori, da despoti, da tiranni.

II liberale, esterrefatto e fors'anche preso da rimorso, vor- rebbe impedire le estreme stragi di questo mostro ateo e san- guinario, che trascina a sfacelo gli Stati e la societa tutta quanta. Ma, non avendo il coraggio di rinnegare se stesso, il libera- lismo si trova impotente ad una opposizione efflcace, e nei Go- verni e nei Parlamenti si contenta di proclamarsi conservatore : vale a dire, come ben notava nel Congresso recente di Lione

AL PRINCIPIO DEL 1897 17

il Signer Delahaye, che, per meritare il suo nome, egli presta serapre e dappertutto concorso, autorita e voto a conservare il mostro, che, senza di lui, cadrebbe presto annientato, sotto i colpi delP indignazione e della giusta vendetta popolare. II conser- vatore, sclamava il Delahaye, « dorme ed addormenta i suoi compatriotti, in aspettazione d'una nuova Giovanna d'Arco, che riaccenda nei loro cuori 1'odio dello straniero. »

VII.

Dopo cio, la conclusione, che noi dobbiamo trarre dalla no- stra rapida occhiata alle condizioni dell' Europa, sul principio di quest'anno, sembra evidente. La conclusione e questa. L'Europa si avviera a riparare i suoi gravissimi malanni ed a cominciare con buoni auspicii il secolo XX, se subito darassi con tutte le forze a combattere il liberalismo.

Lo fara T Europa?

Un primo albore di speranza potremmo additare nelle vel- leita di ritorno alia Chiesa ed al Papa, che di tratto in tratto si manifestano. Intanto e certissimo che, nonostante lo studio continue della diplomazia italiana per far ribadire dalF Europa ufficiale le catene del Capo della Chiesa, le Potenze non si sono lasciate adescare a muoversi per quella via, e pero si trovano ancora, dopo ventisei anni dalla breccia, al punto me- desimo in cui erano nel 1870. Nessun Principe cattolico osa venir in Roma, temendo di fare sfregio al Yegliardo del Va- ticano; e persino i Monarchi acattolici, che vi son venuti, pre- ferirono di offendere il liberalismo italiano, anzich£ mancare di riguardo al Supremo Gerarca del cattolicismo. Qui 1'istinto della conservazione prevale evidentemente sopra tutti i pre- giudizii, le passioni, le ire del Jiberalismo, alleato col masso- nismo cosmopolita; e si vede per conseguenza quanto forte- mente sia ancora radicata nel mondo la persuasione, che solo la Chiesa possiede intatto il patrimonio dei principii supremi di ordine e di giustizia, che la Chiesa 6 la sola Potenza mo-

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1117. 2 21 dicembre 1896.

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rale capace di ritardarne alia societa la perdita, o di reinte- grarnela.

Anzi gli splendori di cotesta Potenza morale della Chiesa si sono negli ultimi auni molto accresciuti, non gia, come di- cono i liberali italiani, per la caduta del Potere temporale, ma perche la Chiesa cattolica, e in particolare il Papato, nel- T accasciamento di tutte le altre istituzioni, fecero prova d'una virtu interiore che non viene meno giammai.

La Chiesa non si e compromessa con nessun errore del liberalismo. La Chiesa ne ha costantement e biasimata la ma- ligna natura, ed ha sempre con mano ferma procurato di fra- stornarne i danni. La Chiesa, con a capo il Ponteflce Sommo, pur non riflutando nessuna delle legittime conquiste moderne, chiamo senza posa i popoli ad una strenua resistenza contro il liberalismo, per difendere 1' altare ed il focolare egualmente minacciati.

Ora un soffio, antiliberale, potente, messosi tra le moltitudini, ci prova 1'azione cattolica vigorosamente alimentata, non solo in Italia, ma anche nelle altre nazioni cattoliche, dalla parola del Vicario di Cristo. L'azione cattolica, organizzata, discipli- nata, potentemente diretta, mira a schiantare dal mondo mo- derno il regno del liberalismo distruggitore, per rimettervi il regno paciflco e conservatore del Vangelo : essa ha dunque uno scopo, non di distruzione, ma di conservazione. E 1'antisemiti- smo, ora fjcosi forte e fortunato specialmente in Austria, ove sappia mantenersi dentro termini ragionevoli, T aiutera a rag- giungerlo.

Che cio avvenga" il piu tosto! Ecco il nostro augurio di capodanno: e preghiamo Dio a volerlo colla sua benedizione rendere efficace.

XVI.

La Botanica agricola del secolo XIX. II ristoramento delle terre. I concimi vegetali. - - La fissazione dell'azoto. II sistema Solari.

La Botanica del secolo XIX non puo certamente vantarsi d'avere introdotte nell'uso comune piante di si ampia utilit£ come la Zea ma'is o Granturco e come il Solanum tuberosum o Patata, che sono divenute 1'alimento ordinario d'interi popoli, massime la seconda, in climi troppo rigidi per menare a ma- turit& i cereali piu gentili. Neanche essa avrebbe alcun suo regalo da mettere a confronto con quelli del Gaffe, del Cacao, del Tabacco e della Canna da zucchero : lo stesso zucchero di Barbabietola e un ritrovato del secolo scorso; e se al mo- mento in cui scriviamo, gli economisti calcolano a 1,094,000 tonnellate la scorta visibile di zucchero esistente nel mondo, la Botanica moderna non puo farsi un merito di tanto cumulo di dolcezza offerto al genere umano, se non in quanto ha pre- sieduto al perfezionamento delle varied di radiche a cio desti- nate, per rispetto sia della grandezza che tocca 1'incredibile, e sia della ricchezza di succo zuccherino.

In cosiffatti miglioramenti arrecati all'agricoltura piu che nella introduzione di nuovi vegetali utili, risiede il merito della Botanica del nostro secolo ; a cui si deve in buona parte 1'essersi accresciuta la produzione delle terre coltivate a tal segno, che,

1 Vedi quad. 1114, pag. 438.

20 LA STORIA NATURALB DELLE PIANTE

aumentatasi in tutti i paesi civili la popolazione, del doppio come in Francia, del triple come in Germania e flno del de- cuplo come negli Stati Uniti del Nord e nell' Australia, il pro- dotto annuo della terra sopravvanza al bisogno, ne si cono- scerebbe piu da veruno quel che e la fame, se non la rendes- sero possibile le estorsioni dei Governi e le male arti degli specolatori.

Ad agevolare cotesta sovrabbondanza di produzione con- corse certamente la Meccanica con le sue macchine rurali, il cui uso e i vantaggi, quali noi li vediamo, si riducono a un nonnulla a rispetto di quel che prestano in regioni dove e scarsa, per la pochezza degli abitatori, la mano d'opera, e i latifondi, tenuti da Compagnie speculatrici, sorpassano per va- stita quelli di Roma antica. Quando in un solo di essi la nelle immense pianure della Florida si veggono procedere di fronte sedici macchine aratrici a vapore, a cui succedono le semina- trici, e a tempo suo le mietitrici, che falciano il grano e tutto da se lo legano in covoni, raccattati poi essi pure meccani- camente, e infine le trebbiatrici e se altro v'e; facilmente s'in- tende come da tali sorgenti possano muovere quei fiumi di vettovaglie che giungono ad inondare (e sarebbe per se un bene) i mercati ancora dell'Europa. Ma quei fiumi stessi cor- rerebbero ben piu scarsi e poco penerebbero ad inaridire, se i nuovi studii intorno alia Fisiologia delle piante e in ispecie intorno al processo della loro nutrizione, non avessero insegnato il modo di mantenere la perennita alle stesse sorgenti, cioe la fertilita delle terre, restituendo loro gli elementi che nel racco- glierne il prodotto si e loro sottratto.

I nostri vecchi avevano ben avvertito che la produzione delle piante estenua la terra che le produce, e, a compensarla della perdita, da tempo immemorabile le davano il concime com- posto di materie principalmente animalr, macerate dalla fer- mentazione. Ragionando con piu esatta cognizione, noi diciamo oggi che le radici, sebbene possano assorbire gli elementi di che la pianta si compone e nutre, quali il terreno allo stato naturale li contiene, cio nondimeno quegli stessi elementi meglio

NEL SECOLO XIX 21

si assorbono e si assimilano dalla pianta, quando le si presen- tano nei composti provenienti dalla decomposizione di sostanze organiche. E cosi il concio non solamente restituisce alia terra cio che le si tolse, ma glielo restituisce nelle migliori condi- zioni.

Se non che basta vedere le carra dei covoni e del fieno e degli altri prodotti, che ad ogni raccolto si portan via da un campo, per intender tosto che i pochi barocci di governo re- cativi in cambio, non sono un compenso pari alia perdita so- stenuta. E poi non v'e contadino il qual non sappia che il governo, per quanto abbondante, poco o nulla giova all'intento del ringranare con profitto, poichfe il secondo e il terzo rac- colto di uno stesso cereale torna ogni volta piu scarso : donde I'antichissima pratica degli avvicendamenti, pei quali si da agio alia terra di rifornirsi degli elementi necessarii, chiedendoli all'aria o alle pioggie o alle lente composizioni chimiche che in lei stessa si operano ; al qual uopo o si lascia riposare del tutto, abbandonandola a pascolo naturale per un paio d'anni, come si pratica nell'Agro romano ; ovvero si applica di seguito ad altre coltivazioni diverse.

Ma la nuova Botanica agricola non si tenne paga a queste regole d' esperienza volgare. Applicando al caso le osserva- zioni accurate e le riprove del metodo moderno, saggio chi- micamente i varii prodotti che la terra rende ai nostri agri- coltori; e vi riscontro in tutto 13 elementi: solfo, fosforo, po- tassio, ealcio, magnesio, ferro, azoto, idrogeno, ossigeno, e in ultimo il silicio e il cloro, non indispensabili alia vegetazione ma utili, e il sodio di funzione ignota. Scendendo poi piii al particolare, determine la proporzione, in che ciascuno di essi concorre alia composizione di ciascun prodotto, p. e. della paglia, della pula e del grano, sicche, pesati i covoni di una messe, ognuno puo computare la quantita assoluta dei varii minerali sottratti dal raccolto alia terra o all' atmosfera, che di questa altresi si doveva tenere e si tenne conto.

Ora di cotesti elementi il concio non ne restituisce alia terra esausta che una parte, e neppur questa dosata in ragion

22 LA STOR1A NATURALB DELLE PIANTE

delle perdite. Sorgeva adunque spontaneo il pensiero di cercare altre vie di compenso, e la piu ovvia era quella di restituire alia terra i principii a lei tolti, sotto la forma minerale di acido fosforico, potassa, calce ecc., che sono i cosi detti concimi chi- mici : e senza questionare sulla giustezza di quella denomina- zione di concimi, erano usati anche nei tempi scorsi e si usano per tradizione antica dove si spargono di calce o di gesso i campi e i prati, o dove le terre si migliorano con la giunta di terricci contenenti dei fosfati ; ma oggidi la pratica e ridotta ad arte e a scienza, non vi si risparmiando neppure 1' analisi chimica dei terreni per accertare di quali elementi abbondino

0 sovrabbondino, come talora accade, e di quali scarseggino. Con cio parrebbe spianata ogni difficolta, specialmente dopo che la riprova ha dimostrato come le piante si approprino assai bene que' supplementi minerali : ma 1'agricoltore e in- nanzi tutto buon massaio; e poco si curerebbe di uno spe- diente che, pur raddoppiando i prodotti del podere, fosse di tanto costo che gliene riducesse a poco o nulla il vantaggio. Or fra gli elementi minerali quello per 1'appunto che occorre in maggior copia, che alle piante fa di bisogno quanto agli animali 1'ossigeno, vogliamo dire 1'azoto, coi composti che se ne fabbricano, e un ingrediente cosi dispendioso, che, attesa ancora 1'incertezza del raccolto per le vicende atmosferiche, pochi s'indurrebbero ad usarlo. Fortunatamente v'e una classe di piante che s' incaricano esse di elaborare cotesto prezioso elemento, purch6 gli altri si somministrino loro con larghezza ; e sono le Leguminose, il cui frutto e chiuso in baccelli, come

1 piselli, i fagiuoli, i ceci, la lupinella. Donde lo traggono esse?

La storia delle ricerche fatte intorno alia formazione delle materie azotate nelle piante puo dare un' idea, a chi non 1' ha, delP accuratezza e perseveranza con che la Botanica moderna si studia di svelare i segreti della Natura vegetale. II Bous- singault, che fu il primo a studiare la questione con una serie di esatte esperienze, ne ebbe a conchiudere che le piante non traggono giovamento dall'azoto puro, che, quantunque in pic- cola quantita, si trova mescolato all" atmosfera. E cio non per-

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tanto pare che i fatti attestino il contrario. Lo stesso Boussin- gault ebbe a riconoscere che 1'azoto contenuto nel raccolto superava in quantita quello che s'era somministrato alia terra. E vi si aggiunga che 1' azoto dei concimi non e assorbito mai per intero dalle piante, e una buona parte di esso si va a per- dere sotto forma di nitrati, che, sciolti nelle acque delle pioggie, s'infiltrano nel sottosuolo. Di piii, osserva il Beherain, le selve non ricevono mai concime, e, pur consumando una quantita notevole d' azoto, conservano perenne la loro fertilita. Quindi il Ville mise piu tardi in dubbio le conclusioni del Boussin- gault, ma nuove esperienze le riconfermarono, ed ora si hanno per istabilite.

Donde viene dunque 1'azoto delle piante? Si penso di attri- buirne 1'origine siirammoniaca che & un composto d'idrogeno e d' azoto, come ognun sa. Ma I'ammoniaca stessa come entra nell' atmosfera ? Una via 6 la seguente. Si sa che sotto la scossa della scintilla elettrica P azoto e 1' ossigeno dell' aria si combinano, e quindi nelle vaste regioni tropicali, dove sono frequenti i temporal!, 1'oceano riceve delle quantita notabili di acido azotico o nitrico, formato per combinazione diretta degli elementi dell' aria. Ball' altro canto i nitrati che si formano nel suolo, trascinati dalle acque di scolo nei fiumi, vanno a scaturire con essi nel mare. Bel solo Reno si £ calcolato che esso ve ne reca annualmente da 50,000 tonnellate. Nell' acqua marina pero i nitrati non si conservano nel loro essere ma si trasformano in ammoniaca; e a cio concorre tutta la rigo- gliosa nazione delle Alghe marine, che, assorbendo in vita P acido nitrico, morte poi che sono, nel decomporsi lo resti- tuiscono convertito in gas ammoniacale. Cosi 1'oceano puo considerarsi come-un immense serbatoio, dove P atmosfera trova come riparare le perdite dell'azoto, rapitole senza posa n& risparmio dalla vegetazione terrestre; e questa stessa sot- trazione cosi attiva spiega come nell' aria I'ammoniaca non si riveli in quantita molto considerevole.

Restava pero a chiarire in qual modo le piante s'impos- sessino di questo elemento, e parrebbe che quest'ufficio fosse

24 LA STORIA NATURALE DELLE PIANTE

compiuto dalle foglie, che sono 1'organo dell'assorbimento at- mosferico. Difatti il Ville, il Sachs, lo Schlosing hanno dimo- strato con esperimenti comparativi che la vegetazione si av- viva, quando si mescolino alPambiente delle esalazioni ammo- niacali : e per questa ragione appunto si veggono talora crescere a smisurata altezza e lussureggiare i Pelargonii ed altre piante, quando crescono in prossimita delle latrine, ancorche i vasi in che sono piantati sieno piccoli e con poco terriccio : e per la stessa ragione 1'acqua della pioggia, abbonita dairammoniaca che essa toglie cadendo airatmosfera, ristora le piante assai meglio che qualunque inaffiamento artiflciale. E cio nulla ostante la questione non si tiene ancora per risoluta. Parec- chi negano che 1'assorbimento si faccia per mezzo delle foglie, e si citano esperienze nelle quali la pianta, riparata dalla piog- gia, non si mostrava per questo meno ben nutrita delle altre. L'argomento in verita non conchiude, ma non e questo il luogo di discuterne il valore. Quel che si puo concedere e che 1'am- moniaca atmosferica non venga soltanto assorbita dalle foglie, ma, penetrando una parte di essa nel suolo insieme colParia, quivi pure si offra alle barbe, che dal canto loro se ne im- padroniscono e la trasmettono alle cellule lavoratrici.

E qui nuove meraviglie e inaspettate, offerteci appunto dalle Leguminose, di cui dicevamo piu sopra che sono rico- nosciute come egregie accumulatrici di azoto. Senza conoscere ancora questo elemento ne quanto al nome ne quanto alia cosa, gli antichi avevano gia essi pure osservata la virtu fertiliz- zatrice di quelle piante ; donde la pratica del sovescio, che con- siste nel seminare a leguminose il campo esausto, e, cresciute le piante, passarvi coll'aratro o colla vanga e rivoltando la terra, sotterrarvele. La pratica e cosi utile, che ancora ai di nostri il Ville ed altri si sono accaldati a raccomandarla e promuoverla; ma ella costa il sacriflzio di un raccolto, e per Fagricoltore egli e un sacriflzio duro. A questo pero ha ri- mediato il nostro Solari coll'invenzione del suo metodo, come or ora diremo. Intanto restava a sapere per qual segreto pro- cesso le Leguminose riuscissero a tesoreggiare tanta quantita

NEL SECOLO XIX 25

cTazoto ancora nei terreni piu smunti. La scoperta tuttora re- cente fu fatta dalPHellriegel e dal Willfurth, e riscontrata poi dagli altri Botanic! agricoli universalmente. Nel fatto sta che qui pure ci troviamo inaspetta taint nte in faccia ad un popolo di piccoli, d' infinitesimi, operai sotterranei, che avranno forse in quelle latebre qualche altra incombenza, e veramente sanno anche trasformare il ioduro e il bromuro di potassio in iodato e bromato, ma per 1'interesse delle Leguminose e deH'agri- coltore, il vero merito e la missione loro e di decomporre la ammoniaca recata al suolo o dall'atmosfera o d'altronde, e ri- dottone 1'azoto in azotati, cederli alia pianticella su cui vi- vono.

Oramai il Rhizobium leguminosarum ha, col nome, una storia compiuta. Quel Rhizobium dice ai grecisti che il nostro raicroorgauismo vive sulle barbe delle Leguminose, dalle quali e alloggiato e spesato, ma col ricambio di una grassa pen- sione. Quivi infatti lo trovarono i due citati Botanici, a cui dettero nell'occhio certe minute nodosita, che aveano scorte nelle barbe dei Lupini e di altre piante della stessa catego- ria. Aperti quei nodi, che erano della sostanza della radice, poco penarono a notare che nelle cellule si annidavano certi microbii estranei, di forma allungata, irregolare, ramificata, recanti in vetta o altrove dei rigonflamenti sferici od ovoidali,

Fig. 1. Cellule di una nodosita radicale di pisello.

che staccandosi davano origine ad un nuovo individuo. Met- tendo in varii modi a contatto la semenza di cotesti microbii

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LA. STORIA NATURALE DELLE PIANTE

colle piante delle Leguminose, inoculandola cio6 a piantine di saggio o governandole con barbe contenenti il Rizobio, o con liquid! di coltura, dove s'erano moltiplicati ad arte, ecc., si pose in sodo che le piante cosi aiutate attecchivano assai meglio delle altre. Procedendo poi tuttavia, si venne a riconoscere che quel popolo di beneflci operai & diviso in due Arti : quella del fermento nitroso e quella del fermento nitrico: ognuna si occupa del suo mestiere senza entrare nell'altrui. II fer- mento nitroso afferra Pammoniaca e la trasforma in azotiti, p. e. di sodio o di potassio, che le cellule della radice som- ministrano di leggieri insieme con Possigeno occorrevole. Sot- tentrano allora i piccoli arteflci del fermento nitrico, che non hanno gP ingredient! o il segreto per decomporre Pammoniaca, ma per ossidare un azotito e trasformarlo in azotato, sono maestri: e compiuto appena il lavoro, il protoplasma delle cellule entro cui sono immersi e Partista e la sua fattura, si appropria questa che oggimai e in pronto per Puso della pianta, e fa posto per quello che verra poco stante: giacch& in quelle ombre di sotterra non si fa distinzione di giorno e di notte, n6 ci si ragiona ancora della giornata di otto ore. Abbiamo detto della distinzione che v'e tra i microbii del fer- mento nitroso e del nitrico; ma da notizie piu esatte, si ri- leva dovervene essere anche fra gli stessi Rizobii, poichS quelli di una leguminosa, p. e. del Lupino prosperano bene trasportati ad altra pianta della stessa specie, ma falliscono sopra un'altra specie, p. e. sul Pisello: ed osservano in con-

Fig. 2. Nodositk delle radici del pisello.

Fig, 3. Nodositk delle radici di lupino.

NEL SECOLO XIX 27

formita di cio i Botanici che anche le nodosita delle barbe differiscono notevolmente di forma nelle diverse specie. Ma non e da sostare in tali disquisizioni piu sottili.

La morale di tutte queste sottili indagini si e cominciata a tirare sono oramai 40 anni dal Lawes e dal Gilbert in In- ghilterra e dallo Schaltz in Germania e dal Boussingault in Francia, con quell'aumento nella produzione del suolo che accennavamo da principio. In Italia poi va nominato per sin- golar merito il Solari, che dal 1872 in qua e venuto ognora promovendo il miglioramento delPagricoltura in questa terra, benedetta dal cielo per la bonta del suolo e del clima ; e non pertanto ridotta fra le meno fertili per la imperfezione dei metodi; sicche non solo deve chiedere all'estero una parte non piccola dei suoi alimenti, ma soffre ogni anno lo strazio e la vergogna di oltre a 100,000 suoi cittadini, costretti dalla fame a trasmigrare in un altro emisfero. Del metodo del Solari abbiamo ripetutamente parlato nelle nostre Appendici di Scienze naturali. Qui basta accennarne che vi e raccolto, emendate e recato a compimento cio che la Botanica agricola ha scoperto e determinate, all'effetto di restituire in breve spazio alia terra e mantenerle perenne la sua primitiva fertilita.

XVII.

Le fibre tessili. II bisso. 1 surrogati del lino e della canapa. Crine, ovatta, seta vegetale. Juta e Ramia.

Come alia Botanica anteriore andiamo debitori dei princi- pali prodotti che la terra ci somministra per sostentamento della vita, cosi alia stessa dobbiamo le principali fra le sostanze vegetali che tessute ci rivestono, e ci servono a cento altri usi di comodita o di lusso. Da tempo immemorabile fu coltivato il Lino, e se ne conservano tuttora i tessuti intorno alle mum- mie egiziane, antiche di quaranta secoli. E qui sarebbero da ricordare i celebri tessuti del Bisso, se eglino fossero stati veramente fatti di lino ovvero di cotone, come alcuni opinano.

28 LA STORIA NATURALE DELLE PIANTE

Un argomento contro questa supposizione 6 gia il vedere come il bisso si mettesse per preziosita accanto alia porpora, stoffa, come si sa, di tanto costo, che si aveva per propria dei re : e tale doveva essere, qualunque sentenza si tenga intorno alia materia adoperata per dare alia porpora il suo colore e il lustro, fosse la goccioletta sanguigna estratta dai Murici o altra chiocciola, fosse 1'umore non punto piu abbondante estratto dai gamberi comuni. Ora, per quanto si supponga fabbricato con perfezione un tessuto di lino, non 6 facile a credere che il pregio suo e il prezzo lo facesse appaiare con una stoffa di tanto valore.

Piu verisimile & pertanto che il bisso si traesse da quel fitto ciuffo di flli sottilissimi e lustranti come la seta, onde le Pinne dei nostri mari si abbarbicano allo scoglio. Quei fllamenti si tessevaao flno all'altrieri in alcune parti del mez- zogiorno; benche, andando ogni di piu in disuso i telai dome- stici, quest'arte, se ancor dura, poco indugera a spegnersi. Di solito i pescatori strappano quel ciuffo alle Pinne, come ad altre conchiglie, a cui tolgono anche la scorza terrosa, perch6 appa- riscano le tinte spesso bellissime del guscio, che allettano i compratori. E li allettano anche le Pinne, ripulite che sieno, con quelle loro valve, che per la grandezza superano ogni altra conchiglia dei nostri mari, per la forma imitano comechessia un presciutto, e piacciono per la sottigliezza e pel colore di un sanguigno trasparente. Ma i pescatori antichi, nello spo- gliare la Pinna dei suoi filamenti, miravano al tessuto che se ue traeva dagli uomini dell'arte, e s' intende che potessero salire a gran valore sia per la scarsita della materia, sia pel lustro onde ritraevano della nostra seta, in quei secoli o sco- nosciuta o non conosciuta abbastanza.

Del Cotone accennammo gia che Plinio ne fa menzione come di un arbusto dell' Alto Egitto, e Arriano ricorda i tes- suti che se ne fabbricavano nell' India, e si vendevano dagli Arabi nei porti del Mar Rosso. Scoperto il Nuovo mondo e venute cosi in possesso dell' Europa immense regioni adattate a quella coltura, le fabbriche, che in Italia gia esistevano dai

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secolo XIV e nei Paesi Bassi e in Inghilterra dal secolo XVI, si moltiplicarono rapidamente. Le stesse macchine da sgra- nare, stappolare, filare e tessere il cotone, che diedero il mag- giore impulse all' impiego di questa materia tessile, sono un ritrovato del secolo decorso. L'uso poi della Canapa 6 forse antico quanto quello del lino.

Per questa parte adunque non rimaneva alia Botanica del nostro secolo se non il far conoscere altre specie di fibre tessili, che, mescolate alle antiche o sostituite, ne diffondessero maggiormente la comodita. Come essa si sia disimpegnata di questo compito lo dicono le presso a 200 specie di piante fila- mentose ben conosciute dai negozianti e industriali, e in con- fuso eziandio dai nostri agricoltori, che se ne veggono ribassato il prezzo della loro canapa o del lino ordinario.

Fra queste 6 nota oramai anche ai profani la Juta detta aitresi canapa delle Indie Orientali, di Calcutta, dell' Indostan : in realtk ella ci viene niente meno dalle Indie Occidentali, cio& dall'America meridionale. Si ricava da varie piante annuali del genere Chorchorus delle tigliacee, e v'£ il Ch. capsularis e Volitorius ecc. Si ottiene per mezzo della macerazione e della pettinatura, come la canapa e il lino. Le fibre hanno un bel lustro e sono lunghe, ma poco resistono alle lavature e aU'umidita, onde s'adoperano di preferenza a fare tapped, cortine e poi tele da sacchi e da involti; e a mescolarle con altre fibre nei tessuti misti; e, le inferiori, per la fabbrica- zione della carta. L' Italia ha un jutificio a Terni, dove si pre- para soprattutto la tela da sacchi, pm o meno fitta a seconda della richiesta.

Abbastanza conosciuta di nome e anche la Ramia o Ra- mie. Le sue fibre bianche e setacee si ricavano da parecchie specie di Ortiche, e in particolare dalla bianca o cinese, che si coltivano nelP Indo-Cina, neir India, nelle Antille, nell'Ame- rica Centrale. Al dire del Palladino, P Urtica utilis, la candi- cans e la nivea furono coltivate per saggio, nei 1870, dal Prof. Araudon a S. Maurizio Canavese, e se n'ebbe un discrete raccolto in due tagli, ma questi eran pochi a rispetto dei tre

30 LA STORIA NATURALE DELLB PIANTE

e cinque che se ne fanno nei paesi piu caldi. Metteva pero il conto di tentare quelPesperienza, attesa la bellezza di cotesta fibra e la sua resistenza, onde vince al confronto colla canapa e col lino.

Per accennare alcuna cosa in particolare di altre specie, sono oltre a 40 quelle che servono a far cordami, prendendo in cio il posto della canapa ancor migliore, come e del Bambu, Bambusa arundinacea, Wild. ; e a proporzione YAbroma an- gusta, L. ; 1' Agave americana, L., YAnona squamosa, e la Ca- raguata o Canapa del Paraguay, piu resistente della canapa a lunghe immersioni e percio preferita in mare: ecc. ecc. DelYAnanasso, Bromelia ananas, L.. si fabbrica il tessuto finis- simo, detto non per celia Battista di ananas : anche la Brous- sonetia papyrifera, Vent., o Morus papyri fer a, L., o gelso del Giappone, da la materia a tele d' incomparable finezza. II cosiddetto crine o pelo vegetale con che s' imbottiscono i mobili, viene d&irArenga saccharifera; altre volte invece dalla Raphis flabelliformis, L., o dalla Agave vivipara, detta pure Sisal o Canapa del Messico, cio6 del Yucatan, donde ha por- tato il suo nome di Pita: e non dimentichiamo la Tillandsia arucoides, le cui radici aeree somministrano in copia fibre adatte allo stesso uso. La tela ortica porta con pieno diritto il suo nome, non perche punga, ma perchS composta delle fibre dell' Urtica cannabina o canapa del Canada o di Si- beria. ISovatta o lana vegetale, detta pure lana di Ceiba, proviene da un Bombax; e altre volte faWOchroma lagopus, Sw., o zampa di lepre. I francesi le danno il nome di Edredon vegetal o Patte de lievre.

Di coteste fibre non poche ritraggono tanto della seta, sia per la finezza sia pel lustro, che ne hanno preso il nome e non di rado ne prendono il posto nei tessuti. Di tal fatta e la seta vegetale di varii Bombax, provenienti dal Brasile, dove crescono il B. carolinum o paina di imbirueu e il B. sp., o paina amarella de paineira de pedra ; e da Venezuela, e da Nicaragua, dove cresce il Gatillo, altra specie di Bombax; e dalle Indie o colonie Neerlandesi e Cambogia, che posseggono

NEL SECOLO XIX 31

il B. pentandrum; e dalle Indie francesi e Coromandel, dove un altro Bombax produce il cotone seta, o Kapok, o silk cotton, come dicono gli Inglesi. Vi sono poi le Chorisie, la pecholtiana e la speciosa, paina de paineira macho e femea nel volgare dei Brasiliani, e YEchites suberosa, e la Slipecoma peltigera o Paina loura o Cipo de pennas, e YEchites gran- diftora o silk grass, cioe pianta della seta, e V Agnus scythicus del Pacifico, detto anche Pulu, e il Vincetossico ; e troppi altri di cui si fa attivo commercio, e vuol dire che ne e altrettanto generale 1'uso e il consumo, poniamo che il piu delle volte sia ad insaputa di chi porta indosso tal seta : ma egli avrebbe torto da lagnarsene, poiche, all'occhio tanto, la stoffa, special- mente se tessuta a flli misti, non si riconosce dalla schietta e piu costosa ; ed egli e mille altri se ne addobbano, e fanno a buon mercato la figura dei signori. 0 non e un vantaggio questo nelsecolo delle apparenze?

XVIII.

La guttaperca ed il cauciu. II cauciu vulcanizzato, e I' ebonite.

Se discorressimo qui in genere dei prodotti vegetali di mag- giore utilita introdotti dalla Botanica moderna, avremmo a dedicare in questo luogo un articolo intero alia gutta percha e al cauciu, le cui applicazioni sono cosi varie e cosi impor- tanti ed universali, che il mancare quelle due sostanze reche- rebbe un vero rivolgimento nell'assetto del mondo moderno. Se non che la prima di queste materie, la cui introduzione propriamente appartiene alia Botanica del secolo XIX, non ebbe tempo appena a farsi conoscere ed apprezzare, che n'erano gia quasi esaurite le fonti dalla dissennata cupidigia degl'in- cettatori.

La gutta-percha, dal Malese gatha percia, era conosciuta e usata da lungo tempo dagli Asiatici, ma non fu recata in Europa se non nel 1844. Essa e una gommo-resina che si estrae, per incisioni nella corteccia, da alcuni- Palachium, Payena,

32 LA STORIA NATURALE DELLE PI ANTE

Bassia e Isonandra, alberi che crescono nella penisola di Ma- lacca, nelle isole di quei mari, e specialmente a Sumatra. Da principle si raccoglieva dal Palachium gutta, Burck., albero dell'isola di Singapore; ma gia nel 1852 questa pianta era scom- parsa per la sconsigliata pratica introdottasi di tagliare a dirit- tura il tronco per meglio sfruttarne tutto il succo. Non ne ri- mase piu che qualche campione nel giardino botanico di Bui- tenzorg. La stessa sorte tocco al Palachium borneense (di Borneo), Burck., e ai due P. Treubii e P. oblongifolia, Burck., che fornivano una buona guttaperca in cambio della gutta pri- mitiva.

Un'applicazione rilevantissima della guttaperca e quella del rivestirne i cavi sottomarini, siano telegraflci o telefonici, nel che essa e preferita al cauciu; il quale e bensi un coibente ugualmente impenetrabile all'elettrico, ma si salda assai piu difflcilmente dove ne sia rotta la continuita. Nelle linee sot- terranee, sia detto di passaggio, si sostituisce volentieri al guscio costoso di guttaperca un involucre di paraffina o legno parafflnato.

- II cauciu piu abbondante della gutta e applicato ad ogni maniera d'usi, tanto che se ne impiegano annualmente da 10 milioni di chilogrammi, si ritrae da molte piante equatorial! appartenenti alle Euforbiacee, alle Apocinee ed alle Autocarpee. Tali sono la Castilloa elastica, Cav., dell' America centrale; la Jatropha elastica, L., della Guiana e del Para; la Siphonia Brasiliensis, la Cecropia peltata, L.; poi la Vakea gummi- fera, Poir., del Madagascar; VUrceola elastica, Roxb., di Borneo; e molte altre, specialmente delle Hevee.

La Botanica moderna ha qui pure il merito di avere mol- tiplicate le fonti di cotesta utilissima sostanza, ma Tinvenzione prima ne appartiene al secolo precedente. Essa si attribuisce a un certo Fresneau che avrebbe scoperta questa gomma re- sina a Caienna fino dal 1730: certo il Condamine ne diede la descrizione scientifica nel 1751. II Mackintosh die voga nella prima meta del nostro secolo ai tessuti impermeabili, che por- tano il suo nome; ma gl'Indiani vi si erano gia apposti da

NEL SECOLO XIX 33

tempo immemorabile. II Grassart nel 1791 fece i primi tubi di cauciu, e il Nadler imagine i fili elastici, che involtati nel cotone davano nastri e stoffe elastiche, che fu una grande no- vita a suo tempo. Un ritrovato di sommo rilievo fu quello del vulcanizzare, come dicono, il cauciu, cio6 medicarlo con una dose determinata di zolfo, con che gli si toglie il difetto d'in- cornire pel freddo perdendo la pieghevolezza e Telasticita, di lasciarsi attaccare da certi solventi, ecc. Autore ne fu 1'Hancock; sulle cui tracce proseguendo il Goodyear con aumentare la dose dello zolfo fino al 30-40 per cento e aggiungervi qualche altra sostanza, come creta, gesso, terre colorate, smeriglio ecc., ne ottenne Y ebonite o cauciu indurito, dell'aspetto e della durezza del corno, onde si fanno pettini, isolatori elettrici, manichi di coltelli, istrumenti di fisica e musicali, pomi da ombrelli, mazze, stecche, squadre, lastre da impellicciare, calamai, ventagli, portasigari, scatole, coti da affllare; e chi piii ne vuolepiu ne metta, bench6 il detto basti a dimostrare che la Botanica del secolo XIX non ha minor merito per averci fornito materia abbondante ad applicazioni cosi svariate, di quello che n'avesse il secolo precedente nel darcene la prima indicazione.

Serie J VI, vol. IX, fasc. 1117. 3 23 dicembre

XXXI.

Col difetto di forma, di cui discorremmo nel precedente guaderno, corre intimamente congiimto nelle Ordinazioni An- glicane il difetto di debita intenzione, la quale, com'e ben noto, e assolutamente richiesta alia validita di tutti i sacra- menti: « Si quis dixerit in ministris, dum sacramenta confi- ciunt et conferunt, non requiri intentionem faciendi saltern quod facit Ecclesia; Anathema sit ». Cosi deflni il Concilio di Trento 2; cosi insegnano anche i principal! canonist! anglicani 3, e cosi esige la natura stessa delPatto umano, con cui il ministro dellaChiesa deve compiere il rito sacramentale da lei prescritto 4.

Delia esistenza di questa intenzione, come avverte espres- samente la Bolla, la Chiesa non giudica se non in quanto si manifesta esternamente : De mente vel intentione, utpote quae per se quiddam est interim, Ecclesia non iudicat: at qua- tenus extra proditur, iudicare de ea debet. La Chiesa quindi ritiene e, sino a prova del contrario, vuole che sia da tutti ritenuto, che tale intenzione non manchi ogniqualvolta il mi- nistro compie, in modo serio, il rito sacramentale da lei pre- scritto, servendosi della materia e della forma che ella ado- pera. Per questa ragione, mentre la Chiesa non ha mai

1 Vedi i quaderni 1113, 1114, 1116.

* Decretum de Sacramentis, Sess. VII, can. 11.

* 0. J. REICHEL, A Complete Manual of Canon £,«%•. Londra 1896, pp. 11-12.

* « Dicendum quod instrumentum inanimatum non habet aliquam inten- tionem respectu effectus, sed loco intentionis est motus quo movetur a principal! agente ; sed instrumentum animatum, sicut minister Sacramenti non solum movetur, sed etiam quodammodo movet seipsum in quantum sua voluntate movet membra ad operandum; et ideo requiritur eius in- tentio, qua se subiiciat principal! agenti, ut scilicet intendat facere quod facit Christus et Ecclesia. » S. TOMMASO, Summa Theologica, III. P. quaest. 64, art. 8 ad l.m

LA CONDANNA DELLE ORDINAZIONI ANGLIGANE 35

riconosciuta la verita del sacramento conferito da pazzi, da ubbriachi o per giuoco, ella ha pure sempre accettato il Bat- tesimo, per esempio, amministrato da un eretico o anche da un pagano, purche chiaramente si appalesasse nel foro esterno aver egli seriamente usata con la materia prossima, la do- vuta forma sacramentale.

Per la medesima ragione, la Chiesa non ha mai dubitato della validita delle Ordinazioni fatte da vescovi empii, eretici o scismatici, accettando quelle de' Nestoriani, de' Monofisiti e di altri oriental! dissidenti. In tutti questi casi, al dir di S. Tom- maso, il ministro del Sacramento, pel fdtto stesso che delibe- ratamente usa in modo serio il rito approvato dalla Chiesa, si suppone di ragione che agisca come suo rappresentante: in verbis autem quae profert, essendo parole della Chiesa, exprimitur intentio ipsius Ecclesiae, quae sufficit ad perfec- tionem sacramenti, nisi contrarium exterius exprimalur '.

Ma se 1'eretico ministro del Sacramento, a sostenere il proprio errore, ex industria corrompe o rigetta il rito catto- lico, e nel compiere il Sacramento adopera una nuova forma, la quale esclude il signiflcato delle forme cattoliche, puo un tal ministro supporsi che abbia 1'intenzione richiesta alia vali- ditk del Sacramento, faciendi saltern quod facit Ecclesia?

Tale appunto e la questione di cui si tratta, quando si di- scute della validitk degli Orclini conferiti da' vescovi anglicani col nuovo rito di Eduardo VI.

XXXII.

Cosi proposta, la questione non puo avere altra soluzione, se non quella negativa datale gi& da Giulio III nel 1553-1554, da Paolo IV nel 1555, da Clemen te XI nel 1704 e recente- mente da Leone XIII nella sua Bolla dell' 8 settembre 1896: « Si ritus immutetur, eo manifesto consilio ut alius inducatur

1 Summa Theologica, 1. c., art. 8, ad 2.

36 LA. CONDANNA.

ab Ecclesia non receptus, utque id repellatur quod facit Ec- clesia et quod ex institutione Christ! ad naturam attinet sacra- menti, tune palam est non solum necessarian! sacramento in- tentionem deesse, sed intentionem immo haberi sacramento adversam et repugnantem. »

La dottrina qui si chiaramente enunziata dal regnante Pon- tefice, fu proposta con non minore precisione nell'anno 740 dal suo Antecessore, Papa Zaccaria. Questi era stato informato da due illustri ecclesiastici, Virginio e Sidonio *, che un tal sa- cerdote della loro provincia de' Bavaresi (Baioariorum) « dum baptizaret, nesciens latini eloquii, infringens linguam » cor- rompeva la forma, dicendo: Baptizo te in nomine patria et filia et Spiritus Sancti, e che S. Bonifacio, Arcivescovo di Magonza, giudicando invalido un tal Battesimo aveva loro or- dinato di battezzare di bel nuovo tutti coloro che da quel sa- cerdote fossero stati battezzati nel modo predetto.

A questo proposito dunque il Ponteflce Zaccaria scrisse a S. Bonifacio la famosa lettera, del luglio del 746, ricordata anche nel Decreto di Graziano 2 : « Sanctissime frater, si ille qui baptizavit, non errorem introducens aut haeresim, sed, pro sola ignorantia romanae locutionis infringendo lin- guam, ut supra fati sumus, dixisset, non possumus consentire ut denuo baptizentur. » Riconobbe dunque il Ponteflce che se 1' anzidetta corruzione della forma fosse stata effetto, non gik dell'ignoranza della lingua, ma si bene del deliberate propo- sito introducendi errorem vel haeresim, il Sacramento sarebbe stato certamente invalido. In altri termini, riconobbe il Pon- teflce che, nella fatta ipotesi, quel cambiamento sarebbe un argomento che chi si serve d'una forma sacramentale corrotta, non intende fare con essa cio che la Chiesa fa con la sua.

1 Tutti e due furono poscia Vescovi, il primo di Salisburgo, 1'altro di Passavia. Cf. Ph. JAFFE, ~Monumenta Moguntina. Berlino 1866, pag. 167, nota 3 e 4.

2 Part. III. De Consecrations, Dist. IV, can. 86. II testo da noi citato e quello pubblicato dal JAFFE nella sua Bibliotheca Serum Germanicarum, Tom. Ill, ut supra, pag. 168.

DELLE ORDINAZIONI ANGLICANE 37

XXXIII.

Cosi ragiona anche S. Tommaso, fedele interprete della tra- dizione cattolica. Discorrendo il Santo Dottore della validita della forma sacramentale, quando le determinate parole, ond'essa si •compone, corrupte proferuntur, distingue accuratamente, come gia fece il Pontefice Zaccaria, i casi ne' quali cio avvenga per ignoranza, da quelli ove cio si faccia di proposito deliberato. In questi casi, « Dicendum, scriv'egli, quod ille qui corrupte profert verba sacramentalia, si hoc ex induslria facit, non videtur intendere facere quod facit Ecclesia; et ita non videtur per- fici sacramentum *. »

Trattando poscia exprofesso la questione, di cui qui ci occupiamo, se cioe, salva la validita del Sacramento, si possa mutare la sua forma, aggiungendovi o detraendovi qualche cosa, insegna, che « Circa omnes istas mutationes quae pos- «unt in formis sacramentorum contingere, duo videntur esse consideranda ; unum quidem ex parte eius. qui profert verba, •cuius intentio requiritur ad sacramentum ; et ideo si intendat, per huiusmodi additionem vel diminutionem, alium ritum in- ducere qui non sit ab Ecclesia receptus, non videtur perfici sacramentum : quia non videtur, quod intendat facere id quod facit Ecclesia -. »

Non altrimenti hanno sempre ragionato, secondo che afferma !o stesso Gasparri 3, i piu illustri teologi come il Cardinale De Lugo 4, tra gli antichi, e il Cardinale D'Annibale 5, tra i

1 Summa Theologica, III, P., quaest. 60, art. 7 ad 3.™

1 Ibid., art 8. Respondeo dicendum.

3 De la valeur des Ordinations Anglicanes, Parigi 1895, pag. 25.

.v De Sacramentis in genere, Disp. II, num. 116. ,Lione 1670, pag. 32. Ivi il DE LUGO rettamente osserva, che « S. Thomas non negat universa- liter valorem Sacramenti cum intentione inducendi novum ritum, sed argui- tive infert probabiliter defectum debitae iutentionis. » Cio e vero se si con- «ideri soltanto la novitd, del rito, prescindendo ciofe dalla sua significazione opposfa al rito cattolico.

* Summula Theologiae moralis. Vol. Ill, §. 241 nota 21. Roma 1892, pag. 209.

38 LA CONDANNA

moderni. Quest! cosi scrive : « Quod autem quidam decent sa- cramentum non valere si minister immutaverit aliquid acci- dentaliter (e a fortiori se si trattasse di una mutazione sostan- ziale\ ut novum ritum vel errorem introducat, sic accipiendum est, quia non creditur habere intentionem faciendi quod facit Ecclesia.... Quaestio igitur in praesumptionem recidit; et facti, non iuris, est. »

La piena giustificazione di questa presunzione appare ma- nifesta, sol che si consider! non doversi, nelle forme de' Sacra- menti, badare soltanto alia materialita delle parole, ad esempio, se sieno grammaticalmente di genere mascolino o femminino, se possano intendersi in questo o in quel senso; ma bisogna attendere anche, anzi principalmente, al signiflcato specials e, per cosi dire, concrete che loro viene attribuito da chi le proferisce. Quando dunque tali parole, nel comune linguaggio del ministro che le usa, e atteso lo scopo per cui furono intro- dotte esono da lui adoperate,hanno un significato evidentemente opposto a quello che loro e stato sempre dato dalla Chiesa, potra, bensi, asserirsi, che quel Ministro voglia fare Yopposto di quel che fa la Chiesa, ma non potra giammai supporsi che voglia fare la medesima cosa.

XXXIV.

Ora questo e non altro e il caso degli Ordini conferiti con YOrdinale di Eduardo VI. Che il detto Ordinale, compilato da eretici notorii e sostituito, per sola autorita laica, al Ponti- flcale cattolico, sia diverse da questo, e un fatto ammesso da tutti '. Parimente, che esso sia diverse da tutti gli altri an- tichi Pontifical! d' Oriente e d' Occidente, riconosciuti validi dalla Ghiesa e conservati anche da scismatici ed eretici, nes- suno ha mai osato di negare, ed e stato da noi sufflciente- mente dimostrato nell'articolo precedente 2. Anzi, perche tra

1 Cf. G. W. CHILD, Church and State under the Tudors. London 1879, pp. 114-117; ESTCOURT, The question of Anglican Ordination discussed^ Londra 1873, passim,

2 Pagg. 671-674.

DELLE ORDINAZIONI ANGLIGANE 39

quelli svariati Riti, nessuno rispondeva al gusto e a' propositi de' Reformatori anglicani, percio quest! s'indussero a non te- nerne conto e a introdurre, come fecero di fatto, il loro nuovo Ordinale.

Inoltre e indubitato, che tutte le innovazioni liturgiche, se gnatamente quelle che risguardano il rito delle Ordinazioni, furono fatte da' compilatori dell' 'Ordinale *, non a caso o per errore o per ignoranza; ma ex industria e con animo deli- berato di escludere dalle nuove forme tutto cio che, trovan- dosi nelle antiche, ripugnava o in qualche modo opponevasi alle dottrine da loro professate 2.

Cosi, ripudiando i Riformatori inglesi la dottrina cattolica re- lativa all'esistenza e alia natura del Sacramento dell'Ordine, sic- come attestano i loro atti e i loro scritti3, si adoperarono eziandio a sopprimere nelle forme consecratorie ogni determinazione sia dell'Ordine, sia della potesta che con esse si dovrebbe conferire ; donde ebbero origine quelle loro forme vaghe e indeterminate di cui discorremmo altrove 4. Che poi quest'errore fondamen- tale, non fosse un semplice loro errore private, ma si bene un errore professato pubblicamente, si deduce, non solo dalle testi- monianze degli scrittori inglesi di quel tempo ; ma altresi dal- 1'esplicita dichiarazione che si legge nel XXV0 dei Trentanove Articoli di Religione anglicana, compilati e sostituiti alia Pro- fessione di Fede cattolica, nel medesimo tempo che il nuovo Ordinale fu compilato e sostituito all'antico Pontiflcale catto- lico. Eccone il testo : « Duo a Christo Domino nostro in Evan-

1 Essi furono Cranmer, Ridley, Goodrich, Holbeach, Taylor ed altri.

1 Veggasi DOM GASQUET, Edtvard VI, and the JBook of Common Prayer, pp. 261 e segg. ; Cf. N. POCOCK, The Principles of the Reformation etc., Lon- dra 1875, pp. 12 e 19; The English History Review, num. 4, ottobre 1886.

3 BUHNET, History of the Reformation, Vol. I, pag. 461 e Vol. IV, pag. 471 ; HUNT, Religious Thought in England, Vol. I, pag. 43. Cf. CHILD, op. cit., Appendix, pp. 293-304. Una piena raccolta delle sentenze de' compilatori dell'Ordinale fu preparata, ad uso della Commissione romana, da' teologi inglesi MOVES, GASQUET e DAVID FLEMING. Per speciale favore .ci e stato concesso di consultarla e verificare 1'accuratezza dell'asserzione fatta nel testo.

* Quad. 1116, pag. 670 e seg.

40 LA CONDANNA

gelio instiluta, sunt sacramenta : sc. Baptismus et Coena Do- mini. Quinque ilia, vulgo nominata sacramenta, sc. Conflrmatio, Poenitentia, Ordo, Matrimonium et Extrema Unctio pro sacra- mentis evangelicis habenda non sunt, utpote quae partim a prava apostolorum imitatione profluxerunt, partim vitae status sint, in Scripturis quidem probati; sed sacramentorum eamdem cum Baptismo et Coena Domini rationem non habentes; idea nullam habent caeremoniam, nullumque visibile signum a Deo institutum 1. »

Negata la verita del Sacramento delPOrdine, era naturale che i compilatori delYOrdinale negassero altresi i dommi inti- mamente connessi col medesimo Sacramento, quali sono la reale presenza di Gesu Cristo nella Eucaristia, il Sacerdozio- propriamente detto, il Sacriflcio deH'Altare. Esclusero dunque- dalla loro nuova Liturgia la Messa, decretando che « Missarum. sacrificia, quibus vulgo dicebatur Sacerdotem offerre Christum in remissionem poenae aut culpae pro vivis et defunctis blas- phema figmenta sunt et perniciosae imposturae 2. » Elimina- rono quindi dal loro Ordinale tutte quelle ceremonie che sup- pongono tali dommi o ad essi si riferiscono, come sarebbero- la consecrazione con i sacri olii 3, la traditio o consegna degli istrumenti 4, eccetera. Chi poi facesse un riscontro tra il rito delle Ordinazioni secondo il Pontiflcale cattolico, e quello secondo Y Ordinale eduardino, vedrebbe di subito coi> quanto studio si sia evitato di nominare in questo il Sacer- dozio, il Sacerdole, V Altar e, il Sacri ftcio, e come si sieno si-

1 The Book of Common Prayer, Oxford, University Press, pag. 532.

* Cosi nel XXXI de' Trentanove Articoli di Religione. Si vegga la nota alia pag. 2GO del quad. 1113

3 Nel Pontificate cattolico usato in Inghilterra prima della Riforma di Eduardo VI, ne\YAdmr:nitio ad Sacerdotes, si diceva: « Unguntur presby- teris maiius, sicut Episcopis, ut cognoscant se hoc sacramento grattam con— secrandi accipere »

* Nel medesimo Pontificate il candidate al Sacerdozio era ammoiiito, che gli Ordinandi « accipiunt et calicem cum vino et patenam cum hostiis de manu episcopi, quatenus his instrumentis, potestatem se accepisse agno- scant placabiles Deo hostias offerendi: Ad ipsos namque pertinet -sacrarnentunt Corporis et Sanguinis Domini in Altare Dei conficere. >

.

DELLE ORDINAZIONI ANGLICANE 4t

stematicamente mutilate, adulterate o del tutto soppresse le formule e le preghiere, le quali si riferivano alle cose signi- ficate sempre e da per tutto dalla Chiesa con quelle parole *. Pretendere dunque che il Vescovo anglicano, ordinando con questo suo nuovo Rito, che e la negazione del Rito cattolico, intenda fare quello che la Chiesa fa col suo, sarebbe come pretendere che due forme di natura e di significato, non solo diverse, ma opposto possano avere un solo e medesimo effetto formale.

XXXV.

Nel resto che cosa intende e che cosa ha sempre, in Oc- cidente e in Oriente, inteso di fare la Chiesa nel conferire a' suoi ministri gli Ordini sacri? Studiando le sue esplicite di- chiarazioni e massimamente le sue Liturgie, e manifesto che el la intende ed intese sempre di fare quel che fece Cristo nel- rultima sua Cena, di fare cioe veri sacerdoti 2, i quali avessero non solo la potesta di predicare la parola di Dio e di ammi- nistrare i Sacramenti, ma fossero altresi insigniti del Sacer- dozio visibile ed esterno dal medesimo Cristo Signor nostro istituito 3 allo scopo di consacrare e di offerire sugli Altari il suo vero Corpo e sangue, sotto le specie del pane e del vino. « Christus, cosi il Concilio Tridentino, sacefdotem secundum or- dinem Melchisedech se in aeternum constitutum declarans, cor- pus et sanguinem suum sub speciebus panis et vini Deo Patri obtulit; ac sub earundem rerum symbolis Apostolis, quos tune Novi Testamenti Sacerdotes constituebat, ut sumerent tradidit;

1 Si veg-ga su questo punto 1'eccellente opuscolo del P. SYDNEY F. SMITH, Reasons for rejecting Anglican Orders, Londra 1895, pp. 69 e segg.

* Al Sacerdozio si riferiscono tutti gli Ordini ammessi dalla Chiesa: « Si quis dixerit, praeter Sacerdotium non esse in Ecclesia catholica alios ordines et maiores et minores, per quos velut per gradus quosdam in Sa- cerdotium tendatur; A. S. » Cone. Trid. Sess. XXIII, De Sacramento Ordi- nis, can: 2.

3 « Visibile et externum sacerdotium ab eodem Domino Salvatore no- stro institutum esse.... catholicae Ecclesiae traditio semper docuit. » Ibid. Cap. I.

42 LA CONDANNA

et eisdem, eorumque in sacerdotio successoribus ut offerrent, praecepit per haec verba: Hoc facite in meam commemora- tionem, uti semper catholica Ecclesia intellexit et docuit *. »

E forse questo quel che intesero i compilatori deir Ordinale e intesero e intendono di fare i Vescovi anglicani, consecrando e ordinando col medesimo Ordinale? Se cosi fosse, perche mai i primi ex industria mutarono le antiche forme, in tutto cio che si riferiva al Sacerdozio, e gli altri deliberatamente si servono delle forme cosi mutate ? Perche mai questi e quelli, abban- donati, col Pontiflcale cattolico, tutti i Riti antichi, introdussero novum ritum db Ecclesia non receptum, e Fadoperano tuttora?

La risposta e chiara. Essi cosi fecero e cosi fanno, per- che positivamente esclusero ed escludono il Sacerdozio pro- priamente detto. Essi vollero e vogliono, con quelle forme e con quel rito costituire soltanto un Ministro, il quale si chiami Presbitero o Vescovo; ma non vollero mai, ne vogliono fare un vero Sacerdote. I genuini Anglicani, quelli che non sono Ritualisti^ confessano cio con franchezza e lealt& : « La maggio- ranza degli inglesi anglicani, cosi attesta uno scrittore dello •Speaker 2, non ha mai supposto che il suo Glero possedesse i poteri proprii del Sacerdozio romano cattolico, ed ha sempre respinta ogni pretesa d' autorita fondata su tali poteri sacer- dotali. » « Con la Riforma, scrive un altro 3, i capi della Chiesa d'lnghilterra si sepafarono deliberatamente ed effettivamente dalla Chiesa di Roma, ripudiarono il suo insegnamento sul Sacerdozio e sulPEpiscopato, e percib non ebbero mai neWor- dinare alcuna intenzione di conferire un Sacerdozio, consi- derando essi il Sacerdolalismo come un'ingiuria al Sacerdozio di Cristo, senza fondamento nella Scrittura e ripugnante a tutte le dottrine cardinali delPEvangelio ». Un terzo 4 aggiunge: « L'ecclesiastico della Chiesa Romana e un vero Prete, il cui

1 Decretum de Sacriftcio Missae, Sess. XXII, cap. I.

2 Num. del 26 settembre 1896.

3 Vedi The Rock, num. del 25 settembre 1896.

4 II DOTT. RYLE, Vescovo Anglicano di Liverpool, gik citato nel quad, precedente pag. 685.

DELLB ORDINAZIONI ANGLICANE 43

principale ufflcio e d'offrire il Sacrificio della Messa. Dall'altra parte Fecclesiastico della Chiesa Anglicana in nessun modo £ Prete, sebbene sia cosi chiamato: egli e soltanlo un Presbi- tero. » Un quarto * conchiude : « Noi non crediamo che vi sieno Ordini nel senso cattolico, e consideriamo 1'imposizione delle mani come una semplice formale aramissione nel ministero di tina denominazione (setla) qualunque. Nella Chiesa poi episco- pale (anglicana) noi riceviamo Fufflcio di ministrare al popolo dall'ufficiale capo, il Vescovo... Stando alia tacita confessione della nostra Chiesa, in essa non esistono ne vescovi, ne sacer- doti, ne sacrificii... Si faccia quel che si vuole, noi non pos- siamo offerire sacrificii. Noi siamo soltanto Ministri, come i nostri fratelli delle Chiese (protestanti) dissidenti. »

Con ragione danque 1'Emo Cardinale Vaughan, Arcive- scovo di Westminster, scriveva non ha guari ad un Angli- cano: « Non e possibile ignorare questo fatto storied e dot- trinale che, da tre secoli, la Chiesa Anglicana ha ripudiato il carattere essenziale del rito cattolico deH'Ordinazione, e ha usata invece una forma, la quale era, di proposito deliberate, destinata ad escludere 1'idea d'un Sacerdozio sacrificante 2. »

Dire pertanto, come purtroppo e stato detto da qualcuno, che chi ordina conformandosi aWOrdinale di Eduardo VI, seria- mente intenda fare con esso veri preti, veri sacerdoti, come gli fece Cristo e come gli ha fatti sempre la Chiesa, e una mostruosa assurdita 3. Onde sapientemente avvertiva il Franzelin 4 : « Cum sacramenta novae legis sint visibilia signa efficacia, illud ope- rantur quod significant: absurdum ergo est, ritum visibilem •in quo excluditur significaiio potestatis sacerdotalis conferen-

1 II Vicario di Hexton neirJScho citato dal Tablet (19 dec. 1896, p. 975).

8 Lettera al signer HO\VEL del 2 ottobre 1894. Vedi il Tablet, numero del 13 del medesimo mese ed anno, pag-. 581.

3 Non altrimenti dovra giudicarsi dell'asserzione di coloro, i quali pre- tendono, che i compilatori deirOrdinale, abolendo il Sacerdozio e il Sacri- ficio e rigettando tutti gli antichi riti per introdurne uno nuovo che rispon- desse alle loro eresie, vollero solamente richiamare il rito della Ordinazione alia pratica de' tempi apostolici e alia sua primitiva istituzione !

* Votum del 25 febb. 1875, pag. 9. Arch, del S. Ufficio.

44 LA CONDANNA

dae, esse sacramentum ad hanc ipsam potestatem conferen- dam. »

XXXVI.

Dal fin qui detto appare manifesta la vanita dell'accusa che il signer Lacey muove contro la Bolla di Leone XIII neirul- timo numero della Contemporary Review l. La Bolla, secondo lui, nella sua parte dottrinale, si svolgerebbe tutta dentro i limiti angusti di un circolo vizioso, provando 1' invalidita della forma dal difetto di debita intenzione, e viceversa questo da quella ; si che, « lette separatamente, quelle prove lasciano il lettore incerto su cio che la Bolla abbia voluto dire » 2.

Checche sia degli altri lettori, siamo certi che almeno il signer Lacey e i suoi confratelli Ritualisti, i quali si affatica- rono tanto per impedire la pubblicazione di questa Bolla 3, hanno perfettaitiente capito « cio che essa ha voluto dire ». Se fossimo privi di senno, gli crederemmo ingenui ; se fossimo maligni, di- remmo, che appunto per essere il significato della Bolla chiaro- e perentorio agli occhi loro, si sforzano essi con cavilli e sofismi di oscurarlo agli occhi altrui. Ma non possiamo credere 1'uno, ne vogliamo affermar 1'altro; avvertiamo soltanto che la pre- detta accusa del signor Lacey e assolutamente falsa. Poiche come 1' invalidita della forma non si prova dal difetto d'intenzione, cosi questo non si prova da quella. L'invalidita della forma anglicana si dimostra, come vedemmo nell'articolo precedente, dal fatto- che quella forma, considerata in se stessa e negli aggiunti storici che ne determinarono la compilazione, e vaga e indeterminata; manca de' principali elementi essenziali e comuni a tutte le forme cattoliche ; tace cio che di natura sua la forma del Sa-

i Num. 372, Decembre 1896. The Sources of the Bull. pp. 793-803.

* « The two arguments combined will make an excellent circle. Read apart, they leave us wondering what the Bull does mean. » Ibid. pag. 79ti.

3 Si vegga quanto scrivemmo dell'azione del Lacey e del Puller a Roma, nel quad. 1113, pag. 264. Nel resto a convincersene, basterebbe Icggere quello che lo stesso Lacey asserisce, nel suo articolo, delle sue relazioni con alcuni Emi Cardinali e con due membri della Commissione- roinana.

DELLE ORDINAZIONI ANGLICANE 45

cramento deirOrdine dovrebbe significare. In tutto questo F in- tenzione eretica del ministro, che attualmente si serve di quella forma, non entra per niente ; la forma sarebbe e resterebbe invalida, quand'anche il ministro anglicano volesse fare con essa quello che la Chiesa cattolica fa con la sua.

Parimente il difetto di debita intenzione nel ministro an- glicano non si deduce dal semplice fatto che egli nelle sue Ordinazioni si serve d'una forma invalida ; ma bensi dal fatto, da noi ripetutamente ricordato, che egli, conformandosi seria- mente al suo Ordinale, si serve d'una forma che sa essere stata mutata ex industria e sostituita deliberatamente a quella del Pontiftcale cattolico ad inducendum novum ritum, cioe un rito diverse, e, nella sua adeguata signiflcazione, opposto a quello usato, non solo dalla Chiesa Romana, ma altresi da tutte le Chiese d'Oriente e d'Occidente dalla piii remota antichita sino ai giorni -nostri. Rilegga il signor Lacey con maggiore attenzione la Bolla di Leone XIII, e restera convinto del gravissimo abba- glio in cui e caduto.

XXXVII.

Non e nostra intenzione confutare tutte le affermazioni piu o meno ardite o false, onde ribocca lo scritto del signor Lacey nella Contemporary Review. Ne cio appare necessario, ba- stando a tale scopo quanto fu da noi esposto e dimostrato negli articoli precedenti. V ha pero una grave accusa che non possiamo lasciare senza censura. II Lacey accusa il Santo Padre di essere stato reo di uno sproposito madornale (extraordi- nary blunder) *, asserendo nella sua Bolla, che nel 1704 era gi& stabilita la pratica da seguirsi, quando nelle Ordinazioni fosse stata omessa la traditio instrumentorum.

Prima di esaminare la « prova », con la quale il Lacey so- stiene la sua accusa, sar£ bene notare che la riferita affer- mazione della Bolla si fonda sopra numerose decisioni date dalla medesima Congregazione del Santo Ufflcio prima del

1 Ibid. pag. 799.

46 LA CONDANNA

1704; decision!, le quali, con gli atti e con i voti che le ac- compagnano, se si volessero pubblicare tutte, riempirebbero almeno due grossi volumi in folio. Un cenno della esistenza di quest! document! fu gia da no! dato altrove *, con le pre- cise indicazioni delle loro date (1603-1699) e del titolo gene- rale, sotto il quale si trovano unit! e conservati nelPArchivio del Santo Ufficio. Eccone uno del 1697. Monsignore Scana- gatta, Vescovo d'Avellino, soffrendo di chiragra, aveva tra- scurato per qualche tempo di fare nelle Ordinazioni la con- segna degli strumenti prescritta dal Pontiflcale. Conosciutasi la cosa dall'Emo Card. Orsini, allora Arcivescovo di Bene- vento e poscia Papa Benedetto XIII, quest! riferi il caso alia Congregazione del Santo Ufficio, domandando, come si legge negli atti, non iam an sint ordinationes repetendae, sed solum de modo ordinationis, num absolute an sub conditione sit iteranda. II dubbio fu sciolto col seguente Decreto: «Feria V. die 1 August! 1697, proposito iterum et mature discusso dubio, an ordinationes factae per Episcopum Abellini qui per se ipsum instrumenta seu materiam subdiaconatus, diaconatus, presbyteratus respective non porrexit, sint nullae et invalidae, et an praedicti in Ordinibus sacris ordinati sint absolute or- dinandi vel potius sub conditione tantum ; SSiiius (Innocentius XII) auditis etc. decrevit, in casu de quo agitur, tutius esse, quod sub conditione reiterentur collationes sacrorum Or- dinum. »

Questo Decreto e anteriore di sette anni a quello dato, nel 1704, da Clemente XI nel caso del vescovo anglicano Gordon, e fa parte, come dicemmo, di una lunga serie di simili Decreti pubblicati dalla medesima Congregazione del Santo Ufflcio du- rante tutto il secolo che precedette 1'anno 1704. Non puo dun- que dubitarsi dell'assoluta esattezza e verita storica della pro- posizione di Leone XIII affermante il fatto, che al tempo di Clemente XI, e precisamente nel 1704, mancando la consegna degli istrumenti, praescriptum de more erat ut ordinatio sub conditione instauraretur. Donde segue che lo « sproposito

1 Vedi il quad. 1114, pag. 436.

DELLE ORDINAZIONI ANGLICANE 47

madornale » non e stato commesso da chi, sulla fede di tali e tanti documenti, ha asserito quel fatto ; ma bensi da chi lo ha negate, ignorando e forse neppur sospettando 1'esistenza di questi document! *.

XXXVIII.

Lo « sproposito » poi appare ancor piu « madornale », se si esamini la prova che il Lacey offre 2 per convincere la Bolla di una falsita storica. Tutta questa prova consiste in una Risoluzione della Congregazione del Concilio di data posteriore al 1704 e citata da Benedetto XIV 3. Nella Riso- luzione si prescrive, ut verificatis expositis, ciofe la mancanza della consegna degli strumenti, Episcopus procedat ad secreto iterandam ordinationem ex integro sub conditione 4. Per pro- vare con essa la tesi difesa contro la Bolla, dovrebbe sup- porsi, come il Lacey di fatto suppone 5, che la citata Risolu- zione fosse assolutamente la prima di tal genere che venisse mai sancita dalla Chiesa; ora cio e manifestamente dimostrato falso da' documenti del Santo Ufflcio sopra accennati. Anzi, neppure puo supporsi con verita, che essa sia stata la prima, in un senso relative , nella serie di simili decisioni date dalla Congregazione del Concilio. Infatti gli AUi di questo Tribu- nale, che il Lacey sembra confondere col Santo Ufficio, aper-

1 II signer Lacey avrebbe potuto avere almeno un dubbio sulla verita dell'accusa fatta alia Bolla, consultando 1' opera a lui nota del P. LE QUIEN, Nullitt des Ordinations Anglicanes (Paris, Simart, 1725). Ivi (Tom. II, p. 390) si legge il caso di Mgr. Du Moulinet, Vescovo di Seez, il quale, come nel caso da noi riferito, aveva omessa nelle ordinazioni la consegna degli strumenti. La soluzione data, nel 1604, da Papa Clemente VIII si trova espressa nelle lettere del Cardinale Bubalip, Nunzio in Francia: « Sanctitas Sua, scriv'egli, tutiorem partem amplectens, declaravit, reordi- nationem sub conditione fieri ; hos autem Ordines ob non servatam formam in Pontificali Romano praescriptam nullos extitisse. »

* Contemp. Rev. pag. 799.

3 De Synodo Dioecesana lib. VIII, cap. 10. Tom. XI, 1854, pp. 268-272

4 L'identica soluzione fu ripetuta nel 1796. Vedi Lib. Dccret. 146, Arch, della Congr. del Cone.

5 Alia pagina citata della Contemporary, egli piglia ci6 per concesso Such, dic'egli, is the origin of the practice.

48 LA. CONDANNA

tamente attestano il contrario. Stando alia Raccolta pubbli- catane recentemente dal Pallottini *, la detta Risoluzione sa- rebbe stata preceduta almeno da altre tre o quattro del medesimo tenore. In queste poi come in quella, la Congrega- zione del Concilio non avrebbe fatto altro se non ribadire 1'antica pratica e conformare la .propria condotta a quella tenuta, molti anni prima, dalla Suprema Congregazione del Santo Ufficio.

XXXIX.

II Santo Padre ci assicura che, prima di dare la sua sen- tenza deflnitiva sul valore intrinseco delle Ordinazioni Angli- cane, voile da se e con gli Emi Giudici della Suprema esa- minarne attentamente e per lungo tempo tutte le ragioni, mas- simamente quelle ch'erano state discusse pro e contra da valenti teologi, canonist! e storici nella speciale Commissione romana, da lui a questo scopo espressamente istituita: Istaec omnia diu mullumque reputavimus apud Nos et cum Vene- rabilibus Fratribus Nostris in Suprema iudicibus. II Santo Padre voile inoltre prima di proferirla considerare anche Top- portunita della sua sentenza : conveniret ne expediretque eamdem rem auctoritale Nostra rursus declarari; soddisfa- cendo cosi agli scrupoli di coloro, i quali temevano, che una nuova autorevole dichiarazione, avrebbe potuto forse intral- ciare, o almeno arrestare in qualche modo il felice movimento di ritorno al Cattolicismo veriflcatosi da qualche tempo in In- ghilterra. Se non che, nelle circostanze present! e dopo le acri polemiche sostenute durante gli ultimi due anni in favore della validita di quegli Ordini, non solo da' Ritualisti, ma al- tresi da alcuni scrittori cattolici, era ovvio e naturale che, se il Papa avesse taciuto, perniciosus error gigneretur non panels qui putent se ibi Ordinis sacramentum et fructus reperire ubi minime sunt, per cio, conchiude Leone XIII, vi- sum est in Domino sententiam Nostram edicere.

1 Collectiu omnium Conclus. et Resolut Congreg. Concilii etc. Tom. XVI, Roma 1892, pp. 63-68.

DELLE ORDINAZIONI ANGLICANE 49

Non dunque la politica ', o qualsiasi altro motivo di pru- denza umana, ha indotto Leone XIII a condannare le Ordina- zioni Anglicane, ma la sola incontrastabile evidenza della loro nullita, e T imperioso dovere onde egli e stretto verso Dio e verso le anime redente col sangue di Cristo. Fedele al suo ufflcio di Supremo Maestro, Padre e Pastore di tutti i cristiani, egli non pote e non voile lasciare in un errore cosi funesto tanti suoi figli, i quali, sebbene sieno da lui separati, pure sinceramente cercano il Regno di Cristo nell'unita della fede.

Egli dunque ha parlato, e il suo linguaggio e stato chiaro, preciso, e rivestito di tutte quelle qualita che apertamente di- mostrano la sua sentenza essere stata, non solo un Atto sa- piente, giusto e doveroso della suprema autoritii della Chiesa ; ma altresi un suo Atto da valere in pet^petuo, rato e irrevo- caUle 2. Leone XIII ha ferito a morte le Ordinazioni angli- cane proprio nella loro essenza, dimostrandole e dichiarandole nulle e invalide per intrinseco difetto di forma e d'intenzione. Cosi con 1'unitk di dottrina, Leone XIII ha mostrato che la Santa Sede conserva altresi Punita di linguaggio, bellamente illustrato e confermato, nella prima parte della sua Bolla, dagli Atti di Giulio III, di Paolo IV e di Clemente XL

Amore di verita ci mosse a commentare questo nuovo do- cumento di Leone XIII, e a trattare un soggetto di cosi alta importanza, sia che si consider! in se stesso e in risguardo

1 Come falsamente asserisce, nel gia citato numero della Contempo- rary (pp. 804-809) un altro scrittore, il quale si nasconde sotto il nome di Catholicus. Sotto questa maschera ci sembra riconoscere quel medesimo E. J. D. che negli ultimi anni si e servito delle pagine del detto perio- dico per censurare ex professo gli Atti del Pontificate di Leone XIII. I nostri lettori. ricorderanno la risposta che facemmo a' suoi articoli sulla « Politica del Papa » e sul « Papa e la Bibbia » ne' quaderni 1019, 1020, 1029.

* II signer Lacey nel suo articolo pag. 803 erra e fortemente s'illude, giudicando altrimenti della condanna pronunziata da Leone XIII contro la validita delle Ordinazioni Anglicane. Nel medesimo errore, fatale a molte anime e ripugnante al testo della Bolla e alle intenzioni del Santo Padre, e caduto, con nostro grande stupore, il periodico irlandese, The Irish Ec- clesiastical Record, nel numero teste pervenutoci dello scorso mese di decembre, pag. 1116.

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1117. 4 23 dicembre 1896.

50 LA CONDANNA DELLE ORDINAZIONI ANGLICANE

alia nazione britannica, la quale per senno e potenza e la piii vera imagine del romano impero; sia che si faccia ragione della salute eterna di tanti milioni di anime, quanti da tre secoli vivono separati dalla vera Chiesa di Gesii Cristo. Se da una parte, il pensiero che una nazione nobilissima, e quasi naturalmente cristiana, qual e 1'inglese, e restata per si lungo volgere d'anni senza il Sacriflcio delPAltare e senza il Sacer- dozio, induceva nell'animo nostro tristezza e dolore, dalPaltra, la dolce speranza di vedere in esSa ristabilito, con la sottomis- sione piena e perfetta alia- Sede di Pietro, quel che forma 1'essenza della religione, grandemente ci confortava e sospin- geva a far qualche cosa per una causa gia da molti anni con grande diligenza ed amore da noi studiata. Non fu dunque spi- rito di parte, non talento di polemiche e contese, o qualsivoglia altro motivo men che degno d'animo cristiano, quello che ci mosse a imprendere il presente lavoro; ma si la riverenza dovuta alia veritk storica e teologica, e la brama d'essere utili ad una nazione che 1'esempio di Leone XIII e le sante me- morie de' nostri Martiri inglesi ci fanno dovere di onorare ed amare.

P. S. Mentre stavamo per licenziare alle stampe quesf ultimo foglio, ci e giunto datt'Inghilferra il GUARDIAN del 9 decembre, con altre osservazioni del signer Lacey sulla Bolla e sui nostri primi due articoli. Ne esamineremo il valore nella ristampa, che sard presto fatta a parte, di questa nostra breve trattazione.

LA PSICOLOGIA TEDESCA IVELLA. :E»E;DA.OOGJTA_

SOMMARIO: 18. La Germania e la pedagogia. Herbart: la sua posizione nella storia universale, secondo il Prof. Rein. 19. Antecedent! fllo- sofici di Herbart: Hegel, Herbart riguardato qual creatore dell'intel- letto e della volonta nel fanciullo ! L'ego risultante nel suo sistema dalle immagini mentali, le quali sono il campo dell' attivita pedago- gica. 20. L'interesse. Origine storica dell' applicazione della dottrina dell'interesse. La percezione : 1.° Illustrazione del Prof. Noire. 2.° Ci avvi- ciniamo alia nozione di un'idea universale. I passi formal! della cono- scenza. Incoerenze circa 1' individuality nel fanciullo. Crudezze ed errori di questa Pedagogia Generale. 21. Psicologia fisiologica. L'evoluzione e la biologia comparata. Ipotesi fisiche. Metodi psico-fisici. La psico- genesi e lo studio deH'infanzia. La teorica della ricapitolazione.

XVIII.

Froebel ci ha servito d' introduzione nel mondo del pen- siero filosofico-pedagogico tedesco. La Germania, oggidi, e riguardata come il focolare della luce che irradia la moderna educazione. Non dobbiamo abbandonare questo suolo, ora che vi abbiamo posto il piede. Per i frutti piu eletti dell'educazione pratica ci rivolgeremo bensi alfcrove, ma non cosi per la teoria.

Non ne possiamo fare a meno. Ivi dobbiamo andare ed ivi trattenerci. Gli stessi pedagoghi della Francia si rivolgono alia Germania. In quanto agP Italiani, quantunque abbiano eredi- tato tendenze ed abiti di mente fllosoflci ed etici, che fanno scorgere lo Scolasticismo, il Cattolicismo, ed anche il Gesui- tismo nel loro modo di scrivere e di pensare, contuttocio, anch'essi infarciano le loro pagine di definizioni, di massime e di varie altre citazioni tolte per lo piu da Kant, Fichte Herbart e, anche da Buchner, nel che fanno malissimo.

52 LA PSICOLOGIA TEDESGA

Non vogliamo dire con cio ch' essi abbiano sul serio im- piegato il loro tempo nel cercar di comprendere i loro colleghi d'oltr'alpe. V'e ancora rimasto troppo buon senso nei loro scritti pedagogic! per supporre che noi ammet- tiamo una idea cosi ingiuriosa. Quanto agli Americani, essi hanno acquistato il diritto di preferenza in siffatta materia. Hanno energia e danaro abbastanza, di Ik dall'Oceano, per permettersi la spesa di tempo, di pensiero, di abbonamenti di libri, di giornali e d' ogni altra cosa, onde tentare di com- prendere Herbart, per esempio. Ma, com' 6 noto, la gente ricca puo procurarsi rafflnatezze, dalle quali altri farebbero meglio a stare ad una rispettosa distanza.

Alia Germania dunque volgiamo i nostri passi, con 1'a- nimo preoccupato ed oppresso, ma sostenuto dal sentimento del dovere. Lessing scrisse una tesi sulP educazione del genere umano ; Schiller scrisse romanzi sull' educazione morale; Goe- the scrisse grandi romanzi didattici ; Fichte parlo alia nazione Germanica sull' educazione. Qual meraviglia poi che Herbart abbia posto il coronamento all'opera, trattando piu pienamente la parte teorica della pedagogia generale?E qual meraviglia, per conseguenza, come si esprime un pedagogo americano, che « la maggior parte dei trattati di pedagogia, scritti piu di trentacinque anni fa, siano ora senza valore agli occhi de'moderni insegnanti? » Non £ soltanto la psicologia idealistica di Herbart quella che ha rovinato la psicologia dell'Europa cristiana e dell'America, ne di certo avrebbe potuto tanto, se- non dove fosse venuto meno il senso comune; ma e anche la psicologia fisiologica del Wundt. Di questa a suo tempo avremo occasione di parlare. Basta Herbart per incominciare.

Ed in primo luogo, collochiamolo al suo posto nella storia del mondo. Per cio fare, dobbiamo ricorrere al Prof. Rein di Jena, 1'attivo propagatore e promotore dell' Erbartianismo ai tempi nostri. Egli ci dice che il mondo non precede mai a scosse o a salti. Ogni cosa che si effettua sul mondo e non solo uno sviluppo, ma un progresso. Uomini che avevano rice- vuto un' educazione giudaica furono i primi Cristiani. Uomini

NELLA PEDAGOGIA MODERNA 53

che avevano ricevuto un' educazione Scolastica furono i primi Umanisti. Uomini che erano stati educati cattolicamente furono i prirai Riformatori. Non ostante le sue tendenze rivoluzionarie, « Lutero (nella mente del Prof. Rein) riraase un buon cat- tolico. » Non ostante la rivoluzione ch' egli ha effettuata, Bismarck e rimasto serapre profondamente conservatore. La stessa legge (dice .egli) si verifica nel caso del grande orga- nizzatore storico-educativo Giovanni Federico Herbart. Essa verificasi nel fine e nei mezzi educativi di questo fllosofo, ossia in cio che oggi distinguesi col nome di « nuova pe- dagogia». Questa nuova pedagogia e conservatrice ; eppure e riformatrice. Essa e conservatrice in quanto che le sue ra- dici sono profondamente abbarbicate nel suolo nazionale e cri- stiano; ed ivi continuamente cresce. Ma essa 6 del pari rifor- matrice ; poich6 essa puriflca ed elimina tutto cio che piii non contiene un vero principio vitale. Che cos'e che determinajl valore degli elementi dell' educazione, in guisa da distinguere cio che e permanentemente valido e duraturo, da cio che e temporaneo ed efflmero? Come scienza, 6 1'etica educati va che determina tutto cio ; come criterio etico, £ il valore ed il me- rito della vita individuale giudicata dalla vita sociale con- temporanea, o dalle istituzioni sotto le quali viviamo. Ora, la vita individuale non ha valore che in quanto essa sviluppasi moralmente e (ci si perdoni la parola barbara del detto Pro- fessore) sensazionalmente ; ossia nel carattere e nella volonta dell' individuo. Questo sara dunque il grande scopo dell' edu- cazione: formare il carattere. Ma per cio che riguarda la forma della cultitra da imporsi alia volontk e al carattere del- F individuo, cio puo decidersi soltauto per mezzo di uno studio accurate delle fasi dell'umana cultura, o mediante lo sviluppo storico del grande organismo sociale nel quale 1'individuo vive. Donde segue che i mezzi d' educazione saranno tali da assi- curare una connessione intima fra lo sviluppo dell' individuo che « si adatta » e lo sviluppo dell' organismo sociale al quale egli « e adattato ». Notate qui la base dei due grandi principii erbartiani dell' Interesse e della Percezione. L' Interesse (se-

54 LA PSICOLOGIA TEDESCA

condo Herbart) 6 la vita, 1'energica attivita propria di una volonta, la quale vien sempre piu sviluppata nella forma di un carattere complete, secondo ch' essa vien sempre piu inte- ressata in cio che la circonda; una vera educazione creerk un « multiforme interesse ». La Percezione e il modo della cono- scenza intellettuale, il quale soltanto costituisce la vera cono- scenza, la vera scienza.

Quest'e, in pochi e brevi termini, il carattere dell'Erbartia- nismo, quale esso veniva esposto da uno dei suoi piu cospicui rappresentanti nel Marzo del 1896, sotto il titolo: « L'antica e la nuova Pedagogia in Germania ». Dobbiamo confessare che la nostra esposizione non corrisponde alia vaga e nebu- losa dichiarazione del Prof. Rein. Ma ne abbiamo dato il sunto, cosi come ci e riuscito d' intenderla.

XIX.

La prima gioventu dell' Herbart, come quella del Froebel, trascorse fra gli fatui splendori intellettuali di cio che si suole chiamare da taluni « i massimi trionfl dell' intelletto umano »; vale a dire sotto le influenze di Kant, di Fichte, di Schelling e di Hegel. La filosofla trascendentale e il nucleo ed il midollo del sistema di Herbart, per cio che si riferisce alia personalita umana, alia sua origine ed al suo destine. Ed in modo spe- ciale su Hegel i discepoli di Herbart si appoggiano, in quanto che le dottrine eghelliane corroborano notevolmente la dot-, trina erbartiana dell' « Interesse », nella quale si contiene Fessenza stessa della formazione del carattere e della volontk secondo i principii erbartiani. Poichfe Hegel concentro tutto il complesso dei diritti morali e politici in quelPassioma cer- vellotico : « La volonta vuole volere » ; od in altri termini : « La volontk creasi nei suoi tentativi di voler volere ».... (spie- gazione piu oscura ancora deiristesso assioma). Tuttavia nella mente delPautore cio significa che la volonta e un generatore trascendentale (!) di nuove determinazioni nello spazio e nel tempo, ed e un atto continue di propria rivelazione ossia della

NELLA PEDAGOGIA MODERNA 55

rivelazione dell'uomo a se stesso! Questa legge funziono ori- ginariamente nell'atto col quale la prima volonta, chiaraata Dio, voile altre volonta, trascendentali al pari della sua, anime viventi, chiamate uomini. Questa e la prima rivelazione di Dio; la prima religione rivelata. La seconda fu quella concepita dal Cristianesimo, quando parlo del « Figlio dell'Uomo » rive- lante in modo perfetto la volontk di Dio nelFuomo. L'uomo stesso continua la rivelazione della volont& coH'imprimere la sua volonta trascendentale sul mondo che lo circonda, in deter- minazioni di tempo e di spazio; e cio facendo egli diventa sempre piii conscio di se stesso. Ed inflne, la coscienza ele- mentare e rudimentale ch'egli ha di se stesso, s' innalza e si perfeziona, per mezzo del pensiero e della riflessione sui suoi proprii atti, in cio che tanto dall' Hegel, quanto dal Kant chia- masi « pensiero puro ». Cosi, intellettualmente ed eticamente, YIo dell'individuo e ritratto indietro in relazione intima, ed identity di operazione, con Fattivita propria dell'/o assoluto (!!) e la stessa formula esprime Toperazione di ambedue : « La volonta vuole volere ». Cosi Hegel; e con quanta chiarezza lo giudichi il lettore !

Herbart, per tanto, introdusse una modiflcazione in tutto questo trascendentalismo. Egli trovo nel fanciullo un'attivita propria, la quale differisce considerevolmente dal puro lo eghelliano. L'anima dell'uomo non e che una sola sostanza sem- plice, non avendo, a suo modo di vedere, alcuna attivitk pro- pria, ma una sola qualita. E una delle sostanze semplici, le quali costituiscono gli elementi ultimi di tutte le cose finite nel tempo e nello spazio. Le cose finite sorgono dalle collision! di queste sostanze reali ed ultime, fra di loro. L' intelletto umano e la volont^ sorgono dalle collision! fra queste sostanze sem- plici. (Che si potea dire di piii assurdo ?) L' identita personale e F individuality (secondo lui) non hanno in se nulla che sia sostanziale o permanente : sono semplicemente la risultanza della reazione degli ultimi atomi, gli uni contro gli altri.

In un fanciullo, quest'ultimo atomo chiamato anima, (o tapi- nella, a che sei ridotta) viene ad urtarsi contro altre sostanze

56 LA PSICOLOGIA TEDESGA

semplici. Reagisce contro 1'attacco; e questa reazione, o propria preservazione (Selbsterhallung), produce una immagine o rap- presentazione mentale. La somma di tutte queste rappresenta- zioni prese insieme, costituisce 1'intelletto! Ora, siccome queste immagini o rappresentazioni tendono a sopprimersi vicendevol- mente, la soppressione parziale di una rappresentazione o imma- gine, per opera di un'altra, da luogo al sentimento; e la lotta fortemata di una immagine o rappresentazione contro altre, che tendono a sopprimerla, produce il desiderio. II desiderio diventa volonta, quando esso e seguito dalla supposizione che Toggetto del medesimo sia accessibile. Donde, come esprimesi T Herbart, « 1'atto crea la volonta del desiderio » ossia « la volonta e creata dal desiderio per mezzo dell'atto ». Gi duole di dovere intrat- tenerci in coteste stravaganze da manicomio ; ma, come i de- boli di cervello tanto piii ammirano una teoria quanto meno 1'intendono, ci e giuocoforza seguir col pensiero anche cotesti nebulosi scrittori della scuola eghelliana. Seguitando adun- que, domanderemo al Sig. Herbart: Ov' e T/o? Che cosa e mai quesf/o? Ecco: L'/o, secondo lui, e la risultanza delle immagini o rappresentazioni mentali, (Vorstellungen) le quali si uniscono e si compenetrano 1'una con 1'altra in una sola sostanza, 1'anima. Donde, 1'umana personalita, 1' individuality la volonta, il carattere, sono tutti una creazione, risultante dagli urti e dagli attriti degli ultimi atomi. Essi sono una creazione degli attriti e delle collisioni atomistiche tanto quanto lo sono le stesse rappresentazioni o immagini mentali.

Ed eccoci in pieno materialismo.

Tutto cio che e, e diventato cio che e, intanto e per quanto e il pensiero riflesso, o combinazione di collisioni, che sonosi prodotte in qualche anima. Despotismi, guerre, rivoluzioni, pira- midi, crociate, inquisizioni, cattedrali, dinastie, religioni,scienze, tutte queste cose, dice un erbartiano, altro non sono che « pen- sieri riflessi ». Sono il mondo oggettivo create dalle anime ; o, se piu vi piace, secondo una piu recente terminologia, tutte quelle cose sono create dai « cervelli ». Ogni anima crea, alia sua volta, il mondo nel quale essa deve vivere.

NELLA PEDAGOGIA MODERNA 57

Ed eccoci ritornati al puro idealismo.

Ed ora qual'e la coaseguenza pedagogica, quali gli effetti, di questa bella dottrina ? La conseguenza e che tutto dipende dalla selezione e dalla combinazione delle dette iramagini o rappresentazioni mentali, delle Vorstellungen, che sorgeranno nella mente del fanciullo, o piuttosto che formeranno il suo spirito, la sua volonta, il suo carattere, la sua individuality. Siflfatto processo viene da Herbart compendiato in due parole: Interesse e percezione.

XX.

L'idea dell'Interesse si spaccia presto. Non fa mesderi defi- nirla, poiche trattasi di cosa che tutti sanno ; ed infatti nessuno si ferma per esaminare, analizzare o definire quesfidea, quan- tunque libri e periodici siano pieni di stupende discussioni in proposito. Essa significa la soddisfazione che un fanciullo puo trovare neH'imparare, con 1'idea associata di un rinnovamento di zelo che lo spinge innanzi, quando egli e soddisfatto di quanto ha gik compiuto. E questa e una definizione molto cora- plessa di una cosa molto semplice e molto naturale. II mera- viglioso sta in cio che una nozione cosi elementare, come quella della soddisfazione o contentezza di un fanciullo, abbia pottito giungere al punto di essere illustrata da un corredo cosi ampio di letteratura pedagogica.

Eppure, anche questo fenomeno puo spiegarsi in qualche modo, e lo stato di questa gravissima questione puo essere debitamente definite. Sembra che in certi paesi, qualunque in- teresse in materia di educazione siasi smarrito, tanto per cio che riguarda 1'intelletto, quanto per cio che riguarda special- mente la morale. Ne gPinsegnanti, tali quali sono, ne gli scolari (e questi meno di tutti, se educati da quella genia d'insegnanti), si danno il minimo pensiero della virtu, del ca- rattere, o di alcun'altra di quelle belle qualita, che sono la luce e lo splendore dell'educazione cattolica, specialmente quand'essa £ nelle mani d'insegnanti religiosi. Anche i giuochi e i diver-

58 LA PSICOLOGIA TEDESCA

timenti, che floriscono e giovano, ove sono cuori innocent! virtuosi, sono diventati una cosa del passato, e sono scom- parsi dal mondo pedagogico, insieme ai Sacramenti, i quali mantengono 1'innocenza e promuovono la virtu. Donde proviene quella straordinaria, artiflciale, ostinata insistenza sulPinteresse nello studio, nei divertimenti ecc. ; fatto che le persone, le quali non hanno mai conosciuto altra educazione aU'infuori di quella della Chiesa Cattolica. non possono altrimenti spiegare. Due si- stemi religiosi avevano fatto quant'era in poter loro, per estin- guere qualunque raggio di letizia dalla vita della gioventu. L'uno era il Puritanismo protestante, che considerava il giuoco e il di- vertimento come parte del peccato originale corruttore di tutta la natura, e lo teneva per tale. L'altro era il Puritanismo cat- tolico, comunemente noto sotto il nome di Giansenismo, il quale, proscrivendo, non meno rigorosamente del suo confratello pro- testante, le belle qualitk di una natura espansiva data da Dio al fanciullo, vi alimentavano, invece, una santitk ipocrita, ed inoculavano nelle povere anime innocenti, la melanconia della falsitk e delPorgoglio.

La percezione puo essere meglio spiegata colPesaminare le deflcienze del sistema del Pestalozzi. Questo sistema aveva inco- minciato con le percezioni o intuizioni del senso, e con queste praticamente terminavasi ; poichS il pasticcio irrazionale « della forma, del numero e del linguaggio », col quale Pestalozzi cerco di corredare e di completare la sua dottrina dell' « intuito del senso », non poteva certamente servire per ispiegare il pen- siero e la conoscenza intellettuale. Rassomiglianze accidentali, per mezzo della forma, della quantita, del numero, ed inven- zione ed uso delle parole possono dare associazioni di fanta- smi, con una relativa categoria di parole per classificarli. Ma questa non e cultura, e nemmeno senso comune. Un pazzo, infatti, possiede quegli elementi ; e li possiede in grado super- lativo.

Spieghiamo dunque « la percezione », prima nella fraseo- logia Erbartiana; quindi la spiegheremo nella nostra.

Un atto di « percezione » non 6 una percezione piu elevata del

NELLA PEDAGOGIA MODERNA 59

senso, secondo Herbart, ma e assolutamente una reazione contro di essa. Lo spirito non vede 1'oggetto come i sensi lo vedono. Esso non vede Poggetto come cosa reale, tangibile, visibile, de- terminata dai limit! del tempo presente e del presente spa- zio. Esso ignora il valore precise dell'oggetto sotto questi due aspetti. Invece, esso rintraccia le cause e le forze cbe hanno pro- dotto 1'oggetto reale; vede le varie metamorfosi, per le quali le cause e le forze hanno fatto capo a tale oggetto ; esso discerne quelle stesse forze ed energie come distinte ed indipendenti da questo precise risultato, ora presente al senso, ed in quelle con- sidera 1'elemento permanente, quella forma, che puo determi- narsi nel future, indipendentemente dalle condizioni present!. Insomma, sospende un oggetto reale fra due catene d' idee, una serie di forme passate ed una serie di forme future ; e per questa via giunge a comprenderlo.

Per esempio : Desideriamo comprendere quell'oggetto visi- bile, ora presente dinnanzi a noi, e che si chiama pane. II Prof. Noire descrive un diagramma, e ci mostra il processo di percezione altrettanto chiaramente quanto se la stessa per- cezione fosse un oggetto tangibile, collocato sotto i nostri sguardi. Infatti, e degno di nota come i diagrammi sieno diventati un elaborate istrumento dell'odierna psicologia educativa. Egli so- spende « il pane » nel mezzo, e, innanzi e indietro al medesimo, egli colloca i multiformi presupposti e le conseguenze risul- tanti, ossia i fatti e le forme che costituiscono 1'idea del pane. Ed e pure da notarsi che ciascuno di questi antecedent! e conseguenti, ha la sua serie collaterale d' idee che lo spie- gano alia sua volta. Di guisa che, dovendolo esporre nel- 1'ordine suo, il processo della percezione implicherebbe le se- guenti nozioni: Grano, segala, maturazione, trebbiatura, casci- nale, mulino, macinazione, farina, pasta, lievito, lupulo, area, impasto, infornata, PANE, cibo, mangiare, nutrizione, digestione, calore animale, tessuti organici, forza muscolare rinnovata, ecc. Quando si e giunti a siffatta percezione del pane, si e raggiunta una percezione abbastanza compiuta e perfetta del medesimo *.

1 N. JB. Quel che dice 1'autore della percezione va piu propriamente

60 LA PSICOLOGIA TEDESGA

Ed ora spiegheremo questo laborioso saggio di psicologia pedagogica secondo i nostri propri termini. E 1'Idea univer- sale riflessa della filosofla scolastica e aristotelica, corroborata con le quattro cause supplementary Efflciente, Materiale, For- male e Finale. Ecco tutto. Era veramente il caso, per un cer- vello trascendentale tedesco, di metter fuori come una novita questo concetto, ricamandovi sopra, in pari tempo, una serie di crudezze fllosoflche mal digerite, d'incoerenze e d'errori!

La somma, percio, e la sostanza della pedagogia erbartiana consiste nel coltivare Tintelligenza, Vintus legere degli Scola- stici, per mezzo della riflessione e del raziocinio, e di stimolare cosi lo studio, come la formazione del carattere, colPinteressare gli scolari a cio ch'essi fanno, principalmente per mezzo del successo del loro lavoro. E per venire a una conclusione pra- tica cosi semplice ci era bisogno di tutto quel castello fabbri- cato sulle nuvole?

Egli espone un piano per ottenere il successo. Questo piano e compreso nei suoi « passi o gradi formali della conoscenza ». II principio di questi, che non e qui luogo di esaminare, e quello di disciplinare le nostre facolta; non quello di provvederle e fornirle di fatti. Eppercio quei gradi vengono chiamati gradi « formali ». Siffatto principio non e utilitario; o piuttosto, e uti- litario nel senso piu elevato e piu proprio del termine, cioe, nel senso che nulla puo essere tanto utile ad un uomo quanto la buona disciplina ed un ordinato tirocinio delle sue facoltk. Quindi, le pagine di Tito Livio o di Cornelio, mentre, appa- rentemente, sembrano concentrare lo spirito dello scolaro sopra una cosa sola, possono servire come un ottimo mezzo d'istru- zione; e cio per due motivi. Primieramente, perche, come ogni letterato n'e persuaso, la cultura o disciplina mentale degli studii classici e d'un genere superiore. In secondo luogo, il nu- mero delle discipline e nozioni collaterali, che si collegano alia piena intelligenza d'un autore classico, sono numerosissime :

applicato all' idea della cosa percepita, e a un'idea comprensiva, che ab- bracci tutto quanto a quella di qualche modo si riferisce. Beato il Prof. Noire se la pu6 avere anche solo del pane che mangia !

NELL A PEDAGOGIA MODERNA 61

leggere, scrivere, composizione, etimologia, rettorica, mitologia, storia, geografla ecc.

Non ostante che, secondo la psicologia erbartiana, la mente del fanciullo sia un composto di rappresentazioni o immagini, ed altro non rimanga da fare che disporre, combinare e sistemare le dette immagini nell'ordine che si preferisce, di guisa che f'edu- catore diventa cosi praticamente, a giudizio dell'Herbart, il crea- tore della mente del fanciullo, tuttavia riconosce (bonta sua) una personalita distinta e una indipendente individuality in questa creatura cosi formata, attribuendole una volonta trascendentale, cioe una volonta che vuole volere. Capitelo se vi basta 1'animo ! Egli intende che 1'educatore si faccia un dovere di lasciare 1'm- dividualita del fanciullo, per quanto e possibile, intatta: manco male! Diversamente, se disturbata, riescirebbe difficile a questi di giungere alia conoscenza di se stesso. In pari tempo Her- bart riconosceva la necessitk della coercizione e di una regola moderatrice. In realta, il bisogno di coercizione apparivagli molto piii evidente che non quello della liberta.

Tutto cio pone nella debita evidenza ed in un giusto ri- lievo 1'attrattiva particolare della filosofla trascendentale psi- cologica e pedagogica dell'Herbart sulle menti tedesche. Essa lascia cosi un vasto campo aperto alia discussione! Si puo leggere a diritto e a rovescio, come si vuole; dal sotto in su e dall'alto al basso ; potete, se piu vi piace, tracciare una li- nea diagonale attraverso il suo sistema, o secondo qualunque angolo la compiacente geometria possa suggerirvi; ed in tutte queste varie direzioni, otterrete idee che verranno a cozzare con quelle che il vostro vicino viene accumulando col seguire una linea diversa. Vfe il campo aperto per le discussioni erbar- tiane, per gli annuarii, le associazioni, i corsi, a non parlare dei diagrarnmi, dell' « istruzione concentrica » e delPapparato sinot- tico, di cio che vien chiamato dai tedeschi « materiale apper- ceWvo ».

Per esprimerci con una frase erbartiana, gli atomi radicali, individual! del sistema moderno, di Herbart, sono continua- mente in collisione; essi agiscono e reagiscono; essi si sop-

62 LA PSICOLOQIA TEDESGA

primono parzialmente a vicenda, e lottano efficacemente con tro la reciproca soppressione. L' « intelligenza » erbartiana consiste nella reazione contro T « attacco » ; il « sentimento » produces! per effetto della soppressione « passiva » ; la « vo- lonta » creasi col dare una interpretazione individuale propria alle piu alte astrazioni dell'Herbart; tutte stravaganze di mente inferma ! E se una siffatta volontA vien debitamente stimolata da salarii e professorati, come e il caso per gli Stati Uniti d' America, e chiaro che il ciclo erbartiano della cosmologia pedagogica fark fortuna!

XXI.

Non v'e che una sola nube di malaugurio all'orizzonte ; e questa cresce e s'ingigantisce rapidamente. Intendiamo par- lare di cio che chiamasi psicologia flsiologica ; la quale e rin- forzata dallo sviluppo storico-psicologico della teoria dell'Evo- luzione. L'argomento e interessantissimo : ma, disgraziatamente, dobbiamo esser brevi, e quel che piu monta, senza pregiudizio della chiarezza.

Dobbiamo premettere che v'e un fatto, cosi detto scienti- fico, e che v'e un metodo, che fra tutti gli altri metodi vien considerato il piu scientiflco, ed ambedue, il fatto ed il me- todo, posseggono e dominano appieno la mente di uomini, i quali sono essi stessi considerati come uomini di scienza per per piu titoli di preminenza. II fatto e 1'Evoluzione organica nel campo della biologia; il metodo e quello cosi detto com- parative. La fllosofla razionale, ad eccezione del trascenden- talismo germanico, e stata dai cervelli balzani cancellata dai ruoli delle scienze vigenti. Le pretese della letteratura, si sono, secondo essi, ecclissate d'innanzi alia luce sfolgo- rante di un secolo, che e diventato eminentemente « scien- tifico ». La matematica ed i metodi matematici, con il loro rigore logico, sono rimasti in grande considerazione e sono molto apprezzati ; ma soltanto in una sfera loro propria. Essi non dominano piu ogni scienza, come gik in altri tempi, al-

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lorquando i matematici della fine del secolo scorso, si prova- rono di relegare le idee di Dio, dell'anima, dell'immortalita, nelle regioni delle quantita astratte, immaginarie e indeter- minate, per mezzo di un'applicazione forzata dei loro metodi irreligiosi e singolarmente indipendenti dalPuso della matema- tica. Oggidi non rimane che un solo campo degno dello spi- rito filosoflco moderno, il campo delle scienze flsiche. E qui due metodi tengono il predominio assoluto. Uno e il metodo induttivo del « laboratorio », il quale puo essere veramente scientiflco, ed e tale, quando e diretto come si deve. L'altro e il metodo comparativo; e questo e veramente il padrone assoluto nel campo della odierna biologia. II suo c6mpito e semplicemente quello di confrontare, di paragonare le diffe- rent! fasi o stati dell'esistenza organica nella scala della vita organica; interpretando e spiegando gli stati piu elevati per mezzo degP inferiori, e Tuomo per mezzo del protozono ! Esso paragona, in ogni singolo oggetto, le differenti fasi, per le quali la forma adulta e perfetta viene raggiunta dalle forme infe- riori embrioniche ; e spiega il perfetto, lo sviluppato, il noto ed il differenziato, per mezzo dell' imperfetto, del rudimentale e di cio che e praticamente ignoto. Esso paragona fra loro i differenti stadii biologici, per i quali e passata la storia di questo globo terracqueo, quali essi sono distinti e classiflcati nelle epoche geologiche; e trovando ad un termine la perfetta speciflcazione delle forme e delle nature esistenti, ed aH'altro termine strutture e funzioni tali da presentare in compendio le piu semplici rivelazioni del complesso problema della vita, esso spiega cio che e per mezzo di cio che fu. Questo e il metodo comparativo della biologia ; e le tre serie comparative summenzionate sono rispettivamente distinte con i nomi di tas- sonomica, ontogenetica e fllogenetica. E, come vedrassi, 1'ap- plicazione di tutto cio all'educazione e diretta ed immediata. Ma ci si conceda di aggiungere un'altra considerazione. La stessa scienza della pura fisica, la quale, quando e trattata con i metodi della vera induzione, e perfettamente razionale,puo essere trattata in modo diverse, come si e visto fare nel corso

64 LA PSICOLOGIA TEDESCA

di quest'ultima generazione. Essa pud essere trasformata in un semenzaio di teorie, le quali non hanno relazione alcuna con i suoi fini. Cio si ottiene coll' introdurre ipotesi noa dimostrate, gratuite, le quali pongono la scienza a servizio di una biologia non dimostrata e senza base. Forze flsiche, come il moto ed il calorico, sono adoperate al servizio e per comodo di certe spiegazioni sui fenomeni della vita e delle sensazioni. E cio si fa semplicemente col richiamare 1' attenzione al fatto che in ogni azione organica vi sono certe condizioni di moto, di calorico, ecc., donde falsamente s' inferisce T azione organica consistere in calorico, moto, ecc. Ed e cosi che si passa il ponte che dal mondo inorganico e fisico, conduce alForganico, alFani- mato, all'umano.

La trattazione ipotetica dei problemi flsici e comoda. Nes- suno e tenuto a dimostrare una ipotesi con argomenti apodit- tici. Ma T ipotesi e di botto, e senz' altro, presa come base e fondamento logico di tutto cio che vi si ediflca sopra, o che vi si e gia. ediflcato. Piu comodo ancora e il metodo della biologia comparata. Esso non fa che confrontare; eppoi con- chiude, facendo a meno delT induzione. Non pretende d' es- sere rigorosamente logico. Appena scorge una rassomiglianza, dice all'istante: « Non v'ho forse detto ch'era cosi? Che an- date cercando? L'uomo altro non e che un protozono; soltanto un poco piii sviluppato: ecco tutto. » Un protozono e un feno- meno fisico, che va spiegato per mezzo del moto, delle vibra- zioni, degli urti, disposti e combinati in un dato modo.

Donde le stramballate conclusion}, prima delle quali que- sta, che 1' uomo e adequatamente spiegato dai suoi nervi ; e la Psicologia che, fino ad ora, supponevasi potesse essa spiegarlo, deve essere richiamata alia sua propria base, cioe deve essere trattata dal punto di vista fisiologico. Donde la psicologia flsiologica del Fechner, del Lotze e del \Yundt.

II Wundt puo dimostrare con le sue tavole logaritmiche che una pressione di 100 grammi produce una sensazione che e 3698 volte maggiore in intensita. della sensazione prodotta dalla pressione di Vs di gramma. La fame, la sete, la stan-

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chezza vengono misurate; i different! stati della coscienza (con- sciousness) sono determinati secondo le loro dimensioni ! Sen- timento, volonta, attenzione, coscienza, intuito, percezione, ven- gono sottoposti ai « metodi psico-fisici » del nuovo « labora- torio sperimentale ». Vi sono fenomeni temporanei di process! mental!; e vi sono alterazioni dei medesimi, fra le quali 1'ipnotismo. Yi sono process! morbosi e di decadenza, fra i quali tutte le specie di delitti, ed in particolare la morbo- sita degli affetti. V'e la psicologia flsiologica sociale. E se insorgono difficolta, a queste si provvede col comporre nuove leggi corrispondenti alia molteplicita delle leggi invocate dalla Evoluzione darviniana per mettere insieme la teorica della Selezione naturale.

La seconda conclusione che notiarao e questa, che, cioe, i sens! e Tanima del fanciullo non si sviluppano soltanto in modo accidentale; ma sono creali e svolti (evolved) dnrante i prim! anni della vita. Nessuno piu del Preyer si e applicato aile ri- cerche della psicogenesi, ossia della evoluzione del senso e dell'anima del fanciullo. « Studio del fanciullo » ossia, « Scienza dei fanciulli » (espressione della massima importanza ai no- stri giorni) significa, in primo luogo, la scienza delFem- brione umano; in secondo luogo, lo studio o la scienza del- 1'infanzia fino all'etk dei tre o quatlro anni; terzo, lo studio dei prim! anni di scuola ; quarto, gli studii suiradolescenza. Lasciando 1'embrione al Preyer, notiamo che le sue ricerche sulFinfanzia, fino ai tre o quattro anni, si riferiscono aU'evoluzione dei sens!; quindi viene 1'evoluzione dell'intelletto per effetto della com- binaziqne delle impression! visuali e tattili, poiche « un'idea, dic'egli, e una sensazione determinata in ordine al tempo e allo spazio » ; poi segue la formazione, ossia il nascere della volonta, per mezzo delle idee motrici, dei moti impulsivi, ri- flessi ed istruttivi. L' opera delle madri e delle bambinaie si richiede onde perfezionare la nuova scienza psicologica di questa prima eta, la quale si considera piena e completa al- 1'epoca della evoluzione fisiologica psicologica. Per il periodo dei primi anni di scuola, si richiede che gl'insegnanti non solo

Serie XVI, vol. IX, fate. 1117. 5 24 dicembre 1896.

60 LA PSICOLOGIA TEDESGA

conformino la loro educazione ai risultati gia ottenuti, ma che essi vi cooperino per mezzo dell'osservazione e degli esperi- inenti. Siamo (secondo lui) giunti in tempi di grandi ricerche e di somma precisione in fatto di pedagogia. Alia fine, e per la prima volta nel corso della storia, siamo giunti al punto sospirato che 1'intero sistema degli studii deve concentrarsi e fondarsi sui risultati del « laboratorio sperimentale ». In Ame- rica, per esempio, i fanciulli sono presi, misurati, poi interro- gati ; sono introdotti, due o tre alia volta, nello spogliatoio delle scuole ; ogni parte del corpo e debitamente misurata con criteri special! ; denti, occhi, polmoni, naso, gola, orecchi, sono scrupolosamente esaminati, e cosi pure la precisione e la Fa- pidit& dei movimenti vengono controllati. Si applicano equa- zioni per determinare la grossezza delle scarpe e degli abiti; si applica il metodo dei gradi percentuali del Galton, ecc. Si fanno domande « senza pertanto offendere la delicatezza di co- scienza (consciousness) del fanciullo ». Ma e nell' ultimo periodo, quello dell'adolescenza, quando le questioni divengono impor- tanti. Perocche, da questo punto, si veriflca una nuova nascita, quella del sentimento sociale. E la gioventu dell' uno e dell' altro sesso puo, meglio di chiunque altro, spiegare che cosa suc- ceda ; argomento sul quale non e qui luogo d'insistere.

La terza conclusione, stando all'accennata teoria, e impor- tantissima. E quella della teoria della « ricapitolazione », sulle basi della quale il Ziller ed i suoi discepoli tedeschi hanno cercato di coordinare tutto quanto il curriculum degli studii. Essa prende le mosse dal supposto principio che ogni fanciullo riproduce, o ripete nel suo sviluppo mentale, le stesse fasi evo- luzionistiche, percorse dal genere umano, nel suo sviluppo pro- gressive dal protozono fino alPuomo. Nella stessa guisa che ael sistema del Preyer la pedagogia si fonda sulla base onto- genetica, cosi nelle mani del Ziller essa viene perfezionata sulla base fllogenetica. Cio signiflca, secondo lui, che mentre il fan- ciullo sviluppasi come un automa isolate, e viene acquistando sensi, anima, volontk, egli riassume rapidamente e sommaria- mente gli sperimenti brutali, animali e selvatici delPoriginale e

NELLA PEDAGOGIA MODERNA 67

primitiva natura umana. Stando le cose in questa guisa, e impor- tante di non perdere un tempo superfluo nella ricapitolazione evoluzionistica. Certo e che ad un momento dato cessa la forza dell'eredita evoluzionistica; eppercio « 1'istruzione » che fa superare al fanciullo i termini raggiunti dagli avi nel pas- sato, non deve indugiare un istante nel condurre e collocare il fanciullo nella sfera umana che gli compete. Gli insegnanti sono seriamente ammoniti che le favole, per esempio, ed i racconti delle fate, sono un ritorno alia fase mistica delPuman genere;~che i giuochi del rincorrersi 1'un Faltro sono un ritorno alPera dell'uomo selvatico che va a caccia, e del bruto o del selvaggio che e inseguito. Per conseguenza, e cosa conveniente che i giuochi infantili siano, nel piu breve tempo possibile, adattati alia fase umana; come, per esempio, giuocare al ca- vallo e cocchiere, alia diligenza, ferrovia o tram elettrico. Di- sgraziatamente, la via dei ritorni ai periodi primitivi e, com'essi dicono, meno resistente. Eppercio il « giardino d'infanzia » ha un obbligo speciale che pesa sulle sue spalle: quello di non essere retrogrado nelle sue influenze.

Come tutto cio funzioni, lo vedremo brevemente in un pros- simo scritto sulla pratica pedagogica moderna.

NOTTE DI NATALE

BOZZETTO SICILIANO

Un raggio di luna, biancheggiando per la cella scura e umidiccia, scendeva a baciargli la fronte pallida, i ricci ne- rissimi, tacito e delicate come carezza materna.

E in quell'ora pel povero coatto, che pregava a ginocchi alia sponda del tavolaccio, aveano voci nuove, di tutta dolcezza, 1'acuta brezza marina e il flotto morto, che si frangeva spu- mando appie della casa di pena, e la cima svelta del vicino Stromboli coronata di vapori rossicci e Talito degli arauceti, che giungeva sino a lui come un saluto dalla costa lontana.

Udiva levarsi di fuori un indistinto concerto di voci festose, un chiamarsi e rispondersi amichevole e gaio in quel pitto- resco dialetto della sua Sicilia... e a quando a quando la cam- panetta unica del villaggio, che pareva cantasse anche lei colla sua voce argentina: Cristo oggi £ nato, venite, ado- riamo.... e piu in Ik una cornamusa che, avvicinandosi tratto tratto, con quelle note acute e come di preghiera pareva par- lasse di speranza ai poveri relegati.

Affranto dalla lunga veglia e come rapito da quegli ac- cordi, il poveretto, tra lacrimoso e sorridente, abbandonava il capo sul duro giaciglio e, mormorando parole di perdono, a poco a poco, cosi ginocchioni si addormentava.

Perche anche lui, il pavero Guido, 1'avea festeggiato tra quelle mura nude e ferrigne, il suo Natale; 1'avea festeggiato col candore d'ifti'anima onesta, afflittissima, e vero, ma pur rassegnata.

NOTTE DI NATALE 69

Onesto, ei 1'era sempre stato. Ah ! non era stato lui certo che quella sera di marzo aveva d'una facilata fatta la festa a Zio Liborio, il vecchio usuraio. Tra di campi e di vigne egli poteva dirsi agiato a dovizia per aver nulla a spartire con quelFarpia. E questi se n'era fatti dei nemici, succhiando il sangue dei poveretti!

Lui, Guido, non viveva che per Dio e per la sua Lilla, la •cuginetta divenuta da sei mesi sua sposa, la trovatella di Villa Lante che Massaro Gesualdo e 'Gna Margherita, ai quali san Cataldo glorioso non facea mai la grazia, avevano accolta in luogo di flgliuola e cresciuta come cosa santa, come la figlia della Madonna.

Era stato il brigadiere, quello scomunicataccio che avea fatta la guerra al Papa, e che, tomato in paese, avea preso a girare attorno alia sua Lilla, con quegli occhi di falco, quella montura che gli piangeva addosso e quel taschetto sempre sulle ventiquattro ; lui che, roso dall'invidia, aiutandosi di quel- 1'altro arnesaccio di Campiere Meno, aveva celato il vero col- pevole e fatta a lui, Guido, Yinfamita.

E il poverino si era visto ammanettare, condurre cosi a piedi a Palermo e di qui, sulla fede di quei due cani senz'anima, relegare alle Lipari.

Ma se gli uomini possono simiglianti infamie, o che nemmeno in cielo v'ha giustizia pei poveretti ?

Gosi Guido avea dubitato? Davvero che neppur lui avrebbe saputO ridirlo.

Gerto pero dall'istante in che, vedendosi tutto solo per la prima volta nella celletta della casa di pena, gli era balenato il pensiero cattivo, da quell'istante Guido avea smarrita la pace. Non aveva piu forza neppur di pregare.

Rivolava col pensiero alia sua Lilla e la rivedeva la sul banco delle Assise, pallida, pallida e stremata... e poi farsi di bragia e scoppiare in singnlti all' udir susurrarsi : To' la sfacciata, come ammicca il suo damo ! E non poter difenderla, lei il cuor suo, lei cosi giovanina! E pensare che quest' agonia durerebbe

70 NOTTE DI NATALE

ancora vent'anni ! Sentiva allora la sua fede farsi languidar languida...

E Pangioletto che la Lilla portava in seao?...

A questo pensiero poi un flotto di sangue gli martellava le temple, lo toglieva di senno. Levava il pugno convulse... e allora che imagini, che volti!

Erano spettri e demonii che gli straziavano la sua creatura, 1'anima dell'anima sua !... una ridda, una danza macabra che pareva ululasse : Vedi premio dell'onestk !...

Ed ei si contorceva ruggendo, cercando dominare quelle larve... ma allora era la figura del brigadiere che gli ghignava... e la montura gli piangeva addosso sempre piu, e quegli dima- grava, intisichiva, s'ischeletriva e squadrandogli phi e piu volte in faccia le dieci dita come contasse: Cento, susurrava, cento ai buoni in questa vita e poi... e poi...

Ma quell'incubo, quell'ossessione riusciva salutare all'anima umile e forte, che, ritrovando in quello spasimo la virtu di pregare : Dio, ^Cio mio ! ripeteva, non per me, no ! ma per quella mia poveretta!

E Dio visitava, 1'ergastolo del condannato.

II direttore della cam di pena, radunati, un giorno, i for- zati era a mezzo il dicembre in tono piu dell'usato pa- terno annunziava loro la visita di due missionarii dalla vicina Messina.

Figliuoli dicea quel signore per solito cosi burbero del male, sentite, non ve ne faranno, no certo, e del bene di sicuro : non foss' altro vi apprenderanno a portar meglio la vo- stra sciagura. E la mia strenna.

Un lampo di gioia negli occhi di molti, un tremito con- vulso in taluno di quei volti fatti stupidi dal dolore, un mor- morio di simpatia salutarono quest' annunzio. Solo qualcuno di quelli che avean trattato piu a lungo e da presso i signort

NOTTE DI NATALE 71

facevano, cosi per dire, gli spiriti forti: Gesuiti?... alia larga !

Ma il P. Salvatore e il P. Vito? Cento almeno dei miei lettori li conoscono : flguratevi se furono in angustie per «osi poco !

Vennero adunque. E la notte del Natale la casa di pena albergava un ospite di piu, 1' amico del prigioniero, prigioniero egli pure, il Dio degli sconsolati e dei poveretti. E quelle facce illuminate da una gioia serena e profonda dicean chiaro quai prodigi Egli operi in cuore di chi in Lui cerca conforto.

Fin dal primo di Guido avea ricuperata la calma. II vec- chio gesuita, 1'uomo senza cuore, 1'ebbe per poco ascoltato che, scorgendo tanto tesoro di virtu in mezzo a quella fogna <di ogni delitto, stringeasi lungamente al petto Pinfelicissimo...

Padre, chiedeva Guido col candor d'un fanciullo, lei pure tni crede reo perche sto qui all'isola?

No, no, anima cara, che anzi tutto faro per cavartene...

E le lacrime di quell'uomo, uso a tergerne tante, scorrevano mute e cocenti su quella fronte cosi giovane e solcata dal dolore.

Guido adunque quella notte sperava ancora, pregava. E mormorando: Lilla, tupure perdona... e quando verrk il no- stro angioletto insegna anche a lui a perdonare... chiudeva gli occhi al sonno, cosi ginocchioni, sorridendo come un bambino.

E rivedeva in sogno la culla del bimbo celeste e intorno a quella una gloria di testoline bionde, rosate... ed una fra tutte che gli sorrideva carezzandolo di uno sguardo lungo, amorevole... lo sguardo innocente, il sorriso buono della sua Lilla...

E la cornamusa liparota moltiplicava i suoi accordi, or fle- bili or trillanti, sotto la casa dipena, bagnata dal flotto morto del Tirreno.

72 NOTTE DI NATALB

Quella sera al palazzo del Fioralice, Ik alia Marina, fer- veva un insolito tramestio. Quella casa di solito era cosi muta e several... la contessa Luigia parea vi riflettesse 1'immenso vuoto dell'anima sua, il suo dolor senza fine.

Yesliva sempre a bruno, riceveva poco o punto : ma era poi cosi buona con tutti e faceva altrui si gran bene, lei che tanto male ne avea ricevuto!

Comunque si fosse, nel vecchio palazzo merlato, di quel- 1'ordine mis to di gotico e di moresco che dice cosi bene la tra i fantastici giardini di Palermo, notavi quella sera un va e vieni frettoloso della servitu, quel rnovimento un po' con- fuso che accompagna un servizio insolito, non previsto.

- Ma che? la carita!... la carita ha i suoi limiti, bimba mia, borbottava il vecchio maggiordomo, la carita! usque ad aras, come dice Don Prosdocimo il ragioniere... ed io tra- duco: sino alle infreddature, ai malanni. E che! non bastava aver preparato con tanto amore il cestino del poverello? Bi- sogna proprio che la signora si scomodi lei stessa... a quat- tr'ore di notte?

Gia,- ripigliava la Giannina con quel suo sorriso biric- chino, gi£, articolo primo, non e il cestino del poverello che noi recheremo in chiesa, zietto del cuore, ma il corredino del Bambino Gesu; cosi dunque...

Ma la ti par giusta che la signora abbia a scomodarsi...

A quattr'ore di notte! dico bene?

Zitta! lei cosi malandata? Gli e ch'io la ho vista na- scere, la ho vista ; e la sua salute mi preme.

E anche quella di un certo Don Giacomo maggior- domo: non e cosi?

Si, si, si e anche la tua, monella che non sei altro, tu che ami sempre di sgambettare perche si ammirino i tuoi begli occhi.

Oh ! oh ! sono anche belli ?,.. ma vedi zio che mi fa il galante! Senti, zietto, prosegui la buona fanciulla carezzan-

NOTTE DI NAT ALE 73

dogli i capelli, facciamo il bene allegramente, come dice la signora,... la quale, sia detto tra virgole, non e poi una pasqua, lei che ne fa tanto del bene!...

Cosi, cosi... -- sospiro il vecchio avviandosi -- cosi da vent'anni! Vent' anni, e tentennava il capo in atto di com- passione, vent'anni dal di in che fu rapita la bimba... e il conte poi ne mori di dolore! Poveri signori! Povera casa!...

La Giannina, seguendo cogli occhi umidicci il buon vecchio, si die un'uHima ravviatina, caccio dentro la cuffietta bianca un ricciolo impertinente e corse a cercare il cestellino di Nalale.

Era, giusta 1' usanza dei signori siciliani, un corbello di vimini bianchi finissimi dove tra uno sfoggio di trine e di raso cilestro era disposto e sparso di fieri spicciolati tutto un corredo da bambino, lavoro della signora e della buona Giannina.

II costume porta che si mandi in dono alia, chiesa, dove il curato ne regala, dopo il battesimo, qucl bambino che sia nato la notte istessa.

0 se non ne nasce nessuno!... 0 se due?

Che dimande? State buoni!

Questa volta pero la contessa volea far le cose per be- nino. Gia conosceva la storia della Lilla, venuta a dimorare per quel suo processo in una casetta del vicinato. E quando, verso il mezzodi, apprese die la poverina gemeva tra gli spa- simi di un parto affrettatole da tanti dolori, la buona signora prese a pregare per la meschina per cui,persuasa com'era del- 1'innocenza di Guido, sentiva in cuore vivissima simpatia.

Quando dunque sulle dieci ore riseppe che un angioletto era sceso a sorridere nella modesta - casetta, abbandonandosi a un impulso gentile: Giannina, cliceva, fate presto attac- care. Andremo insieme in chiesa ed io saro la madrina.

Figurarsi se la Lilla fu consolata e contenta, ella che, ba- ciando per la prima volta la sua creaturina, priva di quelle feste e di quegli agi di che in altri tempi 1'avrebbe circondata :

74 NOTTE DI NATALE

Come il Bambino, aveva mormorato cogli occhi gonfii di pianto, come il Bambino di Betlem.

Scoccava la mezzanotte quando il gruppo signorile facea in chiesa il suo ingresso fra un bisbiglio di approvazione e, scortato dalle figlie di Maria in due file, bianchi i veli, bian- che le vesti, avviavasi al sacro fonte.

La gran dama, abbrunata sempre, pareva trasfigurata. In quel volto su cui leggevi di solito il piu grande dei dolori, una maternita straziata, sentimenti nuovi imprimevano uua bellezza ideale. Ora fissava sorridendo il bimbo che le dormia sulle braccia tra una nube di veli... un bocciuolo di rosa sulla neve del campo.

Alia sua destra la Giannina recava il cestellino di Natale. A sinistra Giacomo il maggiordomo, serio e impettito nel suo lungo abito gallonato d'oro, col tricorno sotto il braccio e in. un vassoio d'argento il regalo del battesimo pei poveri della parrocchia.

Sostarono.

Luigi, chiedeva il sacerdote, credi tu nel Dio dei cieli che ti ha creato?.. credi tu nel Dio che si fece per te 1'uomo del dolore?... E con sentimento di fede la gran dama rispondeva pel suo protetto: Credo.

Si: ella credeva nel Dio degli umili e degli sconsolati, ella che delPumilta conosceva il mistero, ella che del dolore sentiva cosi viva la punta ! Ella credeva per se, per la creaturina ignara tuttavia della vita...

E 1'acqua misteriosa scendeva sulla fronte del bimbo a dischiudergli gli orizzonti infiniti.

Sorrideva 1'angioletto alia pia signora, fissando in lei i grandi occhi celesti, e quella tremava, trasaliva convulsa, quasi ritro- vasse in quel punto le gioie tutte di un tempo.

A stento si fu tratta a pie dell'altare che, sollevando il pic- cino in atto di offerta : Gesu, mormorava, tu mi dai nuovi dolori da lenire, tre angeli da consolare e difendere... io li prendo, Gesu, da quest'ora son rniei.

NOTTE DI NATALE 75

Tre anni scorsero di per di da quel natale benedetto, tre lunghi anni pero, di lacrime inconsolabili pei due poveretti, •d'inutili tentativi per la signora. I due testimoni eran la, ne sconfessavano : la legge manteneva i suoi diritti, inesorabile.

In casa Fioralice Lilla era piu che donna di compagnia, poco men che flgliuola.

La gran dama non si saziava di leggere in quegli occhi innocenti, in quel sorriso buono lo splendore di un'anima cosi simigliante alia sua. Fatte per intendersi, quelle due anime si confondeano in un affetto pieno di abbandono, che nell'una non era piu sola carita, nell'altra non piu sola riconoscenza. Qual era quel nuovo e quasi istintivo sentimento, che ne 1'una forse ne 1'altra intendeva? Perche la giovinetta palpitava tra le braccia della signora quando questa le mormorava : Lilla, figliuola mia,... un cuor mel dice: io ti rendero il tuo Guido? Perche la signora treraava al posar le labbra su quella fronte di neve allorche la gentile creatura: Potessi anch'io, rispon- deva, renderle la sua figliuola? Ma la Gilda, Tangioletta di pochi mesi, era morta... era morta di certo. Chi Tavea morta cosi piccina ? E perche ? Astio, forse, invidia, vendetta ? Chi poteva ridirlo? E oggi pure chi lo potrebbe?

Chi trionfava pero fra tante araorevolezze era Gino il pic- colo re di quella casa, il re di cuori come gli avea posto nome Giannina, lei che il bambinello, imbeccato dal vecchio Giacomo, chiamava trillando : donna di picche.

Egli veniva su buono tanto e carino ! Aveva ereditata la pieta del suo babbo, il candore della sua mamma! Quando sull'imbru- nire il piccino ripeteva sulle ginocchia materne la sua pre- ghiera, sembrava ne meditasse 3 intendesse ogui parola, mentr,e con quella vocina di angelo : Bambino, ripeteva, bambino del paradiso, rendimi il mio babbo, non lasciare soffrir piu a lungo la mamma... ed io saro buono. Rendici il babbo e pi- gliati, se vuoi, la nostra vita.

76 NOTTE DI NAT ALE

E i grand! occhi del fanciullo si velavano... Oh! non vi avea dunque un angelo che portasse al cielo quelte lacrime?

Quel mattino intanto Gino si godeva i rezzi della Villa Giulia, il gioiello della cilia felice. Colla Giannina giocava a rimpiattino, ma quando, quatto quatto dietro ua cespuglio, se la vedeva sgusciar davanti lesta e spensierata come una passeretta, non sapeva frenare un trillo argentine e quella a voltarsi di scatto,... ed egli era scoperto e correa tra le braccia della buona fanciulla e allora eran risa!.... E lei gli sflorava una guancia accesa dal soverchio correre mentre, re- candoselo sulle ginocchia, proferiva lenta, insinuante una ma- gica parolina: C'era una volla... Ed egli allora ad ascoltarla a lungo immobile, sgranando i begli occhi di cielo. Erano

«... Storie vecchie, infantili « Di castelli, di fate, di valletti gentili »

fanciulle dai capelli d'oro, draghi coll'ali... E il Re diceva alia fatina buona :

« Io non ho figli, fata: suvvia fammi un bambino, « I dentini di latte e le labbra di vino. »

E la fata a cogliere una rosa piccina e toccarla colla sua verga di smeraldo, una... due... tre e paffete ne scattava fuori 1'erede del trono. Ma poscia giungevano mascherina-verde e berret- tina-rossa, le due fatine puntigliose, e tu tira di Ik ch' io tiro- di qua, che e, che non e? te Io cambiavano in un flauto fle- bile, doloroso,... con quel che segue, che la Giannina la sapea lunga, ma lunga assai.

E non sapeva il piccolo re di cuori che sotto tanta gal- loria i fldi soggetti, di cui formava la felicita, celayano una vera cospirazione.

Al palazzo infatti la contessa e la Lilla erano in faccende dattorno a un presepio, la gentile creazione del Poeta di As- sisi. Questo pero era di piu'un vero gioiello d'arte, una ri- produzione quasi dissi fotograflca di luoghi e costumi. Una

NOTTE DI NATALE 77

ricchezza di famiglia, che la contessa traeva fuori dai vecchi armadi per rallegrarne il Natale del suo bambino. E non potea dirlo suo, ella che gli avea posto tutto il suo amore ?

Uno sfondo di arazzo ritraeva le colline lieveraente ondu- late della Palestina, e le cabe e le torri, e i tetti d'oro della santa cittk: un paesaggio lunare di tutta bellezza. Le collinette di sughero poi, gli alberi, i prati, i torrenti, la grotta, mezzo grotta mezzo capanna, ricordavano fln nelle particolaritk piu minute il teatro del mistero. Qui le macerie d?un vecchio acque- dotto, piu lungi una tomba giudea, poi la maghreb dei pastori cogli arrnenti sbandati e la torre in rovina, e in fondo, la sulla via del deserto, sotto un gruppo di palme tutta una ca- rovana intenta a una Stella, i re magi.

Si lavorava appunto a disporgli nel modo piu artistico, e la Lilla porgeva alia signora con un sorriso il re moro, fiera- mente campato sul suo dromedario, allorchfe si udi una scam- panellata e il maggiordomo comparve sulla soglia:

Un telegramma per la signora.

Lilla coll'usata sua delicatezza usci, per rintracciare non so che cammelliere.

La contessa lacero la busta e corse cogli occhi alia se- gnatura: 11 P. Salvatore! sclamo; ma non pote legger piu oltre. Tremava a verga a verga, sudava convulsa.

E quando si riebbe: Brigadier e morto, balbettu tor- nando a leggere, morto confessando innocenza Guido... li- berta ottenuta...

Due righe di lacrime le solcarono il volto accesissimo, ma aveva negli occhi un lampo di gioia inflnita.

Si aggrappo alia seggiola temendo di venir meno. Ma alFaprir le mani, addio Re Melchiorre!.. patatrac!... chi glielo avrebbe detto che dovea pagar proprio lui pel brigadiere?...

Povero re moro ! borbotto il vecchio, non sapendo se dovesse chinarsi a raccattarne i pezzi o chiamar al soccorso per la sua signora.

Ma questa: Zitto, rnormoro riavendosi, zitto, non dir nulla : arriva Guido stanotte e tu andrai ad incontrarlo.

78 NOTTE DI NATALB

L'avean posto a letto col primo crepuscolo proprio come gli uccelletti, e il piccolo re di cuori, stanco dal grande ar- meggiare della mattina, vi si era rassegnato di buon animo. Ma avea ancora un dubbio: Perche mai ban chiuso 1'uscio che mette al salone grande? 0 che entrerk di Ik forse, il Bambino?

Ch i sa ? rispondea la mamma, baciandolo sui capelli per celargli un sorriso.

Ma verrk poi davvero?... oh! voglio dirgli ancora pel babbo, voglio dirgli...

E ripetendo: Babbo... Bambino... con una manina al collo della sua mamma, pari ad un uccelletto in quel lettucdo bianco e lindo come un nido, si addormento.

Mezzanotte scocco solenne fra 1'allegro vocio della cittk in festa. Ed ecco schiudersi d' un tratto la porta misteriosa e apparire in tutta la sua leggiadria la grotta fra una gloria di lumi. Due pastori nascosti dietro una cortina dieder flato alle cornamuse e, mentre udivasi una festosa strappata al cam- panello di casa, la voce trillante della Giannina intono soa- vissima :

Tu scendi dalle stelle,

0 Re del Cielo, E vieui in una grotta Al freddo, al gelo...

Al repentino barbaglio, alle note improvvise si scuote il bimbo, siede a mezzo il lettuccio volgendo intorno i grandi occhi azzurri come trasognato, lacrima, sorride, trema con- vulso,... all' ultimo balza giu dal lettuccio e cerrendo cosi mezzo nudo a pife della grotta : Sar6 buono, comincia come fuori

di se, saro buono, Bambino ma tu rendimi il mio babbo e

togli, se vuoi, la mia vita...

No, no angelo caro!... Era Guido che lo stringeva fra le braccia, troncandogli le parole coi baci. No, angelo buono! il tuo babbo £ qui e la tua vita gli e preziosa troppo...

NOTTE DI NATALE 79

Scolori la povera Lilla, strozzata da un groppo di pianto.

Lilla, Lilla, fanciulla mia !... fece il povero marito al- largando confuse le braccia.

La contessa vi spinse la giovinetta. Ma questa, arrove- sciando il capo sull'omero del suo Guido: -- E troppo... e troppo... diceva a flor di labbra e cadea tramortita.

Mamma, mamma, gridava Tangioletto aggrappandosi a lei e carezzandola, - mamma, non mi morire!

E la signora le sflbbiava la veste sul collo, bagnandole d'acqua fredda le tempie... Quand'eccola appuntar un dito sovra una viva macchia rossa che spiccava come un fiore sotto il collo di neve della svenuta, e scolorandosi alia sua volta e giun- gendo levate le mani in atto di angoscia:

Guido, sclamava, Guido, ditemi per carita, pel poco che ho fatto per voi: la Lilla era flgliuola vera dei contadini di Sala?

No signora, e sudava freddo e tremava, no signora: a me solo il rivelarono: Lilla & una trovatella...

Dell'ospizio ?... fece quella fremendo.

No, no; la raccattarono all'angolo di Villa Lante...

La villa della Signora! proruppero Giacomo e laGiannina. Ma la gran dama piu non gli udiva. Era caduta a ginocchi,

avvinghiandosi alia svenuta. Sotto il fuoco dei suoi baci Lilla aperse gli occhi e reclino il capo su quel seno anelante.

E la contessa, sedato il primo impeto, sorridendole con amore infinito: Gdlda, le disse soave, Gilda,... la mia flgliuola !...

Nonna, interrogava pensosamente il minuscolo contino di Fioralice, puntando un ditino al presepio, nonna, e quegli altri due Ik che aleggiano sulla grotta?

Tu dovresti conoscerli, rispose col suo piu bel bacio la contessa Luigia, sono gli angeli piu cari a Gesu : Vangelo delVinnocenza e I'angelo della preghiera...

RIVISTA BELLA STAMPA

Prof. GIOVANNI ROSSIGXOLT. --11 Determiniamo nella socioloyia posi- tt'ra. Nnova rirendica^ione del libero arbitrio contra sofismi •uuori o rinnovellati. Siena, tip. edit. S. Bernardino, 1895. Un opusc. di pagg. 85 in pice.

II ch. Autore ci presenta in questo suo opuscolo una compiuta nionografia etico-filosofica del Deter minis mo, mettendolo in mostra quale 6 in so stesso e tratteggiandone lo magagne. II determinismo e parte della soc/'ologia positiva ; e come indica la voce, onde si nomina, sosticne non essere 1'uomo padrone o signore clegli atti della stia volonta, ma esservi determinate da cause fisiche o mo- rali di modo, che gli parra di esser libero, nientre nel fatto non e: in una parola e la neyaxione del Uhero arbitrio. Esso scaturi dalla scuola di A. Comte. Dalla quale, tra le altre luminose opinioni scien- tlfiche, usci la idea sonsistica, che figlio due portentose gemelle, di cui 1'una 0 quella, che eguaglia 1'uomo all'animale, salvo un solo grado di superioro nobilta bestiale, 1'altra e quella che fa 1'uomo privo del liboro arbitrio, negandoglielo assolutamente, ossia il Deter-

11 ch. Autore fu indotto a scriverne la nionografia etico-filosofica clal veclere, come cotesto strano errore si divulghi dalle cattedre uni- vcrsitarie in Francia, in Germania e nelle nostrali, ed escano per le stampe volumi soritti da uomini d'ingegno a sostegno del mede- simo, e questo con tale ardore, come se fosse una verita lampante uscita qual nuovo sole ad illuminare ]o menti umane, manciple di una volgare illusione fino dall'inizio dei secoli. II ch. Autore, for- uito di ampia cognizione di cotesti volumi e dei filosofi antichi e di quelli, che precedettero i moderni, stiinge e incalza da ogui lato 1'errore: cita le obbiezioni, che si oppongono al. libero arbitrio e le dissolve, apporta gli argomenti, che i piu grandi maestri in deter- minismo adoperano in favore del loro errore e te li annienta con un limpido e serrate ragionare. Egli possiede la materia del suo argomento, e percio signoreggia gli avversarii in ogni punto della

RIVISTA BELLA STAMP A 81

sua trattazione. Gli equivoci, le definizioni inesatte, le ipotesi cam- pate in aria, gli assurdi, a cui necessariamente si perviene, ed altret- tali siniili gemme scientifiche sono messe in bella mostra e fatte luccicare agli occhi del lettore nel loro falso bagliore.

L'opuscolo e partito in dieci paragrafi, a cui va innanzi una introduzione ai lettori. II determinismo ebbe sostenitori fra gli antichi filosofi. tacque nel medio evo, die qualche sentore di so in sul finire di esso, piu spiccata alz6 la voce a' tempi di Lutero, di Calvino e di altri loro pari, piu forte si fe' udire uel secolo scorso ; ma a' di nostri impegno una lotta di coltello contro il libero arbitrio. Pre- messo questo sunto storjco ben disegnato, eccovi la tesi che intende propugnare il ch. Autore : « Cume e assurdo il liberalismo dei deter- ministi, cosi e assurda la loro criminologia (§. 1). » Imperocche, con- siderate il determinismo in se stesso, abolisce la liberta civile, come diritto nafurale (§. 2), ed e la negazione del diritto penale (§. 3). Chi si fa ad esaminare i suoi argomenti, ben tosto si avvede, che si appoggiano su qnattro equivoci ; i quali riescono a con- fondere; il fatto della libertiX colla iuterpretazioue scientin'ca di esso; la liberta col capriccio; la liberta colla spontaneita; la liberta colla ragione. Sgombrato 1'animo da codesti equivoci colla luce del vero, cadono ad un tratto tutte le difficolta piu appa- riscent.i, che i deterministi hanno mosso contro il libero arbitrio, ed apparisce immoto 1'ordiue morale, giuridico e sociale qual torre, che non crolla contro al soffiare dei venti deterministi. Difatti. au- nientata col libero arbitrio la imputabilita, figlia della liberta. che rimarrebbe nel mondo? Xon altro che il diritto della forza (§. IV).

Xon e cosi, oppongono qui il Fouillee e lo Spencer : con oscete voi a fondo, essi dicono, tutto il vostro essere fisiologico, psicologico e morale, tutto 1' intreccio e tutta la storia della vostra psiche ? Or bene, se uon si conosce nulla di questo od in mi sura assai scarsa, niuno pud dire: io sono libero; e chi lo dice 6 un illuso. Cos! argomentano questi due grandi maestri coutro il fatto del libero arbitrio. A cotesto argomento di ricambio rispondesi: Xiuno conosce con sicurezza I'artifizio che adopera la natura nella formazione di quel pane, di quelle frutta, di quella carue che serve di nutri- mento alFuomo sotto il larorio della vitalita. Eppure chi oserebbe negare il fatto ? Xiuno per fermo. Dicasi altrettanto del libero arbi- trio. Xelle obbiezioni determiuiste evidentemente si confonde il fatto del libero arbitrio colla interpretazione scientifica del medesinio. Solenne equivoco ! (§.Y). Tornano alia carica il Fouillee e il Wundt scrivendo : posto il vostro principle, Fatto libero sarebbe una specie

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1117. 6 24 dicembre 1S96.

82 RIVISTA

di creazione ex-nihilo, ovvero una produzione senza causa. Eisposta : esaminate voi stessi : nelle vostre determinazioni voi mirate ad un fine, e questo fine S un bene appreso come tale, il quale tanto piu vi stimola all'opera, quanto e piu forte 1'allettamento, che vi oflfre: eccovi in ultima analisi il motivo: niotivo per niun conto necessi- tante, rimanendo sempre libera la volonta ad accettare od a respin- gere 1'offerta a suo grado. I deterministi equivocando suppongono, che il principio di causalita sia necessitante di sua natura (§. YI). Indi si passa al terzo equivoco, il quale consiste nella povera con- fusione tra la liberta del volere e la spontaneita dell' appetite sensibile: fatta un po'di luce su cid che spetta alia prima e alia seconda, 1'equi- voco scomparisce (§. YII). Ma non sempre la liberta corre diritto; accade che ella si arresti a fronte degli ostacoli, che inceppane e travolgono il suo moto libero (§. YIII). Qui si affaccia il quarto equivoco, il quale e una confusione tra la libera volonta e la ra- gione. Libera e la volonta, ma essendole maestra e duce la ragione, fate che questa sia ottenebrata dall'errore, dal pregiudizio e dalla passione, fallace sara il suo giudizio, che serve di guida alia vo- lonta e questa, qual nave condotta da mendace nocchiero, dara si- curamente attraverso (§. IX). Concorrono a questo alcune cause accecanti, la varieta dei temperamenti e dei caratteri, dei quali si ha un quadro colle varieta delle tendenze dei medesimi in sulla fine del libro (§. X). Di qui si vede quanta e quale forza abbia 1'educazione cristiana a correzione dei medesimi, disciplinata sotto la infallibile norma dataci da Cristo in queWabneget semetipsum. Se un giovinetto pigliera cattiva piega, difficilmente si raddrizzera appresso: viceversa se pieghera al bene sottoposto a questo soave giogo del vangelo, fanciullo, giovine maturo, e vecchio vi durpra saldo contro 1'urto delle passioni.

Terminiamo questa rivista con un fatto storico, col quale si dimostra quanto valgano i nuovi orizzonti scoperti dai nostri maestri in determinismo non meno su la cattedra, che nei loro volumi. Omettiamo la enumerazione dei molteplici mezzi, che essi hanno adoperato e adoperano per dare un fondamento sodo alia loro teo- rica, che abbiamo in parte descritta nella rivista del bel volume pubblicato per le stampe dal ch. Pellizzari 1. Nel 1885 si tenne in Roma un congresso antropologico internazionale criininale. I grandi maestri e i loro discepoli vi trassero in buon numero.

II fatto del libero arbitrio usciva cosi malconcio dai loro discorsi, ©he era disdegnato qual ciarpa vecchia da gittarsi al dileggio co-

1 V. quaderno 1101.

DELLA STAMPA 83

mime. Vi fir chi ebbe il coraggio di levarsi alia difesa e disse : « lo sono libero, perch& mi sento libero. » Fu il Righi. II Molescott non si tenne al suono di questa voce cosi ragionevole : scattd qual molla di sotto al pressoio, e ruppe in queste parole : « La dichia- razione del preopinante ha lo stesso valore come se avesse detto : e il sole che si leva, perchd io lo vedo. Per me la quistione e risolta, ed essa e la base dei nostri lavori. » Uno scoppio di battimani e di applausi segui cotesta sentenza, niuno avvedendosi, che cotale sentenza confondeva la percezione dei sensi coll' intuito del fatto del libero arbitrio immanente nella coscienza dell' uomo l. Ma se fu malcapitato il Righi in cotesto Congresso, ne uscirono peggio che malcapitati i capi di esso nei due Congressi antropologici criminali adunatisi in Parigi nel 1889 ed in Bruxelles nel 1892 2. Nel primo la dottrina del Lombroso, circa il delinquente-nato e il delinquente d'oeeaswne vi fu rifiutata, perche le anomalie, che egli ha tro- vato nei delinquent! abbondano anche nelle persone oneste ; per- che tra il Lombroso e i suoi discepoli non vi e accordo nell' asse- gnare i caratteri organici nei delinquent!; perchS le passioni non dome e gli abiti radicati modificano a poco a poco il sistema muscolare ed il nervoso nei delinquent!, di guisa che nel loro volto si legge scolpita 1'abitudine del delitto. Al Congresso di Bruxelles i maestri della scuola aDtropologica non coniparvero sotto colore di un pretesto di niuu conto. Ma anche in questo tocco loro una di- sfatta; imperocche, dopo una stringata e forte relazione del Manou- vrier, istituitasi una grave discussione, fu conchiuso alia fine colla condanna in sentenza definitiva della teorica del tipo delinquente anatomicamente determinata, e si rifiuto parimente il concetto di un delitto, come se fosse un fenomeno bio-patologico. Dal 23 al 29 di agosto dell'anno stante si tenne il quarto Congresso d'antropologia criminale in Ginevra. Yi apparirono il Lombroso, il Ferri, il Gra- rofolo, il Morselli ed altri professori nostrali. II Lombroso, colto il destro di una sua comunicazione, tornd alle sue prime teoriche, benche modificate ne' suoi scritti susseguenti. Qui il dottor Dallemagne gli assestO una buona picchiatina, dicendo : « 0 il Lombroso tiene ferme le sue prime dottrine, o no. Ce lo dica. Griacche, se egli sta saldo in esse nonostante le sue posteriori modificazioni, e ritratta le concessioni che ha dovuto fare sotto il lume delle prove lam- panti in contrario, 1' antropologia criminale e la sua riputazione se ne sono ite e non contano piu nulla. » Sorta appresso la questione

1 Pag. 42, 43

2 Pag. 24.

84 RIVISTA

intorno al diritto naturale ed al libero arbitrio, 1'abbate De Baets difese energicamente F uno e 1'altro contro un cotale che sosteneva doversi tutto questo alia evoluzione. Parld pure il Perri intorno a questo argomento e dicendo avervi due teorie, la materialista e la spiritualista, conchiuse non ammettere ne 1' una ne 1'altra ed in ispecie la seconda siccome cosa dei crodenti : « Non essere egli uno di questi e professare Fateismo. » Questa conclusione gli fruttd una gentile toccatina da parte del Le Jeune. « II sig. Ferri, sog- giunse egli, ha dichiarato di essere ateo ; del che io non 1'aveva chiesto. Quanto a me non credo, che vi possrt essere alcuno vera- mente ateo. »

In conclusione, da cio che dis'se il Ferri nei suoi discorsi, la scuola antropologica italiana ha dovuto indietreggiare e darsi per vinta su parecchi punti delle sue teoriche, magnificate quali nuovi orizzonti scientifici. Lo stesso Lombroso in una sua relazione fe capire, come noto Le Jeune, che alia fin de' conti il delinquente-nato e un ma- lato da doversi curare coi mezzi chirurgici, in luogo acconcio, sotto 1'intlusso della morale e della religione cougiunta ad una cura medicale 1. Non vi e dubbio, 1' aver tentato nuove vie per chiarire le origini e le cause del delitto, e gli studii costanti ed unanimi che hanno fatto i nostri professori intorno a questo tema tornano loro ad onore ; ma dovevano usare maggior modestia, e non gittare il di- sprezzo sopra la scienza che da secoli campeggiava, negaudo asso- lutamente il libero arbitrio e condannandolo, come se fosse stato e sia una illusione signoreggiante dall' inizio dei secoli le menti di tanti ingegni, che fiorirono ed illustrarono il mondo coi loro dotti ed iusigni volumi senza numero.

II.

HKXRI DE L'EPINOIS. Les Catacombes de Rome. Nouvelle edition revue et augmentee de plusieurs appendices par M. PAUL ALLA.RD. Ouvrage orne de dix-sept planches d'apres les fresques des Cata- combes. Bruxelles, A. Yromant (rue de la Chapelle, 3), 1895, di pp. 292.

« II presente libro non pretende d'essere un libro scientifico ; si bene riassumendo le opere di uomini scienziati vuol farle conoscere, leggere, amare. » Cosi scriveva il compianto Autore nella prefazione delle due precedent! edizioni del 1874 e del 1879. Questa terza, ritoccata e condotta fino al preseute stato degli studii da quelPesimio storico de' primi secoli cristiani che e 1'Allard, conserva il mede-

1 Vedi Eevue Neo-Scolastiqne, n. 4, 1896.

BELLA STAMPA 85

simo intento, ed e quindi diretta, non propriamente ai dotti, ma alle persone colte del mondo, ai sacerdoti che non possono appli- carsi a studii piu ampii in tale materia, ai giovani seminaristi che hanno bisogno d'incentivo agli studii piu maturi per mezzo di letture sode, attraenti, meglio proporzionate alia loro presente col- tura ed al tempo onde attualmente possono disporre.

Peru 1'Autore, come nota 1'Allard, « ha voluto sovra ogni cosa mostrare a'fedeli come debbano appoggiare la pieta alia scienza e come debbano quindi farsi un concetto esatto delle origini della Chiesa, te- nendosi egualmente in guardia e dalla sfiducia, ingiuriosa a venerabili tradizioni, e dalla credulita eccessiva pertntto ci6 che e leggenda seuza autorita. Per raggiungere questo fine non poteva scegliere miglior via di quella che ha scelto di fatto: prendere cioe come guida il De Rossi, togliere da questo genio tanto sicuro e tan to moderate il lume necessario a penetrare nel fondo della Roma sotterrauea, e visitare, seguendo i suoi passi, qual pellegrino istruito e rispettoso, le tombe de' martiri, i cimiteri degli antichi cristiani, i primi san- tuarii della Chiesa nascente (p. 5). »

Precede ne' primi tre capi un riassunto storico degli studii sulle catacombe, ricominciati nel secolo XVI dopo lungo oblio, e delle varie vicende che subirono fino al massimo loro fiore, raggiuuto ai di nostri per opera specialmente del De Rossi e del nietodo eccel- lente della sua scuola. Seguono cinque capitoli, che divisano la storia delle catacombe in altrettanti grandi periocli, da' primissimi tempi fiuo alia pace di Costantino, al sorgere delle basiliche ed alle susseguenti traslazioni delle reliquie dei martiri nell'interno della citta. Cos! le catacombe, prima per qualche tempo restarono meta di pii pellegrinaggi; piu tardi a poco a poco s'andarono abbando- nando, fin che rimasero pressoche del tutto dimenticate, di parec- chie anzi perdendosene ben anco la traccia. L' autore non tralascia a suo luogo di notare le false opiuioni che ebbero corso in que- ste materie e che tuttavia si vanuo ripetendo da alcuni ; mentre pure sono apertamente contrarie ai fatti. che le scoperte audarono comprovando. Cos! p. e., ricorda come il p. Marchi dimostrasse pel prirao', le catacombe non essere per nulla antiche arenarie, ado- perate in luogo di cimitero. bensi veri sotterranei scavati espres- samente ael tufo dai cristiani per seppellirvi i defunti (p. 55 e segg.). Piu innanzi dimostra come i fedeli non avevano nessun bisoguo di celebrare di nascosto la memoria de' morti nelle catacombe, poiche la legge ne dava loro diritto. « Les Chretiens ne coustituaieut pas vis-a-vis du gouvernement une societe secrete, Us ont an contraire

86 RIVISTA BELLA. STAMPA

formS une association legate, dont le gouvernement a vio!6 le droit lorsqu'il 1'a pers6cutee (p. 88). » La quale tesi viene poi ampiamente provata nelle pagine seguenti.

La seconda parte dell'opera, dal capo X in poi, tratta del sim- bolismo cristiano nelle pitture e scolture delle catacombe e del modo onde solevansi rappresentare i misteri della fede, i sacra- menti, la vita avvenire, il culto della Yergine e de' Santi, la Chiesa, il Primato del Eomano Pontefice. La storia della Chiesa ne va sin- golarmente illustrata ed in ispecie la teologia trova su quelle mura, entro quegli arcosolii, su que' sarcofagi, in quelle iscrizioni argo- menti nuovi e preziosi a conferma della verita rivelata. « Nulla ci annunzia quella lenta formazione de' dogmi, onde parla il razio- nalismo; niente ci dimostra che la religione siasi a poco a poco caricata di favole, tutto invece ci rivela la perpetuita e 1'unifor- mita della dottrina. Pu6 darsi, e si ebbe di fatto, un vero progresso nella maniera di presentare un emblema, di ricordare una credenza, secondo che la pace e la liberta francavano la Chiesa dagli impacci della disciplina dell'arcano (p. 250). » E 1'Autore continua osser- vando, come a difesa della verita, negli studii archeologici delle oatacombe, Iddio ci abbia posto in mano una nuova e possente arma contro la falsa scienza del secolo presente, la quale, con la sua critica raffinata, tutto vuole mettere in dubbio, tutto distruggere. « Qual soddisfazione pel prete, pel fedele, e scoprire questi nuovi orizzonti, tornare a' prinii giorni della religione, ed in faccia ai furori dell'empieta, ravvivar la sua fede, a Roma, sulle tombe de' martiri ! Ah, lo studio ! Vasto e" il suo campo, illimitata la sua ricchezza! Per la gioventu specialmente e 1'idea del lavoro che prelude agli anni maturi della vita, e 1'esercizio maschio delle fa- colta dello spirito e delle forze dell'anima; pel prete, dev'essere qualche cosa di piii ancora... E proprio de' cattolici andare in cerca di questi piaceri delicati e di queste nobili gioie; sarebbe altri- menti studio vano, se la scienza non dimostrasse la verita, e se la dimostrazione della verita non suscitasse dal fondo del cuore una preghiera (p. 253). »

Ed infatti ce livre est un acte de foi, dice 1'Allard (p. 5), ed ogni lettore che lo prenda in mano sentira quest'atto di fede en- trargli nell'anima. II libro per giunta non ha nulla di arido e ben meriterebbe d'essere tradotto nella nostra lingua per essere diffuse piu largamente, come s' e detto, tra' giovani e tra le persone colte del mondo, non escluse le signore e le signorine, che alle frivole letture preferiscono le cose sode, ma pur sempre attraenti.

BIBLIOGRAFIA

AMBROSINI A., prof.; VERGANO N., prof. Sillabario e libro di lettura per la prima Classe elementare maschile e femminile. 16* di pp. 132. Cent. 55.

Libro di lettura per la seconda Classe elementare maschile e feiM- minile. 16° di pp. 102. -- Cent. 70.

Libro di lettura per la terza Classe elementare maschile e femmi- nile. 16° di pp. 160. -- Cent. 90.

Compilati in conformita dei Programmi ministeriali 29 novembre 1894, con la collaborazione del sac. Luigi Casanova, rettore dell'Istituto dei Sordomuti poveri di campagna in Milano. Milano, E. Trevisini editore, 1896.

Sono libri benfatti, bene stampati, steriali, e, cio che e piu, alia legge adorni di molte belle figurine, con- di Gesu Cristo, salvo qualche spruzzo formi ai vigenti programmi mint- d' italianismo moderno.

BACCOLO P. ERMENEGILDO, S. I. Manuale d'esercizii di devo- zione e di preghiere, offerto ai Fratelli coadiutori della Compagnia di Gesu. Venecia, tip. Emiliana, 1896, in 32° di pp. 390. Vi 6 una raccolta di preghiere e una quarta di novene e tridui in di esercizii divoti ; un'altra di me- onore dei Santi e Beati della Com- ditazioni e considerazioni ; una terza pagnia di Gesu. Quindi il libro e di sacre novene in onore di Gesu utilissimo a molte altre persone, Cristo, della Vergine e d'alcuni santi, oltre quelle a cui £ offerto.

CARTASEGNA DOMENICO, mons. Institutiones Theologiae Dogma- ticae Moralis probatis auctoribus excerptae a Dominico Cartasegna sacerdote, ab intimo cubiculo Leonis XIII P. M., Aedis Metropo- litanae Canonico et in Seminario Archiepiscopali Genuae de re sa- cramentaria Doctore ad usum divinae scientiae studiorum. De Sa- cramento Ordinis. Genuae, ex typogr. archiepiscopali, 1896, 16° gr. di pp. 210. Coll' usata chiarezza, buon ordine giate sull'autorita dei migliori au-

e solidita dei suoi precedent! trat- tori ; e la divisione a domande e ri-

tati, il ch. Autore ci offre qui quello sposte facilita lo studio alia comune

che riguarda il Sacramento dell'Or- degli scolari.

dine. Le sentenze sono tutte appog-

BIBLIOGRAFIA

CARBONE CESARE, sac. clott. L'autenticita degli Opuscula Coe- lestina rivendicata contro un recente biografo di S. Pier Cele- stino \. Caserta, tip. Sociale, 189G, in di pp. 30.

II rev. D. Cesare Carbone pub- blico 1'a. 1894 uno atudio critico su- gli opuscoli di Celestirio V (Aquila, tip. Mele). rivendicando con ardore al suo santo concittadino il merito d'averli lui composti. D. Cesare pero afferma in parecchie pagine che la lettura di questi piccoli trattatelli fa scorgere al dotto osservatore clie ess* sono compendii ovvero compi- lazioni di opere antecedent}, frutto delle attente letture del Santo. Cosi il trattato, che va col titolo « De sen- tentiis Patnim Eremitarum > e un compendio breve del libro V, Verba Seniorum, delle Vitae Patrum. (Vedi Analecta Bollandiana, torn. XV, fa- scicoio I, p. 103). II rev. Can. Peni- tenziere dolla cattedrale di Sulmona, S'g. D. Giuseppe Celidonio, in un suo lavoro, intitolato; Vita di 8. Metro del Morrone, Celestino P. V., scritta su documents coevi, e di parere con-, trario a quello del rev. Carbone, e propugna che, Fra Pietro non fu lo scrittore degli undici opuscoli (lib. I, c. XV). Nel preseute opuscolo prima

sono riferiti i giudizii favorevoli dei periodici intorno al primo studio di D. Cesare Carbone, quindi sono ripro- dotti i parecclii passi del medesimo studio, ne' quali la paternita di Cele- stino V rispetto agli undici opuscoli e piu o meno chiaramente ristretta al senso di compilazione di massime e pie sentenze. Dal che pare che il rev. D. Giuseppe Celidonio neppure voglia ammettere che S. Celestino fosse compilatore o raccoglitore di sentenze dei Santi Padri e della Sa- cra Scrittura. Noi che stiamo fuori della lotta diciamo con tranqitillita (con tranquillita, perche nelle discus- sion! 1'ardore non accresce il valore delle ragioni) che S. Celestino aveva tal grado di cognizioni che ben po- teva, a maniera di oppunti, darci la raccolta o compilazione degli undici opuscoli. Piuttosto consigliamo mag- giore studio e raffronto dei medesimi opflscoli colle fonti donde sono stati attinti. raffronto indicate dai Bollan- disti nel loro periodico Analecta Bol- landiana.

CA^7ATO^:I ANGELO, arciprete di Castione Veronese. Le Litanie .della SS. Yergine Maria spiegate al popolo con discorsi istrut- tivi o morali. Trento, tip. Artigianelli, 1896, due voll. in 16° di pp. XXXIV-422; 444.

strando ancora il legame che unisce tra loro le varie invocazioni della SS. Vergine. Non sono prediche, ma piuttosto materie per prediche, e i sacri oratori potranno giovarsene pei loro discorsi, non meno che gli altri

Dopo i lavori del Bersani, del Cen- turione, (U'H'Albertetti, del Donepa- na, del Kenrik, del Grassi, del P. Ce- lestino da Cadelbono e di altri, si presenta anche questo a spiegare le litanie lauretane, e lo fa con sodezza, con unzione e lucidita grande, mo- CEL1DONIO GIUSEPPE, can. pen. - Yita di S. Pietro del Morrone,

Celestino Papa V, scritta su document! coevi. Sulmona, tip. An-

geletti, 1890, voll. 4 in 10° di pp. 180; ISO; 180; 190.

Una vita piena, divota, popolare flnora da nessuno. Percio il rev. D. di S. Celestino V non era stata scritta Giuseppe Celidonio, tesoreggiando

fedeli per le loro spiritual! letture.

BIBLIOGRAFIA

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quanto si e venuto man mano scri- vendo su quel gran Santo, ne ha compilata una che da quelle qualita non si dipartisse. Egli ne riunisce e raggruppa i fatti sotto Ie quattro parti che piu spiccano in S. Pietro del Morrone, e sono di Anacoreta, Archimandrita, Sommo Pontejice e Taumaturyo. A ciascuna di esse parti ha assegnato un libro. Una disser- tazione, che precede il primo libro, tratta dei fonti delia vita di S. Pier Celestino. In fine del libro IV v' e un'appendice sulla uon autenticita degli Opuscula coelestina, dei quali ci occupiamo sotto il nome di Car- bone.

L'Autore, nello sceveramento delle notizie vere dalle false, segue gli scrittori contemporanei. Egli mostra cognizione delle fonti, e con tale su- pellettile evita gli stolti raccontari che 1'ignoranza e la malizia adden- sarono nelle vite di Celestino V. Non tralascia di indicarli in note e ap- pendici. Piace assai leggere nel lib. I, pag. 16 seg. e nel lib. IV, pag. 151 il giudizio favorevole che reca delle Analecta Bollandiana, e gli aperti e ben meritati biasimi degli scritti del Fabbro, del Marino e del Telera. Del Processus inforrnativus che si conserva in Sulmona, egli dice che non puo provarsene ne 1' autenticita

n6 la non autenticita (Lib. I, p. 23); quanto poi al Processo o sommario Aqutlano, il medesimo sospetta che sia adulterate (Ib. pag. 52). In molte altre cose appare la diligenza e 1'a- more alia verita, oncle, in generale, la presente vita e ben fondata su salde basi. Ora poche osservazioni. L'Autore ammette 1'autobiografia-del Santo, e da essa prende parecchi fatti; gravi scrittori invece la rigettano, et gutdemmossi dalle due ragioni onde egli confuta 1' autenticita degli Opu- scula Coelestina, e sono la tarda pub- blicazione clella medesima e il valore intrinseco. Inoltre egli asserisce che fra Pietro Morrone dimoro qualctie anno in Roma; ma dopo un luugo studio negli autori contemporanei noi non abbiamo trovato traccia di tal dimora (vedi Civilla Cattolica, fasc. 1084, pag. 445-446). II luogo della carcere, che falsamente e nobilitato dal nome della vetusta Antenna, e quello della sepoltura, sono pieni di memorie che qui indarno si cercano. Rispetto alle osservazioni dell'Autore contro cio che disse la Civilta Cat- tolica (Ib. p. 453) sull'influsso delle profezie nell'elezione al papato di fra Pietro, noi non le indicammo gia per unica causa, ma bensi per uno di quei tanti element! onde ciascuno e figlio del suo secolo.

COSTANZ1 ENEICO, prof. II Razionalismo e la Eagione storica.

Saggio apologetico. Terza edizione riveduta ed ampliata dall'autore.

Un vol. in grande di pagg. 451. Siena, presso 1' ufficio della

Biblioteca del ckro, 1896, in 8.°

Delle tre edizioni, che il ch. Au- tore fece di questa sua opera, la prima del 1886 fu di pagg. Ill; la seconda del 1888 di pagg. XV, 226; la pre- sente di pagg. 451. Laonde nella pri- ma fu gittato il seme del grandiose concetto dell1 opera; nella seconda il

seme gittato germcgli6 ed aggrandi,

e nella terza nel suo svolgimento si aperse in vago e pregiatissimo fiore. Nella Civ. Cattolica si fe della se- conda edizione una rivista di gran lode del libro con viva raccomanda- zione di esso ai lettori del periodico. A ci6 che si scrisse, non che tome sillaba, dobbiamo anzi aggiungere

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BIBLIOGRAFIA

una piu ampia commendazione del la- voro. Giacche in questa edizione accre- sciuta del doppio su la precedente s'inoontra un piu esteso svolgimento del concetto, splendido per i nuovi lumi, sotto i quali si considerail grave tema, rincalzato da nuovi e poderosi argomenti. II ch. Autore ha conservato la stessa partizione delle edizioni pre- cedenti. Diviso 1'argomento in tre parti, nella prima si premettono al-

in tre capitoli; nella seconda si espo- ne La storia razionalistica in otto capitoli; nella terza si tratta della Ragione storica in diciotto capitoli. Questo libro forma il vol. IX della Bi- blioteca del Clero, pubblicazione perio- dica per facilitare al clero 1'acquisto delle opere piu importanti moderne. Cotesta scelta non fa che suggellare le lodi e le raccomandazioni della Civ. Cattolica. V. Quad. 985.

cune consider azioni generali, distinte

DALLE SPINE LA ROSA. Bozzetto storico. Elegante volumefcto in 32° elzeviro di pp. 88. Roma, tip. Befani, 1897. Cent. 25. Questo bozzetto accenna elegan- siepi, o nelle aiuole materiali degli

temente, piu che non riproduca, un

fatto non punto poetico e romanzesco,

benche raro ad accadere, e prova

come il motto che ha per titolo, non

si avveri meno nell'intreccio morale

dei casi della vita, di quello che nelle

DE LA GIRENNERIE MARIE-THERE8E. -- Le Livre de 1'Apdtre. Fragments recueillis, avec lettres de Sou Eminence le card. Fer- rata, et de S. Gr. Mgr Benechau et lettre-preface de S. GK Mgr Bon- nefoy. Paris, Lecoffre, 1897, 16° di pp. XX-304. Fr. 3,00.

orti e dei giardini. E un volumetto di garbata edizione, dilettoso, istrut- tivo, che correra con buon frutto per le mani della gioventu di ogni con- dizione.

Se v'era nel laicato persona a cui stesse bene il parlare d'apostolato, era certamente questa gentildonna, che gia da buon tempo ne sta dando 1'esempio, essendo che, « rinunciando (come dice il Vescovo di Tulle pa- gina VIII) alle dolci relazioni e a tutte le gioie del focolare domestico, e rac- cogliendo intorno a se buon numero d'operaie, se n'e formata una famiglia adottiva, che le andra debitrice, oltre che del suo modesto benessere, di quel prezioso tesoro che e lo spirito di fede e di pieta. » In tal maniera ella coepit facere et docere: e non solo ha fatto precedere all'insegna- mento 1'esempio, ma quello ha voluto darcelo non di suo, bensl facendo par- lare le bocche piu autorevoli ed elo- quenti, cioe le bocche di Gesu Cristo e degli Apostoli, quelle dei Padri della

Chiesa, quelle dei Santi e delle Sante, quelle degli autori piu rispettabili di tutti i tempi fino ai dl nostri. Da questo solenne concerto di voci esce un suono che scuote potentemente lo spirito, e lo sprona a non conten- tarsi di pensare a se stesso, ma a promuovere il bene altresl dei fra- telli con tutti i mezzi che sono In nostro potere. II libro ha sei parti : Perche dobbiamo essere apostoli? La divina istituzione dell'apostolato. - Le obbiezioni contro 1'apostolato. Le condizioni dell'apostolato. Le virtu dell'apostolo. Le prove e le gioie dell'apostolo. Da tutte que- ste pagine spira un caldo soffio di zelo, che si comunica efficacemente al lettore, sia ecclesiastico o secolare, sia uomo o donna; e per6 noi cre- diamo, che, se questo libro fosse lar-

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gamente sparse anche tra noi in lin- pria famiglia, e di non tenue fo- gua italiana, riuscirebbe di gagliardo mento ai Congressi Cattolici e ad stimolo a que' tanti che par non sap- altre simili opere, che da alcuni anni piano uscire dalla cerchia della pro- vediamo con giubilo fiorire in Italia. DELAMA DIONISIO. Institntiones Theologiae moralis in usum Se-

minarii Tridentini concinnatae a D. Delama, phil. ac S. Theol.

doctore etc. Tridenti, typ. ed. « Artigianelli » due voll. in di

pp. 236-614.

Ex libris Itbri fiunt, e cosi dal notissimo compendio di teologia mo- rale del Gury sono nate queste isti- tuzioni, 1'autor delle quali si e pro- posto di conservare la materia e il metodo di quel compendio, apponen- dovi pero quelle osservazioni e quelle giunte che, in molti anni di magi- stero, gli vennero fatte, consultando altri degni autori, e soprattutto in- serendovi i decreti delle Sacre Con- gregazioni, pubblicati dopo 1'nltima edizione di quel testo scolastico. Oltre ci6 egli ha corroborate prin- cipalmente la parte prima di queste istituzioni, cio6 la generale o fonda- mentale, impregnandola tutta dei principii e delle dottrine di S. Tom- maso, per seguire anche in questo 1'indirizzo dato agli studii dal re- gnante Sommo Pontefice. Nella se-

conda parte, che 6 la speciale, ci sembra trattata con particolar dili-

genza e accuratezza T importante materia de iustitia et iure, in tre disputazioni; la prima delle quali stabilisce i principii della giustizia e del giure, la seconda parla della violazione della giustizia, la terza della riparazione mediante la resti- tuzione. Nessuno pretendera che fra le innumerevoli sentenze che in que- st'opera si trovano non se ne incon- tri nessuna di scarso merito, e che fra tante monete non ve n' abbia al- cuna calante ; ma in generale sono tutte di buona lega e di buon peso. L'ordine poi, la chiarezza e le altre qualita proprie di un libro scolastico qui si ravvisano in grado non co- mune, e tra esse quella non ultima di avere tenuto conto dei Moralisti recenti, quali sono il D'Annibale, il Ballerini, il Bucceroni, il Lehmkuhl, eccetera. Chiude 1'opera un utilis- simo indice delle cose notabili.

DE LITALA GIUSEPPE. Q. Orazio Flacco, eccetera.

Per un particolare motivo giova tornar sopra a cio che scrivemmo (1° Sabato di novembre, p. 347) esami- nando « L'arte poetica d'Orazio riordi- nata ed annotata » dal signer Giu- seppe De Litala. Parlando delle note, cosi dicemmo: « Sono generalmente erudite ed assennate. Non tutte per6, e al certo non 6 tale la seguente ap- posta al verso: Hie, dum sublimis versus ructatur et errat. II commen- tatore vuol difendere Orazio contro quelli che biasimano la forma depo- nente ructatur, asserendo non essere

quasi mai usata nella lingua latina, e dice cosi : Prima di ogni cosa, e registrata come tutte le altre di uso classico nel vocabolario della lingua latina; inoltre, domando io a questi signori, se il poeta non si fosse servito di ructatur, come avrebbe compiuto il verso? (!) Dinanzi a que- sto non v'& che rispondere (?); quindi le osservazioni dei pedanti muovono il riso (?!) (p. 53). Oh! via, Non tali auxilio, nee defensoribus istis Horatius eget. Anche uno scolaretto avrebbe saputo dire eructat (usato

BIBLIOGRAFIA

daVirgilio: atque omnern Cocyto eru- ctat arenam] e il verso procedeva ugualmente. »

Or pare die il signer De Litala abbia creduto (V. la Critica di Sari, N.° dal 5 al 10 decembre 1896) che noi con queste parole volessimo ag- giustare il latino in bocca ad Orazio. Ma lia preso un grosso abbaglio. Non abbiamo censurato la parola usata da Orazio, ma la difesa fattane dal signor De Litala. Le osservazioni dei pedanti rnuovono il riso, verissimo; ma non per le ragioni addotte dal- 1'autore ; quel suo quindi e anch'esso ridevole. II dire che Orazio uso quella parola per conipiere il verso (come di un poetuccolo italiano si direbbe

per far la rima] non e un difenderlo, e un ingiuriarlo. Ne piu felice difesa si fa di lui aggiungendo che quella parola e registrata nel vocabolario : non tocca ad Orazio il comparire dinanzi al tribunale dei compilatori del vocabolario per essere giustifi- cato, ma tocca a quei compilatori il ' comparire dinanzi al tribunale d'Ora- zio a rendergli conto se abbiano fatto tesoro di tutte le sue perle. Dunque che si doveva rispondere a que' pe- danti censori? Mandarli a scuola da Orazio, o piuttosto mandarli dal bi- dello a ricevere le scudisciate.

Questo abbiamo voluto qui notare solo per cessare da noi anche il so- spetto di un sacrilegio letterario.

ERRORI spacciati per le vie di Koma dai Protestanti Metodisti e da altri pretesi evangelici. Osservazioni di D. M. P. Prato, tip. Giachetti, 1896, 16° di pp. 64. La pubblicazione di questo li- bretto popolare e cosa veramente

provvidenziale e di somma opportu-

nita. Faccia Iddio che si diffonda

abbondantemente e rechi quei frutti

che e destinato certamente a pro-

durre, mentre in esso sotto la veste

di una forma limpida, piana, vivace

e popolare si e saputo raccogliere

un fiore di dottrina teologica e di

erudizione altresi da soddisfare in-

tieramente anche le persone colte

che vogliano percorrerne le pagine.

Dopo diciannove paragrafl nei quali

al nostro buon popolo, non solo a Roma ma un po' dappertutto nelle grandi e piccole citta e fino in qual- che villaggio, vi si trova una suc- cosa appendice che ti espone in for- ma catechistica quanto ogni buon cattolico non deve ignorare intorno alia Chiesa ed al Sommo Pontefice. Possiamo davvero concludere che nel suo genere e un libricciuolo modello, ed utilissimo in ogni parte d'ltalia, dove malauguratamente vada ser- peggiando la mala pianta delPeresia. Pei prezzi di vendita vedi 1'an- nunzio nella copertina di questo me- desimo quaderno.

ad uno ad uno sono ribattuti i prin- cipali errori che si vanno ricantando <j. L. P. Al nuovo grande vocabolario della Crusca. Firenze,

tip. Ciardi, 1896, 16° di pp. 96. L. 1,20. Vendibile nelle li-

brerie Paravia, Bemporad, e Paggi. Firenze.

E una preziosa raccolta di bei e parte non hanno quivi tutti i si- modi toscani, divocaboli e di esempii, parte de' quali non sono registrati neppure nel gran Vocabolario e Glos-

sario moderno, con tanta cura com- pilato dall'Accademia della Crusca ;

gnificati e gli usi che si veggono negli esempii citati dal ch. Autore di questo supplemento, da lui con molta diligenza estratti ora da clas- sici scrittori ed ora da quelli che

BIBLIOGRAFIA

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meriterebbero, a suo avviso, di ve- nire annoverati tra i nuovi testi di lingua. Tutto ci6 che concorre ad accrescere il tesoro della nostra, pe- raltro ricchissima favella, ha da aversi sempre in altissimo pregio. Nondimeno ci abbattemmo in questa raccolta in alcuni modi che non ci parvero di buona lega, come p. e. allettare (p. 17) per tirare addosso de' malanni, benche confortato da un esempio del Giambullari, ci sem- bra troppo alieno dall'uso comane e de' classic! scrittori, i quali 1'ado- prano nell' istesso senso, in cui i la- tini usavano Vallicere, donde viene il nostro allettare. Parimente non ci pare troppo chiaro 1'esempio di Dante (Conv. IV, 24) per ammettere che il verbo Calunniare (p. 36) si possa adoperare eziandio in senso di Per- fidiare. Se 1'antiquato vocabolo latino Certatore (p. 42) non ha altro appog- gio che Tautorita di Leone B. Al- berti, dubitiamo che possa meritare tutto il favore dell'Accademia. Cosl

pure il Cupere (p. 61), benche, usato una volta da Dante, venne, crediam noi, giustamente escluso dalla Cru- sca, perche affatto latino e fuor d'uso, e non dovrebbe ora introdursi. All'i- stesso modo non venne citato il verbo Impropriare (p. 95) nel senso di usare con proprieta p. e. le parole, sebbene in quel significato se ne trovi un esempio nel Boccalini, per la buona ragione che quel verbo pare piu ac- concio a significare piuttosto il con- trario, quando pur se ne volesse far uso.

Queste poche osservazioni non scemano punto il pregio dell' im- portante raccolta fatta con tanto buon senno e perizia di lingua dal Ch. Autore G. L. P. a cui e 1'Acca- demia e quanti sono amatori del nostro bell' idioma e cultori delle lettere italiane sapranno moltissimo grado per questo suo dotto ed ela- borate supplemento al Dizionario della Crusca.

GRANDI CALLISTO, sac. Un vero riformatore sociale o Giovanni Ciapparelli, amico del popolo e padre dei poveri. Como, tip. Ca- valleri e Bazzi, 1896, 32° di pp, 320. Yendibile per una lira, a beneficio delPIstituto Zitelle Povere, presso la Direttrice di quel- Plstituto, Como, Yia Yalduca, 55.

II Santo Padre ha benedetto e cattolica, che oggidi e tanto neces-

saria per salvare la societa. Un Ciap- parelli perparrocchia,ed anchemeno, e la questione sociale 6 bella e sciolta, dolcemente e senza scossa di nessuna

commendato quest'operetta come op- portunissima nei tempi che corrono, essendo che la vita del Ciapparelli e la Enciclica Sulla condiztone degli Ope- rai messa in pratica un mezzo secolo e piu prima della sua pubblicazione. II Ciapparelli e il Luzzago di Como, e la sua vita torna efficacissima a promuovere coll'esempio quell'azione

LATINI P. SIL VESTED dell'Addolorata miss. ap. Fatina, ovvero gli schiavi cristiani e POrdine Trinitario. Memorie del 1>645. Cuneo, tip. Isoardi, 1896, 16° di pp. 296. -- L. 1,00. Si vende a bene-

classe sociale. L' egregio prevosto Grandi, nel compilare e pubblicar questa vita, ha fatto un vero bene- fizio ai grandi ed ai piccoli.

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fizio delle feste centenarie dell'Ordine chesi celebreranno nel 1898. Dirigersi alia Casa Generalizia, S. Grisogono, Roma.

E un romanzo o una storia? Ne 1'uno ne 1'altro, propriamente par- lando, ma dell'uno e dell'altro v'e qualche poco. Sono notizie storiche nella sostanza, ma nella forma sono drammatizzate e colorite a mo' del romanzi, per farle meglio gustare. E 1'Autore e riuscito benissimo nel suo intento. Questo racconto, il quale mette del continuo a riscontro i pa- timenti atrocissimi, che gli schiavi cristiani soffrivano in Africa dalla bestial crudelta dei musulmani loro padroni, coi prodigi di carita che operavano a grave lor costo i reli- giosi Trinitarii per liberarli e redi- merli, ha scene commoventissime che ti fanno or piangere or fremere, ed or t'inondano 1'anima di santa gioia. Ad ogni pagina poi ti senti mosso a benedire quell'Ordine provviden- ziale, che fu capace di strappare a si spietato martirio quasi un milione di cristiani, spendendovi attorno cin-

que miliardi e quattrocento milioni di lire (p. 109), e dando non rare volte in ostaggio a quei barbari i suoi proprii soggetti. A si grandioso portento che cos'ha da contrapporre lavantata filantropia? Noi affrettiamo coi voti il settimo centenario di que- st'Ordine insigne, che sara celebrate nel 1898, e ci auguriamo che allora alia redenzione dei cristiani dalla pirateria o barbarie musulmana, oggi cessata, avra gia largamente sosti- tuito la nuova missione che gli offre nell'Africa centrale 1'infame tratta dei Negri a trecento e quattrocento mila per anno. « L'angelo messag- gero della fondazione dell'Ordine Tri- nitario teneva a' suoi fianchi due schiavi, uno bianco ed uno moro: la redenzione del bianco, simboleg- giante i cristiani, fu compita nei se- coli trascorsi; resta la redenzione del moro, simboleggiante il nero afri-

cano (p. 293). »

LICITKA ANGELO. L'Alpinismo in Italia. Studio su la storia e su le manifestazioni dell'Alpinismo nel sentimento educative, re- ligioso, nell' arte e nella scienza. Ragusa, tip. Destefano, 1896, 16° di pp. 96.

getto, e con un'aria spigliata e vi- vace che torna molto grade vole. Gli Alpinisti leggeranno volentieri que- sto libro perche tractant fabrilia fabri; lo leggeranno anche i non Alpinisti per giungere almeno col- 1'occhio dove non ardiscono spingere il piede ; per tutti infine sara questa una lettura molto istruttiva, molto amena, e, ci6 che piu vale, molto innocente, da poter mettersi in mano a chi che si voglia.

Giovandosi degli scritti de1 piu rinomati alpinisti, come p. e. del Sella, del Lioy, dello Stoppani, del P.Denza, ed anche del P. Secchi, ben- che questi non entri nel numero degli alpinisti, ed aggiiingendovi libera- mente le riflessioni sue proprie, 1'Au- tore, dopo esposta come in un quadro la storia dell'Alpinismo principal- mente in Italia, ne studia le diverse relazioni indicate nel titolo, e lo fa

con molta conoscenza del suo sog-

MACCALLINI E. II suono e la luce. Analogie e discorsi. Aquila,

BIBLIOGRAFIA

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tip. Mele, 1896, di pp. 288.

Mele, Aquila.

Non e davvero la necessita che per libri di lettura dilettevole ed insieme scientifica ci faccia ricorrere del con- tinuo all' estero. Eccone uno, a cui non manca nulla per allettare e trat- tenere utilmente ogni persona colta, con una catena non interrotta di ragguagli scientific!, di raffronti, di riflessioni inaspettate, che addestrano la mente alia osservazione della na- tura e la sollevano a gustarne le ar- monie ed ammirarne 1'Eterno Arte- flce, perocche il ch. Autore non par- tecipa alia melensa fisima di certi scienziati alia moderna, che teme- rebbero di perderne il titolo se mo- strassero di sospettare che le crea- ture presuppongono un Creatore.

II presente volume ha due parti. Nella prima si espongono le analogie della luce e del suono, ovvie alcune di loro e conosciute, ma che danno luogo ad altre piu intime e maravi- gliose, a misura che si precede nel- 1'analisi di quei due messaggieri di ogni Bello sensibile. MARCHESE P. YINCENZO, 0. P

Siena, tip. ed. S. Bernardino,

Tutti conoscono questo celebre Domenicano, che Iasci6 si bel nome nella letteratura artistica e religiosa, e per6 daranno il ben venuto a que- sto libro, che loro presenta raccolti insieme i suoi ultimi scritti, di ge- nere per lo piu istruttivo ed estetico. In essi, come generalmente in tutti i suoi lavori, egli si mostra profondo nei pensieri, nobile nello stile, squi- sito nel gusto. Si legga, fra gli altri, MONINI STEFANO, sac. dott. -

lini-Prosperi, 1896, di pp.

Chi era Buschetto? Un grand'ar- ehitetto e meccanico del sec.0 XI che ide6 il celebre Duomo di Pisa nel

L. 2,00. Yendibile presso la tip.

Segue un'Appendice di bellissimi raffronti fra 1'ordine flsico e 1'ordine morale e d' ambedue questi ordini col soprannaturale. Lo diresti un ben riuscito poemetto scientifico e reli- gioso insieme.

Vengono per ultimo tre discorsi : il primo, detto per 1' inaugurazione dell' Osservatorio geodinamico in A- quila ; il secondo, accademico, sulle maraviglie dell'Universo, nel quale, essendosi notati i danni, provenuti dal prosciugamento del Lago Fucino, il ch. Autore v' aggiunge una Ri- sposta a chi aveva impugnato cote- sto suo giudizio. II terzo discorso fu pronunziato alia prima solenne adu- nanza della nuova Commissione geo- dinamica italiana in Aquila, e s' in- tende quale ne dovette essere ljar- gomento.

Raccomandiamo senza meno que- sto ottimo libro di lettura alle bi- blioteche delle famiglie e degl'Isti- tuti.

Ultimi scritti. Seconda edizione.

1896, 16° di pp. X-216. L. 1,50. Popuscolo « sulle benemerenze di San Tommaso d'Aquino verso le arti belle », ovvero il discorso « sulle arti belle, considerate nelle attinenze colla poesia e colla musica », oppure i pensieri « sul camposanto », e non si potra non ammirare questo spirito gentile, che sa si bene sposare la dignita dei concetti all'eleganza della forma.

Buschetto pisano. Pisa, tip. Orso-

108. L. 1,80.

1063, e non nel 1064, ovvero in altro anno, come ben prova 1'A. da una iscrizione. Ma, donde era il Buschet-

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BIBLIOGRAFIA

to? Ecco la questions . Alcuni, pog- giandosi unicamente sul Vasari, lo dissero greco; altri, confutando i pvimi, aflfermano che almeno non e certo esser il Busclietto di Grecia; anzi alcuni lo vogliono pisano. Ci6 fecero il Morona (Pisa illustrata nel- I'arte deldisegno), il Dal Borgo (Dis- sert, sull'orig. dell' Univ. di Pisa, p. 55), il Cicognara e altri. II Monini prende a illustrare due cose princi- palmeiite:a rivendicare a Pisa 1'onore d'aver dato i natali all'Architetto, e a tessere un elenco de' procurator! del Duomo pisano; e ci pare resti

provata, con document!, 1'una cosa e 1'altra.

Qualche appunto. L'opuscolo mag- giormente si gusterebbe, se fosse stato piii curato lo stile e la lingua. Chi fara buon viso alia dedica? « Spe- ciali ragioni vogliono che si offra questo libro al Cav. Roncioni...l'Au- tore dedica. » E poi : « Anelava di desiderio IL vedere » (p. 15). Simil- mehtc: « Che nel 1108 il duomo ERA sempre incompleto, risulta » (p. 16); ed altre inesattezze che speriamo scompariscano in altra edizione.

MORINO GIOVANNI. Enchiridion Theologiae iloralis ad mentem S. Alphonsi M. De Ligorio Episc. et Doct. addita Constitutione Apostolicae Sedis, Cura et studio loannis Morino Congregationis Missionis. Torino, tipografia Salesiana, 1897. Un Vol. di pp. 218. L. 3.

Come 1'A. stesso protesta nella prefazioncina, non e questo un trat- tato compiuto di teologia morale fatto per chi, ancora ignaro di tale difficile disciplina, si fa tutto nuovo a stu- diarla. No. £ un compendio; maun buon compendio, esatto nelle defini- zioni, nitido nelle soluzioni, chiaro nell'esposizione delle opinioni diffe- rent!, e fedele alia dottrina di S. Al- fonso de Liguori. Ammette che il Santo Dottore insegno il probabilismo, cio6 esser lecito nel concorso di due opinioni veramente probabili seguir quella che favorisce la liberta. In

qualche particolare pero ci sembra che egli s'allontani alquanto dalla via diritta e piana del probabilismo, come per 1'assoluzione deirecidivi, rispetto alia quale si schiera dalla parte dei teologi meno indulgent!. Checche pero sia di cio, non dubitiamo di rac- comandare 1'ottimo volume del ch. teologo, noto gia per la sua grande Te^logia morale. I Confessor! avranno in esso un buon prontuario e se ne potranno utilmente valere coloro che devono prepararsi a qualche esame per i concorsi o per le ordinazioni.

NATALE (S.). Raccolta di Sennoni in versi in parte inediti per

la solennita del S. Natale. 32° di pp. 56. -- Cent. 30. - Zoboli Luigi, prev. La notte di consolazione, ossia dialoghi e mo- nologhi al presepio del Bambino Gesu. In 32°. Cent. 25.

L'anima innainorata alia grotta di Betlemme. Nuova raccolta di dialoghi e poesie diverse da recitarsi davanti al Presepio. In 32. * Cent. 30. Modena, tip. dell'Immacolata Concezione. Ci duole che questi cari lavoretti terli annunziare prima delle feste del

non ci siano giunti in tempo da po- santo Natale.

BIBLIOGRAFIA

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OLCESE GrIACOMO, sac. -— Storia civile e religiosa della citta di Recco. Oenova, tip, della gioventu, 1896, di pp. YIII-332. - L. 4,00. Si vende a beneficio dei restauri della Parrocchia di Ca- sanova. La storia civile e religiosa della

citta ligure, Recco, & tutta raccolta

nel presente libro con amore e dili-

genza. Le notizie religiose e quelle

che risguardano gli uomini illustri

di Recco (S. Giovanni Buono, il Ni-

coloso, i Lagomarsino, eccetera) sono

abbondanti ed attraenti. L'archivio

comunale, quello della Plebana, dei

paesi vicini, di Torino e di Genova

hanno fornito all'Autore una fonte

di documenti da tesoreggiare. Ca- smona e Ricina si fanno nel pre- sente lavoro rispondere a Camogli e a Recco (p. 9; 14). L'Autore divaga troppo nel campo della storia dei Longobardi, degli Avvocati, dei Po- desta e di altre simili parti della storia universale (pp. 22 segg., pp. 31 segg.). Infine osserviamo che 1'edizione e lo stile qua e la sono alquanto trascu- rati (pp. 30; pp, 111).

OEANO PAOLO. Psicologia della Sardegna. Roma, tip. della Casa editrice italiana, 1896, 16° di pp. 148.

Secondo 1'Autore, i preti in Sar- degna « leggono tutti la Civilta Cat- tolica, giornale che va dappertutto meravigliosamente, e su quelle pa- gine velenose addestrano il loro me- schino e gonfio intelletto idropico alle difese di una religione, che va sempre piu dimostrandosi come un grave malanno che cruel la Sardegna soprattutto ». Di questa piaga che 6 la religione, si crucia in modo par- ticolare 1'Orano, il quale pero scrive pagine veramente velenose contro i preti rei di difenderla, e vorrebbe che, per adesso, di cento chiese se ne chiudessero cinquanta, per conver- tirle in iscuole, giacch6 come egli, ridendosi delle statistiche, seguita trionfalmente a dire, « ogni chiesa che se ne va, ogni scuola che si apre e una sezione di cellulare e di reclusione che si vuota ». Dello spa- ventoso aumento dei delitti dei mino- renni conseguito dal chiudere chiese ed aprire scuole dove s' impara « a liberarsi dei mille impacci domma- tici », e del sovrabbondare nelle car-

ceri gli alunni di tali scuole sugli analfabeti, 1'Orano non sa nulla a quanto pare ; lo sanno pero le tel- line, non che i lettori della Civilta Cattolica.

Che cotesta Psicologia anticri- stiana, dato un calcio verso il cielo, caschi a sedere nel brago, nessuno se ne maraviglia, percbe e di regola. Tradidit illos in passiones ignomi- niae. E vi consuonano le lubriche analisi che il presente opuscolo ci da della danza d' amore. Ella k vera psicologia, ma di quella da uomo psi- chico, secondo che scriveva in greco S. Paolo, e che la Vulgata traduce animalis homo.

Per tutto il resto non abbiamo tro- vato in queste pagine altro che qual- che descrizioncellaossianica, qualche riscontro materialistico, qualche os- servazione vuota, che ci ha proprio rammentato il « meschino e gonfio intelletto idropico » traveduto dal- 1'Autore, forse per un fenomeno di estrinsecazione, nei bravi preti sardi, lettori assidui della Civilta Cattolica.

PAILLER J., abbe. Instructions d'un quart d'heure, fruit de qua- Serio XVI, vol. IX, fasc. 1117. 1 26 dicembre 1896.

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BIBLIOGRAFIA

modelli a quei sacerdoti che debbano predicare ad udienze intolleranti di lunghe prediche.

rante ans de Ministere. Paris, T6qui, 1897, 16° di pp. 672. -

Fr. 4,50.

II pregio principaledi queste pre- dichine e quello d' essere insieme brevi e sugose, perci6 utilissime come

PASTOR LODOVICO, prof. Storia del Papi dalla fine del Medio Evo, con 1'aiuto dell'Archivio segreto pontificio e di molti altri archivii. Trad, italiana del sac. C. Benetti eseguita sulla I e II edizione tedesca. Vol. 3.° Storia dei Papi dalla elezione d' Inno- cenzo YIII fino alia morte di Q-iulio II. Trento, tip. ed. Artigia- nelli, 1896, di pp. XXIV- 840.

Annunziamo la traduzione italiana di Alessandro VI, di.Pio III, e Giulio II,

la quale dette all'illustre A. occa- sione specials di spiegare le sue rare doti, di moltiplicar le ricerche, e di mostrare bellamente intrecciate in- sieme la liberta dello storico all'os- sequio filiale verso la Santa Sede.

di questo terzo volume, del quale abbiamo fatto lunga e particolareg- giata rassegna nel nostro volume quinto della presente serie a p. 710 e segg., quando venne alia luce nel- 1'originale tedesco. Ai meriti gene- rali della storia del Pastor, che sono principalmente metodo strettamente critico, maravigliosa padronanza del soggetto, ricchezza di documenti spesso inediti, maniera di narrare nobile ed attraente, si aggiunge in questo volume 1' importanza tutta speciale della materia, che com- prende i pontiflcati d'Innocenzo VIII,

EADINI TEDESCHI G., mons. - II Giardinetto di Maria, ossia Ma- nuale di Pieta del Pellegrino a Lourdes ed a Paray con guida illustrata di Marsiglia, Lourdes, Tolosa, Paray le Monial e Lione. 2a e'dizione notevolmente accresciuta. Treviso, tip. Mander, 32' di pp. 640. L. 2,00. Sono qui riunite tutte le pratiche

di pieta adattate ai pellegrini, con

aggiunte d'inni sacri e divote can-

Tutta la stampa seria d'ogni paese essendosi unita con noi a commen- dare altamente 1'originale di questo volume, ci teniamo dispensati dal- 1'aggiungere altro intorno a questa versione, notando solo che essa e riuscita fedele e, tranne alcuni nei, veramente italiana.

zoncine musicate dal Capocci, dal Parodi e da altri. Vi e anehe una

Guida dei santuarii francesi, e molte belle fototipie ti metton sott'occhio luoghi e fatti memorabili. II lavoro tipografico e anch'esso commende- vole.

RIGUTINI G. e OSCAR BULLE. Nuovo dizionario italiano-tede- sco e tedesco-italiano. Fascicolo decimo. Milano, Hoepli, 1896, in-8.°

Con questo fascicolo si principia il secondo volume (parte tedesca-ita- liana). Dall' esame del fascicolo si vede subito che questa parte e ancor piu vasta e piu accurata dell'altra e

la ragione sta appunto nella maggior copia di vocaboli che la lingua te- desca possiede.

Ogni dispensa costa L. 1,40. II prezzo del primo volume (gia com-

BIBLIOGRAFIA

99

piuto) e di L. 12,60 e legato alia ru- Milano, si puo avere un fascicolo per

stica. L. 14,50 solidamente legato. esame.

Scrivendo all' editore U. Hoepli in

SCHANZ P., prof. dr. Das Alter des Menschengeschlechts, nach der heiligen Schrift, der Profangeschichte und der Vorgeschichte. (BAR- DENHEWER, Biblische Studien. I. Band. 2 Heft). Freiburg im Breis- gau, Herder, 1896, di pp. XII-100. March! 1,60. La capitale questione deir Eta gli uomini serii una chimera; tutto

del genere umano e qui scientifica- mente discussa, a norma, (come dice il titolo) della Scrittura, della storia profana e della preistoria.

La S. Scrittura non ha inteso di determinare 1'eta dell'uomo, n6 di stabilire una cronologia. Poich6 i te- sti ebraico, samaritano e greco (LXX) presentano differenze cronologiche assai notevoli, 1'esegeta puo muoversi liberamente tra 1'anno 4000 ed il 6000 a. C. Puo anche estendersi al- quanto piu in Ik, se tanto occorra. La storia profana al principle del millenio a. C. ci mostra in Egitto, nell'Assiria e nella Caldea una ci- vilta oramai compiuta; convien dun- que tener conto de' secoli occorsi alia formazione di tal civiltk. Ma per ci6 bastano al piu due millennii. La storia profana non richiede piu di quel che la S. Scrittura concede. Le scienze preistoriche non hanno dato finora, se non sentenze incerte, spesso campate all'aria e senz'om- bra di prova. I cento o dugentomila

al piu alcuni prendono dai dieci ai quindicimila anni incirca e questo pure come semplice ipotesi. Ma pe- rocch& gli scienziati s'accordanonel- 1'esigere un certo tratto di tempo, tra la prima apparizione dell'uomo nel periodo paleolitico fino all'epoca in cui raggiunge il pieno grado della sua civilta, 1'esegeta si trova con loro d'accordo e non ha bisogno nep- pure qui di un eta di gran lunga superiore a quella ehe gia la Scrit- tura gli offre, cio6 di 6000 anni.

L'A. non si mostra soltanto co- noscente di tutta la materia che va svolgendo sotto ogni senso, ma 6 pure assai bene agguerrito contro le vere difficolta ; non le schiva, anzi le mette in rilievo nella loro crudezza (p. e. quella del diluvio, p. 56), ma insieme mostra il modo di ben risolverle.

Simili dimostrazioni, strettamente scientifiche, confortano assai 1'animo del lettore credente, e gli insegnano a distinguere la vera scienza dalla falsa ed arrogante.

anni del Lyell sono giudicati da tutti

STOPPANI P. Lourdes. Con prefazione di A. Conti. Milano, ti- pografia Cogliati, 1890, 16° di pp. XYI - 208 -- L. 2. 00. « Devesi credere o no ai miracoli tenza divina, per concederla poi agli

uomini della Scienza ; la quale par tanto umile col ripetere fatti,fatti, esperienza, esperienza ; ma trascende i fatti colle ipotesi strane, fino a credere che si possa tutto a un tratto

di Lourdes? La risposta il lettore la trovera leggendo il libro (p. XIV). » E ci si trova in effetto, e piena e in- contrastabile. Al quale proposito ci piace di riportar qui alcune parole di A. Couti nella prefazione a questo libro. « Per gVipnutismi e le sugge- stioni si tenta rovesciare 1'onnipo-

allungare una gamba piu corta e ricupernre improvvisamente la sanita di una tubercolost ricl terzo suo pe-

100 BIBLIOGRAFIA

riodo fatale, quando gia i polmoni Inscienza » (p. VII). E noi aggiun- sono presso che consumati. Sacro- giamo altres\ Presunzione. santo nome la Scienza ; ma questa e

TEPE BERNARDO G. S. I. Institutiones Theologiae in usum scho- larum. Volumen quartum continens Tractatus De Sacramentis in genere et in specie et de Novissimis. Parisiis, sumptibus P. Le- thielleux, 1896, 16° di pp. 824.

Index alphabeticus generalis omnium Tractatuum et quaestionum quae continentur in quatuor voluminibus infra descriptis. Parisiis, idem, di pp. 20.

Con questo quarto volume si com- la modernita benintesa, e gli altri piono le Istituzioni Teologiche del pregi scientific} e didattici da noi P. Tepe, da noi piu volte annunziate notati nei precedenti volumi, riful- e raccorcandate, e un accurate indice gono anche in quest'ultimo, cosl che alfabetico serve di corona all'opera. noi crediamo che quest'opera sia per La solidita, la brevita, la chiarezza, incontrare 1'universale favore.

TUCCIMEI G., prof. La teoria dell'Evoluzione e le sue applica- zioni. Roma, tip. dell'Unione cooperativa editrice, Porta di Yia Salaria 23A, 1896, 16° gr. di pp. 45.

Non sono che 45 pagine, mascritte tenta con isconsigliate pubblicazioni da mano maestra e bastevoli a orien- di dar corso anche in Italia a quel tare il lettore nella questione circa sistema, di cui il ch. .Autore mette 1'Evoluzioiie. Tornano piu che mai lestamente in chiaro la debolezza e acconce in questo momento, che si le male tendenze.

VILARRASA EDUARDO M.a arcip. dr. La Leyenda de oro para cada dia del ano. Vidas de todos los Santos que venera la Iglesia. Contiene toda la obra de Ribadeneira, las noticias de Oroisset, Butler, Godescart, etc. etc. el Martirologio romano con sus adi- ciones hasta el presents ano. y un vocabolario alfabetico de todos los santos con indicacion del dia en que se encuentra su vida. Quinta edition, completada con los vidas de los Santos canonizados desde 1855 hasta la fecha y una serie de estudios refutando errores rnodernos sobre la vida de N. S. Jesucristo y los Santos. Precedela un prologo del Rdo P. Fr. Ruperto de Manresa, cap. Tom. primero. Barcelona, L. Gonzalez y Comp. ed., 1896, in gr. Ciascun fascicolo una Peseta. Splendida raccolta, magnifica edi- cristiano un pascolo salutare per tutti

zione, opera che altamente onora la i giorni dell'anno.

pieta spagnuola ed offre al popolo

BIBLIOGRAFIA 101

AVVERTENZE

circa le Bibliosrafie del Periodico " LA CIVILTA CATTOLICA

1." La Bibliografia delta Civilta Cattolica £ destinata a dar conio di quelltt opere delle quali si mandano gratuitamente alia Direzione due copie, e che sleno ricono- tciute meritevoli d'essere raccomandate. L' esame piu disteso e la confutazione del li- bri rei si rlservano alia Rivista della atampa.

2.° Agli annunzii del titoli spesso fa seguito un breve cenno del contenuto nel libra n del suoi pregi ; ma spesso ancora si omette questo cenno, specialmente quando si ri- leva abbastanza dal titolo stesso la contenenza ed II merito del libro ; e percid il sem- plice annunzio, nella nostra intenzione, eqtilvale ad una raccomandazione. Cib vale al- tresl, generalmente parlando, per le edizioni di una stessa opera che seguitano dopo la prima e per Estratti di Periodici.

3.° Siccome lo spazio che pud concedersi alle bibliografie e relativamente ristretto, cos\ sono esclusi da esse i libri di lingue straniere, eccettuata qualche opera insigne <j d' ' interesse universale.

4.° Per la stessa ragione non si da luogo agli annunzii di libretti di piccola mola « non ispeciale importanza; come ad esempio, discorsi accademici,panegirici spiccio- lati, orazioni funebri (se non si tratti di defunti commendevoli per meriti insigni), poesie e prose di occasions ecc. ecc.

5.° Non si ammettono annunzii o programmi di giornali o di opere da pubbli- care, se non quando se ne sia incominciata la pubblicazione e questa sia giudicata profittevole. I giornali o periodici non si anniinziano se non dopo un certo tempo dalla loro pubblicazione e quando ne sia fatto regolare invio alia Direzione.

6.° Stante il gran numero di opere e di opuscoli che, dai benevoli Autori ci sono indirizzati, non ci e possibile annunziarli con quella prontezza che essi bramerebbero. Non maraviglino dunque se talaolta vedranno tardare d'alcuni mesi I'annunzio desi- derata. Noi procuriamo di serbare in cib, in quanta & possibile, I'ordine del tempo in cut ci sono spediti, dando ordinariamente la precedenza a qnelli che ci giunsero prima.

7.° Altre volte poi il non comparire I'annunzio proviene dal non aver not ricevuto il libro speditoci.

8.° Atteso la suddetta ristrettezza dello spazio, non ci e possibile annunziare quei libri che ci sono spediti dopo uno o piu anni dalla loro pubblicazione.

9.° Si desidera che i libri che ci sono mandati per la Bibliografia, specialtnente se trattano di religione, sieno muniti ddl' approvazione dell'Autorita Ecclesiastlca.

10.° Queste avoertenze intorno agli annunzii bibliografici, si vogliono in gran parte applicare anche alle riviste.

11.° Xe la Direzione, ne I' Amtninistrazione della Civilta Cattolica assumono I'im- pegno di dare altre indicazioni delle opere annunziate, oltre quelle che si trovano sotto i titoli rittpettivi e che sono tolte dalle pubblicazioni medesime; e tanto meno di prov- vederle, eccetto il caso in cut sia avvertito tronarsi le dette pubblicazioni vendibili presso I'Amminitttrazione della Civilta Cattolica, Koma.

CRONAGA GONTEMPORANEA

Roma, 1-15 decembre 1896.

I.

COSE ROMANS

1. Pellegrini tirolesi e napolitani dal Papa, deputazione di Perugia e di Gradoli. 2. Chiusa del centenario de' prodigi, avvenuti nel secolo pas- sato in Roma. 3. Risposta alia stampa anticristiana sul fatto de' pro- digi stessi. 4. Violenze anticlerical! a Marino; un ricordo della vio- lenza del 13 luglio 1881. 5. L'Unione degli Sludii sociali e YOpera dei Congressi. 6. Chiesa monumentale in Milano, da aprirsi all' alba del gennaio 1900. 7. Contro le scatole di cerini pornografiche.

1. In quest'anno e stato celebrate nel Tirolo (e noi lo narrammo nelle Cose Varie) il centenario della consecrazione di quella regione al Cuor di Gesu, fatta pubblicamente dall' autorita civile, dopo le lotte sostenute dai Tirolesi contro la repubblica francese per la fede e la patria. Quasi compimento del centenario, prima che spirasse il presente anno, gli eredi de' forti figli del Tirolo, in numero di cento incirca, sono venuti a Roma ad attestare al Capo della cristianita la loro fede. Yennero essi in sul flnir del mese di novembre ; ma 1'udienza solenne del S. Padre fa il 5 decembre. Insieme coi lontani Tirolesi v'era un numero anche maggiore di Napolitani, dicono 300, venuti a visitare la basilica di S. Clemente, titolo cardinalizio del Card. San- felice di Napoli, per ringraziamento della costui ricuperata sanita. Anche i pellegrini napolitani erano alia Messa e udienza papale, e con loro le deputazioni di Perugia e di Gradoli. Quei di Perugia e Gradoli erano venuti a ringraziare Sua Santita per 1'onore impartito ai loro concittadini e condiocesani il Card. Satolli e il Card. Ferrata, elevati alia sacra porpora e insigniti del cappello cardinalizio. La Messa del S. Padre, e 1'udienza che segui, fu nella sala ducale, tra- sformata in cappella. Durante la Messa, i cantori della Sistina, di- retti dall'insigne Mustafa, eseguirono bellissimi mottetti musicali, tutti composti dallo stesso Maestro. Dopo la Messa del S. Padre e quella di ringraziamento, assisosi il Papa dinanzi 1'altare riceve

CRONACA CONTEMPORANEA 103

i pellegrini in varii drappelli : i tirolesi in prima, distinti in varie schiere, poi i napolitani e quindi quelli di Perugia e di Gradoli. I Tirolesi offrirono al Papa alcuni doni. « Notiamo il dono dell'il- lustre scultore Augusto Valentin di Brixen (Tirolo Austriaco) che consiste in una statua del Sacro Cuore di Gesu in atto di benedire ; il lavoro e di una finezza straordinaria sia per le tinte, e per i co- lori, sia per la posa e pel panneggio. Esso poi e tanto piu pregevole in quanto che la statua e di legno, tutta di un pezzo ; il legno spe- oiale da cui e ricavata la statua si rinviene nelle Alpi tirolesi e si chiama xirmo. II Santo Padre gradi moltissimo 1'offerta, mostrando- sene soddisfattissimo, ed ebbe parole lusinghiere per 1'autore, intrat- tenendosi benignamente con lui per qualche tempo. II signer Lindner dlnnsbruck, regio fornitore della Corte austriaca, presento al Santo Padre un magniflco cero finamente lavorato e colorato. II lavoro e valutato di circa 1000 fiorini. II signor Veihnlnwieder presento al Santo Padre una copia della storica e venerata immagine del Sacro Cuore entro una preziosa cornice. Dopo la Messa, e prima che questi «ignori presentassero i doni, il Santo Padre benedisse la bandiera tiro- lese, antichissima, come si puo vedere dagli strappi e dalle lace- razioni del tempo. La bandiera e di color crema, e porta nel mezzo una croce, con il Cuor di Gresu, trapunto in oro, e con la seguente scritta : In hoc signo vinces. La bandiera data da un secolo ed appunto in questi giorni compie il 100° anno dacche s'inalbero da Andrea Hofer sui campi di battaglia contro i repubblicani francesi che ave- vano invaso il Tirolo. Beda "Weber uno dei piu rinomati poeti tiro- lesi, di tal guisa accenna alia bandiera del suo paese : « . . . Finche « I'lnn scendera verso 1'oriente, il valore tirolese vivra. Esso ha in- « trapreso con eroica audacia un combattimento a oltranza per la li- « berta. Non e per una futile gloria che tu ti sei sollevata, o mia pa- < tria. Fedele al vecchio sangue germanico, per difendere il nome e « la virtu degli antenati, tu hai spiegato con gioia la tua bandiera. « Sopra i campi del ferro e della strage i tuoi figli sono per quella « bandiera morti gloriosamente, sono caduti per risorgere in un mondo « migliore... » Oltre 1'antico vessillo di Andrea Hofer, il Santo Padre benedisse una nuova bandiera in tutto simile all'antica, con le stesse decorazioni ed iscrizioni. L'asta porta alia sommita una croce. I Ti- rolesi avevano altresi con loro un piccolo stendardo bianco e giallo con la scritta: Tirolo Cattolico. I pellegrini, durante la presentazione della bandiera, detta centenaria, del Sacro Cuore, hanno cantato un inno, sotto la direzioue del prevosto Mitterer, che ha per la circo- stanze composta la musica su parole del P. Norberto Stock, Cappuc- cino. Alia fine di ogni strofa, i pellegrini agitavano entusiasticamente i cappelli. Alle 10 e tre quarti, il Santo Padre, levatosi e benedetti

104 CRONACA

di nuovo i present!, poneva termine all' udienza ritirandosi tra gli

incessant! evviva ed agitare di cappelli e bianchi lini degli astanti l. >

2. E bene che rimanga memoria storica del fatto della celebra- zione del centenario per prodigi avvenuti in Roma nel secolo scorsor cominciando il 9 luglio 1796 ; anno, in cui parecchie imagini di Maria SS. e anche del Crocifisso apersero gli occhi. Di questo fatto- storico abbiamo gia parlato due volte con qualche ampiezza ; nella cronistoria delle Cose JRomane (quad. 1107, pag. 358) e piu esplici- tamente nella Rivista della stampa (quad. 1115, pag. 569), ove addu- cemmo le prove scientifiche e storiche d' uno di que' miracoli avve- nuti. Yarii sono stati i modi onde i Romani, per cura del Circola dell' Imrnacolata, hanno mostrato a Dio la riconoscenza per que' pro- digi nel corso di quest' anno. Ci6 sono specialmente novene e tridui di preghiere, di predicazione e di manifestazioni di fede colla fre- quenza ai Sacramenti. Ne nominiamo tre, di cui potemmo fornirci i document! autentici : ossia, la novena celebratasi nella chiesa della Consolazione, annessa all'Arcispedale omonimo, i giorni precedent! all'Assunta di quest'anno 1896 in memoria dell'aprimento degli occhi della Madonna delle grazie ; il triduo celebratosi nell' istessa chiesa il 13, 14 e 15 novembre per il medesimo aprimento di occhi di Gesu Nazareno ; e finalmente lo splendidissimo triduo al Gesu per la chiu- sura solenne del centenario i giorni 11, 12 e 13 decembre, per la qual festa si trasporto provvisoriamente in quel tempio 1' imagine di M. Addolorata, venerata nelle Cappellette di S. Luigi in S. Igna- zio. Al Gesu 1'ultimo giorno, alia benedizione del Sacramento, fu bellissimo lo sfilare d' un 200 giovani de' varii circoli cattolici di Roma colla torcia in mano. Alia porta del tempio farnesiano legge- vasi questa iscrizione dettata dallo stesso Card. Vicario : Vergine Be- nedetto, — Come un giorno da mute imagini sfavillando // vostro mater no^Guar do Imminenti annunciava / castighi della divina giustizia mOggi dopo un secolo riguardate pietosa La vostra Roma Qui supplichevole E con essa raccomandale al Figlio L' Italia e la Chiesa. II giorno 17 poi la venerata imagine fu riportata a Sant' I- gnazio con solenne corteo di oltre 100 socii di varie societa cattoliche con torce e 200 tra signori e signore con cerei a lampada, oltre nu- merose alt re persone che s' unirono al pio corteggio.

3. II foglio ebraico, o meglio razionalistico, di Roma non ha ta- ciuto di questa splendida manifestazione di fede de' Romani ; ma so-

1 Cosi la Voce della Verita, n.° 281. La medesima effemeride descrive molto bene la foggia di vestire de' pellegrini tirolesi, secondo 1'uso de' loro paesi ; della qual foggia di vestire, trovandosi ora essi nella solenne occa- sione di visitare il Papa, fecero uso con piu liberti che nel Tirolo stesso ove il decadimento delle anticbe usanze 6 gia manifesto.

CONTEMPORANEA 105

lamente per dirla barbarie (sono sue parole) ; per dire che con ci6 i cattolici sfruttano I' ignoranxa e la superstixione a vantaggio de' loro scopi politici; per dire che i miracoli del secolo scorso, narrati dalla storia, sono una commedia;e per rimproverare la longanimitd del Governo e Yapatia de! ciltadini a non dar tregua ai clericali, i quali ancora hanno 1'audacia di vivere e respirare in questa terxa Roma, cheMeve essere la cittadella del laicismo l. Ma questa non e che la conclusion e della predica anticristiana. II corpo di essa e far credere a chi nulla sapesse del fatto, che esso 6 un' impostura del Governo pontificio del 1796, il quale, affinche il popolo non si turbasse per le invasion! del Bonaparte, lo voile distrarre con falsi miracoli, cercando (come dicono i messeri di quel foglio) un diversivo potente, per aver docile quel popolo, di cui conosceva bene la roxxexxa, la volultd del sangue, la superstixione e il fanatismo. Chi volesse toccar con mano la malignita anticristiana di quella diceria, intitolata Un centenario, non ha che a rileggere quel che noi scrivemmo nel quaderno del 5 dicembre di quest' anno nella Rivista della stampa, ove esaminammo a tutto rigore scientifico le prove storiche del miracolo, avvenuto in una delle ima- gini, cioe in quella della Madonna dell'Archetto che e in via S. Mar- cello. Dicemmo ivi essere stati bene ottantasei testimonii che videro il fatto, testimonii d' ogni classe di cittadini che lo giurarono in for- male processo, tra cui testimonii scienziati e prima del fatto anche indifferenti e scettici. Or che valgono le affermazioni gratuite del fo- glio giudaico nel 1896 (cioe un secolo dopo) contro ottantasei testi- monii d'un secolo fa che giurarono d' aver visto il fatto ? Chi ha buon senso lo dica. Ne giova tirar fuori dall' arsenale rettorico i vo- caboli superstixione, fanatismo e barbarie; poich6 quello che si chiama cosi, per ischerno, e innanzi tutto un fatto storico. Ora i fatti son di macigno, o signori, e per quel fatto militano 86 testimoni oculari. Distruggete quelle testimonianze, se potete, e vi daremo il premio. Ma finche quelle resteranno, la vostra opera e davvero barbarie sto- rica e indegna della luce.

4. L'effemeride anticristiana, di cui parlammo qui sopra, rimpro- verava Yapatia de' cittadini, spronandoli a inflerire contro i cattolici. Questi incitamenti a violare la liberta per opprimere i cattolici non sono solamente scritti sulla carta. Talora vengono messi in opera, come accadde 1'8 decembre a Marino uno de' vicini castelli romani. Ivi i cosi detti socialisti videro di mal occhio la solenne dimostra- zione di fede sincera, data dai loro concittadini e dalle societa catto- liche ; e prendendo a pretesto i discorsi fatti sul socialismo dal pre- dicatore, decisero di fame vendetta insieme con alcuni di Roma,

1 Tribuna, n.° 346.

106 CRONAGA

che invitarono percio a Marino per il giorno 8. Durante le funzioni del pomeriggio, si recarono nella chiesa cattedrale, guidati da un tale venuto da Roma, il quale, prima che il predicatore salisse sul pergamo, gli si avvicino, minaccioso, eccitando cosi la prima scintilla di disordine, che divampo poi in giusto e santo sdegno popolare & generale su di lui, il quale, poco mancd non restasse vittima dell'indi- gnazione popolare ; e se fu salvo, lo dove alia protezione e al coraggio d'un sacerdote. Infatti, questi, facendogli scudo della sua>:persona, per evitare scandali e tristi conseguenze, lo accompagno sano e salvo sino alia porta della chiesa. La sera stessa i socialisti vollero fare una dimostrazione contro i cattolici; ma, giunta la forza da Roma ne- mando in catorbia ventisei. Questi, almeno, non sono cittadini apati pel cuore degli scrittori del foglio accennato di sopra ! A questo fatto di violenza vogliamo unirne un altro. Non e esso di fresca data, ma tale e la scoperta d'una medaglia commemorativa. Tutti sanno come 1' infausta notte del 13 luglio 1881, certuni (seguendo i principii del solito foglio anticristiano) volevano gentilmente gittare al flume la venerata spoglia di Pio IX. Ora, quel che nessuno sospet- tava, di quel fatto si conio una medaglia commemorativa, la cui sco- perta rimonta al 7 decembre di quest' anno. Cosi lo narra il Fanfulla. « In un banco di rivenditori di vecchi ninnoli e stata trovata ieri una bellissima e rara medaglia di argento dello spessore di due millimetri e del valore di circa 20 lire, coniata (a quanto sembra) per premiare coloro che nella celebre notte del 13 luglio 1881 si opposero al tra- sporto della salma di Pio IX. Nel diritto della medaglia e stampata a caratteri romani il verso di Giovenale : Immortale odium et nunquatn sanabile vulnus. E nel centre : Pio Scatizzi. Nel rovescio : Ai Ro- mani — che giudicarono il Papato la sera del 13 luglio 1881* Durante il memorabile tumulto, cui il trasporto della salma di Pio IX diede luogo, sei furono gli arrestati e tra questi lo Scatizzi. » Ecco- un monumento della liberta del Papa in Roma !

5. A chi e punto punto addentro nello svolgersi della vita cattolica pubblica in Italia, non e sfuggito il parlare alquanto acre di alcuni contro 1' Unione cattolica per gli studii sociali, a cui presiedono, come presidente onorario Mons. Callegari di Padova e come presidente effet- tivo il prof. Toniolo di Pavia. Vorrebbero, cioe, costoro, oltre la coor- dinazionedelle varie societa cattoliche d'ltalia, anche 1'intero amalgama- mento di esse colla gran.de Opera de'congressi cattolici. Dalla quale unione costoro pronosticano un gran bene, mentre altri vi scorgono una di- minuzione di spontaneita e di forza ne' movimenti. I primi poi tira- ran<j fuori anche Pautorita del Papa. Ora Mons. Yescovo di Padova, presidente onorario dell' Unione stessa, si affretto a scrivere a Sua Santita, pregandola a degnarsi di significargli quali appunto fossero

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gli augusti suoi voleri coll'unico intento di compierli pienamente tostoche fossero conosciuti. Ed il Santo Padre, dapprima per lettera del suo Segretario particolare in data 23 novembre, gli faceva dichia- rare essere suo desiderio che 1'Unione per gli studii sociali sia con- servata, e che non dovevasi tener conto di cio che stampano i giornali ; quindi incaricava 1' Emo Card. Rampolla Segretario di Stato a diri- gere a Monsignor Vescovo una lettera d' appro vazione e d'incorag- giamento. Essa reca la data del 24 novembre, ed e riportata da tutti i giornali. Ci piace di notare, parlando degli studii sociali in Italia, oome ora il prof. Toniolo ha cominciato un corso di lezioni all'Acca- •demia pontificia romana, trattando temi di economia sociale in rap- porto colla morale cristiana e col progresso sociale. L'nditorio e com- posto quasi esclusivamente di studenti dell' Universita, che ascoltano intenti la dotta, calorosa ed eloquente parola del professore pisano.

6. II P. Gerardo Beccaro, de' Carmelitani Scalzi, al tempo del Congresso eucaristico di Milano, fe' opera perche s'innalzasse una chiesa al SS. Sacramento, erigendo ivi stesso la cosi detta Lega eu- •caristica. La chiesa pero e~ provvisoria. Or egli ha concepito 1'idea di sostituire alia chiesa provvisoria una chiesa stabile e grandiosa, qual monumento della fede e della divozione suscitatesi nei cuori de' cattolici di tutto il mondo in questo scorcio di secolo ; preziosa •eredita che il secolo che muore lascia al secolo che nasce, e fara si che la traviata umanita, ripudiati gli errori e 1'invadente immoralita, trovi la sua salvezza all'ombra della Chiesa cattolica. Ma oltre ad essere 1'erigenda chiesa monumento della fede e della divozione a Gesu Sacramentato, sara pure santuario e luogo di singolare suffra- gio alle anime dei cari defunti, non solo pe' meriti infiniti di Gesu ia Sacrifizio e in Sacramento, ma anche per le speciali pratiche di pieta e le incessanti preghiere che i fedeli, prostrati avanti 1'Ostia sacrosanta, innalzeranno a Dio ripetendo colla Chiesa quelle bellis- sime parole : Ipsis, Domine, et omnibus in Christo quiescentibus locum refrigerii, lucis et pads ut indulgeas deprecamur. II P. Beccaro ha espo- sta al Papa questa nobile idea, affinche lo benedicesse nella sua in- trapresa e con lui tutti quelli che lo coadiuveranno con offerte e con qualsiasi altro mezzo, affinche il monumento a Gesu Sacramentato sia eretto ed aperto solennemente al culto, allo spuntar dell'alba del gennaio 1900, quasi ingresso trionfale di Gesu Sacramentato nel nuovo secolo. A tale istanza Sua Santita ha risposto con un breve di com- inendazione.

7. Da un tempio monumentale da erigersi scendiamo alle scatole de' oerini. Anch'esse non sono estranee alia vita cristiana vera, di cui Roma e altrice e madre. In tenui labor, at tennis non gloria. Al- cuni giovani cattolici di Liguria, dunque, si fecero promotori d'una

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modesta, ma santa impresa, quale & quella di combattere la porno- grafia dilagante sulle scatole di fiammiferi, opponendo, per cosi dire, scatola a scatola. Essi ordinarono per proprio conto una forte quan- tita di scatole di cerini, ornate di caratteristici disegni, e ne fecero largo spaccio in commercio coll'appellativo di Scatole Dran. Vollero essi inoltre portare a cognizione del Santo Padre la loro umile opera, acciocche 1'apostolica benedizione rendesse piu fruttiferi i loro sforzi, ed all'uopo, per mezzo di Monsignor Giacomo Eadini Tedeschi otten- nero fosse presentato al Santo Padre in elegante astuccio un saggio delle scatole, raccolto entro un'artistica custodia d'argento, fregiata dello stemma pontiflcio in rilievo. Leone XIII fece rispondere al Pre- sidente del Comitato pro mo tore, per mezzo di Monsignor Eadini Te- deschi, che aveva gradito il dono e benediceva la bella opera. Per amor del verb dobbiamo pero aggiungere che anche in Eoma stessa, anzi fin dal 1894, la ditta « Domenico Santelli » in via Frattina fece fabbricare allo stesso scopo scatoline del genere di quello della Li- guria, or mentovate.

II. COSE ITALIANS

\. L'assassinio della cos\ detta Contessa Lara (Evelina Cattermol). 2. Apo- teosi anticristiane della stessa; manifestazioni del mondo contemporaneo. 3. Eccidio della compagnia del capitano Cecchi nell'Africa. 4. Fine dell'inchiesta sulle ladrerie amministrative; sentenza sulla cattura del Doelwyk. 5. Appunti storici,

1. Abbiamo sotto gli occhi, mentre scriviamo questa pagina, una intera bibliografia, riguardante la vita e la morte cruenta d'una scrit- trice, teste assassinata in Eoma, conosciuta nel mondo letterario e mondano col pseudonimo di Contessa Lara, e in verita Evelina Cat- termol. La morte e la vita di costei con 1'apoteosi fattale sulle gaz- zette ci manifesta la corruzione del mondo contemporaneo, di quel mondo che si nasconde nei salotti eleganti dietro le vegliate porte, e sulle paginejde' fogli quotidiani deride volterianescamente la severa vita cristiana. Ci segua il lettore, e avra di che istruirsi. Evelina Cat- termol, figlia di padre inglese, nacque a Cannes in Provenza, altri dice a Firenze, ove il padre era professore di lingua inglese e anche Console d'Inghilterra, secondo alcuni. Narrano che ella riceve una buona educazione presso le Eeligiose del S. Cuore a Parigi e che tor- nata in famiglia, e seguendola in varie citta d'Europa, pote imparare diverse lingue. Stabilitasi finalmente a Firenze vi sposo un figlio del ministro italiano Pasquale Mancini. Qual fosse fin d'allora la vita intima

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dell'Evelina c'e svelato da un orrendo fatto di sangue, avvenuto il 7 giugno del 1875 a Milano, probabilmente non molto dopo il suo ma- trimonio, essendo essa nell'eta di 25 anni. All'alba del 7 giugno di quell'anno, dunque, due uomini si trovavano uno di fronte all'altro nella pianura lombarda: il Cav. Eugenio Mancini, marito dell'Evelina e Giuseppe Bennati, addetto al Banco di Napoli. Erano due avversarii che s'erano sfldati all' ultimo sangue e stavano di fronte colla pistola in pugno, accompagnati dai cosi detti padrini. La sorte di sparare pel primo favori il Mancini, che alzata la pistola feri il nemico in pieno petto. Questi giro su se stesso, cadde a terra e poco dopo mori. Perche questo delitto? L'Evelina aveva avuto pessima relazione col Bennati, e scoperta una volta in flagrante delitto, accese Fira del marito, il quale, ucciso prima il Bennati, si separo poi per sempre dalla sua moglie. D'allora in poi 1'Evelina col pseudonimo di Contessa Lara si diede tutta alia vita letteraria, scrivendo versi e prose, specialmente ne' gior- nali letterarii ed umoristici. Che se 1'arte letteraria deve essere istru- mento d'educazione, come niuno dubita, s'imagini ognuno qual edu- cazione doveva sgorgare dalla mente e dal cuore della Contessa Lara. I due volumi de' suoi versi e le sue prose sono frementi d'erotismo e di volutta, e le gentili signore imparavano da essi colpe e vergogne. Alia corruzione, come e solito, tenne dietro 1'incredulita, e la Contessa Lara scrisse anche da scredente ; almeno cosi le torno conto per inte- resse e vanita, checche fosse nel fondo del cuore. In fatti, passato il fantasma della vita, e ridotta agli estremi, quando si trovo dinanzi al gran problema della vita in tutta la sua realta, ella si appiglio alia soluzione cristiana, che senza dubbio 1'era rimasta in fondo alia co- scienza: crede a Gesu Cristo, gia da lei altre volte bestemmiato %

1 Questo sonetto della Contessa Lara dimostra la parte di scredente che ella recit6 nella vita, finche vide danzare innanzi a s6 le ore future e finch6 la vita non fu spoglia delle illusion! de' sensi. II Crocifisso da lei bestemmiato le fu, per6, prodigo della sua grazia. In quel sonetto ella diceva :

0 bronzeo Cristo, che da canto a '1 letto Dove sogno 1'obtto dolce e profondo De '1 viver gramo, il sanguinoso petto Scopri ed inviti a sacro amplesso il mondo,

Non per 1'eterno fuoco maledetto, Non pe '1 Tuo cielo placido e giocondo, Ma sol perche ne '1 Tuo pietoso aspetto Fis6 mia madre 1'occhio moribondo,

Qualunque sia di mia giornata il corso, Torno ogni sera a Te: come si riede A un amico, a un ricordo, a una speranza.

Ne ti domando, o Cristo, altro soccorso Che quest 'atto di car a ultima fede, Per ogni giorno che a lottar m'avanza.

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chiamo un suo ministro, si confesso delle sue colpe, tornando a quei che volentier perdona. La parte di cronaca dell 'ultimo giorno della Con- tessa Lara e questa. Abitava ella in Yia Sistina. II 30 novembre a sera, un tal Giuseppe Pierantoni, pittore, che frequentava la sua casa per motivi che e bello tacere, sia per ragioni di gelosia sia perche ella gli ricuso del denaro, afferrata una pistola che la Contessa aveva sempre a lato del letto, (e la diceva 1' ultimo suo amico) la feri mor- talmente alle viscere. Curata inutilmente dai medici, il di appresso ella stessa dimando d'un sacerdote. E il P. Catello accorse da S. An- drea delle Fratte, portandole i conforti religiosi, confessandola e dan- dole 1'estrema unzione. Alle 7 della sera Evelina Cattermol non era piu. 2. Dicemmo che la morte di Evelina Cattermol e i comment! fat- tine alzano un lembo che ci fa vedere la corruzione del mondo con- temporaneo. Cid diciamo non tanto per la parte rappresentata da questa disgraziata scrittrice, ma piu per 1'apoteosi che le fecero altri scrittori, al pari di lei mondani e corruttori, come ora vedremo. Ella in fatti, in qualche modo, tanto per se quanto per gli altri, riparo al mal fatto colla conversione che possiamo credere sincera, avvenuta 1'ultimo di della sua vita. Qualche indizio di ritorno a Dio ci e dato scorgere anche in quel che altri ha narrate intorno a lei negli ultimi giorni. « Mentr' ella moriva (narra il pubblicista Diego de Miranda) una fanciulla, una popolana, s'aggirava angosciata, smarrita, per le stanze vuote. Interrogata, narrd : « ler 1'altro, verso sera, entrai in chiesa e mi avviavo all'altar maggiore, quando vidi una signora che pre- gava singhiozzando forte e piangendo dirottamente. Eravamo sole in chiesa; m'avvicinai per confortarla, per interrogarla... Mi disse: Sono tanto infelice, cara... Pregate per me. M'inginocchiai, e pregammo insieme, perche anch'io sono tanto disgraziata. E quando glielo ebbi detto, uscendo di chiesa, mi disse di venirla a trovare, che avrebbe cercato di essermi utile, d'aiutarmi.... E sono venuta oggi. Quando le fu narrate 1'atroce fatto, la povera fanciulla fuggi via, piangendo. Coea, anche, e stato detto che la Contessa Lara, morendo, ha perdo- nato 1'uccisore ; ma come solenne sia stato il perdono, non formale voce assolutoria, ma supremo trionfo dell'anima puriflcata, svincolata da ogni umana passione, nessuno ha detto. » Tutte queste particola- rita che, innanzi tutto, riparano in qualche modo il male operate dalla Contessa Lara, e poi fanno conoscere come 1'incredulita di molti scrit- tori e, piu o meno, un'affettazione a scopo di lucro, queste partico- larita, diciamo, sono state messe da banda in questa occasione da scrittori di una oerta specie e hanno fatto di questa infelice un tipo ideale che e semplicemente anticristiano. Un'altra scrittrice pseudo- niaaa col nome di Febea1, nel far 1'apoteosi dell'uccisa ha scritto 1 Nel Don Chisciotte.

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osi .- - Se, invece della Contessa Lara, si trattasse d'un Conte Lara (che avesse menata quella vita stessa di disordini morali) tutti avreb- bero detto (dice Febea): « Che cuore, che uomo, che galantuomo, che « brava persona! E nient'altro. Nessuno si curerebbe di sapere... se, « a giornata finita, amasse chiedere a una dolce e lieta ora... (qui si €parla di cose contro la legge cristiana) il legittimo svago, il meri- « tato compenso di tanto arduo lavoro e tanti doveri compiuti. Ad « ogni modo, se qualcuno nella commemofazione funebre del Conte Lara, qualcuno, inopportunamente, per la tristezza del momento, « capitasse a parlare della intimita piu gelosa della sua vita, ne trar- « rebbe argomento a dimostrare, quanta esuberante affettuosita e te- c nerezza, quanta larga onda di vita fluisse da quel cuore a quel cer- « vello. Cio e stato detto anche per un gran Ke ! Quella grande figura « s'e delineata, per questo, piu simpaticamente vivida e forte, innanzi « alia immaginazione dei posteri ». Dunque (conclude Febea} si deve dir 1'istesso trattandosi d'una donna, invece d'un uomo, della Con- tessa Lara invece del Conte Lara. E questa ella chiama logica, inti- tolando 1'articolo : Logicamente. Ma non si avvede Febea che 1'errore e nella prima proposizione del suo sillogismo, cioe che in un uomo si possano appro vare i traviamenti contro il sesto precetto della legge di Dio, in un uomo, intendiamo, battezzato e cristiano. La manifesta- zione, pero, di Febea e utile per conoscere la perversita del mondo con- temporaneo ; essa ci fornisce una pagina storica degna di tramandarsi ai posteri, della qual pagina il piu importante e il sapere da quali corrottissime sorgenti scaturiscano al popolo nelle gazzette e ne' pe- riodici le idee di moralita, ordine, diritti, doveri, Dio, religione, patria e ogni cosa.

3. Al leggere i corsi di geografla, 1'almanacco di Gotha e al ve- dere le carte geografiche africane, gran pa^rte dell' Africa e sotto il protettorato italiano. Senza parlar dell' Eritrea propriamente detta: v'e 1'Abissinia tutta quanta ; vi sono i distretti degli Havab, dei Bo- gos, e di altri popoli, in paesi che sono un'appendice dell'altipiano etio- pico; poi v'e il territorio dei Danakil tra Massaua ed Assab; poi il sultanato di Raheita sul mare e finalmente tutto il paese de' Somali dalle foci del Giuba al Capo Gruardafui. Quest'ultimo protettorato fu preso dall'Italia nel 1889" per dimanda di varii Sultani di quei paesi. Qua e la, inoltre, da parecchi anni, si erano costituite societa italiane di commercianti, di geografi e di esploratori. Nota e la societa presie- duta dal capitano Filonardi, e nota e la spedizione del capitano B6t- tego ad esplorare il Giuba, del qual esploratore non si sa ancor bene che cosa sia accaduto e dove sia. Tuttocio serva ai lettori per farsi un'idea di quel che siamo per narrare. Pare che tutta quella gente abbia poca volonta d'essere protetta, specialmente quando e provocata

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dalla prepotenza europea. Lo sanno i morti di Abba Garima e i su- perstiti della disfatta. Or ecco annunciarci un nuovo eccidio di com- mercianti ed esploratori, ai quali non sembra estraneo anche qualche scopo politico. Antonio Cecchi, console italiano ad Aden, era andato a Mogadishu (nella costa de' Somali) per insediarvi la societa com- merciale italiana del Benadir, che subentrava alia societa del Filo- nardi. Ci6 posto, ecco la notizia dell' eccidio, trasmessa dall' agenzia officiosa del Governo. « II console Ceechi arrive a Mogadisciu col Voltttrno il 23 novembre e credette di organizzare una carovana per visitare la sponda del fiume Scebeli. Egli parti il 25 novembre alle ore 15, accompagnato dai comandanti Maffei, della Staffetta, e Mon- giardini, del Volturno, Quirichetti, direttore della dogana di Moga- disciu, dagli ufficiali Smuraglia, Baraldi, De Cristofaro, Sanfelice, Guzzolini, Baroni e Gasparini, dal macchinista Olivieri, dal fuochista Eolfo, dal domestico Caramella, dal timoniere Vianello e dai marinai Gregante e Bonasera. La carovana era scortata da 70 ascari armati. I bianchi erano tutti provvisti di cavalli. Dopo 5 ore di marcia la carovana pernotto a Lafole, situata a circa 20 chilometri da Mogadi- sciu. Improvvisamente i Somali nomadi assalirono il campo, uccidendo sei ascari. Le sentinelle nostre respinsero 1'assalto abbattendo parecchi Somali. Fatto giorno, la carovana ripiego su Mogadisciu, tirando contro i Somali ritornati in nuinero grandissimo e continuanti ad irrompere sui lati della strada. I nostri, uniti, continuarono a difendersi valo- rosamente, finche gli ascari, in parte caduti, in parte fuggiti, i ca- valli fiaccati dalla marcia faticosa e feriti essi stessi, dovettero soc- combere. » Tra i morti si contano diciotto ascari e tredici italiani. Antonio Cecchi, illustre viaggiatore, era nato a Pesaro nel 1849. Dedicatosi alia marina, divenne presto capitano; prese parte alia spe- dizione dell'Antinori e Martini, visito i Galla, fu colla prima spe- dizione di Massaua e presentemente era Console italiano ad Aden e Console generale pel Zanzibar. Egli aveva pubblicato le opere : Da Zeila alle frontiere del Cassa e YAbissinia settentrionale. Ora il Go- verno ha spedito il cap. Sorrentino colle credenziali di Console del Zanzibar, e dicono anche per far giustizia degli uccisori del Cecchi. Ma noi crediamo che, se malagevole cosa e il proteggere gli Africani, piu malagevole ancora e il fame giustizia, specialmente con poche forze, ne' loro orrendi paesi e coi criteri alquanto puerili, onde si procede finora in Italia sulle imprese coloniali.

4. Oltre all'eccidio africano, or ora narrate, due sono i fatti della politica in questa prima meta di decembre. II primo 6 1'assolutoria data dalla Camera a certe ladrerie, commesse sotto il ministero del Crispi nella distribuzione delle offerte pel terremoto di Calabria e neH'amministrazione della consulta araldica. La commissione d' in-

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chiesta aveva dichiarato che in ambedue i casi v'erano stati furti ; quanto alle offerte pel terremoto, cioe, aveva dichiarato: primo, che il servizio dei soccorsi ai danneggiati fu sottratto all'ufficio compe- tente; secondo, che il servizio stesso non fu ordinato in modo da guarantire il regolare andamento, tanto piu che carte e document! non si rinvengono; terzo, che non fu dato pubblico e compito reso- conto delle soinme ; quarto, che le somme furono destinate per ordini di Crispi ad usi diversi, e le somme distribuite ai sindaci furono invertite non a scopo di pura carita, senza che 1' autorita volesse impedirlo. La relazione parla poi d'una somma di ottomila lire, ri- tirata da un incognito con un biglietto di Crispi, e che fu data giusta le istruzioni personali di lui ; istruzioni non registrate al protocollo. Cose simiglianti furono provate riguardo alia consulta araldica. Or venute fuori le dette conclusioni nella Camera, il Galli, gia sotto- secretario ai tempi del Crispi, fece una lunga difesa ; il Di Eudini, spinto forse da motivi d'ordine superiore, dichiaro non volersi far mallevadore di nulla, e la Camera, stanca di questi scandali, mise una pietra su tutto. Una volta lo scandalo era il rubare, ora si dice cosi la discussione che se ne fa per la giustizia. Non £ che noi vo- gliamo dar sentenza di cic>, su cui si rifiuto di darla il Parlamento ; ma diciamo che tutto questo & poco soddisfacente ; molto piu che lo stesso Galli nella sua difesa disse chiaro che una famiglia fu favorita piu, non solo perche era stata danneggiata dal terremoto, ma altresi perche s'era resa benemerita della causa patriottica. Del resto da una Camera ove molti sono stati deplorati (tutti sanno che cosa cio si- gnifica) non poteva aspettarsi altro. Pur troppo e una vecchia piaga questa d' Italia, cioe che i denari, offerti per le pubbliche calamita, arrivino tardi e male al loro scopo. Quando avvenne, nel 1882, 1'inon- dazione del Yeneto, le ingenti somme raccolte (dicono un milione e duecento mila lire) non erano ancora distribuite il 28 luglio 1883, quando avvenne il terremoto di Casamicciola. II secondo fatto che vogliamo accennare e la decisione della Commissione delle prede ri- guardo alia cattura della nave Doelwyk, contenente le armi per Me- nelik e catturata dagl' Italiani. La Commissione ha deciso che la nave fu confiscata legittimamente, perche presa in acque italiane e.diretta al nemico ; ma che, essendo ora stata fatta la pace, si deve restituire il carico ai loro padroni. Le critiche fatte a questa sentenza sono le seguenti : Se la nave fu bene acquistata, perche si deve ora restituire ? non essendo obbligo di restituire quel che & stato legittimamente preso; se poi non e un dovere la restituzione, ma un regalo che si fa a Menelik dopo la pace, che c'entra la Commissione delle prede? Non 6 questa un'attribuzione del Governo? Tutto fa sospettare che sotto vi sia stato qualche accordo con Menelik e che la sentenza

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1117. 8 26 dicembrt 1896.

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della Commissione abbia recitato un po' di commedia. Ed e cosi facile rappresentarla da chi ha in mano autorita, forza e denari !

5. APPUNTI STORICI. 1.° Sevizie soldatesche. Quella schiavitii in guanti, come si pu6 chiamare il militarismo odierno (e con cid indi- chiamo quel che T3ha di esagerato nella milizia) ha in questi giorni registrato un altro fatto crudele ne' suoi fasti. II capitano d'artiglieria Mesturini fu impiitato d'aver fatto legare alia coda d'un mulo un sol- dato di nome Lombardo, per cosi obbligarlo a marciare, dichiarandosi questo impotente a farlo. La cosa fu provata in tribunale, e fu pro- vato altresi che non e solo il suddetto capitano ad infliggere quel cru- dele supplizio. Ora il bello si & che il tribunale inilitare ha mandate assoluto il Mesturini. La sentenza e degna di figurare nella storia. Essa dice cosi : « II metodo usato dal Mesturini per facilitate la marcia « (sic) al Lombardo, non costituisce abuso d'autorita, perche diretto al zgiusto fine di aiutare nelle marce i soldati, che, per nessuna ragione, « in montagna, possono lasciarsi indietro. » Dalle quali parole segue che il legare una persona dietro un animale, qual e un mulo, e un atto di umanita! E buono a sapersi. 2.° Le idee cavalleresche anti- cristiane sul duello conculcate. II fatto che qui narriamo e piccola cosa, all'apparenza, ma grande pel significato. II ricorrere al duello per risarcimento d'onore o per decidere liti, e (secondo i concetti cristiani) cosa contraria alle leggi divine e anche ridicola. Or, in quanto esso e cosa ridicola, convengono jjia molti anche non cattolici. Ci piace quindi farlo conoscere. II deputato Ferri fu sfidato a duello dal depu- tato Santini (due legislatori del popolo italiano); e questi mando a quello due altri deputati, quali cavalieri e gentiluomini in tutta forma, a intimargli la cosi detta sfida d'onore. Ora, il Ferri colla sua risposta ha rotto 1'incanto di questa cavalleria crudele e ridicola, dicendo ai due gentiluomini che egli non reputava cosa seria il duello, ma se il Santini aveva qual che cosa contro di lui, venisse pure in casa sua e all'uopo gli avrebbe fatto sentire la punta de' suoi stivali. I due messi riferirono al Santini che il Ferri colla sua risposta aveva messo sossopra il codice cavalleresco e quindi non se ne fece nulla.

CONTEMPOR ANE A 115

III.

COSE STRANIERE

SVIZZERA (Nostra Corrispondenza). \. Echi del fatti di Zurigo: la Mis- sione apostolica per gli operai Italian! nella Svizzera. 2. L'Esposi- zione nazionale di Ginevra: la lettera pastorale di Ms. Deruaz; le feste ed i congressi : le giornate cantonali : il Villaggio Svizzero e la Chiesa cattolica. 3. Adelrico Benziger; Plinio Bolla; G. Ignazio von Ah, com- missario episcopale, parroco in Kerns.

1. La Giviltd Cattolica £ si e gia sufficientemente occupata di fatti dolorosi, piu per la Svizzera, che per gli Italiani, avvenuti il 25 luglio p. p. a Zurigo : ne e mia intenzione raccontarli di nuovo. Tuttavia credo necessario il far alcune riflessioni sulle cause che li hanno pro- dotti. Molto si e scritto, ingiornali ed opuscoli, in Italia e fuori, sulla ragione di quella improvvisa scena selvaggia. Si e detto che ne fu causa la facilita onde 1'operaio italiano da di piglio al coltello; il poco rispetto, che, non rade volte, ha per la donna altrui, e per la roba d'altri; la concorrenza efflcace, che fa all'operaio svizzero, e spe- cialmente all'operaio germanico ; perch& colla sua attivita sagace, e colla sua parsimonia vien da molti industrianti, e direttori di lavoro preferito ; si voile ancor ricercar la causa nella trascuranza degl'Ita- liani di uniformarsi alle abitudini locali e nelle antipatie tra latini e teutonici. Tutte queste cause, in diversa proporzione pero, certa- mente hanno influito alia caccia dell1 'Italiano , consumata a Zurigo; ma perd la causa fondamentale, nella quale troviamo il germe di quelle scene or ora enumerate, e ben altra, e pur troppo ha radici piu pro- fonde di quello che non si pensi. La causa sta nello scristianizzamento, e meglio ancora nell'indifferentismo pratico, pel quale 1'operaio niuno o quasi niuno concetto ha di religione, totalmente ne trascura le pra- tiche, ed invece con una frenesia spaventevole si getta, nel tempo che e libero dal lavoro, alia dissipazione ed all'osteria, intieramente disamorandosi della famiglia ; e, quando poi e occupato nel lavoro. vi e animate da una rabbiosa cupidigia di guadagno, che fra non molto ci condurra alia attuazione del pazzo sogno di Darwin, la lotta brutale per 1'esistenza. So che questo flagello divien pur troppo ge- nerale nella classe dei lavoratori ; ma 1'esser generale non toglie che non sia stato a Zurigo il movente primo ed efficace de'disordini del 25 luglio, sia da parte degl'Italiani, sia da parte de' Tedeschi.

II numero degl'Italiani che coll'aprirsi della primavera si riversa nella Svizzera in cerca di lavoro, per ripartirsene col principiar del

1 Cfr. la Cronaca nel fascicolo del 15 agoste 1896, p. 480 del me- desimo periodico.

116 CRONACA

freddo, $ considers vole. La direzione della Gothardbahn, in aprile ed in ottobre deve non solo tener pronti ampii e numerosi carrozzoni pel treni ordinarii ; ma deve anche ordinare due corse giornaliere speciali per servizio degli operai italiani, (quasi tutti sono dell'alta Italia) che vanno o vengono per la Svizzera interna e la Germania. Questa im- migrazione periodica, ben pud calcolarsi che ascenda a circa 40,000 persone; e computati coloro che si sono definitivamente stabiliti fra noi, si puo ritenere, che la Svizzera accoglie circa 60,000 Italiani.

II forte degli operai italiani trova sua occupazione a Zurigo, citta che ora, dopo 1'aggregazione del grosso coinune di Aussershill, e di altri comuni vicini, novera ben 150,000 abitanti : fra i quali vi sono numerose rappresentanze di tutte le nazionalita e di tutte le religioni. GTItaliani, che nella maggior parte appartengono alia classe dei mu- ratori e degli scalpellini, prima dei fatti del 25 luglio, erano ben 14,000. Ora quale e la condizione di costoro? Sotto 1'aspetto del lu- cro, e buona, benche non manchino coloro, ai quali vien meno il la- voro e per vivere, e per ritornare in patria. Nell'autunno passato i giornali annunziavano, che, secondo le statistiche postali, qualche mi- lione di franchi era stato spedito, alle loro famiglie, dai varii operai italiani, sparsi per la Svizzera. Ma sotto 1'aspetto morale, e triste, triste assai. Non mi occuperd dell'abbandono assoluto in cui son la- sciati da parte delGoverno italiano, e de' suoi rappresentanti all'estero : ma si dell'abbandono religioso. Anche quelli che dai loro paesi par- tono colle migliori disposizioni, per esser fedeli alia loro fede e co- stumati, allorquando si trovano la fra i protestanti, in quell' ambiente di indifferentismo desolante, senza sacerdoti che li assistano, quasi senza chiese, senza conoscenza sufficiente della lingua tedesca, per poter trarre giovamento dall'assistenza che agli operai, anche fra i protestanti, prestano sacerdoti cattolici tedeschi ; senza veruna pratica di pieta, senza lo splendore delle feste religiose della patria ; fra 1'attiva propaganda settaria e socialista, troppo facile e che si dimentichino della Eeligione che li vide nascere, e che si avviino alle osterie, e di qui per la facile china dell'intemperanza e della scostumatezza. Lo dico ahime ! con dolore, ma da noi, anche nella Svizzera italiana, poco buona fama gode 1'operaio italiano. Ed i matrimoni spesso sono fatti senza alcuna osservanza delle leggi ecclesiastiche, e la figliuo- lanza e trascurata, senza istruzione, con pessimi esempi sotto gli oc- chi, non rade volte neppur battezzata. E quanti sono di questi sven- turati che precipitano nel delitto, s'intruppano fra i vagabondi e gli scioperati della citta, e scompaiono senza che nessuno sappia ne come, n& dove, ne quando ! Davvero che si sente stringere il cuore, nel veder tante povere anime si abbandonate !

Ma ora Iddio voile, che 1'anima veramente apostolica di D. OHu-

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seppe Luraghi, parroco dei SS. Apostoli Pietro e Paolo (diocesi di Milano), si consacrasse con tutto lo zelo a far riparo a male si la- grimevole. Egli, confortato da lettere del Card. Eampolla, a nome del Sommo Pontefice; del suo Arcivescovo, il Card. Ferrari ; del Yi- cario Generale di Milano, Mons. Yescovo Mantegazza; da Mons. Ye- scovo Molo, e dalle parole e dagli aiuti efficaci di Mons. Battagliar Yescovo di Coira, nella cui diocesi trovasi Zurigo, stabili di recarsi a questa citta, dove gia da qualche anno passava alcuni mesi nel- 1'estate, e cola fondare una Missione Apostolica, per gli operai italiani* Lo scorso anno in primavera vi si reco, dopo aver costituito un co- mitato provvisorio, officio del quale fosse provvedere ai bisogni della Missione, ed assicurarne la stabilita. Non occorre dirlo, che grandi impedimenti, anche da parte di chi piu doveva favorir l'impresa> trovo sul suo camniino : la sua buona volonta molti ne supero, altri rimangono; ma 1'aiuto di Dio e 1'assistenza e la cooperazione dei cat- tolici italiani, faran si che pieno successo risponda ai sudori dello zelante Missionario. Le circostanze presenti sono causa, che la minor parte degli Italiani, che si trovano a Zurigo durante il tempo dei la- vori, puo vantaggiare dell'opera del M. R. D. Luraghi. Per moltipli- carsi in certo qual modo, egli diede alia luce un giornale settima- nale, illustrate, che esce a Milano-Zurigo, in due edizioni, una per 1'Italia, 1'altra per la Svizzera e Yienna, col titolo // Lavoratore Ita~ liano. II primo numero e apparso nel luglio p. p., ed e 1'organo of- ficiale della Missione. Ne e direttore il Sac. Griacomo Pastori, ed e- compilato con intelligenza ed amore, veramente popolare, come dev'es- sere per rispondere allo scopo prefisso. Inoltre D. Luraghi, all'intento di togliere 1'operaio italiano dall'isolamento in cui giace, e di ordi- nare, anche per il bene materiale, 1'emigrazione italiana, ha fondata il 30 agosto p. p., a Zurigo una Lega Operaia Cattolica Italiana, sotto il patrocinio di S. Giuseppe : ne 6 presidente onor. 1'avv. Serralunga> effettivo il Sac. Luraghi ed in breve vi si ascrissero ben trecento per- sone. Ho potuto esaminarne gli statuti e li ho trovati compiuti, pra- tici ed efficaci. II 20 ottobre, tra 1'universale simpatia dei Zurigani anche protestanti, la nuova associazione festeggiava la benedizione del vessillo sociale. II concorso ai sacramenti fu consolante : ben trecento operai fregiati del distintivo papale, prescelto dalla lega operaia, si accostarono alia mensa eucaristica. II corteggio era di oltre un mi- gliaio di persone, con tre corpi musicali, e le rappresentanze di trenta societa cattoliche. Don Luraghi parlo commosso nella chiesa stipata ; e poi il corteggio sfilava per la Bahnhofstrasse, la contrada piu si- gnorile e frequentata della citta, fra il rispetto di tutti. Un sol fi- schio si udi, e parti va da un socialista italiano. E questa bella festa diede anche il consolante risultato di avvicinare gli operai italiani ai

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tedeschi, perche le riunioni ebbero luogo nella Gesellenhaus (casa degli operai tedeschi cattolici). In questa casa, che costo oltre 200,0006-., 1'operaio ha tutto ci6 che pud desiderare, vitto, teatro, scuola, giuoco, chiesa, tutto. Ora si spera che lo zelo di D. Luraghi, e dei suoi amici, riesca a metter su una scuola italiana, domenicale ; un luogo di riu- nione, sul genere delle Katholisches Gesellenhaus, per gli operai che sin' ora altro non ne hanno che le bettole, le pubbliche vie, e peg- gio; ed anche una chiesa, una parrocchia italiana! Oh! che allora certamente, i disordini che proruppero alle scene selvaggie del 25 p. p. luglio, non saranno piu possibili * !

2. II 18 ottobre si chiudeva a Ginevra 1'Esposizione nazionale Svizzera. Nelle nostre corrispondenze vi abbiamo gia piu volte accen - nato, ed ora vogliamo occuparcene di proposito, non tanto per dir di quello che e comune a tutte le esposizioni, ormai fin troppo fre- quenti, quanto per dir di cio, che vi fu di parti colare e proprio. E la particolarita di questa esposizione si fu il carattere religioso, che ne adorno la festa di apertura, e che vi si impresse stabile nella Chiesa cattolica del VillaggioSvizxero. Nel programma officiate per 1'inau- gurazione, che avvenne il maggio p. p., dalle 8 alle 9 antimeridiane era stabilito il servizio divino alia cattedrale. La cattedrale di Ginevra fu usurpata dai Calvinisti, quindi in essa vi fu la funzione religiosa pei protestanti: ma allo stesso tempo, nella chiesa del Sacro Cuore, i cat- tolici si radunavano per ascoltar la messa solenne di apertura dell'espo- sizione. La chiesa era gremita di gente : vi erano i rappresentanti del corpo diplomatico, i delegati de' Cantoni cattolici svizzeri, i deputati cat- tolici di Ginevra, molti sindaci, ed altre persone official! . Mons. D&rua% aveva per la circostanza pubblicata una opportunissima lettera pasto- rale, la quale era gia stata letta la domenica precedente in tutte le chiese e cappelle parrocchiali del Canton di Ginevra. In essa egli fa- ceva saggiamente notare, che le opere piu ammirabili dell'uomo sono una manifestazione della potenza, della sapienza e bonta di Dio : per cid a Dio il primo onore, che ne risulta. E poi ordinava che si fa- cessero in tutte le chiese speciali preghiere, per tutto il tempo del- 1'esposizione, affinche il Signore benedicesse 1'opera e coloro che ne erano gli autori, e le belle speranze su di essa fondate non isvanis- sero. L'esposizione fu costituita in quarantasette gruppi, la maggior parte de' quali furono occupati dalle Industrie nazionali (orologeria, intaglio, seterie, eccetera). Ye ne erano pero anche per 1'educazione, le societa, gli alberghi, le belle arti, agricoltura, eccetera. Degno di esser ricordato, oltre il gruppo dell'elettricita compitissimo, si e il pavilion Pictet. II nome di Raoul-Pictet, nel cui laboratorio per la pro-

1 Chi volesse occuparsi di quest'opera, e prestarle aiuto, si rivolga al Sac. Giuseppe Luraghi Pfarrhaus Unterstr. Zurigo.

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duzione dell'acetilene a Parigi successe recentemente imo scoppio, che levo molto rumore e polemiche, e che ha teste pubblicata un'opera importante, dal titolo Etude critique du mdterialisme et du spiritua- lisme, nella quale combatte il materialismo, non sara nuovo ai no- stri lettori. Famoso fisico-chimico ginevrino, inventore e perfezionatore di macchine frigorifere, colle quali ottenne la liquefazione dell'ossigeno e dell'azoto, ed ora, benche messa in dubbio quella dell'acetilene, aveva esposto una numerosa' varieta di macchine di termodinamica. In una sala contigua valenti professori davano conferenze sulle sco- perte del celebre chimico : la prima fu data dallo stesso Kaoul-Pictet, sopra la storia della termodinamica.

Tra le feste che furono celebrate a Ginevra nell'occasione del- l'esposizione, ricorderemo quella dei giornalisti. I giornalisti furono bene i beniamini del comitato dell'esposizione, perche, da tutte le parti della Svizzera vi convennero con viaggio gratuito, accolti con grande onore, si ebbero aperte tutte le porte dell'esposizione, banchetti e passeggiate splendide, senza alcuna distinzione di partiti, di lingua, di religione. La festa duro ben tre giorni, 30, 31 maggio e giu- gno. Alcuni giorni prima (25 - 27 maggio) vi si era tenuto l'XI° con- gresso della societa svizzera di geografia, sotto la presidenza del si- gnor Arturo de Claparede. Nei giorni 27 - 29 dello stesso mese anche i vecchi cattolici tennero a Ginevra il loro sinodo, sotto la presi- denza di Isacco Reverchon, nella chiesa di Notre-Dame, eretta col da- naro dei cattolici, e loro cosi odiosamente confiscata. Questo sinodo fu un anacronismo, col quale mal si contracambio il patriottismo, onde i cattolici si erano adoperati per la buona riuscita dell'esposi- zione. "Vi intervenne il vescovo nazionale Herxog: ma in fondo in fondo il sinodo non servi ad altro, che a far meglio notare la deca- denza della cosi delta Chiesa nazionale ; perche, non ostante il grande lavoriOjSiriusci a raccogliere soltanto cinquanta persone in tutta la Sviz- zera, ed a Ginevra ! Altri congressi furono celebrati : quello degli al- bergatori, \ino elettrotecnico internazionale ; uno per gli interessi fem- minili ; uno d'antropologia criminale, e via discorrendo ! Dall'8 al 18 agosto, si tenne un grande tiro a segno, con numerosi e splendidi premi pei vincitori. Ma le feste caratteristiche furono le giornate can- tonali. Esse furono celebrate nell'ultimo periodo dell'esposizione co- minciando dal 20 settembre, che e la festa della Confederazione sviz- zera (terza domenica di settembre). Ciascun giorno, escluse le sole domeniche, fu consecrato ad uno dei Cantoni confederati, secondo 1'or- dine stabilito dal 1" art. della costituzione federale. II comitato cen- trale dell'esposizione si adoperd, affinche le varie compagnie ferro- viarie svizzere concedessero per ciascun Cantone, nel giorno assegna- togli, straordinarie diminuzioni sui prezzi di viaggi: cosi, v. g., pel

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14 ottobre, giornata del Ticino, con soli fr. 15.00 si andava da qua- lunque stazione ferroviaria del Canton Ticino a Ginevra, con la fa- colta di starvi cinque giorni. II giorno 20 settembre fu la giornata federate; il 21, quella del Cantone di Zurigo, poi di Berna, Lucerna, eccetera; 1'ultimo giorno, 18 ottobre, fu la giornata di Ginevra e si chiuse 1'esposizione. Scopo di queste giornate era di agevolare ai cit- tadini dei varii Cantoni, il visitare assieme 1'esposizione e di tribu- tare omaggio di riconoscenza ai varii Cantoni per 1'appoggio prestato all'esposizione.

Cio che pero controdistinse questa esposizione da tutte le altre, si fu il Villaggio Svizzero. II villaggio svizzero fu costrtiito apposta, perche, son per dir in miniatura, rappresentasse la patria nostra tutta, nel suo aspetto geografico e morale. Per cio vi si riprodussero i no- stri monti, le valli, i laghi, i finmi, le cascate, le selve nostre : i tipi piii notevoli dell'architettura svizzera, secondo le varie regioni ro- mande, tedesche, italiane e romancie, vi erano rappresentati, assieme uniti, con mirabile armonia e abbondanza di particolari veramente meravigliosa. E quel villaggio era vivo : vivo della vita svizzera, della vita delle nostre Alpi, coi snoi graziosi costumi ; colle Industrie ed occupazioni svariate delle popolazioni dei monti e delle campagne ; colle feste popolari, le danze, le lotte ginnastiche, i tiri con la ba- lestra, e tutto quello che 6 manifestazione del viver del popol nostro. Certo che fu una felice idea questa : fu come la perla dell' esposi- zione di Ginevra. Ne la religione fu dimenticata : e per rappresen- tare allo straniero il tipo di un villaggio svizzero, i protestanti di Ginevra non hanno pensato a niuna delle varie sette riformate, che dividono gli animi fra noi ; non hanno pensato alia Chiesa nazionale del vescovo Herzog; ma hanno pensato alia Chiesa cattolica romana. I miei lettori mi seguano per poco entro questo villaggio e ne sa- ranno piu che persuasi. Dal parco dei piaceri (Pare de plaisance) per un piccolo ponte (riproduzione del ponte de la chapelle sulla Reuss) si entra nel villaggio. Nello sfondo ti si presenta una piccola mon- tagna artificiale, con rocce scoscese, precipizii, foreste, pascoli con mandrie ; mentre che 1'eco delle rupi ripete i canti dei pastori ed il cupo fragore di una cascata alta 40 metri. Su di un sentiero, che s'inerpica per la montagna, si scorge una graziosa cappelletta, quali si vedono nei paesi cattolici. Nel vivo del monte, s'apre una lunga grotta, che conduce ad un bel panorama delle Alpi bernesi : e all'in- gresso di questo tunnel, sta una statuetta antica della Madonna, entro una piccola nicchia, rozzamente scavata nello scoglio. A pie' della montagna si trova il villaggio, e su di un praticello, che s'incontra ad un crocicchio di vie, salutiamo un Crocifisso, come se ne vedono nella maggior parte dei paesi cattolici tedeschi. Nel mezzo del vil-

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laggio, domina la chiesa, che e una chiesa cattolica. Le finestre a color! del coro sono figurate colle imagini dei SS. Apostoli Pietro e Paolo. Yi ha un solo altare e su di esso sta aperto un messale; nel mezzo un tabernacolo antico, con una pisside pure antica, quasi a ricordare la SS. Eucaristia. Sulle pareti della chiesa sonvi bellissimi dipinti : a sinistra 1'abate S. Gallo, coi suoi benedettini, fonda il mo- nastero, donde la citta omonima, e la civilta della Svizzera, come lo ricorda una iscrizione, che vi si legge sotto : piu in la la regina Berta, che viaggia a cavallo colle sue dame, ed un' iscrizione ci rammenta che esse dovevano lavorare, come le donne dei contadini. A destra e dipinta la predicazione di S. Colombano, che abbatte gli idoli e che passo poi in Italia e fondo il celebre monastero di Bobbio. Li ap- presso, ci sorride la serena figura del B. Nicolao della Flue, il pa- trono della Svizzera, che si reca alia Dieta di Stanz per rappacificarvi i confederati dissenzienti : piu in giu un araldo a cavallo sta leggendo agli abitanti di un villaggio la prima convenzione fra i Yaldstetti del 1291. Cosi ricordi religiosi e patrii s'intrecciano armonicamente. Ne manca la cantoria, sotto la quale sono appesi molti quadri di sog- getto religiose, e fra essi una copia in legno vecchia e cariata della Madonna di S. Luca, della cappella Borghese in S. Maria Maggiore. Accanto alia chiesa s'innalza agile il campanile, colle sue campane, che tre volte il giorno salutano, anche la fra gli splendori dell'espo- sizione ginevrina, la Madre di Dio e degli uomini. Fuori, alia sini- stra, sta un piccolo cimitero colle sue croci modeste. Tutti coloro che entrano nella chiesa del Villaggio Svizxero spontaneamente levano il cappello, e sentono che lo spirito della Chiesa cattolica vi aleggia so- vrano. Oh! che davvero la Svizzera torni a fiorire quale ce la rap- presenta, non so per qual forza di verita storica, il Villaggio Svixzero dell' Esposizione naxionale di Ginevra nell'anno 1896.

Ed ora devo pur dire qualche parola di critica, su questa esposizio- ne, che fino ad ora son venuto ammirando. Appena accennero che anche a Ginevra si pago di troppo il tribute al verismo, che distrugge 1'arte, nel gruppo detto arte moderna. Ma uno spettacolo disgustevole ci e stato offerto dal Villaggio . dei Negri : poiche si deve sapere, che ac- canto alia nobile ed idillica idea del Villaggio Svizzero, si ebbe quella di un villaggio di negri, composto di ben 226 di questi infelici, colle loro armi, strumenti musicali, utensili domestic!, animali, scimmie, pappagalli, eccetera. Fu costruito al nord del parco dei piaceri, e vi si imitavano fedelmente le capanne degli indigeni. Costoro venivano dalla Senegambia (Baols Bambaras, Onolofs e Peulhs) a gruppi di in- tiere famiglie, ed attraversarono il mare sul bastimento Beam. Si assunse questa impresa il sig. Alexandre, che per varii anni aveva soggiornato in quelle region!. Questi indigeni dovevano dare spetta-

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colo alle turbe curiose, di danze guerriere, di feste religiose mussul- niane o feticiste, di esercizii di nuoto, gettandosi in una vasca pro- fonda tre metri, per raccogliere le monete che gli spettatori vi lan- ciavano ; e delle loro abitudini sociali e famigliari. Ma il porre la in mezzo agli splendori della civilta europea, quei poveri selvaggi, nella nudita del loro stato, a dar di se misero spettacolo, non fu certa- mente cosa bella e nobile. La ragione di questo fatto, non fu altra da quella del guadagno.

3. II 9 ottobre p. p. abbiamo dovuto veder scomparire di mezzo al movimento commerciale svizzero il sig. Adelrico Benziger di Einsie- deln, illustre industriale e sincero cattolico. Era nato 1'anno 1833, figlio del sig. Nicola Benziger, uno dei fondatori della celebre casa Benziger di Einsiedeln. Nella sua lunga vita passo molti anni nel- 1'America del Nord e coopero, con attivita sagace, a condurre la casa Benziger ad essere una delle piu important! dell'Europa e dell'Ame- rica Settentrionale. Pio IX lo aveva nominate cavaliere dell'Ordine di S. Gregorio Magno e Luigi II di Baviera lo aveva decorate della medaglia d'oro per arte e scienza. II 23 agosto p. p. spirava in Oli- vone (Val di Blenio) sua patria, il consigliere nazionale avv. Plinio Bolla, uno dei primi causidici del Canton Ticino, e capo del partite radicale ticinese. Benche giovane ancora, dotato com'era di intelli- genza acuta e fredda come i ghiacciai che coronano la sua bella valle, era la mente direttrice del suo partite, che in lui fece una grave per- dita. Pur troppo le straordinarie doti della sua intelligenza Tavranno reso an cor piu colpevole nel sostenere che fece gli errori. II set- tembre i cattolici della Svizzera tedesca hanno avuto una luttuosa perdita nella persona del parroco di Kerns (C. Unterwalden) Gius. Ign. von Ah, uno dei pru illustri oratori e pubblicisti cattolici della Sviz- zera. Era nato nell'a. 1834: aveva fatte le sue prime prove nella par- rocchia cattolica di Berna ; ed alia sua attivita si deve, se i cattolici bernesi colle offerte di tutto il mondo (Pio IX aveva dati fr. 50,000), poterono costruire una splendida chiesa, che poi durante il Kuliur- ka/mpf, fu confiscata e data ai vecchi cattolici. Fu dal 1859 al 1863 vicario a Friburgo, e poi dopo quattro anni di dimora a Stanz, nel 1867 veniva nominate parroco a Kerns, ove rimase sino alia morte. Diede molti scritti alle stampe; omettendo quelli pubblicati nei gioraali, Vaterland di Lucerna, nelle Monats-rosen degli studenti svizzeri, ed in altri nei quali era note col nome di Weltiiberblicker ; ricordero la "Vita di S. Carlo Borromeo, quella del B. Nicola della Flue,'; i lavori storici nell'edizione delle lettere della Confederazione ; le opere let- terarie Sylvania Der Kleine Geiger; i drammi popolari di Leone di Lu- cerna, Casa Winkelried, eccetera. Ma non devono esser dimenticate le sue prediche, per le quali si acquisto fama singolare. Gia presso a

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morire, ricordava come egli avesse trovato il suo tesoro, per la pre- dicazione, nella S. Scrittura, e nei SS. Padri; e conchiudeva dicendo, che se fosse ancora vissuto a lungo, altro non avrebbe letto che la S. Scrittura ed i Santi Padri, e, soggiungeva : se io fossi papa, vorrei che i giovani chierici, almeno per sette anni, si dedicassero a tale studio.

IV. COSE VAR1E

1. Collocamento della prima pietra del porto di Costanza. 2. La que- stione di Barotze. 3. La poverta di Berlino. 4. I delinquent! in Francia. 5. Imputati prosciolti e condannati durante 1'anno 1894.

1. Collocamento della prima pietra del porto di Costanxa. E tra- scorso appena un anno e un mese da quelle feste magnifiche, cele- brate a Cernavoda e ad Orsova per 1'inaugurazione del ponte sul Da- nubio e delle Porte di Ferro, e gia una nuova festa ci richiama ancora alia stessa terra della Dobrugia nella Romenia transdanubiana. II ponte sul Danubio, opera gigantesca, cominciata 1'a. 1889, racchiu- deva una grande idea d'economia e di pace, e il porto di Costanza sul Mar Nero sara la esecuzione di tale idea. Un'opera non pofreva star senza 1'altra; se il ponte Carlo I e stato 1'attuazione di un gran concetto, il porto di Costanza non gli sara inferiore ne in magnifi- cenza ne in bellezza. II treno degli invitati, partito da Bucarest, il 28 ottobre, alle ore 7,45, giunse a Cernavoda Pod alle 11,5. Sem- brava che attraversasse una strada trionfale ; poiche tutte le stazioni, lungo quel tratto di via, erano adorne di bandiere e verdi festoni, e i contadini nei loro abiti di festa facevano ala dinanzi ai loro vil- laggi. In questo primo treno presero posto i ininistri, i presidenti e vicepresidenti delle Camere, gli ufficiali della Corona e alcuni gene- rali. A Cernavoda Pod vi fu fermata e tutti presero parte ad una re- fezione; quindi si continue il viaggio e si giunse a Costanza all' 1,45 pm. La stazione era decorata sfarzosamente ; su tutta la grande strada e sul viale fino alia spiaggia s'innalzavano antenne ornate di festoni e bandiere; dalle finestre pendevano tappeti orientali e stoffe vario- pinte; in piazza dell'Indipendenza la statua di Ovidio sembrava ele- varsi su una base di fiori. La folia s'accalcava da per tutto e coi suoi fez, turbanti e ricami d'oro e d'argento, accresceva splendore a que- sto quadro incantevole, illuniinato da un sole estivo.

Alle 2 ilz il treno reale giunse alia stazione, salutato dalle salve dei cannoni delle navi ancorate nella rada, dal suono dell'inno na- zionale e dal lieto tintinnio dei sacri bronzi. II sindaco offre subito il pane e il sale, augurando il benvenuto ai Sovrani con un breve discorso, al quale il Re risponde alcune parole di ringraziamento ;

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•quindi i Sovrani, i Principi, sua altezza imperiale il Granduca Boris Viadimirovic e il loro seguito salgono in vetture, ed il corteo reale oomincia a sfilare in mezzo a due cordoni di soldati, che rattengono- la foga del popolo. Al porto i Sovrani furono ricevuti dal Yescovo scismatico del Basso Danubio, Partenio, dal clero della citta e dagli iavitati. La cerimonia religiosa fu celebrata dal Vescovo Partenio in un padiglione innalzato iunanzi al nuovo scalo, con un gusto vera- mente squisito. Dopo la funzione, recata sulla tavola la pergamena <;ommemorativa, fu flrmata con una penna d'oro dai Sovrani e dai principi ; il calamaio anch'esso d'oro rappresentava un masso di pie- tra. Quinci i reali si diressero verso un piccolo palco, tappezzato di rosso con sopravi la prima pietra. Questa era un masso riquadro del peso di quarantasei tonnellate, nel cui mezzo era stato incavato un foro, dove aveva da riporsi la pergamena, racchiusa in un tubo di cristallo. II re con una mestola d'oro fe' atto di spalmare la pietra «on cemento che gli fu presentato in un vassoio di argento ; poi i Sovrani col seguito batterono con un martello d'argento i soliti tre colpi. Intanto la grande grue (detta Titano a cagione della sua enorme grandezza) avanza verso il masso il suo braccio immenso. Tuonano d'un tratto i cannoni delle navi, le quali erano venute a schierarsi rimpetto al molo, risuonano le cainpane delle chiese; le orchestre suonano 1'inno nazionale e il popolo prorompe in grida di gioia. La collina, che circonda il. porto, e gremita di gente, e sul mare si don- dolano migliaia di barche tutte messe a festa. Lo spettacolo e magni- fico ! Finalmente la grue solleva i] masso e lo depone in una fossa aperta, la dove deve cominciare il grande molo del nuovo porto che sara lungo 800 metri. Questa diga correra diritta sin presso alle cosiddette vigne ; un'altra diga piu piccola e trasversale si fer- mera ad una distanza assai grande, a fin di dare 1'entrata alle navi -di gran corpo. Cosi il porto sara al riparo dei venti e della fortuna dei flutti. II medesimo avra la profondita di venti metri e percio potra ricevere una cinquantina di grandi navi; inoltre conterra due bacini, uno grande, e uno piccolo formato dal presente porto, reso piu profondo. La pietra, adoperata per la costruzione, e estratta dalle cave di Canara, che e distante quaranta minuti di viaferrata. In quest'occasione, il ministro dei lavori pubblici, il sig. Stoicescu, ram- mento opportunamente che la Romenia, dacche fu presa a governare 1'a. 1866 dal principe di Hohenzollern, CarlOj oggi suo re, coll'aiuto di Dio e della sua provvidenza (in Romenia i pubblici omciali non si vergognano di ricordare spesso Dio e la sua provvidenza) si vantaggid ognora piu nell' imitazione delle nazioni incivilite. Essa risplende la prima tra i tre Stati danubiani per progredimenti d' istruzione, di agricoltura, d'igiene, di abbellimento di citta, di vie di comunica- -eione (3000 chilometri di vieferrate) e di ben disciplinata milizia.

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2. La quistione di Barotze. Nelle pratiche per il trattato dell 'anno 1890, il Ministro Hintze Kibeiro ottenne che la linea divisoria delle sfere d' influenza di Portogallo e d'Inghilterra nell' Africa centrale fosse determinata dal corso dell'alto Zambese sino alia confluenza di questo fiume col Cabompo, e quinci dal corso di quest'ultimo flume. Intro- ducendosi un tale principio nell'articolo 4°, il limite era eccellente, presupposto che 1'Inghilterra non restava dalla risoluzione di aprirsi un cammino per lo Zambese; era un confine che lasciava un campo immense all'espansione di Portogallo in Angola, come si pare subito a chi getta un'occhiata su quella regione. Andato a male il trattato dell'a. 1890, fu molto se 1'undici di giugno dell'anno appresso si per- venne a stipulare nelPart. 4°, che la linea divisoria partirebbe dalle cataratte di Catima, rimonterebbe il centro del letto dello Zambese sin dove questo entra nel regno di Barotze e quinci oltre si confon- derebbe col confine occidentale del medesimo regno indigene, (il quale rirnaneva nella sfera britannica), sino a tan to che esso confine fosse determinato meglio da una commissione mista anglolusitana. La dis- posizione di questo articolo, accettata in mezzo a gravi e difficili cir- costanze, non e certo favorevole al Portogallo, come e quella dell'ar- ticolo del trattato del 1890 ; dacche e difficile trovare i confini d'un regno indigeno e, posto che si trovino mai, sono variabili da un momento all'altro ; sicche sarebbe sempre rimasto aperto il campo alia discussione tra i due Governi.

Col modus vivendi del 31 maggio dell'a. 1893 il Governo porto- ghese pervenne a fare accettare all'Inghilterra il confine dell'articolo del trattato del 1890, cioe il confine dello Zambese e di Cabompo, confine sostenuto dall' articolo della convenzione dell'a. 1891, se- condo il quale le potenze si obbligavano a ncn intervenire in veruna maniera nella sfera d'influenza dell'altra. Questo stato precario duro sino al luglio dell'a. 1896, e fu prorogato sino al luglio del 1898, per accordo firmato al principio dell'anno. Codeste stipulazioni tem- poranee danno maniera e modo ai Portoghesi di raffermare la loro so- vranita presso lo Zambese e il Cabompo, rendendo vane le pretensioni d'Inghilterra, fondate sui maneggi del regulo di Barotze, dei mis- sionarii protestanti e degli agenti della compagnia South African, per la determinazione definitiva dei limiti presso i medesimi fiumi. Infatti, non appena il Governo portoghese con sagacia diplomatica ebbe otte- nuto una tale vittoria, fu presto a fondare presso a quei fiumi una colonia penale militare come chiaro segno di occupazione effettiva ; spese e sacrifici mai non ne scossero la costanza. Cosi sorse la colonia di Mosico, piu nota col nome di Poho, quindi quelle di Nana Can- dundo e di Cachenghe, le quali fecero che i reguli della vasta regione di Lubale, tentati a disertare dal regulo di Barotze, si dichiarassero vassalli di Portogallo.

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3. La povertd di Berlino. Una descrizione oltre modo commovente della grande miseria che regna in certi quartieri della capitale ger- manica, e comparsa nel Volk, dalla quale togliamo alcuni tratti piu rile van ti.

II giornale parla delle abitazioni d'affitto (Miethswohnungen) ove si ammucchia la povera gente. « Entrammo in un bugigattolo di appena 8 mq., scarsamente illuminate da un piccolo abbaino aperto tra il solaio e la parete, ove tutta la mobiglia consisteva in un mise- rabile letto : era 1'abitazione di una vedova con due ragazzi, la quale doveva pagare anticipatamente 180 marchi (225 lire) di pigione men- sile. La poverina cercava, o meglio, tentava di sostentare se e la prole facendo la lavandaia, mentre dalla Cassa (hi poveri riceveva un sussidio che le copriva un terzo della pigione. La donna parlava senz'alcun segno di esacerbazione ; ma nel suo dire traspariva un senso di fatalismo che mi penetro nell' anima piu di quello che avrebbe potuto fare uno scoppio di rancore. Nell' andarmene, mi accorsi che c'era uno dei figli, che si stava rannicchiato su di una cassa posta nell'angolo buio sotto aH'abbaino, non difeso da alcuno schermo contro la pioggia. Quando gli rivolsi la parola, egli, intimi- dito, si tiro piu indietro nel suo cantuccio : allora misi la mano in tasca, e con due parole amichevoli gli diedi qualche cosa, accarez- zandogli le pallide gote. In quel momento mi parve che anche nel povero, desolato, glaciale tugurio spirasse, come di fuori, un'aura di primavera. Dio ti guardi, piccino mio !

« Attraverso un atrio elegante e ben riparato, un cortile ed un bell'orticello, giungemmo ad una casina da giardino che presentava di fuori un grade vole aspetto, se si prescindeva dal fatto che la vetrina e le finestre ai lati di questa eran coperte da miserabili stracci. Picchiammo : dopo aver parlamentato alquanto, ci fu aperto. Dinanzi ai nostri occhi si offri il quadro della desolante miseria che accompagna i poveri delle grandi citta: il piccolo spazio era pieno di cenci e di rottami ; qualche pentola e caldaia, da alcuna delle quali emanava un orribile fetore. Era 1'abitazione di una donna con tre fanciulle; la piii grande si guadagnava a malapena il pane facendo la lavandaia; la seconda, quattordicenne, stava presso la madre; la piu piccola andava a scuola. Dimandammo la madre se questa pic- cina avrebbe potuto guadagnarsi qualcosa ; e per tutta risposta la donna trasse innanzi la fanciulla e ci mostro un povero corpicciuolo mal coperto da cenci, con le piu dolorose tracce della scrofola; la faccia della bimba appariva come conficcata fra le spalle, smunta e disfatta dai patimenti ; e sembrava ci dicesse nel suo sguardo di sof- ferente : uomini cattivi, che volete da me? lasciatemi marcire ne'miei dolori e morire. II padre aveva abbandonato la famiglia ; la madre erasi sin allora adoperata a guadagnarsi 1'affitto coll 'aver cura della

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pulizia dell'abitazione ; ma questa era stata venduta e 1'incarico era stato da to ad altra persona. Che fare? la miseria nera sta dinanzi alia sciagurata famigliuola.

« Entrammo in un'altra casuccia di un sol piano, con solai da abi- tarsi (Mansardenwohnungen) sotto il tetto : la casuccia era vecchia, screpolata, cadente, come e facile trovarne a Berlino ove circa trenta mila abitazioni sono disabitate. La padrona di questa miserabile anti- chita era una vecchia zitella che abitava in altra parte della citta, e non vi si faceva veder mai, se non per la riscossione dell'affitto, ch'essa richiedeva puntualmente. Salimmo su di una misera scala di legno ed entrammo in una stretta eameraccia ove stava un ciabattino occupato nel suo lavoro all'incerta luce di un'abbaino ; la sua moglie, una vecchierella, usci al nostro entrare. Un letto, un comodino, una sedia; ecco tutta la mobilia. Dal tetto entrava la pioggia: ed il vec- chio ciabattino era in continua lotta con questa per impedirle d'inon- dare il letto e tutto lo stambugio. Egli era molto triste, solo com'era con la sua vecchia, mentre la numerosa sua figliuolanza era da lui disgiimta. Alia mia domanda se questa avrebbe potuto aiutare un po' i vecchi genitori, mi rispose : ah quelli, anche quelli non hanno niente. L'aflStto era di 180 marchi ; la Cassa pei poveri dava qualche sussidio, dal quale, tolto 1'amtto, restavano 10 Pfennig (men di 3 soldi) al giorno : il guadagno del mestiere era irrisorio, giacche non bastava per il fuoco. Chi sa dirmi come si puo far a trascinare la vita con questa... somma? »

4. / delinquenti in Frantia. II sig. Tarde, direttore dei lavori stati- stici al ministero per la giustizia, statuisce le seguenti proporzioni : nel popolo agricolo ci sono 0,84 delinquenti sopra 10,000 anime ; negl'indu- strianti 1,32; ne' commercianti 1 ; nelle professioni liberali 2,39 sopra 10,000 anime. Fra le professioni liberali il Clero da 0,71 delinquenti sopra 10,000; i professori e insegnanti 1,58; i medici 1,86; i farmacisti 3,79; le ostetrici 8,60; gli scrittori e scienziati 4,49; gli artisti 4,02: gl'impiegati delle poste 7,45 ; i notai, avvocati, procuratori e gli uscieri 28,13 per 10,000. Quelli dunque che meglio conoscono le leggi e atten- dono ad applicarle, son essi appunto che le trasgrediscono piu di fre- quente, senza tener conto qui dei casi certamente non pochi, in cui codesti signori, merce la loro conoscenza delle leggi, riescono a rasen- tarle girandovi intorno, senza lasciarsi cogliere in fallo. Inoltre, i de- putati, ministri e scrittori di gazzette, che blaterano contro i delitti del clero, escono precisamente da quelle categoric che forniscono mag- gior copia di delinquenti, cioe dagli scienziati, dagli avvocati e simili. Le classi liberali e letterate, venute su coll'educazione e 1'insegna- mento officiate dell'Universita di Francia, sono le piu pervertite, le piu incancrenite. Fra i letterati, i professori e i maestri son quelli che presentano la proporzione piu favorevole ; ma perche, fra loro,

128 CRONACA CONTEMPORANEA

c'& il 25 o 30 per 100 di religiosi e di snore, mentre i maestri han conservato, a dispetto del laicizzamento, assai bene le tradizioni e pratiche religiose. Nelle altre categorie di letterati la proporzione sa- rebbe ancor piu forte, se tutti i delitti andassero puniti. Soltanto nella faccenda del Panama molte centinaia dei colpevoli sfuggirono alia legge ; e quanti altri affari di simil genere, ma meno chiassosi ! I commercianti e industrianti, compresi anche gli operai, non offrono una criminalita molto alta, contuttoche la sfrenata concorrenza renda ognor piu difficile e penosa la lotta per la vita. II clero e ben vendicato da questa statistica; infatti esso e il corpo morale per eccellenza. Certa- rnente ha qualche menda, ma i rimproveri che gli si possono fare sono minori che a ogni altra classe ; senza dir poi che esso & odiosamente, bramosamente sopravvegliato, spiato, e che i suoi membri sfuggono meno d'ogni altra persona al castigo, qualora cadano in fallo. Ond'e che, a dispetto di tutti, il Clero e la speranza, la miglior guarentigia dell'avvenire della Francia, che Dio non lasciera in abbandono.

5. Imputati prosciolti e condannati in Italia durante I' anno 1894 . Togliamo dalla Statistica giudiziaria penale per 1'anno 1894 pubbli- cata recentemente dalla Direzione generale della Statistica, il quadro che ci offre il numero degl' imputati prosciolti e dei condannati nelle varie Kegioni d' Italia, durante 1'anno 1894.

COMPARTIMENTI

IMPUTATI

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48 238 28 969 47 597 45 130 47 595 36792 29499 68844 126 905 18 266 35 437 54 927 54 742 96314 41 323

780 578

6732 3604 5840 4556 3 790 3930 3 404 4537 15183 1 787 2908 6 401 7 069 15 768 7188

92697

34 86 36. 48 34 43 30. 80 34. 20 36. 89 32. 15 30. 73 27. 95 20. 66 16. 79 24. 01 26. 99 33. 18 42. 26

30. 36

14692 9363 13015 11 899 10687 9 301 9 590 10 118 39 155 7343 14 120 21 749 20 903 42 019 13 635

247 589

38. 68 37. 56 33. 58 32/01 30. 62 30. 00 39. 27 24. 07 38. 22 49. 16 45. 95 42. 27 48. 36 52. 63 40 22

39- 79

23 075 15 347 25 495 24972 23996 21 513 14592 31 815 62695 7 519 16 308 23 845 21 922 37 117 19933

37° '44

60.75 61. 56 65. 78 67. 17 68. 76 69. 40 59. 75 75. 67 61. 19 50. 34 53. 07 51. 83 51. 71 46. 49 58. 80

59.48

47. 84 52. 98 53. 56 55. 33 50. 42 58. 47 49. 47 46. 21 49. 40 41. 16 46. 02 43.41 40. 05 38. 54 48. 24

47.42

Emilia

Marche ed Umbria .

Campania e Molise . Basilicata

Puglie

Sicilia

E

DI DUE INCENT1VI DI SOCIALISMO

I.

In punto di socialismo, oggimai tutto il mondo e paese. Da per tutto esso alza la testa, fa le sue prove e minaccia d' in- ghiottire, in una comune catastrofe, la proprieta ed il capitale. Questo si dice da un pezzo a sazieta, e piu lamentevolmente lo ripete quella parte delle cosi dette classi dirigenti, che si compone di piu o men grassi borghesi, di possidenti, di com- mercianti, di banchieri, di padroni di offlcine. Costoro non sanno persuadersi che nell' Italia il risorgimento, ossia la rivoluzione, da loro promossa, abbia cosi presto generate il socialismo, il quale dalle citta maggiori va propagandosi rapidamente nelle minori, e da queste nelle borgate e nelle campagne; e dalle turbe degli uomini si diffonde pure nelle turbe delle donne: cosi che questo malanno comincia a dilagare da due come flumane, Tuna d'ire maschili e Taltra di furie femminili.

Come! esclamano meravigliati, ecco poco piu di tren- tacinque anni da che le nostre plebi sono state redente a li- berta, che hanno una patria, che godono nuovi diritti politici; e gia, nelle ambizioni di sociale benessere, competono colle plebi di altri paesi, adulte e quasi invecchiate nelFesercizio di questa liberta e di questi diritti.

Codesta e meraviglia proveniente da corto vedere o da quella cecita, che non fa discernere il nesso che lega il risor- gimento rivoluzionario, accarezzato, al socialismo temuto. Non si e mai voluto comprendere che 1'uno e 1'altro hanno iden- tica 1'origine di principii e di fatti, ed usano gl' identici mezzi

8eri» XVI, vol. IX, fasc. 1118. 9 4 ffewaio 1897.

130 DI DUE INGENTIVI DI SOCIALISMO

per giungere al fine, e Tuno anzi e mezzo necessario al fine deiraltro. Quelle stesse negazioni di diritto, che hanno con- dotto il liberalismo borghese alia rivoluzione politicoreligiosa contro la legittima autorita, debbon condurre naturalmente la plebe alia rivoluzione politicosociale contro la legittima pro- prieta; giacche le due cose poggiano sopra un cardine mede- simo; e non e dato di scardinare socialmente il principio del- Fautorita, salvo quello della proprieta.

Quella stessa massoneria che ha prodotta e governata la rivoluzione, supposta nazionale, perche dalle mani del princi- pato doveva far cadere la sovranita nelle mani della fazione che si arrogava il nome di nazione, doveva produrre e go- vernare 1'altra rivoluzione che, senza tante ipocrisie, si ban- disce per sociale e mira a togliere agli autori e fautori della prima, col godimento della male usurpata e peggio ammini- strata sovranita, ancor quello del bene che posseggono.

Quelle stesse congiure e violenze, che hanno portata al trionfo la rivoluzione del liberalismo, si preparano per por- tarvi, tra le rovine dell'opera sua, 1'altra alia quale la bor- ghesia liberalesca balordamente ha agevolata la via, atterrando il baluardo dell'autorita, che al tranquillo possesso della pro- priet£ era insuperabile schermo. Si e ricopiata in Italia la ri- voluzione francese; e quale stupore se, contro chi 1'ha mossa, se ne veggono sorgere le logiche conseguenze?

II,

Che la conseguenza del socialismo, inclusa nei principii del liberalismo, si sia tanto allargata ed abbia fatta si forte presa in Francia, dopo un secolo di liberta novella, s' intende : ma che Fabbia fatta e la faccia, massimamente nelle plebi rusti- che d' Italia, appresso un sette lustri appena di redenzione po- litica, si dice duro a comprendersi. Ma duro e per chi guarda alia superflcie dei fatti, non per chi penetra le cagioni.

Gia trentacinque anni di un lavorio indefesso, legale ed il- legale, coperto e scoperto, cospirante a dissolvere tutti i vin-

IN ITALIA 131

coli della societa, non sono tanto pochi. Bastano a formare quasi per intero una generazione. La rivoluzione francese, dopo alcuni anni di frenesia vandalica, fece una sosta: sog- giacque alia dittatura napoleonica ed a guerre diuturne, che di dentro ne impacciarono il moto, e per qualche rispetto la costrinsero di dare indietro. Non cosi e stato in Italia, dove Topera corrompitrice del liberalismo non si e abbattuta in intoppi di nessuna sorta: anzi e stata favorita con ogni stu- dio dal Governo che 1'ha capitanata.

Oltre cio, questa rivoluzione, con apparenze regie sempre e monarchiche, ancora quando spezzava troni e corone, e pro- gredita pur sempre d'accordo colle sette massoniche e si e valsa, per riuscire ne' suoi intend, d'ausiliarii di qualunque pelo, non esclusi i demagoghi piii sbracati. Di fatto, sino al compimento dell'unitk politica, che fu concetto supremamente demagogico, essa cammino appoggiata quasi pid agr-irrego- lari; che ai regolari; e la storia narra quanto bene i primi, nelle due Sicilie, nelle Marche, neirUmbria ed intorno a Roma, la servissero. Quindi e che, sotto 1'ampio manto della sua mo- narchia, fino dagli esordii, accolse quanto pote di democrazia. Non giudico ne meno stabile 1'edifizio che costruiva, se non ne rafforzava le mura maestre col puntello dei plebisciti. Con- seguentemente le leghe settarie, che prima involgevano a pic- coli gruppi la Penisola, si moltiplicarono tosto come i funghi e, purche avessero innocuo il titolo e legale la bandiera di mostra, ogni libertk goderono di disciplinarsi in secreto, come meglio loro paresse.

Aggiungasi a questo il codice della nuova morale e del nuovo diritto, canonizzato da un Governo, che, per potervi con- formare la politica sua, dove promulgarsi ateo in massima e, nella pratica, anticristiano. Aggiungasi la licenza di una stampa, che non campava di altro alimento che non fosse menzogna, empieta, vilipendio di quanto e piu sacro in cielo ed in terra. Aggiungasi 1'esempio solenne di socialismo, che diede ai po- poli il Governo, decretando i beni della Chiesa per beni dello Stato; e violando cosi un diritto di proprieta, che, per esser

132 DI DUE INCENTIVI DI SOCIALISMO

santo, era considerate universalmente dalla plebe anche piii inviolabile del comune. Finalmente, a tacere d'altro, si osservi come intanto che il Governo pervertiva il popolo, con quella che fu delta corruzione legalizzaia della stampa e della scuola e strappavagli cosi Dio, colla religione, dal cuore, pian piano poi, per Feccesso esorbitante delle gravezze, gli toglieva il pane di bocca e lo riduceva all'estremo della disperazione.

Se tutte queste cause si riguardino insieme, non che stupire* del celere apprendersi che ha fatto il fuoco del socialismo nelle popolazioni d'ltalia, si ha piii tosto di che meravigliare che an- cora non sia cosi diffuso e gagliardo, che divori nelle sue flamme le classi, le quali si dicono dirigenti e della rivoluzione gu- stano gli onori e i vantaggi piu lauti.

Se non che mette il conto che si avvertano due cause prin- cipalissime, e piu particolari all'Italia, che meglio di altre al vampiro del socialismo accrescono vigore ed audacia; la mi- seria derivante dai dissanguamenti fiscali, e lo scandalo continue delle pubbliche ladrerie e dei peculati.

III.

L'accusa di affamatore del popolo, che generalmente si scaglia da per tutto e in ogni tono contro il Governo, e pur troppo giustiflcata dal fatto e dall'attestazione universale. Per non dire dei sedici milioni di pane, che esso cava' di mano ai poveri sulle Opere pie, per farli mangiare ai loro amministra- tori, non e egli spettacolo atroce, unico nel mondo incivilito e senza esempio nelle storie, quello delle migliaia e migliaia di possidentucci, espropriati dei loro possessi, perche inabili a pagare tributi di poche lire? «Mentre 1'Italia sciupava sulle rupi dell'Abissinia e sulle sabbie del Mar Rosso seicento mi- lioni di lire, in poco piu di un decennio, sono avvenute 50,503 devoluzioni al demanio di piccoli lembi di terra e di misere capanne, per mancato pagamento d'imposte»; scriveva teste il senatore Girolamo Boccardo 1. Nel solo anno 1892, narrava

1 Socialismo sistematico e socialisti incoscienti, pag. 14. Roma tip. For- zani, 1896.

IN ITALIA 133

poco fa il deputato Alfredo Baccelli al Parlamento, furono con- fiscate 1662 minirae proprieta, per quote d'imposte non supe- rior! a 2 lire; e Perario, per acquistare la somma di lire 1900, ne ha spese oltre 3000 in procedimenti giudiziali, ed ha por- tato via il piccolo avere a 1882 poveri disgraziati 1. Or come non pensare che tutti quest' infelici diventino propensi a intrup- parsi coi socialisti?

Chiunque a mente riposata, e senza nebbia di passionati pre- giudizii, studia 1'aumento continuo delle tasse, gravanti sempre piu anche le cose piu necessarie alia vita, deve concludere, che, a farlo apposta, non si potrebbe far peggio, per indurre il po- polo ai piii disperati partiti.

« Negli anni di perfetta pace, che corsero dal 1871 al 1893, scrive il suddetto senatore, la tassazione in Italia e ctescitita del 30 per cento; il debito nazionale si e aggravato, in ven- titre anni di pace, di circa quattro miliardi di lire 2, e gl'inte- ressi di quel debito, indipendentemente dai debiti dei comuni e delle province e dal debito fluttuante, assorbono un terzo delle entrate. E siccome

Regis ad exemplum totus componitur orbis,

cosi le flnanze locali seguirono Tandazzo della flnanza dello Stato. La somma delle entrate comunali, nel 1891, raggiungeva 540 milioni e mezzo di lire. Nel 1871 la sovrimposta eccedeva di poco i 78 milioni e mezzo: nel 1891 saliva ad oltre 122 mi- lioni, cioe a quasi due quinti piu. Nel 1871 il dazio consume era di poco piu di 71 milione di lire; nel 1891 toccava quasi i 146 milioni, ossia piu del doppio. E si tratta di due forme dMmposte assai male distribuite, le quali creano una vera e generale sperequazione fra i contribuenti, ed ancora piu grave fra i comuni. II dazio consumo, piu elevato nei centri popolosi, pesa piu gravemente sulle classi meno abbienti: la sovraim-

1 Ivi.

4 Ai 30 giugno del 1896 tutto il debito pubblico era di L. 12,946,833,426 col peso, a carico dello Stato, di L. 582,882,457. In Europa tre nazioni sol- tanto passano nel debito 1'Italia, e sono la Francia, la Germania e la Russia.

134 DI DUE INCENTIVI DI SOCIALISMO

posta, viceversa, nei comuni rurali, schiaccia le piccole pro- prieta. Mentre i debiti comunali erano, nel 1877, di circa 757 milioni e mezzo, si spingevano nel 1891 a quasi un miliardo e 200 milioni; e quelli delle province salivano da poco piu di 62 milioni e mezzo, nel 1873, a quasi 175 milioni, nel 1891, il che e quanto dire ch'erano quasi triplicati d. »

Da cio s'inferisca Fimpoverimento in cui ogni anno piu scade il grosso della nazione. In veritk 1'Italia, gran merce delle spo- gliazioni fiscali, che costituiscono uno spietato socialismo di Stato; per la massima parte de'suoi cittadini, borghigiani e campagnuoli, si viene trasformando in un paese di pitocchi, di miserabili e di affamati : e vengono propriamente i brividi in pensare a quello che sara, quando si sieno spenti quei resti di religione che ancora durano nel petto di molti, e quando> sia cresciuta la generazione che si tenta ora di educare, senza fede e senza Dio, cioe senza il freno salutare alle cupidige ed ai furori piu bestiali. « La storia, conclude il Boccardo, che le allegate cifre ci narrano, e storia di privazioni, di sofferenze e di dolori; ed il malcontento che ne risulta e, per le idee sov- versive e per il socialismo, una propaganda ben piu efficace di tutte le declamazioni dei capisetta e dei volgari agitatori 2. »

I Governi, diceva il Guerrazzi, s'intendon fra loro per dare addosso alia setta delFInternazionale. La setta e il ruggito; ma il leone sta nella miseria del popolo. Mettete in prigione la fame, se vi riesce.

IV.

E in effetto, gli odii e le maledizioni delle turbe, ridotte all'ine- dia, non per istigazione di segreti eccitatori, ma spontaneamente si scaricano e si accumulano sopra il Governo, e d'indi si span- dono sopra la borghesia, che del Governo e parte potissima e sostegno interessato. Tutti i cosl detti signori vi sono involti. II popolo si vede rincarare tutto, e di cio che piu gli bisogna,. o deve far senza, o far uso insufflciente. Lo provano le stati-

1 Ivi pagg. 10-11. 1 Ivi pag. 13.

IN ITALIA 135

stiche della consumazione. « La quantita di caff6 importato nel- 1'anno 1895-96, fu per 5647 quintal! minore di quella venuta nel 1894-95: quella dello zucchero, minore per quintali 9312; quella del petrolic, minore per quintali 61,963: e cosi via via i. »

Col primato delle tasse e dei delitti di sangue, 1' Italia ha in Europa quello altresi del piu alto prezzo del sale : e di qui il flagello della pellagra, che nel contado di una grande por- zione delle sue terre settentrionali vi fa strage; mentre nella Sicilia, nei monti della Calabria e nelle pianure delle Puglie, il difetto del pane di grano fa ricorrere la numerosa povera- glia al nutrimento dei legumi e delle radiche silvestri. I de- biti e i balzelli impossibilitando ai possidenti di terreni il ri- sparmio, i lavori agrarii sono ristretti al puro necessario; e la mancanza dei lavori strema sempre piu i braccianti rifiniti; come stremano gli operai delle citta fallimenti dei commer- cianti e dei padroni di offlcine, che si succedono con una con- tinuita. lagrimevole. Basti dire, per un esempio, che i protesti di cambiali, nella sola citta di Roma, pel primo semestre del 1896, non sono stati inferiori ai 45,000 : che come Ernesto Pacelli lo annunziava al Consiglio comunale il 21 decembre del 1896, le carrozze ed i cavalli padronali sono diminuiti di oltre 1000, che dal gennaio 1'esattoria municipale ha spic- cate piu di 60,000 diffide, per mancato pagamento di tasse; che le subaste annuali passano le 700; che, 999,000 sono i pegni al Monte di Pieta, per 14 milioni all' anno; e poteva dire che i ricorsi, non d'individui, ma di lamiglie, alia Con- gregazione di carita. per sussidii, nei registri, sommano a 40,000. E tutto questo nella splendida Capitale del bell'italo Regno ! Quale meraviglia pero che, da ogni regione della Pe- nisola, la gente emigri nelP America a miriadi, in cerca di modi da campare la vita?

Data la disperazione della fame, cui aggiungono stimoli d'ira tanti bisogni artificial! e tanti vizii, fatti contrarre al popolo; e date le idee di sbrigliata liberta, onde per ogni

1 BOCCAHDO, 1. C.

136 DI DUE INCENTIVI DI SOCIALISMO

guisa si sono invasate le teste della plebe piu rozza, si scorge subito quanta sia la materia infiammabile, che si offre agli arruffoni delle sette, di suscitare incendii di vendetta contra le classi dirigenti, o i signori governanti, che da lunga pezza si vengono premeditando. Per ora, 11 fuoco seguita a covare sotto terra: ma chi sa prevedere come potrk divampare, quando una congiuntura propizia apra al fuoco uno sfogo inaspettato? I casi non rimoti della Sicilia e della Lunigiana stanno li ad indicarlo.

II povero popolo e sempre, in tutte le rivoluzioni, lo stru- mento gabbabile e gabbato, ma utilissimo, degli ambiziosi e dei mestatori. Del popolo si servi, anzi nel nome e pei diritti del popolo, pretese operare il liberalismo, per giungere alia signoria di tutta 1' Italia; e, giuntovi poi, lo ha felicitate com' 6 al presente, spolpandone cioe le ossa, per « far milionarii i vampiri » suoi favoriti, secondo il lamento del deputato Ro- mano alia Camera di Montecitorio. Ora il popolo attirano a se, seducono e spingono avanti contro il borghese liberalismo,. i corifei delle leghe demagogiche, agognanti a scavalcare i suoi ingrassati, per sostituirgli un socialismo che alia sua volta ingrassi loro. Ed il popolo, sempre uguale a se stesso, va loro dietro e con loro s'imbranca; e li segue tanto piu volentieri, quanto piu gli sembra impossibile che il socialismo dei dema- goghi lo burli e malmeni, peggio di quel che ha fatto e fa il liberalismo, o sabaudismo dei borghesi.

V.

Si dira che la miseria e da per tutto incentive di sociali- smo, posta la depravazione degli spiriti che il liberalismo da per tutto ha diffusa. II suo sistema politico ed economico di governo e di principii vi conduce infallibilmente, come causa ad effetto. II socialismo di Stato, che ora fiorisce in Europa, naturalmente dovrk fruttificare il socialismo di plebe, ossia il disordine dell' anarchia, se non sopravviene un soccorso della Provvidenza a frastornarlo.

IN ITALIA 137

Questo non si nega, ma per 1' Italia si avvera in grado sommo, attesa T enorme sproporzione che 6 corsa e corre, tra le ambizioni del dominante liberalismo e le forze del paese. Subito, a un tratto, appena strette alia peggio in un fascio le regioni della Penisola e raffazzonata F unita dello Stato, esso ha voluto fame una Potenza di prima riga, in ogni cosa: di un neonato malnato, ha presunto fare in un giorno un robusto gigante. Percio i milioni si son venuti via via but- tando a mani profuse, si sono moltiplicati i debiti, aggravati <T anno in anno i tributi, disseccate le fonti della pubblica e privata ricchezza. « In Italia da 812 milioni, che gia era nel 1861, il bilancio si spinse ad un miliardo e 600 milioni nel 1865, ne piu seppe scostarsi da questa cifra, se non per brevi period! e, in ultima analisi, per aumentarla ancora. L' Italia armata, che nel 1862 spendeva 212 milioni, ha oggi una complessiva spesa di guerra e marina, che molto non dista dal mezzo mi- liardo. Ci si stringe il cuore, se ai 250 milioni che il solo mi- nistro della guerra vuole dal paese, paragoniamo i 5 milioni (la quinta parte di cio che costa un vascello corazzato) che il ministero della economia nazionale conserva ai servizii del- 1' agricoltura l. »

E tutto questo scialacquamento e sfoggio di Potenza mi- litare, a che fine si e fatto? AI fine di conseguire poi i bei trionfi di Dogali, di Saganeiti, di Amba-Alagi, di Makalle, di Abba-Carima e le glorie della pace di Addis-Abeba.

Da tanto sparnazzamento del sangue vitale della nazione, ' e venuto il decadimento o il disagio di assaissimi ricchi, Fim- poverimento generale degli agiati ed il rifinimento della massa popolare, rosa dalla fame e fremente di rancore, d'invidia e di dispetto. La licenza della stampa, della irreligione nelle scuole e delle associazioni ha sfruttata, a pro della demagogia, questa condizione di cose : e per tal modo, nella mite e civile Italia, in breve giro di tempo, e spuntato il brulicame di socialism©, che la borghesia liberalesca non cessa di deplo-.

1 BOCCARDO, 1. c. pag. 16.

138 DI DUE INCENT1VI DI SOCIALISMO

rare. Awelenato il nutrimento delle anime, coll'istruzione per- vertitrice, e sottratto quello del corpo, coll'eccesso delle divo- razioni fiscali, non e a stupire che da ogni lato vi sorgano,. per 1' ordine sociale, minacciosi i pericoli.

Si flnse che pericolose, anzi dannose, per la civilta novella,, fossero le union! dei frati e delle monache; percio il libera- lismo, con procedimenti da socialista, le disciolse e ne ingoio i beni. Ai corpi morali dei frati e delle monache, sotto il pa- trocinio della liberta, sono succedute le sette proteiformi del socialismo, per insegnargli che la legale violazione del settirao- comandamento del decalogo spesso ha per pena la legge del taglione.

In conclusione adunque la miseria nazionale, che non ha la pari in Europa, e divenuta per F Italia un incentive di socia- lismo, piu acuto che altrove.

VI.

A questo pero va accoppiato 1'altro incentive, forse ancora piu stimolante a confondere il mio col tuo, che e lo scandalo- in materia di fur to del denaro pubblico, senza uguale nel mondo.

Ai termini di denaro pubblico diamo qui un senso largo,, in quanto lo estendiamo al denaro anche di quegli enti col- lettivi, i quali comprendono interessi di veramente pubblica ragione. Or chiunque usa correre un giornale italiano, stam- pato ovechessia, dica se quasi cotidianamente non gli avviene, che Tocchio cada sopra il racconto, quando della prevaricazione di un ufflciale dello State ; quando della falsificazione di titoli di credito ; quando d&Wappropriazione indebila di somme spettanti al Governo, od a municipii, od a Casse di risparmio, od a Congregazioni di carita, od a banche ed altri simili istituti; quando del fallimento piu o meno doloso di societa o case d'industria, di commercio o di navigazione; quando in genere di vuoli di casse, colla fuga dei cassieri. Tutte le forme pos- sibili della ladreria, dalle piu delicate alle piu grossolane,

IN ITALIA 139

si veggono praticate da quest! infedeli custodi, o amministra- tori di pubbliche sostanze, i quali appartengono proprio alia borghesia dirigente, e sono spesso fregiati di croci cavalle- resche e di commende della Corona d' Italia.

Gia flno dagli esordii del cosi detto risorgimento nazio- nale, il popolo present! che, sotto la finta dell'amor di patria e del bene del paese, tanti e tanti non celavano in cuor loro, se non Tamore dell' interesse ed il bene del marsupio da in- grossare. Si comincio tosto a coniare e spendere il vocabolo di affarismo, cui si die' valore di patrioUismo. II banchetto, o, come lo defini Alfonso Lamarmora, Valbero della cuccagna del bilancio, co' suoi annessi e connessi, divenne il termine ambito di novanta sopra cento fra i piii benemeriti apostoli, martiri e confessori dell' Italia una, con Roma capitale. Le fortune improvvise, i subiti guadagni e gli accumulamenti di non pochi fra costoro, i quali prima erano in cenci ed avevano addosso piu debiti che la lepre, e presero a scialarla da si- bariti, con palazzi, con ville, con pariglie pompose e livree, apersero gli occhi ad una moltitudine di baccelli; e diedero a divedere dove, per essi, fosse andata a parare Timpresa del fare 1' Italia.

E notorio lo sfogo di rimorso della coscienza, che Massimo d'Azeglio e Cammillo di Cavour fecer tra loro due, intorno alia morale dai due pesi e dalle due misure, scrivendosi: Se facessimo per noi, in private, quello che facciamo per 1' Ita- lia, saremmo pure i gran birbanti ! Ed e memorabile la sen - tenza del primo di loro, il quale, contemplando con gioia la bell'opera della nuova Italia, non si saziava di ripetere : Ora che abbiamo fatta 1' Italia, ci convien fare gl' Italiani.

II tempo a lui, allora provetto negli anni, non ha concessa la consolazione di ammirare il trionfale passaggio della mo- rale da gran birbanti, dalla vita pubblica alia vita privata, e di vedere gl' Italiani belli e fatti, proprio a viva immagine della madre. Ma li vede e se li gode la generazione, che gli e succeduta. Dopo le famose ispezioni alle banche, che misero in evidenza tanti ladroneggi, siamo via via venuti al punto,

140 DI DUE INCENTIVI DI SOCIALISMO

che ogni giorno se ne scopron di nuovi, 1'uno piii inopinato dell'altro, in tutti luoghi, ne' quali si e trovato denaro da ru- bare. In verita nulla dies sine linea. Da per tutto rapine, con- cussioni, frodi, cambiali false, corruzioni, vendite di favori, dilapidazioni svergognate, trafugamenti di fondi assegnati alia beneficenza, mangerie di mille specie. Tirati i conti delle ru- berie dei 60 milioni della banca roraana, degli altri 50 del banco di Napoli, e dei 150, tratti teste m luce dalla relazione del senatore Inghilleri, sull' inchiesta per le spese di costru- zione delle strade ferrate, si viene a concludere che le divo- razioni, compiutesi nell'ultimo quinquennio, toccano la bella somma di oltre 50 milioni ciascun anno. Vi si aggiungano tutti gli altri ladronecci scopertisi fino ad ora, e gli altrettanti che non si scopriranno mai, e si dica se i nuovi Italiani non sieno degni della nuova Italia, fatta come il d'Azeglio la con- fessava fatta.

Diego Taiani, essendo ministro guardasigilli, nella tornata del aprile 1879, ragionando, sino da allora, del gran male dei pubblici latrocinii, pot6 uscire in questa proposizione, che dai deputati si ascolto con religioso silenzio : « II male 6 pro- fondo ed organico >. Ne di proferirla, con tanta solennita, ebbe torto; poichfe lo Stato italiano, costituito per virtu di annessioni, dal morale principio suo costitutivo necessariamente doveva trarre il vigore del suo sviluppo. Dall' Italia superlativamente cosi fatta, avevano da uscire pure Italiani cosi fatti. L'adagio della Scuola: Propler quod unumquodque tale, et illud ma- gis, non poteva nemmeno in questo caso fallire; ne & fallito.

Anzi il vizio organico, contratto ab origine, fa ora sentire a tutto il corpo del regno d' Italia, giunto alia virile eta, le con- seguenze sue piu esiziali. Se volessimo raccogliere una scelta delle lamentevoli descrizioni e delle querimonie, di cui ribocca al presente il giornalismo liberalesco, avremmo di che comporre un volume. Ma ci basti, per saggio, riferirne due. Ecco, sotto il titolo L'ltalia ladra, come dianzi si sfogava la moderatissima Gazzeiia di Parma, nel settentrione della Penisola :

« Lo spoglio dei giornali ci fornisce una lunga cronaca inte-

IN ITALIA 141

ressantissima dell'Italia ladra. La legione dei cassieri che scap- pano, dei bancarottieri che si rifanno una verginita. commer- ciale pagando il cinque per cento ai creditori, delle banche che chiudono gli sportelli e, spalancando la cassa, vi lasciano scorgere un vuoto desolante, dei commendatori che, per com- binazione fortunata, si fanno tradurre a Regina Coeli, e innu- merevole.

« Si ruba un po' dappertutto : nelle banche e nelle pubbliche amministrazioni : nelle aziende private e nei dicasteri. Lo sbruffo e la via maestra, per la quale soltanto arrivano felicemente in porto gli affari : il successo e una questione d' interessenza con chi sindaca la legalita dei mezzi per ottenerlo.

« Ne si deve credere che la corruzione sia unicamente in alto e derivi dall' esempio. No : e tutto quanto 1' ambiente che e guasto. II furto, la frode, 1' imbroglio non e privilegio di casta. Se gli amrainistratori di certe compagnie ferroviarie rubano agli azionisti, il personale ferroviario ruba ai viaggia- tori, i cittadini si rubano scambievolmente, vendendo merce avariata o differente dal campione.

« I documenti ufflciali sovrabbondano per stabilire con certa scienza che 1' Italia non e che una vasta trappola, tesa alia buona fede pubblica, la quale, alia sua volta, va scomparendo, creando cosi essa stessa un rimedio al male.

« Si comprende di leggeri come, dato un siffatto ambiente morale, 1'antico e poetico brigantaggio italiano vada scompa- rendo. Non c'e piu sugo ne tornaconto a fare il brigante, quando, per riescire, basta essere commendatori *. »

Ed il Corriere di Catania, dal mezzogiorno, col suo stile etneo, dopo paragonata T Italia agli acquedotti di Parigi (vulgo cloache) dedalo gigan'tesco di melma pestilenziale, faceva eco alia Gazzetta di Parma in questi termini: « Vengono a giorno le latebre della corruzione italiana, delle quali non si era intrav- veduto sino ad oggi che qualche lembo, e della cui esplora- zione nessun Governo, impigliato nelle fatali esigenze del par- lamentarismo, ha saputo e voluto fare il suo programma, un

1 Num. del 10 novembre 1896.

142 DI DUE INCENTIVI DI SOCIALISMO

programma, sul quale sarebbe valsa la pena di vincere puri- ficando il mondo finanziario ed amministrativo inquinati, o di cadere, rimettendoci la croce del potere. Gli arresti di cassieri e amministratori municipali, di direttori di banche, di funzio- nari di dicasteri centrali, che hanno fatto costare 500 mila lire la correzione del codice Zanardelli, e sparire cento mila lire di tappezzerie non acquistate mai, si moltiplicano da un' ora al- 1'altra, e avrebbero raggiunto gia una cifra spaventevole, se il mondo parlamentare, in tutta la sua estensione, non fosse divenuto un' immenso sodalizio di malfattori, cointeressati a de- linquere e ad assicurarsi reciprocamente 1'impunita.

« Chi e onesto ? chi non merita la taccia di divorare tutto quanto gli cada sottomano, nelle alte sfere dell'amministrazione e della banca ? chi ha il diritto di portare alta la fronte e di sfidare senza paura le inchieste e i procedimenti penali, fra tanta rovina di fame immacolate e integerrime? C' e qualcuno che si trovi in questa eccezionale condizione, tra i privilegiati, che dalle Alpi al Lilibeo guidano comuni, opere pie, ammini- strazioni ed istituti di ogni genere ed importanza ?

« Non si potrebbe affermarlo. Mold, troppi ancora, non col- piti dalla giustizia penale, pretendono che si giuri sulla loro onesta. Ma certo e che il popolo italiano ha tanta coscienza di quanto c' e di infetto e di marcio nella vita pubblica, che, se non restasse in piedi e fuori della galera nessuno dei pezzi grossi, barbassori, amministratori e despoti del giorno, non ne sarebbe per nulla sorpreso.

« Perche la corruzione si e sviluppata in cosi larga scala, che puo dubitarsi che vi possano essere delle eccezioni, dei Baiardi della moralita, senza taccia e senza paura *. »

VI.

Posta questa condizione di cose, non punto esagerata da scrittori che avrebbero anzi ogni vantaggio ad occultarla o sminuirla, non accade dilungarsi a mostrarne le tristissime

1 Num. del 15 novembre 1896.

IN ITALIA 143

conseguenze, rispetto ai criterii moral! che della proprieta il popolo si e formati. Dove sono tutti ladri, e chi piu in alto sta piu ruba, il diritto del possedere si considera abolito. Venga Toccasione propizia, e noi faremo della roba di questa ladra borghesia il governo, che essa fa del sangue che, colle tasse, ci spreme dalle vene. Oggi a te, dimani a me. Intanto rubi chi puo, solo che rubi a man salva, in barba al codice cri- minale dei borghesi.

Cosi si odono ragionare le plebi, in quella che i signori delle classi dirigenti insegnano loro di continue, col malo esem- pio, la dottrina del Mirabeau : « Chi vuol riuscire nel mondo, uccida la coscienza. » E pur troppo siccome ragionano, cosi vengono operando. Di cio fanno fede le statistiche dei delitti, tra noi sempre in via di acrrescimento. Le ultime ci offrono lo spettacolo del loro graduale progresso, in queste cifre. Men- tre del 1887 i reati denunziati furono 526,000, del 1890 mon- tarono a 609,009; del 1892 a 661,000; e del 1894 a 705,000: e per la massima parte furono reati di furto. Sul pessimo esem- pio dei malfattori crocesignati, ben si vede come il popolo ruit in peius, con un progresso di civilta a rovescio, o piu tosto con un regresso, che fa tornare alia barbarie.

Ma 6 soverchio fermarsi sopra questo incentive podero- sissimo di socialismo, che, in punto di ladrerie del pubblico denaro, assegna all' Italia risorta il primato europeo, che gik occupa in punto di omicidii.

Non basta forse per s6 questa ignominia, a confondere le meraviglie e le lamentazioni della borghesia liberalesca, per- che la lue socialistica tanto nelle plebi nostre si propaga? Taccia e si vergogni di piangere, con lagrime da coccodrillo, la strage che nelle coscienze essa mena; e lasci a noi, catto- lici o clericali, il levare alta la voce in riprovazione di si or- rido vitupero. Noi possiamo levarla, e forte e sonante, giac- chfe noi soli possiamo, a fronte scoperta, mostrarci netti da ogni complicity nel delitto sociale della popolare corruzione. I servi, i ligi, gli addetti al liberalismo, impauriti, per conto della loro borsa, si lambiccano il cervello a trovare nel loro laicismo

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civico, nel diritto nuovo da loro intronizzato e nel libero pen- siero che idolatrano, il modo efficace di moralizzare la na- zione. Ma indarno, poichfe troppo sono faori di strada.

II modo unico e vero e salutare, a cui debbono e possono ricorrere, & quello che suggeriamo noi senza stancarci : ed 6 d'instaurare ab imis fandamentis quelPordine morale e reli- gioso, che essi hanno socialmente distrutto, appunto per fare a lor guisa ed utile 1' Italia.

Bisogna rifare quel cammino a ritroso, al quale il Papa Leone XIII non cessa di esortare gP Italiani. Se, a riparo del male, non procurano di ristabilire pian piano i principii del- Pimmutabile giustizia, senza cui i Regni e gl' Imperil crollano, ed a primo elemento della educazione pubblica non pongono la fede cristiana, senza cui Ponest& £ equivoca, vanamente si affaticano & moralizzare il popolo, Pesercito degP impiegati e le turbe dei cassieri, che dalla loro scuola civicamente laica si allevano. Ai furti si aggiungeranno sempre furti, ai delitti delitti ; e forse il di verrk nel quale, non sapendo piu in che maniera salvare dai ladri il tesoro pubblico, si rivolgeranno ai frati, come gik in altri tempi si fece, afflnchfe custodiscano essi quel poco di sucide lirine e di monetuzze di nichelio, che i patriotti nel fondo delle casse avranno lasciato.

GLI HETHEL-PELASGI

LA LACONIA

SOMMARIO: Confini della Laconia e qualita delle sue terre. Versi di Euri- pide e di Omero. L'epiteto y.vjTwsaaa e il nome K^xsioi. Opinion! diverse di Polluce, Strabone, Esichio e d'altri. II Taigeto, il Parnon e il fiume Eurota. Etimologie de' nomi Lacedemone e Lelegi, secondo Esiodo e Strabone. Aristotele intorno all'antichita e diffusione de' Lelegi. Se i Lelegi migrarono da Greta in Laconia o viceversa. Dell'idioma de' Le- legi. Sparta e scarsita de' suoi monumenti. Giudizio che ne da Tucidide. Amicla e la statua di Apollo. Origine orientale de' nomi con la radice Ap.u-. La citta di Paris, <Mptg o f&apai. La tomba a cupola di Vaphio. Altre tombe a cupola scoperte dallo Tsountas. Gli autori delle tombe a cupola nella Laconia. Opinione del Perrot contraria a quella di Ero- doto e di Ateneo. Gli Achei nella Laconia e nell'Argia. I Laconi in Italia. Conclusione.

Dopo P Arcadia dobbiamo dire della Laconia, regione anch'essa abitata fin dall'etk piu lontane da' Barbari e pero da preellenici al pari di tutti gli altri del Peloponneso preistorico. E primie- ramente tornera profiltevole alle nostre ricerche etnografiche il mandar innanzi qualche breve notizia della natura del paese, de' suoi monti e de' suoi fiumi, donde meglio si potranno cono- scere Pindole delle genti primitive che I'abitarono, le loro virtu fisiche e morali e quanto confer! a far de' Laconi uno de' piu famosi popoli non solo del Peloponneso ma di tutta la Grecia eziandio, della quale ebbero un tempo, presso che universale signoria.

La Laconia 6 una lunga valle chiusa per tre lati da monti e aperta al mare dal quarto. I suoi confini a settentrione son le radici delle montagne meridionali di Arcadia, donde partono

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1118. 10 4 gennaio 1897.

146 GLI HETHEI-PELASGI

due catene di monti, dirigendosi parallelamente verso il mez- zodi e sono il Taigeto e il Parnon : quello divide la Laconia e la Messenia e va a terminare al proraontorio del Tenaro, oggi Capo Matapan, la punta piu meridionale di Grecia e d'Europa ; 1'altro si stende lungo la costa orientale e termina al promon- torio di Malea. Lunghesso tutta la valle fra due file di mon- tagne scorre il flume Eurota che sbocca al mare detto Golfo Laconico. Euripide cosi descrive la natura delle terre della Laconia:

IIoXuv JJLEV apotov, exTiovetv S'ou p"a5cov Ko:Xr] yap, Spsac raptSpofJiog, ipor/ela

Ha vasti campi ma legger fatica Lavorarli non e. Che cava e d'aspri Monti ha corona intorno ed a' nernici Non agevole cosa e aprirsi un varco.

Lo stesso poeta fa le piu belle lodi della terra dei Messe- nii, la quale peraltro fu nel principio parte della Laconia. Omero chiama Lacedemone xrjiwsaaav, epiteto molto disputato fra' gli eruditi antichi e moderni.

01 o'si^ov xot'XrjV AaxeSafywva xrjiweaaav 2.

Polluce spiega questo epiteto [AsyaXrjv, omb TWV XYJTWV, come similmente spiega i Kfpmoi del v. 581 del II delPIliade, ptsyaXoc, Magni 3. Le ragioni di Polluce non sono degne di essere discusse perch& soprammodo deboli ed arbitrarie. Egli, infatti, crede che Lacedomone fu chiamata xYjuosaaa, grande, dalle balene, le quali son le piu grandi fra gli altri natanti o che vivono in acqua; ovvero per cio che Lacedemone, posta non lungi dal mare, nutre di somiglianti cetacei, od anche perchfe ivi il mare del continue ne getta sul lido : ^ GaXaaaa aovs-/^ XT^T/] ex^aXXet. Se- nonch^ tan to K^ie-.c: quanto xTjicoeaaa sono diversamente inter-

1 EURIP. fragm. 452. 8 HOM. //. II, 581. 3 POLL. 9, 20.

NEL CONTINENTE ELLENICO 147

pretati. In K^TEWL Strabone, Esichio ed altri veggono un iOvwc&v per Misii, ed anche Alceo disse Kr^ewv per Muaov *. KrjTusaaa, scrive Strabone, ovvero come leggono altri xatstasaaa, puo deri- vare da' Ceti, gran mostri marini, dbtb TWV XTJTWV, ovvero dalla grandezza, cio ch'e piu probabile: o-sp 5oxc! T^Savwiepov s?vai. Kacexaeaaa poi da taluno s'interpreta per xaXajjuvBwSy], abbon- dante di calaminta, cioe di menta (cf. Diosc., 3, 43); da altri cavernosa, perciocche le aperture e rotture del suolo fatte dai terremoti diconsi xaie-uot 2. Ma consta altresi che il nome della menta presso i Beoti, secondo Esichio, e xa:=Ta, e leggesi pari- mente nel Lessico Omerico: Tive? 5e xaXafjuvOwoyj- xa'.sta^ (sic, senza accento) yap cputbv ft xaXajr.vSo; UTC'EVUDV xaXel-rat 3. Noi cre- diamo non potersi sciogliere una questione fi-lologica, il cui soggetto, cioe la voce usata da Omero parlando di Lacedemone, non e autentico, leggendosi dagli uni xrj-ooeaaav e dagli altri xoasTaeaaav, dove le radici si possono agevolmente identiflcare, ma non sono per nulla identiflcabili le signiflcazioni.

Due catene di montagne il Taigeto e il Parnon corrono lungo tutta la Laconia, ma differiscono nella forma e nella grandezza. II Taigeto, TaOysiov, TO Tr/jyeiov 5po?, ed anche al plurale, ta TaOysia 4, Taygeta di Virgilio:

. . . . o ubi campi,

Sperchiusque, et virginibus bacchata Lacaenis Taygeta 5 !

fu celebre per la caccia e per Forgie di Bacco e pero fre- quentato dalle donne Laconie che vi solevano talvolta giocare a modo delle Baccanti. La sua forma espressa da Omero nel- 1'Odissea, e quella della lunghezza 7^pi|r/,xetov 6, grande cioe d' ogni parte, e massiccia, perciocche la catena non e quas

1 Cf. DE CARA, Gli Hethei-?elasgi, Vol. I, pp. 222, 223, 224, 40 7, 655. 1 STRAP. VIII, V, 7.

3 APOLL., Lex. Horn. s. v. xrpcossaav; cf. Thes. Ling. Gr. pp. 1536, 1537, s. v. xyjTOjSTjs ; e pp. 809, 810, s. v. Ka-.adag.

4 POLYAEN. VII, 49.

8 VERG., Georg. II, 487, 488. 6 HOM., Odyss. VI, 103.

148 GLI HETHEI-PELASGI

interrotta, come quella del Parnon, ma si avanza maestosa per 70 miglia dall' Arcadia flno al Capo Matapan. II Taigeto si innalza sopra Sparta e la sua cima principale delta antica- mente TaXei6v, oggi S. Elia, raggiunge P altezza di 2409 me- tri; superba vetta sacra al sole nelle passate eta, e a cui si offriva sacrifizio di cavalli e d'altre vittime. La Cappella di S. Elia e a' di nostri la rneta d' un annuo pellegrinaggio che si fa a mezza estate.

Questo monte, il piii eccelso di tutto il Peloponneso, fu ricco di miniere di buon ferro, di cave di marmo e di por- fldo verde. Del ferro si fece uso per la fabbrica delle armi, di strumenti di agricoltura, e massimamente, per P eccellenza della tempera detta Laconica, ebbero fama le lime, le trivelle e tutti i ferri onde si lavora la pietra. fu minore la copia- degli animali d' ogni sorta, specialmente de' selvaggi che su per que' monti selvosi potevano errar liberamente, ma non del pari sicuramente, mercecchS le cacce sul Taigeto v'erano fre- quenti fln da' tempi piu remoti, e la stessa Artemide vi an- dava armata d'arco e di turcasso 4, seguita da' cani famosi della Laconia, forti e coraggiosi e dagli antichi molto cele- brati 2. Anche oggidi, secondoche narrano i viaggiatori, la razza de' cani laconii serba la sua flerezza 3. Nelle foreste, come scrive Pausania, vanno in copia scorrendo camosci, cinghiali, cervi ed orsi: nape^s-coa §£ xal 5c6Xou 16 TaOysTov TWV aiywv toutwv $ypav xal uwv, uXsiairjv Se xal eXatftov xal dcpxtwv 4. L'altra catena dei monti e detta Parnon, ma dissimile in cio dal Taigeto, ch'essa e meno elevata ed 6 rotta in piii parti staccate. Quella parte della catena che dicevasi propriamente Parnon ed oggi porta il nome di Malevd, formava il natural confine tra PAr- cadia, la Laconia e PArgolide. La sua direzione e verso il sud-est, e le pendici oriental! che si stendono flno alia costa ad

1 HOM., i. c.

2 ARISTOT., Hist. An. VI, 20; XEN., de Venat. 10, §. 1; VEUG., Georg. Ill, 405.

3 MURE., Journ. of a Tour in Greece ecc., II. 231.

4 PAUS. Ill, 1,1.

NEL CONTINENTE ELLENICO 149

altezza notevole, comprendono il distretto che ha nome Tza- konia, corruzione del nome della Laconia, dove si conserva tuttora un dialetto simile al greco arcaico, sebbene il Thiersch opini che gli abitanti di Tzakonia sieno i discendenti degli antichi Cinurii *.

Tra il Parnon e il Taigeto, per quanto e lunga la valle, scorre il flume Eurota, Eupwia;, ma gli antichi suoi nomi fu- rono Bwfxuxas e "Ifxepo? 2, e oggidi prende tre diversi nomi : Iris nella valle superiore, Niris nella media e dalla valle di Sparta fino al mare, Basilipotamd. Ed ora passiamo alia qui- stione del nome e dell'origine etnica de' Laconi o Lacedemoni o Spartani che son tre nomi della stessa gente.

Stefano di Bisanzio, parlando di Lacedemone, Aaxc6~a''jj.wv, citta, dice che per sincope si ebbe Aaxwv: AeyeTa:. xal xa^a auyxoTujv, Aaxwv; ma poi soggiunge che Aaxwv sembra primi- tive e non sincope : "Eoixs 5e npwcdtuicav elvat, xal ou auYxorofj 3. Per rispetto all'origine scrive che il primo nome fu Sparta da Sparto, flglio di Amiclante, che fu figlio di Lelege, che fu flglio di Sparto 4. Ma Pausania stima che i Lelegi furono cosi cognominati da Lelege, il quale fu indigene e primo regno nella Laconia, come attestano gli stessi Lacedemoni: CQ; aOtol Aaxe8ai|Aovioi Xsyo-jat, AeXs? auio^Owv wv e(3aaiXei>ae Tipwtos Iv T?J yfj Ta'jTY], xal &xb TO'JTOU AeXsY£? wv ^PX£V wvo[j,aa0r]aav °. Esiodo (fragm. 25), seguito da Strabone, da al nome di Le- legi etimologia greca da Xeyw, raccogliere, radunare. La stessa natura del vocabolo, scrive Strabone, mi sembra signiflcare che (i Lelegi) anticamente furon certi uomini raccogliticci e misti di varie genti: Tfj yap iiujioXoyca TO auXXsxiou; yeyovfvai Tiva$ ix TiaXaiou xal jxiyaSa? acvLTTeaOac |xot Soxel 6. Cotesta etimologia suppone che il nome di Lelegi sia greco, cio che non si puo

1 THIERSCH., Abhandlung. der Bayr. Akad. Vol I, p. 511 e segg.

* Cf. Etym. M. s. v.; PLUT., de Fluv. 17. 3 STEPH. B. s. v. Aaxe&aijicov.

* STEPH. B. 1. c.

5 PAUS. Ill, 1, 1.

6 STRAB. VII, VII, 2.

150 GLI HETHEI-PELASGI

ragionevolmente concedere. I Lelegi furono popoli barbari preionii nell'Asia e preellenici in Grecia. La loro condizione di barbari, secondo Strabone, si puo congetturando raccogliere a questo segno ch' essi faron compagni de' Carii, e come da altri si opina, la stessa gente de' Carii, ovvero coabitanti con questi e commilitoni. Nella Caria si veggono in molti luoghi castelli deserti de' Lelegi, e tombe che tuttora si chiamano Lelegii, AsXeyca xaXo'jfxsva. Quella che ora dicesi Ionia, fu prima tutta abitata da' Lelegi e da' Carii. Sede antica dei Lelegi furono i luoghi vicini all' Ida presso Pedaso e il flume Satnioente. Ma Lelegi e Carii come il rimanente delle genti pelasgiche, delle quali anch' essi furono non piccola parte, vagarono pertutto e fln dalla piu remota antichita, come dimo- strano le Repubbliche di Aristotele. Ed in vero nelle Repub- bliche dell'Acarnania, dell'Etolia, degli Opunzii, de'Megaresi, de' Leucadii e nella Beozia, Aristotele trova che i loro popoli primitivi furono Lelegi. Ci son parimente ricordati i Lelegi dagli antichi scrittori nelle isole dell' Egeo ed a Greta al tempo di Minosse ; a Chio, a Samo, in tutta la costa che e tra Efeso e Focea, in parte della Caria, a Mindo, a Suangela, nella Pisi- dia, e flnalmente nel continente ellenico come nella Beozia e nel Peloponneso J.

In tutte le contrade d'Asia Miuore, della Grecia e delle isole, dove abbiamo veduti i Lelegi soli o in compagnia de'Carii, vedemmo gia i Pelasgi e dello stesso tempo, il che fa mani- festo segno che i nomi de' Lelegi, de' Carii ed altrettali por- tati da codesti barbari, sono nomi particolari onde si distingue- vano le numerose popolazioni appartenenti alia grande fami- glia nota sotto il generale appellativo di Pelasgi. L'etimologia dunque del nome di Lelegi mal si ricerca nelle lingue arie, perciocche tutti i popoli barbari d'Asia e di Grecia preesi- stettero agli Arii che verranno a formar prima una parte e poi il tutto delle genti elleniche o greche del continente asia- tico, delle isole dell' Egeo e della Grecia propria. Nel nostro Volume scrivemmo a lungo de' Lelegi, delle loro abitazioni,

1 STEAB. VII, VII, 2; XIII, 1, 58, 59; IX, 11, 3; XIV, I, G.

NEL CONTINENTE ELLENICO 151

della loro ceramica, delle torabe, della parentela co' Misii e dell'etimologia del nome loro, e ad esso rimandiamo il cor- tese lettore i.

La questione che si potrebbe fare per rispetto a' Lelegi della Laconia, e quella di sapere se essi vi sieno venuti ad abitare al tempo stesso che li vediamo al servizio di Minosse nelP isola di Greta, e gia valenti nell'arte nautica e militare ; ovvero se dalla Laconia passarono a Greta o, finalmente, da questa in Laconia. Attesa la speciale qualita. di navigator de' Lelegi-Carii, la priraa ipotesi non ci sembra punto impro- babile, conciossiache nulla vietasse che uno stuolo di navi lelegie si dirizzasse verso Greta mentre un altro andasse ;ad esplorare i lidi e le terre della Laconia, essendo Tuna a dirim- petto dell'altra, 1' isola di Greta e la terra di Laconia. Che se poi si voglia fare la scelta fra le due rimanenti ipotesi, se cioe i Lelegi venissero da Greta in Laconia o dalla Laconia tragittassero a Greta, noi stiraiamo piu probabile la prima che la seconda e per la ragione dianzi indicata, che i Lelegi, gente di mare, prescelse naturalmente le vie di questo al migrare, che non le vie di terra piu lunghe, disagevoli e non conformi al loro genio. Ondeche, secondo noi, prima si volsero a Greta e poi da Greta alia Laconia.

Dell' idioma de' Lelegi non altro sappiamo se non che do- vette esser il medesimo che quello de' Carii, sia perche vis- sero sempre insieme Lelegi e Carii, e sia perche, secondo alcuni, questi due nomi segnano uno stesso popolo. E poiche dell' idioma de' Garii, de' Misii e di tutti i popoli barbari del- 1'Asia Minore fu da noi discorso nel Vol. di quesfopera, non porta il pregio di ritornarvi sopra. Leggevamo pertanto con molto piacere, nella Revue critique, la recensione che del libro del Kretschmer fa 1'Henry, valente glottologo francese. L'opera pubblicata quest'anno, ha per titolo : Einleitung in die Geschichte der griechischen Spraclie, cioe « Introduzione alia storia della lingua greca ». A proposito delle lingue del- 1'Asia Minore il dotto Autore dice quel che noi abbiamo sem-

1 DE CARA. o. c. pp. 312, 317, 265, 267. 268, 278, 390, 445, 616. 669.

152 GLI HETHEI-PELASGI

pre scritto e che P Henry compendia in queste parole : « Les langues de I' Asie-Mineure, lycien, cilicien, carien, lydien, pi- sidien, etc., minutieusement eludiees dans les elements donl se composent les appellatifs qu'elles nous out Ugues, ne tra- hissent rien d'une origine indo-europdenne, et les rappro- chements qu'il est donne de relever ca el la sont factices, dus d des emprunts ou a de simples coincidences *.

A' Lelegi, primi abitanti della Laconia, successero nella signoria e regnarono a Sparta i Principi Achei con Menelao, fratello di Agamennone e il costui flglio Oreste e poscia Tisa- meno flno all'invasione dorica. Della citta di Sparta, illustre per la sua potenza guerriera, come quella che fu delta madre di capitani, poco ci e noto e si puo certamente affermare aver Tucidide colto nel segno allorche dello stato e della fu- tura condizione di Sparta scriveva : « Se la citta de' Lacedemoni divenisse deserta e ne restassero solamente in piedi i templi e Faree degli edifizi, opino che, trascorso un lungo tempo, poco crederebbero i posteri alia fama della loro potenza, avvegnache delle cinque parti del Peloponneso due sieno in loro balia, e comandino a tutto il resto e a' molti alleati fuori del Pelopon- neso 2. » E ne da questa ragione : « Imperocche non essendo fabbricata la citta a case contigue, ne avendo templi ed altri ediflzii di grande splendore, ma essendo formata secondo 1'an- tico costume di Grecia, di sparsi villaggi o paghi (xatoc xw^ag TO) TuaXaao TTJC; cEXXa§oc; tponw owaaSeforjj), non da mostra di grande ampiezza. Ma se la cosa medesima intervenisse agli Ateniesi, dalla manifesta bellezza delle rovine della citta si penserebbe essere stata la loro potenza due cotanti piu che in fatto non e 3. »

Nella pianura di Sparta e a poca distanza da lei, sorgevano, prima dell' invasione dorica, altre citta d'origine achea, Amicla, e Paris, delle quali diremo qui succintamente.

Amicla, 'AjiuxXai, sulla destra riva dell'Eurota e a 20

1 V. HENRY, nella Rev. crit. d'hist. et de lift., 15 Juin 1896, p. 467. * THUCYD. I, X. 3 THUCYD. 1. c.

NEL CONTINENTE ELLENICO 153

stadii da Sparta verso mezzodi, fu chiara in tutto il Pelopon- neso a' tempi eroici. Le si da per fondatore Araicla o Ami- clante, padre di Giacinto, e dicesi parimente essere stata la sede di Tindaro e de' Dioscuri Castore e Polluce, chiamati Amyclaei Fratres. Oraero la ricorda in quel verso:

0? t'ap 'A|iuxXa£ efyov. "EXcc; x's-^aXov TiToXceOpov l.

Adoravano gli Amiclei Apollo, la cui statua colossale e il trono furono molto celebrati e se ne pud leggere la minuta descri- zione in Pausania 2. La statua era d'almen 30 cubiti ; antica e fatta senz'arte, poiche dalle mani, da" piedi e dalla testa infuori, il rimanente e simile a una colonna di bronzo. In testa ha 1'elmo, e nelle mani Tarco e la lancia. II de Ronchaud nondimeno trova che questo simulacro di Apollo Amicleo segna un qualche progresso nell'arte per rispetto aglMdoli di legno (xoana\ dove la forma umana si vedeva appena indicata 3. L' Apollo Amazzonio, di cui scrivemmo altrove e che fu cosi denominato dalle Amazzoni, le quali dal Termodonte ne ave- vano portato 1' imagine e il culto in Grecia, era di legno 4. II sito di Amicla e tuttora incerto. Altri la pose a Skla- vokhdri, ma il Leake suppose ch'essa dovette sorgere tra Sklavakhdri e Sparta, sopra il colle di Aghia Kyriaki mezzo miglio distante dall'Eurota 5. Anche in Italia sulla costa della Campania fra Terracina e Gaeta, nelle maremme sotto Fondi, vi fu un' Amicla, di cui Marziale:

Caecuba Fundanis generosa coquuntur Amyclis 6,

ma che cesso d'esistere al tempo di Plinio, lasciando il suo nome al « Sinus Amyclanus » 7. Si vuol fondata da una banda di Laconi che avrebbero abbandonato la patria loro, Amicla,

1 Horn. 11 II, 584.

2 PAUS. Ill, XVIII, 9 e segg.; Ill, XIX, 2.

3 Cf. Dictionn., SAGLIO, p. 318, s. v. Apollo. * Cf. DE CARA, o. c. p. 532.

5 LEAKE, Morea, Vol. I, p. 135 e segg.; Peloponnesiaca, p. 162.

MARTIAL. XIII, 115. 7 PLIN. H. N. XIV, 8.

154 GLI HETHEI-PELASGI

infestata da sciami di serpenti. Che che sia delle leggende d'Amicla campana e laconica, questo solo ci sembra doversi notare, che i nomi con la radice AJJIU- manifestano non dubbia- mente origine orientale. Tali, a cagion d'esempio sono : 'A|iu- •/Xai o 'A[Au xXa ; "A|xu-p-oc, citta della Tessaglia presso il flume dello stesso nome che sbocca nel lago Bebeide ; 'A[iu-£wv, citta della Caria, le cui rovine esistono sul lato orientale del monte Latmo, lungo la via da Baft a Tchisme1, "A{iu-/.-o;, flglio di Nettuno, Re de' Bebrici nella Bitinia ; figlio di Priamo ; figlio di Oflone, un Centauro; "A{iu-^vot o 'Ajiu-ii-ove?, popolo del- 1'Epiro 2; 'Ajiu-ixwvY], flglia di Danao; 'A[iu-v-To>p, padre di Fenice, e parecchi altri 3. Nel nostro libro : Gli Hyksos o Re Pastori d'Egitto, trattammo a lungo degli Amu, popoli della Siria set- tentrionale e dimostrammo con le iscrizioni geroglifiche della XVIII e XIX dinastia, Tidentita loro con gli Hyksos e.i Kheta (Hethei) del poema di Pentaur 4. Non e pertanto inverosimile che la radice Amu o Amy che fu il nome de' popoli della Siria settentrionale, i quali appartennero alia confederazione de' Rutennu e poscia degli Hethei, si trovi in nomi personali e locali dell' Asia Minore e della Grecia, dove migrarono gli Hethei-Pelasgi, e pero gli Amu ch'erano anch'essi della stessa famiglia.

Un'altra delle cento citta della Laconia fu Faris (Oapts, o <Dapc£, <Dapaf) e cosi e nominata nelPIliade:

Oaptvis, 27Eapt7]vt£ TioXuTp^pwva te Meaarjv 5.

Pausania pero riferisce che gli Spartani e le genti vicine la chia- mavano Pharae, uu6 Se T&V ZTiapTtaTwv xai Tipoaoi'xwv xaXou{xsva)v <Dapa£ 6. Era posta nella pianura di Sparta sulla via da Amicla al mare, e fu citta antica degli Achei. Faris e stata riconosciuta

1 LEAKE, Asia Minor, p. 238. 4 STEPH. B. s. v. Xaovta.

3 NONN. 41, 153.

4 DE CARA, Gli Hyksos o He Pastori d'Egitto, Aamu o Amu, pp. 133, 167, 168, 169, 176, 177, 181, 229, 234, 265, 268, 272, 273, 322, 323, 837.

B HOM. II. II, 582. 6 PAUS. IV, XVI,

NEL CONTINENTE ELLENICO 155

nel villaggio abbandonato di Vaphio o Bafid, che sta a mez- zodi del posto dove fu Amicla e che pare essere stato presso Godena '. Nelle vicinanze del flume Eurota vedesi una col- lina isolata con due vette, donde si domina tutta la pianura. La cima piii alta porta il nome di Paliopyrgos, 1'altra e co- ronata da una tomba preistorica a cupola, che nota prima e ricordata da parecchi viaggiatori e archeologi, non fu esplo- rata debitamente se non dallo Tsountas nel 1889, per com- missione della Societa archeologica di Atene. La ricchezza e varieta della suppellettile di questa tomba, simile alle tombe d'Orcomeno e di Micene nella parte architettonica, resero im- mortale il nome di Vaphio dove fu scoperta, e quello del suo fortunate e dotto scopritore. Noi qui descriveremo brevemente la tomba e ricorderemo cio che vi fu trovato e trasportato al Museo della Societa in Atene.

La tomba quando fu visitata dallo Tsountas, era in catti- vissimo stato : la cupola era crollata e 1'architrave della porta giaceva a terra; de' due pieritti 1'uno era intero e delPaltro avanzava una sola meta. Essa per la sua posizione sopra un colle e per la sua forma conica, doveva farsi vedere di lon- tano e chiamar 1'attenzione de' ricercatori di tombe e di te- sori. II corridoio, 5p6[xoc, che conduce alia tomba e lungo quasi 30 metri, (29m, 90); il diametro della rotonda piu di 10. Da- vanti la porta vi e una fossa scavata che serviva per i sa- grifizii. Nel centro della rotonda sepolcrale o tholos, una fossa quadrangolare chiusa da lastre di pietra, racchiudeva il tesoro o gli oggetti preziosi, gemme con intagli, gioie ed armi d'oro, d'argento e di bronzo, specchi e due tazze d'oro con rilievi lavorati a sbalzo che sono una maraviglia per la verita ond'e figurata la scena, dove si veggono tori selvaggi in diverse attitudini e tutte naturali, e gli uomini che danno loro la cac- cia. Chi sia vago di leggere la descrizione artistica partico- lareggiata di queste tazze puo consultare il Perrot

1 CONZE e MICHAELIS, Annal. dell'lstit. di correspond, archeolog. 1861, p. 48 49.

* PERROT, Hist, de I' Art dans VAntiquiti, Vol. VI, p. 784 e segg-.

156 GLI HETHEI-PELASGI

Due altre tombe scavate nella roccia furono scoperte a pochi minuti dal villaggio di Godena a mezzodi e a levante di Mah- mud-Bey. Lo Tsountas scopriva parimente a sud est di Sparta e alia distanza di sei ore di cammino, una tomba a cupola in una piccola pianura circondata quasi d'ogni parte da' contraf- forti del Taigeto, e che chiamasi Arkinae o Archina. La tomba sia per le dimensioni e sia per la suppellettile non e gran cosa. Uif altra simile a questa fu dallo stesso archeologo sco- perta dal lato occidentale del Taigeto e a vista del golfo Mes- seniaco, nel demo di Abbia, a due ore da Kardamyle verso il settentrione e nelle vicinanze deH'antica Gerenia. La sup- pellettile e piii copiosa e piu ricca della precedente, e fra gli altri oggetti si trovarono due statuette di piombo, Tuna di uomo, Paltra di donna.

II Perrot spiega la presenza delle tombe a cupola in La- coma, appoggiandosi a cio che scrissero Erodoto e Strabone intorno le migrazioni de' Tessali in Beozia, donde si partivano de' Minii ed altre tribu beote e venivano a porre stanza sulle pendici e nella valle del Taigeto, dove rinnovarono i nomi d'Arne e di Leuctra, e co' nomi, secondo il Perrot, vi avreb- bero portato Tarte di que' sepolcri a cupola, de' quali ave- vano un esemplare insigne ad Orcomeno in Beozia *. Erodoto al libro IV, capo CXLV cosi scrive: « I nepoti degli Argo- nauti, cacciati da Lemno da que' Pelasgi che avevano rapite da Braurone le donne degli Ateniesi, avevano navigato alia volta della Laconia, dove si fermarono sul Taigeto e vi ac- cesero il fuoco. » Qui e nel seguito del racconto Erodoto non parla se non de' Minii di Lemno nepoti de' Minii Argonauti e non gia d'una migrazione di Minii e di Beoti dalla Beozia. Al capo CXLIX non si parla di Minii, si bene nel capo prece- dente, ma in questo non v'e allusione a migrazioni dalla Beo- zia. Da quanto dice Erodoto cio solo possiamo dedurre, che sul Taigeto in Laconia vi furono de' Minii venuti da Lemno, il che ci sembra sufficiente per ispiegare le tradizioni arti- stiche riguardanti le tombe a cupola de' Minii, recate in La-

1 PERROT, o. c. p. 410 e segg.

NEL CONTINENTS ELLENICO 157

conia, perciocche nulla vieta d'ammettere che le tradizioni di faraiglia si conservassero in Beozia come a Lemno. D'altra parte, convien ricordare che prima dell'invasione dorica la Laconia fa nella signoria degli Achei, de" quali scrivemmo esser venuti dall'Acaia Ftiotide nel Peloponneso condottivi da Pelope. Del resto, la conseguenza che si vuol trarre dalle cose finora esposte e sempre la stessa, qualunque tradizione si vo- glia seguire intorno le tombe a cupola della Laconia. Impe- rocche siifatto genere di costruzioni che troviamo in Laconia, nell'Attica e nella Beozia, si vede nell'Asia Minore, donde i Carii-Lelegi ed altre tribu hetheo-pelasgiche seco lo recarono nelle isole e sul continente ellenico nelle loro migrazioui. Onde- che le tombe a cupola si possono attribuire agli Achei come a' Minii e ad altri popoli preistorici di Grecia, perciocch& fu- rono tutti d'origine hetheo-pelasgica.

Senonche metterk bene riflettere che se Pelope si trasse dietro gli Achei della Ftiotide, il maggior numero tuttavia delle tribu che seco vennero d'Asia in Grecia, fu certamente di Frigii e di Lidii, cio che per noi e di grande importanza per rispetto alle tombe a cupola ed a' tumuli che, secondo Ateneo, si vedevano in tutto il Peloponneso. Citiamo qui il passo prima in volgare e poi nel greco idioma. « Veggonsi pertutto nel Peloponneso, ma nella Laconia massimamente, grandi tu- muli che dicono esser tombe di que' Frigii, i quali seguirono Pelope. » 'looic, S'av xal Tffe IIsXo^ovv^oou Tr^via^ou, [xaXtata 3e Iv i )ra)[iaT:a jAiyaXa, a xaXoOai Ta^ous T&v [Asia TiiXoKOC, La ragione di questo fatto 1'abbiamo dallo stesso autore nel periodo precedente che dice cosi : « La Frigia e la Lidia, nazioni barbare, furono conosciute da' Greci dal tempo che Lidii e Frigii discesero nel Peloponneso in compagnia di Pelope. Imperocche nella Lidia e il Sipilo, e da essa mold 1'accompagnarono al pari de' Frigii, non solamente perche son confinauti ma per cio eziandio ch'erano soggetti a Tantalo 2. » Di che si puo conchiudere primieramente che Tuso delle tombe

1 ATHEN. Deipnosoph., XIV, p. 625. 1 ATHEN. 1. c.

158 GLI HETHEI-PELASGI

a forma di grand! tumuli fu comune nell'Asia Minore, e ch'esso fa tanto proprio de' Carii e de'Lelegi, quanto de' Lidii e del Frigii ; e secondamente, che siffatto uso fu introdotto in Grecia e specialmente nella Laconia, da' popoli asiatici venuti con Pelope, donde sempre piu si conferma che la Laconia fu nel principio occupata e tenuta dagli Hethei-Pelasgi, essendoche Lelegi, Achei Ftioti, Frigii e Lidii preistorici, ciofe gli Asii, fu- rono tutti popoli hethei-pelasgici.

Ma la tradizione antica riconobbe ne' Laconi origine pe- lasgica come negli Argivi, e pero queste due denominazioni etniche di Laconi e di Argivi furono scambiate fra loro non altrimenti che le due regioni della Laconia o Lacedemonia e 1'Argia. Strabone, infatti, scrive gli Achei Ftioti aver abitato la Laconia, e che per 1'eccellenza del loro valore il Pelopon- neso fin da' piu antichi tempi chiamato Argo, prese dagli Achei il nome di Argo Acaico; n& il solo Peloponneso, ma la Laconia in particolar modo, porto questo nome: e percio quelle parole del Poeta : Dov'era Menelao ? Non era forse in Argo Acaico?

TIOU MevsXaog erjv;

r) oux "Apyeo? f;sv 'Ax^xoO; (Od. Ill, 249, 251).

si sogliono interpretare : Non era forse in Laconia ' ? E cosi Elena e detta da Omero 'Apysca e da Virgilio Argiva, ed era moglie di Menelao Re di Sparta. Servio poi dice i Pelasgi coloni de' Lacedemoni: De his (Pelasgis) varia est opinio; nam alii eos db Atheniensibus, alii a Thessalis dicunt origi- nem habere 2.

Questa varieta di nomi sotto i quali ci si danno a vedere i Pelasgi, dimostra sempre una cosa sola da noi mille volte ripetuta, essere cioe le primitive popolazioni della Grecia le ramificazioni della grande famiglia degli Hethei di Siria, d'Asia Minore e del Ponto, un di fra loro confederati e con propri nomi, e poscia dispersi per le isole e i continenti di

* STRAB. VIII, V, 5.

* SERV. ad VERG. Aen. VIII.

NEL CONTINENTE ELLENICO 159

Grecia e d'ltalia. Quando percio si dice che i Pelasgi abbiano la loro origine dagli Ateniesi, da' Laconi e da' Tessali, nul- 1'altro si puo intendere se non che 1'Attica, la Laconia e la Tessaglia furono nel principio sedi de' popoli pelasgi, come PArcadia, la Macedonia, la Tracia, 1'Epiro, il Peloponneso e tutta, insomma, la Grecia primitiva, al pari delle isole del- 1'Egeo e di buona parte d'ltalia meridionale e centrale.

E di vero, per quel che si attiene al nostro discorso su' Laconi in relazione con 1'Italia, narrano gli antichi esser i Bruzii, i Campani, i Sabini, i Sanniti e i Tarentini colonie de' Laconi. Accennammo gia ad Amicla, cittk antichissima fra Gaeta e Terracina, di cui cosi scrive Servio : Inter Caietam et Tarracinam, oppidum constitutum est a Laconibus, qui comites Castoris et Pollucis fuerunt, et cum Glauco, filio Mi- nois, in Italiam venerunt, et ab Amyclis, provinciae suae Laconicae civitate, ei inditum nomen est '. II verso di Vir- gilio qui commentato e:

.... ditissimus agri Qui fuit Ausonidum, et tacitis regnavit Amyclis.

Ma piu particolarmente si assegna a' Sabini origine laco- nica da Giustino 2, da Dionisio di Alicarnasso 3, il quale si rife- risce alle storie loro domestiche ; da Plutarco 4 ; da Servio 5 che cita Catone ed Aulo Gellio, e da Gemisto 6. II testo piu importante di Dionisio dove afferma che le storie patrie dei Sabini fanno venir i Lacedemoni in Sabina al tempo che Li- curgo dettava le sue leggi a Sparta, e conforme a quello di Plutarco : Sa[frvoi 5e [fouXovxai Aaxs5ac[j,ovf(Dv eauTOus dbrocxous ye- yovevat, e concorda con cio che scrive Servio : Sabini a Lace- daemoniis originem ducunt, ut Hyginus ait, De origine ur- bium italicarum.... Cato autem et Gellius a Sabo Lacedaemo-

1 SERV. ad VERG. Aen. X.

* JUST. Hist. XX, II.

J Dio. HAL. Antiquit. Rom. II.

4 PLUTAR. in Vita Numae.

5 SERV. ad VERG. Aen. VII.

6 GEMIST. De reb. Peloponn. Orat. I.

160 GLI HETHEI-PELASGI NEL GONTINENTE ELLENICO

nio trahere eos (Sabinos) originem referunt. Non e questo il luogo ne il tempo di porre la questiorie de'Sabini, sotto il qual nome si comprendono mold altri popoli non ignoti del- 1'Italia centrale e meridionale, ma ben ci e permesso di portar giudizio sull'origine loro, la quale da' testi citati si ripeterebbe da' Laconi. Ora ci sembra non esservi ragione ne fatto che ci obblighi di ammettere cotesta origine determinata a' soli La- coni, come non ci potemmo indurre ad approvare la venuta di Evandro e de' suoi Arcadi alle sponde del Tevere *. Ma se il nome particolare e proprio di Laconi e di Arcadi sia stato usato per quello generale di Pelasgi in cui sono compresi La- coni ed Arcadi, 1'origine laconica de' Sabini non solamente non fa difflcolta, ma si vuol ritenere per tradizionalmente pro- babile e vera.

Se delle cento citta della Laconia, che tante furono un tempo, e si restrinsero piu tardi a sole trenta, noi qui ne ab- biamo ricordato soltanto qualcuna, la nostra brevita non deve dar maraviglia al lettore ; perciocchfe la parte geograflca per noi non e lo scopo, si bene un mezzo e quasi un' occasione di trattar le origini etniche de' popoli preistorici che formano il soggetto delle nostre ricerche, e con le origini far altresi congetture ed indagini intorno le loro arti e le loro religiose credenze. Cio che noi scriviamo succintamente e come in com- pendio, si potra piu tardi allargare e perfezionare da altri per nuove scoperte di monumenti. Quello pertanto che forse restera di questa nostra non lieve fatica, e cio che ne costi- tuisce il suo pregio ovvero il suo difetto che diremo sostan- ziale od essenziale, e la verita dell'identita originaria degli Hethei-Pelasgi e delle loro migrazioni nelle isole e nel con- tinente greco ed italico.

1 Nel precedente articolo, pag. 657, mancano alcuni period! dove si fa- cevano due ipotesi sulF eta del culto di Pane. La prima era fondata sugli ottocento anni prima di Erodoto, c i cinquecento altri dopo, che formano XIII secoli a. G. C. La seconda ipotesi e dell'VIII secolo avanti 1'era nostra e coincide con la fondazione di Roma, Nella pubblicazione del II volume tutto cio sara rimesso al posto.

LE LITANIE LAURETANE

STUDIO STORICO CRITICO l

ARTICOLO II.

LA STORIA.

7. Gome s'& gia indicate nel precedente articolo, prima che comparisca il testo odierno delle litanie lauretane, s'incontrano verso la fine del secolo XV, e piu specialmente nella prima meta del XVI, parecchi testi di litanie mariane, che in se- guito avremo occasione di esaminare con miglior agio. Alcuni sono assai differenti da quel di Loreto, altri piu o meno gli si accostano da vicino, ma niuno contiene, o nel titolo, o nelle preghiere che accompagnano la litania, una qualsivoglia indi- cazione che accenni a Loreto. Per la qual cosa le ricerche storiche intorno il testo lauretano si possono fare indipenden- temente dai testi accennati.

II canonico Vogel raccoglie e monumentis nostris, come egli dice 2, cio& dagli archivii di Recanati e Loreto, le tre se- guenti notizie, senza pero confortarle di nessuna prova, forse perchfe i monumenti stessi nulla dicono di piu.

a) II di 15 novembre 1531, ponendosi la prima pietra di marmo pe' sontuosi ornati all'esterno della Santa Cappella di Loreto, « decantatae fuerunt per Capitulum Lauretanum Lita- niae Virginis Mariae, teste Petro Paulo Laurentii Notario Re- canatensi qui adfuit. »

b) Nel 1547 il canonico di Loreto, Giovanni d'Albona, lascio in testamento agli Agostiniani di Recanati una somma di cento florini d'oro, con tal condizione, « ut singulis sabbatis Missam celebrarent Virginis Matris Mariae cum suis litaniis cantando vel legendo. »

1 Vedi quad. 1115 del 5 dicembre 1896, p. 542 e segg.

* De Bed. Recan. et Laurel,, p. 315. Cfr. SAUREX, Die lauret. Lit., p. 13.

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1118. 11 7 gennaio 1897.

162 LB LITANIE LAURETANE

c) II p. Raffaele Riera, penitenziere di Loreto fln dal 1554, nella storia che scrisse della Santa Casa « Litaniarum meminit quas peregrini Lauretum (anno circiter 1558) venientes ca- nebant. »

Da queste laconiche notizie non possiamo'sapere se le litanie del 1531, cantate a Loreto, e le altre imposte agli Agostiniani di Recanati nel 1547 fossero esattamente le odierne, ovvero appartenessero ad una delle lezioni piu antiche. Ad ogni modo resta certo, e non e poco, che nel 1531 era gia in uso nel san- tuario di Loreto una qualche litania della B. Vergine, e che nel 1547 quivi stesso gia costumavasi cantare o recitare una litania mariana in giorno di sabato ; poiche e piu che proba- bile che il canonico Giovanni d'Albona imponesse agli Ago- stiniani di Recanati, quel che gia da lungo tempo aveva veduto praticarsi in Loreto i. La qual cosa riceve forse buona conferma da un certo maggior lustro esterno, che proprio in questi anni ebbero le divozioni solite a celebrarsi nella S. Casa per 1'istituzione di una Schola di putti cantori, fondata quivi da Paolo III (1534-1549) ad laudes B. Virgini decantandas, e precipuamente a fine di ottenere grazie e favori contro gli imminenti pericoli dell'invasione turchesca 2. Ora, niente e piu naturale che tra queste laudi si cantassero anche le litanie della B. Vergine, poiche pure con tal titolo di laudi le troviamo desi- gnate, e poiche, come vedremo, il primo uso pubblico delle litanie mariane s'incontra appunto in occasione di grandi ca- lamita.

Quanto al testimonio del Riera, esso e per noi di minore

1 Oltre la pratica comune e molto antica della Chiesa di consecrare il sabato in onore della Vergine, s'aggiungeva a Loreto questo motive parti- colare, che la Santa Casa, secondo 1'asserita tradizione, sarebbesi posata nel Piceno in giorno di sabato, e precisamente il sabato innanzi la dome- nica seconda di Avvento.

* TURSELLINI, Lauret. Hist. lib. Ill, cap. Ill: « Precipua erat cura (pue- rorum), ut non minus castitate morum, quam suavitate vocutn sanctissimam Virginem delinirent. Ergo hi ex praescripto Pontiflcis in opportuno loco (Canonicam vocabant), intentibre cura educati institutique, B. Mariae car- mina in eius sacello, statis quotidie canebant horis, pacem ac veniam a Deo Deiparaque orantes et opem Italiae contra Turcarum rabiem exposcentes. »

STUDIO STORICO CRITICO 163

importanza. Quest' autore nel Capo XVIII della sua storia della S. Casa 1 riporta per intero una lunga relazione delle cose di Loreto, inviata il maggio 1559 da un padre della Compa- gnia di Gesu di quel nostro Collegio al p. Generale Lainez in Roma. Tra 1' altro descrive le numerose schiere di pellegrini, quas hisce diebus excepit Sanctissima Domus Lauretana, e in particolare si ferma a dipingere con vivi colori la pieta ed il fervore di ben tremila veronesi, i quali « asciverunt etiam sibi Religiosos viros, qui litaniis Divae Virginis et Sanctorum, psalmis quoque et hymnis decantandis praeessent ». Giunti alia piazza si prostravano ripetutamente a terra e salutavano la Vergine et praecatiunculam illam: SANCTA MARIA DE LAU- RETO, ORA PRO NOBis, ingeminabant. Quindi accese le candele, con mirabile divozione entravano in chiesa, nee desistebant ab illis vocibus: SANCTA MARIA, ORA PRO NOBIS.

Da questo solo neppure qui possiamo determinare qual lezione di litanie adoperassero i buoni veronesi ed i loro preti, e P argomento per se dimostrerebbe soltanto che fuori di Loreto il canto pubblico di una qualche litania mariana era gik in uso verso quell' anno. Cio non ostante, che in mente allo scrittore della relazione ricorresse allora una qualche forma di litanie, per lo meno simile alia nostra, si potrebbe forse indicare da quel ch'egli accenna poco dopo. Perocche, raccon- tando la prodigiosa liberazione di un prigionero a que' di av- venuta, dice che apparuit ei in visu pientissima afflictorum consolatrix Maria 2. Ora quest' invocazione di Consolatrix afflictorum si legge cosi nelle nostre litanie, come in alcune altre prelauretane. L' argomento 6 debolissimo ; ma pure nella presente deflcienza di documenti, ogni piccolo cenno puo gio- vare allo scopo. Posti pero i buoni indizii, datici qui dal Vogel, questa lacuna sark di leggeri riempita, se qualche amatore

1 RAPHAELIS RIERA S. J., Eistoria Almae Domus Lauretanae, Cap. XVIII, p. 118. E pubblicata dal MARTORELLI nel Teatro istorico della Santa Casa Nazarena (Roma, 1732, Tom. I).

» L. c. p 120.

164 LE LITANIE LAURETANE

delle cose lauretane si prenda cura di ricercare di nuovo gli archivii di Loreto e di Recanati.

8. II primo documento, che con assoluta certezza ci pre- senta una lilania determinata, solita a cantarsi ogni sabato e nelle vigilie e feste della B. Vergine, proprio in Loreto e nella Santa Cappella, si deve ricercare, dove forse altri meno si aspetta, cioe tra le composizioni musicali di Costanzo Porta. Nessuno flnora avverti questa particolarita e neppure che il Porta fosse il primo a vestire di note il testo di una litania mariana *.

Quest' illustre Conventuale, cremonese di nascita ed uno tra i piii celebri compositori dell'epoca palestriniana, da Ra- venna, dove era stato maestro fin dal 1567, fu chiamato nel 1574 a dirigere la Cappella di Loreto, e 1'anno seguente, come primizia delle composizioni quivi scritte, pubblico coi tipi del- FAngeleri di Venezia 1' opera: Litaniae Deiparae Virginis Mariae ex Sacra Scriptura depromplae. Quae in Alma Domo Lauretana omnibus diebus sabbati, Vigiliarum et Festorum eiusdem Beatae Virginis decantari solent. Cum musica octo vocum GONSTANTII PORTAE eiusdem Almae Domus Musicae Magistri. Venetiis 1575. Apud Georgium Angelerium 2.

1 E portentosa la fecondita de' classici maestri della scuola fiamminga e delle varie scuole d'ltalia nel secolo XV e XVI. Tutto mettevano in mu- sica; perfino gli Oremus della Messa. E nondimeno non si sa cbe abbiano musicato qualche testo di litanie mariane, prima del Porta: segno chiaro che esse non erano nelPuso comune e pubblico della Chiesa, come s'e detto nel precedente articolo.

2 La piu accurata e la piu ampia biografia del Porta ci e data dal BUST, II Padre G. B. Martini (Bologna, Zanichelli, 1891), Vol. I, pp. 235-249. Vedi anche TKBALDINI, L'Archivio musicale della Cappella Antoniana di Padova (Padova, tip. Anton, 1895), p. 6 e segg , p. 19 e segg., dove ne tratta assai largamente e fa la critica delle sue opere. II Porta, stato maestro al Santo di Padova nel 1565, si considera come fondatore di quella celebre Cap- pella. A Loreto non fu chiamato nel 1575, come affermano quest! Autori, ma nel 1574, come consta da una nota dell'archivio della S. Casa, gen- tilmente indicataci da un amico di cola. II Porta tornb a Padova nel 1595 e quivi mori il 26 maggio 1601. Tra le rare copie a stampa delle sue Litanie, se ne conserva una qui in Roma alia Biblioteca Casanatense, se- gnata: O. in. 123.

STUDIO STORICO CRITICO

165

II medesimo testo appare poi neiranno seguente 1576 in due diversi libretti, stampati a Macerata coi tipi del Mar- tellini ; 1'uno e una raccolta di opuscoletti fatta per ordine di MODS. Marco Gonzaga, Vescovo di Mantova, che ha per titolo Cause el Rimedii della Peste ; 1'altro e una breve storia della S. Casa, scritta da Bernardino Cirillo, patrizio aquilano ed ar- ciprete di Loreto, con altre aggiunte a comodo de' pellegrini che visitano quel Santuario; in ambidue la litania e annunziata coll' identico titolo : Litaniae, Deiparae Virginis ex Sacra Scriptura depromptae, quae in alma Domo lauretana omni- bus diebus Sabbathi, Vigiliarum et Festorum eiusdem Beatae Virginis decantari solent *.

E bene metterla qui sott'occhio al lettore, pero tralasciando per brevita le prime invocazioni Kyrie eleison ecc., che sono le solite, ed omesso pure YOrapro nobis e le altre consuete risposte che accompagnano i singoli titoli.

Gen. 3 Eccl. 24

Ibid. Gen. 2

Ibid. Prov. 9 Gen. 28 Gen. 49 Num. 35 lud. 15 Exo. 15 Exo. 25 Exo. 30 Gen. 27 Sap. 7 Cant. 2 Exo. 3 lud. 6 2. Reg. 1 Cant. 7 Cant. 4

Ibid.

Ibid.

Ibid. Prov. 31

Eccl. 5

Sancta Maria

Sancta Dei Genitrix

Sancta Virgo Virginum

Mater viventium

Mater pulchrae dilectlonis

Mater sanctae spei

Paradisus voluptatis

Lignum vitae

Domus sapientiae

Porta coeli

Desiderium collium eternorum

Civitas refugii

Gloria Hierusalem

Sanctuarium Dei

Tabernaculum foederis

Altare thymiamatis

Scala lacob

Speculum sine macula

Lilium inter spinas

Rubus ardens incombustus

Vellus Gedeonis

Thronus Salomonis

Tunis eburnea

Favus distillans

Hortus conclusas

Fons signatus

Puteus aquarum viventium

Xavis institoris de longe portans

panem Stella matutina

Eccl. 6 | Aurora consurgens Cant. 6 j Pulchra ut Luna Ibid. i Electa ut Sol Ibid. , Castrorum acies ordinata Hierem. 14 : Solium gloriae Dei

| A cunctis periculis, libera nos

Virgo gloriosa Per salutarem Conceptionem.

tuam

Per sanctam Xativitatem tuam Per admirabilem Annuntiationem

tuam Per immaculatam Purificationem

tuam Per gloriosam Assumptionem

tuam

Peccatores, te rogamus audi nos. Utverampoenitentiam nobis im-

petrare digneris

Ut societates tibi peculiari obse- quio devotas conservare et augere digneris

Ut Ecclesiae sanctae, cunctoque populo christiano pacem et unitatem impetrare digneris Ut omnibus fidelibus defunctis requiem aeternam impetrare digneris Mater Dei

1 Cause et Rimedii della peste et di qualsivoglia ultra infermita, ecc. Macerata, 1576, p. 68. Di questo raro libretto conosciamo due altre edizioni stampate nel 1577, 1'una in Macerata, 1'altra in Firenze. Ambedue riportano le medesime litanie scritturali.

CIRILLO BERNARDINO, Trattatt sopra I'historia della Santa Chiesa et Casa della gloriosa Madonna Maria Verging di Loreto, Macerata, 1576. Le litanie si leggono a p. 103 tra le aggiunte e non nel corpo del Trattato.

166 LE LITANIE LAURETANE

Seguono i tre Agnus Dei l, VOra pro nobis Sancta Dei Ge- nitrlx e la segaente Orazione:

OREMUS

Pietate tua, quaesumus Domine, nostrorum solve vincula peccato- rum, et intercedente Beata Maria cum omnibus Sanctis tuis, nos famulos tuos, benefactores atque loca nostra in omni sanctitate custodi, omnesque consanguineitate, afflnitate atque familiaritate nobis coniunctos a vitiis purga, virtutibus illustra, pacem et salutem nobis tribue; hostes visi- biles, et invisibiles remove, carnalia desideria repelle, aerem salubrem et fertilitatem indulge, amicis et inimicis nostris charitatem largire atque oppidum Lauretanum cum omnibus in eo habitantibus ab omni peste, infideliumque feritate et potentia illaesum conserva, et omnibus fidelibus viviset defunctis in terra viventium vitamet requiem aeternani concede, et Pontificem nostrum N., Protectorem, omnesque Praelato& et cunctum populum Christianum ab omni adversitate custodi, et bene- dictio tua sit super nos semper. Per Christum Dominum nostrum. Amen*

9. Park certo meraviglia che la prima stampa, che finora si conosca, di litanie solite a cantarsi nel Santuario di Loreto, non present! quelle che posteriormente ebbero il primato e per esso il vero e proprio titolo di litanie lauretane. Ma cio non* vuol dire che quest'ultime in tal tempo non fossero gia in uso nello stesso Santuario. Nello stesso libretto del Cirillo, dopo le litanie scritturali, seguono (a carte 110) Aliae Litaniae Bea- tae Mariae Virginis, e sono le odierne nostre lauretane, con in fine 1'Orazione Gratiam tuam. Parrebbe quasi ch'esse siano estranee a Loreto e prese d'altronde a coraodo de' devoti ed a titolo di varieta. Senonche due anni piii tardi, cioe nel 1578, appariscono la prima volta, per dir cosi, nella lor veste pro- pria e sole, in un altro libretto pubblicato dal Martellini di Macerata e anch'esso scritto apposta pe' pellegrini che visi- tano la S. Casa 2.

1 II PORTA aggiunge immediatamente all' Agnus Dei un mottetto sulle parole : « Ave Maria gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulie- ribus, et benedictus fructus ventris tui, lesus; Sancta Maria, Regina coeli, dulcis et pia, o mater Dei, ora pro nobis peccatoribus ut cum electis te videamus. »

! L'Historia di Santa Maria di Loreto di GIROLAMO ANGELITA. Tradotta in lingua volgare da M. GIULIO CESARE GALEOTTI d'Ascisi. Con il compendia

STUDIO STORICO CRITICO 167

Di fatto a p. 107 leggiamo : Letanie die si cantano nella Santa Casa di Loreto ogni Sabbato et fesle della Madonna. Seguono le litanie lauretane come oggi ancora si recitano, poi i soliti tre Agnus Dei e quindi la rubrica: Dopo dette alcune altre orationi, et canlalo I'Aue Maria, ouero qualche motetto in laude della Madonna nell'Organo, b in musica, si dica I'oratione seguente, che e 1'orazione Pietate gia riferita.

E dunque evidente che ambidue i testi furono in Loreto adoperati per lo meno contemporaneamente, 1'uno e Taltro godendo eguale autorita.

Ma si puo fare ancora un passo piu innanzi. Perocche 1'apparizione improvvisa delle litanie scritturali ed una cotale tendenza, che insieme si manifesta, di farle valere in luogo delle lauretane, e forse la miglior prova che abbiamo per dimostrare, che le nostre litanie erano gia adoperate in Loreto ben prima del 1575.

In un codice della Biblioteca Vaticana 1 si conserva la se- guente lettera dell' arcidiacono di Loreto Giulio Candiotti al Santo Padre Gregorio XIII:

Beat."10 Padre Santo

Mando con ogn' humilita a Y. Beat.ne le laudi, 6 lettanie moderne della s.ma Yergine, cauate dalla sacra Scrittura, quali in musica si

dell'lndulgenze concesse da vari sommi Pontefici alia Santa Casa di Loreto el aUuni auertimenti per Peregriniche vanno a visitare essa Madonna b aUri luoghi Santi. In Macerata, Appresso Sebastiano Martellini, M. D. LXXVI1I.

Pare che il VOGEL e con lui il SAUREN non conoscano n6 questo li- bretto, ne le sue varie successive edizioni, che pure sono document! assai important! nella presente questione. II SAUREN (p. 16) cita un1 altra pub- olicazione del 1578 ed 6 il Thesaurus piarum et christianarum institutio- num, in usum catkolicae iuventutis, praesertim vero sodalitatis Deiparae Virginia, emendatus nunc editus per IOANNEM PERELLIUM (Ingolstadt 1578), dove per la prima volta, a quanto pare, sono pubblicate in Germania le litanie scritturali e le lauretane. II testo 6 preso evidentemente dal libretto del CIRILLO, poichfc le due litanie vi sono disposte allo stesso modo e con lo stesso titolo. Del Thesaurus noi conosciamo un'altra edizione, stampata a Verona nel 1583, dove pure allo stesso modo appaiono le due litanie. Ma queste varie copie di un medesimo documento non recano nessun nuovo lume alia storia.

1 Cod. Reg. 2020, fol. 363.

168 LE LITANIE LAURETANE

cantano la sera verso 1'Aue Maria li Sabbati, vigilie e feste della Madonna, le feste principal!, e nella venuta de' Principi grandi in questa S.ta Casa, e Chiesa di Loreto, per dar occasions a V. S.tach'a honor dell' istessa Yergine li medesimi giorni possi far introdurre, che si cantino in san Pietro et altroue doue sono le deuotioni di tanta Regina, e comodo de' cantori : et ne le mando altre senza musica, come altre in musica, e senza si manderanno, quando si sappi di cio la S. S.tamente.

(Prosegue la supplied e chiede al S. Padre la fondazione di una com- pagnia o societd in onore de' SS. Angeli ; quindi chiude con quesla data :)

Di S.ta Maria di Loreto il di V di febraro M. DLXXYHT di Y. Beat.ne Humiliss.mo e deuot.mo seruo

G-ITTLIO CAKDIOTTI di Sinigag.a Archidiacono di Loreto.

Le litanie scritturali si chiamano qui moderne, cioe recent! ; col quale cenno si fa supporre apertamente che siano state composte di recente e messe in luogo di altre litanie, gia in uso prima di loro. Che poi esse siano davvero moderne per fattura, basta dar loro un' occhiata. Mentre le lauretane pro- vengono, per dir cosi inconsciamente, da altre simili serie d' in- vocazioni alia Vergine assai piu antiche, come vedremo a suo luogo, le litanie scritturali sono composte di getto, con par- ticolare artificio, con istudio di citazioni, e senza nessuna rela- zione alle varie litanie precedent!, che si conoscono.

Forse il fatto si puo spiegare in questa maniera. Pio V nel 1571 aveva espunto dalPO/ftemw B. Virginis, e con di- sapprovazione assai calcata, certe preghiere e certe litanie che si leggevano in alcune antecedent! edizioni del medesimo Offl- cio. Puo essere dunque benissimo che per salvare a Loreto 1' uso gia introdotto di cantare le litanie alia Vergine, si stu- diassero cola di sostituire, o meglio di porre a flanco della gia consueta, un'altra lezione, che per 1'autorita della fonte ond'era cavata, ciofe dalla S. Scrittura, non suscitasse ombra di dubbio intorno la sua bonta e legittimita. Se cosi e, un tal tentative cadrebbe opportunamente poco prima del 1575, che £ 1'anno appunto in cui appariscono tali nuove litanie nella stampa mu- sicale di Costanzo Porta.

STUDIO STORICO CRITIGO 169

Quale deflnitiva risposta sia stata mandata al Candiotti da Gregorio XIII non e noto. Sappiamo bensi che la supplica fu fatta esaminare a Roma da un qualche teologo consultore, come appare dal voto, che si legge in un altro codice della medesima Biblioteca Vaticana *.

Litaniae Deiparae Virginis e Laureto transmissae deuotae et piae mihi uidentur. Nam licet S.mae Dei Matri ea tribuuntur, quae iuxta litteralem sensum de ipsa dicta non fuerunt et magna eorum pars, etiam in sensu mystico Christo eius filio et huius sponsae ecclesiae imprimis conveniant : nihilominus quia ab ipsamet ecclesia (ut in officiis ipsius'B. Mariae quisque uidere potest) non pauca ex illis in eiusdem genitricis Dei laudem afferuntur, illorum titulorum accomo- dationem improbare non auderem.

Non tamen eas tanti facerem, ut si quis sanioris iudicii easdem in Yrbe et consequenter in uniuerso orbe recitandas iudicaret, quod id Summi Pontificis auctoritate fieri conveniret. et eo minus, quod nee nunc primum in lucem prodeunt, et quod magis deceat huiusmodi sacra non ab aliis ad hanc, sed ab hac ad alias ecclesias mitti et traduci. et ob id etiam, quia in reformando paruo officio B. Mariae inter cetera quasdam beatiss.39 eiusdem Virgin is proprias litanias, quae in ueteri habebantnr aliqua ex parte (si recte memini) harum similes, Fe. re. Pius Y. penitus abolevit. Quare nouam hanc laudandae et inuocandae Matris Dei formam tamquam propriam et singularem almae illi et singulariss.ae eius domo (sic) relinquerem, uel si aliis communicanda videatur, ad eas, non tamquam a Superior! aliquo praelato traditas, sed ut a deuotis hominibus receptas transferendas censerem.

II teologo consultore non fu dunque favorevole alia sup- plica del Candiotti, e dal suo modo di scrivere lascia travedere apertamente che a Roma, in quel tempo, non v'era uso di can- tare litanie nelle devozioni della B. Vergine 2.

t Cod. Vat. 6171, fol. 66.

s I due preziosi document! vaticani ftirono dapprima semplicemente indicati dallo SCHMID (Studien iiber die Reform des rdm. Breviers u. Missale unter Pius V.) nella Theolog. Quartalschrift di Tubinga, 1884. p. 651. 11 SAUREN li pubblico per intero (p. 14), ma con alcune lievi inesattezx.e, dovute senza dubbio al suo copista. Noi li ridiamo, dopo averli di nuovo riscon- trati in fonte. Merito del ch. Autore e stato di notare qui 1'abbaglio dello SCHMID, quasi che in que' documenti si trattasse delle litanie lauretane ; abbaglio grave, che gia cominciava ad introdursi anche nelle trattazioni,

170 LE LITANIE LAURETANE

10. Riuscito vano questo tentative, le litanie scritturali co- minciano subito a declinare, mentre prendono maggior voga le lauretane. Due anni piu tardi, in una seconda edizione del- YHisloria in volgare delPAngelita a comodo de' pellegrini, di nuouo ristampata con licenza di Monsig. Prothonotario Vincenzo Casale governator di essa Santa Casa e de Supe- riori \ a pag. 105, hanno il posto d'onore le lauretane col medesimo titolo, con la rubrica e con VOremus PIETATE, gia riportato. Seguono poi, a carte 109, Allre litanie die si can- tano nella S. Casa di Loreto ogni sabbato et feste della Ma- donna cauale dalla Sacra Scrittura. Qui le litanie scrittu- rali, sebbene conservino il primo titolo, sono pero gia discese di un grado, poiche non si veggono piu congiunte con 1'ora- zione lauretana Pietate, ma con Tordinaria Gratiam tuam. In seguito, nello scorcio del secolo XVI, esse sono state bensi ristampate piu volte specialmente ne' libri divoti fuori d'lta- lia, ma col solo titolo di Litaniae ex S. Scriptura depromptae, senza piu la nota quae in alma Domo Lauretana decantari solent. Per lo contrario, questa nota si mantiene quasi co- stantemente 2 nelle medesime stampe in capo alPodierno testo lauretano. Piu tardi ancora, nel secolo XVII, le litanie scrit- turali vengono di mano in mano dimenticate, flno a sparire interamente dai libri 3.

Cio che confer! piu d'ogni altra cosa a far prevalere il

come ad esempio nella Geschichte des Breviers del BAEUMER (Friburgo, 1895), p. 453. Senonche per provare che quivi si parla delle litanie scritturali, il SAUREN tiene una via lunga, indiretta e poco dimostrativa, mentre la cosa torna da se evidente dalle stampe del PORTA, del GONZAGA e del CIRILLO piu sopra citate.

1 Macerata, 1580.

s II B. PIETRO CANISIO nel suo Manuale Catholicorum in usum pie pre- candi collectum (Ingolstadt, 1587) reca le litanie del nome di Gesu, quelle de' Santi e le lauretane (p. 398), ma con questo semplice titolo: Litaniae de Maria semper Virgine et Domina nostra sacrosancta.

3 Un'ultima volta le vedemmo stampate in un officiolo della B. Vergine scritto in lingua fiamminga (Hantwerpen, 1647). A p. 565: Litanie van de H. Maghet ende Moeder Godts Maria, getrocken uijt de Heylighe Schrifture; ma piu innanzi a p. 572: Litanie van de H. Maghet ende Moeder Godts Maria, die men noemt van Loretten.

STUDIO STORICO CRITICO 171

testo delle lauretane, oltre il poco favorevole accoglimento dell'altro testo in Roma, furono senza dubbio le replicate edi- zioni del citato libretto a comodo de' pellegrini. Posta la de- vozione grandissima delle cristianita verso la Santa Casa, one particolarmente nella seconda meta del secolo XVI prese proporzioni assai vaste, e posti i nuraerosi pellegrinaggi che d'ogni parte d'ltalia cola affluivano, si spiega assai bene come le litanie di Loreto, quasi a ricordo del Santuario si propa- gassero sempre meglio, e venissero oramai da tutti indicate •col semplice titolo di Litanie di Loreto e fossero anche accolte favorevolmente in Roma.

Di fatto nel 1587 Sisto Y, che piii d'ogni altro precedente Ponteflce aveva ornato d'insigni privilegi il Santuario di Loreto, flno ad erigere quella borgata in citta ed a crearvi un proprio vescovado distinto ed indipendente da quello di Recanati ', chiesto dai PP. Carmelitani di un' indulgenza per le litanie del nome di Gesu, aggiunse pure una speciale indulgenza a quelle della B. Vergine, raccomandando ai predicatori di pro- pagarne 1'uso tra' fedeli, e fissando per sempre il testo si del- Tuna come dell'altra : Volumus autem ut praedictae Litaniae nominis lesu et Beatae Mariae, iuxta morem et consuetudinem in Romano, Curia et Domo Beatae Mariae Virginis usitatam, recitentur 2.

Che per questa disposizione del Sommo Ponteflce, tanto onorevole pel Santuario di Loreto, le litanie lauretane otte- nessero cola piena vittoria sulle altre loro rivali della S. Scrit- tura, e per se chiaro. Mons. Rutilio Benzoni, vescovo allora di Loreto le fece cantare solennemente durante il sinodo dio- cesano da lui celebrato nel 1588 3 e dalle nuove edizioni del libretto pe' pellegrini dell'Angelita, piii volte gia ricordato, furono tolte quinc' innanzi le litanie scritturali e conservate le lauretane *.

1 Bolla Pro Excellent del 16 marzo 1586. 4 Bolla Reddituri dell'll luglio 1587. 3 VOGEL 1. c. p. 316.

'* P. e. nell'edizione di Macerata del 1593 si leggono a p. 171 le Li- taniae Domini N. lesu, e a p. 175 le odierne lauretane. Ambedue sono pure

172 LE^ LITANIE LAURETANE

11. Altrove pero passarono ancora molti anni, prima che le nostre litanie ottenessero compiuto trionfo. Dalle parole citate di Sisto V parrebbe a prima vista che fossero non solo conosciute ed accolte in Roma, ma anche adoperate nelle fun- zioni ecclesiastiche in Romano, Curia. Nondimeno questo inciso non si riferisce necessariamente alle lauretane, e puo re- stringersi alle sole litanie del Nome di Gesu, che si recita- vano gia da molti anni nelle Congregazioni contro la bestem- mia, istituite in Roma ed altrove dai PP. Predicatori sotto il titolo appunto di Congregazioni del Nome di Gesu.

Diciamo questo perche non si saprebbe indicare una qualche pubblica chiesa di Roma, dove in quegli anni e quasi in tutto il resto del secolo XVI si cantassero, almeno per consuetudine, le litanie lauretane. Altri, per esempio, s'aspetterebbe d'incon- trarle di primo acchito nella Chiesa di S. Maria di Loreto della Compagnia de' Fornari al foro Traiano, eretta fin dal 1507, con- secrata nel 1534 e compiuta nel 1580. Or ecco quanto ne dice il diligente Panciroli : « Et acciocche vna si bella chiesa fosse ben mantenuta, ci sono Preti, Chierici, Sacristani et vn Con- fessore. Ci e di piu un'organista co'l mastro di cappella per mantenerci la musica ne i giorni di festa, e ne' sabbati la sera per cantare la Salue Regina i. »

E ben vero che Pierluigi da Palestrina, musico le litanie lauretane, assai probabilmente dopo 1'indulgenza di Sisto V, e le avra senza dubbio fatte cantare in qualche luogo da' suoi cantori. Ma esse rimasero sconosciute ed inedite fino ai nostri giorni in un codice del capitolo di S. Pietro 2, mentre altre sue

annunziate nel frontispizio del libro con questa scritta : Aggiuntoui anco..* le litanie del Sig. e della Madonna, che si cantano ogni sabbato e feste di essa Mad.

1 Tesori nascosti dell'alma citta di Roma, con nuouo ordine ristampati. Roma, 1625, p. 296. Nella prima edizione, che e del 1600, il PANCIROLI di- chiara di non saper nulla di queila Chiesa. Chi scrive desiderava di fare .alcune innocenti ricerche a questo proposito negli archivii della Compa- gnia dei Fornari; ma gliene fu negate il permesso!

2 Si leggono a p. 78 e segg. del Tomo XXVI delle sue opere (edit. Breitkopf ed Hartel di Lipsia). La sola differenza daH'odierno testo e che invece di Virgo praedicanda sta Mater praedicanda. Nel medesimo vo-

STUDIO STORICO CRITICO 173

litanie con testo assai diverse furono da lui messe a stampa per comodo delle chiese alcuni mesi priraa della sua morte.

Quest' ultima pubblicazione palestriniana ci da tuttavia in corapenso una notizia, che assai difflcilmente sarebbesi incon- trata altrove. Vogliam dire, essa ci rivela che in quegli anni gia s'era incominciato ad introdurre il canto di una qualche litania mariana nelle Confraternite del SS. Rosario, sia in Roma che fuori. Litaniae Deiparae Virginis, tale n'6 il titolo, quae in Sacellis Societatis Rosarii ubique dicatis concinuntur i. II testo & composto con molta liberta, nuovo in parte, in parte preso da altre litanie lauretane o dalle litanie scritturali che piii sopra abbiamo recato. E notevole poi la disposizione data per ragione del canto a questa litania. Essa e divisa in cinque parti, cosi da cantarsene una ad ognuno de' cinque misteri del S. Rosario; ogni parte poi finisce sempre col gruppo d'invo- cazioni sotto il titolo di Regina, come nelle litanie lauretane, salvo che dopo Regina Confessorum viene Regina Praedica- torum, in omaggio, come pare, alFinclito Ordine domenicano.

Quanto al testo, esso e di poca importanza pel nostro studio, non altro essendo se non una di quelle pressochfe innumere- voli forme di litanie, che dopo la Bolla di Sisto V cominciano a pullulare nelle stampe sullo scorcio del secolo XVI.

lume sono pubblicate altre due litanie inedite del Palestrina ; 1'una a p. 67 da un coJice della cappella pontificia, 1'altra a p. 95 da un codice barbe- riniano. Ambedue hanno in qualche modo il testo lauretano, ma notevol- mente raccorciato; in particolare la prima presenta solamente undici invo- cazioni e tra queste tre estranee: Mater dulcissima, Mater piissima, Virgo clementissima. Queste singolari composizioni, se mostrano che qua e cola in Roma s'erano cantate in quegli anni anche le litanie lauretane, non bastano a provare una consuetudine comune alle varie chiese.

I Musica D. IOA.NNIS PETRI ALOYSI PRAENESTINI Chori S. Petri de Urbe Magistri. Liber Primus. Romae, apud Franciscum Coattinum, MDXCIII. Quest'edizione e citata dal BAINI (Memorie storiche ecc. II, p. 243). Gli edi- tori di Lipsia nel volume XXVI delle Opera omnia riportarono 1'edizione del 1600, pubblicata da Angelo Gardano di Venezia. II titolo ed il contenuto della nuova edizione sono i medesimi, ma con questa aggiunta: Additae Lita- niae, quae in Sancta Ecclesia Lauretana utuntur. Auctore ORLANDO LASSO.

II testo di queste litanie e identico all'odierno lauretano. Com'e noto Orlando di Lasso, fin dal 1557 maestro alia corte di Baviera, mori in Mo- naco 1'anno 1594.

174 LB LITANIE LAURETANE

12. E questa e pure una particolarita singolare di questa storia. Perocche la diffusione delle litanie di Loreto per mezzo dei manual! di pietk e 1'indulgenza data loro dal Papa attrassero Fattenzione degli ascetici sopra questa speciale forma di pre- ghiere ; e pure accogliendo essi quanto veniva loro offerto dalla Chiesa, si diedero a comporre litanie d'ogni specie con ammi- rabile feconditk, ma non sempre con pari sodezza di dottrina e felicitk di espressione.

Un certo Ascanio Collesino di Venezia ci risparmia la cura faticosa di andarne in traccia; poiche nel 1599 ne raccolse ben trentadue da varii libri gik impressi, pubblicandole in un vo- lume che ci sta sotto gli occhi l. Sei sono dedicate alia Ver- gine, compresa la lauretana odierna col suo titolo oramai sto- rico: Litaniae de B. Virgine in aede Loretana did solitae. Di queste una e tutta composta di titoli simbolici ; un'altra, pel Rosario, comincia sempre con Rosa: Rosa Verbi parens, Rosa spina carens, Rosa semper vernans, Rosa Angelorum iubilus, Rosa Palriarcharum letitia, Rosa Praedicatorum subsidium, e cosi via, con le risposte ad ogni titolo : Maria, succurre nobis. L'ultima e curiosa insieme e puerile. Ne diamo un piccolo saggio :

Ave et Eva, ora pro nobis Ave fecunda,

Eva secunda. . r

Virgo et, Virga,

Virgo paracliti,

Virga Moysi...

Coelum et Cella, ora pro nobis

Coelurn Dei,

Oella Verbi... Portus et Porta,

Portus salutis,

Porta virtutis,

Un altro fecondo raccoglitore e compositore di litanie fu il nostro p. Tomaso Sailly (1558-1623), belga di nazione e di gran fama a' suoi tempi. Dopo aver dato alle stampe nel 1588 un primo libro di litanie sulla vita e passione del Signore, pub- blico dieci anni piu tardi un intero Thesaurus Litaniarum pel Signore, per la Vergine, pe' Santi, dove le litanie mariane sono

1 Thesaurus Sacrarum Precum, sine Litaniae variae ad Deum Pa- trem, ad Deum Filium, ad Deum Spiritum Sanctum, ad B. Virginem, ad Sanctos Angelas ,et ad plures Sanctos et Sanctas Dei, una cum septem Psal- mis poenitentiaUbus etc. Venetiis, 1599.

STUDIO STORICO CRITICO 175

disposte per ogni giorno della settimana, cominciando da quelle di Loreto col loro proprio titolo *. Qaesto Thesaurus fu accolto dai contemporanei con si gran favore, che se ne fecero ripe- tute edizioni a Bruxelles, a Parigi, a Colonia, con sempre nuove giunte di altre litanie, fino a darne una per tutti i giorni del- Panno, cavata dal Martirologio romano.

Con gli scrittori privati gareggio pure il piissimo principe Guglielmo di Baviera, il quale come primizia di una sua dome- stica tipografla mise fuori un fascio di trentadue litanie, dedi- candole a sua sorella Maria Arciduchessa d'Austria 2. Tra le quattro marine, il primo posto tengono anche qui le Litaniae de Beata Virgine in aede Loretana did solitae, che sono le nostre.

13. Senonche a metter freno a tanto rigoglio di litanie, anzi a proibire assolutamente ogni novita in questaparte,ClementeVIII fece pubblicare il di 6 settembre 1601 il severo decreto del S. Offlcio Quoniam multi, col quale, mantenendo le litanie con- tenute ne' libri liturgici e quelle della B. Vergine di Loreto, proibisce che mai piu altre se ne divulghino, o si adoperino le gia divulgate nelle pubbliche orficiature, senza 1'approva- zione della S. Congregazione dei Riti 3.

II Duca di Baviera, per salvare il suo Fasciculus ricorse subito a Roma, dichiarandosi pronto a fare le correzioni che gli venissero indicate; ed il Santo Officio rivide ogni cosa e delle trentadue litanie gliene approve ventisette, ch' egli mise subito a stampa in una sua seconda edizione del 1602 4. Meno

1 Thesaurus Litaniarum ac Orationum sacer. Cum suis adversus sec- taries Apologiis. Bruxellae, 1598.

2 Fasciculus Sacrarum Litaniaram ex Sanctis Script uris et Patribus. Monachii, Anno Jubilaeo, 1600.

3 « Quoniam multi hoc tempore, privati etiam homines, praetextu alen- dae devotionis, novas quotidie litanias evulgant, ut iam prope innumera- biles formae litaniarum circumferantur, et in nonnullis ineptae sententiae, in aliis (quod gravius est) periculosae et errorem sapientes invenian- tur, etc. »

* Fasciculus Sacrarum Litaniarum ex SS. Scripturis et Patribus, ab

176 LE LITANIE LAURETANE

fortunate fa invece il p. Sailly; perche il suo Thesaurus fu messo inesorabilmente all' Indice del libri proibiti con decreto del 3 agosto 1603, dove tuttora si trova 4. II buon padre do- vette rassegnarvisi; ma nel 1609, pubblicando il Thesaurus con altro titolo e con le debite restrizioni e correzioni, dichiaro non esser suoi gli errori condannati nel suo libro, ma degli editori, che nelle ristampe seguenti, a sua insaputa, gli ave- vano malamente alterato il testo primitivo e rovinato ogni cosa 2.

Per tale solenne costituzione di Clemente VIII le litanie lauretane, vinta ogni concorrenza e conseguito il trionfo, rima- sero le sole mariane riconosciute nella Chiesa. Se a Loreto durante il descritto periodo di fecondita litaneutica si traforas- sero altre litanie della B. Vergine, diverse dalle nostre, non sa- premmo dire. II Sauren 3 lo afferma, fondandosi sopra una rubrica del Thesaurus del Sailly, che leggesi nelPedizione di Colonia del 1600, messa all'indice: Litaniae Beatissimae Dei Genitricis Mariae, in sacra aede Loretana per dies Hebdo- madae did et cantari solitae. Ma probabilmente quest'e un'aggiunta dell'editore ; perche nella prefazione della prima edizione di Bruxelles (1598) il Sailly, senza alludere per nulla alle consuetudini di Loreto, dichiara d'aver egli tutto da se disposte le litanie mariane per ciascun giorno della settimana a solo comodo dei devoti.

ipsa Sacrae Inquisitionis Congregations Romano, correctus et approbatus. Monaehii, 1602. Cfr. SERA.TUUS NIC , Litaneutici, seu de litaniis libri duo. Co- loniae, 1609; p. 52.

1 Anche il Thesaurus Sacrarum Precum del COLLESINO ebbe la stessa condanna all'indice per decreto del 7 agosto 1603.

" Thesaurus precum et exercitiorum spiritualium, in usum praesertim Sodalitatis Partheniae. Antverpiae, 1609. Parecchie litanie deU'edizione proibita sono qui ristampate sotto 1'egida dell'approvazione ottenuta dal Duca di Baviera. Nella prefazione, parlando il SAILLY di quelle della sua prima edizione, dice: « Numquid ergo illae offenderant? Nihil profecto prout a me editae; licet quod vino praestantissimo fere evenit, alias in terras de- vectae, inscio me immixtionem satis improbam passae, praeter ius fasque immutatae ne dicam violatae. »

3 P. 22.

STUDIO STORICO CRITICO 177

Ad ogni modo il vescovo di cola, Mons. Benzoni, in osse- quio al decreto di Roma, proibi subito il canto di ogni altra litania e la nuova edizione del manuale pe' pellegrini dell'An- gelita omette oramai anche le litanie del SS. Nome di Gesii, conservando le sole lauretane 1. Per tutto altrove nelle Con- gregazioni Mariane e nelle pubbliche devozioni alia SS. Ver- gine, torno facile la sostituzione delle litanie lauretane alle altre gia in uso, particolarmente poi nelle Confraternite del Rosario, a cagione della speciale indulgenza, accordata ai Confratelli da Paolo V nel 1606 ogni qual volta assistessero al canto di queste litanie durante le consuete ftmzioni 2.

Per parte loro i PP. Domenicani nel capitolo generale ce- lebrato in Bologna nel 1615 stabilirono, che in tutte le loro chiese e conventi nelle divozioni del sabato dopo la consueta Salve Regina si cantassero le litanie lauretane. Hinc factum est, conchiude il Miechow, da cui abbiamo preso queste due ultime notizie, ut is laudabilis mos in plurimas familias etiam saecularium introductus sit, ut convocatis sub noctem dome- sticis, has Litanias publice decantent vel recitent3.

14. Tornando a Roma, Tuso di cantare le litanie lauretane nei giorni di sabato e nelle feste principali della Madonna comin- cia con piena certezza nella Basilica Liberiana Tanno 1597, e cio per disposizione del Cardinale Francesco Toledo della Com-

I BENZONII Commentariorum ac Disputationum in Beatissimae Vi/ginis Canticum Magnificat. Venetiis, 1606. Lib. I, Cap. XXI, p. 134. Hi*t<,ria della Traslatione ecc .. con le Litanie che in detto S. Luogo si cantano ogiti Sabbato et Feste della Madonna. Loreto, 1604.

* MIECHOW, Discursus predicabiles etc. p. 19.

3 Ib. p. 16. Una'prima notizia dell' uso domestico di recitare le lita- nie della B. Verg-ine incontrammo nelle Costituzioni della casa relig-iosa di N. S. della Solitudine di Napoli, istituita « per ricoverare e raccogliere in essa le verg-ini orfane, fig-liuole de' spagnuoli, acci6 ivi sieno allevate sino aU'eta da rimediarle. » Al Capo X di esse Costituzioni, scritte il 1 ag-o- sto 1589 ed approvate da Sisto V con la Bolla Salvator noster del 14 lu- glio 1590, si leg'g'e: « Dopo cena, finita la ricreazione, si suonera alle li- tanie di Nostra Sig-nora e tutte anderanno alia cappella, e la maestra co- mincera le litanie di Nostra Sig'Qora, e risponderanno le altre. »

II testo intero di questo documento 6 riportato nella citata Bolla. Serit XVI, vol. IX, fasc. 1118. 12 7 gennaio 1897.

178 LE LITANIE LAURETANE - STUDIO STORICO GRITICO

pagnia di Gesu. Quest' insigne Porporato, come in vita era stato divotissimo di S. Maria Maggiore, cosi, venuto a morte nel 1596, istitui quivi per testamento una cappellania di dodici sacerdoti con offlcio di attendere alle funzioni liturgiche in-- nanzi la S. Imagine e con obbligo speciale di cantare le litanie lauretane ne' sabati e nelle feste della B. Vergine. Phi tardi nel 1613, Paolo V, dopo avere solennemente consecrata la nuova Cappella borghesiana di S. Maria Maggiore, stabili pa- rimente per conto suo nella bolla di fondazione, che ne' sabati e feste della Madonna si cantassero innanzi F Imagine le litanie lauretane in musica a due cori; e perche questa divozione non si confondesse con 1' altra del Cardinal Toledo, determine che i cappellani toletani cantassero le loro litanie la mattina, e quelle da lui istituite si eseguissero la sera, finite Vespero, come si continua ancor oggi *. Su quest' esempio di S. Maria Maggiore, il canto di queste litanie divenne_poscia comune in .molte altre chiese di Roma, specie in quelle dedicate alia Vergine.

Quest' e per sommi capi la storia delle litanie lauretane, fino al punto della loro definitiva approvazione pontificia 2. Pero a compimento di questo studio resta ancora a vedere quali siano le loro prime origini e qual relazione esse abbiano con le litanie mariane che le precedettero. Cio faremo in un terzo ed ultimo articolo.

1 DE ANGELIS, Basilicae S. Mariae Maioris... descriptio. Romae, 1621. Lib. Ill, Cap. Ill, p. 52; lib. XI, Cap. XVIII, p. 235.

* II SAUREN (p. 27 e segg.) accenna ad altri decreti posteriori riguar- danti le litanie lauretane; ma cio esce dai limiti che abbiamo prefisso a questo studio.

Una notizia a titolo di erudizione. L'irreperibile Miss DIANA VAUGHAN nella seconda edizione della sua Neuvaine Eucharistique (Paris, Pierret, 1896), p. 135 e segg., pubblica una litania peruviana della B. Vergine, che dice approvata da Paolo V ed a lei inviata da un bon chanoine de I'Amfrique du Sud. Miss DIANA, cioe chi scrive per lei, afferma che queste litanie sono plus pieuses encore que celles de Lorette; la qual sentenza suona male assai posta la solenne approvazione che hanno per tutta la Chiesa le sole litanie di Loreto. Nel resto le litanie peruviane si compongono di invocazioni lau- retane e di altre simili prese da litanie piu o meno antiche. Se non sono- anch'esse un mito, potrebbero appartenere al periodo della fecondita lita- neutica verso la fine del secolo XVI.

EMMA

i ;M A. E I>OJPO

VIII. / laureati.

II valoroso Giulio La Rosa ottenne con plauso la sua laurea in medicina e chirurgia. Questo era naturale, e tutti se 1'aspet- tavano; cio che nessuno s'aspettava, e Giulio meno di tutti, fu che il Collegio dei professori, tutto di suo, lo propose per assistente alia Direzione dell'ospedale dei Pellegrini. Cio in merito del saggio che egli aveva dato, durante la pratica, di fermezza di mano e di precisione sicura nelle operazioni chi- rurgiche. Giulio toccava il cielo col dito : vi era onore, gua- dagno, speranze lusinghiere.

Ne scrisse alia madre, invitandola a cambiare Campobasso con Napoli, e mettere dimora stabile con lui, che non poteva riflutare la fortuna di cominciare la sua carriera alFOspedale dei Pellegrini.

, Ma la buona vedova, beata del successo trionfale delPamato flgliuolo, gli rispose tuttavia, che ella era troppo lieta di saperlo si ben ripagato delle fatiche de' suoi studii, ed approvava la risoluzione di fermarsi in Napoli, ma che non le dava 1'animo di abbandonare la sua vita quieta e tranquilla in provincia, e che non poteva in coscienza staccarsi dalla flglia, la quale, benche felice nel suo matrimonio, pure aveva maggior bisogno dell'assistenza di lei. Si contentasse dunque Giulio, che ella venisse qualche rara volta a vederlo, e trovasse modo di ve- nire spesso a Campobasso a consolare i parenti.

Non ostante la quale disdetta, il giovane medico, lasciata la stanza di studente, voile addirittura aprir casa, in un mo- desto quartieriao che gli piacque, perche centrale, ed era di fronte al Gesu Nuovo, poco discosto dalla Via Toledo; e i

180 EMMA, PRIMA E DOPO

suoi balconi rispondevano sulla piazza ove sorge il monumento consacrato dalla pieta napolitana alia Vergine Immacolata.

All'opera fastidiosa di mettere casa gli porse amorevol- mente la raano la zia Cecilia, che godeva in cuor suo di vederlo in Napoli, e di sentirsi ormai sgravata del peso di man- tenerlo a sue spese; Di che Giulio ebbe tutto 1'agio di festeg- giare cogli amici, laureati come lui, Ja luna di miele del dot- torato. Tra questi era un laureate in lettere, un cotal Gen- naro Semmola, di Pozzuoli, buontempone, se altri mai, e a farlo apposta, figlio d'una sorella dell' ingegnere Rubino, padre dell'Emma. Giulio 1'aveva convitato a uno splendido desinare di compagni, con cui inaugurava la casa nuova. Gennaro pre- gollo di farsi vedere a Pozzuoli alia sua festa di famiglia, giu- randogli che aveva la certo Lacrima cristi, che lo aspettava a gala, e non voleva lasciarsi bere senza di lui. Egli ignorava che Gennaro fosse parente dei Rubino, e molto piu gli umori geniali tra lui e la signorina Emma. Ad ogni modo 1' inge- gnere Rubino, com'era naturale, fu il primo invitato. Gen- naro si reco in persona a supplicarlo a nome de' suoi : venisse egli, la sua zia, le sue flgliuole : e sarebbero la gioia della giornata.

L' ingegnere non si fece troppo pregare : gli baleno subito alia mente, questa essere felice occasione per divellere una volta dalla sua stanza la povera Emma, la quale, sebbene assai bene guarita, rifuggiva dal mostrarsi in pubblico. A gran pena lasciavasi essa condurre alia Messa, le domeniche, e piu age- volmente al teatro, perche di sera. Tanto le tornava acerbo il farsi vedere imperfetta nel camminare ! L'amorevole babbo si pose in cuore di stuzzicare i suoi ferruzzi per dar leva alle sue donne, cui prevedeva poco disposte ad una scampagnata, massime la moglie e 1' Emma.

Entro nelle trattative con solenne diplomazia, mentre si stava a tavola; e gia aveva tirato dalla sua la moglie, che dovesse bellamente rinfiancare le sue ragioni.

- Sono gia. trascorsi due mesi, disse egli alle flgliuole, dacche siete di nuovo in famiglia e ferme in casa: credo non

VIII. I LAUREATI 181

vi tornerk discaro il fare una giterella, per rompere un tratto la vita monotona.

Dove ci vuoi condurre ? dimando P Ida, tutta vispa e contenta : forse a Portici o a Torre delPAnnunziata, neh vero?

lo indovino, interruppe Emma : babbo ci vuole condurre a Piedigrotta, ove ci ha dei lavori...

Gi& ci siamo state un'altra volta, osservo Ida : quando la Direttrice ci condusse a vedere le navi pavesate nel porto per la festa del Re.

E vero, me ne ricordo anch'io. E dopo si fu a fare una colezione. sulla collina... abbiamo anche ballonzato tutte insieme come tante matte.

Ma questa volta sarete savie, disse il babbo, e pure ci divertiremo un mondo. Si va dallo zio Spiridione...

- A Pozzuoli? dimando Ida.

Chi sono gli altri invitati? dimando Emma al tempo stesso.

Chi lo sa ? Parenti, amici...

: lo temo, disse subito Emma, che sia troppo strapazzo cosi lontano...

Che che ? o che si va a piedi ?

Si, si, figlia mia, incalzo la Nunziata: il Dottore assi- cura che un po' di moto ti giovera assai a rinforzare il piede.

Ida era sul punto di scusarsi dall'andare, per non lasciare Emma tutta soletta in casa. Ma udito il decreto del medico e Pautorita della madre, si volse a dar animo alia sorella, ed a prometterle che essa le farebbe da cavaliere servente dan- dole il braccio dove che abbisognasse. II dabbene babbo, lie- tissimo di avere cosi felicemente vinto il suo punto, propose alle bambine che intanto preparassero qualche ninnolo gra- zioso da fame presente al cugino dottore ; proposta che esse accolsero a gala.

Ne' due giorni che precedettero la gita, le due sorelle non ebbero pure un istante di noia; erano occupatissime. Filoso- favano insieme della foggia di vestito piu opportuna per quella comparsa, del cappellino, dei vezzi, del ventaglio. Sopra cia-

182 EMMA, PRIMA E DOPO

scuno del gravi argomenti si bisticciavano un poco, ma in- fine prevaleva 1'opinione dell'Emma, piu saputa nell'arte del- 1'attillatura, sopra la bonarieta dell'Ida, sempre arrendevole, per compassione alia povera sorella. In un punto solo non giunsero ad accordarsi : 1'Emma voleva al seno una rosa ; lad- dove 1'Ida teneva fermo per un mazzolino, che in se riunisse i tre colori nazionali. Era seraplice quistione di gusto e non di political perche 1'una e 1'altra non possedevano altre idee che le succhiate dai librettucciacci della storia patria, che cor- rono nelle pubbliche scuole, e chiosate poi piii bugiardamente dalla parlantina liberalesca delle maestre.

IX. Una visione improvvisa.

II giorno 26 luglio di buon mattino una bella carrozza a quattro sederi si fermava al Largo di S. Doraenico dirimpetto alia porta dell'mgegnere Rubino ; Emma ed Ida erano gik in assetto di tutto punto, esse e le borse da viaggio, e con que- ste discesero a pte della scala ad aspettare la Nunziata, la quale non finiva piu di raccomandare alia cameriera quello che avesse a fare durante la sua assenza. Finalmente, quando a Dio piacque, discese anch'essa per le lunghe scale, soffiando e borbottando contro le figliuole scappate giii sulla piazza. Da ciascun pianerottolo rivolgevasi ancora alia fantesca, che stava appoggiata alia ringhiera, ripetendo nuovi ordini ed awisi, mentre quella ripeteva: Faccia buon viaggio, si, s sicura, faccia buon viaggio.

II convoglio si mosse. Per le donne la citta. porgeva un aspetto nuovo: erano a guisa di viaggiatrici straniere che non avessero mai visto la via Trinita Maggiore, Toledo, Capodi- monte. A quell'ora mattinale in cui i dabbene napolitani schiac- ciano ancora il sonnellin delPoro, le vie appariscono presso- che deserte. Per le signorine era una serie di spettacoli at- trattivi, il rivendugliolo che lessava le lumache e scodellavale ai poveri clienti, i quali immollano nella broda saporita la in-

IX. UNA VISIONE IMPROVVISA 183

tera pagnotta; tornava bella la vista delle navi ancorate nel porto e la selva delle loro antenne, e il barchereccio minuto, attorno a cui gia formicolava una chiassata di marinai, di pe- scatori, di monelli. Soprabbella per tutti e pur sempre nuova era la vista del Vesuvio. Quella mattina il pino, come i na- poletani chiamano la colonna di fumo che sorge perenneraente in vetta al monte, saliva dritto a filo, variopinto e cangiante sotto i raggi del nuovo sole, e si spandeva in un nero cap- pellaccio enorme, i cui lembi si sfloccavano lentamente nel- 1'atmosfera tranquilla.

Ida non sapeva ritrarne 1'occhio, Emma si rizzava ogni momento per rimirare indietro quello spettacolo; e lo stesso signor Livio, che pure aveva visto cento volte il fenomeno, vi restava intento e flso, ricavandone lietissimo pronostico d'una giornata tranquilla e ridente.

Al capo di Posilipo, per contentare Emma, si discese tutti a piedi. Ella voleva godere agiatamente del panorama incan- tevole che si spiegava loro davanti. Cosi essa diceva, in ve- rita poi frugavala una voglietta secreta di darsi un po' di atto alia vita e provarsi a movere il piede con arte da dissimu- larne il difetto. II signor Livio diede il braccio alia moglie, ch'era grassoccia e poco dilettante di camminate ; Ida, lo diede alia sorella, Emma studiava ogni mossa per andare innanzi ritta ritta e pari pari; e pure Fessere cosi a flanco delFIda, agile quanto una rondine, dava maggior risalto al suo cammi- nare pur sempre difettoso. Ella sentiva lo sforzo inutile, e ne provava in cuore un avvilimento, una stizza, che a mala pena poteva soffocare. Or mentre camminava, come poteva il meglio, poverina, tapinandosi in cuore, e sorridendo in volto alia so- rella che faceva le meraviglie di quelle scene svariatissime che lor si paravano dinanzi, il babbo grido : Cansatevi, can- satevi. Le fanciulle si ristrinsero all'un de' lati. Ed ecco sopraggiungeva un biroccino a gran corsa, con sopravi in seg- giola un solo viaggiatore, che faceva schioccare la frusta. Ad Emma vacillo il piede, una flamma le accese il volto: era Giulio.

184 EMMA, PRIM A E DOPO

X.

/ dottori sdottorano.

Era Giulio La Rosa, in petto ed in persona, il quale puuto piu si aspettava quell' incontro che se 1'aspettasse Emma. Giu- lio aveva spensieratamente tenuto 1'invito, imraaginando che Gennaro avesse in animo di fare una allegria a Pozzuoli coi colleghi dottorini novelli, appunto come aveva fatto egli nella casa nuova a Napoli per celebrare il suo dottorato. Trat- tenne il cavallo, balzo a terra, come prima ebbe ravvisato i signori Rubino. Si sentiva impacciato a discorrere, specie col- 1'Emma. Ma, da valoroso, fece animo forte a subita disdetta; come chi sente annunziarsi una visita importuna. e subito in- fila un complimento al visitatore che si presenta.

Bene, benone, arcibenissimo ! sclamo egli... Non me lo aspettavo... Ma capisco che loro vanno dal signor Spiridione... E la piii graziosa celia che mi potesse fare quel monello di Gennaro.

Noi tre ci guadagniamo un tanto per ciascuno, rispose la signora Nunziata, a cui piu direttamente volgeva Giulio la parola.

Anzi, il guadagno e tutto mio.

-- E bene, disse il signor Livio, il guadagno sia di tutti. Ce lo spartiremo. Intanto la sua presenza, caro dottor La Rosa, e il flocco della festa.

Emma ed Ida appro vano con inchini e con sorrise paro- lette il detto del babbo e della mamma. Giulio dimando al- FEmma del come migliorasse il suo piede.

- Non perfettamente ancora, rispose Emma rossa di scar- latto, ma un po' di megliuccio mi pare di sentirlo.

E sempre buon segno quando si va a scarrozzare, e a mezza via si balza a piedi. Faro anch' io lo stesso : e mise il cavallo al passo, con le redini aggrovigliate ad un porno della seggiola.

La venga qua, signor Giulio, interruppe 1'ingegnere venga qua presso di me, che abbiamo tante cose da .dirci...

X. I DOTTORI SDOTTORANO 185

e lasciamo alle signore 1'ambito onore di aprirci la strada, noi staremo alia retroguardia.

La Nunziata si pose a destra dell'Erama, a cui 1'Ida aveva dato il braccio, e continuarono cosi la loro passeggiata; e a breve distanza, venivano insieme ragionando 1' ingegnere e il giovane medico. II quale, benche non ne desse alcun indizio, pure era coll'animo in tempesta, e cio gli toglieva di godere tutto il bello di quella amenissima spiaggia. Aveva innanzi gli occhi F Emma, ma quanto diversa da quella che aveva cominciato a conoscere nel collegio della zia Cecilia, e cbe un anno addietro gli aveva accesa in cuore una fiamma si ardente! Non era piu quella fanciulla tutta brio, tutta vita, che non sapeva nfe poteva starsene un pochino tranquilla; ch'era sempre in moto, sempre in atto di fare o ilisfare il gia fatto, e che nelle ricreazioni soleva destare tra le com- pagne 1'emulazione del far chiasso. L'avvenenza del volto non era punto sminuita, aveva anzi acquistata un'aria piu dolce ed amabile, un colorito piii delicate : agli occhi di Giulio sem- brava assai piu graziosa che prima; ma quel piede ch'era rimasto leggermente difettoso, e, quel ch'era peggio, senza speranza di rimedio, guastava tutto. Se gli fosse stato possi- bile di toglier quello sconcio, anche a costo di strapparsi una fibra del cuore, 1'avrebbe fatto, senza esitare un istante: ma era un sogno, una vana lusinga. Ne 1'arte, 1'amore davano nulla a sperare; e la poverina avrebbe continuato tutta la vita a ranchettare in casa e fuori e tra le brigate.

Ci penso pure il babbo, che vedeva la flgliuola camminare disagiata; e temendo non forse essa troppo si stancasse, fece segno a' vetturali di fermarsi. Rimontarono tutti in carrozza, e continuando il loro viaggio spesso fermavansi a godere le deliziose viste del golfo di Pozzuoli, chiuso tra il capo di Po- silipo, e il capo Miseno, le vicine isolette di Nisida e di Pro- cida, e Ik giu piu lontano 1'isola d'Ischia, sempre gradevolis- sime allo sguardo, ancorchfe vedute altre volte.

Giunsero a Pozzuoli verso le sette, lieti e rinfrancati di quella brezza mattinale che avea loro allargati i polmoni e

186 EMMA, PRIMA E DOPO

stuzzicato 1'appetito. Le carrozze sostettero sulla spiaggia, nella via che conduce all'antico tempio di Serapide. La famiglia Semmola stava sul poggiuolo di casa, attendendo i nostri pas- seggeri, e come li ebbero in vista, cominciarono a dar loro il benvenuto coll'agitar delle mani e delle pezzuole. II neopro- fessore Gennaro era disceso alia porta, per far loro i primi onori. Saluto gli zii, si congratulo con PEmma, die un ba- ciozzo sonante al suo carissimo Giulio e poi senza piu gli in- trodusse in casa, conducendoli ad una sala, messa tutta a flori e piante forestiere, dalla quale si poteva con uno sguardo abbracciare tutta la distesa del golfo. ,

I vicendevoli saluti, i baci, le strette di mano, le congra- tulazioni, i mirallegro fecero per un breve tratto d'ora riso- nare lietamente quella sala; quando Gennaro, rizzandosi di botto, e facendo 1'atto del servitore che alza la portiera, si sberretta e chiama i signori a tavola ; disse : A loro com- modo... e buon appetito.

Al quale invito cosi comicamente bene eseguito, si arresero tutti ridendo. La tavola era fornita d'ogni ben di Dio, e lo spensierato chiaccherio dei giovani la rendeva piu gradita. I laureati ebbero posti in capo alia tavola, 1'uno a fianco del- 1'altro e aveano di rincontro le due sorelle Rubino, ai posti d'onore erano i babbi e le mamme e altri onorevoli convitati. Frullava discorsi di cento cose : ma il gallo dell'aia era pur sempre il dottorino di lettere, Gennaro. Faceva smascellare dalle risa, rifacendo i suoi professori all'ultimo esame: non li mordeva, no, ma coglieva il lato cornico di ciascuno, con una rara felicita. Le s ignore si deliziavano udendolo e ve- dendolo rifare la lezione del canonico Mirabelli, che egli chiamava il suo vecchio e dotto professore amabilissimo. Ed entrava a ripetere la dissertazione di quel celebre filologo, sopra il Trinumo di Plauto: da prima compicciando alcune eleganti frasi in latino, poi dilagando nei commenti in vol- gare, e finalmente improvvisando la traduzione di tutta una scena nel piii scacato napoletano d'abbascio o puorto. Gennaro la sapeva per lo senno, e la drammatizzava coi gesti del Mi- rabelli, che avrebbero fatto ridere i morti.

X. I DOTTORI SDOTTORANO 187

II bello era che Gennaro conchiudeva poi serio serio : Ma quei tempi sono passati! Ora do principle ad Una vita nuova, tutta gravita e decoro. Siamo Dottori, e tu sai bene, caro Giulio, bontempone la parte tua, che all'ombra degli al- beri nascono i pensieri elevati e severi: io comincio a raffaz- zonarmi per la cattedra... mi sento increspare le rughe in fronte...

E sark un carnevale pei tuoi scolari. Ma, di grazia, hai gia qualche promessa?...

Promessa ferma, no, ma buone speranze, quasi sicure.

In Napoli?

In provincia.

Gik si sa, osservo 1'ingegnere, si comincia fuori, e si finisce dentro: ogni cosa a suo tempo.

XL La Solfatara.

Si era mangiato e bevuto allegramente : 1'ingegnere, vol- tosi ai due gio7ani, li richiese: Avete architettato qualche gita nei dintorni di Pozzuoli, per passare lietamente la gior- nata?

Architettato, architettatissimo, rispose Gennaro, come no? ci ho fatto uno studio dotto, erudito, sapiente... Noi si va alia Solfatara, all'Averno... Ma prima e da consultare il bene- placito delle nostre signore.

La Nunziata disse subito : Per me, lascio i giovinotti cor- rere la cavallina... Io, 'mi contento di una passeggiata am- modo, neh vero, signora Semmola?

Ma sicuro ! rispose la madre di Gennaro. Andiamo pian pianino sino al tempio di Serapide; e ci terra compagnia la signorina Emma... Voi altri andate a scavallare per monti e per valli: speriamo che siate tutti qua per le cinque.

Mancomale! intervenne qui 1'ingegnere signer Livio. Io andro con 1'Ida e coi dottori ; e sapremo bene frenarli a tempo e ricondurli a desinare.

188 EMMA, PRIMA E DOPO

E 1'appetito non ci manchera, conchiuse Gennaro... Mi racconiando, Mamma, fateci trovare dove affondare il dente. Pensate che appetite avranno due dottori novellini e reduci dall'Averno.

Le due brigatelle si separarono, scambievolmente augu- randosi il buon viaggio. Come furono partiti gli esploratori dell'Averno, 1'Emma, facendo vista di voler piii da presso am- mirare le varie specie di fiori, che adornavano la sala e il verone, che rispondeva sul mare, si trasse alquanto in di- sparte dalla madre e dalla zia. Sentiva imperioso il bisogno di dare sfogo aH'affanno dell'animo trambasciato. Le cadevano dagli occhi furtive le lagrimette, che venivano accolte, come rugiada ne' calici di quei flori, i quali non potevano com- prendere il suo affanno e molto meno sentirne compassione. Era ben meglio che non fossi venuta qua! Se 1'avessi pre- visto che qui era Giulio! Ah Giulio, Giulio, se non t'avessi mai veduto, mai conosciuto, sarei ora meno infelice ! Ecco tu m'incontri qui... non mi aspettavi... dovresti farmi almeno un sorriso di festa, e tu invece ti allontani subito e te ne vai a diporto, mi lasci sola, non facesti pur segno di dolerti di la- sciarmi qui abbandonata! Restava solo che mi dicessi: Di te non m'importa piu nulla... Dopo tanti anni di studio, non hai ancora imparato a conoscere gli strazii d'un cuore che ama, e che non osa zittire?... Oh avessi almeno portato meco il mio Leopardi, per uccidere questa noia, che mi diviene cru- dele...

Mentre cosi sfogava Fanimo suo la giovine infelice, fu in- vitata dalla zia a scendere nel giardino. Emma gentilmente accetto; riprese il cappellino e Fombrello, e avviossi a fianco della madre, che le diede il braccio nello scendere per le scale. La zia le introdusse nel giardinetto, e conducevale per tortuosi sentieri alle cavernette tappezzate di muschio, e lun- ghesso le pergole delle viti ricche di grappoli, ad una graziosa vasca. Nel suo mezzo sorgeva un vivo zampillo d'acqua, che ricadendo dall'alto con un gradevolissimo mormorio, percoteva sovra un piccolo scoglio, ove sedeva un puttino di bronzo, in

XI. LA SOLFATARA 189

atto di pescare dei Ciprini dorati, che sbucavano di tratto in tratto dai loro nascondigli. Quivi si fece un po' di sosta, sovra certi sedili di rami rusticaraente contesti, poi una nuova sosta sotto una cupoletta di ellera e di vilucchi. Ma la conversazione languiva. Si ammirava e taceva. Per ravvivare la scena muta la signora Semmola condusse le Rubino fuori di la, e fece loro una grande chiacchierata sulle rose. Avevano infatti colk parecchi cespi di rose delle piu belle che si potessero vedere con due occhi, e per giunta tardive assai, sicchfe erano allora, malgrado i calori, in sul piii lussureggiante rigoglio. Questo flore elettrizzo un poco la Emma', che gradi Tofferta di un mazzo delle piu leggiadre, che la zia promise di farle trovare acconcio dal giardiniere quando essa tornasse a Napoli.

Di qui si mossero le signore pel tempio di Serapide. Ra- gionavano tra loro le signore madri. Emma ascoltava fredda, distratta. Altri pensieri 1'assorbivano, malinconiosi.

L'altra brigatella uscita fuori deirabitato prese la volta della Solfatara. L'allegria schietta e cordiale che regnava in mezzo -ad essa, alleggeriva non poco la malagevolezza del cammino erto e sassoso. Gennaro, che ben conosceva Pingenuiti della cugina, faceva da cicerone, e sparava erudizioni novissime e al tulto inedite, le quali egli si cavava dal cervello. Ida si con- tendeva protestando che non le gabellava per buone, e Gen- naro rincarava la dose, si che era una festa per 1'ingegnere e per Giulio. Quando giunsero alquanto trafelati al cratere della Solfatara, voltosi all'Ida le disse: Bada bene, cugina mia dolce, di camminar leggera, leggera, perchfe ora traversiamo la crosta di un fumaiuolo dell' inferno ; e qui sotto a' nostri piedi, vi sono i bagni solforosi per i diavoli e per le diavolesse.

Baione, che non sei altro ! non mi metterai paura ; no, -di certo. Qui sento che camminiamo sul sodo: non vedi che ci cresce 1'erba?

Tanto meglio, se non hai paura : ma non son io un ciar- latano. Guarda. E cosi dicendo da di piglio ad un rocchio di macigno, lo solleva in alto, e poi lo lascia cadere sul suolo. A quel colpo, s'intese immantinente un cupo rombo sotterraneo.

190 EMMA, PRIMA E DOPO

Ida die uno strillo e si strinse al babbo, impallidita e scla- mando : Mamma mia, che spavento !

Non e a dire quanto ne ridessero saporitamente i due giova- notti e 1'ingegnere. Gennaro pretendeva che li da presso era pro- prio il portone maestro delPinferno, e che il puzzo di zolfo che si cominciava a sentire dai crepacci del suolo veniva dalla cucina del diavolo. Citava in prova versi di Virgilio, a proposito e a sproposito, che era una gioia a udirli. E per dare la quadra anche a Giulio, assicurava che i medici facevano tesoro di quel fumo per guarire le emicranie. Ma che cotesto costava poi un Peru, a cagione della grande difficolta che vi era di insaccarlo.

Insomma, gli rispose Ida, si vede che abbiamo ragione noi che ti crediamo un po' poeta, un po'...

Di', di' tutto, Ida : anche un'impertinenza dal tuo bel boc- chino la sento volentieri.

Via, che vuoi? noi in casa Rubino diciamo che sei un grande studioso, ma un po' parabolano, e che ne sballi di quelle dell'ottanta.

Adagio a' ma' passi, disse Gennaro. II puzzo ci e, si o no? viene dall'Averno, si o no? Dunque?

Dunque io me ne scappo, conchiuse Ida.

E lesta lesta, piantando la brigata, torno indietro. E questa la segui volentieri, girando alle falde del Monte Nuovo, anzi che guadagnare la cima. L'ingegnere, che non era piii dell'erba d'oggi, fu contento di risparmiare questa salita che sarebbegli costata^una pettata niente gradevole.

XII.

11 lago d'Averno.

Giulio pure pigliava gusto a ribruscolare qua e la saggi di pietre e di erbe, che per lui erano soggetti di studio. Ida gli porgeva aiuto il meglio che sapeva, .portandogli pietre ed erbe, che a lei parevano un po' singolari di fazione. Di che Gennaro faceva i commenti piu lepidi del mondo, inventando a modo suo la storia naturale e le proprieta. di ciascun pezzo

xii. IL LAGO D'AVERNO 191

da collezione, e ne sballava con sussiego di quelle che non avevano ne babbo ne mamma. Giunsero, cosi celiando, al Lago Lucrino. E Gennaro, voltosi alia cugina, pretendeva che ella dovesse pare fare colta di spigole, che ottimissime abbondano in quello stagno, e fritte tornerebbero piii utili che tutti i sassi e le erbacce di che s'aveva piena la pezzuola.

Prima di affrontare 1'Averno si riflato un tratto al rezzo d'un olivo, per buona fortuna, sperso Ik tra quei sasseti. Giulio distribui dei bravi Avana, traendoli dalla bolgetta che aveva portato opportunamente : per Ida invece trovo una boccetta di liquore, e gliene mesce un bicchierino. E poiche ella si con- tendeva, avendo paura degli spiritacci forti - - Che che ? disse Giulio, 1'ho portato apposta per le signore. E un semplicissimo alchermes di Firenze, che possono pigliarlo anche le bambine... - Allora e proprio adattato per me, interruppe Gennaro, fa ch' io lo assaggi.

Poerino! gli rispose Giulio facendogli il verso; sei cosi tenerino... te ne daro, se ce ne resta... Perche hai gia tanta parlantina scientiflca a bocca asciutta, che guai a noi, se innaffli ancora il parlatorio.

Io parlo per vostro bene, e la scienza che parla in me. Ora e necessario che io armi di dottrine forti la mia cugina, prima di passare la terribile soglia dello speco misterioso. ElPha un coricino di educanda, e qui c'e bisogno del coraggio d'una amazzone...

E sbotto a magniflcare le paurose scene che incontrereb- bero nell'antro della Sibilla e nell'Averno. Caron dimonio con occhi di bragia, e le orche e le versiere che intorno a lui si accapigliavano. e i diavoli sgambucciati che trasportano a ca- valluccio i passeggieri sull'onda bruna, e le feroci Erinni con le criniere di serpenti, e altre fanfanate da far raccapricciare.

Se non che la Ida, gik un po' agguerrita dalle scaramucce precedenti, taglioi corto, con una risata : - - Chi ti credesse ! Se non hai altri fumaiuoli d' inferno, puoi andarti a riporre.

Con tutto cio Ida, non essendo mai penetrata nell'antro, un po' di pauriccia latente non la dissimulava : e pareva cer-

192 EMMA, PRIMA E DOPO - XII. IL LAGO D'AVERNO

care negli occhi ora del babbo, ora del dottor Giulio qualche cosa che la rassicurasse. II dottore le rispose col verso di Dante, rifatto : Lasciate ogni paura, o voi che entrate... Non si sa che nessuao abbia mai lasciato la vita in questo inferno; e la signorina pure ne uscira freschissima come una rosa.

Cio detto, i viaggiatori entrarono negli aditi tremendi del- 1'Averno, e Gennaro, piu matterullo che mai, ad ogni passo esagerava i pericoli immaginarii che si correvano, e faceva scoppiare dalle risa Ida, G Julio e il grave signer Livio. Videro, e tornarono come tutti gli altri veggono e tornano. E si mi- sero allegramente in via per Pozzuoli.

Vi giunsero poco dopo le quattro, ed ebbero tutto Fagio di riposare, e con un po' di spuntino prepararsi al pranzo. E Gennaro ebbe ancor tempo di berteggiare il medico per la raccolta del pietrame e del dotto fleno.

Emma, colla madre e cogli zii, era ritornata molto tempo innanzi, e sedeva a un tavolino, scartabellando alcuni giornali di mode illustrati, per cacciare la noia e que' pensieri che le aveano messo addosso un malumore indicibile. Ad un tratto s' intese per le scale la voce di Gennaro, il quale entrava in casa canterellando una canzone napolitana :

Quanno so' ffatto eennere Allora m' amarrai... I' t'amo, t'amo assai ; E tu nu' mpienz' a mme !

Era quasi il caso di Emma, che per buona fortuna non pose mente alia canzone che Gennaro cantava a casaccio. ElPera gik troppo imbarazzata, non sapeva se dovesse mo- strarsi lieta con Giulio e colla sorella, ovvero simulare fred- dezza e indifferenza. Avrebbe voluto da un canto che essi s' avvedessero del suo interno dispettuccio, dall'altro temeva di darne indizio, per non doversene pentire piu tardi. Erano le sue prime guerriglie, sempre dolorose alle anime gentili che sentono ed amano appassionatamente.

RIVISTA BELLA STAMPA

i.

V1VAT GHRISTVS

QVI DILIGIT FRANCOS

OB MEMORIAM AVSPICATISSIMI EVENTVS

QVVM FRANCORVM NATIO

PRAEEVNTE CLODOVEO REGE

SE CHRISTO ADDIXIT

ODE

E un onore per noi il fregiare le nostre pagine di questa nobilissima poesia, la quale restera monumento di una fre- schezza di mente e di penna al tutto singolare in un Vegliardo scendente per la china del decimottavo lustro. Del merito in- trinseco stimiamo superfluo il parlare: solo invitiamo il let- tore, dopo che avra letto le qui cantate geste di Clodoveo, di Carlo Magno, di Goffredo, di Giovanna d'Arco, e il recejite trionfo della fede cristiana a Reims, lo invitiamo a dirci se la musa di Saffo e quella d'Orazio abbiano mai vestito del loro magico verso cose piu grandi.

GENTIUM GUSTOS DEUS EST.

STERNIT J^SIGNES HUMILESQUE PBOMIT:

ExiTUS REBUM TENET ATQUE NCTU

TEMPERAT AEQUO.

TEUTONUM PRESSUS CLODOVEUS Ul STTOS VIDIT TRKPIDOS PEBICLI, FERTUR HAS VOCES ITERASSE, AD ASTRA

Serie XVI, vol. IX, fate. 1118. 13 8 gennaio 18i>7.

194 RIVISTA

DlVE, QTJEM SUPFLEX MEA S.AEPE CONIUX NUNCUPAT IESUM, MIHI DEXTER ADSIS; Si IUVES PROMPT US YALIDUSQTJE, TOTUM

ME TIBI DEDAM.

ILLICO EXCUSSUS PAVOR : ACRIORES EXCITAT VIRTUS ANIMOS ; RESURGIT FR ANGUS IN PUGNAM; RUIT, ET CRUENTOS

. DlSIlCIT HOSTES.

VICTOR i, VOTI CLODOVEE COMPOS, SUB IUGO CHRISTI CAPUT OBLIGATUM PONE ; TE REMIS MANET INFULATA

FRONTE S^CERDOS.

LuDOR? EN SIGNIS POSITIS AD ARAM IPSE REX SACRIS RENOVATUR UNDIS, El COHORS OMNIS POPCTLUSQUE DIO

TlNGITUR AMNE.

EOMA TER FELrX, CAPUT 0 RENATAE STIRPIS HUMANAE, TUA PANDE REGNA !

NAMQUE VICTRICES TIBI SPONTE LAUROS

FKANCIA DEFERT. TE COLET MATREM ; TUA MAIOR ESSE

GESTIET NATU : POTIORE VITA CRESCET, AC SUMMO BENEFIDA PETRO CLARA FERETUR.

UT MIHI LONGUM LIBET INTUERI AGMEN HEROUM ! DOMITOR FEROCIS FULGET ASTOLFI, PIUS ILLE SACRI

lURIS AMATOR,

EEMQUE ROMANAM POPULANTIS ULTOR BlS PER ABRUPTAS METUENDUS ALPES IRRUIT, SUMMOQUE PETRO VOLENTES ASSERIT URBES.

BELLA STAMP A. 195

LAETTJS ADMIROR SOLYMIS POTITAS VINDICES SANCTI TUMULI PHALANGES: ME PALAESTINIS RENOVATA CAMPIS

PROELIA TANGUNT.

0 NOVUM ROBUR CELEBRIS PUELLAE CASTRA PERRUMPENS INIMICA! TURPEM GALLIAE CLADEM REPULIT IOANNA

FRETA.

0 QUOT ILLUSTRES ANIMAE NEFANDA MONSTRA CALVINI DOMUERE, GENTEM LABE TAM DIRA PROHIBERE FORTES

SCEPTRAQUE REGNI !

QUO FEROR? TEMPTJS REDIT AUSPICATUM PRISCA quo VIRTUS ANIMIS CALESCAT. ECCE, EEMENSIS CIET ATQUE ADURGET

CORD A TRIUMPHUS.

GALLICAE GENTES, IUBARIS VETUSTI NE QUID OBSCURE T RADIOS, CAVETE : NEVE SUFFUJSTDAT MALESUADUS ERROR

MENTIBUS UMBRAS.

Yos REGAT CHRISTUS, SIBI QUOS REVINXIT OBSEQUI SECTIS PUDEAT PROBROSIS ; OCCIDAT LIVOR, SOCIASQUE IN UNUM COGITE VIRES.

SAECLA BIS SEPTEM CALOR ACTUOSAE PERSTITIT VITAE, RENUENS PERIRE : CURRITE AD VESLAM * : xovus AESTUABIT PECTORE FERVOR.

* Flumen alluens Remos, ubi rei christianae apud Francos dedicata sunt initia.

RIVISTA

DlSSITIS FLORET MAGIS USQUE TERRIS GALLICUM NOMEN: POPULIS VEL IPSIS

ADSIT EOIS, FlDEIQUE SANCTAE

YOTA SECUNDET.

NIL FIDE CHRISTI PRIUS: HAG ADEMPTA NIL DIU FELIX. STETIT TTNDE PRISCAE SUMMA LAUS GENTI, MANET INDE IUGIS GLORIA GALLOS.

LEO XIII.

II.

NOURRISSON, membre de 1' Institut. Voltaire et le Voltairianisme. Paris, P. Lethielleux libraire-editeur, 1896, di pp. 672.

Non e questo un libro d' occasione. Yoltaire e morto da piu d' un secolo ; anche 1' eco del centenario che si tentd celebrarne, da molti anni si e dileguata; nessuno oggi a lui pensa. Ma Yoltaire incontrastabilmente appartiene alia storia, e sotto questo rispetto merita d' essere studiato ; ne per farlo con imparzialita e profitto pud esservi tempo piu opportune di questo, nel quale intorno a lui tutto tace.

A tale studio si e accinto il ch. Autore, ben noto per molti altri lavori, premettendovi larga preparazione. Non ha trascurato nessuno dei tanti scritti pubblicati intorno a Yoltaire, almeno dei piu important! e dei piu recenti; e, cid che e ancora piu forte a credere, egli ha « da un capo all'altro, e senza omettere nulla, studiato nel loro contesto tutte le opere di Yoltaire » (p. 48). Cosl preparato si § messo al non breve ne leggero lavoro, col quale ci mostra in prima quello che fu Yoltaire in mezzo alle agitazioni febbrili della sua lunga camera, e poi quali sono le idee tumul- tuose delle quali ha infarcito i suoi innumerabili scritti; ossia ci fa conoscerer prima la sua vita, poi la sua filosofia ; prima 1' uomo, poi il pensatore.

Kella prima parte egli esamina in altrettanti capi la sua gio- ventu - - il suo soggiorno a Cirey, dove con Gabriella Emilia di

DELLA STAMPA 197

Breteuil maritata al marchese du Chatelet pass6 quindici anni di adultero concubinato la sua dimora a Potsdam sotto le all di Fe- -derico II Ke di Prussia la sua vecchiaia passatu da gran signore -a Ferney la patria la tolleranza la destinazione, che per lui fa il teatro (benche non raggiungesse ne Corneille, ne Racine, n& Moliere) e soprattutto la poesia leggera, nella quale non ha ri- vali; e poi da questo lungo e minuto esame cava il seguente giudizio. « Sarebbe cosa irragionevole il risguardare Yoltaire quale rap- presentante delle idee religiose e politiche del secolo in cui visse, «ome parimente non vi sarebbe ne giustizia ne giustezza nell' at- tribuire a lui tutte le ispirazioni generose, che anirnarono quell'eta torbida, ma innovatrice. Uomo d' uno spirito abbagliante, d' uno spirito atto a dar le vertigini, egli per6 non potrebbe, sotto verun rispetto, essere qualificato come un grand' uomo. Mandato ora in •carcere ed ora in esiglio per cagione delle insolenze della sua gio- ventii, odioso ad .un potere del quale mendico i favori assai pin <;he non ne denunziasse o combattesse gli abusi, sostenuto da lon- tano da una fazione che da vicino lo disprezzava od anche lo de- testava, impaziente di qualsivoglia freno alia sregolatezza del suo pensiero o al disordine della sua morale condotta, sempre aggressivo e sempre pauroso, di tutta la sua vita non fece altro che una lunga catena di doppiezza o d'egoismo, di malumore o di servile adula- zione; e se egli cooperd a preparar 1'avvenire, meno d'ogni altro •del suo secolo porse 1' esempio della devozione ad una causa e del sacrifizio... II secolo XYIII si era nobilmente invaghito d'egua- .glianza civile e di liberta politica ; Voltaire, invece, nato borghese, fece sforzi continui per entrar nella classe dell' aristocrazia e man- tenersi nel numero dei privilegiati. II secolo XYIII ebbe una specie -di culto per 1'idea di patria; Yoltaire non cessO niai di prostituir -questa idea a' suoi interessi e a' suoi capricci. II secolo XYIII si segnald per un vivo amore dell' umanita ; Yoltaire non ebbe in conto d'uomini altro che i ricchi, i nobili, i letterati. Finalmente il se-

0010 XYIII, sotto 1'equivoco nome di tolleranza, reclam6 energi- •camente la liberta di coscienza e la liberta di pensiero; Yoltaire, combattendo con rabbia il cristianesimo, non ebbe altra cura che •quella di sostituire all' intolleranza naturale d'una Chiesa rintol- leranza contro natura, non pur d' una setta, ma d' una consorteria. Figlio del suo secolo, ma inferiore al suo secolo in cid che ebbe •d' eccellente, la sua vita ne rispecchio soprattutto i folli ardori, le inquietudini, le imprevidenze, i dubbi e le negaziohi » (p. 455).

11 quale giudizio, se per cio che riguarda il secolo XYIII 6 un

198 RIVISTA

po' troppo indulgente e troppo gallofilo, per quel che spetta a Yoltaire ci sembra giusto.

Tale fu 1' uomo, ne punto di meglio il pensatore. Se pur S degno di questo noine e di quel di filosofo, chi non fece mai altro che sfio- rare tutte le piu important! questioni, senza internarsi mai in alcuna ;. chi aveva il prurito di parlar di tutto e di tutti, finendo sempre col burlarsi . d' ogni cosa e d'ogni persona; chi ne' suoi scritti si die a vedere uomo d' ingegno vivo e versatile, ma senza carattere. L'Autore lo mostra mettendo in vista le principali idee di YoltaireT raccolte sotto i seguenti capi : la filosofia i filosofi le idee- 1' anima la liberta Dio la morale la politica ; doiide rac- coglie che, contrariamente a quel personaggio della Favola, di cui fu detto qaidquid tanyit, inaurat, tutto cid che Yoltaire tocca, lo- imbratta e lo profana. Certamente vi sono, nella farragine de' suoi scritti, molte pagine, nelle quali, con uno stile sempre chiaro e incantevole, talvolta anche eloquente, sono affermate 1' anima, la li- berta, Dio e il dovere ; ma in quei libri medesimi s' incontrano poi molte altre pagine in cui egli sostiene tutto il contrario. In mezzo- pero a quelle continue contraddizioni, a quel perpetuo va e vieni d' una. intelligenza sbrigliata e senza bussola, e facile vedere il fondo- in cui essa e venuta, come per istanchezza, ad arrenare, e questo- fondo e lo scetticismo : uno scetticismo che comincia coll'ironiar prosegue coll' invettiva, tinisce con uno scoppio di risa.

Ed ecco la conclusione a cui viene 1'A. « Senza dubbio Yol- taire e uno scrittore essenzialmente francese, cioe che appartiene come in niodo esclusivo alia sua nazione e al suo secolo, laddove i veri scrittori grandi sono, in qualche guisa, di tutti i paesi e di tutti i tempi. Riconosciamo altresi che, sotto certi rispetti, Yoltaire e uno dei genii piii nazionali e piu caratteristici della Francia. Ne segue forse che egli ne rappresenti le parti alte, ch' egli sia, come diceva il Lamartine, la medaglia della Francia, e che si debba ammirare in lui una delle manifestazioni piu eccelse dello spirita francese ? Non sarebbe piu giusto affermare che egli ne rappresenta soprattutto, colla vivacita piacevole, le deplorabili debolezze, e collo slancio vittorioso, 1'incurabile leggerezza? Ci sia permesso un con- fronto : succede, a un di presso, del Yolterianismo in Francia com© del Machiavellismo in Italia: e una disposizione, una qualita di stirpe, e, per cosi dire, una produzione del territorio. Studiando da vicino il Machiavelli, si giunge facilmente a convincersi che egli non ha fatto altro che dare il suo nome alle attitudini di astuzia politica e di raffinata dissimulazione, che sono proprie degP Italian!

BELLA STAMPA 199

(contro questa proposi&ione universale noi protestiamo) ed espressa- mente degl' Italian! del secolo decimosesto. Lo stesso 6 di Yoltaire. In realta, Yoltaire non ha tanto create il Yolterianismo colla sua influenza, quanto accreditato colle sue opere una denoniinazione, che abbraccia meriti e difetti particolari ai Francesi di tatti i tempi, ma singolarmente a lui stesso e a' suoi contemporanei » (656). E piii sotto. « Dopo aver latto dell' anima una metafora, della liberta una illusione, della virtu una chimera, Yoltaire fa di Dio un' astrazione, e collo scetticismo riesce ad una specie di nichilismo » (p. 669).

Ecco la somma di questo poderoso volume. II lavoro non ci sembra nuovo, nel senso odierno della parola; pero le cose che ci erano note illustra e compie con molte particolarita, e le sparse in piu libri raccoglie in uno. Ma se nuovo non pud dirsi, e vero nei racconti, e giusto per lo piii negli apprezzamenti e soprattutto nel giudizio sopra Yoltaire, ed e pieno nelle uotizie, essendo queste cavate da tutte le opere del fecondissimo scrittore e da tutti i lavori di quanti di lui s' occuparono. La qual cosa, se dall' un lato conferisce al volume gravita e sicurezza, dall' altro gli scehia qua e la piacevolezza e scioltura, riuscendo beue spesso ima catena di citazioni tratte dai libri di Yoltaire e da quelli de' suoi contempo- ranei : lavoro serio, che dev' essere costato alPA. uua fatica improba, che non poca ne costera a quegli studiosi che voglian valersi di esso, non essendo a cid aiutati da altro che da un magrissimo in- dice, composto di sole diciotto parole, poste in fronte ai diciotto capi dell' opera.

Un' altra osservazione. Col dire che abbiamo fatto pocanzi che questo lavoro e pieno nelle notizie, non abbiamo iuteso affermare che mai non presenti qualche lacuna. Per esempio, ci sembra che qualche parola intorno alle relazioni letterarie del Yoltaire col no- stro Bettinelli, in un libro di questo genere, noil avrebbe dovuto mancare. Ne hanno parlato, tra i Francesi, oltre al Yillemain, il Suard nelle sue Melanges de litterature, e nel 1895 il Bouvy nel suo Voltaire et les polemiques italiennes snr Dante; non doveva dunque tacerne un libro, pubblicato nel 1896, coH'inteuto di dare ai lettori una piena e particolareggiata informazione intorno a Yol- taire. La reciproca stirna del letterato francese e dell' italiano, che- fu chiamato da quello :

Compatriote de Yirgile

Et son secretaire aujourd'hui;

200 RIVISTA

la visita dello scrittore Mantovano al patriarca di. Eerney alle De~ liees; il carteggio amichevole scambiato fra loro due, fin tanto che il Gresuita, scandalizzato da scritti posteriori del grande empio, non ruppe con lui ogni commercio e non'lo prese in orrore; la con- cordanza del dittatore della francese repubblica letteraria coll' autore delle Letter e virgiliane in vilipendere Dante ; e soprattutto la que- stione, se quella concordanza nascesse da idee scambiatesi nella suddetta visita, come opina il sullodato Bouvy (p. 305), o fosse in- Tece indipendente da quel colloquio, come sostiene Aronne Torre nel Oiornale storico della letteratura itaUana (vol. 28, p. 224); tutte queste cose noi siamo di parere ehe avrebbero somministrato materia ad alcune pagine di una non inutile curiosita letteraria. Ci piace chiudere questa breve rassegna col trascrivere 1'epi- grafe molto nota, ma felicissima, che fu proposta da incidersi sotto la statua eretta a Voltaire, tuttavia vivente, da alcuni suoi amnii- ratori. Ne fu autore 1' Abate Kiballier, sindaco della Facolta teolo- gica, Gran Maestro del Collegio delle Qdattro Nazioni ; e ci sembra che le interne qualita di Yoltaire in questa iscrizione siano espresso anche meglio che le sembianze esteriori in quella statua.

EN TIBI DIGNVM LAPIDE

QVI

m POESI MAGNTS

IN HISTORIA PARVTS

IN PHILOSOPHIA MINIMVS

IN RELIGIONE NTLLVS

CVIVS

INGENITM ACRE IVDICIVM PRAECEPS IMPROBITAS SVMMA

CYI

ARRISERE MVLIERCVLAE PLAVSERE SCIOLI FA VERB PROFANI

QYEM

1RRISOREM HOMINVM DEVMQUE

SENATV8 POPVLV8 ATHEO-PHTSICVS

AERE COLLECTO

STATVA DONAVIT

DELLA ' STAMPA 201

III.

EvoluKione e Dbg ma pel Padre J. A. ZAHM C. S. C., dottore in Fi- losofia per nomina di-S. S: Leone XIII, prof, di Fisica nell'Uni- versita di Notre Dame (America). Yersione autorizzata dall'autore, per ALFONSO MARIA GALE A. Siena, presso I'ufficio della Biblio- teca del Clero, 1896, 8.° di pp. 373.

Abbiamo lodati prima d'ora, secondo il merito che a parer nostro avevano ed hanno, altri scritti del ch. Autore. Ci rincresce di dover dare, per nostra parte, un giudizio affatto contrario a rispetto del- 1'opera qui annunziata.

Gia dovrebbe bastare a mettere i lettori in sospetto contro questo iibro il vedere come il ch. Autore, in appendice al medesimo pro- pone in grandi lettere il dubbio : « Pud un buon cattolico essere evo- luxionista ? » e lo fa sciogliere dal protestante Gladstone, che gliene in via la decisione nel seguente non invidiabile complimento : « La teologia d stata finora sotto una specie d'intimidazione, dalla quale £ tempo di riscuotersi, e io mi rallegro di vedere che Ella si avanza fra i primi in questo salutevole progresso. L'evoluzione, a niio cre- dere, non che screditare la Bibbia, sempre piu la sublima. »

Una siffatta citazione in questione tale non si farebbe niai, qui in Italia da un sacerdote ; essa consuona per6 collo spirito e cogli atti di certe scuole di malintesa conct'liazione, che si sono venute formando nel vecchio e nel naovo mondo, durante gli ultimi anni. E vi consuona altresi il concerto di alcuni ben noti giornali cat- tolici non italiani, che applaudiscono all'opera del Zahm, fino a dire non esservi nulla in essa che non sia vero o che possa non esser vero, e che \' Evoluzione e Domma del Doit. Zahm contras- segna il 1896, come 1'avvenimento piu memorabile avveratosi in esso. Per noi, questo coro di elogi enfatici contrassegna, rispetto a tutti quei paesi, il 1896 assai meglio, cioe assai piu sfavorevol- mente che Fopera stessa. Abbiamo infatti positive ragioni per du- bitare, che a tali elogi sottoscrivano i Yescovi di cola, legittimi cu- stodi che sono della sana dottrina, nelle Chiese loro affidate.

Neppure e da credere che i pubblicisti di cola si uniscano tutti a quel concerto. Ecco come paiia uno di loro. « A noi non e riuscito di trovare in questo Iibro nessun nuovo argomento in favore dell'evoluzione, nessuna difficolta sciolta, nessuna lacuna

202 RIVISTA

colmata, in una parola, cosa veruna che non fosse stata gia detta

altrettanto bene, e talora anche meglio, da altri II vero e che

se il Dott. Zahm avesse fatto uu'opera cosi meschina contro 1'evo- luzione, come 1'ha fatta per 1'evoluzione, il suo libro si sarebbe riguar- dato non ingiustamente come una disgrazia per la letteratura catto- lica ]. » Non tornerebbe forse difficile il procurarsi una serie di pareri ugualmente sfavorevoli, ma non ne vediamo il bisogno, dappoiche que- sta infelice apologia dell'evoluzionismo sta qui sotto i nostri occhi e dice da se quel che vale.

Che cosa sia da pensare di quel sistema, lo dimostrammo quante volte, e non furon poche, ce ne fu porta 1'occasione. Lo abbiamo considerato sempre dal solo lato scientifico : la nostra domanda fu sempre questa sola: « Che cos' e I'evoluxionismo davanti altribw- nalc clella scienxa positive*, e della logica? » E raccogliendo le obbie- zioni non mai sciolte dei suoi avversarii e le confessioni, ripetute anche dallo Zahm, dei suoi patroni, abbiam dovuto conchiudere ogni volta che esso non pu6 qualificarsi se non come un tessuto di para- logismi volgari, di supposizioni arbitrarie, non sostenute dai fatti anzi confutate, di aforismi fantastici e di sotterfugi indecenti alia serieta della scienza. Mostrammo come quell'edifizio fantastico piu che per altro si sostenesse in pie per 1'appoggio pressoche unanime prestatogli dagl'iucreduli, che vi rizzarono il loro feticcio di scienza moderna ; e vituperio a chi non gli piegasse i] ginocchio !

Gli spiriti indipendenti sono pochi, e cosi fra i cattolici ancora un buon numero, nei paesi d'oltralpe e d'oltremare, trovarono la via di mezzo, che era di ribenedire quell'idolo, barattandogli la testa che paresse un Santo; e, sia per giustificazione propria o per allet- tamento agli altri che gli s'inginocchino, non rifinano mai di ritor- narci fuori colla tesi che « 1'evoluzione non si oppone al domma » e che « si pu6 essere buoni cattolici ed evoluzionisti insieme. »

Come se il primo e vero impedimento all'ammettere 1'evoluzio- nismo venisse, pei cattolici di studio, dal timore d'andar contro la Bibbia! Ma per nulla! Esso proviene dall'insussistenza scientifica di quel bel sistema: posta la quale, richiede certamente anche il

1 « We have been unable to 6nd in the book any n-ew argument in favor of evolution, any difficulty solved, any gap bridged over in fact any thing that has not been as well, or even better, said by others... The true fact is that if Dr. ZAHM had made out such a poor casea gainst evolution, as he has made out for it, his book would have been, not unjustly cha- racterized as a disgrace to Catholic literature. » The Messenger of the Sacred Heart, luglio 1896, pp. 196, 198.

DELLA STAMPA 203

rispetto alia Bibbia che non s'interpretino e scontorcano le adora- bili parole dell'Eterna Verita a capriccio della fantasia : a tacere delle buffonerie e sconcezze di stile gnostico, che, abbandonatisi «u quel pendio, vi tramescolano di leggieri certi evoluzionisti cat- tolici.

Dei varii sensi di che e capace assai volte il testo ispirato, sara da buon fedele, il supporvi (se gia non 6 definite dal Magi- stero autentico) quello che o solo o meglio d'ogni altro si accorda coi dati della ragione perfezionata ossia della scienza. Questo s'e volute dir sempre dai Dottori ; e non gia che sia lecito il supporre alia parola di Dio qualunque significato fantastico, come nou si supporrebbe a quella d'un uonao. L'evoluzionismo passi prima i suoi esami al tribunale della scienza, e ne esca colla patente di sistetna fondato sopra evidenti principii, deduzioni logiche e fatti positivi, e allora soltanto meritera di venir messo a confronto colla Rive- lazione, se per caso potesse prestare i suoi servigi ad intenderne i sensi, che sarebbe gran gloria della nostra corta ragione umana. Ma finche egli non presenta altro che la speranza di future dimo- striizioni, e talora confessa ingenuameute che non gli resta piu neauche quella; finche s'appoggia sopra assiomi, corne quello p. e. che i'embrione deve rappresentare nel suo svolgimento gli stadii per cui passd la specie; finche seguita a ragionare come se la logica non fosse fatta per lui ; finche, sconfessato da Xaturalisti di primo grido, non ha piu neppure fra gl'increduli chi tend di dargli rm assetto di consistenza scientific^; ridotto al mestiero di frasario uffi- c-iale, nel quale si avvolgono stucchevolmente le osservazioni dei fatti, che soli c'interessano ; e all'ufficio di rimario, sul quale qualche Naturalista disoccupato si diverte a far sonetti, alia rima obbligata delle supposte evoluzioni : finche le cose stanno cosi, diciamo, e inutile ed e maraviglia insieme darsi dei cattolici che si fanno premura adesso d'introdurre questo fallito della scienza in sagrestia, e gli offrono una cattedra di ermeneutica, e in uno slancio di mistica zoppa si uniscono al Signer Gladstone nella convinzione che « 1'evo- luzione sublima la Bibbia * .

Ecco perche noi abbiamo sempre tenuta la questione sul terreno scientifico ; mentre il voler attirare i fedeli sul terreno teologico, che non e da loro, ci e sembrato ognora nou pericoloso soltanto, ma a dirittura insidioso.

II Dott. Zahm nel comporre il suo libro non ebbe certamente intenzioui altio che rettissime. Gli scritti suoi precedenti a cui abbiamo procurata di gran cuore la maggior diffusioue che per noi si potesse,

204 RIVISTA DBLLA STAMPA

attestano del suo zelo per la Religione e hanno senza dubbio giovato a. moltissimi e all'estero e qui fra noi. Nell'opera presente il suo buon volere 1'ha trascinato a secondare di soverchio quello spirito di conci- liazione che si risolve in cedere e concedere ai nemici in ragione piu della pace sperata che della giustizia e della verita. Si pud peccare per troppa tenacita, ma si pu6 peccare ancora per troppa condiscendenza. II ch. Autore qui ha sacrificato alia pace non diciamo la Fede, no ; ma la scienza ; e questo ancora e troppo. Per giudicare con qualche vera competenza 1'evoluzionismo conviene essere Naturalista ; ma per riconoscerne le pecche logiche e sistematiche, basta essere Filosofo, e il Zahm ne e maestro.

Quanto alia versione italiana del presente libro il lettore inten- dera che nessuno pud rallegrarsene. Finora la vertigine evoluzio- nista non era quasi penetrata tra' cattolici in Italia, ne molto meno si sarebbe trovato facilmente un ecclesiastico, che si fosse dichia- rato ex professo per quel sistema, non che lo avesse patrocinato pubblicamente. II libro del Sac. Zahm viene a recarci questo poco lodevole esempio, e pur troppo esso e attissimo a travolgere le menti degl'ingenui che, rassicurati dai bei titoli e dalla precedente fama dell'Autore, crederanno di potersi affidare cecamente ai suoi giudizii.

Non occorre dire che noi sconsigliamo recisamente questo libra come inopportuno e dannoso a chiunque non ha la volonta, i mezzi e il tempo per formarsene da se un giudizio.

BIBLIOGRAFIA '

ALIBRANDI ILAKIO, prof. Opere giuridiche e storiche, raccolte

e pubblicate a cura dell'Accademia di Conferenze storico-giuri-

diche. Yol. I. Roma, tip. Poliglotta, 1896, di pp. 608.

Questo primo volume, dopo un'ac- onorata de1 suoi dotti discorsi, nei

curata biografia, ci offre riunite ven- quali, ugualmente che nelle lezioni

tidue dissertazioni gia edite dell' il- tenute dalla cattedra e nelle memorie

lustre professore ; il secondo com- stampate, ad un poderoso ingegno

prenderk gli scritti inediti. E questo e ad un tesoro di cognizioni mostro

e il monumento, che 1'Accademia di sempre accoppiata una modestia si

conferenze storico-giuridiche erige amabile, che a tutti lo rese supre-

all'uomo che per tanti anni 1'aveva mamente caro.

AUREOLI PIETRO, arc. Compendium sensus litteralis totius Di- vinae Scripturae a cl. theologo Fr. Petro Aureoli Ord. Min. ar- chiepiscopo .aquensi Universitatis Parisiensis olim professore, doctore facundo, novissime in lucem editum a Fr. Philiberto Seeboeck eiusdem Ord. alumno, S. Theologiae lectore. Ad Claras Aquas (Qua- racchi), ex typ. Coll. S. Bonaventurae, 1896, 16° di pp. XXXVI- 580. L. 4,00.

II libro delVAureolo sotto il ino- non aboia, come e vezzo di molti, desto titolo di Interpretations lette- con note ed illustrazioni quasi rifatto rale nasconde una vera Introduzio- il testo. E 1'edizione 6 veramente ne ai libri santi, quale la singolare critica : valga per ogni elogio. Ad erudizione dell'Autore poteva ai suoi un breve proemio tien dietro la vita di fornirci. L'editore, con sano giu- dell'autore, simpatica figura che po- dizio, non ha voluto fare che opera trebbe ritrarsi in tre linee: lo stu- critica. Come dunque non son da dioso profondo, erudito, originale, chiedere &\YAureolo le recenti opi- I'assertore dell'infallibilita, il vin- nioni e i modi nuovi d' interpretare, dice dell'Immacolata. Segue una cosi non e a lamentare che T editore brbliografie di tutte le opeie edite

1 Nota. I libri e gli opuscoli, annunziati nella Bibliografia. (o nelle Ftiviste della. stampa) della « Civilta Cattolica », non puo 1'Amministrazione assumere in nessuna maniera 1'incarico di provvederli, salvo che i detti ibri non sieno indicati come vendibili presso la stessa Amministrazione. Cio vale ancbe per gli annunzi fatti sulla Copertina del periodico.

L ' AMMINISTRAZ i ONB.

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BIBLIOGRAFIA

benemerenza, fra i tanti che i RR. PP. di Quaracchi si vanno ogni dl acquistando, contribuendo cotanto allo sviluppo degli studii teologici.

ed inedite del Doctor facundus; viene ultimo un indice critico dei nume- rosi codd. mss. sui quali si appoggia il nuovo testo.

E un nuovo titolo alia pubblica

BECCARIA PIETRO, sac. Oratoria ed epigrafia. Casale, tip. Pane,

1896, 16° di pp. 184. Cent. 75.

II Beccaria e gia noto per altri briosa festivita ond'e tutto animato scritti letterarii, e pei giudizii favo- la quale toglie la noia che recar so- revoli che ne hanno dato personaggi gliono i precetti didattici.Questi sono d'autorita, come pu6 vedersi in fine di questo stesso volume. Crediamo dunque che anche il presente sara ben accolto, specialmente pel buon sapore di lingua (bizzarramente or

italiana or latina) e per una certa

per domanda e risposta, e sono attinti da buone fonti ; ma in essi avremmo desiderato un po' piu d'ordine, o al- meno che 1'ordine fosse piu in vista. Ed anche la grafia e 1'acribia ci sa- rebbero piaciute curate meglio.

BIANCHETTI ENRICO. -- I sepolcreti di Ornavasso scoperti e de- scritti con 26 tavole eliotipiche. Torino, Paravia, 1895, gr. di pp. 310. Dobbiamo alle cure amorose e di-

ligenti del ch. Prof. Ermanno Fer-

rero la pubblicazione di questo no-

tevole lavoro del Bianchetti, tolto ai

vivi mentre cominciava appena la

stampa delle prime 129 pagine, e

dalla pag. 248 mancava il mano-

scritto, propriamente detto, ma si

avevano soltanto degli abbozzi e delle

note. II Ferrero con quelli e con

queste termino il lavoro e vi ag-

giunse di suo, come n'era stato pre-

gato dall' autore stesso, un indice

analitico ch'e perfettissimo.

I sepolcreti descritti sono quello

detto di S. Bernardo, e 1' altro di

tutti e due furono scoperti dall'Au- tore ad Ornavasso nell'estremo con- fine meridionale di Valle d'Ossola nell'alto Novarese e a poca distanza del Lago Maggiore. Sembra che co- testi sepolcreti appartenessero ad una popolazione indigena affine a quelle del Ticino e del Lago Maggiore verso Settentrione. Secondo il De Vit (La Provincia romana dell'Ossola, ossia delle Alpi Atrezziane, Lib. Ill, 1892) i primi abitatori delle Alpi e delle valli di cui si tratta, sarebbero stati i Leponzii. Per la descrizione degli oggetti trovati negli scavi, riman- diamo il lettore all'opera e alle ta- vole fototipiche che sono d'una rara bellezza.

Perfona, vicini ma distinti fra loro ; piii antico e il primo, dove si ri- scontra il solo rito d' inumazione e

CALMES P. TH. prof, au Grand Seminaire de Rouen. --La pro- priet§ devant le Socialisme contemporain. Paris, Lecoffre, 1897, 16° di pp. XXXII-228. Frs. 2,50.

Dopo una dotta e ben ragionata fino ai di nostri, 1'Autore entra in introduzione, nella quale e esposta materia esaminando la proprieta pri- persommi capi la storia del Socia- vata in opposizione alle diverse forme lismo dalla Repubblica di Platone di comunismo; poi dimostra che il

BIBLIOGRAFIA

207

diritto di proprieta e per essenza esclusivo. II rimanente del lavoro e come diviso in due parti: 1'una teo- retica, che comprende il fondamento e il titolo primitive della proprieta: 1'altra storica, nellaquale 1'esperienza si unisce col ragionamento per pro-

vare che il regime collettivo, cosi nell'antichita come nei popoli mo- derni, e un regime artificiale, che non vien giustificato ne dalla Bua- origine ne da'suoi risultamenti. E un libro sodo, chiaro, opportunis- simo.

CALO LUIGI, sac. S. Beatrice Y. e M. e i secoli di persecuzione della Chiesa. Napoli, tip. dell'Accademia reale delle scienze, 1895, 16° dipp. 170. Prezzo L. 2,50, pressola libreria cattolica Alfredo Colangeli, Roma, Piazza S. Luigi dei Francesi, 29, 30.

Delle due parti in cui e diviso il libro, la prima va tutta in descrivere compendiosamente i primi secoli della Chiesa, colle lor lotte e i loro trionfi, colle loro usanze e i loro riti, cose tutte carissime ad ogni cuore cri- stiano, che gode ineffabilmente d'as- sistere a quei gloriosi primordii della sua madre, la Chiesa. Cosi descritto il campo o 1'ambiente in cui fiori S. Beatrice, il ch. Autore passa poi nella seconda parte a narrarne (per la prima volta) la vita, raccoglien- done le memorie principalmente dai Bollandisti e dalla illustrazione che 1'insigne archeologo De Rossi fece del Cimitero di Generosa, in cui fu sepolta. Cosi egli ci rappresenta la cura amorosa che ella ebbe nel sep- pellire i corpi de' suoi fratelli mar- tiri Simplicio e Faustino, gettati nel Tevere sotto Diocleziano, la sua vita di preghiera in casa della veneranda Lucina, il suo magnanimo rifiuto di

ne fu la conseguenza ; finalmente la sua sepoltura accanto ai fratelli, 1'ap- parizione a Lucina, e la grande ve- nerazione che godette nella Chiesa. Non molte cose per verita, ne molto ampiamente sviluppate; «Maseper la difficolta dei tempi, in cui S. Bea- trice visse, non si e potuto piena- mente lumeggiarne e la figura e il culto, sara pero sempre dolce van- to di averne ridestat6 la memoria (p. 161). » Piuttosto qualche lettore molto sollecito dell'euritmia, notera che anche nella seconda parte la cornice del quadro e forse piu grande di quello che la figura mostrasse giustamente richiedere; ma questo difetto estetico, se pur e tale, noi lo perdoniamo di gran cuore all'autore, in grazia dei bellissimi rabeschi on- d'egli ha saputo fregiare quella cor- nice, cioe delle tante preziose notizie intorno a quell'epoca veneranda, che si fanno leggere col piu vivo diletto.

sacrificare agl'idoli e il martirio che

CAPOGROSSI COLOGNESI LUIGI, aw. Su le co-nsegu&nxe (jiuri-

diche del giuramento decisorio falso. Fabriano, stab. tip. Gentile,

1895, di pp. 52.

Questo opuscolo e diviso in quat- tro capitoli. Nel primo si espone in particolare la legislazione del diritto romano. Nel secondo si stabilisce lo stato della questione messa in con- troversia. Definite che il giuramento decisorio e un mezzo col quale si ri-

solve definitivamente la controversia giudiziale e colui al quale e de- ferito il giuramento viene costituito giudice in causa propria, si propon- gono tre quistioni legali, che scatu- riscono da quel si risolve definitiva- menti la controversia,

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ticoll, del quali 1'uno e 1 'art. 1370 del cod. civ. e 1'art. 221 del nuovo cod. pen. Giacche, mentre il primo dichiara col giuramento decisa la quistione, 1'altro concede il diritto di perseguire il reo di falso giura- mento con procedura penale. Una schiera di valenti giureconsulti si sono messi all'opera per risolvere la quistione, battagliando chi per 1'una soluzione, e chi per un'altra. La prima quistione si offre tutta da se. 11 giu- rameuto deferito tronca il litigio in favore di chi ha giurato. Niuno quindi potendo contendergli il diritto indi acquisito secondo 1'art. 1370 del cod. civ., ne consegue che egli sia fran- cato da qualunque attacco. Ma vi e pure 1'art. 221 del nuovo Cod. pen. e qui spunta la seconda quistione. Si puo egli far richiamo al Pubblico Ministero contro chi ha giurato il falso, e sia punito del suo reato in conformita della legge? Non pochi risolvono la controversia in senso affermativo, e negano che vi sia in cio contraddizione tra 1'articolo del cod. civ. e 1'articolo del cod. pen. su citato. Giacche non s'intacca punto il diritto acquisito per mezzo del giuramento decisorio, in quanto che si punisce soltanto la violazione pub- blica della giustizia a riparazione del reato commesso, cosa di spettanza del P. M. E qui nasce la terza qui-

CAPPELLAZZI ANDREA, sac. - S. Bernardino, 1896, 16° di pp II Cappellazzi e uno dei piu pro- fondi scrittori che vanti al presente 1'Italia in materie filosofiche. Lo ri- petiamo volentieri ad ogni nuovo suo scritto che ci avvenga di an- nunziare, e lo ripetiamo ciascuna volta con nuovo convincimento. II presente volume pero, in cui i prin- cipii dell'antica filosofia si applicano

stione: la parte offesa non ha ella il diritto di chiedere il suo ed il ri- sarcimento dei danni sofferti ;dallo spergiuro ? Su questo punto il di** battimento diviene piu forte e strin- gente. Quelli che stanno per la prima e la seconda soluzione naturalmente sono contrarii a coloro, che Trisohrono la quistione in senso affermativo: II ch. Autore cita i nomi dei giurecon- sulti, che combattono pro o contro le soluzioni indicate, reca i loro ar- gomenti, apporta una dovizia di casi risoluti in un senso o in un altro dalle Corti di Assise e in fine con- chiude: « II giuramento decisorio in virtu dell'art. 1370 del cod. civ. ri- solve la controversia civile e la de- cide completamente. Ma nel caso di giuramento decisorio falso esso deve andar soggetto alle conseguenze or- dinarie dei reati. Libera adunque la parte offesa di muovere la querela di spergiuro, e iniziato il procedi- mento penale, libera di costituirsi parte civile, per ottenere, in seguito alia condanna penale, il risarcimento dei danni provenienti dallo sper- giuro (pag. 39). » Nel capitolo IV alia duplice quistione, se debbasi conser- vare la prova del giuramento e man- tenere il reato di spergiuro, risponde, che si, chiedendo che si armonizzi meglio la legge e cosi sia posto fine ad ogni litigio.

Le questioni moderne. Siena, tip. VI -432. -- L. 4,00. alia soluzione delle questioni mo- derne, come interessera un maggior numero di lettori, cosi diffondera piu largamente i rigagnoli delle pure dottrine scolastiche. Accenniamo sol- tanto agli argomenti trattati mae- strevolmente in queste pagine : La questione scientifica, la morale, la didattica, la storica. la letteraria, la

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domestfca, Ytconomica, la militare, la civile, la sociale, la religiosa. Ri- spetto a ciascuns 11' ch. Antore sta- bilisce princtpii solidi e chiari, con- trapponendoH agli equivoci, agli er- rori, alle fluttuazioni del pensare ; moderno. Un- difetto meramente materiale

CAS AS J. B., doc. presb. La cansas; inedios de terminaria S. Francisco de Sales; 1896, La presente opera si divide in tre parti: cagioni della guerra cubana, mezzi acconci a domare la ribellione e mezzi atti a svellere dalle radici i germi del separatismo ultramarino. Tra le cause immediate vanno ram- mentate I. la trascuratezza dei ge- nitori nell' educare e nell' istruire rettamente i figliuoli, onde questi poi nulla sanno della patria, la Spa- gna, e troppo venerano il yankismo cioe gli usi nordamericani; II. il per- messo dato a turbe di Protestanti di riempire 1'isola di templi, di scuole e d'istituti (pag. 30 e seg.); III. il matrimonio puramente civile ; IV. il filibusterismo nelle scuole e nella stampa; VI. il bandolerismo (malan- drinaggio); VII. lo nauiguismo. in- fame setta secreta, originata dagli schiavi (pag. 123 seg.). Queste ca- gioni ed altre, che, per amore di brevita, tralasciamo, a molti Cubani fanno spesso misconoscere i diritti altrui e le ragioni che verso loro pos- siede a saeculo la patria. E un quadro spaventevole che induce ogni osser- vatore riflessivo a disperare della buona riuscita della guerra di Cuba. L'Autore e vissuto in mezzo a quegli laolani per oltre sette anni, in con- tinue e varie attinenze; sicche cio che afferma non e frutto di un pes- simista, ne una ricopiatura frodolenta propria di certe gazzette. Quanto ai Serie XVI, vol. IX, fuse. 1118.

deHa edizione e 1' intollerabile e ve- ramente ecoessiva scorrettezza di al- cuni fogli nel riprodorre i nomi fo- restieri. E si la tipografia di S. Ber- nardibo di Siena si suole meritamente lodare per l'e!eganza e accuratezza delle sue edizioni.

guerra separatista di Cuba. Sus •y de evitar otras. Madrid^ tip. de di pp. 490.

rimedii, o mezzi che si vogliano dire, il rev. Casas desidera maggior cono- sciuiento della topografia dell'isola, ben intesa distribuzione di navi da guerra lungo le scogliere, in mille guise frastagliate a ricovero dei ri- belli, formazione di grossi villaggi

0 di citta invece dei troppi casolari, indit'esi, malsani e nidi di scostuma- tezza(pag 147-1 53), eccetera. L'abban- dono fisico e morale nel quale vivono

1 coloni di Cuba, mostra la negli- genza del Governo liberale di Madrid, come la mostro il governatore Mar- tinez Campos nel rimuovere che fece i cattivi uffiziali amministrativi che il medesimo Governo vi riteneva (Ci- vilta Cattolica, ser. XVI, vol. Ill, pag. 15Q-151). Uno dei mezzi sugge- riti dall'Autore non ci sembra ora pratico, ed e d'introdurre in ufficio di consiglieri presso i tribunali i Re- ligiosi di qualsiasi Ordine. Noi desi- deriamo che la perla delle Antille, si popolata (da 1,522,000 abitanti), si fertile e piena delle piii antiche me- morie spagnuole rimanga in possesso della nazione cattolica, ma insieme temiamo che i germi della ribellione seminativi dai liberal!, massime colla persecuzione religiosa sino ai nostri di (pag. 378-384 di quest'opera), non abbiano recato il frutto della sepa- razione.

14 8 gennaio 1897.

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BIBLIOGRAFIA

DALLA SANTA GIUSEPPE. Un documento inedito per la storia di Sisto Y. Venexia, tip. ex Cordelia, 1896, in 16° pice.

Ogni nuovo documento che metta in luce le virtu de' Vicarii di G. C , e sempre il ben venuto. Dell'umile e dotto Fra Felice Peretti, dell'energico Sisto V, piu libellisti e romanzieri (p. e. Gregorio Leti) ban parlato ma- le; ma, grazie a Dio, la verita, a poco a poco, si fa strada. Questo docu- mento e 1'atto di rinunzia da lui fatto nel 1564 di sua « spon,tanea volonta...

di ogni dominio e proprieta di tutte cose tanto stabili come mobili » esi- stenti presso di lui « in esecution del Sacro Concilio sopra la reforma di regolari »; e conferma il giudizio dato di Sisto V dal de Hiibner, cbe « egli disprezz6 le riccbezze di questo mon- do, compiacendosi della sua poverta di Monaco. » (Sixte q*tnt, Paris, 1882, t. 1, p. 214).

DAZZI PIETRO. II libro per la quinta classe elementare maschile, secondo i nuovi programmi .ministeriali. Con numerose vignette. Firenze, R. Bemporad e figlio, 1896, 16° di pp. 456. L. 2,00.

II libro, che e bello, generalmente, per lingua e stile e per utili nozioni storiche e scientifiche, avrebbe anche una bonta negativa quanto alia mo- rale cattolica, se non si veriflcasse qui il proverbio in cauda venenum. Di Ferdinando IV dice ch'era « uno de' principi piu malvagi che abbia avuto il regno di Napoli (p. 394) ». Pio VII era uomo « di spiriti liberali (p. 395) ». « Bisognava (per fare del- 1' Italia divisa una nazione) togliere lo Stato a tutti i regnanti (quindi anche al Papa) meno che a uno (p. 413) (al

di levare a cielo il liberalismo e le society segrete, senza scrupolo di lodare le rivoluzioni (pp. 413, 415). Loda anche ui> libro condannato dalla Chiesa : Le addizioni, di P. Maroncelli. In somma, questo libro non e da consigliare, poiche i rivolu- zionarii vi si offrono ai fanciulli quali eroi e martiri (p. 425 e segg.). Non manca, e superfluo il dirlo, la frase stereotipata che a Napoli, sotto Fran- cesco II, « era il piu infame Go- verno che si possa immaginare » (p- 426).

Piemonte) ». E cosl 1'A. e in vena

DE BROGLIE, abbe. Religion et critique. Oeuvre posthume re- cuellie par M. 1'abbe C. Piat professenr a 1'Institut catholique de- Paris. Paris, librairie Y. Lecoffre, 1896, 16° di pp. LX-360. Fr. 3,50. In quattro parti e diviso questo

lavoro, scritto dal De Broglie in fogli

sparsi, raccolti poi dopo la sua morte

e ridotti ad unita dal Piat. La prima

parte si aggira sulla definizione della

religione, definizione che 1'illustre

autore ha saputo determinare e rin-

giovanire, sfatando insieme i tanti pregiudizii moderni, che corrono at- torno su tal materia. La seconda ha per oggetto quella che egli cbiama trascendenza, ossia spiceata superio- rita storica del cristianesimo, grande

e vitale problema, intorao a cui la critica da mezzo secolo ha concen- trate tutti i suoi sforzi. La terza parte svolge le relazioni tra la religione e la scienza. La quarta finalmente con- sidera la religione in ordine alia fi- losofia razionale. Come si vede, il soggetto risponde ai bisogni pre- senti, ed-e trattato colla sicurezza e la scioltura propria dell'Ab. De Broglie, che fu uno degl'intelletti piu forti, che onorassero ai giorni nostri la Francia cattolica.

BIBLIOGRAFIA

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DE N AVERT RAOUL. -- II baratro. Racconto del secolo XYIII. Ver- sione dell'avv. Ugo Flandoli. Modena, tip. pontif. dell'Immacolata Concezione, 1896, due voll. in 32° di pp. 240 ; 256.

Bellissimo racconto, assai attraen- te e moralissimo, col quale la bene- merita tipografia modenese ha chiuso 1'anno trigesimo nono delle sue «Let- ture amene ed oneste ». Anche nel nuovo anno ella proseguira nella lo- devolissima impresa di fornire a'suoi associati racconti benfatti, bene stam- pati, e a poco prezzo. Imperocche per

cinque lire annue da anticiparsi, ognuno riceve, franchi di posta, sei volumi di circa 300 pagine 1'uno, e di piu 24 copie di sei appendici di 32 pagine Puna, da diffondersi fra il popolo. Noi non conosciamo in Ita- lia pubblicazione, che sia morale, dilettevole e poco costosa al pari di questa.

DE SIMONE GENNARO, aw. Memorie di D. Costantino Posti- glione, monaco cassinese. Napoli, tip. De Bonis, 1896, di pp. YHI-132.

che sopravvisse fu a tutti esempio di ubbidienza e di annegazione reli- giosa. II fondamento della sua vita santa era II pensiero assiduo e pro- fondo della morte, che 1'incito a di- sprezzare il fascino delle cose mon- dane e a rivolgere a Dio tutte le sue inclinazioni. Chi scorre in queste pa- gine ci6 che oper6 il Postiglione da secolare e da religiose nei suoi 48 anni che pass6 su questa terra (1846- 1894), non pu6 non esclamare : Ecco la vita d'un uomo veramente grande ! Notiamo che 1'edizione e bella e ac- curata, come ancora che le memorie sono state raccolte e scritte dall'avv. De Simone con diligenza e con affetto di amico intimo del Postiglione.

DE STERLICH RINALDO. -- Socialisms dalla Catteira alia Piazza- Seconda edizione. Roma, tip. Raponi, 1895, 32° di pp. 176. L. 2,00. Questo libro, non corredato da

un indice, non pu6 essere tolto in

mano se non da chi ha tempo e vo-

glia di leggerlo tutto da capo a fondo.

Lo dice lo stesso autore (p. 57 n.° IX)

e aggiunge che egli segue questo

La vita che annunziamo, e tale <;he secolari e religiosi vi troveranno molto da imitate. Pietro Postiglione fu, nel secolo, cristiano a tutta prova, eia nella professione di medico, sia nel soccorrere alleindigenzedel pros- simo da zelante membro della so- <;ieta di S. Vincenzo de' Paoli, sia in fine nel far parte dei congressi cat- tolici. All'opera dei congressi catto- lici egli appartenne di nome e di fatto, ed essendo nel consiglio di di- rezione, in ogni manifestazione cat- iolica si trov6 sempre in prima fila; sicche per la sua fede e costanza me- rit6 di essere insignito della croce di cavaliere dell'ordine Piano. Entrato nell'Ordine Benedettino, nei due anni

sistema. Faccia pure il comodo suo; ma abbia anche riguardo a quello -de' lettori. Premesso ci6, diciamo che quest'operetta e come la prefa-

zionedi un'opera di maggiorpolso che il ch. Autore ci promette; e contiene quanto basta a far vedere, a chiun- que non abbia le traveggole agli oc- chi, 1'abisso a cui ci trascina il so- cialismo della cattedra, donde come logica conseguenza vien poi nell'or- dine de'fatti, quello della piazza. Egli, prendendo a confutare le teorie cer- vellotiche del socialismo dottrina-

212

BIBLIOGRAFIA

rio, svolte da varii autori, e special - mente dal Prof. Ferri, da a cono- scere con argomenti chiari, palpabili, popolari che esse alia fin de' conti altro non sono se non ingenue utopie o malvage imposture. Nello svolgi- mento di questa sua confutazione ri- levasi valente logico e insieme uomo di esperienza, di senso pratico, e buon conoscitore del cuore amano, il quale tante volte sotto 1'ipocrita maschera delle dottrine umanitarie cela il piu sordido individualismo o egoismo. E poi scrittore facile, spigliato e ar- guto che si fa leggere volentieri. Ci piacque moltissimo quant' egli ra- giona nel capitolo XV intorno alia coltura popolare troppo estesa, e per6 cagione del crescere o^ni giorno al- 1'infinito il numero degli spostati ; e quanto aggiugne circa la superficia- lita degli studii, lamancanza nell'edu- cazione che si voile stoltamente sepa- rata dall'istruzione, e altre materie somiglianti, in cui trovammo i suoi giudizii in tutto conformi ai nostri. Tuttavia ci permetta il ch. Autore di notare alcune cose che stonano maledettamente con tutto il resto della sua pregevole operetta, ovvero colla verita storica. A pag. 13 egli dice: « L6 spiritismo in tutto il suo apogeo non ha mai arrecato alcun danno serio alia societa. » Pu6 dirlo soltanto chi non si e curato di stu- diarlo a fondo, n6 si e tolta la briga di seguirne lo svolgimento. A p. 65 onora il gran padre de' socialist!,

Carlo Max, del titolo « di gran pen - satore, filosofo, economista » le cui dottrine chiama elevatissime e a p. 121 soggiugne: « Ammiro in Carlo Max il genio altissimo» ecc. A pag. 91 asse- risce che « i miracoli non si discu- tono, perch6 sono oggetto di Fede! » Nel che il ch. Autore confonde due cose, la causa coll'effetto, e la virtu divina operatrice del miracolo, col fatto stesso miracoloso. Questo e sempre discutibile, flnche non viene approvato dalla chiesa, la quale non

10 sanziona se non dopo un lungo esame e una diligentissima discus- sione ; e anche cosi non si pu6 dire che sia ogni miracolo oggetto di fede, ma soltanto quelli che vengono nar- rati dalle Sante Scritture e che la stessa Chiesa accetta e non discute. A pag. 137 non si capisce bene se sia, come esser dovrebbe, un'ironia

11 chiamare spirito generoso, uma- nitario, fraterno quello dei rivolu- zionarii del 93 in Francia. Cosi pure ci lascia un po' perplessi intorno al vero spirito che in forma questo li- bro il vedere che non vi «i anno- vera tra le vere cause del socialismo 1'irreligione propagata tra le molti- tudini, e come rimedio il ritorno ai principii e alle massime del Van- gelo e alia pratica della carita cri- stiana, unico vero balsamo per le- nire i dolori dell'umanita sofferente. Ma sembra che il ch. Autore ne vo- glia trattare nell'opera che ci pro- mette. Vedremo.

DI SEGKJR mons. Le meraviglie di Lourdes. Traduzione dalla XXVII ed. Francese di Gr. Serafini. Con appendice dei miracoli e avve- nimenti piu important!. Torino, libreria Salesiana, 1896, 32° di pp. 304. Cent. 25.

FLANDOLI. Vedi DE NAYERY.

FRANCHINT MARIO. - Yita di Nessimo. Bologna, tip. Andreoli, 1897, 16° di pp. 234 Cent. 80. Che robae questo NESSUNO? Pare biato quel nome bizzarro; e difatti

un Qualcuno a cui sia stato affib- neH'ultima pagina vi troviamo acco-

BIBLIOGRAFIA

213

dato il suo bravo cognome o sopran- nome di SCHIENADASINO, ed anche espresso il suo merito caratteristico, che e quello d'avere inventato LA

FlLOSOFIA DELLA SGH1ENA, C10C 1'arte

di goder sempre, indurando la schie- na alle contrarieta aella vita. Insom- ma e uno stuzzica-appetito cotesto, e Tappetito restapoi pienamente sod- disfatto, leggendo i casi di questo capo ameno di NESSUNO, che va in cerca della felicita, e gira e rigira linisce poi col trovarla, chi il cre- derebbe? proprio nella SCHIENA, fi- losoficamente (o piuttosto cristiana- mente) indurata.

1 ragazzi e le ragazze che amano di divertirsi, e anche quegli ominoni

che non vogliono poi star sempre colle ciglia aggrottate sui libri se- rii, piglino in mano questa prosa eroicomica, e ci troveranno quel gu- sto che trovasi nei confetti chiudenti in seno il fogliolino sentenzioso. E dopo d'essersi 'molto divertiti e non poco istruiti, accompagneranno con un ultimo riso, mescolato di qualche sospiro, la lettura del seguente epi- tafflo:

Lungo disteso in questa tomba glace

NESSUN, che dorme un sonnellino in pace. Non ebbe borsaben fornita e plena,

Ma ben plena e fornita ebbe la schiena. ScniENADASiNo qulndi si chiamo,

Che 1'ebbe dura quanto bisogno. Chi si trova quaggiu senza conforto,

L'avra, se il vuol, da questo bravo morto.

KATALOG der Herder'schen Yerlagshandlung zu Freiburg im Breis- gau. 1801-1895. di pp. 256.

LEITNER FRANZ Dr. Subgerens des georgianischen Clericarseminars in Miinchen. Die prophetische Inspiration. (Dell' ispirazione della S. Scrittura). (BARDETSHEWER, Biblische Studien. I. Bd. 4, 5 Heft). Freiburg im Breisgau, Herder, 1896, di pp. X-196. Mki 3,50.

E uno studio pieno e compito so- pra la divina Ispirazione, perche cio significa 1' 'Ispirazione profetica, an- nunziata nel titolo. II ch. A. la esa- mina come atto divino dirigente I'in- telletto e la volonta dell'uomo, non gia in relazione alia costui parola o a) costui scritto; essendoche deli'ispi- razione sotto questo rispetto sonvi giaaltri lavori. II trattato va di mano in mano sciogliendo le molte que- stioni che si possono fare sulla divina Ispirazione e non gik con metodo a priori, ma secondo che se ne parla nell'antico, nel nuovo Testamento,

nei Padri e negli stessi scrittori ere- tici (montanisti, gnostici, manichei) i detti dei quali sono diligentemente notati ed esaminati. Quindi il trattato ha naturalmente tre parti; alia fine, quasi appendice, si parla del carisma dell' assistenza divina, concessa da Dio alia Chiesa, assistenza che e un dono differente dall' ispirazione, che fini cogli Apostoli.

Col presente studio si chiude de- gnamente il primo volume del pe- riodico Biblische Studien, pubblicato dal Bardenhewer.

NEDIANI TOMMASO. In solem et pulverem. (Nove liriche). Bri-

sighe.Ha, tip. Servadei, 1896, 16° di pp. 96.

A questo cantore non pu6 certa- rie XVI, vol. IV, p. 590. Lo invitiamo mente negarsi anima di poeta e le per6 a curar meglio un'altra volta altre qualitk che dicemmo nella Se- la stampa, affinche 1'edizione riesca

214

BIBLIOGRAFIA

casillabo e per6 stride, come i due precedent!, in una ode (p. 11) tutta di novenarii (versi acefali e slombati, che il Carducci ben poteva rispar- miarsi d'evocar dalla tomba). Tali anche i seguenti, che dovrebbero essere endecasillabi :

Di parlare agli umili. La grotta (p. 26) Insieme col suon di candide preghiere (p. 26) Ma non sent! tn dal faro a la laguna (p. 43) Da le istoriate sale or fatte oscure (p. 52) E a te non valse la pietosa istoria (ivl) Or che sparir le fiere genti, viole (p. 54) Fior, d'amore, e di bellezza arrisa (p. 83).

non solo elegante come questa, ma,

che piu monta, corretta. E corretta

non e la presente, la quale a molti

errori d'ortografia e di punteggia-

tura, che rendon piu oscuro il senso

delle parole, gia qualche volta offu-

scato da carducciana nebbia, ne ag-

giunge altri che fan perfino compa-

rire i versi metricamente sbagliati.

Tali sono « Di due cuori legati in

catena » e « Arridente di piccola fata»

e « Des'iato calava alia sera », che

con quella dieresi si allunga a de-

PIAT. Vedi DE BROGLIE.

SERAFINI. Yedi DI SEGUR.

SPILA DA SUBIACO P. BENEDETTO. -- Memorie storiche della

Provincia Riformata Romana. Vol. e 3.° Milano, tip. Capriolo,

1896, di pp. 852 e 328.

Del Volume di queste Memo- rie dicemmo nella Serie XIV, Vol . VIII, Quad. 969, pag. 351. Or ci rimane a dire del e del volume, ne' quali il ch. Autore raccolse quanto gli venue fatto di estrarre da documenti autentici, manoscritti o impressi, in- torno agli uomini e alle cose piu me- morabili appartenenti alia Provincia romana dei Minori Riformati, senza omettere un cenno de' fatti ed uo- mini illustri di altre Province della Riforma Francescana. Nel volume ci mette sott'occhio le apostoliche fa- tiche de' suoi Confratelli nelle Mis- sioni loro affidate dalla S. Sede nel-

1'Asia, nell'Africa, nella Turchia Eu- ropea e in altre parti d'Europa e nelle due Americhe, specialmente nella Me- ridionale. E una rassegna rapida, come esigeva 1'abbondanza della materia, ma bastante a darci una grandiosa idea del tanto faticare e patire che iecero e fanno a gloria di Dio e a bene delle anime i PP. Riformati. Ci

vediamo passare dinanzi tutta una schiera di uomini apostolici, di con- fessori e di martiri della fede, fino al P. Salvatore da Cappadocia test6 ucciso con undici cristiani in odio della fede dagli stessi soldati turchi, e quindi gittato co' suoi tra le flamme.

Nel volume il ch.° Autore an- novera que' Riformati che vennero promossi alle cariche dell' Ordine e fuori del medesimo, tra i quali molti segnalaronsi per fama di santita e dottrina. Poscia nell' ultimo capitolo da contezza del Monastero di Santa Chiara in Rieti, ove fiorirono Sucre che onorarono con la loro virtu la Riforma, e tutto 1' Ordine Serafico.

Sebbene qualche suo apprezza- mento, ove tratta delle Missioni, non concordi con le nostre idee, non la- sciamo per questo di commendare debitamente un'opera degna d'ogni elogio e che torna di grande onore aH'Ordine seraflco e alia Chiesa.

ARCHEOLOG-IA

53. I monument! del sacro pallio nell'esposizione Orvietana e le piu an- tiche forme della detta insegna. 54. II pallio nei piu antichi mu- saici di Roma. 55. La sciarpa profana (lorum) e la sciarpa sacra. 56. L'omoforio o pallio sacro di Grottaferrata. 57. La discesa al limbo, 1'ascensione e la Pentecoste sul pallio bizantino di Grottaferrata.

53. / monumenti del sacro pallio nell'esposizione Orvietana e le piu antiche forme della detta insegna.

Xelia mostra sacra e archeologica di Orvieto, fra i tanti paramenti antichi, era esposto eziandio il celebre pallio o omoforio di Grottafer- rata. E non era il solo monumento di grande importanza per la storia del piu insigne fra i vestimenti liturgici, quale e appunto il pallio sacro. Yi si trovo un grande disegno a colori dell'antica .pittura nel sotterraneo romano di san Clemente, dove il papa san Clemente I7 vestito solennemente del pallio, celebra la santa messa. Yi erano poi moltissime fotografle contenenti la storia degli abiti vescovili e anzi tutto lo sviluppo del sacro pallio per le diverse eta. Yi si ammiro finalmente fra 1'altro un dittico della casa Barberini di Roma, che mostra un tipo assai chiaro e pregevole dell'antichissimo modello clei sacri pallii, cioe del lorum dei consoli, vogliam dire di quell 'ornato secolare, a cui il sacro pallio nella sua forma primigenia e assai affine.

II pallio sacro, che oggidi suole mandarsi dalla santa sede agli arcivescovi, e formato d'una striscia di bianca lana, che circonda le spalle e ha nella parte del petto e del dosso una piccola appendice rettilinea. Solo sei croci nere ne formano I'ornato. All' insegna di si modesta apparenza conviene oggidi il piu alto significato, cioe del con- ferimento del sommo onore sacerdotale da parte di san Pietro, alia tomba del quale i pallii si conservano.

II pallio dei vescovi nell'antichita ecclesiastica ed anche il pallio di cui si serviva il papa nei primi secoli dopo Costantino, non era di questa forma piccola e ristretta. Esso consisteva invece in una assai lunga striscia con due sole croci verso le estremita. L'antico pallio cominciava il suo giro intorno alia persona sotto il ginocchio sinistro

216 ARCHEOLOGIA

per andare alia spalla sinistra, passare sul dorso e tornare per la spalla destra alia parte dinanzi, dove sotto il petto si piegava e tornava di nuovo sulla spalla sinistra; finalmente di dietro pendeva, e sempre alia parte sinistra, fino giu alia medesima attezza. Si confronti il se- guente disegno num. 2

1. Lorum o fascia secolare.

2. Pallio antico. 3. Pallio medioevale.

Dunque si soleva portare la sacra fascia in maniera assai piu solenne che non 1'ha 1'uso di oggidi. La fascia poi era allora espres- sione semplicemente della dignita di vescovo e pastore, tanto nel- 1' Oriente, dove tutti i gerarchi 1'avevano, quanto nell' Occidente, dove medesimamente in molte parti, e specialmente nelle Gallie e nell' Africa, il pallio era un comune ornato liturgico dei sacri pastori.

L' imagine sopra accennata di S. Clemente, che data dal sec. XII, fa vedere che allora era gia successo un gran cambiamento del co- stume latino intorno al pallio. Ivi, come lo mostra il num. 3 fra i nostri disegni schematic! a questa pagina, la striscia e priva del franco e leggiero movimento intorno alia persona, qualita dei vestiti classici ; ma intorno alle spalle sta una parte fissa, composta da due semicerchi che sono congiunti ad angolo sul petto e sul dorso, e dal mezzo pendono due lunghe strisce davanti e dietro in linea retta. In altre pitture coetanee la parte posta intorno alle spalle ha gia la perfetta figura ovale.

Peraltro quella mutazione nell'indossare il sacro pallio, che mostra la faniosa pittura di S. Clemente, non fu introdotta solamente al tempo

ARCHEOLOGIA 217

dell'origine della pittura, cioe nel secolo XII; ma gia dal secolo IX sappiamo, che si inizio a Roma un nuovo modo di vestir il pallio, e differente dal primitive.

II biografo di S. Gregorio Magno, Giovanni Diacono, ne offre un cenno, donde si vede che la mutazione introdotta circa la meta di quel secolo e stata quasi precorritrice della maniera medievale del secolo XII. Giovanni dunque, descrivendo una imagine di S. Gregorio dipinta ancora al tempo di questo papa, crede di dover avvertire il lettore, che il suo pallio now per medium eorporis sed ex latere pendet (1. 4 c. 84). Egli conosceva gia un nuovo uso, di avere cioe la lunga parte della striscia pendente, come dice, per medium eorporis.

A Roma si osserva perd che il papa Gregorio IV (827-844) nel musaico eseguito sotto lui nella basilica di S. Marco porta ancora il pallio ex latere, vuol dire all'antica, pendente dalla spalla sinistra e non fisso intorno al petto e al collo. Di piu Leone IV (847-855) in una pittura sua nel sotterraneo di S. Clemente, fatta similmente in tempo di sua vita ,. lo ha pure cosi ex latere. Ed S questo Pultimo nonumento del pallio portato alia primitiva maniera, che conosciamo. In ambidue i monumenti, quello di Gregorio IV e quello di Leone IV, la forma del pallio corrisponde esattamente alia descrizione del pallio primitivo presso il citato diacono Giovanni *.

Siccome Giovanni Diacono scrisse circa Panno 880, il nuovo uso di far cadere il pallio per medium eorporis deve essere stato intro- dotto da uno dei quattro successori di Leone IV, cio6 Benedetto III, Nicola I, Adriano II e Giovanni VIII.

Dai tre secoli che corrono fino all'origine del sopraddetto affresco di S. Clemente papa all'altare col pallio medievale, restano in tntta Roma soltanto due monumenti con figure vestite del sacro pallio.

L'una e un affresco di scuola apertamente bizantina nello stesso sotterraneo di S. Clemente, dove S* Clemente papa indossa il pallio piuttosto alia maniera greca di allora; 1'altro e 1'affresco di S. Ur- bano fpapa presso 1'antica tomba di S. Cecilia nella catacomba Cal- listiana, anch'esso poco decisive per la storia del pallio, perche disgra- ziatamente troppo danneggiato.

1 « Pallio a dextro humero sub pectore super stomachum circulatim deducto, deinde sursum per sinistrum humerum post tergum deposito, cuius para altera super eundem humerum veniens propria- ret5titudine, non per mediums eorporis, sed eJr latere pendet » E lo stesso andamento che abbiamo descritto alia; pa g. 215 s.; soltanto e esposto con altroi online.

218 ARCHEOLOGIA

54. // pallio nei piu antichi musaiti di Roma.

Per tornare al primitive pallio romano (clelle origini del quale ci dovremo occupare piu innanzi) esponiamo qui la serie dei monumenti di Roma, dove questa veneranda insegna si vede ancora rappresentata nella forma antica, e facciamo I'enumerazione andando addietro nei tempi.

Prima di Gregorio IV (f 844) il papa Pasquale I (817-824) ci ha rilasciato la sua flgura col pallio in tre chiese romane, in quelle di S. Cecilia, di S. Prassede e di S. Maria in Domnica.

Leone III (705-816) fu autore del musaico del triclinio lateranense. Sebbene il presente stato del musaico tutto riformato non offra piii per se nessuna certezza sui pallii, che ivi appariscono, ne abbiamo pero antichi disegni fedeli ed assai istruttivi.

Gl' important! affreschi del cimitero di S. Callisto con le figure dei papi Cornelio e Sisto II e dei vescovi Cipriano ed Ottato, tutti de- corati del pallio, sono del tempo incirca dello stesso Leone III.

Yerrebbe ora il papa Giovanni VII (705-707) col suo ritratto con- servato nelle grotte di S. Pietro ; ma mi sono convinto che ne la figura presente, troppo ristaurata, o per meglio dire cambiata, ne gli antichi disegni, per cagione del loro carattere arbitrario, offrono nes- suna sicurezza riguardo all' indossamento del pallio.

Molto piu importante ed esatto e il testimonio che rende del pri- mitive pallio il grande musaico di Giovanni IV (640-642) all'oratorio di S. Venanzio nei battistero di S. Giovanni in Laterano. Ivi vestono i pallii cinque persone, il papa Giovanni IV e il suo successore Teo- doro, poi i santi vescovi Venanzio, Domnione e Mauro, tutti nella me- desima maniera antica che abbiamo descritta di sopra.

Le piu antiche figure finalmente che a Roma si sono conservate «ol pallio, sono quelle del musaico di S. Agnese fuori le mura, ese- guite sotto Onorio I (625-638), e rappresentano lo stesso Onorio e, come sembra, il papa Simmaco. Le chiamo le piu antiche, perchS il ritratto di Pelagio II sulla pittura musiva di S. Lorenzo fuori le mura, la quale sarebbe del tempo di Pelagio II stesso (578-590), e percio di eta piu remota, e infatti inutile per il nostro scopo, essendo quasi tutta rifatta modernamente. E lo stesso vale, e piu ancora, della cosi detta figura di Felice III (526-530) sul musaico a S. Cosma e Damiano al Foro Romano.

Se vogliamo incontrare monumenti piu antichi del secolo VII, che diano un concetto del sacro pallio, bisogna uscire fuori di Roma. Accenniamo ai musaici di Ravenna, tanto preziosi per 1'archeologia e per la storia, i quali mostrano nei secolo VI S. Massimiano, S. Apol-

ARCHEOLOGIA 219

linare, S. Urso ed i vescovi Ecclesio ed Ursicino coi pallii, costante- mente nell'antica e primitiva foggia a noi gia nota. La piu vetusta rap- presentazione pero dell' insegna si ha, come pare, nel celebre rilievo in avorio della chiesa cattedraie di Treviri. In questo maraviglioso lavoro del secolo Y, dove e eflBgiata una solenne traslazione di reli- quie, i due vescovi, seduti insieme in una bella vettura e tenenti la cassetta delle reliquie sulle ginocchia, portano ambedue il pallio an- tico. cioe sulla spalla sinistra e col giro intorno al dorso e al petto.

55. La sciarpa prof ana (lorum) e la sciarpa sacra.

Per vedere quanta sia 1'analogia fra la forma del pallio sacro au- tico e 1' insegna profana chiamata lorum, basta dare una occhiata al vestito di certi dei piu alti personaggi della comitiva di Costantino il Magno nei rilievi del suo arco a Eoma. Essi portano sopra gli altri abiti tutta la stessa lunga e stretta striscia, e solamente 1'andamento di essa intorno al corpo si differenzia da quello dell'antico pallio. Nelle loro figure la striscia o sciarpa, dopo esser passata dal lato sinistro del petto sull' omero sinistro e addietro le spalle, non gira sopra 1'omero destro, ma sotto il braccio destro e torna cosi, per la via piu breve, sulla spalla sinistra, donde discende addietro come il pallio. Si veda il disegno num. 1 alia pag. 216. Cosi incontriamo lo stesso lorum nei dittici dei consoli ancora nel secolo Y, p. e. in quello del console Felice presso Daremberg e Soglio, Dictionnaire des antiquitfe, p. 1906.

Yi e pero nelle forme del lorum uno sviluppo : altri esempii ab- biamo del medesimo vestimento, dove tan to gli ornati quanto i giri che fa intorno alia persona, sono piu ricchi e variati. E a questo ge- nere del lorum piu perfezionato o, se vogliamo, piu complicate, appar- tiene quell' importantissimo lorum barberiniano dell'esposizione sacra di Orvieto, che abbiamo citato all'esordio del paragrafo 53. Codesta larga e sontuosa sciarpa, che quivi veste un console anonimo del se- colo Y, fa il solito giro dal petto sinistro sulla spalla sinistra e poi sotto il braccio destro, ma tornata sulla spalla sinistra viene di nuovo fuori sotto il braccio destro, pero piu basso delPordinario, si piega sotto il ventre e finisce sopra il braccio sinistro del personaggio cosi curiosamente fasciato. In un altro nostro lavoro, riferentesi alia storia degli abiti sacri, diamo la riproduzione della fotografia fattane in Orvieto *.

' II detto lavoro forma parte della Festschrift zum elfkundertjdhrigen Jubilaum des deutschen Campo Santo in Rom. Freiburg, 1897, Herder.

220 ARCHEOLOGIA

Non e questo lorum della decadenza, ma 1'altro piti semplice, secondo noi, e seoondo 1'opinione emessa gia da altri, che servi di modello alia forma dell'antico pallio vescovile. Non diciamo gia che il sacro pallio sia stata una concessione dalla parte degl' impera- tori cristiani, sentenza di alcuni che crediamo priva di solido fonda- mento e sottoposta a serie difficolta storiche. Ma altra cosa e quello che sosteniamo noi, cioe che 1'autorita ecclesiastica, volendo intro- durre una insegna per aggiunger dignita alia persona del sacro pa- store nelle azioni liturgiche, si attenne nella scelta del vestito ad una forma di ornamento gia usata e la trasformo al suo scopo, san- tificandola per mezzo delle croci, e scegliendo an che nella maniera di portarla una maniera differente da quella usata dai dignitarii seco- lari. In quel tempo, come e notissimo, non esistevano ancora vesti sacre del clero di forme different! dalle vesti dei secolari, e solo piu tardi il cambiamento del vestito secolare comincio a produrre la diffe- renza. Quella sacra striscia dei vescovi, era il primo abito distintivo che sia stato ammesso dalla Chiesa. La possiamo chiamare sciarpa sacra vescovile, perche in fondo era una veste dello stesso genere delle nobili seiarpe profane o lora.

E poi cosa assai naturale che proprio la sciarpa abbia dovuto ser- vire per la prima insegna ecclesiastica ; imperocche non vi ha vestito semplice, che si adatti meglio ad esprimere, per le diverse maniere onde si adorna e si addossa, i diversi gradi che si vogliono contrassegnare.

Noi crediamo che al principio anche il prete ed il diacono usa- rono semplicemente una tale sciarpa gettata sopra gli abiti di forma comune, per farsi riconoscere nel sacro ministero per quei dignitarii che erano. La sacra sciarpa del prete e del diacono e la stola, ma portata da ambidue in modo differente.

54. L'omoforio o pallio sacro di Grottaf errata.

II pallio sacro conservato a Grottaferrata e di origine greca ha secondo 1'uso greco il nome omophorion. Questa grandiosa opera di seta bianca, ornata di ricchissimi ricami, rappresenta ancora, in quanto alia sua forma in generale ed alia maniera onde fu portata, il vero pallio dell'antichita, non quello dell' Occidente nel tempo medioe- vale. La lunga fascia fu indossata, come la sacra sciarpa primitiva, riposando cio&, sulla sinistra spalla e cadendo, dopo il giro, innanzi e di dietro giu dalla medesima parte. Un concetto ne da il disegno num. 2 alia pag. 216 e la descrizione dell'antico uso alia pag. 215 s.

L'omoforio di Grottaferrata porta quattro croci e sono esse appunto i campi, dove fa la piu bella mostra di se il lavoro di ricamo.

ARCHEOLOGIA 221

La prima di queste croci sta vicino all'estremita anteriore, la se- conda presso la posteriore, le altre due ornaDO le parti del petto a destra ed a sinistra. Oltre a; cid:vi e lar figura del Salvatore, vestito da re e sacerdote ; e il suo posto si trova sopra la spalla sinistra (dove il pallio girava due volte) per indicate secondo 1'uso de' Greci quello stesso che indicava la figura della pecorella nel medesimo luogo in altri pallii orientali, cioe che il sacro pastore porta i fedeli sulle spalle colla carita di Cristo sommo pastore. Diamo quivi la riproduzione d'una fotografia del detto Salvatore, tanto come tipo dell'arte quanto per mettere sott'occhio il singolare pallio onde e ornato.

L'eta dell'omoforio di Grottaferrata risale al secolo XIII incirca.

Tanto si pud dedurre dal tipo iconografico delle molte sue figure, confrontandole con dipinti, musaici e miniature di provenienza bizan- tina che hanno la data sicura dell'anzidetto tempo. Ma piu stringente ancora sembra la prova che ne abbiamo dalla paleografia. La forma delle lettere maiuscole coi nomi dei profeti sopra le loro figure, e similmente di quelle scritte sopra le scene bibliche corrispondono all'eta accennata.

Di data piu recente 6 solamente il drappo sottoposto al ricamo. Al tempo stesso di questo rinnovamento pare appartenga 1'iscrizione in oro sugli estremi orli del sacro pallio. Essa dice da un lato:

f T6 HAP^N '2MO#OPION 'YHAPXEI TOY HANI EPQTATOY MHTPOHOAITOY HAAAI2N HATP2N

e dall'altro:

222 ARCHEOLOGIA

'YHEPTIMOY KAI EEAPXOY HACHC AXAIAC

KYPOY eEO$ANOYC 'ETOYC ZPKC' 'INDIKTI2NOC d AHPIA... TOY XPI-

[CTOY 1618 l-

In italiano : Qnesto pallio e del sacratissimo metropolita dell'an- tica Patrasso, venerabilissimo ed esarca di tutta 1'Acaia, Signore Teo- fane, nell'anno 7126 indizione 1. Aprile... e di Cristo 1618. Questa iscrizione non altro ci mostra che il nome del proprietario del sacro vestimento nel secondo decennio del sec. XVII. Donde sia venuto alle mani del metropolita Teofane 1'oggetto che e assai piu antico, non lo sappiamo; ma la congettura piii verosimile si e che sia stata una sacra eredita nella sede di Patrasso. Similmente si ignora, come il pallio sia venuto da Patrasso a Grrottaferrata ; nemmeno il diligente bibliotecario dell'abbazia, a cui mi sono rivolto con una relativa do- manda, ha potuto indicare qualche cenno storico sulla traslazione. Solo in un inventario dell'abbazia composto nel 1727, come avverte mons. Farabulini 2, si troverebbe scritto : « Un omoforio di damasco con figure di ricamo d'oro » ; e sarebbe secondo lui il nostro sacro pallio.

Le scene ricamate nell'omoforio sono tutte del nuovo testamento. Esse si dividono sulle suddette quattro croci nella maniera seguente. Sopra 1'una delle due croci corrispondenti al petto del vescovo si sviluppa in mezzo e in un campo piu grande la scena della Nativita del Signore, la quale e accompagnata di sopra dalla rappresentazione dell'Annunziazione e di sotto da quella del battesimo nel Giordano, ambedue in quadrati piu piccoli. Yi si legge sulle relative scene H XY rENE(SIS), 0 EYAITEAISMOS , H BAHTHSIS.

Sull'altra croce del petto si vede la rappresentazione « di tutti i santi T> ; sopra e quella della trasfigurazione, sotto e quella dell'entrata in Gerusalemme colla processione delle palme : 01 AFIOI IIANTES, H METAMOPOQ(Sn;) , H BAIO$OPOS (quae portat ramum palmae). Abbiamo dunque ivi due effigie di Cristo, che si compiono vi- cendevolmente : di sotto Cristo re umile, nell'esordio della sua pas- sione (Rex tuus veniet tibi... pauper et ascendens super asinam etc. Zach. 9, 9) ; e di sopra Cristo nella gloria, re elevato sopra la terra. Questa e la stessa contrapposizione che £ gia adoperata, mettendo una scena sopra 1'altra, nel quarto secolo, sul famoso sarcofago di Giunio Basso nelle grotte di S. Piotro in Yaticano.

1 Alcune parole hanno accenti e spiriti ed altre no. Si avverta che invece dell'2 neH'originale si ha sempre la forma to, come era solito allora.

* « Arcbeologia ed arte rispetto a un raro monumento greco conser- vato nella badia di Grottaferrata ». Roma, 1883. Pag. 61.

ARCHEOLOGIA 223

Segue 'la terza croce che stava vicina al ginocchio sinistro del ve- scovo, e ha in mezzo la storia della Crocifissione, in alto quella della Presentazione (occursus), e abbasso quella della dormizione (assunzione) della Madonna: H STAYPQSIS, H YIIAIIANTH, H KOIMHSI2. Finalmente la immagine della quarta croce, portata dal rescovo sul dosso, contiene in mezzo la risurrezione del Salvatore, sopra poi la sua ascensione, e sotto la discesa dello Spirito Santo : AXASTASIZ, ANAAHWIS, IIENTHKO(STH).

Anche questa ultima immagine importantissima abbiamo fatto foto- grafare per la riproduzione, ed e la prima pubblicazione che se ne ha in questa grandezza. Le dedichiamo volentieri uno studio piu accurate.

57. La discesa al limbo, V ascensione e la Pentecoste sul pallio bizantino di Grottaf errata.

Codeste tre scene ci offrono come uno specchio dell'arte bizantina in quella epoca della sua seconda maggior fioritura, quale fu il tempo del secolo XII e XIII.

Le composizioni si presentano assai ben ordinate, il disegno e arti- stico e le figure mostrano quella misura di grazia, della quale lo stile bizantino e capace.

Frattanto gli aggruppamenti non sono in nessuna inaniera inven- zione dell'artista, ma si regolano interamente secondo le usate leggi ed abitudini dell' arte greca, le quali, come e noto abbastanza, avevano le forme stabili e a cosi dire tipiche per le varie rappresen- tazioni sacre. Yi erano perfino i canoni scritti che davano la dire- zione ai pittori. Tali direttivi si sono p. e. conservati nelle notizie tradotte dal greco nell'evangeliario n. 98 di San Gallo nella Svizzera nel sec. 9-10, e meglio ancora nel libro dei pittori del monte Atlws, opera assai piu tarda, ma composta con element! di antica eta. I tipi si ripetono nelle diverse produzioni bizantine con tanta costanza , che^si pud assai utilmente illustrare 1'una rappresentazione mediante la corrispondente d'un altro maestro.

In quanto alle scene del sacro pallio di Grottaf errata, gia nion- signor Farabulini nella sua dotta illustrazione del pallio si e servito di questo metodo e con ottimo successo. Noi per spiegare le storie rappresentate nella aggiunta riproduzione della fotografia, ci serviremo di due serie di sirnili storie, non citate dal suddetto autore, cio§ di quella della porta di bronzo fondata da Gregorio YII per la basilica di S. Paolo alia Yia Ostiense e di quelle della eccellente tavoletta a

musaico del sec. XI incirca, conseryata nell'opera del duomo di Firejize A.

1, DISCESA AL LIMBO. Invece della risurrezione, .del corpo glo- rioso. dal sepolcro indicata dall'iscrizione Ana^tasi*, viene qui rappre- sentata 1'apparizione del Salvatore risorto nel limbo, .appunto. come nqlla suddetta porta di Paolo e nella.xplativa tavoletta di Firenze, dove, cosi, nell'una come nelFaltra, e scritto rnedesimamente ANACTA- CIC. II Kraus, parlando della scena di Firenze, tiene, per erroneo questo

1 Le scene della porta di San Paolo sono pnbblic.ite nel Nicolai, Delia basilica di S. Paolo, Roma 1815, tav^ XI SP. DeJla tavoletta di Firenze si trova una fototipia nella « Zeitschrift fur cbristliche Kunst » torn. 4 (1891*), tav. IX col commentario di F. Sav. Kraus p. 200 ss.

ARCHEOLOGIA 225

titolo della tavoletta; ma erroneo non e affatto, perche era proprio uso ordinario rappresentare cosi la risurrezione. Si volevano rilevare i suoi effetti a pro dell'umanita redenta per mezzo della liberazione dei padri del limbo operata dal glorioso Eisorto, che ivi spiega i primi beneficii della redenzione.

II Salvatore nella nostra figura, apparente in un cerchio ovale di luce, prende per mano pietosamente Adamo a destra ed Eva a sini- stra, ambedue vestiti e di eta matura, mentre a' suoi piedi giacciono infraate e rovesciate a terra le valve dell' inferno. Sotto questa porta si nasconde la forma mostruosa dell' impotente Angelus dbyssi. La chiave del suo regno e gittata per terra.

II liberatore divino ha a sua destra tre santi re ornati di nimbo, e colla corona in testa. Uno e probabilmente Davide. Dietro ad essi si vedono le teste di tre donne. La prima persona a sinistra di Cristo pare sia San Giovanni Battista col nimbo, il quale conduce al Reden- tore parecchi padri del limbo.

Nella tavoletta di Firenze abbiamo la medesima composizione, ese- guita con meno figure, ma piii artisticamente e con piu sveltezza e grazia dei movimenti : Cristo apparisce volando cogli abiti sollevati dal vento in alto e calpesta le porte dell' inferno, mentre le chiavi spezzate giacciono attorno. La porta di S. Paolo poi mostra le porte e le chiavi nella medesima parte inferiore della scena, ma mette Eva con Adamo a destra del Salvatore, e a sinistra tre santi del limbo con Davide al primo luogo.

II re Davide sta nell' omoforio col suo nome 0 IIP03>(HTHS) AAA nel quadretto a sinistra di chi guarda. A destra nel quadretto corrispondente si vede un altro profeta, il giovanetto Daniele, colla scritta 0 IIPOO(HTHS) AANIHA. Daniele vi sta, perche colla sua liberazione dalla grotta dei leoni e il tipo di Cristo risorto dalla morte, e Davide vi si trova perche aveva cantato nel salmo 4 : Quoniam non derelinques animam meam in inferno, nee dabis sanctum tuum videre corruptionem.

2. L'ASCENSIONE. II Salvatore torna al cielo in un cerchio di oro sostenuto da un angelo alato a destra e uno a sinistra. Egli bene- dice i discepoli che stanno in terra. Essi sono dodici invece di un- dici, e in mezzo a loro spicca la figura maestosa della madre di Dto in atteggiamento di orante. Due angeli le stanno addietro, e sono quelli che apparvero dopo che il Salvatore si era sottratto agli occhi dei presenti (Act. 1, 10 s.).

Codesta maniera di rappresentare 1'ascensipne del Signore la ve- diamo gia in una pittura del sotterraneo di S. Clemente a Roma del

Serie XVI, vol. IX, fase. 1118. 15 9 gennalo 1897.

226 ARGHEOLOGIA.

sec. IX, pittura che altri falsamente interpretano come assunzione della Madonna.

L' imagine di Firenze non divaria in nulla dalla scena descritta, solo che in fondo si vedono le cime di alcuni alberi ricordanti il monte Oliveto, e che gli apostoli hanno qui assai maggior movimento e la Madonna piu espressione di grandezza. Sulla porta di S. Paolo gli alberi stanno in altro posto della scena, gli angeli hanno il loro po- sto piu avanti, e la santissima Vergine, con tutto che sta in mezzo, non forma cosi il centre della scena sul monte.

3. LA DISCESA DELLO SpiRiTO SANTO. Nella nostra scena, come nelle altre due rappresentazioni, dodici apostoli stanno schierati in un semicerchio. La Madonna in tutte e tre non apparisce. La ra- dunanza e" in un' aula di forma ellittica. La sala, almeno nell' ima- gine di S. Paolo fuori, e come pare anche in quella di Firenze, e sor- montata da una cupola, e si vedono le linee curve dell'architettura che accompagna il sno andamento in alto, linee tenute falsamente dal disegnatore delle porte di San Paolo per raggi con dentro le lin- gue di fuoco. Le lingue non si scorgono in nessuna delle nostre tre rappresentazioni .

Un particolare assai curioso e" il tondo inferiore della nostra scena di Grottaferrata, dove si vede un vecchio colla corona in testa, che tiene con ambedue le mani una striscia o un panno esteso, forse per qualche scrittura. Nella tavoletta di Firenze e la stessa figura in un tondo, e il tondo fa tutto da se una parte, divisa dal resto della scena. A S. Paolo stanno nello stesso luogo sotto un arco tre persone, quella in mezzo, come pare, e coronata, e sopra e scritto OTArAOCE.

II Nicolai osserva (p. 291): « Forse si voile indicare il dono delle lingue con questa parola che e una abbreviatura delle due <DTLQN TAQSSAI. »

La vera chiave ci viene offerta dal libro dei pittori dell'Athos. Ivi sotto il n. 319 (ed. ted.) si dice che questa rappresentazione deve avere un vecchio incoronato il quale tiene innanzi a sei un panno con dodici fogli rotolati e porta sopra la testa la scritta il tnondo. Abbiamo dun- que nell'accennata figura il tnondo e 1'allusione all'effetto maraviglioso dello Spirito Santo, il quale converte il mondo e apre la strada alle prime conversion! e all'unita delle genti col dono delle lingue 4. Dopo cio crediaino soverchio il confutare 1'opinione di quelli, i quali nella figura isolata della parte inferiore hanno veduto la madre di Dio.

1 Cf. BROCKHAUS, Die Kunst in den AthosUostern. Leipzig 1891. Pag-. 134.

GRONAGA CONTEMPORANEA

Roma, 16-31 decembre 1896.

I.

COSE ROMANS

1. Discorso di Leone XIII ai Cardinal!, il 23 decembre; commenti fattine dai nemici del Papa. 2. Ancora sulla Missione di Monsignor Macario; slealta governativa. 3. Testo del discorso accennato. 4. Una que- stione politica al Consiglio comunale di Roma, ossia proposta di rimu- nerare i patriotti. 5. Decreti delle Congregazioni romane. 6. Morte del Card. Boyer. 7. L'opera Passeggiate educative Pippo Buono.

1. II 23 decembre, antivigilia del Natale, il Sacro Collegio del Cardinal! circondava Leone XIII nella sala del trono, e per bocca del suo nuovo decano, il Card. Oreglia di Santo Stefano, offriva i suoi ossequi all'augusto Capo della Chiesa. II Card. Oreglia nel suo di- scorso aveva 'brevemente accennato all'opera salutare del Ponteflce di accrescere 1'infl.usso della Chiesa su tutti i popoli per 1'eterna sal- vezza delle anime. A quest' idea, appena toccata dal Card. Decano, rispose con certa ampiezza Leone XIII, e con decoro e maesta riven- dico ancora una volta la sua piena indipendenza, di cui fu privato dal Groverno della penisola, indicando inoltre il perpetuo osteggiarlo che fanno in tutto quello che egli opera, come accadde ultimamente nel tentato riscatto de' prigionieri. Parlo all'istesso tempo con forza' e con chiarezza. Quanto alia forza, essa fu manifesta a tutti, e ci e nota da chi fu presente. Prese a rispondere al S. Collegio stando se- duto ; ma, cominciato a parlare degli sforzi da lui fatti per ricondurre i popoli alia Religione di Cristo, ed a mano a mano scaldandosi, egli s'alzo, continuando in piedi il suo discorso, accentuandone le frasi col gesto. Tomato a sedere, s'alzd nuovamente quando parlo de' prigionieri che egli voile liberare, indotto solo dalPamor patrio e dalla sua paternita spirituale ; atto, ei soggiunse, che fu pubblicamente abbandonato al vi- lipendio e alia calunnia. Al qual punto, con accento di amarezza, ri- cordo la causa donde e scaturito q'uest'ultimo fatto, cioe il dissidio dello Stato dalla Chiesa che pesa come un infortunio sulle italiche swti.

228 CRONACA

Quel dissidio e la trista condizione fattagli dalla Rivoluzione (voleva dire il Papa) lo espone al rischio di non poter neppure esercitare la carita, senza essere infamato e senza che 1'atto pietoso sia considerate quale un affronto e un pericolo pel Governo, come di fatto si consi- dero. Che il Papa abbia parlato, oltreche con forza, anche con chia- rezza, ce lo dicono gli stessi suoi nemici, sui quali il discorso non manco di fare impressione, come poteva farla in chi non crede al Papa e alia Chiesa. Yalga per tutti il sig. Luigi Lodi, uno di quelli che credono che 1'aver tolto 1' indipendenza al Capo della Chiesa sia stata la maggiore opera de' secoli. Egli dice dunque : « Leone XIII e stato pre- ciso... Egli ha ripreso la tesi papale (e quando I' ha Lasciata?) della necessita d'uno Stato proprio... II Papa ha parlato piu limpidamente del soli to, e ha fatto, ripeto,. cosa degna. Perche a chi rappresenta una tradizione di secoli sta bene di non avere ambiguita che possano sembrare paurose; ed e, artisticamente, bello questo vecchio che, le- vandosi flero, laggiu, nel suo grande palazzo solitario, di contro que- sta Roma che si e come sovrapposta a lui, crescendo i colli sovra- stanti di abitazioni e di istituti nuovi, esclama: lo disfard tutto ! E cosi bello lui, in quel suo palazzo, con simile linguaggio, che a me viene il desiderio di applau-dirlo. » Quindi il sig. Lodi si volge ai giornalisti, compagni della sua fede, cui chiama « animali viscidi, deformi, ripugnanti», perche si umiliano alle parole del Papa e si scu- sano *. Quanto al riscatto de' prigionieri, noi nel Quad. 1115 pagg. 517, 518 sostenernmo gia che gravi indizii provavano come il Governo avesse attraversata 1'opera del Papa. Ora, all'occasione del discorso pa- pale, portavoce dell' idee dei governanti hanno confermati quest' indizii, giustificando cosi anche meglio i lamenti del Papa. « II Papa, escla- « mano costoro, liberando i prigionieri se avesse potuto, avrebbe re- « cato un colpo gravissimo a quelle istituzioni, che egli aspira ad ab- « battere... II Governo, che deve esser conservators, hapos to a quella « intrapresa le diflicolta che si potevano da lui: era semplicemente il « suo dovere 2. » Non basta. « Noi siamo sicuri, dicono altri, che « senza il pericolo veramente enorme di veder riuscire la missione « Macario, cioe il Papa fare atto di chiara ed aperta sovranita in una « questione cosi grave, 1'on. Rudini non avrebbe mai caricato la pro- « pria coscienza di una tanta infamia (chi parla cosi e guerriero, di « quelli che, stand? a tavolino, vorrebbero la guerra e chiamano infa- « mia la pace). Egli, che nell'aprile aveva lasciato i prigionieri par- « tir per lo Scioa per non sub ire patti assai meno duri di quelli ac- « cettati di poi, quando fu informato di cio che il Pontefice prepa-

1 D. Chisciotte n.° 357, ove il sig. Lodi prende il pseudonimo di Sa- raceno.

* D. Chisciotte n.° 357.

CONTEMPORANEA 229

« rava, non vide piil ne la questione coloniale, ne il prestigio del- 1'esercito, ne niente ; vide solo che, se il Papa avesse ottenuto tutti « o parte dei prigionieri, il mondo avrebbe detto che il vero Re di « Italia era Leone XIII, e non ragiono piu, mando a chiamare Ilg, « gli apri le casse dello Stato, e gli diede facolta di accordare a Me- « nelik, in nome dell' Italia, quanto egli avrebbe potato pretendere, a « patto che Macario tornasse a mani vuote e Nerazzini coi captivi J. » Queste parole e bene sieno conservate; le quali (eccetto 1'utopia di •dire infamia la pace), esprimono la verita sui maneggi sleali dei go- vernanti in quest'ultima fase della guerra africana.

2. Di questa slealta del Governo abbiamo una novella prova nella relazione molto particolareggiata che troviamo in una lettera ficritta il 22 dicembre da Roma all'Avenir di Reims; e noi da certa fontf «appiamo che la sostanza e vera, benche YOpinione dica di no. Narra, dunque, il corrispondente ben informato del snddetto giornale che subito dopo Abba Carima, il nuovo ministero presieduto dal Rudini, sgo- mento per la tristissima condizione seguitane e pei moti minac- •ciosi popolari, non vide altra speranza di salute fuorche in un intervento del Papa presso Menelik, per mezzo della Francia e della Russia. Fu dunque pregato, dice il giornale, un biondo amico del Marchese di Rudini, pronipote d'un Pontefice e Principe, (leggi Prin- cipe Odescalchi) di portare la proposta dell'interyento in Yaticano. II biondo Principe fu ricevuto dal Santo Padre, che gli promise di fare a Menelik la domanda della liberazione dei prigionieri, non pero per mezzo della Russia o della Francia, ma direttamente. Quindi fu spedito Monsignor Macario, latore al Negus della magnifica lettera papale, con quelle vicende che sono a tutti note. Cosi VAvenir.

Dal quale racconto e manifesta 1'esattezza della frase adoperata •dal Santo Padre nel suo discorso, di cui qui sotto registreremo il testo, quando disse d'aver accolta I' idea della mediazione per la libe- razione dei prigionieri, mediazione ad ogni modo intrapresa dal Pon- tefice solamente per impulse di nobile carita, di cui in ogni tempo la storia gli rendera lode. Si ricava altresi da quel racconto quanto inverecondo fosse il contegno dell' Opinione, effemeride piu confidente •e domestica del Presidente del Consiglio, la quale, ritornato Monsi- gnor Macario senza i prigionieri, perche gl'intrighi della Consulta glieli -aveano strappati di mano, s.tampava che gia « soltanto eld non e uomo di Slato poteva pensare che la mediazione del Papa potesse approdare ad un risultato utile. » Ma chi avea supplicate il Papa di quella me- diazione? Chi avea in quella mediazione ravvisato la sola tavola di salvezza dell' Italia? Oh sappiamo bene ormai quanto poco uomini di

1 Mattino n.° 358.

230 CRONACA

Stato sieno gli uomini di Stato che reggono le sorti d' Italia e che ispirano YOpinione! E sappiamo di pifl come la slealta di costoro ar- riva persino ad impedire che riesca una mediazione del Papa, da loro stessi richiesta a mani giunte. Almeno avessero il pudore di tacere e di far tacere i denigratori del magnanimo Pontefice, che hanno cosi slealmente trattato. No. Invece lasciano giornali, come il Don Chistiotte, il Resto del Carlino, il Popolo romano, ed altri maggiori e minori, anche amici del Governo, calunniare impunemente di bugiardo il Le- gato pontificio, e malignare turpemente sull'atto stesso del Papa, e YOpinione vien fuori in sostanza a canzonare la missione papale, che i suoi padroni aveano con umili preghiere impetrata. Oh YOpi- nione pud sfidare quanto vuole YEco di Bergamo e gli altri giornali cattolici a rimproverarla di poco rispetto per la missione pontificia 1 I fatti sono la migliore risposta alle sue disfide, e i fatti dimostrano che il Papa ebbe ogni ragione di far noto un'altra volta con nobilis- sima fermezza al mondo cattolico gli oltraggi, onde pur al presente continua ad essere vittima, come in passato, da parte dell'ltalia le- gale e del costei governo, cosi detto moderate, il Yicario di Cristol 3. Ecco il testo del discorso papale, in risposta ai Cardinali. « La nostra tarda eta e le frequenti amarezze d'animo ci rendono piu gra- dita la consolazione di celebrare ancora una volta le sante solennita natalizie accompagnati dai voti del sacro Collegio. Eiconoscenti al Signore, Padre d'ogni bonta, che si degno assisterci amorosamente sinora, scongiuriamolo ogni giorno di non permettere che torni disu- tile alia sua Chiesa quest'ultimo scorcio della nostra vita mortale \ ma ci si faccia la grazia di poterlo, qual si sia la sua durata, con- sacrare tutto a gloria sua, e singolarmente all'opera ristoratrice che il signer Cardinale menzionava poc'anzi. Poiche e.verissimo che nella diu turn a varia procella che affatica individui e popoli, era dover nostro additare a comune salvezza la sovrumana virtu della religione di Cristo. Infatti lo studio di amicare agli istituti cristiani questo secolo sospettoso e restio, fu uno degli intenti che proseguimmo con piu amore nel cammino non breve del nostro ministero. Per questo ci sforzammo piu volte di invitare le genti a fissare attenti lo sguardo, non adombrato da preconcetti, sulle genuine sembianze della Chiesa e del pontificate ; le quali ove fossero meglio conosciute dagli uni, men travisate studiosamente dagli altri, basterebbero a dileguare ogni pregiudizio, a conquistare le menti piu indocili, perocche la Sposa del Nazareno apparirebbe qual e, non gia nemica, ma aiutatrice di ogni buon incremento civile. Allora potrebbero veramente confidare gli umani sodalizi di aver pace durevole, salute vera, mediante gl'in- flussi del Cristianesimo che tornerebbero a vivificare le appartenenze degli ordini civili e sociali. Per quanto e da noi non distoglieremo la

CONTEMPORANEA. 231

mira ne il cuore giammai da cotesto intento supremo. Yero e che 1'alto ufficio che ci incombe, arduo per se stesso, piu malagevole e reso dalle congiunture present!. Non parliamo del contrast! che in- contro e incontrera ognora nel mondo 1'apostolato della verita e della giustizia ; parliamo bensi delle condizioni esteriori alle quali da piu di cinque lustri e costretto il sommo Gerarca. Poiche vani sono i sofismi e le flnzioni giuridiche : spenta nella sua forma provviden- ziale 1' indipendenza dell'apostolico seggio non c'e via di serbarne incolume in modo sicuro e dicevole la dovuta liberta. Che fanno le leggi introdotte a custodia della persona e della dignita del Ponteffce ? Sperimentammo anche di fresco quale efficacia di patrocinio dobbiamo aspettarci da esse. Da poco era corsa in Orie^ite la nostra parola a pro dei miseri Armeni, quando in un momento angoscioso per la peni- sola nostra accogliemmo il pensiero di consolare in terra lontana e nemica centinaia di valorosi traditi dalla fortuna delle armi. La pa- ternita spirituale e 1'amor patrio ci mossero, e il desiderio di giovare intravvide ma non euro la possibilita di quel che avvenne di poi. Ebbene ha potuto ognuno vedere come perfino quell'atto caritatevole sia stato pubblicamente abbandonato senza difesa al vilipendio e alia calunnia. L' indirizzo delle nuove cose e lo spirito che le informa e dunque sempre quel medesimo ; si persiste a tener vivo il grave dissi- dio che turba milioni di coscienze e pesa come un infortunio sulle italiche sorti. Lacrimevole errore e sa il cielo quanto a noi doloroso ; esso pero non affievolisce le nostre speranze, perche anche sulle vie dell'umana politica veglia arcanamente dall'alto Colui che stringe in pugno il cuore degli uomini e nell'ora della misericordia risana le nazioni. Rendiamo il piu sincere ricambio degli amorevoli augurii al sacro Collegio, pregandogli la piu larga copia di celestiali favori, e sia pegno dell'auspicio 1'apostolica benedizione che ad esso come pure ai Vescovi, Prelati e quanti sono presenti, con paterno affetto im- partiamo i. »

1 In un altro discorso (pero, di carattere intimo) tenuto dal S. P. agli antichi ufficiali dell'esercito pontificio, il 27 decembre, egli ribadi la ne- cessita della sua indipendenza territoriale, la triste condizione a lui fatta dalla rivoluzione, accennando anche alia speranza di rivedersi, quandoches- sia, nuovamente attorniato da cotanlo fedeli e yrediletti figliuoli, cioe dagli antichi difensori della S. Sede. Or, queste parole del Papa hanno gittato

o scompiglio ne' giornali liberali, e in prima nell'officiosa Opinione, la quale scrisse che « non potra mai tollerare che i clericali escano dalla predicazione all'azione », e che « se cio avvenisse, la repressione sarebbe energica. » Oh ! i liberali ! ! II desiderio d'un vinto di ritornare all'antico grado (e non altro significano le parole del Papa) e da loro soffocato come una ribellione ! E quali dignitose coscienze e nette parlano di ribellione ! Un

augurio innocente del Papa mette sossopra i suoi nemici, quasi che Anni bale fosse alle porte di Roma!

232 CRONAGA

4. II 18 decembre, al Consigiio comunale di Eoma, fu fatta una discussione alquanto politica nella forma, ma semplicemente furbesca in realta ; intendiamo, per parte del proponent! . Sara ntile il par- larne. Quella sera, dunque, la rappresentanza nmnicipale era quasi plena ; il che e raro ad accadere. Degli ottanta Consiglieri erano pre- senti settantacinque, mancando il Giobbi (morto ultimamente) e quat- tro altri, due cattolici e due liberali. Perflno Baccelli e Caetani erano ricomparsi per la prima volta, dacche erano saliti alle cime del po- tere. La ragione di questo gran numero di Consiglieri era il doversi fare, quella sera, la nomina delle Commissioni per parecchie opere cittadine : Congregazione di carita, Ospedali, Ospizio di S. Michele, Liste elettorali, eccetera, tutte cose importantissime. De' Consiglieri cattolici, uno riusci per la Congregazione di carita, uno per gli Ospe- dali, parecchi per le Liste elettorali ; ma niuno per 1'Ospizio di San Michele. Cio fatto, ecco all' improvviso venir fuori il Sindaco Ruspoli con una vecchia proposta, che dormiva, non si sa da quanto tempo, tra gli ordini del giorno, cosi intitolata : Provvedimenti a favore di quegli impiegati comunali che presero parte alle palrie battaglie o che soffersero prigionia, esilio ed emigrazione per cause politiche sotto il Governo pontificio. II Sindaco aveva scelto il tempo opportune alia proposta ; poiche proposte di simile specie non possono passare senza 1'approvazione della meta piu uno, almeno, de' Consiglieri asse- gnati al Comune, ossia si richiedono 41 voti. Or egli aveva dinanzi a se 75 Consiglieri, de' quali la maggioranza era liberale, e trattavasi d'una causa patriottica (ove, generalmente, si vota colla testa nel sacco). Quindi crede poter vincere facilmente la causa. Alia improv- visa proposta del Sindaco, sorse, benche impreparato, a parlare uno de' Consiglieri cattolici, 1'Avv. Filippo Pacelli, membro della Com- missione che invigila alle pensioni degl' impiegati comunali. Egli fece considerare che la nuova proposta avrebbe portato un notevolissimo aggravio al Comune, il quale spende gia sei milioni per stipendi e pensioni ai pubblici official! ; che tale aggravio si sarebbe senza dub- bio accresciuto in futuro, dovendosi logicamente poi estendere a molti altri ; ricordo che altre volte s' era dovuto rifiutare la pensione anche ad altri che effettivamente servivano il Comune. Disse inoltre che niuno di coloro che erano considerati nella proposta, quando soffer- sero prigionia, esilio ed emigraxione erano a servizio del Comune ; al piu, avendo essi sofferto per motivi politici e non civici, si rivolgano al potere politico per essere guiderdonati, non gia al potere civico e municipale. Soggiunse fiaalmente che a simili martiri, appunto pel loro martirio, dopo il 1870 furono gia dati officii municipal!. II Pa- celli parlo egregiamente, e se avesse potuto, avrebbe di certo ag- giunto quanto la proposta del Sindaco strida coi principii generali, cioe,

CONTBMPORANEA 233

che sieno premiati coloro che si ribellarono ai loro Sovrani ; con che si appro va il principio che p. es. a' tempi nostri i socialist! potreb- bero ribellarsi ai Governi costituiti. Cosa dai liberali negata ; infatti, il di di Natale, qui in Roma, volendo alcuni socialisti adunarsi e fare quel che facevano i martiri prima del 1870, furono issofatto messi in manette e condotti a vedere il sole a scacchi ; dicono che sieno stati presso a ottanta. Chissa che qualche future Consiglio municipale non faccia per loro una proposta simile a quella del 18 decembre! Ve- dremo. Intanto, le parole del Pacelli non approdarono a nulla. Dalle urne fatidiche uscirono 40 si e 29 no. I cattolici furono compatti e unanimi a dir di no. De'liberali, anche quelli che consideravano la proposta economicamente sbagliata, votarono si, eccetto il ViteJleschi e il Caetani che ebbero il coraggio di andarsene. Ma 1'affare non e finite. Perche e sorto un dubbio che sara risoluto dal Consiglio di Stato. In fatti, la legge dice che, affinche simili proposte sieno con- siderate come approvate, deve concorrere la metd piu uno de' Consi- glieri assegnati al Comune. Ora i Consiglieri assegnati al Comune di Roma sono 80. Quindi la legge non pud aver valore. I liberali dicono che, essendo morto teste uno de' Consiglieri ed essendo essi ora 79, il numero 40 verrfica il testo della legge ; al che replicano i cattolici che la legge parla solo de' Consiglieri assegnati al Comune. Per il che adhuc sub iudice lis est. Questo e il fatto ; ma esso ha una retro- scena, in cui si scorge che nella proposta la politica e stata un pre- testo, e che la realta vera e questa. Molti di que' martiri, adoperati negli uffici municipali dopo il 1870, sono ora vecchi e inutili. Biso- gnerebbe disfarsene. Ma come fare a metterli in mezzo alia strada? Sono stati martiri si, ma discreti. Quindi la trovata dei provvedimenti di cui qui si e parlato.

5. DECRETI DELLE CONWREGAZIOXI ROMAKE. I. Per gli ecclesiastid e regoldri che studiano nelle Universita del Governo. II Card. Yerga, Prefetto della Congregazione de' Yescovi e Regolari, pubblico il 21 luglio 1896 un'istruzione sui chierici che devono studiare nelle Uni- versita del Governo 4. Eccone il sunto. 1.° I Vescovi e Superior! re- golari non mandino i loro giovani alle Universita senza gravi ragioni e solo in difetto di simili istituti ecclesiastici. 2.° Niuno del clero secolare frequenti le dette Universita senza licenza del proprio Ve- scovo. 3.° Gli Ordini'e Congregazioni regolari, che non hanno 1'of- ficio d'insegnare, non debbono mandarvi i loro alunni. Gli Ordini e Congregazioni che hanno tale ufficio non debbono mai mandarvi i novizi. 4.° Nelle dette Universita si seguano solo i corsi neces- sarii ai gradi accademici. 5.° Quelli che sono mandati a quegli studii

1 DairAnalecta eccl. di Mons. Caddne, fasc. di dicombre 1896.

234 GRONACA

devono aver compiuto con soddisfazione il corso di filosofla e teologia ; e devono esser tali che non disonorino il sacerdozio e diano speranza fondata di buona riuscita senza scapito della Fede. 6." Durante il corso dell' Cniversita abitino o nel Seminario o presso religiose co- muriita o buoni sacerdoti o i proprii parenti. 7.° Studiando i giovani in altra diocesi, i due Vescovi s'intendano per la vigilanza degli stu- denti, i quali talora devono presentarsi al Yescovo del luogo. 8.° Quanto agli studenti regolari, niancando nel luogo dell'Universita la casa del proprio Ordine, siano invigilati dal Superiore piu vicino o da altra persona provata. Inoltre i Superiori in tali aggiunti non mandino mai a tali studii uno solo, ma almeno due. 9.° Si scel- gano, ,tra le Universita, quelle che presentano meno pericoli ; e se qualche professore insegnasse esprofesso cose contro la Fede o i co- stumi, o si passi in altra Universita o si lascino quelle lezioni in quanto lo permettono le leggi accademiche. 10.° Se gli studenti ecclesia- stici dovessero servirsi di libri di corso contrarii alia Fede, o ai co- stumi, o alia Chiesa, procurino i Vescovi e i Superiori di dare ai loro alunni 1'antidoto con altri libri ; e li distolgano dalla lettura di giornali e periodici pericolosi. 11.° Ubbidiscano ai professori del- l'Universita e si mostrino ossequiosi con decoro ; non si ascrivano a circoli studenteschi, ne si associno a tumultuare contro i professori. 12.° Procurino i Yescovi, che hanno la sede ove sono Universita, di mantenere o fondare convitti di studenti ecclesiastici, a cui pre- sieda un sacerdote che regoli la vita di quelli con esercizii di pieta e di studio. 13.° Nelle vacanze gli studenti regolari tornino nelle case religiose ; tanto essi che i chierici secolari poi facciano gli eser- cizii spirituali.

II. Libri proibiti con decreto del Card. Steinhuber, Prefetto della Congregazione dell'Indice, (18 Decembre 1896). Chabauty'E. A. Etu- des scripturales, patristiques-theologiques et philosophiques sur 1'ave- nir de 1'Eglise catholique, selon le plan divin, ou la regeneration de 1'humanite et la renovation de 1'imivers. Poitiers, imprimerie-relieure Oudin et C., 1890. Le Systeme de la Renovation n'a pas ete con- damne en lui-meme par 1'Eglise. Reponse aux adversaires. Poitiers, typographie Oudin et C. Discussion du Systeme de la Renovation: (Revue mensuelle; 18 fascicoli). Etat de la question eschatologique ou des choses finales au XIX siecle et le Systeme de la Renovation. L'encycliquft sur les etudes bibliques et ce systeme. Poitiers, typo- graphie Oudin et C. Miralla Constancio (verum nomen: D. Jose Fer- randiz Ruiz). Memorias de un Clerigo pobre, con un prologo de Ramon Chies. Madrid, Jose Matarredona Editor, 1891. Marsigli Prosper® (verum nomen: D. Jose Ferrandiz Ruiz). El Papa y los peregrines; oronica verdad de la romeria, jubileo en Roma y bodas de Leon XIII.

CONTEMPORANEA 235

Version castellana de P. Biosca. Madrid, imprenta de Ramon Angulo San Vincente Baja, 78. 1888. - -David L. 0. Le Clerge Canadien, sa Mission, son (Euvre. Montreal 1896. Deer. S. Off. Ferr. IV. 9 Decem- bris 1896.

6. II giorno 16 decembre 1'agenzia telegrafica Stefani pubblicava la notizia della morte del Card. Boyer, Arcivescovo di Bourges. II Card. Giovanni Pietro Boyer era nato a Paray-le-Monial il 27 luglio del 1829. Ne' primi anni della sua carriera sacerdotale insegno teo- logia ad Aix in Provenza. Leone XIII nel 15 luglio 1878, nominatolo Vescovo titolare d'Evaria lo die a coadiutore di Mons. Feron Vescovo di Clermont, al quale succedette il 24 decembre 1879. Egli forni Clermont d'un nuovo seminario, fu nominate Conte romano ed ebbe il sacro pallio. II 19 gennaio 1893 fu promosso all'Arcivescovato di Bourges e il 29 novembre del 1895 nominate Cardinale di Santa Chiesa. II Card. Boyer e morto eon segni di singolare pieta; e nel testamento, pubblicato dai giornali francesi, diede disposizioni che hanno fatto in tutta la Francia ottima impressione, vietando le cosi dette pompe fu- nebri (cerimonie tutte civili introdotte ne' funerali), volendo solo la solennita delle preghiere della Chiesa, prescrivendo il convoglio dei poveri, che ricordasse, disse egli, I'umilta della sua culla, e ordinando ttna distribuzione di lemosine ai poveri.

7. Tra le societa e circoli cattolici onde si rinfranca la nuova vita pubblica cristiana, risorta in Italia dopo la rivoluzione, dobbiamo far debita menzione d'un'opera, modesta all'apparenza, ma promettitrice di buoni frutti. Essa ha per titolo Passeggiate educative Pippo buono. Si sa che Pippo buono era nominate S. Filippo Neri, I'Apostolo di Eoma, negli anni suoi giovanili ; e si sa come S. Filippo educasse i giovinetti, mescolando 1'utile aldolce. Questo quanto alnome dell'opera. Lo scopo e indicate assai bene dal giornaletto omonimo che si pub- blica due volte il mese *. L'intendimento e raccogliere quei giova- netti nei quali e trascurata maggiormente 1'istruzione religiosa e allet- tandoli con passeggiate ed allegri trattenimenti condurli nelle feste alia s. messa e far loro, per mezzo di sacerdoti cooperatori, lezioni di catechismo, avvicinarli ai ss. sacramenti e insensibilmente edu- carli, togliendoli dall'ozio e dai vizi, in mezzo ai quali vive gran parte della nostra gioventu, che dovra formare un giorno la futura nazione. Tale opera e rivolta unicamente ai figli del popolo, poiche le famiglie agiate e ricche hanno abbastanza mezzi per istruire religiosamente i propri figli, ne mancano all'uopo istituzioni. Essa opera non intralcia 1' opera di alcuno, ma e in certo modo di aiuto ai maestri e ai geni-

1 Direttore & il 8ig. Francesco Sabatini; la direzione 6 in Roma, delle Grotte, n.° iO.

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tori, poiche i giovani ascritti debbono mensilmente presentare la pa- gella scolastica e un certificate dei genitori, da cui sia manifesta la loro condotta privata. Finora sono 395 i ragazzi ascritti all' opera. Non e molto, nella chiesa del S. Cuore 'al Circo Agonale fu con gran so- lennita benedetta la bandiera pei giovanetti delle Passeggiate educa- tive Pippo buono. Essa e composta d'un drappo candido, che deve sim- boleggiare la purezza de' giovani; d'una croce di porpora nel mezzo- che deve ricordare 1'ardore della Fede ; del motto Servile Domino in laetitia che e come un'eco degli ammaestramenti di S. Filippo; e d'una fascia azzurra che ricorda la Yergine Santissima. Alia benedizione della bandiera era presente 1'eminentissimo Card. Agliardi. Mons. Cassettar vicegerente di Roma, fe' la cerimonia della benedizione, e la Contessa Maria Mattei, nata Marchesa Patrizi, ne fu la madrina. La bandiera fu quindi recata all'aperto pel Circo Agonale fino alia sua sede, ed era seguita dai giovani dell'opera, dalla gente che aveva assistito alia cerimonia e dal concerto della gioventu romana.

II. COSE ITALIANS

1. II Natale e la stampa anticristiana, 2. Manifestazioni dell'idea socia- lista in Italia. 3. L'esposizione artistica di Firenze; monumento a Donatello. 4. I giurati assolvono un omicida. 5. Appunti storicu

1. Ogni anno al ricorrere della gran festa cristiana ricordante la nascita dell' Uomo Dio, venuto a redimerci e a recare la buona no- vella ai mortali, la stampa anticristiana tenta sviare i deboli, anneb- biando il gran fatto storico e riducendolo alle proporzioni di una leg- genda. E agli scritti fanno riscontro ignobili figure. Noteremo due soli esempi : lo scritto di Yincenzo Morello * e quello di Otto Cima 2. II primo coll'articolo Afrodite bestemmia alia vita eterna, che e la buona novella recata da Cristo agli afflitti mortali, e insegna il ser.- sualismo piu smaccato ; il secondo col Natale sotterra guida i lettori a considerare un cadavere donde esce un brulichio di vermi, e chiama questa Tunica vita, non gia 1'eterna, di cui la nascita di Cristo e preludio all'afflitto mondo. II piu bel castigo a darsi dai cristiani a costoro che cosi scrivono (posto che il Governo lascia impuniti gli oltraggi al primo articolo dello Statute) sarebbe di spendere in altro modo i loro soldi, piuttosto che comprare per se e pei figli questo veleno anticristiano. II primo de' giornali qui eitati in nota, oltre lo scritto, reca anche un' infame vignetta che deve muovere a stomaco

1 II suo pseudonimo 6 Rastignac (Tribuna n.° 357). Italia del popolo n.° 2357.

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ogni battezzato. Contro di essa protestd solennemente il « Comitato regionale per 1'Opera de' Congress! » di Lucca ; il quale, convocato, ap- provo questo telegramma che spedi al Ministro di grazia e di giustizia, Costa. « Al Ministro Guardasigilli, Roma. II Comitato regionale to- scano dell' Opera dei congressi cattolid, convocato appositamente, ese- « crando unanime 1'empia vignetta pubblicata nel numero odierno « del giornale La Tribuna, pro testa energicamente contro 1' insulto « al sacrosanto mistero e reclama presso Yostra Eccellenza ferma ed « efficace tutela del rispetto dovuto alia religione cattolica, unica « religione dello Stato. LORENZO BOTTINI presidente. » Anche da S. Gio- vanni Yaldarno cosi fu telegrafato da quel comitato interparrocchiale. « Ministro Guardasigilli. Roma. La Presidenza del Comitato interpar- « rocchiale di S. Giovanni Yaldarno, riunita in seduta straordinaria, « protesta vivamente contro 1'empie vignette del Don Chisdotte e della « Tribuna profananti la Nativita del Redentore, e chiedono all'Eccel- « lenza Yostra che sia maggiormente tutelato il rispetto alia religione « dello Stato. Presidente Giuseppe Galiberti. » Una simile protesta, mandata pero al Ministero dell' interno, fu spedita da Livorno dal Cav. d'Achiardi; e mentre scriviamo ci giungono notizie di altre pro- teste di Roma e di Messina.

2. L'idea socialistica s'e manifestata in questi giorni in Italia in due o tre fatti; non grandi, a dir vero, ma sempre significanti. II primo e una proposta, la quale, se si effettuasse, sarebbe un gran passo al collettivismo. E questo un modo di vivere in cui lo Stato sarebbe il padre comune che, annesse e assorbite le rendite di tutti, penserebbe poi al vitto, vestito e letto per la gente. La difficolta, come ognun vede, e nella seconda parte. Or la proposta, fatta da alcuni socialist], al Comune di Roma, tra cui parecchi deputati, e nientemeno che il Comune pensi a dar vitto e vestito agli scolari delle scuole comunali. A questo rscopo s'aduno un'assemblea di socialist! che stabili quanto segue : « L'assemblea ritiene che il Comune di Roma, riducendo le spese di lusso, come la dote al teatro Argentina, e con provvedi- menti finanziarii, come 1'applicazione della tassa progressiva di fa- miglia, o almeno della tassa proporzionale pei redditi superior! alle 100 mila lire, debba assumere al piu presto possibile il servizio del vitto e degli indumenti per gli alunni delle civiche scuole, e mentre da una parte incarica una Commissione di presentare quest'ordine del giorno, quale espressione dei voti della cittadinanza, dall'altra invita gli operai all'organizzazione in partito di classe quale unico mezzo per strappare ogni riforma alia classe dominante. » II secondo fatto, rivelatore dell' idea socialistica, e stata la discussione contro la lista civile del Re nello stesso parlamento, il 18 decembre. Si trat- tava di dare come onorario al Principe di Napoli un milione di lire.

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E benchd il Re facesse sapere che, almeno per questa volta, egli avrebbe poi versato 1'equivalente nel Tesoro dello Stato, per non aggravare le esauste finanze, pure i socialisti della Camera s'alzarono contro. L'lmbriani voleva solo diminuire d'un milione la lista stessa del Re, il Costa poi voleva che si togliesse addirittura colla lista civile la stessa monarchia. Ne nacque un gran tafferuglio e il Presidente gli tolse il permesso di parlare dicendo : « Quando si hanno coteste idee, non si viene qui a giurare fedelta alle istituzioni » . E il Costa di riman- do : « I nostri elettori ci hanno mandate qui per difendere le loro idee. » Ma non giovo ; il Costa fu ridotto al silenzio ; non pero che egli e i suoi amici non vomitassero prima molti improper! contro la monarchia. Ai vituperi riparo il Di Rudini con una proposta di plauso ossequioso al Re. Le parole del presidente della Camera, on. Villa, son degne di considerazione. Disse egli, in sentenza, al Costa : Quando si e giu- rato fedelta, non si parla cosi. La considerazione e questa. Molti Mini- stri, generali, ufficiali tradirono il giuramento fatto ai loro Sovrani in Italia. Or, com'e che, invece d'esser trattati da ribelli, furono pre- miati? Com'e che la ribellione fu gabellata per martirio? Ecco il de- bole del liberalismo. Esso non vuole ora che si faccia a se quel che esso ha fatto ad altri ; e cosi non ha poi armi contro il socialismo. Questo nuovo flagello ha ora in Roma un nuovo giornale col titolo Avanti, e nel primo numero recava un articolo intitolato Qui si passa, quasi tutto inteso a rispondere alle parole dal Rudini dette, non ha guari, ad Andrea Costa : Di qui non si passa.

3. II 19 decembre s'apri a Firenze, coll' intervento di Umberto e Margherita, de' Principi di Napoli e dei Duchi d'Aosta, 1'esposizione di Belle Arti, chiamata la Festa dell'arte e de' fiori. Essa e stata promossa dalla Societd di Belle Arti e dalla Societd toscana di orticol- tura, fondate circa 50 anni fa. La mostra artistica ha preceduto di tempo quella de' fiori che si fara nel prossimo maggio. Fu costruito a cio un nuovo palazzo nel contro di Firenze ed e di purissimo stile fiorentino, con una facciata elegantissima a graffiti su campo azzurro. Ne' giardini sorge un gruppo fantastico dello scultore Fazzi, e intorno intorno sventolano stendardi dai colori italiani e fiorentini. Oltre le statue, si numerano nelle sale 700 quadri di pittori italiani e 80 di pittori stranieri. I] 21 dello stesso mese, colta 1'occasione della mostra, s'innalzo al Donatello un monumento nell'insigne basilica di S. Lorenzo. Donatello, diminutive di Donate, fu il primo scultore del suo secolo, contemporaneo ed amico del Brunellesco : nacque in Firenze nel 1383 e morivvi nel 1466, lasciando insigni capilavori di arte scultoria a Firenze e a Venezia, ove ammiransi i bassirilievi intorno alia vita di S. Antonio. A questo insigne rappresentante dell'epoca del rinascimento in Italia penso d'elevare un monumento

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il Gircolo degli artisti di Firenze. Lo scultore e stato Eaffaello Eoma- nelli, che ha rappresentato il Donatello giacente; in alto un putto che guarda e in un tondo centrale la figura della Madonna col bam- bino Gesu; il tutto ornato in modo che rammenti in qualche ma- niera per sentimento e per istile 1'opera del Donatello. Un' iscrizione alia base dice : A Donatello la patria Auspice il Circolo degli artisti Anno MDCCCXCVI. All'occasione, tanto dell'apertura della mostra, quanto dello scoprimento del mausoleo al Donatello, furono fatti pa- recchi discorsi : dal March. Kidolfi, dal Sindaco Torrigiani, dal Mi- nistro Gianturco e da Mons. Giovannini, qual Priore della basilica di S. Lorenzo. II discorso di Mons. Giovannini, fatto alia presenza di Ee Umberto, ebbe la sfortuna d'essere lodato dalle effemeridi li- berali La Nazione e il Fanfulla. Quest'ultima giunse perfino a pre- dire lo scandalo dell't/m'tfd cattolica e dell' Osservatore cattolico, i quali, dice il Fanfulla, non sanno distinguere, come esso Fanfulla distingue c cid che e fede da cio che e testardaggine, cid che e liberta da cid che e setta » : sono parole di quel giornale.

4. L'istituto moderno de'giiidici popolari, detti giurati, creato per sentenziare de' delitti, continua a dar cattivo saggio di se, ed ha mani- festato ancora una volta la sua inettitudine a pronunziar giudizii, pe' quali si richiede assennatezza, veduta complessiva delle cose e ragione spoglia di contorni fantastici e sentimentali. II fatto che vo- gliamo registrare e semplice : I giurati hanno assoluto un tal Ben- venuti, uccisore della sua sorella. Tutto e qui. Ma (avranno pen- sato cotesti giudici ipnotizzati dall'avvocato) il Benvenuti ha commesso 1'omicidio in un impeto di furore che lo porto fuori di se. Otti- mamente ; ma questo criterio di giudicare lo puo avere solo Domi- neddio, che scruta il cuore e le menti; a noi poveri mortali (in ispecie poi ai giurati) chi dara la mezza canna od il termometro per misurare cola dentro alia testa dell'omicida il grado di furore piu o meno intense ? A noi sembra che (eccetto pochissimi casi) gli omicidii si commettano per lo piu in un impeto di furore. Ma il Benvenuti uccise la sorella dopo averla sorpresa in flagrante delitto con un drudo, svergognando cosi la sua famiglia. Ah ! buoni giurati, cause siffatte non mancheranno mai a qualsiasi omicida del mondo. E allora e bell'e spacciata la giustizia umana. Ogni qualvolta si com- mettera un delitto, si supporra il delinquente divenuto un bruto per quel mezzo quarto d'ora, e si rimandera poi a girar libero tra gli uomini. La sentenza, di cui qui si parla, e stata data il 30 decembre in Eoma, nel 1896. Dopo negata la reita del Benvenuti, quanto al- 1'omicidio, restava a giudicare d'un peccadiglio di minor grado : 1'avere cioe 1'imputato recato seco arma proibita. Manco a dirlo. I Giurati 1'assolsero anche da questo peccato veniale. La terribile scena di san-

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gue, di cui era materia il giudizio, accadde il 27 giugno di quest'anno in una casa di Via Napoleone III. La giovane uccisa, aveva 25 anni e chiamavasi Ines Benvenuti.

5. APPUNTI STORICI. 1.° Per I' Armenia. Mentre le Potenze europee fanno pompose manifestazioni colle loro flotte nei mari d' Oriente, senza conchiuder nulla in pro degli Armeni uccisi dai Turchi, due riunioni popolari, si sono tenute in Italia per raccogliere soccorsi. La prima in Milano nella chiesa di S. Antonio al 31 novembre (e ne parla a lungo 1' Osservatore cattolico nel n.° 277), la seconda in Roma nella sala Dante, la sera del 23 decembre. Di queste due riunioni, la prima era stata promossa dai cattolici, la seconda da un comitato di protestanti. La proposta dei cattolici milanesi fu la seguente : « I cattolici milanesi, rilevando nella condizione straziante fatta al popolo armeno in seguito alle recenti stragi un episodio della guerra religiosa dell' islamismo contro il cristianesimo, ed un effetto della politica internazionale inerte e sospettosa delle potenze europee, do- lenti che 1'Italia sia incapace di adempiere in questa circostanza la missione civile di tutrice degli oppressi, fanno voti che, poich& non & possibile compiere altro atto piu efficace di fratellanza cristiana verso le infelici vittime d'Oriente, nessuno dimentichi di soccorrerle nella desolazione attuale con sussidii pecuniarii ; e si augurano intanto che un sollecito prevalere delle influenze cristiane nei Governi e nei popoli d'Europa oggi dominati dalle influenze massoniche e semiti- che, affretti il giorno in cui 1' islamismo e come setta religiosa e come istituto politico venga chiamato a rispondere del sangue versato e delle infamie commesse ed energicamente impedito dai manomettere piu oltre i diritti dell' umanita e della civilta. » La proposta della riunione di Roma era materialmente quasi 1'istessa. Una letterina del sig. Gladstone diretta al capo del comitato, il sig. Wall, cosi diceva: « Eigregio Signore, lo so quanto possa la profonda sensibilita del po- polo italiano, e spero che 1'adunanza da tenersi in questi giorni abbia ad appro fittairsene in favore degli Armeni sofferenti. Finora il Sultano e riuscito ad infliggere un tale obbrobrio alle sei potenze, quale 1'Europa, per quanto si sappia, non tollero giammai ; voglio pero sperare che il giorno di redenzione e di rendiconto sia vicino. Sono, egregio si- gnore, vostro fedele ed obbediente servitore, W. E. Gladstone. 21 dec. 1896. » 2.° 'Una frana spaventosa a S. Anna Pelago (Modena). Questa frana, che ha recato una rovina immensa, come or ora diremo, e stata provocata, come sembra, dai flume Perticara in basso e dalle infiltrazioni delle acque de' laghi dell'Appennino in alto ; talche il terreno sinosso dalla base s'e messo in movimento, facendo cadere piu di 100 case e rovinandone oltre 150. La frana comincio il 21 decem- bre, alle 8 pomeridiane. La piu parte della gente era a letto, la

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quale, cominciando le case a scricchiolare, usci subito spaventata, man- dando grida di terrore. Un corrispondente, dal luogo della disgrazia, cosi ne scrive al Corriere della sera: « S. Anna giace, o giaceva, nell'in- senatura della giogaia dell'Appennino al confine modenese (distante chilometri 94 carrozzabili da Modena), tutta ridente del superbo pae- saggio, rivaleggiante coi piu celebrati della Svizzera, amenissima per boscaglie salienti sino alia vetta dell'Appennino, feconda di campi e praterie coltivati mirabilmente. Ai piedi di Sant'Anna scorre il rio Perticara che mette nello Scoltenna, braccio superiore del Panaro. Lo spettacolo della rovina & veramente spaventevole. Yi sono chilo- metri quadrati di terreno capovolto, corso da profonde spaccature che bizzarramente hanno formato larghe conche che 1'acqua subito riem- pie, o masse coniformi simili a crateri di vulcani. II caseggiato cen- trale, che costituiva il nucleo della borgata, e ridotto ad un mucchio di rottami. I muri ancora ritti hanno grandi spaccature che lasciano vedere 1'interno. La chiesa della borgata, costruita nel 1600, e crol- lata: il campanile crollo pure quasi subito, travolgendo cinque cam- pane, delle quali tre si poterono salvare... Tra i fabbricati crollati erano alcune ville eleganti, perche Sant'Anna andavasi facendo una delle piu ricercate stazioni dell'Appennino. Cid che stringe il cuore e la vista delle macerie delle case dei proprietari e dei coloni indi- genti. Sono 150 fabbricati demoliti, seppellendo masserizie, bianche- rie, scorta di vettovaglie, scorta di sementi, foraggi, valori, denari. Sono 180 le famiglie senza tetto, raminghe d'abitazione in abitazione, accolte fraternamente dagli abitanti dei paesi e delle ville del cir- condario, consolate dalla pieta dei concittadini, dalle premure e dai soccorsi delle autorita. »

III. COSE STRANIERE

FRANCIA (Nostra Corrispondenza) . 1. Lo Czar a Parigi, 1'alleanza russa e Je relazioni estere. 2. Nicol6 II coi principi d'0rle"ans, col Cardi- nale Arcivescovo di Parigi; visile a Notre Dame ed alia chiesa russa. 3. 11 primo Congresso nazionale dei cattolici. 4. Una maggioranza clericale alia Camera? 5. Miglior contegno della Camera nelle di- spute scolastiche e religiose.

1. L'Imperatore e I'lmperatrice di Russia hanno dimorato in Fran- cia dal giorno 5 al 9 dello scorso ottobre. Nessun Sovrano straniero fu mai festeggiato, esaltato, adulato, come qui da noi questi due con- iugi imperiali. Era un entusiasmo generale che rasentava il delirio. Taluni vi hanno sc6rto una manifestazione del sentimento monar-

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1118. 16 9 gennalo 1897.

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chico, una consegu.enza delle costumanze e tradizioni monarchiche, persistent! ancora a dispetto di tutto. Non monta; il popolo ci ve- deva una occasione di palesare il suo patriottismo, onde rallegravasi perche la Francia non e piu isolata di mezzo ai popoli d'Europa. Ma e proprio vero che esiste un' alleanza tra Francia e Eussia? Conviene riconoscere che la parola alleanza non venne mai proferita nei varii discorsi official!, e che verun documento o proclama offi- ciale fu pubblicato a questo proposito. Peraltro ci fu ricambio di pa- role significative. A Cherbourg, ove approdo lo Czar, il sig. Felice Faure 1'assicuro nel suo brindisi, essere sincera 1'amista iella Francia e del Popolo francese. Nicolo II, nel brindare alia Marina francese, da lui passata a rassegna, rispose : « Toccando il suolo di una nazione arnica, esprimo i medesimi sentiment! teste da voi manifestati ». A Pa- rigi il Presidente della Repubblica parlo dei « vincoli che uniscono i due paesi in un'armonica operosita e scambievole fiducia nei loro destini » . Lo Czar di rimando disse : « Fedele a tradizioni indimen- ticabili, sono venuto in Francia per salutare in voi, signor Presi- dente, il capo della nazione, a cui ci uniscono preziosi vincoli. » Al pranzo dopo la rassegna di Chalons, lo Czar assevero : « Avete ra- gione, signor Presidente, dicendo che i due paesi sono uniti da inal- terabile amicizia. Fra' nostri due eserciti esiste un intimo sentimento di fratellanza d'armi. » Certamente queste parole sono delle piu espli- cite, e basteranno anche ai meno contentabili. Se non fu proferito il vocabolo alleanna, se non esiste trattato solenne, gli e perche le due potenze non si propongono veruna guerra, ne di attuare verun disegno, che richiedano sforzi comuni. II 21 novembre, discutendosi il bilancio alia Camera, il sig. Millerand ha fatto rilevare che 1'ac- cordo colla Russia avea condotto la Francia a Kiel, come pure ad un'azione in comune con altre potenze (la Grermania ecc.) per risol- vere il conflitto cino-giapponese, e nelle facoende deH'Armenia. Oltre di che, la Francia ha imprestato alia Russia parecchi miliardi. Ora si vorrebbe sapere qual pro ne abbia tratto la Francia, per evitare nocevoli illusion!. II sig. Hanotaux, ministro per gli affari esteri, ha - risposto : « Quel che pud e dev'essere detto in parole, e stato detto in termini misurati, concordat! e precis! da S. M. 1'Imperatore di Russia e dal signor Presidente della Repubblica a Cherbourg, a Pa- rigi ed a Chalons. Dunque il ministro per gli affari esteri s'attiene a quelle dichiarazioni. Gli uffici che gl'incombono, un interesse d'altro rilievo che la Camera intendera, 1'obbligano a non aggiunger nulla sul conto di un accordo, che nessuno pensa piu a negare o a porre in dubbio adesso. » Si asserisce 1'accordo, o 1'alleanza, ma non si da il menomo indizio su quello che chiedeva il sig. Millerand, e che ben altri al par di lui vorrebbero sapere. E chiaro che la Russia aspetta

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1'ora sua, mentre la Francia sembra non far altro che seguirla. Oggi lo Czar e padrone della Francia come della Eussia, dicono molte gaz- zette. E innegabile che finora la Francia non ha ottenuto nulla, pro- babilmente perche nulla ha domandato. Resta sempre a temersi che non ci trovera da ultimo il proprio conto. La Russia intende ne piu ne meno (secondoche opinano persone ben informate delle cose) che a far sua 1'eredita del gran malato, la Turchia d'Europa e d'Asia; essa vuol recare ad effetto la unione dei popoli slavi e di tutti gli scismatici sotto il suo scettro. Pero minaccia 1'esistenza dell'Au- stria e gl'interessi dell'Inghilterra come quelli della Francia nel- 1'Oriente ed altresi nell'Egitto. Un diario fa notare che di qui a vent'anni la pop«lazione della Russia avra raggiunto i 150 milioni di anime, lo Czar dunque avra tanta potenza da assestare egli solo la questione d'Oriente ed agglomerare ogni cosa. Quanto sarebbe neces- sario annichilire fra poco la Germania, per ingrandire la Francia, per procacciarle un baste vole ampliamento, e spacciarla dal suo po- tente vicino di verso levante ! Allora la guerra si farebbe a breve andare, perche la Germania non pensa neppure alia minima conces- sione! E poco probabile che la Prussia sia disposta a siffatta intra- presa ; essa piuttosto pare tutta intesa ad allargare le sue Industrie interior!, a compire la sua rete ferroviaria, coll'aiuto di capitali fran- cesi. La Francia intanto ha cercato di ristabilire le buone relazioni coll'Italia, mediante i trattati di commercio, navigazione ecc., con- chiusi con essa. E opera di buona politica, all'uopo di apparecchiare la costei separazione dalla triplice alleanza. L'Austria potrebbe anche essere disposta un giorno a raccostarsi alia Francia, massimamente dopo le rivelazioni del principe Bismarck, che per satollare 1'odio suo contro Guglielmo II, non rifugge neppure dal distrugger. 1'opera pro- pria. Del rimanente e noto che 1'imperatore di Germania cerca di mettersi in buone relazioni colla Francia, e difatti i rapporti che intercedono tra i due paesi, sono da parecchio tempo buonissimi. Si e notato che al Reichstag tedesco il sottosegretario di Stato sig. Marschall di Bieberstein riconobbe che 1'accordo franco-russo era un fatto del quale tutti debbono tener conto. Nello stesso tempo assicuro che le intraprese coloniali e gl'interessi della Germania nelle altre parti del mondo condurranno la Germania a concordia di opere con le stesse potenze, colle quali aveva qui di corto esercitato un'azione comune. Ora proprio colla Francia e la Russia la Germania si e adoperata nella Cina, in Armenia ecc. Dopo il buon accordo colla Russia, e stimata e cercata 1'amicizia della Francia. Ma si sapra trarne van- taggio per rassodare la nostra condizione ed i nostri interessi in guisa da non essere alia merce di una sola potenza, sia pur anche la Rus- sia? Senza tradire la propria alleata, ben si buo procacciare in Tina

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cotal misura tutte le amicizie che vengono profferte. Per ottenere lo sgombero dell'Egitto, a cagion d'esempio, e necessario il concorso di altre potenze, senza quello della Eussia.

2. Lo Czar ce ne ha dato anche 1' esempio. Ha visitato le corti d'Austria-Ungheria, di Germania e d'Inghiltarra prima di recarsi da noi; ed ha pur proferito parole di amicizia. Meglio ha fatto qui a Parigi : il di seguente al suo arrivo ha convitato a colazione, all'am- basciata russa, il duca di Chartres e gli altri principi e principesse della reale famiglia, residenti in Francia, come pure i 'Capi delle grandi famiglie realiste, fra cui il duca di Lhuynes lo ha salutato in nome del duca d'Orleans, dianzi ricevuto a Vienna dallo stesso Czar. Dunque Niccolo II vuol tenersi in buone relazioni colla reale fami- glia, se mai avesse di bel nuovo a regnare. D'altro canto Niccolo II diede una lezione ai nostri reggitbri : domando di ricevere la visita dell'Emo Card. Eichard Arcivescovo di Parigi, e cosi obbligo il Go- verno ad invitarlo ancora al ricevimento all'Eliseo. Lo Czar non ha mancato di visitare Notre Dame, dove lo accolse il Cardinale attor- niato dal Capitolo metropolitano. Come giunse a Parigi Niccolo fu sollecito di recarsi tosto alia chiesa russa, per ringraziare Iddio del felice viaggio compito, e supplicarlo di conservargli la sua protezione.

3. II primo congresso nazionale dei cattolici della Francia si tenne a Eeims dal 20 al 25 ottobre, presieduto dal conte Theiller de Pon- cheville, gia deputato. Pel numero degl'intervenuti non pud parago- narsi che ai congressi del Belgio, della Germania, dell'Austria, d'ltalia e di Spagna. Ma questo esordio fu osteggiato da varie circostanze sfavorevoli ; la stagione inoltrata, i molti pellegrinaggi nel corso del- 1'anno, la disunione dei cattolici. I monarchici non vi si sono fatti vedere ; ma la rilevan/.a del congresso fu nondimeno grandissima per ogni rispetto. II congresso tratto con senno e zelo di tutti gl' inte- ressi della Chiesa e della patria, ed anche specialmente delle que- stioni sociali. Facendo adesione alle conchiusioni di un dotto eccle- siastico, dichiaro che il Concordato, applicato che fosse con giustizia ed equita, sarebbe del tutto bastevole a far salda la concordia fra la Chiesa e lo Stato, e far sicura la Chiesa della condizione e della li- berta che le sono dovute. II congresso si e dichiarato in favore del diritto d' associazione, che in Francia non esiste ; nel che va d'ac- cordo colla Eussia, la quale esclude parimente in modo reciso questo diritto essenziale, senza cui non puo sussistere alcuna liberta. Fu- rono discusse e giudicate, secondo i principii di giustizia, le leggi sulle fabbricerie delle chiese e la tassa di accrescimento. Ma il piu largo campo nelle tornate del congresso fu tenuto dalle opere di pieta e di vantaggio morale, non che dalJe questioni sociali, e aderi al pro- gramma di Malines, decretato il 5 marzo di quest'anno dai Vescovi

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e dai delegati delle diocesi, adunati nella metropoli belga. Eccone i paragrafi : I. Istituzione e svolgimento de' circoli operai e delle opere economic-he attinenti ad essi. II. Istituzione e svolgimento di tutte le associazioni acconcie a far piena 1' educazione e 1' istruzione pro- fessionale del ceto operaio, e specialmente de' patronati e delle scuole di economia domestica. III. Istituzione di unioni professional!, che, senza escludere altri elementi, leveranno cerne pel loro primo nucleo fra questi circoli e queste associazioni. Tali unioni saranno miste o composte soltanto di operai, a seconda delle circostanze. Benche esclusivamente economiche debbono avere, per quanto si pud, un ca- rattere religiose, che fa d'uopo svolgere con efficacia. Bisogna inoltre che siano ordinate per modo, che senza essere per un lato ostili ai padroni o minacciose contro la costoro autorita, forniscano dall'altro agli operai un efficace rimedio ai danni, che potrebbero subire nel- 1'isolamento dell'individualismo. IV. L'istituzione delle varie opere di risparmio, di preveggenza, di sussidio in caso d'infermita, di di- sgrazie, di mancanza di lavoro e di vecchiaia, e particolarmente di societa di mutuo soccorso. Y. La creazione delle opere, divisate pel solo impulso private o col concorso della legge a migliorare le abitazioni delle famiglie operaie, specialmente poi quell'opera che si propone di aiutare 1'operaio a procacciarsi una casa di sua proprieta. YI. La creazione in acconcia [misura di Consigli d' officina o di conciliazione. YIL L'istituzione di societa di temperanza e la pro- paganda anti-alcoolica. YIII. I padroni e coloro che participano la loro autorita o la loro malleveria, quali i direttori di fabbriche industrial! od altre, i membri de' Consigli d'amministrazione, ed anche gli azionisti, attenderanno a procacciare ai loro operai 1' immeglia- mento della loro condizione morale e di quella materiale, mediante gli spedienti accennati nella lettera collettiva de' vescovi. Per 1' im- megliamento della loro condizione morale ; procacciando che abbiano miglior agio di soddisfare ai loro doveri religiosi ; rimovendo le oc- casioni che metterebbero a pericolo la loro fede e la loro costuma- tezza ; osservando molta circospezione nella scelta dei capi, mezzani e soprastanti ; incoraggiando e proteggendo le opere istituite per moralizzare gli operai e le famiglie loro, per preservare la gioventu, per educare cristianamente i loro figli ecc. Per 1' immegliamento della loro condizione materiale ; cercando all'occorrenza i mezzi da ren- dere piu rimunerativo il lavoro, meno faticoso, meno rischioso per la sanita e per la vita; combattendo lo sciupio del salario, e agevolando il collocamento dei risparmii; creando opere valevoli ad assicurare agli operai un'abitazione dice vole, un cibo sano, una opportuna assi- stenza in caso d'infermita, di disgrazia o di mancanza di lavoro; in- somma una talquale sicurezza ed anche agiatezza per adesso, e pel

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future un soccorso che conferira a metterli in salvo dalla miseria. IX. L 'opera della stampa popolare e la istituzione di circoli di studii social!. Oltre alle opere dianzi accennate s'incoraggiera a pro degli abitatori delle campagQe, 1'istituzione, 1'ampliameuto ed il perfezio- zionamento dei sindacati agricoli, formati con diversi nomi. Fra le opere di questi sindacati meritano speciale menzione e raccomanda- zione, nell'interesse dei piccoli agricoltori, le casse Reiffeisen. Simil- mente dicasi delle societa di mutuo soccorso, che in modo speciale, sono utili ai lavoratori de' campi.

Nell' ultima tornata il Congresso delibero il seguente indirizzo al S. Padre : « I cattolici di Francia, adunati a Congresso nazionale in Reims, prima di separarsi vogliono umiliare di bel nuovo a pie di Yostra Santita 1'unanime espressione del loro devotissimo ossequio alia Santa Sede ed alia persona Yostra. Da figli obbedienti della Chiesa e servitori amantissimi della Patria francese, hanno aderito intera- mente a tutte le nor me e ai consigli dati dal Capo della Chiesa ai cattolici francesi. E su questo campo hanno fatto proposito di pro- cacciare risolutamente, uniti con tutti i loro fratelli cattolici, e, se e possibile coll'aiuto di tutti gli onesti, la rivendicazione dei loro di- ritti e delle loro liberta cristiane, e la revoca di tutti i provvedimenti che vi recano offesa. Col medesimo spirito di unione e concordia, hanno deliberate di promuovere, nella cerchia delle loro forze e della loro competenza, tutte quelle opere che intendono cosi alia difesa o alia propagazione della fede e della pieta cattolica, come all' immeglia- mento delle condizioni morali e material! del popolo, e alia buona armonia fra le diverse classi sociali. Persuasi poi, come i cattolici di ogni paese, che il Papato ha d'uopo di essere fornito delle guarenti- gie di una indipendenza sovrana per esercitare con tutta 1'efficacia la propria azione a pro delle anime, della civilta e della pace del mondo, sta loro a cuore di affermare la loro devozione costante alia causa dell' indipendenza civile della Santa Sede. Reims, addi 25 ot- tobre 1896. » Nel risguardo politico il Congresso delibero che s' in- stituira in ogni dipartimento un comitato elettorale cattolico, incari- cato di compaginare le forze locali, e in mira di tutte le elezioni. A brevi periodi si terranno adunanze regional! per ooncertarsi intorno alia tutela dei loro diritti e dell'ampliamento delle opere loro. Ogni anno si ordinera un congresso nazionale. Si e istituita una delega- zione all'uopo di apparecchiare la costituzione dei comitati di dipar- timento ed il prossirno congresso nazionale, che si terra in Parigi nel dicembre 1897. Call' indirizzo mandate al S. Padre ben si vede che i cattolici si sottomettono senza restrizione alcuna alle istruzioni im- partite da Leone XIII, e che accettano la cooperazione dei monar- chic! e di tutti gli onesti che lor si vogliano unire. E noto che i

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monarchic!, per comando del loro capo, debbono sempre dare il voto pel candidati piu favorevoli alia causa cattolica. Al quale proposito convien rilevare che il matrimonio del duca d'Orleans con un'arci- duchessa ha spinto ad una certa vivaeita lo spirito monarchico in Francia, stimolato gia dalla visita dello Czar. Non ostante tutti i dis- sidii fra le case di Borbone e di Absburgo, il popolo ha sempre con- servato per 1'Austria grande simpatia, che per la maggior parte pro- cede dal sentimento cattolico.

4. Eadicali e socialisti rimproverano adesso al ministero ed alia maggioranza di esser passati nel campo clericale. II 12 novembre uao dei deputati di Reims, il sig. Mirman, interrogava il ministero sui congressi clerical! tenutisi a Reims, rimbrottando il Governo di tol- lerare che le leggi sieno violate dai cattolici nemici sempre della Re- pubblica, mentre aveva proibito che si radunasse la societa dei pro- fessori de' collegi e licet, tutti ferventi fautori della Repubblica. II sig. Rambaud, ministro pel pubblico insegnamento, gli fe' vedere che il sig. Bourgeois, suo antecessore radicale, erasi comportato egualmente perche quei professori avevano agito contro le leggi ed i regolamenti; altri invece, che alle leggi e ai regolamenti si attennero, han potuto adunarsi e costituire societa. II sig. Darlan, ministro pei culti, mo- strava dal canto suo che le adunanze dei vescovi e il congresso degli ecclesiastici a Reims si erano mantenuti nel campo prettamente reli- gioso. In quanto poi al congresso nazionale dei cattolici, il Governo non deve impensierirsi dei discorsi de' laici e de' sacerdoti liberi (cioe, non stipendiati dallo Stato), piu che non dei discorsi de' con- gressi socialisti e liberi-pensatori. II Governo essere geloso difensore dei diritti dello Stato, e risoluto a far si che tutti rispettino 1'auto- rita civile. Che ad ogni modo, il presente ministero camminava sul- 1'orme del suo antecessore radicale. I signer i Bourgeois e Combes, dell'ultimo ministero, sforzavansi di bel nuovo ad agitare lo spau- racchio del clericalismo e del parti to cattolico, minaccianti di subis- sare lo Stato e la societa laica : ma nulla valse. La Camera mostro la propria fiducia verso il ministero con 306 voti, di cui 230 repubbli- cani, contro 124. «E questa la prima volta dal 1877 in poi, che un ministero ottenga una maggioranza in una questione clericale » escla- mava il sig. Jaures, caporione de' socialisti, in una gazzetta il giorno appresso. Poi lamentossi nella Petite Republique in questa forma : « lo chiedeva un giorno al sig. Giulio Ferry : « Ma in fin dei conti, il vostro ideale qual e ? » Ed ei mi rispose : « Compaginare 1'uma- nita senza Dio e senza padrone. » - La borghesia opportunista non ri- spetterebbe certamente adesso queste parole. Ecco cio che fa il peri- colo clericale ; ed ecco perche la vecchia compage governativa, che i radicali vogliono maneggiare tuttora contro i curati, riesce del tutto

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inefficace Fu ancora notevolissimo nella giornata di giovedi, il veder quanto sia divenuta vana ed impotente la lotta tradizionale contro il clericalismo nella sua forma prettamente radicale. Da non pochi giorni ci dicevano alcuni buoni repubblicani : « Basta che i socialist! non s' inframmettano di soverchio nella discussione ; che non la mutino in interpellanza socialista ; che ci lascino guidare la bat- taglia ! La maggioranza repubblicana puo ancora mettersi insieme nell'idea di far resistenza alia Chiesa. » L'esperienza gli ha ammoniti aspramente che vivevano pe' ricordi del passato e che stranamente vieto era il loro sistema di combattere. II vero si e che la Chiesa svolge di bel nuovo da qualche anno la sua influenza ed efficacia. E vero altresi che in questo momento la politica dell'articolo 7 e del decreti, e perfino tutte le possibili soppressioni di assegno sarebbero del tutto impotenti. Se la Repubblica pote combattere contro il partito clericale, vent'anni fa, con questi spedienti repressivi, fu perche questi spedienti erano spalleggiati da una politica repubblicana. » II Gau- lois dal canto suo rileva : « Finora la Repubblica era il reggimento negativo che strillava ad ogni tratto abbasso qualche cosa. Dopo la esperienza che ieri han fatta a proprie spese i piu accaniti sprezza- tori dell' idea religiosa, oggi sono concordi a dichiarare che non la si deve piu assalire. Avesse anche solo il risultamento di aprire il varco a qualche cosa simile a tolleranza, la seduta di ieri, che ha visto sfrondare del suo orrido lo spettro clericale, come spediente di Governo, non sarebbe senza vantaggio». D'altra parte il Radical asserisce che la caduta del rninistero Meline sarebbe soltanto un lieve incidente, ne basterebbe a distruggere il novello raggruppamento avvenuto nel Parlamento e che e tutt'altro che una fortuita e momentanea lega. 5. Avremmo dunque cosi una maggioranza quasi reazionaria? Vi si potrebbe credere. Poscia la mossa del sig. Hubbard intesa a sop- primere 1'ambasciata presso la S. Sede fu respinta con una maggio- ranza di poco meno di quattro cento voti. Altre proposte antireligiose so.no state anch'esse respinte. A tenore della legge del 1886 le scuole dei Fratelli dovevano essere laicizzate entro il periodo di cinque anni ; e cosi fu fcitto. Non ci sono piu che cinque Religiosi nelle pubbliche scuole. Le scuole poi delle fanciulle hanno a essere laicizzate di mano in mano che accadono vacanze di posti. La proposta del socia- lista Millerand, di laicizzare in due anni tutte le scuole di fanciulle, e stata respinta con 327 voti contro 239. Vero e che c'entra in parte la questione economica. II laicizzare le 6850 scuole rimanenti, esi- gerebbe un aumento di quattro milioni annui, oltre 68 milioni per quattro mila edifizii scolastici. Le 9230 maestre religiose si appagano di modestissimi alloggi; inoltre molti degli edifizii scolastici d'adesso sono proprieta loro, e furono lasciate per testamento col patto espli-

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cito che servano soltanto a maestre religiose. Notiamo di passata, che, sebbene il bilancio assegni ai 95,250 maestri e maestre laiche 119 milioni, essi tutti non ne sono per nulla soddisfatti, e doman- dano aumenti. II bilancio stenta gia abbastanza per provvedere agli aumenti previsti dalla legge del 1886, e che ogni anno ascendono a parecchi milioni. La Camera si e un po' vendicata, accrescendo di 4,300,000 franchi i sussidii per edifizii scolastici, e ristabilendo i 300,000 franchi che il Governo voleva risparmiare mediante la sop- pressione delle scuole normali, che non hanno piil di 6 alunni da tre anni in qua. Gli e vero che in un anno di elezioni non e da persone prudenti sopprimere certe spese, onde traggono vantaggio certe elezioni, ne d'imitare d'altro canto gli elettori con laicizzamenti troppo stridenti e troppo numerosi. In quanto all' insegnamento il relatore sig. Bouge ha fornite cifre significative. Sulla fine del pre- ceduto anno scolastico i 110 licei e i 227 collegi dello Stato nove- ravano 86,000 alunni, e 80,000 gl' istituti dei frati e delle monache. Alia riapertura delle scuole gl' istituti dello Stato hanno perduto 800 alunni, che certamente si ritroveranno presso quelli religiosi. Ma c'e di meglio ancora. Sopra gli 86,000 alunni degl' istituti officiali, soli 18,000 pagavano pensione intera, 50,000 fruivano di condono, di diminuzioni, e 18,500 favoriti di borse di studio stanno a carico del- 1'erario, riempito da' contribuenti. Quanto maggiormente scema il numero degli alunni, tanto piu si aggrava la parte dello Stato nel mantenere i suoi istituti. Ogni anno c'e da assegnare a questo scopo fondi supplementari. Soltanto con un grande rinforzo di danaro, di gratuita e di riduzioni, riesce lo Stato a riempire le sue scuole se- condarie, nelle quali tuttavolta va scemando ogni anno il numero degli alunni.

INDIE ING-LES1 (Nostra Corrispondenza). 1. Guerra, fame e peste.

2. Contrassegni della peste, scoppiata in India, e studii dei medici.

3. Varii rimedii proposti da varii dottori ; strana cura del dott. Frank Fawkins ; storia della peste dell' India. 4. Siccita e osservazioni del sig. Hutchins.

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1. A peste, fame et hello libera nos Domine. Da questo ultimo flagello siamo oramai liberi, se pure si pud chiamare flagello la guerra di Chitral, limitata ad una remota provincia del settentrione, e terminata colla vittoria per le armi britanniche. Ora ci troviamo sotto 1' incubo della peste che non vuol cessare, anzi minaccia di spargersi un po' per tutta 1' India e far buona compagnia alia fame che oramai si fa sen- tire in molti distretti, e se il Signore non ci manda pioggia, si fara quasi generale per tutto il paese.

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2. La peste scoppid a Bombay alcuni mesi fa, e nessuno sa aneor dire se nata spontaneamente in casa o importata da Hongkong o da Bagdad. Sul principio le si diedero varii nomi, e non si voleva con- fessare esser ella la vera peste, la peste bubonica che aveva gia altre volte disertato 1' Europa, e ultimamente avea fatto prodezze a Hong- kong. I sintomi della strana malattia peraltro erano tutti caratteristici della peste, e i buboni sotto le ascelle del paziente ne facevano fede manifesta. Se non che i medici non erano ancora convinti, e cid per- che nell'attento esame del sangue e del siero dei buboni degli appe- stati non avevano ancora trovato il bacillo caratteristico della peste ; e come si fa ad avere la peste senza averne il bacillo? Ora pero pos- siamo consolarci. II Dottor Dutt di Calcutta e riuscito finalmente a scoprire nel sangue degli appestati il grande assassino, 1'autore della terribile malattia, il temuto bacillo della peste. II Dottor Dutt ha trovato il bacillo, e i Professori Haffkine e Hankin ne hanno descritto i rei costumi, la vita randagia, il trasferirsi che fa da un corpo al- 1'altro, da un paese all'altro, e per chi ne vuole, ne stanno allevando un esercito. Grazie dunque alia batteriologia, se avessimo in futuro la sorte di incontrarci con questo bel mobile sappiamo chi e, e, uomo avvisato mezzo salvato. Quantunque, a vero dire, flnora questo bacillo si e dimostrato assai discrete. Fino al 13 ottobre passato, le vittime della peste sommavano a 215 sopra 325 casi. I dottori promettevano che in poche settimane avrebbero sbarazzato Bombay di quel forestiere malaugurato, ma invece sembra che il bacillo voglia mettervi su casa, a dispetto di tutti i medici del mondo. II 10 corr. accaddero entro 48 ore 26 nuovi casi, dei quali 23 ebbero a soccombere. Nella setti- mana che flni col 10 ottobre, Bombay ebbe 623 morti di varie ma- lattie, laddove nella corrispondente settimana dell'anno scorso i morti furono solamente 429. In Bombay il Governo ha fatto di tutto per separare le case infette e impedire il propagarsi dell' infezione, ma trova molti ostacoli specialmente da parte dei privati che fanno ogni sforzo per occultare il male, a fine di non essere costretti ad andare al lazzaretto. II male intanto tende, benche lentamente, a propagarsi *. Calcutta ha gia avuto qualche caso, e le condizioni di questa citta sono assai inferior! a quelle di Bombay. In quasi tutti i porti del- 1' India sono state ordinate osservazioni e quarantene per le navi pro- venienti da Bombay, ma le ferrovie non fanno quarantena, e queste hanno trasportate fuori della citta migliaia e migliaia di persone che fuggono dal quartiere infetto. Finora le vittime sono stati tutti indi- geni, ma mentre scrivo giunge la nuova che un europeo e morto del terribile morbo. II presente non incute molto timore, ma che accadra 1 Pur troppo su i primi di del mese di decembre si e avverato quel che il nostro Corrispondente scriveva il 20 novembre.

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in future se il temuto bacillo riesce ad allearsi colla fame, ormai certa per molti distretti dell' India? In alcune delle province a maestro, il bestiame per mancanza di foraggio muore abbandonato nei campi, e 1'aria non restera per certo avvantaggiata dalla presenza di tante carogne.

3. E le medicine contro la peste? Oh di queste ogni giorno n'esce fuori una rniova. Un corrispondente del Madras Mail dopo aver data la peregrina notizia che la peste risale ai tempi del Profeta Salomone, asserisce che questi la guari in Aden col dare ai pazienti semi di caffe arrostiti e unti di burro diluito ; donde 1' autore della ricetta conchiude colle lodi del caffe ed esorta ognuno a fame il maggior uso possibile. Questo corrispondente del Profeta Salomone deve essere, a quanto pare, un mercante di caffe. Altri come il D.r Tersin ha man- dato dall'Annam a Calcutta una certa quantita di siero preso da pic- cioni, topi ed altri animali artificialmente appestati per inoculare 1'in- fezione bubonica. Medici poi e ciarlatani Indu e Maomettani corrono il paese infetto a spacciare le loro miracolose medicine. II D.r Frank Fawkins e un giovane medico di Bombay, specialista in malattie contagiose, che si crede possessore di un rimedio infallibile contro la peste bubonica. Si presento tempo fa alia Commissione sanitaria di Bombay e le profferse i proprii servigi a benefizio degli appestati. Credeva venuta la sua ora, ma sfortunatamente la via della gloria gli venne chiusa dal fermo benche gentile rifiuto della Commissione, che ormai e piu seccata dei medici e delle medicine che della stessa pe- ste. Meditava tristamente sulla instability della fortuna, quando due* giorni dopo gli capito un biglietto. cosi concepito: « Caro Dottore. Mio marito sta molto male, e temo non sia colto dalla peste. Per .amor di Dio, venite subito. » Nellie Jardine. Jack Jardine e F amico del cuore del nostro dottore, e per sopra piu sposo novello. Oh ! adesso e giunta la mia ora, pensa il Dottore, e via a curare la peste del caro amico. Alia porta della casa trovo la Signora che lo aspettava : gra- zie, Dottore, dice ella: avete fatto bene a venire, sta cosi male ! II po- vero Jack giaceva immobile sul suo letto e affatto inconscio. E peste, e peste, grida il dottore, e seiiza por tempo in mezzo, aiutato dalla Signora piu morta che viva pel timore di perdere il marito durante la luna di miele, fa accendere nella camera del paziente un piccolo braciere, vi pone sopra una padellina che riempie di varie droghe. AI denso fumo e alia puzza abbominevole che si alzo dal braciere il Dottore e la Signora stentarono a tenersi fermi, mentre il povero am- malato pur restando fuori dei sensi tossiva disperatamente. Allora il Dottore mescolo il contenuto della terrina con un po' di olio, e con questa miscela unse tutto il corpo del paziente, facendogliene allo stesso tempo prendere qualche parte internamente, e, assicurando la

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Signora che presto 1'ammalato si riavrebbe, sicuro del fatto suo prese per allora commiato. Dopo alcune ore ritorno a visitare 1'amico, ma quale non fu la sua meraviglia quando gli vide la faccia coperta di un folto pelo nero come 1'ebano? A tal vista il Dottore trasali; egli non si aspettava dalla sua medicina un effetto cosi strano, tanto piu che naturalmente 1'amico Jack aveva un volto bianco bianco e quasi quasi senza un pelo, mentre in quella vece aveva una bella capiglia- tura bionda. La Signora esterrefatta guardava il Dottore, e questi quel pelo misterioso che in poche ore era nato sulle guancie delFamico. Del resto la febbre non era punto calata, e i soliti buboni non appa- rivano ancora. Ma che importa? Peste bubonica era quella, e la me- dicina dovea trionfarne. Pero fece coraggio alia povera Nellie e pro- mise che sarebbe tomato piu tardi : continuasse ai debiti intervalli ad ungere il marito e a fargli bere alcuni sorsi della meravigliosa medicina: chi la dura la vince. Torno una terza volta sull'imbru- nire, a visitare il malato e trovo la Signora in convulsion! di spa- vento. Sul letto dell'ammalato e sparse per terra giacevano le ricche ciocche dei biondi e ricciuti capelli del povero Jack, e la sua testa •era nuda bianca e lucente come una palla di bigliardo, mentre la sua faccia era coperta di un pelo nero come 1'ebano. II Dottore era con- fuso, perplesso, annichilato, e quel che piu monta il corpo del po- vero paziente era tutto una piaga. Pien di flducia pero nel buon suo cesso della sua medicina fece animo alia Signora, e se ne andd pro- mettendo che sarebbe ritornato dopo aver preso parte ad un pranzo ufflciale dal quale non poteva dispensarsi. Or accadde che a notte inoltrata 1'Ispettore Generale Dottor Waxey, facendo ritorno in car- rozza dallo stesso pranzo, ebbe quasi a schiacciare sotto le ruote un Europeo che giaceva svenuto in mezzo alia via. Portato entro la casa di quello venne riconosciuto per Jack Jardine. Accorse in fretta il D.r Fox mentre si mandava per la Signora Jardine. In questo mentre il nostro Dottore Frank Fawkins arrivava a casa Jardine, dove gli fu detto, che mentre la Signora era assente per un momento dalla ca- mera dell' infermo, questi si era levato dal letto come furioso ed era fuggito di casa, e allora si trovava presso il Dottor Waxey. Cola si porto sgomentato il Dottore, e venne accolto con una tremenda raman- zina dal vecchio Ispettore, che lo sgrido severamente per aver curato in maniera cosi stravagante e quasi fosse affetto da peste il povero Jack Jardine, mentre non si trattava di altro che di un leggiero colpo di sole, e fini dicendo : « Ecco qua questo Dottore in erba che pre- tendeva di cacciare la peste da Bombay, e fu a un pelo in vece di cacciare violentemente il povero Jack dal mondo. Lei meriterebbe di essere deferito alle autorita ed espulso dal servizio. Preferisco gli idioti, signore; preferisco gl'idioti. » Questo fatto, com'e naturale, fece il giro

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del giornali, non punto a vantaggio del glorioso avvenire del Dott. Faw- kins, e a lode della scienza europea. Del resto, come gia dicemmo, la peste non incute molto timore, perche, quantunque sia falso che questa terribile malattia non sia mai prima d'ora apparsa di qua dall'Indo, pure e vero che non fece mai molta strage. Sembra che la peste bubonica ami le regioni temperate e rifugga parimente dai caldi stemperati come dal troppo freddo, di che non la si pud accusare di cattivo gusto. Certo e pero che essa in questo secolo fece la sua comparsa in Gu- zerat, in Kattyawar e in Hyderabad nel 1815 dopo tre anni di fame. Eitorno nel 1836 e si fe' sentire alquanto a Pali nel Marwar, e mori spontaneamente in ambedue i casi nella stagione calda. I nativi la chiamano Maha murree.

4. Che se il flagello della peste fa poca paura ai privati e al Governo, il flagello della fame che ci minaccia tiene invece in sospensione tutti gli animi. In Europa quando uno non sa che dire, ovvero, parlando non vuol dir niente, parla del tempo, argomento che non dura mai il medesimo per una settimana di fila. Qui invece, quando le stagioni corrono regolari, nessuno pensa a questo fonte perenne di conversa- zione, perche la pioggia e il secco si succedono non ad intervalli di un giorno o due, ma di mesi e mesi, colla massima monotonia e rego- larita. Questo anno pero non e cosi. II monsone del sud-ovest in alcune province fu tardivo, dappertutto fini troppo presto, e quello del nord-est non si fa ancora vedere, e noi come tanti astronomi stiamo continua- mente contemplando il cielo per vedere se spuntano finalmente le nubi che ci devono recare la tanto desiderata pioggia. E qui e da notare una coincidenza singolare. In un numero della Nature del passato aprile il Sig. D. E. Hutchins, Conservatore di foreste al Capo di Buona-Spe- ranza, predisse che i rnonsoni dell'India avrebbero fallito, e fondava la sua predivdone sulla teoria dei cicli. Secondo lui il ciclo di nove anni e mezzo e uno dei piu important! fattori che entrino nelle variazioni atmosferiche dell' Africa meridionale. Or cola nel 1876-77, cioe appunto 19 anni fa, mancarono quasi interamente le pioggie regolari del sud-est, e nell'India quelle del monsone di sud-ovest, donde la terribile sic- cita e carestia che diserto questo ultimo paese. La medesima cosa si •fe rinnovata questo anno in ambedue i continenti, e, cio che aumenta la meraviglia, la stessa siccita ebbe luogo 19 anni fa, ed e ritornata anche questo anno in Australia. E ella una fortuita coincidenza cotesta? Forse e troppo presto per giudicare della causa di questi curiosi sin- cronismi ; quello pero che 6 fuori di dubbio, e la certa relazione che corre fra le condizioni meteorologiche del sud dell 'Africa e quelle •dell'India.

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IV. COSE VAR1E

1. Natura delle Porte di Ferro. 2. Correzione delle Porte di Ferro. 3. La Gerarchia napoletana. 4. Notizie sulle carceri e sui detenuti in Italia.

1. Natura delle Porte di Ferro. La dove il Danubio si apre un varco tra le alpi transilvaniche per un tratto di 100 chilometri, e specialmente fra Drenkowa e 1' isola Sib, alle Porte di Ferro, stretti, vortici e cataratte costitaiscono tutte insieme un ostacolo grave alia aavigazione. I vortici sono formati dalle rocce ineguali che sorgono dal letto del fiume, e che appunto vicino alle Porte di Ferro sono d'assai maggiori. Essi cominciano dal cosiddetto « Struden » : li una grossa barra granitica taglia obliquamente la corrente, e per la cor- rosione di questa la scinde in varie ramificazioni. A forza di mine e stata gia da molto tempo migliorata la navigazione del fiume, ed anche il gorgo fortissimo che si forma va sotto quel risalto, e stato in gran parte diminuito. Poi vengono le cataratte di Bazias con re- stringimento della corrente e con rapide : li sono pure la rupe Ba- bakaj assai sporgente e gli scogli di Stenka che sono da 3 decimetri a 1 metro e 7 centimetri sotto il livello delle acque. Piu in la tro- vansi le rupi di Kozla, di Dojke, di Bivole e di Izlas e i banchi di Tachtabia ove la corrente per esser piu bassa, e ancor piu rapida. La corrente poi, dopo esser passata tra le strette rocce di Greben (e gli argini sassosi di Inez, piega ad angolo retto verso il famoso passo di Kazan. Mentre il Danubio dalla sua ordinaria larghezza, da uno a due chilometri, si restringe presso Dojke a 380 nietri e (al tempo delle acque basse) a 220 metri presso Greben, vicino a Kazan invece si serra fra le rocce sporgenti entro 151 metri. Conseguenza di un siffatto restringimento e un prodigioso ingorgo di acque. Per avere un'idea del paesaggio s'immaginino i lettori alFentrata del passaggio del fiume due ripide scogliere e rocce nude : a sinistra una via vera- mente artistica e lunga aperta da 30 anni, sotto le rupi pendenti dall'alto : la poi, dove maggiore e la stretta, due pareti di sasso che si levano a perpendicolo a 325 metri, 1'una a destra del Mirotsch Planina, 1'altra a sinistra del monte Schukamare. A foggia di quinte da teatro si presentano poi enormi denti a fila, contro cui la corrente si spezza; mentre a sinistra si precipita giii da uno spalto un fiu- micello appunto li ove la corrente e piu stretta e profonda 32,6 metri e raggiunge una rapidita impetuosa. La larghezza minima e di 151 metro e 70 centimetri : e siccome quasi uguale e la profondita, la

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corrente prende un taglio quadrate. Questo passaggio bipartite del Kazan si estende per circa un miglio geograflco.

2. Correzione delle Porte di Ferro. I tentativi per correggere il corso di questo tratto del Danubio rimontano ai primi imperatori ro- mani, e per le vicende politiche s' indugio sino al congresso di Ber- lino (a. 1878) a mettere mano all'opera. II congresso ne die 1' inca- rico all'Ungheria, uno degli Stati vicini piu capevole di tanto ardimento. L'Ungheria nell' imprendere 1'esecuzione della convenzione fece sten- dere da una commissione internazionale un parere sui disegni proposti. L' impresa richiese tanti lavori preparatorii che passarono dieci anni prima che 1' importante lavoro fosse cominciato. Finalmente nell'anno 1888 furono stabiliti per legge come provvigione nove milioni di fio- rini per 1'esecuzione del lavoro alle Porte di Ferro, e il 15 decem- bre ne fu fatta la solenne inaugurazione.

Le scogliere delle Porte di Ferro cominciano presso 1' isola Ada Kaleh ed hanno una larghezza da 600 a 950 metri e una lunghezza di 2 chilometri ed una rapida corrente a cagione della conformazione speciale del letto, specialmente alle sponde, ove era inoltre impedita la navigazione dalla bassezza delle acque. Un viaggiatore cosi si esprime : « Quella parte delle rocce che e al disopra delle acque e frastaglia per ogni verso il letto della corrente, ha 1'aspetto coine d'un dorso sassoso, lungo 300 metri, a cui piu in giu si concatena una miriade di scogli e di punte che formano il passaggio al banco roc- cioso chiamato Prigrada. Quest'ultimo che si stende obliquamente, di verso la sponda sinistra, su quasi tutta la larghezza del letto del fiume, forma il maggiore ostacolo delle cataTatte. La pleiade di scogli, che attorniano 1' isola di Balmi, e tanto piu pericolosa alia navigazione in quanto le acque che formano un ristagno straordinario sul banco soprastante, traboccano in un canale largo solo 113 metri, fra Pri- grada e uno sprone di roccia sporgente dalla riva sinistra, e rag- giungono il massimo grado di velocita, vale a dire 4 metri e 75 cen- timetri. Le controcorrenti e i vortici rendono sommamente pericoloso quel posto ; si spiega quindi perche fosse famoso fin da' tempi piu remoti. La piu perfetta conoscenza del luogo e le piu grandi cautele non erano bastevoli a evitare ogni pericolo per la navigazione di questo tratto. » II disegno, ormai eseguito, ebbe in mira il for- mare canali protetti da argini, che hanno presso le cataratte la lar- ghezza di 60 metri e una profondita di 5 m., e presso le Porte di Ferro una larghezza di 72 metri e 3 di profondita. Per la costruzione di quest'opera sono stati fatti saltare in aria 380,000 metri cubi di roccia, furono costruiti 560,000 metri cubi di argini in pietra e 100,000 metri quadra ti di scarpata per il canale e per gli argini, ricoperta qua e la in gran parte di pietre. L' inaugurazione avveune

256 CRONACA CONTEMPORANEA

con gran solennita il 27 settembre dell'a. 1896, e v'erano presenti 1' imperatore Francesco Giuseppe d'Austria, re Carlo di Eomenia, re Alessandro di Serbia e solo vi mancava il principe di Bulgaria, Fer- dinando. Orsova, citta ungherese sul confine della Romenia, ebbe 1'onore e la fortuna di ospitare un popolo intero di varie stirpi, fe- stante per la grau conquista del lavoro e per la speranza di maggiori commerci. (Da un viaggiatore e da altri.)

3. La gerarchia napoletana. A proposito della morte dell'Emo Card. Sanfelice, Arcivescovo di Napoli, ci piace far notare le gran- dezze di quell'antichissima sede, anzi apostolica, gloriosa di aver avuto prelati insigni per scienza, nobilta, e soprattutto per santita.

Questa sede va gloriosa di 118 pastori, de' quali cinquantuno fu- rono soltanto vescovi e cominciarono con S. Aspreno messo dagli Apo- stoli e finirono con S. Marciano al secolo X ; sessantasette Arci vescovi cominciati nell'anno 990 con Sergio I, quando fu elevata a metropo- litana la chiesa di Napoli da Papa Giovanni XIII. Fra questi prelati, ventisette furono principi di S. Chiesa, e il primo fu Annibaldo da" Ceccano nel 1326; due ascesero anche la cattedra di S. Pietro, cioe Giampietro Carafa, (1549-1557) sotto il nome di Papa Paolo IV, e Antonio Pignatelli (1686-1691) che assunse il nome di Innocenzo XII. Ha avuto anche de' religiosi, specie benedettini e teatini, e sono stati nove. Dall'Arciv. Luigi Ruffo Scilla in poi, gli ultimi quattro furono tutti cardinali : 1'ultimo Arcivescovo non Cardinale, fu Gianvincenzo Monforte a principio di questo secolo (18012). Ma quello che forma la massiina gloria della sede partenopea e la santita onde furono ricchi quei successori degli apostoli: ne conta, venerati sugli altari, come santi trentadue, e come beati tre.

4. Notizie suite Carceri e sui detenuti in Italia. Gli stabilimenti di detenzione preventiva, di pena e di correzione in Italia fino al 30 giugno 1894 erano in complesso n.° 1605, epotevano contenere 103,097 individui. Nelle carceri, negli stabilimenti di pena e di correzione vi erano 7881 cella per la segregazione continua, 3449 celle per la se- parazione notturna e 91,767 posti per vita comune. II numero dei detenuti negli anni 1892, 1893 e 1894 (30 giugno) fu il seguente:

1892 N. 69,316

1893 » 64,194

1894 » 70,939

Nell'anno 1893-94 pel mantenimento dei detenuti si spese ]a somma di L. 14,966,197,06 da cui del'alcando L. 2,345,065,15 per guadagni ricavati dal lavoro o per altri introiti si ha che le spese nette di mantenimento ascesero a L. 12,621,131,91.

DI UNA ACCADEMIA COSTITUZIONALE

i.

Nel campo, e tra i piu forti campion! del sabaudismo, si e dianzi levata una disputa bizzarra, intorno a quello che si venera per sacro palladio della nuova Italia, lo Statute. La disputa, conforme lo ha notato la Tribuna di Roma *, e stata puramente accademica, s' intende ; ed ha lasciato il tempo che ha trovato. Nelle menti che pensano pero ha potuto gittare semi di verita, che non resteranno forse infecondi.

L'origine non si potrebbe dire quale sia stata. Poco fa, noi pubblicammo un articolo, sul valore pratico e teorico che il parlamentarismo dk alia vieta formola costituzionale, del Re che regna e non governa. E lo pubblicammo, non per mettere sul tappeto oziose questioni costituzionali, ma per iscolpare i cattolici dall'accusa d'inerzia e freddezza, verso il principle d'autorita, sussistente uella Monarchia che regge 1' Italia. Ne ci riusci difficile dimostrare che questo principio, stante F aperta violazione fatta dello Statuto, non sussisteva altrimenti che in una finzione, essendosi preteso di ridurre, nella Monarchia, il Principe ad una mera impersonalita politica e morale, sedente in trono. E non recammo ciance, ne flabe ; ma fatti, argomenti e documenti, che provavano la rivoluzione operatasi del costi- tuzionalismo legale, in parlamentarismo abusive, sotto Fillu- sorio pretesto, che il Re costituzionale deve regnare, perche Re, ma non pub governare, perche irresponsabile. Posto cio, ne tirammo per conseguenza, che vanamente i liberali chie- dono ai cattolici 1'ossequio e 1'appoggio ad un principio, che

1 Num. del 10 gennaio, 1897. Strie XVI, vol. IX, fasc. 1119. 17 25 gennaio 1*97.

258 DI UNA ACCADEMIA

i liberal! stessi hannjo spento dove avrebbe da avere la natu- rale ed essenziale sua sede, e messovi invece magni nominis umbram *.

ISOpinione liberals prese come « lanciato contro di se il pesante articolo della Civilta Cattolica 2 » e s' inganno ; che non mirammo punto a lei, avvegnache vi alludessimo ad al- cuni suoi concetti, che servivano di rincalzo alia nostra tesi. La quale, con tutt'altro intendimento dal nostro, e poi stata ripigliata in mano da un deputato anonimo, nella Nuova An- lologia, coll'articolo Torniamo allo Statulo 3, d'onde, fra i mag- giorenti del giornalismo liberalesco, e sorto 1'accademico torneo.

II.

Lo scrittore non si & tardato a risapere essere il gia mi- nistro Sydney-Sonnino. Costui, togliendo a trattare la perico- losa questione del potere regio nelle libere istituzioni, si e studiato di evitare gli scogli, nei quali urtarono Ruggero Bon- ghi, co' suoi Doveri del Principe, ed Eduardo Scarfoglio, col suo Maltino: di che il primo perdette le grazie della corte, ed il secondo ebbe sequestrate il giornale. L'accorto israelita e stato piii destro: con molta arte ha girate le punte, senza toccarle.

Assunto suo e, in sostanza, che la corruzione della vita pub- blica liberale in Italia, e dovunque florisce il parlamentarismo, viene da cio che 1'autorita del Re e del Parlamento e tutta passata, col potere esecutivo, nel Ministero; cosi che il reg- gimento politico 6 ora mutato nella stessa radice, contro la lettera e lo spirito dello Statute. In cambio di una Monarchia democratica, si ha una vera oligarchia, senza freno di sopra e senza sindacato di sotto. Questo e il male che tutto ha in- fettato e guasto 1'organismo del Governo.

1 V. Civilta Cattolica, nel quaderno 1116, 1'articolo I Cattolici e il Regno parlatnentare.

4 Num. del 5 gennaio, 1897. 3 Fascicolo I del gennaio 1897.

COSTITUZIONALE 259

Ma qual e il riraedio ? Che si rientri nella buona strada, e si torni all'osservanza stretta dello Statute. Si reintegri il Re ne' suoi diritti, si liberi il Parlamento dai lacci del Ministero, e si riconduca questo, che e potere unicamente responsabile, all'ufficio suo di iatermediario fra la Corona e il Parlamento.

A quest' appello di riforma chiaro 6 che, dalle varie fa- zioni del sabaudismo, non poteva rispondersi se non in vario modo. L' una, coll'aulica Nazione di Firenze, ha fatto plauso ed e andata in brodo di succiole, all' idea di raccogliere il piu di autoritk che fosse possibile in mano del Re : Faltra, colla spregiudicata Lombardia di Milano, si e scandalizzata [della proposta di spossessare il Parlamento della sovrana ed effet- tiva potesta, che gli compete : la terza, colPufflciosa Opinione di Roma, si 6 meravigliata che siasi dato corso ad un para- dosso, il quale tenderebbe a sminuire la responsabile onnipo- tenza del Ministero.

Ma, in somma, nessuna parte si 6 ardita di negare, o di met- tere in dubbio, che lo Statuto, quale usci dalle mani di Carlo Alberto, sia violate. Quindi 1'invito: Torniamo allo Statuto, benchfe sia di voce nel deserto, non e invito senza ragione.

III.

Ed ecco in compendio gli argomenti del Sonnino. Da una usurpazione, e proceduta un'altra usurpazione peggiore. La Camera si £ appropriati i diritti del potere esecutivo, in quanto e perche ha voluto che i ministri rappresentassero la sua mag- gioranza, da questa fossero indicati e da questa dipendessero : ed il Ministero quelli della Corona, trasferendoli nella Camera, dalla quale riconosce 1'esistenza sua.

Da quest'abuso & derivato che « il Ministero, facendosi stru- mento e sgabello delle pretese dottrinarie e delle crescenti usurpazioni della Camera dei deputati, che vorrebbe arrogare a se sola il diritto di parlare come interprete della volontk della nazione, e riuscito a dichiararsi a sua volta la emana- zione legittima e autorizzata della rappresentanza nazionale,

260 DI UNA ACCADEMIA

ad una progressiva ed effettiva usurpazione di quasi tutte le funzioni normal! della Corona, facendone altrettante funzioni direttamente da se dipendenti, e tende sempre piu a mettere nell'ombra il Principe ; mentre al tempo stesso ha, d'altro canto, snaturate o distrutte le funzioni proprie della Camera elettiva. La Camera, avendo voluto invadere le competenze altrui e governare, e venuta invece a perdere anche di fatto Peser- cizio libero delle stesse funzioni legislative, attribuitele dallo Statuto; e si trova, ogni giorno piu, mancipia del Ministero.*

L'autore si ferma lungamente a discorrere dei procedimenti con cui sorgono i Gabinetti e si mantengono, a dispetto quasi di Dio e dei santi, come se avessero un titolo giuridico pro- prio e diritti loro, fuori della Corona e del Parlamento. Questo e un nuovo potere, sorto a poco a poco, ed intrusosi fra le ruote maestre del meccanismo, delle quali ha occupato il luogo ; ma non compreso nello Statuto. Esso ora si contrappone alia Camera, nel nome dei diritti del Governo, proprii della Corona; ed ora contrasta alia Corona, invocando i diritti della mag- gioranza dei deputati, della quale si arroga di essere il rap- presentante. Tal e il Ministero, considerato come istituzione sui iuris, da se.

Ora lo Statuto dispone tassativamente, che il Re nomina e revoca i suoi ministri: che a lui solo appartiene il potere ese- cutivo ; che egli nomiua a tutte le cariche dello Stato e via via ; e quanto alle funzioni dei ministri (che di Ministero non fa mai parola) stabilisce urticamente, che essi sono responsabili dell'azione del Principe, e debbono controflrmare le leggi e gli atti del Governo. Fuori di cio, lo Stato piglia persona nel Prin- cipe : egli ne rappresenta la tradizione, la continuita, la stabi- litk degli ordinamenti ; in lui si epHoga 1'interesse generale, pel presente e pel future.

Adunque, soggiunge egli: Torniamo allo Statuto. « Da tale ritorno dipende tutto il risanamento della nostra vita parla- mentare, compresevi tanto la liberazione del deputato dalle pressioni degli elettori, perche giorno per giorno s' intrometta nelPamministrazione della cosa pubblica, per favorire i loro in-

COST1TUZIONALE 261

teressi personal! ; quanto la liberazione dei ministri dalle ille- cite pressioni ed ingerenze parlamentari. Rivendicate al So- vrano i suoi diritti, e facilmente vi riuscira delimitare i po- teri della Camera elettiva, rinfrancare quelli della Camera vitalizia, e per di piu riattivare la vita e 1'azione di entrambe, ritornandole alle loro vere funzioni. »

Ed inflne conchiude: «Vogliamo la monarchia liberale e rappresentativa dello Statute, col Monarca, principe effettivo ed attivo, non consegnato bendato nelle mani di un maire du palais, che si chiami il presidente del Consiglio. La Camera elettiva e il Senato vitalizio debbono cooperare attivamente alia legislazione, ed inoltre sindacare sempre, discutere e fre- nare gli atti e 1'indirizzo del Governo, mediante la loro azione, tanto sui ministri responsabili, quanto sulle leggi e sui bilanci da loro presentati. Ma essi non debbono esercitare, ne diret- tamente, ne per mezzo di uno o piu loro delegati, il potere ese- cutivo, che e di esclusiva competenza del Principe ; il quale a sua volta, come ogni altro potere o persona, e subordinate alia legge, nella formazione della quale concorre anch'egli, col diritto di proposta e col diritto di sanzione. »

IV.

Tutto bene. Ma si ha da tornare allo Statute soltanto per quel che riguarda le prerogative regie, messe in un canto, o non anzi ancora per quel che riguarda altri molti diritti, dallo Statute affermati, ed arbitrariamente avuti in non cale ? Spesso, troppo spesso si odono e si leggono lamenti acerbi di trasgres- sioni, non meno patenti che odiose, di quel patto fondamen- tale, che pure fu soggetto implicito dei plebisciti famosi.

La requisitoria del deputato Sonnino ci ha rimessa in mente 1'altra del deputato Giuseppe Romano, il qjuale, anni indietro, ricorrendo le elezioni per la XV legislatura, aiutava i suoi gia colleghi a fare un esame di coscienza costituzionale.

Dopo numerati i danni finanziarii, morali e sociali arrecati al paese, cosi passava specificatamente alle violazioni dello Sta-

262 DI UNA ACGADEMIA

tuto : « Ne abbiamo violate Particolo 24, in quanto ai diritti politici, e pel modo in cui abbiamo ottenuto il diritto all'am- missibilita alle cariche civili e militari, conferite, non secondo il merito, ma con le passioni di partito. Ne abbiamo violato 1'articolo 26, che guarentisce nel modo piii assoluto la libertk del cittadino e vieta di manometterla con leggi eccezionali; da noi sancite. Ne abbiamo violati gli articoli 25 e 29, col sistema tributario, che fa pesare i carichi dello Stato, piii sul povero e meno sul ricco; e con le tasse di registro, di successione eccetera, che confiscano una parte di quella proprieta, che la Statuto dichiara inviolabile. Ne abbiamo violati gli articoli 27 e 28, con arbitrarie visite domiciliari ed arbitrarii sequestri della stampa. Ne abbiamo violato 1'articolo 32, con arbitrii che inceppano il diritto di adunarsi paciflcamente e senz'armi *. »

Ne qui e tutto, ne qui e il peggio. Egli avrebbe potuto aggiungere: Noi abbiamo violato 1'articolo dello Statuto, che proclama la religione cattolica, religione dello Stato, arti- colo che manupropria fu scritto da Carlo Alberto in testa al foglio che conteneva gii altri; e lo abbiamo violato, favoreg- giando tutti i culti opposti al cattolicismo e perseguitando in aspre guise il solo, che lo Statuto riconosce per proprio della nazione. Di phi, in odio a questo articolo, abbiamo violato il 29°, consumando quelPimmane atto di spogliazione dei beni della Chiesa e degli Ordini religiosi, il quale, secondo il di- ritto, tanto costituzionale, quanto naturale, grida vendetta al cospetto di Dio e degli uomini.

Or il Sonnino a qual mira vorrebb'egli rivolta la sua ri- forma, ossia il suo ritorno allo Statuto? A risarcire forse tutti i diritti lesi, cosi del Principe e del Parlamento, come dei citta- dini in genere e della Chiesa?

Y.

Niente affatto. Egli la vorrebbe unicamente, per salvare il suo partito dallo sfacelo in cui cade, e chiudere la via al so-

1 I doveri della XV Legislature,, pag. 11.

COSTITUZIONALE 263

cialismo e al cattolicismo, che minacciano di succedergli. Lo die"1 egli apertamente nella sua conclusione : « Vogliamo noi un'Italia clericale, liberale-temperata, o radicale-socialista ? Tra non molto bisognera scegliere fra le tre cose. » Sopra tutto Tltalia cattolica, « la cui organizzazione fa passi da gigante », gl'incute terrore e raccapriccio. Ed appunto per tenerle testa, egli perora la causa del Principato liberale, ed invita i par- tigiani suoi a rafforzarlo.

Lasciamo stare 1' ingiuria che egli fa al buon senso comune, mettendo moralmente a paro i due sistemi piu contrapposti che si possano flgurare. Si scusi ancora in lui, israelita di nazione, il maltalento verso la religione cattolica. Ma come perdonargli Foffesa ch' egli reca a questa religione, che e la nazionale degl' Italiani, non solo pareggiandola colla mostruo- sita socialistica, ma condannandola pubblicamente di « despo- tismo soffocante ogni liberta civile e morale » ?

E si che in un liberale sabaudista, sia pure per giunta figliuolo di Giacobbe, a questi lumi di luna e fra tanto lezzo di turpitudini liberalesche che ammorba 1' Italia, ci vuole una bella fronte, per levarsi ad oltraggiare la morale della Ghiesa cattolica, e ad invocare un accrescimento di autorita regia «he la « infreni », e « difenda contr'essa la moralita sociale » !

Dopo trentasett'anni di signoria incontrastata, il liberalismo e riuscito ad inondare tutta quanta F Italia di miserie, di fame, di omicidii, di suicidii, di malcostume, di peculati, di concus- sioni, di ruberie di ogni specie, ad ornare il suo Parlamento di deplorati, ed empire le galere di ladri suoi crocesignati : e questo rampollo d' Israele ha F audacia di alzare la voce, affin- che la Chiesa non sopravvenga a ristorare tante ruine, a me- dicare tante piaghe, a lavare tante contaminazioni che rendono FItalia favola delle genti?

Egli vitupera la Chiesa siccome nemica « della liberta di coscienza e di pensiero ». Or ecco in che maniera, non un cle- ricale, ma un ligio a questa liberta, Edoardo Scarfoglio, parla della morale del liberalismo sabaudo e di quella della Chiesa. II semita Sonnino si prenda dall'italiano Scarfoglio questa so-

264 DI UNA ACCADEMIA

lenne lezione : « Gia noi vediamo, aceanto alia ruina del ba- rocco ediflzio amministrativo dello Stato, raffazzonato di travi fradice e di vecchi calcinacci, durare diritto, intatto nelle sue antiche forme Porganismo della Chiesa. Mentre lo Stato laico si putref^ nella corruzione e nelFegoismo, e non appare se non come un sistema d' interessi e di concupiscenze ignobili, la Chiesa parla ancora alle anime in nome della virtu, della fede,. della pieta, di tutti quanti gli elementi immateriali della na- tura umana. Se ancora qualche essenza ideale permane nella nostra vita di fakiri anestetizzati e di bruti voluttuari, essa precede dalla Chiesa. Lo Stato non fabbrica che dei contri- buenti e dei burocrati : la sola Chiesa cerca ancora di educar delle anime : e in questo deserto, muto d'ogni entusiasmo, di ogni passione generosa, d' ogni idea morale, ch' e divenuta 1'Italia, il prete che addita agli uomini Yal di la e ordina loro nel nome di Dio di spogliarsi d' ogni appetito carnale e d'ogni preoccupazione terrena, e ancora, come nel piii folto e nel piu fosco medioevo, F ultima difesa dell' idealita e della civilta umana, contro la barbaric soverchiante 1. »

Ne sara superfluo unire a questa 1'altra lezione, che viene dal liberissimo di coscienza e di pensiero Pungolo parlamen- tare di Napoli ; il quale, ragionando appunto della morale cattolica, che gli amici del Sonnino ban voluta abolire, cosi dipinge quella che le hanno surrogata : « Se si voleva abbat- tere la morale cattolica, era necessario trovarne una diversa. Invece, mentre il prete continuava a predicare il suo vangelo, 1' Italia laica insegnava la morale della prepotenza, e ai puri sacrifizii degli umili frati cristiani controponeva Pingrassa- meiito dei ladri del pubblico danaro, e alle opere feconde del missionario metteva a fronte le geste dei fabbricatori di carta falsa 2. »

1 11 Mattino di Napoli, num. del 67 gennaio 1897. * Num. dell'8-9 gennaio 1897.

COSTITUZIONALE 265

VI.

Si domandera : E il costrutto di quest'appello al « grande partito che restituisca alia Corona i diritti sanciti dal patto ? » Lo abbiamo avvertito da principle: praticamente nessun co- strutto. Fuori di qualche cortigiano di tre cotte, che ha bat- tute le mani. il pubblico 1'ha accolto con una scrollatina di spalle, o COQ un sorriso di pieta. Le proposte del Sonnino si conformano piu o meno allo Statute, hanno del buono, po- trebbero rimediare a mold sconci; ma arrivano troppo tardi. Sero medicina paratur. Cosi hanno osservato i piu.

La Tribuna ha data censura di antiquati ai concetti espo- sti dallo scrittore. Ammesso ancora che consuonino colla let- tera, non consuonano piu collo spirito dei tempi. « Nuovi con- cetti sono sorti e si sono radicati nelle menti, intorno alia par- tecipazione del popolo nel governo degli Stati. » Allo scritto quindi del Sonnino, il foglio degli scribi suoi congeneri rico- nosce « un grande valore, soltanto per Tanalisi profonda e per la descrizione che fa dei vizii innegabili del sistema parla- mentare, come si e venuto sviluppando fra noi ; ma principal- mente come sintomo eloquente di quella condizione degli animi che il regime parlamentare stesso, coi risultati dati sin qui, £ venuto determinando. Ma se egli descrive con molta preci- sione i mali, non indica nessun rimedio. »

Come! si potrebbe incalzare; e il Torniamo allo Sta- tute, non e egli il rimedio dei rimedii?

No, perche la lettera mortiflca e lo spirito viviflca. II ri- medio vi e, rna la Tribuna lo accenna, non lo dichiara, con- tentandosi di dire che, « se fosse indarno cercarlo in alto, non manchera chi vorrk cercarlo in basso *. » Ed intenda chi puo. Conclusione accademica !

UOpinione invece ripudia addirittura le proposte del Son- nino, perche, se si accettassero e si mettessero ad effetto, « ben lungi dal tornare allo Statuto, si tornerebbe a cio da cui, in

1 Num. del 10 gennaio 1897.

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omaggio della Monarchia liberale, si deve rifuggire, ossia alia responsabilita del Principe, che e quanto dire alia negazione dello Statulo l. » Ed in sostegno di quanto asserisce, ricorre al Corriere della Sera di Milano, nelle cui pagine 1'amico Torraca ha confutato il Sonnino, in rnodo riciso « negando che una trasformazione si sia operata nell'applicazione dello Statuto ».

Come si vede qui e proprio il si ed il no, che tenzonano- nei cervelli dei nostri liberali sabaudisti di prima sfera. Ne il Torraca dice baie, per ridurre al silenzio 1'avversario. Porta brave storie e cita bravi documenti. La storia e di due casi, nei quali Vittorio Emanuele ripugnava a sancire leggi cher per essere contrarie alia Chiesa, contraddicevano la sua co- scienza di Re cattolico. I documenti poi sono due lettere, di Giorgio Pallavicino Puna e di Massimo d'Azeglio 1'altra, le quali lo persuasero a sacrificare la coscienza di cattolico ai voleri della maggioranza della Camera ; cosi che il Re trionfb di se stesso. E dopo illustrate questo eroismo di Re costitu- zionale, prosegue dicendo:

« Eloquentissimi sono questi esempi, contro la tesi soste- nuta dallo scrittore della Nuova Antologia. NelTesercizio dello stretto diritto statutario, proposto ora come rimedio alle in- fermita della vita parlamentare, un Re, come Vittorio Ema- nuele, corse pericolo due volte, e con lui ne corsero il Pie- monte e 1' Italia.

« Bisogna pure che il Re abbia una guida, una bussola. Quale sara essa, dove egli la trovera, fuori delle manifesta- zioni della rappresentanza nazionale, che e 1'organo piu na- turale e legittimo dell'opinione pubblica? Senza dubbio, puo er- rare cento volte anche quella; ina almeno e uno scudo che, sempre e in ogni caso, covre la Corona e la salva. II giorno in cui il Re di suo arbitrio potesse scegliere e licenziare i ministri, in quel giorno la Monarchia, scoverta e responsabile, sarebbe irreparabilmente, mortalmente ferita 2. »

1 Num. cit.

* Num. del 5 gennaio 1897.

COSTITUZIONALE 267

Adunque, per questi signori gentiluomini parlamentari, tutti fior di moderazione e di cavalleresca moralita, 1' ultima con- seguenza della presente disputa intorno allo Statute, e questa, semplice e limpida come un raggio di sole. Nello Stato costituzionale, il Principe non puo avere personale coscienza, ma deve appropriarsi ed impersonare la coscienza del Parla- mento : cioe di almeno la meta dei deputati, piu uno ; siano poi costoro ebrei, turchi, massoni, quacqueri e deplorati della piu bell'acqua. Perocche in questa cosi fatta meta dei depu- tati, piu uno, il Principe ha la sua guida, il magistero della onesta sua, la regola della sua fede, il suo Papa.

Ancora questa conclusione e accademica : ma davvero non pecca di oscurita.

Non procediamo innanzi nel riferire quello che in molti altri giornali e venuto fuori, dal vespaio che il Sonnino, col suo grido : Torniamo all) Staluio, ha stuzzicato.

I piii arguti hanno trovata contraddizione, fra gli articoli che in esso atto assegnano al Re solo il potere esecutivo, colla nomina e revoca de' suoi ministri, e gli altri articoli che de- cretano responsabili i ministri, accusabili dalla Camera dei de- putati e giudicabili da una corte di giustizia. E, per dir vero, e negozio spinoso il mettere in armonia disposizioni giuridi- che si contrastanti. Ma tutti i giornali si accordano in isco- prire e lamentare il guasto della vita politica, ed il perver- timento nel quale il sistema parlamentare, praticato come si e fatto sin qui, ha gittato il povero nostro paese.

VII.

Si voglia o non si voglia, tutto il meccanismo di quest'or- digno appare, agli occhi ancor meno esercitati nelle specula- zioni teoriche, una perpetua fictio iuris, ossia un grossolano giuoco di prestigio, che oggimai non gabba piii nessuno.

In cima alia grande macchina si ha la Monarchia, potere supremo, invibkibile, perche regna senza responsabilita e non governa ; e dev'esser centre cardinale di tutto il sistema, che

268 DI UNA ACCADEMIA

ne prende il nome. Ma, oltreche una Monarchia regnante e non governante e tal cosa, che non entra nell' intelletto umano, nel caso concrete poi, come la storia insegna, si osserva, che Vinmoldbilttd di questa Monarchia va in fumo, tutte le volte che la responsabilita del Governo deve cadere sopra la persona di qualcheduno. Lo seppe Carlo I d' Inghilterra ; lo seppero Luigi XVI, Carlo X, Luigi Filippo e Napoleone III di Francia; lo seppe Isabella II di Spagna ; ed in Italia lo sep- pero, del 1848, Ferdinando II di Napoli, salvatosi col cannone,. Leopoldo II di Toscana, scampato nelPAustria, e il Papa Pio IX,. profugo in Gaeta.

Che se flno ad ora nella nuova Italia il caso non e occorso per anco, cio si deve alia singolarita, che non si e per anco fatto nascere il bisogno di sindacare nelle piazze questa respon- sabilita.

Si facciano pur voti che mai non nasca, se sark possibile: ma se dovesse venir 1'ora di farla nascere, tutti sanno che essa flnirebbe col ricadere sopra chi mai i costituzionali non vor- rebbero che la dovesse avere, e nondimeno sempre ne suol portare i pesi ed i dolori. Del resto e fresca la memoria delle malevolenze che, a voce e per la stampa, si eccitavano dai provocatori di torbidi contro la Corona, dopo i guai africani e la disfatta di Abba-Carima, 1'anno scorso. Et haec olim me- minisse iuvabit.

La responsabilita invece deve stare tutta sopra le spalle dei ministri, che fanno schermo alVirresponsabile Monarchia. Cio per diritto. Ma di fatto le persone piu inviolabili, da questo lato, sono per 1' appunto i ministri; i quali di tutto avrebbero a dar conto, e giammai non lo hanno dato, ne lo danno di nulla : cosi che essi, sotto nome di ministri di liberta, possono essere a un bisogno veri satrapi e tiranni. Basti ricordare^ per P Italia, le dittature, non brevi, di Agostino Depretis e di Francesco Crispi.

II che e cosi certo, che non solamente non e mai accaduto, fra noi, che un ministro fosse legalmente costretto a soppor- tare le conseguenze della sua costituzionale responsabilita, con

COSTITUZIONALE 269

tutto che le occasion! assai volte si sieno offerte, ma se cio dovesse accadere, non si leverebbe un ragno dal buco ; perche, dopo quasi cinquant' anni di esercizio dello Statuto, manca tut- tavia una legge sopra questa responsabilita ministeriale, da esso promulgata e sancita.

II ricordato Giuseppe Romano chiari lucidamente questo punto capitalissimo, mostrando ad evidenza 1'orrido despoti- smo che proviene nel pubblico Governo, dalPessere, secondo le istituzioni vigenti nell' Italia libera, i ministri responsabili senza responsabilita ; assurdo che non par concepibile e pure sta di fatto.

Si legga e si mediti bene questa sua pagina, da quelle aquile di sabaudisti, che nel Ministero responsabile veggono guaren- tita la libera sovranitk della nazione e tutelata quella del Principe.

« II Governo costituzionale, non avendo lo sconflnato po- tere dei Governi assoluti, e costretto a nascondere il dispo- tismo dello accentramento sotto la maschera della libertk ed a vivere di espedienti, per sottrarsi alia responsabilitk de' suoi atti ed alle violazioni del patto fondamentale. Da cio avviene che il potere esecutivo 6 suo malgrado costretto a manipo- lare le elezioni, e rifuggirsi sotto quattro paracadute.

« II primo, di non far mai la legge sulla responsabiltk mi- nisteriale ; mancanza che rende irresponsabili, non pure tutti i ministri, ma tutti i funzionarii dello Stato, i quali, sapendo che i ministri sono coslretti a difenderli, commettono tutti i soprusi loro comandati, o dal proprio arbitrio voluti. II se- condo, la creazione degP innumerevoli Consigli che, colla so- pralegge de' loro imposti ed irresponsabili pareri, legittimano o autorizzano tutti gli arbitrii del potere esecutivo, e costano molti milioni ai contribuenti. II terzo, di valersi delle inchieste e delle facoltk di nominar Commissioni, per rimandare al di- menticatoio quei provvedimenti che non si vogliono. Ed il quarto, che quando il Parlamento fa una legge che non acco- moda ai ministri, questi si servono dei regolamenti per ren- derla lettera morta. »

270 DI UNA ACCADEMIA

Ora andrebbe aggiunto il quinto del decreti-legge, messi in voga dal Crispi, in virtu dei quali i ministri fanno ese- guire le leggi, avanti che dal Parlamento sieno discusse ed approvate.

« Ma codesti meschini espedienti, seguitava a scrivere il Romano, peggiorano il male. L'accentramento, nei Governi liberi, e tale tirannide che gl'incatena, ne paralizza 1'azione, li trascina sempre piii nell'abisso del male, alia catastrofe. Esso, rendendo impossibile ai ministri la cognizione degP im- mensi affari che si agglomerano nella sede del Governo, fa ricadere il potere nelle mani della burocrazia, la quale nel fatto regna e governa senza alcuna responsabilita. Dal che consegue che se i ministri, con gli accennati espedienti, si sottraggono alia responsabilita legate, piii grave poi pesa sopra di loro la responsabilita morale: e la pubblica opinione seve- ramente li condanni, non pure pe' fatti loro, ma per tutti gli errori e le colpe della burocrazia *. »

Sicuramente la impostura e la menzogna di fatto della li- berta, guarentita di diritto dalle istituzioni, non si potrebbe il- luminare meglio di cosi.

E che dire del potere legislative, che, stando al sistema, esercita la sovranita propriamente giuridica e nazionale, perche emanate e delegato dall'unico sovrano, che e il popolo? Si consider! il numero degli ammessi per diritto ad eleggere i rappresentanti popolari, comparativamente alia vera moltitudine del popolo: si consider! come di questi ammessi, o inscritti, la meta circa si astenga sempre dalle urne : si consider! come i voti degli elettori si dividano tra i candidati: si consider! quanti voti ogni candidate eletto raccolga in suo favore : si consideri finalmente con quali arti, imbrogli ed inganni si usi accaparrare i voti; e poi si definisca il valore effettivo della rappresentanza nazionale al Parlamento.

Percio quella fictio iuris, che riluce nella irresponsabilitd regia, che nei casi piii gravi risponde di tutto, e nella respon-

1 L. cit. pagr. 15.

COSTITUZIONALE 271

sabilita ministeriale, che non risponde mai di nulla, splende fulgida nel fatto della sovranitd, esercitata dal popolo, col mandare i suoi rappresentanti, che rappresentano poco piii di se stessi, a fare leggi e regnare in nome suo.

Questa nostra altresi e conclusione accademica ; ma, per verita di fatti e virtu di logica, non inferiore alle precedent!.

Till.

Qualcuno forse c' interroghera : Perche dare peso a que- st'accademia, che riconoscete anche voi senza sugo?

Adagio ; rispondiamo noi. Senza sugo, per la riforma pra- tica del sistema liberale, si : ma non senza sugo, per gl' inse- gnamenti che se ne cavano.

Fra la confusione delle idee in cui oggi si vive, importa assai il dimostrare con sempre piu chiara evidenza, non so- lamente il niun conto che il liberalismo fa delPautorita so- ciale, ma la schernevole menzogna a cui pretenderebbe di ri- durre la suprema, reggitrice degli Stati.

Tolto Dio da quest'autorita, falsatane percio Forigine e spo- statane la sede, 1'ha sguarnita a un'ora stessa di ogni forza morale, legittimando cosi 1'abuso di ogni tirannide e, per la dissoluzione dei vincoli che collegano le varie parti deH'umano consorzio, avviando i popoli all'anarchia. II liberalismo, che e anarchia della ragione, direttamente guida all'anarchia negli atti. Di ogni individuo costituendo un dio a se medesimo, lo conduce ancora a non volere dipendere, se puo e flnchfe egli puo, se non da se medesimo. La formola del « Re che regna e non governa », esprimente la somma autorita civile, ridotta ad un'ombra senza corpo, per via di un processo rigidamente dialettico, si risolve nell'altra formola : « Ne Dio, ne Re, ne padrone ».

Oltre cio, grandemente importa il vedere sempre meglio 1'ignominia della babele entro la quale il liberalismo si av- volge, e 1'abisso verso cui corre. Lo Stato liberale procede,

272 DI UNA ACCADEMIA COSTITUZIONALE

senza bussola, alia ruina sua e si trascina dietro pur troppo i piu preziosi beni della nazione. Onde non si puo intendere che vi sieno cristianelli i quali, vedendo pur quel che si vede, si rallegrino di questo andare, e tengano per ottima alia patria 1'odierna condizione di cose, avvegnache si dura per la Chiesa vessata, si angustiosa pel Papa oppresso, e si disastrosa per la intera Penisola, dove, come teste publicamente affermava il regio procuratore generale di Bologna, la immoralitk ha ca- gionata « la bancarotta della coscienza ».

Ma, per buona sorte, quest' illusi dai ludibrii della fantasia, o sedotti dall'orgoglio del cuore sono il minimo numero, e si puo dire che nella bilancia non pesano. L'operoso e molte- plice movimento che, nei cattolici di ogni regione, si palesa invece contro 1'apostasia sociale del liberalismo, da a scorgere che la loro grande massa sente i danni e le pene dell'essersi da tanto tempo voluto separare la civiltk dalla fede, Cristo dalla Italia.

Dal grido adunque del deputato Sonnino a' suoi partigiani : Torniamo allo Statute, per opporci alia Chiesa, tutti i veri italiani cattolici piglino occasione di stringersi viepiu al Pa- pato, e di ripetere Paltro grido : Torniamo alia Chiesa, per affrancare la patria dai liberali e dai giudei!

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE l

Gil Eroi. La prima volta che vedemmo questo titolo in fronte a un libro di Tommaso Carlyle, provammo un certo senso di diffldenza intorno alia felice trattazione di un tal sog- getto. Ci erano noti 1'autore ed altri suoi libri riboccanti di pa- radossi, noto il suo panteismo alia maniera di Fichte, nota P indoie del suo ingegno forte si ma bizzarre e scompigliato, nota in fine la raccomandazione di sua moglie, donna di let- tere anch'essa, ad una giovane arnica : « Per caritS, non ispo- sate mai un genio, in nessun caso. » Da tali notizie, come ognun vede, non si poteva da noi trarre un troppo felice pro- nostico intorno al suo modo d'apprezzare gli eroi. Ne migliori disposizioni c'indusse nell'animo uno sguardo dato all'indice, nel quale trovammo annoverati fra gli eroi due soli figli della Chiesa Cattolica, Dante e Napoleone; dei quali pero il primo fu piuttosto un genio che un eroe, il secondo fu della Chiesa piuttosto persecutore che flglio vero; cosi che d'eroi stretta- mente cattolici, in tutto quel volume parlante solo d'eroi, non e nominate nessuno.

Ora poi che questo libro e stato tradotto e si diffonde an- che in Italia; ora che potrebbe far del male anche tra noi, atteso il credito dell'Autore, chiamato da alcuni il piu grande Inglese che sia comparso dopo Shakspeare, ne prendiamo occasione per trattare un po' di proposito questo soggetto.

I.

E primieramente quale idea si e egli il Carlyle formato dell'eroe? Che cosa intende significare con questa parola?

1 TOMMASO CARLYLE, Grli Eroi. Traduzione e note di MARIA PEZZE PA- SGOLATO con prefazione di ENRICO XENCIONI. Firenze, Barbera, 1897. Serie XVI, vol. IX, fasc. 1119. 18 25 gennaio 1897.

274 GLI EROI

II nome d'eroe, d'etimologia molto incerta, nell'antichita pagana si dava a certi uomini leggendarii, riputati discendenti dagli Dei, ed appellati altresi Semidei ; oppure ad uomini straor- dinarii, cui venivano attribuite geste che avevano del sovru- mano, e pero sembravano avvicinarli agli Dei, e loro procac- ciavano onori divini. Tali furono principalmente un Teseo, un Perseo, un Minosse, un Ercole, fra tutti il piu famoso i. In diversi tempi pero questo vocabolo venne prendendo signifi- cati alquanto diversi, ma in fondo ad essi serbo sempre, appo i Greci principalmente, quasi nota caratteristica, 1'idea di una dignita e preminenza in tutto o in parte sovrumana, quasi di un dio minore, che operasse tra gli uomini cose degne di lui. Di qui la frequenza dell'applicare alle stesse persone ora il nome d'eroi, or qwello di semidei.

Ma essendo gli Dei d'allora quei miracoli di santita che tutti sanno, ben si comprende qual cosa poteva il mondo aspet- tarsi dai Semidei. Con un Giove adultero, un Mercurio ladro, un Marte sanguinario, una Venere rotta a lascivia, si capisce be! fiore di galantuomini che potevano essere i loro o discen- denti o imitatori, chiamati eroi. Salvo la codardia, impossible a conciliarsi coll'eroismo, tutto il resto poteva correre, mas- simamente se protetto da nerborute membra e spavalderie da smargiasso. Tra per questo, e perche la maggior parte di quelle leggende sono favolose e la storia confondesi troppo spesso colla mitologia, nessuno oggi piglia sul serio Fantico eroismo; e gli stessi eroi d'Omero (il quale peraltro e stato il piii prodigo di questo nome), toltone in parte il valore guer- resco, piu d'una volta destano il riso.

Quantunque pero gli eroi di que' tempi sieno da lunga pezza sepolti nella dimenticanza, e si ricordino solo come or- namento d'erudizione; il nome d'eroe non e morto colle pa-

1 Ed anche il piu incerto. Varrone vuole che gli Ercoli fossero 43, Dio- doro 3, Cicerone 6, e che le prodezze di molti fossero attribuite ad un solo. Altri non veggono in Ercole che un personaggio allegorico, e lo confon- dono col sole, cosi che le sue 12 fatiche rappresenterebbero i 12 segni dello zodiaco.

A PROPOSITO DI UN L1BRO DI .TOMMASO CARLYLE 275

gane leggende, ma e passato anche ad uomini nati sotto il sole della oivilta cristiana. Or siccome questo sole beneflco ci ha rischiarato e perfezionato assai meglio il concetto di Dio, cosi di luce piii bella parea dovesse vestire il concetto del- 1'uomo che nella comune opinione abbia un non so che di divino, e meriti il nome d'eroe. Migliorato oltre ogni dire, anzi rifatto in degnissima forma il tipo, non era naturale a seguitarne che si nobilitasse di molto anche la copia?

Eppure non e stato sempre cosi. Si 6 fatto di quel titolo piii che mai buon mercato. Non solamente si e dato a chi de- stava ammirazione per atti straordinarii di coraggio, non solo a chi sacriflcava se stesso pel bene degli altri o pel trionfo d'un principio giusto, nei quali casi (come, fra gli altri, in quello di Pietro Micca) poco vi sarebbe a ridire; ma fu ap- plicato anche ad uomini non punto piii degni che gli eroi del paganesimo. Cosi, per esempio, eroe fu chiamato Pie- tro I, imperator delle Russie, ne noi gli negheremo concetti alti e felici, e coronati da buon successo; ma un uomo che, sul finir d'un banchetto, si fa menare innanzi certi prigionieri di Stato, e li a tavola, tra un sorso e 1'altro, a colpi d'accetta li decapita di propria mano, e un altro giorno fa cadere an- che la testa del suo flglio Alessio, lo chiamino pur altri un grande eroe, noi lo diciamo piu volentieri un grande carne- fice. Eroe parimente fu detto Federico II, re di Prussia ; ma Voltaire che il conosceva per lunga pratica, lo disse « tutto impastato di passioni imbellettate di saviezza »; ed e noto che in tutti i suoi palazzi teneva statue d'Antinoo e compiacevasi di venir paragonato, nel piii turpe dei vizii, all' imperatore Adriano. Ai giorni nostri poi avemmo ed abbiamo tuttavia gli orecchi rintronati dal grido, che acclama Eroe dei due mondi cbi dei due mondi non fu altro che il flagello e il vi- tupero. Per le quali cose il Tommaseo, nel suo Dizionario dei sinonimi, pote dir giustamente: « I moderni, che dei rottami delle religioni disfatte si servono, talvolta senza saperselo, chi per disfare, chi per rifare la cristiana, hanno strascinato co testo eroismo per tutti i trivii. »

276 , GLI EROI

II.

Ma il Carlyle, noi domandiamo di nuovo, che intende egli per questo nome?

Noi avevamo diritto d'esigere che fin dal principio ci desse dell'eroe una idea determinata, mediante una definizione o dichiarazione, piu o meno giusta non monta, ma almeno lim- pida. Invece nulla. Si contenta di dire, con altisonant! parole, che la storia universale, la storia di cio che 1'uomo ha com- piuto al mondo, non e altro in sostanza che la storia dei po- chi grandi uomini che sono comparsi quaggiu ; che essi sono i veri creatori di tutto cio che la moltitudine degli uomini presa insieme e arrivata a fare; che ad essi dunque 1'uma- nit£ deve una specie di culto, come ad eroi e semidei (pa- gine 2-3). Ma quando veniamo al concrete ed al pratico, non determina nulla di cio che richiedesi a costituire un eroe: svolgendo il volume da cima a fondo, indarno vi si cerca un periodo, che esprima una idea chiara e precisa.

.Cio che egli non fa, proviamoci a farlo noi, cioe provia- moci a raccogliere gli element! necessarii per costruire il con- cetto dell'eroe; e^lo faremo sviscerando 1'idea madre acchiusa nel significato primitivo di questo nome, che valeva, come ab- biam detto, UNA IMAGINE DI Dio OPERANTE.

Da questa idea raccogliesi in primo luogo che eroe suona assai piu di grande. Per esser grande, basta sollevarsi sul comune degli uomini ; ma per essere eroe, convien levarsi sul comune dei grandi. La grandezza non basta, ci vuole un lampo della divinita. Lampo che e assai superiore all'ordinario lume del volto di Dio segnato sopra noi tutti e consistente nella ragione, il quale fa 1'uomo, ma non il grande e molto meno 1'eroe.

Ma se questo lume non basta a formare Peroe, che sara poi se in qualche azione particolare faccia difetto? Per quanto ella sia apparentemente grandiosa, se non e ragionevole, ha poco deH'umano, nulla del divino, quindi non puo in verun conto chiamarsi eroica. A cagione d'esempio, nell'atto di Mu-

A PROPOS1TO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 277

zio Scevola, che stende la mano sul bragiere per punirla di un involontario e non suo fallo, noi vediamo alcun che di dis- sennato, di spavaldo e di barbaro piii che d'eroico. E nella Lucrezia Romana, che si uccide per non sopravvivere al dis- onore involontariamente patito, troviamo debolezza piu che fortezza, giusta il dire del poeta:

Rebus in mdversis facile est contemnere vitani; Fortius ille facit, qui miser esse potest.

Per lo stesso motive dal novero degli eroi vanno esclusi tutti i fanatici, che con cieca avventatezza e furore morboso corrono incontro ai pericoli ed alia morte stessa, come nel tempo antico i Sacerdoti di Cibele e di Bellona, nel medio evo i Flagellanti, e nel secolo scorso i Convulsionarii di S. Me- dardo. Dove la ragione non brilla, molto meno puo splendere 1'eroismo.

Dalla stessa idea segue in secondo luogo che altra cosa-e 1'eroe, altra il genio. E vero che nel genio sfavilla il lampo della divinita, ma e un lampo di divina sapienza, mentre nel- 1'eroe si ricerca un lampo di potenza e di forza. II genio rifulge nelle qualita della mente, quindi nelle scienze e nelle arti; Teroe nelle qualita dell'animo, quindi nelle opere. II genio scopre cose occulte o inventa cose nuove; 1'eroe fa azioni straordinarie. II genio e uomo di scrittoio; 1'eroe di campo pubblico. Percio sono genii un Platone, un Agostino, un Alighieri, un Colombo, un Galileo, ed il vivente Edison, senza che possano chiamarsi eroi ; ed altri invece, che diremo piu sotto, sono eroi e non genii.

Di qui una conseguenza consolante per tutti. Siccome nelle qualita della mente ha maggior parte la natura, in quelle del- l'animo la volonta e certi principii educativi motori di grandi azioni, cosi il genio -nasce, Feroe si forma. Xon chiunque lo voglia puo riuscire un genio, ma chiunque puo, se 1'occasione presentisi, raggiungere, almeno in un certo genere, 1'eroismo, come si vede nel fatto di tanti fanciulli e donne, che diedero per Gesu Cristo allegramente la vita.

278 GLI EROI

III.

In terzo luogo 1'eroe si distingue dal gitisto e virtuoso. Non ogni giusto ft un eroe, ma ogni eroe dev'esser giusto, almeno in un certo grado, perche parte dell' eroismo e la virtu. In- fatti il Die della ragione e della civilta cristiana ft un Dio tre volte santo : come dunque potra F uomo essere eroe, cioft un riflesso di Dio, una imagine di Dio operante degna di un certo culto, se in quella imagine i raggi della virtu non risplendono, e peggio ancora se il vizio vi stende la sua ombra di morte? Si aggiunge che il concetto d' eroe inchiude quello di forza : or chi non sa che la forza maggiore ft quella che si esercita nel dominio di se medesimo? La sentenza dei libri santi, che melior est pattens viro forli, et qui dominatur animo suo expugnatore urlium (Prov. XVI, 32), la vediamo confermata dal fatto di tanti espugnatori di fortezze e vincitori d'eserciti, che soccombettero poi nelle lotte interne contro le loro pas- sioni, principalmente dell'ira, dell'orgoglio, della concupiscenza. Viceversa, chi sa vincere in certi incontri se stesso, si solleva sopra rumano e raggia intorno un non so che di divino, che ft proprio appunto dell'eroe : Non ulclsci, Deo facit aequalem (CHRYS. Horn. 41 in Ada). Per la qual cosa con ragione fu

detto :

Ardua res vicisse alios : victoria maior Est animi fluctus composuisse sui.

Questo dunque dev'essere il primo fondamento dell'eroismo, la virtu, e tra le virtu particolarmente un alto disinteresse, senza del quale nelle azioni piu splendide non si ha che egoi- smo, e Tegoismo non fu giammai grandezza. Cio apparisce non solo nella maggior parte dei grandi conquistatori antichi e moderni, (che, al trar de' conti, non lavoravan per altro che per una smisurata ambizione d1 innalzar se medesimi sulle ro- vine altrui), ma in molti ancora di quelli che un nome illustre acquistaronsi per una vita apparentemente morale e virtuosa, e furon detti Savii o Filosofi. Qual era infatti la molla segreta di quella loro vita si regolare ? Se cerchiamo un po' addentro,

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 279

vi troveremo 1'orgoglio, la mania di distinguersi dagli altri uomini, di farsi notare a dito come un'eccezione. Cosi si spiega Diogene nella sua botte o con in mano la lanterna in cerca d'un uomo ; cosi Crate tebano, che getta a perdersi in mare le sue ricchezze dicendo : mergo vos ne mergar a vobis, in cambio di distribuirle ai bisognosi ; cosi Focione, che rimanda ad Alessandro la somma d'oro con dirgli : mi lasci essere vir- tuoso. In fondo a tutta questa teatralitk tu non trovi che orgo- glio, non trovi che immensa stima di»se medesimo congiunta con altrettanto disprezzo degli altri, non trovi che egoismo. E vero che una tal vita costava loro sacrifizii non lievi, ma quei sa- criflzii noa erano offerti ad altra divinita che aH'orgoglio; e allora, domanda il Balmes, che virtu e mai questa, quale eroi- smo? Questo e un rovesciare tutti gli altri idoli, per mettere se medesimo sopra 1'altare.

Peggio poi se all'orgoglio si aggiunga la cupidigia ; e Funo e 1'altra (per notarlo qui di passaggio) ci dan la misura del- 1'eroismo di certi patriotti moderni, che sotto colore di far Fltalia, bravamente si fecero il proprio nido, ovvero la tana, come il Leone di Caprera; in gola al quale, per placarne i famelici ruggiti, fu anche gittata Foffa dei due milioni, che egli eroicamente ingoiossi.

Posto dunque nelF uomo il fondamento della virtu, posto un alto disinteresse, per cui apparisca esser tutto non per se ma per gli altri e per la causa da lui sposata, se in lui si manifest! esuberanza di vita interna, energia d'animo indomabile, nobile sicurezza di se (conscia virtus}] se si veggano in lui risplen- dere geste superior! al consueto a vedersi negli uomini an- corche grandi, e, dove occorra, anche patimenti straordinarii con magnanima generosita tollerati ; noi allora saluteremo 1'eroe e cadremo in ginocchio dinanzi a lui. E il suo merito sark piu o meno grande, la nostra venerazione piu o meno profonda, secondo che in piu qualitk o in una soltanto la sua grandezza risplenda, in tutta la vita sua o solo in qualche atto particolare. Ma se gli faccia difetto o la moralita, o il disin- teresse, o i fatti veramente grandi, ben potrk aversi la vanild

280 GLI EROI

che par persona, cioe 1'ombra dell'eroe, la contraffazione del- 1'eroe, non gik 1'eroe.

IV.

Tipo dell'eroe fu S. Paolo. Chi osserva questo altero israe- lita, atterrato innanzi a Damasco da una luce dall'alto, risorgere tramutato di lupo rapace in generoso leone ; spezzare i ceppi del Giudaismo sotto il quale era nato, e muover guerra al Gentilesimo, per farli currare ambedue dinanzi alia Croce; alternar le visioni del terzo cielo colle lotte e le vittorie nel- 1'arena delle coticupiscenze terrene; percorrere trionfalmente le contrade della Siria, della Cilicia, della Macedonia, di tutta 1'Asia Minore, dimentico di se stesso e sol curante la gloria di Colui che lo manda; in Atene sbalordire o confondere i sa- pienti dell'Areopago; in Listri, mescolando lo splendor dei pro- digi a quello dell'eJoquenza, porgere occasione d'essere accla- mato.qual dio, ma quegli omaggi sdegnosamente respingere; a Filippi, vedutosi aperto il carcere allo strepito d' un terre- moto, riflutarsi d' uscirne se i suoi stessi nemici non vengono a supplicarnelo ; a Gerusalemme, dalla gradinata della torre Antonia, con tutte le sue catene, arringare il popolo con cuore impavido ; e finalmente, dopo superati i nstufragi, le bat- titure, le lapidazioni, le carceri, coronare in Roma la sua glo- riosa carriera con una non men gloriosa morte di spada ; chi 1' osserva, diciamo, con attenzione, ferito da tanti raggi, uon puo fare che non esclami : ecco un essere che ha del sovru- mano, ecco un eroe !

E, si noti bene, non eroe in una sola azione, come Orazio Coclite, Pietro Micca ed altri, ma in tutta la vita. Distinzione importantissima, perchS fuor della Chiesa si potrk ben trovare qualche azione eroica, ma non cosi facilmente una vita da eroe.

Ne molto inferiore alia grande flgura di Paolo e quella del Saverio. Un uomo, che si accinge alia trasformazione morale, non d' una provincia o d' un regno, ma di un nuovo mondo, e dalle tenebre della barbarie vuol condurlo alia luce della ci- viltk cristiana ; un uomo, il cui nome ricorda cinquantadue regni conquistati alia Fede, senz' altra ricchezza che un bre-

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 281

viario e un bordone, senz'altra arme che un crocifisso, cento e piii sette confuse e sgominate, mille templi diabolic! rove- sciati, e infedeli battezzati sol di sua mano piii d' un milione e dugentomila ; un uomo, che legge nei cuori, e squarcia il velo dell'avvenire, e col taumaturgo braccio comanda agli ele- menti, quasi depositario della divina onnipotenza ; un uomo, che sulla soglia di un altro impero da conquistare si sente mancar la vita, e carico di trofei chiude gli occhi, come il guerriero che si addormenta sopra un fascio d'allori alia vi- gilia di nuovi trionfi ; un uomo infine, che ancor dopo morte e venerato, non sol dai Cristiani, ma ancor dai figli di Mao- metto e dagli adoratori degl' idoli, che traggono da lontano a baciar la polvere del luogo ove giacque Tamico del cielo, il dio della terra ; se quest' uomo non e un eroe, chi mai al mondo potra chiamarsi tale ?

Eppure il nome di Paolo e quel del Saverio abbiamo indarno cercato tra gli eroi del Carlyle. E indarno pure altri nomi, raggiaiiti di luce diversa ma anch'essa splendida, come sareb- bero il gran lottatore Gregorio VII; il gran padre del mona- chismo occidentale e della civil ta cristiana;

I due campioni, al cui fare, al cui dire

Lo popol disv'iato si raccorse;

(Par ad. XII.)

il capitano, Che il gran sepolcro liberb di Cristo ; 1'eroe della carita nel secolo XVII ; e, per nominare anche una donna, Giovanna d'Arco.

Che se volessimo spigolar qualche flore anche dai campo delle ultime generazioni, non ci parrebbe difficile trovare eroi tra quei bravi della Vandea, che per la religione e la patria sostennero a lungo, contro i rivoluzionarii di Francia, colla corona al collo e in mano la marra, quella che giustamente fu chiamata guerra di giganti ; ne di tal nome immeritevole diremmo quell'altro martire della fede e della patria, Andrea Hofer, gloria del Tirolo, che dopo tante vittorie riportate sui Francesi e sui Bavari, dato da un traditore in mano al nemico, e in Ala posto a dormire in una camera ov'era un gran cal- dano di carboni accesi, veggendo tramortita per la maligna

282 GLI EROI

esalazione la sentinella che il guardava, e assopito in un mor- tale deliquio 1'ufflciale che dormivagli a lato, in luogo di fug- girsene a salvamento fra i b-uoi Tirolesi, ando a svegliare i soldati delle altre stanze, perche accorressero a salvar la sua guardia. Eppur sapeva che in Italia lo aspettava la morte !

V.

Non si creda pero che questi soli, ed altri simili illustri per grandi geste abbian diritto al nome d'eroi. A molti per le grandi geste manco 1'occasione, non Tanimo. Tali sono in gran parte quegli uomini insigni per singolare virtu, che nel linguaggio ecclesiastico si dicon Santi.

II cuore del Santo e cosi elevato, che respirando, diremmo quasi, in un'atmosfera celeste, e avendo la sua conversazione ne' deli, mostra tener del divino, e pero deU'eroico. Quei grandi rovesci di fortuna, quei grandi colpi che trasportano da una famiglia in un'altra, da una in altra nazione la potenza e la gloria, che cosa sono per lui? Un cambiamento di scena e nulla piu. Esaminate pure ad uno ad uno tutti i suoi senti- menti, li troverete tutti sublimi. Chi ama egli? Dio e il suo simile in ordine a Dio. Chi odia? Nessuno. Che desidera? La virtu. Che teme ? La colpa. Che spera ? II cielo. Percio di fronte ai pericoli 6 tranquillo, di fronte alle minacce indomito.

E noto il colloquio che ebbe un giorno Timperatrice Eudossia con un ufflciale della sua corte, allorche, sdegnatissima contro il Grisostomo, che apertamente riprendevala de' suoi disordini, deliberossi o di guadagnarlo a se o di prenderne flera ven- detta. Chiamatosi dunque quei confldente, gli aperse 1'animo suo e gli chiese:

Or non sapresti tu suggerirmi qualche mezzo opportuno per ottenere il mio intento?

No, Maesta, ve lo dico rotondamente, io uon ci veggo ne via ne verso.

- Come ! E non si potrebbe tentar quest'uomo con larghe offerte ?

Tempo perduto : le ricchezze e gli onori egli li apprezza meno del fango che calpesta col piede.

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 283

E noi batteremo la strada opposta : cercheremo di spa- ventarlo colle minacce.

Peggio, assai peggio, il suo petto e di bronzo.

Se le minacce non bastano, verremo ai fatti, lo mande- remo in esiglio.

E che importa a lui delPesiglio ? Ei va dicendo che tutta la terra e un esiglio e che la sua patria e altrove.

Ed io lo gettero in un fondo di carcere.

Gettatelo, ma non potrete mica incatenare il suo spirito, che anche da quel fondo gridera Non licet.

E allora lo faro uccidere a dirittura.

Tanto meglio per lui, e quel che desidera, uscire dal mondo, per passar, coin'ei dice, ad una vita migliore.

Ma insomma che non vi sia modo di reprimere quest'uomo ? Che non si possa trovar cosa al mondo che gli torni dura ed amara ?

Maesta, io non ne conosco che una cui egli tema, 1'offesa di Dio : se vi riesce d'indurvelo, siete vendicata ; ma non ispe- rate di riuscirvi.

Or questi magnanimi sensi non sono proprii solamente dei Grisostomi, ma tutti i Santi all'occasione sono Grisostomi; tutti san dire, e quando il caso portavalo, tutti hanno detto : Tesiglio, la carcere, la morte si, la violazione de' miei doveri non mai. Non sono eroi?

VI.

E nelle varie condizioni della vita, negli ufficii diversi in cui puo trovarsi, 1'uomo santo e un modello di perfezione. Chi serve bene il suo Dio, serve bene anche il suo padrone, bene il suo sovrano, bene la patria sua. Non v'e soldato piu intre- pido, non magistrate piu integro, non cittadino di lui piu probo. Potrete affidar gli Tamministrazione della pecunia pubblica, senza timore che ve la faccia passare nella propria cassa, all'uso dei moderni CommeHdatori ; potrete farlo assidere in qualsiasi tribunale, senza pericolo che il peso dell'oro gli pieghi in mano la bilancia della giustizia; potrete collocarlo sul trono, e non avrete un despota che dica lo Stato son io, o chiami

2X4 OLI EROI

i suoi soldati came da cannoni, ma un Ludovico, un Fer- dinando, una Pulcheria, un'Elisabetta, che formeranno la de- lizia e la gloria dei loro popoli. Se poi 1'uomo giusto sara sublimato alia Sede di Pietro, avremo i fasti dei Gregorii Magni, dei Leoni Magni, degrinnocenzi III, e le splendide lotte degli Ildebrandi cogli Arrighi IV, degli Alessandri III coi Bar- barossa, dei Bonifazii VIII coi Filippi IV, dei Pii VII coi Bona- parti. Ebbene, in queste coppie, tra i due antagonist! qual si mostra piu grande?

Per tal maniera il Santo nelle condizioni ordinarie della vita si conduce sempre da valentuomo perfetto; ma se poi si presentano occasioni straordinarie di contrasti, di persecuzioni, di pubbliche calamita, noi allora lo vediamo, spargendo bene- ficenze, slanciandosi in mezzo ai pericoli, stidando allegramente la morte, mostrarsi eroe.

Anzi, a dir piu giusto, i Santi furono tutti eroi, perche tutti nella virtu si segnalarono in altissimo grado, e col taumaturgo braccio comandarono alia natura, mostrando nella lor fronte un raggio della divinita, senza di che la Chiesa non li sublima alFonor degli altari ; ma non pochi di loro ebbero a quel titolo un altro diritto, perch& aireroismo della virtu e allo splendor dei miracoli aggiunsero quello delle illustri geste operate a pro dell'universale. Quindi non e maraviglia che ai raggi della loro maesta e grandezza si piegassero le piu superbe fronti, come un Teodosio dinanzi ad Ambrogio, un Attila dinanzi a Leone, un Totila dinanzi a Benedetto, un Agilulfo dinanzi a Gregorio, e che le intere popolazioni si accalcassero sul loro passaggio, acclamandone i nomi, baciandone le vestimenta, profondendosi in atti d'ossequio e di venerazione.

VII.

Ma una classe fra tutte le altre attira i nostri sguardi e la nostra ammirazione, quella che segnalossi non per grandi geste, ma per grandi patimenti, quella dei Martiri.

II Tintoretto, che nella Scuola di S. Rocco in Venezia ci dipinse cosi bene il Calvario, popolandolo di tante figure, che il suo quadro, pel numero di queste e per la bellezza, e una

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 285

delle meraviglie della pittura, era desiderabile che rincontro a quello ci colorisse un altro gran quadro, rappresentante i Mar- tiri di Gesii Cristo. Lk in alto dominerebbe anche in questo la grande figura del Crocifisso, ma avrebbe ai due lati S. Pietro e S. Paolo cogli altri apostoli, e attorno attorno, in diversi gruppi raccolti, si vedrebbero quegli altri valorosi di tutti gli ordini, che gli diedero sangue per sangue. In mezzo alle belve e alle caldaie bollenti, alle falci e alle spade, ai graffi e agli uncini, alle ruote, agli eculei, e ad altri strumenti di carneflcina qua e Ik disposti, brillerebbero quei drappelli d'eroi nelle lor varie divise, mostrando commiste ai rozzi panni del volgo le clamidi dei cavalieri, i pallii dei magistrati, i manti dei principi, le stole dei sacerdoti, le mitre dei vescovi, tutti cogli occhi volti alia Croce e sfavillanti d'ardore ; ne vi mancherebbe la madre, che in mezzo ai cadaveri di sei flgliuoletti, tutta del loro san- gue spruzzata, s' inginocchia dinanzi al settimo, e gli parla del suo latte e delle sue viscere, per paura che a quel tenerello non manchi il coraggio al sacrifizio. Sotto il quadro la scritta : Eamus et nos ut moriamur cum eo. (lo. II. 16).

Generosi ! E perchfe poi soggettarsi a tanti martorii ? Per non bruciare dinanzi ad una statua un grano d' incenso, per non dire alia fede di Cristo un semplice no ; al quale d'altronde venivano sollecitati colle promesse piu lusinghiere di ricchezze e d'onori. Non e questo uno spettacolo di sovrumana fortezza ? L'empieta forse un giorno potra giungere a rovesciare i tem- pli dei Martiri, a spezzarne le tombe, a cancellarne le epigrafl, ma a cancellare dal mondo rammirazione del loro eroismo le porte dell' inferno non giungeranno.

Eroismo, che fu da loro mostrato anche in que' luoghi e in que' tempi, in cui nulla v'era, che potesse umanamente sorreggere la loro costanza; come accadde principalmente nel fatto di Sebastiano, prima guerriero di Gesare, poscia di Cristo. Scopertolo tale, Diocleziano lo dk in mano a' suoi arcieri per- ch& sul fare dell'alba lo prendano a bersaglio delle lor frecce, in maniera pero da spegnerlo a poco a poco ; ed eccolo il capi- tano della prima coorte al chiaror del crepuscolo condotto in un cortile, spogliato della militare divisa, legato ad un palo, coa

286 GLI EROI - A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE

dinanzi gli sgherri che appuntano le balestre. Ah! non era quella una morte da soldato, e molto meno da valoroso guer- riero qual egli era. Qual differenza tra la morte che aveva tante volte affrontato in battaglia, e questa morte oscura e desolata che ora incontra! Dall'albero del suo supplizio eigira attorno lo sguardo, e non un amico si yede al flanco, non una persona benevola che lo animi colla voce e col gesto, non un compagno che possa altrui raccontare la sua costanza. In un luogo silenzioso e deserto venir preso di mira con un feroce trastullo da pochi arcieri, forse dei barbari della Nu- midia; e in questa scena oscura e volgare, piii simile all'uc- cisione di un viandante caduto in mano dei masnadieri, che alia gloriosa confessione della Fede, dover bere a lenti sorsi una morte amara e crudele, oh quanto al guerriero doveva tornar penoso ! Eppure in questa penombra a noi sembra piii grande che nella luce smagliante delle battaglie. E gia s'ode un flschio e si vede una freccia che tremola nelle sue carni: poi due, poi quattro, poi altre molte ; fintanto che tutto coperto di frecce da parer come un istrice, senza alterigia e senza vilta, come il Paziente del Golgota, anch"1 egli sul suo albero china la testa. Ecco la calma dei Martiri, ecco la loro grandezza !

Ebbene, di tutte queste cose il nostro puritano scozzese par che non siasi giammai accorto. In tutta la lunghissima schiera dei figli illustri della Chiesa non ha saputo trovare nulla d'eroico, nulla di grande. Dinanzi allo spettacolo delle lor geste, egli, con tutta la sua scienza storica e psicologica, con tutta la sua filo- sofia panteisca, non e altro (per usare una bizzarra sua frase, detta in altro proposito) « non 6 altro che un paio d'occhiali dietro i quali non vi son occhi. »

E dove li ha dunque messi i suoi occhi? E andato a flc- carli nell'orpello preso per oro, e nelle lucciole prese per lan- terne. In faccia ai veri eroi ha messo yli occhiali senza gli occhi, e quindi non li ha veduti punto: in faccia agli eroi falsi ha messo gli occhi (miopi) senza gli occhiali, e quindi li ha veduti male, e gli sono sembrati veri.

Ma di questo in altro quaderno.

XIX.

La Botanic <i estetica nel nostro secolo. L'estetica nell' Orticol- tura. Le viti e le frutte in serra. Le obbiezioni gastrono- miche. La Floricoltura. Le piante ornamentali pel fo- gliame: e per la ' fioritura.

Sia detto per amor del vero, la Botanica utilitaria del no stro secolo anch'essa, non ostante la insensibilita, inevitabile in chiunque fa la professione di utilitario, trova il modo tut- tavia di nobilitarsi con un fare estetico ed artistico. Cio si avvera segnatamente nelle coltivazioni delle frutte e degli or- taggi. Certo chi eatra in una di quelle serre dove i coltiva- tori inglesi e belgi, nel cuor del verno e nel mezzo di campi coperti di neve e ghiaccio, fanno florire, allegare e maturare fra pampini verdeggianti un'intera vendemmia di grappoli dorati; non ci si congratulera meno con gli autori per la bel- lezza di uno spettacolo cosi nuovo, che pel provento onde ne e compensata P opera. II Meredith che fu il primo, per quanto pare, a tentare cotesta industria della frutticoltura nelle serre, intorno al 1860, ne ottenne, in breve giro d' anni, grappoli di 8 a 10 libbre inglesi; oggidi ne provengono di 8 a 10 chilo- grammi. Se dal celebre tralcio, recato per saggio dagli esplo- ratori ebrei, non pendevano che due o tre grappoli cosi fatti, il portarli col debito riguardo doveva ben richiedere P opera e la forza di due portatori. Fra le stufe piu notevoli di tal genere, e sono diventate oramai comuni in Inghil terra, si ci-

1 Vedi quad. 1117, pag. 19.

288 LA STORIA NATURALE DELLE PI ANTE

tano quella del Giardino Reale di Frogmore e quelle della Societa Reale di Orticoltura di Londra a Chinvick. Ma sopra tutte si segnala quella di Killin nella villa di Killen, del Mar- chese di Breadalbane, sia per 1'antichita, giacche rimonta circa al 1831, e sia perchfc & riempita tutta da una sola gigantesca vite. I due tralci principali che le si lasciano, corrono per la lunghezze di oltre a 62 metri. I grappoli, che vi allegarono nel 1888, furono 3170, ma, mozzati gli altri, non se ne lascia- rono maturare che 550, i quali diedero un raccolto del peso di 408 chilogrammi d' uva nera (giacche e della varieta Black Hamburg) come se 1'avesse rincotta il sole d'Agosto e di Set- tembre.

E poi quanta grazia non si mette dai giardinieri nella col- tura degli alberetti nani ed arbusti fruttiferi, cresciuti in piena terra a spalliere e cordoni e spire? in cui i rami, mantenuti in postura orizzontale, riescono piu fecondi pel ritardato af- flusso del succhio, e si veggono piu carichi di frutti che di foglie. E similmente nella coltura dentro a' vasi e alle cassette ; facilissima ancora ai dilettanti, e leggiadra quanto quella delle piante ornamentali e dei fiori, sia che vi si educhino pianti- celle legnose ovvero graminacee, come ad esempio le Fragole. Massimamente poi per la scelta che vi si fa di quelle varieta che recano frutti piu vistosi per istraordinaria grandezza o per gaiezza di tinte. Per ambedue i quali rispetti appena sembra potersi sorpassare cio che, con innumerevoli esperi- menti, non eseguiti a caso ma guidati dalle cognizioni fisiolo- giche, si e ottenuto dai nostri giardinieri. La fragola Royal So- vereing, p. e., coi 6 centimetri che misura in lunghezza e gli altrettanti in diametro dalla parte superiore dove rigonfla in forma di cuore, e col suo smagliante rosso di carminio, man- terra per lungo tempo e forse in perpetuo, col nome il vanto di Sovrana Reale delle Fragole. Piii in la non si va. Ma dove essa non compare, saranno credute facilmente regine vere la Marguerite o la Ruhm von Coten; e pretendenti, non senza titoli, al trono, la Competitor, la Konig Albert von SacJisen; e principesse del sangue, la Theodore Mulie, la Laxton Noble

NEL SECOLO XIX 289

e tutta una corte di altre nobili varieta, segnalate ciascuna per le forme, le tinte, la copia e la grossezza ancora dei frutti, poiche, al dire dell' Heineraann, sei soli di quei piu giganteschi, riuniti sulla bilancia, si sono veduti raggiuDgere il peso incredibile di 500 gramrai.

Simili maraviglie, che oramai per la frequenza non sono piu tali, ci si mostrano nella coltivazione delle altre frutta. Chi ne vuole acquistare un'idea all'infuori delle Mostre orticole, prenda uno dei cataloghi degli Stabilimenti d'Orticoltura, ilia- strati da figure, che danno, ritratti al naturale, gli articoli piu degni; quello p. e. del citato Heinemann di Erfurt, che stende il suo commercio, come in Francia, in Inghilterra, in Russia, cosi ancora fra noi; e di Ik ci vengono pure quei pacchetti di semenze, messi in vendita dai fiorai, colFefflgie colorata della pianta o del fiore, e 1'istruzione per uso dei dilettanti. In quei cataloghi figurano, fra le altre cose, efflgiati al vero i giganti di ciascuna delle province di Flora orticola : e 1'enorme pera Le Lectier, panciuta a mo1 di trottola rovesciata, alta piu di 12 centimetri e larga 10 ; e 1'emula sua Docteur Jules Guyot di forme piii snelle, alta 13 cent, e larga 9; e la splendida, feconda e delicata Marguerite Marillat di 13 cent, su 10 *.

Ma sarebbe andare nell'un via uno, se volessimo enume- rare anche per sommi capi le maraviglie di effetti magnifici

1 F. C. HEINEMANN, Kgl. Preuss. Hojlieferant. Erfurl (Thiiringen). General Catalog. 1897. Dando questo indirizzo avremo risparmiato a qual- che gentile lettore, devoto di Flora, la fatica del domandarcene, come spesso accade, per lettera. Aggiungiamo che le istruzioni per la coltivazione, sia degli alberi nani fruttiferi e delle Fragole, in piena terra e in vasi; sia degli Asparagi e Funghi ; ed altre assai riguardanti colture di profitto o di ornamento, s'inviano di quivi stesso, contenute negli opuscoli corrispon- denti: Die PJlege der Obstbaume in Topfen und Kiibeln. Mk. 0,30 Die Kultur der Erdbeeren Mk. 0,30 ecc. E vi si trova persino, nell'opuscolo Der Schmuck des Altars, una Istruzione circa il modo di adoperare con garbo e giudizio le piante e i fieri a ornamento delle Chiese e degli Altari. Cotesti scrittt per6 sono compilati in lingua tedesca, e non sappiamo che sieno voltati neppure in francese. Questa difficolta non impaccia nel Ca- talogo, dove i titoli sono espressi anche in italiano o almeno in francese ; e i nomi delle specie e varieta, delle piante o semi o bulbi, in latino, giusta 1'uso comune.

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1119. 19 27 gennaio 1897.

290 LA STOR1A NATURALE DELLE PIANTE

e graziosi, a che 1'orticoltura moderna ha guidato e ognor guida la Natura ubbidiente; e non solo nella coltivazione delle frutte, ma in quella degli ortaggi in genere, siano erbaggi o siano legumi. Per certuni, cotesti trionfl dell'arte non hanno altro pregio che quello dell'apparenza. II tipo degli Asparagi sono per loro quei magri fusti selvatici, amarognoli al palato, tali quali si coglievano gia neH'et& della pietra, dall'uomo quaternario, lungo le fratte : di Fragole non ce n'e, per loro, che superino le montanine, che spontanee crescono nei boschi: delle frutte e poi delle uve maturate in serra si sente dire ognora con vilipendio da chi non le assaggio, che sono e deb- bono essere insipide o agreste. Ognuno ha i suoi gusti; e cer- tamente non e cosa facile il supplire coll'arte tutte le condi- zioni, richieste nei suoi lavori dalla Natura. E cio nondimeno

10 smercio, che hanno p. e. quelle uve inglesi, e il caro prezzo a che se ne vuole dai voluttuosi Epuloni di cola imbandita la tavola, non solo nei conviti ma nei pasti privati, dice abba- stanza che il palato loro non partecipa ai nostri disdegni. Esso avrk invece a noia quelle sconciature di uve avvizzite, che, appese dai palchi delle nostre dispense, se ne calano per ceppo o Capo d'anno sul piatto a rammentarci fuor di tempo le mummie deU'Egitto. 0 se ne mandino a offerire i campioni in Inghilterra! e si vedra se riescano a soppiantare gli appe- titosi e freschi grappoli di Frogmore. E poi FOrticoltura nella creazione delle sue varieta non si propone affatto, il piii delle volte, di sconvolgere 1'ordine naturale, ma soltanto di peren- nare e svolgere cogl' incrociamenti delle fecondazioni, colla scelta dei semi e colla opportuna composizione dei terricci, le quality il cui germe vede manifestarsi in qualche individuo : e in cio fare non bada solo, trattandosi di frutti e piante man- gerecce, alle belle apparenze, bensi, e non meno, alia delica- tezza degli aromi e alia squisitezza dei sapori : e di coteste qualit^ se anche un selvaggio puo, per uso suo, far giudice

11 gusto proprio, non ne segue che quel giudizio distrugga Taltro procedente dai plebiscite di buongustai esercitati alia giusta estimazione di ogni leccornia.

NEL SECOLO XIX 291

Lasciate pero da parte tali question!, sembra piuttosto a noi che i nostri Orticultori italiani avrebbero a mettere ogni studio per non restar dietro a quelli di altre nazioni in que- sto ramo della Botanica a cui si sono dedicati. Scorrendo i ca- taloghi d'oltremonti e d'oltremare, sara un caso 1'incontrarci in qualche prodotto, cbe al nome si riveli d'origine italiana ; mentre negl' italiani ancora figurano come piu pregevoli i fore- stieri. E non e a pensare che per mal animo quelli tacciano di noi; poiche in cotesto non si scorge rivalit£ di nazioni; e in ciascuna gli Orticultori si fanno un pregio di offerire i pro- dotti ottenuti in un'altra, distinguendoli come piu accreditati, dalle proprie imitazioni. Avviene insomnia qui pure il mede- simo che per Pagricoltura, che da paesi tanto meno favoriti ebbe a ricevere il miglioramento dei metodi, le varied mi- gliori dei cereali, il trattamento piu proficuo degli alberi e delle viti. Tanto e vero che la natura non supplisce coi suoi doni all' industria, e mentre la lepre si trastulla, la tartaruga le vince il pallio. Ma rifacciamoci sui nostri sentieri.

II regno vero della Botanica estetica e il mondo delle piante d'ornamento, legnose ed erbacee, da fogliami e da flori. Al solo pensiero d'avere ad enumerare i tesori di tal genere, accumulati e creati dai Giardinieri del nostro secolo, cadrebbe il cuore ad ogni scrittore per la vastita della materia: peg- gio poi se 1'avesse a rinchiudere in un volume, e noi dovremmo spacciarcene in poche pagine. Fortunatamente i Botanici estetici non esigono qui ne un inventario ne una descrizione delle bel- lezze vegetali che sono usi di contemplare in se stesse, ma soltanto un ricordo che richiami loro in questi mesi invernali le sodddisfazioni provate nella stagione migliore.

Ricordiamo loro adunque in prima le grandi figure degli alberi ornamentali, specie le Conifere, che flno alia meta del nostro secolo appena si scorgevano nei giardini, sia per lo stile regolare in che questi erano disegnati, sia perche, intro- dotti di recente, non erano rappresentati che da individui di poca eta. Oggi vediamo negli annessi piii modesti dei villini la maestosa Araucaria imbricata stendere attorno i suoi gi-

292 LA STORIA NATURALE DELLE PIANTE

ganteschi rami orizzontali, piramide vegetale d' architettura perfetta poichfc i rami inferiori strisciano in giro sul suolo: e non v' £ botanico estetico a cui non si riversi la bile, occor- rendogli di vedere il sacrilegio de' padroni ignoranti che glieli mozzano, come fossero un ingombro. L'Araucaria non ha da temere altro emulo che il Cedro del Libano, Cedrus Libani, con quei suoi rami che si adergono invece come i bracci dei candelabri, e se ne veggono oramai di cosi aitanti, che comin- ciano a richiamarci i famosi cedri della Scrittura. I Cipressi nostrani a fuso, e le Cipresse a rami spanti, poco si usavano nei giardini pel significato funebre che vi si conn'etteva. Oggi ne abbiamo una dovizia di specie e di varied ; e v' e la C. glauca e la pendula, e T usitatissima Laivsoniana e altre assai. Cosi pure dei Ginepri o Juniperus, fra i quali dominano la /. eoccelsa, la japonica, la rirginiana : e dei Pini, come la P. alba e la balsamea e la nobilis, che sono americane, come Yaustralis e austrakana, e la pinsapo spagnuola, e la cana- rienns delle Canarie, e altre venti di varie* provenienze : Ac- cenniamo soltanto alle Tuie, Thuja compacta, nepalensis, ta- tarica ecc., alle Retinospore, ai Tassodii, alle Cryptomeriae, e per ultimo alia faniosa Wcllingtonia gigantea o Sequoia che in una delle sue due specie si vede prosperare sulle rive dei laghi Lombardi.

La Girikgo biloba, quel paradosso botanico, che colle sue foglie sottili e stiacciate dissimula agli occhi profani il suo vero essere di conifera, ci aprirebbe qui un passaggio naturale alle altre circa 700 specie o varieta di alberi e di arbusti, fra i quali un Giardiniere piio scegliere oggidi nel formare i bo- schetti e le macchie richiesti dallo stile moderno. S' intendera che dobbiamo oltrepassare la porta di cotesto museo senza entrarvi. Appena & se dalla soglia daremo uno sguardo e un saluto alle tre splendide tribu delle Camelie, dei Rododendri e delle Azalee, su cui la natura pare che abbia provati tutti i colori della sua tavolozza ; e poi, perch& e vecchia cono- scenza nostra, alia Serpentaria o Aristolochia sipho ; e, per la stessa ragione, alia graziosa Glycine sinensis colle sue

NEL SECOLO XIX 293

•ciocche di fiori violazzurri, i quali ci rammentano pel colore quei della degna Paulownia imperialis, tanto benemerita del nostri passeggi orabrosi. Se si entra a parlare di alberi e di arbusti fioriti, non taceremmo certo la Magnolia grandiflora o Liriodendrurn lulipiferum, divenuto ora cosi volgare, mentre e pur di tanta nobilta per 1'eleganza del portamento e per la grazia e fragranza orientale del flore, e infine pel cinabro smagliante dei semi. Una menzione la vorrebbe essa pure, benche tanto piu modesta la Bignonia catalpa, con la sua so- rella radicans, che tutti riconoscono, ai suoi flori tubulari di colore ranciosanguigno, addossata ai muri, che essa riveste e addobba al tempo stesso. Benche, se e per questo servigio, lo presta nientemeno nei nostri climi, e con vantaggio, VAbutilon hybridum, colla sua indeficiente floritura e colle sue numerose varieta, Tuna piii elegante dell'altra; e in capo a tutti la tribu <lelle presso a 200 varieta di Clematis, scelte fra le innume- revoli ottenute nei semenzai.

Ma noi qui non intendevamo ancora toccare delle magni- ficenze dei fiori, sibbene delle piante che sono per se stesse ornamentali, ancor senza fiorire. Onde ogni Botanico estetico ci terrebbe il broncio se non rammentassimo almeno il popolo peregrino delle Palme, venute a vivere e moltiplicarsi nei no- stri climi come in una seconda patria: YAreca Baueri con la sorella rubra; le Chamaerops grande e piccola, excelsa e humilis; e la Corypha australis, e il Pandanus utilis, e tutta la cognazione delle Phoenix, e la Latania borbonica, e la Pitchardia filamentosa, e le Cocos, le Sabal, le Kentia; che sorgendo o sparse o in gruppi in mezzo ai pratelli, ne rom- pono la monotomia e ne mantengono la freschezza. V'e poi il popolo delle Felci per ornamento, in ispecie, dei luoghi om- brosi, e delle rocce e macerie : PteridifBleclini, Adianti, Asplenii, Polipodii, Aspidii, Polistichi, Slrutiopteridi, Atirii, Onoclee, Or- munde, Woodsie, tutte capilavori d'intaglio delicato ; e, per in- corniciare le acque degii stagni e rigagnoli, ed infiorarle ben anche, Calle e Nelumbii e Ninfee e Papiri e Scirpi e ValK-

294 LA STORIA NATURALE DELLE PIANTE

snerie e la Victoria regia le cui vaste foglie reggono senza stento a galla un grosso marmocchio.

Ritornando pero alle macchie, in che si esercita partico- larmente lo studio e il senso artistico dei nostri Giardinieri, ed ecco loro alle mani e il Ginerio delle Pampas, e la Nico- tiana colossea, e la Perilla nanchinese, e una ricchezza di Ricini e di Solani, e la notissima Musa Ensete, e Tritome, e Canne dalle foglie o verdi o rosseggianti, a prescindere ancora dalla splendida e perenne fioritura.

Pei disegni rabescati, con che si impreziosiscono i tappeti erbosi il Giardiniere non ricorre oggi piu alle petruzze colo- rate d'un tempo; quando, al dire di Oliviero de Serres, le ri- prese sue erano il mirto, la lavanda, il ramerino, il bosso; e poi la maggiorana, il timo, la salvia, la camomilla, la menta e perfino il prezzemolo. Oggidi il semenzaio e la stufa inver- nale somministrano per quei lavori tinte non meno varie e vivaci e delicate, che ad una ricamatrice la sua paniera : Pe- largonii zonali, fasciati, sul verde, di giallo o di sanguigno o di bianco; Alternantere, dipinte a vivi colori di rosato, verde e giallo ; Cdlei di cento composizioni e sfumature di porporino- e di verde. E basti cosi, che si hanno pur da rammentare, poichfe piu non possiamo, le creature sovrane da cui hanno preso nome e Flora stessa e il suo regno.

Ma per questo capo sara. miglior consiglio oramai rimettere il lettore ad un Catalogo qualsivoglia di Fioricoltura. Quivi la lunga serie delle specie e delle varieta. lo colpira. ancor mena deH'avvedimento, onde queste furono aiutate a svolgersi nelle quality piu pregevoli sotto varii rispetti: altre di piccola sta- tura ed altre di grande cresciuta; e raccolte o spante; e re- sistenti alle strette del caldo e del freddo o alia natura sfavo- revole del terreno; precoci o tardive; e coi flori doppii o stra- doppii o sdoppii, ma notevoli per grandezza, per regolarita di forme, per eleganza di macchie e per fragranza. Le varieta. di Rose cosi ottenute, di Camelie, di Dahlie, di Garofani, di Pe- largonii, di Antivrini, di Violacciocche ecc. ecc., avrebbero-

NEL SECOLO XIX 295

fatto onore al giardino di Armida ; ne altre se non delle piu scelte se ne mettono in opera da un Giardiniere di riputazione. La coltivazione dei soli Crisantemi occupa non pochi dilettanti per la novitk degli effetti, onde quell' arbusto suol rispondere alia coltura: ed ogni anno all'entrare del verno se ne fa una mostra solennissima in Parigi. Altri hanno 1'ambizione delle Eriche, altri delle Calceolarie, e cosi via. E mentre le specie gik possedute s'ingentiliscono, altre ne giungono di continue di fuori, ed altre colte nei nostri campi si nobilitano. Cosi THeinemann ha coll' industriosa cura di parecchi anni con- vertito in un damerino, anzi in una famiglia di damerini, quel zotico deirEUeboro ; al quale la rusticit& della sua origine vale intanto a florire allegramente, quando le altre piante sono ingranchite dal freddo.

Resisteremo questa volta risolutamente alia tentazione di affacciarci alle serre calde, dove la Botanica estetica ha rac- colto il bottino fatto dai suoi emissarii nei paesi tropicali. Co- testo si e un tesoro da crederlo sognato nelle Mille e una Notti, se non si vedesse in veglia ad occhi aperti. Quivi sono quei Caladii dalle foglie a targa in punta, con un verde di sraeraldo che si sposa col rosso di rubino e col bianco delle perle. Quivi... ma non cominciamo ; chfe una sola Orchidea (era una Catleia) pote infatuare cost di se un Botanico estetico, che egli la compro senza esitare per 10,000 franchi. Lontano dagli occhi nostri queste Sirene !

EMMA

XIII. 11 pranzo della laurea.

Intanto s'apri 1'uscio del salotto, e 1'Ida, tutta giuliva e- accesa in volto, saluto la mamma e le signore che stavano- con lei, poi corse a dare un bacio all' Emma, con una tene- rezza che mai la maggiore.

- Come ti senti, Emma ? ti sei divertita ? hai veduti gli avanzi del tempio di Serapide ?

Mi sento bene, e mi sono divertita cosi cosi. E tu, sei stanca ?

Un pochette si, ma ho riso tanto con quel giovialone di Gennaro e con Giulio, che non ti so dire. Anche il babbo ci ha preso spasso, e non ha guari sentita la stanchezza. Ti raccontero tutto quando saremo sole.

Entravano i due giovani col signer Livio, I'Emma si levo, e 1'Ida accosto due seggiole pei giovani dottori.

- Non s'incomodi, signorina, disse Giulio. E subito Gen- naro soggiunse : M' hai fatto un piacerone, mia cara Emma, a venire fin qui : se avessi accompagnata la nostra brigata, ti saresti divertita assai.

Potevo a rigore far quella gita, disse Emma. Ma il me- dico non vuole che mi stanchi.

E ha ragione da vendere e da serbare, aggiunse Giulio. Poco alia volta, chi va piano va sano.

E mia sorella non si e stancata ?

Che ? disse Gennaro : correva come un daino, e per giunta ha faticato e sudato cercando erbe e pietrame pel mio dotto amico qui vicino, che ha questa fisima. Basta, che lui n'aveva una fazzolettata in mano, oltre le saccocce piene, e

EMMA, PRIMA E DOPO - XIII. IL PRANZO BELLA LAUREA 29?

la Ida pure sarebbe tornata qua trafelata sotto il peso della scienza, se io non mi caricavo della sua pezzuola plena di ciottoli. E' ce n'e da acciottolare via Toledo...

Non creda nulla, signorina, disse Giulio ridendo. Abbiamo fatta la cerna prima di muoverci daH'Averno, ed erbe e mi- nerali, tutto si accomoderk in un panierino, che portero a Na- poli senza sudare un pelo.

Tra queste ciance faceva 1'ora di pranzare. I dottorini eb- bero il posto di rispetto, le fanciulle capitarono quasi dirim- petto. Esse e i novelli laureati tenevano il campanello, con gran piacere della brigata che vi prendeva sollazzo. Gennaro non ismentiva la sua riputazione di capo ameno. E fin dai principii pretendeva che Giulio dovesse cedere mezza la sua parte all'Ida, e pagarle la giornata di lavoro, e a lui Gen- naro passare il resto, perchS anch'esso erasi sobbarcato al peso della botanica e della mineralogia. A Giulio poi si do- veva una frittata con gli zoccoli di gneis, di serpentine, di granito, e di pietre volcaniche...

Ida ci rideva a cuor consolato, e un poco arrossendo, di- veniva piu bella, con quel suo sembiante grazioso ma sempli- cetto e buono. Ed Emma che vedeva Giulio afflssarsi nella sorella con sorriso di compiacenza, ne risentiva un certo dis- agio, che gelosia non era, ma qualcosa di somigliante. Ella, la povera zoppetta, seduta a tavola, e attillata qualcosa meglio che Ida, appariva certo piu avvenente per correttezza di forme e per una certa dignita signorile ; ma di lei non si parlava.

Giulio non poteva negare agli occhi suoi, che Giulia vin- cesse d' assai in esterni pregi la sorella, come la vinceva per ingegno e per coltura. Osservava tuttavia che dove 1' Ida nulla mostrava di artiflcioso, Emma non disprezzava 1' arte del ben parere. II folto volume dei capelli era raccolto sul capo e tenuto in freno da un cerchiello d'acciaio brunito e da certe forcine di tartaruga, che lasciavano tuttavia scherzare liberamente qua e fa e sul collo certi ricciolini, a crescere vaghezza all' ampia fronte e a tutto il viso. In cuor suo Giulio ragio- nava, che Raffaello non avrebbe trovato che emendare in quei

21)8 EMMA, PRIMA E DOPO

lineamenti, ma avrebbe di botto dato di mano al pennello, perch& non restasse senza copia un originale tanto perfetto. Per questo il giovane medico si sentiva in cuore una lotta terribile, quando volgeva lo sguardo o la parola alle due Ru- bino. Ma da forte schermidore cercava di parare gli assalti di amore, non volendo rivelare il suo cuore, se non a ragione veduta. II suo maggiore sforzo mirava a tenersi in bilico; a guisa d' un funambolo giocava di bilanciere, con motti e cor- tesie egualmente distribuiti, che non accennassero al suo pen- colare verso la Emma ; tanto piu che un nuovo disegno sem- brava gli ragionasse in cuore.

II curioso era che Emma pure dal canto suo mareggiava nella sua burrasca; e mal poteva simulare una perfetta in- differenza, quando vedeva Giulio sorridere e trattar quasi di- mesticamente colla sorella minore. Ma anch'essa quest! se- creti affanni del cuore soffocava in guisa, che non ne traspa- riva fiato. Giulio ed Emma si studiavano 1'uno e Paltra di leggersi negli occhi le occulte impressioni dell' animo ; e 1' uno come 1'altro sforzavansi di non tradire il segreto.

Gennaro invece che di nulla sospettava, ciarlava alia sciam- mannata, e, a farlo apposta, erasi imbarcato in una questione di madonna Laura e madonna Beatrice, e dava torto marcio al signer [Petrarca, perche si fosse intabaccato d'una bella provenzale, mentre tante belle italiane avrebbero potuto ren- derlo felice. Giulio per mutare discorso gli diceva che non era anche tempo di sciogliere il problema, e per celiare gli raccontava che un dei sette Sapienti delP anticbit& consigliava i giovani di studiare prima il problema fino alia morte...

E allora quando si ammogliano? dimando Ida colla sua dolce vocina.

II che desto uno scoppio di risa allegrissime. Gennaro colse la palla al balzo, e con fiero cipiglio se la prese con Giulio : Dottore Giulio La Rosa, io mi maraviglio di te... Tu sei un uomo apostata dal buon senso, io protesto contro di te e contro tutti i sette Sapienti antichi, fossero anche settemila io li sfldo tutti a duello... e mi fo campione della signorina Ida, che ha

XIII. IL PRANZO DELLA LAURBA 299

subito veduta la profonda grulleria della loro sapienza... Tu, Giulio, devi subito disdirti qui coram populo, e promettermi i confetti delle tue nozze...

E Giulio ridendo : Se tu mi prometti i tuoi...

lo non posso prometter uulla : i miei confetti sono in mano del Ministro della pubblica istruzione. Se lui mi spe- disce una carta, come la desidero io, i confetti sono assicu- rati, se no, no. Tu invece sei nato col cintolino rosso. Non avevi ancora bene in capo 1' alloro dottorale, e gik ti floccava addosso impiego, e dico impiego a Napoli, onore, quattrini... Tu devi disdirti... e testimoni della tua abiura saranno le si- gnore e le signorine.

Rinnego tutti i Sapienti antichi e moderni, e i futuri se vuoi... ma una condizione resta ferma. E Seneca il Morale che te la pone : Lunga e la via dei precetti, breve quella degli esem- pii... Dunque...

Per fortuna s' era allora servito un brillante e razzente La- crimacristi. Gennaro infilo il dirizzone del vino : mescolo Giu- none pronuba e Bacco Lieo, sfodero una serie di profezie e di presentiment! e di pronostici, 1' uno piii ameno che 1' altro. I commensali alzarono il bicchierino, fu un acciottolio di toc- catine e di complimenti. Emma tacque, Ida non venne meno alia comune allegria : sollevo il suo calicetto e : Bevo, disse, alia salute e prosperity dei due novelli dottori, e faccio voti perche i loro allori si mantengano sempre verdi e rigogliosi.

Grazie, signorina, disse Giulio.

Grazie, centomila grazie, grido Gennaro.

E il convito prosegui dello stesso tenore sempre allegro e cordiale.

XIV. La sera d'un bel giorno.

A ora giusta si riparti per Napoli. Le Rubino lasciavano a Gennaro i loro graziosi regalucci, ed in contraccambio Emma e Ida si portavano un trionfo di rose centifoglie delle piu sgar- gianti che mai cantasse Anacreonte. Ma ne i complimenti ne

300 EMMA, PRIMA E DOPO

le rose poterono tanto sul cuore degli amanti che quella notte sognassero sogni rosati.

Giulio, rientrato in casa, non penso pure a gittarsi in letto. Era stance anzi che no della gita all'Averno, e piu ancora delle tbrze fatte tutta la giornata per serbare Tequilibrio tra le due sorelle, 1'Emma e 1'Ida. E pure sentiva che di chiudere 1'occhio al sonno era nulla. Accese un sigaro e f u a fumarlo sul bal- cone, sperando che la frescura notturna gli calmerebbe la tern- pesta nervosa. Nella piazza sottoposta strepitava il chiasso dei rivenditori di frutta, de' giornalai della sera, degli strilloni d'ogni razza e forma che su quell'ora squarciano gli orecchi de' passanti : Giulio non udiva nulla. Ascoltava solo il cuore che martellava forte. Accanto al suo primo amore profonda- mente radicato nell'animo, cominciava a far capolino il secondo affetto, natogli quel giorno stesso nel cuore, non sapea neppur egli come; avrebbe voluto soffocarlo, opprimerlo, colla potenza del primo; ma la fantasia gli dipingeva Ik presenti le due Ru- hino, con tutte le loro doti, le maniere soavi, e i singolari pregi, che a suo bell'agio aveva attesamente osservato. -ITEmma, nel ritornare a Napoli, s'era mostrata taciturna; nell'atto di licen- ziarsi e neH'augurarle la buona notte, Giulio aveva osservata in lei una insolita sostenutezza; dove che Ida era un flore di fan- ciulla semplice e schietta... Ma, no, no, non voglio pensarvi: gia troppo sono infelice nel primo amore: mandero tutto a traverse... mi faro violenza; alia fin fine non sono piu un ra- ^azzo... E 1' Emma?... Ah lo capir& da se, quanto mi costa... Povera Emma! mi ama tanto! -- E qui si passava la mano sulla fronte, che era come una fornace. Come mai potrebbe egli avere il coraggio di accrescere la infelicitk della Emma, egli che non vedeva al mondo creatura che fosse piu degna del suo affetto? lui abbandonarla? Ben era vero che mai non gli era sfuggita dal labbro alcuna promessa; mai non le aveva detto: lo t'amo. Verissimo, non 1'aveva detto a parole; ma col fatto? Perche la cercava egli con tanto ardore, perche aveva mostrata tanta sollecitudine per lei?... perche?... E come avrebbe ella risaputo ch'egli 1'amava, se egli stesso, si, egli stesso non

XIV. LA SERA D'UN BEL GIORNO 301

avesse lasciato trasparire negli sguardi quello che si tenea ce- lato nel cuore?... Si si, egli aveva troppo parlato cogli occhi!... Ma era pur visibile, che essa non era pivi quella ch'egli aveva cominciato ad amare. 0 ch'egli era colpevole della sventura di Emma? doveva egli, perchfc lei era sventurata, legarsi per sempre a una zoppa? in casa, fuori, alle veglie, alle feste; sem- pre appaiato ad una sposa zoppa?... Dovrebbe pure capacitarsene anche lei... Essa non capirS nulla: forse odiera... Mi odii pure, non Podiero io mai: Pamero, si, Pamero sempre. Emma, tu sarai mia, non sarai mia ; sarai il mio tormento, com'io son destinato, mio malgrado, ad essere il tuo. E PIda?... Ah non mi avvelenar 1'animo, Ida ; togliti dal mio pensiero : amo tua sorella, la tua, la mia sorella:... ma non chieder da me, quello che piii non ti posso dare : lasciami, cara, lasciami in pace. Ma tu mi stimi; si, te ne sono grato, anch'io stimo te; ma ti basti questo, non mi chieder di piii; non posso.

Questa interna battaglia aveva stancato orribilmente il po- vero Giulio. Chiuse i cristalli, e si sdraio, tutto vestito, sul letto. Ed ecco arrivava sotto le sue flnestre uno dei mille or- ganini, che passeggiano Napoli di sera ; e vi si posava, a ma- cinare agiatamente un'aria della Norma. DalParia Giulio corse alle parole : Mira, Norma, a' tuoi ginocchi... Si confuse la mente, da un' idea ne scoppiava un'altra, era un tramestio, un tumulto...

II fiero garzone si senti commuovere; divenne piccino pic- cino, era tutto in sudore, scoppio in un pianto dirotto. Che notte !

XV.

Chi I'avrebbe sognalo?

Sullo scorcio del mese di settembre tornando una mattina a casa dall' Ospedale, Giulio trovo una lettera sul suo tavolino. dalla cui soprascritta conobbe ch'essa era delPamico Gennaro. Strappo la busta con vera ansieta, immaginando qualche possi- bile novella delle cugine di Gennaro. Era invece una lettera

302 EMMA, PRIMA E DOPO

tranquilla e lieta, che nulla aveva che fare ne con Emma ne con Ida.

Gennaro partecipava la sua nomina ufflciale a professore di quarta classe : Indovina dove ? Non ti apporresti alle mille. A Campobasso ! nel ginnasio-liceo Mario Pagano, quasi quasi in casa tua ! E Gennaro pregava, che Giulio impegnasse sua madre a trovargli un quartierino cola, arioso, allegro, e che non danneggiasse troppo la borsa d'un professore novellino.

Giulio tolse un biglietto di visita, vi scrisse a matita: « Faro piu e meglio che non dimandi, a patto espresso e condizione sine qua non, che vieni in persona a prendere la risposta dopo cinque giorni, precisamente il 27 settembre, alPora di desinare. Serbo per quell' ora un sacco di mirallegro, degli Avana di sotto il banco, e un mondo d' informazioni intorno a Campobasso. A rivederci. »

Fece impostare il biglietto per Pozzuoli; e senza por tempo in mezzo scrisse una lettera alia sua madre Donna Colomba, non gik perchfc essa cercasse stanza per Gennaro, ma a dirit- tura lo accogliesse a dozzina in famiglia ; e le dava assicu- razione che il professore, oltreche suo amico del cuore, era onoratissima persona, di probitk specchiata, e di si squisita educazione che ella si chiamerebbe contenta di averlo dozzi- nante e commensale.

Donna Colomba rispose cosi prontamente che Giulio pote avvisarne 1'amico a Pozzuoli prima ancora che questi venisse al flssato. Scrisse: « Mia madre t'aspetta a Campobasso colle braccia aperte. Le stanze ch'erano a me destinate serviranno per te ; ti troverai soddisfatto per ogni rispetto, te 1'assicuro. La posizione e assai favorevole allo studio. Pel Collegio starai ad uscio e bottega. In verbo quattrini t' intenderai con mia ma- dre, che ti fark i ponti d'oro. II resto a voce, dimani. Addio. »

II di seguente i due amici erano ristretti allo stesso desco e soli, perche Giulio aveva in animo di non lasciar partire il professore, senza metterlo a parte de' suoi guai in amore, e averne il parere. Gennaro, in apparenza, spensieratone, era in fondo un giovane di mente e di cuore, e poi si trattava delle sue cugine.

xv. CHI L'AVREBBE SOGNATO? 303

Dopo la prima galloria di abbracciari e di grazie e di rai- rallegro, a Gennaro premeva di sapere qualcosa della citta e dei cittadini di Campobasso: e il dottore si alzo i manichetti per iscodellargli la piii attrattiva descrizione del suo nido na- tivo. Napoli, gi£ si sa, & una sola, ma...

Vedi Napoli, e poi... vivi, disse Gennaro.

Ma troverai una cittadina a modo, che per essere di provincia, non manca del suo bello. V e la parte alta che si stende sopra una collinetta e sale sino a un vecchio castello mezzo diroccato ; vi e la parte nuova, che e un pezzo di Na- poli, fatto apposta e mcsso li.

Curiosi noi napolitani di Napoli!, osservo Gennaro. Noi sappiamo a menadito la geografia da Portici a Pozzuoli; piii Ik e come la China... lo imparo oggi come e fatto Campobasso.

E il fato comune di chi nasce nelle grandi citta : si trova tutto vicino a casa, ne si cerca altrove, senza un'occa- sione o necessita.

Gia, mi dicono che i parigini sanno a mente la loro Parigi, e fuori della cinta non c'e piu mondo.

E bene, impara Campobasso dentro e fuori. Ne' dintorni troverai passeggi in mezzo a campagne ricche e gaie, e uccelli in copia. Se ti frulla, potrai tirare una schioppettata alle passere.

Se fossero galline !

Anche alle galline potrai tirare, ma colla forchetta...

A proposito, interruppe Gennaro, come si sta a bucolica, in que' paesi ?

Si va a desinare dal caldarrostaro, e...

Bravo, trippa ! Queste sono le belle cose per dirle qui, ove mi fai guazzare nelle leccornie: ma la ci vuol altro...

Ben be' fatti animo: non morrai di stento, troverai la una cuoca, dottoressa in re macaronica, e pej resto gli e come a Pozzuoli e a Napoli. Anzi qualcosa meglio, piu casa- lingo e piu igienico : roba buona e cucinata col timore di Dio. lo non isto mai meglio che quando (pur troppo e raro !) quando passo una settimana colla vittitazione di casa mia.

Ben venga la vittitazione di casa tua. Prometto di in-

304 EMMA, PRIM A E DOPO

naffiarla anche per benino, per onorare la tua memoria scien- tifica: il prime brindisi lo faro a te...

E farai andare in brodo di succiole mia madre e mia sorella. E sia detto non per vanto, ti mesceranno un falerno, come dite voi altri letterati, un falerno che ti rendera poeta il doppio di quel che sei, da fare strabiliare i tuoi scolari. Fuori di celia, mia Madre beve quanto un canarino, ma lo vuol buono, e lo fa fare di uve scelte in quel po' di vigneti che abbiamo al sole. Ha questa divozione...

- Eccellentissima divozione ! Sai ch' io sono de' piu divoti che io conosca, mi ediflco di me stesso.

Te lo voleva avvertire come un punto capitale, e ora me lo scordavo. In fatto di divozione, ti sara bisogno, pro bono pads, di non avventurare qualche proposizione troppo moderna, troppo universitaria... Perche con quelle animine di messer Do- mineddio, non te la passeresti liscia. Sono buone come un pan di zucchero, ma piglierebbero fuoco e ti caverebbero gli oc- chi. Io quando sono la sto in decretis, e magari accompagno mia madre alia S. Messa, e porto io il suo ben grosso libro di preghiera. Lei ne va tutta in solluchero, e tornata in casa, mi da il piu profondo bacio che si abbia nel cuore... Io non sono po' poi un turco: ma queste divozioni le fo' solo per lei...

Uomo avvisato, mezzo salvato ! disse Gennaro.

E t'importa: se vuoi entrare nelle loro buone grazie ed essere confettato di tutte le piu squisite amorevolezze. Basta, hai giudizio, fanne uso.-E non solo colle donne di casa, ma in generale colla gente del paese.

Siamo intesi : gik lo capivo da me, che le nostre idee tolleranti non sono merci d'esportazione. Puta me Harpo- cratem!

XVI. Uno strano consulto.

Si era discorso assai e ciabato e celiato a piacere. Giulio aveva dato un monte d'indirizzi e di commissioni per la fa- miglia e per gli amici di Campobasso. Gennaro voleva fare

XVI. UNO STRANO CONSULTO 305

ima visita allo zio ingegnere, prima di tornare in casa del- 1'amico, che gli offriva una camera e ua buon letto per la notte. E gia era suiraccommiatarsi, quando Giulio serrandogli la mano, Non sia detto... Domani tu partirai a buon' ora, io ci ho un malato urgente, non ti potro parlare... Non voglio che parti senza dirti tutto...

Parla, spiffera dall'a alia zeta. Ho tutto il tempo.

Credilo, Gennaro, io ti ho il volto d'uomo contento, ma ho il diavolo in cuore.

Gennaro si fece serio, dicendo : Che & ? Dispetti, invidie dei colleghi?

Nulla di cotesto: il marcio 6 qui; e Giulio premeva il petto.

Spiegati.

Sono infelice in amore, e non ci veggo rimedio pos- sibile.

Lo trovero io : parla, ma parla come amico ad amico che non parla. Celio spesso e volentieri, ma tu sai che un se- greto affidatomi, vive e muore qua, non passa la soglia di casa.

Giulio si continue : Forse tu ne hai avuto qualche sen- tore, ma insomnia il fatto e che mi sento preso fieramente di una tua cugina...

Gran che! Sposala, e tutti lesti. Io n'avro un piacere matto. Gik si sa, se non vuoi vivere eternamente scapolo, fa pur mestieri che una volta o 1'altra tu t'innamori di qual- che ragazza: scegli quale vuoi delle due: io ti fo il sonetto.

Tu fai le cose liscie; ma vorrei un po' vederti neVmiei panni! A dar consigli non duole il capo; ma quando un di- sgraziato si trova tra Scilla e Cariddi, non gli riesce si facil- mente di prendere un partito. H

Questa fe la prima volta che io non ti comprendo, Giu- lio; che vuoi tu dire?

Che vuoi? avevo posti gli occhi sulla tua cugina Emma, assai prima che le incontrasse quel caso funesto del piede. Io Tamava, e Tamo ancora d'un affetto vivissimo : per una parte

Serie XVI, vol. IX, faac. 1119. 20 27 gennaio 1897.

306 EMMA, PRIM A E DOPO

mi parrebbe di farle an torto, se ponessi in altra persona il mio amore: per un'altra parte, o come posso risolvermi a chiederla per moglie con quel difetto di cui non guarira piii mai?

Gennaro s'impensieri, abbasso il capo, si lisciava il mento, come chi delibera di un partite non agevole: Ma, dimmi, le hai tu dato parola?

0 questo no.

- Le hai manifestato i tuoi sentimenti.

Neppure.

- Allora sei libero come 1'aria. Te lo dico da galantuomo, come lo penso, ancora che si tratti d'una mia cugina...

- Libero, libero, e presto detto. Non mi sono sbilanciato in parole, ma gli occhi, il fare, le visite durante la sua conva- lescenza... come si fa a non si lasciare intendere piii che poi non si vorrebbe?

- Si si, e verissimo, disse Gennaro : certe cose le ragazze le capiscono per aria: ma e sempre vero che promessa non ci e corsa... Non fa torto ne a lei ne a te avere mostrato un po' di simpatia... E tu e lei siete liberi : cosi la penso io.

Ma ti pare ella una bella cosa lasciare in asso una fan- ciulla amata gia proprio di cuore, solo perche le e incolta una disgrazia? Tanto piii che io non arrivero mai a scordare del tutto il suo affetto; come non giungero a vincere le mie ripu- gnanze sino a farla mia compagna dinanzi alia legge. Ecco il contrasto, lo stiracchiamento perpetuo, che mi strugge... e mi avvelena la vita.

Tu se' uno de'cavalieri antiqui. Dovevi nascere ai giorni della Tavola rotonda: Re Arturo ti faceva caporale degl'in- namorati. Ma che? Ma che? Non siamo piu a que' tempi. A'di nostri, colla civilta nostra di balle di cotone, di parlamenti, di ferrovie, solo la promessa vale qualcosa... 1' avere fatto 1'oc- chio pio a questa o a quella non lega veruno, e le ragazze lo sanno, nessun cavaliere moderno puo condannare...

E le cavalieresse dei nostri saloni ?

Che mi vai cavalierando? Senti, trovane un'altra... Tru- ditur clavus clavo, ci diceva il nostro professore Mirabelli, e

XVI. UNO STRANO CONSULTO 307

lo traduceva: un diavolo ne caccia 1'altro. Ma qui non sa- rebbe il caso...

Basta, conchiuse Giulio, vai a vedere tuo zio : quando torni qua ti diro il resto del segreto, cio che aggrava 1'un cento il mio malessere...

No, no, no. Non vado da zio... M'hai a dire tutto, se no, non mi muovo di qui : sono di marmo. Due parole, spac- ciati, ed escimi d' indovinello.

L' indovinello sarebbe che F altra sarebbe quasi trovata... e io la discaccio phi che posso dalla mente e dal cuore... per non far torto ad Emma, che ad ogni modo non potrei sradi- care dal fondo dell'anima mia. Intendi?

Malattia complicata ! al palpito del cuore, sopravviene la debolezza del cervello. Gioia mia, disse Gennaro con fer- mezza, tu fai male, malissimo. Tu dei essere piu uomo...

Potere!

- Si puo quando si vuole : e si vuole quando la ragione delta che bisogna volere... Basta, alle corte, mi diresti chi e costei, che comincia ad invadere di contrabbando il tuo cuore ?

Si, posso dirlo, ma solo a te, e fuori di te, neppure al- Faria che respiro. Sono tre lettere sole: Ida, la sorella di lei, Ida.

Gennaro salto addosso a Giulio, e schioccandogli sulla bocca un bacio sonante: Scellerato! esclamo, perche nol mi di- cesti prima... La questione si scioglieva da se, tuttd era chiaro, limpido come cristallo...

E a me pare che tutto e tenebra, buio pesto. 0 come si fa a coglier la piu giovane, dopo amoreggiato colla mag- giore ?

- Capisco, disse Gennaro, non e naturale, e in certe fa- miglie non si ascoltano dimande, se non cominciando dalle piu alte canne dell'organo. Ma zio Livio, e uomo del tempo suo, 6 non patisce di tali ubbie. Ti dark quella che chiedi, la Mamma sara contenta, Ida capira che a volersi maritare, pel tempo che corre, bisogna badare a prendere la mano che si offre...

Ma Emma ? la mia Emma !

308 EMMA, PRIMA E DOPO - XVI. UNO STRANO CONSULTO

- Emma, Emma stessa, se non ha grilli romantic! nel cer- vello, dovra, manco male sanguinante un po' il cuore, dovra farsi una ragione; dovra persuaders! che non le si fa torto, che non ha avuto promesse, che non e violate nessun diritto... e che lei non puo ragionevolmente imporre a un pari tuo, che si sposi una zoppa, solo perche le hai fatto gia qualche complimento... Questo e il mio verdetto.

Se tutti pensassero come te! disse Giulio .. II peggio e che io stesso...

Vai, non ti fare illusion!. Ora vo a vedere zio.

- Gi£ s'intende, acqua in bocca.

0 che mi pigli per un bambino? Acqua in bocca, si. Trattero con zio, con zia, con Emma, con Ida, come se tu non fossi mai stato al mondo.

Quando torni, ti diro...

Quando torno, interruppe Gennaro, mi dirai se vuoi essere savio, o se vuoi essere pazzo in mezzo al cervello... Non vedi che 6 cosa passata in giudicato? Qualche ombra di sconvenienza si potrebbe trovare se tu, disdetta PEmma, cer- cassi un flore lontano lontano nelle selve: ma quando tu stendi la mano a un fiore dello stesso cespo, mostri il cuor tuo buono colla famiglia Rubino. Essa non sa nulla del tuo primo affetto per la maggiore. E se lo sapesse, capirebbe che tu, for- zato a mutare oggetto, non sei uscito dalla casa loro. Dun- que, bene mio, siamo intesi. Quando torno, non tornare anche tu dai paesi di Amadigi di Gaula e di Lancillotto del Lago. Siamo a Napoli, nel 1871, e in quest'anno e cosa indicata, indicatissima il ragionare colla testa, chi 1' ha, e non col cuore, che e buono per la civetta... II piu che ti posso permettere quando torno da zio, 6 che facciamo un po' di ritocchino con quel tuo vinino, che proprio mi ha baciato 1'ugola. E poi si dorme. Domani mi accompagni alia stazione, e io volo a Cam- pobasso, persuaso che tu ti accommoderai colla Ida, a poco a poco, gia si sa ; ma senza uscire dal seminato. Se no, io ti fulminero di lettere formidabili, prosa e verso del Vesuvio. Addio, addio.

RIVISTA DELLA STAMPA

i.

L' Italia presente e i suoi fati del signer FILIPPO OTTONIERI. Roma, Ermanno Loescher e C., 1897. Un Yol. in gr. di pagg. 158.

Chi legge questo libro deve alia fine sclamare sfiduciato : ebbene, non v'e piii rimedio ! L'ltalia non ha che da raccomandarsi al bec- camorto !

Fortunatamente perd 1'Italia vera e reale e altra cosa dall'Italia descritta qui, con color! tanto foschi, da quel qualunque signore che e indicate col nome di Ottonieri, il quale, all'usanza del liberaloni pari suoi, mescola tutto insieine, popolo, patria, state, nazione, go- verno, e ne fa un minestrone veramente orribile d'ogni schifezza e bruttura, cui appiccica Fetichetta doiYJtalm presente.

E questo il primo e sostanziale errore del libro che vogliamo esaniinare : confondere, cioe, FItalia degli italiani con quella di pochi farabutti o faccendieri, ingannati ed ingannatori. Sicuramente che a questo patto la diagnosi dei mali del paese voluta imprendere dalFA. non potra camminare ; giacche dara per malattia di un soggetto quella che e invece di un altro, dell'Italia reale quella che e d'un Italia artefatta. Quindi andra in fumo 1'intento stesso, manifestato nella Prefazione, di dare al popolo italiano coscienza dei vizii che lo aftlig- gono, perche risolvasi a vincerli.

Altro svarione incorso dalFOttonieri e aver obliterate le cagioni principalissime dei malanni d'ltalia, per noverarne e sviscerarne molte false, ovvero accidental!, le quali, a paiiar proprio, piuttosto che cause si dovrebbero dire effetti delle non accennate.

Da ultimo, FA. sciupa tutte le sue pagine e spreca tutto il suo inchiostro in lamentare morbi, ulceri e guai ; ma non sa trovare qualche rimedio che valga a guarirli. Ossia, veramente egli ne indica uno, che, a senno suo, sarebbe anche il solo, e senza cui tornerebbe inu- tile pensarne altri. Questo e di educare il popolo italiano ; ma poi egli stesso dipinge questo popolo come una plebe d'ignoranti, di ebeti, di egoisti, di poltroni e di nevrotici, impossibile ad educarsi.

310 RIVISTA

Non avevamo dunque ragione noi di affermare che, secondo 1'Otto- meri, per 1'Italia la d bell'e spacciata, e non si salva piu? .

E dover nostro per6 di mostrare come quegli strafalcioni che ascriviamo aH'Ottonieri sono veramente deH'Ottonieri : ed eccoci all'opera di soddisfarvi punto per panto.

Quanta al primo, cioe alia straua confusione che egli fa della nazione italiana coll'oligarchia spadroneggiante, la quale usurpa il nome d'ltalia, ne potremmo raccattare degli argomenti un po' per ogni pa- gina del libro ; ma contentiamoci intanto del primi due Capitoli. Detto che il sentimento nazionale e patriottico e condizione indispen- sabile dell'esistenza di un popolo e che, per conseguenza, tutti i popoli civili antepongono il proprio paese ad ogni altro, nonostante qualunque propaganda di universale fratellanza ed ogni pregiudizio socialistico, FOttonieri sostiene che « gl'italiani disgraziatamente battono la via opposta, con danno e discredito dell'intera nazione » (pag. 14). Se- condo lui « mold in Italia si fanno quasi un merito di prodigar le loro simpatie a tutti i nostri nemici » (pag. 16); n& vi 6 fra noi coscienza nazionale, ne vi e alcuno il quale pensi a formarla. Non i preti, che, per V opera nefasta delpapato, (pag. 17) la combattono, isttt- lando odio e disprezzo contro la patria e le istituzioni (pag. 19); non i maestri laici, che quanta a patriottismo non valgono piu dei preti (ivi) ; non il Governo, non altri infine, perche nessuno fece mai alcun che di serio per dare al popolo italiano la coscienza di se stesso, della sua missione, del suo an venire (id). In Italia dunque, giusta I'Ottonieri, non e patriottismo.

« E quello (soggiunge egli poi) che maggiormente impensierisce si &, che la mancanza di patriottismo in Italia non deriva da cir- costanze accidental!, ma e il sintomo piu caratteristico della imper- fetta costituzione del carattere del popolo italiano (pag. 21) », un popolo tutto indifferenza ed apatia, propria degli esseri degenerati, un popolo pieno d' ignoranza, che equivale alia cecita. « I nostri operai, i nostri contadini sono abbrutiti » e pensano solamente a soddisfare i bisogni animaleschi ; le cosi dette classi dirigenti hanno per norma delle loro azioni 1' egoismo piu, gretto. « E pero tutte le volte che cercate il popolo, vi accade d'imbattervi in un volgo disperso che nome non ha, il quale vi guarda, ora dimesso e inebetito, ed ora bieco e furibondo (pagg. 23, 24). »

Cosi egli. E sarebbe molto difficile trovare un intransigente clericale italiano, che abbia scritte o dette tante male parole contro i suoi compatriotti, quante ne vediamo qui ammonticchiate in poche pagine del liberalissimo Ottonieri. II quale dice s6 « un solitario in

BELLA STAMPA 311

mezzo alia societa presente alieno dalle passion! che 1'agitano,

sdegnoso della fortuna » (Prefai.); ma in realta lascia trasparire anche troppo d'essere un crispino impenitente, a cui la mutazione d'indirizzo governativo f6 scoppiar 1'atrabiliare, si che se la prende alia cieca contro tutti e contro tutto.

Noi siamo per nostra parte contentoni che da bocche e da penne liberali escan fuori tante grosse verita a carico della baraonda ita- lianissima, verita da noi stessi cento volte ripetute, ma a noi non mai credute, e per aver dette le quali siam anzi di continue messi in voce di antipatriotti. Ma si stia, di grazia, in chiave, e per bizze partigiane non s'insulti la nazione vera, la vera Italia, la Patria nobile e grande, che noi amiamo quanto altri mai. Non si dica che gl'italiani mancano di patriottismo ; perche ci6 e una menzogna che ci awilisce gratuitamente in faccia agli stranieri, mentre d'awili- mento abbiamo gia troppe cagioni reali e palesi. senza che andiamo a cercarne di calunniose. II patriottismo, che l'0ttonieri insieme colla banda liberale vorrebbe sentir scoppiare come una polveriera in favore delPunita statuale, coacepita, manipolata e mantenuta dalle sette, a proprio esclusivo profitto, quel patriottismo in seno al po- polo italiano certo non esiste ora, come non e esistito mai. Ed e pur bene che ci6 riconoscano e confessino coll'Ottonieri, altri pala- dini assai dell' Italia una ed indivisibile quali, ad esempio, uno Scar- foglio, che nel Mattino del bel primo d' anno scriveva : « Non mai, come ora, si e sentito quanto v' ha d' artificiale, di caduco, di vi- zioso nell'unita italiana. L'unita.e stato un sogno di Mazzini, tra- dotto in atto da Garibaldi : i lombardi e i piemontesi aspiravano al piu ad annettersi la Lombardia (Voleva dir la Vene%ia?). Questa meschinita di ambizioni, quest'angustia di ideali, questa miseria di sentimenti sono state mascherate sotto molte chiacchiere e molte menzogne rettoriche, ma non distrutte. Esse covano in fondo al- 1'anima italiana e alia prima occasione si sono schiuse di nuovo, come microbii deposti nel sottosuolo. » E conchiudeva : « Una co- scienza nazionale e un orgoglio nazionale non possono esistere ove una nazione non c'e. »

Ma una nazione non c' e, perche a nazione si e eretto il sogno di Mazzini e di Garibaldi, non Pideale che, per testimonianza dello Scarfoglio, sta in fondo all' anima italiana ; e patriottismo non c' e, perche a patria non si voile che un manufatto galvanizzato di spi- riti settarii, senza e contro 1' anima della patria.

Si giudichi di qui a chi convenga 1' accusa d' antipatriottismo scaraventata dall' Ottonieri. Al popolo italiano in ogni modo no :

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poiche in petto a lui vive 1'anima d' Italia, la quale da continua- mente prova di vero e grande amore della patria, pur solo tolle- rando senza ribellioni F incubo che la soffoca. Quel medesimo pertanto per cui 1'Ottonieri accusa il popolo italiano di dappocag- gine e perfino di quwtismo poltrone (pag. 28) e invece sublime dimostrazione di patriottismo.

Egli si stupisce che per la disfatta di Adua gl' italiani non ab- bian saputo far altro che piangere. Ma che cosa dunque voleva egli che facessero ? La rivoluzione forse ? L' Ottonieri e tanto ingiusto contro la massa dei suoi concittadini in questo, quanto nell'affermare, a prova di stravagante niobilita del carattere italiano, che « quando si parlo della guerra coll'Abissinia, il paese intero parve invaso d'ima gran febbre bellica » (pag. 27). Baie! Baie! II paese detestd sempre profondamente la guerra d'Africa ; e la febbre bellica, e prima e poi, fu sempre solo di quei quattro gatti di crispini, giornalisti e politicanti, che facevano chiasso per mille e per milroni e pretendevano di essere il paese.

Ci vorrebbe pur poco a capirla, che in Italia il grande, Tenorme equivoco, in cui si casca e di non separare il paese da coloro che parlano e scrivono e fanno spropositi in nome di esso. Di qui avriene aH'Ottonieri (come a troppi altri, del resto) che, scan- dagliando, pur con lodevole diligenza, i morbi onde 6 aftlitta la vita politica italiana, cosi al di dentro come al di fuori, e in particolare discorrendo degli errori nella politica coloniale, dalla pag. 34 alia 107 del suo libro, insieme con molte verita asserisca delle fan- donie e soprattutto uon colga punto 1'origine prima ed universale di tanta iliade di guai : il che e quanto noi ci proponevamo di provare in secondo luogo.

L' Ottonieri passa in rassegna quelle che siamo abituati a chia- mare le istituzioni, Senate, Camera, ministri, magistratura, esercito e perfino la Corona ; ne fa un' analisi spietata e riepiloga poi il tutto in conclusioni del genero di queste : « II pervertimento del sistema parlamentare fra noi pud dirsi ormai completo, e chiunque abbia

senno prevede che non e possibile contiuuare di questo passo

Fra tutti i mali che derivano dal paiiamentarismo, £ questo il piu grave e doloroso. Esso distrugge ogni garentia di libertii, e rende la vita civile peggiore di quella che conduce un' orda di selvaggi (pagg. 47-49). >-

E sta bene : noi non diremo di no, avvegnache sieno veil questi, che i liberali, dopo tauto battere e ribattere nostro, hanno final- mente imparato da noi. Ma quali cause poi vi assegna nella sua

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diagnosi 1' Ottonieri ? « Eicercare di chi sia la colpa e inutile (egli afferma) ; essa e di tutti e di nessuno (pag. 43). »

No, ribattiamo noi : ne e di nessuno ne e di tutti ; perocch6 i colpevoli vi sono, ma pochi, ben determinati e gia bollati a fuoco per sempre nella storiu.

Ha per6 torto l'0ttonieri di fare, nonostante quella scettica di- chiarazione, un capro emissario delle masse, ossia delle moltititdini, delle quali, prima di lui, non ci ricorda d'aver sentito sparlare con tanto cipiglio e strapazzo altrove, che nella Ga.xxetta di Venexia dal- 1'on. Macola. Non istiamo ad esaminare quanto siavi d'esatto in quello che egli afferma, cioe che da tali masse, inette a scegliere i migliori, non possono uscire, nella maggioranza dei casi, che deputati senxa meriti, senza cultura e senza carattere (pag. 43), i quali, alia loro volta, dato qual e il sistema parlamentare, colla Corona priva d'ogni vero e reale potere, tanto nel bene che nel male (pag. 39), condur- ranno sul' banco dei ministri i meno capaci e meno eneryici, de- boli e cedevoli ad ogni esigenxa delle camorre parlamentari (p. 47). Ma non confessa forse egli medesimo che « due terzi circa di co- loro i quali, in ragion dell'eta, potrebbero essere elettori » non lo sono perche analfabeli, e che degli stessi iscritti come elettori la rneta non si presenta alle urne ? (pag. 43).

Le masse dunque, o le moltitudini da voi tanto olimpicamente dispette, hanno ben poco a vedere nella cancrena delle istituzioni, della quale cancrena voi vi avvicinate a toccar la radice sol quando scrivete, che « sul continente europeo... le istituzioni sono un pro- dotto artificiale; non emanano dalla vita intrinseca del popolo, ma dalla speculazione astratta e dottrinaria e dalla imitazione » (pag. 36). Per iscoprir questo per6 nell: 'Italia presente, non era mestieri d'alcuna alchimia di legislazione comparata colT Inghilterra, ma bastava un po' di cognizione limpida del modo come quest'Italia presente fu fatta, e un po' di lealta per confessarlo. Or o 1'una o 1'altra cosa e mancata all'Ottonieri.

Egli (e non egli solo, perche e questo bisogno comune dei libe- rali italianissimi) dovrebbe indursi finalmente ad ammettere che la visibile e palpabile separazione, esistente in Italia, tra la grande maggioranza del popolo ed il nucleo de' suoi legislatori e gover- nanti, pone quest'ultimo nell' impossibilita di ritrarre dal popolo sangue puro, per ritemprarsi ed espellere da se i mali germi che tutto 1'impestano e lo divorano. Tra popolo e Governo, nell'Italia presente, e un abisso ; sicche la vita dell'uno si svolge indipenden-

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temente dalla vita dell'altro, come in due circoli viziosi perfettamente eccentrici, che di per se non presentano uscita.

E di cio I'origine va proprio cereata nelle origini stesse del- 1'Italia presente, le quali per conseguenza ne spiegano anche i fati. Giacchd si ha un bel ratfazzonare la storia per far cantare ai bimbi degli asili quel che non d, ossia che 1' Italia presente usciva fuori dagli impeti patriottici dell'anima nazionale, bella della sua unita di Stato libero ed indipendente dall'Alpi al Ldlibeo, con in cuore, capitale predestinata dai secoli, la gran Roma, in capo la corona gloriosa di Savoia, neHa destra svolazzante al sole il tricolore ves- sillo. Questa e rettorica bella e buona, come ben diceva lo Scar- foglio, la quale, se pud trovarsi a posto in una prosa secentistica del Carducci *, starebbe pero molto a disagio in una storia fatta a base di documenti.

Fuori d' Italia, piu facilmente che da noi, si puo scrivere tutta la verita ; o infatti anche recentemente ce la dava con bastante chiarezza e con buoni documenti, nella Revue des deux Mondes, un uomo di iinportanza diplomatica, il Conte Benedetti, in due articoli del 15 otto- bre e del 1 novembre 1896, che 1'Ottonieri avrebbe ben fatto a leg- gere, prima di licenziare per le stampe la sua brochure. Egli avrebbe cosi probabilmente compita la storia lamentosa dei fati dell'Italia odierna, coll'esposizione veridica delle loro supreme cagioni ; e certo si sarebbe risparmiata la carica a fondo contro la Francia, nel terzo paragrafo del Capitolo quarto, che & una vera ingiustizia 2.

II Beuedetti pone nel suo lavoro a confronto 1'opera del Cavour e 1'opera del Bismark, celebrati amendue per creator! deH'unita delle rispettive nazioni, italiana e germamca. Or bene di Cavour, egli in

1 Si allude al discorso sul tricolore, recitato dal poeta di Satana a Reggio Emilia, nel centenario della handiera bianca rossa e verde.

* L'Ottonieri, misogallo alia Crispi, dipinge la Francia quale nemica ca- pricciosa e quasi istintiva dell'Italia. Ma egli dirnentica che senza 1'oro ed il sangue francese 1'Italia non si sarebbe fatta, e che Napoleone III, per favorir I'ltalia, tradi, testiraonio il famoso Conte Arese, la Francia e persino la co- scienza. A lui, entrato trionfante in Milano a fianco di Vittorio Emmanuele, ed alia sua grande Nazione il Municipio milanese prometteva la viva ricono- scenza dell1 Italia redenta, in un indirizzo entusiastico del 6 giugno 1859. Quella riconoscenza poi fu esuberantemente dimoatrata, col nascondere in un cortile la statua dell'Imperatore, col laaciare senza aiuto la Francia stritolata dalla Gerrnania; poi coll'entrare in Boma a auo dispetto, quando essanon po- teva piu muoversi, e collo stringersi nella triplice alia sua giurata nemica. Sfidiamo noi a pretendere che la Fraucia faccia le carezze a cosi tenera e grata vicina !

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pieno accordo colTArtom, confidente del Cavour ed illustratore del- 1' Opera parlamentare di lui, afferma che il suo disegno primitive era stato di liberare dagli austriaci il lombardo-veneto per unirlo al Piemonte, e far quindi una Confederazione di tutti gli Stati ita- liani, sotto la presidenza del Papa, giusta le idee del Gioberti e del Balbo. Al Congresso di Parigi del 1856, infatti, nessuna traccia della fusione della Penisola italiana in unico Stato ci rivelano le note parecchie presentate dal Cavour ai plenipotenziarii di Francia e d' Inghilterra, anzi ne traspare tutto il contrario: a Plombi&res nei colloquii del ministro piemontese con Napoleone III, che pre- pararono la guerra del 1859, fu tassativamente prefinita la libera- zione dell' Italia dall'Alpi all'Adriatico, e questa stessa precisa mi- sura e segnata dalT Imperatore all'impresa delle armi alleate nel proclama di Milano.

Solaniente dopo il trattato di Yillafranca, al Conte di Cavour si dispiegarono innanzi congiunture, prima non previste ne sperate, che lo fecero entrare nel divisamento dell' Italia una, voluta dai mazziniani per la Kepubblica, risolta oramai dal Cavour per la Mo- narchia di Savoia. E cid e cosl vero, che Camillo Cavour, il quale irritato per Villafranca erasi in un prinio impeto di sdegno ritirato dal Governo, scrisse il 25 gennaio 1860 al Principe Napoleone queste parole, citate dal Benedetti : « La campagna politica e mili- tare seguita al trattato, fu piu vantaggiosa all' Italia della canipagna militare che lo precedette. Per essa 1' Imperatore Napoleone acqui- st6 titoli maggiori alia riconoscenza degli italiani, che non per le bat- taglie di Magenta e di Solferino. 0 quante volte nella solitudin'e di Leri ho esclamato : sm benedetta la pace di Villafranca ! »

Per verita, senza Villafranca e le conseguenti negoziazioni di Zurigo, non si sarebbe avuto quel mezzo tempo d' incertezze diplo- matiche e d' immobilizzazione degli eserciti, francese in Lombardia, austriaco nella Yenezia, onde col rinfianco del famoso non inter- vento della sfinge napoleonica, negli Stati centrali, diserti di ogni Governo, profittarono gli arruffoni carbonari vecchi e nuovi, per manipolare i famosi sufli%agi d'annessione al Piemonte. L'oro e le armi del Piemonte aiutarono intanto il Garibaldi a compir 1'opera nel mezzodi. Cosi e chiaro che 1' unita d' Italia fu piu effetto di ca- sualita fortunate, di tradimenti e di violenze, che di genio politico o di bravura militare : indubbiamente poi ad essa rimase del tutto estranea la grande maggioranza della popolazione.

Ed ecco il peccato originale che si perpetua, rendendo impos- sibile nell' Italia presente la solidarieta tra Governo e popolo, indi-

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spensabile alia vita di qualunque Stato, e facendo che ad ogni pi$ sospinto sorgano su le velleita separatiste delle disparate regioni, non ispente mai, ma a mala pena sedate colla proclamazione di Roma a Capitale dell'unico Regno.

La quale, se per una parte spianava la via aH'unita d' Italia, rizzava per6 innanzi, dall' altra, minaccioso il problema del con- flitto tra la Chiesa e lo Stato dentro le mura della citta eterna, conflitto che quell'unita istessa poteva perdere irreparabilmente. N& la celebre formola cavouriana : libera Chiesa in libero Stato era fatta per isciogliere la questione, bensi soltanto per iscansarla momen- taneamente, tramandandone agli av venire il troppo pesante fardello. Qui, osserva molto acutamente il Benedetti, 1'orgoglio di una nomea grandiosa fece velo alia mente del Cavour, come poi fece velo a quella del Bismark. Solamente, mentre quest' ultimo sopravvive fremente a veder le conseguenze del suo orgoglio nel declinare deH'Allemagna davanti ai trionfi dell' egemonia russa; a Camillo Cavour la morte risparmift 1'amarezza di mirar co' suoi occhi quel suo gran fallo attorcigliarsi senza posa in intiniti nodi, ognor piu fieri ed ango- sciosi, intorno al collo d' Italia, e come teste disse il Pontefice ai Cardinali, TURBARE MILIONI DI COSCIENZE E PESA.RE COME UN INFORTUNIO

SULLE ITALICHE SORTI.

Trattando dell' Italia presente e tie' suoi fati, parrebbe, a vero dire, che questa grossa questione della coesistenza in Roma del Papa e del Monarca Sabaudo, nonche quella dell'accentramento delle varie popolazioni italiche in una rigida unita di Stato, opposta alia legge etica e storica, avessero dovuto costituire ii nerbo del libro dell'Ottonieri ; perocche realmente in esse s'impernia, diremmo cosi, il centre d' infezione di tutta 1' Italia preseute, verso cui tutte le piaghe descritte dall'Ottonieri non sono che effetti, o per paiiare con linguaggio medico, nient'altro che sintomi. Ma 1'Ottonieri si guarda bene in tutto il suo libro dal dime verbo. Perch£ dunque 1' ha scritto ? Esso riesce cosi ad un compianto, in pratica interamente sterile e vano.

L'Ottonieri con parola, se vuolsi, chiara ed incisiva descrisse lungamente i sintomi del malore onde 1' Italia presente e aggravata, ma non pote o non voile fame la diagnosi. Qual meraviglia che gli tornasse assolutamente impossible d' iudicarne poi una cura qualsiasi efficace, o almeno plausibile ?

Egli mostra a dito lo stato d'avvilimento in che 1'Italia giace, rispetto alle altre nazioui, ed il pericolo che corre d'esserne so- praffatta, come egli si esprime, nella odierna concorrenza per la vita {p. 109). Ma poi, quando detta il rimedio, non sa ordinarci che

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di gettare, come Brenno, la spada sidla bilancia dell'incerto equi- libria europeo (pag. 149). Or chi non vede eke il chiamare alia guerra un paese finanziariamente e moralmente disfatto, un paese il quale da che esiste conta militarmente solo delle sconfitte, un paese che dalla lotta con un re barbaro dell'Africa & uscito or ora colla piu spaventevole delle catastrofi, si risolve in araara irrisione ?

L'Ottonieri fa vedere all' interne 1'Italia presente in procinto di saltare in aria, da un giorno all'altro, per un'esplosione Tiolenta di socialismo ; perche, a suo senno, in nessun altro paese d' Europa gli operai vivono cos) stentatamente e cosl incerti del domani, come in Italia; i lavoratori delta terra sono travagliati dalla miseria ed abbrutiti come fra noi, i piccoli proprietarii sono piu angarmti, la borghesia e cosl ignorante ed egoista (pag. 126). Ma qual riparo sa egli poi suggerire contro tanta minaccia, onde, sempre a detto suo, quello die un giorno si verificava per opera dei barbari esterni, potra oggi accadere per la insurrezione dei barbari interni ? (pag. 137). Nessuno. Egli non fa che ripetere : educate ed istruite il popolo. Ma dell'elemento migliore, piu sano, piu efficace e ne- cessario d' istruzione ed educazione popolare, che. e la religione, rOttonieri non fiata. Ah ! egli capisce troppo bene che per farsi diffonditrice ascoltata di religione vera tra le plebi, la parte dirigente dell' Italia odierna dovrebbe cessare, come ben disse or ora al Senato Ton. Yitelleschi, dal far la guerra al Yaticano. Ma questo pel malaugurato puntiglio politico e settario della questione romana, quella parte dirigente non vuole. Dunque....

L'Ottonieri, infine, deplora la prostrazione universale e F indiffe- renza assoluta di tutti, nobilta, borghesia, plebe, per quel che ri- guarda le sorti del paese, e si sfiata a gridare, poco devotamente in Tero, che affidarsi alia Proviidenzn e stoltezxa (pag. 109), e ad incitare alia concordia, all'operosita, al sacrifizio per compiere gli alti doveri che incombono di salvare la societa. Ma perche nou ha una parola sola di rimprovero contro coloro i quali, mantenendo

10 stato presente di guerra al Papa, impediscono tanta parte dei niigliori cittadini, quali sono i cattolici fedeli al Yicario di Cristo, di portare cosi nel campo amministrativo come in quello politico

11 contribute della loro niente e del loro braccio per la restaura- zione della Patria ? Un eccitamento a far giustizia al Papa sarebbe

^ a mille doppi piu utile della sua astratta e timida critica intorno al decentramento e della questione se questo debba essere istituxionale ovrero territoriale ; cid che in verita poco conclude (pag. 144), ma di- mostra per6 aperto la grande paura dei liberali, che si spezzi come yetro quella unita^ la quale a parole proclauiano intaugibile ed eterna.

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L'Ottonieri avn\ senza dubbio tante buone intenzioni : ma si deve accorgere che il pregiudizio religiose congiunto col pregiudizio po- litico tutte le ha frustrate, suggerendogli un libro, il quale, pur col merito d'aver coraggiosamente indicati i mali dell' Italia al pre- sente ed i fati spaventevoli che 1'attendono in un prossimo awe- nire, non giovera a nulla u6 per guarir quelli ne per frastornare questi.

Cosi il suo augurio che Dio salvi I' Italia dal severo ed ineso- rabile gmdixio delta Storia (Prcfaz.) dovra ritorcersi a sua pro- pria condanna.

II.

L'art de I' imprimerie a Venise. FERD. ONGANIA. Edit. M . DCCC . xcv-vi. In gr. di pp. YIII-228 (200 pagg. di facsimiles a colon). Lire 20.

Se Venezia non & la prima citta d' Italia, dove apparvero edi- zioni a stampa, poiche Roma, o piuttosto 1'officina in Monasterio Sublacensi, 1'ha preceduta di quattr'anni, essa guadagnossi per6 il primato nell'arte tipografica, lasciando subito dietro a s6 le piu ce- lebri officine di Germania e battendo una via tutta sua propria. 13 primo libro quivi stampato nel 1469 da Giovanni di Spira contiene le Epistolae familiares di Cicerone. Morto Giovanni 1'anno mede- simo, il fratello suo Yindemino ne ereditd con 1'arte 1'attivita. Fino al 1477 Vindemino ebbe a pubblicare buon numero di edizioni, tra le quali le edizioni principes di Virgilio, di Sallustio, di Mar- ziale, di Quinto Curzio, del De natura Deoruni e De Officiis di Cicerone, del Canzoniere del Petrarca e della Divina Commedia col Commento di Benvenuto d'lmola.

Nel 1470 giunsero a Yenezia due altri artisti, il Yaldalfer di Ratisbona e il Jenson di Sommervoire nella Champagne. II primo tra le altre pubblicazioni mise in luce la celebre edizione del De- camerone, di cui oggi non si conservano che cinque copie, una sola delle quali e intera ed appartiene ora alia biblioteca di Spencer, comperata in un'auzione di Londra uel 1812 dal marchese di Bland- fort per 2260 lire sterline, o vogliamo dire 56,000 franchi.

II Jenson passo ogni altro nella fama e fu dai contemporanei chiamato Artis librariae mirabilis inventor e da Francesco Colu- cia : Vir praestam, authoritate Pontificis maximi Comes Palatinusf impressoriae artis princeps. Di fatto, pe' suoi meriti nell'arte fu nominato Conte romano da Sisto IY. Maestro nell'arte dell' incisione, fu il primo ad incidere i tipi sopra i migliori modelli de' mano- scritti^italiani ed il suo carattere romano rotondo, detto antico, ed

BELLA STAMPA 319

il suo gotico rotondo sono giudicati dai conoscitori come niodelli di mirabile purezza.

Tra gli altri stranieri tipografi di Yenezia va ricordato Eraldo Rathold, il primo ad introdurre nel 1476 1' iuquadratura a disegno, le iniziali ornate e gli ornamenti del frontespizio, e nel 1482, forse pure per la prima volta, le figure policrome. Nel medfsimo anno appaiono le vignette inserite nel testo ed il disegno lineare rag- giunge 1'apogeo nella Ipmrotomachia di Polifilo, stampata da Aldo Manuzio nel 1499. Sui principii del cinquecento il disegno lineare a poco a poco si abbandona e comincia a farsi innanzi il chiaro- oscuro, ritrovato da Ugo da Carpi, com'egli se ne vanta in una supplica alia Serenissima.

n Manuzio, celeberrimo letterato e tipografo, nato nel 1450 a Bassiano presso Yelletri, apri nel 1489 a Venezia la prima tipografia per gli autori greci, le cui edizioni susseguitesi fino al 1515 rima- sero per sempre famose. Nel 1501 pubblico il Yirgilio, adoperando per la prima volta il carattere di sua invenzioue detto di cancelle- ria, ed e quel bellissimo italico corsivo, che tutti conoscono, .in- ciso dal grande pittore ed orefice, Francesco Raibolini di Bologna, detto il Francia.

Parimente a Yenezia per la prima volta si adoperano, nel 1498, i caratteri mobili per la stampa delle note musical!, inveutati da Ottaviano Petrucci di Fossombroue. Tale sistema, poscia abbando- nato per qualche tempo, forse perche il Petrucci non voile trasmet- terne il segreto, fu riscoperto nel 1536, da Francesco Marcolini ed adoperato particolarmente dal franeese Francesco Grardano, ed iu seguito da' suoi figliuoli Angelo ed Alessandro. Le rinomate edizioni de' nostri classic! maestri del 500 uscirono in gran parte dall'offi- cina di questa famiglia.

Anche solo da queste piu die sommarie notizie, che ricaviamo dalle importanti ed erudite prefazioni di M. Le Monnier e cji C. Castellani, ben si scorge con quanta ragione, negli iucunabili e nelle edizioni venete dei primi decennii del secolo YI, il ch. Editore ravvisa un duplice pre- gio : 1'artistico industriale e 1'artistico storico, per cosi chiamarli. Di fatto queste edizioni offrono anzitutto un prezioso modello da imitare agh' artisti tipografi, quaato alia bonta delle impaginazioni, giustezza delle proporzioni, eguaglianza di colorito, scelta di ben appropriati e ben condotti ornamenti, come ue giudicauo conoscitori di vaglia, quali il Fulin, il Castellani, il Duca di Rivoli, il Brown ed altri, che sull'arte tipografica veneziana scrissero assai pregevoli monografie. Di piu le stesse edizioni rispecchiano il carattere nazionale del loro tempo, i costumi sociali, lo stato delle arti del disegno, e sono in-

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sieme una fonte preziosa di notizie storiche contemporanee, che inu- tilmente si cercherebbero altrove.

Ora il ch. Ongania ha voluto offerire in sussidio a questo du- plice intento i fac-similes di quanto piu interessa conoscere intorno ben 120 opere, pubblicate in Yenezia dal 1469 al 1539, e sono le piu stimate, le piu important! per la storia e per 1'arte, le piu rare. Qui trovi i frontespizii e le pagine con contorni in miniatura od incisione, tutti i precipui ornamenti, tutti i modelli di caratteri, tutte le lettere iniziali, dalle piu semplici alle piu complicate per fattura e disegno, le imprese o segni o stemmi di tutti i tipografi veneti di quell'epoca, le filigrane della carta adoperata in Venezia, ossia que' segni o rabeschi che si veggono per trasparenza sui fogli ed indicano le cartiere dove furono lavorati, per ultimo un saggio delle superbe legature gia in uso pe' codici e continuate ad adoperarsi per le stampe. La stessa copertina del volume che esaminiamo 6 una stupenda illustrazione in fototipia di un'antica legatura. Delle imprese, filigrane e legature il ch. Ongania ci da in tre distinti capitoli la storia e 1'uso.

Tutto poi e condotto con quella diligenza di amatore, finezza di gusto, scelta giudiziosa ed esattezza di esecuzione, che sono il pregio singolare di quanto esce dalle mani di quest'illustre Editore. Giu- stainente egli e pieno d'entusiasmo per quegli antichi artisti; ma componendo in loro memoria questo monumeuto di storia e d'arte tipografica, egli forse senza avvedersene fa di se stesso il miglior- elogio, dimostrandosi, come quegli antichi, artista e letterato ad un tempo.

Alia presente pubblicazione faranno seguito altri simiglianti vo- lumi intorno 1'arte tipografica in Roma, Milano, Bologna, Ferrara, Firenze, Xapoli, Pavia, Messina, Genova, Torino, Palermo, Gaeta, Forll ed altri luoghi d'ltalia, e ne uscira un'opera di suprema im- portanza col titolo generale: L'art de I'imprimerie pendant la re- naissance italienne.

III.

Uno synardo al movimento cristiano democratize in Europa di SPECTATOR. (Rasseyna nazionale, Gennaio 1897, pag. 135).

La Rasseyna nazionale nel quaderno qui sopra citato (pag. 148- 150) torna a battere il solito tasto e scioglie nuovamente la lingua, per cantare una vecchia canzone. E 1'eterna questione tra' cattolici e liberali ; questione sorta (come tutti sanno) per due insegnamenti papali, a cui i liberali non vogliono addirittura sottomettersi, e a cui i cattolici uno ore affermano doversi obbedienza di mente e di

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opera. I due insegnarnenti (di cui il primo e teoretico, il secondo pratico) sono : primo, la necessita dell'indipendenza territoriale del Papa per la sua piena liberta ; secondo, il divieto finora mantenuto dal Papa, di accedere alle urne politiche.

Chi desiderasse istruirsi su queste due cose potra consultare con frutto 1'articolo Cattolici liberali e cattolici clericali della CV- rilta (quad. 1105, p. 1-19), ove que' due punti furono da noi ampiamente trattati, appunto contro la Rasseyna. Ora e inutile ritornarvi. Non sara inutile pero rispondere al nuovo sofisma dello stesso periodico liorentino, molto piu che crede avere sciolto il pro- blema del circolo quadrato, chiudendo trionfalmente il paralogismo col dire : « I Gesuiti della Civilta si guarderanno dal rispondere (p. 150). »

Ebbene la risposta & delle piu facili. Se la Rassegna non de- sidera altro, e presto servita. Xe lo facciarao tanto per difenderoi, che e cosa di poca importanza, quanto perche si conosca il vero.

Eichiamiamo brevemente 1'ordine delle idee in mente ai lettori. Dopo aver noi mostrato che a que' due insegnamenti ^apali si doveva obbedienza da tutti i cattolici, sorse la Rasseyna a negarlo. In fatti nel quaderno del 16 agosto 1895 approvava la disubbi- dienza al Papa lodando gl' Italiani, i quali < ban saputo distiuguere '< nel Pontefice una duplice personalita. quella del Capo religiose, « a cui ubbidiscono riverenti, e quella di Capo politico, a cui, nel « caso presente (delle urne), non credettero opportuno obbedire » . L'istesso ripeteva nel quaderno del maggio 1896, dicendo che in que' due punti indicati di sopra, si differenziano i cattolici dai liberali (pag. 25); ue' quali due punti questi non credono dovere ubbidire al Papa. Di cid la Rasseyna li lodava e li approvava, per la ragione che in cose di politica al Papa non e dovere ubbidire.

Noi allora levandoci, lion gia in tono di maestri o superiori (che, sel persuada la Rasseyna, cio e sempre le mille miglia lon- tano dall' intendimento de' nostri scritti) ma solo qua'i modesti di- fensori della verita manomessa, negammo 1'ipotesi foudamentale della Rasseyna, eioe che si trattasse formalmente di cose di politica. E discorremmo ampiamente le ragioni di questa nostra negazione, le quali possono ridursi a due. 1.° II Papa qui insegna e comanda come Capo reliyioso, e apposta usavamo il corsivo (quad. 1085, pag. 555), non come Capo politico, o, secondo che dicono i libe- rali ainici eel alleati del periodico fiorentino, come pretendente. 2.° Le ragioni altissime dell' insegnamento e del comando papale sono tutt'altro che politiche, perche sono la necessita della reale e visibile indipendenza e liberta del Yicario di Cristo e della Chiesa

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1119. 21 2<) gennaio 1S97.

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cattolica e la misura pratica di tale liberta e indipeudenza, non- ehe i modi di guarentire effettivameute 1'uua e 1'altra; misura non gia confonue al beneplacito del Governo italiauo, ina giusta il giu- dizio del Papa stesso, che 6 il solo competente a giudicarne.

Questo noi dicevamo e questo noi ripetiamo ora senza mutar sillaba. La Rassegna Nazionale ha un bel dimenarsi per con- t'ondere le teste con intromission! esotiche, come quella del Capo politico e del Capo religioso, o 1'altra dell' infallibilita, che qui ha a fare mono del cavolo a merenda. Si tratta dell'obbligo di sotto- mettersi ad ordiui precisi del Papa. Ma una volta che fosse per- messo a qual.unque semplice cattolico, prima d'ubbidire, di chiedere al Papa le sue credenziali, per verificare se esso parla come Capo politico o come Capo religioso, 1'obbligo stesso sarebbe bello e ito in fumo. Si tratta di sommissione a comandi espliciti ed iterati del Yicario di Cristo, e qualunque sana teologia insegua che essa ob- bliga in coscienza, sia il comando infallibile o no.

Or giudichi oguuno tra la Rassegna nazionale e noi. Noi di- ciamo : II Papa comanda 1'astensione dalle urne politicho per ra- (lioni altissime, ciod d'ordine spirituale ; il Papa (e FP^piscopato cat- tolico con esso lui) insegna che nelle present! circostanze la tem- porale sovranitcl 5 necessaria alia liberta della Chiesa. Dunque chiun- que vuol rimanere buon cattolico, deve stare col Papa nell'una e nell'altra cosa, e questo dovere E UN DOVERE DI COSCIENZA. La Ras- segna per contrario pensa, dice e stampa : Tutto questo non 6 che politico,; dunque noi rimaneudo buoui cattolici con tutta co- scienza possiamo in tutto questo schierarci contro il Papa. Anzi (vedi Rassegna na,\ionale del 1 Gennaio 1897, Ai nostri amid} questo o il nostro program nia ; opposto del pari ai settarii liberal! ed ai cat- tolici intransigent!. Conseguenza: La Rassegna, per quanto na- zionale sia, e cattiva cattolica, si ribella pertinacemente al Papa, semina perfidiosamente lo scisma tra i figli di lui.

Ci sembrava e ci sembra questo discorso al tutto esattamente cattolico. Ma i teologi della Rassegna 1'hanno trovato acerbo ed hanno scoperto che esso svela anche tenden,\e creticali, niente- meno. E hanuo detto: Come? E dunque dovere dei cattolici seguire in politica la direzione della Curia? Niente affatto. E dato 1'epiteto di prosa alia dottrina da noi esposta, soggiungono che « se si prendesse sul serio, si arriverebbe ai risultati piu mera- « vigliosi. La politica affatto egoista e talvolta inetta che alcuni « Papi fecero nelT interesse della loro potenza domestica ed in fa- « vore dei loro nipoti, sarebbe, secondo la teoria della Civilta Cat-

BELLA STAMPA 323

« tolica, stata sempre obbligatoria in coscienza per i veri cattolici. « Per tutto un secolo la politica papale (1455-1550) si manovrfc ai « comandi delle Case Borgia, Delia Rovere, Cibo, Medici, Farnese. « La coscienza cattolica ha partecipato a questa manovra alternata ? « No ; essa ha dato, per bocca del Savonarola, una ben altra rispo- « sta. Non si poteva essere anche allora veramente cattolici senza « lavorare oggi per e coi Borgia, domani per Delia Rovere e Me- « dici ? I Gesuiti della Civilta si guarderanno dal risponderci. »

Oh! anzi, rispondiamo subito senza esitazione Teruna.

E chiaro il giochetto di cotesti teologi. Dall' insegnamento teo- rico e pratico del Papa in quanto Papa, passano alle azioni e geste del Papa in quanto Re temporale. L'obbedienza che noi dicemmo doversi avere agl'insegnamenti del Papa come Maestro della Fede e della morale, fosse anche politica la materia, e ora da essi appli- cata ad altre cose del tutto estrance al nostro intento e alle nostre parole. E applicata cioe a quelle operazioni politiche dei Papi, quando erano Re temporal! e guidavano il loro Stato, per esempio, facendo alleanze, stipulando trattati, investendo questo o quello del governo d'una provincia, parteggiando per uno o per 1'altro Stato, assoldando milizie e cose simili. Spostata cosi la tesi del discorso, gridano : Chi dira che questa politica dei Papi sia obbligatoria in coscienza pei cattolici ?

Non si turbino i teologi della Rassegna. Ricordino solo questo pezzo di catechismo, e basta.

Degli atti politici del Papa, quand' era Sovrano civile e quando ritornasse tale, i cattolici giudichino pure come si giudica degli atti politici di qualsiasi Re, secondo le norme comuni della giusti- zia, del rispetto e della carita ; nessuno, e molto meno noi, avra nulla a ridire. Ma agli atti del Papa come Maestro della Fede e della morale (sia pure la materia politica) tutti devono obbedienza, sotto pena di non essere veri e schietti cattolici. E a tali atti, per disgrazia di chi non vuole saperne, appartengono pur troppo i due famosi a cui alcuni non vogliono obbedire, e viceversa non appar- tengono aflatto quelli citati dagli scrittori della Rassegna.

Quindi sieno pur tranquilli e non temano di nulla. Se crede- vano di diventar eretici, ammettendo la nostra dottrina, sappiano che, ammettendola, saranno cattolici quanto Leone XIII, che gia tante volte ripete que' due insegnamenti, e li ripete, non gia come Re, ma come Maestro de' cristiani e custode dei diritti della Chiesa, che sono i diritti del Regno di Dio sulla terra.

Ma, e pur vero, non v' ha peggior sordo di chi non vuole udire.

BIBLIOGRAFIA '

ACQUATICCI G. Esposizione sommaria della Divina Commedia di Dante Alighieri ordinata e illustrate. Cingoli, tip. Lucchetti, 1897, 16° di pp. XII-352. L. 2,00. Rivolgersi all'Autore in Treia.

Non sono ormai troppi quest! lavori danteschi che, come funghi, ci vediamo quasi ogni di spuntar dintorno? Cosi dicono molti, ma al- tri rispondono che no, se si tratti di lavori che abbiano una indole e un intendimento speciale. E tal ci sem- bra il presente, che prescinde dalle dottrine fllosofiche e teologiche e dai cenni storici che rendono in molti luoghi oscura e difficile la Divina

1'aspetto generate artistico, in cui vedesi esposta « 1'umanita con le sue passioni, con le sue virtu, co' suoi vizii, che per tempi ne avvenimenti si muta, e serba un eterno palpito di vita nel Poema sacro, dove passa tutta quanta, ed e giudicata da tale, che si e eretto giudice secondo le leggi del giusto e del vero » (p. IX). II lavoro e riuscito utile, gradevole, adatto alia comune intelligenza.

Commedia, e ne offre in compendio

ANZOLETTI LOUISE. La croyance an Surnaturel et son influence sur le progres social. Essai historique et religieux. Traduit de 1'Italien par M.m9 Louise Vismara, avec 1'approbation de 1'Auteur, sur la seconde edition, revue et augmentee. Paris, Lyon, Del- homme et Briguet editeurs, 1896, XXVII1-416. Questo lavoro della illustre Tren- censore ecclesiastico, Mons. Sala, una

tina, del quale abbiamo gia fatto am-

pia rassegna (ser. XV, vol. XII, pa-

gina 75), con vivo piacere annun-

ziamo ora tradotto, e molto bene, in

lingua francese da una gentildonna

milanese di nascita, ma francese di

origine. La presente edizione porta

in fronte, oltre una bella lettera del

altra di Mons. Angeli a nome del Sommo Ponteflce all'autrice, e una terza di Mons. Vescovo di Laval alia traduttrice, nelle quali ci gode rani- mo di veder confermate le lodi che noi, tra i primi, demmo a questo bel libro, e incoraggiate le due egregie gentidonne ad altri lavori.

I Irbri e gli opuscoli, annnnziati nella Bibliografia. (o nelle Ftiviste della. stamps,) della « Civilta Cattolica », non pud 1'Amministrazione assnmere in aessuna maniera 1'incarico di provvederli, salvo che i detti libri non sieno indicati come ve»dibili presso la stessa Amministrazione. Cio vale anche per gli anminzi fatti sulla Copertina. del periodico.

L'AMMINIBTRAZIONB.

BIBLIOGRAFIA

325

BALDISSERRI L. e CONTI D. Lezioni teoriche e storiche per le

scuole di Religione. Imola, tip. Graleati, 1896, di pp. 224.

L. 1,00.

Queste lezioni formano un boon corso di religione, composto ad uso del giovani gtudenti delle scuole seconda- rie. E diviso in quattro parti princi- pal! : Dio, Dio Uomo, L'Uomo (i suoi doveri e i mezzi di salute) e un breve sunto delta storia sacra da Adamo a •Gesii Cristo, e da Gesu Cristo, secolo per secolo, fino a noi. Gli autori inter- -calarono al testo alcuni detti anche <li uomini profani e alcune strofe <iei nostri poeti per rendere ai gio- vani piu gradita la lettura. La mi- glior parte di questo corso ci sembra il breve sunto storico della storia sacra. Le parti precedent! potrebbero forse trattarsi con miglior ordine e piu solidita. Per noi il miglior ordine BELLACOSA. ^Vedi DE SIENA. BELBER J., prof. dr. Die Selbstvertheidigung des h. Paulus im

Galaterbriefe. (BARDENHEWER, Biblische Studien. i. Bd. in. Heft).

Friburgo, Herder, 1896, di pp. VIII-150. Fr. 3.

11 ch. A. ci presenta qni un dotto, ampio ed accurate commento del- Yautodifesa di S. Paolo, contenuta ne1 primi due capi dell'Epistola ai •Galati (I, 11 flno II, 21). La missione apostolica, che S. Paolo ricevette direttamente da N. S., le sue rela- zioni con gli altri Apostoli, la sua andata a Gerusalemme per vedere Pietro, le controversie sui riti ebraici, la resistenza in faccia a Pietro ed altri punti important!', che si colle- gano a tali questioni, sono stati sem- pre discussi dai teologi e dagli sto- rici di quei primi tempi del Cristia- nesimo per le varie difficolta che pre- sentano. II Belser dimostra assai fe-

e quello in cui, provatasi la missione divina di Gesii Cristo, si stabilisce la fondazione divina della Cliiesa e da questa si passa ai suoi insegnamenti. Per6 non vogliamo negare che anche 1'ordine preferito dagli autori di que- sto corso possa esser utile. Brame- remmo anche piu solidita in certe pro- ve, p. e. a pag. 120, ove si parla del- 1'ispirazione della Bibbia, non basta citare alcuni detti di grandi uomini. Ma forse a cio puo supplire la viva voce del maestro. La gentilezza degli autori non isdegnera queste due brevi osservazioni, le quali non tolgono che questo lavoro sia da noi commen- dato. Anche 1'edizione e buona e mite il prezzo.

licemente come nella cronologia dei fatti non vi sia discordanza alcuna tra il racconto di S. Luca negli Atti apostolici e quello di S. Paolo nella

citeta epistola; rileva i validi argo- menti che vi si rinvengono pel pri- mato di S. Pietro, e di continuo tiene conto delle sentenze piu recenti dei dotti protestanti e cattolici, altre ac- cettando, altre scartando con sode ragioni.

In particolare ci sembra degna di nota la determinazione del paese dei Galati, che non si deve collocare con alcuni piu moderni autori nella provincia romana di Galazia di piu recente istituzione (Antiochia di Pi- sidia, Iconic, Listra, Derbe), si bene nell'antico paese de' Celti o Galati nell'Asia minore (p. 5 e sg.). II Belser con forti ragioni mantiene la sua sentenza eziandio contro 1' ultimo scritto del Ramsay (The Galatia of St. Paul etc. in Essays chiefly in Bi- blical and Patristic criticism etc.

I

326 BIBLIOORAFIA

Oxford, 1896, Vol. IV). S.Paolo, po- preparazione dell'apostolato, a somi- cbi giorni dopo la conversione, da glianza di Mose, di Elia, del Battista Damasco pass6 direttamente in Ara- e di Gesu medesimo (p. 28). Con- bia (Gal. 1,17). Ora il riscontro dei vincente 6 pure la dissertazione con- varii testi tra loro (pp. 22-32) ri- tro lo Zahn (p. 127 e segg.), il quale chiede una permanenza dell'Apostolo voile posta la disputa di Paolo con piuttosto lunga (piu di due anni, Pietro prima del concilio apostoHco p. 34) in quella regione. L'A. scorge di Gerusalemrae. qui un secreto ritiro nel d^serto in BELTRAMI. Vedi FERRI. BERRUTI P. D. CELESTINO, rettore maggiore della Congregaziona

del SS. Redentore. -- Lo spirito di S. Alfonso M." De Liguori.

Terza edizione. Prato, tip. Giachetti, 1896, 16° di pp. XII-344. -L. 2,00.

Eccellente lettura spirituale, e esclusi alcuni domestici) persegui- adatta ad ogni classe di persone, tato, ebbe per le mani ogni sorta di perch6 questo libro espone la vita negozii e diresse nella via spirituals interiore di un Santo che fa genti- ogni qualita di persone. Qui dentro luomo, fu sacerdote, fu religiose, fu dunque ce n' e per tutti, e il ristam- missionario, fu scrittore, fu vescovo, pare questo libro 6 stato un benefizia fu onorato da molti, e da molti (non fatto a tutti. BISOGNI EUGENIC, march. —Della famiglia Bisogni o Fisogni. Cenno

storico. Napoli, tip. F. Giannini, 1896, gr. di pp. 92.

La famiglia Bisogni assai antica nealogico. L'abbondanzadellenotizie, nel bresciano, si trapianto a Monte- sparse nel testo e nelle note di que- leone e a Napoli. L'Autore ne rin- sto lavoro, mostrano la diligenza e traccia 1'origine sin dagli antichi Ro- 1'erudizione del sig. Bisogni, che nel mani e ne divisa la nobilta, i feudi, frugare molti archivii e molti libri i patronati ecclesiastici, i personaggi non ha perdonato a nessuna fatica. piu insigni, lo stemma e 1'albero ge- BOSIO GASPARE, teol. can. prof. La chiesa parrocchiale di San-

tena. Studio storico. Torino, tip. S. Giuseppe, 1896, 16° di pp. 58. BOUDON E. L' amour de Jesus au Tres-Saint Sacrement de 1'Autel

par H. M. Boudon grand archidiacre d'Evreux avec traduction

italienne en regard. Rome, impr. vaticane, 1896,32° di pp. XL VIII-

384. L. 2,00.

Libro tradotto in varie lingue avuto amplissima diffusione ; e 1'avrk viventi ed anche nella latina. In Ba- anche in Italia, aiutato com'e dal- viera, in Fiandra e in Francia ha 1'elegante edizione. BRIGANTI ANTONIO, mons. S. Antonio abate, detto il Grande, e

il suo secolo. NapoH, tip. D'Auria, 1896, 16° di pp. 342. L. 1,50.

In un'ampia introduzione 6 con- tore, del qual fatto si additano le siderato il grande fatto storico del cagioni nelle condizioni in cui ver- Monachismo orientale, che in S. An- sava il mondo e la Chiesa dalla meta tonio riconoscejil suo primo istitu- del terzo secolo alia meta del quarto.

BIBLIOGRAFIA 327

Poi segue la vita del S. abate, tolta stesa in modo che edifica e insieme

principalmente da S. Atanasio, e alletta.

CAEDULLO SIMONE, can. prof. - - La consecrazione del Vescovi.

Versione e commenti. Palermo, tip. Pontificia di M. SS. del Perp.

Soccorso e di S. Gius., 1896, 16° di pp. 72. Cent. 30 : franco di

posta cent. 35. Rivolgersi alia direzione delle « Letture Domeni-

cali » Palermo. €AROSELLI AUGUSTO, aw. Q. Orazio Flacco. Odi, Epodi, Carme

secolare. Traduzione in versi italiani. Iniola, tip. Galeati, 1896,

24° di pp. 242. L. 2,50.

Ecco un altro traduttore d'Ora- ganza dellafrase, con una certa fre-

zio, che entra franco nell'arringosenza schezza di colorito ha dato a vedere

ombra di prefazione, e ti presenta di- che fra tante versioni d'Orazio puo

nanzi 1'una dopo 1'altra le liriche tener luogo onorato anche la sua.

oraziane tradotte, senza mettere a Non sappiamo pero il perch6 egli

nessuna n6 un titolo in fronte che abbia usato sempre un ritmo poco

ne indichi 1'argomento, n6 a piedi rispondente all'originale, cioe la larga

una nota dichiarativa. In tutto il li- ed elastica strofa leopardiana, com-

bro, salvo il titolo, cercheresti in- posta di soli endecasillabi e sette-

vano una parola di prosa, a pagarla narii, la quale ne ben riproduce la

un occhio ; cosi che tu diresti ch'egli concisione e vibratezza della strofe

lo abbia fatto per conto proprio e oraziana, e a tutte le odi da un an-

senza pensiero di farlo leggere da damento monotone, che genera sa-

altri. Cost forse vorra la moda. Co- zieta. Forse per non far sentire la

munque sia, egli mostra col fatto traduzione, non ha fatto sentire ab-

di non essere stato un temerario nel- bastanza 1'originale, e 1'ombra d'Ora-

1'accingersi all'arduo lavoro, e col- zio potra dire : lo, in italiano, non

1'artistica fattura del verso, coll'ele- avrei verseggiato cosi.

CASCAVILLA M., can. prof. dott. Du Yicaire Capitulaire. Paris,

P. LethieUeux, in 16.° CICERONIS (M. TULLI). Somnium Scipionis. Con note italiane

di Edoardo Ciravegna e Giovanni Marchesa-Rossi. Milano, Albrighi,

Segati e C.°, 1897, in 16.° Cent. 60.

E un libretto acconcio alle scuole ben diviso in paragrafi, con titoli e -di latinita, ad uso di traduzione. E note in italiano.

OOLACICCHI MUZIO. Proposta per una speciale istituzione di credito a favore dell'Agricoltura. Frosinone, tip. Stracca, 1896,

€OLLANA di letture drammatiche. Anno XII. Fasc. 1-6. Torino, libreria Salesiana. Si pubblica un fascicolo ogni due mesi. Prezzo dell'associazione per un anno L. 2,25.

Le suddette dispense contengono : Testone, S. Marziano. Dramma in A.Michelotti, Alessandro d'Orlowsky. quattro atti. Ha ricevuto il diplo- Dramma in quattro atti. Sac. Carlo ma: che cosa ne faremo? Commedia in

,'J28 BIBLIOGRAFIA

tre atti. Bramante, ossia una ven- Maria Stnarda. Dramma storico detta di Attila. Dramma in quattro in tre atti. Bozzetti comici. atti con prologo di A. M. Guazzone.

COLLANA di vite di Santi. Anno XL VI. Disp. 272. Yita di S. For- tunato, parroco ; e Yita dei BB. Domenico e Agnello. Monxa, tip. de' Paolini, 1896, 32° di pp. 48. CONTI. Vedi BALDISSERRI.

CONTINI P., prof. cav. Le armonie della vita nell' infanzia, nel- 1'adolescenza e nella giovinezza. Nuovi componimenti poetici per le scuole e le famiglie. Milano, tip. Agnelli, 1897, 10° di pp. XL- 448. -- L. 3,00.

Questolibropu6considerarsisotto giovinetti. Sotto il patriottico, non vi tre aspetti : morale, letterario, pa- mancano, e vero, i soliti inni ai so- triottico. Sotto 1' aspetto morale e liti santi del moderno calendario ita- irreprensibile, anzi positivamente lo- liano, Vittorio Emannele, Cavour, devole, perche educative. Sotto il Garibaldi, Cairoli eccetera, ma non letterario & pregevole, non ostante sono gravidi di bestemmie, come- alcune trascuratezze qua e la, ben tanti altri dei loro simili. perdonabili in un libro fatto per

CORSANI LUIGI, mons. Morale pratica. Prato, tip. Giachetti, 1896r 16° di pp. 142. L. 2,00.

Nel Quad. 1105, pag. 93, parlammo sacro ministero: 1) I'ujKcio parroc- con lode (e meritamente) del primo chiale in genere ; 2) la sua assistenza volumetto, contenente gli utilissimi agli infermi ; 8) la direzione di chi e tutti pratici consigli d'un vecchio tende alia perfezione ; 4) la prepa- e sperimentato confessore, qual fu razione de'giovanetti alia confessions Mons. Corsani. L' istesso ripetiamo e comunione. E un libretto di con- di questo secondo volume. Esso ab- sigli tutti amichevoli e pratici, non braccia quattro punti speciali del gia un corso sistematico dottrinale. D'AMICO MAURO LUIGI, sac. Compendio della Dottrina Cristiana, compilata su diversi autori, con i piu comuni esercizii di pieta. Ca- tania, tip. Roma, 1896, 16° di pp. 104.

DE MARTINIS RAFF ABLE. luris Pontificii de Propaganda Fide. Pars prima complectens Bullas, Brevia, Acta SS. a Congregation is institutione ad praesens iuxta temporis seriem disposita, cura ac studio R. De Martinis eiusdem. Congr. Consult, et Missionis Sa- cerdotis etc. Yol. YI. (Pars secunda). Romae, ex typ. Polyglotta S. C. de Propaganda Fide, 1896, di pp. 476. DE MARTINO FEDERICO primicerio della cattedrale di Sorrento. - Prontuario della pia opera la Propagazione della Fede. Terza edi- zione. Napoli, tip. napoletana, 1896, 32° di pp. 136. Cent. 80. DE NARDIS GIUSEPPE, can. II sacerdote cattolico. Napoli-Ifoma, stab. Festa, 1896, in 16.°

In occasione della prima messa brata in Capri nella gia Cattedrale del Sac. D. Kaffaele Serena, cele- di S. Stefano, il degnissimo Arci-

BIBLIOGRAFIA. 329

prete Can. De Nardis pronunzi6 que- cieta per la religions che predica, ate eloquent! parole e tutte calde di per la morale che insegna, per i affetto, dimostrando come il sacer- conforti che dispensa. dozio cattolico 6 yera vita della so-

DERYIEUX ERMANNO. Collezioni di Storia Naturale. Norme ge- neral! e pratiche, pubblicate per gli allievi delle scuole normali, preparatorie, tecniche, operaie ecc. Torino, Gr. B. Para via, 1896, in 8.°

DESHAYES F. prof. Nouvelle methode pratique pour la recerche des empechements de consanguinite. Paris, Berche et Tralin, Le Mans, Leguicheux-Gallienne, 1896, 16° di pp. 32. Nolle nonlievi difficolta che in tali metria veramente leggiadra. Che se ricerche spesso s' incoptrano, il sussi- il nuovo modo, direi quasi algebrico, dio. che qui offre il ch.Autore.e prezio- di rappresentare con simboli i ter- so assai. Non solamente 1'errore non mini delle medesime parra a prima e piu possibile, ma le serie genealo- vista men facile, ogni difficolta ap- giche ancora si sviluppano con aim- parente sparira tosto coll'uso.

DE SIENA FASQUALE, sac. Theologiae moralis rudimenta per Thomam Bellacosa jam Episcopum Cavensem et Sarnensem nunc a P. De Siena in Lyceo archiepiscopali neapolitano professore Theol. moralis, notis et additamentis ac recentioribus Rom. Pon- tificum Constitutionibus et SS. Congregationum decretis necnon casuum reservatorum Dioecesis neap, explanatione locupletata. Editio quarta perquam perpolita et aucta. Neapoli, ex typis D'Au- ria, 1897, di pp. YIII-404. L. 4, 50. Rivolgersi all'Autore, Yico Sedile Capuano 10.

Commendammo i pregi non ordi- sciuto il patrimonio della scienza mo- narii di questa opera nelle tre prime rale in questi ultimi tempi. Esortiamo edizioni. La quarta che qui annun- tutti i confessori ad aquistarla, es- ziamo si avvantaggia sulle prece- sendo giovevolissima per la solu- denti per le moltissime note aggiunte, zione de' casi che loro si presen- e per le nuove decisioni delle Sa- tano ed anche per sostenere esami ere Congregazioni, che hanno accre- e concorsi.

DI MONTALEMBERT conte, uno dei quaranta deH'Accademia fran-

cese. I Monaci d'Occidente da San Benedetto a San Bernardo.

Prima traduzione ilaliana sulla 2a edizione di Parigi del 1863,

corretta ed accresciuta da Alessandro Carraresi. Yol. 1°, 2°, 3°, 4°,

Siena, presso 1'ufficio della « Biblioteca del 'Glero », 1894-97,

di pp. 580; 644; 308; 392. Prezzo del vol. L. 5,00: del

vol. L. 5,00: del vol. L. 3,00: del vol. L. 4,00.

Non v' fe nessuno fra i nostri annunziati volumi la storia giunge

lettori a cui non sia noto 1'alto pre- fino alia gigantesca figura del mo-

gio di quest'opera e la fama mon- naco Ildebrando, poi papa Gregorio

diale del suo autore. Col quarto degli VII, qui inaestrevolmente dipinta.

330 BIBLIOGRAFIA

Con un quinto volume sara compita Avvertiamo che i due ultimi volumi

questa pubblicazione, una delle piu non furono tradotti per la edizione

pregevoli fra quelle che sta dando di Firenze del 1861, e potranno acqui-

alla luce, nella Biblioteca del Clero, la starsi ancbe separatamente da quelli

tanto benemerita tipografia sanese. che posseggono 1'edizione fiorentina.

DIRETTORIO dei chierici e del seminarist!, ovvero Manuale di

pieta ad uso dei seminari d' Italia, corapilato da un prete della

Missione. la edizione. Napoli, tip. Bellini, 1896, 32° di pp. 360. -

Cent. 80. Yendibile nella Porteria dei PP. della Missione, Yer-

gini 51, Napoli.

Questo manuale contiene tutto norme per gli esercizii spiritual!, quello che un chierico deve pensare, per la meditazione, per le vacanze, quanto alle massime regolatrici, e per lo studio, per le ricreazioni, pel tutto quello che deve eteguire, quanto tratto co' secolari, eccetera. Alia fine alia pratica ; affinche egli riesca de- vi e anche quella parte del pontifi- gno sacerdote, quale Dio richiede. cale romano che riguarda le varie Esso racchiude altresl regolamenti e ordinazioni.

DOCUMENTS et Manuscrits. L'Eglise de Tours et la Municipality an XV1F siecle (1600 - 1655). Paris, typ. Firmin-Didot, 1896r in 8.°

DOUBLET, can. Gesu Cristo studiato riguardo alia predicazione in. S. Tominaso d'Aquino. Vol. I. Torino, tip. Pontificia P. Marietti, 1897, 16° di pp. XII-420.

Che le opere di S. Tommaso siano 1'oratore cristiano dall'Angelo della una miniera pei teologi e pei filosofi Scuola. Egli le raggruppa tutte sotto non e chi ignori : che contengano il piu augusto e il piu fecondo dei molti e ricchi tesori anche pei pre- nomi, Gesu Cristo; e sebbene egli dicatori son pochi che sappiano, e tema d'essere accusato di parecchie meno che se ne giovino in pratica; omission!, noi dubitiamo piuttosto forse perche quei tesori hanno biso- che pecchi alquanto per soverchia gno d'essere spogliati del loro invo- abbondanza, essendo che questo pri- lucro troppo scolastico, e sceverati mo volume, che incomincia dalla da question! e da tesi di cui il sacro generazione del Verbo, non si stende oratore non pu6 valersi. Fece dunque piu oltre dei misteri della santa In- opera utilissima il ch. Autore, col sob- fanzia. Ma il lettore, in mezzo a tanta burcarsi a questo non lie ve lavoropre- copia, ha la facolta della scelta, senza paratorio, raccogliendo, coordinando, che sia il caso di dire: inopetn me ed anche vestendo di una certa forma copia fecit. oratoria le ricche materie offerte al-

ESEMPI di alcuni Santi proposti alia imitazione delle anime amanti del Signore. Operetta di una adoratrice perpetua del SS. Sacra- mento. Geneva, G. Fassicomo, 1896, in 32.° Cent. 25. FERRERI G. d. S. p. II sordomuto e la sua educazione. Vol. III. (Storia). Siena, tip. ed. S. Bernardino, 1896, 16° di pp. 440. - L. 3,00.

BIBLIOGRAFIA

Nel presente volume 1'Autore parla delle origin! dell'arte d'istruire i sordomuti, delle opere comparse nella Spagna, in Inghilterra, in Olanda, in Germania ed in Francia, prima che la medesima arte entrasse nel dominio pubblico, e della ma- niera d' insegnamento segulto in Francia e in Germania, dei lavori pubblicati sulla fine del secolo XVIII e delle cagioni che diedero luogo alia controversia delle due scuole classi- che, francese e tedesca e insieme alia diffusione dell'istruzione dei sordo- muti nelle nazioni civili. Quindi viene unostudiospecialesull'educazionedei sordomuti nei varii Stati della nostra Penisola. Esso e diviso in due pe- riodi, il primo dei quali parte dal- 1'a. 1784 (quando il sac. Silvestri apri in Roma la prima scuola italiana per 1'istruzione dei sordomuti) e va sino all'a. 1873, data del congresso di Siena, fra gli educator! dei sordo- muti italiani; il secondo periodd com- prende gli studii e 1'opera delle no- stre scuole dall'a. 1873 all'a. 1892. Questa parte si legge con diletto e con profltto di non poca istruzione ; qui appare la virtu eroica di molti ecclesiastic!, i quali, privi dei sussidii •del Governo e solo ricchi della ca- rita di Gesu Cristo, hanno operate assai in bene di molte infelici crea- ture. L'Autore, in un riepilogo som- mario, segue il processo evolutive dei metodi usati per 1' istruzione dei sordomuti nelle altre nazioni, durante il periodo che corre tra 1'a. 1830 e

1'a. 1880. In fine sono considerazioni e statistiche sullo stato presente del- 1' istruzione dei sordomuti nelle na- zioni civili. Ne prendiamo questo saggio : secondo gli ultimi censi- menti 1' Italia ha circa 15,300 sordo- muti, 1'Olanda 1977, la Francia 20,000, laGranbrettagna 1 5,715, 1'Austria Un- gheria 48,000 (!), la Danimarca 1,411, la SpagB» 10,000, la Grecia 1,200, il Portogallo 3,000, la Russia 95,000, la Svezia 5,000, gli Stati Uniti 33,878 e la Repubblica Argentina* 14,000. Hanno cura dell' istruzione dei sor- domuti la Danimarca, 1' Italia, la Sve- zia, la Germania, 1'Inghilterra, la Svizzera, la Francia, 1'OIanda, il Bel- gio, gli Stati Uniti e il Canada ; ne hanno poca o nessuna cura la Russia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, 1'America meridionale e la Russia.

L'Autore si e valso di molte opere, monografie, relazioni e pubblicazioni periodiche, massime dei lavori del ba- rone Degerando, di Edoardo Walther e di Tommaso Arnold. Cosi abbiamo la storia dell' istruzione dei sordo- muti di cui finora si era scritto ben poco in Italia, che pure vanta studii sodi suir insegnamento orale e sulla pedagogia dei sordomuti, principal- mente per costante operosita del pe- riodico senese « L' Educazione dei sordomuti ». Chi desiderasse pieni ragguagli sull'opera del P. Ferreri legga cio che abbiamo scritto del primo e secondo vol. nel nostro pe- riodico ser. XVI, vol. Ill, pag. 93 : vol. IV, pag. 591.

FERRI L., BELTRA.MI A. Esempi e studi di Letteratura stra- niera. Torino, tip. salesiana, 1896, di pp. 272. L. 1,20.

Molto saviamente i compilatori mandano innanzi fin da principio quest'avvertenza : « Presentando al pubblico italiano questo, ci si per- metta il vocabolo, assortimento di

letterature straniere, noi non inten- diamo punto di approvare le opere in genere ne degli scrittori da cui furono tradotte, ne di coloro che le voltarono nella nostra lingua. See-

332

BIBLIOGRAFIA

piglia mille svariate forme. II volume 6 anche arricchito di notizie biogra- flche, riviste criticbe, e studii com- parativi. A noi sembra per6 che que- sto libro, quanto pud esser utile a1 provetti cbe gia si sono format! lo stile sui classic! latini, greci ed italiani, altrettanto dannoso torne- rebbe agli inesperti, generando nella loro testa confusione, ed impedendo la formazione del letterario buon gusto.

glier quello cbe ci parve buono ovun- que ci venisse fatto di trovarlo, e sorvolar su quello cbe non & tale, ecco 1'intendimento nostro (p. 8). » Gli autori sono prosatori e poet), an- ticbi alcuni e molti reoenti ed anche contemporanei ; e tu ti vedi passar dinanzi francesi, tedescbi, inglesi, spagnoli, americani, russi, giappo- nesi, cbe in vesti diversa e con di- ve rso accento can tan o pur sempre quel bello universale ed umano cbe si fa sentire da tutti, ma cbe poi

FINOTTI G. L'insegnamento religiose. Oaserta, stab. tip. A. Sac- cone, 1896, 16° di pp. 48. In quest'opuscolo si tratta con dell' insegnamento religiose, per non

ragioni ed autorita della necessitk cadere nell'ateismo sociale.

FOSCHI FEDERICO, Mons., Vescovo di Cervia. Siuodo diocesano celebrate nei giorni 18, 19, 20 ottobre 1892. Traduzione in lin- gua italiana della parte che si riferisce al popolo. Cervia, tip. Sa- poretti, 1896, 16° di pp. 112. Cent. 80. Per i diocesani di Ger- via cent. 50. Si veda quanto abbiamo detto pagina 96, commendandola secondo

della intiera opera nel quad. 1045 a il merito.

GAETA SALVATORE, sac. prof. S. Ludovico d'Angio vescovo di

Tolosa. Napoli, tip. Festa, 1896, 16° di pp. 192. - Breve vita della Serva di Dio Giuseppina Faro da Pedara. Napoli, Carlo de Rubertis, 1896, 16° di pp. 116. Le vicende e le virtu di quel ram- maniera semplice e naturale, cbe suol

essere la piu gradita a cbi nelle vite dei Santi non cerca altro cbe il pa- scolo della pieta.

Ancbe istruttiva e piacevole tor- nera la memoria della verginella Pe- darese, vissuta dal 1847 al 1871, e morta in odore di santita.

polio della real casa angioina di Na- poli, che doveva cingere la corona e prese invece il cappuccio e poi fini con in capo la mitra, non sono senza grande allettamento ed istruzione a chi le percorre con occbio attento. E tanto piii volentieri si leggeranno in queste pagine, perch6 scritte in

GAMBETTI PIETRO. - - II VI° centenario della traslazione della S. Casa di Loreto. Ricordi. Loreto, tip. Brancondi, 1896, 16° di pp. 116. -- Cent. 60.

E una relazione anipia, partico- compagnarono questo solenne cente- lareggiata, affettuosa dei fatti e delle nario, destinata a tramandarne ai circostanze, che precedettero e ac- posteri la memoria.

GAR1NO GIOVANNI. Nuova grammatica greca ad uso dei ginnasii.

BIBLIOGRAFJA

333

Parte prima. Fonologia e Morfologia. Torino, tip. Salesiana, 1896, 16° di pp. Vin-136. L. 0,80.

Questa prima parte della gram- matica greca del sacerdote D. Gio- vanni Garino, e secondo i programmi governativi e in generale e buona della bonta che riconosciamo nelle grammatiche dell'Inama, del Macinai e del Biacchi. Egll si e attenuto fe- delmente ai dotti lavori di filologia classica, stampati in questi ultimi anni, come sono tra gli altri la. Lingua greca antica del Pezzi, e il Compendia di grammatica comparata del greco e del latino di V. Henry. La diffe- renza tra questa e le altre gram- matiche simili la vediamo nella sua piccola mole, nel poco prezzo e in alcuni miglioramenti, divisati dal- 1'Autore cosi : « Tra i miglioramenti important! e di diversa natura in- trodotti in questo lavoro, citero il

radigmi, 1'aver posto gli aggettivi in 05 immediatamente dopo la declina- zione del temi in a e in o, e 1'aver riunito insieme la trattazione dei verbi in muta, liquida e nasale, in- serendovi a suo luogo anche i tempi secondi, che nella grammatica in grande erano come in appendice. Ai detti miglioramenti si puo aggiun- gere 1'aver dato quasi sempre la traduzione delle forme poste per esempio di qualche regola, 1'aver a suo luogo stese lunghe liste di queste o quelle forme necessarie a sapersi, e 1'aver infine nella rassegna delle classi verbali distribuito i diversi tempi di un verbo in colonna, affinche sia piii facile 1' impararli. » Si noti che la medesima grammatica e per il solo ginnasio.

numero di molto accresciuto dei pa-

GHISLANZONI NARCISO, sac. Una corsa in Oriente. Lecco, tip. del «Resegone», 1896, 16° di pp. X-342. L. 1,50. Dirigersi alia tip. del « Resegone » Lecco.

sono i libri descrittivi dell' Oriente, e tuttavia ugualmente utili, perche varii secondo le varie impressioni e riflessioni di ciascun viaggiatore. PerclJ il libro del rev. Ghislanzoni ben puo figurare tra i libri di buona e amena lettura. Sol notiamo che 1'edizione e la lingua richiedevano maggiore attenzione.

II presente libro contiene la de- scrizione del viaggio da Milano a Roma, ad Alessandria di Egitto, al Cairo, ai Luoghi Santi della Pale- stina, in Siria, a Costantinopoli, Ate- ne, Napoli e Geneva. La narrazione e semplice, naturale e piena di os- servazioui istruttive, massime ri- spetto alia citta di Alessandria, Co- stantinopoli e Atene. Molti e recenti

GOLIZIA P. BERNARDO, capp. Gesii Cristo. Introduzione agli studii biblici. Assist, tip. Metastasio, 1896, di pp. 136. L. 1,35. Rivolgersi all'Autore in Assist convento dei Cappuccini, od alia libreria Festa in Roma e in Napoli; o Tappi in Torino via Garibaldi 20. Chi ama le grandi sintesi (quelle,

s'intende, che non sono arbitra-

rie, ma fondate sui fatti) trovera in

questa operetta di che deliziarsi,

non solo, ma di che istruirsi. L'Au- tore ha svolto il concetto di S. Ago- stino, e a parer nostro assai bene, cioe che omnis Scriptura divina...

BIBLIOORAFIA

Christum narrat: tutta la S. Scrit- tura risuona di Gesii Cristo, e che Cristo e, come dire, 1'idea dell'opera. In fatti Cristo stesso disse: Consul- tate le Scritture, esse rendono testi- monianza di me (Gio. 5, 39), e al- trove, che si dovevano adempiere le cose che su lui erano scntte nella

ne' prcfeti e ne' salmi (Luc. 24, 44). L'Autore prova bene la gran tesi, prima con autorita estrinseche e poi con argomeuti iutrinseci, pas- saudo in rivista tutte le parti della Scrittura. E questo un punto che andrebbe bene che avessero di mini i cultori degli studii biblici.

GODTS F. X. C. SS. R. -- Scopuli vitandi in pertractanda quae- stione de conditione opificum. Editio tertia. Typis .Societatis S. Au- gustini, Desclee, De Brouwer et Socii, 1896, di pp. 430. Quest'opera nel Belgio in cui fu dizione della classe operaia, il non

scritta, e principalmente dal clero

pel quale fu scritta, benchfc sia utilis-

sima anche ai secolari, fu letta avi-

damente, atteso 1'ardore degli animi

che cola regna intorno alia questione

sociale, e soprattutto il merito intrin-

seco dell'opera stessa. Gli scogli che

1'A. addita da evitarsi nel trattare

la detta questione, sono il non te-

nerla in quel conto che merita, il

riguardarla come cosa nuova, il non

esaminare abbastanza 1'Enciclica He- rum Novarum, il non attribuirle

1'importanza che ha, la poca unione

coi superiori e i confratelli, il di-

sprezzare i ricchi e i padroni, il cu-

rar poco il miglioramento della con-

GRAZIANI ENRICO, Mons. Vescovo di Sarsina. Vade-Mecum per la retta amministrazione del Sacramento della Penitenza e per prepararsi agli esami della Confessione e ai concorsi delle Par- rocchie. Bagnacavallo, tip. Serantoni, 1896, 16° di pp. 288. - L. 1,50. Dirigersi al sig. D. Giuseppe Graziani, segretario vesco- vile in Sarsina.

tere questo manuale al paro coi vo- lumetti ugualmente piccoli di mole ma segnalati per merito, che portano in fronte i bei nomi del Frassinetti edel Berardi. Se lo provvedano quanti

inculcare abbastanza ai ricchi e ai padroni i loro doveri, il piaggiare gli operai avvertendoli sempre dei loro diritti e non mai dei loro do- veri, il non predicare abbastanza al popolo la santificazione della festa, 1'assoluto rigettare o 1'esagerare il salario minimo e il salario di fami- glia, ed altri ed altri fino a trentadue. I quali punti il ch. Autore tratta con tanta cognizione di causa, con tanto amor di pace e d'unione, che meri- tamente ha riscosso le lodi di molti illustri Prelati, e dei giornali piu accreditati del Belgio, della Francia, della Germania. Noi gli auguriamo la stessa sorte anche in Italia.

Veramente un ottimo libriccino, che dobbiamo chiamar cosi pel suo piccolo sesto, conveniente ad un vero Vade mecum, ma non per la quan- tita del contenuto che e un empo- rio, e meno ancora pel suo valore. Dottrina solida, regole precise, so-

esercitano il sacro ministero, e se ne chiameranno contenti.

luzioni pratiche. Non esitiamo a met-

LECOMTE et VENAULT, abbes. Choix d'Homelies et de discours de Saint Charles Borromce, traduits en fran^ais pour la premiere

BIBLIOGRAFIA

335

fois par MM. les abbes Lecomte M. 1'abbe J. Pailler. Paris, Tequi Era oratore S. Carlo? Un gran Vescovo, un gran carattere, un grande riformatore si certamente; ma era poi anche un gran predicatore ? Certo e che quand'egli annunziava la pa- rola di Dio, le grand! moltitudini pendevano 'intente dalle sue labbra, e non pochi davano in lagrime e sin- ghiozzi, e ne seguivano notevoli emendazioni di costumi, che e il vero trionfo dell'eloquenza. Ma il merito di chi era? Del predicatore o della predica? Noi crediamo che per due terzi fosse della persona, perche la santita col sol mostrarsi sul pergamo e sempre eloquentissima ; ma per 1'altro terzo il merito ci sembra del

et Venault, sous la direction de , 1897, 16° di pp. 640. Fr. 4,50. discorso medesimo, perche la parola d'un santo, benchfc spesso non si con- formi alle regole dell'arte, ha pero di tratto in tratto degli strali, delle fiamme, degli scatti vivissimi d'una efficacia tutta sua propria, che in- darno si cercherebbero nei piu ela- borati sermoni. Or quest! appunto s'incontrano bene spesso nelle omelie di S. Carlo, e per6 va data lode ai traduttori che traendole dal testo latino dell'edizione originale, le hanno regalate alia Francia ; e vogliamo sperare che non sia per mancare piu lungamente chi le divulghi anche in Italia.

LEGA (La) pel riposo festivo spiegata al popolo. Crema, tip. S. Pan- taleone, 1896, in 16.° Cent. 20. Copie 50 L. 7,50.

LETTURE CATTOLICHE di Torino. Anno XLIV. Gennaio-otto- bre 1896. Disp. 517-526. Toritio, libreria salesiana. Prezzo di as- sociazione per un anno L. 2,25; per un semestre L. 1,25. Esce una dispensa ogni mese.

Maria Ausiliatrice accorda a' suoi divoti, pel sac. G-. S. Francesia. Risposte brevi e famigliari alle obbie- zioni piu diffuse contro alia Religione

di mons. Gastonc dei Conti De Sigvr. Mons. De Segur. Le meraviglie di Lourdes. Trad, di G. Serafini.

Le suddette dispense contengono: Cenni biografici del giovane Giuseppe Busetta. Zenone e Giustina. Rac- conto storico. Un serafino in terra, ossia S. Francesco d'Assisi. Vita po- polare compilata dal sac. Andrea Bel- trami. La causa della nostra con- solazione, ossia raccolta di grazie che

LOJODICE P. COSMA. Vita della Yen. Madre Suor M. Giovanna Guillen Agostiniana. Bologna, Mareggiani, 1896, 16° di pp. 436. L. 3,00. Vendibile in Roma, Via S. Uffizio 1, e in Via della Scrofa 80. Questa venerabile monaca, nata vale ancora della vita scrittane dal

in Orihuela nella Spagna, e vissuta

dal 1575 al 1607, si segnald per 1'in-

nocenza della vita, per 1'orazione e

la mortificazione. La narrazione che

ne fa il P. Lojodice e tratta dai pro

cessi istituiti nella sua patria, e si

P. Mancebon, stato per qualche tempo suo confessore, e delle moltissime giunte fattevi da un anonimo Padre Agostiniano spagnuolo. Sara letta dalle anime pie con profitto e con piacere.

LOSCHI GIUSEPPE, prof. Precetti di arte del dire con un piccolo

336 BIBLIOGRAFIA

dizionario di voci errate o improprie. Udine, tip. del Patronato,

1896, 16° di pp. 176. - - L. 2,00.

Questo autore e egli venuto a spetto al presente volume, denso di reear vasi a Samo? Sembra dubi- buoni precetti e bene esposti. Forse tarne egli medesimo, e pero si giu- ad alcuni sembrera troppo magro, stitica facendo riflettere che questo ma noi crediamo cbe in mano a un volumetto fa riscontro al sommario buon professore, che sappia svilup- di storia di letteratura italiana da pare gli element! qui contenuti, potra lui pubblicato, dai competenti ac- servire di testo sufficiente, ne dav- colto con favore, e da noi pure lo- vero gli scolari si lagneranno della dato nel quaderno del 6 luglio 1895. sua brevita. Le quali lodi volentieri ripetiamo ri-

MAILLET. Le Socialisms chretien a 1'ecole d6mocratique de Liege.

16° di pp. 70.

MAJOCCHI RODOLFO, sac., dott. Di alcune iscrizioni romane, cristiane e longobardiche scoperte in S. Pietro in ciel d'oro di Pavia. Pavia, tip. del private Istitnto Artigianelli, 1896, di pp. 32.

- Un diploma inedito di Re Lotario riguardante la citta di Como. (20 agosto 949). Torino. G. B. Para via, 1896, in 8.° Nella prima memoria il ch. A., gobardica, quella del re Ansprando, coll'aiuto delle iscrizioni da lui sco- che si era lamentata distrutta, ed ha perte negli scavi della gloriosa ba- invogliato gli studiosi ad altre ri- silica di Luitprando, ci ha dato sicuri cerche.

indizii dell'esistenza di un cimitero La seconda memoria pubblica per

cristiano in quel luogo, sin dalla meta la prima volta ed ampiamente illustra del secolo sesto almeno, ha salvato un diploma, con cui Re Lotario, nel- e fatto conoscere un notevole fram- 1'anno 949, fa una certa donazione mento di un' insigne epigrafe Ion- ad un tal Nazario giudice regio.

MALTESE F1LIPPO NERI. L'educazione. Vittoria, 1895, 32° di

pp. 152.

Parla in cinque articoli della reli- dando buoni ammonimenti, benche

g-ione del cuore, della religione ester- non sempre gli riesca esatto il modo

na ovvero culto, dell' uomo morale, d'esprimersi, come quando gli sfugge

dell' economia domestica, dei doveri « la frequenza dei sacramenti, detta

fra marito e moglie, fra genitori e in teologia grazia abituale » (p. 84). figli ; e ne parla da vero cristiano

MARTA L. Eredita d'amore. Racoon to illustrate con 14 incisioni.

Genova, G. Fassicomo e Scotti, 1896, due voll. in 16° di pp. 184;

172. L. 1,00. MAUMUS P. VINCENT 0. P. L'Eglise et la France moderne.

Paris, Lecoffre, 1897, 16° di pp. XII-296. -- Fr. 2,50.

Bel tema e ben trattato. Merite- viste francesi non mancheranno di rebbe una larga rassegna, e le ri- farla. Per noi basta annunziarlo, di-

BIBLIOGRAFIA 337

cendo che e un lavoro informato alia contro il comune nemico, che 6 il politica iarga, illuminata e conci- partito radicale socialista. Questo e liante di Leone XIII rispetto alia lo scopo del libro, ma nel corso di Francia; e un nuovo appello ai cat- esso son trattate le quistioni piu tolici per stimolarli a conformarsi gravi e piu vitali del nostro tempo, alle intenzioni del Sommo Pontefice, e trattate in maniera che alia sicu- e ad unire insieme tutte le loro forze rezza della dottrina accoppia 1' ele- per muovere, in ben serrata falange, ganza e la soavita della forma. MAYR ALBEET. Zur Geschichte der alteren christl. Kirche von

Malta. Munchen, J. G. Weiss'sche Buchdruckerei, 1896, in 16.° MEMORIE della Pontificia Accademia del Nuovi Lincei. Volume

undecimo, Roma, tip. della Pace, 1895, di pp. 288 e tav. XIV. MEREGALLI LUIGI. I Redenti. Racconto. Geiwra, Fassicomo,

1896, 16° di pp. 176. Cent. 50.

I redenti sono due fldanzati che granellare un buon gruzzolo di de- lottano contro i presuntuosi senti- nari e ad unirsi in matrimonio colla menti d'un Barone, padre dello sposo, giovane che gli conserve costante il quale non voleva permettergli le 1'affetto. E una vittoria della liberta nozze con una giovane plebea. II individuale e un inno alia nobilta giovane diseredato giunge, lavorando del lavoro. II romanzo non manca in un'officina di Germania, a rag- di attrattiva.

MINIS TERO di Agricoltura, Industria e Commercio. Direzione gene- rale della statistica. Annali di statistica. Statistica industriale. Ease. LXI. Notizie sulle condizioni industrial! della Provincia di Trapani. Roma, tip. Nazionale, 1896, 16° di pp. 74. L. 1,00. Vendibile presso i F.1U Bocca, Roma.

Statistica della stampa periodica nell'anno 1895. Roma, tip. Nazio- nale, 1896, di pp. 88. -- L. 2,00. Vendibile presso i Fratelli Bocca, Roma.

Statistica dell' Istruzione superiore. Anni scolastici 1893-94 e 1894-95. Roma, tip. Bontempelli, 1896, di pp. X-41. L. 1,00. Vendibile come sopra.

MORICI MEDARDO, dott. La famiglia di Pandolfo Collenuccio.

Lettere inedite di Ciriaco d'Ancona (1438-1440). Pistoia, tip. Flori

e Biagini, 1896, in 16.° Ciascun fascicolo L. 1.00.

Gli studii di Giulio Perticari e di procurato di diradare queste tenebre William Tartt sull'infelice umanista con uno scritto dello stesso Pandolfo. pesarese del secolo XV, Pandolfo Col- contenente la genealogia, gli stemmi lenuccio, sono monchi e inesatti; la e le memorie della sua famiglia. Egli >-ita poi del medesimo, scritta, or lo ha scoperto in un manoscritto, in- sono otto anni, dal Dott. Alfredo Sa- titolato Croniche di Gualdo, della bi- viotti, e bensl commendevole, ma la- blioteca lacobilli del seminario di Fo- scia avvolta nelle tenebre la fami- ligno. E un vecchio zibaldone di Du- glia Collenuccio. II Dott. Morici ha rante Dorio, benemerito raccoglitore

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1119. 22 29 gennaio 1897.

338 BIBLIOGRAFIA

di memorie patrie nel secolo XVII. quali due sono del tutto inedite, tre

Gli anacronismi non mancano nel poco note ; tutte poi egualmente im-

documento collenucciano. portanti e per il personaggio che le

Quanto alle lettere inedite di Ci- scrisse e per i tempi de' quali trat-

riaco d'Ancona, ossia Ciriaco de' Piz- tano. II Dott. Morici nei due opuscoli

zicolli, lo scopritore della scienza si mostra erudito e diligente inda-

antiquaria, ease sono cinque, delle gatore.

MORISOT, abbe, miss. ap. Instructions sur les fetes de 1'annee. Paris, P. Tequi, 1897, due voll. in 10° di pp. 454 ; 506. Fr. 4,00.

MOSCARDI VINCENZO, can. prof. II ven. Sertorio Caputo nella mente di Anton Ludovico Antinori. Aquila, tip. Aternina, 1896, in 8.°

A ridestar la memoria di quel confermate dal celebre abruzzese

dotto e santo educatore che fu il Anton Ludovico Antinori. La dili-

P. Sertorio Caputo d. C. d. G., an- gente ed accurata monografla riesce

dato in Aquila con altri suoi colle- a questa giustissima conclusione :

ghi, intorno al 1596, a fondarvi un « Scioccamente si irridono i Santi

nuovo Collegio, il degno autore ha da chi non ha occhi per vederne i

tessuto questa monografia, traendola naeriti e i pregi. Ma i Santi sono

dagli scritti di quattro contempora- sempre uomini di mente, di cuore,

nei, non sospetti di troppa credulita, di carattere : sollevati al somrno

cioe del medico Ciurci, del giure- ideale del Vero e del Bene sanno

consulto Cesura, del grammatico dare una norma certa, sicura e co-

Fonticulano iuniore e del poeta Sin- stante alle loro azioni, a sollievo dei

ceretto dell'Aquila, le testimonianze ioro fratelli ed a gloria di Dio. » de' quali furono poi ripubblicate e

NEUMANN Or. , A. prof. dr. Relazione del I Congresso internazio- nale degli Archeologi cristiani tenuto a Spalato Salona nei giorni 20-22 agosto 1894. (Estratto dal « Bullettino di archeologia e storia dalmata » fasc. 8-12 a. 1894). Spalato, tip. Zannoni, 1895, di pp. 128.

NITTOLI S., prof. Tavola sinottica dei complement! italiano-latini. Quadri sinottici delPuso dei casi latini. Terza edizione. Sansevero, tip. Morrico, 1896, in 16.°

PALOMES ANTONIO. Dei Re di Sicilia normanni, svevi e ara- gonesi di Palermo e di Monreale. Accenni. Paleritio, tip. ed. Tempo, 1896, in 16.° Cent. 70.

Gli nccenni dei Re di Sicilia sono s mento le ingiustizie commesae. In- esatti, eccetto cio che a pag. 17, tanto aspettiamo la seconda edizione lin. 1, si riferisce rispetto alia morte della sua opera « / Normanni in di Enrico VI: At 28 di novembre Sicilia » che dapprima uscl alia luce del H97 mori, qual vine, in Mes- in dialetto siculo. La medesima com- sina. Ora noi non diremmo, qual prendera cinque volumi in ottavo viste, posto che rivoco nel suo testa- Lemonnier, di 400 pagine 1'uno.

BIBLIOGRAFIA

339

classe sociale e specialmente della gioventii.

PASQUALI P. LUIGI. Esempii meravigliosi e critic! proposti per la gioventu contro 1' incredulita. Quinta edizione corredata di esempii nuovi e recent! ssimi. Roma, tip. Befani, 1897, in 16° di pp. 372. L. 1,25. Per 1' acquisto dirigersi esdusivamvnte al- 1'Autore, S. Maria in Campitelli, Roma. Auguriamo a questa 5a edizione zelo illuminate del ch. Autore rag-

dell'ottimo libro, che sappiamo essere giungeranno cosi quello scopo, che

assai copiosa, un esito eguale alle tanto egli desidera pel bene d'ogni

precedent]', succedutesi nel giro di

pochi anni. La profonda pieta e lo

PENSIERI divoti per la Santa Comunione appropriati alle solennita eel altre feste dell'anno. Operetta di una adoratrice perpetua del SS. Sacramento. Genova, Gr. Fassicomo, 1896, in 32.° Cent. 30.

PICCOLO TEATRO per le Case di educazione. Modena, tip. delPIm- macolata Concezione, in 32.° Ecco il contenuto dei nuovi fascicoli usciti. Fasc. 88. Giuseppe Ebreo.

Dramma in 5 atti del sac. L. Felicetti. Cent. 40. Fasc. 89. Mea culpa.

Commedia in 3 atti del sac. E. G-. F. Cent. 40. Fasc. 90. L'eredita di

Cirillo. Commedia in 3 atti di G. Pedrocchi. Cent. 40. Fasc. 91. II trionfo

del Cristianesimo. Dramma in 3 atti del sac. De Bei 2. Cent. 50.

Fasc. 92. II sig. Bicicletto. Commedia in due atti. Cent. 30.

Componimenti drammatici opportunissimi pel prossimo carnevale.

PIETRAMELLARA GIACOMO. Raccolta di divise o motti araldici. Serie I. Roma, tip. Poliglotta, 1896, 16° di pp. 96. -- L. 3,00. / motti (ovvero le divise e le im- liti. L'Autore promette di dare un

prese) in latino, in volgare italiano, francese, spagnuolo e in tedesco, ap- partengono alle famiglie italiane e sono disposti in ordine alfabetico, come pure i cognomi ai quali si ri- feriscono essi motti. In questa prima serie sono unite le divise di tutti gli ordini cavallereschi esistenti o abo-

elenco delle divise delle famiglie di altre nazioni d'Europa. Una compiuta raccolta di tali divise pu6 riuscire assai utile alle famiglie nobili e agli eruditi. L'edizione e accurata e la disposizione dei motti e dei nomi e cosi chiara che ne rende facile la ricerca.

PIF. Novelle e capricci. Seconda serie. Genova, Fassicomo e Scotti, 1896, 32° di pp. 184. Cent. 70.

Dev'essere un bell'umore questo Pif, e molto conoscente ed amante dei giovani, i quali dalla lor parte debbono volere a lui molto bene. Egli sa divertirli in mille maniere, e tenerli pendenti dalle sue labbra le ore intere, ne solo i fanciulli, ma anche i giovanotti coi baffi. O faccia loro un lungo racconto, o narri una novella, e sempre una festa

per loro, e finisce troppo presto ai loro desiderii. Ma il suo merito par- ticolare, a parer nostro, spicca prin- cipalmente nel profilo « Un Podesta niodello », nel bozzetto « II cavaliere Lattughetta », nello schizzo « Checco Ventola », nell'acqua forte « II ca- pitan Battocchio », e in altri simili disegni condotti con tanta verita d' espressione, con tanta vivezza e

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BIBLIOGRAPIA

prio cosi .' Ecco dunque una buona strenna pel prossimo carnevale.

leggiadria di tinte, che ti rallegrano indicibilmente lo spirito, e ti strap- pano dal labbro un bravo, bene, pro-

PINY P. ALESSANDKO, 0. P. L'abandon a la volonte de Dieu. Retraite de dbc jours d'apres le Pere A. Piny maitre en Theolo- gie. Nouvelle edition par le Pere M. Augustin Charmoy, lecteur en Theologie, des Freres-Precheurs. Paris, P. Lethielleux, 16° di pp. XXVIII-384. Fr. 3,00.

avveniinenti indipendenti dalla no- stra volonta. Questa esecuzlone dei divini voleri, fatta con disinteresse e semplicita, e 1'abbandono alia volonta

di Dio, di cui con molta unzione di- scorre 1'Autore. II libro e una ri- stampa, essendo il detto Padre morto, il 20 gennaio del 1709.

Questo libro contiene una serie di meditazioni, le quali confortano rani ma a ndarsi di Dio e delle sue disposizioni, e ad avere per unico scopo del proprio oprrare 1'esecuzione de' divini voleri. Questi, come ognun sa, ci sono manifestati dalla legge di Dio e della Chiesa, dagli obblighi del nostio stato o professione e dagli

PISTELLI E. d. S. p. Le scuole private. Lettera aperta a S. E. il Ministro della Pubblica Istruzione. Firenxe, libr. Chiesi 1896, in 8.° Questa lettera contiene dodici di- p. es. che sarebbe follia chiedere la

mande molto giuste ed eque al Mi- liberta. d'insegnamento (pag. 14) e

nistro della pubblica istruzione in

favore delle scuole private (posto

che non ci sia la liberta d'insegna- mento). Qua e la pero 1'Autore as-

serisce alcune cose, che dai cattolici

ben pensanti non si accettano; come

che una legge non ha virtu di far cristiana la scuola (pag. 22) ; colla qual proposizione pare si voglia in- sinuare 1' inutilita d'una legislazione scolastica, cristiana, che tutti tanto desideriamo.

POLLEN I. H. S. I. The life and letters of Father John Morris of the Society of Jesus. 1826-1893. Londra, Burns and Gates, 1896, 16° di pp. 294.

La vita del Padre Giovanni Morris e la vita di quei tanti gloriosi Inglesi, che, nati nel protestantesimo, nel nostro secolo man mano riconobbero le turpissime cagioni della fatale se- parazione dell'/soto degliAngioli dalla vera Chiesa, ritornarono valorosa- mente al seno della loro madre e sino alia morte si adoperarono a tutt'uomo a procacciare ai loro/ con- cittadini la medesimafelicita. II Padre Morris partecip6 al noto « Oxford Mo- vement », al ripristinamento della gerarchia cattolica nella sua patria 'a. 1850) e coopero assai all'ordina-

mento della costituzione ecclesiastica delP Inghilterra. Ma 1'opera princi- pale che attir6 tutte le cure e le sollecitudini del Morris, fu la beati- ficazione deiMartiri inglesi,decretata e soiennizzata dal regnante Sommo Pontefice. Senza i suoi studii labo- riosi su un tale argomento (dei quali havvi buona testimonianza nell'ap- pendice di questo libro, ed e un lungo catalogo di varie ope re), senza la sua attenzione inflnita e fatiche incre- dibili nell'istruire i processi, una si grande glorificazione della Chiesa inglese e una si splendida giustifl-

BIBLIOGRAFIA

341

sioni nel suo viaggio per la nostra penisola; care e piacevoli le memorie d'un Wiseman, d'un Newman, d'un Manning e d'un Gladstone, dei quali il Morris fu amico sincere e intimo. La vita posteriore di uomo religioso, di direttore delle anime, di maestro dei novizii e di persona tutta data allamortificazione e allaannegazione, e forse meno dilettevole; ma ehe colpa o difetto ha mai un ritratto Be, pur ricopiando fedelmente le tat- tezze di un uomo, non le presents quali desidera il senso ?

cazione della medesima contro le accuse degli eretici, quale fu la bea- tificazione dei martiri, forse flnora non si sarebbe ottenuta.

Al dotto lettore non deve la pre- sente vita sembrare ne troppo breve, ne troppo fredda, poiche 1'Autore ha avuto sempre di mira il bene e 1'edi- ficazione del pubblico, ai cui occhi e gusto queste mancanze, se pure vi sono, scompaiono. Nel resto vivace e la descrizione degli anni giovanili del Morris; leggiadre le lettere, che sono gran parte di questo libro; gra- ziose le avventure e belle le rifles- PEECCHIA GIOVANNI, aw. Eegole per 1'applicazione e per la

liquidazione delle Tasse di Eegistro secondo la Legge italiana.

Yol. I. Ancona, tip. Marchetti, 1896, 1G° di pp. 140. L. 2,00. PEOCTER P. GIOVANNI, prov. dei Domenicani in Inghilterra. -

II Domenicano Savonarola e la Eiforma. Eisposta al dott. Farrar,

decano di Canterbury. Milano, tip. S. Giuseppe, 1896, 16° di pa-

gine 76.

II Dottor Farrar, in una sua con- ferenza sui Capi della Riforma, an- novero tra questi il Savonarola. II presente opuscolo e una risposta a tale falsissimaaccusa, rispostaapoditticae trionfante. Noi non crediamo si possa leggerla tutta senza convenir piena- mente coll'Autore, tanto piu che que- sti si mostra sempre assai tempe- rante, e non pretende di scusare il Savonarola da qualsivogliaaltro fallo. Nella vita pubblica del Savonarola vi sono due parti : la prima e tutta splendida, la seconda, in mezzo agli splendori, presenta alcune macchie. A cancellar queste macchie inten- dono ora parecchi cultori degli stu- dii storici, e tra essi si distingue EANDAZZINI SALVATOEE, archi vista comunale. I reali privilegi

riguardanti il Patrimonio fondiale di Caltagirone, esemplati sugli

original! in pergamena e tradotti in italiano. Caltagirone, tip. Scuto,

1896, in di pp. 102.

E una pubblicazione di documenti tagirone da molti Re diSicilia: Xor- originali, contenenti parecchie dona- manni, Svevi, Aragonesi e Spagnuoli. zioni prediali fatte alia citta di Cal-

1'egregio Domenicano P. Ferretti, il quale a tal uopo ha pubblicato di recente « Per la causa di Fra Giro- lamo Savonarola fatti e testimonian- ze » in numero di 121, che su que- sta materia spargono certamente non poca luce. Vedremo se questa luce si fara piena all'apparire del promesso libro del prof. Luotto « II Savona- rola di L. Pastor e il vero Savona- rola ». Certamente un libro che pur- gasse questa grande figura storica da ogni taccia, specialmente di dis- obbedienza al Pontefice, sarebbe il migliore dei monumenti da erigersi alia sua memoria, nel quarto cente- nario dalla sua morte, che ricorre nel prossimo anno.

342 BIBLIOORAPIA

RANDI D. LUIGI. -- Gino Ginori e Francesco Civelli poeti del se-

colo XVI. Firenze, 1896, 16° di pp. 48.

In occasione delle nozze Ginori- patria Firenze ; di Francesco Civelli Civelli, il Randi, che fu maestro dello da Cantu riporta alcune poesie latine sposo, con accurate biografie rin- di vario metro, migliori assai che le fresca la memoria di due antenati italiane del Ginori; ma le une e le della nobile coppia; e di Gino Ginori altre acconce a far fede deH'animo pubblica per la prima volta i sei so- nobile e della mente colta dei loro netti delle Cacciate Fiere, che sono autori, degnissimi entrambi che i ne- una fiera invettiva contro i principali poti cerchino in loro e titolo di gloria vizii, che deturpavano allora la sua e sprone a generose imprese.

RICCI LORENZO. Vita nova, Racconto illustrate con 12 incisioni.

Genova, G. Fassicomo e Scotti, 1896, 16U di pp. 222. Cent. 50. ROBERTI P. GIUSEPPE M.a dell'Ordine dei Minimi. Tre discorsi

in lode di S. Simeone profeta detti in Potnigliano d'Atelle. Roma,

tip. Poliglotta, 1896, in 16.° Cent. 50.

Non sono molti i discorsi stampati scritte le virtu e le glorie, non tor- intorno al santo profeta Simeone ; e neranno discari ai suoi devoti e ai per6 questi tre in cui ne sono de- sacri oratori.

RODR1QUEZ P. TOMAS. Estudio sobre los escritos de Santo To- mas de Villaneuva de la Orden de San Agustin por el P. Fr. To- mas Rodriguez Procurador General de la misma Orden. Segunda edicion. Salamanca, imprenta de Calatrava, 1896, 16° di pp. 150. Vendibile per L. 1,50 in Roma, Via S. Uffizio 1, e in Via della Scrofa, 90.

Questo libro e ordinato a mo- come interprete della sacra Scrittura. strare i fondamenti che vi sono per Speriamo che il libro fornira un va- dichiarare S. Tommaso da Villanova lido appoggio alia domanda gia fatta Dottore della Chiesa. Sono dunque alia Santa Sede dall'episcopato spa- esposti i grandi meriti ch'egli ha gnuolo, e servira insieme a prepa- come teologo dogmatico, come mo- rare 1'opinione pubblica. ralista, come ascetico, come mistico,

ROMEO SALVATORE, sac. - - II Giorno e scelte poesie liriche di Giuseppe Parini, con studii e commenti. Vol. I, contenente il Mattino e il Mezzogiorno. Catania, tip. dell'Etna, 1895, 16* di pp. 88. Cent. 65.

In una prefazioneoprolusioneche riarsi d' aver dato all' italiano Par- vogliamo chiamarla, molto sensata, naso un Foscolo, un Alighieri e un si ragiona del carattere del Parini, Leopardi. Buono e copioso il com- della sua satira, della sua arte, e mento, nel quale alle note d' erudi- della nuova scuola da lui aperta, zione s' intrecciano le dichiarative e che alle nenie accademiche aostitui le estetiche. una poesia tutta cose, e pote glo- SAEY PROSPER. La voyante de Paris. (Extrait de la « Revue

BIBLIOGRAFIA 343

Generate » aout 1896). Bruxelles, Soc. Beige de librairie, 1896,

in 16.°

Cenno storico e scientifico sulla sui giornali. II Saey la giudica os- infelice signorina Enrichetta Coue- sessa. don, il cui nome corse recentemente

SALGARI EMILIO. -- Attraverso 1'Atlantico in pallone. Torino, C.

Speirani, 1896, di pp. 246. L. 3,00.

E un bel romanzo descrittivo e Giulio Verne. II libro e illustrato con istruttivo del genere del romanzi di disegni di G. G. Bruno.

SCHIAPPACASSE NICOLO, sac. - - Galloneto in Val di Polcevera. Cenni storici con copiose note e documenti. S. Pier d' Arena, tip. Salesiana, 1896, 16° di pp. 152. L. 1,60. Si vende a benefizio della chiesa parrocchiale di Gallaneto. Eivolgersi in Geneva alle Librerie : Arcivescovile (Piazza Nuova) ; Lanata (Piazza San Lo- renzo) ; Fassicomo (Piazza S. Matteo). Dello scopo e del pregio della quad. 1093, pag. 97 del nostro pe-

presente opera sulle parrocchie li- riodico.

guri, abbiamo parlato abbastanza nel

SCHIAYI LORENZO, can. prof. -- Corso inferiore d'istruzione reli- giosa. Catechisnio che fu commendato da S. S. Papa Pio IX e pro- posto dalPEmo card. Giuseppe L. Trevisanato, patriarca di Yenezia ai Yescovi suffraganei per uso della gioventu nelle scuole ecc. Edi- zione YII ritoccata dall'Autore in eonformita agl'insegnamenti dei Sommi Pontefici Pio IX e Leone XIII e con riguardi al Manuale Bibl. del Vigouroux e Bacuez ecc. Padova, tip. del Seminario, 1896, 16° di pp. XII-330. -- L. 2,00.

II corso d'istruzione religiosadello passo dal noto all'ignoto per convin- Schiavi 6 da noverarsi tra i migliori; cerli della verita) ma quello che piu e noi ne parlammo gia altre volte, si adatta alle varie eta e classi di p. es. nel la serie VI, vol. IV, p. 230. scolari, i quali si suppongono gia cri- In questa settima edizione sono state stianie voglionomeglioistruirsi nella fatte molte utili aggiunte. II metodo Religione. La materia per6 del libro del libro e 1'ordine delle materie non e eccellente e copiosa, e acconcia ai e gia quello analitico (piu acconcio bisogni de' nostri tempi, agli adulti quando si procede passo

SETTIMANA (LA) Eucaristica., Operetta di una Adoratrice per- petua del SS. Sacramento. Quarta edizione accresciuta coll'ag- giunta di pensieri divoti per la SS. Comunione, appropriati per le solennita e altre feste dell' anno e di alcuni esempii di Santi proposti alia imltazione delle anime amanti del Signore. Geneva, G. Fassicomo e Scotti, 1896, 68° di pp. 192. Cent. 60.

STEFINI ATTILIO. L'educatore secondo la mente di Ausonio Fran-

344 BIBLIOGRAFIA

chi. Appunti presi alle sue lezioni di pedagogia. Milano, libreria religiosa G. Palma, 1896, in 16.° Cent. 25 franco di posta. Benche queste pagine sieno pub- cetti del celebre filosofo. Per parte blicate sotto il titolo di appunti presi nostra poi non possiamo che appro- da un discepolo e non di testo edito vare cotesta pubblicazione. V e piu dal maestro, cio non pertanto, poi- sapienza educativa in quest! pochi che il Franchi permise allo Steflni fogli, che in molti dei verbosi volumi di darli alia luce, possiamo ben ere- della pedagogia contemporanea. dere che esprimano fedelmente i pre-

STROPPA G., sac. Inscriptiones de Jeremiae Bonomelli Cremo- nensium Pontiflcis rebus gestis. Cremonae, H. Maffezzoni, 1896, 16° di pp. 72.

Sono 64 iscrizioni, scritte con leo, pel quale preghiamo noi pure molto buon gusto, ricordanti le geste 1'illustre Vescovo di voler gradire, del RevmoVescovo di Cremona, Mon- benche forse alquanto tardivi, i no- signor Bonomelli, e a lui offerte in stri omaggi. occasione del suo pontificate giubi-

TACCONE-GALLUCCI NICOLA, barone. Discorso pronunziato nel- 1'Adunanza inaugurale del Congresso Cattolico delle Calabrie (13 ottobre 1896). Reggio Calabria, tip. Morello, 1896, in 16.° - L. 1,00. Yendibile presso lo stabilimento Morello in Reggio Ca- labria.

Questo nobile discorso, che, dopo dimento, e valse al ch. Autore e alia uno sguardo ai secoli antichi, di- sua degna famiglia 1'apostolica be- pinge 1'odierna condizione della Chie- nedizione. Ce ne rallegriamo con lui, sa in faccia al liberalismo, presentato augurando che la sua parola possa in omaggio al nostro Santo Padre, portar ben lontano le scintille del fu da lui accolto con particolare gra- fuoco ond' 6 tutta compresa. TEIONE STEFANO, sac. Idee sulla predicazione per soli uomini.

Torino, tip. Salesiana, 1896, in 32.° - I figli in Collegio? Torino, tip. Salesiana, 1896, in 32.°

Piccoli di mole, ma pieni di succo talvolta la necessita del far educare sono questi due opuscoli, il primo i figli in collegio, ma in collegi re- de' quali mostra la convenienza e i ligiosi e non alia moderna. Racco- vantaggi della predicazione da farsi mandiamo il primo ai parrochi e ai in certi luoghi e certi tempi a soli predicatori, il secondo ai genitori. uomini; il secondo 1'importanza e

VACANT J. M. A. - - Etudes theologiques sur les Constitutions du Concile Vatican d'apr&s les actes du Conciles par J. M. A. Va- cant, Doct. en theolog., Chan, honor, et Prof, au Grand Seminaire de Nancy. Paris, Delhomme A. Briguet, Rue de Rennes, 83, 1895. Due voll. in 88 di pp. 734-569.

I due grossi volumi non trattano titolo Dei filius e versa sulla fede che di una sola Costituzione del cattolica. II rimanente sara com- Concilio Vaticano, quella che ha per mentato ne' volumi seguenti. II la-

BIBLIOGRAFIA

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voro, com' 6 di gran mole, cosi e di gran polso, perch& il ch. Autore si diffonde con pienezza nell'esposizione d'ogni singolo capo di dottrina. Ne si contenta di un semplice commento del testo, ma vuol fare opera di teo- logia propriamente detta, studiando in lung-o e in largo la tradizione della Chiesa durante il corso de' se- coli, le intenzioni dei Vescovi che de- tinirono questo e quel punto di dot- trina, il processo logico e storico della controversia negli atti stessi del Concilio, le dicliiarazioni poste- riori della Santa Sede e le sentenze de' teologi piu recenti sul medesimo argomento (I, p. 45). Difficilmente si trovera che all'A. sia sfuggita cosa di qualche importanza, appartenga essa o alia storia dei dommi, o alia erudizione teologica, o piu in parti- colare alia controversia. Si vegga ad esempio la bella esposizione circa la dottrina de S. Scriptura (I, pp. 458-552) dove e tenuto pieno conto dell'Enciclica Providentissimus Deus di Leone XIII e dove 1'A. miro in modo particolare a metter in chiaro

quanto le precedenti controversie di alcuni scrittori francesi avevano ab- buiato. Che proprio nulla resti a ri- dire sulle sue sentenze in tale que- stione, non vogliamo affermare. Cosi pure, altri non sono con lui d'ac- cordo nel dire che quell' inciso della Costituzione (cap. 2 De revelatione] e rebus creatis non sia stato definite, ma appartenga per accidens alia sem- plice dicitura letteraria (p. 296). Pa- rimente ci sembra troppo forte il dire che per la medesima Costitu- zione non sia stato definite Deum esse unicum, ne troviamo che la ra- gione recata dall'A. sia di gran peso (p. 308).

Per la storia e per la migliore in- telligeuza dei trattati servont) molto i documenti, che in grande copia, ma con ottima scelta, chiudono am- bidue i volumi (1, pp. 553-716 ; II, pp. 340-519) ; i quali tornano di molto onore alia scienza teologica di chi li ha scritti, e di non ordinaria utilita ai teologi nelle gravi questioni in- torno la fede, che particolarmente ai nostri giorni si vanno agitando.

YALENTINI ANDREA. II Palazzo di Broletto. Mlano, tip. com- merciale lombarda, 1896, in 16.°

YAN GESTEL ADRIANO S. J. De Justitia et lege civili. Prae- lectiones Theologicae. De principiis Juris et Justitiae deque Yi le- gum civilium in materia Justitiae juxta S. Thomam Doctoresque scholasticos. Editio altera plurimum aucta, auctore A. Yan Gestel S. J., lectore Theologiae Moralis in Collegio Theologico Soc. Jes. Mosae Trajectensi. Groningae, typis I. B. Wolters, 1896, di pp. 236. Le Prelezioni teologiche qui an-

nunziate sono lodevoli si per la bonta

della dottrina, si per la solidita della

trattazione, e si per 1'opportunita ai

tempi presenti de' punti che toccano.

Esse sono divise in due parti. Nella

prima si espone la dottrina intorno alia virtu della Giustizia e al Diritto

che ne 6 1'oggetto, e si dimostra la distinzione tra il diritto naturale e il positive, e tra questi e il diritto delle genti. Nella seconda si tratta della Legge civile in quanto essa e fonte di obbligazione morale in ma- teria di giustizia, STolgendosi in quat- tro paragrafi le importantissime que-

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BIBLIOGRAFIA

stioni riguardanti la natura e 1'esten- sione del potere che possiede lo Stato sopra i beni de' suoi cittadini, il di- ritto che esso ha di determinare la proprieta, e la forza delle leggi irri- tanti da esso sancite. Richiamiamo 1'attenzione del lettore in modo spe- ciale su questa ultima questione, molto discussa tra i teologi anticbi e moderni, e trattata dal nostro Au- tore con tanta chiarezza e precisione, da non lasciare dubbio di sorta al- cuna sulla verita della sentenza da lui difesa. Giovera qui trascriverne la conclusione, alia quale noi piena- mente sottoscriviamo:«In quaestione controversa inter theologos utrum lex civilis,irritans actum ob motivum ordinis publici, exigat necne iudicis applicationem.ad hoc ut pro foro con- scientiae obliget : respondendum no- bis videtur iuxta varium gradum ne- cessitatis huius legis pro bono com- launi: nempe si bonum commune postulet ut lex in conscientia irritet ipso facto, statim sic irritat ; non irri- tat autem nisi post sententiam iudi- cis si hoc sufficit ad bonum com- mune tuendum. De gradu huius ne- cessitatis, sicut etiam de aequitate talis legis, theologi est iudicare, qui in interpretatione prae oculis habeat agi hie de materia odiosa: quare in

tione civili tantum. » In tutti questi capi 1'A. segue fedelmente la dot- trina scolastica, ed ha eempre cura di ribattere gli errori correnti, t«- nendo d'occhio, come stella polare, gl'ingegnamenti contenuti nelle En- cicliche del Regnante Pontefice Leo- ne XIII. N6 si creda che egli, re- stringa il discorso ai soli principii generali, trasandandone la pratica applicazione, tanto utile alia retta loro intelligenza. Che anzi, massi- mamente nella seconda parte, tali applicazioni sono frequentissime per guisa che gli si potrebbe quasi rim- proverare di averle moltiplicatepiudi* quello che richiedeva 1'indole, non ca- sistica, ma scientifica del suo lavoro. Da questi brevi cenni, e dal riflet- tere che queste Prelezioni non sono state scritte dall'Autore pe' soli chie- rici, ma altresi pe' giovani laici che frequentano le Universita dello Stato, ognuno scorge quanto acconce esse tornino al bisogno presente. Siamo certi che, dove queste e simili isti- tuzioni si diffondano nella gioventu studiosa, si avra un efficace antidoto contro le perverse e pestilenziali dot- trine che, a pernicie della societa, si propinano da per tutto nelle scuole razionalistiche degli Stati aminoder- nati.

dubio standum ipsi est pro obliga-

VENERONI P. Manuale per lo studio e la pratica della Sacra Li- turgia, per cura del sac. Pietro Veneroni, mission, apost. e dott. in S. Teologia, prof, nel Semin. Yesc. di Pavia. Vol. 1. Nozioni generali. Forme e parti della Liturgia. Pavia, tip. del Private Istituto Artigianelli, 1896, 16° di pp. XVI-216. - - L. 1,50.

tori, senza tener verun conto dei progress! che nei medesimi studii si van facendo ogni giorno. E pero la lode che altra volta demmo alle Istituzioni liturgiche del Lapini di Firenze, per averla rotta pel primo con si deplorevole tradizione, rivol -

Una buona volta si comincia an- che da noi a battere nuova strada negli studii positivi, mettendo fine al comodo sistema di moltiplicare i libri, copiando con la massima se- renita di mente e con mirabile ac- curatezza le ignoranze di vecchi au-

BIBLIOGRAFIA

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giamo ora al ch. Prof. Veneroni di Pavia, sicuri che come il suo libro incontrera ogni miglior favore nei Seminarii, cosl il suo esempio sara quinc'innanzi imitate da altri an- cora. Chi prende in mano il presents volume e ne confronti il contenuto con altro simile degli autori piu vec- chi, vedra tosto in qual altra luce sono qui poste le loro sentenze e quante cose nuove, che per 1'addietro neppure si sognavano, sono qui state aggiunte. II medesimo dovra dirsi, ne siamo certi, degli altri volumi che seguiranno e che dovranno con- tenere per ordine la liturgia del Bre- viario, quella della Messa e quella de' Sacramenti e di altre funzioni eccleeiastiche.

II Veneroni si serve specialmente del Thalhofer e degli studii litur- gici sul III e IV Secolo del Probst. Avrebbe potuto di leggieri ampliare le sue fonti e quindi anche riscon- trare le sue dottrine con altri libri assai dotti, p. e. del Duchesne (Ori- gini del culto cristiano), del Funk (Le costituzioni Apostoliche), del me- desimo Probst (Sacramentarii ed Or- dini, Liturgia dal V all' V1I1 Seco- lo), ecc. Altri sussidii, specialmente per lo studio della liturgia mozara- bica e gallicana ed in genere delle liturgie oriental), gli sarebbero stati suggeriti dal Kirchenlexikon di Fri- burgo.

Parlando della liturgia ambro- siana il ch. Autore sarebbesi dovuto dichiarare risolutamente per 1'illu- stre Ceriani. Perche dare solo come probabile la sentenza intorno 1'ori- gine romana della liturgia milanese,

VEKNAKECCI AUGUSTO, prof. chesa del Vasto. Da document] celli, 1896, in 16° di pp. 212. E un documento storico critico

con cui il ch. Autore sfata la ro-

mentre il Ceriani ne dimostra la cer- tezza ? Perche lasciare ancora il dub- bio sull'autenticita del libro de Sa- cramentis, mentre il Ceriani me- desimo, d'accordo coi piu insigni scrittori modern! (p. e. il Bardenhe- wer), negano ch'esso sia di S. Am- brogio? Perchet citare ancora come fonte della liturgia milanese il buon vecchio Pamelio? Certo il testo di questo capo (p. 121 e segg.) non cor- rispoade alle note ; nelle note tu leggi la sentenza moderna degna d'ogni considerazione ; nel testo la sentenza antiquata. Doveva essere per lo meno il rovescio.

Qualche altro appunto. II Dreves ha pubblicato soltanto parecchi vo- lumi di poesie religiose e liturgiche del medio evo, e non gia libri litur- gici (p. 57). Falsa la sentenza che il Quignonez sia stato il primo a mi- gliorare il breviario (p. 58); lo rovino invece di pianta, facendo man bassa su tutte le piu antiche e piu vene- rate tradizioni.

L'Autore scrive assai compendio- samente, e se il suo lavoro appa- rira arido come libro di lettura, sara molto opportune come testo di scuola. Consiglieremo per ultimo di rimet- tere alia scuola delle cerimonie, cio che piu direttamente riguarda lo studio e la pratica delle rubriche. Mille ottimi libri si occupano di que- sto. II ch. Veneroni non invada il loro campo, e ci dia invece quel che gli altri non danno: e che torna piu necessario agli odierni studii del clero ed alia stessa pratica della li- turgia.

Lavinia Feltria Della Kovere, mar- inediti. Fossombrone, tip. Mona- -L. 1,50.

mantica leggenda formatasi intorno a Lavinia Feltria della Rovere, e ce

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BIBLIOGRAFIA

I'appresenta qual ella fu donna di vivace ingegno, di singolar cultura, di molta pieta e di animo iuvitto in mezzo alle tante tribolazioni cbe la ;i!llisser>> fin dalla sua giovinezza, quando si voleva darle in isposo Pie- tro de' Medici, uomo rotto a' vizii e si crudele, che poc'anzi aveva scan- nata la sua Cousorte Eleonora, fa- cendo, com'egli stesso poi disse, in quell'atto (da assassino) voto a Dio di rimaner celibe pel rimanente del giorni suoi. Sposata fu poi ad Alfonso Felice d'Avalos d'Aquino Marchese del Vasto e di Pescara, le cui nozze cant6 Torquato Tasso nella sua bel- lissima canzone 0 principe piu bello e nel Sonetto Nuova La- vinia. Ma quelle nozze, dopo i primi anni di felicita coniugale, furono per lei sorgente di mille amarezze e do- lori per parte de' parenti, di che il ch. Autore tesse la triste storia, la quale sparge molta luce sulle corti de' principi feudatarii italiani. Creb- bero poscia a dismisura le sue pene per le sventure incolte alle sue fi- glie e alle sue sorelle, per le con-

VICINI G., sac. La Casa del Pane, ovvero novena del S. Natale, illustrata da 12 fotoincisioni, da una carta, da una pianta col canto delle Profezie. Saluzzo, tip. San Yincenzo, 1896, in 32.° Cent. 25. Copie sei L. 1,30. Copie 12 L. 2, 40. Copie 50 L. 3,50. Copie -100 L. 15, 50. Si vende a beneficio di un'opera diocesana. Rivolgersi all'Autore in Saluzzo.

VOCE (La) di Maria Madre del buon consiglio al cuore della giovi- netta, ad uso de' Conservatorii, delle Case d'educazione e di tutte le famiglie cristiane. Napoli, Roma, stab. A. e S. Festa, 1896, 32° di pp. 112. -- Cent. 20.

AV ASM ANN E. S. J. Zur neueren Geschichte der Entwicklungslehre » Deutschland. Eine Antwort auf Wilhelm Haacke's c Schopfung

des Menschen*. Miinster, Aschendorff, 1896, di pp. 100.

Mk. 1,50.

Un certo Dott. W. Haacke ha pera col titolo: « La Creazione del- pubblicato non ha molto tempo un'o- I'uomo e dei suoi Ideali. Tcntativo

tinue insidie tese alle sue sostanze, di cui fu quasi del tutto spogliata e per una specie di prigionia e d'esi- glio a cui condannossi da se stessa per compiacere a Francesco Maria II Duca di Urbino, suo fratello di san- gue, ma non di animo, n6 di costumi. La sua vita non fu altro che una catena di affanni, sotto il peso dei quali soggiacque nel suo castello di Montebello il 7 giugno del 1632, ammirata per le sue virtu in vita e compianta in morte da tutti i Me- taurensi, specialmente da ogni sorta d'infelici, ch'ella pietosamente soc- correva.

II ch. Autore di questo scritto fe' opera sommamente commendevole in rivendicare dall'oblio la memoria e dalle romanzesche menzogne 1'onore di tanta donna, la quale fu a voce di popolo dopo la morte gridata santa. II suo libro sara letto con piacere anche per la purezza e facilita del suo dettato, e giovera moltissimo alia storia del malaugnrato feudalismo di Italia.

BIBLIOGRAFIA

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di riconciliaziont fra la Religione e la Scienza. » E veramente strana la pena che si danno cotesti patroni dell'evoluzione per riconciliare, di- cono essi, la Religione colla Scienza, cioe col loro sistema, che, proprio esso, merita assai un tal nome ! Vi la- vorano alcuni cattolici con ingenuita sconsigliata, e vi lavorano niente- meno parecchi scredenti con ipocrisia calcolata: d'accordo gli uni cogli altri nel pur volere che i fedeli in- chinino quell 'idolo di carta pesta; se non che i primi si sforzano di persuaderli che ci6 pu6 farsi senza danno della Fede, anzi all'opposto; e i secondi che pud farsi senza sca- pito della Religione naturale. A que- sti ultimi appartiene 1'Haacke, il quale, a comodo degli spiriti biso- gnosi di religione, gliene foggia una che non dia noia a chi di religione non ne volesse: onde egli conclude ilsuolibro: «Avendosi da scegliere fra il confuso Caos e il Cosmo or- dinato o tendente a un fine deter- minato, io non credo che la mag- gioranza degli uomini sia per appi- gliarsi al Caos. Comunque sia pero, il sistema della Natura che abbiamo svolto, da alia Scienza quel che e della Scienza e lascia libero a cia- scuno di dare a Dio quel che e Dio. » II che non e gran cosa a dir vero, poiche il valente evoluzionista

ha cominciato dal togliere a Dio il titolo di Creatore e Governatore del- 1'Universo, dichiarando che la crea- zione dal nulla e cosa inconcepibile : e che la spiegazione meccanica della Natura 6 Tunica soddisfacente per la Scienza. E cosi 1'evoluzionismo concilia colla Scienza la Religione.

II Wasmann pero considera il libro dell'Haacke setto un altro aspetto, del quale e da tenere nota speciale; in quanto ciofc da a dive- dere una nuova fase nella storiadel- 1'evoluzionismo in Germania. L'Haa- cke, che per ispiegar la sua sognata legge di equilibrio si vede costretto a supporre atomi animati, senzienti, dotati di volonta, sconfessa con ci6 la suiiicienza del sistema esclusiva- mente meccanico; egli non ha ri- guardo a ribellarsi del pari al Dar- win e all'Haeckel, salvo ad avvilup- parsi egli stesso in un laberinto di contraddizioni e a profondarsi nel sofito abisso di un ateismo negativo.

Siccome il libro dell'Haacke e stato, a quanto pare, diffuso e ac- colto non senza favore in Germania, la merce, come 6 credibile, di quel titolo ingannevole che ne fregia il frontispizio, chi 1'avesse ricevuto an- cor qui fra noi, e bene che ne co- nosca la sugosa e briosa critica del P. Wasmann, che abbiamo percio an- nunziata.

CRONACA CONTEMPORANEA

Roma, 1-15 gennaio 1897.

I. COSE ROMANE

1. Guarigione istantanea di Ersilia Cella, romana, avvenuta nella chiesa di Pompei. 2. Particolareggiata narrazione del fatto. 3. Stato della lotta tra la rivoluzione religiosa e il Papato. 4. Morte del Card. San- felice, Arciv. di Napoli. 5. Decreti delle Congregazioni romane. 6. Feste centenarie in onore dl S. Alfonso M. De Liguori. 7. Appunto storico.

1. II 17 ottobre delPanno teste passato, avvenne nella chiesa di Pom- pei che Ersilia Cella, romana, dell'Istituto delle Suore Dorotee e dimo- rante qui in Roma nel convitto a piazza dell' Indipendenza, ricevesse, al- 1'invocazione della B. Margherita Alacoque, guarigione perfettaed istan- tanea d' una anchilosi delle due ginocchia, proveniente da malattia progressa, ritenuta di natura tubercolare. La condizione delle due artico- lazioni, prive di movimento e rimaste, Tuna da molti 1'altra da parecchi mesi, in estensione, non permetteva alia malata, ne di sedere, ne d'ingi- nocchiarsi, ne di camminare senza le grucce; talche era, per lo piu, obbli- gata a passar la vita su d'una sedia a sdraio. Yenuto a nostra cogniziene immediata questo fatto, conosciuta di presenza la Suora, e udito da lei, dal medico curante e dacoloro che le furono attorno prima e dopo la gua- rigione, tutto il procedimen to della malattia e del risanarnento, ci parve essere questo uno di quei fatti al tutto degni di esser consegnati alia storia. Per6 credemmo bene di soprassedere ancora, per aspettare la riprova del tempo. Ne leggemmo intanto varie relazioni, come nell' Unitd cattolica (n.° 247), neiritalia reale (n.° 295), nella Vera Roma (n.° 44) e in altre effemeridi e periodici. Ora che il tempo ha dato, si puo dire, il suo ver- detto definitivo, confermante la gnarigione, e notizie precise, minute e immediate sono venute nelle mani di chi scrive queste pagine, credianio bene di pubblicare il fatto, indipendentemente da altre narrazioni, e con eonoscenza propria e personale, coi nomi e cognomi, recapito, date e tutto quel corredo di circostanze storiche, atte a manifestare un fatto reale e punto immaginario. E lo vogliamo fare colle stesse parole della

CONTEMPORANEA 351

Suora. E questa una donna in sui 37 anni, robusta e fiorente della persona, di franchezza e giovialita caratteristica romana, nella quale il sentimentalismo, 1'entusiasmo e altre debolezze isteriche sono lon- taae come da un libro di matematica. Cose tutte che, oltre gl'innu- merevoli testimoni, che ognuno pud a suo agio interrogare, sono buone guarentige del fatto storico, da cui agevolmente si deduce la sopran- naturalita di esso, come si pud con autorita ineramente umana.

2. Ecco, dunque, il fatto genuino, narrato dalla Suora menzionata. « In seguito a sinovite tubercolare manifestatamisi al ginocchio destro « nei primi mesi del 1892 e curata dal Prof. Topai con le caustica- « zioni trascorrenti, mi si formo nel ginocchio stesso Yanchilosi retta, di « modo che non mi poteva piu muovere, se non con 1'aiuto delle grucce 1. « Arrivai cosi fin verso la fine del 1894, ed allora, stante il grande « esercizio, potei lasciar le grucce e camminare discretamente nel piano, « benche trascinando la gamba anchilosata. Nel geniiaio 1895 avvertii « dolori nel ginocchio sinistro, ed oh ! quai tristi presentimenti mi si « destarono nell'animo ! Chiamato ntiovamente il Prof. Topai, questi « mi fece mettere a letto, e mi applied rimedi energici che poco o « nulla giovarono, e nel marzo susseguente, tenutosi un consulto fra il « suddetto professore ed il Prof. Durante, ambedue dichiararono trat- « tarsi anche allora di sinovite tubercolare; furono provate le iniezioni « intrarticolari, ma vedendo che la malattia non cedeva, il Prof. Topai « torno alle causticazioni trascorrenti.

« Intanto nell'agosto, dovendo il detto professore assentarsi per qual- « che giorno da Eoma, mi mando in sua vece II Prof. Cochetti, il « quale, visitatami, disse alia Suora assistente, che sarei rimasta in- « felice per tutta la vita, giacche anche il ginocchio sinistro si era « anchilosato. Nell'ottobre infatti la seconda sinovite tubercolare era « scomparsa come la prima, ma io aveva Yanchilosi a tutte due le gi- « nocchia e non poteva piu camminare affatto. Passava la mia vita o « in letto o sopra una seggiola a sdraio, fatta fare appositamente per me, e cosi sarei rimasta fino alia morte, se il Signore, dopo quasi c cinque anni di preghiere, a lui innalzate dall'Istituto e dalla mia « famiglia, non si fosse degnato d' ispirare alia mia Superiora di man- « darmi al santuario di Pompei. Fui messa con grande fatica nel

1 Sinoviali diconsi dai medici quelle membrane che racchiudono le parti estreme delle ossa fra loro articolate; sinovia e appunto Pumore untuoso che da quelle si secerne nelle cavita articolari, per facilitare il movimento; sinovite e 1'infiammazione delle membrane sinoviali. Yanchilosi 6 una malattia che proviene dalla infiammazione della sinoviale o delle superficie articolari delle ossa, o di ambedue, e consiste in un impedimento, intero o no, dei movi- menti articolari, sia per formazione di briglie fibrose, sia per saldamento fra le ossa.

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« treno e mi accompagnd la Madre Antonina Montani Leoni, quella « stessa che mi aveva assistita con tanta e isquisita carita durante « la malattia tubercolare. Era il giorno 15 ottobre testfc decorso. e il « domani 16 fu da me passato quasi tutto nel supplicare la Vergine « SSma del Rosario ad aver compassions di me. Univano alle mie le « loro preghiere la mia coinpagna di viaggio, la Madre Caterina Cer- e vetto, Superiora del nostro Collegio di Posilipo, la mia Emilia, a c me doppiamente sorella, per nascita cioe e per religione, e il Cano- « nico Filippo Forlivesi mio zio materno, i quali tutti si erano riu- « niti a Valle di Pompei per implorare la mia guarigione ; ma la « Madonna parea facesse del sordo.

« To era abbattuta di animo, e al pari di me erano scoraggiate le « persone a me care che mi circondavano con tanto affetto. CHa si era « fissata la partenza pel domani, 17 ottobre, quando la sera fu, da non « so chi, osservato che il 17 era la festa della Beata Margherita Ma- « ria Alacoque. Qtiesta semplice osservazione fu come una scintilla « che accese un gran fuoco nel cuore del Comm. Bartolo Longo, dan- « dogli sicurezza che il miracolo si sarebbe operato dalla Beata, di- «t scepola del Cuor di Gesu ; ma io non rimasi soddisfatta e molto « meno entusiasmata, e dissi freddamente che aspettava la grazia dalla « Madonna e non da altri. Nondimeno le infocate parole rivolte dal « Commendatore, in mia presenza, alle orfanelle, finirono per met- « termi in cuore un po' di speranza, che svani pero nella notte, da « me passata, secondo il solito, insonne. La mattina mi portarono in « chiesa e mi collocarono vicino all'altare del Sacro Cuore colla Beata « Margherita. Durante la Messa, tenendo io fra le mani una reliquia « della Beata, la passava dall'uno all'altro ginocchio, ma con poca < fiducia. Mi portarono la S. Comunione ed in quel punto la Madre « Montani guardo 1'orologio allo scopo di farmi prendere qualche ri- « storo appena trascorso un quarto d'ora : erano le setle e un quarto. « Alle 7 V* nell'atto che le Sucre e Io zio si accingevano ad alzarmi, « per mettermi sulle grucce ed accompagnarmi fuori della chiesa, si « desto in me un sentimento di fede cosi viva, che mai in vita mia « ho provato 1'eguale, e : Beata Margherita, esclamai, fate di esserc gtorificata in questo santuario di Pompei. Pronunziare queste pa- « role, sentire un dolore acuto nel ginocchio come se mi si spezzas- « sero le ossa, e al tempo stesso concepire certezza d'esser guarita, « fu un punto solo : Lasciatemi, sono guarita, ho ottenuto il mira- « colo. E in cosi dire mi gittai in ginocchio, rifiutando 1'appoggio « offertorni. Alzatami, camminai da sola e m' inginocchiai sul gradino « dell'altare della Beata ; percorsi quindi liberamente la chiesa, salii i « gradini dell'altare della Yergine, m' inginocchiai nuovamente pian- « gendo di commozione, e poi, tenendomi dritta sulla persona, cantai

CONTEMPORANEA 353

« il Magnificat in mezzo ad una folia di popolo, accorsa al grido del « miracolo. Segui quindi un solenne Te Deum. Sien grazie e lodi « eterne alia Yergine SSma e alia diletta sua figlia la Beata Marghe- « rita che essa voile glorificata nel suo santuario con miracolo tanto « insperato ! La mia gratitudine e immensa, ne parola potrebbe mai « esprimerla. La Madonna SSma e la fedele sua Serva mi ottengano « grazia di testiftcarla loro con le opere, finche mi basti la vita. ER- « SILIA CELLA, Religiosa nell'Istituto di S. Dorotea. »

3. La lotta che la Chiesa sostiene in Italia, e in ispecie a Koma, contro la rivoluzione religiosa non e priva di buoni frutti. La lotta, come la sventura, rinvigorisce, purga, separa gli umori maligni e i lottanti mostrano quel che valgono. I liberali oramai non rimprove- rano altro ai cattolici che il desiderio nutrito da questi, di veder ristorato il Papa nella sua piena e reale indipendenza, nel che pero questi stanno nel loro diritto. Tutte le altre viete accuse contro il Papato si possono dire cessate ; mentre questo procede nella sua via luminosa. E cio per confessione di non pochi tra i liberali. L'ln- ghilterra, per dare un esempio, negli ultimi 15 mesi diede al Papato ben quinditimila persone, delle quali duemila della sola diocesi di Westminster, come appare dal Catholic Directory pel 1897 compilato nell'Arcivescovado di Westminster, e presentato al Papa, che e lie- tissimo di questi frutti della sua opera. Quanto all'Italia, il libe- ralismo, il quale solennemente affermo di voler restaurare in Roma I'ordine morale e pieno di magagne, come e manifesto dalle pa- role d'un liberale autentico, lo Scarfoglio, citate nel primo articolo di questo quaderno, e come si prova da altre confessioni e da altri fatti. Scipio Sighele in uno scritto La focieta positivista italiana * afferma che, degenerate oramai lo scopo patriottico nelle « due forme sotto cui si manifestava, la guerra e la politica », non resta altra arma da opporre al Papato che la scienza. « Nessuna idea, dice, era « venuta dalla citta eterna a contrapporsi a quelle grandissime che <tusdvano dal suo passato; e noi che ci trovavamo quasi accampati « in questo paese, non avevamo saputo piantare, di fronte alle po- « tenze nemiche, Vunico accampamento temibile e sicuro, quello della « scienza. » II liberalismo dunque deve ancor cominciare a opporre qualcosa di solido aMa Chiesa, e non riconosce in se finora che brutture. II senator Vitelleschi, parlandosi in senato, il 9 gennaio, de' delitti sempre crescenti, accenno chiaramente alia causa di essi, dicendo : « Dn errore politico fu per 1' Italia di portare la lotta, che sosteneva col Yaticano, nel campo religiose. Cosi abbiamo demoraliz- zato il popolo. Fu errore abolire 1' istruzione religiosa nelle scuole, .

1 Pubblicato nella Tribuna. Serie XVI, vol. IX, fasc. 1119. 23 30 gennaio 1897.

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togliendo alle masse la nozione del bene e del male. Abbiamo im- partito un insegnamento ateo ; e se ne vedono gli effetti in tutte le class! social i. Nelle classi piii alte i fallimenti, la bancarotta, la man- cata fede, i suicidii ; nelle piu basse, le rapine violente, gli omicidii, gli assassinii. Quando si discusse il nuovo Codice penale, io lo dissi il piii disadatto alle condizioni reali del popolo italiano. Fui profeta : si aboli la pena di morte, ma i reati contro la vita, anzich6 scemare, aumentarono oltre misura. »

4. Poco avanti le 2 di notte, del giorno 3 gennaio, moriva pia- mente in Napoli il Card. Guglielmo Sanfelice, Arcivescovo di quella citta; moriva circondato da quelli del suo clero e con tiitti i con- forti religiosi. Guglielmo Sanfelice, dei Duchi d'Acquavella, era nato in Aversa il 13 aprile 1834. Fatti i primi studii presso i Benedet- tini di Cava de' Tirreni ed entrato dapprima nella milizia ecclesia- stica secolare, nel 1851 poi riparo al claustro di Cava de' Tirreni, vestendo 1'abito di S. Benedetto. Dopo forniti gli studii, di cui una parte a Roma, ritorno alia badia di Cava de' Tirreni, coltivando la letteratura classica, di cui ebbe il diploma di professore. Da quel claustro solitario, dopo la morte del Card. Riario Sforza, il Sanfelice fu tratto all'Arcivescovato di Napoli, il 15 luglio del 1878, ornato poi nel 24 marzo del 1884 della dignita cardinalizia. La dote caratteri- stica del Card. Sanfelice era la carita e la popolarita, onde la sua morte e stata accompagnata dal rimpianto di tutti, buoni e cattivi, cristiani o no. E hanno ricordato con pietose parole la sollecitudine amorosa ond'egli accorse, qual angelo consolatore, nel terremoto di Casamicciola il 1881, e nel colera di Napoli il 1884. Tutti, come di- cemmo, cattolici e liberali hanno sparso fiori sulla tomba del defunto Cardinale, e lo stesso Imperator Guglielmo, memore del colloquio avuto con lui a Camaldoli (e fu pel Cardinale sorgente di amarezze) inando a Napoli il suo Ministro, il Conte di Bulow, per far le sue condoglianze e assistere ai funerali di lui. Ai solenni funerali, tele- grafava 1'agenzia ufficiosa governativa, assistevano 1'anibasciatore di Germania con seguito, il prefetto, il sindaco, 1'alto clero, i generali, gli ammiragli, senatori e deputati, le principali autorita, i consiglieri comunali e provinciali e una folia di invitati delle alte classi sociali. Tutto questo va bene e torna anche a lode del Cardinale Sanfelice. Ma ci dispiace vedere come una parte delle lodi furono a lui tribu- tate dai nemici del Papa. Non appartiene ora a noi far la cerna e indagare le cause remote, donde poterono provenire. Ci basti accen- nare il nudo fatto, riserbando ai posteri ogni giudizio. E cattiva lode, per esempio, questa di Vincenzo Morello J, scrittore avversissimo al cat-

1 Nella Tribuna, n.° 4, sotto il pseudonimo Rastignac.

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tolicismo : « Naturalmente, un Prelate di questo genere, tutto intento a dir parole di pace e a far atti di carita fra le genti, uon poteva alimentare il dissidio fra la Chiesa e lo Stato, per se stesso produt- tivo di odii e di amarezze, di rancori e di gnerra. Per lui quindi non esisteva ; per lui il popolo napoletano non imaginava neppure che esistesse un dissidio tra la Chiesa e lo Stato. II popolo napoletano aveva visto, durante il colera, il Cardinale e il Re sullo spiazzale dell'ospedale della Conocchia, assieme, dopo la visita agli ammalati ; aveva visto, dopo, il Cardinale al palazzo reale ; aveva visto, dopo, il Cardinale salire il primo a benedire sulla nave i feriti di Dogali; e non poteva quindi fare a meno di confondere in una stessa ammira- zione e in uno stesso sentimento di gratitudine I'uomo nell'esercizio delle funzioni di prete e di cittadino. Perche non si agisce in alto, come il Cardinal Sanfelice? Perche, come egli fa, non si Javora in alto ad attutire piu che a rendere stridenti le diffieolta? Perche, se il Cardinal Sanfelice 6 un santo, non si pensa altrove e non si opera come lui? Questi, gl'interrogativi del popolo, di fronte all'azione del suo Cardinale, tanto diversa dall'azione del Yaticano e dei piu feroci vaticanisti. » Cosi il Morello. E il Berliner Tageblatt, citato dall'Os- servatore Cattolico (n.° 5) recita pure un elogio parimente dispiacevole, non potendosi ancor sapere se provenga dalla malizia dello scrittore

0 da altre cause. Come storici dovemmo accennare a tali fatti.

5. DECRETI DELLE CONUREGAZIONI ROMANE. 1.° Intorno ai miracoli per la canonizzazione del Beato Zaccaria, fondatore de' Barnabiti e del B. Pietro Fourier. Queste due cause si possono dire oramai condotte a termine. II giorno 6 corrente fu pubblicato il decreto comprovante

1 miracoli del B. Pietro Fourier di Mataincourt, Apostolo della Lorena, de' Canonici regolari di S. Agostino ; il giorno 19 poi vi fu adunanza della S. Congregazione de' Riti, ove i Cardinali e Prelati dovcvano dare il voto per i miracoli, attribuiti al B. Zacearia. Anche di questi uscira quanto prima il decreto definitive. 2.° Soluzione di dubii re- lativi all'altare del sepolcro nella settimana santa. Alia dimanda, fatta alia Congregazione de' Riti, se 1'altare del santo sepolcro rappresenti la sepoltura del Signore o 1' istituzione del SS. Sacramento, fu ri- sposto che rappresentava ambedue le cose. Ad un'ulteriore dimanda se fosse lecito esporvi le statue o pitture della Madonna, di S. Gio- vanni, di S. Maria Maddalena e de' soldati custodi del sepolcro, fu data risposta negativa, eccetto a toller arU, ove vigesse la consuetu- dine. II decreto e del 15 dec. 1896. 3.° Sul perdersi o no certe indulgence. Un compratore fa incetta da un negoziante, di crocifissi, corone e simili ; poi prega. il venditore che voglia, a suo nome, fare prima annettere certe indulgenze da chi ne ha la facolta, e poscia spedirgli il tutto, pagando il prezzo de' crocifissi e corone, comprese

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le spese postal!. E ci6 vietato? E gli oggetti perdono o no le indul- genze? Fu risposto che no. Sarebbe vietato, per contrario, e gli oggetti perderebbero le indulgenze, se il venditore, antecedentemente alia ven- dita e commissione determinata, volesse fare annettere le indulgenze a quegli oggetti. Tal decreto e del 10 luglio 1896 !.

6. Nel trascorso anno e stato celebrato in varie ocoasioni, tanto a Eoma quanto a Napoli, il secondo centenario della nascita di S. Al- fonso M. De Liguori. La celebrazione, naturalmente, e stata piut- tosto civile che liturgica, ed alia festa della scienza s'e unita quella della carita, come diremo. Questa celebrazione del secondo centena- rio della nascita del piu illustre Santo e dottore moderno, qual fu S. Alfonso de' Liguori, e dovuta al Circolo di S. Sebastiano di Roma. Riepiloghiamo brevemente i fatti. II 22 aprile si celebrarono feste religiose nella chiesa de' PP. Redentoristi alPEsquilino per Pespo- sizione dell' imagine della Madonna del perpetuo soccorso, e per Poc- casione d'un pellegrinaggio alia tomba di S. Alfonso ; il 24 dell' istesso mese i pellegrini furono ricevuti solennemente dal Circolo di S. Seba- stiano; il 4 ottobre si scoperse una lapide commemorativa in Marianella nel luogo, ove nacque S. Alfonso, presenti il Card. Sanfelice e il Sin- daco di Napoli ; il 22 ottobre e il e 15 di novembre s'imbandirono tre pranzi ai poveri, il primo in S. Maria in Cappella, il secondo e il terzo in S. Anna de' Bresciani; il 26 novembre vi fu solennissima accademia nell'aula magna della Cancelleria apostolica, in cui il ^Card. Vicario, L. M. Parocchi, lesse un bellissimo discorso sopra S. Alfonso e le sue opere; finalmente il 6 gennaio di quest'anno il S. Padre ricevette in udienzte, particolare il Presidente del comitato per le feste, il P. Generale e il P. Procuratore generale de' PP. Li- guorini, il Presidente del Circolo romano di S. Sebastiano ed altri. Essi offrirono al Papa tre esemplari della medaglia commemorativa delle feste centenarie, uno in oro, uno in argento e uno in bronzo, alcuni esemplari del numero unico teste pubblicato e una recente edizione della musica di S. Alfonso. Duetto fra I'anima e G. C. II S. Padre gradi molto 1'omaggio, si congratulo dell'opera intrapresa dal Circolo e dal comitato e ne lodo il fine altissimo che si era questo proposto. S' intrattenne poi lungamente con gioviale affabilita, ricor- dando i sentimenti provati quando nel 1839 celebrd la Messa sul- 1'altare che accoglie le ossa di S. Alfonso a Nocera de' Pagani, e i progress! che sotto i suoi occhi vide fare alia Congregazione del 36. Re- dontore nel Belgio, durante il tempo in cui ivi fu Nunzio apostolico ; dove il numero dei Liguorini da due ascese in pochi anni a duecento. Bellissima, tra tutte le opere, e riuscita' quella d'un opuscolo illu-

1 Acta S. iledis, p. 370, fasc. di decembre.

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*trato sopra S. Alfonso e la sua Congregazione, stampato con gran lusso, colla cooperazione di eccellenti scrittori e con moltissime in- cisioni di cose relative a S. Alfonso, alle persons piu segnalate •della sua Congregazione, alle case e alle chiese della medesima '. 7. APPUNTO STORICO. Sulla conversions al catlolicismo della Prin- cipoesa di Napoli, Elena di Montenegro. Una lettera spedita da Roma all' Univers di Parigi, di cui si e parlato alia fin di decembre anche ne' giornali cattolici d'ltalia, asserisce varie cose che modi- ficano alquanto i particolari della conversione di Elena di Montene- gro; diciamo i particolari, non la sostanza della conversione stessa. L' istesso udimmo da altre fonti. I particolari modificati sarebbero i seguenti: primo, che 1'abiura non fu fatta gia nella basilica di S. Ni- cola di Bari (ove solamente si sarebbe celeb rata la Messa), ma a bordo del Savoia, prima che Elena mettesse piede in terra e in un mo- inento, quando quasi tutti i passeggeri, il Principe Nicola ed altri, erano saliti a bordo della corazzata Francesco Morosini: secondo, che Elena abbia avuta poca istruzione cattolica, prima del passaggio alia Chiesa romana; terzo, che tutti gli atti pubblicati dai giornali su detta conversione sono apocrifi, compreso il disco rso, messo in bocca all' Abate Piscicelli in S. Maria degli Angeli. Or di queste tre cose, a noi consta con certezza quest' ultimo punto, relative al discorso del- 1'Ab. Piscicelli, cioe che esso e apocrifo ; e dobbianio dirlo a onoue del vero, benche fosse da noi riferito, fondati nella ragione che non era stato smentito, come si sarebbe dovuto aspettare. Quanto agli al- tri punti non c'e stato fatto di poterli verificare, e ci basti avere ac- cennato al grado di probabilita che essi hanno.

II. COSE ITALIANS

1. Particolarita sul trattato di pace coll'Abissinia. 2. Scioglimento dei Circoli socialistici di Roma e della provincia. 3. II cosi detto cen- tenario della bandiera tricolore. 4. Suicidio dell'Abate Anelli.

1. I fatti pubblici dell' Italia governativa di questa prima meta •di gennaio son due : uno riguarda il trattato di pace coll'Abissinia, 1'altro lo scioglimento delle associazioni socialistiche di Roma e de' suoi dintorni. Quanto al trattato di pace, esso e stato poco fa pubblicato per intero. Noi ne demmo gia il sunto trasmesso in Italia dal Neraz- zini, e non fa d'uopo ripeterlo. Non sara inutile pero farvi alcune osservazioni. II trattato comincia : Nel nonie della SS. Trinitd. E una 1 Fu pubblicato per cura del Circolo romano di studi S. Sebastiano dalla tip. Desclee in Roma.

358 CRONACA

prova che esso fu redatto in Abissinia ; in Italia ove pure la religione- cattolica 6 la religione dello Stato, forse i governanti si sarebbero vergognati di cominciare il trattato cosl. La seconda osservazione e quella riguardante la piena ed assoluta indipendenza dell' Abissinia f tale cioe che questa potra a suo piacere mettersi o no sotto la pro- tezione di chicchessia. Eppure il sottoininistro Sineo a Carmagnola aveva detto che 1' Italia aveva imposto all'Abissinia una indipendenza forzata, con proibizione, cioe, di mettersi, se le talentasse, sotto la protezione altrui. La terza cosa da osservare e la frase inserita nel trattato, e quindi riconosciuta vera dall' Italia, che il Negus ebbe pei prigionieri la piu grande sollecitndine. E dire che fino a ieri non si fece dai pubblicisti governativi che gridare contro le sevizie di Me- nelik verso i prigionieri e contro Mons. Macario che riferi dei discreti trattamenti loro fatti dal Negus ! L'ultima osservazione e sulla inden- nita o compenso da darsi dall' Italia pel mantenimento de' prigionieri. Notizie officiose dicono che il compenso e di otto o died milioni. Forse il netto non si sapra mai. Ma pure, attenendoci a questa somma, si vede chiaro che i detti milioni non sono tanto per compenso del man- tenimento de' prigionieri (compenso, inoltre, lasciato all'equita del Governo italiano, come dicesi nel trattato), ma un vero tributo di guerra. In fatti, se fossero solo otto i milioni da dare al Negus (pren- diamo la somma piu bassa), ripartiti tra 1500 prigionieri per 300 giorni di prigionia, e fatto un conto molto largo, la spesa verrebbe ad essere di venti lire al giorno per ciascuno ; appunto quanto spende un gran signore ne' primi alberghi d' Europa. Da cid si conchiude che gli otto milioni (e chissa quanti altri ancora) sono un vero tributo- . di guerra, detto pero eufemisticamente : Compenso per il manteni- mento de' prigionieri, lasciato alia equita e gentilezza del Governo d' Italia.

2. II giorno 9 di gennaio la polizia romana, per ordine del Pre- fetto, sciolse in Roma e nella provincia la Camera di lavoro e tutti i Circoli socialistici. La Camera di lavoro era stata fondata nel 1892" per lo scopo di servire d' intermediaria tra 1'offerta e la domanda di lavoro e di patrocinare gl'interessi de' lavoratori. Lo scioglimento fu eseguito con tutte le precaux-ioni poliziesche possibili, e i socialist! dovettero vedersi sequestrate carte, oggetti e documenti d'ogni specie. I Circoli sciolti furono i seguenti: 1.° La Federazione socialista cen- trale romana avente sede in piazza Sant' Ignazio ; 2.° II Circolo socia- lista di Albano Laziale, avente sede in Roma, via Castro Pretorio al pian terreno : 3.° II Circolo socialista Tiburtino, avente sede in Roma in via Latini ; 4.° I Circoli socialisti di Genzano, Zagarolo, Percile, Civitavecchia e Corneto Tarquinia nelle rispettive sedi d'onde pren- dono nome; 5.° La Camera di Lavoro, avente sede in Roma, vicolcv

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Margana. I motivi addotti nel decreto di scioglimento sono : 1'odio di olasse tra lavoratori e proprietarii , fomentato dai socialist!; 1'ordi- narsi in numerose schiere per iscopi sovversivi dell'autorita costituita, facendola bersaglio di disprezzo e di minaccia ; e infine il peiicolo •di disordini, come si vide il 25 decembre, in cui ne sarebbeio certo avvenuti senza il pronto accorrere delle milizie e delle guardie. Que- sti motivi sono certo buoni e saranno i veri, ma non sono i soli. Al- cuni dicono che la ragione vera del provvedimento stesso, maturato e voluto in alto luogo, deve ricercarsi nel linguaggio violento usato dai socialisti deputati alia Camera, nelle recentissime tornate, nelle quali furono discusse e 1' interrogazioni sulla politica interna del Governo e la proposta dell'onorario di un milione pel Principe di Napoli. Noi non abbiamo nulla a ridire su tali ordini amministrativi ; solo do- mandiamo : Oh ! perche quando simili operazioni erano fatte dai Go- verni passati, questi erano detti tiranni, laddove i presenti sono ap- pellati liberali? Eccetto questa maucanza di logica, il resto va be- nissimo. E il solito lato debole del liberalismo.

3. Una societa di ufficiali ha promosso una festa civile centenaria per la bandiera tricolore bianca, rossa e verde ; bandiera che, adot- tata dall' Italia legale nella rivoluzione politica e religiosa della peni- «ola, e il simbolo della guerra mossa al diritto antico, ai Principi italiani e al Papa. La bandiera tricolore italiana veramente non pare che rimonti oltre il 1848, quando Carl'Alberto la consegno ai reggi- menti che erano per varcare il Ticino. Ma. siccome nel secolo pas- sato, il 7 gennaio 1796, la repubblica cispaclana, formata dai prepo- tente Bonaparte, adotto a Reggio di Emilia una bandiera coi medesimi colori, percio quella societa di ufficiali ha voluto vedere in quella data il natale della bandiera stessa ; benche par certo che nell'anno precedente essa sventolasse anche a Bologna, dopoche i Francesi eb- bero atterrato le insegne papali e imposta una taglia esorbitante ai vinti. I Francesi erano i liberatori degl' Italiani di que' tempi, libe- randoli a Bologna di quattro milioni, a Yenezia di sei milioni, a Parma e Piacenza di venti, eccetera ; senza dire de' ladronecci delle opere d'arte e di mille altre angherie. Ora, tutte queste infamie fu- rono fatte aH'ombra della bandiera tricolore, ottenuta con umili preghi dai vincitori, e di questa bandiera si voile celebrare il centenario, come d' una gloria patria. In fatti Giosu6 Carducci, invitato a par- lare a Reggio, il 7 gennaio di quest'anno, chiamo quel giorno il natale della patria: « Noi celebriamo, o fratelli, il natale della patria. » E fu facile al valente letterato abusare della sua arte per dare ad in- tendere « al popolo di Reggio > e ai « cittadini d' Italia > , ai quali rivolse il discorso, cose lontane dai vero, trasportandoli dai modesto presente ne' tempi passati, richiamando Atene e Olimpia, le ferie la-

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ziali, I'dltare della patria, Erodoto che leggeva le istorie, e poi gift gift Michelangelo, Galileo, la vetta di San Martino, il Campidoglio. Ma la bandiera tricolore, sorta coll' ignominia della patria italiana, era la medesima che servl ne' tempi nostri a introdurre il diritto nuovo in Italia. E quindi si voile celebrarne il centenario. E 1' iscrizione, posta nell'atrio del palazzo civico di Reggio, lo dice a chiare note : II Con- gresso Cispadano Delle citta di Bologna, Ferrara, Modena e Reggie* Adunato in questo palazzo II giorno VII gennaio MDCGXCVII Ordino Che fosse universale lo stendardo di ire colori Verde, bianco e rosso -- Di qui la bandiera Tosto augurata dalla fede dei pensatori Salutata dalle speranze dei poeti Bagnata dal sangue Di martin e di soldati eroi Indi dal popolo e dal Re concordi Decretata simbolo e vessillo della nazione Mosse piena di fati Alia gloria del Campidoglio Dove mndice del diritto italiano Consacra la liberta e Vunitd della patria - - VII gennaio MDCCCXCVII.

3. II giorno 14 gennaio, 1'Abate Cav. Rinaldo Anelli, Parroco di Bernate Ticino (Magenta), il noto inventore de' forni economici, detti Forni Anelli, si uccise con un colpo di pistola, nei giardini pubblici di Milano, sotto la statua del Generale Sirtori. E una triste istoria, questa d'un sacerdote suicida, ma sara istruttivo 1'averla narrata. Ri- naldo Anelli, di nobile famiglia milanese, era nato a Civenna (Como) ed aveva 55 anni. Nel 1860 lascio gli studii, che faceva nel seminario di Monza, per combattere nelle ultime guerre rivoluzionarie italiane. Tomato in Lombardia, riprese gli studii teologici e divenne Parroco di Bernate Ticino. L'Anelli acquisto molta popolarita in Italia co'suoi forni economici, inventati da lui per dare ai contadini pane di buona farina, ben cotto e al massimo buon mercato. Secondo che narrano le effemeridi milanesi, il primo di tali forni fu costruito da lui a Bernate nel 1879 ; e simile a quello ne furono costruiti a Pezzano,. a Casignolo presso Monza, a Inzago, a Gorla, a Cesate, a Villanterioy a Fino Mornasco, a Misinto, a Varedo, a Cavenago d'Adda, a Ber- nate Comasco, a Calvenzano, a Novara (suburbio), a Casalino (No- vara), eccetera. Successivamente an che nel Veneto, nelle province- di Treviso e di Padova, si costruirono vari forni Anelli. L'ab. Anelli r dice 1' Italia dtl popolo, piccolo di statura, piuttosto grasso, col volto assai colorito, aveva la parola facile ed' arguta, il gesto vivace ed espressivo. Anni sono si mostrava assai accurato nel vestire. Ora in- vece, sempre in moto, sempre in viaggio da Bernate a Milano e vice- versa, sempre in faccende pei suoi disegni, lasciava apparire nel suo- esteriore certa negligenza. Da molti anni egli di6 principio alia sua propaganda pel pane a buon mercato. Studio con passione il problema e credette averlo risoluto coi forni economici da lui inventati, a riscal- damento esterno ed azione continua. Consacrd poi ogni sua cura alia

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costruzione di quei forni, e nelle numerose prove dedico gran parte del suo avere. All' esposizione di panificazione nel 1887 egli presents uno del suoi forni, e fu quello, uno dei suoi piu lieti momenti, avendo avuto un diploma di merito e molta notorieta. Ma poi comincio ad in- golfarsi nei debiti, e parecchi suoi impianti di forni non corrisposero al- 1'aspettazione. Di qui la rovina morale dell'ab. Anelli. Dedicatosi troppo alia beneficenza materiale, piu di quello che poteva permettere la sua professione sacerdotale, ritorno colla mente e col cuore alia condizione, non pur di laico cristiano, ma di laico senz'aggiunto. Le sue ultime lettere lo dimostrano. « Muoro presso Sirtori (diceva un suo viglietto) col quale ho combattuto per la liberta e per 1'onesta. Con questi principii mi uccido. Viva la liberta ! » L'autorita ecclesiastica, come •era giusto, neg6 al suicida 1'esequie religiose, essendo essa giudice degli atti esterni (che degli interni e giudice solo Dio). II bello e che questo, certo, non esemplare sacerdote, d' indole estrosa, inchine- vole alle idee rivoluzionarie ed agli uomini d'ogni partito che le professaho, anziche alle amicizie ed alle cose proprie del sacerdote •cattolico, era pei liberali il tipo ideale, e versano lacrime di cocco- drillo sulla sua tomba. Ma dalla trista sua fine, se volessero, po- trebbero facilmente giudicare della malizia delle cause precedent! che la prepararono.

III. COSE STRANIERE

GERMANIA (Nostra Corrispondenza). 1. Guglielmo II e la Russia; le re- lazicni estere a fronte delle rivelazioni bismarckista. 2. Un covo di rettili. 3. Statistica religiosa della Prussia e della Germania; noti- zie storiche ed altre. 4. II duello al Reichstag. 5. Buoni riusci- menti dei cattolici. 6. Morte di un dotto sincero.

1. In un diario russo, il Wjedomosti di Pietroburgo, un vecchio diplomatico osserva che 1'unico sostegno sicuro della politica russa in Germania e 1'imperatore, personaggio cospicuo ma che non e guari agevole a scrutarsi. La Russia deve fare maggior assegnamento sugli amichevoli sentimenti di Guglielmo II, che non sulle simpatie del popolo tedesco. La condizione interna della Germania e quella che de- cide 1'imperatore a mantenersi in buone relazioni colla Russia. Lo stesso diplomatico rammenta che Niccolo I, venuto a morte avesse pro- ferito queste parole : « Dite a Fritz (nomignolo di Federico Guglielmo IV) che rimanga sempre eguale verso la Russia e che non dimentichi le parole di suo padre. » (Costui, cioe Federico Guglielmo III, avea rac- comandato in modo specialissimo 1'alleanza della Russia, ed anche quella dell' Austria, a suo figlio.) Quest' ultimo, cioe Federico Gu-

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glielmo 1Y, rispose ad Alessandro II (successore di Niccold I) : « Noi abbracciamo il caro Alessandro, e dichiariamo che le parole del- 1' imperatore (Niccolo I) sono sacre per noi. » E i'uor di dubbio che- Guglielmo II ha moltissima propensione per la Russia, il cui reggi- mento autocratico gli fa nna cevta impressione : ma la condizione in- terna della Germania non puo essere tal ragione da volgersi verso la Russia. Perd Guglielmo II non ha rinnovellato il trattato segreto con la Russia, la rivelazione del quale ha messo qui di corto tutta Eu- ropa sossopra; ma certo si e che le nostre relazioni con la Russia sono rimaste delle piii amichevoli ; come 1'attestano ora i negoziati per age- volare il traffico tra' due iinperii. E sempre la Germania che va in- nanzi alle altre nazioni in fatto di commercio colla Russia : la Ger- mania compera dalla Russia per 560 milioni di marchi, e le vende per 220 milioni, mentreche per la Francia queste somme sono di 200 e di 20 milioni di franchi.

La Russia non compera quasi nulla dalla Francia, anche dopo il cele- bre trattato di commercio. Addi 16 novembre, ad interpellanza mossa dal conte Hompesch, presidente del Centre, il principe d'Hohenlohe e- il sottosegretario per gli affari esteri sig. Marschall von Bieberstein, risposero cercando di risparmiare il Bismarck, pur biasimando la sua politica a partita doppia. II sig. Marschall pose in rilievo 1'urto, che ne dovea venire, se da un canto la Russia esiga, in forza del trattato segreto, la neutralita della Germania per poter abbattere a suo bel- 1'agio 1'Austria, la quale, dal canto proprio, in forza del trattato della triplice, domandi 1'energico appoggio della Germania contro la Russia che 1'assalisca. In siffatte condizioni il trattato segreto non poteva ina- nimare i nostri alleati ad aiutarci, qualora, come in un assalto con- oertato della Francia e della Russia, noi avremmo il maggior bisogno del suo appoggio. II sottosegretario per gli affari esteri ha fatto cono- scere che il trattato segreto, onde si vanta il Bismarck, quale di un colpo da maestro, era pregiudizievole, anzi dannoso per la Germania; esso ripugnava all'indole cavalleresca e leale del cancelliere Caprivi, il quale, consenziente Guglielmo II, non 1'ha rinovellato nel 1890. Nel 1887 il Bismarck avevalo rinnovato per tre anni, e solo dal 1888 6 asceso al trono il presents imperatore. E innegabile che Guglielmo II ed il suo governo debbono ispirare piii grande fiducia che il Bismarck ai membri della triplice. Tutta la stampa, tranne poche gazzette nazio- nali-liberali e bismarckiste, e stata unanime nel condannare la poli- tica tortuosa, per non dir peggio, del Bismarck e a domandare una politica leale di sincera amicizia verso 1' Austria e 1'Italia. In gene- rale, il popolo non simpatizza molto per la Russia grandi simpatie nutre soltanto la nobilta protestante e con essa certi nemici di Roma. Non si ha in odio i Russi, de' quali circa centomila dimorano in Ger-

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mania ed ebbero sempre a lodarsi delle accoglienze fatte loro ; ma non si & guari propensi per un popolo, che e da meno in fatto di cultura. In Francia, ove si conoscono soltanto i grandi signori russi, che vanno a spendere a Parigi i lor danari, si puo essere innamorati della Russia. Noi sappiamo il netto delle cose. La stampa ha fieramente biasimato il Bismarck, perche la sua doppiezza gitta sempre una luce sfavorevole sulla politica della Germania ed ispira una cotal diffidenza clappertutto. II popolo vuole una politica franca e leale, la sola che sia degna di un po- polo grande, che, per la sua potenza, la sua storia e la sua situazione cen- trale, ha debito di sopravvegliare alia giustizia ed alia pace in Europa. II popolo tedesco bram6 la sua unita, e si adopero a conseguirla spe- oialmente dal 1830 in poi, per non essere piu alia merce dei Borboni « dei Napoleoni, ne della Russia : ma di presente si crede forte assai, •da resistere pur anche ad una lega franco -russa, contro della quale una politica leale e paciflca lo fara sicuro di preziose alleanze, spe- cialmente poi di .quella dell' Austria, che e tanto popolare in tutta la Germania.

Dopo il telegramma di Guglielmo II al sig. Kriiger presidente della repubblica del Transwaal, quando fu sbaragliata T invasione del Ja- meson, 1' Inghilterra faceva mostra di una tai quale freddezza rispetto nlla Germania ; la sua stampa ed i suoi oratori pigliavansi diletto a di- grignare i denti contro di essa. Ma dappoiche Francia e Russia resero piu spiccata la loro politica in Egitto ed in Turchia, la ragione ha pigliato il sopravvento appo i nostri cugini : si sono rammentati che nulla puo 1' Inghilterra senza 1'aiuto di una o piu potenze continen- tali, e che in parzial modo gl' interessi dell'Austria e della Grermania si conciliano per la migliore con quelli della vecchia Albione. Quindi e che la stampa e gli uomini di Stato inglesi hanno cangiato into- nazione verso di noi : lo sanno benissimo che 1'odio di Bismarck con- tro 1' Inghilterra non e passato in retaggio a' suoi successori.

2. E noto che, al tempo della visita dello Czar a Breslavia, vi furono due versioni del brindisi ch'egli vi fece. Nell'una di quelle

10 Czar asseriva la sua amicizia, come gia suo padre (il quale odiava la Germania) ; nell'altra, la verace, lo Czar asseriva di essere « ani- mate dagli stessi sentimenti di Yostra Maesta » , cioe di Guglielmo II. Due gazzettieri, Liitzow e Leckert, furono solleciti di osservare che la versione falsa era stata divulgata dal conte Eulemburg maresciallo della Corte, per via d' influenze inglesi. Al tempo stesso lasciavano capire che avea dato cotale novella il sig. Marschall de Bieberstein,

11 quale tramava a danno degli altri ministri. II Bieberstein fe'processare le gazzette che avevano riportato queste accuse, e i signori Lutzow e Le- ckert dovettero confessarsene autori e responsabili. Furono percio con- dannati, e licenziati dai giornali, a cui trasmettevano le loro false novelle.

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Ma, quel ch'e piu curioso, si riseppe che quei due gazzettieri erano- stipendiati dalla polizia segreta, specialmente dal commissario Tausch, il quale lor comunicava ragguagli. Fu provato che quest'officiale- rnanteneva altresi relazioni molteplici con parecchi altri gazzettieri, e che metteva in volta accuse, notizie false, malignity pericolose contro i due cancellieri, che sono sottentrati al Bismarck, come altresi contro parecchi ministri, segnatamente contro il sig. de Bieberstein. A farla corta, questo Tausch, che aveva in mano grosse somme di denaro, combatteva nella stampa, coi piu perfidi spedienti, tutti i ministri e personaggi cospicui, che erano bersaglio dell'odio e delle accuse di Bismarck e de' suoi parteggiatori. Eccoci dunque a fronte del fatto sin qui inaudito, che la polizia combatte e s'adopera a conquassare il governo vigente per far sazie le ire del cancelliere scaduto ! La po- lizia segreta, come pure molti officiali dello Stato, lavorano dunque per conto del Bismarck, e lo servono a suo talento ! Com'e naturale, ne il Tausch n& i socii di lui, hanno svelato i nomi dei loro man- danti, e il presidente della polizia di Berlino, sig. de Windheim, di- niego loro la facolt£ di svelarli. Alia perfine il Tausch ha dato il nome di un cotale, come colui d'onde riceveva le sue false accuse'. Be"n si capisce che tutti richieggono sia fatta luce chiara, e i capo- rioni delle trame contro il governo presente sieno svelati e sottoposti a procedura ; perche tutti capiscono che stanno dietro le quinte uomini d'alto affare. Parecchi diarii li hanno scopertamente indicati per nome : il Bismarck, il conte Waldersee e il] conte Filippo Eulemburg am- basciatore a Vienna, il quale gia ammise di essere in relazione con Tausch, Liitzow, eccetera. E voce che 1' imperatore avesse comandato di andare sino al fondo, e disgroppare le fila di quest'ampia trama, e- punire i colpevoli : ma temo che andra a finire come la faccenda del Panama in Francia ; si e badato di non chiarire le cose, temendo di mettere a brutto rischio personaggi di troppo gran rilievo.

3. E noto che dal 1890 al 1895 la popolazione della Germania e cresciuta da 49,428,470 anime a 52,244,503, sebbene abbiano emi- grate 400,000 persone. Delia detta somma, ben 31,855,123 anime (contro 29,957,367 nel 1890) dimorano in Prussia, e si ripartiscono cosi: 20,351,448 protestanti (19.232,449 nel 1890), 10,999,504 cat- tolici (nel 1890 erano 10,252,818), 379,716 ebrei (372,059 nel 1890), e 119,245 cristiani dissidenti (che erano 95,349 nel 1890). Ne risulta che i protestanti sono cresciuti del 5,8 per cento, i cattolici del 7,2, gli ebrei del 2, gli altri cristiani di varie sette del 25 per cento. II grande aumento dei cattolici e tanto piti. notevole, in quanto che non essi, ma bensi i protestanti, sono favoriti e vantaggiati in tutte le- guise dal governo, mentre i cattolici mancano spesso di chiese, di sacerdoti e di scuole. Similmente accade agli altri Stati della Ger-

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mania; dappertutto i protestanti sono favoriti a spese del cattolici. Un altro scapito c'e ancora per noi : nelle antiche province tutte cattoliche della Baviera, i giovani, ovunque dimorino, non possono ammogliarsi senza il consentimento del loro comune natio ; il quale consentimento non di rado e diniegato, perche i comuni vogliono cansare gli aggravii, onde lor potrebbero essere cagione i bisognosi ;

0 ad ogni modo e costoso e va per le lunge 1'ottenerlo. Ne viene pertanto, che molti giovanotti di quelle province non possono ammo- gliarsi, e spesso contraggono unioni illegittime. Quindi sono cola in gran numero purtroppo i figli naturali e i conseguenti disordini. D'altra parte i protestanti dei varii paesi della Germania, che pren- dono stanza fissa in Baviera, possono liberamente ammogliarsi, contrag- gono sovente unioni con giovanette cattoliche. Per legge i loro figli sono allevati nel protestantesimo, che cosi si dilata a scapito de' cattolici, per opera di una legislazione antiquata, contraria ai principii naturali e cristiani. Non ostante tutti questi svantaggi ed altri assai, i cattolici crescono, nel tutt'insieme della Germania, in proporzione maggiore dei protestanti. Se fruissero d'un'intera liberta, e di una eguale condizione e legislazione, i cattolici crescerebbero assai di piu. Ma, dopo la malau- gurata Riforma i cattolici della Germania hanno sopportato ben altri danni. Al tempo della riforma, e durante le guerre suscitate dai principi protestanti, costoro furon sempre aiutati dallo straniero : Olanda, In- ghilterra, Danimarca, Svezia e Francia specialmente. I Turchi li gio- varono per indiretto col muover guerra all' Imperatore Romano e Te- desco, e ponendo assedio a Yienna, nel 1529 e nel 1683. Senza 1' aiuto continuato dello straniero, il protestantesimo non sarebbesi mai am- piamente dilatato, sarebbesi anzi ridotto a meschina minoranza. Per il trattato di Yestfalia, dettato da Francia e Svezia, i principi acqui- starono, in forza dell' aforisma « cuius regio eius religio » 1' orrendo dritto d' imporre la propria religione a tutti i loro sudditi. E siccome quei principi eran quasi tutti protestanti ed avidi dei beni della Chiesa, soppressero il cattolicismo con quanti mezzi potevano usare.

1 principi cattolici, per la maggior parte Vescovi o abbati mitrati, furono generalmente piu miti, e convertirono i loro sudditi protestanti per via della persuasione. Allorquando i principi-elettori e gli altri principi ecclesiastici rappresentarono una potenza politica, le elezioni dei Yescovi divennero un negozio politico, nel quale s' intromettevano i principi protestanti ed anche le potenze straniere. Cosi accadeva di frequente che i principi-Yescovi erano uomini mondani, pastori ne- gligenti, appartenevano alle famiglie regnanti e secondavano i loro interessi. II febronismo ed altri errori li pervertirono a segno tale, che nello scorso secolo i tre principi-elettori (di Colonia, Magonza e Treviri) ed il principe-Arcivescovo di Salisburgo divi&arono di isti-

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tuire una Chiesa nazionale indipendente da Roma. L'uragano politico sui primordii del secolo presente fece sparire i principati ecclesiastic!, ma nello stesso tempo anche i 300 principi sovrani della Germania furono ridotti ad una trentina, e di poi ne sono spariti parecchi. I territorii cattolici furono dati per la maggior parte a principi prote- stanti, perche altri non ce n'eran piu, tranne 1' Austria e la Baviera. Queste due potenze, imbevute di giuseppismo e di febronismo, falli- rono interamente al debito loro, non proteggendo i cattolici dalle in- giustizie de' lor novelli signori protestanti. Conculcando i trattati e le loro solenni prouiesse, in virtii dei quali e delle quali i cattolici do- vevano rimanere possessori di tutti i loro beni, di tutti i loro istituti religiosi e scolastici, come altresi dei loro diritti, delle loro liberta e franchigie, i principi protestanti hanno continuato sempre a violare i diritti e le proprieta dei cattolici, a diniegar loro di sovente il li- bero esercizio del proprio culto, ed a perseguitare o sbandire gli Or- dini religiosi. L'Austria e la Baviera non hanno mosso un dito, non hanno fatto neppure qualche rimostranza a Berlino, quando il governo prussiano incarcerava i vescovi nel 1840, toglieva ai cattolici chiese, scuole e beni ecclesiastici. C'e da stupire che 1'Austria abbia per- duto autorita ed influenza rispetto alia Germania? II turbine del 1848 introduceva il costituzionalismo in tutta la Germania, che se n'era cansata fin allora. I cattolici se ne giovarono per ingaggiare la lotta per il bene nei Parlamenti. Ottennero parecchi vantaggi, specialmente il libero esercizio del proprio culto nelle con trade protestanti, ove dianzi erasi loro vietato, contro ogni buon diritto. Ne senti pure gio- vamento la popolazione cattolica, che si venne accrescendo in modo da emulare il progresso de1 protestanti. L'unione della Germania non- austriaca nel 1871 ha prodotto anche 1'unione di tutti i cattolici per la tutela de' proprii diritti. II Kulturkampf che mirava di proposito a distruggere il cattolicismo, separando i cattolici da Roma papale, e loro imponendo reggitori e principi protestanti, ha fallito la prova urtando coatro 1'opposizione incrollabile de' cattolici radunati sotto il vessillo del Centro. Essi riconobbero la propria condizione; sanno che lor fa d'uopo tenersi del continue sugli spaldi minacciati e percossi per difendere quanto hanno caro. Sanno che posseggono nel Centro e nel Reichstag istituti opportuni a siffatta difesa, non meno che alia ricostituzione della societa e delle pubbliche istituzioni su cristiane fondamenta. Hanno gia conseguito per questo risguardo qualche buon effetto, perche le preoccupazioni ispirate dal socialism© e dalle dot- trine rivoluzionarie hanno fatto risolvere parecchie volte i nostri fra- telli dissidenti e finanche i governi a secondare gli sforzi de' catto- lici. La guerra del 1866 fece scomparire in Germania cinque Stati protestanti, cioe lo Schleswig-Holstein, 1'Annover, 1'Assia elettorale, il

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Nassau, e Francoforte; ed ora parecchie dinastie protestanti, in ispe- cie Baden ed Oldemburgo, son presso ad estinguersi. Nel Wurtem- berg il ramo cattolico sta per sottentrare a quello protestante ; i Ee di Sassonia sono cattolici da un secolo in qua. La scomparsa, ed an- che il cangiamento, delle dinastie protestanti rileva assai, perche il protestantesimo e un tornaconto del governo e in peculiar modo della famiglia regnante. Le dinastie protestanti traggono la propria forza, come 1'origine della loro potenza politica, dal protestantesimo che conferisce loro 1'autorita spirituale. Ond'e cite ogni Stato ha una Chiesa tutta propria e territoriale, che viene colpita ed alterata dal mutarsi quella dinastia che le diede nascimento. I varii rivolgimenti politici da un secolo omai, la scomparsa delle dinastie protestanti hanno dunque scon volto e percosso anche il protestantesimo. Le tante sue Chiese territorial! sono sparite o si sono grandemente modificate per la loro fusione sotto le nuove signorie. Luteranismo e calvinismo sonosi confusi, amalgamate a profitto delle dottrine razionaliste e della incredulita ; perocehe i dogmi sono diventati instabili, hanno perdu to le loro precise definizioni; di presente nelle facolta di teologia pro- testante signoreggia 1' insegnamento razionalista, che a volte rasenta altresi 1'ateismo e il panteismo. Ad ogni modo, oggi sta sul tappeto la negazione de' principali dommi cristiani e persino della divinita del Eedentore. In alcune di tali facolta non esiste piu alcun docente che abbia conservato la fede in Cristo. Laonde e a stupire davvero che la maggior porzione del popolo protestante sia rimasta credente a tal segno, che dei pastori razionalisti veggonsi costretti ad inse- gnare 1'ortodossia. Dunque il protestantesimo e gravemente scosso, e piu lo sara col volgere del tempo. Non pu6 evitarsi che v'abbiano altresi dei cattolici, traviati dalla corrente d' incredulita del protestan- tesimo.

D'altro canto, le anime elette che riescono a vincere i pregiudizii insegnati a tutti i protestanti dalla loro educazione, riconoscono in- teramente la prevalenza del cattolicismo e specialmente della sua azione sociale. « Bisognera che un qualche dj torniamo tutti al cat- tolicismo » disse un giorno il maresciallo Moltke, 1' illustre generale supremo di Guglielmo I, e per giunta scrittore de' piu valenti. « Se un di 1'Imperatore diventera cattolico, tutta la nobilta (circa cento- mila persone) e molti altri seguiranno 1'esempio di lui. » Cosi ebbe gia ad accertarmi un vecchio gentiluomo della Pomerania, che am- mirava il cattolicismo, dacche aveva imparato a conoscerlo per lunga dimora fatta da lui nella Prussia renana. Naturalmente questo e sol- tanto un indizio ; ma non si dee dimenticare che il protestantesimo fu sempre faccenda de' principi, seme di scissura e disfacimento na- zionale ; che nacque e s' ingrandi solo in opposizione all' Impero,

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rappresentante 1'unione e la grandezza della Germania, il carattere e le tradizioni storiche di essa. Anche adesso il cattolicisrao rappresenta 1'unita nazionale ; il Centre 6 il solo partito che rappresenti tutte le parti della Germania, tutti i ceti e tutti gl' interessi sociali. Rinsal- dare e dilatare il cattolicismo in Germania e far saldo 1' Impero. Dacch6 i cattolici tedeschi furono ridotti alle sole loro forze, ne piu ebbero a temere le pastoie di certi governi, han saputo difendere con buon esito i loro diritti. Essi sperano fermamente di ottenere anche di piu, vale a dire 1' intera liberta della Chiesa e il libero esercizio d'ogni loro diritto. Bisogna fare i conti con una minoranza di 19 mi- lioni (sopra 52) d' anime in un paese attorniato da poderosi nemici ; e minoranza, che non ha fallito mai alia fedelta ne ai doveri poli- tici, e che adesso, per opera del Centro, e divenuta il fulcro, la base del reggimento costituzionale. II tema mi trascina un po' lontano. Ma il ricordo dell' antica Germania e vivissimo fra' cattolici di questo paese. Merce 1'antica Germania, furono conquistate alia Chiesa e pre- «ervate dallo scisma le province baltiche, la Polonia, la Boemia ed altri paesi scandinavi e slavi, specialmente poi 1' Ungheria : la Ger- mania soggiogo e ridusse al nulla la potente setta degli Ussiti. Essa fermo e annichili le orde mongole e tartare, che minacciavano d' ina- bissare 1' Occidente cristiano. Pose fine alle invasion! degli Ungari e It rese cristiani e li affranco dal giogo turchesco. Sotto le mura di Vienna, di Gran, di Belgrade fu infranta dall'arnii tedesche la po- tenza turca. Senza gli assalti continui di Luigi XIV sul Reno, gl' im- periali avrebbero (nel 1684 e poscia ancora) proseguita la loro glo- riosa marcia ftno a Costantinopoli. L' ostilita della Francia impedi agli Imperatori della Casa d'Austria, di trarre profitto dalle loro vittorie contro i Turchi ; d'allora in poi la Russia scismatica e quella che si vantaggia dell' impotenza a cui le armi del Sacro Impero ridussero la Turchia. Se un di la Croce, non quella scismatica, coronera Santa Sofia, se un di la Chiesa orientale si riconciliera con Roma, di questo avvenimento dovra sapersi grado all'efficace cooperazione dell' Austria e della Germania, che sono i due imperi nati dal Sacro Impero. Sel sanno bene i cattolici tedeschi, conoscono qual d il compito loro nel mondo ; neppur quelli stabilitisi in America 1' hanno dimenticato, e cola negli Stati Uniti sono divenuti i campioni della causa della Chiesa, ed hanno chiesto gia una volta al Presidente di accamparsi a pro dei diritti e della indipendenza del Papa. Ben conosceva il grande S. Ignazio 1'importanza pel cattolicismo della Germania, pro- tettrice della Chiesa e del Papa durante un millennio, imponendo speciali doveri verso di essa ai membri della Compagnia di Gesu.

Eccovi alquante noterelle inattese, che si connettono ad alcuni dati statistici, i quali rendono testimonianza della indistruttibile vi-

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talita di un popolo cattolico, fatto bersaglio di frutti mai gli svaB- taggi da quasi quattro secoli, tin popolo che seguita a porgere co- spicui servizii alia Chiesa e a tutte le cause buone. II suo esempio fu imitato specialmente in Austria, ove i cattolici hanno acquistato la maggioranza nel Consiglio municipale della capitale ed in parec- chie diete. La Germania mandd piu di 2000 sacerdoti negli Stati Uniti, e cola sono coadiuvati da altri mille sacerdoti tedeschi gia nati e cresciuti in quella grande Repubblica americana. Nelle altre parti dell'America v'ha parecchie centinaia di sacerdoti ed alquanti vescovi nativi di Germania. Inoltre si deve computare un migliaio di mis- sionarii tedeschi, per gran parte membri di Corporazioni religiose re- sidenti all' estero : in questo numero non si comprendono i cinque- cento gesuiti tedeschi per adesso sbanditi. ~Vi sono ancora parecchie migliaia di monache tedesche, sparse in ogni parte del mondo.

4. Ne' giorni 17 e 19 novembre il Reichstag discusse 1'interpel- lanza Munckel sul duello nell'esercito e suH'omicidio commesso dal- 1'ufficiale Brusewitz in persona di un cittadino. II ministro per la guerra sig. Gossler non ebbe fortima cercando di difendere il Bru- sewitz e di aggravare la condizione della sua vittima, come pure a rivendicare una maniera speciale di onore per gli ufficiali dell'eser- cito. Gli fu data la riprova che il Brusewitz era stato un soggetto abbastanza tristo, e che i duelli che diconsi divisati a vendicar 1'onore degli ufficiali, erano spesse volte provocati da cause che non hanno nulla di onore vole. Tranne i conservatori protestanti, il Reichstag fu pressoche unanime nel riprovare il duello e quelle che voglionsi ap- pellare « question! d'onore » . II canceliiere prometteva una ordinanza regia, intesa a scemare di molto i duelli degli ufficiali. Questa ordi- nanza infatti 5 coraparsa il gennaio di quest'anno 1897 ; essa pre- scrive anzitutto agli ufficiali di appellarsi sempre ai comitati d'onore e di attenersi alle loro deliberazioni. Ma io reputo che a scemare il numero dei duelli giovera anche di piu la severa riprovazione di'certi fatti e geste degli officiali, da parte della pubblica opinione e del Reichstag.

5. II Centre, vale a dire i cattolici, hanno riconquistato il seggio di Magonza, mediante una elezione complementare, al Reichstag. Spe- rano ancora di guadagnare il seggio di Donaueschingen, rimasto va- cante per la morte del principe (inediatizzato) Egone de' Fiirstenberg. Questo principe, sebbene cattolico, erasi fatto bismarkista, e non dava alcun aiuto alia causa cattolica. II suo immense patrimonio (fra' 400 e 500 milioni) passa ad un suo nipote. Nelle elezioni mu- nicipali della Baviera i cattolici sono andati molto innanzi in varie citta, specialmente poi a Monaco, dove sperano di conseguire la mag- gioranza al prossimo rinnovamento parziale. Allora toglieremo certa-

Serie XVI, vol. JX, fuse. 1119. 24 30 gennaio 1897.

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mente i due mandati del Reichstag ai socialist!, che li ebbero con- quistati solamente merce il concorso dei liberali e finanche degli official! dello Stato. Secondo 1'ultimo censimento, in Berlino ci sono 155,000 cattolici (sopra 1,670,000 anime), e nel 1890 non erano che 135,030 ; aggiuntivi i dintorni della citta, i cattolici sono 200,000. II Brandeburgo, con Berlino, ha 273,650 cattolici, ossia piu di molte diocesi. Per mala ventura le chiese e i sacerdoti sono ancora in nu- mero troppo scarso, bench& grandi sforzi si sieno fatti in questi ul- timi anni.

6. Addi 26 decembre mori in Berlino il professore Dubois-Eeymond, nato nella stessa citta 1'anno 1818. Egli 6 stato certamente un de' primi naturalist! del nostro secolo, e, quel che torna a peculiare suo merito, uno scienziato sincero che lealmente confessava la scienza essere impo- tente a risolvere molte questi oni. II suo discorso intorno ai sette enimmi del mondo (die sieben Weltraethsel), proferito da lui all'Acca- demia di Berlino 1' 8 luglio 1880, suscitd varie dispute. Le sette que- stioni che la scienza naturale non sa risolvere, son queste : la sostanza (modo d'essere, qualita) della materia e della forza; 1'origine del moto ; 1'origine della vita ; 1'armonia e la conformita (rispondenza al suo scopo) del sistema della natura; 1'origine della sensazione ; 1'ori- gine del pensiero, del ragionamento ; il libero arbitrio. Ignorabimus rispose chiaro e tondo il Dubois-Eeymond a questi quesiti, pur re- cando certe definizioni. E innegabile che questo scienziato rese gran servigio alia causa del sovrannaturalismo, alia fede, confessando di tal guisa 1' impotenza di quella scienza umana, ond'era maestro. Se avesse avvicinato persone di buona fede, scienziati cattolici, 6 proba- bile che avrebbe dischiuso Tanimo ad accogliere il Vangelo.

OLANDA (Nostra Corrispondenta). 1. I programmi dell' Unione liberate e della parte cattolica. 2. Qualita del programma dei cattolici. 3. Con- cordia dei deputati cattolici e cooperazione dei Vescovi. 4. Cattedra di filosofia tomistica in Amsterdam e societa di student! cattolici in Amsterdam, Leida, Utrecht e Groninga.

1. II fatto principalissimo che & avvenuto nel campo politico dopo 1' ultima mia Corrispondenza, si e la pubblicazione da parte dei no- stri deputati cattolici di un programma che varra di base per 1'azione durante il periodo iniziatosi dalla nuova legge elettorale, onde vi scrissi 1'altra volta. Questa legge varia di molto il corpo elettorale e segna- tamente per questo capo, che quind' innanzi sara chiamato alle urne ancora il quarto stato. Per la qual cosa tutte le fazioni politiche si sono date ad un nuovo assetto dei loro elettori, massime nelle citta grandi, che da distretti accoppiati si sono trasmutate in piu distretti separati 1'uno dall'altro. Nella stessa occasione i varii partiti sonosi

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accinti a redigere un programma, che, ove sia possibile, ponga fine alia scissura da parecchi anni esistente nelle fazioni politiche. Prima a redigere cotal programma e stata 1'Unione liberate; e la parte cat- tolica e stata presta a contrapporvi il proprio. Gia da gran pezza i diarii cattolici se n'eran dato pensiero ; e quelli fra loro che preten- dono di veder meglio le cose degli altri non hanno .mancato di pro- porre parecchi punti che a senno loro debbono inserirsi nel programma. Di qui e nata, come suol avvenire, una lotta accanita, che potea durare lungamente ancora, se i deputati cattolici non avessero tolto di mezzo codeste discussioni pubblicando il loro programma. Questo intervento dei nostri deputati non andava a sangue a taluna di quelle gazzette, perche, a detta loro, i deputati sono mandatarii, che non hanno di- ritto di parlare in nome . de' proprii elettori ; questo principio e cer- tamente vero nella sostanza, ma nelle presenti condizioni della parte cattolica in Olanda non puo attuarsi. II dissidio vigente ancora fra i cattolici, tre mesi fa, lasciava prevedere che essi non sareb- bero stati concordi nemmeno sui punti principalissimi della loro azione politica. Se pertanto volevasi ricostituire 1'unione antica, era assolutamente necessario che una iniziativa assai gagliarda e spiccata tentasse di radunare le disperse forze; e non v'ha dubbio che i de- putati cattolici sieno le persone piu capaci e piu autorevoli da assu- niersi cotale iniziativa. Innanzi tratto questi deputati non sono sol- tanto mandatarii, ma si ancora uomini di stato, che median te una esperienza piu o meno diuturna hanno acquistato tal pratica delle faccende politiche, che meritevoli li fa di essere ascoltati e seguiti. Poi questi deputati meglio d'ogni altro conoscoao l'opinamento dei loro elettori, mentre questi, ove non garbi loro il programma, pos- sono nelle successive elezioni mandare alia Camera un altro deputato. Ma siffatta protesta non si e sentita finora. D'ogni lato i cattolici hanno lodato altamente ed approvato il programma, e i diarii catto- lici, quelli finanche mostratisi dappVima contrarii alia pubblicazione di un programma da parte dei deputati, vi hanno data la loro ap- provazione, salvo qualche rimostranza per giustificare il loro contegno precedente.

2. II programma pubblicato non e quel che suol dirsi un pro- gramma di azione, i cui patti saranno di mano in mano proposti alia Camera. Esso designa soltanto in generale i desideri dei catto- lici in fatto di politica sociale e religiosa. A seconda che le circo- stanze sieno piu o meno propizie ad effettuare questi desiderii, il pro- gramma servira di base a formulare disegni di legge, proposte e via dicendo. Non occorre dirvi che il programma ha schiettamente una impronta cattolica. I deputati cominciano dal dichiarare che professano e propugnano quanto ha professato la S. Sede sulla costituzione dello

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Stato, sull'origine e competenza dell'autorita, e sui doveri dei principi e dei popoli. Ripudiano cid che e ripudiato dal Sillabo, ed ammet- tono quanto si contiene nelle Encicliche Quanta aura ed Immortale Dei. Per quel che concerne la questione sociale, rigettano il socialismo e le sue funeste dottrine, ed affermano che la religione, la famiglia e la proprieta sono le basi sulle quali Dio ha istituita la societa. Per la qual cosa lo Stato deve guarentire il riposo domenicale, diminuire il lavoro delle donne e dei fanciulli, e lo smodato lavoro degli uomini adulti ; porre norma al pagamento delle mercedi ; provvedere a met- tere al sicuro gli operai dalle infermita, dalle disgrazie, dalla vec- chiezza; e procacciare in cotal modo che 1'operaio abbia dimore sane. Per risguardo all'insegnamento, tengono saldo il principio che 1'edu- cazione e dovere dei genitori. Vogliono che 1'eguaglianza di diritti, introdotta dalla pacificazione del 1829 (benche perd non dappertutto avvenuta) sia estesa non pure aH'insegnarnento elementare, ma ben anche all'insegnaraento medio e superiore. Laonde chieggono che gli attestati di capacita rilasciati dai ginnasii privati debbano valere come quelli dati dagli istituti dello Stato, e che 1' esame finale dei singoli ginnasii privati sia regolato dai rispettivi docenti, alia presenza di un ispettore dello Stato. Inoltre il programma domanda che le religioni riconosciute dallo Stato debbano avere diritto di isti- tnire cattedre proprie nelle Universita dello Stato. Quanto all'eser- cito, i nostri deputati si chiariscono propensi a risparmio sulle spese militari, ma domandano che si dia una tal quale indennita a quei militi che piu o meno possono riputarsi"qual sostegno de' loro genitori. Del rimanente, tengono fermo il diritto dell'autorita di pu- nire colla pena capitale, proclamano la protezione dell' agricoltura e dell'industria, la reintroduzione dei privilegi e la protezione delle Mis- sioni cattoliche nelle colonie. In fine del programma i nostri depu- tati dichiarano di lamentar sempre 1'abolizione della legazione presso la S. Sede, e dicono che faranno ogni lor possa per ricostituirla non si tosto le circostanze si porgano propizie all'uopo. Tali sono i punti precipui che il programma contiene. E in generale pud dirsi che ccn- tiene abbastanza ammcdo le idee e i desiderii del popolo cattolico, sebbene, a dir vero, molti di noi avrebbero bramato che certi punti fossero piu perspicui : molti certamente avrebbero desiderate che dai deputati si fosse richiesta apertamente la reintroduzione della pena capitale e 1'abolizione della leva militare. Yero e che i pesi per que- st'ultima non sono molto gravi, ma la manifestazione di questo de- siderio avrebbe gi£ una certa efficacia, siccome protesta costante dei cattolici contro 1' iniqua legge, che tuttora ci rimane qual lascito del- 1'eredita napoleonica. In quanto all'altro capo, la reintroduzione cioe della pena capitale, ingiustamente abrogata, essa avrebbe senza dubbio

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maggior probabilita di riuscita, specialmente perche i molti omicidii patrati in quest! ultimi tempi in varie contrade del paese, hanno di bel nuovo rimessa in campo tale questione, e certo si va sempre piu estendendo la protesta contro 1'abrogazione di quella pena. Un'altra questione, molto discussa fra' cattolici, comunque per se non atti- nente agl' interessi religiosi, e la questione della protezione ovvero del libero scambio.

Per quel che concerne 1'agricoltura i cattolici sono generalmente concordi nel riputare preferibile la protezione al libero scambio ; ma non vanno peranche d'intesa rispetto all'industria. E a dir vero questo dipende molto dall'indole dell'industria, dalla regione in cui si eser- cita, e da parecchie altre circostanze. Per questo appunto il dottor Schaepman, uno de' nostri onorandi sacerdoti deputati, ha dichiarato, dopo promulgato il suddetto programma, che rispetto a tale questione non vuole affatto legarsi le mani. Questa dichiarazione ha fatto sor- gere qualche timore per risguardo all'obbligo, che i deputati assun- sero nel sottoscrivere il programma ; ma non crediamo che ci sia qui ragione d'intimorirsi. Non e impossible che piu innanzi si presentino questioni industrial!, in cui il libero scambio apparira piu confacente della protezione. In tal caso con tutta ragione i deputati avranno a scostarsi dal principio di protezione dichiarato nel loro programma; e sebbene il dottor Schaepman abbia gia spesse volte fatto maravigliare ed anche rattristato i cattolici pe' suoi opinamenti, che non eran quelli di parecchi suoi colleghi, 1'onorevole deputato e tanto ragionevole e vede si chiaro, che non puo volere al ogni costo il libero scambio. Certo non v'e poi da mettersi in timore sulla omogeneita dei depu- tati cattolici, rispetto agli altri punti del programma.

3. La concordia loro non lascia fin qui nulla a desiderare, ed appunto il dottor Schaepman e quegli che molto si adopera a rassodare la con- cordia fra gli elettori. Egli tiene conferenze in parecchie citta sul nuovo ordinamento elettorale richiesto dalla nuova legge per le elezioni, e che soprattutto nelle citta grandi va irto di molte difficolta. Pertanto in parecchie citta si e posto mano all 'opera di guisa che pud dirsi che la condizione della parte cattolica va migliorando ogni di piu, e che alle prossime elezioni eglino formeranno un corpo organizzato benis- simo. Pero giustizia vuole che si soggiunga, a questo felice muta- mento per gran parte aver contribuito ancora i nostri illustri Yescovi. La discordia che per lo passato regnava tra i cattolici, era ampiamente alimentata dalle discussion! interminabili di alcnni diarii cattolici. Questa lotta accanita avea perdurato gia parecchi anni, con grave detriments degl'interessi cattolici, ed era a prevedersi che la pubbli- cazione del programma darebbe ulteriore ampiezza a cotal lotta. Per questo appunto i nostri illustri Yescovi con alto senno han posto fine

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a questi litigii, pubblicando una nota molto perentoria e precisa, con cui vietano ai diarii cattolici qualsiasi polemica offensiva delle altre redazioni giornalistiche o dei privati, e lor raccomandano di lasciarsi condur sempre dalle norme della prudenza e della temperanza cri- stiana. Quindi e che persino le gazzette piu accanite nella lotta poli- tica hanno saviamente deposto le armi, di che usavano a dismisura contro i militant! nel lor medesimo campo. Speriamo dunque che la parte cattolica, la quale, a cosi dire, si & ricostituita e rassodata, fara prova nelle vegnenti elezioni di operosita grande e feconda. Allora certamente a poco a poco si avviera ad ottenere ima grande vittoria.

4. Nell'ultima mia corrispondenza vi scrissi intorno alle condizioni della parte cattolica e di quella protestante qui in Olanda. Nella stessa occasione vi tenni disco rso della Universita libera, dai calvinisti eretta in Amsterdam. Qualche settimana di poi, scrissi altra corrispondenza nella quale facea menzione di un fatto simile ; ma per mala sorte quella cor- rispondenza si smarri per via. Ecco perche il fatto che sto per men- zionarvi adesso * viene alquanto tardi ; ma tuttavolta e d'assai grande rilievo perchS io ve ne parli; massimamente che una delle pattui- zioni del suddetto programma gli ha dato novella vigoria. La citta di Amsterdam ha una Universita che non dipende dallo Stato come le altre che possiede in numero di tre ; ma 6 istituita e dotata dalla citta stessa : questo certamente torna a grande onore della; citta,1 ma e un onore che le costa molto caro. Aggiungi che i genitori cattolici non possono mandare i loro figli alia detta Universita perch& 1' inse- gnamento che vi s' impartisce, e generalmente ateista quanto quello delle Universita dello Stato. Ond' e che i cattolici di Amsterdam hanno chiesto ed ottenuto licenza di istituire in questa Universita una cattedra di filosofia ad mentem sancti Thomae, ed e tenuta da alcuni anni con gran senno e dottrina dal P. de Groot dei Predica- tori. Ma da lunga pezza, prima che si erigesse questa cattedra, i PP. Gesuiti avevano istituito ad Amsterdam un' accolta di giovani, che piu innanzi si muto in societa di studenti cattolici, col nome di Geloof en Wetetiscfiap ; vale a dire « Fede e scieuza ». Da sedici anni in qua questo sodalizio 6 stato retto con grandissima sollecitudine e pari ingegno dal P. Van Schyndel, gesuita. Se non che, sullo scorcio dell'anno andato questo Padre, che gia e molto vecchio, per cagione di malattia degli occhi, ha dovuto rinunziare al suo incarico. Suo successore e il P. J. Exler, gesuita anch'esso, dottore in diritto ca- nonico, che compi i suoi studii a Roma; egli, con pari ingegno e sollecitudine, rechera seco forze piu giovani e gagtiarde pel compi- mento del suo ministero. Grandissimo vantaggio ritraggono da questo sodalizio gli studenti, non solo per le dotte conferenze del rettore e

1 La Corrispondenza porta la data del 20 gennaio 1897. N. d. R.

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per le dispute scientifiche del debating-club che vi e unito, ma sopra tutto per la direzione spirituale del rettore, che pel giovani 6 guida sicura di mezzo ai pericoli che li attorniano. E si dee dire che gli studenti , come an che i loro genitori ed amici, mostrano vivissima gratitudine verso il rettore, per le sollecitudini ch' egli usa a loro vantaggio : di che si e avuta splendida prova in occasione del du- plice commiato preso dal P. Van Schyndel dalle sue pecorelle, ad Amsterdam ed a Leida, ove gli studenti della Universita dello Stato hanno istituito un consimile sodalizio sotto la guida dello stesso dotto sacerdote. Non pur gli studenti, ma sacerdoti e laici d' ogni contrada lo hanno caldamente ringraziato in queste due occasioni pel beneficio arrecato alia gioventu studiosa. Questi buoni esempii di solidalita dati dagli studenti cattolici di Amsterdam e di Leida nan mosso anche gli studenti cattolici della Universita di Utrecht a riunirsi, e qui ultimamente le gazzette hanno dato 1'annuncio che gli studenti uni- versitarii di Groninga hanno gia posto mano ad opera consimile. Certo queste cose tutte sono chiaro indizio che regna fra essi una propen- sione delle piu favorevoli a stringersi in sodalizio. Speriamo che questo conferira, tosto o poi, alia istituzione di quelle cattedre speciali, onde parla il programma dei deputati cattolici.

IV. COSE VARIE

1. Fine della ribellione nella Rodesia. 2. Cagioni e orrori della guerra matabelese. 3. Congresso di Lione e 1'Antisemitismo. 4. Una veg- gente smascherata. 5. La siccita e la fame nelle Indie oriental!. 6. Statistica dei suicidii.

1. Fine della ribellione nella Rodesia. II 12 decembre dell' anno passato furono ritirate le milizie di spedizione dal territorio pacificato dei Masciona e dei Matabele nell' Africa orientale, che va sotto il nome di Eodesia. Sin dal 21 agosto del medesimo anno Cecil Ehodes, diede principio a!le pratiche della pace coi Matabele Induna con un tratto di coraggio si singolare che piace riferirne in breve le parti colarita. I nemici vinti in parecchie battaglie e stremati di ogni aiuto, si erano rifugiati nei* monti di Matoppo, entro ibrtezze o meglio palizzate, quando vi si videro accerehiati dall'esercito inglese. Allora spedirono al capo, Cecil Rhodes, un messaggero annunziando che sei dei capi principal!, i due principi Nianda e Bidi, fratelli del re Lobengula, e altri trentaquattro capi dei Matabele, radunati a quattro miglia dal campo, chiedevano di abboccarsi con lui e col sig. Colenbrander, ma lontano dalle schiere dei bianchi che avevano in abbominio. II Ehodes accettd immantinente, e s' avvid al convegno senza la scorta che

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gli aveva preparata lo Stato Maggiore, per non destare, come avvi- sava il messaggero, sospetto nell' adunanza. Disarmato. con soli tre compagni e con due immancabili corrispondenti di gazzette, si mosse alia volta del campo nemico, per una via fiancheggiata da fittissime selve e seminata di profonde fosse, tali da far temere ad ogni istante un agguato. Giunti in vista della fortezza, smontarono e stettero in attesa di ci6 che avrebbe riferito il messaggero che era precorso ad avvisare i capi. Un silenzio di morte che regnava da per tutto, accre- sceva il timore cagionato dalla presenza di centinaia di feroci com- battenti. Di li a poco fu issata una bandiera bianca e comparvero i capi, i quali ricevettero gl' Inglesi in un semicerchio. La discussione intorno alle condizioni della resa, duro quattro ore. Alia fine il capo Sicombo, seguito dagli altri, si alzd e depose ai piedi del Rhodes la zagaglia e il fucile, dicendo : c Noi ci sottomettiamo. Noi ci fidiamo di voi, signer Rhodes, perche voi vi siete fidato di noi, entrando nella nostra fortezza senz'armi. Se voi aveste conosciuto le nostre turbo- lenze, mosse dalla polizia indigena, voi le avreste tolte, e noi non ci saremmo giammai ribellati. Se il sig. Rhodes rista dal piu guerreg- giare e avra cura di noi, noi non ci batteremo piu. » Queste parole furono ad un tempo la fine del parlamento e della guerra. Che 1'In- glese diede per malleveria agl' indigeni la sua parola che avrebbe abolito la polizia indigena, cagione di tante ingiustizie e della ribellione. Cecil Rhodes scese ai primi del mese di gennaio a mezzodi sino al Capo, accolto da per tutto in trionfo, come salvatore dell'aurifera e vasta colonia inglese che da lui ha nome. E ben si merita si liete e onorevoli accoglienze, lui che non ristette mai per tutto 1'anno pas- sato dal sostenere e incontrare fatiche, disagi e pericoli inauditi, per pacificare e tranquillare gli animi turbolenti dei Cafri, lui che ha fon- dato la medesima colonia e ne procura sollecitamente la prosperita ognora maggiore. Quanto poi alle aperte allusioni ai suoi vagheggiati disegni dell' Impero Sudafricano che il medesimo fece nei discorsi di siffatte feste, noi stiamo paghi a riferirle semplicemente, senza punto commentarle. Egli disse in sostanza che nella lotta aspra delle na- zioni europee di tutto occupare in Africa, bisogna far presto e riunire con non interrotti possedimenti la Colonia del Capo al Nilo; esser tempo percio che tutti gli Stati sudafricani, non escluso' il Transwaal, si riuniscano sotto un unico potere, da formare il grande Impero; a questo fine aver lui da molti anni sempre inteso, operando assai in bene della colonia del Capo e togliendo ai Portogfiesi e a quanti altri gli si opponevano, vasti territorii ; il Governo inglese aver dapprima seguito i suoi disegni (cioe 1' invasione del Transwaal nell'a. 1896) e poi essersi malamente ritirato. Queste ed altre parole pronunziate con forza da quell'uomo rubesto, nel quale tutti riconoscono non comuni

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parti di operosita e di sagace discernimento nella amministrazione delle colonie, furono su quella terra delle sue lunghe fatiche applau- dite fragorosameate ; ma in patria, in Inghilterra, ove deve ancora rispondere e soddisfare all'opinione pubblica per 1' invasione della Re- publica Sudafricana, recarono a molti disgusto e impressione incre- scevole.

2. Cagioni e* orrori delkt guerra matabehse. La Rodesia o regione dei Matabele e dei Masciona, teatro della ribellione, confina a mez- zodi col fiume Limpopo che la separa dal Transvaal, a levante e a tramontana coll'Africa portoghese, e a ponente col regno di Barotze e col protettorato dei Beciuana. Essa e popolata da varie tribu ; par- ticolarmente nella parte superiore dai Masciona che vi ammirano sor- gere la citta Salisbury; nella parte inferiore dai bellicosi Matabele, tra i quali fioriscono tre citta Vittoria, Guelo e Buluvaio, capitale del territorio. Dall'anno 1890 appartiene all 'Inghilterra, la quale colla sua Compagnia South African Chartered in pochi anni vi ha opera to m'era- viglie d'incivilimento J e ne sfrutta le miniere e le folte selve. La prima cagione della guerra rodesiana fu 1'invasione, tentata pochi mesi prima dal Jameson nel Transvaal. Per raccogliere le sue truppe presso Mafeking, egli aveva sguernito i posti militari della polizia a cavallo che vegliava alia sicurezza del Matabele e del Masciona, non peranco addomesticati e docili alle arti della pace. Coloro che sono sul luogo, affermano unanimi che il male dell 'invasione tiro seco 1'altro male della ribellione 2. Inoltre la polizia indigena col suo sgoverno concorse alia insurrezione esacerbando gli animi del popolo si facili a accen- dersi per le faville malsopite dell'incendio della recente rivolta del- 1'a. 1894. Subito dopo la disfatta di Jameson, non mancarono i maghi, i quali godono grande autorita presso quei popoli superstiziosi, di approfittarsi della buona occasione e di eccitare i loro devoti alia distru- zione degli odiati bianchi. Si diedero a cuocere le loro misteriose medi- cine, le erbe, gli unguenti ed altri simili ingredienti, e dall'impasto

1 Vedi ser. XVI, vol. VI, pag. 507, del nostro periodico ove sono alt re particolarita.

' Togliamo le notizie di questa guerra dalle lettere del P. Nicot e di altri missionarii Gesuiti che lavorano in quella parte della missione dello Zambese che risponde alia Rodesia. I buoni Padri, massime i PP. Hartmann, Barth61emy, Daignault e Prestage furono larghi di aiuto e di soccorso ai soldati inglesi, in mezzo a mille disagi e pericoli, con tanta costanza che tutti, protestanti e cattolici, non rifiniscono daU'esaltarne la grandezza d'animo, come si pu6 vedere nelle lettere edificanti dei Gesuiti inglesi, Letters and Notes (Manresa Press, Roehampton, 1896, N.° CXIII seggA Al - cune conversion! furono gia il frutto di queste fatiche che promettono altri aimili frutti per la buona impressione prodotta negli animi.

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della magica caldaia profetizzarono la buona riuscita della guerra. Uno di essi, Molimo (Dio), pill insigne per il dono di vaticinare, gli assi- curo che tutte le palle tirate dagl'Inglesi, sarebbero divenute acqua. E poiche la mortalita del bestiame, che allora infieriva, fu interpretata dagl'indigeni per una puniaione inandata da Dio ai Bianchi, Molimo e i suoi colleghi trovarono gran fede tra i loro concittadini che gli ebbero acldirittura per profeti e si tennero prouti alla/ivolta. Questa apparve chiara e aperta ai priini di marzo. I poveri minatori e i coloni che vivevano in luoghi remoti o appartati del Matabele, furonod'un tratto trucidati sin oltre cento e i loro cadaveri si rinvennero orri- bilmente mutilati, tagliuzzati e spogli delle vesti. Gli altri Europei che poterono scampare per tempo, corsero a ricoverarsi, per avviso e ordine del Governo, a Buluvaio, a Guelo e a Vittoria. Nondimeno molti uomini, donne e fanciulli, raggiunti nella fuga, ebbero a perdere mise- ramente la vita per mano di quei cannibali. Costoro per isfigurare i cadaveri, li rovesciavano colla faccia su fasci di paglia secca, che poi abbruciavaiio. Molti poi nella partenza, che poteva piuttosto dirsi una fuga, hanno perduto tutti i loro averi. Da per tutto i rivoltosi si pre- cipitavaiio su i poderi abbandonati, da per tutto saccheggiavano, distrug- gevano e incendiavano tutto cio che cadeva sotto le loro mani, e tra- scinavano via pecore, capre e bovi. Anche le fattorie, i* magazzini e gli alberghi lungo la via di Buluvaio e di Guelo furono saccheggiati e incendiati.

3. Congresso di Lione e i'Antisemitismo. Nelle ultime settimane del novembre si e tenuto un Congresso della democrazia cristiana, che ha emesso i seguenti voti: Lo Stato rispettera tutti i diritti e le norme della giustizia scritte nel Decalogo; si adoprera di lena a ristaurare la famiglia, e dara aiuto allo svolgersi dell' iniziativa privata; reprimera tutte le manifestazioni dell' usura, e tutte le oppression! dei deboli ; il piu largo campo sara lasciato alia dif- fusione del Vangelo nell' insegnamento, si primario come supe- riore. II Congresso ha pur fatto questo voto, che si costituisca nel Parlamento un gruppo di deputati cattolici per combattere il Kul- turkampf francese. Codesto voto e il piu rilevante, perche in se com- prende gli altri tutti. Un parti to o gruppo, fermamente deliberate a difendere i principii cristiani in tutte le dispute pubbliche, a' di nostri e al postutto necessario, e, ad un tempo, di sicura efficacia, qual ne fanno prova il Centro in Germania e il partito cattolico nel Belgio. Ben 1'ha conosciuto il S. Padre, e in parecchie sue manifestazioni, invita i fedeli a costituire un consimile raggruppamento a difesa della fede e della civile societa. Nelle varie sue lettere ed istruzioni il S. Padre diviso il prograrnma dei cattolici e di tutte le persone dab- bene. Dunque or non si tratta piu che di adoperarsi a recare ad effetto

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quel programma. Come il Congresso di Eeims, quello di Lione si e accampato sul terreno degl'insegnamenti di Leone XIH, cosi pel ri- sguardo politico come per quello sociale e religioso. E gia dunque un bell'esordio. II Congresso di Lione aveva una sezione speciale per la questione semita, che, per impulso de' signori Drumont, visconte d'Hugues, Magallan e Giulio Guerin, ha fatto capo a queste delibe- razioni : abrogazione delle leggi e dei decreti, meree cui gli ebrei di Francia e d'Algeria ottennero dritto di cittadinanza, ossia parita poli- tica coi cristiani ; esclusione degli ebrei da' pubblici impieghi, dalla magistratura e dalla camera militare ; esclusione de' fornitori ebrei daU'esercito. Si potrebbe fare le maraviglie che in uno Stato, che conta forse 125,000 ebrei sopra 38 milioni d'anime, possa avvenire un moto antisemitico, specialmente ancora perche le nostre popolazioni cattoliche non sono per niente intolleranti. Ma gia, a' tempi dell'Im- pero, gli ebrei hanno avuto una parte troppo considerevole nell'aggio- taggio sfrenato di quell'epoca. I Eothschild, i Pereire, i Mires ed altri assai lucrarono milioni a centinaia, se non anche miliardi colla crea- zione di ferrovie, di banche, e d'ingannevoli societa industriali. Sotto la Eepubblica 1'aggiotaggio e cresciuto di dieci tanti, sempre a van- taggio degli ebrei. Fu un ebreo, il procuratore Loewy, quegli che strozzo I' Union generate, il che dispensava gli agenti non officiali di cambio (qui si chiamano les coulisses) dal pagare i 115 milioni che dovevano a questa banca bene a'vviata, il cui strozzamento fece per- dere miliardi alia massa cristiana. Gli ebrei ne trassero lor pro. Nel fallimento delle miniere, in quello del Comptoir d'escompte ecc., dapper- tutto ci son di mezzo ebrei. La faccenda del Panama fu soffocata, ma non si da impedire che tutti risapessero, che gli ebrei Eeinach, Cor- nelio Herz, Arton, Oberndoerffer, Seligmann, Hellemann ed altri ancora, fecero scomparire i suoi milioni a decine. Le pattuizioni del 1883 colle sei societa ferroviarie costeranno certo piii di un miliardo allo Stato ; ebbene, sono opera dell'ebreo Eaynal, di quei di ministro pel com- mercio. Insomma da vent'anni in qua il popolo ha perduto molti mi- lioni per cagione d'ingannevoli intraprese ed affari, che han fatto ric- chi gli ebrei. Inoltre ci sono stati altri scandali, mentreche scrittori d'ingegno eletto, specialmente il sig. Drumont nella sua France juive, hanno assalito gagliardamente, si sono adoperati a svelare quello che cova sotto i loschi affari. II Drumont nella sua Libre parole fa guerra spietata agli ebrei, come a tutti gli abusi del presente reggimento. Da cio deriva che la pubblica opinione e messa sull'avviso, e che 1'antisemitismo guadagna terreno. Peraltro non e tanto un odio di razza e di religione, quanto un'insurrezione contro gli abusi e contro lo sfruttamento del popolo da parte dell'alta banca, che dipende dagli ebrei. Adesso, per esempio, la Camera si sta occupando di un disegno

380 CRONACA

di legge, che proroga al 1920 il privilegio della Banca di Francia che cesserebbe nel 1897. Or questo disegno, per cui richiedesi la mag- gioranza, e stato riveduto da Rothschild e socii, naturalmente a loro vantaggio ; perche quest! re della Banca, spadroneggiano ancora nella Banque fa France, servendosi della sua scorta metallica che adesso ascende a due miliardi in oro e a pi il d'un miliardo in argento. Non si finirebbe mai, se si volessero anche solo noverare tutti i traffici, tutte le intraprese che fruttano a vantaggio degli ebrei. D'altro canto bisogna tener nota che qui ci sono state molte conversion! di ebrei, fra' quali molti uomini d'ingegno, che hanno recato buoni servigi alia Chiesa, anche come sacerdoti. (Cosi il nost.ro corrispondente di Francia.)

4. Una veggente smascherata. Giova talora scendere francamente al fondo delle cose. Per alquanti mesi dell'anno passato (cosi il nostro Corrispondente di Francia) non si e parlato di altro a Parigi che della veggente della rue du Paradis, la signorina Couedon ; i giornali e i pe- riodici, tra i quali la Revue Qenerale in un articolo del sig. Prospero Saey nel inese d'agosto, anch'essi ne parlarono a lungo. Costei difatti prediceva avvenimenti, parecchi dei quali si sono avverati ; essa sapeva specialmente conoscere la vita e le intime cose di coloro che andavano a consigliarsi con lei. Ella sosteneva d'esser soltanto il portavoce dell'Ar- cangelo Gabriele. Siccome la giovane non e una zingara di mestiere e conduce una vita onesta, anzi cristiana, le sue predizioni commossero tanto pifl la gente. La Societa delle Scienze psichiche risolse di affi- dare ad una commissione di sei sacerdoti e di sei medici 1'incarico di prendere a disamina il caso della signorina Couedon. Dopo le piu dotte ed accurate ricerche la Commissione ha conchiuso cosi : La veg- gente e sana di corpo e di mente, non e isterica, ne aifetta da alcuna malattia fisica o psichica. Molte delle sue profezie si sono avverate; non poche volte ancora essa si e ingannata della grossa. E fuor di dubbio che ella non puo essere animata dall'Angelo Gabriele n& da verun altro spirito buono, giacche, parecchie volte si e espressa in maniera odiosa per riguardo alia Chiesa, al Sommo Pontefice, ed alle cose di religione. Essa incoraggio il duello, promettendo all'uno de' combattenti che ne riescirebbe illeso. II relatore non asserisce, per prudenza, in modo esplicito, che la signorina Couedon sia ani- mata da spirito diabolico.

« Non giudichiamo (dic'egli) le sue intenzioni buonissime, la sua condotta che e cominendevole. Occupiamoci soltanto di quello spirito ond'ella dicesi compresa e che e 1'Angelo Gabriele. L'Angelo non e cosa terrena : egli dipende dalla nostra ragione. Quest' angelo com- muove 1'opinione pubblica e turba le genti. E nostro compito tener salvo il pubblico dai pericoli dell'errore. Forse la signorina Couedon £ zimbello di una deplorevole illusione. Gomunque sia, e forza rico-

CONTBMPORANEA 381

noscere una concordanza fra le sue predizioni e certe profezie, divul- gatesi da gran tempo per ogni dove, e quand' anche 1' angelo che la ispira fosse un demonio, non saremmo lontani dal credere che la si- gnorina Couedon abbia una missione. Lo spiritismo e conseguenza del materialismo. Non pud a meno di avvenire una reazione. E gli spirit! del genere di quello ond' e ispira ta la signorina Couedon, sia o non sia demonio, confermano 1'esistenza dell'oltre tomba, cioe di un altro mondo al quale essi appartengono. »

Dacche e stata pubblicata questa relazione, e finita la voga della signorina Couedon. Essa e svelata ; il suo prestigio se n' e andato in dileguo.

5. La siceita e la fame nelle Indie orientali. Le province (cosi il nostro corrispondente dalle Indie orientali) che hanno piu a soffrire dalla siccita e in conseguenza dalla fame sono le province che si estendono dall'Assam nell'est al Punjab, le centrali, la Rajputana nell'ovest, e, quantunque meno, alcune province della Presidenza di Madras. Nelle altre province la pioggia e arrivata alia solita media annuale, e si e potuto ottenere almeno il primo raccolto di riso : il secondo pero e stato anche in queste province privilegiate quasi inte- ramente perduto, essendo mancati i soliti acquazzoni e temporali, che sogliono cadere nei mesi di settembre ed ottobre. II Governo Anglo- Indiano con lodevole solerzia si e messo subito all'opra per impedire •che la presente carestia prenda le proporzioni di quella terribile del 1876-77, anzi il Vicere Lord Elgin in un discorso tenuto di questi giorni ad Uhvar ha potuto assicurare il pubblico che il Groverno era in caso di tener fronte alia presente carestia. A questo fine si e appi- gliato a tre mezzi. Primo, ha ordinato che in tutte le province affamate si metta mano a lavori pubblici per dare da vivere a tutti quei nume- rosi braccianti, che non occupati nei lavori campestri, si trovano senza mezzi di sussistenza. Secondo, ha preso sopra di se di alimentare quelli fra i piu poveri, deboli o vecchi, che non possono in modo alcuno bastare a se medesimi, i quali ortnai si calcolano a un tre milioni. Terzo, ha invocato la carita pubblica e privata. E questa pare che risponda iar- gamente. In molte citta si sono gia aperte sottoscrizioni pei cosi detti fondi deMa fame ; altrove si comprano grani per venderli a prezzi mo- dieissimi ; alcuni istituti prendono i fanciulli che altrimenti sarebbero in pericolo di morire di fame ; altrove i magistrati civili hunno stabi- liti i prezzi dei grani per impedire che i Bunniahs, o mercanti di cereali speculino sulla calamita pubblica. Del resto e comune opinione che del grano presentemente ve n'e in India a sufficienza, ma i Bunniahs si sforzano di nasconderlo, per la solita ragione che 1'amor dell'oro indurisce i cuori, e ormai una misura di riso che in tempi ordinarii costa dalle 3 alle 5 rupie, nelle province affamate e salita al prezzo

382 CRONACA

di 7 ed 8 rupie. A Shahabad le cose sono arrivate a tal segno che le madri offrono a chi li vuol comprare i loro figliuoletti a mezza rupia 1'uao. A Bijapur i buffali e le vacche si vendono a due rupie per capo, e cio perchd non essendovi piu un filo d'erba, il bestiame muore di fame. E qui non sara fuor di luogo notare la condizione dei poveri in India, per capire che cosa voglia dire la fame in questo paese. Una gran parte della popolazione indiana, come servi, contadini, braccianti, e infiniti altri occupati in bassi mestieri, guadagna dalle 5 alle 7 rupie al mese. Su questa modica mercede negli anni ordinarii ci vive un'intera famiglia di 4 o 5 persone. Spendono da 3 a 4 rupie per una misura di riso sufficiente per un mese, il resto va in condimenti, frutti e un po' di cotone per render meno nuda la loro quasi completa nu- dita. Come e chiaro, al presente, anche supposto che trovino da lavo- rare, non ricevono tanto che basti a comprare il puro riso che 6 il loro quotidiano sostentamento. II popolo poi, persuaso dalla fame da la colpa del caro del riso ai Bunniahs, donde le sommosse, i saccheggi dei mercati, e le scene sanguinose che hanno gia avuto luogo in pa- recchie province. Una vera sommossa scoppio il 9 nov. a Solapur, dove intervenne la truppa, e si ebbero morti e feriti. Lo stesso si ripete, senza sangue pero, a Barsi, Poona, Nagpore, Bellary, e in altri centri piu popolati. Intanto, per opporsi ai inercanti di grani che ten- gono in serbo il grano per venderlo ad alti prezzi nel colmo della carestia, si vanno formando qua e la delle societa che si propongono di comprar cereali nostrani e forestieri per venderli ai poveri al minor prezzo possibile. A Sholapore un ricco mercante di nome Ma- lappa Marad ha offerto a questo fine 30,000 rupie, un altro a Mar- waree 25,000, e a Bombay sono riusciti a formare una societa con un capitale versato di un milione di rupie, che si propone di com- prare grani dall' America, dall'Europa e dalla Eussia, non perd dal- 1' India, e cio a fine di sforzare i Bunniahs a metter fuori a prezzi ragionevoli i cereali nascosti. I Direttori della societa hanno gia inte- ressato a loro favore molte case commerciali europee, le ferrovie e il governo. Eesta pero a vedere se la detta societa potra vendere i grani forestieri a miglior prezzo dei nostrani; in ogni caso pero la concorrenza sforzera i mercanti indiani a rimettere nei prezzi, e tutto cid andra in favore dei poveri. Alcuni forse piu buoni che savi vo- levano sforzare il governo ad impedire 1'esportazione, e a far egli stesso incetta di grani del paese per poi rivenderli ai suoi sudditi ; ma tutto cio mal s'accorda coi principii del libero commercio, prin- cipii che ormai fanno parte essenziale del reggimento britannico. Del resto e assai dubbio se cotali spedienti riuscirebbero al fine voluto, laonde il governo ha rigettato siffatti suggerimenti come del tutto irnpraticabili. Si spera invece assai, che, qualora il bisogno crescesse,

CONTEMPORANEA 383

la carita inglese verra in ajuto dell' India affamata, come fece gia nel 1874 somministrando 4 milioni di lire sterline, e 10 milioni nella terribile fame del 1877. II Signore sempre misericordioso anche quando punisce, si serve spesso di questi flagelli per condurre alia vita eterna tante anime che altrimenti perirebbero infallibilmente. In queste tristi occasioni i cuori di molti ricchi non solo cristiani come gli Inglesi, ma pagani, anzi ancora maomettani, si aprono a pieta e commisera- zione, e tutti i giorni leggiamo nei giornali atti di vera generosita. Elemosine sono queste che, giusta le Scritttire, varranno loro a remis- sion dei peccati e a metterli sopra una di quelle segrete vie, che terminano o palesemente o in occulto alia cognizione del vero Dio e del suo Cristo. E cosi nutriamo dolce speranza che i nostri occhi non saran costretti a vedere le dolorose scene del 1877, quando migliaja e migliaja di poveretti si trovaron morti di fame nei campi, e donne e fanciulli affamati si vedevano lungo le ferrovie raccogliere e man- giare grano per grano quel po' di riso che durante il trasporto, per caso, cadeva a terra, e poveri "vecchi barcollanti per debolezza si por- tavano a stento dove si distribuivano soccorsi mangiando intanto semi di bamboo, o i giovani germogli di piante boschereccie. Oh vengano i buoni cattolici d'Europa in soccorso dei Missionarii. Questa e 1'occa- sione propizia. Ora meglio che mai il pane terreno, offerto all'affa- M.ato dalla mano del Missionario, si cambia per 1'anima del poverello in pane di vita eterna.

6. Statistica dei suicidii. U Association catholique dello scorso gen- naio accenna all' importante lavoro sopra i suicidii, presentato da M. Forbes Winslow al congresso di medicina legale che si tenne non ha molto a Londra. II Winslow, tra 1'altro, riduce a statistica le cause che determinano al suicidio e sopra 7,190 casi ottiene le

conclusion! seguenti :

UOMINI DONNE

Miseria 905 511

Dispiaceri domestic! 728 524

Perdite di danaro 322 233

Ubbriachezza ed altri eccessi 287 208

Perdite per giuoco 155 141

Ambizione contrariata 122 410

Dispiaceri d'amore 97 157

Esaltamento d'amor proprio 53 53

Rimorsi 49 57

Fanatismo 12 1

Misantropia 3 3

Cause sconosciute 1,381 667

Si vede che presso a poco le diverse cause hanno proporzionata- mente la medesima influenza sui maschi e sulle femmine, se si eccet-

384 CRONACA CONTEMPORANEA

tuino 1'ambizione contrariata e il dispiacere d'amore che fanno dispe- rare piuttosto le femmine che i maschi. Che le feminine si perdono in maggior numero per la passione dell'amore si sapeva gia e si capiva ; ma chi avrebbe mai sognato ch' esse f oseero pift ambiziose degli stessi maschi?!

Ringraziamo tutti coloro che, con offerte per I'obolo delle povere Mo- nache, sono concorsi alia strenna natalizia, che a circa 400 miserabili Mo- nasteri abbiamo potuto inviare. Gratissimi ci professiamo ai direttori di giornali o periodici cattolici, i quali a quest'ejfetto ci hanno aiutati, e li supplichiamo di seguitare afarlo, anche per I'avvenire. Da ognuno dei detti Monasteri ci son venute raccomandazioni di rendere grazie vivissime at benefattori, assicurandoli che sempre vi si prega per loro e pei cari loro, vivi e defonti. 11 Santo Padre Leone XIII, che guarda con ispecial affetto quest'Opera d'insigne carita, la quale egli pure esercita con larga muni- ficenza, ci ha fatto I'onore d' incaricarci di partecipare I'apostolica tua benedizione a tutti gli ojferenti, ed a tutti i concorrtnti alia raccolta di si pietose offerte. Noi confidiamo che la generositd cattolica non ci verrd meno, per I'altra strenna dell'Qvo di Pasqua, con cui siamo soliti consolare ogni anno la estrema povertd e le pene di (ante sacre spose di Gesu Cristo, cru- delmente ajlitte propter Nomen eius.

Per comune edificazione ed a stimolo dei lettori, ci piace far pubblica la seguente lettera, scrittaci il 28 decemlre dello scorso 1896, da un gio- vane sacerdote, cappellano in una alpestre parrocckia del centro d' Italia.

« JIo letto, nel fascicolo delta Civilta Cattolica di questo mese, a qual deplorevole povertd siano ridotte tante sacre Vergini, che popolano circa 400 Monasteri della nostra Italia. Jfosso a pietd del lagrimevole abban- dono in cui sono lasciate, ho pensato di fare una gita per la mia par- rocchia e slender la mano, a guisa di mendico, alle famiglie piu benestanti. Pcrche nessuno mi negasse la carita, Jto chiesta io medesimo la somma che esigeva. L'ho valuta dalle donne, essendo pur donne le sante creature che volevo sollevare. Ho chiesto ad una sola donna per Jamiglia, domandando un solo soldo al mese.

« Avrei voluto in poco tempo girare tutta la parrocchia, ma le piogge torrenziali, la vastitd e I'incomoditd delle strode montuote hanno ritardato Ve/etto del mio desiderio. Tuttavia in questo mese di decembre ho raccolte le lire tre, che le spedisco. Ma in questi giorni io vtsito tutte le famiglie, e spero di poterle presto mandare una somma piu abbondante. Io ho doman- dato un solo soldo per famiglia, attesoche i denari scarseggiano: ma, come dice il proverbio, i molti pochi fanno un assai. Spero che questa tenue of- ferta recherd qualche giovamento.

« Se il parroco od il cappellano di ogni popolo visitasse ciascuna fa- miglia, colla parola carita in bocca, certo si recherebbe grande vantaggio alle povere spose di Q-esu Cristo. Un soldo al mese per famiglia non e di peso alcuno. Raccomando me ed i benefattori alle preghiere delle beneficate. »

SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI

LEON IS

DIVINA PEOVIDENTIA

PAPAK XIII

CONSTITVTIO APOSTOLICA

DE PROHIBITIONS ET CENSVRA LIBRORVM

Officiorum ac munerum, quae diligentissime sanctissimeque servari in hoc apostolico fastigio oportet, hoc caput atque haec summa est, assidue vigilare atque omni ope contendere, ut integritas fidei morumque christianorum ne quid detriment! capiat. Idque, si unquam alias, maxime est necessarium hoc tempore, cum, effrenatis licentia ingeniis ac moribus, omnis fere doctrina, quam servator hominum lesus Christus tuendam Ecclesiae suae ad salutem generis humani permisit, in quoti- dianum vocatur certamen atque discrimen. Quo in certamine variae profecto atque innumerabiles sunt inimicorum callidi- tates artesque nocendi : sed cum primis est plena periculorum intemperantia scribendi, disseminandique in vulgus quae prave scripta sunt. Nihil enim cogitari potest perniciosius ad inqui- nandos animos per contemptum religionis perque illecebras multas peccandi. Quamobrem tanti metuens mali, et incolu- mitatis fidei ac morum custos et vindex Ecclesia, maturrime intellexit, remedia contra eiusmodi pestem esse sumenda; ob eamque rem id perpetuo studuit, ut homines, quoad in se esset, pravorum librorum lectione, hoc est pessimo veneno,

Serie XVI, vol. IX, fate. 1120. 25 8 febbraio 1897.

386 SANCTISSIMI D. N. LEOSIS DIYINA PROVIDENTIA PAPAE XIII

prohiberet. Vehemens hac in re studium beati Pauli viderunt proxima originibus tempora : similique ratione perspexit sancto- rum Patrum vigilantiam, iussa episcoporum, Conciliorum de- creta, omnis consequens aetas.

Praecipue vero monumenta litterarum testantur, quanta cura diligentiaque in eo evigilaverint romani Pontifices, ne haereticorum scripta, malo publico, impune serperent. Plena est exemplorum vetustas. Anastasius I scripta Origenis per- niciosiora, Innocentius I Pelagii, Leo magnus Manichaeorum opera omnia, gravi edicto damnavere. Cognitae eadem de re sunt litterae decretales de recipiendis et non recipiendis libris, quas Gelasius opportune dedit. Similiter, decursu aetatum, Mo- notheletarum, Abaelardi, Marsilii Patavini, Wicleffi et Hussii pestilentes libros, sententia apostolicae Sedis confixit.

Saeculo autem decimo quinto, comperta arte nova libraria, non modo in prave scripta animadversum est, quae lucem aspexissent, sed etiam ne qua eius generis posthac ederentur, caveri coeptum. Atque hanc providentiam non levis aliqua caussa, sed omnino tutela honestatis ac salutis publicae per illud tempus postulabat: propterea quod artem per se opti- mam, maximarum utilitatum parentem, christianae gentium humanitati propagandae natam, in instrumentum ingens rui- narum nimis multi celeriter deflexerant. Magnum prave scrip- torum malum, ipsa vulgandi celeritate maius erat ac velocius effectum. Itaque saluberrimo consilio cum Alexander VI, turn Leo X decessores Nostri, certas tulere leges, utique congruentes iis temporibus ac moribus, quae offlcinatores libraries in offlcio oontinerent.

Mox graviore exorto turbine, multo vigilantius ac fortius oportuit malarum haereseon prohibere contagia. Idcirco idem Leo X, posteaque Clemens VII gravissime sanxerunt, ne cui legere, neu retinere, Lutheri libros fas esset. Cum vero pro illius aevi infelicitate crevisset praeter modum atque in omnes partes pervasisset perniciosorum librorum impura colluvies, ampliore ac praesentiore remedio opus esse videbatur. Quod quidem remedium opportune primus adhibuit Paulus IV de-

CONSTITVTIO APOST. DE PROHIHITIONE ET CENSVRA LIBRORVM 387

cessor Noster, videlicet elencho proposito scriptorum et libro- rum, a quorum usu cavere fldeles oporteret. Non ita multo post Tridentinae Synodi Patres gliscentem scribendi legendique licentiam novo consilio coercendam curaverunt. Eorum quippe voluntate iussuque lecti ad id praesules et theologi non solum augendo perpoliendoque Indici, quern Paulus IV ediderat, de- dere operam, sed Regulas etiam conscripsere, in editione, lectione, usuque librorum servandas : quibus Regulis Pius IV apostolicae auctoritatis robur adiecit.

Verum salutis publicae ratio, quae Regulas Tridentinas initio genuerat, novari aliquid in eis, labentibus aetatibus. ea- dem iussit. Quamobrem romani Pontifices nominatimque Cle- mens VIII, Alexander VII, Benedictus XIV, gnari temporum et memores prudentiae, plura decrevere, quae ad eas expli- candas atque accomodandas tempori valuerunt.

Quae res praeclare confirmant, praecipuas romanorum Pon- tificum coras in eo fuisse perpetuo positas, ut opinionum er- rores morumque corruptelam, geminam hanc civitatum labem ac ruinam, pravis libris gigni ac disseminari solitam, a civili hominum societate defenderent. Neque fructus fefellit operam, quam diu in rebus publicis administrandis rationi imperandi ac prohibendi lex aeterna praefuit, rectoresque civitatum cum potestate sacra in unum consensere.

Quae postea consecuta sunt, nemo nescit. Videlicet cum adiuncta rerum atque hominum sensim mutavisset dies, fecit id Ecclesia prudenter more suo, quod, perspecta natura tem- porum, magis expedire atque utile esse hominum saluti yide- retur. Plures Regularum Indicis praescriptiones, quae exci- disse opportunitate pristina videbantur, vel decreto ipsa sustu- lit, vel more usuque alicubi invalescente antiquari benigne simul ac provide sivit. Recentiore memoria, datis ad Archie- piscopos Episcoposque e principatu pontlflcio litteris. Pius IX Regulam X magna ex parte mitigavit. Praeterea, propinquo iam Concilio magno Vaticano, doctis viris, ad argumenta pa- randa delectis, id negotium dedit, ut expenderent atque aesti- marent Regulas Indicis universas, iudiciumque ferrent, quid

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de iis facto opus esset. Illi commutandas, consentientibus sen- ten tiis, iudicavere. Idem se et sentire et petere a Concilio plu- rimi ex Patribus aperte profltebantur. Episcoporum Galliae extant hac de re litterae, quarum sententia est, necesse esse et sine cunctactione faciendum, ut illae Regulae bi universa res Indicts novo prorsus modo nostrae aetati melius attem- perato et observalu faciliori instaurarentur. Idem eo tern- pore iudicium fuit Episcoporum Germaniae, plane petentium, ut Regulae Indicts... recenti revisioni et redaction! submittan- tur. Quibus Episcopi concinunt ex Italia aliisque e regionibus complures.

Qui quidem omnes, si temporum, si institutorum civilium, si morum popularium habeatur ratio, sane aequa postulant et cum materna Ecclesiae sanctae caritate convenientia. Etenim in tarn celeri ingeniorum ctirsu, nullus est scientiarum campus, in quo non litterae licentius excurrant : inde pestilentissimorum librorum quotidiana colluvies. Quod vero gravius est, in tarn grand i malo non modo connivent, sed magnam licentiam dant leges publicae. Hinc ex una parte, suspensi religione animi plurimorum: ex altera, quidlibet legendi impunita copia.

Hisce igitur incommodis medendum rati, duo facienda duxi- mus, ex quibus norma agendi in hoc genere certa et perspicua omnibus suppetat. Videlicet librorum improbatae lectionis dili- gentissime recognosci Indicem; subinde, maturum cum fuerit, ita recognitum vulgari iussimus. Praeterea ad ipsas Regulas mentem adiecimus, casque decrevimus, incolumi earum natura, efficere aliquaryto molliores, ita plane ut iis obtemperare, dum- inodo quis ingenio malo non sit, grave arduumque esse non possit. In quo non modo exempla sequimur decessorum Nostro- rum, sed maternum Ecclesiae studium imitamur: quae quidem nihil tarn expetit, quam se impertire benignam, sanandosque ex se natos ita semper curavit, curat, ut eorum infirmitati amanter studioseque parcat.

Itaque matura deliberatione, adhibitisque S. R. E. Cardina- Hbus e sacro Consilio libris notandis, edere Decreta Generalia »tatuimus, quae infra scripta, unaque cum hac Constitutione

CONSTITVTIO APOST. DE PROHIBITIONS ET CENSVRA. LIBRORVM 389

coniuncta sant : quibus idem sacrum Consiliam posthac utatur unice, quibusque catholic! homines toto orbe religiose pareant. Ea vim legis habere sola volumus, abrogatis Regulis sacro- sanctae Tridentinae synodi iussu editis, Observationibus, In- slructione, Decrelis, Monitis, et quovis alio decessorum Nostro- rum hac de re statute iussuque, una excepta Constitutione Benedicti XIV Solliciia et provida, quam, sicut adhuc viguit, ita in posterum vigere integram volumus.

DECRETA GENERALLY DE PROHIBITIONE ET CENSVRA LIBRORYM

TITVLVS I.

DE PROHIBITIONE LIBRORVM.

CAPVT I.

De prohibitis ccpostalarum, haerelicorum, schismaticorum, aliorumque scriptorum libris.

1. Libri omnes, qui ante annum MDC. aut Summi Pontifices, aut Concilia oecumenica damnarunt, et in novo Indice non re- censentur, eodem modo damnati habeantur, sicut olim damnati fuerunt: iis exceptis, qui per haec Decreta Generalia permit- tuntur.

2. Libri apostatarum, haereticorum, schismaticorum et quo- rumcumque scriptorum haeresim vel schisma propugnantes, aut ipsa religionis fundamen.ta utcumque evertentes. omnino prohibentur.

3. Item prohibentur acatholicorum libri, qui ex professo de religione tractant, nisi constet nHiil in eis contra fldem catho- Ucam contineri.

4. Libri eorundem auctorum, qui ex professo de religione non tractant, sed obiter tantum fldei veritates attinguat, iure ecclesiastico prohibiti non habeantur, donee speciali decreto proscripti baud fuerint.

390 SANCTISSIMI D. N. LEONIS DIVINA PROVIDENTIA PAPAB XIII

CAPVT II.

De Edilionibus texlus originalis et versionum non vulgar ium Sacrae Scriplurae.

5. Editiones textus originalis et antiquarum versionum catho- licarurn Sacrae Scripturae, etiam Ecclesiae Orientalis, ab aca- tholicis quibuscumque publicatae, etsi fideliter et integre editae appareant, iis dumtaxat, qui studiis theologicis vel biblicis dant operam, dummodo tamen non impugnentur in prolegomenis aut adnotationibus catholicae fldei dogmata, permittuntur.

6. Eadem ratione, et sub iisdem conditionibus, permittuntur aliae versiones Sacrorum.Bibliorum sive latina, sive alia lingua non vulgari ab acatholicis editae.

CAPVT III. De Versionibus vernaculis Sacrae Scripturae.

7. Cum experimento manifestum sit, si Sacra Biblia vulgari lingua passim sine discrimine permittantur, plus inde, ob homi- num temeritatem, detrimenti, quam utilitatis oriri; Versiones omnes in lingua vernacula, etiam a viris catholicis confectae, omnino prohibentur, nisi fuerint ab Apostolica Sede approbatae, aut editae sub vigilantia Episcoporum cum adnotationibus de- sumptis ex Sanctis Ecclesiae Patribus, atque ex doctis catho- licisque scriptoribus.

8. Interdicuntur versiones omnes Sacrorum Bibliorum,quavis vulgari lingua ab acatholicis quibuscumque confectae, atque illae praesertim, quae per Societates Biblicas, a Romanis Pon- tiflcibus non semel damnatas, divulgantur, cum in iis saluber- rimae Ecclesiae leges de divinis libris edendis funditus postha- beantur.

Hae nihilominus versiones iis, qui studiis theologicis vel biblicis dant operam, permittuntur: iis servatis, quae supra (n. 5) slatuta sunt.

CONSTITVTIO APOST. DE PROHIBITIONS ET CENSVRA LIBRORVM 391

CAPVT IV. De Libris obscenis.

9. Libri, qui res lascivas sen obscenas ex professo tractanf, narrant, aut decent, cum non solum fidei, sed et morum, qui huiusmodi librorum lectione facile corrumpi solent, ratio ha- foenda sit, omnino prohibentur.

10. Libri auctorum sive antiquorum, sive recentiorum, quos classicos vocant, si hac ipsa turpitudinis labe infecti sunt, propter sermonis elegantiam et proprietatem, iis tantum per- mittuntur, quos bfficii aut magisterii ratio excusat: uulla tamen ratione pueris vel adolescentibus, nisi solerti cura expurgati, tradendi aut praelegendi erunt.

CAPVT V. De quisbuddin specialis argumenti libris.

11. Damnantur libri, in quibus Deo, aut Beatae Virgini Mariae, vel Sanctis, aut Catholicae Ecclesiae eiusque Cultui, vel Sacramentis, aut Apostolicae Sedi detrahitur. Eidem repro- bationis iudicio subiacent ea opera, in quibus inspirationis Sacrae Scripturae conceptus pervertitur, aut eius extensio nimis coarctatur. Prohibentur quoque libri, qui data opera Ecclesia- sticam Hierarchiam, aut statum clericalem vel religiosum pro- bris afflciunt.

VM 12. Nefas esto libros edere, legere aut retinere in quibus sortilegia, divinatio, magia, evocatio spirituum, aliaeque huius generis superstitiones docentur, vel commendantur.

13. Libri aut scripta, quae narrant novas apparitiones, reve- lationes, visiones, prophetias, miracula, vel quae novas indu- cunt devotiones, etiara sub praetextu quod sint privatae, si publicentur absque legitima Superiorum Ecclesiae licentia, pro- scribuntur.

14. Prohibentur pariter libri, qui duellum, suicidium, vel divortium licita statuunt, qui de sectis massonicis, vel aliis

392 SANCTISSIMI D. N. LEONIS DIVINA PROVIDENTIA PAPAE XIII

eiusdem generis societatibus agunt, easque utiles et non per- niciosas Ecclesiae et civili societati esse contendunt, et qui errores ab Apostolica Sede proscriptos tuentur.

CAPVT VI. De Sacris Imaginibus et Indulgentiis.

15. Imagines quomodocumque impressae Domini Nostri lesu Ghristi, Beatae Mariae Virginis, Angelorum atque Sanctorum, vel aliorum Servorum Dei ab Ecclesiae sensu et decretis dif- formes, omnino vetantur. Novae vero, sive preces habeant adnexas, sive absque illis edantur, sine Ecclesiasticae potestatis licentia non publicentur.

16. Universis interdicitur indulgentias apocryphas, et a Sancta Sede Apostolica proscriptas vel revocatas quomodo- cumque divulgare. Quae divulgatae iam fuerint, de manibus fidelium auferantur.

17. Indulgentiarum libri omnes, summaria, libelli, folia etc., in quibus earum concessiones continentur, non publicentur absque competentis auctoritatis licentia.

CAPVT VII. De libris liturgicis et precatoriis.

18. In authenticis editionibus Missalis, Breviarii, Ritualis,. Caeremonialis Episcoporum, Pontificalis romani, aliorumque librorum liturgicorum a Sancta Sede Apostolica approbatorum, nemo quidquam immutare praesumat: si secus factum fuerit, hae novae editiones prohibentur.

19. Litaniae omnes, praeter antiquissimas et communes, quae in Breviariis, Missalibus, Pontiflcalibus ac Ritualibus con- tinentur, et praeter Litanias de Beata Virgine, quae in sacra Aede Lauretana decantari solent, et litanias Sanctissimi No- minis lesu iam a Sancta Sede approbatas, non edantur, sine revisione et approbatione Ordinarii.

20. Libros, aut libellos precum, devotionis, vel doctrinae

CONSTITVTIO APOST. DE PROHIBITIONE ET CENSVRA. LIBRORVM 393

institutionisque religiosae, moralis, asceticae, mysticae, aliosque huiusmodi, quamvis ad fovendam populi Christian! pietatem conducere videantur, nemo praeter legitiraae auctoritatis licen- tiam publicet: secus prohibit! habeantur.

GAPVT VIII. De Diariis, foliis et libellis periodicis.

21. Diaria, folia et libelli periodic!, qui religionem aut bonos mores data opera impetunt, non solum natural!, sed etiam •ecclesiastico iure proscripti habeantur.

Curent autem Ordinarii, ubi opus sit, de huiusmodi lectionis periculo et damno fldeles opportune monere.

22. Nemo e catholicis, praesertim e viris ecclesiasticis, in huiusmodi diariis, vel foliis, vel libellis periodicis, quidquam, nisi suadente iusta et rationabili causa, publicet.

CAPVT IX. De facilitate legendi et retinendi libros prohibitos.

23. Libros sive specialibus, sive hisce Generalibus Decretis proscriptos, ii tantum legere et retinere poterunt, qui a Sede Apostolica, aut ab illis, quibus vices suas delegavit, opportu- nas fuerint consecuti facultates.

24. Concedendis licentiis legendi et retinendi libros quos- cumque prohibitos Romani Pontiflces Sacram Indicis Congre- gationem praeposuere. Eadem nihilominus potestate gaudent, turn Suprema Sancti Offlcii Congregatio, turn Sacra Congrega- tio de Propaganda Fide pro regionibus suo regimini subiectis. Pro Urbe tantum, haec facultas competit etiam Sacri Palatii Apostolici Magistro.

25. Episcopi aliique Praelati iurisdictione quasi episcopal! pollentes, pro singularibus libris, atque in casibus tantum ur- gentibus, licentiam concedere valeant. Quod si iidem genera- lem a Sede Apostolica impetraverint facultatern, ut fldelibus libros proscriptos legendi retinendique licentiam impertiri va- leant, earn nonnisi cum delectu et ex iusta et rationabili causa concedant.

394 SANCTISSIMI D. N. LEOXIS DIVlNA PROVIDENTIA PAPAK XIII

26. Omnes qui facilitate™ apostolicam consecuti stint le- gendi et retinendi libros prohibitos, nequeunt ideo legere et retinere libros quoslibef, aut ephemerides ab Ordinariis loco- rum proscriptas, nisi eis in apostolico indulto expressa facta fuerit potesias legend! et retinondi libros a quibuscunique dam- natos. Meminerint insuper qui licentiam legendi libros prohi- bitos obtinuerunt, gravi se praecepto teneri huiusmodi libros ita ctislodire, ut ad aliorum manus non perveniant.

CAPVT X. De denunciations pravorum librorum.

27. Quamvis catholicorum omnium sit, maxime eorum, qui doctrina praevalent, perniciosos libros Episcopis, aut Aposto- licae Sedi denunciare; id tamen speciali titulo pertinet ad Nuntios, Delegates Apostolicos, locorum Ordinarios atque Re- ctores Universitatum doctrinae laude florentium.

28. Expedit ut in pravorum librorum denunciatione non solum libri titulus indicetur, sed etiam, quoad fieri potest, cau- sae exponantur ob quas liber censura dignus existimatur. lis autern ad quos denunciatio defertur, sanctum erit denuncian- tium nomina secreta servare.

29. Ordinarii, etiam tamquam Delegati Sedis Apostolicae, libros, aliaque scripta noxia in sua Dioecesi edita vel diffusa proscribere, et e manibus fidelium auferre studeant. Ad Apo- stolicum indicium ea deferant opera vel scripta, quae subtilius examen exigunt, vel in quibus ad salutarem effectum conse- quendum, supremae auctoritatis sententia requiri videatur.

TITVLVS II.

DE CENSVRA LIBRORVM.

CAI-VT I. De Praelatis librorum censurae praepositis.

30. Penrs quos potestas sit sacrorum bibliorum editiones et versiones adprobare vel permittere ex iis liquet, quae su- pra (n. 7) statuta sunt.

CONSTITVTIO APOST. DE PROHIBITIONS ET CENSVRA LIBRORVM 395

31. Libros ab Apostolica Sede proscriptos nemo audeat ite- rum in lucem edere: quod si ex gravi et rationabili causa, singularis aliqua exceptio hac in re admittenda videatur, id nunquam flet, nisi obtenta prius sacrae Indicis Congregationis licentia, servatisque conditionibus ab ea praescriptis.

32. Quae ad causas Beatificationum et Ganonizationum Ser- vorum Dei utcumque pertinent, absque beneplacito Congrega- tionis Sacris Ritibus tuendis praepositae publicari nequeunt.

33. Idem dicendum de Collectionibus Decretorum singula- rum Romanarum Congregationum : hae nimirum Collectiones edi nequeant, nisi obtenta prius licentia, et servatis conditio- nibus a moderatoribus uniuscuiusque Congregationis prae- scriptis.

34. Vicarii et Missionarii Apostolici Decreta sacrae Con- gregationis Propagandae Fidei praepositae de libris edendis fideliter servent.

35. Approbatio librorum, quorum censura praesentium De- cretorum vi Apostolicae Sedi vel Romanis Congregationibus non reservatur, pertinet ad Ordinarium loci in quo publici iu- ris flunt.

36. Regulares, praeter Episcopi licentiam, meminerint te- neri se, sacri Concilii Tridentini decreto, operis in lucem edendi facultatem a Praelato, cui subiacent, obtinere. Utraque autem concessio in principio vel in fine operis imprimatur.

37. Si Auctor Romae degens librum non in Urbe, sed alibi imprimere velit, praeter approbationem Cardinalis Urbis Vi- carii et Magistri Sacri Palatii Apostolici, alia non requiritur.

CAPVT II. De censorum officio in praevio librorum examine.

38. Curent Episcopi, quorum muneris est facultatem libros imprimendi concedere, ut eis examinandis spectatae pietatis et doctrinae viros adhibeant, de quorum fide et integritate sibi polliceri queant, nihil eos gratiae daturos, nihil odio, sed omni humano affectu posthabito, Dei dumtaxat gloriam spectaturos et fidelis populi utilitatem.

396 SANCTISSIMI D. N. LEONIS DIVINA PROVIDENTIA PAPAE XIII

39. De variis opinionibus atque sententiis (iuxta Bene- dicti XIV praeceptum) animo a praeiudiciis omnibus vacuo, iudicandum sibi esse censores sciant. Itaque nationis, familiae, scholae, instituti affectum excutiant, studia partium seponant. Ecclesiae sanctae dogmata, et communem Catholicorum doc- trinam, quae Conciliorum generalium decretis, Romanorum Pontificum Constitutionibus, atque Doctorum consensu conti- nentur, unice prae oculis habeant.

40. Absolute examine, si nihil pubblicationi libri obstare videbitur, Ordinarius, in scriptis et omnino gratis, illius pu- blicandi licentiam, in principio vel in fine operis imprimendam, auctori concedat.

CAPVT III. De libris praeviae censurae subiiciendis.

41. Omnes fideles tenentur praeviae censurae ecclesiasticae eos saltern subiicere libros, qui divinas Scripturas, Sacram Theologiam, Historian! ecclesiasticam, lus Canonicum, Theolo- giam naturalem, Ethicen, aliasve huitismodi religiosas aut mo- rales disciplinas respiciunt, ac generaliter scripta omnia, in quibus religionis et morum honestatis* specialiter intersit.

42. Viri e clero seculari ne libros quidem, qui de artibus scientiisque mere naturalibus tractant, inconsultis suis Ordi- nariis publicent, ut obsequentis animi erga illos exemplum praebeant.

lidem prohibentur quominus, absque praevia Ordinariorum venia, diaria vel folia periodica moderanda suscipiant.

CAPVT IV. De Typographis et Editoribus librorum.

43. Nullus liber censurae ecclesiasticae subiectus excudatur, nisi in principio nomen et cognomen turn auctoris, turn edi- toris praeferat, locum insuper et annum impressionis atque editionis. Quod si aliquo in casu, iustas ob causas, nomen

CONSTITVTIO APOST. DE PROHIBITIONE ET CENSVRA L1BRORVM 397

auctoris tacendum videatur, id permittendi penes Ordinarium potestas sit.

44. Noverint Typographi et Editores librorum novas eiusdem operis approbati editiones, novam approbationem exigere, hanc insuper textui originali tri'butam, eius in aliud idioma versioni non suffragari.

45. Libri ab Apostolica Sede damnati, ubique gentium pro- hibiti censeantur, et in quodcumque vertantur idioma.

46. Quicumque librorum venditores, praecipue qui catholico nomine gloriantur, libros de obscenis ex professo tractarites neque vendant, neque commodent, neque retineant : ceteros prohibitos venales non habeant, nisi a Sacra Indicis Congre- gatione veniam per Ordinarium impetraverint, nee cuiquam vendant nisi prudenter existimare possint, ab emptore legi- time peti.

CAPVT IV.

De poenis in Decrelorum Generaliwn transgressores statutis.

47. Omnes et singuli scienter legentes, sine auctoritate Sedis Apostolicae, libros apostatarum et haereticorum haeresim pro- pugnantes, nee non libros cuiusvis auctoris per Apostolicas Literas nominatim prohibitos, eosdemque libros retinentes, im- primentes et quomodolibet defendentes, excommunicatronem ipso facto incurrunt, Romano Pontiflci speciali modo re- servatam.

48. Qui sine Ordinarii approbatione Sacrarum Scriptura- rum libros, vel earundem adnotationes vel commentarios im- primunt, aut imprimi faciunt, incidunt ipso facto in excom- municationem nemini reservatam.

49. Qui vero cetera transgressi fuerint, quae his Decretis Generalibus praecipiuntur, pro diversa reatus gravitate serio ab Episcopo moneantur ; et, si opportunum videbitur, canonicis etiam poenis coerceantur.

398 SANCTISSIMI D. N. LEONIS DIVINA PROVIDENTIA PAFAE XIII

Praesentes vero litteras et quaecuraque in ipsis habentur nullo unquam tempore de subreptionis aut ol)reptionis sive intentionis Nostrae vitio aliove quovis defectu notari vel im- pugnari posse; sed semper validas et in suo robore fore et esse, atque ab omnibus cuiusvis gradus et praeeminentiae in- violabiliter in iudicio et extra observari debere, decernimus: irritum quoque et inane si secus super his a quoquam, quavis auctoritate vel praetextu, scienter vel ignoranter contigerit attentari declarantes, contrariis non obstantibus quibuscumque.

Volumus autem ut harum litterarum exemplis, etiam im- pressis, manu tamen Notarii subscriptis et per constitutum in ecclesiastica dignitate virum sigillo munitis, eadem habeatur fides quae Nostrae voluntatis significationi his praesentibus ostensis haberetur.

Nulli ergo hominum liceat hanc pagiuam Nostrae consti- tutionis, ordinationis, limitationis, derogationis, voluntatis in- fringere, vel ei ausu temerario contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotentis Dei et beatorum Petri et Pauli apostolorum eius se noverit incur- surum.

Datum Romae apud Sanctum Petrum anno Incarnationis Dominicae millesimo octingentesimo nonagesimo septimo, vm. Kal. Februarias, Pontificatus Nostri decimo nono.

A. CARD. MACCHI. A. PANIGI Subdatarius.

VISA DE GVRIA I. DE AQVILA E VIGECOMITIBVS.

Loco >J< Plumbi

Reg. in Secret. Brevium.

I. CVGNONIVS.

LA RELIGI01 NELLA

I.

In questa nostra et£, tra tanto farnetico di godimenti ma- terial! e sensuali, che esaltano Fuomo e lo traggono fuori di strada, vediara rallentarsi un di piu dell'altro i vincoli della social convivenza; e cosi, mentre pure alacremente promuo- vonsi tutte le forme dell'associazione, domina sovrano 1'egoismo con tutte le sue malvagie conseguenze. II che parrebbe una contraddizione, ma non e. Perocchk le associazioni stesse si formano a norma d'egoismo, per ingrossare numeri e cifre a danno d'altri numeri e d'altre cifre, senza riguardo nessuno al valore morale. Quindi e che ciascuno impara a considerare anche s6 stesso come un numero, il quale tanto vale quanto e grosso, n& piu ne meno. Qual meraviglia poi che gli orga- nismi umani fondati sulla potenza morale cadano in discredito, e si debbano tuttodi intorno udire grida di accorruomo, per le istituzioni che periscono ? Qual meraviglia che di tutte le isti- tuzioni la piu negletta, abbandonata e quasi spregiata sia la famiglia ?

La famiglia! Questo minuscolo organismo umano, che al- Focchio dell'egoista moderno, educato a cercar solo delle forze materiali, non presenta in ragion di misura e di peso altro che delle debolezze, delle donne deboli da difendere, dei bambini deboli da mantenere, o non ha la famiglia valore alcuno, ovvero Tha solamente di quantitk negativa. Poco pero se ne occupano i filosofi; meno gli uomini politici; ed i giornalisti ciarlieri trattano della famiglia sol per deriderla e per contaminarla. Gli stessi codici moderni, cosi minuziosi, che hanno articoli per ogni inezia, lasciano scarsissimo posto alia famiglia, ben

400 LA RELIGIONE

dando con cio a vedere in che meschino conto essa sia tenuta dalla cosi delta civile societa moderna.

Ma )o sfasciarsi quotidiano della famiglia, che tiene neces- sariamente dietro a quel pubblico ed universal disfavore, e sciagura immane della societa; perche dalla famiglia, come da istituto fondamentale, dipendono in gran parte le sorti dei popoli, dalla famiglia escono le nazioni, in grembo alle fa- iniglie s'innalzano a gloria o ruinano a vergogna e ad igno- minia le patrie. Divien quindi impossibile salvare nessun'altra istituzione umana, se non si ripara la famiglia or cosi grave- mente sconquassata.

Nel che appare anche una volta quanto provvida Madre dei popoli sia la Chiesa cattolica, la quale in questi ultimi tempi segnatamente si e data e si da una cura specialissima di ri- tornar in fiore la famiglia cristiana, ossia il tipo vero ed uni- camente perfetto e compiuto della famiglia umana.

In altra parte di questo quaderno narriamo delle recenti solennita, che con istraordinario concorso di popolo ebbero luogo al Gesu di Roma, per volere espresso del grande Pon- tefice, afflne di promuovere colla maggiore efflcacia la consa- crazione delle famiglie alia divina Famiglia di Nazareth. Qui, prendendo occasione da questo fatto, diremo intorno alia fami- glia qualche cosa di quel che avevamo gia da lungo tempo in animo di scriverne.

In questo momento un seguito raccapricciante di orrori domestici, che scossero fra noi la coscienza pubblica, richiama parecchi perfino degli scrittori piu leggieri- a considerare 1'ur- ^ente necessity d'un qualche provvedimento, che ripristini i disciolti vincoli di famiglia. Ma pur troppo o non si pensa guari, o si pensa male a quello che sarebbe il primo, in ordine non solo di dignita ma anche di efflcacia, cioe a ricondurre la costi- tuzione e la vita della famiglia al concetto religiose e cristiano. Trattiamone dunque noi.

NELLA FAMIGLIA 401

II.

La dottrina del patto sociale, fondata in un puro romanzo fantastico, e pero condannata ad un tempo dalla storia, dalla filosofia e dal senso comune, ridusse al niente il concetto di famiglia, nel punto medesimo che voile rappresentare la so- cieta civile come un amalgama ed una specie di conglomerate d'individui umani, prima dispersi nello stato selvaggio, poi intruppati a caso dal bisogno, quindi ordinati dalla volontaria abdicazione dei diritti dei singoli associati nelle mani dell'Ente collettivo. In questo sistema infatti e evidente che, come tutti gli organismi minori scompaiono o non sono piii che una crea- zione arbitraria dell'immane despotismo dello Stato, cosi anche la famiglia, con tutte le leggi morali che la governano, diviene un artiflcio capriccioso e continuamente mutevole, secondo le usanze o le esigenze diverse della societa negli stadii succes- sivi della civilizzazione.

In tal guisa concepiscono la famiglia i socialist!, secondoche pud vedersi espressamente nella Donna e il socialismo di Au- gusto Bebel, che spende qualche centinaio di pagine ad illu- strare quella sua idea di famiglia, piii bestiale che umana. Ne egli si trova punto impacciato d'innanzi alle mostruose immo- ralita, che ne seguono qual legittimo corollario perche, a detto suo, « come ogni grado di sviluppo sociale delPumanita ha le sue proprie condizioni di produzione, cosi ha pure il suo co- dice morale, il quale non e altro che lo specchio del suo stato sociale ». E quindi « £ morale quanta e usanza, ed usanza sol- tanto cio che risponde alia piii intima essenza, cio6 ai bisogni di un'epoca determinata i ».

I liberali in genere, anche quelli che 1'hanno a morte coi so- cialisti, non diversificano gran fatto da costoro nel proprio ideale di famiglia laica, perocche ne fanno una creazione dello Stato, interamente soggetta ai capricci di questo. Leggansi, non di- ciamo i trattati di sociologia liberale, spesso incomprensibili,

1 Vedi nell'opera citata ilprimo capitolo, intitolato: la donna nel passato. Serie XVI, vol. IX, fasc. 11W. 26 8 febbraio 1897.

402 LA RELIGIONE

ma pur solo i fbgli che ne colgono il piu bel fiore e ramma- niscono in pillole al popolino: tanto basterk per far accorto chicchessia deirabbassamento a cui e discesa 1'idea sacra della famiglia, per colpa del liberalismo. Anche di fresco, qui in Roma, in occasione delle atrocita da noi sopra accennate, i giornali liberaleschi parlavano dell'onore, dell'amore, della mo- rale di famiglia con ributtante cinismo, quasi di pregiudizii vieti, scemi di fondamento razionale e destinati a scomparire col maturarsi della nuova civilta laica, irreligiosa cioe ed anti- cristiana.

Ma la verita e una sola, e la veritk e questa. La famiglia e un organismo indispensabile alia costituzione della societa civile, che risulta dal vitale svolgimento della famiglia. Retta- mente pero il Popolo romano denominava la famiglia celtula sociale; ma contraddicevasi poi apertamente, secondoche bene gli ribatte V Ossewatore romano, facendone dipendere Tesi- stenza dalla legislazione dello Stato. No : quella cellvla sociale deve preesistere compiuta, nel suo essere e nelle sue leggi so- stanziali, a qualunque forma di societk civile. Le leggi sostan- ziali pero della famiglia scaturiscono dal fine medesimo, a cui essa e da natura ordinata, e per conseguenza non soggiacciono alFarbitrio di nessuna volonta umana, ossia individuale, ossia collettiva. Spieghiamoci meglio. Per la propagazione e perpe- tuazione deiruomo, ck>6 di un'essere ragionevole, destinato alia vita sociale nel tempo ed airimmortalita beata nell'eternita, dovette sernpre sussistere la famiglia, con leggi sostanzial- mente identiche a quelle che devono regolarla al presente ed in avvenire.

III.

Gli orgogliosi dotti moderni, che vollero arditamente ne- gare la necessita morale di queste leggi, si diedero con infi- nita pena di ricerche e di studii ad esumare dagli annali dei popoli il cumulo multi forme del costumi, sovente sconcissimi e mostruosissimi, che prevalsero in differenti et& riguardo alia costituzione della famiglia, e con cio pretesero d'aver stabilito,

NELLA FAMIGLIA 403

come fa 11 Bebel sull'autorita dell' Engels, Tarbitrarieta della morale domestica. Ma che cosa, a tenor di logica, non a iiorma di fantasia o di partito, prova davvero quella sfllata di erudi- zione, poniam pure che genuina?

Non prova, no, che la moralita della famiglia sia, come pretendesi, un convenzionalismo oscillante in conformita alle condizioni sociali degli uomini; ma prova bensi che gli uomini in tutti i tempi si ribellarono alle leggi sante, dalla natura pre- fisse alia famiglia e la contaminarono. Prova, con una spa- ventosissima iliade di guai, di delitti e di stragi, che a conte- nere le piu ignominiose passioni delPuman genere, nei rispetti delicatissimi della famiglia, le leggi pur cosi chiaramente pro- clamate dalla natura non bastano, non bastano le leggi che a rinflanco di quelle, o per migliore esplicazione di cio che nella natura e men limpido, fanno le societa piu civili e piu pro- gredite.

A costituire sovra salde basi la famiglia, a ritrarla dai pe- ricoli della corruzione, a renderla capace di raggiungere sicu- ramente tutti i suoi nobili fini, fu in ogni tempo necessaria Fautoritci della Religione, che parla nel nome e per espresso mandate di Dio. Perocchfe la famiglia, in ragion dello scopo, che ha, di perpetuare i gloriflcatori della maesta divina, 6 anzi- tutto e sopratutto una societa. spirituale, e quindi alia autorita spirituale della Religione appartiene in primo luogo di go- vernarla.

Ecco la tesi nostra, che si oppone diametralmente alia tesi del socialismo e a quella non guari diversa del liberalismo, proclamante la famiglia laica. E i fatti addotti dagli avversarii, se pur non provano per la nostra tesi, eertamente non suffra- gano la loro, mentre non oppugnano noi. Ad ogni modo due grandi fatti noi abbiamo da contrapporre a quelli, due grandi fatti, per 1'autenticita dei quali sta tutta la dimostrazione etica e storica della divinita della Bibbia, e che sono prova convin- centissima del nostro assunto. L'uno risplende al bel principio dell'uman genere, Paltro rifulge al momento solenne della sua restaurazione.

404 LA RELIGIONE

Nell'Eden, la prima famiglia umana e costituita da Dio stesso nella santitk della Religione ; poichfc Dio in persona pone la mano di Eva in quella di Adamo, e benedice quella unione d'amore, ordinando che sia indissolubile e feconda. Passano quattromila anni, e Gesu Cristo, il Verbo di Dio disceso in terra per la salute del mondo, condanna le violazioni d'ogni genere perpetrate dagli uomini contro la santita, 1'indissolubilita, 1'unita della famiglia, e la richiama alia divina costituzione dell'Eden : Ab initio non fuit sic. Quod Deus coniunxit homo non se- paret '. Alle nozze di Cana, nobilita colla sua presenza la fami- glia, e poi, facendo del matrimonio un sacramento della Nuova Legge, la ribenedice e la consacra per sempre.

E certo pertanto che la Religione deve, nonche per ordi- namento di natura, altresi per volere positive di Dio, dar vita ed essere alia famiglia.

Cosi si e anche sempre inteso dalle nazioni civili (pur non tenuto conto dell'ebraica governata immediatamente da Dio), che nelle epoche loro piu fortunate costumarono di porre la fami- glia sotto 1'usbergo della Divinitk col culto d'imene, del foco- lare e dei penati. E benchfe le religioni loro o false od imper- fette non valessero a difendere la famiglia da tutti gli attentati della corruttela, ne impedirono pero molti, dimostrando per tal guisa, che la famiglia & tanto piu sicura quanto piu, pei vin- coli della Religione, si stringe al Dio vivo e vero e lo riconosce e lo proclama suo Autore, Protettore e Custode.

IV.

A che dunque possono praticamente metter capo le preten- sioni moderne di laicizzare la famiglia, cioe di strapparla da Dio, fuorchfe alia rovina della famiglia stessa, quando pure tali pretensioni avessero in qualche modo a dirsi fondate? Ma fondate non sono punto, ne nella ragione, ne nel buon senso ; e quindi rimangono mere pretensioni, pretensioni capricciose e per giunta enormemente colpevoli, a motivo dei danni, anzi delle catastrofi che ne derivano.

« MATTH. XIX, 6-8.

NELLA FAMIGLIA 405

Si affaccia piu imperiosa di tutte la pretensione dello Stato, che arroga a se Pautorita di fondare la famiglia, ovvero anche di spiantarla, col matrimonio civile e col divorzio. Non intende gia lo Stato, colle sue leggi, solamente di regolare gli effetti civili della congiunzione maritale; il che gli si concederebbe volontieri da tutli, essendo quegli effetti civili, come a dire succession!, diritti dotali, debiti e crediti, notorieta legali ed altri punti di domestica amministrazione, realmente di sua com- petenza, perchfe naturalmente collegati coll'ordine pubblico. No, lo Stato laico moderno accampa un potere sovrano ed esclu- sivo sulPentita stessa del vincolo che costituisce la famiglia; poiche dalla sua legge soltanto ne riconosce la validita e la durata, e giunge perflno a dichiarar immorale la famiglia for- mata senza di lui, secondo la coscienza religiosa dei coniugi l.

Or chi non iscorge a prima vista quanto eccessiva sia co- siffatta pretensione del codice laico, il quale sopravviene a manomettere 1'essenza medesima di societa volontaria, che la domestica ha da natura, e, con onta turpissima di un secolo libero, confisca la liberta delPuomo in cosa, nella quale gia fino dal secolo XIII quel grande oscurantista delPAquinate pro- clamava dipendere I'uomo soltanto da Dio 2 ?

Anzitutto si puo e si deve obbiettare, che in tale pretensione e contrasto evidente colla realta delle cose. La legge infatti, opera dello Stato, non puo esercitare alcuna virtu prima che lo Stato esista. Ora 1'esistenza dello Stato non puo sanamente concepirsi che come posteriore alia costituzione della famiglia ; perchfc lo Stato risulta dalPunione delle famiglie gia esistenti ed operanti e diffondenti intorno gli effetti della loro vita e della loro azione. Si trova dunque, in quella pretensione de' le- gulei, 1'assurdo di dare la virtu operativa a chi non esiste, di

1 II Popolo Romano, n. 27 per il 28 genn. 1897, citava in sostegno del matrimonio civile queste parole del Filomosi-Guelfi : « E precisamente, mentre si dirige all' infrazione dell' ordine del diritto, che il matrimonio religiose (che forse non e tale) diventa un'azione immorale e dolosa, tur- batrice delle determinazioni giuridiche stabilite dal diritto per 1' effettua- zione dell' idea del matrimonio. »

2 Summa theol., 2-2, q. 104, a. 5.

406 LA RELIGIONS

far anzi che il non esistente metta in vita 1'esistente, il figlio generi il padre. Puo concepirsi contrasto, non solo giuridico ed etico, ma anche ontologico peggiore di questo ?

Pur cio non e tutto. Sia, per impossibile, che la legge ci- vile dia vita alia famiglia : essa pero non avrk mai vigore ba- stante da rendere perenne nella sua efflcacia, come al bene sociale richiedesi, il consenso degli sposi. Giacchfe questa virtii del consenso onde viene flnalmente? Ah! essa viene dal cuore, dal cuore che naturalmente 6 portato a far intiero olocausto di se ad un altro cuore ed a domandarne a questo il ricambio ; viene dal cuore, che liberamente bensi, ma pure potentemente vuole che tale olocausto sia perenne. Un amor solo per sempre, ecco il voto su cui si aderge la famiglia. Or che puo mai in questo voto la legge umana, cosi meschina ne' suoi mezzi, che non ha azione alcuna suirinteriore delle anime, che suol ritrarre la sua forza dalle sanzioni penali, e quindi, anziche attirare a se i cuori, da se piuttosto li respinge ?

Concediamo agevolmente che il povero cuore umano non bastera, da se solo, a rassicurarsi contro la sua propria insta- bilita e che, per conseguenza, la giovane coppia, in sul punto di scambiarsi 1'eterno giuramento, pur tanto bramato, si sentira, per la stessa grandezza di questo, improvvisamente assalita d'angosciosa trepidazione, costretta a ricercare intorno nuova forza e saldezza. Ma, a ravvalorarla, non potra nulla di certo 1'ufficiale civile, nonostante la tricolore sua fascia ; nulla la fredda lettura degli articoli del codice. Nulla sulla terra, per girar che facciano lo sguardo, sara da tanto di rinfrancarli: sicch£ le loro due anime, ove non siano del tutto corrotte o leggiere, si troveranno come necessariamente sospinte in alto, verso il cielo e verso Dio, ad invocare la Religione, che gP in- volga nella mistica nube de' suoi misteri, che co' suoi sacri carismi loro infonda quella virtu, onde hanno bisogno al pre- sente, loro assicuri una continua assistenza di virtu superna anche in avvenire, e principalmente per le immanchevoli ore della prova, quando nel mezzo della famiglia si rizzera formi- dabile il dovere, spoglio d'ogni flore delle nozze, nudo d'ogni abbellimento dei sensi e della fantasia d'amore.

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V.

I corrotti ed i leggier! son pero molti ai di nostri; e fa d' uopo riconoscere, che ad aumentarne smisuratamente il nu- mero concorsero, come fattori principalissimi, la laicita della legislazione matrimoniale e Tambiente, come oggi dicono, ateo e materialista della societal moderna.

Questa turba infinita di corrotti e di leggieri dell'uno e delPaltro sesso ha imparato troppo bene la lezione, impar- tita dalfalto delle sedie curuli. Ha imparato, che non me- rita d' esser presa con tanta maturita di consigli e tremore di petti un'unione, cui soltanto il fanatismo dei preti e dei co- storo ciechi seguaci pote innalzare a vette di spiritualismo e misticismo, incomprensibili nei giorni nostri : tanto e vero che ormai la societk presente s'accorda in vedervi poco piu del- 1'istinto da soddisfare e degli interessi da assestare, e che i legislator! medesimi vi ravvisano, a norma di scienza giuri- dica, un semplice contratto da regolarsi dal codice, come le compre-vendite, gli scambii e i baratti di mercanzie. Ha la mrba dei corrotti e dei leggieri d'ogni classe, ma special- mente delle aristocraliche e borghesi, imparata^la lezione, che viene dall'allo del liberalismo dogmatizzante, e che insegna, il divorzio, ossia lo scioglimento del contratto di matrimonio, poter benissimo farsi a richiesta delle parti, come in qualunque contratto: tutt'al piu bisognera ventilare, se sia opportune il darne facolla per legge ; e VOpinione, organ o del Governo, merce sua, ne avvertiva 1'altro giorno, che i conservator! libe- ral!, suoi padroni, per ora non vi reputano adatte le condi- zioni del paese nostro.

Tante grazie ! Ma ad adattarvi quelle condizioni ci pensano ogni di peggio le moltitudini, educate alle vostre teoriche dis- sacratrici e dissolvitrici della famiglia. Voi le insegnate, esse le praticano.

Ed ecco che pongono in non cale tutti i doveri di fami- glia, reputati sempre fin qui sacri ed inviolabili : ecco padri e

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madri che calpestano i doveri della paternitk e della mater- nita; ecco figli e figliuole che si burlano dei loro genitori, con iscandalo perfino della Tribuna; ecco Tempieta che si conficca come un cuneo tra le membra d^lla famiglia, a schian- tarne la concordia degli spiriti, a squarciarne le coscienze; ecco il vizio che s' asside sovrano nel cuore della famiglia, a contaminare i talami, ad invelenire, gli uni contro gli altri, coloro, nelle cui vene scorre il medesimo sangue, ad infiam- mare incendii inestinguibili di odii domestic!.

Bella impresa davvero che il liberalismo ha compiuto, sban- deggiando dalla famiglia la Religione cristiana ! Ha dissacrato la famiglia, e da quella che dovea essere il nido della felicita escono urla di disperati che mordon catene, minaccie ed im- precazioni di tormentati e di tormentatori. Per fatto del libe- ralismo, il cristianesimo se n'esce scacciato per la porta, ma intanto per i mille crepacci della famiglia, che si sfascia, en- trano, a prender vendetta del sacrilegio, 1' infanticidio, 1' uxo- ricidio, il fratricidio, il parricidio, il suicidio, furiose erinni sitibonde di strage, che mescolano flotti di sangue a flotti di lacrime. E flnalmente, ad epilogo del dramma, s'armano di rivoltelle e di coltelli le braccia dei prodi, a far strage di donne, per difendere 1'onore della famiglia, il quale non e phi che un mito.

Cosi si prova a luce meridiana, che famiglia senza Reli- gione non e possibile, e, per conseguenza, che legge sturbatrice di cristianesimo e legge struggitrice di consorzio domestico.

VI.

Alia demolizione legislativa si accoppia, come accennammo, la influenza malsana e corruttrice dell'ambiente, che, serpendo nelle intime vene della famiglia, vi aduggia, in ciascuno dei membri di essa, ogni vigoria di vita : toglie efficacia alia pa- terna potesta, valore alia tenerezza materna, cordialita alia soggezione flliale, e pur democraticamente, troppo democra-

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ticamente, uguagliando genitori e flgli, distrugge in quest! ul- timi il rispetto verso di quelli senza accrescerne la confldenza.

Effetto sopra gli altri funesto di tale ambiente avvelenato della societa moderna, che propugna la separazione assoluta delle istituzioni da Dio, e la separazione delle anime di quei due, sui quali la famiglia principalmente si regge. Spose e madri veramente infelici ! Tanto spesso, coll'anima piena di Dio e deH'amor suo, son costrette a vivere giorno e notte legate con un uomo, che Dio giorno e notte bestemmia, che satani- camente talora lo odia. E accade che, in luogo del Crocifisso e della imagine della Sacra Famiglia, penda sul letto nuziale la pistola, a minaccia perenne contro la povera donna, che osasse col belluino consorte far cenno d'anima e di Dio, per lui o per i figli. Ma questo caso e raro ; invece e frequentis- simo 1'altro della tolleranza sprezzante d'un marito ateo, il quale lascia la moglie intendersi a suo senno coi preti ed insegnar le orazioni ai bambini, ma la punzecchia ad ogni istante, pur d' innanzi ai figli, per quella pieta, che egli tratta di bigottismo, e ne schernisce la sincera religione.

Qui non c'e davvero la inimista feroce del primo caso ; ma manca pur sempre la cospirazione dei cuori e 1'armonia delle anime, che e Palito vitale d'una famiglia. Or, quando, nel com- pimento dei doveri cosi ardui della maternita, la donna avrebbe piu bisogno del consiglio e dell'aiuto del compagno, come fa ella a domandarglielo ?

Chiedergli consiglio ed aiuto per la materiale condotta della casa, sta bene ; ma per 1' indirizzo spirituale e per 1'educazione morale della prole, chieder consiglio, domandar aiuto a chi rinnega lo spirito e la ragione prima ed essenziale d'ogni mo- ralita, tornerebbe, nonche inutile, nocivo. E la donna cristiana ci6 intuisce e sente, meglio che non il ragioni ; ond' e che angosciata si rannicchia allora in se stessa, tremando di tro- varsi sola ; sola a portare sul suo fragile collo il giogo pesante, fatto per essere portato in due. Eccola pero, la povera crea- tura, anfanare, agonizzare, ed ahi! Dio non voglia, perire schiacciata sotto 1'enorme giogo !

410 LA RELIGIONS

Ma Tegoista societa moderna lira innanzi allegramente nella sua spensieratezza, non curante delle centinaia di mar- tiri nascosti e palesi, che essa fa colle sue proprie mani.

VII.

Questo, quanto all'azione indiretta della societk contro la famiglia. Ma vi e 1'aggressione diretta, esplicita, insistente e costante, con cui la societa odierna irapedisce che la famiglia si costituisca ordinatamente, e costituita, lavora senza posa a discioglierla. Essa £ tutta una pratica di vita sociale, in contrapposizione assoluta della vita di famiglia, che rende questa pressoch6 impossibile.

Quindi anzitutto un'awersione sistematica al matrimonio, one massimamente nolle classi piu alte va facendosi di per dl piu generale nella gioventu maschile, ed un celibato tutfaltro die virtuoso, non assistito dai carismi della grazia divina, che semina di scandali inauditi la terra, mentre sbeffeggia il ce- libato ecclesiastico, destinato, colla assistenza di Dio, alia fecon- dita bellissima e sublimissima della perfezione evangelica.

La Religione, personiflcata nella Chiesa cattolica e nel Papa, si leva e protesta contro un disordine, che scende a piombo a troncar le radici della famiglia cristiana. Ma la Religioue non e in grado di estirpare le cause legali che lo producono. Toccherebbe agli uomini pubblici, toccherebbe al laicato colto ed onesto di misurare 1'enormita del pericolo ed avvisare ai ripari. Bisognerebbe in primo luogo far sparire il contrasto illi- berale ed iniquo tra matrimonio religioso e matrimonio civile. Ne a.cio, sel persuada il Popolo i-omano, che va astrologando limedii peggiori del male, richiederebbesi altro piu di una legge, merce cui, ad esempio della Spagna, i.matrimonii con- tratti secondo la coscienza religiosa venissero, con un atto di registrazione, riconosciuti come legittimi anche in faccia allo Stato. Poi, con savii ritocchi alia legislazione uscita dalle sterili viscere del liberalismo, la quale umilia i padrifamiglia e saccheg- gia i patrimonii; con una energica opposizione alle abitudini

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di lusso eccessivo, di mondanita, di scialacquo, bisognerebbe dall'una parte rendere meno difficili le condizioni richieste a costituire una famiglia, sottraendo dall'altra alia giovanile cu- piditk quei pascoli, che di leggier! la compensano della pri- vazione delle gioie domestiche. Questa santa eospirazione del laicato e della Chiesa, quanto bene non recherebbe alia fa- miglia !

Ma sappiarao di parlare a sordi, perchfe il pregiudizio anti- cristiano e piu Todio massonico tagliano ogni via di riforrae, le quali implichino comechessia un ritorno salutare -alia Reli- gione. Cosi la societa corrotta corrompe la gioventu, e si va sempre piu corrompendo essa stessa, tra mandrie di cortigiane per avvilimento e di avventuriere per disperazione, seduttrioi e a ler volta sedotte, uccidenti ed uccise, dissipatrici d'ogni ricchezza di oro, di sangue, d'ingegno, di virtu, di lettere e perfin di politica. Cosi tante fanciulle pie, ben educate, for- nite de' piu rari pregi, cbe farebbero 1' ornamento di nuove famiglie, la felicitk di molti sposi, la educazione di una prole fulgidissima di cittadini e di cristiani, son condannate ad ap- passire, poveri fiori abbandonati, nella serra paterna, perche la societa le dispetta. Ovvero segue peggio assai.

Dopo una gioventu tempestosa, trascorsa fra tutte le follie possibili, od anche fra tutte le ignominie, quando il cuore e spossato al pari dell'organismo, quando una vecchiaia precoce ha tutto moralmente e materialmente finite, incomincia la cac- cia propria dei tempi di corruttela, quella della dote. E Fin- teresse, il mercato della carne umana, la putrida tratta dei bianchi costituiscono la famiglia, senza riguardo alcuno, n6 ad eta, ne a sentiment!, ne ad onore, ne ad amore.

Questa Fopera della societk moderna, che non si stanca d' incalzare colle sue armi omicide una famiglia si mal co- struita. E vi sara poi a stupire che infiniti delitti inquinino queste famiglie, in cui si vive la vita del lusso, la vita dei balli e dei teatri, la vita dei viaggi, delle veglie galanti e dei conviti, la vita dei bagni e delle stazioni climatiche, tutte le vite insomnia, tranne quella della famiglia? dove non si vede

4 IV LA RELIGIONE

spesso possibile dopo pochi mesi di convivenza, altro partito che il divorzio?

E chiaro che cio riguarda una porzione soltanto, e la piii piccola, della societa. Ma il mondo moderno non perseguita meno fleramente lo spirito di famiglia in seno alle falangi dei lavoratori; perche 1'egoismo moderno, flgliato dalla irre- ligione, arrolando, oltre agli uomini, donne maritate e don- zelle, per le officine e le Industrie, diserta addirittura le case, nelle quali non rimangono che bambini, abbandonati, come ne fan fede le statistiche, a morire innanzi tempo di privazioni, ovvero, peggio ancora, ad inselvatichirsi ed a pervertirsi.

Or e proprio il tempo di domandare a quei che pretendono di dar legge al mondo, con qual altra cosa sostituire, nella fami- glia, la Religione, che essi ne vogliono scacciata ? Se, senza la Religione la famiglia diviene, come abbiamo detto, o un deserto selvaggio o un campo di battaglia ; se essa, senza la Religione, diviene la tomba deiramore o la sentina dei vizii, 1'opera di costoro e bell'e giudicata : non e opera di civilta, ma di bar- barie.

VIII.

Di barbarie sopra tutto per quel che riguarda il naturale coronamento della famiglia, voluto da Dio, con sapienza me- ravigliosa promosso dalle leggi della natura, necessario alia prosperity e potenza delle nazioni, vogliam dire la flgliuolanza.

Quando le Scritture divinamente ispirate intendono rappre- sentarci una famiglia degna di ammirazione, ci dipingono il padre, in aspetto nobilmente maestoso, a modo di re, con al fianco, signora del suo cuore, la donna forte, preziosa al pari della perla che viene dai piu lontani lidi, e intorno a loro un bel serto di flgli che, in coro col venerate genitore, levano alle stelle le lodi della madre l. E la Fede in mezzo ai popoli cri- stiani fece sempre riguardare 1'abbondanza della prole siccome un pegno della benedizione divina, un titolo d'onore, un argo- mento solenne dell'onesta della casa.

1 Prov. XXXI, 10-28.

NELL A FAMIGLIA 413

Or non piu cosi, ma per sino su le labbra cristiane dob- biam non di raro sentire il motteggio lanciato al padre di nu- merosa figliuolanza, come a scimunito ignaro delle sagaci norme che all' economia domestica prescrive la scienza nuova. Ogni piii flera rampogna e nulla a sfolgorare tanta deprava- zione, onde sono maliziosamente dissipate le sorgenti stesse della vita, e sacrilegamente frodata la provvidenza creatrice, co- perta d'onta intollerabile la fronte della donna, gettata la face della discordia nelle famiglie; onde isteriliscono le stirpi, per- dono i nervi le attivitk nazionali, i popoli corrono pericolo di sparire dalla faccia della terra.

Sarebbe pero superfluo il sottermarci a distruggere quel sofisma puerile, che suol dedursi dalla minaccia di squilibrio tra il crescere della popolazione e 1'aumentare dei mezzi di sussistenza. Valga 1'avervi accennato ad intendere, che anche qui e 1' irreligione che ruina le famiglie e con esse le nazioni, le quali, come la Francia, debbono oggi sostener F ignominia d' invocare per le proprie Industrie braccia straniere, e forse domani dovranno chiedere in grazia a famiglie straniere di popolare le proprie lor case deserte di abitatori. Infatti un po' di fede in Dio e nella sua Provvidenza spazzerebbe via ogni guaio, rassicurandoci che il disegno creatore non pote essere incomplete, in parte massimamente cosi principale, e per conseguenza, bastar che 1' uomo nol perturbi col suo ca- priccio, perche la densitk della popolazione corrisponda alia potenzialita di trasformazione del nostro globo, pel necessario sostentamento de' suoi abitatori. II che vuole esprimere il popolo, con sapienza maggiore di tutti i dettati d'un'economia atea e fantastica, quando afferma che ogni creaturina viene al mondo con in mano il cestello delle sue provvigioni.

Non sara pero fatto tutto, quando, in conformitk alle leggi sante del Creatore, una famiglia sia cresciuta bella di nume- rosa prole, a cui non manchi il necessario sostentamento del corpo. Perocche quegli esseri spirituali, destinati ad un fine soprasensibile, da raggiungersi coll' esercizio della virtu, debbono essere moralmente educati; e non v'ha dubbio che

414 LA RELIGIONE

il debito d'educarli grava anzitutto sui loro parent!, i quali an- che ne ricevettero da Dio sovra ogni altro la capacita e T age- volezza; siccome non v'ha dubbio che nel soddisfare tal debito li puo effettivamente sorreggere soltanto la Religione. Questa infatti lor pone innanzi Iddio qual Creatore e Redentore delle anime immortali del figli, a cui nulla sfugge e cui dovranno un di rendere strettissimo conto di quelle anime stesse: dal qual pensiero e incredibile quanto sprone insieme e quanto incoraggiamento traggano i genitori credenti, a fornire con zelo e costanza il formidabile mandato.

Ma sopprimete colla fede religiosa questi convincimenti, e T educazione di famiglia perdenk tosto ogni elevatezza di scopi, insieme con ogni opportuna virtu di mezzi ; e vi converra poi d'incontrarvi per le vie e le piazze in turme scapestrate di bimbi, che vi faranno chieder stupiti, so oggimai i genitori, in paese cristiano e civile, si tengon paghi senz' altro di mettere al mondo dei bipedi spiumati.

IX.

E ora un lamentar generale ed unanime il crescere della delinquenza, in particolare tra i minorenni, e quanto si eall'Italia, ogni anno, da un poco in qua, ne levano alti omei i magistrati, inaugurando 1'anno giuridico, tanto che questa volta 1'un d'essi e arrivato a proclamare la bancarotta della coscienza. Frase felice, che fa il bel paio coll'altra del primato italiano dei de- litti; ma che dovrebbe condurre i legislator} e tutti gli uomini di cuore a studiar le cause di tanto contagio, per applicarvi energicamente i rimedii.

E qualche cosa se n'e detto infatti, non solo nella stampa cattolica, ma anche nella liberale. Ne parlarono recentemente il Temps e le Revue des deux Mondes in Francia ; in Italia, benche molto n'accamente, VOpinione; e sopratutto si appiglia- rono a studiare le relazioni tra la delinquenza dei minorenni e la scuola laica, intorno a che comparvero dei buoni articoli nella Gazzetta di Venezia, tra i quali uno dell'on. Molmenti.

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Ma e a temersi che si vada per questa via a finire in acca- demia, gli uni affermando e gli altri negando, con dati stati- stici, il nesso di causalita tra quei due fatti, senza conchiudere nulla, o concludendo anzi, esempigrazia, col Durkheira, che 1'aumento di criminalita e segno di progresso sociale *.

Noi intanto ci affretteremo a registrare 1'innegabile ed indiscutibile relazione di effetto a causa esistente tra 1'aumento di criminalita dei rainorenni, divenuta oggi in Francia quasi il doppio di quella degli adulti, e lo scioglimento odierno dei vin- coli di famiglia, dipendente in gran parte dalla laicizzazione di essa.

E mestieri rifar la famiglia, giacche, persuadiamocene, al- Feta nostra, colpa il liberalismo settario ed irreligioso, fami- glia nel senso pieno, nel senso cristiano, cioe, e cattolico, quasi non esiste piu. Quindi la famiglia non educa, o troppo spesso educa male. Si badi con dcchio sereno ai fatti quotidiani ed alle abitudini cosi delle case dei facoltosi, come di quelle dei po- veri, anzi piu di quelle che di queste, e le persone savie, che intendono quel che sia educare, dovranno darci pur troppo ra- gione. Or si ha un bel dire, ma 1'educazione piu profonda e piu durevole e la prima educazione della famiglia; ne, ove questa manchi, alcun'altra bastera a supplirla intieramente. Laonde il de Maistre poteva dire, che alFeta di dieci o dodici anni il fanciullo e gia quasi del tutto moralmente formato, e che «il non esserlo stato sulle ginocchia della madre, sara sempre per lui una grande sventura ».

Che cosa potranno mai diventare di buono gli sciami degli altrettanto incolpevoli quanto infelici figli del vizio, che va dilatandosi massimamente nelle citta con una rapidita rac- capricciante, sicche si prevede che ben presto, a Parigi per esempio, le nascite illegittime uguaglieranno le legittime? Che cosa preveder di lieto, sotto F aspetto specialmente dei buoni costumi, per quelFaltra turba inflnita di bambini e di bambine, che gli eserciti degli operai incessantemente occu-

1 Presso ta Revue des deux Mondes del 15 gennaio 1897, articolo del signor Fouillee: Les jeunes criminelles, I'Ecole et la Presse, pag. 419.

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pati nelle fabbriche, gli eserciti poco men numerosi del genitori dati alle bevande alcooliche ed al giuoco, o di quegli altri che sbarcano il lunario tra la prigione ed il malandrinaggio, abban- donano, sin dall'etk piu tenera, alle piazze pubbliche od alia pubblica assistenza, laica anch'essa troppe volte e quindi inetta ad educare?

Ci pare in verita che avesse molta ragione 1'avvocato Bonzon, nel suo libro le Crime et VEcole, di far ravvisare in tutto questo la cagione immediata della delinquenza giovanile, conchiudendo che essa « e anzitutto la proiezione ingrandita della demoralizzazione paterna e materna ».

Con che siamo ben lungi dal voler diminuire la responsa- bilita della scuola laica e della stampa perversa, nella dege- nerazione morale della gioventu. Tutti gli uomini gravi vedono col Fouillee e detestano 1'orribile complicita, nel pervertimento dell'educazione, della vera e propria « suggestione di vizio e di delitto organizzata su vasta scala, munita di privilegi, assi- curata dell'impunit& » *, che esercitano nel mondo moderno la scuola e la stampa, aliene da Dio o di lui nemiche.

E notevole infatti e molto eloquente un punto di statistica, che ci vien dato per Parigi, ma che potrebbe agevolmente estendersi dappertutto, secondo cui di 100 minorenni proces- sati in tribunale, due soltanto provengono dalle scuole con- dotte dai preti o dai religiosi. E quindi a tutto diritto non solo, ma altresi con somma opportunist e sapienza i cattolici chieggono che nelle scuole sia rimesso 1' insegnamento reli- gioso, e non in qualsiasi guisa, come avvertiva teste 1' Episco- pate austriaco nel suo appello collettivo per le prossime ele- zioni, comprendendo, cioe, nell'orario scolastico poche ore d' in- segnamento religiose; ma in guisa « che tutta 1' istruzione ed educazione della gioventu cristiana abbiano per cardine la fede, e sieno vivificate dello spirito della Chiesa ». Come per-

1 Vedi 1'articolo della Revue des d«ux mondes, citato, a pag. 448.

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tanto non arriviamo punto ad intendere il lazzo dell'on. guar- dasigilli Costa, gabellato flnora per austerissimo uomo, sul- 1'eccesso pei delitti di sangtie nel Lazio, quando il catechismo vi era insegnato, disse egli, anche con qualche tratto di corda; cosi eomprendiamo benissimo la giustizia di quel rim- provero, che il difensore d'un omicida minorenne rivolse alia societa moderna, in una Corte d'Assise di Francia : « Se a questo delinquente fosse stato presentato il Crocefisso quando sedeva sui banchi della scuola, ora egli non sederebbe sul banco dell' infamia. »

Contro la societa, si, la societk moderna, apostata da ogni credenza soprannaturale, materialista sucida e madre di su- diciume, che approva tutte le sozzure di una stampa, non pur senza pudore, ma anche senza decenza umana, e vuole una scuola demoralizzatrice per cio solo che la vuole atea, si dovrebbero ritorcere i processi di tanti delinquenti, sopra tutto minorenni, ed essa dovrebbe portarne in primo luogo le con- danne e la pena.

Ma di flagellare la societa non puo prendersi pensiero che Dio, e Dio lo fa a suo tempo e lo fa da Dio. Noi, venendo ad una conclusione pratica di questo articolo, ci faremo lecito di notare, come sulla famiglia ad ogni modo ricada la respon- sabilita stessa della scuola e della stampa perversa. Sulla fa- miglia che apre a due battenti le sue porte, perche ogni piu scellerata pubblicazione vi entri ad insegnare all'eta tenerella quae non oportet ed a sconvolgere da capo a fondo la casa. Sulla famiglia che, per mire temporali, non bada ad awentu- rare, nelle scuole dei miscredenti e dei frammassoni, le anime dei giovanetti e perflno delle fanciulle.

Negli Stati Uniti e nelP Inghilterra le famiglie cattoliche pagano le tasse, destinate a mantenere di tutto punto le scuole ufficiali protestanti ; ma non vi mandano i loro flgli. Per questi mettono generosamente mano un'altra volta alia borsa, e ne traggono inesauribilmente tutte. le sterline necessarie a co- struire scuole, ad ediflcare cappelle, a salariare maestri, perche i lor cari non intendano nulla nella scuola che contrasti con

Serie XVI, vol. IX, fase. 1120. 27 10 fellruio 181,7.

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cio che hanno imparato in famiglia sulle ginocchia della madre e dalle labbra del padre. Quelle forti minoranze, in paesi d'op- posta credenza, intendono assai meglio delle nostre maggio- ranze cattoliche il dovere della lotta ad ogni costo per la co- scienza e per la fede. Intendono assai meglio che non si voglia capire fra noi, che Teducazione della scuola deve accordarsi perfettamente con quella della famiglia, e 1'educazione della famiglia con quella della scuola, se vuol farsi opera seria e durevole di grandezza religiosa, civile, domestica e nazionale.

Ecco dunque quel che le famiglie cattoliche hanno a fare in Italia. Insistere senza posa perche s'infranga il monopolio ingiusto dell' istruzione ; reclamare la liberta dei padri credenti in Cristo e nella sua Chiesa, di formare a propria imagine i proprii flgli credenti del pari nella Chiesa ed in Cristo. E forti della responsabilita paterna, non cedere mai a nessuno il do- vere inalienabile che ne deriva della educazione dei flgli, con- forme alia coscienza paterna, alia fede della loro madre, alle sacre tradizioni cristiane della loro famiglia, al cattolicismo, onore e salvezza della loro patria.

Ove r istruzione pubblica non voglia acconciarsi a queste esigenze giuste e legittime della paterna podesta, sia lasciata a chi la vuole, e le famiglie cattoliche provveggano da se medesime a fare degli Italiani che non bestemmino la Religione gloriosa d' Italia, ma la ammo, e ne costituiscano il cardine della nazionale e domestica grandezza !

Senza questo salutare e forte proposito delle famiglie, di volere, a prezzo di qualunque sacrifizio di quiete, d'ambizione, di pecunia, di sangue, essere anzitutto cristiane e cattoliche, sara vano pensare, crediam noi, di tornar cristiana e catto- lica 1' Italia ed anzi di salvarla dallo sfacelo morale.

GLI HETHEI-PELASGI

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L'ARGOLIDE. ARGO

SOMMARIO : Importanza dell'Argolide per lo studio delFetnografla e ci- vilta preistorica. II nome di Argo e pelasgico. Cortfini dell'Argolide, suoi monti e suoi fiumi. Origin! etniche. Danao e le piramidi dell'Argolide. Etimologie del nome della piramide. La Larissa d'Argo e sue mura ciclopiche ricordate da Euripide. Midia pelasgica. L' Hereon primitiTO. II ruscello Asterione. Divinita pelasgiche d'Argo. Civilta dell'Argolide. Non fu d'origine europea ne fenicia. Opinione del Pettier sulla prim a e sulla seconda. Non pensa al tutto come 1' Helbig. Ancora de' Keftu contro 1' Helbig. Testi geroglifici della tomba di Ramenkhepersenk I Keftu Cappadoci. Lettera del Pottier e nostre osservazioni. La diffe- renza fra 1'opinione del Pottier sull'origine dell'arte e civilta micenea e la nostra e soltanto accidentale e ipotetica ; fra 1'opinione dell'Helbig e la nostra e sostanziale.

A' nostri studii etnografici della Grecia primitiva porra ter- mine la presente trattazione delle origin! e della civilta dei tre piu famosi regni del Peloponneso e delle loro citta capitali, Argo, Tirinto e Micene, le quali furono comprese nella regione che da Argo fu detta Argia od Argolide. Le memorlabili leggende di Perseo e di Pelope, di Agamennone e di Menelao, d'Elena, di Cli- tecmestra, d'Ifigenia, di Egisto e di Oreste e della guerra decen- nale a Troia, ci son fornite da questa sola contrada del Pelopon- neso, dove parimefite fiori la piii bella civilta de' tempi preisto- rici, la quale va sotto il nome di civil ta micenea. Come per tutte lealtre terre del continente ellenico settentrionale e meridionale, cosi per 1'Argolide non ci sara malagevole ne discaro il dar le prove della nostra tesi, che cioe i popoli piu antichi e primi introduttori della civilta che vedremo ad Argo, a Tirinto e a Micene, furono gli Hethei-Pelasgi, e che siffatta civilta venne eon loro d'Oriente in Occidente. Avremo pertanto Foccasione

420 GLI HETHEI-PELASGI

di ritornar sulla quistione micenea e di recar nuovi argomenti in conferma della nostra e in pregiudizio dell'opinione di coloro che in questo aringo entrarono arditamente, e con molto valore ruppero piu d'una lancia. Noi certamente non potremo che ammirar 1' iugegno e la dottrina de' nostri awer- sarii, parecchi de' quali sono altresi nostri amici carissimi, ma compiremo nondimeno tranquillamente il nostro dovere di difendere cio che stimiamo vero, e difenderlo a viso aperto. Quanto facemmo altrove per le opinion! del Reinach e del- r Helbig, lo faremo qui per quelle dell' Evans, del Perrot e degli altri.

II nome di Argo, T& "Ap^og, e promiscuamente usato da'greci scrittori a significar la citta e il territorio di Argo. In questo secondo significato si chiamo pure ^ 'ApyoX:'? i : e piu comune- mente ^ 'Apyeta 2 e talvolta f/ 'ApyoXixrj 3. L'etimologia di questo nome non e altrimenti greca cioe aria, come fu da noi pro- vato scrivendo della Macedonia, si bene pelasgica, e signifi- cherebbe non gia campo, ager, quasi fosse apyo; = ager, ma qualche altra cosa che ignoriamo perche ignoriamo gl'idiomi macedone e tessalico, a' quali, secondo Strabone, appartiene il vocabolo che Omero non uso mai in significazione di campo. II nome poi di Argo non e particolare del Peloponneso, ma lo troviamo anche in Tessaglia; in quello e detto da Omero "Apyo; "lacjov, e "Apyo? 'Axaiv.ov 4, e in questa e chiamato "Apycg neXaaytx6v 5. Ma in Tessaglia e nel Peloponneso Argo signified per Omero tanto la regione quanto la citta. D'altra parte, se Argo fu 1'antico nome del Peloponneso, come scrisse Strabone, e solo dopo la venuta di Pelope tolse il nome di Argo Acaico :... wate TTJV IIsAOTrivvyjaov, ix TroXXwv f^Sy; xp^vwv "Apyos XeyojiivYjv, TOTE 'AxaVziv "Apyo; Xs)(6fjvac r>, dobbiamo conchiudere che il nome Argo e nome pelasgico, perciocche i primi fon-

1 HERODOT., I, LXXXII.

2 THUCYD., V. LXXV; STRAB. VIII, VI, 8, e passim.

3 STRAB. VIII, VI, 16.

* HOM. //. IX, 141 ; Od. Ill, 251.

s HOM. II, 681.

6 STRAB. VIII, V, 5.

NEL CONTINENTS ELLENICO 421

datori di Argo furono i Pelasgi, come vedremo piu innanzi, e 1'Argo tessalico fa parimente cosi chiamato da' Pelasgi, an- ch'essi primi signori della Tessaglia, come fu gik da noi di- mostrato altrove. Laonde non 6 per nulla verisimile che il nome Argo migrasse dal Peloponneso in Tessaglia ovvero da questa in quello, doveche ben s' intende che popoli della stessa fami- glia e della medesima lingua abbiano voluto e potuto imporre a luoghi diversi il nome di Argo.

Argo nel senso dell'Argia od Argolide, del territorio cio& della cittk di Argo, conflnava co' territorii di Fliunte, Cleona e Corinto a settentrione : a mezzodi col golfo Argolico e con Cinuria: a occidente col paese di Epidauro e ad oriente con 1'Arcadia. I monti Artemisio e Partenio separavano 1'Argolide dall' Arcadia a ponente, e PAracneo la divideva a levante da Epidauro, formando cosi la piii vasta pianura del Peloponneso cinta intorno per tre lati da monti, e per Paltro lato aperta al mare. Due flumi principal! attraversavano la pianura d'Argo, 1' Inaco e 1' Erasino. L' Inaco, "Iva/o;, oggi Bdnitza, sorge nel monte Artemisio, secondo Pausania ', ovvero sul monte Lirceo nella regione di Cinuria in Arcadia, come opina Strabone 2. Dal Lirceo discende il Cefisso, Kr^:aa6;, tributario dell'lnaco, e tra lui e la citta d'Argo scorre il torrente Garadro, Xapaopo?, ora Xeria, il quale poco sotto Argo si unisce all' Inaco. II flume Erasino, 'Epaatvcs o 'Apalvo;, oggidi Kephaldri, che riceve le acque del Frisso, Op^o?, poco prima di giungere al mare. Degli altri flumi o per meglio dire, torrenti, non crediamo neces- sario far menzione, salvo che di due, perche, secondo noi, connessi con la memoria di Danao e di Hera cioe Astarte, e sono il Tavo? o Tavao; (EuRiP. Electra, 413) oggi Luku, il quale segna il confine tra 1'Argolide e Cinuria; e l"Aa7£p:o>v, che scorre sul lato sud-est dell'Hereo o tempio di Hera, il cui antico nome fu Astarte, divinita. propria degli Hethei-Pe- lasgi, della quale fu da noi parlato soventi volte nel corso di queste ricerche.

1 PAUS. II, XXV, 3; VIH, VI, 6.

2 STHAB. VIII, VI, 6.

422 QLI HETHEI-PHLASGI

Le origin! della citta d'Argo che dicesi, come d'altre pa- recchie, essere stata la piu antica cittk della Grecia, non sono per noi tanto oscure da farci perder fidanza di rintracciarle; conciossiache i miti e le leggende intorno a' fondatori d'Argo non sieno gran fatto diversi da quelli che gia sappiamo esser comuni a' popoli della Grecia primitiva. Le genealogie, infatti, degli Eroi eponimi che la tradizione ci ha conservate, si re- stringono a pochi nomi spesso tra loro confusi, ma che pero diconsi sempre provenienti dall'Egitto o dalla Fenicia intesa per POriente. Di che conseguita 1'origine non aria delle piu antiche citta della Grecia, le quali vantano per loro fondatori illustri condottieri di genti raccolte nell'Egitto settentrionale, nella Siria, nell'Asia Minore e nel Ponto. Le parentele poi e le affinita di cotesti Eroi fra loro, e quelle altresi de' popoli da loro capitanati e condotti ad abitare straniere terre, chia- ramente dimostrano la comune origine degli uni e degli altri, cioe TOriente; e la varieta e diversita de' nomi onde son ri- cordate tutte le tribu ehe nel principio occuparono la Grecia, non signiflca distinzione etnica, si solo specificazione nominale delle parti d'un tutto. Quando, a cagion d'esempio, leggiamo che i primi abitanti di qiiesta o quella contrada di Grecia furono i barbari, cioe i Lelegi, o i Carii, o i Cauconi o i Pe- lasgi, dobbiamo intendere che Pelasgi, Cauconi, Carii e Lelegi furono tribu piu o meno numerose, le quali appartennero a una grande famiglia di popoli ch'ebbe un di stanza nell'Asia Minore, nella Siria e intorno al Ponto, e che quindi altre per terra ed altre per mare migrarono nell'isole e nel continente ellenico. Cotesta grande farniglia in Oriente fu celebre per gli stretti e costanti vincoli federativi fra' popoli che la formavano, e per le continue guerre combattute contro gli Assiri e i Fa- raoni d'Egitto. Parte maggiore e piu nobile della confedera- zione furono gli Hethei, ma che presero il nome di Pelasgi dopoche si condussero a cercar nuove terre fuori dell'Asia.

I nomi de' fondatori d'Argo, come dicemmo, sono quegli stessi che abbiamo letti allorche si tratto della fondazione d'altre citta di Grecia e particolarmente del Peloponneso. Pelasgo,

NEL CONTINENTS ELLENICO 423

Foroneo, Danao, Inaco ed Argo sono dati ciascuno per fonda- tore alia capitale dell'Argolide. Ora tutti costoro appartengono alia stessa famiglia de' Pelasgi perciocch& i primi abitatori ne furono i Pelasgi, e la citta fu edificata da Inaco ch'e detto loro capo; altri la vogliono fabbricata da Foroneo, dal quale fu cfcia- mata aou> Oopwvix6v, ma questi e suo flglio; ovvero da Argo, il quale e suo nipote. Danao che dopo i discendenti d' Inaco viene d'Egitto e ne prende la signoria, e anch'esso, come fu dimostrato altrove, un hetheo-pelasgo, il quale, uscito da Avari nella sconfitta ultima toccata agli Hyksos dall'armi di Ahmes I, si fece condottiero d'una parte di essi, navigo in Grecia ed e fama che sbarcasse co' suoi a Piramia, sulla costa a mezzodi di Lerna. Questa circostanza della leggenda merita d'essere illustrata, perche ci gioverk per la soluzione d'un problema che non si ofFre altrove, si solamente nelFArgolide, la presenza cioe di piramidi.

Giorgio Long ' suppone esser probabile che il nome di Piramia, ta Eupajjua, venga a questo tratto dell'Argolide (Tireatide) da qualche piramide che vi fu innalzata in tempi remotissimi, facendo ragione dello sbarco di Danao in questo luogo e verisimilmente riferendo a lui. venuto d'Egitto, 1'esi- stenza di questa e delle altre piramidi che si veggono soltanto nell'Argolide e in verun'altra parte della Grecia. Una di esse, di cui restano tuttora gli avanzi, fu descritta dal Mure e se ne puo leggere la descrizione nel Vol. II, p. 196 del suo Tour in Greece. Levasi essa sopra una sommita rocciosa in mezzo alle piu basse pendici del monte Chaon, lungi un miglio circa daU'Erasino. Un'altra, non guari distante da questa, e ricordata da Pausania, sulla via fra Argo e Tirinto. Egli peraltro non chiama questo ediflcio piramide, ma lo dice sommamente so- migliante a una piramide:... ocxo86|jiYj[xa TOjpajju'oc [xaXcaia ebca- a|i£vov 2. Una terza fu veduta e descritta dal Gell nel suo Itine- rary of Greece, p. 102. Essa trovasi fra Nauplia ed Epidauro. Noi, con altri egittologi, siamo di parere che il nome di pira-

1 Cf. SMITH, Diction, of Greek and Roman Geogr., Vol. I, p. 202. - PAUS. II, XXVI, 7.

424 GLI HETHEI-PELASGI

mide, 7:upa^i<;, non sia di greca origine, si bene egizia cio& khamitica, e sia state introdotto dapprima nel Peloponneso da Danao e da' suoi compagni. In egiziano il nome della pira- mide in quanto figura geometricao di monumentoarchitettonico,.

che ne riproduce le linee, si chiamava T j§^, /\ Afer/Taltezza

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k"^\ r\ _y ' n,

piremus. CosiloSchiaparelli, il quale soggiunge: « Secondo ogni probabilita, da questo vocabolo i Greci dedussero quello di Tiupafuc, da cui il moderno nome di piramide l. » La lettura pir- ^^ .A, che dk il valente egittologo, non e necessaria e puo quel gruppo leggersi con altre vocali, non ve ne essendo- espressa veruna. Comunemente S=£^ -A si \eggeper. Gli antichi derivano il nome Tcupaji:; da Trtp, fuoco, flamma : eppure, mentre ne' composti e ne' derivati da TtOp la prima sillaba e breve, la prima in -opal's tanto presso i Greci quanto presso i Latini e lunga. Quelli che attingono dal copto la radice di questo nome come il Jabloriski, il De Sacy e Ignazio Rossi, ne spiegano diversamente il signiflcato. II primo fa -opa^; = copt. pi-ra- mu-e e spiega Ragaio del sole ~. L'altro riscontra ^-jpafx:'; col copt. Pihram o Piharam e signiflca Luogo santo 3. II Rossi, finalmente, deriva il nome dal copto rama, altezza, sublimita. Ecco le sue parole : Etiam coptice pA.JUA.> sublimitas. Praefixo articulo fit nip^JHA., nipAJUl- Graeci tamen Trupajj.'.? cum u scribere malueruni; quasi a-o TOU zupoc, ab igne vel flamma, quam imitatur figura sua, dicereiur *. Per il Rossi la piramide sarebbe percio la Sublime, I'Altissima. Noi preferiamo questa del dotto coptista a tutte le altre etimologie. La somiglianza no-

tata piu sopra tra --jpa|i:g e Tegizia voce ^^ J\ 'Cv ^ 1 1 CTl per-em-us, che dicesi significare Taltezza della piramide, e, se-

1 E. SCHIAPARELLI, // signiftcato simbolico delle Piramidi Egiziane^ p. 6. Cf. gli autori ivi citati.

* TAKI,. Opusc. Vol. I. p. 219.

8 SYLV. DE SACY, Observations sur I'origine du nom donn€ par lesGrecs et les Arabes aux P/jramides d'Egypte.

'" Rossi, Ett/mologiae Egi/ptiacae, p. 159.

NEL CONTINENTE ELLENICO 425

<;ondo noi, di puro suono, mercecchfe ^3? J\, per, non offre alcun significato di altezza o di elevazione, ma come £ chiaro dal determinative delle gambe, indica solamente azione, movimento ; e i verbi corrispondenti sono uscire, apparire, spingere, ger- mogliare i. Dopo le quali cose ci sembra provata 1'origine non greca del nome della piramide; e non ci sembra improbabile la leggenda che fa prender terra a Danao nella Tireotide, nel luogo che porta il nome di Piramia, massimamente perchfe la piramide fu un genere di edifizio ignoto al resto della Grecia, •e solo esistente nelPArgolide dove regno Danao.

Un'altra prova dell'origine pelasgica della cittk d'Argo e la sua cittadella che si chiamo Larisa o Larissa, Aapiaa, Aa- piaaa, nome pelasgico di fortezza o di cittk fortiflcata, il che per que' tempi voleva dire difesa da mura formate di grand i pietre poligonali, ovvero parte dalle mura e parte dalle na- turali qualita del luogo non facilmente accessibile. La citta- della fu fabbricata sopra una collina alta 289 metri, isolala e in forma di cono. Rocce asp're e scoscese e pendici erbose fanno un bel contrasto ne' suoi diversi fianchi. Unito alia col- lina di Larissa e un monticello occupato da una seconda for- tezza o Acropoli d'Argo, detta Aspis. Le mura pelasgiche o ciclopiche d'Argo son ricordate da Euripide in piu luoghi, e le dice mura fatte di pietra, altissime ed opera diCiclopi:

.... £TC7t6(3oTCV ""Apyo?, cva xe ~£^r] Xal'va K'jxXwT::' oopav:a v£|ioviat 2

Tet' xal KuxXwTieiav TioXcv s.

Euripide per citta ciclopea intende citta pelasgica, come si puo vedere nell'Ifigenia in Aulide, dove chiama il suolo ar- givo pelasgico, e Micene che ivi sorge, opera di mano ciclo- pea. Ed in vero, dopochfe Ifigenia ebbe esclamato: Oh madre terra, o Pelasgia, o mie case micenee ! il Coro risporide : Chiami la citta di Perseo, lavoro di mani ciclopiche?

1 Cf. PIERRET, Vocab. Hiirogl., 151. 1 EURIPID., Troad. 1087-83. 3 EURIPID., Hercul. Furens. 15.

420. GLI HKTIIEI-PELASGI

Ifigen : 'Iw y* |A«rep w

Muxyjvalat T'ljial OspaTiva:. Coro : KaXeTc; ic6Xt9|ia Ilepasio;,

K'JXAWTUWV Tl

Le mura deH'Acropoli d'Argo sono in gran parte distrutte, mi\ il castello gotico, il quale fu innalzato nel posto stesso, mo- stra tuttora comechfe rovinato, che le sue mura poggiavano so- pra quelle dell'antica fortezza. II Mure che li descrive, ci fa sapere che in generale, il lavoro delle parti antiche della co- struzione e solamente o principalmente di stile regolare o po- ligonale. Vi sono tuttavia notevoli avanzi d'altre linee di muro su' lati e alia base del colle che unisce la cittadella con la citt£ bassa, le quali sono di massiccia struttura ciclopea 2.

Le altre citta dell'Argolide, la cui fondazione risale ad eta preistorica, nella costruzione delle loro mura non sono different! dalla Larissa d'Argo. Cosi Midia, Mt'Ssta, (STEPH. B.;) MiSea, (STRAB.), originariamente chiamata Persepoli, Tlepaews r.6\:<; * e della quale parlammo nel precedente articolo, nella piii antica divisione della contrada e posta con Tirinto e THe- reo nella signoria di Preto 4. Essa e ricordata nel verso di Omero :

01' te TtoXuatx-f JAOV "Apvyjv I^ov, ol' TS M-'Sstav 5.

Avvegnach^ distrutta dagli Argivi, insieme con Tirinto, Mi- cene, Ysie ed Ornea, e che Pausania scrisse non restarvi piti nl suo tempo che la sola area: 'E7i'l(jio3 oe MtSet'a; TrXTjv ib s5ac?o<; dcUo o55^v ^XecTieio l!, presenta nondimeno ancora le ro vine delle mura ciclopee della sua fortezza somiglianti a quelle di Micene 7.

EURIPID., Iphig., in Aulide, 1498 e segjr.

MURE, o. c. Vol. II. ji. 184.

APOLLOD. II, IV, 4; STEPH. B. s. v. MiSsta.

PAUS.. II, XVI. 2.

HOM. 11. II, 50T.

PAUS. II, XXV, 9.

Cf. B. HAUSSOULLIER, Grtce continental, Vol. II, p. 210, 228.

NEL CONTINENTE ELLENICO 427

II tempio antico della dea protettrice d'Argos fu 1'Hereo, 'Hpatov, cosi chiamato da Hera, e sorgeva alia distanza di 45 stadii fra Argo e Micene. Distrutto da un incendio nel 423 a. O. C., fa ricostruito un po' piu sotto, da Eupolemo e fatto ce- lebre per le scolture di Policleto. Noi pero discorriamo qui del piu antico, il quale torreggiava sulle piu basse pendici del monte Eubea. La parte piu alta dove sono tuttora le rovine presenta la forma d'un triangolo irregolare, il cui vertice e nella direzione del monte Eubea, la base verso Argo. La su- perficie e divisa in tre terrazze, le quali sorgono Tuna sopra Taltra, e quella del centre fra la prima e la terza e soste- nuta da costruzioni ciclopee formate da massi enormi e piu grandi di quei di Tirinto l. Due ruscelli 1'Eleuterio, 'EXeuGs- ftov, e 1'Asterione, 'Acrcepkov, scorrevano questo lungo il lato sud-est, e Faltro dal lato nord-owest dell'Hereo 2. Secondo la leggenda, Eubea, Acrea e Prosimna erano flglie del flume Aste- rione e nutrici di Hera. Sulla sommita dell'Acropoli d'Argo vi erano i templi di Giove Larisseo, di Athena, di Apollo Pitio e in un lato dell'Agora si ammirava quello di Apollo Liceo, la cui fondazione si attribuiva a Danao 3. La Scuola Ameri- cana e benemerita degli scavi dell'Hereo e se ne possono leg- gere le notizie nella Nation del 1894, e nell' 'American Jour- nal of Archaeology, 1893, 1894. Quello che per noi importa e la scoperta da lei fatta d'una tomba micenea distante dal tempio un mezzo miglio, donde furono estratti 48 vasi di tipo miceneo e di laliso. Ne' dintorni vi sono altre tombe somiglianti.

Le divinita onorate dagli Argivi dell'eta piu lontane, fu- rono, com'e chiaro da' loro nomi, quelle stesse degli Hethei- Pelasgi, delle quali si e da noi trattato di spesso nel corso di questi studii. Hera, infatti, detta figlia di Krono cioe di Sa- turno e di Rhea, e Astarte, come il Giove Larisseo non e al- tri che Saturno, cioe Set, e forme di questo stesso Set sono I'Apollo Liceo e 1'Apollo Pitio, de' quali tutti discorremmo piu

1 Cf. B. HAUSSOULLIER, o. c. p. 227. - PAUS. II, XVII, 2; II, XVII, I. 3 PAUS II, XIX, 3; II, XXIV, I.

428 GLI HETHEI-PELASOI

volte. L'Astarte venerate nell'Hereo dicesi nudrita dalle tre ninfe, figlie di Asterione ; dove si vuol notare che il nome del torrente e un derivato da Astarte, essendo di origine non greca. Imperocche ci riporta all'infanzia di Hera cioe di Astarte, la quale e servita dalle figlie di Asterione ; cio che significa aver lei dato il nome al torrente o ruscello quando il suo culto fu introdotto in Argo da' Pelasgi e le fa fabbricato il tempio con arte e stile loro proprio. Ernesto Curtius ritiene il culto di Hera e di Zeus in Olimpia essere acheo, cioe pelasgico, argo- mentando dall' identita de' nomi delle due montagne di Olim- pia, FOlimpo e 1'Ossa, che gli Achei trasferirono da' loro monti di Tessaglia nel Peloponneso. L'altra divinita di Olim- pia Kronos, e, secondo lui, non ellenica, ma e la divinita so- vrana di un popolo che precede gli Elleni l. Con lo stesso di- ritto noi consideriamo non greche le divinita dell'Argolide, Hera, Giove Larisseo, Apollo Liceo e Apollo Pitio, mercecche le vediamo onorate da popoli non greci fin dalle origini leg- gendarie dell'occupazione delle terre che porteranno poi i nomi di Grecia e di Ellade.

Senonche la quistione che sommamente rileva e il sapere quale sia stata la civilta deH'Argolide ne' tempi preistorici, e da chi e come introdotta; se ciofe fiorisse per opera degl'in- digeni ovvero agl'indigeni sia recata dagli stranieri. Si do- manda a chi debbasi attribuir di diritto 1'arte propria e parti- colare che ammiriamo nelle costruzioni delle Acropoli d'Argo, di Tirinto e di Micene, nelle tombe cosiddette a cupola, nelle cisterne, ne' ponti; nelle ceramiche, ne' lavori d'oro, d'argento e di bronzo, nella scoltura e nella pittura. La difficolta viene da cio che la civilta dell'Argolide, in una certa eta, si vede largamente sparsa fuori degli stretti confini del Peloponneso e gik in fiore nella Grecia centrale e settentrionale, nell'At- tica, nella Beozia, nella Tessaglia; e fuori della Grecia nel- 1'Asia Minore, nella Siria, nelle isole deiFEgeo, in Italia, nel- 1'Europa orientale, nella Sicilia, in una parola, in tutto il ba- cino del Mediterraneo e nelle terre che per mezzo de' grandi fiumi comunicano con esso. II perche non senza qualche ra-

1 E, CURTIUS, Archaeol. Am., 1894, p. 40.

NEL CONTINENTE ELLENICO 429

gione s'invocano per la soluzione della difficolta, 1'Occidente dagli uni, 1'Oriente dagli altri e da qualcuno, non tenendo conto di coteste provenienze straniere, si riconosce in Grecia nei soli Greci il diritto di origine e d'invenzione dell'arte di cui trattiamo, la quale prende per estrinseche ragioni non disprez- zabili, quantunque non rispondenti al fatto universale, il nome d'arte e di civilta micenea da Micene, perciocch6 quindi prin- cipalmente si tolse argomento all'investigazione e allo studio di una civilta e d'un'arte dianzi ignorata. Imperocche dagli scavi che P immortale Schliemann fece a Micene, si ebbe tale dovizia di oggetti d'arte, specialmente in oro, quale non si vide piu negli scavi d'altre citta preistoriche di Grecia e di altrove. Materia similmente preziosa per lo studio dell'arte antica forniva Micene nelle tombe deH'Acropoli e nel cosid- detto Tesoro di Atreo. Ma della ragion del nome d'arte e di civilta micenea sia detto abbastanza, e torniamo alia quistione dell'origine che piu d'ogni altra c'importa.

Intorno all'origine europea della civilta micenea non pen- siamo dovere spendere piu parole. Ne trattammo due volte, dimostrando quella ipotesi priva di fondamento storico e tra- dizionale, e soltanto possibile nella teoria del poligenismo. L'au- tore dell'ipotesi certamente si fece ammirare, secondo il solito, per la sua vasta erudizione e per la vivezza dell'ingegno, ma la causa da lui tanto animosamente difesa, non poteva esser vinta perch6 poggiava sopra la falsa bench £ non confessata supposizione, che gli Europei si dovessero trovare in Europa con la loro civilta, non venutivi dall'Oriente e senza veruna relazione con esso. Arturo Evans nel suo Discorso dello scorso anno letto a Liverpool, alia Sezione Antropologica della Societd britannica per il progresso della Scienza, fa molte lodi e molte cose ammette e conferma scritte dal Reinach nel suo « Mirage Oriental » ; ma nel punto sostanziale dell'intime relazioni della civilta europea con Porientale, relazioni di origine e di prio- rita di questa su quella, PEvans non va nella stessa sentenza col Reinacb. Questi pensa che 1'arte e la civilta europea sia stata del tutto indipendente dall'Oriente, laddove 1'Evans con- cede soltanto agli Europei 1'istinto e la destrezza di saper assi-

430 GLI HETHEI-PELASGI

milare gli elementi ricevuti dal di fuori, e dare vita e movi- mento dramatico alle loro composizioni. Conchiude poi che un giusto riconoscimento del fondo Orientale delle origin! Europee, non e il « Miraggio Orientale » : Adequate recognition of the Eastern background of the European origins is not the «0riental Mirage* '. Crediamo peraltro che i lavori dell'Evans, salvo i numismatic! che si possono dire perfetti, sono d'una lettura quanto utile per la svariata dottrina dell'autore, altrettanto pe- nosa per mancanza di sobrieta e di ordine nella esposizione. Questo difetto fu pur notato prima di noi da Salomone Reinach nelle sue Chroniques d'Orient 2. Certo non e stata per noi la piii cara e piacevole cosa del mondo 1'essere obbligati a leg- gere e rileggere parecchie volte le men che diciassette pagine fitte di questo Discorso, dove si parla di cento cose e si toc- cano quistioni, ciascuna delle quali domanderebbe per se un lungo discorso.

Prima dell'Evans porto giudizio sulla teorica del Reinach, Edmondo Pettier, Conservatore Aggiunto delle Antichita Orien- tali e della Ceramica antica, nel Museo del Louvre. Nel 1894 accenno brevemente la propria opinione in una nota della Revue des Etudes Grecques, Tomo VII, p. 131, 132; ma nel 1896 ne scrisse un po' piu direttamente nel suo Catalogue des Vases antiques de terre cuile, p. 208. Noi tuttavia opiniamo che la teorica del Reinach non vivrk lungamente, e che il primo forse ad abbandonarla sara egli medesimo.

L'altra teorica deH'origine fenicia della civilta micenea pro- pugnata dall'Helbig e da noi combattuta, ebbe di molti sosteni- tori e di merito incontrastabile, e ne resta tuttora piu d'uno che la difende al modo degli Antabati, qui clausis, ut aiunt, oculis, pugnant. II numero pertanto de' disertori o piuttosto de' co- raggiosi convertiti, cresce 1'un di piu che 1' altro. Noi avvi- siamo far cosa utile e in parte eziandio doverosa, il ritornar qui sulla questione fenicia. Nella nostra confutazione della Memoria dell' Helbig, giudicammo che le idee dell' illustre ar-

1 A. J. EVANS, Adress to the Anthropological Section, Liverpool 1896, p. 17. 1 SAL. REINACH, Chronique d'Orient, N.° XXX (1894-1895) p. 64 dei- 1'Estratto.

NEL CONTINENTE ELLEKICO 431

cheologo erano altresi quelle del Pettier e fra 1'uno e 1'altro non ci parve di scorgere veruna differenza. Cio nondimeno da parte nostra non era esatto, come vedremo appresso, ripor- tando alcune osservazioni dellb stesso dotto e gentile archeo- logo, Edmondo Pettier, da una cortesissima lettera che ci fece 1'onore di inviarci dopo che ebbe ricevuto il nostro Estratto sulla Meraoria dell'Helbig. I motivi peraltro che c'indussero a credere il Pettier difensore dell' opinione fenicia, non erano stati dubbii nfe fiacchi. Imperocche questa sua inclinazione di riconoscere ne' Fenicii o ne' Siri gli autori della civilt£ micenea, si appalesa in tutte le sue pubblicazioni dove egli e condotto a dover toccare della quistione micenea. Primieramente nella Revue des Eludes grecques del 1894 (Tomo VII, pag. 117 e seguenti) : L'Orfevrerie Mycenienne a propos d'un vase du Dipylon; e nel suo Catalogue gik citato, 1896. Trattando del vaso del Dipylo confessa che gli argomenti che si fanno va- lere contro i Fenicii, nou gli sembrano per nulla incontrasta- bili : Si la solution... me ramene a ces Phe'niciens dont on ne veut plus, favoue que je n'en suis pas autremenl effraye, ear les arguments qu'on a fait valoir contre eux ne me pa- raissent nullement irre'futables (p. 129 e segg.) Egli infatti risponde agli argomenti. Nel Catalogo poi, parlando delle due teoriche intorno a' popoli dell' Egeo, la prima delle quali con- siste nel far di loro de'mezzi barbapi che ricevono tutta la loro educazione artistica dalle due grandi civiltk vicine del- 1'Egitto e delPAsia caldeo-fenicia, che imitano, il meglio che possono, i modelli importati da queste regioni e ne traggono un' arte locale, ancora difettosa e selvaggia, ma pero non senza vigore n& senza personality ; cosi scrive : « J'ai ddfendu la premiere dans un article de la Revue des Etudes grecques (1894, p. 117-131), etfai trowel un prdcieux appui dans I'opi- nion de MM. Helbig, Collignon et Dieulafoy » (Comples-rendus de I'Acad., 1895, p. 238-250). Ora, come risulta dalla tornata del 15 giugno 1895 (Cf. Bulletin mensuel de VAcademie des Inscriptions, p. 121) il Collignon e il Dieulafoy, fatte certe ri- serve, teogono per 1' Helbig. Dunque anche il Pettier sta con lui. Del Collignon e quivi detto : M. Collignon accepta, avec

432 GLI HETHEI-PELASGI

quelques reserves, la theorie de M Helbig ; e del Dieulafoy : M. Dieulafoy pense que I' art mijcenien a en effet beaucoup emprunle' a la Phenicic, a I'Egypte et indirectement a la Chalde'e. Se dunque noi 1'abbiamo creduto difensore dell' ori- gine fenicia della civilta. ed arte micenea, e percio stesso, d'un pensare con 1' Helbig, le nostre ragioni non erano altrimenti soggettive o arbitrarie, ma fondate sulle parole espresse dal- Tillustre autore.

Vero 6 pertanto che 1'opinione di lui non e esclusivamente quella dell'IIelbig, perciocch& la soluzione del problema mice- neo si puo ottenere, secondo lui, tanto nella teorica fenicia, quanto nella sira. Ma appunto in cio notavamo 1'equivoco, in cui si troverebbe 1'autore se tutte e due le soluzioni, la feni- cia e la sira, spiegano egualmente 1'enimma. Mercecche nella nostra sentenza, i Siri del tempo della XVIII dinastia, quando si parla de' tributi de' popoli stranieri e delle pitture della tomba di Rekhmara, non sono Fenicii, ma prefenicii e appar- tengono alia confederazione capitanata da' Rutennu e poscia dagli Hethei. Ora se questo 6 storicamente e cronologicamente vero, la soluzione fenicia non puo aver luogo, e percio le so- luzioni del problema non possono esser due, ma una sola. Le difflcoltk contro la teoria fenicia riportate dal Pettier e alle quali egli risponde, non sono le nostre. Noi, senza mancar di rispetto a quanti hanno* parlato flnora di Fenicia e di Fenicii del XVI e XV secolo, in relazione con la XVIII dinastia da una parte, e i popoli asiatici dalPaltra, non abbiamo difficolti di dire che la contezza di que' tempi e di que' luoghi non ci e fin qui sembrata n& chiara, ne piena nei parecchi difensori dell'origine fenicia della civiltk micenea. Se con lo studio della Fenicia si unisse quello de' tempi e de' popoli preistorici delle isole dell'Egeo e del continente ellenico, non si prenderebbe quasi a gabbo una quistione di tanta importanza. Nella no- stra risposta agli argomenti dell'Helbig, abbiamo procurato di chiarire il punto debole della sua difesa, che i Keftu ck>6 sieno Fenicii del secolo XV. Nella regione che fino al tempo dei Tolomei si chiamo Siria, non Fenicia, non troviamo altri po- poli al XV secolo, se non quelli che facevano parte della con-

NEL CONTINENTS ELLENICO 433

federazione de' Rutennu detta, dopo, degli Hethei. Quest! po-, poll della Siria, dell' Asia Minore e del Ponto, i cui norni si leggono nel poema di Pentaur, ebbero una civilta loro pro- pria fin dal tempo dell' invasion dell'Egitto fatta da loro, come fu da noi dimostrato scrivendo degli « Hyksos o Re Pastori di Egitto ». Conobbero essi fin d'allora Tarte di lavorare i me- talli, di fabbricare le citta fortificate col sistema poligonale, come si vede nella Pteria, al Sipilo e in tutta 1'Asia Minore; di palesare i loro pensieri con varie maniere di scrittura, ideo- grafica e lineare; della musica, come dimostrano gli strumenti scolpiti su' bassirilievi e le stele d'Ojiik. Tribu di questi po- poli, qualora migrino d'Asia nelle isole e nel continente greco* vi porteranno una civilta di cui sono gia in possesso, e noi la vediamo ancora in tutto somigliante a quella de' paesi donde mossero. Allorche intervenivano queste migrazioni, le navi fe- nicie non avevano ancora una vela nel Mediterraneo, mercec- che la civilta degli Asiatici durava da secoli nell' isole e sul continente ellenico come ne fanno manifesto segno i nomi non fenicii ne arii della maggior parte delle citta, de' monti, dei fiumi, de' popoli e delle divinita cosi delle isole come del con- tinente. L'isola di Greta, per non moltiplicare esempii, basta essa sola a provare la falsita dell'origine fenicia della sua ci- vilta: mentre dagli scavi risulta che nelle sue citta piii anti- che e di costruzione pelasgica, come Praesos, Gulas ed altre, si e trovato il premiceneo, il miceneo, e non 1'ellenico ne il fenicio. Dunque se la civilta micenea e antica e dati per lo meno dal XV secolo, essa non puo esser fenicia ; se poi si vuol fenicia, essa non puo essere antica.

All'Helbig che dal nome de' Keftu deduce 1'assoluta ed esclu- siva origine fenicia dell'arte e civilta micenea, perciocche gli oggetti da' Keftu recati in tribute a Thutimes III, e dipinti nella tomba di Ramenkhepersenb e di Rekhmara, sono del tutto so- miglianti a' micenei, rispondiamo che in forza di questo suo ragionamento noi legittimamente concludiamo che 1'origine della civilta e dell'arte micenea deve attribuirsi agli Hethei; conciossjachfe anche gli oggetti presentati da costoro sieno come quelli de' Keftu, cioe di materie preziose e di stile mi-

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1120. 28 10 febbraio 1897.

434 OLI HETHEI-PELASGI

ceneo. Dunque la prerogativa o il privilegio della priorita del Fenicii non potrebbe sostenersi. Infatti nella tomba di Ramen- khepersenb, se nel Registro leggiamo il nome del Grande o Principe di Keflu:

Ur en Keflu

immediatamente dopo segue il nome del Grande o Principe de' Kheta, cioe degli Hethei:

Ur en Kheta.

Ora la differenza fra questi due nomi etnici e tutta in disfa- vore dell'Helbig, perche, mentre intorno al nome de' Kheta non v'e dubbio veruno fra gli egittologi, quello de' Keflu e diver- samente inteso. II Maspero vede in esso i Fenicii; 1'Erman e lo Steindorff non ve li riconoscono; M. Miiller vi scorge i Ci- licii, e noi stessi proponemmo e discutemmo 1'origine cappadoce de' Keftu ', conciossiache la Cappadocia nelle prime etk sten- devasi dal Ponto alia Cilicia Campestre fino al mare, e nel suo nome primitivo modiflcato da' Persiani in Katapatuka o Kat- paluha, tolta la metatesi e il sufflsso -ha, abbiamo con forma piena : Kap-a-t = Kaf-a-t e per sincope, Kaft. Ora fra' nomi che in antico portarono i Cappadoci, di Siri, Khatti, Assiri, Moso- cheni, abbiamo da Filone quello parimente di Cananei, Xava- vaiot 2. Si aggiunga che fra gli altri Principi tributarii leg- giamo i nomi di Principe di Tunep e di Principe di Cadesh :

!fe s^ i v ^^, Ur en Tunpu, e ^^ y r Ur en Kadesh.

A^W\A AAAAAA ^ ft f /WWV\ ^ I \\ I

Ora Tunep e Cadesh fecero parte della confederazione hethea, e Cadesh fu una delle loro citta capitali sull'Oronte al tempo della XIX dinastia. Ci sembra dunque alquanto strano il met- tere saputamente in disparte i popoli della confederazione del Rutennu e poi de' Kheta cio& degli Hethei, ne' quali vediamo manifestamente il possesso di quella civilta e di quell'arte che si dicono ora micenee, per fare de' soli Keftu dei Fenicii e attribuire a costoro 1'esclusiva origine di esse.

» Cf. DE CARA, Gli Hethei-Pelasgi, Vol. I, p. 465 e segg. 2 Cf. DE CAHA, o. c. p. 465.

NEL CONTINENTE ELLENICO 435

Dopo le quali cose ci e grato riferire quel che il Pettier ci scriveva a proposito della teorica dell'Helbig da noi disa- minata. E primieramente asserisce aver lui procurato d'esser chiaro, e di esporre qtianto v' e se non di ben risaputo, al- meno di molto verisimile nel presente stato delle nostre co- noscenze, e di metier da un lato, proponendolo soltanto ai piu competenti, cio che v'e ancora di enimmatico e di oscuro. « De ce nombre est le probleme auquel vous vous gtes atta- chg, celui de distinguer netlement le peuple asiatique qui a donne naissance a la civilisation mycenienne. M. Helbig est persuade que ce sont les Phdniciens ; vous £tes convaincu que ce sont les HMheens-P&lasges. » Segue a dire che egli ne nel suo articolo della Rev. des Etud. grecques ne nel suo Catalogue, non ha cercato di sciogliere questa qui- stione. « Pourquoi? Parce que fy suis incompetent et, comme vous le dites ires justement (p. 9) « la quale questione e di natura tutto propria degli egittologi ». C'est pourquoi, quand il a fallu exposer une solution vraisemblable,je me suis re- fere ^implement a I'opinion de M. Maspero que j'avais con- suite1 sur ce sujet. » Noi non possiarao che lodare la dirittura e la saviezza del valentuomo. Del resto, anche FHeuzey faceva altrettanto neirillustrazione di certi rilievi scolpiti, per la buona e sicura intelligenza de' quali si rivolgeva al Maspero e ne ri- portava una lunga lettera '. Indi il Pettier soggiunge : « Mais le jour ou vous prouverez de la facon la plus claire que nous devons faire honneur aux Heth&ens des chefs d'oeuvre de Mycene, je me rangerai tres volontiers a votre avis, et, remarquez-le bien, cela ne changer a pas un iota a la these que je soutiens: a savoir que la civilisation mycenienne per- frctionnee est due a un peuple d'Asie Mineure plutot qu'a des insulaires ou aux Grecs du continent. » La condizione richiesta qui dal Pettier, perche accolga la nostra sentenza, noi 1'abbiamo adempita nel Volume e continuiamo a ren- derla sempre piii chiara anzi evidente, nel corso del 11° che veniamo scrivendo e pubblicando nella « Civilta Cattolica ». '

Vediamo ora cio ch'egli pensa intorno all'Helbig e alia sua teorica, in risguardo dell'aver noi congiunto il nome di lui

1 HEUZEY, Rev. ArcJiiol., 3e Ser., T. XVI, p. 145 e 334.

436 GLI HETHEI-PELASGI NEL CONTINENTE ELLENICO

a quello dell'Helbig come se entrambi sostenessero la mede- sima opinione : « Vous me permettrerez d'insister sur ce point, parce qu'd la lecture de votre memoire on pourrait croire que M. Helbig et moi nous soutenons absolument la me"me these. Nos deux noms arrivent toujours accoUs ensemble. Loin de moi la pensee de renter la sympathie et I'estime que j'ai pour les travaux de mon ami M. Helbig, a qui nous de- vons tant sur ces questions. » Questa stima 1'abbiamo testifi- cata anche noi, salvo in questo caso dove non potevamo ri- conoscere in lui un egittologo e la quistione, come concede pienamente il Pottier, 6 al tutto egittologica. Segue 1'autore: « Mais vous auriez tout a fait tort de croire que nous som- mes les ddfenseurs d'une seule et m£me opinion. M. Helbig n'admet que les Pheniciem. En maint endroit de mon arti- cle et de mon Catalogue, j'ai indique que la solution syrienne me convenait tout aussi bien que la solution phdnicienne. Par consequent, je ne devrais pas passer a vos yeux pour un adversaire.... Je mets done un point d' inter rogation, Id ou M. Helbig met un point... d' affirmation! II y a entre nous une nuance tr£s importante. » E qui facciamo punto, non senza qualche soddisfazione e piacere che fra il valente archeo- logo francese e noi non vl sia se non accidentale e ipotetica diversita d'opinione, mentre fra noi e il Prof. Helbig la di- versitk 6 sostanziale. Ne' seguenti articoli ci sara data occa- sione di esaminare qualche altro concetto del Pottier intorno a' Sidonii e al centro di propagazione dell'arte micenea, della qual propagazione noi scrivemmo piu volte altrove, ma i no- stri lavori, a quel che ci sembra, non caddero sotto gli occhi del dotto archeologo, cui rinnoviamo sinceramente i sensi del nostro rispetto e della uostra riconoscenza '.

1 Dell'esposizione da noi qui fatta di ci6 che opina il Pottier intorno !a quistione fenicia, ecco il giudizio dello stesso autore in una lettera che ci scrisse gentilmente dopo lette le bozze di questo articolo che gTinviammo prima di pubblicarlo, come richiedevano legge di cortesia e sentimento di vera osservanza. « Je vous renvoie aujourd'hui les tpreuves de votre article sur les Htthiens-Peiasges, en vous remerciant de I'exposition courtoise et exacte que vous y faites de mon opinion. (Louvre, 16 Janvier 97).

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE

VIII.

Enrico Nencioni, rapito da pochi mesi alle lettere, nella prefazione con cui presentava air Italia gli Eroi del Carlyle teste tradotti dalla signora Pezze Pascolato, ha fatto di questo scrittore una specie di panegirico. Dice che il suo stile e di una « magnetica efficacia » ; che « delle tre piu grandi imma- ginazioni del tempo nostro, Vittor Hugo, Carlyle, Michelet, il Carlyle e la piu violenta e apocalittica » ; che « un sofflo ar- dente di poesia ebraica gli viene attraverso la tradizione pu- ritana, e fa di lui una specie di profeta, di veggente, in pieno secolo decimonono » ; ma soprattutto afferma che « la potenza evocatrice e resurretrice di storico e suprema in Carlyle, e fors'anche superiore a quella prodigiosa di Michelet ; di modo che coi materiali dove uno storico archivista non ricaverebbe che una lettera morta di cronologica narrazione, ricomponendo con frantumi d'ossa uno scheletro, il Carlyle, con Fintuito del genio, ricrea il personaggio e gli alita in volto la vita » (pagg. IX-X).

Noi qui non intendiamo d'esaminare i meriti letterarii del Carlyle e la giustezza del citato panegirico : ci fermiamo sol- tanto alle ultime parole da noi presentate in corsivo, e aper- tamente affermiamo che questo scrittore, con tutta la sua po- tenza di risuscitare i morti, ha pero addosso questa capita- lissima pecca, che il personaggio ricreato da lui, bene spesso non e posto nella vera sua luce, e che la vita ch'ei gli alita in volto, non e sempre la vera vita da lui vissuta.

1 Vedi quaderno 1119, pag. 273.

438 GLI EROI

Egli richiama i suoi eroi alle seguenti categorie: Feroe quale divinita, 1'eroe quale profeta, 1'eroe quale poeta, .1'eroe quale sacerdote, 1'eroe quale letterato, 1'eroe quale re. Donde si vede che il nome d'eroe viene spesso da lui usato in un senso affatto improprio ; ma noi, esaminando i suoi eroi, non faremo questione di parole.

Dice pero apertamente : « II piu grande di tutti gli eroi e uno che non osiamo qui nominare ». E in cio fa bene. E noi pure non vogliamo nominarlo. II suo perche egli non dice, ma noi francamente diremo il nostro. Non vogliamo nominarlo per non dar niuna presa al moderno razionalismo, che va spac- ciando Gesu Cristo essere un gran fllosofo, un gran legisla- tore, un grande eroe, molto piu degli altri, ma come gli al- tri, e da questi distinto per grado, non diverse per ispecie: alia quale eresia non poco ai di nostri cooperarono, sebbene inconsciamente, certi scrittori di vite e panegirici di Gesu Cri- sto troppo umani. Or noi invece vogliamo che sulla fronte del Redentore il diadema dell'umana grandezza, per quanto si voglia splendido, non debba mai surrogare la corona della divinita, ne che i raggi dell'uno abbian mai da confondersi con quei dell'altra.

Lasciamo dunque I'Uomo Dio sull'altare, fra le nubi del- F incenso troppo giustamente dovutogli, e noi fermiamoci qui in piana terra a guardare in faccia altri uomini pari nostri, ma da certi loro ammiratori quasi divinizzati.

IX.

Fra le diverse grandezze quella che e forse piu ammirata dalFuniversale, & una certa grandezza che potrebbe chiamarsi da scena e da parata. II volgo (e non e composto sol della plebe) vuol veder luce abbagliante, sia pur di folgore; vuol sentir vivo strepito, sia pur di tremuoto ; e dinanzi a quel ba- gliore e a quello strepito profonde facilmente il nome d'eroe, colpisce statue, innalza monumenti.

A PROPOS1TO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE -439

E qui vengono in priraa linea i grand! monarch!; i grand! conquistatori, dagli Alessandri e dai Cesari fino ai Bonaparti. Ne no! neghiamo loro una tal quale graridezza simile a quella delPuragano; ma ci sembra pero una grandezza di sua natura poco invidiabile, come quella che, se suppone alcune dot! del- ranimo, ha molto ancora della forza bruta e materiale ; se da un lato e di gioia, dall'altro e di lutto; se agli uni porta van- 'taggi, reca agli altri desolazione e sterminio. E forse uno spet- tacolo molto giocondo quello d'un uomo cinto le tempie d'un alloro, che gronda a gross! rivi lagrime e sangue ?

Ma, cio che piu monta, questa e una grandezza spesse volte falsa, o per lo meno dubbia ed incerta. II Carlyle ci presenta come rullimo di questi eroi Napoleone. Ma di lui chiedeva un nostro grande poeta:

Fu vera gloria? Ai posteri L'ardua sentenza.

Or quella domanda e subordinata ad un'altra: furono giu- ste le sue guerre, le sue conquiste, i suoi grandi macelli di carne umana ? I posteri hanno gia. dato la sentenza oggi non ardua; hanno detto che in quelle imprese la giustizia manco sovente; come dunque poteva esservi la vera gloria? Vi sara la gloria del predone fortunato, la gloria che il corsaro scita rimproverava al conquistatore macedone, ma la vera gloria non gia.

In ogni caso poi quella gloria fragorosa e di lunga mano inferiore di merito alle tranquille glorie morali, di cui abbiamo parlato nel precedente articolo, specie a quelle di un Francesco Saverio. Fra questi due conquistatori, qual dovrk dirsi piu grande,v colui che scorre fra le nazioni uccidendo, o chi le traversa beneficando? Chi getta in braccio alia morte piu di due milioni di uomini, o chi piu di un milione di anime chiama alia vita? Chi attizza i fratelli contro i fratelli, o chi li am- mansa e li riduce a concordia, come tanti flgli d'un solo pa- dre, come tanti agnelli di un solo ovile?

II Nencioni, dopo lodato Napoleone, soggiunge: « L'orgo-

440 GLI EROI

glio fu il suo accecamento e la sua punizione. Oede di po- tere impunemente umiliare i popoli come i re, e s' ingann6... Bajona conteneva in se Valerloo, e S. Elena vendicava la tra- dita Polonia » (p. XVI). E sta bene ; ma egli dimentica il me- irlio: dimentica la guerra scellerata e codarda fatta per due- lustri ad un inerme e venerando Vegliardo; dimentica Gre- noble, Savona, e Fontainebleau, sulle cui porte il Perticari vo- leva si scrivesse:

Qui contro Cristo Bonaparte strinse La sacrilega spada e qui cad£o.

Se dunque a noi si domandi categoricamente: Napoleone fu un eroe o non fu? ecco la nostra risposta. Nel senso stretto della parola, che e quello di una imagine di Dio operante, non fu: Dio non opera con quei difetti e quei vizii. In un certo senso pin largo ben puo chiamarsi eroe, per la sicu- rezza del suo occhio d'aquila; per la rapiditk fulminea delle sue mosse, che sbalordivano i vecchi generali d'Austria e di Prussia; per 1'audacia dei colpi, pel genio militare e le altre guerresche doti, che lo resero grande fra i grandi ; in somma percbe delPeroe in lui era tutta la stoffa. Ma egli ne fece una sconciatura orribile; e gli eccessi della sua smisurata ambi- zione, e i pretesti per rompere i trattati di pace e rinnovare le guerre a scopo di nuove usurpazioni, e Tassassinio del Duca d'Enghien, e il tradimento di Venezia, e il disprezzo per la came da cannoni, e le nazioni smunte di denaro e di sangue pe' suoi capricci, e la spietata guerra bilustre contro la Chiesa, tutte queste cose saranno sempre alia sua fronte bolli d'in- famia, non possiblli a coprirsi dalle tante corone di cui la cinse. Poteva, con una stoffa si bella e ricca, lavorarsi uno splendido manto di gloria, e non usci dalle sue mani che un drappo insanguinato e una bandiera di morte. Poteva ecclis- sare i fasti dei Costantini e dei Carlomagni, e non giunse ad emularli. Poteva farsi benedire dall'universale, e, tranne i sol- dati, che lo amavano perch6 conducevali alia vittoria, si fece da tutti temere, da mezzo mondo esecrare. Ad essere assolu-

A PROPOS1TO DI UN L1BRO DI TOMMASO CARLYLE 441

tamente un eroe che cosa dunque mancogli? Una cosa sola, ma quella che fin da principio dicemmo essenzialissima, la virtu. Per mancanza di questa, piuttosto che un grande eroe, fu un grande abusatore di doni grandi.

Bisogna convenire pero che dinanzi air idolo di Napoleone il nostro puritano non brucia troppo incenso. Lo chiama « un grande schema, un abbozzo... rimasto troppo rudimentale » (p. 319). E gik uon e maraviglia che un compatriotta dei car- cerieri di S. Elena non si mostri ne troppo tenero n6 troppo ardente pel prigioniero.

X.

Ardente invece si mostra e tenerissimo... indovinate per chi?... Per Maometto.

Questi e per lui 1'eroe profeta. Per lui, principale sua glo- ria e quella, che per noi forma il suo maggiore delitto, 1'avere cioe rimpastato a suo senno le religioni per far la sua. E cio si collega coll' idea fissa dell'Autore, sparsa in tutto il libro, ed espressa principalmente nelle ultime parole della prima Lettura: «A quale di queste tre religioni aderite particolar- mente? domanda Meister al suo maestro. A tutte e tre, ri- sponde 1'altro, perch6 nella loro unione costituiscono la prima religione vera (p. 52). » E la traduttrice si affretta ad aggiuir gere in nota che questo era anche il pensiero di Goethe, di Schiller, di Lessing: tutte o nessuna. Ma noi rispondiamo che i Carlyle, i Goethe, gli Schiller, i Lessing ed altri simili uommi, di molto ingegno ma di poco giudizio (combinazione non rara), hanno detto un grosso strafalcione. Non gia tutte o nessuna, ma una sola. Una e la verita, una la parola di Dio, una dun- que la religione. E quando 1'audace Beduino porto la mano all'arca santa di Dio, fece opera sacrilega e scellerata.

Opera santa, dice invece 1'Autore. « II rude messaggio che egli apportava, era intimamente vero (chi I' ha detto?): era voce indistinta ma seria (?) dair ignoto profondo (e noi do- vrem credere a voce indistinta, a voce che vien dalF ignoto?).

442 OLI EROI

In lui non inanita., non finzione (?), ma ignea massa vitale, eruttata dallo stesso profondo seno di natura (un mongibello, in somma). Infiammare il mondo: il Fattore del mondo aveva ordinato cosi (davvero ?) » (p. 60).

Curioso questo puritano ! Oracola anch'egli come un inspi- rato, e vorrebbe farci accettare i suoi responsi ad occhi chiusi. Ma come ci prova egli che Maometto avesse ricevuto dall'alto questo mandato? Mosfe e Gesii Cristo erano voci che non vo- nivano dall'ignoto profondo: molto bene essi provarono la lor missione: Si mihi non vultis credere, operibus credite (lo. X-38). Ma costui quali prove ne diede? I sogni del suo balzano cervello, che gli rappresentavano visioni ed estasi, mo- stranti in lui o 1'illuso o Pimpostore *; i miracoli della sua scimitarra, portante scritto il dilemma, Credi o ti uccido; e la santita eroica della sua vita, circondata sempre da un branco di mogli e di concubine, ecco i carismi del Profeta. E il no- stro puritano si strugge tutto di tenerezza divota dicanzi a lui che « colle proprie mani si racconcia il suo mantello » (p. 90). Eh sicuro! Se lo sara squarciato nel saltar qualche fosso o qual- che sbarra in alcuna delle sue brigantesche escursioni, e non avendo li nessun capo della sua sullodata mandra di femmine, naturalmente se lo sara alia meglio rattoppato da se. Che mi- racolo di virtu! Sonate, campane!

E da questi miracoli, da questi eletti carismi ei si credette autorizzato a fondare la sua religione, mostruoso impasto di paganesimo, di giudaismo e di cristianesimo, a corona della quale rnise un paradiso da ciacchi, degna mercede di una vita brutale 2. Tanto brutale, che il Cardinal Massaia, nella sua

1 Lo stesso Carlyle confessa che il Corano « e un noioso e confuso guazzabuglio, indigesto, ioforme, intralciato, in somma una stupidita insop- portabile » (p. 83). E questa stupidita era piovuta dall'alto!

1 A questo pun to la signora traduttrice ha voluto dedicare, per sua divozione, una noterella ai Gesuiti, ed e la seguente. « Quanto alia sen- sualita del paradiso maomettano cf. con il paradiso de' gesuiti, presso Set- tembrini, Lezioni, I, p. 138, 139. » Spinti dalla curiosita (e il lettore ci vorra perdonare questo peccatuzzo, trattandosi di cosa che c'interessa per- sonalmente) siamo andati a consultare il Settembrini, ed ecco quello che

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 443

celebre opera / miei trentacinque anni, piu d'una volta testi- fica d'aver sempre nelle sue mission! trovato minore scostu- matezza nei pagani che nei musulmani, i quali in ogni luogo riconobbe uguali a se stessi, cio& non altro che pestilentissimi animali. « Onorate 1'altissimo Profeta», che colla sua poli- gamia, col suo divorzio, col suo fatalismo, licenzia Tuomo al mal costume, condanna la donna alia servitu, riduce tutti al- 1' immobilita della pietra. Battete la fronte in terra dinanzi al Prof eta * !

Oh! dice il nostro veneratore di Maometto, gli errori e i peccati non tolgono che altri esser possa un grand' uomo: « II

vi abbiamo trovato. Egli si beffa della predica X del Segneri, che descrive colle idee e lo stile del suo tempo il primo ingresso di un'anima alia gloria, e poi della predica XXXVI, che parla della beatitudine che godra in cielo anche il corpo ; ma non altro. II confronto paradisiaco fra Gesuiti e Maomettani e tutto merito e bonta della signora. Qual sia veramente il paradiso dei Gesuiti (leggi cristiani cattolici) il povero Settembrini da una ventina d'anni 1'ha gia veduto da se, ma la signora fara bene ad infor- marsene leggendo il Paradiso del Gesuita Secondo Franco, edito a Modena, o quello del P. Ermenegildo da Chitignano M. R., stampato a Quaracchi, ambedue pubblicati pochi anni or sono. Quello, e non altro, e il paradiso, nei quale i Gesuiti confidano di trovare un giorno la gentile e colta si- gnora, purgata pero che siasi di certi errori. Ve n'ha parecchi nelle sue note, nelle quali ella sembra trovar piacere a levar in alto i Protestanti, come il Cranmer (p. 149), e coprire di fango i cattolici, come il Domeni- cano Tetzel, predicatore delle indulgenze (p. 168), e accarezzare 1'ideale del prete moderno vagheggiato da Emilio Zola (p. 195). Se la domanda non e indiscreta, di qual religione e la signora? I libri che cita, e dai quali attinge notizie e giudizii, sono quasi tutti di scrittori o protestanti, o ra- zionalisti, o cattolici bacati ; e per6 ci consenta che, in cortese ricambio dell'averci fatto conoscere quel passo delle Lezioni del Settembrini, noi mettiamo sott'occhio a lei qualche cosa di meglio, cioe i Proverbii di Sa- lomone, uei quali, al versetto 20 del capo 13, trovera questa bella sen- tenza: Qui cum sapientibus graditur, sapiens erit : amicus autem stultorum similis ejicietur.

1 Eppure Maometto e il suo lodafcore Carlyle sono meno strani dell'ex- carmelitano Giacinto Loyson, che nello scorso gennaio stampava nelYEclair: « Siate i Cristiani dell'Islamismo, ed i Mussulman! del Vangelo (!!) Se fosse assolutamente necessario di scegliere fra 1'Islamismo illuminate, fedele alia gran tradizione monoteista... e questo cattolicismo della decadenza... io non esiterei un istante. » Bravo il Frate! A quarantaquattro anni si scappucci6 per pigliar moglie ; ora, a settanta, fascierebbe volentieri il turbante. Viva progresso !

444 GLI EROI

pentimento non e ibrse il piu divino di tutti gli atti umani? » (p. 01). Sia, ma in Maometto dov'e quest' atto divino? Lo ve- diamo in Davidde, e Teco de' suoi gemiti inenarrabili dura tuttavia nella Chiesa, E durera quanta il mondo lontana. Lo vodiamo in Teodosio, che con tutti gl' imperial! ornamenti si getta in terra piangendo dinanzi ad Ambrogio, e nel vincer se stesso si mostra piu grande di quel che fosse quando sba- ragliava le falangi dei Massimi e degli Arbogasti. Lo vediamo negli Agostini, nelle Margherite da Cortona e in altri innu- merevoli; ma nell'Arabo perturbatore dov'e? Sono noti i suoi atti brutali di lascivia, di sangue, d'empieta; ma 1'atto divino del pentimento chi ce lo mostra?

Onta dimque alia sua memoria, e benedizione alle mani, che riusciranno una volta a spezzar per sempre le corna alia sua inezza luna.

XI.

Dopo questo capo brigante ciurmatosi capo di religione, il bizzarro scozzese conduce sulla scena un frate scappucciato : dopo Maometto, Lutero: 1'uno degno dell'altro, Arcades ambof Come in Maometto egli venera Feroe profeta, cosi onora in Lutero Feroe sacerdote.

Oh! il santo sacerdote, proprio secondo 1'ordine di Mel- •hisedecco. D'una umiltk si profonda da scrivere nelle sue lettere : « Che importa a me di quel che dicono Girolamo ed Agostino? Tutti gli Agostini e tutti i Girolami non valgono mezzo un Lutero »; d' una castit£ si perfetta da aprir le porte del chiostro ad una donzella a Dio consacrata e farla sua con- cubina, proprio in venerdi santo; d'una pieta cosi tenera da giunger fino a chiamare il demonio nostro principe e Dio, e gloriarsi delle sue visite e delle dispute con lui avute, in una delle quali il buon sacerdote si confesso convinto del doversi abolire la Messa. Tutte queste sue sacerdotali virtu son regi- strate a caratteri d'oro nella sua vita, raggiano fulgidissime da' suoi scritti, e specialmente dal suo Discorso sul Matrimo-

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 445

nio e dai suoi Discorsi da tavola, modelli di castigatezza, da poter leggersi in un refettorio di monache. Se non che da quelle pagine sante scappa fuori di tanto in tanto, una nota stonata e tuttavia la piu giusta: lo sono un gran matto e un gran briccone!

Tal fu 1'eroe; e 1' opera sua qual fu? Si sa, la Riforma. Bella riforma poteva uscire da un uomo si informe ! Stabilito il suo assioma che il libero arbitrio & una chimera, ed il suo gran dettame del pecca for liter et crede firmiter, chi non vede che era dato 1' impulse alle immoralita d'ogni genere? E il proclamare quel gran principio del giudizio privato, non era un portar nella Chiesa e nel mondo 1'anarchia della fede, il delirio della ragione, la liberta del peccato, la guerra civile, ogni male?

Se ne accorse piii tardi egli stesso, e nella sua epistola contro Zuinglio dice chiaro ; « Oggimai vi sono tante credenze quante teste; e, se il mondo non si sfascia ben presto, ve- drete che, nelP interesse dell'unita religiosa, sara necessario che noi torniamo un' altra volta ai decreti dei Concilii. » E al- trove : « II rnondo peggiora di giorno in giorno e diventa sempre piCi scellerato. Gli uomini sono oggidi piii inclinati alia ven- detta, piu avari, piu snaturati, piii discoli che non erano sotto il Papato... Non credono nemmen piu alia vita futura : vivono come credono, sono porci e vivono da porci. I piu de' miei discepoli vivono alPepicurea. » Di qui quel suo disperato pen- timento: « Non posso credere cio che insegno, quantunque altri me ne creda profondamente convinto... Quanta gente, vo dicendo tra me, hai tu sedotta con la tua dottrina ! Tu sei cagione di tutti i loro disordini. Questo pensiero non mi da un momento di tregua. » Ecco P opera sua giudicata da lui stesso. Di che Fillustre e leale protestante Alessandro Vinet fa la se- guente giustissima osservazione. « Ben diverse dal divin Crea- tore, che, compiuta F opera sua, la contemplo e vide che tutto era buono, il gigante del secolo XVI, appena eseguito il suo disegno, parve dire, stornando gli occhi: Ecco, quello che io ho fatto, e cattivo ! »

446 GLI EROI

Lo chiami dunque il Carlyle fin che gli place un eroe, e il Vinet un gigante; noi invece crederemo piuttosto alia parola di lui medesimo, quando ci dice : lo sono un gran matto e un gran briccone '.

Ma ebbe un grande successo, ma la sua Riforma t'u se- guita da molti, ma « di tutto cio (puritanismo inglese, rivolu- zione francese, liberalismo presente) era Ik il germe » (p. 172). Verissimo, e tanto peggio per lui. (Juanto piu vasto e dura- turo e un incendio, tanto piu immane e il delitto dell' incen- diario. Maggior successo. di lui nella fine de' secoli avr£ 1'An- ticristo. N6 1' esito, poste quelle condizioni di tempi e di luo- ghi, poteva poi dirsi molto difficile: da lunga pezza la materia combustibile era pronta, mancava solo 1' uomo nefasto che vi gittasse il tizzone. E Lutero disse : Son qua io, e lanciollo. Ma in qual maniera? Ce lo dichiara apertamente il suo predicante Brochmand: « Lutero ha dato ai principi conventi ed abbazie, ai preti moglie, alia plebe vita licenziosa : ecco i veri impulsi ammirabili al progresso della Riforma 2. » Cosa riconosciuta in tutte le opere diaboliche dallo stesso Stecchetti, il quale non dubito di cantare:

Da' figli suoi 1'Altissimo Chiede la prece, 1'umilta, la i'ede. A' figli suoi Lucifero Ogni piu cara liberta concede.

Qaal maraviglia dunque se Lucifero e i suoi satelliti raccol- gono piu seguaci che Gesii Cristo e i suoi ministri?

E come la vastita del successo non torna a merito di Lu- tero, cosi nemmeno in lui troviamo la grandezza del sostener con gran cuore le opposizioni, la grandezza feroce de' Capa-

1 « Ah non mi da stupore che io abbia errato, ma stupisco assai che un matto solo abbia potuto produrre tanti matti. » Presso SWBDENBORG, Vera Chr. Relig. pag. 481 . « Per verita noi siamo pure i gran bric- eoni. » DE WITTE, Op. Luth. torn. V, Narrat. hist, de ultimis Lutheri actis et obitu, 1568. Per le altre cose risguardanti Lutero, Vedi, oltre i sud- detti, DOLLINOER, Die deutsche Reformation ; MICHELET, Mfmoires de Luth ; AUDIN, Vie de Luther; CIVILTA CATT. ser. XII, vol. IV, p. 257, eccetera.

2 Examen. pol. confess. Aug. p. 163.

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 447

nei, sui quali ancorche Giove raddoppiasse i suoi fulmini, Non ne potrebbe aver vendetta allegro.. Sfido, e vero, le folgori del Vaticano, ma non ci voleva molta forza d'animo in un uomo, che visse sempre all' ombra de' troni, mendicata con servitu codarda e concession! sacrileghe, tra le quali la biga- mia accordata al famoso Elettore; e pero noi crediamo che non abbia bisogno di replica la parola, con cui 1'Autore lo chiama « il cuore piii valoroso che battesse allora nel mondo (?), sebbene uno de' piu uraili (?), de1 piu paciflci (?) » (p. 109). Ri- sum teneatis, amici?

Che cosa vi e dunque in lui, che lo renda degno di vene- razione? « Dobbiamo considerare Lutero quale un profeta spez- zatore di idoli » (p. 170). Ma 1'idolo da lui spezzato qual fa? « II vostro Papato e divenuto falso » (p. 173). Scempiaggine ! Puo un Papa essere piu o meno degno di un altro, ma il Pa- pato e sempre quello : o sempre vero, o sempre falso : eius dignitas (secondo la sublime espressione di Leone Magno) in indigno haerede non deficit.

Bando dunque ai titoli ventosi di riformatore, di gigante, d'eroe; Lutero fu 1'Anticristo del secolo XVI. II Cardinale Ali- monda gridava con nobile sdegno : « Levate dal monumento di Worms la statua del Savonarola. Vi sta per gridare a Lu- tero : Tu sei il malvagio fedigrafo. E gli volge le spalle l. » Noi aggiungiamo : Levate via del Savonarola la statua, ma lasciatevi il rogo pel suo vicino, solo monumento degno di chi mise a fuoco tutto il Settentrione.

XII.

Passiamo ad un'altra flgura, intorno alia cui fronte il Carlyle ha voluto mettere 1'aureola d'eroe, non si sa proprio il perche : Gian Giacomo Rousseau. Rousseau eroe! All'accop- piamento di queste due voci noi crediamo che rida anch'egli dalla sua statua in Ginevra.

Qual merito mai ha potuto abbagliare si fattamente gJi

1 Lutero e gl'Italiani. Prefaz. p. XL.

448 GLI EROI

occhi del nostro Scozzese, da muoverlo a dare ad un Rousseau la patente d'eroe? Forse lo splendore delle sue virtu? Ma Rousseau medesimo, nelle sue Confessioni, ci si mostra ladro fin da ragazzo, imprigionato a Soletta, ingratissimo ad una insigne benefattrice, conducente per venticinque anni interi una vita scostumatissima, e popolante di figli suoi lo spedale de' trovatelli; cosi che lo stesso Carl vie confessa che « i suoi di- feiti(vizii doveva dire) sono mold... E un uomo morbido, eccita- bile, spasmodico... non ha profondita, non larghezza, non la forza calma contro la difflcolta, che 6 prima caratteristica della vera grandezza... L'errore e la miseria del Rousseau si riassumono facilmente in una sola parola egoismo » (p. 237).

Forse lo incanta la magia dello stile? Non gia: egli non se ne mostra troppo ammirato, anzi dice apertamente : « E nel Rousseau certa sensualita, die, combinata con tale potenza intellettuale, produce pitture di smagliante attrattiva ; ma qual- che cosa di scenico, una specie di rossetto, d'azzimato artifi- cio... Quel rossetto non 6 nemmeno la tinta giusta (p. 210). »

Forse 1' importanza dei servigi social! da luiprestati? Ma questi servigi il Rousseau medesimo nelle citate Confessioni li apprezza colle seguenti parole : « lo non guardo nessu.no de' miei libri senza fremere : invece d"1 istruire io corrompo ed avveleno, e con tutte le mie .belle parole io non sono altro che uno scellerato. » E il nostro Carlyle cosi si esprime. « Os- servammo riguardo al Johnson quanto beneficio possa portare al mondo un profeta (?) anche nelle condizioni piu sfavorevoli e nella disorganizzazione : riguardo a Rousseau siamo piuttosto chiamati ad osservare la terribile somma di male, che in tale disorganizzazione puo accompagnare il bene. (Qual sia il bene fatlo da Rousseau non lo dice, ma ecco il male)... Si poteva imprigionarlo nelle soflitte, e deriderlo quale maniaco, e la- sciarlo morir di fame come una flera nella sua gabbia; ma non si poteva impedirgli tfincendiare il mondo: la rivoluzione irancese trovo nel Rousseau il suo evangelista (p. 240). »

Era almeno un bell'uomo, raggiante dalla sua persona alcun che di grande? Tutf altro. « Guardate il suo ritratto.

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 449

Una faccia plena di patimento ; qualcosa d' ignobile, di vol- gare *, redento solo dall' intensity : la faccia d'un fanatico, un eroe tristamente contraffatto (p. 237). »

Ma dunque di che mai si e potato innamorare il Carlyle? Stando a lui stesso, noi finora vediamo in Rousseau I'egoista, vediamo lo scellerato, vediamo il maniaco, vediamo la fiera, I'incendiario del mondo, il rivoluzionario, il fanatico; ma Feroe, dov'e 1'eroe?

Oh ! sta', ecco finalmente scoperto in lui 1'eroismo. « Lo annoveriamo qui (tra gli eroi), perche, a malgrado di tutti i suoi difetti, e sono molti, egli ha la prima e principale carat- teristica dell'eroe; e cordialmente intento al suo scopo, fer- vente quanto mai fosse uomo al mondo (p. 237). » E poco prima aveva detto : « II Johnson fu profeta (eroe) in virtu della sua sinceritk (p. 231). » Dio lodato, che oggimai si 6 trovata la maniera di farsi laureare eroe a buon mercato : sincerita e ardore, e tutto & fatto. Cosi, per esempio, i Giacobini tro- varono 1'eroismo diguazzando nelle stragi del 1792, e cosi ai giorni nostri lo trovarono i Comunardi in mezzo ai laghi di petrolio destinati ad incendiare Parigi. Ma il male 6 che piu d'uno dei nostri lettori, benchk conscio di non mancare ne di sincerita n& di ardore, forse non si sar& ancora accorto d'es- sere un eroe, e neppure d'averne almeno la prima e prin- cipale caratteristica. Colpa de' suoi occhi, che sono miopi.

Ma qual era poi lo scopo a cui Rousseau era si cordial- mente intento*. L'autore non ce 1' ha detto, probabilmente per- che non lo sapeva; anzi piu sotto ci lascia dubitare anche di quella si decantata sincerita e cordialita, dicendo che « questo fervore lo condusse alle piu strane incoerenze » (p. 238). Potes- simo almeno apprenderlo dallo stesso Rousseau quale fosse lo scopo a cui era si cordialmente intento da divenir per questo un eroe : ma il povero Rousseau lo sapeva meno del Carlyle, se si deve prestar fede a quelle sue parole : « Dire e disdire

1 Disgraziatamente non era nulla di meglio il Carlyle. II suo ritratto posto in fronte al libro che esaminiamo, non dice nulla ne di bello, ne di buono, ne di grande. Pare un orso bianco.

Berit XVI, vol. IX, f<uc. 1120. 29 11 felbraio 1897.

450 GLI EROI

la stessa cosa, provare ugualmente il pro ed il contro, tutto persuadere agli altri e nulla mai credere per me medesimo, e stata sempre la mia favorita occupazione. » Ecco la since- ritd, ecco lo scopo di quest'uomo fervente quanta mai fosse uomo al mondo. Ma 1'eroe dove £ andato? Noi qui non abbiamo che un tristo che si fa giuoco degli altri. o un delirante in balia della sua sfrenata imaginazione. « Alia fine, dice il Carlyle, una specie di demenza si era impadronita di lui : le idee lo possedevano come demonii ; lo sospingevano, lo inseguivano, lo strascinavano a precipizio (p. 238). »

E questo delirante voi ci date come un eroe? Che si che il vostro delirio non 6 minore del suo !

XIII.

E tanto basti degli Eroi del Carlyle, senza bisogno che ci occupiamo degli altri, e neppure del suo prediletto Cromwell, nel quale ei loda tutto, non eccettuata la crudele sottomissione dell' Irlanda *.

II saggio presone ci mette in grado di meglio apprezzare il giudizio che del Carlyle porta il Taine colle seguenti parole. « Qui tutto e nuovo, le idee, lo stile, il tono, il taglio delle frasi, e persino il dizionario. Egli prende tutto a rovescio, contorce tutto, cose ed espressioni. Presso lui i paradossi sono flssati come principii; il buon senso piglia la forma dell'as- surdo; tu sei come trasportato in un mondo nuovo, gli abi- tanti 'del quale camminano colla testa in giu e i piedi in aria, vestit.i da arlecchini, da gran signori e da matti, con contor- sioni e scatti e grida. Questi suoni eccessivi e discordi ti stor- discono dolorosamente, ti vien voglia di turarti le orecchie, ti vien mai di capo, e sei obbligato a deciferare una lingua nuova 2. »

1 Nella Lettura sopra Cromwell abbiamo trovato la seguente caratte- ristica definizione del sistema parlamentare. « Dato un mondo di bricoont, cavare una onesta dalla loro azione riunita (p. 298). >

2 Idtalisme Avglais. fitude sur Carlyle. Proprio sul principio.

A PROPOSITO DI UN LIBRO DI TOMMASO CARLYLE 451

Questo giudizio e assai piu giusto di quello del Nencioni, il quale, nella sua lunga prefazione (quanto alia forma, splendula) alia versione italiana degli Eroi, fa del Carlyle e delle sue opere elogi sperticati, e talvolta lo sorpassa nelFavventatezza delle sentenze, come quando nota di troppo severo il giudizio che da di Rousseau, ed egli crede di rettificarlo aggiungen- dovi lodi a profusione. « Primo senti e dichiaro che il Dovere e una' religione (e pur troppo questa religione del dovere t'iene oggi surrogata da molli alia religione rivelata); e fra quegli scettici gaudenti ha una fede (ma non la Fede); e una parola unica, che sorprende, convince, commuove, agita, trascina e comanda (ma non a salute). Fu il primo in quell'epoca a par- lar di Dio e deli'anima (ma in modo erroneo e contradditto- rio); e fu cristiano di sentimento e di aspirazioni, se non lo fu di fede e di culto (alia larga da questi crisliani, e dai loro lodalori, che invogliano alia lettura dei loro libri).

Conclusione. Chi vuol guastarsi il letterario buon gusto ; chi vuol falsare il giusto criterio d'estimazione intorno a per- sonaggi storici importantissimi; chi vuol confoniere nel suo capo le idee del vero e del falso, del bene e del male, del lodevole e del detestabile; costui, diciamo, legga « gli Eroi di T. Carlyle. Traduzione e note di Maria Pezze Pascolato, oon prefazione di Enrico Nencioni ».

II Carlyle ha detto : « Chiudete il vostro Byron, e aprite un po' Goethe » (p. IX). Noi diciamo : Chiudete Byron, Goethe, ed anche Carlvle.

IL NOSTRO CONCORSO

Articolo della Rassegna Nazionale, di Firenze, gennaio 1897.

Apparve, 1'anno scorso nella Rassegna Nazionale, di Fi- renze, la pietosa proposta di un bel libro, da comporre per far piacere ai dilettanti di Risorgimento italiano.

II librino da estendere sembrava la cosa piu agevole del mondo, la piu naturale. Ne giudichi il lettore. Non si dimanda altro, che:

« Illustrare colla storia alia mano il carattere religiose ed antisettario del Risorgimento italiano, sia nelle sue origini nel campo del pensiero, sia nel suo svolgimento pratico, ri- levando che gii uomini principali di esso pensatori e scrit- tori, principi e ministri, soldati e martiri furono tutti credenti e quasi tutti vissero e moripono nella fede di Cristo.

« Mostrare che Tazione delle sette non giovo punto al trionfo della causa nazionale, ed anzi le riusci talvolta nociva. »

Era questo evidentemente un concetto novissimo e inaspet- tato, e nato fatto per elettrizzare le penne di tutti coloro che hanno qualche cognizione della storia contemporanea, come saggiamente osserva la Rassegna. E noi poveri di mente, immaginammo che dovesse essere una gara tra costoro non piu vista, una vera ruffa raffa per beccarsi le mille lire offerte in premio dalla muniflca patrona; e gia sognavamo quelle pagine di vena feconda e facile, e sprizzanti gas luce, ia cui ogni periodo era un becco Auer, una fontana di ace- tileno. Pensi il lettore la mortificazione che ci apporta la Ras- segna, del gennaio 1897, avvisandoci che non si e levato un ragno da un buco ! Tre soli scrittori o campioni si presen- tarono n«ll'arringo, due degni del berretto da notte, il terzo

IL NOSTRO CONCORSO 453

meritevole appena di una menzione onorevole, o come dicesi nelle gare popolari in Piemoute, da incoraggiare con una salacca.

E' ci e quasi quasi da darsi alle bertucce in vedere tante penne dotte, che potrebbero salvare la patria, e invece, come •elegiacamente piange la Rassegna del 1897, si lasciano vin- •cere da una ignobile fiaccona politica, e senza pur fremere nel calamaio, permettono che si accrediti sempre piu la flaba in- solente, che T Italia ammodernata abbia sortiti natali un po' ba- stardi, e viva empiamente e settariamente, specie nel suo svolgimento pratico. Non cosi noi, sebbene un po'retrivi per indole, e poco accarezzati dalla nostra sorella florentina. Noi, non avendo il genio necessario a comporre di sana pianta il libro da lei desiderate, stendiamo almeno una poca di traccia, a commodo di chi ci volesse metter mano, come usavamo cogli allievi ne' tempi di oscurantismo, e soleva servire di av- viamento, alle loro composizioni. Ecco:

Volete voi persuadere davvero i vostri lettori che il Risorgi- mento e politicamente religiose, e politicamente antimassonico ? E d'uopo andarvi con discrezione. Non raccontate loro di primo acchito, che 1' Italia nuova 1' hanno fabbricata i Fratini del Cottolengo a Torino, o le Bonevoglie della Misericordia a Fi- renze, o i Battuti di S. Crispino e Crispiniano di altri luoghi. Molti vi farebbero il niffolo, gridando : E un paradosso ! Avete a procedere con una accorta concessione conciliativa, con sapienti attenuative, con un inchiostro di sciroppo calmante. Am- mettete con viso bonario che, si, qualcosa di poco ortodosso e accaduto nelle origini e nello svolgimento della Risurrezione, ma fate notare che ad ogni fascio vi e la sua ritorta. Con- venite che T Italia risorgente divoro le sostanze degli Ordini religiosi: ma (circostanza attenuante e giustiflcante !) aveva prima legalmente uccisi gli Ordini stessi, e la roba loro cadeva naturalmente ab intestato in grembo al fisco ; e questo, per parte sua, uso una rara clemenza, lascio riflatare per un dato tempo varii Ordini piu poveri, e secondo che osservo il Cavour nel parlamento di Torino, comincio lo spoglio dalle Commu-

454 1L NOSTRO COXCORSO

nild pift ricche. Per simili casi legal! e irreprensibili, senza la minima intenzione irreligiosa del pio Risorgimento, nel suo svolgimento pratico, le opere pie o di beneflcenza popo- lare scivolavano nelle casse pubbliche, sempre a sollievo del popolo; e cosi le entrate del clero, per meta depauperate delle temporalita afflnche piu snello attendesse alia salute eterna : cio che alcuni fanatici chiamarono rapine sacrileghe, ma era un semplice riordinamenlo del patrimonio ecclesiastico, e in compenso il clero fu proibito e liberate dall'intervenire nelle municipal! Congregazioni di carita.

Si puo, nel future libro, con eguale accortezza e candore consentire che il sullodato Risorgimento incorresse altri nei nel suo svolgimento pratico, per esempio: la leva dei chie- rici, la laicizzazione delle scuole, i crocifissi esigliati dagli spedali, la feroce esclusione dei cattolici dagl'impieghi, onori, lucri, 1'empieta nelle cattedre, pagata e promossa, i pellegrini francesi acciaccati in Roma, contro il diritto delle genti, il convoglio funebre di Pio IX voluto gettare nel Tevere, e il popolo di statue innalzate a pubblici malfattori, tra gli altri ad Arnaldo da Brescia, a Giordano Bruno, e ad altri eroi, giustiziati ieri dai patrii tribunal!. Cento altre taccole si'conce- dano tanto piu largamente, quanto che hanno la loro. scusa manifesta. Chi poteva trattenere il popolino smanioso di Risor- gimento dal dar fuori, come i flumi gonfii, in qualche eccesso? Re, Parlamenti, magistrati, insomma tutto cio che la Rasse- gna inchiude sotto il nome di Istiluzioni e forze regolari, non sapevano nulla di queste scappatelle delle forze irrego- lari, le leggi stesse si facevano per buon fine, o all' insaputa dei legislator!. Intanto piu che mai appariva incontrastabil" mente vero che gli uomini principali di esso (Risorgimento) pewsatori e scrittori, principi e ministri, soldati e martiri furono tutti credenti. Anzi e provato che gli uomini maggiori del Risorgimento... lungi dal volere far opera awersa alia Re- ligione, essi invocavano un risveglio del Caltolicismo ! (Rass. genn. 97, p. 193.)

E cosi il « carattere religioso... del Risorgimento italiano >

ARTICOLO BELLA « RASSEGNA NAZIONALE » 455

e gia illustrate perbenino. Rimane da porgli in capo la dia- dema di santo, riforbendolo di queH'altra maccatella, che va pure concessa colla miglior grazia possibile, cioe la Metro poli del mondo cattolico, sotto gli occhi del Vicario di Gesu Cristo, grandinata di bombe dal Cadorna e dal Bixio, e i pa- lazzi del Papa invasi coiraiuto di mastro Capanna, e tramutati in Camera, Senate, Reggia da chi e di chi aveva col diritto delle bombe aperte le porte della citta. Lo scrittore non puo tergiver- sare su tali fatti troppo vistosi nelle origini e nello svolgimento pratico fino ad oggi. Ma qui sar£ il suo vero trionfo, se prende il nostro consiglio. Faccia tonare alto il Grido di dolore che inteneri Vittorio Emmanuele di Savoia, e lo forzo a tergere a mitraglia le lacrime del popolo romano; ricordi che ai soldati accampati contro Porta Pia, fu detto che si andava a liberare Pio IX ; analizzi il plebiscite con cui fu invitato il popolo a ri- bellarsi contro il suo Sovrano, cosa del resto permessa per quel giorno solo, e di poi proibita, pena la forca, per semplici ragioni di prudenza; faccia brillare quel plebiscito famoso, unico negli annali del mondo, che fu un coro pieno di s\, tranne solo quarantasei no; e mostri com'esso fu applaudito dalla diplomazia mondiale, e come i Regnanti cattolici si recarono a gara ad ossequiare il Re nella nuova sua Reggia, e a rico- noscere il fatto compiuto, cessando di accreditare ambascia- tori presso la corte Pontificia, e di ammettere alle loro corti i diplomatic! del Pretendente.

Questo tratto del libretto si porge al sublime, se chi a modo nostro lo stende, ricerchera, come ora si fa dai critici, T indole profonda del momenta psicologico in cui la Roma del mondo cristiano si muto nella Roma del regno italiano, senza punto scadere dalla sua fortuna dieci volte secolare. Roma non puo dirsi propriamente invasa, ma pacificamente unita al regno, cio che fu lo scopo del Risorgimento, e ilfiocco della festa. E pero in questo dovette rawisarsi non \m'opera avversa alia Religione, si bene un Risveglio del Cattolicismo... la miglior garanzia del rinnovamento morale e civile degli Ilaliani (Rass. p. 193). Questi altissimi ideali essere gVinvocati dagli

456 IL NOSTRO CONCORSO

uomini maggiori del Risorgimento lo afferma per fllosofia storica e politica la Rassegna, ma ben piu autorevolmente e solennemente gli aveva banditi il massimo tra gli uomini del Risorgimento, il Re Vittorio Emmanuele, dichiarando che en- trava in Roma a fine di ristabilirvi la morale.

E gia non era bisogno che lo dicesse : si sapeva che il Re Galantuomo era il paladino della morale piu scrupolosa. Anche non dicendolo lui, si vede ora dal fatto della morale trionfante in Roma dovunque il Risorgimento e piu penetrato. Sentiama gli echi delle scuole, de'collegi, e della morale sapienza entrata nelle Universita; ove s'insegna non solo 1'evoluzionismo piu anti- scientifico dalla scimmia anzi dal monococco protoplastico insino all'uomo; ma anche Tateismo e il materialismo, e cio che logi- camente ne segue, la negazione del libero arbitrio e 1'assoluta irresponsabilita dei delinquenti. E vero che il popolo per fare giusta giustizia dovrebbe impiccare i magistrati che applicant barbaramente agli innocenti le pene legali, e prima di essi impic- care i tirannici legislator! che le sanciscono : ma il librettista fara osservare che il Risorgimento italiano, servito da fedeli gendarmi, sapra bene distogliere il popolo da tali fantasie scorrette. Vediamo la moralita venuta a sedersi nel Parla- mento ; ove i magni viri del Risorgimento passano a ba- raonda da un partito airaltro, dal programma del Depretis a quello del Crispi, del Rudini, del Giolitti, e ritornano al Cri- spi, per ritornare al Rudini. Se i pusilli se ne scandolezzano, si

*

risponda gravemente : sapientis est mutare consilium, e cosi le Camere diventano un modello ai bimbi d' Italia nella baccelliana Ginnastica educativa. Vediamo poi la moralita delle ammini- strazioni pubbliche, introdotta dal Risorgimento in Roma, alia Banca romana, di S. Spirito, Immobiliare, ecc. e nel tempo stesso i deplorati e i deplorabili, i plichi e gPimplicati, come i cassieri che se ne portano quel poco in salvo, e gli elemosi- nieri ufficiali di Casamicciola, delle inondazioni del Veneto, del terremoto di Calabria, senza contare i tabacchi, i risi, L muletti, e simili moralita. Ma, dir£ il nostro valente scrittore, che colpa n'ha la gatta, se la massaia e matta? II Risorgi-

ARTICOLO DELLA « RASSEGNA NAZIONALE » 457

mento chiama alia legislatura e all'amministrazioni il flor flore degli uomini maggiori, una chiassata di commendevoli Com- mendatori: se qualcuno riesce un mal bigatto, esso lo ritira •a Regina Coeli : che si puo fare di meglio ? Che dubbio vi puo riraanere intorno alia moralitk importata in Roma dal Risor- gimento italiano ?

Questo punto del libretto vuol essere lumeggiato con arte fine, anche per dare addosso a quei petulanti clericali, i pia- gnoni del nostro tempo, che non riflnano di gettare in faccia alia Italia risorta 1'aumento smisurato dei delitti, che va di pari passo coi debiti ogni anno piii sconflnati e coi nume- rosi flaschi delle scuole in Occidente e in Oriente. E non sanno, babbuassi! che la criminalita deve naturalmente cre- scere in ragione diretta della civilta crescente: lo hanno •dimostrato i sociologi di cartello, e 1'hanno stampato a carat- teri di scatola. Pur troppo gl'Italiani non sono ancora arri- vati all'altezza di queste sapienti sociologie, e non sanno ren- •dersi capaci, come piu un popolo bazzica all'universitk e piii s1 incanaglia. E pure cosi dev1 essere : il Risorgimento vuole la universita alia moderna: I'universita insegna la civilta: la civilta produce il crimine. Che colpa ne ha il religioso Risor- gimento ?

Di che si conchiude a filo di logica che nell' Italia nuova fiorisce a maraviglia 1'osservanza del decalogo biblico, che pure •e parte essenziale del carattere religioso. A questo modo tutte le parti della religiosita sono messe in piena luce: e il carat- tere religioso del nostro Risorgimento 6 scritto a caratteri <Toro. Esso sara Pammirazione degli storici avvenire ; intanto gia vediamo crescere tra gli stranieri il rispetto profondo per gli Italiani risorti, specialmente in Francia, nella Svizzera, negli Stati Uniti, nella Colombia, nel Brasile e perflno nell'Abissi- nia e nel Benadir.

II carattere antisettario del Risorgimento italiano viene proposto in secondo luogo dalla benemerita Rassegna. Parra un punto non commodo a coloro che hanno qualche cogrd- zione della storia contemporanea. In realta poi 6 il piu fa-

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cile a traltare, il piu plausibile. Solo che qui bisogna comin- ciare non dal principio del tema proposto, ma dal fine: dal fine ove la Rassegna richiede i benevoli di mostrare che I'a- zione delle sMte non giovb punlo al trionfo delta causa na- zionale, ed anzi le riusci taloolla nociva. Qui il librettista ha buon giuoco: egli puo in quatiro energiche impennate illu- slrare questa sola verita, sebbene non proposta chiaramente dalla Rassegna, che F Italia risorta e una Massoneria, trion- fante nelle origini e nello svolgimenlo suo fino al giorno pre- sente. Sono formicai di massoni le universita, le ammini- strazioni (raassime ospizii di carita, istituti di benericenza), i dicasteri, la magistratura, e, nei gradi superiori, 1'esercito e 1'armata; il Parlamento poi e il Senato e i varii Gabinetti succedutisi in venticinque anni di assidua Risurrezione, sono per lo piu Logge o Conclavi di 33. •.

Ma, o trionfo del librettista ! egli mostrerk che tutti costoro ban no avuto azione nociva, e non punto giovato al trionfo delta causa nazionale. Sono intrusi e nernici, non fondatori ne fautori della gran Causa italica. Hanno assassinate il po- polo italiano, gia si felice di finanze, di agi, di lettere, di belle arti, di onesti costumi. Sark dimostrazione, superflua un poco, perche tutti la veggono cogli occhi e ne sentono il danno e la vergogna : ma poiche la Rassegna ne da. buon appiglio al librettista, si faccia in buon'ora. Ma poi egli non fark un di- scorso, no, ma una carica di cavalleria pesante contro le sette. Provera che i massoni da furbi e da ladri si sono intrigati del Risorgiinento italiano, e ne sono fino al di d'oggi ingiusti manutengoli. Doveche i veri taumaturghi della Risurrezione sono quelle anime pie di « Carlo Alberto e Vittorio Emmanuele, Balbo e Gioberti, Manzoni e Pellico, Cavour e D'Azeglio, Rica- soli e Lanza, Sella e Minghetti, Lamarmora e Capponi ecc., » secondo che ci testifica, con politica minestra di riso e fa- giuoli, la Rassegna (1897, p. 193). Tutti costoro erano uo- mini maggiori e quasi lutli invocavano un risveglio del Catlo- licismo, dice essa. II librettista lo ripeta anch'egli con enfasi.

ARTICOLO BELLA « RASSEGNA NAZIONALE » 459

Ma si guard! dal dire quale specie o varieta di Cattolicismo intende qui la Rassegna Nazionale.

E cio per prudenza: perche quei signori uomini mag- giori, fatte le dovute eccezioni, invocavano un Cattolicismo che permettesse a Pio IX di accogliere sotto il baldacchino il Sa- baudo liberatore di Roma, il quale avevalo complimentato a cannonate, e lo supplicava di sanzionare con un gitto d'asper- sorio i sacrilegii inflniti perpetrati dal religioso Risorgimento italiano; e se il Papa, di buon cuore, gli offrisse le chiavi della Metropoli del mondo cattolico, egli, il Re Galantuomo gli assicurava franchige reali, e gli conferirebbe una cappel- lania nella sua Reggia al Quirinale, onorevole compenso del Principato indipendente, necessario al governo della Cristia- nita. II librettista puo aggiungere che il risveglio di lale cat- tolicismo fu invocato in ciascun dei venticinque anni dai piu religiosi sabaudisti; e che questi avevano ereditato tale reli- giosita. dai frammassoni, i quali Tavevano ideato e decretato nelle logge fin dal 1823. Oggi ancora il marchese di Rudioi, lo invoca; ed e colpa dei gesuiti, se Sua Santita Leone XIII vi riconosce un cattolicismo acattolico e un po' turco. Ma cio non toglie che gli Uomini maggioH invochino il Catto- licismo.

Se poi 1'estensore del libro, vagheggiato a pro del sabau- dismo, vuol illustrarsi con una espolizione di splendido effetto letterario, ricorra ad un rettorico contrapposto della massoneria nostrale, violenta invaditrice d'ltalia, colle massonerie stra- niere che stanno quatte quatte in casa loro. Additi, verbigra- zia, le americane, dal Messico al Peru e al Brasile. Cola i leali Libertadores rovesciarono la monarchia spagnuola o la porto- ghese portando il triangolo massonico al braccio, e piantando la stella massonica e il berretto frigio nello stemma nazio- nale, e senza frode sono venuti fabbricando il Risorgimento patrio a tutto loro uso e consume. Ora lo sfruttano a lor bel- 1'agio e mietono il campo che essi hanno seminato e col- tivato. Niente di piu giusto! esclamerk il librettista pagato. Laddove in Italia T invasione massonica e una bricconata

460 IL NOSTRO CONCORSO

numero uno, e una incursione, una razzia di dervisci sul ter- reno altrui ; atteso che si potrebbe provare dawero colla storia alia rnano, come, al conseguimento delVunita nazionale, aves- sero assai maggior parte le istituzioni e le forze regolari* che non le rivoluzionarie (Rassegna 1897, p. 194). Che e quanta dire che Re, parlamenti, magistnUi, il pubblico e Tinclita guar- nigione sono i veri fattori del religiose Risorgimento; e ia Mas- soneria non ci e entrata ne per Tuscio ne per la flnestra.

E qui un'apostrofe lirica, classica, all'uso di Tirteo, alia giu- stizia popolare, afflnche assalga la stamperia del F.\ Civelli, via degl'Incurabili, precisamente come gli studenti assalgono il ministro Gianturco; e senza lasciarsi sgomentare dalle prepo- tenze dei poliziotti e neppure dalle daghe della benemerita arma dei carabinieri, arrivi ai magazzini, trovi i deposit! della Rivista della Massoneria italiana. Sono tanti mai volumi in 4°, di cui non ci e pagina in cui i Frammassoni non si vantino di avere- essi fatto e creato dal nulla il Risorgimento italiano. La folia cittadina nel suo giusto furore politico li strappi, li sbrani, li spicini, e i brandelli ne porti alia gogna sino ai pie dello sta- tuone di Giordano Bruno in Campo di fieri, ove ne fara ua falo, a onore e gloria degli Uomini maggiori, sopra lodatir cui la Massoneria contende disonestamente la proprieta dei Risorgimento. Com'e naturale, i Potentissimi Lemmi e Nathan e C.a grideranno alle stelle. E bene il librettista gridi piu forte., che il Lemmi e appunto il piu colpevole, egli che, girando per le principali citta d'ltalia in visita pastorale, predicava alle assemblee fraterne, che tutto quanto vi e di Risorto in paese, si deve alia bacchetta magica dei Massoni.

A noi pare che con questo flnimento olimpico il libra riuscira perfetto secondo il cuore* politico della Rassegna nazionale. Sbaldanzite e vituperate le sette usurpatrici del Risorgimento italiano, ristorati nei loro diritti di fondazione gli Uomini maggiori e le forze regolari d'ltalia, si parra incontrastabile il carattere religioso e antisettario del Risor- gimento italiano. E sempre avanti Savoia!

EMMA

EM M A. E 1301*0

XVII. n commialo.

Sei Amadigi di Gaula, o Giulio La Rosa ? dimando Gen- naro, rientrando la sera in casa.

Lasciami stare, rispose Giulio.

- 0 che si da una capata al S. Carlo ?

Che, che ? Manco ne soffro il nome. lo non posso pen- sare ad altro che a' miei casacci. Vai tu al teatro, se vuoi : io ti aspetto. Ho giusto da ripassare un trattato d' anatomia, do- vendo fare domattina un' operazione alquanto difficile a un povero diavolo, che ha una grossa natta sotto la nuca.

A cui Gennaro : Io temo che la natta F abbi tu, ma dentro la nuca. E io non vado fuori, se prima non te 1'estirpo proprio dalla radice...

E cosi dicendo, gli si pose a sedere in faccia, colle due gomita sul tavolino. E a lungo e seriamente ribadiva le ra- gioni date gia prima, per rimettere in cervello, diceva egli, il suo amico; fin tanto che gli parve di averlo assai bene addimesticato e persuaso quanto al discorso della mente. Allora entro a dirgli un monte di bene della Ida, casalinga per indole, affettuosa, e senza pretese, e acconcia compagna di un medico, spesso in giro per suo ufficio e dovere, e pero poco adattato a condurre spesso la giovane sposa ai divertimenti. Non fece mai confronti a danno della Emma, mondana e andereccia anzi che no; e cio per non istrappare le fibre del cuore a

462 EMMA, PRIMA E DOPO

Giulio, che non Tavrebbe sofferto. Egli bramava che Giulio da se vi facesse attenzione, e si risolvesse lentamente pel suo meglio.

Accommiatandosi i due amici alia stazione della via fer- rata, German) era lietissimo, perchfe Giulio era giunto a dir- gli : -- Sei un gran capo scarico... ma ad ogni modo le tue chiacchiere mi hanno fatto un certo bene.

E Gennaro spero di avere ottenuto piu assai che Giulio non confessava.

XVIII. Pice oli screzii.

Dopo la gita a Pozzuoli, le due sorelle Rubino non si trat- tavano piu a vi^enda con la schietta e cordiale confldenza di prima. Emma ricadde in uno stato di tetra malinconia ; par- lava poco e tronco coll' Ida, la quale non sapeva darsi ragione di quel mutamento. Ma Ida flngeva di non se ne addare. Usava ogni riguardo verso la sorella maggiore, la serviva con ispe- ciale attenzione, si studiava d' indovinarne i desiderii. Ma non riusciva quasi mai a trarne una parola amorevole, non che un atto che significasse aggradimento.

L' Emma spendeva assai tempo nel leggere ; qualche po- chino nel disegnare e lavorar di ricamo ; ma non sedeva al pianoforte, se non era pregata e ripregata. Usciva volentieri a passeggio coiramica Adele, lasciando alia madre e alia so- rella ogni pensiero delle faccende di casa, sicch& T Ida era diventata il braccio destro della madre e quasi tutto il giorno era in moto. Talora soffermavasi al balcone con qualche suo lavoretto di ricamo tra le mani; 1'Emma ne la garriva quasi autorevolmente, insegnandole che non s' addiceva a fanciulla bennata lo starsene cosi quasi che alia berlina dei passanti. La madre si accorgeva alcune volte del broncio che 1'Emma pigliava spesso colla sorella minore, e brigavasi di metter pace tra loro. II signor Livio, costretto ad assentarsi spesso dalla famiglia e da Napoli, non faceva caso di tali screzii da nulla.

XVIII. PICCOLI SCREZII 463

Solo di tratto in tratto, per abbonirle, regalavale di qualche nuovo vezzo o vestito, in tutto uguale per ambedue, per non dare cagione di litigio.

Ma quando 1' amaro £ in bocca non si puo sputar dolce, e la povera Emma 1'aveva in cuore fin dagli ultimi momenti passati a Pozzuoli. Giulio non aveva certamente mostrato pre- ferenza per la Ida ; ma egli aveva trattato con lei, Emma, con tale una eguaglianza di rispetto e di affezione riserbata, che Emma v' indovino 1' amore illanguidito. Ed essa ne dava la colpa alle moine dell'Ida.

Questa ingiusta sentenza radicatasi nel cuore della infelice amante era 1'occulto seme onde pullulavano gl'incessanti sgarbi e dispetti verso la innocente sorella minore. Nascevano talvolta per inezie da nulla, per un nastro, per un fiore, pel gatto. II gatto anzi era spesso pietra d' inciampo. Girava per casa un soriano grosso, e grasso che si fendeva, di bellissime forme, e maniero. Ida sel teneva carissimo, e talvolta lo regalava di rilievi della mensa. Bellillo, per riconoscenza, era spesso ad avvolticchiarsi intorno aH'amorevole padroncina. Ne mai que- sta sedeva a colazione, che Bellillo non sopraggiungesse pun- tualissimo a strisciarsi ai piedi di lei, e inarcare la schiena, e dimenare graziosamente lo spettacolo di coda che aveva foltissima cosi da disgradarne il pennacchio d' un capotamburo. Era un chiedere in linguaggio gattesco lo scodellino di latte in cui Ida gli smollicava un panino.

Ida non sapeva nulla negare a Bellillo, sel recava in collo, e si lasciava da lui vezzeggiare a modo suo, e pern* no quando lavorava di ricamo, lasciava a bello studio cadere il gomitolo del filo, perchk u'miscillo avesse di che baloccarsi. Emma invece ogni volta che Bellillo le capitava tra'piedi, non risparmiavagli un calcio ; non per altra colpa che dell'essere troppo accarez- zato dalla sorella, la quale poi piu del gatto se ne risentiva. Dalli oggi, dalli domani, anche Ida era diventata arditella : non lasciavasi piii rimbrottolare dalla sorella, senza rimbeccarla. Era un bisticciarsi di ogni giorno, che si smetteva solamente, quando si ricevevano in casa delle persone forestiere ; e sopra

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tutto allorche s'imbattevano per via nel dottor Giulio. Lo vede- vano solo per via e a caso, perche Giulio dopo la gita di Poz- zuoli non erasi piu fatto vivo, neppure con una visitina fug- giasca in casa Rubino.

E forse avrebbe tardato dell'altro indeflnitamente, se Gen- naro da Campobasso non 1'avesse un po' punzecchiato colle sue lettere. II novello professore erasi troppo bene adagiato in casa La Rosa, e veniva scrivendo delle sue ammirabili contentezze. Riusciva inesauribile di particolari, che ad altri sarebbero parsi stucchevoli, ma a Giulio tornavano sempre graditi e cari. Per Gennaro, la madre di Giulio, signora Coloraba, era una donna rara e nella sua semplicitk antica, tutta buon senso e buon cuore: la sorella di Giulio, maritata in Capurro, una dama di fine educazione, colta quanto 1'Emma e 1'lda, e di conversazione aggraziata e spiritosa. I due flglioletti di lei, due amorini a vedere, ma birbi che gli tiravano spietatamente i baffl, quando se li prendeva sulle ginocchia ad accarezzarli. Delia scuola aveva poco da dire: non pareva tuttavia scontento delle sue prime prove e della condotta degli allievi. Insomnia era contentone della sua nuova vita, e del caro albergo procacciatogli da Giulio.

Ma non chiudeva mai le sue facete missive, senza stuz- zicare la questione delle visite promesse da Giulio ai signori Rubino, e del venire finalmente a capo di qualche cosa seria. Gliene diceva delle cotte e delle crude, con quella sua vena piacevole, ma pure efflcace, perche sotto la celia era spesso la ragione forte e palpabile.

Giulio con tutto cio faceva orecchio di mercante, e a tutto rispondeva, tranne che a questo punto broccardico. Tuttavia al fine si risolvette o si rassegno di far pure, almeno una delle visite promesse, tanto da poter riscrivere, che aveva mante- nuta la parola a quello spiritaccio insistente.

XIX.

Un serio imbarazzo.

Giulio fu a casa Rubino il dopo desinare di Ognissanti. Vi trovo solo la signora Nunziata, che custodiva il marito alquanto

XIX. UN SERIO IMBARAZZO 465

ammalazzato d'una infreddatura: Emma ed Ida erano allora allora uscite coll'amica Adele, per andare al Campo Santo. La dimora dei morti a Napoli e cosi elegante ed amena, che vi accorrono sempre ne' giorni soliti in numero sterminato i pie- tosi a pregare sulle care tombe, e i mondani a godere la vista del luogo e lo spettacolo della pieta cittadina. Emma ed Ida erano di questa seconda classe.

Giulio non aveva previsto il caso, ma ne fu lietissimo: cio che non tolse ch'egli non si dolesse con bel garbo del non averle ritrovate in casa, e promettesse, sebbene non troppo sin- ceramente, di tornare altre volte, sperando di essere piii felice nell'ora della visita. Lascio i suoi saluti per le signorine pro- fumatamente ; e raccomando piu e piii volte al signor Livio di aversi riguardo per quel piccolo malore che, atteso il verno incominciato, non era da trascurare; molto piu che in Napoli vi si mutano talvolta due o tre stagioni in una giornata, caldo, freddo, ventoso.

Ritornato a casa, peno non poco a ricondurre la tranquil- litk nel cuore. I pensieri, gli affetti piii strani ed opposti vi si alternavano, s'intralciavano, si escludevano a vicenda. Ma si consolava che almeno si era sbrigato presto della difficile vi- sita, e senza trovarsi nell'impegno di giocare d'iadustria per reggersi sull' indifferenza nel contegno. Aveva mantenuta la promessa, ed ora poteva tirare innanzi per qualche mese, senza darsi piu pensiero di visite alia famiglia Rubino. Tuttavia male suo grado le tornava un rimprovero del cuore: Che dirk TEmma, che ho amato tanto e che amo anche presentemente ? E che penserk di me Tlda, cosi buona, ingenua ed amorevole? Gli sembrava di vederle, quando, ritornate dalla loro passeg- giata, udivano ch'egli era stato in casa loro, e che aveva lasciati per esse i piu affettuosi saluti. Che lavoro faranno i miei saluti nel cuore della povera Emma!

La stessa sera, avanti di coricarsi, Giulio prese la penna e scrisse :

Carissimo Gennaro,

Ho mantenuto la promessa, e sono stato oggi a trovare tuo zio. Ma vedi casaccio ! Le tue cugine erano a spasso. Tu ridi.

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1129. 30 11 febbraio 1897.

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E non par egli che la fortunaccia maledetta si prenda gioco di me? Tuo zio e alquanto indisposto per una infreddatura : gli ho promesso un'altra visita. Sei contento, caro Todoro Bron- tolon ?- Grazie delle notizie. Ti raccomando mia rnadre : dille che sto a meraviglia e che le cose mie vanno sempre di bene in meglio. Mi manca solo che lei venga a passare qui una setti- mana, e vedere Napoli una volta in vita sua. Salutami la sorella e da un bacio da parte mia ai suoi bimbi che, a giudizio mio, fanno benissimo a tirarti i baffi: cio giova allo sviluppo della loro muscolatura, e a tenere te desto alle ispirazioni delle muse. Ti riscrivero quando avro visitato tuo zio, con piu felice suc- cesso. Addio, capo ameno. Napoli, 1 novembre 71. Tuo Giulio.

XX.

La malatlia del babbo.

Giulio non era ben risoluto di fare questa seconda visita. In tutti i casi, se si risolvesse pel si, cio sarebbe dopo avere deliberato a grande agio del modo di contenersi colle sorelle Rubino. Se non che un caso impensato venne a guastare il suo disegno. Non erano ben trascorse due settimane, quando una mattina per tempissimo gli arriva un biglietto portato a mano; e la donnetta, che lo portava, chiedeva istantemente di par- largli, e avere una risposta.

Fatela passare, disse Giulio, mentre s'infilava il soprabito e dissuggellava il biglietto.

Entro la donna e Giulio leggeva commosso e rimescolato nel fondo del cuore il biglietto. Era di Emma, e diceva: « Illu- strissimo signer Dottore. Mamma affiittissima e Babbo aggra- vate di forte polmonite, e noi tutti di casa la supplichiamo di un suo parere. Siamo d'accordo col medico curante, Dottor Capece, il quale ha proposto il consulto e gradito moltissimo la nostra scelta. Speriamo grandemente nella sua scienza. L'ora fissata sarebbe oggi alle 6 pomeridiane. Aspettiamo con ansieta la risposta favorevole, che ci fa sperare la conosciuta sua bonta. Devotissima Emma Rubino. »

XX. LA. MALATTIA DEL BABBO 467

Giulio s'informo alto alto dello stato dell'infermo, facendo alcune dimande alia donna: e intanto scriveva una breve ri- spostina : « Gentilissima signorina, favorisca di dire ai si- gnori Babbo e Mamma, che non manchero all'ora posta, oggi 16 novembre, ore 6 pomeridiane. Ringrazio della stima. Ma quanto bramerei venire iri casa loro per miglior causa! Dott. Giulio La Rosa, dolentissimo. »

II caso del signer Livio era uno dei piu frequenti, e nulla aveva di straordinario:-ma era grave assai e pericoloso. Tut- tavia Giulio voile udire minutamente la relazione cbe per prima base del consulto fece il medico curante. Si era al punto che tutti i sintomi, e la diretta auscultazione accusavano inflammato di molto il polmone destro, e gia intaccato il sinistro. Giulio rinnovo 1'esame da s6 stesso, e convenne della diagnosi.

La signora Nunziata, che, sola delle persone di casa, era presente, si tergeva le lacrime soppiattamente, e conteneva i sospiri. II malato invece era sufficientemente tranquillo, ma solo con istrette di mano e cogli occhi dimostrava la sua fiducia nel dottor sopracchiamato.

Quando si venne alia proposta della cura, ci fu un po' di dissenso, ma cosa passeggera. II dottor Giulio era d'avviso che si ricorresse ad una pronta ed energica applicazione di mi- gnatte sul luogo dolente ; e ne dava per ragione, che la pratica degli antichi medici non dovea affatto rigettarsi, per cio solo che se ne dipartono le moderne teorie; 1'esperienza in Italia dimostrare che un potente revulsive locale apporta quasi sempre un subitaneo miglioramento, e poi la guarigione e molto piu sbrigativa che colle cure del cognac e del ghiaccio venuteci d'oltremonti. II medico curante, benche non convenisse intera- mente nel parere del La Rosa, visto che 1'infermo e la moglie di lui s'acconciavano volentieri alia proposta, si arrese di buon grado, e convenne che la medicatura del sangue riiisciva spesso ad arrestare il processo flogistico, alleviando 1' infermo quasi istantaneamente. Voile stendere egli stesso la prescrizione, e fecela mandare di presente alia farmacia, perche ne venisse 1'uomo dell'arte ad eseguire Toperazione.

468 EMMA, PRIMA E DOPO

XXI.

Ci voleva anche questa!

Per colmo di deferenza verso il collega novellino, ma gia bene accreditato, il dottor Capece chiese all' infermo, se per caso il Dottor La Rosa fosse antico conoscente della famiglia, e saputo che si, disse subito: - - Dal canto mio, -sarei molto contento, se il signor Dottore qui votesse continuare a farle visita e meco assumere la cura.

L' ingegnere mostro di approvare due o tre volte con cenni del capo questa delicata e spontanea proferta del medico cu- rante, e Giulio non pote contendersi. Accetto adunque con mostra di gradimento il nuovo cliente. La signora Nunziata non trovava espressioni sufflcienti ad esprirnere la sua riconoscenza : il si- gnor Livio si contento di pigliare tra le sue mani la destra del giovine dottore, e stringerla con sentimento di gratitudine.

Passarono quindi i due medici nel salottino e presero un calicetto di centerba di Tocco, servito gentilmente dalle signo- rine di casa, ma mutole e costernate in guisa, che non ebbero pure il coraggio di chieder notizie del babbo. Giulio si licenzio quasi subito, e nel partirsi, cerco di far animo alia signora Nunziata ed alle fanciulle. Ida, levandogli in volto i suoi begli occhi imperlati di lagrime: Caro dottore, le raccomando il papa, disse, sospirando: me lo guarisca, me lo guarisca pre- sto, le saro sempre... Ma non pote dir piu oltre, che Giulio, commosso, si affretto ad uscire.

Le assidue cure giunsero ben presto a frangere la vee- menza del male : e la crisi benigna del settimo giorno, diede ai medici ferma speranza di aver allontanato ogni pericolo di morte. Rimaneva pero da vincere la pleurite, manifestatasi du- rante il processo pneumonico, e che Pabbondanza dell'essudato facea prevedere che la malattia sarebbe durata oltre un mese.

Quando il dottor La Rosa diede alia madre ed alle flgliuole, gi£ spossate ed affrante, si pel dolore, si per le continue ve- glie e per P angoscioso timore, la quasi certezza, che ogni pe-

XXI. CI VOLEVA ANCHE QUESTA ! 469

ricolo era cessato, e che il babbo si sarebbe perfettamente ristabilito, non seppero piu contenersi; e dimentiche delle pas- sate sofferenze gli si strinsero d'attorno, e lo ringraziarono piangendo. Emma e Ida, in atti si onesti e gentili si accen- devano in volto, per guisa che apparivano agli occhi di Giulio piu vezzose che mai, e sorpassavano le care immagini che egli da tempo ne portava nella fantasia. Si aggiugneva alle grazie del volto 1' arcana e potente bellezza della virtu. Niun volto, ancorche dipinto da Raffaello, riesce a quella perfetta avve- nenza ideale che e intesa dagli uomini di profondo sentire, se gli manca 1' ultima pennellata, che fa dire a chi lo mira e rimira: E il volto d'un'anima bella.

II giovane medico, senza fllosofarvi sopra, lo sentiva : ma seppe dissimulare le impressioni delFanimo, e nel licenziarsi dalle signore si tenne pago di dir loro, con serietk medicale : Ringrazio Iddio, di aver potuto mostrare in parte la mia riconoscenza della stima e della benevolenza che mi hanno manifestato in questi giorni di dolore. Mi hanno sopraffatto di gentilezze oltre ogni mio merito.

Una di quelle sere tornando da casa Rubino, esaltato di mente piu che mai, prese un foglio di carta e scrisse a Gennaro, come

10 zio Livio avesse corso grave pericolo, e com'egli Giulio, invi- tato a consulto e poi a fare da collega del medico curante, avesse avuto la buona fortuna di concorrere efficacemente al buon successo della cura. Ma che quanto aveva guadagnato

11 malato, tanto aveva perduto il medico. La vista cotidiana delle due angiole di cola, gli metteva il diavolo in cuore. « Vienci tu, conchiudeva egli, co'tuoi filosofemi di ragione pura e trascendentale, che trincia e sciabola senza badare a quel muscolo stravagante e feroce, che si chiama il cuore. lo per me ci rinunzio, perchS piu ci penso, e piu il cervello mi va a processione. Non saprei decidermi altrimenti che coi dadi. La mia scienza psicologica (altre volte mi credevo mezzo pro- fessore !) e tutta liquidata dall' incantesimo di Amore, come dicono, con troppa veritk storica, i poeti. lo non mi ci rac- capezzo, mi confondo, perdo quel po' di comprendonio che

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avevo, non capisco piu nulla, e sopra tutto non capisco piii il tuo scervellato amico, il cosi detto dottor Giulio La Rosa. Na- poli, 25 novembre 71. »

Se Giulio era sossopra, le sorelle Rubino non godevano la pace piu invidiabile. Si andavano esse riavendo dalla coster- nazione, in che le aveva gittate il pericolo corso dal babbo. Passato il parossismo delF angoscia flliale, succedevano senti- menti piu dolci per se, ma non meno romorosi.

Come una lastra di cristallo preparata chimicamente per ricevere in s6 1'immagine negativa d'un oggetto, al contatto della luce forma tutti i lineamenti a lei presentati, senza darne indizio visibile all'occhio, e solo li scopre allo sguardo del fo- tografo, quando questi la immerse nella chimica soluzione a ci6 richiesta: cosi rEmma e 1'Ida, lavorate dal dolore e dalla vista frequente di Giulio, poichfe ogni affanno fu alleviate, si videro dentro alFanimo apparire piu belle, phi amabili le sem- bianze del giovine medico, che avea reso loro si grande ser- vigio colle assidue cure e cordiali. Emma, per la fervida fan- tasia, si senti crescere Taffetto gia prima violento; ma insieme le si affacciava sempre piu crudo e insistente il pensiero, che un giovane di si rare doti non sarebbesi mai indotto a prender per moglie una zoppetta; che non era ragionevole Taspettarsi da Giulio un simile eroismo ; che essa non -poteva per alcun modo pretendere a tanfaltezza. LT Ida invece sentiva che la stima natale in cuore per Giulio, congiunta ai sensi di gratitudine, andava cangiando natura, e prendeva una tinta di sentimen- tale e di affettuoso, che essa ingenuamente riguardava come un sacro dovere.

Nelle visite che il giovane Dottore continuava a fare ogni di all'infermo, le sorelle Rubino gareggiavano nel ricolmarlo di gentilezze : 1' Ida piu semplice e schietta lasciavasi andare ta- lora a certe dimostrazioni d'affetto, che 1' Emma, tanto piii accesa di Giulio, non avrebbe mai osato: e Giulio, osser- vando il contegno di Emma, si differente da quello di Ida, entro in sospetto, ch'ella gli avesse letta nell'animo 1'amore vacillaute e dubbioso. I/ imbarazzo del nostro Giulio crebbe vie

XXI. CI VOLEVA ANCHE QUESTA ! 471

piu, quando s'avvide che insensibilmente gli cresceva nell'animo Taffetto verso la sorella. Ida ogni di piu gli appariva degna di amore e di stima. Non arrivava essa alia eccellenza di quei pregi onde era ricca la Emma, ma non avea n6 meno lo scon- cio della persona, era d'un anno phi giovane ; e cio che gli en- trava nelKanimo, la giovinetta duraute la malattia del padre avea date si belle prove e costanti di assennatezza, di buon cuore, di generosita, che egli n'era imbalsamato e commosso. Ma poteva esso dare a costei la preferenza ?... A questo pensiero si intorbidava 1'animo, cessava il ragionamento, e il primo affetto si rizzava a guisa di serpe invelenito ; E tu, tu git- terai I'Emma nella disperazione ?... Esci almeno di quella casa ; vatti a cercare altrove una compagna, le mille miglia discosto da lei ; ma non voler incrudelire con una sfacciata preferenza...

Ai rimproveri da parte del cuore Giulio sforzavasi di ri- spondere colle ragioni discorse da Gennaro: che esso non la aveva mai lusingata ; che vero torto non le faceva ; che inflne ella non ne avrebbe troppo sofferto, anzi sarebbe stata assai contenta di averlosi cognato. Giulio faceva ragione altresi che, se avesse accolto francamente il nuovo disegno, non andrebbe molto che il primo affetto scemerebbe di forza e violenza, e cosi un amore razionale e meno furioso gli avrebbe dato modo di pensarvi a bell'agio, e risolversi a ragione veduta. Cosi ragionava Giulio, quando ragionava tutto solo. Ma non cosi sereno correva il raziocinio, quando le tornava sotto gli oc- chi in casa Rubino 1'obbietto del suo primo amore.

Sul principio del dicembre il professore di Campobasso ri- spose alia lettera amorosamente pazza di Giulio. E fu un bene per rimettergli un po' di calma nel cuore, e per ispingerlo a dare flnalmente un passo verso regione meno burrascosa.

R1VISTA DELLA STAMPA

Premiers principes d' Economic politique par CHARLES PfieiN, Cor- respondant de 1'Institut de France. Seconde edition revue et completee suivie d'une etude sur le juste salaire d'aprds 1'En- cyclique Rerum novarum. Paris, libr. Victor Lecoffre, rue Bo- naparte, 90. Un vol. in pice, di pagg. XI-433.

Di quest' opera del sig. Perin, chiarissimo economista, abbiamo gia fatto la rivista, quando usci la prirna edizione *. II grande spac- cio che ebbe, lo consiglid a pubblicare una nuova edizione piu compiuta, perche corredata di giunte, di schiarimenti e di note con un'Appencttse di un argomento speciale ed in acconcio dei nostri giorni. Esso consiste in uno studio intorno al giusto salario secondo la Enciclica Rerum novarum. Congratulandoci del buon esito, che ebbe gia il libro, stante la fama del suo ch. Autore, ci contente- remo di offrire qui ai nostri lettori un sunto fo\V Appendice.

II docuraento pontificio, egli scrive, da una regola positiva e pratica, secondo la quale il giusto salario deve corrispondere alia sussistenxa di un operaio sobrio ed onesto. Cotesta regola era del tutto necessaria, giacche il suo scopo si e d'infrenare la tra- boccante avidita di guadagno, e di proscrivere ogni traffico sulla condizione inferiore dell' operaio e della sua miseria ; d' indurre i padroni a pagare il giusto salario per non rendersi rei di lesa giustizia commutativa ; torre ogni dubbio intorno alia retta in- telligenza dei teologi, i quali aveano scritto bensi commettersi pec- cato dal padrone, che non paga la giusta mercede all' operaio, ma non aveano statuiito un liraite, che tagliasse netto ogni quistione. Posto quindi il principio, che il giusto salario debba corrispondere alia sussistenza di un operaio sobrio ed onesto, ne consegue, che debbasi escludere il tasso cor rente sotto il yiuoco della domanda e della offerta quale regola assolttta del giusto salario, il quale di- cesi in economia salarw normals o necessario. Alcuni opinano, che il giusto salario non possa avere altra base, che quella del valore del lavoro, lasciando il resto alia carita ed alia equita del padrone. Questo principio secondo 1' Enciclica e pure da scartarsi.

Qui sorge la questione mossa da alcuni, i quali pensano timi- dainente, che intendendosi la Eaciclica nel senso sopraddetto, si rompa la tradizione antica della Chiesa. II che senza dubbio non 6 da supporsi nel pensiero del Papa. Recano a pruoya del loro

1 Vedi quad. 1092.

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timore 1'autorita dei teologi antichi e di una risposta speciale da Koma all'Arcivescovo di Malines. Per rispetto a questa il ch. Au- tore dal testo stesso dimostra non essere ella punto contraria al salario normale deciso nella Enciclica. Per rispetto ai teologi mo- ralist! egli dichiara : che V infimo grado del salario secondo la co- nmne estimazione data da essi, come giusto, conveniva col salario normale di oggidi; che niuno dei medesimi avrebbe mai senten- ziato essere giusto quel salario, che non bastasse alia vita dell' ope- raio ; che al loro tempo il salario non essendo soggetto agli ondeg- giamenti presenti, la pubblica estimazione riputavasi equivalere per 1' appunto conforme al giusto salario ; tanto piu che a quei tempi la coscienza, profondamente cattolica, non avrebbe mai patito, che il salario calasse sotto il necessario.

Sciolta cotesta quistione eccoti nascerne un'altra. La decisione della Enciclica non intacca essa il diritto dei padroni? ]Se punto, n$ poco. Essendo operaio tanto colui, che lavora colla mano ; quanto quegli, e piu, che lavora col capo, come fa 1' intraprenditore, ne consegue, che avendo il Papa sostenuto il diritto alia giusta rner- cede dell' operaio, riconosca e sostenga implicitamente giusto il di- ritto dell' intraprenditore su i profitti ricavati per opera del suo la- voro secondo le giuste leggi economiche. Se non che, studiati un po' i fatti economic! appare darsi il caso, che 1' intraprenditore si trovi in tali circostanze, da non poter pagare il giusto salario, salvo che egli voglia rimettervi del suo. Qui entriamo nelle ecce- zioni. II Papa statuisce una regola generale per ciO, che succede ordinariamente, prescindendo dalle eccezioni. Tali circostanze acca- dono o per cagione di qualche crisi economica, onde stagna il com- mercio, o di qualechesiasi altra disdetta somigliante. Questo suole colpire il corpo degli operai in genere. In particolare poi pud avve- nire dalla parte degli individui, cioe, che qualcheduno sia malaticcio, o infingardo, o poco esperto delFarte sua di modo che alia fine della giornata normale non dia quel lavoro in quantita e in bonta, che da il comune degli operai. Xel primo caso il padrone rimet- terebbe del suo, in quanto che darebbe la giusta mercede non rice- vendo di ricambio il dovuto compenso e per lo meno assai meschino; nel secondo pagherebbe un salario oltre il giusto. Nell' uno e nel- 1'altro caso essendo modificato lo stato della questione, ne e pure modificato piu o meno il quantitative del giusto salario, e quindi Fobbligo di osservare la giustizia non ha piu luogo in tutto il suo vigore. II padrone, eccettuati questi casi, deve pagare il salario normale. Ma quale sara la sua misura ? Secondo la Enciclica non sono da pigliarsj a norma i bisogni dei singoli, sibbene il costo

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della vita quotidiana dell'operaio. Sara quindi variabile, secondo i luoghi, le popolazioni, i costumi, ecc. H tempo e 1' uso ne sono i precipui indicator!.

Una grave controversia si accese intorno alia estensione di co- testa misura. Deve ella estendersi alia famiglia dell'operaio o no? II ch. Autore coi teologi e cogli economist! distingue il salario famigliare relative, dal salario famigliare assoluto. I sostenitori della prima forma di questi due misure di salario pongono, che debbasi estendere a tanti capi, quanti se ne annoverano nella fa- miglia. Contro cotesta opinione sta: che la rimunerazione non dipenderebbe dal lavoro, su cui cade il contratto, ma da causa estranea ; che la famiglia non concorrendo alia produzione non ha diritto di partecipare degli utili; che lo spartimento della ricchezza non si opererebbe secondo la regola della giustizia c&m- tnutativa, ma secondo la distribit, tiva ; che si entrerebbe nella teorica dei socialisti. II ch. Autore pensa altrimenti rispetto al sa- lario famigliare assoluto, il quale non si estende a tutta la famiglia sacoudo il numero degli inclividui di essa, sibbene ad un numero mediano di figliuoli. Egli propugna questa seconda forma di salario in quanto che 1'uomo si deve considerare secondo 1'ordine na- turale nella vita di famiglia e percid e necessario, che il giusto salario basti a lui ed alia sua famigliuola ; in questo si accor- dano pure gli economisti ; si pud rincalzare questo principio ar- gomentando dalla Enciclica, lie opponendosi contro cotesta deduzione la risposta ad alcuni dubbii spedita da Roma all'Arcivescovo di Malines, siccome da alcuni si vorrebbe.

Ultima quistione, se il Governo debba stabilire il minimo del salario. II ch. Autore annovera i gravissimi inconvenienti, che deri- verebbero da cotesta intromissioue rispetto ai padroni, agli operai ed in una parola a tutto 1'ordine economico. In questo egli si at- tiene ai savissimi consigli della Enciclica : Rerum novarum.

L'appendice si chiude con argoinenti di fatto e di chiarissimi uutori dimostrando, che la miseria degli operai tante e tante volte non proviene dalla insufficieuza del salario, ma dai loro vizii, e dalla loro non curanza dell'avvenire. Essi gavazzano il piu che sanno nel tempo, in cui il salario sale in alto, e quindi venendo colti da crisi economiche, eccoli gittati nella miseria. Ondeche la madre e la maestra del popolo, che e la Chiesa, ha posto il dito su la piaga, che rode e guasta le menti ed i cuori, premendo forte su la neces- sita di ripurgare queste due parti interne dell'uomo per mezzo dei principii religiosi e della morale.

SCIENZE NATURALI

1. I grandi canoccbiali e la Luna veduta ad un metro di distanza. 2. L'equatoriale gigantesco di GriinewaM: e quello di William Bay. Gli obbiettivi composti ideati dal Gatham. 3. II cinquantesimo della scoperta di Nettuno. L'Adams e il Leverrier. 4. Le piccole Lune. 5. L'altezza dell'atmosfera terrestre. Aeroliti e nubi. La prima misura dell'altezza delle nubi comuni; e delle notturne luminose. 6. La produzione annua dell'oro. Scomparsa dell'oro; e delle spille. 7. Un'av- vertenza igienica sulla polvere di riso adoperata nella toletta.

1. Dacche esiste il canocchiale, sempre ancora covo, come scin- tilla sotto la cenere, e torno a mostrarsi viva, la lusinga del potersi, coll' ingrandimento delle lenti e degl'istrumenti, vincere tutti gli effetti delle distanze celesti. II Bianchini, nella sua opera sul pianeta Ve- nere, ci ha lasciata 1'effigie di un. gigantesco canocchiale di oltre a 100 piedi (circa 33 metri) in lunghezza, costruito, o certo ideato, a' tempi suoi (1662-1729). Chi pensa che a quella stagione non si conoscevano le lenti acromatiche, introdotte dall' Hall nel 1733, ca- pisce subito che gazzarra di colori d'arcobaleno doveva offerire all'oc- chio dell'osservatore quell'arnese, pur prescindendo dalla difficolta dell'allineare a cost gran distanza le lenti, e da cento altri sconci, superati a stento dalla moderna meccanica. Uno dei nostri piu me- diocri canocchiali, di un metro e mezzo, val meglio che quella mac- china ciclopea. E cio nondimeno fa proposto da altri allo sfarzoso re Luigi XIY di Francia il disegno di far costruire un altro canocchiale lungo 10,000 piedi, a un dipresso 3 chilometri, col quale si sperava di potere scorgere gli animali della Luna. II curioso e che tali fan- tasie, perdonabili all' infanzia della scienza, rinascano alia fine del secolo XIX, quando essa e adulta 2 in eta piu che matura.

La speranza questa volta si fonda sulla grandezza delle lenti o degli specchi, a seconda che si parla di canocchiali ovvero di telescopii. Caso e che, a proposito della gran Mostra che si allestisce a Parigi pel 1900, ultimo anno del secolo XIX, si sente ancora ad ogni tratto discorrere del canocchiale, che vi si collochera e, merce del suo gigantesco obbiettivo di un metro e mezzo di diametro, o giu di li, ci traspor-

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tera sotto gli occhi la Luna come I'avessimo a un metro di distanza. A un metro di distanza si scorge da una vista mediocre una spilla; sicche vedremo sul suolo della Luna anche una spilla se v' 6. Lo scoglio a cui rompe questa bella speranza 1'abbiamo dimostrato a tempo suo in altra Appendice; e si riduce a questo, che veiere la Luna a un metro significa avere nel campo del canocchiale e vedere tanto della superficie lunare, quanto 6 il campo che pud abbracciare il nostro occhio guardando per esempio il suolo o la parete, a nn metro di distanza. Facciamo che sia uno spazio circolare di due metri di dia- metro, piu o meno. Altrettanto grande sarebbe il tratto di superficie lunare, i cui raggi, raccolti dalla lente e mandati a convergere sulla retina dell'osservatore, glielo dovranno rendere visibile. Or quanta e la luce proveniente da quello scaccolo di superficie lunare ? E facile calcolarlo all' ingrosso, che qui non occorre -andare per le sottili. II disco lunare al plenilunio ci rnanda la sua luce da 4,730,000,000 di metri quadrati, che tanta e la sua superficie. Adunque ogni metro quadrate di cola c' invia una luce per s& cosi fioca, che di poco su- pera un quattromiliardesiino della luce totale a luna piena: e da quattro metri quadrati, quanti vogliamo darne alia superftcie posta nel campo del canocchiale, ne arriveranno 4 quattromiliardesimi per 1'appunto. Non c' e buio cosi fitto in terra che uguagli 1'oscurita di una tal tenebra ; ne retina umana a cui si rendesse visibile un oggetto con siffatta illuminazione, ancorche una gran lente ne raccogliesse tutti i raggi e tutti li trasmettesse all'occhio, senza assorbirne una parte notevole come tutte fanno necessariamente.

2. Lasciato perd il caso speciale di cotesta fisima lunare, la gara, non vana ma ben ragionata, dell' ingrandire lenti o specchi, e canoc- chiali, si proseguisce anche ai nostri giorni e produce opere di ma- raviglia. Una maraviglia vera di meccanica astronomica e il nuovo equatoriale dell'Osservatorio di Griinewald, esposto gia a Berlino nella Mostra del 1896. La lunghezza del tubo e di oltre a 20 metri, quanta pud essere 1' altezza d' un palazzo e percio non s'e pensato finora a coprirlo con una cupola mobile, e s'$ costruito invece con tanta so- lidita, che valga a sostenere le intemperie e gli assalti dell'atmosfera. II tubo 6 dotato per ogni parte di un equilibrio cosi perfetto, che con un dito si mena in tutti i versi, come e necessario trattandosi non di un cerchio meridiano, ma di un equatoriale, che deve potersi ap- puntare a qualunque plaga del cielo. Tutta 1' armatura e costruita dall'Hope 4 salvo le parti piu delicate, che furono eseguite dal Meissner

1 Qualche periodico e giornale francese attribuisce la costruzione a M. Austalt Hope. Che fosse invece da leggere Amtalt, cioe Istituto, Offi- cinal In tal caso il M. (Monsieur) c'e di piu, o andrebbe cambiato in Ma- dame.

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di Berlino. L'equatoriale ammette due obbiettivi. L'uno, del diametro formidabile di lm, 16, con grande apertura e distanza focale di 6 in 7 metri, e destinato alle osservazioni spettroscopiche e fotograflche. L'altro obbiettivo ha un'apertura di 70 centimetri e una lunghezza focale di 20m, 70. S'intende con questa straordinaria lunghezza di facilitare le osservazioni telescopiche e la loro riduzione a imagini fotografiche, per ragioni che pochi se ne interesserebbero se le spie- gassimo. Riteniamo che un cannocchiale della misura di questo non s'era visto prima d'ora ; giacche quello del Bianchini non era un can- nocchiale, bensi piuttosto un caleidoscopio.

Ed ecco accanto all' equatoriale di Griinewald ne sorge un altro che, se non lo uguaglia per dimensioni, gli cede di poco. Questo & destinato all' Osservatorio Yerkes a William Bay negli Stati Uniti (Lake Geneva, Wisconsin). II suo oggettivo, del diametro di lm, 05, si annunzia essere state terminate, dopo due anni e mezzo di lavoro, d'al celebre costruttore Alvan Clark, a Cambridgeport nel Massachu- setts. Al dire del Cosmos (n. 620), la lente di cristallo crown pesa 93 chilogrammi, il flint 140 chilogrammi. La materia, comprata a Parigi, costo 200,000 franchi : tagliato, pulito e messo a posto, 1'ap- parecchio sale a 500,000 franchi. Un mezzo milione merita dei riguardi ; e s' e gia stabilito il ceremoniale pel trasporto di questo oggetto prezioso, dal suo luogo di nascita alia sede dove regnera so- vrano. Yerra pertanto involtato prima in un sovvaggiolo proporzio- nato di flanella, poi coperto di un guscio di panno, posato in una cassa fornita di buone molle, chiusa essa pure in una seconda cassa. II tesoro cosi composto verra collocato nel mezzo di una vettura a letti, tutta per lui, e verra accompagnato non meno per onore che per guardia da quattro persone. All'arrivo s'insediera prontamente nel suo trono, cio6 nel tubo, che a voler essere degno di lui dovra misurare da 18m, 60 in su, poiche tanta e la sua distanza focale.

E pure questi giganti lenticolari e tubulari corrono rischio di de- cadere alia condi/ione di occhialini da ministro e canocchialetti da teatro, se vien fatto di ridurre alia pratica la idea proposta dal Gatham di Chicago. Secondo essa 1'oggettivo si avrebbe a poter comporre non solo di un pezzo unico come finora s'6 praticato, ma ugualmente di una moltitudine di lenti minori messe convenientemente I'una accanto alFaltra, col quale artifizio gli e avviso che si possa allestire, con ispesa relativamente piccola, un obbiettivo non gia di 1 o 2, ma di 30 metri di diametro. Gl' intendenti non trovano la cosa assurda in teoria. S' ha a vedere la pratica : e fino a quel giorno ci pare che sia una piccineria 1'avviso dato premurosamente dal Bulkttin sdentiftque de France n. 308 che 1'idea del Gatham & un' idea francese. E perchd? Perch£ nel 1873 un M. Pusset scriveva al Flammarion, potersi forse

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schivare la difficolta del fabbricare grand! speech! telescopic!, adope- randodegli speech! minor! ben combinati. Gia, altro e parlar di speech! altro di lent! : e se si tratta solo dell' idea generale di domandare a molt! istrumenti piccoli 1'effetto di un grande, questa fiorisce ogni di nella mente d'ogni mortale. Del rimanente a tutte coteste importune rivendicazioni di priorita si pud rispondere che il mondo non se ne fa milla delle idee che passano per la testa a chicchessia, specialmente poi quando chi le ha non arriva in ventitre anni a mostrarne un'ap- plicazione. E cosi e dell' idea del Pusset. Se il Gatham riesce a darci un buon obbiettivo composto, non diciamo di 30 ma di 3 metri, 1'onore ne sara suo e tutto suo.

3. Ragione piu valevole, a rivendicare la priorita in una scoperta rimasta poi sempre famosa sotto un nome diverso, 1'avrebbe avuta 1'astronomo Adams. Parliamo della scoperta del pianeta Nettuno, il cui cinquantesimo anno cadde appunto il di 23 settembre dell'anno decorso. Si sa che 1'occasione a tale scoperta la diedero le perturba- zioni osservate nel corso del pianeta Urano. Calcolata dall'Herschel 1'orbita di cotesto pianeta da lui medesimo scoperto, si noto che la realta non rispondeva al compute. Ora in ritardo ora in anticipazione, Urano non soleva trovarsi mai precisamente al posto assegnato. In cielo tutti fanno il loro dovere, e non potendosi sospettare ne di pi- grizia ne di nervosita in un personaggio della qualita di Urano, si venne a pensare naturalmente dell'influsso di qualche altro pianeta superiore che cagionasse quelle mancanze di puntualita. Ma chi era egli quello sconosciuto perturbatore in mezzo ai milioni di astri che tutti ugualmente silenziosi scintillano nel firmamento? Un primo studio sulle successive posizioni di Urano servi a determinare almeno verso qual plaga del cielo fossero da rivolgere le ricerche: poi conveniva stringere il calcolo fino a trovare il centre da cui partiva 1'influsso. E si rifletta che cotesto centre doveva esser mobile, poiche, secondo Pipotesi, contermata dal fatto, egli doveva essere un pianeta, vale a dire in lingua povera, un vagabond®, non fisso come le stelle ma pro- cedente egli stesso del continue sulla sua orbita, essa pure ignota. A sciogliere questo problema gremito d' incognite, si applied ci6 nulla ostante 1'Adams, tuttora studente all'Universita di Cambridge, e nel- 1'ottobre del 1845 comunico al Challis direttore di quell 'Osservatorio la conclusione dei suoi computi con indicargli la posizione del pia- neta cercato. II Challis lascid dormire la cosa fino all'agosto del 1846, e ai 4 e a' 12 di quel mese osservd Pastro indicatogli, poi da capo trascuro di ridurre, come si costuma, le osservazioni di quella sera, sicchd non riconobbe il nuovo pianeta.

Era gia dunque presso a un anno che la scoperta era fatta, quando, il 18 settembre del 1846 il Leverrier altro giovane ed abile calcola-

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tore, che pel confer ti dell'Arago aveva intanto lavorato intorno allo stesso problema, e lo aveva sciolto, convien dirlo, assai piii compita- mente ; scrisse al Dott. Galle addetto all'Osservatorio di Berlino, pre- gandolo di puntare il canocchiale a' 326° di longitudine, tin a le- vante della stella § : li dover essere 1' autore delle perturbazioni uraniche. II Galle non fece come il Challis : ricevuta la lettera il 23 settembre, la sera stessa, poiche il cielo era sereno, volse il canocchiale al posto indicato; e, col divario di meno che mezzo grado, cioe a 326°, 32', scorse il nuovo pianeta, rivelato per mera deduzione di calcolo dai principii della moderna meccanica celeste. Per quest'ul- tima circostanza fu non meno fragoroso che meritato il plauso leva- tosi attorno alia memorabile scoperta e al suo autore. Se al nuovo pianeta non s' impose, come pure si tento da alcuni, il nome del Leverrier e si prefer! quello di Nettuno, fu solo per conservare in questa classe di astri 1'uniformita della nomenclatura mitologica ; onde anche nel secolo scorso Urano ricevette il nome che porta, la- sciato in disparte quello del suo scopritore William Herschel.

II Leverrier e scomparso dalla scena del mondo. Yive pero tuttora in buona vecchiaia il Galle, nato nel 1812 a Pabsthaus presso Wittem- berga, e direttore tuttavia dell'Osservatorio di Breslavia. A lui nel giorno 23 settembre decorso 1'Associazione dei Naturalist! tedeschi spedi un telegramma di felicitazione pel cinquantesimo della scoperta, a cui aveva dato mano almeno material mente, e fu ben fatto. Della sco- perta stessa e dei suoi due autori, 1'uno sfortunato, 1'altro felice, appena e se si e fatta qualche menzione dai periodici scientifici, de- stati dall'esempio dei Naturalisti di Francoforte : strana indifferenza in questo secolo dei lumi, e delle solennita secolari, cinquantenarie e venticinquesime. Noi vi ritorniamo sopra volentieri per ricordare che il celebrato scopritore di Nettuno era fervente cattolico e non arrossiva di tenersi innanzi sul suo scrittoio un grande Crocifisso, abolito abusivamente nell'effigie che da di lui il Flammarion, colla leggenda Le Verrier decouvrant Neptune. Non sono ommissioni per- messe. II grande Crocifisso del Leverrier fa riscontro al piccolo Cro- cifisso del Pasteur. Ciascuno compie la figura di uno dei luminari della vera scienza moderna ; scopritori di due mondi invisibili ; quello degl' infinitesimi e quello di Nettuno all'ultimo confine del nostro sistema.

4. A forza di occuparci degli astri da'noi lontani, si corre rischio d' ignorare quel che v' e e succede nei campi celesti a noi piu vicini e quasi alle porte di casa nostra. Percio molto saviamente qualche astro- nomo, lasciaudo a chi vuole lo studiare le vicende dei satelliti o, come meglio li chiamano, compagni luminosi di Sirio e di Procione, del che si sono occupati recentemente il Schaeberle e PAitken, dopo

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lo Struve e 1'Auwers ; ovvero del diametro di Giove e della sua forma, come ha fatto lo Schur sulle osservazioni proprie e del suoi prede- cessor!; lasciando adunque tali question! straniere, si sono proposta la domanda: La Luna, e essa la sola luna che abbia la Terra? Pe- rocchS c'e nel nostro sistema chi ne ha due, come Marte, chi quattro come Giove, ecc., ammesso pure che vi sia chi non ne ha nessuno, come Yenere e Mercuric. A noi importa di noi. Quanta corte adunque tiene la Terra nostra madre? E si finira, a quanto pare, con ricono- scere, che di Lune ce n'abbiamo parecchie, poniamo pure che assai piccole: ma cid non vuol dire, dappoiche fra gli asteroidi, che s'ag- girano fra Marte e Giove, ce n'e, che, come Maia, Saffo, Atalanta ed Eco, non misurano piu di 30 chilometri in diametro, ed e assai ve- rosimile che ve n'abbia di ben piu piccini tanto che non possiamo scorgerli : e pure in quel corpiccino si portano I'essere e la dignita incontrastata di pianeti. Quanto meno si potrebbe loro negare la qua- lifica di satelliti?

Ora di tali satelliti, che potrebbero a un bisogno far isfigurare tali pianetini, dicono i prelodati astronomi che la Terra ne ha forse piu che non si crede. Cosi opina il Brooks dopo avere scorto nella notte dal 21 al 22 luglio dell'anno decorso passare davanti al disco della Luna quasi piena, diretto da levante a ponente, un corpo oscuro e rotondo, che tragittd da un lembo all'altro in tre o quattro second!. Quel corpo doveva trovarsi fuori del limite della nostra atmosfera, che altrimenti, correndo in essa, gli sarebbe successo Duello che a tutti gli aeroliti e stelle cadenti, che e d'incendiarii. Ma il Brooks, colto all'improvviso, non ebbe agio di prendere altri appunti dai quali raccogliere altre conclusion!. Era trascorso giusto un mese dalla detta osservazione, quando un altro americano, il Gatham, vide, a! 22 di agosto, un altro corpo attraversare il disco del sole in 8 minuti. Cal- colando acl occhio, il Gatham valuto a 1600 chilometri la distanza di quel corpo misterioso e a 70 chilometri il suo diametro.

Queste due osservazioni fugaci e scarse di element! non si pre- stano a nessuna ferma conclusione. Per non dir altro, un satellite di 70 chilometri di diametro a soli 1600 chilometri da noi, si do- vrebbe pur essere notato prima d'ora col suo movimento sensibilis- simo nella volta celeste, ogni qualvolta arrivando sulla sua orbita in opposizione o diretta o laterale col Sole, ci presenterebbe la sua faccia o totalmente o in parte illuminata, come e della Luna. Ne vi si opporrebbe la piccolezza dell'astro. Se cogl' istrumenti moderni scor- giamo a milioni di leghe i piccoli asteroidi di 30 chilometri di dia- metro, tanto piii languidamente illuminati dal Sole, molto piu e con istrumenti mediocrissimi, se non anche ad occhio nudo si avrebbe a scorgere un astro di doppio diametro a sole 400 leghe, e di tanto piu luminoso.

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Ad astronomi di professione non occorre di rammentare che i punti oscuri, attraversanti il campo del canocchiale non sono talora altro che 1'ombra di uccelli che vogano nelle alte region! dell'atmo- sfera non solainente di giorno ma di notte altresi al tempo dei pas- saggi; e qualche osservatore vi ha fatto e vi fa studii speciali per determinare le altezze in che volano quegli uccelli, ad informazione utile sia pei naturalist! sia pei meteorologi. Non e punto impossible che il corpo nero visto dal Gatham, poich£ egli non ne nota esplici- tamente la rotondita, fosse non mica un astro ne un nostro satellite, ma un dabbene volatile che se ne andava liberamente per le sue fac- cende senza portar la livrea di nessuno ; e non a 1600 chilometri, ma forse neppure a 16 e piu presto a 1600 metri che sarebbe gia niolto. La scarsita dei dati dell'osservazione perniette ogni maniera di con- getture. L'osservazione del Brooks essa pure e deficiente, come ognun vede. Cionondimeno 1'una e 1'altra avranno 1'utilita di attirare 1'at- tenzione di altri osservatori su questo punto, che per noi terricoli e se non importante certamente curioso piu di parecchi altri relativi alle condizioni fisiche di altri mondi.

5. Dicevamo or ora delle alte region! dell' atmosfera. L' altezza dell' involucre aereo del nostro globo non puo determinarsi esatta- mente per la sna stessa natura gazosa, onde esso va rarefacendosi ognora piu negli strati superior!, e deve nei supremi arrivare a un grado di sottigliezza, che lo rende impercettibile. Uno degP indizii che ci rivelano, non 1'ultimo limite, ma il lembo estremo dell'atmo- sfera e 1' incendimento delle polveri e frantumi cosinici che, entrando in essa con velocita di corpi celesti e svolgendovi per compressione un calore corrispondente, vi si convertono in istelle filanti o in aero- liti a misura della loro grandezza e velocita. In questa ipotesi am- messa comunemente perche ben ragionata e perche non se ne pre- senta altra piu verisimile, bastera determinare 1' altezza da terra di una stella cadente o di un bolide, per conchiuderne che a quell' al- tezza medesima per lo meno si stende 1'atmosfera. Ora 1' altezza di tali meteore s' e potuta accertare piu volte pel confronto di osserva- zioni contemporanee fatte in piu stazioni lontane. Cosi del bolide del 1868 si pote stabilire che s'era visto successivamente a 111, 112, 126, 242, 307 chilometri da terra. D' altrettanto adunque, per lo meno, si alza 1' atmosfera intorno al nostro globo e non di soli 60 chi- lometri, come si seguita a stampare in libri ancor recentissimi.

Questa eifra si sorpassa ancora per la semplice osservazione delle mibi luminose prese a studiare novellamente dal Dott. 0. Jesse, che ha pubblicate nelle Astronomische Nachrichten (p. 3347) le sue con- clusion!. Le nubi notturne luminose portano gia nel nome la loro de- finizione, e il fenomeno non e difficile ad osservare e discernere da

Serie XVI, vol. IX, fate, 1120. 31 13 febbraio 1897.

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chi ha alcuna pratica del cielo. Or dunque il Jesse, raccolte e para- gonate le osservazioni di 10 anni, ne conchiude che quelle nubi, so- spese certamente nell' atmosfera, si librano ad un' altezza che varia fra 80,3 e 88,5 chilometri.

Giova qui ricordare che la piu antica misura dell' altezza delle nubi, secondo che scrive lo Schreiber nel Bollettino della Sodetd belga d' Astronomia, citato dal Cosmos, n. 626, fu presa, per quanto ne e rimasta memoria, nel 1644 dai due celebri astronomi gesuiti, Riccioli e Grimaldi. Essi si servirono in cio del inetodo trigonometrico, a doppia stazione, che oggi ancora e il preferito e che il Kamtz chiama nel suo trattato di meteorologia, metodo del Riccioli. L' osservazione diede per risultato 1' altezza di 3,222 metri per una fulgida nube bianca, presa di mira. Lo stesso Riccioli riferisce che un altro gesuita, ret- tore del collegio di Mete, aveva misurata 1' altezza di un numero grande di nubi, e assicurava di non averne trovata nessuna che ol- trepassasse i 7,400 metri. Egli lascia nondimeno di citare il P. Emma- nuele Maignan, dei Frati minori, il quale « nella sua Perspectiva horaria (1648) scrive di avere osservato con altri che nelle notti serene, verso mezzanotte si scorgono delle piccole nubi illuminate dal Sole ; donde conchiude che esse debbano trovarsi a grande altezza f'uori dell'ombra della Terra. » Queste parole si riferiscono evidente- mente alle nubi notturne Iwminose, rimesse allo -studio dalla moderna Meteorologia, ma osservate gia e discusse dai Frati e dai Gesuiti or sono due secoli e mezzo.

6. Scendiamo dalle nuvole in terra, vasto campo di problemi e di ricerche non meno interessanti per noi che le astronomiche e le me- teorologiche. Ecco per esempio una questione che ridestera piu di un lettore, fatto da noi sonnecchiare fin qui. C'e egli dell'oro nel nostro mondo? Qualche lettore italiano, come sono i piu, vorra forse doman- darci : Che cosa e 1'oro, che qui da noi non se ne vede mai? E gli parra che parliamo dell' helium elemento del mondo solare. Questa doinanda pero non pu6 provenire se non da qualche giovinetto di poca eta, che gli anziani si ricordano tutti come era fatto 1'oro nei tristi tempi in che se ne vedeva. E nondimeno ancor essi ed essi piu curio- samente degli altri domanderanno : « C'e egli ancora dell'oro al mondo E stupiranno a sentirsi rispondere che ce n' e quanto non ve ne fu mai per lo passato, e che precisamente 1'anno decorso ne fu estratto e messo in circolazione per 1050 milioni, raddoppiando il proiotto di sette anni fa. Mai non fu visto un raccolto tale. II piu memorabile, quello del 1853, quando un popolo di cercatori sfruttava le alluvion! della California e dell'Australia, si valutd la produzione a 950 milioni e non piu. Sono 100 milioni in ineno.

S'e parlato molto negli ultiini tempi delle mine auriferejdel Iran-

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swaal, cagione vera del conflitti quivi insorti e non ancora terminati. Ora, in quel solo paese, la produzione, nel 1895, fu di 78,035 chilo- grammi uguali a 2,509,851 once d'oro. II chilogramma di oro puro si computa a circa 3400 franchi. Dal 1894 al 1895 1'aumento della pro- duzione era stato di 7 587 chilogrammi, e se i torbidi politici non vi fecero ostacolo, dev'essere seguitato nel 1896 nella stessa proporzione. Ad estrarre dalle viscere della terra questo cumulo di metallo pre- zioso, e il monte di minerali auriferi che racchiudono, lavora senza posa un esercito di 7 523 bianchi e di oltre a 54 000 negri, che nel 1895, del qual anno si parla, ebbero a cavare 4, 377 142 tonnellate di minerale, forando 133 chilometri di gallerie e 48 chilometri di pozzi.

L'oro adunque al mondo c'e; se ne persuadano senza meno gl'Ita- liani; anzi, fatta lagione della giunta che riceve ogni anno, sono ora- mai parecchi lustri, dalle miniere, egli dovrebbe sovrabbondare tanto da arrivarne qualche rigagnolo alia nostra terra, ossia tasca, sitibonda. E pure non e cosi. Non v'« paese dove rotoli 1'oro per le strade, e ultimamente ancora gli Stati Uniti ne chiedevano un carico all'Eu- ropa. 0 dove va egli dunque a sperdersi o ad appiattarsi? Per questo dicevamo che egli e un enimma da lambiccarcisi il cervello. Quello analogo delle spille, p. e., taut* tanto si spiega.

Eccolo. Le manifatture di Birmingham, che tengono il primato in questa industria, producono quotidianamente 37 milioni di spille ; quelle di Londra, Strand, e Dublino, 17 milioni. In tutto 54 milioni. Le fabbriche di Francia, circa 20 milioni; quelle di Olanda, Ger- mania ed altri paesi 1(J milioni a un dipresso. Sono intorno a 80 mi- lioni di spille ed aghi fabbricati ogni giorno e 29 miliardi 200 milioni di spille fabbricate ogni anno. E tuttavia stiamo del continue a cer- care una spilla e a comprarne i cartoncini e i pacchetti, se sono aghi; ed ogni anno le fabbriche ricominciano il fornimento come se di spille ed aghi non ve ne fosse piu al mondo. Come sono esse spa- rite e dove si sono rimpiattate ?

II lettore avveduto e buon logico ha gia pronta la risposta. Le spille e gli aghi, e per 1'esiguiTa e pel poco valore sono destinati a perdersi, e noi li lasciamo perdere puntualmente, sicche in capo all'anno appena ve n'e piu delle nate 1'anno innanzi. Ma le sterline e i ma- renghi non sono spille ne si trascurano alia stessa maniera, e mira- colo sara se delle monete d'oro battute da vent'anni se n'e smarrita una miliardesiina parte. Eesta dunque 1'enimma : Dove vanno a finire i canali d'oro che seguitano a scaturire con tanta abbondanza dalle miniere? Un economista rispondera come crede meglio. Dn Naturalista non pud fare altro che ricorrere alle analogie della sua professione, e ricordare i cunicoli sotterranei e le caverne, dove vanno a sprofondarsi non pochi rivi perenni, formandovi laghi e stagni dove non penetra la luce del sole.

484 SCIENXE NATURALI

7. Un avvertimento igienico per finire. Molti per asciugarsi piu alia lesta e pift perfettamente dopo essersi lavati, massime nella sta- gione fredda, ovvero dopo essersi rasa la barba, costumano di impol- verarsi con quella che si vende sotto nome di polvere di riso ; e le sta- rebbe bene il nome se fosse la farina finissima e impalpabile di riso, che ella dovrebb'essere. Ora un chimico inglese pubblica nel British Medical Journal il risultato delle ricerche da se fatte intorno alia ge- nuinita di siffatta polvere, analizzandone una infinita di campioni pro- venienti da diversissime profumerie. La conclusione & che nella mag- gior parte dei casi il riso non v'entrava neppure per condimento. Erano tutte sostanze mineral! polverizzate con predominio di bismuto, di piombo e d'arsenico. Passato quindi ad una diligente inchiesta intorno agli effetti di cotesta frode criminosa s'e persuaso che, specialmente fra le donne, la maggior parte delle paralisie dei muscoli della faccia sono da attribuirsi a polveri di riso a base d'arsenico e di piombo. Un buon numero di signore da lui citate, senza darne pero il nome, non poterono guarire delle paralisi dei muscoli del collo, se non rinun- ziando all'uso di tali polveri avvelenate. Una di queste, profumata alia viola, conteneva 48 "/0 di piombo : un'altra 65 °/0 d'arsenico. Puo darsi che a qualcuno e qualcuna questo avviso scopra la ragione di scon- certi a cui va soggetto, combattuti invano coi medicamenti, quando se ne rinnova ogni di e piu volte al giorno la cagione. Gia quell'an- dare infarinati e infarinate come mugnai non si capisce che scopo abbia ; e se fosse quello di chiarire il colorito, chi vi ricorre mostra di non avere famigliarita colla spera ; distacco per se molto lodevole ; d»l quale nondimeno facendo eccezione per la congiuntura presente, si chiarirebbe subito che tra bianco e imbiancato c'e una differenza da vederla ogni losco. Ma checche sia di cid, dopo 1' avviso del medico iaglese, chi vuol seguitare a servirsi della polvere di riso, fara bene a non si fidare cecamente n& delle etichette eleganti ne dei profumi delicati; e ogni buon droghiere o farmacista lo servira di merce piu sincera che le profumerie inglesi (per non far torte alle altre), e a miglior mercato.

CRONACA CONTEMPORANEA

Roma, 16-31 gennaio 1897.

I.

COSE ROMANS

1. Un'altra confessione de' liberali su Roma capitale. 2. La nobilta ro- mana dal Papa. 3. II Gesit, centre dell'Associazione della Sacra Fa- miglia. 4. Morte del Card. Bianchi. 5. L'istituto chinesiterapico di Roma.

1. I liberali di tan to in tanto si larnentano di Eoma, perche non e divenuta quello che essi sognarono. Alcuni giorni fa, per colmo di malinconia, dissero (e la parola fu attribuita al Baccelli) Roma non avere altra attrattiva che le indulgence e i monumenti, cioe, tolto il sareasmo, nulla avere di buono air infuori dell'archeologia e del cristia- nesimo. Uno di questi liberali comincia le sue lamentazioni, riferendo un colloquio avuto gia col Conte di Eobilant, e dice : « Passeg- « giando un giorno (sono passati parecchi anni) lungo il marciapiedi « di palazzo Chigi, un eminente uomo politico diceva a me : Tutte le « volte che io torno a Roma, provo una vera mortificazione. Mi pare

< quasi che tutti noi, Casa reale, Camera dei Deputati, Senato, Mi- « nisteri, ci troviamo qui a pigione. II Re abita un palazzo, le cui porte « sono tutte fregiate di stemmi pontifici ; la Camera si raduna in un

< baraccone di legno : gli uffici pubblici su per giu vivono in case di

< affitto. E 1'uomo politico aveva ragione. Egli si chiamava, lo dico ad « onor suo, Carlo di Robilant; era allora (quando cosi mi parlava, « quasi scoraggiato) Ambasciatore d' Italia a Vienna. Aveva egli to^o « 1'egregio uomo?... E lasciamo in disparte tutto cio che e materia- •c lita, non occupiamoci delle caserme costruite e delle case elevate a scherno di ogni senso artistico ed architettonico. Fermiamoci alle

< manifestazioni della vita pubblica, le quali, nel campo Morale (nen c scrivo patriottioo per non essere scomunicato dai pratici ) hanno una

< grande importanza. Roma, alia meta di giugno, si spopola del mondo c ufficiale ; la Corte emigra e le famiglie cospicue, che intorno alia •e Corte vivono, fanno altrettanto. Si direbbe che la capitale sia un

486 CRONAGA

« luogo destinato alia burocrazia alta e bassa, per compiere il sue la- « voro ; tanto che, appena questo lavoro lo consente, ciascuno se ne va c con Dio, quasi abbandonando un luogo appestato ! Eppure Roma e « la citta pill sana d'ltalia, ed, in estate, senza esitazione, la piu fre- c sea. Ma, almeno d' inverno, che ha fatto questa societa italiana in « Roma? N' ha fatto un centre di civile coltura, un luogo di artistioa c attrazione, dal quale si irraggi e si diffonda nella nazione tutta la c luce del classicismo antico, tutto lo splendore della vita nuova, tutta « la promessa di un incivilimento, il quale valga a raddoppiare il pre- « gio dei tesori che gia Roma possiede e faccia testimonianza che la « sua missione, anziche finita, sta per ricominciare, arricchita di nuovi c tesori? Niente di tutto cio. La caccia alia volpe, al lupo, ai fagiani ed^alle- beccacce e certo divertente, specialmente per le classi oziose, « le quali credono di aver adempiuto il loro dovere quando si sono < divertite. Ma Roma ha diritto a qualche cosa di pift e di meglio. E c questo di piu e di meglio ha diritto, o almeno aveva diritto di at- « tendersi, dall'Italia insediata fra le eterne e storiche sue mura 4. > Ecco una lamentazione liberalesca degna di conservarsi.

2. II 21 gennaio la nobilta romana offriva al S. Padre gli ossequii e gli augurii pel nuovo anno. II ricevimento fu nella sala del con- cistoro, e alle parole del Principe Ruspoli, Maestro del S. Ospizio (che suppliva il Principe Colonna, Assistente al soglio, che era indisposto) il S. Padre rispose con un discorso, letto da Mons. Misciatelli. In esso il S. Padre, dopo aver ringraziata la nobilta romana, intorno a se riunita, per 1'affetto che serba verso la S. Sede, 1'esortava ad es- sere memore degli esempi degli antenati, la storia de' quali e intrec- ciata con quella del Papato. Ricordo ancora quanto opportune e 1'aiuto che la nobilta stessa offre al Papa nello opere pubbliche a bene di Roma, come asili, sodalizii, scuole de'fanciulli e ricoveri d'ogni specie.

3. Con un Breve del 14 giugno del 1892 il S. Padre Leone XIII raccomandava il culto della Sacra Famiglia Nazaretana e pubblicava insieme lo statute fondamentale della pia Associazione universale delle famiglie cristiane alia Sacra Famiglia di Nazareth. Noi pubbli- cammo detto statute a pag. 371 del quaderno 1011 del 6 agosto 1892, e con esso una parte del Breve pontificio, eve si discorre dell' impor- tanza di tale associazione, nonche dei principii di essa, sorta special- mente per opera di Mons. Francesco De Montmorency-Laval, primo Vescovo di Quebec, della Yen. Margherita Bourgeois e del P. Franooz d. C. d. GK A Roma s' era dapprima stabilito il centre dell'Asso- ciazione in S. Carlo al Corse ; ma il S. Padre ha ultimamente divisato di mettere al Gesu il centre della stessa Associazione. E il 24 gen-

1 Tribuna, n.° 17.

CONTEMPORANEA 487

naio di quest'anno con gran pompa si celebro ivi la festa della Sacra Famiglia, con un triduo di preparazione ; e a preghiera del Cardi- nale Aloisi-Masella, Prefetto della Congregazione de' Riti (a cui sta tanto a cuore la devozione alia S. Famiglia) fu invitato il P. Zocchi a predicare al popolo durante il triduo. Grande fu il concorso de' Romani alia devota festa, e 1'istesso Cardinale, il di 24, cele- brando la Messa, distribui la comunione ad un migliaio di persone. Al Gesu intanto si fanno preparativi per dedicare uno degli altari lateral! alia S. Famiglia Nazaretana.

4. II 22 gennaio moriva in Roma, confortato dai Sacramenti della Chiesa, il Card. Angela Bianchi. Era egli nato in Roma il 19 novem- bre del 1817, e fu uomo di saggezza romana e grande amabilita. Gli alti uffizii ecclesiastici da lui esercitati furono i seguenti : in prima qnello di maestro delle cerimonie pontificie ; al quale seguirono quello di ministro degli affari ecclesiastici in Isvizzera, di secretario della Congregazione de'Vescovi e Regolari, di Nunzio apostolico a Madrid, di Abate commendatario di Subiaco e ftnalmente di Prodatario e Ye- scovo suburbicario di Palestrina. Fu fatto Vescovo titolare il 18 ot- tobre 1874, Cardinale il 25 settembre 1882 e Prodatario il 1889.

5. Chinesiterapia, dal greco, significa euro, del movimento. L' isti- tuto chinesiterapico, dunque, e un istifcuto ove si curano col mo to alcune malattie. Esso, in sostanza, e una specie di ginnastica, colla differenza che il movimento si produce nel corpo con ordigni estrinseci. E una cura ridotta a perfezione da Gustavo Zandec, svedese, ed egli stesso ha costruite le macchine del nuovo istituto romano, che forse 6 il migliore d' Europa, e trovasi in un palazzo dell' esedra di Ter- mini. La fondazione dell' istituto si deve al Comm. Beccaro e al Dott. Colombo. II fondamento terapeutico e questo : cioe, che gran parte del benessere proviene dal movimento regolare degli organ i corporei; infatti, un muscolo che si contrae, uno stomaco che non digerisce, una giuntura che non lavora a modo danno origine a di- sturbi. Ora la cura si fa, appunto, mettendo in movimento qualche parte del corpo che lo richiede, restando in quiete le altre. All' ap- parenza, dice il Dott. Picci, chi visita quelle sale del nuovo istituto, al veder quelle braccia, quelle gambe, quei tronchi che eseguiscono con regolarita ritmica un unico movimento fra sbarre di ferro, fra pesi e fra ruote d' ipgranaggio, ci darebbero 1' idea di una sala di tortura, se la fisonomia dolce, tranquilla dei proprietarii di quelle membra e di quei corpi non ci rassicurassero subito sulla piacevo- lezza di quei singolari esercizii. Sono mani o pugni ingegnosamente incastrati in delicate armature che eseguiscono movimenti di piano- forte; sono articolazioni irrigidite che si sciolgono, muscoli atrofiz- .zati che si rinforzauo ; piu in la sono piedi che descrivono evoluzioni

488 CRONACA

circolari, o gambe che simulano il movimento del velocipede. Final- mente, alcuni motori elettrici, imprimendo movimenti vibratorii ripe- tuti, eccitano la vitalita anche di quelle parti malate, a cui non si pud dar movimento con uno sforzo attivo, ottenendosi il moto con una specie di ginnastica passiva. Ecco, in breve, che cos'6 1' istituto chinesiterapico di Roma.

IL

COSE ITALIANS

1. Lettera dell' Episcopate lombardo sulla massoneria e sul socialisino. 2. Tpionfi di fede a Firenze e Valdarno. 3. Agitazioni, insubordi- nazioni e tumulti nelle Universita italiane. 4. Come gli studenti seguano 1'esempio dato dal liberalismo politico. 5. Le societa catto- liche di Liguria e i governanti. 6. Morte dell'avvocato Giuseppe Tovini.

1. Nelle lotte interne d' Italia, lo Stato e la Chiesa esplicano spesso- la loro operosita in modo che apparisca anche di fuori e dai fatti, non. solo 1' intima differenza proveniente dalla diversa natura, ma quella altresi che viene dal dissidio indotto tra Chiesa e Stato dalla rivolu- zione. In questi giorni, per parte della Chiesa, abbiamo la Costitu- zione pontificia sui libri, posta in fronte a questo quaderno ; una sapientissima lettera dell' Episcopate lombardo ai loro fedeli sulla Mas- soneria e sul Socialismo ; abbiamo adunanze e feste religiose in To- scana per opera del Card. Bausa e di Mons. Camilli. D' altra parter per opera dello Stato, abbiamo lo scioglimento di qualche societa cattolica di Liguria, il sequestro del Cittadino, per aver provato che- il liberalismo e padre del socialismo, e la repressione violenta degli studenti socialisti schiamazzanti contro il Ministro della pubblica- istruzion^. Narriamo i fatti. I giornali milanesi, 1' Osservatore Cat- tolico (n.° 18) e la Lega Lombarda (n.° 23) recavano una lettera di: tutto 1' Episcopate lombardo contro la massoneria e il socialismo, i due mali piu giganteschi che minacciano ora il mondo morale. E una lettera mirabile per chiarezza e perspicuita, per forza e popolarita. La menzionata lettera dell' episcopate lombardo tratta questi punti : La Massoneria ; il programma massonico ; i prindpii naturalistici ; i mas- soni in buona fede; I'encicliche de'Romani Pontefici sulla Massoneria ;

10 seopo del socialismo ; le conseguenze dell'idea sodalistica ; la nuova schiavitu che ne segue ; il diritto di proprietd; I' Utopia dell' uguagliama ;

11 socialismo e ateo ; Vaffinita de' socialisti co'ntassoni ; il cristiano non pud esser sociulista ; doveri dei ricchi ; la salute nella religione. I por- tavoce del liberalismo, come L'Opinione (n.° 26), effemeride offlciosa governativa, non approvarono se non in parte quel grave documento..

CONTEMPORANEA 489

Si lamentava cio& che i cattolici, nel combattere il socialismo, non si associno allo Stato che pur lo coiabatte, si lamentava che i medesimi non aiutino lo Stato alia tutela delle istituzioni conservatrici, le quali, secondo la mente de'liberali, sono la sovranita popolare, i plebisciti, il parlamentarismo, e, in una parola, lo Stato laico e il diritto nuovo. Ma sono lamenti inutili, poiche ai cattolici non basta di combattere il socialismo, volendo essi parimente combattere le cause, racchiuse, piu o meno, negli istituti liberali. E in ci6 sono logici e procedono •con coerenza nel loro operare ; laddove i liberali, mancando di logica, •quando si arriva alle conseguenze, non hanno altro modo di repri- merle che la forza.

2. In Toscana vi furono in questi giorni due trionfi della Fede, a .Firenze e a Valdarno. II 17 gennaio si celebro nel duomo di Firenze lo stabilimento della Lega contro la bestemmia e la profanazione delle feste, per opera del Card. Bausa, Arcivescovo di Firenze. La mattina, non solo in S. Maria del Fiore, ma in tutte le altre chiese, le comu- nioni furono numerosissime. II centro del trionfo della fede fu pero in S. Maria del Fiore. L'eminentissimo stesso sail in pergamo ed an- nunzid la costituzione della lega, facendo un discorso degno de' Padri •della Chiesa, e pud leggersi per disteso nell' Unita Cattolica del 24 gen- naio. Nel pomeriggio vi fu una solennissima processione tra le navate del •duomo fiorentino, alia quale presero parte un duemila persone, inentre altre diciottomila erano adunate sotto e intorno la cupola del Brunellesco. Notiamo una particolarita che, minima all'apparenza, ci sembra grande in realta ; cio 6 il canto d'una laude popolare: Benedetto I' alto nome, •che venne cantata alternativamente dall'orchestra e dal popolo. Questa laude, narra il foglio cattolico fiorentino, composta, per istanza del- 1'Arciconfraternita della Misericordia, dal Padre Mauro Ricci, e mu- sicata dal maestro Soldi, pud ben chiamarsi la Marsigliese Cattolica per una certa analogia negli effetti. Cantata con entusiasmo da ben ventimila persone ieri sotto le maestose volte del tempio d'Arnolfo, produce va un effetto impossibile a descriversi. Diffusa per ogni parte dell' archidiocesi, specialmente nei centri piu popolosi, la si canta eovente dagli operai nelle officine, o dai lavoranti che tornano a casa, o dagli agricoltori nei campi, invece degli inverecondi stornelli o delle strofe socialiste a cui prima si abbandonavano. In molte scuole infantili private, la si ripete poi ogni giorno con santa letizia. Per- sone che non 1'avevano mai udita, nel sentirla cantare in duomo da mille « mille voci bene intonate e robuste, ne rimasero addirittura inebriate. Da Firenze passiamo a S. Giovanni in Valdarno, nella diocesi di Fiesole. Ivi si tenne 1'adunanza diocesana da Mons. Camilli, il 28 gen- naio. II tutto era riuscito a meraviglia, se non che una piccola so- cieta anticlericale, aveva pensato di far vedere che era viva ; quindi

490 CRONACA

fin dal mattino le mura del paese erano state tappezzate da cartellini stampati, che recavano : Viva Roma Intangibile! -- A Rorna d siamo e ci resteremo. Viva il XX Settembre! Piu tardi si fece una espo- sizione di tricolor!, presi a nolo per la circostanza. Quindi, narra YTJnita, una ventina di cenciosi, che fischiavano da se per la miseria, appostati accanto alia loggia del mtmicipio. quando Mons. Vescovo, circondato da due fitte ali di popolo, t'u ad essi vicino, si diedero a fischiare. La reazione e stata immediata ed indescrivibile. Da tutta la piazza, affollata da non meno di tremila persone, si alzo un poten- tissimo grido di : Viva il Vescovo! Evviua i cattolici! Evviva Leone XIII f Circondato da' suoi figli fedeli, Mons. Camilli, sempre in mezzo agli applausi, rientro nella canonica, mentre i quattro anticlerical! conti- nuavano a fischiare, dietro le spalle dei carabinieri, che cosi li sal- vavano da qualche meritatissima lezione. L' entusiasmo dei cattolici sali allora tant'alto, che, chiamato con applausi e viva interminabili, Mons. Cainilli dovette affacciarsi alia finestra, e mentre egli alzava la mano a benedire la moltitudine, 1' ovazione divenne addirittura frenetica. Erano mani e cappelli che si agitavano, pezzuole che sven- tolavano, grida ed applausi che andavano al cielo. San Giovanni non assistette mai a spettacolo simile.

3. La studentesca delle Universita italiane e nuovamente in sub- buglio, fin dal 26 gennaio, subbuglio continuato sino ai primi di feb- braio. Fischi, lotte di pugni, interruzione violenta delle consuete lezioni, rottura di vetri, e volar di.sedie, proteste e vocio per la citta, concorso della forza armata sono, in compendio, le solite delizie che regalarono al popolo italiano coloro che domani regoleranno i suoi destini. Sono cose vergognose ed indegne, che e pur necessario narrare. Prendiamo le cose un po' dall'alto. II prof. Labriola, nel discorso d'apertura del corso scolastico in Eoma, disse dinanzi allo stesso Ministro della pubblica istruzione, Emanuele Gianturco, parole alquanto invereconde contro lo stesso Ministro presente, il quale piu tardi ne lo redargui, com'era giusto. Era un triste esempio che il Labriola dava agli stu- denti (e il liberalismo, in generale, abbonda di tali esempii che vengono dall'alto). Inoltre, 1'on. Gianturco, quando sali al potere, disse che avrebbe con forza ridotto al dovere gli studenti : espressione di cui questi s'erano adontati. Finalmente, all'occasione che lo stesso Gian- turco, il 26 gennaio, doveva fare una visita all 'Universita di Bologna, gli studenti socialisti erano convenuti coi monarchies che non si fa- cessero applausi ; ina i monarchic!, mancando all' accordo, si lascia- rono andare ad ovazioni e viva festanti : Viva Gianturco! Viva il Ministro serio.'Fu la scintilla che desto 1'incendio. I socialisti allora cominciarono i fischi con grida di Viva Labriola! Viva Pa/Maleowi! (professore sospeso a Napoli). Quindi tentarono impedir 1'ingresso del-

GONTEMPORANEA 491

1'Oniversita al Giantureo, il quale, a stento, circondato da varii pro- fessor!, si pote aprire il varco nell'Ateneo; ma fu tale la ressa e il tumulto mentre egli era dentro, che questi, irritato, fe' chiamar le milizie a reprimere 1'audacia degli studenti, i quali, oltre al menar tra loro pugni e bastonate, volevano impedire 1' uscita al Ministro. Narrano i fogli bolognesi, che all'apparire degli ispettori e delegati colla sciarpa, seguiti da varii carabinieri, degli studenti, altri volsero la schiena e infilarono la porticina che mette all'uscita di via Belmeloro, altri retrocedettero per 1'atrio. Yenne loro intimato di sgombrare anche di la e furono rigettati fuori del portone. Intanto erano accorse due compagnie di fanteria coinandate dal capitano Fomel del 28° e Mo- lina del 27.° Si dettero gli squilli e gli studenti furono fatti retro- cedere fino a piazza del Comunale e a via San Giacomo, lasciando libero il tratto di strada davanti 1'Universita. Dopo questo fatto, dell' intervento della forza pubblica nell' asilo sacro agli studii, gli studenti ebbero in mano di che formare una frase sonora e gittarla in mezzo alle altre Universita per accendere i compagni. Cio fu : La profanazione fatta colle armi al tempio della scienza ; e non pen- sarono che la profanazione veniva dalle loro impertinenze, non da chi rimetteva 1'ordine. In quasi tutte le universita allora, la studentesca, che ama far chiasso, comincio a tumultuare, seguendo 1'esempio del colleghi di Bologna. A Eoma poi essa si e segnalata sopra tutte le al- tre per tumulti e stravaganze, coonestandole con frasi rettoriche sulla liberta della scienza e del pensiero, mentre trattavasi solo di fischi, rottura di vetri e chiassi di gente spensierata. Certo, nessun pro- fessore avrebbe mutato le sue idee filosoflche e letterarie perche la milizia frenava i disordini studenteschi. II male e che anche i pro- fessori non ebbero una condotta coerente, poiche alcuni, troppo ligi agli studenti, dichiararono di non voler continuare le lezioni, finche le milizie erano dentro il recinto dell'universita, laddove altri accet- tarono di far lezione. Anche 1' autorita giudiziaria voile entrare in grazia degli studenti, lasciando liberi alcuni di loro arrestati e di- chiarandoli innocenti. E pensare che ne' cosi detti tempi di tirannide, bastava 1'autorita morale del corpo accademico per far rigar diritto gli studenti, laddove in tempi detti di liberta si devono chiamare in aiuto le baionette e le pistole ! Bella lezione che da il tempo galantuomo a chi segue i fatti contemporanei. In fatti, in mezzo al tafferuglio de' soldati e studenti, uno di questi esclamo qui in Eoma : Nemmetio sotto il governo de' preti, accadeva questo, e altri a rispondere : Viva il Papa!

4. A dare ai posteri e lontani un esempio del come gli studenti abbiano imitate bene gli esempii che loro diedero i capi della rivo- luzione italiana, rechiamo questi cosi detti ordini del giorno delle

492 CRONACA

varie studentesche. Questo e d'uno studente di Napoli : « In un mo- mento solenne, come questo, trattandosi di protestare contro un Mi- nistro che vuole imitare i Borboni, rendendosi responsabile di violazioni e di sospensioni; noi, rappresentanti del primo ateneo d'ltalia, dichia- riamo decaduto il Ministro. Vinvito a votare un ordine del giorno chiedente le dimissioni di Gianturco e del rettore Semeraro, e affer- mante che nessuno studente d'ltalia rientrera nell'Universita, se non quando saranno riammessi i colleghi espulsi. » Son cose ainene. Gli studenti di Messina dicono : « Gli studenti dell'Universita di Messina, protestando contro Pinvasione nelle aule universitarie da parte della questura, con viva simpatia per gli studenti romani e bolognesi, si asten- gono con la massima serieta dalle lezioni, finche un questurino rimarra in nna Universita italiana. » Gli studenti di Roma: «Gli studenti dell'Universita romana, di fronte alle umilianti acclamazioni di pochi giovani al Ministro reazionario, riaffermano la loro fede tenace nella liberta della scienza, primo cardine della liberta civile e pratica di un popolo, e rendendosi solidali con i compagni di Bologna e di Na- poli, protestano contro la chiusura ingiustificata dell'Ateneo di Eoma. » II capolavoro poi di questa tragicommedia e 1'appello fatto al popolo, a questo popolo, che si aspetta ben altro da coloro che si dovrebbero preparare con piu gravita a regolare un giorno le sue sorti. « Cittadini (dicono) in Italia, dove ancora risuona 1'eco delle grida dei morti per la liberta, anche 1'ultimo baluardo della liberta, quella dell'insegna- mento, e stato violate (non molto dissimili sono le sctise de' raga%zi del ginnasio, puniti dai maestri). Perche noi ci rendemmo solidali coi compagni di Bologna, la polizia ha preso il posto degli studenti e 1'Universita si e tramutata in una camera di sicurezza. Noi non sen- tiamo il bisogno di giustificare la nostra spontanea ribellione, ma chie- diamo soltanto che, mentre altre volte voi cittadini siete stati contro di noi, anche quando 1'autorita scolastica era dalla parte nostra, questa volta invece che la liberta e stata sopraffatta dalla forza brutale (?) vi chiediamo di sorreggerci nella lotta che abbiamo intrapresa. Poich& oggi che noi ci ribelliamo ad un Ministro reazionario, che puntella le cattedre colle baionette, noi non trovammo altro modo di protesta, quando il Rettore e molti professori non seppero tutelare non solo i nostri ma neppure i loro diritti. Fino a che la polizia avra autorita di invadere le aule e d'imporsi agli insegnanti, noi non potremo ascol- tarli con animo calmo, nel dubbio che la loro parola possa essere ispi- rata dal timore. (Gli scrupoli del tarlo!) Nella ribellione della nostra coscienza non permetteremo che solo alcuni compagni, colpevoli come noi, se pure vi e colpa, rimangano puniti, noi ci dichiariamo solidali con loro : o tutti puniti o tutti nella libera scuola. > Ecco un pezzo di storia, da cui molto si potra imparare.

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5. Aleun tempo fa, rimproverato il March. Di Rudini d'essere troppo indulgente coi cattolici alias « clerical! », rispose che per lui sodalisti e clericali erano tutt'uno, e che all'uopo saprebbe tenerli a freno ugualmente. Yedemmo gia lo scioglimento de' Circoli sodalisti. Or ecco in Liguria un piccolo colpo anche ai clericali. La cosa e nar- rata dal Letimbro di Savona. II sottoprefetto chiamo a il Conte Carlo Naselli Feo e il sig. Carlo Tissoni, quali capi de' cattolici, cice « cleticali » savonesi; e fatta professione di cattolicismo, li ammoni paternamente a lasciar le idee clericali e ridivenir buoni cattolici, come prima, rimproverandoli che col Letimbro e colla Croce spargevano principii contio 1'unita d' Italia e coi comitati parrocchiali suscitavano la guerra civile. « Aggiunse, dice quel giornale, che il Governo e per esso i suoi rappresentanti, non potendo tollerare questo movimento insurrezionale dei clericali, avrebbero preso dei provvedimenti ; esser quindi conveniente che i clericali ritornino i cattolici di qualche anno addietro, e cosi facendo, invece di minacce, avranno ancora la pro- tezione dell 'au tori ta politica e quindi anche del sottoprefetto. I nostri amici, dopo di aver dimostrate prive di fondamento le accuse del sotto- prefetto, a nome proprio, di tutti i cattolici (pardon) clericali savo- nesi, dichiararono che, come nulla mutarono per 1'addietro, nulla hanno da mutare per 1'avvenire nell'esplicazione del loro programma politico e religiose e nella manifestazione dei loro principii. Per quanto riguarda il nostro giornale, approviaino e ripetiamo quanto i nostri amici dichiararono al sottoprefetto : aggiungiamo solo che se qualche parola o frase nella forma pud non garbare al sottoprefetto, come quella di clericali per cattolici, come la presa di Roma, invece di in- gresso trionfale in Roma, la spoliazione dei conventi e delle chiese invece di incctmeramento, noi procureremo di accontentarlo, anzi in- vitiamo tutti quanti ci onorano dei loro scritti a ricordare ed usare sempre i nuovi vocaboli, che sottolineeranno. » Questo a Savona. A Geneva poi, narra il Cittadino, che quel regio prefetto ha fatto scio- gliere la societa cattolica di Yobbia (Crocefieschi), perche, si dice, eserdtava indebite pressioni nelle elezioni amministrative e politicke, in- timidendo gli awersarii con lettere minatorie minacce. 0 che dignitosa coscienza e netta quella del Prefetto di Genova! Se le colpe de' cat- tolici di Yobbia sono fondate, egli e davvero degno d'essere nominato ispettore generale delle prossime elezioni politiche, affinche tutti gli elettori dieno liberamente il loro voto senza raggiri e inganni per parte degli eligendi : impresa che, se riesce, supeTera in gloria tutte le fatiche di Ercole che conta la mitologia. Del resto, sapete qual fu, amici lettori, il delitto di quel Circolo cattolico? Non altro che quello di fare osservare il divieto pontificio per le elezioni politiche. 6. Nella notte del 16 gennaio spegnevasi in Brescia un uomo che

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compiutamente rappresentava in se stesso la vita del laico cattolico, quale deve essere in Italia, tra le classi dirigenti, per corrispon- dere alle necessita civili e religiose dell' ora presente. L'Avvo- cato Giuseppe Tovini aveva appena 55 anni, essendo nato in Civi- dale Alpino, nella Provincia di Brescia, il 14 marzo del 1841; ma la sua complessione era stata indebolita siffattamente dall'eccessivo la- Toro, che pur troppo in questi ultimi anni e i parenti e i numerosi amici furono in continua trepidazione per la sua preziosa esistenza. Preziosa davvero al cospetto di Dio e degli uomini ; perche la fede del defunto fu sempre pura ed incrollabile : sopra tutto essa fu una fede attiva, che gli fece seminare di opere meravigliosamente belle il suo cammino. Dalla fede, che negli anni giovanili gl'infuse, tra in- dicibili dolori, la costanza in lottare per la vita sua e de' suoi fra- telli, rimasti orfani, il Tovini trasse in fino all'iiltimo respiro altresi la luce che 1' irradio, rendendolo sopramrnodo stimato non pure ai cattolici, ma altresi agli avversarii. Quindi i suoi funerali furono un trionfo. Di lui parlarono e scrissero con ammirazione sincera gli uomini delle piu opposte opinioni, compreso il Zanardelli che in citta e pro- vincia di Brescia fu, pud dirsi, il suo antagonista; e dimostrossi cosi un'altra volta a luce meridiana, che il carattere, temprato sal- damente alia prpfessione del cattolicismo papale, e in Italia titolo d'onore riconosciuto da tutti, laddove gli altri titoli svaniscono nel- 1'infamia o nell'oblio. II Tovini era Commendatore pontificio, noto e carissimo al Santo Padre, che ne pianse con tutta 1'Italia cattolica la perdita, perche 1' insigne laico bresciano, emulo delle virtu del suo concittadino il Venerabile Luzzago, portava nell'azione cattolica e spe- cialmente nell' Opera dei Congressi, di cui era vice presidente, insieme colla sapienza dei consigli, anche lo splendore degli esempii, 1'elo- quenza della parola, 1'efficacia dell' impulso. Non ci dimenticheremo ' mai d'aver visto piu volte le lacrime spuntare sul ciglio di venerandi Yescovi, commossi in udire il Tovini eccitare dalla tribuna dei Con- gressi specialmente i giovani a cercare nella santa Comunione la forza di vivere e di combattere cattolicamente, assicurandoli che in ogni difficolta essa era stata ognora il secreto delle sue proprie vittorie. L' istituzione dell' Opera per la difesa della fede nelle scuole fu suo pen- siero e sovra le altre innumerevoli, d' indole professionale, economica, religiosa, sociale, amministrativa, in un colle sollecitudini domestiche di ottimo padre e marito, sua cura prediletta. Noi perd, dal canto nostro, desideriamo ardentemente che quanti in Italia mostrarono il proposito di perennare la memoria di Giuseppe Tovini si adoperino a conservare ed a dilatare quell'opera, perche essa un giorno sara an- che la gloria piu fulgida del suo noine.

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III.

COSE STRANIERE

A.USTRIA.-UN&HERIA. (Nostra Corrispondenza), 1. Movimento cattolico 2. Elezioni per le Diete provinciali. 3. Parlamento austriaco ; di- scussioni ; scioglimento del Consiglio dell' impero ; condizione dei par- titi parlamentari alia chiusa del periodo leirislativo. 4. Nuove ele- zioni general!; agitazione elettorale ; mene dei socialist! democratici ; apertura delle Diete provinciali.

1. Volendo ricapitolare il pin comisamente possibile la cronaca degli ultimimesi, conviene assegnare cronologicamente il primo posto ai numerosi congress! cattolici, coavocati nelle diverse province dell' Im- pero, di qua e di la dal Leitha. I pid important!, che vogliono per se un cenno particolare furono : il IV congresso generale dei catto- lici austriaci aperto a Salisburgo il 31 agosto e chiuso il 3 settembre; il congresso generale dei cattolici ungaresi a Budapest ; e finalmente il I congresso internazionale antimassonico di Trento. II primo riusci tanto splendidamente per concorso numeroso e scelto e per bella con- cordia da superare ogni aspettazione, tanto piu se vuolsi tener conto dei mali umori, che erano scoppiati nell'ultimo congresso di Vienna. V'accorse il fiore della prelatura e della nobilta cattolica di tntta 1'Austria, un bel drappello di deputati cattolici al Parlamento e di studenti cattolici delle universita, e molti personaggi illustri per scienza e pieta, fra i quali il celebre padre Abel e il P. Kolb d. C. d. G. II conte Thun, luogotenente della provincia, portd in nome del Gk>- verno un saluto al congresso, che come vedremo piu sotto ebbe uno strascico in Parlamento. L'episcopato austriaco accrebbe importanza a questo congresso, inviandogli una lettera collettiva, nella quale inculcavasi sopra tutto la fedelta alia Chiesa, la difesa de' suoi diritti divini e della sua liberta, inceppata dal potere civile, il quale per principio la tiene sotto tutela. Vi si tratto della condizione del Santo Padre, dell'universita cattolica da fondare, della questione scolastica sociale ed agraria, della stampa cattolica e dell'azione antimassonica. Assai pratiche risoluzioni vennero proposte ed approvate circa la que- stione operaia, e circa i mezzi di salvare 1'arte cristiana dalla deca- denza, cagionata dall' ignoranza dei committenti e dai mestieranti speculator!, sostituitisi ai veri artisti.

Verso la meta d'agosto si raccolsero pure a Budapest i rappresen- tanti di tutte le societa cattoliche dell' Ungheria, sotto la presidenza del conte Nicolo Maurizio Esterhazy, il quale con eloqueute arringa infiammo i suoi connazionali a resistere virilmente allo scristianeg- giamento del regno di S. Stefano. Del congresso antimassonico inter-

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nazionale, tenuto a Trento agli ultimi di settembre, si occupd a suo tempo la direzione di codesto periodico tanto, che ben poco resterebbe da soggiungere al vostro corrispondente su tale argomento, anche se la inateria accumulatasi in parecchi mesi di silenzio non lo costrin- gesse ad affrettare il suo cammino.

II movimento cattolico in quest'ultimo scorcio si manifestd pi ft vivace del solito anche nelle adunanze frequenti della fiorentissima « Leo-gesellschaft » e della societa per la fondazione d'una universita cattolica a Salisburgo ; nelle riunioni promosse dai cristiani-sociali di Vienna anche per le donne cattoliche, e delle associazioni scolastiche d'ogni genere ; e, finalmente nel rapido progredire delle societa ope- raie cattoliche, nelle diverse province, segnatamente nella Stiria e nel Tirolo, dove i socialisti anarchici, diretti da caporioni di Vienna e di Berlino, fanno una propaganda indiavolata. Notevole & il risve- glio cattolico nella Boemia, dove in mezzo al fiottare delle lotte na- zionali e della setta neo-ussitica la societa cattolica di Praga trovo modo di assicurare per 1'anno corrente la pubblicazione d'un nuovo giornale cattolico in lingua czeca e di promuovere 1'unione fra i maestri cattolici; mentre d'altra parte i cristiani-sociali di Vienna, venehdo in aiuto ai cattolici di Bpemia, scesero anche cola risoluti in campo contro i tedeschi nazionali del parti to schoneriano, e contro il socialismo ebraico-democratico. Finalmente nella Galizia orientale i cattolici ruteni, sotto la condotta del loro metropolita Card. Sem- bratovic, gettarono le basi di un nuovo partito cattolico nazionale ; e qualche tentative venne pur fatto per ricondurre alPunita cattolica i numerosi dissidenti greci ed armeni della Bukowina..

2. Contemporaneamente, a questo movimento religiose ando in- trecciandosi 1'agitazione politica per le Diete provincial]. In complesso i cattolici mantennero la loro preponderanza dove 1'avevano, come nel Tirolo, nel Salisburghese e nell'Austria superiore; e qui e cola guadagnarono qualche seggio, od uscirono con onore dalle prime bat- taglie, come nella Moravia e nella Carintia. Ma il trionfo piu segna- lato fu quello riportato nell'Austria inferiore dai cristiani-sociali del Dr. Lueger, contro il vecchio partito giudaico liberale finora preva- lente, e contro i tedeschi nazionali schuneriani del colore della Ost- deutsche-Rundschau. II partito cristiano-sociale od antiliberale, gia vincitore nelle elezioni comunali della capitale e padrone assoluto nel consiglio municipale di Vienna, non pote darsi riposo, finche non gli venne fatto d' impadronirsi anche della maggioranza della Dieta pro- vinciale dell'Austria inferiore, dove i liberali della piii bell'acqua avevano sempre tenuto il mestolo da anni e auni. In tutti i collegi rurali non pote spuntare che un solo liberale, e 21 mandato caddero nelle inani degli antiliberali. Ma il colmo della vittoria antiliberale

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fu la strepitosa elezione del Dr. Lueger nella cittadella stessa del se- mitismo, vale a dire nella Leopoldstadt, quartiere della capitale po- polato quasi per intero da ebrei, una piccola nuova Gerusalemme. Fu questo il vero colpo di grazia al liberalismo giudaico Viennese, orinai cacciato in bando dall'iiltimo suo seggio, e Dio lo voglia per sempre. Pur troppo verso la meta di gennaio il Dr. Lueger sotto il peso di tante fatiche durate accorrendo giorno e notte dappertutto, sempre sulla breccia, per organizzare il partito e dirigere 1'agitazione eletto- rale, cad'de gravemente ammalato, facendo temere per la sua vita ; ma riavutosi ben presto trovasi, mentre scrivo, gia entrato in conva- lescenza. Guai se quest'uomo venisse a mancare cosi presto alia di- rezione del partito antiliberale ; nessuno degli altri capi cristiani so- ciali varrebbe a surrogarlo.

3. II 1 ottobre venne riconvocato il parlamento austriaco. I lavori parlamentari continuarono per alcuni mesi con rnaggior tranquillita dell'usato, non venendo interrotti come in passato dal clamore delle lotte nazionali. Yennero presentate alia discussione molte proposte, ed approvate parecchie leggi, improntate ad un sisterna di sagge riforme sociali nel campo del commercio, dell' industria e dell'agricoltura, con- tro i giuochi di Borsa, contro i contratti fraudolenti d'invenzione giu- daica, per la riforma del sistema tributario e del regolamento eletto- rale, eccetera : leggi tutte in genere favorevoli ad un miglioramento nelle condizioni delle classi piu povere e degli operai. Per quanto debba essere rapido questo sguardo retrospettivo all'ultiina sessione parlamentare, alcuni episodi della medesima vogliono essere rilevati particolarmente per la loro importanza politica e religiosa.

II ministro della difesa del paese, conte Welsersheimb, essendosi toccato del duello fra ufficiali e della Eeligione nell'esercito, ebbe a dichiararsi abbastanza esplicitamente contrario al barbaro costume del duellanti, senza tuttavia accennare a provvedimenti piu energici di re- pressione. Quanto alia religiosita dei soldati, riconoscendonelanecessita, ne deploro la mancanza, attribuendone pero la colpa piu che alia di- rezione dell'esercito all' indirizzo irreligioso generale della societa ci- vile (e, poteva aggiungere anche, alia scuola laica, imposta dalle leggi dello Stato). Conchiuse, clando notizia di una ordinanza inviata dal ministero della guerra a tutti i comandi territoriali, la quale impone di lasciare libera la mattina dei giorni domenicali e festivi ai soldati ed alle reclute, affinche possano assistere alia s. Messa. Se non che, chi un tantino conosca i principii religiosi professati in genere dagli ufficiali e graduati militari del nostro esercito, pud facilmente preve- dere, che questa lodevole ordinanza ministeriale riiuarra in gran parte lettera morta, e cadra ben presto in dimenticanza.

Contro la facolta teologica dell'universita di Innsbruck, una delle

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1120. 32 13 feblralo 1397.

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pill fiorenti di Europa, frequentata da student! d'ogni nazione, per- sino d'America e d'Australia, venne presentata una proposta del D' Suess, noto liberale impenitente, la quale mirava a strappare quella facolta alle inani dei padri Gesuiti, che la tengono con tanto lustro della scienza e della Religione. Ma essi trovarono una strenua difesa nei deputati cattoli-n del Tirolo e di Salisburgo, i quali notarono fra 1'altro, come i professori gesuiti d'Innsbruck, sebbene superior! per scienza a tanti altri, pure si contentano di un onorario di f. 1050 per cadauno, mentre a ciascuno de' professori delle altre facolta teolo- giche austriache si accorda la paga di fiorini 3200. La proposta Suess cadde col meritato scorno del proponente.

Una grossa tempesta fu sollevata nella Camera dal saluto che il conte Thun, luogotenente di Salisburgo, porto a nome del Governo al congresso cattolico adunatosi nella stessa citta, ed un discorso di- retto ad una riunione di maestri cattolici dal capitano distrettuale di Feldkirch nel Vorarlberg, a favore della scuola confessionale. Contro il primo fioccarono nella Camera le interpellanze al presidente Ba- deni, fra le quali una del conte Kuenburg, capo della sinistra libe- rale tedesca. Eispose il Badeni, ammettendo il fatto, e giustifican- dolo con esempi analoghi, e coi riguardi dovuti all' importanza di quel congresso ; affrettossi tuttavia ad aggiungere, che il Governo per quel saluto non intendeva di appro vare tutte le deliberazioni prese in quell 'assemblea (fra quelle ce n'era una risguardante 1'in- dipendenza del Sommo Pontefi.ce, e la questione romana) conchiu- dendo, che di risentimento da parte di qualche potenza estera non era neppur da parlare. Naturalmente gli interpellanti rimasero poco soddisfatti di tale risposta, ancorche essa fosse stata circondata da tante riserve, che non soddisfece del tutto nemmeno i conservator! nella Camera e fuori ; sicche il giorno dopo il Kuenburg torno all'as- salto, chiedendo fosse aperta la discussione sulla risposta del mini- stro. Ma la maggioranza non ne voile sapere, e la cosa fini in un nuovo fiasco della sinistra liberale. E calo finalmente il sipario sul dramma, con un comunicato ufficioso del Fremdenblatt, nel quale affer- mavasi, che 1'incidente accennato aveva formato a suo tempo oggetto di una conversazione fra il cancelliere Golukowski e 1' ambasciatore Nigra, cui erano state date tali spiegazioni, da escludere ogni man- canza di riguardo verso la potenza arnica ed alleata.

Circa un mese dopo, appena sedata questa burrasca, ne scoppid un'altra, a proposito, come si e detto, del discorso tenuto dal conte Schaffgotsch alia seduta inaugurale di una societa fra maestri catto- lici. Ecco il fatto. Dopo aver deplorato, che la revisione delle leggi scolastiche sia stata finora impedita dalle tristi condizioni parlamen- tari, il prelodato sig. conte prosegui osservando, che tuttavia la re-

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stituzioue del carattere confessionale e dell'educazione religiosa nella scuola poteva essere raggiunta per altre vie, adoperandosi special- mente perche il ceto magistrale, d'accordo col clero cattolico, educhi nella fede cattolica i fanciulli che gli sono affidati, e per mezzo di associazioni private facciasi tutto il possibile per ottenere cio, che mediante la legislazione intanto non si puo ottenere. E conchiuse dicend6: « Ecco perche io vi saluto. Anch'io fui educate nella reli- gione, in cui foste educati tutti voi ; eppero io spero che intende- remo sempre d'accordo agli scopi comuni. Dovrei rinnegare la mia educazione e insieme la tradizione della mia famiglia, se su cio io volessi da voi dissentire. Terminando ve Io ripeto ancora una volta, che noi c' incontriamo ne' principii cattolici, ed aggiungo che pre- sentemente il Governo non poggia su d'una base avversa ai vostri intendimenti, essendo passati i tempi nei quali predominavano altre correnti, eccetera. *

Tanto basto perche i giornali liberali d' Innsbruck e di Vienna vedessero la patria in pericolo, e dessero fiato alle trombe di guerra contro il temerario, che aveva osato porre le mani profane sul sacro palladio della eivilta moderna, che e la scuola laica o non confes- sionale « la piu preziosa conquista del secolo nostro ! » Tantosto nel Parlamento la sinistra liberale tedesca, quantunque ridotta al lumi- cino, si lev 6 -tutta in arme, rovesciando sul presidente Badeni una serqua d'interpellanze, 1'una piu rabbiosa dell'altra, intorno al « grande avvenimento > . E il povero Badeni, il quale nella risposta all'inter- pellanza sull'affare del congresso cattolico di Salisburgo aveva dato il suo bravo colpo al cerchio in senso piuttosto favorevole ai cattolici, affrettossi a calarne un altro sulla botte, rendendo piena ragione ai liberali della pinistra, e guadagnandosene gli applausi riconoscenti. Premessa infatti qualche riserva circa 1'esattezza del fatto a lui noto soltanto dai giornali, disapprove nel modo piu deciso il contegno del capitano conte Schaffgotsch, biasimandone il discorso anche nel suo con- tenuto, e dichiarando che avrebbe preso tutti i provvedimenti necessarii ad impedire in appresso la ripetizione di simili casi. E cosi la civilta fu salva ; ma di siffatta risposta rimasero poco soddisfatti i deputati cattolici della Camera, che ne presero occasione per ripetere con maggior forza le loro richieste per la revisione della legge scolastica. Di che adombrossi un'altra volta la sinistra liberale, e il consigliere antico D.r Beer, padre dell'attuale legislazione scolastica (teste innal- zato all'onore di sedere nella nostra Camera dei Pari) interpello il Governo, se era vero, che esso avesse in mente di secondare le aspi- razioni dei clerical! per la riforma della legge scolastica. E il conte Badeni, pigliato un'altra volta fra 1'uscio e il muro, se la cavo uscen- done pel rotto della cuffia, con una risposta da marchexe Colombi.

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Ho stimato opportune spendere qualche parola intorno a quest! epi- sodii parlamentari, perche Paccorto lettore sia in grado di inferirne da se quali sieno le condizioni del nostro Governo e del nostro par- lamento, e del cattolici in riguardo all'uno e all'altro.

Del resto lo sfacelo de' partiti parlamentari ando crescendo con moto accelerate, quanto piu la Camera veniva avvicinandosi al suo scioglimento finale. Venne notato un ravvicinamento fra il Bddeni ed i Giovani Czechi, i quali, a quanto si va buccinando, avrebbero otte- nuto in premio della loro docilita la promessa di parecchie importanti concessioni, circa 1'introduzione della lingua czeca come lingua d'ufficio, circa 1'erezione di nuove scuole superior! czeche, ed in genere circa altre riforme, adatte a spianare la via ad uno scioglimento della que- stione boema. E prescindendo da qualche attrito fra Pelemento estremo e il piu moderate del partito, i Giovani Czechi si mantennero abba- stanza composti nel loro circolo sino al termine della sessione. Al contrario i due circoli piu numerosi ed importanti dopo il polacco, il conservative del Hohenwarth, e il liberale della sinistra tedesca, caddero in piena ed irreparabile rovina. Al primo recarono una ferita mortale i Croati e gli Sloveni, uscendone tutti con armi e bagaglio, per costituire un nuovo gruppo nazionale, forte di circa 22 membri. Di guisa, che il vecchio conte Hohenwarth, ridotto ormai a pochi adepti di vario pelo e colore, avvilito per tante diseraioni, e stanco della vita politica, fini col lasciar cadere del tutto il suo circolo, ritirando la sua candidatura nelle elezioni per la nuova Camera, che abbandono definitivamente per entrare nella Camera dei Signori con nomina sovrana. I frammenti del suo circolo, diretti dal D.r Kathrein (tirolese) e da mons. Karlon (stiriano) entrarono tosto in trattative col partito cattolico popolare, capitanato dal barone Dipauli e dal D.r Ebenhoch, per accordarsi sopra un'azione comune nelle prossime elezioni ; ma essi non riuscirono ad intendersi, e se non ci riescono dopo le elezicni per fondare un circolo comune, la divisione fra i cattolici delle diverse regioni e province continuera anche nella nuova Camera, dove un forte centro cattolico rimarra ancora, Dio sa quanto a lungo, un pio desiderio.

Pift fragoroso fu lo sfasciamento della Sinistra liberale tedesca, gia da pezza in piena disgregazione. Ai primi di novembre ne uscirono i 25 deputati tedeschi della Boemia, seguiti da un drappello di altri secessionist! moravi, corintiani ecc. ; cotalche, forte com'era in addietro di 112 membri, la vecchia Sinistra videsi di botto ridotta ad una set- tan tina di gregari, abbandonati a s6 stessi dai capi pift autorevoli ed esperti, come ad es. il conte Kuenburg ultimo capo del circolo, e il barone Chlumetzki presidente della Camera, chiamati pur essi a se- dere nella Camera dei Signori. Prima di morire questa vecchia pec-

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catrice ostinata nel suo liberalismo dottrinario e nell'egoismo tedesco oppressore delle altre nazioni dell'impero, ebbe tuttavia il contentino d'una vittoria effimera nella votazione sull'importo stanziato nel bilancio a favore dell'osteggiato ginnasio sloveno di Cilli, del quale fu detto a sazieta nelle passate corrispondenze. Fra le ultime leggi approvate a suon di tamburo dal Parlamento prima della chiusura di questo pe- riodo legislative, va accennata una novella di legge sulla congrua e sulle pensioni per i curatori d'anime cattolici. Essa viene generalmente giudicata come insufficiente al bisogno nella sua lettera, e di spirito gioseffinesco, quanto ne puo entrare fra i paragrafi e le cifre d'una legge esclusivamente finanziaria. Non a torto si lagno 1'Episcopato austriaco anche nella recente sua pastorale collettiva, che la Chiesa in Austria e tenuta per principio sotto tutela!

4. II 23 gennaio, compiendosi il periodo legislative di sei anni, venne sciolto con patente sovrana il Consiglio dell'impero, il quale sara riconvocato, dopo le elezioni generali, il 27 marzo p. v. Per il 26 gennaio vennero riaperte tutte le Diete provincial!, ridotte a do- versi contentare d'una breve sessione entro il p. v. febbraio. A' 9 di marzo incominceranno le nuove elezioni pel Consiglio dell'impero. Nes- suno, e lo stesso Badeni 1'ha dichiarato per conto suo pubblicamente, nessuno potrebbe oggi prevedere quale fisionomia presentera la nuova Camera, ricomposta in parte cogli avanzi tanto eterogenei della vecchia, e in parte coll'elemento del tutto nuovo dei 72 deputati della V curia elettorale, chiamata per la prima volta alle urne. Si va incontro all'ignoto. I partiti, che ora alia vigilia delle elezioni vanno piu agitandosi sono : il giovane czeco, il quale si studia di stringere le sue file in tutte tre le province della Boemia, della Slesia, e della Moravia ; il nuovo par- tito popolare polacco, gia cosi forte nella Galizia e nella Bukovina, da mettere in forse 1'esistenza futura del circolo parlamentare polacco, finora BI compatto nelPunione di tutti i suoi membri, disparatissimi per diversita di classe, e di principii religiosi e politici.

Ma il parti to socialista democratico e quello che supera ogni altro nell'agitazione elettorale, promossa dal centre della capitale dove staiino alia testa del movimento alcuni pezzi grossi giudei puro sangue, e propagata in tutte le province, non escluse le piu lontane dal centro, come il Tirolo, Plstria e il Litorale. Coi socialist! qua e cola vanno a braccetto, come Erode e Pilato, i liberali, troppo deboli ormai per contendere da soli contro i cattolici, e specialmente contro i cristiani sociali a Yienna e nelle fortunate province dove le forze cattoliche furono da essi ordinate e addestrate al combattimento. E pero un fatto consolante che un po' dappertutto i cattolici s'ingegnano per opporre colle associazioni e colla stampa una diga all'irrompente so- cialismo ateo ed anarchico. II programma elettorale de' socialisti di

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Vienna stampato in cinque lingue e diffuse in tre milioni e mezzo di copie in tutte le province cisleitane, vuole esplicitamente il suffragio universale e diretto in tutte le branche della vita pubblica ; vuole la soppressione della Camera dei Signori (Senate) liberta assoluta di pen- siero, di parola, di stampa, di associazione ecc., separazione della Chiesa dallo Stato, in omaggio alia massima socialistica che la religione $ affare individuale e private; vuole la giornata di lavoro ridotta ad 8 ore, 1'abolizione di tutte le imposte indirette e dei diritti doganali, e chi piu ne ha, piu ne metta.

E probabile tuttavia, che segnatamente a Vienna e nell'Austria inferiere, dove i cristiani sociali del Dr. Lueger sono padroni asso- luti del campo, e cosi in piu luoghi delle province alpine, dove il Cattolicismo spiega maggior vigore, i socialisti democratic! vadano a testa rotta. In mezzo a tanto strepito di partiti cozzanti e di agita- zioni elettorali, fecero sentire la loro voce autorevole i Vescovi au- striaci, pubblicando una pastorale collettiva, diretta al popolo, per rammentargli i doveri, che la Religione impone nell' esercizio del diritto elettorale, con particolare riguardo ai nuovi elettori della Va Curia, esposti alle insidie dei socialisti.

INQHILTERRA (Nostra Corrispondenza). 1. L'awenire delle « Voluntary Schools » (scuole libere e confessionali) da proporsi per primo tema all'esame del Parlamento nella futura sessione. 2. II profondo mu- tamento prodotto in Irlanda dalle rivelazioni di una Commissione Reale di nnanza. 3. L'inchiesta sull'invasione di Jameson nel Transvaal. 4. L'anglicanesimo dopo la condanna dei suoi Ordini, e dopo la per- dita del dottor Benson. 5. Conversions

1. Lungo, e non poco sonnolento per la politica interna, & stato il periodo delle vacanze parlamentari ; lenta la preparazione alia ri- presa dei lavori ; ma il disagio dell'aspettazione 6 stato alleviate, per i nostri Cattolici, dalla certezza che la questione della scuola libera e confessionale questione di tanto peso per 1'avvenire della Keli- gione e della gioventO, e tenuta desta con instancabile vigore dal no- stro zelante Arcivescovo di Westminster, Cardinale Vaughan sara tra le primissime a cattivare 1'attenzione della Camera dei Comuni. ImperocchS le necessita stesse dell'assestamento del bilancio annuale richiedono una decisione pronta e quasi immediata, ed il Governo, di ci6 ben penetrate, non mostra alcuna voglia di temporeggiare. Forse 1'importantissima questione scolastica ha dovuto schivare qualche secca e qualche piccolo scoglio, piuttosto in seno al ministero stesso, che da altre parti ; cid che non dovrebbe cagionare meraviglia, considerata la natura composita ed eterogenea del gabinetto di lord Salisbury, di cui fanno parte dei liberali (unionisti) non meno che dei conserva-

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tori, accozzati dalle comuni avversioni all'J3owe Rule Bill d'Irlanda propugnato dal vecchio Gladstone. Ma, dall'altro canto, il Governo* sente 1' impossibility d'irrigidirsi contro gli impulsi egualmente forti dei Cattolici e dei rappresentanti della Chiesa stabilita d'lnghil terra, con pericolo di alienarseli e di vederli rivolgere gli sguardi e le spe- ranze ad un futuro gabinetto liberale, come gliene dava chiaro avver- timento un carteggio interessante e molto cortese corso fra il Vescovo anglicano di Chester e 1'Eminentissimo Vaughan, carteggio venuto in luce nel Times, la cui deferenza per 1'Arcivescovo di Westminster sul gran tema dell'educazione porge indizio piu che sufficiente dei senti- menti popolari. Importa, dunque, sapere che nella imminente sessione del Parlamento si dovra fare un passo innanzi nella direzione additata dalla Gerarchia cattolica. Non si raggiungera d'un tratto la meta defi- nitiva ; non si risolvera sui due piedi il grande quesito di principio, se cio6 alia scuola in generale non incomba di allevare una gioventu cristiana e colta del pari; ma per lo meno si dovra sovvenire alle Voluntary Schools in maniera che possano sopperire, senza esaurirsi, all'ingente cumulo di spese loro imposto dalle sempre crescenti esi- genze dell' Education Department. Questo atto di necessaria giustizia si dovra ottenere e si otterra.

Le disastrose conseguenze dell' insegnamento neutro, impartito dalle ufflciali Board Schools, e quindi la benemerenza delle Voluntary Schools, sono, del resto, lumeggiate abbastanza anche dai ragguagli della Royal Statistical Society, una delle cui ultime relazioni testualmente di- ceva : « Due fatti molto deplorabili sonosi verificati : il primo, cioe, che havvi un funestissimo aumento d'ogni maniera di delitti, com- messi da giovani fra i sedici ed i ventun anno di eta ; ed il secondo, che si e considerevolmente accresciuto il numero de' delinquenti per abito e quasi professione. » La stessa lugubre lagnanza, che levasi in Inghilterra, risuona anche dall'America, dall'Australia e dalle altre parti del mondo anglo-sassoni, come pure dalla vicina Francia. Chi ricusasse di porgerle ascolto, sarebbe quindi il peggiore dei sordi, quegli che non vuole udire. Tali sono, pero, le sette non-conformiste, in Inghilterra, le quali, volendo bandire dalla scuola ogni dottrina cristiana definita, e limitare 1' insegnamento religioso alia pura ed arida lettura della Bibbia, danno di spalla agli increduli ed agli atei. Per buona sorte, la maggioranza della nazione non si mostra sorda, ed il Parlamento dovra darcene fra non molto un'arra. II Governo vuole vivere a lungo e prosperare : il signer Balfour, in una serie di discorsi tenuti in Iscozia, ha espresso fiducia nello sviluppo sempre piu rigoglioso dei principii conservatori ed unionisti nei ben temprati animi inglesi. Non si lasci, dunque, venir meno il sostegno prezioso che puo avere nella scuola religiosa.

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2. L' Irlanda, dopo i rovesci e disinganni sofferti coi rivolgimenti ^politic! degli ultimi anni, si agitava in uno stato doloroso d' intestine

discordie, che ispiravano profonda tristezza e presagi sinistri ai sin- ceri suoi amici; quand'ecco sopraggiungere un evento inaspettato a scuoterla da tule prostrazione. Che cosa e accaduto? Una Commis- sione Eeale aveva ricevuto incarico, or non ha molto, di studiare lo stato presente delle relazioni finanziarie tra la Grranbrettagna e 1'Ir- landa, ed il risultato delle sue investigazioni fu teste reso di pub- blica ragione. Se ne rileva un fatto sorprendente e penoso insieme: cioe che 1' isola sorella, per una serie di anni non breve, ha versato al Tesoro del Regno Unito, somme, non solo di gran lunga superior! alia sua capacita contributiva, ma eziandio fuori di proporzione colle tasse pagate dall'Inghilterra, dalla Scozia e dal Paese di Galles. Indi consegue che la Granbrettagna trovasi rimpetto all' Irlanda nella po- sizione di debitrice verso una vittima ingiustamente spolpata. Vi esporro alcune cifre, che spargono copiosa luce sull'argomento. Nel 1837, le spese complessive ammontavano ad 1,786,000 lire sterline: nel 1896, invece, si sono fatte salire a ben 5,939,000 sterline, non ostante che la popolazione dell'isola nell'intervallo di tempo intermedio, sia diminuita di parecchi milioni di anime. La Commissione Reale stima, in conclusione, che 1' Irlanda non dovrebbe equamente ver- sare al Tesoro piu di quattro milioni e mezzo di lire sterline ciascun anno ed in quella vece ne paga otto, vale a dire quasi il doppio.

Cosiffatta rivelazione, ricevuta da parte tanto autorevole e non sospetta di parzialita, doveva naturalinente far sobbalzare ogni Irlan- dese e mettergli lo zolfo nelle vene. I giornali dei piu diversi par- titi si sono trovati unanimi in una indignata protesta contro tale in- giustizia ; nelle pubbliche radunanze si sono incontrati ed associati i Ye- scovi cattolici coi protestanti, il povero popolo colla grassa aristocrazia ; ne v'ha dubbio che un simile riavvicinamento possa produrre effetti ina- spettati. A niuno e da to prevedere cio che potra nascerne in esito de- finitivo : ed io solo fo voti che ne ridondi un bene per 1'isola sorella. II vostro corrispondente d'Irlanda v' intratterra in maniera piu cir- costanziata di tale avvenimento. che a me basta di accennare a larghi tratti. Un' Irlanda tutta concorde ed unita, dal mezzodi al settentrione, dalla piu umile plebe sino ai patrizii, dai Cattolici sino ai protestanti, e uno spettacolo ignoto alia storia da varii secoli a questa parte, e percio sfugge ai calcoli della odierna esperienza.

3. I celebri fatti dell'Africa Australe, che ha gia cosi a lungo e profomlamente turbata 1'Europa, lo scorso anno, ritorneranno quanto prima al proscenio. Sir Cecil Rhodes naviga verso i lidi britannici, chiamato a comparire dinnanzi alia Commissione Reale incaricata di compiere su cid un' inchiesta, sotto la presidenza del signor

CONTEMPORANEA 505

Chamberlain, capo del Colonial Office. Prima di mettersi in viaggio per la madrepatria, sir Cecil Khodes ha visitato la Colonia del Capo di Buona Speranza, e, portato in trionfo dappertutto con vero delirio, vi ha ricevuto indubbie prove di una straordinaria popolarita in quelle contrade, prove indirixzate certo, piu che a lui, al Governo di Lon- dra. Conviene pur riconoscere che detta popolarita non e forse minore nella Granbrettagna ; tan to vero, che il signer Jameson, sir John Wil- loughby ed il colonnello Grey sono stati rilasciati dal carcere, per il cattivo effetto che produceva la loro prigionia. In questo mezzo, la Chartered Company, ha fatto conoscere per mezzo del conte (Earl) Grey, i suoi divisamenti riguardo al futuro sistema di governo della Colonia del Capo. Essa propone di ammettere, entro certi limiti, an che gli indigeni nell'amministrazione della cosa pubblica ; e divide i ter- ritorii della Colonia in dodici regioni, di cui ciascuna verrebbe retta da un Capo indigene, coi consigli e colla sorveglianza di un Commis- sioner. Queste le principal! disposizioni accennate in digrosso. Dicesi che gli indigeni facciano buon viso alle dette proposte, perche stanchi di combattere e di soffrire, ed e certo assai desiderabile che si eviti laggiu quel flagello, ond'e troppo spesso accompagnata la colonizza- zione europea, vale a dire il totale esterminio dei popoli aborigeni. Tutto cio suona come elogio alia Compagnia ed al giudicando sir Cecil Rhodes. Si e percid curiosi di vedere la fine del suo processo.

4. La decisione della Santa Sede, circa la nullita degli Ordini an- glicani, ha colto la Chiesa stabilita in un momento per essa molto critico e solenne, gravido forse d'importanti evoluzioni future. II suo primate, dottor Benson, e morto d' improvviso nella piccola chiesa del castello di Hawarden, ov' era andato a visitare il signor Glad- stone, dopo una gita fatta in Irlanda. La sua perdita non e lieve. Egli era prudente nella sua generazione, ben che non proprio una mente eccezionale, ne risparmiava le sue forze per fare onore alia propria posizione. Conciliante nelle maniere, affabile e popolare, pos- sedeva un tatto, direi quasi, diplomatico, senza il quale sarebbesi ridotto ben presto a mal partite; piu, una alacrita e costanza non comuni di lavoro, per sorreggere e puntellare il cadente edifizio affi- datogli.

La sua successione e toccata in sorte al dottor Temple, il quale fu per molti anni Yescovo di Londra, dopo aver tenuto la dioce«i di Exeter, e sulle cui spalle pesa la bellezza di settantacinque prima- vere. La sua elexione, per maniera di dire, da parte del decano e capi- tolo di Canterbury, i quali, se non avessero votato secondo le volonta pubblicamente proclamate della Regina e del Governo, si sarebbero esposti a tutti i tremendi rigori di un premunire ; la sua conferma da parte di una Commissione Reale composta di Yescovi, non ostante le

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obbiezioni sollevate per ragione delle sue propensioni darwiniane, tutto, insomma, diede origine a casi curiosi, ma non sorprendenti. Per la cerimonia della presa di possesso, a Canterbury, in mezzo ai piu pomposi apparecchi, si & avuto cura di annunziare che « il santo Sa- crifizio della Messa non verrebbe celebrato, perche non conforme alle usanze del giorno d'oggi ». E questo un indizio delle ire e dello smar- rimento prodotto nel partito della High Church dalla condanna degli Ordini anglicani pronunziata dal Papa, ire e smarrimento che sem- brano spingere I' Establishment a precipitarsi senza piu ritegno giu dalla china rovinosa del pro testa ntesi mo, procurando tra via di attirare a se le sette non- conformiste ed accrescendo percid all'indefinito la con- fusione delle lingue e 1'assottigliainento delle credenze, la dove per avventura queste possono tuttora esistere. Esilaranti sono i grand! fastidii, che si sono presi, questa volta piu che mai, gli ecclesiastic! anglicani, per imprimere nella rnente del popolo la massima, essere la sede assegnata al dottor Temple quella stessa di S. Agostino, Apo- stolo dell'Inghilterra. E non e questo uu far torto al deftmto dottor Benson, il quale soleva chianiare in generale quanti propendevano verso Roma « la missione italiana » , segnandoli cosi allo scheme ed all'odio dei connazionali? Da chi, dunque, aveva ricevuto S. Agostino la sua autorita, se non da Roma, dal Papa Gregorio Magno? Infine, chi si recasse a Canterbury, per assistere alle solennita della presa di possesso del nuovo Arcivescovo-prirnate, non potrebbe a meno di osservare una grande profusione^ di gigli dappertutto, ed anche nelle mani degii ecclesiastici e degli assistenti. Perche tutti quei simboli di candoreV Perche, un giorno. in tempo del resto, non molto lon- tano, certo dottor Cristoforo Wordsworth, Vescovo di Lincoln, par- lando dal pulpito dell'Universita di Cambridge, ebbe a dire che tra le molte e discordi Chiese della Cristianita, quella d'Inghilterra po- teva ben vantarsi di essere come il gigiio in mezzo alle spine (sic). Perche non dire piuttosto la rosa, almeno per maggior correttezza del- 1'immagine retorica? Ma gli anglicani bevono grosso in retorica reli- giosa, ed eccoli coi bianchi gigli fra le mani, i quali non riescono, pero, a nascondere, nonche a distruggere, le molte spine ond'6 tor- menrtato 1' Establishment.

5. II inovimento di conversione alia verita cattolica si prosegue tranquillo e continuo. E state ricevuto in grembo alia Chiesa un certo numero di ecclesiastici anglicani ; e, fra i laici, sono da menzionare specialmente sir William Young Bart, ed un suo congiunto, il signer Bertram Currie, il quale occupava uno stato onorevole nella vita pub- blica. Vi e da sperare che, crescendo la confusione nelV Establishment, tali nobili esempi siano seguiti da molti altri.

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IV.

COSE VAR1E

1. Orrori della ribellione matabelese. 2. II Santuario di Nostra Signora di Lourdes nel 1896. 3. II linguaggio di un diplomatico cristiano. 4. Morte di Nobel.

1. Orrori della ribellione matabelese. Poco dopo tanto scempio di uomini e di cose 4, si seppe che Buluvaio era circondata e molestata dai ribelli : ne poteva venirle soccorso da Guelo, citta distante un cento miglia inglesi, poiche anch' essa poteva appena sostenere se stessa in caso di assalto, per la penuria di muni- zioni. In Guelo non v' erano ne cannoni ordinarii ne Maxim. Percio furono ordinati per telegrafo due cannoni con 25,000 cariche e altre armi a Salisbury, lontano circa 180 miglia inglesi. Sentivasi la man- canza di cavalli, tanto necessarii appunto perche a piedi i Cafri sono superiori ai bianchi. Non v'era abbondanza di grosse armi da fuoco (poiche otto di queste andarono perdute nella sconfitta della banda di Jameson nel Transvaal), come non v' e ancora la via ferrata 2, essendoche dei ritrovati moderni havvi soltanto il telegrafo che, non di rado troncato dai nemici, diveniva inutile. A queste difficolta si aggiungeva che il nemico, avanzo del combattuto esercito di Loben- gnla, era capitanato da giovani istruiti, i quali prima erano stati im- piegati nella polizia della Chartered Company, e per di piu ben armato di fucili, di accette, di coltelli e di zagaglie. Sicche per il momento alle due citta di Buluvaio e di Guelo non rimase altro mezzo che formare corpi di volonturii, barricarsi dentro e rafforzare i campi trin- cerati per rintuzzare il primo impeto della rivolta, come avvenne di fatto nel mese di aprile nella capitale : che quanto a domarla, allora che le orde dei nemici ogni di piu crescevano e si rattestavano nei monti di Matoppo, non vi poteva agevolmente riuscire senza un buon rinforzo di ussari, di tiratori e di fanteria in parte montata a cavallo che vi si avvio nel mese di luglio, dai Capo per via ferrata sino a Mafeking e quinci a cavallo per il lungo tratto di 650 miglia inglesi, e da Beira sull'Oceano Indiano parimente per via ferrata sino a Sci- moio Nuovo. Siccome i ribelli si aggiravano di soppiatto attorno alle citta a piccoli drappelli, e piombavano all' improvviso sulle donne inermi e sui fanciulli, le pattuglie diedero loro di continuo la caccia, risparmiando i buoni Cafri che erano al servizio dei bianchi, e per- cid ebbero per contrassegno un fazzoleitto rosso sul capo.

1 Vedi il quad, antecedents, pag. 377.

* Alia fine di quest'anno, da Molopolole a ponente del Transvaal, ove 6 ora il termine, la ferrovia giungera a Buluvaio : tanto sono progrediti i lavori di spianamento ! Allora dai Capo e da Beira condurranno alia Ro- desia ben 2,916 chilometri.

SOS CRONACA

Gli orrori della guerra si accrebbero con una spaventevole carestia, cagionata dalla siccita e dalla peste del bovi. Dal mese di marzo 1'erba inaridi. II fiume, che approvigiona Buluvaio, non si vide piu scorrere dal mese di febbraio, e si dovette por mano a scavar pozzi con grandi spese. Ma il flagello piil terribile fu, come si e accennato, la peste dei bovi. E cosa nota quanto in quelle regioni sieno neces- sarii questi animali come mezzo di trasporto. Prima le vie erano coper te di lunghe mute di quattordici, sedici, e diciotto bovi che tiravano pesanti e saldi carri, onusti di provvigioni e d'ingegni per i lavori delle miniere : laddove nel mese di maggio erano ingombre di carcasse di bovi. Basti dire che nel solo paese dei Beciuani ben ottaa- taniila aniinali eran periti in aprile : nel Matabele poi i colon! che non furono rubati dai ribelli, furono ridotti alia miseria dalla peste. Ne per quanti argomenti e rimedii si adoperassero, venne fatto di cessare 1'infuriare dell'epidemia per interi mesi. II bestiame infetto era separate dal sano, ucciso e bruciato, e se mai il morbo diffonde- vasi un po' fra quello intatto, tutto 1'armento era distrutto senza pieta. Che piu? Si adopero il petrolio col sale che in qualche caso giovo, e la rnoria sembrd scemare. Anche i cavalli soggiacevano ad una maligna malattia ignota: prima mostravano una certa spossatezza e poi finivano col cadere in terra. Gli vedevi riempirsi la bocca di spurna ; il capo e le gambe gonfiarsi, e poco tempo dopo erano morti inesorabil- mente. II Governo, non trovando altro modo per domare una malattia tanto devastatrice, dapprima ordino si chiudessero tutte le vie che dallo Zambese fanno capo alia Rodesia, poiche dicevasi che 1'epidemia provenisse da quel distretto. Ma, poiche in quella colonia quasi tutto e frutto d' importazione e non havvi all'uopo se non il mezzo antico dei carri tirati da bovi, la scarsita dei viveri, che gia sentivasi a cagione della siccita e della ribellione, crebbe d'assai. Laonde un tal prov- vedimento fu dopo quindici giorni ristretto agli animali inutili al tras- porto, e le strade furono riaperte al commercio. Cionondimeno « il prezzo di tutte le derrate (cosi il P. Nicot da Buluvaio, il 25 mag- gio, 1896) crebbe in eccesso. Un sacco di farina si vende a nove lib- bre (225 franchi) ; una libbra di zucchero tre scellini (fr. 3,75) ; urta scatoletta di latte condensato tre franchi. Le uova, solo per quelli che sono malati, si yendono a tre scellini ciascuno ; e cosi via delle altre cose. Saremo fortunati se scamperemo un'epidemia che e molto da temere, perchS 1' aria e 1' acqua dei fiumi sono corrotte dalle ca- rogne degli animali innumerevoli che giacciono da per tutto putre- fatti. Allo spedale furonvi gia alcuni casi tali da ispirare grari timori. »

2. // Santuario di Nostra Signora di Lourdes nel 1896. L'ardore dei popoli cattolici per la Vergine Immacolata di Lourdes, dopo tren- t'otto anni di culto meraviglioso, non che s'intepidisca, ma cresce anzi e quasi annualmente sembra rinnovellarsi. Pareva che, nello scorso

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1896, per la Francia, il decimoquarto centenario del battesimo di Clo- doveo, con tutti i festeggiamenti ed i pellegrinaggi compiutisi nella citta di Reims, avesse dovuto rallentare il concorso alia Grotta mi- rifica di Lourdes ed alia sua portentosa sorgente. Ma non e stato cosi. Eccone sommariamente le prove nella statistica or ora pubblicata dai missionarii custodi dell'insigne Santuario.

Nel 1896 sono arrivati alia stazione di Lourdes 22 treni di piu che 1'anno antecedente. Tra i devoti visitatori vi sono stati 4 Cardi- nali di S. Chiesa ed 82 Arcivescovi, "Vescovi, Abati mitrati e Prelati romani. II numero dei Generali d'Ordini o Congregazioni regolari, di ecclesiastici e religiosi di ogni titolo e grado, si puo argomentare dalle 43.442 messe che vi si sono celebrate. I pellegrimaggi collettivi sono saliti alia cifra di 225 ed hanno recato ai piedi della bianca Yergine de' Pirenei 164,283 pellegrini. Non si possono contare le migliaia di altri pellegrini che vi sono andati privatamente, da se od in piccoli gruppi di famiglie e di amici da ogni regione del globo. Nelle diverse chiese e nella Grotta si sono amministrate 387,300 comunioni. Le raccomandazioni di preghiere per intenzioni particolari sono state 848,335. All'Arciconfraternita dell'Immacolata Concezione si sono cola inscritte 5,000 persone e 4730 alia Confraternita del Rosario.

Le benedizioni piovute dalle mani della celeste Signora sopra i tanti che ne invocavano il soccorso si sono sparse piu che mai ab- bondanti. L'Uffizio medico ha registrate, con processo verbale accu- ratissimo, ben 209 guarigioni, ottenute la, ai piedi della Vergine che si nomind VImmacolata Concexione. Fra queste sono le ammirabili delle donne tisiche di Yillepinte. Di esse, 1'una dietro 1'altra, sono uscite dalle piscine quindiei, tutte guarite istantaneamente. L'illustre dottore Boissarie ha pubblicata la relazione medica di questo avveni- mento, che e uno dei piu strepitosi, che sieno accaduti nel Santuario di Lourdes; e si pud leggere negli Annales degli ultimi mesi del- 1'anno decorso. Non si accennano poi ne meno le altre guarigioni, che non sono state verificate nell'Uffizio, per manoanza di tempo, o perche coloro che le hanno ottenute non si sono dato pensiero di farsi vedere ed esaminare dai dottori : come nulla si tocca delle grazie innumerevoli, operate da Maria SS. di Lourdes in tutte le parti del mondo, a benefizio di quelli che 1' hanno invocata lontano, ed hanno fatto uso con fede e pieta, dell'acqua della Grotta. Di questa sono state spedite, in diver&i paesi, 114,900 bottiglie.

Lungo e 1'elenco dei donativi e dei voti offerti al Santuario. Oltre lini, merletti ed arredi sacri per gli altari in gran copia, sono state presentate 59 tabelle dipinte con cornici, 92 cuori in preziosi metalli, lampadej croci cavallereeche, orologi d'oro e 482 piastre in manno, commemorative di grazie impetrate.

Basti questo cenno a dimostrare come eol miracolo permanente, arda pur sempre vivido il provvidenziale focolare di fede, che e quel

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Santuario, e come di la splenda fulgido in Maria Immacolata il pegno della salvezza, che il mondo aspetta dall'onnipotente intercessione di let, che tutti i fedeli acclamano col saluto: Spes nostra, salve.

3. // linguaggio di un diplomatico cristidno. Non andra forse gran tempo che le due stirpi popolatrici del Continente Americano, 1'anglo- sassone e la latina, si troveranno in immediato contatto. II loro in- contro sara quello di rivali o di fratelli? E il segreto dell' avvenire. Frattanto e certo che nell'una e nell'altra America si vanno sempre piu ravvicinando le idee e le tendenze de' popoli, e assimilando le forme di governo, le leggi, la civilta, gl' interessi, i costnmi. Verra tempo, e forse non sara lontano, che di fronte alia potente e pro- sperosa Repubblica degli Stati Uniti dell'America settentrionale si verra compaginando eziandio un' altra grande Repubblica di Stati Uniti dell'America meridionale. Tutto sembra concorrere a caldeggiare questa unione : la necessita di essere forti innanzi ad un forte per non venire da quello sopraffatti, 1' identita di origine, 1' unita o la somiglianza di linguaggio, la comunanza degli interessi, lo sviluppo maggiore che ne prenderebbero 1' industria e il commercio, e final- mente quel vincolo, che e il piti fort; di tutti, 1' unita di fede e di religione.

Che questa unione non sia un semplice nostro desiderio e molto aieno un' Utopia, ma che veramente si faccia strada nell' animo dei meridionali, ne potremmo adduire varie prove; ma ci teniamo paghi di una tutta recente, che abbiam sott'occhio in un documento ufficiale, venutoci dalla Colombia, ed 6 il discorso tenuto dall'Inviato straordi- nario e Ministro plenipotenziario del Brasile, signer Jose Augusto Fer- reira da Costa, all'Eccmo Presidente della Repubblica Colombiana, si- guor Michele Antonio Caro, e la risposta di questo. Benche il Ministro Brasiliano non ecceda i limiti della sua mission e diplomatica, e si attenga unicamente alle relazioni amichevoli e fraterne fra la Colombia e il Brasile, lascia tuttavia intravedere qual sia la tendenza del suo paese : allargare doe gli orizxonti di una politico, latino-americana ; il che, per nostro avviso, sarebbe un prendere 1' iniziativa di un movimento verso I'accennata federazione o unione di Stati latino-americani, cosa lode- volissima e degna di una grande potenza, com' e il Brasile. Ma chi piu chiaramente ancora sviluppa questo concetto e 1' istesso signor Presidente della Repubblica Colombiana nella sua risposta, degna di quell' eminente personaggio ch' egli &, non meno buon politico che sincero~eristiano. Egli con gentil pensiero saluta nel ministro Brasi- liano non un semplice inviato o ambasciatore di nazione arnica, ma c 1'araldo di una politica generosa e disinteressata, e per cio stesso saggia e feconda, di una politica di fratellanza eminentemente cri- stiana, di che tanto abbisognano queste giovani popolazioni, non gia come un occasional?, modus vivendi, ma come una solida guarentigia

GONTEMPORANEA 511

della loro sorte futura in un tempo, in cui tra le nazioni piu pro- gredite e piu potenti e tuttavia minacciate da gravissimi problemi, e piu che altro dall' incerta direzione delle loro proprie smisurate forze, regna un' affannosa incertezza dell' avvenire, come se si temessero i tempi apocalittici. » Quindi, accennate le tradizioni di una stessa ori- gine iberica e i legami di fratellanza che strinse tra i popoli dell'A- merica meridionale la simultaneity e comunanza degli sforzi fatti per la conquista della propria indipendenza, prosegue : « Noi che crediamo in Dio, non possiamo dubitare che una nuova accolta di nazioni sia chiamata a realizzare un qualche progresso morale nella storia, e gli antecedent! e le circostanze danno chiaro a conoscere che la missione propria di questi popoli americani si riassume in dare 1' ammirabile esempio di una pace internazionale fermissima, di guisa che ogni na- zione possa dedicarsi alia formazione di buoni cittadini, allo svolgi- mento della ricchezza, all'espansione del commercio, disarmata d'ogni forza che non sia necessaria a mantenere 1' impero della legge, 1'or- dine e la sicurezza interna. Siccome 1'amor fraterno e la tessera che Cristo ci die per riconoscere i discepoli suoi, soltanto quelle nazioni che fraternamente si tratteranno a vicenda, meriteranno il nome di cristiane. Deh, ci sia dato conseguir la gloria di applicare il Cristia- nesimo alle relazioni internazionali, sostituendo ai regolamenti della discordia la formola dell' evangelico amore. » Cosi egli ; e di questo tenore continua il suo magnifico discorso, che ben vorremmo tradurre per disteso se non ce lo vietasse la mancanza dello spazio. Ma da quel poco che ne riferimmo, appar manifesto qual sia il vero programma da adottarsi per una federazione latino-americana : Cristo per fonda- mento, il Yangelo per codice, 1'amor cristiano per legame o cemento dell' ediflzio.

Se gli altri Stati dell' America Meridionale, sottrattisi al giogo della Massoneria, che gli ha fin qui piu o meno tiranneggiati, abbracce- ranno questo programma che lor offre il Presidente della Repubblica Colombiana, non vi avra in tutto il mondo una federazione di Stati piu intima, piu compatta, piu forte e prosperosa di questa, che noi di cuore auguriamo ai nostri fratelli latino-americani. Poiche, ove Cristo impera, ivi regnano -la moralita e la giustizia e qiiindi 1'ordine e la pace, che sono i grandi fattori della vera civilta e del progresso delle nazioni.

4. Morte di Nobel. Alfredo Nobel, 1'inventore della dinamite, mori il 13 decembre a San Eemo in Italia, in eta di 63 anni. Egli discen- deva da una famiglia svedese che ora ha stanza in Russia. Fu uomo che ando debitore della sua celebrita e della sua fortuna soltanto al suo ingegno e alia sua operosita. II suo padre forniva al Governo russo la polvere ; il che fu un'occasione per Alfredo di applicarsi con ardore allo studio della tecnica degli esplosivi, alia quale piu

512 CRONACA CONTEMPORANEA

tardi reed un insolito perfezionamento. Sin dai suoi primi esperi- menti di chimica s'era adoperato a rendere la nitroglicerina (ritrovato dell'italiano Sobrero) applicabile, senza il pericolo delle tante esplo- sioni e disgrazie che per il suo stato fluido erano sinallora accadute. Laonde la assodd mescolandola colla terra argillosa e la chiamd a cagione della grande forza elastica, la potente, cio6 con parola greca la dinamite. Povero com'era non aveva onde mettere su un'officina per produrre in gran qtiantita la nuova materia e divulgarla nel com- mercio, quando Napoleone III gli venne in soccorso, raccomandandolo al francese Pereire, speculatore di Borsa, il quale gli presto 100,000 franchi. I possessori di mine in Inghilterra e Spagna divennero presto i suoi amici e clienti. Una nave, carica di dinamite e per uno scoppio ridotta in mille pezzi nel porto di Lima, fece conoscere da per tutto la sua invenzione e gli raise di tale richiamo per la sua merce che, non bastando I'unica officina a soddisfare le richieste, il numero ne crebbe d'un tratto senza fine in America, in Germania, in Austria e in Inghilterra. Quivi, in Londra, fu fondata Pa. 1886 The Nobel Dynamite Trust Company (La compagnia di credito per la dinamite del Nobel), che riuni tutte le altre fabbriche di dinamite e di diffe- renti esplosivi. Da tutte queste officine gli correva in seno un vero fiume d'oro, onde pote formare insieme col fratello il re delpetrolio, che ora vive a Bakum, una delle grandi societa della nafta russa. Fino agli ultimi di della sua vita, egli attese costantemente, nella sua splendida villa di S. Remo e nel suo palazzo di via Malakow in Parigi, agli studii fisici e alle sue predilette indagini. Non penso mai a prender moglie : che non voile altre persone per sua compagnia, ovunque soggiornasse, se non i chimici, cooperatori delle sue fatiche. II testamento del Nobel, scritto e segnato a Parigi, il 27 novembre dell'a. 1895, alia presenza di quattro Svedesi, e stato aperto a Sto- colma il 30 decembre ultimo e contiene (oltre i lasciti di tre milioni di lire da spartirsi a venti persone, ai nipoti, agli amici e ai servi> disposizioni onde la rendita annuale del resto della sua immensa fortuna sia distribuita, senza riguardo di nazionalita, a coloro che avranno fatte scoperte importanti nella fisica, nella chimica, nella fisiologia, nella medicina e nelle lettere. La fortuna del Nobel con- siste nelle proprieta di S. Remo e di Parigi, e nei valori depositati nei banchi di Berlino, Pietroburgo, Stocolma, Londra e Parigi. Cre- desi che una tanta fortuna ammonti a 50,000,000 di lire ; la maggiore ricompensa che finora un uomo abbia potuto costituire in premio del- 1'emulazione. E notevole che il Nobel inventore dei mezzi piu mi- cidiali, proprio lui ha assegnato un premio (il quinto) a chi abbia cooperato efficacemente alia distruzione degli eserciti permanent! e allo stebilimento della pace.

REAZIONE CATTOLICA.

E SOGIAJLISMO

I.

Gli odierni liberal!, razionalisti e scredenti, stupiscono e non si sanno dar pace che, dopo quasi dugenfanni di guerra fi- losofica e civile alia Ghiesa cattolica, questa non pure soprav- viva ancora, ma piena di rigoglio florisca sempre, si spanda e prosperi vigorosa in tutto il mondo. Sognavano essi che, corrente il secolo diciannovesimo, si sarebbe potuto da loro eternare, nel bronzo e nel marrao, un motto simile al Chri- stiana nomine deleto, che fu riferito Diocleziano, al termine delle feroci sue persecuzioni, avere inscritto nei monument! del- 1'Impero !

Ma che? Girolamo Boccardo, senatore del Regno d'ltalia, in un suo recente volume, si e sentito costretto a fare questa pubblica e per lui amara confessione : « Fra tutti i giudizii pronunziati dai pensatori del secolo XVIII e dei primi anni del nostro, nessuno forse e stato piu completamente. smentito dai fatti, di quello che proferirono essi sull' avvenire del cat- tolicismo. Questi filosofi credettero che, come Chiesa militante, come fomite d'intolleranza religiosa (leggi, come Chiesa pro- pugnatrice dell'unit£ della fede), come fazione politica, essen- zialmente ostile al potere civile (leggi, come Chiesa intrepida sostenitrice de' suoi divini diritti usurpati), il cattolicismo avesse i suoi giorni contati e fosse irremissibilmente destinato a sva- nire, acquistando piu e piii il carattere di un puro codice mo- rale, e la benefica influenza di una grande educazione dell'u- manitk (leggi, perdendo ogni virtu d'istituzione soprannaturale, nell'origine sua, ne' mezzi che usa e nel fine suo). Invece che

Serve XVI, vol. IX, fasc. 1191. 33 22 febbraio 1697.

514 REAZIONE CATTOLICA

e egli avvenuto ? Giammai la Chiesa Romana non si e mostrata piii gelosa de' suoi privilegi (conferitile da Cristo-Dio), piu in- transigente verso tutte le forme di libertk (tirannica e licen- ziosa), piu ostinatamente tenace nel respingere qualunque ten- tative di conciliazione (colla menzogna e coll' iniquita), piu impaziente di riprendere il potere temporale (che le compete per diritto ed e unica guarentigia di sua liberta vera) * ». Dal che si deduce una reazione clericale novissima, inaspettata. i cui splendidi effetti si sono palesati e si palesano, scriv'egli. in quella ch' ei chiama super stizione, ed e ravvivamento di fede « delle masse popolari », nelle apparizioni della Madonna, nei miracoli di Lourdes, nei pellegrinaggi, nella promulgazione del Sillabo, nel dogma deH'infallibilitk pontificia : « manifesta- zioni tutte di una reazione, che nessun fllosofo deH'ultima, o della penultima generazione avrebbe osato sospettare possi- bile 2. »

E come costoro Favrebbero sospettata, posto che essi non credevano alia divinita della Ghiesa, ne alia promessa di Cristo che essa in perpetuo sussisterebbe, e giammai le porte dell' in- ferno, contr'essa, non sarebbero prevalse? Ma 1'esimio sena- tore, che nella tarda sua et& vede effettiva, non che possibile. questa reazione, dovrebbe toglierne argomento per convin- cersi. che adunque la Chiesa cattolica non e opera d'uomo, ne ordinata a trasformarsi in un'accademia di mera benefl- cenza, o in un educatorio di semplice umanita.

Del resto e bello ammirare I'armonia di questa confessione del razionalista senatore italiano, con quella del capo delle logge massoniche di Germania, il f/. Findel. II quale poco fa, deplorando il trionfo del cattolicismo, cosi nella politica, come nella scienza, dopo avere descritto a larghe pennellate il pre- cipizio entro cui sta in procinto di cadere il liberalismo, fa avvertire il sopravvento che oggi il cattolicismo ha ottenuto sopra il protestantesimo ed il socialismo 3.

1 Socialismo sistematico e socialisti incoscienti, pag-. 98. Roma, 1896.

* Pag. 99.

3 V. L'Osservatore Cattolico di Milano, num. del 19-20 decembre 1896 ;

E SOCIALISMO INCOSCIENTE 515

Egli, da filosofo superstite dell'ultima generazione, si studia d'indagarne le ragioni; e non a torto indica, fra le determi- nant!, « gli orrori della Rivoluzione francese, e poi quelli del Comune e dell'anarchismo » : quindi « il rapido propagarsi dello scetticismo nel laicato » ; e appresso « gli errori del potere ci- vile, divenuto aggressive, con la usurpazione dei beni eccle- siastici, con 1'abolizione delPinsegnamento teologico nelle Uni- versitk e del catechismo nelle scuole. » In sostanza, tutto egli poteva compendiare nello sforzo mostruoso delPempietk mo- derna, docente, congiurante e governante, per giungere a spian- tare dalla faccia della terra la Chiesa di Cristo, ed a far vero nel secol nostro il favoloso motto dioclezianesco : Christiana nomine deleto.

Or il rinvigorimento di resistenza nella Chiesa a tanto sforzo ed il riconoscimento in una gran parte dei popoli battezzati dell'abisso, verso cui questa empietk mira a trascinarli, e le- cito qualificarli, se piace, di reazione; tale pero che apparisce evidentemente suscitata ed assistita da una virtu, che supera le naturali ; e proviene da Colui che, venti secoli fa, disse alia sua Chiesa nascente: Nel mondo patirai angustie; ma con- flda; io ho vintoil mondo! E di fatto questa Chiesa, nel corso dei venti secoli susseguiti, allora s'e meglio mostrata viicitrice, quando e piu sembrata vinta. Ed e da rallegrarsi che la tri- stezza della confessione del senatore Boccardo confemni, pei di nostri, in qualche modo, il Galilaee vicisti del primo apo- stata coronato.

II.

Strano pero, anzi mille volte piu nuovo, e Peffetto da questa nuova reazione clericale derivato : ed ecco come eruditamente il vecchio senatore, in sul serio, lo bandisce. « II geaio di Ca- millo Cavour aveva profetato che Pultramontanismo (leggi cat-

il quale fa seguire la notizia da quest' avviso: «Chi conosce 1'odio profondo del f.*. Findel verso la Chiesa Romana, ricorda Balaam, che vuol maledire ed e obbligato invece a benedire. »

510 REAZIONE CATTOLICA

tolicismo) ed il socialismo, tardi o tosto, diverrebbero alleati. Questa alleanza, gik tentata dal Lamennais, ribadita dal ve- scovo Ketteler in Germania, dal cardinale Gibbons in America, dal cardinale Manning in Inghilterra, dal padre Curci in Italia, dal conte de Mun in Francia, e ora palesemente e formalmente conclusa !. » E per certo il Boccardo che, con tanta sicurezza ne divulga la notizia, deve ancor conoscere le clausole del trat- tato di questa duplice alleanza, segrete forse come quelle del trattato della Triplice famosa.

11 quale singolarissimo fenomeno, secondoch^ egli lo dice, se sussistesse, rivelerebbe questo finale frutto della guerra a morte, fatta dal razionalismo aristocratico e borghese alia Chiesa cattolica, per si lunghi anni: che cioe, dopo generatosi in seno il grande suo nemico, che e il socialismo, sarebbe riuscito a dargli in aggiunta per alleato il cattolicismo, ringagliardito di forza e cresciuto di potenza.

La cosa di certo, in quanto riguarda il cattolicismo, sarebbe spaventevole, se non fosse burlesca: ed e davvero fenomeno meraviglioso, che la fantasia di un uomo si grave di eta e di senno, coirfe il Boccardo, gli abbia presa in giro la mente, sino a fargli scambiare per massiccia realtti una tanto vapo- rosa chimera.

Lasciamo stare Camillo di Cavour, colla sua profezia, che vale cio che puo valere, ed e ben poco ; e ne pure entriamo nelle difese degl' insigni personaggi, vivi o defonti, ch' egli tira in ballo, per dare corpo alFombra che gli Irulla nel capo: ma un granello di naturale buon senso e la cognizione, almeno storica, di cio che e il cattolicismo dovevano bastare, a fargli scorgere di prima vista ed a priori Tenorme assurditk di collegare la luce colle tenebre, ossia la Chiesa col suo con- trapposto, che e appunto il socialismo.

Questo sistema si regge sopra quattro capi, che formano come dire i suoi quattro punti cardinali, Yateismo, negazione di Dio e di ogni culto religioso; il libero amore, negazione

1 Pag.

E SOCIALISMO INCOSCIENTE 517

•della famiglia nella sua stessa radice, che e il matrimonio; il colleitivismo, negazione di ogni personale o domestica pro- prieta; la statolatria, negazione di ogni privato diritto, a van- taggio dello Stato, o comunanza dei cittadini. Si pongano a riscontro di queste quattro fonti di bestiale barbarie il culto divino, insegnato e professato dalla Chiesa cattolica; le sue •dottrine e le sue pratiche circa il matrimonio cristiano, unico nel vincolo indissoluble; tutto intero il suo decalogo e tutto ill corpo del suo giure canonico ; e poi si vegga se sia possi- bile divisare contraddizione di cose piu piena, di quella che corre tra i dommi suoi e la sua morale ed i turpi delirii del ^socialismo.

Che piu? Acciocche si togliesse ogni appiglio a quale si sia errore in questa materia, il sistema socialistico e stato formalmente e nominatamente, nel suo tutto e nelle sue parti, condannato dalla Chiesa, in quel Sillabo di Pio IX \ che il Boccardo addita quale prova d'inopinata reazione clericale, e nelle Encicliche di Leone XIII 2, massimamente in quella del 15 maggio 1891 che comincia Rerum novarum ed il Boc- cardo, non che conosca, ma loda e commenda, come quella che « si vale dei migliori argomenti dell'economia classica, per mettere in rilievo 1'assurdita. del comunismo 3 ».

Adunque avanti di promulgare, lamentandola, in un suo libro scientiflco, 1'alleanza « formalmente conclusa » tra la Chiesa cattolica ed il socialismo, il dotto uomo avrebbe do- vuto pensare al come si conciliassero insieme, fuori del suo cervello, la formale e reciproca riprovazione, colla formale e reciproca concordia di due sistemi, che essenzialmente si •escludono 1'uno 1'altro, e sono fra s6 piu opposti che 1'acqua in un bragiere col fuoco.

* Syllabus, etc. C. 4.

2 Verbigrazia, qaella che comincia : Quod apostolici.

4 Pag. 99.

518 REAZIONE CATTOLICA

III.

Ne giova ricorrere alia natura della reazione ridestatasi fra i cattolici, rappresentandola, come fa il senatore Boccardo, per « apparentemente religiosa e sostanzialmente politica e sociale 1 ». Imperocche ogni moto religiose nei popoli riveste in qualche grado la qualitk di sociale, essendo sociale per se 1'obbligo della religiosita, e sociali essendo gli effetti che la religiosity nei popoli produce. Ma per necessitk poi ogni moto religioso esercita pure un infiusso sopra la politica, singolar- mente nei tempi nostri, nei quali, non la Chiesa ha confusa la religione colla politica, ma il dominance liberalismo T ha talmente confusa, che spesso si considera come atto politico persino Tascoltare la Messa, il recitare il Paternostro e il farsi in pubblico il santo segno della Croce.

II difetto di queste avvertenze ha fatto intimorire alcuni di buon sentimento, non forse il moto di difesa sociale, eccitatosi con tanta vigoria tra i cattolici, pigli forma socialistica e degeneri in un cosi detto socialismo cattolico. Ma e timore immaginario. II socialismo non puo essere mai cattolico. II predicate, in questo caso, ripugna al soggetto, per essere i termini contraddittorii.

Vero e che parecchi scrittori, i piii liberali e razionalisti, come il Nitti 2 e il de Laveleye 3 si sono arditi di creare an- che questa forma di socialismo, da loro denominate cattolico, per accrescerne la varieta. Cio per altro hanno fatto di loro arbitrio e campando in aria ipotesi, foggiate sopra falsissimi coHcetti. Che anzi tutti gli autori ed oratori cattolici di vaglia e di autorita, laici, sacerdoti e Vescovi, con voce unanime, hanno ripudiata e ribattuta questa ingiuria alia loro fede : cosi verbigrazia Tillustre maestro di seienze economiche, Carlo Perin, il cardinale Langenieux, Mgr. di Cabrieres, il P. de

1 Pag. 96.

2 11 socialismo cattolico, C. I.

' Le socialitme contemporain. C. V11I.

E SOGIALISMO INCOSCIENTE 519

Boylesve, il P. Valentino Steccanella, il professore Giuseppe Toniolo, i membri dei Congressi cattolici di Francia, di Ger- mania, del Belgio e d'ltalia; e segnatamente il conte de Mun, nell'eloquente suo discorso dei 30 marzo 1894 al Parlamento di Francia, col quale ridusse in polvere le bravate insolenti del socialista Jaures, contro Tazione che pretendeva anarchica dei cattolici francesi.

Del resto concediamo che la reazione clericale o cattolica, oltreehfe religiosa, sia direttamente ancora politica e sociale. A quale titolo il senator Boccardo ne farebbe rimprovero ai cattolici e li scomunicherebbe? Non sono essi per awentura •cittadini, come i liberal!? Non hanno essi i medesimi diritti ? Non pagano essi le imposte? Non portano essi tutti i pesi comuni? Adunque essi pure hanno il diritto d' influire sulla politica dei loro paesi, e di prendere a petto il bene ed il mi- gliore andamento della societa, in mezzo alia quale vivono e della quale sono spesso, per numero, la parte maggiore. 0 che gl' interessi politici e sociali debbono rimaner sempre mono- polio e regia privilegiata del liberalismo, che ha si bellamente conciati i popoli su cui spadroneggia, come vediamo e spe- rimentiamo ?

II clericalismo, stando al Boccardo, che allude alia nostra Italia, « ha ora mutato tattica, n& si attiene piu alia formola : Ne eletti, ne eleltori, colla quale affettava 'di tenersi lontano dalle lotte politiche ». Invece ha destata la reazione, ch^egli ascrive ai trionfl riportati nel Belgio, alle clamorose conver- sion! avvenute in paesi protestanti, al bisogno di ritemprarsi « in un ideale, non infetto dalF impure pseudorealismo, venuto in moda, nell'iiltimo ventennio * ».

Baie ! Nell' Italia i cattolici non hanno mutata nessuna tat- tica, n& hanno mai creduto che Tunico modo di risanare il paese dalla lebbra del liberalismo, fosse 1' immischiarsi nelle elezioni parlamentari. La loro tattica e stata finora, & e sark sempre quella di restare cattolici ed italiani col Papa, per-

1 Pag. 95, 96.

520 REAZIONE CATTOLICA

nio non meno dell'unitk della Chiesa, che della pace dell'Ita- lia. L'obbedienza al Papa e la loro regola; e non si scoste- ranno dalla formola: Ne eletti, ne elettori, se non quando il Papa, pel bene della Chiesa e dell' Italia, sia per darne loro- il cenno. E dunque un altro sogno del senatore, da metiers* a paro con quello dell'alleanza conclusa tra la Chiesa ed il, socialismo, che essi abbiano mutata tattica, ripudiando la for- mola, alia quale, ora anzi piu che mai tenacemente, per araore ed obbligo di disciplina, per convinzione maturata dai fatti,. per necessitk di avvedimento politico, rimangono fedeli.

IV.

Che significhi, per Girolamo Boccardo, « 1' impuro pseudo- realismo » al cui aborrimento egli ascrive in gran parte la odierna reazione clericale, non sapremmo bene indovinarlo. Ma poiche e cosa che infetta, altro non puo essere se non ua prodotto del liberalismo, microbio generatore di tutte le infe- zioni sociali del tempo nostro. E tuttavia singolar caso code- sto, che mentre egli dk Ja reazione per moto, od atto contra- rio o repulsive di un principio infettante ed impuro, la tema poi quasi « pericolo piii grave e piu prossimo, di quello che possono addurre le declamazioni ed i soflsmi dei socialist! di professione ».

M presente moto operoso dei cattolici, che si vuole deno- minare reazione, non minaccia propriamente se non il mal- demone del liberalismo, nelle due sue corna, che sono la ti- rannide e la corruzione. Contr'esso combattono e ad esso re- sistono, usando del loro diritto e adempiendo un loro dovere. Come cattolici, hanno il diritto e il dovere di rivendicare la piu sacra delle liberta, che e quella della loro fede e della loro coscienza, oppressa appunto sotto il menzognero titolo di liberta. Come cittadini, hanno il diritto e il dovere d'impedire che la patria duri ad essere ludibrio delle depravazioni, onde il liberalismo la insozza e la strazia, sotto lo schernevole pre- testo di civilta. La lotta politica « dei clericali », che il Boc-

E SOCIALISMO INCOSCIENTE 521

cardo sembra tanto paventare, e lo sbigottisce piii che quella dei socialisti, non e se non lotta di liberta santa e di naturale onesta, contro il piii abbominevole dei despotism! ed il piu ^siziale dei pervertimenti.

II liberalismo, com'ebbe a confessare Francesco De Sanctis, ha fatta la rivoluzione per togliere alia Chiesa la sua libert^ ; •e con cio dar opera a scristianizzare la piii cattolica delle na- zioni, quella che ha nel suo grembo la sede del Papato, Tltalia. A tal fine, si e sforzato, per un verso, d' incatenarla al Go- verno, e per 1'altro di staccare da lei i popoli suoi fedeli. A cio ha mirato colla sua anticristiana legislazione. Collo stato civile da esso introdotto, ha voluto rendere superfluo il sacra- raento del battesimo e poi quello del matrimonio ; colla bene- flcenza legale, ha inteso di abolire la carita evangelica ; colla scuola neutra, ha procurato di spegnere nel cuore della gio- Tentii ogni germe di religione ; colla leva dei cherici, ha mi- rato a stremare di membri il sacerdozio. In una parola, il liberalismo si £ arrogato di laicizzare, dall' alto in basso, tutta intera la societa.

Che e egli derivato da questo rabbioso lavorio di scristia- nizzazione sociale? Che. si vedeva crollare tutto: 1'autorita ^pariva, gli animi si abbrutivano, i delitti si moltiplicavano, 1'anarchia si dilatava, la pubblica probita si perdeva, il latro- cinio, in tutte le sue forme, dalla piu rozza alia piu elegante, -diveniva quasi un'altra istituzione nazionale. « Tutto il mondo sa, che la nostra vita politica e e deve necessariamente essere tutta una corruzione, e che il nostro Stato non puo reggersi, se non per la corruzione » ; scriveva teste Edoardo Scarfoglio. e terminava i suoi sfoghi lagrimosi soggiungendo : « Siamo gia arrivati al punto, che ogni nuova didascalia di morale e acccolta con un senso di noia. Non andra molto, e il nome •della virtu non potra essere pronunziato senza uno scoppio -di risa *. »

Ecco a che la reazione clericale, in Italia e fuori, 6 ri- volta. E rivolta a levare un argine contro la fiumana di tanta

1 Giornale 11 Mattino di Napoli, num. del 15-16 decembre 1896.

522 REAZIONE CATTOLICA

irreligiosita legale e di tanto guasto delle popolazioni. II Boc- cardo ha composto un intero libro, per impugnare il socia- lismo, e non si e accorto ancora, che il miglior modo di estir- parlo & di dar della scure nella sua radice, che e il liberali- smo? Anzi si e mostrato si poco avveduto, che di questa scure,. la quale sta in mano dei cattolici, egli fa uno strumento di rinforzo ai socialist!?

V.

Che dubbio, rispond' egli, dato che i cattolici sono pur essi socialist!, incoscienti si, ma socialisti, « col Nuovo Testaraento e coi Santi Padri, i cui commenti nulla hanno da invidiare ai piu violent! energumeni del socialismo l?» E questa per lui e prova lampante, che Chiesa cattolica e socialismo si danno la mano.

L' economista liberale e qui giudicato, o meglio si giudica da se. Egli va dietro ai passi del Nitti e del de Laveley, che egli ricopia, senza ne meno far loro 1'onore di citarli. La scuola di costoro rigetta 1'economia fondata nel Vangelo ed insegnata dai Padri e dalla Chiesa; e perche mai? Perche severamente ricorda ai doviziosi i grandi pericoli delle ric- chezze, prescrive loro di fame buon uso di caritk ai poveri, e condanna le ruberie delF usura, chiunque poi sia che Teser- cita. II Boccardo neppure si & curato di studiare almeno il senso storico e cristiano dei testi, che egli ha incontrati nei due sopraddetti autori, pago di arrolare tra gli « energumeni del socialismo », col Lassalle e col Marx, SanfAmbrogio, San Basilio, San Gregorio Magno, SanTAgostino; e di porre alia rinfusa insieme i Congressi socialisti di Gotha e di Londra, coi Connilii ecumenici e coi Congressi cattolici di Padova e di Fiesole.

Questo ci pare il caso di ramrnentare la seconda delle tre arcane parole, che la mano misteriosa scrisse la, nella parete dell' aula in cui Baldassarre banchettava, Thecel, che Daniele

1 Pag. 98.

E SOCIALISMO INCOSCIENTE 523

interpreto : Inventus es minus habens *. II criterio dell' esimio senatore, in altre cose tanto sottile e sagace, qui proprio gli e venuto meno ; e ce ne rincresce pel suo credito d' uomo assennato e sapiente.

Ma a chi vuol egli dare ad intendere, che Cristo Signore, Maestro di veritk e di giustizia, sia venuto nel raondo a pre- dicarvi il socialismo ? Se cio fosse, come mai il Boccardo po- trebbe riconoscere 1'istituzione sua, che 6 la Chiesa, per cosi fatta, che ha un codice di morale, la meglio educatrice dell'uma- nita, secondochS egli dichiara pure di riconoscere? Gesu nel Vangelo grida il terribile suo veh! ai ricchi. E vero: ma a quali ricchi? Agli Epuloni, agli avari, ai crudeli, che si godon la vita e negano le briciole de' loro lauti conviti ai poveri Lazzari, mendicanti alia soglia dei loro palazzi. Ma egli non ha mai riprovate le ricchezze per se, come male, ne ha mai condannati i ricchi, perche ricchi. Che anzi ai ricchi, i quali con buon animo gli si accostavano, faceva amorevoli acco- glienze, come le fece a Nicodemo ed a Giuseppe di Arimatea, che nel Sinedrio sedevano tra gli opulenti.

I Padri poi, conformemente al divino Maestro, hanno par- lato ed hanno scritto: che se talvolta, nell' esagerare Tavarizia o la durezza dei ricchi verso i poveri, sono trascorsi in qualche forma di lingua ggio eccessiva, il Vangelo ed il decalogo, della cui osservanza erano campioni, fornivano la regola sicura di valutarne, nel giusto lor senso, le frasi o le figure oratorie. Giammai non'hanno negato loro il diritto di possedere il pro- prio ; ne mai hanno insegnato quello che i poveri godessero, di aspirare ai beni dei ricchi. II dovere di questi verso i po- veri, non hanno mai predicate che fosse di giustizia, ma di caritd ; in quanto Iddio li ha costituiti, con provvido ordina- mento, dispensatori dei beni suoi, a loro concessi in pro di quelli che ne penuriano. Or & egli possibile, che un uomo cosi erudito, com'e il Boccardo, abbisogni d'imparare da noi queste elementari verita. del catechismo cristiano?

1 DAN. V, 25, seg.

524 REAZIONE CATTOLICA

L'usura poi contro cui « tuonarono » i Congress! di Padova e di Fiesole, non e, come falsamente pretende egli, « la le- gittimita del profitto e dell' interesse del capital! »; ma e Yin- giusto profitto, percepito dal capitale che si presta, sia poi de- naro o sia altro. II profitto legittimo non e negate dalla Cbiesa cattolica ; ed ora che i titoli estrinseci, i quali legittimano un giusto profitto o interesse dei capital!, che si dicono prestatiy. son divenuti evidentissimi, non s' incontrera ne moralista, ne- economista cattolico, che vituperi (Tingiusto cio che e vera- mente equo e legittimo.

I Concilii ed i Congress! cattolici hanno invece « tuonato » contro la rapacita de' contratti, che, per 1'esorbitanza dei pro- fitti richiesti, passano la misura di ogni equita e strozzano a dirittura gl'infelici, che dalla angustia sono costretti di accon- ciarvisi. Nel che portano la palma gli ebrei, che in gran nu- rnero praticano il mestiere cotanto odioso di usurai ; d' onde- viene poi 1' odio che si universalmente contr' essi, col nome- di antisemitismo, si e scatenato. Legga il Boccardo quello che di queste ladrerie, fiorenti nel mondo odierno, espone Carlo- Perin 1 ; quello che ne racconta il Durand, per i contadini di Francia 2; quello che mostra, colle cifre ufflciali, il Yilley 3, dei Monti di Pieta nelPInghilterra, nei quali, benche passino essi per istituti di filantropia, si presta persino al 25 ed al 48 %,. e in Irlanda dove si arriva dal 33 al 143 %> e quello che at- testa il Cerruti per la nostra Italia, nelle cui campagne 1'usura,. dal 60 e 80, si estende flno al 100%4.

E si osservi che nulla tocchiamo delle strozzature spietate,. che i giudei in ispecie ed i giudeizzanti esercitano nell'Au- stria, neH'Ungheria, nella Boemia, nella Polonia ; paesi che si possono dire gia dati vivi in pasto a queste malefiche arpie.

E 1' inclito senatore s' indegna che, contro tali ladronecci,. si trovino d'accordo i socialist! dei Congress! di Gotha e di

1 La Richesse dans let socitMs chrtticnnes, pag. 492.

2 Le Credit agricole.

3 Le Role de I'lltat dans I'ordre iconomique, pag. 409.

4 Cooperazionc popolare, febbraio 1895.

E SOCIALISM© INCOSCIENTE 525

Londra, coi cattolici dei Congress! di Padova e di Fiesole? Ma sembra a noi che, fuori di qualsivoglia scuola economica, basti il senso umano, a fare che 1'animo si empia di orrore, per la vorace razza che campa e s' impingua del sangue cosi spre- muto dalle vene dei bisognosi.

Percio egli dovrebbe, da questo lato almeno, dare ragione ai clericali e lodarne lo zelo, perocche essi non istanno gia paghi, come i socialisti sistematici dei Congressi di Gotha e di Londra, a protestazioni furibonde, ma, da socialisti per nuova guisa incoscienti, alle vivaci protestazioni aggiungono i fatti; creando casse rurali, istituti di credito, banche popo- lari e simili opere, che aiutino i deboli ed i poveri a salvarsi dalle ingorde gole dell'usura. Le quali opere di cristiana ca- rita sono appunto frutti preziosi della reazione, che tanto affligge e sgomenta il Boccardo, perche verso i clericali attira le popolazioni. Ne puo essere altrimenti, giacchfe le popola- zioni discorrono in questa semplice maniera : I liberali ci tolgono il nostro, i socialisti ci promettono Yaltrui, ma i cle- ricali intanto ci danno il loro : i lor danari, (le Societa di S. Vin- cenzo de' Paoli, nel solo anno 1895, hanno dato in carita sette milioni, settecentoventimila lire) il loro ingegno, il loro tempo, la loro assistenza, il loro buon cuore. Dunque vivano essi, e viva la Chiesa che tali li forma!

VI.

Finalmente se il senatore ama di avere limpida, sott'occhio, tutta intera la teoria del socialismo incosciente dei cattolici, rispetto ai ricchi, non ha gran fatto a penare. Egli gia co- nosce F Enciclica di Papa Leone XIII, intorno alia condizione degli operai, e F ha encomiata di « classica », nel confutare gli assurdi del comunismo. Non e pero meno classica nell'affer- mare i doveri di carita dei ricchi, conmtando gli assurdi del- 1'egoismo epicureo e del capitalismo usuraio, al cui patrocinio la scuola economica liberalesca si mostra tanto inclinata. Studii egli bene e mediti questi papali ammaestramenti.

526 REA7IONE CATTOLICA E SOCIALISMO INCOSCIENTE

I fortunati del secolo sono ammoniti, che le ricchezze non li francano dal dolore, e che esse, per la felicita avvenire, non che giovare, nocciono: che i ricchi debbono tremare; pen- sando alle minacce straordinariamente severe di Gesii Cristo, che dell'uso dei loro beni avranno un giorno da rendere rigo- rosissimo conto al Dio giudice. In ordine a quest' uso, eccel- lente ed importantissirna e la dottrina, che si vuol distinguere il possesso legittimo, dall'uso legittimo. Naturale diritto del- ruomo e la privata proprieta: ma riguardo all'uso dei beni, la Chiesa, per bocca di S. Tommaso, non esita a dire non dovere 1'uomo averli come proprii, bensi come comuni, in modo che facilmente li comunichi nell'altrui necessita. Niuno al certo e tenuto sovvenir gli altri di quello che e necessario a se ed ai suoi; anzi neppur di quello che e necessario alia convenienza e al decoro del proprio stato. Ma soddisfatto alia necessiti-i ed alia convenienza, soccorrere col superfluo ai biso- gnosi, e dovere. Eccetto il caso di estrema necessita, non sono questi, e vero, obblighi di giustizia, ma di caritk cristiana, il cui adempimento non si puo certamente esigere per vie giu- ridiche : ma sopra le leggi e giudizii degli uomini, sta la legge e il giudizio di Cristo, il quale inculca in molti modi la pra- tica del donar generoso, ed insegna esser cosa piii beata il dare, che non il ricevere ; e terrk per fatta, o negata a se, la carita fatta o negata ai bisognosi.

Che e da ridire in biasimo di questo ammaestramento, sopra del quale si fonda il preteso socialismo incosciente dei eattolici, intorno al retto uso delle ricchezze? A questa dot- trina il Boccardo, lodatore dell' Enciclica, non fa censure. L'ac- cetti adunque e lasci di accusare i cattolici, che la inculcano, di socialist!; benche poi a lui sappia male che il Papa Leone XIII abbia pur accennato, che ai di nostri aumentano sempre le ricchezze dei pochi, e cresce invece la miseria dei molti. Ma di cio potra tornare opportune ragionare, in qualche altro ar- ticolo, piu di proposito.

LE LITANIE LAURETANE

STUDIO STORICO CRITICO 1

ARTICOLO III. LE ORIGINI.

15. La questione intorno le origin! delle litanie lauretane si puo dire non ancor tocca da nessuno. I nostri buoni vecchi del seicento se ne spacciarono di leggeri contenti di ragionare sopra il loro contenuto, commentandolo nelle piu svariate ma- niere, fino a trovarci dentro tutto lo scibile umano : la filosofia, la teologia, le scienze naturali, 1'intera storia dalla creazione del mondo all'estremo giudizio. Per mo' di esempio, in quel mare- magno di erudizione che sono i due volumi sulle litanie del Mie- chow, questo bravo scrittore non si d& briga di cercare onde gli venga materia tanto abbondante di svariata eloquenza, e gli basta supporre che non altri che un uomo dotto, pio e reli- gioso potS esserne autore : Fuisse quemdam doctum piwn ac religiosum virum inde colligo, quod haec litania piur/i ac valde rationabilem outturn B. Virginis continet 2. Cosi pure il Giu- stiniani nel suo copioso Tempio Lauretano o Lezzionario delle invocazioni alia Vergine, parlando delPautore delle litanie lau- retane dice soltanto « non poter essere stato che qualche uomo molto pio e molto dotto; perche, invocando in questa litania quarantotto volte la Regina del Cielo, Fautore con molta leg- giadria la va nominando sotto varii epiteti e metafore, in modo che non solo non da fastidio, ma arreca diletto 3... » Ne nulla piu si puo cavare da tutti gli altri scrittori de' due secoli pre- cedent! fino a noi.

1 Vedi quad. 1118 del 16 gennaio 1897, p. 161 e segg.

* MIECHOW, Discursus praedicabiles. Tom. I, disc. 1, n. 14, p. 14.

3 Cfr. MARTORELLI, Tea fro istorico. Tom. II, p. 156.

528 LE LITANIE LAURETANE

II Sauren sta anch'egli per 1'autore molto pio e molto dotto J, sebbene un po' piu innanzi si corregga, e considerando che le lauretane sono precedute da altre siraili litanie, inclini ad am- mettere non tanto un autore, quanto un accorto compilatore, che da quelle seppe scegliere le invocazioni migliori, trala- sciando le raeno corrette ed aggiungendone altre piu appro- priate flno a darci il testo intero quale ora si recita 2. Questa sentenza fu gia indicata dal Vogel 3 e certo meglio dell'altra s'accosta al vero.

Ma se e cosi, non si puo ricercare Torigine delle litanie lauretane, senza metterle in relazione con le altre che le pre- cedono ; questa stessa dimostrazione sar& compiuta, se non si esamini in genere, come siansi andate formando tutte in complesso quelle preghiere, che possono designarsi col titolo di litanie mariane.

La materia e alquanto vasta e ci e venuta crescendo fra le mani assai piu di quello che sul principio ci attendevarao. Potremmo certo sbrigarci in poche parole, accennando piut- tosto che dimostrando. Ma il lavoro, oltreche arido, riuscirebbe oscuro. Per altro verso si tratta di argomento siffattamente nuovo, che a noi stessi fa ora meraviglia, come mai tra tanti e tanti che scrissero della B. Vergine, illustrando la sua storia, le sue prerogative, le sue imagini, i suoi santuarii, il suo culto, non sia mai venuto in mente a nessuno di ricercare 1'origine storica delle sue litanie, od anche solo di darsi conto de' testi che le contengono. Prima del secolo XV quei testi sono rari as- sai, e la stessa loro rarita avrebbe dovuto eccitare 1'attenzione di quei tanti eruditi che vanno frugando negli archivii in cerca di cose nuove. Ma non vi badarono ed il campo rimase fin qui inesplorato.

Per dare adunque un qualche ordine alia materia, ci faremo

1 Die laurel. Lit., p. 24.

1 P. 26.

3 De Eccl. Recan. et Laurel., p. 316. Dopo avere accennato ad alcuni testi piii antichi di litanie, conchiude: « Ex his demum conflatae fuiase vi- dentur Litaniae Virginia quae nunc ubique gentium sunt in usu. »

STUDIO STORICO CRITICO 529

anzitutto a studiare quel gruppo di testi che presentano piii lontana parentela con le nostre litanie lauretane e che sono i primi a ricorrere ne' codici. Diamo loro il nome piu generico di litanie mariane. Poi in un secondo paragrafo passeremo al gruppo, per cosi dirlo, prelauretano, che e quello donde immediatamente provengono le litanie di Loreto.

§. i. Gruppo deVe litanie mariane.

16. II ch. Sauren ritiene per prima e piu antica litania ma- riana una bella laude del Ledbhar Breac, codice del secolo XIV, appartenente alia R. Accademia irlandese '. Esso e una preziosa collezione di document! di varia eta, scritti quasi tutti nella piu pura vetusta lingua irlandese, in the purest style of Gaedhlic, come afferma il Prof. 0' Curry che ne illustro le varie parti 2. Al foglio 121 del codice si legge appunto una serie di cinquan- tanove invocazioni a maniera di elogi in onore della B. Ver- gine, che si chiudono poi con un'affettuosa preghiera, perche la Vergine si degni intercedere appresso il suo divino Figliuolo a pro de' peccatori. Anche TO' Curry la chiama addirittura litania, 1'ascrive per lo meno alia meta incirca del secolo VIII (I believe it to be as old, at least, as the middle of the eighth century), e quantunque la dica imitazione di simili preghiere latine non crede pero che sia traduzione, si bene lavoro ori- ginale 3.

Noi non possiamo accettarla come litania propriamente detta, mancandogliene del tutto la forma; si tratta di semplici elogi alia B. Vergine seguiti da una devota preghiera e nul- 1'altro. Aggiungeremo che quegli elogi risentono assai i titoli piu comuni, che si veggono ripetuti nelle laudi posteriori del

1 II SAUREN (p. 5, p. 51) conosce questa laude solamente nella versione tedesca datane dal HATTLER nel 1879. Le Stimmen aus Maria-Laach (Vol. XVIII, 1880, p. 128) ne diedero un'altra versione, forse migliore.

1 0' CURRY, Lectures on the manuscript materials of ancient irish history, Dublin, 1861, p. 352.

3 L. c. p. 380.

Serie XVI, vol. IX, fate. 1121. 34 22 febbraio 1897.

530 LE LITANIB LAURETANE

medio evo; e per questa ragione dubitiamo alquanto che la laude irlandese sia tanto antica, come vorrebbe TO1 Gurry '. II testo veramente piu antico di una litania raariana, che finora si conosca, sta in un codice manoscritto del secolo XII, appartenente al fondo certosino della biblioteca di Magonza. II Mone nella sua bella raccolta degli inni del medio evo ne pubblico solamente la parte che contiene strofe ritmiche, tra- scurando il resto, che non faceva al suo proposito e che per couseguenza rimase tuttavia inedito 2. Noi abbiamo potuto otte- nerne copia dalla squisita gentilezza del M. R. Dr. Francesco Falk di Magonza. Ma perocche la litania e lunga a non piu ftnire, ci riserbiamo a pubblicarla intera nella ristampa di questo studio e baster& qui darne un semplice estratto, quanto solo strettamente occorre alia presente dimostrazione.

Letania de domina nostra dei genitrice uirgine Maria. Oratio ualde bona cottidie pro quacumque tribulatione dicenda est.

Kyrie. Christe. Sancta Maria, ora pro nobis bene-

Christe, audi nos. dictum ventris tui fructum 3.

Salvator mundi, adiuva nos. Sancta Maria, dei genitrix gloriosa,

Pater de celis deus, qui elegisti Ma- ora...

riam semper virginem, miserere Sancta virgo virginum, ora...

nobis. Sancta regina celorum, ora...

Fili redemptor mundi, Marie virgi- Sancta mater misericordie, ora...

nis filius, mis. Sancta Maria, gaudium angelorum,

Spiritus Sancte deus, qui illuminasti iubilatio omnium sanctorum, ora...

et obumbrasti Mariam semper vir- Sancta Maria, stirps patriarcharum,

ginem, mis. vaticinium prophetarum, solatium

Sancta Trinitas unus deus, qui pos- apostolorum, rosa martirum, predi-

sedisti Mariam semper virginem, catio confessorum, lilium virgi-

mis. num, ora...

1 Pio IX, ad istanza di Mons. Woodlock, Rettore dell' Universita catto- lica d' Irlanda, approvo questa luude con suo Breve del 5 settembre 1862 accordandole un' indulgenza, la quale per6 non e ora registrata nella colle- zione del BERINGER. Pel testo autentico del Breve e della litania si vegga 1'opuscolo Old irish litany, Dublin, Gill and Son, 1879.

* MONE, Hymni latini medii aevi (Friburgi Brisgoviae, Herder, 1854). Tom. II, p. 260 e segg. II codice della Biblioteca di Magonza e segnato : Earth. 622, ed e scritto in caratteri piuttosto difficili a leggersi, Appartiene per6 indubitatamente al sec. XII, come afferma il Mone e come ce ne assi- cura il Dr. Falk, ottimo conoscitore di paleografia.

* Quest'orc cosi prolungato si ripete ad ogni verso.

STUDIO STORICO CRITICO 531

Cosi continua per un cinquanta capiversi; ognuno comincia con Sancta Maria e contiene due, tre ed anche piu elogi, molti de' quali si lasciano ridurre a strofette ritmiche come ad esempio:

S. M. virginum lucerna S. M. de qua nasci

per quam fulsit lux superna... et de cuius lacte pasci

rex celorum voluit...

Seguono per ultimo una quindicina di deprecazioni, e ne diamo solo un paio per saggio insieme alia chiusa dell'intera litania.

Propicius ut sit nobis benedictus Maria.

ventris tui fructus, obtineas nobis Fili matris virginis Marie, te roga-

o aureum gratie propiciatorium, mus audi nos.

sancta Maria... Agne dei, filius matris virginis Ma-

Ut nos exaudire dignetur benedictus rie, qui tollis peccata mundi, parce

ventris tui fructus, ora mater virgo nobis Domine.

17. Che 1'autore di questa litania abbia inteso di foggiarla ad imitazione di quella dei Santi, e cosa evidente. Pero, vo- lendo applicare ogni cosa alia B. Vergine, ebbe ricorso ai co- siddetti tropi, o riempiture o farciture, consuetudine comunis- sima nel medio evo, onde si fecondavano non solo le pre- ghiere private, ma le stesse preci liturgiche, il Kyrie, il Glo- ria, gli introiti della messa e via via '.

Quanto alle invocazioni della Vergine, s'e gi& detto pre- cedentemente che una delle prime litanie de' Santi se non anche la prima che si conosca, quella cioe del codice ottobo- niano (sec. VIII) ha una sola invocazione alia Vergine : cioe : Sancta Maria, ora pro nobis. Ma la grandezza di Maria, la sua dignitk di Madre di Dio e i suoi esimii privilegi sugge- rirono ben presto le giunte, divenute comunissime, di due altri

1 Ne toccammo altra volta ne' nostri articoli sulla musica liturgica del medio evo (Quad. 994 del 21 nov. 1891, p. 418 e segg.), e giova qui ripe- tere almeno uno degli esempii di farciture, allora recati; e un Kyrie della messa, tratto da un codice di S. Gallo del secolo X: « Kyrie eleison, pater infantium; Kyrie eleison, refectio lactantium; Kyrie eleison, consolatio pu- pillorum; Christe eleison, imago genitoris; Christe eleison, abolitio facino- rig ; Christe eleison, restauratio plasmatis. Kyrie eleison, femes caritatig ; Kyrie eleison, plenitudo probitatis; Kyrie eleison. »

532 LE LITANIE LAURETANE

titoli : Sancta Dei Genitrix e Sancta Virgo Virginum, coi quail si professavano esplicitamente i due dommi della Chiesa, la divina maternita di Maria e la sua perpetua verginita. Tal- volta insieme col titolo Sancta Dei Genitrix, od in sua vecer si legge Sancta Mater Domini; talvolta dopo Sancta Virgo Virginum r,icorre Sancta perpetua Virgo (ovvero Sancta el perpetua Virgo od anche Sancta et perpetua Virgo Maria}. Parimente si veggono aggiunti alcuni altri titoli che ricordano le relazioni della Vergine coi viatori in terra e co' beati del cielo, come Sancta Mater misericordiae, Sancta Regina mundi, Sancta Regina coeli ovvero Sancta Regina coelorum 4. Di ma- niera che unendo insieme questi diversi elogi, sparsi per le piu antiche litanie de1 Santi, gia si otterrebbe, per dir cosi, una prima ossatura di litanie mariane. Nondimeno, la litania citata di Magonza, le altre che vedremo in seguito possono considerarsi come un ampliamento di questi titoli. Esse gli accolgono, o tutti o in parte, fra i proprii elogi (come si vede nella litania citata), ma poscia continuano con tutt'altro cri- terio : ripetono cioe piu e piu volte la stessa invocazione Sancta Maria, ampliandola a mezzo dei tropi.

18. La ragione di questo singolare procedere deve ricer- carsi nel concetto che i nostri antichi avevano delle litanie. Di fatto la litania de' Santi non e composta di una serie di elogi, ma solo di invocazioni e di deprecazioni. Nelle invoca- zioni ricorrono i nomi proprii della Vergine e de' Santi; con le deprecazioni si chiede aiuto nelle necessita spiritual! e tem- porali della vita e s' interpongono per meglio ottenerlo i me-

1 Cfr. Cod. Vat. lat. 4928, che e un salterio di Beneventodel secolo XII; fol. 194 e 312: Sancta Maria, Sancta Dei Genitrix, Sancta Virgo Virgi- num; fol. 195: Sancta Maria, Sannta Dei Genitrix, Sancta Mater Domini ; fol. 305V : Sancta Maria, Sancta Virgo Virginum. Cod. Vat. Ottob. lat. 145 che e un Orazionale del secolo XII, fol. 106: Sancta Maria, Sancta Dei Genitrix, Sancta Mater Domini ; fol. 113 ai tre medesinii titoli e aggiunto: Sancta Regina coelorum. In un'antichissima litania d'Arezzo (Cfr. GRAZINI, Vindiciae SS. Martyrum Arretinorum ; Romae, 1775): Sancta Maria, Sancta Mater Domini, Sancta Regina mundi. Si veggano gli altri esempii nelle varie litanie antiche, pubblicate dal MARTENE, De anti- quit Scclesiae ritibus (Antuerpiae, 1736) Tom. I, 571, 872, 875, 898, 912.

STUDIO STORICO CRITICO 533

riti di N. S. Gesii Cristo. Per giungere dunque all' idea di una litania composta di soli elogi, sarebbe stato necessario rom- perla con la tradizione liturgica, e come consta da mille altri argomenti, cio non soleva mai accadere di proposito delibe- rate, ma tutto al piu a poco a poco passando per gradi in- termedii. E il grado intermedio era appunto il ripiego dei tropi, unito alia ripetizione molteplice della stessa invocazione Sancta Maria.

Questa ripetizione, trattandosi dei titoli delle litanie liturgi- che, non era cosa nuova. Gik prima tra? Greci e poi ai tempi di S. Gregorio Magno tra' Latini, era invalso 1'uso di trattenersi lungamente nel Kyrie della Messa, ripetendone piu e piu volte la invocazione. S'adoperava cosi, anche per dare spazio al Ponteflce celebrante di prepararsi con comodo al comincia- mento della messa; tanto che gli Ordines Romani a lui riser- bano il cenno da darsi ai cantori perche chiudano le litanie e comincino 1' introito. In altre funzioni piii lunghe e dove conve- niva trattenere il popolo per piu ore, come nelle processioni di penitenza, si ridicevano quelle medesime invocazioni fino a cento volte, come consta da un rituale romano de' tempi di Ottone III (983-1002) ricordato dal Mabillon l. Piu tardi si uso maggior discrezione, ma si estese 1'uso del ripetere anche alle altre invo- cazioni delle litanie de' Santi, che pero si cantavano ognuna tre, cinque, fino a sette volte, donde il nome di Litaniae ternae, qui- nae, septenae. Cosi nella rubrica di un antico codice liturgico si prescrive che rientrando in chiesa la processione dopo la be- nedizione del fonte nel sabato santo, il coro dovesse spartirsi pel canto delle litanie in due parti ed ogni parte ripetere due volte per intero 1' invocazione Santa Maria e le altre che seguono, proferite dai cantori. Erano le Litaniae quinae 2. Oggi ancora persevera in qualche modo tal consuetudine ;

1 Mus. ital., Parisiis 1724; Tom. II, p. XXXIV. Cfr. DREVES, Analecta hymnica, Medti Aevi, Vol. XXIII, p. 74.

8 MARTENE 1. c. Tom. Ill, p. 455 . « Clerus in ambitu stans dividat se in duos chores et praecedat chorus praepositi ascendendo chorum, et can- tent litaniam quinam Sancta Maria, et praecedens chorus videlicet prae- positi primo respondeat Sancta Maria, deinde chorus decani, et sic quilibet chorus respondeat alternatim duabus vicibus. »

534 LE LITANIE LAURETANE

perch6 nel medesimo giorno si duplicano le litanie de' Santi, com'e ben noto.

Tale ci sembra 1'origine delle litanie mariane, quanto alia loro forma esterna; la quale pero di mano in mano si ando sempre meglio semplificando, fino a presentare la sola serie degli elogi, senza tropi e senza ripetizione del titolo Sancta Maria, come si vedra dai varii testi che andremo brevemente indicando.

19. E sia primo quel che pubblica il Sauren, pero ascri- vendolo per errore a S. Bonaventura. Noi ne abbiamo trovato un altro simigliantissirno nel codice palatino 546 (f. 199 e seg.) della Biblioteca Vaticana, appartenente al secolo XV. La litania e di gran lunga piii breve del codice di Magonza, ma la sua forma ancora incerta e qua e cola alcuni tropi assai diffusi fanno supporre che sia stata copiata da un originale molto piu antico '.

Del tutto inedito e invece un altro testo della fine del se- colo XIV o certo del principio del seguente, che si legge in un altro codice della medesima Biblioteca, segnato: Ottob. lat. 516 (f. 14 e segg.). Esso pure s'attiene alPimitazione delle li- tanie de' Santi, anzi fa di queste un curioso impasto con le invocazioni mariane. Ne diamo un saggio alquanto piu disteso.

Letania Virginis Marie

Kyrie, etc. (come al solito) Sancta Maria, virgo virginum

Sancta Maria, mater christi sanctis- Sancta Maria, plena del gratia _

sima, ora pro nobis 2. Sancta Maria, eterni regis fllia

Sancta Maria, dei genitrix electa Sancta Maria, sponsa dei

Snncta Maria, mater immaculata Sancta Maria, ornnes sancti angeli Sancta Maria, virgo perpetua et archangeli, orate p. n.

1 II SAUREN ha preso il suo testo da una recente edizione del Psalte- rium Marianum (Ratisbona, Manz, 1885), attribuito a S. Bonaventura; ma la litania e del tutto diversa da quella cbe per solito si legge nelle Opere del Santo. II codice che noi indichiamo e un OJlcium B. M. V. appartenente a qualche monastero di inonache in Germania, poiche contiene parecchie preghiere con rubriche in lingua tedesca. La litania e annunziata con questo semplice titolo: Letania deuota de beata Maria uirgine.

* L'Ora pro nobis si ripete ad ogni titolo, »e altro non viene indicate.

STUDIO STORICO CRITICO

535

Christe filii dei vivi dignare matrem

tuam pro nobis omnibus exaudire,

miserere nobis

Sancta Maria, templum spiritus sancti Sancta Maria, regina celorum Sancta Maria, imperatrix sanctissima Sancta Maria, scala celi firmissima Sancta Maria, porta paradisi certis-

sima

Sancta Maria, mater et domina Sancta Maria, nostra spes vera Sancta Maria, fides nostra firmissima Sancta [Maria], fons caritatis Sancta Maria, fons pietatis Sancta Maria, fons dulcedinis Sancta Maria, fons misericordie Sancta [Maria], omnes [sancti] patriar-

che et prophete, orate. Christe filii dei vivi factuam sanctam

genitricem orare pro nobis et earn

clementer exaudire digneris. Sancta Maria, generans omnia crean-

tem

Sancta Maria, gerens omnia portan-

tem

Sancta Maria, gentium (?) mater Sancta Maria, lux nostra vera Sancta Maria, omnes sancti apostoli

et evangeliste, orate. Omnes sancti discipuli domini, orate. Omnes sancti innocentes, orate. Sancta Maria, delens tenebras umbre

mortis

Sancta Maria, delens peccatum no- strum

Sancta Maria, via paradisi Sancta Maria, per quam intratur ad

regnum Sancta Maria, ineifabile premium

nostrum Sancta Maria, ineffabile gaudium

nostrum Sancta Maria, celestis patrie desi-

derium Sancta Maria, speculum contempla-

tionis divine... Etc.

20. Togliendo da questo testo i versetti intercalati, che non riguardano direttamente la Vergine, s'ottiene una litania mariana assai ben composta, con elogi generalmente brevi, ritmici e pero abbastanza acconci alia recita corale ed al canto. Cosi pare veramente siasi fatto in una trascrizione che ricorre piu tardi, quantunque notevolraente ampliata di elogi.

Essa fu pubblicata nel secolo scorso dal domenicano De Rubeis o De Rossi (1686-1775) 4, secondo un antico codice, quern olim possidebat perillustris Boianorum familia in civitate Fo- riiulti, com'egli dice 2. Tuttavia quest' autore non le fa troppo buon viso : perche gli sembra che alcuni titoli non siano ben conformi alia dottrina teologica, e quindi conchiude che senza

1 BERNARDI M. DE RUBEIS 0. P., De Litaniis. E una dissertazione messa in luce dal ZACCABIA nella sua edizione del FLEURY : De discipline Populi Dei (Venetiis, 1761); Tom II, Diss. XXIX, p. 239 e segg. La litania fu pure ristampata dal VOGEL p. 317 e dal SAUREN p. 58.

* L. c. p. 247.

536 LE LITANIE LAURETANE

dubbio non mai fu essa recitata in chiesa, ma riserbata sol- tanto alia divozione di qualche private '. II De Rubeis certo s' in- ganna; perocche un secolo prima di lui, nel 1678, si soleva ancora cantare in pubblico, sebbene con molti raccorciamenti, a Venezia, quando fit processio de Domina ad pluviam sive serenitatem petendam. 2 Inoltre da un incunabulo della Biblio- teca Casanatense della fine del secolo XV o certo de' primis- simi anni del XVI veniamo a sapere, che quel testo intero si recitava durante la peste prima della messa, secondo un uso che vedremo confermato da altri esempii 8. Piu ancora que- sta stessa litania fu consigliata ben per tempo, quale rime- dio spirituale contro la peste. Perocche in un Officium B. V., rnanoscritto del secolo XV, e precisamente dell'anno 1418, tro- viamo (salvo poche varianti di minore importanza) il testo identico del codice di Forli e dell' incunabolo casanatense con questo titolo : Incipiunt letanie gloriose uirginis Marie, quas

1 L. c. p. 248 : « Nonnulla in his litaniis Virgini Deiparae attributa

leguntur, quae ad trutinam theologicam revocata minus consona videri

possunt. Nullus ego dubitaverim eas baud unquam publice dictas in Ec-

clesia. Pro singular! erga Deiparam devotione, privatus quispiam aut eas

composuit, aut sibi componi curavit, privatim recitandas »

* Officium hebdornadae sanctae secundum consuetudinem Ducalis Ecclc- siae S. Marci Veneliarum. Ad antiquum ritum et integritatem restitutum. Venetiis. 1678. Le litanie stanno nell'Appendice a p. 203 e segg. II TROMBELLI (Mariae SS. vita et gesta; Bologna 1764, Tom. V, p. 375) ne aveva fatto cenno alcuni anni prima cbe scrivesse il DE RUBEIS, chiamandole valde vetustas, licet a Lauretanis et ab Us etiam, quas in nonnullis codicibus reperi, valde diversas.

3 La stampa casanatense 6 segnata: Misc. in 8°, n. 530, ed 6 un libret- tinodi quattro sole carte in 32° col titolo: Orationes devote \ contra imminentes tribulatio \ nes : et contra pestem \ Incipiunt letanie beate Marie Virginia. Finite le litanie seguono tre brevi orazioni, poi un'Oratio contra inimicos (cio& contro i Turchi), quindi la rubrica Post missam con altre pregbiere. E notevole 1'invocazione, inserita prima de\V Agnus Dei: Virgo gloriosa que Theophilum gratie reformasti : succurre rnihi in tribulationibus, la quale ri- sponde ad una simile invocazione delle litanie di Magonza (sec. XII): Sancta Maria, quae Theophilum diabolo mancipatum potenter eripuisti, et aliis quam pluribui pene desperatis succuristi, ora... Si allude alia leggonda, ce- leberrima nel medio evo, di S. Teofilo, che aveva venduto 1'anima al de- nionio, e poi per la misericordia della Vergine si convert! (Cfr. BOLLAND. Act SS. die IV februar. De S. Theophilo poenitente}.

STUDIO STORICO CRITICO 537

qui dixerit cotidie denote, precibus et auxilio eiusdem, uirgi- nis liber abilur a morbo epidemie i.

La litania di questo codice termina con YOremus:

Concede nos famulos tuos, quesumus Domine, perpetua mentis et corporis sanitate gaudere et intercedente beata gloriosa virgine genetrice Maria a peste et morbo epidemiae et ab omni malo liberari. Per Christum Dominurn nostrum.

Giova ripetere, che in tutte queste trascrizioni & pur sem- pre conservalo il titolo Sancta Maria innanzi ad ogni singolo elogio, e che tra le nuove invocazioni quivi introdotte sono degne di note le seguenti, come quelle che preparano vie me- glio la strada al testo lauretano.

Mater innupta, mater inviolata... angelorum domina... virgo dulcis- sima... mater misericordiae... mater aeterni principis... advocatrix nostra, stella coeli clarissima... fons verae sapientiae... speculum contemplationis... immarcessibilis rosa, pulchritude angelorum, flos patriarcharum, desiderium prophetarum, thesaurus apostolorum, laus martyrum, glorificatio sacerdo- tum... archangelorum laetitia, omnium sanctorum exultatio... piissima re- gina... mater desolatorum, protectio peccatorum, consolatio desperatorum, refugium miserorum... maris stella, etc.

21. Le prime litanie mariane non servirono certo per la recita in pubblico, come appare dalla loro struttura intral-

1 II codice, d'origine francese, appartiene ulla BibliotecaRossiana (Vienna d'Austria, XIII Lainzerstrasse 128) ed e segnato : VIII, 53. II p. G. M. Dreves

ce lo indico cortesemente e ci trascrisse il testo della litania, che pubbli-

cheremo altrove. Alia fine del codice si legge : « Ego presbiter iohannes putinus de litio hoc opus scripsi. Magnifico et generoso uiro dno Andree donate. Potestati Mechthamanti. Anno do MCCCCXVIII. Die xxvm: Mensis octubris. » Un altro testo, se non proprio identico, certo simigliantissimo, ci fu indicato da Mons. M. Faloci Pulignani di Foligno in un codice mano- Bcritto dei primi anni del secolo XVI, che apparteneva ad un qualche rnona- stero di Clarisse di quella citta o provincia. Esso e una specie di rituale, contenente le officiature speciali delle religiose. Dopo una preghiera contro le tribolazioni: Incomenzano le letanie de la madonna.

Probabilmente la litania di questi codici e d'origine molto antica. II BRID- GETT (Our Lady's Dowry, Third Edition, London, Catholic Pubblication society co. p. 167) accenna ad una litania che leggesi in un codice manoscritto del British museum (Cotton ms. Tit. A. XXI Mariale) e ne da in saggio al- cune poche invocazioni, che ben rispondono al principio del testo qui esa- minato. Stando alia sua affermazione, il codice del British museum appar- terrebbe alia prima meta del secolo XIII.

538 LE LITANIB LAURETANE

ciata e pesante. Ma siccome le litanie del Santi si adopera- vano precipuamente nelle procession! di penitenza e durante le pubbliche calamita, cosi, invalso gia Tuso di recitare qua e cola privatameute le litanie mariane ed essendosi rese queste alquanto piu semplici, a poco a poco dovette sorgere 1'idea di adoperarle anche in pubblico, specie contro il terribile fla- gello della peste. Ne abbiamo gia recata la testimonianza del- Tincunabulo casanatense; ma si possono recare due altre prove piu important! e piu antiche.

L'una 6 un codice della seconda meta del secolo XV, ap- partenente alia Biblioteca comunale di Poppi (provincia di Arezzo); Taltra e La tabula della salute composta da frate Marcho dal monte Sancta Maria in Gallo, stampa rarissima del 1-494.

II codice di Poppi J, segnato u. 88, comincia a carte 3V con le seguenti rubriche:

Offltium subscriptuin in teinpore pestis sive epydimie secundum Clementem pp. VI. Lege rubricam sequentem et observetis sicut in ea continet per orclinem.

Hoc officium constituit et ordinavit pp. Clemens sextus pro morte snbitanea evitanda in collegio cum omnibus cardinalibus suis. Et con- cessit omnibus ipsum audientibus ducentos quadraginta dies indul- gentie. Et omnes audientes debent teuere quilibet unam candelam benedictam in manu a principio misse usque ad fine. Et ad dicta missa dici quinque dies continues confessis et contritis. Et sjc eis morte subitanea sive pestis epydimie non nocehit. Et hoc probatum fuit Avinione et in partibus circumstantibus et vicinis. Et hoc fac- tum fuit sub annis doinini Mccexlvm. Sacerdos celebraturus missani debet esse indutus sine planeta dicendo letanias et orationes subscrip- tas genibus flexis et interra [leg. iterum] postea induat se planeta et celebret missani. Sequitur letanie in principio dicti offttii in tempore pestis sive epydimie. Incipit. Kyrie eleison...

Finita la litania seguono alcune preghiere alia B. Vergine, perche si degni ditendere il suo popolo ab omni malo et an-

1 Ci fu segnalato dal M. R. Bibliotecario di cola, D. Giuseppe Cipriani. E in 32° composto di fogli non numerati in pergamena con fogli cartacei metodicameDte inseriti. Che non sia piu antico della seconda meta del se- colo XV si rileva da una serie di preghiere del Cardinale Domenico Capra- nica (1400-1458) quivi copiate dalla stesaa mano.

STUDIO STORICO CRITICO 539

gustia et spetialiter a plaga pestis epydimie. Poi viene la Missa in tempore pestis che 6 la medesima del messale odierno *.

Che questa Missa pro peste sia stata veramente concessa da Clemente VI (1342-1352) durante la grande pestilenza del 1348 non v'ha difficolta. di ammettere. Parecchi messali di quei tempi o del principio del secolo XV ne riportano il testo, spesso preceduto da una rubrica, simigliante alia qui recata 2. Ma non e per nulla provato che Clemente VI ordinasse pure la litania della B. Vergine, e pero crediamo del tutto apocrifa la sin- golare notizia del codice di Poppi. Essa nondimeno dimostra con certezza Puso oramai introdottosi nella seconda metk del secolo XV di recitare in tale occasione la litania mariana con la persuasione di far cosa legittima e ordinata da un Papa.

Pero 1'uso non era ancora universale e si prova dalla Ta- bula della salute di frate Marco3.

Quest'insigne francescano, predicatore di grido e zelante propagatore dei Monti di pieta, nel capitolo XIV di questo suo libretto tratta Del modo et or dine spirituale et cetera da noi probato da scampar la peste et flagello di mortalita, e reca anzitutto la Missa pro peste con questa rubrica :

Incipit missa pro peste ordinata et confirmata ab Innocentio Papa YI. Qui donavit de indulgentia cuilibet sacerdoti dies cclx. Et debet dici

1 La sola differenza sta nel versetto dell' Alleluia che qui e: Sanato po- pulum meum in medio ierutaletn et ero e*s in dominum in veritttte et iuttitia. Dopo il Vangelo sta la rubrica: Dicitur Credo in unum.

I Cfr. EBNER, Quellen und Forschunyen zur Geschichte ut Kunstgesch. des Missale Romanum; Friburgo, Herder, 18%, pp. 12, 26, 142, 148, 173, 180.

* E un curioso libretto in composto di sei fogli di stampa con carte n»n numerate. L'indicazione tipografica all' ultima pagina dice: « Finita e questa operetta necessaria alia humana salute Corporate, Temporale : Spiri- tuale et Eterna. Impressa In Firenze per Maestro Antonio Mischomini. Anno M. CCCC. LXXXX IIII. Adi. XV. Di Maggio. » Nel curioso Prohemio 1'autore afferma cbe la Tabula fu proprio ispirata da Dio « ad me frate Marcbo dal monte Sancta Maria in Gallo della provincia della Marcba dell'ordine delli frati minori professore indegno. » Aggiunge poi che la scrisse « nel Mille quattrocento ottanta sei nella incljta et admiranda christianissima citta di Vkietia al tempo del Serenissimo principe messere Augustino Barbarico. »

II libro e diviso in quindici capitoli, tra i quali assai important! per la storia dei Monti di pieta ci sembrano i cc. X-XIII. Una copia della Tabula sta alia Biblioteca Nazionale di Firenze, segnata: B, 6, 18.

540 LE LITANIE LA.URETANE

quinque diebus continuis : et quod cum dicitur missa, auditores te- neant candelam accensam in manu.

Nota quod ilia die in qua homo dicit vel audit infrascriptam missam, recipiet gratiam singularera ab omnipotent! deo, sicut revelatum fuit Innocentio Pape VI.

Innocenzo VI (1352-1362) fu immediato successore di Cle- mente VI, e perseverando il flagello, pote benissimo riconfer- mare le concession! gia. fatte. Senonche frate Marco pone la litania dopo la messa, e non la da. come parte integrante del rito.

Letanie ad Virginem pro quacumque gratia obtinenda. Et inde ego consilium do : ut cantata tali sanctissima missa omnibus genuflexis existentibus : cantet sacerdos qui celebravit missam ipsas ordinatim : et omnes aiternatim respondeant dicendo kirie eleyson etc. usque ad finem : et obtinebunt gratiam si pro meliori domino apparebit ad sui laudem. Amen.

Kyrie eleison...

II testo della litania seguito da frate Marco, come anche il primo Oremus alia B. Vergine che segue, rispondono pressoch& perfettamente al codice di Poppi; onde si deduce che a quel tempo altre copie di tal litania erano divulgate, e si racco- mandavano ai fedeli per lo meno quale orazione efflcace contro la peste.

Essa e una composizione particolare che non sembra pro- venire direttamente dai testi precedent!; e alquanto lunga, piuttosto monotona, ma con elogi semplici, brevi, ritmici, e per cio solo molto acconci alia recita ed al canto. In- vece di ripetere ogni volta il titolo Sancla Maria qui si ripete Sancta Maler ; noviib. che forse discende dall'antica invocazione ftancta Mater Domini delle litanie dei Santi, e che ad ogni modo prepara assai bene la prima serie delle invocazioni lauretane. Notevole e pure verso la fine la ripresa delle deprecazioni a maniera delle litanie de' Santi.

Eccone i tratti principali.

Kyrie etc. (come al solito) Sancta meter creatoris

Sancta Maria, ora pro nobis Sancta mater christi...

Sancta dei genitrix ' Sancta mater salvatoris...

1 Frate Marco aggiunge Sancta vtrgo virginum.

STUDIO STORICO GRITICO 541

Sancta mater misericordie... Sancta mater angelorum...

Sancta mater clementie .. Sancta mater celorum...

Sancta mater redemptoris... Per filium tuum, libera nos domina.

Sancta mater auxilii... Per nativitatem domini...

Sancta mater consolationis, A pressura peccatorum...

Sancta mater sapientie... A morte eterna...

Santa mater gratie... A morbo retundo l...

Sancta mater intemerata, Peccatores, te rogo audi nos

Sancta mater inviolata... Etc.

Abbiam passato in rassegna i testi precipui di litanie ma- riane, che possono dirsi insieme collegati e che in qualche modo preparano il testo lauretano. Yeramente sarebbe a dire alcuna •cosa eziandio delle litanie mariane che corrono sotto il nome di S. Bonaventura e si leggono tra le sue opere alia fine del Psalterium Marianum. Sono composte sulla traccia delle li- tanie de' Santi, ripetono sempre il titolo Sancta Mama e gli elogi sono condotti a maniera di strofette ritmiche e rimate di tre versi 2. Ma siccome rimasero, per cosi dire, isolate e non esercitarono un influsso diretto sullo svolgimento delle litanie nella storia, ce ne passiamo per ora 3.

22. Piuttosto prima di proceder oltre non sara inutile scio- gliere una breve questione, che riguarda non solo i testi esa-

1 Questa deprecazione e tralasciata da frate Marco. Retundo sta per rotundo e par bene che morbus retundus sia la peste, cosi chiamata dai buboni o gavoccioli che produceva. Ma la parola non e registrata nei glos- sarii in questo senso. Ne prendano nota i filologi.

1 II M. R. P. Ignazio Jeiler O. Min., Prefetto del Collegio di S. Bona- ventura di Quaracchi, che sta ora pubblicando 1' edizione critica delle Opere del S. Dottore, ci assicura- che il Psalterium Marianum non e opera ge- nuina di S. Bonaventura e quindi neppure la litania che quivi si legge. Quest'ultima si rinviene per la prima volta in un codice della Biblioteca dell' Universita di Pest (segnato n. 121), il quale, stando al giudizio del com- pianto P. Fedele da Fanna. dovrebbe ascriversi alia fine del secolo XIV. Per6 tutti gli altri codici del Psalterium che contengono la litania sono della fine del sec. XV od anche del secolo XVI. II ch. P. Jeiler illustrera questo punto nel Vol. VIII delle Opere del Santo.

3 II medesimo dobbiamo dire di un' altra litania mariana che si legge in una stampa del 1513 appartenente alia Biblioteca capitolare di Verona. Ci fu indicata e trascritta dal M. R. Prof. D. Carlo Baciga di Verona; ma 1'angustia dello spazio non ci permette di occuparcene per ora.

542 LB LITANIE LAURETANE

minati, ma eziandio gli altri prelauretani che ci restano a ve- dere e le stesse litanie di Loreto.

Onde sono presi gli elogi svariatissimi che qui si offrono alia Vergine?

Per solito si dicono tolti dalla S. Scrittura ed in ispecie dai Padri della Chiesa, ed i commentatori delle litanie laure- tane s'allargano assai nel citare appunto quelle corrispondenti sentenze. Certo e che ne' Padri, segnatamente tra gli Orien- tali, se ne trovano in si gran numero, che piuttosto che offe- rire un semplice commento alle litanie conosciute, potrebbero dar materia pressoche inesauribile di sempre nuove compila- zioni di questa specie.

Nondimeno non pare che gli autori delle litanie mariane ricorressero direttamente ai Padri ed alia Scrittura. Appar- tengono essi a tempi relativamente recenti, dal secolo XII al XVI, e sono buoni monaci che per lor divozione privata scrivono litanie, o pii sacerdoti, che in tempo di pubbliche calamita suggeriscono al popolo anche questa forma di pre- ghiera, senza alcuna pretendenza, diremo cosi, dommatica. Non si vuol certo dire, che gli scritti de' Padri, particolarmente latini non conoscessero; gli avevano anzi alia mano nelle officiature e specie ne' leaionarii degli offlciuoli della Madonna, che sono si puo dire composti per intero di elogi alia SS. Vergine. E nondimeno difflcilmente si troverebbe un qualche notevole passo dei Padri, copiato e ridotto a forma di litanie.

La materia prossima delle loro composizioni 1' avevano si puo dire pressoche allestita in quelle migliaia e migliaia di laudi alia B. Vergine, di che sono pieni i codici del medio evo e che formavano a quei tempi la delizia delle persone devote d'ogni condizione e d'ogni sesso. Dopo la rinascenza andarono in disuso ; ma furono messe di nuovo in luce in questo secolo e se ne fecero arnpie raccolte, tra gli altri, dal Daniel, dal Mone e specialmente dal Dreves, che pubblico finora venti- cinque volumi d' inni religiosi del medio evo, una buona parte dei quali sono consecrati alia Vergine.

Senta il lettore alcune di codeste soavi strofette, tanto per risparmiargli il disturbo di ricorrere ai libri citati :

STUDIO STORICO GRITICO 543

Ave venerabilis Ave vas clementiae,

mater pietatis, gratiae piscina,

mater admirabilis, radix innocentiae,

lilium trinitatis, Stella matutina,

flos incomparabilis, palmaque victoriae

hortus voluptatis, vitae medicina,

splendor ineffabilis, vitis abundantiae,

thronus deitatis. coelorum regina.

Ave decus virginum, Ave fons laetitiae,

fons sacer dulcoris, flos virginitatis,

consolatrix hominum, fons misericordiae,

vinculum amoris, lumen veritatis,

expurgatrix criminum, sedes patientiae,

medela languoris, palatium honestatis,

verum lumen luminum portus indulgentiae,

mater salvatoris. forma sanctitatis *...

Dunque le litanie mariane sono copiate da queste laudi o su loro imitate ? Piano ! Diciamo soltanto che le laudi forni- rono la materia prossima degli elogi e qua e col& anche qual- che leggero seguito di due o tre titoli. Gli autori non tene- vano certo innanzi queste strofe, ma ne avevano la mente piena e cosi scrissero elogi che quinci provengono e che ne conservano in generale i ritmi, spesso le consonanze e piii volte ancora le rime. E perche queste composizioni sono tutte sem- plicita e non mostrano artificio, cosi ebbero miglior fortuna; laddove le cosiddette litanie di S. Bonaventura, perche scritte direttamente sulla falsariga delle laudi, con istrofe rimate e con una certa studiata simmetria, rimasero ne' libri e non ebbero seguito, non ostante il gran nome del loro supposto autore. Piu tardi, alia fine del secolo XVI, durante il periodo di quella che chiamammo fecondita litaneutica, parecchi ascetici saccheggiarono apertamente le laudi, e cosi sono per esempio composte le litanie musicate dal Palestrina e quelle di altri autori. Ma di tali compilazioni non intendemmo occuparci e basta il cenno datone nell'articolo precedente.

In un prossimo quaderno, dopo breve esame del gruppo prelauretano, chiuderemo il presente lavoro.

1 MONE. II, p. 288, Cfr. DREVES, Analecta hymnica Medii Aevi, VI, p. 60.

LA PEDA60GIA MODERNA IN PRATICA

SOMMARIO : 22. La storia contemporanea della pedagogia continuata ; la pratica ; seconda parte. Biblioteche pedagogiche. Tentativi pedagogic! negli Stati Uniti. Le maestre. I congress! pedagogic! all'esposizione colombiana di Cicago. II Dott. Stanley Hall e la S. Scrittura. 23. Ina- zione relativa degl' insegnanti in Inghilterra. II Colonnello Parker e la concentrazione. La psicologia fisiologica in America. II tipo del- T Universita Americana: i suoi ideali e le sue funzioni. 24. Cam- biamenti nella pratica americana durante trent'anni. Nuova forma di tirocinio per gl' insegnanti. L'etica e la decadenza morale. La sanitk nuova base della morale e dell'etica. 25. La richiesta dell'etica nolle scuole. Vicende dell' etica. Coeducazione. Esame del « senso sociale ».

XXII.

Non v' e paese nel quale i principii della pedagogia mo- derna siano applicati con tanto ardore quanto negli Stati Uniti d'America. Mentre i fllosofi della Germania continuano a fare quel che sempre hanno fatto, cioe, escogitare nuove cose; il popolo tedesco, dal canto suo, continua a fare cio che serapre ha fatto, cioe, a prendere le cose con calma e a pensarci due volte prirna di spiccare un salto qualunque nel buio. Senza dubbio, gli scrittori, al pari dei pensatori, sono occupatissimi ; e se i libri potessero tradurre in pratica le teorie, i fllosofi, presto o tardi, la vincerebbero. La biblioteca pedagogica di Lipsia contiene (10,604 volumi ; le due biblioteche pedagogiche di Berlino contano Tuna 14,500 volumi, 1'altra 16,000. Ed anche altre regioni fanno testirnonianza della feconditti del genio- pedagogico del secolo ; come, per esempio, il Museo Pedago- gico di Parigi, con i suoi 50,000 volumi ; il Museo Pedagogico di Pietroburgo con i suoi 15,000 vol.'; la" biblioteca pedago-

LA PEDAGOGIA MODERN A IN PRATICA 545

gica di Stocolma con i suoi 13,000 vol.; il Pestalozianum di Zurigo con i suoi 17,000 vol., oltre un « sacrarium » dedicate alia memoria di Pestalozzi, e che contiene circa 1000 mano- scritti pestalozziani e 1350 libri ed opuscoli relativi al celebre educatore svizzero. Anche la Societa Bavarese per T Educa- zione Cattolica possiede a Donauwurth una libreria pedagogica con 40,000 volumi. E cosi di seguito. I libri non mancano, vecchi e nuovi, e specialmente i nuovi. Ma non ostante questa gran massa di libri, non ostante i professori, i fllosofi ed i pensatori, quando si tratta di agire, quei bravi tedeschi vanno piano.

Ma al di Ik delPAtlantico, non v' e nulla, in fatto di tra- dizioni antiche, che servir possa di freno all' iniziativa e all'in- dipendenza del gran popolo americano. Parliamo del popolo dei pedagogisti; poiche in quanto alia nazione in generale, si fanno molte critiche sul conto dell' inerzia e dell'apatia della medesima fra tanto agitarsi dei pedagogisti. Parliamo del grande esercito degP insegnanti, i quali stanno educando 1'esercito ancor phi grande dei fanciulli clelle scuole gover- native. Secondo le ultime statistiche si tratta di 374,431 inse- gnanti delle scuole di Stato aventi cura di 13,203,780 fan- ciulli. Di questo poderoso esercito d" insegnanti ufflciali, piu di due terzi sono donne ; e la proporzione fra uornini e donne nelle file degP insegnanti si accresce dalla parte delle donne di 7000 maestre in piu ogni anno, mentre i maestri dimi- nuiscono ogni anno in numero di 2500. Questo fatto 6 signifi- cante, di gran rilievo, e par dia ragione alia massima formu- lata dalla Convenzione rivoluzionari a francese, che, cioe, tutto e conquistato se le donne sono conquistate, e nulla se esse rimangono ricalcitranti. Cotesta prevalenza delle maestre sui maestri sembra ancor piu strana quando si consideri che le teorie in questione, quelle, cioe, di Froebel, di Herbart, di Pre- yer, di Wundt, sono tali che nemmeno gli uomini possono com- prenderle, molto meno le donne. Eppercio, se queste vanno in estasi, quando si tratta dell'applicazione delle dette teorie, i destini della medesima pedagogia sono predeterminati dalla

Serie XV T, vol. IX, fasc. 1191. 35 23 febbraio 18M.

546 LA PEDAGOGIA MODERNA

piu cieca fatalitk che abbia mai presieduto alle operazioni d'in- telletti fanatizzati, operanti nelle tenebre.

Non guari dopo quel famoso avvenimento, che fu 1'Esposi- /ione Colombiana di Chicago, un insegnante inglese, il quale aveva preso parte ai varii congress! pedagogici, torno e riferi al Journal of Education di Londra le esperienze fatte e le le- zioni imparate durante un soggiorno di quattro settimane in America.... Nel resoconto ch'egli fece, espose un quadro compa- rativo dei metodi pedagogici vigenti tanto in America quanto in Inghilterra. Per questo paralello e perch& 1'autore in que- stione 6 una donna, Miss Louch, crediamo che il suo esame riflesso sia per riuscire doppiamente interessante al lettore.

« Gli Americani, dice Miss Louch, scrivendo per gl' Inglesi sul « Progresso dell'Educazione in America », sono eminente- mente progressivi: andar sempre avanti e il loro piu bel vanto. L'idea di attenersi a metodi inveterati, per la ragione della loro antichita, e perchk tali metodi hanno fatto buona prova nel passato, sarebbe altrettanto mostruosa ai loro occhi, quanto Tidea di vivere in una rovina, perch& questa era stata in altri tempi il piu bello ediflcio del suo genere. In America le file degl' insegnanti si stringono attorno ai loro capi e conduttori; i maestri hanno fede in essi, e li sostengono col loro entusiasmo. In Inghilterra, ella prosegue, coloro che dirigono I'educazione, sono considerati come acrobati profes- sionali, come gente speculativa o che che altro fuorche edu- catori pratici, ed hanno bisogno di essere spinti e stimolati per progredire nelle nuove scoperte. »

Sotto questo riguardo, e nostra opinione che Miss. Louch abbia, col suo dire, voluto alludere a tre fatti important!; 1'uno, la fede cieca nelle file degl' insegnanti americani verso i loro capi e conduttori, quali il Dr. Stanley Hall, il sig. Harris, il Dr. Eliot, e pochi altri; 1'altro, ch'essi sono « entusiasti » ; il terzo, che I'educazione & come un nuovo mondo che deve essere scoperto, e ch'essa reclama il genio di una intera generazione di uomini come Cristoforo Colombo, in onore del quale tennesi 1'Esposizione di Chicago.

IN PRATICA 547

Ella continua a narrare che durante Tultima conferenza internazionale di Chicago, quindici diversi congress! pedagogic! adunaronsi nello spazio di tre giorni consecutivi, trattando argomenti di primaria importanza per gl'insegnanti, fra i quali argomenti comprendevansi la psicologia razionale, la psico- logia sperimentale ed il tirocinio professionale degl'insegnanti. Ella fa la descrizione di una delle conferenze ; quella sull'edu- cazione professionale degl' insegnanti. LT aula era piena di uomini e di donne. Era una adunanza assai significant^ pel suo carattere, che « esprimeva il pensiero sobrio dell'espe- rienza » e quello meno moderate, ma « piii alto nelle sue aspirazioni », dei piii giovani collaborator!. Non solo gli ora- tor! sulla piattaforma, ma i membri meno conspicui dell'adu- nanza erano al caso di fare osservazioni « inspiratrici e rive- latrici »; poich6 tutti sembravano essere piu o meno famigliari con il linguaggio della psicologia, della filosofia, e con i prin- cipii della scienza educativa. Non una parola fu udita la quale invocasse la sola esperienza, o facesse appello al « senso co- mune », come opposti o superior! ai principii filosofici, tanto in ordine alia teoria, quanto in ordine alia pratica.

Miss. Louch ci parla del congresso di Psicologia Speri- mentale presieduto dal Dr. Stanley Hall. II presidente espresse la sua speranza che non soltanto « gl'insegnanti tutti, gli antro- pologisti, i medic!, ma anche i genitori ed altri, rappresen- tanti diversi rami di studii, converrebbero insieme dai luoghi piu remoti, s' incoraggerebbero e si ecciterebbero scambievol- mente per mezzo della personale conoscenza, e si comuni- cherebbero a vicenda nuovi piani per agire concordemente nel future. » Lo studio dell' infanzia (child study) fu, per tre giorni continui, il tema per i lavori del congresso. Si forma- rono nuove associazioni, si fondarono nuovi giornalij ed un nuovo ramo di letteratura relative agli studii dell'infauzia do- veva svilupparsi per 1'avvenire.

In un'altra adunanza d' insegnanti, lo stesso Dr. Stanley

Hall disse : « La psicologia dell' infanzia e una grande neces-

. sitk dei nostri tempi; essa deve essere appoggiata sopra una

548 LA PEDAGOGIA MODERNA

base piu ampia. La vera psicologia non deve ricercarsi nel passato, ma nel future ; essa dovr& dominare tutto, religione, morale, vita e metodi fisici. Non ci facciamo ancora un'idea di quanta un fanciullo sia cosa divina ». Egli disse pure : « Nel passato abbiamo seguito 1'esempio delle altre nazioni, ora e tempo di uniformarsi alia Natura stessa; prendete un fanciullo, ponetelo in mezzo a voi, e lasciate che P America crei la propria psicologia. »

E qui ne sia lecito notare, fra parentesi, che il Dr. Stanley Hall, di cui questa signora inglese sembra tanto presad'am- mirazione, e eminentemente scritturale e biblico nel suo stile. . Anzi piu egli e profano nella sostanza e anche blasfemo, e piu il suo stile prende un colore biblico. Per esempio, egli tratt6 di recente, e molto a fondo, della nuova Psicologia, consideran- dola come base dell'educazione; e ne parlo nel modo seguente: « Non credo sia possibile apprezzare, quanto si convenga, i ser- vigii che la nuova psicologia rende alia religione cristiana. I suoi insegnamenti, circa le molteplici degenerazioni umane, fanno apparire la dottrina del peccato altrettanto vitale, quanto lo era presso i piu zelanti interpreti antichi della Scrittura; ma molto piu efflcace e temperata. La storia naturale deli'ado- lescenza (cio£ quella, principalmente, delle passioni sensuali nella gioventu) nulla trascura, nulla tralascia, e riproduce tutti gl' insegnamenti di tutte le chiese circa la « nuova vita ». L'amore, che manifestossi in origine con le prime cure ma- terne per la progenie, e che riempie oggidi tutto 1'orizzonte degli evoluzionisti, sta diventando altrettanto profondo e cen- trale, quanto lo era in Gesu ed in Paolo ; mentre la legge morale al pari della naturale, la beatitudine od euphoria, come gioia dell' esistenza, il dolore, come sofferenza flsica o psical- gia, cose tutte che vengono oggidi variamente studiate ed espld- rate, approfondiscono e rafforzano tutti gli accordi ed i rap- porti scritturali fra la feliciti e la tribolazione. Ed e cosi che, per piu modi ed in varie guise, la Bibbia n' e nuovamente rive- lata, come il gran codice psicologico dell'uomo, considerato nel corpo, nello spirito e nella volonta come un tutto completo ; e la

IN PRATICA 549

Bibbia e stata fino ad ora cosi malamente apprezzata, semplice- anente perche essa e cosi squisitamente e cosi profondamente di- vina. In luogo delle meschine lotte e tregue fra la Scienza e la Religione, lo spirito sara penetrato e dominate da ua piu vasto •concetto dell' universe e del posto che P uomo vi occupa ; e con ci6 si offre alia ragione un nuovo cosmos, al fondo del quale si trova il senso d'unita e' d'amore della vecchia Bibbia. » -Questo e un saggio fedele delle tendenze scritturali del Dr. Stanley Hall, quali esse rivelansi nelle parole ch'egli rivolge al popolo americano dalle pagine del Forum, e dalle quali ap- parisce che delle tante opere scritte da valorose penne anti- che e moderne su quest' argomento, e con piu logica, non ha veduto forse il frontespizio, altrimenti non farebbe scaturire dalla nuova pedagogia un nuovo Cosmos. Ma torniamo alia :signorina Louch.

XXIII.

Vi fu, com'essa ci narra, un'adunanza di seguaci di Herbart ; *ed un oratore disse : « Abbiarao tutti una fllosofla di qualche genere; siamo tutti Egheliani, Erbartiani, o Froebeliani. »

Ad uno dei congressi, un giovane insegnante (forse una Miss) :si alzo e chiese ad una dama-oratrice in tono commosso e patetico : « Che cosa fareste, se vi accorgeste d' insegnare in modo erroneo e con libri sbagliati, e che, cio non ostante, foste obbligata ad insegnare in quella guisa per ordine delle autorita scolastiche ? » A questa domanda, dice Miss Louch « la •dama oratrice rispose con un fiero crescendo di voce : GP in- segnanti devono essere coraggiosi ; gl' insegnanti sono troppo spesso vili ! ! ! »

Quindi la maestrina inglese si mise a leggere parecchi se- Terissimi moniti all' indirizzo speciale degP insegnanti inglesi, e •dell' Impero Britannico in genere. Con amaro sarcasmo ella chiese: chi crederebbe mai che i rappresentanti del governo •di Sua Maesta la Regina, i capi dei collegi, i rettori delle

550 LA PBDAQOQIA MODERNA

university, i presidenti di Harrow e di Eton, si degnerebbero di convenire a congresso con i semplici insegnanti ; con gl' in- segnanti, con i maestri, che pure sono le potenze future del mondo? Ed inoltre, ella aggiunse, quanti sono gl'insegnanti inglesi, i quali abbiano una filosofla pedagogica qualunque? Quanti sono coloro che studiano le opere psicologiche e filoso- fiche, od almeno i libri sui metodi educativi? Quanti sono coloro- che li discutono, che li applicano e li esperimentano per conto- proprio? A chi suggerisse loro simile cosa, scandalizzati essi griderebbero : «Esperienza! Esperienza a spese dei fanciulli! I genitori non ci consegnano i loro figli, afflnche noi facciamo sopra di essi i nostri sperimenti! » Ma qui la signorina replica: « E forse possibile insegnare senza sperimentare ? » Insomnia, Miss Louch deplora che in Inghilterra non vi sia originalitk di pensiero. Appena toccasi un tale tasto, subito gl' insegnanti rispondono: « Cut bono? » Poscia ella confessa umilmente che « simili influenze contrarie esistono anche in America ». E quindi ella prosegue, e prende una intonazione biblica e scritturale, appunto come il Dr. Stanley Hall.

Fra i luoghi visitati da questa maestra inglese, havvi pure una scuola estiva, la quale era allora presso la scuola nor- male governativa del Colonnello Parker, non lungi da Chi- cago. Questo signore, e uno di quei capi che gl'insegnanti seguono ciecamente. Egli pretende di essere un campione spe- ciale e proprio del pensiero pedagogico americano. Egli e cosi originale ! Percorrendo un suo recente libro intitolato- « Conversazioni pedagogiche ; un abbozzo della teoria della concentrazione » (Talks on Pedagogics; an Outline of the Theory of Concentration) troviamo alcune cose degne di nota, le quali non sembrano essere addirittura del tipo erbartianor ne dell' egheliano, ne del froebeliano. II suo piano di studii pedagogici e quello della « concentrazione naturale dei sog- getti » nelio sviluppo mentale del giovane. Egli considera cher fin dal tempo di Rousseau, £ sempre stato assioma per gli studiosi della pedagogia che la scuola si dovesse adattare alia natura del fanciullo; che riempire lo spirito del fanciullo-

IN PRATIGA 551

di material! estranei, sia lo stesso che riempire il suo stomaco di cibi ch' egli non e al caso di digerire, con la speranza illu- soria, ch'egli sia capace di digerirli, quando sara. diventato uorao. Conformeraente a questo principle, egli esamina cio che £ un fauciullo, cio che puo fare, cio che 1'interessa; ed egli giunge alia conclusione che quando il fanciullo incomincia a frequentare la scuola, ogni aspetto dell' universe ha lati ch« destano il suo interesse. Egli e interessato nelle relazioni di padre e di madre, di genitori e di figli, e nelle esistenze dei suoi corapagni di giuoco ; ed ecco che senza avvedersene, egli £ gik uno studente di antropologia. Egli prende interesse per i cani, per i gatti, per gli uccelli, per le farfalle, per i bruchi ; ed eccolo gia studente di zoologia. Egli s'interessa dei fiori, degli alberi, delle piante, ed eccolo studente di botanica. In realt&, egli e gia studente in ogni rarao di scienza. Le cose stando cosi, 1'illustre colonnello pedagogo propone un sisteraa •concentrate di studii.

In questo sistema concentrate, vi sara un certo numero di « soggetti centrali ». Essi sono la geografia, la geologia, la mineralogia, la fisica, la chimica, la meteorologia, la botanica, la zoologia, 1' antropologia, la storia e la letteratura. In quanto al leggere, allo scrivere, alia punteggiatura, alia gramraatica, all' aritmetica, al disegno, alia pittura, al modellare, queste •cose non devono essere trattate come soggetti separati. De- vono semplicemente « essere adoperate come mezzi per espri- mere il pensiero destato e svolto dai soggetti centrali », senza dare ad esse alcuna attenzione diretta; od, almeno, senza mai assegnar loro un posto « centrale ».

Questa pedagogia del colonnello deve essere senza dubbio un prodotto originale americano; poiche, flno ad ora, essa non risponde ad alcuna teoria riconosciuta; quantunque sia certo ch' essa risponde alle generalitk della pratica moderna. O forse e un residuo di militarismo nelle reminiscenze guer- resche dell'inclito colonnello, quando ogni pezzo d'artiglieria era apprezzato secondo i propri meriti. Nella stessa guisa che piu erano i cannoni e piu era facile espugnare una fortezza,

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cosi piii sono i corsi, e piu sark facile espugnare il baluardo della mente infantile. In quanto che esso costituisce una teoria,. non possiamo, percio, assegnare a questo piano pedagogico un posto cospicuo. Ma considerate dal lato della pratica, lo ripe- tiarao, esso costituisce il piu comune dei programmi esistenti attualmente, non soltanto in America, ma in tutto il mondo- civile in genere.

Contuttocio, le teorie straniere si i'anno strada fra noi. In quindici grandi istituti americani di educazione, sono stati fon- dati e sussidiati « laboratorii psicofisici » per fare esperienze secondo i principii della « psicologia flsiologica » del WundL Proferendo il discorso inaugurale della classe dei laureandi (graduating class) nella nuova universitk di Leland Stanford in California, il Prof. Elliot si espresse su questo argomenta nel modo seguente:

V'e un « nuovo umanesimo » il quale rappresenta quel put vasto aspetto degl' interessi e delle relazioni umane, che risulta dal riconoscimento e dall' affermazione dei fatti dell' evoluzione sociale al pari che dell'organica. Un nuovo criterio per valutare tutti gli studii £ stato introdotto, il criterio della vita; poiche 1' intero cosmos (il cosmos evoluzionistico), e T uomo come parte del medesimo, sono in corso di evoluzione ; ed ogni atomo* agisce per la sua parte nella delta evoluzione (P uomo e un atomo), e tutte le varie forme di vita vi contribuiscono altresi per la loro parte. Nuovi rami di scienza sono sorti, con la relativa conseguenza di una rivoluzione nelle umane credenze. Nel corso di tutti i secoli, da Socrate fino alia Concord School dello Stato del Massachussets, la massima conosci te stesso e- stata sempre la preziosa e lodata ricetta della fllosofla. « Al- cuni sono giunti fino ad immaginarsi di possedere una tale conoscenza. Ma, in realta, 1'uomo appena conosceva se stesso- di vista, prima che negli ultimi tempi si fosse compiuta una presentazione nel labor alorio della scienza. » Un siffatto con- cetto dell' universe deve essere oggidi riprodotto nella istitu- zione che e stabilita appunto per istudiare T universe, vale a dire ITniversita. La stessa universitk di Leland Stanford, una

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delle piii recent! fra tutte in America, con i suoi sussidii di parecchi milioni di dollari, la nuova universita di Chicago, con una simile dotazione di piu milioni, sono fondate sopra una base assolutamente nuova di studii; e le antiche universita seguono le medesime tracce. Alcuni affettano di credere che il tipo germanico della university sia stato piu o meno am- messo con tutte le sue specialita, le quali fanno di una moderna university tedesca una congerie di corsi da scegliersi e da acco- uiodarsi da ciascuno in particolare per il suo uso private e «econdo le proprie preferenze, anziche uno studium generate delle quattro facoltk tradizionali. Ma altri piu giustamente asse- riscono che 1' odierna universita americana e specialmente ame- ricana, e nienfaltro. La sua idea ordinatrice e quella che ogni •categoria di studii formi per se stessa una indipendente unita, senza relazione alcuna alle « facoltk »; ed in quanto ad un •corso speciale di studii da eseguirsi per ottenere i gradi e la laurea, tutto vien soppresso in favore della massima liberta di scelta per lo studente, afflnche questi possa scegliere cio •che preferisce, e dar 1'esame in quelle materie che piu gli piacciono. Ed invero, il sistema « libero elettivo » di studii, e gik un fatto compiuto, non solo nelle universita, ma anche nei collegi; e non solo nei collegi, ma anche nelle scuole supe- riori, e cio per i fanciulli al pari che per le fanciulle.

Ancora una parola da parte di questo nuovo tipo d'un nuovo professore di storia nella piu progredita delle moderne uni- versita. Egli dice che la missione dell' universitk americana e quella di « dirigere la societk conscia di se stessa nei duplice compito della propria rigenerazione e del proprio sviluppo. » Questo e lo scopo etico finale delPeducazione; cioe la propria rigenerazione ed il proprio sviluppo per mezzo dei metodi che noi, per parte nostra, dobbiamo chiamare « universita tipo laboratories. E tutti gl'inconvenienti di una amministrazione pubblica inefflcace, ogni negligenza od ogni ignoranza in que- stioni d'interesse pubblico e politico, tutte le forme d'incapa- •cita e di corruzione negli affari dello Stato, saranno, dice il professore, certamente corretti ora dai metodi scientific! se-

554 LA PEDAOOGIA MODERNA

guiti nei laboratorii, i quali lahoratorii dovranno costituire le nuove universitd'. Ci vuol altro, caro Professore!

XXIV.

- Con queste vedute circa 1'ordinamento dell'educazione chia- ramente definite, siamo ora in grado di ricavare e di classi- ficare i risultati; i risultali. cioe, della nuova pedagogia in un paese al quale essa e stata applicata, senza gl'imbarazzi di tradizioni scolastiche, sociali e religiose. Poiche, quantunque vi fossero molte considerazioni buone ed utili, fond ate sul senso comune e sul sentimento religioso, per guidare il regime del- Teducazione fino ad una trentina d'anni fa, queste considera- zioni del senso comune, cosi com'erano, non potevano in ve- runa guisa essere paragonate con la forza di quelle medesime tradizioni, profondamente radicate nel suolo di una nazione europea, e sempre molto difficili ad essere sradicate. Si puo far risalire a trenfanni indietro la data in cui iniziossi la rivo- luzione nella pratica della pedagogia americana, per effetto deir importazione della teoria europea. In quanto alia scienza dell'infanzia nella forma del « laboratorio sperimentale », essa fu introdotta soltanto nelPanno 1883, e fu tolta dal seminario di Wundt di Lipsia, per opera del Dr. Stanley Hall. V'era bensi stata qualche preparazione anteriore a questo fatto, con la publicazione nel 1879 di un elaborate opuscolo sulla misu- razione del fanciulli della scuola di Boston, scritto dal Bow- ditch. Ma nessuno avrebbe mai potuto prevedere una cosi to- tale rivoluzione nelle usanze di un paese in cosi breve spa- zio d'anni. L'intero sistema di educazione fu trasformato in meno di trenfanni, come ebbe a dire il rettore dell'Univer- sita di Harvard, Eliot! Ed una lunga lista di notabilita peda- gogiche, un terzo delle quali, sia detto fra parentesi, £ for- mato da signorine, si mise con ardore allo studio deirinfan- zia secondo i metodi del laboratorio sperimentale.

Di piu, il Sopraintendente di -Stato per la Pubblica Istru-

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zione in Nuova York, il quale nella sola citta di Nuova York tiene sotto la sua diretta giurisdizione rnolte rnigliaia d'inse- gnanti, ha pubblicato recentemente, cioe, verso la meta dello scorso anno 1896, una serie di regole per disciplinare il tirocinio di tutti i maestri che si presentano per ottenere la debita licenza d'insegnare nelle scuole pubbliche della citta o dello Stato di Nuova York. II primo articolo del « corso di studio » che questi futuri maestri devono seguire e il seguente : «c Psicologia e principii dell'educazione, compreso lo studio del- Tinfanzia (Child Study) ». II secondo articolo e la « Storia del- 1'Educazione », per la quale il fervido romanzo del Sig. Com- payre che cosi s'intitola, sara certamente adottato come libro di testo; poiche, or sono pochi anni, esso venne tradotto ap- punto per questo scopo dal Sig. Payne cancelliere dell'uni: versitk di Nashville. II terzo articolo, « Regime della Scuola », <x>mprendera, senza dubbio, tutte le esercitazioni scientiflche relative all'arte di « sperimentare i fanciulli ». Ed e certo pure che Tarticolo sulla « Cultura fisica » conterra i metodi piii fa- cili e piu diretti per insegnare al puro ed innocente fanciullo a « conoscere se stesso ». Se quest' insegnante della « Cultura fisica » sia per retrocedere nel corso del tempo e, per effetto della legge biologica di reversione, tornare alle oscene ten- denze del Basedow (uno dei primi corifei della pedagogia mo- derna), non lo sappiamo ancora; ma se la legge biologica del- Tevoluzione lo afferma, ebbene, cio dovra accadere.

Incominciamo con Tetica e discenderemo gradatamente ad altre materie. La prima cosa che ci colpisce in siffatta questione £ la straordinaria importanza che, nella mente dei pedagogisti, prendelo studio di cioch'essi chiamano «i decadent! », ossia delle « anormalita » nei fanciulli. Vi sono sempre stati fanciulli difet- tosi. Ma le condizioni ed i risultati della nuova pedagogia hanno dato allo studio dei fanciulli anormali, flsicamente alterati, ed in altri modi difettosi, una straordinaria ed eccezionale impor- tanza. Vi sono eccessi sensuali, delitti, suicidii. II Dr Stanley Hall, additando prudentemente paesi estranei aH'America nel trattare quest'argomento dei decadenti giovanili o dei fanciulli

556 LA PEDAGOGIA MODERNA

difettosi, ci dice tranquillamente : « Yi e pure una ristretta mai dolorosa serie di scritti, che si riferisce alia follia fra i fan- ciulli di scuola, ed il Regio Ufficio di Statistica di Berlino c'in- forma che in cinque anni 289 fanciulli coramisero suicidio, e la maggior parte per motivi di scuola. » E piii oltre: « Le sta- tistiche dell'Impero Tedesco rivelano un aumento di crimina- Hta, fra il 1883 ed il 1889, dell'84 per cento in soggetti fra i 12 e i 15 anni d'eta, dimostrando fra la gioventu delinquents della Germania (cioe la gioventu delinquente colpita dalla legge) un allarmante aumento fra la dasse dei piu giovani. » Questa erudita citazione delle statistiche tedesche, il Dr Stanley Hall e andato a cercarla piuttosto lontano. Egli ce ne avrebbe po- tuto procurare una piu semplice, piu facile e piu istruttiva,. togliendola dallo stato di cose vigente negli Stati Uniti stessL II suo studio sui decadenti non esige che si vada in Germania per esaminare i giovani delinquenti. Ne, quando perora con- tanto ardore la causa del suo nuovo sistema etico, allontanasi dalla sua via, per andare a specolare sui fanciulli tedeschi.

Ed ora, in che cosa crede il lettore che il nuovo sistema etico consista ? Secondo il modo d'esprimersi del pedagogo, il sistema etico, cioe il nuovo laboratorio di psicologia, « inizia e promuove un nuovo sviluppo dell'etica nelle regioni d'Igeia,. sulla base della salute, il quale sviluppo e gi£ bene iniziato e si adatta alle esperienze di tutte le classi. » Questi tratti li togliamo- dai suoi articoli indirizzati al pubblico nel periodico il Forum,sul tema: « Studio dell'Infanzia e Nuova Psicologia ».Egli si accinge a risolvere il problema dei giovani decadenti, delle anormalita- e di tutte quelle cose che il Cristianesimo soleva comprendere- sotto la nozione del « peccato », sulla base della salute e della cultura fisica. Ed invero, secondo le sue proprie parole, « tutte le umane degenerazioni, siano individuali, siano trasmesse per ere- dita, dovranno, nella grande algebra morale del mondo, sosti- tuirsi al vieto ed oramai obbliato simbolo del peccato. » Cosic- che, in luogo del peccato e dei suoi antidoti, la religione ed i sacramenti, abbiamo sostituito nella moderna pedagogia ame- ricana, la quale, dai capi discende, per mezzo degl'insegnanti,

IN PRATICA 557

flno agli scoJari, una ciarlatanesca incredulita, di carattere altret- tanto reo quanto la piu nera forma di quella decadente dege- nerazione che gl'increduli pretendono studiare nel loro « labo- ratorio ».

XXV.

Intanto le lagnanze crescono. E universal mente sentito il bisogno di qualche cosa che almeno rassomigli ad un insegna- mento e ad una direzione morale delle scuole. Coloro che bramano ed aspettano un rimedio qualunque so no professori colti ed usi a riflettere. Costoro pensano al tempo, trascorso oramai da una trentina d'anni, in cui la morale, senza essere chiamata con il nome pomposo di « etica », era instillata in ogni scuola per mezzo di massime virtuose e di racconti mo- rali, quando si stampavano buoni libri di lettura; e cio che era insegnato durante la settimana, veniva autorevolmente inculcate nella scuola domenicale. Essi stimano pure che, dopo la proscrizione di quelle pie letture, la prima cosa sulla quale potevasi far fondamento, vale a dire, la « personalita » del- 1'insegnante, non ha prodotto tutto quell' effetto che se ne aspettava. Delia qual cosa si possono dare certamente due buone ragioni : una che la migliore fra le « personality » non possiede necessariamente il dono di communicar la propria moralita ad altri, se non vi sono altri sussidii soprannaturali per corro- borare il buon esempio; Paltra, che pochi sono gl' insegnanti di una scuola pubblica governativa, i quali abbiano una « mo- ralita » degna di communicarsi ad altri o d'essere presa per modello. Infatti, quando, poco tempo fa, una maestra di Nuova York si fece conoscere al mondo, in occasione d'un pubblico scandalo, pel quale essa fu bollata d' infamia dai tribunali, e di piu, sotto il peso della pubblica indegnazione, si dovette to- glierla dalla scuola, essa fu immediatamente ristabilita nel suo ufficio dal sopraintendente, per il motive che la sua qualita di ufficiale pubblico non aveva nulla a che fare con la sua

558 LA PEDAGOGIA MODERNA

vita privata, ne la sua vita privata aveva influenza alcuna sulle sue funzioni pubbliche. Eppure ognun sa quanto influisca piu che la parola del Maestro I'esempio della sua vita sull'animo de' discepoli; i quali, stimolati dal bisogno che hanno d' impa- rare a vivere, spiano ogni suo fatto e lo prendono spesso a norma delle loro azioni, dandosi a credere di non essere re- prensibili se operano come il Maestro, che ha piu scienza ed esperienza di loro.

E questa una riflessione che naturalmente si affaccia alia mente di quanti hanno ancor bricciolo di senso comune e di esperienza. E tuttavia sembra che nemraen passi per Tantica- rnera del cervello a certi Ministri di pubblica istruzione e in generale ai fautori della scuola laica moderna!

La reazione prodotta dalle lagnanze della gente onesta con- dusse le cose ad una nuova fase. Si riconobbe la necessita del- Tetica nelle scuole. Le massime ed i racconti erano cose an- tiquate; la personality dell'insegnante non rappresentava che un valore negative; la parola d'ordine fu « 1'etica ». Questa consisteva nel discorrere di virtu civiche, di patriottismo e specialmente di altruismo, barbara parola inutilmente coniata per signiflcare quel che tutti sapevamo, e che con termine proprio dicevamo amor del prossimo o carita.

Questa fase e oramai chiusa. Gli esperti si sono dichiarati contrarii. Essi dicono che se T istruzione morale significa T edu- cazione della coscienza d'un fanciullo, questa produce in alcuni uno stato morboso della coscienza (conscientiousness):, che al- cuni fanciulli prendono I'abitudine di scrutare e curiosare nei loro sentimenti intimi; e che altri diventano saputelli impor- tuni (vale a dire piccoli presuntuosi) e « probabilmente ipo- criti ». Questo risultato diviene certamente piu grave in quel periodo della vita del fanciullo, che, dopo la psicogenesi, od evoluzione dell'anima nel bambino, sembra essere il piu im- portante per un pedagogo del « laboratorio », quel periodo, cioe, ch'essi chiamano la « fase efebica della gioventii », ossia adolescenza, la quale, come hanno premura d'informarci, costi-

IN PRATICA 559

tuisce « una seconda nascita fisiologica ». E Furtante iraper- tinenza, e la possibile ipocrisia, per non parlare di altri note- voli fenomeni etici, raggiungono un grado superlative di in- tensitk per effetto di quella pratica, quasi universale in America, di accoppiare in una stessa scuola, non solo bambini e barn- bine, ma giovani e ragazze, seduti ogni giorno gli uni accanto alle altre, recitando insieme le loro lezioni, e studiando in- sieme; si, studiando insieme ed in molti modi. Questo e il fa- moso sistema della coeducazione di cui non diremo altro al- 1'infuori di una frase tolta da una rivista italiana la quale, predicando un siffatto sistema nell' interesse dei puri fanciulli cattolici d' Italia, sostiene che in quella guisa « la fanciulla incomincierk ad orientarsi nella direzione del suo futuro ma- rito ». E il privilegio di siffatti scimmiotteschi libri, giornali, periodic! e sistemi pedagogici, i quali tentano d'introdurre F irreligione e F immoralita in un paese cattolico, di accrescere la turpitudine di quelle dottrine ch'essi ricercano, per gettarle nel sordido pantano della loro etica animalesca.

Quale sark la prossima fase dell' etica nelle scuole ame- ricane? Non lo possiamo dire per ora. Ma abbiamo sotto gli occhi un interessante documento che puo aiutare il lettore a formarsene unMdea. Esso fu pubblicato nella primavera del 1895 da un professore delFUniversitk di Princeton, un istituto che gode fama di essere fra i piii accreditati e piii serii istituti d'educazione che esistano negli Stati Uniti.

Trattasi di un sillabo di « Question! sul Senso Sociale »; ed il Professor Baldwin che lo ha compilato, chiede la coo- perazione degF insegnanti e dei genitori per dare una risposta alle diverse domande ch'egli pone. Esso incomincia colFaffer- mare che i fanciulli, dall'etk di quattro anni in poi, dimo- strano molti segni di affezione speciale, come pure d'antipa- tia. Giovera molto ai psicologisti, F essere forniti di osserva- zioni particolareggiate sulle manifestazioni di questo « senso sociale ». I casi di affezione fra bambini di sesso diverse sono importanti; ma quando si tratta di persone dello stesso sesso,

560 LA PEDAGOGIA MODERNA IN PRATICA

e delle loro relazioni, il caso e ancor piu importante. Seguono quindi undici diverse categoric di domande da farsi ai fan- ciulli o agli allievi di maggior et&, relative ai suddetti loro «sensi sociali ». Trascriviamo alcuni titoli di queste categoric: « 1.° (a) Chiedete al fanciullo A perche vuol beneo vuol male al fanciullo B. Xotate appieno le risposte. (b) Ripetete la qtie- stione una volta per settimana per sei mesi almeno se il fe- nomeno continua. » « 5.° Osservate se B figura spesso nei sogni di A; (a) e ci6 col preader nota di qualunque discorso ch'ei facesse ad alta voce dormendo, e (b) col domandare spesso ad A quali sieno stati i suoi sogni della notte precedente. » « 6.° Notate tutti i particolari delle relazioni fra A e B. (a) Si vedono essi piu spesso degli altri? (b) Seggono essi allo stesso banco in iscuola? (c) Abitano o dormono essi nella stessa stanza?* Ecc. E qui interrompiamo la lista delle interroga- zioni, lasciando il lettore alle sue proprie riflessioni circa la nuova etica psicologica. In un prossimo ed ultimo articolo tratteremo altri aspetti della questione.

LA STORIA NATURALE DELLE PIANTE

3STEIL, SEOOLO

XX.

/ giardini artistici. L'Eden o Paradiso. L'ornamento delle acque. I parchi e giardini delV antichita. I giardini rego- lari della Rinascenza, francesi di nome e italiani d'ori- gine. - - 11 primo giardino natural e o inglese creaio in Italia, e cantato dal Tasso. I giardini moderni. Conclu- sione.

La dovizia delle specie e varietk di piante, pregevoli per la loro fioritura o pel fogliame o per tutto il portamento, si rifonde, a consolazione dei Botanici estetici, in altrettanta ric- chezza e amenita dei giardini, dove quelle si mettono in opera e in mostra ; e delle stufe, dove si crescono le troppo delicate per reggere alle condizioni dei nostri climi. Discorriamo qui piu particolarmente dei giardini coltivati per ornamento e per diletto. Gli altri che designamo ordinariamente col nome di Orti Botanici, ed hanno per iscopo lo studio delle varie spe- cie, rappresentatevi percio ognuna da pochi campioni, posseg- gono certamente essi pure ben altre ricchezze vegetali che non il primo Orto di tal genere, creato nel 1533 dal vene- ziano Gualterio, e gli altri che, ad esempio suo, si fondarono a mano a mano in tutte le nazioni del mondo civile. Quello di Parigi conta oggi 60,000 specie e si considera come una parte delle piu importanti del Museo.

II somigliante puo dirsi, a proporzione, dei Giardini este- tici, per cio che riguarda la copia delle erbe, arbusti ed alberi, che vi sfoggiano in mille forme di disposizioni artistiche. Non cosi per rispetto all'arte del disegnarli e del comporli : peroc- che se il nostro secolo ha dato a quell'arte un' impronta sua

1 Vedi quad. 1119, pag. 287. Serie XVI, vol. IX, nsc. 1121. 36 23 ftbbraio 1897.

562 LA STOR1A NATURALE DELLE PIANTE

propria, non e che egli 1'abbia creata, e neppure che abbia uguagliate, non che sorpassate, le opere delle eta decorse, per ingegno d' invenzione e per magnificenza di esecuzione. L'am- bizione del coltivare uno spazio piu o meno vasto di terreno a piante, fatte quivi crescere e disposte allo scopo non tanto di raccoglierne i frutti quanto di ritrarne diletto, risale fino alia piu remota antichita. L1 idea poi ne usci dalla mente stessa del Creatore, che ne fece la primissima applicazione nell' im- pianto dell' Eden o Paradiso. Si sa che Paradise (in origine pairidaeza] e parola venutaci per mezzo dei Greci dai Per- siani, che Tusarono nel signiflcato di Parco ossia recinto esteso, mantenuto a uso di diporto e di caccia. Sicche Taggiunto di terrestre, onde suole volgarmente distinguersi il Paradiso del- 1' Eden, non ha altra ragione, se non Tessersi il nome e 1' ima- gine di quel luogo delizioso, paradisus voluptatis, come lo chiama il Genesi, trasportato a signiflcare e simboleggiare la sede dei Beati l. Vuol dire che il Signore aveva avuta una cur/i particolare, perche la regione, nella quale si sarebbero trovati, venendo all'esistenza, i progenitori del genere umano, non offerisse ai loro primi sguardi il disordine e la confusione selvaggia delle foreste vergini, dei burroni inospiti e delle piagge inculte, ma, lasciando che 1'uomo in processo di tempo proseguisse e ampliasse, a proporzione del suo moltiplicarsi, Tabbellimento della natura, ut operaretur ilium, gliene ne fe' trovare il modello disegnato ed eseguito con arte divina, nel luogo di sua creazione e a gran tratto d' intorno.

Non lascio dunque che la vegetazione coprisse quivi il suolo a sola regola delle leggi naturali, ma a disegno d'arte vi fece sorgere piantagioni, che dovevano coll'ordinata distribuzione dei gruppi, delle fughe, dei folteti e delle schiarite, offerire ogni maniera di amenita. Ne in questo primo assetto furono adoperate le sole piante che in virtu della primitiva creazione il paese avrebbe date spontaneamente: ma, come facciamo noi pure nei parchi e giardini di lusso, cosi il Signore raduno

1 Hodie mecutn eris in paradise. Luc. 23, 43. Raptus est in para- disum, et audivit arcana verba. 2. Cor. 12. 4. .

NEL SECOLO XIX 563

quivi quanto di piu maestoso e d'elegante e di curioso posse- deva la flora di quell' eta, se non in tutto il mondo, certo nei paesi di un clima non molto dissomigliante. Non vi mancavano neanche i frutti, ringentiliti per divina virtu, poiche allo stato selvatico e naturale li proviamo tutti generalmente agresti e disgustosi, e dell' Eden si dice che ve ne avea d'ogni buon sapore i.

Sarebbe mancato a quel Paradiso o parco mi elemento di 'primo ordine, se non vi fosse abbondata 1'acqua, che doppia- raente avviva il mondo vegetale: col moto e il sussurro dei suoi rivi, delle cascate e dei zampilli; e poi col ristoro del- 1'umore che somministra alle piante. Per questo gli architetti dei piii sontuosi giardini non vollero che si guardasse a spesa, come si trattava di fornirli di un tal complemento ; s'avessero pure a impoverir laghi e deviar flumi. Basta ricordare il ce- lebre parco di Gaserta, a formare le cui cascate ideate dal Van- vitelli (1760), un intero flume viene anche oggi dalla distanza di 50 chilometri per un acquedotto, che a traverse la vallata Maddaloni si eleva flno a 50 metri. Due secoli innanzi (1540) 1'architetto Ligorio deviava in parte il Teverone per dar la vita delle acque alia famosa villa d'Este presso Tivoli. La villa Aldobrandini, presso Frascati, vedesi tuttora arricchita, sui di- segni di Giacomo della Porta e del Fontana, delle piii belle cascate che adornino 1'Agro Romano. Tralasciamo tutta la se- rie, delle ville Medicee ne' cui giuochi d'acqua, gia cosi famosi e graditi, gli architetti mettevano studio particolare. E se 1'uso, che si faceva del liquido elemento, non era sempre del miglior gusto, come quando si rovesciava o schizzava proditoriamente sugFincauti visitatori, 1'idea maestra pero, dell'associare le acque e la loro vista alle bellezze del mondo vegetale, e cosi conforme a verita e a natura, che nella brevissima descrizione dell'Eden questo capo e messo piu di ogni altro in rilievo. « Una polla scaturiva di terra e ne irrigava la superficie... E

1 Plantaverat autem Dominus Deus paradisum voluptatis a principio, in quo posuit horninem... Produxitque Dominus Deus de humo omne lignum fulcrum visu et ad vescendum suave. Gen. 2. 8, ss.

564 LA STORIA NATURALE DELLE PIANTE

un flume usciva dal luogo di delizie ad irrigare il Paradiso; e di quivi si divide in quattro capi » ciofe il Fison, il Geon, il Tigri e 1'Eufrate, dei quali si divisa anche il corso.

Fosse raemoria tradizionale di quel primo luogo di delizie, o dettato inevitabile della natura, caso £ che la passione pei parchi e pei giardini, i primi piu vasti e spesso destinati an- che al diporto della caccia, gli altri meno estesi e percio piu studiosamente coltivati, s' incontra nei monumenti letterarii piu antichi con indizii di un'arte ben formata, e del pregio in che se ne avevano le opere. L'orto delle Esperidi coi suoi pomi d'oro, che potevano ben essere arance, era messo dai Poeti al tempo mitico di Ercole, poichfe questi uccise il dragone che ne stava in guardia. Anche negli orti di Alcinoo re dei Feaci pare che si mirasse non meno al provento delle frutte che alia bellezza dei fieri o delle piante: ma un senso di estetica doveva pur entrarci, poich& il Poeta dell'Odissea ne parla con tanta ammirazione. I giardini pensili di Babilonia, ben piu antichi, poichfe risalivano a forse 2000 anni av. Cristo, si an- noverarono fra le sette maraviglie del mondo. Secondo le tra- dizioni raccolte da Diodoro e da Strabone, confrontate con la notizia che ora abbiamo dei monumenti assiri, si puo credere che Fedifizio, sul quale quei giardini erano disposti, non avesse quella sola destinazione. Esso consisteva, al dire di quegli sto- rici, in una base quadrata con parecchi piani sovraposti, ognuno piii ristretto dell' inferiore, sicch& il tutto costituiva una piramide, non continua ma a fasce scaglionate: che era la forma usata in monumenti di uso astronomico insieme, per le fasce denotanti i pianeti, e sacro, pel tempietto onde 1'edifizio era coronato. La tradizione dice pero che per ciascuna di co- teste fasce correva un'aiuola con piante rare, fruttifere, e odo- rose. 11 qual disegno essendo eseguito con arte e con profu- sione reale, s'intende facilmente che quella collina artificiale, verdeggiante e fiorita, non dovesse soltanto offrire ai Babilo- nesi una passeggiata unica al mondo, ma dai forestieri an- cora mettersi al paro col Mausoleo, col Colosso di Rodi, e con 1'altre famose maraviglie.

NEL SECOLO XIX 565

Oggi, se il mondo non puo piu vantare quel miracolo dei giardini pensili, abbiamo per corapenso in ogni citta i giardini pubblici e i passeggi e le piazze ingiardinate (scusate : s'hanno- a chiamare squares!), dove i popoli trovano da ricrearsi, re- spirando aria pura e ammirando le dovizie del Regno di Flora r e i giardinieri, quando i municipii intoppano bene nella scelta,. vi mostrano a gara il genio e la maestria nell'arte loro co- munque sia lo spazio o piu vasto o piu ristretto. Cosi in quel cantuccio di passeggiata, che e il Pincio qui di Roma, la scelta,. la distribuzione, il rigoglio delle piante e la purita e freschezza dei velluti erbosi, rivelano tosto, a chi se ne intende, la dire- zione di un'arte maestra; e tale e quella del valente quanta modesto Cav. Palice, Direttore dei giardini della Citta. A Fi- renze il vecchio Pucci, mentre rifaceva quasi da capo le Ca- seine, colle serre da lui fornite di oltre 80000 vasi, e coi suoi vivai, e cosi altri annessi, lasciava ai suoi successori la tra- dizione delle decorazioni, che oggi ancora sono un gioiella della cittk dei Fiori. Non discorriamo di Milano e di Torino,, cbe, non ostante il rigore del clima, contendono vantaggio- saraente la palma ad altre cittk ben piii favorite dal cielo: e la lode ne va, per Milano, ai valorosi fratelli Fenario, che la riscuotono conforme al merito, da cittadini e da forestieri : per Torino poi basta proferire il norae dei fratelli Roda, dei quali come si mostrano a dito le opere, cosi si citano ancora gli scritti.

I parchi piu ampii ebbero voga specialmente in Persia. E da supporre peraltro che, servendo quivi soprattutto al- 1'esercizio della caccia dei leoni e d' altre fiere, la maggior parte dello spazio si lasciasse inselvatichire e che il suo re- cinto non chiudesse un paradiso se non per la parte minore. Negli ultimi tempi della repubblica romana, e piu sotto gl'im- peratori, mentre la vastita dei luoghi annessi alle ville ram- mentava, comechessia, i parchi persiani ; 1'eleganza, la sontuo- sita, e la profusione delle statue, vasi, tempii, teatri, circhi, naumachie, terme, biblioteche, dovevano sopraflare la parte, che in quei soggiorni di delizie poteva avere I' aspetto della natura

566 LA STORIA NATURALE DELLE PIANTE

vQgetale, oppressa dall' arte piu che aiutata. Se non che in tanta ampiezza di spazii e rafflnatezza di studio vi riraaneva luogo per baize selvagge e ragnaie e labirinti e grotte e cascate ed altresi per giardini disegnati ad imitazione degli Oriental!, a ripiani e riquadri con aiuole fiorite e piante rare, che di queste ancora i giardinieri di Roma avevano 1'ambizione.

Ma per poter uscire dai cenni generali e venire al parti- colare nella storia dei giardini, ci conviene trasportarci ai secoli a noi piii vicini, e al tempo del Rinascimento, quando insieme colla Botanica sorse a nuova vita questo suo ramo piu gentile. E qui vanno distinti due stili, il regolare, dicono i Giardinieri, e il naturale. Nel primo, che domino sovrano flno a mezzo il nostro secolo, il disegno era tutto a linee re- golari e simmetriche, o si trattasse delle spalliere tagliate a piombo o riquadrate, e dei viali tirati a fllo. ovvero dei ri- parti, in cui erano efflgiati, a contorni di pianticelle di bosso e d'altre, ogni maniera di figure d'ornato come rabeschi e greche e cifre e stemmi ed ernblemi, coi fondi e campi divi- sati a petruzze di varii colori e zolline di zolfo pel giallo. Nelle aiuole poi crescevano le poche specie di piante da fiori ed altre piu rare e curiose. In opera di piante legnose di ornamento, il primo posto si dava agli agrumi, cresciuti come al tempo di Plinio in grandi vasi di terra cotta ovvero in cassette, che d' inverno si mettevano a riparo e d' estate si distribuivano lungo i viali e ai crocicchi. D'aranciere e di vasi d" agrumi appena v' 6 piu chi si compiaccia, specialmente dacche pei frutti la facilita delle comunicazioni ne ha ridotto a nulla il provento : e, per la bellezza, le Azalee, i Rododendri, le Ga- melie ed una copia di altri arbusti vi suppliscono con usura. Ma non meno che dalle piante, quei giardini, concepiti sul- 1'idea delle antiche Ville romane, chiedevano il loro ornato alia disposizione architettonica, alle maestose gradinate, ai ter- razzi spaziosi, alle vedute che se ne godevano; e poi ai busti antichi e statue e sarcofagi, e ruine artefatte, e alle fontane e laghetti e cascate e grotte, e ai giuochi d'acqua, dilettevoli non soltanto aH'occhio, come quelli ond'e famoso anche oggi

NEL SECOLO XIX 567

il giardino di Versaglia, ma all'orecchio altresi per 1'armonia e la varieta del mormorii e strosci e gemiti e gorgheggi e muggiti, che gl'ingegneri con industriose distribuzioni di con- dotti e di caraere sapevano loro far produrre. Fra i priaci- pali giardini di tal genere il Roda i ricorda, an che a motivo dell'antichita, quello di Boboli a Firenze, ideato e diretto dal Broccini e dal Buontalenti verso il 1550. E quanto dire che in quest' arte altresi 1' Italia precorse di un secolo le riforme e i capilavori del Le Notre, che dai francesi si cita come fon- datore di cotesto genere d'architettura. Ma gl' italiani avreb- bero torto di richiamarsene, dacche, ricevendo d'oltralpe i di- segni di quello stile, in cambio di riconoscervi 1'impronta di cio che essi gik avevano in casa, applaudirono ai giardini francesi, e perche francesi li ebbero in favore e li vollero imi- tati. E nondimeno che quest' arte bella fosse gia al suo apogeo in Italia quando nasceva appena in Francia, lo dice, volendo dire il contrario, 1' esclamazione in che usciva proprio di quei tempi (1653) Olivier de Serres: « Non fa d'uopo viaggiare in Italia ne altrove per contemplare i begli ordinamenti dei giar- dini, giacche la nostra Francia vince il premio sovra tutte le altre nazioni. »

Senza questionare sul valore assoluto di un tal vanto, e certo pero che le opere del Le Natre non senza ragione pro- cacciarono a lui e ai giardini da lui creati una si alta rino- manza da venire presi a modello da tutta 1'Europa. Non ra- gioniamo di quegli sforzi di pazienza, che al dire del de Serres avevano « sorpassato di gran lunga tutto cio che s'era fatto dagli artisti italiani. » Perocche il valentuomo si riferisce alle « erbe che raffigurano lettere iniziali, nomi di personaggi, trofei, gesta d'uomini e di animali, edifizii, vascelli ed altre cose con- traffatte con una maravigliosa industria e pazienza ». Queste sconciature di stile manierato e scorretto, chi piu vi si segnalo ne coglie maggior compatimento per la fatica male spesa, che lode. Siffatte puerilitk indicano il decadimento dell'arte che non av- verte piu la dissonanza fra 1'inverosimile e 1' ideale, e scambia

1 Manuale del Giardinicre fioricoltore, p. 7.

568 LA STORIA NATURALE DELLE PIANTE

il bello col vistoso. Anche nel tramonto della potenza romana, entrando gia nell'Impero la barbarie, prima del barbari, 1'arte del giardiniere, rimbambita al pari delle sorelle « consisteva essenzialmente nell'imitare colle piante le forme di animali mostruosi, di giganti e simili: dimodoche al primo entrare in un giardino incontravasi ora un Cerbero colle fauci spalancate ora un Ercole colla sua formidabile clava, guardiani innocui intagliati piu o meno diligentemente nelle frondi del bosso o del tasso ».

Non fu neanche per tali bambocciate che il Le Notre pro- caccio tanta fama a se e ai giardini francesi che anzi ne le voile escluse; bensi per la grandiosita, ricchezza, varieta e armonia dei suoi disegni; nel comporre i quali il suo genio non si sentiva rattenuto, bensi piuttosto incitato dal fasto di Luigi XIV. Cosi egli creo il grande Trianon, attiguo al parco di Versaglia, e i parchi di Saint Cloud, di Sceaux, di Chantilly, di Villarceaux : e ne fu tanta I'ammirazione in ogni parte del- 1'Europa, che poco stante non v'ebbe Corte alcuna grande o piccola, la qual non volesse avere il suo Versailles : poniamo che le piii si dovessero accorgere presto o tardi che come un solo Le Notre e un solo Luigi XIV, cosi non v'aveva da essere che un solo Versailles; restando gli altri a mezza opera e i loro costruttori colla taccia di colui che coepit aedificare et non potuit consummare.

Saliti essendo a tanta perfezione e favore sul finire del se- colo XVII e al principio del XVIII i giardini regolari, mentre dall'altro canto appariva ognor meglio il dispendio enorme che costerebbe il procacciarsene e mantenerne di sufflcientemente decorosi ; ne veniva di conseguenza che altri si volgessero ad uno stile che, gravando meno la borsa, s' avvantaggiasse sul primo per la minore ostentazione delParte e la parte piii ampia conceduta alle bellezze della Natura. Tali giardini li abbiamo poi e accolti colla solita servilita sotto il nome d'inglesi, benche da due secoli ne fosse sorta 1'idea e Tesempio in Italia; e non oscuro, ma illustrate dal cantore della Gerusalemme Liberata. II Roda infatti riporta qui opportunamente la lettera

MEL SECOLO XIX 569

del gran Torquato al Bolero, filosofo che era e favorito di Carlo Emmanuele Duca di Savoia, e dice al proposito cosi: «Ri- corro a Vostra Signoria pregandola che assicuri Sua Signoria Serenissima aver io voluto immortalare per quanto in me stia la magnified ed unica al mondo sua opera del Parco, accanto alia sua capitale in una stanza della mia Gerusalemme, dove fingo di descrivere il giardino del palagio incantato di Armada e vi dico cosi :

« Poiche lasciar gli avviluppati calli

In lieto aspetto il bel giardin si aperse;

Acque stagnant!, mobili cristalli

Fior varii e varie piante erbe diverse

Apriche collinette, ombrose valli,

Selve e spelonche in una vista offerse :

E, quel che '1 bello e il caro aggiunge all'opre

L'arte, che tutto fa, nulla si scopre. »

Gli ultimi due versi esprimono per 1'appunto il carattere onde i giardini naturali si contrappongono ai regolari: e tale era il Parco avuto di mira dal Tasso e descritto storicamente dal citato Botero in questi termini : « II Duca Carlo Em- manuele ha adornata Torino sua sede con un Parco, che gira cinque o sei miglia (12 o 15 chilometri) in un sito dei piu ameni delPEuropa, non che dell'Italia ; cinto e quasi vagheg- giato dal Po, dalla Dora e dalla Stura, pieno di boschetti, la- ghetti, fontane e d'ogni sorta di cacciagioni, ecc. »

In Inghilterra i giardini naturali non salirono in favore, per quanto se ne trova memoria, se non mezzo secolo piu tardi, ciofe circa il 1720. In Francia li misero in credito, intorno al 1740, le relazioni dei Gesuiti missionarii in Cina ; le quali narravano come cola si « ornassero i giardini con folte mac- chie di boschi, con ispazii erbosi, e laghi e pagode » ; e vi si discorre di tortuosi ruscelli, di vallate messe ad alberi di di- verso fogliame e a fiori variopinti, e di rocce e dirupi e grotte e ponticelli, e viali e sentieri non tirati a filo, ma serpeggianti alia libera per ogni verso.

570 LA STORIA NATURALE DELLE PIANTE

I giardini naturali non vennero in uso commune in Italia se non all'entrare del nostro secolo. II Roda cita fra i primi il parco reale di Monza, disegnato dal valente architetto Villoresi ; poi quello di Racconigi, fatto eseguire da Carlo Alberto sotto la direzione del prussiano Kurten ; ed altri. In queste opere mag- giori, come eziandio nei giardini minori, ad uso or sia dei privati o del pubblico, il principio che si tiene ognora dall'ar- chitetto-ingegnere 6 di simulare un'opera della natura, la piu elegante e compiuta che si possa flngere nelle condizioni date dal.terreno. L'arte vi si affaccia solo discretamente come so- rella e non qual padrona, come e nello stile regolare. Ella non pretendera, per esempio, di disegnare tutto a ghirigori un riquadro, sibbene, trovato un pratello, si permetterk d' in- nestare a mezzo di quel velluto un ricamo ad erbe variopinte, o mescolate a caso o distribuite, ma senza pretensione, sicche rappresentino per una volta tanto o uno stemma od una let- tera o checchfe altro. Ma 1'assegnamento maggiore essa lo fa sugli alberi e sugli arbusti, piantati solitarii ovvero a gruppi, e su quelle che chiamano macchie ornamentali, a figure ora piu semplici, come di elissi a varie falde, rotte da scudi ; ora piu artificiose a rabeschi : e composte ora di sole piante a foglie di varii colori e aspetti, ora di piante a foglie e a fiori. Delle une e delle altre, d'ogni grandezza e colore e foggia e portamento, per tutti gl'impieghi e per ogni stagione e natura di terreno, il giardiniere ne possiede oggidi un cosi ricco te- soro, che non gli abbisogna altro se non il senso artistico per saperne trarre partito; il che non e da tutti. Similmente, per rispetto ai giuochi d'acqua, le artiglierie di marmo e le sta- tue di Giove che vomitavano fiumi o lanciavano schizzi in cam- bio di luoco e di iblgori, hanno ceduto il luogo alle cascate imitanti la natura, o a fontane sobriamente artistiche, e a va- sche e pelaghetti: e le grotte dei secoli andati, a scogliere di minor costo ; sebbene non manchi oggi ancora chi vuol deco- rati i suoi giardini di quel genere sempre bello di orna- mento, come ha latto in Genova il March. Gropallo coll'an- dito sotterraneo della sua villa presso allo Zerbino.

NEL SECOLO XIX 571

Con questa visita ai giardini modern! si chiude la rapida corsa da noi fatta nei campi della Botanica del secolo XIX. In essa abbiam potuto apprezzare il molto che deve questa disciplina ai lavori dei secoli precedenti, in ispecie dei due ultimi : i nomi di un Malpighi, di un Ray, di un Linneo, dei De Candolle, e simili, suonano a un botanico serio come quelli del Volta, del Lavoisier, dell'Herschel e d'altri tali, all'orecchio di un flsico o d'un astronomo. Reso questo tributo ai grandi delle etk passate, la Botanica del secolo XIX pud presentare alle eta future un cumulo di conquiste tanto sue proprie, quanto fu suo lo scoprirne la stessa materia. Recato a quasi 20 tanti il numero delle specie vegetali conosciute, e determinato a un dipresso quello delle esistenti. Creata per poco 1'anatomia e la flsiologia botanica, chiarendo il mistero fin qui impenetra- bile della riproduzione, e diradando 1'oscuritk che ingombra le altre funzioni della vita vegetale. Moltiplicato il numero delle piante utili ; e, col perfezionamento dei metodi, cresciuta la produzione, e stornato 1'esaurimento altrimenti inevitabile delle nostre terre. Raccolte finalmente'sotto gli occhi di ognuno nei nostri giardini tutte le maraviglie piii leggiadre e magni- fiche della creazione vegetale.

La scienza adunque per questa parte, non che essere fal- lita, e straricchita anzi, nei secolo nostro, di cognizioni nuove e preziose. Ma essa fallisce davvero e rimbecillisce in modo nuovo, in coloro a cui la vista di tanti lavori, diauzi velati, non richiama al pensiero la Sapienza e Provvidenza divina che vi traluce da ogni parte. La nazione di questi che dicentes se esse sapientes stulti facti sunt, non e sorta dal progresso scientifico moderno ; essa e tanto vecchia, che S. Paolo ne di- scorreva come di cosa antica ai tempi suoi. Fra i lettori nostri non abbiamo a temere che cada sopra alcuno quella vergo- gnosa patente di stoltezza ; e la Storia Naturale delle Piante, compilata nei secolo XIX, sonerk al loro orecchio con armo- nie sconosciute ai secoli decorsi, come un inno di lode a glo- ria del Creatore.

EMMA

I M A. E 13 O O

XXII. Un compenso gradito.

II valoroso Gennaro nella sua letterina si prendeva il gu- •sto di mettere in canzonella i guai dell'amico dottore. E gli mostrava netto e chiaro, che tutti nascevano dalla sua imma- ginazione, che come cavallo vizioso gli prendeva la mano e arrogavasi il predominio sulla ragione. Prendesse adunque un partito riciso, chiedesse la mano dell' Ida: e cosa fatta capo ha. Emma o bene o male flnirebbe col farsi una ragione. II tempo medica tutto, scriveva egli, appiana tutto, dilegua anche i dolori piu acerbi, massime poi quelli in cui non si e sofferto lie torto ne disonore. 0 che noi tutti non ci troviamo oggi o dimani in casi somiglianti? Chi e che nel cammino suo non sia esposto a terribili disinganni, a disastri talvolta irrepara- bili? Tu ed io vediamo poveri impiegati puniti senza colpa, mandati a spasso, scavalcati da colleghi facinorosi, e con cio il pane lungamente meritato e sperato, mangiato da altri, e la famiglia sul lastrico. E i fallimenti dolosi che ogni giorno met- tono in camicia chi prima nuotava negli agi ? E la morte che falcia i congiunti piu stretti, piu necessarii? E i mariti che piantano la compagna, ne moglie ne nubile, con non altra ripresa che i figli da alimentare ? Di matrimonii poi concertati, conchiusi, pubblicati, e poi mandati all'aria ve n'e le sacca e le carra. E bene che si fa in tali casi? Maschi e femmine ca-

EMMA, PRIMA E DOPO - XXII. UN COMPENSO GRADITO 573

piscono tosto o tardi che e inutile cozzare col destine, e si ri- solvono di comportarsi il men peggio che possono la mala fortuna. Emma poi, se e ragionevole, non puo neanche lagnarsi di una vera sventura. Non solo non vi e tradimento, ma nep- pure le si disdice una parola data. Tu la lasci nel suo essere primitive, nella sua condizione propria ed invariata, in seno alia sua famiglia, ove non le manchera nulla ne ora ne poi... Puo trovare un altro partito, difflcilmente, si, ma puo trovarlo: massime se fosse vero cio che mi zufola nell'orecchio un vec- chio medicone di qui, che talvolta il tempo e Fattivita della natura rimedia certi difetti che la mano del chirurgo non pote sanare. E bella, e ricca, ha un ingegno diavolino: con tali parti a Napoli si fa fortuna e si trova marito anche cammi- nando colle stampelle, che non e il caso. Ad ogni modo tu non hai peggiorato in nulla la sua fortuna. Potra dolersi di non aver colorito a modo suo il disegno concepito : ma nulla piii. Un milione d'uomini e dieci milioni di donne sono in tal caso.

Dunque a noi. Fai dei fatti: i fatti sono maschi e le pa- role femmine. E le some si pareggiano camminando.

Addio. Scrivimi a tuo grande agio : che sempre mi fai un piacerone... Ma se ti sembra ch'io ragiono colla testa e non colle calcagna e se tu prendi qualche partito, telegrafa furio- samente al tuo Gennaro.

Tre di ne batte il telegrafo ne i postieri ebbero a sudare per portare la corrispondenza tra Giulio e il suo amico di Cam- pobasso. Gennaro n'era impensierito. Tre settimane fu lo stesso silenzio. Gennaro si disperava di nulla ottenere. Finalmente, quando meno ci pensava, gli viene ricapitata una letterina di sesto minimo, con entro un biglietto di visita di Giulio, e una parola enigmatica : Fatto.

Gennaro riscrisse con una pagina intera di linee e mezze linee di particolareggiate e minute ricerche di spiegazioni, ciascuna terminata da un grosso punto d' interrogazione. L'ul- tima piii corta di tutte le altre, diceva : Mi rallegro ?

II fatto era che Giulio finalmente aveva scosso da se ogni

574 EMMA, PRIM A E DOPO

irresolutezza, e preso un partito. Come giovane di proposito ch'egli era, fece molto in pochi giorni, senza guardare piu in- dietro, e fece anche abbastanza bene. Perche pur non essendo rigido osservatore della sua religione, conservava tuttavia per decoro le tradizioni e le costumanze esterne della sua piissima famiglia. Prima di nulla rnuovere di decisive nel disegno fer- mato di accommodarsi colla signorina Ida Rubino, voile esplo- rare Tanimo della sua buona madre, con preghiera precisa e calda, che dell'ldeato matrimonio non desse il minimo sentore, per ora, neanche all' intimo amico suo don Gennaro. Egli non solo amava la madre di cui conosceva Taffetto sviscerato per lui, ma ne pregiava altresi Tottimo discernimento pratico, con cui amministrava gl'interessi di famiglia.

II richiesto segreto donna Colomba osservo scrupolosa- mente. Ma cio non impedi che ella col suo sernplice buon senso e buon giudizio, non togliesse di bocca all'ospite suo, cugino della Ida, le piu minute informazioni sulla bonta della giovane, sulla dote, sulle qualita personali. II dottore e professore Gen- naro, il quale s'immaginava leggermente di menare pel naso quella buona donna, era )ungi dall'avvedersi che la semplice Colomba mettendo su le chiacchiere delle cure che Giulio aveva felicemente condotte in casa Rubino, colle belle belline, gli ti- rava su le calze e lo faceva sfringuellare sulle cose piu intime di quella famiglia e soprattutto delle persone. Informazioni tutte che la buona vedovella paragonava alle scrittele dal fi- gliuolo Giulio. A conti fatti riconosceva che i pregi osservati da Giulio nella signorina Ida, ribattevano assai bene con quelli magnificati dal Dottor Gennaro, sebbene nella viva parola di costui prendessero una tinta alquanto piu poetica e meglio van- taggiata, com'era dice vole alia sua indole un po' volta al pa- rabolano.

Un solo tasto pareva inceppato dalla sordina. Gennaro non toccava mai delle virtu morali, non che della pieta delle si- gnorine Rubino. E donna Colomba, con tutto il suo ciabare alia sempliciana, non pose mai tale questione in termini pre- cisi, e cio per cessare sospetto che ella prendesse informazioni

XXII. UN COMPENSO GRADITO 575

a scopo d'un maritaggio. Si adagiava invece a buona fede nelle assicurazioni datele dal figliuolo Giulio. Questi, troppo bene conoscendo 1'umore della madre, aveva in primis et ante omnia tessuto un grazioso panegirico delle nobili qualita del cuore di Ida, manifestate durante la malattia e il pericolo mor- tale del padre. II gusto della signora Colomba La Rosa sa- rebbe stato che le si dicesse spiattellato se la bambina era divota della Madonna, se frequentava i sacramenti, se andava volentieri alle funzioni di chiesa. Ma come savia e discreta fece ragione che qualche principle di pieta vera non poteva fallire in una fanciulla, piuttosto casalinga, e affettuosa de' suoi genitori. E poi capiva che ad accasare presto e bene il suo Giulio, era d'uopo contentarsi di cio che fa la piazza. Si lascio adunque andare alle buone speranze, anzi che ai vani tiraori.

Rispose a Giulio una lettera di materno gradimento, rifio- rita di complimenti cordiali per la famiglia Rubino, e della promessa di recarsi di persona a Napoli per la solennita delle nozze, quando queste fossero stabilite : cio che mise in giolito il figliuolo, il quale amava e venerava sinceramente Pegregia sua madre. Gli consigliava essa in fine della lettera, che per le prime aperture del trattato, si valesse del P opera della signora Cecilia La Rosa, la Direttrice del Collegio ove la fanciulla era stata educata. E da ultimo accertava che al dottor Gennaro ella non aveva dato ne un cenno nfe mezzo di quel negozio al tutto intimo, e da non parlarne altrimenti che a cose fatte.

Era questa in sostanza la risposta ch'egli prevedeva da parte di sua madre. Ma fu lietissimo della profferta di venire essa a Napoli: era decoroso per lui e per la futura sposa, ch'egli non fosse solo di parenti stretti nella cerimonia alia chiesa e nelle feste dello sposalizio. E godeva che la sua buona madre avesse capito benissimo ch' egli aveva piacere di essere il primo a dare notizia del fatto a don Gennaro. Quanto al ricorrere alia signora Cecilia per le prime proposte, egli in- tendeva di tagliare piu corto : anche per evitare ogni pericolo che la Direttrice del collegio, parteggiando forse per la Emma, potesse rimestare qualche ragione a favore di questa. Gli era

576 EMMA, PRIMA E DOPO

entrato il frullo di guadagnare il tempo perso in fare alFal- talena, e di sbarrarsi la strada al tornare indietro.

Egli era ormai tanto conosciuto e stimato e affettuosamente accetto in casa Rubino, che non gli era d'uopo di tastare il terreno per via di esploratori. Gli si parava dinanzi facile un trattato, che non poteva incontrare ostacoli da parte veruna, se egli stesso finiva di tentennare. Ebbe adunque in disparte il signer Livio invitandolo ad un abboccamento nella sua casa, per non isvegliare sospetti o dare indizii recandosi nella casa di lui, sotto gli occhi della famiglia.

XXIII. Cosa fatta capo ha.

Si trattava, per Giulio, di sfondare una porta aperta. Alia prima parola di lui, il signor Livio capi dove si andava a pa- rare, e contentissimo in cuore ascolto la formale proposta. Avrebbe egli per certo bramato di dare ricapito prima alia Emma che alia minore di etk ; ma non gli cadde neppure in pensiero di muovere difficolta su questo punto : tanto era sod- disfatto il suo amore paterno di collocare cosi felicemente la diletta Ida.

Avrebbe egli potuto conchiudere la pratica con un assenso assoluto : perche dalle circostanze prevedeva impossibile il sor- gere di difficolta. Yolle cio non di meno, per serbare il con- venevole, prender tempo, come garbatamente gli offriva il dottor Giulio. Questi desiderava che egli rendesse intesa del suo disegno la signora Nunziata, e consultasse a belfagio le inclinazioni del cuore della signorina Ida: ma con certo ri- serbo di non spargere la novella nel pubblico, e neppure troppo parlarne in famiglia. Perche, avvertiva egli, non mai per lo addietro si era egli aperto d'intenzioni geniali colla Ida, ed avrebbe gradito, che dovendo la minore prendere il passo sulla maggiore, si usasse con questa ogni piu delicato riguardo, per non offendere 1'onesto amor proprio di lei, e scemarle il di-

XXIII. COSA FATTA CAPO HA 577

spiacere, che poteva naturalmente turbarla. In tutti i casi, egli riguarderebbe sempre la signorina Emma come dilettissima co- gnata, e si terrebbe onorato della stretta parentela con lei legata.

Aggiunse che quanto a se non aveva trascurato di pren- dere consiglio dalla sua buona madre; e che essa gli aveva risposto con tutte le benedizioni del cielo e del suo cuore, e fin colla promessa di venire da Campobasso per assistere alle nozze dove queste avessero luogo. E gli lesse quelle non poche righe in cui la signora Colomba esalava dolcemente la gioia materna dello sperato parentado con la casa Rubino e di questa diceva tutto il bene che ne aveva attinto dalle conversazioni con Gennaro.

II discorso piacque mirabilmente all' ingegnere, padre della Ida; e ciascuna parte di esso gli tornava di piu pieno com- piacimento, e porgevagli un piii alto grado di felicita. Non si tenne dal manifestare i suoi sentimenti, accertando il dottor Giulio, che la cosa non fallirebbe di certo. Ne sua moglie, ne la Ida potrebbero desiderare migliore ventura, che il de- signate collocamento. Egli ppi in particolare, come padre della fanciulla, non saprebbe in tutta Napoli scegliersi un ge- nero piu secondo il suo cuore, un piu degno, un piu virtuoso, un piu diletto, che colui a cui egli si professava debitore della vita.

Giulio naturalmente profondevasi in complimenti ricambiati ad usura, in ringraziamenti, in elogi. E 1'abboccamento fini con reciproca soddisfazione. Giulio penso subito a Gennaro, e fece impostare il biglietto misterioso, col solo motto: Fatto ! viglietto che diede il frullo al cervello immaginoso delF amico, e che provoco la batteria d' interrogazioni, alle quali Giulio, per allora non contrappose alcuna risposta. Preparava altri fatti piu decisivi ancora.

Serit XVI, vol. IX, fasc. 1121. 37 26 febbraio 1897.

578 EMMA, PRIMA E DOPO

XXIV. - Facili consensi.

L'impegno preso dall' ingegnere signer Livio era in fondo la cosa piii agevole del rnondo: il consenso della moglie al maritag- gio non poteva sollevare difficolta, quello di Ida molto meno. In fatti la signora Nunziata alia relazione fattale immediatamente dal marito del colloquio avuto col dottor Giulio si risolveva tutta in giubilo, e trovava che Livio avrebbe dovuto stringere anche piu decisamente 1'accordo, e non lasciarlo cosi in so- ipeso, neppure un' ora sola : giacche, ragionava essa, non era da temere che ne essa ne la figliuola riflutassero di accettare, e a man baciata, la fortuna che loro offeriva la divina Prov- videnza.

Ilsignor Livio tuttavia non si pentiva di avere serbato il decoro, e le sociali convenienze in faccia al future genero, ed era risoluto di trattare pure con la Ida in siraigliante maniera, non gia annunziandole la cosa come flnita e conchiusa, ma si lasciando a lei la facile scelta. Niuno e profeta, osservava egli; non si sa mai che cosa possa avvenire di qui a un anno o a dieci. E io voglio poter dire con verita e franchezza : Ida lo ha sceito lei di sua libera volonta.

Riserbo a se di parlargliene pel primo ; ma non era age- vole, in que' primi giorni trovare proprio il momento oppor- tune. Perche le due sorelle stavano da mane a sera occupate insieme a dar sesto alia biancheria di casa, che, durante la malattia del babbo, era rimasta ammonticellata nella guarda- roba. 11 buon destro gli si porse tra pochi giorni (era la prima meta del gennaio), per occasione che le due sorelle furono invitate dalla loro arnica Adele a dar il loro giudizio su certi ricami tinamente lavorati in seta, per uso d'ornamento di una sala signorile. Ida, che volentieri avrebbe accompagnata la sorella, dovette rimanersene, aveudo il babbo manifestato il desiderio che essa gli trascrivesse subito una carta d'urgenza.

XXIV. FACILI CONSENSI 579

L' Emma ando adunque colla madre e coll'Adele ; e T Ida si accommodo tranquillamente nello studio del babbo, pronta di prestare il servigio della sua calligrafia.

La carta la copierai dopo, disse il signer Livio appena fa solo colla flgliuola, ora ho una novella da darti, che ti piacera, ma e per te sola, sai, una cosa che ti riguarda, e che per ora neppur 1'aria deve sapere.

Fecela sedere al suo lato sul canape, e prese a dimandarle: Ti se' mai accorta che qualche giovinotto ti seguisse per le vie, o ti facesse d'occhio?... che qualcuno ti aspettasse al- 1'uscire di chiesa?...

Che ? interruppe Ida con un po' di vivacita, io non mi sono in veritk avvista di giovani che mi guardassero in un modo piii che in un altro ; di aspettoni poi che mi facessero la po'sta, io ne ho ancora da vedere uno che e uno. Gia, queste taccole a me non garbano ; e un vagheggino stradaiuolo, io nol guarderei quanto e lungo.

Sta bene, ripiglio il padre : ma ad ogni modo, tra tanti giovani che ci passano innanzi ogni di, o 1'uno o 1'altro ti avra pure dato un po' nell'umore: non e vero?

Si si, non dico il contrario, de' bei giovani ne ho visti tanti ; e nelle sale qui e la mi hanno anche fatto dei compli- menti : ma complimenti, e li : che una vera simpatia che mi entrasse in cuore... non mi ricordo... Si, mi ricordo di uno... appunto in questi ultimi mesi.

E bene, costui e morto o vivo? e di Napoli o di fuori via? Ti ha dato qualche segno di affezione. di stima partico- lare? dimmi tutto liberamente.

0 babbo, in che pecoreccio m'entri tu adesso ? Non e cosa che importi. Io ci ho pensato piu d'una volta, e ci penso ancora quando mi accade di vederlo, ma po' poi non mi ci confondo...

Dunque, prese a dire il padre un po' in canzonella, un punto e assodato. E uno di Napoli, e che si lascia vedere qualche volta. 0 perche non mi diresti chi e il fortunate mortale che gode le tue simpatie, senza che tu ti ci confondi?

580 EMMA, PRIMA E DOPO

Non te lo posso dire... perche tu lo diresti a mamma, e lo viene a sapere anche Emma, e apriti cielo!

Emma te ne darebbe la baia: e questo cio che temi?

Ma che ? io credo invece che anche lei ci pensa piu di me, e 1'avrebbe per male se immaginasse che io le becco Tuva. Dove che io ci penso cosi alto alto, come una bella fantasia Ion- tana; ed essa, secondo me, ci pretende. Emma non mi darebbe piii pace... Non ti posso dir altro.

- E non occorre, perch6 hai detto abbastanza, gioia mia. Non e uno che ti segua per via, non e uno che ti faccia la posta fuor di casa, e pure si lascia vedere da te e da Emma... tu lo vedi adunque in casa nostra : 1'uomo de' tuoi pensieri e probabilmente il dottor Giulio.

A questo nome Ida si fece di fiamma in volto. Ma non si scompose. E che male ci e a voler bene al dottore ? ripigli6 ella con ingenuita. 0 che non 6 lui che ha salvato la vita a te, babbo mio? E cosi garbato, e ben educate! Vnol bene a sua madre e a sua sorella, e ne parla con noi alfettuosamente. E giovanissimo, e pure ha gik impiego e credito, e puo spe- rare ogni piu elevato avanzamento. Che potrei io trovare di meglio per essere felice? Ma pur troppo e un sogno, bello, dorato, che fugge quando si guarda... Lui puo pretendere quello che vuole, e niuna famiglia di Napoli chiuderk le porte in faccia al dottore. Giulio La Rosa.

Or bene, disse il signor Livio, poniamo che sia un sogno: ma tante volte i sogni si avverano. Se il signor Giulio s'inna- morasse d'una Rubino?...

Toccherebbe ad Emma, interruppe Ida: ed io sarei con- tenta di vedere riconsolata quella poverina, che da un anno in qua non ha piu bene, e s'incattivisce...

Ti piacerebbe adunque averlo per cognato...

Perch6 no? Meglio lui, che un altro.

II signor Livio era uomo di mondo, ma amorevole padre di famiglia, e prendeva gusto a scrutare i sentimenti gentili della bambina, prima di venire al punto forte, che gli era certamente sicuro di ottenere. Ripiglio: Vediamo: e se egli cercasse piuttosto Ida che Emma, che ne diresti?

XXIV. FACILI CONSENSI 581

lo direi, che tu babbo prendi piacere a canzonarmi.

E bene, & proprio il caso : io so ch'io so, che il dottore in una conversazione ha fatto tanti elogi di te, Iduccia mia, quanti ne puo imraaginare un innamorato che e sul punto di •chiedere la mano d'una fanciulla.

Io non lo credo... tu lo dici per farmi lima lima.

Che ti pare ? che tuo padre ti abbia chiamato qua, da •solo a sola, per farti versare? Che sugo ci sarebbe? Ti ho •chiamata per farti conoscere che il dottore mi ha parlato di te sul serio, e vorrebbe sapere se tu lo prenderesti volentieri... Che gli debbo rispondere?

Ida allo schiuderlesi improvviso si nuovo e inaspettato oriz- .zonte fu sopraffatta, ansiava tutta, il sangue le martellava nel •cuore e nelle tempie, n& sapeva che dire, le parole non le venivano alia lingua. Prese le mani del babbo, e le bacio... e in questo un felice scoppio di pianto diede esalo alia piena -degli affetti. II padre lascio spiovere un tantino, e poi ripete seriamente: Che gli debbo rispondere? Un si o un no.

Ida si fece animo e rispose, con una vocina soffocata come in secreto: Si. -- E tosto riavendosi come se fosse coijsa troppo, aggiunse: -- Si, se piace a te e a mamma. E poi subito, rammentandosi di Emma, riprese: Ma come la pren- dera Emma?

Senti, Ida: Emma in qualche modo si fara unaragione, fark di necessita virtu: o che io potrei dire a Giulio che chiede Ida, io vi daro Emma? Le monete si barattano 1'una per 1'altra, « non le ragazze. Del resto io non sapevo nulla di Emma, che aresse dei disegni sopra Gitlio...

Neppure io lo so di certo : lei non me Tha detto mai spiccicato : ma io lo sospetlo forte e lo tengo per certo.

Checche ne sia, rimane fisso, intendi bene Ida, rimane iisso e fermo che tu non ne parlerai ne con Emma, con altri. In casa non si ha da sapere che da te e da tua madre ; fuori, da nessuno. Ad Emma parlero io a tempo e luogo. Tu fa di tenerti pronta, perche mi dice un cuore, che Giulio gra- direbbe di ultimare questa faccenda in quattro e quattr'otto.

582 EMMA, PRIMA E DOPO

Egli e fatto cosi. N& ioveggo che ci sia nulla a guadagnarer a menare il can per Taia. Quando vi siete intesi voi due, e i parent! sono d'accordo, fc meglio oggi che dimani. A giorni si faranno le impromesse... e sollecitamente si penserk ad andare in chiesa e al municipio.

Ida a udire tante disposizioni di vita nuova, a cui ella non- aveva punto pensato, era come intronata e confusa. Avrebbe avuto un mondo di cose da dimandare, ma nessuna gliene sovveniva, e tutti gli affetti suoi sopravvinceva il gaudio smi- surato e 1'espettazione della felicita imminente. Le sovvenne bensi allora, una espressione che poco aveva familiare: - M'accorgo, babbo, che qualche anima santa ha pregato per me... forse la nostra cara Adele... lei 6 tanto buona... e la Madonna mi ha aiutato!

Stk bene : lo credo anch' io che la Madonna ti abbia aiutato. Ma ora aiutati da te: prudenza e giudizio.

In questo tornava in casa la Nunziata colla Emma e 1' Adele. L'ingegnere sedette alia scrivania, e Ida ando incontro alia madre. Emma non rifiniva di magnificare lo squisito ed ele- gante lavoro che avea veduto: che in verita meritava d'esser considerate nelle singole sue parti, nelle figure, nell'ornato, ne' fiorami vaghissimi: tutto era bello, il disegno la naturalezza delle tinte, il finite delTesecuzione, Tarmonia dell'insieme: E un peccato, Ida, che tu non abbia potuto venire con noi;. ma spero che potrai andare un altro giorno dall'Adele.

E Adele presente prometteva di venirla a prendere domani. Ida si rammaricava del non essere ita con lei e colla mamma e ringraziava Tamica, della sua gentile profferta. In verita- ella non aveva capito nulla delle mirabilia raccontate dalla sorella ed era tutta occupata nell'animo dal timore che le si leggesse in sul viso qualche indizio del suo caro secreto.

XXIV. PRIME GIOIE DI TUTTI 583

XXV.

Prime gioie di tuiii.

Giulio quella sera ricevette ima visitina dal signer Livio Rubino; e da lui 1'avviso del consenso della signora Nunziata -e della Ida. Ne fu contento: ma se 1'aspettava e gik sel teneva in pugno, senza questa formalita. Ne prese tuttavia occasione per iscrivere un verso al caro don Gennaro : e fu un seoondo biglietto di visita tutto simile al precedente, tranne che por- tava per motto: -- Due fatti.

Ma questa seconda volta il mistero versava come un paniere; perche Giulio il di seguente mandava alia madre, una piena relazione dell'avvenuto, parlava di sbrigare le impromesse e le nozze, appena la stagione migliore permettesse a lei di fare il viaggio di Napoli. Avvertiva che dove il signer Gennaro non potesse accompagnarla, verrebbe egli di persona a levarla •di Campobasso, e in niun modo patirebbe che ella si mettesse, •tutta sola, in ferrovia. Sentisse pertanto il signer Gennaro, che potrebbe darle piu particolari informazioni intorno alia Ida, sua cugina, e che naturalmente doveva gradire d'intervenire .alle nozze della cugina coiramico suo.

La. buona vedova ringiovaniva al pensiero di vedere quanto prima accasato il suo dottorino e si sobbarcava animosamente .a quello che a lei sembrava un gran viaggio, per assistere alle nozze di lui gloriose e fortunate. E Gennaro dava sotto raccontandole le cose piu dolci, piu geniali che sapesse ricor- dare o inventare della sposina: cose tutte che la madre di Oiulio abboccava e credeva in digrosso e troppo volentieri ; finch6 talvolta Gennaro ne sballava di cosi marchiane, che non «rano facili a digerire, e donna Colomba si ribellava, con una risata, dicendogli : Ma lei, professore, ha il capo ai grilli : me ne avveggo bene.

Ad ogni modo, a Campobasso in casa della signora La Rosa, un carnevale, ma un carnevale santiflcato. Perche la madre

584 EMMA, PRIMA E DOPO - XXV. PRIME GIOIE DI TUTTI

di Giulio, e la sorella, che spesso veniva in casa, avevano intra- presa di commune accordo una novena di preghiere a S. Anna, pel felice esito del matrimonio vagheggiato, del figlio e del fratello.

In casa Rubino, a Napoli, fioriva pure un profondo con- tento, in cuore alia Ida e ai genitori : ma non senza un fasti - dioso grattacapo : Gome la prenderk P Emma ? Quanto a se, Ida cercava di usare ogni piii delicato riguardo alia sorella: ell'era piu servigevole che mai, piu affettuosa che mai, piu paziente che mai: tanto che PEmma, non avVisando il perch& di un fare si carezzoso, talvolta ne prendeva stizza.

Giulio poi intendeva pure di vedere qualche volta la sua futura; e non volendo arrischiarsi a qualche scenata dalla parte- di Emma, che fmora nulla sapeva del trattato conchiuso, si contentava di trattenersi con Ida al caffe, dove la conduceva il suo padre, e spesso ancora nella loggia al S. Carlo, dove Ida recavasi liberamente col padre e colla madre, e, fortuna- tamente, senza la sorella; la quale ingrognata e malinconiosa,. sgradiva i divertimenti di famiglia.

Ma questi ripieghi non potevano e non dovevano, secondo il pensare di Giulio, protrarsi per mesi. Ed egli insistette presso il suo future guocero, afflnche prendesse un partito decisive: parlasse chiaro con Emma, e si venisse quanto prima alle impromesse. II che parve al signor Livio, ragionevole e de- coroso per tutti. Emma cosi avrebbe agio di mostrarsi amorosa sorella, e contenta o almeno rassegnata alia sua sorte ; e Giulio» saprebbe come condursi in pratica, in caso diverse.

RIVISTA DELLA STAMPA

i.

J. CARDINALE GIBBONS, Arcivescovo di Baltiinora. LTAmbasciatore di Cristo (The Ambassador of Christ). BaltitHora, John Murphy & Co., 1896, 16° di pp. XIV-404.

Grande e la forza dell'insegnamento corroborate dall'esempio di «hi per lunga esperienza ne ha fatte e vedute le pratiche applica- zioni. Esso, non solo illumina gli spiriti, ma li soggioga altresi dolcemente al potente imperio della verita e del dovere. Tali sono i salutari insegnamenti che Sua Eminenza il Cardinale Gibbons porge al venerabile Clero degli Stati Uniti nel volume qui annun- ziato. La sua vita, come semplice Prete, Parroco, Missionario, Ye- scovo, Arcivescovo e Cardinale, e stata una vita di assiduo studio « di perenne azione, tutta consecrata ad un laborioso apostolato in servigio della Chiesa cattolica e della sua diletta Patria ed a salute delle anime a lui affidate. Per 1'autorita dunque dell'esperienza e per 1'altezza del suo officio pastorale, 1'Efiio Autore, meglio d'ogni altro, poteva farsi ad istruire gli Ecclesiastici di quelia grande Repubblica sulle difficolta che ivi s'incontrano nell'esercizio del sacro apostolato ; sui -mezzi che sono piu acconci per superarle e per far sentire a tutti 1'alto conforto della divina virtu della Chiesa; sulle doti infine di mente e di cuore che sono in loro richieste, per reudere stimabile e fruttifera la loro missione in quelia fiorente parte della vigna del Signore.

Comunicare pertanto a questi operai evangelici il frutto delle sue meditazioni e delle sue esperienze, e cosi renderli piu cauti, piu •coraggiosi, piu zelanti nell'esercizio del sacro ministero, ecco lo scopo nobilissimo a cui, come si deduce dalia sua Prefazione 1, mira questo bel volume dell'Eino Arcivescovo di Baltiinora. In questo lavoro poi, non meno che negli altri pregevolissimi da lui dati alia luce negli

' Pag. XI.

586 R I VISTA

anni scorsi ', ci si rivela sempre il colto ed apostolico scrittore ame- ricano, dotato di soda dottrina, di vorace aniore patrio e di una facondia semplice, persuasiva e plena della piu soave unzione. Di tutto cio daremo un saggio, breve si, ma sufficiente a far concepire una qualche idea del libro a coloro che non possono studiarlo nel testo inglese in cui d stato scritto.

A fondamento del suo dire, 1'Enio Autore pone una succinta trattazione dell' eccellenza del sacerdozio cristiano, mostrandocene dalle Sacre Scritture e dagli scritti de' Santi Padri la superiorita sul sacerdozio dell'antica legge, la divina istituzione, le prerogative, i poteri e massimamente lo scopo, che e di continuare sino alia con- summazione de' secoli la missione esercitata fra gli uomini dal Figliuol di Dio durante la sua vita mortale: Eyo veni ut vitam habeant et abu-ndantius habeant 2. Siffatta vita nel cristiano dipende essen- zialmente dalla sua unione con Cristo, di guisa che quanto piu in- tima e questa unione, tanto piu perfetta ed abbondante sara quella vita. Ora al sacerdote si appartieue anzitutto il produrre, il conser- vare, il perfezionare e, se perduta, il ristorare 1'unione dell'anima con Cristo. A quelle mani medesime, le quali col lavacro di rige- nerazione ci fanno partecipi della natura divina e membri del corpo mistico di Gesu Cristo, e concesso il diritto, non solo di richiamare fra gli uomini il Divin Redentore, di renderlo presente e intimo alle anime de' fedeli, nutrendole col suo reale corpo e sangue prezioso, ma altresi di assolvere coloro, i quali, bramosi di ritornare e riu- nirsi a questo centre de' loro affetti, ne sono allontanati dalla co- scienza della colpa. Quindi s'intende la ragione de' nobili titoli, col quali e onorato il Sacerdote. Egli 6 chiamato « il padre dei fedeli » T « il dispensatore de' misteri di Dio » , « il ministro di riconcilia- zione » , « il medico delle anime » , « 1'angelo e il messaggero di Dio » , « 1'ambasciatore di Cristo » e cos! di seguito.

Illustrati bellamente questi titoli 3, e dimostrato cosl quel che sia il sacerdote di Cristo, 1'Efho Autore, a buon diritto, rivolge la parola all'ecclesiastico suo lettore ed esclama : « Iddio ti ha onorato, o Fratel mio. Sii tu sempre tale, che possa ripetere con San Paolo in ispirito di grato omaggio: In quanto io sono Apostolo delle genii, faro- onore al mio ministero 4. »

' Tali sono « La Fede de' nostri Padri » (The Faith of our Fathers) e- «I1 nostro retiiggio cvistiano » (Our Christian heritage) pubblicati in nume- rose edi/.ioni dal tipoj^rafo J. Murphy di Baltiraora.

« S. Giov. X, 10.

' Cap. 1, pp. 7-15.

* Bom. XI, 13.

DELLA STAMPA 587

Seguono quindi i Capi II e III, intimamente connessi col pre- -cedente, ne' quali si discorre della divina vocazione allo stato sacer- •dotale e de? segni ond'essa si conosce e si comprova. Tutti e due questi capi sono grandeinente pratici e pieni di regole, ricordi e inseguamenti preziosi, non solo agli aspiranti al sacerdozio, ma altresi a coloro, i quali, come rettori di Seminarii e direttori di spirito, hanno il dovere di guidare e d'istruire i giovani nella loro vocazione e ne' ministeri che dovranno poscia esercitare. La vita del giovane seminarista, secondo il concetto deU'Emo Autore, de- v'essere tale, che dia a divedere come in lui la bonta deH'animo e il culto della virtu non sieno punto inferior! alia elevatezza delTin- gegno e alTamore del sapere. La sua educazione religiosa nel Senii- nario deve sviluppare e far crescere quei germi felici che la prinia educazione domesticagli hainnestati nel cuore. Ond'egli, accoppiando alle doti della mente quelle di uno spirito educate alle severe virtu, faccia presagire fin d'allora di se quel che sara piu tardi, un lunii- nare cioe ed un apostolo della Chiesa e della societa.

L'idea madre che informa, per cosi dire, i due capi sovra citati •£ che il Prete, in forza della sua vocazione, essendo chiamato a governare le anime e dovendo insieme offrire sugli altari, nella persona di Cristo, Taugusto sacrificio del corpo e del sangue del Divin Redentore, dev'essere un uomo dotto e sauto, stimolato dalla coscienza non solo allo studio, ma ancora a vita piuttosto angelica che umaua. E questa medesima idea informa i bei capitoli seguenti, i quali trattano de' doveri de' maestri verso i loro scolari (IT) e di questi verso di quelli (T-VI1) e delle virtii proprie del sacerdote

Niuno e che non senta oggidi, massimamente negli Stati Uniti, di quanta importanza religiosa e sociale sia 1'educazione del Clero. Per la qual cosa fin da'primordii del suo Pontificato il S. Padre Leone XIII, diresse sopra questo proposito catorose esortazioni a' Vescovi : « Date •operam, Yenerabiles Fratres, quantum potestis, ut alumna sacrorum iuventus non modo sit ab investigatione naturae iustructior, sed etiam iis artibus apprime erudita, quae cum sacrarum Litterarum . vel interpretatione vel auctoritate cognationem habeant *. » Le nie- desime esortazioni furono poscia ripetute in modo specialissimo ai Yescovi degli Stati Uiiiti nella memoranda Enciclica loro rivolta il 6 gennaio dell'anno 1895. Meritamente dunque 1'Emo Autore

1 LBONIS XIII, Pontificis Mnxlml Acta, Vol. Ilf, Komae 1884, pag. 25. Si veggano altresi le Encicliche Aeterni Patris del 4 agoato 1879 e Pro- fidentissimus Deus .del 18 novembre 1898.

T>88 RIVISTA

oonsacra a questo soggetto sette inter! capi (XVI-XXII, pp. 164-227)r discorrendo a lungo dello studio della Sacra Scrittura, de' Padri della Chiesa, della teologia dommatica e morale, de' sacri canonir della storia e cosi di seguito. E qui ci piace riferire 1'assennata osservazione, con la quale Sua Eminenza si apre la via alia tratta- zione degli studii che, cominciati alacremente ne' Seminarii, devono- eostantemente continuarsi da' sacerdoti anche quando sono occupati ne' ministeri.

Se il benessere del civile consorzio, dic'egli in sostanza ', di- manda che il medico sappia a fondo le cause e i rimedii delle ma- lattie; che il giudice sia perito nella giurisprudenza ; che il maestro- possegga bene la materia che deve insegnare; che 1'avvocato conosca- picnf.mente i piincipii e i fatti che si riferiscono al caso del suo clienter con miglior ragione gl'interessi della societa cristiana esigono che- il ministro di Cristo sia abbondantemente provveduto di quella .scienza richiesta all'esercizio degli ufficii, a' qnali egli & chiamator che sono di medico delle anime, di giudice e maestro nelle question! dottrinali emorali, di avvocato nelle cause riguardanti i diritti di Dio. E se nessun medico, maestro, giudice o avvocato di buona coscien'za si contenta delle. sole cognizioni acquistate durante gli anni di scuola, ma lavora indelessamente a fine di perfezionarsi sempre piii nella sua profe^sione, approfondendo e svolgendo le cognizioni acquisite e procacciandosene delle nuove, perche mai il chierico, compiuti gli studii del seminario o dell'universita e ordinato sacerdote, uon dovra fare il medesimo ? Per quanto grande sia stato il suo profitto> nel breve corso degli studii teologici, il chierico, come opportuna- mente osserva I'Emo Autore 2, non ha acquistato se non un fondo di scienza imperfetto e insufficiente. « Egli in realta ha imparato sol- tanto il modo di imparare. II fondamento dell'edificio 6 posto; ma 1'edificio stesso dovra essere 1'opera di tutta la vita. »

Allo scopo poi di facilitare questo lavoro a' novelli ministri del Signore, 1' Emo Autore da loro eccellenti e pratici consigli, ri- guardanti anzitutto la scelta che dovranno fare de' libri da studiare. c Armi del guerriero cristiano, scriv' egli, sono i suoi iibri. Tre volte armato e tre volte felice 6 il prete, che ha imparato a fare una giudiziosa raccolta di alcune poche e scelte opere destmate a tenergli giornaliera compagnia, e cui non abbandona facilmente per correr dietro ad altre ed altre, le quali spesso non hanno se non un pregio solo: 1'attraente novita. Un amico fedele 6 piii prezioso di

1 Pag. 169 e segg. ' Pag. 173.

DELLA STAMPA 580

una dozzina di conoscenze casuali. Libri con titoli ambiziosi e se- ducenti all'esterno sono pubblicati in cosi gran nuraero, che impac- ciano Finesperto students, il quale. simile ad un uomo affamato, trovandosi innanzi a gran varieta di cibi, e tentato a passare in fretta da una vivanda all'altra, non senza discapito della sua men- tale digestione J. »

Tra i libri scelti, i quali, come la Bibbia, gli scritti de' Santi Padri, la Somma di S. Tommaso ed altri simili, debbono essere al sacerdote i suoi « compagni giornalieri e gli amici fedeli » , 1'Emo Cardinale vuole che sia dato uno de' primi posti a' libri di teologia ascetica. Anche questi egli desidera che sieno pochi ma scelti, pochi ma che valgano per molti. Sua Eminenza, piu volte, insiste sulla necessita di questo studio 2, ben intendendo quanto si convenga agli ecclesiastici di unire allo studio speculative delle scienze sacre,

10 studio teoretico e pratico della pieta che e la scienza de' Santi. Da cotesta scuola escono quegli uomini di Dio ; illuminati apostoli e direttori di spirito, i quali, regolando santamente la propria vita, regolano altresi con zelo intelligente e discrete le anime affidate alia loro cura. E Fesperienza dimostra che assai spesso i missio- narii piu zelnnti e i direttori piu discreti sono appunto i piu santi. Di che 1'Eminentissimo ci da un tipo, non solo nel grande Apostolo delle Indie S. Francesco Saverio, ma altresi in quei grandi Dottori de' nostri tempi, S. Francesco di Sales e S. Alfonso de' Liguori, i quali coll'insigne dottrina accoppiarono sempre 1'insegnamento e 1'esempio dell'ascetica piu sublime e generosa.

Anche il soggetto della predicazione e trattato, dal Cardinale Gibbons, come si conveniva, con grande amore e squisita cura. Ne' capi XXIII e XXIY si discorre prima dell'ufficio del sacerdote consecrate a bella posta per essere al mondo il predicatore del- YEvangelo di Cristo, e si dimostra come questo Evangelo sia un vero, autorevole, indipendente e universale messaggio di pace agli uomini, conducente al loro benessere non solo spirituale ma altresi temporale. Si determinano poscia le verita che debbono formare la materia ordinaria della sacra predicazione, ne si trascura di dare una dolce tiratina d'orecchio a quegli ecclesiastici, i quali, quae- rentes quae sua sunt, non quae lesu Christi, eonvertono talvolta

11 pulpito in una bigoncia finanziaria, profana od anche politica,

1 Pag. 226.

* Vedi Pagg. 45 e 171. I libri ascetici che Sua Eminenza nominata- mente raccomanda sono: L'Imitazione di Crlsto, II Combattimenio spirititale, Le Vile de' Santi.

590 R I VIST A

trattaudo argomenti piu civili che religiosi, piu di comparsa che di frutto, acconci bensl alia palestra giornalistica, raa che certamente non si confanno col luogo sacro. N6 gia con questo 1'Erao Autore vuole escludere in modo assoluto che si discorra dal pergamo o dall'altare delle moderne questioni politiche, sociali od economiche. CiO pu6 farsi, soltanto « in via eccezionale e come per incidenza l > . Inoltre, aggiunge egli ~, « questi e simili argoraenti dovrebbero toc- carsi con grande prudeuza e discrezione, con animo scevro da pre- giudizii e da partigianeria e col solo scopo di promuovere gl'inte- ressi della carita cristiana, deH'ordine sociale e della tranquillita pubblica » . Tutto cid deve intendersi, come senza fallo 1' intende 1' Emo Autore, conformerneute alle savie norme prescritte, d'ordine di S. S. Leone XIII, dalla S. Congregazione de' Vescovi e Regolari nella Letter a circolare sulla sacra Predicazione del 31 luglio 1894 3. A queste norme rispondono pure gli ammonimenti che lo stesso Emo Cardiuale da, nel capo XXIV, agli ecclesiastici sulla neces- sita e sul modo di preparare le loro prediche, perche queste riescano veramente sode, ordinate e fruttuose. Coloro i quali, fidenti in certa loro uaturale loquacita, temeriamente salgono il pulpito con poca o nessuna preparazione, per ordinario, non fanno altro che batter 1'aria, e alia divina parola, senza avvedersene, accattare dispregio e derisione.

Un altro ufficio proprio del Sacerdote, e connesso col precedente, e quello di catechizzare i fanciulli e gli ignoranti e preparare i neofiti adulti, i quali mossi dalla grazia ritornano, come avviene frequentemente negli Stati Uniti, dal Protestantesimo al seno della Cattolica Chiesa. Di questo ufficio Sua Eminenza parla ne' capi XXVI e XXVIII, con mirabile forza e sicurezza. E chi, come lo scrit- tore di questa rassegna, ha avuto per molti anni la fortuna di essere ammiratore e testimone dell'apostolato dell' Emo Porporato, noil durera fatica a riconoscere negli accennati due capi, ancor rneglio che non negli altri, il ritratto fedele della sua laboriosissima vita, spesa in gran parte nelF istruire i fanciulli, nell' illuminare le menti degli ignoranti e de' dubbiosi sulle verita fondamentali della nostra religione, nell'estirpare i pregiudizii e nel richiamare, con dolcezza e carita grandissima, i dissident! all'ovile di Cristo.

1 Pag- 265. 1 Pag. 266.

3 11 testo di queata Leltera circolare fu da noi pubblicato nel Qua- derno 1061 a pag. 612 e segg.

PELLA STAMP A.

Sua Eminenza saviamente osserva l che « le tre grand! scuole, nelle quali si alleva cristianamente la gioventu, sono la famiglia, la scuola domenicale e la scuola parrocchiale. Queste costituiscono il fertile semenzaio della vigna del Signore ; epperft debbono essere 1' oggetto di speciali cure dalla parte degli operai evangelici. » Al solo annunzio di questo vitale argomento, svolto magistralmente nei capi XXVI e XXVII, ben si comprende qual tesoro di svariati concetti e profittevoli ammonimenti vi si racchiudano. Cosi, trat- tando della necessita e utilita delle scuole parrocchiali, di cui si e tanto parlato e scritto negli Stati Uniti durante gli ultimi tre

0 quattro anni, 1'Emo Autore fa sue le parole delFArcivescovo Bay- ley, suo antecessore nella Sede di Baltimora, che cioe « nessuna parrocchia pud dirsi pienamente organizzata, la quale non abbia la sua scuola parrocchiale 2. » Egli- ricorda inoltre a' suoi lettori Y in- concusso principle tante volte proclamato da S. S. Leone XIII, « non potersi, cioe, a nessun patto rinnovare sopra il fanciullo il giudizio di Salomone e dimezzarlo con un taglio irragionevole e crudele tra la sua intelligenza e la sua volonta : essere perciO ne- cessario, che mentre si prende a coltivare la prima, si avvii anche la seconda al conseguimento degli abiti virtuosi e dell' ultimo fine 3. »

Pe' figli del popolo, che n 3n possono frequentare le Accademie o

1 Collegi cattoh'ci, si ottiene questo nelle scuole parrocchiali, dove 1'educazione religiosa occupa il posto che le si deve ed e intrec- ciata collo stesso ammaestramento letterario. « Se noi, conchiude 1'Emo Autore 4, desideriamo che i nostri figliuoli sieno fatti eredi deH'inestimabile retaggio della verita divina, dobbiamo ad ogni costo servirci della scuola cattolica parrocchiale, dove 1'istruzione secolare non e disgiunta dalla sacra e dove si respira continuamente una salu- tare atmosfera reh'giosa e morale. » A maggior conferma, egli ricorda a' suoi lettori americani la trista esperienza di quegli Stati, i quali hanno promossa 1'istruzione non informata dallo spirito del cristia- nesimo. Tale esperienza dimostra chiaramente, che 1'istruzione civile, senza fede in Dio e senza religione. non ha fatto e non fara mai se non de' nemici della societa ed una generazione di malfattori che hanno inflitto ed infliggeranno alia loro patria vergogna e danni 5. La scuola parrocchiale negli Stati Uniti e destinata ad allevare non

1 Pag. 314.

- Pag. 322.

3 Leltera di S. S. al Curdhiale Vicarlo, 26 giugno 1878.

* Pag. 324. 5 Pag. 328.

592 RIVISTA

solt&nto buoni figli e devoti membri della Chiesa, ma eziaiidio a formare onesti sudditi e fedeli cittadini della Repubblica; e percid 1'Emo Autore sapieutemente vuole che si coltivi in essa, con 1'araore di Dio e del prossimo, 1'amore altresl della patria '. L'affetto che ne debbono concepire i fanciulli, come quello che li vincola a' loro genitori, dovra essere non solamente naturale e per cosi dire istin- tivo, ma deliberate ed elevato all'altezza di una vera virtu.

L'opera si chiude con alcune pratiche ed assennate avvertenze sulla indubitata utilita di far partecipare il popolo nel canto delle lodi di Dio durante la celebrazione de' divini misteri e sall'obbligo e modo di visitare gl'infermi, assistere i moribondi e celebrare gli ufficii funerali. II sacerdote, ambasciatore di Cristo, consacrando se stesso interamente al servizio della Chiesa e lavorando inde- t'essamente in pro delle anime, per la cui salute e pronto a tutto soffrire, anche a sacrificare la propria vita, non incontrera certamente nell'esercizio del suo ministero ne poche, ne lievi tribolazioni. Cio nulladimeno, confortato dalla coscienza del proprio dovere, egli potra ripetere con 1'Apostolo delle genti : « Son ripieno di consolazione, sono inondato dall'allegrezza in mezzo a tutte le tribolazioni 8. » Di queste consolazioni tutte proprie del zelante Sacerdote, e dell'alle- grezza che dovra Tiempire i] suo cuore in questa e nella futura vita, discorre a lungo e con la consueta eloquenza 1'Emo Autore nel XXXI0 ed ultimo capo del suo trattato.

Quest'opera meriterebbe certamente di esser tradotta uella nostra favella, apportandovi quelle leggiere modificazioni, che 1'indole del nostro paese e le condizioni del nostro clero italiano sembrano ri- chiedere. Raccomandandola agli ecclesiastici d'ogni eta e d'ogni grado, siamo certi di fare opera di vero bene alle loro anime, e di coope- rare con 1'Emo Cardinale alia prosperita della Chiesa e alia salvezza dell'umano consorzio.

II.

FINO Gr. Memorie di Filoxofta Eyi \iana. Fircnxe, Stabil. tip. fior., 18"96. Vendibile a Torino presso Loescher e Tappi. L. 1,00.

Quello che ha inteso ottenere con questa Memoria il ch. au- tore. si raccoglie dalle sue stesse parole : « Abbiamo cercato di gettare uno sguardo sintetico sul pensiero egizio e di esporne quanto

1 Pagg. 331-332.

2 II Cor. VII, 4.

DELLA STAMPA 593

piu chiaramente abbiamo potuto il risultato. Yi saranno graudi la- cune da colmare, forse idee che ulteriori scoperte ci obbligheranno a riformare (p. 27). » Per pensiero egizio si vuol significare cio che gli Egizii pensavano intorno alia divinita, alia creazione del mondo, al coraposto umano, aH'anima separata dal corpo, alia morale. Quindi lo sguardo sintetico dell'autore su tutte queste materie costituisce quel ch'esso chiama Metnorie di Filosofia egixiana. II norae poi di Memorie e stato da lui scelto giudiziosamente, perch6 risponde con verita al fatto e all' istituto ch'egli si propose. E in effetto, quanto fa scritto fin qui sia dagli antichi Greci, storici e filosofi, sia da' piu cospicui egittologi dell'eta nostra, sopra i soggetti dianzi indicati, e stato raccolto e compendiosamente ricordato ed esposto dall'autore in sole ventotto pagine, ma con fedelta e con piena co- noscenza delle varie e diverse opinioni degli egittologi. Ondeche noi stimiamo che queste Memorie riusciranno molto profittevoli all'uni- versale degli uomini colti e studiosi del sapere antico, i quali si formeranno cosi senza grande fatica, un' idea sufficiente delle qui- stioni filosofiche ed etiche risguardanti 1'Egitto de' Faraoni, le quali furono sernpre agitate e tuttora si agitano dagli egittologi con assai merito e lode di dottrina, non perd con pari felicita. II che si vuole attribuire alia qualita stessa della materia, alia lontananza de' tempi, alia difficolta delle fonti dove spesso si trovano mescolate insieine credenze d'altri popoli non egizii, ma vissuti in Egitto da tempi immemorabili, e donde que' concetti strani e discordanti fra loro, sebbene pure ammessi dagli Egizii, tenaci conservatori di quanto loro trasmetteva 1'antichita.

Dopo le quali cose la speranza dell'autore, che il suo lavoro « sia quella poca favilla che gran fiamma seconda, e che, lasciato da banda il metodo oramai troppo comune di fabbricare le storie a priori, altri piu valenti di lui scendano in questo campo, e ci diano del pensiero egizio una storia che sia storia e non ro- manzo (p. 28) », ci sembra una speranza quanto lodevole, altret- tanto incerta per non dir vana. Imperocche in questo suo campo egli stesso nelle Memorie ci schiera davanti insieme co' fondatori della scienza egittologica (Champollion, de Kouge', Birch, Brugsch, Chabas), quelli che la promossero ed ampliarono con le loro dotte fatiche, (Maspero, Lepsius, Pierret, Erman, Wiedemann, Le Page Ee- nouf, Schiaparelli ed altri). Tutti costoro non sono certamente da riputare autori di ronianzi, ne fabbricatori di storie a priori e igno- ranti perci6 del solo metodo che 1'autore richiede, ma sebben di- scordi fra loro intorno alia soluzione de' problemi filosofici egizii,

Serit XVI, vol. IX, fase. 1121. 38 26 febbraio 1897.

594 RIVISTA

ci diedero nondimeno le loro opinion! fondate nello studio de'testi original!. Ora sono appunto i testi egizii quelli che creano tanta disparita di sentenze, come gia ne scriveva il Wiedemann 1 e ne trattammo noi stessi nella recensione del suo libro 2. J'avoue, di- ceva il Maspero, que I'examen des rnemes fails et des mcmes textes m'a conduit a des conclusions bien differentes de celles que M, Brugsch a adopttes 3. Anzi aggiunge, che un dotto con tutta la buona fede, pud far dire a un testo sacro il contrario di cid che esso significa 4. La quistione dunque di ben intendere ci6 che pen- sarono gli Egizii de' singoli soggetti filosofici ed etici, di cui si parla, non e di lasciar il metodo di fabbricare storie, a priori, ma piut- tosto di convincersi che i soli testi originali non sono sufficient!, e che quanto sono piu antichi, tanto piu f'acilmente c' inducono in errore. Imperocche nel corso de' tempi i vocaboli e il giro della frase poterono mutar significato, come si par chiaro dalla cont'es- sione degli stessi Egizii, a' quali riuscivano duri e sommamente difficili i testi antichi e avevano percid bisogno di commentarii. Laonde noi ricordavamo a questo proposito la verita del « Littera occidit 5 » .

Dichiareremo con un esempio 1' impossibility di trarre con- seguenze certe da' soli testi originali, e lo prenderemo dalla diver- sita di sentenze, alle quali giunsero intorno alia religione egizia i piu chiari egittologi. L' autore espose lucidamente nelle Memorie questa importante questione. La materia de' giudizii e le fonti d' in- formazione, cio& i testi, erano comuni a tutti gli egittologi, come, senza dubbio, era in tutti pari la scienza e 1'autorita. Perche dun- que gli uni nella religione egizia riconobbero il monoteismo, gli altri il politeismo; questi la spiegarono ricon'endo alia famosa malattia del linguaggio, al Nomina Nurnina, e quelli non vi scor- sero se non il feticismo, ranimismo, il culto degli animali, e final - mente una religione di mezzi barbari, ima mistura di miti comuni alle tribu piu selvagge del vecchio e del nuovo mondo ? La diver- sita delle opinioni 6 manifesta, mentre i testi donde si traggono cosi contrarie conseguenze, sono per tutti gli stessi. Come dunque conciliare fra loro sistemi religiosi opposti, se non ammettendo che nella religione egizia vi sia qualche fondamento per tutti ? Ed in-

1 Die Religion der alten Aegypter, 1S90.

8 CiriltA Cattolica, Sen XIV. Vol. VIII, 1890.

3 Ker, de I'Hist. des rtligion*, 1880.

* Ibid.

L. «.

BELLA STAMPA 595

vero, monoteismo, politeismo, feticismo e culto degli animali coesi- stono insieme fin dalla piu alta antichita che ci sia nota. Convien pertanto conchiudere che nessuno de' sistemi proposti si possa accet- tare come 1'unico vero e debitamente provato.

Quello che si e detto della discrepanza innegabile d' opinioni fra gli egittologi in rispetto della teologia egizia, e altresi vero per ci6 che s'attiene alia cosmologia, alia psicologia e alia morale. Nella nostra recensione del libro del Marucchi sul Grande Papiro egizio della Biblioteca Vaticana, scrivemmo gia distesamente dell' anima umana quale 1' imaginavano gli Egizii, e ne recammo i testi gero- glifici, come di pari trattammo della vita di essa dopo la morte, esaniinando il capitolo del Libro de' morti, che s' intitola : Per em liru i. La diversita d'intendere siffatte quistioni non puo esser maggiore ne piu cospicua, come e similmente certo che tutti gli egittologi s' appellano a' testi originali per sostenere ciascimo la sua opinione. Per la qual cosa, se per noi non d possibile nutrire la stessa speranza dell'autore, la colpa non pu6 dirsi nostra, ne degli egittologi o del loro metodo, ma della conoscenza imperfet- tissima che abbiamo finora delle origini egizie, le quali da' soli testi non sono ne possono essere rischiarate. La speranza, a parer nostro, deve cercarsi nel metodo comparative storico fra le antichita egizie e quelle della Caldea e dell'altre genti ch'eran di mezzo fra questa e 1'Egitto, senza peraltro trascurare i popoli delle terre orieu- tali e centrali dell'Africa. Quanto piu questo genere di ricerche e di studii lunghi e difficili progredira, tanto men densi e piu tra- sparenti ci appariranno i veli che adombrano i problemi, de' quali scrisse I'autore e che spera doversi felicemente sciogliere da altri piu valenti di lui.

Dalla sottoscrizione d' una gentilissima lettera che 1' autore ci scrisse, veniamo a sapere con molto compiacimento, ch'egli appartiene al Clero ed e Canonico, e avremmo per cid desiderato che questa sua qualita non fosse restata occulta nel titolo delle Memorie, dove non si legge altro che G. Fino. Lavori come il suo fanno certamente onore al Clero, ed e bene che i secolari non 1' ignorino.

1 Cf. Civilta Cattolica, Ser. XIII, Vol. X, 1888, pp. 674-696.

BIBLIOGRAFIA '

AMBROSI LUIGI, prof. dott. in filosofia e in lettere. -- Sopra i c Pensieri diversi » di Alessandro Tassoni. Contribute alia storia della letteratura italiana. Roma, Loescher, 1896, 16° gr. di pagine 76. L. 1. 00. Quantunque il Tassoni « non si

curasse di farsi famoso per buffone-

rie », come dice egli stesso in uno

de' suoi sette testamenti, e certo che

la sua fama la deve proprio alle

buffonerie della sua Secckia Rapita,

e che le sue prose, e specialmente i

suoi Pensieri diversi, che gli pre-

mevano tanto, sono rimasti nel di-

menticatoio. Dal quale per6 ben fece

a cavarli il prof. Ambrosi con que-

sto suo studio, in cui primieramente

di un' idea generate del libro, mo-

etrandone lo scopo (se pure il Tas- soni ebbe di mira un vero scopo, e

il suo libro non fu piuttosto, come

pensa 1'Emiliani Giudici, « una spe- cie di zibaldonaccio, dove egli no-

tava, come in un taucuino, secondo

tegorie dei Pensieri, additandone la indole o scientifica, o letteraria, o morale, o politica, e mettendone in luce i pregi e i difetti. Ne esce evi- dente la tempra dell'ingegno tasso- niano, acre ed acuto, ma indisci- plinato e bizzarre; simile, a parer nostro, ad un brioso polledro, ma indomito, che potrebbe prestare uti- lissimi servigi, ma alia prova suoi tornare piu di pericolo che d'aiuto. Gli amanti della letteratura italiana non mancheranno di far buon viso a questo studio, che dei Pensieri di- versi da una contezza si chiara, si piena, e per lo piu si giusta, da scu- sar loro il libro stesso, d'altronde difficile ad acquistarsi, il qnale, al trar de' conti, non e altro che il ri- flesso d'uno strano ingegno e d'un secolo non meno strano.

che gli girava il cervello, tutte le sue fantasie sopra ogni materia di scibile ») ; poi percorre le diverse ca-

BARTOLINI A., mons. S. Domenico nella Divina Commedia. Roma, tip. editrice romana, 1896. Due orazioni in lode di Dante di Francesco Filelfo. Roma, tip. editrice romana, 1896. II primo lavoro e una bella illu- splendido elogio di S. Domenico, cui

strazione che il ch. dantista fadello 1'Alighieri mette in bocca a S. Bo-

1 \ola. i Hbri e gli opuscoli, annunziati nella Bibliografla. (o nelle Riviate della stampa.) della « Civilta Cattolica », non pud I'Amministrazione assumere in nessuna maniera 1'incarico di provvederli, salvo cbe i detti libri non sieno indicati come vendibili presso la stessa Amministrazione. Cio vale anche per gli annunzi fatti sulla Copertina del periodico.

L'AMMINISTRAZIONK.

BIBLIOGRAFIA

597

naventura nel canto XII del Paradiso. Degno di nota e particolarmente cio uh'egli scrive intorno al paladin ismo cristiano di S. Domenico contro g\i eretici, del quale alcuni recenti chio- eatori, da Brunone Bianchi allo Scar- tazzini, gli muovono acerbo rimpro- vero. Egli invece egregiamente di- mostra che, se Domenico fu « Beni- gno a1 suoi ed a' nemici crudo » e se « negli sterpi eretici percosse », di cio non si vuol biasimare, ma alta- mente lodare con Dante.

II secondo opuscolo illustra due orazioni del celebre umanista Filelfo, pubblicate la prima volta nel 1867 da Michele Dello Russo. Come opera d'arte valgono ben poco, ma sono di qualche pregio per la storia della letteratura, perche vi spicca il ca- rattere dell'umanesimo, adornatore del concetto con larghe frasi, e ri- speccbiante la fllosotia pagana e la varia erudizione storica o mitologica, in mezzo alia quale la lode di Dante rimane come affogata.

BEANDI SALVATORE, S. L La condanna delle ordinazioni An- glicane. Studio storico teologico. Seconda edizione con ritocchi e giunte. Roma, « Civilta Cattolica > (Via Ripetta, 246), 1897, di pp. 80. Lire 2. E un ampio commento della bolla

Apostolicae curae di S. S. Leone XIII

intorno la grave questione delle or- dinazioni anglicane. Non solo le ra-

gioni teologiche vi sono esposte con

quella vigoria e profondita di acu-

me, che sono doti proprie del cb.

Autore in tutti i suoi scritti, ma le

questioni storiche sono qui illustrate

e definite sopra documenti autentici,

tratti per la prima volta alia luce

dagli archivii romani, e specialmente

da quello del S. Officio. La miglior

lode per6 del presente lavoro e 1'au-

gusta soddisfazione del S. P. Leo -

ne XIII, il quale si degn6 di espri-

merla all'Autore, con la Lettera che

qui riportiamb:

« Dilecto filio Salvatori Brandi e

Societate lesu, Romam.

« LEO PP. XIII. Dilecte fili, sa- lutem et apostolicam benedictionem. Lucubrationibus ceteris, quibus ad hanc diem in adserenda veritate

Ecclesiaeque maiestate vindicanda ingenium studiumque tuum proba- sti, aliam opportune admodum addi- disti nuper qua sententiam Nostram de anglicanis ordinationibus, argu- mentis ex historia sacraque theolo- gia petitis, illustrare ac tueri ela- boras. Pergratae plane Nobis acci- derunt industriao tuae ; quas eo maiori futurasutilitati novimus quod libros a te conscriptos, in aliarum etiam gentium sermonem versos, eflendos esse nunciasti. Consiliis la- boribusque tuis benigne ut Deus ob- secundet optamus. Ut vero paternae Nostrae dilectionis pignore solatio- que ne careas, apostolicam tibi be- nedictionem amantissime in Domino impertimus.

« Datum Romae apud S. Petrum die XXII ianuarii MDCCCXCVII, Pontificatus Nostri anno decimo nono.

« LEO PP. XIII. »

BRDECK ENRICO, dott. prof. Manuals di Storia Ecclesiastica per uso di lezioni scolastiche e di studio privato. Prima traduzione italiana del sac. Carlo Castelletti. Seconda edizione fatta sulla sesta edizione originale ampliata e 'migliorata dall'Autore. Ber-

508

BIBLIOGRAPIA

tip. S. Alessandro, 1897, 8 Seminarii sconto conveniente. Chi vuol conoscere il merito di quest'opera, legga ci6 che ne abbiamo scritto a p. 698, v. 4, s. X, facendo arapia rivista dell'originale tedesco, e poi a p 590, v. 10, s. XIII, annun- ziando la traduzione italiana. Qui ci contenteremo di aggiungere che au tore e traduttore hanno d'allora in poi messo ogni cura per migliorare il proprio lavoro, e renderlo sempre piu degno della buona accoglienza che ha trovato anche in Italia, dove e stato prescelto in tutti i Seminarii della Lombardia e in molti altri: ma tornera utilissimo anche ai laici, che volessero con poca fatica e poca spesa farsi un'idea chiara e giusta della storia della Chiesa. II miglio- ramento, recato dall'autore nella sua ultima edizione, e da lui espresso in

di pp. 884. L. 7,50: ai

libro ad una minuta revisione, intro- ducendovi mano mano le necessarie correzioni, facendo tesoro, secondo la loro importanza, delle nuove sco- perte degli ultimi tempi, citando pure e classiflcando gli scritti ultima- mente comparsi ». Quello poi della traduzione e cosl dichiarato:«Io pure mi sono studiato di correggere dili- gentemente la dicitura, sicche riu- scisse chiara al possibile e propria Ho pure aggiunto numerose citazioni di opere uscite in Italia in questi tempi, e articoli di periodici religiosi e massime della Civilta Cattolica Nella parte tipografica poi si ebbe cura d'introdurre opportune modifi- cazioni, che rendessero questa nuova edizione non meno nitida ed accurata edinsieme meuocostosa della prima.>

queste parole: « Sottoposi 1' intero

BUCCERONI JANUARII e S. J. Commentarii de SS. Corde Jesu,

de B. Y. Maria et de S. Josepho, Sponso B. Mariae V. Editio quarta.

Romae, ex typ. poligl. S. C. de Prop. Fide, MDCCCXCVI, di

pagg. 262. L. 3,20. Yendibile al Deposito di libri, via del Se-

minario, 120, Roma.

quanto basta all'istruzione dello stu- dioso o divoto lettore. Quindi noi pensiamo che i sacri oratori, i quali abbiano da parlare dei tre sublimi soggetti, illustrati in questi Com- mentarii, vi troveranno un tesoro di solida dottrina e sicura, ed una mi- niera ricchissima, non solamente di concetti teorici, ma di belle appli- cazioni pratiche. In singolar modo il

Per quanto sia vero die oggimai, intorno ai tre oggetti di questi Coca - mentarii, non sia da cercare piii nulla di dottrinalmente nuovo, pure i di- vorsi rispetti, sotto i quali si possono considerare e studiare, non n-anc;mo di somministrare una certa novita, massimamente a chi abbia da ragio- narne in pubblico a diverse quali ta di uditori. II ch. P. Bucceroni ha il merito di avere in poche pagine ri- stretto il fior fiore della dottrina teo- logica circa i tre argomenti, e di avervi unita 1'indicazione delle fonti, dalle quali chi lo desideri pu6 trarre piu copiosa materia. Tutte le prin- cipal! question! e le varie opinion!, o sono discusse, o sono accennate,

secondo Commentario, piu ampio de- gli altri, che ha per argomento la B. V. Madre di Dio, pu6 dirsi un compiuto trattato di teologia ma- riana; cosl che ben poco lascia da desiderare ai piu insaziabili di cono- scere quelVabtsto di miracoli, come il Papa Pio IX ebbe a qualiflcarla,

BIBLIOGRAFIA

599

che e la piu alta e dolce delle crea- Questo lavoro e stato ancbe ono-

ture, che, dopo Dio, si possa ima- rate da un breve di Sua Santita. ginare.

CARMAGNOLA ALBINO, sac. prof. La gioventu istruita ne' suoi doveri religiosi e morali con pie letture per ciascun giorno del- 1'anno. Parte la (da gennaio a giugno). Torino, tip. Salesiana, 1896, 16° di pp. 568. L. 2,25.

e tutta dessa. Ognuna di queste let- ture dura un cinque minuti, ma quei cinque minuti al giorno darebbero a

chi cosi 1'impiegasse un cibo molto sostanzioso per alimentar la vita cri- stiana, e sarebbero i piii felici della giornata.

Eccellente libro di lettura. Pur troppo, i romanzi allagano il mondo e la gioventu corre avida a bere;ma da que'libri il cuore e la mente spesso ne escono turbati e scossi.Una lettura serena, tranquilla, che innalzi 1'anima oltre la sfera de' sensi e necessaris- sima. E questa che qui presentiamo CASTELLETTI. Vedi BRUECK. CECCONI GIULIO, mons. -- Cenno storico dell' azione del partito

cristiano-sociale in Austria. Monza, tip. ed. Artigianelli, Orfani,

1896, in 8.°

In una recente nostra conversa- zione ci venne udita dalla bocca di eminente personaggio cosa, la quale ci fece pensare. Dubito, diceva qnel personaggio, parlando in particolare della Lombardia, cheabbia fattomag- gior danno alia Chiesa Giuseppe II di quel che ne rechi ora la rivolu- zione. Orbene, le notizie raccolte in questo opuscoletto, che riguarda 1'Au- stria, potrebbero forse far cadere decisamente la bilancia dalla parte di Giuseppe II. Vi si vede infatti come dalle strane innovazioni del- 1'Imperatore sacrestano principiasse in Austria-lngheria la prevalenza funesta del liberalismo giudaico ; di- venuto poi a poco a poco il padrone dispotico delle idee, della ricchezza, del governo e persino della coscienza pubblica cosi al di qua come al di

la del Leita.

II ch. A. tesse 1'elenco dei gior- nali austriaci che stanno nelle mani degli ebrei, conchiudendone che in questa stampa, intesa ad avvelenare la vita domestica, religiosa e sociale, e riposta la causa principale della

potenza giudaica nella Monarchia degli Absburgo. Al che si aggiunge la preponderanza risultante dai pos- sedimenti ebraici, che in Polonia, in Ungheria e altrove rappresentano il 70 e piu per 100 dei dominii stabili. Non fa quindi meraviglia che siasi destato potentissimo cola il movi- mento antisemita, per il quale i cat- tolici propugnatori d' una riforma economica, basata sui principii cri- stiani, potevano ingrossare le loro file sino a costituire un formidabile partito, che sotto il norne di cri- stiano-sociale riporto le splendide vittorie contro il giudaismo ed il li- beralismo massonico che resero im- mortale il nome del Dottor Lueger. L'opuscolo analizza, dietro la scorta dei fatti, 1' azione politica, 1' azione economica e 1' azione religiosa del partito cristiano-sociale, e ne trae a ragione eccellenti auspicii per 1'av- venire dell' Austria. Vi e senza dub- bio in questo libro, piccolo di inole ma grave di sostanza, non poco da imparare.

600

B1BLIOGRAFIA

OERVELLI LUIGI. - - Saggio di

tip. Risorgimento, 1896, 16° di

Sono dieci odi,e portano in fronte Prtma diecina, come pegno delle seguenti. Sembra per6 che il degno professore intenda darci una para- frasi, anziche una traduzione ; e per- ci6, se vi si trova il pensiero d'Ora- zio, non vi si vede il suo stile, che e quanto dire la sua anima. Ecco, per esempio, quattro de' suoi versi, diluiti in dieci versi italiani :

Lnctantftn Icariis fiuctibun Africittn Mercator meluens, otium et oppidi Laitdat rura sui : mox reficit rates Quaxsas, hn/ocilis paiiperiem pati.

Ode I.

Allor che il mare ingrossa e minacciosi Pugnano i venti co' sonanti flutti,

DE BROGLIE ALBERTO, duca, membro dell'Accademia di Francia, presidente del Ministero francese ecc. -- Sant'Ambrogio ed il suo tempo. Milano, G. Palma, 1897, di pp. 426. L. 2,50, franco di porto.

traduzione da Orazio. Cerignola, pagg. 50.

II mercatante pavido ripensa At verdi campl del natio paese, E dal fondo del cor geme, e sospira L'amica pace del paterno ostello. Ma appena 1'onda ritorno tranquilla, Ecco lo vedi tutto in ten to e presto, I)' indugio impaziente e dl mlseria, A raccouclar la conquassata barca.

Eppure quei quattro versi latini ai potevano rendere in altrettanti ita- liani, senza perdere nessuna delle idee e delle parole oraziane.

Fin che dell'austro cogl' Icarli flutti Teme 11 lottar, loda la pace e 1 campi Del suo borgo il mercante; e pol la scossa Barca racconcia, poverta sdegnando.

Mentre a Milano, con istudii e divisamenti varii, si preparano gli animi a celebrare nell'anno corrente il XV centenario dalla morte di S. Ambrogio, fu pensiero eccellente quello deirillmo Sig. Canonico Va- cani di far novellamente pubblicare questo libro, il quale altro non 6 che una traduzione della parte dell'Opera francese del Duca De Broglie, sulla Chiesa e Vlmpero romano del secolo quarto, risguardante la politica di S. Ambrogio. II grande Dottore e Vescovo milanese esercitd per verita un potere morale grandissimo nel Governo del suo tempo, dando con- sigli agli Imperatori ed eseguendone importanti legazioni. Quindi, piii di molti altri Padri della Chiesa, egli Iasci6 nelle sue opere impresse orme grandiose di una vera e propria politica ecclesiastica conforme al Van- gelo, ossia al principio indispensa- bile del Regno di Gesu Cristo nella

societa stessa politica. II De Bro- glie segue Ambrogio nelle sue re- lazioni con Graziano, poi con Valen- tiniano e la costui madre Giustina, favorevole agli Ariani e persecutrice del cattolicismo, poi con Teodosio ; e ci mette sempre innanzi il Vescovo compreso dei diritti di Dio, che pur non dimentica 1'onore e la prospe- rita dell'Impero, ma la ripone prin- cipalmente nell'unione sincera della potesta civile coll'ecclesiastica, giu- sta quella sua grande massima che: Imperator intra Ecclesiam non supra Ecclesiam est.

Qua e cola nelle osservazioni del Broglie si lascia intravedere qualcuno dei pregiudizii della scuola iiberale- cattolicaa cui egli appartenne, sempre pavida di dar troppo alia Chiesa, sempre in sull'avviso che questa non prenda la mano allo Stato. Di certo per questa scuola Ambrogio sarebbe stato un Vescovo troppo intransi-

BIBLIOGRAFIA

60i

gente ; ma la lettura istessa del libro del De Broglie, utilissima ai tempi presenti, dimostra quale e il vero concetto del limit! tra le due auto-

rita, che noi dobbiamo formarci, per affrancarci dai pregiudizii di qual- siasi scuola ed essere nella verita.

DE SANTI ANGELO S. I. Kicordo materno. Raceonto. 2a edizione. Prato, Giachetti, figlio e C. Un volume in di pp. 576 con vignette e copertina illustrata. Lire 2. (Rivolgersi all'Amministrazione della « Civilta Cattolica » , Roma, Yia Ripetta 246).

Or fa un anno terminava ne' qua- derni del nostro periodieo ed usciva in seconda nitidissima edizione il vo- lume del Ricordo materno, cbe qui di nuovo raccomandiamo. I giudizii, che ne furono dati dagli scrittori o che ci pervennero per via privata da insigni letterati e da illustri ed emi- nenti personaggi, tornano a grande onore di questo lavoro. V'e infatti Ik dentro qualche cosa di non comune, sia per la lingua dolce, scorrevole, limpida come 1'acqua di un fresco ruscelletto: sia per 1'arte flnissima con che sono intrecciate da un capo all'altro le scene, sempre varie, sem- pre attraenti e con una sospensione cosi condotta, che solo all' ultima pagina abbandona il lettore : sia per la sostanza stessa del racconto, che ritrae al vivo la vita intima di fa- miglia, le dolci virtu del cuore, la efficacia dell'educazione. Non vi sono prediche in questo libro ; ma i fatti che vi si svolgono sono piu eloquenti d'ogni predica. I personaggi di ca- rattere proprio e spiccato, i casi che loro avvengono, le peripezie sempre nuove in che si trovano avvolti, sono

di una tal verita e naturalezza, che il lettore vive con loro e di loro si appassiona, ne piu ne meno, che se fosse egli stesso parte delle loro peri- pezie. Ci sono le ombre del vizio, ma predominano le bellezze della virtu ; alle scene gaie succedono le commo- venti e le tristi, e non si possono percorrere quest' ultime ad occhio asciutto. Ho pianto, ho pianto su quelle pagine, ed oh! quanto bene mi hanno fatto al cuore! Cosi ci sen- tiamo ripetere ogni giorno da nu- merosi amici, che hanno letto il Ri- cordo materno. Zi' Momo, la Ghita, i due bambini, la dolce vecchierella Mamma Lena, la semplice Zia Gian- nina, la pia signora, 1'innocente Va- leriuccia sono tipi cosi spiccati, che non si dimenticano piu. In una pa- rola il Ricordo materno del ch. p. De Santi sara sempre dolce pascolo delle anime gentili e delicate, che amano la letteratura e 1'arte e ne sentono il bello, il vero ed il buono.

Ai Collegi ed Educandati che commettono piu copie dell' opera, per distribuirla qual premio, si concedono speciali agevolezze nel prezzo.

LANZONI FRANCESCO, can. della catt. e rett. del sem. di Faenza. La fondazione del Seminario di Faenza e S. Carlo Borromeo. Memorie. Faenza, tip. Marabini, 1896, di pp. 48.

11 decreto di erezione di quel Se- minario fu scritto fin dal 1568 dal vescovo MODS. Sighicelli; ma per le imeorte difficolta a cagione del patri- monio. 1'apertura del medesimo si

dovette differire fino al 1576 sotto

11 vescovo Annibale Grassi. I semi- naristi, mantenuti di tutto punto, fu- rono fino allo sc«rcio del secolo scorso

12 soltanto o poco piu, e nell'atto del-

602 BIBLIOGRAFIA

1'accettazione dovevano dar guaren- II oh. A. dimostra non fond at a

tigia di rifondere al Seminario le la tradizione die S. Carlo avesse

spese di educazione, qualora per pro- parte diretta nella fondazione del Se-

pria lorn colpa non fossero entrati minario faentino; ma quindi prende

negli ordini. Assai piu numerosi fu- occasione di eaporre le relazioni del

rono invece i convittori paganti. Cu- Santo col celebre scienziato Giulio

riose sono le notizie de' salarii. Uno Castellan!, cbe 1'ospitu piu di una

scudo al mese al rettore ; presso a volta in sua casa a Faenza. Parec-

poco il medesimo ai tre maestri; al chi document! inediti, tratti parti-

confessore e al medico qualche cor- colarmente dalla Biblioteca Ambro-

tese regalo a pasqua e natale. V'e siana di Milano, illustrano queste

I'assegno pel cuoco e pel barbiere, brevi ma assai importanti Mcmorie

ma « di portinai, di camerieri... nulla storiche. (p. 14). »

LAURICELLA ANTONINO, can. I Vescovi della Chiesa agrigen-

tina. Note storiche. Oirgenti, tip. Monies, 189G, 16° di pp. 82. -L. 1,50.

Due cose spiccano in queste note curato il bene temporale dei suoi fi-

storiche: « La fedelta e 1'obbedieuza gli. Tutto cio infatti che in Girgenti

dei nostri padri alia suprema catte- segna uu'epoca di progresso, e opera

dra di Pietro, e come la Chiesa, ol- di vescovo (p. 6). » tre il bene spirituale, abbia sempre

LECTOR LUCIUS. L' election papale. Ouvrage orne" de gravures et de plans suivi d'un tableau chronologique des Papes et des Conclaves. Paris, P. Lethielleux editeur, 1896, 16° di pp. 356. L'opera, Le Conclave, del medesi- esce alia luce piu leggierae piu snel- mo A. da noi gia annunziata (ser. XV, la, perche scevra delle troppe que- vol. X, pag. 336), ha recato frutti stioni puramente storiche, canoniche lieti, fornendo a non pochi scrittori e politiche, che la sopraccaricavano notizie esatte sulla Chiesa e il suo e la tornavano men utile a non po- reggimento, e rimovendo altri da er- chi lettori. rori in veterati. Ora la medesima opera

MANUEL SOCIAL CHRETIEN, redige par la Commission d'Etudes sociales du Diocese de Soissons sous la prSsidence de M. le Cha- noine Dehon et publi6 avec 1'approbation de Sa Grandeur 1'Eveque de Soissons. Quatrieme Edition remaniee et considerablement aug- mentee. Paris, Maison de la bonne presse, rue Fra^ois Ier 8. Un vol. in pice, di pp. 297.

11 Manuale qui annunziato & la- lo testificano non pochi principi della \oro di una commissione degli studii Chiesa. II Vescovo di Soissons, loda- sociali della diocesi di Soissons, pre- tolo per le protonde cognizioni, che side il sig. Canouico Dehon. La pre- vi traspaiono dal lato dei compila- sente edizione e la quarta ; argomento tori, e pel vantaggio che ne possono non dubbio del suo pregio tutto par- ricavare i difensori della veritacontro 1 icolare. Difatt i, che tale sia riuscito, il socialismo nelle campagoe, con-

BIBLIOGRAFIA

603

chiude trovarsi nel Manuale concen- trate quanto vi ha di storico e pra-

tico spettante all'argomento. II Card.

Lange"nieux, scrivendo al sig. Can.

Dehon, ne commenda la esposizione

compiuta, la chiarezza della dicitura

e la rara precisione dei concetti e

termina dicendo che chi si fa a leg-

gerlo, acquistera nozioni piii esatte,

perche piii conformi agli insegna-

menti di Leone XIII, su cui fondasi

tutto il lavoro. E cosi altri Vescovi.

Dopo tutti cotesti elogi noi solo ag-

MARSILI LIBELLI ENRICO. Sul reato di favoreggiamento. Siena, tip. C. Nava, 1895, di pp. 164. L'argomento di questo libro ci e ferrato vi fu sosta. Entrato poscia il

significato nel titolo, che porta in

fronte. E la tesi della laurea che il

giovane autore colse coll'onore di

cento dieci voti, della lode e della

stampa. Su di esso egli si trattiene

senza punto uscirne. In nove capi-

toli lo svolge in tutti i sensi. Prima

di entrare nel suo tema ci da alcuni

cenni storico-critici intorno al diritto

romano, alia scuola germanica antica,

agli statutarii, agli scrittori pratici

ed alia scuola moderna. Passa tutto

in breve rassegna. Difende il diritto

romano contro chi opina, che vi si con-

fonde il reato di favoreggiamento col- la complicita: ei lo riduce a tre forme

nel diritto germanico e lo chiarisce;

appresso dimostra, come il medesimo

fosse tragittato in Italia e lo fa ve-

dere in una dovizia di statuti delle

citta italiane. Indica gli scrittori, che

presero a ragionare con miglior chia- rezza intorno al reato del favoreg- giamento. Dopo il Bartolo di Sasso-

MARTINETTI TITO, prof. - Manuale introductions in S. Scriptu- ram ad usum discipulorum. Vol. I. De auctoritate historic* Li- brorum N. T. Romae, ex typ. Befani, 1897, 16° di pp. 176. L. 3,00. Dirigersi all' Autore, via Statute 29, Roma. Fa seguito agli altri due volu- (Ser. XV, vol. V, p. 331), e in merito

metti gia da noi annunziati e lodati non la cede ai precedent!. Qui diremo

giungeremo il libro dividersi in due parti, la prima esser data alia teo- rica, la seconda alia pratica: nella prima richiamarsi i principii gene- rali attinentisi al soggetto, descri- versi la rea condizione sociale del tempo presente, indicarsene le cause, i veri rimedii, fra i quali il precipuo essere 1'aziene benefica della Chiesa ; nella seconda esporsi le opere, per le quali si pu6 conseguire nella pra- tica lo seopo del risanamento.

ch. Autore nell'argomento fa un'ac- curata analisi delle forme del reato in controversia e termina assom- mando il tutto in una sintesi in cui ne da quel concetto che egli stima giusto. La chiarezza, 1'ordine, 1'acu- tezza e la dirittura dell'ingegno nella discussione delle diverse opinioni splendono dall'un capo all'altro del libro e provano aver 1'autore spesi gli anni della universita nutricandosi di profondi studii. II ehe il bravo gio- vine attribuisce alia madre, alia quale intitola il suo lavoro con queste pa- role : « Furono i tuoi insegnamenti, che fra le seduzioni del folleggiare giovanilc mi resero cara la fatica sui dotti volumi e m'ispirarono coraggio nell'ora degli sconforti immensi. »

0 se tutte le madri imitassero co- testa pia signora, quante lagrime su

1 figli scioperati non si risparmiereb- bero nelle famiglie!

604

BIBLIOORAFIA

soltanto ohe, stante la diffusione di questo Manuale, onorato dell'appro- vazione di varii autorevoli perso- naggi, e gia preso per testo in pa-

recchi Seminarii, in favore di questi 6 stato ridotto il prezzo di ciascun volume ad una sola lira, non com- prese le spese postal!.

MATTIOLI NICOLA, agostiniano. -- Antologia Agostiniana. Vol. I.

Studio critico sopra Egidio Romano Colonna, arcivescovo di Bourgea

dell'Ordine romitano di S. Agostino. Ttoma, tip. Cnggiani, 1896,

16° di pp. X-284. L. 3,50.

Egidio Romano Colonna nacque in Roma sulla meta del secolo XIII e mori 1'a. 1316 ; discepolo di S. Tom- maso, fu il primo del suo Ordine maestro in Parigi e intervenne al concilio parigino per definire la con- troversia, sorta contro i privilegii degli Ordini mendicanti. La fama della sua dottrina e delle sue virtu •crebbe tanto che fu eletto dapprima precettore del future re Filippo il Bello e quindi Arcivescovo di Bour- ges, ove, benche avesse nelle vene rl sangue dei Colonna, difese stre- nuamente Bonifacio VIII, e perci6 si vide poi spogliato, anzi ridotto alia miseria da Clemente V e mai non «bbe dal medesimo quel cappello car- dinalizio che alcuni biog^afl gli re- galarono nella loro opinione e nei loro scritti (pag. 35 37). Insomnia «gli lasciu di se si onorata memoria di virtu che per lunga serie di se- coli fu chiamato Beato. Rispetto ai suoi meriti col 4to Ordine, ecco ci6 che dice il Mattioli : « E da notarsi per altro, che se 1'Ordine (di S. Agostino, quaado usci dall'ombra degli eremi e fu riunito per ordine di Aleaean- dro IV in un sol corpo) flao da' suoi primordii e,bbe una precocita mera- vigliosa, da sentire appena la natu- rale inerzia della sua infanzia, egli avvenne principalmente per «pera e merito del primo e piu dotto tra i nostri dottori, di uno de' piu bene- meriti dell' Istituto, voglio dire, di Egidio Romano Colonna (pag. IV). »

II presente volume e il primo dell' Antolegia Agostiniana che il

rev. Autore intende pubblicare, ed e diviso in quattro parti. Nella prima parte si contiene la vita di Egidio, avvaloratada antichi document!, editi ed inediti, che in parte sono ripro- dotti e in parte accennati (p. 49-92). Nella seconda parte, che e un'appen- dice alia prima parte, si risponde al Sig. Francesco Corazzini, il quale all'edizione di un volgarizzamento antichissimo dell'opera latina di Egi- dio Romano, De regimine principum (Firenze, Le Monnier; 1858) premise una prefazione, piena di falsita ri- spetto ad Egidio. Nella terza parte si fa una recensione delle opere egi- diane , delle diverse edizioni che ognuna di esse opere ha sortito e deMe principali biblioteche ove si tro- vano al presente i diversi mss; in fine si allegano le ragioni piu o meno pro- babili onie alcune opere dubbie pos- sono attribuirsi o no al grande scrit- tore agostiniano. Nella quarta parte P Autore espone le ragioni intrinseche ed estrinseche del suo dubbio intorno 1'autenticita del commento sopra la canzone d'amore di Guide Cavalcanti, la quale principia: Donna miprega, eccetera, attribuito ad Egidio. Dal cartolario dell' Universita di Parigi, ordinate dall' insigne Domenican* P. Denifle, e dall'archivio vatieano il rev. P. Mattioli ha tratti non po- chi e nutovi documenti per questo suo studio. Quanto al nostro giudizio, oltre il pregio della critica e labuona edizi«ne,abbiamo notato nel presente lavoro una grazia singolare di sem- plice e naturale narrazione.

BIBLIOGRAPIA

605

MAZZEI EAFFAELLO. Dio nella civilta. Pistoia, tip. Flori e Bia- gini, 1896, 16° di pp. 177.

II titolo, abbastanza comprensivo, ha bisogno di una qualche dichia- razione, che 1'Autore stesso ci porge •nell'Avvertenza in quest! chiari ter- mini: « Esaminare se la religione sia o non sia necessaria alia vita umana e civile ci £ semorato opportunissimo e senza altro ci siamo accinti alia non facile impresa. » E la soluzione cni perviene nei quindici capitoli in che va divisa 1' opera 6 la sola vera che possa darsi; non esservi civilta senza fede in Dio e non in un Dio qualsiasi, configurate secondo i pla- citi di certe scuole, ma in Dio au- tore e rivelatore della religione cri- stiana. Ondeche il libro del Mazzei, per dire con sincerita il parere no- stro, 6 un libro buono ; buono e per 1'assunto preso a dimostrare, e per il modo tenuto nel dimostrarlo. E quanto al modo vi riconosciamo una «erta aria di bene intesa no- vita. Poiche, abusandosi tanto a' dl nostri dei fatti e dell'esperienze in sostegno delle piu erronee e perverse dottrine, egli, con maniera chiara e popolare, voile appunto provare <;ome i fatti e 1'esperienze tanto de- c&ntati, quando ci si ragioni sopra a dovere, ribadiscono sempre piu la ne- cessita della idea di Dio per il buon andamento della civil societd, dirno-

strando in part tempo come ad una idea piu pura e piu vera di Dio cor- risponde sempre una civilta piu per- fetta (IV).

Fedele a questo sistema e riu- scito il ch. Autore a darci in breve stringenti risposte a certi capitali principii della nuova scuola crimi- nale che distrugge il libero arbitrio, (pag. 36; 38-39), del verismo (g. 118- 125), dell'evoluzionismo (pp. 155-158;. ecc. ecc.

La strettezza dello spazio non ci consente di diffonderci a rile- vare altre parti del libro molto bene riuscite,specialmente per avere 1'Autore raccolto in abbondanza au- torita di scrittori o dichiaratamente perversi o non certo sospetti di affe- zione a religiose credenze ed essersi valuto di esse per convalidare la sua tesi. Per la stessa ragione ci pas- siamo ancora di notare alcuni passi o frasi poco esatti, a nostro credere, ed altri che, qualora il libro non ci rendesse fede delle intenzioni dello scrittore, presi staccatamente potreb- bero essereintesi o tirati in un senso non certo voluto da chi, tra le altre sentenze colle quali conchiude il suo lavoro, scrisse pur questa: «L'ita- liano ha una mente cosi logica che e 0 omttelico o nulla (p. 176^. »

MELFI C. BAR. DI SAN GIOVANNI, socio onorario e corrispondente di varie Accademie. Ricordi per le oontrade di Cifali e Fava- rotta presso Chiaramonte Gulfi. Caltagirone, tip. G. Scuto, 1896, in 16.°

NITTOLI SALYATORE, sac. Tavela sinottica dei complementi ita- liano-latini. Quadri sinottici dell'uso dei casi latini. Terza edizione. Sansev&ro, tip. Morrico, 1896, 16° di pp. 60.

PIGHI GIO. BATTA, sac. -- Commentarius de judicio sacramentali quern Sancto Alphonso Mariae de Ligorio anno ab ejus nativitate CC a doctoratu XXV dicatum suis auditoribus offert sac. I. B. Pighi S. Th. D. Theol. Mor. in Sem. Veronensi prof. Veronae, ed.

000

BIBLIOGRAFIA

Felix Cinquetti, 1896, 16° di pp. 60. -- Cent. 80. Copie 12 L. 8,00. Rivolgersi alia Libreria Cinquetti, Verona.

E osservazione giustissima di teo- logi molto gravi, che nella trattazione delle dottrine ascetiche e morali, e forse piu che in altre discipline eccle- siastiche, si e fatta sentire 1'influenza del giansenismo. Chi infatti con oc- chio sperimentato esamini le opere morali del decimosettimo e decimot- tavo secolo e le ponga a confronto delle antecedent!, in ispecie degli scolastici e di S. Tommaso d'Aquino, s'avvede di leggieri come uno spi- rito di sottigliezza vi e penetrato a confondere 1'autica semplicita e nel tempo medesimo vi si e diffuso un certo rigorismo poco conforme cosi a verita come a scienza, onde prima neppur aveasi sentore, e acui disper- dere venne provvidenziale 1'opera di S. Alfonso M. De Liguori, per cio meritamente proclamato Dottore della Chiesa. Or in tutto cio niun dubbio che si facesse sentire il giansenismo vuoi direttamente co' suoi errori, vuoi indirettamente colle sue declamazioni contro il lassismo, le quali spesso spaurendo anche i migliori, li face- vano declinare dalla soave e retta strada battvta dai Maestri della mo- rale e delTascetica cattolica.

Grazie a Dio ogni vestigio di gian- senismo va ora scomparendo anche dalle scuole morali, per la prevalenza delle dottrine di S. Alfonso, messe in piena luce da uomini veramente in- signi, fra i quali certamente non ultimo il P. Antonio Ballerini, di cui in questo libretto aureo del prof. D. OHo. Batta Pighi e tutta 1'anima forte e perspieace.

Se dappertutto in morale e ne- cessario rifarsi all'antico metodo piu semplice e in una piu persuasive de- gli scolastici, particolarmente e ci6 indispensabile per quel che riguarda

il gfudizio sacramentale. Giacch6 le infinite distinzioni e sottodistinzioni di alituati, recidivi, occasional-it, di penitenti ordinarii e di penitent! straordinarii, di disposizioiii ordi- Hctrie e di disposizioni straordinarie e via dicendo, le quali oggi s'incon- trano ad ogni pie sospinto e imbro- gliano la matassa invece di distri- carla, anticamente non usavano punto. Anticamente, come molto bene in- segna il Pighi, si poneva come fon- damento il principle, che principale ed essenziale ufflcio del Sacerdote nel tribunal di Penitenzae quello di giudice, mentre gli altri suoi uffici sono secondarii. Or questo giudice, per la particolar natura del Sacra- mento di misericordia da Gesu Cristo istituito, deve ascoltare 1'accusa del penitente e ove non lo trovi hie et nunc del tutto indisposto, cioe man- cante di dolore o di proponimento, in quanta & giudice, lo deve assol- vere, benche come medico possa anche talvolta, per provvedere al future, differirgli 1'assoluzione. La preoccu- pazione del futuro, secondo 1'antica dottrina comune, non entra dun- que per nulla nell'esercizio del giu- dirio sacramentale per se stesso. Su questa base, ben stabilita con cita- zioni opportunissime ed autorevo- lissime, il Pighi passa poi a risol- vere i casi risguardanti le diverse classi di penitenti, non facendone tante teoriche distinte, ma, come e infatti, un'applicazione del medesimo universale, complesso e compiuto principio. Cosl ci pare che, senza dir cose nuove, egli abbia ben meritato dei confessori, dei penitenti, e del giu- dizio sacramentale, mostrando quanto sia chiaro e semplice quel che d'or- dinario si fa cosi arduo ed intricato.

BIBLIOGRAPIA

607

ROSSI GIO. BATTISTA, can. Lo scisma in Piacenza. Discorsi. Piacenza, tip. Solari, 1897, 16° di pp. 228. L. 1, 50.

I dolorosi fatti, che dal Maggie 1895 a quest! giorni, per opera del famigerato don Miraglia, sconvolsero la citta di Piaceuza, seminando fra i diversi ceti discordia e rivalita scen- dalosa, ed anche i germi d'un vero scisma, ben richiedevano che una dotta e franca parola mettesse sul- 1'avviso i Piacentini del baratro in cui si voleva sospingerli, e sventasse le mene con cui si tentava di pro- pagare le nuove dottrine sovverti- trici. E questa parola non e mancata, e luminosa ed ardente e uscita dal labbro di quell' illustre oratore che e il Canonico Rossi, in dieci discorsi detti nella novena della Concezione e intitolati: Liberia della divina pa rola Riforma e riformatore I fa- risei I preti di Piacenza II Ve- scovo II Papa La scomunica I ribelli Cattolico apostolioo ro- mano La nuova chiesa autonoma in Piacenza.

Lode al generoso Canonico, che dalle sofferte persecuzioni ringagliar- dito, e tomato sulla breccia a com- battere veramente pro arts et focts della sua patria. Noi vorremmo ve- dere questo suo libro in tutte le fa- miglie dei Piacentini, ai quali rivol- giamo anche noi quella grande pa- rola : Ettote fortes in flde. A tutto poi il venerabile clero di quella dio- cesi, « coraggio, diciamo noi pure coll'egregio oratore, gloria del loro ceto, coraggio, la bufera, che si e addensata sul vostro capo, passer.i. Fugate le nubi, che lo ingombrano, tornera a brillare il sereno : la pace allietera nuovamente del suo casto sorriso la cara vostra patria. Di voi si dira che avete sostenuta una per- secuzione ingiusta, ma sostenuta la avete con cristiana invitta costanza. A chi vi ebbe ingiustamente perse- guitati restera la vergogna, il diso- nore. (p. 96). »

QUARTO (II) d'ora di solitudine. Genova, Fassicomo e Scotti, 1897, 32° di pp. 56. Cent. 15.

SANTARELLI NICOLA. II battesimo ed i liberi pensatori. Rilievi e considerazioni. Napoli, tip. Marchese, 1896, 16° di pp. 184.

Ultimi di mia vita. Pensieri ed affetti. Napoli, tip. Marchese, 189G, 16° di pp. 114.

Frutto di lunga esperienza e di studii conformi alia scuola dell'an- tica e vera sapienza e il primo libro, che difende le verita cattoliche con- tro gli errori, che in tanta copia si spargono ai giorni nostri per ingan- nare la gioventu inesperta. Confutati i liberi pensatori sotto ciascuno dei diversi nomi che prendono, di Na- turalisti, Positivisti , Evoiuzionisti, Idealisti eccetera, e dimostrata la necessita della divina rivelazione, si

prova con piu qualita d'argomenti la verita e divinita della religione cri- stiana, e poi della Chiesa Cattolica Romana, e si conferma con un bel paragone de' grandi pensatori cn- stiani coi liberi pensatori. Questo li- bro starebbe bene in tutte le fami- glie cristiane.

Inferiori di merito, ma d'ottimo spirito anch'essi, sono i versi conte- nuti nel secondo libro.

608

BILKJOGRAFIA

SCHIOPPA L., prof. L'arbitrato pontificio. Napoli, tip. Giannini, 1896, di pp. 80. L. 2,00. Yendibile presso PAutore, Tarsia 91,

Napoli.

Non manca certo a questo lavoro la efficacia comprensiva del nobile e vasto argomento e la copia della eru- dizione. Dall'esatto concetto dell'ar- bitrato internazionale in cui a ragione vien fatto ravvisare il migliore del varii mezzi escogitati per comporre pacificamente le controversie insor- genti tra popolo e popolo, senza ri- correre alia prova delle armi, 1'A. discende a mostrare che nel Supremo Gerarca della Chiesa Cattolica si ri- scontrano in guisa eminente i pre- cipui requisiti di esso arbitrate. Sotto Paspetto giuridico, nell'arbitrato pon- tificio" hai le guarentige maggiori della imparzialita e della giustizia in- sieme con quelle della scienza e della efficacia. Sotto il riguardo politico la stessa sovranazionalita del Potere pa- pale, derivante dalla natura dell'Isti- tuzione di cui il Papa e Capo, da al Papa medesimo meravigliosa attitu- dine per 1'ufficio di arbitro fra le na-

zioni cristiane, o sia egli re temporale od ancbe non lo sia. Laonde lango il corso de' secoli insinoai dl nostri 1'ar- bitrato pontificio and6 sempre piu esplicandosi nelle molteplici espe- rienze che se ne fecero, e prese tal grado di perfezione che dovrebbero ormai farlo entrare nelle abitudini delle nazioni ed ammettere nel giure delle genti.

Cosi discorre il giovane profes- sore Schioppa, ed ha perfettamente ragione. Peccato che talvolta il suo stile appaia alquanto affa8tellato,foree per quella ritrosia'che hanno alcuni a tralasciare le idee secondarie che si attraversano per via! Anche la forza e la evidenza della dimostra- zione ne resta quindi un po' scemata in parecchi punti; il che non toglie pero che il saggio sia buono e por- ti un valido tributo alia diffusione d'un'idea feconda per la pace del mondo.

SECONDO CENTENARIO (Del) dalla nascita di Sant' Alfonso Maria de' Liguori, fondatore della Congregazione del SS. Redentore, Ve- scovo di Sant'Agata de' Goti e Dottore della Chiesa. Per cura del Circolo Romano di Studi «San Sebastiano». Roma, Desclee, Le- febvre e C.1 editori, 1896, 16° di pp. 116. L. 2,00.

TER HAAR FRANCISCUS C. SS. R. - In Litteras Encyclicas S. Congregationis Episcoporum et Regularium « Super Sacra Prae- dicatione » datas jussu Leonis XIII P. M. commentarius e S. Fran- cisco Salesio et S. Alphonso de Ligorio, depromptus. Romae, typ. de Propaganda Fide, 1896, 16° di pp. 66.

Questo commentario segue passo piu degni d' imltazione. Si hanno qut passo la nota Circolare, illustrandola colle parole di quei due recent! Dot- tori della Chiesa, che sono stati tra i piu efBcaci e fruttuosi annunzia-

tori della divina parola, e poi tra i

dunque tre potentissime voci, quella del Salesio, quella del Liguori, quella della S. Congregazione, che parlano in tono unisono all'orecchio dei pre- dicatori : Dio faccia che non indarno.

BIBLIOGRAFIA

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TINTI LUIGI, canonico, dec., dott. Memorie del P. Luigi Scrc- soppi D. 0., fondatore dell' Istituto Derelitte e delle Suore della Provvidenza sotto il patrocinio di S. Gaetano in Udine. Udine, tip. del Patronato, 1897, di pp. XVI-454. Lire 2,00 a be- neficio dell' Istituto Derelitte. II P. Luigi Scrosoppi e uno di

quegli uoinini insigni per virtu e

grandi opere intraprese a gloria di

Dio e bene delle anime, che la storia

di questa seconda parte del seco-

lo XIX ricorderk sempre con somma

lode. Fin da giovane sacerdote si

consacrd alle opere di carita in bene

di un istituto di orfane derelitte,

aperto in Udine da un suo fratello

uterino P. Carlo Filaferro. Poi ne

prese egli stesso la direzione, fon-

dando a pro del medesimo istituto

una nuova Congregazione di Suore

dette della Provvidenza, le quali fu-

rono largamente benedette da Dio,

crescendo in breve tempo da umili

principii in pianta rigogliosae ferace.

Le Suore della Provvidenza, dedi-

cando la loro vita all' insegnamento

delle fanciulle del popolo, all'assi-

stenza de' malati nelle case, negli

ospedali e ne' manicomii e ad altre

opere di carita, si sparsero presto an- che fuori di Udine, nel Friuli, nel Li- torale, nell' Istria, nel Trentino, chia- mate da'municipiied avute inconto di YELA.RDITA ANTONINO, can. -

angeli di caritk dalle popolazioni. Ma delle grandi opere non vengono a capo se non i santi, e il P. Luigi fu un santo; austero e rigido con se medesimo fu tutto dolcezza con gli altri, umile fino al piu sincere di- sprezzo di se medesimo, pieno di fede e di straordinario spirito di orazione. Oltre le qualita sue naturali di ot- timo superiore ed economo, ebbe da Dio in grado non comune il dono del consiglio e fin anco della penetra- zione de' cuori. Appartenne alia sop- pressa Congregazione dell'Oratorio di Udine e mori da santo, com'era vissuto, il di 3 aprile 1884 nella grave et£ di ottant'anni.

Queste memorie del ch. monsi- gnor Tinti, scritte con semplice stile ma con grande unzione, non solo ritraggono al vivo il P. Luigi nella sua vita esterna operosa e nell' in- terno dell'anima sua, ma narrano in- sieme la storia edificante della Con- gregazione da lui fondata e i grandi vantaggi che ne ritrasse finora la Chieea. Herbert Spencer e l'evoluzionismo.

Roma, tip. Balbi, 1896, pp. 35 in 16.c

Annunziamo volentieri e racco- mandiamo, quando ci vengono in- nanzi, tali lavori brevi, ma sugosi, che si leggono facilmente da ognuno e lasciano di sfe un'impronta netta e durevole nella mente. II Velardita, serio pensatore e perfettamente ver- sato negli scritti dello Spencer, pren- de ad esaminare la teoria sociologica evolutiva del filosofo, poiche cosi vo- gliono chiamarlo, inglese. Questo lo mena innanzi tratto a demolire parte

per parte e a colpi incisivi Tevolu- zionismo fisico. Sono poche pagine, ma decisive e chiare. Poi viene al- 1'evoluzionismo sociologico, che, tol- togli il fondamento, gli rovina fra le mani, non ostante che si vegga non essere in se che un castello di carta. Tratta per ultimo la questione del- 1'essere o no lo Spencer favorevole al socialismo. Ripetiamo che tali scritti sono da leggere e da diffondere.

Serie XVI, vol. IX, fuse. 1121.

39

27 febbraio 1897.

GRONAGA CONTEMPORANEA

Roma, 1-15 febbraio 1897.

I. COSE ROMANS

1. Visita del Principe Enrico d'Orleans al Papa. 2. Letters del VII Con- gresso per la pace al S. Padre. 3. Una festa ecolastica in S. Nicqla in arcione. 4. Le coal dette Scuole notturne di Religione in Roma. 5. Loro origine e progresso. 6. L'atto speciale di fede a G. C. al prin- cipio del 1900; una spiegazione. 7. Medaglia commemorativa del 19" anno di pontificate di Leone XIII. 8. Conferenze sulla questione sociale. 9. Decreti delle Congregazioni romane.

1. II giorno 5 febbraio giungeva in Eoma il Principe Earico d'Or- leans, figlio del Duca di Chartres e cugino del Duca d'Orleans, Fi- lippo, capo della Casa di Francia. Egli prese alloggio alia Minerva, nell'appartamento gia occupato dal Conte di Chambord e la sera stessa, verso le 6 pomeridiane, fece visita al S. Padre Leone XIII, trattenen- dosi con lui oltre venti minuti. II Principe era in forma del tutto privata colla croce della Legion d' onore al petto, ed era accompa- gnato da Mons. de Ragnau e dal Conte de la Salle de Rochemaure. II Principe Enrico, compiendo quest'atto di ossequio al Papa, spe- cialmente nelle present! circostanze, ha fatto un atto di grande im- portanza ed 6 bene farlo conoscere. II Principe 6 ora diretto in Abis- sinia, ove si reca a profitto della sua patria, dopo che la Francia ha stipulate uu trattato di commercio con Menelik. E il viaggio non sembra farsi senza 1' aiuto e 1' intelligenza della Repubblica, da cui gia pe'suoi servigi verso di essa, egli fu fregiato della croce della Le- gione d'onore. II Principe, invece di partire direttamente per Marsiglia, scelse Brindisi, appunto per fare la menzionata visita al Papa, e fare atto d'ossequio, in ispecie per aderire ai consigli papali sulla con- dotta politica de' Francesi, dichiarandosi in tal modo innanzi tutto cattolico. II quale atto e tanto piu degno di osservazione, quanto piu una recente frase del suo cugino, Filippo d' Orleans, scandalizzd il niondo cattolico, quando proferi la sentenza che la monarchia sa-

CRONACA CONTEMPORANEA 611

prebbe tutelare i suoi diritti contro le chiese. Sia pure che 1'atto del Principe Enrico abbia avuto a fondamento anche un certo dissenso da suo cugino; ma egli ha dimostrato molto bene conie esista una sola Chiesa, a cui si deve ubbidienza e venerazione. Dopo la sua vi- sita a S. Pietro, al S. Padre e ad alcuni Cardinali, tra cui 1'antico Nunzio il Card. Ferrata, Enrico d' Orleans, la sera del 6 febbraio, parti subito per Brindisi, senza fare altre visite ne al Quirinale, n& altrove. Secondo nn colloquio avuto da Enrico con uno scrittore del Figaro, quegli avrebbe parlato con molto ardore del suo viaggio in Abissinia, scorgendo nella stirpe etiopica una meravigliosa forza e vigoria, dopo la sconfitta data alle armi italiane. « lo non vedo, avrebbe egli detto, nulla oggimai di piu bello e attraente per un viag- giatore che lo studio dell' Abissinia. »

2. Non una volta in queste pagine i lettori hanno letto quanto si fa nel mondo moderno per togliere la barbaric della guerra, qual mexzo per decidere i litigi fra le nazioni, e sostituirvi un tribunale che aggiudichi la ragione al diritto. Ne parlammo quando si celebro il Congresso della pace in Eoma, ne parlammo quando riferimmo la lettera de' Cardinali del mondo inglese ed americano per 1' istesso scopo, e ne parlammo altrove, come 1' occasione si offriva. E, natu- ralmente, quando si tratta d'un tribunale di pace, non si puo non pensare al Papa, al Capo della Eeligione nel mondo. Or ecco un nuovo sassolino per questo edificio della pace, che speriamo sia per compirsi nel secolo che si avvicina. Cio e la lettera spedita al Papa dal VII Congresso per la pace, celebratosi a Budapest e la risposta a nome del Papa, mandata dal Card. Rampolla. Lo scrittore della let- tera a Leone XIII e il Gen. Stefano Tiirr : « Budapest, 10 novembre 1896. Santissimo Padre.' II VII Congresso universale della pace, te- nutosi di recente a Budapest, ha commesso al suo presidente di rin- graziare a suo nome Vostra Santita pel prezioso aiuto che in parec- chie occasioni, direttamente o indirettamente per mezzo de' suoi ine terpreti autorizzati, ha dato alia causa della pace e d'un tribunal- per le nazioni. Tutti gli amici della pace, senza distinzione di nazio- nalita, hanno ammirato le nobili ed eloquenti parole con cui Vostra Santita, nell'enciclica ai principi e ai popoli dell' universe, ha cele- brato i benefizii della pace e manifestato i mali che provengono dalla guerra, dalla pace armata e dal militarismo. Tutti si son sentiti ono- rati e rafforzati dagli incoraggiamenti che Vostra Santita, per diverse volte, si e degnata di far pervenire ai difensori e ai propagatori delle idee pacifiche, come per 1' attenzione che ha voluto rivolgere alle ses- sioni dell'unione interparlamentare e dei Congressi annuali delle so- cieta della pace e dell 'arbitrate. Essi si compiacciono di vedere, sotto 1'alta ispirazione di Vostra Santita, gli eminentissimi Cardinali inglesi

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e americani impiegare il loro zelo e la loro autorita per fare istituire, almeno per i popoli di lingua inglese, un tribunale il cui intervento preserverebbe quei popoli contro le sanguinose conseguenze della guerra. Fatto che sarebbe di tale importanza, da non poter mancare (li imitatori. Grazie a questi esempii e agli sforzi che si moltiplicano da tutte le parti nello stesso senso, e permesso di sperare che questo secolo, tante volte messo alia prova da crudeli strazii, non finir£ senza che i Governi civili, rinunziando alle precarie e eostose solu- zioni della forza, vogliano intendersi per mettere un tennine alia pe- ricolosa e rovinosa rivalita dei loro armamenti, e assicurare al mondo 1'incomparabile e comune beneficio di una giustizia internazionale. Nessuno piii di Voi, Santissimo Padre, potrebbe efficacemente contri- buirvi. Ci sia lecito dirlo : trasmettendovi i voti del Congresso di Budapest, non compiamo solo un dovere di gratitudine, ma vi rivol- giamo una umile e insistente richiesta. Noi chiediamo rispettosa- mente 1'appoggio di Vostra Santita,. Sicuri che la sua voce, quando si degna di innalzarsi per il bene generale dell' uman genere, 6 in- tesa da tutto 1' universe, osiamo supplicarla di volere, con nuove e piu espresse dichiarazioni, confermare solennemente le dichiarazioni anteriori, e intimare a tutti quelli per i quali la religione o la sem- plice umanita non sono vane parole, di prendere parte alia gran cro- ciata della fratellanza del genere umano. Fidenti nella benevolenza di Vostra Santita, ci onoriamo di esprimervi, Santissimo Padre, il no- stro profondo rispetto. In nome del VII Congresso universale della pace, il Presidente Stefano 'Turr ; il segretario, F. R&nieny. » II Papa fece rispondere dal Card. Rampolla al Generale Tiirr, ringra- ziandolo dell'ossequio rispettoso del Congresso verso di lui, promet- tendo 1; opera sua al comune scopo di sostituire alia legge della forza quella del diritto.

3. Nel pomeriggio d'una domenica dei primi di gennaio di quest'anno, chi fosse passato per Via Kasella, avrebbe notato dinanzi a S. Nicola in arcione un certo movimento di gente e un affluire di ragazzi vestiti a festa. A una data ora, ecco giungere un equipaggio signorile ; e dalla carrozza discendere 1'eminentissimo Card. Satolli e avviarsi anch'egli a S. Nicola in arcione. La chiesa era convertita in una gran sala ; una lunga fila di giovani operai colle loro famiglie occupavano i banchi e le sedie, poste lungo le pareti della chiesa stessa ; in fondo, di fronte all' altar maggiore sotto un padiglione, ove campeggiava il ritratto del S. Padre, era il trono deU'eminentissimo. Entrato il quale ed assisosi con a lato Mons. Misciatelli, Mons. Ugolini e altri cospicui perso- naggi, si die' principio a una cara solennitfc scolastica, rallegrata dal coro de' giovani di S. Salvatore in lauro, diretto con tanta maestria dai Fratelli delle scuole cristiane. Era 1'annua premiazione d'una

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delle scuole notturne per i giovani operai, istituite da parecchi anni in Roma e che tuttora operano un gran bene nella classe operaia. Tale scuola era quella di Yia S. Nicola in arcione, diretta con tanto .zelo dal Can. D. Lorenzo Cecchini. Allo scrittore delle Cose roniane non parve doversi trascurare di narrare questa bell'opera romana ; appetto a cui i magni discorsi sulla qtiestione sociale e Tanfanarsi -degli uomini di Stato per iscioglierla, ci sembrano quasi non altro che ciance sonore o inutili accademie. Procuratici i document! e le infor- mazioni necessarie, che ci furono gentilmente forniti da Mons. Ugo- lini, Vicepresidente delle dette Scuole notturne di religione. siamo in grado di darne una breve contezza ai lettori.

4. Tali Scuole notturne, sparse in varii punti di Roma, ammon- tano oramai al bel numero di dieci, accogliendo ciascuna, in media, un cento scolari ; e piu ne accoglierebbero se in molte di esse il posto fosse piu ampio o piu numerose le sale. Tanto e il concorso e tanta 1'affluenza de' giovani artieri- ed operai ! E con dispiaeere dobbiam narrare non essere raro il caso che molte dimande di cki desidera entrarvi devono essere rifiutate, appunto per mancanza di posto ; anzi sappiamo che in una di queste scuole, non ha guari, se ne dovettero escludere circa cinquanta per la detta ragione. Le dieci scuole, di cui parliamo, sono cosi distribuite, secondo le vie della citta : Via Giulia Via de' Coronari Via delle Zoccolelte Via S. Nicola in arcione Via del Colosseo Piazza dell' Esquilino Via di S. Gia- como T— Via de' Penitenzieri Piazza Mastai Piazza Montanara. E bello vedere, ogni sera, questi giovani, scossa la polvere delle officine e assettatisi alia meglio, accorrere dalle botteghe, dai fon- dachi e dai magazzini al luogo della scuola, ove, divisi in varie classi, ciascheduna col loro maestro, vengono educati ed istruiti conie si conviene alia loro condizione; diciamo apposta educati ed istruiti; perche in tali scuole 1'educazione e fondamento dell'istruzione. Questa, naturalmente, non si estende oltre a quel che ora 6 detto « insegna- mento elementare > , a cui si aggiunge anche il disegno. Ad alcune di queste scuole £ annesso anche ua giardino, ove i giovani ne' di festivi possono onestamente ricrearsi. II sabato e destinato all'inse- gnamento e allo studio del catechismo ; ed ogni festa poi, tutti derono intervenire all'oratorio per assistere alia Messa, cantare le divine lodi e udire la parola di Dio sotto la vigilanza de' loro maestri. Quelle scuole, <;he non hanno oratorio proprio, si servono a cid d'una chiesa (ne in Roma ne fa difetto) che sia piu vicina alia loro scuola. L' Istituto, inoltre, ha cura di preparare i giovani alunni alia prima comunione e procurare loro agio di farla come si deve, mandandoli a sue spese alia rinomata casa di Ponterotto per gli esercizii spiritual! che vi si sogliono premet- tere. Ogni anno tutta la scolaresca, che e circa un migliaio, viene con-

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dotta ad accostarsi alia comunione alia tomba di S. Luigi Gonzaga, e- ogni anno, parimente, ciascuna scuola in particolare ha la sua festa scolastica della distribnzione di premi, alia quale spesso, come ve- demmo, intervengono alti Prelati e anche eminentissimi Principi della Chiesa. E notevole 1'affezione che gli scolari di tali Scuole notturne hanno verso i loro maestri, e come questi stessi, sieno essi sacer- dot! o secolari, crescano sempre piu in amore del loro utilissimo mi- nistero, quale che sia stato a principio di esso la loro interna dispo- sizione. Le dette Scuole notturne sono sotto Palta vigilanza d'nn Pre- sidente, 7iominato per lo piti direttamente dal Papa, ed ora § Mons. Mi- sciatelli, e sotto di lui sono i dieci direttori delle dieci scuole, i quali tutt' insieme formano una specie di Consiglio, da cui dipende la no- mina di qualsiasi nuovo direttore e altre cose di maggior rilievo per 1'opera. I fondi, donde le scuole notturne traggono il necessario a sostentarsi, sono la liberalita in prima del Papa, e poi del sovrano- Ordine di Malta e di alcune famiglie principesche romane.

5. Ora, un breve cenno dell'origine di queste Scuole notturne, come- c' e dato ricavare da un opuscolo, divenuto oramai raro, stampato dal Salviucci in Roma nel 1848 J. II primo documento officiate del Go- verno pontificio che approva e autorevolmente istituisce in Roma le cost dette Scuole notturne di Religione, 6 del ottobre 1847 e reca sotto la sottoscrizione del famoso Card. Mezzofanti, come Prefetto- della Congregazione degli studii. Qiiell'anno, dunque, possono dirsi fondate in Roma tali scuole per autorita pontificia. Ma esse, se sr riguarda Torigine privata, ebbero principio molto pift avanti, e rimon- tano, nientemeno, all'anno 1819 ; come viene ricordato dall' istesso- decreto del Card. Mezzofanti. Intorno a quell'anno, adunque, di scuole popolari a Roma non faceva difetto (lasciando stars le scuole classiche e 1'Universita). Y'erano cinquantacinque Scuole region arie ,- v'erano le Scuole pie a San Pantaleo e a San Lorenzo in Borgo ; le- Scuole de' PP Dottrinarii a Santa Maria in Monticelli ; le Scuole crl~ stiane alia Trinita de' monti, a San Salvatore in Lauro e alia Ma- donna de' monti ; v'erano le Scuole parrocchiali, le Scuole del Prin- cipe Massimo in Trastevere, quelle fondate dalla giovane e virtuosa Principessa Guindalina Borghese, e finalmente le cosi dette Scolette, corrisponclenti ai moderni asili d' infanzia. Ricordiamo queste cose^ affinche i nati negli ultimi anni non credano che il giro del sole e della luna pel cielo sieno istituti recenti, ignorati dai nostri padri. Non ostante tante scuole, non v'era modo d'istruire i giovani operai,. i quali per buscarsi il pane, come dice il Regolamento indicate, cre-

1 Regolamento del pio istituto per le Scuole notturne di Religione per giovani artigiani in Roma. Roma, tip. camerale, presso i Salviucci, 1848-

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scevano come piante che vegetino, anziche come uomini che debbon vi- vere per quel nobile fine, per cui il Signore li ha creati. Notiamo a bello studio queste parole dell'opuscolo perche si osservi come a' tempi nostri si proferirebbero forse frasi piu sonore, ma non gia idee piu nobili <li queste. A sopperire all' istruzione ed educazione de'giovani operai, istitui una prima scuola notturna un povero intagliatore, Giacomo Casoglio, appunto nell'anno 1819. Essa era presso San Niccolo degli Incoronati, ora in Via Giulia, ed e tuttora considerata come la prima •delle dieci scuole notturne. Horto il Casoglio, la detta scuola fu conti- nuata da alcuni sacerdoti. Essa pero non era se non un abbozzo di quel che poi furono le scuole notturne ; e 1'onore d'avere da to ad esse la forma che poi si ritenne, si deve all'Avv. Michele Gigli, romano, il quale perfeziono la scuola serale del Casoglio, aprendone una presso il Par- roco di S. Maria de' Marcheggiani, facendo egli stesso da maestro e <la padre ai giovani artigiani, istruendoli nel leggere, nello scrivere, nel far di conto e nel catechismo, come parla la lodata memoria. Percht poi s'intendesse eke la religione era il mezzo con cut egli educava, voile che le sue scuole si denominassero « Scuole notturne di Religione » . Morto il Gigli nel colera del 1S37, contratto dall' incomparabile uomo appunto per aiutare i colerosi in una casa di soccorso da lui aperta, -altri personaggi, emuli della sua carita, presero la direzione delle scuole notturne, le quali si inoltiplicarono fino al numero di dieci, come vedemmo.

6. L'atto speciale di ossequio e venerazione a Gesu Cristo, che, a proposta di alcuni cattolici, si vuol fare al principio del secolo ven- tesimo, fu, come vedemmo, lodato ed encomiato dal S. Padre in una lettera al Card. Svampa, Arcivescovo di Bologna. Ed e, certo, eccel- lente idea, degna di essere caldeggiata da ogni credente. Pero in essa •6 d'uopo togliere al tutto ii concetto di centenario della Redenzione o cosa simile, come alcuni scrittori talora con ottima intenzione hanno detto. A purificare sempre piu la grandiosa idea, di chiudere il secolo e cominciare il seguente con un atto solenne di fede (come riferimmo nel quad. 1111, pag. 100), e stata resa ultimamente di pubblica ra- gione una lettera deU'eminentissimo Prefetto de' Riti, il Card. Aloisi Masella, nella quale appunto venne esclusa fin da principio 1'idea di •centenario. La lettera era stata scritta fin dal 14 maggio 1895, prima che la proposta dell'atto di fede fosse resa pubblica. Purificato cosi 1'atto solenne di fede, che si fara al finire del secolo XIX, siamo lieti di far sapere che gia si e costituito il comitato internazionale promotore. Presidente onorario 6 1'eminentissimo Card. Jacobini, Presidente ef- fettivo il Conte Comm. Gio. Acquaderni di Bologna.

7. E stata coniata dal Cav. Bianchi, incisore de' palazzi apostolici, la medaglia commemorativa del 19° anno di pontificate di Leone XIII.

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Nel diritto della medaglia e 1'effigie del Papa con in giro la scritta : LEO . xni . PONT . MAX . SACRi . PKiN . A . xix. Nel rovescio si ammira la Yergine SSma assisa in trono ed avente sulle ginocchia il Bambino- Gesu che offre al mondo il Rosario. Tutti i popoli vengono rappre- sentati da allegoriche figure, quali in piedi e quali prostrate intorno- al trono di Maria, rivestite di svariati abiti. Sulla destra della me- daglia il Santo Padre Leone XIII, rappresentato in piedi, presenta e mette i fedeli sotto la protezione del Rosario. Nel giro della medaglia leggesi : PRAESIDIVM . DIYINAE . MATRIS . ACCEPTISSIMA . ROSARII . PRECE . EXORANDVM. Tali medaglie commemorative del Poutificato si coniana ogni due anni.

8. Dacche Leone XIII pubblico la nota enciclica Rerum novarum sulla questione sociale, e cominciato nel mondo un felice movimenta sempre crescente di studii sulla detta questione, movimento che non accenna a finire. A Roma presentemente due uomini illustri fanno- conferenze sul menzionato tema, e sono il prof. Toniolo, omai noto in Italia, e il P. Dehon francese, Generale de' Preti del S. Cuore. II To- niolo parla a'giovani dell'associazione universitaria, il primo e il terzo- lunedi del mese, a palazzo Sinibaldi, e ora ha aggiunto altre confe- renze al palazzo Lante per gli ecclesiastioi che non possono interve- nire a palazzo Sinibaldi per 1'ora tarda. II P. Dehon parla in una sala de' PP. Agostiniani dell'Assunzione in piazza dell'Aracoeli. Que- sti discorsi sono in francese e il P. Dehon si mostra molto pratico- della materia. Parla in piedi, con molta disinvoltura, con tono tra chi insegna e chi amichevolmente discorre; e non ha dinanzi a s6 che alcune carte in cui gitta solo un'occhiata fuggitiva e cui talora to- glie in mano per leggere una statistica, un testo, una data. A luogo a luogo si scorgono lampi di eloquenza, i quali subito digradatamente ridiventano luce temperata e tranquilla di domestico conversare. I temi da lui, oramai quasi tutti trattati, sono i seguenti : 1.° La pre- sente crisi economica sociale in Francia e in Europa 2.° V'ere cause del malessere sociale presente 3.° II giudaismo, il capitalismo e 1'usura 4.° II socialismo e 1'anarchia. 5.° La missione sociale della Chiesa.

9. DECRETI DELLE CONGREGA/IONI ROMANE. 1.° Aggiunta al c Dio> sia benedetto ». Con decreto della S. Congregazione delle Indulgenze. e Sacre Reliquie in data 2 febbraio, 1897, il Santo Padre ha stability che nelle Lodi, solite a recitarsi e che cominciano Dio sia benedetto, se ne aggiunga una speciale al S. Cuore di Gesu, dicendo dopo la quarta. lode quest' altra : Benedetto il Suo Sacratissimo Cuore. II S. Padrer confermando le indulgenze gia concesse dai suoi Predecessori a chi recita tali lodi, ha raddoppiato 1' indulgenza di un anno per ogni volta che devotamente si recitano le lodi medesime. 2.° Redintegra-

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xione di culto a S. Sdbino. La S. Congregazione de' Riti con decreto del 15 decembre 1896, redintegrando il culto a S, Sabino, cittadino « Vescovo di Canosa in Puglia (di cui parla S. Gregorio ne' suoi dialoghi) ne ha approvata la Messa e 1'ufficio proprio, composti dal chiaro archeologo Hons. Gennaro Aspreno Can.0 Galante di Napoli. II 9 di questo mese in Canosa se ne celebro la festa dopo dieci secoli.

It. COSE ITALIANS

1. La Grecia corre a liberare Candia dai Turchi e la vecchia Europa 1'ar- resta. 2. Morte di Raffaele Cadorna, che tolse Roma ai Papi. 3. Nuovi lament! de' liberali perche Roma non sia divenuta la citta laica che volevano, e in qual senso chiamino errore il fatto del 20 settembre. 4. Morte del commediografo Giacinto Gallina. 5. I sacerdoti sban- diti dalle scuole di catechismo e mandati alle caserme.

1. II gran fatto di questi giorni, non solo italiano ma anche e sopratutto enropeo, & 1'occupazione dell' isola di Candia per le sei Po- tenze primarie dell'Europa : Inghilterra, Russia, Francia, Austria, Ger- mania ed Italia. Un formidabile naviglio, composto di grandi corazzate, incrociatori e torpediniere di quegli Stati, attornia la classica isola dell'Egeo. L'armata italiana e comandata dal Viceanimiraglio Napo- leone Canevaro. Prima del naviglio europeo, pero, giungeva alle coste di Candia una piccola armata greca. II Principe Giorgio, secondoge- nito del Re di Grecia, era partito d'Atene I'll febbraio, acclamato da tutto il popolo. Capo della spedizione greca era il colonnello Yassos. La Grecia s'era scossa alle atrocita che i Turchi commettevano in Candia contro i cristiani, atrocita simili a quelle avvenute in Armenia; e spinta, come e da supporre, non solamente dal desiderio d' ingran- dirsi, ma ancora, dal nobile fine di liberare gli oppressi cristiani, tendeva le braccia alia bella isola, che tante memorie legavano e le- gano tuttora alia madre patria, la Grecia. In fatti, i Greci, sbar- cati nell' isola, cominciarono ad occupare le citta e terre di Candia, per sottrarle al comando turco. Ma ecco che la vecchia europa, utili- taria ed egoista, la quale ha assistito impassibile agli eccidii d' Armenia e a quelli stessi di Candia, eccola arrestare con una mano di ferro il corso alia piccola Grecia, mandando sulle acque di Candia le sue terribili navi (che certo potrebbe serbare a miglior uso) per impedirle il possesso interq dell' isola. Almeno questo finora ci danno i fatti accaduti. E questa e quelPEuropa che non mosse un dito quando il Piemonte lanciava bombe contro la citta de' Papi. In fatti, il 16 feb- braio, presieduti daH'ammiraglio italiano, si riunirono gli ammiragli

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francese, inglese e russo e il comandante austriaco e decisero lo sbarcor eseguito quel giorno stesso, di una compagnia di marinai di ogni nazione per la protezione della Canea (la capitale di Candia). Dissero che lo scopo era di metterla sotto la salvnguardia delle grand! Potenzer dichiarando che la loro azione e intesa ad evitare un ulteriore spar- gimento di sangue e dar tempo per regolare la questione cretese. Lo sbarco dei marinai avvenne col gradimento del governatore e del co- mandante mi H tare turco. Un ufficiale italiano che recava al coman- dante greco, Vassos, la notizia dell'occupazione fatta dalla milizia in- ternazionale, ebbe per risposta che il comandante greco non riceveva ordini che dal suo Governo. Cio non ostante il 21 febbraio, col bom- bardamento delle posizioni tenute dagl' insorti, le navi europee mo- strarono come intendessero di opporre forza alia forza. Cosi il Governo italiano, se non partecipe di quest'atto di guerra, certo connivente, ha dovuto in Candia, a favore del Turco rinnegare i principii di non intervento, di nazionalitd e di sovranila popolare, che colle bombe pretese gia di far prevalere in Roma, contro il Papa. Ecco i fatti. Vedremo quali risoluzioni saranno quind' innanzi prese dalla diplo- mazia europea ; se restituira i Candioti ai Turchi o li mettera in mano- alla madre patria la Grecia o ne fara un regalo a qualche ambizioso. 2. II giorno 6 di febbraio di sera, moriva, a Torino, 1'espugnatore della citta dei Papi, Raffaele Cadorna. Era egli nato a Milano il 1815 da cospicua famiglia novarese. Uscito dalla scuola militare di Torino passo per tntti i gradi dell'esercito ; e nel 1870 fu scelto alia testa del quarto corpo d'esercito, per togliere Eoma ai Papi, cui non gli fu difficile espugnare, avendo ai suoi ordiri sessanta mila uomini contro diecimila. Ogni anno il suo nome era ricordato nella festa della breccia di Porta Pia da lui aperta, e nel 25° anniversario s'ebbe dal Re il collare dell'Annunziata. Eccetto questo, egli fu subito e per sempre dimenticato dai liberali, e presto diremo il perche. Nel 1877 zsoli 62 anni con un decreto del gen. Mezzacapo fu messo in riposo, nel quale visse fino alia morte. La ragione del disprezzo onde fu fatto segno- Raffaele Cadorna e questa. Egli, aveva bensi un errore fiso nella mente (errore illustrate da suo fratello Carlo) cioe, che la Chiesa non abbia nessun diritto ad esercitar dominio e ad aver proprieta; ma del resto non era anticattolico. Cio egli dimostro in molte occasion! ; per esempio, nella nota lettera, e da noi riferita, al Sindaco di Roma il 25* anniversario della breccia, e nell'esercizio delle pratiche religiose, non ismentite neppure alia morte, in cui ebbe tutti i conforti religiosi. Di qui il disprezzo de' liberali pel Cadorna e la sorda. ostilita contro di lui. Egli in fatti non approvava punto che la guerra al Papa fosse spinta oltre il dominio temporale. Anzi (come narra un suo intimo, Fuscolino} « egli adempiva pubblicamente i doveri privati dei cattolici. Nella-

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jchiesa delle Sacramentate a Torino lo si vedeva assistere alia messa .solenne con raccoglimento; lo si vedeva nella stessa chiesa confes- .sarsi ai confessionali ed accostarsi alia Comunione in mezzo alia gente. Paiiando, il suo discorso cadeva frequentemente sopra soggetti reli- .giosi e sopra il gran male che facevano in Italia i miscredenti e i denigratori del culto e dei sacerdoti. Nella sua angosciosa malattia si udiva ripetere spesso : sia fatta la volonta di Dio, e il sacerdote aveva nella sua casa libero accesso. E in cio il generale trovava aiuto ed esempio nella sua famiglia, meritevole d'ogni elogio. » Cio non ostante, non cre- -diamo che egli abbia smesso di mente quell'errore da lui bevuto coll'edu- cazione, indicate sopra; ne ci consta che 1'abbia inai ritrattato. Sono questi secreti e problemi che solo Dio decifrera. In questo senso deve in- tendersi il pentimento del Cadorna per 1'operata breccia di Porta Pia. Nel suo libro La liber azione di Roma (cosi si dice a tempi uostri prendere a •cannonate una citta) egli calunnio, forse senza volerlo, il geaerale pontificio, Kanzler, quasi che questi avesse detto, che piu che la caduta di Roma dolevagli la perdita del posto. Avvertito da un amico e conosciuta la falsita, si proponeva di cancellare la calunnia nella -seconda edizione del libro. Ed e calunnia si chiara, che auzi il Kanzler fa colui che quasi impose a Pio IX la resistenza. Ma di cio la storia .futura dira quel che noi ora non possiamo scrivere.

3. Ecco come parlano del Cadorna e del famoso fatto del 20 set- tembre coloro che in liberaleria vanno per la maggiore. Un clericale non parlerebbe in altro modo l. « Raifaele Cadorna era entrato nella

* storia da si gran tempo che ormai, il suo nome, evocato formal- « mente una volta all'anno, perche unito ad una data che non diceva

< piu nulla, o diceva cose tristi soltanto, faceva 1'effetto di quel di un uomo d'altri tempi. Era entrato nella storia, e nulla pareva « ch'egli avesse piu di comune con 1'attual vita italiana. Non perch'ei

* fosse troppo piu grande di essa, ma perchS il fatto ch'egli rappre- « sentava, non avendo piu spiegazione razionale, era nella coscienza •c generale come un fatto estraneo ; o, se pur lo si sentiva invece « fatto nazionale, interno, era soltanto per avvertirne 1' incomodo peso. « La tecnica militare ha fatto replicatamente, e fara ancora, la cri- « tica guerresca della spedizione del 1870 ; ma non per le imperfe- zioni, non per le deficenze di questa, il risultato ne fu cosi mise-

< rando : la critica politica ha dimostrato, e va tuttodi vieppiu dimo-

< strando da un quarto di secolo, che, assai piu grave dell'errore

* militare, fu 1'errore nazionale. Poiche, decisamente, erano nel vero « coloro i quali, venuti a Roma nolenti, avrebbero voluto non venirci, n& allora, ne poi. Infatti, Roma era fardello per ben altre spalle

1 Triluna, n. 39.

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« che le loro, che le spalle di tutto il popolo italiano ! Ed essi, e « quanti governanti loro succsdettero, piegarono sotto il pondo della « gran cosa morta, che assai piu vivi avrebbero dovuto essere, per « riuscire a risuscitare. Cosi, prima che in Africa, fu in Roma il

< grande insuccesso della nuova Italia ; e fu con tanta coscienza, con « tale consenso di tutto il popolo, che quei pochi i quali mostrarono- c di aver mente per pensare, volonta per eseguire, furono combattuti c come rei di voler violate un' indole, non fatta assolutamente per le

< grandi cose. E vinti. Tanto 6 vero, che parve una eresia politica il c voler confondere e fondere in una stessa espressione 1'omaggio al « Ee Liberatore e la constatazione ufficiale, nazionale, visibile di

< quella unitii di cui egli era stato braccio, bandiera e scudo ad un

< tempo, e far suo monumento il Parlamento : il tentative di dare « al Parlamento una sede che, se non artistica, fosse almeno, salda, « parve un oltraggio alia voluta e proclamata e vantata micromania

< universale ; 1' idea di una Reggia che fosse italiana, e smussasse le « facili frecciate dei vaticanisti, non oso pur uscire dalla mente di

< chi la nutriva. E 1' Italia rimase accampata in una Roma, ove nau- « fragava 1' intelligenza insieme alia fortuna, ove neppure la specu-

< lazione disonesta sapeva, come altrove, essere geniale ; rimase, per- « che sentiva che a far bene in Roma bisognava far grande ; e di « far grande non si aveva, ne capacita, n£, tanto meno, volonta. » Che confessioni sfuggono alia rivoluzione che voile vincere il Papato !

4. Alle 3 pomeridiane del 13 febbraio cessava di vivere a Yenezia nell'ospedale civico uno dei piu stimati commediografi moderni, Gia~ einto Gallina. Egli scrisse le sue commedie in dialetto veneziano e pu6 dirsi il Goldoni redivivo. Bellezza di una vis comica inarrivabile pro- fuse egli nelle Barufe in famegia, nelle Serve al pozo, nel Moroso de la nona, negli Oci del cuor, nella Mama non mor mai, nella Fame-gut del Santolo e in moltissime altre commedie, le quali, tradotte in altre lingue, furono gustatissime anche fuori d'ltalia. E, quel che 6 piii notevole, le commedie del Gallina sono molto piu morali di quelle di qualsiasi commediografo moderno, e, in generale, sono lontane da ognt offesa alia religione e al clero. Nel fondo del cuore non era anticri- stiano. Si sa di lui che, essendo moribondo suo padre, rivolse preghiere- al Card. Agostini perche si recasse al letto di lui, ed il figlio ingi- nocchiato seguiva con amorosa cura il sacerdote che amministrava gli ultimi sacramenti. Eppure dobbiamo registrare con dolore che il Gal- lina e morto senza sacramenti, essendo stato espulso 1'istesso emi- nentissimo Card. Patriarca, recatosi a dargli i conforti religiosi. Un cerchio di ferro s'era formato attorno a lui da sei o piu persone che lo circondarono sino alia fine, impedendo 1'accesso al ministro di Dio. Duejninuti prima che egli spirasse, pot& bensi il Parroco di S. Sal-

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ratore, presentatosi per la quinta o sesta volta, essere ammesso, ma il tempo utile era passato ; il Gallina era fuori de' sensi. « La mas- soneria ha piantonato il suo letto », e la frase che correva quest! giorni a Venezia. Questo che si dice della massoneria ha un prece- dente nella vita di lui. Narrano cioe che, benche le sue commedie procurassero al Gallina onori e glorie ne' teatri, non gli fruttavan pero quattrini. Quando, ascrittosi alia setta massonica, fu, come Pietro Cossa, sollevato subito in alto, e il Comune di Venezia gli decreto subito una pensione e innalzo un busto al teatro Goldoni. Ma la mas- soneria pare che abbia sottratto a C.risto la sua anima. Una corri- spondenza veneziana cosi scrisse sdl'Awenire di Bologna sul rifiuto dato al Card. Patriarca. « Appena conosciuto lo stato gravissimo del commediografo, Giacinto Gallina, S. E. il Card. Patriarca penso di recarsi al suo capezzale per indurlo a riconciliarsi con Dio, ed al tempo stesso celebrare il matrimonio religioso con una persona che viveva secolui e con la quale, giorni sono, aveva contratto il matri- monio civile. Nella stanza che precede quella del Gallina. all'ospitale, il Card. Sarto fu ricevuto da questa persona appunto, la quale gli disse che 1' infermo dormiva. - - Aspettero rispose sua Eminenza. Poco dopo usci il fratello Enrico per avvertire Sua Eminenza che egli non poteva assume rsi la responsabilitd d'introdurlo, atteso lo stato gravissimo del malato. La responsabilita! soggiunse il Cardinale; ed e ella disposto ad assumersi davanti a Dio e davanti alia societa la responsabilita di non avermi lasciato entrare? -- Prontissimo, ri- spose Enrico Gallina. Sua Eminenza allora si ritiro. Questa nella sua precisione la dolorosa storia ».

5. Quanto sta bene il sacerdote in iscuola per insegnare la reli- gione; altrettanto sta male in caserma e tra le armi. E un dettato del senso comune cristiano, ma il liberalismo, quanto a cid, ha cam- biato del tutto le parti, mandando i sacerdoti a fare i soldati e dando loro il bando dalle scuole di religione. Su questo secondo punto, non ostante la guerra accanita che si fa al sacerdote nella scuola, si ha di tanto in tanto qualche vittoria. Una, tutta recente, ci viene narrata di Brescia. Ivi il Consiglio comunale delibero che 1'insegnamento religioso nelle scuole elementari del Comune venga impartito da sacerdoti. A tale scopo nominava poi 13 Curati della citta e 16 Parroci e Curati del suburbio. Sono pertanto 29 sacerdoti che entrano nelle scuole con mandate di insegnarvi con tutta competenza una delle principalis- sime materie secondo i desideri della cittadinanza. E questo 6 un nuevo e soddisfacente frutto dell'accordo dei cattolici -;he tolsero final- mente di mano ai zanardelliani le amministrazioni del Comune e della Provincia. L'istesso leggiamo aver fatto il municipio d'Albenga. Al- trove pero continua la guerra. Yinti in qualche provincia i libe-

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rali in cid, che 1' insegnamento religiose debba assolutamente im- partirsi dai Comuni, senza richiesta diretta dei padri di famiglia, ora si vendicano coll' impedire che esso venga insegnato bene. Per esempio, a Como il Consiglio provinciale scolastico in una lettera diretta ai Sindaci prescrive : « che 1' insegnamento religioso del catechismo e della storia sacra continui ad essere impartito in ogni scuola pubblica, per un'ora alia settimana, nel giorno di venerdi nella prima ora di lezione, per opera dei maestri e delle maestre delle rispet- tive classi ; che nei casi in cui dal Comune si volesse affidare tale insegnamento ad altre persone, il Consiglio provinciale cui spetta riconoscerne 1' idoneita, si riserva di decidere caso per caso. » La malizia e in questo secondo punto, come si vede; poiche si lascia al Consiglio decidere sulla idoneita o no del maestro, laddove e noto tra cristiani che il sacerdote e maestro nato per insegnar la religione. Sui sacerdoti alia caserma (1'altra enormita del liberalismo) vogliamo narrare quanto disse, teste, il Papa ad un giovane Benedettino che chiedevagli una speciale benedizione, perche doveva per qualche tempo lasciar la veste talare e cingere la spada. Racconta il colloquio il corrispondente romano dell' Osservatore cattolico. «E che (esclamo il Papa con viva emozione) non siete voi gia inscritto alia piu nobile delle milizie, a quella di Cristo? Perche dunque vi vogliono assog- gettare ad un servizio che non e il vostro e che non si addice alia vostra vocazione? i E con altre vibrate parole Sua Santita parlo del- 1'ingiustizia di una legge, che sotto pretesto di eguaglianza, viola i piu sacri diritti ; e quasi si sarebbe detto che il Santo Padre, nella sua giusta indignazione, volesse intervenire egli stesso per obbligare la legge umana a cedere dinanzi a quella di Dio.

III. COSE STRANIERE

FRANCIA (Nottra Corritpondenza). 1. Le relazioni estere e la Russia. - 2. II nuovo Nunzio; discorsi rilevanti. 3. Elezioni senatorial!; po- litica interna; la questions degli zuccheri. 4. La Fraucia e la Abissinia.

1. E curioso a vedersi che le relazioni estere della Francia tendono sempre piu a concentrarsi e restringersi nell'amicizia della Russia. Da parecchi mesi almeno non abbiamo altri fatti nella nostra politica estera, fuorche le relazioni con questa potenza. Perfino nelle nostre quistioni di armamento, entra a parte la Russia. Le si attribuisce il proposito di fornirsi degli stessi cannoni, ond' e munito il nostro esercito, il quale per cid stesso conserrera il suo armamento odierno,

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invece di seguire la Germania nel suo rinnovamento. GP intelligent! awieano, che ben meschini sieno i vantaggi del rinnovare le artiglierie, a petto delle spese che costera. Certo e che sono eccellenti i nostri cannoni, ne v'ha ragione d'impensierirci degli altrui progress! ; an- diamo migliorando anche noi; puo dirsi che ogni giorno si trovano novelli perfezionamenti, che un di saranno messi in pratica. E sicuro che. ee la Germania vuol fornirsi di nuovi cannoni, le occorrerranno a fabbricarli tanti anni, quanti ce ne vorrebbero a noi. Cosi si andera di nn passo negli armament!, che pare guarentiscano la pace.

Essendo vacante la Nunziatura Apostolica, 1'Ambasciatore di Russia, qual decano per ragion di nomina, parld in nome del Corpo diploma- tico per gli augurii del capo d'anno al Presidente della Repubblica. II signer de Mohrenheim uso nel sno discorso parole accalorate, con- fermando 1'amicizia della Russia per la Francia : ma si e guardato bene dal proferir parola che designasse 1'esistenza di un trattato o di qualche comune disegno tra le due potenze. Com'e naturale, ha ri- petuto le assicurazioni pacifiche, che sono il substrate di tutti i dis- corsi politici, da parecchi anni in qua. Poscia il nostro mondo po- litico e stato messo in moto dalla nomina del conte di Muraview, ministro a Copenaga, all'ufficio di ministro per gli affari esteri a Pie- troburgo. Ci si vedeva una cortesia verso la Francia, essendo il conte riputato amico del nostro paese, ed avverso alia Grermania. Inoltre la Czar avevagli raccomandato di recarsi a Parigi prima di assumere il suo novello incarico. Venuto qua, e stato a conferenza col Presidente della Repubblica e col ministro degli affari esteri, i quali han data pranzi ad onor suo. Ma ben presto si e imparato che il M ura view recavasi anche a Berlino, ove il programma della sua dimora e stato quasi il medesimo di qui. Si sente dire d'ogni parte, rinsaldamento della politica pacifica di tutte le potenze ; novelle garanzie di pace e di concordia. D'altro canto impariamo che a Costantinopoli i rappre- sentanti di dieci potenze si son messi d'intesa per riguardo alle ri- forme da inaugurarsi in Turchia, ed alle guarentige da stabilirsi a pro delle popolazioni cristiane. Sembra che il sig. Hanotaux, nostro ministro per gli affari esteri, avesse dato al nostro ambasciatore norme eguali a quelle che 1' ambasciatore di Russia avea ricevuto dal suo Governo. Non siamo dunque piu che un complements a posta della Russia? vanno, chiedendosi alcuni, mentre altri affermano che i due Govern! si erano dianzi concordat! rispetto alle norme da darsi e alia condotta da seguirsi. Purche questa condotta non meni la Russia ove la sua presenza potesse produrre conseguenze gravissime per la condi- zione della Francia nel mondo. Un de' nostri piu valenti diplomatic!, il conte di Chaudordy, che fu gia ambasciatore, parlando dell'odierno stato di cose, dice: «I1 viaggio del conte Muraview, non puo reputarsi

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altro che un fansto avvenimento. Infatti non deve avere altro scopo che confermare e rinsaldare piu stretta 1'alleanza franco-russa. La concate- nazione delle circostanze ha fatto si, che fino ad oggi questa con- cordia e tornata giovevole principalmente, per non dire unicamente, alia Russia. Questa potenza ne ha ritratto vantaggi materiali rile- vantissimi, mentreche la Francia ha ottenuto soltanto soddisfazioni di sentimento. Fra noi si comincia a fare le meraviglie che si prolunghi questa condizione disuguale, e se ne prova un disinganno, che va pale- sandosi nelle gazzeite. II Governo russo e troppo accorto e non pud non aver notato questi sintomi e tenerne con to. Deve capire che e giunto il momonto di provare alia Francia, non intender esso che 1'alleanza che lo stringe al nostro paese, sia tale contratto che debba procac- ciare utilita solo ad una delle parti contraenti: E chiarissimo che, ordinando al suo ministro per gli affari esteri di recarsi a Parigi priina di visitare le' altre capitali, 1'imperatore Nicold ha voluto far piacere alia Francia. » Ma 1'imperatore Nicolo fara ancor piu piacere alia Francia, col darle qualche cosa di meglio che mostre d'amicizia, col rimediare cioe a questa diseguale condizione, rilevata giudiziosa- mente dal sig. di Chaudordy e da tutte le persone assennate, perocche Ja pubblica opinione comincia a impensierirsene.

Da piu anni il Governo non pubblica document! diplomatici, seb- bene il democratico reggimento richiegga piu d' ogni altro siffatte pubblicazioni. Cosi siam ridotti ad a^pettare i libri axxurri dell'In- ghilterra per imparare che cosa fanno i nostri diplomatici. Questa volta la lettura fattane non torna guari consolaute per noi. I docu- menti diplomatici inglesi intorno agli affari turchi ci fanno sapere, che, ad ogni proposta del Fweign-o/fiee, il nostro ministro ripete la domanda di una dilazione a rispondere. Faceva d'uopo (dicesi) doman- dare a Pietroburgo qual risposta si avesse a dare. Non e piu un'al- leanza tra la Francia e la Russia, ma un prostrarsi di un paese da- vanti all'altro, scrive una gazzetta. Dove andiamo dunque, se non siam piil che un satellite della Russia, la quale al postutto in Oriente ordisce disegni, la cui esecuzione darebbe un colpo assai grave agli interessi piu gravi della Francia? Quando non s' abbia ad ottener nulla dalla Russia, e solo da aiutarla ad ampliare la sua influenza e il suo predominio in Turchia, tornera meglio mettersi d'intesa colla triplice e coll'Inghilterra: questo si sente a dire. II fatto e certo : 1'alterezza ben giusta della Francia finira col reagire contro questa parte troppo meschina, che le si fa sostenere colla lustra dell'alleanza russa. Del rimanente, pare in Turchia si apparecchi una reazione.

II Sultano scrisse a Guglielmo II e spedi Grumbkow-pascia a Berlino per trovare un appoggio contro la padronanxa russa negli affari d'Oriente. II Sultano si e rivolto anche all' Inghilterra e al-

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1' Austria all'uopo stesso. Laonde non tornerebbe molto arduo ad un ministro accorto e fino trarre suo pro da questa condizione di cose per operare energicamente, e riacquistare terreno, trovando novelli appoggi ad una politica piu confacente agl'interessi e alia dignita della Francia: fanto piu che non siamo vincolati alia Russia da un trattato ; ed essa e quella che ha piu bisogno di noi, se lo ricordi bene. Senza la Francia la Russia non troverebbe mai il denaro, onde ne- cessita per le sue imprese in Asia : sicche per lei siamo di validiwsimo, per non dire indispensabile aiuto. Sta dunque a noi di valerci di questa condizione di cose, come ci conviene. Secondo il libro azzurro inglese le sei grandi potenze d'Europa sono concordi a tener salda 1'integritt presente dell'impero turco, e a non far null a ciascuna da se. In siffatte condizioni potrebbe la Francia veder modi di far valere la, propria autorita. Pare che a Berlino si TOglia cans are un conflitto in Oriente, affinch& la Grermania non abbia a trovarsi nella necessita di scegliere fra 1' Austria e la Russia : a Guglielmo II sta a cuore la tradizione della buona armonia colla Russia, mentre peraltro e molto amico del- 1'imperatore d'Austria.

2. II 16 gennaio, il nuovo Nunzio mons. Clari presento le sue credenziali nelle forme consuete al sig. Felice Faure, dicendo nella sua allocuzione : « Yi e noto con quale costanza il Santo Padre nelle sue relazioni colla Francia, da quanto dura il suo lungo pontificato, si e ispirato sempre a Colui, del quale, amavan dire le vostre antiche cronache : Cristo ama i Franchi. Colla stessa propensione d'animo e di cuore mi studiero con zelo, a seconda delle norme di Lui, di adem- piere questa missione che si degno affidarmi presso di voi. Sono peisuaso che nell'adempirla non mi verra meno giammai il prezioso aiuto e il benevolo concorso del vostro Governo, per assicurare fra la Repubblica e la Chiesa, sulle basi e secondo lo spirito del Concordato, quella buona armonia che in nessun paese e piu a desiderarsi di questo, che si reco sempre ad onore Faccogliere in grembo alia sua bandiera gli interessi della religione e della civilta. » Dopo ohe ebbe ringraziato caldamente dei sentiment! che il S. Padre nutre verso la Francia, il Presidente della Repubblica rispose : « Mi ha recato gran piacere la prova dell' estimazione in cui e tenuta dal S. Padre la conserva- zione della buona armonia tra la Francia e la S. Sede, e il vedere qual valore abbiano per lui i principii che 1' ebbero stabilita e con- servata. Le disposizioni onde siamo animati anche noi, non possono a meno di raffermare il Papa nella via, che Palta sapienza sua si e per tal modo segnata Mi sta a cuore di dirvi che 1'appoggio del Governo della Repubblica e quello mio non vi mancheranno, come gia al vostro antecessore, per 1'adempimento del vostro ufficio. »

II Presidente si mostra soddisfatto della via che tiene il S. Padre

Serie XVI, vol. IX, fuse. 1121. 10 27 febbraio 1897.

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nella sua politica verso la Francia. E gia qnalche cosa, ma non tutto perd. Questa volta il Nunzio ha messo innanzi chiaramente ohe cosa Jomanda il S. Padre, cioe 1'applicazione del Concordato, a seconda delle sue basi e del suo spirito. II Concordato fu conchiuso a pro- della Chiesa come dello Stato ; esso deve assicurare 1' esistenza e la svolgimento della Chiesa e delle sue istituzioni. Nel congresso di Reims Monsignor Didiot, rettore della universita cattolica di Lilla, di bel nuovo ha mostrato come il Concordato, coscienziosamente ese- guito secondo i suoi principii ed il suo spirito, sarebbe bastevole a far sicura una condizione soddisfacente alia Chiesa. Ma gli $ certa Sncora, che adesso il Concordato, nelle mani del Governo, e divenuta uno strumento di supplizio, un carcere insoffribile, questo si sente dire di sovente. Diffatti il Governo si e allontanato dalle basi e dallo spirito del Concordato, coll'esagerare i suoi diritti e riducendo insieme quasi a nulla gli obblighi suoi. Invece di accrescere il patrimonio della Chiesa, a seconda del Concordato e della presente condizione econo- mica, esso 1'ha diminuito; ha pubblicato una filza di leggi, che non hanno altro scopo ed altro effetto che di opporsi all' azione della Chiesa e togliere a questa la sua legittima e necessaria influenza sul popolo e sulla vita pubblica. L' allocuzione del Nunzio e una esortazioneT anzi una intimazione pvecisa di dare effetto al Concordato nel sua spirito e secondo i principii che lo dettarono. Or tocca ai cattolici dar risalto a questa intimazione, farsane il loro programma per pro- vare al Governo come, adempiendo essi fedelmente i loro doveri verso la potesta civile, intendano che lo Stato operi a seconda degli impegni che si addossd. Da qui innanzi il programma dei cattolici di Francia vuol esser questo : la rivendicazione dei loro diritti sulla base del Concordato.

Questa questione di programma diede importanza alia elezione di Brest, ove s'aveva a sostituire il defunto monsignore d'Hulst, che gia era sottentrato al fu monsignor Freppel. La candidatura si era profferta a monsignor de Cabrieres, vescovo di Mompellieri, e poi a parecchi ecclesiastic!, i quali tutti si sono ritirati per cedere il posto all' abate Gayraud, aderente (rallie) alia Repubblica e che francamente si mette sul terreno designate dal S. Padre nelle sue lettere ed in altre mani- festazioni del voler suo. I realisti gli avevano contrapposto il conte di Blois, che gode di grande autorita e della stima generale in tutte le circoscrizioni ; ma egli ha avuto 1500 voti di meno dell' abate Gayraud, che non appartiene a quella circoscrizione, e non conosce il dialetto brettone che la si parla. E la prima volta che un catto- lico aderente alia Repubblica sopravince di tal guisa un cattolico mo- narchista in una circoscrizione, nota pel suo affetto incrollabile alia monarchia. A proposito di questa elezione si era parlato di proporre

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la candidatura del Duca d'Orleans, per fare una specie di plebiscito a favore della regalita. II Duca, nella sua lettera di rimmcia, scriveva cosi : « Questa circoscrizione sembra utile all'episcopato francese per farvi eleggere un mandatario de' suoi interessi al Parlamento. Se la tradizione monarchica si e d'opporsi recisamente alle tendenze della Chiesa verso la podesta politica, e nella stessa tradizione che le liberta religiose siano circondate di riguardi e di protezione. Sono lieto di poter dar loro nella presente occasione questa prova di deferenza. » Certamente il Duca d'Orleans non ha cattivi intendimenti rispetto alia Chiesa: ma questa sua lettera suppone che la Chiesa tenda a insignorirsi della potesta politica. Questa supposizione, specialmente poi in Francia d del tutto gratuita. Si poco la Chiesa ha cercato di insignorirsi di tale potesta, che i vescovi si adoperarono in modo spe- ciale a secondare i Re nella formazione della monarchia francese. Forseche non ando debitore per la piii parte ai vescovi Clodoveo re dei Franchi, della sua conquista della Gallia e deH'assodamento del suo potere? Spesbe volte i successori hanno invaso il campo religiose e la troppo celebre dichiarazione del 1682 e la piii forte espressione di questa politica ostile alia Chiesa, e colla quale i Re vennero appa- recchiando la rivoluzione che poi li travolse. Tutt'altra adesso e la condizione; il Papa ha dovuto intromettersi, siccome gli aveva chiesto il Governo. I cattolici per la forza delle cose sono obbligati a porre il campo ed unirsi sul terreno religiose per difendersi.

3. A rinnovamento parziale del Senate nel di 3 gennaio s'aveva a provvedere a 97 seggi, 20 de' quali erano stati gia occapati da uomini della destra. Essa ne ha perduti 8, mentre i radicali ne hanno guadagnati alcuni altri. II caso piu caratteristico e stato la sconfitta del signer Constans, gia ministro, famigerato per la sua lotta trion- fale centre il bulangismo ; e del signer Hebrard direttore del Temps, presidente de' giornalisti parigini e trapotente nei circoli officialied officiosi di Parigi. Merce di questa sua qualita intascd il sig. Hebrard un milione e 600,000 o 700,000 franchi dal Panama pei servigi che pete recare colla sua influenza politica ed officiale a quella famo- sissima intrapresa ! Fra le elezioni complementari per la Camera deve andar segnalata quella del signer Grenier a Pontarlier, dovuta peraltro alia rinunzia datasi da un candidate in ballottaggio alia vigilia dello scrutinio; cosi tutti i voti andarono al signer Grenier. Questo nuovo deputato ha per suo carattere speciale di essere apostata. Cinque o sei anni addietro, passando alcun tempo in Algeri, abbraccio 1'isla- mismo, e da due anni si ammanta alia foggia degli arabi ; ma sotto il burnusse bianco col turbante, veste all'europea. Per tal guisa intende far mostra della sua professione di fede musulmana, special- mente uscendo alle tre pomeridiane dall'aula della seduta per andarsi

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a lavare i piedi nella Senna, che scorre davanti al palazzo Borbone ed a recitare le sue preghiere inginocchiandosi rivolto verso la Mecca. I parigini si pigliano gran sollazzo di queste manifestazioni, tanto piu che, fra le migliaia di musulmani che han fatto dimora in Parigi, nessuno niai si diede a siffatte pratiche. E andata a finire che si e aperto un salottino da bagno nel palazzo Borbone a servizio del si- gnor Grenier perch& i nostri buoni radicali, si furibondi contro tutto ci6 che riguarda la Chiesa, fanno pompa di una tolleranza protettrioe e benevola verso Tapostata e verso 1' islamismo. Al postutto il signer Grenier e di mediocre ingegno, ma deditissimo ai poveri nella sua professione di medico. Conversando con lui non lascia intravedere nessun lampo di genio, e le sue osservazioni filosofiche, metafisiche, politiche non danno a divedere in lui nessuna professione sublime tranne qualche frase nebulosa. Dacche i signori Bourgeois e Doumer scaddero dalle cime del Governo, intrapresero una violenta guerra radicale contro il Ministero Meline. Ogni domenica se ne andavano in qualche citta delle province per tenervi arringhe di fuoco in grandi radunanze a quest' uopo ordinate. Codesta agitazione comin- ciava a farsi minaccevole, quando di repente sullo scorcio del de- cembre si seppe che il signor Doumer era stato nominato gover- natore generale del Madagascar, e poco dopo se ne andava a pigliar possesso del suo ufficio. D'allora in poi 1'agitazione radicale si e spenta da se. II Ministero Meline non e stato guari malaccorto, a decapitare cosi il partito radicale, portandosi via uno dei suoi caporioni per donargli»un posto invidiato da molti.

Si parlava di scompiglio gittato in tutto il partito di questa con- versione interessata del signor Doumer : ma quasi tutti i nostri uo- mini pubblici si trovano nello stesso caso : se loro si offre la potesta governativa, o qualche altro ufficio rilevante, fan presto ad accon- ciarvi le proprie opinioni, a diventare conservator!, uomini di go- verno, come qui si dice. La grossa questione della sessione apertasi il 12 gennaio, & stata la discussione della legge che aumenta la tassa di consume sullo zucchero dai 60 ai 04 franchi ogni cento chilogrammi ed il premio di esportazione dai 7 agli 11 franchi. Qui discutiamo la quistione della concorrenza tedesca, asseritasi da parecchi oratori. La concorrenza tedesca e altresi, a detta del ministero, la sola ra- gione per la quale siasi proposta questa legge. Non si capisce bene come ci sia concorrenza tedesca, dacch& fu comprovato nella Camera che la Germania da solo fr. 3,75 di premio all' esportazione. Lo stato presente della produzione non differisce a tal segno da rendere in- dispensable un premio si alto in Francia ; cosi potrebbe credersi. La tassa di 00 franchi sullo zucchero e gia di molto sproporzionata perche i 100 chilogrammi di zucchero si vendono dai produtttori per 26

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franchi. La discussione divenne tanto piu appassionata perche varii oratori e parecchie gazzette asserirono esistere un sindacato, che sa- rebbesi impadronito dell'intera provvista di zucchero, per tenersela nei magazzini flnche la legge fosse deliberata, e di tal guisa lucrare sull'aumento del premio. Con siffatto traffico il sindacato intasche- rebbe i 18 milioni occorrenti a pagare 1'aumento suddetto. lo non so se sia proprio necessario cotale aumento, poiche, secondo lo stesso signor Meline, la legge del 1884, che flssava il premio di uscita a 7 franchi, e stata giovevole tanto che in grazia sua laproduzione dello zucchero e cresciuta da 2 milioni a 6 milioni di tonnellate. Gene- ralmente parlando i premii di esportazione non sono gravi ; spediente acconcio a tutelare il lavoro nazionale, perche in fin dei conti chi paga queste gratificazioni e sempre il contribuente, cioe il consumatore. 4. Di questi giorni e tomato dall'Abissinia il signor Chefneux con una nuova missione del re Menelick presso il nostro Governo. II Chefneux] e stato in Abissinia per dodici anni ed ha saputo catti- varsi la fiducia di quel re, al quale specialmente ha procacciato 300,000 fucili. Egli ha fatto conoscere al re 1'indole dubbia del trattato di Uccialli, che poscia Menelick ha lacerato coll'armi in pugno. A lui si deve altresi la conchiusione deli'ultimo trattato coll'Abissinia, che era stato differito perche Menelick aspettava il ritorno dello Chefneux, per aver luce da' suoi consigli. Alquanti anni fa, il signor Chefneux tor- nando qui da uno dei suoi viaggi, reco al signor Carnot le insegne del piu cospicuo ordine cavalleresco dell' Abissinia, e in ricambio porto al re Menelick il gran cordone della legion d'onore. Ottime dunque sonor merce sua, le relazioni tra 1'Abissinia e la Francia; Dio voglia che questo giovi alia Chiesa, preservando 1'Abissinia dall'influenza sci- smatica della Russia ! Pare che questa volta il signor Chefneux si occupera della costruzione di una ferrovia da Gibuti ad Entotto. Me- diante questa ferrovia il commercio dell'Abissinia s' incamminerebbe da un porto francese; il quale rafforzerebbe i legami fra le due na- zioni.

ROMENIA (Nostra Corrispondenza). 1. Lieto fine della crisi politico-eccle- siastica. 2. Demetrio Sturdza si dimette. Ministero Aurelian. 3. Gli espedienti e la soluzione. 4. II nuovo metropolita. L'avvenire delle Chiese balcanicbe. Giudizii della stampa.

1. La crisi della Chiesa autocefala romena e terminata. II precesso contro il Metropolita-Primate Gennadio Petrescu e stato riveduto; il Santo Sinodo, posto sotto la pressione d'una nuova cor- rente politica, ha riconosciuto di aver oltrepassato i limiti della giu- stizia e della legge ed ha ritirato la. sua sentenza ; il deposto metro- polita e stato riabilitato ed e uscito bianco e candido come colomba

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dal nero cumulo di accuse che lo aveva colpito. Ma pro bono pads, e per facilitare un accomodamento fra i parti ti scossi ed irritati, Mons. Gennadio, contento della sua giustificazione e soddisfatto della lauta pensione promessagli, ha dato le sue dimissioni e Monsignor Gheorghian, una volta suo immediato predecessore, 6 stato rieletto in sua vece. E cosi si e chiusa questa crisi che non si sa come de- finire, ma che tiene del dramma e della commedia, ed 6 tale, nel suo insieme, da porre in evidenza la condizione avvilita in cui vivono le chiese cosi dette autocefale, sempre esposte alle vicende e ai capricci dei partiti politici.

Come accennammo nell' ultima corrispondenza, avremmo dovuto trattare di due documenti emanati dal sospeso Metropolita, cioe, la sua autodifesa, resa di pubblica ragione, e una seconda e piu estesa petizione diretta al re Carlo che lo aveva sospeso. Ma essendosi gli eventi succeduti con vertiginosa rapidita ed avendo essi portato le cose ad una soluzione compiuta dell' imbroglio politico-ecclesiastico, quei documenti hanno perduto ogni loro importanza, ed e meglio in- trattenervi sui fatti compiutisi in quest' ultimi tempi, e che sono stati piu efficaci di tutte le difese stampate, di tutte le apologie scritte e di tutte le declamazioni dei partiti.

2. L'agitazione sollevata nel paese per la deposizione del Metropo- lita Gennadio e della sua prigionia nel convento di Chelderusciani, le varie petizioni indirizzate al re, i meetings promossi dai conser- vatori, le tumultuose dimostrazioni di Bucarest e di Jassi, e spe- cialmente quella della polizia, che con grossi randelli entro nei lo- cali stessi del F University e vi malmeno e feri gli studenti, mentre attendevano alle lezioni, spinsero 1'effervescenza popolare al punto che il re credette necessario ritornare dalla sua villeggiatura di Si- naia a Bucarest per intervenire direttamente nella intricata questione.

Conseguenza prima di quest'atto del Re fu la dimissione del capo di gabinetto sig. Sturdza. II Re pero, che aveva confermato con un suo decreto la sospensione del Primate, non ha creduto dover chia- mare al potere i conservator! partigiani di Mons. Gennadio e gli altri avversarii del Santo Sinodo ; ma, appigliandosi ad un mezzo termine, ha fatto cadere la sua scelta sul liberale Aurelian del partito dello Sturdza.

II ministero era cambiato, ma lo stesso partito rimaneva al potere. La situazione pertanto era tale che non lasciava adito alia resistenza. La politica deile transazioni era necessaria, e questa fu adottata dal nuovo presidente del Consiglio. Furono subito iniziate trattative fra i signori Aurelian, Lascar Catargiu e Nicola Fleva, onde giungere ad una so- luzione pacifica della crisi ecclesiastica e ridonare la pace al paese. Ma 1'ex ministro Demetrio Sturdza e il suo ex collega Eugenio Sta-

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tescu, si misero d'accordo per mandare a vuoto i piani conciliativi del nuovo ministero. Costoro pretendevano che il nuovo ministero liberale dovesse continuare nella politica iniziata, ovvero dare le sue dimissioni per lasciare il campo libero ad un partito non pregiudi- cato, ad un partito, cioe, che non si fosse compromesso nella que- stione ecclesiastica, e che potesse, per conseguenza, risolvere le diffi- colta della presente condizione, senza mutare la condotta fino allora seguita.

Se questo modo di risolvere la questione non era accetto, essi dice- vano, se un partito liberale doveva rimanere al potere, allora conve- niva rimaner coerenti al programma comune e affrontare coraggiosa- mente le conseguenze della politica iniziata e degli atti importanti e solenni compiuti durante il governo di Demetrio Sturdza. Ma, pur troppo, la logica e la coerenza sono inquilini molesti in un edificio costituzionale, ed ingombri iucomodi fra gli esercizii d' equilibrio e d'altalena d'un regime parlamentare. Essere positivi, essere pra- tici, nel linguaggio delle moderne costituzioni equivale a saper tran- uigere ; ed il colmo dell'arte politica sta nel saper escogitare espedienti e combinare mezzi termini per uscire dalle difficolta. Nel caso nostro le difficolta erano tanto grandi che sembravano insuperabili. Una sentenza del Santo Sinodo, una condanna, una deposizione gia eseguita dalla forza pubblica, un Metropolita trasportato e sequestrate in un monastero e tenutovi come un prigioniero sotto 1'occhio degli agenti del Governo, accuse pubbliche, processi, eccetera. Che fare, come re- golarsi? Annullare la sentenza del Santo Sinodo sarebbe stato umi- liare la Chiesa Autocefala Eomena nella sua piu alta rappresentanza. Ricorrere, come taluni suggerivano, al tribunale supremo della Cas- sazione non sarebbe stato agire correttamente, poiche la legge non e chiara sulla competenza della corte di Cassazione rispetto alle sen- tenze del Santo Sinodo in materia ecclesiastica. E di piu in questo modo non si eviterebbe 1'umiliazione della Chiesa, nuovi risentimenti si produrrebbero negli animi delle persone devote, e la pace religiosa ne sarebbe sempre pift compromessa.

II mezzo migliore, il piu adatto, insomma 1'espediente o mezzo termine piu opportune per rimediare a tutto sarebbe appunto che i vescovi stessi del Santo Sinodo tornassero spontaneamente e di buona voglia sulla loro decisione, e che, nella stessa guisa onde trovarono materia per accusare e condannare il loro Metropolita, trovassero argo- mento di giustificarlo. Una volta giustificato e riabilitato, quell'anima buona del Gennadio, corroborata da una pensione governativa di mille lire al mese, rinuncierebbe alle pompe e agli onori della Sede prima- ziale, e subito i grandi poteri dello Stato, cio& Senate, Camera e Sinodo procederebbero alia elezione del suo successore, gia bello e

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pronto nella persona di Monsignor Giuseppe Gheorghian. Quest! , come colomba di pace, col ramo d'olivo, occuperebbe il seggio supremo della Chiesa primaziale di Romenia. Una nuova era di pace e d'armonia fra la Chiesa e lo Stato ricomincierebbe per la Romenia, e tutti sa- rebbero contenti, Sinodo, Petrescu, Gheorghian, conservator!, liberali, Governo e Corona.

3. Appunto questo bel sogno si & avverato con soddisfazione uni- versale. Ma chi principalmente si e reso benemerito di questa concilia- zione, sia detto a lode del vero, & il capo del partito conservatore, sig. Lascar Catargiu, il quale, senza porre condizioni, senza mercan- teggiare, si e sagriflcato per gl' interessi supremi della patria ed ha rimmciato a tutte le pretensioni di piu rigorose soddisfazioni, pur di accomodare la faccenda.

Anche il Santo Sinodo ha dimostrato il suo grande amore per la pace, piegandosi a tutte le esigenze del caso e adattandosi a fare tutto cid che conservatori e liberali, Governo, Corona e Piazza chie- devano e aspettavano dal pio consesso. II Santo Sinodo stesso doveva riparare al male fatto affinche la riparazione, che anche senza la sua cooperazione sarebbesi compiuta egualmente, non si facesse a danno della sacra assemblea episcopale. E come i membri del Santo Sinodo fossero dalla pubblica opinione consigliati a mostrarsi docili, e cor- rivi di fronte ai desiderii generali della cittadinanza, ce ne porge un esempio 1' Independance Roumaine la quale, nel suo numero del 3 (15) decembre scorso, dopo aver fatto intendere che, bene o male, la pub- blica opinione trionferebbe facilmente di qualunque ostilita dei Ve- scovi, rivolgeva i seguenti moniti a quei prelati : « II pentimento e un sentimento nobile che attrae il perdono e cancella molti peccati : esso vale tanto quanto la stessa innocenza, come si dice ; in ogni modo il pentimento e una guarentigia contro nuovi falli. Esso non umilia i ministri della religione cristiana, di questa religione che insegna il perdono e predica 1'amore. » Quale anima potrebbe resistere a siffatti dolci evangelici inviti? E tanto meno quella dei membri della su- prema assemblea dei Vescovi della Chiesa autocefala romena poteva rimanere insensibile a siffatte amorevoli per quanto laiche paternali.

Ed invero il Santo Sinodo non ha opposto difficolta alia revisione desiderata, si 6 prestato e piegato a tutto con una docilita ed una buona volonta che sembravano incredibili a chi conosceva 1' ardente zelo con cui il sacro consesso aveva giudicato, condannato ed espulso il metropolita Gennadio, come indegno di presiedere al governo della santa Chiesa autocefala romena. Anche la Vointxa Natzionale, organo ostilissirno al Primate, e che questi aveva querelato per accuse ca- lunniose, ha fatto pubblica ammenda delle sue diffamazioni, e mons. Gennadio, ritirando la sua querela, gli ha concesso il suo perdono.

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II ministro dell' Interne, Basilio Lascar, comunicava a tutti i Pre- fetti delle province di Romenia la notizia della composizione del gran dissidio politico ecclesiastico col seguente dispaccio circolare che riassuine in termini concisi i fasti della pace conchiusa : « La que- stione metropolitan e stata risoluta tranquillamente e all 'amiche vole.

11 Santo Sinodo, nella seduta di ieri 4 (16) decembre, ha ritirato ad unanimita di voti la sentenza pronunciata il 20 maggio (16 giugno) 1896 contro il metropolita Gennadio. II Consiglio d'accusa della Corte d'ap- pello di Bucarest ha annullato 1' ordinanza del giudice istruttore del

12 (24) novembre 1896. La sospensione del metropolita Gennadio dalla Sede metropolitana e stata tolta. II metropolita ha rassegnato le sue dimissioni, le quali sono state accettate. La tranquillita e la soddis- fazione sono generali nella capitale. »

4. Oravi dovrei parlaredell'elezionedel nuovo Metropolita di Romenia Giuseppe Gheorghian, avvenuta il 6 (18) decembre scorso. Basti il dirvi che il corpo elettorale, cui appartiene la nomina del capo della Chiesa romena, era composto di 13 prelati, 80 senatori e 133 deputati. Da cio chiaro apparisce come il supremo potere ecclesiastico non sia se non una emanazione del potere politico e secolare. Ma in Romenia credono che cio va bene, e, possiamo aggiungere, continuera ad andar bene fino a tanto che la dipendenza servile e la vacuita d'un tale ordina- mento ecclesiastico, di cui si sono avute prove cosi manifeste e cosi chiara esperienza nelle ultime vicende ecclesiastiche, non risveglino nei cuori veramente cristiani il senso della liberta di quella Chiesa che il Divino Fondatore istitui indipendente dai parlamenti e dai principati della terra.

Vi dovrei pure parlare dell' investitura solenne data dai nostro re Carlo al nuovo Metropolita, dei discorsi scambiatisi e delle ceremonie sacre compiute in quest'occasione. Ma si tratta di un re cattolico ed e una dolorosa triste impressione quella che si prova nel vederlo ese- guire siffatta parte. Meglio tacere. La dissoluzione delle Chiese bal- caniche, tutte infeudate alia politica locale di questi piccoli Stati fino a perdere 1'esistenza distinta e indipendente d' istituzioni sacre ; la confusione e 1'anarchia regnanti nel patriarcato greco di Costan- tinopoli, 1' unico vincolo tradizionale e storico che, in certo modo, rawicinava quelle chiese fra loro, aifretteranno certamente 1'ora provvidenziale del ritorno delle Chiese balcaniche alia unita. Disgra- ziatamente i sovrani ed i principi cattolici, che 1'elezione libera ha chiamato a reggere la Romenia e la Bulgaria, e che avrebbero po- tuto tanto agevolare i disegni della Provvidenza in quelle regioni, non hanno avuto il sentimento della grande missions che avrebbe potuto costituire 1'onore e la gloria dei loro principati.

Tornando allo speciale nostro argomento, aggiungeremo che i

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comment! dei nostri principal! giornali per 1'esito felice della crisi ecclesiastica romena giungono al j>iu alto lirismo della gioia e dell'esultanza. Le dimissioni di Mons. Gennadio, che hanno tolto il Qoverno da un grave impaccio, sono considerate come un'atto addirittura eroico, inagnanimo, come prova di un virtuoso e santo disprezzo dell'ex Metropolita per la gloria e gli onori del mondo. Di- cono che costui e uscito come un gigante dalla prova della tribola- zione, che il suo nome rimarra scritto in lettere d'oro negli annali della Chiesa, e ch'egli sara collocato fra i suoi piu grandi luminari per 1'edificazione del popolo cristiano. La soddisfazione poi avuta dalla pubblica opinione, la quale aveva preso le parti del deposto Primate, £ considerata, non ostante i meschini e ridicoli espedienti cui il Go- verno, i partiti e 1'episcopato hanno ricorso, come un vero e proprio triottfo spirituale della Chiesa, contro le aggression! del potere mate- riale della forza.

Ed a questo proposito, non sappiamo con quale e quanto criterio storico, la stampa pretende paragonare 1'esito delle recent! avventure serio-comiche della Chiesa romena, con i grandi esempii di resi- stenza apostolica di San Tommaso da Cantorbery contro Enrico II d' Inghilterra, di Bonifacio VIII contro Filippo il Bello ed i suoi emissarii, del Patriarca di Costantinopoli S. Ignazio contro 1'Impera- tore Michele III Yubbriaco, ed anche di Pio VII contro Napoleone I ; e cio per dimostrare che la violenza non puo nulla contro la Chiesa, la quale si appoggia nella fede del popolo. Lodevoli sentimenti, nobili esempi, ma che non hanno nulla a che fare con i casi recent! e le peripezie piuttosto comiche della Chiesa autocefala romena ! La esultanza dei nostri giornali deve essere straordinaria invero se giunge ad ingrandire la scena di questa recente commedia dal lieto fine, fino alle proporzioni di quei grandi fatti e di quei veri eroi della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana.

IV. COSE VAR1E

I. Dimostrazioni e feste a Praga e a Trieste. 2. Gli studii femminili in Austria. 3. 1 Missionarii del lavoro. 4. L'avvenire dell'elettricita. 5. II Niagara domato. 6. II movimento cattolico nell'Archidiocesi di Fermo. 7. I Minori Osservanti. custodi di Terra Santa. 8. Sta- tistica elettorale.

1. Dimostrazioni e feste a Praga ed a Trieste. A Praga, in seguito al raccostamento avvenuto fra il Baden! ed i Giovani Czech!, quest! lasciarono cadere il borgomastro (sindaco cittadino) appartenente alia

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frazione estrema del loro parti to, per fare posto ad un moderate. Cosi, come scrive il nostro corrispondente, non ci sara pericolo, che rin- novisi la scena scandalosa della passata primavera, quando in una tornata del Consiglio municipale i neoussiti si opposero, sebbene indarno, alia restituzione della celebre statua di S. Ignazio sul ponte di S. Carlo, restaurato dopo Ja sua caduta di cinque anni fa. A rifarsi di tale sconfitta i neoussiti aprirono a Praga una sottoscri- zione, per erigere un monumento a Giovanni Huss ; e si il Mu- nicipio come il Governo accordarono il permesso, che il monumento dell' eresiarca sorgesse sul piccolo « Ring » della metropoli boema ! A Trieste, il 20 del passato settembre si festeggid, con pompa straordinaria, e coll' intervento dell'Arcivescovo di Gorizia e di quat- tro Yescovi provinciali, 1' incoronazione della Madonna dei dolori, il culto della quale e profondamente radicato nei cuori del popolo trie- stino. La cricca giudaico-liberale spadroneggiante in quel Municipio vide una dimostrazione antiitaliana nella scelta del giorno 20, anni- versario della breccia di porta Pia, sebbene fosse il giorno in cui ca- deva di fatto la festa di Maria Addolorata. E per questo motive, non solamente il Municipio rifiutd di associarsi ad una festa, cui parte- cipava si pud dire tutta la popolazione, ma tento, senza pero riu- scirvi, di far proibire la processione dal Governo, col pretesto del pericolo di gravi conflitti.

2. Gli studii femminili in Austria. Nella discussione del bilancio delPistruzione il ministro Gautsch, intrattenendosi a lungo sulla que- stione degli studii femminili, rammento con compiacenza le ordinanze da lui emesse 1'anno scorso, in forza delle quali anche le donne pos- sono dare gli esami di maturita dinanzi a speciali Commissioni, e far convalidare per 1'interno i diplomi di dottoressa, rilasciati da Uni- versita estere. Promise di sciogliere quanto prima anche la questione dell'ammissione di donne ai corsi regolari delle Universita austriache, facendb largo nell'Universita anche alle signorine, le quali senza aver ottenuto il diploma di maturita, hanno pero frequentato qualche altra scuola superiore, p. e. le scuole magistral!. Ed altre belle promesse fece ancora per 1'istruzione superiore delle donne, tutte di grande conforto per 1'avvenire di quel proletariate scientifico, che va di anno in anno ingrossando le sue file con una truppa di giovani studenti, aspiranti invano ad un posto qualunque da guadagnarsi il pane. Sic itur ad astra !

3. / Missionarii del lavoro. Con tale titolo si 6 fondata non ha molto a Tarbes ne'Pirenei una societa di preti, i quali, rinunziando alia cura d'anime nelle parrocchie, col consenso del vescovo si consacrano esclu- sivamente alle opere sociali. L'abate Enrico Fontan n'ebbe 1'idea fin dal 1893 e dopo un anno la vide ridotta alia pratica. E i mezzi pecu-

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niarii per promuovere le opere? Cosa facile ! Esse si chiamano Oeuvres sodales de Saint -Antoine de Padoue, e la statua del Santo Protettore sta la in un piccolo oratorio all'ingresso della casa de' Missionarii. La gente che va e viene, si ferma a pregare, riceve grazie dal S. Tau- inaturgo e lascia elemosine sapendo che andranno tutte impiegate nelle opere sociali a bene del popolo.

Fra queste la piu importante e il Sindicato agricolo pireneo, cosa assolutamente perfetta nel suo genere, come 1'ebbe a dichiarare il sig. Bord al Congresso eattolico di Bordeaux. Vi sono ottanta agenti

0 sindici in tutto il dipartimento, che provvedono agli aftari do' con- tadini e stanno sotto la direzione de' Missionarii ; questi ne' giorni di fiera si recano or qua or la, presiedono all'officio e si mettono cosi a diretto contatto de' contadini. Hanno di piu fondato un gran numero di Casse rural! secondo il sistema Raiffeisen, unite tra loro per mezzo di una Cassa centrale a tine di facilitare i prestiti. II bene che ne ottengono i contadini e irnmenso. Nel piccolo villaggio di Sabalos la c-assa rurale non ha che 17 socii, perche solo 17 sono le famiglie del luogo, e nondimeno ha gia toccato in operax-ioni la cifra di 20,000 franchi.

Oltre il sindicato agricolo e le Casse rurali, la Societa de' Missio- narii creo pure il Sindicato comunale per I'industria agricola ; cioe le Casse rurali danno i fondi necessarii per 1'acquisto delle macchine agricole piu perfezionate, le quali poi servono a tutti i socii del sin- dicato.

Siccome poi il paese non & soltanto agricolo, ma in parte indu- striale, i Missionarii del lavoro fondarono Casse operaie ad imitazione delle Casse rurali Raiffeisen. L'esperimento riusci benissimo.

Per ultimo i Missionarii hanno aperto a Tarbes un circolo di studii sociali a comodo del clero. Quivi i preti si raccolgono insieme a con- ferenza, e poich& in Francia tutto si fa a maniera di opera, hanno a loro sussidio due opere eccellenti : YOeuvre des Revues e 1' Oeuvres des Livrzs, con le quali, senza spendere un soldo, si trovano associatr a tutti

1 principal! periodic! e ricevono tutte le piu important! opere ch'escono dalla penna degli scrittori cattolici.

Questi sono i mezzi che la nuova Congregazione adopera, ma il fine suo e 1'Apostolato del Vangelo, cio& condurre a Dio le anime e risanare le profonde piaghe che logorano la societa presente per avere abbandona'to Iddio, le sante massime della fede e la pratica della cri- stiana virtu.

Tanto abbiamo raccolto dalla Democratie chretienne dell'ottobre 1896, che consacra ai Missionarii del lavoro uno studio accurate ed importante.

4. L'awenire dell' elettridtd. II noto inventore americano Edison ha conferito con il corrispondente di New York del Daily Telegraph sullo stato e sui progress! della tecnica elettrica; ed & assai interessante

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di conoscere quel che ne pensa il grande inventore. Naturalmente, 1'animoso yankee attende ancora grand! cose dalla elettricita, special - mente se, esaurite una volta le grand! miniere di carbon fossile, si dovra cercare altre sorgenti di forza motrice. Edison giudica attuabile 1'idea proposta da Giovanni Erickson, di trasformare in tanta forza motrice il calore del sole nei paesi tropicali; secondo lui, gli specchi solari parabolici potrebbero produrre in quelle regioni un' accumula- zione straordinaria di calore che poi dovrebbe servire per un'analoga accumulazione di elettricita. Sembra che in genere Edison consideri il perfezionamento degli accumulated elettrici come una condizione necessaria per il progresso delle varie applicazioni della elettricita : raggiunto quel perfezionamento, sara sicura e generale la vittoria della elettricita sul gaz e sul vapore:

Edison ha minor fiducia nell'applicazione dell'altro progetto di trasformare in elettricita la forza prodotta dal flusso e riflusso della marea : egli dice esser cio praticabile ne' paesi ove la marea e alta ; ma dove essa non si alza oltre i cinque piedi, 1'applicazione coste- rebbe troppo : questo e il criterio fondamentale per trattare il pro- bleraa. In simil guisa, egli dice, van considerati i progetti per uti- lizzare la forza che si sviluppa dalle cascate e dal corso dei fiumi ; se la forza non e considerevole, non si ha il tornaconto di ten tame 1'applicazione alia elettricita : ed egli adduce in esempio la cascata del Niagara la quale, nonostante 1'altezza di quella, e stata con grave dimcolta, applicata dalle perfezionate macchine moderne. Per questo si fa sempre piu urgente il bisogno di migliorare ancora le macchine stesse, specialmente riguardo alia perfetta combustion'e della materia a cio destinata.

Quanto alia forza del vento, Edison e sicuro ch'essa potrebbe di- ventare una buona sorgente di elettricita nei paesi ove tirano i venti monsoni per un considerevole spazio dell'anno. Molini a vento per produrre elettricita vennero costrutti nell'Jowa e nei Dakata (Stati Uniti) dove un vento forte spira per piu di una meta dell'anno : meno vantaggioso riuscirebbe il tentative nelle nostre latitudini ove troppo spesso cambia la ventilazione.

Edison dubita che possa riuscire il tentative di adoprare per la elettricita il calore dell' interno del nostro globo : per ora non c'e da nutrire molta speranza. Qua e la si adoperano per sviluppare le elet- tricita le sorgenti termali, come si e fatto a Yellowstone e nella Flo- rida (Stati Uniti) dove un pozzo artesiano produce la forza bastante per due deposit! elettrici.

Interrogate poi sui tentativi per inventare una macchina che servisse a volare, Edison ha risposto ch'egli crede possibile di riu- scirvi, purche si riesca ad ottenere la elettricita direttamente dalla

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combustione del carbon fossile, e quindi senza la macchina a vapore : egli aggiunse di aver fatto degli esperimenti in questo senso, ma flnora senza risultato.

5. // Niagara domato. Buffalo, 1' industriosa citta americana, capo- luogo della contea d'Erie (Stato di Nuova York) spera di diventare la prima citta degli Stati Uniti. Fra un decennio ella che oggi conta 300 mila abitanti, conftda di poter raggiungere il milione e mezzo di che si vanta Chicago; allora Buffalo, la regina dei laghi, non sara piu a mezzogiorno del lago Michigan, ma a cavaliere sui due grandi laghi Ontario ed Erie : tutto questu perche si e alfine riusciti a domare il terribile Niagara.

Resa docile, la immensa cascata lascia finalmente sfruttare la sua forza gigantesca della quale la citta di Buffalo e stata la prima ad approfittare. Una dopo 1'altra, le sue grandi Compagnie dei tram si sono associate alia nuova Societd idraulica del Niagara, rendendo me- ravigliosamente rapido, esatto ed a buon mercato il servizio di circo- lazione. La dove si spendeva il 70 od il 75 per 100 delle entrate per mantenere il servizio delle linee, senza riuscire ad accontentare il pubblico, oggi basta il 40 od il 45 per 100; il numero delle vet- ture del tram e diminuito, ma le corse sono piu frequenti perche assai piu rapide; dalla qual cosa e derivato un importantissimo vantaggio economico ed igienico, imperocch& i sobborghi distanti un quarto d'ora dalla citta, merc& quelle corse rapide ed a buon mercato, hanno, per cosi dire, perduto il disagio e il perditempo della distanza : ed oggi essi possono considerarsi come una parte della citta estenden- tesi tutto all' intorno per uno spazio di dieci chilometri : in tal guisa la popolazione pud godersi 1'aria aperta dei sobborghi, ea i proprie- tarii di quei terreni fanno adesso affari d'oro.

Buffalo ha luce elettrica ottenuta con la cascata del Niagara ; ed il municipio ha potuto ottenere un eccellente servizio d' illuminazione ad un prezzo assai basso. La forza motrice si distribuisce a domicilio in quantita, grande o piccola, secondo il bisogno de' committenti ; ed intanto la grande e fiorente industria che si svolge attorno alia ca- scata, producendo il carburo di calcio per 1'acetilene e 1'alluminio per la nuova metallurgia, finira col raggiungere la citta vicina. Percio tutti sperano in un- sempre piu florido avvenire; ed il passato ed il presente incoraggiano queste speranze : di gia, Buffalo e diventato un centro commerciale di prim'ordine e, come dicono, la chiave dei grandi laghi : tutto ci6 che entra nelle loro acque, deve pagare il tribute d'altronde assai leggero alia guard iana degli sbocchi commercial! di quei laghi. Infatti presso di lei si attacca il canale dell' Erie che correndo a levante raggiunge, dopo molte chiuse, 1' immensa baia d'Hudson : opera gigantesca che per un terzo di secolo tenne in agi-

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tazione gli animi, ed alia quale le ferrovie, sopravvenute all'indo- mani della sua inaugurazione, poterono diminuire 1' importanza, ma non toglierla ; e tuttora il canale rende grand! servizii, non ultimo quello di porre un freno alle pretese delle societa ferroviarie che deb- bono limitarle per non veder preferita dal commercio la via del ca- nale alia via f errata.

6. II movimento cattolico nett' Archidiocesi di Fermo. L'archidiocesi -di Fermo e a tal punto nel risveglio cattolico di questi ultimi tempi da non vergognarsi ornai di stare a fronte delle Diocesi piu attive, sia per le opere cattoliche che gia in essa si ammirano fiorenti, sia pel presentimento deH'ottima riuscita di quelle cui si sta ponendo mano con tutta energia.

Di cio mena il vanto principale il periodico fermano « La Voce delle Marche » che, sorta per impulse e cogli auspicii dell'Episcopato Marchigiano unito a Fermo in congresso nel novembre 1891, vive da sei anni vita prospera diffondendo in tutta la regione, ma in ispecie nella vasta Archidiocesi, i primi semi che ora producono frutti ab- bondanti.

Non sono poche le Societa ed i Circoli cattolici costituitisi in varii punti ; e nella stessa Fermo la gia esistente Societa Operaia Catto- lica S. daetano ha preso uno svolgimento tutto acconcio ai tempi che <jorrono, mentre nella vicina citta di Pausola il Circolo Operaio S. Pietro ha aperto un opificio di calzoleria assai importante.

Ma cio che spinge i cattolici a un'azione fervida e ripromettente. •e stata la recente costituzione del Comitato Diocesano dell' Opera del •Congressi e Comitati cattolici in Italia, sorto cogli auspicii dello ze- lantissimo Arcivescovo Mons. Roberto Papiri : poiche subito si e dato mano con buon esito alia costituzione dei Comitati parrocchiali e della Sezione-Giovani che sta organizzando un Circolo della gioventu cat- tolica e le scuole di religione, mentre d'altra parte si lavora nell'edu- care i figli del popolo colla Scuola degli Artigianelli immedesimata nell'Oratorio Festivo.

Ne in questo salutare risveglio vien trascurata la parte economical poiche da oltre otto mesi agisce in Fermo una Banca Popolare Cat- tolica con un crescendo veramente ammirabile : le prime due Casse Rurali sorte nelle Marche fioriscouo appunto nell' Archidiocesi di Fermo, colla sicurezza di possederne in breve delle altre trattenute ancora da non lievi difficolta: la Tipografia E. Mucci, puramente cat- tolica, e omai divenuto uno stabilimento importantissimo sia pel nu- mero degli operai, sia per i lavori che eseguisce : finalmente il co- stituirsi dell'Unione Cattolica-Agricola del Piceno a Fermo, dal IY° Oongresso Cattolico regionale, recentemente tenuto in Ancona, dichia- rata Sezione del Comitato Regionale, addimostra la diligenza che hanno

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qnei bravi cattolici nel cooperare anche per il miglioramento eeono- mico del paese.

7. 1 Minori Osservanti, custodi di Terra Santa. I Religiosi, che compongono attualmente la Custodia di Terra Santa sono in numero di 442, cioe: Sacerdoti 186, Chierici professi 28, Chierici novizi 4, Laici professi 169, Laici novizi 7, Terziarii 35, Postulanti 13. Essi appartengono a tutte le nazioni del mondo, e nella S. Custodia dimo- rano in 49 luoghi. I limiti estremi della Custodia di Terra Santa sono Costantinopoli e Porto Tewzik sul golfo del Mar Rosso ; e coinprende 1'Egitto, la Giudea, la Galilea, la. Fenicia, la Siria, 1'Armenia, la Tracia e Pisola di Cipro. L'attuale Custode 6 il Rev. mo P. Aurelio da Buia dell'Oss. Provincia veneta.

8. Statistica elettorale. E tolta dall'ultima pubblicazione fatta in questi giorni dalla Direzione Generale della Statistica del Regno d' Italia.

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Piemonte

3,307,532

345,783 10.45

492,772

14.90

198,205 315,874

Lignria

970,634

105,678 , 10.89

140,663

14.49

49,048 , 79,681

Lombardia

4,007,355

36K.963 9.08

481,116

12.01

180,485 296,093

Veneto

3,061,167

234,314 ( 7.65

299,377

9.78

108,104 176,235 '

Emilia

2,283,228

160,511 7.03

204,968

8.97

»3,141 113,767

Toscana

2,303,224

196,989 8.55

238,277

10.35

118,295 143,181

Marche

971,340

66,724 i. 6.87

83,354

8.58

40,219 49.279 ;

Umbria

602,634

51,736 | 8.58

60,451

10.08

30,464 36,585

Roma

1,010,933

62,831 . 6.22

88.490

8.75

38,740 ; 54,917

Abruzzi e Molise

1,379,559

73,333 5.32

94,762

6.87

50,286 65,193

Campania

3,111,645

156,809 5.04

1!»8,580

6.38

111,456 i 141.271

Puglie

1,835,100

95,13t!

5.18

115,754

6.31

67,085 78,256

Basilicata

545,034

21,4.r,7

3.94

28,725

5.27

13,875 20.148

Calabrie

1,832,521

65,198

4.89

89,248

6.70

44,977 i 58,696

Sicilia

3,444,394

127,754

3.71

153,722

4.46

87,135 ; 103,521

Sardegna

746,307

30,938

4.15

44,659 ,

5.98

19,851 j 29,433

Begno

30,912,607

2,159,214

6.98

2,814,918 i

I

9.11

1,251,366 1,762,081

L'EUROPA

E LA QUESTIONE DI CANDIA

I.

I fatti delP isola di Greta diedero pienamente ragione, nel febbraio, a quello che noi dicevamo nel primo quaderno del gennaio di quest'anno.

In un articolo intitolato: YEuropa al principio del 1897, dicevamo che da un momento all'altro potrebbe scoppiare una guerra terribile, ed era un fatto diraostrato che la triplice e la duplice « non sono solido baluardo di pace * ». Orbene ecco, per 1' insurrezione dei cristiani di Greta contro il domi- nio turchesco, divenuto in questi ultimi tempi intollerabile, le sei Potenze principali d'Europa raccolte nelle acque di quel- 1' isola, bombardare il campo cristiano di Akrotiri, dichiaran- dosi costrette a tanta crudelta dalla necessity di prevenire una conflagrazione europea, diversamente inevitabile. Altri ag- giungono, che vi eran tenute in virtu dei trattati, onde avevano guarantita la integrita territoriale dell' Impero ottomano. Ad ogni modo, quale conferma delle nostre considerazioni, pronta e senza replica !

Noi riflettevamo in quell'articolo, che gli interessi diversi ed opposti tolgono ad entrambi i gruppi d'alleanze ogni omo- geneita e quindi ogni stabilita, spingendo ciascuno degli al- leati a cercare nell'altro gruppo quelle guarentige che non trova nel proprio. Or cio appunto e venuto a dimostrarsi con

1 y«di la Civilta Cattolica, Quaderno 1117, pagg. 10-11. Serie XVI, vol. IX, fuse. 1122. 41 9 ma*-zo 1S97.

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chiarezza meridiana, per gli eventi cretesi o candiotti ; giacche, a cagione appunto di quella differenza e contrariety d'inte- ressi, il famoso assetto delle alleanze, vantato per incrollabile, fu in vista di tutti ad un pelo di sfasciarsi; 116 ora, mentre scriviamo, puo tuttavia affermarsi con piena sicurezza che il pericolo ne sia di molto allontanato.

La Germania, gi£ perno della triplice, essendo meno di tutte le altre grandi Potenze impegnata nelle cose d'Oriente, lancio la proposta del blocco del Pireo, che avrebbe assolu- tamente impedita ogni azione della Grecia in Candia. Ma trovo dispostissime a secondarla la Russia e 1'Austria, non F Inghil- terra, che, per la sua preponderanza nel Mediterraneo, mal •offre in esso degli incoramodi competitor!; e per la comu- nione dei vantaggi e la speranza di rincalzi marittimi, alFIn- ghilterra si affretto di aderire F Italia, rimanendo la Francia incerta tra le sue mire particolari ed il pericolo d' essere separata dalla Russia. In questa occasione apparve piii che mai il contrasto tra gli interessi francesi ed i russi, nella que- stione della Turchia : onde il raffreddamento, gik prima a qual- che sintomo manifestatosi tra i due alleati, parve un istante aumentarsi, colla minaccia d'una alleanza nuova, quella dei tre Iraperi, da cui sarebbe forse provenuto F isolamento della Re- pubblica.

Ma il disegno del blocco svani; mentre, per non saper che fare di meglio o di peggio, le Potenze si accordarono nel gran- dinare di obici gl'insorti cristiani, facendo da gendarmi al Turco, e nell'intimare all'audacissima Grecia di abbassare le armi, sotto pena, ove non ubbidisse prontamente, d'andare sfra- cellata dalle armi congiunte dell'Europa.

Le Potenze, per difendere in qualche modo il proprio ope- rare, dissero bensi che la Grecia era ribelle alia volonta della Europa. Ma esiste in realtk un diritto delF Europa, a sovra- neggiare dispoticamente una Potenza indipendente, come la Grecia? Ben phi: vi era veramente una volontk delF Europa, cio& a dire un programma concreto, risoluto, preciso delle grandi Potenze? Gi e lecito dubitare del supposto dirjtto, e

E LA QUESTIONS DI CANDIA 643

della pretesa volonta comune alle Potenze. Anzi tutto incliniamo a credere che non vi fosse ne 1'uno ne Taltra ; e che le Po- tenze, non riuscite ad intendersi in un concetto d' azione, si ap- pigliassero intanto al partito niente rischioso, ma non assistito da chiaro diritto, di schiacciare gl' insorti cristiani e la loro minuscola protettrice, la Grecia, prendendo cosi tempo a de- cidere e procrastinando, se non frastornando la guerra.

Lord Salisbury, nella comunicazione fatta trasmettere alia stampa dal Foreign Office, diceva apertamente che, prima di. accedere al blocco del Pireo, avrebbe voluto conoscere le in- tenzioni delle Potenze riguardo al future assetto della Grecia; ed anche il Marchall dichiarava il 22, un giorno dopo il bom- bardamento, al Reichstag germanico, di non essere in grado di nulla riferire intorno alle trattative corse tra le Potenze. L' Italia, ben inteso, ne sapeva meno di tutti; e pero ci mando a dire dall'Agenzia Stefani, che erasi contentata di tenersi di amore e d'accordo cogli altri Governi. Soltanto il ministro francese degli esteri Hanoteaux parve affermare alcun che di piu precise, assicurando la Camera, sconvolta per il bombar- damento d'Akrotiri, che Greta otterrebbe una autonomia in tutto simile a quella data fino dal 1832 all'isola di Samos, ossia, in sostanza, che sarebbe eseguito il disegno messo innanzi dal primo Ministro inglese lord Salisbury.

II.

Da tutto questo intricatissimo imbroglio, da tutto questo buio pesto non risulta chiaramente, secondo noi, che una cosa sola, vale a dire, che le cosi dette grandi Potenze della colta e ci- vile Europa fecero confessione pubblica e solenne d'assoluta impotenza. In questa umiliantissima confessione la Germania, gia tanto orgogliosa del suo primato militare, ando innanzi a tutte, tirando dall1 ' Imperatrice Augusta le prime bombe con- tro i fianchi dei cristiani, che di fronte sostenevano intanto un terribile combattimento di resistenza alle fucilate e canno-

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nate dei turchi. I quali ultimi, giusta le dichiarazioni del De- lyannis alia Camera ateniese, sarebbero stati i provocatori. Tennero dietro Inghilterra, Russia, Austria con granate del pari cristiane ; mentre 1' Italia e la Francia, non potendo spa- rare per la casuale posizione delle loro navi che non erano a portata di tiro, facevano da testimoni. Una crociata in re- gola del mondo cristiano, non piu contro il Turco, in favore della civilta cristiana, ma contro i cristiani, in favore della incolumit& dell' Impero turco, per paura che questo, sfascian- dosi, seppellisca 1'Europa sotto le sue rovine!

Gonfessione d'impotenza sbalorditoia davvero, fra tanto pom- peggiare d'eserciti formidabili, tirati all'ultima perfezione del- 1'armamento e della strategia, e in tanto strombazzare d'invinci- bili alleanze! Di fronte a tale spettacolo, non par piii del tutto fuor di luogo nemmeno la tronfia rettorica del Carducci, ful- minaate « questo carnevale di vigliaccheria che debacca alto e basso in Europa », e sentiamo tutta la veritk dell'esclama- zione angosciata dello Scarfoglio, nel Mattino : « Ahi qual vento di ruina soffla su questa putrida Europa ! »

L'esclamazione dello Scarfoglio rimarrebbe sempre vera, anche se non si potesse comprovare coi fatti 1'ipotesi, da lui e da altri accolta, che Tatteggiamento delle Potenze riguardo a Greta 6 determinate soprattutto da ragioni di alta banca, ed imposto dai sovrani della mammona. VAvanti metteva in vista un po' di retroscena, affermando che il direttore della banca ottomana, sir Edgard Vincent, « pesa nei destini dell'Europa capitalista, piu che tutto il patriottismo greco e il cristianesimo romano e I'umanitk dei comitati sentimentalmente fllelleni>; perchfe i portatori della rendita greca e i portatori della ren- dita turca, che sono molti e potenti, congiurano con lui e per lui a Berlino, a Londra, a Parigi, allo scopo di mantener viva la Turchia, donde debbono trarre i coupons, e anon spossare del tutto la Grecia a cui cominciarono a prestar denari flno dal 1832 *. II che, se fosse vero, avrebbe mille ragioni lo Scarfoglio di

1 Vedi i numeri 59 e 62 delVAvanti!, di Roma.

E LA QUESTIONS DI CANDIA 645

bollare imperatori e re di corona, i quali « abbassano il capo e la spada davanti ai borghesi creditor! di tutti gli Stati er per difesa delle cedole variopinte che questi levano in alto gridando e gemendo, assassinano il popolo che, ributtando i Persiani oltre 1'istmo di Corinto- e il mare Egeo, salvo FEu- ropa dall'invasione asiatica l. »

Ma vogliamo ammettere che queste sieno in parte esage- razioni dei socialisti, interessati a sguinzagliare contro la bor- ghesia, ora padrona del mondo, il proletariate internazionale d'Europa, sofflando nell'incendio ed attizzandolo, com^e con molta franchezza confessava VAvanti. Non riesce pero meno umi- liante, sotto parecchi altri riguardi, lo sconcerto delle Potenze europee, con forte linguaggio messe in istato d'accusa pur dal Corriere delta Sera, che trasse in impaccio la ministeriale Opinione, la quale non seppe uscirne altrimenti, che balbet- tando esservi « diflerenza tra scrivere una lettera ai giornali e scrivere una Nota alle Potenze 2 ».

C'e differenza, manco male, e molta altresi, se volete ; ma la questione non e qui, bensi nel vedere se i biasimi, mossi in una lettera ai giornali contro le Note e le trattative e le conclusioni dei diplomatici e delle loro rispettive Potenze, sono fondati. Or nulla ci sembra piii fondato di quel che il Revel scrivevaal prefato Corriere: ediciam di lui, solo per nominar qualcuno, non perche egli sia stato 1'unico o il piii illustre o il primo a convenirne. I Governi europei, nell'affare di Candia, si lasciarono anzitutto signoreggiare dalla paura, poi si rego- larono soltanto a norma di egoismo, di gelosia, di superbia e di vani riguardi.

III.

Per la paura non vi puo essere dubbio veruno; giacche in tutte le manifestazioni ufflciali ed ufflciose di questo primo pe- riodo della insurrezione cretese, sino al punto in che scriviamo,

1 II Mattino, di Napoli n. 54. * i: Opinione del 19 febb. n. 49.

646 L' EUROPA

1'argomento principalissimo, se non unico, venuto fuori, della condotta delle Potenze e stato la paura di una guerra. Anzi la stampa assoldata di tutti i paesi, e quella della Germania in- particolare, con un proprio carattere di durezza e quasi di cinismo, si diede ad amplilicazioni asiatiche, per far passare il brivido dei governanti nelle vene dei popoli, rappresentando la piccola Grecia qual provocatrice nientemeno che del soqquadro- immanchevole deU'Europa.

UOpinione, fra noi, non fece certo che battere sempre questa medesima solfa; ed ora riferisce con evidente compiacenza im brano del Journal des Ddbats del 23 febb., dove si nota Tiden- tita dei discorsi pronunziati a Parigi, a Berlino, a Londra, dai ministri, nei rispettivi Parlamenti, e si pronostica che sarebbe stato probabilmente lo stesso a Vienna ed a Roma, se i Par- lamenti d' Austria e d' Italia non fossero sciolti o prorogate a cagione di prossime elezioni; si sarebbe ciofe detto ai deputati italiani ed austriaci quel che si ripet6 su tutti i toni agli altrir aver le Potenze avuto una paura matta della guerra europea.

Ebbene noi avremmo agevolmente capito, che le Potenze aventi un cospicuo numero di sudditi maomettani, come la Francia e 1'Aastria, fossero venute a dirci che non potevano prender parte attiva e vigorosa contro 1'impero del Sultano, per non sollevare nei proprii Stati un'insurrezione disperata dei fanatici seguaci della mezzaluna, con grave pericolo di in- teriori gravissimi contraccolpi. Ma noi non intendiamo che tutte le grandi Potenze d'Europa ci diano, per motivo della loro crociata a pro del Turco, la paura d'una conflagrazione euro- pea, ovvero lo intendiamo troppo.

Diciamo prima di non intenderlo, e la ragione ne e il contrasto troppo aperto ed assoluto con tutto quello che i Governi delle stesse grandi Potenze ci vollero far crede- re flnora intorno ai motivi, alle tendenze, agli effetti della Triplice alleanza prima,e poi della Duplice che le fu contrappo- sta. Ci assordarono le orecchie colla ripetizione costante del medesimo ritornello: la triplice guarantisce la pace dell'Europa, la duplice la ribadisce e la consolida; di guisa che, posti quei

E LA QUESTIONS DI CANDIA. 647

•due capisaldi, e impossibile lo scoppio d'una guerra tra i mag- .giori Potentati. E i popoli delPEuropa, e in particolar modo T Italia, furono trascinati a gravarsi di debiti, a pagare dazii •e balzelli superior! di gran lunga alia loro potenzialita tribu- taria, a rovinarsi, in una parola, sempre in nome della pace, •e coll'assicurazione che la pace non potrebbe cosi per lunghi anni e per qualunque evento essere turbata. Allasolenne pro- messa posero i Monarchi piu e piu volte il suggello della loro parola da re.

Or ecco, alia prima occasione che nasce di vedere quelle incrollabili guarentige di pace alia prova/lei fatti, giacche prima non erasi mai trattato che di chiacchiere, ne mai le alleanze eransi sperimentate con altro che con feste spettacolose di So- vrani, riviste, parate e complimenti; ecco, diciamo, la bella prima volta in cui bisogna far davvero, che tutte le alleanze •c le guarentige di pace non valgono piu nulla, e poniam pure # malincuore, le Potenze debbono unirsi a sostenere anche colle bombe il Turco, per evitare di venir subito alle mani tra loro, sbranandosi in una guerra, della quale e impossibile calcolare 1' immanita e Fesito. 0, francava proprio la spesa di tanti miliardi per cosi bel frutto e i popoli d'Europa e gli ita- Jiani piu di tutti possono andar lietissimi del comun fallimento morale, militare, e flnanziario, che loro ha procacciata la oloria di tener il sacco ai bombardatori d'Akrotiri !

IV.

La ragione dunque, che si reca, d'un fatto tanto fleramente offensivo dei sentimenti cristiani, ricade tutta a biasimo gravis- simo della diplomazia europea, mettendone a nudo Finsipienza e Timpotenza, pagate dai popoli cosi caro. Percio dicevamonella seconda parte della nostra alternativa, d'intenderla troppo! Am- mettiam pure che il moto dei greci di Candia sia contagioso per la Macedonia ed anche per le nazionalita bulgara, serba, rumena degli Stati balcanici, ardenti delle proprie rispettive unita. Notia-

648 L' EUROPA

mo per6 di passaggio, che la questione del candiotti e un po' di- versa; giacche non presenta solo 1'aspetto della ricostituzione nazionale, ma quello altresi della liberazione dal giogo musul- mano, sotto il quale ultimo riguardo le Potenze possono pren- derne le difese senza grave pericolo.

Ma poi e ben sicuro che la repressione violenta dei can- diotti e della Grecia loro alleata, a cui le Potenze si appiglia- rono, sara mezzo efficace a prevenire i temuti ribollimenti degli Stati balcanici? Se dovessimo giudicare dai preparativi bellicosi di quei popoli, di cui i giornali ci recano quotidia- namente le novelle, opineremmo che no. E allora perchfe oltrag- giare tanto crudelmente la civilta cristiana, con una difesa armata e sanguinosa dell'islamismo, nell'atto che questo ma- cella nuovi cristiani, coll'armi ancora tinte di sangue di altri trentamila testfe sgozzati? Ad ogni modo crediamo che Stati minuscoli, come quelli, sarebbonsi potuti tener al dovere dal concerto di tutte le grandi Potenze d' Europa, se esso fosse stato, qual si diceva, cosi solida ed incrollabile guarentigia di pace : crediamo che neWegoismo, gelosia e superbia delle stesse grandi Potenze, come disse il Revel, si debba cercare il motive vero della temibilita dei moti di Macedonia, della Bulgaria e della Serbia, onde fu dato motivo all'intervento dei cannoni e dei fucili cristiani contro altri cristiani. Laonde la ragione addotta accresce, non diminuisce in questo caso, il discredito delle Po- tenze.

Per chi ragiona non e dubbio, che dietro alle modeste na- zionalita balcaniche bisogna cercare, come e stato sempre nella intricata questione d'Oriente, la mano della diplomazia europea, che tutto imbroglia e sconvolge, e non per altro veglia con tanto zelo al mantenimento della Turchia se non perche le Po- tenze la vorrebbero per se. Anzichfe divenga preda esclusiva dell'una o delPaltra Potenza cristiana, la diplomazia preferisce che 1'Impero del Gran Turco, e specialmente Costantinopoli, chiave dei continent!, non sia di alcuno.

Gerto non e da augurare che quest' eredita cada in mano della Russia. Ma dubitiam forte, pur troppo, che questa sia

E LA QUESTIONS DI CANDlA 649

per essere un di o Paltro la vera soluzione; perche i gretti istinti deila diplomazia moderna, intesi soltanto alle soddisfazioni material! ed ai guadagni visibili e reali del momento, senza nessuna aspirazione a grandezze ideal! e soprattutto senza ispi- razione alcuna di vera religione, condussero la Russia scisma- tica ad essere 1'arbitra delle sorti d'Europa. Intanto la Russia si arma in guisa formidabile alle porte di Costantinopoli, pronta a piombarvi dentro, come prima gli sconvolgimenti le for- niscano il pretesto di andarvi a rimettere Fordine, senza 1' in- commodo aiuto di Potenze rivali. L'Austria-Ungheria, dicono, si contenterk d'avere in ricambio un'estensione di territorio sino a Salonicco, acconciandosi a divenire Potenza orientale; e la Germania, lietissima d'afferrar sola lo scettro della stirpe te- desca, terrk bordone proclamando, come fa ora, ad alta voce il diritlo delle genii.

V.

Noi non siamo arrivati a capacitarci di questo diritlo delle genii, scappato fuori con tanto strepito in occasione delFaudace tentative della Grecia a favore dei cristiani di Candia, che in- sorsero per iscuotere la tirannide islamitica.

La Grecia, mandando nell' isola il colonnello Vassos con un piccolo corpo d'esercito a rinflanco di quei cristiani, senza aver fatto a Costantinopoli previa dichiarazione di guerra, violo senza dubbio una formola espressa e precisa degli statuti in- ternazionali. Ma da cio alia violazione del diritto delle genti, confessiamo di ravvisare nel caso presente una bella distanza. E ne diremo la ragione.

II diritto delle genti e naturale o positivo. Or bene, per diritto naturale ci sembra che i cristiani di Candia, nelle estre- mita a cui erano ridotti di assalimenti continui, di stragi, d' in- cendii, di barbarie dei mussulmani, non trattenuti ma anzi inco- raggiati dalle autoritk turche, non possano almeno evidente- mente chiamarsi rei d' aver perduta la pazienza, e tentato un colpo risolutivo per difendere vita ed averi ; sicuri come erano dell' aiuto della Grecia vicina, domestica di religione e di sangue, e probabilmente fldenti nella protezione dell'Europa cristiana.

C50 L' EUROPA

La Grecia, correndo al soccorso, compiva un' opera non con- (raria al naturale diritto delle genti, anzi per se a quello con- sentanea.

Diciamo per se, giacche noi condanniamo il diritto d'an- nessione per puro pretesto di nazionalita, ed il diritto d'in- sarrezione per sola vaghezza d'indipendenza. Ma 1' Europa,. che pure questi falsi diritti ammise da un pezzo nel suo giure internazionale e li pralico, come rinfaccia ora alia Grecia la- violazione del diritto delle genti ? Pure cio passi, giaccbe siamo nel mero diritto naturale. Era pero sempre in potere- dell' Europa di contenere i moti di Candia dentro i termini dell'autonomia dal Turco, impedendo 1'annessione dell' isola alia Grecia. Perche prefer! invece di sparar contro i candiotti i suoi cannoni?

La Germania, in nome dell' Europa, risponde che la Grecia avea violato il diriUo delle genti. Or se per questo diritto s' intenda il diritto positive, noi potremmo ricordare che il dirit- to positivo delle genti cristiane, ossia, che e tutt'uno, delle genti civili, considero per tanti secoli i mussulmani come esclusi dalla tutela di tale diritto.

Questo, dirassi, or non e piu, perche 1'odierno diritto, reg- gentesi sull'equilibrio europeo, pone anzi rintegrita della Turchia a fondamento necessario di stabilita delle buone rela- zioni internazionali.

Non neghiamo. Cosi e di fatto: ma resta a vedere se e bene che sia cosi, e se un fatto simile meriti d'essere elevato alia nobilta ed al titolo di diritto delle genti cristiane. Per noi e per quanti sono uomini al mondo, piu solleciti della verita che del tornaconto, quella negazione d'ogni concetto di vita civile e di vita cristiana, che e il maomettismo, dovrebbe sparire dalla faccia dell' Europa. Per conseguenza sol quando quests santa e solenne giustizia sia compiuta, noi diremo resa nella- questione d' Oi iente debita ragione al diritto delle genti cri- stiane, quale storicamente si dovrebbe concepirlo e quale dl fatto anche attualmente esso e sentito dai popoli; siccome ne- d^nno fede le manifestazioni pressoche unanimi della stampa*

E LA. QUESTIONE DI CANDIA 651

«uropea, cosi cattolica come liberate, per tacere di voti e proteste pubbliche, che, mancando troppo spesso di gravita, non meritano che se ne tenga conto.

In tali manifestazioni si mescolano pur troppo e si agitano anche le passioni di parte, le massime perverse del liberalismo •e delle sette ; e ne scapita percio agli occhi di molti la causa di Greta, anziche vantaggiarsene. Se non che allo sguardo -sintetico di chi voglia farsi giusta ragione dello stato degli .animi nella presente controversia, non puo sfuggire quello che ha il punto coraune di riunione di tanti cosi opposti par- titi fra loro e colla generalitk dei cattolici. Indubitatamente esso e la necessitk, da tutti sentita e da tutti proclamata, che la mezzaluna esuli dall' Europa, dove dopo tanti secoli non solo non profltto nulla della civiltk cristiana, ma non fece per con- verso che inverminire, ad ignominia eterna della tolleranza dei nostri Governi.

Non e questo, no, come piacque ad alcuni ufflciosi di scri- •verne, un sentimentalismo ignaro delle convenienze diploma- tiche e politiche; ma ragionata convinzione della coscienza cristiana dei popoli, i quali intendono benissimo che, essendo .il Turco ostinatamente rimasto fino ad oggi quello che era, aborrente da ogni riforma di quelFanticristianesimo, che ne e Pessenza, non puo essersi mutata a suo riguardo 1'antica ragione sostanziale del diritto delle genti cristiane. Che se Parlamenti e Governi la pensano altrimenti, ed a difesa del- T integrita ottomana invocano non sappiamo quale lor proprio diritto delle genti, cio non puo addursi tutt'al piu che come una nuova riprova di quel che da tanto tempo si va da ogni parte .lamentando : essere Governi e Parlamenti ben altra cosa da quel che pretendono essere, non, cioe, i rappresentanti dei po- poli e gl'interpreti dei loro pensieri e voleri, ma i dispotici .-esecutori d'una autocrazia oligarchica d'interessi e di teoriche.

652 L' EUROPA

VI.

Nel resto, quale confutazione del preteso diritto delle genti, invocato per la integrita dell'odioso impero della mezzaluna, potrebbe recarsi piu stringente della fatta nel corso di oltre mezzo secolo dalla diplomazia europea medesima? II Conte Benedetti, nella introduzione che sulla questione orientate premette al suo recentissimo Saggio diplomatico, osserva al proposito nostro, che per la forza delle cose nessuno degli impegni presi dalP Europa, in favore dell' integritk territoriale dell' Impero ottomano, fa giammai mantenuto.

Anche dopo le sanguinose separazioni della Grecia, della Ser- bia, della Bulgaria, del Montenegro, continui strappi si vennero facendo all' impero turco dalle Potenze, che nel 1841 riconobbero al vicere Mehemet All il possesso reale dell'Egitto, nel 1856 nel Congresso di Parigi eressero il regno di Rumania, e nel Congresso di Berlino del 1878 tolsero alia Porta la Bosnia e 1'Erzegovina per darla all'Austria, consegnarono Cipro all' In- ghilterra, e sotto pretesto di una rettiflcazione di frontiere dilatarono, a danno del Turco, la Grecia. Con tali commentarii, scritti e sottoscritti di mano propria dalle Potenze europee,. secondo le opportunity le cupidige, gF interessi politici d' ogni ora e d' ogni momento, che cosa diviene Podierno diritto delle genti, che si dice essere succeduto al diritto antico delle crociate,. dei Principi cristiani, della Repubblica veneta, dei Papi, del mondo cattolico intiero, proclamanti la cacciata del Turco dalla cristianitk ? Noinonvediamo davvero altra differenza che questa : P antico diritto voleva smembrare la Mezzaluna, a profltto della civilt^ ed a gloria spirituale della Croce ; il nuovo intende di smembrarla, a beneflcio temporale dei Potentati piu scaltri o piu soverchianti.

Al che sideve aggiungere anche questo ; che seil riconOscere ad una sovranita. Pesistenza e legislazione di natura turca dentro

E LA QUESTIONS DI CANDIA 653

i confini dell'Europa, non puo accordarsi coll'onore della ci- vilta cristiana : mal potrebbe tuttavia sostenersi che il diritto positive dell'Europa moderna dissenta fondamentalmente da quello dell'Europa dei secoli passati. L'Europa, con a capo 1' In- ghilterra, insiste di fatto continuamente nell' imporre al Turco delle riforme contrarie allo spirito ed alia lettera del Co- rano, la cui accettazione equivarrebbe per il Turco ad un suicidio, giacche Governo turco senza o contro il Corano non puo esistere.

Percio la Turchia promette serapre le riforme, ma non le da mai, ed il fanatisrao musulmano alle riforme preferisce il partito disperato della distruzione del seme cristiano, colle violenze e colle stragi; onde certo una volta o 1'altra si tirera addosso 1'estrema ruina.

Oh, le delicate coscienze pertanto che si scandalezzano della Grecia assalitrice del Turco in Candia, perch& ha violato il diritto delle genti, e a salutare punizione dello scandalo riuniscono in fretta e in furia navi d' ogni nazione, moltiplicano 1' uno sulP altro i protocolli furibondi, fulminano le mitraglie e mi- nacciano di mandar a soqquadro, ove occorra, Atene ed il Partenone ! Perch& di tanta delicatezza di coscienza, mostrata a riguardo del Vicario di Maometto, non diedero neppur sen- tore, quando nella sua Roma fu da sessantamila uomini stretto, contro ogni diritto umano e divino. il Vicario di Cristo ?

VII.

Allora il Bismarck non mostro neppur di addarsi che si potesse, in difesa di quel venerando Vegliardo, Padre di tanti milioni di tedeschi e di oltre duecento milioni di uomini civili di ogni nazione, invocare il diritto delle genti ; ma invece commise al suo Arnim d' intendersela di soppiatto cogli assalitori, per ispossessare il Papa-Re del suo trono, col miglior garbo pos- sibile. Gli altri Potentati poi, che anch' essi avevano intorno a

654 I/ EUROPA

quel santo Pontefice i loro rappresentanti, nonche un irrug- ginito cannone od una smessa alabarda, non trovarono, per tentare la difesa della Corona di lui dieci volte secolare, neppur una Nota di minaccia. Eppure il ministro degli esteri del Go- verno assalitore, che avea anche allora nome Visconti-Ve- nosta, in pieno Parlamento a Firenze avea detto, il 19 agosto 1870, un mese prima della breccia di Porta Pia, che 1'obbligo di non attaccare e di non lasciar attaccare la frontiera pontificia, ove non fosse stato imposto da una Convenzione colla Francia, «sarebbe caduto sotto le altre sanzioni prevedute nel comune diritto delle genti * ».

Diritto delle genti non esiste dunque per 1'Europa moderna, governata dal liberalisrao settario e ci fa ridere 1'udirlo da lei invocare cosi gravemente a protezione dei turchi, contro i cristiani, dai turchi, con ferocia implacabile, inaudita, dannati allo sterminio.

Fa ridere anche peggio 1'udire, da liberali giornalisti e da deputati, svillaneggiato il grande Pontefice Leone XIII, per la sua inerzia (cosi diceva Ton. Socci) davanti alle stragi degli armeni che sono cristiani.

II Papa stesso fece sapere al mondo, nell'Allocuzione so- lenne del Natale al Sacro Collegio, che avea levato la sua voce a pro de'miseri armeni, ed una corrispondenza romana airOrdine di Como, ripetuta in mold diarii, ci significo teste che il Papa, dopo aver operato direttamente ed indirettamente presso il Sultano, si rivolse specialmente all' Imperatore d' Au- stria, per sollecitarne la mediazione in favore dell'autonomia di Gandia, che mentre rivediamo queste bozze sembra final- mente essersi di comune consenso risoluta dalle Potenze.

Non entriamo mallevadori delle informazioni dell'Ordtft?; ma riteniamo per fermo che il vigilante Pontefice ha anche in questa occasione seguito i dettami del suo spirito prudente e magnanimo, come gli potevano consentire i dovuti riguardi

1 Atti Uff., pag. 2981.

E LA QUESTIONS DI CANDIA 655

ai cattolici viventi sotto lo scettro del Sultano, ed i raaneggi d'un Governo, che persino la sua mediazione per i prigionieri d' Africa accuse d' ingerenza politica a danno dell'Italia.

Ma e fatale che la rivoluzione si svergogni sempre e si con- danni da se stessa. Gli spogliatori della civile Potenza papale rim- pro verano ora alPapa d'essere impotente a combattere 1'islam, dispostissimi poi ad attraversare, come fecero in Africa presso Menelik, anche la sua mediazione di Capo spirituale del mondo cristiano, ove fosse per riuscire a sua gloria. E intanto essi medesimi, dopo aver proclamato il diritto di nazionalita, d'indipendenza, d' insurrezione contro lo straniero ed essersene valuto ad ogni sorta d' impresa, ora lo condannano a Greta e lo prendono a cannonate, in nome del diritto delle genti. Cosi dal liberalismo, siccome scrisse lo Scarfoglio nell'arti- colo citato, furono in un giorno decapitate le idee gloriose di tanti secoli di storia, e con esse quelle che formano il fonda- mento e la vita del movimento liberate nel secolo nostro.

Vero e che il diritto delle genti del liberalismo settario e frode, oltraggio, contraddizione, menzogna, ne quindi puo es- sere invocato altrimenti che a sua umiliazione e condanna.

GLI HETHEL-PELASGI

TIRINTO

SOMMARIO: II nome di Tirinto, secondo Riccardo Lepsius. Opinione di Dio- nigi di Alicarnasso intorno al nome de' Tirreni. L'arte delle fortiflca- zioni attribuita a' Tirreni, a' Tirintii ed a' Ciclopi. II Perrot e le costru- zioni di Boghaz-Koi riscontrate con quelle di Tirinto e di Micene. Sue idee non coerenti. Confutazione deH'assioma: La Grecia a' Greet. Giu- dizii del Pottier. Opinione del Cavvadias. Descrizione delle fortificazioni e del Palazzo. Le Gallerie ogivali e se sieno una imitazione dell'acro- poli di Cartagine, come opina I'Haussoullier. II Pottier e I'arte de' Si- donii che non furono Fenicii. Kiphta e i Keftu. Religione de' Tirintii. Onorano Hera (Astarte). Idee di Erodoto non vere sulle primitive divi- nita de' Greci. II Myres e la Memoria dell'Helbig suH'origine fenicia della civilta micenea. Epilogo degli argomenti onde 1'archeologo inglese confuta quelli del tedesco.

Del continente ellenico, da noi finora esplorato e descritto a parte a parte, restano due cittk degnissime che se ne faccia ricordo, Tirinto e Micene che abbiamo consigliatamente riser- vate nell'ultimo, perciocche in esse si raccoglie e si compendia tutto quello che si attiene a' popoli venuti d'Asia in Grecia coi loro miti, con le loro credenze e specialmente con la perizia che avevano dell'arti di fabbricare e di fondere e lavorare i me- talli. Ma ci6 che massimamente le mette in reverenza allo sto- rico e all'archeologo sono 1'antichitk loro, la quale sorge ai tempi piu lontani e alle caliginose origini de' miti peloponne- siaci; le moli gigantesche delle loro acropoli formate con pietre di straordinaria grandezza e commesse insieme con magistero d'arte al tutto maravigliosa ; e final mente lo splendore di quella civiltk che, ignorata per tanti secoli, il genio deH'immortale

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Schliemann ci diede a contemplare e ammirare in esse ed era gik florita per almen due millennii avanti 1'Era cristiana. Noi tratteremo primieramente di Tirinto che nell'ordine de' tempi va innanzi a Micene.

Tirinto, Tc'puv;, sorge a breve distanza da Argo, verso sud-est, e dista 1500 metri circa da Nauplia. Pausania scrive che 1'eroe Tirinto, figlio d'Argo e nipote di Giove, diede il suo nome alia citta: T:puv6a Se fypcoa, &y* o-j T^ 7:6Xec to ovojjia iY=veTO, TialSa TOO Acb; etvac Xeyouat '. Omero la ricorda con 1'epiteto di : 01 8' "Apyo? T' £?xov TtpuvGa is tstxweaaav 2. II che si- gniflcherebbe essere stata la citta di Tirinto una colonia d'Argo, ma resta nondimeno la difficolta del nome. Riccardo Lepsius, dopo d'aver detto che 1'eroe Tirinto fa d'origine pelasgica, opina che nel nome Tc'puv? si debba riconoscere la stessa radice del nome de' Tirreni o Tirseni cosi chiamati dalle torri, xupaet?, vocabolo corrispondente al latino turris. Imperocchfe Dionigi d'Alicarnasso, parlando de' Tirreni, nega ch'essi cosi fossero no- minati da Tirseno, re di Lidia, ma sostiene, al contrario, che il nome loro viene dalle fortezze, cio& dalle citta costruite e fortificate con quella maniera o apparecchio speciale che dicesi ciclopeo o pelasgico, e che nella loro lingua era signiflcato col nome di x-jpascg, torri. Giova citar qui le parole di Dionigi, il quale riferisce 1'opinione di coloro che i Tirreni dicevano gente indigena d'ltalia, per questa ragione appunto che le piii antiche citta d'italia fabbricate da' primi popoli che le abitarono e fu- rono i Tirreni, si chiamavano torri, donde il loro nome: Ot JJLEV E? ib I6vo; TCOCOUVTSS, dbib TWV Ip'jpiaiwv, a upwioc TWV Tf)5s xarsaxs'jaaavto, teOf^va: Xeyoua:. E aggiunge che questo nome di Tupae:?, torri, tanto presso i Greci quanto presso i Tir- reni signiflca la medesima cosa, gli ediflzii cio& che si innal- zano nelle mura e sono coperti : T'jpaet; yap xal rcapa TupprjvoT; ad Iviecy^ot xal aisyaval or/t^aeti; 6voji,a^ovTai, waTrsp 7:ap' "EXXrjaiv 3. II signiflcato di rjpa:;, non e, a parer nostro, questo riferito da

1 PAUS. II, XXV, 8.

* HOM. 11. II, 559.

3 Dio. HAL., A. R. I, p. 21 (ediz. Hudson.).

Sorie XVI, vol. IX, fasc. 1122. 42 9 mirzo

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Dionigi, perche troppo ristretto e limitato, ma deve estendersi a tutta la fortificazione delle antiche citta preelleniche, cioe pelasgiche, di Grecia e d'ltalia, e sarebbe equivalente al nostro castello, di cui le torri sono una parte, e al greco lefy0?* ne* senso di citta murata, cioe dire fortiflcata. Lo scoliaste di Lico- frone, infatti, commentando il verso 717: <E>aXV]pou Tjpats, cosi scrive : TYJC NsaroSXea):; T& tsT/^oc* d TupaTjVoi upwiov TTJV isixoTiotiay eupov ; dove trjpat? e = tefyos e questo dinota le fortiflcazioni di Napoli. Quello poi che lo scoliaste attribuisce ai Tirseni o Tir- reni, Tarte cioe delle fortiflcazioni, e dagli antichi attribuita a' Ciclopi, e per quelle di Tirinto da Apollodoro a' Ciclopi, e da Teofrasto a' Tirintii: il che nell'opinione del Lepsius con- fermerebbe 1'origine tirrena, cio& pelasgica, di questo genere di costruzioni. Apollodoro dice che lobate, ovvero Amfianatter con un esercito di Licii ricondusse Preto a Tirinto, donde era stato scacciato dal fratello Acrisio, e che Preto fece da' Ciclopi cinger di inura la citta: Kaiayet. Se autbv 6 xTjSsanfjs [ASTOC atpatoO Auxitov, xal xaiaXa|i,pav£t TfpuvGa, Tautrjv auxw KuxXdoTcwv Tetx^- aavtwv 1. Aristotele, citato da Plinio, ascrive a' Ciclopi Tinven- zione delle torri: Turres, ut Aristoteles, Cyclopes (sc. primt aedificarunt) ; Tirynthii, ut Theophraslus -. Questa diversita di opinioni presso gli antichi e soltanto apparente, perciocche Tirreni, Tirintii e Ciclopi sono tutti Pelasgi, e pero le costru- zioni come quelle di Tirinto, di Micene e delle altre piu antiche citta di Grecia, delle isole dell'Arcipelago e d'ltalia, hanno tutte la medesima origine, perchfc son 1'opera de' Pelasgi, primi in- ventori di questo genere di architettura quanto solido, altret- tanto maestoso e degno di essere ammirato al pari delle Pira- midi egizie, come stimo gia Pausania. Senonche i Greci hanno il vezzo di ammirar le cose degli stranieri piu che le proprie: conciossiache scrittori di storie chiarissimi posero ogni studio nel descrivere accuratamente le Piramidi d'Egitto, ma del Te- soro di Minia e delle mura di Tirinto non punto meno mara- vigliose, non fecero, neppur di passata, la piu breve menzione.

1 APOLLOD. II, 2, 3.

PLIN. H. N. VII, LVII.

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s Se apa seal Setvol ia uTcep6pia Iv 0a6[iai: ti'GeaOat (Aei^ovi r/ TOC otxela, 67t6TE ys avSpaatv iui^aveaLV 1$ auyypacp7]v 7r;upaji:5a? [xsv TO? uapa AiyuTrcco^ l::ijX6ev s^TjyTJaaaOac 7:pa; TO dxpojSlaraTov, Orjaaupov 5e Mcvuou xal ta Tsfy'*] t*. ev Ttpuv0t oOSe ETcl §pa^u r^yayov {ivr^irjgj o55iV 5vta eXassovo; Oa-j^axo; a.

Alia sentenza del Lepsius si potrebbe tare una sola obbie- zione in risguardo dell' ortografia del nome Tt'puv?, dove invece della vocale u che si ha nella radice degli altri nomi da lui citati, come Tup-oTjvot, @up-£ai, 0up-:8s; ed altri, troviarao il t. Vero e che alcuoi scrivono Tiryns e Tyrinthius 2, e che lo scambio di u con i non e raro presso gli antichi, (Cf. Tubal e Tibarenfy nulladiraeno per noi val piu di qualsivoglia altro argomento, la tradizione che attribuisce a' Tirintii 1' invenzione delle torri cioe delle fortezze pelasgiche, donde sarebbe ori- ginate il nome di Tirinto, perciocche in Tirinto siffatto genere di costruzioni nel Peloponueso e forse di tutte il piu antico e il piu maraviglioso.

Dopo le quali cose 1'origine pelasgica di Tirinto non ha bisogno di ulteriori prove, essendo bastevoli quelle della tra- dizione e dell' arte architettonica. Quella e questa sono le me- desime in Tirinto come in tutte le cittk del Peloponneso fon- date da' popoli venuti d'Asia e fortificate secondo 1'arte loro elf e la stessa in Grecia, nelle isole dell' Egeo e in Italia e fu prima nell'Asia, patria primitiva degli Hethei-Pelasgi, donde seco la portarono nelle loro migrazioni.

E qui ci sovviene del Perrot, il quale, parlando delle for- tiflcazioni di Boghaz Koi nella Cappadocia, si duole di non aver potuto fare uno studio particolare e compito su quanto resta ancora delle difese di questa citta; si augura tuttavia che altri lo faccia, perche vi troverebbe tutti gli element! d'uno •studio sull'arte della fortificazione quale era usata da' popoli dell'Asia Minore prima di qualunque relazione col mondo elle- nico. Un riscontro Ira' processi degli ingegneri oriental! e greci in questo genere di costruzioni sarebbe utilissimo, e ci offri-

1 PAUS. IX, XXXVI, 5.

* Cf. FORCELLINI, Lex. 8. V.

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rebbe forse delle curiose analogie tra la fortezza cappadoce e le piu antiche cinte di mura che tuttora si veggono in Grecia, come per esempio quelle di Tirinto e di Micene. Indi sog- giunge queste parole da noi riportate altrove e che ripetiamo qui perchfe fanno al nostro proposito: On connait les tradi- tions qui donnent pour fondateurs A ces vieilles cites de I'Ar- golide des heros qui seraient venus d'Asie; le jour ou Von aurait etudte de plus pres et dans un detail plus precis la civilisation primitive de la p£ninsule, qui sait si I'archdologie ne se chargerait pas de confirmer le Umoignage de ces my- thes que pendant longtemps Vhistoire n'a pas pris au se4- rieux *? II valente archeologo non poleva, infatti, non essere impressionato dalla somiglianza delle costruzioni poligonali di Tirinto, di Micene e delPaltre cittk similmente fortiflcate della Grecia primitiva, con quelle di Boghaz Koi, dove scorgeva un cunicolo o corridoio della fortezza, somigliante a quello di Ti- rinto, e le due teste di leoni nella porta principale che trovano riscontro co' due leoni o leonesse della porta di Micene. Ma prese egli sul serio queste ed altre cose riguardanti le arti e la civiltk de1 popoli asiatici in relazione d'origine con quelle deirantica Grecia e massimamente dell'Argolide? Noi pensiamo che F opera gigantesca, alia quale pose mano, della Storia dell'Arte nell' Antichita, di cui ci ha flnora dati sei grossi tomi, non gli poteva conceder tempo a studii cosi difficili quali sono quelli delle migrazioni primitive dei popoli e dell'arti d'Asia in Grecia. Ondeche, mettendo dalP un de' lati tutto cio che di storico si poteva contenere ne' miti e nelle leggende dell'Ar- golide in rispetto alle origini asiatiche de' primi fondatori di Tirinto e di Micene, doveva, quasi per necessita, riconoscere ne' monumenti e nella civiltk dell'Argolide dell' etk piu lontane P opera degli antenati diretti de' Greci. Opera quindi di cotesti antenati de' Greci sono per lui le fortezze ciclopiche dell'Ar- golide e le tombe a cupola della Grecia orientale. Nel che si stima felice di trovarsi in pieno accordo col Reisch (Die My- henische Frage) « Nous sommes heureux (cosi egli scrive in

1 PERROT, Hist, de I'Art dans I'Antiquitt, T. IV, p. 662.

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una nota alia fine del VI tomo della sua Storia delVArte nel- I'Antichitd, p. 1014) de voir que, sur tous les points essentiels> nous sommes d? accord avec M. Reisch. II est arrive", de son c6te, d des resultats qui ne different pas des ndtres sur le caractere de la civilisation mycdnienne ; lui aussi il voit des anctflres directs des Grecs dans les constructeurs des enceintes cyclope'ennes de TArgolide et des tombes a coupole de la Grece orientate. » Non cosi la pensa 1' illustre esploratore della Cappa- docia, Ernesto Chantre, il quale, negli scavi da lui fatti nel palazzo di Boghaz Koi, trovava frammenti di vasi di tipo ci- priotto e miceneo e scriveva ; Je rapproche tout de suite ces deux faits, et faurai plus loin I'occasion de prouver peut- tftre que Vorigine asiatique des fondateurs des deux plus an- tiques rite's de la Grece est un fait a peu pres d&monstr£ *, Di che segue che il Perrot non solamente non prese sul serio le antiche leggende, ma neppure 1' autoritk storica d'Erti- doto e di Tucidide, i quali ci dicono che tutta la Grecia fin dal principle fu abitata da' barbari, cioe da genti venute dal- 1'Asia ; che il nome degli Elleni fu noto con qualche chiarezza in tempi tardissimi, e che la loro importanza ne' tempi antichi fu di nessun momento. Ora se questi, secondo il Reisch e il Perrot, sono gli antenati diretti de' Greci e i costruttori di Tirinto, e di Micene, delle tombe a cupola e della civilta. mi- cenea, noi con pieno diritto e per filo di logica dovremmo conchiudere che Tirinto, Micene, le tombe a cupola e la civiltk micenea non possono datare se non dall' VIII o VII secolo, quando soltanto il nome degli Elleni si rese comune in Grecia. In verita, noi saremmo vaghi di sapere chi sieno cotesti ante- nati diretti de' Greci, e quali i documenti scritti o tradizionali donde il Perrot abbia potuto conoscerli. Ne' tempi, a' quali si fanno risalire la civilta. micenea e le costruzioni ciclopiche di Tirinto e di Micene, troviamo nella Grecia settentrionale e me- ridionale, Traci, Macedoni, Tessali, Lelegi, Beoti, Achei, Ateniesi o Attici, Arcadi, Laconi, Argivi, Eolii, Cauconi ed altri, ma gli

1 Rapport sur une Mission scientifique en Asie Mineure sptcialement en Cappadoce (1893-1894), p. 27.

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Elleni, cioe i Greci, sono appena ricordati perche, come fu detto, secondo Erodoto e Tucidide, non si resero per nulla chiari e solo verso il VII secolo il loro nome diviene univer- sale in Grecia. Dunque o gli antenati diretti degli Elleni sono i barbari, cioe le tribu varie che nel principio abitarono la Grecia ed ebbero una civiltk simile all' orientale, o i monu- menti ciclopici dell' Argolide, le tombe a cupola e la civiltk micenea devono assegnarsi ad epoca tarda quando appaiono gli Elleni e i loro antenati che nessuno, peraltro, ce li sa norni- nare. L'assioma pertanto di Otifredo M tiller: La Grecia ai Greci, che il Perrot fa suo, nell' applicazione alle origini etniche e alia civil tk micenea della Grecia & un povero soflsma con- traddetto dalla cronologia, da' monumenti e dalla tradizione classica.

E poi fuori di questione, perchfe da tutti ammessa, anche dal Perrot, F influenza dell'Oriente sulla civilta e 1'arte mice - nea; ma, come bene osserva il Pottier, nell'ipotesi greca del Perrot, cotesta influenza non ha spiegazione e allora converrk cercarla col Reinach in Europa: Si tout est grec dans les an-

tiquites myceniennes, ou est la part de I' Orient? Commc

les affinites entre Vart egeen et I'art oriental sont evidentes, il s'ensuit qu'en relirant la priority a V Orient, on est amend logiquement d la donner a un art nd en Europe. E, notate le strane conseguenze che proverrebbero da questa ipotesi, conchiude: Le resultai est que, dans de notables et fecondes inventions arlisliques, la civilisation orientale, dejd vingt fois seculaire, aurait et£ tributaire de la Grece a peine nais- sante. N'y a-t-il pas Id une interversion des probability qui met V esprit en defiance? De plus, avant d'admettre de si har- dies nouveaute's, rfavonx nous pas le droit de demander des dates qui prouveraient VantdrioriU des monuments europeens assimilables d ceux de I' Orient? Or la chronologie des anti- quites europeennes est encore d pen, pres nulle *. Un archeo- logo greco, senza quel sentimento di patrio orgoglio se non lodevole, certamente scusabile, dello Tsundas, il Cavvadias ci fa

1 POTTIER, Catalogue, p. 208 209.

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conoscere la sua opinions sull'origine dell'arte micenea, e noi la riportiamo, perciocche gli antenati diretti de' Greci non sono per lui quelli del Perrot, del Reisch e dello Tsundas, si bene gli Asiatici : Parmi les differents peuples d'origine orientate qui s'e"tablirent en Grece, il s'est trouve une bande de guer- riers qui a Emigre' de I'Asie dans la plaine d'Argolide appor- tant avec elle les germes de I' art mycenien *. Lasciamo il resto perche non ci fa mestieri e che, come per il Reinach cosi per noi, non ci sembra esatto ne provato 2.

Ed ora ritorniamo a Tirinto. I primi scavi che vi fece lo Schliemann nel 1876 furono ripresi nel 1884, con lascoperta del Palazzo, e continuati 1'anno appresso sotto la direzione del Dorp- feld, che mette in luce una gran parte del muro colossale di cinta, le sue torn, le gallerie e le camere. Per piu arapie notizie sulla storia di questi scavi e le controversie, alle quali diedero luogo, si veggano gli autori che citiamo in nota 3.

Le rovine di Tirinto son quelle delPAcropoli, e nulla resta de' sobborghi o xwp,at che le si stendevano tutt' intorno. Come a Troia e a Micene 1'Acropoli era fortezza a un tempo e stanza de' re o principi della contrada piu o meno vasta. Non v' e poi dubbio che Tirinto fu ediflcata prima di Micene, e per la qualita della costruzione le sue rovine sono considerate come le piu antiche della Grecia. L'Acropoli sorgeva sopra una rupe della pianura argolica, non piu alta di 10 a 15 metri, lunga 300 circa, con una larghezza su' 60 e i 100 metri. Da tutti i lati e cinta da mura che tuttora sfidano i secoli e sono un

1 Cavvadias, Catalogue des Musees d'Athenes, 1894, p. 8.

* S. REINACH, Chronique d' Orient, 1895, p. 26, dell'Estratto.

1 Cf. SCHLIEMANN, Tirynthe. Le Palais prthistorique des rois de Tirynthe. Jffsultat des dernieres fouilles. Paris, Reinwald, 1885. E. BURNOUF, Tirynthe et les fouilles en pays classique. Rev. des Deux Mondes, ler Mars 1887 PERROT et CHIPIEZ, Hist, de I' Art dans I'Antiquite, Tome VI, p 258 e segg.; Paris, Hachette, 1894 Athenische Mittheilungen, 1891 Journ. ofhellenic Studies, 1886 SAL. REINACH, Chroniques d'Orient, Documents sur les fouil- les et dfcouvertes dans I'Orient helWnique de 1883 a 1890. Paris, Didot, 1891 C. SCHUCHHARDT, ScHLiEMAN.v's Excavations, Tiryns, p. 93 e segg.; Lon- don, Macmillan, 1891 B. HAUSOULLIER, Grece, Vol. II, p. 212 e segg. Pa- ris, Hachette, 1891, Collection des Guides loanne.

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vero miracolo di architettura ciclopea, mercecchfe raggiunsero un tempo 1'altezza di 20 metri, e la spessezza va da' 10 a' 15 e fino a' 20 metri, come ne' contrafforti del lato meridionale e meridionale-orientale, dove sono le gallerie coperte, anche esse rnaravigliose per i massi enormi onde sono formate. Gl' interstizii fra pietra e pietra, quando gli spigoli non coin- cidono, sono chiusi con pietre piu piccole. II Dorpfeld noto che vi si fece parimente uso d'una specie di cemento di ar- gilla, ma non sappiamo che cosa potesse aggiungere cotesto po' di cemento alia saldezza delle mura ovvero alia loro esterna perfezione.

Tutta la fortezza si compone di due terrazze, la cui altezza e larghezza sono disuguali; stantech6 la settentrionale e piii bassa e ristretta, doveche la superiore, di 4 a 5 metri piu alta, costituisce la parte piu importante e formale della cittadella con quanto fa mestieri alia difesa e chiude in mezzo il Palazzo de" re e le stanze de' suoi cortigiani, de' guerrieri e della ser- vitu. L'entrata principale s'apre nel muro orientale e vi si giunge per una lunga rampa fatta di grandi pietre e larga 6 me- tri, la quale comincia dalla pianura, costeggia la muraglia in forma di torre della spessezza di 7 metri e tagliata ad angolo ottuso. Laonde il fianco dritto dell'assediante, che sale per questa rampa, resta scoperto, e indifeso dallo scudo, a' dardi degli assediati. Dalla porta si passa in una specie di corridoio formato dal muro esterno e da quello d'una cinta interna che circonda le case. Avanzando per questa via s' incontra 1'en- trata della terrazza inferiore che, separata dalla superiore da grosso muro posto di traverse, non e altro che un grande spazio vuoto e si suppone che fosse una dipendenza dell'Acro- poli dov'erano le capanne degli schiavi e le stalle, e in cui si raccoglievano in tempo di guerra gli abitanti de' vicini bor- ghi e gli agricoltori co' loro armenti e le masserizie piu ne- cessarie. Nella terrazza superiore era il Palazzo del re o si- gnore di Tirinto, la cui descrizione ne' piu minuti particolari artistici si deve leggere nell'opera citata del Dorpfeld, dal quale prese la sua il Perrot nel Tomo "VI della sua Storia dell'Arie

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nell' Antichild. Noi ne indicheremo qui le parti principal! an- cora esistenti e quelle che dagli avanzi si deduce ragionevol- mente che un di vi furono.

La forma del Palazzo e quella d'un quadrilatero con pavimento di calce e di piccole pietre. La calce peraltro non serviva di cemento ma d'intonaco, sul quale la pit- tura decorava i pavimenti e le mura, come ne' palazzi di Troia e di Micene. Uno di siffatti affreschi trovati a Ti- rinto, nelPappartamento o jxeyapov degli uomini, rappresenta un toro assalito da un uomo, il quale per 1' imperizia del pit- tore sembra montato sul dorso deH'animale. II quadrilatero era girato intorno da portici ed esistono ancora le tracce del colonnato. Esso forma 1'awZa, auXVj, o atrio. A man dritta del- 1'entrata v' e una pietra forata che si ritiene essere 1'altare del re e della citta. Dopo 1'aula si presenta il Palazzo propriamente detto, dove abitavano gli uomini, perche le donne avevano il proprio o il gineceo. Esso e costruito come i tempii che di- consi in antis o in Tiapaataaei, i quali hanno due colonne fra'due pilastri quadri. Due scalini conducono a un peristilio anteriore, aiGouaa ; e la facciata ch' ha due colonne s'apre sull'aula. Tre porte a due battenti menano al vestibolo, ~p65o|i.os, donde si passa in una gran sala quadrata di metri 11 e 81, su 9 e 86, ed e la sala degli uomini o [ieyapov. Nel centre e il focolare circondato dalle basi di quattro colonne di legno, le quali sor- reggevano le travi del tetto a terrazza. II [xeyapov delle donne e piu piccolo, ma parallelo a quello degli uomini, dal quale poco differisce e non ha I'alOouaa.

Le cosiddette Gallerie ogivali sono anch' esse degne della nostra ammirazione, comechfe non si sappia con tutta certezza, a che cosa servissero. L' opinione piii comune e anche piu probabile, sarebbe quella di coloro che in queste celle ravvi- sano delle prigioni o delle cantine 4. Le Gallerie sono costruite nell' interne de' contrafforti a Sud-Est e a Sud-Ovest della cinta. L'entrata della Galleria del contrafforte di Sud-Est, la cui spes- sezza e di 17 metri, era al Sud. La volta e formata di fllari

1 Cf. B. HAUSSOULLIER, o. c. p. 216.

GLI HETHEI-PELASGI

di grosse pietre, disposti orizzontalmente ad aggetto (en encor- bellement), e unite insieme alia parte superiore per mezzo d'altre pietre poste anch' esse orizzontalmente. Essa e lunga 30 metri, larga 12 e alta 4. Sei piccole porte a dritta s'aprono sopra 6 casematte rettangolari praticate nella spessezza del muro e in parte crollate.

L'altra Galleria del contrafforte di Sud-Ovest e meglio con- aervata. Si scendeva dalla terrazza superiore per un vestibolo a due colonne, ad una scala coperta, la quale andava obliquamen- te ad angolo retto nel vivo del bastione. Per questa scala si giungeva alia Galleria ogivale lunga 23 metri e inferiore di 7 metri al piano della terrazza. L'estremita occidentale era chiusa, e 1'orientale prendeva la luce da una stretta feritoia. II lato meridionale ha cinque porte, le quali riescono su cin- que celle di non eguali dimensioni. II muro che le separa dal di fuori e della spessezza di 4 metri all' incirca. Una torre finalmente, la cui fronte e di 20 metri, flancheggia il canto Sud-Ovest della cinta ed ha due camere totalmente chiuse. Anche di queste camere, secondo 1'Haussoullier, che abbiamo finora seguito compendiandolo, dovettero servire altre di can- tine ed altre di cisterne 1: In una cosa sola non siamo qui dello stesso parere del dotto archeologo ed e, che le costru- zioni di queste Gallerie e casematte, essendo somiglianti a quelle di parecchie citta, colonie fenicie del settentrione d'A- frica, e particolarmente a quelle di Birsa, Acropoli di Carta- gine, non sia impossibile che i Tirintii sieno in cio imitatori de' Fenicii. II n'est done pas impossible que les Tirynthiens raient emprunte" eux-m^mes aux Phdniciens 2. La quistione fenicia, come vede il lettore, non ci abbandona, e siamo co- stretti di rispondere aH'Haussoullier per le costruzioni tirintie, c al Pettier, come promettemmo, per i lavori nobilissimi in metalli preziosi e lodati da Omero, ne' quali si acquistarono lama i Sidonii creduti anch' essi Fenicii. Al primo rispondiamo non essere per nulla probabile che Tirinto sia stata edificata dopo Cartagine, e pero che dalle costruzioni della sua acro-

1 Cf. B. HAUSSOULLIEB, o. c. p. c. ' Cf. B. HAUSSOULLIEB, o. c. p. c.

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poli abbiano preso i Tirintii 1' idea e il modello delle loro Gal- lerie ogivali. In questa ipotesi Tirinto non sarebbe, come pure attesta 1' Haussoullier, una delle piii vetuste citta della Grecia, ma la sua antichitk toccherebbe appena il secolo VIII o il IX, cio che non sara concesso da veruno, attesoche le rovine di Tirinto, come rilevasi dalla qualitk della costruzione, sono, se- condo lui, anteriori alle parti piu antiche di Micene, la cui civilta si afferma comunemente essere stata in fiore al XV se- colo a. G. C., e, come altri opinano, al XVII. Ora, quantunque Porigine di Cartagine sia molto oscura, nessuno la fa di tanto anteriore a Tirinto, ma alcuni la mettono all'860 o all'880, ed altri vogliono Cartagine e Roma fondate lo stesso anno 753 prima delPera cristiana.

Intorno a'Sidonii del Pettier, 1'argomento principale che si fa valere e quello di Omero, il quale celebra 1'eccellenza dell'arte loro. Nel VI libro delPIliade leggesi, infatti, che le donne si- donie lavoravano pepli di vario genere :

Iv6 'laav d TrercXc: TcajATtofoiXoi, Ipya yuvacxcov

S'.OOVCWV *.

Ma questo argomento della bellezza de' pepli non prova 1'assunto, mercecche non puo farsi verun riscontro con pepli d'arte micenea. L' argomento veramente efficace ed incontra- stabile sono i vasi metallici de' Sidonii, d' arte squisita e in tutto somiglianti a' micenei. Omero, nel XXIII dell' Iliade, ci parla d' lin cratere d' argento, di bellezza incomparabile e che non aveva il simile in tutta la terra; i Sidonii, valenti arte- flci d'ogni sorta d'opere d' ingegnoso lavoro, 1' avevano fatto, e i Fenicii 1' avevano seco portato e collocato ne' porti e poi donate a Toante.

)(avSav£v, auTap xaXXet Ivt'xa Tiaaav ITC* atav

8'dtYOV avSpe? ETI' f^epoeiSsa TOVTOV, axf^aav 8'lv Xt[xeveaac, 66avtt Se Swpov IBwxav 2. NelPOdissea si descrive un altro vaso, dono del re de' Si-

1 HOM. //. VI, vt 289, 290. HOM. H. XXIII, v. 741, 745.

668 GLI HETHEI-PELASGI

donii a Menelao. Era un cratere tutto d' argento col labbro d'oro, opera di Vulcano :

8wao) tot (a Telema^o) xprj-rtjpa T'STUYIASVOV apyupeo? 5fe

iatlv £7105, XPua$ S'ercl xe&ea xexpaavtau

spyov [3'] 'Hcpaiaroco' Tc6pev I <I>ai5i|io<;

Noi, senza difficolta, ammettiarao che i Sidonii in tempi antichi e anterior! ad Omero, nel XII secolo a. G. C., e anche prima, nel XV, conobbero ed esercitarono P arte di lavorare i raetalli preziosi, con grande eccellenza, e che i loro vasi sieno stati della stessa forma de' micenei. Notiamo pero che questi loro vasi trovano un chiaro riscontro con quelli dei Keftu, e de' Kheta (Hethei) ; i Sidonii dunque ebbero la stessa arte e civilta, degli uni e degli altri al medesimo tempo, cioe nel secolo XV a. G. C., quando il nome di Fenicii non esisteva, e conservarono ed esercitarono quest'arte flno al tempo degli eroi omerici. Ora i Kheta non eran Fenicii, e i Keftu, come vedemmo altrove, neppure si possono dir tali. Dunque i Si- donii, presso i quali troviamo la civiltk e P arte de' Keftu e de' Kheta, non eran Fenicii si bene cananei. Sidone, infatti, £ detto, nella Sacra Scrittura, primogenito di Canaan, flglio di Kham. II Maspero scrive : Les Egyptiens donnaient le nom de Kafli au territoire combind de Sidon et de Tyr, e in nota: Le nom Kiphta, que M. Neubauer (la G6ographie du Tal- mud, p. 93), a trouve attache a celui de Cesaree, n'est-il pas un dernier souvenir de Kafti ? Les Grecs ont connu Kafli sous la forme de Kdphdnes (LEPSIUS, Nubische Grammatik, Einleitung, p. CI-CVII) 2.

Che gli Egizii dessero il nome di Kafti al territorio di Tiro e di Sidone preso insieme, il Maspero qui lo suppone, non lo prova. Che poi in Kiphta si abbia un ultimo ricordo de' Kafti, si pud concedere senza difflcoltk ; ma d'altra parte, che i Greci abbiano conosciuto i Kafti, come vuole il Lepsius, sotto la sola forma di Kefeni, non ci sembra esatto. Imperocche la radice

1 HOM. Odyss. IV, 615-618; Odyss. XV, 115-118. Strabone (I, II, 33) iegge cpa&ifiog ag-gettivo, illustre, non 4>a(8i|jioc, nome proprio.

* MASPERO, Hist. Anc. des peuples de rOrient, p. 185, della 4* ed.

NEL CONTINENTE ELLENICO 669

del nome Kafti o Kefti essendo Kaf- o Kef-, poterono i Greci sapere ovvero far congettura de' Kafti da' nomi riferiti da noi altrove l, di persone, di citta, di borghi e di raolti flumi del- 1'Argolide, dell' Attica, della Beozia, di Sicione, della Focide e di Sciro, tutti composti con Kef- o con Kaf-. I Greci, peral- tro, non intesero, a parer nostro, 1'origine etnica di nomi tanto antichi, come K^e-j^, Ki)<piaa6s5 Kr^caea, Kacpuac, Katprr p:5ss (Tisipou) ed altri somiglianti. Ma chi ben consideri che i Fenicii non sono Cananei da stirpe, ne usarono altro idioma che il semitico, i nomi dianzi citati non si possono dire fenicii e, per couseguenza, neppur i Keftu furono Fenicii, si solo Pre-fenicii in quan'to abitarono qualche parte del territorio che in tempi posteriori prendera il nome di Fenicia ; quantunque, nella nostra opinione, le terre de' Keftu si debbano verisimil- mente cercare nella regione che dalla Cappadocia si stende alia Cilicia marittima, dove fu il loro emporio, il porto e il cantiere in cui si fabbricava per gli Egizii quella specie di navi, le quali dal nome de'Keftu chiamavansi Keftie. Conchiu- diamo, pertanto, essere stati sempre confusi, dagli antichi e dai moderni scrittori, i nomi di Fenicia, di terra di Canaan, di Si- ria, di Pales tina e di Filistia, e che 1'errore geograflco ed et- nico fu 1'effetto principalmente della negligenza ovvero della ignoranza della cronologia. Certamente i Cananei furono db immemordbili i primi abitanti di quella regione che poscia si disse Fenicia. Vestigium, cosi scrisse il dottissimo olandese Reland, huius nominis Canaan superesse in yyy., antiquissimo Phoenices nomine, jam ab aliis notatum est. Stephanus, /va, o'j-cw? fj OotvixY] ixaXelto. Nomen tulit a viro ita dicto. Sancho- niathon laudaius Eusebio, praep. Evang. lib. II. dcoeXcpfc; xv5 TOO Trpwiou [letavoptaoSevto Ooivotos 2. L'origine khamitica di Ke- feo e una stessa con quella di Agenore, di Cadmo, di Cilice e d'altri genarchi. Cosi si pud intendere la leggenda che fa venire dall'Egitto e da Belo, Kefeo, il quale e detto flglio di costui ovvero flglio di Agenore, anch'esso d'origine egizia. Di qui gli Etiopi son denominati R»j??jve; e PEtiopia e da Nican-

1 DE CARA, Gli Hethei-Pelasgi, Vol. I, p. 464, nota. * H. RELANDUS, Palaestina, T. I, p. 7.

070 GLI HETHEI-PELASGI

dro chiamata Kr/pjls yata, ^ Kr^fto;, da Kefeo ', d'origine non

Fenicii, e pero anteriori a' Fenicii nella regione che prima fa detta Canaan e Siria e poscia Fenicia.

Per cio che s'attiene alia religione de1 Tirintii, possiamo dire con tutta certezza essere stata quella medesima delle citta pelasgiche dell'Argolide, d'Argo cioe e di Micene, atte- sochfe Tirinto e Micene sono strettamente connesse nella loro origine con Argo. Ondeche ci fa meraviglia, come il Mayer 2, citato dal Reinach 3, abbia potuto scrivere nel 1892 che 1'epoca micenea non conosceva ancora gli dei, e che il culto domi- nante sia stato quello de' morti, a' quali erano destinate certe statuette di terracotta trovate a Micene, e ch'egli crede essere idoli. Simili teorie, contrarie del tutto alia tradizione ed al i'atto, non si confutano, e noi vogliamo dubitare che il Reinach non sia questa volta riuscito a cogliere 1'idea che il Mayer ebbe in mente, ma che non chiaramente espresse con le pa- role. Del resto noi compatiamo il valente cronista, la cui pa- zienza e cimentata da scritture poco chiare e disordinate che gli rubano un tempo prezioso, come pare essere stato il caso del Mayer, perciocche, iniatti, leggiamo: Voila ce que je peux tirer de plus clair d'un article de M. Mayer, qui met a I'e"- preuve ma patience de chroniquer 4.

Tirinto venero particolarmente Hera, 1'Astarte de' Pelasgi, fln da' tempi del suo primo fondatore Preto, il quale nella di- visione col fratello Acrisio che ritenne Argo, prese possesso delPHereo, di Midea e di Tirinto 5 che cinse di mura per opera de' Ciclopi. Sappiamo altresi che Preto edifice ad Hera un tempio veduto da Pausania sulla sinistra della via che da Ti- tane porta a Sicione (>>. D'altra parte, Preto essendo pelasgo, doveva come tutti gli altri Pelasgi onorare il dio sovrano Set, il Giove dodoneo pelasgico, del quale parlammo a suo luogo,

1 El. M. p. 512.

1 MAYER, lahrb. des Instituts, 1892, p. 189.

* S. REINACH, Chron. d'Orient, deux. ser. 1896.

4 S. REINACH, 1. c.

5 PADS. II, XVI, 2.

PAUS. II, XII, 2.

NEL CONTINENTS ELLENICO 671

come 1'onorava Argo sotto il nome di Giove Larisseo, di Apollo Liceo e di Apollo Pitio.

Erodoto fra le divinita. di origine non egizia pone Hera, Vesta, Temide, le Chariti e le Nereidi, alle quali i Pelasgi avrebbero dato il nome; ma, salvo Nettuno, che e divinitk pro- pria de' Libii e non viene in Grecia dall'Egitto, tutte le altre erano note agli Egizii e dall'Egitto farono introdotte in Gre- cia. Le quali cose, com'egli stesso confessa, seppe dagli Egizii *. Noi crediamo che Erodoto sia stato male informato dagli Egizii •e non ben conoscente delle primitive credenze de' Greci. L'Egitto non diede i suoi dei, perche questi non si dknno ma sono in- trodotti ne' nuovi paesi dalle tribu o da' popoli che vengono ad abitarli e seco portano le loro credenze religiose. Ora la primitiva Grecia non fu mai abitata da Egizii, ne, come gia la provato, Danao e Cadmo furono egizii ne condottieri di Egizii. I primi che popolarono la Grecia furono i Pelasgi sotto le va- rie denominazioni gia, riferite altrove, e pero le divinitcf pela- sgiche dovevano necessariamente esser le prime venerate in Grecia. In tempi posteriori si hanno in Grecia altre divinita, le quali sono in parte traslbrmazioni delle pelasgiche e indi- cate con altri nomi, e in parte sono di origine aria, donde conseguita che nella Grecia primitiva gli dei egizii non entra- rono, come per la stessa ragione dianzi accennata, non vi po- tevano entrare gli dei della Babilonide o dell'Assiria.

Mentre eravamo per conchiudere questo articolo ci venne veduto 1'annunzio d'una rivista della nota Memoria dell'Helbig, tatta dal Myres nella Classical Review del mese d'ottobre 1896. Vaghi di sapere che cosa pensasse della Quistione Micenea il dotto archeologo inglese, ci procurammo sollecitamente il N.° 7 del vol. X della ricordata Classical Review. La rivista e conte- nuta in 7 lunghe pagine a due colonne, (pag. 350 357). La nostra sorpresa nel leggerla e stata lo scorgere fin da' primi periodi, che gli argomenti morali dell'Helbig avevano fatto la stessa impressione nel Myres che avevano fatta in noi ; senonche quanto fu espresso da noi nell'articolo del giugno di quell'anno, intorno alle accuse lanciate dall' Helbig contro coloro che non

1 HERODOT. II, L.

672 QLI HBTHEI-PBLASGI

hanno il coraggio di essere Fenicofili, ii Myres 1'esprime come sogliono gl'Inglesi, con umorismo loro proprio. Abbiamo detto che non hanno il coraggio, per usare.una frase del von Dunn, il quale dice che bisogna aver coraggio per sostenere con 1'Helbig la civilta micenea esser fenicia : Only those who have the courage to maintain with Helbig that the Mykenean civilization is Phoenician ecc. *.

Ecco in che modo principio alia sua rivista il Myres : II sig. Helbig ha in fondo aH'anima un vivo risentimento (feels acutely) pel modo onde 1'archeologia «anti-semitica» in questi ultimi anni ha denigrato (blackened) il carattere de'Fenicii, e loro detratto il genio inventivo e benefico; fa appello a tutti coloro i quali leggono lettere alfabetiche o che bevono liquori alcoolici, di unirsi a lui nell'ufflcio « il piii nobile che possa toccare a uno storico »,d'imbiancare (whitewashing) i sepolcri de' primi mis- sionarii del « romanzo piccante » (ne sia lodata Nostra Signora di Paphos !) (all praise to Our Lady of Paphos), e del « vino passabile » che ha fatto tollerabili le civiltk susseguenti. Cosi il Myres. Un appunto poi non lusinghevole che il Myres fa all'Helbig, dopo questo esordio, e la scarsa conoscenza ch'egli mostra d'avere della cosiddetta « letteratura del soggetto », contentandosi della propria interpretazione de' dati fornitigli dalle compilazioni del Perrot e Chipiez, e dando raramente a vedere che i materiali, di cui si serve, sieno a lui noti di propria scienza o di prima mano « first hand ». Enumerati quindi i singoli argomenti delPHelbig, i quali riduconsi a sei, 1'autore gli esamina minutamente e li confuta da suo pari, con erudi- zione soda e numero grande di prove di fatto, parecchie delle quali ricavate dalle sue ricerche ed esplorazioni personal!, specialmente nell'isola di Greta. Egli combatte dapprima 1'iden- tificazione de' Keftu co' Fenicii, che 1'Helbig vuole a ogni patto esser certa, e taccia i dotti, che non ammettono questo suo assioma, di scettici testardi, ent^tement sceptique. A questa poco cortese qualificazione il Myres graziosamente risponde : Mi

1 VON DUHN, Archaeological Research in Italy ecc. nel « Journ. of'Hellen. Studies. » Vol. XVI, Part. I. 1896, p. 135, n. 30, trad, di Miss K. Raleigh, dal tedesco.

NEL CONTINENTE ELLENICO 673

duole di rimanere « scettico » quantunque io non mi creda con- sciamente « testardo ». I regret that I remain « sceptique », though I believe not consciously « ent&e' » (p. 351).

Che la civilta micenea, come sostiene giustamente 1'Helbig, dovesse giungere a un alto grado di perfezione solo dopo un lungo svolgimento, il Myres non lo nega ; nega pero contro 1'Helbig che cotesto svolgimento non si abbia nell' Egeo, e si appella alle scoperte e a' lavori del Fouque, del Diimmler, del Perrot, dell' Evans, del Mariani, dello Tsundas e della scuola inglese di Archeologia (p. 351). Nell'isole dell'Egeo la civilta micenea puo dirsi indigena, tanto v' e antica, mentre nella Fenicia, per confessione dell'Helbig, non ve n'6 quasi traccia e tardi vi apparisce, e nell' isola di Cipro v'entra dal di fuori e nelPeta del bronzo. Questo punto della civilta di Cipro 6 molto importante e 1'autore lo tratta in modo notevolissimo e con nuove vedute, laddove 1' Helbig mostra d'esserne poco informato. Se il commercio transmarine de' Fenicii fosse co- minciato ne' secoli anteriori al 1000, noi, come nota bene il Myres, dovremmo trovarne traccia ne' depositi di quell'eta in Cipro; tanto piu che prima del 1000, 1'industria del rame met- teva Cipro in relazione con 1'Egitto, le coste della Siria, 1'Asia Minore e con 1' Egeo. Ora nulla di fenicio presentavano i ma- teriali raccolti in abbondanza, in questi ultimi quindici anni. e che 1'Helbig ignora; 1'elemento fenicio apparisce in eta molto tarda. Fino alia XVIII dinastia le relazioni di Cipro e le sue affinita furono con la Cilicia e la Cappadocia, e il suo riscontro piii stretto si ha con Hissarlik. Cipro trasporta vasi fini e ter- recotte in Fenicia, nella Siria, da Singerli a Tell-el-Hesy anche in epoca premicenea. I Fenicii, se avessero fabbricati vasi mi- cenei in Fenicia, avrebbero dovuto procurarsi la creta fuori delle loro terre, dove non si trova, e ricorrere percio a' depositi di Rodi, che sono i migliori, come a Rodi furono le migliori fabbriche di vasi micenei. II medesimo si dica de' depositi di Grata e del Peloponneso. La Fenicia dunque non esercito ve- runa influenza sulla ceramica di Cipro nell'epoca micenea, ma ne fu, al contrario, influenzata. Per 1'affermazione poi che nella Fenicia si sieno fabbricati i vasi micenei, 1'Helbig non

Serie XVI, vol. IX, fate. 1122. 43 11 marzo 18i>7.

674 GLI HETHEI-PELASGI NEL CONTINENTS ELLENICO

fornisce prove n6 letterarie n6 monumental! che essa abbia sempre esportato ceramiche di qualsivoglia sorte, e i due vasi da lui citati sono chiaramente 1'uno di fabbrica cipriotta del periodo miceneo tardo, e Paltro & anch'esso un' imitazione ci- priotta d'epoca tarda, d'un vaso miceneo.

Le piu antiche pietre insulari in steatite, il vetro e la por- cellana che 1'Helbig pretende estranei alia Grecia e fatti in Fenicia e importati da' Fenicii, sono di provenienza egea. In Fenicia la steatite non v'e, come non vi sono pietre simili in steatite, in Egitto ed a Cipro. Al contrario, esse sono numerose e di buon lavoro a Greta dove sono grandi massi di steatite e portano quasi sempre scolpita la capra selvaggia, 5yptiu, animale proprio di Greta e di Melos. II Myres rigetta qui 1'unico esempio che reca 1'Helbig, d'una pietra insulare di Orvieto col tipo medesimo del demonio che occorre nell'ansa d'un vaso trovato a Cipro, e da cio solo 1'Helbig lo dichiara d'origine fenicia. Confuta parimente, e con forza, le altre asser- zioni dell'Helbig che i Greci non fabbricarono n6 vetro ne porcellana flno all'epoca Tolemaica. L'Helbig non dk prove che il vetro si fabbricasse in Fenicia n6 che quindi si traspor- tasse; laddove il Myres dimostra che vetro si fabbricasse nel- 1'Egeo in epoca micenea, perciocch6 furono trovate a Micene le forme tagliate in steatite egea. Che poi tutti i vetri micenei sieno di fabbrica locale, si par chiaro dall'uniformitk della fabbricazione e dalla diversitk della forma e del colore che non si veggono su' vetri d'Egitto e di altrove, salvo la Fenicia, dove non s'6 mai veduto. Porcellana e pasta di vetro furono certamente importate dall'Egitto in Grecia all'epoca micenea ; ma vi son rare, chiaramente riconoscibile n'6 la fabbrica e questa unicamente egizia senza vestigio d' imitazione fenicia. II colore azzurro negli affreschi della tomba di Rekhmara e frequentemente usato per oggetti metallic!, dunque gli oggetti in colore azzurro in quella tomba, non necessariamente sono di porcellana, come pretende 1' Helbig.

Dalla rivista del Myres ognuno potrk intendere, che se noi fummo i primi a combattere la teoria dell' Helbig, non fummo per6 i piii incontentabili nfe i meno cortesi.

L'ARTE DELL'AVVENIRE

ZESTETIOO

SOMMARIO : Wagner e 1' avvenirismo. Condizioni violente dell' arte ai di nostri: realisti e simbolisti. Tendenza verso un'arte piu sana. Que- stions di diritto, ossia del criteria d' arte. Si puo ricavarlo dalla teoria, confermarlo colla storia. Teoria sperimentale : intuizione e creazione. Gradi della prima: senso artistico, imaginazione, idea- lita, sentimento. Elementi dell'altra: disegno, colorito, espressione. Criterio che ne risulta: conseguente unita di scuola. Svolgi- mento di questo criterio: la vita campo e misura de-11'arte; suoi limit! ed estensione. Varieta a seconda dei luoghi, dei tempi, degli in- dividui. Oggettivita e soggettivita in arte. La sinteei storica e il convenzionalismo : conservazione, reazione, e sage raz ion e . Abuso dei singoli element! d'arte. Necessita di un ritorno allo ipirito dell'arte classica. Variazioni della lettera. Arte avvenire.

I.

Fin dal 1852 Riccardo Wagner, licenziando per la stampa le sue Rivelazioni agli amid, dolevasi forte del poco o nessun favore ottenuto fino allora dalle sue riforme, e concludeva: « II mio scopo e i miei intendimenti non furono intesi mat ne dal pubblico, ne da critico alcuno. Toltone un piccol ghippo di amici niuno vi fu che accettasse le mie idee. E pero son convinto che da questa eta non debbo nulla aspettarmi e che io lavoro per Vavvenire. »

E questa breve frase, malignamente commentata dai molti avversarii dell'autore di Lohengrin, basto piu tardi perche bat- tezzassero la sua, musica dell' avvenire. La parola piacque e V avvenirismo fu di moda. Da quell' ora infatti fiorirono su li- bri e riviste la poesia, il romanzo, la letteratura, Tarte del- 1'avvenire; forma loro ordinaria il realismo. « I pontefici del realismo, scrivea nel 1891 Arturo Graf, sentenziarono : fuori

676 L'ARTE DELL'AVVENIRE

del nostro canone non v'e salute per 1'arte; la letteratura deiravvenire, se vorra vivere, dovra farsi realista. »

Oggi invece sono grintellettuali o simbolisli che si atteg- giano a redentori dell' arte e, proclamando il nuovo regno dell'ideale pel simbolo, la rinascenza deU'anima, non disde- gnano di chiamarsi alia lor volta avveniristi.

Che in generate la musica a quei di aspettasse un avve- nire migliore, si puo ben concedere. La melodia sovente am- manierata, 1'armonia piu sovente negletta invocavano a gran voci una restaurazione. Qual parte pero vi avesse il Wagner non e qui da decidere.

Ma e le lettere e le arti oggidi hanno diritto a un domani piu luminoso e felice? Non esitiamo ad affermarlo.

Pero che da una parte nulla dura che e violento e per molti 1'arte ai di nostri e la violenza istessa: violenza della idea priva troppo spesso d'ogni . verita, forzata dai realisti a rappresentar solo e sempre ;le esagerazioni di un pessimi- smo brutale, dai sirribolisti invece fatta oscura, vaga, impalpa- , bile; violenza del sentimento da quelli quasi bandito, da que- sti fatto vaporoso, snervante, esagerato; violenza inflne della forma che, avida nei primi di colori sempre piu nuovi ed accesi, contenta negli altri di una tinta grigia, uniforme, a furia di voler battere nuove vie. il piu delle volte nello strano e nell' inverosimile.

D'altra parte questo scatenarsi in lotta delle scuole piu opposte dice chiaro come questo scorcio di secolo sia per 1' arte un periodo di transizione, uno di quei periodi nei quali, le tendenze piu opposte, le teorie piu disparate s' incrociano, malcerte del lor proprio essere, malsicure delle proprie affer- mazioni, aspettando che dalFurto reciproco nasca 1'equilibrio iinale, il verbo dell'avvenire.

E questo lavorio si rinnoverk senza tregua flnche le ten- denze artistiche non si arrestino nei loro termine vero, in una forma d'arte, cioe, dove la mente soddisfatta riposi; forma sta- bile e perfetta, a cui tende spontaneo, come ad oggetto proprio, lo spirito umano. II quale, se ad ogni tratto se ne fuorvia, cio

STUDIO ESTETICO 677

deve purtroppo alPinfiusso di chi dell'arte abusa, prostituen- dola alle passioni o al capriccio.

Vi ha dunque non solamente un domani dell' arte, ma vi ha altresi una forma d'arte vera, serena, perfetta, che sola ha diritto all'avvenire.

Or qual e questa forma d'arte? 0, che e tutt'uno, in arte qual e il vero e primo criterio?

II.

L'osservazione minuta di un fatto chiaro, universale, co- stante, puo dar luogo ad una teoria di tutta certezza. Per altra parte un sistema, sia pure ipotetico sulle prime, ove un'espe- rienza continuata il suggelli, diventa alia sua volta teoria. Se dun- que un criterio, fondato sul fatto, venga per giunta riaffermato daU'esperietoza, vanterk per se una certezza piena, ineluttabile.

E questo il caso dell'arte: la sua teoria, la sua storia sono come i due poli di una pila potente; compariamole une, avviciniamo gli altri, prima ancora del pieno contatto vedremo le loro energie confondersi e sprizzarne fuori la scintilla.

Di teorie d' arte pero tante ve n' ha quante filosofle pullu- larono a furia, in questi tempi novissimi. E le piu non sono certo felici. Per noi stanno i lavori del p. Taparelli, del p. Libe- ratore e di altri pubblicati in varii tempi nel nostro periodico, e tutti diretti ad illustrare le mirabili dottrine dell'Aquinate. Ma per lo scopo presente, senza entrare in sottili disquisizioni, ci basti derivare il lavoro artistico dai soli fatti.

Nel lavorio estetico, diciamo, 1'artista intuisce, 1'artista crea; intuisce, apprendendo la bellezza nelle forme della natura ; crea, riflettendola nelle forme dell'arte. Egli dunque esercita una doppia energia : apprensiva, Tuna, che gli rivela le forme della bellezza ; 1'altra espansiva che gli fa esprimer questa in nuove forme da lui elaborate. La prima e intuizione, la seconda e creazione ; quella fa Yuomo di gusto, questa fa il genio. L'intui- zione ha 1'artista comune con pochi, la creazione con nessuno.

678 L'ARTE DELL'AVVENIRE

E pochi per verita, se tolgansi gli artisti, posseggono un gusto pieno e perfetto della bellezza : i piu non ne godono che- un qualche sapore. A disegno insistiamo sui traslati gusto, sa- pore. Cento volte si e tentato di deflnire in guisa adeguata il gusto artistico e la bellezza : invano. La facolta dee definirsi dall'oggetto, e il bello, oggetto del gusto, e come una nozione prime, un complemento delle idee prime di verita e di bene, ribelle percio alle indagini soverchio analitiche; qualche cosa che si sente si, che si esprime, ma che non si lascia agevolmente stringere tra le morse d'una definizione.

Ove pero invertendo i termini ci contentiamo di descrivere Toggetto per la facolta, e questa per via di comparazione,. diremo che la bellezza 6 Toggetto del gusto e come un sapore appreso dallo spirito; che il gusto poi e una facolta dello spirito paragonabile per ogni verso al gusto corporeo da cui trasse il nome. Pero che come il gusto corporeo, per via di una certa soddisfazione che & il riposo della facolta nel suo oggetto, eccita, rende piacevole, conforta la nutrizione del corpo pel cibo, cosi il gusto estetico, per via di un simigliante riposo,. eccita, rende soave, conforta la nutrizione dello spirito per la verita; come il gusto sensibile pel mezzo deirassimilazione sviluppa vieppiu la vita fisica, cosi il gusto spirituale mediante il sentimento svolge viemmeglio la vita morale; come quello, acuendosi coll' esercizio, acquista al corpo una delicatezza di senso ognor piu squisita, cosi questo aggiunge all' anima un' acu- tezza di giudizio ogni di piii afflnata: come 1'uno cioe fa il buongustaio, cosi 1'altro fa Yuomo di gusto.

Che se la perfezione del gusto 6 particolare dote dell'ar- tista, il genio creativo ne e dote sovrana. Invano molti si re- putano artisti per cio solo che delle produzioni piu nobili d'arte e di natura giunsero ad afterrare piu o meno il con- cetto, o sol perche provarono i travagli dell'arte, senza gu- starne punto i trionfl. E la vanita del fanciullo che, levato alto per 1'aere da un robusto condoro, si avvisasse di volare ; e la sorte del rniglior dei copisti che si stimasse uomo di genio, sol perchfe seppe finir coll'alito la riproduzione di un Raffaello.

STUDIO ESTETICO 679

Pero di siffatte energie qual'e il processo ? Per quail stadii trapassa il gusto che intuisce, il genio che crea ? Quali sono le fasi perfette della psiche artistica, come oggi dicono, o meglio dello spirito umano nel pieno esercizio estetico delle -sue facolta ' ? Osserviamo.

III.

Uno spettacolo di natara, un' opera d'arte diciam noi ci •colpisce. Che vuol dir cio? Vuol dire che in luogo di seguitar (per la nostra via come passanti in faccende, noi ci arrest! amo a udire, a contemplare, in una parola ad inluire, senza saziarci .d'un primo sguardo, e con una parola sola giudichiamo : bello !

E una foresta scura, misteriosa che attraversiamo in su 1'alba; e la distesa sfavillante del nostro mare, rotta da isole verdi, da bianche vele fuggenti; son le melodic fantastiche della siciliana del Mascagni, che sembra giungano a noi dalle tende brune del deserto; e la rnestizia dei tramonti alpini dietro i ruderi d'un vecchio maniero ; sono i resti del Foro e i patios delPAlhambra ; e un' opera d'arte o un aspetto della natura, •un certo che, il quale ci seduce, ci vince, c' incatena, e noi guar- -diamo, guardiamo come se ogni nostra facolta si appuntasse in un atto solo, vedere.

Guai chi ci distraesse allora da quella muta contemplazione ! :gli sorrideremmo di compassione, se pur 1'impazienza non •ci facesse spiattellargli in faccia che di senso artistico quell' im- portuno e sfornito addirittura. E diciam senso, perche trattasi •di una prima impressione, in gran parte sensibile; e aggiun- giamo artistico, perche ha per oggetto quel ch' e oggetto del- Tarte, la bellezza.

Ma piu spesso nessuno ci molesta, e noi allora su quel primo quadro prendiamo a tessere tutta una tela d'inganni. E come un tremolio di punti d'oro, d'atomi d'argento, un velo

1 E diciamo esercizio estetico delle facolta, piuttosto che esercizio delle facolta estetiche, perche si tratta di atti speciali delle facolta apprensive <lel vero, non gia di facolta diverse.

680 L'ARTE DELL'AVVENIRE

diafano e sfavillante, che par si posi sulla scena.incantevole e qua ne accenda le tinte, la ne rafforzi le ombre ; e un fre- mito che serabra correr su quella morta natura e animarne le solitudini e avvivarne i silenzii. Allora il sole filtra piu affocati i suoi raggi tra le liane del bosco, tingendo d'oro e di viola i fusti dei larici e degli ontani, e il fruscio delle tremule si muta in favellare di fate e di genii. Allora il mare scintilla piu vivo sotto una festa di sole e di naviglio, di colori e di canti; mentre dal castello ogivale si leva un suono di corni, un abbaiar di mute, uno sfavillio di armature incontro al sole occidente. Allora il Foro si popola di cavalieri e di patrizii, di liberti e di schiavi: squillano i litui lirici, trionfali, e i legionarii sboccan dall'arco di Tito e baldi incedono per la Via Sacra, e tra il fremito della folia inflnita le quadrighe del trionfatore e i re catenati passano, passano... E pegli atrii della reggia granatina odi ululati di morte, sorprendi 1'ondeg- giar di burnus bianchi, fuggenti sotto gli archi moreschi ma- rezzati di sangue... E pei cieli e uno scintillare infinite di sabbie d'oro lucide, impalpabili, un mescersi e riverberarsi strano, fantastico di armonie e di luci.

E quasi un'estasi dello spirito, un arrestarsi, cioe, di ogni altra percezione, di ogni altro senso: 1'estasi di chi, abban- donatosi alia imaginazione, in virtu di questa facolta crea- tiva in parte, in parte riproduttiva, si ridesta nel mondo della storia e della leggenda, della memoria e dei sogni.

Ed ecco che 1'intelligenza, moderando gl'impeti focosi di questa facolta dei colori, si arresta a fissar col pensiero quelle scene novissime, impossibili a ritrar col pennello, e ne see- vera il soverchio, e certe tinte ne corregge, certi tratti ne. vela, certe luci ne srnorza, e da a tutto un'anima, un senso, nobile o grazioso, passionate o profondo.

La realta prima talvolta si fa gigante, tal altra si estenua, accennando quasi a svanire. Ora 6 Pistessa imagine, posta pero nella sua luce migliore, spogliata d'ogni impaccio all'ef- fetto, ricca di verita e di pensiero ; ora invece 6 una imagine afflne, evocata da associazione d' idee, da simbolismo vero o-

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creduto, da una similitudine esatta per rispondenza di termini ; sempre pero e una parvenza grande e luminosa, piena di vita e di mistero: e Yideale.

Alia sua luce il trillo di una rondine ci ricorda il pianto di Bice, la mestizia dei tramonti ci parla della fugacit£ delle gioie piu inebbrianti, i ruderi del medio evo ci levano ai tre grandi ideali, che furono la forza e il secreto dei nostri padri, Dio, 1'autorita, 1'onore. Alia sua luce, nei resti del Foro e nel portico del Bernini leggiamo le grandezze delle due Rome, in quelli del Colosseo la lotta titanica tra la coscienza e la forza, nelle arabescate rovine dell'Alharnbra, come in pagine miniate di codici antichi, il trionfo dell'austera civilta cristiana su di una barbaric effeminata, atteggiantesi, come il Nerone dei drammi, ad artista. Alia sua luce flnalmente 1'attrazione dei mondi, vivo poema della natura, per cui tutto movendosi si equilibra, equi- librandosi si sostiene, ci trasporta coll'Alighieri al mondo delle anime, ove una sola forza altresi tutto muove e corregge, ramore.

Cosi 1'ideale ti diletta e ti stupisce, ti schiaccia e ti su- blima, faro di orizzonti interminati, vivo riflesso dell'inflnito.

E tu al contemplarlo senti non solo un barbaglio al pensiero, ma e nel cuore formarsi una lacrima. Cio avviene perche, men- tre 1' ideale travaglia la mente, si ripercuote altresi con un'eco profonda nel cuore dell'artista, che percio fu chiamato Vuomo del sentimento. E un'armonia acuta, vibrante, di sole due note, le due forze e le due infermita dell'animo umano, amore, dolore.

Lungi da noi quel sentimentalismo indefinite che gYintel- lettuali vorrebbero risuscitato, il sentimentalismo snervante dei romantici; i romantici, oibo, parce sepulto! Non neghiamo pero che tfamore e di dolore s'intessa la storia tutta delle anime. Le ore delPuomo van divise tra Yeroismo e Yegoismo, ci si perdoni il bisticcio. Nelle ore deireroismo ei non sa far meglio che amare ; nelle ore piii comuni e frequenti delPegoismo non sa bramar meglio che essere amato : ma il disinganno arresta ad ogni passo 1'egoista e 1'eroe, e il disinganno e dolore. Nel-

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1'abbattiniento per6, nella prostrazione della virtu, un pensiero,. un ideale lo conforta, lo rianima, ed egli risorge ed ama per ridolersi piu tardi. Ama e soffre, soffre ed ama, e a questi due sentiment! tosto riconduce quanti altri ne susciti o imponga l'idealit£ e la vita, sieno essi umilt& o flerezza, sdegno o per- dono, sieno religione, carita di patria, riposo nella famiglia.

Quattro stadii pertanto segnano il passaggio dell'energia intuitiva del bello : senso artistico, imaginazione, idealitd,. sentimento.

IV.

Ne in altra guisa, benchS con vario processo, svolgesi la* energia creativa.

II bene e 1'amore, al dir degli antichi, son di/fasivi di s£. II sentimento infatti £ di per se espansivo: Tamor che gode- vorrebbe tutti felici, 1'amor che soffre cerca nel riversarsi in altri cuori sfogo e conforto. Questa inclinazione ad effondersi, che amore e dolore hanno in ogni uomo, rispetto ai pochi che gli son legati, sente pure 1'artista riguardo alle due grandi fa- miglie, la patria, 1'umanita.

Ma vuoi che il sentimento sia nell'artista frutto di un ideale gia contemplate, ideale che eglitentera di riprodurre, vuoi che invece egli cerchi 1'espressione ideale di un sentimento per altra via concepito, sentimento e ideale pero non si disgiunge- ranno mai.

Ecco adunque che 1'artista, a significare quel che amore gli detta dentro, or riproduce or crea una forma, un modello vero- nel complesso o nelle parti, equilibrato nelle grandi sue linee, suggellato pero da uno di quei temperati e sapienti squilibrii con che 1'artista rende piu al vivo la realta della natura non mai interamente perfetta. L'artista disegna.

Ma quelle linee forti, nette, vibranti non chiudono ancora ossa e polpe. Pero la fantasia accorre colla sua tavolozza sma—

STUDIO ESTETICO 683

gliante, la sensibilita porge i mezzi di tradurre quelle tinte al- Tocchio, all'orecchio, al pensiero ; e 1'artista colorisce il disegno.

Non basta: quel corpo ancora e senz'anima, quei muscoli con fremono di vita, su quei volti non si pingono ancora il pensiero e la passione, la vita e 1'idea. E Tartista da pochi tocchi rapidi, sicuri, ma pieni di novita e d'ardimento : 1'opera vive e parla alPanima: Fartista vi ha trasfuso il suo cuore, -dandole quel che e pregio massimo, I'espressione.

Ed ecco riapparire i quattro prirai elementi d'arte : 1'idea- lita divenuta disegno, la forma sensibile e la fantastica, che dicono colorito, il sentimento mutatosi in espressione.

Da questi fatti inferiamo. Quando ad un'opera qualsivoglia concorrono elementi molti e diversi, Ik solamente e la perfe- zione dove 1'equilibrio; la e 1'equilibrio, dove non gia oirni parte e per suo conto perfetta, ma dove e perfetta quel tanto che si richiede, perche meglio spicchi il complesso e il principale ele- mento; dove cioe sieno rispettate le relazioni di mezzo a fine, di parte a tutto e quante altre legano le singole parti. Quello dunque non sark lavoro d'arte perfetto, che non sapra immolare la perfezione delle singole parti alle ragioni del tutto insieme, ne quello ancor meno in che le relazioni reciproche saran pervertite; ma quello solamente dove il colorito dara rilievo al disegno, dove disegno e colorito fondendosi metteranno in pienezza di lume Tespresnone, dove cioe la forma sensibile, rendendo quanto puo meglio le tinte deirimaginazione, tenda e giovi solamente a lumeggiar Videale; dove forma e ideale, compiendosi a vicenda, facciano brillare nitido e vivo il senii- mento.

Questo pertanto e da stimarsi primo e solo criterio in ogni arte. Studiamoci di esaminarlo piii da vicino.

V.

E primamente siffatto criterio, cosi assoluto e necessario, condanna ogni differenza sostanziale di sistemi o di scuole. Non vi sono no veristi o idealisti, non simbolisti ne decadenti.

684 L'ARTE DELL'AVVENIRE

« Vi sono, come almeno a parole ebbe a confessare un giorno il Guerrini, scrittori che in quanto al tema pigliano delle canto- nate e altri che vanno diritto. Ci sono autori che, in quanto alia forma, scrivono bene e altri che scrivono male, ecco tutto. » Potra esservi varieta di metodi, ed altri potra seguire un processo d'arte piu oggettivo e di riproduzione, altri un processo psicologico, altri aiutarsi del simbolismo: sia pure, purche si giunga al termine desiderato ; ma varieta sostanziale di scuole d'arte non mai.

Vi ha infatti una misura certa, nei cui limiti ['equilibria d'arte e possibile, oltre la quale lo squilibrio & sicuro. Questa misura 6 la realta della vita : di la sorge il flttizio, il convenzionale, 1'eccesso nelle svariate sue forme. E tanti elementi di eccesso vi avra, quanti vi hanno elementi d'arte : eccesso generale delle parti sul tutto, eccesso particolare dell' idea sul sentimento e la vivacita dei colori, eccesso del sentimento sull'idea in che si fonda e sulla realta della vita, eccesso infine del colorito fantastico o del sensibile.

Abbiam posto il dito sul vivo della piaga. Campo dell'arte, diciamo, non sono certe categoric prestabilite dell'idea o della forma, alle quali debbasi solo o sempre ricorrere, come i classi- cisti delle varie decadenze sognarono ; non i sogni d' infermo d'una imaginativa sfrenata, ne le esagerazioni di un sentimento morboso, quali i romantici ci regalarono; ma la vita e solo la vita, o vogliam dire la realta, di quell'ordine in ispecie che dice relazioni di pensiero e di affetto.

Dunque, dir£ taluno,bisognerk imbrancarsi coi veristi? Si, se vogliate chiamar veristi Omero ed Orazio, Dante e Shakspeare, e quanti fecero oggetto dell'arte la vita: no, se intendete lo Stecchetti ed il Zola e quell'altra schiera di chiappanuvole nostrani ed esteri, che non la vita ban trattato, ma della vita solo e sempre i vizii piu turpi, le tendenze piu abbiette.

Ne noi facciamo se non ripetere quel tanto che pensarono i veri'artisti d'ogni eta, quel che il buon senso antico detto esser proprio dell'arte, vitam cioe cum fictions imitari. Vi- tam imitari, perche 1'arte e diletto gustato, compreso, sentito:

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or nulla ci rauove o ci diletla, che non si passi in noi medesimi o con noi non abbia vere e strette attinenze ; vitam imi- tari, perche 1'arte, come tutto che e umano, e per la vita. La formola I'arte per I'arte « e vera, ov'essa significhi che 1'arte dev' esser P arte e non la religione, non la morale, non la scienza, non la politica. Ma e falsissima, se vuol dire che Farte sta tutta da se e non ha nulla a spartire col resto delle cose, delle faccende e delle istituzioni umane. » Cosi Arturo Graf, cui in questa parte aderiamo. E conchiudiamo con lui: « L'arte appartiene alia vita, e non puo ignorare la vita e deve obbedire alia vita... La sola formola interamente vera parmi questa : I'arte per I'uomo '. » Per Puomo, cioe, da dilettare e confortar nella vita, per I'uomo da perfezionare, non per via dell'evoluzionismo naturale cui Pautore consente, ma pel magistero dell'educazione progressiva, magistero tacito, se si vuole, lento, ma non percio men vero o efflcace.

VI.

Ma in questo campo non vi ha limite alcuno?

Un solo ne riconosciamo implicato dalla natura stessa del- Parte : quel tanto, in che non splende la bellezza della bonta, la bellezza morale, non puo essere oggetto immediate e principale del lavoro d'arte. Pero che se Parte e per la vita, 6 per la vita da perfezionare, non da corrompere.V'ha di piu. Se I'arte e pel diletto puro dello spirito, suo oggetto principale e immediato sark quel tanto in che le facolta estetiche sinceramente ripo- seranno. Or queste non riposeranno mai, toltone uno stato morboso, in cio che 6 men buono, come neppure riposerebbero in cio che fosse men vero. Anche la scuola di ieri grido alto colGuerrini: lascii'a nobispagina, sedproba vita est. Ma vita proba 6 quella che non pur non commette il male, ma ne in quello si diletta, n& flnge eon altrui danno di dilettarsene.

Ma se non v' ha che finzione di sentimento, oh dov'e Parte ?

1 Nuova Antologia 16 gennaio 1897.

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Dirk a questo punto taluno coll' ingenuitk con che lo scrisse il Carducci: ma se le facoltk estetiche non riposano in qualche vero, dunque vi ha un vero che non & bello *? Chi ne dubi- tasse scambierebbe la bellezza, come tutti 1' intendiamo, con quella che chiamano trascendente, di un ordine cio£ supe- riore e piii astratto, la quale, si certo, compete ad ogni essere, come la bonta in queH'ordine istesso compete anche all'atto malvagio. La dimanda socratica, fatta con tanta sicurezza, vela pertanto un vieto paralogismo.

Ma e Tesempio dei grandi maestri, di coloro che, secondo noi, non appartennero a scuola veruna ? Non trattarono essi pure quanto vi ha di men bello e onesto nella vita ? Rispon- deremo, chiedendo anche noi : le tristi realta della vita furon da essi trattate come oggetto precipuo del lavorio d'arte, come assolutamente belle ? 0 non furon piuttosto vestite di quella molteplice bellezza, che puo chiamarsi di relazione, bellezza che 6 propria del tutto e nasce appunto in virtu dei contrasti? Che se talora anche i grandi maestri si arrestarono a profanare la bellezza sensibile col lezzo della procacia, ebbene, non te- miamo di dirlo: corne artisti mancarono quella volta al loro compito, non sapendo strappare alia materia la scintilla del- 1'idealitk ; come uomini non meritarono della quercia civile la foglia, ma solo le bacche.

Toltane pertanto questa sola barriera, 1'arte come la vita non ha confini. Gome dunque 6 stoltezza quel chiudersi che ogni scuola fa in un certo giro di idee, in un ordine limitato di forme, cosi 6 ingiustizia tacciar di sistema chi tratti uno di quei soggetti entro i limiti della naturalezza e della verita. Accettiamo ogni poesia, ogni arte ; purch& poesia vera, pur- ch6 arte sia.

L'arte, come la vita, non ha confini. Dunque, bench& Tarte « non sia la religione, non la morale, non la politica » pure, potrk e dovra esser morale, civile, religiosa ; espri- mera cio6 le aspirazioni, i bisogni, i vincoli tutti che strin- gono Tuomo alia sua coscienza individuate, aH'intero create, al

1 CARDUCCI, Confessioni e Battaglie, p. 284.

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Creatore. Quando percio 1'artista si leverSi flno a Dio per la religione e il soprannaturale, non si difenda no dai cerberi che Paccaneggiano, opponendo loro che 1'arte ha per oggetto le impressioni vere o false dell' individuo; pessimo sistema, a parer nostro e tutto proprio dei romantici e dei simbolisti, ma proclami altamente la oggettivita, la realtk dell'arte sua, fondata sulla certezza della rivelazione. Qui ci conviene insi- stere, perchfe tristissimi ci appaiono i frutti di un metodo di difesa timido troppo e men vero.

Si, noi vogliamo rappresentata coll'arte la veritk e tutta la verita; ma gl'ideali sono veritk anch'essi e altissima ve- rita; noi vogliamo rappresentata coll'arte la verita, e sola la verita, ma verifa non e il pessimismo dei letterati realisti, ne Fombra di fede degVintellettuali. Questi sono obbligati a presup- porla, ad invocarla da chi ne fa ricerca sincera. La questione passa dunque dal campo artistico nel filosofico, e qui la vanitk della scienza atea e anticristiana e innegabile. II male, il gran male delle arti e degli artisti e in cio, che la speciosita di sistemi comodi e appariscenti lusinga purtroppo la mollezza, ia vanita, 1' inflngardaggine di giovani, che all'arte si danno prima ancora di essere forniti di un vero e sicuro corredo scientiflco, o di una fede illuminata e sicura.

L'arte, come la vita, non ha confini. Quegli adunque che fra gli artisti saprk vestire di forme piu vive, piu plastiche, gli ideali piu puri, piu astratti, levandosi ai piu nobili affetti, riportera la prima palma. Ma purtroppo hoc opus, hie labor.

VII.

Che se 1'arte e 1'espressione della vita, colla vita avrk co- muni le sorti. Come questa adunque ad un fondo uguale sempre e costante congiunge una varietk maravigliosa per variar d' in- dividui, una mutability estrema per mutar di luoghi, un pro- gresso incessante per decorrer di tempi, cosi 1'arte ella pure, pur rimanendo una nella sostanza, verrk variando indeflnita- mente le sue manifestaaioni.

688 L'ARTE DELL'AVVENIRE

Avrk pertanto un carattere netto, spiccato di nazionalita, dovuto all'influsso cosi dei luoghi e dei climi, come delle in- doli e delle educazioni, di tutto ci6 a dir breve che moder- namente chiamano ambiente; il sassone inclinerk sempre al mistico, al vago, all' indefinite; il siciliano metterk fiamme nelle sue canzoni; Farabo rifletterk nelle sue nenie Fimmen- sita dei deserti, il mistero delle notti africane.

Nulla dunque di men ragionevole che il pretender di dare all'arte ynostra quel colorito tedesco o francese, che ad alcuni sta tanto a cuore ; nulla da desiderarsi meno che la pre- tesa universality delParte avvenire. Purtroppo la maniera dei varii popoli si va ravvicinando ogni di piii, con pura perdita di colorito, di vita, di veritk. Ma e unitk artiflciosa e sforzata. L'unitk vera dell'arte nascerk da se, quando Farte si avvierk per Tunica sua via, e sark unitk di sostanza; ma le sue va- rieta cosi pittoresche non cangeranno, finch& le indoli varie- ranno coi climi. Ogni regione porterk sempre i suoi uccelli, poeti dell'aria; ognuna porterk sempre i suoi poeti, cantori della terra.

Rivestirk poi 1'arte una mutabilitk grande coll' avvicendarsi dei tempi. Le condizioni sociali, mutandosi senza posa, modi- ficano di continuo la vita, e questa sperimenta esigenze nuove, aspirazioni prima ignote, che tutte riflette nell'arte. Voler dun- que che, rimanendo uno il concetto estetico, rimangano altresi intatte le forme di un tempo e voler rimestare anticaglie, cader nelVammanierato e nel convenzionale, sostituendo la falsitk d'un sistema alia realtk della vita.

L' uomo di genio, pertanto, F artista vero rifletterk nelle sue opere F etk sua e la nazione, ma piii che altro come in nitido specchio vi rifletterk se stesso. Pero che anch'egli nella sua indole estetica possiede una facoltk che tende, non a sop- piantar le altre (che allora non sarebbe mente geniale la sua, ma squilibrata) bensi a spiccar vieppiu fra quelle : e quel che in arte costituisce il carattere.

Se dunque Farte vera non puo esser che oggetliva, apre essa non pertanto un campo vastissimo alia soggettivita del-

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1' artista, la quale e anch' essa gran parte della realta e della vita. L'arte avvenire adunque, se le tendenze delle arti stanche ormai di tanto ondeggiare non ci ingannano, tende ad esser di fatto, e deve certamente esser di diritto, un' arte che abbracci colla realta il sentiraento, che sia insieme personale e imper- sonate, ma soprattutto sincera.

VIII.

Chi di questo criterio fa cenci e il bastardo dell'arte, il convenzionalista, nome stucchevole come la cosa. La parola dice troppo, ma dice bene. Persona e chi vive di vita vera e da se pensa e vuole, e i convenzionalisti sono gli adoratori di una vita flttizia, gl' imitatori ciechi di cio che altri voile e penso, quella serie senza numero di mediocri vanitosi che, non pos- sedendo ne le doti naturali all'uomo di genio, ne 1'arte di con- temperarle, altro non sanno che riprodurre quel solo che nei sommi artisti fu tratto caratteristico, rendendolo per lo piu eccessivo, esoso, inaccettabile.

Brava gente! Una volta ci servivano delle rifritture indi- geste dei poveri classici. E poiche questi avean cantato tanto bene

le donne, i cavalier, Tarmi, gli amori

cosi essi, in nome dell'ideale, di ogni innocuo galantuomo fecero un eroe, e in nome dell'ideate altresi fecero sbucare, non si sa donde, uno sciame di pastorelli in paglia di Firenze, che non sapevano far altro che le moine, cantando e ricantando sempre il medesimo duetto.

Piu tardi in acconciature da matti si cacciarono di notte pei cimiteri, a conversare fraternamente coi gufl e a respirare Yodor dei sepolti... e buon per noi: cosi non sentimmo piu parlare dei romantici. Piu tardi acconciarono le labbra a un sorriso indeflnibile e parodiando le parole di un valentuomo : « Studiate, studiate, dissero, sarete mediocri ; amate, amate, sarete grandi. » Bei tempi allora ! bastava persuadersi di amare,

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1122. 44 11 marzo 1897.

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e la scuola si poteva marinarla ! leri, divenuti veristi, lasciarono i capelli crescer fold e intralciati come le liane della foresta,. e buttando indietro il cappello a cencio, atteggiatisi a un ghi - gno cinico (vero o no non monta, un verista non dee dir mat la verita) si crogiolarono colle birbe inverniciate, fra i dorati letami e i carcami eleganti degli elzeviri. Che delizia ! Oggi ritornano all' ideale per via del simbolismo, e chi ci capisce e- bravo ; domani di rincontro inventeranno il naturismo, la pa- rola e di lui, Zola, la solita merce sempre, roba di Parigi ? E cosi il caprifico, di che il Carducci scorgeva una radice nel cuore d'ogni italiano, da sempre nuovi germogli, frondeggia ri- goglioso, fiorisce a gloria.

Or che mai vorrk dire questo cosi radicale, incessante variar di forme, se non che in arte il fatto riafferma la nostra teoria ? Riduciamo in un breve quadro sintetico la storia delle varie culture. Queste conclusioni sfavilleranno agli occhi di chi ri- guardi: diversamente pei dirersi popoli, prima o poi, ora con lotte accanite, ora invece senza resistenza, talvolta per via di ritorni lenti al passato, tal altra in virtu di rapide in- novazioni, di convulsioni social!, tante sorsero forme d'arte- eccessive quante eran possibili. E fu istinto di conservazioner ma non sempre sereno ; e fu conseguente reazione, ma non sempre disciplinata. E ogni forma fu utile, perche scese a combattere un pregiudizio, un eccesso; e ogni forma fu dan- nosa, percio che cadde nel pregiudizio, neU'eccesso contrario.

Un giorno, adunque, in mano di un' inflnita di mediocri,. la perfezione delle parti soppianto la perfezione del tutto ; e pero 1'idea, diremmo meglio, 1' intelligenza sterile e male illu- minata voile esser sola arbitra in arte, pose i geti alia fan- tasia, strozzo in fasce il sentimento, e della forma fece un- cibreo di ampollosita senza nome e di leccature stomachevoli. Forma, imagini, sentimento tutto doveva essere ideale, e si disse : I' ideale regna. Povero re cosi mal ridotto, senza polpe e senz' anima ! Quel giorno, un giorno lungo assai, i classic! furono ossequiosamente soppiantati dai classicisti. Fu cio che chiameremmo il disordine dell'idea.

STUDIO ESTETICO 691

Ma il giogo era duro assai, e F imaginazione e il senti- mento e la forma lo scossero disperate, e gridarono non alia liberta solamente ma alia licenza. Fu un 89 non meno triste in letteratura che in politica. Si ruppero, e vero, e catene delle false forme pagane, si atterrarono gl' idoli infami e i riti osceni, per far luogo agli splendori del Cristianesimo; si affermo lo scopo pratico delFarte e il primato del sentimento; ma furono poi scorribande pazze nel campo della fantasia e il vago, P indefinite si sostitui un po' per tutto agl' ideali se- reni, e si traviso Feta di mezzo attribuendole un misticismo di falsa lega, e si abuso del sentimento fatto sterile e sner- vante, e si cadde nelP indecisione e nella volgarita della forma. E il romanticismo, orgia della fantasia, cadde, come dovea, inevitabilmente.

Gli sopravvisse qualche tempo ancora quella parte di lui che fu il sentimentalismo, eccessivo o infondato, lezioso o di- sperante. Fu I'abuso del sentimento, la profanazione di quei primato che per ogni conto se gli dovea. Fu un' arte nevra- stenica, fu la falsita nella vita. Avrebbe dunque ben meritato dell'arte la scuola realistica, se contro questa avesse levati gli scudi : ma furon parole : fu P ora, non della verita, ma del senso, si levo a cielo non la realta ma Pidealita della por- «heria, furono i saturnali dell'arte.

IX.

0 che non sarebbe tempo di finirla, e invece di cercar nuove forme piu o meno viziate, ritornare a quel che natura e vita dettarono ai pochi sommi d'ogni eta, i classici d'ogni paese ? Ritornare all'arte classica pura ? Questa parola sgomenta mol- tissimi, ma per cio solo che non e intesa. Ritornarvi non e seguirne la lettera, Ik dove e morta, ma e vestirne lo spirito, vivo sempre e fecondo.

Pero che Popera di quei grandi sfida Pira demolitrice del tempo sol perche risponde a capello a quel che chia- mammo criterio sommo dell'arte. E piacque tanto a' lor di, perche seppe riprodurre la vita e il momento storico della loro nazione.

692 L'ARTE DELL'AVVENIRE - STUDIO ESTETICO

Un solo sguardo al poema divino: dove sono in esso le superfluita della forma ? E le imagini stereotipate ? Quale verita invece, quale tavolozza sobria eppur vivace, senza pretese eppur strapotente ! Quanta luce d' ideali veri e viventi, ideali civili, umani, religiosi ; ma sopra tutto quanto fremito di sentimento, che per tutto s' insinua e ad ogni tratto risalta! Eppure se 1'Alighieri ci interessa cosi vivamente, cio accade perche ve- diamo in massima parte respinta dall'opera sua la lettera morta dell'arte antica ; perchfe in quella vece vi scorgiamo vive e vere le aspirazioni della vita nuova, 1'uomo e il suo tempo, perche la sua 6 arte vera insieme e sentila. Che se talora, non fosse altro che per via di un' imagine, lo vediamo trarsi addietro e bruciare il suo grano d'incenso alle vecchie forme, la ap- punto la nostra ammirazione si arresta.

Ritornare all'arte classica pura! Ma cio non vale rinunziare a veruno dei progressi compiuti, o da compiersi dall'arte mo- derna; vale solo accettare e preparare i progressi veri, pur costituendosi, quanto alia sostanza dell'arte, in quel termine oltre il quale non vi £ progresso, solo perchfe la perfezione e raggiunta.

L'arte allora sara vera e vivace, bella ma senza pompa, nobile ma non soverchio aristocratica. Riunirk in il ramo verde di ogni scuola, quel tanto che di bene le scuole arre- carono, pur rigettandone il seccume, il fittizio che le deturpa. Al realismo chiedera la verita e la precisione del colorito e quel

. . . pochin di vita Calda, vera, sentita. . . .

di che 1'arte abbisogna per essere e interessare ; agP idealisti la scelta intelligente del soggetto e 1'esecuzione potente del disegno; e fuggendo gli eccessi dei sentimentali, pur chiedera loro il principio animatore di ogni opera d'arte, 1'espressione.

Sara un tutto armonioso che parlera ai sensi e piu al pen- siero, alia fantasia e piu al cuore.

E a quest'arte, arte perfetta ed universale, libera eppur sicura, stabile eppur progressiva, a questa sola, che fu 1'arte del passato, si deve pur 1'avvenire.

CLEMENTE VIII

E SHVA.1V BA.SSA. CIGALA.

SECONDO DOCUMENTI INEDITI

SOMMARIO : Odio immortale de' Turchi contro il Papa. Studio e opera indefessa de' Papi contro il Turco massimamente nello scorcio del sec. XVI. Documenti nuovi a questo proposito. Oggetto di questo studio storico. Piccolo contribute alia Storia patria. Patria di Ci- cala. — Controversia tra gli storici. Oriundo Genovese e nato a Messina. Visconte Cicala, sue fazioni marittime. E fatto prigio- niero da Dragut col figliuolo giovanetto Scipione. Morte del padre e rinnegazione della fede cristiana del flgliuolo. Varie fortune di questo rinnegato sino all'anno 1594: aga di giannizzeri, pascia, capi- tano di mare, desidera rivedere la sua madre.

I.

« Verso il Ponteflce il Gran-Signore ha odio immortale, non solo per esser capo della nostra e a lui contraria reli- gione, ma per esser solo e proprio istrumento di unir contra di lui tutta la cristianitd. Questo lo sanno benissimo li Tur- chi, e pero gli sono nemicissimi; ma perch e noa conflnano, pero convengono terminare il loro odio nella mala disposizione dell' animo loro senza poter venir contro di Sua Santita a ese- cuzione alcuna *... »

Queste parole recitava dinanzi al Senate di Venezia nel- Fanno 1592 Lorenzo Bernardo, profondo conoscitore delle cose e delle persone dell' impero ottomano, siccome quegli che era vissuto cinque anni in Constantinopoli, rappresentante della Repubblica veneta 2. E Paolo Contarini, che fu tanto utile alia

1 ALBEEI, Relazioni degli Ambasciatori Veneti, (Serie III, vol. II, p. 382). Firenze, 1840-1863.

1 Quattr'anni come bailo 1587-1591. In quest' ultimo anno fu riman- dato a Costantinopoli per arrestarvi e condur prigione a Venezia il suo successore Girolamo Lippomano, che s'era reso reo di concussione. Que- st' infelice, come prima arrivd la nave nolle lagune, non gli reggendo

694 CLEMENTE VIII

cristianita per le sue informazioni su i movimenti dell' armata turchesca nel 1571, dicevapure al Senate nel 1583: «Tralascio di parlar di Sua Santita, della quale poco si ragiona appresso i Turchi, avendo essi opinione che lanto sia muover guerra al Papa quanta fosse a tutli li principi cristiani insieme 1... » Quest' odio secolare, armato di ferro, dell' Islamismo contro il nome cristiano furoreggiava nel tempo di cui pigliamo a discorrere. Lo scorcio del secolo XVI segnava un' epoca ve- ramente solenne del gran duello che si andava combattendo da secoli tra la Cristianita e 1' Islamismo, la Croce e la mez- zaluna, il Vicario di Gesii Cristo e il successore di Maometto. La vittoria di Lepanto, di grand'effetto morale, per aver fiac- cato I'orgoglio del Turco che in mare si credeva invincibile, non sorti 1'esito che se ne poteva aspettare; anzi accrebbe 1'onta alle armi cristiane 2, furore a' Turchi, e porse occasione d'inaudito sfoggio della loro potenza. Iiifatti nel giugno del- 1' anno seguente 1' armata ottomana spiegava a' venti de' mari mediterranei ben 250 vele, ostentandosi alia flotta degli alleati tremorosa e tremenda. Cosi era vero che le navi ricrescevano a' Turchi come le barbe tagliate 3. Se nell' ottobre del 1572,

I'animo alia vista della patria, prevenne il giudizio del Senate precipitan- dosi dalla nave nel mare, 1. c., p. 323. Cf. per i ragguagli di questo do- loroso fatto, Relaz., 1. c., p. 383.

1 Relaz. Serie III, vol. Ill, p. 243.

* Nel 1573, Venezia (a1 3 di aprile) conchiudeva pace col Turco in ma- niera che questi serubrav'essere stato vincitore, e non altrimenti: la Repub- blica dovea pagare 300,000 ducat i per le spese della guerra di Cipro; la taglia annua di Zante da 1000 portata a 1500 ducati; Sepat6 in Albania restituita colle artiglierie, restando le altre possessioni turche in Albania e Dalmazia com'erano antebellum! Relaz. ser. Ill, vol. I, p. 388. HAMMER, Hist, de I'Emp. Ottom. trad, de TAllem. par Dachez, Paris 1844, vol. II, p. 191. Quest'Aut. sbaglia la data della pace (mettendola a' 7 di marzo) come tante altre cose, conforme avreoao occasione di vedere piu innanzi. Cf. ROMANIN, Star. Docu- Mgntata di Venez., vol. VI, p. 358, segg.

3 Togliendovi un regno, vi abbiatno strappato un braccio, diceva So- kolli gran Vizir al Bailo veneto, dopo la rotta di Lepanto: voi coll'averci disfatta 1' armata, ci avete solo tagliato la barba; il braccio mozzo non rinasce piu, la barba tagliata riftorisce piu folta. HAMMER, I.e., p. 190. Giov. SAOREDO, Memorie Istoriche De Monarchi Ottomani, Venet. M. DC. XCIII,

E SINAN BASSA CICALA 695

D. Giovanni conquistava Tunisi e il forte della Goletta: dopo soli diciotto mesi (15 maggio 1574), 298 navi sferravano da Costantinopoli per disfare il fatto dell' eroe di Lepanto. E Tu- nisi fu presa e data al sacco per tre giorni ; la Golelta sman- tellata, il 24 agosto, con perdita di 200 cannoni, 33 bandiere, e cinque mila uomini passati al taglio delle scimitarre, e i capitani, veri eroi, schiavi o decapitati barbaramente * !

II.

Mentre, nell'ulllmo quarto del sec. XVI la Francia ribolliva d'arme e d'armati colle famose lotte intestine; mentre Filippo IIr sognando nna monarchia impossible, consumava nelle Fiandre il fiore di tanti prodi Spagnoli e Italiani, conquistava il Porto- gallo (1580), perdeva, rotta dalle tempeste, la doppia invencible armada (1588, 1590): la potenza ottomana, da Costantinopoli,. come da centro, propagava P influenza funesta sino a Sziget nell'Ungheria, a Tiflis nelPArmenia, lungo le costiere africane quasi da Fez nel Marocco sino all' Arabia Felice, nella Crimea,, in buona parte dell'Abissinia 2. Formidabile potenza, che teneva 1'Europa cristiana in un'ansia perpetua 3 ! Ora mentre Francia e Inghilterra e Spagna si odiavano come Turchi, il solo Papa meritava Vodio immortale de' Turchi di Costantinopoli, per- ch'egli solo si travagliava a espugnarli con una perse veranza, di cui 1'ultimo decennio di quel secolo ci fornisce prove ve- ramente solenni.

p. 404-5. Mehemet Socolli era un rinnegato ungherese, onoratissimo e po- tentissimo, Fascia e primo Vizir sotto lo stesso Solimano... mori assassinate nel 1579. Relaz. vol. 1 (ser. Ill) p. 319, 404; vol. Ill, p. 390.

1 HAMM., 1. c , p. 197, segg.

2 Relaz., ser. Ill, vol. II, p. 327. Hammer p. 275, 1. c.

3 I Turchi non facevano mistero del loro odio e disprezzo delle po- tenze cattoliclie. Nella festa della circoncisione (giugno 1582) del Figlio di Amurat, tra gli altri spettacoli datt agli Ambasciatori, si vide pur que- sto: Un castello, con bandiere rosse e gialle, fu preso a cannonate; fatta 1'apertura « si videro uscire quattro maiali, per fare allusione alle potenze cristiane di cui gli Ambasciatori erano present!, e per sopraggiunta di scherno, si fece sbranare da un lione un quinto porco fatto uscire dal pa- lazzo dell'Ambasciatore imperiale. » HAMM. 1. c., p. 242.

696 CLEMENTE VIII

Quasi tutti i Nunzii Apostolici, che in quel tempo dal Va- ticano si partivano per tutte le direzioni d'Europa, avevano per iscopo de' loro viaggi la guerra contro il Turco S che i Papi ne' loro Brevi non denominavano altrimenti che come « infen- sissimum Tyrannum christiani nominis perpetuum inimicum »; «othomanici Tyranni immaaissimi inimici Dei et hominum* etc. Nel 6 ottobre 1593, Camillo Borghese, destinato Nunzio in Ispagna, si moveva per « ajutar 1'Imperatore contro il Turco, ribattere motivi in contrario 2 » ; Alessandro Camuleo, man- date al Re di Persia, al Transilvano, al Moscovita contro il Turco, come anche per eccitare i Cosacchi, Vallachi, Bul- gari3; il Vescovo di Cervia in Transilvania ; quello d' Amelia e di Cornia, a' potentati d' Italia; quello di Caserta, nunzio straor- dinario all' Imperatore, in Polonia, in Transilvania; quello di Amelia, destinato Nunzio in Venezia (5 ottobr. 1596) * tutti, come si scorge dalle istruzioni date loro, inviati per promo- ver la guerra contro il Turco. II Vescovo di S. Severo, desti- nato Nunzio in Transilvania nel 1599, deve adoperarsi presso il Card. Battori, che governa quella Provincia, « per unirsi col- T Imperatore e non col Turco, ne star a vedere 1'esito della guerra tra li sudetti; e ne porta li motivi5. »

Gi basti aver tocco di passata e a grandi tratti questi gra- vissimi avvenimenti, che si trovano registrati nelle Storie. In questo studio intendiamo di far vedere come alia sollecitudine papale e alia sua avvedutezza contro il Turco non isfuggis- sero neppure quegli avvenimenti, i quali per non essere stati coronati di successo, e non essersi esercilati alia palese delle corti, sono sfuggiti alia storia. Uno di questi si e il tentative adoperato da Clemente VIII per mezzo de' Gesuiti, Antonio e Vincenzo Cicala, di dare un bel colpo alia potenza ottomana, mediante la ribellione contro il Gran Signore del famoso Ci-

1 Archiv. Vatic., Istruzioni ai Nunzii, n. (239) 36.

2 L. c., p. 52.

» L. c., p. 63, 102. * L. c., p. 104, segg. » L. c., p. 224.

E SIN AN BASSA CICALA 697

cala Scipione, cristiano rinnegato per forza, e volontariamente rimasto turco. Sono cose del tutto sconosciute, come nuovi sono i documenti che ce le hanno fatte conoscere; e siamo lieti di presentarle ai lettori in questo studio, che portera il suo piccolo tributo alia storia patria.

III.

Anzitutto 6 a far conoscere chi fosse questo Sinan Bassa Cicala. Gianfrancesco Morosini, bailo a Costantinopoli (1582-85) cosi di lui parlava dinanzi al Senato Veneto : « L'ottavo ed ultimo bassa 6 il Cicala genovese *, che puo aver intorno a 42 anni. Questo fu creato vizir da Ferrat Bassa... 2 E stimato uomo molto valoroso, ed ha fatto in questa guerra di Persia 3 onoratissime fazioni ; ma per essere italiano non si fideranno mai di lui compiutamente 4. » E il celebre Matteo Zane 5 cosi ne scriveva nel 1594 : « II Cicala, capitano del mare, siede in divano (in corte di giustizia) come bassa vizir 6 nel primo

1 L'ALBERI in nota aggiunge : « Figliuolo di un genovese, prigioniero a Gerbi (26 ag. 1560) », sbagliando doppiamente per aver copiato I'HAMMER; come vedremo, il Cicala fu fatto prigione nel seguente anno, e non fu altri- menti prigioniero a Gerbi.

8 Ferhad, rinnegato Albanese, celeberrimo nelle storie ottomane : tutti i baili veneti convengono iiel dire ch'era uomo rozzo e ignorante « subitoso e collerico », ma di gran capacita; fu gran vizir nel 1591, e nel 1595. Relaz. passim. Mori strangolato, all'avvenimento di Mohamet III, Lugl. 1595. HAMM. 1. c., p. 279.

3 Cominciata nel 1578 duro 13 anni.

* Relaz. ser. IP, vol. Ill, p. 292.

5 « Matteo di Girolamo Zane dee noverarsi fra' piii illustri diplomat! veneti del cinquecento ». Ambasciatore alia Corte del Duca d'Urbino (70), di Savoia (75), di Portogallo (78), di Spagna (80), Capitano a Venezia (89-90), bailo a Costantinopoli (91-94), riformatore dello studio di Padova (96-99), patriarca di Venezia (1600) consacrato a Roma dallo stesso Clem. VIII (f 1605). Cf. ALBERT, 1. c., p. 384. Fu nel patriarcato di Venezia immediato antecessore del (poi Card.) Vendramino, per il cui esame e andata a Roma, prese origine la celeberrima vertenza tra la Serenissima e Roma. Cf. Dispacci delVAmba- sciator Veneto Agostino Nani,& ag. 1605, pubblicati da F. MUTINELLI nella Storia Aneddotica, vol. Ill, p. 24, segg.

6 Pascid « E titolo che vien dato ordinariamente ai grandi ufficiali della porta. Vezir o visir significa Consigliere ». ALB. 1. c., vol. I, p. XXIV.

698 CLEMENTE VIII

luogo dopo Ferat, e se lo e guadagnato con una continua ser- vitu sino da allora che usci di serraglio, e in Persia gli sono successe diverse fortunatissime imprese, nelle quali ha mostrato piu ardire e piu valore della persona, accompagnato con in- ganni e stratagemmi, che giudizio e prudenza per un supremo -comando... E ricco a meraviglia e per natura avarissimo... Fa professione alia scoperta di nemico della serenita Vostra, di- cendo, benchd sia nato in Messina, di discender da Geneva, patria naturalmente poco arnica di questa Serenissima Repub- blica... »

C'6 negli storici oscurita, e quindi non piccola controversia intorno la sua patria, e specialmente intorno lacittadove nacque. 1 piu degli storici, e molti de' Relatori veneziani lo fanno ge- novese. Cosi il Balan, vol. VI, p. 639, in nota citando il « con- temporaneo Roccatagliata... Annali Genovesi, p. 183»;rHam- mer ne' 11. cc., e quasi tutti gli storici veneti *. Gl'istorici sici- liani pero, numerosi e colti, lo fanno nativo di Messina, parlando di luicome di un loro connazionale. Cosi il Buonftglio8; 1'Apri- le, S. 1. 3;G. B. Caruso'1; D. Giov. Evang. e Garabacorta Ab. Benedettino 5. A questi si deve aggiungere il Bolani 6, e il P. Guglielmotti 7. Vero e che i primi lo potevano dire di na- zione genovese, essendo la famiglia Cicala soprattutto co- spicua in Genova, e Visconte Cicala, padre del nostro rin- negato, nativo di quella citta. « La discendenza Cicala, cosi il Mi- nutolo 8 (in un'opera preziosa, dove si sappiano sceverare le inesattezze non poche) derivata da Genova, e in molto pregio

1 Degli storici cf. MAUROCENO, Hist. Venet., Venetiis 1623, p. 311, 585. De' Relatori veneti, oltre i gik citat.i., ved. ANT. TIEPOLO, Relaz.. ser. Ill, vol. II, p. 143.

8 Hist. Sicil. p. 545.

3 Cronol. di Sic., p. 294.

* Memorie storicht, Part. III. vol. I, p. 179 e 244.

5 Star, Cronolog. dei Vicere... del Regno di Sicilia, torn. II, parte I, pag. 197.

6 Stor. di Reggio Calabria, vol. I, p. 285.

7 Stor. della Marina Pontific. passim.

8 Memorie del Gran Priorato di Messina, da Fr. Don. ANDE. MINUTOLO, Messina, 1699 p. 78-79.

E SINAN BASSA CICALA 699

di nobilta tanto in quella Republica quanto in questa cittk di Messina... Visconte, Cavaliero di S. Giacomo della Spada, Ca- pitano di due sue proprie galere, fece molte eroiche imprese, pianto la sua famiglia in Messina, essendo aggregate alia sena- toria de Nobili; e fu nel 1553 Console genovese nella detta citt& ». Senonche ogni dubbio vien tolto da una nota mar- ginale, che accompagna un Breve pontiftcio, di cui ci dovremo occupare piii oltre, e che ci da esattamente il luogo di nascita del famoso Corsaro. Eccola integramente : « II nome del Bassa prima che fosse preso era Scipione Cigala (sic) del quondam Vi- sconte. Adesso si chiama Sinam Bassa Vizir. Era di 13 in 14 anni flniti (?) nato et battezzato in Messina fu fatto captivo col Padre suo sopra due sue Galere quando andava in Spagna et essendo morto il Padre in captivita et dopo XV anni si fece etc. '. » Questo fatto, come vedremo, essendo accaduto nel 1561, rimane certo che Scipione Cicala, il quale divenuto musulmano dovea arrecar tanto danno alle Marine italiane, nacque in Mes- sina nelPanno 1548 2.

Pure della sua madre, nobile donna che in questo nostro studio avra parte assai cospicua, gli storici ci forniscono po- chissimi ragguagli e incerti. Hanno perfino ignorato il suo nome, dicendola dubbiamente Laura. Dalla lettera che le scrisse il figliuolo rinnegato, di cui abbiamo potuto rinvenire una copia nella sua integrita quasi officiate; e da quella, scono- sciuta finora, che le scrisse lo stesso Pontefice Clemente VIII, rileviamo che il suo vero nome era Lucrezia. In quanto alia sua provenienza cosi scrive il Minutolo, non arrecando pero nessuna prova. « Si caso (Visconte Cicala) con Lucrezia di nazione turca, ma di cospicui natali 1513 (?)3». Forse vuol

* Arch Vatic. Armad. 44, n. 57, fol. 69. Questa nota e un semplice appunto per servire all'estensore del Breve che riferiremo a suo luogo. St dopo XV anni, intendi, passato i 15 anni d'eta, si fece turco. Nel Breve citand. si dice : « .... te in ipso adolescentiae flore, cum quartum et decimum circiter aetatis annum ageres, a Piratis una cum bonae memoriae Vicecomite Cicada, genitore tuo... captum... »

8 CARUSO, 1. c., p. 249.

3 L. c., p. 78.

700 CLEMENTE VIII

dire ch'essa era nativa di qualche isola dell'Egeo dominata da Turchi, e cola dal Cicala tolta in moglie. Checche ne sia di ci6, da quella lettera che le diresse il Santo Padre e in- sieme da' tentativi adoperati dall'infelice madre per riavere il suo perduto flgliuolo, noi scorgeremo in lei una gentildonna ornata di vera pietk e di squisito sentimento cristiano.

IV.

Era Visconte Cicala un nobile Genovese stabilitosi, come abbiamo visto, a Messina. Di Ik correva i mari, mercanteg- giando e predando con un galeone ed una galea armata, che egli manteneva del proprio al servizio dello Spagnolo, signore allora di quasi tutta 1'Italia. Pare pero che non si contentasse di far danno alia sola gente turchesca, ma 1'avita animosita di Genova con Venezia gli faceva commettere delle rapine a detrimento di questa Repubblica, e la voglia di avere lo spinse a qualche sopruso contro i Cavalieri di Malta, che quasi gli ebbe a costare la vita.

Nel 1540, trovandosi di conserva colle galee spagnole e maltesi, per la fazione di Barberia, la capitana maltese ebbe preso un grippo turchesco, carico di merci. II Cicala lo voile per se contro tutte le regole; il che sdegno talmente quei Cavalieri, che per poco non gli affondarono il galeone. Se- parossi allora il Cicala, covando propositi di vendetta. Infatti, dopo 1'impresa di Barberia, trovandosi in Messina alcune ga- lere de' Cavalieri, Cicala mosse loro briga, e la cosa ando cosi grossa, che venuti alle armi dalle due parti, un suo ni- pote ci lascio la vita, e un Cavaliere fu ferito. Composte le cose alia meglio, mantenne astio contro i Cavalieri, flno a tanto che, malconcio da una fortuna di mare, dopo una corsa in Levante, fu ricoverato e rifatto delle avarie dal gran Mae- stro di Malta. Questo tratto di generosita, e 1'interponimento dello zio, Cardinale G. B. Cicala *, le amico con quell'ordine

1 Questo Cardinale « nato (1510, -j- 1570) di nobilissima famiglia in Ge- nova », si educo in Sagona, uno dei cinque antichi vescovadi di Corsica

E SINAN BASSA CICALA 701

religiose, che dallo scoglio maltese teneva in iscacco la flotta Musulmana *.

Si trovo all'impresa delle Gerbe (11 maggio 1560) colle sue due navi, la Capitana e la Padrona 8. In mezzo all'uni- versale scompiglio di quella funesta giornata, egli si seppe schermire, giocando bene dell'artiglieria. Si uni quindi alle ga- lere di Malta, le quali dirette con rara abilita e bravura dal Maltese Tomeo Cassia, il piu esperto e intrepido piloto che ci fosse, si fecero strada attraverso 1'armata turchesca vitto- riosa, e ripararono salve nell'isola de' Cavalieri 3.

Ma quello che Dragrut, feroce e abilissimo Corsaro, vin- citore alle Gerbe, non pote fare in battaglia, cioe d'impadro- nirsi del Cicala e delle sue galere, gli riusci pienamente 1'anno dopo nel maggio 1561 4. Ecco come accadde questa cattura a testimonianza degli storici di quel tempo. In una delle avvisa- glie marinaresche che accadevano spesso tra corsari turchi e cristiani, venne presa dopo flera zuffa una galea di Lucciali, « salvatosi questo rinnegato a nuoto nella vicina terra ». II capitano Cicala e il Maestro di campo cav. Orosio compra-

sotto la disciplina di Odoardo Cicala, suo zio, che n'era vescovo. Nel 1545 vescovo di Albenga, fece bella figura al Cone, di Trento; poi vescovo di Sagona e di Mariana (1551), e quindi Cardinale col titolo di S. Clemente : fu uno de' revisori del Cone, di Trento, e de' Cardinali giudici sopra la famosa causa del Card. Carlo Caraffa. Di lui si trova memoria nella Stor. del Cone, di Trento del Pallavic. passim e in varii brevi di S. Pio V: Cf. CARBELLA, vol. IV, p. S25; CIACON., torn. Ill, p. 779 (Rom. 1677); U- GHELLI, Ital. Sacr., torn/ 3, p. 519 (Venet. 1718). Curioso e questo accenno a un suo nipote (che dovea essere fratello di Visconte Cicala) in un Breve pontificio diretto alia Chiesa d'Albenga, che e annunziato con questo titolo nel catalogo, scritto da G. Antonio De Pretis, de' Brevi di Giulio III: Pro Carolo Cicada nepote Cardinalis Stf dementis, indultum si dictae Ecclesiae praeficiatur vel alteri ut possit exprimi ipsum esse in aetate 24 annorum constitutum n. 128: 6 mart. 1554, lul. Ill Pontificatus anno V.

1 Bosio, Histor. delta Sacr. Relig. di S. Giov. Gierosolimit,. Rom. 1621, P. Ill, p. 193-96.

3 Bosio, 1. c., p. 431. GUGLIELMOTTI, Marin. Pontific.,\o\. II, p. 342, 344. Tipogr. Vatic.

* Bos., 1. c., p. 431, segg.

* Senza dirci che terra si fosse. BUONFIGLIO, dell' Hist. Sicilian., Venezia 1604, P. II, p. 545.

702 CLEMENTE VIII

rono quella galea, ma il Vicere, Duca di Medinaceli, che at- tendeva a rifar 1'armata cattolica, per sua cocciutaggine di- sfatta e perduta nelle acque di Gerbi 1'anno innanzi, affac- ciando il servigio di Filippo II, tolse ai compratori quella tri- reme. — Se ne offesero questi come di lesa giustizia, e avendo determinate di richiamarsene al cospetto del Sovrano, pre- sero quindi la rotta di Spagna. Fatto sosta a Trapani, veleg- giavano gia buona pezza di mare, quando Dragrut che, saputo della loro andata, li aspettava al varco, usci dalle insidie del Maretimo, una delle Egadi, dove s'era mascherato, e centre sue galeotte fu loro addosso. Due investirono la galeotta di D. Osorio, e facilmente Tebbero sopraffatta : quindi corsero alia riscossa di Dragrut, contro il quale il Cicala col suo ga- leone bravamente combatteva ; ma, circondato dalle tre tur- chesche, non pote ne vincere, n6 fuggire e venne in potere di Dragrut. Visconte conduce va in Spagna « Scipione suo fl- gliuolo giovanetto bellissimo » d' eta di 14 anni J: entrambi rimasero preda del rapace Turco 2.

Visconte Cicala, col giovinetto Scipione, furono mandati da Dragrut a Costantinopoli in dono a Solimano. II Capitano, che colle sue scorrerie aveva tanfe volte corseggiato ne' mari, me- nando prede turchesche, era conosciuto al gran Turco: il quale ben contento di averlo in mano, lo fece chiudere nella gran prigione di Costantinopoli, delta delle sette torri. Ma T aspetto gentile ed ingegnoso del figliuolo essendogli piaciuto,

1 Bosio, 1. c., p. 446, il quale lo fa di 16 anni: HAMM. glie ne di 18, vol. II., p. 121, e altri sino a 24.

2 BUONK., 1. c., p. 545; CARUSO, Memorie Istorich... in Sicil., vol. I, p. 179; APRILE, Cronol. di Sic., p. 294; GAMBAC., Cronolog. de' Vic. di Sic., torn. II, P. 1, p. 195. HAMM., 1. c , p. 121, lo annovera tra i prigionieri fatti alle Gerbe (1560). A pag. 821 lo dice preso nella fazione della Goletta (1574) 30 anni prima del 1605!

<c In quel combattiraento mori Don Pietro Urries, rimanendo la Baro- nessa d'Aierbe sua moglie schiava, la quale fu poi per opera del gran Maestro Valletta presto riscattata, con molti altri di quei signori ». Bosio, il quale racconta essersi avuti questi ragguagli da' Turchi presi in una nave espugnata da' Cavalieri, 1. c., p. 446. Cosi pure con qualche variante. BUONF., p. E-ir>; CARUSO, p. 179; APRILE, p. 294; GAMBAC., p. 19.J.

E SINAN BASSA CICALA 703

lo fece mettere nel serraglio, lavorando con lusinghe e mi- oacce per fargli abiurare la religions cristiana. Resistette in prima 1'infelice fanciullo: ma, essendogli fatto intendere che a quella sola condizione avrebbe ottenuta la liberazione di suo padre, cedette, e prese la religione e la vita de' Turchi. E a suo padre fu concessa veramente la liberta, ma in maniera propria de' Turchi, cioe liberato lo avvelenarono l.

V.

Che qualita di gente abitasse in que' serragli del Gran Sul- tano, che vita vi menassero, ci viene narrato da quasi tutte le Relazioni degli ambasciatori Veneti di quei tempi. Ne sce- gliamo una, che le compendia tutte, la quale a' nostri giorni ci fara conoscere che odio squisitamente maomettano si era quello, che dettava le norme alia politica de' Gran Signori •de' serragli costantinopolitani nel far questa cerna della « de- cima delli putti » cristiani. E... del Garzoni Ant. ambasciatore a Costantinopoli nel 1573 2.

« Tutti i giovani che sono nel Serraglio-nuovo del Gran Signore, e gli altri che sono negli altri serragli, sono figli <li cristiani carazzari 3 del Turco, secondo la scelta solita farsi ordinariamente ogni tre anni, e piu spesso ancora se- condo il bisogno, i quali possono ascendere al numero di otto mila 4 in tutto lo Stato del Turco. Per questa eletta

1 Bosio, 1. c. p. 466. « Scusare si soleva Scipione Cicala d'haver rine- gata la Fede per la promessa... etc. » II Breve, che daremo appresso, dice invece... « ad Solymanum Turcarum Tyrannum (te) adductum fuisse, mor- tuoque paullo post in captivitate dicto vicecomite genitore tuo, pollicita- tionibus et blanditiis eiusdem Solymani delinitum, ig-narum plane quid ageres, fidem, quam in lavacro regenerationis Christo dederas, abnegasse. Maumetbanaeque sectae errores sectatum fuisse... » 1. citand.

2 Relaz. Venet. Ser. Ill, vol. I, p. 396.

3 « Ossia che pagano tribute, che in turco dicesi carat,. »

* « Andando ogn'anno li deputati a levarne alii padri (cristiani) quel numero che bisogna per conservare il numero di dodici mila. » Brev. Relaz. della milit. terr. e maritt. (1575), Serie IU, vol. II, p. 313. Ibid., Relaz. di LOR. BERNARDO (1592), p. 332, etc.

704 CLEMBNTE VIII

escono alcuni uomini deputati, chi in una provincia, chi in un'altra, i quali scelgono per ogni casale un certo numero di giovani dalli 10 sino alii 13 anni, figliuoli di cristiani carazzari, non aggravando pero quelle case che avessero un figliuolo solo J, ne quei villaggi che sono posti sopra le strade principali e frequentate da molti passeggieri, se non alcune volte, poichfe abbastanza sono aggravati dalla tiran- nide che lor viene usata dai Turchi di ogni condizione nei loro viaggi, ed a diverse altre imposizioni regie. Quei gio- vani sono subito vestiti di panno rosso e giallo, con le ber- rette rosse alia Morlacca, con una penna sopra, e ricevono libert£ di far dispiacere ad ognuno, cosi turco, come cri- stiano, o ebreo; dimodochfe con questo mezzo diventano in- solentissimi, stimano altro per giusto che la forza. Sono poi condotti in Costantinopoli, e sono fatti passare ad uno ad uno innanzi alia finestra della camera del Gran-Signore (per dove gi& dissi che passano li present!, e le prede impor- tant!) dove quelli che per dispositione di persona, o per nobilta di aspetto piacciono a sua maesta, restano nel serraglio, non essendo pero soliti restare quelli della Natolia, poichfe non 6 cosi stimata di gran lunga quella nazione come la Greca. Gli altri giovani, parte sono posti in altri serragli di Costantinopoli, dove gli istruiscono in diverse arti (e quando sono in etk di di- ciotto anni escono con diversi gradi, e per il meno spa\ 2 della Porta), parte sono distribuiti per li villaggi a lavorare la terra, e per le citta a diversi botteghieri per imparar le arti meccaniche ; e tutti questi ultimi con un medesimo nome sono detti azam-oglani 3, che vuol dire giovani soldati, i quali hanno il loro agk } che ha cura di riceverli e di dispensarli, tenen-

1 « In c-i6 il GARZONI differisce da altri scrittori, che dicono anche i figli unici essere stati passibili di quella elezione. »

* Soldato a cavallo.

3 « Sono doiaandati azamoglani, cioe figliuoli di Cristiani. » Relaz. c. p. 313.

k « I Turchi usano questa parola come noi Signore. Vale anche a de- signare il capo in diversi uffizi. » Relaz., v. I, p. XVII.

B SINAN BASSA CICALA 705

done nota particolare, perche in una certa eta poi sono fatti giannizzeri, e diversi anche spa\. Servono i giovani nei ser- ragli fino alia eta di 24 anni in 25, ed escono poi con gradi principalissimi, secondo che sono in grazia del Gran-Signore, non potendo pero alcuno uscire con manco gr'ado di spat della Porta, che sono piu onorati di quelli di tiraaro *, ossia posses- sori di beni vitalizi, poiche hanno maggior paga sborsata dal cazna 2, e servono la persona del Gran-Signore, senza la quale non sono soliti andare alia guerra. E ben vero che in questi ultimi anni sono stati mandati molti di essi sopra le armate. »

Dopo la sua formazione alia vita turca, le prime notizie che abbiamo di lui sono del 15734576, epoca del bailagio in Gostantinopoli del Senator Antonio Tiepolo, il quale, dopo aver descritto i serragli o le varie scuole turche, cosi ci parla del Cicala:

«... ed ora si vede riuscito con estremo favore il Cicala con grado di aga dei giannizzeri, giovane ancora di ventotto anni. Onde tiene raemoria ancora e della lingua e delle cose de' Cristiani, ma si mostra durissimo contro di loro, forse perchfe veramente sia fatto Turco 3. »

Parlando quindi del Sultano Amurat soggiunge : « Ha una figliuola, la quale quando sia nubile vien detto poter esser mo- glie del Cicala, aga de' giannizzeri, tanto pare costui aver la grazia del Gran Signore 4. »

In quella vece, dopo aver fatto le prime prove delle armi in Ungheria, sposo dopo il 1576 successivamente le due flgliuole di Rusten Bassa, potentissimo gran visir sotto Solimano, di cui era genero, e cosi ricco che aveva sino a 200000 ducati di ren- dita 5. La costoro madre era la famosa Mirmah, che nel 1565

1 « Timar, commenda o possessions di beni regi dati in vita a bene- meriti. » Ibid. p. XXIV.

* Cazna o Catnt o azne. « Tesoro private del Sultano. » Ibid., p. XIX.

3 Relaz., 1. c., vol. II, p. 143.

4 Ibid., p. 166.

* HAMM., 1. c., p. 148.

X-rie XVT, r-t.l IX, fuse. 1122. 45 12 marzo 1897.

706 CLEMENTE VIII

« pia giovinetta » non ebbe piccola parte neirincitare il vecchio Solimano all'impresa di Malta, come a cosa di grande mo- mento nella guerra contro gl'infedeli *.

Da qui ebbe principle e sostentamento la potenza del Cicala, e saldezza contro le brighe infinite degli arruffoni e de' birbi di quella corte infame, ove le donne e gl' intrighi potevano smisuratamente 2.

VI.

Accesasi nel 1578 la guerra in Asia, che duro tredici anni con prospera fortuna de' Turchi, il Cicala fece varie fazioni gloriose contro i Persiani, massimamente nell'ottobre del 1585, quando sconfitto 1'esercito ottomano vicino a Tabris e morto il gran visir Osman Fascia, il Cicala ottenne vantaggi segnalati e congratulazioni da Costantinopoli 3. E forse in premio del suo valore ebbe « lungamente il governo di Babilonia, e poi fu destinato al governo di Diarbec a' confini della Persia 4 ».

Conchiusa la pace co' Persiani, 21 marzo 1590, riarse guerra in Ungheria che duro pure 13 anni; Scipione Cicala, divenuto Sinan Bassa (col qual nome e determinato dagli storici ita- liani, i Turchi chiamavanlo Dshigalesade) 5, ricchissimo com'era e sostenuto in Corte dalla potente vecchia Sultana Marmah, compro ed ottenne il Capitanato del mare 6. Ebbe quindi ordine, come capitano di mare, di correre i mari mediterranei colla

1 HAMM., 1. c., p. 122.

* HAMM, 1. c., p. 238; Relaz. di Giov. MORO (1590), III, 2., p. 374, eegg.; di MATT. ZANE (1594), III. 3, p. 422, aegg.

3 HAMM. 1. c., p. 255; Relaz. d* Giov. MICHEM (1587; III, 2, p. 290, segg. *• Relaz. di Giov. MORO, 1. c. p. 374.

« Kapudan-pascha Dscbigbalesade. » HAMM. 1. c., p. 273.

6 « Lo pag6 200000 zecchini, e ne cava forse 40000 all'anno come ca- pitano del mare e beglierbei (Governatore di provincial dell'isole dell'Ar- cipelago e delle marine. » Relaz. di MATT. ZANE, 1. c., p. 428.

E SINAN BASSA CICALA 707

flotta, per tenere a bada Italian! e Spagnoli e impedirli di portar soccorsi air Imperatore.

Entrava questo ne' suoi desiderii e ne1 suoi disegni eziandio. Quesfuomo gia ricchissimo e potente, non poteva estinguere uell'anima quella prima favilla di fede che dalla prima edu- cazione cristiana vi era stata accesa e affettuosamente riscal- data poi e cresciuta dall'alito materno. Quella fede purissima scambiata colla sozzura maomettana, la memoria della sua raadre, che lo piangeva dalle rive d' Italia, la macchia di rin- negato gettata sul nobile nome della famiglia, il disperato ricordo della morte di suo, padre avvelenato nelle prigioni di Costantinopoli, gli travagliavano Taniraa agitandola di con- tinue in flera burrascosa tempesta: « Nihilominus tamen iidem Carolus et Vincentius, qui in parte Orientis profecti hac de re tecum pluries egerunt, constanter afflrmarunt te propter supiadicta semper tactum dolore cordis, et iamdiu quidem optasse pravos sectae illius errores deserere et detestari 1... »

1 Breve di CLEMENTS VIII diretto al medesimo Scip. Cicala, del quale parleremo appresso. A chi scorra i volumi numerosi de' Brevipontificii, ine- diti in grsn parte, che si trovano nell'Archivio Vaticano, si desta per forza un seneo di commozione profonda, nel veder la sollecitudine del Pastore universale non solo pe' grandi, ma eziandio per quelli che oggi pagane- scamente vengono chiamati deseredati della terra. Eccone uno tra milie esempi : Asinibaldus corsus laicut Aleritnsis fu rapito fanciullo da% Turchi, e secondo la loro nefanda costumanza fatto abiurare. Venuto adulto, e tro- vato maniera di trafugarsi, si riconverte per opera del Vescovo Melfit-enee; eppure lo tenevano obbligato al remo come un rinnegato. Dopo inutili ri- chiami, ricorre al Pontefice : e questi, per un povero schiavo, spedisce un Breve a Joanni Homedes (alias loann. de Homedes] Magistro Hospitalis S*1 Joann. Hierosolimitani perche lo liberi di presente;... cum eius detentio salva iustitia tolerari non possit: nobis qui ciusdem lustitiae cultores sumus, pergratum erit. Dat. Romae die XVIII Junij M.D.L. Primo (Pontific. Ju- lii III). Arch. Vatic., Armad. 39, n.<> 57, Fol. 77 (bis).

RIVISTA DELLA STAMPA

i.

R. P. CH. ANTOINE, S. I. professeur de theologie morale et d'fico- nomie sociale. -- Cours d' Economic sociale. Paris, Guillaume et Comp.°, 1896. Un vol. in di pagg. X, 658.

II ch. Autore nella prefazione ci da un' importante bozzetto della idea maestra, sotto la quale egli ha coudotto 1' opera sua. D. Corso che presenta nori e uu trattafo compiuto in tutte le sue parti; e un corso d'economia sociale esposta a giovani studenti e ad altri uditori desiderosi d' iniziarsi nei problemi della economia sociale. E quindi la forma non e quale si suole usare nelle le- zioni della cattedra, ma quella piu semplice della didattica, meglio appropriata alia scuola degli alunni e degli altri uditori.

Scrivere di economia sociale ed insegnarla non e briga di poco conto. Essa richiede nello scrittore e nel maestro il corredo di tre scienze, le quali sono: diritto naturale, teologia morale e pubblica economia. Senza il chiaro lume di queste scienze si corre pericolo d' inciampare in gravi errori e di spacciarli poscia quali verita inconcusse. II che puo accadere assai facilmente oggidi, quando una nebbia piu o meno fitta si 6 stesa sopra quistioni della piu alta importanza. II pericolo diviene ancora piu grave per quelli econo- mist!, che sogliono computare gli uoniini a guisa di altrettante cifre, o se volete a guisa di macchine di tale e tale forza. Ond'6, che ti sapranno bensi dire il pro e il contro di questo o quel mezzo in quanto serve ai profitti; ma non si solleveranno piu su di una spanna a cotesta loro scienza, affine di chiarirla e fecondarla coi principii della filosofia cristiana. Eppure se questi principii si considerassero e si tenessero nella debita stima, quanto piu di lume e di pregio non ne acquisterebbe la loro scienza ? Le Encicliche di Papa Leone XIII, che spettano piu da vicino alia materia, servono ora di fondamento ed ora d' indirizzo nello svolgimento del tema, e se- condo che richieggono le circostanze, vi ha una dovizia di citazioni degli scrittori piu celebri. che sparse qua e la rischiarano, illu- strano e iufiorano in ogni parte il libro.

Segue la introduziom, la quale non perdesi in vane ciance: e una vera introduzione, in quanto che, mettendoti dentro alTopera ti

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da tutte quelle nozioni, che quali guide al fianco ti conducono dal principio alia fine dell'argomento merce un definire breve, esatto e tutto lampeggiante di chiarezza. Le cose contenute nei sette para- grafT, in cui e distinta, indarno si cercherebbero presso altri autori. Notiamo in particolare il §. IV circa la necessita di avere sempre sott'occhio la morale nello scrivere e molto piu nel mettere in pra- tica gl' insegnamenti della economia sociale. Meritano pure speciale considerazione i paragrafi Y e VI, nei quali si descrivono i varii metodi scientifici da seguirsi nelle trattazioni di economia : nel V si hanno i metodi retti ; nel VI i metodi torti. Xel §. VII si espone la partizione di tutta 1' opera. Essa e divisa in due parti. La prima comprende due Sezioni, tre la seconda. Ogni sezione e partita in capitoli, dei quali dieci appartengono alle due sezioni della prima parte, undici alia seconda. Ogni capitolo contiene piu o meno arti- coli secondoche gli esige la materia. Le quistioni, che sono trattate e discusse nella prima parte dell'opera, si riferiscono alia costitu- zione dell'ordine sociale. Quelle della seconda si versano intorno all'ordine economico. La cognizione profonda, che il ch. Autore mostra di avere della sua materia, e Fordine mantenuto in tutte le ripartizioni della medesima fanno si. che la chiarezza dei con- cetti e degli argomenti vi splenda in ogni luogo. Pregio da sti- marsi non poco, e raro in opere eosiflatte.

Non consentendoci la brevita di una rivista di estenderci gran fatto, toccheremo alcune quistioni, che ci paiono piu importanti. La prima Sezione della prima parte ci da la teorica dell'ordine sociale. In essa si stabilisce principalmente la teorica cristiana, appresso si dimostrano i difetti piu o meno gravi di quelle di altre scuole. Pre- cipua quistione e quella del fine proprio della societa civile. Con un argomentare stretto per via di analisi e di sintesi, rincalzato dalla filosofia e dalla teologia, si viene alia conchiusione, « che la societa deve essere per i cittadini un mezzo di perfezionamento fisico, in- tellettuale e morale e tale che sia favorevole alia felicita ed alia prosperita temporale » (pag. 42). Jsel capitolo secondo della stessa sezione, snebbiate prima le menti dagli equivoci intorno la sua vera nozione, si stabilisce « 1'autorita dello Stato essere un potere mo- rale » ; e ci6 contro la scuola liberale. die professa i principii del- 1'ottantanove, secondo la quale lo Stato e la forza collettiva degli individui, che protegge lo sviluppo delle facolta di ciascuno e che veglia contro le usurpazioni del diritto altrui. Di guisa che, stante i celebrati principii deH'ottantanove, il governo sociale si riduce tutto ad un governo della forza, ossia ad un reggimento di schiavi im-

710 R1VISTA

posto e sopportato a nome della libertii (pag. 52). Quali poi siano gli obblighi dello Stato o di cotesta autorita morale non e difficile definirli raerce i solidi argomenti, che offre la Enciclica Re rum no- rarnm. Questi si assommano a due : proteggere e favorire : proteg- gere i diritti dei cittadini e favoreggiarne gli utili. E colta qui la, buona occasione, si appuntano le interpretazioni della citata Enci- clica peccanti d' inesattezza. In fine viene esposta e confutata breve- mente la teorica dello Stato data dal Kant, dalla scuola liberale, dall'Hegel e dai socialisti. Procedendosi si tratta dell'ordinamento- sociale, del quale si compie la trattazioue nel capitolo VI. spesa tutto intero intorno alia parte che e dovuta alia Chiesa.

Riassunto quanto erasi detto nei capitoli precedent! in brevi ter- mini, il ch. Autore continua : dovendo i cittadiui tendere al conse- guimento del loro ultimo fine, che e la beatitudine eterna, ne con- segue, che la societa deve essere loro un aiuto, onde venga facili- tata cotale tendenza e si compia cosi il desiderio di possedere quel .sommo bene che forma la beatitudine eterna. Negare cotesta verita equivarrebbe allo spogliamento di quel dominio, che 1'ultimo fine ha di diritto sopra tutti i fini particolari a lui subordinate Ora esiste egli una societa, la quale rivendica altamente per se la missione di con- durre all'ultimo fine tutte le creature razionali ? Si : questa societa e la Chiesa cattolica, maestra ed altrice dei popoli. Ci6 posto, eccovi la quistione che scaturisce spontanea : La Chiesa ha ella il diritto d'in- tervenire colla opera sua nell'ordine sociale ? La risposta e pronta : la Chiesa non solamente ha il diritto di esercitare la sua azione nella societa, ma per soprappiu essa possiede il rimedio, per gua- rire il male sociale ed apportare la tranquillita e la pace nel inondo del lavoro; la sua potente virtu e tale da non potersi sostituire da verun' altra. Si dimostra : per mezzo del suo insegnamento tradi- zionale, la Chiesa risana il mal sociale delle intelligenze, I'ateismo; per mezzo della sua morale soave e forte ad un tempo, sublime ed efficace, guarisce il male della volmita e 1'attraimento delle ree passioni; per mezzo del suo esempio, delle sue istituzioni e delle sue molteplici opere fa penetrare il suo influsso non meno iiell'or- dine jriit elevato dei cittadini, che nel piu infimo del proletariate.. Quanto qui si afferma tanto si prova splendidamente nei cinque articoli seguenti coll'autorita non meno di scrittori ecclesiastic!, che di scrittori rinomati del laicato. Se la Chiesa basta da se a rifor- mare colla sua azione la societa, si spargano adunque gl'insegna- menti della tilosofia cristiana e, prevalendo questi, si vedra rifiorire la pacificazione sociale in poco spazio di tempo. Benissimo : risponde=

BELLA STAMPA 711

1'autore. Guardatevi, di grazia, attorno, e vedrete 1'azione della Chiesa inceppata, piu o meno apertamente perseguitata, e in uggia in gene- rale presso i Governi. Coteste circostanze, quanto dilunghino il bene- fico influsso della Chiesa, niuno lo saprebbe. Tanto piu, che i prin- cipii della filosofia cristiana 6 moralmente impossibile, che entrino in capo di botto. Inoltre nella Enciclica citata: Eerum novarum leggete pure in piu luoghi: stimarla Chiesa, che le leggi e Pauto- rita pubblica debbono con misura e con saviezza concorrere alia soluzione del problema sociale coll' opera loro. Dal che consegue •doversi intanto lavorare dai singoli individui colla speranza del giardiniere, che colla paziente aspettazione si cogliera col tempo il frutto desiderato.

Si apre la seconda Sezione della prima parte col titolo : Le Con- troversie. Provata contro alcuni scrittori la esistenza della quistione •sociale e descritti i mali della classe operaia, messi gia in chiaro <lalla Enciclica, De conditione opificum, vengouo indicati i tre «lementi, onde esce il problema sociale, i quali sono : elemento mo- rale e religwso, elemento economico, elemento politico. Accennate le cause ed i rimedii, si fa la rassegna delle tre scuole, in che si dividono gli scrittori su questo argomento : scuola liberate, scuola soeialista, scuola cattolica. La liberate dice : date piena liberta eco- nomica e politica ed il problema sara sciolto : no, risponde la socia- lista, il collettivismo solo pud risolverlo: la cattolica invece sog- giunge : infino a che non rialzate la scaduta morale, non rafforzate la indebolita religione e non lasciate libero I'accesso alia influenza •della Chiesa su la popolazione, non isperate alcuna soluzione che valga. Dal che si ricava, che il principio professato dalla scuola liberale e una smodata liberta senza niun rattento ; quello della scuola «ocialista e la sostituzione del collettivismo alia proprieta privata in mano dello Stato; quello della scuola cattolica il libero esercizio •della sua divina missione, in pro della vera civilta fondata su la morale e la religione.

I principii fondamentali, su eui si appoggia nelT opera sua la scuola cattolica sono : sommissione intera e filiale alia s. Chiesa apostolica romana ; V applications dei rimedii ai mali della classe operaia assegnando alia Chiesa ed alia carita cristiana la parte pKi importante ; unione nel combattere il liberalismo ed il mostruoso errore del collettivismo; Ytiso di quei mezzi, che servono me- ^lio all' intento dove che appaiono. D'accordo tutta la scuola su co- testi principii, s'intromise uno screzio intorno ai principii pratici secondarii. Indi ella si e partita in due gruppi, che il ch. Autore

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nomina 1'uno il gruppo dei conservatori e 1'altro il gruppo dei ri- formatori, nota i punti, su i quali cade 11 disaccordo, e quelli su i quali si potrebbe formolare la riconciliazione. Se la scuola catto lica sia stata assalita dai partiti avversarii, chi ne potrebbe dubi- tare? Altri ne favellarono con disdegno; altri la misero in discre- dito, dicendo i suoi principii essere di origine teutonica; altri la gridarono di grave pericolo alia societa, siccome quella che mena diritto al socialismo, o per lo meno lo favoreggia. Se non che, ella ebbe in piu occasioni conforti, incoraggiamenti ed appro vazioni dal Capo supremo della Chiesa. Crediamo, che tutto questo valga assai piu che le grida degli avversarii.

Nella seconda parte col titolo : Ordine economico, si tratta nella prima sezione della produzione della ricchezza, nella seconda della partizione della medesima, nelia terza della sua consumazione. Af- fine di non tirare soverchiamente a lungo la ri vista faremo una sola sosta, e questa sopra la quistione del salario, intorno a pui si accesero in modo particolare gli animi degli scrittori. Di cotesto argomento si tiatta nei capitoli XYIII e XIX. In quello, espo- sta la teorica razionale del salario (art. 1), si citano alcune teori- che difettose statuite dalla scuola inglese, dal socialista Lassalle, de- dotte dall'azione produttiva del salario, dall' interesse del capitale attivo e ad ognuna si unisce la critica che si merita (art. 2). I so- cialisti pongono tutta 1'opera loro nel mettere in abbominio il sa- lariato, e 1'autore dimostra che vi ebbe in tutti i tempi senza che nella pubblica opinione si stimasse una schiavitu ovvero un restic- ciuolo di essa (art. 3). *Indi vengono descritte le varie forme del salario (art. 4) e le sue variazioni (art. 5). Nella relazione che corre tra il salario e la popolazione si confuta il Malthus e con lui la lega malthusiana e si cercano le cause del decrescimento della po- polazione (art. 6, 7). Passiamo al cap. XIX, in cui si tratta del giusto salario. Date alcune nozioni e definizioni, si espongono tre differenti teoriche intorno al giusto salario, delle quali la prima vuole, che sia quello proveniente dall'unione del capitale e del la- voro, sotto forma di associazione ; la seconda quella, che si stipula per via di contratto senza badare a null'altro; la terza quella del prezzo corrente, purch§ non vi s' intrometta la frode, e la violenza. Con soda disamina si mette in mostra il loro difetto (art 1, 2). Quale poi sia il giusto salario si ricava dalla Enciclica Rerum no- varum. II ch. Autore, riferita quella parte, che spetta alia quistione, ce ne da la applicazione con ampio e lucido commento. Stabilisce: il documento pontificio non esiere la soluzione di un caso di

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coseienza particolare, ovvero una semplice espressione di un de- siderio del comun Padre del fedeli, sibbene la trattazione ex-pro- fesso della quistione del giusto salario, circa il quale essa da una regola generale, e decide una quistione di giustizia. dimostrarsi questo dalla stessa introduzione alia quistione, e perci6 doversi ri- putare, che nella Enciclica si contiene una regola di giustizia di stretto rigore o di giustizia commutativa, in quanto che vi e stabilita la vera teorica del salario opposta alia falsa teorica, che si conf uta ; conseguirne, che la teorica del salario naturale svolta nella Enci- clica differisca sostanzialmente dalla legge del salario naturale degli economisti ; nella Enciclica trattarsi la quistione del salario sotto il punto di vista del diritto naturale, in cui si prescinde dai casi di eccezione. Laonde la sua teorica deve essere formolata in questi ter- mini recisi: Nelle condition!, normali, il salario non deve essere insufficiente ai bisogni di an operaio sobrio e onesto. Segue una accurata e ragionata analisi di cotesta formola, a schiarimento, ed in confermazione dei quattro punti su qui accennati. Altre ed altre qui- stioni vengono appresso proposte ed agitate. Non essendoci concesso di favellare piu a lungo, conchiudiamo dicendo semplicemente, che sotto il rispetto storico, critico, didattico si cercherebbe indarno un altro libro somigliante al presente. Un giovane studioso dopo di averlo letto avrebbe fatto un tesoro nella sua niente d'idee econo- miche rette, chiare e important! a conoscersi e tali da tenerlo sul diritto cammino della scienza economica. Tale si e la opinione, che ce ne siamo formata.

Ci sono venute alia mano due recensioni intorno a quest'opera del P. Antoine: 1'una delle quali si legge nella Revue catJiolique des institutions et du droit (5 dec. 1896, n. 12 pag. 541); 1'altra Del Journal des Economises (1 5 Dec. 1896, pag. 440). La prima, scortese nella forma ed acerba nella critica, non e sempre esatta nell'appuntare il concetto dell'autore. Altrimenti la seconda : esposti i molti pregi, si da la lode meritata a tutto il lavoro e poscia si passa alia critica, che cade sovra il punto della liberta. Nelle opere di niolta lena, quale si e questa, non 6 da meravigliare, se vi si incontra qualche punto degno di critica. Basta un equivoco, la mancanza di uno schiarimento, la determinazione non perfetta di un concetto, ovvero un' idea esageratamente esposta, a porgere il fianco alia critica. Ma cotesti difetti, comuni agli scrittori di va- glia, non detraggono alia bonta delle opere loro.

1 4 RIVISTA

II.

EMMA FOA. - - Le\ioni di storm letteraria per tiso delle scuole nor- mali. Parma, Ferrari e Pellegrini, 1896, 16° di pp. 210.

« Sarebbe bello il vedere quanto bene possa fare la donna buona e colta, che, col fascino della parola calda ed elegante, fa apparire lieve il sacrifizio. santo il dovere, splendida la virtu, sa additare' una fede che risponda ad ogni dubbio, un conforto che asciughi ogni lagrima, una speranza che ci renda forti in ogni lotta » (p. 208).

Parole d'oro. Peccato che, nella principale lor parte, non si pos- sano applicare alia signorina che le ha scritte ; perche ella sventu- ratamente non pud additare altra fede che quella nel Messia che di la ha da venire, la quale certamente -non risponde ad ogni dubbio ; ne altra speranxa, che quella di passar dopo raorte nel seno d'Abramo, la quale non sappiamo se ora basti a renderci forti in ogni lotta. Per conseguenza, ancorche vogliamo supporre questa signorina buona e colta, e creder piena di fascino la, sua parola calda ed elegante ; non riputiamo che ella ci potra mai far apparire lieve il sacri- fi\io, santo il dovere, splendida la virtu, posto che saerifixio, do- vere e virtu, quando non hanno nella vera religione solida base su cui fondarsi, si riducono in pratica per ordinario a parole fredde e sterili, come la carta su cui sono stampate.

Piuttosto noi la invitiamo a riflettere se a lei per avventura non si confacciano raeglio queste altre sue non meno savie parole. « Ma la vanita puerile degli applausi, la facile condiscendenza degli ammi- ratori, 1'insufficienza di studii serii o che altro, fanno spesso della scrittrice un povero essere spostato nella famiglia e nella societa... inciampa e si smarrisce fra le vuote sentimentalita e le volgarita sfrenate d'un'arte decaduta, che si pasce d'una cattiva imitazione e muore presto, per fortuna » (p. 209).

Certo e che la ranita puerile degli applausi ci sembra far capo- lino in quell'atteggiarsi che ella fa, quasi ad ogni pagina del suo libro, a liberalessa di tre cotte, fino a detestare « la lunga oppres- sione che ci aveva troppo abituati all'inazione od alia servilita » (p. 209), senza riflettere che gli uomini piu graudi della nostra letteratui-a sono

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proprio fioriti sotto quella lunga oppressions i ; fino a chiamare il Mazzini « aniina santa che amo la patria con cuore d'artista e 1'arte con cuore di patriotta » (p. 7), senza badare che di questa razza di santi non ne novera alcuno, che noi sappiamo, nemmeno il calen- dario della Sinagoga. Ma forse qui la scrittrice inciampa e si smar- risce proprio in una di quelle vuote sentimentaltta, che ha biasi- mate piu sopra, per noi, perdonabili a donna, purche non si atteggi a maestra.

Quanto poi alia nou meno da lei biasimata imufficienza di studii serii, la vediamo trasudare dai pori di non poche pagine del suo volumetto infiorate d'errori e di giudizii storti ; confessiamo pero che «ssa non ha poi fatto di lei un povero essere spostato, ma anzi una dottoressa da cattedra, ne le ha impedito di farsi chianiare dalle sue discepole (cosi ci dicono) la Professors.

Or tra i giudizii storti, indegni di una professore o professora o professoressa che dir si voglia (chd dei tre nomi non si sa qual suoni peggio), annoverianio per prinio quello che mira ad attenuare il rimprovero solito a farsi al Boccaccio e al suo Decamerone « che t'u dichiarato opera immorale e corruttrice, macchia anzi che gloria della letteratura nostra » . II dir ch'ella fa che « quella franchezza d'espressione non e cinismo, ma serena bonarieta » ; che « della oscenita il Boccaccio non si compiace, ne se ne ammanta o 1'acca- rezza, ma Faccenna e passa sorridendo » : che « quell'opera e assai meno corruttrice di tante altre, ove il vizio, artifiziosamente velato, appare passioue nobile » (p. 63) ; tutte qaeste scuse, in parte false e in parte frivole, le quali, se alcuna cosa valessero, varrebbero ancora ad attenuare la reita dell'oscenissimo Casti, via, non suonano troppo bene in bocca ad una signorina maestra, quantunque dette con intenzione rettissima. « La verity e la vivezza in certa niateria, osserva qui giustamente il Gusmini, lungi dall'indurre orrore e schil'o (come afferma la Foa), troppo facilmente attrae e seduce 2. »

Ne miglior suono rendono le espressioni che ella usa, parlandu della Riforma. Dopo detto che in Italia « svaniva ogni ideale di religione e di patria » (due strafalcioni in un colpo). grave niente sentenzia dalla sua cattedra : « Non cosi le altre nazioni che, piu

1 « Si vorra negare che le riputazioni piu incon tractate e piu larghe aieno anche oggi di nomini che avevano compiuto la loro educazione prima del 1870 V » Nuora Antolofjia, 16 Febbraio 1837, p. 595. Xazionalita e arte, D. GNOLI.

* Sommario storico della letteratunt italiana. Pag. 64. Seconda edizione. Bergamo, 1895, 16° di pp. 328, Lire 2,50.

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sincerameute e ferventemente religiose (davvero?) trovano niotivo di studio e di lotta nella riforma della Chiesa e nella discussione dei dognii... proclaraato il principio del libero esame, combattono per la liberta religiosa, procedendo insieme aH'acquisto d'altre liberta civili e politiche » (p. 82). Nella qual lode del libero esame e della liberta religiosa e un'eresia bella e buona ; e in quell'attribuirla alle altre nazioni, come se tutte abbracciassero la Riforma, mentro in- vece la Francia, la Spagna, il Portogallo, F Austria, 1'Ungheria, la Polonia, e per qualche tempo anche 1'Inghilterra, si mantennero nella fede cattolica, e un granchio storico da pigliarsi colla fiocina. Dell'eresia nou e obbligata a render conto la figlia d'Abramo, ma da quel granciporro come scusare la dottoressa?

Intanto pero ella si fa sempre piu ardita, e ingrossando la voce e della sua cattedra faceudo tribunale, si chiama innanzi Papa Leone X, e lo condanna come « incurante della Chiesa, cattivo principe e cattivo papa (gindicato da un'ebrea !) che sfrutta nell'in- teresse proprio 1'avvilita cattedra di S. Pietro » (p. 85). Qual pena gli darn dunque ? « Questo vanto (di dar il name al suo secolo) gli rifiutiamo con giusta severita » (ivi). Dunque siamo intesi : per or- dine della signorina Emma Foa, sia cancellata subito da tutti i libri la frase, il secolo di Leone X. E il povero Papa pud ben ringra- ziare questa novella Giuditta, che, contenta di strappargli di fronte la corona d'alloro, non gli ha strappato anche il triregno, o moz- zata a dirittura, come ad Oloferne, la testa.

Ma se qui c'e da ridere, muore ogni riso sul labbro dinanzi al giudizio ch'ella da dell'Alfieri e del suo tardivo dedicarsi tutto allo studio. « In questa redenzione lo aiutft 1'amore vivissimo per la con- tessa d'Albany, giacche, come disse nella Vita, piu che mai egli si sentiva atto a fere, quando, avendo un oggetto caro ed amato, gli pareva di poter triJbutare a quello anche i frutti dell'ingegno » (p. 149). Ma ignora ella forse, la dottoressa, di qual genere fosse quell'awwp* vivissimo, foraentato da convivenza perpetua, e quanto diverse da quello di Dante per Bice o di Petrarca per Laura? Ovvero ha ella, dimenticato il sesto comandamento del decalogo, che pur s'insegna in tutte le sinagoghe ? E dunque cosa prudente il lodare, sia pure indirettamente, una tal relazione, commendandone i frutti, e lodarla dinanzi ad un'accolta di donzelle nel rigoglio della vita ? Questo 6 un invogliarle a dire tra se : Oh trovassi anch'io un Alfieri, del quale potessi essere 1' Albany ! Via, conveniamone, anche qui la ret- titudine d'intenzione nella maestra non e stata accompagnata dalla prudenza della educatrice.

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Quanto poi a' giudizii strettamente letterarii, non finirebbe si presto chi volesse raccogliere tutti quelli da cui traspira la deplorata insufficienza, di studii serii. Pigliamone un saggio.

Parlando dell' influenza esercitata sul secentismo dall' insegna- mento del Gesuiti, ella comincia con certe espressioni, che ci hanno richiamato alia memoria quei due versi del Tasso intorno ad Alete :

Gran fabbro di calunnie, adorne in modi Novi, che sono accuse e paion lodi.

Ella dunque li chiama « studiosissimi (tante grazief^olti (tropjjo onore), astuti (bonta sua), aggraziati (anche questo ?) » , indi cosi prosegue. « E un fatto ch'essi assoggettarono il ragionamento alia fantasia (fantasia della signorina), che impartirono un insegna- mento autoritario e assolutista (come autoritaria ed assoluta e la ragione), che portarono all'eccesso il culto della forma (doe la por- tarono verso I'altezza dei classici latini e gred); £ un fatto ancora che nelle mani dei Gesuiti, il secentismo divenne mezzo piu che fine educativo (logogrifo da pitonessa), arte d'indebolire (?), d'insi- nuarsi (?), d' imporsi (?); e vero che essi esercitarono su di noi una perniciosa influenza (oh!), allargando e sanzionando insieme la gonfiezza ipocrita del pensiero e della forma (oh! oh!); ma da questo al farli ispiratori e maestri del secentismo e autori di tutti i mali che ci afflissero, la via e ancora lunga (respiriamo!) » (p. 118). Percio ella non fa sua quella proposizione del Settembrini, il quale, definendo il secentismo « il gesuitismo nell'arte » , si credette di pronunziare un oracolo, e disse una solenne corbelleria. Da questa si guarda la signorina, e convien tenergliene conto.

Ma quando poi discende ai particolari scrittori di quell'epoca, ne sballa di grosse, che non hanno ne babbo ne mamma. Del Pal- lavicino dice che « falsa la storia del Concilio di Trento » , mentre invece quasi ad ogni pagina ei convince di falsario Fra Paolo Sarpi, da lei poco meno che incielato, fino a chiamare la sua bugiarda storia « il lavoro piu serio di tutto il secolo » (p. 127). E con cio mostra d'entrare anch'ella nel numero di coloro, di cui dice che fanno « critiche arrischiate... tributando ingiuste lodi ad opere me- schine e sprezzandone altre degne d'un esame ben piu profondo e coscenzioso » (p. 209).

Del Bartoli, da lei goffamente chiamato « il Marini della prosa » , afferma che « viaggio molto (colla penna si, ma colle gambe, cam- biato che ebbe, e fit ben presto, I'uffizio di predicatore in quel di

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scrittare, non si tnosse quasi mai da Itoma) e conobbe nuovi paesi ed uomini nuovi, senza ritrarne altro che una erudizioue fredda, minuta, scolorita, ch'egli voile metter fuori ad ogni costo, perche sapeva di poter dire tutto bene » (p. 128). Donde si vede che la dottoressa avra forse avuto in mano qualcuna delle opere minori del Bartoli, ma non ha mai veduto i cartoni delle sue stone, che gli fecero meritare dal Giordani il titolo di <; stupendo e terribile Bartoli, che sopra gli altri com'aquila vola ».

II Segneri poi e da lei trattato anche peggio : nia noi, senza qui indugiarci, la invitiamo a leggere i giudizii dati su questo grande orat<SF8 dai principal! letterati antichi e moderni, di ben altro polso che il suo non e l. Legga anzi a dirittura le prediche stesse del Segneri, che censura, probabilmente, senza averle mai vedute: legga soprattutto ed impari a memoria la XX intorno alia divinita di Gesu Cristo: creda pure che le fara del bene, se non altro perche in quella predica ella e i suoi fratelli di reb'gione videbmit in quern trans -fixer •unt (Zac. 12. 10).

Toccando del nostro secolo, ella si rallegra che « gli studii let- terarii e filologici siano usciti dalla grettezza opprimente del Cesari e del Bresciani » (p. 206): ma qui sa ella proprio quello che dice ? (rretto il Bresciani? Lo chiami lussureggiante di parole e di frasi, e noi di buon grado ne converremo ; ma dirlo gretto e cosa da far ridere le telliue. Che se poi per grettezxa opprimente ella intende la cura severa della purita della lingua, oh ! ne .avesse ella un poco di tal grettex-xa ; oh ! avesse un po' meglio studiato negli scritti di que' due valorosi, che allora uon ci opprimerebbe ne' suoi con voci impure od improprie, e con costrutti francesi, come il seguente che piu volte ricorre fin dalla prirna lezione : « E dei nostri quadri e delle uostre statue, che i loro musei si arricchiscouo » (p. 6): « e duuque per un dovere verso la patria nostra e verso noi stessi, e per un bisogno del nostro cuore e della nostra coscienza, che noi dobbiamo studiare la vita artistica d' Italia » (p. 7), ed altre simili perle, uon pescate nell'Arno, ma nella Senna.

Ed ora dalle partioolari osservazioni salendo alle generali, che deve egli giudicarsi di queste « Lezioni » ? Ecco. Quanto al con- tenuto, esse sono un distillato delle simili Lezioni di Adolfo Bartoli, del Settembrini, del De Sauctis, del Carducci e d'altri contempo- rauei. de' quali sono noti i pregi e soprattutto i difetti, da noi me- desirni notati piu volte 2. Quanto alia forma da lei usata, ora e troppo

4 Vedi il nostro articolo sul Centenario del Segneri (3 Nov. 1894). ~ Vedi, p. e., il nostro articolo Religione e morale nelle opere letterarie di A. Bartoli (6 Ottobre 1894), nel quale sono censurati certi passi di questo

DELLA STAMP A. 719

concettosa, sintetica ed elevata, ed ora ha precisamente i difetti ch'ella rimprovera al Segneri, quando lo chiama « sovranamente ornato, ampolloso, parolaio » e poi soggiunge : « cerc.hiamo sotto le frasche rettoriehe e troveremo solo il desiderio di sfoggiare erudi- zione, la smania d' impressionare gli uditori e di meravigliarli » (p. 127). Questo, proprio questo abbiam noi trovato sotto le frasche rettoriehe e lo stile ornato, ampolloso, tutt'altro che didascalico. di queste Lezioni, fatte a sgonfii come le maniche delle signore. Questa maniera crediamo bene che di tanto in tanto possa impres- sionar le uditrici e meravigliarle, ma non istruirle a dovere, non disciplinarne la mente.

Quando noi leggiamo, per esempio, il sopra citato « Somniario storico della Letteratura Italiana » del professor Gusmini. cosi pieno, cosi ordinato, cosi retto e chiaro e strettamente didattico, noi com- prendiamo come i discepoli e le discepole possano facilmente im- possessarsene, e sovr'esso apparecchiarsi a sostenere con lode qual- sivoglia esame. Ma con queste Lezioni in varie parti piene di vento o di nuvole, con queste Lezioni molto gTavose al borsellino delle scolare (tre brave lire per poco piu di dugento paginette) e molto piu gravose alia lor testolina, che non e poi quella di Salomone, se quelle povere figliuole nella prova finale dovensero incespicare, a tirar contro loro la prirna pietra, potra essere proprio la maestra ?

E ci ha recato molto piacere il yeder concordare col nostro awiso un savio padre di famiglia, che in una sua lettera pubhjicata il 13 gennaio di quest'anno nell'/te/m Centrale di Reggio-Emilia, esponeva, fra le altre, queste riflessioni. « Si nota nell'insegnamento di quasi tutte (le Maestre di quella Scnola Normale) una eccessiva, vorrei direi esagerata, tendenza verso il difficile ed il sublime: si trascurano le cose cornuni per le lontane, e delle scienze mi paiono predilette le conseguenze remote a preferenza de' principii prossimi. Quelle ragazze per la maggior parte dovranno dedicarsi all' inse- gnamento di fanciulli ignari di tutto, e dovranno ad essi spiegare le piu umili cose, che cadono direttamente sotto i sensi : a che dunque riempir loro la rnente di teorie nebulose... che a nulla gio- vano e a nulla gioveranno? » Cosi egli, ed ottimamente.

E di teorie nebulose in queste Lezioni ve n' ha parecchie : ed anche le cose chiare non di rado sono esposte in uno stile gran- diloquo, owero, come la scrittrice disse del Segneri (mille volte di lei piu piano), sovranamente ornato ed ampolloso, il quale. piut-

autore, ora da noi riscontrati, quanto alia sostanza, anche nella nostra scrittrice.

720 RIVISTA DELLA STAMPA

tosto che una maestra in iscuola, ti fa vedere una Giunone in trono, collo scettro in mano e il pavone ai piedi. Ecco, per esempio, com'ella chiude la 30a Lezione.

« Ma non c' irapaurisca questa apparente decadenza, che in Italia e ben alto ancora il senso morale, il gusto del bello, il genio osser- vatore e creatore: la lunga oppressione ci aveva troppo abituati all'inazione ed alia servilita (sic); ora 1'ingegno riprendera i suoi diritti e s'elevera poderoso a nuovi e vasti orizzonti. Splende ancora sul nostro capo il fulgido sole che vide le glorie antiche ; la terra ride di Made e di viti ; 1'aria ci porta i caldi effluvii degli aranci e 1'aspro sentore dei pini ; mille armi vegliano ai nostri confini, niille navi solcano i nostri mari ; la bahdiera tricolore sventola da ogni torre a ricordare che 1' Italia, una ed intangibile, fa da se, non ultima fra le potenze europee ; il passato ci sprona, 1'avvenire ci chiama a nuove lotte e a nuove vittorie nell'arte, nella scienza, nella civilta. A consolarci nel dolore, a ristorarci nella lotta, ad illuminarci nel dubbio, a celebrare i trionfi dell'ingegno e del braccio, 1'arte s'eleva infinita ed immortale, stende le ali raggianti che la portano su fino al cielo, e lascia sul suo passaggio un folgorio di scintille, un'onda di fiori, un'armonia soavissima di note e di can- zoni » (p. 209).

Altro che il Segneri, e il suo stile sovranamente ornato, ampol- loso, parolaio! Qui non mancano altro che i mortaletti, i quali accompagnino coi loro spari questo pallone volante tra un folgorio di scintille, un'onda di fiori, un'armonia soavissima di note e di canzotii.

Non pud negarsi perft che la sua smania d imprestionar gli uditori e meravigliarli, con questa sparata, deve avere ottenuto molto bene il suo intento. E a noi par di vedere quelle pispolette delle sue discepole, finita appena la lezione, saltar fuori dai banchi, far ca- paunelli qua e la, e con fervido cinguettlo dirsi tra loro: Avete inteso eh ? - - Oh bello ! - - Oh sublime ! - - Che cosa ? Ln folgorio di scintille, un'onda di fiori, un'armonia soavissima di note e di canzoni. E qui un balletto fra loro, frutto principale della lezione.

Noi invece, dopo essere stati lunga pezza contemplando a bocca aperta lo spettacolo dell'ardita volatrice, riavuti appena dall'estasi, preghiamo di gran cuore Elia che voglia prestarle il suo carro di fiioco, per farla salire sempre piu su nelle nuvole, tra un folgorio di scintille, eccetera, eccetera ; a patto per6 che se la tenga poi sempre seco, e non la lasci tornar giu sulla cattedra, se non quando egli stesso verra di nuovo tra noi, alia fine del mondo.

ARCHEOLOGIA

58. Un graffito eucaristico in un tempio pagano. 59. II calice del vino consacrato nell'arte antica. 60. Le rappresentazioni dei pani eucari- stici. 61. L'eta del graffito. 62. II Sole di S. Tommaso d'Aquino ori- ginariamente un simbolo eucaristico? 63. Nuove ricerche e nuove scoperte.

58. Un graffito eucaristico in un tempio pagano.

Nel gennaio del 1894 lo scrivente * ebbe la fortuna di scoprire un antichissimo graffito con rappresentazioni eucaristiche in una parete del tempio di Roma detto volgarmente di Yesta. L'illustre Gio. Batt.

1 R. P. Hartmann Griaar S. I., autore della presente serie di Note archeo- logiche.

Serie XVI, vol. IX, fasc. lit 2. 46

12 marzo 1897

722 ARCHEOLOQIA

de Rossi, a cui ne diede comunicazione il 13 marzo 1894, ne rico-

nobbe anch'egli subito il significato eucaristico e stimd 1'oggetto di

sommo pregio per la storia della liturgia e degli antichi costumi cri-

stiani.

Siccome finora dell' importante soggetto si 6 parlato solamente alia sfuggita nella Conft/ren&a di arclwologia cristiana tenuta a Roma 1'8 aprile 1894 *, sara cosa utile pubblicarne nelle presenti note archeo- logiche una descrizione pift accurata, accompagnandola da un dise- gno (p. 721) e fame il commento illustrative coll'aiuto di altri mo- numenti.

II tempio, che ha conservato il nostro graffito, e posto dirimpetto alia chiesa di S. Maria in Cosmedin (Bocca della veritd), e fra le tante appellazioni, che gli sono state attribuite dagli archeologi, la piti fon- data o almeno la piil comunemente ammessa al presente e quella di tempio di Mater matuta. In un'epoca a noi ignota, probabilmente prima del mille, fu cambiato in una chiesa di Santo Stefano. Posteriormente, cioe cominciando dal 1500 incirca, si chiamo Santa Maria del Sole, ma 1'iscrizione di Sisto IV, che si trova sul pavimento dell' interne, lo denomina ancora di Santo Stefano. Essa dice : Sixtus IIII aedem hanc beati Stephani protomartyris diu incultam et neglectam instauravit anno jubilaei (1475).

La cella dell'elegante tempietto rotondo e originariamente coperta di fuori da alti lastroni di marmo ed e circondata tutto all' intorno da un portichetto parimente rotondo. Appunto sotto il portichetto e sugli indicati lastroni si trova il graffito, di che trattiamo. Questi lastroni, nel medio evo, quando dell'edificio si era gia fatta una chiesuola, sono stati coperti con uno strato di calce per venire decora ti di pitture, e, per attaccare meglio lo strato della calce, si sono tirate nel marmo in molti luoghi linee o solchi senza forma e sistema, deturpando le magnifiche pietre in maniera affatto barbarica. M'interesso nel 1890 il sentirmi assicurare dal custode d'allora del tempio, che quelle ri- ghe o strisce erano state con tanta diligenza fatte dai barbari ger- manici, Goti o Vandali o Longobardi che siano, per sola voglia di di- struzione, vedendo essi di mal occhio che i Romani avessero edifizii, cosi belli ed intatti. Tolto nei nostri tempi lo strato della calce ap- parvero, presso i marmi lesi dai solchi, altri marmi interi. Ora ap- punto sopra uno di questi, che sta nella parte postica del tempio, ho trovato il graffito. Non e difficile lo spiegare, come il graffito fino ai tempi nostri non sia stato osservato.

Graffiti dei primi secoli cristiani sugli edificii del culto pagano, non sono del resto a Roma cosa del tutto nuova ed insolita. Per

' Eullettino di arch, crist. 1894, p. 123.

ARCHEOLOGIA 723

accennare all'ultima scoperta di questo genere, nel 1881 il sig. La- cour-Gayet dell'ecole franpaise di Eoma osservo alcuni graffiti cri- stiani nelle colonne del portico del grandiose tempio di Antonino e Faustina (S. Lorenzo in Miranda) al foro romano e ne diede una descrizione in un articolo, nel quale per altro tratta di proposito solo dei graffiti di oggetti e scene pagane sulle stesse colonne (Me- langes d'archeologie e d'histoire t. 1, 1881, p. 226 ss.). I segni cri- stiani del tempio di Antonino consistono in due monogrammi di Cristo coll'alfa ed omega, 1'uno dei quali e in un cerchio, e poi, se- condo 1'autore, in una croce quadrata o greca similmente in un cer- chio. Siccome il sig. Lacour-Gayet non ne ha dato un disegno, pub- blichiamo i monogrammi in questo luogo, stimando che i primi segni del cristianesimo, che si sono traforati in mezzo alle stupende memorie del paganesimo al foro romano, meritano di essere segnalati.

P

X

La grandezza dei monogrammi e di 5 e 8 centimetri. Essi stanno sulla base della quarta colonna movendo da sinistra. Rileviamo collo scopritore la posizione straordinaria dell'alfa a destra e dell'omega a sinistra del monogramma costantiniano, la quale posizione pero non e senza altri esempii, specialmente nell'Oriente. Quanto alia croce greca menzionata dal Lacour-Gayet, non abbiamo potuto riscontrarla, e certo sari bene osservare che anch'egli ne parla solo a maniera d'i- potesi. A ragione egli fissa per 1'origine dei monogrammi il tempo dalla meta del secolo quarto fino al principio del secolo quinto.

Quando verso la fine del quarto secolo i templi pagani di Roma si chiusero, e stettero poi cosi per andar incontro alia rovina, o per venir piu tardi trasmutati in chiese od in altri edifizii, allora, in quel frattempo, e piu che in ogni altra eta, i fedeli cristiani potevano sen- tirsi spinti dalla divozione e dal fervore a disegnare i graffiti del loro culto sui marmi degli edifizii una volta abitazione degli idoli.

Si sa quanto volentieri i cristiani adoperavano la croce e gli altri segni della religione, sia per espurgare i monumenti pagani, sia per celebrarvi il trionfo riportato su essi dalla fede. L'imperatore Tec- dosio giuniore rescrissenel 426 al prefetto del pretorio dell'Illirico, prescrivendo di santificare i templi : conlocatione venerandae christia-

724 ARCHEOLOGIA

nae religionis signi expiari praecipimus l. Cosi parlava 1'autorita pub- blica. Ma quei graffiti sui templi, colle loro forme rozze e senza nessuna arte, come quei del tempio di Antonino e del tempio di Mater Matuta, furono certo fatti solo per autorita privata, anzi foree di nascosto e quasi a dispetto dei fastosi avanzi del paganesimo.

Le figure del graffito, che chiaraiamo eucaristico, sul tempietto di Mater Matuta (p. 721), sono eseguite non regolarmente collo scalpello e da mano di artista, ma da uomo assai inesperto nel disegno e nell'arte, e piuttosto con qualche ferro avuto casualmente alia mano che per mezzo d'un buon istrumento. Si vede perd chiaramente il calix nella forma che ebbe nei tempi classici, cio&, con lunghe anse, girate a grande curva. Dalla bocca del calice e condotta in alto una linea che termina colla croce. Nella sua meta la linea & or- nata d'un cerchio tagliato pel mezzo dalle linee curve d'una stella a sei raggi. Sopra il calice si vede un po a sinistra il poculum, pa- rimente della forma usata nei tempi classici per 1' uso domestico, cioe colle prominenze del solito labrum. A destra poi del calice com- paiono due altri cerchi. L'uno e tagliato a stella di sei raggi come il primo, 1'altro e segnato con due linee, che s'incrociano al lato sini- stro e formano segmenti.

L'altezza di tutta la figura mezzana dal piede del calice fino al- 1'estremita della croce e di 39 centim., e 1'altezza dei due dischi a de- stra presi insieme e di 18 centim. Questi ultimi stanno precisamente nella distanza e posizione che mostra il nostro disegno fatto sul calco. Ma il poculum a sinistra sta piu in alto ; cioe esso & lontano dall'estre- mita della croce 9 centim. Per economia di spazio Tabbiamo avvi- cinato, ma chiuso entro linee.

Determinando il significato di codeste figure dobbiamo anzitutto fermare 1'attenzione sulla croce, che domina nella cima dell'asta.

Che sia una croce, non puo inettersi in dubbio e 1'hanno ri- conosciuto quanti ho condotto sul luogo. La croce pero e dimostra- zione senz'altro stringente del significato cristiano del nostro soggetto. Le altre parti della rappresentanzione ammetterebbero per se anche altre e profane interpretazioni.

II calix, messo talmente in rapporto col segno della croce, deve essere il calice del vino eucaristico, e il poculum deve significare la partecipazione dei fedeli al calice mistico della Chiesa ; e questo si conferma da cio che i dischi non trovano, come vedremo, una spie- gazione naturale e semplice se non si ricorre a' pani eucaristici.

Questo & in complesso, secondo noi, il senso del graffito. II tempo della sua origine toccheremo piu sotto.

1 Cod. Tcodos. XVI, 10, 1. 19. Cf. DE Rossi, Bul'.ett. arch, crist. 1866 p. 54.

ARCHEOLOGIA 725

59. H calice del vino consacrato nell'arte antica.

Quanto si attiene primieramente al calice, la stessa forma, che «[ui ha sul graffito, vediamo adoperata an che su altri monumenti ec- clesiastici.

Anzi il calice ansato, come era di uso ordinario nell' antichita, cosi si conservo fino ai tempi dell'alto medio evo. Nel secolo sesto per esempio un tale calice fu effigiato in un musaico di S. Vitale a Ravenna, che rappresenta Abele e Melchisedech. Esso sta fra due pani rotondi sul sacro altare per simboleggiare il divino sacrifizio delle due specie *. Cosi, colle grandi anse, il calice fu rappresentato ancora nel secolo XI a Roma nella chiesa di San Clemente, cioe nella pittura della messa di San Clemente e del miracolo con Sisinnio 2.

Nella figuraseguente riuniamo,dietro la scorta delRohaultde Fleury 3, alcuni disegni di tali calici ansati, e fra essi e uno di quelli, che esi- stono ancora in originale nei musei. Quest'ultimo e il calice d'oro Gourdon, ora nel cabinet des medailles a Parigi, il quale fu scoperto nel 1825 a Gourdon nella Francia (Chalon-sur-Saone) e appartiene al quinto o agli inizii del sesto seeolo 4. I due calici segnati col nome Monza erano una volta nel famoso tesoro di quella cattedrale, ma si

RAVENNA

S Vi TALE CLASS E

1 Si veda la fotografla della scena nella Revue de I'art chrttien, t. 40 (1897) p. 30. Esecuzione piu grande del calice nel ROHAULT DE FLEUBT La, metse, vol. 4, pi. 277.

* Disegno grande presso il citato autore pi. 310.

' Nella sua citata opera sui monumenti della messa, vol. 4, p. 51.

* Cf. ROHAULT DE FLEUBY, vol. 4, pi. 284 e pag. 72 ss.

726 ARCHEOLOGIA

conoscono di presente solo da una esatta pittura del secolo XV ; essi apparterrebbero similmente al sesto secolo l. L'uno dei calici di Ra- venna & quello sopra accennato, che si vede sul musaico di San Vi- tale; 1'altro si trova in un musaico contemporaneo di S. Apollinare in Classe -.

II piu antico tipo di calice eucaristico, il quale ftnora si conosca, & quello sulla pittura della fractio panis, scoperta da Mons. Gius. Wil- pert nella cappella greca della catacomba di S. Priscilla a Roma. II dotto archeologo 1'ha illustrate nel suo libro s'ulla famosa pittura, col- 1'agginnta anche d'un disegno in grande 3. Codesto vaso, differente nella forma dai calici sopra disegnati, porta la grande ansa a destra e a sinistra. E similmente ansato 6 il calice di vetro del cimitero «striano, pubblicato dal de Rossi, del quale pero il de Rossi stesso dice espressamente, che nulla prova che sia stato eucaristico *.

Nel nostro graffito del tempio di Mater matuta le anse del calice girano liberamente senza tornare alia parte inferiore, mentre d'ordi- nario, ed anche negli esempii superiorinente citati o figurati, si attac- cano di sotto alia coppa o al piede del vaso. E certo che codesta dif- ferenza e meramente accidentale. Dove 1'esecuzione 6 difficile e com- pendiaria, una tale rappresentanza non pud recare maraviglia. Si con- frontino per esempio i due calici o vasi colle anse libere e sciolte sulle lastre sepolcrali di Lione del sesto secolo, disegnati dal Rohault de Fleury 5, o specialmente i calici sulle monete merovingiche pub- blicati dallo stesso autore, i quali tutti hanno la stessa maniera com- pendiaria l!. Eziandio sulle lapidi sepolcrali delle catacombe romane, dove sono segnati in buon numero cantari colle anse, cio& vasi simili al nostro calice, le anse stanno piu volte staccate dal corpo del vaso. Lo mostrano p. e. i disegni di iscrizioni cemeteriali romane fra le tavole della Roma sotterranea del de Rossi e fra quelle del Rohault de Fleury nel quarto volume 7.

I ROHAULT DE FLEURY pi 281 e pag. 70 col la descrizione pubblicata gia prima dal HARBIER DE MONTAULT nel Bulletin monumental 1881, p. 761.

* ROHAULT DE FLEURY pi. 278 e pag. 81.

3 Fractio panis. Die dlteste Darstellung etc. Freiburg, Herder, 1895, Pag. 80. Si veda sulla scoperta di mons. WILPERT e sulla citata opera la nostra nota archeologica n. 32. Con piacere annunziamo che dell'opera si e pubblicata una traduzione francese presso lo steaso editore Herder.

k Bullettino di archeologia crist. 1879, tav. IV. e 1894 p. 102.

II La messe t. 4 pi. 283.

6 Ibid. pi. 288, 289, 292.

7 Un ealice o cantaro in una lampada di Cartag-ine presso ROHAULT DE FLEURY;. pi. 275 merita spec'almente di essere eonfrontata col graffito.

ARCHEOLOGIA 727

Intorno al detto cantliarus, colle colombe o altri animali che vi si abbeverano, sorge qui la domanda, se esso abbia un sense eucaristico* Pare in generate che non gli convenga un tal significato, ma che esso sia il simbolo della celeste beatitudine, di cui si godono le anime beate. Ci vogliono altri emblemi specific! insieme col cantaro per poter asse- rire, che dall'autore sia stato inteso un simbolismo sacramentale. Tali emblemi si hanno, se col cantaro stanno insieme dei pani, special- mente con sopra segni religiosi, e forse anche, se dal cantaro sorge la vite mistica alludente alia vera vite che e Cristo. La figura della vite> che esce dal cantaro o calice, gia nel secolo quarto e assai frequente. An- che nel tessuto scoperto nelle tombe cristiane di Achmim (Panopolis) vi e il vaso, dal quale si abbeverano due pavoni, uno a destra e 1'altro a sinistra, e dalla bocca del vaso sorge la grande vite con due rami^Cosisihala vite coi grappoli egli uccelli, ed insieme una grande croce sopra la bocca del -jalice o cantaro sul rilievo dell'altare nel inuseo di Rimini 2. II Gosse osserva che in certi tessuti la mistica vite sorgente dal vaso porta croci invece di grappoli. In altri vasi crede di vedere pani segnati con croci bianche 3.

Abbiamo detto che forse la sola vite sorgente dal calice e dal cantaro indica un senso eucaristico, perche la cosa non e cosi chiara e decisa come la presentano alcuni autori ed anche il Gosse nel suo citato libro, dove tratta di proposito sul vaso eucaristico. In ogni caso le piu ajitiche rappresentazioni di questo genere avranno piu di- ritto di essere giudicate eucaristiche che non le posteriori, perche dopo il secolo quinto il significato originario o simbolico di questa, come anche di altre composizioni, andava di mano in mano perdendosi. Per tornare al calice del nostro graffito diciamo, che oltre alia croce anche la presenza dei dischi, i quali non possono essere altra cosa che pani, ci vieta di ricorrere ad altra spiegazione che non sia la gia accennata eucaristica. Di questi tondi bisogna che ci occupiamo un. po' piu accuratamente.

1 Riproduzione nel GOSSE I. H., Recherches sur quelques representations da vase eucharistique. Geneve 1894. Tav. 2.

1 ROHAULT DE FLEURY, tav. 272. Cf. tav. 277 un rilievo dalla chiesa di Santo Spirito o San Teodoro a Ravenna, e tav. 279 con diverse rappre- sentazioni di S. Apollinare in Classe. Si aggiunga la tomba di Lione del secolo sesto, tav. 283, e il rilievo a S. Lorenzo di Milano del secolo quinto, tav. 273.

' GOSSE 1. c. pag. 30, 40; fig. 19, 25, 26. L'autore osserva sulla forma piu comune del vaso: « Elle est a col reserre garni de deux anses a volute> qui reunissent les levres du vase aux cannelures de la pause, le tout porte sur un pied etroit.... Souvent les anses ont double volute et forment 1'S com- plete. »

728

ARCHEOLOQIA

60. Le rappresentazioni del pani eucaristid.

Due del cerchii del nostro graffito (p. 721), cioe quelli colla stella, sono fatti a compasso in tutti i loro lineamenti. Egli 6 verissimo che in ogni eta troviamo simili figure anche sugli antichi monumenti, e furono d'ordinario fatte per solo divertimento e senza il significato del pane. Nel nostro caso pero i sei raggi sembrano tirati per indi- care i soliti tagli dell'antico pane. L'autore, avendo nolle mani il compasso col quale aveva segnato il cerchio, se ne servi medesima- mente per i raggi semplificandosi il suo modesto lavoro quanto poteva.

Si sa, noil solo da molti monumenti dell'arte, ma anche dai pani stessi trovati negli scavi di Pompei, che la forma consueta del pane fu appunto la rotonda e che, nella stessa fabbricazione, si soleva ta- gliarlo in mezzo con diverse linee. Le linee non di rado figurano la stella. Diversi esemplari di tali pani colla stella a sei raggi, come sul graffito, si vedono in quell' affresco di Pompei, che rappre- senta la conipleta bottega d' un fornaio. La pittura 6 riprodotta nel Baumeister 1. Similmente, una stella a sei raggi & sopra i cinque pani d'una tavola cimiteriale del museo Kircheriano a Roma, dove insieme coi pani sono figurati due pesci. II monumento merita la ri- produzione in questo luogo per 1' aperta relazione che ha col sacra- men to dell'eucaristia, tanto piu perch& i comuni facsimili sono assai imperfetti 2.

Accanto di questo monumento mettiamo un altro afflne, non certamente sconosciuto da chi si occupa delle nostre materie, ma pubblicato anch'esso abbastanza male, prima che il Rohault de Fieury, pochi anni or sono, ne desse un accurate disegno 3. Esso & la lapide sepolcrale di Sintrofio, ora conservata nella citta di Modena (fig. alia pag. 729).

1 Denkmaler dcs klatsischen Alterthums, vol. 1, fig. n. 225.

2 La nostra flgura 6 presa dal ROHAULT DE FLEURT, vol. 4, pi. 266. 1 Ibid.

ARCHEOLOGIA 729

Si hanno qui di nuovo i due pesci coi cinque pani. Pero non esi- etono di fatto quegli altri due pani, i quali in tutti i disegni ante- riori si sono messi in bocca dei pesci.

Gli antichi disegnatori non hanno avvertito, che proprio il nu- mero di cinque pani (e non di sette) e due pesci corrisponde alia narrazione evangelica della moltiplicazione dei pani e dei pesci, Matt. 14, 17 ; Marc. 6, 41. Codesti monumenti, appunto perche alludono al detto miracolo di Cristo, alludono tanto piu chiaramente all' eucari- stia, della quale il miracolo fu il notissimo tipo.

Sui cinque pani del monumento di Modena si osservano soltanto due linee che s' incrociano, non la stella a sei raggi. Giacche di- verse erano le maniere di fare le linee dei tagli sui pani. Si trova an che una linea sola o un cerchietto. I pani nei canestri della mol- tiplicazione maravigliosa, sugli affreschi cimiteriali, hanno piu volte il taglio crociforme ; cosi nel cubicolo detto delle pecorelle e nella cripta dell'Orfeo a Santa Domitilla di Eoma, e anche nella cappella greca del cimitero di Santa Priscilla, cioe sulla pittura della Fractio panis *.

Ma i sei raggi tornano di nuovo nei pani di forma rotonda sui sarcofago di Euelpiste nella catacomba di Santa Domitilla a Koma. I pani sono in numero di cinque. Questo mistico numero e qui tanto piu importante, perche si trova riunito colPaltro segno vetustissimo deU'ancora, simbolo della speranza cristiana: L'eucaristia e il pegno della nostra speranza. Mons. Wilpert ha pubblicato un suo disegno di questo monumento eucaristico nella Fractio panis *. II sarcofago, che porta la «ola iscrizione EVELPISTE(?) BlX(it) AN^(os) IIII, sa- rebbe della prima meta del secondo secolo. E dello stesso tempo sa- rebbe il cippo di Egrilio Botto Filadespoto nel museo Lateranense, dove in fine dell 'iscrizione si vede un pane rotondo con sei linee a stella, poi 1'ancora e il pesce 3.

1 WILPERT, Fractio pania, p. 92, fig. 11. 1 Tav. 15, n. 2. Cf. pag. 88.

' Ibid. Tav. 15 n. 7. Ivi p. 91 sgg. vengono illustrati anche altri mo- numenti cimiteriali col pane eucaristico.

730 ARCHEOLOGIA

La divisions dei pani eucaristici per mezzo di linee e intacchi «bbe per altro uno scopo pratico liturgico. Essa doveva servire per facilitare la fractio (xXiat? TOO aptou, Luc. 24, 25) *. Singolare per- tanto 6 la disposizione del taglio sopra il terzo pane del nostro graf- fito. Colle due linee, che ivi s'incrociano fuori del centre, si voile forse indicate una speciale maniera della frazione. II pensiero corre spontaneamente all'odierno costume di fare quasi le stesse impressioni sull'ostia del celebrante, la quale si rompe prima per mezzo e poi da un canto di una meta. Perd, confessiamo volentieri, che la cosa £ troppo problematica perche si possa venire ad una soluzione qualsi- voglia, non essendo noi informati dalle fonti dell'antichita sui par- ticolari del rito della fraclio.

II poculum che, non ostante la sua piccola distanza ed anche la sua esecuzione un po'pift leggera, pare che accompagna, almeno nella mente dell'autore, la nostra scena, corrisponde col suo significato alle ostie disegnate a destra del calice. Imperocchd come queste ostie accennano la partecipazione dei fedeli alia specie del pane, cosi il poculum accenna la partecipazione alle specie del vino.

01. L'etd del graffito.

Dalla forma del bicchiere ed insieme del calice possiamo final- mente dedurre intorno al tempo del graffito una congettura, la quale rinforza ci6 che si & gia detto di sopra intorno all'etadei segni cri- stiani sui templi in generale. II labbro del poculum si presenta qui di forma talmente classica, che Porigine d'un tal disegno diffieil- mente pud ascriversi ai secoli del medio evo, sia posteriore, sia prin- cipiante. Dopo i secoli sesto e settimo tali forme classiche spariscono, •e non si capirebbe bene come dopo quel tempo un eosiffatto disegno potesse comparire sotto una mano rozza ed inesperta. Lo stesso vale del calix.

Lo slancio libero delle sue anse ricorda molto piu i vasi clas- sici che quelli d'una eta piu tarda. II nostro disegnatore, quantunque rozzo, pare si sia ispirato di forme franche, sciolte e di buonissimo gusto, che intorno a se coi suoi occhi deve aver veduto. II calice pare accenni ad una eta ancora piu remota che non i calici rappre- sentati nella figura p. 728. Perci6 non vorremmo abbassare il tempo del graffito assai sotto 1'origine dei monogrammi cristiani del tempio di Antonino e Faustina, e diciamo, che sembra esser fatto intorno al quinto o sesto secolo.

1 DE Rossi, Bullett. archeol. critt., 1891, p. 49.

ARCHEOLOGIA 731

Nel tempio di Mater Matuta si trovano sparsi qua e la anche alcuni altri graffiti che meritano attenzione. Abbiamo notato alcuni segni., che paiono croci equilatere, e nel pavimento del portico ab- biamo incontrato un altro cerchietto con stella a sei raggi fatta a compasso, il quale pero in questo luogo non ha un significato speciale.

62. // sole di San Tommaso dj Aquino originariamente un simbolo eucaristico ?

Quale e 1'origine del simbolo di San Tommaso nell'arte religiosa, vogliamo dire del sole coi raggi che il santo porta sul petto?

Ordinariamente si deriva il costume di rappresentare in tal ma- niera il santo dottore dalla luce della sua sapienza e dottrina, colla quale gli venne dato di illustrare tutto il mondo cristiano, come il sole illustra 1'universo. Cosi ancora la piu recente Iconografia cri- stiana di H. Detzel *.

In un altro recente scritto pero si accenno alia relazione del santo col culto della SS. Eucaristia; sidisse: 1'eucaristia e il sole della vita cristiana, e siccome San Tommaso, componendo 1'ufficio del Corpus Domini, ebbe tanta parte nell'aumento che prese la devo/ione del SS. Sacramento dopo 1'istituzione di questa festa, convenne assai bene il figurarlo col sole dell'eucaristia sul petto.

Si e voluto di piu trovare qualche connessione storica fra le stelle osservate su immagini antiche di pani eucaristici e il sole del detto santo, tanto piti. perche quella stella « eucaristica » di sei raggi, e fatta a compasso, si ripeterebbe, come si opino, anche su certi uten- sili eucaristici del primo e dell'alto medio evo qual ornamento. Que- st'ultimo pensiero e ingegnoso, ma storicamente non pare fondato. Imperocche 1'uso del detto ornato non e costante, non e esclusiva- mente proprio alle cose che servono al SS. Sacramento, e dove oc- corre non si ha una vera prova del suo senso simbolico.

A Montefiascone nel tempio monumentale di S. Flaviano si e sco- perta nell'anno passato, sotto 1'intonaco della chiesa inferiore, fra altri interessanti dipinti una antica e bella figura di papa TJrbano IV (1261-1264) segnata col suo nome, vestita degli abiti pontificali, colla destra in atto di benedire e con un astro sfavillante in mezzo al petto. La pittura e stata descritta dal signer M. Antonelli nel Bollettino eucaristico di Orvieto 1896 n. 9, e ne tratto con singolare accura- tezza ed erudizione il comm. Luigi Fumi nel periodico romano Studi e documenti di storia e diritto, 1896, pag. 295 e segg., dandone una buona riproduzione fotografica.

1 Christliche Ikonographic, vol. 2 (Freiburg, Herder 1896) pag. 654.

732 ARCHEOLOGIA

A me pare che codesta pittura pud contribuire alia soluzione del dubbio intorno all'origine del sole di San Tommaso.

Quell'astro raggiante, posto in tal maniera sul petto del papa, certo non significa la luce della dottrina. Urbano 1Y era, & vero, un papa assai istruito, ma non spiced poi tanto per la sapienza teologica e filosoflca da venir confrontato col luminare che illustra il mondo. Per6 le sue attinenze col culto della SS. Eucaristia furono tali, e specialmente nelle parti di Montefiascone, Bolsena ed Orvieto, (nella qual'ultima citta passo il pill lungo tempo del suo pontificato, e si trovd al tempo del celebre miracolo encaristico) che 1' astro ful- gido sul suo petto fa rivolgere i pensieri alia storia dell' istituzione della festa del Corpus Domini.

Alia beata Giuliana a Monte Cornelione fu mostrata nella sua visione, che diede occasione all'istituzione della festa, la L UNA IN SPLEN- DORE cum aliquantula tamen sui sphaerici corporis fractione, e il Signore le manifesto, in luna praesentem Ecclesiam, in lunae autem fractione defectwn unius solemnitatis in Ecclesia figurari, quam adhuc volebat a suis ftdelibus celebrari. Cosi la contemporanea biografia della beata J.

II papa Urbano IV, quando era arcidiacono a Liegi, trattd colla beata Giuliana e ne conobbe la rivelazione. Nella sua bolla dell'isti- tuzione della festa del Corpus Domini allude in termini generali alia detta rivelazione intorno alia festa, senza paiiare del simbolo della luna 2.

La visione pero della luna divenne assai popolare e si fissd nella niemoria di quel tempo.

Che cosa piu naturale di vedere nell' astro coi raggi sul petto di Urbano IY, a Montefiascone, quella luna splendente, alia perfezione della quale egli avea contribuito cio che ancora mancava, per mezzo dell' istituzione d'una festa particolare in onore del ss. Sacramento? L'astro sulla detta pittura ha raggi moderati; esso rassomiglia piu alia luna piena e splendida che al sole. L'esecuzione della pittura pare abbastanza buona e si puo ascrivere 1'opera al secolo XY.

Se pero 1'astro sul petto del papa e la luna, non sara forse la luna anche lo stesso astro sul petto di San Tommaso, almeno origi- nariamente ?

Che fino dal secolo XYI incirca 1'astro di San Tommaso abbia preso il significato piu ampio e certo a lui convenientissimo del sole, cioe del sole della scienza, non lo vogliamo negare. Ma nell'origine

1 L. 2 c. 2. Ada SS. Bolland. 1. Aprilis 5, ed. Palme, p. 457.

* Bulla Transiturus de hoc mundo, dell' 11 Agosto 1264. Cap. Si Do- tninus, De reliq. et venerat. SS. Clementinae, (III, 16). POTTHAST Regetta rom. pontif. t. 2. Berolini. 1875, p. 1558, n. 18998 e 18999

ARCHEOLOGIA 733

bisogna piuttosto forse assuciare quell'astro all'astro di Urbano IV, come si associa 1'azione del santo dottore in favore della festa del Corpus Domini all'azione fervorosa del papa. Tutti sanno che san Tom- maso ha composto il meraviglioso ufficio del Corpus Domini, e il papa, suo amico, si affretto di mandarlo, coa apposita lettera sul- 1'istituzione della festa, a Eva, reclusa di S. Martino a Liegi l. Ag- giungiamo che,- secondo gli autori di iconografia, le prime imagini di San Tommaso coll'astro lasciano ancora il dubbio qual'astro sia 2. Esse hanno ora bisogno di un nuovo esame.

63. Nuove ricerche e nuove scoperte.

II sig. G. Gatteschi ha ideato e pubblicato in fotografla di grande se- sto (18X37 cent.) una bella e, cio che vale piu, un accurata e ben fondata ricoxtruzwne del monte capitolino, foro romano e monumenti circostanti nell'anno 300 dopo 0.

In paragone colla stimata ricostruzione del fori romani latus m&- ridionale et oceidentale del Hiilsen, il lavoro del Gatteschi abbraccia buon numero di monumenti di piu, perch& fissa il suo punto di vista non in piana terra, ma sulla sommita del tempio di Venere e Roma, alia quale corrisponde oggi incirca il campanile di Santa Francesca Romana.

La larghezza della veduta si estende dal teatro di Marcello a si- nistra fino al foro Traiano a destra.

Nel centro spicca il tabulario, fiancheggiato verso nord dall'alta arce Capitolina col Tempio di Giunone Moneta, e verso sud dal mae- stoso tempio di Giove Capitolino. II proscenio e formato dal principio degli edifizii palatini, dallWrmm Vestae col tempietto rotondo della dea, dall'antica regia e finalmente dall'o#fes sacrae urbis (oggi S. Cos- nia e Damiano). L'elevato posto dello spettatore permette di vedere nel fondo tutto 1'orizzonte formato dal bel tratto dei colli dal Giani- colo fino a Monte Mario.

L'esecuzione non e solamente artistica, ma si appoggia su lunghe e coscienziose ricerche topografiche.

Non e indicate nulla che non abbia in favor suo le prove della realta, tratte o dalle rovine ancora esistenti, o dagli antichi testi topo- grafici. Vero e che il disegno non e tanto sobrio quanto 1'altro piil piccolo del Hulsen, il quale in alcune parti, secondo il suo scopo,

1 Lettera dell'8 Settembre 1264, alia fine della biografia citata della b. Giuliana. POTTHAST n. 19016. La lettera non nomina S. Tommaso come auto re.

' DETZKL, 1. c. BARBIER DE MONTAULT, Le culte des docteurs de I'Sglise a Rome, nella Revue de I'art chrtt. t. 36, (1893) p. 208, 210.

734 AttCHEOLOGIA

resta piuttosto abbozzato, nou avendo voluto 1'autore costruire disegni dove non possiamo sapere con sicurezza qual disegno debbasi fare. Ma gli abbellimenti adoperati dal Gatteschi sono sempre in certo modo richiesti dal carattere architettonico del relativi edifizi o almeno sono corrispondenti allo stile. Con sintesi assai chiara si sviluppano gli edifizii storici del panorama anche dentro al foro, sotto il tabulario, dove per altro la loro moltiplicita ingombrava assai lo spazio. Si di- stinguono p. e. assai bene i particolari dei rostra tanto studiati negli ultirai tempi.

Solo ¥ atrium Vestae e 1'arco dei Fabii hanno dovuto rimanere sa- crificati nella parte dinnanzi, cosi esigendolo la libera veduta. Del primo si vede solo il primo piano e la pianta ; dell'arco e solo dise- gnato il posto dove sorgeva.

Una fotografia del presente stato topografico della scena, eseguita nella stessa grandezza, accompagna 1'opera del valoroso archeologo e serve ad orientare lo studioso. Meglio perd servirebbe un testo espli- cativo, che non e ancora apparso (Roma, Spithover, Loescher, etc.).

L'archivio di S. Maria in via Lata, a Roma, conserva ancora un ricco tesoro di document! in pergamena appartenenti altre volte al monastero di S. Ciriaco in via Lata, e di S. Maria e S. Biagio in Nepi. La serie degli originali comincia coll'anno 921. Poche colle- zioni romane offrono un'occasione tanto favorevole, come questo ar- chivio, per lo studio degli antichi atti legali, delle usanze notarili e della paleografia dei secoli X e XI.

Grazie alia liberalita dell' insigne capitolo di quella chiesa, il dott. Ludovico Hartmann dell'Universita di Vienna pote con ogni agio studiarvi i documenti e fame prendere una parte anche in fotografia. L'edizione, che egli ne ha pubblicato, ha per titolo: Ecclesiae s. Ma~ riae in via Lata tabularium, Vindobonae, Gerold. 105 e XXXII pp., con 21 tav.

Le ottanta carte presentate nell'opera, parte in accuratissime copie, parte unite a riproduzioni fotografiche, si estendono dal 921 fino al 1045, e si dividono in libelli o chartae libellaticae, cio& contratti di locazione in forma di petizioni, in locationes emphyteuticae per tre gene- razioni e in donationes, venditi&nes, pastinationes, commutationes. Alcune poche sono iudicata, ed una 6 1' importantissimo contratto fra i membri d'una schola hortulanorum di Roma intorno 1'ordinamento dei loro sta- tuti e 1'elezione del priore (a. 1030).

I primi tre gruppi offrono occasione all'autore di spiegare le formule solite adoperarsi in simili atti, e lo fa con chiarezza e vasta dottrina, con- frontando gli altri documenti del genere che «i hanno specialmente nei registri di Farfa e di Subiaco e presso Mittarelli, Marini, Nerini

ARCHEOLOGIA 735

e Galletti. Nel capitolo della prefazione intitolato De scriptoribus char- tarum, tessendo un esatto catalogo degli scrittori delle bolle e di molti documenti romani, anche inediti, dal 943 fino al 1046, dimo- stra fra le altre cose che allora gli stessi erano i notarii ecelesiastiti e i tabelliones, e che 1'antica schola tabellionum continud nella schola scriniariorum.

Le carte di S. Maria in via Lata sono scritte, come le altre ro- mane di quell'eta, nella scriptura cursiva, la quale si era sviluppata dalla cursiva dei papiri dei sec. V-VII, e nella quale sono scritte an- che le bolle pontificie di quel tempo.

L'autore menziona con gratitudine che nel decifrare la difficilis- sima e talvolta guasta scrittura e stato coadiuvato dall' istancabile assi- stenza del rev. sig. Antonio Melata, canonico di quella chiesa.

Al defunto comm. Giov. Batt. de Rossi egli avea gia prima dedi- cato uno studio particolare sul sopracitato documento degli hortulani, illustrando insieme con questo i pochi vestigii che si conservano di scholae o corporazioni di arti e mestieri in quei secoli della storia di Roma (Urkunde einer rom. Gdrlnergenossenschaft vom J. 1030. Frei- burg, Mohr, 1892, 19 pp.). Di Roma si conosceva fino allora so- lamente un patronus scole sandalariorum, del 1115, un Bovo, prior oleariorum, del 1029, e un Bonofilius, iure matrificus (matriculatus?) aurifex, del 1035.

Nei lavori per il ristauro artistico e archeologico della chiesa di S. Maria in Cosmedin a Roma, che ora progrediscono alacremente, si e scoperto un affresco nel portico, sotto una arcata dischiusa a si- nistra dell' ingresso, la quale corrisponde all'arcata a destra col se- polcro di Alfano. La pittura pare contemporanea a quella nel fondo del detto sepolcro, ove si vedevano sempre le tracce della Madonna in trono circondata da angeli e santi. L'ultimo affresco, pur troppo assai svanito, assegniamo al mille incirca; esso colla nicchia che e adornata, deve aver preceduto 1'erezione della tomba di Alfano, came- rario di Callisto II, la quale e del sec. XII. La pittura nuovamente sco- perta non d in istato molto migliore.

Vi & rappresentata a sinistra 1'annunziazione e a destra la nati- vita, e cid nei tipi usati di allora, che si vedono adoperati in opere Ttizantine, come sull' omoforio di Grottaferrata (v. nota archeologica, n. 56), e in opere latine, come nei musaici di S. Maria in Tra- -stevere.

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3iTE C I^OHLi OGH.A.

11 P. FRANCESCO SAVERIO RONDINA

D. C. D. G.

Con vivo lutto del Colleghi, il giorno 28 febbraio di quest'anno 1897, lasciava la terra 1'anima bella del P. Francesco Saverio Ron- dina, da lunghi anni appartenente al Collegio degli scrittori della Givilta Cattolica.

Nato a Fano, il di 28 febbraio 1827, di cospicua famiglia, si ascrisse alia Compagnia, giovanissimo di non ancora quindici anni compiuti. Fatto il suo noviziato qui in Roma a S. Andrea del Quirinale e for- niti gli studii con felice riuscita, sostenne una lunga serie di uffici svariati, a cui lo rendeva atto Tingegno moltiforme e pieghevole al bisogno. Insegno dapprima lettere urnane in varii collegi d' Italia ; ma 1'ardente suo zelo per la salute delle anime lo spinse a chie- dere con la massima istanza le missioni della Cina, con animo di consacrarvi tutta la vita. Fu dunque inviato a Macao ed adoperato poscia per varii anni in servizio di quel collegio e nella cura spe- ciale della colonia portoghese di cola. S' acquisto subito 1' amore e la stima presso ogni ordine di persone, ecclesiastiche e secolari, ed ebbe ufficii assai delicati, fino ad essere nominato superiore dell' in- tera missione. Cola ancora oggi ricordano con amore e riconoscenza il gran bene che vi operd, come ci consta dalla sua corrispondenza epistolare con parecchi e piu insigni personaggi di Macao. In quel tempo ebbe la grande ventura di scoprire dopo tre secoli di dimen- ticanza il primo sepolcro del grande Apostolo delle Indie S. France- sco Saverio, nell'Isola di Sanciano, ch'egli rimise in onore. I nostri let- tori ebbero dalla sua penna una particolareggiata relazione di quella memoranda scoperta, nel nostro quaderno 1068, p. 757, serie XV.

Successero tristi vicende, per le quali i Padri si videro co- stretti, tra le lagrime loro e degli amici, ad abbandonare la cara missione. II padre Rondina ottenne allora di trasferirsi alia missione del Brasile, e per la via del Giappone, dove sostenne alquanto, e per 1'Oceano Pacifico, sbarcd a S. Francesco di California. Quinci, si reed a Rio di Janeiro, dove attese per qualche tempo alle sacre missioni, predicando notantemente in portoghese, lingua che aveva famigliare quanto la nativa italiana. Ma oramai affranto dalle fati- che, dalle malattie, dal veleno che una volta lo condusse agli estremi

NECROLOGIA -IL P. FRANCESCO SAVERIO RONDINA D. C. D. G. 737

e da altri gravi pericoli, affrontati in servigio delle anime, i su- perior! per salvargli da vita preziosa lo richiamarono in Italia, dove, tosto rimessosi in migliori forze, si consecro al ministero della pa- rola di Dio, chiamato a gara anche sui piu nobili pulpiti d' Italia., Cosi in Roma predico la quaresima nelle basiliche di S. Pietro e di S. Giovanni Laterano e spesso propose gli Esercizii spiritual! al clero e alle comunita religiose.

Pero il piu ed il meglio dei suoi ultimi anni consacro alia mis- sione della penna. Divenuto parte del nostro Collegio, scrisse nella Civiltd Cattolica lavori di fine letteratura, di storia, di polemica e d'altro argomento, molti dei quali vennero ripubblicati di poi separatamente col suo nome e formano insieme con parecchi altri suoi scritti una notevole bibliografia.

Era qui in Roma socio attivo alle tornate dell'Arcadia e dell'Accade- mia di Religione, dove spesso riscosse molto plauso per le sue declama- zioni poetiche e per le sue conferenze religiose. Scriveva inoltre in molti altri giornali e periodici a fine di favorire la buona stampa, non sapendo mai dire di no a chi lo richiedeva di un qualche breve lavoro specie d'occasione, o fosse in prosa od anche in poesia, nella quale aveva vena feconda ed ottimo gusto.

Se questa instancabile operosita il rendette utile alia societa, il soave costume di rara semplicita il fece caro a quanti lo conobbero e lo praticarono. Perfetto ed esemplare religiose portava nel sem- biante la serenita deH'animo suo. Sprezzatore di se medesimo, era tutto viscere di carita pel suo prossimo. Si commoveva fino alle lagrime al racconto dell'altrui dolore, e soprattutto la miseria e la poverta gli toccavano siifattamente il cuore, che si sarebbe spogliato fino alia camicia per aiutare gl'indigenti, cid che veramente fece piu d'una volta, quando essendo superiore poteva largheggiare nelle limosine . Ma il distacco da ogni bene terreno e 1'amore delle cose celesti piu che mai apparve in lui nell' ultima malattia, che in pochi giorni lo condusse alPestremo.

A dir vero da qualche tempo andavasi trascinando, logorato da molti acciacchi ; ma nessuno avrebbe giudicato si prossima la sua fine. Egli solo sospirava di comtinuo al paradiso, e tranquillo conrera d'animo, si dichiarava disposto di morire in qualtinque ora il Signore lo chiamasse, anche tutto solo, nella sua cella, senza incomodare i suoi fratelli. Ma ogni mattina riceveva il Cibo dei forti, come per Viatico al cielo. Per consiglio de' medici s'indusse a recarsi a Castel- gandolfo a fine di respirare aria piu pura. Senonche, dopo rimessosi alquanto, cosi che s'erano concepite buone speranze, ricadde improv- visamente il 27 febbraioe il di seguente spirava 1'anima bella, assistito da' suoi fratelli che, a conforto deH'amara perdita, lungamente ricor-

Serie XVI, vol. IX, fasc. 1122. 47 13 marzo 19»7.

738 NECROLOGIA - IL P. FRANCESCO SAVERIO RONDINA D. C. D. ft. deranno il suo passaggio rassegnato e dolcemente sereno. II S. Padre che lo conosceva molto intimamente degnd consolarlo con una specia- lissima benedizione.

Diamo 1'elenco delle principal! sue opera :

- H Natale di Gesii Bambino. Poesie. Bologna, 1862, in 32.°

- Compendia de pkilosophia theorica e practica para uso da Mocidade

portoguesa na China. Vol. 2. Macau, typ. do Seminario de 1 Jose, 1869-70, di pp. 548; 378.

Flora, Fauna, Aventuras. Apuntes de un viaje por la India y la China.

Valencia, 1882, due voll. di pp. 444; 778.

La <!>'. Casa di Loreto. Hisposta alle obiezioni della Capitale. Roma,

tip. Editrice romana, 1884, in 32.°

Viaggio nell'lndia e nella Cina. Flora, fauna, costumi e avventure, con

illustrazioni. Prato, 1884, due vol. di pp. X-582-446 in 16.

- L'educazione. Roma, 1886, un elegante volumetto in 16 di pag. 72.

L'uomo macchina. Roma, Befani, 1887, in 32°.

La Mostra Vaticana o 1'omaggio di tutto il Mondo al Sommo Ponte-

fice Leone XIII nella fausta ricorrenza del suo Giubileo Sacerdotale. Roma, 1888. 16 di pagg. 327.

I Dertlitti. Racconto di pietose avventure e di viaggi per 1'Egitto e per

la Palestina. Prato 1889, un vol. di pp. VII 451 in 16.

- Los Desamparados. Barcelona, di pp. 288.

Regolamento divita cristiana scritto epraticato dalla nobil donzella Maria

Franchi de' Cavalieri. Roma, 1889 in 32.° II medesimo tradotto in inglese.

- Religione e Patria o gl Italiani in Levante e a Lepanto. Roma, 1889,

un vol. in 16 di pp. 392.

La 8. Casa di Maria in Loreto, la sua storia, i suoi misteri. Roma, 1889.

un vol. in 8 di pagg. 288.

- II vecchio battezzatore. Dramma in cinque atti. S. Benigno Canavese,18$Q.

L'emigrante italiano. Racconto. Roma, 1892, un bel volumetto di pp. 416.

- Le mie prigioni. Memorie di Vivia Perpetua martire cartaginese. Roma

Desclee e Lefebvre, 1893, in 16°.

- La donna cristiana nelle Famiglie e nella Societa. Roma, Descl6e e Lefe-

bvre, 1894, in 32° di pp. 530.

La S. Casa di Loreto. Seconda edizione accresciuta. Roma, 1894, di

pp. VII, 298.

Agnese e Susanna. Racconto. Roma, Desclee e Lefebvre, 1895, di pp. 304.

Religion y Patria. Novela traducida por don Jose Maria Carulla. Madrid,

1896, di pp. 296.

- Vita e morte di Suor Agostina. (in due edizioni). Roma tip. della Vera

Roma, 1896, di pp. 164.

Dei moltissimi suoi lavori pubblicati nella Cinltd Cattolica notiamo i piii recenti.

- // Vaticano (vol. IV, ser. XVI).

La Norvegia e una corta di Mom. Falite (vol. VI. ser. XVI).

- La mostra di Orvieto (Vol. VIII Ser. XVI).

UAbissinia (vol. VIII e IX ser. XVI).

Roma, 16-28 febbraio 1897.

I. COSE ROMANS

1. II pontificio Seminario Vaticano e una recente Bolla di Leone XIII. 2. La confraternita dell'Oraztone e morte. 3. L'uso cristiano di corone di Messe ed orazioni ai defunti invece del fiori. 4. La Principessa di Svezia e il Conte De Mun al Vaticano. 5. Lo sciopero dei macellai di Roma. 6. II carnevale del 1897.

1. II 16 febbraio il Sommo Pontefice Leone XIII ha pubblicato una Bolla, con la quale egli da compimento e stabilita perpetua al Seminario Vaticano, annesso alia basilica di S. Pietro, e da Semi- nario del Capitolo Yaticano diventa Seminario pontificio. Questo isti- tuto (da non confondersi col Seminario romano a S. Apollinare, che e il Seminario proprio della diocesi romana) fu fondato gia da Urbano YILT con lettere apostoliche del 25 ottobre 1636 ; ed e ve- nuto a mano a mano crescendo tan to, fino a di venire un perfetto istituto d'educazione ed istruzione ecclesiastica, da emulare quai- siasi altro istituto di tale specie, sia per la parte materiale, sia per la parte formale dell'educazione e degli studii. Questo istituto, fin dal fondatore Urbano VIII, fu dichiarato Seminario particolare del Capitolo Yaticano con tutti i privilegi di qualsiasi altro Seminario, secondo i decreti del Concilio di Trento. Esso, quanto alia giurisdi- zione, e soggetto, nen gia al Card. Yicario di Eoma, si bene al Car- dinale Arciprete della basilica vaticana. Leone XIII nella Bolla men- zionata accenna all'opera de' Papi Alessandro YII, Innocenzo XI, Benedetto XIII, Gregorio XYI e Pio IX per 1' incremento dell' isti- tuto, nonche alia donazione del Card. Duca di York. Cio non ostante, fino all'elezione di Leone XIII, il Seminario Yaticano, sia pel numero degli alunni sia per il luogo e le scuole, era ancor lungi dal rispon- dere alle giuste esigenze d'un istituto, quale si poteva desiderare e pe' tempi nostri e per il posto che occupa vicino al Yaticano. Ed a Leone XIII si deve propriamente (com'egli stesso si compiacque di

740 CRONACA

affermarlo) d'aver dato al Seminario Yaticano novella vita. Egli am- plio ed istaurd le scuole del Ginnasio e del Liceo ; fegli fe' costruire un corridoio che *nettesse alia chiesa di S.a Marta, decide^do che es|a, appartenente gia alia reverenda Fabbrica di S. Pietro, divenisse chiesa propria del Seminario ; egli lo regald d'una splendida villeggia- tura autunnale presso Torri in Sabina, facendola erigere dalle fonda- menta in luogo ameno e salubre ; egli infine doto 1' istituto di stabili tondi. E dopo avere assestata cosi la parte materiale, passd a consolidare la parte formale ed essenziale dello stesso istituto : creovvi le cat- tedre di filosofia e di teologia, talche il Seminario con esse e colle scuole del Ginnasio e del Liceo, fornite di maestri laureati, puG dare 1'intera educazione ecclesiastica e letteraria non solo agli alunni interni dell' isti- tuto, ma altresi ai chierici addetti alia basilica, a chierici ed a gio- vanetti esterni ; formo un ricco gabinetto di fisica e storia naturale che fa palese ai visitatori la sua muniftcenza; invito i Vescovi vicini a Roma a mandare, ove loro facesse d'uopo, i loro alunni al Semi- nario Vaticano; istitui alcuni posti gratuiti, tra i quali tre per Carpine- to, sua patria; e diede inflrie colla menzionata Bollaleggi fisse e stabili per 1'avvenire. Al presente il Seminario Vaticano, divenutoper quel che s'e detto un istituto d'indole universale, conta in tutto un 150 alunni, di cui un 45 interni, il resto esterni. Trentacinque frequentano le scuole di teologia, tra i quali sono gli studenti Carmelitani della Traspon- tina, quelli del Collegio di San Bonifazio e qualcheduno de' Trini- tarii scalzi. Capo supremo del Seminario e il Card. Arciprete di S. Pietro, il quale ha diritto di conferire gli Ordini Sacri come fa il Vescovo cliocesano, e distribuire i gradi accademici di teologia agli scolari. Sotto il detto Cardinale e il Prefetto del Seminario, che 6 un Canonico di S. Pietro, e quindi il Rettore, che ha cura imme- diata degli alunni. Questi, ne' di solenni, assistono al Capitolo nelle t'unzioni della basilica vaticana, e ne' giorni festivi ordmarii officeranno d'ora innanzi la loro propria chiesa di S. Marta. Al presente, Prefetto del Seminario § Mons. Felice M. De Neckere, Arc. tit. di Melitene ed econoino della rev. Fabbrica di S. Pietro, munifico Mecenate dello stesso istituto; Rettore ne & Mons. Antonio Cani, Canonico di S. Maria ad Martyres ed Archivista del Concilio Yaticano.

2. Se il mondo moderno si fosse contentato sempliceoiente di svec- chiare 1'antico, rispettando gl'istituti cristiani, nessuno avrebbe a la- inentarsi della cosi detta civiltd moderna; ma, purtroppo essa fu solo intenta, piu che a vestire di migliori forme gli usi cristiani, a ra- derli del tutto, introducendone alcuni prettamente pagani. Questa ri- flessione ci sorge spontanea al dover narrare due fatti, che in certo modo hanno una comune attinenza. II primo riguarda le confrater- nite religiose, spogliate de' loro beni dal Governo, il secondo riguarda

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certi nuovi usi ne' mortorii, che poco hanno del cristiano. Tra le •confraternite destinate a perire, appunto per essere loro stati tolti i fondi per vivere, e la tanto celebre in Roma, detta di Santa Maria dell' Orazione e Morte. Essa ebbe origine nel 1538. Alcune pie per- sone si proposero di recarsi insieme per dar sepoltura nella citta e campagna ai morti poveri e suffragarne le anitne. La pia istituzione •ebbe un successo felicissimo. Dopo tre lustri si aggiunse la santa pra- tica della preghiera, di giorno e di notte. per quaranta ore continue innanzi al SS. Sacramento pubblicamente esposto ogni terza domenica di ciascun mese, in memoria dei quaranta giorni di digiuno diN. S. GL C. nel deserto, e delle quarant'ore che il suo sacratissimo Corpo dimoro nel sepolcro. II sommo Ponteflce Pio IV di f. m. insigni questa pia unione del titolo di Compagnia deU'Orazione e della Morle. Aumen- tandosi il fervore dei fedeli e il concorso alle mensili esposizioni del SS. Sacramento, Clemente VIII, il 25 novembre 1592, ordind che in alcune chiese di Roma si esponesse successivamente il SS. Sacra- mento per quaranta ore continue, di maniera che non vi fosse ora non consacrata alia pubblica adorazione del .SS. Sacramento. Cosi ebbe origine la pia istituzione delle 40 ore. Pero se in altri tempi 1'Arciconfraternita pote promuovere e mantenere lo splendore del culto, ora spogliata di tutti i suoi beni, in forza delle nuove leggi, e addivenuta impotente, non solo a continuare la mensile esposizione del SS. Sacramento, ma ha dovuto pur sospendere la pietosa opera dell'associazione dei morti poveri in citta e campagna, scopo precipuo della sua fondazione," e forse dovra definitivamente rinunziare allo adempimento di un'opera tanto pietosa, se la carita dei fedeli non le Tiene in soccorso. Stando cost le cose il Fr. Provveditore de' Morti di detta Compagnia ha pubblicato una lettera circolare *, (donde abbiamo attinte queste notizie) per fondare un'associazione di fratelli e sorelle affinche collo sborso d'una tenue quota si possa salvare da wn certo e prossimo naufragio la Compagnia stessa.

3. L'altro fatto riguarda le corone di fiori ai funerali; e, rispetto a quest'uso, in un giornale cittadino 2 si fa questa bella proposta che ci piace, in parte, di pubblicare. « E invalsa disgraziatamente 1'idea di mandare corone ai funerali. Ci6 anticamente non si usava che per le don- zelle, e andava benissimo, indicando che una giovinetta cristiana nella sua morte era incoronata sposa di Gesu. Ora pero le corone si mettono a, tutti, ed a chi e stato piu empio. ordinariamente se ne mandano di piu, quasi per allontanare dai viventi 1'orrore della vita e morte pessima e della futura eternamente infelice. In ogni caso e un gran

1 Circolare di Pietro Franceschini, Fr. Prow, dei Morti, 31 genn. 1897. * Voce della Verita.

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male, perche si crede o s'insinua 11 peusiero che, mandando una co- rona sul cadavere, non si deve pensare piil all'anima, n& ad altro. E credo che la maggior parte di coloro che offrono corone, non dicano neanche un Requiem all'anima, ancorche vadano per convenienza od amicizia ai funerali. Per6 ho detto disgraziatamente, da principio. E cio forse vedeva con intuito papale la s. m. di Pio IX, quando una volta, visitando il Campo Verano e vedendo sopra un sepolcro una corona (allora cosa rarissima) la fece rimuovere, dicendo : « La co- rona ai defunti solo Iddio la deve dare in cielo. » In ogni caso 6 certo che 1'uso delle corone e invalso dopo che si e insediata in Roma la Massoneria... E per queste corone quanto si spende ! Talvolta le 50 e le 100 lire. Ora io dico, non sarebbe una santa missione per tutti i fogli cattolici stringersi in lega per fare eliminare quest' uso pagano, massonico, o per lo meno profano e dannoso alle anime dei defunti? Percio mi rivolgo alia S. V. direttore di un foglio autore- vole e per di pifi romano, affinche voglia promuovere verso gli altri fogli cattolici questa santa lega, proponendo di eliminare le corone nei funerali (eccettuate quelle delle donzelle, dove ne basta una anche di fiori artificiali) e di sostituire invece suffragi ed opere espiatorie per le anime dei defunti, come sono preghiere, elemosine, Messe, indul- genze da applicare, comunioni, esposizione del SS. Sacramento, eccetera. Ho letto giaTvarie volte, che alcuni prima di morire o nelle dispo- sizioni testamentarie hanno voluto che non si mettessero corone ai loro funerali, e molti ancora vi sono che detestano quest' uso. Non si potrebbe invece introdurre la costumanza veramente cristiana, che quelli che vogliono attestare la loro condoglianza sincera e giovevole, mandassero alia famiglia dell'estinto una cartolina o biglietto da vi- sita, o biglietti stampati appositamente, nei quali, in una alle con- doglianze, si esprimesse la yolonta di fare i tali e tali suffragii per 1'anima del trapassato? Quanto sarebbe arnmirabile, cristiano, pro- ficuo ed esemplare questo santo costume ! ! > Tutto cid 6 degno d'altis- sima commendazione, e anche noi la proponiamo come un'idea pro- fondamente cristiana.

4. Due illustri personaggi furono in questi giorni ricevuti in Va- ticano : cioe S. A. R. la Principessa Vittoria di Baden, cugina del- 1'Imperatore di Germania e sposa del Principe ereditario di Svezia e Norvegia. Fu ricevuta dal Papa il 19 febbraio con tutti gli onori dovuti al suo grado, e si trattenne in private colloquio per oltre mez- z'ora. La Principessa alloggiava al Grand Hotel, dove 1'Eminentis- simo Card. Rampolla le restitui la visita. L' altro personaggio ricevuto dal Papa fu il Conte De Mun, 1'illustre oratore e deputato francese, il quale pud dirsi in Francia il capo di coloro che seguono nella cosa pubblica la direzione del Papa.

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5. Parliamo in quest! ultimi due paragrafi di due cose piuttosto tenui, ma che fanno parte anch' esse della storia della citta : cioe lo sciopero del macellai, e il carnevale del 1897 - - I macellai per pa- recchi giorni misero in angustia tutta una intera e grande citta per pretension! inutili e illegali. La legge municipale, cioe, permette la vendita di carne equina ; vendita fatta sotto la vigilanza municipale, come si fa a Parigi, Vienna e Berlino. Vendita, a dir vero, che non si faceva prima della venuta de' fratelli a liberare i Romani ; ma che ora e necessaria per chi non ha soldi a provvedersi di carne 'di bue, e d' altra parte e certo che la carne equina e igienica an- ch'essa. Ora i macellai, temendo una diininuzione di lucro per questa vendita, si sono ribellati alia legge municipale, castigando per piu giorni la eittadinanza romana col chiudere tutti i macelli della citta. II municipio in tale occasione prese si un buon provvedimento, fa- cendo aprire a macellai soldati un circa tredici spacci di carne ( pochi davvero per una popolazione di 400 mila abitanti e per le distanze, onde Eoma e famosa); ma dall'altra parte fu troppo indulgente contro gli scioperanti e i ribelli alia legge municipale, intimando loro, sotto pena di multa, la riapertura degli spacci, solo dopo una diecina di giorni. Ed e certo che durante que' giorni le leggi municipal! e go- vernative furono apertamente violate. Fu violato 1'articolo 179 della polizia urbana, ove si dice doversi tenere i negozi aperti in tutti i giorni, dal levare del sole fino a due ore di notte almeno, e non potendo essi cessare dalP esercizio dei loro negozi se non quindici giorni dopo averne dato avviso all'autorita comunale. Furono inoltre violati parecchi articoli anche del codice penale ; p. e. gli articoli 165 e 166, i quali sono di tal tenore : « Art. 165. Chiunque con violenza o minaccia, restringe o impedisce in qualsiasi modo la li- berta dell'industria o del commercio, e punito con la detenzione sino a venti mesi e con la multa da lire cento a tremila. Art. 166 Chiun- que con violenza o minaccia cagiona o fa produrre una cessazione o sospensione di lavoro, per itnporre, sia ad operai, sia a padroni o imprenditori, una diminuzione od un aumento di salarii, ovvero patti diversi da quelli precedentemente consentiti, e punito con la deten- xione sino a 20 mesi. » I macellai, pero in questo sciopero si sono guardati bene dal porre innanzi i loro interessi come causa della chiusura de' macelli, dicendo il farsi cid da essi solo per il bene de' cittadini. Erano impietositi, cioe, al vedere che quelli (ben pochi) mangiassero carne equina invece delle costolette di vitella. Ma, a dir vero, fu una carita pelosa.

6. II carnevale romano oggimai, si sa, non e piu quello descritto si maestrevolmente dal Goethe, ove a uu dato segno Pallegrezza piu spensierata s' impossessava, come all'alzarsi d' una bacchetta magica,

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della folia ; e ove il popolano, misto al nobile, discendeva in piazza ed, eccetto 1'uccidersi o ferirsi, era lecito ogni cosa ne' limiti del- 1'onesto. Quest' anno e stato notevole il corteo di Marco Aurelio, di cui crediamo bene fare un cenno ; perche i costumi de' popoli e le- cose artistiche devono far parte della storia, non meno delle guerre e delle succession* dei Re. II corteo e stato ideato ed eseguito assai bene e con sufficiente verita storica. Esso rappresentava la discesa di Marco- Aurelio dal Campidoglio e 1'avviarsi con tutta la pompa a un sacri- ficio ; e chi assiste alia sua sfilata pel Corso, aveva veramente una visione romana. Inseriamo qui la descrizione che del detto corteo e-. stato pubblicato da un giornale cittadino '. « Aprivano il corteo i Fe- deli capitolini sopra cavalli romanamente ammantati, a cui seguivano- sacerdoti in bianca veste ; e poi huccinatori, con corni e trombe di antica foggia ; liliori, giovanetti, istrioni in gran numero, con nac-' chere, tamburelle e piatti ; schiavi portanti a spalla un immense vaso dorato per i profumi da ardere, sagrificatori, recanti il bue con coma dorate per 1'immolazione. Quindi, sotto una specie di baldac- chino retto da otto aste sormontate da aquile romane, e portate da otto schiavi negri, cavalcava Marco Aurelio, la cui figura, con mano distesa e panneggiamento il tutto in bronzo, rispecchiavano abba- stanza la nota statua equestre capitolina : non cosi bene era pero imitate il cavallo. Ai lati di Marco Aurelio trovavansi due flabellarii,. con ventole di lunghe penne bianche. Appresso cavalcava la scorta di comoli e patrizii, in ricchi costumi guerreschi e civici. A spalla quindi era portata in artistjca lettiga una matrona romana, drap- peggiata in pelliccerie e stoffe; e subito dopo, bighe guidate da aw- r if/hi, in manti svolazzanti al vento. II concerto dei militi romani, che suonavano polke e marcie un po' troppo moderne, precedeva la sfilata di alcuni dei frammenti archeologici capitolini ed urbani, be- nissimo imitati e di grandezza naturale. Cosi i due leoni di basalta della gradinata capitolina ; le teste in bronzo e marmo, di Nerone e Tiberio, nonche la mano con I'indice al%ato, del cortile senatorio; il Pie di marmo, i due cinocefali, e finalmente il busto colossale di Madama iMcrezia. Le statue di Castore e Polluce erano raffigurate da esseri viventi. I carri ben riusciti anch' essi. Quello di Cupido rap- presentato da un grazioso bambino che guidava un gruppo di colombe. Quello di Apollo simboleggiato nell'enorme statua argentata di questo dio, circondata da Vestali. E finalmente quello grandissimo di Giove^. la cui statua troneggiava dinanzi a un portico, avente ai piedi la figura sedente di'Koma con asta e globo, personificata da una gio- vane, fianche.^giata dalle statue capitoline dei fiumi Tevere e Nilo>

* Voce della Verita, n.° 45.

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rappresentate da individui distesi. Altre figure di guerrieri e sacer- doti schierati per le gradinate e le balaustre, compivano 1'ornamento dell'architettonico carro, tratto da tre paia di gross! buoi. Un secondo gruppo di Fedeli capitolini a cavallo chiudeva il corteo. »

II. COSE ITALIANS

l.Seconda fase degli avvenimenti di Candia: 1'intlmo delle Potenze alia Grecia di ritirar le sue milizie. 2. Conferenza internazionale di sanita a Venezia. 3. Fine d'una chiesa scismatica a Piacenza. 4. Documenti massouici.

1. La seconda fase degli avvenimenti di Candia, dopo quel che nar- rammo nell'ultimo quaderno, e stata il bombardamento d'Akrotiri per parte delle armate europee e 1'intimo da loro dato alia Grecia di abban- donar Candia entro sei giorni, per formare dell'isola un regno autonomo sotto 1'alto patronato del Sultano de' Turchi. II giorno 21 febbraio, dunque, continuando i Greci insieme ai Candiotti a guerreggiare i Turchi dentro 1'isola, le armate europee, per far cessare la strage, <jome dissero, puntarono i cannoni contro Greci e Candiotti in favore •de' Turchi. I primi colpi partirono dalla corazzata tedesca Kaiserin Augusta e furono seguiti da altri delle altre navi che andarono a ferire il campo ellenico ad Akrotiri. Dopo eio la diplomazia europea mando alia Grecia un intimo di ritirare la sua flotta entro sei giorni da Candia •e un altro ordine al Sultano affinche si assoggettasse alia delibera- zione delle Potenze, di costituire a Candia un regno autonomo sotto 1'alta sovranita turchesca. Questa e quel che chiamiamo la seconda fase degli avvenimenti di Candia. Vedremo poi che fara la Grecia Questi nudi fatti somministrano a chi pensa ampia materia di rifles- sioni. La prima e la contraddizione tra 1'Europa cristiana medievale •e la moderna : quella faceva crociate contro i Turchi, questa lancia bombe contro i Cristiani. La seconda riflessione e la contraddizione della stessa Europa moderna con se stessa : da per tutto si e sancita od approvata la sovranita popolare, e il principio di iiazionalita (e tutti sanno quanto scalpore ne menarono in Italia i liberali fino a decre- tare a Ferdinando II il titolo di Ee bomba], ed ecco essa stessa lan- ciar bombe contro il popolo greco e candiotta. E disse bene chi affermo che le bombe d'Akrotiri decapitarono la cosi detta civiltd mod&rna. La terza riflessione & il timore del domani e il difetto di generosita di che fanno mostra i discendenti de' crociati : difetto di generosita in prima, poiche ad aggiustare gli affari di Candia non mossero un dito prima che la Grecia spedisse le sue navi nell'isola, mentre i turchi sgozzavano impunemente i cristiani ; timore del domani ; perche non altra ragione si pud dare (per esempio, per parte del colosso russo) il

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quale, pure agognando ardentemente al Bosforo, ciononostante vuol conservare 1'integrita dell'impero turchesco. E bastano quest! cenni per quei lettori, i quali, oltre il conoscere i fatti, volessero flccare gli occhi un poco pin oltre. Perd, come ognuno vede, qui si parla dell'opera diploinatica europea secondo i principii da essa medesima, pill o meno, precedentemente approvati ; poiche, considerata in ae" stessa la deliberazione delle Potenze, ha un lato buono, ed & la for- mazione di quella specie di tribunale internazionale, il quale, benche" non sia stato finora costituito formalmente, pure sembra essere il frutto di questo operar coucorde delle Potenze per decidere senza spar- gimento di sangue i conflitti tra nazione e nazione. E solo da desi- derare che esso sia guidato da altre idee che non sono 1'egoismo, 1'op- portnnismo e la forza brutale, come appare evidente nel fatto di Candia. Qualche giornale francese ha messo fuori perfino 1'idea che tutto il motivo dell'intervento europeo, in favore dell'impero turco, sia quello di salvare i banchieri cosmopoliti, i cui interessi (legati a filo doppio con le Potenze stesse) pericolerebbero se si sfasciasse 1'impero ot- tomano l.

1 Ecco" il? testo della deliberazione che i rappresentanti delle Potenze europee mandarono alia Grecia. 6 un modello d'un genere letterario di- plomatico moderno che si leggera con piacere : « Ho ricevuto ordine dal mio Governo di portare a cognizione dell' E. V. che le grandi Potenze si accordarono per stabilire una linea comune di condotta, destinata a porre fine ad una situazione che non poterono prevenire, ma il cui prolungarsi sarebbe tale da compromettere gravemente la pace europea. A tale effetto, i Governi di Germania, Austria-Ungheria, Francia, Gran Brettagna, Italia e Russia si sono accordati sui due punti seguenti: 1.° L'isola di Greta non potra in nessun caso nelle attuali congiunture essere annessa alia Grecia; Visto i ritardi portati dalla Turchia nell'applicazione delle riforine con- cretate di concerto con esse e che non ne permettono piu 1'adozione a stato di cose trasformato, le Potenze sono risolute, pur mantenendo 1'integrita dell'impero ottornano, di dotare 1' isola di Greta di un regime autonomo assolntamente effettivo. destinato ad assicurarle un governo separato sotto 1'alta sovranita del Sultano. La realizzazione di queste vedute non potrebbe, secondo la convinzione delle Potenze, ottenersi che mediante il ritiro delle navi e delle milizie elleniche, attualmente nelle acque e territori dell'isola at- tualmente occupati dalle Potenze. E pero aspettiamo con fiducia tale decisione dalla saggezzadel governo di S. M. che non vorra persistere in una via, oppo- staalla risoluzione delle Potenze, decise a conseguire la pronta paciflcazione, altrettanto indispensabile per 1'isola di Greta, quanto pel mantenimento della pace generale. Non dissimuliamo tuttavia a V. E. che le mie istruzioni pre- scrivono di prevenirla che, in caso di rifluto, da parte del governo ellenico, le grandi Potenze sono irrevocabilmente risolute di non indietreggiare dinanzi H verun mezzo di coercizione. se, allo spirare del termine di sei giorni, il richiamo delle navi e delle truppe elleniche da Greta non sara effettuato. »

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2. A Venezia, il 16 febbraio, nella sala grande del palazzo reale s'apri la conferenxa internazionale di sanita, convocata a fine di pren- dere provvedimenti contro la peste, scoppiata nell'India. Ne fu pre- sidente S. E. il Conte Bonin, sottosegretario di Stato per gli affari esteri, il quale, nella tornata di apertura, reco il saluto d'ltalia ai rappresentanti di Austria e Ungheria, Belgio, Danimarca, Egitto, Fran- cia, Germania, Grecia, India, Inghilterra, Olanda, Portogallo, Russia, Serbia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Norvegia, Svizzera e Turchia. II Bonin disse che Venezia, a guisa di ponte gettato sul Mediterraneo e punto d'unione dell'Oriente e dell'Occidente, era lieta di ospitare i rappresentanti di tutte le nazioni civili, per attestare al mondo 1'unione umana contro le forze distruttive della natura. II nemico e alle porte (egli disse in sentenza). Un flagello, che credevasi vinto, devasta no- bili contrade, gia culla della nostra civilta, e per la prima volta dopo molti anni minaccia nuovamente 1'Europa. Le popolazioni spaventate chiedono provvedimenti, e la conferenza e precisamente chiamata a provvedere che le disposizioni prese da ciascuno nella sfera d'azione della propria sovranita si compiano con le analogue disposizioni degli altri Stati. Cosi il Bonin. Voglia il cielo che i nobili sforzi della scienza diminuiscano al genere umano le lacrime e i dolori

3. In questi giorni ebbe fine a Fiacenza lo scandalo del riforma- tore D. Paolo Miraglia, sacerdote sconmnicato, che aveva aperto un oratorio scismatico a Piacenza stessa, come noi gia nan-ammo. L'ul- timo fatto che ha determinate lo sfacelo della pseudoriforma miragliana e stato un famigerato processo contro il detto sacerdote, accusato d'aver sedotto una fanciulla di casa Arcelli. Dopo la sentenza del tribunale, 1'istessa autorita civile di Piacenza ordino la chiusura dell'oratorio miragliano; e narrano che 1'ispettore generale nel consegnare al Mi- raglia il decreto del Prefetto, gli abbia detto : Se Lei parte da Pia- cenza, il Governo le ne sara riconoscente, rendendosi benemerito della tranquillita pubblica. Ecco il decreto del Prefetto Ferrari, nel quale autorevolmente so no narrati i fatti, che fanno parte della triste istoria miragliana, e che e necessario conservare. « Ritenuto che il prete siculo Paolo Miraglia, chiarnato qui nel maggio 1893 ad esercitare tempora- neamente la predicazione, qui fermava la sua residenza e per rappre- saglia ad attacchi ed ingiurie anonime, cui diceva essere fatto segno da una parte del pubblico piacentino, ed esprimendo dal pergamo il BUG risentimento, trasmodava nelle sue difese, dando luogo a polemiche che indussero ad un pubblico dibattimento che ha perturbata la pace di questa citta : che in seguito colpito il Miraglia della maggiore sco- munica pronunciata dal sommo Pontefice, e fatto pubblico il divieto di esercitare qualsiasi atto di culto in tutte le chiese di questa citta e diocesi, egli apriva in Piacenza, via Trebbiola, in locali di proprieta

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privata, ma aperto al pubblico, un cosidetto oratorio, nel quale oltre al celebrare riti e funzioni del culto cattolico, ha, quasi puo dirsi ogni giorno, predicate massime morali e precetti del Vangelo, intrattenen- dosi per6 di preferenza (o per meglio dire) quasi sempre, di fatti per- sonali suoi, che ricordavano oetilita ed odiosita di cui pretendeva essere fatto segno dal clero piacentino e da parte della stampa cittadina, di un processo penale da lui provocato, e delle accuse a sua volta mosse ai suoi avversarii, eccitando cosi e mantenendo eccitati gli animi; rite- nuto che se questo stato di cose anormali ha potuto essere fin qui tol- lerato in omaggio ai principi di liberta religiosa e di riunione, larga- mente intesi ed applicati, non lo pud piu essere per 1'avvenire dopo che fu emanata e resa pubblica la sentenza della corte d'Appello di Parma che rinvia bensi il conte Arcelli Marco e Alberio Solenghi alle Assise, come colpevoli di tentato omicidio contro il Miraglia, ma in modo solenne ed autorevole dichiara provati a carico dello stesso Mira- glia fatti gravi e turpi e 1'oltraggio recato ad una distinta famiglia di questa citta che lo aveva accolto con rara e cortese ospitalita e cir- condato della maggiore benevolenza; ritenuto che riuscirebbe di grave offesa al decoro ed al sentimento della grande maggioranza di questa cittik seria e civile, il tollerare , che quest'uomo, dopo cosi gravi scandal! continuasse ad atteggiarsi ad apostolo di morale, di religione e di giu- stizia; ritenuto che per altri ed anew piu gravi motivi si avvisa oppor- tune di ordinare la chiusura del detto oratorio in quanto che il Miraglia, che per parecchi mesi e quando non erano peranco note le risultanze del procedimento penale su indicate, aveva sempre serbato una certa qual misura, in questi ultimi tempi ha abbandonato ogni ritegno vitu- perando con frasi e parole volgari, ignobili, la Gerarchia cattolica, il venerando Pastore di questa citta e diocesi, e tutto il suo clero e parte della stampa cittadina, e tutti coloro che gli sono e debbono essere decisamente avversi ; ritenuto che da tali sue intemperanze, possono- derivare, attesa la eccitazione degli animi, che si fa sempre maggiore, gravi e pericolose conseguenze, delle quali gia i prodromi si sono veri- ficati nell'odio e rancore sorti fra le diverse classi della cittadinanza, nei chiassi e nei disordini awenuti sulle vie e sulle piazze della citta ; visti gli articoli 1, 7, 8 della legge sulla S. P. e 1'art. 3 della legge proviuciale e comunale. per motivi di ordine pubblico, decreta : il cosi detto oratorio di S. Paolo aperto in questa citta in via Trebbiola e chiuso ed e vietato esercitarvi d'ora innanzi qualsiasi rito o fun- zione di culto come pure di tenervi pubbliche riunioni ; i contrav- ventori a quanto sopra saranno deferiti all'autorita giudiziaria e pu- niti a sensi di legge. il signor Ispettore provinciale di P. S. ed il signor comandante dei reali carabinieri sono incaricati di provve- dere alia osservanza del presente decreto. Piacenza, 19 febbraio 7857.

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II Prefetto FERRARI. » Dopo cio, narra 1' Osservatore catiolico che i Protestanti di -Milano, radunatisi a consiglio, hanno deliberate d'acco- gliere il Miraglia nel loro seno e dargli il titolo di Maestro e Pastore. Nulla di meglio che i riformatori s'uniscano e si aiutino a vicenda. 4. Kegistriamo qui due piccoli documenti massonici, che, uniti agli altri, servono di fondamento sicuro e certo (piu che altri, incerti e dubbii, provenienti da ignote fonti o almeno sospette) per lo studio delle cose massoniche. II primo e un tratto della circolare recente di E. Nathan per le prossime elezioni ; il secondo una pergamena of- ferta a Leone Bourgeois, massone francese, venuto teste in Italia. II Nathan nella circolare cosi parla di tre ostacoli da togliere per il bene pubblico : « (Hi ostacoli sono tre: 1'ignoranza, la reazione, la corruzione. La ignoranza, inconscia della importanza del mandate elet- torale, lascia la grande maggioranza degli elettori indifferenti all'esito della lotta e la pone in balia di pochi attivi ed influenti, spesso inte- ressati, poco scrupolosi. La reazione (intendi I'azione pubblica dei cri- stiani cattolici) asservendo il pensiero politico ad istituzioni condannate dalle leggi e dalla civilta, lo interra nel cimitero di morte speranze e morte cupidigie. La corruzione asservendo 1'azione politica ad inte- ressi di individui, fazioni e consorterie, la svia di ogni fine di bene, la decompone, la imputridisce. II compito dei Massbni e quindi di risvegliare gli elettori che non votano, combattere quelli che hanno legami coi clerical! . > Or ecco 1'iscrizione della pergamena offerta a Leone Bourgeois : al Fr. illustre Leone Bourgeois che nella sua Francia dai Consigli della Eepubblica ai Comizi di popolo - mantiene vivo il fuoco d'ogni rivendicazione civile il 4 febbraio 1897 ricordi I' ammirazione e Vaffetto delle Logge Mass.'. Milanesi all'obb.'. del G.\ 0.'. di Roma.

III. COSE STRANIERE

IRLANDA (Nostra Corrispondenza) . 1. II Cardinale Gibbons sull'immi- grazione degli Irlandesi negli Stati Uniti. Un popolo missionario. 2. Una Universita cattolica in Irlanda. 3. II peso ingiusto dei tri- buti imposti all' Irlanda. 4. II Governo inglese e le scuole libere (Voluntary Schools}.

1. In uno degli ultimi quaderni di una Rivista irlandese, S. E. il Cardinale Gibbons, Arcivescovo di Baltimora, tratta con ispirito di generosa carita e simpatia il tema della immigrazione irlandese negli Stati Uniti. La questione ci tocca molto nel vivo, ed e stata per noi causa di grandi amarezze e lagnanze. I nostri fratelli hanno dovuto

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da lungo tempo cercare lontano dai lidi nativi, in mezzo a stranieri, il sostentamento della vita che veniva loro negate nel patrio suolo. Ma per quanto generosa fosse 1'ospitalita loro accordata da estranei popoli, essi non potevano mai diinenticare di essere stati allontanati e quasi strappati dalle proprie contrade, se non dalla forza del braccio, almeno dalla dura iinperiosita di tristi circostanze. La mestizia del loro esilio & proverbiale, e fu scolpita nella frase che essi non espatriarono, ma-furono espatriati, significandosi con cid essere gl'infelici vittime della necessita e non volontarii emigranti. Naturalmente, agli occhi degli Americani la cosa rivestiva e riveste un altro aspetto, e ne rice- viamo un saggio ed una pregevole illustrazione appunto dal mirabile scritto del Cardinale Gibbons. Superfluo dire che egli tratteggia il suo argomento con viva mano maestra, e non soltanto col valore dei rag- guagli statistic! che adduce, ma eziandio colla saviezza istruttiva e con- cludente delle considerazioni che svolge circa gli effetti dello storico avvenimento sulla fibra religiosa e morale del popolo degli Stati Uniti, nonche con 1'autorevole testimonianza che porge delle qualita dell'Ir- landese in quanto colonix.zatore e propagatore della sua fede. II Car- dinale ha conosciuto per scienza ed esperienza propria molto profon- damente ed intimamente i nostri fratelli oltre Atlantico, di guisa che nessuna parte delle loro opere e delle loro aspirazioni pud sfug- gire alia sagacia del suo spirito osservatore. Come prete e come Ve- scovo, egli ha dovuto venire di continue con essi in istrettissima re- lazione ; il che da il piu grande peso alle sue parole. Egli esordisce avvertendo che una specie di umore girovago ha sempre qualificato la stirpe celtica della noetra isola, sino dai piii rimoti tempi. Gli an- nali di tutte le nazioni del continente abbondano di pagine confermanti questa sentenza. Non senza maraviglia si legge che quasi un milione d'Irlandesi pugno e soccombette in servigio della Francia, senza parlare di quei tanti prodi che seguirono le alterne fortune della Spagna, del- 1' Austria e pur della Eussia, nei secoli XVII e XVIII. La scoperta di un nuovo mondo apri un campo sconfinato all'intraprendenza irlandese, ne questa fu lenta a slanciarvisi. Un Irlandese viene posto da Na- varrete a fianco di Cristoforo Colombo. Un uomo nativo di Cork fu governatore di Nuova York verso la fine del secolo XVII. Col se- colo XVIII, poi, 1'oppressione religiosa ed il patrio malcontento cospi- rarono colle cause di natura economica ad accrescere la fiumana della emigrazione, rendendola piu vasta, intensa e continua. Non passa mese, che in America non si registri 1'arrivo di centinaia e centi- naia d' Irlandesi ; e qui il Cardinale Gibbons ricorda il detto dell'il- lustre Generale Washington, primo Presidente degli Stati Uniti, che cioe nell'esercito conquistatore dell' indipendenza degli Stati Uniti si potevano contare ben cento soldati irlandesi a petto di uno solo di altra

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stirpe. Ma soltanto nell'a. 1820 si cominciarono a tenere in America regolari ed ufficiali registri della immigrazione. Se ora applichiamo ai tejapi anterior! la proporzione stessa somministrata dalle statistiche moderne, troviamo che dal 1776 al 1895, 1' Irlanda deve avere dato nientemeno che il 70 p. 100 della complessiva emigrazione dalle isole Britanniche. In somma approssimativa, poi, si pud calcolare il numero degli arrivi dall' Irlanda negli Stati Uniti, per il periodo tra il 1820 ed il 1896, cioe in soli 75 anni a ben 3,725,000. Nel decennio 1820-30, se ne contarono 51,000; in quello seguente 207,000 ; nell'altro, tempo della famosa e terribile carestia, 781,000, e nell'altro ancora 914,000. « Non bisogna dimenticare, dice il Cardinale, che la Nazione, da cui provengono tante moltitudini di uomini, e una delle piii piccole della terra, ed inoltre che, negli ultimi cinquanta anni, la sna popolazione e discesa da otto milioni a meno assai di cinque milioni di anime ; e che nondimeno, strano a dirsi, il suo popolo si e invece aumentato nel mondo oltre ogni immaginazione, potendosi contare oggimai nel- 1'uni verso incivilito ben venti milioni di uomini, discendeuti diretta- mente dall' Irlanda ».

Negli Stati Uniti s'incontra 1'Irlandese dappertutto ; non havvi piu quasi villaggio americano ove non se ne ravvisi il tipo. Nelle grandi citta, poi, le colonie irlandesi sono forti e potenti oltre ogni credere, e si osserva il fatto, messo eloquentemente in rilievo dal Cardinale, che le avversioni religiose e sociali prevalent! in addietro contro i Cattolici in generale, e gl'Irlandesi in ispecie, vanno scomparendo, grazie ad un complesso di cause, tra le quali non ultima e la faci- lita onde 1'Irlandese, mediante le naturali sue doti ed il suo amore al lavoro, si eleva in tutte le sfere della vita sociale e politica. Nel petto dell 'emigra ate celta lottano due istinti, che sembrano dapprima ripugnanti 1'uno all'altro, e che invece collimano mirabilmente a dargli vigore e riputazione, cio6 un intenso amore per la terra natia e nel medesimo tempo una vera passione, un vero genio per ogni opera missionaria. La sua valle, il suo casolare in Irlanda hanno per lui nn fascino impareggiabile ; ma la fede cattolica non gli e percio men cara sopra ogni cosa mortale. Ed invero non vi e regione del globo ove gli Irlandesi non abbiano segnata un'orma profonda del loro zelo per la religione, e non siansi adoperati con tutti i mezzi per ampliarla e difenderla, in particolar modo per sostenere il lustro dell'Autorita Pontificia. Ci6 si verifica, non soltanto nell' America del Nord, ma al- tresi in quella del Sud, in Australia, in Africa, insomma dovunque splende il sole. « Non vorrei, dunque, conclude il Cardinale, a verun patto dissuadere 1'immigrazione irlandese nelle nostre contrade, invol- gendo essa cause di molto superior! alle economiche, particolarmente

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quella di una sana ftbra morale e religiosa, tanto necessaria per la

vita e prosper! ta delle nazioni. »

2. Colla riapertura del Parlamento in Londra, il Governo ha ria- niinato le speranze di una accettevole soluzione di quella tanto agi- tata e tormentata questione di un insegnamento univereitario cattolico in Irlanda. II signer Balfour, che sembra veramente bramoso di ve- nirne ad un componimento, si £ posto all'opera con una serieta tale da promettere un compiuto e definitive assestamento delle cose. Di- chiard. d'altronde, indispensabili due condizioni per giungere ad un qualsiasi buon esito, e cio£ ch'egli sia assicurato anticipatamente della buona accoglienza e del gradimento dell'Irlanda cattolica, e che il nuovo Istituto non sia sotto alcun rispetto inferiore n& al Trinity Col- lege protestante ne a qualsiasi altra grande Universita inglese. Siffatte condizioni palesano una generosita di propositi pari ai desideri dei nostri Cattolici. II Governo annetteva speciale importanza alia ma- niera di comporre il corpo direttivo della Universita, giudicando non dovere esso formarsi esclusivamente di ecclesiastici. ma non ricusando neppure, a quanto sembra, alcuni posti agli uomini di Chiesa. Per non mettere piede in fallo, intanto, egJi ha voluto consultare prima la gerarchia cattolica d'Irlanda, invitandola ad esporre chiaramente le sue disposizioni a tale riguardo, e dando a divedere che dalla ri- sposta dipendevano le future decisioni del Governo. Ora, noi pos- siamo confidare che i nostri Yescovi fonnuleranno con serenita e fermezza le proprie domande, in maniera da somministrare un saldo ed accettevole fondamento alle soluzioni future dell'importante pro- blema. Fa piacere, d'altronde, 1'udire, che il signore Leeky, lo sto- riografo del razionalismo ed interprete dei piu tolleranti ed assennati protestanti, ha espresso il voto che siano in qualche modo appagati i desiderii dei cattolici, vuoi col fondare una Universita, vuoi col- 1'aprire uno speciale Collegio annesso alia gia esistente Universita di Dublino. Se tali sentimenti sono diffusi fra i protestanti, niun dubbio che la questione sara di molto semplificata ed alfine proficuamente risolta. Sia che otteniamo una nuova fondazione, sia che ci sia aperta dinnanzi una sola Universita veramente nazionale, ove tutti gl'Irlan- desi possano emularsi nel lavoro dell'intelletto in condizioni di egua- glianza, noi ne saremo soddisfatti e riconoscenti. L'Episcopato irlan- dese ha gia manifestato il suo parere in favore dell'una e dell'altra soluzione, purche sia sinceramente mantenuta 1'essenziale condizione dell'uguaglianza. II signer Balfour vuole essere pure accertato per tempo che 1'Universita cattolica d'Irlanda sia per recare alia istruzione superiore gli stessi frutti di simili istituti che sono nel regno. Ora, niun dubbio che al giorno d'oggi sono enorini le esigenze per acqui- stare alta riputazione ad un novello Ateneo. Ma, quando il solo me-

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rito debba valere a procacciarla, es'ctusa ogni slealta della gara, la gioventu cattolica irlandese sente di potere senza presunzione fare assegnamento sulle proprie forze e sul proprio amore allo studio. Speriamo quindi che non ci si frappongano miovi ostacoli e nuovi ritardi, che fanno all'Irlanda Fimpressione di un torto irragionevol- mente prolungato.

3. Un fenomeno straordinario e propriamente unico neila nostra storia e stato lo spirito di unione fra tutti i partiti, per quanto ante- cedentemente diversi e nemici fra loro, forma tosi d'improvviso dalla ri- velazione che la comune patria insulare e stata per una lunga serie di anni ed e tuttora vittima di una soperchieria inqualificabile da parte della piu opulenta e possente parte del Eegno Unito, sotto forma di una indebitu gravezza di tasse e balzelli. Mai non erasi veduta infatti una tanta unanimita di sentimenti persino fra Cattolici e Protestanti. In sui primordi della guerra agraria (land war) il Nord d' Irlanda, focolare di fanatismo e di violenza, erasi benche per un momento associato al resto dell' isola ; ma la solidarieta non fu ne abbastanza estesa, ne abbastanza cordiale, per produrre alcun buon effetto. Ora, invece, il caso apparisce molto differente. Sapete oramai come una Commissione Eeale, eletta dal Parlamento e composta di uomini sperti di finanza e per lo piu Inglesi, abbia sentenziato che, nel presente sistema tributario, 1' Irlanda fu spogliata ogni anno di quasi tre mi- lioni di lire sterline oltre 1'equo, il legittimo ed il ragionevole. La stampa conservatrice d'Inghil terra ha voluto oppugnare le conclusion! dei propri Commissarii parlamentari ; ma naturalmente, nel fare cio, non trova alcun credito, e suscita invece piu vivaci le proteste, nelle quali si sono trovati concordi in pubbliche riunioni i Yescovi cat- tolici ed i protestanti, che e tutto dire. Dai giorni dell'Unione delle due isole fino ad oggi, 1'Inghilterra non ha fatto altro che crescere in popolazione e ricchezza, 1' Irlanda invece n'e impoverita in pro- porzione dell'una e dell'altra. Ebbene, cio non ostante, il peso delle imposte da quell'epoca si e quasi quadruplicate in Irlanda, ma non gia in Inghilterra. Da noi 1'agricoltura, unica nostra industria, lan- guisce e decade; la terra rimane senza coltivatori i quali vanno a cercare altrove il pane. In Inghilterra, all'opposto, 1'affittaiuolo ha pronto im vantaggioso mercato per i suoi prodotti nei vasti centri di manifatture che lo circondano. Ebbene, lo Stato si e dato premura d' intervenire ad alleviare il peso delle tasse all'agricoltore inglese, ma non ha avuto alcun pensiero per 1'irlandese. Un tempo i tributi locali in Irlanda non salivano che ad un milione e mezzo, con una popolazione di otto milioni di anime : oggi, invece, essi ammontano a ben quattro milioni, cogli abitanti ridotti alia meta. Siffatte ingiu- stizie sono cosi manifeste e clamorose, che sarebbe inutile insistere

Serie XVI, vol. IX, fate. 1122. 48 13 marzo 1897.

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nel deplorarle e biasimarle. Speriamo che, come la Commissione Reale ebbe la franchezza ed il coraggio di confessarle pubblicamente, cosi lo Stato abbia 1'equita di mettervi un doveroso e soddisfacente riparo. 4. Le scuole libere ( Voluntary- Schools), in Inghilterra e nel paese di Galles, sono quelle che le diverse Chiese mantengono con offerte spontanee, a difesa del diritto dei genitori di far educare i figli nella propria religione. Esse stanno in antitesi. colle Board Schools, professatamente non religiose, bene spesso addirittura irreligiose, le quali tuttavia fruiscono sole dei benefizii delle tasse locali. Ora le proposte del Governo, in favore delle Voluntary-Schools, non sono senza importanza per 1'Irlanda, la quale ha in Inghilterra e nel paese di Galles circa due milioni e mezzo dei suoi figli cattolici, ma sventii- ratamente poveri in gran parte e derelitti. Sebbene, dunque, una somma rilevante debba togliersi dal Tesoro imperiale, allo scopo di favorire le suddette scuole, e per conseguenza i rispettivi paesi sun- nominati, senza correspettivo per 1'Irlanda, tuttavia noi siamo disposti a rallegrarcene per il bene almeno di quei due milioni e mezzo di fratelli. Gli avversarii ostinati del disegno governativo sono i non- conformisti, vale a dire quella tumultuaria accozzaglia di chiesuole e di sette, che formano le ossa e la carne del protestantesimo. II par- tito liberale, in questa materia, ha avuto il grave torto di schierarsi dal lato peggiore, e quanto piu i Cattolici e gli Anglicani si sono incontrati in una comune ed identica rivendicazione, tanto piu si e esacerbata la loro intolleranza. La somma che si propone di erogare in sussidio alle Voluntary -Schools, oltre quelle gia loro' anteriormente concesse, e in complesso di 620,000 lire sterline, corrispondente a cinque scellini di piu per ogni allievo sulla media frequenza di ciascuna scuola. Il pubblico danaro sara sempre utilmente speso, quando valga a salvare queste contrade dai conati pervertitori e sovversivi del ra- dicalismo.

INDIA (Nottra Corrispondenza). 1. Condizioni general! della pubblica ga- nita nelPIndia. 2. Peste in Bombay. 3. II morbo in altre citta dell'India. 4. Inoculazione della peste. 5. Descrizione del morbo e suoi rimedii. 6. La fame e la carita.

1. Le condizioni sanitarie in India versano in stato assai grave. Intorno alia seconda meta di gennaio a Calcutta scoppio improvvisa- mente il vaiuolo. II Governo voile indurre i Nativi a lasciarsi vacci- nare, ma quelli si difesero violentemente contro i medici prendendoli a sassate, e ci6 perche venne fatto credere agli Indu essere la vaccina grasso di vacca, e ai Maomettani essere quella grasso di porco. Di piu il colera infierisce a Trichinopoly, a South Arcot, a Ceylon e nel Ma- labar. A Ceylon sopra 113 casi si ebbero 104 morti, ad Arcot di 804

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coleroai, 670 ne morirono in poche ore. Nelle province centrali vi d stato in questi ultimi sei niesi un eccesso di mortalita di 83,000 morti sopra gli anni ordinarii, non contando quelli che soccombettero al colera.

2. La peste poi continua a mietere numerose vittime a Bombay, Karachi e Poona. Dal 30 al 31 gennaio i morti di peste in Bombay furono 174. Nell'nltima settimana di gennaio, morirono in Bombay 1721 persone, fra le quali 446 di peste, e nell'ultima settimana di decembre 1896 i morti furono 1853, compresi 390 di peste, laddove nei due corrispondenti periodi degli ultimi cinque anni, i morti som- marono rispettivamente a 518, e 482. A cio si aggiunga la gravissima circostanza che una meta almeno della popolazione e fuggita dalla citta infetta. e somma essa presentemente a 400,000 anime circa. II terrore e giunto a tale che parecchie migliaia di botteghe sono state abban- donate dai loro padroni, parecchie tramvie hanno lasciato di correre, non poche fabbriche hanno spento i fuochi per mancanza di operai, delle guardie di pubblica sicurezza non poche sono morte, altre fug- gono, le Corti d'Assise si dovettero chiudere per mancanza di liti- ganti, alcuni giornali indigeni interruppero le loro pubblicazioni, e perfino gli ufficii governativi vengono disertati dei pubblici ufficiali. Negli anni ordinarii 150 misure di legna per giorno bastano a bru- ciare i cadaveri degli Indu, ora invece se ne richiedono 700, e non bastano. Persino gli avoltoi, che prima trovavano loro delizie in spol- pare i cadaveri dei seguaci di Zoroastro esposti ignudi sulle cosi dette Torri del silenzio, ora sembrano stanchi di quei loro continuati e ricchi banchetti. Gli Europei impiegati negli ufficii di Bombay sono stati ge- neralmente fermi al loro posto, e finora furono relativamente immuni dalla terribile malattia; alcuni pero ne morirono, fra i quali il Dot- tor Manser Medico Primario della citta, la cui morte desto ramma rico universale.

3. I provvedimenti presi dal Governo locale per far fronte alia peste sono state savii, ma forse un po' tardivi e non radicali. Hanno usato acqua, mentre forse il fuoco era 1'unico rimedio. Costringere, se facea d'uopo anche colla forza, gli appestati al necessario isolamento e poi bruciare le case infette era forse il partito piti savio. Prevalse invece la politica di non urtare i sentimenti e i pregiudizii di casta, si voile tener aperto il porto di Bombay per non interromperne il commercio, e tutto questo e servito a mantenere il contagio in casa e a spargerlo fuori. Oltre Karachi dove la peste infierisce, ha gia essa posto saldo piede in Poona, e si fece anche vedere ad Amritsar, nelle vicinanze di Goa e si crede in altri luoghi ancora. La citta, che ha piu ragione di temere 1'invasione del terribile morbo, e Calcutta, la capitale del- 1'India. E opinione di molti, che se la peste scoppia cola fara strage

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fra la densa, non curante e sticida popolazione indigena dei 18 Wards

0 Quartieri della citta. La densita della popolazione per ciascun quar- tiere supera in media i 50,000 per miglio quadrato ; in alcuni tocca

1 100,000, e in uno arriva a 144,640 per miglio quadrato. Una Com- missione Medica, che ha visitato teste i quartieri indigeni della citta, ne e rimasta inorridita, e ha dichiarato ufficialmente che le case e il suolo su cui si levano sono cosi saturi d'immondezza che niente varrebbe a pu- rificarli ; fuoco ci vuole, senza misericordia a case e a pagode. E questo eroico rimedio e stato gia proposto alia Municipality da Sir Alessandro Mackenzie Governatore di Calcutta, il qustle in un discorso insiste vivamente sulla necessita di rifabbricare la citta indigena, o « black town » come vien chiamata, sopra un piano piu conforme alle regole della igiene moderna.

4. Intanto a consolazione dei credenti nell'ampio cervello del se- colo XIX il Professore Haffkine & riuscito a fare un siero antibubbo- nico, col quale a Bombay ha gia inoculate la peste a parecchi Eu- ropei e a qualche centinaio di pubblici carcerati. E questo il vero rimedio? E troppo presto per darne sentenza. II sistema che riusci pel vaiuolo, potrebbe forse non convenire alia peste, come la linfa del Koch non fece fortuna contro la tisi polmonare. I Maomettani perd e gl' Indu di Bombay si ostinano a credere la peste un flagello di Dio, e hanno gia tenute in un gran campo parecchie radunanze, dove da 30 a 40 mila persone si raccolsero a pregare ad alta voce il Creatore del cielo e della terra, a guardare con occhio di misericordia la mal capitata citta.

5. Una Commissione medica di Bombay per ordine del Governo locale ha emessa un' istruzione particolareggiata, che ha per oggetto di indicare a quelli che hanno da fare cogli appestati e non sono propriamente medici, i sintomi onde riconoscere il morbo, e il modo tfnde combatterlo. L' istruzione e divisa in tre parti : I. Diagnosi del morbo : II. Modo di curarlo : III. Istruzioni particolari per le guardie di pubblica sicurezza, impiegati delle ferrovie, ecc., ecc. I. Quanto alia diagnosi, la peste occorre in Bombay in due forme perfettamente distinte: A, con buboni: B, senza buboni. A, Peste con buboni. L'at- tacco della malattia e subitaneo ed imprevisto, con mal di capo, vo- mito e delirio. La febbre arriva in poche ore a 104° e anche piu. Le respirazioni toccano le 25, 30 o piu, e il polso da 100 e piu bat- tute al minuto. La lingua e piuttosto umida e poco o niente sporca, la qual cosa non si verifica punto in altro genere di febbri. L'am- malato si sente assai male, la sua faccia prende un'aria di ansieta e ben presto sente un acuto dolore sotto le ascelle o nelle anguinaie, o in tutte e due le parti, raramente pero nel collo. Questo dolore & foriero del bubbone che spunta, ed entro 24 ore al piu tardi arriva

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alia sua piena evoluzione. II fegato e la milza sembrano poco o niente affetti. La malattia pud durare da poche ore a 3, 5 e anche 7 giorni. B, Pestesenza bubboni. Questa forma di peste e generalmente fa tale entro 3 o 4 giorni. Si rassomiglia grandemente alia bronchite o pneu- monite, non si distingue dalla peste bubbonica descritta piu sopra, ed e terribilmente epidemica e contagiosa. II Dottor Manser soccombette a questa sorte di peste, e la infermiera inglese Miss Joyce che lo assiste mori della stessa malattia ed esattamente cogli stessi sintomi del Dottore. II. Modo di curare la peste. 1. Applicare un trattamento locale al bubbone, come cauterizzarlo, tagliarlo, applicarvi sangui- sughe, ecc. 2. Amministrare internamente al paziente liquori anti- settici, come acido carbonico, liquore idrargirico perclorido, solfocar- bonato di soda, chinina. 3. Far uso di aperienti o purganti. 4. Ricor- rere a stimolanti cardiaci, come stricnina, caffeina, digitale, ammoniaca, acquavite, etere. 5. Far prendere all'ammalato dei sedativi, come bro- muro di potassio, cloralio ed oppio. L'efficacia dei rimedii 1 e 2 e dub- bia, quella dei rimedii 3, 4, e 5, e certa e reale, quantunque non sempre possano vincere la terribile malattia. III. Istruzioni partico- lari pei pubblici ufficiali. Per riconoscere la malattia fate all'amma- lato le seguenti domande : Siete caduto ammalato subitameute ? Quando vi e sopraggiunta la febbre era dessa accompagnata da un tremito e ribrezzo generale? Avete mal di capo? Sentite nausea o inclinazione al vomito? Se 1'ammalato risponde affermativamente a tutte queste domande, egli e certamente appestato. Se poi toccandolo gli sentite ardere la pelle, e gli trovate un principio di enfiagione sotto le ascelle, non e piu a dubitare intorno alia sua malattia. L' istruzione poi si estende a lungo sulla necessita di isolare i tocchi dal morbo, sul modo di purificare le case e mobilie infette, che qui non e d'uopo di ripor- tare. Questa istruzione venne provocata dal fatto che spesso le guardie di citta trovano per le strade persone malate o anche morte di peste, e le guardie dei treni debbono talora tirar fuori dai carrozzoni della ferrovia dei poveretti che, colpiti dalla terribile malattia, vi spira- rono entro.

6. La carestia viene ad aggravate oltre misura il flagello della peste. Nelle province del Nord- Ovest sono gia morte di fame intorno a 30,000 persone. II Governo non credette in sulle prime alia esten- sione e gravita del male, e pero rifiuto i soccorsi che 1' Inghilterra e le Colonie inglesi si apprestavano a mandare. Credeva di poter da solo far fronte alia terribile calamita; ma ora ha aperto gli occhi e ha messo mano efficace al conveniente rimedio. Le persone che diret- tamente o indirettamente ricevono aiuto dal Governo sommano ormai a 3,000,000, e costano giornalmente la bella somma di 400,000 rupie, quasi un milione di franchi, e si crede che la presente carestia verra

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alia fine a costare al Governo da quattro a sei milioni di lire sterline. Le province del Nord-Ovest di una popolazione di circa 37,000,000, dovranno combattere colla fame fino a tutto marzo o anche fino a giugno, laddove le province centrali numeranti all' intorno 44 milioni di abitanti soffriranno un po' meno e solo fino al prossimo marzo.

Intanto alia voce dei poveri affamati indiani chiedenti pane, 1'In- ghilterra e le Colouie hanno risposto prontamente e colla massima generosita. Non appena venne aperto il Fondo per gli affamati, in Londra si raccolsero in una sola settimana 36,000 lire sterline. Sulla fine di gennaio il fondo era asceso a lire sterline 180,000. In India stessa nelle province non colpite dalla carestia sono gia state sotto- scritte 924,752 rupie. Anche le Colonie inglesi cominciano a rispon- dere generosamente alia voce della carita. A Singapore un solo gior- nale raccolse in pochi giorni 13,000 dollari ; nel Canada il fondo per gli affamati cresce rapidamente ; persino a S. Francisco gli animi si sono commossi e hanno aperto un fondo di soccorso per gli affamati indiani. Nel resto queste popolazioni dell'India hanno ragione diessere grate alia civilta europea e cristiana alia cui influenza e dovuto se la calamita presents non distrugge intere popolazioni. In altri tempi, quando regnava suprema in questi paesi la tanto vantata civilta bra- manica, i morti della fame e della peste, e le vittime delle guerre continue, si contavano non a migliaia, ma a milioni.

IV. COSE VAR1E

1. La Congregazione del SS. Redentore. 2. Chiusa dell'esposizione mil- lenaria ungherese. 3. Inaugurazione del nuovo ponte « Francesco Giuseppe ». 4. Guerra indo-bestiale. 5. Statistica della stampa pe- riodica.

1. La Congregazione del SS. Redentore. Quest' illustre e beneme- rita Congregazione surse nel Eegno di Napoli in tempi (1732) punto favorevoli, anzi avversi allo svolgimento d'un Istituto religioso. Appena nata corse pericolo di venir soffocata nella culla per le continue lotte che ebbe a sostenere. Ne approvata che fu dalla S. Sede pote trarre tutto il vantaggio che le derivava da questo sommo favore. Che per rnolti anni dove quasi nascondere il gran tesoro trovato per salvarsi dalla legge, che vietava ogni nuova Congregazione religiosa.

Nondimeno lo zelo di S. Alfonso M.a de' Liguori, suo fondatore, e de' primi suoi compagni, per le anime abbandonate sfolgorava di tanta luce e produceva frutti cosi copiosi, che il sovrano si mosse ad approvare sotto certe condizioni abbastanza gravose quattro sole case, poste in luoghi molto rimoti, se ne eccettui quella di Pagani. Con

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si infelici auspicii come crescere la novella Congregazione ? II S. Fon- datore rivolse allora lo sguardo al vicino Stato Pontificio e riusci tosto a fondarvi quattro case nelle quali la Congregazione pote vivere della sua vita, procuratale dall'approvazione pontificia, mentre quelle del Kegno Napolitano, per le ingerenze governative, ne rimasero private.

Ma la Provvidenza, che vegliava sul nascente e travagliato Istituto, in buon punto (1784) die' a S. Alfonso un degnissimo discepolo ed insigne propagatore dell'opera sua nel B. Clemente M.a Hofbauer, che la trapianto nei paesi transalpini, in Polonia, Eussia e Germania. Ma pur qui la bufera infernale atterro, quasi d'un colpo, tutte le fondazioni di modo che, alia morte del Beato (1820), rimaneva una sola casa nell'antica Certosa di Yalle Santa in Isvizzera. Ondeche alia morte di S. Alfonso (1787) la Congregazione in Italia contava appena fin dalla sua origine il numero complessivo di 300 soggetti e quella del B. Clemente oltr'alpe non ne contava piu di 75. Ma presto ebbero felice compimento le profezie d'ambedue, che cioe dopo la loro di- partita dal mondo la Congregazione avrebbe avuto suo larghissimo incremento. Che in Italia all'ultima soppressione degli anni 1859-66 si avevano 19 case nella Provincia Napoletana, 4 nella siciliana, 10 nella Provincia Eomana con un totale di soggetti 512. Nei paesi transalpini si diffuse quasi in tutti i regni d'Europa, nell'America settentrionale e meridionale, nell'Australia. Ora la Congregazione con ta ben 12 Province con circa 3000 soggetti in 148 case cosi distribuite.

I. Provincia Romana : 6 case.

II. Provincia Napolitana : 11 case.

III. Provincia Siciliana : 2 case.

IV. Provincia Gallico-elvetica, divisa in Francia, Svizzera, Vice- Puovincia della Spagna e Porto Rico, e Vice-Pro vincia del Pacifico, con 31 case.

V. Provincia Austriaca, divisa in Austria e Vice-Provincia di Polonia, con 18 case.

VI. Provincia Belgica, divisa nel Belgio e nella Vice-Provincia del Canada e nelle Antille danesi, con 13 case.

Tutte queste Province furono erette il 2 luglio 1841.

VII. Provincia Americana di Baltimora, con 24 case, eretta il 29 giugno 1850.

VIII. Provincia della Germania superiore, con 9 case : comprende la Baviera, due case nelP Austria e la Vice-Provincia nel Brasile ; fa eretta il 10 gennaio 1853.

IX. Provincia Olandese, con 8 case: comprende 1'Olanda, la Vice- Provincia delle Indie Occidentali Neerlandesi, e una casa nel Brasile; fa istituita il 21 novembre 1855.

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X. Provincia della Germania inferiore, con 7 case : comprende la Gerraania inferiore e la Vice-Provincia della Repubblica Argentina; fu eretta il 19 marzo 1859.

XL Provincia Inglese con 8 case: comprende 1'Inghilterra, la Scozia, 1'Irlanda e la Vice Provincia dell'Australia ; fu eretta il 24 maggio 1865.

XII. Provincia Americana di San Luigi, con 9 case; fu eretta il 9 novembre 1875.

La Congregazione del SS. Redentore e oggi senza dubbio una delle piu belle e piu fulgide geinme della vita religiosa nella Chiesa Cat- tolica. I suoi membri, fedeli allo spirito del Santo loro Fondatore, s'affaticano in ogni parte del mondo per la gloria di Dio e bene delle anime.

2. Chiusa dell' esposizione tnillenaria ungherese. II 3 novembre p.p. venne chiusa solennemente la esposizione del Millennio, con un disa- vanzo sopra il milione. Fra i numerosi congressi, convocati a Buda- pest per questa circostanza, oltre il congresso internazionale degli agri- coltori, de' pompieri, de' calzolai, eccetera, ve n' ebbe anche uno interparlamentare, al quale rifiutarono d' intervenire i deputati czechi della Boemia, i romeni ecc., in protesta contro 1'oppressione esercitata dal Governo ungarese a danno delle nazioni non magiare ad esso soggette. Pochi giorni dopo si aperse il congresso internazionale co- siddetto < della pace » sotto la presidenza del massone generate Stefano Tfirr. Fra le adesioni ne venne preletta una della loggia massonica di Budapest. La proposta di mandare un indirizzo al Sommo Ponte- fice, per sollecitarlo a proteggere la causa della pace, venne rigettata nel senso, che si dovesse inviare bensi un indirizzo al Papa, ma insieme anche c ai capi delle altre chiese e sette » (sic) non escluso il Gran Maestro della Massoneria !

Di tutto il fastoso apparato dell' Esposizione millennaria restera in piedi ancora per tre anni quel gigantesco pubblico postribolo che, sotto il nome Os-Budavar, attirava ne' suoi giardini e sotto i suoi chiostri babiloneschi la folia dei sibariti e degli isacchetti gau- denti. Fra le rappresentazioni procurate dall' impresario a' suoi clienti & degna di menzione una mascherata satirica inscenata contro il par- tito cattolico popolare. Venne dunque fatto avanzare un carro gran- dioso, sul quale sedevano alcune donnacce in costume ed atteggia- menti che tacere 6 bello ; seguiva fra i concerti d'una banda musi- cale un giovinastro giudeo travestito da gesuita con un crocifisso in mano, e con un lungo codazzo di altri c pueri hebraeorum > camuffati pure a gesuiti, parodiando una processione cattolica, in mezzo ai lazzi ed agli sghignazzamenti di quel pubblico da sinagoga, che gridava ironicamente : viva il partito popolare cattolico ! Non mancarono tut-

CONTEMPORANEA 761

tavia le proteste da parte di qualcheduno degli astanti, ed un signore, scattando dalla sua sedia, e slanciatosi pieno d' indignazione verso lo sfacciato che impugnava il Crociflsso, glielo strappo di mano, portan- dolo dipoi nell'ufficio di redazione tiiell'Alkotmany, organo del partito popolare cattolico. Siffatti eccessi, come osservo il Vaterland di Vienna, non fanno che aggiungere esca all' incendio antisemitico, e se i giu- dei ungaresi continuano di questo passo, fra non molto ne vedranno di piu brutte che i loro confratelli di Vienna.

3. Inaugurazione del nuovo ponte « Francesco Giuseppe >. Nell' ul- timo scorcio delle feste per la mostra millennaria, a' 5 di ottobre, ebbe luogo a Budapest la solenne inaugurazione del nuovo ponte « Fran- cesco Giuseppe » sul Danubio, gia superbo del suo vecchio ponte a catene, il quale rimane tuttora uno de' ponti piu meravigliosi di Europa. Un'altra solennita per un fatto di gran lunga piu impor- tante era preceduta il 27 settembre, colla inaugurazione del nuovo canale sul Danubio alle Porte di ferro, compiuto dal Governo unga- rese per incarico datogli dalle altre potenze interessate nel congresso di Berlino. Rispetto alia natura delle Porte di ferro, ed alia loro correzione, i lettori della Civiltd Cattolica ne sanno gia quanto basta dalla ehiara descrizione fattane in queste « Cose varie » dell' ultimo quaderno di gennaio. Eppero non resta altro se non aggiungere po- chi particolari intorno all' inaugurazione, inviatici dal nostro solerte Corrispondente Austro-ungarico.

II nuovo canale, scriv'egli, venne inaugurate ad Orsova, alia pre- senza di S. M. 1'Imperatore Francesco Giuseppe, accompagnato dal ministro degli esteri conte Goluchowski, e circondato da' suoi ministri ungheresi ed austriaci, nonche da uno stuolo di dignitarii ecclesiastici, civili e militari ; ma la circostanza che dava un significato politico alia cerimonia era la presenza dei due re di Serbia e di Romenia, ivi convenuti da Belgrado e da Bukarest. Quando il vapore imperiale scendendo il Danubio strappo il cordone inghirlandato di rose ti- rato attra verso 1'imboccatura del canale, il vescovo Deseroffy in abiti pontificali benedisse il canale recitando le preci del rituale latino. D brindisi, portato da S. H. Francesco Giuseppe colla tazza d'oro, offerta per 1'occasione dal Governo ungarese, pose in rilievo sopra- tutto la comunanza degli interessi, ed i rapporti amichevoli dei tre Stati finitimi, che si davano in quel punto la mano sul grande fiume, il quale ne lambe le rive. Segui ad Herculesbad il pranzo di gala, dove S. M. 1'Imperatore prese commiato dal re di Serbia con un brindisi ispirato dall'amicizia piu cordiale verso la Serbia e il suo principe; il quale rispose altrettanto cordialmente. II giorno dopo S. M. Francesco Giuseppe partiva per Bukarest, dove trovo lietissima accoglienza ; si calcola a 100,000 il numero delle persone aecorse al-

762 CRONAGA

1'entrata dell'Imperatore in citta. A.l pranzo di gala il re di Ro- menia brindando all'Imperatore espresse la sua profonda venerazione per la saggezza che lo distingue, salutandorie la visita come un awenimento della pift alta importanza per 1'avvenire della Romenia. Di quella nuova tela di Penelope, che sono le trattative in corso da tanto tempo per la rinnovazione del compromesso statutario fra 1'Austria e 1'Ungheria, sara meglio non parlarne, finche le due parti contendenti non siano venute a capo di un accordo positive,, almeno intorno ai punti principal! della questione. A tale scopo anche ai primi del corr. febbraio convennero a Vienna i ministri delle due parti della monarchia, raccogliendosi a consiglio sotto la presidenza di S. M. 1'Imperatore.

4. Guerra indo-bestiale. La Gran Brettagna novera presso a quat- trocento milioni di sudditi, se comprendiamo tra questi anche i po- poli sui quali vige il suo protettorato : nuova maniera di dominio o di alta sovranita, che spes30 coll'andare del tempo si risolve in sovra- nita immediata e perfetta. Solo nell'India e Indocina, la gntziosa Re- gina e Imperatrice Vittoria stende lo scettro sopra 291 milioni di abitanti (altri computi dicono 296), dei quali sono sudditi immediate 221 milioni, e gli altri 70 milioni sudditi semplicemente protetti. Questa immensita di popolo indiano, con pochi europei, occupa un terdtorio di oltre 5 milioni di chilometri quadrati, distribuita in ra- gione media di 60 persone per chilometro.

II paese e vario di climi e di coltura; oltre ai campi, alle risaie, ai frutteti, ai prati, vi ha le foreste selvagge, le macchie folte di ar- busti e di alte erbe, e in queste gli animali feroci trovano tuttavia sicuro ricetto, ove moltiplicano e donde muovono guerra all'umana specie e agli animali domestic! , ed anco piO. spesso ai selvaggi, cid che costituisce una specie di guerra civile, tra le belve, a vantaggio degli uomini. Di qui il dovere singolare della Imperatrice delle In- die, di assoldare un esercito di volontarii che veglino alia difesa contro le belve. E per verita da molti anni il Governo inglese mostra di conoscere questa necessita del pubblico, e paga onoratamente ogni capo di nemici che i cacciatori presentano al magistrate, e pubblica i risultati e le spese della guerra belluina, spese e risultati che par- ranno stravaganti a noi europei. Diamone un saggio, che togliamo dalle Missioni cattoliche, le quali si stampano ogni settimana a Milano, ed e preso da documenti ufficiaii.

Statistica per tutti i possedimenti inglesi nell' India ed Indo-Cina. Numero delle persone uccise da bestie feroci e serpenti. Nel 1894: da Elefanti 68; da Tigri 864; da Leopardi 371; da Orsi 111; da Lupi 227; da Jene 26; da altri animali 1,226; Totale 2,893; da serpenti 21..556; Totale generale 24,449.

CONTEMPORANEA 763

Nel 1895: da Elefanti 59; da Tigri 909; da Leopard! 315; da Orsi 134; da Lupi 340; da Jene 28; da altri animali 1,319; Totale 3,104; da serpent! 22,086; Totale generate 25,190.

Nuinero di bestiame ucciso da bestie feroci e serpent!. Nel 1894: da Elefanti 82; da Tigri 34,194; da Leopard! 33,696; da Orsi 286; da Lupi 6,313; da Jene 4,877; da altri animali 12,471; Totale 91,919; da serpent! 4,877; Totale generale 96,796.

Nel 1895: da Elefanti 153; da Tigri 37,233; da Leopard! 32,909; da Orsi 410; da Lupi 8,211; da lene 5,005; da altri animali 10,057; Totale 93,978; da serpenti 6,129; Totale generale 100,107.

Numero di bestie e serpenti distrutti. Nel 1894: Elefanti 28; Tigri 1,360; Leopardi 4,120; Orsi 1,456; Lupi 2,614; Jene 935; altri ani- mali 3,496; Serpenti 106,312; Totale generale 120,321.

Nel 1895: Elefanti 21; Tigri 1,381; Leopardi 4,360; Orsi 1,392; Lupi 3,022; Jene 972; altri animali 5,123; Serpenti 131,726; Totale generale 147,997.

Somma pagata dal Governo per la distruzione dei detti animali : nel 1894, Rs. 115,083, as. 12, P. 11; (la Rupia indiana vale L. 2,38, valore nominale) ; nel 1895, Rs. 120,184, as. 2, P. 10.

Avremmo adunque, pel solo anno 1895, nell'India e Indocina uomini

uccisi dalle bestie 25,190

Bestie uccise dalle bestie selvagge » » 100,107

Bestie distrutte dalla mano dell'uomo » » 147,997

Abbiamo inoltre per la Birmania la seguente statistica speciale : uomini nccisi dalle bestie selvagge 946; bestie uccise da altre bestie selvagge 6,112; bestie distrutte dall'uomo 15,041.

5. Slatistica delta stampa periodica. Ball' ultima statistics pubbli- cata si ha che alia fine del mese di decembre 1895 esistevano in Italia 1901 periodico, cioe uno per 16,361 abitante. Fra questi, il piu vecchio giornale politico era la Gazzetta di Venezia, fondata nel 1805, mentre la piu antica pubblicazione periodica era quella dei Lincei, fondati in Roma nel 1604 dal principe Federigo Cesi. I periodic! suddetti si dividevano cosi : 128 quotidian! ; 617 settima- nali e 458 mensili. 566 dei medesimi erano periodic! politici. Nel 1895 1'Italia si trovava divisa in 8,260 Comuni : di questi, 261 soltanto avevano pubblicazioni periodiche. I Comuni, i quali hanno maggior numero di effemeridi sono i seguenti :

Comune di Roma Periodicl 254 Comune di Catania Periodic! 19

Milano 201 Messina 17

Torino

Firenze

Napoli

Geneva

Palermo

Bologna

Venezia

Padova

Brescia

134 . Parma . 17

103 94 48 41 4U 31 20 19

Siena

Piacenza

Como

Pavia

Udtne

Bar!

Bergamo

Catanzaro

IT 16 i:, 15 16

14 14

INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOL. IX

Articoli. L'EUROPA AL PRINCIPIO DEL 1897 Pag. 5

LA STOHIA NATURALE DELLE PIANTE NEL

SEGOLO XIX 19; 287; 561

LA CONDANXA DELLE ORDINAZIONI A.\-

(il.ICA.M'. 34

LA PEDAGOGIA MODERNA 51; 544 LA NOTTE DI NATALE 68

Dl DUE INCENTIVl DI SoClALlSMO IN IxA- LIA 129

GI.I HETHEI PELASGI NEL CONTINENTS

KLLENICO

La Laconia 145

L'Argolide 419

Tirinto 656

LE LITANIE LAUHETA\E 161, 527

EMMA. PRIMA E DOPO 179; 298; 461 ; 572

Dl UNA ACCADEMIA GOSTITUZIONALE 257

GLI EROI A PROPOSITO DI UN LIBRO DEL

CARLYLE 273; 437

CONSTITUTIO APOSTOLICA DE PROHIBI-

TIONE LIBRORUM 385

LA RELIGIO.XE NELLA FAMIGLIA 399 IL NOSTRO GONCORSO 452

REAZIONE CATTOLICA E SOGIALISMO IN-

COSCIENTE 513

L'ElJROPA E LA QUESTIONE DI CAN-

D1A 641

L'AIITE DELL'AVVENIRE 675

CLEMENTE VIII E SIXAN BASSA CI- CALA 693

Riviste.

ROSSIGNOLI. II Determinismo nella so- ciologia positiva 80

H. DE L'EPINOIS. Les Catacombes de Rome 84

LEO XIII. Vivat Christus qui diligi't Francos 193

NOURRISSON. Voltaire 196

ZAIIM. Evoluzione e dogma. Ver- sione 201

OTTOMERI. L'ltalia presente e i suoi fail 309

OXGANIA. L'art de 1'imprimerie a Ve- nise 318

SPECTATOR. Uno sguardoal movimento cristiano democratico 320

PERIN. Principes d'feconomie politi- que 472

GIBBONS. The Ambassador of Christ 585

Fmo G. Memorie di Filosofia Egi- ziana 592

ANTOIXE. Coursd'ficonomiesociale 708

EMMA FOA. Lezioni di storia letteraria per uso delle scuole normali 714

BIBLIOGRAFIA 87; 205; 323,596

AUCHEOLOGIA. I monumenti del sacro pallio nell'esposizione Orvietana e le piii antiche forme della detta in- segna. 54. II pallio nei piii antichi musaici di Roma. 55. La sciarpa profana (lorum) e la sciarpa sacra. 56. L'omoforio o pallio sacro di Grot- taferrata. 57. La discesa al limbo, I'ascensione e la Pentecoste sul pallio bizantino di Grottaferrata. 215

Idem. 58. Un graffito eucaristico in un tempio pagano. 59. II calice del vino consacrato nell'arte antica. 60. Le rappresentazioni dei pani

INDICE

765

eucaristici. 61. L'eta del graffito. 62. II Sole di S. Tommaso d'Aquino originariamente un simbolo eucari- stico? 63. Nuove ricerche e nuove scoperte. 721.

SCIENZE NATURAH 1. 1 grandicanocchiali e Id Luna veduta ad un metro di di- stanza. 2. L'equatoriale gigantesco di Grunewald : e quello di William Bay. Gli obbiettivi composti, ideati dal Gatham. 3. II cinquantesimo della scoperta di Nettuno. L'Adams e il Leverrier. 4. Le piccole Lune. 5. L'altezza dell'atmosfera terre- stre. Aeroliti e nubi. La prima mi- sura dell'altezza delle nubi comuni: e delle notturne luminose. 6. La produzione annua dell'oro. Scom- parsa dell'oro; e delle spille. 7. Una avvertenza igienica sulla polvere di riso adoperata nella toletta. 475

NECROLOGIA. 11 P. Francesco Saverio Rondina d. C. d. G. 736

Cronache contemporanee. Dal 1 al 15 dicembre 1896.

COSE ROMANE. 1. Pellegrini tirolesi e napolitani dal Papa, deputazione di Perugia e di Gradoli. 2. Chiusa del centenario de' prodigi, avvenuti nel secolo passato in Roma. 3. Rispo- sta alia stampa anticristiana sul fatto de' prodigi stessi 4. Violenze anticlerical! a Marino ; un ricordo della violenza del 13 luglio 1881. S..L'Unione degli Studii sociali e V Opera dei Congressi. 6. Chiesa mo- numentale in Milano, da aprirsi al- 1'alba del gennaio 1900. 7. Con- tro le scatole di cerini pornogra- fiche. Pag. 102.

COSE ITALIAXE. 1. L'assassinio della cosi delta Contessa Lara (Evelina Cattermol). 2. Apoteosi anticristiane della stessa; manifestazioni del mon-

do contemporaneo. 3. Eccidio deila compagnia del capitano Cecchi nel- 1'Africa. 4. Fine dell'inchiesta sulle ladrerie amministrative ; sentenza sulla cattura del Doehcyk. 5. Ap- punti storici. 108.

COSE STRANIERE. Svizzera (Nostra cor- rispondenza). 1. Echi dei fatti di Zurigo : la Missione apostolica per gli operai italiani nella Svizzera. 2. L'Esposizione nazionale di Gi- nevra : la lettera pastorale di Ms. Deruaz ; le feste ed i cogressi : le giornate cantonali : il villaggio sviz- zero e la Chiesa cattolica. 3. Al- derico Benziger; Plinio Bolla ; G. Ignazio von Ah, commissario epi- scopale parroco in Kerns. 115.

COSE VARIE. 1. Collocamento della prima pietra del porto di Costanza. 2. La questione di Barotze. 3. La poverta di Berlino. 4. I delinquenti in Francia. 5. Imputati prosciolti e condannatidurantel'anno 1894. 123.

Dal 16 al 31 decembre 1896.

COSE ROMA.\E. 1. Diacorso di Leone XIII ai Cardinali, il 23 decembre : commenti fattine dai nemici del Papa. 2. Ancora sulla Missione di Monsignor Macario : slealta gover- nativa. 3. Testo del discorso accen- nato. 4. Una questione politica al Consiglio comunale di Roma, ossia proposta di rimunerare i patrioUi. 5. Decreti delle congregazioni ro- mane. 6 Morte del Card. Boyer. 7. L' opera Passeggiate educative Pippo Buono. Pag. 227.

COSE ITALIANS. 1. 11 Natale e la stampa anticristiana. 2. Manifestazioni del- 1'idea socialista in Italia. 3. L'espo- sizione artistica di Firenze ; monu- mento a Donatello. 4. I giurati as- solvono un omicida. 5. Appunti storici. 236.

766

INDIGE

COSE STRA.MERE Francia Nostra Cor- rispondenza). 1. Lo Czar a Fa rigi, I'alleanza russa e le relazioni estere. 2. Nicolo II coi principi d'Orleans, col Cardinale Arcivesco- vo di Parigi : visite a Notre- D i me td alia chiesa russa. 3. II primo Congresso nazionale dei cattolici. 4. Una magtnoranza clericale alia Camera ? 5. Miglior contegno della Camera nelle dispute scolastiche e religiose. 241

fndit fnglesi (Nostra Corrisponden za). 1. Guerra, fame e peste. 2. Con- trassegni della peste, scoppiata in India, e studii dei medici. 3. Varii rimedii proposti dai varii dottori ; strana cura del dntt. Frank Fawkins; storia della peste dell'India. 4. Sic- cita e osservazioni del sig. Hut- chins. 249

COSE VARIE. \ Natura delle Porte di Ferro. 2. Correzione delle Porte di Ferro. 3. La Gerarchia napoletana. 4. Notizie sulle carceri e sui dete- nuti in Italia. 254

Dal \ al 15 gennaio 1897.

COSE ROMANE. 1. Guarigione istanta- nea di Ersilia Cella, romana, av- venuta nella chiesa di Pompei. 2. Particolareggiata narrazione del fatto. 3. Stato della lotta tra la ri- voluzione religiose e il Papato. 4. Morte del Card. Sanfelice, Arciv. di Napoli. 5. Decreti delle Congre- gazioni romane 6. Feste centenarie in onore di S. Alfonso M. De Li- guori. 7. Appunto storico. Pag. 350

COSE ITALIANE. 1. Particolarita sul trattato di pace coll' Ahissinia.

2. Scioglimento dei Circoli socia- list! di Roma e della provincia.

3. II cosi detto centenario della bandiera tricolore. 4. Suicidio del- I'Abate Anelli. 357

COSE STRAMEKK. Germania. (Nostra Corrispendenza). \. Guglielmo II e la Russia ; le relazioni estere a fronte delle rivelazioni bismarcki- ste. 2. Un covo di rettili. 3. Stali- stica religiosa 'della Prussia e della Germania ; notizie storiche ed altre. 4. 11 duello al Reichstag. 5. Buoni riuscimenti dei cattolici. 6. Morte di un dotto sincero. 361

Olanda {Nostra Corrispondenza). 1. I programmi dell'Unione liberale e della parte cattolica. 2. Qualita del programme dei cattolici. 3. Con - cordia dei deputati cattolici e coo- perazione dei Vescovi. 4. Cattedra di filosofia tomistica in Amsterdam e societa di studenti cattolici in Amsterdam, Leida, Utrecht e Gro- ninga. 370

COSE VARIE. 1. Fine della ribellione nella Rodesia. 2. Cagioni e orrori della guerra matabelese. 3. Con- gresso di Lione e I'Antisemitismo. 4. Una veggente smascberata 5. La siccita e la fame nelle Indie orien- tali. 6. Statistica dei suicidii. 375

Dal 16 al 31 g'nnaio 1897

COSE ROMANE. 1. Un'altra confessione de' liberali su Roma capitale. 2. La nobilta romana dal Papa. 3. II fasti, centro dell'associazione della Sacra Famiglia. 4. Morte del card. Bian- chi. 5. L'Istituto chinesiterapico di Roma. Pag. 485

COSK ITALIANE. 1. Lettera dell' Epi- scopate lombardo sulla massoneria e sul socialismo. 2. Trionfi di fede a Firenze e Valdarno. 3. Agitazioni, insubordinazioni e tumulti nelle U- niversita italiane. 4. Come gli stu- denti seguano I'esempio dato dal liberalismo politico. 5. Le societa cattoliche di Liguria e i governariti.

INDICE

767

6. Morfe dell'avv. Giuseppe To- vini 488

COSE STRAJCIBRE. Austria-Ungheria ^Nbstra Gorrispondenza). 1. Movi- mento cattolico. 2. Elezioni per le Diete provincial!. 3. Parlamento austriaco; discussioni; scioglimento del Consiglio dell'impero; condizio ne dei partiti parlamentari alia chiusa del periodo legislative. 4. Nuove elezioni general!; agitazione elettorale, mene dei socialisti demo- cratic!; apertura delle Diete pro- vinciali. 495

Inghilterra (Nostra Corrisponden- za). 1. L'avvenire delle « Volun- tary Schools » (scuole professional!) da proporsi per primo teraa all'e- same del Parlamento nella futura sessione. 2. II profondo mutamento prodotto in Irlanda dalle rivelazioni di una Commissione Reale di finan za. 3. L'inchiesta sull'invasione di Jameson nel Transvaal. 4. L'angli- canesimodopo la condanna dei suoi Ordini, e dopo la perdita del dott. Benson. 5. Conversion!. 502

COSE VARIE. 1. Orrori della ribellione matabelese. 2. II santuario di No- stra Signora di Lourdes nel 1896. 3. II linguaggio di un diplomatico cristiano. 4. Morte del Nobel. 507

Dal 1 al 15 febbraio 1897.

COSE ROMA^E. 1. Visita del Principe Enrico d'Orleans al Papa. 2. Let- tera del VII Congresso per la pace al S. Padre. 3. Una festa scola- stica in S. Nicola in Arcione. 4. Le cosi dette Scuole notturne di Reli- gione in Roma. 5. Loro origine e progresso. 6. L'atto speciale di fede a G. C. al principio del 1900; una spiegazione. 7. Medaglia comme- morativa del 19° anno di pontifi- cato di Leone XIII. 8. Conferenze

sulla questione sociale. 9. Decreti delle Congregazioni romane. 610

COSE ITALIANE. 1. La Grecia corre a liberare Candia dai Turchi e la vec- chia Europa I'arresta. 2. Morte di Raffaele Cadorna, che tolse Roma ai Papi. 3. Nuovi lamenti de* libe- rali perche Roma non sia divenuta la citta laica che volevano, e in qual senso chiamino errore il fatto del 20 settembre. 4. Morte del com- mediografo Giacinto Gallina. 5 I sacerdoti sbanditi dalle scuole di catechismo e mandati alle ca- serme. 617

COSE STRANJERE. Francia (Nostra Cor- rispondenza). 1. Le relazioni estere della Russia. 2. II nuovo Nunzio; discorsi rilevanti. 3. Elezioni sena- toriali; politica interna, la questione degli zuccheri. 4. La Francia e la Abissinia. 622

Romenia ( Nostra Corrispondenza ). 1. Lieto fine della crisi politico- ecclesiastica. 2. Demetrio Sturdza si dimette. Ministero Aurelian. 3. Gli espedienti e la soluzione. 4. II nuovo metropolita. L'avvenire delle Chiese balcaniche. Giudizii della stampa.

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COSE VARIE. 1. Dimostrazioni e feste a Praga e a Trieste. 2. Gli studii femminili in Austria. 3. I Missio- narii del lavoro. 4. L'avvenire del- 1'elettricita. 5. II Niagara domato. 6. II movimento cattolico nell'Ar- chidiocesi di Fermo. 7. I Minori Osservanti, custodi di Terra Santa. 8. Statistica elettorale. 634

Dal 16 al 28 febbraio 1897.

COSE ROMANE. 1. II pontificio Semi- nario Vaticano e una recente Bolla di Leone XIII. 2. La confraternita dell' Orazione e morte. 3. L' uso cri- stiano di corone di Messe ed ora-

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INDICE

zicni ai defunti invece del liori 4. La Principessa di Svezia e il Conte de Mun al Vaticano. 5. Lo sciopero del macellai di Roma. 6. II carnevale del 1997. 739

COSE ITAUANE. 1. Secoiida fase d«gli avvenimenti di Candia : I' intimo delle Potenze alia Grecia di ritirar sue milizie. 2. Conferenza inter- nazionale di sanita a Venezia. 3. Fine d'una chiesa scismatica a Piacenza. 4. Document! massonici. 745

COSE STRA.MERE. Irlanda (Nostra Cor- rispondenza).!. II Cardinals Gibbons sull' immigrazione degli Irlandesi negli Stati Uniti. 2. Una Universita cattolica in Irlanda. 3. II peso in-

giusto dei tributi impost! all 'Irlanda. 4. II Governo inglese e le scuole li- bere (Voluntary Schools), 749

India (Nostra Corrispondenza). 1 . Con- dizioni general! della pubblica sa- nita nell'India. 2. Peste in Bombay.

3. II morbo in altre citta dell'India.

4. Inoculazione della peste. o. De- scrizione del morbo e suoi rimedi. 6. La fame e la carita. 754

COSE VARIE. \. La Congregazione del SS. Redentore. 2. Chiusa dell'esposi- zione millenaria ungherese. 3. Inau- gurazione del nuovo ponte « Fran- cesco Giuseppe ». 4.Guerra indo- bestiale. o. Statistica della stampa periodica. 758

ERRATA

CORRIGE

Pag. 207 ultima riga della seconda

colonna Si risolve definitivamente la contra-

vcrsia, Pag. 209, lin. 29 colonna Ia

Pag. 389, lin. 16

Libri omnes, qui ante annum MDC. aut Summi Pontifices. aut Con- cilia oecumenica damnarunt, et in novo Indice non recensentur,

Si risolve detinitivamente la contro-

versia, stanti due ar- (Si aggiunga) V. La diffusione della

massoneria.

Libri omnes, quos ante annum MDC. aut Summi Pontifices, aut Con- cilia oecumenica damnarunt, et qui in novo Indice non recen- sentur,

CON APPROVAZIONE DELL'AlJTORITA ECCLESIASTICA

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