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LA

CIVILTA GATTOLICA

ANNO TRIGESIMOQUIHTO

24 mono 1884.

LA

CIVILTA CATTOLICA

ASNO TBIGESIMOQUI8TO

Bcatus popului cuius Dominus Dem eius. PSALM. CXLIII, 15.

VOL VI. BELLA SERiE DUODEGIMA

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FIRENZE

PKESSO LUIGI MANUELLI, LIBRAIO

Vim del I^rofX>imolo, 1O. presso S. .Maria In Campo

FtB - 4 1957

PROPRIETY LETTERARIA

LA RECENTE SENTENZA

CONTRO LA PROPAGANDA

I.

/ cardinali al trono del Papa. Allocuzione di questo nella quale sostiene i diritti della Sede Apostolica e delta Pro- paganda. Deplora gli attentati contro quella e questa ; ne manifesto, t iniquita.

Era il secondo giorno del mese corrente di marzo che ricor- dava la nascita e la incoronazione di LEONE XIII Fontefice Mas- simo, quando il sacro Collegio degli eminentissimi porporati, il quale costituisce il pid augusto senate di tutta quanta la terra, si raccogliea intorno al suo trono pontificale. Avrebbe dovuto per bocca dell'illustre decano cardinale di Pietro, che teste pass6 agli eterni riposi, manifestare al Papa 1'esultanza di tutto il mondo cattolico ; e il Papa avrebbe dovuto corrispondere ad essa con quel sorriso onde il padre risponde alia letizia dei figli suoi. Niente di tutto questo! Gli occhi scintillanti del sapien- tissirao Leone non gioia, ma esprimevano un profondo dolore e le labbra e la fronte e il gesto tutto era a dolore composto. Un nuovo attentato e gravissimo s'era compiuto contro la Chiesa e contro di lui, che quale Vicario di Gesu Cristo e successore di Pietro ha dovere e diritto di ben reggerla. Oppresso dal do- lore in questi accenti proruppe : « La profonda trepidazione da cui fu compreso 1'animo Nostro, quando senza alcun Nostro me- rito Ci vederamo chiamati al sonuno Pontificate, si ridesta in Noi vivissima in questo sesto anno, che dolorosamente si chiude dopo averci rapito di mezzo a voi alcuni illustri membri che Ci erano carissiuii, e dopo aver portati nuovi colpi contro la Chiesa.

< La quale invero da difficoltfc di ogni genere e sempre ere-

6 LA RECENTE SEMENZA

scenti vede per ogni dove osteggiata la sua divina missione. Ma piu lamentevoli e gravi sono le offese che riceve qui in Roma, giacch& la feriscono nel centre stesso della sua vita, e sono dirette a mettere ostacolo all'azione del supremo suo Capo. E pero di grave amarezza Ci fu cagione vedere colpita di dura sentenza una Istituzione che forma 1'onor della Chiesa, del Ro- mano pontificate e della stessa Italia. Intendiamo parlare della Propaganda, fi facile infatti di riconoscere quanto, con tale sen- tenza, peggiori addivengano le condizioni del suo patrimonio; sia perchd vengono assoggettati i suoi capital! alle vicende in- certe sompre ed instabili di una rendita pubblica; sia perche ad essa non e lasciato il potere di disporre, neppure in caso di urgente necessita, dei detti suoi capitali, ne di aumentarli per nuovi lasciti pii, senza 1'intervento di un estraneo potere. Ma sollevandoci a considerazioni piu alte, ci apparisce la Propa- ganda quale e veramente, un' istituzione di ordine assolutamente superiore, e per natura sua affatto indipendente da ogni laica autorita; come quella che fu fondata dai Romani pontefici in virtu del supremo ministero apostolico, di cui sono investiti, ed e ordinata direttainente alia propagazione e conservazione della fede nelle varie parti della terra, al coinpimento della sublime missione della Chiesa, a salute del mondo. A questo fine i Ro- mani pontefici trasfusero in essa tanta parte del loro eccelso potere, ed e per suo mezzo ch'essi fanno giungere ai popoli piu lontani i beneficii della redenzione. Innumerevoli paesi di Africa, di Asia, delle due Americhe, dell' Oceania e della stessa Europa, se hanno potuto godere della luce dell'Evangelo e della vera civilta che ne deriva, lo devono a questa benefica istituzione. Ed appunto perchd essa fosse in grado di rispondere all' alto loro disegno, i Papi la fornirono essi stessi di ampio censo e rendite copiose, e coll'esempio e colla parola indussero la cat- tolicita tutta quanta a fare altrettanto. Onde non d mera- viglia che uomini anche meno benevoli alia Chiesa si siano sempre mostrati larghi di lode per questa istituzione; non e meraviglia che il suo patrimonio fosse rispettato anche dal go- verno imperiale di Francia e che il Potente, arbitro allora delle

VGANDA 7

sort! di Europa, la encomiasse altamente e la proteggesse. Tale ndo per tanto Tindole di questo Pontifleio istituto, qua- luii'iue atto che abbia per effetto di assoggettarlo in qualsiasi modo ad un potere estraneo e di mettore ostacolo alia sua azione, e un attentato contro la liberta del capo della Chiesa nell'eser- cizio della sua spirituale autorita, nelle funzioni deH'apostoHco ministero. Per queste ragioni di ordine altissimo, Noi sentiamo il dovere di levare la nostra voce, e di denunziare ai cattolici di tutte le nazioni, che per tanti titoli vi hanno interesse, questa nuova offesa inflitta alia Sede apostolica. Noi intanto come meglio ci sarfc dato, Ci studieremo di provvedere alle esigenze amministrative di cosl vasta e splendida Istituzione. Ma quanto piu crescono per Noi le difficolta, e la condizione nostra si aggrava, tanto maggiore ci attendiamo dal sacro Collegio il con- corso, tanto piu abbondante dai fedeli di tutto il mondo 1'aiuto delle loro preghiere, dell' opera loro, della loro generosita. Ci auguriamo cosl, che largamente si compiano i voti da Lei, si- gnor Cardinale, teste espressi, che cioe ad onta di tutti gli sforzi nemici non abbiano mai da mancare alia Sede apostolica i mezzi per la diffusione del Vangelo e per le opere dell'apostolato. >

II.

Saturn della Propaganda. & determinate dal suo fine spe- cifico. Mezzi diretti ed indiretti rispelto al fine predetto. Inseparabilita della diffn$ione della fede dalla diffusione delta vera civilta. Corollarii. istituzione connessa col ministero apostolico del Vicario di Gesu Cristo. & cosmo- politica e guarentita dal diritto internazionale.

Questo 6 il sublime lamento del sommo pontefice Leone XIII, nel qnale con sintesi eloquente e scientifica tutto e raccolto ci6 che fu detto o si pu6 dire in cosl fatta questione. E di vero osserviamo da prima che cosa sia questa Propaganda la quale e il soggetto della sentenza della Corte supreraa di Cassazione : poscia quale sia la virtu di cotesta sentenza.

La Propaganda 6 una Istituzione creata dai Eomani pontefici,

8 LA RECENTE SENTENZA

non in quanto sovrani di un piccolo territorio, ma in quanto Vicarii di Gesu Cristo. Poiche dal fine specifico e proprio si conosce 1' indole di ogni societa, cosl dal fine della Propaganda se ne conosce la sua. II fine e" propagare e conservare la fede cattolica e con essa la civilta cristiana in tutto il mondo. I mezzi diretti ad essa dati dai Papi, sono i missionarii, per edu- care e istruire i quali fu eretto ii cosl detto Collegio di Pro- paganda, con li annessi musei, biblioteche, tipografie, nelle qnali eziandio si pubblicano libri acconci allo scopo generate cbe di- ce vamo. I mezzi indiretti sono grossi capitali, i quali servono alia cultura dei giovani, al inanteniinento dei missionarii, alia erezione e al decoro delle Chiese e al soccorso delle povere cri- stianita quando nei paesi infedeli si ritrovano afflitte da dure necessita. I Papi stessi dotaronla di pinguissirae rendite, ed eccitarono la carita di tutto il cristianesimo a fare altrettanto. La Propaganda e come 1'istrumento del Vicario di Gesu Cristo, col quale eseguisce Timperio avuto dal medesimo di evangelizzare tutti i popoli della terra. Se non che ii fatto, di piu che diciotto secoli, dimostr6 ci6 che dimostra la ragione, cioe" ch'e insepa- rabile 1' evangelic dalla vera civilta; per la qual cosa essendo ordinata la Propaganda a convertire a Gesft Cristo tutte le genti, e, implicitamente si, ma veramente ed efficacemente ordinata a recare la vera civilta in tutto il mondo. Questa 6 1'idea della Propaganda ch' e racchiusa sinteticamente nelle parole del Santo Padre.

Da questa idea per logica necessita vengono due corollarii. II primo 6 accennato dallo stesso Papa, cio& che la Propaganda 6 una Istituzione intrinsecamente connessa colla missione apostolica del Yicario di Gesu Cristo: e il braccio onde egli opera in tutto il mondo, quale capo della Chiesa; e, considerati gli atti pontificii rispetto ad essa, con termine del giorno, 6 a guisa di un mini- stero cui spetta attuare la volonta del Papa, come Papa, nel governo della Chiesa.

Segue da ci6 che chi pone impedimento all'azione di Propa- ganda, attenta d' impedire 1'attuazione della missione del Papa. Questo in due modi potissimamente si pu6 fare: il primo ri-

co.vrno LA rno PAGAN (J

gtiardo alle persone, il secondo riguardo alle sostanze cd ai capitali. Come si attenta all'esercizio della sovrana autorita del re, o direttamente, impedendo che si aggreghino o sottraendo i soldati al suo esercito: o indirettamente, togliendo al re la pecunia che gli d necessaria al mantenimento dell'esercito stesso ed a sopperire alle spese che occorrono; cosl si attenta all'eser- cizio della sovrana autorita spirituale del Papa direttamente togliendogli le sacre milizie necessarie alia propagazione della fede, e questo fece il governo italiano sopprimendo gli ordini religiosi ; o in lirettamente, confiscando od anche togliendo il li- bero uso della pecunia necessaria perch& si operi la propagazione della fede e la sua conservazione con efficacia e costanza : e que- sto si fece con la sentenza testd eraanata contro Propaganda.

II secondo corollario e Tessere ella cattolica cio6 cosmopolitica, e che la sua indipendenza da ogni governo laicale 6 appoggiata al diritto internazionale. Che sia una Istituzione cosmopolitica e chiarito dalle parole del Santo Padre. Chi la istitul ? fi 1'autorita suprema rispetto all'universo intero : e il Papa capo della Chiesa, nel cui territorio stanno tutti i regni e tutte le nazioni. Ogni Monarca stende lo scettro entro determinati confini. Se li tra- passa evvi giuridica ragione di muovergli guerra. Non cosl del Papa. Gesu Cristo, la cui autorita 6 divina e superiore all'auto- rita di tutti i principi, e in faccia ai diritti del quale tutti i costoro diritti cessano di avere forza, Gesu Cristo, diciamo, ha trasfuso il suo potere nel primo Papa san Pietro e conseguen- temente nei suoi successori, quando lo rnando con gli altri apostoli in tutto il mondo, dando loro quel potere ch'egli avea ricevuto dal Padre : sicut misit me Pater et ego mitto vos ite ergo in mundum universum: od anche: data est mihi OMXIS po- testas in coelo et in terra. Euntes ergo docete omnes gerites... II Papa dunque innanzi a tutti i sovrani ha il diritto di evan- gelizzare i popoli, ed ha dovere di farlo innanzi a Dio. Chi in ci6 lo impedisce yiola questo diritto ch'e divino, non umano. Ond' 6 chiaro che la Propaganda, per la quale si attua 1' evan- gelizzare tutti i popoli, d una cattolica istituzione universale o cosmopolitica.

10 LA RECENTE SENTENZA

Ma non basta. Dicevamo inoltre che essa 6 tutelata dal di- ritto internazionale. E questo un punto di grande rilevan/a, poi- ch6 da questo si vede quanto vadano errati coloro che vorrebbero che gli altri governi per nulla entrassero in tale questione. E noi diciarno che hanno diritto d' entrarci, e quando loro tornera acconcio v' entreranno : e per& vorremmo che questo fatto dal go- verno italiano si prevedesse e si prevenisse.

III.

Per che le questioni papali sono di diritto internazionale. Tutti i singoli Stati sono parti del regno di Dio che e la Chiesa. Universalita delta spirituale sovranita del Papa. Come tutti i sudditi dei sovrani terreni sieno sudditi del Papa in quanto & capo della Chiesa. Due rilevantissimi principii rispetto a Propaganda. Ogni sovrano ha il diritto di non essere im- pedito di ricevere lafede e la civilta pe' suoi popoli.

TestS dicevamo che i confini di ogni Stato sono detenninati : chiudono un certo spazio e non vanno piti la. Al contrario il Regno di G-esu Cristo ch'e la Chiesa, di cui capo visibile 6 il Papa, non ha limiti, ma in s& racchiude tutto lo spazio com- preso entro i limiti di tutti gli Stati. Per diritto divino essa Chiesa d cattolica, clod ha il diritto di sovranita spirituale in tutti i tempi e in tutta la terra; e da ci6 segue che qualunque principe, voglia o non voglia (perch& il volere umano 6 nullo contro il vo- lere di Dio), si trova gia avere nel suo Stato un'altra sovra- nita di un ordine superiore indipendente dalla sua, un altro so- vrano del quale sono sudditi tutti i sudditi suoi; e se non lo sono in atto, hanno il dovere di esserlo. E perch& il fine inferiore e subordinato al fine superiore, essendovi essenzialmente un solo fine ultimo verso il quale tutte le cose create sono niezzi, ne viene che ogni sovrano di ogni Stato ha il dovere di tutelare con la forza morale, e, s' e necessario, anche fisica, tutti i diritti di questo sovrano universale ch'6 il Papa, in quanto capo della Chiesa. Par- lando della Chiesa disse (resu Cristo: Regnum meum non est de hoc mundo : non 6 tale pel fine ch' 6 soprannaturale : non e tale

CO.NTIIO LA PROPAGANDA 1 1

per la immediate origine perchd $ il regno di Dio, da Gesu C: imiwMliatamente costituito: non e tale per I'antorita, perchfc 1'au- torita del suo capo e divina e spirituale, e affatto indipendente: non e tale per la estensione, perch& per tliritfu si estende a tntta la terra: non e tale per durazione perche il suo termine e il fine del tempo: non e tale per la difesa, perche da Dio, indipenden- temente dagli eserciti terreni, gli e garantita la stabilita per- petua: non & tale per li soldati onde va a nuove conquiste, perche i suoi eserciti non combattono con le armi, ma con la parola e con le virtu; e perche quelli onde pu6 essere difeso contro la forza materiale che lo aggredisse, non sono in certo numero ri- stretti, essen cloche tutti i Re, i president! di repubbliche e tutti i popoli di tutti gli Stati, entro i confini dei quali esso e spi- rituale sovrano, hanno il dovere di difenderio. Da tutto ci6 6 manifestissimo che il Papa in quanto tale (non in quanto principe di piccolo o grande territorio) e sovrano spirituale in tutta la terra e conseguentemente che le question! papali sono interna- zionali. Come le question! di un Imperatore che stende la sua autorita sopra varii regni tra loro divisi, sono question! di tutto 1'Iinpero e percio di tutti gli stessi regni: cosl le question! del Papa in quanto capo della Chiesa, sono question! di ogni Im- pero, di ogni regno, di ogni repubblica sebbene in diversa ma- niera. Ma e per attestazione del Papa stesso, e per T intrinseca natura sua, corae anche molti liberali e tra essi il Bonghi con- fessano, la questione di Propaganda e Papaie; non ispetta al Papa quale sovrano di un territorio, ma in quanto capo della Chiesa. Dunque questa e una questione essenzialmente internazionale. Andiam' oltre.

Mettiamo innanzi due principii. Principio primo: il Papa me- diante questa sua Istittizione di Propaganda, tende alia propa- gazione deila religione ed insieme della civilta di tutti i popoli. Di fatto veggiamo che per lo mezzo della medesima Istituzione il Papa convert! e reco la civilta a molti popoli, sopra i quali per esempio stendeva la sua dominazione la Francia, Tlnghil- terra, la Spagna, il Portogallo, gli Stati Unit! d'America ecc. secondo. La propagazione della religione, e la ci-

12 LA RECENTE SENTEIS'ZA

villa, ma specjalraente questa, davanti a tutti i governi di tutte le nazioni & di fatto considerata come un bene. Cosl per esempio 1'Inghilterra vede che per la cultura cattolica delle Indie, e delle regioni dell'Africa, dell'Australia, o dell'America a lei soggette, s' introduce la civilta nei suoi dominii e viene conservata: e non pu6 non considerare questa come un suo bene sociale. Questo si dica di tutti gli Stati.

Posto cio discorriamo cosl. Poniamo che un dovizioso signore voglia fare un notevole bene ad un altro uoino povero : e che un prepotente con la forza trattenga quello a fare quel bene o im- pedisca questo ad averlo. Si conceda pure che cotesto uomo po- vero non abbia diritto verso il ricco ad avere quel bene. Ma & certo altresl che ft prepotente con la sua azione lo dannifica, ed il povero ha il diritto di non essere dannificato ; e pud costrin- gere il prepotente a lasciar libero il ricco a largheggiare del suoi beneficii. Questo e proprio il caso nostro. Si conceda che, per esempio, Inghilterra non abbia diritto di costringere il Papa a portare, mediante Propaganda, la civilta tra i suoi barbari sud- diti dell'Africa o dell' Australia; ma non avrebbe forse il diritto di efficacemente impedire qualunque governo volesse contrastare al Papa di recare tanto bene a s6 stessa? Essa per certo ha di- ritto di farlo. Quanto diciamo dell'Inghilterra, diciamolo di tutti gli Stati di tutto 1'Universo. Con cio e chiarito che la questione presente e internazionale, avendo ogni Stato il diritto che il Papa non sia impedito dall' esercitare il suo aposto,lico ministero di recare col Vangelo la civilta ai popoli della terra. Laonde e manifesto che Toppressione di Propaganda non & solo una vio- lazione dei diritti del Papato e della Chiesa, ma ancora del di- ritto di tutti gli Stati. Quindi viene che il Governo italiano non deve meravigliarsi se i forestieri vogliono prendere a cuore la presente questione di Propaganda.

Tale e Propaganda: Istituzione meramente Papale, cio& fatta dai Papi quali Vicarii di Gresu Cristo nella pienezza di loro au- torita e nell'esercizio indipendente, per sua natura, da ogni lai- cale potere: Istituzione cosinopolitica, per fine, per estensione

CONTRO LA PROPAGANDA W

del suo soggetto, e per rispetto alia sua origine : Istituzione con la -male s' intrecciano doveri e diritti international!, e che per6 TUO! essere tutelata dall'autorita di tutti gli Stati dell'Universo.

IV.

Sentenza delta Corte suprema. Distinzione tra conversione di ni e il modo onde si fa. Equivoco parlare del Mancini. La conversione ripugna al diritto pieno di proprieta o di vero dominio. II fine della conversione & togliere ogni pro- fil alia Chiesa. Se, data la conversione, possa la Pro- paganda disporre da s6 sola I' alienazione dei suoi fondi, conie da ad intendere il Mancini.

Che cosa fecesi test& contro questa Istituzione? Per sentenza del supremo tribunale di Cassazione, pronunciata il 29 gen- naio 1884, fu assoggettata alia conversione dei suoi beni immo- bili. Qual e la significazione di questa parola conversione? Nella nota inviata da Sua Eccellenza il ministro Mancini a tutti gli ainbasciatori d'ltalia accreditati presso le potenze estere, egli dice cosl: « Contrariamente al vero, si voile afferuiare trattarsi di con- fisca, o di atto in qualsiasi maniera ostile verso 1'Istituto di Pro- paganda, il quale ha scopi ad un tempo religiosi ed altamente ainanitari e civili, e con ragione gode da parte del regio Go- verno d' ogni simpatia spesso manifestata dallo scrivente con la efficace protezione dei mandatarii o delegati che la Congregazione invia e tiene nelle piu remote contrade ; ma trattasi invece di semplice conversione del patrimonio immobiliare (eccettuato il Palazzo Urbano di Propaganda Fide ove la Congregazione ha la sua sede in Roma), o in rendita consolidate italiana o in car- telle degli istituti di credito fondiario a scelta della Congrega- zione stessa, la quale pu6 altresl, quando lo voglia, procedere da se sola all' alienazione dei suoi fondi. > II lettore per non ca- dere nelle panie sofistiche del ministro Mancini, deve distinguere due cose. La prima d la conversione dei beni, la seconda il modo di essa conversione.

La intiiuazione della conversione in sostanza 6 un comando

14 LA RECENTE SENTENZA

che fa il governo ad un proprietario di beni immobili, obbligan- dolo a venderli a se, offerendogli per pagainento un titolo, in virtu del quale il proprietario acquista il diritto d' avere una rendita equivalente alia rendita che avrebbe cavata dalli stessi beni immobili, se li avesse in proprio dorainio ritenuti. Quan- tunque il titolo non sia i beni stessi immobili, non si pu6 dire in verit^ che il torre i beni immobili e mettere in mano un titolo, sia cosa identica con la confiscazione dei beni stessi. Tuttavia la vera padronanza o il pieno dominio implica il diritto di tenersi proprio quello di cui uno 6 padrone, di venderlo se vuole, a cui vuole, per quanto vuole e quando vuole. Per ci6 stesso la con- versiom trae seco il disconoscere che il Papa o la Congregazione di Propaganda sieno veramente veri padroni di que'beni che il governo vuole sieno convertiti.

Uno dei potissimi principii del liberalismo e la negazione del diritto di vera proprieta alia Chiesa e a tutte quelle istituzioni che hanno radice nella Chiesa, s'informano del suo spirito, ten- dono al suo stesso fine. II Papato stesso non e escluso. Ond' e" che al Papa fu tolto il dominio temporale. Ragguardata beue ogni cosa, e le varie dichiarazioni fatte dalle persone ufficiali o nella Camera, o nei giornali, o nelle note diplomatiehe, non e lasciato al Papa il vero e totale dominio, affatto indipendente, nemmeno del Vaticano. Per togliere la proprieta di tutti gli ordini reli- giosi, prima questi fnrono dal Governo civilmente distrutti, e i loro beni furono conseguentemente annessi allo Stato col diritto del primi occupantis, il quale innanzi a tutti spetta al governo sopra i beni che sono rimasti nullius. Cosl eziandio un testa- mento nel quale e lasciata un'eredita ad un ordine religiose d considerate come nullo, per inancanza di esistenza del soggetto designate quale erode. Per la sentenza allegata della Corte su- prema d colpita dal medesimo ostracismo la Propaganda, perchd la obbligata conversione dei suoi beni e incompossibile col pieno diritto di proprieta nella medesima.

Se non che le frasi ambigue dell'Avvocato ministro Mancini hanno potuto trarre qualcuno in inganno, e fargli credere che, sebbene il pieno diritto di proprieta dei beni immobili, sia stato,

NTRO LA NDA 1~>

dir-.-mo cosl, alquanto offeso, tuttavolta rimauga sostanzialmente lo stesso. Infutti riinano in plena proprieta / '>-ntc in car-

telle degli istituti di credito fondiario, ovvero in rendita conso- lidate italiana. Ma cessi ogni equivoco. Distinguiamo cartelle vincolate e cartelle non vincolate, cioe libere al portotore. Ho, per esempio, cento mila lire in cartelle vincolate; di queste ri- cerer6 la rendita, poniamo del 4 per cento. Posso io cedere queste cartelle a mio piacere in altrui proprieta? Niente affatto: e me- stieri, prima di far cio, svincolarle. Per contrario se le mie car- telle non sono vincolate ma sono al portatore, in tal caso e rice- vero la rendita, e, a mio piacere, le potr6 dare in altrui proprieta. Quando il Mancini dice « trattasi invece di seinplice conversions del patrimonio immobiliare o in rendita consolidata italiana o in cartelle degl' istituti di credito fondiario, a scelta della Con- gregazione stessa, la quale pu6 altresl, quando lo voglia, pro- cedere da se sola airalienazione dei suoi fondi: > intende egli di dire che la Congregazione pu6, se vuole, avere in cambio dei suoi immobili, cartelle al portatore, o intende parlar sempre di cartelie vincolate? Se intendesse il primo si avrebbe ragione di dire che sebbene in tal caso il diritto di proprieta sia offeso, tuttavia la proprieta sostanzialmente rimarrebbe. Imperocche la Congregazione avute le cartelle al portatore, potrebbe a suo piacere alienarle ed acquistarsi, volendo, dei fondi fuori di Stato. La parola a scelta trae in inganno, fino a dare a credere che vengano anche offerte cartelle al portatore. Ma invece siamo certi che la cosa non e cosl. Non si pu6 trattare che di titoli o di cartelle vincolate, le quali sieno inalienabili, senza la licenza del governo. Inoltre si tratta che la Propaganda e obbligata a consegnare al Governo qualunque dono od eredita riceva per averne in quella vece titoli o cartelle pur vincolate. Che signifi- cazione abbiano le parole del Mancini < pu6 procedere da s8 sola alia alienazione de'suoi fondi > veramente non lo sappiamo: perche non hanno verita se non si tratti di cartelle al portatore. Come pu6 procedere da sfc sola, se il Goverao deve svincolare i suoi titoli?

16 LA RECENTE SENTENZA

V.

II Governo non Centra nella sentenza. Giustizia delta mi- desima. Turbamento destatosi per la sentenza contro Pro- paganda. Quando una sentenza sia giusta. Opinioni varu. II Papa. I liberali.

Questa sentenza immediatamente precede dall' autorita giudi- ziaria, e non dal Governo italiano, e il Mancini ha premura di avvertirne gli ambasciatori presso le estere potenze in queste parole. < Non trattasi punto di atto governativo ; sibbene di pro- cedimento giudiziario, regolarmente istituito per iniziativa della stessa Congregazione di Propaganda e condotto oramai a ter- inine con la solenne e conclusiva sentenza della suprema Corte di Cassazione la quale costituisce giudicato irrevocabile. > Ma poiche I'influsso che pu6 esercitare il Governo sopra 1' autorita giudi- ziaria e sopra i giureconsulti, indiretto o diretto che sia, e grande, alcuni vennero in sospetto che, dopo la sentenza favorevole a Propaganda, data dalla Corte Suprema, abbia per due anni il Governo lavorato a preparare e ad ordinare cosl le cose che dalla medesima Corte Suprema a sezioni riunite, dovesse uscire non altra sentenza che la contraria, la quale usci. Questi sospetti sono temerarii e percio ben fece il Mancini a non accennare ad essi in veruna maniera. Se non che quella frasuccia del Mancini : regolarmente istituito (il processo) per iniziativa della stessa Congregazione ha 1' aria d' insinuare che la medesima Congre- gazione quasi quasi confidasse nella rettitudine se non anche nel favore di que' tribunal! che poscia la condannarono. Per6 e da aggiugnere che essa Congregazione fu tratta pel collo a fare quella iniziativa; e ci6 avvenne dopo che si vide aggredita la prima volta, il giorno 23 luglio del 1874, con la pubblicazione degli awisi d' Asta della Villa di Montalto luogo di villeggiatura del Collegio Urbano. Quando fu poscia sospesa la vendita dei suoi beni (fu detto per consiglio di Vittorio Emanuele) pote essa lu- singarsi, sperare non mai. Le cause erano disposte, e tolto un passeggero impediniento, doveano produrre gli effetti cui erano ordinate.

COPfTRO LA PROI' 17

•na fn pronnnriata la sentenza della Suprema Corte di ^azione di Roma, fu universale la ni'-raviglia. Tutti gli aninri furono agitati. II Secretario di Stato di Sua Santita rivninentis- simo Cardinale Jacobini mandft a tutti i Ntinzii apostolici una nota diplomatica; il Ministro Mancini mand& una Istruzione a tutti gli ambasciatori d' Italia, per menomarne Tefficacia e prevenire 1'opposizione e le proteste dei governi esterni; il Papa fece quella nobile protesta piena di sapienza e di rettitudine che sopra ab- biaino recata: non vi fu giornale cbe non avesse la cosa in conto di un fatto di altissima rilevanza; in tutta Italia, in tutta Europa, in tutto il mondo le sense, le proteste, le accuse non per anco hanno fine. Se TOceano intero si muove a tempesta non si pu6 dire cbe un zeffiretto, od un sassolino gittatovi alia superficie sia la causa della agitazibne dei flutti. L'effetto vuol essere proporzionato alia causa. Onde e giuocoforza di dire cbe tanto strepito cbe fu sollevato e si solleva per tal fatto, indica la sua somma importanza. La qnale importanza deve derivare o dall'indole del fatto stesso; o dalla relazione che ba alia sua cagione; o da quella che ba verso le sue conseguenze e i suoi effetti.

II fatto considerate in se stesso prendesi in rapporto alia sua moralita. Quindi di tratto viene la questione: la condanna e giusta? Per costituire giusta una condanna e mestieri dimostrare che essa e affatto conforrae alia legge. All' essenza poi della legge richiedesi cbe non sia contraria a ragione e a legge su- periore, e che sia emanata dalla legittima autorita. Se qtiesto non ha luogo, la legge manca di giustizia e per cio e nulla: lex iniusta non est lex.

Ma trattare il punto della giustizia e per noi cosa assai deli- cata e pero piil tosto recheremo gli altrui giudizii. II prirao sia quello del Sommo Pontefice. Nelle parole da noi allegate di Leone XIII si definisce che « la Propaganda e di un ordine as- solutamente superiore, e per natura sua affatto indipendente da ogni laica autorita; e qualun^ue atto che abbia per effetto di assoggettarlo in qualsiasi modo ad un potere estraneo o di met- tere ostacolo alia sjia azione, e un attentato contro la liberta del

S-rm XII, r»>l. VI, fate. 811 2 24 marto 1884

IS LA KECENTE SENT!

Capo della Chiesa nell' esercizio della sua spirituale autorita, nelle funzioni deirApostolico ministero. > Posta tale affermazione pu6 credere il Papa che una qualsiasi autorita laicale abbia avuto il diritto di fare una legge nella quale si prescrivesse alia Propaganda la conversione dei suoi beni? E se non aveva il di- ritto, pu6 credere il Papa che tale legge fosse giusta e perci6 vera legge? E se essa nella mente del Papa non e legge, pu6 egli credere giusta la sentenza della suprema corte di Roma? A queste interrogazioni pu6 dare risposta il Mancini stesso. Ma qualora il Papa dica che la legge fatta sopra cosa che e fuori dell' oggetto proprio del legislatore non e legge, ed il Mancini dica il con- trario, a quale dei due si atterra il mondo cattolico? Qui ognuno d capace di rispondere.

II fatto 6 che non sono solo i cattolici quelli, i quali la pensino come il Papa la pensa ; ma anche cosl la pensano moltissimi libe- rali, i quali dicono che tale legge non esiste perchfc non poteva esistere. Ne riconosceva questa legge la corte stessa di Cassazione di Roma colla sentenza pronunciata in Roma nel giorno 31 mag- gio 1881 favorevole alia causa della Propaganda.

II Bonghi non sospetto di favoreggiare il Papato e i suoi di- ritti dichiara che tale legge non esiste, e perci6 ch'e intrinseca- mente nulla la sentenza della Corte Suprema di Roma, la quale sentenza si appoggiava a tale legge. Egli prernette che nell' or - dine speculativo si pu6 giudicare anche una sentenza che nell'or- dine pratico e decretoria. « Cid che dopo un piu o meno complicate giro d'istanze, un'istanza ultima risolve, e in ciascuno Stato il diritto: ma non perci6 quello che nell' ordine dei fatti non ha piu riparo, resta nell' ordine delle idee inconcusso. Anche una sentenza alia quale non ne pu6 seguire altra, soprattutto in una causa il cui interesse non si restringe nella cerchia di una citta o nei confini di un popolo, pu6 essere esaminata e giudicata essa stessa... > Dimostrata la contradizione tra le due Corti Supreme di Roma ad unica sezione e a sezioni riunite, egli afferma che non si puo recare leggi da giustificare 1' ultima sentenza del 29 gennaio 1884 opposta a quella del 31 maggio 1881 !.

1 Articolo pubblicato nell' Antologia, marzo 188-i.

CO.NTIIO LA i MIA

roMihatle i considerando dell' ultima sentenza nei qnuli mo leggi per puntellarla. «C'era egli nessuna ragione di applicaro qualsisia disposizione della legge 1866, o, 1 <> ISTSalla Congregazione di Propaganda fide? lo credo, pro- I-riumente, nessuna. Di quali enti difatti parlano queste tre leggi? Di enti occlosiastici particolari esistenti per le due prime nelle altre parti d' Italia; per la terza nolla provincia di Roma. ft essa im ente eoclesiastico cosl fatto la Propaganda fide? Non si po- trebbe dire di s\ senza arrossire. Siccbd il vero e che quelle tre leggi non hanno nessuna applicazione a questa congregazione ecclesiastica, come non 1'avrebbero alle altre. I lor beni, di qua- lunque sorta, non sono, per effetto di nessuna di quelle tre leggi, n& tolti n& costretti a mutare faccia. Bisogna pertanto ricercare nella legge delle guarentige, come quella che concern e tntto ci6 che ha tratto al governo universale della Ohiesa, se v'abbia mil la che la concerne. Ora, in questa legge non v' ha nulla, e chi vo- lesse applicare al punto che discutiamo 1' articolo 8, sarebbe co- stretto a fame una conclusione per 1' appunto opposta alle pre- tensioni del R. Coinmissario, che della sentenza del 29 gennaio T hanno avuta vinta. E con questa dunque la Propaganda fide & stata agguagliata a enti, che non hanno a che fare con essa. > E piu sotto. « Adunque, Propaganda fide non potra ereditare beni stabili senza licenza del Governo, e appena gli avra ereditati, dovra venderli e convertirne il prezzo in rendita pubblica inte- state. £ legata nell'acquistare e nel vendere al beneplacito dello State. C' e egli, dimando, niente di piu contrario al concetto della legge delle guarentige? Niente anche di piu assurdo? Che cri- terio ha egli il Governo per giudicare se la ricchezxa di Propa- ganda fide sia soverchia, e se essa abbia motivo legittimo di alienare, sperdere persino per adempiere i fini che le sono pro- posti, una parte delle rendite sue o anche tutte ? > Fin qui il Bongbi. Ma se, per suo giudizio, non esiste la legge, non pu6 essere retta quella sentenza che essenzialiuente la suppone. Adun- que secondo il Bonghi la sentenza della Gorte Suprema del 1881 e giusta, quella dell' 84 non 6 giusta.

Lo scrittore della Nazione men acute del Bonghi tratta la

20 LA RECENTE SENTENZA

questione con maggiore rettorica e minore logica. Egli dice: C'e la legge; la Corte Snprema diede una sentenza conforme alia legge (e la stessa Corte Suprema aveala data contraria nel 1881). Ma poscia dice cosa che mal si pud comporre con la giustizia della legge stessa, e, poiche" la ingiusta non 6 legge, con la sua esistenza !. « Non e nostra intenzione impugnare come illegittima la seiitenza della Corte suprema di Roma, la quale chiamata ad applicare la legge, e non altro, ammettiamo che abbia giudicato conforme alia legge. > Ma questa legge e contraria, a suo dire, ad una legge superiore. E nel conflitto di una legge inferiore con una superiore, quale mai, signora Nazione, prevarra? « Legge suprema di sicurezza, dice la Nazione, di dignita, di moralita per T Italia, ai di fuori e al di sopra di qualsivoglia provvedi- mento speciale, si e non far cosa veruna, mai, sotto nessun pre- testo, per cui si circonscriva o s'impacci al Soinmo Pontefice 1'esercizio liberissimo della sua autorita spirituale. Ogni atto contrario a cotesta legge suprema, per quanto nell'ambito del nostro diritto positivo interno possa essere compiuto giuridica- mente, offende Taltrui diritto (e aggiungiamo noi offende la legge delle guarentige cosl concepita : il Somrno Pontefice e pienamente libero di compiere TUTTE le funzioni del suo ministero spiri- tuale) e contrario per ci6 stesso allo spirito di liberta da cui fu mossa e condotta a termine la ricostituzione d' Italia; viola in nostro danno piu che neH'altrui, le promesse in grazia delle quali 1'Europa ci vide tranquilla andare a Roina e rimanervi. > Che se riguardiamo gli altri fogli e italiani e forestieri, (eccettuati i radical! i quali godono per qualunque fatto che o presto o tardi possa essere nocevole alia Monarchia), in generate tutti mostra- rono alto rammarico per questa sentenza contro la Propaganda. Ma c'e poco da discorrere: o le loro disapprovazioni feriscono la sentenza dei giudici che male applicarono la legge, o feriscono la legge stessa alia quale si conformarono i giudici. Nell' un caso e nell'altro 1'acerba censura inflitta alia stessa sentenza da Leo- ne XIII e, per loro stesso giudizio, giustificata. Se non che come abbiam detto sopra, intorno al punto della giustizia noi abbiamo

1 Nazione, n. 66.

CONTRO LA i M'A. *2 1

Yoluto manifustare il giudi/io altrui e non il nostro, ne occorre soffermarvici di vantaggio. Ora osserviaino la sentenza stessa contro Propaganda rispetto ai suoi effetti.

V.

Effetti del la sentenza. Secondo i sostenitori del governo, ef- fetto principale e /'utile delta Propaganda. Invece, tra i veri effetti, uno e: il ritardo nella propagazione della fede e della civilta. II corruccio delle potenze verso V Ita- lia. Gli interni rancori degli italiani divisi infazioni.

Per priino ci viene dagli awocati delle cause perse indicate un effetto singolarissimo. Mentre i fogli cattolici e moltissimi dei liberali lamentavano questo fatto; mentre il Papa stesso, parlando al Sacro Collegio dei Cardinali, il suo Eminentissimo Secretario di State e la stessa Congregazione di Propaganda in un foglio di appunti ne menavano alto lamento, come di cosa nocevolissiuia; gli adulatori del Governo assegnavano, quale effetto della sen- tenza, la utilita tragrande che ne sarebbe ridondata alia stessa Propaganda. I sostenitori di Propaganda dicevano che la condi- zione di questa era simile alia condizione di un derubato, il quale da chi lo derubo avea 1'assicurazione di una rendita proporzio- nata ai beni derubati, ed ulteriori favori. Ma la cricca governa- tiva rispondeva ch'era per Propaganda una vera fortuna. Non travagli per trafficare i beni ; non ispese per la conservazione e prosperita dei medesimi ; la rendita assai maggiore di quella che Propaganda poteva sperare, ritenendo i suoi averi nelle proprie mani.

Volevano (come fecero dopo tolto il dominio temporale al Papa) che Propaganda ringraziasse il governo perch6 1'aveva alleggerita da gravi fastidii; e cosl potea ottenere il suo scopo con pienezza e sicurezza maggiore. Seuibrava quasi quasi che il Mancini, per mostrare agli ainbasciatori il bene che ne ve- niva a Propaganda, stesso per dichiarare apertainente che tutti i miuistri sospiravano la conversione dei loro beni, e che i pri- marii doviziosi d' Italia avrebbono desiderato lo stesso. Si par-

22 LA RECENTE SENTENZA.

lava e si scriveva cosl per ignoranza? Non e possibile! In realta era un aggiugnere al danno 1'ironia e le beffe, era un insolentire vigliacco dell'oppressore sopra I'oppresso. £ cosa inutile con- futare una simile balordaggine o smascherare una tanto inde- gna e manifesto insolenza.

Altri e di natura ben diversa sono gli effetti. Inceppata, menomata 1' azione di Propaganda, non solo dovrebbe venire ri- tardato il successo della conversione del mondo, cosa che poco o nulla importa al nostro governo ; ma ci6 che dovrebbe impor- tare, sarebbe il conseguente ritardo della diffusione della civilta. Come da un lato il favoreggiare Propaganda e 1' azione dei suoi missionarii in Italia e fuora in paesi stranieri e barbari, avrebbe recato gran vantaggio al commercio italiano ed all' azione del governo stesso: cosl 1'ostilita dall'altro lato contro la me- desima avrebbe recato danno notevolissimo alle relazioni dello Stato con le altre nazioni. Che se, come accadra di certo, la Pro- paganda costituisse fuori d' Italia altri centri della sua azione, dove i cattolici potessero deporre i tesori della loro carita in benefizio delle missioni e dell' universale incivilimento, altri Stati, e forse i meno benevoli all' Italia, andrebbono lieti di averle rapito un gran bene e un grande influsso politico uni- versale. Le orride lande, i squallidi deserti, le vetuste selve non cangiaronsi giammai in zolle feconde di civilta verace senza il sudore, il sangue e 1'istancabile pazienza degli apostoli; nd le terre dei Cannibali sarebbonsi cangiate in paradiso in terra (cosi dagli storici fu chiamato il Paraguai, prima che costretti 1'abbandonassero i suoi veri padri), se i martiri invitti non vi avessero, piantata la croce. Per incivilire un popolo ci vuole o la croce, o 1'introduzione di popoli gia inciviliti. La Propaganda e per origine, e pel centre della sua azione, e per la direzione, e per lo spirito e la dottrina che infonde nei suoi messi, e italiana. Questa gloria somma della nostra patria vuole il go- verno che passi ad altra nazione: e a lui restera il disonore e il danno di un atto cotanto vergognoso.

Un altro effetto e il corruccio di tutti i cattolici stranieri, e specialniente di quegli Stati che aveano in conto la Propaganda

LA PROPAGANDA

come di benefattrice propria. Lo dicevamo gia sopra che quan- tmi'iuo uno non abbia diritto di avere da un altro un benefizio, pu6 avere il diritto di non essere impedito da altri a riceverlo. Ora gli Stati esteri sono inipediti di ricevere il benefizio della Propaganda ualla sentenza proferita contro essa: e per6 non possono non mostrare il broncio all' Italia. Non e uomo pratico :li che crede che due uomini o due potenze vengono in rotta tra loro per un solo atto singolare di mutua avversiono. La cosa ordinariamente avviene come nella rotta dei fiumi. L'acqua rode, a poco a poco, 1' argine e finalmente rompe quei piccolo e debole riparo cbe resta e invade ogni cosa. Noi stessi tolleriamo una, due, tre volte la puntura di un insetto: finalmente non si re- siste pin, e si uccide. Passi per conceduto che le potenze non vogliano per questo fatto della Propaganda rompere col governo italiano le relazioni diplomatiche. Ma questo fatto e loro ostile e con mille altri passati cresce la derrata delle offese verso le inedesime. E poich& con tutti codesti modi avversi alia Chiesa ed al Papato 1' Italia mostra di lavorare indefessamente ad uno state di rose ch'& naturale preparazione al socialism©, al radi- calism©, al nichilismo e va dicendo, e le potenze cominciano gia ad impaurirsi di cotesti spettri e paiono disposte a pen- sare sul serio a prevenirne la prepotcnza e la dominazione; non e impossibile, anzi non e improbabile, che dieno o presto o tardi alcuna di quelle ammonizioni che sono il lampo immediato fo- riere del fulmine. L'ingerenza dei forestieri nei fatti d' Italia non e certo desiderata dal Papa, no dai cattolici (mentisce chi 1'afferma) i quali ben conoscono la massima che nil violentum dnrabile e sanno che 1'ordine delle idee non pu6 essere n& co- stituito n& ridonato dalla sola forza: ma se per comune disgrazia ella accadesse, la risponsabilita tutta quanta ricadrebbe sopra gli oppressor! non sopra gli oppressi.

Qual effetto altresl di questa sentenza si hanno a considerare i rancori ognora crescenti neH'interno del nostro paese. Non il solo Bonghi, ma moltissimi liberali hanno gia osservato e detto che il metodo di punzecchiare continuamente e Papa e cattolici torna fatale al governo stesso. Quando si offende un

24 LA RECENTE SENTENZA.

frate, non e on individuo solo 1'offeso, ma cento tra parent! ed amid che per lui parteggiano. Offendete il Papa, e milioni d'ita- liani rimangono offesi, anzi la vera maggioranza dell' Italia, la quale in sostanza e cattolica ed e papale, quantunque per la mi tern dei suoi principii non sogni mai di procedere a vie di fatti ingiusti o illegali. Ma la scissura porta debolezza; e la debolezza accresciuta porta la morte, o per intima dissoluzione o perch& il debole non e pid capace di resistere al forte qualora 1'assalga.

VL

11 Bonghi conferma quanta diciamo. Chefece e che dovrebbe fare il Governo. Imbecillita di coloro che vorrebbono piti aggravare la mano sopra il Papa e i cattolici.

Gi pi ace di confermare queste nostre riflessioni con le parole del Bonghi, non perche lo crediamo amico al Papato, ma per la ragione contraria. Egli cosl chiude il suo articolo sopra citato. « II ministro degli esteri si affretta a dichiarare che qualun- que, anche officiosa, intromissione di un Governo straniero nel- ratnministrazione della giustizia dei tribunal! italiani sarebbe agli occhi nostri affatto inammissibile. La dichiarazione e tanto piu facile, che non vi ha oggi nessun Governo straniero, al quale passi per la mente di fare nessuna rimostranza. Per6, si puo anche aggiungere che non v'ha NESSUN Governo straniero al quale piaccia di sentire le lagnanze non ingiuste di cui ab- biamo dato occasione al Pontefice (e il Bonghi gia ministro cio deve perfettamente sapere). E sarebbero due errori non leg- gieri 1'immaginarsi: prima, che ci6 che nessun Governo stra- niero fa in questo momento, nessuno lo debba far mai in circo- stanze che possono pure per lungo o breve tempo mutare ; secondo, che noi non abbiamo nessuna ragione di credere di non aver fatto male per ci6 solo, che nessun governo straniero ci viene a dirlo. Noi abbiamo fatto male, perche non abbiamo rispettato lo spirito della legislazione nostra; e perche in luogo di operare come un

CONTRO LA i M)A

interesse nazionale largaraente inteso avrebbe richiesto, abbiaino operate con un piccolo e angusto criterio forense.

« lo lo dicevo; quanto frutto porti la Propaganda al cattoli- cismo, di credenti nuovi e sinceri, io non lo so; e dubito che debbano essere pochi. Pure vi hanno alcune virtti che qnesta Pro- paganda fomenta neU'animo umano, le quali non e bene si spen- gano; e che potranno nell'av venire dare piti larga messe che ora non fanno. La Propaganda e la Chiesa che soffre, combatte e spera ; 6 la Chiesa il cui moto non cessa, n& s' allenta ; la Chiesa, cho aspira a riacquistare il campo perso nel sestodecimo secolo, e a conquistare fuori d' Europa tutto il canipo che lasciano incolto religioni meno civili della cristiana. Nd attende a questa grande opera con poca larghezza di spirito. II cristianesimo, e stato detto, non alligna se non tra i popoli, che hanno raggiunto un certo grado di civilta; la Propaganda prima di far cristiani i po- poli, gli fa, dove occorre, civili. Sin dove, sin quanto si estende la principale azione sua, religione e civilta s'accordano ancora. Nessuna barbarie, per selvaggia che sia, la respinge ; nessuna 6 cosi fiera, che la virtft del sacrificio non 1'affronti. Essa distende da per tutto 1'occhio suo, la sua mano; qui in Roina educa; e gli educati da essa o quanti s' offrono ad essa, hanno per con- fini all'andar loro i confini del mondo.

« Non v'ha credo istituzione piu davvero mondiale, piu supre- mamente umana di essa; e quelli a cui dispiacesse che sia catto- lica, anche pensino che senza la fiamma di una religione gli animi non divamperebbero, e che in Italia ci6 che non facesse la religione cattolica, nessuna religione lo farebbe in sua vece. Sic- che io non credo che giovi all' umanita, alia civilta, air Italia quello che la turbi o la leghi nell' azione sua; che ogni azione grande vuol esser libera. Forse condannati o costretti a una guerra in Italia colla Chiesa, avremmo potuto trovare in utilita reciproche il motivo di vivere in pace oltre monti e oltre man. Forse, agl'italiani lontani, quantunque preti e frati, questa pa- tria italiana, diventata tanto piu grande e piu forte, avrebbe potuto di venture anche cara; e tra essi e il Governo di essa si sarebbero potuti stringere vincoli di mutua gratitudine; che

26 LA RECENTE SENTENZA

avrebbero fatto sentire poi le lor forze nell' Italia stessa. Forse, a dirla in breve, per i fini laici nostri ci sarernmo potuti gio- vare delle influenze religiose di Propaganda. LTeffetto della condotta dello Stato mi pare oramai che sia stato questo : le- varci raodo e speranza di trarne ainto e profitto. >

Fin qui ii Bonghi, la cui testimonianza in se considerata e in molte cose pregevole: e ci6 e indipendente dal fine ch'egli possa avere ayuto nel proferire tale biasimo dell'attuale Governo. Sia pure ch'egli cosl parli per rovesciare 1'attuale ministero! ma certamente e lodevole se parlando dice, in gran parte, il vero. N6 per questo crediamo che se il Bonghi ottenesse un cangiamento di Ministero le cose sarebbero per volgere a meglio. No! andreb- bono a peggio sempre, o con piu o con meno di legate apparenza. Si cangerebbe la specie del Governo, ma il genere sarebbe lo stesso: e il peccato sta nel genere doe nella radice. Finche i legislator! saranno nella massima parte frati massoni, saranno nemici del Papa e della Chiesa; e, facciano pur le moine, ten- deranno sempre alia ruina di quello e di questa.

Se non che e ormai tempo di chiudere questo articolo. Prescin- diamo dalla giustizia della sentenza della Corte Suprema di Roma, e diciamo che questo fatto del volersi soggetto alia conversione il capitale immobiliare di Propaganda e un fatto inconsulto. Che ha fatto ii Governo? L'ha impedito? No! e poteva impedirlo. Ma dovea forse violentare i tribunali? Sono ciance queste! Quando vedeva che la Corte Suprema di Roma due anni innanzi dava ragione alia Propaganda, dovea con una legge o in altro modo definire la questione e sottrarla all'ingerenza dei tribunali. Cio che non ha fatto, se ha senno, deve ora farlo e secondare il de- siderio dei cattolici nostrani e forestieri. Si faccia una legge che liberi la Propaganda dalla inflitta servitu. Altrimenti il Governo stesso ne avr& danno; ed oltre tutti gli effetti ad esso nocivi che dovra coglierne, sara deluso perch& Propaganda trovera modo di sottrarsi al suo inflasso piantando altrove ii centro della sua azione. II Papa non opera mai per passione, ma per consiglio e per rettissima sapienza: se giudica doversi fare al- cuna cosa, non sar& ritratto dal farla per qualun^ue terreno

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rignardo no per timore. Questo Papa non pu6 essere accnsato di essere corrivo ai rimproveri; e sapiente, e prudente, e benigno. Se il Governo avesse senno e so amasso daddovero 1* Italia, e volesse forma la sna indipendenza, volesso grande, forte, la nostra cara patria, rispettata tra le nazioni, dovrebbe a Leone chiedere il quid agendum. Ma gli uoinini di Stato che ora reg- gono la pubblica cosa disdegnano di mostrare desiderio di ricon- ciliarsi davvero col Papa, doe come il Papa stesso 1'intende; e venire nello stabile rispettivamente alia questione di Roma, che e tutt'altro che sciolta e per6 ad ogni momento ritorna sul tappeto. Chi afferma che alia indipendenza del Papato sono sufficient} le gnarentige, ha dato certamente a pigione il proprio cervello. Non solo il Papa ad ogni occasione lo nega, ma una serie non interrotta di fatti per quasi quattordici anni gli da piena ragione.

Opportunamente ci viene alia inano il Diritto, il quale ec- cita il Governo suo padrone ad aggravare la uiano sopra il Papa e i cattulici, affinche non istrillino piu come fin ora hanno fatto. Bel senno davvero ! Qui calza beno la similitudine di un aggressore, il quale ferisce col ferro il suo aggredito per far cessare i lamenti che mena, perche fu gia dal bastone per- cosso. Imbecille! II pover'uomo gridera piu forte. L'unico mezzo sarebbe ucciderlo. Ma il Papa e la Chiesa hanno da diciannove secoli camminato e cammineranno fino all' ultimo giorno del mondo, per una strada nella quale dall' uno e dall' altro si sono infrante corone, infranti scettri, e tombe che chiudono le ceneri delle voltabili dinastie dei re e degli imperatori terreni. Quel- Vimperium sine fine dedi di Virgilio in realta non riguardava Roma imperiale, ma Roma Papale.

DEL PRESENTS STATO

DEGLI STUDII LINGUISTIGI

XVI.

Tradizioni indiane circa la primitiva patria degli Arii. G. Schlegel. lohn Muir. Esame di un luogo del Rig-Veda. Manu e il Diluvio. II Qatapatha-Brdhmana, il Mahdbhd- rata, il Bhdgavata Purdna.

Se a rischiarare le tenebre ond' e avvolta la sede originaria degli Arii, poco profittevoli riuscirono le ricerche archeologico- preistoriche, antropologiche e linguistiche, non ci riaiane altra speraDza per la soluzione della presente quistione, se non se nello studio diligente e accurate delle tradizioni indiane ed eraniche. Ma chi non vede quanto difficile e piena d' inganni sia la ricerca della verita storica, quando essa, se pur v'e, debba indagarsi fra mezzo a'initi, alle fa vole e alle piu bizzarre fantasie di antichi poeti? Aggiungi ch'essi cantarono o piuttosto favoleggiarono dopo una lunga serie di secoli dall'origine e dalla sede primi- tiva degli antenati, e non essendo usata scrittura, dovettero esprimere ne'loro inni le rimembranze popolari anch'esse incerte e non degne di molta fede. Imperocche, come sapientemente noto (juglielmo Schlegel, un popolo ignorante della scrittura e che dopo lunghe e penose peregrinazioni passa a una vita se- dentaria, mal pu6 conservare il ricordo dell'antica sua patria alia distanza d'alquanti secoli; e quando pure lo serbi, cosl in confuso, non sapra certo ridire onde precisamente mosse da prima; mercecch^ le difficolta del viaggio, i rischi e gli accident! del- 1'emigrare, le necessita della vita o le invasion! di un potente vicino che lo cacciavano negli amari passi della fnga, tutta as- sorbivano la sua raente, e le distanze si misuravano per lui con la stanchezza che lo costringeva a sostare per riposarsi !. Le quali considerazioni se vere sono per qualsisia popolo, per quello dell' India si debbono riputare verissiine e incontrastabili. Con-

1 DeU'origine degli Hindi, p. 444.

DEL STICt

cios 'ii tutti i popoli del tempo antico, nessuno abus6 mai

tanto della fantasia, n& ebbe maggiore inchinamento per la fa- yola e la finzione poetica, quanto 1'indiano.

Unode'piudotti indianisti e che visse lungbi anni nell' India, Giovanni Muir tratt& della origine e storia del popolo indiano, secondo i testi sanscriti original!, e raccolse le tradizioni nazio- nali intorno alia sna contrada primitiva l. Ora le allusioni a cotesta contrada o patria che si voglia dire, de'primi Arii, in tutta I'immensa letteratura vedica e brabmanica si riducono a ben poca cosa, e questa ancbe incerta. II Muir ci offre dunque alcuui versi del Rig-Veda; 2°, un estratto del Eacconto del Diluvio; i testi relativi all' Uttara-Kuru; un cjoka del- 1' Atharva-Veda ; un testo del Kaushitaki-brdhmana. Da questi documenti vengono fuori alquante congetture intorno a una diraora che gli Arii avrebbero fatto negli antichissimi tempi, sotto una guardatura di cielo meno benigna e dolce di quella dove poi posero stanza ne'bacini del Sindh e del Gange, ciofc dire che duravano alcune rimembranze d'una antica patria e (Tuna migrazione dalla parte di settentrione, Nel Rig-Veda si calcola il tempo per inverni, fatdm hinds, cento inverni (Rig- Veda, I, 64-14), mail Grassmann, (Trad, del Rig-Veda, 1'part. puntata IV* p. 555), crede intercalate il versetto dove si legge autunni invece d' inverni « Pacy'ema $aradas $atam, jivema faradas gatam (VII, 66-16). Questo argomento non ci pare gran fatto probabile, perch6 quella locuzione pu6 avere altra causa psicologica o climaterica che ignoriamo, ma che potrebbe signi-

1 Original Sanskrit Texts, on the Origin and History of the People of India, their Religion and Institutions Collected, translated and illustrated: Vol. I. Mythical and legendary Accounts of the Origin of Caste, :oith an Jur/niry into its existence in the Vedic age. London, 1858. Sec. cdiz. 1868. - Vol. II. The Trans -Himulayan Origin of the Hindus, and their Affinity with tht ic extern branches of the Aryan Race. London, 1860. Sec. ediz. 1871. Vol. III. The Vedas: Opinions of their Authors, and of later Indian Writers, on (' Tnspirition, and Authority. Ix>ndon, 1861. SPC. cdiz. 1868.

Vol. IV. Comparison of the Vedic with the later representations of the prin- cipal Indian Deities. London, 1863. Sec. ediz. 1873. Vol. V. Contributions to a Knowledge of tlie Cosmogony, Myttology, Religious Ideas, Life and ?rs of the Indian* in the Vedic age. London, 1870. Vedi la Necrologie, di qiicsto ominrnte sanscritisln scriila e pubblicata dal nostro amico Augusto Itorlh, sanscrilisia anch'esso di chiarissima fama. CIIAIITIIES. Imprimerie Durand freres.

30 DEL PHESENTE STATO

ficare non gia una dimora preistorica a settentrione dell' India, si bene una stagione grata e piacevole, per contrapposto degli ardori cocenti della estate. II poeta, secondo i suoi gnsti, pu6 indicare il tempo ne'successivi period! annui, con quella frase o locuzione che piu gli talenta, di primavere o d'inverni, d'estati o di autumn che poi significano lo stesso. Vivere cent'anni si pu6 poeticamente rendere per vivere cento inverni, cento pri- mavere ecc., senza che simili locuzioni debbano necessariamente alludere a ricordanze di iuoghi o di sedi degli anteuati, dove fosse piu lunga e molesta, ovvero piacevole e grata questa o quell' altra stagione dell' anno.

Nel Racconto del Diluvio si dice che Manu raccomand6 il canapo della nave al corno del pesce venuto nuotando a lui, e che per questo modo Manu fu fatto passare per di sopra la Montagna del Nord. « Uttaram girim ati dudrdva > (Qata- patha-Brdhmana}. Nel Mahdbhdrata si legge che il pesce venne a trovare Manu alle rive della Cirini, flume che si vuole porre a settentrione dell' India.

Anche questo argomento e fiacco e non prova quasi nulla. Imperocch^ se si sta a'dati del Mahdbhdrata (Vanaparva, v. 12746-12804), essendo quivi parola del Diluvio universale, onde viene salvato il solo Manu, 6 inutile e vano il voler trac- ciare la via tenuta dagli Arii primitivi e il fare congetture circa la loro antica sede. Manu & il padre degli uoinini in questo caso, e non de'soli Arii. Senonch^ al racconto del Mahdbhdrata contraddice quello del Bhdgavata Purdna (VIII, 24 ed. del Burnouf, t. II, p. 177) di data molto piu recente della grande epopea. Infatti nel Bhdgavata Purdna il Diluvio non awiene al tempo di Manu Vaivasvata, n& il salvato 6 egli, bensl un principe di nome Satyavrata, re di Dravida al sud dell' India, e different! ancora sono assai altre circostanze. Goal, scambio della Cirini, la storia esordisce alle rive della Krtamala. II piu antico e forse originale racconto, al quale si debbano riportare tutti gli altri accennati, ci fu indicate dal Weber ! ; ma come bene osserv6 Ad. Pictet, il racconto & pieno d'incertezze, e vi sono lacune evidenti. Vi si dice che il Diluvio (augha) aveva seco

« Ind. Stud., 1, 161. V,M.MuLLEH,Sa«sfcr. Litter., 425.Muin,-S'ans*;r 7tafr.II, 324.

ITHU I.INi.risTICI

Ira volte e distmtte tutte le creature, inu il \\Vber fa notare che Mann pel suo sacrifmo si serve del burro chiarificato e di pa- altre specie di latticinii; segno manifesto che Mann dovette riserbarsi almeno una vacca. Ma 1'origine semitica della tradizione del diluvio presso gl' Indi, qualunque sia stata la via onde vi pervenne, e cbiaramente indicata dal passo seguente che si legge nel Hhugavata, e manca in tutti gli altri uionn- menti indiani. In effetto, se nel Genesi leggiamo: Adkuc enim, et post dies septein ego pluam super terrain ecc. (C. VII, v. 4); e al v. 10. Cumque transissent septem dies, aquae diluvii inundaverurU super ttrram, nel Bhdgavata si legge: < Fra sette giorni, dice Bhagavat, il Dio supremo, a Satyavrata, i tre mondi saranno sommersi dall'oceano della distruzione (C. XXIV, 32) !. > II Weber ed altri opinarono che nel racconto del Brdhmana, si faccia allusione ad una contrada posta di la dalle montagne del Nord, sopra le quali, come dicemino, le acque del Diluvio avreb- bero trasportato Manu con la sua nave. Quindi parrebbe die i primitivi Arii cacciati da un diluvio dalle loro antiche sedi, sa- rebbero venuti dal Nord nell' India, traversando le alte mon- tagne, forse pel Cascemir. Senonche dove il senso della leggenda fosse cotesto, farebbe mestieri concedere che essa venne alterata in un punto essenziale. Imperocche osserva rettamente il Pictet, sebbene nella leggenda non e norainato il Grange, vi si tratta tuttavia dell'oceano (samudra) che gli Arii non poterono co- noscere se non lungo tempo dopo la loro immigrazione 2.

XVII.

Manu. Significati di questo nome. Lnoghi del Rig-Veda. Opinione di A. Bergaigne sul mito di Manu. UUttara- Kuru, secondo I'Aitartya-Brdhmana, il Sdmdyana e il Mahdbhdrata. Lapianta Kushtha. Luogo dd Knushitalci- Bnlhmann.

Dopo il fin qui discusso, due ipotesi si possono fare intorno a Manu, ovrero che egli sia il padre della gente umana dopo il

. \ I'ICTET, Lea Oriff. Indo-europttn. T. Ill, C. IV, § 377. Les Traditions, 1 c segg. Op. tit., T. HI, p. 368.

32 DEL PRESENTE STATO

Diluvio, ovvero che egli sia un personaggio mitico. Nell' un caso e nell'altro la conseguenza legittiina e indisputable sara sempre che la leggenda di Manii non conferisce veruna prova, neppur probabile, della via tenuta dagli Arii per recarsi nell' India, e molto meno della loro sede comune prima di separarsi e di- spergersi per 1'Asia occidentale e per T Europa. Ora Manu se- condo la leggenda da noi accennata, non 6 che una imagine piu o meno scontraffatta di Noe, o una mistura piuttosto di due persone, di Adamo e di Noe. Ne'testi vedici poi egli in parte conferma la leggenda e vi figura quale persona vera e storica, in parte diventa un essere mitico. E nel vero il nome Manu o Manus, donde i derivati manushya, mdnava, md- nusha, nomi ordinarii della stirpe umana, ora e preso in senso di uomo, ora di un antenato della stessa umana progenie e il piu celebre di tutti. Quale delle due accezioni di questa voce dee ri- tenersi per anteriore ali'altra? Secondo alcuni manu sarebbe nome comune, e significherebbe uomo, e come esclusivamente vedico, sarebbe piu antico del nome proprio. Ma nel Rig-Veda troviamo il nome proprio accanto al nome comune, manu e mantis nel significato di uomo e in quello di figlio di Manu. Manu e detto il primo che sacrific6 1'offerta (v. X, 63, 7); che accese (o istitul, dhd) Agni. ^ nominate altresl con altri antichi sacrificatori, Angira, Yayati, Bhrigu. (v. I, 31, 17; VIII, 43, 13). « Onoriamo come Manu, Agni che fu acceso da Manu » (v. VII, 2, 3) *. LTorigine della stirpe umana dai fuoco e tradizione indo- europea (Khun, Herabkun/t), e come different! nomi dati al fuoco divennero nomi di different! famiglie sacerdotali, un altro nome dello stesso elemento, dice il Bergaigne, sarebbe diventato con una piu generate applicazione, il nome di tutto il genere umano. Quindi manu avrebbe significato il fuoco come il saggio per eccellenza. Conciossiach£, secondo lo stesso illustre vedista, manu non significava gia < colui che pensa >, ma < colui che pensa bene, il saggio, T accorto. > L' idea tanto astratta di « ani-

1 Vcdi per piii estcsi ragguagli la dotta opera di A. BERGAIGNE: La religion Vedique cPapres hs hymnes du Rig-Veda. Paris, 1878, 1883, t. I, 65-70; II, 323-325; II, 2U; 448, Cfr. I, 178.

nci

male rairionovole » non pote essere concepita in un periodo ante- riore alia fonnaxione del inito indo-europeo di Manu.

Che ci insegnera pertanto la tradiziono conservata nell1

•'Hiinuna, nel Rdmdyana e nel Mahdbhdrata intorno al paese d' rttara-Kuru? Nulla di certo e di storico. La descrizione infatti che di questa contrada no lasciarono i poeti indiani e al tutto favolosa. L'Uttara-A'uru sarebbe « come 1'estremita della terra, la santa contrada degl' iddii, dtoaJcAhttram. > Non freddo, non caldo vi pu6; ignota v'e la vecchiaia; la pioggia non vi reca danni, nd il Sole vibra cola raggi cocenti. Piu che mortale convien che sia chi voglia valicare le sue frontiere. [Aitareya-Brdhm. VIII, 23). L'eta dell'oro quivi e perenne, e la felicita originale del primo uomo (MaMblidrata) . II Lassen e padrone di riconoscere Vesistenza reale folVUttara-Kurn, perciocche i Vedi ne fanno menzione, e lo ricordano Tolomeo e Megastene. Quello che noi neghiamo e che si possa formare argomento intorno alia prima patria degli Arii, co'dati favolosi che la leggenda ci fornisce circa T Uttara-Kuru.

Merita appena d' essere notata 1'altra prova che si da della provenienza originaria degli Arii dal settentrione. 1$Q\V Atharva- Veda, si dice : < La pianta salutare Kushtha cresce al nord del- T Himalaya. > Perciocch^ i contemporanei dell' au tore di questo Mantra conoscevano un yegetale, il Costus speciosus, come pro- prio d'una terra posta di la dall' Himalaya, ne verra per con- seguenza che gli Arii collocassero la loro antica patria al set- tentrione dell' India? La conseguenza sarebbe piu larga della premessa.

Finalmente il Kaushitaki-Brdhmana ci fa sapere che al Nord dell' India < la lingua e meglio saputa e usata, e chi voglia apprendere a ben parlare, cola si reca. » Da questo passo taluno inferisce che gl'Indi mostrano una specie di predilezione per le contrade settentrionali, come quelle ove fu gia 1' antica loro patria. Un italiano dira che in Toscana la lingua e meglio sa- puta e usata, e che chi voglia apprendere a ,ben parlare, cola si reca, senza che per questo mostri veruna predilezione per la Toscana, quasi in essa fosse stata gia T antica patria degli ita-

XII. vvl. VI. fate. 811 3 27 mar to 1884

34 DEL PRESENTS STATO

liani. Nell' India settentrionale vi saranno state scuole fiorenti di buoni studii e soprattutto di colta favella, e cio basta a ra- gionevolmente intendere le parole del Kaushitaki-Brdhmana.

XVIIL

Gl' Indi e le loro idee geografiche circa VAsia centrale, e circa il Globo terraqueo. G' ambudvlpa. II Meru. Contrarie eti- mologie di questo name. Sua posizione. Pamir. Sua eiimo- logia secondo sir Douglas Forsyth e secondo il Toma*

I document! indiani fin qui riportati e brevemente discussi, non ci hanno fornito un solo argomento sodo e probabile in- torno all'antica patria degli Arii. Le allusion! poi a contrade settentrionali, oltre che vaghe ed incerte, perdono ogni ragione di prova quando si consider! che gl' Indi ebbero idee confuse e strane circa 1'orografia dell' Asia centrale. Nelle loro descrizioni topografiche del mondo antico, da Pamir all' Himalaya, compreso Tlndo-Kusch e le sue grandi ramificazioni, tutto e notato col nome d' Himalaya. Come degli Arabi, cosl degl'Indi pu6 dirsi con verita, che sono i romanzieri della geografia. La facolta e la liberta di fingere e d'inventare e in loro sconfinata !.

Prima di riferire e svolgere altre tradizioni mitiche sulla pa- tria primitiva degli Arii, onde molto fu disputato fra i dotti indianisti, porta il pregio di ben dichiarare 1'idea che gl'Indi si formano dell' Universo. S' imagini adunque tutta la terra come un immenso disco, ovvero scudo, e nel suo mezzo od ombelico sorga una niontagna che i poeti epici chiamarono Meru, e co- stituisce come il centro intorno al quale la terra si parte in sette zone concentriche denominate dvtpas, da dvl e ap « due acque » ; questo vocabolo denota bene un paese irrigato da due fiumi 2 o un' isola. II divino Q-ange (Gangd) aggira sette volte la montagna e forma come sette isole, dvipas. Prima tuttavia di bagnare i fianchi del Meru, 1' acque del Gauge s'accolgono e fanno un lago; indi ii fiume disceso dalla montagna, versa le

1 Vedi LASSEN, Zeitschrift fur die Kunde des Morgcnlandcs, II, p. 0-j. 1 LASSEN, Indische Alterthumskunde, J, 735

DEGI.I >Tt I'll ii I

sue acijue in quattru serbatoi ri. . fiuini dellu

terra, i quuli scorrono verso i qiiattro punti cardinal! i quattro grand! contrado dette Mahadvipas.

Quella zona o sezione che sta nel mezzo delle altre sette s'a 1- diniaiida CfambudvipO) una delle piu antiche denominazioni del- 1'India. I /V/-///M iiitendono per U'mnhnilr'i^n 1' India; i Bud- dhisti una contrada che con I' India confina '. Etimologicamente significherebbe il continente o 1'isola dell'albero G'ambu o del- 1'albero della vita, se si aramette col Wilson che il vocabolo si componga di G'am < mangiare * e buh « frutto. > Nel Mah'i- liluirata e nel Rdmtyana, G'amludvtpa equalificato dal « grande splendido, di bella vista albero g'ambu che sorge sopra la ciuia del monte Meru 3. »

Per ci6 che spetta al significato etimologico di Meru, Eu- genio Bur nou f da mira « mare, oceano; parte di montagna, li- uiite, interpreta Meru per « che ha im lago. > Secondo Monier Williams indicherebbe il < raggiarite »] perche il tema verbale mi usato solo nel sanscrito dell'epoca vedica, fra gli altri sensi ha quello di « dispergere, gettar fuori *, donde raggiare, bril- lare intorno. Ru sarebbe un suffisso. Le due etimologie non s'ac- cordano. II Meru poi e la Montagna d'oro, la colonna che unisce il cielo e la terra, perciocche il dio Indra sulle vette del Meru pose il suo paradiso. Strabone, Arriano, Plinio, Quinto Curzio, Teofrasto e Filostrato parlano del Meru e gli attribuiscono un'esi- stenza reale 3. Altri osservano che il Meru non e uno, ma mol- teplice, e muta luogo parallelamente alle migrazioni degli Arii per lo spazio di otto secoli. Meru del Peng'ab, Meru dell' Hi- malaya, Sumeru dell' India centrale, Meru buddhista de' Monti Kuen-lun ed altri. Oggi il Meru pare doversi mettere nella ca- tena dell'Indo-Kusch, e viene identificato a Pamir, termine ge- nerico che il Colonnello Yule pensa essersi applicato a tutti gli altipiani della parte meridionale de'Tian-Cian e a quelli del- I* Himalaya. Secondo Sir Douglas Forsyth esploratore della Kash-

1 OBIIY, Lf Jirrccau de Vesptce hwnaine, p. 18. * DE GUBEISNATIS, Piccoln cncidop. ind., \\. P.50.

8 STKABONE, p. iT:5. AHHIANO, Ind, I'I.IMO, Jfist. Nat., VI, c. XXI, 2.!. QUINTO Lib. VIII, c. 35. TEOKHASTO, Hist. pi. 4, -1. FILOSTIUTO, Vit. Apoll, 3, 3.

36 DEL PRESEME STATO

garia nel 1873, Pamir sarebbe voce turanica appartenente al dialetto del Khokand, e significherebbe vaste estensioni di terre, region! spopolate, deserto, non perd inabitabile. II Tomaschek, prof, all' Universita di Graetz opina che Pamir sia parola ariana, mentre ci fa sapere che i "\Vakhi e gl'indigeni del Cighnan per Pamir o Pamer intendono < un altipiano esposto al vento e ai freddi. >

XIX.

Tradizioni eraniche. I due Fargardi del Vendiddd e loro contenuto. L'Airydna-Vaeg'a. Opinionedel Rhode, del Las- sen, del Bilnsen, del Lenormant, di A. Pictet, di Monier Williams. Osservazione del p. Van den Gheyn. Irani ed Erani.

Ed ora 6 tempo di esaminare le tradizioni eraniche circa la patria degli Arii. Fu creduto per molti che ne'due primi Far- gardi o capitoli del Vendiddd si contenessero le prove storiche della patria degli Arii. In essi si legge che Ahura-Mazda cred pel suo popolo sedici dimore che Anro-Mainyus con una con- traria creazione vuol rendere inabitabili. La prima dimora e di tutte la migliore d 1' Airyana- Vacg'a; seguono Gau nel terri- torio di Sugdha, Mouru, la potente e la santa; Bakhdhi, la bella, dagli alti vessilli; Ni$a, posta fra MOuru e Bakhdhi; Haraeva abbondevole di correnti, Vaekereta, contrada di Duz- haka; Urvd, ricca di pascoli; Khnenta nel paese di Vehrkana; Haraqaiti, la bella; Haetumat, la splendida, la maestosa; Eagha che ha tre tribil; Ciakra, la forte e la Santa; Varena, la quadrangolare ; I* Sapid-Hindu e le regioni al disopra delle acquedel Ranha. Ci6 nel capitolo. Nel 11° che e indipendente dal primo ed affatto isolato, Zuroastro svolge I'istoria del primo uomo. II de Harlez « cette 16gende, dice, rappelle les origines meme de I'humanit6 *. >

La denominazione di Airydna-Vaeg'a chiam6 1'attenzione de- gl' indianisti ed eranisti che riconobbero in essa la prima patria degli Arii, poich& tradussero unanimemente le parole Ain/ana-

1 DE HARLEZ, Les Aryas et leur premiere patrie. Rcfutalion dc M. Pietremnnt. Introduction aWAvesta traduit, sec. ediz.

.1.1 STCI.II 1.IN

* terra produttrice degli Arii. > OH altri Inoghi o di- more noverate dianzi, furono le tappe delle migrazioni loro scen- dcndo verso il mezzodl. Ora quasi tutti cotesti luoghi sono compresi nella moderna contrada dell' Afghanistan. E d'altra parte 1' Airydna- Vatga doveva essere travagliata da Ahriman con un inverno di died mesi. Da quest! dati il Rhode seguito dal Lassen, dal Bilnsen, dal Lenormant e dallo Spiegel, ii quale poi mutd opinione, dedusse che V Atrydna-Vafy'a era la pa- tria degli Arii, posta al Xord della contrada ora occupata dagli ni, sulle montagne, e di cliina freddo e inclemente, che fu la cagione dell'euiigrazione degli Arii. Dove era dunque co- testa regione al Nord della Persia e della Media? II Rhode avvisa che due ipotesi si possono fare, ovvero si lascia a man dritta il Caspio, ovvero a sinistra; nel primo caso la patria de- gli Arii si trovera nelle gole del Caucaso e sugli altipiani del- 1' Armenia e della Georgia; nel secondo spingendosi fino di la della Battriana e della Sogdiana, si trovera siiU'alte cime dell'Asia centrale, sulle catene dell' Altai o de'Tian-Cian. II Rhode s'attiene all' ultima ipotesi, e vede 1'Ariana primitiva nella Bukharia, nel Khokand e il piccolo Thibet della moderna geografia !. Le conclusioni del Rhode restano n& false ne vere, poichd in una quistione tanto oscura, nessuno pud arrogarsi il diritto di sentenziare. Le premesse nondimeno, 1'interpretazione cioe dell'A vesta e" senza valore alcuno, mercecche gli studii era- nici dal tempo del Rhode (1820) a'giorni nostri son progrediti per forma che i lavori precedent! alia pubblicazione del Com- mentaire sur le Ya$na di Eug. Burnouf, non ineritano piu d' es- sere invocati nelle quistioni eraniche. Con Eug. Burnouf (1830) fu creata per cosl dire la scienza eranica, della quale sono il- lustri campioni F. Spiegel in Germania, 0. de Harlez nel Belgio e il Darmesteter in Francia.

Al Rhode s'accost5 in parte A. Pictet, in quanto ammette che sceverando la leggenda dalla storia, il mito avestico pu6 servir di face nella notte profonda de'fatti preistorici. Riconosce per6 che ne' dati zorqastriani del Vendiddd « non si deve cercare

1 RHODE, Die failiye Sage, und das gcsammte Religionssystem dcr alien Baktrcr, Medcr und Perser, p 83 e sogg.

38 DEL PRESENTS STATO

alcuna reminiscent diretta dello stato primitive degli Arii !. » Ecco quali sarebbero secondo Monier Williams, i risultati della filologia eranica circa la patria degli Arii. « Fu gia tempo, 2000 anni almeno prima di G. C., che gli Irano Ariani, e gli Indo-Ariani vivevano insieme e avevano una stessa patria con gli antenati degli Inglesi e della maggior parte degli Europei. Co- testa patria era in una dello contrade dell' Asia centrale, pro- babilmente su gli altipiani a settentrione dell'Indo-Kusch, e che d'ordinario sono indicati col nome d'Altipiano di Pamir. In que- sta contrada fu la stanza primitiva di tutte le schiatte arid d'Asia e d'Europa. Quivi tutti cotesti popoli parlavano la stessa lingua, adorayano gli stessi dei, obbedivano alle stesse leggi e portavano lo stesso nome di Aryas, cioe dire gli eccellenti. Freddo generalmente era il cliraa e tristo, ma conveniente a una stirpe d'uomini intraprendenti, parte nomadi e pastori, parte dati a' lavori d' agricoltura. In breve tempo si moltiplicarono in tanto che il suolo piu non prestava il bisognevole alia sussi- stenza di tutti. II perche furono costretti a migrare, guidati dai piu audaci che se ne fecero i condottieri. Discesero alcuni nel bacino dell' Indo traversando i passi dell' Afghanistan, la valle di Citral e il Cascemir, e cotesti furono gli avi degl' Indo-Ariani. Altri occuparono i paesi montagnosi al Nord di Cabul, le valli dell'Oxus, e seguendo il corso di questo fiume, si sparsero per le ricche pianure note poscia sotto il nome di Battriana, le cui citta principal! furono piu tardi Balkh e Samarcanda. Cotesti

furono gli antenati degl' Irano-Ariani o Irani Nel principle

lingua, religione e costumi d' ambi i rami erano a un dipresso i medesimi; a poco a poco sotto 1' influenza del clima, delle cir- costanze e d'altre cause in gran numero, ciascuno de'due popoli ebbe un particolare e proprio svolgimento. Quinci le due civilta, 1'iudiana e 1' eranica2.

Per quel che riguarda il Talore storico dell'ATesta, il dotto indianista opina che <c la cronologia e la topografia degl' Irani, nel primo periodo della loro storia, sono purainente congetturali. Tuttavia il primo Fargard del Vendiddd che forma 1'introdu- zione deirAvesta, pu6 fornire alcuni dati geografici che non sono

1 Orig. indo-europc'e. Vol. I, p. 46. * Nineteenth Century, genn. 1881, p. 156.

•;inza. Certo non s'6 fatta ancora la luce snlle con- i rirordate, ma se ne pu6 conchiudere che il prirao sog- giorno d^li Arii era nna regione dove Tin verno regnava <! mesi, e che le migrazioni degl' Irani si stendevano dalla Sog- diana e la Battriana in fino alle citta di Merw e di Herat '. > Molle delle idee di Monier Williams sono conformi a qnelle che il nostro amico Tillnstre Eranista C. de Harlez svolse nella Jntrrnlidtme al Testo dell'Avesta da lui recato in francese, e nell'altro lavoro Les An/as et leur premiere patrie. Ma circa il valore storico de'due Fargardi doll'A vesta, egli 6 di ben altra opinione, come or ora diremo. Osserva pertanto il ch. P. Van den Gheyn che mal pn6 sostenersi nna patria primitiva degli Arii sull'altipiano di Pamir: « il nous sera tonjours difficile d'admettre que snr ce plateau si de'she'rite' nne race ait pu se lopper 2. > Non v'e pert) nulla di ripugnante qualora nel Pamir Monier Williams comprenda le valli di Ferghanna, 1'His- sar e la provincia di Badakcian, contrade vicine alle regioni pa- miriche. Due altre cose noteremo ancora nel citato testo dell'ii- lustre indianista; il significato di eccellenti che da al nome ,i9, poich§ nulla si pu6 asserire di certo sulla sua radice, come gia vedemmo altrove; e 1'uso che fa della voce Irani, invece di Erani, come ora si dice generalmente. < Le vrai nom est en avestique Airyana, en pehlevi Airan, en persan Eran. Spiegel a remis en honneur le nom correct Eran, Eranien 8. »

XX.

Giudizio del de Harlez sul valore storico del? Avesta per n- spetto alia qmstione della prima patria degli Arii. La leg- f/cH'la di Yima. Si esamina un luogo del Bundehesh che contraddice al T. Fargard del Vendiddd. Giudizio dello Spiegel sulla stessa materia.

I due sorami eranisti dell' eta nostra C. de Harlez e F. Spiegel, li certainente hanno diritto d' essere ascoltati in questa ma-

* Nineteenth Century, frcnn. 1881, p. 156.

* Le liercfau d*s Arycu, elud. de geographic hittorique. Bruxcllos, 1881.

* DE Ilvni.E/., tflud. traniennes. De V Alphabet avestique et de sa transcri- ption, p. 44.

•'id DEL PRESENTE STATO

teria, combattono le teoriche del Khode, del Pietreraent e di quanti altri si appoggiano a'dati dell'Avesta nel ricercare la patria degli Arii. « L'Avesta, dice il de Harlez, non pub fornire veruna indicazione esatta circa la patria primitiva degli Arii. Tutto vi e" eranico o eranizzato; tutto anzi in esso & appropriate al Zoroastrismo, cioe al dualismo mazdeo. Vi si potrebbe forse scoprire 1' indicazione dell'Eran primitivo; ma invano vi si cer- cherebbe quella della patria degli Arii asiatici primitivi, e ancor piu vanamente quella degli Arii primitivi *. > II ch. autore os- serva che 1'idea cosl comune di vedere ne'primi Far gar di del VendidM < il quadro delle antiche migrazioni della stirpe ariana > non ha saldo fondarnento. Imperocche nel testo non v' e cosa che permetta siffatta spiegazione; e al contrario un altro passo dell'Avesta formalmente la smentisce. Un errore ancor piu grossolano e quello di unire insieme fra loro i due primi capi dell'Avesta per modo che ne'fatti e gesti di Yima si vegga il seguito delle peregrinazioni noverate nel Fargard; e di per- sonificare in Yima 1' emigrazione conquistatrice degli Arii pri- mitivi, della cui civilta egli sarebbe stato padre e autore. Ora la leggenda di Yima non e ariana, ma esclusivamente eranica ; il che e si vero che la composizione e la redazione del secondo Fargard dove si svolge questa leggenda, sono posteriori d' assai a quelle del testo dell' Avesta. Dunque non vi puo esser nesso intimo fra due racconti di data cosl lontana. Inoltre, nella mossa di Yima verso il Sud, UFA RAPITHVAM, bench& a rigore le due ultime parole possano significare verso il Sud; nulladimeno cotesta versione non e la piu esatta, e da pochi eranisti e am- messa. In questo passo non & quistione d'una migrazione di po- polo, molto meno di quella degli Arii.

Ne punto piu felice e 1' argomento che si vuol trarre dal Bundehesh, quantunque in apparenza assai probabile. Senonche nel testo non si tratta per nulla fa\VAinjdna- Vaega. E quando pure vi si trattasse del piu antico soggiorno degli Erani, « come si pu6 imaginare che i Persian! del YII secolo dell' era nostra, che questa e la data del Bundehesh, conoscessero dopo piu che 3000 anni, le qualita climateriche del paese abitato non gi£ dai

1 Op. eft. p. 28.

DKGLI STl'DII LINta-ISTICI il

!oro padri eranii, n& da'loro avi ariaci, ma da'priiui padri della iatta indo-europea, de'quali ignoravan I'-^istenza? > Notisi ancora cbe aH'afTermazione del Bundehosh contraddice la indi- cazione precisa del Fargard del Vendiddd. In questo e detto che YAiryana ha died mesi d'inverno e due d' estate; laddoye 1' opera persiana assegna alia contrada di cui si parla, sette mesi d' estate e cinque d'inverno !.

Lo Spiegel, che come dicemmo, sostenne gia con pieno cou- vincimento il sistema del Rhode, dopo un piu maturo studio della •quistione e del testo dell'Avesta: < lo non posso risolvermi, dice, a vedere nel priino capitolo del Vendiddd un' abbozzo o schizzo delle migrazioni eraniche ; la noinenclatura geografica che vi s' incontra, non 6 quella delle contrade percorse successivamente dagli Erani. Non v'e la che una semplice circoscrizione del loro territorio ad una certa epoca del loro stabilimento definitive sul «uolo della Persia 2. Cotesta epoca poi a giudizio del medesimo, non e" gran fatto remote, e 1'argomento che si toglie dalla de- nominazione di Ilapta-Hendu, non e al postutto decisivo. Mer- cecchd dalla presenza di questo norne geografico si voile conchiu- dere che la composizione del Fargard dell'Avesta coincidesse col periodo vedico degli annali indiani. Ora la denominazione di Hapta-Hendu potd certamente durare in Persia, anche lunga- mente dopo che al tutto scomparve dalle memorie degli Arii del- I1 India.

XXI.

Opinione del Pictet che pone nella Battriana la patria degli Arii. Argomento linguistico e topografico. Argomento dalle stagioni. Da'metalli. Dalla Flora. Dalla Fauna.

L'opinione piu probabile circa la sede primitiva degli Arii, sembra oggidl quella di Adolfo Pictet che la pone nella Battriana, e al quale consentono il grande indianista lohn Muir, e il sommo geografo francese Vivien de Saint -Martin 3. Essa s' appoggia sui

1 A VESTA, C. 1, S '.1-1-2.— BUNDEHESII, C. \\V. « A VESTA, II, p. CIX.

* Recue ffermanique, 1861, p. 488.

i'-' DEL PRESENTE STATO

dati di glottologia comparata, e su quelli della storia naturale. La Battriaiia degli antichi corrisponde in parte al reguo Afghan di Kabul, cio& a quella parte delTEran o Ariana che & ai Nord-Kst della Persia e confina con Taltipiano di Pamir, il Paropamiso de'greci geografi, e col fiume Aniu-Daria, 1'Oxus degli antichi1. I vocaboli indo-europei relativi alia topografia devono perci6 in- dicarci un paese di montagne e di valli irrigato da numerose cor- renti o da fiumi. Ora uella Battriana coteste condizioni orografiche- e idrografiche si verificano tutte. Le ramificazioni in fatti del sistema montagnoso dell' Asia centrale vi fan capo; le alture di Pauiir dechinano a occidente verso lei, e TIndo-Kusch la fron- teggia a inezzodi; uientre la bagnano TOxus (Amu-Daria) e T laxarte (Sir-Daria) fiumi grandi e famosi.

La divisione dell' anno in tre sole stagioni risulta dallo studio comparativo delle lingue indo-europee; esse sono: 1'inverno o il tempo della neve; la primavera, o ii tempo del rivestitnento della natura; e Testate, o il periodo del Sole. Questi sono gli ap- pellativi che servono a notare le tre stagioni, e se ne possono leggere gli esempii presso il Pictet 2. La diviSione dunque del- 1' anno in tre stagioni conviene alia Battriana, dove il cliina e temperate sotto una latitudine media. In effetto i popoli setten- trionali non hanno che due sole stagioni, Testate e Tinverno; laddove quelli del inezzogiorno ne contano quattro, gl'Indi perfin sei. I nomi poi di metalli nelle diverse lingue ariane comparati fra loro, ci chiariscono come gli Arii prima della loro dispersione possedessero i quattro metalli piu important!, Toro, Targento, il ferro e ii rame 3. Dunque il paese da loro abitato negli autichis- sioii tempi doveva essere ricco in metalli d'ogni ragione, e per6 un paese di montagne. Ora tali sono gli altipiani delTIndo-Kusch e di Pamir, e la catena de T Ala'i e de'Tian-Cian, che abbondano di metalli d'ogni specie. Nelle sabbie dell'Oxus si trova delToro ed anche delle pepite, secondo che attestano il Burnes e il Meyen- dort ; rniniere di rame e di piombo a Bukhara. La missione in- glese del Forsyth a Pamir nel 1873, ed altre esplorazioni recenti,

1 BARTHELEMY SAINT-HILAIRE, nel Journal des Savants, Janv. 1878.

» Op. cit. pp. 105-128. V. KUGENER, Rev. de I' Instruction publ p. 159, t. XX.

3 Yedi PICTET, op. cit. pp. 171-218.

DECLI STl'MI

00 Tabbondanza in cotesti luo^hi di filoni motillifuri !.

'•biezione che si fa contro qnesto argomento d senza valore

per coloro che non arnmettono come scientificamente provata la

>ne di periodi pi ft o meno lnnghi che ebbero norae di eta

del la pietni. del bronze e del ferro.

Gonfermano altreel 1' ipotesi che pone nella Battriana la prima patria degli Arii, la Flora e la Fauna ariana. E nel vero i nomi che ci restano nelle diverse lingue ariane, di vegetali, apparten- gono a una regione temperate, qual' e appunto la Battriana, e la sua Flora e come 1'europea. La quercia, 1'elce, il tiglio; i cereali, come 1'orzo e il frumento, gli alberi fruttiferi vengono quivi come in Europa. Si osserv6 parimente che i vegetali poco noti agli Arii, non sono indigeni nell' Asia centrale, ma che lo sono in una parte o piu settentrionale o piu occidentale. Cosl 6 della segala e dell'avena2.

La Fauna ariana aggiunge forza alia stessa ipotesi, perciocche nella Battriana troviamo come originarii quasi che tntti i nostri animali domestici; il bue, il montone, la capra, il porco, il ca- vallo, 1'asino, il cane. Accennammo altrove 1'opinione del de Mor- tillet, la quale serve di conferma all' ipotesi del Pictet, che noi pure stimiamo probabile, ma non per6 certa. Nuove esplorazioni e nnovi studii intorno a'dialetti dell' Asia centrale, potranno sgombrare i molti e gravi dubbii che restano ancora sulla prima patria degli Arii. La filologia e la lingnistica non scioglieranno mai cotesto problema se opereranno da sole: mentre abbiamo toccato con mano che neppur col sussidio e il forte sostegno del- 1' archeologia preistorica e dell' antropologia, non ci hanno ras- sicnrati sulla vera patria degli Arii primitivi.

1 Ost- Turkestan und dot Pamir-Flatwu, nc\ n. 52 degli Erganzungshtfteti a" Mitth'ilnnr/fin del 1'ftormann. Gotha, 1877, p. 64. « V. PICTET, pp. 222-403.

DELLA DECADENZA

DEL PENSIERO ITALIANO

LA CRITIGA

La critica : il Salfi e il Ginguene. Guglielmo Libri. La sua Storia delle scienze materialistiche e lavoro da rivoluzionario. Con qual criterio giudichi i fatti del famoso processo del Galilei. L' Emiliani-Giudici e la sua Storia delle lettere italiane. Sua boria letleraria Strazio che costui fa di tutti i lelterati cat- tolici. Atto Vannucci, ed altri disertori del santnario. Si palesa seguace della scuola di Gibbon. II suo Martirologio. Panegirico che vi fa di tutti i cospiratori. La Critica moderna del Trezza. E un impasto di cose in- comprensibili. Sue bestemmie Suo libro su Lucrezio. Scienza tedesca sinonima di aleismo. Luigi Seltembrini. Francesco Desanctis. Giuseppe Guerzoni.

Fu gia tempo in cui uaa critica assennata, sobria e imparziale guidava gli scrittori di storia letteraria nell'arduo cdinpito di giudicare i pregi o i difetti, la bont& o la reita delle opere venute alia luce, secondo grinimutabili principii del vero, del bello e del buono. Imperocche allora s'ignorava 1'arte, introdotta poi dalle sette, di subordinare il merito letterario al colore politico, le doti dell' ingegno ai favore delle fazioni, la critica medesiiua al capriccio dei novatori; molto meno si conosceva il mestiere d'incielare uno scrittore, tanto solo perche miscredente, nemico dei Papi, avverso al Gattolicismo, e vagheggiante un' Italia senza Dio; ed invece screditarlo e invilirlo perche religiose, ossequente al successore di Pietro e amante del piti bel vanto che la nostra patria onori, qual e quello d' essere rimasta cattolica. Ma, dac- che una critica dekteria l (ci si pennetta la parola) venne per opera delle sette a prendere tra noi il posto della critica giudi- ziosa, e la storia della letteratura divent& un turibolo, con cui i

1 Dal francese de'le'taire che significa dissolvenle.

Mil.I.A l'Ki:.\I. , 1TALIANO - LA CIUTICA

turiferarii della rivoluzione presero ad incensare gli adept! e gli artofici dell'italica indipendenza, le cose cambiarono aspetto, e i nomi il loro signiflcato. Non si badd piu all'ingegno, non si ebbe piu rispetto all'arte, non si tenne piu conto dei servigi resi alia lingua, al gusto, alia morale, alia civilta e alia Religione. Se non si cacciarono di scanno Dante, il Petrarca, Torquato Tasso, I'Ariosto, il Giovio, il Muratori e tanti altri somrai, che sarebbe stata una fatuita; senza esempio, si cerc6 per altro di travisarne gl'intendimenti, di farli coraparire quello che non furono mai, o di far loro dir cose che non sognarono punto, n& sarebbero stati capaci di sognare. Questo avvenne segnatamente aU'immortale Cantore dei tre regni della seconda vita, che la critica settaria ha spacciato per rivoluzionario unitario, precursore di Lutero, nemico acerrimo del Papato e, cosa incredibile ancora, per il padre legittimo e naturale di Giuseppe Mazzini !

Primo a dare 1'esempio di questa cospirazione contro tutto ci6 che non sia ispirato dal mal talento settario, fu il Salfi, che con- tinud meschinamente la Storia Letteraria del Ginguen6, il quale con inverecondia degna di un giacobino, aveva ricopiato, stor- piandolo e adulterandolo, il Tiraboschi.

Anche GuglielmoLibri, un altro fuoruscito e dei piuavventati contro la Chiesa, scrisse snllo stato scientifico e letterario d' Ita- lia. Ospitato in' Francia, dopo i rivolgimenti del 1831 e colmato di favori dal governo di quel Luigi Filippo, che si facea un vanto di essere il Mecenate di tutti i piu infocati nemici del Papa e dei Principi italiani, ?i diede alia luce una Storia delle scienze matematiche in Italia, nella quale non ebbe altra mira principale che di scagliare le consuete ingiurie e le viete accuse, che i protestanti ed i settarii mossero in ogni tempo con- tro la Chiesa cattolica. Still' autorita di scrittori notoriamente acattolici, afferma che la Chiesa condannasse nel medio evo lo studio della filosofia di Aristotele; che il progresso delle lettere e delle scienze fu ritardato appunto dai dommi; finge d'ignorare a chi debbasi la fondazione delle nostre universita, ne fa men- zione dei grandi servigi che i monaci e i frati resero alle scienze, allo lettere e alle arti. Di Giordano Bruno e di De Doininis fa

DELLA DECADENZA DEL PENSIERO ITALIANO

due vittime della Corte romana, e del Campanella il precursore di Galileo e di Giambattista Vico.

ParlaDdo dell'astronomo fiorentino, ingarbuglia in tal guisa il racconto, da accreditare la menzogna, messa in giro dagli eterodossi, della sua tortura. Affastella gli error! piu badiali sull'origine della Riforma, e osa perfino scrivere, che: « quando i popoli furon veduti stringersi attorno a Lutero, e scemare le offerte del fedeli, la Chiesa rinnov6 i suoi supplizii, e Roma diedeall'inquisizione la sua primitiva severita. Allora Carlo V fu sguinzagliato, come belva, contro i luterani, e si os6 perfino ringraziare Dio solennemente della carneficina degli Ugonotti nella notte di san Bartolommeo. > Quante calunnie conden- sate in poche parole! Piu curioso e quanto scrive a proposito dei tentativi fatti dai protestanti, per inoculare il veleno della Riforma in Italia: « I germi-del protestantesimo, che si mani- festarono in Italia, farono con incredibile rigore soffocati; e fu segnatamente dopo il Concilio di Trento che la censura prese un carattere di severita, che a partire da quell' epoca le per- secuzioni divennero piu frequenti e i supplizii piu acerbi. >

II Libri non mancb d' ingegno e d' erudizinne ; e se non fosse stato invaso da spirito anticattolico, avrebbe certo reso un buon servigio alia storia. Come pressochfc tutti i fuorusciti, tram6 contro i Principi che governavano in Italia, e nella Revue des deux mondes prese a scrivere articoli, per eccitare viemaggior- inente il inalcontento che covava nella penisola, dove le sette preparavano moti e insorgimenti. Pari all' ingegno non ebbe 1'onesta; perche scoperto come truffatore dei piu preziosi ma- noscritti delle biblioteche parigine fu processato e obbligato a ricovrarsi in Inghilterra. L' immoraliU per altro form& in ogni tempo la iiota caratteristica dello scrittore rivoluzionario. II De Maistre avverti che 1' ingegno messo in servigio della rivo- luzione e un'arma in mano del malfattore; e che sia un pre- tendere 1'impossibile aspettarsi probita da un uomo d' ingegno, che siasi venduto alia rivoluzione.

Niuno che abbia un po'di pratica della nostra letteratura ri- voluzionaria, ignora la boria e il sussiego, onde il siciliano Erai-

LA CKITICA

ulici osa affennaro nella sua ^s lie la critica in Italia fu, sin dal suo nascere, ciarliera,

i are, non v' ha scrittore rivo-

lu/.inuario, che lo pareggi nell'arto di dire impertinonze e di rimpicciolire coloro che non sono manifestamente ostili al Papato e alia Chiesa. Disertore prima del chiostro e poi del santuario, il Giudici si da come 1' inventore della polvere in opera di cri- tica e di storia letteraria: 1'astioso e invido poeta di Zante, quel Foscolo che non soffriva ne superior! ne rivali, non giunse forse alia pretensione di chiamarsi il primo critico d' Italia? < A me primo nacque violentissirao il desiderio di conoscere quel- Viiniime storico, che potesse in prospetto ed a caratteri decisi presentare 1'immagine delle epoche delle italiche lettere. »

Questo del credersi tutti i fortunati scopritori di un mondo nuovo, fu sempre il vezzo degli scrittori educati e ispirati dalla scuola rivoluzionaria.

Fa disgusto il modo sprezzante e talvolta anche villuno, con cui passa a rassegna gli storici della nostra letteratura. Per esso Giuseppe Maffei ha uno stile festante, volatile, indeterminate, « solo vago e piacevole ai giovanetti, in quanto non richiede in continua tensione le facolta intellettive del leggitore. > LT An- dres e senza tante cerimonie, « un ciurmadore, che rese sospetta la sua btiona fede colle frequenti contraddizioni, gli anacronismi, 1'avventatezza dei giudizii, i'iutemperanza rettorica, Tenfasi spa- gnuola. > Non dice che fu gesuita, ma fa supporlo dalla bile con cui ne parla, e dall' antipatia ch'ei sente per quell' erudi- tissimo e coscienzioso scrittore. La Storia della volgare poesia del Cresciuibeni chiama < un libro ripieno di tutio il vaniloquio del secolo; > e 1'autore « uno di quei facchini letterarii, che adunano moltissimi material!, di cui novantanove centesimi tor- nano inutili. > Definisce 1' Idea dell' Italia letterata del Gimma un ammasso di sofismi e di cavilli assai piu aniinato, sebbene piu barbaro di quello del Crescimbeni. > Nel Quadrio, coevo al Gimma, non trova che tracotanza. Del Tiraboschi, come del Cor- niani, parla con piu moderazione, senza per altro risparmiar loro il biasimo d'incapacit£ e inettezza. Dopo tauto scialacquo di in-

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giurie e di contumelie, contro coloro ai quali 1' Italia deve la storia delle sue lettere, chi si sarebbe aspettato il panegirico del francese Ginguene", il quale, come tutti sanno, non fe'che copiare il Tiraboschi ? Eppure di questo plagiario, che la Francia dei Giacobini inandft suo ambasciadore a Torino, il Giudici af- ferraa, aver avuto senso piu sano del Tiraboschi, e che « il merito della sua opera e riconoscinto daU'universale gratitudine degl' Italiani. >

Inciela Niccolo Machiavelli asserendo di lui, che < il concorde sentire dell' universe mondo letterario lo saluta ogginaai qual creatore della scienza politica nei tempi moderni, e che i dotti dei susseguenti tre secoli lo ammirano come il principe dell'arte di governare gli Stati. > Chiama il Possevino < fra gl'iniqui e sfrontati infamatori delle glorie di quel grande italiano, ini- quissimo e sfrontatissimo; > e perfino ribaldo, scusate se e poco, il padre Lucchesini, per aver messo in evidenza le sciocchezze del Segretario fiorentino.

S'oda come parli di fra Paolo Sarpi e del cardinale Palla- vicini : < Maggiore rumore fecero le due stone di fra Paolo Sarpi e del cardinale Pallavicini. L' opera del primo e libro unico nel suo genere, e straordinario a quei tempi, e dalla parte di or- dinare i fatti ed esporli, un esimio filosofo francese (Mably) lo proponeva come un modello a chiunque studiasse di scrivere storia. Dalla parte delle cose che narra, e splendido testimonio dell'indipendenza dei pensiero italiano, che, tra le torture della tirannide e il ferro degli assassini, qualora ardisca manifestarsi, sorge animoso, affronta il martirio, e si rende degno della co- rona degli eroi. > Questo elogio del frate veneziano, e 1'enfasi con cui e levata a cielo la sua opera, scritta per calunniare la Chiesa e il Concilio Tridentino, ben palesano, come nel Giudici' la perversione delle idee fu pari alia comizione del cuore. Pen- sate con qual astio e rancore dovesse giudicare la storia di quel- 1'insigue Porporato, che scrisse per isfatare e sbugiardare Tipo- crisia di fra Paolo? « Se pot& il Pallavicini, egli dice, scrivere con piu fioritura di stile, ed in questo avanzare il suo rivale, gli rimase gran tratto addietro nel modo di concepire il soggetto.

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II libro del ' !> frate di Venezia e storia, quello dell'emi-

nentissirao e apologia; e perci6, ad abbracciare i fatti che narra, si bisogna andare guardinghi; a seguirlo senza sospetto nelle sue considerazioni ci vorrebbe una larga misura di buaggine o 4uto spirito di parte. >

Uno scrittore, contro cai scaglia le folgori di quel suo stile gonfio e turgido, e il sommo Daniello Bartoli, forse perche ge- suita anche esso. « Maggior merito, egli scrive, si suole attn- buire a Danielio Bartoli, ingegno fecondissimo, massiraamente, dopo che un dotto filologo (Pietro Griordani) gli rinverdiva sul capo gli allori inariditi. Che egli sia abbondante, non si puft negare; che egli usi parole scelte, che egli componga frasi ve- nuste, ne convengo volentieri ; ma che il suo modo di scrivere sia un miracolo, non posso indurmi a concederlo; avvegnache mi sembra che egli dondoli in dettato, e che per troppa libidine di leggiadria lo lisci e lo ammanieri, in guisa che, portato piu in la, diventa affettazione. fi buono, anzi perfetto model lo per le sette present! e future dei parolai ; per chi si proponga di ma- nifestare il pensiero limpido e intero, e cattivo modello. Come storico di cose vere, nemmanco e a discorrerne. £ un rettorico che arringa, un maestro di scuola che compone la sua diceria, non mai un pensatore che parli davvero. >

Elogi e panegirici profonde al Foscolo, del quale fa come un rifonnatore della nostra letteratura, il modello in ogni genere, un critico di prim' ordine, un patriotta senza rimprovero. Ep- pure, di lui scrive il Cantu : « Dal delinearci Dante al vero lo distrasse la bizzarria di volercelo offrire come un eresiarca, per blandire qualche spigolistra. Perocche egli, avendo trasportato i costosi suoi vizii in Inghilterra, si piegd a scrivere articoli di giornali, non sempre indipendenti, e blandire persone e opinioni... La divozione di Giuseppe Mazzini riuscl a canonizzarlo tra i precursori, nientre una sconsiderata amicizia ne pubblico scrit- ture. che lasciano dubitare se fosse un angiolo o un demonio, un franco pensatore o un valletto mascherato. >

Chi non ha conosciuto il vecchio Luigi Settembrini, Tenfatico

Serie -t/7. vol. VI.f<uc.8\l 4 27 mar to 1884

DELLA DECADEN.NA DEL PENSIERO ITALIANO

repubblicano che ebbe il mestolo nell' istruzione pubblica di Napoli e la dittatura letteraria sotto gli auspicii del platonico Bonghi, liberate deinocratico coll' Eccellema? Ora il Setteiu- brini, ai tanti meriti che egli ha acquistati cospirando, ha pure aggiunto quest' altro, d'essere stato scrittore d'una storia let- teraria d' Italia, che e un vero capolavoro di strain berie, di assurdita, di bestemmie e di buaggini, da far venire il capogiro a chiunque si volesse mettere seriaraente a leggere quei tre volumi, ove egli ha preteso insegnare alia nostra gioventu la storia del pensiero italiano. Non parliamo dello stile con cui e scritta questa storia; perche e ozioso occuparsi della forma, quando la sostanza fa a calci col buon senso, col gusto, colla verita e coll' arte. Lasciaino da parte quella sua definizione della letteratura, che egli dice essere « 1' arte nella parola > ; non gli domandiaino ragione della sua asserzione intorno al Vero, che egli dice, apprendersi col sentimento e colla fantasia e colla riflessione; uiolto meno, che cosa voglia dire quando affernia che, « 1'arte rappresenta il vero, 1' assoluto, 1' infinite nella realta delle cose; > che esso non rappresenta la natura, ma lo spirito nella natura, che nasce non per sentimento e riflessione, ma per ispirazione; questi e simili aforismi d'una filosotia, che puzza di panteismo, sono un nulla a petto del pazzo bestemmiare contro la Eeligione santissima di Cristo.

Si legga, per rno'd'esernpio, 1'empia e fantastica dipintura, che 1'Autore fa del Cristianesimo : « Quando la terra fu esausta, e quando fu spremuto il piacere anche dal dolore, la terra non bast6 piu aH'uomo, e bisogn6 uscirne. Necessariamente, surse allora una nuova idea, appunto, quando 1'antica avea compito il suo corso, e quest' idea fu il Cristianesimo; il quale af- ferma, che tutto il bene, tutto il vero e tutto il godimento non & qui, ma in un altro mondo, che nessuno ha veduto, e che bisogna credere per rivelazione. Quindi la terra e niente, il cielo e tutto: 1'uomo e niente, Dio & tutto; la vita e inorte, la morte e cominciamento della vita eterna. Quindi, non patria, nou ric- chezza, non famiglia, nia solitudine, poverta, monachismo. Quindi, il sapere spregiato, 1' arte odiata, come cose perniciose o almeno

LA CRITtCA

inutili alia salute etcrna; nnica sapienza riconoscere il proprio nulla... La bellezza peccato, la potenza vanita, la ricchezza opera del demonio; 1'inerzia, 1'ignoranza, 1'nmiliazione, I'anmillamento sono la perf«3zione. > Piu innanzi dice: « II Paganesimo af!erm6 la terra, il Cristianesimo la negd, e distrnsse quanto vi era di male o di bene. > Discorrendo della civilta pagana, sempre a modo sno e con quolle forme di stile che son proprie dei gaz- ieri, afferma, che questa < non fu distrutta dai barbari del settentrione; i poveri barbari non ebbero col pa alia nostra bar- bade... Fa il Cristianesimo, che distrusse la civilU antica, e diffuse la barbarie, nella quale si afferm6 in tutta la sua po- tenza... Poiche il Paganesimo fu vinto, ogni sapere umano fu abbandonato e diinenticato ; anzi, fu vietato dai Concilii, e fu comandata la santa ignoranza... $ inutile ricercare scienze ed arti nel medio-evo : non vi si puo trovare nulla, perche fu ne- cessita distruggere ogni cosa. > Simili amenita non erano mai cadute dalla penna di alcuno scrittore, per qnanto furibondo nella sua empieta e dementato dall'odio settario. Lo stesso Garibaldi, col qnale e nello stile e nelle idee ha qualche analogia il Set- tembrini, 1'eroe dei due mondi e il prosciugatore delle Maremme romane, che ha sempre avuto il pizzicore di voler passare per uomo d'ingegno e di lettere, lo stesso Garibaldi, diciamo, non ne disse mai di si badiali e di si smaccate nelle sue epistole e nei suoi romanzi. Non v'e pagina in quei suoi tre volumi, dove non si trovi o una sciocchezza da fare ridere, o una be- stemmia da far turare le orecchie. Buon senso, gusto, critica, criterio, temperanzi, imparzialita, tutto manca a questo libro, che non e libro, ma un affastellamento di grossolanita, d'in- coerenze, di contumelie, di pedanteria e di cinismo. Ebbene, i posted stenteranno a credere, che ci fu tempo in Italia, in cui quest' opera fu proposta dai professori di letteratura nei nostri lict-i come un buon testo, per istudiarvi la Storia letteraria, e le si dette perfino la preferenza a lavori congeneri, comeche scritti con ispirito antireligioso. L'antichita condannava i libri di I/'ucippo, Democrito ed Epicuro, perche funesti alia giovontu stndiosa. L' Italia moderna fa dei cattivi libri il testo delle sue

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scuole, e i loro autori insignisce della croce del soliti santi, o promuove alia dignita di Senatori del regno.

Al Settembrini tien dietro il De Sanctis, la cui Storia della Letteratura italiana ha questo merito, appetto di quella del Settembrini, che 6 opera di maggior polso, e dove 1' autore non fa propriamente della bestemmia un'arte; ma e animato da spi- rito antipapale. Cosl dalle prime mosse ei dice, che « il Papa aspirava a far sua tutta la terra, e che la storia religiosa assor- biva in se tutti i tempi e tutte le storie. » A proposito di Niccoio Machiavelli, e parlando della corruttela di quel secolo, scrive: < La forma piti grossolana di questa corruttela era la licenza dei costumi e del linguaggio, massime nel clero... la licenza accompagnata coll' empieta e 1' incredulita avea a suo principale centro la Corte roinana, protagonisti Aiessandro YI e Leone X. Fu la vista di quella Corte, che infiamm& le ire di Savonarola e stimol6 alia separazione Lutero e i suoi concittadini. » Sono le solite calunnie, che da Lutero ad Erasmo e dai volteriani fino a noi, si ripetono sempre contro i Papi!

Fa sue tutte le idee del Machiavelli, segnatamente quelle contro la sovranita temporale del Papa ; e accennando al disegno, che il Segretario fiorentino vagheggiava, di una religione ridotta a puro strumento di grandezza nazionale, conchiude, in aria di trionfo: < fi questa in fondo la miglior idea, 1'idea di una Chiesa nazionale, dipendente dallo Stato, e accomodata ai fini e agl' in- teressi della nazione. » Ma una tal Chiesa non sarebbe piu la Cattolica. Per esso il Machiavelli e il piu grande riformatoro religioso, morale, politico, che sia mai comparso. Eppure, qual pensatore fu piu mediocre dell' autore del Principe, la cui licenza nella vita e indifferenza in ogni cosa non ebbe riscontro se non nei secoli del Paganesimo, di cui il Segretario della repubblica fiorentina era ammiratore idolatra? La sua cultura non fu straordinaria; molti in quel secolo 1'avanzarono di dottrina e di erudizione. Di speculazioni filosofiche fu quasi digiuno; nelle scienze naturali non fu molto innanzi, tanto, che in alcuni casi accenna all' influsso delle stelle. Giarabattista Alberti ebbe certo una cultura piu vasta e piu compiuta. Corn'e dunque, che il

LA CRITICA

De Sanctis no fa il piu grande dei nostri filosofi? < II suo in- gegno oltrepassa T argomento e prepara Galileo. » II vero e, che il Machiavelli di grande non ebbe che il suo odio contro il Papato, e di straordinario che la cinica indifferenza verso ogni cosa, il male o il bene, la verita o la inenzogna, la virtu o il vizio; per cui dalla taverna passava allo scrittoio, dalla bisca alia corte, dal coramercio cogli osti, coi inugnai e coi fornaciari a quello dei signori e dei dotti. L' Italia presente ne ha fatto il modello della sua arte di governare, e il testo dei suoi istituti scolastici ; con che si avvalora 1' opinione di coloro i quali sti- inano, che un regno fondato sulla politica del Machiavelli e con- d,otto cogli insegnamenti di quel maestro nell'arte di gabbare i popoli, non pu6 approdare che alia fine riserbata agli Stati, i quali dimenticarono il detto della Sapienza: lustitia elevat gentes.

A mano a mano cbe il De Sanctis avanza nel suo arringo, e piu egli si fa apertamente ostile e infenso alia Chiesa. Si di- rebbe ch'ei senta il bisogno di dissipar nei suoi lettori il so- spetto d'essere uno scrittore ortodosso; sospetto, che nasce dal vederlo evitare nel primo volume alcune quistioni, nelle quali avrebbe potuto far intravedere il suo maltalento coutro la Chiesa cattolica. Infatti, leggasi ci6 che scrive a proposito del Concilio di Trento : « La Chiesa, anzi il Papa si proclama solo e infal- libile interprete della verita, e dichiara eretica non questa o quella proposizione solamente, ma la liberta e la ragione, il di- ritto di esame e di discussione. Da questa lotta nasce il concetto moderno della liberta. Presso gli antichi la liberta era parteci- pazione dei cittadini al governo, nel quale senso d auche intesa dal Machiavelli. Presso i moderni accanto a questa liberta po- litica 6 la liberta intellettuale, o, come fu detto, la liberta di coscienza, cioe a dire, la liberta di pensare di scrivere, di parlare, di riunirsi, di discutere, di avere un' opinione, e divulgarla, e in- segnarla: liberta sostanziale dell'individuo, diritto naturale del- 1'uomo, e indipendente dallo Stato e dalla Chiesa. Di qui viene questa conseguenza, che interpretare e bandire la verita £ diritto naturale dell'uomo, e non privilegio di prete: sicche proprio della

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Riforma fn il secolarizzare la Religione. II concetto opposto, fon- dato sull'onnipotenza della Chiesa o dello Stato, 6 il diritto di- vino, la teocrazia, il cosarismo, 1'assorbiinento dell'individuo nel- Pessere collettivo, come si chiarai, o Chiesa, o Stato, o Papa, o Imperatore. >

Abbiamo voluto riferire questo lungo brano della storia del De Sanctis, non per fame una confutazione, che e gi& stata fatta tante volte, ma per dare un saggio delle opinioni di questo scrit- tore, tanto piu pericoloso per la gioventu, qnanto si mostra piu moderato e temperante nella raaniera, con cui egli prende ad at- taccare la Religione e ad insinuare il veleno di qnelle dottrine, cbe oggidl sono state tradotte nella pratica dalla piu parte dei governi, che proclamano il divorzio della ragione dalla fede, della scienza dalla rivelazione, dello Stato dalla Chiesa. Del resto, nulla, vuoi per la forma, vuoi per la sostanza, ci e di nuovo nolle cose, che il Da Sanctis spaccia con tanto sussiego uella sua storia. Prima di lui e forse meglio di lui questi medesimi sofismi erano stati scritti da V. Cousin e Francesco Guizot in Francia, da V. Gioberti e tutta la sua scuola in Italia. L'autore li ha spi- golati qua e la, di suo non aggiungendovi altro chel'impron- titudine propria dei pedanti della rivoluzione.

Ora passiamo allo storico della garibalderia e della gloriosa impresa di Mentana, a quel Giuseppe Guerzoni, che andato a Pa- lermo per occupare la cattedra di letteratura in quell' Ateneo stampava un corso di lezioni, che egli intitolo il Terzo Eina- scimento. Chi volesse farsi una idea di questo libro, vero distil- late di tutte le esagerazioni rivoluzionarie, dovrebbe, a parer nostro, aver conosciuto 1'uomo che 1'ha scritto le style c'est riiOmme. Ora il Guerzoni, 6, o meglio, fu sino a quel tempo, cio6 prima della sua conversione politica, un garibaldino e dei piu affocati. E questo fia suggel ch'ogni nomo sganni.

II Terzo Einascimento e adunque nna novella storia di let- teratura, scrivea test^ il De Beaumont in un opuscoletto stain- pato a Palermo, e un libro scritto a vapore e con vivacita a guisa di romanzo. Perch5 1'abbia battezzato col titolo di .Terzo Einascimento } non abbiamo potuto ancora comprendere, n6 1'au-

tore si £ degnato spiegarcelo. lufatti, per sentiment" universale ; storici, di i non se n'e dato in k-tt-Tatura die

iin solo; e se dopo il trecento e il cinqiiecento le lettere ita- liane scaddero dall'ai D cui erano salite, eJ ebbero delle vi-

cende, non per6 tornarono mai n-'lle ombre di morte. Ma lasciamo da parto il titolo del libro, e veniamo alia materia dello stesso.

La prima cosa infatti die in esso ti colpisce, e il difetto as- soluto di metodo, per cui no le giuste proporzioni del lavoro sono conservate, nd 1'ordine delle parti ; sicche, il libro piu che la matoria e riuscito di tanta prolissita, che ci vonrebbero anni ed anni, e non si sa quanti voluini, per compiere 1'intero corso. Riguardo allo stile, oltreclio negletto e informato dello spirito della scuola francese di V. Hugo, e poi abbagliante, per guisa, da parere un fuoco di meteora. Prelude con dire : « II segreto della storia italiana e questo: al di qua del niare tutte le origini, al di la del mare tutti gli svolgimenti e le catastrofi. La Sicilia da airitalia la cosa piil sacra, la culla ; Fltalia restitnisce alia Sicilia la cosa piu necessaria, la forza. Da questo ponte la civilta greca penetra a Roma; da questo ponte 1'aquila romana spicca il volo su tutto I'Oriente. Ciullo d'Alcamo abbozza la lingua della Diviaa Commedia, come la rivoluzione ghibellina dei Vesperi ne disegna il fondo politico: ii 4 aprile spiega il 27 maggio, come la presa di Porta Termini prelude alia breccia di Porta Pia. > Non v'aspettate di trovare in tutte le 516 pagine di questo libro ne indagini filosofiche, ne larghezza e profondita di pensieri; bensl, vi troverete un'arte iniinitabile" d'affastellar cose vecchie e risapute, ed orpellarle in modo da gabbare i gonzi e farle parere altrettante peregriniU. Di stramberie ne troverai a iosa.

Citiamone qualcuna per saggio: « Volete sapere come sia av- venuta la risurrezione deli'uomo italiano? $ d'uopo che vi ri- chiauiiate alia mente la teoria della trasformazione delle specie di Giorgio Darwin... Mazzini e Giusti procedettero da Manzoui, ereditando le medesiine convinzioni e la medesima fede... Ber- chet, Leopardi, Guerrazzi, Prati, Aleardi, veri apostoli >lelle audaci imprese e del sagriiizio... L'anima del Leopardi fu profonda-

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mente religiosa, avida di un ordine di cose divine. > Dopo aver fatto il panegirico di Napoleone I, con uno stile da disgradarne il Marini e 1'Achillini, finisce con queste parole: < Nulla di piu sacro e inviolato : troni, altari, politica, Religione, nobilta, clero, accademie, scuole, tutti sono segnalati dal dito sterminatore del- V ironia... La musa e came delle nostre carni. >

Per dire, che la generazione presente si e formata alia scuola di Giuseppe Giusti, cio che resterebbe a provare, si esprime cosh « Tutti gli uomini di buon senso e di buon cuore, mondi di ciar- lataneria e scarchi di passione, pronti piu ai fatti che alle pa- role, ma guardinghi tanto nel dire quanto nel fare, impastati di quella materia solida, che non si lascia portar via dalle nu- vole, ne irrigidire tra le pastoie, son venuti su coirintelletto e il culto della Musa di Giusti, e sono oggi ancora, pu6 dirsi, la sua prole pift nobile e fortunata. >

Sfidiamo tutti i secentisti, se abbiano gonfiato di piti grotte- sche iperboli i loro scritti, quanto il romanzesco Guerzoni la sua prosa. Leggetene, in esempio, questo tratto : « Ma se attendete pochi anni ancora voi vedrete forse il discendente d' uno di quegli uomini, forse il figlio del discendente di quel servitore costretto un giorno a cedere ii pane ad una bestia, memore dell'insulto gra- tuito del padre, erede del suo odio e della sua miseria, correre i crocchi, entrare nelle congreghe, dove gia la plebe pesava e giudi- cava la colpa dei padroni, unire la sua voce ad ogni grido d'im- precazione, aggravare la bilancia dei torti comuni colla storia dei proprii patimenti, affrettare coi voti il giorno della vendetta, chiedere d'essere i primi ad assalire le odiate case dei padroni, ed a cominciare la giustizia. Gli e di questi afflitti, di questi mi- serabili, di questi perseguitati, di questi servi gittati alia strada, di questa plebaglia calcolata meno di un cane, di questi disere- dati d' ogni bene, senza pane, senza diritto, senza tutela, senza speranza, che si comporra tra poco, che si e" sempre composta la grande massa combattente delle rivoluzioni, massa cieca, inco- sciente, fosca, capricciosa, come le mille lingue d'un incendio, pid pronta a vendicarsi che a redimere, piu atta a demolire che ad edificare... fiuuie profondo, ingrossato dalle torbide e dalle

LA

scorie dei secoli che i pani e i circensi del Cesari riuscivauo talvolta a rullentare; ecc. ecc. >

Citammo questo brano per due ragioni: la prima, per dare un saggio del la vanita e gonfiez/a, con cui 1'autore precede in tutto il sue corso; e I'altra, per dimostrare la gran perla di professore che il ministro Bonghi ha regalato all'Ateneo paler- mitano, per insegnare alia gioventu la letteratura.

Non parliamo delle sue idee religiose e dell'insigne legge- rezza, con cui tocca argomenti e cose, delle quali si mostra al tutto ignorante, perchd saremmo costretti a entrare in un pel ago interminato, con noia indubitata di chi ha la cortesia di leg- gerci. Affrettiamoci invece a conchiudere che il libro del Quer- zoni & tutto fiore di letteratura garibaldesca, pieno di frivolezze, di esagerazioni, di gratuite asserzioni, di giudizi avventati, di apprezzamenti erronei, il tutto lardellato di qualche frase empia e di parole altisonanti, e con uno stile che sa di gazzetta e di romanzo. E romanziere e gazzettiere era egli pria che Marco Minghetti, ii quale nell'arte di sedurre non 6 certo inferiore al Cavour, gli aprisse la porta del Paradiso del bilancio ' e gli desse un cantuccio nel beato regno dei gaudenti. A rive- derlo dunque tra la schiera dei romanzieri della rivoluzione: perocch& & tempo di toccare d'altri che ci fan ressa, e non son forse da meno di coloro ai quali abbiamo dato luogo in questo nostro lavoro.

1 PETRUCCELLI DELLA GATTINA, / morlbondi ecc.

LA CONTESSA IXTERNAZIONALE

i.

SI VA IX VILLA.

Due splendide carrozze, in assetto di viaggio, coi cocchieri a cassetta in atto di contenere i briosi cavalli, aspettavano dinanzi ad un portone signorile* Monelli e sfaccendati stavano sulla via come allocchi, in attesa di vedere chi vi dovesse montare; perch& nell'androne si udiva un patassio strepitoso di voti femrainili. Tra le altre, si faceva sentire una vocina chiara e spiccata, che diceva: Babbo, o che si va subito alia stazione di Porta Sasa?

No, no, Silviuccia, rispondeva una voce virile, ma ca- rezzevole.

-E perche?

II libro del perche cadde in mare e si perde.

Basta, soggiunse la mamma che era 11 presente, il perche e che questi signori ci fanno la gentilezza di volerci alcuni giorni in villa con loro, prima che torniamo a Milano.

Troppa grazia, rispose Silvia con un bell' inchino riGorito di un sorriso compiacente. II signor cavaliere Boasso io lo co- nosco alia prova: mi favoriva spesso mentre ero in collegio. Avr6 cosi il commodo di ringraziarlo a mio grande piacere.

Qui il vocio ripiglift piu forte e piu confuso. G-li uomini aiu- tarono le signore ad adagiarsi nella prima carrozza; che era a quattro posti e commodissima ; ed essi salirono nella seconda che aveva solo due posti e'il sederino. Si fecero gli ultimi com- plimenti dalle maestre alia mamma di Silvia, ci furono le con- venevoli lacrimette dell' allieva partente, le promesse di scrivere e riscrivere ; poi i baci e ribaci sporti dalla carrozza. Schiocca- rono le fruste, si videro agitarsi ventagli e pezzuole ; e le vetture presero il trotto verso piazza Castello, bella tra le bellissime piazze di Torino. Le sacche, le valige, le bolgette, le scatole, le cappelliere, erano gia state speiite il giorno innanzi sopra un baroccio di campagna : e formavano un giusto carico, un piccolo

l\ VILLA lo Sill p

di mode della Silvia, dolla <• i I'inota, sua

madro, o di im'altra fancinlla, cugiiia di Silvia per parte di padre, la povera Severina.

Cosl si dava addio al collegio, dove la contessioa aveva pas- sato due anni. Xun piu di duo auni, perche, sebbene ella toccava appena do'sedici auni, sua madre fece fuoco e fiamuia per ri:i- verla presso di so, e darle quell' ultimo fmimento di educazione esquisita cd elcgantissima, che nessuna inaestra al mondo avrebbe saputo (cosl credeva essa) condurre a perfezione come lei. Gia, quanto a lei non ci era stato verso che consentisse all'andata di Silvia in collegio. Ogni giorno erano battibecchi col marito, per istornarlo da quosto proposito. Finche una bella mattioa il conte della Pineta, mentre la moglie era tuttavia tra le inani delle cameriere, prese seco la birnba, e salito in couvoglio alia stazione di Milano, arrivo a Torino, dove lascift la figliuola in collegio, stizzita e piangente dell'iuaspettato provvediinento.

Appunto questo drauimetto famigliare si rammentava nella carrozxa in cui venivano i signori della brigata, cio6 il conte della Pineta e T arnico suo col figliuolo Ainedeo. E il coiite ag- giugneva: - Tanto mi parve bene 1'averla messa iu collegio, che, so fosse dipeuduto da me solo, io non 1'avrei levata si tosto. Ma mia moglie non mi lasciava piu ben avere. Non passava giorno, che ella non mi catechizzasse sulla neccssita urgente di richiamare la bambiua, e che Silvia sarebbe la gioia mia e sua, e rimetterebbe in casa un raggio di vita e.di poesia, e che era tempo di darle un po'di mondo. Ne inventano tante le donue, quando si fissano in un capriccio! Che volete? pro bono pacis... Quando si e vecchio ed accasciato, bisogna far a inodo delle no- stre donne.

L'araico, che era un grasso banchiere di Torino, non voleva, a cose fatte, disapprovare la debolezza del conte: Perche gua- starmi il piacere di villeggiare a cuor consoiato una paiata di settiinane? Del resto egli era di tutt'altro pelarne e di tut- t'altro pensare e su cotesto particolare e sopra altri assai. II conte era un gentiluomo lombardo, gia diplomatico di vaglia, e arrivato quasi al punto di raggiugnero Tambita nomina di am-

(10 LA CONTESSA INTERXAZIONALE

basciatore, quando una incurabile infermita alle ginocchia con frequente sordita, lo costrinse di rinunziare alia sua felice car- riera. II banchiere invece nasceva di civile condizione, e nulla pi ft; tutto il lustro del suo nome borghese provenivagli dal luc- cicore de'quattrini, ch'egli aveva fattx) prima a cappellate e poi a barocciate, a barcate, specialinente in certe imprese di canali e di ferrovie. II conte si pregiava di cattolico, e di che tinta, a udire lui; in realta pencolava verso quella sfumatura che fu si visibile nel buon Manzoni, invecchiato e impoverito dei fieri pro- positi dell'eta virile. II bravo conte avrebbe preso che Pio IX e Yittorio Emmanuele uscissero pel Corso, insieme a braccetto ; e nnlla facevagli prender i cocci piu che 1'udirsi appiccare il nomignolo di clericale. Laddove il dabbene piemontese, forte al credo vecchio, e tutto d' un pezzo, non si brigava di conciliazioni piu che il Kan dei Tartari : gia, non aveva tempo d' impacciar- sene, perche gli affari suoi eran molti ed incessanti. Ci voile del bello e del buono, per indurlo ad accettare un brincello di na- stro che gli amici gli ottennero a sua insaputa; ed egli nol por- tava mai, fuorch& quando reggeva 1'asta del baldacchino nelle processioni, n& si sottoscriveva cavaliere, se non quando mandava la sua offerta al danaro di San Pietro.

Del resto il cavalier Boasso, come negoziante, faceva buon viso a tutti. si chiamava amico di ognuno ; col conte poi della Pineta, che spalleggiato lo aveva in lucrosissimi appalti, non solo si con- fessava amico, raa intimo e leale confidente. E appunto nella brava faccenda di coliocare la Silvia in collegio avevalo servito come uom di fiducia. Aveva trovato 1'istituto da cio, trattato della dozzina e del corredo, e preso sopra di se la rappresen- tanza del padre, e le frequenti visite alia fanciulla, per tenere inforinati d'ogni cosa i genitori. Scelto aveva un luogo di mezza tacca, non tanto mondano da pericolare la onesta di Silvia ; e cosl piaceva al conte ; non tanto all'antica da infondere nella fan- ciulla sentimenti spiccatamente devoti; e cosl non dava appiglio alle querele della contessa, la quale avrebbe sofferto un attacco di nervi al solo immaginare la sua figlia in casa alle Dame del Sacro Cuore. II fatto era che Silvia era venuta su, cosl una certa

\ V IN VILLA

-.), ma pi i"i volta al bene che al male, a cagione del- 1'indole sua schiva e gentile.

i;t'T,itelle di Silvia, per le qnali il padre suo 1'aveva, quasi di vi<»kin/,a, seqii'-struta in collegio, potevansi passare piuttosto per vmi'tti dell'eta, che per segni d'indole cattiva; e piu n'era per avventnra da addebitare la madre che la figliuola. Figurarsi, che la buona contessa non pativa di vederla andare a chiesa, altro che la festa, e alPora del mondo elegante; alle divozioni de' sacramenti mandavala appunto per Pasqua, e al confessore sceltole apposta tra i piu liberaleschi ; per premio poi della di- vota communione conducevala al teatro della Scala. Per formarle il carattere forte e indipendente, com1 essa. dice va, la garriva di melensa, se per caso non avesse saputo rispondere alle ripren- sioni delle maestre o della governante. Una volta che la bambina le torn& dalla scuola tutta sgomenta, per via di certi discor- settacci uditi dalle compagne, la provvida mamma non seppe altro predicarle, se non che una persona amraodo non deve ar- rossire giammai. Poi, invece di volare a lamentarsene colla direttrice, si fece a dimandare alia figliuola, con artata flemma: E Thai tu detto alia maestra?

Sicuro, che 1'ho detto.

Un bel ceffbne fu la conclusione, con 1'acerba giunta: Spia, vergognati.

A si nuova forma di educazione, non era maraviglia che la povera piccina cresciuta fosse vana, caparbia, rispondiera, cer- vellina come la madre. Miracolo sarebbe stato se fosse altrimenti accaduto.

Ma due anni di collegio spero me 1'abbiano un po'rimessa in pal la, conchiudeva il dabben babbo, dopo raminentate queste fainigliari miserie. Ne convenite, amico?

Come no? Non ne ho un dubbio al mondo. Ogni volta che andavo a vederla in collegio, ella mi sembrava alcuna cosa me- glio, piu ragionevole, piu assestata, piu donnina fatta. Quanto a me ne spero ogni bene; sara la vostra consolazione.

In queste parole si era giunti quasi a mezzo la via di Po. Si accesero i sigari; si mutd discorso. I due amid si affondarono in alti trattati sui tramvai (passava allora un convoglietto di

LA CONTESSA INTERNAX.IO.NAl.F-:

tramvai a vapore), sulle ferrovie a sezione ridotta, sui tronchi subaltern!, sulle amininistrazioDi dell'Alta Italia e delle Ro- mane. Ora che 1'esportazione italiana prende ala, couverrebbe che la diplomazia si facesse viva a rivedere i trattati che ab- biaino colle nazioni confinanti.

Ma sicuro, incalzava il banchiere pratico: noi mandiaiuo in Francia dal Pieinonte milioni di ova, uva poi e pesche e mele, a milioni di chilograimni ; chi non sa che le nostre barbere, i baroli, gli asti razzenti si bevono in Francia per borgogna, per bordo, per sciampagna, che e una delizia?

Chi sa quanto n'ho beuto a Berlino e a Pietroburgo de'colli monferrini, con polizza francese!

II curioso e" che molte bottiglie di vin del Reno, sono maturate e pigiate lungo la Polcevera di Grenova, e piu strano ancora, che certe carte fmissime inglesi, vengono fabbricate in Loinbardia per conto di ditte inglesi, e spacciate per prodotti delle cartiere di Londra e di Bath.

- Insomnia sarebbe tempo di ritornare sui patti interna- zionali, e una necessita che i veri uomini di Stato sentono e confessano; ma i nostri ministri hanno altro che fare... vivac- chiano giorno per giorno di spedienti da statist! dilettanti... - E qui il conte diplomatico entr& in ispecolazioni di alta politica che pareva non dovere finire mai.

Amedeo, giovanotto e allegrone di natura sua, vista la mala parata, diede le spese al cervello per isgabellarsene. Un' ideuccia , gli bril!6, che lo torrebbe all'uggia delle disquisizioni econo- miche, e insieme lo accosterebbe alquanto ai fiori freschi, che visto aveva nella carrozza delle signore. Dice al cocchiere: - Ferma, alza il mantice. E in questa egli corre alia vettura precedente e si offre di alzare il mantice di quella.

Grazie, rispondono le donne, non occorre: contro il sole abbiamo gli ombrellini, e non ci priviamo delle belle vedute...

Facciano il piacer loro. Allora non manca altro che un bravo cocchiere, che faccia loro da cicerone... Biagio (era il coc- chiere di casa), tu vieni col tramvai di Moncalieri, e lascia guidare a me.

Biagio discese, e Amedeo d'un balzo fu a cassetta, afferrft le

!\ VILLA

•ii, e spenzo1 cosi un poco verso la k'g^iadra r.-mi-

: Signore, disse, una si holla brigata la voglio condurre

10 a casa nostra in trionfo; mia madre ne avra doppio piacere.

II.

DttTBI, SISISTRI E CENTK" IN IXA CARROZZATA

Intanto il babbo banchiere osservando questo baratto jie rise patriarcalmente, Sapeva che il suo Amedeo per giovane asse- gnato era desso, non panto gingillino, meno ancora spilluzzi- cadame, capacissimo di sollazzarsi con qualche scappata galante, ma senza forzare la carta: e oltre a ci6 compiacevasi di molto, che i suoi invitati venissero con ogni piu fiorita cortesia onorati.

11 cavaliere Boasso sapeva stare al mondo, guadagnava quel che voleva, e spendeva, al bisogno, senza guardarla n& in uno n& in cento marenghi. Non gli parea vero di sdebitarsi come che fosse coU'exdiplomatico, che in negozii di bei milioni avevalo servito da amico. Egli aveva pert raccomandato alia moglie che agli ospiti tenesse in ordine un bel partimento di camere, re- cato nel piu signorile assetto possibile, con valletti e caineriere addetti a loro soli, agi e tavola alia grande. E certissimo era che la sua buona Caterina (una cittadina di Salnzzo, di gran cuore all'anticaccia), avrebbe piuttosto fatto piu che meno del raccomandato. In questa lieta persuasione, veniva dipanando amicalmenie le question! di pubblico interesse col caro conte; ed ai puuti piu forti esalava certe pascialesche boccate di fumo virginiano, che lasciavano dietro a s^ la striscia, come una locomotiva.

Amedeo invece, con un occhio ai cavalli e uno alle gentil- donne, entrava in una spigliata conversazione, in cui brillava il sno animo spensierato e giulivo. Dalla parte dei cavalli se- deva la Severina cugina della Silvia e a lei parecchi anni mag- giore. Grande era della persona, e diutornata come una Minerva greca, ma vestita appena il convenevole a fanciulla patrizia. Povera Severina! la sventura aveva annuvolato il mattino della sua vita, n& tornava per lei tuttavia il sereno. De'cotidiani suoi dispiaceri pareva si leggesse un riflesso sul suo volto, pallidetto

f'i LA CONTESSA INTERNAZIONALE

ognora e velato di tranquilla mestizia, se non quando apriva due occhi stellanti, e gli alzava soavemente al cielo. Allora prendeva sembiante di una di quelle antiche Oranti, che veggonsi dipinte su per le catacombe. In quest' atto, che le era naturalissimo neile afflizioni, avrebbe placato un leone del Sahara. Ma non bastava puoto ad abbonire sua zia, la fiera contessa Aldegonda.

La fiera contessa Aldegonda, mal sapeva perdonarle la finis- sima educazione da lei ricevuta tra le Dame del Sacro Cuore, a Padova, tutta a ritroso della educazione sua, squisitamente mon- dana, svizzera, berlinese. II peggio era, che Severina quanto era mite nel tratto ordinario, altrettanto sapeva mostrare la faccia imperterrita a certi paradossi che la contessa zia avrebbe voluto spendere per oro in verga; non ci era verso di farglieli inghiot- tire. Certi casucci domestici, simili a pettegolezzi, erano altresl intervenuti di corto a invelenire lo screzio, naturalmente nascente dalla difformiU d'indole e di sentimenti. Perch& la fanciulla piu volte erasi creduto lecito di biasimare certi libri, che la zia let- teratessa pretendeva di levare a cielo, con sentenza senz' appello. Severina si triucerava in una ragione inespugnabile: fi proi- bito, e all'Indice...

E la contessa : Gli ^ adunque segno che il libro canta delle verita che scottano ai preti... E tu se'una beghina.

La beghina talvolta mostrava i denti. Come, ad esempio, una sera che la contessa smaniava di correre ad un teatrino di terza o quarta classe, dove andava in iscena un' operetta nupva con in- finita espettazione del pubblico. Non avendo la zia altri alia mano per farvisi accompagnare, pretendeva che la nipote avesse a ve- nire con lei.

Zia, rispose Severina, vi prego di dispensarmene.

0 perche?

Perche gi& so quello che si rappresenta.

Che fa?

Fa che non ho cuore di accompagnarvi.

lo non ti capisco, disse la contessa accigliandosi.

- Insomnia, rispose pih chiaro la fanciulla, a Torino e a Ve- nezia si e data gia quest' opera, e...

E la musica fu applaud itissima, per noi e nuova di zecca.

II. I V CARROZZATA

:-ii, ma ci si vode un putiftrio di preti, e frati, e mona- che, colle croci in processione...

- E ti spaventano ?

Sicuro! Le processioni e i preti io li veggo volentieri in Duoino; le monache poi, le stieno in inonastero, sul palco scenico non le posso patire.

0 che ti si mangeranno, se le verranno dietro la ribalta ?

- Nessuno mi mangera, perch& sono tigliosa la parte mia. Ma non mi piace trovarmi presente dove si strapazza la mia re- ligiono, ci rimetterei di coscienza: non posso.

- Adagio ai non posso: quando si inangia il pane altrui...

Ancbe quando si mangia il pane altrui, si conserva il di- ritto di esser cristiani.

Dunque io non sono cristiana ? dimando la contessa, offesa.

Non dico cotesto, zia. Siete cristiana audio voi, ma ciascuno ha le sue idee.

E bene la priina idea che devi aver tu e quella di obbedire ai maggiori.

Nel bene, si, nel male, no.

- Io non ti comando il male. Se male vi fosse, sarei la prima a vietarlo : ho piu coscienza e piu esperienza di una bambina.

Zia, non insistete : non ci vado.

E si che ci verrai, Io voglio...

ft inutile, non ci vado.

Qni fu una battaglia furiosa di si e di no, un alzare di voci, un urlare della contessa arrovellata, che avea perso il lume degli occhi, e per poco non dava le mani in faccia alia nipote. AI ro- more trassero le donne di servizio, e non sapevano che dire o fare per separarle. Un servidore avvertl il conte. E questi tronco la lite, mandando via di la Severina, e dicendo alia moglie: Via, vestiti, ch& t' accompagno io.

Dicevi poco fa cho non potevi venire.

E ora dico che vengo.

Ma avevi male alle gambe.

E ora sono guarito. Via, spacciati, falla finita.

La contessa si ritir6 bofonchiando: « Cosa fatta per forza, non

Serie XII, vol. VI. fate. 811 7 29 mar:o 1884

lid LA CONTESSA I.NTKRNAZIONALE

vale una scorza. > Ne per quella sera si lasci& piu vedere in sa- lotto, non che andare a teatro. Tre dl rimase chiusa, invisibile, ingrognata coine un inverno. Da questo fatto 1'abituale musone- ria contro Severina, pass6 allo stato di ulcere latente, che non si cicatrizz& si tosto, ancorche Severina il inattino seguente con in- genua sommissione cercasse di rappatumare la materia: la zia se 1' era legata al dito.

Con tutto do prima di recarsi a Torino per levar di collegio la Silvia, la contessa si era tanto quanto sgonfiata: forse perche, dovendo in tutto il viaggio stare a tu per tu colla nipote, le parve disagevole il reggersi perpetuamente in contegno di persona of- fesa. Ma il malumore covava profondo, mentre pareva dileguato a fior di pelle. Ora poi, dovendo trattenersi in casa altrui a vil- leggiare vi andava come la serpe all' incanto, perche il marito non avevala su ci6 consultata; ed oltre a questo prevedendo di avere a trattare colle brigate sparse cola intorno ad autunnare, le si aggiungeva per nuovo assillo al fianco, un sentimento basso, confinante colla invidia. Parevale che le native grazie di Severina, grazie piu tranquille e naturalmente pid giovanili che le sue, accaparrassero gli sguardi altrui con qualche suo danno. E co- testo affronto tanto pift divenivale insoffribile, quanto meno ar- diva alia colpevole rinfacciarlo. Neppure a sd stessa osava con- fessare tutta la verita di si volgare debolezza. Ma la debolezza ci era. Come che donna ormai tra le due selle, e madre di una figlietta in eta maritale, non intendeva punto di rinunziare al regno sovrano del suo salotto e de'saloni altrui; e con tutti gli amminicoli dell'arte, della parlantina, dei vezzi aiutavasi di ad- dimostrare che gli splendori della sua antica bellezza restavano tuttavia piu presso al meriggio che al tramonto.

Col marito poi aprivasi cosi un pochino di sbieco, per dargli lo scambio : Non parerle prudenza di accomunare la nipote alia figliuola, quando questa fosse tornata di collegio; doversi quella muffettina tenere al suo posto, e fade sentire che in fin de'conti ella mangiava il pane della carita, n& avea lume d' un centesimo di dote; non aspirasse adunque al vestito, alle coin parse, alle feste, coine se fosse sorella a Silvia. Aozi essere dovere dei ge- nitori di non isfavorire la figliuola mettendole perpetuamente a

II. I>K<TiiI, <l.M^1l;I I

lato il riscontro di un' ultra funciulla. Xon e iciu, rij'i tosto, die Silvia abbia di cho temere al paragone, non le manca mil la alia nostra Silviuccia, e un occhio di sole, ci guadagnera anzi al confronto... Ma chi pu6 indovinare le preferenze capricciose della gioventu?

Cos! ragionava la contessa Aldegonda. II conte lasciava spio- vere, con una risposta diplomatica, che non rispondeva nulla: Ben be', ci si pensera un'altra volta, non dubitare Aldegonda. Ma ora non ci facciamo scorgere. Egli era uomo di mondo, gentiluomo onesto, vissuto sempre di studii gravi e di negozii rilevanti, e certe piccolezze gli piacevano come il fumo agli occhi. Per giunta un po'di cuore lo sentiva per quella povera orfanella, raccomandatagli dal fratello, bonissima d'indole, amorosa, rico- noscente. Sapeva altresl corrergli certi obblighi verso di lei, assai gravi, che esso non gradiva di raccontare alia moglie.

Di tutti questi affarucci secreti e dei pettegolezzi che avvele- navano la fainigliare convivenza in casa della Pineta, Amedeo non aveva il minimo sentore, e non ne avrebbe mai sospettato alle mille miglia, ancorch^ gli fosse balenato un tratto 1' idea che la contessa non fosse molto chiara colla Severina. Per6 fe- steggiava le signore un po'tutte a un modo, e qualcosina piu 1'eroina della festa, cioe la colomba giovinetta or ora uscita dal nido a battere la prima volata alia villa Boasso. Non ci metteva secomfi fini. Gli sembrava cosa naturale. E poi, che varrebbe dissimularlo ? quel visino candido e veriniglio in tutta la fre- schezza de'suoi sedici anni gli aveva fatto a prima giunta un tal quale lavorino nella fantasia.

E pure Silvia veniva strettamente in assetto di viaggio, e senza la minima ricercatezza. L'avvolgeva una sopravveste di zeffiro grigio, liscio tutto, tranne una balza di pieghettature in basso, e una fioritura di guarnizione alle tasche e ai paramani. Ma questa semplicita diceva benissimo all' eta e all'aperta campagna. Amedeo celiando aveva osservato che quell' abito accollato e terminato sotto il viso in un collaretto di trina, le dava sembianza d'un bocciuol di rosa affacciato al calice nativo. Ma le celie di galan- teria cadevan rare. Egli attendeva di proposito al suo compito di cocchiere e di cicerone ad un tempo. Rallentava alcuna volta

68 LA CONTESSA I.NTERNAZIONALE

la corsa, o si fermava a dirittnra. Qui e da restarci un mi- nuto, signore,... e una delle viste piu belle... quello che s'inalza la a sinistra e il colle di Soperga, e la grande basilica colle sue linee principal! si distingue anche di qui ad occhio nudo.

Silvia dirizzando cola il binocolo: Ma sicuro! C'e una facciata grandiosa... un atrio... un atrio che non finisce raai... quanto e cara quella cupola cosl adorna!... e quel campanile!... e un vero gioiello.

Le donne si passarono Tuna all'altra il cannocchialetto. Atnedeo iutanto faceva notare: E pure il bello di Soperga sta sotto nelle cripte.

0 che ci e ? dimandft la bambina.

Sei stata educata in Torino, s' intromise la contessa, e di- mandi che ci e? Ci sono le tombe di casa Savoia.

L' ho inteso, ripigli6 Silvia un po' vergognosa : ma ora non ci pensavo.

E Amedeo, venendole in soccorso: Gia si sa, chi pu6 pen- sare a tutto? La signorina se ne raminentera meglio quando vi sara stata da presso. Bisogna che vi andiamo. Dalla nostra villa a Soperga vi e giusto una bella trottata di un tre ore. Si parte di buon inattino... di buon mattino, dico per dire, si parte a loro commodo commodissimo; arrivati a pie del colle vi si becca un asciolvere campagnuolo ; e poi su su, a piedi, in vettura, a dosso di ciuco, come si vuole.

Oib&! fece Silvia. A dosso di ciuco?

Ma che crede, signorina? Vi sono la dei ciuchi belli, stri- gliati, lucenti, e che sanno la strada meglio che i loro padroni; garbatissimi poi e che per niuna frustata al mondo non gittereb- bero uiai di sella una graziosa cavalcatrice.

E ci e alberghi lassu, dimando la contessa.

E che alberghi ! Vi si ordina il desinare, e poi si va a visitare il monumento, sotto, sopra, dentro, fuori, sul cucuzzolo della lanterna; e poi si scende gift, e si-va a trovare un risotto alia milanese, da farci sognare il duomo di Milano. Vedranno, £ una gran gita piacevole.

Pei giovanotti, osserv6 la contessa.

Gia si sa, ciascuno ha i suoi gusti. Ma le mamme secondano

II. DESTP.I, SIMsTIt! C \ CARROZ7.AT.V

i giisti drlle bambine, massime certe mamme che non possono aver dimenticati i gusti giovanili perchfc cosa di ieri, appena di

se pure.

La contessa abboccando volentieri il confettino: Via, ria, non facciamo question! di gioventti : se ne discorrera, e vedremo di contentare tutti.

lo tengo la cosa per fatta, si continu6 Amedeo, e scrivo nel mio taccuino: 7 settembre, o gift di 11, pellegrinaggio delle signore e signorine al santuario di Soperga... chiacchere a iosa, sollazzo, scapataggine universale...

Adagino, adagino, quanto alle scapataggini... Cotesto non ci va, se si tratta d'un santuario. Gua'chi sapeva che vi fosse la un santuario.

E pure ci e tanto benino. La basilica e un voto del re Vit- torio Amedeo II. Cosl usavano a que' tempi i nostri piemontesi tutti d'un pezzo... Guardate, contessa, anche quest' altro tempio che ci sta di faccia (avevano allora passato il ponte di Po), e una specie di voto alia Madonna. Lo chiamano la Gran Madre di Dio ; e fu eretto pel ritorno dei Eeali di Savoia, dopo la rivo- luzione francese. ft scritto sul fregio del frontone.

Severina lesse a voce alta: Ordo populttsque taurinus ob adventum regis.

E vuol dire, spiego Amedeo, che il Senato e il popolo innalzarono questo tempio per memoria della grazia ricevuta di riavere la casa regnante.

La contessa aveva sulla punta della lingua un velenoso : < Poteano spendere meglio i loro danari:> Ma se ne trattenne; perch& dal saggio fin qui fatto, troppo erasi addata, che il signor Amedeo non farebbe buon viso ad una bottata irreligiosa. E vie meglio se ne persuase in seguito, quand'egli ciceronando sopra le circostanze, le addit6 il convento de' cappuccini al Monte e sbotto in una esclamazione arcicodina: Peccato, che quest! magnifici ornamenti della religione e della nostra capitaie sieno caduti in man de'cani. Ci sciupano tutto, pel gustaccio selvaggio di sciupare ! Dove che mette le granfie il governo, gli d come entrarci un califfo musulmano... E adesso vorrebbero andare a Roma !

70 LA CONTESSA INTERNAZIONALE

Non era pun to tenera la contessa del governo d' Italia, pift che di verun altro regime monarchico, giacch& ella ne'suoi studii ammirava unicamente le utopie repubblicane e radicali : con tutto ci6 sentiva al vivo queste frecciate, in quanto che picchiavano di rirabalzo contro le cosi dette aspirazioni nazionali, che erano la pupilla degli occhi suoi. Severina invece, bench& badasse a non farsi scorgere, pure non sapeva tanto dissimulare, che non le brillasse in volto 1' approvazione del motti di Amedeo. Per6 a sviare il discorso, la contessa dimandava delle ville che sui verdissimi colli a sinistra apparivano a mano a mano. Quella & nuova di quest' anno, rispondeva Amedeo, e sotto al poggio vi ho colto dei grassissimi ortolani. Quell' aitra 6 d'un ne- goziante, un certo villan rifatto, che tratta i contadini collo scudiscio, e piu volte & stato al punto di toccarne delle su- dice; e via via raccontava un monte di storielliue. - - Oh, e quella, mezzo sepolta tra gli alberi ?

Ve lo diceva ora contessa, & del marchese Belloni, o piut- tosto di chi la vuole: st& per andare all'iucanto, bont£ del mar- chese, che ha rifinito il suo...

E come?

II solito : cavalli, giuoco, ballerine, e poi i fioroni della corona marchesale niutati in chiodi...

Anche questa canzone d'un nobile fallito poco andava a fa- giuolo alia contessa, che per ispenditrice era dessa. Ma final- mente il cicerone entr& nelle bellezze dei siti, del flume, delle ripe, equi la contessa gli dava spago. Sieteanche un po'poeta, diceva essa.

Di rado, solo quando m'ispirano certe muse...

Dawero? non me 1'aspettavo.

Poeta e profeta... lo veggo neH'avvenire... veggo che un giorno non lontano Torino si annoia di giacere sempre in piano e vuole andare in poggio.

Oh, oh, fece la contessa, con una gran risata delle signorine. Dice la Silvia : 0 che Torino verr£ in Brianza ?

In Brianza potr& andar volentieri qualche torinese di mia conoscenza a riverire le villeggianti ; ma Torino non pu6 andare tanto lontano. Tutto il piu gettera due paia di ponti sul fiunie,

II. I>:-<TI;I, 'MV-TitI I. ' fl UNA CARROZXATA 71

e salira colle sue vie rettilinee su queste pendici, e cosi vi porra la sua villeggiatura. Yedranno, signore, che vita animera allora le rive del Po, che grandezza di caseggiati, che delizia di villini: io gia godo il fresco, solo col pensare a questa profezia.

Dio vi content! ! disse la contessa.

Intanto cominciava a torreggiare da langi il castello di Mon- calieri, di cui Amedeo, cora'era 1'ufficio suo, racconto la cro- naca compendiata. Sperava la contessa che qui almeno nulla di codinesco avesse piu a contristarla, e godeva del passeraio che frullava di motti e di celie, sempre pift accostevoli e razzenti. Ma faceva il conto senza I'oste, e 1'oste era il coliegio di Moncalieri. Amedeo pretendeva che niuno storico sapesse meglio di lui la storia dell' illustre cittadetta; perchd egli durante sette anni aveva birboneggiato in quei dintorni.

Sempre in campagna? dimando la contessa Aldegonda.

In cauipagna? come in campagna? In coliegio. Or ora vi far6 vedere il coliegio.

Infatti trascorse le sottomurate del vastissimo castello reale, e dato volta in sulla piazza si discese la donde si apre la graziosa vista di Moncalieri, mollemente assisa sul primo alzare della collina. Eccolo la il mio coliegio, disse Amedeo additando un nobile edifizio che tra le case minori carapeggiava sovrano.

E la contessa: E un istituto reale?

Reale, realissimo ; con in fronte il titolo di Coliegio Carlo Alberto, perche quel re lo fondo di sana pianta e I'affid6 ai reverendi padri Barnabiti.

Erano molti gli allievi? dimandfc la Severina.

Isa? ce n' era una repubblica, di Torino, del Piemonte, della Liguria, della Lombardia...

Anche lombardi! disse la contessa con un senso tra di maraviglia e di disgusto; e ritnase abbuiata.

Ma Amedeo non le poneva mente, e si patullava a grande agio nolle reminiscenze di coliegio, che per verita erano fresche, freschissime. E il padre Notari cosl, e il padre Nuvoloni cola, e il padre Denza a quel molo. Questo, s), mi voleva bene... Non fo per dire, mi volevano bene tutti: ma il padre Denza lo ricordo con amore, perchd c'insegnava tante care cosine,

7,* LA CONTESSA INTERNAZIONALE - H. DESTRI, S1MSTRI E CENTRO ECC.

quando noi raattacchioni salivamo su nell'osservatorio a fargli un chiasso che mai. Ci lasciava fare: ma guai se gli avessimo sba- gliata un'osservazione meteorological 0 qui non ammetteva celie... Gua', un dl questi giorni lo vo' rivedere e baciargli la mano. Inorridl a questa parola la contessa: ma dissimulo, diman- dando: E ora che cosa studiate, signer Amedeo.

Instituta, Pandette, Codice. Ne avr6 ancora per due anni.

Credevo che aveste finito. M' era parso che il cocchiere vi dicesse signer Avvocato.

Sara benissimo. fi mia madre quella che talvolta mi ad- dottora in leggi, per anticipazione, chiaraandomi il suo avvo- cato. E i servitori, gia si capisce, prendono la laurea per se- gnata e benedetta. Che volete, lei e una buona donna, impaziente di vedermi f uori dell' Universita, e se stesse a lei, mi avrebbe gia laureate dieci volte, non una.

Queste chiacchiere avevano fatto parer breve la via alia signorina Silvia e anche meglio alia Severina : ma per contrario avevano urtato i nervi della contessa. Fortunatamente si era giunti a una gran cancellata, retta da due pilastri antichi con sopra il capitello due vasi di terra cotta ritinti a nuovo.e ricchi di foglie d'aloe, sempre vivo, perche di latta. Nel mezzo si apriva una lunga redola, che saliva su pel colle, ombreggiata di oppii, legati insieme da pendane di pampini e di uva. Siamo giunti ! sclam6 Amedeo.

Scendiamo ? dimand& la contessa.

Che, che? rispose Amedeo. Si sale benissimo fino alia soglia di casa: basta far a modino.

E balz6 a terra, per reggere i cavalli a mano. Ma a pochi passi v'era gia il bravo cocchiere Biagio, che lo aveva prevenuto, avendo per fortuna incontrato al ponte di Po il tramvai a va- pore, appunto sui partire per Moncalieri. Ed ecco alia prima rivolta la signora Boasso, in gran cappello di paglia e in abito di campagna, la quale scendeva serena e festante ad accogliere la brigata promessa dal marito, e condottale dal figliuolo av- vocato. Erano di fronte la signora e la contessa ospite, questa col suo sorrisetto a boccuccia chiusa, quella col volto chiaro e cor- dialone. Le ritroveremo.

RIVISTA DELIA STAMPA ITALIANA

I.

J)( -II' Origine dell' Uomo secondo il Trasformismo. Esame scientifico, filosofico teologico di PIETRO CATERLNI S. I. Prato, Tip. Giachetti, 1884. Volume unico in quarto di pag. 383.

Per quanto parer possa sospetto Telogio di un' opera, che vide la luce ne'quaderni del nostro Periodico, non lasceranno i nostri lettori di riconoscere con noi 1'importanza di uno scritto, in cui si toglie ad esame il sistema Darviniano, oggi accolto con imineritato favore nelle scuole, e levato a cielo sia dall' in- genua ignoranza di cbi, a guisa del villanel che s' inurba, pende strabigliato ed estatico dalla bocca di un saltiinbanco ; sia da quella scienza superficiale, sorella dell' ignoranza, cbe sfiora le questioni piu ardue, senza approfondirle ; sia finalmente dalla mala fede degli atei e materialisti deli' eta nostra, i quali vi rav- visano una teoria tutta acconcia a imbellettare con una certa tinta scientifica il loro laido e feccioso materialismo. Mosso da queste considerazioni il cb. Autore dell'Esaine scientifico... ec. riunl in un corpo gli articoli sparsi in questo Periodico; e profittando di que'pochi ritagli di tempo, cbe avanzavangli dal sacro ministero, ritoccolli, e die lor T ultima mano.

Tutta 1' opera e compendiata in un volume; ed aggirasi in- torno alia non men falsa cbe ridevole teoria, tratta in mezzo dal Darwin a spiegare la genesi dell'uomo, e che e il punto culmi- nante del suo sistema. L' Autore to\V Esame prende ad impu- gnarla con tre formidabili batterie di argomenti dedotti : prima dal la scienza, donde Darwin argomentossi invano derivare le prove del suo trasfonnismo; secondo, dalla filosofia, e piu propriauiente dalla metafisica, in cui il detto sistema viene a dare di cozzo; terzo, dalla teologia, che te lo sfolgora e riduce al niente. II triplice assunto, che il ch. Autore si propose di addiinostrare, forma il

74 RIVISTA

subbietto delle tre parti, in cui 1' opera sua e divisa. Nella priina egli espone anzitutto la natura del trasformismo, o dell'ipo/u- zione, secondo la raente del Darwin; e spoglia questa teoria del prestigio della novita, facendola vedere gia contenuta in gerine in quella di altri scrittori, massim , del Lamark. Indi si fa a scalzare le basi, sui cui il Darwin appoggia tutto il suo castel di Spagna, confutando ad uno ad uno gli argomenti, che gli servono di pun- tello. In fatti avendo il Darwin invocato in suo sussidio la pa- leontologia, il Caterini addimostra che questa non fornisce una sola prova, la quale valga a rivendicare all' uomo un' antichita. superiore a quella che gli viene dal Genesi assegnata. Quindi mette in chiaro la vanita degli altri argomenti dedotti dall'an- tropologia, dalla geologia e daU'archeologia. Quanto al primo, egli da a vedere come la scienza antropologica sia ben lungi dal rivelarci tra gli uomini piu antichi e i moderni un divario nella conformazione del corpo, e inassime del cranio, che costituir possa tra gli uni e gli altri una differenza speeifica, e quindi serva a puntellare 1'ipotesi del trasformismo, o dell'evoluzion della specie. Quanto al secondo argomento, ne fa sentire e toccar con inano la fatuita, mostrando come nulla di certo dedur si possa intorno alia supposta antichita dell'uom preistorico dalla geologia, alia quale invano chiedesi 1' uoin fossile, da niun geologo finora ri- trovato, come pur 1'epoca e la durata della formazione degli strati terrestri, cose che rimarranno sempre incerte, e gli anelli di transizione dall'una all'altra specie de'viventi, che indarno si pretese in certi fossili ravvisare. Del terzo argomento poi, tratto dalla archeologia, addimostra con piu chiarezza ancora Tinsuf- ficienza, non potendosi arrecare in mezzo fatti certi che valgano a provare la distinzione, e anche men la durata delle tre epoche, in che i trasformisti dividono i tempi preistorici. Nella qual ri- futazione TAutore non si e tolto la briga di esaminare parti - tamente i fatti, senz'ordine e senza critica accuinulati dai tra- sformisti per dare un qualche colore di verita alia loro teoria, come ft con molta erudizione ed egual pazienza il Moigno nella sua pregevolissima opera intitolata Les splendeurs de la foi; dappoich^ cotesta sarebbe stata impresa da non venirne, se non

DELLA STAMPA ITALIA

dopo molti anni, a capo in un periodico, cho si pnbblira soltanto volte il mese, e in cui per la varieta e copia delle materie suol essere limitatissiino lo spazio concesso a siffatte trattazioni. Kurli a Innque dovea restringere di assai il campo della discus- sione, e cosl fece ; ma con tale avvedutezza, che seppe conden- sare il molto in poco, e andar dritto al sno scopo, attaccando a punta di logica il trasformismo entro a suoi stessi ripari.

Tolto di sotto all'aereo castello Darviniano il fondamento che dicemrao, fu agevole cosa al ch. Autore deraolirlo a parte a parte svelando i grossolani errori e le fallacie contenute in esso e nel sistema del Lamarck, donde il Darwin tolse 1'idea del suo tra- sforinismo, e confutando in pari tempo un per uno gli argomenti, con che questi brigasi di persuadere a'cuccioli e pecoroni 1'ori- gine bestiale dell'uomo.

Nella seconda parte dell' opera egli riguarda il trasformismo dal lato filosofico ; e da a vedere com' esso sia la negazione del principio di causalita, fondamento della metafisica, e della spi- ritualita dell'anima umana che e la base della psicologia. Dis- corre a lungo sulla natura dell'intelligenza, la quale costituisce lo specifico divario tra 1'uomo e il bruto; e fattosi a ventilare gli argomenti del Darwin, ne mette a nudo 1'inanita e il sofisma.

Nella terza parte finalmente prende ad esaminare il trasfor- mismo dal lato teologico; e dopo aver ragionato del connubio tra la scienza e la fede, entra in argomento, e rivendica contro le teorie trasformistiche le verita nvelate intorno alia creazione delF uomo, in un tempo piu o men determinato, alia propagazione dell' umana stirpe da un unico ceppo discesa, e alia genesi del Tiventi inferiori all' uomo, prodotte anch'esse nolle loro specie distinte dal Creatore.

Tal e 1'idea, il sunto e 1'orditura di quest' opera, tutta in acconcio ai bisogni dell' eta nostra, ispirata dal desiderio di pre- munire i lettori cristiani contro i raoderni errori, non meno alia religione che alia vera scienza fatali, e condotta dal ch. Autore con lucidissimo ordine d'idee, buon nerbo di ragioni, copia di erudizione ed elegante semplicita, disinvoltura e chiarezza di stile: cose tutte che ne tornano non men utile che dilettosa la

76 R1V1STA

lettura. Oudeche ci auguriamo di vederla correre per le mani di quanti, inassime tra giovani, amano di pesare da se stessi il carato di certe teorie, che oggi si spacciano siccome oro puro di zecca, mentre non sono che immonda lega, o ingannevole orpello.

II.

La morale civile nelle scuole popolari del regno d? Italia, di NiccoLd GUASTELLA, segretario comunale, insegnante nelle scuole elementari del municipio di Palermo.

Noi crediamo di fare all' Italia il migliore dei beni possibilit perseverando nel proposito di mostrare che la cagion massima dell'infaine primato nei delitti, che ora essa gode fra le genti d'Europa, si dee cercare nelle sue scuole e in chi si vanta di essere apostolo della nuova sua civilta. Gia questa persuasions comincia a diffondersi ; e la vediamo espressa ancora nel campo di quel Uberalismo, al quale sono principalmente imputabili gii eccessi di questa nuova barbarie, che vien distruggendo ogni italianita nella nostra Penisola. Se non che il male e cosl mostruosauiente enorme, che non inai troppo si pu6 esecrarlo: e perci6 quanti hanno sen so di amor patrio e cristiano nel petto, non dovrebbero cessar mai dal gridare contro il pubblico avve- lenamento delle anime giovanili, che si opera nelle scuole d'ltalia.

Ecco un altro libercolo, che ci cade sotto gli occhi, scritto da un insegnante nelle scuole elementari di Palermo ed approvato^ conforme dice il suo frontispizio, come libra di testo, dal con- siglio scolastico di quella grande citta: libercolo che dev' essere di aiuto a formare gli animi dei fanciulli alia morale, cio& ad educarli; e quindi di grande importanza, pei padrifamiglia e per tutti coloro che curano il bene sociale della nazione. Or qual e la morale ch'esso mira ad istillare nelle inenti e nei cuori in- fantili ? «c £, si affretta a dichiararlo 1'Autore nella sua prefa- zione, e la morale universale, meno le formole di questo o di quell' altro culto: > vale a dire la morale per se prettamente pagana, o pift tosto ateistica; giacche una morale che non trova

l.LA STAMPA 1TAUAIU

10 appoggio o la sua sanzione in nessun culto, e una mo- rale che prescinde da Dio, una morale senza principio e senza fine, una morale che pu6 ridursi, pift che ad altro, ad una seiuplice convenzione accettata fra gli uomini.

Tal 6 il soggetto di quest'opericciuola educativa, e tal e 1'idea

cova sotto, il non sappiamo piti se ipocrita o ciarlatanesco arxi-

gogolo di morale civile, sostituita alia religione, e messa in Yoga

fra noi dal dominante massonismo, per fare gl'Italiani, dopo che si

e fatta la bella, gloriosa e prospera Italia che tutti ci rallegra.

£ si noti che il Guastella, da buon liberate, mentre odia ed abbomina ogni costringimento a rispettare la religione cattolica, che 6 la nazionale, sostiene poi utilissimo un libro di testo, che costringa tutti i maestri ad insegnare la morale senza re- ligione, il che per lui e im < impartire educazione nazionale : » e va tutto in giolito, pensando che i retrivi, e non son pochi, dic'egli, saranno cosi oblliyati ad un insegnameuto che e < in opposizione ai loro sentimenti. >

Tutta questa morale civile si restringe poi, nel libretto, a due cose: allo statute del regno d' Italia ed alia igiene. Pel Guastella e pei frammassoni, hie est omnis homo: « la scuola, scriv'egli, deve educare tutto 1'uomo. > Or chi non vede che tutto 1'uomo e nella politica e nel corpo? Chi non sa che 1'uomo esiste in Italia, unicamente per essere cittadino costituzionale e conservarsi sano?Fuori di questi due beni supremi, non ve n'e altro. La salute eterna deU'anima immortale ed il culto di Dio creatore e salvatore, che altro sono mai, se non pregiudizii e super stizioni che la scuola deve combattere? Oggidl le cose non sono piu quelle che erano per 1'addietro. <I nostri tempi, oracola il Guastella, non sono piu i tempi del passato, ne le nostre scuole debbono pid essere quelle di una volta. > Gli uo- mini hanno inutata natura, e la verita e divenuta menzogna. II santo decalogo di Dio non ha pid ragion d* essere fra di noi. Lo statuto, co'suoi ottanta ed un articolo, ha scavalcato i suoi dieci comaudamenti. In presente tutto e progredito, tutto e trasformato. Le scuole di una volta si proponevano di formare onesti uomini, secondo il decalogo, e buoni cristiani : le nostre

78 RIVISTA

(cioe quelle del Guastella e socii) scuole invece si propongono di formare cittadini sani: ma pur troppo riescono poi di fatto ad allevare popolatori di galere e di sifilicomii. Non e forse cio vero? Lo dicon tutti; e non crediamo che osi negarlo ne pure il Guastella, quando medita, se sa meditarle, le statistiche criminali e le cronache interne dei giornali italiani.

Ma pazienza, se la morale civile fosse insegnata in questo libello, dal lato prettaniente astrattivo, e messa in disparte ogni religione! Sarebbe nel caso pratico un grande assurdo, ina po- trebbe riguardarsi, fino ad un certo segno, come assurdo innocuo. II peggio e che, in quella che 1'Autore pretende ammaestrare i fanciulli in una morale puramente filosofica, li addestra poi all'empieta, ingerendo in essi profondo spregio della sola reli- gione professata dal popolo italiano, e ch' egli non pud non dire professata dalla maggioranza dei cittadini.

Di fatto egli insegna che prima « s'imponevano le credenze con mezzi barbari e truci ; > egli che va in solluchero a pensare che i maestri retrivi sono obbligati dal regnante massonisrno, ad imporre ai fanciulli la credenza nell'errore opposto ai loro sentimenti. Egli insegna che i concordat! fra Chiesa e Stato erano vergognosi, che la sanzione civile della perpetuita dei voti religiosi e assurda, che i privilegi e le esenzioni eccle- siastiche violavano il diritto dell' eguaglianza dinanzi la legge. Inoltre insegna che tra Chiesa e Stato deve regnare un'asso- luta separazione, il che equivale a un dire che lo Stato non deve riconoscere Dio ne Cristo, ed il cittadiao, in quanto e tale, deve considerarsi come ateo, sebbene in quanto poi e cristiano e cattolico possa considerarsi come credente : e gi& si sa che se le prescrizioni dello Stato venissero a contraddire le prescrizioni della fede, il dovere di cittadino dovrebbe prevalere nell'indi- viduo medesimo al dovere del cristiano; e cosl si avrebbe Fob- bligo civile di disubbidire a Dio per ubbidire aH'uomo; con- seguenza direttamente contradditoria al Vangelo, alia ragione ed al senso umano, verissimo: ma consentanea alia morale civile dei tempi nuovi. Finalinente insegna che la Chiesa, per tutelare la fede, usava gia feroci persecuzioni : ed egli, che deve sapere

1.LA STAMPA ITALIA

ill storia quanto sa di morale propriumento delta, con fronte infrunita e da buon liburale, si contenta di buttar questo mez/x) periodo che non ardisce di concludere: « Le istorie ec- uistiche fan fremero (o si che il Guastella n'ha da aver lette molte di queste istorie!) di orrore, numerando qoante mi- gliaia di nobili e dotti cittadini vennero bruciati vivi.. > Col che egli ha fatto il becco air oca ; ed ha, quanto basta, indotta nella mente del fanciullo lettere, 1'idea che la Chiesa cattolica, alia quale esso fanciullo appartiene, e una Chiesa di ferocia, di tirannide, di barbarie e di crudelU efferata.

Che piu? Egli va innanzi e prenunzia che tempo verra, nel quale questa religione cattolica, al cui odio informa il bimbo (sotto pretesto d'insegnargli una morale senza formole di culto) cadr^ confusa colla religione del dovere, che 6 quella della inas- soneria, pel cui trionfo egli ha scritto il suo libello.

Ma quando verr& egli questo tempo? « Quando, rispond'egli la culture generate avra diradata Toscuriti che tutt'ora invade le menti; » ed 6 chiaro che questa cultura generate consiste nel ra/iouaiismo, negative della fede al soprannaturale, e che Voscurita da diradarsi e in questa fede, professata dalla na- zione: « quando, prosegue egli, tutti sentiremo entro noi che morale e religione valgono una cosa stessa ; > e s' intende che, per lui, la religione immedesimata colla sua morale & la religione senza culto e conseguentemente senza Dio, cioe la religione che ognuno ha 1' arbitrio di crearsi da se stesso : < quando un culto qualsiasi non servirtk piu di mezzo per ispaventare le coscienze; > e si capisce ch'egli vuol dire, quando non si crederfc piu al- T inferno eterno, che 6 la sanzione di pena, da Dio minacciata ai violated del santo decalogo suo, decalogo, che tanto annoia chi ama vivere piu da bestia che da uomo.

Ma acciocch& i bimbi che, o nelle parrocchie dai loro curati, o nelle case dalle loro inarnme, si odono spiegare ii catechismo, non si sgomentino troppo di questo linguaggio massonico, il bravo maestro si affretta a dir loro, che la futura religione del re ha per base Dio e il prossiino, I'onore e la writ a. Si, signor Niccol6 Guastella, la vostra religione ha per base

80 RIVISTA

Dio: ma qual Dio? II vivo, il vero, il creatore del mondo; il Dio che s' 6 fatto uomo, per salvare 1' uomo, decaduto dalla sua beata destinazione, per la colpa del suo progenitore; il Dio autore della natura e della grazia, della ragione e della fede; il Dio che ha imposto all' uomo individuo e sociale I'osservanza del suo decalogo? Ohib6! Se la vostra religione del dovere si fondasse in questo Dio, voi che ve ne fate evangelista, non avreste scritto questo vostro libello, nd v'ingegnereste a gua- dagnare la pagnotta nelle scuole del Municipio di Palermo, pervertendo la coscienza cattolica dei bambini che hanno la grande sventura di avervi per maestro.

Che se il Dio vostro non e il Dio vero, molto meno il pros- simo vostro sara quello, che il Dio vero ci comanda di amare: e lo prova 1' opera vostra corrompitrice, a perdizione degl'in- nocenti vostri scolari, le cui anime uccidete, proprio con quel- Tamore onde Satana, il quale fait homicida ab initio, ama le anime delle umane creature. Del resto chi non sa che la chiesa della religione del dovere, cio& la massoneria, non conosce altro prossimo dagli adepti suoi; e che fuori di questi adepti, non vede se non profani o nemici ?

II medesimo e a dirsi dell'owore e della veritd,, che sono le altre due basi di questa vostra religione. Che cosa e Tonore per la massoneria? Non certo il testimonio estrinseco della intrinseca onesta: ch& essa da per lecito il fare d'ogni erba fascio, purch& le apparenze sieno salve; e, sotto questo rispetto il massonismo ha elevato a sistema pratico e morale il vecchio fariseismo. La verita sua poi e quella, cosl cara a colui, che riconosce per Dio suo e padre : ex patre diabolo estis: e di che sia padre il diavolo, il sig. Niccolo Guastella lo pu6 leggere su tutti i boccali di Montelupo.

Per ultimo, quando questa religione della massoneria abbia soppiantato il cristianesimo cattolico <c allora, ne da fede il Gua- stella ai suoi bimbi di Palermo, i popoli si affratelleranno tutti > con quella cariU che si ammira tanto, ove la massoneria la fa da regina: carita che ha le pift preclare sue manifestazioni nei pugnali dei sicarii, nelle bombe, nel petrolic e nella dinamite

DELLA STAMPA IT

•':, che sono i santi perfetti della sua religione: « allora, seguita 1'Autor nostro, i popoli saranno piil semplici nrl rendere 11 cttlto alia divinitii; > semplicita stupenda, che si Ive nel puro nulla, giacchfc 11 culto della massoneria o 6 1'ateismo, e signified 1'adorazione del niente; o e il satanisino, e questo non richiede altri atti di culto, fuorchd vi/.ii e men- zogne. Che pifc facile e semplice di questo culto? « Allora, cre- detemi, conclude egli, i popoli saranno piu religiosi, perchfc piu morali. » Di fatto il Guastella ne ha un argomento lampante nelle mani.

E questo 6 1'irrepugnabile delle cifre, nelle statistiche crimi- nali. 8e il primo avviamento della gioventu italiana alia reli- gione del dovcre, per mezzo della morale civile insegnata nelle scuole, ci da fra i delinquent! di tutto il regno d' Italia, pid assai che un terzo di minorenni; che sara quando questa reli- gione abbia preso possesso della massa intera del popolo? Non e giusto credere al signor Guastella, che allora si avra in Italia il trionfante impero della morale ? Ma se ora questa Italia, cosl addietro nella nuova religione, gia primeggia in Europa, pel numero e 1'atrocita dei delitti che vi si commettono, che sara allorchfc si sara tutta immedesimata con questa religione? Lo dica chi ha un granellino di sale in zucca. Noi non andiamo piu avanti, paghi di avore una volta di piu mostrata quale sia la civiltd e la moral it a che si propaga nelle scuole, da chi ha sempre in bocca 1'amor di patria e la felicita della nazione.

III.

Tn'plice Cqrso di Omelie popolari, principaltnente per la campagna, sopra tuttigli evangeli dominicali dell' anno, con altre omelie per le solennitd, principali e discorsi di occa- siotie. Opera del Sac. ALESSAXDRO Bossi Parroco di Borsano, diocesi di Milano. Milano, Libreria edit. Ditta Majocchi, 1881.

Prima di parlare di quest' opera attendemmo che ne fosse condotta a capo la pubblicazione; ma fin d'ora giovera darne un cenno, acciocch^ i giovani sacerdoti, in servigio de'quali il

S*ri* XII. vol. VI. fate. 811 G 29 mono 1884

82 RIVISTA DELLA STAMPA ITALIA.NA

pio Autore specialmente la scrisse, possano colla loro associa- zione concorrere alle spese, che la stampa della medesiraa esige. Trattasi di 18 grossi fascicoli, o a dir piu vero, volumi in quarto, di oltre a 1 60 pagine ciascuno, de' quali gia sedici usciti sono alia luce, nitidamente impress!. L'ampiezza dell' opera non ci ha permesso che di sfiorarla appena, attese le molteplici e non interrotte faccende, che abbiam sempre per le mani; ma da quel tenue saggio che ne prendemmo, ci fu agevole argomen- tare del rimanente. Eli'&, a parer nostro, un' opera che da se stessa si raccomanda, massime al giovane clero, destinato ad evangelizzare il popolo delle carapagne. Dappoichd, come assen- natamente nota il ch. Autore delle inedesime, 1'eloquenza sacra possiede gran dovizia di conferenze, discorsi e sermoni acconci al bisogno e al gusto del popolo delle citta; ma scarseggia di omelie adatte all' inteliigenza de' campagnuoli. Eppur questo 6 appunto il genere di predicazione che meglio ritrae della sublime sem- plicita evangelica, che fu piti in uso ne'primi tempi della chiesa, e che suol essere anche oggi piu fecondo, come quello in cui si ode soltanto la parola di Dio e non quella dell'uomo. Chi riflette che due terzi almeno della popolazione italiana & com- posta di gente villereccia, potra far seco ragione dell' utilita di un' opera, che mira apputo alia cristiana coltura del popolo delie campagne. Quarant'anni di studio e di esperienza nel sacro mi- nistero addestrarono il dotto e zelante D. Bossi nell' apostolato della divina parola, ch'egli sotto diverse forme, ma sempre schiette, facili, popolari e scevre di fronzoli e di artifizii espose a suoi parocchiani; ed ora a comun vantaggio, specialmente del giovane clero, divulga colle stampe. Facciaino caldi voti perche 1'edizione in corso di quest' opera sia il piu tosto condotta a termine, e debitamente dai lettori apprezzata. Dirigersi per lo acquisto all' editore in Milano.

BIBLIOGRAFIA

ALHINI CHOSTA MADDALENA -- Dl per d). Medilazioni per luiti i giorni dell* anno. Mesi di marzo e aprile. Milano, P. Clerc editore, \ ia Disciplini 7, tip. Bernardoni di C. Rebeschioi e C. 1884. ID 32, di pagg. 336.

aprire la via alle piii savie cd opportune application!, secondo i divers! bisogni delle anime. Non mcno felice e in quell' altra parte piii frultuosa della meditazione che riguarda gli aflVui da eccitare nel corso di essa, e il frutto pratico da ricavarne pel miglioramento quolidiano della vita. Queslo libretto, insieme cogli altri che lo seguiranno, dovrebbe incontrare favore- vole accoglienza in tntte le famine cri- stiam-, in coi si pratica (e potrpbbe farsi utilmenle in comune) I'esercizio della quo- tidiana medilazione.

Ecco un'altra operetta di quella in- stancabile autrice di scritti ascetici, che 6 la chiara signom Maddalena Albini Cro- sta. Ella vuol fornire alle anime pic un pascolo di divote meditazioni per tutti i giorni dell'anno; ed il presente volumetto coniieiie quelle dei mesi di marzo e di aprile. Queste versano sopra argomenti tolto proprii a purificare 1'anima, e in- dirizzarlo per la strada della cristiana per- fezione. II metodo e facile, perche la pia scrittrice ha la diflicile arie di presenlare, con brevi locchi, sempre ampia materia all' esercizio delle facolta dcU'aoima e di

APOLLONIO FERDINANDO -- Apollonio D. Ferdinando, parroco ve- neziano. I filosofi gentili derisi da Ermia filosofo. Volgarizzaraento dal Greco. Prato, tipografia di Amerigo Lici, 1884. In 8, di pagg. 16.

ARS BONAE MORTIS, sive quotidiana erga B. Matrern Mariam pietas ad felicem mortem obtinendam titilissima. Augustae Tauri- norum, eq. Petrus Marietti lyp. Pontif. et Archiep. 1884. In 16, di pagg. 396. Prezzo L. 2. Gopie 12 L. 20. Vendibile ancora in Firenze presso L. Manuelli libraio.

II melodo che tiene Panonimo Autore, fa ripplere una ditola orazione e pro- per nutrire sempre piii la pieia flliale testa di pieta filiale alia Santissima Y>T- verso la Santissima Vergine siccome mezzo gine, colla preghiera che ci impetri le di ottenere da Lei una santa morte, e il virta cristiane ed una beala morte; seguente: Reca per ciascun giorno finalmentc propone un ossequio par- di'll'anno un esempio di un Santo, che ticolare per ciascun giorno. Qu^slo aureo sin stalo in modo pia singolare divoto libretto e una guida assai facile ed cfli- della gran Madre di Dio, ricordandone cace per ottenere una teoera divozione qiiaU-lic os-cqnin speciale ; 2* suggerisce verso Maria S:\ntis5iiiia e da lei grazie una preghiera al medesimo Santo perche abbondanti, qnella segnatampiite di una c' impciri una simile divozione a Maria; morte cristiana.

84 BIBL10CRAFIA

ATTI dell'Accademia Pontificia de'nuovi Lincei, pubblicati conforme alia decisione Accademica del 22 dicembre 1850; e compilati dal Segretario. Tomo XXXV. Anno XXXV (1881-1882). Roma, tip. delle scienze malematiche e fisiche, Via Lata n. 3, 1882.

AVOLI ALESSANDRO -- Pompeo in Egitto. Tragedia inedita di Gia- como Leopardi pubblicata per cura di Alessandro Av61i. Estratto dal periodico GU studii in Italia. Roma, tip. A. Befani, 1884. In 8, di pagg. 66.

Agli ammiratori del Leopardi riuscira questa. Del merito letterario e poetico del gradita la pubblicazione di questa tragedia, lavoro del giovinetto Leopardi noi ci ri- la quale egli compose nclla verde eta di mettiamo pionamente all'assennato giudi- 15 nnni, e chc il ch. Avoli ha tratto dagli zio che ne reca 1'editore. archivi delta famiglia, col beneplacito di

BERGAMASGHI DOMENIGO ~ Storia di Gazolo e suo marchesato ; pel sac. Domenico Bergaraaschi. Casalmaggiore, tip. e libr. Gontini Carlo, 1883. In 8, di pagg. 234. Prezzo L. 2. Si vende a Belforte (Marcaria) presso il farmacista sig. Girolamo Bertia.

BIANGHI FRANCESCO SAVERIO M.a Vita del venerabile Francesco Maria Gastelli, chierico professo Barnabita, raorto in eta di anni 19; scritta da Francesco Saverio M.* Bianchi della stessa Congregazione. Edizione Terza accresciuta. Bologna, tipografia Arcivescovile, 1884. In 16 pice., di pagg. 180.

BOWDEN P. Vita e lettere del Padre Federico Guglielmo Faber, dott. in Teologia, prete dell' Oratorio di S. Filippo Neri, del P. Bowden. Traduzione dall' inglese della Principessa Gonzaga-Manna Roncadelli. Torino, Cav. Pietro Marietti, tipografo Pont, ed Arciv., 1884. In 16, di pagg. 448. Prezzo L. 4. Vendibile anche in Firenze presso L. Ma- nuelli libraio.

Utile opera ha fatia la illustre Prin- pubblicate opere ascetiche avute in gran cipessa Gonzaga-Manna Roncadelli tradu- pregio per la profondita della dottrina e cendo nella nostra lingua la biografla del una singolare unzione di pieta. In secondo celebre P. Federico Faber, accuratamente luogo, perche la narrazione della sua vita compilata dal P. Bowden sopra document! melte in aperto le mirabili vie tenute certi e specialmenle le stesse leitere del dalla grazia divina nel ridurlo dagli er- Faber. Essa potra desiare non poco inte- rori del protestantesimo nel seno della resse anche in Italia per doppia ragione. cattolica Chiesa; i cui vaniaggi promosse Primieramente per la simpatia che il Fa- con ardenlissimo zelo nella sua patria. ber inspira come scrittore, avendo egli

BURRASCANO MASTROENI GIOV. SAV. -- Gatechismo graduato della Dottrina cristiana, ad uso della citta e diocesi di Messina, com- pilato dal sac. Giov. Sav. Burrascano Mastroeni Pro-Vicario Foraneo.

BIBLIOGrUFIA

nno, tip. call, ilelle L-ttiin- domenicali, IKS:',. In H1,, .li j.;i^

Lrcivescovile li Messina, al prezzo di L. 1.

d'-i noslri tempi

virnmno a dar ragiooe dci nuovi . Miii. die vanuo mohiplicandosi per ordioe scovi nclla nostra Italia. La islruzione catftliistica, in prinio luogo, ha bisogno di una maggiore ampiezza cho prima oon fosse nsala, attesa la ini- qua congiura dei settarii di escludere dalLi educazione Ictlcrnri.i, la rducazione religiosa. In secondo luogo si erode pur necessario premnnire la crescente gioventii contro gli errori pia perniciosi die la odierna miscredcnza va insinuando nei popoli contro la religione cristiana e la attolica. A cio mirando nilnstris- simo e reyerendissimo Mons. Arcivescovo di Messina ha volutoancli'ogli prowederc alia sua diocrsi un nuovo catechismo chc sop- perisse ai present! bisogni del suo gregge; e il dotto compila tore di esso ci pare che abbia con suflicirii/.u sodisfatto alle intenzioni dellVgregio Prelate. Come ci avverlo nella sua pn-fiziont* egli ha preso conoscenza dei migliori catechismi si antichi e si mo-

derni, raccoglinido da essi, DUMimo da I

mo romano e da qudlo d larmino, la malrria e il metodo p Del tratlarla;distribuendola poi in quattro classi graduate, per guisa chc alia prima fotsero assegcatc Ic nozioni piii f.irili •• piii necessarie, e a grado a grado IP mono agevoli e le spiegazioni piii ampie. Con ijo.'-i.i csposizionc va poi con^'iunta una breve confutazione degli errori dominanti, anch'essa proporzionala ai gradi divn-si d1 intdligenza dei fanciulli da islruire. Col catechismo poi vanno unite le istru- zioni che devono regolare i maestri ele maestre nei pratico insognamenlo: e se queste saranno fedelmenle esrguite, con- forme il desiderio dello zelante Prelato, 1' uso del prescnte catechismo riu-cin'i senza dubbio molto profiltevole; dovendo gli istrutlori adattarlo alle diverse capa- cila dei loro uditori, dove abbondando nelle dichiarazipni di cose piu necessarie, e dove otnettendo le piii aslruse e meno necessarie.

GEREBOTANI LUIG1 II tele-topometro (da un sol punto, senza stadio» senza nulla mutare) patentato in ttitti gli Stati di Europa e di America. Conferenza dell'inventore Ab. Dolt. Luigi Cerebotani, prof, al Semi- nario di Verona. Verona, libreria H. F. Miinster G. Goldschagg succ. 1884. In 8 gr., di pagg. 20. NVI nostro quaderno 796 noi facemmo

conoscere ai nostri lettori il telemetro o

teletopometro del ch. sacerdote Cerebo-

tani: invcnzione meravigliosa, non sap-

piamo piu se per la sua semplicita e fa-

cilita di u«o, n por la sua esattma nelle

misure degli oggetti lontani a cui k desti-

invpce apprezzata quanto mcritava, cioe sommamente, e favorita por ogni guisa dal Governo germanico c da sommi scien- ziali di qucl paese : la quale Mima e fa- vore va acquislando ogni di piii in altre comrade si di Europa come di America. Noi nei luogo citato no facemmo una sommaria doscrizionc : una piii ampia ne trover* il leltore in questa Gxifercnza.

Data. Se per colpa di chi avn-bbe avnto il dovere di farno il drhito conto e trarla ai proprii usi, fu poco cnrata in Italia; fu

COZZUCLI BERiNARDO Prima Synodus dioecesana ab Illmo ac Revmo D. Bernardo Cozzucli Episcopo Nicosien-Herbitensi, habita diebus VI, VII, VIII et IX seplembris MDCCGLXXXIII, Panormi,

86

BIBLIOGIUFIA

ex typographia catholica, vulgo MDGCGLXXXIII. In 16, di pagg, Ai sinodi celrbruti in varie diocesi d1 Italia, c che noi di (ratio in tratto siamo venuti annunziando, aggiungiamo ora que- sto, che nei giorni 6, 7, 8 e 9 settembre del passalo anno fu tenuto per la dioeesi di Nicosia da Monsignor Bernardo Coz- zucli Vescovo di quella dioeesi. Le pes- sime condizioni dei tempi nostri, cosi sfavorevoli agli inleressi della fede e della morale crisliana, esigevano dai sacri Pa- stori che adoperassero, con piii zelo che altre volte, questo eflicacissimo mezz,o di difendere contro le arti dei nemici e pro-

dicta dclle Letture Domenicali, 194.

muovprp. in mpjrlio il bene religiose, la disciplinn della Chiesa e la santita dpi costumi nel clero e nel popolo. Corne gli altri, cosi lo zelantissimo Vescovo d. Ni- cosia ha ordinato al conseguimento di questi inestimabili frutti la celebrazione del Sinodo annunziato: del qualp non CIT- iiamo necessario esporre in pariicolare il coiiimuto, che e lotto conforme alle norme gia tracciale dai Concilii i:p»prali e rassomigliasi nei provvedimnnli speciali per i nostri tempi agli altri Sinodi altrove celebrali.

D'ADDOSIO RAFFAELE II Duomo di Bari e le sue vicende. Let- tera del P. Raffaele d'Addosio D. S. P. Bari, stab, lipografico Gissi e Avellino, 1884. In 16, di pagg. 42. Prezzo cent. 60, veodibile nella Cartoleria del Sig. Giuseppe Favia, Corso Yitlorio Eramanuele n. 117.

DA BOLANDEN CORRADO Raffaello di Gorrado Da Bolanden.

Versione dai tedesco di Adele Pichler. Seconda edizione, ritoccala

dalla stessa. Modena, tip. Pontificia ed Arcivescovile dell'Immacolata

Goncezione, 1883. Due volurai in 16, di pagg. 272, 282.

La tipografia ponlificia dell' Immacolata massonoria; la burocrazia; il cesarismo ;

ha riprodotto nella sua Collezione di letture amene ed oneste, questo bellis- simo racconto del celebre e benemerito romanziere tedesco ; persuasa che anche in Italia incontrera quell' aggradimento e produrra que' buoni frutti che gia pro- dusse, ripabblicato piii volte in Germania. La versione fu eseguita da una brava signorina, Adele Pichler, gia nota all'Italia per altre versioni che comparvero nel Leonardo da Vinci, e nel Popolo cat- toUco; e 1'ha condolta con tanto garbo che sembra quasi un racconto dettato originariamcnle nel nostro scorrevole e limpido idioma.

Le piu gravi question! religiose, mo- ral! e civili, che agitano il mondo d'og- gidi, come, a cagion d'esempio, quella tra i ricchi e i poveri, i capitalist! e gli operai; rjuella del vcrismo che si vuole intrudere nelle arti belle e nella lettcratura; la

il dio-stato che tutto assorbe, spadroneggia e opprimc a titolo di Iibert6 c di pro- grpsso; la piaga orribile del duello edel suicidio die vanno estendendosi ogoor piii a spavento e strazio delle famiglie; la sbaglialissima educazione moderna notan- temonte nelle case signorili : tutto in somma, che presentemente commuove e perturba la oiiierna societa, e in questo romanzo del Bolanden, nonche accurata- menie descritto, ma scenegjriato a cosi forli tocchi e vivaci colori che, in luogo di leggere un libro, par di assistere ad altivt unite i-appresenlazioni di splendido e vaslo teatro.

Oltre all' edizione che fa parte delle Letture amene, la tipografia ne ha ese- guiia un1 altra in due bei volumi in carta di lusso, di cornplessive pagine 560, e costano tre lire. Si vende ancora presso L. Manuelli, libraio in 1'irenze.

vFIA 87

UK . "NINO Fr.ndan. ,-osto

\ntonino Id- Carlona da Morano Calal»r< <, tip. r libr. di

Andrea I G 3. Hiagin dn Librai, 11);?, iss:1,. In li;,di pagg.176.

Prezzo L. 2. Vendihile presso 1* autore in Morano Calabro, e nella tip.

e libr. Fesla in M a poll.

QUP- drl ch. Anlonino De

Cardona comprendc un:i m.iteria piii vasla che lion N mliri iicceniinia dal titolo. Egli Iratla niollejiliri question! cnpilali intorno al benessere sociale, sia nel risguardo civile sia nel politico: ma poidie sono tulle rannodaie ad tin concetto comune, il i|n;il' e come il fondamento della sociale ;t;i, di questo fondamento per Pap- punio fa il titolo del suo libro. In so- stanza egli dimostra che la socieia in tutti •-.ipporti non pu6 giammni atlingere con Terila il vero suo lino, se di lulle le sue isiituzioni, della sua legislazione e di lutta la sua vita, non sia come Panima

e il precipoo movenU' la legge morale, derimione del In legge elerna. In tal principio, dice I' autore di arerlo allinto dal lilosofo subalpino (e piacessc al d'-lo che qut-sti sc ne fosse faito semprc la gnida e la norma delle sue operp); ben- che, con motto mijrlior vanlaggio avrebbe potuto raulgurarlo in se e nelle sue ap- plicazioni nolle o|>ere di san Tommaso e di altri sommi scolastici. Ma chccdie sia di cid, egli non ha seguito il Giobcrti o nelle deviazioni da qael principio o nelle false consegucnze, procurando invece che qneste si ragguagliassero sempre colla slrcgua adotiaia.

DEHO GAETANO Vedi MARONE P. VIRGILIO.

DE MARI FRANCESCO Foglie 1'aono 1876; per Francesco De stab, tipogr. dei fralelli Tornese, In 16, di pagg. 636. Prezzo L. 5 Chi pfrcorre quests Memorie, piut- tosto che tegppre la descrizione del viajr- gio che ne e il soggetlo, credera di andar di brigata col ch. Autore di esse; tanta e la maestria con cui rappresenta ed uo- mini e cose. II tin^io fn da lui impreso per Tisitaro il famoso Santuario di Lour- des, in adempimento di an voto per gra- zia scgnalalissima ricevuta dalla SS. Vi-r- fino. Ma come fanno i viaggiatori di genio, allo scopo principale accoppi6 altri scopi secondarii, e prese quind* occasione per visitarp altri paesi fuori del giro percorso dagli altri pellegrini.

La descrizione di on viaggio fntta da nna pcnna valontc tiene quasi le veci del viaggio stesso, in quanto che se mi- nore dnlP nna parte ne e il dilrtto, sono anche minori, o a dir mepl'o nulli jrl'in- comodi. Ma il libro delPegregio Doca di

di autunno. Meroorie di viaggio del- Mari, Duca di Castellaneia. Napoli, San Geronimo alle Monache, 1884.

Castellaneia possiamo dire che e cosa di piu dclizioso di un viapgio reale, tranne il caso che fosse faito in sua compagnia. Nmno al c^to preten- dera da nci di s.ipere i panicolari dpi Inoghi visitnti e descritti da lui: do- vremmo per poco ricopiare il libro. Ba- stera dire in generate di una sua singo- lare abilita, di coglierc dapperlulto qurgli oggetti che possano fare maggiore im- pressione, e che non sono dei pio per- vulgnti nelle guide. Tulti quest! oggetti scintillano di una luce lor propria nella sna fantasia; ed egli sotloquclln in luce sa descriverli ai suoi lettori, ai (|ii.ili sembra proprio di ravvisarli nella loro reaiti : e questo a rapid! tocchi, senza in- dnpiarsi piii del dotere; e scorre dall'una cosa all'altra con mirabil<- disinvoltura; e tutto awivn colic circostanze di per-

88 B1BLIOGRAFIA

sone e di fatti present!, sicche ne nascono scene di singolare diletto : o poi avven- ture e aneddoti di grande varied, che si succedono continuatamente eccitando sva- riati afTetti, o di festiva ilarita, o di amare rimembranze, secondo le ingegnose e sempre natural! osservazioni dell' An tore, alle piu notabili delle quali porgono oc- casione le vicende politiche c moral! del nostro paese. Conoscono tutli i principii inconcussi del Duca di Castellaneta per tutto ci6 die riguarda religione, morale e sana politica: e nota parimente la vi- vacita del suo ingegno, e qnanto egli valga oeir uso delta flna ironia in opera di sfol- gorare 1'iniquita trionfanle. Faccia dunque ragione il lettore quanta materia gli si of- fi'riva di usare di quest' arme, nel visitare che free le cilia e i monument! principal! dell' Italia ; e quanti riscontri colle nuove islituzioni e colle miserie della nostra Italia gli dovevano suggerirc i paesi stranieri. Ma, dira taluno, le Memorie del Duca di Castellanetasaranno dunque un bel pa- scolo pei clericali, pei codini e simil gente, pei quuli la moderna civilta e un pubblico disastro! No! crediamo per contrario che

GHIZZI GIUSEPPE Storia della Giuseppe Ghizzi. Arezzo, stab, di pagg. 160.

Benche non ancora sia compiuta la presente storia della terra di Castiglione Fiorenlino del ch. Giuseppe Ghizzi; non- dimeno se ne pu6 fare esatto giudizio per qucsla prima parte che ne e stata pub- blicata, la quale giunge sino ai principii del secolo XVI. Diciamo cosi, perche le maggiori diflicolta del lavoro le incontro lo scrittore nei secoli preceduti, ossia per la scarsita dci document! e la incertezza delle notizie gia divulgale, ossia per la diflicolta di trovare e vagliare i document! inediti. E ci sembra che quesle diflicolta le abbia felicemente superate, essendo liuscito a tessere una storia conlinuata e piena, dalle origin! piu accertate del

il libro del ch. Dnca e libro per tulti, perche non solo puo far bene a tutti, ma perche chiurique si ponga a leggerlo e come necessitate di andarslno alia line: ed ecconela ragione. L' An tore ha un' arte singolare di sapersi guadagnare 1'afletto del lettore; si che quest! a poco a poco finisce per diventargli amico. Or sj ca- pisce che fra gli amici si pu6 anche tro- vare diflerenza di opinion! senza che nulla guasti, e che final men te la vince chi ha per se la verila e sa farla valere. Nel che nessuno vorra negare una grande abilita ai nostro Autore. Le sue osservazioni an- tiliberali sono come la sintesi di lunghi discorsi, tanto egli vale a rapprcsentare nella piena evidcnza (ove specialmente trattisi di pratiche applicazioni) il falso dei principii liberaleschi rispelto alle sane dottrine.

Noi dunque auguriamo alle Foglie autunnali (concediamo questo titolo alia modestia dell' Autore) un'ampia divulga- zione, non solo perche il merito letterario del ch. Duca ne sia sempre piu illustrate, ma anche pel frutto morale che ne pud provenire in ogni classe di lettori.

terra di Gastiglione Florentine, per lipo-litografico Bellotti, 1883. In 8,

_Castello, che rimontano al secolo XI, sino all'cpoca teste indicata. Essa com- prende nolizie di vario genere, ordinate a modo di cronaca, e principalmente le vi- cende militari e politiche che furono mol- teplici e varie, e ne mutarono in si di- verse guise le condizioni. 1'iii facile senza dubbio gli riuscira la seconda parte, per la quale non dovra palire gran penuria di document!, e che non oflre cosi sva- riata serie di avvenimenti. Percio sin da ora ci congratuliamo con lui di cosi ac- curato lavoro, che recheri anch'esso la sua parte di luce alia storia generate d' Italia.

IOORAI i\ 89

HANNA B MLLI I'rincipessa)— Vcli IIOWDKN I'.

•ill S\LV. L'Immacolala nel Magnificat. Piccolo sapgio di esegesi biblica pel Sac. S'llv. Grech I). I), professors «li S. Scriltura e belle lettere m-l Sfiuinario di S. Calcedonio. Malta, tip. Guglielmo Gumbo, strada Sanl'Orsola 92, 18H3. In 8, di pagg. 40.

E un bel saggio chc con questa di- mi bel leslimonio di affctto verso

chiaraziono del Magnificat Ah il ch. Au- negli argomenti clip ricava di qm-l caniico

-i ilrll.i sii;i atiinnliuo per gli sludii per mettere in rilievo i privilivi ip

biblici, romr della sua piela verso la gran lissimi di Lei, quello segnalaiiifiite dflla

Minlri' <li hio. II suo commcnto di fatti Immacolata Concezione, die f.i liMiltar-

regge assai hene, considerato nella sua da un accurato esame del socondo ver-

parte esegetica; ed e nello stesso tempo setto.

LANFRANCIH VINCENZO Vincentii Lanfranchii de oratoribus ro- manis ncroasis facta studiis auspicandis litterarum latinarum in athe- naeo Taurinensi, XVI calendas decembres an. MUCCCLXXXIII. S. Benigni in Salassis, ex officina Salesiana, an. MDGGGLXXX1V. In 8, di pagg. 24.

La prrsente orazione fu letla dal giudizii, per la piii parte attinti da ana ch. .professor Lanfranchi nclla Universila fonte cosi sicura. Quanlo alia cultura di Torino nclla occasione di inaugurare della lingua e dello stile, egli si appalesa il corso della latina leltcratora. Egli, se- non merio conoscitore dell' una, che ac- goendo il melodo del Vallauri gia suo curato nell'aliro. Nel chc se alcuna co>a maestro e antecessore, ha scelto un sog- dobbiam notare, e una cotale ricercale/za gelto ordinato appunto ad illustrare la che per ventura potrebbe si'mbrar so- lalina letteratura. Questo e la storia cri- verchia, in quanto assai di leggier! si fa lica dei latini oratori, che tesse iucomin- scorgerc da chi legge. Ma se questo 6 ciando dai rozzi principii della romana un difetto, e da condonnre alle prime eloquenza, e prendcndo a duce il mas- pruovc del ch. Professore, raesso in con- .-iiiM luminare di quesia, M. T. Cicerone, dizione di dover succrdere a chi con che il primo ne scrisso. Nulla ci oc- tanta gloria e per si lunghi anni a MM corre dire della materia, essendo i suoi corso il racdesimo arringo.

LOCATELLI CARLO La vita di San Carlo, narrata alle famiglie dal sacerdote Carlo Locatelli, dottore in S. Teologia, membro della Pontificia Accaderaia dell' Imraacolata Concezione in Roma. Milano^ libreria editrice ditta Serafino Maiocchi, via Bocchetto, n. 3, 1882. tipografia del Riformatorio Patronato. In 8, di pagg. 638. Prezzo L. 10, franca di porto. .Virrare la vita di S. Carlo Borromco Chiesa. E veramente tra i personap?i ho

non e solamenlc narrare la vita, quanto ebbero mano inquella grande opera d'im- •.••i-.i\ir'!:i.vi fil illustre di un mensa utilita a tutta la couuiiii.ni

era- della ( :iiics;i ; ma e tessere una pane tolica, che fu il Concilio di Trento, S. Carlo

ootevolissima della storia della stessa e da reputare uno dei piu segnalali JUT

90

BIBLIOGRAFIA

vastila di consul! ed operosa eflicacia di azione, si nel tempo del la celebrazione, come altrfisi noil' attuarne, dopo che fu chiuso, i savissimi provvedimenti. Ma non basta: a nche considerate come pastore par- ticolarn delta Chiesa di Milano, egli con- feri in rnodo straordinario agli inieressi di tutta quanta lu Chiesa Cattolica, essendo state le sue riforme, dove piii dove meno, prese quali modelli delle riforme che si vennero a mano a mano introducendo nelle altre diocesi, segnatamente d' Italia. Da qucsta semplice considerazione puo infe- rirsi cosi 1'importanza universaledi questa storia, come dall'altro canto la non poca diflicolla che essa offre a chi la tenti. II ch. prcvosto Locatelli non si e lasciato scoraggiare dalla arduita del tema. La sua grande divozione verso il santo Arcive- scovo di Milano; il desiderio di far cosa gradita ai suoi concittadini nella prossima occasione di celebrarne il centenario; e finalmente lo zelo di difendere la fama di questo insigne benefattore della patria, controle impudent! calunnie di un misera- bile scrittore, (che menlisce non pure alia storia, ma anche a se stesso nei docu- ment! che allega) lo hanno indotto a porre mano al diflieil lavoro. E noi dob- biamo dire, in onore della veriia, che egli e riuscito a darci una vita del grande successore di S. Ambrogio, la quale per ogni sua parle pu6 dirsi compiuta. San Carlo vi comparisce fin dai suoi primi anni e in tutta la sua vita, un esemplare

porfctiissiino di virtu cristiane, le quali poi prendono forma, nellc diverse con- dizioni di persona privata o pubblica, or di privata or di pubblica santita, sempre in grado eroico raggiurita. La vasta materia, dovuta tratteggiare dal ch. scrittore, non lo confonde. Kgli pre- cede destro e spiglialo fra tanta variola di cose e di avvenimenti, non frodando il lettore di cio che gli conviene sapere in ordine al s6ggetto principale, ma nep- pure intrattenendolo in case aliene, se ne togli qualche curiosita di cui gli fa grazia qualche volta in nota. Donde proviene quel sempre crescente interesse con coi si legge il suo scritto, il quale non istanca mai, e si pena a doverlo interrompere. Nel quale effetto hanno anche grandis- sima parte la lingua corretla, lo stile familiare e scorrevole, le savie osserva- zioni che di tratto in tratto innesta alia narrazione, e che sembrano naturalmente germogliare dalla materia che tralta. Per quest! ed altri pregi noi raccomandiamo moltissimo la vita di san Carlo, descrilta dal ch. prevosto Locatelli; e poiche egli nel titolo si protesta di narrarla alle famiglie crisliane; a quesle appunto noi propo- niamo di fame soggetto, come desidera 1'Autore, di lettura comune. Esse vi trove- ranno un pascolo non meno salutare che dilettevole allo spirito. Anche 1' elegante edizione in carta scclta e bei tipi, ed or- nata di parecchie pregevoli incision!, in- vita alia letlura.

LO RE GIACOMO II canto liturgico illustrato secondo le autentiche ediziooi di libri corali; dal Sac. Giacomo Lo Re, Sotto Giantro della Metropolitana di Palermo e prof, di caoto ia quel Seminario arci- vescovile. Palermo, lipografia di Giovanni Olivieri, corso Garibaldi, n. 25, 1883. In di pagg. 192. Prezzo L. 3,00. Dirigersi all'Autore con lettera raccomandata o con vaglia, Via Vincenzo Riolo, n. 22, Palermo.

LGTESORIERE TOBIA L'ateismo moderno e la scienza; del sa- cerdote Tobia Lotesoriere, socio ordinario deH'Accaderaia parmense

.FUF1A

'.i!

\ JIIIIIM. (/,•/»</!/, tip. Ennio di <l. Tamborrino, 1883.

in H;, (\\ p;t^. k>;>. Preno L 1.

Li motlerna inm-diir d.i pur della scienza umana e della morale

d' online natural?, E queslo 11 compito che il ch. Canonico IxUesoriere si assume nel presente opuscolo, svolgendu chiarando gl'invitli argomeoli che a |>n>- vare la delta verita sono arrecali dal- FAngelico Dotlor S. Toimnaso.

oon pochi t h <i arrogano MjMrtaMBtt il lilolo di scionziali lino al delirio di negare Fesisten/a di Dio, ha iodotia la Moessila negli apologist! cailolici di raf- irnn.ire questa Terita, che non solo e il fondameoto della religione crisiiana, ma

MAHCKLLINO (P.) DACIVEZZA II Patmrca della nuova alleanza San Giuseppe, contemplato ne'fatli e misteri della sua vita nel raese di raarzo a Lui consacrato. Trentadue ragionamenti del P. Marcellino da Civezza, niinore osservante. Prato, tip. Giachetti, figlio e C., 1883. In 16, di pagg. 244. Prezzo L. 2. Somministrano la materia a quest! frulto di ciascheduoo, c molto piii di

discorsi le noiizie, che piu o men di vi-

cino riguardano il sanlo Palriarca Giu- seppe. 1'er se, come ognan sa, non sono

esse copiose; giacche poco e ci<\ die di

lui ci riferiscono le sante Scritture; e

qaelle altrc che provengono da fonli di- verse, non hanno per lo piu un sicuro

fondainento. Nondimeno quelle scarse ma

eerie memorie, fccondate dalla soda dol-

Irina che il ch. Autore possiede e da lui

opporlunamenle applicate alle condizioni

dei nostri tempi, gli forniscono lullo il

bisognevole per ben trentadue soggelti. II

MARII LUIGI -- Poesie italiane del P. Luigi Marii d. G. d. G. Napoli, R. stab, tipografico di Donienico De Falco e F., Via Salata ai Venla- glieri, 14, 1883. In 16, di pagg. 252. Prezzo L. 3. fe gran variela di soggelti e di melri soggetlo ad un lungo ed assennalodiscorso

che premelte alle sue rime. Egli pertanto coi presidii, come si e dello, d' un inge- gno squisitamenle poelico e di soda col- lura, ha polulo toccare nella pocsia un

lull! insieme, e quello di far concepire una aliissima slima della santita dell1 cc- celso patriarca, di promuoverne la divo- zione, e con questa lo sludio dello cri- sliane virlu per oltenere da lui elette grazie, e quella segnatamente della liuo-ia raorte. Essendosi ora molto propagata la divozione del mese di san Giuseppe, i sa- cri oralori, massime i pi a giovani, po- iranno da questo libro pigliare indirizzo ed esempio per farsi guida a ben prati- carla.

nella presenlo raccolia di poesie ilaliane; ed in lulle si rivela I'.ingegno veramente poelico del ch. P. Marii che ne e 1'aulore. Con lale sussidio della nalura e nutrito di fort! sludii nella classica scuola, egli si mostra quanfallri mai alieno dal vezzo moderno d'un'altra scuola, la quale se e riprensibile, spesso alineno, nella forma esterna, piu che mai e da biasimare per F interim materialista ed empioa cui e indirizzala nel suo concetto sostanziale. Acconniamo a questo punto, perche il ch. Autore fa di late tcndenza del secolo

grado non comune di perfezione, cosi negli argomenli piii lenui, ad esempio i cant! popolari, le anacreonliche ecc., come nei piii gravi, nei quali ordinaria- mente adopera la terza rima : e fa proprio meraviglia il vedere in qual modo negli uni e negli allri si alteggi si bene e si propriamcnle il sno genio. Ecco un pic- col saggio delle sue anacreonliche in una

BIBLIOGRAFIA

intitolala : La prima aura di aprik:

Dolce aurctla leva il volo Dal bcl grembo dell' aurora, Con quol soffio che innamora K la terra, e il mare, e il ciel.

Non temor, che 1'aspro gelo Lascia i colli, lascia 1'onde, Piu la brama non diflbnde Di mestizia il fosco vel.

Vieni, vien, celeste auretta, Col bel sibilo gentile; Gia ti c.liiama il vago aprile In sua magica belta.

Senza te non v'e diletlo, Non v'& riso, non amore; Sc tu vien s'inebria il core D'innocente volutta.

Vedi i fior, chft in lor linguaggio Da'socchiusi calicetli Ti domandan vezzoselti Bacio vergine d'amor?

L'augolletto sulla IY. Par ti dica in sua ft vel la: Torna alfin, deh torna, o bolla, Bella al par del primo albor! ecc.

Ma Pingcgno poelico del P. Marii si manifesto ancor piu nei soggetti gravi chc comprendono la maggior parte del libro. Vengono quasi tutti tratiati, come abbiam detto, in terza rima; e parecchi di essi constano di piu canti da formare insieme un poemetto. Poetica ne e sempre la in- venzione e Porditura, nobili i concetti, franco e robusto lo stile che fa sentire il lungo studio posto nel divino Alighieri; flnalmenle corretta e pura la lingua. Per saggio anche di questo genere riporteremo alcune terzine del secondo Canto pel Cen- tenario di S. Pietro, dove la Fede ac- cenna alle vittorie da lei riportate per merito dell'Apostolo. Fra 1'altre cose dice cosi :

Ahi, qnal sostcnni indomita fortuna, Nel diflicil cammin dall'aure avverse Che il nemico sfreno sull'onda bruna.

Ma, mentre intorno a me rotte e sommerse Andar vedea ne'gorghi altere navi, La mia barchetta piu gagliarda emerse.

Invisibil nocchier tu la guidavi Tra il vento e le procelle, e d' ogni scoglio Con pronta e accorta man tu la campavi.

M' invest! pria de'Cesari Porgoglio, Allor che scossi di mia luce al lampo Tremaro i simulacri in Campidoglio.

Scendo contr'essi intrepida nel cnmpo, L' immanita ne stanco, e a millc a mille Del santo foco i popoli divampo.

Quindi dovunque giro le pupille, Dovunque il tuon della mia voce arriva, Di possenli virlii sorgon faville. ecc.

Non diciamo che le poesie del Marii va- che non sono ne molti n& gravi, e quei

dano del tutto scevre di difetti: ve ne ha che per ventura vi si trovano vengono

certamente or nei concetti or nella forma; in certa guisa oscurati dai pregi che vi

ma crediamo di non errare affermando risplendono.

"MA.RINANGELI DOMENIGO DI un aito studio di teoiogia compa-

rata. Discorso recitato al VI° Gongresso cattolico di Napoli da MOD-

B1BLIOGRAFIA

signor Domenico Marinan^li, Vescovo di Foggia. Bologna, tipografia e librma Arcivescovile, via Altobella, n. 6, 188)1. In 1<>, di pa-:.-

I. uno spliMidido ili-cor^.i, m-1 quale strumfnti di un partite o, peg'r'io, di una

set la; 1'allro positive, in cui stabilisce (In- il fine a cui lendono

quello della gloria di Dio, della pnptfttiOMM regno di Geso Cristo sulla torra o del rincalzo della mulua carili fra i membri di esw : al conseguimento del qual nobilistimo fine anima con sapient! e calde parole i sooi uditori.

il H.mo ed HI. mo monsignor Domenico Marinangi'li vescovo di Foggia chiarisce agli adunati noH'ullimor.ongressocatiolico il vero e proprio scope dell' Opera de' Con- gress!. 1 cap! principal! del suo ragiona- mento vorsano sopra due concetti : 1' uno in i-erta ^'iiisa negative, con cui dimostra ci6 che non sono i Congress! cattolici, scagionandoli dalle volgari accuse di essere

MARIOTTI CANDIDO S. Francesco, S. Tomraaso e Dante oella ci- vilta cristiana e le relazioni tra loro; pel P. Gandido Mariotti da Gagliole dell'Osservante Provincia delle Marche. Venezia, 1883 a spese della tipografia dell'Ancora editrice. In 16, di pagg. 502. Prezzo L. 4. Potentissima, bench?1 sotto diversi ri-

spetti, fu la influenza esercilata dai tre

Soinmi che formano il soggetto di que- st* opera del ch. P. Candido Mariotti.

San Francesco, colla sanlita della sua vita

f. con la istituzione dei suoi ire ordini fu

il risloratore dello spirilo e del fervore

crisliano. San Tommaso d* Aquino, cost!-

tuendo come in un sol corpo tuttn la

scienza cristiana, fu il sole destinato da

Dio ad illuslrare le intelligence di tutto

il mondo civile. Finalmonle I'Alighieri,

massime col suo immortale poema, cred una letteratura la quale si per la sosianza, si per la forma dovea rimanere il tipo dolla letteratura cristiana. II ch. Aulore per far

conoscere ed apprezzare secondo il giu- sto valore il suo triplicc concetto, ha cre- duto bone piglinr le mosse sin dagl' inizii dclle cose, dichiarando Teconomia di Dio nella creazione dell' uomo, nella redenzione e nello stabilimento della Chiesa. La via potra sembrare ad alcuno troppo lunga, e per veniura non necessaria; poich6 avrcbbe potuto benissimo, nello svolgi- mento diretto del suo tema, altingcre da quelle stesse fonti gli argomenti che avesse creduto opportuni per lumeggiarlo. Ad ogni modo in se 1' opera e motto istrut- tiva, e volentieri si Icggc pei pregi della lingua e dello stile ond'e fornita.

MARTINI TITO Aritmetica commerciale e politica ; per Tito Martini, professore ordinario nella R. Scuola superiore di Gommercio di Ve- nezia, 1884, presso G. B. Para via e Gomp. Roma, Via del Gorso n. 301, 302 e via Nazionale 15 e 16. Prezzo L. 3, 40. Dal semplice tilolo si pud scorgere il sendo amplissima 1' applicazione che vi

vanlaggio che promette quest' operetta del si fa dell' aril metica alle principal! combi-

ch. I'rof. Martini, rhi poi I' rsaminera at- nazioni in casi di commercio o di economia

tt-iitnmonte trovera che la esecuzione corri- politica.

>l>'Mide copiosamente alia promessa, es-

MASSI FRANCESCO Le Catacombe romane. Poema di Francesco

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BIBLIOGRAFIA

Massi. lloma, tip. A. Befani, Via Prezzo L. 3, 50.

Diflicilmenle saria da to trovarc mi soggello piii degno di poema chc non sia questo dellc romane Calacombe, le quali racchiudono la piu gloriosa storia che possa van tarn I'umanila: i principii cine del cristianesinio e le gcste gloriose del suoi campion! presso il stio fondamento ed il suo centro, cioe la Chicsa romana. Ma un soggetto cosi sublime avea pure bisogno di un poeta che fosse pari alia sua grandnzza; e felicemente lo ha incon- trato nel chiarissimo Prof. Francesco Massi. Chiunque conosce le opere di questo in- signe poeta dell' eti nostra non trovera, ne siamo certi, esagerate le nostre parole. I'n argomento che a questo si assomiglia per grandma e nobikn, egli avea trattato nelle sue Notti Vaticane, poema an- ch'esso in versi sciolti, il qualc tratteggia con iscene svariate i piu splendid! quadri delle siorio compcndiate o accennate nei monumenli vaticani. Come allora prese a duce principale delle sue escursioni poe- tiche Torquato Tasso; cosi in questo poema sulle Catacombe prende a sua gnida san Damaso Papa, il quale taut' opera pose dtirnnte il suo pontiflcato nell'ador- iiarle e perpetuarne coi suoi nobili versi le memorie. La forma poetica seel la dal Massi nelP uno e nell'altro lavoro, mcntre gli porge il destro di ridurre ad unita, nel concetto generale, svariatissimi oggetti; apre alia sua fantasia un libero campo ad arditissimi voli. Quanti e quanto su- blimi non sono i ricordi che racchiudono le romane Catacombe; con quanti altri fuori delle Catacombe non si rannodano essi e quante rimembranze non isvegliano della storia dcll'antica Roma ! Cosi vasta materia si avviva alia fantasia del poeta, ed ei tutta la misura, cogliendo sempre i punti piu capaci di essere lumeggiati, non tanto per un effetto diciam cosi pas- seggero, quanto per collegarsi col tutto, nel fine iuleso di far concopire, la gran-

Gelsa 6, 7, 8, 1884. In 8, di pagg. 13->.

dezza, 1' eccellenza, 1' eroicita dei primi atleti della fcde. E questo line cosi nelle singolc parti come assai piii nel loro com- plesso pgli, gii inoltrato nella vecchiezza,

10 attinge tanto felicemente, ijuanto niun altro forse dei poeti viventi lo polrebbe nella freschezza degli anni. Orto e ma- raviglioso in lui il vigore della fantasia che si porgn a slanci si arditi e sicuri; la vivaciti delle dipinture, la veril& e il brio del colorito, la mapificcnza e splendore dello slile; tutlo cio insomma che serve nella poesia a dare come la realta e il mo- vimento agli oggelti, quasi che si vedesser present!. Se nel Massi pu6 qualche cosa la vecchiezza, e nel frenare do che ad un critico perspicace potrebbe scmbrare so- verchio nelle immagini e uello stile e dare al suo delta to quel pregio maggiore che viene dal hi gravita e maturiia del giu- dizio. In escmpio dolla poesia di lui re- chiamo quel tratto che gli e ispirato dal monumento di sanl'Agnese fuori le mura, che ci viens casulamente sotto gli occhi :

Bacio la soglia, cconlemplando il tempio Sembrami tutto lampeggiar d' un riso Delia santa donzella; aurate volte, Splendido altare, un doppioordin di logge Bello a veder, pareti istoriate Di pi tt ura gnntil. Scendo sot terra Con pie tremante. 11 fortunato sasso In fornici minor s' apre e dirama Per lunga serie di funeree celle.

11 fulgor d'una lampada mi scopre

L' urna bramata, al suoi chino la fronte; 0 cara al Cielo conchiglietta umile Che la vergine perla in grembo ascondi Quanti in me non ridesti alti concetti !

Non frena il volo della menle mia Questa misera eta. Kendo il velame Della nolle de'secoli che fugge Invau celando le memorie anliche. Veggo lieli giardini. Ecco In villa De' Claudi ; ecco i crisiiani sepolcreli Ricoperli di fieri e di verdura.

1RAFIA

>T la rampagna ni<"r'j:ia!iti ; liiniinoM' l.iri h'inco^iiit'i sentier ri<clii:ii-;ui I'lMiili: S' apprpssan gia : la pin fumiglia e questa

<e, che raivuN- 1 nuliil c.orpo l>a tirannico ferro al suol disteso. La pargoletta mullemriile inrliina SuH'omero la tesia, o par viola

la pin^'gia sul c-spile disliori. Non dolor ma letizia e nei congiunti, E un pipio<o gioir di sua corona. In vaspl di cristallo oli ed aromi

MORICONI FILIPPO - Religione varie citta d' Italia dal Sacerdote Albtnga, tip. Vesc. T. Craviotto e Le condizioni dci nostri tempi hanno indotto la necessiia di un generc di elo- quenza che nei secoli passati raramente fu usata, almeno nei paesi caitolici. Questo genere di eloquenza P I'apologelico; del quale pur troppo conviene che si avval- gano i sacri oralori, per difendere i po- poli dulla invasions degli errori di ogni soria, liccnziati a correre dappertutto da quella che dicono moderna civilta, ma che in realm altro non e che novella barba- rie. Tuttavia e lamento di molti che co- desta neccssita viene introduccndo un altro abnso, die e quello di fare del pergamo, dove e quando meno converrebbe, uan cattedra di controversie, e traltare con uditori gencralmenle cailolici e pii, come si userebbc con rinncgati. E questo mal vezzo appunto di nou pochi predicatori riprende con gravi parole 1'Autore delle present! conferenze; sicchfi quasi parrebbe che, piii che raccornandare, volesse sere- dilare il proprio lavoro. Ma egli ha saputo cosi fare che pur tenendosi nei genere apologelico, i suoi discorsi dovessero riu- scire profiltevoli anche ad uditori fermi m-lla fede e pii. Codesto vantaggio gli provienc in primo luogo dalla scelta dci ui. Fgli non si azzufla cogli errori particolari che suonano in bocca d'in- crcduli, i quali a solo udirli fanno rac- capriccio alle animc buone. Prende invece

IlifTomlono per T auro una frajrr TergOD del nnguo IP purpiiiw innnbrn, K <\i'\ sarm Injun!' fiiniio tf^oro. I'ria dal nionte ta : ilo marmo

Clir dara letlo all'arifrelica sjKtglia; I'oscia, diviso in due, cinpo il dnppHlo La bella urna d'onore, e chinde il ( anto. c An ma dolce i tuoi paivnii aniaMi ; Hicordali pur semprc ; c noi devoti Salmi diromo alia tun sacra tomba. > Son le fiaccole spent"; il loco e muto; Ella soavemente in pace dorme.

e Scienza. Confereoze recitate in Filippo Moriconi. Volume secondo. ilglio, 1883. ID 8, di pagg. 457. a combattore alcuni prcgiudizii piu gone- rail, i quali piu o meno possono appic- carsi anche a persone timorate, o che, se non altro, possono a questo creare difB- colta a cui non saprebbcro facilmente ri- spondere. Ecco i temi presi a dimostrare nelle conferenze di questo volume: - L' Italia Cattolica // Papato e il secolo XIX II culto delh Sacre Jmmagini e gT Iconomachi La ci- vilta e la Croce II dero cattolico e tre calunnie / Cianciatori La fratellanza Increduli i piu ere- duli In secondo luogo, dai soggetti sa egli scegliere per 1' appunto quei lati sotio i quali piu facilmente sogliono essere insinuati i sofismi e i pregiudizii contro la roligione e le sue pratiche. Cosi, per esempio, ncl primo dei soggetti annunziati egli si fa a considcrarc tre calunnie che si appongono al Cattolicismo, cioe: che il cattolicismo spenga 1'amor delta patria; che, il cattolicismo islerilisca 1'ingegno italiano; 3* che il cattolicismo inimichi 1'lialia, in quanto il Papato ha in questa la sua sede precipua : e si propone a di- mostrare positivamente il contrario di co- teste accuse. In terzo luogo, egli non solo dimostra a filo di logica e con validissimi argomcnli i suoi assunti, ma procura in- sieme di fame provcnire un frutto pratico PIT tutti. Ci sarebbe a dire di qualche di

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BIBLIOGIIAFIA

fctto da noi notnlo nello stile c ndla lin- gua. Ma il ch. Autore ci ha prevenuti, confessando die !o studio da lui posio negli autori stranicri lo ha fatto trascorrere alcune volte in quci chc diconsi neologi-

smi, ossia nolle frasi ossia ndli- par. cgli HP! tutio si appalesa colto scrittore c perito dei da-iri im-tri; sin-hr >. sara diflicile in altra edizione Tar dispariro quest! piccoli un.

PIGARDI ADAMO La Pantologia, per Adamo Picardi. Napoli, tipo- grafia di G. De Ruberto, Via Universita, 9, 1882. In 8, di pagg. 400. Prezzo L. 5, 25.

tenla di porgere quelle nozioni chc giu- dica piu necessarie per una istruzione elementarc. Le ristrettezze di un articolo bibliograflco non ci permcttono di entrare nei particular!: diciamo solo chc sopra alcuni punti, non di poca importanza, e

Col titolo di Pantologia il cl). Autore fa un corso di filosofia, comprendendovi tutte le parti, dalla logica alia teologia naturale ; dnndovi luogo allresi a non po- che question! che altri irattono nella flsica e nell'astronomia. L'ampiezza della ma- teria e il breve spazio ncl quale ha vo- Inlo circoscriverla non gli pcrmettono di dare sempre allc sue trattazioni un pieno svolgimenlo in tutte le loro atlinenze,

nolanlemente sopra cio che 6 fondamcnto della filosofia di san Tommaso d' Aquino, cioe la composizione sostnnziale dei corpi, non possiamo andare d'accordo coo lui.

ond' e che generalmente parlando si con-

PIGHLER ADELE Vedi DA BOLANDEN CORRADO.

PLAUTO T. MAGGIO I captivi di T. Maccio Plauto, tradotti in vol-

gareTeramano da Giuseppe Savini. Firenze, tip. Barbera, 1884. In 1C,

di pagg. 62. PROGACGINI FERDINANDO La volontaria schiavitii di S. Paolino.

Studio critico di Ferdinando dei Gonti Procaccini, prete napolitano.

Estratto dal Periodico La Scienza e la Fede. Napoli, co'tipi de'fra-

telli Manfredi, Sannicandro, 4, 1884. In 16, di pagg. 30.

SAVINI GIUSEPPE -- Vedi PLAUTO T. MAGGIO.

SGOTTON MONS. ANDREA Saggio di discorsi sacri per Mons. Andrea

Scotton Arciprete di Breganze ecc. ecc. Torino, tip. Salesiana, 1883.

Due vol. in 16, di pagg. 274-280. Prezzo L. 4. Rivolgersi direttamente

all' Autore in Breganze.

La fama che meritamente gode il ch. Mons. Andrea Scotton di uno dei piii valenti sacri orator! dell' Italia nostra, rende superfluo qualsivoglia clogio die noi potremmo fare di questo suo saggio di discorsi sacri. Ci bastera dire che cssi, ossia nella scelta dei soggelti ossia nel modo di trattarli, ci rendono esempio di quel sodo e frultuoso genere di eloquenza sacra il quale vorremmo che fosse piii universalmente seguito dai predicatori evangelic!. Lo scopo dei suoi discorsi 6

sempre il maggior bone spirituale dei suoi udilori, avuto riguardo alle condizioni ed ai bisogni moral! e religiosi degli uomini dei nostri tempi. A questo scopo inteso sempre praticamente e seriamentc egli in- dirizza lutti i sussidii della eloquenza: e prima colla forza degli argomenti e poi colla mozione drgli afTelti si adopcra di ottoneilo. Noi crediamo che la pubblica- zione di quest! discorsi potra cssore molto vanlaggiosa, specialmcnie ai giovani sa- cerdoti.

BIBI.lOr.nAFIA

A. - Sism ilogfa. Sui t.-nvmom .Mi'is'h d'N<-' s iu-

glio •':» iM S. •:. prnf. A. S-rpii-ri, Iftia :il K. NiitutQ Ix)tn-

|.;ir 1 i iH'H'ailurnii/a .|.-1 ('.\ diiv nl>; Kslratlo dai MtMidicnriti

d.-l ll.IstiMoL II, \M . \Vl.f ..s- XIX .1^/ano, 1884.

Tip. B'Tuardoni di C. Rebeschiui e C. In 16, di pagg. 1 i.

8ETTI MANE (DUE) tnnti la prima Gomunione, ossia alcune leziooi snlla vita di N. S. Gesii Cristo, tralte dai Sanli Evangel! ad n coloro che apparecchiano fanciulli alia priraa Comunione. Bologna, tip. Poiitificia Mareggiani, 1884. In 16, di pagg. 134. Prezzo cent. 50.

SnnERlNI G. EDOARDO -- Li Propaganda fede ed il (ioverno ita- li;iii-\ Kstratto dal Periolico Li Rassegna It'iUana. Roma, Befani, pagg. 43, in 8 gr.

Altre volte nbbiamo avuto occasione e ci congratulinmo ben di cuore con lui.

<li commemtorp l'a?},riustaipzza dei con- II Soderini dimo<lra con prove forti e per

la sodma dei principii, la chia- evidenza chiarissime, che la recente son-

rezza del dettalo e la bonia (Idle cause tenza contro la 1'ropapanda e ingiustn,

chi- [iri'inlf a difi-iidere il conic Edoardo considerata piurid'camente perch6 non e

Soderini. Anche questa volta di Pgual fondata nella le-rge; e considerata polili-

lode crediamo meritevole il suo lavoro, camente e inconsulta.

TAGLIALATELA G10AGCHINO -- Le basiliche di San Felice prete Nolano, edificate da San Paolino a Gimitile. Discorso accademico del P. Giracchino Taglialatela dell' Oratorio di Napoli. Napoli, estratto dalla Rivista napoletana La scienza e la fede, serie IV, vol. CXXX, fasc. 771, 1883. In 16, di pagg. 3'2.

TIRING GIAGOMO R. P. Jacobi Tirini S. J. in universam S. Scri- pturam commenlarius, cui praeter sacrorum bibliorum textum ad exemplar vaticanum exactum accedunl prolegomena Levini Lemnii, et Francisci Ruei et notationes quamplurimae P. Zachariae el P. Jo- sephi Brunengo, qui praestantissimum opus auxerunt, correxerunt, illusirarunt, Tomus V. Taurini, ex lyp. Pontif. et Archiepiscopali eq. Petri Marieiti, 1884. In 16, di pp. 61*2. Prezzo di tutta 1' opera L. 50. Vendibile ancora presso L. Manuelli libraio in Firenze.

VITA del B. Angelo d'Acri, missionario cappuccino della provincia di Galabria citeriore. Vol. primo. Monza, 188i, tip. e libreria de* Paolini di Luigi Annoni e C. In 16 p., di pagg. 160. Della Collana di Vile di Snnti, Anno XXXIV, Disp. 199.

Sttie \lt. coi. VI. fa c. >\\ 7 '

CHONACA OONTEMPOiAUli

Fir en ze, 2? mar 20 IS 84.

I. COSE EOMANE

\. I'dionza del Santo Padre 2. II novello Vicc-Cancelliere di Sanla Chiesa 3. la circolare della Sacra Congregazione di Propaganda.

1. II giorno 13 del mese di nwzo, verso le ore 9 antimeridiane fu- rono da Sua Santita ricevuti in privata udienza i RR. sacerdoti milanesi don Giuseppe Rossi Oblato di §an Carlo, professcre e presidente del consiglio direttivo della societa dell' Osservatore Cattolico di Milano, doo Federico eonte Secco-Suardo, parroco di Belusca e membro dello stesso consiglio direttivo, don Carlo Bonacina dottore in sacra teologia, redattore dell' Osservatare Cattolico.

Essi presentarono al Santo Padre, uniti ad un eloquentissimo indi- rizzo, tre grossi volumi, elegantemente legati di firme di cattolici lom- bardi, dirette a protestare contro il « pellegrinaggio nazionale, » o i recenti insulti con cui si tenta suggellare le opere della rivoluzione, e screditare il romano Pontefice, e il Papato davanti agli italiani. Le firme, che sommano a centocinquanta mila, sono accooipagnate dall'obolo di lire dierimila.

II Santo Padre accolse con paterna benevolenza i prefati sacerdoti, e in essi benedisse 1' Osservatore CattoHco, il Comitato diocesano mila- nese, e i parrocchiali, il Circolo della Gioventii Cattolica di Sant'Am- brogio. Si congratulb di questo magnifico risultato, e si allieto, osser- vando tante firme dei cattolici lombardi, le quali significano chiaramente che 1'amore al Papa non e spento a Milano e in Lombardia, ma risorge piu vigoroso e piii puro dalle ostilita che tuttodl si muovono contro la Chiesa. II Santo Padre diede saggi consigli ai prelodati sacerdoli, per condurre con sempre piu illuminata eflicacia le opere della stampa e dell'azione cattolica, e incoraggi6 a perseverare impavidi nel loro nobi- lissimo arringo.

2. A surrogare il defunto cardinale De Luca neH'importante ufllcio di vice-cancelliere di Santa Chiesa e stato dal Santo Padre prescelto il cardinale Teodolfo Mertel, primo dei diaconi da circa ventisei anni

fretfiato ddla sacra por[»ora. II ancoliit-rc 6 nato in Allu-

mi»Tf, ili'uvsi di C-vitavecchia, il !> febbraio 1800. Appartenne alia Sacra Rota, e fu il cnrnpihtore dfllo Statuto ch.' I'm IX arc -r-16 nel marzo del IHiS a'suoi popoli. Reduce da Gaela, il Mertel fu chiamalo miniMro iMI'iriU'rno ijuari'h moiisiirnor Sivelli venue create cardinale, ed il 15 marzo 1858 fu alia sua volla aonoveralo ncl sacro collegio. Gome cardinale, coprl rilevanti ulli/i; fu presidenle del Consiglio di Stuo segretario dei Brevi. A lui tocc6 d' incoronare il Sommo Pontefice Mil il 3 marzo 1878, siante la grave eta del cardinale Caterini, primo diacono.

L'uffizio di vice-cancelliere e ritenuto per il primo nella Chiesa Ro- mana, dopo il Pontefice, ed e il solo ufflzio che con quello del caraer- lengo di Santa Chiesa sia couferiio dal Papa con Allocuzione concistoriale. L'elenco dei personaggi illusiri rivestili di tale dignila ha principio con san Gerolamo, cancelliere e segretario del papa san Damaso, da lui ereato, secondo che scrive il Ciaconio,*verso il 370, .<imo t-r/o del suo roniificato, cardinale col titolo di Sant'Anastasio ad Palatinas. Lo stesso Pontefice, compiula Terezione della Ghiesa di San Lorenzo in Damaso, gliene confer! il titolo. Fra i suoi primi successor] fu san Prospero di Aquitania, che il Bovio scrive abbia esercitato 1'uffizio di vice-cancel- liere sotto Leone I. In questo secolo furono vice-cancellieri di Santa Chiesa, dopo il cardinale Enrico Siuardo, duca di York, gli eminentissimi Fran- cesco Caraffa di Traetto, Giulio Maria della S'jmaglia, Tomm-iso Arezzo, Carlo Odescalchi, Carlo Pedicini, Tommiso Bernetli, Luigi Araat di San Filippo e Sorso, e Antonino Di Luca. Fra le attribuzionl del car- dinale vice-cancelliere som le seguenti: Tiene in custodia il sigillo pon- tiflcio, presiede alia cancelleria apostolica, sopraintende agli affari pin gelosi della Chiesa, soprattutlo su quelli che trattansi in Coacistoro, ne registra gli atti, segna tutie le lettere di provvisioni apostoliche, riceve i giuramenti dei nuovi dignitari della Chiesa, sotloscrive le Bolle dette sub plumbo, per via s-yretd e per camera, ecc.; queste ultime firmando come Sommista delle lettere apostoliche, il quale uffizio e unito a quello di vice-cancelliere.

3. Come documento per la storia, riferiamo la bella circolare che la Sacra Congregazione di Propaganda ha spedito a tutto 1' Episcopate caitolico.

« Ill.uio e R.ifio Signore.

« fc nota alia S. V. la sentenza emanata ai 29 gennaio p. p. dalla suprema Corte di Cassazione di Roma a sezioni riunite circa la con- viTtibilua dei beni di questa S. Congregazione. Secondo siffatto pro- nunciato, gia qualificato abbastanza dalla pubblica opinione, la Propa- ganda viene equiparata a particular! enti ecclesiastic! locali e perci6

1UO CRONACA.

compresa nella leggc di conversions del patriraonio di tali enli conservati n-;lla provincia romaoa (L^gge 1873).

« Ora, siccorae V. S. gia conosce, ben altra e la natura di questo Istitiito, indubbiamente internazionale, sia riguardato il caraltere delta missione afTMatagli, sia la provenienza dei c.ipiiali che costituiscono il suo patrimonio.

L'atto fondamentale con ciii Gregorio XV di s. m. die principio a questa magnified opera, gloria del la Santa Sede e insieme dell' Italia, la serie delle costiiuziooi pontiflcie emanate a riguardo di essa durante i due secoli e mezzo della sui esistenza a traverso le crisi anco le piii violente, d' Europa, avevano chiarito abbastanza davanti a tutto il mondo, che i Pontefici stabilirono questo Istituto allo scopo esclusivo di fame T istromento per esercitare eflicacemente il proprio ministero deU'apo- stolato colla propagazione della fcde su tutta la faccia della terra; al quale efTetto gli c mferirono i piii ampi e straordinarii poteri. Per assi- curargli la plena liberU nell'esercizio di tanto sublime uflicio, essi stessi ptr i primi gli fornirono mezzi pecuniari, e in questo intendimento me- desimo i fedeli di tutte le nazioni volenterosamente concorsero ad aumen- tare il suo patrimonio, che non a vantaggio d'un popolo solo era destinato, ma a bene della intiera umanita.

« Pertanto apparisce manifesto che la sentenza accennata sopra non colpisce gia i beni di un particolare istituto, ma danneggia il capitate destinato esclusivameote all'esercizio dello stesso ministero apostolico del Romano Pontefice per la conversiooe delle genii alia luce della Fede e della civilta. Essa lo danneggia, sia esponendo la Propaganda al pericolo di vedere qmn lochessia perire questi beni o totalmente o parzialmente per effetto di non improbabili eventualita, sia mettendo anco nell'arbitrio dei partili signoreggianti, e per6 nella piu deplorevole incertezza, il pa- gamento delle rendite, e soprattutlo toglien iole la libera disposiziooe degli stessi suoi capitali ad essa del tutto necessaria, visto il carattere d'ini- ziativa proprio della sua natura e le frequenti occasioni di dover accorrere agli straordinari bisogni delle varie mission!.

« II Santo Padre, afflittissimo per questo DUOVO e Qero attentato agli imprescrittibili diritti del suo apostolato, e prevedendo le tristi conse- guenze derivanti d;»lla conversione delfattuale patrimonio della S. Con- gregazione, gia del resto nella massima parte alienate, lite pendente, dal gov^rno, sente il dovere di provvedere nei migliori modi al sicuro av- venire di si benemerito istituto. Perci6 si e degnato ordinarmi che a garantire tal sicurezza io dichiari, conforme fuccio colla presente, che quindi innanzi la Sede araministrativa della Propaganda per tutte quelle donazioni, lasciti e oblazioui colle quali piacesse alia pieta dei fedeli concorrere alle continue e ingenti sue spese, viene trasferita fuori del- 1' Italia. E per prjvvedere alia maggior comodita comune, si e determinato

co.v 101

il.ilirv n irti .!.•! n nln o Procure, ovr !••

jMsti- I inn il'n/ni periculo e a libera e iu-

i l<'ntf il .razione per vantaggio <lflk»

SS. Mission). Tali Procure veogono indicate nella nola che se le aggiunge,

e cli-' iiisii'int' colla present c PC I a re sara dalla S. V. recala a Cuno-

•i di ttiiii i fr'Mi all*' sue cure aflilali. Mi riservo di coraunir in s*'tfuiir>, o\v orcorra, ulieriori islruzioni.

-hi i- si i 1 1 S. Coogregazione nutre fermi n lucia che il ouovo colpo recato alia Cliiesa, lungi dallo indebolire la pieti dei cattolici, le sari s'.iinolo potenie perchfe con generosiia serapre maggiore sovvengano ai biso^ni ili-lle missioni, ch<j si f mu ) di giorno in giorno piii imperiosi e molu'plici.

« lut into ecc.

« Dalia Propaganda, 15 mam 1884.

« GIOVANNI Card. SIMEONI, Prefetto « t D. Arciv. di Tiro, Segretario.

NOTA DELLE PROCURE

c IN EUROPA Vienna, Monaco di Baviera, Parigi, Madrid, Lisbona, presso le Nunziature apostoliche Aj.i, presso 1' Internunzio aposlolico -- B'lgio, presso 1'Arcivescovo di Malines Malia, presso 1 'A'-vnU' della S. C. - - Lonlra, presso I* Emo Card. Arcivescovo - Dublino, presso I1 Eino Card. Arcivescovo - - Costantinopoli, presso il Vicario Patriarcale pei Latini.

« IN ASIA Bombay, Calcutta, Madras, presso i Vicari apo- st'.lici.

« IN AMERICA -- Nuova-York, presso 1'Enfo Cardinale Ar- civescovo — Sin Francisco, Quebec, Toronto, presso i rispettivi Arcive- scovi Rio-Janeiro, presso 1'Internunzio aposlolico Buenos-Ajres, presso il IM^ato apostolico ~ Quito, presso il Delegate apostolico.

« IN OCEANIA -- SyJney, presso 1'Arcivescovo.

« IN AFRICA Algeri, presso 1' Emo Cardinale Arcivescovo.

« N. B. Quante volte la distanza impedisca ai fedeli di far per- venire le snmrac ai centri accennati, potranno all'efTello dirigersi al proprio Ordmario. »

L' It ilia legate, quella cioe governata dalla rivoluzione pu6 d'oggi innanzi menar vanlo d'avere fatto la guerra, e pert) costretla a portar in terre straniere 1'amministrazione di un Istituto moudiale, cbe forma va una delle sue piii belle glorie.

JO? CRONACA

II.

COSE ITALIANE

1. Prosen te condizione in Italia 2. Altri guai: il fosso ricoperlo con frasche e lo scandalo dei Prefetti Cortc, Casalis 3. L'affare (lunstalla, il mistero di Cornelo 4. Manifest! sovversivi, il vcrdetto dei giurali di Milano 5. La criminalita nelle Romagne 6. Dimissione del Farini 7. Morte di Quinlino Sella.

1. Ei pare che le cose d' Italia volgano in peggio, e che le belle speranze concepite durante il famoso pellegriaaggio nazionale si siano dissipate come nebbia al vento. Le difficolia infatli che incontra il Go- yernr), tanto di fuori come di dentro sono tali e tante, da sfatare il coraggio dell'uomo di Stato il piu rotto Del mestiere di barcameoarsi e il piii fecondo nell'inveDlare spedienti per tenersi in piedi. Di fuori 1'alleanza dei tre imperadori nordici non fa piii parlare di quella che 1'ltalia avea stretto colla Genmnia e 1' Austria, ne del viag^io del re Umberto e della regina Margherita a Berlino. La circolare Mancini e venuta poi ad accrescere il malumore dei Govern! esteri, ai quali e grandemente spia- ciuto il modo sleale COD cui il Governo italiano rispetta la legge delle guarentige, e la burbanza onde il Ministro degli esteri dichiara che sia esclusa ogoi ingerenza estera in un affare in cui sono implicati i piu grandi ioteressi della civilta e dell' umanita. Alia circolare del Mancini e stato risposto dalh stampa cattolica come si dovea, segnatamente dal- Pegregio Osservatore Romano, mostrandone cioe i sofismi e i para- dossi orid' e ripiena da capo a fondo. Cosa per altro niente nuova in quell' uomo, che ha 1'insigne vanita di credere che la diploraazia di Europa sia caduta tanto basso da lasciarsi abbagliare dalle sue fal- laci premesse e dalle sue gonfie parole. Quanto all'andamento delle cose interne dello Stato italiano, niuno e per fermo che si faccia illu- sione sullo sfacelo che si va manifestando in una maniera da fare spa- vento. Innanzi tutto, Montecilorio e un vero caos, una vera torre ba- belica. E come no? Nella votazione p. e. della legge Baccelli sulla riforma universitaria, votarono in favore del progetto 91 deputato di sinistra, 33 del centro, 19 dissident!.- Votarono contro, di destra 18, ra- dicali 18, 45 della sinistra tempera ta, 70 pentarchi. Tutti i capi della destra votarono contro. Dov'e piii la grande maggioranza che facea Torgoglio e la potenza del Depretis? Per questo il Baccelli minacci6 di dimettersi; ma non ne fu nulla; perche la sua dimissione avrebbe por- tito con se quella del Depretis, il quale ama il potere, e lo terra fin che potra. Gi6 non toglie, che 1'onorevole di Stradella non sia stanco e sliduciato. Lo dicono am mala to, e sara; ma la sua malattia, e quinii

CONTKMPOIUKEA HH

la sua assenza ilal Parlaim-niM <• tzravissimo sconcio, se dobbiamo .

rseveranz li non c'e, il H •-

.-I e la Camera si \ mi-are in tutto di ogni Invzione; e appare

agli occhi tuilo il pericolo di una siluazioae che si regge sopra un ii"ii!H \t'(vlno, radium-vole di salutf, il quale non crea, non fooda null* di forte, non apparnvhia iiull.i di sano. » Commossa dallo spettacolo di una Camera in i-f.nvlo, la Liberia di Roma testfc scrivea: « Siamo ia un periodo di «l»va<lrn/a. iVivhe non dirlo? Noi siamo addiriltura sgo- nicnu 1.1 tlisucco sempre piu aperto tra Parlamento e paese; della dissonanza spircata fra i discorsi degli uomini partomenlari e quelli di ogni altro ordine di citladini, commtTcianti, industrials, agricoltori, op«-- rai: tutto ci6 che serve soli ta men te ad appassionare la Camera, non suscila alcun palpito nel cuore del popolo; e viceversa quello cb«- il popolo piu urgentemente domanda, non trova nemmeoo modo di Tarsi strada alia Camera. 11 male non e, grazie al cielo, a tal punto da is pi rare inquieiudini serie per un avvenire prossimo;?); ma e certo, che s.- il rimedio non giunge sollecito ed efTicace, quella che oggi e sollanto se- parazione, diverra inevilai)ilmente divorzio, e da questo non nascera che rovina. »

Li Liberia ha ragione da vendere e da serbare, perche davvero tra il 1 'aria memo e il paese non regna troppa arraonia; e il motivo e chiaro; perche il Parlamento non rappresenta se non coloro che corroao all-- urne. Quindi aggiunge: < Noo dispiaccia ad alcuno se insisliamo Del oostro concetto: in Italia, gli anarchici, i socialisti, i repubblicani, gli inurnazionalisti uon sono affatto terribili per se medesirai;lo divemaoo solo per gli errori o le negligenze che da noi si commettono (vi par poco eh! raentre son tanti questi errori e queste negligenze, che se si dovessero tutte contare, si morrebbe senza giuogere alia somma touile). La loro presa e la; il loro punto d'appoggio e la; la loro speranza e la. Per conseguenza, il vero modo di preservare le istituzioni da ogni scossa e da ogni turbamenlo, non consisle gia nel dare addosso alia cieca a quei fanatici inuscoltaii e impctenti f parlino le Romagoe ed altri siti se sono mascot if it i ed impotenti), ma bensl uel volgere le istituzioai a pubblico beneQzio. Solo il Parlamento puo far questo, e se non lo (a 6 suicida. »

2. Da non minori guai dei soprammentovati e minacciata 1' Italia, se e vero quel che scrive la Perseveranaa: « La condoila del ministru delle floanze, il quale, perchfe la legge sull'isiruzionu passasse, si e la- sciato trarre via via da un sacrificio di un milione a un sacrificio di sei, non gli ha accresciuto credito. Quantunque il bilancio non sia siato ancora studiato da nessuno, fuori delta Commissiooe, che ne deve rife- rire, da questa escono voci malincooiche. I piu allegri dicono che sliamo a uscio e muro col disavauzo; i piu severi dicono che ci siamo caduti

lOi CRONACA

e gravementp, e il fosso e mal ricoperto con frasche. » E poi soggiunge: « Lo scandalo dri due prefetti Corte e Casalis, che si son bisticciati in pubt>lico sopra punti di amminisirazione cosl iraportanli; che non sono ne diraessi, nfe pnsti temporaneamente fuori di ufllcio; che, disap- provati nella Camera dal ministro di grazia e giusiizi.i, non si dimet'ono essi, ha fatto una impressione profonda. » E conehiude dicendo: che 1'anima dell' Italia « si estenua e si sciupa; e una nazione, che dal moto politico avrebbe dovuto essere ringiovanita, ne appare sfinila!* Queste confession! sono tanto piii preziose, che ci vengono da un giornalt1, che per essere moderato non lascia di essere il piii strenuo campione di qutl liberalismo, che sotto le parvenze ora di raoderaturae ed ora di progres- seria, ha governato la povera Italia per lo spazio omai ben lungo di un quarto di secolo. E quanto durera ancora questo terribile giuoco ?

3. La Camera ha poi approvata la transazione Guasulla: lo Stato pa- ghera agli eredi di quegli intraprenditori lire 11,700,000. Quest' affare, che pareva dovere scatenare una vera tempesla contro il Governo, e andato dunque a finire, come generalmente finiscono in Italia queste faccende: chi rompe paga, e chi s'e visto, s'e visto. Del misterioso fatto di Corneto non s'e piii parlato. Sulla sabbia verso il mare si sono trovate delle impronte, come di un corpo che ogrii tanto si sdraia per riposarsi. S'fe trovato un fazzoletto insanguinato. 11 mare ha rigettato un paio di mutande. Questo han detto i giornali. Allri invece ass^risce, che si trat- tava soltanto di alcuni bracconieri, che impauriti dalle grida d'intima- zione del carabioiere, gli gittarono addosso una boccia, deslinata ad ostruire una tana per far morire un lasso. Se non e vero, e ben trovato.

4. Ci6 non pertanto non s'e punto tranquilli sulle tenebrose mene delle sette anarchiche, le quali lavorano a sobillare la plebe, ad eccitare di- sordini, a provocare ribellioni contro la forza pubblica. L' Opinions ha parlato nei giorni ora scorsi di certi manifesti sovvcrsivi che si fanno correre tra i militari, e che si e falto a tempo d'impedire che compiano la loro opera nefanda di scuotere la disci plina dell'esercito, il solo ba- luardo, che rimanga all'Italia per tenere a segno le moltitudini gia guaste dalle dottrine anarchiche. Intanto ci uniamo s>\\' Opinione, per deplorare il verdetto della giuria di Milano che di recente mandava assolti gl' im- putati di diffusione di manifesti sovversivi tra i militari. Imperocche la pieta verso i colpevoli in simili casi e una vera ingiustizia, potendo av- venire che, in conseguenza di essa, qualche incauto soldato sia tratto a delinquere, e porti la pena del reato che da altre persone, rimaste im- punite, fu isiigato a commettcre.

5. Siffatto guasto appare segnatamente in quella delle provincie ita- liane, che e diventata come il quarliere generale della setta anarchies. Fu teste pubblica ta la relazione che il sosiituito procurator del Re lesse nell' inaugurazione ddl'anno giuridico del tribunale di Forll.

CONTEMPOHANKA I11-'

I.i ' cspone c<» mi die nn-ritifio di ridnnmare 1'at-

I--I (loverno e del pubblico, e noi creJiamo di dover riprodurrc Dti:

« I /i Komigna, in fatto di crimin-ilila, egli dice, non trovasi presenle- menie in uno staio allarmante e se si pone mente, sia alle eifre che indicano i rv.ili contro la proprieta, si;i a quelleche d»-sigiiano i misfalti di sangue, non si trovano risuliamenti supehori a quelli che abbiamo m-lle altre province. In Romagna si riscontra una recrudescenza nei reaii di lidcllione e di oltraggi agli agenti della pubblica forza. (Jual'fc la causa - si domanda il hravo magislrato di qufsto fatlo, convalidato pur troppo dall'irrecusabile eloquenza delle cifre? Perche manca, egli dice, la dovuta sommissione aH'aulorita dellt legge, perchfe nell'agente della pubblica forza si ravvisa lo sgherro del potere, anzichfe il citiadino che si consacra alia tutela dell'ordine, che es pone la vita a vantaggio degli altri. Quando questo concelio sara dominante nelle masse, quan lo queste si con vinceranno che F ossequio alia legge assicura alia patria i benefici d'-lla liberty allora sollanto cesseranno cotali reati. II mile 6 nato dal- 1'interesse di chi, per rendersi benevolo il popolo, ne accarezzava 1'odio verso le autorila; da chi, dovendo piii che i principii combattere gli uomini, lasciava a bella posta ignorare alle classi meno intelli^enii il dirillo che nella lotta poluica h inno tulii i pariili di liberamente espli- carsi, e di pretendere il piii assoluto rispetto. Un concetto falso della liberta si 6 fatio pren-ier vita nel cuore delle masse; e da ci6 per natural conseguenza lie 6 derivata la ribellione continua, oslinata, sistemaiica coniro quelli che hanni 1'obbligo di pretenlere la liberta di tutti risp-'ttata, i diritli di tutti salvaguirdai. E ci6 spiega la reti- cenza dei testimoni in taluni process'^ danno anche queslo giustamente e acerbamente lamentato dal cavaliere Fonusari nella sua reliziooe.

« E il rimedio ?

« II rimedio sta anzitutto nella virtu cittadina, che dev'essere risve- gliata dal lavoro continuo e incessante degli uomini deH'ordin1?; sla nelle cure che debb >no prestarsi anche dal governo alle cl,»ssi m>>no abbienti per risuscilare loro in cuore 1'alT^tto verso il regime che ci governa, sta nella risoluiezza dell' autorila, che tutti convince delta fermi e>i in- crollabile volonta del governo di volere la legge rigorosamente rispettata. Se questa linea di condotta sara seguita in Romagna, h sorte di questa gen-TOsa regione non potra cerlo dirsi disperata. »

Ad atl^nuare per altro 1'impre^sione di cju-'sto Im^uaggio, che noi ov'ihmo tanto piii veridico quinto piii esso pirle daila bocca di un ottimo magistrate, come e il cavilier F.>rnasari, sorgeva il Fascio, e nel numero del 21 decorso febbraio scrivea:

« Aprasi il volume della Sfatiitica giudiziaria deyli affari pcnnU per I'anno 188<), pubblicato a cura della Direzione generale di Siati-

fO(l CROIUCA

stica e si dia uno sguardo ai due Prospetti AA e BB a p. LX, LXI, LX1I, LXIII e si faccia il paragone della delinquenza delle varie regioni d'iialia.

« A comodo del lettori, che non posseggono tale libro se ne danno alcuni dati veramente edificanti.

« La media dei rcati conlro le persone per 1' Italia nel 1880 risuUd di 12,03 per ogni 100,000 abilanti. Intanto nella Gone di appello di Bologna, dalla quale dipendono le Romagne, non si hanno che 7,37 per ogni 100,000 abilanti. I feroci, i sanguinari romagnoli adunque riman- gono molto disotto della media di tulta Italia!

« Per i reati contro la propriety h media generale per T Italia e di 15,07; quella della Corte di appello di Bologna la supera di poco, raggiungendo 18,01. A spiegare questo leggero aumento, poireramo invocare la parola sacra ed indiscutibile di Sua Maesta il Re, che parlando coi peUegrini Romagnoli mostravasi preoccupato delle cattivs eondizioni econoraiche di quelle nobili contrade. Perocche e risaputo e ne convengono tutti dai magistrati ai legislator!, dai pubblicisli ai com- merciaiiti che i reati contro la proprieta stanno in costante e immancabile r.ipporto colle eondizioni economiche di un paese; aumentano quando queste scno cattive e diminuiscono nel caso contrario.

« Ma noi non la invochiamo quest' attenu:inte, messa fuori per far credere che le cose di Romagna si debbano ad un semplice disagio eco- uoinico, laddove hanno radice non solo nelle diflicili condizioni create dai governo a tutto il paese, ma eziandio nei metodi eccezionali ed arbitrarii con cui Ik si amministra onde domarne gli spiriti alteri. Se in Romagna difatti i reati concernenti la proprieta superano di poco la media del resto d' Italia, essi rimangono invece di gran lunga al disotto di quelli pi'rpetratisi in altre province che non sono tuttavia in fama di esser cosl turbolente e travagliate come quella nobile regione.

« Sappiamo inoltre dall' ultimo numero della Nuova Antologia, che ndle Romagne vi e un numero straordinariamente grande di ammonia i (ju;ili, dalle vessazioni poliziesche, dalla posizione falsa e difficile che vieae loro creata dalla barbara e iniqua misura tale la giudicarono i penalisti deslri, sinistri, e trasformisti di ogni tempo -- vengono spinti fatalmente sulla via del delitto. » Da tutto ci6 e agevole conchiudere che 1' Italia corre per una via che non pu6 approdare che alia rovina; e versa in una ccndizione che si puo compendiare in due parole: Disi- siima e diffidenza di fuori; marasmo ed anarchia di dentro.

6. Le dimissioni del Presidenie della Camera son venute ad accre- scere la confusione in Montecitorio. Ecco intanto 1'apparente motivo che provoc6 siflalta dimissione. II deputato Cavallotti interpellava nella tornata dell' 11 il Governo, sulla tortura inllitta dai carabinieri ad un rourifabro di Baronissi. II deputato Nicola Farina, cittadino di Baronissi,

VTEVPORANEA 107

voile purlaiv anrhe lui, e n'avea hen onde; ma il presidente gli riotiso la parola. 11 Farina preg6 allora si chieilessf alia Camera la faeolta di pailarv. La Camera annuiva. Or* in questo semplidssirao faito il pre- sidenle Farini voile vedere un atto di sft tncia a lui dato dalla Camera; e tanto bast6 perche. si dimettesse dalla carica, rimanendo anche sorJo all-*, istanze degli amid. La irriialiiliia di quest'uomo e umoristica; e la Camera cominnava ad esserne stanca. Ad ogni rainimo inddenle, ch •. meitesse in dubbio la sua diltalura egli si dimetteva ed esigeva d.ill.t Camri.i un't-lezione, ed un volo di lilucia completo. Non sarebbe spie- gabile questo contegno di fierezza e di alta sdegnosiia, se non si sj- pesse die sempre succede cosi, quan lo si pnrtano in alto individui prm di merito e che, non conoscendo la misura del valore proprio, credono che tulto loro sia dovuto e che la loro superiorita sia indiscutibile. 11 Farini fu portato alle alte sfere, per dritto ereditario, perche flglio <h suo padre; egli invece ha I' infantile candore di credere che ci sia stato portato dui suoi ran raeriti. La Camera intanto il giorno 19 chiamava a succedergli il Coppino. Questa elezione e stata cagione di una crisi ministeriale, che si andra svolgendo pian piano, e dara occasione a nuovi scandali.

7. Fra questi trambusti e accaduta la morte di uno dei pezzi grossi della rivoluzione italiana, vogliam dire di Quintiao Sella, deputato di Cos- sato e ciltadino di Biella. Questa morte giunse inaspettata a tutti, fuor- che a lui che avea il mesto presentimento della sua prossima fine, 6a da quando, nella passata legislatura, insisteva per dimettersi dairufUcio di deputato. Questo presentimento per altro non gli servl punto a fargli comprendere che, avendo gravi debiti colla giuslizia divina contratli, dovea cercar modo di ripararvi. E nol fece. La mano del Sacerdote non si alz6 infatti che sopra un uomo nei delirio delfagorna. Ed ora chi resla piu degli uomini che fecero entrare in Roma la rivoluzione attraverso la breccia di Porta Pia? Ma davvero che Roma e fatale!

III.

COSE STRANIERE

i. Hissesto economico della Francia 2. Clemcnc&iu a Londra e pericoli di una crisi ministeriale 3. Slatisiica d<illc bettole 4. I bonaparihti si agilano e il loiti appello al popolo 5. II principe Orion" a Berlino 6. I conforli immayinarii della Repubblica 7. Veto misterioso sul Tonk no 8. I religiosi cacciaii dalb Francia e la carila catiolica.

1. Fu del to che tutti i Governi, che hanno a base il parlamentarisrao, sono i piii costosi, e pu6 ancora aggiungersi i piii scialacquatori. T mone ne sia la Francia repubblicaoa.

108 CRONACA

\A Francia paga a caro prezzo le sue velleita di gloria, i suoi pro- getti ambiziosi di poliiica coloniale.

Quel benedetto Tonkino ha gia iogoiato tesori, e fra pochi gicrni il (ioverno sar& costretto di chiedere alia Camera un QUOVO credito di 80,000,000. Dove andra a finire la Francia ?...

Dove sono piii quelle ricchezze, quel benessere materiale che le per- misrro di fare miracoli e che tutii le invidiavano?... II signer Tirard, ministro delle finanze, non sa piu a qual sanio votarsi, e sebhene assicuh che mai I1 idea di una imposla sulla rendita non gli e venuta in menu*, pure tutti temono che sia costretto a ricorrere a questo estremo. Sarebbe un'iraposta del tre per cento. Non e gran cosa, ma e bastato che la voce si mettesse in giro per far precipitare tutti i valori, per costrin- gere il Governo a rinunziare al complemento delPistruzione obbligatoria, a fine di non ispendere i milioni che 1' attuazione finale di questa legge richie.de. Quindi si economizza sulla pubblica istruzioce, per correre dietro ad avventure pericolose !...

Frattanto, brutii sintomi davvero, il prodotto ddle imposle indirette scema in grandissime proporzioni e il commercio coll'estero e in ribasso. Facendo un confronto fra il mese di gennaio del 1884 e il gennaio del 1883, si ha questo risuliato sconfortante: le importazioni, e si badi che desumiamo quisle cifre da statistiche ufficiali, sono diminuite del 25 per cento, e le esportazioni del 19 per cento. Anche la importazione delle malerie necessarie all'industria ha subho un ribasso di 55,000,000. Proced^ndo su questa via, il ministro Tirard fa una ben lugubre pre- visione! Egli crede che il disavanzo di quest' anno sara presso a poco di 130 a 150 milioni. Come sopperire ?... Ormai non havvi piu margine ad imposte, perche il paese e aggravatissimo; e non sarebbe prudenza aggiungerne altre quando vi sono centinaia di migliaia d'operai senza lavoro. E 1'attitudine di questa raassa sofferente si fa sempre piu mi- nacciosa, per cui il capitale, impaurito, si ritira dalla speculazione. In questa dolorosa situazione risuona una voce. II grido dei monarchic^ i quali affermano che c'e un solo modo per mettere fine a tanto danno ea tanta iattura. Quale? La restaurazione monarchica.

2. Intanto che la Crmmissione dei 44 ha cominciato i suoi lavori, presentando una lunga filastrocca di quesiti, relativi a questa crisi economica, a molti grandi industriali; il signer Clemenceau per meglio attendere alia controinchiesta ft partito per Londra dove, dicono, ha ri- cevuto una festosa accoglienza. Si vuole che in una couferenza avuta da lui con un personaggio ragguardevole abhia fatto sapere che qusnto prima sarebbe tomato in Parigi, per rifare piii tardi il viaggio d'lnghilterra. Questo ritorno avrebbe spiegato con la necessita della sua presenza in Francia « trovandosi il gabinetto Ferry agonizzame. »

La Justice nega per6 che questa frase sia mai uscita dal labbro

NTEMPORANKA '

del Clrmenceau; ma, uscita o no, egli e ccrto che il gabinetto non dorme mi U-lto ili i

Huale asMvn-mie.nto pu6 esso fare sopra una maggiorariza stabile e com pat ta, dopo quello che e gia avvenuto a proposito ielf inehtolll sulla crisi economica, ed a proposito della legge sulle manif«-si:'zioni sediziose?

Le probahilita del rimpasto minisieriale sarebbero state la conse- guenza inevitable deiremendamento Goblet, secondo il quale non al tribunale correzionale ma alia Cone d'Assisesi sarebbero dovute poriare i reati, contro i quali la legge era stala proposta. Ebbene 1'emenda- roento, presentato dal Goblet, e stato approvato dalla Camera con una discreta maggioranza, quantunque contro di esso avessero energicamente protest;.io il ministro dell'interno e il Guardasigdli, ma di crisi o di rimpasto ministeriale neppure una parola. Perche? Perche i signori che stanno al poure sentono piii forte Tattaccamento al portaf<>gli che la propria dignita; perche ci6, che chiamasi « verita costiiuzionale » e in Francia una parola vuota di senso; perche Governo e Camera non sanno quel che si vngliano; perche, in una parola, il nome di questa Repub- blica e piii che mai « equivoco e confusione come in Italia! » Tutti, dopo il voto sull'emenlamento Goblet si aspeltavano per lo meno che Wai leck-Russeau e Mariin-Fouille' avreblxro presentate le loro dimis- sioni, tanto piii che la Camera, votando quell' emendamento, ritirava con una mano quel che aveva concesso con 1'alira, giacche una legge spe- ciale contro le manifestazioni sediziose, cosl corretta, non ha piii ragione di essere, bastando all'uopo il Codice pen;ile. Eppure ne 1'uno ne 1'allro si decidono ancora a far fagotto

Si disse per un momento che i due ministri battuti al Palais Bourbon avevano 11 per II fatto mostra di rassegnare i porlafogli, ma si soggiunse imm*<1iatamente che si erano affrettaii a riprenderli sotto il braccio, non appena il Ferry fece loro osservare che la quistione di gabinetto non era stata posta. Questi signori hanno 1'aria di seguire la politica di Guido Biccelli nel Parlamento italiano.

3. E qui vorreramo parlare della crisi operaia che tiene tanto in al- larme il Govenio della Repubblica; se non che, crediamo meglio di ri- chiamare I'altenzione dei nostri lettori sopra una singolare e spaveutevole statistics, le cui cifre, eloquenti non hanno bisogno di essere commentate. Allu liarao alia statistica delle bettole, secondo la quale, nel dip irtimento della St'niu vi sirebbe una betlola per ogni 88 abitanli; una per ogni 75 nella Senna inferiore; una per ogni 70 nel Rolano e nella Somma ; una per 54 al Pas-de Calais; una per ogni 52 al Nord. £ da notare che nelle cifre degli abitanli non sono comprese le donne e i bambini. Fate le debite soltrazioni e tirate un po'le consegu*nze logiche, per ci6 che riguarda le tristi con'li/joni morali della gran m.issa degli operai. 11 Temps ha dun- que perfettamente ragione, quando afferma che la causa principale del-

110 CRONACA.

1'attuale crisi e 1'eccesso nell'uso delle bavande alcooliche, le quali, da un lato sottraggono delle sorame ingenti al risparmio, e daH'altro degra- dano e pervertiscono la popolazione. In tre anni Parigi ha bevuto vino e liquor! per 1,800 milioni di franchi. In 12 anni Parigi si beve il ri- scatto della Francia.

L'operaio, demoralizzato, abituato alia taverna, perde ogni volonta, ogni capacila al lavoro: impone quindi delle esagerate condizioni ai capi fabbrica, doraandando sempre nuovi aumenli di salario e sempre nuove riduzioni nel numero di ore di lavoro, per avere maggior tempo e mag- giori mezzi da dedicare alia crapula. Cos! la produzione diminuisce in quantita e in qualit£ ; le spcse di pro hi/ione aumentano e la concor- renza estera ha buon giuoco contro 1'industria nazionale, che decade e si estingue. Quello per6 che da molto da pensare e il progresso spa- ventevole delle recidive. Leggasi infalti qut:l che scrivea tempo fa il National su questo argomenlo.

« II National parla della legge Berengere sulla riforraa penitenziaria. Dice che lo spaventevole progresso delle recidive notato in qucsti ultimi anni dalle statistiche, dipende dal fatto che i legislator!, i magisiraii, i giurati e il presidente della repubblica son divenuti troppo sensibili.

« Non v'e, domanda il National ^ abuso del diritto di grazia?

« Non s'fc comraessa un'imprudenza rendendo mite oltremodo la re- gola di vita dei forzati?

« Non si sono intesi degli accusati spiegare i loro nuovi misfatti, col desiderio di partire per Numea, la quale apparisce loro cento volte pre- feribile alia prigione ?

« Non si e fatto della prigione uno spauracchio che va sempre di- ventando raeno spaventoso?

«E per giunta, la giustizia non va acquistando sempre piii 1'abito di applicare il minimum delle pene, e gli accusati non possono spesso fare assegnamento su un' indulgenza dei giurati, che va spesso sino al- 1'assoluzione?

« Non s'e abusato delle circostanze attenuanti?

« Non s'e abusato, una volta dichiarata la colpabilita da un verdetto, della postilla data in favore dei grandi scellerati, per domandare una commutazione di pena?

« Credesi che tutto questo rilassamento nella repressione non abbia influenza sulf animo dei furfanti, che misurano la portata dei delitti che premeditano?

« Fra Tassoluzione possibile e la condanna a morte seguita dalla grazia inevitabile del signor Ferry, quante probabilita di cavarsela con un nonnulla, con un po'di prigione, o con un viaggio! »

4. L'anounziata manifestazione bonapartista al Circo d' estate ha avuto luogo. Grande concorso: quasi 4000 persone. II signor Richard,

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ini/ialnro e | , ron altri or.itori, sost'-nut » l:i fee

della rvstiiuzioMf di tutli i suoi diritti a I suffn^o um\»Tvil.', pi-r.-l reUami-nt*1 j-nssa fan- la sivlin del capo dello Slato conviiilis.Ninn, tanto lui conit- i suoi amici di partito, che se (to sincerameole un ap-

pello al popolo, la risposta immediate di qucsto s:nvbbe 1'elevazioii' prindpe (iirolamo alia priraa magistratura della Francia.

Un ordine del giorno su quisle b.isi e stato votato per acclaroazione. On esso si domanda bensl la revisione della costituzione, ma non la revisione stata recentemente proraessa dal signer Ferry, e neanche da farsi colla riunione in congresso delle due Oimere atluali. La revisione pei bonapartisti dovra farsi da un'assemblea speciale, eletta ad /we.

Quello che ne gli oratori del Circo <? Estate, ne i gioniali napoleo- nisii osano bucinare, ma che tutti del resto capiscono perfeltamente, e che la desiderata elezione del priticipe Gerolamo a presidente della re- pubblica dovrebbe esser il primo passo per la ristaurazione dell'impero. Non si avvedono per6 delle enormi difficolla che vi sarebbero a riten- tare la fedele riproduzione delle origini e degli errori del seconJo impero. 5. La notizia, ormai uflhiale, del tra^locamento del prindpe OrlofT dall'ambasciata russa di Parigi all'ambasciata russa in Berlino e stata accolta a denti molto stretti. Giacche non possono farsi illusione i Fran- cesi, sul significato positive di tale traslocamento, il ristahilimento cine delPintimita fra la Russia e la Germania; 1'abbandono da parle della prima d'ogni velleita di alleanza con la Francia. L'OrlolT e molto amico del paciQco Giers, e questa sua nuova destinazione e uii segno visibile di ci6 che si e potato conchiudere fra i due Imperi in occasione della recente visita del ministro russo a Berlino.

6. 1 Francesi per6 non si perdono d'anirao. Essi sono d'una feconditi maravigliosa, quando si tratta di immaginare dei conforti alle loro ami- rezze e ai loro disinganni. Cos) della nuova fase della poliiica russa si consolano pensando che non potra essere, che non sara certamente dura- tura. La Russia, dicono, volenlo approfhlare delle presenli dillicolta fra le quali 1'lnghilterra si dibatte nell'Egitto, vuol fare uiu nuova fermata nell'Asia, verso quelle Indie, alle cui frontiere la Bulena e \0rso bianco finirauno un giorno con iocontrarsi. Volendo concentrare da quel lato tulta la sua attenzione c tutla la sua energia, la Russia non poteva non metier da part*;, flno a migliore occasione, ogui suo progetto di conquista sui Balcani. Gessato cosl, per ora, il m)tivo deH'aniag')nismo con 1'Au- stria e con la Germania, essa, anche per essere piii tranquilla ed avere un appoggio morale nella sua poliiica asialica, doveva cercare di avvi- cinarsi ai due imperi. E quello che ha falto : ma ci6 piu che alia Francia nuoce airinghilterra, sen/ » la quile, anzi conlro la quale, si svolge ormai luila la poliiica Europea. L'Inghillerra, dice per esempio la Republtque franraise, ha uvuto il torto di spingere 1'iUlia in braccio alia Germania

112 CRONACA

e di avere espulso la Francia dall'Kgilto. Ora essa sta scontando gli er- rori gravissirai da lei commcssi.

La Russia adunque, come ha f.itto piii d' una volta, mette a profitto gli imbarazzi degli aliri. Durante Id guerra franco-germanica diede uno strappo al trattato di Parigi, consenziente 1'Inghilterra ; ora si annette M«rw e prende posizione verso 1'Afganislan, consenzieote 1'Europa, ec- cetto ringhikerra, la quale e per6 condannata aH'immobiliia. Tuttoci6 sta bene, ma non attenua, per la Repubblica, lo squallore del suo com- piuto isolamento. E per questo non le resta che il conforto d'aver 1'Italia per compagna, se non per alleata. Si assomigliano tanto! Arcades ambo!

7. Sul Toukino pare che siasi strappato il velo misterioso che lo co- priva. Dopo la presa di Sontay doveva venire, a breve scadenza, quella di Bac-nin: ed e venuta. Ora pare che la Cina cominci a persuadersi essere omai tempo di smettere dalla sua burbanza. D'altra parte anche la Francia ha interesse di flnirla col Tonkino, non tenendosi sicura di qualche brutto tiro, da parte della G^rmariia. Intamo ecco quel che scrivono i Dtfbats: « Se il nostro Governo giunge ad effettuare il iratlato BoureX quel trattato che sul principle egli non prese sul serio, e che ci dava tutta la parte utile del Tonkino coi mezzi di potercene servire, cioe coll'apertura delPYunnam; se il signor Ferry oitiene quesli risul- tati, diremo che ha fatto miracoli, che ha riparato gli errori precedents, che ha tratto un partito insperato dai nostri buoni success! militari, che dopo aver esordito male da guerriero, ha terminato abilmente da diplo- matico. Gi6 che gli domandiarao e difficile, e bisogaera contentarsi di qualcosa di meno; ce ne conlenteremo senza troppo lagoarci, purche si finisca e si giunga al un modum vivemli colla China. »

8. E qui sentiamo il dovere di parlare di un' opera eminentemente cattolica stabilitasi in Francia, per venire in aiuto dei poveri religiosi cacciati iniquamenie dai loro conventi.

Fino dai primi tempi in cui la rivoluzione in Francia cacci6 dalle loro pacifiche dimore le Gongregazioni religiose, i catlolici francesi pro- curarono di riparare Tabbominevole atto di despolismo radicale, con contribuire genftrosameute al sollievo di quelle illustri vittime dell'anti- clericalismo trionfante. Si costitui un Gomiiato di cui formarouo parte i principal! rappresentanti delh Francia cattolica: Lucien Brun presi- dente; membri: Joseph de la Bouillerie, generale coule Eysident de la Villebnisnet, il principe di Le"on, Eugenio Veuillot ed altri. II conte Gior- gio de Beaurepaire ne fu eletlo s^gretario. L' opera zelante del Comitato fu coronata di lieto resultato. Tuttavia quest' Opera, la quale e un atte- stato della generosila dei cuori francesi verso tutti gli infortunii, una roanifestazione dello spirito di fede e dell'affetto dei cattolici alle isti- tuzioni secolari della santa Ghiesa, una protesta contro i decreti che violentemente cacciarono dai loro pacifico ritiro religiosi che servivano

Jllio c i I'D fr.ii.-lli. vml fssi-iv i-ro^mta. I/i ri\ -iluzione ha colpilo

inlini ivl^iu.si, i <]u;ili in p.m-i »• n.-iN- provincie avevano S con fl'.s'.i ivli^if.si. I Novi/iaii fun mo trasporlati all'eslero, e loro noo rimarif ch-- li Hixnn I'mwi li-u/. t per soslegno. « Li carila, scriveva al Comilato (M Jhinaro ilajli fapulsi uno «li ijiifsii, prosegueodo a varcare i limiii delle frontiere francesi, si esten lera lino a coloro che la N.r-'s^ia r.istrinse ili au<lare su uoa terra straniera, a cercare un po'di quella tranquillity e di qudla liberta religiosa, che la patria loro riciisa. »

Le offerte si ricevono dal conte Giorgio di Beaurepaire segretario del Comitato, rue de la Chaise, 5, 1'arigi.

IV.

/.Y<- ini.TI-'.HRA (Noatra corrispondenza) -- I. Voto di sfnlucia drlla Cinifra •I •' l.nrdi contro il ministro Gladstono. Grave cimpnto, cni^stata posia PoM'-n/a di qui-sto andic nella Camera doi Comuni 2. Li questione ogiziana, e sue de- plon-voli consr^upiize 3. Immin°nti propo«te governative per 1'pstfn.sione dolla franchijria delle contee e per un nuovo ripartimenlo di Sepgi I. Progressiio iiiixlioramento nelle condizioni drU'lrlandii. \A nuova universiia di Dublino 5. II Collegio gesuitico di Stonylmi-sl 6. IVobabilita che nella presente sessionedel I'jrlameiilo ven^ra novainfiile discnssa la questione dell' inscgunmcnlo elemcnlare 7. Ancora del signor llra.llaugh 8. Nomioa di una Commissione per awisare al modo di retar sollievo alle trisli condizioni de'pOTeri in Londra ed ahrove '.i. Pro«rrs>iv.) depprinn-nto ddla Chie>a prolestantc. Esislenza in essa di piii cor- renti contrarie alia frazione ritualis;a. Disegno per la fondazione, di scuole delta Chicsa d'lnghilt<>rra 10. Heconte puhblicazione di due scrilti cat:olici. Mission! e Qmraniore in Manchester e alirove —11. Elezione del nuovo Presidi-nte della (iunpra dei Comuni 12. Esplosione avvenuta sulla Via fcrrata Victoria.

1. K iocominciata e dura gi£ da tre setlimane in Inghilterra la ses- sione parlamentare, senza che ahbia limjui prodolto altro risultato che un diluvio di discorsi; quanlunque, a dir vero, tali discorsi non siano riusciti del lutto infruttuosi, come spesso avviene pur troppo di quelli pronunziati lla Camera dei Comuni. L'Indirizzo non e stato ancora roesso in ordine, iraperocche, non facendo caso di emendameoli di minor rilievo, 1'azione ministeriale e rimasla impeilita dalla proposta di un voto di sfiJucia nel Governo; di che Vd obbligato al suo inetto e im- becille contegno negli affari d'Egitto. Una proposta analoga fu fatta .h Ix»rd Salisbury nella Camera dei L^.rdi, la quale, dopa una discussione relativaraenle breve, diede a grandissima maggioranza un voto di bia- simo ai minisiri. 11 Governo per6 e talmente assuefatto a simili scon- (lile nella Camera alta, che di buon animo vi si rassegna, ben sapeudo che da un voto sfavorevole della Camera dei l/»rdi esso non pu6 ri- sentire che un danno piii o meno indiretto, Qncbe rimanga in possesso

Seri« XII, vol. VJ, fate. 811 8 29 marto

1 1 '* CRONACA

di una forte maggioranza nella Camera dei Comuni. Se non che, anche in quest' uhima la fedelta della maggioranza e stata posta a grave ci- mento, dappoiche, in seguito ad una lunghissima disrussione, essendosi proc«>duto alia contazione dei voti, si trov6 non avere il Governo ottenuto che una roaggioranza di 49. II dibattimento nella Camera dei Comuni presentb diversi notabili aspetti, non ultimo fra'quali fu la mancanza di vigore dimoslrata dai capi dell' Opposizione, cui si era ofTerta una opportunita non piii udita di nuocere a'loro avvt-rsarii, ma della quale Sir Stafford Northcote, parlicolarmente, tralasci6 di approfittare, tra per- ehe la corlesia e lealta inerenti al suo carattere lo portano a condursi con gli avversarii piuttosto con dolcezza che con ruvidezza, e perche forse non sapeva che strada tenere in mezzo alia folta oscurita, in cui la potenza ammaliatrice del ministero liberate d'lnghilterra e riuscita ad avvolgere 1'amena vallata del Nilo. Ma se Sir Stafford rimase alquanto al di sotto della sua for/a abitu'.le, il signor Gladstone, airiiicontro, su- perb se stesso nello sfoggio delle mirabili qualita oratorie e rettoriche, ond'e si riccamente dotato. II suo discorso in risposta al Capo dell' Op- posizione fu, per consentimento universale, un prodigio di abiliia oratoria, qu.inlunque dobba disgraziatamente aggiungersi, di reilorica giunteiia. Infatti, per mezzo di un volgare arlifizio, egli riusci a distrarre la Ca- mera in question! secondarie e in remoti antecedenti, senza punto adden- trarsi ne' gravi f;itti, su'quali si fondava la severa condanna inflitta al minislero; fatti che, ove fossero stati veri, ne avrebber resa inevitabile la caduta. Altri discorsi degni di nota vennero pronunziati nel corso del dibattimento; tanto piii degni di nota, quanto partirono sopratiutto dai banchi liberali e furono oltremodo espliciti nel disapprovare la politica ministeriale. Lord Randolph (Churchill, che va rapidamente elevandosi a un grado cospicuo nelle file dell' Opposizione, parlb con raro accorgimento e vigore, sebbene debba, a onore del vero, confessarsi che il suo lin- guaggio non perderebbe punto di efficacia, ove serbasse meglio le regole di ci villa: ma i discorsi, che maggiormente nocquero al Governo, furono quelli di tre schietti ainici suoi, quali sono i signori Cowen, Goschen e Forster. Anco il signor Marriott, entrato nella Camera con la veste di liberale, par!6 vigorosamente contro il ministero, e die del pari voto contro di lui; laddove i signori Forter e Goschen trovarono modo di render piii lieve alle loro coscienze il sacrifizio dei principii poliiici da essi professati, parlando &\ con violenza contro il Governo, ma all1 ultimo momento dando voto in favor suo. II contegno del signor Marriott merita lode almeno per la sua coerenza, dappoiche egli ha rassegnato il suo seggio per Brighton, e aspetta di conoscere il verdetto de'suoi eletlori inlorno alia linea di condotta da lui seguita in tal quistione. Questa ele- zione sara per certo un'elezione di prova, e servira mirabilmente a far conoscere che cosa pensi il paese relativamente al fiasco egiziano. Non

CONTEMPORANEA I I •">

e gi£ c\\c manrliino sii:t')ii,i .1 m- str.uv Hn da ora che nella pubhlica

•Miu> .lomiiia iiua furtc cuiTi'uir roiitraria al miriislrro, e tali-, die se non resti indfliolita da qualche colpo fortunato, pu6 gravemente compro- nu'iu-n' le sue sp*-niiz«' m-llr- pross me elezioni. A buon conio, nuin<

Ungs sono siati tniuti a Lohdra ed altrove, ne'quali le censure contro la iiirHiiii'lim1 c tMtolrzza minisicriale furono assai acerbe, e trovarooo un'eco molto gagliarda nello afTollaio uditorin.

Pu6 con una certa tal quale sicurezza alTcrmarsi che il sentimento dominant nrH'univfrsaliia drl paese suona aperto biasimo al minislero per la mala smministrazione ddla sventurata contrada che il Governo ha col| ita col FUO intervento; e che queslo sentimento non tarderebbe a irovare una generate espressione, se non fosse I1 influenza delle tra li- zioni del partili e degli oslacoli derivanti dagli obblighi da essi contralti. Tuito questo disgraziato episodio, cotanto disastroso per il presligio e 1'inllusso deiringhilterra, offre un esempio singolare di quanto poco ef- flcaci riescano le belle leorie, praticate senza una plena cognizione del principii piu ovvii, quando non sieno in accordo coile necessita della vita reale. Nulla di piu fervente d^lle declamazioni del signor Gladstone contro le airocita commesse in Bulgaria, nulla di piii elevalo del suo zelo nel dtfendere le nazionalita oppresse in qualsiasi pane del globo, e nel propugoare il principio che nazioni e popoli dovrebbero esser liheri di amministrare da se stessi i proprii affari e da se stessi governarsi; principio applicato in tutta la sua estensione nel caso del Transwaal e di quel povero Cetewayo, il cui cadavere, tuttcra insepolto, e una lezione parlante della fulilita degli umani disegni. E nulla di piu assordante degli applausi, con che tulti que'magniflci discorsi furono accolti dalla generality del partito liberate, ad eccezione di pochi sciagurati wighs, che se ne stettero tacili e coslernati dinanzi alia turbinosa eloquenza dell'eroe di Mid Lothian.

2. Ecco in quali termini sembra che stia la questione d'Egitto. Sul principio dei presenti torbidi, esisteva nel paese un vivo s<»ntimento na- zionale contro il vigente ordine di cose: cioe contro il Khedive e il suo Governo, qual era allora costituito, contro il pratico assoggettaraento degl'indigeni all'azione e regolamenti stranieri, e soprattutto contro il grave carico del dehito estero e la deduzione dalle rendite egiziane dei salarii da pagarsi ad europei che esercilavano cariche ufficiali in esclu- sione degli stessi Egiziani. Questo sentimento finalmente venne a tradursi in una manifestazione avente tutta 1'apparenza e anco il carattere di un movimento nazionale; movimento cosi forte che, se gli si fosse lasciata piena liberta, avrebbe senza dubbio rovesc'ato il debole Governo del Khedive. Nonostante una si solenne mamfcslazione di volonla e di aspi* razioni nazionali, il Governo inglese, che anzitutto si da il vanto di rap- presentare il principio di non interveuto, fuorche quando si tratti di su-

116 CRONACA

scitare e fomentare il malcontento contro le vigenti istituzioni, e che era in modo speciale irapegnato a rispettare e promuovere nell' Egitto lo svolgimento dHla nazionale indipendenza; il Governo inglese, con quel campione di silTatti principii, che 6 adesso alia sua testa, interviene con animo risoluto, sostiene un Governo, che ha ormai perduta la confidenza de'proprii sadditi, e cosi farendo stritola la forza militare del paese cut si da 1'aria di soccorrere, lascia in balla del ladroneccio e delle fiamme la piu nobile fra le sue citta, e per ultimo gioisce della carneficina d'uua banda di timide, forzate e semi disci pi inate reclute nelTazione di TYl-el- Kebir. L' Egitto dopo di ci6 viene ricoverato sotto le ali della potenza britanwica per esser da lei guidato nelle sue difficolta flnanziarie, (oli- tiche e sociali. Si evito la parola protczhne, e si fece bene, pm'he i fatti susseguemi mostrarono che non era da chiamarsi protezione la tuula imposta a quel paese. Si voile far credere che 1' Egitto sarebbe lasciato libero di governarsi da se; e, a patto che rimanessero illesi gl'interessi degli azionisti e dei possessor! stranieri di obbligazioni del canale di Suez, gli fu permesso d'inciampare a ogni passo lungo la strada impossible, che solo gli si concedes di seguire. Se coloro, che passavano per esser« il Governo egiziann, avesser creduto bene di com- mettere sciocchezze o ingolfarsi in spedizioni pericolos0, si dovevano lasciar cogliere i frutti della loro stoltezza; imperocche, salvo il guardarli con indifferenza e cosi dislruggere Tunica loro probabilita di successo, il Governo inglese nulla avrebbe fatto per reprimere simili rischiose intraprese, o prevenirne gl'inevitabili e disastrnsi risultati. Per tal moio si Iasci6 che Hicks pascia e 1'infelice suo seguito marciassero alia loro rcvina, e anche il Baker rimase esposto alle stesse pericolose vicende; che ebber termine colla completa distruzione delle truppe da lui coman- date, senza che in nessuno di que'due casi una mano si fosse alzata a scongiurare la catastrofe o a prevenirne le conseguenze. L'Egitio era padrone, padronissimo di accostarsi alia fronte una pisiola con animo di uccidersi; ma nessuno doveva muoversi per istrappargliela di mano. In pari modo si permise che cadesse Suikat, e che la sua guarnigione, non che le misere donne e i fanciulli che vi si trovavano, soccombessero alia strage e allo sterminio, senza che alcuno si movesse in loro aiuto: e quando la pubblica indignazione suscitata dal lacrimevole evento ebbe finalmente fatlo sorgere nell' animo del signor Gladstone e de'colleghi suoi un senso, se non di dovere, almeno di pudore, e si cominni6 a fare qualche tentative per impedire orrori consimili nel caso di Tokar, I'ef- fetto mostr6 tosto che i tentativi eran giunti troppo tardi. Anche Tok<r dovette calere: e Tunica conseguenza di cosi inutile e spudorato macello sara la ripelizione delTiniqua carneficina di forse qualche migliaio di barbari relativamente male armati, la qual carneficina e stimata neces- saria a rialzare il presligio del nome britannico. Non e adunque da ma-

CONTEMPOriANKA 1 1 7

ravigliare s<> mi sentimt Mo d1 indi^i.azione n-pna in Inpbilterra, anche :i .-.Hi «>l-ri' n, al nili Iralti d' imlitvillita

e dX'W'minia; e sc il (1 vrrno d«-l signor liladstorif varilla sotlo il peso della put'Mica riprovazione, the fc diquei Irani la in* vitabile consegu* : Se fosse aricora stato in vita Lord Mi-arorisuVM, i giorni del (lovernoin una somigliante crisi surehbrro slati gia da un pezzo contati.

La conseguenza degrinfortunii ?giziani e delle discussion) a cui questi ban da lo orcasione, non meno che degli emendarnenti proposli nel dhn:- lere I'lndirizzo, e st-aa che il Parlamento siede ormai da ire seliimau-, senza che un passo siasi faito per la spedizione dei puhblici afTaii dell'Impero, o per 1'attuazione del progrannna governalivo quale si con- lifiie nel discorso dflla Corona. Vero 6 che questo potia essere, a lungo and;- re, uu bene per tutto q'ianlo il paese, essendo il partito lilera'e agilaio da smaoia febbhle di legislazioue, giacrh£ sente che Tesistenza del (loverno dipende assolutamente dai [irosentare alia pubttlica attenzione argomenii rosi eccitanii (he abliian la forza di distrarla dalla lunga lisla de'suoi errori madornali. Ora, una legislazione colanto precipiiata non pu6 a meno d'ispirare in ogni tempo gravissime apprensioui.

3. II provvediraento, che per primo verra dal Gov»-rno proposto, sara il bill per I'estensione delta franchigia delle coulee, lu sostanza, la proposta estensione equivarra ad accordara il diritto di sufTragio a ogui capo di famiglia. II principio fon lameniale del bill, non sara inenoma- mente contraslato dall'Opposizione; conciossiache, qualunquti esser possa 1'opinione individualmente professata dai conservalori, il riscliio d'incorrere n^lla impopolariia fara si che essi restririgano entro cerli confini il loro procedere a proposito del bill slesso. Si prevede che 1'Irlanda sara coropresa nel bill, e ci6 incontrera un'opposizione vivissima da parte dei banchi conservatory ma 1'opposizione non approdera a nienle nella Ca- mera dei Comuni: imperocche, per quanto possano in essa trovarsi alcuni whigs recalcitrant!, il corpo dei membri irlandesi dara, com'e naturale, veto col Governo. I Lordi probabilmente rigeileranno in questa parte il bill, allorche verri loro poitato dinanzi; ma questa circostanza difficil- mente potra cagioname 1'immediato annullamento. Piii pericolosa sar;\ per il Governo la questione del nuovo ripartimento dei seggi, in quanto un certo numero di membri liberali opinano insieme coi cons* rvatori che un tale provvedimento dovrebb'essere preso in esame simultanea- mente con I'estensione del suffranio. La parte, infatti, piii moderaia della Camera reputa assai pericolcso il ri^sciare la decision^, che sotto questo rispetlo fc desiderabile, alParbitrio d'un Parlaraento eh-tto sotto la fervida impressione del diritto novella mente acquisito ad un voto, che molti fr.t gli elettori saran chiamali a dare per la prima volta.

4. In Irland;i si fa sempre maggiore la tranqudlita, e 1'eccitamento prodolto dalle recenti agitazioni va gradatamente cessando; spt-nano nella durala. La nuova universita regia sta prendendo un lento svolgi-

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mento, e gli edifizii universitarii in Dublino sono in mano dei PP. Gesniti, i quali fanno ogni sforzo per convertirli a uso di residenza per gli stu- dent! durante il loro corso universitario. ft granderaente da desiderare che il loro tenlativo sia corona to da buon successo, poiche questo sarebbe in cerio modo un passo verso il provvedimento di meture nella sua inte- rezza alia portata degli studenli cattolici il sisteraa universitario; sistema, del quale raanca loro 1'opportunita di risentire i vantaggi tanto in Irian Ja quanto in Inghilterra, eccetto che nelle antiche univ^rsita protestanti ! UQ raembro deila Gompagnia di Gesu, il P. Gerardo Hopkins, graduate nell'uriiversita di Oxford, e stato recentemente chiaraato a far parte della regia univmita irlandese.

5. In Inghilterra, 1'antico collegio gesuilico di Stonyhurst festeggiava 1'altro giorno un aumento nel numero de'suoi alunni, che e salilo a 304 ed e il massimo raggiunto finqul. II iiuovo magnifico edifizio e il roi- gliorato ordinaraento del collegio contribuiranno probabilmente a vie piii prorauoverne Tutiliia.

6. Sembra che 1'intera questione dell'insegnamento eleraentare debba essere novamente discussa durante la sessione in corso, dacche il si- gnor Mundella, che potrebbe chiamarsi il ministro dell'istruzione pub- blica, sta preparando alcuni cambiamenti al codice vigente. Gib potra forse condurre a esarainare anco la questione delle scuole volontarie, e quindi delle scuole cattoliche, la posizione delle quali e veramente dura, dovendo esser mantenute a forza di contribuzioni volontarie; mentre chi le raantiene deve per soprappiii sopportare il carico di un'iinposta sco- lastica la dove esistono scuole governative. Egli e questo un subbietto di speciale doglianza in Londra, dove 1'enorrae dispendio delle scuole governative da luogo a una ioGnita di comment! ed eccita un malcon- tento indesc'rivibile.

7. Al signor Bradlaugh si offerse un'altra occasione di mostrarsi al pubblico. Egli si present6 di bel nuovo al banco della Camera dei Comuni, e si defer) da se medesimo il giuramento di fedelta, pur di- chiarando espressamente di considerare il giuraraento come una mera cerimonia e come una buffonata; poi, dopo un simile tratto di sfaccia- taggine, procedette a dare il suo voto in una o due votazioni della Camera. Ci6 lo rendeva, come di regola, meritevole di punizione; talche al Procuratore generale fu commesso di processarlo pel suo reato. II signor Bradlaugh peraltro non aspett6 che si venisse ad una legale decisione; ma rassegn6 tosto il suo seggio; dopo di che, presentossi un'altra volta come candidato agli elettori di Northampton. La sua elezione fu inopugnata, e, p»r mala ventura, il signor Bradlaugh era stato eletto a maggioranza piii forte che nelle prece lent! occasion!. Con- tuttoci6 coloro che combattono in favore della religione e della giustizia, DOD si perdono punto di coraggio, ma stanno riordinando le loro forze

. d:i poi.Tf aiTrontaiv l;i 1 itta. rui trarra certamt-i mint-rite ;;nriullam>'Nlo ilHIVl-/ .ttinlo il si^ii'ir Bradlaugh e

ill uiiovo, in for/.a di un volo della Camei i, ••si-luso dalle sue :te. <>ra, tutta qucsta fan-en la si riJuce a Una controversia fra il collegio elettorale di Northampton e la Camera dei Comuni; trattan in sostanza, di sapere se la Camera dev'esser padrona de'suoi proprii regolamenti, o sivvero alibamlonarli alia merce di quei collegi elettorali, I'lu- [»-r avvenlura si reputassero piii savii della Camera d»'i i/imuni.

8. La condizione dei poveri in Lon Ira ed altrove, singolarmente per ci6 ohe concerne le loro abitazioni n-'lla capitale, prosegue a ecciiare uo vivo int'Tesse nei circoli ftlanlropici, e parecchi disegni slanno diseu- tcn losi al line di recar sollievo alle miserie di quegl' mfelici. Lord Sa- lislmry ba invocaio 1'aitito di uoa regia Commissione scella, dietro sua domanda, nella Camera dei Ix>rdi, per esaminare la questione sotto tuui i suoi aspetti, e ne fanno parle il Principe di Galles e il Cardinale Man- ning. Qualche cosa per certo, anzi, com'e da sperare, molio di buono scuturira dai lavori della Commissione; ma il male ha messo ormai radici troppo profonde, e non e possibile trovare adequate rimedio in mezzi semplicemente esteriori. Fa di meslieri, per parle delle alte classi della societa, di un'intima e seria consideraziooe suiresorliuanza del loro egoismo e del loro lusso, come sulla dim«inticanza de'loro doveri verso gl'individui, che da esse in qualche molo dipendono; e per parte delle classi inferiori, di un sincere rilorno ai principii sodamente cristiani, prima cbe possa ottenersi un nolab le miglioramento nel presente stato lacrimevole di cose. S\ le une come le altre clas<i ban voltato le spalle alle fonti vive di verita e di grazia in Gesii Crisio e nella sua Chiesa, e indarno si sforzano di attinger acqua da lande sabbiose.

9. La Chiesa protestante e sempre sbattuta da varie correnti, ed esposta all'impeto di piii venti di dottrina; fe per6 da notare, che ap- punlo in questo tempo esiste nella Chiesa stab'lita una varieta di correnli, tuilH contrarie alia frazione riiualista. II sig. Maconnochie ha dcvuio finalmente piegare sotto la tempesta di una meschina persecu/ione, e ha nit-'iiuto una missione di natura vagante, quil e quella di predicatore in genere nella diocesi protestante di Londra. Ci6 che in quest' ullicio pnsxa comprendersi, nou e t'jnlo facile il dirlo; certo e che in conseguenza dell'abbandono da lui fatlo della carica fiuqul occupata, la chiesa, cui egli ha rinunziato, rimarra defraudata di piii e diverse erudite notizie intorno al Papismo, cbe, a (jmnto si crede, ei si proponeva di sommi- nistrare, e de'confessionali, che in quella erano siati erelli senza per- missione del Vescovo. Esistono, oltre a questi, vani altri segoi, che stnnno a indicare' come i Hitu»lisii rombatt-ino una battaglia disperata ; ed e il senso della propria sconlltta qu'llo che accresce Tostilita loro coniro la Chiesa. Giova sperare che, sbollito uoa volta il calore della

1 20 CRONACA.

m'schia e dissipata la polvere del combatlimento, i Ritualist! sapranno ravvisarsi abbastanza per iscorgere la luce della verita, e qu^sta seguire in tutia la sua antica e tuttora vivente belta e pienez/.a.

Al tempo stesso, quanto piii va progredendo il deperimento della Ctiiesa protestante, tanto piii accaniti sono gli sforzi, che vengono fatti, non senza qualche condimento di raondana sapienza, arrestare il processo di distruzione e ritirdarne la dolorosa fine. Una prova di questa raon- dana sapienza e la tattica, che si adopera nel mandare alle colonie in qualita di Vescovi protestanti uomini dotati di non comune abilita. Per citare un esempio, il D. Barns, persona assai cospicua fra gli Anglicani, quantunque non avente reputazione di grande solidiia, e stato scelto a Vescovo di Sidney, ossia, come lochiamano, MetropolitanodeH'Australia.

Si nota aneora un gran movimento per aumentare il numtfro delle chiese nei quartieri piii popolosi della capitale, e nulla si trascura per vedere di far fronie agl'insidiosi procedimenti dei secolari, tendenti a I arrogarsi rammaestramento della crescente generazione. ft stato formato uu piano per la fonl.izione di scuole della Ghiesa d'Ingliilterra, nelle quali venga assicurata 1'istruzio.ie religiosa, quantunque non esista pe- ranco perfetta unanimiii-i d'opinioni su quanto concerne ramministrazione e le parlieolmta fondamentali di dette scuole. Serva ci6 di esempio e di stimolo ai cattolici per indurli a provvedere al granJe bisogno praiico de'nostri giorni, e a non oraettere sforzi per assicurare mezzi adequati di sana edueazione cattalica alle numerose popolazioni delle vaste citta inglesi. Per buona sorte, anco fra i cattolici si osserva un certo movi- mento a questo riguardo; ma non e da dissimulare che trattasi d'im- presa circondata da gravi difficolia pratiche e che esige molta delica- tezza di procedimenti.

10. La lelteratura cattolica se'guita a dare frutti assai commendevoli. Due lavori furono uliimamente pubblicaii di raerito specialissimo. II primo di questi e un articolo del Canlinale Ntwman sulla ispirazione della Sacra Scrittura, inserito nel Nineteenth Century (secolo decimo- nono) del mese di febbraio. L'eminentissimo Scrittore prende in esso a esplicare la dottrina cattolica su tale argomento, in confutazione dei li- beri pensatori d'oggidl; ond'e che si restringe a principii generali e alle dichiarazioni della Chiesa, senzi scendere aJ esaminare ad una ad una le obbiezioni messe innanzi. L' articolo e scritto con tutta la forza e chia- rezza; il che accade sempre di notare negli scriui del venerabile Auiore; ed ha attirata la comune attenzione si nei circoli letterarii come teologici.

Un altro libro pieno d'interesse e la Vita del signer Hope Scott pel signor Orusby. Argomento di tale scritto e un uomo cospicuo per grado s i tiale, mi piii assai per le sue spleodide qualita e per 1'elevatezza del suo carattere. Egli si convertl alia Chiesa caitolica quasi ndlo stesso t^rapo di S. Eminenza il Gardinale Arcivescovo di Westminster, e si manienne

per tnltn la sua vita unilo cnn vinroli d'ami.' \.-\\man.

mil aUnttivc il.-l hbro consiste in alouni sag^i dHh ns|*>n Irii/a del rigftor Hope Srolft eol Cardinals N- \vman, col sig. Glad- stone e con altri cospicui persona^i del nostro tempo. II signor H^pe Scon era marito alia nipotin.i di Sir Waller SCOM, la quale pure at- brarcio il c.itinlicismo; e la figlia di lui, signora Maxwell Scolt, fc Pullima fra i disccn li-nti di qud c«-lel>re scritiore.

Grande attivita si nota in questa quaresima nelle Missioni cattolidif . In tutte le chiese di Manchester ha luogo una Missione generate, e anche in altre vaste cillft si ccrca di fare Jiltrettanto. La divozione delle Quarantore & del pari praticalH estesamente in tuiti que'luoghi, ove & possibile disporre di quanto occorre per questa pia funzicne.

11. La Camera dei Comuni ha eletto testfc il suo nuovo President*1, e la scelta fe caduta snpra il signor Arthur Peel, ultimo figlio di quel celebre statista, che fu Sir Robert Peel, e che riuscl a ottenere il /;.// per 1'emancipazione dei cattolici. II signor Pet-1 assume penanto il suo penoso ed arduo uffi.-io col prestigio di un gran nome, e avra certa- mente bisogno di spiegare F elevate qualita, che con un tal nome si ricollegano, per poter corrispondere alPesigenze dell'alto suo grado.

12. La citta di Londra fu, in questi giorni, gravemente disturbaU per causa d'una esplosione avvenuta di nottetempo nella stazione della via ft'rrata Victoria. Molto 6 slato il danno prodotto dall' esplosione, quanlunque non abbiasi a df plot-are la perdita di vile umane ; e semtra fuor di dubbio che il triste evento fosse efletto della malizia, anziche del caso. Si vede chiaro che da un pezzo in qua si fe scatenato I1 inferno, e che al diavolo non riesce difficile il trovare agenti, che a lui ras- somiglino.

V.

PRUSSIA (Nostra corrispondtnza) 1. La ripristinazioue delle buone intelli- gonze con la Russia, e conlraccolpo rispnlitospne in Austria 2. Spopliazione della l'ni|iaganda. Prolesta di-1 Yescovo di Hreslavia 3. I'iaio con gli Slaii I'nili i. M iiiifiiimenlo in vigorc dolle lopgi di maggio; fatli di porsocuzione 5. Frutti del ccnlenario di Lulcro. Notizic di Svczla.

1. Nulla saprebbesi immaginare di piii semplice delle ragioni, che hanno indotto la Russia a ricercare un accordo amichevole colla Ger- manic. Essendo riuscito al principe Hismark di consoliJare 1'alleanza col- 1'Austria e di associarvi 1'Italia, la Spagna e i paesi danubiani, la Russh si trovava del tutto isolata. K<sa non poteva domandare 1'alleanza del- I'lnghilterra, a motivo dell'avere i due Imperi interessi e tendenze affatto opposte: non poteva trovare un appoggio nella Francia, primieramente a cagione della sua instabilita polilica; in secondo luogo perchfe le sue finanze

1 22 CRONACA

sono in proeinto di andare in rovina; in terzo luogo perche e destinata a cadere, pin presto di quello che non si creda, nelle mani degl'intrau- sigenli e degli anarchisti; in ultimo perche, anche prescindendo da tutto questo, la Francia e un centre rivoluzinnario, avente aderenze strettis- sirae eo'nichilrsti russi. La Russia ha bisogno di quiete per potersi ri- costituire all' inter no; laddove i repubhlicani francesi stanno spiaudo il momento opportuno per gittarsi a corpo perduto in una guerra di rivin- cita, alia quale la Russia stessa si troverebbe inevitabilmente trascinata, se fosse alleata alia Francia. Essa ha dunque prescelto di evitare una somigliante avventura, ravvicinandosi alia Germania, la quale non man- chtra di secoadarla nella lotla cootro i nichilisti e i socialist). Cotale ravvicinaraento era, d'altronde, comandato dall'interesse naturale delhi reciproca conservazione; e ci6 lo Czar non ha dubitato d'affermare nel raodo il piu solenne. Ha richiamato il signor di Subarom dall'amba- sciata di Berlino, sostituendogli il principe Orlovv, finqul accredilato a Parigi, amico del principe fiisroark e della Germania. Ha inviato a B r- lino una deputazione militare, composta del granduca Michele e dei ge- nerali Gourko e Schuwaloff, per congratularsi coll' impera tore Guglielmo in occasione del settantesimo anniversario dalla sua nomina a cavaliere dell'Ordine di San Giorgio, del quale egli e uno dei membri piu anziani. Ed infatti, il 27 feblraio 1814 a Bar-sur-Aube, il regnante Imperatore combatte con due reggimenti russi per fare sloggiare i Francesi dalle posizioni loro intorno a quella citta. L' Imperatore, la Gorte e i circoli militari ban fatto un ricevimecto magnifico a quella deputazione; e al pranzo dato in onor suo, il monarca ha fatto un brindisi per ricordare la fratellanza d'arme de' Russi e de'Prussiani, e per affermare la pro- pria amicizia verso lo Czar.

IQ Austria la stampa, piu assai della Gorte e de' circoli governativi, si & commossa per questo nuovo atteggiamento della Russia : avrebbe per6 gran torto a supporre che avessero per questo a risentire scapito le relazioni fra la Gfniiania e 1'Austria. II principe Bisraaik viene, e vem, ad acquistare un' influenza ancora piu grande, dappoiche da qui innanzi egli sara, per cos\ dire, 1'arbitro fra 1' Austria e la Russia, e potra cosl regolare molte questioni a modo suo coo imporre la propria volonta: ma gli bisognera altresi tener conto del seniimento popolare, piii favo- revole air Austria cbe alia Russia. Si aggiunga che gl'interessi della Germania esigono 1'estensione dell' Austria e della sua influenza sulla penisola halkamca, laddove ogni estensione della Russia da quel luto toglierebbe uno sfogo importance al ccmraercio germanico. Del rimanente, sembra per ora che la Russia, seguendo 1'impulso che le vien da Ber- lino, concentri le proprie forze sull'Asia, dove si e ultimamente annessa 1'oasi di Merw, posizione strategica di prim'ordine e che costituisce una minaccia per le Indie inglesi. Una simile anoessione pu6 quasi chiamarsi

CONTEMPORANEA

m,1;. •• contro I'hKhiltiTra, tanto occupata in questo momento

KM Hit- uon vi si potrvhk1 opporre.

miuifliidim dflla stampa aiKtriara hiu ipraltutto :ili-

twnto nel nuovo libro, dal titolo ! Truer Reichskamler (il nostro Can- cdlitT' , del signer Mortiz Busch, gia conosciuto per una puhblicazione an.-iloga, che mend gran rumore qualche anno aJdietro. I/autore riporta •1'un discorso del Cancelliere, tutt'altro cln favorevole all'Austria; e narra fin1 n«'l 1SG6, prima che incominciassero le ostilita, erasi mandate a Vienna il barone di Gablenz per oflrire all'imperalore Francesco Giu- seppe la spartizione della Germania e un'alleanza per muover su

•ra alia Francia e toglierle 1'Alsazia. S-mile asserzione non e, del resto, che una vecchia storiella, perocchfe fino dal 1869 il signor di Ga- blenz smentl pubblicamente di aver ricevulo un incarico di tal fatta.

2. La senlenza della Corte di cassazione di Rimi a proposito della Propaganda ha fatto gran senso in Germania. La siampa caltolica non e sola a protestare contro quella sentenza, ma anche pareccbi giornali conservator}, come la Kreuaaeitung, la biasimano apertanaente; e persino fra gli organi liberali alcuni la criticano severanoente, altri non ardiscono difenderla, e soli gli organi rivoluzionarii Papprovano. ^ probabile che nel Reichstag debba la delta sentenza formar subb:etto d'una interpel- lanza. Avendo il rainistro di Prussia, s'gaor di Schloezer, ricevuto, del pari che gli altri diplomatici accreditati presso il Vaticano, la protesta del Gardinale Segretario di Stato, 6 naturale el e giusto che il Parla- mento domandi al Goveroo ci6 che inlende di fire. Comunque le cose vadano, Tinterpellanza produrra sempre il vantaggio di sentir discussa pubblicamente una questione, che interessa il mondo cattolico ; sara iuoltre una protesta solenne del diritto contro una legalita arbitraria.

A questo proposito, non sara inutile di far men done della pastorale di quaresima di Moos. Herzog, principe Vescovo di Breslavia, la quale rac- chiude una protesta quanto mai vigorosa contro la spogliazione, onde la Santa Sede e da tanti anni 1'oggetio. « Fino dal momento cosl il ve- nerabile Prelato che il patrimonio della Santa Sede e stato rapito dalla forza e dal tradimento, il Papa vive in Vaticano come un prigio- niero, privo dei mezii necessarii a governare la Ghiesa, privo della forza occorre,nte a impedire le continue violazioni de'suoi diritti... Egli protesta contro 1'ipotesi che la continuazione dell'ingiustizia possa trasformarla in diritto. E noi ci uniamo a cosi fatta protesta, imperocche non pos- siamo tollerare che una forza ingiusta abbatta il piii antico trono del mondo cristiano, e lasci il Capo augusto della cristianita in balia d'una potenza nemica... Tuttoche abbundonalo da coloro, che hanno la forza di far trionfare il diriito, e il cui interesse sarebbe di combittere la Rivo- luzione, il santo Padre non si perde punto di coraggio, ma confiia pie- namenie nell i Provvidenza divina. »

1 1 I CRONACA

Monsig. Herzog fa sapere inoltre come, in occasione dflla visita da esso fatta ultim:iroi'nte a Roraa, il santo Padre gli esprimesse il suo fermo convincimetito che, ad on'a di tulle le diffuoltii e delusioni mamf.'statesi fiiiqul, Egli riuscirebbe ad assicurare alia Germioia in modo durevole la pace religiosa.

3. Li Germania si trova, senza pur avvedersene, in una posizione de- licata, anzi che no, di fronte agli Stati Uuiti. 11 di 6 febbraio moriva, durante un viaggio in quegli Staii, il signer Lssker, antico capo del partito nazionale tedesco. Tre giorni dopo, la Camera dei rappresentanti di Washington esprimeva COQ voto solenne il suo rammarico e le sue condoglianze a riguardo dell'illustre defunlo, che, a senso suo, erasi reso grandemente benemerito della liberta, del progresso materiale e della condizione si sociale, come economica e politica del popolo. Questa riso- luzione fu dal rappresentante gli Stati Uuiti in Berlino, signer Sargent, comunicata al principe Gancelliere con preghiera di trasmetterla al Reichstag; al che il signor Bismark si rifiut6. Nella sua risposta al si- gnor Sargent il principe fi notare che le affermazioni della Camera ame- ricana non si accordano punto colla sua propria esperienza, e che gli e affatto impossible il chiedere all'Imperatore 1' autorizzazione di comu- nicare al Reichstag il documento in questione. Veramente il principe Bismark non e interamente dalla parte della ragione npudiando, siccome fa, il suo vecchio amico Lasker, che lo servi con tanto zelo, sopratiuito durante il primo periodo del Kultttrkampf. Non e quindi da maravi- gliare se i nazionali-liberali secessionist!, a'quali il Lasker erasi acco- stato da q lalche anno in qua, e i progressisli, fanoo un chiasso del diavolo a proposito di un simile rifluto. II rappresentante degli Stati Uniti e il Governo di Washington sono di ci6 tanto piii infastiditi, quanto i nostri crgani ufficiosi non si sgomenlano a domaniare il ri- chiamo del signor Sargent. Ora si che la Camera degli Stati Uniti si mostrera accanita nel fare una guerra di tariffa alii Germania, che, sotto il pretesto della trichina, proibisce Timportazione delle sue carni salate, e si difende, in generale, con una tariffa protettrice contro T ira- portazione degli Stati Uuiti.

4. La sessione del Landtag prussiano si accosta ormai al suo termine, senza che il Governo pensi a presentare un disegno per modificare le leggi di maggio. La legge di modiflcazione spira il 31 marzo, e non si e ancora provveduto a prorogarne gli effelli. II Governo adunque, da quel giorno in poi, non potra piii dispensare i Vescovi dal giuramento d'obbedienza alle leggi di maggio, ne togliere il sequestro dai beni della Ghiesa, che per altro, non esiste piii che nelle diocesi di Colonia e di Gnesna-Posnania. All' incontro, si annunzia che un consigliere del mini- stero dei culti, nella persona del signor Birtsch, ha ricevuto incarico di redigere una meraoria sull'educazione del clero nei differenli paesi,

123

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ha ilovuto pres»Mitare a proposito d»-lla gestione govern itivt. 1 m.-mbri del centro baniio iuiiinalo M Governo di togliere il sequestro anche dalle due diocvsi di Colonia e Guesna-Posnauia, le quali racchiudono da se piu cbe un quarto delta popol.izione caitolica ; allegando a foods- nit'iito dflla loro imimazione cbe i due Arcivescovi non eransi componati iliversamente dai loro collfghi nell'episcopalo, i quali erano siati resiituiti alle l'»ro diowsi. Nt-lla sedula del 2.) gennaio il ministro dei culii, mentre non fu in grado di confutare che con repliche vaghe le asserzioni dei meinbri del ceniro, crede dover sog^iungere che il Governo aveva ra- gioni gravissim^ e del tutto speciali per noo consentire la gfazia de'due Arcivescovi. Richiaraato dopo di ci6 a specificare i fatli, il signer VOQ Gossler altro non seppe dire se non che roonsig. Ledochowski aveva ri- cevuto un Indirizzo, in cui lo si trait.iva di Prinrite della Polonia, e si aflermiva in pari temp) che It sparlizione della Polooia non si sarebbe dovuta accetttre. Ora, un tale In lirizzo non e mai esistito, e tutto quanto il minisiro afTerma, si contiene in un articolo del giornale polacco il Goniec.

II Vescovo di Minister, raonsig. Brickmann, rientr6 il 12 febbraio nella sua citt£ episcopate in m»-zzo alle acclamazioni d'una moliitudine im- mensa. Le fest^, cui erano accorsi piu di 50,000 forestieri, riuscirono maguifiche, e non deitero occasione al minimo accideote o disturbo: se non cbe, nel tempo stesso 1'organo ulliciale della reggenza di Bromberga pubblica va un nuovo mandato d'arresto contro monsig. Ledochowski. Pub darsi che questa coinciJenza sia fortuita, ma e un fatlo che la pub- blicazione in se siessa non denota punto disposizioni concilianti.

Nella seduta del 9 febbraio, i signori von Heereman e Stableroski deplorarono i maliratlamenti e le molestie poliziesche, cui sono fatte segno le Suore di canta. Tutte le volte cb'esse vengon chiamate in al- cun luogo, attesa 1'urgenza del caso, per assistere le vitiirae d'un ac- cidenle, la polizia esige che si muriiscano d'un'autorizzazione ulliciale in regola, anche quaodo sono rientrate nel loro istituto dopo avere adem- piula la pietosa loro raissione. Non si e loro permesso di f <ndare, come ne avevano Tintenzione, una casa di ricovero pei vecchi e per gl'iufermi. A Kiilm e stato impedito alia casa delle Suore di dar da mangiare ad alcuni scolari poveri, e la reggenzi ha vietato la letlura in un labora-

* durante il lavoro, come pure il sostentamento nella casa siessa di due povere fanciulle, iuferme. L'asilo direlto dalle Suore e coslretlo a rimandare senza pieta ne misericordia i fauciulli Del giorno stesso, ia

126 CRONACA

cui compiono il loro sesto anno, ancorchfc non vi sia posto per riceverli nella scuola primaria. Nella provincia di Posen, soprattutto, e nelle reg- genze di Diisseldorf e di Miinster, non possono le Suore fare un passo senza che la polizia si metta loro immediatamente dappresso.

All'incontro, le diaconesse protestanti sono ricolme di fivori e lavo- rano, con Taiuto delle autorita, al pervertimento dei cattolici. A Ivit- towitz, ove 6 stato chiuso a viva forza un orfanoirofio cattolico, fondato e dotato dal parroco Matessks, si fc stabilito invece un orfanotrofio, in apparenza senza carattere religioso, ma diretto dalle diaconesse, quan- tunque i fanciulli accoltivi siano per due terzi cattolici. Le povere crea- ture non possono dunque pregare secondo i dettami cattolici, e tutta la loro educazione religiosa si riduce a poche ore di catechismo per set- tiraana.

Nella seduta del di 8 febbraio, il signer von Heereman segnalava numerosi esempii di parzialita governativa, fra' quali io mi terr6 pago a notarne due. A Erwitte, in Wesifalia, una scuola protestante, che conta soli quattro alunni, riceve dal Governo un sussidio annuo di 300 marchi. A Kolhoyen, nella Prussia orientale, i cattolici volevan fondare, co' loro proprii danari, una scuola per 69 fanciulli; ma il Governo ne ha loro rifiu- tata, senza verun motivo, T autorizzazione.

Nella seduta del 31 gennaio, i signori Rintelen e Windhorst fecero rimostranze a favore delle parrocchie cattoliche, alle quali si sono tolte le chiese loro spettanti per darle a un'infima minoranza di settarii, quali sono i vecchi-cattolici. II signor von Gossler difese la legge e sostenne le ingiustizie che ne sono state la conseguenza, dicendo che non con- veniva fare dei martiri con uccidere, in via amministrativa, il movi- mento vecchio-cattolico. II ministro viene per tal modo a riconoscere che basterebbe qualche provvedimento amministrativo per annientare la setta. Ma s'egli teme di fare dei martiri ritogliendo ai vecchi-cattolici, o meglio a' neoprotestanti, i vantaggi loro compartiti a carico dei cat- tolici, e'bisogna bene che conservi aliresi un po'di commiserazione verso questi ultimi, che sono le vittime. Se i neoprotestanti diventano tanti martiri pel fatto di esser loro ritolti i favori amministrativi, anco i cattolici devono avere qualche diritto a questo titolo d'onore. Non sono eglino stati, infatti, perseguitati in ogni guisa, spogliandoli delle lor chiese, delle loro scuole, delle loro congregazioni ed opere religiose, de'loro beni, de'loro diritti? Non sono eglino stati gettati in carcere, condannati ad ammende e a detenzione, traltati come malfattori ed espulsi dal paese? Se il signor ministro non vuole, com'egli dice, collocarsi su questo ter- reno delicato a riguardo di poche migliaia di settarii, giova nutrir la fiducia ch'ei sia per provare altresl qualehe scrupolo a trature i 9,250,000 caltolici come se fossero altrettanti iloti e paria.

Intanto che gli organi ufflciosi inneggiano al Governo per la sua

NBA.

>lin, le nntizi,' di'llr province att---

i la Hiritiiiin/ione ilfl KnltnrL'iini>f. II lioverno |i;i rinisalo !«• di- 56 ;i lurnrlii 1'ivii ordinal! posh-normi-nie al 1*7.1, o anche innau/i. I'cr l:i iIimvM -!i (i'.i-Mia-lVsnariia si nola perfino che nrppmv la meta lici 1'ivti In ottenulo le dispense. A lutti qm-i pivti, che ban dovuto sul.ire <|ii'lch«' omdanna in l< r/a drlle leggi di raacgio, come pure a quHli, che liau fatlo i loro studii fuor di <i.-rmania, b stata negata 1'au- ti.n// '/nine di esercilare il loro sacro ministero. Uall' altro ranto, i pre- si Icnti drllf province nan no incaricato le aulorita da essi dipemt d' invigilare sui prcti ausiliari e slender processo verbale di ogni atlo sacerdotale da loro esercitato: quindi e che si notano gia quatlro pro- ct'.s>i iniziati contro altreitanti preli della diocesi di Treviri. II presi- denie della provincia reriana ingiunge a'suoi subalierni d'iuterporre ap- pello, se i preli processali vengono assoluti in prima istanza. Ci6 prova lino all'evidenza che dipende assolulamenle dalla volonta del funzionarii governativi e del ministero il rendere illusorie le concessioni colanto vanlate dagli organi ufliciosi. Gosl la necessita di sopprimere le leggi di maggio viene ad ess* r riconosciula una volta di piii da quelli slessi, che vorrebbero mantenerle in vigore.

I preti ausiliarii, mandati nelle parrocchie senza lilolo fisso, sono a carico dei parrocchiani, cui incombe 1'obbligo di provvedere alia loro sussistenza. 1 Vfscovi non possono loro conferire alcun benefizio va- cante; ond' e che la situazione e serapre piena di difficolia. NOD staru poi a parlare della persecuzione scalenatasi contro la stampa cattolica in idioma polacco. II signer Gruscynski, del Kurier posnanski^ che sof- ferse 5 roesi di carcere nell'anno passato, e spa condannato a 6 pel 1884. 11 signer Jaskowski, del Dzienut pomanski, e condanoalo a 10 mesi e 10 giorni di prigione; il sigoor Jaskolski, del Prezeglad a 3 mesi; il signor Lankowski, del Ganiec, a 2 anoi; il sigaor Chociszki, a 4 mesi. II signor Kuzinski, del Wiikopolamn, sta ora scontando una pena di 15 mesi. Sommando lulte queste pene, si ottengono in un anno, per li stampa di uoa sola provincia, 5 anni e 8 mesi di carcere.

5. Fino dalla celebrazione delle feste pel centenario di Lulero era slato sul punto di rompersi 1'accordo fra i differenti paniti del prote- slanlesimo; e solo 1'odio contro Roma, fatto in ogni occasicne valere, avea potuto mantenere una pare stiperficiale fra i campioni dei pariili stessi. Ma ecco che la discordia si manifesla con maggior furore che in passalo. II signor Bender, decano della facolta proteslante di Bono, ha fallo slam pare il discnrso da lui pronunziato in occasione del cen- tenario; e 1'opuscolo, largamente diffuso, produce un effetto disastroso per 1'orlodossia ufficiale. II signer Bender e d'accnrdo con la risoluzione del Sinododi Berlino del 1846, che, ad islanza dei famosi teologi Nitznch, Doroer, Giulio Muller e Sack , aveva approvato una revisione del Sim-

128 CRONACA CONTEMPORANEA

boio degli Apostoli con toglierne i passi relativi alia nascita di Cristo da una vergine, alia discesa all' Inferno, all'ascensione al Cielo, alia ri- surrezione delln came e alia personalita della Spirito Santo. L'opuscolo e un incentivo a polemiche ardenti, e ne sono gia comparse molie con- futazioni e adesioni. II signor Bender dice in esso a tante di lettere: « La maledizione pesa sulla nosira Chiesa » e prova, come quattro e quattro fanno otto, che il protestantesimo ha perduto la sua azione re- ligiosa sulle masse. Uno de'suoi contraddittori, il pastore Krii.cer, pone in sodo che la divisione del proteslantesimo in due campi ben disiinti fra loro, i credenti e i miscredenti, va facendosi sempre piu spiccata, e die tosto o tardi condurra inevitabilmente a una rottura. In una parola, lo stato presente e intollerabile.

In un libro interessantissirao sulla vita sociale in Germania (Leben- skunst und Kunstleben), uno scrittore di molto senno, il signor Ehrlich, mette ia rilievo che il piii gran guaio del sistema d'educazione d'oggidl consiste nell'irreligione e nell' indifferentismo, che nel nostro paese, piu che altrove, dorainano fra i giovani appartenenti alle classi elevate della societa. La Francia e I'lnghiHerra, egli dice, ci danno 1'esempio: cola le donne di raondo sono piii religiose che in Germania. S'intende naturalmenle, nella Germania protestante: nella Germania cattolica, grazie a Dio, le donne di qualsiasi condizione hanno in materia religiosa principii inconcussi. Gi scrivono dalla Svezia che al seguito del centenario di Lutero, do- dici (altri dice otto) studenti dell'universita di Upsala, essendosi trovati indotti a esaminare piu da vicino la dottrina della Ghiesa, ban deciso di abbracciarla, e si sono a tal fine rivolti al parroco della piccola chiesa cattolica di Stocolma.

La Germania ci fa sapere che una fiera organizzata a benefizio delle Suore di S. Elisabetta ha fruttato Tincasso, relativamente siraordinario, di 26.000 marchi. Gome ben s'intende, la piu gran pane di questa somma proviene da protestanti; si la stampa come 1'aristocrazia hanno splen- didamente cooperato al buon esito dell' opera pia. La somma raccolta verra erogata neU'acquisto di una casa per quelle eccellenti Suore.

BANCTISSIM1 Ho MINI NOSTRI

LEONIS

DIVINA PUOVIOENTI.V

PAPAE XIII.

ALLOCUTIO

IV IN CONCISTOiUO 1>IK XXIV MAUTII AN. MDCD LXXXIY.

VENERABILES FRATRES

Post excitatos seditionum fluctus, quorum iminanes impetus in excidium civilis Eomanorum Pontificum Principals expugna- tionemque Urbis evasere, sicut Pius IX f. r. decessor Noster, ita et Nos Apostolicae Sedis iura tuori oranique contentione vin- dicare studuimus, prout muneris officiique Nostri ratio postula- bat. Similique animi coustantia, quoties quid iniqui vidimus in reruin novarum continuatione attentatum, veritatis iustitiaeque patrocinium suscepimus: nominatiiu bane vim, quani iamdiu su- stinemus, quantum repugnando potuit, propulsandain curavimus.

Veruintainen, arcano permittentis Dai consilio, vehemens ilia

Venerabili FraicUi

Dope i sediziosi rivolgimenti, clie suscitati e spinti con impeto fie- rissimo, riuscirono alia rovioa del Principato civile dei Romani Pontefici e alia violenta occupazione di Roma, siccorae il Nostro 1'redecessore Pio IX di felice ricordaoza, cosl Noi pure, conforme all'obbligo stret- tissimo che ci correva, facemmo ogni sforzo a fine di tutelare e rivt'ii- dicare i diritti della Sede Apostolica. Con eguale costanza, ogni volta che nel corso dei nuovi eveoti Ci trovammo di fronte ad altri ini.j'ii attentati, Ci levamrao a difesa della verita e della giustizia: e singolar- mente opponeramo ogni possibile resistenza a questa violenta condizione di cose, che da lungo tempo sopportiarao.

Perallro, cosl permettendo Iddio ne'suoi imperscrutabili giudizii,

Strie XJI. vol. VI. fate. 812 9 7 aprile 1884

130 SS. D. N. LEONH 1)1 VINA PROVIDENTIA PAPAE XIII.

tempestas diuturnitate non resedit. Quod profecto vix opus est verbis exequi, praesertim apud Vos, Venerabiles Fratres, quibus est id, quod dicimus, quotidiano spectaculo ac prope experiment*) cognitum. Nihil enim cunctantes iniinici in cursu consiliorum suorum, hie stabilire quotidie firmius res suas moliuntur, omnia circuraspicientes quamobrem iure optimo incommutabilique pos- sessione consedisse in Urbe iudicentur. Hue pertinet eorum in agendo considerata dexteritas: rerum eventus per dispositas caussas apparati: captatio, domi, popularis aurae : quaesita foris voluntatum assensio: omnes denique artes, quae ad obtinendam conservandamque potentiam prodesse videantur. Quoniam igitur Ecclesiae roinanique Pontificatus rationes quanto magis illi pes- sumdare adnituntur, tanto Nos studiosius conservare debemus, idcirco hodierna die in hoc amplissimo consessu vestro denuo improbamus damnamusque quodcumque est cum Apostolicae Sedis iniuria actum, itemque testamur, omnia Nos iura eius ex integro et in perpetuum salva velle. Neque vero aut regni cupiditate, aut rerum humanarum appetentia ducimur, quod nonnulli insi- gni stultitia atque impudentia pari criminantur: sed conscientia

quella grave tempesta per volger di tempo non posa. Ne e duopo ad- ditarla con piu parole, specialmente a Voi, Venerabili Fratelli, che quanto asseriamo, avete si pu6 dire ogni dl sotto gli occhi e come per esperienza conoscete appieno. Perocche i nemici, senza punto arrestarsi nel compimento de'loro disegni, fanno ogni prova per consolidare qui sempre meglio il loro stato, e vegliano attentissimi pur di persuadere avere essi con pieno diritto e irrevocable possesso posata in Roma la loro sede. A questo mira la loro calcolata scallrezza nell'operare: i fatti con fine accorgimento preparati : il favor popolare studiosamente cercato al di dentro: le aderenze sollecitate al di fuori: insomma tutte le arti valevoli a render ferma e sicura la loro possanza. Ma poiche quanto piu ostinatamente sono da essi conculcate le ragioni della Chiesa, tanto maggiore deve essere 1' impegno Nostro nel sostenerle, perci6 Noi oggi in questo amplissimo vostro consesso, riproviamo e condanoiamo di nuovo tutto ci6 che fu fatto a detrimenlo della Sede Apostolica, e similmente protestiamo di voler salvi per sempre e in tutto i suoi diritti. Non 6 ambizione di regno che a ci6 ne muove, come pur da taluni con insigne stoltezza e pari impudenza si va calunniando, ma e il sentimento del

ALLOCITIO HI

permovomur officii, et iurisiurandi religione, et ipsis exemplis I >< ivssorum Xustrorum eoruraque virtute etsanctitate magnorum, qui pro conservando principatu civili, quandocumque oportero visum est, sumraa fortitudine constantiaque dimicaverunt. In quo quidom principatu, praeter legitimas caussas titulosque egregios et varies, inest similitude et forma quaedam sacra, sibi propria, nee cum ulla republica comnmnis, propterea quod securam et stabilein continet Apostolicae Sedis in exercendo augusto maxi- inoque mimore libertatein. Nemo est enim quin sciat, id semper Pontificibus usuvenisse ut, amisso imperio civili, in deminutio- nem incurrerent libertatis; quod rursus vel in Nobismetipsis nunc idem perspici potest sub casus alieni arbitrii varios incer- tosque subiectis. Nuperrimus ille et gravis de patrimonio, quod baec Apostolica Sedes christiano nomini propagando addixerat. Gaussa agebatur cum Apostolico officio Pontificis maximi apta inprimis et connexa, eademque tanto rebus humanis maior, quanto cbristianae propagatio sapientiae et salus hominum sempiterna. Atqui tamen open nobilissimo, quod sapiens Pontificum muni- ficentia instituit et gentium christianarum aluit liberalitas, vis

dovere, la santita dei giuramenti prestati, e 1'esempio stesso dei Nostri Predecessor! anche i piii grandi per eccellenza di virtu e di santita, i quali, quante volte ne fa duopo, corabatterono con fortezza e costanza somrna a difesa del loro civile Principato. II quale oltre alia legittimita della origine e agli splendid! e raolteplici suoi titoli, riveste un certo caraltere sacro, lutto particolare, non coraune a verun altro Stato, in quanto che e guarentigia alia Sede Apostolica di fidata e stabile indi- pendenza nell' esercizio dell' augusto e supremo suo ministero. Imperocche tutti sanno, che quante volte i Pontefici vennero spogliati dei loro do- minii, non fu mai senza detrimenlo della loro indipendenza: lo che si pu6 presentemente scorgere eziandio in Noi stessi, sottoposti come siamo alle varie ed incerte contingenze dell' altrui arbitrio. Recentissima e grave fu quella che incolse al patrimonio destinato da questa Santa Sede alia propagazione della Fede. Trattavasi di cosa eminentemente e strettarnente connessa collo spirituale ministero del Sommo Pontefice, e per ci6 stesso di gran lunga superiore a ogni mondano interesse, e di tanto rilievo, quanto la diffusione del Cristianesimo e la eterna salvezza delle anime. Eppure un'istituzione si degna, cui la provida munificenza dei Papi die

132 S. D. N. LEON1S DIVINA PROVIDENTJA PAPAE XIII.

praesentium temporum non pepercit: ita sane ut ad futnram eius incoluiflitatein nova Nos inire consilia necessitas ipsa coe- gerit.

Ista quidem acerba: acerbiora praesentimus, et pati parati sumus. Novimus enim, decretum inimicis esse usque eo Ponti- ficatum romanum iniuriose tractare, ut, ex aliis in alias conie- ctus difficultates, ad extrema, si fieri possit, urgeatur. Detesta- bile insanumque propositum : quod, si consentaneum iis est, qui consiliis sectarum nequissiinarum inserviunt, et conculcari EC- clesiain mancipiove reipublicae dari gestiunt, profecto longe alie- nuin ab eorum voluntate esse oportet, qui gerinana patriam caritate diligant, qui Pontificatus virtutem et magnitudinein non praeiudicata opinione sed rei natura metiantur, qui beneficia ipsius turn omnibus gentibus, tuin maxime Italorum generi et parta meminerint, et expectanda considerent.

Verum praecipua firmissimaque spe in Deo posita, qui vindex est aequitatis et iustitiae, animum interea a praesentium cogi- tatione malorum ad laetiora quaedain revoceinus, quae cum EC-

vita, e la generosita delle genii cristiane incremento, non iscamp6 alia soverchiante forza delle present! vicende; di modo che a straordinarii espedienti Gi fu raestieri ricorrere a fine di proteggerla da futuri danni.

Gravi pressure son queste: ne prevediamo di piii gravi, pronti a sopportatle. Imperocche ben sappiamo, che i neraici ban giurato di osteggiare fieramente il Papato, incalzandolo di difficolta in diflicolta, sino al punto di sospingerlo, se fosse possibile, all' estremo suo rischio. Esecrabile e folle proposito; il quale se risponde agl'intendimenti di coloro che favoreggiano i disegni di s£tte malvage, e anelano veder la Chiesa calpesta e resa serva allo Stato, certamente deve essere ben lungi dalla volonta di coloro che di verace amore amino la patria, che mi- surino, non alia stregua di pregiudicate opinion! ma secondo verita, la possanza e la grandezza del Papato, e pongano mente ai benefizii che ogni nazione ma specialmente 1' Italia ha da esso ricevuti e pu6 tuttora sperarne.

Ma posta in Dio, vindice del diritto e della giustizia, la maggiore e la piii sicura fiducia, dal pensiero delle presenii angosce rivolgiamo iutanto Tanimo ad argomento piii lieto, che si attiene all'utilita della

ALLOCUTIO

-iue ntHitato amplissimique Collegii vestri ornamento colli- gantur. Miniriim romanae honorem purpurae hodierna die deferre

4ituimus losepho Sebastiano Neto Patriarchae Lisbonensi, et Gulielmo Sanfelice Archiepiscopo Neapolitan©, virtutum doctri- naeque laude, inuneribus episcopal ibus navitcr sapienterque ge- stis, et iinmota in bane Sedem Apostolicam fide praestantibus.

Quid Vobis videtur?

Auctoritate itaque omnipotcntis Dei, Sanctorumque Apostolo- runi Petri et Paulli ac Nostra creamus Sanctae Romanae Ec- clesiae Presbyteros Cardinales

IOSEPHUM SEBASTIANUM NBTO

GULIELIUM SANFELICE.

Cum dispensationibus, derogationibus et clausulis necessariis et opportunis.

In nomine Patris f et Filii f et Spiritus f Sancti. Amen.

Chiesa e al decoro del Sacro Gollegio. Abbiamo risoluto di promuovere all' onore delta Porpora Cardinalizia Giuseppe Sebastiano Neto Patriarca di Lisbona e Guglielmo Sanfelice Arcivescovo di Napoli, insigni ambe- due per fama di virtu e di dottrina, per zelo e saviezza nelF adera pi- mento del pastoral ministero, e per incrollabile devozione a questa Sede Apostolica.

Quid Vobis videtur?

Laonde coll' autorila di Dio onnipotente, dei santi Aposloli Pietro e Paolo e colla Nostra nominiamo Cardinal) della Santa Romana Chiesa, dell'Ordine dei Preti,

GIUSEPPE SEBASTIANO NETO

GUGLIELMO SANFELICE

Colle dispense, deroghe e clausole necessarie ed opportune. In no- mine Patris t ct Filii t et Spiritus t Sancti Amen.

L'AV VENIRE BELLA PLEBE

i.

Fu gia detto che al presente in Europa non sono piu que- stion! propriamente politiche ; ma in vece loro se n' ha una che da per tutto assorbe le altre ; ed 6 la sociale. Or in questo detto & molta verita. II liberalismo, colle sue rivoluzioni, ha distrutta la politica, e co'suoi sistemi di pubblica economia ha indotta la fame, in tutt' i paesi che si vanta di aver liberati. In ogni Stato, dove piu dove meno, chi governa piu trema pei pericoli interni della plebe minacciosa, perche ridotta agli estremi della miseria, che non per gli esterni di vicini potenti ed ingordi di conquiste.

Percio ai nostri giorni il problema che piu si affetta di stu- diare, per risolverlo in modo che sia salvo T ordine della na- turale societa, & quello di sodisfare i desiderii della plebe, se- parando il ragionevole dall'iperbolico, ci6 che e compossibile colle leggi fondamentali della giustizia, da quello che porterebbe il soqquadro d'ogni diritto.

Prendiamo la parola plebe, non per significare quella parte infima del popolo « che non tien mai temperanza in nulla > e Dante chiam6 nell' Inferno malcreata, ma bensl nel senso sto- rico romano, per indicare il terzo grande ordine dei cittadini, in perpetua lotta col patriziato. Chi conosce di fatto la storia di quei tempi memorandi, non ignora che furono in Roma, tra pa- trizii e plebei, come due distinte repubbliche in continua gara fra loro, finche, creata la potest& tribunizia e prorogati i comandi militari, la repubblica tramutossi in impero. Non per questo ne-

L'AVVEMRE DELLA PLEBE

ghererao al tribunato di avere reso eminent! servigi a Roma: mentre troppo spesso la plebe, in un repente sdegno, solleva- vasi senxa idee prefisse e premeditate; ed allora i suoi conati aveano un esito pan alia sua imprevidenza.

Per impedire ci6 appunlo, e principalmente per doraare la stessa fnria della plebe irata o ribelle, Cicerone nel terzo libro delle Leggi sostenne il tribunato; benche non ne fosse maggior fautore del fratello Quinto, che n'era addirittura avversario. Ma a non tener conto di ci6, fu gia dal Machiavelli notato, che tutta la potenza della plebe nelle sollevazioni, veniva dall'avere acconci e ossequiati capi ; e tutta la sua debolezza dal non averne. Nel priino caso era un leone, e nel secondo un agnello: nel priino era irresistibile, e nel secondo veniva trattata come bor- daglia, spazzata via dalle piazze e comodamente scannata. Di modo che, per non soggiacere a tal sorte, le conveniva schierarsi sotto un'autorita che allora per insoliti modi spuntava nel suo seno. Comunque sia, il tribunato spiano la. via alia dittatura e questa alia tirannide, inevitabile conseguenza di una plebe che si volea strumento a combattere Toligarchia signoreggiante.

La stessa cosa avvenne coi Capitani del popolo, che si resero dei nostri comuni nel medio evo signori ; costoro ebbero e vero per certi conti un potere tribunizio o dittatorio ; ma se non vi avessero trovato la materia ben disposta, non avrebbero potuto inai fondare le loro signorie. Quando la rivoluzione francese venne a mettere sossopra 1' Europa, la plebe che pure aggiunse tanta forza a quella immane opera di demolizione, non entr6 per niente nei disegni dei riformatori sociali d'allora ; perocchfc ad uno scopo si rairava in quei giorni nefasti : all'avvento cioe o alia creazione di un terzo stato, che piu tardi fu chiamato della lorghesia; ed in brev'ora divento tanto formidabile e di una potenza cosl grande, che per piacerle non pure Taristo- crazia, ma la monarchia medesima, dismessa la giubba dorata e la porpora, indoss6 la veste borghese, fra gli applausi de' suoi antichi vassalli divenutile cosl uguali o poco meno.

K'.'i L/AV VENIRE DELLA PLEBE

II.

In questo grande rivolgiraento, che di un sol colpo capovolse 1'antica piramide sociale, la Chiesa, tuttoche insanguinata dalla scure del carnefici del Terror^ avea tenuto quel contegno che e proprio di chi dice tra s&: In cio non ho nulla a vodere io; la borghesia 6 stata la verga di Dio per flagellare i colpevoli. Se non che, sin d'allora prevedeva, come sarebbe venuto un tempo nel quale Dio avrebbe armato della sua tremenda verga la mano di un novello stato per punire 1'orgoglio, la iattanza, e i delitti di quella borghesia, che per essere stata educata alia scuola di Vol- taire, sdegnava di piegatsi al giogo del Vangelo. E qual 6 questo novello stato, che aspira ad emanciparsi e minaccia di essere il prossimo flagello della borghesia? La plebe; i cui patroni non finiscono di dire: Poich& dall' usurpazione di pochi o di molti, le cui vicende costituirono fin qui la storia deirumanita, e conse- guentemente dall'oppressione del terzo ceto conviene rivendicare la ragione di tutti ; resta a vedere che cosa si debba fare a tal uopo. La risposta viene spontanea : dare in ugual grado le pre- rogative e i servigi dello Stato a tutti coloro, che ne son privi. E quindi primieramente, posto che i tre primi stati ebbero finora modo di emanciparsi e pur troppo di tiranneggiare, non vi ha dubbio che si deve ora, se non vuolsi aprire la porta ad una ti- rannide plebea, dar luogo all' emancipazione del quarto, che e quanto dire pensare alia sorte della plebe e al suo avvenire. Alia quale proposta i borghesi strillano, e infamano a dirittura, quali sediziosi e sovvertitori, tutti coloro che la propugnano.

Non si pu6 negare che fra i difensori del quarto ceto si siano intromessi uomini ambiziosi e turbolenti, che della plebe vor- rebbero farsi sgabello per rimpannucciarsi e salire in alto. E noto pure che la massoneria vi ha cacciato deutro lo zampino e fa scrivere : Come eglino, i borghesi, si spacciarono dei gen- tiluoinini e dei preti, cosi e ora la volta, che altri, e sono i piu nu- merosi, si spaccino di loro. Questo e linguaggio da rivoluzio- narii, che invece di sciogliere il problema lo rende piu arruffato.

L'A EBB

pift avventata poi e raffermazione dei socialist: -- Se 1" Stato non appartieno pift ad uno, che ad un altro, ma e cosa comnne, e ben giusto, che anche i piu miseri, i <juali non hanno minor testa e statura dei doviziosi, ma talvolta piu cuore e bonta, ne sian fatti padroni. Ainmesso senza alcuna riserva questo principio, non vediamo percbe la setta, chiamata interim debba dirsi sediziosa e sovversiva. Forse perche si propone il riscatto del quarto ceto coi furori della disperazione e della letta, e promuove collo sconvolgiinento dell'ordine sociale gli orrori della promiscuita e dell'anarchia? Certamente e cosa em- pia e da forsennati il porsi fuori della civilta, della societa, della ragione e della misericordia : e per giunta con simili mezzi non si viene gia a preparare un ingresso piu prosperoso del quarto ceto nella vita sociale e civile, ma lo scompiglio e la ruina.

Auguriainoci che ci6 non debba accadere : tuttavia per quanto la cosa si ritardi, chi non vede come ii secolo che tramonta sara costretto a risolvere il piu arduo dei problem! sociali, ed a vedere gli effetti di un sisteina, che da lungo tempo e pian piano strappa grado a grado la possanza dai meno per confe- rirla ai piu, e quinci a tutti? Eiguardo anzi ai tempi in cui viviamo, grande cecita dee patire la borghesia, se non si accorge ancora, che ella sta per essere soverchiata da quella marea, da cui gia era stata sospinta al lido. Imperocche, quantunque ella abbia ingannato e tradito le moltitudini, che 1'aiutarono ad an- nientare il potere sovrano dei re, a spogliare la Chiesa e ad abbattere i nobili; nondimeno queste hanno omai in un secolo accumulate cotante delusion! ed ire, che poco indugiar possono a proroinpere.

III.

La storia di fatto, se ben si consult!, non lascia dubbio sul diffiuitivo riscatto del basso ceto ; perchd anzi nello svolgiineuto logico dei principii che lo hanno da produrre sta la legge dei suoi piu famosi periodi. Piuttosto ella attesta, che niun trionfo di questo ceto e durevole, ma presto o tardi e seguito dalla mutua

138 L'AVVE.NIRE DELLA PLEBE

caduta del vincitori e del vinti nella servitu, sia per difetto d' ac- corgimento, sia ancora per gli eccessi a cui si abbandonano i vincitori. Per la qual cosa in Atene lo svolgimento democratico finl coi Pisistrati e cogli altri capopopoli, detti tiranni; in Roina coi dittatori perpetui e coi Cesari ; nei comuni italiani dell' eta di mezzo coi Capitani del popolo, poscia divenuti Signori, e in Firenze particolarmente colla dominazione del Medici. II che prova, come le plebi, se vogliono assicurare la loro rivendica- zione, non debbono gia opprimere gli alti, per quindi sottoporsi nella vicendevole umiliazione a qualche astuto ed ambizioso au- tocrate, o a qualche soverchiante e dispotica oligarchia ; ma con ioro congiungersi a formare uno Stato, in cui sia fatta ragione ai diritti dei grandi come degli infimi, dei deboli non meno che dei potenti. Ondeche, siccome bene scrive un profondo filosofo pubblicista, Balmes, la vera democrazia non ista nell'adegua- mento e nell' assoggettamento delle persone cospicue e culte alle oscure e rozze; ma si bene nel prescindere da ogni mono- polio o intolleranza di ceti, e dal rispetto ed onore reso a tutti, in nome di quella legge eterna della giustizia che proclama Vunicuique suum.

In tal modo, anziche temere che le moltitudini occupino finalmente il loro seggio nel concilio dell'umanita, sarebbe da affrettarlo, perche" cessino le terribili fluttuazioni che tengono an- gosciate e perplesse le nazioni moderne. Perocche se la natura, salve le disuguaglianze della fortuna, ha concessi a tutti gli uomini i rnedesirni diritti, e se la societa civile 6 formata da tutti, sien essi poveri o ricchi, piccoli o grandi, deboli o potenti, converra che si renda finalmente omaggio alia giustizia. I po- veri d' altra parte non sorgono gia per rubare ai ricchi, n& per assidersi al loro fianco da parassiti : ma per uuirsi alle loro opere, da liberi e non da servi, e per accrescere onestamente i loro beni.

Con questa mirabile economia dispose la Provvidenza le cose di questo mondo, e con si stupendo ordine il Vangelo venne a ri- formare la societa, che trov6 divisa in due grandi caste, le quali si faceano guerra a vicenda. E in vero, se si considera che le moltitudini se non piu di diritto, di fatto certamente gemono in

L'AWKMKK DELLA PLEBE 139

una specie di servitu, ed in condizione tale, che le direste non piii serve della gleba, ma schiavo dell'industria, e qual immense vantaggio sarebbe per la societa la cooperazione di tutti i suoi membri a una data impresa; chi pu6 misurare la grandezza dei bsni che deriverebbero dal concorso di tante o si poderose forze, ora tenute inerti? Quando pure, disobbedendo agli insegnamenti di Gesft Cristo, non professassimo pei nostri fratelli poveri e in- felici benevolenza, pieta e desiderio di assisterli, il nostro stesso interesse dovrebbe consigliarci ad aiutarli, affinch& si risollevino e redimano. E tanto piu a questo dovrebbe muoverci un'altra considerazione, che crediamo di grave momento : ed &, che dalla odierna tirannido borghese legata a fil doppio col giudaismo, non 6 dato omai di aspettare liberazione, se non in grazia appunto di questa plebe gemente sotto il giogo degli usurai, degli strozzini e degli arruffapopoli. PerocchS quanto alle classi chiamate dirigenti, per non dire di coloro che di detta tirannide sono o possessor! o agenti, hanno esse talmente guaste le idee, e il senso morale corrotto, sono cosl insensibili al bene ed al male, aU'equita e aH'ingiiistizia, che, se non ci fossero altro che esse sole al uiondo, la cancrena sarebbe incurabile. E la ragione e", come abbiain no- tato piu sopra, che queste classi sono appunto quelle in cui at- tecchirono maggiormente i funesti principii iuoculati nella pre- tesa civilta moderna dalla rivoluzione. Siffatto contagio non ha per anco invaso la plebe, comechd le s&tte facciano opera di pervertirla. Invero quantunque 1' educazione tardi ancora a dif- fondersi nel quarto ceto, pure si ha il vantaggio che non an- cora e* giunta a penetrarvi nelle viscere la corruzione deila borghesia.

Laonde sarebbe grave errore, a mo'di esempio, il credere che nella decadenza di Roma i sudditi, e segnatamente i rustici, fos- sero immersi nelle medesime infainie dei dominatori e dei loro satelliti. II vizio adunque della tirannide, e il maggiore obbrobrio delle servitil non risiede nel popolo, che in ogni Governo e la parte raeno corrotta; ma in quella fazione che il popolo inganna. In prova di che si osscrvi, che ogni qualvolta un ordine di cit- tadini prevale nel dominio, il solo per lo piu che ardisca risen-

140 L'AVVEMRE DELLA PLEBE

tirsene e il basso popolo. Questo che Vittorio Al fieri, benche molto aristocratico, notava in generale, si pu6 affermare della so- cieta italiana d'oggi giorno; ove appunto chi piu del mal governo della dominante oligarchia borghese-giudaica freme, e il basso popolo, il quale, perche sotto 1'influsso del cattolicismo, e meno inquinato di dottrine rivoluzionarie. Anzi tutto il fondo delle nostre popolazioni, nel parlare, nel sentire, e fin nel modo di vi- vere e meno contaminato dagli uggiosi influssi stranieri ; ed e quindi piu schietto, piu genuino e piti italiano. Inoltre, esso ha maggior pieta, maggiore attaccamento alia fede dei padri suoi, maggior riverenza al sacerdozio, maggior poesia, maggior senso del bello, maggiore ammirazione pel grande e di proprio una propensione veemente all' epico ed all' eroico. Tanto che le let- ture, gli spettacoli, i piaceri, di cui le class! dirigenti e gau- denti si dilettano non saprebbero sodisfarlo: mentre e princi- palmente dalla incredulita, dalla depravazione e dalla ingordigia borghese ed aristosratica incontaminato. Ognuno pu6 per propria esperienza conoscere, che, parlando in generale, e assai piu facile trovare disposto a dar dieci lire chi ne possiede dieci, che chi si pavoneggia di possederne dieci milioni ; e che 1'orfano e il viandante trovano assai pid facilmente asilo ed ospitalita nell' umile casa di un popolano, o nella povera capanna di un contadino, che nel superbo palagio della gente venuta su dal nulla, a furia d'im- brogli e di latrocinii imbellattati d'amor patrio. Ci6 natural- mente precede dal non conoscere codesti semplici uomini il pregio di quel po' che possedono, e i miracoli del risparmio e della moltiplicazione. Questo cristiano disinteresse della plebe e ap- punto quello di che si ha gran bisogno per vincere il maggior nemico, presso cui il bernoccolo del risparmio e della moltiplica- zione si e cotanto sviluppato, nelle assidue cure dei banchieri, dei finanzieri e dei giocatori di borsa. Ondeche non fosse altro, per questo piu uinano istinto e piu cristiano sentimento, e piu contrapposta inclinazione al sordido genio dei tempo nostro, la plebe e piu atta di chicchessia a temperare i mali da cui la presente generazione 6 tormentata.

L' A 111

IV.

L'emancipazione della plebe, nella quale intendiamo inclusa la classe degli operai, che ne & senza dubbio la parte piu nume- rosu, ha dato origine ai dl nostri segnatamente ad una quantita di sistemi, del <juali vogliamo qui dire brevemente, perche i no- stri lettori conoscano di quali insanie sieno gli uoniini capaci, quando, piu che ad ovviare ai raali della societa, rairano a ca- povolgere le faraiglie e lo Stato pur di aver essi ii mestolo in mano. Premettiamo che tutti costoro, se non hanno le coscienze pervertite dallo scetticisrao, han certo il cnore fiaccato dalla villa; ternono infatti, o fingono di temere, che 1'un di o 1'altro stanca la plebe di vedersi delusa o tradita, non prorompa in una guerra servile; sicchd sembra loro di scernere gia i sintomi sinistri dello sfacelo nelle rainaccie di disorganaraento sociale e di degradamento nazionale.

Ma la minaccia di si gravi pericoli non viene dal malcontento della plebe, bensl dal reo talento degli arruffoni o di dottrinarii dementati dall'orgoglio. Essi sono che sobillano il popolo, che ne corrompono la mente e il cuore, e lo sospingono alia violenza per averlo strumento ai loro pravi disegni. A cotal fine furono in questi ultimi tempi inventati i sisterai per emancipare la plebe, di cui parleremo, non senza prima far notare, che tutti partono da un medesirao principio, se principio puo dirsi 1'esclusione di ogni religioso ingerimento, e fino dell' idea di una Provvidenza regolatrice degli umani destini.

II primo di essi sistemi e I'anarchico. Poiche le plebi dicono i banditori d'anarchia, sono nella servitu economica sprofondate, e gli Stati si avviano al falliraento, e la plutocrazia infellonisce e la libidine dei lucri trionfa, e la poveraglia non ha pi& diritti, n& e piu resa giustizia agli afflitti, si provochi una nuova guerra di servi, si rovesci tutto 1'ordine sociale stabilito; dal disordine verra 1'ordine, e la vittoria dei servi del lavoro sara il principio della loro emancipazione. Se non che, supponendo possibile la vittoria, dei servi ribellati di qualunque specie, questa sarebbe

142 L'AVVEMRE DSLLA PLEBE

sempre breve ed esiziale; perche nulla ai raondo e durevole che sia procurato con raezzi iniqui e crudeli, e condotto con iinprese folli ed assurde nil violentum durabile. Ma, prescindendo dai mezzi inumani con cui la setta chiainata internazionale pre- tende einancipare la plebe grama ed oppressa, e pel quali respin- gerebbe da se senza alcuna eccezione gli onesti e facoltosi che non sieno traviati, il fine irrazionale, a cui tende, tanto non einanciperebbe la plebe, che piu tosto condurrebbe tutti alia promiscuita della miseria, e all' universalita deirabbrutimento. Imperocche i vincoli social! d'ogni nianiera, che soli valgono a temperare 1'umana imperfezione, non possono cessare che ces- sando questa; ne si fa per fermo cessare, togliendo quei su- premi ostacoli, che infrenano il male. Che concetto ci fareramo di un ingegnere che per regolare meglio il corso di nn fiume e impedirne le inondazioni, incominciasse dall' abbatterne le arginature? Comprendiamo che un volgo in delirio possa com- mettere eccessi, e dare al mondo lo spettacolo della piu spaven- tevole anarchia, di che Parigi fu testiinone nel 1871; compren- diamo pure che quegli eccessi possaao rinnovarsi, estendersi, raddoppiarsi in Parigi come altrove, e porre la societa costituita in forse; ma questa non tarderebbe, per un impulso irresistibile della natura, a rannodarsi. E, posto pure che non si rannodasse, non sarebbe undistruggerlaaffatto? non sarebbe come ricondurre gli uomini allo stato selvaggio ?

Vero e, che che nella setta anarchica vi sono alcune discre- panze e varieta, e tra gl' internazionalisti di alcuni paesi, per- che piu miti e piu pratici, la distruzione non incontra molto favore. In tal caso non si pud piu dire, che eglino propugnino 1' anarchia, e il sistema cosl denominato richiede meritamente un altro appellativo. Alcuni vorrebbero chiamarlo fabbrile, come quello che si propone 1' affrancazione del ceto lavorante oppresso, con riforme semplicemente economiche. Sotto questo aspetto, e dato che i mezzi non sieno violenti, come gli scioperi, non si pu6 muovere a un tal sistema altro rimprovero, tranne quello di non vedere nel mondo che lavoranti, e i loro material! bisogni. Sta bene, infatti che si avvantaggi il ceto degli operai : ma non a

Bcap i iiltri; no sopra tutto col -?no <li

abbassaro gli altri, o di adeguar tutti in una comune bassezza. Ogni sorta di oppressione e detestabile: e, conio non e bene che i borghesi industriali schiaccino i lavoranti, cosl non e bene che essi vogliano livellare tutti i ceti e cangiarli in turbe d'unrili ed oscuri operai, unicamente per far tacere la loro invidia. Se potessero per questa guisa essere piu felici, meno male! Invece renderebbero se e i loro padroni piu poveri, senz' essere per ci6 gli uni e gli altri meno abbietti. Tralasciando del resto di os- servare, che gl' inventori di questo sistema non pensano, se non agli artigiani ed alle officine, mentre la maggior parte della plebe consta di agricoltori e vive nei campi; v'e qualche altro interesse quaggiu, oltre a quello gravissimo del pane quotidiano. fi giusto infatti, che si lamentino di non averlo, o di averlo duro e nero, e scarso; e si concepisce altresl come, perduta la fede religiosa e la speranza in una vita avvenire, altri stimoli % mo- versi e a ben operare non sentano i lavoranti o meccanici del nostro secolo, se non quelli della fame. Debbono dunque essere disfamati, ma, oltre a questo, debbono esser formati alle grand! e nobili idee che sola pu6 infondere la religione, se vogliono essere qualche cosa di piu che semplici animali da pascolo. Alia pratica della religione anzi tutto, e quindi al servigio della pa- tria, debbono essere richiamati, e al senso della giustizia verso i loro padroni, se vogliono, da branco di reietti, tramutarsi in buoni cristiani e cittadini. Mentre, volendo diventare ancor essi un ceto oppressivo e nient' altro, dal popolo stesso, che e com- posto di cittadini, faranno divorzio. Per giunta non volendo di nient' altro curarsi, se non che di fabbriche, di salarii, di orarii, di prezzi, di profitti e cose simili, svelansi assai piu borghesi di quel che si credano ; avvegnache dimostrino di essere divo- rati, oltrecche dai proprii livori, dalle cupidigie della borghesia. Per la qual cosa anche questo sistema, che in sostanza non inira che a far cadere nel quarto ceto la eredita del terzo, ed a rin- negare le piu nobili aspirazioni del cuore umano, dev' essere rigettato.

LAVVEMRE DELLA PLEBE

V.

Oltre 1'anarchico e il fabbrile v'e pure il comunistico e il socialistico. II primo, proponendo la promiscuita delle persone o delle cose o delle uae o delle altre insieme, sovverte I'umano consorzio, che non pu6 sussistere senza la famiglia e la proprieta. L' altro, volendo alia proprieta apporre liiniti contrarii a qnelli, che ha dalla natura, in un modo diretto tende del pari alia mediata sua sovversione. E cosi anche questi sistemi, qual pi ft, qual meno, da vicino o da lontano, approiano aU'anarchia, e incorrono nello stesso anateiua. Perocche in quella che 1' avver- sione alle ingiustizie derivanti daU'esclusivo godimento e dalla disuguale partizione dei beni della fortuna gli scusa in qualche modo; la inanita e la perversita dei mezzi li condanna. E coine no? E egli possibile concepire gli uomiui in societa costituita ed ordinata, senza la famiglia e la proprieta, che ne sono le origini ed i cardini? Si possono mai porre da banda queste due cose, anche per via tetuporanea, senza attentare alia liberta uinana e spingere agli ultimi termini 1'oppressione religiosa e politica ? Oltrecche riesce parimente impossibile, che la proprieta dia tutti i suoi frutti, coartandone il naturale movimento con vincoli, che la scemino o la inceppino, vincoli del resto che ella spezzerebbe, perch6 tutto ci6 che e contro natura non ha n& stabilita n& durata. Se dunque le utopie dei cornunisti e dei socialisti si avverassero, oltre al perdere i grandi beni che la religione e la famiglia ci assicurano, fia anco la prosperita materiale ne andrebbe in dilegao.

Ma ammesso pure T impossibile, cioe che col sistema dei co- nmnisti o dei socialisti 1' universalita della plebe potesse vivere con minori stenti e disagi, forsech& per questo e da credere, che gli altri danui e pericoli sarebbero evitati? Oib6! Fu sentenza infatti di quel grande ed arguto pensatore che fu il Demaistre, « che ogni palingenesi escogitata fuori delle eterne leggi della giustizia, non riesce se non a danno della famiglia e dello Stato. > Inoltre questi due sistemi cadono ancor essi nel capitale errore

I/A 1 t~>

cii non valiitare che gli obbietti delle attinenze economiche, e di ndere che ai soli interessi matoriali ; come se 1' umana vita non avesse altro campo che questo, altri interessi che i caduchi, n& 1'iiomo altro fine, che di curare le funzioni fisiologiche del mangiare, del bere e del dormir bene.

A questi sisteini si possono aggiungere quelli che in Germania furono messi in yoga dal Lassalle, 1'iutiino amico del Bismark, Max, Schulze-Delitsche ed altri, che non ricordiamo in questo momento. Com'e noto, il Lassalle e i suoi seguaci vogliono im- poste progressive e adequative, e prestiti fatti dallo Stato alle compagnie mutue di produzione; il Max propone I'innovazione degl'istitnti sociali, e il movimento economico regolato dai pub- blici poteri; lo Schulze-Delitische finalmente lo sviluppo della cooperazione in genere. Ma siccome questi sistemi, ch'ebbero in Francia per quasi un secolo i piu strenui banditori, e son gia Tieti e logori quanto il socialismo e il coraunismo, comecch^ rin- sanguati dai Tedeschi, cosl crediarao non parlarne ed occuparci invece di un sisteina che distingueremo col nome di demagogico.

VI.

Per quanto i propugnatori di un tal sisteina si adontino di questo appellative, la sovrauita popolare, di cui predica le mara- viglie, e si sregolata, si turbolenta e si triviale, che ci pare inipossibile di denominarlo altrimenti. Nol condanniamo perche esso propugna il trionfo del popolo: ma, siccome per popolo que- sto sisteina intende la plebe, e la plebe e ora dominata da un segreto e sterile livore contro gli alti ceti, cosl pare a noi che da questo lato convenga guardarsene con diffidenza, come da sisteina assai pericoloso. D'altra parte, volendo instaurare la prepotenza del numero, rinunciare alle tradi/ioni piu venerande dell' anti- chita, calpestare le pii legittime consuetudini, sbandire la reli- gione dull' iimano consor/io, ispirarsi ai soli principii utilitarii, e, per dir tutto in una parola, proseguire la rivoluzione dell'ottan- tanove, cosl e da rigettarlo assolutamente e combatterlo come

Sarie XII, vol. VI. fate. 812 10 7 aprile 18i<4

1-ili L'AVVENIRE DELLA PLEBE

neiuico dell' umano convivere. Qual servigio infatti abbia esso arrecato alia Francia, dov'ebbe origine, e dove per quasi cent' anni non ha saputo ne sopportare la servitu, ne custodire la liberta, non occorre che diciamo.

II Gruizot riteneva appunto, che la maggiore sventura della Francia, e da cui procedettero tutti i suoi grandi infortuni mo- derni, fosse codesta democratica idolatria. Imperocche la demo- crazia dei Francesi, come quella degl' Italiani d' oggi giorno, in sostanza altra cosa non e, fuorche* una esorbitanza disordinata e mescolata con esagerazioni, e la loro repubblica democratica non gia Stato di popolo, ma esaltazione di volghi sedotti dalle tenebrose mene dei capisetta. Quindi 1'antico ministro di Luigi Filippo conchiudeva troppo bene per un dottrinario : non essere cola possibile la pace sociale, se non quando tutti i ceti e tutti gli element! reali ed essenziali della societa francese, non che escludersi a vicenda, ma insieme anzi si riconciliassero. Hoc opus per6, hie labor est.

E qui come tacere di un sistema che ebbe per sostenitore in Italia Giuseppe Mazzini, ed i suoi seguaci chiamano democra- tico? La vera democrazia la quale, per esser tale, sta nella partecipazione di tutto il popolo ai beneficii del consorzio civile, e insieme ai relativi officii, come mai pu6 concepirsi concilia- bile coi plebisciti che si celebrarono dal 1859 ai 1870? Di fatto, com'e possibile immaginare uno Stato civile popolare in cui non siano tutti i cittadini della liberta e della sovranita parted pi? < Yeramente, dice Cicerone nella sua Repubblica, incite cose mancano a quel popolo, il quale e governato da un re, e sopra tutto la liberta, la quale non consiste nell' avere un Signore giusto, ma si nel non averne veruno. > Per altro questo vocabolo di repubblica, che sorride cotanto alia generazione che sorge, non basta ne a dare la felicita, n& a fondare la popo- larita. Anzi tutto, per omaggio appunto a questa popolarita, non 6 lecito autenticare alcuna forma di reggimento che non sia assentita dai suffragio di tutto un popolo; n& in ispecie quando agli altri malanni si aggiungessero le discrepanze dei partiti, e i pericoli esterni. Di piu non e lecito alle parole sacrificare le

1 1 7

non so quul'.' mlio romano contro il nome regio, av- ventnrarsi allo Ticende di una nuova rivoluzione. Vero e che la monarchia costituzionale, com'd intesa oggidi, non 6 altriniruti che una repubblica retta da un magistrate rivestito di titoli e insegno reali; ma quosto pare che non basti ai pochi suporstiti della scuola mazziniana. E posta puro la possibility prossima di nna repubblica, bisogna dare a questa repubblica due cose, che i suoi fautori odierni in Italia dimenticano, vogliam dire la sostanza e i cittadini. Ora, nella presente decadenza del pensiero civile tra noi, eglino non saprebbero costituire la repubblica altriinenti, che coi soliti famosi president!, ministri, camere, partiti, ordini del giorno, commission! e cose somiglianti. In somma ne fareb* bero una repubblica costituzionale, a similitudine della francese, in cui dalla monarchia altro, tranne il capo, non vi sarebbe di diverso. Quanto agli uomini che la dovrebbero comporre, si pu6 bene inimaginare che sorta di repubblicani sarebbero, e da quale sorta di tribuni guidati, quelli educati alia scuola del Fascio, del Dover e, del Secolo e del Ribelle. L' Italia di siffatti ne Tide gia troppi, e nessuno dimentichera le grandi prove che diedero e danno ancora della loro sapienza civile. Spettacolo anzi piil osceno nel mondo, e tale da far disperare della patria e della virtu, se si potesse, non fu mai visto : uomini, i quail pa- reano tanti Bruti si tramutarono in breve ora, senza vergogna propria o stupore altrui, in aulici arnesi di quel medesimo ordine che voleano dianzi abbattuto, tosto che poterono nelle sue mote incastrarsi. Guai dunque alia plebe se a cosiffatti ar- ruffapopoli avesse da affidare le sue sorti avvenire ! Guai a lei, se non capisce che la sua emancipazione non pu6 compiersi per opera di sistemi pi& o meno infetti di anticristianesiino!

BELLA COSTRUTTDRA BELLA G1HKSA

QUANTO ALLA FORMA DI REGGIMENTO

Come insegna Aristotile nel libro terzo delle cose politiche, la forma di reggimento nou e altro che 1'ordine degl'Imperanti nell'mnana societa; e pero essa si diversifica, secondo la diver- sita del subbietto in cui risiede 1'impero, ossia la potesta su- prema. II perche tre forme di reggimento si possono distinguere, secondo che la potesta suprema risiede in un solo, o in alcuni, o in tutti. Nel primo caso si ha la Monarchia, nel secondo TAristo- crazia, nel terzo la Repubblica; benche questo nome, in un senso generalissimo, soglia applicarsi ad ogni genere di ordinaraento politico, considerate a rispetto del fine che e la cosa pubblica, T interesse comune. Ecco in che modo il concetto dello Stagirita e esposto dall'Aquinate: Politia nihil est aliud, quam ordo do- minantium in civitate. Necesse est enim quod distinguantur politiae, secundum diver sitatern dominantium. Aut enim in civitate dominatur unus, aut pauci, aut multi... Si sit princi- patiis unius, vocatur Regia potestas, consueto nomine; si in- tendat utilitatem communem. Ilia vero politia, in qua pauci principantur propter bonum commune, plures tamen uno, vo- catur Status optimatum... Sed quando multitudo principatur intendens ad utilitatem communem, vocatur Eespublica; quod est nomen commune omnibus politiis !.

Egli e dunque da vedere a quaie di queste tre forme corri- sponde il reggimento della Chiesa.

I.

La forma di reggimento nella Chiesa & Monarchica.

A persuaders! di ci6, basta aprir gli occhi. Che cosa veggiamo noi nel governo della Chiesa? Diversi popoli retti da Vescovi,

1 Politicorum, lib. Ill, led. VI.

ger a coordinati tra loro coin no nol B

: e tutti, Popoli o Vescovi, Laicato e Clero, sottostare aH'autorita del Romano Pontefice, come a Capo e Ordinatore supremo di tutta la societa de'fedeli. Egli da legge all'intera Chiesa; egli giudica inappellabilmente delle controversie che si portano al suo tribunale; egli comunica la potesta ai Vescovi de- terminando i confini della loro giurisdizione. II Sacrosanto Con- cilio Vaticano nelTaiumaestrarci intorno alia qnalita del Romano Pontefice, si esprime in questo modo: < Insegniamo e dichiariamo che la Chiesa romana, cosl disponente il Signore, possiede il prin- cipato della potesta ordinaria sopra tutte le altre; e che questa potesta, veraraente episcopate, del rornano Pontefice e immediata; verso la quale i Pastori e i Fedeli di qualunqne rito e dignita, tauto ciascnno in particolare quanto tutti insieme, sono stretti da dovere di gerarchica subordinazione e di vera obbedienza, non solo nelle cose che appartengono alia fede ed ai costumi, ma ancora in quelle che spettano alia disciplina ed al reggimento della Chiesa, sparsa per tutto ii mondo. Cosicche, mantenuta col Romano Pontefice 1'unita si della comunione e si della profes- sione della medesima fede, la Chiesa di Cristo forini un solo ovile sotto un solo sommo Pastore '. > Or che altro si richiede, acciocche la forma di reggimento della Chiesa si dica e sia ve- ramente monarchica, doe Principato di un solo?

N6 ad alcun sano di mente pu6 venire in pensiero che siffatta forma sia provenuta, se non da usurpazione de'Papi, come be- stemmiano i liberali 2, almeno da svolgimento storico. Cio, che

1 Docemus proinde et declaramus Ecdesiam romanam, disponente Domino, super omnes alias ordinariae potastatis obtinere principatwn; et hnnc rotunni Pontificis iurisdictionis potestfitem, quae vere episcopalis est, immediatnm esse; trga quam cuiuscumque ritus et dignitatis Pastores atque fideles, tarn seor- sum singuli quam simul omnes, officio hierarchical subordinationis veracque obe~

ntiae obstrinjuntur, non solum in rebus ad fidem et mores, sed etiam in its quae ad disciplinam et regimen Ecclcsiae, per to turn orbem di/fusae, pert, ita ut, custodita cum Romano Pontiftce tain communionis quam eiusdem fidei professionis unittttr, Kcclesia Christi sit unus grex sub uno summo Pastore. Conslilutio dop:nialic;i Ik Romano Puntifice, cap. III.

« Si pu.i civ.lriv »-||.. la ijualiu'i di principe ha avuto qualche parle a renderc possibilc al PonlcGce quella politica ecclesiasiica, per la quule c^li e andaio via via

i

150 DELLA COSTROTTUIU DELLA CHIESA

appartiene all'essenza della Chiesa, non pu6 procedere che da instituzione di Cristo. Or tale 6 la forma del suo reggimento. L'ordinainento de'poteri e elemento essenziale d'ogni societa. La Chiesa dunque, se avesse mutato forma di reggimento, non sarebbe piu la Chiesa istituita da Cristo. Tutte le profezie, in- torno alia sua durata, sarebbero venute meno, e con loro la pro- messa stessa di Cristo: Portae Inferi non praevalebunt adversus earn. Un tale pervertimento della istituzione di Cristo potri am- mettersi dai liberali, ma non da chi tuttavia ritiene un briciolo di Fede. Del resto che Cristo abbia dato alia sua Chiesa la forma monarchica, sara da noi provato piu sotto.

Piuttosto qui vuolsi notare che la Monarchia della Chiesa & ben diversa da quella degli Stati politici. Negli Stati politici il Monarca e tale per proprieta. Nella Chiesa il Monarca non 6 tale per proprieta, ma per delegazione. II Monarca, il Re, di questo regno della Chiesa & propriamente Cristo; il Papa e suo luogotenente, Vicarius Christi. Non e Re, ma Vice-Re. Quindi egli ha pienezza di potesta, ma in senso non assoluto, bensl relative; val quanto dire non per eguaglianza di estensione col potere di esso Cristo, bensl per eguaglianza di estensione coi poteri che Cristo ha voluto impartire alia sua Chiesa, de'quali niuno si trova in lei che non si trovi formalmente o eminente- mente nel Papa. Negli Stati politici il Monarca pu6 consentire a mutazione di Gbverno, ed alienare una parte almeno de'suoi diritti; come vediamo essere awenuto alle Monarchic odierne, che da assolute son divenute, come ora le dicono, rappresentative, cioe piuttosto nominali che reali. Nella Chiesa il Monarca, ossia il Papa, non pu6 fare o permettere mutazione quanto alia costitu- zione di essa Chiesa, ne alienare o streniare alcuno dei diritti che ha ricevuti da Cristo, ma deve integralmente trasmetterli a chi gli succede nel carico. E parimente non pu6 cambiare un ette della legge data da Cristo, n& diminuire o crescere il numero dei Sacramenti o abolire la pratica de'consigli evangelici. Negli

ingrossando la potestJ sua nella Chiesa, e concentrando in si e nella saa Curia lutto il governo spiritualc di questa. » RUGGIERO BONGHI Nuova Antologia, seconda serie vol. XL1II, fascicolo del gennaio 1884, pag. 104.

VLLA FOHMA DI REGGI1I!

Stati politic! i Governatori dello Province, non sono Principi ma ^ati del Principe, e amministrano la cosa pubblica in nome suo. Xolia Chiesa i Vescovi, preposti al Governo delle Diocesi, son veri Principi delle medesime, e reggono i fedeli in nome di to, benchd con subordinazione al Papa, Vescovo dell'intera Chiesa: fyiscopits Ecclesiae Catfiolicae. Uno & 1'officio Pasto- rale, ossia 1' Episcopate; il quale, bench 6 come in capo si assommi nel Romano Pontefice, tuttavolta da lui si diffonde per ordina- mento divino nei particolari Pastori, ciascun de'quali in solido, ciod senza divisione o scissura, ne tiene una parte. Episcopatus unus estt ctiiits a singulis in solidum pars tenetur l.

Siffatta disposizione di poteri, come chiaramente si vede, 6 vera Monarchia, perch& il supremo potere, a rispetto deli' intero corpo sociale, risiede in un solo ; ma d Monarchia sui generis, singolare dalle altre, e secondo un ideale divino, incarnato e co- lorito nella sola Chiesa. II Feudalismo voile in qualche modo imitarlo. Ma la sua trista riuscita, mostrd che indarno si spera dalle forze delta natura ci6, che solo puo conseguirsi per in- fluenza della grazia. La forma di Monarchia, qual e nella Chiesa, non pu6 aHrimenti mantenersi e ben fruttare, se non per co- stante e speciale assistenza divina, la quale non 6 stata proinessa che solamente alia Chiesa.

II.

Congruenze teologiche.

Che la forma di reggimento della Chiesa dovesse esser monar- chica, e dimostrato da'Teologi con varii argonienti di altissima congruenza. S. Tommaso ne arreca quattro; e a noi bastera te- nerci ad essi. Egli dice : Bench& i popoli sieno distinti, secondo le diverse region! e citta, nondimeno formano una sola Chiesa universaie ed un sol popolo cristiano. Come dunque fu mestieri che ciascun popolo in ciascuna Chiesa particolare avesse il suo Vescovo che ne fosse capo; cosl era necessario che 1'intera Gristianita avesse ancor ella il suo capo che presedesse all' intera Chiesa uni- versaie. Quamvis populi distinguantur per diversas Dioeceses

1 S. CIPRIANO, De unitate Ecclesiae.

l.VJ DELLA COSTRUTTUnA DELLA CHIESA

et civitates; tamen, sicut est una Ecclesia, it<t o /><>/•/<'/ < 101 urn populum christiannm. Sicut igitur in uno speciali po- pulo unius Ecclesiae requiritur units Episcopus, qui sit tot in* populi caput; ita in toto populo christiano requiritur quod units sit totius Ecclesiae caput*. Quest' argomento, come si vede, e preso dall'unita della Chiesa. Una sola e la Chiesa. Dunque un sol Capo. II Profeta Ezechiello, contemplando ia ispirito la futura Chiesa di Cristo, vaticin6: < Questo dice il Signore Iddio; ecco che lo piglierft i figliuoli d'Israele di mezzo alle nazioni, a cui andarono, e li congregherft d' ogni parte, e li condurro alia pro- pria terra. E li costituiro in una sola gente sulla terra nei monti d'Israele, e non saranno piu due genti, ne" si divideranno piu in duo regni... E ii mio servo Davidde sara re sopra di essi, e un solo sara il pastore di tutti loro 2. > Questi figliuoli d' Israele da raccogliersi da tutte parti, per formare una gente sola ed un sol regno, sono i fedeli. II inistico Davidde e Cristo, che di essi costi- tuisce la sua Chiesa. Egli regge cotesta Chiesa per mezzo di un sol pastore, che lasci& a governarla in sua vece. Se ella non avesse un sol visibile pastore, nella sua durata quaggiu, non sarebbe la Chiesa preveduta dal Profeta. Non sarebbe dunque la Chiesa di Cristo.

In secondo luogo, per 1' uuita della Chiesa si richiede che tutti i credenti convengano nella stessa Fede. Or nelle cose riguar- danti la Fede insorgono quistioni diverse, che menerebbero a credenza diversa; e la diversita di credenza scinde la Chiesa. Per ovviare adunque a tale scissura fa mestieri che la sentenza di un solo dirima la controversia. A conservare dunque T unita di credenza ne'fedeli si richiede 1'autorita di un solo, che a tutti sovrastia, qual giudice inappellabile. Ad unitatem Ecclesiae re- quiritur quod omnes fideles in Fide conveniant. Circa ea vero,

1 Contra Gentiles, lib. IV, cup. 76.

* Haec (licit Dominus Deus : Ecce ego fissumam filios Israel de medio na- tionum ad quas abierunt; et conyregabo eos undique et adducam eos ad hu- mum suam. Et faciam eos in gentem unam in terra in montibus Israel, et rex unus erit omnibus imperans, et non erunt ultra duae gentes, nee dividentur amplnis in duo regna... Et servus meus David rex super eos, et pastor unus erit omnium eorwn. PROPllETiA EzECHiELls, XXXVII, 21, 22, 24.

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' rum ili '/• EC ' per

ervaretur. Kri>/itur ergo ad i<

"Inni ijuoil sit unuts, </ui fufi Ecclesiae prae- '. N6 si dica che a ci6 basterebbe il Concilio. Imperocche quanto valgano i Goncilii indipendentemente dal Papa, ben lo diinostra 1'esempio, per tacere di altri, del Conciliabolo di Ri- mini, e del cosl detto Latrocinio di Efeso. Oltreche i Concilii non si raccolgono cbe con gravissima difficolta; ed essi stnssi sono esposti a divergenza di opinion!; tra le quali, senza il Papa, non sarebbe possibile bene spesso discernere sicuramente la verita. In terzo luogo la Monarchia della Chiesa vien persuasa dall'idea di ottima forma di Governo. Conciossiache la Chiesa, come opera immediata di Dio, con vien che sia ottimamente ordinata nel suo essere di societa. Ora 1'ottima forma di Governo e quella, in cui la moltitudine vien retta dalla suprema autorita di un solo. II che apparisce dalla considerazione del fine sociale, che e la pace e 1'unione tra' cittadini ; a procurare la quale e certamente piu ac- concio il reggimento di un solo, che non quello di molti. Optimum regimen multitudinis est ut regatur per unum; quod patet ex fine regiminis, qui est pax. Pax enim et unitas siibditonun cst Jin is regentis. Vnitatis autem conyruentior causa est unux, quam multi. Manifestum est igitur regimen Ecclesiae sic esse <li- posit um, nt units toti Ecclesiae praesit*. Fonte di unione e 1'uno; e quanto piu perfetto e 1'uno, tanto e pill sicura e pid perfetta Tunione. Or Tuno per se, vale a dire la persona fisica, e senza dubbio pid perfetto, che 1'uno per accidente, qual e la persona morale, vale a dire 1' uoita che risulta dai molti, rac- colti in Assemblea o Senate. II che tanto piu ha forza, in quanto Cristo, come apparisce dal suo discorso dell' ultima cena, di nulla fu maggiormente sollecito, che della perfetta uoione tra'suoi fe- deli: Ut sint unum, sicut et nos unum sitmus*. Dunque era convenientissimo ch'egli desse loro quella forma di reggimento,

1 Ivi. » ivi. » IOAXXIS XV [I, 21.

154 DELLA COSTRUTTUIU DELLA CHIESA

che fra tutte fosse piii acconcia a produrre e mantenere siffatta unione. Cotesta forma e la Monarchia.

Finalmente la Chiesa militante e esemplata sulla Chiesa trion- fante. Onde san Giovanni nell'Apocalisse vide la nuova Geru- salemme qual citta discesa dal cielo. Ora alia Chiesa trionfante presiede un solo, ed e quello stesso che presiede all'intero uni- verso, ciod Iddio. Onde e detto: Essi saranno il suo popolo; e Dio stesso sara il loro Dio (Ap. XXI, 3). Dunque nella Chiesa militante un solo presiede a tutti. Ecclesia militans ex trium- phante Ecclesia per similitudinem derivatur. Unde et Joannes in Apocalypsi vidit Jerusalem descendentem de caelo et Moysi dictum est quodfaceret omnia secundnm exemplar ei in monte monstratum. In triumphanti autem Ecclesia unus praesidet, qui praesidet in toto universo, scilicet Deus. Dicitur enim: Ipsi populus eius erunt, et ipse Deus cum eis erit eorum Deus (Apoc. XXI, 3). Ergo et in Ecclesia militante unus est, qui praesidet universis l. II che 6 tanto piu ragionevole, quanto che la Chiesa militante non 6 una Chiesa diversa dalla trionfante ; ma amendue sono due stati diversi d'una stessa ed identica Chiesa. La Chiesa militante $ come 1' atrio della Chiesa trion- fante. Onde S. Paolo scrivendo ai fedeli, entrati nella prima, dice loro che si accostarono alia seconda: Accessistis ad civitatem Dei viventis, Jerusalem caelestem, et Ecclesiam primitivorum, qui conscripti sunt in caelis et ad multorum Angelorum fre- quentiam 2. Le due Chiese adunque non possono differire nella forma di reggimento Come Tuna, cosl anche Taltra convien che sia monarchica, cio6 reggimento di un solo. Nell' una regna Cristo personalmente; nell'altra regna pur Cristo, ma per mezzo d'un suo Vicario.

Ne varrebbe opporre che anche a rispetto della Chiesa di quag- giu, basti ii solo Cristo; il quale 6 capo e sposo della mede- sima. Imperocche, come ne' sacramenti Cristo e quegli che opera, giacch6 egli battezza, egli rimette i peccati, egli qual Sacerdote consacra ognidl il suo corpo sull'altare; e nondiineno, dovendo egli

1 Contra Gentiles lib. IV, cap. 76. * AD HEBRAEOS XII, 22, 23.

QUAJTTO Al.l.V I- '[-.MA HI UK

rarre la sua corporale presenza a' fedeli, elesse ministri per mezzo del quali sifTatte cose a loro si dispensassero; cosl per la stessa ragione del non essere egli corporal mente presente, con- venne che commettesse a qualcuno di far le sue veci nell'aver cura della sua Chiesa. Si quis autem dicat quod unum caput ft HHHS pastor est Christus, qui est units unius Ecclesiae sponsus, non sujftcienter respondet. Manifestum est enim quod omnia Ecclesiastica sacramenta ipse Christus perficit; ipse enim est qui baptizat, ipse est qui peccata remittit, ipse est verus Sacerdos qui se obtulit in ara crucis et cuius virtute corpus eius in altari quotidie consecratur; et tamen} quia cor- poraliter non cum omnibus fidelibus praesentia liter erat fu- turus, elegit ministros per quos praedicta fidelibus dispensaret. Eadem igitur ratione, quia praesentiam corporalem erat Ec- clesiae subtracturus, oportuit ut alicui committeret, qui loco sui universalis Ecclesiae gereret curam l.

Tutte queste ragioni son certamente assai valide. Nondimeno crediamo che esse non oltrepassino la congruenza; perche, assolu- tamente parlando, Cristo avrebbe potato fare diversamente, sup- plendo colla sua grazia il difetto della forma meno perfetta che avesse dato alia Chiesa.

III. Volontd espressa di Cristo.

La prova veramente apodittica, che tronca ogni dubbio sopra questa materia, d la yolonta di Cristo ; il quale, come unico fon- datore di questa societa della Chiesa, pot5 darle quella forma di reggimento che piu gli and6 a grado. Questa volonta di Cristo si pu6 raccogliere da due capi: dal santo Vangelo, dove sono registrati i fatti di Cristo, e dalla testimonianza della Chiesa, la quale certamente dee sapere qual forma sociale ricevotte dal suo istitutore. Ora Cristo parlando de' suoi fedeli, che designava spesso col nome di pecorelle, e dicendo che egli ne ayea da raccogliere anche da altri popoli distinti dal giudaico, dinunzid che di tutti

Ivi.

1 ."»('( DELLA COSTRUTTURA DELLA CHIESA

si sarebbe forraato un solo ovile, sotto la cura di un sol pastore. Et alias oves habeo quae non sunt ex hoc ovili, et illas oportet me adducere, et vocem meam audient. Ex fiet unurn ovile et units pastor l. Chi e cotesto Pastore? Gertamente e Cristo; il quale cosl appunto si chiam6 nel luogo citato: Ego sum Pastor bonus 2. Ma Cristo non era per restare sempre sulla terra, Di- partendosene doyea lasciare qualcuno che tenesse le sue veci. L' ovile di Cristo quaggiu & visibile. Un ovile visibile richiede un Pastore visibile. Un ovile senza Pastore sarebbe una contrad- dizione. Chi e dunque questo Pastore visibile che Cristo lascid in luogo suo? Quegli, senza dubbio, a cui egli, vicino ad ascen- dere in cielo, disse: Pasce agnos meos, pasce oves meas3; e questi fu Pietro.

Dove e da notare che Cristo indirizzando le predette parole a Pietro ebbe cura, per ovviare ad ogni equivoco, di distinguerlo chiaramente dagli altri Apostoli, con quella triplice intenroga- zione : Simon di Giovanni mi ami tu piu di costoro ? Simon loanntSj diligis me plus his?*' E per tre volte, alia triplicata risposta dell' umile Apostolo: Signore tu sai che io ti amo, gli commise di pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle. Ai solo Pietro adunque Cristo affido 1'intera Chiesa, cio& tutti quelli che appartenessero al suo ovile, acciocch& li pascesse ossia li gover- nasse in vece sua. Egli dunque istitul per la Chiesa il Governo di un solo, vale a dire la Monarchia.

Nel luogo test& citato Cristo confer! a S. Pietro quello che gia innanzi gli avea promesso, allorchS avendo Pietro fatta quella inagnifica confessione: Tu sei Cristo, figliuoi di Dio vivo; Cristo di riraando disse a lui: Beato sei tu, o Simone figliuolo di

1 lOANNIS X, 16.

* Ivi 14.

8 IOAXMS XXI, 16, 17.

* Cum ergo prandissent, dicit Simoni Petro lesus: Simon Joannis diligis me, plus his? Dicit ei: Etiam, Domine, tu scis quia amo te. Dicit ei: Pasce agnos meos. Dicit ei iterum : Simon loannis, diliyis me? Ait illi : etiam. Do- mine, tu scis quia amo te. Dicit ei: Pasce agnos meos. Dicit ei tertio : Simon loannis amas me? Contristatus est Petrus quia dixit ei tertio amas me? et dixit ei: Domine tu omnia nosti; tu scis quia amo te. Dixit ei: Pasce oves meas. IOANNIS XXI, 15, 16, 17.

MA 1)1 R EGG! Mi

t, poiche non 11 sangue e la came ti ha rivelato ci6, ma il iio che e ne'cieli. Ed io dico a te che tu sei pietra e sopra questa pietra io edificher6 la mia Chiesa, e le porte dell' Inferno non prevarranno contro di lei. Ed a te dar6 le chiavi del regno del n.-li, c tut to ci6 che legherai sulla terra, sari legato anche nel cielo e tutto ci6 che scioglierai sulla terra sara sciolto anche nel cielo1. Non si potea con termini piu espressivi dichiarare la pienezza della potesta, che Cristo prometteva a Pietro e promet- teva a lui solo. Tu, figliuoi di Giona, a te di cui ho tramutato il nome in quello di pietra: '>• Crfi/ias*.

Qui il santo Apostolo e costituito fondamento della Chiesa, Tal quanto dire colonna e sostegno della medesima; quale ap- punto e il padre nella famiglia, il principe nel civile consor/io. A lui son promesse le chiavi del regno de'cieli, vale a dire della Gbiesa, da Cristo spessissimo designata con questo nome. Le chiavi, come ognun sa, sono simbolo di sovranita, e di dominio. Per la presentazione delle chiavi si esprime la dedizione d' una citta al conquistatore che ne assume 1'impero. E quando Cristo in visione a Giovanni voile significare 1'assoluta sua potesta sulla morte e sull' inferno, con quale altra figura la espresso se non con quella delle chiavi? Ego sum primus et novissimus... et habeo dams mortis et inferni 3. Di piu a Pietro Cristo attri- buisce la facoltk di legare e di sciogliere ogni cosa, quodcum- que; vale a dire attribuisce il potere di obbligare con leggi, e di giudicare qualunque causa ; il che iinporta il potere legisla- tive, giudiziario e coattivo. Ora non e questo il vero concetto di Monarca e Principe supremo?

E questa infatti fu ed e la costante tradizione della Chiesa,

1 Respondens Simon Pctrtts dixit: Tu es Christus, Fihus Dei riri. Re- spoil ''t'.rit ei: Status es, Simon Bar-Jona, quia caro et son- guis non revclavit tibi, sed Pater meus qui in caelis est. Et ego dico tihi quia ti* es Petrus et super fane petram aedificabo Kcclesiam menm, et portae Inferi non praecale'mnt ndvcrsus earn. Et tibi da)>o cloves rcgni caelorum ; et quod- /ue ligaveris super terram erit ligatum et in caelis, et quodcumquc solverU tuper trrrnm erit solutum et in cadis. MATTHAEI XVI, IG-l'.i.

* lOANNIS I, 42.

: Am I, l", 18.

158 DELLA COSTRUTTURA DELLA CHIESA

come ampiamente dimostrano i teologi, coll'esame della dottrina de'Padri e de'Concilii, e de'Dottori cattolici. A noi bastera ripor- tare alcune soltanto di tali testimonianze. S. Cipriano dice: Xe- que aliunde haereses obortae sunt, aut nata schismata, quant inde quod Sacerdoti Dei non obtemperatur, nee unus in Ecclesia ad tempus Sacerdos et ad tempus ludex vice Christi cogitatur '. S. Girolamo dice : Inter duodecim unus eligitur, ut, capite con- stitute, schismatis tolleretur occasio 2. E S. Leone il grande : De toto mundo unus Petrus eligitur, qui universarum gentium vocationi et omnibus Apostolis, cunctaeque Ecclesiae Patribus praeponatur : ut quamvis in populo Dei multi sacerdotes sint multique Pastores, omnes tamen proprie regat Pe- trus, quos principaliter regit et Christus 3. Quanto poi ai Concilii, ci contenteremo del solo Concilio fiorentino, in cui nel decreto d' unione, consenzienti i Greci coi Latini, fu scritto : De- finimus S. Apostolicam Sedem et Eomanum Pontificem in universum orbem habere primatum, et Pontijicem Romanum successorem esse B. Petri, principis Apostolorum et verum Christi Vicarium, totiusque Ecclesiae Caput, et omnium Christianorum patrem et doctorem exsistere, et ipsi in B. Pe- tro pascendij regendi et gubernandi universam Ecclesiam a Domino lesu Christo plenam potestatem datam esse; quern- admodum etiam in gestis (Ecumenicorum Conciliorum et in sacris canonibus continetur 4. De' Dottori non occorre parlare ; tanto la cosa 6 manifesta nel pubblico insegnamento della Chiesa.

1 Epist. 55.

a Lib. I, Contra lovinianum.

3 Sermone III, De Assumptione sua.

* II Dollingei1, per dimostrare cbe col quemadmodum il Concilio non intese di confcrmarc ma di modificare cio che avea detto nel membro precedente, mise fuori la fiaba che nel decreto del Concilio non fosse scritto quemadmodum etiam, bensi quemadmodum, et. Ma giustamente venne sbngiardato con apposite riscontramento de'testi originali, contrassegnati dalla firma autografa dell'imperatoro grcco Giovanni Paleologo, e del Papa Eugenic IV ; nei quali testi originali si trova sempre scritto : quemadmodum etiam. Vedi LIBERATORE, Spicilegio, vol. I, pane teologica, capo 3. Del Concilio Vaticano, a. 3.

•TO ALLA :• r>'»

IV.

6'e la Monarchia della Chiesa possa dirsi temperata di . stocrazia o anche di Democrazia.

Bench& tutti gli scrittori cattolici convengano in ammettere come Monarchica la forma di Governo della Chiesa; nondimeno differiscono qnanto a dirla Mouarchia semplice, owero fvtnpe- rata da quulcnna delle altre forme. In materie di tanta impor- tanza 6 necessario procurar 1'esattezza, non solo quanto alia cosa, ina eziandio quanto ai lingnaggio; perche, come nota S. Giro- lamo, Spesso ex verbis inordinate prolatis incurritur tiacr

Mettiamo da banda i cosi detti Gallicani; i quali talinente dicevano temperata di Aristocrazia la Monarchia della Chiesa, che al trar de' conti la distruggevano. Imperocchd stabilendo essi che il Concilio sia superiore al Papa, e le decisioni Fapali non altriuienti irreforinabili che dopo 1' assentimento della Chiesa, ossia dell' Episcopate; venivano in sostanza a riporre in esso Epi- scopate e non nel Papa 1'autorita suprema. Ci6 sarejjbe Aristo- crazia, non Monarchia. Ma la costoro sentenza, dopo le solenni defmizioni del Concilio Vaticano, il quale ha condannate entrambe le predette proposizioni, non pu6 pifi sostenersi, senza eresia '.

1 A recto teritatis tramite aberrant qui affirmant licere ab iudiciis Ro- manorum Pontificum ad oecumenicum Concilium, tamquam ad auctoritatcm Romano Pontificc superior em, appellare. Si qiiis itaque dixerit Roman nm Pon- tificcm habcre tantummodo officium inspectionis vel directionis non autcm plcnam et supremam potestatem iurisdictionis in universam Ecclcsiam, non sohtm in rebus quae ad fidem et mores, sed etiam in its quae ad disciph'nam et regimen Ecclesiae, per totum orbem diffusae, pertinent, out cwn habere tantum potiores paries non vero totam plenitudinem huius supremae potestatis, out hanc eius potestatem non esse ordinariam et immediatam sice, in omnes et singulas Ecdesias sive in omnes et singulos Pastores et fideles; ana (/if ma sit. Constitulio dogmatica DC Romano Pontificc, c. III.

Docemus et divinitus rcvcJatum dogma esse definimns: Romanum Ponti- ficem cum ex catfadra loquitur, idest cum omnium Christianorum Pastoris et Doctoris munere fungens, pro suprema sua Apostolica auctoritate doctrinam de Fide vel moribus ab uni versa Ecclcsia tenendam deflnit, per assisttntiam divinam, Ipri in beato Petro promissam, ea infallibilitate poUere, qua < mu Redemptor EccJesiam suam in definienda doctrina de fide vel moribus

100 DELLA COSTRUTTURA DELLA CHIESA

Omesso dunque cotesto errore, ci fnrono de'pii e dottissimi 8crittx>ri cattolici, i quali opinarono doversi la Monarchia della Chiesa dir temperata di Aristocrazia, in quanto i Vescovi per di- vina instituzione partecipano al Governo di essa Chiesa. Tra que- sti il Zallinger si esprimecosl: Si stride velimus loqui, non potest formam Status Ecclesiatici esse mere monarchi- cam. Cum enim potestas rectoria Episcoponim ex divina in- stitutione promanet, Papa non est unicum subiectum < potestatis, quemadmodum in Monarchia veri nominis contin- git !. Ma e facile vedere che questo raodo di parlare dell'eminente Giurista precede dal confondere che egli qui fa 1' autorita reg- gitrice, generalraente presa, coll' autorita reggitrice suprema e piena. E vero che 1'autorita reggitrice della Chiesa risiede anche ne' Vescovi, ma 1'autorita reggitrice suprema e piena risiede nel solo Papa. Ci6 basta alia semplice Monarchia; giacche la forma di Governo si determina dal subbietto, non di qualunque autorita, ma dell' autorita suprema. La cagione di una tale confusione si e" perche la Monarchia della Chiesa, come notammo piu sopra, & di nature al tutto speciale, e non conviene univocamente ma solo analog icamente colle Monarchic politiche, in cui non pos- sono darsi veri Principi subalterni, senza che per ci6 stesso venga a limitarsi la potesta del Sovrano, e quindi a variarsi il subbietto della potesta suprema e piena. Ma nella Chiesa non e cosl. In essa, sebbene i Yescovi non sieno meri ministri del Papa ma veri Principi spirituali delle loro Diocesi, le quali essi amministrano come cosa propria; nondimeno sono ai Papa interamente soggetti, e non limitano in nessun modo il suo pieno potere, neppure raccolti in Concilio generate. Ivi ancor essi, senz' alcun dubbio, in qualita di legislator! e di giudici eser- citano insieme col Papa la suprema autorita, a rispetto dell'in- tera Chiesa. Ma primieramente la esercitano per chiamata del

instructam esse voluit; ideoque eiusmodi Romani Pontificis dcfinit tones ex sese non autem ex consensit Ecclesiae irreformabiles esse. Si quis autem hide No- stra definitioni contradicere, quod Deus avertat, praesumpserit ; anathema tit. Ivi, cap. IV.

1 lus Ecdesiasticum pubUcum, lib. V, cap. 5, § 362.

FORMA DI RECGIU; I ''I

iixa la cui intiiua/.ione e convocazione nessun Concilio d tiiuo. In secoDdo luogo, la esercitano con plena dipendenza dal Papa; senza la cui approvazione nessuna loro decisione e valevolo; montrech^ per contrario il Papa pu6 sciogliere la loro adunanza, e tenninare senza il loro concorso la causa. l\tnt di- ctum est sine aliis (osserva accuratamente Alvaro Pelagio, a pro- posito del ij umlr nut/tie ligaveris etc. e del qtuucutujitf alliga- veritis etc.), et non aliis sine Petro; ut intelligatur sic ei esse attributa potestas huiusmodif tit alii sine ipso non possint, e ah' in possit ex privilegio aibi collato, et concessa sibi plenittidine potestatis, per qitam potest ligare ceteros, sed li- gari non potest. a ceteris l. II Papa dunque e vero Monarca, senz'alcun temperamento da parte de'Vescovi. Molto meno un tal temperamento potrebbe immaginarsi da parte del popolo; il quale non ha nessima autorita nella Chiesa, ma solo costituisce la moltitudine da reggersi e governarsi.

II Bellarmino, dopo aver dimostrato che la semplice monar- chia e la pid perfetta tra le forme di reggimento ; dice che non- diineno, attesa 1'iufermita uinana, riesce pid utile la forma inista di tutte e tre le semplki, in quanto oltre la supreina autorita del Principe, ci sia il concorso degli Ottimati al Governo, e una qualche lieve parted pazione del popolo, di cui ciascun membro possa yenire assunto al potere. Egli crede trovarne un'immagine eziandio nella Chiesa, in cui ci ha la Monarchia delSomino Ponte- fice, TAristocrazia de'Yescovi, e una certa Democrazia, riposta in ci6 che ciascun fedele pu6 (dove se ne renda degno) ascendere a qualsivoglia grado della Gerarchia, non escluso il supremo 2.

Ma sebbene queste tre cose sieno veramente nella Chiesa, cioa

1 De planctu Ecdesiae, lib. I, cap. 55.

* De Eccltsia testamenii novi idem postea probandum erit, esse in ea vi- delicet ffumini Pontificis monarchiam, atque Episcoporum (qui vere principe* et pastores non vicarii Pontificis maximi sunt) aristocratiam, ac demuin ,-MUW quemdftm in ea locum habere democratiam, cum nemo sit ex omni Christiana multitudine qui ad Episcopatum vocari non possit, si tamen dignus eo munere ConlroTcrsiarum tomus primus, De romano Pontifae, lib. 1, c. III. E nel capo V dire esscr dottrina comune tra'cattolici: ut regimen Eccksiae hominibm conunissum sit illud quidem monarchicum, sed temperatum ex aristocratia et democratic, nd modo predelto.

Serie XII. r«l. VI, fate. 812 11 9 aprile 1884

lfi'2 DELLA COSTRUTTURA DELLA CHIESA QUANTO ALLA FORMA DI REGGIMENTO

la Monarchia del Romano Pontefice, Capo supremo ; 1' Aristocrazia de'Vescovi, che sotto il suo indirizzo reggono le proprie Diocesi da principi propriamente detti; e la Democrazia de'fedeli, nel senso che niuno di loro & escluso dall' entrare nel clero e poter diventare Vescovo ed anche Papa; nondimeno esse in rigor di vocabolo non costituiscono una forma mista di reggimento. La seinplicita o composizione di forma governativa si determina, come dicemmo, dalla qualita del subbietto in cui risiede la po- testa supreina ; e questa nella Chiesa risiede integralinente in un solo, cio& nel Papa. L'essere i Vescovi veri Principi nelle loro Diocesi non restringe, come vedemmo, la piena potesta del Papa a rispetto della Chiesa, vuoi che questa si prenda nella sua totalita vuoi che in ciascuna sua parte. II poter poi ogni fedele, quando ne abbia il inerito, venire assunto a qualsiasi dignita ecclesiastica, non e partecipazione di principato ma sol- tanto una rimota attitudine ad acquistarlo.

Conchiudendo adunque, diciamo che, in proprieta di linguaggio, il reggimento della Chiesa deve dirsi semplice Monarchia, la quale in essa Chiesa per la istituzione divina de1 Vescovi e esente dal vizio di non provvedere abbastanza alia cura dei diversi po- poli, e per T assistenza che Cristo presta dei continue al suo Yi- cario e esente dal pericolo di degenerare in tirannide. La divina carita, richiesta qual guarentigia, diligis me plus his, e che Cristo certamente concede al suo Vicario, fa si che non solo in diritto, ma eziandio nel fatto, tutto 1'operare del Pontefice, in quanto tale, sia volto, come a fine, al bene de'fedeli. Omnia vestra sunt, sive Paulus, sive Apollo f sive Cephas !. II discorde opinare di molti teologi nella presente quistione procede dal loro diverso modo di concepire la semplicita della Monarchia; in quanto considerano 1'esercizio governativo, non 1'inerenza del- 1'autorita suprema e piena. Ond'esso per lo piu si riduce a dis- crepanza piuttosto di vocaboli che di cosa.

1 1* AD COR. Ill, 22.

IL M'OYO UUMMO DI KABO.M1)

Le grandi scoperte che verso il mezzo del corrente secolo cominciarono a farsi nella valle Mesopotamica, di monument! assiri e babilonesi, non son gia venute meno col procedere degli anni ; anzi da un lustro in qua ban preso vie maggiore slancio, e van tuttodl producendo alia luce nuovi tesori. Ai primi esplo- ratori di Ninive e di Babilonia, il Botta, il Layard, 1'Oppert,

10 Smith, altri sono sottentrati non meno alacri e fortunati: tra i quali primeggiano oggi il Sarzec e 1'Hormuzd Rassam.

11 signor de Sarzec, console francese a Bassora, si e reso celebre per le insigni scoperte, fatte nella bassa Caldea, a Tello, fra le rovine dell'antica Sirtella o Zerglnd: grandiose statue, pietre incise, cilindri d'argilla, bronzi e altri cimelii in gran copia; ogni cosa coperta di iscrizioni cuneiformi in lingua accadica, nelle quali campeggia singolarmente il nome del re Gudea: tutti avanzi maravigliosi d'un'arte e d'una civilta antichissima, perocche risale almeno fin verso il 2000 av. C.; ed oggidl or- namento del Museo del Louvre. E 1'Hormuzd Rassam, Caldeo di nascita, ed originario di Mossul, cogli scavi intrapresi nel- 1'Assiria, a Koyundiik (Ninive), a Nhnnid (Calach), a Balau-at circa 15 miglia ad oriente di Ninive, e nella Caldea, a Babi- lonia, ad Abu Ualla (1'antica Sippara) ed altrove, ha arric- chito e prosiegue tuttavia ad arricchire il Museo Britannico, al cui servizio si 6 posto, di documenti cuneiformi a migliaia; tra i quali ve n'ha parecchi di grande iinportanza, che allo studio degli assiriologi, applicativisi a decifrarli, vapno aprendo ogni dl nuovi e piu vasti orizzonti e promettono feconda messe di

!')» IL MTOVO CILINDRO DI NABONID

peregrine notizie intorno alia storia e civilta delle antiche genti Mesopotamiche, dalle quali, come si vien confermando ogni dl meglio, la civilta priraitiva irraggi& al rimanente dell'Asia, ed all' Europa.

Noi qui non intendiam gia di descrivere partitamente e rile- vare il pregio di tutti questi novelli docuraenti, ci6 che forse faremo altra volta a miglior agio; ma fra tutti vogliam per ora trasceglierne un solo, il quale intiinamente s'attiene al tema dell' ultimo Ke Babilonese : ed e un Nuovo Cilindro di Nabonid, degnissimo per la sua importanza di appaiarsi cogli altri mo- numenti capitali fCilindro di Mugheir, Gran Cilindro di Nabonid, Tavoletta dcgli Annali di Nabonid) che di questo Ee siam venuti nei precedenti articoli esponendo. Di esso dun-- que darem qui ragguaglio, vaiendoci della relazione che alia Societa d'Archeologia biblica in Londra ne fece, nella tornata del 7 novembre 1882, 1'illustre assiriologo inglese Teofilo Pin- ches, che fu il priino a scoprire e interpretare ii nuovo docu- mento l.

Una gran dovizia di nuove e important! iscrizioni, dice ii Pinches, furono recentemente (nel 1882) recate in luce dagli scavi del sig. Hormuzd Kassam nel luogo di Sippara, la bi- blica Sepharvaim. Per la maggior parte sono Tavolette, relative alle rendite del Tempio (principale di Sippara), e portanti la data dei regni di Samas-sum-ukin 2, di Kandalanu 3, di Na- bopolassar, di Nabucodonosor, di Evilmerodach, di Neriglissor, di Labasi-Marduk 4, di Nabonid, di Giro, Cambise, Bardes, Dado

1 Vedi i Proceedings of the Society of biblical ArcJiaeology, del 7 no- vombre 1882, pag. 6-12. II PINCHES non da, in quosta prima sua relazione, il testo e la versione intiera del documenlo; ma ne fa solo un'ampia analisi, e ne rocita alcuni tratti piii imporlanti. II teslo cuneiforme intiero, colla sua trascrizione in cjiraltcri nostrali e traduzione, non tarclera, speriamo, a venir in luce in un dei prossimi volumi dellc Transactions della medesima Society of biblical Archaeology, e nella gran Raccolta delle Western Asia Inscriptions.

* Al. Samul-sum-ukin (Lenormanl); che e il Sammughes dei frammenti di Be- roso, il -ocoCT^ouxtvoig del Canone di Tolomeo.

3 11 KivtXa'S'avo? del Canone di Tolomeo.

* II Labor osarchodus di Beroso.

II, R

o. II pregio di queste Tavolette sta sopratutto nelle

date, e nelle tavole genealogiche che se no posson trarre,

illustrare la cronologia di quello eta. Ma le vero gemmo

t intk-ra colhv.ione sono alcuni Cilindri, ove si descrivono

(come e consueto di tai monumenti) i terapli e altri edificii

u (in Sippara) dai diversi Ee, e si contengono altresl le

lodi degli Iddii, con allusioni ad altre citta e templi della

CaUea. Or fra questi Cilindri, uno ve n' ha che porta il noine

di Ndbonid, ed e sovra tutti ineritevol d' attenzione, per le

notizie storiche di gran rilievo che contiene. I documenti del

regno di Nabonid sono sempre stati, come e noto, in alto pregio

presso i dotti, non solo a cagion delle contezze che recano dei

tempi coevi, ma altresl per le pellegrine informazioni che danno

sopra le eta piu vetuste della storia caldea e i Re primitivi

della Babilonia: e tale e appunto il doppio merito, per cui

questo nuovo documento si raccomanda in modo speciale alia

considerazione degli eruditi.

II nuovo Cilindro, prosiegue il Pinches, si trova conservato in ottimo essere, senza il men OHIO guasto, malgrado i piu di 2400 anni che porta indosso; e contiene, in tre colonne, 1 -VJ linee di scdttura, netta e limpida, come fosse di ieri. L'iscri- zione comincia, secondo 1'usato stile dei Ee Assiri e Babilonesi, col nome e coi titoli di Nabonid ; il quale ivi pure, come in altre sue iscrizioni, si chiama figlio di Nabu-balat-su-ikbi (o Nabu- balat-irib), il rubu etnkti, ossia « possente principe. > Nabonid entra quindi a parlare del tempio E-hulhul, casa del Dio Limo (Sin)) situata nella cittd di Harranu; dove questo Dio da tempi remoti avea tenuta la sede, ed avea posta, alia casa e alia citta, grande affezione. Ma i Salmanda eran poi sopravvenuti ed aveano distrutto il tempio, riducendolo a un mucchio di rovine. Ora, nel regno ginsto di Kabunid, Bel, il gran Signore, amatore del governo di questo Ee, voile che ei rifacesse la citta e il tempio. Percio, Mardnk e Sin, il Dio Luno, rivekrono in sogno a Xabonid il desiderio di Bel intorno alia ristaurazion del tem- pio. E il Ee, in risposta, si profferse volonteroso afl' opera, la- tando la distruzione cagionata dai Sabmanda. Ma qui, dice il

166 !L NUOVO CIL1NDRO DI XABOMD

Piuches, i'importauza storica di tutto il tratto, relative al sogno, richiede ch'ei sia dato nel testo originale, che suona cosl !.

Nel principio del mio lungo regno, Marduk, il gran Si- gnore, e Sin, il quale illumina il cielo e la terra, efortijlca ogni cosa, mi apparvero in sogno. Marduk mi disse: « Xu- bonid, Re di Babilonia, levati su coi eavalli del tuo carro, fabbrica le mura di E-hullml (Tempio della gioia), e colloca ivi il trono di Sin, il gran Signore. > Con riverenza io dissi al Signore degli Dei, Marduk; < Io fabbricherd cotesto tempio di cui tu parli. I Sabmanda Io distrussero, e robusta era la lorpossanza. > Marduk mi disse: < I Sabmanda, dei quali tit parli, essij il loro paese ed i Be che camminano al loro Jianco, non esisteranno piu. > Nel terzo anno, egli fece che Giro, Re di Anzan, suo giovine servo, marciasse col suo piccol esercito; egli (Giro) rovescid i largo-estesi Sabmanda, prese prigioniero Istuvegu (Astiage), Ee dei Sabmanda, e ne portd via i tesori alia propria terra.

Nabonid allora, poichc furono abbattuti da Giro i Sabmanda, esegui il comando degli Dei, e s'incadc6 egli medesimo del- 1' opera. Fece venire il suo vasto esercito da Hazzati (Graza) sidle frontiers del Mitsir (Egitto), dal Mare superiore at- traverso I' Eufrate fino al Mare inferiore, affin di ristorare il tempio E-hulhul, che egli chiama la casa di Sin, mio Si- gnore, che cammina al mio fianco, la quale & situaia in Harran. Questo tempio, prosiegue il He narrando, era stato restaurato da Assur-ban'-apli (Assurbanipal) figlio di Esarhad- don, Re d'Assiria, principe mio predecessore. Nabonid procedS alacremente innanzi nell' opera, e ritrov6 i cilindri di Assur- ban'-apli, Re d'Assiria, e quei di Sulman-ristan (Salmana- sar III), figlio di Assur-nasir-apli (Assurnasirhabal). Ma i re- stauri di Nabonid, stando al suo racconto, superarono di lunga mano quelli di qualsiasi dei Re, suoi padri, i quali aveano rifatto il tempio. I inattoni delle mura furon vestiti d'una specie

di smalto (quale si e trovato di fatto a Babilonia), ond'eran

1 Cf. la versione data dal SAYCE, nel Muse'on, 1883 num. 4. pag. 598, che di poco divaria dalla prima del PINCHES.

Miarmo bianco; e immagini del Dio Lnhnw furon

>cate a dritta e a sinistra delle porte. L'immagine del Dio

fu portata, con quella d'un'altra Deita, da Su-anna (Ba-

bilonia), e posta con giubilo ed acclanmzioni nel suo nuovo

santnario ad llarran. Segue qui una lunga descrizione del fe-

steggiamenti, fattisi nella citta ; in fin della quale Nabonid at-

testa, che egli non disturbo 1' iscrizione di Assur-ban'-apli da

sd veduta, ma accanto ad essa pose la propria.

II lie babilonese passa quindi a parlare del celebre tempio del Sole, chiamato E-bara, a Sippara. Questo tempio, ei dice, era stato gia restaurato da Nabucodonosor, il quale cerc5 gli antichi cilindri, ma non li rinvenne. Nabonid, 45 anni appresso, scav6 (a tal fine) le rnura e le fond amenta, ma ebbe anch'egli disdetta. In conseguenza di ci6, egli riraosse dall'^-fara, Tim- magine del Dio Sole, e la ripose a tempo in altro santuario. Indi intraprese a fare di proposito piu ampie ricerche, scavando fino alia profondita di 18 cubiti (circa 9 metri); ed allora, die' egli, 77 cilindro di Naram-Sin, figlio di Sargon, che per lo spazio di tre mila duecent'anni niun Re, mio predecessore, avea teduto, Samas (il Sole), il gran Signore di E-bara, la casa, la sede del giubilo del suo cuore, lo riveld a me. Na- bonid descrive quindi ci6 che egli fece in ristorazione del tempio, e come ivi riporto, con giubilo e festa, rimraagine del Dio Sole. Poi soggiunge : lo vidi la scrittura del nome di Naram-Sin, fylio di Sargon, e non la alterai. lo nettai Valtare, sacri- Jicai una vittima. lo posi a lato di essa (scrittura) il nrio nome scritto, e la rimisi al suo posto. Yiene quindi una pre- ghiera a Samas, in cui Nabonid lo supplica di riguardar pro- pizio T opera sua, di apportare la prosperita, in cielo ed in terra, al nascere e tramontare d'ogni giorno, e di far si che lo scettro e il sibirru (specie d'armeda lancio) della giustizia, postogli in mano dallo stesso Saunas^ governi le generazioni in perpetuo.

L' Iscrizione procede quindi a descrivere la ristorazione del tempio di Ann nit urn, la signora della battaglia, portatrice dell'arco e della mazza, esecutrice dei comandi di Bel, suo padre, ecc. ecc., colei che cammina innanzi agli Dei, e col

1G8 IL NUOVO CILINDRO DI NABONID

nascere e tramontar del sole rallegra i dominii di Nabouid *. Questo tempio era chiamato E-ulbar, e sorgeva nella citta, ap- pellata la Sippara di Anunitum. Prima cura di Nabonid, se- condo il suo costume, fu di ricercar le memorie degli antichi Re, che aveano ristorato il tempio; e riuscl fortunatameute a dissotterrare e leggere il ricordo di Sagasalti-Burias, ovvero come legge un altro esemplare del Cilindro, Sayyasti-Burias, figlio di Kudur-ri-BeL Dal tempo di questo Re in qua, ninn altro monarca avea restaurato il tempio; laonde Nabonid mise gagliardamente mano all'opera, rifacendolo piu splendido che non fosse stato mai. Infine, invocando Anunit, egli prega la Dea di riguardare, nell'entrare nel tempio, con occhio propizio V opera di lui, e di implorargli, ogni mese, col nascere e col tramontar del sole, prospera fortuna dal Dio Luno (Sw)} il padre che 1'avea generata.

Nabonid conchiude la sua lunga Iscrizione colle consuete for- mole di ammonimento e intimazione a qualunque dei Re venturi sara chiamato da Samas alia sovranita del popolo: ristori le rovine dei tempio, ricerchi il Cilindro memoriale, portante il nome di Nabonid, e non lo alteri; rinetti Taltare, sacrifichi una vittima; scriva il proprio nome allato a quello di Nabonid, e rimetta questo al suo posto. Se fara cosl, Samas ed Anunit ascolteranno la sua preghiera, esaudiranno le sue domande, cam- mineranno al suo fianco, distruggeranno i suoi neinici, e ciascun giorno pregheranno Sin, loro padre, per la sua prosperita.

Tal e in succinto la contenenza di questa preziosa Iscrizione. Resta ora che ne mettiamo in rilievo alcuni dei capi piu im- portant!, esaminando piu dappresso i dati storici che ella ci somministra.

II primo tratto da notarsi e quello, che ci presenta la prima parte appunto dell' Iscrizione, dove Nabonid parla di Astiaye, disfatto da Ciro. L' Iscrizione dice che Ciro, Ee di Anzan, marcib col suo piccol esercito, rovescio i largo-eslesi

1 Anunit, nota qui il PINCHES, e la Stella Vcncre, che splende al nascere e ai tramonto del sole; e per ci6 le due Sippare (Sepharvaim) eran dedicate, 1' una a Samas, Talira ad Anunit.

IL MJOVO CILINDKO DI NABOMI)

, ])>'• Re dei Snlnmnda, e ne

'm i tesori alia propri . Questo passo concorda

egregiamente con quel che leggesi nella Tacoletta deg li An- na H di Nabonid (Diritto, colonna II* lin. 1-4), ed e, secondo la piu accurata versione, datane ora dal Pinches J, del tenore seguente : (Astiage} radund (il suo esercito}, e marciu contro Ciro, Re di Ansan, per catturar (lo}, e... Vesercito di Astiage contro lui rivoltossi e lo fece prigioniero e diede (lo) a Ciro. Ciro (ando) alia citt& di Ecbatana, citta regia di lui (Astiage). Egli portd via da Ecbatana argento, oro, mobili, tesori, e trnsportb alia terra di Ansan i mobili (e) tesori cite avea preso. I due testi, com'e" chiaro, dicon la stessa cosa: n& intendiamo, perche il Pinches trovi tra loro una gran differenza a in questo, che il primo narra seraplicemente che Astiage fu preso prigio- niero da Giro ; ed il secondo, che Astiage fu fatto prigione dal proprio esercito, a lui ribellatosi, e indi consegnato a Giro: mentre con ci6 il secondo non fa che aggiungere al fatto una circostanza, rilevante senza dubbio, ma che non cangia la so- stanza del fatto inedesimo. Amendue poi insiemo i testi cunei- formi s' accordano assai bene col racconto di Erodoto 3, da noi altrove gi£ rapportato 4, e lo confermano pressoche in ogni sua parte. Una sola discordanza tra i due testi cuneifonni, a prima vista, sembra trovarsi nella data di quel celebre avvenimeuto : perocch^ il nuovo Cilindro di Nabonid pone la vittoria di Giro contro Astiage nell'anno terzo, laddove, secondo la Tavoletta degli Annali dovrebbe collocarsi nelV anno sesto di Nabonid. Ma, come riflette giustamente il Pinches, Nabonid nel Cilindro probabilinente non parla dell' anno terzo del proprio regno, ma del terz' anno, dacch6 egli avea avuto il sogno che ivi narra ; il

1 .Nfi Proceedings sopra citali di-1 7 novcmbre 1885, pag. 10-11. La prima

tersiono, data dal nirdi's'mo I'INCIIKS ndlo Transactions of the Society of bihlical

Anlvieology, vol. VII (a. 1SXO), pap. 1 :>.">• I.")!'., f da noi srjruita in altri arlicoli

'. Serin XII, vol. Ill, pag. 285; e tol. IV, pag. 292), non differisce quanto

alia so<tnnza, dalla preseole.

* Tlic two accounts differ to a great extent etc. 1 ERODOTO. I, I-J7-128.

* Vedi Civ. Catt. Strio XII, vol. IV, pag. -292.

170 IL xcovo CILIXDRO DI NADOMD

quale anno pot& ottimamente coincidere coiranno sesto del regno, che fu il 550 av. G.

Quanto ai Sabmanda o Tsabmanda del nostro Cilindro, e manifesto dal tenore medesimo dell' iscrizione, non esser eglino che i Medij sudditi di Astiage. II nome Sab-Manda significa uomini di Manda: e Manda ha tutto il sembiante d'uu sino- nimo del noto Madai (==. Media) delle iscrizioni assire. Secondo il Sayce !, Sabmanda esprimerebbe in genere genii burl dalla voce babilonese manda barbaro; e non d meraviglia che il re babilonese chiamasse barbari i popoli, soggetti all' inipero di Astiage. II Delattre 2 poi, osservando che cotesta appellazione di uomini di Manda, data da Nabonid ai sudditi di Astiage, trovasi da Asarhaddon 3 applicata ai Gimirrai, cio& ai Ciminerii, abitanti presso il Mar Nero, ed affini ai Medi, coi quali con- corsero ad abbattere 1' impero di Ninive ; giudica non impro- babile che ella fosse una quali ficazione etnografica, la quale designasse in pan tempo e i popoli ariani, vicini del Caucaso, come i Cimmerii, ed i popoli deli' Iran, tra i quali primeggia- vano allora i Medi.

Giro, vincitore di Astiage, nel nuovo Cilindro di Nabonid, come nella Tavoletta degli Annali, e chiamato Re di Anzan, o Ansan, ed ii medesimo titolo egli a s6 stesso nel Cilindro (lin. 12) che da lui prende nome; ne a se soltanto, ma lo da del pari a Cambise suo padre, a Giro suo avo ed a Teispes suo bisavolo (lin. 21): tutti intitolati Ee della citta di Ansan. Da questa denominazione l'Hal6vy e il Sayce, facendo Ansan iden- tica con Susan o Susa, han preteso inferire, che Giro e i suoi tre predecessori non fossero Re di Persia, ma della Susiana ; che dalla Susiana, come priina base della sua possanza, Giro movesse alia conquista del mondo, e che quindi tutta la storia fin qui uccettata dal mondo letterario intorno a Giro e al suo impero, siccome origiuariamente Persiano, sia da correggere e rovesciare, sostituendo al nome di Persiano quei di Susiano. La nuova e

1 NcllMcarfmy, del 22 dicombre 1883 e nol Museon, 1883, num. 4, pag. 598. * Le Peuple et I' Empire dcs Medes, Bru.xelles, 1883, pag. 196. 8 Prisma A di Asarhaddon, colonna II, lio. 6-9.

li. ROOf > ai.iM r.O DI NAD 171

strana opiniono, sostenuta da'suoi due campioni1 con queH'acnme d' ingegno e vastita di dottrina che ognuno in loro riconosce, Iev6, com" era da aspettare, gran rinnoro nel campo degli orientalist! ; onde s'accese una viva controversia, che anche oggidl non e del tutto sopita. Xoi non entrerem panto in questa lite, che ab- biaino qui voluto accennare sol di passata, ma ci basterk notare che gli argomenti, addotti contro la tesi dell' Hal ''-vy, dal Ba- belon3, dal P. Delattres, e specialmente dal De Harlez4, ci sembrano al tutto trionfanti : sicche quella tesi vuole oinai ri- porsi fra le stravaganze e i paradossi, e ivi lasciarsi in pace. Tal e pure Tavviso del dotto prof. Keiper, illustratore anche esso delle nuove Iscrizioni di Giro 6, e ben versato in cotali ma- terie. < lo tenni dietro, egli scrive 6, col piu vivo interesse alia controversia, a lungo dibattutasi nel MusJon, sopra Giro e Tori- gine degli Achemenidi. Or questa dispute, condottasi da ambe le parti con erudizione pari alia profondita, sembra aver preso fine col riassunto cosl preciso e concludente che ne ha fatto il prof, de Harlez (Musfon, 18S3, n. 2). lo appro vo intieramente i concetti da lui espressi. Dopo aver pesato e ripesato gli argo- menti quinci e quindi arrecati in contraddittorio, sono giunto a convincermi fermamente che 1'ipotesi cotanto ardita dei dotti as- siriologi (Hale*ry e Sayce) 6 stata definitivamente confutata dalle

1 Vedi gli articoli dell'H.vLKVY, nclla Revue des e'tudes juives, juillet-sopu-m- bre 1880; negli Annales de philosophie chrttienne, mars, 1881; c nel Musc'on del 1883, num. 2 e 4. E quclli del SAYCE, nel Mttston del 1883, num. 4; ed in varii numcri MV Academy.

.\c},'li Annalcs de philosophic dtrttienne del gennaio c dell'aprile 1881.

1 Ncl Museon del 1883, num. 1, 3 e 4; e nell'opera Le Peuple et T Empire des Medce, dove 1'Aulore, dopo falto con rigorosa logito V Examen critique des idea de M. Halevy sur la nationnlitt smienne de Cyrus, conchiudc: La the*e paradoxnle de la nationahte msicnne de Cyrus repose done sur de» arguments sans valeur, et les sources qui font de Cyrus un Perse et un roi de Perse, conservent toute leur autorite".

In tre arlicoli magislrali del su« Muston; 1882, num. 2, pag. 280-288; 1882, num. i, pag. 548-570; 1883, num. 2, jiag. 2G1-2C8.

» NVdi il ruo opuscolo: I)it neuentdeckten Inschriften uber Cyrus, Pro- gramm dcs Gymnasius zu Ztceibrucktn, 1882.

Nel Muse'on del 1883, num. 4 pag. 610.

17:? IL NUOVO CILINDRO DI NABOMD

giuste e solide ragioni, contrappostele dal De Harlez. E da spe- rare che cotesti assiriologi, i quali nel corso della discussione vennero gia restringendo a poco a poco o modificando le loro primitive asserzioni, finiranno coll'abbandonare del tutto cotesta ipotesi da lor difesa con si gran tenacita. >

Un altro punto, degno di notarsi nel nuovo Cilindro di Nabonid, e la menzione che ivi si fa della citta di JI Questa citta, la Haran biblica \ posta sul fiume Chabur, la prima stanza di Abramo dopo la sua migrazione da Ur de'Caldei, apparteneva alia Mesopotamia settentrionale e, finche stette 1'Impero assiro, fece parte dell'Assiria propriamente detta. Ma caduta che fu Ninive sotto i colpi dei Medi e dei Babilonesi collegati, Harran dovd passare in potesta dei Medi, insieme col rimanente dell'Assiria propria, toccata loro in sorte, come altrove narrammo, nella division delle spoglie. E ci6 appnnto vien qui confermato da Nabonid; il quale ci dimostra i Sabmanda, cio& i Medi, sopravvenuti a insignorirsi di Harran, dove distrussero il gran tempio di Sin, Iddio venerate ab antico dagli Assiri, com' era dai Caldei, ma alia religion dei Medi straniero. E fin- ch& questi dominarono, il tempio giacque nelle sue rovine ; ma, subito che Giro ebbe abbattuta la potenza dei Medi, Nabonid, come risulta dalla sua iscrizione, s'approfitt6 dell'occasione per occupare Harran 2, e pose mano a rifabbricarvi il tempio di Sin, secondo il comando e il presagio che ei narra averne avuto, tre anni innanzi in sogno, dal Dio Marduk. Al qual fine, egli fece venire grandi torme di operai e di soldati, chiamandoli fin da Hazzati, sulle frontier e del Mitsir, cio& da Gaza, ultima citta della Palestina, alle porte dell'Egitto: donde si conferma lummosamente quel che per altri indizi gia era noto, che doe Babilonia, sotto Nabonid, seguitava tuttavia, come ai tempi di Nabucodonosor, a regnare sopra tutta 1'Asia occidentale fino ai confini d'Egitto.

Eilevante altresl, per la storia e cronologia assiro-caldea, e il ricordo che Nabonid fa nel suo Cilindro, di parecchi antichi

1 Genesis, XI, 31 etc.

* DELATTRE, Le Peuple et I' Empire des Medes, pag. 192.

II. M .»\.i i !!

lt> rui memorie «"1 iscrizioni i-^li ricorc^ o : ate sco-

perse nelle fon !;i!n»-nta del tre tempi! da lui riudif:

Ad Harran, nel rifabbricare il tcmpio di Sin, chiauiato E-hul- hul, egli ritrovft i Ciliudri di Axsnrfniiijuit, figlio di Asarhad- don, Re d'Assiria; il quale, circa un secolo innanzi, nel suo lungo e illastre regno (667-620 av. C.)» prima che Harran ca- desse in potere dei Medi, avea ristorato il tempio medesiino. Ivi inoltre scoperse i Cilindri, assai piu antichi,di Snlm>i)mxnr III, figlio di Assurnasirhabal, che regn& dall'857 all'82.' ;iv. C.1. Cotesto Salmanasar 6 da Nabonid chiamato Suhnan-ristan, che vorrebbe dire Sulman il Grande: e non d facile, dice il Pin- ches, dar la ragione di tal variante; se non che, forse i segni cu- neiformi die danno la voce ristan, in babilonese traduce vansi per eseru o asar; e forse ancora, cid che a noi sembra piil pro- babile, con tal variante voleasi contraddistiuguere questo Salma- nasar dagli altri re assiri dello stesso nome, fra i quali ei fu senza dubbio il piu graude e glorioso. Ad ogni modo, la qua- lita che gli vien data di figlio di Assurnasirhabal, non lascia punto dubbio che ei non sia il Salmanasar III delle liste assire.

A Sippara, Nabonid dissotterr6 le memorie di altri Re ancor piu antichi. Sotto il tempio E-ulbar, consacrato alia Dea Anunit, egli scoperse e lesse i cilindri di Sag asalti-B urias o Saggasti- Bitrias, figlio di Kudur-ri-Bel. Questo Sagasaltiburias regnd, secondo il Pinches2, circa il 1050 av. C.: ma se egli e, come pare, il medesimo che il Sag'asaltiyas-Buriasj figlio di Cudur-

1 IF PINCHES nola qui che il racconto di Nabonid concorda colle ijcrizioni a e cita in pniova un tratto deiriscrizione di Salmanasar ill suite I'orte di bronzo, scopcrte dal HASSAM a Balawat (Transactions of the Society of biblical Ar- chaeoloyy, vol. VII, pag. 104) ove si parla drlla spcdizione di Salmanasar a Dabilonia; marnvi^liandosi tuttavia che Salimnasar non faccia ivi mcnzioDC di Sippara. Ma forse il dotlo assiriologo dimonticA che Nabonid non parla qui del tempio di Sippara in < alilea, ma di quello di Harran in Assiria; eppero il racconto di Salmanasar delta sua sprdi/ioin- babilonese non ha nulla che fare con questo passo deiriscrizione di Naboniil.

1 /' . /,> •< etc. sopra citnli, pag. 9; e pag. 12, dove egli nota: < I 500 anni, nominal! nell'lscrizione a lalo di Saga.-olli-Hurias, danno pel regno di lui I'epoca di circa 1050 anni av. C. >

17 I IL NTOVO CILINDRO DI NABONID

Cit, registrato dal Sayce nelle sue Tavole dinastiche tratte dai monumenti *, ossia il Sagasaltiyas, annoverato dallo Smith nella lista del Re di Babilonia, e memorabile appunto per avere ri- fabbricato i teinpli di Sippara2; il suo regno dovrebbe collo- carsi assai piu alto nell'ordine dei tempi, vale a dire, almen verso il 1500 av. C., siccome anteceduto di parecchi lustri al regno di Kara-indas, che fiorl circa il 1450 av. C.; e quindi dal suo tempo a quello di Nabonid si dovrebbono contare intorno a dieci secoli.

Ma fra le date cronologiche, somministrateci qui da Na- bonid, la piu notevole di gran lunga e quella che riguarda il regno di Naramsin, figlio di Sargon I ; e il tratto che la con- tiene, e senza dubbio, il piu importante che leggasi nel Nitovo Cilindro. Nella medesima citta di Sippara, ma in quell' altra parte di essa che era consacrata a Samas, cio& al Sole, fattosi il Ee archeologo a scavare le basi del tempio di Samas, chiamato E-bara, fino alia profondita di ben 18 cubiti, ivi egli trov6 se- polto il Cilindro di Naram-Sin, figlio di Sargon, che per lo spazio di TREMILA BUCENT'ANNI niun Re, dic'egli, mio predecessor e, avea veduto. Fino ad ora gli assiriologi avean posto 1' epoca di questo Naramsin verso il 2000 av. C., o poc'oltre; ma questo testo di Nabonid la rimanda ora di balzo fino a 18 secoli piu su, cio& al 3750 av. C. Imperocche, aggiungendo ai 3200 anni del- Tlscrizione la data del regno di Nabonid avanti Cristo, vale a dire un 550 anni, si perviene appunto all' eta di 3750 av. C. pel regno di Naramsin; e per quello di Sargon, suo padre, che tenne il trono circa 40 anni, si dovrebbe giungere fin presso al 3800 av. C. Qaesta e" la data piu antica, che i monumenti cunei- formi abbiano finora fornita alia storia; ed essa fa risalire i pri- mordii del regno babilonese assai piu in la dei termini che fin qui eransi immaginati. D'altronde la cifra 3200, data qui da

« SAYCE, The ancient Empires of the East. Herodotos I-III; Londra, 1883. Voili pag. 478.

1 G. SMITH, Assyrian Discoveries, pag. 442 : Saga-sdltiyas (rebuilt the temples of Sippara).

l DI NAD'

M pu<> in in foree, come di ambigua o incerta

Mtiira: perocchd ella e distesa a chiarissirai termini nel testo cuneiforme; sala/ti alap, sane me sanati tre mila, due c>

•i: e infatti la veggiamo dagli assiriologi accettata come al tutto sicura, e ammessa altresl come veritiera. L'Oppert la chiama una scoperta novella di sommo pregio, che dimostra pid salda- mente che mai la grande antichita dell'istoria di BabiKnia, e de?e qninci innanzi modificare profondamente la cronologia ri- cevuta: e di tale scoperta fece al Pinches solenni congratnla- zioni !. E 1'Hommel, benchd da prima un tratto la combattesse, o ne dubitasse, poscia nondimeno 1' accett6 pienamente, e se ne valse a confermare le proprie dottrine sopra la grande antichita della cultura babilonica, e dell' idioma semitico, siccome gia fio- rente nella valle dell'Eufrate fin dal principio del millennio av. C. Anzi, a corroborare vie meglio la verosimiglianza intrin- seca di cotesta data dei 3750 anni di Naramsin, egli arrecfc in mezzo nuove ragioni e indicii, tratti da varie iscrizioni arcaiche dello stesso Naramsin e di Sargon suo padre.8

Tuttavia noi non sappiamo per anco risolverci ad ammetterla per indubitata, ed a fame, come vorrebbesi, il perno della cro- nologia di quelle lontanissime eta. Che Nabonid abbia scritto nei suo Cilindro a chiare note la cifra 3200, nol mettiam punto in forse; ma che ella sia verace ben possiam dubitarne. « Noi non sappiamo, dice saggiamente il Vigouroux 8, per qual mez/x) Na- bonid pot& calcolarla, e qual fiducia meriti il suo calcolo. > Laonde stimiamo miglior partito il sospendere per ora sopra tal qui- stione, certaniente gravissima, il giudicio ; ed aspettare che nuovi studii e scoperte, col riscontro di altri document!, la rechino in

« Yocli i Proceedings sopra citali, pag. 12; o il Tomo XI dei Comptet Rendus des stances de V Academic des Inscriptions et Belles Lettrcs, 1883.

1 FIIITX HOM.MEL, Die Semitischen Volker und Sprachen etc. Leipzig, Sclinlze, 1883; v<xii la Prefaziono del 1* volume, sul Iin.\ K nol la Zeitschrift ftar Ktil- schriftforschung und Verirandte Gebiete, del Cennaio 1884, cominciat;i<i a pub- blicarc a Liji-ia da CABL RK/OI.D e* FKIT/. HOMMHI, tedi Tarticolo dell'HoMMEL, io- litolatn Zttr nit f>ftby?onischfn Chronologic, pap. 32-44, e la SprechsntH, pag. 67.

* Manuel JKMiqut, Tome I (1884) pag.

170 II. NUOVO CILIXDRO DI IUBONID

miglior luce, e diralin le tenebre che pesan tnttavia assai dense sopra la cronologia e la storia del primi Re babilonesi. E tanto basti del Nuovo Ciiindro di Nalunid.

Nota. Nell'articolo sopra // Dario Medo di Daniele (quaderoo 808), confutando la sentenza che identifica questo Dario con Giro, ci siam giovati anche dell'autorita del chiarissimo DE HARLEZ, scrivendo in nota (pag. 417): « Ottimamente il DE HARLEZ, alle parole che abbiamo poc'anzi citate (Muse'on, 1882, num, 4, pag. 570) soggiunge: En tout cas ce (Darius le Mede) ne peut etre Cyrus. Se non che (soggiun- gevamo) ci han recato gran sorpresa quelle che seguono: Ce Bal- tassar (de Daniel, V) ne peut etre que Bel-labar-iskoun, fils de Nabu-kudur-ussur, tug apres neitf mois de rcgne. Le nom Bel et k genre de mort coincide. A ce prince succc'da Nabou-nahid, le dernier roi de Babylone, sous hyuel s'accomplit la menace de Daniel. II Baltassar di Daniele ebbe almen 3 anni di regno (Anno tertio regni Baltassar regis etc. VIII, 1). Gome dunque pu6 egli essere il Bel-labar- iskoun (ossia Laborosoarchod) figlio, non di Nabu-kudur-ussur, ma di Nirgal-sar-usur (Neriglissor), che regn6 sol nove mesi? E come mai, salvo il contesto di Daniele, tra 1' uccisione di Baltassar e la caduta di Babilonia in potere dei Medo-Persiani, si possono interporre i 17 anni del regno di Nabonid? »

A queste due nostre domande, od obbiezioni che voglian dirsi, Til- lustre Professore di Lovanio si e degnato rispondere, col mandarci la seguente lettera:

« Reverend Pere

« Permettez moi d'expliquer comple'tement ma pensee relativement k 1'identite de Baltassar et de Bel-labar-iskoun. Ma demande vous prouvera en quelle haute estime j'ai votre jugement.

« L'identiflcation de Baltassar et de Bel-labar-iskoun ne contredit nullement le texte de la Bible. En elTet: rien ne prouve que le Bal- tassar des chap. VII et VIII de Daniel soil le me'me que le Baltassar tue" au chap. V; au contraire. Cela fut-il, encore n'y a-t-il la aucune difficultc'. Bel-labar-iskoun a pu regner quelque temps avec son pere N^riglissor, et ainsi atteindre la 3" annde de regne (chap. VIII, 1). La Bible ne dit nullement que Darius Medus succe'da d Baltassar. Le chap. V de Daniel lermine ainsi (texte he'breu): In ilia ipsa node inter fectus est Baltassar rex Chaldaeus-fm. Suit le chap. VI, 1 . Da- rius Jfedus ACGEPiT REGNUM, quasi films annorum 62: placuit Dario, ut constituerct etc. Or le chap. VI n'a aucune espece de rapports avec

177

le presque lous les chapitres de, Daniel.

1 1 Vulgate, qui en chnngeant 1'ordre des paragraphes et le sens (successit in regnum), a cree des difficult inuliles. II y a autant d'anneVs que Ton veut entre Ballassar et Darius Me luv 1 Ji outre (et ceci me parait plus important encore) la scene du chap. VI a tres-bien pu se passer a Ecbatane. Rien ne prouve que Darius Medus du chap. VI fut roi de llahylone. Tout prouve le contraire (v. 8, 15, 28). Darius Medus n'est qu'un roi de Perso-Mc li*>. I/.iin, il ne roe semble pas possible de prendre ('expression fits de Nabukodonosor au sens ordinaire; ftls est ici, comme frdre dans 1'Evangile. Carriere et autres I'iuterpreienl ainsi. »

« Agrttez etc.

« I/uivain, 3 mars 1884.

« C. DE HARLEZ. »

Noi rendiamo grazie, in primo luogo, all'egregio Professore della gentil sua lettera; e ce ne teniamo altamente onorati, ben conoscendo i ran merit i deU'eminente sua dottrina in time le discipline oriental!, e singolarmente nella letteratura eranica dov'egli e maestro e principe. Poi

ndo alia nostra quistione, lo preghiamo di gradire le poche osser- va/ioni rhe qui in risposta ai suoi dotti appunti soggiuogiamo, e che sottomettiamo al suo squisito senno.

Due sono i punti in questione: Yidentitd di Baltassar con Bel-

riskun; Vintervallo di 17 anni, posto tra 1'uccisione di Baltassar e la caduta di itabilonia in potere dei Me.do-Persiani.

:ito al 1°; il De Harlez adduce in favore dell'ideniita, da lui propugnata, due ragioni, o a dir meglio, due mere possibilita. La prima e, che il re Baltassar del capo V di Daniele pud essere diverso dal Baltassar del capo VII ed VIII che regoft alraen 3 anni. La seconda e, che Bellabariskun, a cui Beroso assegna soli 9 mesi di regno, pun dnrsi

regnasse gia alcun tempo prima con Neriglissor suo padre, e potesse qnindi giungere fino al anno di regno.

Ma in primo luogo, con due dali meramente possibili a noi sembra che mat si possa stabilire nna t*>si positiva, e molto meno una test cost

Una, come e quella del De Harlez: Ce Baltassar NE PEUT £TRE QUE

labar-iskoun. Poi, senza negare a cotesti dati la lor possibilita as- soluta, scorgiamo tuitavia in essi un gran sembiante d'inverosimili, che ce li rende sospetti. Gi sembra molto inverosimile, che ai tempi di Daniele regnassero successivamente, o peggio se insieme, due diversi liiltassar, ambedue col titolo di rex Chaldaeus (V. 30) o col sinonirao di rex Babylonis (VII. 1); esche in tal caso, il Profeta non ci lasciasse niun contrassegno per dislinguerli Tun dall'altro. Niun interprete, a quanto sappiamo, s'avvis6 mai di trovare in Daniele un cosifTatto doppio Bal-

.e XJI. vol. VI. fate. 812 12 9 aprile 1884

ITS IL NUOVO CILIXDRO DI >'ADOMD

tassar; e niuna traccia di lui neramen s'inconlra negli storici e nei monuraenti profani. Ma lo stesso De Harlez sembra aver poca fulanza in questo suo prirao pud essere, e perci6 ricorre al secondo, di sopra accennato. Se non che, ancor qui 1'ingegnosa sua ipotesi ci pare poco felice. II Laborosoarchod di Beroso, che e il nostro Bellabariskun, era faaciullo, Trat? wv1, quando, succedendo a Neriglissor, suo padre, co- minci6 il suo regno di nove mesi. Ora non e guari verosiraile, che Neriglissor, un due o tre anni innanzi, vale a dire, quasi in sul prin- cipio del proprio regno, che fu sol di 4 anni, assumesse un fanciullo al consorzio deH'imperio: o almen per credere un tal fatto, vorremmo che ci si mostrasse un fondamento piii saldo, che non un semplice pud darsi.

Asosienere pertanto la voluta idenlita di Baltassar con Bellabariskun, non rimangono che le due rassomiglianze, accennate gia dal ch. De Harlez nel Muse'on (loc. cit.): le nom Bel et le genre de mort coincide: arabidue hanno nel nome un elemento comune, Bel; ed arobidue raoriron di morte violenta. Ma se elle bastino a dimostrare che ce Baltassar ne pent etre que Bel-labar-iskoun, lasciamo ai leitori il giudicarlo.

Riguardo al punto della controversia, che concerne Yintervallo tra la morte di Baltassar e la caduta di Babilonia; noi concediamo di buon grado aH'illustre Professore, che il testo originale di Daniele non dice espressamente, esser Dario Medo succeduto a Baltassar; con- cediamo, che nella Bibbia ebraica la divisione dei due capi V e VI sembra togliere la connessione storica tra la morte di Baltassar e 1'av- venimento di Dario Medo, connessione che e mantenuta nella divisione della Volgata; concediamo, che nella Volgata stessa, 1' ultimo verso del cap. V pu6 riguardarsi come 1'esordio del cap. VI; concediamo final- mente, che dove la Volgata dice successit in regnum, il testo originale ha accepit regnum: la qual frase non aflerma, e vero, la successions immediata di Dario a Baltassar, ma per6 (quel che e ben da notarsi) neppur la nega. Noi concediamo tutto ci6 di leggieri, perocche 1'argo- menlo, da noi invocato contro \intervallo dei 17 anni, non posa qui, ma sul contesto di Daniele. Gome mai, dicevamo nella nota sopra riferita, salvo il contesto di Daniele, tra 1'uccisione di Baltassar e la caduta di Babilonia in potere dei Medo-Persiani, si possono interporre i 17 anni del regno di Nabonid?

Nel contesto infatti del Profeta, la sentenza divina pronunciata contro la persona di Baltassar: Numeravit Deus regnum tuum et complevit illud (v. 26), e 1'altra pronunciata contro il regno babilonese: Divisum est regnum tuum et datum est Medis et Persis (v. 28), formano come una cosa sola, un sol castigo che dovea d'un medesimo tratto colpire il re ed il regno; castigo provocato dalle medesime colpe, divenute omai

1 BEROSO, presso GIUSEPPE EBREO, Contra Apionem, I, 20.

IL > ) Dl NAD'

''•/rco 06 co missus est articulus

manus etc. (v. 24); castigo inlimato nella med^sima forma, per Tuna I'.-irte e per 1'altra; numeravit, complevit, dn-isum est, datum cst; e con quesla forma preterila ed enfatica, siccoroe di cosa gia non

ula ma fatla, il castigo e dimostrato immineote e infallibile a cora-

•i, per Tuna parte egualmeote cbe per 1'altra. E di fatto Daniele mostra subito avverata la minaccia, narrando la pronta e intiera ese- ne del doppio castigo: cadcm node inter fectus est Baltassar rex Idaeus, ecco il castigo personate del re; et Darius Medus successil in reynum, ovvero accepit regnum, ecco il casligo inflitlo al regno, che cade in potere di genti straniere, cioe dei Medo-Persiani. Dal con- testo ajipare duoque evidente la rispondenza tra la doppia e simuliauea minaccia e la doppia e simultanea esecuzione ; la qual rispondenza noo soffre, a parer nostro, niun inlervallo, e mollo meno 1'iDtervallo d'un regno intiero di 17 anni, tra la morte violenta di Baltassar e la caduta del regno babilonese in balia dei Medo-Persiani. Quesli, invasa Babilonia, d'un medesimo impeto trucidarono il re e s'impossessarono del regno.

Tal k il seoso, in cui prese questo tratto di Daniele, 1'autor della Volgata, san Girolamo ; il quale col tradurre succesjit in regnum, lungi dal creare difficoltd al testo, aliro in verita non fece che esprimere piu spiegatamente il concetto del sacro scrittore, secondo che esso veniva a'suoi di inteso nella Chiesa. In tal senso pure fu inteso Daniele da Giuseppe Ebreo, autorevole rappresentante della tradizione ebraica; sic- come e manifesto dal suo racconto '. E nel medesimo senso 1' intese 1' universal! ta degli interpret! antichi e moderni, e veggiamo intenderlo anche oggidl la comune degli esegeti e degli storici, anche i meglio versati nelle recentissime scoperte; ne scorgiamo qual ragion vi sia di scosl.irsi da sifTatta sentenza, o quali siauo quelle difficulte's imttilcs, che il De Harlez dice create qui dalla versione della Volgata. Che se egli con ci6 accenna ai nuovi testi cuneiformi di Giro e di Nabonid, noi speriamo d'avere, nei nostri ultimi articoli sopra la catastrofe di Babilonia, dimostrato a sullicienza, come cotesti documenti, non cbe far conlrasto, s'accordano anzi assai bene e col testo di Daniele, nel senso appunto di sopra spiegato, e col racconto di Erodoto, di Senofonte, di Beroso, e degli altri antichi.

II ch. De Harlez, nella sua Lettera soggiunge, che « la scena de- scritta nel cap. VI di Daniele pote benissimo aver luogo ad Ecbatana. » E noi non abbiamo niuna diflicolia a concedergli tal ipotesi, che alia nostra quistione e indifferente; tanto piu, che anche Giuseppe Ebreo cotesta scena niette appunto ad Ecbatana, capitate della Media, dove, die1 egli, Dario Medo, dopo la conquista di Babilonia, seco condusse il

\nti't. Jiul. lih. X, cap. 11, D. 4.

180 IL NUOVO CILI\i>';'i \,\ N\i;OM!>

gran Profela «. Ne e punto a meravigliare, che Dario, re a quei dl della Media insieme e di Babilonia, sotto 1'iraperio supremo di Giro, alter- nasse a piacer suo la stanza tra le due metropoli del doppio suo reame.

Ma, quando il nostro illustre oppositore aggiugne, che « nulla prova, il Dario Medo del cap. VI essere stato re di Babilonia; anzi, tulto prova 1'opposto (v. 8, 15, 28); e che Dario Medo non e che un re di Perso-' Media »; ci duole in gran minim di non poter essere coa lui del me- desimo avviso. Se il Dario Medo del cap. VI e, come noi crediamo e fu creduto finqui universalmente, il medesimo che il Dario de semine Medorum, qui impcravit super regnum Chaldaeorum, del cap. IX, 1 ; Daniele stesso adunque ci attesta, che egli fu re di Babilonia. Che se eglino son due personaggi diversi; dovremroo allora pregare il De Harlez di spiegarcj 1'enimma di questi due Dirii di Daniele, enimma nuovo che verrebbe ad aggiungersi agli altri di quella remota eta. Nei versi poi, 8, 15, 28 del capo VI, da lui qui citati, noi cerchiamo indarno la prova che egli accenna: in essi si parla bensl di statuti e leggi Medi e Persi, del regno di Dario e di quel di Giro Persa; ma non vi troviam nulla che neghi, essere stato Dario anche re di Babilonia.

Quanto all' ultimo punto, toccato sul fin della Lettera dal De Harlez, noi siam lieti di trovarci interamente con lui d'accordo. II titolo di figlio di Nabucodonosor, attribuito da Daniele (cap. V) a Baltassar (che era in realti figlio di Nabonid), non pu6 essere preso nel senso proprio ed ordinario, ma in un altro piii largo ed improprio, usato non di rado nelle Scritture; e noi medesimi, parlando di Baltassar * e in altre occa- sioni, abbiam rilevato e difeso questo secondo senso. II simile dicasi di Bellabariskun, che dal De Harlez, nella sua Nota del Muston, 6 chia- mato figlio di Nabucodonosor, mentre nella Lettera vien riconosciuto per figlio di Neriglissor: 1'una e Taltra appellazione pu6 correre, purche si avverta, nella prima figlio intendersi in significato largo di discen- dente, nella seconda, in senso stretto e proprio.

Per ci6 che spetta al rimanente, alteso le ragioni sopra addotte, noi speriamo che 1'esimio Professore di Lovanio, nell'alto suoed imparziale giudizio, ci consentira, salvo tutto il rispetto che professiamo alle sue opinioni, di tenerci saldi alle nostre.

1 Ivi, n. 4-7.

» Civ. Ca.it. Serie XII, vol. Ill, pag. 279-284.

I. A CONTESSA [NTERNAZIONALE

in.

YEBA VAX1TA E YEKA CORTESU

Onesti e festosi erano stati i primi compUmcnti ospitali rivolti alle signore e al conte della Pinota dalla signora Catoriua, e non punto iinpacciati o peritosi. Bench6 ella sapesse benissimo di accogliere una dama di elevata condizione e da pifi, sentiva pure di essero padrona ia casa sua, e di avere abitazione e fornimento da non venir meno al decoro. In salotto mentre essa si affaccen- dava a snodare il cappellino alia contessa Aldegonda, ad offerire seggiole e seggioloni alia brigata, comparve un copioso rinfresco: caffe, te, cioccolata, vino, liquori, nulla mancava, e con questo due trionfi di briossi di Yercelli, di biscottini di Novara, di panini freschi e brustolati sopra cui spalmare ii burro, che stava 11 fresco fresco. A compimento del servizio ella chiese alle signore, se per caso alcuna gradisse meglio un brodo ; e perchd la contessa, mo- str6 una velleita di aggradimento, eccoti tosto, chianiato con un cenno, un brodo ristretto, che caldissiiuo e fuuiante dentro una bella tazza di porcellana dorata pareva dire: prendimi, prendimi.

Tutto questo durd un quarto d'ora, perch6 ciascuno si contento d' uno sciacquadenti, tanto da bervi sopra un centellino pur che fosse; non volevano guastarsi il desinare. Solo Amedeo si aunaffio largainente 1' ugola con nna trincata di Caluso vecchio, celiando che beveva non per suo conto, ma per supplire alle signore aste- mie, e v'intinse due paste; Perche, diceva esso, un buon acconto non fece mai torto al pagamento: cosl insegna il Godice.

Tardava alia signora di lasciare in liberta la contessa e le fanciulle. Condussele al quartiere loro apparecchiato. Erano quattro grandi stanze infilate, volte al mezzogiorno, con due finestre cia- scuna, e un solo ballatoio corrente e communicante con tutte le

182 LA CONTESSA INTKHNAZIONALE

caraere, all'uso pieinontese. Dinanzi aprivasi la piu amena pia- nura e ubertosa, che abbracciar possa un occhio umano, contor- nata in fondo all'estremo orizzonte dal Monviso e dalla catena delle Alpi. Non era una reggia il quartierino, nulla vi appariva di sfarzoso o di soverchio; ma quanto ai commoducci graditi alle signore, non inancava un filo. Letti grandi, elastic!, soffici a pia- cere, con ricco sopraccielo e cortinaggi intorno; portiere agli usci, tappeti signorili coprivano il pavimento ; di canape, poltroue iin- bottite, sgabelli, seggiole di piu modi, v'era la bellezza; casset- tone e armadio da riporvi le robe, oltre ai deschetti di commodo, e al tavolino con tutto il necessario per iscrivere. La biancheria non faceva difetto, fine e pulitissima, tanto da letto che da tavo- lino, le tende stesse delle finestre erano di bucato. Insomma, si scorgeva alia prima occhiata, che la signora di casa aveva dato le spese al cervello per fare di quelle camere il tempio della nettezza, dell' ordine, dell' agiatezza.

Ma di questa sua visibile intenzione ella non accenn& verbo. Si contenteranno, disse ella nell'accominiatarsi, siamo in cam- pagna alia buona. Solo fece osservare che in ciascuna stanza pendeva presso il letto il cordone del campanello; e accostan- dosi ad uno: Yediamo se risponde bene. Son6 an tratto, e subito si affacci6 una cameriera. Coinandi, signora. Ecco la Teresina, disse la signora presentandola alle ospiti, eil'e a'vostri ordini, contessa... lo torner6 presso 1'ora del desinare, a vedere se vi siete riposata e se nulla manca: gia, la Teresina basta accennarla. E con un inchino lasci& la brigatella a distribuirsi le camere e allogare le robe coll' aiuto della cameriera. Grli uomini erano gia scivolati nella sala del bigliardo.

Severina disposte le sue tattere alia lesta, guizz6 al balcone a studiare i prospetti della campagna. La contessa invece colla figliuola, ordinato alia donna di tornare piu tardi, non finiva di passare in rassegna la mobilia e gli arredi tutti delle camere, insino ai ninuoli posti sul cassettino dello specchio a bilico, e al bossolo della cipria collocato in vista sulla pettiniera. Nulla trovava che fosse appunto com' ella avrebbe desiderato. Che persiane bislacche! non ce n'e una che chiuda bene: speriamo

ls:t

>-he DOQ venga il vento a farle sbacchiare tutta notte. •ila polvere sul cristallo della spera... e non vi e manco una specchiera grando da abbigliarvisi. E fattasi id esaminare il letto vi scoperse subito un mondo di difetii: era mal collocate, e non bastavano ne le cortine, ne la scena, ne la portiera a difen- dorlo dall'aria dell'uscio; e poi le lenziiola non erano d'un solo telo, e poi il tappet i no di pedana le pareva ristretto, e poi i guanciali orano aggirati di smerli volgarissinii, e poi il coltron- cino da piede non era di raso ma di semplice setino, e imbottito di bambagia invece di piuraino d'oca, e poi... e poi...

La interruppe Silvia, incantatasi a studiare il soffitto: Cho cosa rappresenta quel gruppo lassu?

Nol vedi? fi un trofeo di mitre e di pastoral! che com- battono insieme, rispose con beffa la madre. L'avra fatto dipin- gere qnalche vecchio zio, canonico della nietropolitana.

- Gia, e del canonico pure saranno le reliquie o i santi e le madonna...

Che popolazione di paradiso! aggiuase la madre. Ce n'6 per tutto... pare un chiostro di monastero. Scommetto che la pia ma- dama Boasso ini avra riempita colma la piletta deH'acqiia santa.

Silvia vi tuff6, per saggio, le dita s\ malamente, che ne grondo uno sprazzo che le infradici6 un polsino.

Vedi come ti se' concia: mutalo subito... Severina, via spac- ciati, non incantarti a gingillare secondo il tuo solito: vieni ad aiutarci ad aprire le valige.

E Severina: Vengo, eccorni, son qua.

E uon avendo udito nulla del terribile processo formato contro la inobilia, nel mettere mano alle chiavicine, diceva: Mi pare, che possiamo pure chiamarci contents : la mia camera e sfogata e allegra, la vista e deliziosa.

Meglio cosl, rispose la contessa zia : chi si contenta, gode. A me invece sembra che quella cantoniera starebbe ottiuiamente presso al rigattiere ; che sedie e canap& andavano coperti di vel- luto verde, che richiamasse la tappezzeria. Ma gia, la tappezzeria stessa potrebbe pigliar la via del ghetto senza scrupolo, e non ci sarebbe male, ad accompagnarla con un batuEfolo di questi

18 i LA CONTESSA INTERNAZIONALE

cortinaggi che sentono il nonno e il bisnonno. Non ci 6 gusto.

Ma per campagna ! fece Severina.

Per campagna come per citta ci vuol il sentimento del hello, ripigli6 alteramente la contessa Aldegonda. lo, alia Bella Brian- zola (era la villa dei signori della Pineta in Brianza) non patirei una camera cosl goffa, neppure una settimana. Le darei fuoco io stessa... Gia, anche il nome di questa villa e triviale come 1'abitazione: La Boassal bel nome d'una villeggiatura! Almeno La Bella Brianzola b un nome che si pud rammentare in un salone.

Severina si sentiva vogliolosa di rispondere contraddicendo diametralmente, pnnto per punto, alia zia. Agli occhi suoi arti- stici, non vi era nulla che non istesse bene. Sete e damaschi, un po' passatetti, ripensava tra s& e se, ma belli e ricchi ; mobili vecchi, ma in buon essere, intagliati con arte, dorati a oro di zecchino ; ogni cosa pnlita e agiata ; aria, vista, luce, liberta : che possiamo desiderare di meglio? Ma si avvide, che il tempo era buzzo buzzo, e la zia in vena di svilire tutto, sino a preferire al commodo quartiere le stanzette da lei ammodernate nella villa di Brianza, che erano scatolini d'oro, si, ma scatolini. E tanta era la foga di condannare le cose presenti, che la povera contessa oracolava e sbuffava aitresl sulle sconvenienze che la signora Boasso stava per commettere all'avvenire. Yedrete razza di pranzo che ci daranno questi signori ! dieci o quindici portate come alia messa novella d'un prete di villaggio; metto dieci contro uno, che i tovaglioli saranno accartocciati giusto giusto al modo delle locande di-Milano; e poi ci faranno la grazia di condurci ad ammirare le loro grandezze e delizie, la casa sino alle soffitte, e il giardino, e tutto; e a noi tocchera di smiraco- lare sulle mirabilie dei loro stambugi, e sulla rarita delle mar- gherite e dei cavoli fiori. Che pare a te (si volse alia figliuola) di questi stanzoni da agrumi?

Silvia, che non era cattiva, e a cui non parea vero di godere un po' d' aria libera in casa altrni, si strinse nelle spalle, e rispose: Mamma, non sara il paradise, ma per quattro giorni, non mi par tanto male.

111. ;: VEHA i

Tu so'cucr collegio, e non hai mondo. S-,- tu vn«>i vedere un 'inurtk-re elegante e da signori, aspetta die torniamo alia Bella Brianzola. Vedrai com'io ho ri- dotto quel gioiello di villino, mentre tu stavi a Torino. Qui si sente un'afa di borghese, che fa male. Non doveva mai tuo padre scendero si basso, da accettare questa villeggiatura.

A questa altezzosa parola non si tenne la Severina, che ado- rava lo zio, e disse modestainente: Zio mi disse che troppo era obbligato ai Boasso, e non poteva disaccettare.

Che obbligato ai Boasso? la rimbeccd la contessa: i Boasso sono obbligati a noi, e non noi a loro. Mio marito gli ha aiutati quand'egli era alto e potente in diplomazia, e lui, signer Boasso era nulla. Se il cosi detto cavaliere ora tiene carrozza e cavalli, deve ringraziarne tuo zio, che gli ha aperto la via ai grassi gua- dagni d' impresario. Ma di tutto cotesto, Silvia mia (si rivolse a Silvia), tu non farti intendere con chicchessia di qui: non ci 6 decoro a farsi bello dei benefizii fatti. II meglio era non venirci, e non ci venivamo di certo, se tuo padre prinia di tenere 1'invito sentiva me. Ora la sgarrata e fatta, e tocca noi sorbircela con disinvoltura di gente che sa vivere. Bisogna approvar tutto, e versare una pioggia di bellissimi e tutti gli altri issimi che accarezzano laboria de'pidocchi rinvenuti... salvo il nostro diritto di dire in cuore la verita, e non capitare mai piu qua neppure dipinti.

Tra queste osservazioni estetiche e questi precetti di morale civilta, eccoti la signora Gaterina, in conveniente abito da pranzo ad invitare le signore ospiti a scendere un tratto in salotto. La contessa, tra i complimenti la squadr6 dalla testa ai piedi, per sorprenderla in qualche flagrante delitto contro la inoda : ma non ci fu yerso. La signora, che non era piu dell'erba d'oggi, tornava nel medesimo vestito di raso nero e liscio, in che si era presentata la prima volta: non fiori, non geuiine nei capelli; braccialetti si ed orecchini, gli uni e gli altri semplici, ma ricchi da fare invidia; uno spillone di diamanti che facea capolino di sotto la cnffia di velo e una niente vistosa catena di orologio finivano tutti i suoi spleuduri. Xon ci era che ridire. Niente da ridire sul salotto,

LA \LF

niente sulle rinnovate accoglienze del cavaliere e di suo figlio Amedeo, che cola attendevano le signore. E come fu annunziata la solenne parola: E servito, il bravo cavalier Boassa non tard& un istante ad offerire il braccio alia contessa, mentre il conte della Pineta lo offeriva alia signora di casa. Amedeo, un po' chiassone sempre, si rapl le signorine una per braccio, preten- dendo che questo era di stretto obbligo nel galateo di montagna.

Si lnsingava Tastiosa contessa di avere a raccogliere una copiosa messe di incivilta, o alrneno di quelle trivialita, che non potevano fallire in un pranzo compicciato da quella rozza mas- saia che doveva naturalmente essere la signora Boasso. Ma a poco a poco si sentl forzata di smettere 1' albagia, e confessare a se stessa, ch'ella era trattata con tutti i dovuti riguardi. L'ab- barbaglift al primo ingresso la sontuosita dell'apparecchio. Di tre grundi finestre s'illuminava la stanza da mangiare, le quali davano snl giardino. Di fuori le adornavano drappelloncini di verzura e tralci di gelsomino, di dentro ricche tende ricamate smorzavano il troppo vivo saettare del sole. Passeggiava tuttavia tanta luce, che le porcellane, gli argenti ed i cristalli parevano mandare scintille. Dall'un de'lati sorgeva la credenza, non so- praccarica ambiziosamente di vasellame superfluo, ma fornita oltre il bisogno. Monti di piatteria, di posate, di cucchiaioni, di trincianti, di forchettoni, di coltellini a lama d'argento per le frutta, e d' ogni altro arnese da tavola ; e tutto cotesto ordinato sui palchetti della scanceria, e coronato da una splendida batteria di bottiglie coperte di polizze variopinte e di gromma di cantina.

Come la contessa si fu adagiata a destra del cavaliere, ed ebbe rassegnato con un rapido gitto d'occhio il fornimento do- vette chiamarsi pienamente soddisfatta. Contro la sua profezia, le salviette non erano punto arrotolate nei bicchieri, si bene giacenti in sui piatti, con la cifera di famiglia bellamente rica- inata sulla cocca in vista. Corrispondeva il rimanente servizio : la tovaglia col tappeto steso di sotto; di uno stesso stile i piatti, i tondi, le salsiere, e via via, doe fondo bianco, contorno dorato, e 1' arrae di casa Boasso, colorita nel mezzo. E 1* arme pure si ripeteva in ciasctm pezzo del cristallame e dell' argenteria. Una

HI. MTV E VERA CORTESIA

;i di fiori freschi, ma inodori, ornava il mezzo della mensa, .no corona allo fruttiere colme di ogni galanteria di frutti e di dolci. Ai fiori facevano riscontro le caraffe dell' acqna, che portavano per tappo una foglia di vite accartocciata.

Xulla seppe la contessa appuntare, per quanto aguzzasse gli occhi, mil hi, il gran nulla, tranno 1'ampio segno di croce che madaina Boasso si spaced da spall a a spalla, sicuramente ed agiatamente, prima di spiegare il tovagliolo. II qnale atto di pieta faiuigliaro non tolse che la signora non entrasse snbito in conversazione viva, gentile, e cordiale per giunta; secondata in do dal inarito e dal figliuolo, che volevano rendere dolce agli ospiti quel primo affiatarsi in famiglia. Non segul la fa- stidiosa sfilata di serviti preveduta dalla contessa, e in quella vece fu un desinare scelto, copioso, ben cucinato e ben servito ; ed anche, a'suoi tempi, di prelibati vini innaffiato. Scalcava per lo piu il credenziere, ma 1' ucceilame era riserbato ad Ainedeo, che si piccava di trinciare con maestria da artista, in pochi colpi. Spezzando esso alcune beccacce, dimandogli la contessa se egli ne avesse preso di recente.

A confessarla giusta, rispose Amedeo, per quest' anno non posso vantarmene. Ma ho fatto meglio : ho preso tre belle signore presso al ponte di Po, e le ho portate qua prigioniere, speriaino, per uiolti giorni.

II cavaliere e la inoglie fecero plauso a questo augurio del loro Amedeo, e ne rise tutta la brigata. Pass6 lietissimo il de- sinare ; caffe e liquori vennero serviti sotto una cupoletta ombrosa del giardino. Dopo di che gli uomini, cavata fuori la sigariera, facevano atto di ritirarsi : ma la contessa Aldegonda non isdegn6 di accettare dal cavalier Boasso, un bel paio di spagnolette; Amedeo le offeree un bocchino nuovo; anche questo le piacque; ed essa f 111116 allegrainente coi signori, mentre la signora Ca- ter ina e le fanciulle rimasero a taccolare tra loro, a confettare, a cogliere fiori per intrecciarseli le une alle altre nei capelli. Prima di sciogliersi la conversazione, disse la signora Caterina aU'ospite sua: Oggi non vi voglio perseguitare con passeg- giate e frastorni: voi avete bisogno di riposarvi.

l!SS LA CONTESSA I.YTERNAZIONALE

Xon ci 6 da ricordarsi di essere stanchi, voramente, quando si e trattati come ci trattate voi, mia buona signora.

Via, via, senza coraplimenti, da Milano a Torino e sempre un buon tratto, contessa, e da Torino qua ci e stato il resto dello strapazzo... E poi... ho gusto di godervi un poco voi e le vostre care barabine. Dimani a cuor riposato penseremo alle scar- rozzate, alle gite di piacere: basta lasciar fare ad Amedeo; per inventarne 6 fatto apposta, lo conosco ; tocchera a voi la scelta... gia s'intende, voi siete in casa vostra, non abbiate riguardi.

Gradl la contessa questo accordo, con raolti e cortesi ringra- ziamenti. E trovatasi poi sola colle fanciulle, non seppe altri- menti esalare la passione, se non dicendo, che anche la gente di bassa inano, usando con gentiluomini, si dirom e si rifor- bisce. Nelle ore pomeridiane essendosi essa fatta vedere in giardino, non manc5 Amedeo di accompagnarsele. Sopraggiunse la signora Caterina, poi il cavalier Boasso, poi tutta la brigata. Si passeggi6 a un tratto tutti insieme alia domestica, chiacchie- rando del piu e del meno. Si visit6 una vigna vicina, che era alia mano, cara delizia della signora di casa. Amedeo correva innanzi e indietro, adocchiando i grappoli d'oro e di ametista per offerirli alle ospiti, colse loro colla brocca i piu maturi fichi, le guid& pei sentieri piu netti, levando di sua mano rovi e bron- coni che per caso ingombrassero le callaie : si comporto in tutto da gentile cavalier servente, ma senza trafare e senza preferenze. Non fu vero che ne esso ne altri di casa si lasciassero mai andare all' increanza di magniticare eccessivamente o la villa, o i din- torni, o i prospetti, o i commodi o altro. Panegirista era invece il conte della Pineta, che si sentiva riavere a quell' aere puro e confortevole della collina, goduto a fianco di un vecchio amico e galantuomo: Silvia rincalzava le maraviglie del padre, con entusiasmo; Severina teneva bordone con semplicita; la contessa spendeva qualche elogio con parsimonia, tanto da non parer*e insensibile o scortese.

Vero e che dopo alquanti giorni cominciava anch'essa a con- venire colle fanciulle di essersi alquanto ingannata nelle sue previsioni. E il soggiorno alia Boassa le divenne prima tolle-

111.

poi non isgradevol.'. Vi prendeva ogni agio, senza ri- guardi. I>i lovata facevasi serviro ora te, ora caffe; e sebbene

vasse per consueto prima dcll'alba dei tafani, mai non che la cameriera non fosse 11 al primo squillo di campanello, come se stesse di continue in orecchio pure per esser pronta al servizio. L' assetto mattutino prendeva duo grosse ore, e dopo questo la contossa non avova mai finito di azzicare per la camera, in pia- no! le. Accadevale talvolta di farsi aspettare persino al desinare. Per cosl poco non turbavasi la pace dell' ospitale dimora: perche la signora Gaterina sembrava non accorgersi della sconfmata nza di lei.

Un picciol seme di passeggera benevolenza cominciaya ad attecchire nel cuore dell'altera patrizia; e forse sarebbe germo- gliato e cresciuto, se il soffio d'un importuno sospetto non fosse venuto a soffocarlo. Le cadde in mente cbe Amedeo facesse 1'occbio pio a Silvia.

IV.

PRIME SCIXTILLE

II sospetto forse non errava lungi dal vero, ma non aveva fondamento d' indizii manifest!, perch6 Amedeo non era uno sea- pato. Per6 com' era nato leggermente, cosl leggermente si di- leguo, almeno tanto da non ispingere la contessa a dimostrazioni di risentimento. Si poteva ben dire che malgrado i complimenti correnti e moltiplicati, tra lei e la signora di casa non si fosse radicato verun sentimento stabile di reciproca stima o di affezione. £ chi fossesi trovato dall' un de' lati a studiare il loro trattarsi, avrebbelo paragonato a quello stato che i politici chiamano di osservazione tra potenza e potenza, e suole preludere a rotture. Anche dopo parecchi giorni le conversazioni teneano di qnella riservatezza cho disagia i novelli arrivati, i quali noa conoscono Tambiente o non son conosciuti.jSi ciauciava dei cappelli e degli ombrellini, della pioggia e del bel tempo, si stava sulle cortesie, ni sorrisi che non ridono di nulla. Un sagace scrutatore avrebbe tuttavia capito, che la signora Caterina, bench6 bor-

11)0 LA CONTESSA INTERNAZIONALE

ghese borghesissima, erasi guadagnato il cuore del coute della Pineta e delle fanciulle. Le si leggeva in fronte, negli occhi, nel sorriso ch'ella era una huona mamma, piena di grazie, casalinghe ma affettuose ; ch' ella attendeva al servigio, al com- modo, al piacere degli altri, come se cotesto non le costasse nulla, e 1'accomraodare altrui fosse diletto suo. Nei che HOD usava sfoggio ne fasto, ma disinvoltura, non senza quella grandezza che si avviene a chi ha fortuna pari al cuore.

Ed era questo ci6 che piu urtava i nervi alia contessa : ve- dersi sopraffatta di finezze che non costavano nessuno sforzo alia sua albergatrice, e doversi confessare obbligata a persona tanto da meno di lei per nascita, e, com'essa modestamente giudicava, per educazione, per elevatezza di sensi, per conoscenza di mondo. Allorche rientrava nelle sue camere, rifiatava largo, come se uscisse di sotto il pressoio, e si riposava della violenza fattasi per non isbottare in iscortesie; e ricattavasi con fiot- tare : Qui ci affogano di carezze, non c' e che dire : il tratta- mento e" buono, le camere commode, il servizio regolato; ma... tanti ma ci sarebbero... non voglio sfilare la corona.

Che ma ci trovate voi, zia? diinandava la Severina, che non aveva mai abdicato una certa misura d' indipendenza ne' suoi giudizii.

La contessa rispondeva piuttosto alia figliuola Silvia, che alia nipote, e rispondeva brandendosi della persona, e atteggiandosi al grande : Avere i quattrini della signoria tutti possono ; ma il saperne usare da gentiluomini, e" un'altra minestra... Qui si sente il mercante: si spende e spande per farci il saldo della protezione loro accordata, coi milioni che vennero dietro. fi ben altro il fare di chi ha un von nel'casato paterno, e una corona comitale in quello del marito... L'ho gia predicato dieci volte a tuo babbo, che noi non dovevamo capitare qua... e una in- delicatezza verso di noi. Pensare, che a calare lo staffone non vi e" un lacche in livrea, ma quel bastracone di Yito in giac- chetta di frustagno ! Gia, tuo padre certe sfumature di dignita non le intende, ci vuole noi donne. Noi non istiamo bene se non colle nostre pari.

IV I'KtMK E

10 smargiassate ridevasi iu cuor suo saporitamei ;i, nata bene quanto la zia, ma d'animo gentile e desto. E tanto piu le disapprovava nella zia, quanto cho non ignorava le stravaganze democratiche, da lei attinte a Berlino, per via d'una istitutrice russa, una vera nichilista quanto ce ntra. Per6 non peritavasi di aprirsi talvolta colla cuginetta Silvia, e dirle chiaro: Cotesto perpetuo rammaricare a voce bassa con noi, e poi colla brigata fare le inoino, io non lo ca- pisco. Non e un fare buon cuore contro avversa fortuna, a me pare una cosa die piz/ica di sleale e quasi d'ipocrito.

La contessa non metteva mai discorsi di argomento serio, di politica, di sociologia, come diceva essa e credeva fosse il suo forte; perche le sarebbe parso di cadere in bassa fortuna, ac- comunandosi a genterella, inetta a sollevarsi alle sue specola- zioni intedescate, e trinciare, com' essa sola sentivasi capace, gli ardui problemi della societa moderna. Pero gradiva i passeggi e le gite, per torsi alia necessita di barattare parole sconclu- sionate. £ basto che fosse conosciuta questa inclinazione, perche tutti concorressero a contentarla. Era posta la villa Boassa sopra la piu ariosa poppa d'una pendice corrente tra Moncalieri e Tro- farello, ma piu presso al priino che al secondo. Con una breve discesa di cinque niinuti la vettura incontrava le piu ampie strade che desiderare si potessero, e sempre tra vaste e rigo- gliose campagne, che era un riposo a spaziarvi col guardo.

Neila carrozza venivano le signore sole, perche il conte pre- feriva farsi quattro passi col suo ainico, fumando, e fermandosi ogni venti metri a spiegare qualche alto avvedimento di poli- tica, contro le pappolate dei giornali. II beH'Amedeo invece, quando non faceva da cocchiere (che era spesso), sedeva in serpe, collo schioppo tra le gambe, pronto a fare un bel colpo, ove un uccelletto frullasse tra le frasche, sopra tutto quando le donne scendevano un tratto, per isgranchirsi le gambe. Egli era il loro divertimento; di Silvia piu ctie d'ogni altro, la quale voleva ad ogni patto assuefarsi a sparare, e si becc6 piu d'una gotata dal calcio del fucile. Altre volte egli si faceva recare a pi& della discesa il suo mirabile velocipede, altissimo, scintillante di cento

I'.lc LA CONTESSA 1NTKFINA/10NALE

ininuti razzi d'acciaio brunito, che davauo la vista d'una im- mensa raggiera. Balzava sulla breve sella, serrava le cosce, come se inforcasse un cavallo brioso, e dato nel inanico, partiva come una saetta, tornava indietro e avanti, ancora che la carrozza fosse al trotto serrato, caracollava intorno, seguiva al fianco a guisa di cavaliere di sportello, gittando celie e frim alia co- mitiva, che era un' allegria a solo vederlo accostarsi. Di che la buona madre di lui andava tutta in giolito, e Silvia si sinaui- molava di risate e di compiacimento.

Una mattinata si era proposto di fare una scappata fino a Torino. La contessa (la pensata era sua) fece lo sforzo erculeo di trovarsi in acconcio di partire alle otto, e pose per condizione, che nou si trattasse di visitare musei, chiese, gallerie; si so- lamente di scarrozzare a grande agio. I babbi si lasciarono car- rucolare, e furon d'accordo: carta bianca ad Amedeo, guida e quartiermastro generale, purche pigliasse i suoi avvisi da poter desinare alle ore sei di sera alia villa. Amedeo ci si mise col- T arco della schiena. Fece scendere la brigata femminile dirim- petto al castello del Valentino, e passare il Po in nave. Toccata la riva torinese, fece alto al caffe del Q-iardino pubblico, dove ordino una lauta colozione, mentre gli uouiini colla loro vettura giravano sino al ponte di ferro, per venirli a raggiugnere. Si risall in carrozza, e Amedeo pretendeva che in quattro ore coin- pirebbe un pieno studio sull'aspetto esterno della citta.

Ma gia abbiamo visto aluieno alia sfaggita la citta di To- rino, osservarono le donne.

Non importa: non ne hanno concetto cosl chiaro e arti- stico, com'io pretendo di dar loro in mezza giornata.

Si mise nel gran viale Vittorio Emmanuele, che muove dal ponte di ferro, pretendendo che fosse il piu grandiose corso, alberato a quattro file di platani, che vantasse 1' Italia, e potrebbe servire alle corse degli elefanti che volessero zampeggiare tre chi- lometri in linea retta, tra due siparii incantevoli, i colli del Po, e le Alpi colle loro cime bianche, azzurre, merlettate. Ne con- venne la contessa agevolmente : Questo corso e mirabile, e non ha riscontro possibile al trove; ma se fosse un po'piu vario!

IV. I'HIMK x,;iMII,t.B

Ma rhr? a farlo apposta di getto non potrnbbe turnare pi'i 'Tii a me. Qui a sinistra ecco i giar- dini HI!.!. :;<•!. |»i rase, casoni, casini. chiese, dai lati e poi, qn-llo che passa tutto la stazione centrale che vi arriva giusto nel mez/.o.

Sf«Txd i cavalli, e giunse alia stazionn. Questo solo pimto ha tutte le varieta possibili e impossibili: la stazione, ediftcio immense, che viene ad assi tarsi in mezzo alia citta, tra due piazze a grandi palagi; la sua facciata col portico e il vorticoso iture e di pedoni che 1'avviva; dinanzi un'altra piazza siminetrica a pennello, ingiardinata, col portico attorno, e la fun- tana nel mezzo, e la in fondo la grande via Xnom, che fugge iosa ed animata di popolo, traversa due piazze mirabili, e va ad iiuboccare, dopo un lungo chilometro di corsa, il portone del palHzzo reale.

Le signore diedero un monte di ragione al cicerone oratore. Ma Aiuedeo, che da innamorato della sua citta, voleva al tutto pnrgarla dall'adJebito di monotonia, incalzd: Ed ora segui- tiamo Taltra meta del corso: e tutta contrast! a grande arte inventati. Dapprima questo tratto fiancheggiato di palazzoni da giganti, e poi a destra (e metteva i cavalli al passo) a destra una serie di casamenti, impareggiabili di sontuosita; a sinistra a fronti'ggiar quei colossi un quaranta o cin^uanta villette e casine, gittate in grazioso disordine tra i giardinetti, ora ricche, ora semplici, ora severe, ora capricciose. 0 dov'e il luogo della monotonia?

Amedeo accortosi che le signore entravano pill che mai nel suo concetto, non voile stravincere, e muto registro : Del resto convien confessare che qui si bada ancora piu al buono che al bello...

E sta bene, disse la signora Boasso, che pochissimo parlava.

In questo lato di Torino si 6 fabbricato la bagattella di ire o quattro chilometri di portici. Cominciano a fianco della sla- zione, seguono questo corso e arrivano sine a circondare la piazza dello Statute, la verso porta Susa. E tutto, gia s'intende, a grande conforto dei poveri vecchi nei dl piovosi, a beatitudii e delle balie, delle bambinaie, delle ffovernanti...

S«rie V/7. .-..t. VI. /en.-. 81^ il j»-i

194 LA CONTESSA INTKRXAZIONALE

Eh via, interruppe la contessa, piacerebbero anche a me...

Niente di piu facile, contessa, ripigli& tutto arzillo Amedeo, niente di piu facile che avere questi portici, ed anche quei di via di Po, e tutti gli altri : basta venire a passar 1' inverno o almeno il carnevale a Torino. Capisco bene che cambiare il car- nevalone.di Milano col carnevalino di Torino, sarebbe un mal baratto; ma ci guadagnereste voi i portici, io le vostre gemrae qu\ (e accennava le fanciulle, specie Silvia)... E per me 1'incon- trarvi sotto i portici li fara parere piu splendidi Tun cento.

Voi parlate benissimo, ma... ma... ci sono tanti ma.

Ma voi, contessa, potete tutti soffiarli via con una parola. Basta, ora tiriamo innanzi, vo' stare al programma.

Bada alle ore, gli rammento la madre, alle sei vogliamo essere di ritorno.

Non dubitate, mamma : far& prodigi di celerita e di esat- tezza. Me T ha raccomandato anche babbo... A proposito, io non veggo piu la loro vettura. 0 che sieno tornati indietro?

No no, sono andati ad aspettarci al caffe presso il ponte di Po, per accompagnarsi con noi, quando passeremo di la.

Benone! Ora a noi, piazze e strade. Mise i cavalli verso porta Susa, ed entrando nella piazza dello Statute: Questa, se volete saperlo, misura 360 metri in lungo sopra 71 di largo, e piu smisurata sara quando avra finito di spiegare le grandi aii, ad abbracciare la stazione della ferrovia di Rivoli: in mezzo avra giardino e un monumento a ricordo del traforo del Mon- cenisio.

Mentre le signore si esaltavano sulla bellezza dei porticati, della euritinia, del prospetto, Amedeo gia le aveva condotte alia piazza Emmanuel Filiberto, passando per quella detta Paesana; e spingeva di carriera a quella di Solferino, e poi a quella di S. Carlo simile ad un ricco salone da festino; tutte vaste re- golari, simmetriche, adorne di monumenti o di verzure. E la contessa: Ora mi formo concetto di queste piazze, che non hanno rivali fuorche S. Marco a Venezia e S. Pietro a Roma...

E delle vie, no? La Dora Grossa che abbiamo percorso un tratto, corre un lungo chilometro. Pare un po' stretta, ma ell' ha

l\

11 mi-id «li lurgo, sei carrozze vi possono camminare di fr-uit.'. Pi A lunga assai e quella di vsa, cho ci passa dinan/

non men larga. £ noi la percorreremo sino a pia^a Carlo Em-

•niele...

Hi la, corse a gran trotto alia piazza Casteilo, e grid6: Lunga _••" iiH'tri, larga 168. Sei grand i strode vi inettono capo, venendo dalle barriere. Qua fanno capo un esercito di omnibus e di tramvai a cavalli e a vapore ...

Come sulla piazza del Duomo a Milano, osservfc Silvia. - SigDorina, si, appuato appimto. h* quello che sono la i

portioi de'fianchi, lo sono questi che girano tutto iutorno, un euiporio di lusso e di galauteria.

L'emporio, osservo la contessa, la e piuttosto la galleria...

Quella galleria, disse Amedeo, e la mia iiividia; ne ab- biaino alcune qui, ce n'e altrove fuor d' Italia: ma quella di Mi- lano e la regina di tutte, se le lascia tutte addietro e di gran tratto... Sjnto anch'io ci6 cbe inunca a Torino: che serve alzare la cresta, e farsi compatire? Qui non abbiamo chiese: Eoiua, Milano, Firenze, Siena, Orvieto, Venezia, Genova, Palermo, mo- strano i piu bei templi della cristianita, di cui non abbiamo in Torino quasi mil la al confronts. Palazzi non ci mancano, il Ma- dama, il Carignano, e piu altri: ma non arrivano al Palazzo reale di Napoli, al Farnese di Roma, al Pitti, allo Strozzi, al Hiccardi di Firenze, agli otto o died colossi di Genova, ai mi- racolosi del Canal grande di Yenezia. Che volete? questo e un paese di soldati, di matematici, di gente nuova, che piu tira aU'industria che allo belle arti.

Se ne fabbricheranno, disse la contessa: le belle arti souo ora fiorenti in Torino: tutto quello che ora vi si fabbrica, e or- nato, e splendido...

Ci ho poca speranza: forse qualcosa faranno ancora i mu- nicipii, che spendono della borsa altrui : ma i privati, non credo... II nostro Cod ice sta contro i palazzi. Levati i maggiorasc^ti, ciascun padre di famiglia pensa a lasciare ai figli fior di quat- trini, e non un palazzo che frutta solo tasse spropositate...

Naturaliuente la contessa entrd qui a dir le sette peste dei

1% LA CONTESSA INTKnNAZIONALE

maggiorascati, e perfino del diritto di testare, che teoricameDte (in pratica era tutt' altro) essa condannava, come un rimasnglio di barbarie antica e di medio evo. Amedeo da bravo avvocato in erba e cristiano si schermiva il meglio che sapesse, ma con troppo svantaggio, poich& non voleva cantare qnattro verita osti- che alia contessa radicale, come ne sentiva il prurito. Fortuna- tamente scappo fuori Severina che aveva un po'viaggiato in Italia ; e vedeva con dispiacere scaldarsi i ferri : lo vorrei che almeno si terminassero con graudezza i lungarni...

0 si, fece plauso la Silvia che non capiva gran fatto nei lungarni, un lungarno manca a Torino...

Sara la mia proposta, le rispose Amedeo sorridendo, quando sar6 consigliere municipale, e unicamente per far piacere a voit signorina : ve lo prometto. Ma prima ancora, ci prenderemo gusto di cambiare il nome del Po, perche un lungarno lungo il Po, farebbe ridere grilletterati.

E Severiua che cap! la celia, disse : Ho inteso proporre il nome di Lungheridano alle rive fabbricate...

Non ho obbiezioni contro il padre Eridano, n& contro i lungheridani: vi do il mio voto. Ma il vero nome 1'avete pro- nunziato voi, signorina, senza pensarvi. Riva, e il stio, e clas- sico, e storico, storico quanto la Riva degli Schiavoni, la Riva del carbone, e le altre rive di Venezia. Dove che lungarno, e un nome, che a levarlo dalle rive dell'Arno, dice subito una bugia. Mi contenterei per Torino di una bella Riva, bene acca- sata, alberata, come quel tratto che gia ci e, e il Municipio pensa a prolungare. La chiamino poi Riva di Po, Lungofiume, Lun- gheridano, per me e tutt'uno, purche piaccia alle signorine let- terate. Se poi le fabbriche venissero proprio a incontrarsi colle acque. perch6 non chiamarle Fonda menta, come a Venezia? Se vi si aggiungono costruzioni massicciate, con paramento di pietra viva, abbiamo la voce Molo ; vogliono moltiplicarvi i comodi per Tapprodo e per la navigazione? e bene le chiamino Calate, Scali, Porti, Banchine, Ponti: tutta roba nostrana e in uso a Genova, a Livorno, e per tutto alle sponde del mare.

1 'isse la conk-ssa: lasciarao prima nas

\ e poi peiis».'remo a battezzarla a modo vostro.

K la signora Caterina: Tu hai una gran parlantina, uia li dimi-ntichi di con-lurci al ponte di Po, che e gia fabbricat un pezzo e batezato. Sai che i nostri uoniini ci aspettano la.

Am-- !•••>, rispose coll'allungare una frustata ai cavalli, e di- cendo: .Mamma, vi andiamo di vulo: non vedeM ,. boccando la via di Po, annunzi&, facendo il verso dei ciceron piazza: Signori, e lunga 700 metri, larga 12, swza conta^ i portici correnti ai lati, che danno altri otto o dieci metri di piu ai pedoni. Comprendendovi i porticati di piazza Castello e quell i di piazza Vittorio Emmanuele, che sono tutti congiunti, si ha un passeggio coperto di circa tre chilometri...

Eh veramente qui bisogna far di capp^llo, disse la r.on; che le chiacchiere di Amedeo aveano assai bene ammorbidita. Vi sono stata una volta con dei forestieri; e tutti n'erano estatici di maravii;lia. Che delizia pei passeggiatori !... In mezzo a questo sfoggio di caffe, di maga/zini, di botteghe, di popolo affaccendato, di signoria in gala!... E con in fondo quella piazza...

Lunga 324 metri, iuterruppe subito il cicerone, e larga 100. La contessa Aldegonda continu6: e di la dalla piaz/c;i I

panorama dei poggi, delle ville, dei monuraenti... Ve-ii via di Pi>, e poi mori!

La buona mamma signora Catorina trionfava di gioia in v> che finalmonte la contessa si snodava un pochino, e Amede aveva trovato il manico. Silvia aperse nn poco il cuore, e si l;i sfuggire: Tante volte avevo passoggiato questo luogo, quan'l'ero in collegio, e non mai T avevo ammirato come ora che ci con- duce il signor Amedeo!

In sulla piazza scesero tutti a piedi, e si avviarono al di Po, e ne levarono il conte della Pineta e il signor Boasso; avevano schivata la noia di scarrozzare a zonzo per Torino, e aspettavano la loro brigata, ragionando e stappando qualchd ' tiglia di birra, ma piu ragionando. Amedeo, com'ebbe riiu. in carrozza le signore, si ferm6 alTimboccatura del ponte, e qui sfoderd tutte le armi della sua eloquenza, brucio le ultimo car-

I'.tS LA CONTESSA 1MERNAZIONALE - IV. PKIME SCINTILLE

tucce di rispetto. Di Torino non si e visto uulla sin qni, diceva egli, abbiamo fatto un semplice studio stradaiuolo e piu/- zaiuolo. Per compirlo e al tutto necessario salire colassti, a So- perga... fi la piu bella gita, la piu varia, la piu dilettevole... Chi non ci e stato, non ha visto Torino, non ha visto nulla di bello ul mondo... La signora Boasso approvava di lungo, e rinfinn- cava cortesemente 1'invito. Ma la contessa, immemore di averne quasi dato parola, si contendeva: voleva farla cascare daU'alto. E Amedeo stringere: E poi avete quasi quasi promessa la grazia fin dal primo giorno... Non vorrei, s'intende, 6 evident?, mai e poi raui con vostro incommodo, Dio guardi !... Ma...

Severina intanto guatava negli occhi la contessa zia, per in- dovinare che parte ella stessa dovesse fare. Ma Silvia non si tenne: Mamma, in due anni di collegio ho udito cento volte parlare di Soperga... bisogna che la vediarao, priraa di tornare :i Milano. Una occasione si bella !... con si buona compagnia ! - E gli occhi le si volsero per istinto ad Amedeo. Fortuna, che non se n' avvide la contessa, che pur la teneva d1 occhio, gelosamente. Non poteva essa piu contrastare ; e sebbene le scottava che sua tfglia si mostrasse corriva ad accettare i favori altrui, pure si Iasci6 vincere. E bene, poichd volete, signora Caterina, dis»- giarvi per noi, e noi useremo e abuseremo...

Non c'6 abusi, interruppe la signora Caterina, non ci eabusi davvero; anzi, ci fate un piacerone, a tutti quanti... solo che fissiate il giorno a vostro commodo...

Ma che? tocca a voi, signora.

Anzi a voi, contessa.

Basta, c' intendereino.

La grazia era fatta. Non dispiaceva punto questo svago alia Severina. Ma Silvia ne menava una galloria pazza, da farsi scor- gere a un cieco. La contessa quasi si pentiva della soverchia r ondiscendenza. Ma come ritirare la parola data ? Certainente poi data non 1'avrebbe, e data ancora, avrebbela disdetta, se avesse allora potuto indovinare i discorsi, passati quel giorno tra il pidre di Amedeo e il padre di Silvia.

RIVISTA IIEI.I.A STAMI'A ITALIAXA

I.

Esamc critico del Sistema filologico e linguistico^ applicato alia ^f^toloffia e alia Scienza delle Religioni, pel P. CBSABB A. DK CARA d. C. d. G. Prato, tipografia Giachetti, 1884. Un Vol. in grande, di pagg. 415.

Grand! sono i progress! che lo studio delle lingue e venuto facendo da un secolo e mezzo in qua; cioe da quando il Leibnitz ne ebbe segnata la diritta via, e sulle orme di quel somino una illustre schiera di valentuoraini, come Federico Schlegel, 1'Herder, 1'Hervas, 1'Adelung, il Vater, il Bopp, il Grimm, il Burnouf e tanti altri fino ai dl nostri, si diedero a coltivare con ardore cosiffatto studio. Contuttoci6 una Scienza del linguaggio pro- priamente delta non si e per anco ottenuta. Si e bensl raccolto un tesoro immenso di notizie intorno ai fatti e alle leggi special! di un numero tragrande d'idiomi, e coll'analisi e comparaziono delle diverse lingue e fainiglie di lingue tra loro, si sono dati gran pass! verso la sintesi scientifica dell'umano linguaggio: ma siamo tuttavia ben lungi dal possedere cotal sintesi. < Una scienza del linguaggio vera e perfetta, un complesso cioe di principii certi ed inconcussi, pei quali tutti i problem! che presenta 1'umano linguaggio in s& e nel suo storico svolgimento restino con certezza sciolti e dimostrati, non esiste ancora, > dice il De Cara ' : e ne cita in pruova le confession! stesse dell' americano Whitney, ce- lobre indianista, e le gravi discordie che intorno ai principii medesimi della scienza ardono tlittora nel campo dei glottologi.

La Linguistica aiunque e oggidl una scienza (se pur tal nome le si vuol concedere) ancor bambina e balbettante, o almen fun- ciulla; ne dovrebbe quindi partirs! dalla tlmida modestia che a tal eta si conviene. Ma pur troppo ella fa gia la superbetta,

1 I'ag. 1!».

RIVISTA

recall losi in contegno quasiche di inatrona, e sta sulle pretension! e presume di dettar leggi e oracoli, e non si perita, cosi piccina com'e, di metter la lingua anche in cielo. Faor di figura, si e abusato e si abusa da inolti della Lioguistica, pretendendo di spiegar con essa ogni cosa; ed in ispecie i moderni razioualisti si son fatti di lei un'arina per coinbattere il Soprannaturale, la Kivelazione, la Religione cristiana, che vorrebbero storminar dal inondo.

Ora lo scopo del ch. De Cara e appunto di rompere in mano a0-li avversarii del Cristianesirao cotest' arina, mostrando coine i suoi col pi vadano tutti in fallo. Perci6 egli imprende a fare un accurate Esame critiqo del Sistema filologico e llngiiistico> quale oggidl va per le bocche dei dotti. Ma questo Sistema po- tendosi considerar doppiainente, cioe o in s6 medesiino, vale a dire nell'obbietto suo formale e ne'suoi principH, ovvero nelle sue applicazioni ed effetti; 1'Autore, riserbandosi a trattare in altro volume il primo rispetto, nel presente si occupa del secondo: egli esamina cio& il Sistema, in quanto viene applicato alia Mi- tologia edalla Scienzadelle Religioni: nella quale applicazione sta appunto il capitale abuso che si e" fatto della Linguistica e della Filologia. Imperocche collo studio delle favelle i razionalisti, spiegando a modo loro i miti delle antichissiuie genti pagane, ban cercato di dare un'origine ineramente umana a tutte le cre- denze religiose, con escludere ogni divina rivelazione; e nella Bibbia stessa non veggon quasi altro che miti ; e i dommi in essa contenuti, dicon derivati dalle religioni dell' India, deU'Egitto, della Persia, della Caldea.

L'iinpresa del De Cara e ardua e ardita: non gia che sia gran fatto per se malagevole lo scoprire e ribattere gli errori degli avversarii, sopratutto chi sia ben fornito, come e il nostro Autore, di sodi principii in filosofia e teologia e di vigorosa logica: ma bensi, e per la vastita del campo che tal impresa abbraccia, e per 1'ampio corredo di erudizioni e letture d'ogni fatta che ella esige, e per la moltitudine e qualita dei nemici che si ban da coinbattere, e finalmente per la novita stessa dell' impresa, non prima da altri tentata. Conciossiache si ban sibbene, qua e la, nei libri di apologisti cattolici belle pagine, ove fra gli altri

con!' •• gli ari. Ma liriL- l-i

•vl.'hri tuttavia le !•

il Cardinal Wiseman: ma niim autore cattolico, che sap-

;o, ha finora preso ad esaminare ex professo tutto il 9 dflla moderna filologia, e a dimostrare la mala pruova ch>-

-•iNtira ha fatta ne^campo della .Mit<>logia e della Sci«' delle religioni, e massimamente della religione giudaico cristi l/.Vutore ha dunque dovuto aprirsi quasi tutto da se la v sobbarcarsi il primo a dissodare un terreno, stato fino a ieri ; iiieu cha vergiue. La qual fatica, se sarebbe stata gravosa un o 30 anni fa, lo e assai pin al dl d'oggi ; atteso che da indi in qua nuovi e piu larghi studii hanno moltiplicate oltre nuinero le opinion! e i sistemi, ed e cresciuta a disraisura la farra^in del libri, periodici, riviste, giornali, e d'ogni guisa pubblicazioni sopra la lingnistica, quasi tutte in iiiioma straniero e per lo pin tedesco, ne seinpre facili a trovarsi sulle piazza librarie, eppur necessarie ad aversi alia mano, affin di conoscere appieno il tenn. e star di paro in corso con tutti gli studii piu recenti.

Mu il Da Cara ha vinto tutte le difficolta; e che egli fos?*? tioiuo da tanto, aveane gia dato una bella pruora col Say</i<> tico sopra gli Errori mitologici del Prof. Angela de Gnln-rn<i nscito alia luce nel 1883: che fu come il foriero del presents

inn*, n-itico. Ne dubitiam punto che i plausi, fatti a qn*-! Saggio da uomioi dottissimi ', non siano per rinnovarsi, anco maggiori, all'odierno Esame, per mole e per importan/A di tanto pill ragguardevole. Anzi gia ne abbiamo uu'arra, nelTelogio che i* Academy di Londra, che suol essere la prima ad anmmciare nt'l mondo letterario dei due emisferi le opere di qualche prc ha teste pubblicato nel suo numero settimanaledegli 8 marxo 1> * O^gidl (ella dice), che alcuni dei principii fon.lamentali della scienza della mitologia e della religione sono stati si vivaiuento discussi, il libro del P. Cesare De Cara, Esame critico ecc., sara

si IP r^wnsioni chc nc pulihlicarono, la Controversy dH 1 oltol.r il Miwnn nH n. 3 <lcl T. II, il Franrais d.-l '1(\ nn Gli $tudii in Italii

•1-1 ilioi'iiiliri' ixs:!, Ic Stimmen «ns Mtiria-Isvich »1HI' oltohro I88H: rfCPnsMirr, ri<|>"tiivam<»ntc dal DE HAULE/, <lul VAN DEN UHKYN, dd! l.ill1 \\tu.i

RIVISTA

letto con singolare interesse. Si vuol bensl tener conto della stretta ortodossia che egli professa (notisi che 1' Academy 6 protestante) : ma ci6 non detrae nulla all'utilita del libro, in quanto e storia imparziale di tutti i lavori, che sono stati fin qui eseguiti da serii cultori in quest! nuovi cainpi di ricerche. >

Ora, per dare qui al nostro lettore una sominaria contezza della tessitura e contenenza dell' Opera del De Cara: ella e tutta distri- buita in 70 capitoletti, con in fronte a ciascuno il proprio titolo, che ne spiega in poche linee 1'argomento. Nei priori VII capit»li, che servon come d' Introduzione, si parla degli studii linguistic! in genere, dei loro progress! fino ai presente, del vero e utile ttolo di condurli; si tocca della controversia sopra il Semitismo etrusco dibattuta tra il P. Tarquini (poscia Cardinale) e 1'Ascoli; e si rilevano parecchi errori ed esorbitanze del Delatre, del Van- nucci, del Risi, del De la Calle, del Lignana, e sopra tutto le madornali ciurmerie del Jacolliot. Entra quindi T Autore a trat- tare dello Studio della Mitologia dull' antichita sino a noi, e ad esporre e discutere i diversi sistemi inventati a interprdare i miti e lefavole degli antichissimi popoli (capitoli VIII-XXV). In questa dotta rassegna si veggono sehierate per ordine tutte le opinioni che ebbero corso finqui in tal materia; dai piu antichi Greci, Senofane, Eraclito, Platone, Epicuro, Protagora, Eschilo, Euripide, Pindaro, e dai dottissimi fra i Romani, Varrone e Ci- cerone, venendo gift a traverso i secoli fino al nostro. II sistema storico di Eveinero, il sistema allegorico, il metafisico, il flsico, il morale, il simbolico, tutti 'vi son rappresentati e descritti ; in fino all' ultimo e modernissimo, che chiamasi sistema filologico, pe- rocch& dai linguaggio in genere e dalla filologia coinparata degli idiomi indo-europei in ispecie, trae la spiegazione dei Yetusti miti; e suddividesi egli medesimo in piti sistemi, ossiano varieta, come il sistema solar e di Max Mttller, il meteorologico di Adal- berto Kuhn, il misto del Sayce, il psicologico del Fiske, Cottico o iconologico del Clermont Ganneau. E come dei sistemi antichi il De Cara, librandone il vario valore, non lascia di accennare qua e cola i difetti ; cosl, ma piu ampiamente nel sistema filo- logico, che oggidl tiene il campo, egli s' iutrattiene a mostrarne T imbecillita, mettendone a nudo le gravi pecche, i falsi supposti

da cui parte. [pi \ gli abusi e le

stravaganze a cui conduce.

» cio, egli passa a dibattere la gran quistione della M

(i/>]>/ii-'iffi d/l'o /ioni ed a confutare

cho i moderoi mitologi rationalist! tengono per assioma indubi- tato e indubitabita '

da mi niito. Nella qual polemic*, die assorbe gran parte del libro (••apitoli XXVI-XLIY), e noi non possiarno toccar che di \ 1'Autore chiamate priinameute ad esaiue le varie religioni degli antichi, dimostra quanto male a ciascuna si addica rorigino mi- tologica che lore vorrebbesi assegnare ; ma soprattutto si adopera a combattere 1'applicazione del sistema mitico alia religion ri- velata, cio£ alia giu-laico-cristiana, rilevando i sofismi e le as- surdita dei rationalist! e della lor critica storica, nelle applica- ii cbe ne fanno alia scienxa delle religioni, e singolarmente all' inter pretazion della Bibbia, dove non trovano che rniti, leg- gende, fa vole, romanzi, errori ed assurJi; e nei ridicoli sforxi che impiegano per ispiegare naturaliiientc il soprannaturale, per derivare da meri istinti ed impression! fisiche il monoteismo gitidaico, e simili altre stoltizie. Infine il De Cara precede a<l oppuguare Taltro capitalissimo errore dei ra/aonalisti che preten- dono: i dommi, le tralizioni, i riti giadeo-cristiani essere derivati dalle antiche religioni dell'Egitto, della Babilonia, dell' India, della Persia (capit. XLV-LXX). Messe pertanto a confronto la vera colle quattro piu celebri religioni false dell'autichita, ei fa toccare con mano quanto sia falso ed impossibile, o si risguardi la ragion del tempo, o la natura stessa delle credenze religiose, il supporre che la prima abbia da veruna delle seconde tolto nulla in prestanza. Nella qual disamina, degne singolarmente di attenzione sono le due magistral! trattazioni, 1' ana sopra il / >• roastrismo o Mazdeismo degli antichi Persian!, Taltra sopra il Buddhismo degl' Indo-Cinesi, colle quili si conchiude il libro.

Tall sono in succinto i punti capital! dell'opera del De Cara; intorno a! quail ei raccoglie inoltre ed opportunamente intrec- cia una moltitiidine di altre question! secondarie, e una dovizia di dotte e pellegrine curiosita, di cui troppo lungo sarebbe il far qui Tanalisi.

504 RIVISTA

Ora nello svolgere cosl Tasto tema, e nel diboscare rimmane selva di errori che la falsa scienza e 1'empieta razionalistica vi h;i acemnulati, il nostro Autore non si tien gia pago ad arineg- giare. rolle sole idee in astratto, stando in sulle generali ; ma viene al concrete e al positive; cita fedelmente le opere, le disser- tazioni, gli articoli di giornali scientifici o letterarii, ove le varie opinion! e dottrine si leggono esposte; ne recita i passi piu no- tevoli; ne discute il pro e il contra, e dopo un ragionato esame, prommcia sentenza. Quanto poi agli autori che ad ogni tratto vengono in iscena, essi sono un popolo: tntti personaggi per di- versi rispetti, piu o men celebri, e tutti dal De Cara rappre- sentati nel vero lor sembiante e trattati secondo che al diverso lor merito si conviene.

Ivi si veggono far nobil mostra di s6 i grandi maestri, come il De Harlez, il Earth, il Bergaigne, Max Muller, il Lenor- inant, TOppert, il Sayce, il De Rouge", il Lepage Eenouf, il De- litzsch, il Tiele, il Whitney, 1'Ascoli, e piu altri famosi nelle moderne discipline della giottologia e dellafilologia indo-europea, indianisti, eranisti, egittologi, assiriologi, seinitisti ecc. delle cui dotte scritture ed antorita il De Cara largamente si giova ad il- lustrare ed a corroborare le proprie sentenze. Con tutta per6 la riverenza e stiina che giustamente ei lor professa, non e" gia che, allorqnando gli accada di trovare alcua d'essi in fallo, egli punto si periti di censurarlo. Cosi nel Lenormant egli loda la vastissima dottrina e la franca professione del cattolicismo, ma nnn tralascia di rilevare al tempo stesso e correggere (capi- toli XXXV-XXXVII, XLVIII) le troppo ardite licenze che ei talora si prende nell'esegesi biblica, e confutare certe strane opinioui da lui espresse nelle Origines de Vhistoire. Parimente, del rinomato Professore di Oxford, Max Muller, egli celebra il « robn^to ed alto ingegno, la splendida fantasia, 1' erudizione molteplice e la dottrina filologica incomparabile > ; ma riprende altresi gli < erronei ed avventati giudizii che la falsa confessione (protestantica) in che nacqne, adombrandogli talor I1 intelletto, gli suggerisce intorno al Cattolicismo e a'suoi dommi >, e pone in rilie'vo i difetti delle sue svariate e dotte opere, tra i qnali il precipno si e « la debolezza e instabilita dei principii gene-

! LA STAMPA II

orvle muovt1, o P«T mi <• -ataraente condotto a contrad-

dmimi j.alp.-itiili con se stesso e con la sua dottrina > (capi-

v. \ \XI). E del Ti ile, professor* a [*] la. iiM-ntre

sono enconiiate la soda scien/a, la sana critica, e la scelta eru-

di/ione di alcuni egregi suoi lavori, uon si perdona tnttavia dal

De Cara alle sciocchezze che al trove spaccia, e che appcna cre-

bbonsi parto del medesimo cervello (cap. XXIII, XXXII).

Ma con maggior liberta precede il nostro Critico, quando gli vengono alle mani certi autori, e sono i pi ft, di seconda e ter/a e pift gift fino aU'infiina sfera; nei quali ai pregi d'una dot- trina ed ingegno qualsiasi prevale di troppo la leggerezza, la t< merita, la stravaganza, la falsita e Tassurdita ben anco delle opinioni che sciorinano al sole. Qui egli non usa pift troppi ri- guardi, e mena a tondo largamente la sferza, a flagellare non gia le persone del malcapitati scrittori, ma i vizi dei loro scritti, vi/.i ch'ei mette a nudo, spogliandoli dei sofistici orpelli messi loro attorno dai babbi, e che espone qnindi senza pieta alia berlina dinanzi al colto pubblico. Nel che fare e bello il vedere con che dignitosa gravita procede il De Cara, senza uscir niai dei termini del su > pacato e nobile stile, nd dalla quiete della sua olimpica serenita, comportandosi non come un lottatore che nell'arena s'avventa e stringe addosso all'avversario, ma come un gindice che dalla sua scranna sentenzia un reo.

Leggasi, ad esempio, il capitolo VII, intitolato Dd ciarlafa- nismo in linguistica, e tutto consecrato alle glorie di Luigi Jacolliot, e de'suoi libri La Bibbia neU India, e Legislatori r- lif/iosi, Mosd, Manu, Maometfo. Ivi, dopo convinto il Jacol- liot di plagiario sfacciato, si fa una buona rassegna degli stra- falcioni pift enormi ond'egli ha ingemmato le sue opere, nelle quali la filologia, la linguistica, 1'etnografia, la storia e la lo- gic* si veggono orribilmente ma^menate; e dove all'ignoranza maravigliosa e alia sfrontata impostura va di paro 1'orgoglio in- credibile con cui egli dispregia e calpesta anche i sommi maestri di lettt»re orientali; tutto cio non per altro scopo che per quello, da lui medesimo apertamente professato, di mostrar bugiarda la trailix.ione e la rivelazion mosaica, e di persuadere i citrulli, che il Cristianesiuio non e che una derirazione del Brahmanismo. Un

RIVISTA

altro gran ciarlatano, avvegnach& di gran lunga piu raffinato e scaltro, 6 il Renan, che tra i barbassori dell'orientalismo a Pa- rigi snole andar per la maggiore. II De Cara, nei quattro capi- toli (XL-XLIII) che sopra di lui spende, ce ne colorisce nn vivo ritratto, dove le qualita dell'animo e dell'ingegno, ed il valore nella scienza orientale e nella critica storica, del celebre sofista, dell'elegante carapione del razionalismo, sono estimati al giusto lor peso; ed il saggio che ivi si da delle sue contra Idi- zioui, delle falsita sinaccate, delle imperdonabili ignoranze, dei con- tinui paralogismi mostra abbastanza qaanto sien fiacche e im- potenti le armi da lui adoperate a combattere il soprannaturale, e la Bibbia e il Cristianesiino. Dopo il Renan, passa sotto la sferza del De Cara il nostro De Gubernatis (cap. XLIV): e Jion potea fallire che in questo Esame critico si facesse, tra i ciur- madori della scienza, onorevol menzione anche del celebre raito- inane italiano. Ma siccorae ei tocc6 gia nel Sayyio critico sopra ricordato la solenne vapulazione che tutti sanno, e ne porta ancor fresche le ferite ; qui il De Cara si contenta di dargli una pas- Si'ggera e lieve castigatoia, e di rilevar 1'accoglienza che sortl nel mondo scientifico il suo sisteina mitologico e le balzane applicazioni da lui fattene alia religione giudaico-cristiana, 1'uno e le altre derise a pieno coro « come sogni di visionario da tntti gli Orientalisti e mitologi piu celebri della dotta Europa. >

Ma troppo lungo sarebbe il metter qui in processione tutti gli autori, che nel suo Esame il DJ Cara chiama 1' un dopo 1'altro a sindacato, e dire con che garbo ei rivede loro le bucce, mettendone gli spropositi in tal evidenza, che non rimane replica. UQ arguto e celebre letterato fiorentino, il P. Mauro Ricci, scrivea poc'anzi nel Giorno di Firenze, del marzo 1884: <c Non vediamo che cosa possan dire in risposta il De la Calle, il Risi, il Jacolliot, il Tiele, il Vernes, il Lignana, il Renan, il De Gubernatis, lo Zorli, il Gener, il Br6al, il Marius, il Mariette-bey e tutti gli altri professoroni che il bravo De Cara va a cercare per tutto il mondo, e con la sua molta dottrina raggiunge in tutte le lingue. E fattili venire davanti a se, scopre le loro magagne, contentan- dosi di gastigarli con un po'di vergogna, se hanno mancato per umana fragilita; strappando, per dirlo con Orazio, la pelle nitidus

DKLLA STAMPA ITALIA

cho

dellu filologiae della linguistica banao fatto una setta per dare addosso ul CrUtuuk'siui'*, non una scuola per crescere 1'utilita e la gloria ili MI nubili studii. »

CoDchiudiamo. L'opera del P. De Cara 6 non solo una 9i come la chiama r.l--./-/. /////, di tutti i lavori com; tisi fin qui nel vasto campo della linguistica e ftlologia, applicata alle origini dei miti e dello religion!, e come uno specchio fedele di tutta la dottrina inoderna in questo genere di discipliiio, ma e al tempo stesso uua sulida e trionfaute confutaxione di tutti gli errori che in tale argomento si sono spacciati e si vanno spacciando tuttora, a danno della vera scienza e sopratutto della vera religione. Laonde, se per Tuna parte il dotto Autore si d reso altamente benemerito della scienza, e ha diritto ai plausi dei sincori di lei amatori; per 1'altra gli si addice pure il bel titolo di apologista insigne del Cristianesiuio, e di apologista opportu- nissimo ai tempi che corrono, nei qnali dalla lingdstica appuuto e dalla initologia i ra/ionalisti traggono le obbie/ioni piu spe- ciose contro le dottrine rivelate. Perci6 il suo libro si racco- manda per s& inedesimo ed ai filologi, qualunque sia la lor pro- fessione religiosa, ed a tutti i cattolici, gelosi della lor fede; e fra questi in modo singolare ai cherici, i quali dorendo per lor vocazione essere maestri e difensori della verit& rivelata contro i sempre nuovi attacchi, mossile contro dagl' increduli in nome d'una scienza fallace, troveranno nelle pagine del De Cara pronto alia mano tutte le ariui con cui combattere vittoriosamente i no- vissinii errori del'a incredulita inoderna.

II.

r<tl>u e //••, ossia le teoriche diJConciliazione politico-reliyi per GAETAXO Zocciu S. I. Roma, Tipografia A. B^faui, via Celsa G, 7, b, 1684.

L'Autore di questo pregevolissiino lavoro ha ben ragione di dire che la questione del Potere teinporale non invecchia mai, fid 6 seinpre di moda, perch6 a siffatta questione si legano gl' in-

RI VISTA

toressi pi ft vitali del Cristianesimo cattolico, come a dire ik-lla sola Reli^ione vera di cui i destini sono imperituri. In quella guisa pertanto, che s'ingannavano coloro che creJevanla sciolta e fiuita a colpi di cannoue; cosl versano in grandissimo inganno anche coloro, i qnali sperano dal tempo che non ci si pensi piu o cada in un profondo oblio. Per convincersi infatti che codesto probleina, il pift grande del secolo, torna seinpre a galla e mo- stra di non essere ancora defioitivatnente e iinpreteribilmente sciolto, il ch. Autore dice : « Ad ogni tratto si inostra un lato nuovo, non mai previsto del la questione apertasi ii 20 settein- brc 1870 insieme colla famosa breccia; e tutti coloro che non son ciechi veggono, come i provvedimenti presi non bastano, le guarentige date sono insufficient!, la via scelta e falsa; assurda e seminario d' infinite assurdita, teoriche e pratiche, la condizione in cui lo Stato s'd posto rispetto al Vaticano e ha ridotto il Va- ticano riguardo a se. > Sta qui tutto il bandolo dell'arruffata ma- tassa, che le dodici fatiche d'Ercole non varrebbero a dipanare. Infatti, han torto i liberali di dedurre dal fatto dell'/lalta Nuova, insediata in Roma sulle ruine della potesta temporale dei Papi, che gl' Italiani cattolici aspettano iudarno la rivendicazione delle f/iustizie di san Pittro ; avvegnache altro non ci fosse che la condizione instabile e vacillaote della Nuova Italia, basterebbe questa sola a dimostrare che i cattolici hanno ogni motivo di aspettare. Posto cio I1 Autore afferina, che la questione del potere temporale dei Papi e viva ed aperta in dritto non solo, ma auche itiifattO) e move a dimostrarlo con tal vigoria di ragionameuto e con tanta copia de'fatti desunti dalla storia, che bisogna avere perduto il ben deH'intelletto per sostenere il contrario. Esclude innanzi tutto T idea che la Provvidenza abbia con volonta di be- neplacito consentito lo spogliamento del Papa e Tinsediainento della Nuova Italia in Roma. Le ragioni che egli adduce sono vit- toriose, e degne di un pensatore profondo, e tutte ci paiono com- pendiate in queste bellissime parole: < fi turpissima specie di « sofistica liberale il fare devotamente complice la Provvidenza « diviua delle opere di Sataua e dei suoi seguaci. Che auzi col- * 1'aiuto di una verace induzione storica e dei luini che ne ven- « gono suggeriti dalla dottrina cattolica, ci proponiaino di assa-

« 1. lirettamente jalzato, a spese

iivina, da coloro cho vorrebbero e~ ••me cavalieri delta Chiesa e dell'Italia nuovu

'> avere sfatoto i sofismi intorao all'intarvenl IVor-

'fldenza, sofismi ai quail si e preteso di dare <> >>rtan/.a

ill buoui argomenti, il ch. Autore parla dell'aspettativa, o s Toglia dire, delle speranze dei rattolici in generate, e d

>///' in particolare; aspettativa e speranze da lui dimo- strate tan to bone fondate, quante sono fantastiche e ftn purrili le ragioni contrarie messe in campo dai fautori della pretesa con- ciliazione; per lo che conchiude: « Noi seguitererao a crt- i. r.- il « dominio temperate unica guarentigia valevole delta liberta detla

< Chiesa, e, secondo tale persuasione, a sperare che Dio r-

< tuisca san Pietro nei suoi diritti. Giacche non sappiamo per-

taderci che E^li voglia definitivamente far vivere spo^liata -ii

< liberta la sna dilettissima sposa; e crediamo per altra parte « certissimo, che solo competunte a decidere, se questa sia o nou

< sia veramente e bastantemente libera, e il Vicario di Cristo, incaricato di reggerne qiiaggiA i destini » (pag. 71-72).

\-i capitoli seguenti I'egregio P. Zocchi viene a dire d 1 perche i cattolici aspettino, e delle ragioni per ctii da tutii li che non sono infetti di liberalismo, si ritenga come mo- prigioniero in Vaticano il Santo Palre; qn.?sti motivi sono principalmente: la VitalitA del Papato, la Debolezza < r Italia present?, PAvvi-nire d til' Italia. Non v'ha dubbio che al leggere le belle cose da lui svolte in quest! capitoli il ctioro dei cattolici si apre alle piQ dolci e care speranxe, e prova insieme un santo sdegno contro le Voci current i di un ac- cordo tra Vaticano ed il Quirinale. A queste Voci il valeute scrittore consacra il capitolo XI, che 6 uno dei piu stupendi di tutto il libro; perocche a noi pare che egli vi dimostri con una logica irrefutable quanto la sognata conciliazione torni, oltreche pericolosa, indecorosa ed inutile, impossibile, ruinosa e coutrad- ditoria. E poiche e piaciuto a qualcuno sostenere la necessita di questa conciliazione per salvare la societa minacciata dalla crescente marea del radicalismo, 1'Autore dice, che non e la

S*rt« XII, vol. VI. fate. 812. It 11 a p rile

210 Rl VISTA

riconciliazione che pu6 salvare la pericolante societa, nia la trasfonnazione dell' idee, principalmente nelle class! dirigeuti. Ora questa trasformazione non pu6 aver luogo se non < quando si comincera a far giustizia ai diritti conculcati del Vicario di Cristo >, perche allora solamente apparira manifesto « il segnale del ravvedimento dell'Europa. »

Yiene finalmente il capo X[£ dove 1'Autore tratta della L> delle Guarentige, che dir si potrebbe un'ainpia trattazione su questo importautissimo e tanto controverso argoinento, anzi la piu ampia che si conosca, perche" il Zocchi con una cognizione profonda della storia contemporanea e dello spirito della rivo- luzione, dimostra come per la Santa Sede quella legge noa esistette mai, come la Ghiesa non ne abbia ritratto alcun pra- tico vantaggio, quanto enorine difficolta sia pel governo italiano il toccare quella legge, e finalmente quanto sia difettosa e man- chevole.

Nel capo XIII 1'Autore fa vedere e, direm quasi, toccar con mano; che la causa del Papato e internazionale; donde la con- seguenza che ne inferisce : « La questione romana, rimanere ancora tale, quale era in quell' infaustissiino giorno 20 settem- bro 1870. Ne ha dato un passo avanti. Anzi pare ritornata indietro; perche inolti eziandio di coloro, i quali credevano la breccia di Porta Pia essere stata grandissima ventura dell' Italia una e indipendente, ora capiscono che fu invece un grosso spro- posito ed un orribile disastro. > Qual e, conchiude dunque, il inodo di risolvere 1'arduo problema? un solo: < Reintegrare il Yicario di Cristo nei suoi diritti. E per la necessita assoluta di siffatta soluzione stanno ora tutti quei motivi che, quando il Papa era ancora Re daddovero, e non da burla, scrittori e statisti altresl liberali adducevano perche non venisse scoroiiato.>

L'egregio Autore si pu6 dunque rallegrare di ayere scritto un libro veramente prezioso, un libro che mette con le spalie al muro i nemici del Papa, e infonde coraggio nei cuori di quei cattolici, che sostengono vittoriosamente le inviolabili ragioni della Tiara. A noi & piaciuta anche oltre all'eleganza e perspi- cuita della forma, la moderazione con cui 1' Autore tratta le cose piu delicate, moderazione per la quale, chiunque non abbia

la inassima che gli altri non debbano esprimere opini-mi di- •>i3 dalle proprie, bisogna che dica: non poteva scriversi n& pi it ne meno di co-

La stampa cattolica d' Italia e fuori ha fatto i pi A splen- didi i'!ogi dfl lavoro del P. Gaetano Z»cchi; e per que«to ci asteniuino dal dime di piu, consapevoli che il migliore elogio che si possa fare di un libro & il dime meno di qnello che esso ila. affin di lasciare ai suoi h'ttori il piacere d'aggiungervi i suoi. So non che, piu che tntti gli elogi d»'lla stampa, crediamo noi sia tornata gratissima all'egregio scrittore la t^stimonianza, a lui partecipata, della pat«>rna e sovrana sodisfazione del Santo Pa-Ire. Per qnesto siamo ancora noi lieti di pubblicare il sovrano gradimento del Papa, che troviamo nella lettera seguente di S. E. Monsignor Gabriele Boccali Cameriere segreto partecipante di Sua Santita, che tcstiialinento riproduciamo. Reverendissimo Padre

< Appena ricevuti per mezzo del Cav. A. Befani i duo esemplari del libro intitolato « Papa e Re », mi affrettai di umiliarne uno ai 1'i li del S. Padre, secondo il desiderio che Ella mi manifestava.

< Mi e grato di farle ora conoscere, che Sua Santita ha ac- c -Ho con particolare bonta 1'omaggio di questo nuovo lavoro che Ella ha pubblicato, come si esprime nella sua lettera, mosso dal desiderio di recare alia Santita Sua qualche conforto in mezzo alle continue amarezze che prova ed all'aspra lotta che sostiene per la difesa della dignita e dei diritti deirApostolico seggio.

< Come attestato di questo benigno gradimento ed in argo- mento della Sua paterna benevolenza, il S. P. Le ha impartito una benedizione particolare, che io sono bon lieto di trasmett^rle.

« La ringrazio vivamente del gentile pensiero, che Ella ha avuto anche a mio riguardo e profitto con vero piacere di qnesta nuova opportunita che mi si offre "per raffermarmi con sensi di distintissima stima.

< Di Lei, Rmo Padre

« Vaticano 2D Marzo 1884 « Rmo Padre P. Gautano Z^cchi d. C. d. G. Roma.

« /; <-,:,'> Obbligmo Servo G. BOCCALI. »

5 1 '1 RIVISTA

HI.

// Ti'ismo flosofico Cristiano... per PASQUALE ffxxore. ordiimrio di filosofia nell' Universilct di To/ Parte prima : Le contraddizioni e le infondate dimostra- zioni del Teismo.

L/istruzione e la legge sono le due precipue forze vitali della Societa. Questo si rileva dalla naturale condizione dell1 uoino, il quiile al suo nascere 6 privo della cognizione del principii spe- culativi e pratici del giusto; e poscia egli traligna di leggieri al male. Laonde a cagione dell'ignoranza nativa dell'uomo e necessaria la istruzione, la quale al retto lo informi: a ca- giooe della sua uiutabilita, 6 necessaria la legge che lo infreni, p -rch& noa trascorra fuora dei lioaiti del dovere. Quando nella Societa la istruzione & perversa, e i legislator! disconoscono i fonlameuti della giustizia, allora la vita sociale vien nieno, la societa stessa va natural mente al precipizio e tende a divenire selvaggia. Questa 6 la sventura dei nostri giorni in tutte le so- cieta aiumodernate, cotalchd d'altro non si parla che di timori di vaste congiure, di inceniii, di assassinii, di stragi, e come si suol dire di una uriiversale catastrofe. Poich^ la infelice patria nostra si 6 lasciata mettere dalle sette la cavezza al collo e tra- scinare a loro talento, anche in essa disgraziatatnente deploriamo la stessa miseria. Yuoi lettore farti un languido concetto della hassjzza cui siam pervenuti? Vedi come presso ogni ponte di Roma v'6 una barchetta, e dentro essa vicino a un gran ciam- bellone di guttaperca sta a guardia un uoino. fi il vigile il quale aspctta che i suicidi si gittino dai ponte per trarli dall'onde e da certa morte. Frutto 6 questo della disconosciuta imuiortalita deiraniina umana e della dimenticanza di Dio insegnata nelle scuole.

Pasquale d'Ercole, a quanto ci fu detto, era prete. Anzi lo e giacche la sottana si pn6 appendere al fico, ma il carattere sa- cerlotale 6 indelebile nell'anima di chi lo riceve, comech^ dopo cho lo ha Ticevuto non lo voglia riconoscere : come seguita a reslare nel capo il cervello di un pazzo che si dia a credere

DELLA STAMPA ITAUANA

di pin non averlo. Egli 6 professoro ordinario di filosofia nella Univ»Tsita <li Torino, ed insieme fu eletto ad a il nu-

ni. TO i)-i l.-irisiatori, che a cagione del loro officio dovrebbero re il fiore della nazione per sapienza e virtu; e invece sono qn Hi che sono. Egregi mnratori (massoni) perchfc lavorano in- defessi a scavare i fondaraenti dell'edifkio sociale, per fabbri- caiv, in sua vece, 1'ignoto! Or bene il d'Ercole pubblico lest-- ii )»riino volume di un'Opera che ha per titolo: IL TEISMO FILOSOPJCO CRISTIAXO ecc. II titolo poi di cotesto primo volume e: LK Cox-

TRADIM/IONI E LE IXFOX&ATE DIMOSTRAZIOXI DEL TfilSMO.

Generalinente si prendono in senso ideutico Teisino e Deismo, e per Deisuio s'intende la religione naturale, esclusa ogni rive- laxione. Per lo che il D^ismo ammette la esistenza del vero Dio, essere personale perfettissimo, causa priina ed ultimo fine di tutte le cose create. Ma Tonorevole Pasquale non accetta queste definizioni e dice: « Per Teismo s'intende quella dottrina, la quale ammette Dio siccoine principio assoluto, intelligente e li- bero, scientemente e liberamente producente il mondo. E pu6 eogginngersi che esso Teismo, pur ammettendo la investigazione e di Dio e delle cose fondata sulla ragione, d 'ordinario accetta anche siccoine veri e validi i principii espressi nella Rivelazione, la quale e ritenuta come fatta da Dio stesso all' uouio. Quando, al contrario, per Deismo s'intende quella dottrina, la quale pur ammette in genere un Dio qual principio delle cose, MA SEXZA DE- TERMINAULO E SPEC1FICARLO ne nella sua particolar natura, nd ri- spetto al modo di produzione delle medesime: in quanto che, da una parte, tien quello, tutt'al piu, per pura e semplice cagion di queste, cagione che potrebb' essere anche NECESSARIA, MBCCANH A. E MATERIALE, e non gia intelligente e libera; e dall'altra respinge qualsiasi legge rivelata attribuita a Dio, e si tiene, si nella scienza che nella religione, unicamente alia ragione umana come normatrice di tutto. > Vedesi quindi che se altri tiene che 1'nni- verso e Dio; e quindi che ogni ente materiale 6 un pezzo di Dio, e buon deista, e potra con inolta ragione e altrettanta divozione, non solo inginocchiarsi ad adorare una vezzosa Venere, ma anche un somaro pieno di guidaleschi, un cavolo od un carciofo.

Che il d'Ercole abborra il Teismo e sia deista d cosa non dif-

'2 I 1 RIV!

ficile a credersi. Dalla risoluzione presa di trasfonnarsi in laico si pno averne conghiettura; ma qni poi nel presente volume lo si vede chiaro, perch& dall'altezza della sua dignitk ti ammaestra che il Teismo 6 un pasticcio di stoltezze e di error! tali, quail non possono capire nella magna testa di un Doputato al Parla- mento, nonchd di un professore di Uuiversita il quale si rispetta. Egli ti assicura di avere cribrate le dimostrazioni di san Tom- maso d'Ajuino col vaglio del sapientissimo suo cervello e di avervi fatta la insigne scoperta che non valgono un fico, e perd che tutti quolli che le hanno avute in conto di solide sono tanti citrulli senza logica e senza testa. Anzi egli ti ha ex cathedra definito dogmaticamente, che tutte le dottrine teistiche sono ai- surde, perchd in contraddizione aperta coi fatti. Chi puo dubitare della infallibility di cotesta defimzione! Capperi, la d& un ]'>t- squale cC Ercole professore e deputato!

Quindi a sentire cotesto infallibile, non esiste un Dio perso- nale, spirito perfettissimo, creatore ed ordinatore dell'universo, Tanima umana non e una sostanza diversa dal corpo, spirituale, libera ed immortale. Ma, soggiifngiarao noi, ogni legge si fonda sulla legge naturale, e questa sopra la divina ed eterna legge, cosa ben intesa anche da Tullio; e ogni diritto ed ufficio ha per base la legge. Laonde per legittima conseguenza e mestieri, caro professore, ch1 ella depntato, cio6 legislatore, confessi che in forza dei snoi principii, coi qnali nega Tesistenza di Dio, sottrae ogni fondamento vero della convivenza sociale e della societa stessa.

Sembrerebbe a prima veduta che ne venisse distrutta la vera religione. Per certo qnesta & una illazione logica, che ogui uomo ragionevole dovrebbe, secondo noi; dedurre dai principii del ch. professore. Ma questi non la sente mica cosl. Egii ti dice che il teistno costituisce la religione; che le dottrine del teismo, in faccia alia ragione, sono grossiere corbellerie; ma con tutto ci6 la religione vuol essere rispettata. Secondo ragione pertanto pu6 essere bestemmiata con pieno diritto perch^ e un cumulo di falsita; con tuttoci6, secondo 1'alta sapienza del d'Er- cole, conviene ch'ella sia rispettata ed ammessa. Voi ci canzo- nate, diril il lettore: non pu6 essere che un professore di filosofia

I.LA STAMPA ITALIAMA

: 6 lo spirito di parte che inuovo la vostra penna. SI eh? Ascoltate dunque 1'onorevole in persona. Dopo avere scio- rinati spropositi sesquipedali, riassumendo quasi sinteticamente

10 lavoro, dice proprio cosh < La qual conclusione esprimiamo in due sentenze. La prima e che i principii del Teismo non furono mai dimostrati... Ad uso continuo, di dimostra/ioni n-.-l

>mo non 6 penuria, ricorrendo anzi in esso dimostrazioni copiose, d'ogni specie e per ogni cosa. Ma queste dimostrazi-'iri tutff non reggono: non reggono le principal! , come quelle della

vnza di Dio, della coutingenza del uiondo, delta dualita di sostanze nelfuomo e della immortalita dell' anima... non reg- gono le altre secondarie ed accessorif, perch6 si fondano su quelle principal! illegittime. Sicchd per tal rispetto il Teisrao va designate siccome universal mancanza di dimostrazione dei suoi principii. Mancando questi della base dirnostrativa, teori- camente sono insostenibili e cadono.

« La seconda 6 che questi principii, oltre all'essere indimo- strati, sono, per dir tutto con una frase comprensiva, in piena contraddizione colla Ragione e colla Realta, o col Pensiere e colPEssere. Se questa realta la prendiamo in quelle grandi ma- nifestazioni volute e designate dal Teismo istesso, cio6 1'Uomo, il Mondo (la natura), Dio, 6 a dire che la filosofia teistica e in contraddizione non solo coi prinii due, de'quali sconosce la vera natura, ma anche col terzo, bonchd questo costituisca la base della medesima... Se il Teismo e dunque in contradd'.zione con tutta la realta e persin coi proprii principii, bisogna dire che esso 6 una vera unicersale contraddizione. * Tu lettore sei sdegnato, e par che ricusi di pifi ascoltarlo: ascoltalo, ti pre- ghiamo, fino alia fine. Ecco la sua sapientissima Conclusione. < Conclusion finale, dunque: II Teismo filosofico 6 universale mancanza di dimostrazione do' principii della propria dottrina. II Teismo filosofico e universale contrad Jizione di essi con la realta tutta e con s& stessi... La filosofia non e religione, ma scienza e soltanto scienza; e si fonda nnicamenle sulla ragione e su' fatti: la religione non & filosofia u6 scienza, ma soltanto reli- gione: e si fonda unicnnnnte sulla credenza. Vanno rispettati tutti e due i campi, ma vanno anche esscn^iahncnte distinti; e

'-M'i im

quanta, come fan d'ordinario i tei.sti, si c«inf)n lono, si alultera, si guasta non solo la natura della filosofia, ma anche quelhi della religione. >

Che la religione non sia filosofia, e questa una verita di fatto antica come il mondo. Sapevancelo, onorevole Pasquale! Montate sur una sedia e insegnate ai mortuli che la testa non e il piede, e che cessino una bella volta dal confonderli insieme: perche e cosa sconcia voler cammioare con la testa e pensar coi piedi. Vi diremo ancora che noi da eecoli sappiamo, che 1'argomento dell' autorita non e, per sd, argomento filosofico e differiarao non poco dai molti professori siinili a voi, i quali ai ogni sentenza strampalata che sputano i panteisti o razionalisti tedeschi, gridano in coro, credo; ne contenti di far essi un atto di fede, obbligano i proprii scolari a farlo, sotto pena di scemare i punti di approvazione e farli bocciare aU'esaine. Noi, chia- rissimo professore, la pensiarao cosl, e non diciaino credo all'au- torita di san Toinraaso italiano, ma ne abbracciamo le dottrine perchd vediamo che sono egregiamente dimostrate e perci6 sap- piamo che sono vere.

E posciache parliamo di autorita, e degoissiino di osservazione il fatto, che i personaggi T autorita de' quali ci e opposta, sono uomini tutto diversi da quelli la cui autorita e per noi com- mendevole. Imperocche ad uomini di vita irreprensibile e san- tissima, le cui virtu sono da tutti in grado eminente riconosciute, ci si oppongono generahnente banderuole che si aggirano al- 1'aura degii onori ed alia speranza di pecunia e di carnali de- lizie: in una parola ci si oppongono epicurei, quali per dottrina sono in gran parte i moderni scienziati. Per farli poi passare per uomini commendevoli, bisogna cangiar nomi alle cose e il vero dirlo falso, la virtu vizio, ainore di patria il tendere alia sua ruina.

Ma come noi potremo difendere il ch. professore contro chi dicesse che la sua massima di doversi onorare la religione, la qunle e supposta un ammasso di corbellerie e ripugnante a ra- gione, e una massima suggerita da una ignoranza superlativa? Imperocch^ Dio pud rivelarci cose che ora non capiamo, ed e prudentissimo atto e doveroso il creJergli. Sa un bifolco giulica

DELIA STAMPA ITALIA 217

operare pruientemei i«l«> alle parole di un qua

.rli afferma veri ch'ei non comprende :

dovra gin i icare di operare pru lentemente 1'uomo quaggiu ere- den-lo a Dio, quaiido sa di certo che gli ha rivelato e offerto a credere cid che non puft ben capiro. Ma altro e cio che qua::, e iixMinpr-nsibile all' 1101110, altro cid ch'e contrario all' MM. ragione. Non si pud comprendere un vero se qnesto non e con- tenuto nei principii prirni ch'3 noi conosciamo ;»•/• nutura: perche di qn-'lle sole conclusion} si pu6 avere scienza le quali sono in cssi principii contenute e da essi possono per via di discorso derivarsi. Ma contro ragione & quello che b<m si capisce, ma insinn guisa tale si oppone ad essi principii che se fosse vero, qwsti certissimamente sarebbono falsi. Cosl essendo indubitato il prin cipio che uno Z M/W, sari falsa 1'affermazione che ad esso si oppone, che nun < tre. Qnindi v'ha contradizione tra questi prin- cipii Dio d uno e T altro Dio e tre dei; ma non e in opposi- xione con quella il dirsi Dio uno in tre persone distinte che sono lo stesso Dio uno. Per la qual cosa quantunque nella religione cattolica debbansi aramettere verita che rispetto ai primi principii di ragione debbonsi dire disparate, perche da essi soli non si possono col discorso dedurre e conseguentemente con essi non si possono evidentemente dimostrare: tuttavolta non pu6 afFatto dirsi che in essa si propongono a credere dottrine false perchfc opposte a ragione. Dio stesso avrebbe proposto a credere il falso; cosa blasfema ed assurda! Conciossiache nella parola dell'innana ragione che rettamente discorre, e Dio che parla col luiue natu- rale : ed e pur Dio che parla col lurae della fede, se rivela qualche cosa: e Dio non pu6 contradire a se medesiino: salvo se col nouie di Dio non s'intenda ci6 che s'intenJe nel deismo dell' onorevole, cio6 quello che non ha i diviui caratteri e che pu6 essere men- dace ed ignorante. La religione poi se veramente contradicesse alia ragione ed ai fatti, sarebb3 falsa: e come la verita merita onore, cosl la falsita dispregio. E dispregio merita il deismo del- 1'onorevole, nel quale deismo 6 lecito di tributare gli onori divini a chi non e Dio, alia natura, a an aggregate di vile maU-ria.

Non crediamo necessario discendere a confutare i singoli spro- positi dei quali e riboccante il libro del professore d'Ercole,

218 nivisTA

specialmente perche ci6 fu per noi fatto anticipatamente, o in tutto od alineao nella massima parte, in una serie di articoli nei quali abbiarao dituostrata a tutto rigore di logica la esistenza di Dio e le principal! verita del Teismo da lui con infinita leg- gerezza impugnate. Siccome poi stiamo ora filosofando sopra le creature, altri suoi error! verranno da noi, secondo 1' opportunity esaminati e confutati.

Ma perche il lettore tocchi con mano la nullita dei ragiona- menti dell' onore vole, rechiamo qui 1'argomento cui dice cosino- logico (che dai Teisti e addotto a provare T esistenza di Dio) e la confutazione ch'egli pretende di fame. Ecco le sue stesse parole :

« L' essere contingente suppone 1'essere necessario;

II mondo e" contingente;

II monio dunque suppone 1' essere necessario, ch'&Dio.

« La prima proposizione 6: L'essere contingente suppone 1'essere necessario. Questa proposizione regge. >

« La seconda suona. II mondo e contingente. Questa proposi- zione net Teismo passa per vera senz'altro ed in tutti i sensi. Ma noi diciamo, invece, ch'essa e vera o falsa secondo I'estensione che si da alia contingenza. Se s' intende dire che questa o quel- 1'altra singola cosa mondana e contingente, ed anche che tutte le cose mondane singolarmente prese sono contingent!, conce- diamo. Ma se s' intende dire che il mondo nella sua integrita e* contingente, neghiamo; non essendo ne logico n& vero che quel che vale per i singoli debba valere per tutto 1'universo. Eicor- diaino che a particulari ad universal* non valet consequentia. E neghiamo poi anche per una ragione, nella quale ci dovrebbe essere di aiuto e di appoggio il Teismo istesso, se fosse conse- guente; per la ragione cioe che il mondo, come opera dell' essere divino, 6 necessario: in virtft del principio dell'adequatezza tra la causa e 1'effetto, se e necessaria Tuna, non pu5 essere con- tingente 1'altro... Per sostenere scientificamente la contingenza del mondo, bisogna dimostrarla. L'ha dimostrata il Teisino questa contingenza? crede e sostiene di averlo fatto: ma il vero & che 1'ha dimostrata in guisa tale, che equivale perfettamente al non averla dimostrata. L'ha dimostrata cioe presupponendo

;i I)io C" 'i parte o vi

ha dimostrate r la con-

tingenza del mondo l. > Basta cosl perch6 tanti in poche pa qui ci sono strafalcioni, che troppo tempo vorrebbesi a coufutarli per singnln.

Anzi tutto ringraziamo 1'onorevole che ci fa 1'alto favore di concedorci la prima proposizione : cio6 che il contingente sup- pone il necessario. Adunque, caro professore, facciamo la se- rie a, b, c, d, e... a, v, z. Qualora z fosse cotitingente supporra innan/i a s& un necessario, dal quale proceda. Che se v sara pnr contingente presupporra un altro, il quale o sara necessario o lo presupporra. Quinli secondo lei 6 di necessita venire ad un a necessario. Pu6 allungare la serie quanto vuole, ma, in virtu del la sua concessione, il necessario non pu6 mancare, cio& non pu6 mancare 1'ente che ha in sd solo la ragione sufficiente della sua esisterza, che da altri non la riceva e ad altri la dia.

In qnanto a ci6 che ella dice dell'altra proposizione : il MUW/U d continyente, si assicuri che non regge in logica. Qut-l prin- cipio: a particulari ad univtrs<i/e non valet cofixtquentia, che cosa Torrebbe dire? Ecco un particolare: Pietro. Ecco un uni- versale: oyni itomo. Qai 6 d'uopo distingaere ci6 che spt'tta all'essenza da ci6 che 6 acciientale. In quello valet consc- quentia; in questo non vakt. Cosl potra egregiainente dire: Pietro £ animate razionale; dunquo ogni uomo e animate rationale: ma non potra dire: Pietro e gobbo; dunque of/tn' HOMO e gobbo. Per simil guisa si potra e si dovra dire: y ente Jinito nella perfezlone sua essenziale & contingente: dun- que tutti gli enti Jiniti nella perfezione loro essenziale sono continyenti: sebbane non si possa cosi ragionare: questo ente Jinito e oro dunque tutti gli enti Jiniti sono d'oro: perch6 1'essere oro non ^ essenziale all'essere fmito, com'e essenziale all'essere Jinito, in quanto Jinito, I'essere contingente. Per la qua! cosa, onorevole professore, s'ella vuole applicare bene il suo principio si da la zappa nel piede.

Ma forse ella non e adusata aH'esattezza logica, e forse avea la intenzione pid tosto di dire, ci6 che non disse, che a par-

1 Pag. »::

V'v'O HI VISTA

ti'ms ad totiim non valet con*-t/m'ntia. Laonde dalla contin- genza delle parti non ne viene la continiren/a dull'iiiiivrrso in- ti TO. Ma si accerti che auche cosi raggiustato il principio non approda al suo scopo. Imperocche ancora qui e mestieri distin- guere. Infatti talvolta il principio non tiene: p. e. nc.^iom suoi discepoli pud con la fune tirare una nave: dnnque tutti insieme non la possono tirare: la conseguenza non regge se sono moltissimi. Talvolta tiene: p. e. ciascuna parte di quexto candelabra e d'oro: dunque tutto il candelabra e a" oro. Cia- scun uomo & mortale: dunque tutto il genere nmano $ mor- tale qui reggono le conseguenze. E perche? Perche il tntto nel priino caso corregge il difetto di ciascuna parte presa di- stributivameute: e non cosi accade nel secondo caso. Ora la con- tingenza, piu che la mortalita di ciascuno, e una imperfezione che non vien tolta dalla collezione, e percift dal dirsi ciascun essere finito conttngente, e mestieri inferire che I' universe e contingente, salvo se altri non dica che 1* universe il quale ri- salta dalla collezione dei singoli, in virtu della stessa aggre- gazione, diventa infinite. In tal caso quel difetto per lo quale vuolsi dare al finito il predicate di contingente sarebbe tolto. Ma ella per ci6 cadrebbe in assurdi assai peggiori, come, per esempio, sarebbe che 1' aggregazione di numeri finiti costituisce un numero infinite; ovvero che 1* aggregazione di niolti esseri fonuasse un solo essere infinitameute maggiore di essi tutti. Ond'e che la collezione di tutti gli euti, la quale dicesi mondo, £ essenzialmente finita e perci6 contingente.

Quando poi ella ci dice che il mondo perch6 opera di Dio necessario, dovrebbe essere necessario, non vede di grazia la contradizione in cui cade? Com'e? ci dira: questo e richiesto dal principio dell' adequatezza tra la causa e I' ejfctto. Peggio, onorevole professore, peggio assai : il patrocinio e peggiore della causa. Di vero e non capisce che se e" opera di Dio, per ci6 stesso e prodotto, e se 6 prodotto, per ci6 stesso e contingente? 11 diro adunque che il mondo perche opera di Dio dovrebbe essere ne- cessario e lo stesso che dire: il mondo perche opera di Dio non dovrebbe essere opera di Dio. Non ci vede qui la violazione del

'I.I.I

p'imo o 1'iil c\i tradirioi

.-a tra la causa e 1'effotto qui e affatt') fuora di luogo. Infatti distingua, onorevole, due nutli di operare: il primo e per natura, il secondo per arte. L'operaxione del la na- tura pu6 essore adequate; e cosl il padre genera il fi^lio che- ha Datura specificamente eguale alia propria. Ma quando n-ili operazione artificiale 1'artefice produce una cosa secondo una qualche idea da se precoucetta, e impossibile che ci sia nel- 1'effetto eguaglianza di natura con la propria cagione. Ella, di grazia, quando come causa facesse una statuette di gesso, una pittura, od altro, senza dubbio alcuno produrrebbe degli effetti, ma ci sarebbe forse adtquateata tra essi e lei; sarebbero a lei specificamente eguali nella natura? sarebbono suoi veri figliuoli? No davvero! Anzi nessuno dei suoi effetti sarebbe wl'qmito alia sua potenza artificialo, rimanendo in lei la virtft di fame degli altri. Siccome poi ella, perche sacerdote, debbe avere almeno qualche reuiiniscenza di teologia, deve pure sapero che Dio opera per natura e per arte quale supremo artefiee. Per natura c'e in Dio la genera/done del Verbo, e la spirazione deH'Amore divino, i quali non possono dirsi effetti, ma priiic:- piati; e tra essi e il principio generatore ch'e il Padre, e Spi- ratore ch'e il Padre insieme ed il Verbo, evvi la vera advquahzza fondata neH' unite dell'essenza. Ma le opere ad extra da Dio prodotte, sono veramente effetti suoi creati ad imagine dell' arte sua, doe delle sue idee archetipe. Ciascun'opera e finite, ed anzi tutte insieme prese costituiscono un tutto fiiiito per infinito inter- vallo distente dalla divina perfezione. La adequatezza qui e un sogno! e un vero assurdo intrinseco!

E come mai non si perita 1' onorevole d'Ercole di affermare che la contingenza delle cose mondane non e state mai da noi dimostrate? Non sura dimostrate da suoi tedeschi; n^ da quelli iteliani nelle pagiue dei quali (per usare la frase dell' onore- vole) soffia il pensiero hegeliano; lo concediamo volentieri. Ma da altri fu ben dimostrate, e s'egli ama spendere un po di tempo nel leggere qualche buon Corso di filosofia scolastica, potra accertersi

222 RIVISTA DELLA STAMPA ITALIANA

che la sua accusa non regge '. Toccherebbe con mano che la contin- genza delle creature e una logica conseguenza dell' essere loro finite in perfezione e inutabile. Irnperocche il finite e inutabile richiede essenzialmente essere prodotto, e il prodotto non pu6 non essere contingente : come 1'improdotto dev1 essere necessario e il necessario dev'essere infinito ed immutabile nella perffzion<\ L' essere poi infinito nella perfezione, il quale perci6 stesso e uno, da noi e chiauiato Dio : se questo nome a lei non garba, pazienza! lo chiaiui con altro.

Dalla leggerezza onde il D'Ercole tratta questa massima que- stione filosofica della esistenza di Dio pu6 il lettore essere con- dotto facilmente a crederci quando diciamo che 1' opera del me- desimo dal lato filosofico e una vera nullita; dal lato pratico accenna ad una piaga iiumensa che minaccia cancrena e morte per la nostra disgraziata patria. Quando i professor! delle uni- versita sono atei, quando i legislator! sono atei, che cosa pu6 aspettarne la patria? Non altro che la ruina sociale. II rimedio qual'e? Nel contrario. I legislatori sieno come dovrebbono essere, il fiore della sapienza e della virtu della nazione: i professori sieno verarnente addottrinati con meno apparenza e piu di so- stanza; sieno pii, cioe" tali che possano istruire ed educare i gio- yani, speranza della patria, a scienza e verace virtd. fi possibile ottenere ci6? Se si, c'e speranza per la patria nostra; se no, il suo morbo e disperato. Ma ci vogliono altri medici ! I Baccelli cogl' im- piastri delle loro leggi universitarie non bastano. Se non che il sapere che il Papa dev'essere sempre Vescovo di Roma ci con- forta assai, perche ci da a sperare che il centre della verita rimarra in Italia, e presto o tardi gl'illusi torneranno al senno.

1 Yedi il Corso di filosofia scolastica di G. M. CORNOLDI Terza edizione iUiliana Bologna, 1881, pagina 797 e seguent;.

CftONACA CONTEMrOUANEA

Firense, 10 aprile 1884.

I.

^fA (Nostra corritpondenza) II Mortara grande rabbino di Mantova e cro Bonphi a I IP prese. Krrori delFebrco c del cristiano a proposito del inNfaito di Tisza-Eszlar.

11 Signor M. (Mose?) Mortara grande, com'egli si sottoscrive, Rab- bino di Mantova scrisse teste in lingua ilaliana e mand6 poi pubblicare, volto in francese da un certo Ernesto David nei numeri del 6, 13 e •J<> marzo di quest' anno degli Archives israeJites di Parigi un suo la- voretto, ossia Dissertazione, intitolata: Origins dell'accusa di pascersi di scuigue umano nclle agnjti dei primi cristiani. La quale origine, siccome parimpnte quella di tutte le allre calunnie sparsesi contro i cri- stiani dei primi secoli nel mondo pagano e romano, sa ognuno essersi sempre atlribuita e doversi difatto attribuire agli ebrei, che primi e soli pcrseguitarono fin dal principio Cristo ed i cristiani non soltanto in Giudea ma in tutto il mondo, pel quale erano allora, come lo sono presentemente, sp.irsi pei loro commerci. Ma come diceva presso il Moliere quel mo- derno scienziato di Sgannarello che: « una volta si credeva cos); ma « noi ora abbiamo mutato tutto questo: » cos) il gran Rabbino di Man- tova prese a dimostrare il contrario; cioe che non agli ebrei ma ai soli pagani e specialmente ai romani si debbono quelle calunnie e persecuzioni attribuire, siccome anche la stessa Grocefissione di Gesii Cristo; della quale gli ebrei non furono, secondo lui, ne material! ne morali autori. Ghe se vi furono allora in Giudea dei perscgaitati e calunniati, quelli furono appunto i poveri ebrei innocentissimi sempre verso Gristo ed i Cristiani, e ci6 nonostante da loro fin dal principio sempre perseguitati e calunniati coll' ingiuriosa nomea di popolo deicida. E ci6 perche avendo i cristiani fin dalla prima origine della Ghiesa concepito 1'ardito pensiero d'impossessarsi di Roma per collocarvi la capitate del loro impero e la cattedra della loro dottrina, conveniva loro di blandire, lusingare ed accarezzare i Romani lavandoli di ogni loro macchia di persecuzione ; danione invece calunniosamenle la colpa ai soli ebrei. Le quali ed altre simili comiche assurdita avendo il Mortara tolte di peso dal Renan, dal Peyrat, dal Philippson, dalTHavet e da altrettali

22i CRONACA.

modern! S^annarclli della cos) delta critica ossia dislnizion* stoi con sapphmo perche poi, invrce di stamparc-le qui in Italia dove tanti uiornali.sti piii ebrei che cristiani le avrebhero vol-'ntifri ra^colie come pcrle preziose, sia ito a nascondercele nei clandestini A'-d- israelitem di Parigi ignotissiori fuori dei ghetti a cui esclusiva illumi- nazione si vanno pubblicando; se nnn fosse, per avvontura, perche non credeUe poterle qui dare impunem^nte a here a Rn^ii-ro Ihn^hi che il Rabbino Mantovaoo prese appunto a comballere di proposito in qudla sua dissertazione. 6 infatti da sapere die nel dei 15 agosto dell1 anno passato della Nuova Antologia, questo nostro, se e cosl lecito chiamarlo honoris causa, enciclopedieo Gnrneide che sempre, quando che sia e da per tutto scrive contemporaneamente di tutto lo scibile, non manc6 di pubblicare un suo articolo inlitolato: Gli ebrei in Ungheria: Tisza- Eszlar P: cui per6 non successe mai finora il 2°. Nel quale molto piii, a vero dire, del solito abborracciato, trascurato e strapaz/ato articolo avendo egli da capo a foodo tenute serapre con somrrn pirzialita e niuna giustizia le parti degli ebrei contro i crisliani, narrando quel fatto ossia misfatto secondo la falsissiraa riga dei piu appassionati ed ingann-voli racconti dei fogli ebrei, e vituperando ed anzi, per ferrao involontaria- mente, calunniando i cristiani; ci6 nonostante in sulla fine si lascio an- dare a scrivere una mezza verita sopra gli ebrei, dicendo cbe, « nel leg- « gere la fandoflia (ciod il fatto) germogliata nella mente delle pettegole « (doe di tutto il popolo) di Tisza-Eszlar ed accolia con tanto e cosl « caparbio (e giuxto) favore da gran parte delle Signore (ed anche dei « Signori) di Ungheria, io (Ruggiero Binghi) mi sono ricordato di un'al- « tra f^ndonia (vera fandonia questa) per 1' appunto simile, che non « solo le pettegole ebree ma i Rholing ebrei del primo secolo del cri- « stianesimo spandevano conlro i cristiani » di pascersi ciofe nelle loro agapi di sangue umano. Dove dicemmo non essersi dal Bonghi delta che una mezza verita. Non gia infalti le sole pettegole ebree, ne solUnto qiu'lli che, con ingiusta contumelia contro i cristiani, il Bonghi chiama i Rho- ling ebrei (essendo il Rholing un dotto professore cristiano vivent?, di quelli che sosteogono la verita, benche secondo noi non possano ancora dire di aver dimostrato, che oltre all'essere usato e anche scritto nel Talmud il rito sanguinario); ma tutta la Sinagoga e tutto il giudaismo dal primo secolo fino al corrente furono e sono sempre d'accordo nel perseguitare e calunriiare in ogni guisa i cristiani. Ma benche non intera, avendo ci6 nonostante detla qui il Bonghi una quitch* parte di verita sopra gli ebrei, quinci natural nente naoque che il gran Rabbino di Man- tova, lastiando del tutto dall'un dei lui quanto in tutto il corso del suo arlicolo aveva il B'jnghi scritto a lode e difesa degli ebrei, e neanche faccndone menzione, ne, molto meno, ringraziandolo (il Bonghi infalti e battezzato e, come tale, quantita trascurabile da ogni buon Rabbino fedele

ilmml qualiiicante ogni non el.reo e specialnienle ogni . per

>rv allf ln'siie da soma, !•• <|tiali infalti M-MI si riiiRra/.iauo p«-i

i^tigano pei disservigi) prese invrrp sulianio ;\<\ unpugnare poco di verita coiioseiuia ed assi-rita dal Honghi sopra gli ebrei. omuK-iu infatti il Morlara la sua 'lissertazioncella dicendo ehe « un < un errore secolare partecipato anche da Ruggiero Honghi, altribuisce « agli antichi ebrei 1'accusa mossa contro i cristiani dei primi secoli « della Cbiesa di pascersi <li sangue umano nelle agapi loro. » E copiato il testo ijui sopra allegato del Bonghi, subito piglia e segue in tre ar- ticoli a combatterlo, sen/a nulla accennare del resto dell' articolo Bon- gliiano nfc del luogo e Kivista dove fu pubblicato. Forse perchfc natural- raenle ripugna ad ogni buon Habbino di contaminarsi piu del mero ne-

irio la bocca, la mano e la penna colla citazione e molto piii lode ed anche menzione di roba battezzata specialmente in giornale ebraico dove soltanto & lecito, specialmente ai Rabbini, di maledirla. N& dicasi che queste sono minuzie. Giacche come dei minuti centesimi si fanno, specialmente in Israele, i grossi milioni, cosl di tali moltiplicalissime minuzie si forma, e s'informa, come 1'antico fariseismo, cosi il suo pe- renne successore Rabbinismo e Talmudismo presente.

Del resto noi, a vero dire, fin dall'anno scorso avevamo gia posto in disparte quell' articolo del Bonghi per occuparcene poi a nostro agio. Benche, infatli, quanto alPargomento nostro principale della rcalta del misfatto di Tisza-Kszlar, nulla contenesse di falso o di oscuro che gia non fosse stato o non dovesse essere poi confutato e chiarito nelle nostre corrispondenze ; vi si toccavano pert qua e cola, come di passaggio, al solito del Bonghi, molte quistioni incidental! con quella coltura che suole ora chiamarsi estensiva per opposizione all'intensiva. La quale senza propriamente aflermare, ma insinuando, n6 provare, ma suppo- nendo provato e noto, n^ chiarire, ma mostrando la cosa gia chia- ritissima come se si trattasse di verita per s6 note anziche di falsita dimostrate, suole ora molto abbacioare i tanti soliti sempre a giurare sulla parola dei loro maestri i giornali e le Riviste. Ed essendo appunto queste incidental! quistioni, cosl trattate dal Bonghi, molto analoghe al nostro argomcnto, pensavamo percib, come dicemmo, di occuparcene a suo tempo. Ma, se non delle quistioni in se, dell1 articolo del Bonghi ci eravamo ormai dimenticati; quando ce lo ridusse ora alia memoria il gran rabbino Mortara con quella sua rabbinesca impugnazione della verila che vi e. Ondeche quasi pigliando, come dicono, due colombi, il battezzato ed il circonciso, con una fava, piglieremo quinci occasione di chiarire alcuni punti analoghi al nostro argomento da entrambi con piu o meno od ignoranza o malizia o falsati od oscurati.

Dove anzi tutto dobbiamo dare ragionedel teste asserito della estensiva piii che non intensiva coltura dell' arlicolo Bonghesco sopra gli ebrei in

Seri« XII, vol VI, fate. 812 T- 12 aprile 1884

CRONACA.

Ungheria Tisza-Eszlar 1°. II quale titolo gia da per sfe solo dimostra 1'assunlo. Giacchfe nell'articolo s\ pomposamente titolato mentre poco e male si parla di Tisza-Eszhr, niente affatto poi, ne ben ne male, si dice degli ebrei in Ungheria riserbati forse al secondo articolo sempre future. Professus grandia, turget dunque qui, fin dal titolo, il Bonghi. Ma forse ci6 e colpa del Direttore Protonotario della Nuova Antologid arbitro per avventura dei Titoli. Colpa, invece, del solo Bonghi e quel- V impossible da lui sentenziato fin dalle prime linee sopra il fatto o misfatto di Tisza-Eszlar. « Poiche (dice) si aveva a trovare ad una tale « scomparsa (dell'Ester Solymosy) una ragione, parve subito la piii « probabile quella che era addirittura irapossibile : » cioe il misfatto ebraico-pasquale. Ma, di grazia, perche impossible? E ci6 a dirittura? Fisicamente, per fermo, no; ne a dirittura ne a stortura. A raeno che il Bonghi non abbia teste scoperto, cioe letto in qualche ledesco, che a lena, a Tubinga od altrove, in quella feconda patria di professori e maestri dei maestri e professori liberali italiani, si e ora finalmente sco- perta I'impossibilita fisica di sgozzare una fanciulla. 11 che finora niun telegramma ci ha rivelato. Resta che il Bonghi voglia. dire di una im- possibilitd, morale. Ma come pu6 egli asserire a priori impossible mo- ralmente, cioe per costume, ci6 che da che mondo e mondo si e serapre costumato e segue anche ora a costumarsi da tanti non solamente can- nibali ed antropofagi, ma anche civilissimi secondo la civilta moderna? Non diciarao per rito religioso, come nel Rabbinismo. Ma per altri motivi. Or come osa uno che fu Ministro mostrare d'ignorare gli usi, per non dir altro, di certe sette e come ora dicono teppe? Del resto per dimostrare a chichessia evidentemente quanto non sia punto moralmente impossibile 1'uso anche per propria nutrizione del sangue umano nella presente civilissima civilta, non abbiamo noi cotidiauamente se non usata almeno predicata la trasfusione del sangue? E poi ci si verra a dire, come se fossimo tanti mammalucchi, che e moralmente impossibile quel rito rab- binico? Sara vero: sara falso. Questa e questione storica e di fatto. Ma impossibile non pu6 asserirsi se non che da chi non ha altro pretesto per negare il fatto. Secondo che ora anche accade in generale del Miracolo e del Soprannaturale : che non potendosi negare nel fatto si nega nel diritto, per dispensarsi cosl col pretesto della critica da ogni critica, secondo la scienza cosl detta moderna cioe antiscienlifica, che pregiudica le qne- stioni per non avere il fastidio di giudicarle.

Benche per6 abbia il Bonghi pregiudicata cosi antiscientificaroente la questione dichiarando fin dal principle del suo articolo impossibile il possibilissimo ed anzi il fatto; smemore di se stesso e della sua scienza, prese nondimeno a lungamente dimostrare che T impossibile non fu fatto. Dove non fece che ricopiare da qualche tedesco giornalista ebreo un vero romanzo ad uso dei ghetti. Ma avendo noi gia bastevolmente narrata la

iiitentico processo, ncn la rifaremo >\\\\ i Soltnntn a<v , a -ju.'!!.' t.iut.', per cosl .!

aeadiche parole tie che egli va qua c cola gittan !•• n-1 suo articolo, ij

»<, svianti •• preoccupanti il disait.-nto letlore. Come, per esem- pin, dove tocca delle bugiarde e minaeciose voci cristiane contro gli

i. Hi gra/ia: {>erche bttgiardc se, come crede anche ora quasi tutta I'Uii mformi al vero? E perchfc minaeciose se non chiedevano

aliro cbe giustizia? Ed altrove asserisce il pregiudizio che d antico nclle pltli cristiane sopra il rito degli ebrei di un sacrificio umano. hi grazia: perche Pregiudizio? II quale invece e un Giudizio storico? E perche antico soltanto nelle plebi cristiane? Laddove invece e un giu- dizio anrhc di erudiiissimi e dotiissimi uomini? Ed anche di non cri- stiani? E perfino di ebrei?

K fu questo in verita anche il giudizio di parecchi giudici ungaresi, siccome a lungo gia narrammo. Ma eccoti il Bonghi che dell1 uno di essi dice che : « prese ad adempiere la sua incombenza (di giudice istruttore) « col proposilo non di cercare il vero. E bisogna dire quello che e (CM- « quello che non e): una volta risoluto a ci6, scelse persone e mezzi » con quel che segue. Ma che ne sa il Bonghi del proposito ossia interna intcnzione del giudice istruttore? Pure I'aflerma contraria alia ricerca del vero unicamente perche gli torna : moslrandosi cosl egli stesso fermo Del proposito di non cercare il vero. E quanto alle persone e mezzi dal giudice istruttore adoperati al suo scopo d' inquirere, quali altri poteva usare che i testimonii e le arti ora solite di ogni istruttoria? Giacche le ora se non insolite almeno riprovate arti di torture, benche il Bonghi se non le crede almeno le copii, se anche fossero state usate per fermo non dovettero molto nuocere a quegli imputati tutti presentatisi sani e salvi alle Assise ed ora trionfanti alia barba delle pkbi cristiane. In- vece, quando si tratta del Procurator generale, che con iscandalo, di cui e ancora presentemente compresa tutta T Ungheria, invertendo le parti fece quella degli imputati anziche le flscali, il Bonghi, sempre a priori e copiando gli ebrei, ne lo loda ed ammira come colui che: « con- « fesso che 1' istruzione era stata condotta in modo biasimevole, manifest6 « la nausea pei testimouii e fin\ coll' abbandonare 1'accusa. » Conchiu- dendo il suo romanzetto col confessare che : « 6 stato per vero dire un « gran conforio a quelli che in ogni parte d' Europa mettono qualche « interesse a che non si perda fede nella giustizia il sentire che i giurati « hanno assoluti gli imputati. » II qual conforio fu tale nella stessa Ungheria, che, come il Bonghi stesso smemoratamente scrive subito dopo, « il popolo non finisce di far chiasso contro gli assoluti, di rompere i « vetri delle flnestre delle case in cui quelli si sono rifuggiti, di minac- « ciarli nella loro vita. » E piii solto: « II pubblico elegante ed influente « (non dunque le sole plebi) aveva premura che giustizia si facesse.

CRONACA

« La giusti/ia esso sapeva gia che cosa era: Condannarli cotesti ebrei. » Gonchiudendo: « E son cristiani ! » Quasi dicendo: « Sarebbero cristiani « se pensassero come penso io e gli ebrei. Ma pensando da per loro, « come osano dirsi cristiani? » Vero e che, come il Bonghi pare ignorare, quei cristiani non sono poi infme che Galvimsti o Luterani in massima parte. II che dovrebbe essere pel Bonghi buona ragione per comraendarne od almeno scusarne anziche vituperarne cosl il giudizio. E forse, se egli avesse saputo che tutto il processo di Tisza-Eszlar passo non gia tra cattolici ed ebrei, ma tra protestanti ed ebrei, e che i persecutors peg- giori degli ebrei in Ungheria ed altrove non sono cattolici, chi sa che non avrebbe a priori riformati molti de'suoi giudizii e pregiudi/.ii? Quale poi continui ad essere anche dopo tre assoluzioni (teste infatti furono quegli ebrei assoluti la terza volta dalla Gassazione) il parere popolare dell' Ungheria sopra tutto quel negozio, ben si vede da quanto ci scrisse teste di cola un ragguardevole personaggio. « Avrete veduto « anche voi quel rosso in cielo per alcune sere. Sappiate che il popolo « qui da queste parti lo spiega dicendo che quel rosso e il sangue del- « 1' uccisa Ester che grida vendetta al cielo non potendola ottenere qui « ia terra. » Strana spiegazione, per fermo, di quei crepuscoli ; ma in- dicante insieme il gran conforto che si prova in Ungheria per tutte quelle assoluzioni.

Volendo poi il Bonghi, non si sa perche, proporre un problema alia propria ed altrui erudizione, chiede quale sia « se il terzo o quale? quel « Papa Innocenzo che aveva gia cinque secoli fa dichiarata calunniosa « la voce » degli accusanti gli ebrei del rito sanguinario pasquale. Nessun Papa a vero dire, ne terzo ne altri, non dichiar6 mai calunniosa questa voce: benche molti Papi e fra gli altri Innocenzo quarto abbiano difeso gli ebrei contro altre voci veramente calunniose. Non parla in fatti In- nocenzo IV (come altrove gi& dicemmo) che della calunniosa imputazione fatta agli ebrei di « comunicarsi la Pasqua col cuore di un ucciso fan- « ciullo : quod in ipsa solemniiate Paschali se corde pueri comunicent « inter fecti; » secondo che si pu6 leggere nel Rainaldi continuatore del Baronio all' anno 1247 numero 84 che riferisce tutta la Bolla, una di quelle tante con cui i Papi difesero sempre gli ebrei contro le ingiuste persecuzioni e calunnie dei niali cristiani e specialmente dei pessimi tiranni. I quali allora, come anche ora, non erano antisemitici se non che per a more dell'oro semitico. Mai per6 non si e trovato Gnora verun testo pontificio che dichiari calunniosa la voce dell'uso del sangue cristiano nei riti della moderna sinagoga. II che e gia per se solo (secondo che il Bonghi col suo acume dee intendere) un gran pregiudizio contro gli ebrei. Giacche per poco che costoro in tanti secoli avessero saputo di- mostrare che, come non si comunicano col cuore di un fanciullo cri- stiano, cosi non si servono altrimenti del suo sangue qual dubbio ci e

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non sarebbe loro maneata anche sopra questo pnrtirnlarv la .lifesa papale? La quale appunto era qui loro specialmentt' ; i: perche

ieslo appunto era no allora e furono sempre accusati in tutti i paesi d'Oriente e d'Occidente e non di comunicarsi col cuore dei fancinlli, i caliiinna del tutio pariicolare ed individuale di pochi e mai noo isparsasi pel mondo. Se dunque di questa veramente falsa accusa furono subito scolpati gli ebrei da lonocenzo IV, perche non li avrebbe in tanti secoli qualche altro Papa scolpati parimente da quest' altra molto piii sparsa e creduta accusa del sangue se essa non avesse buon fondamento di credibilita? Ma e inutile ripetere qui il gia lungamente detto altrove. E ci basti I'avere sciolto il problema booghiano: quale sia quel Car- ntade al Bonghi ignoto di Innocenzo noo Terzo ma Quarto.

Un altro problema, che il Bonghi cbiama nna matassa da dipanare, anzi molti problemi tutti insieme arrulTati propone egli a se medesimo, lasciandoli poi tutti da dipanare, cola dove scrive che « e tin feno- « rceno de'piii curiosi e che vorrebbe essere studiato coo cura questo « che, a preodere la generalita dei cittadini, 1'Europa si divide ora in « questo rispetto (deH'antisemiiismo) in due parti. Nei paesi latini e « in Inghilterra che per meta e latina, quest! odii si possono dire poco « meno che spenti o certo attutili. Ma ne'germanici e negli slavi, dove « un quindici anni fa erano o parevano spenti o certo erano ricoperti di « cenere, riardono... E un fenomeno de'piii curiosi e che vorrebbe essere « studiato con cura. Se non ha ragioni vere (e come Jo sa?) ha cause non leggere (e se ha cause non leggiere doe gravi, come pud egli « dire che non ha ragioni vere?) ed eccessivamente complesse. Ne ha di « economiche, di nazionali, di religiose. Ne ha di proprie; ne ha di co- « muni a tutto il mutamento succeduto nell'indirizzo morale delle menti « in Europa soprattutto dal 1870 in qua. Ne ha di antiche nelle legisla- « zioni e nelle consuetudini anteriori degli stati in questa materia, ne ha « di recenti anzi di presenti. Ne ha ancora di quelle nelle quali gli « ebrei stessi non sono senza colpa : e ne ha di quelle onde hanno colpa. « Mi piacerebbe dipanare tutta questa matassa. Sarebbe di grandissimo « interesse il farlo. Ma... » Ma ecco che, non oslante il grandissimo in- teresse, il Bonghi in sul piii bello, dopo arruffata la matassa, « ci dee « bastare, dice, di aver qui accennato tutti questi capi, sto per dire, di « ragioni diverse (trovando cosl in fine del periodo che, non solo vi « sono ragioni, ma anche diverse ragioni a do cfo in sul principio del « periodo diceva essere senza ragione). Lo svilupparle non pu6 essere « ongi di questo luogo. » Ma il luogo era anzi per 1* appunto questo: e questo anche parimente il tempo, se avesse avuto in mano il bandolo delta matassa. 11 quale bandolo, quanto alia differenza tra i paesi latini e non latini, cioe, per dir meglio, tra gli orientali o gli occidental!, consiste specialmente nell'essersi gli ebrei orientali conservati sempre piii e peggio

230 cnoNACA

ebrci che non gli occidental!. E quauto a tutto il resto della matassa dal Bonghi accumulate, consiste nell'essenziale e radicale opposizione di ogni vero e buono ebreo a tutto il genere umano non ehreo. Dalla quale oppo- sizione piii o meno coscienziosa e forte secondo che ciascun ebreo e piii o meno osservante della sua legge non mosaica ma rabbinico lalmudica, unicamente nasce quella maggiore o minore, secondo i luoghi, i tempi e le persone, impossibility morale di pacifica convivenza* Ira ebrei e non ebrei e specialinente tra ebrei e cristiani. Se il Bonghi vorra afTerrare questo bandolo, trovera per avventura facilraente, non soltanto il tempo e il luogo, ma anche la possibilita di dipanare la sua matassa.

Sembrerebbe nondimeno a prima vista che egli gia avesse afferrato un poco di quel bandolo da quanto soggiunge che: « forse il chiuso dei « Tempii e quello che genera cotesto complesso di sentimenti e di consue- « tudini, donde non gli ebrei e i cristiani soli ma sofTrono le societa « stesse in cui essi convivono. » Col quale chiuso dei Tempii potrebbe taluno credere che il Bonghi volesse alludere appunto al Rabbinismo talmudico odiatore e persecutor per fede e per religione di tutto ci6 che non fc ebreo e provocante perci6 le rappresaglie. Se non che il Bonghi segue subito dicendo che: « ci6 non vuol dire che i Tempii si hanno « a distruggere poich& rispondono ad un gran bisogno e ad un alto ideale « dello spirito umano. » Colla quale disgraziata soggiunzione ci mostra quanto sia arrutlata nel suo cervello quella matassa. Che hanno infatti qui da fare i Tempii cogli Ebrei se non s'intende parlare dei Tempii ebreit cio6 delle moderne Sinagoghe ? E se il Bonghi intende daddovero parlare delle moderne Sinagoghe, che ci hanno qui allora da fare il gran bisogno e I' alto ideale dello spirito umano? II quale certamente non sente nessun bisogno dell' ideale che ne esce di odio e persecuzione contro tutto il genere umano non ebreo e specialmente contro il cri- stiano? Ma tutto quest' arruffio di matassa ideale non solo Bonghiana ma di tanti altri anche ebrei, non dipende che dalla confusione che essi fanno involontariamente, come crediamo, deH'antica santa, divina e ri- velata legge mosaica, colla moderna empia, farisaica, talmudica e rab- binica cabala giudaica, unica religione presente degli ebrei della disper- sione. Ma del resto, a Dio piacendo, nella prossima corrispondenza.

-TEMPORANEA II.

COSE EOMANE

\ 1 .lieoza del Santo Padre "2. \A partenzn del Papa da Roma 3. I.'AH- zione d"l S.iiitu I'jiltv: <liv|i"tti, fiviiiiti i- iii'r'iurio doi snoi nomici -i. Leon" XII! e lo Scia di Persia 5. Un uomo che comincia a diveniare ridicolo.

1. Nelle ore pomeridiane del giorno 27 del passato marzo Sua San- tith aromelteva all'onore dell' udienza, nel piano delle seconde logge del Yuiicano, una Deputazione napoletana coraposta di parecchie centi- naia di persone. Facevano parte di questa numerosa Deputazione il fiore del patriziato napoleiano, ragguardevoli ecclesiastic!, e dislinti cittadini d' am bo i sessi. Essa era ben lieta di offrire al Santo Padre la espres- sione delta vivissima riconoscenza dell'intiera cittadinanza di Napoli per 1'elevazione alia Sacra Porpora deH'am.itissimo suo Arcive-scovo, PEifio e RiTio Cardinals Guglielrao Sanfdice. L'espressione di questa gralitudine e stata tanto piu sincera, quanto essa e staia, nei giorni trascorsi, seguita da manifestazioni entusiastiche da parte di tutto il buon popolo napole- tano nel festeggiare il ritorno da Roma dell'araato suo Pastore. Napoli infatli non ha voluto in questa occasione rimanere indielro alia cattolica Torino, e questa gara religiosa tra le due piu grandi citta del Regno non solaroente ci & prova che 1'antico spirito cattolico non fc ancora speuio tra noi, ma ci e pegno di un migliore avvenire. Imperocche a niuno certamente pu6 sfuggire che I1 Italia 6 cattolica e vuol rimaner cat- tolica, e non lascia passare occasione di moslrarlo, anche a dispetto della genie che vorrebbe torle a ogni costo un si bel vanto.

Nella domenica poi di Passione, gli Illmi e Rini novelli Vescovi preconizzati nell* ultimo concistoro, dopo la loro solenne consacrazione fu- rono ricevuli dal Santo Padre in particolare udienza. II Sommo Pontefice li accclse con 1'usata benignita, ed ebbe per ciascun di loro parole ve- ramente afTettuose, e come sa dirle in simili congiunture un Papa che in brev'ora ha dato i piu stupendi esempii di fermezza e di coraggio apostolico ai Vescovi, al minor Clero e a quanti cattolici combattouo oggidi sotto la bandiera di G. C. Nel giorno medesimo molle ragguar- devoli famiglie ebbero la consolazione di ascoltare la Messa, che Sua San- tiia celebr6 nella Cappella Segreta, e di ricevere dalle sue roani il Pane eucaristico. Questi atti di benignita da parle di un Pontelice rhe con la n to senno e prudenza governa la Chiesa in mezzo a diflicolta senza numero, si rinnovano quasi ogni giorno; imperocchfe non passa giorno del suo laborioso pontificate, che egli non rieeva in udienza i suoi

232 CRONACA

figli che dai quattro venti convengono nella sua Roma per rendere omaggio alia sua invincibile fermezza e palesargli I'immenso amore che eccita nei cuori di tulti i cattolici la sua augusta Persona. Cio guardano COD dispetto i suoi nemici, e volendo dissimulare il loro maltalento van dicendo che il Somrao Pontefice e un personaggio a cui nessuno piu pensa da che Roma e diventata la capitale d' Italia. Si potrebbe ritorcere 1'argomento, perocche se ci e personaggio a cui piu si pensa, non pure da quelli che vengono di fuori, ma da coloro che vivono in Roma, e il Papa. 2. Di questi giorni,e non sappiamo su qual fondamento appoggiati, i diarii della Rivoluzione han messo in giro la voce che il Papa avesse in animo di abbandonare Roma; voce per altro che non tard6 ad essere smentita da quell' egregio ed autorevole giornale che fu sempre 1' Os- servatore Romano. La notizia, per quanto fosse infondata, non Iasci6 di commovere giustamente i cattolici del mondo; anzi i giornali d'ogni co- lore politico presero a discutere la possibilita e le conseguenze di questo importante argomento; e da questa discussione due cose principalmente parvero emergere: la prima che la questione romana e sempre viva, e forse piu viva oggi che nol fosse il primo giorno in cui fu creata. La seconda, che il Papa non e affatto libero in Roma, e che e un farsi illu- sione il credere che in Roma possano vivere e andare d'accordo un Papa in Vaticano e un Re in Quirinale. Per questo il Francais, citato dalla Gazzetta d' Italia dice: Se il Governo italiano perse vera nei suoi attacchi e non si arresta verra il momento che il Papa per salvare la sua di- gnita, come pure i diritti del mondo cattolico, di cui e depositario, si vedra obbligato a cercare nell'esilio le guarentige di sicurezza che egli non trova piu in Roma... Ma la sua partenza da Roma avrebbe nei mondo un contraccolpo immense; egli desterebbe lo sdegno universale; i governi si vedrebbero obbligati ad occuparsi della questione romana, che oggi affettano d'ignorare. L' Italia stessa riconoscerebbe il fallo commesso la- sciando partire il Papa, e non passerebbe un ventennio senza che Roma vedesse il successore di S. Pietro ritornare al Vaticano libero e trion- fante. » Ma se il Papa trasportasse le sue tende fuori di Roma che cosa avverrebbe? Awerrebbe che il sentimento dei popoli si rivolgerebbe cola, con grandissimo scapito non pur di Roma ma dell' Italia, senza perdere non diremo la speranza, ma la certezza di vederlo ritornare in quella Roma, donde 1' ha cacciato la rivoluzione. fi un osservazione di Adolfo Racot nei Figaro di Parigi. « Quando Pio VII soggiunge egli, era pri- gioniero a Fontainebleau, e prigioniero del padrone dell' Europa, la con- dizione della Santa Sede sembrava molto piu critica di adesso, e tuttavia Pio VII rientr6 in Vaticano. >

3. Abbiamo riporlata in questo stesso quaderno la stupenda Allo- cuzione recitata dal Santo Padre nei Goncistorio del 24 passato marzo, Allocuzione nella quale non sappiamo qual cosa prima ammirare se la

NBA

grandma e nol-iltA dr roraggio onde

ilata la satan suoi diritti. 1 cattolici

!' hanno letta han provato una grandissiraa gioia;e come no? Che oggetlo di altissinn gioia & il vedere che nel mondo odierno e in mezzo nta nequizia ci e serapre un vindice della liberta oppressa e della calpestata e maoomessa. Se non che, quanto 6 stata graode la gioia dei cattolici, ed altrettanto & stato immenso il dispetto del rivolu- zionarii. Qtiesti iofatti non si son poluti dar pace che il Santo Padre abbia ripetute graodi e in parle dolorose verita. Eppure avrebbero dovuto sa- pere che il Papa non pu6 fare a meno di dire e proclamare il vero. Ne perche si tratta di ripetizioni, o perche questa proclamazione non abbia ancora avuto i desiderati effetti, cessa la verita di essere tale, o meno doverosa ne toroa pel Papa la proclamazione. II liberalisms e la rivo- luzione invece amano la menzogna e se ne servono largameote facendo a fldanza o colla dabbenaggine o coll' ignoranza che regna oggidi nel mondo. Cost il Popolo Romano parla di una Capitate storica del- T Italia che non ha mai esistito. Ha esistito si una Roma capiiale del- Tlmpero Romano, ma quella fu distrutta dai barbari. In appresso i Papi ne rianimarono il cadavere col segno della Croce, e Roma, rinata dalle sue ceneri, fu la Roma papale. Roma capitale esiste, alia meglio, appena da 14 anni, come dire qua tiro anni di meno dei secoli che vanta la Roma dei Papi. Quanto poi alia menzognera ed indegna asserzione dello stesso diario che 1'opera della Santa Sede « e opera parricida » ci bastera di dire solamente che gli uomini onesti sanno bene distinguere la patria da una oligarchia prepotente e vorace, che si e imposta alia patria ru- bandole perlino il nome ed il carattere, per appropriarsi quanto alia patria spetta di diritto. E questa menzogna colossale non e superata che daH'altra mostruosa, caduta pure dalla penna del Popolo Eomano che « magnifica opera del senno del popolo italiano e della dinastia Sabauda » sia quanto ha falto la rivoluzione. Ma dove questo giornale, calpestando le leggi del pudore, tocca il sublime del ridicolo e laddove dice, « ab- biamo il diritto di domandare alia Santa Sede che delle accuse di vio- lata indipendenza da parte nostra fornisca le prove. » 11 Popolo liomano ha sbagliato 1' indirizzo. Le prove che esso desidera le domandi ai ge- nerali Cialdini e Cadorna, al Sella, al Laroarmora, al fabbro ferraio Ca- panna e al Mancini e a quanti assalirono, spogliarono, delronizzarono il piii vecchio e venerato sovraoo del mondo.

4. Intanto che la rivoluzione lavora instancabilmentea manomettere in quanto pub la Chiesa Cattolica in occidente, disperdendone, annientan- done, ovvero laiciz/andone le piu belle ed antiche istituzioni, il Papa cerca nelle loniane regioni dell'Asia, dell'Africa e delle due Americhe di esten- dere sempre piii 1'azione incivilitrice del Cristianesimo cattolico o col- ralTt-rmare o col rannodare buone relazioni coi Principi o coi Governi

CRONACA

di quelle rimote comrade. Di die ci place riferire quello che ora tutti sanno circa )e relazioni della Santa Sede collo Scia di Persia. E ora un anno, il 30 aprile del 1883, che la Santita di Leone XIII, indirizzava allo Scia di Persia, lettera alia quale quel Sovrano rispose sotto la data del 20 del roese di Safar dell' anno 37* del suo [regno, data che corri- sponde al 19 scorso aicembre. Nella sua lettera il Santo Padre accredi- tava presso il Sovrano di Persia il delegato apostolico ; e di riraando lo Scia nella sua ripeteva il desiderio gia espresso personal me nte al dele- gato apostolico, di avere e di consolidare le sue buone relazioni col Papa. In quella dunque che il Governo italiano obbliga la Congregazione di Propaganda alia conversione dei suoi beni, e la rivoluzione, per bocca del siculo-albanese Francesco-Crispi, addita « come il solo e vero nemico il "Vaticano >, un Principe infedele s' inchina alia maesta del Pontefice Romano, e si raccomanda alle sue preghiere. E qui ci 6 dolce di riferire quanto 1'egregio periodico I1 Untta CattoUca nel suo n. 82 pel di 4 aprile scrive sulle relazioni degli Scia di Persia colla Santa Sede; relazioni che rimontano al secolo XVI. « Non e la prima volta, dice il dotto diario torinese, che i Romani Ponlefici ricevettero dagli Scia di Persia solenni dimostrazioni di ossequio; sotto Abbas I, che regn6 dal 1585 al 1629T due ambasciatori persiani vennero in Roma e furono ricevuti da Cle- mente VIII. Questo Pontefice, ad istanza di quel Sovrano, aveva mandate* i Garmelitani Scalzi ad evangelizzare que'popoli, ed a que' religiosi aveano tenuto dietro gli Agostiniani di Goa, i Cappuccini francesi, Gesuiti e Do- menicani. Accord6 inoltre solenne udienza agli ambasciatori della Persia. II suo successore Papa Paolo V nel 1605 invi6 in Persia due Carmelitani con qualita di Ambasciatori. Abbas I li ricevette con molta stima e loro diede un palazzo in Ispahan dove fabbricarono convento e chiesa. Piii tardi Gregorio XV per utile spirituale dei cristiani istituiva la Congre- gazione di Propaganda e Urbano VIII il Gollegio Urbano, che riceve per alunni anche i Persiani.

« Lo stesso Urbano VIII istitui la diocesi di Hispahan, di rito latino, e ne fu nominato primo Vescovo fra Giovanni Taddeo di Sanl' Eliseo, carmelitano scalzo. Glemente IX, Innocenzo XI, Glemenle XI furono pa- recchie volte in relazione cogli Scia di Persia, secondo le varie necessita della Chiesa.

« La dinastia che regna oggidl in Persia riconosce per suo fondatore Aga Mohammed Khan, il quale verso il 1792 divenne signore della Persia. Suo nipote Feh-Aly Scia, che gli succedette, consolidd il trono con una condotta prudente e savia. Nomin6 Principe ereditario il suo terzogenito Abbaz-Mirza, al quale Leone XII indirizz6 due Brevi, il 10 ot- tobre 1827 e 20 settembre 1828, raccomandandogli i cristiani.

« Gregorio XVI ottenne dallo Scia il permesso di far prcdicare il

1 1 suo rapprescnt : ;mno 188'2.

nccaramo teslfe del Cnsji, p, non vogliamo farci sfuggire qiu-- st'occasione per dire come quest' uoroo, che ha 1'insigne vanita di cre- dcrsi un grand* uumo di Siato, forse perche glie lo dicono i suoi adutotori, cerchi e studii tutli i modi di diventare ridicolo, ripetendo sempre la « canzone, parodiando il Gambetta, e atteggiandosi a future tribuno •irir Itali.i rivoluzionaria. Se il Crispi nel combattere la Chiesa mostrasse un 1-riciolo dell'abilita ond'egli conduce i suoi affari, e gaadagna le cause piii shallate, le sue parole sarebbero forse da pigliare sul serio. Ma per suo malanno, egli e cosi infelice negli attacchi contro la Chiesa e il Papato, come nel parlare alia tribuna o nello scrivere, tutloche da Maz- zini di cui fu seguace ed allievo abbia ereditato un po( di gonfla e va- porosa verbosiia. E per convincersi che egli, se non 6 ancora caduto, fe gia a un pelo di.cadere nel ridicolo bastera rileggere il discorso cb'ei va tesle nell'adunanza del novello Islituto Storico,creazione baccelliana. Sanno ttitti, cbe Guido Baccelli nominb membro di questo Istituto il Crispi, in sifjnum grati animi, per averne cioe propugnata la famosa legge uni- versiiaria. Ora Crispi storico, fe cosa talmente ridicola, che gli stessi cor- tigiani o adulatori del capo della IVntarchia non ban potuto dissimularlo. E quando pure di questo ridicolo mancassero altre prove, basterebbero quelle che egli stesso ci fornisce nel suo famoso discorso, dove non sai qualcosa sia piu grande, se 1' ignoranza della Storia, ovvero 1' impudenza ond'egli ha cercato di snaturare i fatli. Uoo studente da ginnasio, per iscapato e ignorante che fosse potrebbe fargli la barba di stoppa.

III.

COSE ITALIANE

i. La Crisi 2. Mh .^iamrnlo (H parlili in Montccilorio 3. L' clcziono del Pre- sidenie I. Voci di fuori.

I. Ci vollero nientemeno che dieci giorni a finire la crisi, e parvero troppi in verita, se si guardi a quel ridictdus m«s, che n'6 venulo fuori, qtianio dire la leggiera modiQcazione che s'e fatta al ministero. Ci aspetlavamo, qualche cosa di piu serio; ma e un farsi illusione il credere che dalla dominante oligarchia, di cui e reggitore supremo cd arbitro il Depretis, sia per venire fuori cosa che non sia ridicola e nie- schina. Considerate dunque bene le cose, si pu6 e si ha ragione di cre- dere che tutta 1'importanza della crisi sta nell'uscita dal ministero di Guido Baccelli, 1'uomo che il Depretis sacramenlava che non sacrifiche-

236 CRONACA.

rebbe, quando pure ne avesse ad andar di me/zo la sua vita. Ouanlo al Berti, al Giaiinuzzi-Savelli ed al Del Santo, che ne sono usciti, pote- vano anche restarci senza sconcio, perche il Grimaldi, il Ferracciii e il Briu, che li hanno surrogati, sono uomini di valore equivalente. In nna cosa sola e forse il Ferracciu superiore al Giannuzzi-Savelli, nell'odio che egli nutre contro il Papa. L' Unitd Cattolica ricorda a questo proposito il discorso che il Ferracciu profferi nella Camera dei Deputati il 13 feb- braio, quando si discuteva 1'arlicolo 7 sulla inviolabilita del domicilio del Papa. Fra gli emendamenti proposti a quest' articolo ve a' era uno del Ferracciu, il quale avrebbe voluto che in luogo di quell' articolo si mettesse nella legge 1' articolo seguente: « In tutto ci6 che non e di- sposto dai precedent! articoli, si osserveranno le leggi dello Stato. » In altri termini, che gli agenti della forza pubblica potessero introdursi, per esercitare atti del proprio ufficio nel Vaticano, come nell' ultima ta- verna di Roma; quindi conchiudeva: « Calvinisti, luterani, o cattolici, maomettani, od altro per lo Stato ha da essere lull' uno. Lo Stato non sa e non deve sapere se tra noi v'abbia un Papa. » Tal'e la gioia fc il fiore dei guardasigilli che Agostino Depretis, il gran Gancelliere d' Italia, fc andato a scovare per mettergli nelle mani le guarentigie, il Papa, il clero, la religione, il culto degl' Italiani ; un guardasigilli cio6 che crede le guarentigie esiziali all'llalia, che non fa distinzione tra il Papa e un Rabino, che ha voraitato in pubblico parlamento contro il Papato ca- lunnie e teorie, che appena si leggerebbero nella stampa socialistica ed anarchica. Ma fc un guardasigilli che conveniva a un Depretis, che un giorno si dichiar6 pronto a fare, quandochessia, le parti del diavolo.

2. La questione 6 ora di sapere se il rimpasto fatto dal Depretis abbia sodisfatto la maggioranza, o non sia un nuovo motivo che affretti il disgregamento di essa. Se infatti dobbiamo giudicarne dalla prima seduta di Montecitorio dopo il rimpasto, come dire dopo venli giorni di sforzato silenzio, il ministero riformato 6 condannato a perire. La Camera si riapriva infatti in mezzo ai rumori, alle risa, all'ilarita* agli oh oli> eh eh, ai segni di di/fidenza, ai colpetti di fosse, e cose simili, buone e permesse in teatro, ma non gia in parlamento. Depretis par!6 per presentare alia Camera i nuovi ministri, protestando essere sua forma intenzione di consacrare gli ultimi suoi anni all'attuazione dei principii polilici professati nel programma diStradella; ma le proteste furono accolte da sogghigni d'incredulita e da grandi rumori sollevati dai pentarchi. Di che indignato il Popolo Romano esclama : « L' op- posizione serbfc un contegno non molto dignitoso e poco corretto. Dimo- str6 in modo clamoroso e turbolento, che si trovava in istato d1 irri- tazione, che, tra 1'effetto della stagione e la natura audace di taluni elementi, andra crescendo fino a raggiungere lo stadio piu acuto. » E che gli onorevoli fossero andati alia Camera con intendimento di far

NTEXPORA.NEA

>, -i Mivo.'ii.-iita ,|.,

••rir Ic porir ili Morit'-ntono: Voci alte e floche, di-

verse ill*,- die, se ROD sono ancora orribili, minarn \n<> \\

:ii|)iono le aule parlamentari, e fanno gia un tiimulto che non

.igisce nulla <ii buono. » II primo che alzasse la voce fu Luigi Ferrari, un pentarc;i, il quale scagliossi contro Depretis, accusando d'inerzia la maggioranza e anVrmarulo che in Italia lo scontento e universale, fatte 1.- debite eccezioni di quelli che siedono al banchetio del bilancio. Al 1 Vrrari tciine dirtro il Nicotera, il terribile barone, lamentando che Cop- pino, eletto presidente delta Camera, senza dir nulla, fosse andato invece a sedersi sul banco dei roinistri e dichiarando che fu questa una scon- venienza parlamentare. E chi poteva dirlo meglio di lui? Sulla sua com- petenza in questa materia non ci e neppure da sputare.

Ne men burrascosa della prima fu la seconda seduta della Camera. I pentarchi fecero un'altra carica contro il Depretis, e fu il deputato Parenzo che si battfe a corpo a corpo col vice-presidente Taiani, mentre i suoi colleghi facevano in coro esclamazioni e grida incoraposte. « L'in- cidente, dice la Gazzctta del Popo/o, di& luogo a molti ruraori; tra i diversi deputati delle diverse fazioui della Camera scambiaronsi parole provocanti; la Pentarchia apostrof6 alcuni deputati della maggioranza, i quali risposero per le rime. La seduta termin6 in mezzo a grande agitazione. » K una vera Babele!

3. Dopo la seduta delle insolenze e dei rumori, del 4 aprile, la mag- gioranza si riuni sotto la presidenza di Depretis per iscegliere il pre- sidente della Camera. Erano 150 i present!, compresi i ministri. Mordini, T inventore delle reliquie di Garibaldi, present6 d'accordocol Depretis, un ordine del giorno in cui fu proposta la candidatura del Biancheri, come quella che risponde alia situazione parlamentare (al confusioni- smo). Questa elezione, pare fatta con intendimento d' ingraziarsi la destra, un po'scontenta d'essere stata esclusa dalla combinaziooe mi- nisteriale. I Pentarchi per altro aflilarono indarno le armi per combat- terla. Comunque sia, una cosa salta agli occhi di tutti ed fc la decadenza del Parlamenlo; ma net mentre che questo visibilmente va perdendo ter- reno, e si sfascia, il Ponteflce svela quolidianaraente le contraddizioni dei legislator! e governanti italiani in modo talraente grande ed elevato che il giornalisroo slipendiato sente di non avere piii inchiostro per difen- dere la loro insipienza e fatuita.

L' elezione del Biancheri alia presidenza della Camera fc ora un fatto compiuto. Che il Biancheri riuscisse eletto, lo si poteva facilmente pre- vedere. Ma il numero dei voti da lui riportati fu inferiore sicuramente a quello speralo dal minislero e dai trasformisti di destra. I calcoli fatii universalmente portavano a ritenere che il nome del Biancheri sa- rebbe uscito dall' urna forte di circa 270, o alraeno 250 voti. Contraria-

238

CRONACA

mente a queste prevision! il nuovo presidente non venne portato alia sna carica die da 239 voti sopra 400 votanti, che k quanto dire con soli 38 voti oltre la maggioranza necessaria.

Non sappiarao davvero compreniere come la votazione che parve insufficiente per il Goppino, sia stata ritenuta bastevole nel caso presente, pel solo fatto di un aumento di 11 voti.

E notisi che le condizioni presenti erano tali da esigere, e da far supporre, una maggioranza assai piii considerevole di quella del 19 marzo. Allora erano ancor vivi i maluraori della Camera per 1'ostinazione del Depretis a conservare nel ministero il Baccelli, di guisa che si cercava quasi un preteslo pel quale fosse possibile di venire ad una crisi, sia pure generale all' apparenza, ma che riuscisse poi alia semplice sostitu- zione di qualche ministro. Ora ci6 e avvenuto, ed il nuovo presidente si presentava forte dell'appoggio di un minislero che ha fatto da cinque giorni soltanto la sua comparsa alia Camera e che dovrebbe quindi sup- porsi in tutto il rigoglio della sua vitalita.

V'ha di piii; di fronte alia imminenle battaglia il ministero aveva chiamato a raccolta tutte le sue legioni, ed un appello non meno caldo avevano fatto ai loro amici gli organi piii autorevoli della deslra, sempre in favore del candidate ministeriale, talche pu6 dirsi che ben pochi fra gli aderenti a queste due parti siano mancati nel giorno della votazione. Eppure, ad onta di tutto ci6, il Biancheri non e portato alia presidenza della Camera neppure dalla meta dei suoi componenti.

11 risultato non fu certo quale si desiderava da taluni, e particolar- mente quale sarebbe abbisognato per dimostrare 1'esistenza di una mag- gioranza di Governo numerosa e compatta.

Se ne avvedono coloro stessi che furono fra i piii caldi partigiani della candidatura Biancheri, come ad esempio YOpinione.

II solo fatio che essa-si e affaticata e abbia reputato necessario di dimostrare la bonta di un tale risultato, mostra chiaramente come questa bonta, anche a suo modo di vedere, sia ben lungi da far tacere i commenti.

Anche Targomento addolto da\Y Opinione per dichiararsi soddisfalta di questo risultaio e abbastanza specinso. Essa e andata in visibilio perche il voto dell' 8 aprile, dimostra che il ministero sara forte, non gia per una forte maggioranza numerica, ma per Tadesione di un partito compatto ed unito intorno al Governo. Nel giorno in cui si dovra venire ad un voto politico, vedra YOpinione che cosa valga piii, se il partito compatto e la maggioranza numerica. Conviene notare, peraltro; che i fogli moderaii sono ben lontani dal desiderare una lunga vita all'attuale gabinetto. Piu presto esso sara logoro, e piii presto il Biancheri sara chiamato a Corte per essere consultato sulla formazione del nuovo ga- binetto. Questo sorgera forse quale lo desidera I'Opinione, ma allora non avra lie il partito compatto ne la maggioranza nuraerica.

CONTEMi

i. Harrniiliamo ora alcune voci che corrono di fuori <1>-I Tarlamenlo, >• rivflaiiM la situazione veramente crilica in cui versa 1' Italia legate. I'ua di ijut'.ste voci e quella del J'iritto del 4 nprile, che smenlisce che re Umberto e la regina Margherita vadano a Berlino, scrivendo: « Ci cosla che questa ootizia e affalto infonJata. » Probabilmeote sono taccoli colla diplornazia da coroporre pria ches'intraprenda il viaggio. K si che taccoli non mancano. Ci e a buoni conti 1'afTare sempre intrigato della conver- sirne dei beni di Propaganda; ci sono le mene irredeniiste che danno tanto da fare all' Austria nel Triestino; ci e la quasi impuniia accordata ai radical! di ridicoleggiare; ci sono i manifest! socialist! che corrono per tutta Italia; ci e 1'audacia del partito anarchico che inveisce contro gli agenti della forza pubblica, non esclusi quelli dell'arma benemerita; ci e la bandiera rossa e il trionfo in Milano dei repubblicani i quali sotto pretesto di organizzare una apoteosi a Carlo Cattaneo, organizza- rouo una manifestazione bella e buona repubblicana ; c'e finalmente il linguaggio di una gran parte della stampa estera, la quale non e niente contenta della piega che prendono le cose italiane; e per questo ci ba- stera di riferire quello che scrivea la Wiener Allgemeine Zeitung: « L' impassibilita del governo italiano dinanzi alle ingiurie, improper! ed oscene scurrilitu lanciate pubblicamente a voce e colla stampa contro dell' Austria, del governo e dell'esercito in Milano in occasione del tra- sporto (It-lie ceneri di Cattaneo e della coramemorazione delle cinque giornate del marzo 1848, e indizio se non prova di quel che sen- tano i Depretis e soci intorno al valore delle amiche relazioni, della triplice tanto vantata alleanza, e del rispetto che essi hanno per le piii elementari convenienze sociali. Fors'anco quell' impassibilita e prova dell' impotenza connivenza? del governo stesso contro della cor- rente repubblicana.

IV.

COSE STRANIERE

RUSSIA (Nostra corrispondenza) l.Calma apparenle, non reale, aU'interno 2. 11 viaggio del signer de Giers, e I'accordo fra i tre Imperi 3. Slalo pre- sente dellVsprcilo russo - 4. Dedizione di Mei*v. Vore ragioni di tal faito, con- siderato, a torto, dalla stampa russa come un irionfo della diplomazia imperials. Kvcntuali consegaenze di un conflitto fra Russia e In^rhillerra 5. Propeii-ione dei Governo verso i cattolici del Turkostan. Suoi sforzi per soslituire nel culto cattolico il russo all' idioma polacco 6. I tre grand! partili polilici o.istmti in Huso, ad uno d«'(|uali, cioe al lodesco, appartiene il ministro degli esleri signer de Giers. Risultati del viaggio di quest' ultimo a Berlino ed a Vienna 7. Concliiusione.

1. La piu perfetta pace regna in tutto rimpero;ma cio non toglie che le condizioni politiche si facciano di giorno in giorno piu gravi. La

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tranquillity non e che superficiale. Si viene, e vero, di tanto in tanto a sapere che gli ebrei in questo o quel paese sono stati deruhati o truci- dati dal popolo; che i nihilist! hanno assassinati due o tre alti fuuzionari governativi, o che incendi forrnidabili si sono sviluppati per oj- ^ <)i ignoti; ma queste funeste notizie vanno tosto dimenticate. Che anzi la societa eletta di Pietroburgo si rimette con piii ardore di prima a bal- lare, incoraggiata questa volta dalla Gorte, che, dal primo dell' anno in qua, e venuta a stabilirsi nella capitate, e da 1'esempio di festevoli trat- tenimenti. Bisogna per6 convenire che si balla sur un vulcano. Qtffcsto stato di cose e egli conosciuto in alto? Nessuno pu6 dirlo. Ma forse la miglior politica da seguire nelle presenti congiunture si e quella di far le viste di non temer niente, e di far feste a iosa.

2. Se il nichilisrao, da un lato, va proseguendo 1' opera sua nell'ombra e nel mistero, eludendo quando gli piace le piii minuziose precauzioni della polizia, dall' altro lato la calma si e ristabilita nel ministero degli affari esteri. II viaggio del signor de Giers ha portato tutti i suoi frutti. Un accordo si e fermato fra i tre Imperi; accordo araichevole con la Germania, un po'piii riserbato con 1'Austria, ma, in ogni caso, abba- stanza cordiale da assicurare la pace d'Europa per tutto quel tempo che piacera al principe di Bismarck di determinare. Ora siccome il fine di tale accordo sembra esser quello di un disarmo generate, cosl non pub non destare un certo interesse il conoscere lo stato presente dell'esercito russo, la forza effettiva de'suoi contingent!, la distribuzione di essa su tutto quanto il territorio dell'Impero, e il carico enorme, da cui la Russia rimarrebbe sgravata, se il principe Gancelliere riuscisse a ottenere da questa formidabile potenza una diminuzione considerevole delle sue truppe.

3. L'esercito russo e ripartito in grandi circoscrizioni militari, cia- scuna delle quali abbraccia un' estensione di terreno sette od otto volte maggiore di quello dei corpi d'esercito francesi.

L'esercito russo novera adesso, sul piede di pace, 28,074 uffiziali e 836,146 soldati.

La circoscrizione di Pietroburgo comprende, oltre a parecchie divi- sion! dell'esercito di linea, i quattro quinti della gu.irdia imperiale, di cui il rimanente e a Varsavia, mentre il corpo dei granatieri trovasi in Mosca. L' esercito di Pietroburgo ascende a 82,470 uoraini, forraanti una truppa ammirabile di riserva, o meglio di seconda linea, la quale marcia per il solito coll' Imperatore.

La Finlandia non comprende che una forza di 13,445 uomini, distri- buiti lungo la costa, a Viborg, Sveaborg e Abo. Reclutate, siccome sono, esclusivamente nella provincia, le truppe che la compongono sono co- mandate in lingua finlandese. In virtu della costituzione del granducato di Finlandia, che si amministra da se con leggi proprie, le truppe non debbono servire fuori dei confini di Finlandia.

l-'mlari li;i, cht> IMM ha nulla d:i irm.-iv ,l.ill;i Svc/.ia sua \ <aj sguarnita di iruppe, in compenso il rierlio principalf di «|' e concentrato in Polonia per coprire la liin-a di Mosca, e in Lituania per coprire la linoa di Pietroburgo; potendo i due eserciti facilmnik- operare la loro congiunzione in un movimento olTcnsivo contro Htrlino per la via di Koenigsberg o per quella di Posen. La circoscrizione di Vilna forma il primo gruppo, che comprende 1U4,36C uoraini. II secondo gruppo e formato dalla circoscrizione militate di Polonia, e comprende 1 lo,\?s7 soldati. Trovansi agglomerate su questo confine, parlicolarmente lungo la Slesia prussiana e la Gallizia austriaca, le masse pid forti di cavalleria.

Poichfc le province della Russia meridionale sono, in caso d'invasione, meno minacciate delle altre, la cifra delle truppe' nella circoscrizione d' Odessa noo supera i 63,433 uomini, numero suflicientissimo per una guerra, che non pub essere se non difensiva. Questo esercito si ricon- giunge con quello di Polonia mediante il gruppo di Kief, la cui circo- scrizione comprende 56,684 soldali.

Questo quanto alia prima linea di truppe; veniamo adesso alia se- conda.

Le circoscrizioni di Odessa, di Kief e di Varsavia sono sostenute da quella di Kharkof, dove si concentra un esercito di 63,146 uomini. Contigua a quest' ultima, e in grado di prestarle o, viceversa, riceverne facilmente un appoggio, la circoscrizione di Mosca comprende una for/a eflettiva di 84,533 soldati. Un gran numero di linee ferrate metterebbero, all'occor- renza, queste truppe in comunicazione con quelle dei confini occidentale e settentrionale, con Varsavia, Vilna e Pietroburgo.

L'n altro centro militare di prima importanza & la regione transcau- casiana, formante la circoscrizione di Tiflis, che confina a ponente con 1'Armenia turca, e a mezzodi colla Persia. La necessita di tenere in freno i bellicosi montanari della gran catena del Caucaso, di tener d'occhio la Persia, di fare la polizia del mar Caspio, e soprattutto di marciare, all1 occorrenza, su Costantinopoli per Erzerum, ha futto portare lino a 100,000 uomini la cifra delle truppe del Caucaso. In questo contingente non sono compresi i Ccsacchi del Don, colouia numerosa militanle or- dinata in reggimenti, e capace di somministrare, alia prima chiamata. la cifra apparentemente inverosimile, ma assolutamente certa di 2'20,000 ca- valleggeri con batterie volanti. £ questa la cavalleria irregolare dell' eser- cito russo, preziosa come avanguardia.

Dopo queste circoscrizioni principal! vengono le circoscrizioni acces- sorie, quelle cioe che la loro estrema lontananza ha permessodi sguarnire. I. <ercito del Turkestan nell'Asia centrale, il cui centro & a Tachkent, comprende una trentina di migliaia d' uomini, necessarii per mantener 1'ordine fra le popolazioni maomettane recentemente annesse, che e quanto

XII. rot. VI. fasr. Sl'J 16 'i>nle

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dire per fare la polizia dell' immense Iratto di paese, che dal confine della Siberia occidental si stende fino alia Persia. La circoscrizione siberiana d' Omsk, che coniina con la Dzungaria, che sorveglia la China occidental e sostiene le truppe del Turkestan, comprende 20,838 soldati. Finalmente la Siberia orientale, presso a poco deserta e appunto per questo al coperto da ogni invasione, non dispone che di 11,000 soldati, i quali, uniti alle truppe di marina, sarebbero piii che bastanti a difen- dere i porti di Vladivostok e Nicolaief nell'oceano Pacilico.

Apparisce chiaro da ci6 che la Russia non ha nulla da temere da un assalto straniero. Oltreche dalle sue truppe, numerosissime e dotate di un coraggio a tutta prova, essa e soprattutto ammirabilmente difesa dalla sua immensa estensione. Nulladimeno, alle sue due estremita, la Russia ha qualche punto vulaerabile. In Europa essa e minacciata dalla Germania e dall'Austria ; in Asia daila China, che da un momento al- 1' altro pu6 facilmente invadere colle sue truppe, irregolari e barbare si, ma innuraerevoli, le nuove possession! russe dell' Asia centrale e le ricche comrade metallifere della Siberia, che confinano col grande e superbo fiume Amour.

4. In aspettazione di un conflitto, priroa o poi inevitabile, con la China, un fatto sommamente importante e venuto a prodursi nell'Asia centrale e a consolidare la potenza militare e commerciale della Russia in quelle vaste contrade. L' oasi di Merv si e data alia Russia. Non c' e stato bisogno di mandare un solo reggimento, una sola compagnia russa contro i bellicosi Tekkes, che abitano il paese di Merv: quelle tribii turcomanne han chiesto da sfe stesse la riunione alia Russia. Accogliendo la domanda fattane da'loro capi, lo Czar si e degnato aggiungerle alia lista de'suoi cento milioni di sudditi. Nelle quarantamila teode, che si inalzano in quell' oasi, non si & manifestata la menoma opposizione contro il tratiato, che mette in potere dei Russi una delle piii important! po- sizioni strategiche dell' Asia centrale, vicinissima al confine dell' Afgha- nistan.

Siccorae tutte le nazioni venute in possesso di un incivilimento su- periore sono condannate a vie piii progredire, quando sono messe inti- mamente in contatto con popoli barbari, cosi anche la Russia ha dovuto, alia sua volta dopo tante altre nazioni, assoggettarsi a questa legge istorica. Primo a sperimentarne la forza fu 1'antico Impero romano: piii tardi poi la stessa legge spinse Carlomagno sulla Germania, gli Arabi sull' Oriente, gli Spagnuoli suH'Araerica meridionale, gli Stati Uniti sulle Pelli-Rosse, gl'Inglesi su tutta 1'India sino alle falde dell' Himalaya.

Trattandosi di una regione celebre da tempo immemorabile, parmi non debba tornare del tutto inutile il porgere intorno ad essa alcuni particolareggiati ragguagli.

L'oasi di Merv, o Maour, e provincia dell'Asia centrale, situata in

rto fra la regione transraspiana e 1

mpi 'l.-lli piu rvmota antichila, quosto paes«> fu il u-airo <li lolte

•lite fr;i ' 'ur.iniana e In irte

nn|M'ro !»>i rrrsi.-mi. Nessuno ignora che una delle piii dure cam-

pagne, ch'ebbe a fare in Asia Alessandro il Grande, fu quella che il

raise in posscsso della Itiuriana ad onta di'll'ostiint.-i irsistenza di Besso.

v per6 non si diede ai Macedoni. Gli antcoali dei Turcomanni-Tek che ultimamenle ban prestnto giuramento di fedelta all' imprra tore di Russia, si difesero cnn accanimento contro il conquistatore dell'Asia. Ma !ro non si die per vinto, n6 fece ritorno in Persepoli se non dopo la piena sottomissione del paese, che e quanto dire dopo aver occupato Merv e tutte le ph/ze forti delta Battriana, oggidl in mano dei R< Allorquando Napoleone I fece disegno, nel 1812, di penetrare nell'Asia e recarsi a schiacciare nell' India la dominazione inglese, era Merv il luogo, per cui si prefiggeva di passare.

Dopo di essere slata celebre un tempo per potenza, per ricchezza, e per lo splendore delle sue moschee, Merv non merita piu al presente il nome di citta. Essa e andata, a piu riprese, soggetla a quelle formi- dabili distruzioni, che segnavano il passaggio dei conquistatori asiatici. Djengliz-Khan vi fece trucidare settecentomila persone, e innalz6 nel deserto una piraraide di crani, di cui veggonsi tuttora gli avanzi. Sullo scoccio del secolo passato, Mourad, erairo di Boukhara, ft radere dai fondamenti quello che ancor rimaneva della citla, e ne men6 schiava la popolazione. Da quel tempo in poi, le tribii lurcomanne sono rimaste padrone assolute di quel territorio. Merv non e piii adesso die un campo trincerato, il quale serve di riparo a quaranlamila kibitk'is, che con questo nome si chiamano quei piccoli earn, ne'quali vivono i popoli nomadi. Questa popolazione raminga si calcola ammontare presso a poco a dugentocinquantamila anime. I Tekkes di Merv sono una razza valorosa e primiliva, gente di pochi bisogni e di pochi scrupoli, pastori di ar- menli, e predatort de'loro vicini. All'infuori del magro prodotto de'loro armenti, essi non hanno allri rinfranchi se non il bottino che si procac- ciano colle loro razzias nelle vallate afghane e persiane, non meno che negli stabilimenti russi delle rive oriental! del mar Caspio. Krasnovodsk, principale fra questi stabilimenti, vedeva continuamente sotto le sue raura i Tekkes, e rimaneva esposta alle conseguenze di un fortunato colpo di mano. I governalori militari di quella citla sciupavano i loro cosacchi a respiogere assalti, che senza posa si ripelevano con sempre maggiore audacia negli anni ultimamente trascorsi.

.cilissimo spiegarsi la sommissione di quelle orde di predoni, chi consider! che, dopo le conquiste dei Russi, si trovavano press' a poco senza scampo. Kssendo le oasi a poca distanza da Merv occupate -lai Uussi, i Tekkes non potevano piii adoperare il brigantaggio per

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procacciarsi le raerci che eon avidita ricercavano, e soprattutto gli schiavi d'ambo i sessi, de'quali non polevano fare a meno. L'agricol- tura suppliva a mala pena a'loro bisogni; 1'allevamento di.-l ht-stiarae, unica industria che potesse loro fruttare qualche guadagno, si rendeva impossible finche la steppa non fosse interamente pacificata. Ora, quesla paciflcazione non poteva conseguirsi se non a condizione che Merv si sot- tomettesse alia Russia, e che 1'ascendente morale derivante dal dorainio su quella celebre regione, unito ai vantaggi inerenti alia sua posizione strategica, permetta al Governo russo di far regnare la pace nclla steppa asiatica. La vera causa del sacrifizio, che han fatto i Tekkes della loro indipendenza, sta in questo. Poiche il brigantaggio si rendeva loro sem- pre piii difficile e piii non bastava a'loro bisogni, dovettero essi pensare a provvedersi altrove, lo che fecero sottomeltendosi alia Russia per ri- cevere quiud'innanzi da lei tutti i vantaggi della civilta europea e della sua possente protezione.

I fogli russi non rifiniscono di parlare con elogio di questo fatto, che essi risguardano come un trionfo della diplomazia raoscovita; ma in cio hanno gran torto, come apparisce dal linqul detto. Essi scherniscono altresl senza pieta I'lngbilterra pel silenzio da lei serbato a riguaido all'occupazione d'un paese da loro considerate come la chiave dell' India; ma anche in ci6 hanno gran torto, imperocche era un gran pezzo che in Inghilterra si ravvisava 1'annessione di Merv alfa Russia come un fatto inevitable e di grande importanza rispetto all' India. Ecco il perche gl'Inglesi hanno accolto con tanta flemma la notizia, della quale si tratta. Le loro apprensioni e il loro zelo si sono riportati verso la vera chiave dell' India, cioe Saraks, Herat e Kandahar, che fu la strada tenuta gia da Alessandro il Grande, da Nadir-Chah e da tutti i con- quistatori. Nominalmente Saraks appartiene alia Persia. Citta considere- vole un tempo, oggi cattivo fortino occupato da pochi soldati persiani, Saraks sara probabilmente, un giorno o 1'allro, occupata dai Russi; ma e altresi estremamente probabile che gl'Inglesi trovinsi a quell' ora gia da gran tempo in Herat, capitale dell' Afghanistan, e padroni di tutto quel paese montuoso, di accesso difficilissimo, e abitato da un popolo guerriero, avente tutto 1'interesse a darsi all' Inghillerra, anziche alia Russia. Fra quest' ultima, adunque, e le Indie inglesi, vi avra sempre 1' Afghanistan con le sue montagne, il suo popolo bellicoso, e tutte le immense sostanze, che gl'Inglesi vi avranno accumulate.

Da questo contatto inevitabile fra le due nazioni pu6 scaturire o un accordo, che fara avanzare di cent'anni i destini dell' Asia, o un urto, che li fara retrocedere d'altrettanto. L' accordo, quale molte persone ben pensanti lo affrettano col desiderio in Inghilterra ed in Russia, significa la linea indiana di Quetta ricongiunta colla linea trancaspiana, Taper- tura della piii gran via commerciale dell'anlico continente, il tragitto

in uihlioi K'inrni da 1'ari^i i|»our. 11 conflitlo potenze,

in un tempt i!.il»- dinari/i a I 1:

lunque evrnln, un disastro terribile [tfr h ri villa; nHl'ipitrsi d'uria 1 1:1 russa, equivarrebbe al crollo dell'imp.'ro indiano, che e uno dei monument! pin ammirahili del genio europeo, il piu grand' esempio d'ascendente morale fra quanli il mondo ne abbia veduti da'Horaani in poi; nell'ipotesi d'una vittoria inglese, equivarrebbe al ritorno della bar-

•• sulle pedate dei Russi nell'Asia centrale, al rinnovamenlo dello spettacolo orrendo di orde depredatrici spingenti a forza mandre di scbiavi sin mercati del Turkestan, all' eccidio degli abitaoti e alia rovina delle citta. Ma giova sperare, ed e piii probabile, che interverra un accordo per assicurare la pace, e che il beninteso interesse delle due potenze

i la prevalenza sulle gelosie nazionali e sulle passioni ispirate da una falsa polii

5. Nelle nuove possession! russe dell' Asia centrale trovansi huon nu- mero di cattolici, impiegati civili o militari, e semplici soldati. Fino a questi ultimi tempi, costoro non avevano alcun mezzo di praticare la loro religione. Non c'erano ne preti cattolici, necappelle; dimodoche i fanciulli stavano spesso qualche anno senza ricevere il battesimo, almeno in forma regolare, e i cattolici rimanevano affalto privi dei sacramenli, della santa messa e delle cerimonie del culto. Questi cattolici, in gran parte polacchi, erano costretti ricorrere, per i matrimoni e le tumula- zioni, ai preti russi scismatici.

Un si deplorevole stato di cose e di recente cessato, grazie all'ini- ziativa del generale Governatore del Turkestan, signor Tchernaief. In una casa di Tachkent, capitate del Turkestan, esistono adesso la cap- peila cattolica e tutti i locali necessarii all'abitazione dei ministri del culto. La sala di quest' edifizio, il quale serviva alcuni anni indietro di riunione al circolo militare, composio di udiziali d'ogni grado, e stata converlita in cappella: se non che, per mancanza di tempo, gli orna- ment! che la decorano, sono tuttora provvisorii.

Vi sarebbe, in verita, ragione di maravigliarsi dell' interesse, clie il Governo russo ha mostrato in questa circostanza per i bisogni spiri- tual! de'suoi sudditi cattolici nel Turkestan, mentre poi adopera tutti i mezzi possibili onde pervertire i cattolici delle province occidentali della Russia europea e farli entrare o per forza o con astuzia nella Chiesa scismatica. Ma questo interesse si spiega naturalmente con una i|U'-siione politica, cui il Governo annette grande imporianza, e sulla quale non ha potuto finqul mettersi d' accordo con la S. Sede. Trattasi deH'introduzione nel culto cattolico dell'idioma russo in luogo del po- lacco, che da piii secoli e in uso nelle chiese di Polonia e delle pro- vince occidentali dell'impero. II Governo ha falto di tutto per trovare preti cattolici cost compiacenti da prestarsi a introdurre nel culto la

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russa, e alcuno ne lro\6 durantt; quoll'intervallo di tempo, in cui la Chiesa rimase priva de'suoi supremi pastori, doe dal principle della malaugurata insurrezione polacca del 1863 fioo alia nomina di nuovi Vescovi, fatta dalla S. Sede nel 1883. £ appunto uno di questi preti corapiacenti quegli, al quale il Governo ha teste conferito il posto di cappellano rnilitare del Turkestan, e che inaugurb la nuova cappella cattolica a Tachkent sotto 1'invocazione dell'arcangelo S. Michel--.

Non vi dispiaccia ch' io vi porga qualche ragguaglio su questo falto iraportante, chepu6 averele piii felici conseguenze per 1'avvenire, quando sia regolato e approvato dalla suprema autorita della S. Sede.

Era il 20 dicerabre dell' anno 1883, e il cappellano militare Ferdi- nando Sen tech ikofsky celebrava nella nuova cappella la prima messa. II Governo aveva posto ogn'impegno nel dare a questa solennilA tutta la possibile pubblicita e pompa. La cappella era stivata di popolo. Vi si trovavano, naturalroente, i caltolici tutti di Tachkent e dei dintorni, ma v'era altresl una gran quantita di russi scismatici e di gente del popolo, specialmente donne, attrattevi dalla curiosita o da altro motivo qualsiasi. La benedizione della cappella e la celebrazione della santa messa ebbero luogo in presenza dei generale Governatore e di un gran numero d'impiegati rnilitari e civili. Si notavano fra gl'invitati due preti russi, rappresentanti il clero scismatico della citta..

11 Vangelo fu letto in lingua russa, e cos\ le preghiere per la fa- miglia imperiale, le quali in tutte le chiese cattoliche della Russia si recitano dopo la messa solenne dinanzi all' altare, ma in lingua polacca. Nel suo sermone, parimente in russo, Tabate Sentchikofsky dichiard che avrebbe sempre adoperata nel culto quella lingua in preferenza alia polacca, per la ragione che, essendo la lingua ufficiale, essa era ben conosciuta da tutti i suoi nuovi parrocchiani, che vivevano in un'atmosfera affatto russa, e i cui figli frequentavano esclusivamente le scuole russe.

Questa erezione della prima cappella cattolica nell'Asia centrale ha destate le piii vive simpatie in tutte le classi della societa russa di Tachkent; cosl dice il Nouveau Temps, dal quale abbiam tolti i suespressi ragguagli. Infatti, prosegue a dire quel periodico, se fra i Russi si ma- nifesta tanta contrariety alia difTusione del culto cattolico, non e gia per un sentimento di malevolenza verso quel culto considerate in se stesso, ma unicamente a cagione della propaganda antirussa dei Polacchi, che sono i rappresentanti della Chiesa latina in Russia, e fra i sudditi russi quasi i soli, in mezzo ai quali si recluta il clero cattolico latino di tutto quanto 1'impero. Una volta per6 che sia cessala la questione politica, e che possa venir disgiunta, com'e difatti in tutta 1'Asia centrale, dalla questione religiosa, non v'ha piii ragione alcuna per ricusare ai caltolici e alia fondazione della loro cappella tutta la simpatia, cui hanno diritto.

"Li nu ci.c il (i'-vt-rno russo persisle sempre m-1 suo frrmo proponimenlo d'introdurre nel culto can- lm> 1' idioma russo in luogo del polar i-ssendo riuscito ad aituare qursto suo disegno netle

province occideutali della Russia d'Europa, lo roette ad efTetto nel Tur- in. 1] ijui'sto il principio d'un disegno, alia cui efTeltuazione si la- vorera con la raaggiore perseveranza, dappoiche e supremo interesse del Governo il logliere alia Chiesa caltolica 1'uso esclusivo della lingua polacca, per sostituirle la russa. Questa soslituzione sembra, a prima i, naturalissima, e quindi legittimo il desiderio del Governo. K ini.itii un grande inconveniente per la Chiesa univcrsale quello di essere talmente identificala colla nazionalila polacca, che i termini di callo- licismo e di polonismo siano in Russia sinonimi. Ma la colpa ricade tutta inlera sul Governo russo. Poiche la Chiesa catiolica ammette nel proprio seno tuttc quante le nazionalita, e poiche, come il suo nome lo indica, non e essa medesima una Chiesa nazionale, essa non porterebbe in Russia 1'impronta d'una nazionalita piu o meno ostile, se il Governo non costringesse, sotto le pene piu severe, i suoi sudditi russi a portare il giogo della Chiesa ulliciale, che riveste in superl.itivo grado il carattere di nazionalila. Ma quando i Russi potranno abbrac- ciare la religione caltolica senza esporsi a perdere tulti i loro diritti civili; quando potranno liberaraente professarla in Russia, e farvi alle- vare i loro figli in case, che non siano esclusivamente polacche; quando potranno averc preti cattolici della loro stessa nazionalita, che predi- chino, confessino, islruiscano e facciano il catechismo in russo; allora, solamenie allora, la Chiesa cattolica cessera di rivestire quel carattere esclusivo di nazionalita polacca, che da tanta ombra ai Russi, ed e un grande ostacolo alia pace religiosa e alia missione interamente pacilica della Chiesa in quelle regioni.

6. Oltre ai gruppi nichilisti, attivissimi come tutli sanno, ma poco numerosi e troppo impopolari per poter costituire un partito politico merilevole di esser chiamato con questo nome, esistono in Russia ire grandi correnti d'idee, tre tendenze fra loro opposte, avenli ciascuna alia Corte rappresentanti a ci6 specialmente delegati. Ecco quali sono. 11 partito fra i tre il piu potente, il piu esleso, il piu popolare, e quello degli slavofili. Reazionario ad un tempo, radicale e patriotta esa- gerato, siflatto parlito presenta un confuso miscuglio delle tendenze, che fermentano in seno dei popoli slavi. II suo ideale consiste neil'assolu- tismo illimitato dello Czar, sovrano divinizzato, provvidenza vivenle, in- carnazione ereditaria della nazionalita e religione dei Grandi Russi, di cui Mosca e la capitate prediletta; nell'assolulismo dello Czar schiac- ciante 1'aristocrazia e appoggiantesi esclusivamente sul popolo. Ci6 die, al contrario, detestano gli slavofili, ci6 che loro fa orrore, si e 1* influenza .straniera, la civilla occidental, la Chiesa cattolica, e le tre grandi I'o-

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tenze ostili allo svolgimento dello slavisrao, la Gerraania cio^ 1' Austria e ringhilterra. Questo partito ha dalla sua il clero, i oegozianti, i pic- coli irapiegati, una frazione di student), un certo numero di uffi/iali subalterni, e alcuni professor! dell'universita di Mosca, che ne formano il centro e gli danno co' loro giornali ua determinato indirizzo. Pu6 dirsi addirittura che anche il popolo russo propriamente detto appartiene a questo partito, a motivo della devozione, ch'ei professa senza riserva all' Imperatore come Unto del Signore, e perche non sa concepire altro governo che quello di un potere assoluto. II partito, di cui parliamo, gode le sirapatie dell' Imperatore e di alcuni membri della famiglia im- periale; e quando sail sul trono lo Czar Alessandro III, riusci ad af- ferrare per qualche momento il polere, ma non seppe conservarlo. 11 buon senso della maggioranza delle classi colte e dirigenti respinse ben presto un partito, che avrebbe fatto retrocedere la Russia di due o tre secoli: ma se, per avventura, ei tornasse una volta o 1'altra al potere, lo che non e del tutto improbabile, avvi ragione di credere che la pratica del governo e 1'esercizio dell'autorita suprema, sotto 1'ispezione dell'Impe- ratore, modificherebbero in tutto o in parte Tesagerazioni delle sue dot- trine e le ingenue utopie della sua teoria governativa.

Infinitamente meno numerosi del precedente, gli altri due partiti, che si disputano 1' influenza alia Gorte, sono, in compenso, rappresentati da uomini piii assai ragguardevoli e istruiti.

II partito tedesco e oggi padrone della situazione. Esso comprende una parte degl'impiegati militari e civili, parecchi professori, de'quali la gran maggioranza ha fatto i suoi sttidi nelle universita germaniche, e fmalmente tutta la nobiltu e borghesia delle province baltiche, il che non 6 poco; imperocche queste due classi, tedesche per nazionalita e luterane per credenza, sono un semenzaio d'impiegati, de'quali la Russia non pu6 far di meno, perchfe sono superiori ai loro confratelli rdssi per istruzione, per abilita, per puntualita nel servizio, e per onesta di ca- rattere. Ma il baluardo principale di questo partito e il ministero degli affari esteri, che racchiude una folia di giovani diplomatic]', tutti am- miratori, piu o meno entusiasti, del principe di Bismark. Alia lor testa trovasi naturalmente il ministro signer de Giers, uomo prudentissimo e desideroso quanto mai di non esporsi a rischio di sorta nelle sue re- lazioni diplomatiche colle Potenze estere. II flne, ch'ei prende princi- palmente di mira, e la conservazione della pace; e questo fine e stato pienamente raggiunto durante il suo viaggio a Vienna e a Berlino, in- torno al quale ci accingiamo a intrattenere brevemente i nostri let tori.

Era ormai tempo di far cessare una situazione divenuta intollerabile e che durava da quasi due anni. Un esercito numeroso, ascendente a 215,000 uomini, era accampato in permanenza sul confine prussiano; e> grazie alle vie ferrate, quest' esercito poteva essere, da un momento al-

CO.YTKMI

1'altro, rinfnr/aio da tiv 8 i <|nattro rsnviti ili s.-con la 1

com; >liurgo, di M<i>ra, <ii KL '; Kief. Kransi

inollre intrapivsi dal lato del conline lavori considcrevoli di fortiflcazioni imlispcnsabile da parte della Prussia un raddoppiamento <li precauzioni militari a Koenigsberg, a Thorn ed a Posen.

Un tale slato di cose, oltremodo pregiudicevole a' due Imperi, non !.iM-iava d'ispirare inquietudini al Governo prussiano ; ma chi piii par- licolarmente se ne accorava, era 1'imperalore Alessaadro. K noto die lo Czar ha poca propensione per le cose militari; tant'e vero che, dal mo- mento della stia asct-nsione al trono, egli non ha mai cessato di occu- parsi della riduzione del bilancio dell'esercito. La costruzione delle nuove fortezze dell' occidente eragli stata iraposta da'suoi ministri, come ad istanza loro era stata dilTerita la riduzione dei corpi militari. Ales- sandro III non seguiva che a malincuore una politica, di natura, al certo, oltremodo nazionale, ma che conduceva inevitabilmenle alia guerra. Oltre alle sue simpatie personal!, un incidente particolare e tale che BOH si sarebbe potato prevedere alcuni mesi priraa, lo indusse a pronunziarsi apertamente per il partito della pace, incarnato nel ministro degli affari esteri, signer de Giers.

Questo incidente e 1'afTare del Turkestan; del quale abbiamo poc'anzi parlato. L'annessione di Merv era un'operazione delicata, che poteva ca- gionare una rottura fra Russia e Inghilterra. Ignorandosi dal gabinetto di Pietroburgo se il Governo inglese ne farebbe, o no, un castis belli, e'bisognava anzitutto assicurarsi delle disposizioni paciflche de'dueim- peri vicini, Germania ed Austria ; ma piii specialmente della prima. Di qui il viaggio del signor de Giers a Vienna, di qui la sua visita al prin- cipe Cancelliere. In quel tempo non si poteva prevedere la gravita degli avvenimenti, che stanno ora compiendosi nella vallata del Nilo. Trovan- dosi pertanto sul punto d'alienarsi I'lughilterra, il Gabinetto di Pietro- burgo rivolse tutti i suoi sforzi a conciliarsi la Germania ; dal che si e avuto per risultato la pace e uno scambio di cortesie fra Pietroburgo e Berlino. Questa coodizione di cose avra durata bastante da concedere alia Russia il tempo di raccoghere le proprie forze per una prossima guerra colla Germania, guerra tenuta per inevitable. Ma allora, cioe fra qualche anno, la Russia lornera al suo sistema di altalena diplomatica, che la porlera a fare tutte le concession! utili per procacciarsi 1'alleanza anglo-francese. II sistema, a dir vero, non e punto cavalleresco, ma e prudente, pratico e positive, e avra sempre la prevalenza fintantoche si trovi al potere il partito germanofilo. Fa d'uopo adunque, pel bene della pace, desiderare che il parlito slavofilo non s'impadronisca giammai del potere, e che il partito francese, del quale ci disponiamo a dire qualche parola, se ne impadronisca il piii tardi possibile.

Diaraetralmente opposti nel campo della politica interna, perche i

CRONACA

partigiani della Francia sono generalmente liberal!, lad-love gli slavofili sono assolutisti, i due pariiti si trovano poi maravigliosamente d'accordo nell'esecrare la Germania e I'lnghilterra. II partito francese ha dalla sua 1'eserci to, quasi tutta la nobilta, una parte della magistratura, e alcuni membri della faraiglia imperiale ; ma e poco probabile il suo avveni- mento al potere, finche la Francia sia retta a repubblica, vale a dire finche sia governata dal parlito meno onorevole della nazione, dal partito meno commendevole sotto tutti i rapporti. Un paese grande, qual e la Russia, non potrebbe fermare durevole alleanza con un Governo sprege- vole e spregiato in tulta Europa.

Riepilogando, pu6 dirsi cheabbiamo, all'esterno, una pace per qualche tempo assictirata su tutta la linear all'interno, una forte corrente di rea- zione contro ogni istituzione liberate, qualunque ella sia. I coraplotti ni- chilisti e 1'anarchia tuttora crescente in tutta quanta la societa russa, sono le cagioni di questo fatale movimento retrogrado, che trascina ad un tempo la Gorte, 1' amministrazione e le moltitudini. Animato da una fede sincera nell'onnipotenza del cesarismo, 1'imperatore Alessandro III non lascia passare occasione per ostentare il suo disprezzo verso tutt'altra forma di governo, che quella dell' assolutismo non sia. Non piii tardi di ieri, nel rescritto indirizzato al vecchio principe Dolgoroukof, Governa- tore generate di Mosca, 1'lmperatore affermava Vunione indissolubile di tutto il popolo russo col potere autocratico dello Czar. Questo senti- mento ei dichiarava connaturale a tutti i Russi, a quahivogUa classe appartengano, lo che fc tutt'altro che conforme alia verita; imperocche, se si eccettuino gl'impiegati, la Gorte, gli slavofili fanatici e la gran massa dei contadini, la monarchia assoluta non conta un solo partigiano nelle classi colte e nella borghesia. Di ci6 si era bene accorto Ales- sandro II. Dotato d'un singolare tutto politico, egli confessava, un anno prima della sua morte, 1' urgenle necessity di accordare alPimpero isti- tuzioni piu liberali. Ma il nuovo Czar e di tutt'altra scuola. Le piag- gerie interessate di chi gli sta d' intorno, il misticismo esaltato degli slavofili, 1'ingenua devozione delle classi rurali, sembrano averlo del tutto illuso. Ciecamente fidando nella sautita, nell'inviolabilita del cesarismo, ei lo reputa il solo rimedio contro le dottrine sovversive dei rivoluzio- narii di ogni colore, il solo argine capace di tenere in freno i nichilisti e trionfare dell'anarchia. Ma che pu6 mai 1' assolutismo contro un male occulto, che divora le anime? Null'altro pub che incrudelire e repri- mere. Dio voglia che I'lmperatore si persuada, essere la Ghiesa cattolica 1'unico argine veramente efficace contro i fltitti sempre piu incalzanti della rivoluzione! II primo passo e siato gia fatto ; dopo una rottura di quasi vent'anni, e sta to fermato un accordo colla Santa Sede. Si lasci pertanto alia Chiesa la sua piena liberta di azione;e allora, rassicurata che sia siille intenzioni benevole del Governo, essa non avra piu altro pensiero che quello di combattere 1'empieti e la rivoluzione.

V.

- I. Ciucrra mo«sa dal Governo .11 I;

contro If Niioie ...ttoli; li-» -- •_'. Tentativi del radiralismo J«T ristabilire nci can-

toni In Snicil.i In'. .1 ::. Continuazionc dei ni'goziaii nm la S.mta S.-li> per ri-

Mire h ilior. -i <1. I'. Nlea 4. Vivissima opposiziom* popolan* coniro rjuatlro

ite promulgate dalln Camerc federal! 5. Spirilo malizioso dl

qudla fra ilotlc IP?;:!, die couferisci! al Coosiglio federate il diritto di giudicnre

v politico di cerli reati ('». Ilisullalo dell' ele/iuni |i r la < (MiiuenlG

ncl n'li'oin1 d'Ar;jn\ia 1. Conlcgno, solto lull! i rapporli, ediliwnto del cantonc

caltolico di 1 rihurjro 8. Kicorso dei cattolici di llasilea pres<o il f.ttn<i^lio fr«

deralo.

1. Nell' ultima raia lettera io vi faceva inlravedere come i cattolici di Basiloa avrebber dovuto sostenere vive lotle coniro I' oppressione del Governo massonico di quel cantooe. Conforme io vi dissi allora, il mal volere deU'auiorita civile basileese erasi gia manifestato in occasions del rifiulo a concedere una chiesa, 1'antico edilizio cioe dei Minori con- ventual!, che i cattolici desideravano acquistare a titolo di compra, tro- vandosi troppo ristretti nell' unica chiesa, che posseggono al Petit-Dale per una popolazione cattolica di 18,000 anime. Piuttostoche cedere alia parrocchia la chiesa dei Conventuali, il Governo aveva deciso di demo- lirla, nonostante il pregio archeologico dell'ediflzio e le memorie istoriche, che con quello si connettono. Ma dinanzi alia pubblica indignazione, esso ha dovuto rinunziare a un simile atto di vandalismo, senza rendere pur tuttavia all' antico tempio la sua destinazione religiosa. Ma la par- rocchia di Basilea non si e perduta di coraggio; che anzi ha risoluto di accingersi all'impresa considerevole di costruire una nuova chiesa nel centre di Basilea, e ha trovato in Svizzera un concorso de' piu generosi. I donativi, infatti, che essa ha ricevuli per la sua impresa, ammontano gia a 150,000 franchi.

Vedendo penanto quanta vitalita spieghi in Basilea il cattolicismo, a dispetto di tutti gli ostacoli al suo svolgimento frapposti, la frammas- soneria basileese si e appigliata ad altri espedienti di guerra. Un bel giorno, essa fece proclamare da'suoi organi, si ufficiali come ulliciosi, che « T ultramontanismo » stringeva d'assedio la citta protestante per eccellenza; e, preparato cos) il terreno col risvegliare il fanatismo ugo- notto, assail di fronte le scuole cattoliche libere, che la parrocchia cat- tolica di Basilea possiede da piu di un mezzo secolo e che sono dirette da Congregazioni religiose. 11 Governo incomincia dall1 imporre a queste scuole certe condizioni d'esistenza inaccettabili, e poi dichiar6 1'insegna- menio delle Congregazioni incompatible col diritto di sorveglianza corn- petenle allo Stato laico su tutto quanto 1'insegiiamento primario. Una

252 CRONACA

teoria cosl inaudita e stata abbracciata dal Gran Consiglio, al quale i cattolici avean fatto ricorso. Dopo una tempestosa discussione di quattro giorni, quell' assemblea legislativa approv6 il decreto del Governo con 64 voti contro 50. Giova pur tuttavolta notare che la coraggiosa mino- ranza, la quale prese a difendere a viso aperto la liberta d'insegnameoto e i diriiti dei catiolici, e coraposta unicamente di protestanti, non avendo i cattolici di Basilea verun rappresentante nel Gran Consiglio.

Venne poscia il voto popolare, imperocche, a Basilea il popolo ha il privilegio costituzionale di pronunziarsi intorno alle leggi e ai decreti del Gran Gonsiglio: e qui fa dove apparve in tutta la sua estensione la mala fede radicale. Si eccit& il popolo protestante contro le scuole cat- toliche, con tutta 1'astuzia degli scribi afliliati alia frammassoneria ; si spieg6 in linea di batlaglia tutta la vecchia artiglieria dell' Inquisizione, del Sillabo, dell'Infallibilita; si fece credere agli elettori calvinisti che si trattava di decidere se Basilea restar dovesse la cittadella del pro- testantesimo, o divenire la preda dei Gesuiti. Nelle assemblee popolari, gli oratori radicali si lasciarono andare alle piii violente declamazioni. Uno di essi, il Dottor Brenner, tratt6 i preti cattolici di vagabondi e di ladri; un altro, proclamando la scuola dell'avvenire, salutb il giorno, nel quale tutti i fanciulli del paese sarebber seduti sulle panche della medesima scuola, della scuola dello Stato, della scuola laica !

Dal canto loro, i protestanti onesti fecero tutti gli sforzi possibili per salvare, con le scuole cattoliche, la liberta d'insegnaraento e la scuola cristiana; convocarono persino popolari assemblee, in cui fecero udire nobili parole; indirizzarono al popolo eloquenti proclaim; ma tuttocib a nulla valse. La plebaglia radicale si precipit6 in massa allo scrutinio sotto I1 insegna della guerra al cattolicismo ; sicche, con 4479 voti con- tro 2910, le Congregazioni religiose furon dichiarate fuor della legge, e le scuole cattoliche messe sotto la sferza dello Stato protestante. Un tal voto, che getta sul lastrico 40 islitutori appartenenti alle Congrega- zioni, e mette in balla delle scuole massoniche 1500 fanciulli, e per la parrocchia cattolica di Basilea un vero disastro.

2. Questa battaglia pub chiamarsi un corabattimento d'avamposti, che il radicalismo svizzero ha voluto impegnare sul terreno scolastico, affine di preparare una rivincita della grande sconfitta toccata nel 1882. Allora la scuola laica venne respinta dal popolo elvetico; adesso la si vuole risuscitare cantonalmente. La radicale Basilea ha dato il segnale, ma questo segnale non sara seguito. Ne'piii dei canloni, il vento spira contrario al Kulturkampf, e probabilmente il tentative del piccolo Stato di Basilea restera un fatto isolate. Ma non per questo cessa di essere un esempio pericoloso e inaudito quello di una Repubblica, dove non sia tollerata la liberta deH'insegnamento! lo stava per6 quasi per di- menticare che una simile tirannia si mette gia in pratica a Solura, dove

CONTKMPORANEA

in miosti ultimi tempi un padre di famiglia »• 'to di pr.

la vi. -i ilrll't'silio, pen-lit'1 lo Stato non gli permeittva d'istruire i suoi figli . 1 mi. •, IK lie pareli.

:'. In mezzo a •]'• imuccie radical!, la Confederazione \

nan/i in'l suo tentative di ricostituire la diocesi di Basilea in base al Concordato del 18*23. I setle caotoni diocesani Hcrna, Argovia, Solura,

rn.i, Zugo, Basilea-Campagna e Turgovia) furono convocati in con-

/.a il 17 mnr/.o corn-rite; ciascun Governo era rappresentato da uno o due delegati. Assistrva alia seduta il presidente della Confederazione. £ risultato dalle discussioni della conferenza che Argovia, Turgovia, Basilea-Campagna e Solura (Stati radicals) vedrebbero di buon occhio rannodate le loro relazioni ufliciali col Vescovo di Basilea, purche mon- signor Lachat fosse surrogate da persona grata. Sarebbe queslo per essi un mezzo eccellente per uscire dalla situazione inestricabile, in cui si misero espellendo dalla sua sede monsignor Lachat. Lo Stato di Berna, al contrario, vorrebbe poter fare di meno di qualsiasi Vescovo dipendente da Roma; esso sogna d'organizzare sul proprio territorio la Chiesa cat- tolica come una sorta di setta nazionale, subordinata ad un sinodo, con parrochi a scelta di popolo. Egli e, come si vede, il vecchio piano di Berna, che non ha ancor perduta la speranza di proteslanlizzare con tal mezzo il Giura cattolico.

(Juanto ai Governi di Lucerna e Zugo (cattolici), essi non hanno la menoma voglia di vedere il Vescovado di Basilea traslocato da Lucerna a Solura. Monsignor Lachat e sempre rimasto per loro il Vescovo legit- timo e rispettato, e in ci6 sono essi perfettaroente d'accordo colle po- polazioni cattoliche dei sette Stati. La questione sta in questi termini. La Confederazione sembra voler proseguire i negoziati colla Santa Sede sulle seguenti basi: traslazione di mosignor Lachat al Ticino, dove i cattolici chiedono un Vescovo; e nomina di un nuovo Vescovo di Basilea nella persona del canon ico Fiala, il 'quale sarebbe riconosciuto dagli Stati che spossessarono monsignor Lachat, eccetto Berna, il cui atteg- giamento diventa sempre piii enimmalico. Lucerna e Zugo si rassegne- rebbero ad una simile soluzione, quantuoque a malincuore, perche scor- gono in essa una specie di trionfo per i Governi persecutor!.

i. Le Camere federali mostrano ogni giorno pin di non essere in conto veruno 1'espressione della roaggioranza del popolo elvetico. La

ira, che vi signoreggia, e il prodotto di un artificioso smemltramento delle circoscrizioni elettorali, e 1'emanazione di uno spanimenio arbilra- rin, cui e stata benissimo appropriata la denominazioue di « geometria elettorale. » Imponendosi di lal fatta alle popolazioni, il radicalismo par- l.iiiuMitare si flgurava di far progredire a passi di gigante 1'opera del- rnnitarismo e dell' accentramento massonico. Disgraziatamente per esso, esiste in Svizzera un diritto popolare, che impedisce singolarmente i

254 CRONACA.

movimenti dei legulei federal!; e questo diritto eil « referendum. » Questa invenzione, che i radical! stessi avevano introdotta nel 1874 nella nuova Costiiuzione, pensando potersene valere come di un'arme a propria di- fesa, viene oggi a ritorcersi contro di loro. II popolo eletlore, investito del diritto di pronunziarsi in ultima e suprema istanza intorno alle leggi e ai decreti delle Camere, usa largamente di queslo suo diritto.

Affinche una legge federale possa esser sottoposta al voto del po- polo, e'.basta che 30,000 cittadini domandino, con apposita petizione da loro firmata, il sufTragio popolare intorno a detta legge. Per questa ope- razione si assegnano tre mesi; e quando le 30,000 firme sono state raccolte, non resta se non che il Gonsiglio federale fissi la data del voto. Tale e il meccanismo del « referendum »; e appunto con questo mezzo fu rigettata nel 1882 la legge scolastica. Ora, le Gamere federali pro- mulgarono nel dicembre ultimo quattro leggi, una delle quali partico- larmenle e ispirata a principii di radicalismo e d' accentramento. Ci6 e bastato perche gli oppositori si mettessero tosto in moto per organizzare una petizione in regola; ed e tale nel popolo lo slancio d' opposizione, che, invece di 30,000 firme, ne sono state raccolte 96,000, e ci6 in meno di un mese. Un movimento s) formidable di reazione ha rattemprati assai gli ardori radicali; e nella sessione del mese di marzo, la sinistra parlamentare si e fin ricusata di regolare con legge una materia urgente, allegando a motive del suo rifluto che qualsiasi legge verrebbe dal po- polo rigettata. Non e ella questa una singolar confessione d'impotenza, e una splendida manifestazione dell'assoluta incompatibility di carattere fra il popolo e i suoi rappresentanti laici e obbligatorii?

5. La data del voto intorno a quelle quattro leggi e fissata all' 11 mag- gio prossirno. Tre di esse sono di natura puramente finanziaria, in quanto risguardano aumenti di stipendio e favoriscono un1 estensione della bu- rocrazia federale. Piu grave e la quarta, che conferisce al potere cen- trale la facolta di sottrarre certi imputati alia giurisdizione dei tribunali cantonali, quando il Consiglio federale, autorita politica, giudichi che il delitto ha un colore politico, e che per questo motive i tribunal! dei cantoni non avrebbero 1' indipendenza necessaria per emettere un giudizio imparziale. Sola, per quanto sembra, la giustizia federale va esente da influenze politiche! La malizia di questo disegno di legge si manifesta in tutta la sua pienezza nella origine del medesimo. Alcuni anni sono, i liberal! del Ticino, che non sognavano che uccisioni e violenze, orga- nizzarono un tiro nel villaggio di Stabio, col pravo intendimento di provocare i cattolici, e col favore delle turbolenze, che da ci6 nasce- rebbero, porgere incentive a una nuova rivoluzione. Infatti, alcuni faci- norosi della loro banda diedersi a molestare pacific! cittadini, e vennero ad assediarli nelle loro abitazioni. V! ebbe lotta accanita, i conservator!!, a difesa della propria vita, resero colpo per colpo; ogui pane ebbe i

NBA

morti. I/alT.irc fu portato innan/.i ai iribunali; e a malgrado di

tutti -li sfir/.i fit- licali per ingaunare 1' opinion)* pul.Mica e at-

r.-j/.ion.' .Irlli giuMi/ia, il processo incominciava a prendere

per loro raiiiva j'i.va. Narijue allora un fracasso del diavolo. II radi-

mo *vi//vro voiniib fuoco e fiamraa contro i iribunali del Ticino,

!la mira di soitrarre al foro di quel cantone gli accusati radicali

comproni' uccisioni di Stabio, invoc6 1'intervento radicale.

A Herna nessun mezzo si Iasci6 intentato per impedire che la spada dt'lla giusti/ia veriisse a cadere su tesle radicali; ma, per buona ventura, ;n tt-sto di legge accordava alia Confederazione il diritto d' inter- venire. Istruiti da sifTatta esperienza, i radicali acceotratori ban voluto rvare per 1'avveuire i malfattori radicali contro 1'azione dell' im- parziale giusiizia dei cantoni conservator!. Egli 6 perci6 che le Camere [•• Vrali hanno introdotto nel Codice della Confederazione un articoln, che permelte a quest' ultima di riwwerare sotto le protettrici sue ali quei f rat -Hi fil amici die aver potessero qualche conto da regolare con la giustizia. In virtu di quest1 articolo, il Consiglio federate, autorita politica, non avra da far altro che dichiarare che un dato delitto riveste caratlere politico, e che quindi, all' oggetlo ui prevenire agitazioni, dev' esser de- ferito a una giuria federate.

Contro questa innovazione appunto si sono levati a protestare i !'H 1,000 soscrittori; numero cotanto considerevole da far presagire che il voto popolare, fissato per I'll maggio prossimo, dara una nuova lezione alia ma^gioranza radicale delle Camere. Ove un tal risultato si avveri, sara un preludio di buon augurio per 1'elezioni generali del prossimo ot- tobre, tempo prestabilito pel rinnovamento iotegrale del Consiglio na- zionale elvetico.

6. II movimento raanifestatosi in Argovia per la revisione della Co- stituzione e entrato in un nuovo pericdo. Nella mia ultima lettera, io esprimeva 1'opinione che non si fosse ottenuta la maggioranza costitu- zionale, e che quindi non si sarebbe fatto luogo alia revisione della Co- stituzione cantonale. Ben altro per6 e stato il giudizio del Governo ar- goviano, il quale ha dichiarato accettata la revisione e fatto procedere ali'elezioni per la Costituente. Queste elezioni hanno avuto un esito del lutto inaspetlato. I distretti catiolici dell'Argovia (cantone misto, che conta due terzi di protestanti e un terzo di caitolici) hanno eletta una deputa- zione interamente cattolica e conserva trice, composta cioe di 58 rappresen- tanti, fra'quali 1*2 ecclesiastici e un monaco benedettino! E anco i distretti protestanti hanno eletto a deputati persone di principii mnderali, anziche radicali. I primi lavori della Costituenie si sono, com'e di stilt', arre- stati alia scelta d' una Commission*1 incaricata di approntare il testo della nuova Costituzione sulla base dei voti e delle petizioni popolari, che dovranno esserle indirizzate da ora a tutlo maggio. Un prete cattolico

CRONACA CONTEMPORANEA

e stato, con 148 voli contro 27, norainato segreiario deU'asscmhlea; e due ecclesiastic! con un religiose fanno parte della Commissione sura- mentovata. Queste cose si veggono in un paese, che nel 1841 diede il segnale della distruzione del conventi ! Tanto e vero che il tempo, o tosto o tardi, fa giustizia.

7. 11 cantone di Friburgo prosegue a porgere il consolante spettacolo d'uno Stato cattolico, dove clero e popolo, Vescovo e Governo, stampa e associazioni, si uniscono in un comune sforzo per la restaurazione cri- stiana in tutte le sue relazioni. L* apostolica operosita dell1 illustre monsignor Mermillod produce in quel piccolo paese risultati raeravigliosi; si vede bene esser Friburgo un suolo raaturo per Tapplicazione del Sillabo. Alcuni mesi or sono, il passaggio di Sua Eminenza il cardinale Gaverot vi die luogo a una diraostrazione degna d'una citta medioevale e d' un popolo cristiano. Ultimamente, un'assemblea cattolica riunita in Bulle, capoluogo della Gungere, e alia quale assistevano 800 cattolici, ha ulito dalla bocca del presidente governativo un linguaggio, che fa risovvenire di quello di Garcia Moreno. L'uomo di Stato, infatti, non ha esitato a dichiarare che 1'autorita civile attinge la sua forza dalla fedelta del popolo cristiano, e non trova altrove piii solido fondamento che nei principii cattolici, di cui il Pontefice infallibile custodisce il prezioso deposito. II capo del potere esecutivo ha delineato con tratti magistral! il programma del partito cattolico, che non ammette transazione di sorta con le dottrine rivoluzionarie, ne si lascia aftievolire dagli snervanti espedienti del giusto mezzo e del liberalismo si in religione, si in politica. II venerando monsignor Mermillod ha indirizzato a quella numerosa assemblea un tele- gramma di benevolo incoraggiamento.

8. Vengo a sapere in questo momento che i cattolici di Basilea ri- corrono presso il Consiglio federale contro il decreto del Governo e del popolo basileese. Gli ha confortati a un tal passo la destra cattolica delle Gamere federali.

SANCTI 88 1 M M I N I MiST III

LEONIS

DltlNA PROVIDEXTIA

PAPAE XIII.

KIMSTOLV OCYCLIC.V

IIOI.ICI OllltIS IMYERSOS VTI.V.M ET « M AI'OSTOLICA SEDK IIAl:l N

Venerabiles Fratres salutem et Apostolicam Benedictionem.

Humannm genus, postea quam a creatore, munerumque caele- stium largitore Deo, fur Mia Diaboli, miscrrime defecit, in par- tes dims diversas adversasque discessit; quarum altera assidue pro veritate et virtute propngnat, altera pro iis, quae virtuti sunt veritatique contraria. Alterum Dei est in terris regmim, vera scilicet lesa Christi Ecclesia, cui qui volunt ex animo et eonvenienter ad salutem adhaerescere, necesse est Deo et Uni- genito Filio eius tota mente ac suinina voluntate servire: alte- rum Satanae est regnum, cuius in ditione et potestate sunt

VenerabUi Fratclli salute ed Apostolica Benedizionc.

II genere uraano, dopo cheper Tinvidia di Lucifcro si ribe!I6 sven-

turatamente a Dio creatore, e largitore de'doni soprannaturali, si divise

come in due campi diversi e nemici tra loro; 1'uno del quali combatte

senza posa pnr il trionfo della verita e del bene, 1' altro per il trionfo

del malp e dell'errorv. II primo 6 il regno di Dio stilla terra, cioe la

:isto; e chi vuole appartenervi con siocero affetto

e come conviene a salute, deve servire con tutta la mcnte e con tutto il

cuore a Din e all'Unigenito Figliuolo di Lui. II secondo e il regno di

: liti ne sono quanti, seguendo i fuoesti esempii del loro capo

fate. 813 IT 23 apriU 1884

258 SANCTISS1MI D. N. LEONIS D1VINA PROVIDENTIA PAPAE XIII.

quicumque funesta duels sui et primorum parentum exempla secuti, parere divinae aeternaeque legi recusant, et inulta po- sthabito Deo, multa contra Deura contendunt. Duplex hoc re- gnum, duarum instar civitatum contrariis legibus contraria in studia abeuntium, acute vidit descripsitque Augustinus, et utri- usque efiBcientem caussara subtili brevitate complexus est, iis \QT\)is : fecerunt civitates duas amores duo: terrenam amor sui usque ad contemptum Dei: caelestem vero amor Dei usque ad contemptum sui '. Vario ac multiplici cum armo- rum turn diraicationis genere altera adversus alterara omni sae- culorum aetate conflixit, quamquara non eodem semper ardore atque impetu. Hoc autem tempore, qui deterioribus fa vent par- tibus videntur simul conspirare vehementissimeque cuncti con- tendere, auctore et adiutrice ea, quam Massonum appellant, longe lateque diffusa et firiniter constituta hominum societate. Nihil enim iam dissimulantesconsilia sua, excitant sese adversus Dei numen audacissime: Ecclesiae sanctae perniciem palam aperteque moliuntur, idque eo proposito, ut gentes Christianas partis per lesum Christum Servatorem beneficiis, si fieri pos-

e del comuni progenitori, ricusano di obbedire all'eterna e divina legge, e molte cose imprendono senza curarsi di Dio, moUe conlro Dio. Questi due regni, simili a due citta che con leggi opposte vanno ad opposti lini, con grande acume di mente vide e descrisse Agostino, e risali al principio generatore di entrambi con queste brevi e profonde parole : due citta nacquero da due amori; la terrena dall'amore di se fino al divprczzo di Dio^ la celeste dall'amore di Dio fino al disprezzo di se\ In tutla la lunga serie dei secoli queste due ciltii pugnarono 1' una contro Vallra COQ armi e combattiraenti varii, benche non sempre con I1 ardore e rimpeto stesso. Ma ai tempi nostri i partigiani della citti malvagia, ispirati e aiutati da quella society che largamente diffusa e fortemente congegnata piglia il nome di societcl Massonica, pare che tutti cospirino insieme, e tentino le ultime prove. Imperocche, senza piii dissimulare i loro disegni, insorgono con estrema audacia contro la sovranita di Dio; lavorauo pubblicamente e a viso aperto a rovina della santa Ghiesa, con proponimento di spogliare affatto, se fosse possibile, i popoli cristiani dei benefizii recati al mondo da Gesii Gristo nostro Salvatore. Gemendo

1 De civit. Dei Lib. XIV, c. 17.

!CA

funditiis despolient. i Nos ingemiscentes mails,

ill ul saepe ad I '".I'M I'lamar--, urgente animnin caritate, com- pi'lliimir: /•'<•<•<• inhniri tui s-nnterunt^ et qtii otlernnt f>\

i»>i>ulHni (num malifftiaverunt et <

>fe '.

In tarn praesenti discrimine, in tain immani pertinaciqne Christian! nouiinis oppugnatione, Nostrum estindicari perictilmn, designare adversaries, honimque consiliis atque artibus, quantum possumus, resistere ut aeternum ne pereant quorum Nobis est commissa salus : et lesu Christ! regnum, quod tuendum accepi inns, non modo stet et permaneat integrum, sed novis usque incrementis ubique terrarum amplificetur.

Roman! Pontifices Decessores Nostri, pro salute popnli chri- stiani sedulo vigilantes, hunc tarn capitalem hostem ex occultae coniurationis tenebris prosilientem, quis esset, quid vellet, cele- ritoragnoverunt: iidemque praecipientes cogitatione futura, prin- cipes simul et populos, signo velut dato, monuerunt ne se paratis ad decipiendum artibus insidiisque capi paterentur. Prima

su ijtieMi mali, spesso, incalzati dalla carila, Noi siam costretti gridare .! l>io: Ecco i netnici tuoi menano gran romore e quei che fodiano hanno alzato ta testa. Hanno formato malvagi diaegni contra il tuo popolo, ed hanno macchinato confro i tuoi santi. Hanno detio; venite, e scancdliamoli il-il nmnero dellc nazio,

In si grave riscliio, in si flora ed accanita guerra al crislianesimo, e

r Nostro mostrare il pericolo, addilare i ncmici, e resistere quanto

possiarao ai disegni ed alle arli Inro, adinche non vadano etornamente

'i:tf I" iiiiimi' che Gi furono affidate, e il reguo di Gesii Crislo, com-

;ill;i Nostra tutela, non solo slia e conservisi inlero, ma per nuovi

e conlinui acquisti si dilati in oinii parte della terra.

'.in f.isse e a che mirasse questo capitale nemico, che usciva fuori

dai cnvi di teuebrose congiure, il compresero tosto i romani Ponteflci

:i antecessori, vigili scolte a salute del popolo cristiano; e antive-

ncii lo col pensiero 1'avvenire, dato (ju:»si il segnale, ammonirono principi

e popoli non si l;isciassero ingannare alle astuzie e trame insidiose. Diede

1 I's. I.\\\li

260 SANCTISSIMI I). \. LEONIS DIVINA PROVIDI-NTIA PAPAE XIII.

significatio periculi per Cleinentem XII anno MDCCXXXVIII facta ': cuius est a Benedicto XIV 2 confirmata ac renovata Con- stitutio. Utriusque vestigiis ingressus est Pius VII 3: ac Leo XII Constitutione Apostolica Quo graviora 4 superiorura Pontificum hac de re acta et decreta complexus, rata ac firma in perpe- tuum esse iussit. In eamdera sententiam Pius VIII 5, Grego- rius XVI 6, persaepe vero Pius IX 7 locuti sunt.

Videlicet cum sectae Massonicae institutum et ingenium com- pertum esset ex manifestis reruin indiciis, cognitione caussarum, prolatis in lucem legibus eius, ritibus, coinmentariis, ipsis saepe accedentibus testimoniis eorum qui essent conscii, haec Aposto- lica Sedes dentmtiavit aperteque edixit, sectam Massonum, contra ius fasque constitutam, non minus esse christianae rei, quam civitati perniciosam : propositisque poenis, quibus solet Ecclesia gravius in sontes animadvertere, interdixit atque imperavit, ne quis illi nomen societati daret. Qua ex re irati gregales, earum

il primo avviso del pericolo Glemente XII ' ; e la Gostituzione di lui fu confermata e rinnovata da Benedetto XIV*. Ne segui le orme Pio VIP: poi Leone XII con 1' Apostolica Gostituzione Quo graviora «, abbracciando in questo punto gli atti e i decreti de' suoi Antecessori, li ratilicb e sug- gel!6 con irrevocabile sanzione. Nel senso medesimo parlarono Pio VIII*, Gregorio XVI 6 e piu volte Pio IX 7.

Imperocche da fatti giuridicamente accertati, da formali processi, da statuti, riti, giornali massonici pubblicati per le stampe, oltre alle non rare deposizioni del coraplici stessi, essendosi venuto a chiaramente co- noscere lo scopo e la natura della setta Massonica, quest' Apostolica Sede alz6 la voce, e denunzi6 al mondo, la setta del Massoni, sorta contro ogni diritto umano e divino, essere non men funesta al cristianesimo che allo Stato, e fece divieto di darvi il norae sotto le maggiori pene, oncle la Chiesa suol punire i colpevoli. Di che irritati i settarii, e credendo di poter parte col disprezzo, parte con calimniose raenzogne sfuggire o sce-

1 Const.- In eminenti, die 21 aprilis 1738.

1 Gonsl. Providas, die 18 mail 1751.

8 Const. Ecclesiam a lesu Christo, die 13 scptembris 1

* Const, data die 13 raarlii 1825.

CJC. Traditi, die 21 maii 18*1). c Encyc. Mirari, die 15 augusti IN

7 Eneye. Qui plaribns, die 9 novemb. 1810. Alloc. Multiplices inter, die -"piemb. 1865, etc.

EP!

vim ^Mit-ntianim suM'T!iii»ere aut debilitare se posse partim 'emnendo, partim calumniando rati, Pontifices maxiraos, qui ea decreverant, criminati sunt aut non iusta decrevisse, aut linn in decernendo transisse. Hac sane ratione Const itutionum Apostolicarum dementis XII, Benedict! XIV, itemque Pii VII et Pii IX conati sunt auctoritatem et pondus eludere. Verum in ipsa ilia societate non defuere, qui vel inviti faterentur, quod erat a romanis Pontificibus factuin, id esse, spectata doctrina disciplinaque catholica, iure factum. In quo Pontificibus valde assentiri plures viri principes rerumque publicarum rectores visi sunt, quibus curao fuit societatem Massonicam vel apud Apostolicam Sedem arguere, vel per se, latis in id legibus, ooxae damnare, ut in Hollandia, Austria, Helvetia, Hispania, Bavaria, Sabaudia aliisque Italiae partibus.

Quod tamen prae ceteris interest, prudentiam Decessorum Nostrorum rerum eventus comprobavit. Ipsorum enira providae paternaeque curae nee semper nee ubique optatos habuerunt exitus: idque vel bominum, qui in ea noxa essent, simulatione et astu, vel inconsiderata levitate ceterorum, quorum maxime interfuisset diligenter attendere. Quare unius saeculi dimidiati-

mare la forza di tali sentenze, accusarono d' ingiustizia o di esageraziooe i Papi, che le avevano pronunziate. In questo modo cercarono di eludere 1'autorila ed il peso delle Costituzioni Apostoliche di Clemeote XII, di Benedetto XIV, e similmente di Pio VII, e di Pio IX. Nondimeno tra i FrammassoDi medesimi ve n'ebbe alcuni i quali riconobbero, loro mal- grado, che quelle sentenze dei roraani Pontefici, ragguagliate alia dottrina e alia disciplina cattolica, erano altamente giuste. E ai Pontefici si unirono non pochi principi ed uomini di Stato, i quali ehbero cura o di denunziare all' Apostolica Sede le societa Massoniche, o di proscriverle essi stessi COD leggi speciali nei loro dorainii, come fu fatlo nelPOlanda, nell' Austria, nella Svizzera, nella Spagna, nella Haviera, nella Savoia ed in a lire parti d'lt.ilia.

Ma la saggezza dei Nostri Piv Icressori ehbe, ci6 che piii monta, piena

tiih-izione dagli avvenimenti. Imperocche le provvide e paterne loro

cure, o fosse 1' astuzia e 1' ipocrisia dei settarii, ovvero la sconsigliata

leggerezza di chi pure aveva ogni interesse di tener gli occhi aperli, non

avendo ne sempre ne per tutto sortito 1'csito desiderate, nel giro d'ua

SANCTISSIMI D. N. LEOM5 lUVINA PKOYIPKNTIA I'AI'AE XIII.

que spatio secta Massonura ad incrementu properavit opinions uiaiora; inferendoque sese per audaciam et dolos in omnes rei- publicae ordines, tantum iam posse coepit, ut prope domimiri in civitatibus videatur. Ex hoc tarn celeri formidolosoque cursn ilia revera est in Ecclesiam, in potestatem principum, in salutcm publicam pernicies consecuta, quam Decessores Nostri multo ante providerant. Eo eniin perventum est, ut valde sit reliquo tern- pore metuendura non Ecclesiae quidem, quae longe firraius habet fundamentum, quam ut hominura opera labefactari queat, sed earum caussa civitatum, in quibus nimis poll eat ea, de qua loquiuiur, aut aliae hominum sectae non absimiles, quae priori illi sese administras et satellites impertiunt.

His de caussis, ubi primum ad Ecclesiae gubernacula ac- cessimus, vidimus planeque sensimus huic tanto malo resistere oppositu auctoritatis Nostrae, quoad fieri posset, oportere. Sane opportunam saepius occasionera nacti, persecuti sumus praecipua quaedam doctrinarum capita, in quas Massonicarum opinionum influxisse maxime perversitas videbatur. Ita Litteris Nostris Encyclicis < Quod Apostolici muneris > aggressi su- mus Socialistarum et Communistarum portenta convincere :

secolo e mezzo la societa Massonica propagossi con incredibile celeri ta; e traforandosi per via di audacia e d' inganni in tutli gli ordini civili, incominci6 ad essere potente in modo da parer quasi padrona degli Stati. Da si celere e tremenda propagazione ne sono seguili a danno ddla Ghiesa, della potesta civile, della pubblica salute quei rovinosi eiTetti, che i Nostri Antecessori gran tempo innanzi avevano preveduti. Imperocche siamo omai giunti a tale estremo da dover tremare per le future sorti, non gia della Chiesa edificata su fondamento non possibile ad abbattersi da forza umana, ma di quegli Stati, dove la setta di cui parliamo, o le altre aflirn a quella e sue ministre e salelliti, possono tanto.

Per queste ragioni, appena eletti a governare la Chiesa, vedemmo e sentimmo vivamente nell'animo la necessita di opporci, quanto fosse pos- sibile, con la Nostra autorita a male si grande. E colta bene spesso opportuna occasione, venimmo svolgendo or Tuna or 1'altra di quelle ca- pitali dottrine, in cui il veleno degli errori Massonici parea che fosse piu intimamente penetrate. Cosl con la Lettera Enciclica Quod Apostolici muneris sfolgorammo i mostruosi errori dei Socialisti e Comunisti: con

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aliis dt'infvps t An » verara gennanaiuque notionem so-

cuins est in inatriiuonio fons et origo, tuen- diiiu ft cxj'licandam curavimus: iis insuper, qnarum initiura est . ninttinmni > potestatis politicae formam ad principia chri- stianae sapientiae expressam proposuimus, cum ipsa rerum na- tura, cnm populonim principumquo salute mirifice cohaerent \u nc aiib'in, Decessornm Nostrorum exemplo, in Massonicam ipsam societatem, in doctrinatn eius universam, et consilia, et sentieudi consuetudinem et agendi, animiim recta intendere decrevimus, quo vis illius malefica magis magisque illustretur, idque valeat ad funestae pestis prohibenda contagia.

Variae sunt hominum sectae, quae quamquam nomine, ritu, forma, origine differentes, cum tamen communione quadam propositi summarumque sententiarum similitudine inter se con- tiiu'antur, re congruunt cum secta Massonum, quae cuiusdam est instar centri unde abeunt et quo redeunt universae. Quae quamvis nunc nolle admodum videantur latere in tenebris, et suos agant coetus in luce oculisque civium, et suas edant ephe- meridas, nihilominus tamen, re penitus perspecta, genus socie- tatuin clandestinarum moremque retinent. Plura quippe in iis

I1 ultra Arcanum prendemmo a spiegare e difendere il vero e genoino concetto della famiglia, che ha 1' origine e sorgente sua nel matrimonio: con quella che incomincia Diuturnum ritraemrao 1'idea del potere po- litico, esemplata ai principii dell'Evangeloe mirabilmente consentanea alia natura delle cose e al bene dei popoli e dei sovrani. Ora poi, ad esempio dei Nostri Predecessor), Gi siam risoluti di prender direttamente di raira la stessa societa Massonica nel complesso delle sue dottrine, de'suoi di- segni, delle sue teodenze, delle sue opere, affinche, rceglio conosciutane la malHica natura, ne sia schivato piii cautamente il contagio.

Varie sono le sette che, sebbene differenti di nome, di rito, di forma, d'origine, essendo per meilesimezza di proposito e per afflnita de'sommi principii strpltament*1 collegate fra loro, convengono in sostanza con la

i dei frammassoni, quasi centro comune, da cui muovono tutte e a

cui tutte ritornano. Le quali, sebbene ora facciano sembianza di non

> rsi, e tengano alia luce del sole e sugli occhi dei citta-

dim le loro adunanze, e stampino efTemeridi proprie, ci6 nondimeno, chi

guardi piii addentro, ritengono il vero carattere di societa segrete. Im-

SANCTISSIMI D. N. LEOMS DIV1NA PROV1DKMIA PAPAE XIII.

sunt arcanis similia, quae non externos solum, sed gregales etiam bene multos exquisitissima diligentia celari lex est: cuiusmodi sunt intima atque ultima consilia, summi factionuiu principes, occulta quaedam et intestina conventicula : item de- creta, et qua via, quibus auxiliis perficienda. Hue sane facit multiplex illud inter socios discrimen et iuris et officii et inu- neris: hue rata ordinum graduumque distinctio, et ilia, qua reguntur, severitas disciplinae. Initiales spondere, immo prae- cipuo sacramento iurare ut plurimum iubentur, nemini se ullo unquam tempore ullove modo socios, notas, doctrinas indicatu- ros. Sic ementita specie eodemque semper tenore simulationis quam maxime Massones, ut olim Manichaei, laborant abdere sese, nullosque, praeter suos, habere testes. Latebras coinmodum quaerunt, sumpta sibi litteratorum sophorumve persona, erudi- tionis caussa sociatorum: habent in lingua promptum cultioris urbanitatis studium, tenuioris plebis caritatem: unice velle se meliores res multitudini quaerere, et quae habentur in civili societate commoda cum quamplurimis communicare. Quae quidem consilia quamvis vera essent, nequaquam tamen in istis omnia.

perocche la legge del segreto vi domina, e molte sono le cose che per inviolabile statuto debbonsi gelosaraente tener celate non solo agli estra- nei, ma ai piii de'loro adepti: come, ad esempio, gli ultimi e veri loro intendimenti: i capi supremi e piii influenti: eerie conventicole piii in- time e segrete: le risoluzioni prese, e il modo ed i mezzi da eseguirle. A questo mira quel divario di diritti, carichi, officii tra'socii; quella gerarchica distinzione di classi e di gradi, e la rigorosa disciplina che li governa. II candidate deve promettere, anzi, d'ordinario, giurare espressamente di non rivelar giammai e a nessun patto gli affigliati, i contrassegni, le dottrine della setta. Cosl, sotto menlite sembianze e con 1'arte d'una continua simulazione, i framnmsoni studiansi a ttuto pott-re di restare nascosti, e di non aver testimooi altro che i loro. Gercano destramente sotterfugi, pigliando sembianze accaderaiche e scientifiche: hanno sempre in bocca lo zelo della civilta, r a more della povera plebe: essere unico intento loro migliorare le condizioni del popolo, e i beni del civile consorzio accomunare il piii ch'e possibile a molti. Le quali intenzioni, quando fossero vere, non sono che una parte dei loro disegni. Debbono inoltre gli ascriiti promettere ai loro capi e maestri cieca ed

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•terea qui cooptati sunt, promittant ac recipiant necesse est, dunlins ac magistris so dicto audientes futures cum obsequi" fideque maxima: ad quemlibet eoruin nuttim significationem^!*' paratos, impcrata facturos: si sccus fecerint, tuia dim omnia ac mortem ipsam non recusaro. Revera si qui prodidisse discipli- nam, vel mandatis restitisse iudicentur, supplicium de iis non raro sumitur, et audacia quidem ac dexteritate tanta, ut specu- latricem ac vindicem scelerum iustitiam sicarius persaepe fal- lat. Atqui simulare, et velle in occulto latere; obligare sibi homines, tamquam mancipia, tenacissimo nexu, nee satis decla- rata caussa: alieno addictos arbitrio ad omne facinus adhibere: armare ad caedeni dextras, quaesita impunitate peccandi, im- manitas quaedam est, quam renim natura non patitur. Quapropter societatem, de qua loquinuir, cum iustitia et naturali honestate puguare, ratio et veritas ipsa convincit.

Eo vel magis, quod ipsius naturam ab honestate dissidentem alia quoque argumenta eadeinque illustria redarguunt. Ut enim magna sit in hominibus astutia celandi consuetudoque mentiendi, fieri taraen non potest, ut unaquaeque caussa ex iis rebus, quaruin caussa est, qualis in se sit non aliqua ratione appareat.

assoluta obbedienza: che ad un minimo cenno, ad un semplice motto, n'eseguiraono gli ordini; pronti, ove manchino, ad ogni piii grave pena, e perfino alia morte. E di fatto non e caso raro che alroci vendette piombino su chi sia creduto reo di aver tradito il segreto, o disubbidito al comando, e ci6 con tanta audacia e destrezza, che spesso il sicario sfugge alle ricerche ed ai colpi della giustizia. Or bene questo con- tinuo inflngersi, e vobr rimanere nascosto: questo legar tenacemente gli uomini, come vili mancipii, all'altrui volonta per uno scopo da essi mal conosciuto: e abusarne come di ciechi stromenti ad ogni impresa, per malvagia che sia: armarne la destra micidiale, procacciando al de- lino Timpunita, sono eccessi che ripugnano altamente alia natura. ragione adunque evidenlemente condanna le sette massoniche e le con- vince nemiche della giustizia e della naturale onesta.

Tanto piii che alire e ben luminose prove ci sono della sua rea na- tura. Per quanto infatti sia grande negli uomini 1'arte di flngere e 1'uso di menlire, egli e impossible che la causa non si manifest! in qualche modo pe' suoi effetli. Non pud un albero bitono dar frutti cattivi, nd

56G SANCTISS1MI II. N. LEOMS DIVINA I'HOVIDKNTIV I'AI'AK XIII.

Xon potent arlor lona malos fnictus facere; n- mala lonos fructus facere. l Fructns autem secta Massonum perniciosos gignit maxiinaque acerbilate perrnixtos. Nam certissimis indiciis, quae supra commemoravimus, erumpit illud, quod est consiliorum suorum ultimum, scilicet evertere funditus omnem earn, quain instituta Christiana pepererunt, disci plinam religionis reiqne publicae, novainque ad ingenium suum extrnere, ductis e medio Naturalismo fundainentis et legibus.

Haec, quae diximus aut dicturi sumus, de secta Massonica intelligi oportet spectata in genere suo, et quatenus sibi co- gnatas foederatasque complectitur societates: non autein de sectatoribus earum singulis. In quorum numero utique possunt esse, nee pauci, qui quamvis culpa non careant quod sese istius modi implicuerint societatibus, tamen nee sint flagitiose facto- ruin per se ipsi participes, et illud ultiinura ignorent quod illae nituntur adipisci. Similiter ex consociationibus ipsis nonnullae fortasse nequaquam probant conclusiones quasdatn extreinas, quas, cum ex principiis communibus necessario consequantur, consentaneum esset amplexari, nisi per se foeditate sua turpi- tudo ipsa deterreret. Item nonnullas locoruin temporumve ratio

un albero cattivo frutti litoni1. Ora della massonica setta esiziali ed acerbissirai sono i frutti. Iraperocch6 dalle non dubbie prove che ab- biamo teste ricordate apparisce, supremo intendimento del frammassoni esser questo: disiruggere da capo a fondo tutto 1'ordine religioso e sociale qual fu creato dal cristianesimo, e pigliando fondamenti e norrae dal Naturalismo, rifarlo a loro senno di pianta.

Questo per altro, che abbiamo detto o diremo, va inteso della setta massonica considerata in se stessa, e in quanto abbraccia la gran fa- miglia delle affini e collegate societa; non gia dei singoli suoi seguaci. Nel numero dei quali pu6 ben essere ve ne abbia non pochi, che. seb- bene colpevoli per essersi impigliati in congreghe di quesla sorta, tut- tavia non piglino parte direttamente alle male opere di esse, e ne igno- rino altresl lo scopo finale. Gosi ancora tra le societa medesime non tutte forse traggono quelle conseguenze estreme, a cui pure, come a necessarie illazioni dei comuni principii, dovrebbero logicamente venire, se 1'enormita di certe dotlrine non le trattenesse. La condizioue altresi

1 MATTII. VII, 18.

ninora conari, quam ant ipsae vellent aut ceterae sol n»n idcirco tamen alienae a Massonico foedere putandae, qni;i Massonicum food us non tarn estr ab actis perfectisque re quam a sententiarum suiunia iudicanduiu.

lamvero Naturalistarum caput est, quod nomine ipso satis declarant, hnraanara naturam hnmanamque rationem cnnctis in rebus magistrara esse et principem oportere. Quo constitute, officia erga Deuin vel minus curant, vel opinionibus pervertunt errantibus et vagis. Negant enim qtiicquam esse Deo auctore traditum: nullum probant de religione dogma, nihil veri, quod non hominum intelligentia comprehendat, nullum magistrura, cui propter auctoritateui officii sit iure credendum. Quoniara autein munus est Ecclesiae catholicae singulare sibique unice proprium doctrinas divinitus acceptas auctoritatemque magisterii cum ceteris ad salutem caelestibus adiuinentis plene complecti et incorrupta integritate tueri, idcirco in ipsam maxima est ini- micorum iracundia iinpetusque conversus. Nunc vero in iis rebus, quae religionem attingunt, spectetur quid agat, praesertim ubi est ad agendi licentiam liberior, secta Massonum: omninoque iudicetur, nonno plane re exequi Naturalistaruni decreta velle

dei luoghi e dei tempi fa die tnluna di esse non osi quanto vorrebbe od osano le altre. II che per6 non le salva dalla complicity con la setta massonica, la qaale piii che dalle azioni e dai fatti, vuol esser giudic.it i dal complesso de'suoi principii.

Ora fondamentale principio dei Naturalisti, come il noroe stesso lo dice, egli 6 la sovraniti e il magistero assoluto dell'umana natura e ilHl'umana ragione. Quindi dei doveri verso Iddio o poco si curano, o ma) ne sentono. Negano alTatto la divina rivelazione; non ammettono dogroi, non verila superior! all' intelligenza umana, non maestro alcuno, a cui si abbia per 1'autorita deH'officio da credere in coscienza. E poi- che, e, privilegio siogolare e unicamente proprio della Chiesa cattolica il possedere nella sua pienezza, e conservare nella sua integrity il de- posito delle dottrine divinamcnte rivelate, I'autorila del magistero, e i mezzi soprannaturali dell'eterna salute, somma contro di lei e la rahbia e 1' accanimento dei nemici. Si osservi ora il procedere della setta massonica in fat to di religione, to specialmente dov'e, piu libera di fare a suo modo, e poi si giudicbi, se ella non si mostri esecutrice fedele delle massime dei naturalist!. Infatii con lungo ed ostinato proposito si

268 SANCTISSIMI D. N. LEONIS DIVINA PROVIDENTIA PAPAE XIII.

videatur. Longo sane pertinacique labore in id datur opera, nihil ut Ecclesiae magisterium, nihil auctoritas in civitate possit: ob eamque caussam vulgo praedicant et pugnant, rem sacrain rem- que civilem esse penitus distrahendas. Quo facto saluberrimam religionis catholicae virtutem a legibus, ab administratione rei- pablicae excludunt: illudque est consequens, ut praeter instituta ac praecepta Ecclesiae totas constituendas putent civitates. - Nee vero non curare Ecclesiam, optimam ducem, satis habent, nisi hostiliter faciendo laeserint. Et sane fundamenta ipsa re- ligionis catholicae adoriri fando, scribendo, docendo, impune licet: non iuribus Ecclesiae parcitur, non munera, quibus est divinitus aucta, salva sunt. Agendaruni rerum facultas quara minima illi relinquitur, idque legibus specie quidem non minis vim inferentibus, re vera natis aptis ad impediendam libertatem. Item impositas Clero videmus leges singulares et graves, multum ut ei de numero, multum de rebus necessariis in dies decedat : reliquias bonorum Ecclesiae maximis adstrictas vinculis, pote- stati et arbitrio administratorum reipublicae permissas : sodali- tates ordinum religiosorum sublatas, dissipatas. At vero in Sedem Apostolicam romanumque Pontificem longe est inimicorum

procura che nella societa non abbia alcuna influenza ne il magistero ne 1'autorita della Chiesa; e perci6 si predica da per tutto e si sostieue la piena separazione della Chiesa dallo Stato. Cosi si sottraggono leggi e governo alia virtu divinamente saluiare della religione cattolica, e per conseguenza si vuole ad ogni costo ordinare in tutto e per tutto gli Stali indipendentemente dalle istituzioni e dalle dottrine della Chiesa. - Ne basta tener lungi la Chiesa, che pure e guida tanto sicura, ma vi si aggiungono persecuzioni ed offese. Ecco infatti piena licenza di assa- lire iupunemente con la parola, con gli scritti, con 1'insegnamento, i fondameuti stessi della cattolica religione: i diritti della Chiesa si ma- nomettono: non si rispettano le divine sue prerogative. Si restringe il piu possibile 1'azione di lei; e ci6 in forza di leggi, in apparenza non troppo violente, ma in sostanza nate fatte per incepparne la liberta. Leggi di odiosa parzialita si sanciscono contro il Clero, cosicche vedesi stremalo ogni di piu e di numero e di mezzi : vincolati in mille modi e messi in mano allo Stato gli avanzi dei beni ecclesiastici : i sodalizii religiosi aboliti, dispersi. Ma contro 1'Apostolica Sede e il romano

incitata contentio. Is quidem primura fictis de caussis deturbatus est propngniftolo libortatis iurisque sui, principatu civili: raox in statum compulsus iniqnuiu simul et obiectis undique difficul- tatibus intolerabilem: donee ad baec tempora perventum est, quibus sectarum fautores, quod abscondite secuin agitarant diu, aperte denunciant, sacrara tollendam Pontificum potestatem, ipsunjquo divino hire instittituin funditus delendum PoJtificatiira. Quam rem, si cetera deessent, satis indicat hominuin qui conscii sunt testimonium, quorum plerique cum saepe alias, turn recenti memoria rursus hoc Massonum verum esse declararunt, velle eos niaxime exercere catholicnm nomen implacabilibus inimicitiis, nee ante quiuturos, quain excisa oinnia viderint, quaecumque summi Pontifices religionis caussa instituissent. Quod si, qui adscribuntur in numerum, nequaquam eiurare conceptis yerbis institute catholica iubentur, id sane tantuin abest, ut consiliis Massonum repugnet, ut potius adserviat. Primum enim simplices et incautos facile decipiunt bac via, multoque pluribus invita- menta praebent. Turn vero obviis quibuslibet ex quovis religionis ritu accipiendis, hoc assequuntur, ut re ipsa suadeant magnum

Pontefice arde piii accesa la guerra. Prima di tutto egli fu sotto bu- giardi pretest! spogliato del Priocipato civile, propugoacolo della sua liberta e de'suoi diritti: poi fu ridotto ad una condizione iniqua, e per gl'infiniti ostacoli intollerabile : linche si e giunti a quest' estremo, che i settarii dicono apeno ciu che segretamente e lungamente avevaoo macchinato fra loro, doversi logliere di mezzo lo stesso spirituale potere dei Poolefici, e fare scomparire dal mondo la divina istituzione del Pon- tificate. Di che, ove altri argomeoti mancassero, prova sufficient sa- rebbe la testimonianza di parecchi di loro, che spesse volte in addietro, ed eziandio recentemente dichiararono, essere veraraente scopo supremo dei frammassoni perseguitare con odio implacabile il cristianesimo, e ch'essi oon si daranno mai pace, finche non veggano a terra tutte le istituziooi religiose fondate dai Papi. Che se la setta non impone agli afligliati di rinnegare espressamente la fede cattolica, coiesla tolleranza, non che guaslare i Massonici disegni, li aiuta. Imperocche in primo luogo e queslo un modo da ingannar facilmenle i semplici e gli incauli, ed un richiamo di proselilisrao. Poi con aprir le porte a persone di i religione si oltiene il vantaggio di persuadere col fatto il

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ilium huius temporis errorem, religionis caram relinqui oportere in mediis, nee ullum esse inter genera discrimen. Quae quidem ratio coinparata ad interitum est religionum omnium, nominatim ad catholicae, quae cum una ex omnibus vera sit, exaequari cum ceteris sine iniuria summa non potest.

Sed longius Naturalistae progrediuntur. In inaximis enim rebus tota errare via audacter ingressi, praecipiti cursu ad ex- trema delabuntur, sive humanae imbecillitate naturae, sive con- silio iustas superbiae poenas repetentis Dei. Ita fit, ut illis ne ea quidem certa et fixa permaneant, quae naturali lumine ra- tionis perspiciuntur, qualia profecto ilia sunt, Deum esse, animos hominum ab omni esse materiae concretione segregates, eosdem- que immortales. Atqui secta Massonum ad hos ipsos scopulos non dissimili cursus errore adhaerescit. Quamvis eniin Deum esse generatim profiteantur, id tamen non haerere in singulorum mentibus firma assensione iudicioque stabili constitutum, ipsi sibi sunt testes. Neque enim dissimulant, hanc de Deo quaestio- nem maximum apud ipsos esse fontem caussainque dissidii: immo non mediocrem hac ipsa de re constat extitisse inter eos proximo etiam tempore contentionem. Re autem vera initiates

grand' errore moderno dell'indifferentismo religiose e della parita di tutti i culti: via opportunissiraa per aonientare le religioni tutte, e segnata- mente la cattolica che, unica vera, non pu6 senz'enorme ingiuslizia esser messa in un fascio con le altre.

Ma i Naturalist! vanno piu oltre. Messisi audacemente, in cose di massima importanza, per una via totalmente falsa, sia per la debolezza dell'umana natura, sia per giuslo giudizio di Dio che punisce 1'orgoglio, trascorrono precipitosi agli errori estremi. Cosl avviene che le stesse verita, che si conoscono per lume naturale di ragione, quali sono per fermo 1'esistenza di Dio, la spiritualita ed immortaliia dell'anima umana, non hanno piii per essi consisteuza e certezza. Or negli scogli me- desimi va per via non dissimile ad urtare la setta Massonica. L'esi- stenza di Dio, 6 vero, i Framassoni generalmente la professano: ma che questa non sia in ciascun di loro persuasione ferma e giudizio certo, essi slessi ne fan fede. Imperocchfc non dissimulano, ehe nella famiglia Mas- sonica la quistione intorno a Dio 6 un principio grandissimo di discordia ; ed anzi £ noto come pur di recente si ebbero tra loro su queslo punto gravi contese. Fatto sta che la setta lascia agl'iniziati liberta grande di

magnam secta licentiam dat, ut ulU-rutnim lieeut suo iure de- f.Mi.: in esse, Deuin nulluin esse: et qui nullum esse

praefracte contendant, tain facile initiantur, quam qui Deuiu esse opinantur quidem, sed de eo prava sentiunt, ut Pantheistae solent: quod nibil est aliud, quam divinao naturae absurdam quamdara speciem retinere, veritatem tollere. Quo everso infir- matove raaxiiuo funlamento, consequens est ut ilia quoque va- cillent, quae natura admonente cognoscuntur, cunctas res libera creatoris Dei voluntate extitisse: iiiimduiu providentia regi: nu Hum esse aniinorum interitum: huic, quae in terris agitur, hominuui vitae successuram alteram eainque sempiternam.

His auteiu dilapsis, quae sunt tamquam naturae principia, ad cognitionem usumque praecipua, quales futuri sint privati pu- blicique mores, facile apparet. Silemus de virtutibus divinio- ribus, quas absque singular! Dei mimere et dono nee exercere potest quisquam, nee consequi: quarum profecto necesse est nullum in iis vestigium reperiri, qui redemptionem generis hu- maui, qui gratiam caelestem, qui sacramenta, adipiscendamque in caeiis felicitatem pro ignotis aspernantur. De officiis lo- quimur, quae a natural! honestate ducuntur. Mundi enim opifex

sostenere circa Dio la tesi che vogliono, affermandone o negandone 1' esi- sieuza: e gli audaci negator! vi hanno accesso non men facile di quelli che, a guisa dei Panteisli, ammettono Iddio, ma ne travisano il coocetto : ci6 che io sostanza riesce a ritenere della divina Datura non so quale assurdo simulacro, distruggendone la realla. Ora abballuto o scalzato questo supremo fondamento, for/a e che vacillino anche molte verila di ordine naiurale, come la libera creazione del mondo, il governo univer- sale della provvideoza, 1' immortality dell'anima, la vita av venire e sem- piterna.

Scomparsi poi questi, come dire, principii di natura, importantissimi per la speculative e per la pratica, e agevole il vedere che cosa sia per addivenire il pubblico e il privato costume. Non parliamo delle virtu sovrannaturali, che senza special favore e dono di Dio niuno pu6 ne esercitare, ne conseguire, e delle quali non e possibile che si trovi ve- sligio in chi superbamenle disconosce la redenzioue del genere umano, la grazia celeste, i sagramenti, 1'eterna beatitudine: parliamo dei doveri che procedooo dalla onesta naiurale. Imperocche Iddio, creatore e prov-

M:TISSIMI o. N. LEOMS DIVI.VA PROVIDENTIA. PAPAE xm.

idemque providus gubernator Deus: lex aeterna naturalem or- dinem conservari iubens, perturbari vetans: nltiiuus hominuiu finis inulto excelsior rebus humanis extra haec mundana hospitia constitutus : hi fontes, haec principia sunt totius iustitiae et honestatis. Ea si tollantur, quod Naturalistae idemque Massones solent, continue iusti et iniusti scientia ubi consistat, et quo se tueatur oranino non habebit. Et sane disci plina morum, quae Massonum familiae probatur unice, et qua informari adolescentem aetatein contendunt oportere, ea est quam et civicam nominant et solutam ac liber am; scilicet in qua opinio nulla sit religionis inclusa. At vero quam inops ilia sit, quam firmitatis expers, et ad omnem auram cupiditatum mobilis, satis ostenditur ex iis, qui partim iam apparent, poenitendis fructibus. Ubi enim re- gnare ilia liberius coepit, dernota loco institutione Christiana, ibi celeriter deperire probi integrique mores : opinionum tetra por- tenta convalescere : plenoque £radu audacia ascendere maleficio- rum. Quod quidem vulgo conqueruntur et deplorant: idemque non pauci ex iis, qui minime vellent, perspicua veritate compulsi, haud raro testantur. Praeterea, quoniam est hominum natura primi labe peccati in-

vido reggitore del mondo; la legge eterna, che comanda il rispetto e proibisce la violazione dell'ordine naturale; il fine ultimo degli uomini, posto di gran lunga al di sopra delle create cose, fuori di questa terra; sono queste le sorgenti e i principii della giustizia e della moralita. I quali principii se, come fanno i Naturalisti ed altresi i Frammassoni, si tolgano via, incontanente 1'etica naturale non ha piii ne dove appog- giarsi, ne come sostenersi. E per fermo la morale, che sola ammettono i Framassoni, e che vorrebbero educatrice unica della gioventii, e quella che chiamano civile indipendente, ossia che prescinde affatto da ogni idea religiosa. Ma quanto sia povera, incerta, e ad ogni sorfio di pas- sione variabile cotesia morale, il dimostrano i dolorosi frutti, che gia in parte appariscono. Iroperocchfc ovunque essa ha comincialo a domi- nare liberamente, dato lo sfratto alia educazione cristiana, la probit& e integrili dei costumi scade rapidamente, orrende e mostruose opinioni levan la testa, e 1' audacia dei delitti va crescendo in modo spaventoso. II che si lamenta e deplora da tutti; e spesse volte, sforzati dalla verita, non pocni di quegli stessi 1'attestano, che pur tutt'altro vorrebbero. Oltre a ci6, per essere T umana natura infetta dalla colpa di origine,

1CA

lata, ot ob hanc caussain multo ad vitia quam ad virtutes

ior, hoc oinnino ad honestatera requiritur, cohibere motus

ni tnrbidos et appetitus obedientes facere rationi. In quo cer-

tamine despicientia saepissimo adhibenda est rerum huinanarum,

maximique exhauriendi labores ac molestiae, quo suurn semper

at ratio victrix principatum. Verum Naturalistae et Masso- nes, nnlla adhibita iis rebus fide, quas Deo auctore cognovimtis, parentom generis humani negant deliquisse: proptereaque libe- nun arbitrium nihil riribus attenuatum et inclinatum* putant. Quin immo exaggerantes naturae virtutem et excellentiam, in eaque principium et normani iustitiae unice collocantes, ne co- gitare quidem possnnt, ad sedandos iilius impetus regendosque appetitus assidua contontione et summa opus esse constantia. Ex quo videmus vulgo suppeditari hominibus illecebras multas cu- piditatum : ephemeridas commentariosqne nulla nee temperantia nee verecundia: ludos scenicos ad licentiam insignes: argumenta artium ex iis, quas vocant rrriami, legibus proterve quaesita: excogitata subtiliter vitae artificia delicatae et mollis: oiunia de- nique conquisita voluptatum blandimenta, quibus sopita virtus

e per6 piii proclive al vizio che alia virtu, non e possibile vivere one- stamente senza mortiflcar le passioni, e sottomettere alia ragione gli :«ppeliti. In questa pugna 6 bene spesso necessario disprezzare i beni creati, e sottoporsi a molesiie e sarrilizii grandissimi, a fine di serbar s»'inpre alia ragione vincitrice il suo irapero. Ma i Naluralisti e i Mas- soni, ripudiando ogni divina rivelazione, negano il peccato originale, e

mo non esser punto afficvolito nfc indinato al male il libero ar- biirio '. Anzi esagerando le forze e Teccelleuza della natura, e collocando in lei il principio e la norma unica della giustizia, non sanno pur con- cepire che, a frenarne i moti e moderarne gli appeliti, ci vogliono sforzi r Kiiinui e somma costanza. E questa e la ragione, per cui vediamo of- IVrte pubblicarnente all; passioni tante attrattive: giornali e periodic!

.1 freno e senza pudore: rappresentaziooi teatrali oltre ogni dire di-

ite: arti coltivate secondo i principii di uno sfaccialo verismo : con railinate invenzioni promosso il molle e delicato vivere: insomnia cercate

amente tulte le lusinghe capaci di sedurre e addormeotare la virtu.

fc Triil. Srv>. M, ])e Imtit'., c. 1. Serie XII. vol. VI. fate. 813 23 aprile 18S4

SANCTIS.SIMI D. N. LEOXIS DIVINA PROVIDENTIA PAPAE XIII.

conniveat. In quo flagitiose faciunt, sed sibi admodum constant, qui expectatiouem tollunt bonorum caelestium, oinnemque ad res mortales felicitatem abiiciunt et quasi demergunt in terrain. Quae autem commemorata sunt illud confirmare potest non tain re, quam dictu inopinatum. Cum eiiiin hominibus versutis et cal- lidis nemo fere soleat tarn obnoxie servire, quam quorum est cupiditatum dominatu enervatus et fractus animus, reperti in secta Massonum sunt, qui edicerent ac propouerent, consilio et arte enitendum ut infinita vitiorum licentia exsaturetur multi- tudo: hoc enim facto, in potestate sibi et arbitrio ad quaelibet audenda facile futuram.

Quod ad convictuin attinet domesticum, his fere continetur oinnis Naturalistarum disciplina. Matrimonium ad negotioram contrahendorum pertinere genus: rescindi ad voluntatem eorum, qui contraxerint, iure posse: penes gubernatores rei civil is esse in maritale vinculum potestatem. In educandis liberis nihil de religione praecipiatur ex certa destinataque sententia : integrum singulis esto, cum adoleverit aetas, quod inaluerint sequi. Atqui haec ipsa assentiuntur plane Massones: neque assentiuntur solum, sed iamdiu student in morem consuetudinemque deducere. Multis

Cose altaraente riprovevoli, raa pur coerenti ai principii di coloro che tolgono all' uorao la speranza dei berii celesti, e tulta la felicita fanno consistere nelle cose caduche, avvilendola sino alia terra. Ed a con- ferma di ci6 che abbiam detto pu6 servire uo fatto piii strano a dirsi, che a credersi. Imperocchfc gli uoraini scaltriti ed accorti non trovando anime piii docilraente servili di quelle gia dome e flaccate dalla tiran- nide delle passioni, vi fu nella setta Massonica chi disse aperto e pro- pose, doversi con ogni arte ed accorgimento tirare le moltitudini a sa- tollarsi di licenza: cosi le si avrebbero poi docile stromento ad ogni piii audace disegno.

Quanto al consorzio doraestico, ecco a un dipresso tutta la dottrina dei Naturalisti. 11 matrimonio non e altro che un contralto civile: pub legittimamente rescindersi a volonta dei contraenti : il potere sul vincolo matrimoniale appartiene allo Stato. Nell'educare i figli non s'imponga religione alcuna: cresciuti in eta, ciascuno sia libero di scegliersi quella che piii gli aggrada. Ora questi principii i Framraassoni li accettano senza riserva: e non pure li accettano, ma sludiansi da gran tempo di

•M

iani in regionil i.j catholic! nominis, cnnstitutiun est

ut, pr;i-t«T coniunrtas ritu civili, iustae ne habeantur nuptiae: alibi divortia fieri, lege licet: alibi, ut quamprimum liceat, dutiir opera. Ita ad illud festinat cursus, ut matrimonia in aliam na- turam convertantar, hoc est in coniunctiones instabiles et flnxas, quas libido conglutinet, et eadem mutata dissolvat. Summa autera conspiratione voluntatum illuc etiam special secta Mas- sonum, ut institutionem ad se rapiat adolescentium. Mollem enim et flexibilem aetatem facile se posse sentiunt arbitratu sno fin- gere, et, quo velint, torquere: eaqne re nihil esse opportunius ad sobolem civium, qualem ipsi meditantur, talem reipublicae edu- cendam. Quocirca in educatione doctrinaque puerili nullas Eccle- siae ministris nee magisterii nee vigilantiae sinunt esse partes: pluribusque iam locis consecuti sunt, ut omnis sit penes viros laicos adolescentium institutio : itemque ut in mores informandos nihil adinisceatur de iis, quae honiinem iungunt Deo, permagnis sanctissimisque officiis.

Sequuntur civilis decreta prudentiae. Quo in genere statuunt Xuturalistae, homines eodetii esse lure oinnes, et aequa ac pari

fare in raodo, che passino nei costumi e nell'uso della vita. In molti paesi, che pur si professano cattolici, si hanno giuridicamcnte per nulli i raatrimonii non celebrati nella forma civile: altrove le leggi permettono il divor/io: altrove si fa di tut to, perche sia quanto prima permesso. Cosl corresi di gran passo all'intento di snaturare le nozze, riducendole a mutabili e passeggere unioni, da formarsi e da sciogliersi a talento. Ad impossessarsi altresi dell' educazione dei giovanetti raira con unanime e tenace proposito la setta dei Massoni. Comprendono ben essi, che quell1 eta tenera e flessibile lasciasi figurare e piegare a loro talento, e perb non esserci spediente piii opportune di questo per formare allo Stato cittadini tali, quali essi vagheggiano. Quindi nell'opera di educare e istruire i fanciulli non lasciano ai ministri della Chiesa parte alcuna ne di direzione, ne di vigilaoza: e in molti luoghi si e gia tanlo innanzi, che l»uc;i/.ioije della gioventii e tutta in mano dei laici; e dall'inse- goamento morale ogiii idea e sbandita di quei grandissimi e snntissimi ri, che 1'uorao congiungono a Dio.

Seguono le massirae di scienza sociale. Dove i Naturalist! insegnano, che gli uomini hanno tutti gli stessi dirilti, e sono di condizione per-

276 SANCTISSIMI D. N. LEONIS DIV1NA PROVIDENTIA PAPAE XIII.

in omnes partes conditione: unumquemque esse natura liberum: imperandi alteri ius habere neminem: velle autem, ut homines cuiusquam auctoritati pareant, aliunde quam ex ipsis quaesitae, id quidem esse vim inferre. Omnia igitur in libero populo esse: imperiuin iussu vel concessu populi teneri, ita quidem, ut, niii- tata voluntate populari, principes de gradu deiici vel invitos liceat. Fontein omnium iurium officiorumque civilium vel in mul- titudine inesse, vel in potestate gubernante civitatem, eaque no- vissimis informata disciplinis. Praeterea atheani esse renipubli- cam oportere : in variis religionis formis nullam esse caussam, cur alia alii anteponatur: eodem omnes loco habendas.

Haec autem ipsa Massonibus aeque placere, et ad hanc simi- litudinem atque exemplar velle eos constituere res publicas, plus est cognitum, quam ut demonstrari oporteat. lamdiu quippe omni- bus viribus atque opibus id aperte moliuntur: et hoc ipso expe- diunt viam audacioribus non paucis ad peiora praecipitantibus, ut qui aequationem cogitant communioneiuque omnium bonorum, deleto ordinum et fortunarum in civitate discrimine.

Secta igitur Massonum quid sit, et quod iter affectet ex his

fettamente uguali: che ogni uomo e, per natura, indipendente: che niuno ha diritto di coraandare agli altri: che voler gli uomini sottoposti ad altra autoriia, da quella in fuori che eraana da loro stessi, e tirannia. Quiodi il popolo e sovrano: chi comanda, non aver 1'autorita di coman- dare se non per raandato o concessione del popolo; tantoche a talento di questo egli puo, voglia o non voglia, esser deposto. L'origine di tutti i diritti e doveri civili e nel popolo, ovvero nello Stato, che reggasi per altro secondo i nuovi principii di liberta. Lo stato inoltre dev1 esser ateo: ira le varie religioni non esservi ragione di dar la preferenza a veruna: doversi fare di tutie lo stesso conto.

Ora che queste massime piacciano ugualraente ai Framassoni, e che su questo tipo e modello vogliano essi foggiati i governi, e cosa notis- sima, e che non ha bisogno di prova. Egli e un pezzo di fatti, che con quanto hanno di forze e di potere apertamente lavorano per questo, spianando cosl la via a quei non pochi piii audaci di loro, e piii avventati nel male, che vagheggiano 1'uguaglianza e coraunanza di tutti i beni, fatta scomparire dal raondo ogni distinzione di averi e di condizioni sociali.

Da questi brevi cenni si scorge chiaro abbastanza, che sia e che

IIM-P'I.A EXCVCLICA

suniiiiatini atti^inius, satis elucet. Praecipua ipsorum dog- mata turn valde a rationo ac tarn manifesto discrepant, ut nihil possit esse perversius. Religionem et Ecclesiam, quam Deus ipse condidit, idemquo ad immortalitatem tuetur, velle demoliri, moresque et institute ethnicorum duodeviginti saeculonun in- tervallo revocare, insignis stultitiae est impietetisque audacis- siinae. Neque illud vel horribile minus, vel levius ferendum, quod beneficia repndiantur per lesum Christum benigne parta neque hominibus solum singulis, sed vel familia vel communitate civili consociatis; quae beneficia ipso habentur inimicormn iudicio testimonioque maxima. In huiusinodi voluntete vesana et tetra recognosci propemodum videtur posse illud ipsum, quo Satanas in lesum Christum ardet, inexpiabile odium ulciscendique li- bido. — Similiter illud alterum, quod Massones vehementer conantur, recti atque honesti praecipua fundaraenta evertere, adiutoresque se praebere iis, qui more pecudum quodcumque libeat, idem licere vellent, nihil est aliud quam genus huma- num cum ignominia et dedecore ad interitum impellere. Augent vero maluin ea quae in societetem cum domesticam turn civilem intenduntur pericula. Quando enim alias exposuimus,

voglia la setta Massonica. I suoi dogmi ripugnano tanto e con tanla evidenza alia ragione, che nulla pu6 esservi di piii perverse. Voler di- struggere la religione e la Chiesa fondata da Dio stesso, e da lui assi- curata di vita immortale, voler dopo ben diciotto secoli risuscitare i costumi e le islituzioni del paganesimo, e insigne follla e sfrontatissima empieta. Ne meno orrenda e intollerabile cosa egli e ripudiare i benefizii largiti per sua bonta da Gesu Cristo noo pure agl'iridividui, ma alle famiglie e agli Stati; benefizii, per giudizio e testimonianza anche di ne- mici, segnalalissirai. In questo pazzo e feroce proposilo pare quasi potersi ricoooscere quell' odio implacabile, quella rabbia di vendetta, che contro

i Cristo arde nel cuore di Satana. Similmente 1'altra impresa, in cui tanto si travagliano i Massoni, di atterrare i precipui fondamenti della morale, e di farsi complici e cooppratori di chi, a guisa di bruto, vorrebbe lecito ci6 che piace, altro non e che sospingere il genere umano alia piu abbiella e ignominiosa degradazione. Ed aggravano il male i pericoli, onde sono minacciati tanto il domestico, quanto il civile con-

o. Come di fatli esponemmo altra volfa, avvi nel matrimonio, per

278 SANCTISSIMI D. N. LEOM< DIVINA PHOV1DENTIA PAPAE XIII.

inest in matrimonio sacrum et religiosnm quiddam omnium fere et gentium et aetatum consensu: divina autem lege cautnm esse, ne coniugia dirimi liceat. Ea si profana fiant, si distrahi liceat, consequatur in familia necesse est turba et confusio, excidentibus de dignitate feminis, incerta rerum suarum incolumitatisque so- bole. Curam vero de religione publice adhibere nullam, et in rebus civicis ordinandis, gerendis, Deum nihilo magis respi- cere, quam si oinnino non esset, temeritas est ipsis ethnicis inaudita; quorum in animo sensuque erat sic penitus affixa non solum opinio Beorum, sed religionis publicae necessitas, ut in- veniri urbern facilius sine solo, quam sine Deo posse arbitra- rentur. Revera humani generis societas, ad quara sumus natura facti, a Deo constituta est naturae parente: ab eoque tamquam a principio et fonte tota vis et perennitas inanat innumerabi- lium, quibus ilia abundat, bonorum. Igitur quemadmodum singuli pie Deum sancteque colere ipsa naturae voce adinonemur, pro- pterea quod vitam et bona quae comitantur vitae a Deo acci- pimus, sic eamdem ob caussam popnli et civitates. Idcirco qui

unanime consenso de'popoli e dei secoli, un carattere sacro e religiose: oltreche per legge divina 1'unione coniugalc e indissolubile. Or se questa unione si dissacri, se permettasi giuridicamente il divorzio, la confusione e la discordia entreranno per conseguenza inevilabile nel santuario della faraiglia, e la donna la sua dignita, i figli perderanno la sicurezza d'ogni loro benessere. Che poi lo Stato faccia professione di religiosa in- diflferenza, e nell'ordinare e governare il civile consorzio non si curi di Dio ne piii ne meno che se egli non fosse, e sconsigliatezza ignota agli stessi pagani ; i quali avevano nella mente e nel cuore cosi scolpita non pur 1'idea di Dio, ma la necessita di un culto pubblico, che giudicavano potersi piii facilmente trovare una cilia senza suolo, che senza Dio. E veramente la societa del genera uraano, a cui siamo stati fatti da natura, fu istituita da Dio autore della natura medesima, e da lui deriva come da fonte e principio tutta quella perenne copia di beni senza numero, ond'essa abbonda. Gome dunque la voce stessa di nalura irapone a cia- scuno di noi di onorare con religiosa pieta Iddio, percbe abbiamo da lui ricevuto la vita e i beni che 1'accompagnano; cosi per la ragione me- desima debbono fare popoli e Stati. Opera perci6 non solo ingiusta, ma insipiente ed assurda fanno colon), che vogliono sciolta da ogni religioso

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solutam omni religionis officio civilem coinmunitatem volant, plenum est non iniusto solmn, sed etiam indocte absurdeque facere. Quod vero homines ad coniunctionem congregationem- que civilem Dei voluntate nascuntur, et potestas imperandi vin- culuin est civilis societatis tain necessarium ut, eo sublato, illam repente disrumpi necesse sit, consequens est ut imperandi aucto- ritatem idem gignat, qui genuit societatein. Ex quo intelligitur, imperium in quo sint, quicumque is est, ministrum esse Dei. Quapropter, quatenus finis et natura societatis humanae postu- lant, legitimae potestati iusta praecipienti aequum est parere perinde ac numini oumia moderantis Dei : illudque in primis a veritate abhorret, in populi esse voluntate positum obedientiam, cum libitum fuerit, abiicere. Similiter, pares inter se ho- mines esse universes, nemo dubitat, si genus et natura coin- munis, si finis ultimus unicuique ad assequendum propositus, si ea, quae inde sponte flaunt, hint et officia spectentur. At vero quia ingenia omnium paria esse non possunt, et alius ab alio distat vel animi vel corporis viribus, plurimaeque sunt morum, voluntatis, naturarum dissimilitudines, idcirco nihil tarn est repuguans rationi, quam una vello comprehensione omnia

dovere la civil comunanza. Posto poi che per volere di Dio nascano gli uomini alia societa civile, e che il potere sovrano sia vincolo cosl stretlaraente necessario alia societa stessa, che, dove quello manchi, questa necessariaraente si sfascia, ne siegue che 1'autorita di comandare deriva da quello stesso principio da cui deriva la societa. Ed ecco la ragione, che 1'investito di tale autorita, sia chi si voglia, e ministrodi Dio. Laonde fin dove e richiesto dal fine e dalla natura dell'umano consorzio, devesi obbedire al giusto comando del potere legittimo, nnn altrimenti che alia smranita di Dio reggitore dell' universe: ed e capitalissimo errore il dare al popolo plena balla di scuotere, quando gli piaccia, il giogo dell'ubbi- dienza. Cosl ancora chi guardi alia comune origine e natura, al fine ultimo assegnato a ciascuno, ai diritti e ai doveri che ne scaturiscono, non e da dubitare che gli uomini sono tutti uguali fra loro. Ma poiche capacity pan in tutti e impossible, e per leforze dell'anirao e del corpo 1'uno diiTerisce dall'altro, e lanta e dei coslumi, delle inclinazioni, e delle qualita personal! la variola, egli e assurdissiraa cosa vol«jr confondere e unificar tutio questo, e recare negli ordioi della vita civile una rigorosa

SANCTISSIMI D. N. LEOMS DIV1NA PROV1DENTIA PAPAE XIII.

complecti, et illam omnibus partibus expletam aequabilitatem ad vitae civilis instituta traducere. Qtiemadmodum perfectus cor- poris habitus ex diversorum existit iunctura et compositione membroruin, quae forma usuque differunt, compacta tamen et suis distributa locis complexionem efficiunt pulcram specie, fir- mam viribus, utilitate necessariam: ita in republica hominura quasi partium infinita propemodum est dissimilitudo : qui si ha- beantur pares arbitriumque singuli suum sequantur, species erit civitatis nulla deformior: si vero dignitatis, studiorum, artium distinctis gradibus, apte ad commune bonum conspirent, bene constitutae civitatis imaginem referent congruentemque naturae. Ceteruin ex iis, quos commemoravimus, turbulentis erroribus, maximae sunt civitatibus extimescendae formidines. Nam sublato Dei metu legumque divinarum Terecundia, despecta principum auctoritate, permissa probataque seditionum libidine, proiectis ad licentiam cupiditatibus popularibus, nullo nisi poenarum freno, necessario secutura est rerum omnium commutatio et ever- sio. Hanc immo commutationein eversionemque consulto medi- tantur, idque prae se ferunt, plurimi Communistarum et So-

ed assoluta uguaglianza. Come la perfetta costituzione del corpo umano risulia dall'unione e corapagine di varii raembri che, diversi di forma e di uso, ma congiunti insieme e raessi ciascuno al suo posto, formano un organismo bello, forte, utilissirao e necessario alia vita; cosl nello Stato quasi infinita e la varieta degl'individui che lo corapongono; i quali, se parificati tra loro, vivano .ognuno a proprio senno, ne uscira una cittadinanza mostruosamente deforme; laddove, se distinti in armonia di gradi, di officii, di tendenze, di arti, bellamente cospirino insieme al bene comune, renderanno imraagine d'una cittadinanza bene costituita e conforme a natura.

Del resto i turbolenti errori, che abbiamo accennati, debbono troppo far tremare gli Stati. Imperocche tolto via il timore di Dio e il rispetto delle divine leggi, messa sotto i piedi 1' autorita dei principi, licenziata e legittimata la libidine delle sommosse, sciolto alle passioni popolari ogni freno, mancato, dai gastighi in fuori, ogni ritegno, non pu6 non seguirne una rivoluzione e sovversione universale. E questo sovversivo rivolgimento e lo scopo deliberate e 1'aperta professione delle numerose associazioni di Comunisti e Socialisti: agli intendimenti dei quali non

consociati greges: quorum coeptis alienam ne se

•rit si-eta Mass.>uumt quae et consiliis eorum adraodum favet,

iinma sententiarum capita cum ipsis babet communia. Quod

si nee continuo nee ubique ad extrema experiendo decurrunt,

Don ipsorum est disciplinae, non voluntati tribuendum, sed vir-

tuti religionis divinae, quae extingui non potest, itemque saniori

hoininum parti, qui societatum clandestinarum recusantes servi-

tutem, insanos earum conatus forti aniino refutant.

Atque utinam omnes stirpem ex fructibus iudicarent, et ma- loruin quae preinunt, periculorum quae impendent, semen et initium agnoscerent! Res est cum hoste fallaci et doloso, qui serviens auribus populorum et principum, utrosque mollibus sen- tentiis et assentatione cepit. Insinuando sese ad viros prin- cipes simulatione amicitiae, hoc spectarunt Massones, illos ipsos habere ad opprimendum catholicum nomen socios et adiutores potentes: quibus quo maiores admoverent stimulos, pervicaci caluinnia Ecclesiam criminal! sunt de potestate iuribusque regiis cum principibus invidiose contendere. His interim artibus quae- sita securitate et audacia, plurimum pollere in rugendis civi-

lia ragione di chiamarsi estranea la setta Massonica, essa che lanto ne favorisce i disegoi, ed ha comurii con loro i capital! principii. Che se non si trascorre coi faiti subito e da per lutto alle esireme conseguenze, il merilo di ci6 deve recarsi, non gia alle massime della setta o alia volonta dei settari, ma alia virtu di quella divina religione che non pu6 essere spenta, e alia parte piii sana dell* umano consorzio, che sdegnando di servire alle societa segrele, si oppone con forte petto all' esorbilanza de'lnro conati.

I '. volesse il cielo, che universalmente dai frutti si giudicasse la ra- dice, e dai roali che ci minacciano, dai pericoli che ci sovrastano si riconoscesse il mal some! Si ha da fare con un nemico asluto e frau- dolento che, blandendo popoli e monarchi, con lusinghiere promesse e con fine adulazioni entrambi ingann6. Insinuandosi sotto specie di ami-

. ncl cuore dei principi, i Frammassooi mirarono ad avere in complici ed aiuti potenti per opprimere il crislianesimo; e a fine di met- tere nei loro iiunchi sproni piii aculi, si diedero a calunniare ostinau-

••• la Ciiiesa come nemica del potere e delle prerogative reali. Di-

iti con tali arti baldaozosi e sicuri, acquistarono iulluenza grande

282 SANCTISSIMI D. N. LEOMS DIVINA PROVIDK.vriA PAPAE XIII.

tatibus coepenmt, ceterum parati imperiorum fnndamenta quatere, et insequi principes civitatis, insimulare, eiicere, quoties facere secns in gubernando viderentur, quara illi maluissent. Hand absimili modo populos assentando ludificati sunt. Libertatem prosperitatemque publicam pleno ore personantes, et per Eccle- siam Principesque summos stetisse, quotuinus ex iniqua servitute et egestate multitude eriperetur, populo irnposuerunt, eumque rerum novarum sollicitatum siti in oppugnationem utriusque po- testatis incitaverunt. Nihilominns tamen speratamm commodi- tatura maior est expectatio, quam veritas: immo vero peius oppressa plebes magnam partem iis ipsis carere cogitur mise- riarum solatiis, quae, compositis ad Christiana institute rebus, facile et abunde reperire potuisset. Sed quotquot contra ordinem nituntur divina providentia constitututn, has dare solent superbiae poenas, ut ibi afflictam et miseram offendant fortunam, unde prosperam et ad vota fluentem temere expectavissent.

Ecclesia vero, quod homines obedire praecipue et maxime iubet summo omnium principi Deo, iniuria et falso putaretur aut civili invidere potestati, aut sibi quicquam de hire principum

nel governo degli Stati, risoluti per altro di crollare le fondamenta dei troni, e di perseguitare, caluoniare, discacciare chi tra'sovrani si rao- strasse resllo di governare a modo loro. Coo arti siraili adulando il popolo, lo trassero in inganno. Gridando a piena bocca liberta e pro- sperita pubblica; facendo credere alle moltitudini che dell' iniqua ser- vitii e raiseria, in cui gemevano, tutta della Ghiesa e dei sovrani era la colpa, sobillarono il popolo, e lui sroanioso di novita aizzarono ai danni dell'uno e dell' altro potere. Vero e bensl che dei vantaggi sperati mag- giore e 1'espettazione che la realla: anzi oppressa piii che raai la po- vera plebe vedesi nelle miserie sue mancare gran parte di quei conforti, che nella societa cristianamente costituita avrebbe poiuto facilroente e copiosamente trovare. Ma di tutti i superbi, che ribellansi all'ordine stabilito dalla provvidenza divina, questo e il consueto gastigo, chedonde sconsigliataraente proraettevansi fortuna prospera e tutta a seconda dei loro desideri, trovino ivi appunto oppressione e raiseria.

Quanto alia Chiesa, se comanda di ubbidire innanzi tutto a Dio su- premo Signore d'ogni cosa, sarebbe ingiuriosa calunnia crederla perci6 nemica del potere de' principi, od usurpatrice dei loro diritti. Vuole anzi

ICA

-::i:v. I miii' » 4 nod cirili potestati aequum eat reddere, id plane iudicio conscientiaque officii decernit esse reddendum.

1 vero ab ipso Deo ins arcessit imperandi, magna est ad

!em auctoritatem dignitatis accessio, et observantiae benevo- lentiaeque civium colligendae adiumeatum non esiguum. Eadem arnica pads, altrix concordiae, materna oinnes caritate comple- ctitur; et invandis mortalibus unice intenta, iustitiam oportere docet cum dementia, imperium cum aequitate, leges cum mo- deratione coniungere: millius ius violandum, ordini tranquilli- tatique publicae servienduui, inopiara iniserorum, quam maxime fieri potest, privatim et publice sublevandara. Sed propterea put ant t ut verba usurpemus Angustini, vel putari volunt, chri- stianam doctrinam ntilitati non convenire reipitblicae, quia hint stare rempublicam firmitate virtutum, sed impunitate

>rum !. Quibns cognitis, hoc esset civili prudentiae ad-

modum congruens, et incolumitati comrauni necessarium, prin-

cipes et populos non cum Massonibus ad labefactandaui Ecclesiam,

sed cum Ecclesia ad frangendos Massonum impetus conspirare.

Utcumque erit, in hoc tarn gravi ac niinis iam pervagato malo

essa, che quanto 6 dovuto alia potcsta civile, le si renda per dovere di coscieoza. II riconoscere poi da Dio, com' essa fa, il diritto di co- rnandare, aggiunge nl potere politico dignita grande, e giova raolto a conciliarsi il rispetio e 1'amore del sudditi. Arnica delta pace, altrice della concordia, tutti coo afTetlo materno abbraccia la Chiesa; e intenta unicamente a far bene agli uomini, insegna doversi alia giustizia unir la clemenza, al comando 1'equita, alle leggi la moderazione; rispettare ogni diriito, roaotenere Tordine e la tranquillita pubblica, sollevare al

-i bile privatamente e pubblicamente le indipenze degl'infelici. Ma, per usare le parole di Sanl'Agostino, credono o vogliono far credere cite iion torna utile a! fa societd la dottrina del Vangclo, percht vo- gliono che lo Stato posi non sul fondamento stabile delle virtu, ma sull' impunita dei vizi1. Per le quali cose opera troppo piii conforme al seono civile e necessaria al comune benessere sarebbe, che principi e popoli, in cambio di allearsi coi Fraromassoni a daono della Chiesa, si unisscro alia Chiesa per respingere gli assalti dei Framroassoni.

In ogni modo, alia vista d' un male s) grave e gia troppo difTuso, e

\VII, al. Ill, ad Volusianum c. v, n. 20.

VS'i SANCTISS1MI D. N. LEOMS DIVINA PROVIDENTIA PAPAE XIII.

Nostrarum est partium, Venerabiles Fratres, applicare aniinum ad quaerenda remedia. Quia vero spem remedii optimam et firmissimam intelligimus esse in virtute sitam religionis divi- nae, quam tanto peius Massones oderunt, quanto magis perti- rnescunt, ideo caput esse censemus saluberrimam istam adversus communein hostem advocatam adhibere virtutem. Itaque quae- cumque roraani Pontifices Decessores Nostri decrevernnt inceptis et conatibus sectae Massonum impediendis: quaecumque aut deterrendi ab eiusmodi societatibus aut revocandi caussa san- xerunt, omnia Nos et singula rata habemus atque auctoritate Nostra Apostolica confirmamus. In quo quidem plurimum volun- tate christianorum confisi, per salutem singulos suam precamur quaesumusque, ut religion! habeant vel minimum ab iis disce- dere, quae hac de re Sedes Apostolica praeceperit.

Yos autem, Yenerabiles Fratres, rogamus, flagitamus, ut col- lata Nobiscum opera, exstirpare impuram hanc luem quae serpit per omnes reipublicae venas, enixe studeatis. Tuenda Yobis est gloria Dei, salus proximorum : quibus rebus in dimicando pro- positis, non animus Vos, non fortitudo deficiet. Erit prudentiae

debito Nostro, Venerabili Fratelli, applicar 1'animo a cercarne i riraedii. E poiche sappiamo che nella virtii della religione divina, tanto piii odiata dai Massoni, quanto piii temuta, consiste la migliore e piu salda speranza di rimedio eflicace, a questa virtu sommamente salutare cre- diamo che prima di tutto sia da ricorrere contro il comune nemico. Tutte quelle cose pertanto, che i romani Pontefici Nostri antecessori decretarono per attraversare i disegsi e render vani gli sforzi della setta Massonica ; tutte quelle che sancirono per allontanare o ritrarre i fedeli da cosl fatte societa; tutte e singole Noi con 1'Autorita Nostra Apo- stolica le ratifichiamo e conferraiamo. E qui confidando moltissimo nel buon volere dei fedeli, preghiamo e scongiuriarao ciascuno di loro, per quanto amano la propria salute, a farsi coscienza di menoraamente di- partirsi da quanto su questo proposito fu prescritto daH'Apostolica Sede. Preghiamo poi e supplichiarao Voi, Venerabili Fratelli, che coope- riate con Noi ad estirpare questo rio veleno, che largamente serpeggia in seno agli Slati. A Voi tocca difendere la gloria di Dio e la salvezza dt'll'1 anime; tenendo, nel combattimento, questi due Gni davaati agli occhi, non vi manchera nfe coraggio ne fortezza. 11 giudicare quali sieno

RQTCUCA

^ao iulicare, quibus potissiniiiin rationibus ea, quae obsta- bunt et impedient, eluctanda Yideantur. Sed quoniam pro auctoritate rfilcii Nostri par est probabileni aliquaiu rei geren- dae rationeni Nosmetipsos demonstrate, sic statuite, primuiu omnium reddendam Massonibus esse suam, dempta persona, fa- il : populosque sermone et datis etiam in id Litteris episco- pal! bus edocendos, quae sint societatum eius generis in blan- diendo alliciendoque artificia, et in opinionibus pravitas, et in actionibus turpitudo. Quod pluries Decessores Nostri conftnua- runt, nomen sectae Massonum dare nemo sibi quapiam de caussa licere putet, si catholica professio et salus sua tanti apud eum sit, quanti esse debet. Ne quern honestas assimulata decipiat: potest enini quibusdam videri, nihil postulare Massones, quod aperte sit religionis morumve sanctitati contrarium: venimtamen quia sectae ipsius tota in vitio Jlagitioque est et ratio et caussa, congregare se cum eis, eosve quoquo inodo iuvare, rectum est non licere.

Deinde assiduitate dicendi hortandique pertrahere multitudi- nein oportet ad praecepta religionis diligenter addiscenda: cuius rei gratia valde suademus, ut scriptis et concionibus tempestivis

i piu efficaci mezzi da superare gli impedimenti e gli ostacoli, e cosa che speita alia prudenza vostra. Pur nondimeno trovando Noi conve- niente al Noslro minisiero 1'additarvi alcuni dei mezzi piii opportuoi, la prima cosa da farsi si e togliere alia setta Massonica le roenlite sem- bianze, e reoderle le sue proprie, ammaestrando con la voce, ed eziandio con Lettere Pnstoni'.i, i popoli, quali siano di tali societa gli artifizii per blandire ed allettare; quali la perversita delle dotirine e la disonesta delle opere. Conforme dichiararono piii volte i Nostri Predecessor!, chiunque ha earn quanto deve la professione cattolica e la propria sa- lute, non si lusinghi mai di poter senza colpa ascriversi, per qualsivoglia ragione, alia setta Massonica. Niuno si lasci illudere alia simulate onesia; imperocche pub ben parere a taluno che i Massoni nulla impongano di upertamente contrario alia fede e alia morale: ma essendo essenzialmente malvagio lo scopo e la natura di tali sette, non pu6 esser lecito di darvi il nome, ne di aiutarle in qualsivoglia maniera.

£ necessario in secondo luogo con assidui discorsi ed esortazioni mettere nel popolo 1'amore e lo zelo dell'istruzione religiosa; e a tal line molio raccomandiamo, che COD ragiooamenti opportuni a voce e in

286 SANCTISSIMI D. N. LEOMS DIVINA PROVIDENTIA PAPAE XIII.

elumenta reruin sanctissimarura explanentur, quibus Christiana philosophia continetur. Quod illuc pertinet, ut mentes homionni eruditione sanentur et contra multiplices errorum fonnas et va- ria invitamenta vitiorum muniantur, in bac praesertim et scri- bendi licentia et inexhausta aviditate discendi. Magnum sane opus: in quo tamen particeps et socius laborum vestrorum prae- cipue futurus est Clerus, si fuerit, Vobis adnitentibus, a disci- plina vitae, a scientia litterarum probe instructus. Veruin tarn houesta caussa tamque gravis advocatam desiderat industriam virorum laicorum, qui religionis et patriae caritatem cum pro- bitate doctrinaque coniungant. Consociatis utriusque ordinis vi- ribus, date operam, Venerabiles Fratres, ut Ecclesiam penitus et cognoscant homines et carani habeant: eius enini quanto cognitio fuerit amorque maior, tanto futurum maius est socie- tatum clandestinarum fastidium et fuga. Quocirca non sine caussa idoneam hanc occasionem nacti, renovamus illud quod alias exposuimus, Ordinem Tertium Franciscalium, cuius paullo ante tempera vimus prudenti lenitate disciplinam, perquam stu- diose propagare tuerique oportere. Eius enim, ut est ab auctore

iscriito si spieghino i principii fondamentali di quelle santissime verita, nelle quali consiste la cristiana sapienza. Scopo di ci6 e guarire con 1' istruzione le menti, e premunirle contro le molteplici forme degli errori e i varii allettamenti dei vizii, massirae in questa gran licenza di scri- vere ed insaziabile braraa d'imparare. Opera faticosa di certo: nella quale tuttavia partecipe e conapagno delle fatiche vostre avrete special- mente il Glero, se in grazia del vostro zelo sara ben disciplinato e istruito. Ma causa cosl bella e di tanta importanza richiede altresi Tin- dustria cooperatrice di quei laici, che all'amore della religione e della patria congiungono probita e dottrina. Con le forze unite di questi due ordini procurate, Venerabili Fratelli, che gli uoraini conoscano intima- mente ed abbiano cara la Ghiesa; perche quanto piii crescera in essi la conoscenza e 1' amore di lei, tanto maggiormente saranno abborrite e schivate le societa segrete.

Egli e per questo che, giovandoci della presente occasione, torniamo non senza ragione a ricordare la opportunita inculcata altra volta, di promuovere caldamente e proteggere il Terz1 Ordine di san Francesco, di cui recentemente con prudente condiscendenza mitigammo la regola.

1 1C A

constitiitns, liair tota est ratio, vocare lumiim'S ad imitu- tion.'in lesu Christi, ad amorem Ecclesiae, ad onmia virtutum christianorum officia : proptereaque multum posse debet ad so- ci'-tatum neqnissimarum supprimendani contagionem. Novetur itaque qnotidianis increinentis isthaec sancta sodulitas, unde cum innlti expectari possnnt fructus, tuiii ille egregius, ut traducan- tnr animi ad libertatem, ad fraternitatein, ad aequalitateni Juris: non qualia Massones absurde cogitant, sed qualia et lesus Chri- stus hnmano generi comparavit et Franciscus secutus est. Li- bertatem diciinus filiorum Dei, per quara nee Satanae, nee cupiditatibus, improbissimis dominis, servianius: fraternitatein, cuius in Deo communi omnium procreatore et parente consistat origo: aequalitateni, quae iustitiae caritatisque constituta fun- damentis, non onmia tollat inter homines discrimina, sed ex vitae, officiorum, studiorumque varietate miruni ilium consensum efficiat et quasi concentum, qui natura ad utilitatem pertinet dignitatemque civilem.

Tertio loco una quaedam res est, a maioribus sapienter in- stituta, eademque temporum cursu intermissa, quae tamquam exemplar et forma ad simile aliquid valere in praesentia po-

Imperocche, secoodo lo spirito della sua isiituzione, esso non mira ad altro, che a tirare gli uomini aH'imitazione di Gesii Cristo, all'amore della Chiesa, alia pratica di tulte le cristiane virtu: e per6 tornera efll- cacissimo a spegnere il contagio delle sette malvagie. Gresca dunque di giorno in giorno questo santo sodalizio, da cui, tra molti altri, pu6 anche sperarsi questo prezioso frutto, di ricondurre gli animi alia liberta, alia fraternM, alia uguaglianza: non qnali va sognando assurdamente la setta Massonica, ma quali Gesu Gristo rec6 al mondo, e Francesco nel mondo ravviv6. La libertA diciamo dei Figliuoli di Dio, che afTranca dal ser- vaggio di Satana e dalle passioni, tiranni pessimi : la fraternity che da Dio piglia origine, creatore e padre di tutti: 1' uguaglianza che, fondata sulla giustizia e carita, non distrugge tra gli uomini tutte le differenze, ma dalla varieta della vita, degli officii, delle inclinazioni forma quel- T arcordo e quasi armonia, voluta da natura a utilila e dignita del civile consorzio.

In terzo luogo awi un' istituzione, attuata sapientemente dai nostri maggiori, e poi coU'andar del tempo dismessa, la quale pu6 servire ai di nostri come di modello e di forma a qualcosa di simile. Inteu-

'-?SS SANCTISSIMI D. N. L20MS D1VINA PROVIDENTIA PAPAE XIII.

test. Scholas seu collegia opificum intelligimus, rebus siinul et moribus, duce religione, tutandis. Qaorinii coliegiorum utili- tatein si maiores nostri diuturni temporis usu et periclitatione senserunt, sentiet fortasse magis aetas nostra, propterea quod singularera habent ad elidendas sectarum vires opportunitateni. Qui mercede manunm inopiam tolerant, praeterquain quod ipsa eorum conditione nni ex omnibus sunt caritate solatioque di- gnissimi, maxime praeterea patent illecebris grassantium per fraudes et dolos. Quare iuvandi sunt maiore qua potest beni- gnitate, et invitandi ad societates honestas, no pertrahantur ad turpes. Huius rei caussa collegia ilia magnopere vellemus au- spiciis patrocinioque Episcoporura, convenienter temporibus, a.l salutem plebis passim restituta. Nee mediocriter Nos delectat, quod plufibus iam locis sodalitates eiusmodi, iteuique coetus patronorum constituti sint: quibus propositum ntrisque est hone- stam proletariorum classem iuvare, eorum liberos, familias, praesidio et custodia tegere; in eisque pietatis studia, religion! s doctrinam, cum integritate morum tueri. In quo genere silere hoc loco nolumus illam spectaculo exemploque insignem, de populo inferioris ordinis tarn praeclare meritam societatem, quae

diamo parlare dei Collegii o Corpi di arti e mestieri, destioati, sotto la guida della religione, a .tutela degl'iuteressi e dei costumi. I quali col- legii, se per lungo uso ed esperienza riuscirono di gran vaotaggio ai nostri padri, torneranno molto piii vanlaggiosi all'eia nostra, perchfc op- portunissimi a fiaccare la potenza delle sette. I poveri operai, oltre ad essere per la stessa condizione loro degnissimi sopra lutti di carita e di sollievo, sooo in modo particolare esposti alle seduzioni dei fraudo- lenti e raggiratori. Yanno percio aiutati con la massima generosity, e invitati alle societa buone, a flinch^ non si lascino trascinare nelle mal- vagie. Per questo motive Gi sarebbe assai caro che, adaltate ai tempi risorgessero per tutto sotto gli auspizii e il patrocinio dei Vescovi a salute del popolo siflatte aggregazioni. E Gi e di grandissimo conforto il vederle fondate gia in molli luoghi insieme coi Patronall cattolici: due istituzioni, che mirano a giovare la classe onesta dei proletarii, a soccorrere e proteggere le loro famiglie, i loro figli, e a mantenere in essi con 1'integrita dei costumi 1'amore della pieta, e la conoscenza della religione. E qui non possiamo passare sotto silenzio la societa

j>:itre nouiinatur. Coiaiitum »>st quid au'at. -lit:

scilicet t«»ta in IMC ot, ut egentibus et calami tosis suppetias

iue sagacitate modestiaque mirabili: quae quo minus

-i vult, eo eat ad caritatem christianam melior, ad miseria-

rtini levamen opportunior.

Quarto loco, quo facilius id quod volumus assequamur, fidei vigiliaeque vestrae maiorem in inodiim coinmendamus iuventutem, ut quae spes est societatis humanae. Partein curarum vestra- rum in eius institutione m:iximam ponite: nee providentiam putt'tis ullaiii fore tantam, quin sit adhibenda maior, ut iis adolesccns aetas prohibeatur et scholis et magistris, unde pe- stilens sectaruiu afflatus metuatur. Parentes, magistri pietatis, Cnriones inter christianae doctriuao praeceptiones insistant, Vobis auctoribus, opportune cominonere liberos et alunmos de eiusmodi societatum flagitiosa natura, et ut mature cavere di- scant artes fraudolentas et varias, quas eartim propagatores usurpare ad illaqueandos homines consueverunt. Ininio qui adolescentulos ad sacra percipienda rite erudiunt, non inepte fecerint, si adducant singulos ut statuant ac recipiant, inscien-

di san Vincenzo de'Paoli, iosigne per lo spett&colo e 1'esempio che porge, e si altameote beneraerita della povera plcbe. Le upere e le in- tenzioni di cotesta societa sono ben note; essa fe tutta in sov venire i bisognosi e i tribolati, prevenendoli amorosamentc, e ci6 con mirabile sagncia, e eon quella modestia, che quanto meno vuol comparire, tanto e piu opportuna all'esercizio della carita cristiana eal sollevamento delle umane miserie.

In quarto luogo, a conseguir piii facilmente Tintento, alia fede e vigilanza vostra raccomandiamo caldissimamente la gioventu, speranza dell'umano consorzio. -- Nella buona educazione di essa ponete gran- dissima pane delle vostre cure, e non vi date mai a credere di aver vigilato e fatto a bastanza, per tener lontana T eta giovinetta da quelle scuole e da quei maestri, donde sia da temere 1'alito pestifero delle sette. Fate che i genilori, i direttori spirituali, i parrochi, nell' insegnare la dottrina cristiana, non si stanchino di ammonire opporlunamente i figli e gli alunni intorno alia rea natura di tali sette, anco perche im- parino per tempo le vahe e subdole arti, solite usarsi dai propagatori di (juelle per arrelicare la gente. Anzi quei che apparecchiano i giova- netti alia priraa coraunione faranno benissimo, se gl'indurranno a pro-

Serie A//. PO/. VI. fas'. I1.'

•.".Ill SANCT1SSIMI I-. > I.K'XMS D1VINA I'KOVIDKMIA PAPAE XIII.

tibus parentibus, aut non auctore vel Curione vel conscien iudice, nulla se unquam societate obligaturos.

Veruin probe intelligimus, communes labores nostros evellendis his agro Dominico perniciosis seminibus haudquaquam pares futures, nisi caelestis dominus vineae ad id quod intendimns benigne adiuverit. Igitur eius opera auxili unique implorare necesse est studio vehement! ac sollicito, quale et quantum vis periculi et magnitude necessitatis requirunt. Effert se insolenter, successu gestiens, secta Massonum, nee ullum iam videtur perti- naciae factura moduni. Asseclae eius universi nefario quodam foedere et occulta consiliorum communitate iuncti operam sibi mutuaui tribuunt, et alteri alteros ad rerum inalarnm excitant audaciam. Oppugnatio tarn vehemens propugnationem postulat parem: niminim boni omnes amplissiniam quamdam coeant opus est et agendi societatem et precandi. Ab eis itaque petimus, ut concordibus animis contra progredientem sectaruni vim conferti immotique consistant: iidemque multum gementes tendant Deo nianus supplices, ab eoque contendant, ut christianum floreat vigeatque nomen : necessaria libertate Ecclesia potiatur : redeant

porre e promettere di non ascriversi, senza saputa dei propri genitori ovvero senza consiglio del parroco o del confessore, a societa alcuna. Ma ben comprendiamo, che le comuni nostre fatiche non sarebbero sufficient! a svellere questa perniciosa semenza dal campo del Signore, se il celeste padrone della vigna non ci sara largo a tale effetto del suo generoso soccorso. Convien dunque implorarne il potente aiulo con fer- vnre veemente ed ansioso, pari alia gravita del pericclo e alia grandezza del bisogno. Inorgoglita dei prosperi successi, la massoneria insolentisce, e pare non voglia piii metter limiti alia sua pertinacia. Per un' iniqua lega ed un' occulta unita di propositi da per tulto i. seguaci suoi con- giunti insieme, si danno scarabievolmenle la mano, e 1' uno rinfocola 1'altro a piii osare nel male. Assalto si gagliardo vuole non men ga- gliarda difesa : vogliam dire che tutti i buoni debbono collegarsi in una vastissima societa di azione e di preghiera. Due cose pertanto diman- diamo da loro; da una parte, che unanimi, a schiere serrate, a pie fermo reslstano all'impeto ognora crescente delle sette; dall'altra, che sollevando con molti gemiti le mani supplichevoli a Dio, implorino a grande istanza, che il cristianesimo prosperi e cresca vigoroso; che riabbia la Chiesa la necessaria liberta; che i traviati ritornino a salute;

ad sanitatem devii : enrores verilati, villa virtuti aliquando con- ;it. AJiiilrictMii et interpretem adhibeam uu Vir-

gineni iiiatrein Dei, ut quae a conceplu ipso Satanam vicit, eadem 86 impertiat improbanuu sectartun potentem, in quibus persja- cuuni est contumaces illos mail daemonis spiritus cum indomita perfidia et simulatione reviviscere. Obtestenuir principem Angelonira caelestium, depulsorem hosliuni inform. nun, Mirhae- lem: item losephum Virginis sanctissimae sponsuin. LVrlesiae lolicae patr<>inmi caelestem salutarem: Petrum et Paullum Apostolos magnos, fidei christianae satores et vindices invictos. Horuiu patrocinio et cominunium perseverantia precum futurum confidimus ut coniecto in tot discrimina horainum generi oppor- tur.r Hi-us benigneque succurrat.

Caelestium vero raimerum et benevolentiae Xostrae t> Yobis, Venerabiles Fratres, Clero populoque universe vigilantiae vestrae coramisso Apostolicam Benedict ionem peramanter in Do- mino impertimns.

Datum Romae apud S. Petrum die xx aprilis An. MDCCCLXXXIY, Pontificatus Nostri Anno Septimo.

LEO PP. XIII.

che gli error! alia verita, i vizii faccian luogo alia virtu. Invochiamo a tal One 1'aiuto e la mediazione di Maria Vergine Madre di Dio, aflin- cbe coritro 1'empie sette, in cui veggonsi chiaramente rivivere 1'orgoglio conlurnace, la perfidia iodomita, la simulatrice astuzia di Satana, dimo- stri la poten/.a sua, essa che trionf6 di lui sin dal suo primo concepi- mento. Preghiamo altresi san Michele, principe dell' angelica mili/ia, debellatore dell'osle infernale; san Giuseppe, sposo della Vergine S;m- lissima, celeste e salutarc pa trono della cattolica Chiesa; i grandi Apo- stoli 1'ietro e Paolo, propagator! e difensori invitti della fede cristinua. Per il patrocinio di essi e per la perseveranza delle comuni preghi^re confidiamo, che Iddio si degnera di sovvenire pietosamente ai bisogni dell' uraana societa, minacciata da tanli pericoli.

A pegno poi delle grazie celesti e della benevolenza Nostra irapar- tiamo con grande afTetto a Voi, Venerabili Fratelii, al Clero e a tullo il popolo commesso alle vostre cure 1'Apostolica Benedizione.

Dato a Roma presso san Pietro il dl 20 aprile 1884, anno settimo del Nosiro Pontificalo.

LEO PI'. XIII.

DI UN' ALLEANZA MONARCHIC A

IN EUROPA

I.

Da qualche tempo, nei giornali piu accreditati di Europa, ogni tanto fa capolino la notizia di accordi segreti che si sarebbero stretti, o si sarebbe tuttora in via di stringere, fra certi Stati, per dare solidita ad una specie di alleanza, che tutelasse le raonarchie, dalle congiure demagogiche per tutto ininacciate. Che cosa sia di vero in queste voci, che con arte si vanno spargendo, lo ignoriamo. Siccome per6 non ci e fumo senza fuoco, cosl conviene pur credere che qualche fondamento di verita non manchi: e benchfc ci paia inverosimile, che a questo fine propria- mente iniri 1' adesione del Governo italiano alia lega imperiale austro-germanica, accresciuta, come sembra, dalla russa, nulla- dimeno non sono per avventura tutti fantastic! i inisteri svelati dai giornali, segnatamente francesi, intorno alle origin! ed ai modi di quest' adesione.

Onde non e da aversi per temerario il giudizio, che alle cospi- razioni offensive della demagogia, si vengano opponendo maneggi difensivi dalle monarchie, con qualche speranza di riuscire al- 1'intento di sventarne le trame. Di fatto fieri gridi d'ali'arme si mandano spesso dai radicali e dai socialisti di Germania, d' Austria, di Spagna e d' Italia, per non dire di quelii di Francia che ne tremano, contro questi maneggi : i quali si rappresentano diretti a risuscitare nientemeno che una nuova Santa Alleanza, in perdizione delle liberta conquisUte.

Ma chi con mente quieta studii la condizione di cose, cui e presentemente ridotta 1' Europa, a raalincuore, se e bene affetto alia causa dell'ordine, deve sorridere e delle iperboli, con le quali la demagogia finge di temere i maneggi delle monarchie, e delle aeree speranze, onde le monarchie si nutrono di evitare la ruina apprestata loro dalla sempre baldanzosa demagogia.

DI ! iPA

.mcorch& si aramettan come vere le pratiche di parecchi Stati monarchici, per formare fra se una lega difensiva del troni, non per6 ne consegue che, rimanendo le cose quali sono, questa lega abbia da poter eccitare grande fllucia, che adunque i pericoli di im trioufo demagogico sieno rimossi.

II.

Priuiieramente bisogna cercare che sopravvanzi di sostanzial- mente moimrchico a qnegli Stati, che si sono trasformati in Go- verni parlameiitari o popolari ; e sono i piu numerosi, se non i piu forti. Per quanto si aguzzino gl'ingegni a trovare figure rettoriche che ricopran la verita, non v' ha dubbio che questi Governi, di monarchico non conservano altro piu, se non il nome, una corte e la successione ereditaria net capo della dinastia: fuori di ci6, non vediamo in che essenzialmente diversifichi una mouarchia parlamentare da una repubblica democratica. La dif- ferenza e tanto impercettibile, che Cammillo di Cavour, sino dal 1848, definiva repubblica monarchica una monarchia si fatta.

IT Italia odierna ne offre il tipo piu puro e perfetto; e se si voglion conoscere le teorie che ne determinano la natura giu- ridica, eccole attinte alle piu autorevoli fonti. « In Italia non ci sono sudditi, come non ci sono sovrani. Noi siamo tutti cit- tadini del regno: il re non e che il capo dello Stato, e il principe eletto dal popolo: e fra noi sovrana non e che la na- ziono. £ strano, e assurdo il personificare la sovranita in un paese, ove la monarchia e sorta dai plebisciti. II re e una deri- vazione del popolo, da cui ebbe delegata la suprema magistra- tura; il re e T eletto della na/ione. Ora nella nazione la sovra- nita e indivisa, ed al re non pu6 esserne affidata alcnna parte. Egli e il capo del potere esecutivo, ed assunto a codeste funzioni, esse vengono limitate e devono essere esercitate, secondo le norme che le leggi hanno stabilite. > Queste parole furono dette ial deputato e poi ministro Crispi Bella Camera1; la quale rovolle conformi al nuovo diritto pubblico italiano, e nulla ebbe

ridir contro.

Raccolta nfficialf <lei discorsi detti dai ilrjmtati, durante la ditcussionc <je pontificic, pagg. 18'J-90.

•2\l\ DI U.N'ALLEANZA MONARCHICA

Ed il Pisanelli, state ancor egli ministro, andft piu oltre e non dubit6 di soggiungere: < L'inviolabilita del principe e una conseguenza logica della sua irresponsabilita, non solo giuridica, ma anche morale. Pud accadere che il re ponga la sua firma ad un atto che personalmente non appro va, poiche egli non pu6 ri- tirarsi. II giorno in cui un atto del Governo venisse fuori senza la firma del re, o senza la firma di un ministro, sarebbe mutata la forma di Governo ; si avrebbe il Governo assoluto o la repub- blica. Non c' e nel re risponsabilita morale ; quindi giuridica- inente e inviolabile l. >

Gl' interpret! adunque del diritto monarchico, ora in Italia vigente, i piu devoti servi della monarchia, coloro anzi che ne hanno guarentita la irresponsabilitd, colla loro propria respon- sabilitti di ministri, spiegando la forrnola del re costituzionale, che regna e non governa, escludono da lui persino la personality morale, in quanto e re, come le leggi la escludono dai dementi e dai bambini: arditezza che, fuori del Parlamento italiano, ignoriamo sia mai stata proferita, neppure in un Parlainento repubblicano, sul conto di un capo elettivo di repubblica.

Che piu? Marco Minghetti, accusato gia d' essere piu monar- chico del re, non ha esitato a stabilire la legittimita della monarchia sopra 1'unico fondamento del consenso popolare: « Mai, ha detto egli, un Governo potra dirsi legittimo, se non ha 1' assenso tacito od espresso del popolo che governa 2. »

Poste le quali cose, e lecito domandare se il maggior numero delle monarchie d' Europa, rassoiniglianti sottosopra la monarchia d' Italia, sia di monarchie reali o nominali ; ed in che propriamente consista quello che si avrebbe a salvare di esse, posto che una lega si formasse per salvarle. II quesito inerita grande ponderazione, giacche sovfesso riposa la possibilita pratica di questa lega.

III.

Vero e che non tutte le monarchic d'Europa sono strettament ? parlamentari o popolari, come I'ltalica. L'austriaca e la ger- manica, avvegnache costituzionali, non riconoscono per base o radice giuridica dell' esser loro il consenso dei sudditi : sono

« Ivi, pag. 183. hi.

ID

•ts et pctlil'Hs in balia di ministri responsa- bili, impost! loro dal Parlamento, che i suvrani s'abbiano a dire legalmente privi di morale responsabilita. La russa poi 6 tut- tora autocratica, e non vuole ancora saper ntilla di costituzione. Tutti e tro questi Inipori serbano per di piu in qualcbo credito un'aristocrazia, che alle monarchic giova di saldo riparo, contro le democratiche esorbitanze della borghesia, capituneggiante Id forze demagogiche dei loro Stati. Anzi pu6 dirsi che nella Russia domina 1* aristocrat a, poiche vi manca tuttora in sufficiente ani- piezza quella borghesia, che spadroneggia sovrana nei paesi retti a forme parlaraentari e, coll'appoggio dello strapotente giudaismo, si affatica a ghermire, neirAustria e nella Germania, la somina delle cose.

Ci6 non di meno sta sempre che dal costituzionalismo, co- mech& temperato, dell'Austria e della Germania, si e indotta una diminutio capitis nella sovranita, la quale, per virtu dei prin- cipio elettivo, riman vincolata; e pid si e venuta accostando al tipo delle sovranita nominali dei Governi parlamentari, che non a quello delle sovranita reali dei Governi alle moderne innova- zioni anteriori. E per ci6 che spetta alia Russia, 1'autocrazia vi £ ora cosl poco libera di s6, che non pu6 quasi muoversi, tanto e assediata dal nichilismo, che pretende ridurla a capitolare, concedendo uno statute che la trasformi.

Per lo che, niessa da banda 1'Inghilterra, che in questa ma- teria fa tipo da se, presentemente nell'Europa le monarchie si dividono in due gruppi, dei quali il primo comprende quelle cho di monarchico non hanno ritenuto altro piu che il nome, le ap- parenze e TereditA ; ed il secoudo quelle che inoltre mantengono viva una porzione di diritto regio, non naufragata nel pelago delle responsabilita ed irresponsabilita costituzionali, che sono la fictio inriSj per non dirla menzogna beffarda, in cui il parla- mentarismo sussiste.

Se non che, date questo differenze delle varie monarchie, nasce tosto una difficolta gravissima, per la conclusione di leghe, le quali vicendevolmente le stringano a tutelare, coll'esistenza del principio monarchico, !a conservazione dei loro troni. I sovrani delle une, avendo moto piu libero, possono facilmente trattare

HI U.N' ALLKANXA MONAHCIIICA

fra se negozii di alto conto, per mezzo del gran cancelliere, il quale dipende unicaraente dalla persona loro e non punto dalle Camere: i sovrani delle altre invece, dipendendo in tutto e per tutto dai ministri, e per quest! dalle Camere, nulla possono trat- tare con chi che sia, senza il coloro beneplacito; giacche (• colla responsabilita loro propria, ne coprono la irresponsabilita. Donde viene, da parte di queste monarchie, una perpetua insta- bilita negli affari, che si origina dalle mutazioni dei ministeri, a libito delle Camere; ed un pericolo di violazione dei segreti, pel troppo gran numero di gente che dev'esserne informata.

Senza ci6, il principio monarchico non ha un identico valore, tra le monarchie dei due diversi gruppi: per le monarchie par- lamentari, 6 salvo il principio, purche sia salva la forma, piu no- minale che reale, teste descritta: per le altre monarchie, si ricerca qualche cosa di piu. Or questa qualche cosa di piu, non solaraente importa poco, ma e contraria all'interesse dei ministri delle monar- chie parlamentari, i quali, per logica necessita, debbono mirare a tanto piu sottrarre di prerogative personali alle monarchie, quanto piu curano la integrita e purezza del parlamentarismo. Quindi & che un' alleanza monarchica fra i due gruppi avrebbe in se un che di contradditorio: perocche si risolverebbe in un mutuo im- pegno, di salvare in casa d'altri quello che non si vorrebbe in casa propria. Di fatto come mai le monarchie di Vienna, di Ber- lino e di Pietroburgo potrebbero aver per buono e solidamente monarchico il principio che sostiene, puta caso, la monarchia del Quirinale?

IV.

Ma, notatosi ci6 di passaggio, veniamo ad un altro capo. Tutte le monarchie d'Europa, eccetto la moscovita, si sono, qual piu qual meno, ammodernate; e questo ainmodernamento ha recata un' alterazione a quella formola per grazia di Dio, che dev'es- sere 1' espressione del sommo diritto, pel quale i monarchi eser- citano I'ufiicio loro. Questa formola suppone che sia riconosciuto il Per me reges regnant1, affermato da Dio solennemente; e che per conseguenza sia ammesso Iddio, qual capo supremo della societa.

Prov. VIII, 15.

IN

.tt» il lavoro della mod- rispetto all'ordine

sociale, tende ogni dl piu ad esautorare Dio nella societa ed a

•irarne il diritto fuori del raondo concreto, per iscristianizzarlo, ateizzarlo e condurlo ad un grado di abbrutimento, che il simil- DOQ si e visto mai nell'antichita pagana. £ tal e il finale in- ten to della massoneria, preparatrice ed operatrice, da un secolo in qua, di rivoluzioni che mirano sempre e da per tutto, con mec- canica uniformita, a quest' identico ed unico scopo: onde ha preso per s»\ in modo assoluto ed antonomastico, 1' appellative di

i (stone.

Chi pertanto non soggiorna nel limbo del bambini, ma abita nel nostro globo e ne respira 1' aria impregnata della nnova ci- ri/ttl, sa molto bene che questa rivoluzione non ha propria- mente 1'occhio all'una piu tosto che all'altra forma di Stato, ne al trionfo dell'uno piu tosto che dell' altro domma politico, ma all'abolizione di ogni autorita la quale non sia la sua, giusta il precetto del massonismo, che ha per vecchia impresa: Guerra a Dio, nei Papi e nei Re; espressa gia piu grossolanamente da queirarchimandrita della setta francese, che Iasci6 per te- stamento a'suoi: « doversi strangolare 1' ultimo dei re colle en- tra^ne dell' ultimo dei preti. > Qui veramente, e non in altro, e T arcane del simbolo massonico, verso cui si adopera la rivo- luzione con tutti gli sforzi suoi ; atterrare, ovunque e coraunque si puft, 1'altare ed il trono: vale a dire, couibattere Iddio, nella doppia sua manifestazione, di Signore delegante 1' autorita sua soprannaturale alia Chiesa di Cristo, e 1' autorita sua naturale ai poteri legittimi. Di modo che la rivoluzione non e altro in so- stanza, se non 1'odio a Dio, in quanto £ Signore supremo, Ego Do- minus \ e fonte di ogni autorita ordinata: Non est potestas nisi a Deo*-, ed in quanto sovra la terra viene rappresentato nei po- teri religiosi, domestici, civili, da s& istitniti, cosl neH'ambito della natura, come in quello della grazia.

Dal che viene per necessario conseguente, che la rivoluzione massonica debba odiare la viva iuimagine di Dio Signore, ovun- que splende; e massiinamente nei Papi e nei re, siccome in

' Num. X, Hi. .11, 1.

in I:N'ALLK\

quelli nei quali 1'autorita sua piu maestosamente sfolgora agli occhi degli uomini. II quale odio si ricopre bensi col nouie di liberty ma, nell'essere suo crudo e nudo, altro non e cho ril lione a Dio, per amore di empieta satanica e di licenza bestiale.

Godeste sono verita elementari, che nessuno ai di nostri ignorar dovrebbe, dopo tanta esperienza drrivoluzioni, le quali tutte sono incominciate col battere 1'autorita della Chiesa e dei principati, ossia 1'altare ed il trono, per poi finire nei disordini delle anarchie, o nella tirannide dei brigantaggi legali. Yarie sono le lie seguite per ottenere quest' effetto: dove si sono usati e si usano i ruderi dell'altare, per demolire il trono; e dove i ruderi del trono, per demolire 1'altaro. Ma Tuna e 1'altra de- molizione si & fatta, o si tenta di fare, giacche", senza Tuna e Paltra, la rivoluzione non e ne pu6 dirsi vittoriosa *.

Ora se le monarchic d' Europa si riguardano da questo lato, si scorgera tosto che in esse il cardine capitale dell'autorita d del tutto scalzato, o e in via di scalzarsi. Lasciamo in di- sparte quelle che, dominate dalla trionfante massoneria, hanno posta la base nell' arena della sovranita popolare, e conservano la formola per grazia di Dio, qual ricordo araldico di cio che furono. In queste il diritto di Dio non & quasi piu rico- nosciuto, stanteche, non gia le persone dei principi, bensl i loro Governi professano, poco meno che tutti, di non avere social- mente nessun Dio, e presumono di conservare 1' ordine pubblico con leggi atee, appoggiate, non al fulcro della coscienza, ma alia punta delle baionette.

Quelle invece che pretendono di durar ferme sopra il fonda- mento della natural grazia di Dio, autore ed ordinatore della

1 Questo arlicolo era gia sul punto d'essere tirato a stampa, quando 6 soprag- giunta 1'ammirabile Enciclica del S. P. Leone XIII a condannazione della Massonoria, che pubblichiamo in capo al presente quaderno, della quale 1' arlicolo nostro e per varii punti una specie di commentario. Possa la grande aulorita del documento pon- titlcio far pcrsuasi i leitori nostri dell' immenso pericolo al quale non la sola causa monarchica, ma quella altresi dell' ordine sociale si trovano esposie, per la possanza che alia satanica setta si e lasciaia pian pian prendcre fra le genii cristiane;e Taccia Dio che si cominci ad intendere, che tanto vale perse Pessere frammassone, quanlo nemici di Cristo e d' ogni vera civilta anche uniana.

IN

nmana - :;ibran<» r na. della

sovranitA po; qual puuto son esse? Pur troppo non lon-

tane di molto dulle altn-. \A rivoluzione gia le tiene circuite e ravvolte, piu o men larganiente, nelle sue spire; le costringe a far prevalere, nel diritto pubblico del loro Stati, principii di- strnttivi d'ogni regia autorita; le stiraola a battere in breccia i piu validi baluardi dell'ordine cristiano, colla persecuzione ore tacita ed ove aperta della Chiesa; e promuove nei loro popoli, con societa secrete e colla stampa, raanceppata al giu- daismo massonico, un tal soffio di demagogia socialistica che, se non sia frenato e represso a tempo, fara- crollare fuor di dubbio i loro troni.

Per questo verso non giova illudersi. La rivoluzione, che signoreggia da despota sopra le monarchie parlamentari senza grazia di Dio, comincia a predoininare altresl nelle costituzio- nali, che serbano ancora a questa grazia un certo che di culto.

La piu forte in apparenza e la piu resistente alle macchina- xioni demagogiche, si e creduto in questi nostri tempi essere la prnssiana, col suo nuovo Impero gerraanico. E non di meno, ai 22 del marzo scorso, il vecchio imperatore Guglielmo, ra- gionando coi president! del Reichstag tedesco e delle due Ca- mere, ebbe a dir loro con accento di lamentevoie solennita: * Xoi attraversiamo un periodo critico: certe tendenze non mi- rerebbero a niente meno, in ultima conseguenza, che al rove- sciamento della monarchia. Procurate adunque che ci6 finisca il meglio possibile. > Questo e il frutto genuino del famoso Knltnrknmpf, inventato dalla massoneria, col pretesto di con- solidare il novello Impero: e ben si vede ora quel che la massoneria intendesse finalinente con quel trovato.

V.

Poste le sopradescritte condizioni delle monarchie d'Europa, chiaro 6 che esse al presente son tutte, quali soggiogate dal despotismo massonico, che ne mantiene a stento il nome, per ragioni di sua convenient, e quali assoggettate ai suoi influssi,

t AU-KA.V/.V M

che le screJitano, lo snervano, le inceppano e ne apparecchiano la caduta. Com' 6 dunque possibile che questa occulta potenza sia mai per consentire alia formazione di una lega, avente per ter- mine il rafforzamento deU'autorita monarchica e la sua difesa ? Non si nega gia che i sovrani fra loro non pensino a questa lega e non la desiderino: si nega bensl, che, non ostante i disegni loro e il desiderio che n'hanno, riescano a buon effetto. Ora meno che mai i principi possono quei che vogliono, ancora in quegli Stati, nei quali paiono avere la mano alquanto libera e gagliarda.

Dae sommi interessi ha oggi la massoneria, arbitra della po- litica europea: la conservazione della pace, ossia dell'ordine nel disordine, e la rimozione di qualsiasi alleanza, che miri a debili- tarne le forze. Teme una guerra, per esserne troppo incerto 1'esito; ed abborre le alleanze monarchiche, per essere contrarie a'suoi intenti. Nella pace materiale essa gode ii suo primato, continua 1' opera sua corruttrice delle anime e demolitrice dei troni e degli altari, e prosegue francamente a fiaccare ogni vigore d'autorita divina ed umana nella coscienza dei popoli: nelle mutue gelosie e nelle diffidenze, che fomenta tra Stato e Stato monarchico, essa trova una guarentigia d'impunita, ed un mezzo sicuro di abbatterli pian piano tutti, 1' uno dopo 1'altro.

Ed ecco perche da molti anni, con tanti apparati bellicosi che costano milioni di milioni, e con tante ragioni di guerre che puilulano per tutto, sempre si viene a capo di eritarle, o di spegnerle appena accese, o d' iinpedire se non altro che diventino generali ; com'e accaduto nel 1859, nel 1866, nel 1870 e nel 1877. Non si fa questo per amore dell'umanita o del bene delle nazioni : si fa per timore che una guerra dei piu possenti Stati tra loro, non adduca la ruina dei fragili edifizii che vi ha eretti o sta erigendovi la rivoluzione; ed alloggiano ed inpin- guano gli eserciti, designati a dare un giorno T estremo acciacco alia socieU cristiana. fi codesta una pace politica, che il masso- nismo ordina alia guerra sociale. Similmente ecco perche, a dispetto delie triplici, quadruplici e quintuplici alleanze monar- chiche, delle quali ' tratto tratto si inena vainpo si strepitoso, la causa delle monarchic ogni dl piu perde vantaggio, e in

cambio suo IV jiiista la causa delle d«' piu sir

II rhe quanta sia vero, lo raoetrano i rigori ai quali son dovuti rrere grim peri d'Austria, di Russia e di Germania, contro le imprese micidiali e regicide del socialist!, dei nihilisti e degli anarchist!, che brnlirano nelle loro grandi rnetropoli e ne inf.stano, come a Pietroburgo, le stesse residenze imperiali.

II tempo di stringere leghe difensive del cost detto principio monarchic tra i sovrani e passato, e Dio non voglia, che, per questo scorcio di secolo, sia irreparabilmente passato. Ora e troppo tardi, perchd, nelle menti del volgo, questo principio non ha piu sufficiente valore di muovero e scaldare. L'occasione fu ancora opportuna, con grande probability di buon snccesso, nel 1860, quando il diritto inonarchico era vilipeso, violate e calpestato nell' Italia, dalla demagogia mascherata ton manto e corona reale. Forse allora si ebbe qualche velleita di procedere con braccio ferreo e Concorde ; e nel congresso tenutosi in Varsavia 1'autunno di quell' anno, se ne manifestarono i propositi: anzi si narr6 che uno dei sovrani raccoltivi, cavallerescamente sclamasse, di esser pronto ad avventurare il proprio trono, per salvare raltrui. Ma la setta, che aveva a codardo e fnrbo struraento il Bonaparte, scompigli6 si bene, colle sue mani, le fila di ogni accordo, che non se ne fece altro; e conseguentemente si lasci& che il principio monarchico perisse nella Penisola, fra le vio- lenze, i tradimenti e le massoniche ipocrisie. Allora fu intonato con gioia, dalle orde dei nuovi barbari, il cantico giacobinesco: Les rots s'en vont, che dieci anni dopo echeggio alle orecchie del Bonaparte, preso come uno sciacallo al laccio di Sedan ; e non cessa di risonare minaccioso da Brusselle a Mosca, dal Quirinale air Escuriale.

rll programma della massoneria (si noti bene, della masso- neria, e non gifc della societa Internationale o dei comunisti ed anarchici) quale fu appro vato e decretato nell' assemblea ge- nerate delle logge francesi 1* 11 giugno 1879, e lucido ed espli- citissimo. < Scristianizzare con tntti i mezzi, ma sopra tutto strangolando il cattolicismo a poco a poco > ; ecco la demolizione degli ulUri. Poi viene la demolizione dei troni in Europa: < il inovimento si fara contro il nord, perche sono cola i sovrani

DI I-N'ALLK\ MICHICA

piil solidi, avendo essi forti istituzioni inilitari. Si faranno ogni anno e da per tutto tentativi di regicidio. In Italia verra presto la repubblica, e non monta darsene pensiero. Al fine, fra otto anni, se i re non saranno tutti spariti, le monarchic almeno saranno dirainuite *. > Per tal modo, in quella che si ciancia e si scribacchia di leghe monarchiche, la raassoneria ringagliardisce il suo feroce canto: Les rois s'en vont.

VI.

II colpo piil mortale pero vibrato alia causa monarchica in Europa, fu quello che si Iasci6 dare nel 1870 agli ultimi avanzi della sovranita del Papa in Roma, da una monarchia che sper6 di salvare e rafforzare s& stessa, facendo sbalzar in aria, colle granate e colle palle*dei cannoni, la pietra sopra cui ogni diritto monarchico riposa. Questa monarchia porta ora il funesto peso delle conseguenze di un tanto fallo, e si vede, senz'alcun pos- sibile rimedio, sgretolare il trono, che finora e servito di fievol riparo alia piu astuta delle demogogie. Ma non e sola a portare il tristissimo peso. Con essa lo portano le altre, che furono com- plici dell'alto fatto, o consenzienti: ed i regicidi di Russia e di G-ermania gia ne diedero da assaggiare i sanguinosi frutti ad Alessandro II, macellato in una pubblica via di Pietroburgo, ed a Guglielmo, archibugiato dal Nobiling in un'altra di Berlino. Quelle bonibe micidiali e quel piombo erano virtualmente nelle bombe e nel piombo, che si lasciarono scagliar contro il piu au- gusto del troni e contro la piu veneranda delle maesta, ii trono del Vicario di Cristo, la inaesta di Pio IX.

Parecchi anni prima era stato pronosticato da Giuseppe Maz- zini, che 1' esautoramento del Papa nella sua Roma era inter- detto a qualsiasi monarchia, che non avesse voluto esautorare a un tratto e s& stessa ed il Papa. No, niun potere regio, scriveva quel patriarca di demagoghi, osera detronare il Pontefice nella sua sede, o se 1' osera, insieme col Pontefice, detronera s6 e fara traballare tutti i troni. Imperocche, sono sue parole, un re non potrebbe costituirsi carnefice del principio, in virtu del quale

1 Veggasi il bel volume di Monsignor FAVA, Vescovo di Grenoble, Le secret <\r, la frammofonnerie.

•ia; e, catluto il trono papale, domnno cade tutte le monarchie delta societa cristiana.

In effetto si nota dai pubblicisti piu sagaci e dagli scrittori di storia contemporanea, che gianmuii la guerra all'autorita sociale DOQ si 6 fatta, con tanto incretnento di anarchia negli spirit! , come nei quattordici anni susseguenti all'impresa sardomasso- i contro Roma. Ed il fatto 6 cosl lampante, che non si pu6 non vedero da chi ha gli occhi in capo per vedere.

Poco fa leggevamo in uno di quei giornali, che hanno applau- dite tutte le scelleratezze commessesi in Italia, dal 1359 sino ad ora, e non hanno avute mai frasi che bastassero ad incielare il trionfo della massoneria italiana sopra tutti i diritti del Papa e della Chiesa, in uno di qnei giornali che si gloriano di sostenere il trono sabaudo nel Quirinale, colle schegge* del trono pontificio, spe/zato nel Yaticano, leggevamo un fiero lamento della insana- bile malattia, provenuta dai tanti leni che la rivoluzione ha re- cati all' Italia ed alia monarchia sua, cio£ dire il dispregio delle autorita. Piangendo a calde lagrime: « Esautorare e distrug- gere, sclamava, ecco il programma: esautorare tutti i galantuo- roini ; distruggere nella coscienza pubblica tutti i rappresentanti dell'ordine sociale... E il prodromo dell' indulgenza plenaria, del giubbileo dei manigoldi. Queste dottrine conducono alia ruina le societa latine. L' Italia non si salvera, se non si cureranno con mano forte i sintomi della malattia rivoluzionaria, che in essa si palesano !. >

Ma come salvare 1' Italia rivoluzionaria dalla tube che si porta nel sangue e nelle viscere ab origint? E come salvare qualsi- voglia altra autorita umana, postoch^ si consente che resti sempre esautorato e distrutto nel Papa il principio generative e confor- tativo d'ogni morale autorita? La guerra a Dio nei Papi e Be prosegue il suo corso e, se Dio non interviene per vie inopi- nate, non solamente si vedranno esautorati tutti i re, ma con loro tutti i galantuomini; poichd ben & povero di spirito chi non intende, che \\giulbileo dei manigoldi e T ultimo corollario della guerra a Z)j'o, nei Papi e nei Re.

1 //' 'i mione, num. dt-i 2 aprile 1884.

DI I'.V ALLKANZA MO.NARCHICA IN F.II'.OPA

VII.

Tal £ pertanto il cumolo delle ragioni, per le quali vani ci sembrano gli spauracchi di un' alleanza monarchica, raffrenatrice della licenza anarchica in Europa. Finchd le cose durano ad essere quali dal 1870 in qua sono, i demagoghi, a qualunque gradazione settaria appartengano, sotto 1'ombra tutelatrice del- 1'alta massoneria, posson dormire tranquillamente col capo su doppio origliere; ne le leggi repressive dei nichilisti in Russia; ne quelle che si son messe in vigore nell' Austria ; ne quelle che si e" risoluto di rinnovare in Germania contro i socialisti; ne lo stringimento dei freni, immaginato dal Depretis, tra il fumo dei bicchieri spunteggianti nel banchetto di Stradella; ne i congegni di equilibrio ideati -dal Canovas in Madrid, debbono turbare i lor sonni, o intorbidare le rosee speranze, di che pascono gli animi loro per 1'awenire. Quanto sanno figurarsi di lieto e giocondo, tutto verosimilmente gusteranno, se campano, gran merce del petrolic, della mannaia, della dinamite e delle altre gentilezze che preparano, per dare degno coronamento alia civiltd, senza e contro la Chiesa, senza e contro Cristo, senza e contro il decalogo di Dio. Tutto va per loro a seconda, il vento spira loro in poppa.

Quindi finche le monarchie non metton mano a ricollocare in Italia al suo posto la pietra angolare d'ogni regio potere, che e il sacro diritto del romano Pontefice; e finche non si studiano di far riconoscere, sopra le loro corone, per sovrano Signore e Re dei re, il Dio creatore e redentore del genere umano; e finch&, in conclusione, scioltesi dalle catene massonico-giudaiche, non tornano ai due grandi principii di giustizia politica naturale e cristiana, a quello dell' Unicuique suum ed a quello del Eeddite Deo quae sunt Dei ', non si diano a credere possibile il salvarsi. Non vi e potenza di leghe, di eserciti, di miliardi e di diplomazia, che valga a tener luogo di quella grazia di Dio, per la quale unicamente i re possono regnare sopra i popoli ; grazia che per fermo non ha coinpensi nei Kulturkampf, o nelle brecce di nes- suna specie.

« Luc. XX, 25.

DEL COMP08TO ONTOLOGICO

E DELI.A HKV1.K I)!>TIN/IONE

L'ESSENZA i: i:i:ssERE cm-: vi- IN or.Ni CKEATURA

I.

'In che richiedesi per avere ilcomposto; cinque illazioni ; si divide in mentale e reale ; la distinzione incompatibile colla identity tra i distinti; attributi dicini; Trinita; fal- sit a delta sentenza che alia distinzione reale si ricerchi la dirisibilitd e la possibi/e continuazione nella esistenza delle parti; non ogni reale ha propria esistenza; non v'$ affatto altra distinzione oltre le due indicate.

Dio solo e semplice, ogni creatura e essenzialmente composta. Percho mai? La ragione di questo principio universalissimo sta in cio, che il cornposto e essenzialmente finite: e percid 1' infinite non pufc essere composto ed esso conseguentemente deve essere semplice. Ma qui e mestieri filosofare sopra la natura dello stesso composto. La pluralita o la moltiplicita non basta ad avere la ragione del composto: oltre qnesta si richiede 1'unione dei pi>' componenti a cosiituire quell' uno che dicesi composto. Cosl per esempio 1'anima e la materia non costituiscono sempre il com- posto; per ottenerlo e mestieri che si faccia tale unione dei due, che ne risulti 1'uomo, il quale e Tente uno, coraposto. Da ci6 si vede: che i componenti debbono precedere o in ragione di tempo, od almeno con priorita di natura, il composto, perche dalla loro unione questo debbe risultare; che i coraponenti sono causa, per se, rimota del composto: la loro unione ed essi stessi in quanto si uniscono ne sono causa prossima; che la perfezione del composto deriva dalla perfezione dei componenti ; che il coraposto e essenzialraente contingente, appunto perche

Serie XII. r,./. VI. ftuc. 813

306 DI'L COMPOSTO ONTOLOGICO E DELLA REAL!: WST1.NZIONE

non ha in se stesso la sufficiente ragione del suo essere, ma 1'ha nei componenti; che la perfezione stessa e" essenzialmente finita, essendo il composto un essere contingente e non a se, doe ne« cessario.

Se non che il composto pu6 dividers! in composto reale, e in composto mentale o secundum rationem. In quello le parti reali concorrono realmente alia costituzione del tutto reale ; in questo non 6 cosl, ma ci6 che non ha parti in se stesso viene concepito con varii concetti, i quali concorrono a formare un pieno con- cetto. Nei composto reale non ci pu6 essere identita tra i concetti coi quali si concepiscono le parti e il tutto, e di piu non ci pu6 essere identita nelle cose concepite. Quindi non solo il concetto dell'anima non e quello del corpo o dell'uomo; ma 1'anima non d T uomo ; n& e il corpo : in questo caso concetti diversi vanno a riferirsi in diversi termini reali. Per contrario del composto mentale vuolsi dire, che non c'e identita nei concetti, sebbene la ci sia nelle cose concepite, prese nella loro realta. Cosl noi concepiaino in Dio composizione d' infinita sapienza ed' infinita bonta ecc...Ne possiamo dire che il nostro concetto della sapienza infinita sia il concetto della infinita bonta, ma possiamo e dob- biamo dire che la cosa concepita col primo concetto e la identica cosa concepita col secondo; doe che eutrambi i concetti vanno a riferirsi allo stesso termine : ed anzi che la cosa concepita col solo concetto della sapienza, o col solo concetto della bonta infinita, 6 identica a quella che e concepita col concetto mentale del tutto, doe" di Dio.

Da ci6 si vede che nei composto reale le parti reali debbonsi realmente distinguere tra loro ; e nei composto mentale coteste parti non si possono distinguere realmente tra loro; ma solo mentalmente. Appunto perche nei primo non ci pu6 essere identita reale tra esse ; e la ci deve essere nella realta (cui vanno a rife- rirsi i concetti) nei secondo. Quindi c'e reale distinzione tra 1'anima e il corpo; non c'e" reale distinzione tra la sapienza divina e la divina bonta. Ma la distinzione reale di ci6 che v'e in un essere non mostra che questo sia realmente composto, sebbene quello ch'e realraente composto richieda quella distinzione. Cosl in Dio v* e il Padre, il Verbo, lo Spirito Santo. Queste tre persone non

ro im tutt". Imp-To cos\

cone •-», non ci sarebbe identita tra ciascuna persona e Dio,

^i deve ammettere che il Padre ft Dio; il Verbo ft Dio; lo Spirito Santo ft Dio. Percfo tra la persona e 1'essenza non v'ft distinzione reale, ma solo inentale, benchft siavi reale distinzione tra ciascuna delle tre persone e 1'altre. Laqnale reale distinzioue comechd impedisca 1' identitfc tra loro in quanto persone, non to- glie la loro identitu con la divina essenza, da cui realmente non si distinguono. Qtrindi deriva quella che da teologi ft detta circumin- sessione, grecameute r.iviy^wus, espressa nelle parole di Cristo: Ego in Poire et Pater in me est Ego et Pater unum suntus.

Dalle cose fin qui discorse ben si vede che il carattere essen- ziale del composto reale ft la mancanza d' identita (la quale viene espressa col verbo £ in una proposizione afferraativa) di una parte con 1'altra e di ciascuna parte col tutto. Da questa man- canza d'identita segue logicamente la reale distinzione delle parti. Ma qui coloro che non vanno a fondo inciampano in varii errori, i quali a primo aspetto paiono di poca rilevanza, ma in realta sono gravi. Vi ft chi ad avere un composto reale e reale distinzione delle parti, richiede la divisibility delle inedesime. Altri viiole che dopo la loro divisione, o natunilmente, od almeno per miracolo, possano esse continuare la loro esistenza. Se questo non si possa avverare, traggono, come conseguenza, che dunque non ci ft distinzione reale, e pert non c'ft composto reale. Se non che cosifatte sentenze non hanno fondamento di verita.

Come dicevamo testft, le divine persone sono tra loro real- mente distinte, e possiamo percift e dobbiamo dire che sono tre; n& ci 6 lecito 1'affermare che il Padre e il Verbo, o che il Verbo £ lo Spirito Santo. Ma quale assurdo sarebbe e teologico e filosofico il dire che il Padre 6 divisibile dal Verbo, o che il Verbo 6 divi- sibile dallo Spirito Santo! Adunque c'6 distinzione reale senza ibilita nei distinti.

N6 punto ft vera la sentenza di chi dice che per la distinzione reale delle parti si richiegga ch'esse debbano esistere, od almeno che possano esistere da per s$, fatta la separazione. Se non che ft mestieri che questo punto sia chiarito con tutta evidenza, cotal-

.'{(IS DEL COMPOSTO ONTOLOGICO E DELLA HEALE D1STINZIONE

ch& il lettore no sia convinto : perche intorno ad esso anchc gravi filosofi sbagliarono.

Quaado non c'e distinzione reale, v'e reale identita ; e percio* nella realta tutto ci6 che e attribuito ad una cosa, devesi attri- buire ad un'altra, la quale dalla priraa non distinguesi realme: Cio posto chiediarao: allorche 1'intelletto intende, si muta? Si muta o non si muta il senso di un cane, quando colpito dal ba- stone sente dolore e guaisce? Si muta 1'uomo quando, essendo da prima in quiete, si determina a correre? fi manifesto che qui v'e mutazione. Ma ripigliamo: e questa mutazione reale, cio£ nelle cose stesse, o 6 una mutazione soltanto da noi concepita, ossia pu- ramente mentale? Ridevole cosasarebbe Paffermare quest'ultimo. Come ii corso e reale; come 6 reale il dolore del cane; come la cognizione acquisita e reale: e il corso, e il dolore, e la cogni- zione non c'erano prima e poi in realta ci sono; cosl coteste mutazioni sono veramente reali. Ci6 posto, possiamo noi dire ri- guardo all'ordine della realta: 1'intelletto e la cognizione? ii cane 6 il dolore? 1'uomo e il corso? Se questo si potesse dire, poichd in ragione di tempo, prima esiste 1' intelletto e poi esso acquista la cognizione; prima c'e il cane e poi sente il dolore: prinia c'e 1'uomo e poi corre; si dovrebbe conseguentemente dire (in virtu dell' identita supposta nelle dette proposizioni) che T in- telletto ha cognizione prima di averla : che il cane ha il dolore prima di sentirlo: che 1'uomo corre prima di correre. E questa violazione aperta del principio di contradizione. Inoltre si soster- rebbe 1' identita tra causa ed effetto, cioe tra causa e non causa : perch& la cognizione dall' intelletto, il dolore dal senziente, il corso da chi corre procedono ; e cosl ancora ne apparirebbe violato il principio di contradizione. E questa violazione pur si vedrebbe in ci6 che verrebbe affermata la identita tra la sostanza e 1' ac- cidente, cio6 tra sostanza e non sostanza: mercecche 1'anima che pensa e sostanza : sostanza il cane : sostanza 1' uomo : ed ac- cidenti sono la cognizione, ii dolore e il corso. Adunque esclusa la prefata identita, e assolutamente necessario 1'affermare che neli'ordine della realta 1'uno non e 1'altro, e per6 vi e distin- zione reale tra 1'intelletto e la sua cognizione, tra il cane e il suo dolore; tra 1' uomo e il suo corso. Ma di grazia chi mai pu6

ohe la r .", il dolore, il corso pos-

sono separarsi dall' intolletto, dal cane, dairuomo per guisa che quolli possano la per se, senza i loro principii da cui

'tmcnte procedono? Questo vitale procedimento e essenziale alia loro esistenza, e pero e impossibile ch'esistano senza i loro yitali principii. Accertatamente abbiamo dunque cose tra le quali y'e distinzione reale e divisibility perchfc una di esse pu6 esi- stero senza 1'altra; comeche 1'altra non possa esistere indipen- dente per se stessa. Puo esistere 1' intelletto senza un suo verbo, il cane senza il dolore che riceve per la percossa: 1'uomo senza quel corso; ma non il verbo senza intelletto : non il dolore del cane sen/a questo: non il corso senza chi corre.

Allorche una cosa ha esistenza propria, pu6 esistere da per se. Quando quella non puo esistere da per se, non avra esi- stenza propria; e in questo caso per esistere dovra essere de- terminata alia esistenza da altro, col quale fara un composto. Percid il verbo mentale, il dolore, il corso qaantunque abbiano realta, tuttavia non si diranno avere esistenza propria, poiche sono determinati ad esistere coi loro principii o cause, con le quali formano un tutto. E in questo senso la materia prima, secondo la dottrina di san Tommaso, non ha esistenza propria ne propria attualita. Imperocche nessun ente pu6 esistere se non e sotto un genere deteruiinato e costituito in una specie, cioe se non e determinata la sua quiddita; ma di per se la materia prima non ha determinata quiddita; e viene determinata in un genere ed in una specie dalla forma sostanziale. Dal che vedesi che chi dall' affermarsi che la materia prima non ha propria esistenza e propria attualita vuol dedurre ch'essa adunque e nulln, miscet quadrata rotundis, ne penetra la significazione delle parole.

Fin qui noi non abbiamo parlato che di due generi di com- posti e di due generi di distinzioni: cioe di composto reale e di composto mentale: e di distinzione reale e di distinzione mentale o di ragione. Eppure tante dai filosofi vengono indicate distinzioni fra loro diverse, e tanti diversi composti! Sta bene: ma invitiamo il nostro lettore ad opporci una distinzione che non sia ne reale no di ragione; od un composto che non sia

310 DEL COMPOSTO OMOLOGICO E DELLA HEALE

inentale n& reale. £ impossibile che li ritrovi; perche la disgiunzione e perfetta essendovi tra i due membri vera con- tradizione. O.non d fuori della mente o e fuori della mente; se non e fuori della mente, e mentale o di ragione : se 6 fuori, e reale. fi chiaro poi che sebbene possa essere nella mente e non fuori, non pu6 essere fuori senza essere nella mente; per- che il meno d nel piu e il piu non e nel meno: ed e piu essere distinto realmente, meno solo mentalinente; per6 se si pu6 fare distinzione tra concetti che si terminano alia cosa identica, con tanto maggiore ragione la si dovra fare tra concetti che si terminano a cose realmente distinte.

Se al vero ci apponiamo le cose fin qui discorse rifulgono di tanta chiarezza che ognuno dovrebbe tenerle indubitataraente per vere. Eppure moltissimi filosofi le confondono per modo che nella nostra principale questione della distinzione tra la essenza e 1' essere e della conseguente essenziale composizione di ogni creatura, errano incerti.

II.

Onde nasca la difficoltd di spiegare il concetto dell' essere; signified I' atto non I' essenza; Ente significa entramli; ma I' essenza transcendentalmente ; corpo, uomo espriniono r atto con la essenza generica o specifica; ente $ un com- posto ontologico di potenza e di atto; altro e composfo logico ; altro fisico ; la composizione ontologica reale e la prima e dalle altre composizioni e presupposta.

La e cosa assai malagevole dare spiegazione di quelle parole che significano i primi universali e piu semplici concetti della nostra mente, i quali hanno la inasshna estensione rispetto agli oggetti cui si riferiscono, e la minima comprensione riguardo alle note che degli stessi oggetti esprimono. Quando si tratta di ci6 che sta sotto una determinata specie non e gran cosa darne la definizione per genus proximum et differentlam ulti- mam; ma quando si tratta di un transcendentale che da nes- suna specie o genere e contenuto, ma tutte le trascende, la bisogna e ben differente. Non accade ci6 perche que' concetti

'•'• I I

sieno oscuri; tutt'al contrario: gli e perche sono troppo chi.iri, n& per rhrhiiirurli si possono addurre concetti piu chiari di essi. Tal e il concetto dell'essere.

Infutti non c'o uomo al mondo che ben non sappia che cosa voglia din- <->vro, mercecchd questo 6 racchiuso in tutti i nostri concetti. Che se vogliamo riflettere sopra noi stessi che cosa con esso vogliamo indicate, troveremo che vogliamo significare ci6 che risponde al verbo 2 non solo se si tratti di cosa ora esistente, ma eziandio se di esistenza passata, oppure di futura. Infatti se diciamo fu oppuro sard, vogliamo accennare all't5 che si pote" a quella cosa riferire in passato, o si dovra riferiro in futuro; comeche l'£ ora non si possa a lei riferire.

Se non che e ha una significazione cosl semplice che nulla pin. £ di vero non e proprio di veruna cosa ne in quanto essa e singulare, ne in quanto appartiene ad una specie o ad un genere. Se cift non fosse non si potrebbe egualmente a tutte le cose di tutti i generi e di tutte le specie applicare. Infatti se si- gnificasse sostanza, non si potrebbe applicare agli accidenti e viceversa: eppure diciamo quel colore e, quell' uomo e". Laonde si deve dire, che e indica la sola attualita di ogni cosa pre- scindendo da ci6 ch'e la cosa stessa (dal quod quid est rei), ossia dalla sua quiddita ed essenza. Come le parole T uomo $ indicano do che risponde allV' piii la deterininazione della es- senza dell'tiomo, e quindi sono applicabili a tutti gl'individui e razze del genere uinano: come le parole V animate it, sono riferibili a ci6 ch'e significato dair^ piu la determinazione della essenza deH'animale; cosl il solo e si riferisce alia sola attualita di ci6 a cui accenna, prescindendo affatto da qualunque determinazione di essenza.

Ma e egli mai possibile che possa solo di per s& esistere il termine reale a cui si riferisce il verbo £? Non e possibile perche in tale ipotesi ci sarebbe cosa che non apparterrebbe a veruna specie a verun genere, non avendo nessuna essenza. Affineha 1'i si riferisca ad un termine bisogna che vi si ag- giiiDga un altro elemento oltre 1'attuazione che naturalmente significa. Tale elemento e la essenza: ma cotesto pu6 essere designato transcendentalmente, ovvero genericamente o specifi-

'M'2 DEL COMPOSTO ONTOLOCICO E DELLA HEALE DISTINZIONE

caraente. Nel primo caso viene designata 1'essenza senza veruna di queste determinazioni : nel secondo viene indicata la essenza da alcima di queste determinazioni ristretta. La parola che tspriine 1'attuazione della essenza nella prima maniera e ente, ens: quella che la significa nella seconda maniera e corpo, doe sostanza materiale; uomo, cioe animale razionale, ecc.

Dalla quale considerazione viene che il concetto dell' ente e un concetto composto. Come amante, intelligente indicano un soggetto il quale non & tutto 1' atto amare (il quale con grande sapienza dicesi grainmaticamente infinite) ma ne partecipa; e un soggetto che non e 1'atto infinito espresso nell' intendere, ma ne ha una partecipazione: cosl ente non indica 1'infinita attualita, ma un soggetto che ha una partecipazione della me- desima. Ora il soggetto, per ci6 stesso che riceve od ha un atto deli' essere, ha la ragione di potenza che dall'atto viene deter- minata o trascendentalmente o genericamente e specificamente. Adunqne Ve indica ii solo atto primo (per6 hen dicesi il verbo e sostantivo, perchd d il primo che substat a tutti gli atti e in tutti gli altri e supposto o sottoposto)', la parola essenza indica la sola potenza prima: la parola ens accenna a questa prima potenza congiunta con 1'atto primo. Per la qual cosa sovrana- mente filosofica e" la dottrina dell'Aquinate, il quale definisce 1'essenza, cuius actus est esse.

Or vedesi la hella significazione del vetusto assioma ammesso in tutte le scuole che potentia et actus dividunt ens. Non vuol dire che sotto 1' ens transcendentale vi sieno due categorie, ad una delle quali appartenga la potenza, all'altra 1'atto. Ma vuol dire che ogni ente ha in se questa divisione che da noi e detta distinzione reale. Quindi V ens transcendentalmente preso ha in s& la potenza, doe" 1'essenza transcendentalmente pur presa e 1' essere. Ciascun genere in ognuna delle dieci categorie e ciascuna specie ha pur in se questi due elementi nei quali ogni ente e diviso: per esempio 1'aniinale, che & ente, ha in s& la potenza, cioe la essenza, Venimalita, e 1' essere ond'e essa attuata, e cosi dicasi d'ogni cosa.

Chi non vede pertanto che in ci6 che nella realtci risponde al concetto di ente e da questa parola e significato, vi e uua vera

», qualV- qu«-lla di {lott-nza o di atto? E con qual cbiamcremo cotesta composi/iono?

deteniiinare questo nome convenientomente, si noli che udo noi elite in tre termini appuntiaino implicitamento il nostro intelletto. II primo e 1'atto dell'essere, significato dal verbo di tempo presente e: il secondo e \* essenza transcend* n- talmente designata: il terzo e Tunione di entrambi, o meglio il tattoo il coinposto. Nel solo atto di essere non c'e compo- sizione: non c'e nell' essenza transcendentalmente presa: c'd nel tutto ciod nQ\\'ente: per6 questa coraposizione tra 1'essenza e 1'essere convenientemente si dira ontologica. Appunto perche ogni cosa esistente nella sua realta d ente, bisognera confessare cbe in ogni cosa v'& cotesta composizione ontologica. Non e questa sola composizione mentalo, che stia soltanto nei concetti ; ma o nella realta: perchd nella realta c'd Tessenza c'6 1'atto di essere, e ci sono tutti due uniti assieme, e mm possiamo dire che 1'essenza e 1'atto di essere; nd che quella sola, oppure questo solo, sia tutto Tente. Escludiamo quindi la identita reale tra una parte e 1'altra, tra ciascuna parte e il tutto ente, la quale devo sempre ritrovarsi quando la composizione £ di sola ragione.

Ne bisogna confondere il composto ontologico, col composto logico, e col composto fisico. Imperocch6 ogni ente, perche ente, e un composto ontologico di essenza e di essere. Ma oltre la composizione ontologica cui va soggetto 1'ente, v'e la compo- sizione che riguarda la essenza che n'e un suo elemento. II trascendentale indicate colla sola parola essenza, certamente non 6 composto; ma il generico o lo specifico, indicate con la pa- rola che significa una determinata essenza, per esempio uma- nita, non si pu5 dire egualmente semplice. Di vero, questa essenza costituisce 1'ente uomo; e Tuoino e animal rationale. Percio nella sua essenza c' e la essenza di sostanza, di vivente, di senziente, di intelligento. Quindi nell'uomo oltre la compo- si/ione ontologica, ve ne sara un'altra che riguarda, non il tutto ch'e costituito dalla essenza e dall1 essere, ma la sola essenza. Come la chiameremo? reale? di sola ragione? Se fosse reale, seguendo il nostro principio, non si potrebbe con verita afferinare la reale identita tra le parti della stessa essenza; ne

314 DEL COMPOSTO ONTOLOGICO E DELLA. REALE DISTI.NZIONE

1' identiU reale tra ciascuna parte della essenza e tutta essa. Quindi se la composizione che sta nella sola essenza fosse reale, non potremmo dire: 1'uomo e senziente; Tuomo $ vivente, per- che in queste proposizioni si afferma 1' identita reale tra tutta 1' essenza dell'uomo e una parte della medesima essenza. Ma questo 6 assurdo. Pero non & questa una composizione reaie. Tuttavia, prescindiamo dali'uomo reale, ed anco perci6 dall' es- senza sua reale. Certamente nella nostra mente il concetto del sensibile astratto, non e quello del vegetante, non e quello del razionale. Imperocche se ci fosse questa identita non potrebbero mai trovarsi disgiunte quelle cose, cui si riferiscono gli stessi concetti: eppure la pianta e vegetante senza essere senziente, e ii bruto e senziente senza esser razionale. Adunque nei con- cetti non c' e quella identita tra le parti delia essenza umana, che v'e nell'uomo: per6 quantunque la composizione qui non si possa dire reale, si potra dire logica ; che sta cioe nel verbo (Xsysg) della mente soltanto: col quale apprendiamo distinta- mente sotto varii rispetti una cosa che in s& non ha distinzione reale, rispondente alia distinzione mentale.

Oltre questa distinzione logica ve n'e un'altra reale che con tutta ragione dicesi fisica o sostanziale. In questa non si con- siderano i gradi generici i quali concorrono insieme a formare Tente specifico: ma si considerano le parti di una stessa so- stanza presa nella sua realta. Lo spirito non e un tutto fisico che risulti da parti reali; 1'uomo si, perch& la sua sostanza & composta di anirna e di corpo, cioe di forma e di materia. Sotto questo rispetto abbiamo un vero composto reale, tra le cui parti manca la identita. La quale mancanza essenzialmente cagiona reale composizione e reale distinzione : perci6 1' anima non e il corpo, 1' anima sola o il corpo solo non e 1'uomo; cioe la forma sostanziale non e la materia da essa inforinata, ne il composto & quella, ovvero questo separatainente presi.

Adunque malamente altri farebbe, se negasse ad ogni ente, appunto perch& ente, ossia in quanto non 6 1' essere stesso sus- sistente, ma e 1' essenza che partecipa dell'atto di essere, quella composizione ontologica reale che dicevamo ; adducendo per mo- tivo che in esso in quanto ente, non c'6 la composizione fisica

TRA i

o la logica testd riferita. Questo non ci sono in lui, solo perche ente, ma vi 0 quella cho da esse e presupposta: ed essa d il ca- rattere esseuziale di ogni creatura, ciod di ogoi ente contingente.

III.

Si decide la questions: in orjni ente v'e distinzione reale tra i suoi due dementi, essenza ed essere, si prova dalla man- canza d' identita reale: dalla causa: dayli effetti.

Foste le quali cose viene di per se chiara la soluzione del ri- levantissimo quesito principale: so nei contingenti 1' essere si distingua realmente dalla essenza. E gia dimostrato che non ci puo essere altra distinzione fuori delle due ; di ragione, e reale. Che c'& sola distinzione di ragione, quando un concetto col quale si concepisce una cosa sotto un riguardo, non e T altro, col quale si concepisce 1'identica cosa sotto altro riguardo: ch'e reale distinzione quando non si pu6 affermare 1' identita tra le parti del composto; e tra ciascuna di esse e il composto stesso. Ma noi non possiamo dire che 1' essenza dell'ente e il suo essere: ne che ciascuna di queste due cose 6 T ente, perche 6 costituito da entrambe. Onde qui v' e quella distinzione reale, cui dicevamo ontologica, perche e tra gli elementi reali di ogni ente.

La quale distinzione reale che sta tra gli elementi dell'ente si fa aiicora manifesta ragguagliando Tente alle sue cause, e a' suoi effetti. Dio 6 la causa dell'ente: e la operazione di Dio ad extra e una. Tuttavolta con ragione consideriamo che Dio causa gli enti e con 1'intelletto e con la volonta. L' essere e effetto della volonta divina: questa 6 che produce quello che dal solo verbo e viene significato: essa determina ratio primo. Ma Tordine dei medesimi euti e la loro essenza proviene dall' intelletto divino, dalle idee archetipe, nelle quali, come nel precedente articolo abbiamo provato, stanno le essenze delle cose oggettivamente. Se tu calchi il sigillo nella cera, due cose devi considerare nell' ef- fetto: Tuna e" il basso riliero che si fa in essa: la seconda e

1' ordine con cui questo si fa. La prima e dovuta alia forza di

sione; 1'altra alia figura cho sta scolpita nel sigillo. Cosl

nell'atto creante devi considerare la potenza che da 1'atto primo

310 DKL COMI'OSTO ONTOLOGICO E DELLA REALE DISTIN/IO.NE

dell' essere; di piu 1'idea che insieme determina quest' atto in uua o in un'altra essenza. Delia distinzione che v'e nell'ente tra la essenza e 1'atto di essere uon diamo per ragione, che pro- cedono dalla volonti e dall'intelletto come da due principii real- mente distinti: ma dalla distinzione di ragione che v'e tra cotesti principii discendiarao alia distinzione reale che v'e tra loro principiati od effetti.

Che se riguardiamo 1'ente rispetto al suo operate, saremo condotti alia stessa illazione. Imperocche abbiamo che ogni ente e causa di different! effetti. D'onde precede cotesta diversita? Nell'ente causa: v'6 1' essenza, e questa essenza e diversa secondo la diversita degli enti. v'e 1'atto di essere, che risponde al verbo e: ed ove si prescinda dalla essenza, quest' atto e in tutti eguale. Dunque la diversita negli effetti vuolsi attribuire al principio diverso, ch'e 1' essenza, non al principio eguale ch'e 1'atto di essere. Tra questi due principii non ci pu6 essere pertanto identity. L' essenza dunque sebbene unita ontologica- inente con 1' essere, cioe unita a costituire Tente uno, non e identica con 1' essere stesso. II quale discorso possiaino ancor cosl presentarlo. Se 1' essere e identico con la essenza; poichfc quello (prescindendo da questa) e in tutti eguale; non v'e" sufficiente ragione che diversi sieno gli effetti dei varii enti.

IV.

La nostra sentenza e quella di san Tommaso ; Suoi concetti, il fiat creative che cosa significhi e come venga nella sua in- determinatezza ristretto e determinate dalle essenze; identi- ficate le essenze coll' essere si toglie la diversita e moltipli- cita delle cose; come, a cagione della reale distinzione, possa in un ente stare fissa la essenza mutandosi I' essere.

Irragionevole sarebbe il dubitare a quale sentenza si attenesse 1'Aquinate in questo proposito. Sia che riguardiarao la sua dot- trina nella Somma Teologica ! 1^ dove dimostra che in Dio 1* es- sere s'identifica con 1' essenza, cotalche non v'e distinzione reale tra quello e questa, e che se la ci fosse couverrebbe dire che

i, P. in, i.

REATURA

d create '; sia che riguardiamo la Somma contro ai gentili la dove con invitti argoraenti prova che la delta iden- tra I'essero e Tessenza noa si pu6 concedere ne agli An- geli ne a quale si voglia creatura; egli e chiaro che il santo dottore insegna quello che noi propugniamo : ne piu n& meno. itti egli sostiene che e assolntamente necessario ammettere n.'llo creature tutte una distinzione tra 1'essenza e 1'essere, ed una conseguente composizione tra queste due cose, quale non si pud amraettere in Dio. Se non che non ripugna affatto ammet- tere una distinzione di ragione tra 1'essenza e 1'essere divino: e una conseguente logica o mentale composizione. Dunque e me- stieri affermare che quella distinzione che 1' Aquinate vuole ri- conoscere nelle creature, non e di sola ragione ma e anco reale : e che reale in esse e la composizione che ne risulta.

Se noi volessiino svolgere gli argomenti dell'Angelico, per terminare questa questione non ci basterebbe il presente articolo: e noi non possiamo soverchiainente diffonderci. Ma ci sia almeno lecito sfiorarli alquanto, ritraendone qualche luminoso concetto. Egli in ci6 che, nella realta, corrisponde al verbo £ vede atto: nell'essenza vede potenza: e cosl dev'essere come abbiamo sopra diinostrato. Ma non e egli comune ad ogni potenza limitar 1'atto, definirlo entro ai proprii limiti? per certo. Inoltre, pu6 conce- pirsi atto che piu si estenda della potenza? Non mail Infatti perch6 mai 1'atto deila cognizione uinana non e perfetto come 1'atto dell' angelica cognizione ? appunto per ci6 che 1'intelletto umano e una potenza ben piu limitata della mente angelica. Questo e chiaro nella potenza attiva, proprio della quale e pro- durre 1'atto eke in sd stessa riceve: ma e altresl chiaro in ogni potenza passiva. La cera 6 potenza passiva; il sigillo imprime in essa un' imagine, e con Timpressione ricevuta la cera viene attuata a rappresentare Toggetto. Ma se essa e piu ristretta del sigillo, ricevera tittta 1' imagine? No! La potenza passiva poi pud ricevere una attuazione minore di quella che sarebbe capace di ricevere. Come una ccra in maggiore superficie potrebbe ricevere la iinpressione di un sigillo piu grande; cosl la materia prima inveco di essere attuata da una forma sostanziale inferiore, po-

318 DEL COMPOSTO ONTOLOGICO E DELLA REALE DISTIN/'

trebbe esserlo da una superiore, di guisa che quella materia ch'e futta acqua od erba, potrebbe essere fatta carne umana.

Trasportiamo ora il nostro pensiero all'atto creante. Facciamo 1'ipotesi che il creatore non dica: fiat lux ma dica soltanto fiat. -- Nella realta quale effetto avrebbesi? II fiat e impera- tive efficiente di quello che viene solo indicate dallVs^; cioe Vatto solo; V essere. Ma nel fiat, non c'e verun limite che lo restringa e determini : come pur vi & nella parola lux. Dunque se Dio non avesse altro detto che fiat: per effetto avremo, o tutto 1' essere, o nulla. Ma ci6 ripugna, perche 1' essere senza limiti e infinito, e uno, e Dio; ne Dio pu6 creare se stesso, in- volgendosi in ci6 aperta contradizione. II nulla poi ch'6 nega- zione dell' essere, non pu6 essere effetto di un cenno onnipotente che riguarda 1' essere stesso. Adunque \\fiat creatore dev' essere deterniinato, com'e neU'esempio recato fiat lux. Nelle quali parole P essere e" ristretto ad una essenza. E la luce esistette. Ma che vuol dire la parola exsistit? Est non e sinonimo ma dif- ferisce dall' exsistit : perche" exsistit indica unvenirfuori:in virtil della preposizione ex, la quale accenna ad un termine da cui la cosa procede. Nel caso nostro indica che Dio all' essenza della luce ch'era oggettivamente in se ab eterno, da 1'atto di essere col quale ha propria sussistenza fuori di se medesiino.

Da questo ben vedesi che 1'atto di essere il quale per se non e limitato, viene, in tal fatto, limitato dalla essenza della luce : mercecche dal verbo creatore fiat lux non esce che la sola luce. Questo dicasi di ogni cosa. Onde ben vedesi che non e 1' essere che lirnita o determina le essenze, ma sono le essenze che limi- tano 1' essere. E di vero; che altro sono 1' essenze delle cose, oggettivamente in Dio considerate, se non 1' essenza di Dio con- cepita variamente in varii limiti: e i reali creati che altro sono se non atti imperfetti fuori di Dio, che imitano 1'atto perfettissimo ch'e Dio stesso? Questa sublime dottrina ci e stata data da sant' Agostino e da san Tommaso e 1'abbiamo proposta nei pre- cedente articolo. Ma la limitazione di questi atti imperfetti di- pende appunto nelia realU da quel principio al quale corrisponde nella idealita la concepita limitazione della divina essenza. Cioe sono r essenze delle cose che limitano 1' essere nell'ordine reale,

ni'll'ordine oggettivo o ideale in Dio le stesse essen/-.' li- mitano idealim-nt'- 1'essere infinilo concepito dalla divina mente. la diii limiti nell'ordine ideale non resta che 1' unita dflT-'^ere ideale; perci6 tolte le essenze delle cose che cotesti limiti involgono, si toglie la diversita e la moltiplicita tra le cose. Quindi ben dice 1'Aquinate che se 1'essenze fossero 1'essere delle cose, appunto percifc che I'essere, per s$, non ha nd limiti n& diversita, le cose stesse non sarebbono ne molteplici n& di- verse. Pertanto alia distinzione swunilinn ratiunew che v'6 nel- Tordine oggettivo della divina mente tra ciascuna essenza e 1'essere divino, deve per necessita corrispondere la distinzione reale nella realta tra ciascuna essenza e I'essere onde la stessa essenza ha T esistenza.

Se noi applichiamo la dottrina dell' Aquinate esposta nei luo- ghi testd citati ad un'altra della mutabilita degli enti, ne pos- siarao trarre un nuovo argomento a confermare la tesi nostra. Gli spiriti od angeli sono sostanzialmente immutabili: cio§ la loro sostanza non diminuisce ne cresce. I corporei al contrario. Ora in questi ultimi possiamo vedere che mentre la essenza ri- mane la stessa, I'essere in cui si attua puo variare: ne ci6 po- trebbe accadere se tra quella e questo ci fosse identita. Irape- rocchfe in tal caso si dovrebbe dire dell'una quello che si dice dell'altro: n6 pill nd meno.

E di vero considera nn fanciullo. Ha egli la essenza di uomo? Senza dubbio. Questa essenza si muta forse col crescere degli anni? per nulla. Eppure 1'essere suo 6 cresciuto; perch6 nel- Teta adulta il vorbo e si riferisce a piti di essere che da prima non si riferiva. II riinanere dunque identica 1' essenza, nell'ac- crescimento dell' essere e segno palpabile che v' 6 tra loro reale distinzione. In che consiste Tessenza del circolo? Nel distare tutti i punti della circonferenza egiialmente dal centro. Ma questa essenza la troviamo attuata in tutti i circoli, iiualunque sia la loro graudezza. Se non che attenda bene il lettore che la mutazione del solo essere, il quale corrisponde al verb vuolsi considerare solo neljwV e nel meno: perch6 ogni altra diversita specifica non pu6 venire all' essere altronde che dalla ita essenza.

DEL COMPOSTO O.NTOLOGICO E DELLA REALE DISTINZIONE

Adunque & oggimai cosi chiarita la questione proposta che uomo di acuto ingegno sembraci non possa discrepare dalla sen- tenza di san Tommaso, perch& questa riesce evidente. Ma come mai si ritrovano filosofi che pur pensano altramente? Prima di rispondere a cotesta interrogazione e chiudere con la risposta il presente articolo ci permetta il lettore di fare una piccola di- gressione sull'analogia dell' ente, la quale da ci6 che abbi; detto riceve una bella spiegazione.

V.

Ente non e predicabile in senso univoco a Dio e alle creature; ente propriamente signified un composto ontologico reale ntl quale ciascuno deidue dementi (essenza: essere} si distingue realmente dall'altro e dal tutto ; in Dio V essenza s'identi- fica con I' essere; anche Test e anologo delle creature e di Dio ; del la sostanza e dell' accidente, per die do.

Molto si e discussa 1'analogia dell'ente, e quei che rettamente la pensano sostengono con 1'Aquinate che la parola ente non si attribuisce univocamente alle creature e a Dio. Tuttavolta confes- siarao di non trovare bene indicata 1' essenziale ed intima ragione di questa sentenza. Dicesi, perch6 1' attribuzione univoca richiede eguaglianza nell' essenze ; ed 6 giusto, ma non basta. Dicesi che tutte le specie intelligibili onde noi intendiamo, rappresentano la quiddita delle cose materiali, e che alle spiritual! con la nostra cognizione non ascendiamo che per analogie. Laonde non avendo noi la specie propria dell' esemplare ch'e Dio, ci diamo a conoscerlo mediante le specie delle sue imagini o similitudini, quali sono tutte le creature. Anche questo 6 vero; ma non da compiuta spiegazione, e lascia alcun che a desiderare. Perci6 preghiamo il lettore di richiainare alia inente quello che dice- vamo della composizione dell' ente. Dicevamo che 1' essenza, la quale & un elemento dell'ente, non ha identita con 1' essere, il quale 6 il secondo elemento : e dicevamo che entrambi cotesti elementi separatamente presi non hanno identita col tutto, ch'6 1'ente. Inoltre abbiamo fin qui dimostrato che 1'ente 6 un reale composto di cotesti due elementi, che sono suoi componenti; 1'uno,

TRA MTU

cio6 I' essenza, n 1'altro, d >>ere, attua 1'

i. Quindi quella ba ragione di potenza, questo di atto, come dice 1'Angi-! ' e*t '•> i* est esse (e malamente

alcuni dicono ens est cuius actus est esse, quasi Pente fosse potenza del suo stesso atto), per la bella ragione ch'ei di n-1- I'Opuscolo d< l-'.nf'- tt Es&entin: < Omne quod recipit aliquid ab alio est in potentia respectu illius, et hoc quod receptum est in eo est actns eius. »

Poste le qnali osservazioni discorriamo cosl. Se si dovesse at- tribuire a Dio ed alia creatura la parola ente nella stessa signi- ficazione uuivoca, sarebbe, seuza fallo, raestieri che come nell'ente creatnra ci sono i due elementi essenza ed essere realw> distinti a formar un reale composto, cosl ci fossero in Dio. Se non che ci6 6 assurdo, nd si pu6 concedere : perch& 1* essenza di Dio non 6 realmente distinta dall'essere suo; nfc con questo forma essa un reale composto: ess^nio Iddio semplicissimo, nft poten- dosi dire che la divina essenza ha T essere, ma dovendosi dire oh* essa 6 i' essere suo, od anche ch'6 lo stesso Dio. Adunque non si pu6 attriboire la parola ente a Dio e alle creature in significazione univoca. Analoga si : perch^ vi d analogia, •/• niyliama, tra distinzione reale e distinzione di ragion*' ; e per6 la distinzione r.'ule che 6 tra gli elementi dell' ente creato, ch'i' il primo da noi conosciuto, 6 analoga, per simiglianza, alia distinzione, secundum mtionem, che v'd tra I'essanza e 1* es- sere divino.

Pu6 darsi che qnalcheduno dei nostri lettori spinga oltre 1'acu- tezza del suo ingeguo e dica : Abbiate pur per concesso che ente e analogo se si attribuisce alle creature e a Dio, per la indi- cate ragione: ma IV soltanto non si pud attribuire univocamento a questo e a quelle? LV non significa un tutto, ma un eleiuento del medesimo tutto, e solo inlica C a'to. Rispondiamo che non M pu6 negare che IV sia il nome che piu conviene a Dio, e perci6 nell'articolo antecedente abbiamo detto che 6 il nome, ••iii di s6 stesso diede Dio a Mos^. Tuttavia quando si applica alle creature bisogna darlo in senso diverso; e qtielli che piu correttamente vogliono parlare, quando discorrono di Dio, dicono

Serie H1J. vol. Vl.fatc.HW 21 t r.'le 1884

DEL COMPOSTO O.NTnLOCICO E DELLA REALE DISTIN7IONB

e; e qnando delle creature, dicono estate. Perci& san Tommaso e i vecchi scolastici non mettevano mai la questions : Utrum l> exsistat: come, senza ben pesare la significazione delle parole, fanno i moderni, ma utrum Deus sit: non essendovi nel sit quella essenziale imperfezione ch'e significata dalla preposizione ex nel verbo exsistit. Imperocche" nell'est e significato 1'atto solo di essere: ma quando dicesi exsistit e" indicato ratio e accennato il principio onde deriva, esterno all'atto stesso. Ora 1' essere delle creature non e accidentalmente, ma essenzialmente creato: e un atto che non e, dopo la prima sua derivazione, indipen- dente, nia e in una derivazione continua, perche la conser- vazione e continuata creazione. Come il moto in nessun punto del suo corso e" quiete, ma e essenzialmente fluens; ne mai si pu6 dire stans, che sta; cosl 1'atto dell' essere delle creature e essenzialmente sempre derivante e perci6 a rigore di termini non mai est, ma sempre essenzialmente ex-sistit. Per questa ra- gione pertanto se si dice est di Dio e delle creature, non si puo dire in univoca significazione, bensl in analoga. Per simile ra- gione 1' exsistit che si applica alia sostanza, non si pu6 se non analogicamente applicare all' accidente, del quale solo propria- mente si puo dire che naturalmente inest o inexsistit} o inhaeret: colle quali parole viene indicato un atto assai piu intrinsecamente imperfetto di quello delle sostanze contingenti.

VL

Opposizioni; ire ragioni che ci mossero a sostituire alia parola esistenza quella dell' essere ; pregiudizii degli avversarii ; petizione di principio; altra cosa e essentia altra essentia exsistens; si con f onde la distinzione reale colla divisione; si scambia qualche indizio non comune della distinzione reale con la essenza della medesima; si ha per una cosa stessa I' accidente predicabile e il predicamentale ; e si ha in conto di nulla cid che da se non pub sussistere; sciol- gonsi questi pregiudizii.

Anzi tratto non possiamo dissimulare una obbiezione che na- turalmente ci sara fatta dai dotti in filosofia. Questi si meravi-

TRA L'ES- I UNA

aMiianio voluto i.flla pri-scnte <•

n modo non iiMUito nello scuole. lufatti voi, ci dirann<>, non avete proposta cosl la questione: se v'6 o non v'6 distinzione reule tra / •••ma; ina bensl tra C essenza e I

sen; e nel progresso della trattezione tutto il vostro discorso ebbe riguardo aUV&ere e non all'-- Cosl non fecero ri-

nomati scolastici. Risponliamo che ci6 6 verissimo. Ma questo non si fece da noi per amoro di novita o a caso, beusi per tre ration! che riputiamo non dispregibToli. La prima 6 1' autorita dell'Angelico Dottore ; il quale ogni qual volta tratto oi accenn6 a questa controrersia, parl6 sempre dell'essere e non inai della esistenza. Laonde, dicemmo tra noi, se cosl sempre fece il sa- pientissimo A|uinate, per certo dovette averne validissiuia ra- gione, e noi seguendolo non andremo certamuate per cattivo sentiero.

In secondo Inogo abbiamo osservato cbe presso gli scolastici questa controversia divenne veraraente un campo d' irosa batta- glia, appunto perch^ non si ba!6 alia gennana significazione dei termini ; ed ai termini adoperati dall'Aogelico Dottore, altri se ne Tollero sostituire, come al termine esse si sostitui quello di esi- stenxa. Per lo che noi credemmo tornar utile al nostro scopo ri- chiamarci a qnell'uso antico dei vocaboli col qnale le questioni si discioglievano con precisione e chiarezza. Pu6 essere che ci inganniamo, ma par ci sembra che la qnestione come qui fu per noi trattata, sia piti alia portata dei lettori e con maggiore evi- denza deftnita, che non lo sia state presso coloro che altri ter- mini adoperarono, oi altra signiticazione diedero ai meJesimi.

Inoltre se al vero ci apponiamo la parola esistenza la si pu6 prendere ad arbitrio per estere, ma per se e propriamente non significa 1'essere. Come scientia non 6 scire: neyliynfia non e rft subsistentia non 6 subsist ><tia non e esse: cosl

exsish-Htia non 6 exsistere e a piu forte ragione non e esse per- ch»\ e lo abbiam dimostrato, exsistere non 6 sinonimo di esse. Piti presto si potrebbe dire che come essentia ste ad esse, cosi exs, ste -ad exsistere. Nei qnal caso la parola <

in«Hcherebbe qnello che si dice rolgarmente la essenza degli esi- stenti: e la parola essenza indicherebbe la sola divina essenza:

DEL COMPOSTO ONTOLOGICO E DELLA REALE DISTIN/MNK

c!o& di qnello che propriamente non ex-sistit ma est. N6 occorre pi it intrattenerci in questa, che in realta e obbiezione da poco.

Molte e molte difficolta si fecero contro la sentenza di san Tom- maso, ch'e la nostra, ma tutte, a ben pesarle, non hanno un mi- niino valore: sono suggerite soltanto dalla confusione di concetti ; onde, senza addarsene, s'impigliarono uomini anche dotti in no- tevoli sofismi. L'Eminentissimo Cardinale Pecci reca di molte dif- ficolt& e le scioglie con rara chiarezza e profondita nel suo Com- mentario dell'Opuscolo di san Tommaso De Ente et Essentia : il l:ttore le pu6 vedere. Noi, senza iattura di tempo, recheremo i pregiudizii sopra i quali si fondano tutte le difficolta, e ne mo- streremo la insussistenza, cosl le difficolU stesse indirettamente saranno dileguate.

II primo pregiudizio e a moltissimi comune, ed e una specie di sofisma che si pu6 ridurre alia petizione di principio. Coloro che con alta sicumera dicono: « falluntur certissime, qui inter essentiam realem, et eius exsistentiam distinctionem invehunt realem>, accennando implicitamente a san Tommaso e ai suoi seguaci; veramente sbalestrano nel proporre in cotesta maniera la questione. SI, noi sosteniamo la distinzione reale tra 1'essere e la essenza reale, perch6 sebbene questa inchiuda anche 1'essere, nondimeno non e Tessere ne solo 1'essere. In tal caso non ammet- tiamo altra distinzione reale che 1'inadequata. Come infatti la esistenza che viene supposta pu6 distinguersi realmente da se medesima? Noi potremo affermare a tutta ragione che la potenza intellettiva creata si distingue realmente dal suo atto: ma non potremo, senza restrizione, dire che la potenza intellettiva col suo atto si distingue dal suo atto : perche il tutto non si distingue adequatamente da una sua parte, ma solo inadequatamente; non potendosi la parte stessa, ch'e nel tutto, distinguersi realmente da se medesitca. Onde tutti gli argomenti, che partono da cotesta falsa posizione, non hanno veruna forza dimostrativa.

II secondo pregiudizio e confondere la distinzione reale colla divisione reale. Accade qui ci6 che avviene nel falso concetto platonico dell'unione dell'anima col corpo: quando invece di supporre 1'anima quale forma informante che con la materia costituisce uua sostanza coinpiuta ed una natura, la si fa passare

•in forma assistrnte nl >< II nocchiero o motore

ion solo distinto n-alm-nt! dulla nave, ma e di?iso. C»si fin- gono che 1' essere vala sopra all'essenza come UQ mant-llo; /a capire che se cosi venisse aggiunto Tessera all'essenxa, qnesta dovrebbe gia preesistere a quell' essere, senza cui n <n pud venire considerata capace di ricevere cosa alcuna. L'essenza e 1'essere non sono due enti, che unisconsi a fonuare un com- posto fisico od un aggregate: ma sono i due principii od ele- nienti del couiposto ontologico, ch'e 1'ente. Preesiste in vero 1'essenza all'essere onJ'e costituita per seesistente; ma pree- siste in un essere obbiettivo nella divina mente, non in un essere reale: e senza questo non pud esistere fuori di Dio creatore. Che se nel composto fisico non si pu6 concedere alia materia propria esistenza indipendentemente dalla forma; come si p>tra nel composto ontologico dare all'esseuza proprio essere? & un assurdo.

II terzo pregiudizio e confondere alcuni indizii della reale distinzione, con la essenza della medesima. La divisibility e il seguitare ad esistere le parti divise 6 certo segno di precedente reale distinzione tra le parti divisibili. Non lo neghiamo. Ma possiamo dire che ove questo segno mancui, non v' e reale di- stinzione? No davvero! Perniciosissiini error! ne verrebbono e noi gia il dimostrammo. Distinzione reale c'e sempre quando non possiamo nelTordine reale affennare Tidentitadei distinti : sia che questi sieno separabili oi altrimenti.

II quarto pregiudizio e il confondere Taccidente predicabile, con Taccidente predicainentale. L'accidente predicamuntale » •» est ma inest ; come dice 1'Angelico. M;i Taccidente predicabile pud essere anche sostanza ; e dicesi accidente perche non essen- zialmente richiedesi da quell' ente cui appartiene. Pertanto i'es- sere ond'e costituita esistente la essenza, non si pud dire accideute predicainentale, e perd non si dira n& qnalita, nd quantita, ne moto, ne sito ecc. ma ben si potra dire accidente predicabile, appunto percid che all'essenza delle cose create non e essenziale Tesistere real mente, comechd non possano non esistere oggetti- vamente in Dio. Ed a questa loro esistenza o^gettiva, si rife- riscono quelle proposizioui, la verita delle quali dicesi eterua

DEL O I'M I \ IIKAI.K M>TI.V/I<>

el immutabile; pereseuipio I'miitt/n int> llritirnc i)i<'nn'uffi/>il>' il tutto e nwfffliore /// nun sun j><nfe mil' ffione sufflciente ecc. le quali proposition! prescindono dalla reale esistenza di quelle cose che in esse vengono enunciate.

"V 6 un qninto pregiudizio, cos\ irragionevole che non ineri- terebbe 1'occuparsene: ed e, che ci6 che non pn6 stare da se sia nnlla, o sia identico a quella cosa in cui sta. Togliete I'eeserp, ci dicono, dalla essenza: che resta? un bel nnlla! Dunque? dunque 1' essenza e nulla; e quando esiste £ identica alPesser*, 6 1'essere. Costoro inciampano in nn errore grossiero per sola mancanza di riflessione. Di un colpo tol^ono di mezzo le inn- tazioui accidentali, le qnali sono ordinate da natura al perfe- zionamento delle sostanze. La cognizione dell' intelletto forse non lo perfeziona? E 1' intelletto mentre acquisfa la cognizione non si niuta da meno in ^)iu perfetto? Ma per certo voi dovete ben confessare essere assurda cosa che il nulla perfezioni Tente: e perci6 dovete afferinare che la cognizione non e nulla. Ma prima della cognizione v' era pur I'intelletto, ond' e che non si pu6 affatto dire che I'intelletto e la sua cognizione. La sentenza di cotesti oppositori applicata alia dottrina teologica deve con- seguentemente trascinarli a dire che la grazia e attuale e abi- tuale e santificante o 6 nnlla o 6 identica con la sostanza dell'aniraa umana, se pure non osino dire ch'e estrinseca alia medesima: e questi sarebbono superlativi e perniciosissiuii errori. Sebbene adunque le essenze delle cose non possano stare senza nn essere ed abbiano per6 o 1'essere oggettivo in Dio, o 1'essere reale da Dio creato, tuttavolta non sono nulla; e sempre inclu- dono o la potenzialita o 1'attualita delle cose.

Diradate le tenebre di cotesti pregiudizii ; ci sembra che la qnestione sia baste volmente trattata, poich6 non solo fu chiara- mente proposta sull' orrae del sapientissimo Aquinate, ma con solidissiine prove dimostrata. Ai cavilli non conviene badare; questi sono inconciliabili colla scienza verace e col suo sincero progresso.

LA CONTESSA l\TKIl\A/Jn\.\li:

v.

I B.4BBI PROVVIDI E LE BUONE MAMMB

II dabbene bancbiere signor Bjasso col diplomatico conte della Pineta, mentre le loro donne scarrozzavano sotto la guHa di Amedeo, avevano passate alcime ore insieme al caflfe di Po, cianciando da vecchi amici, a cuore aperto. Erano, ciascuao nella sna sfera, ottimi parlatori. Dopo le question! politicbe e finan- zhirie dello Stato, il banchiere erasi ricordato altresl dell'am- ministrazione civile della propria famiglia. E nella intimita del tu per ta si era lasciato intendere, come gli fosse parso di vedere suo figlio Amedeo dare an po'di bruscolo alia bella Silvia. - - Avr6 traveduto, si corresse subito, o sara, tutto il piu, tin capriccio di studente... gia, non ha che vent'anni, e gli restano ancora due anni di nniversita: non ci e sugo.

E il conte: Sentite, caro cavaliere, io non me ne sono addato pun to: ho cosi poca vista! E quando fosse, benissimo si spiegherebbe come dite voi per una leggerezza da giovinotto. Ma in principio, in massiraa, come diciamo noi nelle note di- ptanatiche, io non ci vedrei po'poi il diavolo... si sa, a quella eta si comincia a vagheggiare un nido.

£ il gran pensiero della mia Caterina.

Non mi fa specie, disse il conte. Una buona mamma deve fare cosl. II vostro Amedeo e il vostro unico, tntte le speranze vostre riposano sopra lui solo... Quanto alia mia Silviuccia, che volete che vi dica? Ci pensavo Taltro giorno, vedendo vostra moglie cosl gentile ed amorevole verso di lei... Potessi dargliela per madre! Quella povera bambina, a dirla qui tra noi, non ha avuto mai una madre...

Peccato! e pur non d cattiva.

328 LA CONTESSA INTERNAZIONALE

Cattiva, no, no di certo. Ma ell' ha un difetto irremedia- bile: ha sedici anni soli. Venti e sedici, sarebbe un matrimonio di passerotti. lo vorrei poterle levare ventinjila lire di dote e cambiargliele in due anni di piu, per collocarla spacciatament ••. Perch6, lo vedete, dopo la mia disgrazia, io ho fatto un gran calo... non mi fo illusioni... Non vorrei per niuna cosa al mondo lasciare dopo di me Silvia da maritare.

II cavaliere Boasso, visto il terreno ' morbido, quanto alia disposizione del padre di Silvia, tacque un tratto, si raccolse in se, riandando rapidainente i vantaggi di questo matrimonio, che gi£ prima aveva seco stesso matururaente discussi fin da quando Silvia era in collegio. Silvia buona, ben educata, e se qualcosina le manca, Amedeo e mia moglie faranno il resto... Questione d'interesse, sicura e larga... per fiocco della festa, una possibilita di tirare in casa coi quattrini anche i titoli di nobilta... & un'inezia: ma tutto fa. E tornando dalla mentale rassegna, disse al conte: Lo veggo bene, quei benedetti anni! In Torino si fabbrica di tutto, ma gli anni non si fabbricano di comando.

- E poi ci & un altro guaio, aggiunse il conte ; ed e che non sappiamo nulla di positivo delle intenzioni dei due piu interessati.

Basta, se son rose fioriranno, conchiuse il cavaliere Boasso, contentissimo di questa prima apertura. Tanto piu che in cuor suo ragionava: Perche" non si potrebbe al bisogno fare un po'd'impromesse? Cosi Amedeo avrebbe il cuore riposato e ferino... I giorni sono fitti, e gli anni passano presto : e Silvia entrerebbe nei diciannove appunto quando lui toccherebbe i ventitre, colla laurea in tasca... Tutto e" che si decida... Ma non voglio essere

10 il primo a mettergli questa pulce nell'orecchio.

In su questi discorsi arrivavano al caffe di Po le siguore, reduci della scarrozzata, e con mille complimenti festeggiavano

11 valoroso Amedeo, che aveva loro fatto ammirare Torino nel suo vero aspetto. Silvia, forse senza tutto intendere il senso delle sue parole, pretendeva che, stata in collegio a Torino due anni, non aveva capito un'acca del suo bello, e solo quest'oggi si era innamorata di restarvi, quando ne doveva partire.

V I ItAllll! HKiVVIDI E LE BUONE MAMME

- A veto condotta la brigata, aggiugneva la contessa, da v artista: cotesto vi fa onore.

l/.«n.»r.-, rispondeva Amedeo, me 1'avete fatto voi col con- t'-ntarvi. Del resto per meritarmelo, avrei dovuto accompagnarvi ai musei e alle gallerie.

Ma che? ma che? Eravamo partiti eolTintensione di farci u na bella trottata, una gita di piacere: che ci entravano i musei? avremmo dovuto corrervi da un capo all'altro a scappa e fuggi come gatti frustati.

Amedeo che ambiva di coutinuare Delia sua carica di cicerone gradito a Silvia, entr6 qui a piene vele nelle ricchezze del- I'Armeria reale, del Museo egizio uno de'meglio forniti del, mondo, e via via, provocando la contessa a nnove gite, quando fosse in suo piacere. La contessa invece che affettava interesse speciale per le cose democratiche, mostrft solo una certa vagh^/.za di conoscere il Museo merceologico. E Amedeo. pronto: -- Mal- grado il suo nomaccio barbaresco, se a voi piace, dimani o diman 1'altro si arriva qua all'ora che voi fisserete. Ma il discorso rnori li: si vedeva chiaro che il disegno non attecchiva. Si voleva il divertimento, e non lo studio. Solo rimase fermo il fissato per Soporga.

Si rinfrescarono a gran le agio le signore. Poi si balzo nelle vetture, e si torn6 alia Rjassa con tanta osatt-zza, che scoc- ravano le ore sei appunto appimto quando si sedettero a tavola «• la signora Caterina formava il suo solenne segno di croce.

Ne'giorni seguenti la contessa, vagheggiando gia vicina la

lerata partenza per Milano, cercava di porgersi cortese ed

amabile il possibile, a fine di lasciare di s6 onorevole niemoria

idita. Perflno con Amodeo soprabbon lava di graziosita, ri-

•.inlosi il diritto di combattere ad oltranza qualunque vel-

leita di lui verso Silvia, se egli avesse da rivolgere verso di

essa un'aspirazione piu che platonica. Che, che? non sara

tanto temerario; non 6 uuo sciocco, e deve capire la disparita...

n- n si esporra niai a un tocco di rifiuto, come glielo saprei

dar io. Beccarsi la contessina della Piueta, con quattro quarti

di nobilta italiana e tedesca! Eh, non ci sarebbe cattivo gusto

LA CONTESSA INTKHNAXIONALE

per un raercantuzzo arricchito... Quel giucco di suo padre sarebbe capace di tutto: lui e tutto Boasso, non vede altro al mondo... Fortuna, che ci sono io; e finche rifiata la contessa Aldegonda, cuccft.

Con questi fieri propositi in cuore fitti profondamente, la contessa si lasciava non di meno condurre qua e la alle pas- seggiate villerecce, e si godeva gli svaghi domestic! dei giuochi e della conversazione. Ma era naturale effetto de'covati sospetti che tuttD il suo atteggiarsi a gentilezza amorosa, sentisse del disagiato e dell'artificioso, si ch'ella appariva piuttosto lusinghiera che accostevole. Tutto all'opposto di lei, la Severina che non cercava le grazie di veruno, riusciva a guadagnarsele da tutti, per via della sua disinvoltura, leggiadra e uiodesta a un tempo. Nel che faceva nn singolare contrasto col la gaiezza di quella frugoletta un po'scapata, che era la Silvia, che spesso dava la caccia alle farfalle col tramaglino, e questo aveva essa improv- visato, mettendo in brani un velo quasi nuovo. Arnedeo le aveva per giunta compicciato il manico con un bocciuolo di canna, e prendeva festa a veder lei correre pel giardino come una bam- bina, sino a perdervi correndo il cappellino. Scusavala di buon cuore la signora Caterina: £ suo tempo: quando noi eravamo all'eta sua, eravamo piti pazzerelline di lei Tun cento.

Ma serbava ii fiore de'suoi sensi quasi materni per la Se- verina, che se li meritava col suo contegno presso che filiale. La povera donzella aveva tanto bisogno di trovare un po'di cuore che le si aprisse ! Si vedeva a occhio che di carezze non gliene toccavano mai: perche il conte zio le voleva bene, e ii. Tutto il piu le metteva in inano una carta di cencinquanta o dugento lire, quando si accorgeva (e ci vedeva poco) che Severina avesse necessita di rimettersi in assetto decente. La zia poi tra- scuravala d'ordinario. Qui stesso in casa altrui non perdeva 1'oc- casione di mortificarla a ragione e a sragione. Severina aveva creduto atto di civilta il porgere un po'la mano a mescere il caGfe, quando si prendeva in giardino. E la zia rimbronciolarla perche fosse trascorsa a famigliarita eccessiva. La fanciulla evitava i discorsi di storia, di belle arti, e molto piti di filosofia

V I BUIHI I1,. K MAMMB

sociale, che era il rival <li baf.a?'!ia della xia. Perch-} lasci cadere la conversazione? le rinfacciava la zia alia sera. Gia, t'i non sai metier bocca, altru che n-jll»3 stoviglie di ciriua o nei cenci del bur

Che volete, zia? la signora Cateriaa di (jiHllo vostre specula- ii non ne minima. .Mi parrebb-3 di annoiarla, di farla arrossirc.

Che ragione? Tu non ne azzjcchi uaa. ft una ragione di piil, un inez/o di piti, di larle sentire cho non siamo poi tutti all'ist-i93o livello. E^li e ben giusto che qaesti signori si ac- corgano che abbiamo loro accordato una grazia coll' accettaro la loro ospilaliU, e I'educjizion nostra e b'3n piu alta che la loro.

Severina tuttavia non dava retta a sn^gerimenti si falsi e si boriosi. Splendevanle in uiente himinosi gli esempii della santa sua ma Ire, che essa aveva perduto nell'eta di tredici anni, e che sebbme nata di alta nobilta romana e imparentata poi per via del uiarito colla piu illustre signoria milanese, pure aveale ntillati ben altri principii: nobilta verace essere quella che onora la nascita col tener altu la professione della relijjiosita, della fedelta al sovrano legittimo, della carita cittadina, della ben i(i- c-'iixa verso il povero, della gentilezza esquisita con tutti. Siffatte massiine eransi in lei radicate vie ineglio durante la educazione nel collegio delle Dune del Sacro Cuore, e ribadite non raranaente in casa dello zio, che ayvezzo a trattare i negozii di Stato coi grandi gentiluoinini delle corti, sapeva non di ineno per civile modest ia confarsi coi contalini, cogli operai, coi valletti di casa. Soverina per6 a tali scuole forinata, sentiva ripugnanza insu- perabile ad ostentare la propria coltura (non aveva mai fatto altro che studiare, unica possibile occupazione), e molto piu a fame pom pa colla signora Boasso che discorreva senza pretensioni e alia buona.

£ non era gia che la signora difettasse di educazione. EH'avova saputo tutto ci6 che venti o trent'anni fa insegnavasi ne'conventi, ed era molto piCl di ci6 ches'impara nolle scuole noruiali d'og e ne'collegi de'Muuicipii, dove passano come in una lantcma magica tante scienze e si svariati caleidoscopii, che basterebbero ad un dottore in facciole, e pure le tradite bambine non ne race*-

332 LA CONTESSA INTERNAZIONALE

pezzano altro che un'infarinatura di chiacchiere senza fondo sodo, colla boria sconfinata di sapere e soprassapere di tutto. La si- gnora Caterina aveva ne'snoi verdi anni danzato, cantato, e sopra tutto sonato maestrevolmente il pianoforte, a cui mise poi la sor- dina quando cominci& a vagire il suo primogenito. Di letteratura serbava appunto il bastevole per iscrivere correttamente una li-t- tera, tanto in italiano qnanto in francese; avendo barattato tutto il bagaglio letterario, storico, geografico e poetieo, colle vite dei santi e varii altri libri di divozione. Ricamava ancora e con finis- simo gusto, ma solo per ornauienti alle chiese, e qualche ninnolo di capriccio per la famiglia; piu che il filondente ella consumava la lana comune e la tela di canapa, che le servivano pei poveri. II suo forte era sempre 1'abaco: teneva da se i registri delle spese, pensava alle provvigioni grosse, e mandava innanzi il go- verno della casa, in guisa che il marito non aveva da impacciar- sene, altro che per rifornirle ii danaro a'suoi tempi. Faceva per- sino il servizio della guardaroba di lui; non perche le mancasse una donna a cui affidarlo, ma perch& le sembrava dimostrazione affettuosa, 1' interessarsi da se ne' comoducci dello sposo. Cosl confess6 ella a Severina, che ne la richiese.

In ogni suo atto, in ogni detto sfavillava il buon senso casa- lingo e facile. E Severina che di buon senso troppo avanzava la contessa zia, avrebbe riguardato come una caricatura il mettere sul tappeto le question! intricate, inutili, noiose dei chiappanuvoli tedeschi, nelle quali la contessa credeva di sfondare maraviglio- samente, mentre era grossa coll'abbiccl dei veri economisti. Go- deva invece di ammirare il buon cuore della signora Boasso, e si faceva raccontare con piacere dalla Teresina cameriera, come la buona signora era tutta affetto e provvidenza pei suoi e pei famigliari, tutta carit& coi poverelli, a cui dava largamente per mezzo delle Suore di San Vincenzo, e spesso anche in persona visitandoli ne'loro tngurii. Gia, in parte vedevalo cogli occhi suoi, perch6 la signora Boasso anche in campagna era conosciuta come il rcfugium peccatorum della parrocchia. Mancava il velo bianco ad una contadinetta per la prirna communione? Si ricorreva a madama Boasso: mancavan le scarpe o il giubbetto a un fan-

V. I KM: K MAMMB

? Kl!a dic-'va al parroco di provvedere, e a lei darne il conto: dalle sue raani benefiche pioveva fasce pei bambini, ca- i«'le da inverno, zoccoli, berrette, euffie, spessissimo poi le

iicine, dove n'era piu urgente il bisogno. Nd peritavasi tli governare e fasciare di sua mano le ferite, e fornire le pasticche alle vecchie tossenti, e dalla sua cucina man laro brodo e vino ai convalescent!. Di che ella non poteva aggirarsi per le strade campestri, che non le venissero incontro dalle masserie i fan- chilli e le donne a riochinarla come la regina del paese. Severina paragonava in cuor suo qnesta viva gemma di inadre, questo mo- del lo di gran signora col la altezzosa contessa Aldegonda, che con tutta la sua democrazia radicale non sapeva scendere tra il popolino altro che a politicare con vane dicerie, mentre in casa e con tutti essa smaniavasi di comparire, e di sovrastare, e t»-ne\a a cane servi e cameriere ; e sospirava : Ah, se la signora Ca- terina fosse le! la mia zia, come c'intenderernino?

Tutta via ella bad ava a non farsi scorgere; e i colloquii piu intiuii colla signora Caterina ella prolungavali al mattino, quando la coutessa era tuttavia a letto, o sotto le mani della pettinatrice. E cid per non destare gelosia nella sospettosa zia, la quale non tollerava nella nipote altre amicizie che le approvate e gradite per sua grazia sovrana. Per6 nelle passeggiate Severina, per non crescere i mali umori, parlava poco e cansavasi, dando cosl luogo alia cuginetta Silvia dl farsi innanzi, e alia contessa di tenere il campanello. Si fece una corsa a Trofarello, un'altra a Stupinigi ad ammirare il castello e i giardini reali. Moncalieri poi era spesso la meta della scarrozzata: e la contessa per far piacere ad Amedeo si lascifc condurre a visitare il collegio Carlo Alberto, dov'ebbe il disgusto di vedere I'avvocatino in erba, accolto come persona di casa, trattare dimesticamente con quei reverendi padri baroabiti, ed esservi festeggiato come se fosse uscito pur ieri del loro convitto.

II che non toglieva poi che. fuori di la, egli non tornasse il

cicerone pin conversevole e galante che desiderare potesse la bri-

f-'inminile. Non era cosa che ignorasse del suo paese, rispon-

deva come un dizionario a qualunque piu impensata dimanda. La

:>,'\'i LA CO.VTESSA INTEKNAZIOXALE

contessa per metterlo alia pruova, gli dimand6 di punto in bianco che cosa contenessero certe casse di pioppo, di cui sempre si tro- vava ua monte alia stazione di Moncalieri. Amedeo, subito, uaa sfilzata: Tante cose, contessa. A veto a sapere che i possidenti di questo luogo sono la iniustria in persona. Vendono, gia si sa, grano, vino, bozzoli, e 1'altre derrate comuni in Piemonte: ma per giunta egli hanno messo su un commercio tutto loro proprio. Se si aprissero quelle casse, si troverebbero forse piene di noc- ciuole...

Di nocciuole?

Di nocciuole, si, e anche sgnsciate, perche tengano meno posto, e viaggino piu spedite oltremonti ed oltremare. Le tro- vereste forse stipate di fiamraiferi di ogni razza, ma tutti eccel- lenti, senza schianto, infallibili, che vanno ad accendere milioni di sigari sino in Sicilia, e dal lato opposto in Isvizzera e in Francia per contrabbando...

Saranno agiati e ricchi i prodnttori; neh vero? dimand6 la contessa economista e sociologa.

Lo credo! tra di nocciuole e di fiammiferi i nostri gianduia si beccano di bravi milioni ogni anno. Senza contare i mattoni e le tegole alia moderna, per cui hanno qui fornaci famose, senza contare i liquori, che zampillano qua intorno dai lauibicchi e dai distillatoi a vapore, e non mica zozza da acquavitari, no, robetta fine, destinata a baciar 1' ugola dei buongustai e dei lecconi di mestiere.

Chi 1' avrebbe pensato ! sclamo la dotta contessa : che in questi villaggi venisse a nasconlersi tanta industria e tanto senno economico! E ci6 che io dico sempre: 1' Italia dovrebbe emanci- parsi della importazione, ridurla a zero, e crescere indefinitamente la sua esportazione.

Amedeo, che pure senza pretenderla a sociologo, distingueva i fagiani dalle lucertole, sentl benissimo il ridicolo di questo apoftemma strampalato: ma si conteuto di ridere sotto i baffi, voltandosi un po'da un lato. E continu6 a discorrere, parlando del castello di Moncalieri, e de'festini reali che vi si davano,

V. 1 HAW n VAN ME

somiirlianti a qwlli <li Versaglia: 0006 fatte che tenevano !»• gnore sospeso dal suo labbro.

Ma la piu bella lezione ciceronesca la teneva in serbo per la gita di Soperga.

VI.

SOPEKGV R TORINO

Questa volta anche i aignori babbi venivano di brigata, e 8en&' essersi punto accordati, venivano amendue curiosi di sco- prire paese, e indovinare se e fiao a che punto Araedeo fosse veramente bruciolato della Silviuccia. Lo avevano a pieni Toti maschili o femminili creato commissario generate della scam- pagnata. Egli non intese a sordo. Face trovare un opportuno asciolvere nel villaggio della Madonna del Pilone, ove servl va- lorosamente da scalco e da coppiere, non senza speciali attention i alia Silvia, ma cosi dissimulate e fine che solo la fanciulla se ne avvedeva, e gioiva K le stesse scenette si rinnovarono pi A volte nella giornata e nel desinaro, egualmente intese da chi inten- derle doveva, ed egualmente sfnggite ad ogni altro sgnardo. Si sail la collina agiatamente e presto, perchd Amedeo aveva fatto Btacraru la pariglia di casa, e comandati cavalloni del luogo coi necessarii trapeli di rinforzo. All'arrivo eran pronti i rinfreschi: e poi via, alia basilica. Fecela egli visitare a parte a parte, co- mincianio dai reali sepolcri de'sotterranei sino al ballatoio altis- simo, che incorona la lanterns della cupola.

Lassft era il punto ove ambiva Silvia di sfoderare il binoccolo. Non lo permetter6 mai, signorina, le intim6 Amedeo celiando.

Ma perchfc ?

Non tanti perche? 0 sono commissario generate, o non sono. Ma si che sono. Dunque ordino che le leggia*ire fanciulle pren- dano qui solamente una boccata d'aria elastica, dieno un'occhiata fuggiasca, e poi giu, giu per la scaletta...

- Ma 6 una tirannia, signor commissario, disse Silvia.

Non c'e tirannia che tenga: cosl couaaudo, e cosl coman-

LA CONTESSA IMEK.NAZIONALE

dano tutte le buone mauime, die non vogliono piangere domani s ille pleuriti e le bronchiti e le tossi delle loro care bambino.

Tutti diedero un monte di ragione ad Amedeo. Si era trafelati e ansanti, e il tramontane tirava forte anzi che no. Si discese; e nel magnifico propileo della basilica, a ridosso del vento, a sosta dal sole, trovarono un giro di seggiole, cola disposte dal servo di chiesa, iotoruo a un grande cannocchiale girevole sul suo cavalletto. Qui ordina il coinrnissario, grid6 Amedeo a voce alta, che le signore spieghino i loro scialli, s' inviluppino, si fascino, si tappino, si turino sino alia gola inclusive, e cosi si conservino sane e fresche per la gioia del mondo, e la felicita dei loro ammiratori.

Senti, senti che editti ! torn6 a lamentarsi la Silvia. Non ci possiamo piti muovere senz'ordine del coinmissario.

E voi non dovevate esaltarmi a questa carica, signorina, se non volevate obbedire. Anche voi avete data la vostra fava: state alia legge che avete fatto, dicono i giureconsulti. Del resto la contessa qui mi rivede tutti gli editti, e li appro va: non e vero?

La contessa sorrise. Intanto i binoccoli si sfoderavano a gara e si squadravano a ricercar la pianura e lo stenninato anfiteatro di montagne che accerchiava da lungi rorizzonte. Che vista! diceva 1'una. Che spettacolo! rispondeva Taltra. fi im- menso. ft il pid vasto panorama che abbracciare si possa con uua sola occhiata. E ciascuna cercava di scoprire terre, cam- panili, rnonti, novita. Amedeo, ritto presso il cannocchiale, in- vitava la contessa a sedergli a lato, e godere la prima delle maraviglie di quel prospetto, e cominciava con artato sussiego la sua diceria: Qui, se lo vogliono sapere, illustrissime si- gnore, siamo a 780 metri sul livello del mare, non un milli- metre di piu, non un millimetre di meno, e un bel 550 metri sopra il piano della citta...

Si sente all' aria respirabile, osserv6 la contessa.

E si scorge alia vista, prosegui Amedeo. 0 che si po- trebbero osservare cosi nette dal piede alia cima le signore Alpi, se non fossimo noi stessi sopra un osservatorio altissimo?

VI

K chiaro.

Eccole la in sottane verdi, bige, azzurre, colla mantell.-tta sulle spalle bianca di bticato, col cappellino di nubi in testa, adorno di avolaz/i fantastici da disgradaroe le signorine piu ca- pricciose (e guato la Silvia).

A cui Silvia: Quel montagnone che ci sta la a sinistra, e alza la cresta sopra tutti gli altri, e anche lui una signora, non e vero, signer Amedeo?

No, signoriua. Quello e un'eccezione. IV h an no fatto ap posta e messo li, col nome di Monviso, perchd quando lei vuol dipingere un obelisco, abbia un model lo da copiare. £ alto tre- mila quattrocento metri...

La grazia di quell' obelisco!

Dalla sua cima coniinciano le alpi Cozie che vengono schierandosi fino in faccia a noi per cencinquanta chilometri.

La contessa che si affissava a stuliarecol cannocchiale il gran ceppo di monti che le stava appunto dirimpetto, diiuandft an- ch'essa: E qui di fronte che cosa abbiamo?

- Guardi bene, contessa, e vedra che le prealpi- si spaccano dall'alto in basso: lo fanno a bello studio per lasciar passare la granle strada che va in Savoia e in Francia. In quelle gole giace 1' antica Segusio, la nostra Susa, col suo arco romano da re Cozio dedicato ad Augusto. E pare che sotto quell' arco pas- sasse 1' antica via romana, che torcendo a sinistra valicava il Monginevro a ridosso di Brianzone, mentre un'altra torcendo a destra saliva al passo del Cenisio.

E ora? dimandd Silvia.

Ora 6 lo stesso, con questa differenza che la fainosa via del Moncenisio rimane libera per uso e consume degli statnb -cchi, e la buona gente va pari pari in carrozzone di priina classe per quella del Monginevro, e si ficca sotto il Frejus, donde sbocca a MuJane, e di 11 va a Ciamberl, a Grenoble, a Ginevra, per tutto il mon-lo transalpine.

- Che bella cosa! sclaiu6 la contessa; che vantaggio pel commercio e per 1'affratellarsi delle nazioni!

Amedeo finse di non capire dove mirasse la filosofessa socia-

Seri« XII. vol. VI. fate. 813 -:.riU 1884

338 LA CONTESSA LNTERNAZIONALK

lista, e si continn6: Ora guarli meglio, contessa, e vedra come per entro allo spaccato si leva un'altura con un fabbricato in capo.

Lo veggo distintamente.

Quello 6 la Sagra di San Michele. Proprio 11 da piede sorgevano le celebri Chiuse, mal difese dal povero Adelchi, figlio di Desideriaccio, reaccio dei Longobardi, e superate da Carlo Magno temporibus illis !.

In queste parole la contessa si Iev6, e invitava la signora Ca- terina a sottentrare a lei presso il cannocchiale. Ma la signora se ne scherml, dicendo che ci vedeva abbastanza col binoccolo, e bra- mava si divertissero le signorine. Silvia, che bruciava di voglia, pure fu cortese d' invitare la cugina Severina, e poi i babbi, che se ne stavano ora ritti ora passeggiando dietro le donne, sotto il colonnato. Qnesti pure risposero che le belle cose di quella vista le sapevano a raente, o le scorgevano ad occhio nudo. Severina adunque trattenutasi pochi momenti al cannocchiale per gradire la gentilezza di Silvia, le cedette il posto, dicendo : Guarda tu, ch6 io ho visto benissimo il passo delle Alpi, il Rocciamelone e il Cenisio che gli stanno dietro...

E Araedeo: Ah, dunque li conosce, signorina? E bene ora da quella piu alta punta, scenda a destra, ed ha la catena delle Alpi graie o greche, per oltre 100 chilometri, sino a quell' altro colosso, che 6 il monte Bianco; dal rnoute Bianco sino al monte Rosa (6 quella piramide la, all'estrerao della visuale), altri cento grossi chilometri di alpi Pennine. Poi le Alpi danno un ganghero e fuggono in Isvizzera, come certi signori indebitati che so io, e buona notte. La gift giu, e ancora il famoso Re- segon del Manzoni...

II nostro Resegon, fece Silvia, qnello che si vede dalla Bella Brianzola !

Appunto appunto, le disse la madre.

Amedeo aggiunse: Dopo le alpi Pennine, vengono le Le- pontine, le Retiche, le Carniche, le Griulie, tutte roba svizzera, tedesca, slava.

1 Vedi la nota in calce all'ariicolo.

-OPEJir,\ B TO)

Secondo me, osservft la contessa, non solo il Resegon. ma sotto tutte quelle Alpi fino a Fiume nell' [stria sarebbe roba italiana, alineno il versante meri-lionale...

Grazie, contessa, se voi co lo conoedete, ammenne! lo ci vado per primo governatore italiano, tan to volentieri.

£ la contessa, piu forte: lo vorrei che inoltre ogni paese fosse posseduto da'suoi abitanti, e cho gli abitanti vi si gover- nassero a popolo. Bt?ato il men In!

Amedeo non volendo entrare in quest! trenta soldi, ne fuggl p-l rotto della cuffia, con una celia: Si vede, contessa, che avete sposato con nn italiano anche I' Italia; e se tutti i tedeschi •TO cortesi quauto voi, sarebbe affare da accomodarsi con un biglietto di visita, sottoscritto da Francesco Giuseppe: il male d che ci 6 per cola due o tre punti che n& 1' Austria, n& la Genuania yorranno regalarci mai, ci & Trieste, ci e Pola...

II conte della Pineta si lisciava i baffi, e sorrideva col ca- Tulicre in ascoltando la politica della moglie e di Amedeo. Onde qnesti, avvistosi, inut6 registro, dicendo subito: Ora diarao una rovigliata per la pianura. E sapenio egli a menadito la geografia del suo paese, venne indicando qua e la terre, citta, castolli in gran nnmero. Pretese perfino di scoprire il duomo di Milano. Nessuno ne vedeva nulla. E Amedeo: A conti fatti, si dovrebbe vedere; e se si nasconde, col pa sua.

E pure Taria e limpidissima, osserv6 la contessa.

Allora sara colpa del cannocchiale.

In cid dire abbassb verso Torino I'obbiettiva, dicendo: Qui poi siamo in casa nostra, e ci parliamo coi campanili a tu per tu. N-»i siamo qui sul luogo stesso, donde il principe Eu- gfknio di Savoia e il duca Vittorio Aineieo II, dopo scambiatosi una presa di tabaeco, presero a stuliare Torino e il campo francese che fassediava, che era proprio li a'nostri piedi...

Dove stavano i francesi? scappo fuori, impaziente, la Silvia che non aveva veduto il gesto di Amedeo: diteci come eran col- locate le trnppe.

- Eh, ci vuol altro, prese a dir Amedeo. Per capire quel- I'assedio titanico, e quella battaglia, che cambi6 le sorti di

340 LA CONTK«SA INTKRNAZIONALE

Europa, bisogna armarsi di binoccolo tutti, e poi colla immagi- nazioue rifabbricare la topografia di Torino.

Che vorreste din- ?

- Yoglio dire, che bisogna scancellare col pensieroquelle piaxze sterminate di Po e di Porta Susa laggiu, scorciare quelle strade che non finiscono mai, sterpare quei viali che la circondano, e ridurla ai minimi termini. Gosi era nel 1706, incassata tra le sue iiiura di ferro, dietro le quali essa alzava la cresta, e faceva le coma al duca di Orleans, al duca di La Feuillade, al ma- resciallo di Marsin, e al grosso esercito francese che Luigi XLV aveva mandato ad espuguarla. La vedete la quella pianura verde a porta Palazzo, lungo la Dora? La si erano aperte le trincee...

0 che sono le trincee? diniand6 Silvia.

Banibina mia, le gridft il padre, se si fa cosl, si va nell'un via uno.

E Amedeo con flemma: -- Sono fossati nel vivo del terreno, che gli assedianti scavano intorno alia piazza per accostarsi ai bastioni, e batterli al coperto dell'artiglieria nemica. Figuratevi dunque, signorina, li intorno frastagliato il terreno attorno alle mura, ed anche la dietro, dov'6 ora un rimasuglio della famosa cittadella di Torino; e poi tende e baracche dalla Dora sino alia Stura, che qui dinanzi scendono nel Po, una citta di francesi, coutro una citt£ di torinesi; cio£ centinaia e centinaia di batta- glioni di fanteria, e di piti che cento squadroni di cavalleria, con trecento cannonacci e mortai piantati in batteria; insomnia tutto investito e serrato intorno il recinto murato, tranne da questo lato nostro lungo il Po, dove le batterie del Duca poste sui poggi non avevano lasciato il nemico adagiarsi.

E quei di dentro la citta, perchk lasciavano i nemici ada- giarsi altrove?

Vi dir6 ora: dentro vi erano diecimila soldati di vecchio stampo, col cappelletto a lucerna, e il loro bravo codino...

Oh? il codino! fece. Silvia.

Non interrompere, 1'avvertl il babbo, se no fareino tardare il pranzo.

Che? rispose Amedeo guardando 1'orinolo. Non vi confon-

del fissato coll'oste.

> il tempo di dare la mia haltairlia campale... Immaginate

a liiri'i ie 11 sotto, per entro la citta, le strade tutt-- disselciate per

o bouibe cadenti; i campanili iiuiUti in vedette per

are le mosse e gli assalti dei francesi; disposti im po'per tutto serbatoi d'acqua e i visjili seinpre in giro a spegnere gl'in-

:ii che ad ogni tratto divampavano; compagnie e battaglioni di soldati che marciano alle mura e alia cittadella, che vanno che

.rono, sotto una grandine di granate, e iuvolti in un fuino di inferno...

- Che paura dovevano avere i cittadini! sclamd Silvia.

E sicuro, non era come villeggiare alia Bella Brianzola! M;i quando si 6 in ballo bisogna ballare. I cittadini, e magari anche le cittadine col grembiiile di spedalinga, facevano il ser-

o delle inferinerie militari; e il popolino, non potendo altro, correvaalle chiese: novene, comunioni, messe, processioni, rosarii senza fine. E in mezzo alle folle pregauti saltava il beato Seba- stiano Valfre, col crocifisso alia mano, a confortare, a predicare la penitenza, a profetare la vittoria. La bnona gente giurava di avere visto la Madonna della Consolata passeggiare sui baluardi incoiitro la Dora, dove piu fitte iufuriavano boiube e granate, e lei colle sue bianche manine le chiappava a volo con tutta la spola ardente, e le rigettava indietro...

0 cara visione ! sclamb con candore la Silvia.

Bella invenzione! disse invece, come per correggerla, la contessa. In quei frangenti era cosa patriottica !

lo son tanto sciocco, tanto idiota, che inchino anche a cre- derla vera, ripigli6 Amedeo, con un po'di picca dissimulata: e seguito: La gioventil poi oltre al rosario della Madonna, aveva abbrancato lo schioppo, e si era formata in battaglioni volanti. Occupavano i posti pericolosi, rifacevano le gabbionate divelte dalle pal U% davan la muta ai soldati di munizione, si battevano dagli spaldi della fortezza e dalle banchine dei parapetti.

0 questo B\, disse la contessa, lo schioppo aiutava piu che il rosario.

E Amedeo: Chi lo sa? Certo 6 che 1'uno dava coraggio al-

LA CONTr>-A I.NTi;il>A/.|!lNALE

1' altro. Quei vecchi codini che erano sempre in guerra, erano tutto fucile e rosario. Ci scommetterei ceato coatro uno, che qnt'l bonuomo di Pietro Micca aveva il rosario nel taschino da petto, quando fece quella faraosa cilecca ai francesi...

Ah, fu in qnesto assedio?

Proprio in qnesto assedio.

Sapreste indicarci il luogo?

II punto precise e difficile a ritrovarlo, ma guardate quel maschio di fortezza che ancora sussiste la verso porta Sasa un poco a nostra sinistra...

Si distingue benissimo.

E bone la intorno era un buscherio di cannonate, di fuci- late, di mitragliate, che si barattavano tra i francesi di sotto, e i piemoutesi di sopra, e cio per mesi interi, e non si guajagnava un palmo di terreno n} dagli uni n& dagli altri. I francesi per farla fiiiita, ehbero 1' idea diabolica di ficcarsi nottetempo dentro un fosso fino a pi£ di un bastione maestro. Freddauo le sentinelle alia sordina, e quatti quatti arrivano a-I una galleria segreta che menava nell' interno della piazza. Torino era fritta, se riu- sciva loro la taccola. Fortuna, che sentl tempestare la porta colle accette il Micca, che come minatore era l^i sotto, presso ad una mina, stipata sotto quell' accesso pericoloso. Ha che dovea fare? Gridare aU'armi? chi lo sentiva? stendere la seminella, darle foco e fuggire? Ci volea troppo tempo. Dice a un camerata: Tu fuggi... lascia fare a me. E poi diritto alia mina, colla miccia accesa, foco, tumm! Un tuono d' inferno, e UQ inferno di fuoco scoppi6 dalle viscere della terra, e poi una pioggia di teste, di gambe, di braccia, mescolate con un monte di rovine, e di ruote e di cannoni, che erano tre compagnie di granatieri fran- cesi con la loro batteria, saltati in aria.

E il Micca?

Era gia in paradiso a riposarsi doila fatica.

Dio mio! sclamarono le donne, ci vnol fegato!

Gi vuol fegato, sicnro : ma quando si sa che si muore per la patria, al proprio posto, in guerra giusta, il fegato ci e... L' as- sedio non fa tuttavia levato per cot-jsto. Che anzi il duca di

-'•ans, ch ?giava in Ijombardia, era venulo con t

le sue genti e i suoi cannoni a crescere il furore degli assalti. Dalla parte del torinesi, il Duca non s'era per6 sgomentato, sbarattava gli assedianti con ferocissime sortite, guasteva o(

:va viveri, bruciava munizioni. E quando vide il boon punto uscl del la citta, raggranellft otto o dieci mi la soldati, e fece la sua congiunzione col principe Engenio di Savoia, che gli conduceva un bel ventiniila tedeschi in soccorso. Fatevi idea chiara, signore. II campo francese era qni sotto i nostri piedi al di la del Po, e da questa altezza ove siam noi ora a taccolare, i due principi stiuliarono le posizioni nemiche, e fermarono di assaltarle, an- corchfc avessero assai meno gente. Si mossero la vigilia della

ivita. I francesi, che si credevano inespugnabili ne'loro trin- ceramenti, li aspettarono. Infatti piu volte rigettarono gli as- salitori con fiero acciacco. Si sa che dalTuna parte e dall'altra si fecero prodigi di valore. E i francesi dopo accanite lotte, restando fermi ne'loro yantaggi si tenevano in pugno la vitto- ria, quando il Duca avvisd un punto debole degli steccati. Vi si slancia coi suoi terribili codini veteran!; travaglia, conquassa, scardina, abbatte il riparo, prima che il netnico vi porti il soccorso, e sbocca nel campo; un grosso di cavalleria lo segue come una Humana traboccante. I poveri francesi bersagliati dalle inura, stretti di fuori, invasi, pestati, sciabolati di dentro, si sgomen- tarono. Era ferito il duca di Orleans, morente il maresciallo di Marsin, morti in gran numero gli ufficiali bench6 combattessero da leoni: non c'era piu ordinanza possibile. In tutto il campo sorge il grido disperato: Salva! Salva! Si fugge in rotta da tutte le parti. Alle ore 4 del giorno tutto era finito, Torino apriva le porte, le campane sonavano a gloria, le artiglierie tonavano a gazzarra; e i principi di Savoia con immenso cor- teggio cavalcayano alia cattedrale, a deporvi la spada a' pie deH'altare.

Qui le uditrici esalarono un gran sospirone: che avevano so- speso lungamente il fiato. Disse la conteesa: Oggi non ab- biamo ndito il famoso assedio, 1'abbiamo a dirittura veduto cogli occhi, grazie al signor Amedeo...

LA CONTESSA IMTKKNAZMNALE

Grax-ie a voi, internippe Ainedeo, grazie a voi che ci avete tat to arri rare quassu. Sonza la vostra graziosa condiscenden/a non saremmo a Soperga... Del resto 86 proprio voleste vedere viva viva la battaglia di Torino, ell'e nella pinacoteca, di mano dell'Hngthenburg...

lo penso, entr6 qni il cavaliere Boasso, che aveva quasi sempre discorso col conte, senz'impacciarsi di viste e di pro- spetti, io penso che sarebbe tempo di dare un'altra battaglia... all'albergo, meno sanguinosa.

Tutti approvarono. Si discese a desinare: ognuno magnificava 1'appetito acquistato: il conte stesso, che sempre inangiava a spilluzzico, confessava di sentirsi meglio che mai. Intanto Silvia e Severina non finivano di question! sull'assedio, sulle posizioni degli alleati, sulla basilica colossale, trofeo della vittoria: e Ainedeo rispondere senza incespicare mai : La basilica essere sorta per via del voto fattone dal duca; la fabbrica durft quasi vent'anni, disegno del luvara, torrenti di oro per tirarla a fiuimento. Gia, auche la preda era stata un tesoro sfondolato: seiinila prigionieri, dugencinquanta pezzi d' artiglieria, settemila cavalli e muli, ottantamila barili di polvere, armi, tende, ba- gagli, viveri, munizioni senza fine, insomma tutto il forniinento di uno del piu fioriti eserciti di Luigi XIV.

II conte della Pineta, come diplomatico, balzo a pi& pari nel pocoreccio del trattati di Utrecht e di Londra, che negli anni S'guenti posero in capo al duca di Savoia la corona reale, e nella infausta fortuna di Luigi XIV, la cui Stella incominci6 allora ad iinpallidire. Ma quest! erano discorsi per lui e pel cavaliere: perch& le donne s' incantavano unicamente alia par- lantina di Amedeo, che non finiva di baie con infinite com- piacimento della brigata. Tardi assai si prese la via del ritorno.

Tutti erano content! della gita e deli'allegra giornata: le fanciulle, perch6 s' erano svagate alia spensierata; il cavaliere B.tasso, perch6 la Silvia eragli piaciuta assai, come garbata e molesta. II conte poi s'era a dirittura innamorato di Amedeo,

HGA E TOI

e non si tenne dal confVssarlo aU'amico: Qnel vostro Am* 6 pure un giovane corapito... 6 colto, 6 ruligioso, e riserbat e la gentilem in persona. Djvresto incarami narlo per la car- riera diploraatica.

- Egli e gia troppo avanti in diploma/in.

Che volete dire?

Voglio dire ch'egli d accorto e trincato come il fistolo. Guardate, egli pare spensierato e fanciullone a quel niodo, e pure priina di uscire di casa stamani, disse a sua niadre, che oggi voleva dare un compito esamo alia Silvia...

- Dunque un pochino ci pensa, osservfc il conte, non potendo frenare un sorriso di compiacimento.

- Chi ne sa nulla? II fatto 6 che n6 mia moglie, n& io, che pur stavo sull'avviso, ce ne saremmo pun to accorti... Ma son certo che dimani o con me o colla madre qualcosa si apre.

La contessa per parte sua si rallegrava di tutt'altro. Sem- brava a lei che in tutta la giornata Amedeo non aveva mai detto a Silvia una parola piu che un'altra; e per6 ella si riposava dell1 apprensione ch'egli occhiasse un po' troppo la figliuola. E un giovane a garbo, non c'e che ridire, e tra poco sara un avvocato ricco di quattrini e di belle parole... Ma un paolotto, quanto ce n'entra... borghese, poi, borghese da parte di padre e di madre... la signora Caterina 6 in fondo una popolana rimpulizzita, si rim- pulixzita e nulla piu... Dove che noi abbiauio i quattro quarti. Nel mio albero genealogico ci e parentele coi piu alti baron i di Gennania... ce n'& flno coi Kan di Kasan e di AstrakanL. I Pineta risalgono alle crociate... A noi non uianca nulla, e Silvia pu6 sposarla un principe. E tornando ad esaminare gli atti e le parole di Amedeo durante la gita, tornava poi a conso- larsi: Bene, bene, Tha capita auche lui... freddure non ci sono corse... Amedeo non ha fatto la corte a nessuna... tutto il piu ha corteggiato me... un pochino... Gia, io ero la signora prin- cipale, la regina della festa: era naturale... era il dovere.

K in siniili e piu strani vaneggiamenti, che raccontava pui al conte, per fargli intendere il suo animo avverso ai signori

LA CONTESSA INTERSAZIONALE - VI. SOPERGA E TORINO

Boasso, la contessa era lungi le mille miglia dal sospettare che i fatti del domani le dovessero dar torto.

NOTA

Le Chiuse, c Alle porte cT Italia del De Amicis

A proposito dclle Chiuse di S. Michele, ci viene ora in mente delle sitnili Chiuse dell' Assietta di cui si parla in nn novissimo libro del signer DC Amicis, intitolato Alh porte d' Italia. In qm-sto 1' A. si sfbrza di dare colore slorico a un ammasso di error!, che gli togliera in perpetuo ogni speranza di gloria come slorico. Non si poj- sono leggere pagine piu ruiilasliche. Se parla de'Valdesi (La Ginevra italinna, p. 189), 6 un tfssuto di fandonie e di fole da vrcchierella, roba copiaticcia ricavaia da un libro infame di piu infame autore, cose state gia sventate cento volte. Sono nitre dugento pag'ne (189 a 309) spirant! odio contro la Chiesa cattolica, quali le avivbbe scritto un d.scepolo di Calvino dugi-nf anni fa. Se si awentura nei niisteri della famosa Marchers di fcrro imprigionata a Pinerolo nel 1681, lasciamo stare che ve la incontra quando probabil mente non vi era ancora, rgli ti sciorina un'ipote?! stranfpalala, che non si regge sopra nessun fondamenlo. Confonde tempi, luoghi, persone. Nel capitolo sulla famosa Marchesa di Spigno, sposata dal duca Viltorio Am per rovina del Piemonte, dice cose da can barbone. Ma per isiore solo alle Chiuse drir Assietta, ove fu il fatio d'arme celebrato dagli storici e dai poeti (tL'ombra di Bellisle invendicata, > canta il Monti), c che ebbe efletti e frutti di una giusla battaglia campalo, il bravo De Amicis ignora pienamente la storia, ^a esaitamente scritia da parecchi, sprcialmenle da Alessandro di Saluzzo, dal Predari, dal Manno. E provato dai document! osisfenti nei pubblici archivi, che la battaglia fu coman- dala e vinta con profonda scienza lattlca dal conte di Bricherasio, grande capitano del piccolo Piemonle, e non dal conte Paolo di San Scbastlano primogonilo della Spigno, come sogna il De Amicis (p. 337j; cheil San Sebasiiano invece fece prova di valon- bonsi, ma insieme d'indisciplina e d' indi«c'plina tale che fu ad un pHo di dare la vittoria al nemico ; specialmentc quando il conte di Bellisle, diede rultimo e dispe- ratissimo assallo alia testa non pibdci soldali, ma di quasi tutti gli ufliciali finncesi, coi quali cadde valorosamente. II colonnello San Sebastiano intanto difendeva TA^sietta, 1'Assietla che sarebbe slata presa ad ogni modo, se il Bricherasio non vinceva al co'le di Seran dov'era il punto capitale della difesa, e che contro I'ordine formale ricevulo il San Sebasiiano non voile soccorrere. Slando alle leggi militsri, quest! avrebbe dovnlo essere chiamato dinanzi a un consiglio di guerra, sc il felice esito della colpa e il pubblico favore non avessero consigliato il principe a dissimularla e premiarla. Forse piii tardi prendcremo a piu compiuto esame questo povero libro, che il De Amiri* scnglin nel pubblico, con dnnno della £ua qualsiasi ripulazione, e che e nato fatlo (non giudichiamo le inlenzioni) per falsare la storia religiosa e civile dd Piemonle.

RH DELU ST \\1PA ITALIAN.!

I.

mi catechisti'-lf <// .M'»nsignor PIETRO Professore TV Dot lore in Tcol<»i'»t, I 'ilosojia <• M> > « /<-, < n»>nicoPrt dell tt'n-lln c < •• fit iH 6

Torino, Libreria del Cavalier L. Romano Editors, 1 tttro yolu-ni in quarto di oltre 400 pagine ciascuno.

Km le tante opere di religione e di morale cristiana, che yeggono tuttodl la luce, a granle onore della Chiesa e spirituale vantaggio delle anime, niuna e pift commendevole e degna di essere attentaniento letta e studiata, come quella cbe coctiene una compiuta, chiara e popolare esposizione del catechismo, che e qnanto dire, tutto il fioro e il inidollo della teologia e filo- sofia cristiana. Tal e a nostro avviso 1'opera che piu sopra an- nunciamo, in cui il ch. Autore condensa il sncco di quella scienxa speeulativa e pratica, che noi cristiani dobbiamo al bel connubio dulla ragion colla fede. L'ordine e la concatenazione delle idee, il nerbo delle ragioni, colle quali egli pone in chiaro e in sodo le veriU dogma tiche e moral i, la logica stringente con cui ri- batte le obbiezioni degli avversarii, la potenza analitica e sin- tetica, di che mostrasi a dovi/.ia fornito, la copia dell' erudizione e la purezza della dottrina attinta alle fonti della scrittura, de' Padri e Dottori della Chiesa, massime dell'Angelico, che di sua luce irraggia la sacra teologia, e da ultimo la sempliciU didattica e chiarezza dello stile, che torna a ogni volgare intelligenza ac- cessibili e piane le yerita piu sublimi, tali sono, se mal non ci apponiamo, i pregi di quest' opera, destinata ad essere non pure pel popolo, ma aoche pel clero una ricca miniera di scienza too- rica e pratica in tutto ci6 che spetta a Dio, all'uniyerso e al- 1' tiomo, riguardato m-1 duplice ordine dulla natura e della grazia.

L1 opera an/idetta e ri partita in quattro voluiiii; nel primo de'quali il ch. Autore espone il Simbolo apostolico; e dopo due istruzioni preliininari, nelle quali chiarisco 1' Mea del vero cri- stiauo e del suo fine, e addimostra la necessitii e Tobbligo che

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gli corre d'istrnirsi nella cristiana dottrina, entra in argon, e tratta della natura di Dio uno e trino, de'suoi principal! at- tributi e delle sue operazioni nel duplice ordine naturale e so- vranaturale. Qtiindi scendendo dal Creatore al create, discern; dell'esistenza e natura degli angeli, della caduta di una parte di essi, del potere e deile operazioni degli angeli bnoni e rei in relazione a noi.' Poscia viene a ragionare dell'uomo, della sua creazione, della natura dell'anima, dello stato primitive d'innocenza, in cui Dio avealo creato, della decadenza del- 1'umana natura pel peccato, della trasmissione della colpa ori- ginale in tutta 1'umana stirpe, della necessita e promessa di un Riparatore e della sua lunga espettazione. Tutto questo gli fornisce materia di 15 istruzioni, le quali hanno per oggetto 1'esposizione del primo articolo del simbolo apostolico. Nelle se- guenti istruzioni fino all'ultima, che e la quarantesiina, egli toglie a spiegare la grand' opera dell'umana Bedenzione; de- scrive i caratteri e gli attributi del Messia, o di Gesu C. S. N; tratta della sua duplice natura nell'unita di persona; narra la sua vita privata e pubblica, terrena e celeste, traendo da tutto pratici ammaestramenti e utilissime riflessioni; ragiona della se- conda venuta di Cristo a giudicare il mondo; discorre della venuta dello Spirito Santo e degli effetti e de'doni suoi, della Chiesa cattolica e di quanto si attiene alia sua divina istitu- zione, natura, autorita, forma, e alle note che la contrassegnano, e alle sue relazioni colla societa civile, o collo stato; e final- mente tratta di quanto in lei e per lei riceviamo, e che forina il soggetto degli altri articoli del simbolo.

Questa trattazione, solo accennata pei sommi capi, & come il sugo piu vitale della cristiana teologia, attinta dalle fonti piu sicure e accomodata alia comune intelligenza. Vogliamo solo n<>- tare che nella esposizione dell' articolo XI sulla Eisurrezione della carne, certe espressioni dell'Autore non debbono essere in- tese in senso assoluto, quasi che fosse per esigenza della natura aU'uomo dovuta; ma cosl solo, che essendo essa un dono gra- tuito e soprannaturale (come prima aveva gia mostrato) e pure ristaurazione dell'umana natura nella sua integrita.

In tutta questa trattazione poi, all'istesso tempo ch'egli espone

DD

:a della fede, non la^i.i mii <\\ r .nfntare gli errori con- le atee e panteiste teorie iu Toga a dl nostri. e il m;i- terialismo e il natural ismo moderno, como altresl le eresie d rhi-se da noi dissidenti.

II secondo volume delle istruzioni d T esposizione del Decaloyo e do'Precetti della Chiesa, o un trattato di morale cristiaua; al qnale egli ha dato tale ampiezza, che esso abbraccia non so- lamente tutti i doveri deH'uomo e del cristiano, come porta •«)sso argomento, ma quanto ancor si riferisce agli opposti principii e alle erronee massime della cos! detta moral civile, e allo conclusion! che ne traggono gli anarchici della eta nostra, i quali osteggiano 1'istesso principio di autorita, donde emana la legge. II perch& ognun vede quanto torni con qnesto la sua trattazione piu interessante e piu acconcia ai bisogni dell' eta nostra. E per toccare di qualche cosa in particolare, trattando il ch. Autore dei doveri verso Dio, condanna siccome atto contrario alia religione eziandio lo spiritisiuo, il quale, quando non 6 impostura, 6 al certo magla. Nell1 esposizione del quinto precetto mette sott'occhio tutta 1'enormezza del suicidio e del duello; nella dichiarazione del sesto enumera le cause della ere- scente piena d'i in moral ita che allaga il mondo; e in quella del settimo precetto rivendica contro le false teorie del socialisino moderno il diritto di proprieta; cotalch^ alia parte didattica egli sempre associa la polemica, secondo che richieggono le esigenze de' tempi in cai viviamo.

Nel terzo volume tratta de'sacramenti, massime della euca- ristia e della penitenza; perchd questi due furono presi special- mente di mira dagli eretici e protestanti, i cui sofisiui e cavilli egli risolve e riduce al niente con molta vigoria, chiarezza e copia di argomenti, tratti dalle scritture, dai Padri, e dalla tra- dixione costante della Ghiesa.

Nel quarto ed ultimo volume compendia le altre parti del ca- techismo relative alia preghiera, alle virtu toologali e cardinal], alle opere di misericordia spirituale e temporale, al peccato in genere e in ispezie, o ai peccati capital!; e conchiude 1' opera con un breve trattato intorno alia beatitudine, sia terrena, qual 6 quella che il mondano agogna, sia celeste, a cui il cristiano

anela, e alia qnale ogni uomo dovrebbe aspirare. L'abbondanza del la raateria, condensata in quest'ultimo volume, non nuoce pun to alia sua integrita, avendola il ch. Autore trattata con quella pie- nezza, che nulla lascia a desiderare di quanto fa bisogno sapere, e insieme con quella brevita che non pregiudica alia chiarem, ma per 1'opposto n'addoppia lo splendore, come la convergenza de'raggi luminosi, i quali in un sol punto o foco s' incentrano.

Da questa breve rivista di un'opera si piena e si ben condotta, e agevole inferire il merito della meiesima, e il grandissiino frutto che se ne possono ripromettere coloro che si faranno a leggerla e a studiarla.

II.

Theologia Mwalis, Auctore AUGUSTJNO LEHMKUHL Societatis lesu

Sacerdote. In gr. di pagg. XX-783. Friburgi Brisgoviae

sumptibus Herder 1883. Vol. I.

II Rev. P. Agostino Lehmkuhl della Compagnia di Q-esu ha pubblicato il primo volume della sua Teologia morale in latino. A nostro parere 6 questa un'opera che merita altissima com- mendazione, per essere una delle migliori che furono stampate in questi ultimi anni. II chiaro Autore era gia altaineute e con ragione stimato fra'dotti, speciahnente in Germania; ma que- st'opera gli acquista da per tutto una peculiare rinomanza. Di- mostra egli vastissima erudizione dei vetusti dottori e dei mo- derni che hanno fatto lavori di morale; saggio e prudente seguace di tanti valenti dottori che illustrarono il suo ordine, e nolle sue dimostrazioni sodo, schivo delle pericolose novita, tutto amante della verita, nulla vago di campeggiare come inventore di novelle dottrine. Ma non vorremo che questo generale encomio fosse preso quale un biasimo di altri valorosi scrittori di morale, dei nostri giorni. L'affermazione non £ esclusione ; e a ciascuno vada pur la meritata lode : cuique snum.

Egli fra'suoi maestri anzitutto ha TAngelico Dottore san Tom- maso; trae tesori di dottrina dai grandi moralisti scolastici, e comeche tenga in altissima considerazione sant'Alfonso, com' e di dovere, pure da ancora agli altri dottori receuti il dovut3 onore e ne rispetta 1' autorita. Quindi 6 che molte question! le quali sono troncate da altri con leggerezza soverchia, da lui sono

'PA ITALIA

trattate e disciolte con molta ponil»-rat-/.ai e 8enno. Per6 diciamo ;>era fara assai bene potissimamente in Germania, n-'lla quale comechd veggansi pubblicate opere moral i di un qnal- che valore, tuttavia in generate si mostra una tendenza a cid che dicesi tuziurismo, che pud recare non piccoli guai.

Tratta assai bene la dottrina del probabilismo, e diiuostra che qnesto e il sistema adottato nella Chiesa fino ab antico, ch' e quello di sant'Alfonso e che sopra inconcnssi fondainenti e sta- bilito, contro il quale nulla possono le diflicolta dei sofisti. Gi piace che egli lo stabilisca come un corollario del gran principio che Itx vere dulia non obligat: principio inconcusso. Per lo che come la legaje non e dubbia per futili motivi che contra la sua esistenza vengono mossi: cos! non vuol dirsi probabile una sen- tenza per la quale stanno ragioni di poco o niun rilievo, cosl che non sieno nieritevoli che uomini saggi e prudenti le apprezzino.

Assai bene da al principio del probabilismo una estensione assoluta nel campo della liceita delle azioni, ma non fuora di esso, doe quando si tratta del valore oggettivo delle stesse azioni. Ne cid vuolsi considerare come una restrizione del sog- getto cui debbasi applicare il principio, si piu presto come una determinazione specifica del soggetto stesso. « Quae compluribus, dice egli, scriptoribus tanquam exceptiones a probabilismi licei- tate statuuntur, vere exceptiones non sunt, niulto minus defectio a regula probabilismi, sed solum veri sensus probabilismi declara- tio (pag. 65). » E TAutore ha tutta la ragione di dire cosl. Infatti poniamo che a me sia probabile che Tuna e 1'altra strada mi conduca ad un sito determinato : arrivero io a tal site qualun- que delle due io prenda? no davvero ! ma arriverd se prenderd quella che e proprio, in s^, diretta al sito determinato. Laonde per operare con prudenza eleggt>rd la strada ch'e piu sicura ai mio scopo. Cosl qnando c'e obbligazione di ottenere un fine de- terminato, v' 6 obbligazione pure di usare quei mezzi che sicu- ramente ce lo ottengono: e, se non gli abbiamo alia mano, dob- biamo adoperare quelli che con maggiore probability ci conducono. Quindi malamente altri discorrerebbe cosl: d dubbioso che con questa medicina resti guarito Tinfermo, dunque posso adoprarla, lasciatu da parte una piu sicura che ho alia mano. II proba-

RWSTA

bilismo qni non c'entra: perche non e dubbia qui, ma 6 certa la legge che vi obbliga a procurar la sanita del nialato con quei mezzi che sono sicuri, se gli avete alia raano, e a non metterla a repentaglio con mezzi incerti. Se si potesse avere come certo questo principio: e incerta 1* obbligazione di non usare mezzi meno sicuri per ottenere la sanita, in presenza di piu sicnri: allora ancor qui il probabilismo si potrebbe api>li- care; ma codesto principio, e falso, ed e certo invece 1'opposto. Cos! dicasi in raolti casi che spettano all'uso dei sacramenti ecc.

Se non che non veggiamo chiaramente come con la esatta dottrina dataci del probabilismo si accordi quanto dice piu sotto (pa?. 89), dove non osa tacciare d'ingiustizia il confessore che obbliga il penitente a seguire la propria scntenza piu probabile lasciata la sua veramente probabile.

Noi crediamo che la logica non voglia mai nuocere; e questa c'insegua che dal vero non pu6 mai venire una falsa illazione sebbene talfiata per accidens venga una vera illazione dal falso. Ora ben ci dice 1'Antore che « male et INIUSTE agit, qui poeni- tentem sub incommodo denegatae absolutionis cogere vult, ut re- licta sua probabili opinione, quae confessario non placet, buius sententiam sequetur. Poenitens enim, si sequi vult probabileni opinionem et alias dispositus est, post confessionem peractam jus habet absolutionis. > Noi conceiiamo che possa il confes- sore esortare il penitente a seguire quella sentenza che a se & piu probabile abbandonando la propria veratneute probabile, anzi assai spesso conviene al bene del peniteute inculcare la tu/iore specialmente in certe materie, come santamente osserva il Liguori (lib. VI, n. 605). Ma mettere innanzi al penitente il dilemma ; o seguite la raia piu probabile della vostra o vi uego 1'assoluzione, questo non ci par conci Habile coi prefati giu- sti principii del probabilismo. Nondimeno nelle parole dell' Au- tore v'e qualche oscurita (n. 5), e forse non intese di dire tutto ci6 che sembra a prima fronte ch'ei dica con questa frase: « Si sententia communior (vel probabilior) contra poenitentem est, atque contraria (licet etiam satis probabilis videri debeat sive propter auctoritatein sive propter rationes) confessario non pro- batur: non puto constare de iniustitia, qtiando contra poenitoii-

'..LA STAMI'A ITALI\

litnr, Ma ii'-n si farcbbe i :ia a chi

«j si nega al medesirno rassoluzione ? sono termini relativi: e per6, se daU'nna parto sta il ilirittn, 1'officio giuridico non pn6 mancare dall'altra.

fi il ch. Autore molto retto nell'applicuzione del probabilisino

alia pratica e con molta prudenza da la sua opinione intorno

a certe questioni cho poco agitarono i vetusti dottori, ma molto

agitano i moderni, quali sono per esempio quelle che hanno re-

la/.ione all'aborto, alia craniotomia, ed altro tali. Soltanto ci sia

lecito qui afTermare che presa la parola concezione nel senso in

cui la prende 1'Aquinate, cioe per 1'unione del Zoospenna con

1'uovo materno, e la parola animaziono nel senso dello stesso

santo dottore, cioe per la creazione deU'aaima razionale e 1'unione

della medesima col corpo umaoo, il dire che questa concezione e

animazione vengono identificate, cosi che nell'istante medesirao

in cui e la priina sia an cor la seconda, e sentenza non solo im-

probabile, ma assurda. ft incerto il tempo che corre dall'una

aU'altra, quindi possiamo tollerare che altri pensi che quando

il feto e vivo od animate siavi 1' anima razionale in esso, ma

il dire che nel primo istante della generazione sia il feto vivente,

senziente ed uomo, non pu6 passare; non ci essendo punto di

organisiuo come il fatto lo mostra: e Torganismo e indispensa-

bile alia vita. E qui calza la similitudine dell'uovo degli uccelli,

fecondato, nel quale v' e la concezione nel senso di San Tommaso

e quindi v'e il vivente in virtu; ma puo passare parecchio tempo

priina che il vivente sia in atto. Nun si puo poi dire omicidio se non

1'uccisione di un uomo, ne vi potrk essere omicidio vero nell'aborto

in cui viene espulso ci6 che ancora non e vivente, e a fortiori

o uomo; a cotesta colpa altra denoininazione' ci vuole. E questa dottrina ha fondamento anche nel testo Biblico Esodo XXI « Qui percusserit mulierem praegnantem, et ilia abortum fecerit, si foetus erat formatus, dabit animam pro anima ; si nonduni erat foruiatus, nuilctabitur pecunia. > Qui e supposto che talvolta ci sia il feto senza anima razionale, e che 1'aborto non sia omicidio. L'Autore lo chiama homicidiitm anticipatum: ma 1'aggettivo 'urn non e acconcio; perche Tessere una cosa anticipata, non cessa di essere quella che d. E nel caso non e anticipate

Stri* XJI. vol. VI. fate. 26 aprile 1884

I',.", j niVISTA DELLA STAMPA ITALIANA

ma simpliciter non sarebbe omicidio. Se non che quantunque dobbiarao dire certamente falsa, e contraria alia filosofia vera, quella sentenza che 1'Autore dice oggi piu comune, cioe che oyni embrione sia animate per anima razionale, tuttavia, per do che si attiene alia pratica intorno alia reita deli'aborto, lodiamo la dottrina prudente e giusta del ch. autore.

Commendevolissimo e il trattato de bonis externis cio& de iu- stitia et iure. Eziandio in questo, come negli altri, fa pruova di grande erudizione degli antichi e dei moderni dottori. Coordina egli le question! secondo i varii diritti germanici; cio& dell' Au- stria, della Prussia, della Baviera, avendo anco riguardo al Ro- mano, ed al Gallico : n6 lascia di toccare, all' occasione, le que- stioni sociali che hanno a' nostri giorni rapporto con la morale.

Compiuta 1' opera colla pubblicazione del secondo volume (e 1'aspettiamo con desiderio) sara essa di un vantaggio singolaris- siino pel clero, pei professori ed anco per li discepoli. Tuttavia crediamo di non andare errati dicendo che essa e un po'troppo estesa perch6 sia adottata quale corso d' insegnamento nelle scuole dei Seminarii, nei quali alia morale troppo poco tempo viene con- cesso. Ma anche dato ci6, quest' opera & degnissima, a preferenza di altre assai, di stare nelle mani dei discepoli per essere con- sultata e in private anco studiata.

Quando 1'Enciclica Aeterni Patris che ha ii diretto suo in- flusso nella filosofia, otterra anche 1' indiretto (che pur le com- pete) nella teologia, allora parecchi trattati che si svolgono solo nei corsi di morale, saranno con profonda scienza, come una volta, trattati scolasticamente nei corsi teologici. In tale ipotesi esor- tiamo il ch. Autore a prepararci un corsetto di morale compen- diata, simile a quello del Busembau, immortalato per lo pregio in che 1'ebbe sant'Alfonso Maria de'Liguori. Cosa agevole sara questa per lui, che tanto senno, erudizione, e, nella scelta delle opinioni, tanta prudenza ha dimostrata nell' opera qui da noi commendata.

N. B. Uno studenle di filosofia della rnivi-rsita di Torino ci fa saporr prof. D'Ercole, della cui opera filosolica facemmo una Ilivista critica in1! qoademb precednntp, non c ex prclc, n<' drpntntn. Gli ivndiamo prazic pnr ijiiosta noli volentieri confessiamo di avur preso un abbaglio confondendolo con altro dello si cognome.

BIBLIOGRAFIA

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ETTI SALVATORE La illustre Italia. Dialoghi di Salvatore Belli. Volume primo. Torino, 1884, lip. e libr. Salesiana. In 16 pice, di pagg. ?24. Prezzo cent. 50.

BONAVENTURA DI S. FRANCESCO -- La voce di Dio nella cata- slrofe d'lschia. Considerazioni di Fr. Bonaveotura di S. Francesco de'frali Bigi. Terza edizione. Napoli, tipograQa edilrice degli Accat- toncelli, 1884. ID 8, di pagg. 84. Prezzo L. 1.

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BRIGANTI ANTONIO Studio crilico sulle relazioni giuridich^ fra Chiesa e Stato dell' onorevole Stefano Castagnola ; per mons. Antonio Briganli, Arcivescovo lilolare di Apamea. Roma, lip. Poliglotta drlla

. di Propaganda Fide, 1884. In 16, di pagg. 404. Preizo L. 2 II ch. monsignor Briganli toglie ad moderata, e ne prornuove i principii \> 'J esaminnro un opnscolo del deputato Ca- rovinosi, pur facondo mostn non solo di In, pubblicato da queslo col litolo rispettare la Chiesa, ma di volerne tnio-

•:hf fra la Chiesa lare, entro i proprii timili, come il; e Jo St'tto. II Cistagnola appartiene a veraci diiitli. 11 coucetio intorno a cui si I libcnlismo die dices! aggrnppano le sue doltrino, si ria>sume

B1DLIOGRAFIA

ri'lclin- luniiiila ili-lla dello Stato dalla Chiesa: lo Slato. il cui line e qui-Iln il procurare la feliciia lem- porale dei suoi suddili si sludii di pro- curare cotcsta feliciia con tutli i nxv.xi che ha alia mano, lasciando chc la Chiesa il cui fine e procurare 1'elcrna felicita di coloro che in lei credono, metta in opera i mezzi di cui pun disporre per guidarli a questa meta: cosi le due societa non verranno mai a confondersi, e si evite- ranno le collision! necessarie a scguirne nel sistema contrario. II sovralodato Mon- signore fa una minuta analisi di qucslo concetto fondamentale, delle dottrine die con essa si collegano e delle consoguenze che ne derivano; facendone risultare ad evidenza che un tal sistema, considerate in se stesso, cioe nelle condizioni normali di una societa cristiana, e in conlraddi- zione coi principi anche di ragione na- turale, quindi sovverlitore dell' ordine,

natura umana; e ricsce iilliinaiiiotile nib

mo <• srliiavitii il-!!;i Chi' - potendo i siioi diritli e IP siif rispoiiaii c mollo nn-no tutelali da una autorila che la sconosce. K superlluo dire c.lic I'lv'tvirio Autore con quella foi7.a di logica e lucidila ill discorso con cui dimostra la sua tcsi, confuia pari- mente gli speciosi sofisnii dcll'au. non mancando dall'altra parte di ii-m-i- conto delle special! condizioni di quei pacsi, nei quali la diversila delle credenze ivi stabilite, rendono necessaria non come principio, ma sol come ipotesi, una diversa applicazione delta dottrina cattolica. II libro deH'illuslre Monsignore, si per la materia che tratta, come per la sodezza della dottrina e il vigore del ragionamento, riuscii-a utilissimo a tutti coloro die amano formarsi giusti concetti inlorno ad un soggetto cosi variamente agitato in quest! tempi.

posto da Dio autore e riparatore dclla

GANGER FERDINANDO. Alia raemoria del P. Enrico Ramiere d. C.d.G.

Gompianto e lode del P. Ferdinando Ganger d. m. C. il di XXII gen-

naio 1884. Napoli, pei tipi dei fraielli Brancacdo, Largo e Palazzo

Avellino, n. 4, 1884. In 16, di pagg. 16.

La morle immatura del P. Enrico Ra- forze cattoliche, collo scopo di ottencrc

da Dio abbondanti grazie nei present! bisogni della Chiesa e dei singoli fedHi. II ch. P. Ganger nell'annunziato breve discorso ce lo rapprcsenta nella sua vera fisonomia, cosi come uomo privato adorno delle virtu proprie del sno state religioso, come in qualita di persona pubblica nelle operc di zelo, compiute con instancabile ardore per la gloria di Dio e la salute delle anime. Ne consigliamo la lettnra,

miere d. C. d. G., avvenuta il 3 gennaio di quest'anno, e stata un lutto non solo per la Francia cattolica, ma per molte altre nazioni dove si estese il suo zelo apostolico con iscritti pieni di dottrina e di pieta, diretti a propagare le pratiche pia sostan- ziali della nostra santa religione. Specia- lissima fra quesle fu la divozione al Sacro Cuore di Gesu, che egli per molti anni e dentro e fuori la Francia promosse am- piamente con un suo riputatissimo pe- riodico; del quale si fecc anche strumento per attuare la pia Associazione dell'^po- stolato della preghiera, c con cui si

anche perche quell' ultima impresa, ch^ gli costo per piii anni tante preghiere e fatiche, possa trovarc un numero sempre maegiore di aderenli.

adopero di collegarc insieme tulle le

GAPSONE GIUSEPPE -- Vita della serva di Dio Camilla Rosa Gri- maldi terziaria professa dei Ministri degl' iofermi, scritta dal confes- sore di lei P. Giuseppe Capsone tiel medesimo ordine, e dedicata al

Bolognn

\\\\ Volturno, n. 3, 188 i. In Hi, di pagg. •/o L, :i.

IE his pnpscriim temporibus accommodati,

propositi ac resoluti, cura et studio 1'. V. moralis ihcologiae professo-

I'ars prima: de liberalismo. BruxcUis, typis Alfredi Yromant, 3,

::. M. Virginis, 1884. In 8, di pagg. 412. La pi-sip principle dei nostri tempi circostanze die occorrono alia giornata.

isenza dibkfo il MbenlboM: il qoile, in- teso nel senso die ora qupsto vocabolo ha uiiivfrsalni'-iiti' rii-evnto, non e un [vmicolare, ma pud dir*i come la sintesi di tuiti gli error! contro lo verita pia IIP .-uanlanti 1'ordine so-

i- morale. Ne basia: il libe- nlismo, in quanto si«tema morale, puo dirsi conic I'anima di.lutti i govern! am- inod-Tni!'. die i'- (juanto dire di tutli i

'i'-l mondo civile. D' onde il con- tin un scontro delle roscienze calloliche nei molteplici casi della vita civil", scmpro in pericolo o di mancare ai proprii doveri o, per silvarli, meltere in pericolo gli tnteressi privaii c citiadini. Kra percio neecssario uno studio non solo trorico ma principalmenle pralico, col quale ve- nisse chiarita ampiamente la natura del liberalismo, la sua opposizionc contro le vcrita iii^ I'nate dalla Chiesa, gli errori principali die quesla ne ha condannati, e linalmi'ntc le obbligazioni dei caltolici di

-otto (juesto rispetto fedeli agli insegnamenti ed alle prescrizioni delta Qiiesa stp««a. K ijuesto fa appunlo I'l1^1'1'- gin A more della presente opera, della <|iialr ha oi-a messo alia luce la prima l.'lin inlilolata Casi di coscienza, pen-lie, como abbiamo accennato, il MIO scopo i <|uello di dare ai fedeli,

iin iitr ;ii direttori dellc loro co-

Le sue risoluzioni si fondano sempre sulla p;«rto dottrinalc. Questa e dcdotta dalle font! piu sicure, e gli lien luogo di scoria fedele neU'esaminar cho fa le svariatissime quistioni praliche die si propone, per in- ferirne una couclusionc certa od almeno probabile per norma delle coscienze. La materia e copiosissima, e quindi non ci e permesso di esporla nelle sue particolarita. Ci bastera, perche se no intenda la impor- tanza, registrare i cap! principali dei casi di coscienza die sono i seguenti : De na- tura liheralismi De nomine sen ap- pellatione libcralis De interrogandis et absolvendis liberalibus in confes- sions — De monendis liberalismo in- fectis De cooperation* in tiberalismo acprimum per epfiemerides liberates De cooperatione in liberalismo per electiones deputatorum De coope- ratione in liberalismo per deputati oflicium De cooperatione in libe- ralismo per quaevis oflicia pubblica De cooperatione in liberalismo per tcholas officiales De cooperatione in liberalismo per iuramentum poli- ticum De cooperatione in libera- lismo per societates secretas De cooperatione in liberalismo per festa civica, ubi et de chords ac specta- cults De cooperatione negativa in liberalismo.

Li -icura nelle molteplici

GIPAM (1. 15. Sandro; ossia le vicende d'un giovane operaio. Rac- conto domestico. Torino, tip. Giulio Speirani e figli; 1883. In 16,

di {>!_'.:. -J'.IS. Prezzo I.

'l-l prevnie raccnntu dp<irn in?p?no, educalo piamente dalla e un di ottima imlole, di buona sua mad re, e die in virlii di <|U"»ii

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niBLIOGRAFIA

sui progi assai preslo c inolio >i v;»nt;i;.r!;i('» nella sua modesta carriera. M,i ogli diedo incaulamente nella rcte, tesagli perfida- mentc da un suo compagno e dalla fami- glia di costui; o di quell' ottimo die era, a poco a poco divenne pessimo, sino a cader nelle man! delta giustizia. La incolta sven- tura, il disonore in parte immeritato, la scoperta del tradimento gli apersero gli

GORLUY GIUSEPPE Joseph! Corluy S. I., in Collegio Lovaniensi Societ. Jesu S. Scripturae Professoris, Spicilegium dogmatico-biblicum, seu Coramentarii in selecta sacrae Scripturae loca quae ad deroon- stranda dogmata adhiberi solent, in usum praelectionum et conferen- tiarum sacerdotaliura. Tomus primus, Gandaw.excudebat C. Poelmau, typographus 111. Episcopi, 1884. In 8, di pagg. 524. Lo scopo cho con quest' opera si pro- in parte a mancare ad allre question!

occhi; e linalmentr Pamore !'-il,i m.nlre c lo zelo opcroso del suo parroco lo ri- condussero sulla buona via. Lo scopo mo- rale, che k quello di mrU-ro sull" gli operai, e generalmentu i jriovani con- tro le art! seducenti dri pcrversi com- pagnie molto bene raggiunto coll'ordito del racconto, con bell'arte condotlo sino alia sua felice soluzione.

pone il cli. P. Corluy, 6 quello di por^ere un valido aiuto ai professor! di teologia per la parte del loro insegnamento che riguarda la pruova dei dogmi, dedotta dalle Santc Scritture, e la soluzione delle difficolti che dagli avversarii sono lolle dalla medesima fonte. La necessila di tale aiuto si fa manifesta a chi per poco con- sider! il vasto compile imposto a chi ha P incarico di insegnare la sacra teologia, con quella vastila e pienezza che esige questa regina delle scienze. Essa deve abbracciare due ampissimi campi, in altri tempi separati fra loro, quello cioe della teologia positiva e polemica, e quello della scolastica. La posiliva, per cio se- gnatamente che riguarda la piena e per- fetta intelligenza dei luoghi delle Sante Scrittnre, esige gran tempo e lunghi

anch' esse di massima importanza. Or ecco: il P. Corluy si prende egli 1'assunto di chiarire per mezzo di un e^atla e piena esegesi tulti i luoghi delle divine Scritture che hanno atlinenza coi dommi rivelat", dei quali si suol trattare nella teologia. Noi abbiamo esaminati i non pochi che formano la materia del presenle volume, e riguardano i trattati della Chiesa e del Sommo Pontefice, dell'Unita o Trinita di Dio, di Dio Creatore; e in queslo segna- tamente le profezie speltanti al Possiamo affermare che il ch. A u tore adempie con usura la sua promessa, nulla di meglio potcndosi desiderare si dal lato della dottrina e del criterio csegetico, e si dolla logica, di cui si fa un'arme po- derosissima nell'usarede' luoghi esaminali a conferma e difesa de' dogmi.

studii ; i quali per conseguenza, verrebbero

CEOCIATE (LE). Trattenimento accaderaico per la distribuzione dei premi agli alunni del ven. Seminario Arcivescovile di Genova, fatta da Sua Ecc. Revma Mons. Arciv. Salvatore Magnasco, il XXI feb- braio MDCCGLXXXIV. Genova, tip. Arcivescovile, 1884. In 16, di pagg. 104.

CURJi! Allocutions prononcees dans la Ghapelle Royale de Frohsdorf apres la raort de M. le Comte de Cbambord, le 26 aout et le 2 septerabre 1883; par M. 1'abbd Cure, Aumonier de Monsieur le Gomte de Ghambord. Pam, librairie catholique Internationale de louvre de S.-Paul, 6, rue Cassette, 1884. In 16, di pagg. 30.

BBUOMAfU

> Y/.'Qiristi, lihri qu.ittior. Nun\ lata, ii)>li<>M| Tii'irini, •'<(. iVtnis Marit'tl:

i-iv., 1884. In 3*2, di pagg. 236. Prezzo cental mi Mi. >pi«' I.. .">, 100 copie L. libihi ancora presso L. Manuelli

lihraio in Firenze.

DI G1ROLAMO BIAGIO Trionfo della Chiesa cattolica sul liberalismo moderno; ossia apologia della vera Chiesa di Gesii Cristo, contro gli errori che il nuovo liberalismo ha riprodotto dal proteslantesimo e da fonti cotali, per IMagio Di Girolamo, Parroco di Villaricca ;Archi- diocesi di Napoli) e doltore in Sacra Teologia. Parte seconda, vol. 4, sezione 1.* Napoli, tipi Ferranle, Vico Tiratoio, 25, 1883. In 8, di pagg. 640. Prezzo L. 4.

Vll'.mtiim/i.irv i precedent! volunii di nella sostanza non puo variare, quanto quest' opera (vedi quad. 745, pag. 87-88; nel confutare le obbiezioni che la moderna quad. 7 fin, pag. IM ; quad. 787, pag. 92) incredulita muove per divers! cap! contro esponemmo il nobile scopo, cheilch. Au- la fede cristiana. II soggctto della pre- tore si propose nel mettervi mano, la sente trattazione e cos! formulato dallo vastita della materia che gli convenne ab- slesso Autore. c Dei motivi di crcdibiliu'i bracciare per ottenerlo, 1' ordine con cui esclnsivamenle proprii della sola vera la veniva divisando, e la solidila d-lla Chiesa di Dio che e la cattolica; delle doltrina onde in ciascuno dei detti TO- sue note e proprieta; della Chiesa as-eni- lumi diede splendida pruova. In queslo brata in uno, cioe dei Concili Ecumcnici, quarto volume entra piii direttamente nel dell' ordine sacro, della susj)ensione, irre- soggetto, poiche prende a dimostrare, che golarita, deposizione, degradazione e dei 1' unica vera religione 6 la cristiana, della vantaggi del sacerdozio cattolico. > Con- quale 1' unica vera forma e la Chiesa cat- cludiamo anche ora col niccomandare a tulica apostolica romana. Non ci e punto ogni classe di colte persone di aiutare necessario enlrare nei particolari: ci basti colle loro soscrizioni quesi' opera di zelo dire che 1' egregio Autore, avvalendosi de- dell'egregio parroco, acciocch6 possa con- gli argomenli usati gii dagli altri apolo- durla feliccmenle a buon lermine. A tal gisti della cattolica verita, sa dare ad ess! fine potranno esser provveduli da In! me-

(una fisonomia tutta propria per I'eia mo- desimo del programma di associazione. dcrna, non tanlo dalla parte positiva, che

GIALDINI M. FELICE -- 11 mese di Aprile dedicato al glorioso Pa- triarca e taumaturgo san Francesco di Paola, fondatore dell' ordine de1 Minimi; per MODS. Felice Gialdini, Vescovo titol. di Dioclea, e coadiutore di Montepulciano. San Quirico d'Orcia, tip. di Francesco Turlianti, 1884. In 16, di pagg. 114. Prezzo cent. 30. II presente libretto molto opportune per onorare il Santo in altri tempi di-1- per onorare con devoti ossequi il tauma- 1'anno. Esso contiene, per ciascun giorno turgo S. Francesco di Paola nel mese di del mese una acconcia considerazione so- aprilc a lui consacrato, ci egiunto troppo pra la vita e le virtu del Santo, un esem- tardi per aniiunziarlo a tempo debilo ai pio ricavalo dalla medesima fonte, ed un suoi devoti. I: n-rira per aliro allo stesso ossequio da praticare in suo onore. modo opp !ii volesse sen'irsene

:;r,0 BIBLIOGIUFIA

IOSA ANTONIO MARIA Legenda sou vita et miracula Sancli Au-

tonii de Padm, saeculo Xfll* coocinnata, ex codice membranaceo

Antonianae Bibliothecae, cum altera brevi eiusdem Sancti vita, de-

sumpta, notis illustrata, et nunc primum edita a P. M. Antonio Maria

losa Min. Conv. eiusdem bibliothecae praefecto. Accedunt sermones

eiusdem Sancti in solemnitatibus Ascensionis D. N. I. C., Pentecostes,

S. loannis Baptistae, et SS. Ap. Petri et Pauli hactenus inediti, et

ex membranaceo codice deprompli, qui ipsius Sancti manu recognitus

inter sanctorum reliquias in eius Basilica asservatur. Bononiae, ex

typographiaPontificia Mareggiani,MDCGCLXXXlII.In8,di pagg. 184.

Nel titolo e abbastanza espresso il con- e gli scrittori di esse furono contempo-

tcnuto di questo prezioso volume, dato ranei del Santo. I Sermoni poi, che sono

alia luce dal ch. P. Antonio M. losa. Esso soltanto le tracce di alcune sue prediche

sari caro non meno ai dotti chc alle per- ci danno un qualche saggio di quella si

sone pie. Le leggende difatti sono le due meravigliosa eloquenza, che commovcva

•vile del Santo piii antiche e piii veritiere; le intere cilli ed operava prodigi di con-

poiche, come il ch. Aulore dimostra con version! universal men te ne'popoli.

argomenti cerli, risalgono al secolo XIII

LORINI ANGELIGO II Gacciatore del Mugello. Racconto di F. An- gelico Lorini de'Servi di Maria. Camaiore, tip. Benedetti, 1883. In 16, di pagg. 330. Prezzo lire 1. Vendesi in Fireuze alia libreria di Egisto Gini, Via Ghibellina, 114, in Viareggio alia cartoleria di A. Graziani, Piazza S. Andrea.

il ch. Autore ha voluto coU'annun- di Dio, si converte dai mail passi, e di ziato racconto proporre un esempio della principio Ad una vita di rinnovamento divina misericordia nel ricondurre le cristianoconoperediesprazioneedesercizii anime traviate sulla via della salute. II di virtu. L'Aulorc, nelP esporre il novello protagonista e un giovane scapato che tenore di vita del giovane penitento, prendc colla scorretta sua vita era lo scandalo occasione di spiegarc varii tratti d'-lla del paese: ma finalmentc conquiso da uno sacra liturgia, piu atti a sollevare 1'anima di quei colpi che sono insieme gasiighi a Dio colla contemplazione delle cose ce- della giustizia ed inviti della misericordia lesti che rappresentano.

MARONE P. VIRGILIO --La buccolica di P. Virgilio Marone, eon note italiane per le scuole, a cura del Sac. Gaetano Deh6, insegnante umane lettere nel Seminario riminese. Faenza, dalla tip. di Pietro Conti, MDCCGLXXXIII. In 16, di pagg. 137.

II ch. Autore ha inteso con queslo cui quelle porgonoil fondamento. NV1 die suo lavoretto agcvolare ai fanciulli Tin- ci sembra che sia riuscilo assai bcno, telligenza delle Egloghe virgiliane, fame traendo partito dai varii commenlaiori guslare il bello, anche col paragone dei e traduttori del latino poela, e da cia- greci poeti imitati dal Mantovano, e final- scuno di cssi cogliendo il Core, mente aprir loro la varia erudizione a

MAZZANTI ALBERTO Vita di Suor Maria Grocifissa Montebugnoli, monaca Agostiniana, nata nell'Archidiocesi di Bologna il 5 novem-

ISM! «• n^rii il 23 .-ijTil- ! i di San Giovanni

.li I'orlimpopoli ; smti.-i rto Ma/nnti sacerdote della

1 Airhi'l "i/i, tip. Pontificia Mareggiani, 1885. In

1',. pic,-., di pagg. 180. 1'rezzo L. 1, presso la Lit>reria Mareggiani in Bologna a sussidio delle povere monach •.

'iii pun dirsi siraordinario nella quelle anime, delle piii segnalate senza

vita di qiiistn s-rva di I>io, non sono opere prodigiose per le quali la saniit;i >i ivndc nmmirabilc anchc agli occhi del moudo, ma cln- tuttavia non ne fornnno la sosianza; piottosto quel con- tinno esercizio di vere c sode virtu, pra- licale costanlemente, e delle quali acqui- sti'i il possesso sino al grado eroico. Di <|ucs(e furono ammiratrici le sue conso- relle (-he eblwro sempre in lei, nelle va- ne cariche che esercilo, o come snddila o come snperiora, un perfetlissimo mo- dello di rcligiosa pcrfozionc. Ecco una di

dubbio, ma chc pure ha infinite altre. compare b-nrhe non nel grado mede- siino, nella stessa profcssione di vita, le quali il mondo ha in dispregio e cosi iuiquampnte perseguiia, sino a ridurle colle spogliazioni all'estrema mi^eria. Ep- puro, come I'Autore di questa vita egre- giamente osserva, a queste creature in- nocenti, che imiiando il divino sposo si olTrono a lui vitiimo di espiazione, il mondo va forse debitore, se gli sono risparmiati dalla divina giustizia estremi Hagelli.

MOLA CARLO II Mese di Maria in fami^lia. Considerazioni del P. Carlo Mola dell' Oratorio. Napoli, tip. dell'Accademia delle scienze diretta da M. De Rubertis, 1884. In 16 pice., di pagg. 214. Prezzo L. 1.

11 motodo chc scrba il cli. Autore in

suo mese di Maria e diverso nella funn.i da qucllo che comunemcnte si ado-

"i molio opportune all'uso cui e dpsiiiiato, delle famiglie cristianc. Esso e composto di altrottanti tratlenimenti ira la Verjrine Sanlissima e il suo Divoto quanti sono i giorni del mese. II sojr'prolto di quest! traitcnimcnli e uno dei misteri che si allengono alia vita di Maria San- tissima ; c vengon^i succedcndo con online cronolojico. La Vcrgine con soavi parole dioliiara il misUTO e propone inlorno ad esso opportunissime considcrarioni a ca- varne il convenient* fruito spirituale, ossia per la emcndazione dclla vita, ossia per 1'acqnisto delle cristiano virtii. Allc pa- rolf ilfll;i Vcr^iii" i >pnnd" il suo Divoto, disfogando gp affetti drll'animo analoghi al soggelto e facendo generosi propositi ondare i materni suggerimenti di

MLTX/v\l\HLI>I ALFONSO II mese di Maria, ossia il mese di maggio consecrato a Maria SS., del P. Alfonso Muzzarelli d. C. d. G. ; col-

lei. II ch. Antore si nelle parole che mette in bocca alia Sanlissima Vergine, e si nelle risposte dell'anima devota espone con molta propricta il piii bcl fiore del- 1'ascetica crisiiann; e la forma da lui pre- scelta gli e strumento assai efllcace per commuoverc i cuori con afTetti svariati di pieta e di divozione. A conferma di quanto diciamo ci par beno aggiungere queste care parole, che I' HI. mo e It. mo Mons. Cape- celatro Arcivescovo di Capua scrive al ch. Autore acceltandonc la dedica. c K un divolissimo librcllino, egli dice, scritto con animo nobilmente sereno e con piet/i, ^en- tilezza e amore. Iddio faccia che esso frutlifichi abbondantemente alle anime, e che il fruito suo si diflbnda in modo par- licolarissimo su di voi, sulla diletta Con- gi-egazione nostra e anche un pochino su di me. »

BIBLIOGRAFIA

I'agpiunta di alctine novene in preparazione alle foste principal! della SS. Vergine Maria. Quinta edizione. Napoli, tip. e lihr. ill An Irea e Salv. Festa, san Biagio de'Librai, D. 102, 1880. In 32, di pagg. vnr,. Prezzo cent. 30. Gopie 12 L. 3.

N&GRE.M. L'Eglise et la societe moderne; en reponse £ M. 1'Ahhc Bougaud, V. G. d'Orleans, et a M. 1'Abbd Bernard, cure de Saint- Jacques du H.-P. Articles de la SiciUa cattolica, traduits par 1'Alibe Negre docteur en thdologie, professeur au Grand Sdminaire de Mende. Lyon, librairie gdndrale catholique et classique Yitte et Perru^sel, directeurs, 3 et 5, Place Bellecour, 1884. In 16, di pagg. 188. Annunziamo quest' opuscolo, lionclic due scrittori francesi, di qualclie nome ed

in francese, si perche esso comparve ori-

ginariamentfi in ilaliano, in divers! articoli,

nell' egregio giornale la Sicilia Catto- lica; come allresi, perche la materia che

\i si tratta e di somma importanza, essen-

dovi confulato il tanto rovinoso sistema

del cattolicismo liberale, propugnalo da

NOZIONI di geografia per doraande e brevi risposte, onde si possano facilmente imparare a memoria dagli alunni delle classi eleraentari e superiori. Ascoli P/ceno,stab. tip. di E. Gesari, 1883. In 16, di pagg. 42. Prezzo cent. 40, franco di posta.

PARASGANDOLA MIGHELE Un nuovo grido di dolore; ovvero la scuola ed i maestri senza Dio; pel sac. Michele Parascandola fu Do- menico, di Procida. Napoli, tip. della Liberia cattolica, 1883. In 8, di pagg. 120.

per la parte positive, nella quale con ar- gomenli di tutta evidenza dimosira 1'as- soluta necessita che vi e di congiungere con buon accordo la istruzione Icttcraria colla educazione religiosa, se si desidera

aulorila. Quest! sono 1'Ab. Bougauil in alcuni trail! della sua opera in due voltimi inliloto'a il Cristianesimo net tempi present*, e 1'Ab. Bernard in un discorso recitalo in occasione del venlesimoprimo anniversario della morlc del P. Lacor- daire.

Col lilolo di Un grido di dolore, il ch. Aulore aveva pubblicato qualche lempo fa un assennalo opuscolo, col quale lamentava la pessima condizione in cui c stala messa dalla rivoluzione dominante la giovenlii, coslrella a frequentare scuole d'onde non solo e sbandilo ogni insegna- mento religioso, ma 6 data piena balia a professori scredenli di insegnare qualsiasi errore. Noi gli demmo piena ragione, con- giungendo ai suoi lament! ancbe i nosiri, n facendo rilevare anche no! i danni gra- vissimi che da (at sisiema debbono di nc- cessila ridondare in lulla la socioU'i. II Nuovo grido di dolore che ora pubblica,

di formare cilladini ulili alia palria e non anzi sovverlilori di ogni ordine anche ci- vile e politico. Sarebbe cosa desiderabile che i due opuscoli dell'egregio sacerdole avossoro un ampio giro Ira.lc famiglie crisiiane, perche si consigliassero a porre dal canto loro, quanlo e possibile, un ri- medio al rovinoso sistema di educazione, che da un Governo nemico della Chiesa 6 imposto alia infelice noslra patria.

e un rincalzo a quel primo, specialmcnle

PATERNO (DA) P. RAFFAELE Omaggio del mondo cnttolico a san Francesco d'Assisi, nella ricorrenza del VII centenario dalla na-

BIBI

I M. K : -mo. L-ttorc gitihilatn M. o.

I '.ir; .rli orator! a san I'r:im XII,

XIII. X i, 1.") mar/o ••

HI ni:ir/'> |SX',. Xajwli, oflflcina tiponnlica di R. RinaMi •• d. Srllitto neH'atiolitn Mercaio a Forcella, 1884. 5 fascicoli, in 8 di pagg. 64 1' uno. PASSATKMPI <\\ un cattolico. Dialoghi catechistico-popolari. 2' con-

:iza. Livorno, tip. G. Fabbreschi e G., 1883. la 16, di pagg. 72. (Mtii: >di questeconferoiuc, quanio non si |pga a soggetti >.

e sono ilirotio ad istruire il popolo ma secondo 1'occasione die fa nascn intorno nil-' prim-ipnli vorita ora combat- dialogo, cho 6 l.i forma a questo fine da tuti> il ii poriurkitori delta societa, od ap- lui elclla, tocca varii panti disparali e for- ruli mozzi opportuni per dif-ndersi nisce gli schinriincnli proporzionali alia <!.i!!i' loin iiiMilip. II metodo die tiene capacila popolaro. T A u tore di osse o piuttosio libero, in

i.M M ACARIO VESG. DI FABRIANO - Discorsi tre in onoredi

san Francesco d'Assisi.

In quesli trc discorsi il chiarissimo di Satana, Riformatore dei popoli, Appor-

Monsignore contrappone a Lucifcro il tatore di vora civilia alle nazioni. I'rofon-

I'ovorello d'Assisi; e dopo aver ndditate diti di roncetti, Mlezza di ppnlil dettato,

le font! dolla corruzione della mis(»ra uma- vigoria di stile sono i pregi di qaoslo

iiiu'i ncl peccato e noil' influenza, che lo lavoro, d^no di esser lotto da chiunque

Spiriio (idle ti'iiobre ha sempre mai escr- non odia la veriu'i, e desidera intendere in

citita in «-.«s-i, con maestria imparcfrgiahilo che consista la vora civilta. ir.ostra il Seralino d'Assisi come debellator

STOEIA dell'apparizione della imagine di Mnria del Buon Consiglio in Genaxzano di Roma; seguita da un novenario di meditazioni in apparecchio alia festa della medesima. Ter/a edizione, diligentemenle riveduta e corretla. Napoli, tip. e libr. di A. e S. Fesla, san Biagio de'Librai, 102, 1884. In 16 pice., di pagg. 108. Prezzo cent. 40.

TISSOT GIUSEPPE L'arte di ulilizzare le colpe commesse, scoverta sulle orme di san Francesco di Sales dal P. Giuseppe Tissot, Mis- sionario Salesiano; e tradotta da D. Vincenzo Messina da Cotrone, prof, nel Collegio-Gonvitto Rosi di Spello. Seconda edizione accre- sciuta dall'Autore. Foligno, tip. e lib. di Gio. Tomassini, 1883. In 16, di pagg.

AVVERTENZA Credinmo nectssario ricordare anche quetta rolta ci<> che piii aUre velte abbiamo ripetuto, che attesa la ristrcttezza deJIo spazio che possiamo concedtre alle nostre libUoijrafie, non ci e possibile annunziare i liliri iiirintici con qutlla prontezza che bramerebbero i loro autori. Noi pro- 'mo di sfrfmre in ci'\ in quanta e poisibilf, I' or dine del tempo in cui ci sono spediti. damln nrdinarimntnte In precedenza a quelli che ci giunscro prima. La stessa ragione della pochetza dello spazio non ci permette di annunziare quci libri che ci sono spediti dopo uno o piu anni dalla loro pubblicazione.

CRONACA (MTEMPOEANEA

Firenee, 24 aprile 1884.

I. COSE EOMANE

1. II Santo Padre e la sua nobile famiglia secolare 2. Girila fiorila del Santo Padre 3. I profanatori a Roma del Venerdi Santo 4. BplPesempio di 1'rin- cipi cattolici 5. La partenza del Papa da Roma 6. Gli allarmi del DriUo 1. II Santo Padre c la solennila di Pasqua 8. L' Enciclica del Papa contro la Massoneria.

1. Commovente spettacolo fu quello di vedere il lunedi santo la nobile secolare famiglia papale ai piedi dell'altare per assistere allo Incruemo Sacrificio celebrato dal Santo Padre nella sua Cappella privata, e rice- vere dalle sue Apostoliche mani la Santissima Comunione. Sua Santita era assistita dai Rffii noons. Elemosiniere Segreto, mons. Sagrista e mons. Prefetto delle CerimoDie. Servivano alia Messa i suoi Gappellani Segreti e Gorauni, nonche i Chierici della Gappella Segreta. In quell' ora e in quell' atto si sentiva da tutti quanto sublime cosa sia quella Reli- gione che da al mondo lo spettacolo della piii grande maesia che sia sulla terra circondata dai suoi figli piii devoti, ben fortunati di ricevere da lui Pontefice e Vicario di Gesu Cristo il Pane della vita.

2. In occasione poi della Santa Pasqua, per ordine del Santo Padre, furono distribuiti, per mezzo dell'Elemosineria Apostolica, al domicilio di 150 famiglie di Roma, povere e meritevoli, altrettanti letti nuovi e forniti ciascuno di tutto il necessario. Oltre poi a questa sovrana be- neficenza, Sua Eccellenza Reverendissima monsignor Sanminiatelli, Ele- mosiniere Segreto dello stesso Santo Padre, ha fatto speciali elargizioni in danaro, di guisa che la somma erogata in questa fausta circostanza, e. ascesa a lire dodici mila, cifra ben grande se si considerino le stret- tezze a cui la rivoluzione ha ridotto il Sovrano Pontefice, e scarsa in pari tempo per chi sappia lo stato miserando della popolazione in quella Roma dove, pria che fosse esautorato il Papa e spogliato del suo tem- porale dominio, il numero dei bisognosi era si ristretto da essere ap- pena avvertito. I soli foreslieri, che allora accorrevano a Roma, per assistere alle stupende cerimonie della Settimana Santa, vi lasciavano da- naro in tanta copia, che il popolo ci avea di che vivere onestamente

^KA

lo spazio di parecchi mi-si. Allnra si clu-

poieva esercilare con vero piv>tii!o le sue m>!usiric. ' f'.n-Nti.Ti non accorrorm piii a Roma in gran numero, e qiHIi -i che son vcnuti a stabilirvi il nuovo ordine di cose, vanno via o rirapatriano lasciando 1'alma citta in uno squallore da Tar piangere.

3. E qui Don vogliam tacere di un fatto esecrando che ha avuio anche luogo quesl'anno in Roma, dove la rivoluzioue ha portato la de- solazione e la profanazione lameotata dal Profeta. lVrrh»\ mcntre la

i, vestita a lulto, celebrava la commemoraziooe della morte del Redentore, un pugno di sacrileghi profanatori applaudivano dentro una bettola di Roma all'infando deicidio, e con esecrabile convilo univano le loro empie voci a quelle dei giudei che innoggiavano a Barabba, im- precando a Cristo. Questa profanaziooe, che ha tanto amareggiato il more del Santo Padre, e la bestemmia di Saiana, sfogo supremo di un odio impotenle. Ma a ricomprare la colpa di cotesti forsennati, moKis- simi furono in Roma che, accoppiando al nome le opere, si prostrarono in quel giorno innanzi a quella tomba che 1'indomani dovea restituire la sua preda, sparsero di lagrime la divina salma del Dio CrociOsso, pregando per chi piange e per chi insulta, per chi crede e per chi be- stemmia. 11 pranzo destinato a profanare il Venerdl Santo fu fatto nella sede del Gircolo anticlericale di Borgo, al vicolodegli Ombrellari. V'in- tervennero 150 persone, pagando ciascuno lire 1,50. Alia modestia del menu ripar6 1'esuberanza dei discorsi, e quali sieno stati questi discorsi : ile immuginarlo, ove si rilletta allo scopo del banchetio e al genere di persone che vi presero parte. La Liberia, giornale giudaico, epperd non sospelto, sberteggiando cotesti profanatori, aggiungeva che « molti fra essi, se venissero a morire, chiamerebbero il prete. > Gran prova che 1'odierna empieta per alcuni e una speculazione, un tornaconto, un mo- dus vivendi, per non cadere in disgrazia della Massoneria.

4. Bell' esempio di oss^quio e di devozione verso il Santo Padre ban dato di questi giorni i Priucipi di Wurtemberg, venuti a Roma non tanto a sfogo di curiosita, quanto per dar mostra della loro pieta. La mattina infatti del 17 p. p. erano ammessi ad ascoliare la Messa cele- lirata da Sua Santita e a ricevere dalle sue raani la santa Comunione. Notiamo questa circostanza perche, se da un lato si ebbero non e guari a deplorare delle debolezze, dall' aliro e a ringraziare il Siguore, che ci sieno ancora al mondo Principi, i quali, venendo a Roma, prendono la via piii diretta per recarsi al Vaticano, consapevoli, che andando per la tortuosa, troverebbero chiuse le porte del 1'aiazzo Vaticano. In ci6 il

o Padre e irremovibile, e per nulla al mondo consentira, che un Principe catiolico, comunque sia grande e potente la Casa regnante a cui nppartenga, monti le scale del Vaticano, dopo essere prima disceso da quelle del Quirin-ile. Ouesta santa ostinazione del Sovrano Pontefice fa

CKOrVACA

montare in bizza il liberalismo; ma non iraporta: non al liheralismo deve aggradire chi e Vicario di Gesii Cristo, che questo ripugn;i al suo sacro carattere ed alia sua missione; bensl a Colui che 1'ha coslituito Maestro infallibile sulla terra.

5. S'e tanto parlato e scritto di questi giorni della partenza del Papa da Roma, che per debito di cronisti, non possiamo aslenerci dal dime anche noi. A ci6 fare crediamo opportune di qui riferire alcuni brani di uno stupendo arlicolo pubblicato dal Figaro di Parigi. II diario parigino comincia dal dire che la questione della parlenza del Papa dalla sua Roma e oramai posla. « E pel solo fatto della grande commozione, dell'ansieta angosciosa cagionata dalla semplice ipotesi di questa par- tenza, ben si vede quale posto immense occupi il Papato anche oggi nel mondo. > Soggiunge che « non e la prima volta che si agita la que- stione dell'esilio del Papa; perche dal giorno in cui il piccolo paese collocato a pie delle Alpi si impadroni di Roma, il Papa non dur6 fatica a convincersi, che la rivoluzione volea fare del Papato un'istitu- zione italiana. Non v'ha dubbio che il Papa uscendo da Roma, non troverebbe Roma in verun'alira parte del mondo. Ma e certo pure, che per quanta afflizione si dovesse provare a vedere il Papa forzato a la- sciare momentaneamente il capo-luogo storico e provvidenzicde della cattolicita, tutto il mondo cattolico sa, che dove e il Papa infallibile, la e la Chiesa: vbi Petrus tbi Ecclesia. » Ed aggiunge: « II Papa e Roma sono si strettamente uniti, che pare inammissibile che 1' uno possa vivere senza 1'altra; che il successore di Pietro si allontani dalla tomba degli apostoli, che tante memorie religiose, taote tradizioni storiche, tanti mo- numenti preziosi, tanti usi rispettabili, tanti interessi diversi di tutto il personale dell' amministrazione della Chiesa, siano UQ giorno improvvi- samente staccati dal principio che loro di la vita, o per lo meno col- piti da paralisi, da insensibilita, come annichiliti. SI, tutto ci6 e vero, ma v'ha una cosa piii necessaria ancora alia Chiesa, che le memorie, le tradizioni, i monumenti e lutti gli interessi privati piii cari ; ed e la plena liberta, 1'indipendenza sovrana del Capo della Chiesa. »

Passa poi il Figaro a dimostrare, che il Papa non e piii oggi li- bero a Roma, come e quanto dev'esserlo il Capo venerando della sola religione mondiale che e il Cristianesimo Cattolico; di chi adduce le prove piii lampanti, e che tutta 1'improntitudine del liberalismo settario non riuscir& mai a distruggere. Ma dove n'andrebbe il Papa? E quando partirebbe? II Figaro risponde: « Alia prima interrogazione sarebbe meglio surrogare questa: Dove il Papa vorra andare? Non v'ha, in fatti, una sola potenza perche non credo neppure di poterne eccettuare la Repubblica francese la quale non si recasse allora ad onore di offrire a Leone XIII 1'ospitalita nel suo esilio. E cio solo mostra qual

cnnirm-HtTi'M* I' Italia rr.l for/are il Papa ad at

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1 signor Krrinu'iMii, insista per olTrir Malta. i;.\u>tria propone

Mirainar oppure Innspruck. Si crede che la stessa Germania sarebbe

h porre a disposizione del Santo Padre 1'abazia di Fulda. I'iii vicino a noi, vi ha un paese nel ijuale il sovraoo non esiterebbe a sa-

criiicar lutto per un sifTatio onore » La chiusura dell'ariicolo £

nmente degna di una penna cattolica; e a noi piace di riferirla testual- mente a conforto dei buoni cristiani, e a confusione del nuovi giudei che sperano di assodan? il loro potere sulle ruioe del Papato. « A coloro i qn.ili cnnlono che il Papa non possa fare a mono di Roma, neppure un giorno dimeniicando che Gregorio VII andava a terminare i suoi giorni a Salerno risponderemo che per tutti quelli che conoscono Roma, e Roma che non potrebbe fare a meno del Papa. E noi ricorde- remo le parole di Pio VI, nel 1809, all'inviato di Napoleone: « Signore, un sovrano il quale non ha bisogno che d'uno scudo al giorno, non fc un uonio che facilmenie s' intimorisca. » Ma noi ricorderemo ancora che il Pa pa 10 non pu6 uscire da Roma che per ritornarci, e che se il Papa esce da Roma, ci rilornera. Tutlo il mondo e troppo in ci6 interessato. Perche, come lo diceva oel 1870 il general Menabrea, oggi ambasciatore a Parigi, la questione romana « non ts una questione interna ; e una questione la quale interessa tutti i governi dei popoli cattolici, e non so- lamente questi governi, ma anche quelli, che non essendo cattolici, hanno a lutelare gl'inieressi religiosi dei sudditi che appartengono al cattoli- cismo. » -- Se non si avesse piii a parlar della Francia, per questa inissioue, non potrebbesi almeno ricordare che nel 1815 furono tre po- tenze non cattoliche, 1' Inghilterra, la Prussia e la Russia, che resero al Papa i suoi Stati?... Se dunque la monarchia italiana commettesse il fallo d'obbligare il Papa ad andare in esilio, questo fatto sarebbe il suo suicidio. E non siamo noi, e il signer Bonghi il quale lo ha detto dopo gli avvenimenti del 13 luglio 1881: « Quelli che tentassero di strappare il Papato dal suolo italiano dovrebbero aspettarsi di essere gettati a terra in conseguenza dello stesso loro sforzo, o di smuovere attorno all' al hero, sradicandolo, niolto piu di terreno di quello che avrebbero preveduto... » 11 Papa in esilio, sarebbe il trionfo della demagogia a Roma. Sarebbe in breve il trono e 1'altare rovesciati. L'altare di san Pietro di Roma e indistruttibile. Ma il trono? Si pu6 ammettere benissimo 1'intervento deir Europa pel ristabilimento del Capo della Chiesa a Roma. Chi ose- rebbe pero predire un intervento in favore del Capo deU'unita italiana?... L' Italia deve gia comprendere il rigore di questo dilemma posto da Montalembert a Cavour: Qu-jndo voi avrete occupato Roma, se oppri- mete il Papa, senza che lo si difenda, e desso che non sara piii libero ; ma se lo si difenJe, siete voi che non lo sarete piu. Oggi, noi lo diciamo

368 CRO.VACA

col piii prande dolore, secondo le stoss* dichiarazioni di Leone XIII, il Papa, oppresso, senza difesa, non £ piii libero a Roma. Domani, gl' Italian! sarehbero liheri : ma lo polrebbero essere dopo di aver forzato il Papa a cercare la liberta nell'esilio?

6. Le paure dell' ufflcioso Diritto ban davvero del ridicolo. Per aiuto di coloro che non leggono giornali, e dunque da sapere che il Diritto ha avuto nei giorni passati una commozione d'animo da non dire, per- che gli e parso di vedere Tltalia da un capo all'altro invasa dal cle- rical ismo. Noi non sappiamo se il Diritto parli da senno, o se questa sua paura sia una finta per celare il fine vero a cui si mira. Gomunque sia, e tenendo anche per vera 1'invasione clericale, com'egli dice, giova ricordargli che quando 1' Italia era invasa dai settarii, dai fnmrnassoni e dai nemici della religione e del diritto, allora 1'invasione era giusta, regolare ed accettabile, ed il Diritto coi suoi accoliti la favorivano ed esaltavano. Ora poi, che, dopo lo esperimento degli uomini e delle dot- trine sovversive incomincia il disinganno e la resipiscenza, il liberalismo si commove, e fa la voce grossa perche sia con ogni mezzo riraosso il pericolo che minaccia, non gia la patria, non gia 1' Italia, ma certe posizioni che formano il principale obbietto dell' oligarchia dominante. Quello per altro che piii stupisce in questa levata di scudi, e il vedere che, pur di schiacciare ed opprimere i cattolici, invocando nuovi soprusi e nuove ingiustizie ai loro danni, si vogliono calpestati quei medesimi principii che i liberal! posero a base delle loro politiche istituzioni, e deridono qtiella volonta popolare quel sufTragio della maggioranza su cui fingevano fondare 1' opera loro. Donde appare evidente, che la simulazione non pu6 piii avere luogo quando si tratta' di oppugnare il cattolicismo, unico, vero e supremo scopo di tutta la cosiddetta rigenerazione italiana.

7. II 13 del p. p. aprile, giorno della solennita di Cristo Risorto, la Santita di Nostro Signore il Pontefice Leone XIII, discendeva circa le 8 antimeridiane, preceduto dal Grocifero e dalla sua Nobile Gorte, nella raagnifica Gappella Sistina, ove lette le preghiere della preparazione per la Santa Messa, ed assunti gl'indumenti sacri, celebrava 1'incruento Sa- crificio. Ministravano all' altare gl' Illmi e Remi Monsignori Elemosiniere e Sagrista della Santita Sua, coll' assistenza di Monsignor Prefetto delle cerimonie pontificie, mentre il servizio era fatto dai Gappellani Segreti e Gomuni e dai Ghierici della Cappella Segreta. II Santo Padre, durante la Messa, dispens6 il Pane Eucaristico a piii centinaia di distinle farni- glie cui era stato coneeduto un tul favore. Quindi Sua Santita, ascoltata la Messa di ringraziamento letta da uno dei suoi Gappellani Segreti, prima di lasciare la Cappella Sistina, impartiva ai devoti e numerosi asianti quella Apostolica Benedizione che in tal giorno dalla gran loggia del Vaticano il Sommo Pontefice era solito d'impartire al mondo intero. Era quello uno spetlacolo cosl sublime e cosi degno della maesta del

iinaovere il cuore perfino dei pi

Iti.'llo s[M>tt;iroh s ilrnne ed imponente, per effetto della nvnln/ !ffitc Rnin.i, non ha piii luogo, ma non per questo il Papa h.i

ito e cessera mai di essere 1'oggetto dell'amore e della devozione di i|ii:mti son catlolici nl mondo.

8. Siamo lieti di ; •- ai nostri lettori 1'orditura fedele della

T.I Knciclica chc it Santo Padre ha pubblicato snlla Frammassoneria. V. IIM iinportantissimo documento, che rivela come il gran Pontefice, che 1 1 iio ha dato alia sua Chiesa, non si staochi di combattere quel formi-

'.- nemico che con forze erculee s'impromette di abbattere il Cristia- nesimo, e di governare il mondo senza Dio. Noi 1'abbiamo riporiata al principio del nostro qua lerno, riserbandoci di fame in appresso argomento di speciali articoli.

11 Santo Padre afferma che il motivo il qnale lo spinse a parlare della Fnmmassoneria e il vedere come quesla, cresciuta di numero e di bal- danza, muove dapertutto aspra guerra a Gesu Cristo ed ai suoi seguaci.

Ricorda il Sanio Padre chemolti dei Romani Pontefici,daClememe XII a Pio IX, denunziarono questo nemico e segnalarono il pericolo. Osserva che i fatii diedero ud essi piena ragione, convincendo le sette come ne- miche del pubblico bene. Egli stesso fin dal principio del Pontificate ne ha combattuto alcune dottrine principal!: ora per6 intende di prendere direttamente di mira la Frammassoneria in se slessa.

Fa perci6 vedere che le societa frammassoniche sono afTatto illecite, sia perchfc sono anche al presente vere societa segrete, sia perchfe fanno dei soci ciechi strumenti in mano dei capi per fini mal conosciuli; sia perche, se lo vuole il loro ioteresse, non rifuggono nemmen dal delitlo.

Inoltre dichiara 1'Enciclica come per prove convinccnti siasi fatto manifesto, che scopo supremo della Fraramassoneria e quello di rovesciare 1'ordine religioso e sociale quale le ha stabilito il cristianesimo, per so- sntuirvene un altro fondato sul naturalismo.

A conferma di ci6 si mettono in confronto le dottrine naturalistiche con quelle delle sette frammassoniche in ordine alia religione; 2" in ordine alia morale; in ordine alia societa, tanto domestica quanto civile, per concluderne sempre la piena conformita. Queste doitrine sono false in se stesse, e, tradotte in atto, riconducono il paganesimo nel mondo, privandolo dei beneficii della Redenzione: corrompono profonda- mente la morale e con la corruzione portano il degradamento e la de- /.:. N'-lla famiglia sono causa di dissoluzione e di disordine; negli siaii sono seme di ribellione e di rivolte ed aprono la strada all'anarchia.

Quantunque si ree, le societa frammassoniche hanno sapulo insinuarsi presso principi e popoli ; ai principi mettendo in mala vista la Chiesa ; ai popoli, la Chiesa ed i principi, mentre in verita la Chiesa vuole e pro- cura il liene degli uni e degli altri.

S*ri< XJl, vol. VI, fate. 813 20 aprile

CRONACA

Dopo questa esposizione, il S;«nto Padre rinnova tutti gli atli e le disposizioni emanate dai Ponteflci Predecessori contro la Frammassorieria e li conferraa, esortando tutti i fedeli a conformarvisi scrupolosamente.

Poi vierie ad accennarc i rimedi da opporsi al progredir delle - e raccomanda ai Vescovi di svelarne la vera indole, che non per- mette a nessun onesto di darvi il nome; di far conoscere ed amare la Chiesa e di fame osservare gl' insegnamenti. A tal uopo promuovore il Terz'Ordine; di prendere cura speciale degli artisti ed operai, favorendo tra essi le associazioni cattoliche e richiamaodo in vigore i corpi di arti e meslieri dei tempi cristiani. Beoe che fa e pu6 fare la societa di San Vincenzo de'Paoli; d'altendere nella piii speciale maniera all'educazione cristiana della giovenlii e di usare ogni industria per tenerla lontana dalle sette. Finalmente il Santo Padre raccomanda vivamente che quanli sono fedeli in tutto il mondo form i no una lega di preghiera e di azione per opporsi agli sforzi riuniti della Frammassoneria.

II.

COSE ITALIA NE

i, Pace senza dignita 2. Continuano gl'imbarazzi per Pa flare di Propaganda 3. 11 nuovo Presidente della Camera bassa e le ire dei Pentarchi 4. La strage di Pizzofalconc e la rivolta di Gavardo 5. Riapertura della Camera 6. Le confession! di Q. Sella.

1. L' Italia, come e oggi governata dalla rivoluzione, versa in uno stato grave, gravissimo, e che si pu6 rendere molto bene con queste brevi parole dell'Apostolo san Paolo: foris pugnae, intus timores^ salvo a spostare i complementi dei due termini, e dire foris timores, intus pugnae; tiroori di fuori, e guerre di dentro. Se ben si guardi, qual e infatti la condizione d' Italia all' estero ? quella di uno Stato, che non sa proprio chi gli vuol bene o chi gli vuol male; chi ne ha cara 1'ami- cizia, o chi la ripudia. Ora un tale stato di cose non dev'essere soggetto di timori per chiunque non ami pascersi d' illusioni, e non ha interesse a ingannare la gente? Stiamo ai fatti, che sono sempre piii eloquent! delle parole; e per seguire 1'ordine cronologico, cominciamo dall'inter- pellanza mossa al Ministro Mancini in Montecitorio, sulla politica estera e dalla risposta per lui fatta nella tornata del 5 aprile p. p. Gli interpel- lanti aveano chiesto al Ministro degli Esteri degli schiarimenti intorno all'alleanza contratta dall' Italia colla Germania e coll'Austria. Ora sen- tano i nostri lettori come su queste risposte del Mancini si siano espressi i giornali esteri e nostrani. La Btfpublique Fran$aise di Parigi ride delle ilichiarazioni fatte dal Ministro italiano, e chiede se sia politica seria quella che « e tutta fondata sulle promesse, ed e obbligata ad

acconU-ntarsi allf ^>!r ;i; ;n :,/i- .!.•; n>ullati ai qu;tli t^n !••'.' intine che cosa ha frutt.il'> lin--.™ all' Italia la triplin- all.Mn/a? II signer •ini fti molto imhar.iznto a rispoodere, e per cavars.-la alia in^glia •ri <li liMii_-;ire 1'amnr proprio dei suoi concittadini, parlando loro <lt'lla gran posizione acquislala colla loro accessione alia iriplice alle- anza, se la pace un giorno sara minacciata. Ma siccome la iriplice alleanza e una garanzia di pace, questo giorno non giungeri roai, e in lal case che avra guadagnato 1'Italia? « Ci6 che ha guadagnato lo dice il SitcJe in un articolo di cui ci piace di riferire alcuni brani.

« Non era difficile prevedere, dice questo giornale, che 1' Italia aveva conchiuso un mercato svantacgioso alleandosi con potenze i cui interessi sono su parecchi punti contrari ai suoi, e che non avevano abbastanza bisogno di lei per compensate con servigi seri il concorso ch'essa loro ofTriva. Ora e avvenuta al Parlamento italiano una discussione che tende a provare come al di I :\ delle Alpi 1'opinione pubblica c riven uta dalle illusioni, che avea potuto generare 1' alleanza austro-tedesca. Un gran rmmero di deputati italiani parlarono io occasione delta discussione <!.•! bilancio degli esteri, e nei loro discorsi come nella risposta dell* on. Man- cini si cercherebbe invano 1'indizio d'una qualsiasi soddisfazione o d'una speranza seria. Tuttavia gli avversari del Govcrno si sono astenuti, e fu sui banchi stessi della destra e della sinistra ministeriale che vennero formulate le delusioni piii vive. Si domand6 al ministero di quale soccorso era stata all' Italia la sua entrata nella triplice alleanza? S'insistette sulle frasi sdegnose, che si risconlrano in certi discorsi pronunziati a Vienna e a Pest, si mostrarono gP interessi italiani gravemente minacciati in Egitto dagl'Inglesi o dal Mahdi, ferili nella Tunisia dal protettorato fran- cese, e si conchiuse non senza ragione, che se 1'Austria e la Germani i avessero volulo prestare sia pure un concorso morale all' Italia, questa non uvrebbe avuto 1'araarezza di vedere le influenze occidental! nel Me- diterraneo a spese della sua. L'on. Mancini si difese abilmente, ma senza quella viva flducia cbe e caratteristica del convincimento. Egli afTermo che T Italia era rimasia fedele al suo programma di pace con dignita, si felicit6 del mantenimento della pace, a cui conlribul la polilica del Qui- hnale, e che giov6 alia penisola. Se cerli uomini di siaio austriaci o tedeschi attribuirono alia parte dell1 Italia nella triplice alleanza una ira- •nza s"«'ondaria, Ton. Mancini disse, cbe una grande nazione deve : migliore opinione di se e del suo valore morale. » lili appunti fatti da questi due giornali francesi son veri, sono me- ritati. Per cio la Hi forma, orgauo del Crispi, toccando essa pure del Mancini e della sua politica, scrive: « Siamo tenuti in conto di vassalli dell'Ausiria; siamo posti dalla Germania allo stesso livello della Spagna. L'onorevole Mancini ha ben potuto asserire, ma non riuscirebbe mai a dimostrare, cbe i nostri rapporti con le Potenze centra li hanno la base

CUONACA

di una perfetta reciprocita. » E il Bersaglierc dell' 1 1 aprile dopo avere f'sarainato il libro verde conchiude: « Onorevole Mancini, permettetemi un consiglio. Gi& noi in fatto di lihri verdi non siamo mai slati troppo forlunati; ma un'altra volta, quando il Libro verde coutiene certa roht rancida, di cattiva digestiooe e che steota a passare per 1'esofago, cam- biate la copertina, e chiamate il libro verde, libro giallo, il colore delta dispcrazione. E perche non libro nero ? »

2. Un altro punto nero e 1'affare di Propaganda. Non e punto vero che al Governo ilaliano non sieno arrivate delle forti rimostranze dal- 1'estero per la conversione dei beni della Propaganda. Se dobbiamo infalti credere al giorn.ile romano la Hi forma, « le Potenze straniere prenn1- rebbero forte sul Governo italiano per ispingerlo a rispettare i beni mo- bili ed iramobili del Collegio Urbano > ; cosa, che come dice il Diritio « scredita il Governo. » Questo scredito per altro appare manifesto d;.l linguaggio della stampa estera di tutti i colori, non che dall'interven'o americano. L' America infatti ha voluto essere la prima a proteslare, U prima a chiedere che sia sospesa 1'azione della legge applicata, per sen- tenza della Cassazione, ai beni di Propaganda.

A colmare la misura dei gravi imbarazzi del Governo italiano, eccoti una lettera scritta da Vienna al Nord, giornale di Bruxelles, nella quale si dice che la questione romana riappare sull' orizzonte, e se non e ancora un gran nuvolone, e per6, un gran punto nero. Di che sono sgomeniaii i por- tavoce del liberalismo. II Diritto per esempio scrive: « II Nord ci ha manifestato un sensibile cambiamento di opinione! L'autorevole organo belga (e ci6 nonostante e ancora autorevolc), tanlo nelle speciali consi- derazioni de'suoi riassunti politici, quanto nelle lettere che riceve dal- 1' Italia e da Vienna, rivela, con nostra somma nieraviglia e con vivo nostro dispiacere, delle condiscendenze soverchie alle pretese (sic) della Santa Sede. » E il peggio ancora si e che « gli artifcoli del Nord sono fatti con molta abilita, sono scritti con quel tatto e con quello studio di frasi, che deve dislinguere un giornale, a cui, almeno per tradizione, si da un carattere diplomatico. »

Ora questo giornale, incontrastabilmente autorevole, scritto con molta abilita e con tatto, il Nord, diciamo, di Bruxelles, organo della Can- celleria russa, fa un fiero rabbuffo all' Italia per le sue invasioni nella Propaganda, e gli intima in buona sostaoza: Rigetta quel boccone, o ti accoppiamo! e lascia travedere in un brutto avvenire che « delle calamity ben piu formidabili (redoutables) di una nuova guerra d' Oriente abbiano a colpire 1' Italia, se questa non addivenisse ad una deUmitazionc pratica della sfera d'influenza delle due Potenze che sono il Papato e 1' Italia! » La delimitazione, si capisce, e questione di confini: il Nord vuole ciascuno a casa sua, e grida come il presidente della Camera dei deputati, quando ingombrano 1'emiciclo: Signori, vadano a posto! - Non gli si pu6 dare torto.

6 sgomeu1

tlleati »,

Che « il Ouirinalc non npo accentuate i diritti <!• !

nM tuni'oi.ilf in Roma », cbi altrimenti < rischierebbe di sol)e\ .indie da pnrte degli alleati dell'Italia obbiezioni di portals inifnn nale; che 1'accordo conservativo e un accordo di Sovrani, piuttosto che di popoli », e allre simili esortazioni, alle quali se non si porge ascolio,

nino dietro quelle calamita piu spaventevoli d'una nuova guerra d' Oriente !

I.:i Tribuna riconosce in questi articoli e corrispondenze del Nord di Bruxelles « riraessa sul tappeto nientemeno che la questione romana »; ma il Diritto fa lo spavaldo e grida: « la queslione romana e omai in- cUscutilxlmente risolia. » Certo, si discute su tutti i giornali piu aulo- revoli d'Europa piii che non si facesse quattordiei anni fa, ma tiittavia essa e indiscutibik^ secondo il Diritto; il quale, ad attenuare lo sgo- mento, che desta la discussione della quistione indiscutibile fatta dal giornale diplomatico belga, si travaglia in indagini sulle cause del suo mutamenio d'opinione e spera d'averle azzeccate.

3. Passiamo ora dai timori esterni alle gare ed alle lotte di dentro. Ad accrescere le ire delle fazioni che si disputano il polere, e venuia di recente 1'elezione del novello Presidente della Camera di Monlecitorio. Tutti sanno che nella tornata parlamentare del giorno 7 aprile p. p. 1'ono- revole Biancheri venne eletto a Presidente con 239 voti, mentre al Gairoli, uno dei Pentarchi, non ne toccarono che 136; inde irae! La Peniarchia, non essendo riuscita ad abbattere il Depretis, il quale con la proclama- zione del Biancheri pote compiere la sua evoluzione a Destra, si ritiniva prima a Roma, e poi a Napoli per discutere I1 opportunity di dar mano ad un' agitazione popolare per mezzo di discorsi e di scritti contro il Ministero Depretis. La lotta e dunque ingaggiata, e niuno pu6 presagire quale delle due fazioni sara per trionfare. Per ora il Depretis ha i due nuovi poriafogli e i posli di sotto-segretarii di Stato per tenere gli animi sospesi e quindi abbastanza salda la maggioranza: ma che avverra il giorno in cui sara fatta la distribuzione, come dire il giorno terribile in cui tutte le speranze deluse verranno ad aumentare il numero dei nnl- contenti? A rioserrare meglio le file, i beHicosi caporioni della Pentarchia hanno avuto di questi giorni un convegno in quella cilta di Napoli dove ebbe origine tra i simposii e le feste la famosa lega dei Cinque. Al Conve- giw non intcrvennero che soli ire dei capocci pentarchici, perche tanto il Xanardelli che il Crispi si scusarono con lettere pubblicale sui gior- nali di non potere prender parte al novello congresso. Furbi quei Si- gnori! I^sciarono al Cairoli tutta la responsabilita del nuovo fiasco.

4. Gran dire s'e fatto sulla Strage di ri-znfalcone in Napoli, poiche cosl e convenuto chiamare 1' orrenda carneficina consumata in uiia

374 CRONACA

scrma dell'esercito italiano la sera del giorno di Pasqua. Raccontiamo prima il fatto; verremo poi ai commenti.

II fatto and& cos'i: II soldato Misdea Salvatore native di Girafalco (Ca- tanzaro) e railitare da 15 rnesi nel 17° fanteria, 5* compagnia, si ritir6 la sera del giorno 13 del passato aprile verso le ore 8, mostrandosi caimo e senza dar segno di ubbriachezza. Finijo 1'appello del soldali, due di questi parlavano piuttosto concitatamente in un corridoio, sicche il ca- porale Roiicoroni piemontese ebbe ad intimare loro silenzio. Allora entr6 in iscena il Misdea; e siccome uno dei due soldati, che prima parlavano era un raeridionale, disse al caporale: Voi fate questo perche non sono vostri compatriotti. II caporale ingiunse al Misdea di andare a letto, e il soldato Quodara dissegli : Tu rispondi cosl al caporale perche e UQ brav' uomo. A queste parole il Misdea ripigli& un po' vivacemente, e si dice che avesse cercato di sguainare la daga. 11 fatto per6 non and6 oltre, e tutto parea finito. Quando dopo alcuni istanti si ud\ in caserma un colpo d'arma da fuoco. Era il Misdea, che recatosi al suo letto e impu- goato il fucile corainci6 ad esplodere 1'arma micidiale. Si pu6 imraagi- nare 1'allarme. Intanto dopo i primi col pi tre militari erano caduti morii, cinque gravemente feriti, due, butlatisi dalla finestra, rotti e malconci. Indarno si tento di disarmarlo: 1'inferocito Misdea seguitava a sparare uccidendo e ferendo quanti cercavano avvicinarglisi; fmche con ingegnoso stratagemma riusci a due suoi commilitoni di afferrarlo pei piedi, git- tarlo a terra, disarraarln e legarlo. In un baleno accorsero sull'orrendo teatro della sirage uffiziali superior}, raedici railitari, delegati di questura, carabinieri, che apprestati i prirai soccorsi ai feriti li fecero trasportare all'Ospedale della Trinita, mentre il Misdea sotto buona scorta fu con- dotto a Castel dell'Ovo. Ed ora le osservazioni. La prima e del Secolo di Milano. « E assodato scrive quel giornale, che la causa dell'eccidio si deve cercare negli odii regionali, ed e deplorevolissimo che dopo 24 anni non sieno del tutto spenti, specialmente nell'eserciio che dovrebbe for- mare una salda compagine. » La seconda e questa, e la raccogliamo dai giornali stessi liberali, che nell'esercito iialiano vi devono essere piaghe, che il rigore della disciplina pu6 sino a un certo punto tener celate, ma che e impossible a lungo andare non si vedano. Argoraen- tiamo questo dal numero dei suicidi e dal malcontento dei soldati pel cattivo nutrimento, per la durezza di chi li comanda, e per 1'enorme fa- tica alia quale in certi tempi vanno soggetti.

E qui ci cade in taglio di nferire quello che sul deperimento della nostra gioventu scrive il Fascio. « Dal rapporto annuale del generate Torre sulle operazioni di leva sui nati del 1862 e sulle vicende dell'eser- cito nel 1883 si possono rilevare altri dati, i quali hanno una importanza notevole.

« Pur troppo da questi annali risulta che le forze vive della Nazione

non presrnta piii le altiludini

1 ••; part'- [»t-r dif.-tto-;:! Hun/ion.1, partc JI.T ratlivo nu- -ipvialmfii!-' ij-i liijli <ici lavoralori dei campi) la giovenlii oo- stra s.-jua 1111 iltvadimnito. »

Se la strage di I'izzofalcone rivela le pia^ho d.-U'esercito, i fatti di a qual punto lo spiriio di rivolta si & i m padro- ni lo dello nostre popolazioni. (iavardo fc un piccolo comune della pro- vincia di 15ivsna, die non ha mai fatto parlare di se. ( )ra in quel paese e avvenuto un fatto che ha impressionato gravemente le persone che guardano le cose con occhio sgombro da passione. In una sera dei primi del tra- scorso aprile verso le *2, una quaranlina di contadini vennero fra di loro a contesa in una pubblica via di Gavardo. Una pattuglia di carabinieri inlervenne prontamente sul lungo e colle belle e colle buone procur6 di dividere i contendenti e indurli alia pace. I rissanti per6 non vollero saperne delle ammonizioni e si rivoltarono contro i pacilicatori.

In un momento ne nacque una zuITa tale, che poco dopo si scambi6 in sanguiuosa baltaglia. II carabiniere Petlinazzi, nella lotta, fu disarmato; a tal vista un altro carabiniere, certo Fioravanli, esplose contro i rivol- tosi un colpo di revolver ed un tal Francesco Re cadde raorto all'istante. Gi6 accrebbe piii ancora fra i contadini il furore e i carabiniori furono fatti segno alle loro ire ed alia vendetta. Dopo un'accanita difesa il con- tadino Zambelli lliagio, uno dei piii oslinati rivoltosi, fu arrestato e tra- dotto dai carabinieri nella caserma.

In breve la caserma fu assediata dai contadini, che, gridando e mi- nacciando, tentarono invaderla. Allora il brigadiere intim6 agli assembrati lo scioglimento, ma invano, poichfe la sui intimazione fu accolta con sassate. In quel mentre il carabiniere Petti nazzi fu colpito ad un braccio, ed il brigadiere, allo scopo di schivare un sasso, gli urt6 contro. Dal fucile carico, che teneva fra le mani il Pettinazzi, parti sgraziatamente un colpo che and6 a ferire mortalmente il contadino Giuseppe Bresciani. Mezz'ora dopo la quiete era ristabilita. I carabinieri e la truppa, chia- raata da Brescia e intervenuta in loro soccorso, sono ancora sul luogo. La ferita del carabiniere Pettinazzi e lieve.

Intorno a questi fatti ci sono, come avvieno sempre, due versioni: Tuna tutta fa vo re vole ai carabinieri, 1'altra invece ai rivoltosi; il fatto e troppo grave, perchfe si possano accogliere le alTermazioni di una parte o dell' ultra, che si contraddicono, senza averle vagliate.

Dove per altro questo spiriio di rivolta si manifesta con una persi- stenza incredibile e nelle Romagoe. Nel leggere i giornali, special mente delle Romagne, si trovano ogni dl notizie di ouovi e sempre piii audaci attentaii contro la quiete pubblica e contro la liberta e la stessa inco- lumita dei cittadini. .N»- trattasi di fatti individuali, ma di hande di so- cialisli che si raccolgono all'unico scopo di insuhare e far violenza ai

CRONACA.

pacific! ciltadini, di quotidiane e claraorose dimostrazioni contro le auto- rita governative e municipali, di colluttazioni purtroppo frequonti colla pubblica for/a, dalle cui rnani nun di rado dall'audacia dei complici sono sottratti i rei.

Un giornale governativo di Forll, YUnione liberate, dopo aver rie- pilogato varie di cotali gesta degli anarchic!, chiude domandando: «quando finira questa gazzarra? > Per poter predire COD fondamento quando finira,

0 meglio se essa avra pur fine una volta, e duopo fissar bene prima, quando e come la gazzarra e incominciata. Essa incomincib quando co- loro che ora si spaventano dell'audacia ed intolleranza degli anarchisti, applaudirono e promossero le dimostrazioni ingiuriose e le violenze contro

1 caltolici, il clero, il Papa e la Chiesa. La plebe educala in questa guisa vuol mostrare di avere appreso, ed applica verso gli stessi maestri quelle teorie che essi gli hanno insegoalo. E uno sviluppo logico, ine- luttabile di quelle idee di incivilimento e di progresso politico, che ser- virono di base alia presente Italia.

Si sa dunque quando potra finire « la presente gazzarra. > Unica- mente quando si saranno distrutte le varie cause di cui essa e la con- seguenza necessaria.

5. II giorno 23 p. p. aprile si riaperse la Camera con non piii che circa un cenlinaio di Deputati; cosicche convenne presto sciogliere 1'adunanza. Di che forte lamentavasi il Diritto, uno dei piii fanatici denigratori della Ghiesa e dei Gattolici. « Resteranno, scrivea, appena appena due mesi per espedire aflari che richieggono studio e diligenza grande. Vi sono quasi tutti i bilanci, c' e la legge sulla riorganizzazione dei ministeri, i provvedimenti relativi alia Gassa militare, le modifica- zioni delle leggi sul credito foadiario, quella delle leggi sulle pensioni dell'esercito, 1'altra sugli stipend!, sussidi, nomina e licenziamento dei maestri elementari, tutte riconosciute d'urgenza. Poi senza dubbio qual- che interpellanza, con che si consumeranno ben presto le cinquanta sedute circa che si hanno da tenere.

« Gi6 posto, a noi pare sia conveniente dirigere una raccotnandazione ai signori depulali; quella doe di parlare mono che sia possibile, e di lavorare attivamente. fi da sperarsi che codesta raccomandazione sia accettata? Ne dubitiamo. Tutto il tempo trascorso e stato perduto nel riordinare, come si dice, i partiti. Ne il riordinamento ha fatto passi tali che ci affidi per 1'avvenire. Vogliamo essere imparziali, perche questo e il nostro dovere. La maggioranza ministeriale e tuttavia un'in- composta accolia di uomini che non vuol dire tutto ci6 che pensa e desidera, ed esercita un'azione negativa. Impedire agli avversari di prevalere: tale e il programma, salvo a chiarirne la vacuita allorquando si tratta di operare. L'Opposizione, anch'essa, non ha ancora trovato il momento per dir tutto intero il pensier suo; ci6 che non pu6 awe-

iii una polilica. K, <|U''l die fc per

00 ancora a quesii fi-rri. I lenlativi, le prove non sorio finite 10 si travaglia »• sula inlorno allVlili/i.i <lHla ricostituzione >: propria parte; eJ il paese e ben lungi dal sapere dove proprio si trovera qiu'l fondamento solido, e queila robuslezza che assicurano la du dfU'edifizio stesso. Una ct-rta paura, legiltima del resto in chi sa che la forturia delle isiiiuzioni rappreseni.it: ;>punlo neH'aiiioritft e

nella vitalita del Parlaraento, invade gli uomini che pon^ono le passion! al disotto degli interessi del paese. Ed e la paura di chi vede tutti i conati urtarsi contro diilicolta die non si riesce a capire in qual modo saranno vinte.

« La riapertura della Camera, in condizioni sifTatte, proraette dunque poco. »

Non solo dunque non erano ingiusti ed illegali i giudizi dei catto- lici; ma essi erano tanto assennati e conformi alia verita, che a poco a poco anche i meno araici di questa sono stali costretti a condividerli e conferrnarli.

6. Poiche non si cessa di ricordare che Quintioo Sella fu il principale promotore della breccia di Porta Pia, noi dobbiumo anche dire che qudla breccia gli riuse'i fatale. Ma non vogliamo dirlo noi: lo stesso Quint mo Sella che lo ha scritio a Carlo Pisani, diretlore di un giornale intitolato La Venezia. Queslo giornale pubblica le due seguenti lettere che vcn- gono pure ristampate (\-<\\Y Opinione.

La prima letlera e dei 24 di gennaio 1882. Parla delle febbri mia- smatiche da cui il Sella fu collo a Roma, e dello stato miserando di Roma tolta al Papa. 11 Sella si aspettava qualche cosa dimcglio dalla breccia di Porta Pia! Ecco la lettera:

« Biella 24 gennaio 1882. « Carissimo amico,

« Eccoti il mio stato. Le ripetute febbri miasma ticho, dalle quali, per la mia abiludine delle passeggiate mattutine, mi lasciai cogliere in Roma, lasciarono tin residuo, davvero passivo, come direbbero i finan- zieri, che si manifesta con eruzioni cutanee. E queste di prcforenza mi pigliano alle gambe, sicche sono condannato aH'immobilita, quando sono sotto la loro azione.

« Queste eruzioni 1'anno scorso furono violenti, e minacciarooo di finire in cancrena. Ma la loro violenza va diminuendo, sicche posso spe- rare che finiranno. Intanto gli spiritosi di qui, che fanno le matte ijiiando si crede ai loro canards, o magari accada qualche scompiglio nelle famiglie (e un'abitudine di parecchie piccole citta), vedendo pli spiritosi di Id accogliere tulle le fanfaluche sulla mia salute, di t: in tratto ne inventano qualcuna, e se la godono al vederla riprodotta nei giornali.

378 CRONACA

« Pero non e men vero che 1'essere di traito in tratto condannato alia immobility mi costrinse a ritirarmi dalla politica. Alia dichiarazione di guerra pu6 parlire anche il soldato che presume di arrivare poco piu che ad una delle prossime ambulanze, se il cattivo effetto del suo ri- manere a casa ft peggiore del suo ingombro dell'ambulanza. Ma quando si tratta di assumere un comando, la questione e di versa. Quando uno ft in condizioni da non poterlo esercitare come va, la presunzione diventa colpa.

« Lo spetlacolo al quale assistiamo ft certamente doloroso. Tutti rioi che abbiamo vista 1' Italia divisa, ed in massima parte schiava, aspet- tavamo dall1 Italia libera ed unita qualcosa di meglio e di piu elevato. - Yi ft un lato per cui 1' Italia progredisce con abbastanza soddisfacimento, ed ft quello del lavoro. L'agricoltura e 1'industria aiutata dalla liberta e dai lavori pubblici fanno passi important!. Ma bastano gli interessi ma- terial!??? Finisco che il foglio finisce. Ma prima lascia che io ti dica che la tua costante amicizia per me ft una delle consolazioni delta mia vita.

« Tutto tuo QUINTINO SELLA. »

La seconda lettera, indirizzata allo stesso Carlo Pisani, fu scritta dal Sella 1'8 di agosto del 1882 da un monte delle Alpi, ed ft la seguente:

«011en, 7 agosto 1882. « Mio carissimo amico,

« Per rifare, o meglio per tentar di rifare un poco la mia sconquas- sata salute, sono venuto a passare qualche giorno nel Ricovero alpino dell'Ollen, a 3 mila metri sul livello del mare. Qui 1'aria ft pura, non contaminata da miasmi. Non so se varra molto a ritemprarmi, ma ho almeno la soddisfazione di vivere in una regione elevata, nella quale anche il pensiero si solleva al disopra delle miserie quotidiane. Qui si ricordano con desiderio, anche maggiore del consueto, gli amici, che ci hanno dato prove di nobilissimo affetto, e non ti meravigliare perci6 se penso anche a te, che anche di recente hai preso tanta pane ai tanti infortunii di ogni genere che da poco piii di un anno mi assalsero d'ogni parte.

« Di qui si presenta all'occhio un'estensione non piccola della nostra Penisola, e si pensa perci6 alia patria. Ma ahiraft! quanto ft tristo il confrontare la realta del presente collo ideaU che ce n'eravamo fatto nei primi albori del nostro risorgimento, e quando le sparse membra del nostro paese cominciavano a riunirsi! Nel 1870 e nel 1871 io spe- rava che la capitale a Roma avrebbe rialzato 1'ideale della patria nel mondo ufficiale, e quindi nel corpo elettorale. Non mi parea possibile che si vivesse a Roma, e non se ne ricordasse il passato, e noo si sen- tisse la responsabilita che ha davanti alia storia la generazione attuale, che non ha piu a scusa dell' ignavia la tirannia straniera o I1 oppressione dericdle. Invece noi vediamo modificarsi la geografia politica del Me-

<•>, .- nulla osiamo e poco possiamo. Ma lasciamo .|u.si,- malin- conie; in volli soltanto raandarti di «jiiassii un alTctiuoso salulo, c dirti •jiniito mi SIM j'iv/i».sa la cosiante e nubile tua amiri/ia. Ad

« Tuo aff.mo QUINTI.NO SELLA. »

11 Sella confessa i suoi disinganni. Sperava mollo dalla spogliazione del Papa, ma 1' Italia non tie raccolse che miserie ed egli, promotore della breccia di Porta Pia, infortunii di oyni genere.

III.

COSE STRAXIERE

AUSTRIA (Nostra corrispondenza) 1. II piccolo stalo d'aiwdio in Vienna e oei dinlonii 2. Condizioni di parlito dogli operai a us triad 3. Urgente ne- cessM di una riforrna sociale, riconosciuta dallo sicsso Goverao.

1. Innanzi di parlare d'alcuna fra le molte vicende, chc dalla mia uliima corrispondenza in poi ha presentale in mezzo a noi la vita vuoi sociale, vuoi politica, in provo il bisogno di discorrere alcun poco dello stato di cose straordinarie, che regna al presente nelle localita soggette alia giurisdizione di Vienna, nella piccola adiacente citta di Korncnburg, e in quella importante cilia industrial?, posta alle falde del Semmering, che e conosciuta sotto il nome di Wiener Neustadt; slato di cose, che assorbe tuttora la pubblica attenzione per modo da far relegare in ul- timo luogo tutti gli altri interessi, siccome potra agevolmente convincer- sene chiunque dia qua e la un semplice sguardo alia stampa austriaca. Quanto per6 alle cause efficient! di queste condizioni straordinarie essendo invalse opinioni, che racchiudono in se molto d'erroneo, apparisce non solo opporluna, ma necessaria qualche rettifica/ione.

Da parecchi anni la popolazione di Vienna, un tempo cost quieta e d'indole cosl bonigna, vedendo ogni giorno piii farsi peggiori le sue con- dizioni, aveva incominciato a manifestare il suo malumore con sediziosi altruppamenti, che piii d'una volla avevano degenerato in iscontri san- guinosi con la forza di polizia mandata a disperderli, o anche con la truppa. L'anno scorso, somiglianli eccessi raggiunsero le piii serie pro- porzioni; tantoche nell'es'ale, al seguito di una cosl delta Katsssnmusik (scampanata\ fatta davanli alia Direzione di polizia in Vienna, si venne a gravi ferimenti in sulla gran piazza prospiciente la chiesa votiva, stata eretta in ringraziamento a Dio per aver preservato dal pugnale dell' as- sassino i preziosi giorni dell'imperaiore Francesco Giuseppe. Seguirono dopo di ci6 altri assembramenti di minore importanza, fiuche nella chiesa parrocchiale del sobborgo Favoriten veniva commesso, durante la pre- dica di missione del Priore dei PP. Redentorisli, quel criminoso alten- tato, in cui rimase graveraente feritt una quanlitA considerevole di donne e di fanciulli, dappoiche, essendo la chiesa piena zeppa di devoti,

CROKACA

1 <l;i subitaneo spavento, precipitavansi verso le portc, che quella handa di malfattori teneva intanto chiuse a forza. Soli tre fra pli autori dell'orrendo misfatto riusci alia polizia di arrestare e tradurre in giu- dizio, i quali andarono soggetli a severissime pene. La nolle poi di san Silveslro, in una localila delta Floridsdorf, formanie una continua- zione di Vienna e ripiena di fabbriche, veniva prodiloriamente ucciso con arma da fuoco tin impiegato di polizia per norae Hlabek, nel raentre che se ne lornava a casa dopo aver assistito a un'adunanza di operai; e di 11 a qualche sellimana, parimente in Floridsdorf, 1'agenle segreto Bloch cadeva sollo la palla d' un assassino, che gli avea fallo la posla nel suo rilorno alia propria residenza, e che, arresialo da alcuni giornalieri oc- cupali in un lavoro vicino, asserl aver compiulo quel fallo per incarico ricevutone da cerlo parlilo.

Ora, se si rifletta che il giorno precedenle al misfalto 1'operaio Viennese Rougel era slalo condannalo a severa pena per delenzione di un torchio da slampa clandeslina; che molli merabri della polizia ricevevano conlinua- mente da qualche lerapo lellere anonime, che li minacciavano di sangui- nosa vendelta per la persecuzione degli operai radicals ; che nel corso dell'anno passalo in diverse localita, ma specialmente in Vienna, eransi acquislale prove di un'atliva propaganda anarchica in forma di manifesli incendiarii, di una quantita d'esemplari del giornale Freiheit (liberta), che si pubblica in Nuova York e la cui inlroduzione e qui severamente proibiia ; se si riflella inollre che erasi scoperlo considerevole il numero degli anarehici ; si comprendera facilmente come le autorita di polizia si fossero dovule persuadere dell' esislenza in Austria di un'estesa so- ciela segreta, avente fini anarehici, la quale dai misfitti di Floridsdorf sarebbe ben presto scesa a un sistema di terrcrismo, che avrebbe co- stalo la vita a molti e molti altri zelanli impiegati di polizia. Non e perci6 da maravigliare se le principali fra dette autorita dichiararono al Governo che a reprimere il movimenlo anarchico piu non bastavano i mezzi, ond'esse potevano disporre. Di qui e che il Ministero comune, dopo aver invocaia e oltenuta 1' autorizzazione sovrana, decise di ricorrere a prov- vedimenii straordinari, cousislenti nella temporanea soppressione di quegli articoli dello statuto foiidamentale, i quali guarenliscono la liberta per- sonale, 1'inviolabilita del domicilio, il segreto epistolare, la liberta di as- sociazione e di slampa, non meno che nella sospensione, parimente a tempo, dell'azione dei giurati; salvo che per alcuni delitli, i quali non si sarebbe poluto supporre che avessero a movenle la politica. Non si compresero per6 tra quesli uliimi la rapina ed il furto, perche fu creduto che anch'essi polessero venir perpetraii nell'inleresse della rivoluzione sociale.

La risoluzione governaliva, quanlunque gia prenunziata da fonti degne di fede, giunse per6 alquanto inaspeltata, dacchfc i provvedimenti, cui essa

tii n.s mil: Kispetiata, furono

in \ i-'nna e nei dintorni, clie vidcrsi di nnttrlr:: : c-'iti

loro nl.ita/.ioni e tradoiti in vriture dmisf, .-iH'iillizio di polizia, dove

fu loco significato che erano banditi dai distrelli posli in slalo d'assedio,

\e si attenlassero a riporvi il piede, andrebbero soggetti a seve-

me pene. Trasportati, dopo di ci6, col mezzo di veiture cellulari, alia

me -It'lla via ferrala, vennero essi allo spuntar dell'aurora fatti par-

deposli io piccole localita estranee alia giurisdizione di quei di-

quivi abbandonaii alia lor sorte. Maocanli di danaro per com-

prare di che sostentarsi, privi di occupazione (in quei piccoli luoghi

nirissima) per poter guadagnare qualcosa, sprovvisti di mezzi per trasfe-

rirsi in quelle piccole citta e borgate, che ofTrivan loro speranza di trovar

lavnro, trov.-ironsi quegl'infelici ridotti al punto di morire d'inedia. Peg-

giore di s) trista prospettiva era pei molti fra loro, i quali avevano fa-

miglia, il pensare alia moglie e a'figliuoli, dovuti da essi abbaodonare

in \ 'ienna sen/a lasciar loro un soldo, senza dir loro una parola d'addio,

sen/a lor porgere la menoma indicazione (juanlo al modo di procacciarsi,

in mancanza del loro capo, un tozzo di pane. Sifiatto stato di cose port6

al deplorevole risullato di accrescere ognor piii la sfiducia e Tesaspe-

razione della classe operaia conlro il Governo e contro i suoi atti.

2. Qui cade in acconcio di soitoporre alia considerazione del lettore le condizioni di parlito degli operai auslriaci, le* quali e difficile pos- sano essere conosciute abbastanza fuori del nostro paese. Saranno circa veot'anni che in seno di una parte degli operai austriaci va manife- standosi un movimento, il qu»le in sul principio assunse un indirizzo piu politico che sociale, un indirizzo volgente, dir6 cosl, al liberale, e che sotto mnlti rispetti si accosiava al liberalismo, cui io piu d'una occa- sione mostrossi devoto. Allorquando il minisiro Giskra disse un giorno: « La questione sociale cessa in Bodenbach » (confine austro-germanico), in tanto aveva ragione, quanto il parlito operaio non agiva nel proprio interesse sociale, ma in quello dei capitalisti, e nessun parlito, d'altronde, pensiva a una riforma sociale; tutto rimaneva circoscritto entro la pe- riferia delle antiche vedute capitaliste. Non si creda per questo che le roihlizioni degli operai in generate fossero delle piu soddisfacenti : nel- rinlustria domestica, del pari che in molli rami dell'industria esterna, e specialmente nella manifailura dei tessuti, le mercedi degli operai erano di gran lunga insufficient!, quantunque sempre piii tollerabili d'oggi in ragione del minor costo dei generi necessari alia vita. Sopraggiunse in- lanto, come un eflfetto inevilabile della speculazione spinia all'eccesso, Io seoppio del 1873, che gett6 d'un tratto sul lastrico centinaia di raigliaia d' operai. In specie la tuttavia cosi fiorenle arte edificatoria, le industrie mineraria e fusoria, con molie altre, dovettero in gran parte sospeudere

CHONACA

i loro lavori, o almeno ridurli alia minima proporzione; e i loro lavo- ranti, che per lo spazio di parecchi anni avevan percepite vistose mercedi, ed eransi assuefatti a uo genere di vita (standard of life} in relazione co' loro guadagni, vidersi orraai condannati a guadagnare appena di che levarsi la fame, o anche all'assoluta mancanza di lavoro, e cosi alia piii desolante miseria. Non e quiodi da recare sorpresa se si diffusero con tanta rapid! ta le idee socialiste, le quali d'allora in poi sono andate sempre piii estendendosi e prendendo quel colore pessimista, che piii di tutto le rende pericolose. Non lardarono gli operai socialisti a scin- dersi in due parti ti, quello dei cosi detti moderati e quello dei radicali: i primi non sono in sostanza che liberal), i quali, pur mantenendo il loro sistema di economia liberale capitalista, cercano di migliorare per mezzo del costituzionalismo la propria condizione, e tutti i loro sforzi rivolgono a far trionfare la teoria del suffragio universal, da essi risguardato come una panacea di tutti i lor mali. Gostoro sono intimamente uniti al partito liberale, godono il favore della polizia, o non somministrano col loro con- tegno veruna occasione al suo intervento. I moderati mostransi inoltre ostili ai radicali, che, come lo dice abbastanza la loro denominazione, aspirano a una riforma fondamentale del sistema economico, e vagheg- giano uno Stato di operai meccanicamente organizzato, con impiegati prescelti a dirigere i lavori, a curarne lo spaccio e, all'occorrenza, 1'espor- tazione. In questo Stato il valore dei lavori dovrebb' esser determinate dalla durata del tempo impiegato nel produrli, e certe marche speciali avrebbero da tener luogo di danaro. Gli utensili da lavoro, come mac- chine ed altro, appartengono allo Stato ; il capitaUsmo e, in grazia del- 1'eliminazione del danaro, reso impossible. II mezzo principale, onde i radicali iutendono valersi a conseguire il loro scopo, e 1'accrescimento delle cognizioni e la distruzione della moralita degli operai; in ultimo luogo poi, la violenta introduzione del sistema da essi creato. Coloro, che a quest' ultimo mezzo il piii risolutamente, spesso anzi esclusivamente ricorrono, sono gli anarchici; e ad essi vengono apposti gli omicidii ul- timamente commessi in Floridsdorf, quantunque sia oggi accertato che anche il primo di quei misfatti fu opera di un tale, stato arrestato in occasione dell'assassinio dell'agente segreto di polizia Bloch, e che fu riconosciuto per Ermanno Stellmacher, sassone, quindi forestiere, giunto poco prima da Zurigo. E un fatto che la peggiore materia rivoluzionaria viene spinta verso di noi daU'estero; e il giornale Freihcit, che vede la luce in Nuova York, e che in gran copia di esemplari si fa varcare il confine e segretamente diffondere, e tal foglio che col sollevare le piii penose passioni e coll' inculcare il pessimismo arreca danni incalcolabili ; tanto piu incalcolabili, quanto s\ rei eccitamenti sono avvalorati da un partito indigene, cui nulla sta maggiormente a cuore che 1'impedirela riforma sociale, dai conservatori propugnata secondo lo spirito cri-

!•• m.mifi-stari ;•• de'larghi suoi mez/.i pe-

re il fiinco (li'll'an.r ;itrv poi getta in :

•rv.-iton crisiiani la calunnia di trnrrc in inganno !•• r riori

con vane promesse di rifnrma sooiale.

! ora le tendenze all'anarchia oon ban mcsse in Austria pro- fonilc railici; ma ove non si faccia presto cessare il disordine sociale, che H7/0 !.••: ! di morale crisiiana, foiulali sulla legge

di iintura e per luntro corso di secoli inculcali ai popoli dalla Chiesa sono d-» N'M.-'rsi le conseguenze piii deplorevoli. Ci6 fe stato ri- i andie in alte regioni; ond'e che il presiclente dei ministri conte TaafTe ha dicliiarato alia Camera dei deputati, saper bene il Go- verno che i provvedimenli slraordinari non possono esser sufficients a reprinu're 1'anarchia, ma che si richiedono riforme sociali; il perch* preparando disegni di legge nell* interesse degli operai si delle citta come delle campagne. Per tal guisa i conservator* cattolici (ossia i clerical!, come i loro avversarii li chiamano), i quali fino adesso eran soli a com- battere nel Reichsrath per la riforma sociale, avranno quindi innanzi un potenie alleato. Anco nel campo dell'Opposizione militaao (quantunque in st-arsissimo numero) deputati, che a questo intento consacrano I1 opera loro;giova raramentare, prima d'ogni altro, il signor Richter, il quale eon la sua proposta al Reichsrath, teodente a restringere la liberta degli atti ••s.vutivi, si e meritato il plauso di tutti i buoni. Si cbiede in quella proposta che al debitore non siano da qui in avanti tolti e forzatamente veoduti gli oggetti esclusivamente oecessari alia sussistenza e al lavoro, come sarebbero letti, tavole, sedie, arnesi ecc. Soddisfa inoltre a un' ur- gente neccssita delle popolazioni rurali una recente proposta dell' altro deputato Lienbacher, che chiede sia vietato lo sminuzzamento esectitivo delle proprieta dei contadini, vietala la vendita dell'inventario senza il fondo; e invoca a favore delta comunita il diritto di ricomprare, entro un breve termine di tempo, per lo stesso prezzo, sborsato dal com pra tore, il fondo forzatamente venduto, per cederlo poi al piu prossimo congiunto dell'antico proprietario, con che questi gli corrisponda Tequivalente somraa in rate da convenirsi. Con questo provvedimento verrebbe a porsi un freno al tanto deplorato spicciolamento dei possessi, come pure al trisle spettacolo di un contadino rimasto senza casa ne tetto: quantunque nep- pur ci6 sarebbe sufficiente all'uopo, essendo del tutto impossible il con- seguire un ralTorzamento nellu classe rurale, fintantochfe il contadino .sia I'it'namente libero di contrar debiti a carico del suo possesso, e a ci6 lutamente costretto dallo sparlimento della successione. II comitato per la difesa degl'inleressi agrari, costituito dal deputato Lienbacher, proseguira ccrtamente ad agire nello stesso senso;e cosi la classe co- lonica (U'lKAuslria, tuttora dotata di non comune abilila e animal nobili sentimcnti di religione e di patriottisiuo, rimarra preservata dal

CKONACA CO.MEMI1' :: ANKA

piotnbare nel proletariate, e per conseguen/a nell'anarchia, nell' iocredu- lita, nel pervertimento morale.

Nell'altro comitato del Reichsrath, che si occupa d'arti e mestieri, si sta spiegando grande attivita intoruo ai disegni di legge diretti a sta- bilire la giornata normale di lavoro, il riposo domenicale, la restrizione del lavoro delle donae e dei fanciulli, come pure all'altro disegno per I'assicur.izione rtegli operai contro gl'infortuni; e si spera vederli tutti quanti discussi e risoluti nella presents sessione.

AWERTENZA

E debito nostro rendere grazie a tutti queJH che ci hanno spedite offerte, per soccorrere, nell' occasione delle feste pasquali, i ben 280 Monasteri di sacre Vergini, sparsi per tutta Italia, che a noi chiedono e da noi aspettano qualche aiuto nelle estreme necessita, a cui la Rivoluzione le ha ridotte. Gran merce della carita dei cattolici, abbiam potuto mandare a tutti quanti un piccolo sussidio, pel quale ci lianno fatti caldissimi ringraziamenti, assicurandoci che notte e giorno pregano e soffrono pet loro benefattori. Questo serva di dolce compenso ai tanti che partecipano, colle loro oblazioni, a questa pietosissima opera di miser icordia, della quale il Santo Padre Leone XIII si e degnato manifestarci la particolare sua compiacenza, accompagnata da iterate benedi- zioni, e per noi e per tutti coloro che in qualunque siasi modo vi concorrono. 1 lettori nostri gia sanno che la persecuzione e rincrudita contro le inno- centi e pacifiche creature che dimorano net Monasteri confiscate dal Demnnio, per le leggi di abolizione degli Ordini religiosi. Un draconiano decreto ha in- giunto a tutte le Comunita che vivono in questi Monasteri, divenuti cosa del Governo, di licenziare tutte le Religiose entratevi dopo la pubblicazione di quelle leggi; vale a dire, dove da 22 e dove da IS anni in qua. E inesplicabile il pianto e di queste e delle piu anziane, come sono inenarrabili le conseguenze pe- nosissime, che dall' esecuzione di questo barbaro decreto ne verranno alle persone ed alle inter e Comunita. Per ora ci contentiamo di rammentare a tutti questi nuovi dolori, ai quali la spietata Rivoluzione fa soggiacere le povere e sante spose di Gesu Cristo, eccitando chiunque ha cuore umano in petto a n>nir? in loro soccorso ; giacche fra poco sara necessario prove eder e un tetto a cen- tinaia e centinaia di queste vittime, le quali, se Dio non provvede, non avranno jtiti altro alimento che le lagrime, ed altro allogjio che il lastrico delle stradr. A tempo piu opportune non mancheremo d'informare i nostri lettori tit che sta accadendo, e di mettere sotto i lor occhi una pagina di storia, che p < scritta sotto il Governo dei Neroni e dei Diocleziuni, ed invece si scrive sotto quello dei moderni fautori di civilti e di umanili.

I -A MASSONER1A, ECCO II. NBI!

L'ENCICLICA JH'MAM'M GE2

I.

II grido fainoso di Leone Gambetta: // ckricalismo, ecco il , non espresso un concetto nuovo tra i nemici di Dio, ma & una formola chiara, che a' giorni nostri sembra divenuta il motto e la bandiera della Massoneria. II pensiero che essa esprime viene preso per principle che deve inforraare la mente, la parola, 1'azione dell'esercito immenso di coloro che, seguendo 1'esempio e la inspi- razione di Lucifero, vogliono Dio gid dai suo trono, Cristo fuori della societa, annientata la Chiesa.

II freraito di tanto esercitonon impaurisce Leone XIII; tatt'al- tro ! Anzi lo rende nella sua alta sapienza piu acuto e nella sua fermezza pift forte. A quella bugiarda ed infame denunzia oppone la vera e la giusta: la Massoneria, ecco il nemico: nemico di Dio; nemico di Gesft Cristo; nemico della Chiesa; neinico dei Re; ne- mico della Societa; nemico della verita; nemico della morale; nemico della famiglia; nemico dell'nomo. Questa autorevolissima denunzia Leone XIII la fa nella famosa Enciclica Human urn '•>•, che porta la data del 20 aprile 1884, anno settimo del suo illustre Pontificato. Fare un particolareggiato commento di questo lavoro stupeudo in ogni sua parte, non e nostro scopo. Non c'6 per certo uomo di Chiesa, od uomo anco di mezzana cul- tura, a qualunque fazione appartenga, che non 1'abbia letto, me- ditato, ammirato. Sta oggimai nolle mani di tutti. Solo in questo articolo vogliamo discorrere sopra di esso in generate, riservandoci poscia a trattare partitamente di ci6 che nel medesimo e indicato.

XII. vol. VI. fate. 814 25 7 maggio 1884

386 LA MASSONERIA, ECCO IL NEMICO

II.

Negli effetti si vede la virtu della causa. Per6 da questa En- ciclica pu6 ognuno rilevare di quale tempra sia la raente e 1'anirao di Leone. Chi vede talvolta il venerate Pontefice nelle ecclesia- stiche funzioni, che neir interne recinto del Vaticano si celebrano, all'aspetto, non rare volte, mesto per le continue tribolazioni ond'e oppressa la Chiesa, e tratto a credere che sia in lui dirainuita la vigoria dello spirito con le forze del corpo: ma non e punto cosl. Quegli che da vicino possono vederlo e udire la sua parola, allor- che parla di ci6 che gli sta somraamente a cuore pel bene della Chiesa e del popolo cristiano, sono costretti ad esclamare che in lui ad una singolarissima sapienza senile e congiunta una vigorosa energia giovanile; e che, tutt'altro che accasciato sotto il peso della afflizione, e ora ben piu gagliarda la sua vita che quando sull'augusta fronte si pos6, la priina volta, la tiara papale. L'En- ciclica Humanum genus ne e luculentissiraa prova, sebbene i botoli del giornalisino liberalesco, quanto ringhiosi altrettanto in- considerati, latrino per distrarre gli uoiuini dall' amniirarne la immensa portata.

Essa e un atto, prima di tutto, di sommo coraggio. £ vero che la Chiesa quaggiu e militante, ma e altresl vero che i fedeli sono e saranno sempre quelli che gli ha detti Gresu Cristo, doe agnelli, e che i loro nemici sono lupi: Mitto vos sicut agnos inter lupos. In quanto si attiene all'uso della forza materiale, quelli saranno i deboli, questi i forti; e la fortezza di costoro sar£ a mille tanti ringagliardita dall'astuzia, dalia frode, dalla calunnia. Fino dal principio del cristianesimo s' ingaggi6 la lotta tra quelli e questi, ma i nemici di Dio scissi in varie sette, per secoli molti, non co- stituivano un esercito disciplinato sotto i inedesimi duci, regolato dalle stesse norme nei suoi movimenti, tendente, con la varieta consigliata dei mezzi, ad unico fine. Nei 1717, o in quel torno, fu organata in Inghilterra la setta dei Massoni ; nella quale oc- culto dovea essere il fine supremo ; occulti i supremi capi ; obbe- dienza cieca ed assoluta nei socii. Essa a poco a poco si forti fic6, grandeggift, divenne potente nell' azione. Ma le sue trame furono

oonoscinte e denunziate ai sovrani od ai popoli dai Papi. Cle- mentoXIInel 1738, Benedetto \ I \ . Pio VI!, Leone XII, Pio IX, ne conobbero il fine supremo, ch'era la guerra contro la Chiesa per distruggoro la religione rivelata: additarono ai sovrani i pericoli che sovrastavano alia civile societa, ma pochi regnanti operarono eon sapienza e con energia. Intanto essa in Francia gener6 il filosofismo; awelen6 la pubblica istruzione: scristianeggifc la educazione: conturbd 1'Europa. Pio VI raorl in esilio: Pio VII esuld da Roma. Napoleone I, ascritto alia Massoneria, ne attuava i concetti ed i voti. I francesi Borboni, ripreso lo scettro, vi si aggregarono: Torleanista Luigi Filippo fu massone: massone pure il terzo Napoleone : e i principal! duci delle rivoluzioni, che in qnesto secolo agitarono 1'Europa, appartennero a tale setta e ne incarnarono nelle opere i disegni.

Inspirata dalla Massoneria fu la distruzione del potere tem- porale dei Papi, ed ordinata, come mezzo a fine, alia distruzione deilo spiritnale potere del Romano Pontificato. Imperocch& que- sta e non l'unit& politica dell' Italia fu principalmente intesa, essendo la setta paratissima a mettere a repentaglio la stessa patria liberta piuttosto che concedere al Papa una Tera indipen- denza sovrana. Ora la Massoneria 6 potentissima. Le logge (che sono i conventi ove i frati massoni si raccolgono), se stiamo alle relazioni ultimo dei giornali, sono numerose oltre modo, e se ere- dessimo alle statistiche pubblicate dalle sette, sarebbero un nu- mero assolutamente incredibile, e dotate di piu incredibili en- trate. Quello che e certo si 6 che teste coronate e principi di sangue reale hanno ad onore 1'essere affigliati alia setta: ed og- gimai siamo venuti al punto che, in certi paesi, generalmente, per aver fortuna, per ascendere a post! lucrosi ed onorevoli, il passaporto piu efficace d 1'essere ascritto alia setta. N6 questo fa meraviglia, chi consideri che la Massoneria tiene i suoi fidi nei parlamenti, nei senati, nei ministeri dei governi ammoder- nati, ed essa 6 che regola, ove piu ove meno, 1'Europa, e molti Stati fuori di questa, arbitra dclla guerra e della pace. Tutto ad essa piega! piegano i municipii, piegano le repnbbliche, pie- gano i coronati sovrani, piegano gli escrciti; e la stella massonica,

388 LA MASSONEIUA, ECCO IL NEMICO

cio& il pentalfa, sta come segnale sopra il berretto delle soldate- sche, ed 6 scolpito persino nelle monete, a segnale di sua uni- versale dominazione. Quasi diremmo, esser prossimo a verificarsi il detto dell'Apocalisse, che verra tempo in cui non si potrd ne cQniperare ne vendere senza il carattere delta bestia.

Ma nella coniune umiliazione e nell'universale servaggio un solo non piega, e questi e Leone XIII. Non ha tesori, non ha eserciti, non gli resta un palmo di terra verarnente indipen- dente, e prigioniero, non 6 sostenuto da truppe straniere, non confortato da sovrani possenti di questo mondo, non dalle ar- mate moltitudini: e pure non piega! E oppresso, e prigioniero, e calunniato, e beffeggiato come Cristo con un manto di porpora qual re da burla, come Cristo ha intorno a se" timidi seguaci, ha avuto tra'suoi anche dei giuda: e non piega! Che anzi strappa dalla fronte della Massoneda la maschera che la ricopre; disvela i suoi tenebrosi misteri; 1'addita come la ruina della societa tutta quanta; e al grido massonico: il Clericalismo, ecco il nemico : Leone ai re e ai popoli dal Yaticano fa risonare il verace grido : la Massoneria, ecco il nemico ; guardatevi! combattetela. Egli ne prevede le ire, ma non le teme; e dal fondo del cuore dice apertamente a suoi: sento nella coscienza il dovere di far questo: debbo farlo e lo fo, qualunque cosa mi possa awenire: offro ogni mattina a Dio la mia vita, per la sua santa causa, son preparato al martirio. Questo per certo e sommo coraggio: e la lotta di Leone debolissimo agli occhi umani, contro un potentissiino av- versario, e lo spettacolo piu sublime che ci possa venir fatto di contemplare in questa eta sgagliardita e vigliacca.

III.

Che se noi vogliamo investigare la fonte onde cotanto co- raggio derivi, troveremo che potissimamente da due capi. II prinio e Dio: il secondo la boata della causa che Leone pro- pugna. Noi siamo ben lontani daU'asserire che la forza ina- teriale non possa usarsi legittimamente a sostenere i diritti, alia difesa dei quali e di sua natura ordinata, e percio stesso

ClOtf L' ENCir.LICA « HOMANUM 0

i diritti della Chi-vsa che alia fin fine sono i diritti di Dio. Ma egli ci pare per la storia bastevolmente chiarito, che quelle battaglie furono piu coronate di lieti successi, nelle quali i catto- liri a guisa di agnelli corabatteroao contro i lupi loro nemici : perch6 in queste battaglie non solo gli agnelli vinsero i lupi, ma li cangiarono in altrettanti agnelli, trasformandoli nella propria natura. In questa maniera, senza eserciti, Roma imperiale si cangid in Roma papale: e 1'impero pagano in impero cristiano. £ Dio colui cbe sorregge la Chiesa e il Papa. La forza umana non sostiene Leone: d la forza di Dio che lo regge, e perci6 egli non teme, ma spera.

In secondo luogo egli spera a cagione della bonta della causa che propugna. A conoscere la bonta di questa causa basta accen- nare ai gravissimi mail, a'quali intende la Massoneria. II fine della Massoneria, come c'insegna il Papa, consiste nella guerra a Gesu Cristo ed alia Chiesa; cell' emancipate i popoli dalla religione rivelata; nell' arrestare e distruggere 1' opera della redenzione del genere umano. Se non che il priino di tutti i di- ritti dell' uomo 6 di non essere iinpedito nel conseguimento del suo ultimo fine per cui esiste e il quale 6 il supremo suo bene. Tutte le cose terrene, che sono in rapporto con 1' uomo, debbono aiutarlo a consegnire tal fine e tal bene : esse perci6 sono mezzi. La stessa sociale convivenza 6 uno di questi mezzi ; e perci6 la societa ha il dovere di essere cristiana. La Massoneria yuol di- strutto quest' ordine da Dio inteso e voluto, ed a distruggerlo con isforzi quanto indefessi, altrettanto studiati, costantemente si adopera; come il Vicario di Cristo dimostra nella sua Enciclica. Ma 1' ordine non si pu6 torre senza indurre il disordine opposto; nella quale induzione d giuoco forza che la Massoneria natu- ralmente trascorra i limiti che liberamente a s& ha prefissi: perch6 i principii della verita speculativa e pratica sono cosi connessi, che uno non si pud togliere senza che ne derivino perverse illazioni, comech6 non intese. La Massoneria percifc va, e il fatto lo dimostra, aH'ateismo, all'empieta, alia disouesta, alia ruina della politica societa, al rovesciamento dei troni, al- I'assassinio dei Re, al socialismo, al nichilismo, ad ogni orrore.

iV.IO LA MASSONERIA, ECCO IL NEMICO

Accade qui como negli incendii. II fuoco non si arresta che per mancanza di combnstibile: acceso una volta si appiglia a tutto, e immensamente si dilata. Togliete i principii dell'ordine morale, tutto tutto T ordine stesso, in tutti i rapporti privati e pubblici, & dicrollato. Ecco come parla il S. Padre: « La saggezza dei nostri predecessor! ebbe, ci6 che piu monta, piena giustificazione dagli avvenimenti. Iinperocche le provvide e paterae loro cure, o fosse 1'astuzia e 1'ipocrisia dei settarii, ovvero la sconsigliata leggerezza di chi pure avea ogni interesse di tener gli occhi aperti, non avendo ne sempre n& per tutto sortito 1' esito desi- derato, nel giro di un secolo e mezzo la societa Massonica propa- gossi con incredibile celerita ; e traforandosi per via di audacia ed'inganni in tutti gli ordini civili, incominci6 ad essere potente in modo da parer quasi padrona degli Stati. Da si celere e tre- menda propagazione ne sono seguiti a danno della Chiesa, della potesta civile, della pubblica salute quei rovinosi effetti, che i nostri antecessori gran tempo innanzi avevano preveduti. Ini- perocche siamo omai giunti a tale estremo, da dover tremare per le future sorti non gia della Chiesa edificata su fondamento non possibile ad abbattersi da forza uinana, ma di quelli Stati, dove la setta di cui parliamo, e le altre affioi a quella e sue ministre e satelliti, possono tanto. >

Senonch& tra gl'infiniti mali comuni che reca la Massoneria a tutti gli Stati e a tutta la civile societa, a questi giorni ve ne ha uno di proprio per la nostra patria 1' Italia. Egli 6 cer- tissimo che tornerebbe a massimo bene politico e nazionale dell' Italia, se il Governo italiano, osservando lealmente il primo articolo dello Statuto ridesse al Papa la sovrana indipendenza, rispettasse tutti i diritti della Chiesa, si riconciliasse cattoli- camente, lealmente, pienamente con lei. Questo fatto che non distruggerebbe punto la indipendenza della nostra patria, nd la sostanza dell'unita nazionale (come non la distrugge in Isvizzera e negli Stati Uniti la moltiplicita dei governi), sarebbe il prin- cipio di una verace gloria e di una ferniezza sicura per 1' Italia. <Juindi cesserebbono le tante fazioni interne : quindi lo spettro ininaccioso di guerre esterne si dileguerebbe. Egli e certissimo

391

molti iiomini politici, in It;ili;i e fuori, cosi la pen- sano. Ma perche si preforisce una condizione di cose piena d'in- certezze, di angosce, di timori e si adopera un contegno serapre nrtante, sempre offensive alia religione e a quol Papa che pur si dice da tutti sapiente, paziente e amante del vero bene dell1 Italia? Snpporre in tutti quelli che cosl fanno una ignoranza assoluta del male che operano e dei pericoli ai quali espongono la patria nostra, e tanto assurdo quanto il supporre che di questo lagri- mevole fatto non ci sia veruna causa sufficiente. Ma la ragione e ben conosciuta da chi vuol conoscerla, nd si lascia abbindolare dalle ciance di coloro che vendono tanto al mese le proprie opinioni, la propria penna, la propria coscienza. ft la Massoneria quella che preffssasi come scopo supremo la distruzione della Ghiesa e il ristabilimento del naturalismo pagano, come il Papa egregiamente dimostra nella sua Enciclica, per cotesto scopo & parata a sacrificare la pace, il ben essere, 1'indipendenza stessa dell' Italia. Anzi noi siam certi, che se 1' Italia avesse conseguito il primato nella grandezza fra tutte le nazioni ; ma fosse questa grandezza connessa con quella del Papato e colla gloria della Chiesa cattolica, la Massoneria con tutte sue forze si adoprerebbe a seminare la zizzania, a mettere la nostra patria in uggia agli Stati eterodossi, e piu presto amerebbe di vederla schiacciata dallo straniero che sinceramente e gloriosaraente cattolica. II fine supremo massonico e Tannientamento della religione: a questo tutto sacrificherebbe. Dunque la causa ond'e mosso Leone XIII a combattere la Massoneria e buona e ottima, perche immensi mali Yuol cessare dalla umana societa e in particolare dal- T Italia; e se la speranza della vittoria e conseguente alia bonU di motivo che rauove a combattere, Leone XIII ha ragione di averla.

IV.

La storia di qnaranta secoli ci dimostra con somma evidenza

che Tuomo, allorchfe ripudiata la rivelazione di Dio, si abban-

dona al solo governo della ragione, egli, a cagione delle prave

U-ndenze, nell'ordine teoretico e nel pratico cade in gros-

39'2 LA MASSONERIA, ECCO IL NEJ1ICO

solani error! e perniciosissimi. Priraa cosa e il guastare il con- cetto di Dio, cascare nel panteismo, nella idolatria e per cio stesso in un reale ateismo. Imperocche nega Dio chi invece del vero Dio ammette cosa che non ha punto i caratteri della di- vinita. Ci6 fatto, e aperto il precipizio a tutti gli errori e a tutti i vizii. La storia conferm6 serapre e conferina la verita di quel detto divino: « Disse lo stolto nel suo cuore: non c'e Dio. .V-i loro studii (ossia nelle loro tendenze) si corruppero e diventarono abbominevoli, non c'e" nemmeno un solo che operi il bene !. >

Nei governi ammodernati, 1'aniraadei quali e la Massoneria, cosl si disposero o si lasciarono disporre le cose, che la scienza ve- race fosse da per tutto sacrificata all' errore ; percift negata 1' au- torita d'insegnare alia Chiesa, venissero nelle cattedre insediati professori atei, e materialisti. Cosl la gioventu rimane guasta in quella eta nella quale ii veleno si trasmuta in sangue. Dio & sbandito dalle scuole e la onesta 6 oggimai addivenuta parola di scherno. Leone XIII dopo di avere toccati alcuni dei principal! errori del naturalismo nemico della rivelata religione, nei quali cade la Massoneria, dice cosl : « Or negli scogli medesimi va per via non dissimile ad urtare la setta massonica. L'esistenza di Dio, & vero, i frammassoni generalmente la professano: ma che questa non sia in ciascun di loro persuasione ferma e giudizio certo, essi stessi ne fan fede. Imperocche non dissimulano, che nella famiglia massonica la questione intorno a Dio e un principio grandissimo di discordia ; ed anzi e noto come pur di recente si ebbero tra loro su questo punto gravi contese. Fatto sta che la setta lascia agl' iniziati liberta grande di sostenere circa Dio la tesi che vogliono, affermandone o negandone 1'esistenza, e gli audaci negatori vi hanno accesso non men facile di quelli che, a guisa dei Panteisti, ammettono Iddio, ma ne travisano il con- cetto ; ci6 che in sostanza riesce a ritenere della divina natura non so quale assurdo simulacro, distruggendone la realta. Ora abbattuto o scalzato questo supremo fondamento, forza e che va-

1 PSAL. 13. < Dixit insipiens in cordc sno: Nun est Dcus. Corrupt! sunl, ct abo- jninahilfs facti sunt in studiissnis: non est (|iii facial boiuini, non est usque ad unum.»

cio - » 393

cillino anche inolte verita di ordine naturale, come la libera crea- •10 del inondo, il governo universal© della provridenza, I'im- ni.Tt.ilita dell'anima, la vita avvenire e seinpiteroa. Scomparsi poi quest!, come dire, principii di natura, importantissimi per la speculativa e per la pratica, e agevole il vedere che cosa sia per addivenire il pubblico e privato costume. >

Dopo ch'ebbe dimostrato Tabisso d'immoralita al quale la massoneria trascina la societa, prosegue in questa maniera : « Ed a conferma di ci6 che abbiam detto pu6 servire un fatto piu strano a dirsi che a credersi. Iinperocche gli uomini scaltriti ed accorti non trovando anime piu docilmente servili di qnelle gia dome e fiaccate dalla tirannide delle passioni, vi fu nella setta massonica chi disse aperto e propose, doversi con ogni arte ed accorgimento tirare le moltitndini a satollarsi di licenza: cosl le avrebbero poi docile strumento ad ogni piu audace disegno. > Chi fosse vago di tacciare di temerario un cosl fatto giudizio, altro non dovrebbe fare che pensare un po' intorno all' ordinato sistema di corruzione che ora si pratica nella pubblicazione dei giornali, nelle fotografie, nella prostituzione sistemata delle varie classi civili, nelle librerie circolanti, nelle rappresenta- zioni teatrali, nelle insidie tese a giovani nelle imiversita e nelle altre scuole. Questo sistema di corruzione disciplinato e un ef- fetto: e 1'effetto necessariamente suppone una causa: ne fuori della Massoneria si potrfc questa agevolmente ritrovare. Che so fuori della Massoneria si ritrovera, sara causa istrumentale, non principale, saranno braccia non testa. Ma qui noti il lettore 1'astu/ia satanica adoperata dalla setta a conseguire il suo scopo. Questo, come si sa, e la distruzione della Chiesa, cio& della re- ligione cattolica : eppure si voile far passare nella pubblica opi- nione questo ch'e fine supremo, quale mezzo ad altro scopo ca- reggiato dalla nazione.

Infatti siccome la nazionale indipendenza ed anche qnella tal quale unita, che e col maggior bene dell' Italia molto ben con- ciliabile, sono carainente vagheggiate da un assai gran numero di italiani, Tastuta setta si di& ad esageraro in tutte le maniere questi due beni, ed insieme a spargere nelia pubblica opinione

304 LA MASSO.NERIA, ECCO IL NEMICO

la credenza che al conseguimento di essi sia necessaria la di- struzione della Chiesa eattolica, e che percio ii Papa, sopra tutti, e i sinceri cattolici si abbiano a tenere quali veri nemici patria. Questa 6 una tattica infernale. Siccome la massima parte degli uomini si regola coll'autorita altrui, e si lascia, a' giorui nostri, abbindolare dalle ciance dei giornalisti; percio 1'ostilita contro la Chiesa, il Papa e ii Clero si 6 diffusa assai. Di piu la setta 6 riuscita a semi n are discord ia anco tra' buoni, a divi- derne le menti e conseguentemente i cuori. Per la qual cosa non solo infra i tristi manea 1'aniore della fraterna convivenza, che e fatto naturale, com' e naturale che le belve non istieno in vera pace tra loro; ma la vicendevole carita 6 ancora un po'vulne- rata tra i buoni.

Poste le quali cose egli e evidentissimo che Leone XIII, ad- ditando la massoneria quale nemico della Chiesa e della societa tutta quanta, ed eccitando tutti i cattolici, anzi tutti gli uomini onesti a non lasciarsi arreticare da lei, e a dividers! dalla me- desiina se per mala ventura fossero incappati nelle sue reti, in- tese ad allontanare un gran male commie a tutti gli Stati e peculiare della nostra patria. PoichS 6 naturale in ogni uoino la tendenza al bene, di qualita che ogni operazione umana va al bene, n& 1'uomo pu6 giammai tendere al male se questo non sia mascherato colla lusinghiera apparenza di bene, e da sperare che questo immortale documento della Sede Apostolica sia fe- condo di lietissimi frutti.

V.

Ma qui prendiamo 1'occasione di rispondere ad alcune diffi- colta che ora si muovono dai partigiani della setta contro 1' En- ciclica. Dicono costoro: se la massoneria e veramente quella ch'e descritta nella sua Enciclica da Papa Leone, coin'd che da Sovraui fu tollerata in molti Stati: com' 6 che principi illustri si tennero e si tengono onorati di appartenervi ? E poi s'ella & di tanta po- tenza, non si dovra dire che le porte dell' inferno hanno gia prevaluto contro la Chiesa e che la Chiesa non e incrollabile?

trp, com'e che non solo 4esso Papa entrain

conmnira/ione coi framnmssoni; gli accoglie nel suo Yaticano, Mtr;itti<>ne amorevolmente con essi? Queste difficolta' da pa- recchi giornali fnrono in Roma proposte, ma in una inaniera cotanto audace e villana da fare a ciascuno comprendere quanto Taiga quella legge delle guarentige, secondo la quale sono vie- late le ingiurie contro il Papa nel modo stesso cbe sono vietate quelle scagliate contro del Re.

Anzi tutto, per quanto spetta alia prima difficolta, concediamo che la Massoneria non fu proscritta da tutti gli Stati ; anzi og- gimai d il motore principale deU'azione governativa, ed e il quarto occulto potere dei Governi costituzionali ; poich& essa e che regge quasi da per tutto le camere, i senati, ogni cosa. Tuttavia da alcuni Stati fu proscritta anche con severissime leggi, e ne conviene anche il Papa: « Ai Pontefici si unirono non pochi principi ed uoinini di Stato, i quali ehbero cura o di denunziare all'Apostolica Sede le Societa Massoniche, o di pro- scriverle essi stessi con leggi speciali nei loro dominii, come fu fatto nell'Olanda, nell' Austria, nella Svizzera, nella Spagna, nel la Baviera, nella Savoia ed in altre parti d' Italia. *

Poiche il Papa nomina la Savoia, ci e caro 1'osservare come, quantunqne ora la setta spadroneggi in Italia sotto lo scettro di casa Savoia, nondiraanco essa fu condannata da Carlo Felice con solenne editto a' 5 di ottobre del 1821. Cosl egli diceva: < I rivolgimenti ch'ebbero luogo nei nostri Stati, come in altre contrade, ebbero tutti una causa comune, la introduzione cioe delle Societa Secrete, il cui scopo e di turbare la tranquillita pubblica, di atterrare i Governi legittimi, di provocare la cor- ru/ione dei costumi e il disprezzo della nostra santa religione. Si e perci6 che noi abbiamo riconosciuto la necessita di preve- nirne le funeste conseguenze l. »

II chiarissimo redattore della Unitd Cattolica z osserva che i settarii misero in mala voce Carlo Alberto quasi si fosse ag- gregate alia fazione Massonica dei Carbonari. II Re sdegnato

\ de SaToie. 1881, pag. 187. 1 25 aprile n. 100.

396 LA MASSONERIA, ECCO 1L NEM1CO

respinse la calnnnia oltraggiosa con uno scritto dettato nel ca- stello di Racconigi, il cui titolo 6 Ad Maiorem Dei Gloriam. Cotesto scritto di Carlo Alberto fu pubblicato nel 1872 da Fe- derico Odorici a guisa di Appendice di un libro che avea per titolo: // Conte Luigi Cibrario e i tempi suoi. Memorie sto- riche con documenti. Dicesi che la Massoneria abbia sottratto questo libro: per lo che e inutile il ricercarlo nelle biblioteche o presso i librai. Tuttavia il Barone Manno ! ristampd il docu- raento di Carlo Alberto nel quale tra le altre cose dice egli: < I carbonari ed altri settarii di questa specie si obbligano coi giuramenti piu terribili, alia distruzione dell'altare e del trono, odiano i Principi e coi loro stessi giuramenti si obbligano a pugnalarli tutte le volte, che vien loro imposto per giungere ai propri fini. > II che non tolse che il figlio stesso di Carlo Al- berto, Re Yittorio Emanuele II desse il suo norae alia Masso- neria, presentato ad una Loggia di Torino da un celebre avvocato e giornalista. E forse, per essere quella Loggia scismatica dalla Massoneria di Roma, questa poi nol riconobbe. Vero & che altri ne dubita. Noi lasciamo la cosa in ponte. Anzi vogliamo citare a suo discarico ci6 che troviamo nel Bersagliere n. 13 del 15 gennaio 1878, il quale stampa la seguente circolare del Grande Oriente, che la Massoneria italiana inviava alle Logge di sua comunione. « Egregi e carissimi fratelli: Portiamo a vostra conoscenza la seguente deliberazione adottata dal Grande Oriente d' Italia. II Consiglio dell'Ordine interpellate da molte Officine per sapere se e in che modo, trattandosi di un perso- naggio estraneo alia nostra Istituzione, potessero prender parte al lutto che il paese manifesta per la morte del priino Re d' Italia, il quale condusse 1'esercito italiano sui campi di bat- taglia dell'indipendenza e finl i suoi giorni al suo posto, in Roma; riunitosi per convocazione straordinaria il 13 gennaio corrente, ad unanimita di voti delibero di lasciare, in via d'ec- cezione, ampia liberta a tutti i Corpi massonici della Comunione italiana di fare quelle dimostrazioni che stimeranno opportune nelle forme consentite dai regolamenti dell'Ordine. Gradite

1 Informazioni sul ventuno in Piemonte. Firenze, 1879, pag. 119.

- »

:ii fratelli, il nostro fratorno saluto. Dato n V.ille del Tevere aU'Oriente di Roma il ^iorno 13, mese XI, anno V.\ L.\ 000877 e dell'E. V. il i:J gennaio 1878. II Gran Maestro: Giuseppe Mazzoni. II Gran Secretario: Luigi Castellazzo.>

Ma sebbene in parecchi Stati e da parecchi principi la Mas- soneria o sia stata dannata, o sia stata ricouosciuta come nemica del ben essere pubblico, tuttavia non si pud negare che molti principi hanno a cotesta setta dato il loro nome. Quattro furono le potissime cagioni di questo deplorabile fatto. La prima Tarn- bizione, perche con ci6 si accattavano quella larva d'onore di cui sono prodighi, verso i loro socii, i massoui. La seconda Tin- ganno, perche, occultando i fraramassoni i veri fini supremi della setta, e i veri loro duci, riuscirono ad ingannare anche i prin- cipi nei quali il senno era di inolto inferiore alia potenza. La terza, la vana lusinga di guidare la setta secondo i proprii con- sigli od almeno di conoscerne le trame per provvedere alia si- curezza propria e dei proprii Stati. Finalraente la quarta 1'odio di alcuni principi verso la Chiesa cattolica, dal quale odio erano tratti a tiranneggiare i proprii sudditi e condurli alia ribellione contro di quella. Se non che ben pagarono il fio o della loro vana seinplicita o della loro malizia: percho cosi furono cagione della rovina dei proprii Stati, od anco ne furono essi stessi le vittime. Cosl raentre la Russia movea guerra agli apostoli di Gesu Cristo, lasciava ingrandire la setta: ed ognun sa a quale stremo ella siasi condotta. Contro quasi tutti i regnanti il compro sicario stese il pugnale parricida, ed oggimai tutta 1'Europa sta trepidando perche lo spettro del socialismo, del comunismo e del nihilismo la minaccia del totale sterminio.

I Fapi i quali non sono tratti ne' loro consigli ne dalla am- bizione, ne dall'inganno, ne da vane lusinghe, e di piu sono con ispeciale lume confortati da quel Dio che regge la Ghiesa, in cosa di tanto rilievo non s'illusero. Essi riconobbero il loro do- vere di salvare il proprio gregge, al quale appartengono e popoli e principi, dalle insidie dei lupi, e il loro diritto di adoprare quei mezzi a cotesto fine acconci, che nell' Enciclica Humanum genus sono indicati. Per6 non ci peritiamo di dire francamente

398 LA MASSONERIA, ECCO IL NEMICO

che errarono i principi che lisciarono 1'astuta e crudele fiera della setta massonica, ben fecero i Papi che diedero il segnale per difendersi dai suoi assalti. Quelli favorirono la causa di Satana, quest! la causa di Dio.

VI.

La seconda difficolta era questa, che, se la setta e cosl po- tente contro la Chiesa, coine la fa apparire Leone XIII, bisogna confessare, che contro questa gia prevalsero le porte delVinferno.

Questa difficolta non pu6 essere fatta se non da chi ha un non vero concetto della Chiesa. Questa in terra e e sara sempre militante; e quantunque iniraortale quaggiu, pure appieno trion- fante sara solo nei cieli. Muovasi contro essa la persecu/ione del sangue, quella della calunnia, quella della fallace sapienza, non soggiacera per certo. La successione dei Papi seguitera fino alia gloriosa venuta di Gresu Cristo: ci sara sempre 1' episcopate cat- tolico, sempre il popolo cattolico. Anzi potremo aggiugnere che il Papa sara sempre vescovo di Roma o in Roma o in trono, o in Roma spodestato, o nelle catacombe o in esilio. Imperocche il Papa e il Vicario di Gesu Cristo, e questi e il successore di san Pietro nell' Episcopate Romano.

Per la qual cosa e mestieri argomentare rispetto alia Chiesa con principii opposti a quelli coi quali discorriamo intorno ai regni terreni ed agli imperi. Quelle cause che riescono ad an- nientar questi, non riescono a distrugger quella, ma anzi la consolidano, la purificano e la santificano nei suoi niembri, come lo dimostra anche la storia. E se ii socialismo figlio della Mas- soneria, perche naturalmente deriva dai principii di questa, per- venisse a minare tutti i troni, ad infrangere tutti gli scettri e a doininare in tutta la terra, per questo sarebbe distrutta la Chiesa? Non mai! ma nelia universale dominazione del mede- simo socialismo essa troverebbe modo di provvedere alia salute del mondo, e dalle pietre sarebbono suscitati i figliuoli di Abramo, cioe i nemici si rnuterebbono in suoi amid, gli estranei in suoi figli. Nessun Papa giammai temette che la Massoneria distrug-

gesso la Chiesa, e Leone XIII disso apertameute che egli non "va la ruina dt-lla Chk-sa, mentre che i sovrani aveano ra- gioue di temere la ruina dei loro troni. Per distruggere la Chiesa la Massoneria adoperi pure ogni arme attenendosi al principio che tutti i mem sono buoni se atti a conseguire il supremo iniquo suo fine: ma che otterra? L'apostasia di alcuni membri od anche di qualche State ; ma la Ghiesa nei martiri suoi, negli oppress!, nei santificati sotto il inartello della persecuzione bril- ler£ di gloria piu pura e piu splendida, come piu rifulge 1'oro nei crociuolo che lo purifica.

YII.

Terzamente si opponeva che Leone XIII sia in contradizione con se* stesso, per quella maniera arnica o cortese onde tratta i principi massonici. Si vede proprio che costoro non sanno che cosa sia il Papa! Gesu Cristo dall'alto della Croce, ov' era cro- cifisso dai snoi nemici stendendo le braccia, volgeva una tene- rissima preghiera al Padre perchS loro perdonasse, e tutti se gli avrebbe voluto stringere al cuore. I massoni sono nemici del Papa, uia il Papa non e nemico di nessuno; mercecche nemico £ chi odia, e che tende a recar male altrui. Or mentre i mas- soni odiano il Papa e ne cercano la ruina perche odiano Gesu Cri- sto; il Papa non gli odia, anzi cerca con tutto il cuore il vero loro bene. E 1'amore che porta ai popoli retti dai principi anco massoni, ed e 1'amore che porta a questi stessi che rende be- nevolo il modo col quale li tratta: e se talvolta gli rimprovera, e il rimprovero di un padre che offre il perdono, perche non pud non arnare dai fondo dell'anima i proprii figli benche ribelli.

VIII.

Se non che in un'altra maniera dai giornalisti che servono la causa massouica si cerca a questi giorni di menomare o di annientare, se loro venga fatto, la efficacia deirimmortale En- ciclica Iltununion yums. Si loda lo zelo di Leone XIII, ma si deplora ch'ei sia vittima di pochi illusi. Come iiiai un Pon-

LA MASSONERIA, ECCO IL XEMICO

tefice, il cui vanto precipuo e di essere saggio, si e potato alla- cinare cosl da attribuire alle societa massoniche per fine supremo la distruzione della religione di Cristo, da conseguirsi con tutti i mezzi possibili, onesti per se e disonesti? La Massoneria e una istituzione filantropica e non altro.

In molte maniere si pu6 giustificare quanto afferma il Papa. Ma a noi piace recare, quasi per esteso. un importantissimo do- cumento, diraraato dalla setta nel 1819, dal quale si fara ma- nifesto non solo lo scopo satanico della Massoneria ma eziandio come ad esso fu diretta la rivoluzione e la indipendenza va- gheggiata in Italia. Quindi agevolinente si potra vedere perche ad ottenerla concorsero anche i governi esteri, e persino quello della Francia, i quali nell' ingrandimento politico dell' Italia non potevano non vedere un abbassamento della propria nazionale grandezza. Era la Massoneria cosmopolitica quella che reggeva il movimento. Da questo documento si avra la chiave da spiegare la glorificazione di Pio IX nel 1847 e in principio del 1848, perche speravasi di avere trovato il Papa tanto desiderate, e la conseguente rabbia contro il inedesimo, perch& alia speranza succedette, ben presto, il disinganno.

Ecco 1'Istruzione dei Carbonari (che furono come i Gianniz- zeri della Massoneria) diramata nel 1819. « Dacche noi siamo stabiliti in corpi di azione, e che 1'ordine cominda a regnare nel fondo della Vendita piu riinota, conie nel seno della piu vi- cina al centro, evvi un pensiero che ha sempre occupati gli uo- mini che aspirano alia rigenerazione universale; e il pensiero della liberazione d' Italia, da cui deve uscire in un tal giorno la liberazione del mondo intiero, la repubblica fraterna e 1' ar- monia dell'umaniU.

« II Pontificate ha esercitato in tutti i tempi un' azione sempre decisiva sopra gli affari d' Italia. Nel braccio, nella voce, nella penna, nel cuore dei suoi innumerevoli Vescovi, preti, monaci, religiosi e fedeli di tutte le forine, il Pontificate trova degli eroi infiniti, pronti al martirio ed all' entusiasmo. Ovunque egli Tuole invocarne, esso ha degli amici che muoiono, altri che si spogliano per lui. Questa e un' immensa leva di cui solo alcuni

1 »

Papi hanno appro/. /,at;i tutta la potenza, sebbeno non 1'abb usata cho in certa misnra. Oggi non si tratta per noi di rista- bilire qnesto potere, il cui > e inomentanearaente it

bolito: IL XOSTRO SCOPO FINALE E QUELLO DI VOLTAI- RE E BELLA RIVOLUZIOXE FRANCESE: L'AXXIKXTA- MKMo PER SEMPRE DEL CATTOLICISMO ED AXCOKA DELL' IDEA CRISTIAXA, CHE SE RESTA IN PIEDI SULLE ROVINE DI 1MMA XK AYREBBE PERPETUAZIONE. Ma per conseguire pift certamente questo scope e non incontrare rovesci che allontanino indefinitamente o mettano in dubbio il successo d'una buona causa, non bisogna prestare I'orecchio ai millantatori francesi, ai nebulosi tedeschi, ai melanconici inglesi, i quali tutti s'imaginano uccidere il cattolicismo ora con una canzone impura, ora con una deduzione illogica, ora con un grossolano sarcasmo, passato per contrabbando come il cotone della gran Brettagna. II Cattolicismo ha una vita cosl stabile, che lo fa superiore a cio. Esso ha veduti piu implacabili, piu terribili avversarii, e si e preso spesso il maligno piacere di gettare dell'aequa benedetta sopra la toinba dei piu arrabbiati suoi nemici.

« II Pontificate da ben 1600 anni e inerente alia storia d' Ita- lia. L' Italia non pu6 ne respirare, ne muoversi senza la pennis- sione del supremo Pastore. Con lui essa ha le cento braccia di Briareo; senza lui e condannata ad una impotenza che fa pieta. Non le rimane altro che fomentare discordie, veder sorggre per tutto odii, intendere ostilita natele in seno dalla prima catena delle Alpi fino air ultima degli Appennini. Noi non possiamo Tolere uno stato tale di cose, bisogna dunque cercare un rimedio a sl'trista condizione. II rimedio e trovato. II Papa qualunque esso sia, non verra giammai alle societa secrete; devono le societa secrete fare il primo passo verso la Chiesa, affin di cin- cerli tutti due.

« La fatica che noi intraprendiamo non e 1* opera ne di un giorno, ne di un mese, ne di un anno; pu6 durare parecchi anni, forse un secolo: ina nelle nostre file il soldato muore, il combattimento continua.

&rri< XII. rol. VI. fate. 814 20 7 maggio 1384

LA MASSCKNERIA, ECCO IL NEMICO

« Noi non iutendiamo gia guadagnare i Papi alia nostra causa e farli discepoli del nostri principii, e propugnatori delle nostre ideo. Questo sarebbe un sogno ridicolo (bella confessione!) e in qualunque forma pieghino gli avvenimenti, se, per esempio, qualche Cardinale o Prelato entri di piena volonta o per sor- presa in una parte dei nostri secreti, non e, per questo, un motivo per desiderarne 1'innalzamento alia cattedra di Pietro. Questo innalzamento ci rovinerebbe. Solo I'ambizione 1'avrebbt) indotto all' apostasia, il bisogno del potere lo costringerebbe ad immolarci. Ci6 che noi dobbiaino domandare, ci6 che noi dobbiamo cercare ed aspettare, come i Giudei aspettano il Messia, e un Papa secondo i iiostri bisogni. Alessandro VI con tutte le sue colpe private non ci converrebbe, poichd non ha mai errata in materia religiosa. Ma Clemente XIV al contrario sarebbe fatto per noi dai piedi fino alia testa. Q-anganelli si diede le- gato piedi e inani ai niinistri dei Borboni, che gli faceano paura, agli iucreduli che celebravano la sua tolleranza: e Ganganelli e divenuto un grandissimo Papa. Ci sarebbe bisogno di un Papa che avesse presso a poco queste condizioni, se ci6 ancora e possibile. Con questo noi marceremmo piu sicuramente all' as- salto della Chiesa, che coi libelli dei nostri fratelli di Francia od anche coll'oro dell'Inghilterra. Volete saperne la ragione? Si e, perch& ottenuto ci6, PER ROMPERE LA BUPE SOPRA LA QUALE DIG HA FONDATA LA SUA CHIESA, non abbiamo piu bisogno dell'aceto di Annibale, non piu della polvere da cannone, e nemmeno dei nostri bracci. Noi abbiamo il dito inignolo del successore di Pietro ingaggiato nella congiura, e questo dito mignolo vale, in una crociata tale, tutti i san Bernard! della Cristianita.

< Poco possiarno fare coi vecchi Cardinal! e coi Prelati che hanno un carattere fermo. Bisogna lasciarli incorreggibili alia scuola di Consalvi o cercare nei nostri depositi di popolarita o d'iiiipopolarita le armi che renderanno inutile o ridicolo il po- ter3 nelle loro mani. Una parola accortamente inventata, e con arte sparsa in certe famiglie scelte, affinche da esse disceuda ne'caff^ e dai caffS nella strada, una parola pu6 qualche volta

I »

uccideiv un 1101110... (si segue ad !'iti neifogli fntbLl,

« Schiacciate il nemico... ma sopratutto schiacciateld nell'uovo. Bisogna andare alia gioventti, questa bisogna sedurre, questa dobbiam trascinare, senza che so ne accorga, sotto la bandiera delle societa secrete. Voi dovete avere 1'apparenza d'essere SLMU- plici come le colombe, ma essere prudent! come il serpente. I vostri padri, i vostri figli, le vostre stesse mogli devono sempre ignorare il secreto che voi portate nel vostro seno, e se vi piace per meglio ingannare 1'occhio inquisitoriale, di andare spesso a confessarvi, voi avete per diritto 1'autorita di servare il piu assoluto silenzio sopra queste cose...

< Lasciate da banda la vecchiaia e 1' eta virile : and ate alia giovinezza, e se e" possibile fmo all' infanzia... Affine di fare pro- sperare la vostra causa entro la soglia di ogni famiglia, per acquistarvi il diritto di asilo al focolore domestico, ?oi dovete presentarvi con tutte le apparenze di uomo grave e morale. Una volta stabilita la vostra riputazione nei collegi, nei giniiasii, nelle universita e nei seminari, una volta che voi vi avrete procacciata la confidenza dei professori e degli student!, fate che quelli principalmente che s'ingaggiano nella clericale milizia si dilettino dei vostri intertenimenti... OfFrite loro sulle prime, ma sempre in secreto, dei libri inoffensivi, delle poesie risplendenti di enfasi nazionale, quindi a poco a poco menate i vostri mer- lotti alia cottura che voi volete (si danno qui altre norme per Mindolare i chiericij... Entro qualche anno questo giovane sacerdozio, in forza delle cose, avra invase tutte le funzioni, egli governera, arauiinistrera, giudichera, formera il consiglio del so- vrano, sara chiamato ad eleggere il Pontefice, che dovra regnare, e questo Pontefice, come la piu parte dei suoi contemporanei, sar^ necessariamente piu o meno imbevuto dei principii italiani, e umanitari che noi cominciamo a fare circolare... Yolete sta- bilire il Eegno degli eletti sopra il trono della prostituta di Babilonia, fate dunque che il sacerdozio marci sotto la vostra bandiera, credendosi sempre marciare sotto la bandiera delle chiavi apostoliche.

•ill'l LA MASSONERIA, ECCO IL NEMICO

« Adunque ogni atto della nostra vita tenda alia scoperta di questa pietra filosofale. Gli alchimisti del medio evo perdettero il loro tempo e 1'oro del loro ingannati, alia ricerca di questo sogno. Quello delle societa secrete si compira per la pift sem- plice delle ragioni ; ed e questa ch' e fondata sulle passioni del- 1' uomo. Non ci scoraggiamo dunque ne per un successo per- duto, ne per un rovescio, n& per una sconfitta; prepariamo le nostre armi nel silenzio delle vendite ; appuntiamo tutte le no- stre batterie; aduliamo tutte le passioni piu malvage come le piu generose, e tutto ci uiena a credere che questo sistema riu- scira un giorno ancora al di la dei nostri calcoli piu impro- babili '. >

Metta il saggio lettore a confronto questa Enciclica dei set- tarii con la Enciclica di Leone XIII, ed oltre il trovarvi la giu- stificazione di questa in ogni suo detto, conspicuamente vedra che in quella e satanico lo scopo e satanici i mezzi diretti ad esso; e che per contrario nell'altra divino e lo scopo di salvare 1' umana societa, e giustissimi e santissimi i mezzi per conse- guirlo.

Questa circolare viene ancora confermata da un decreto mas- sonico, sancito in Parigi nel 1879 dall'Assemblea generale delle logge francesi alia presenza dei delegati di ogni nazione, e recato nell' operetta: Le secret de la Franc-Magonnerie del Ve- scovo di Grenoble, nonche piu volte riportato dall' Osservatore Romano. Esso dice cosl : <c Cose da farsi in Francia e al nord. Scristianare con tutti i mezzi, ma soprattutto strangolando il cattolicismo a poco a poco, ad ogni anno con nuove leggi contro il Clero. Fra otto anni, merce 1'istruzione laica senza Dio, si avra una generazione atea ecc. ecc. > Ma a che serve oggimai recare nuove prove, che tale e non altro e il fine supremo della setta? Oggimai apertamente lo mostrano i settarii. Si fa guerra a'dommi, guerra alia morale, si pregia queila sola scienza che e contraria alia fede, la quale quanto e empia altrettanto e assurda ; si combatte T uso dei sacramenti, si esclude Dio al

1 Questo documento sta nella celcbre opera, La revolution en face a I'Eglise

par Cl'.ETINEAU JOLY.

•ipio della vita dell'iionm, alia morte, alia toml> ccia

•lallo scuole, dalla faiuiglia, dalla societa; si uiettono in de- ne dai settarii i riti ecclesiastic! ; e quelle sHte d'uomini che passano per li fantaccini detla Massoneria e pigliano il Dome di anticlerical!, fanno di tutto per dimostrarsi anticattoliche; persino imbandiscono, a nome comuno, le mense in cibi grassi nel Venerdi Santo, perche si sappia che come sono nemicho della Cbiesa cosi rabbiosamente detestano Gesu Cristo. £ cosl inanifesta la menzogna dei giornali massonici, i quali insultano al sapientissimo Leone XIII, quasi che avesse ascritto alia Mas- soneria fini da questa non intesi e mezzi non adoperati, che niuno, tranne i ciechi volontarii, potra lasciarsi ingannare.

Noi intanto ringraziamo Iddio di averci dato nn Papa di tanto senno che seppe con cotesta Enciclica mettere il dito alia radice del male; e di tanto coraggio che, nulla temendo, vi voile appor- tare vero rimedio. La Massoneria, ecco il nemico! Ogni cri- stiano nella Massoneria riconosca il nemico di Cristo e della rivelata religione. Ogni cattolico il nemico della Chiesa e del Papa. Ogni principe il nemico deU'ordine sociale. Ogni popolo il nemico del suo ben essere. L' Italia il nemico della sua gran- dezza e della sua vera e stabile gloria. Ogni uomo il nemico di Dio e di s6 medesirao: La Afassoneria, ecco il nemico! Lo afferma e invincibilmente lo dimostra Leone XIII; ed, anco per questo solo, il suo nome sara iminortale e venerato nella posterita. Egli e il nostro supremo duce: seguiamolo nella via che ci addita; eseguiamo quant' egli ci prescrive di fare.

DI ALCUNI DOCUMENT! POCO NOTI

DINOSTRANTI CIO CUE DELLA SETTA MASSONICA

DEFIMSCE LA RECENTE ENGICLICA HUMANUM GENUS

PEL S. P. LEONE XIII.

I.

Quella mala lupa della Massoneria che gi£ fin dal secolo scorso, appena nata, scrisse e divulgft contro un certo Ordine Religioso quel suo si calunnioso, ora dimenticato ma allora celebre, li- bretto intitolato: Ilupi smascherati, essendosi essa stessa sem- pre trovata nella necessita di mascherarsi da agnellina, mai non fu solita urlare si al naturale come ogniqualvolta si vide da chicchessia, coruechessia, anche leggermente smascherata. Ed 6 percio ben naturale che mai anche non abbia si rabbiosamente urlato come quando, secondo che teste le & toccato, non un chic- chessiasi n& coinechessiasi, ma lo stesso Maestro Infallibile della Verita compiutamente la smaschor6. Come infatti rimpolparsi e rinsanguarsi di nuove reclute tra la gente onesta, se essa Tien ravvisata per societa disonesta? E come anche ritenere tra le sue file i tanti onesti ingannevolmente incappativi perchfc per- suasi di entrare in una societa onesta? E quei medesimi lupi vecchi che sanno di appartenere e comandare ad uaa societa di- sonesta, come potrebbero cosl smascherati conservare tra gli onesti il credito e 1' influenza loro? Non vi 6 dunque da maravigliarsi se, siccome sempre cara, venerata e salutare ai non massoni, cosi ai massoni sia sempre sonata odiosissima, formidabile e nocevolissima non soltanto e specialmente la Voce Apostolica, ma quel la ancora qualunque siasi che in qualsiasi guisa li smascherasse. Calunnie, vessazioni, persecuzioni, vendette anche atrocissime fu perci6 sem- pre la parte toccata a chi prese a stuzzicare come che fosse questo nugolo di calabroni. I quali con ci6 stesso, mentre dall' un lato

M Al.'.l M I»'

iiiai non riuscirono a scoraggiare gli amici del vero, naturali ne- inici del la sempre con esso loro ainbulante menzogna, riuscirono invece dall'altro lato a dare la piu chiara prova doirindolo lu- pesca della loro societa. Sarebbe ozioso il solo accennare qui quei tanti esempii delle persecuzioni massoniche notissimi a tutti anche inediocreniente eruditi nella storia ecclesiastica e civile del passato e del presentc secolo. Ma non tutti forse conoscono il teste accaduto ad Edoardo Emilio £ckert avvocato e notaio di Dresda, uno dei piu recenti e piu valenti, benchfc protestante, avversarii della Massoneria. Le cui vicende ci piace narrare colle stesse parole del Rev. Signor Canonico e Teologo G. Gliel- mone, traduttore dal tedesco di una delle opere dell' Eckert in- titolata: La Frammassoneria nel vero suo aspetto: con note ed appendid: Torino 1873: Borgarelli: via Montebello 22. E citiamo anche il luogo dell'ediziono, perche chi vuole sappia dove provvedersi di un' opera di lieve costo ed ora piu che mai op- portuna a quei tanti giovani ed anche vecchi, che ainano cono- scere alquanto la vera natura ed indole di questa matriarca delle sette segrete. Or dunque il benemerito Glielmone cosl narra a pagina 8 della sua Prefazione: < Tra coloro che primeggiano « in Europa nell'aver combattuta la Massoneria va TEckert av-

< vocato e notaio di Dresda. Egli stauipd ormai cinque opere

< contro della medesitna. La prima e la presente che imprendo « a tradurre. La seconda e intitolata: 11 tempio di Salomons

< ossia Carta generate del piano rivoliizionario: organizza- « zione scopo e mezzi della Frammassoneria. Dresda. Poi « stampo : Le societa segrete del paganesimo> dei Manichei, dei Frammaasoni : Sciaffusa. Bitornd alia carica coi Misteri dei pagani: Sciaffu^a. Per ultimo stain p&: I'Emporio di prove

< IH')' f/iudicare la Frammassomria prima causa di tutti gli

< attc.ntati contro la Chiesa, lo Stato, la Famiglia, la Sucieta

< per via di tre mezzi: Vinganno, il tradimento, la violenza. « La prima opera, la presente, men6 gran runiore in Germania,

< tuttoche sia abborracciata in fretta. Eckert inentre attendeva al

< patrocinio delle cause nel foro era giornalista ronservatore. « Convinto dai fatti del 1S43 come la Frammassoneria fosse la

41 IS DI ALCUNI DOCUMENTI POCO NOTI ECC.

« rausa prima di tutti i rivolgiinenti, pens6 che il partito con- « servatore non abbisognasse per combatterla che di un uomo « il quale si mettesse alia testa, si facesse duce e desse il primo « nioto. Si senti coraggio e si fe' innanzi. Combattd il partito del « disordine nel proprio giornale: fond6 un comitato conservatore: « ma fu freddamente corrisposto. Gli anni 1849-50 correvano « tanto poco propizii al partito dell'ordine! Un giorno scrisse < nel suo giornale che tre Minister! di Dresda stavano esclu- « sivamente in uiano della Framraassoneria. Ci6 basto per in- « tentargli un processo. Eckert ardito ricuso la competenza di « ogni tribunale finch& non fosse abolita la Frammassoneria ; « perch6 i tribunali essendo piu o meno sotto 1' influenza della « medesima, la setta rimaneva giudice e parte interessata. Quindi « si volse alia Camera perche venisse legalmente abolita la mas- « soneria: e scrisse in fretta quell' opera quale requisitoria ed « uccusa contro di essa. Sollev6 gran romore e Iasci6 grande im- « pressione. Un effetto solo ottenne che il governo viet& ai mi- « litari di appartenere alia Massoneria: Tunico effetto riguardo « al ben pubblico. Riguardo alia sua persona Eckert si attir6 « le vendette della setta. Ogni numero del suo giornale ostile « alia Massoneria era sequestrate. Quindi processi su processi « che lo rovinarono nella fortuna. Minacciato nella vita, dovette « fuggire la patria, abbandonando 1' avvocatura suo mezzo a cain- « par la vita. Ritirossi a Praga: dove, pochi anni fa, termind i «c suoi giorni. >

Altrettanto sempre si attent6 e spesso si ottenne dalla Mas- soneria contro i suoi avversarii non soltanto pratici e politicamente contro lei attivi, a sterminio de'quali specialmente suole usarsi il pugnale carbonado ; ma ancora teorici e speculativi, contro i quali anche talvolta si usa il pugnale, ma piu ordinariamente il gladius linguae, la calunnia, la cospirazione del silenzio ed o^ni fatta di persecuzione civile, sociale, letteraria, giornalistica ed altra qualsiasi. Cosicche 1'avversario dei massoni ed anche spesso il semplice non massone, se e in carcere, 6 trattato peggio degli altri, se in impiego non avanza, se in tribunale perde. Ed in generate seinpre e contrastato da una forza occulta in ogni

I-I \l . r.M I' CUMIim l'»«> '

anche v ilesidi-rio ed in ogni suo anche piu 1

diritto. Laddove invece il massone, dovunque la setta ha nno zampino (e bisogna riconoscere e confessare che, grazie a Dio, essa 6 ancora ben lontana dall'averlo dappertutto) 6 sicuro di aver sempre ragione anche quando ha torto. E percib ben diceva I'Eckert e giustaraente pretendeva che fosse soppressa la 3! soneria prima che egli riconoscesse la competenza di tribunal! dove i massoni erano giudici e parte. E per fermo favorirebbe assai anche tra noi T eqna distribuzione della giustizia quel mi- nistro o deputato che a qualunque siasi imputato o litigante od anche esaminando ottenesse il diritto di escludere dai suoi giu- dici od esaminatori il uiassone notorio o dimostrato tale: sapen- dosi ormai da tutti e conoscendosi la natura e 1'indole di questa frateria di mutuo soccorso e di mutuo incensaraento. Ma checche voglia essere di questa nostra proposta, il certo si e che se cosl usano, come vederamo, i massoni coi semplici privati che o pra- ticamente o teoricamente li avversano e combattono, & chiaro che molto peggio debbono adoperare con qualsiasi autorita si ec- clesiastica come civile che li avversi e combatta e sopra tutto colla Somma Autorita Apostolica. Contro essa infatti ora nrlano tutti questi lupi smascherati, in tutti i loro giornali ed in tutte le loro Logge, secondo che del resto sempre fecero, ogni qual- volta essa nel passato e nel presente secolo, si utilmente per tutti e si nocevolmente per loro, li smascher6 e condannd solenne- mente. E quanto a ragione si vedra anche dal documento che siamo per soggiungere. Esso, a vero dire, non 6 inedito. Ma e come se lo fosse. E percio merita di essere ridonato alia vera Luce; siccome quello che, se non erriamo, basta pressochS da s& solo a dimostrare storicamente e teoricamente esattissimo quanto si contieno nella recente Enciclica antimassonica del Regnante Sommo Pontefice Leone XIII. Ma e da premettere un po'di storia. Tra i peggiori Massoni ed anzi Illuminati della scuola di Adamo Weishaupt, e percio anche tra i piu accorti ed inlluenti campioni della politica illunrinato-massonica della Prussia del secolo scorso, ai tempi della Rivoluzione malamente detta fran- cese, fu certamente il Conte Graziano Errico Carlo di Haugwitz,

•llll DI ALCUNI DOCfMKMI POCO NOT!

pessimo uomo sotto tutti i rispetti anche morali: e come tale noto anche ai piu volgari lettori dei Dizionarii bibliografici. Non 6 per6 nota a tatti la sua conversione, non gia dal protestan- tismo al cattolicismo, ma dalla Massoneria alFonesta naturale. La quale conversione fu la causa del duplice ed opposto giudizio che di lui fanno tanti scrittori: solendolo lodare quelli che lo conobbero massone e vituperare gli altri che ne seppero la con- versione; secondo la rnoda solita dei massoni, che lo stesso indi- viduo giudicano buono o cattivo secondo che e o non e loro af- filiato. La quale moda inconscientemente seguono anche molti non massoni giudicanti coll'altrui anziche col proprio giudizio. Or dunque essendo 1'Haugwitz passato per tutti i gradi della Massoneria e del Potere fino ad essere diventato primo ministro del suo Re e padrone di piu milioni, ed avendo in quella sna condizione venduto a Napoleone tutto il Legittimismo emigrato francese e 1'esercito detto del Conde, stoltamente fidatosi del go- verno massonico di un Re forse non massone, (cosl infatti allora, come anche poi accadeva, pel cooperare che facevano e fanno al trionfo della Rivoluzione i ministri massoni e traditori dei Re personalmente antirivoluzionarii) ; accadde infine che anche il traditore Haugwitz fu alia sua volta abbandonato e tradito, suc- cedendogli altri ministri piu furbi di lui nel 1811. Da qneH'anno fino alia sua morte in Yenezia nel 1832 ebbe tempo, vecchio, malato e cieco, a riflettere sopra la sua vita ed i casi suoi. Riti- rossi dalla Massoneria: e la Massoneria si ritiro da lui. E quel- 1'Haugwitz che, per tanto tempo quando era massone comandava, arricchiva e veniva dai suoi coperto di venerazione e di applausi ; appena prese a disservire la Massoneria, ne fu carico di impro- perii, siccome si vede dalle storie che poi ne scrissero non solo i legittimisti da lui traditi, ma i massoni da lui smascherati. Scrisse egli infatti e present6 al Congresso dei Sovrani in Ve- rona nel 1823 una sua Memoria del seguente tenore.

« GHunto alia fine della mia carriera (aveva infatti allora

< settant' anni : ma ne visse ancora altri died} credo dover

< fare alcune considerazioni sopra i maneggi delle societa se- « grete, il cui veleno ora piu che inai minaccia la societa.

I DOCUMENT! POCO > •'« 1 1

< La loro storia o taliueoto collegata colla mia cbe non posso

< DOD iscrivervela e darvene qualche conno. Lo mie inclinazioni

< naturali e la mia educazione avendomi eccitato al desiderio « del sapere, nO potcndomi contentare delle conoscenzo volgari,

< volli cercare le occulte essence delle cose. Ma Pornbra segue « la luce. £ percid una curiosita sempre maggiore di penetrare « nel santuario della scienza. Ci6 mi spiuse ad entrare nella so-

< cieta del Frauimassoni (i quali allora, come ora, vendevano

< i segreti della scienza come i ciarlatani, gli spiritisti, i ca-

< balisti, i Hosa Croce, gli alchimisti e gli zingari). £ noto « che i primi passi che si dauno nell'Ordine massonico poco sod-

< disfanno ai desiderii dei curiosi. E qui sta appunto il pericolo « per la fantasia si infiammabile della gioventu. lo non era

< ancora maggiore di eta, che gia era capo in Massoneria ed « anzi membro del Capitolo degli alti gradi. Prima di aver po-

< tuto conoscere bene me stesso, prima di aver capito dove mi

< fossi introdotto, gia io mi trovava incaricato della direzione

< superiore massonica delle Loggie di Prussia, della Polonia e « della Russia (secondo che anche accade ora ai frati Bacci, « Petroni, Pianciani e simili).

La Massoneria era allora (come anche ora) divisa in due « parti ti segretarnente operanti. L'uno aveva per emblema la ri- « cerca della pietra filosofale (che voleva dire la ricerca del

< modo di aggiustare il mondo a nuovo). La religione di questo « partito era il Deismo ed ancbe I'Ateismo (che sono infatti praticamente la stessa cosa). La sede centrale dei suoi layori

< era in Berlino (giacchd la Prussia fu sempre ed $ la sede

< della massoneria piu attiva) sotto la direzione del Dottore « Zinndorf. Altrimenti pareva pensare ed operare 1'altro par- « tito (che era come i nostri moderati di adesso) il cui capo

< apparente era il Principe Federico di Brunswick (giacchu i

< Principi in Massoneria sono sempre Capi e sempre Apparent! :

< doe Capi falsi a Berlino ed altrove). Questi due partiti (Cuno

< Bepubblicanu, Intransigente, dinamistico, nichilista; 1'altro

< nionarchicOj conservative , moderate, conciliativo : come sa-

< rebbe a dire Cavallotti e Bonghi) erano sempre in lotta tra

41? DI ALCUM DOCUMENT! POCO NOT! ECC.

« loro (come la maggioranza e la mhiornma, FOpinione e la « Capitale) ; ina s' intendevano benissimo tra loro segretamente « per impadronirsi del governo del mondo. Conquistare i troni, « servirsi del Re come di loro ministri, questo era (come ora segue ad esserej il loro scopo. « Sarebbe superfluo il narrarvi qui come io, naturalmente cu-

< riosissimo, sia giunto a conoscere il segreto scopo dell' uno e

< dell'altro partito. II fatto e che 1'ho conoscinto. Ne fai sto- « inacato. Trovandomi io allora in molto alta condizione (di primo « ministro in Prussia) credetti non poter far altro che o ri- « tirarmi o prendere una mia via particolare. Scelsi il secondo

< partito. Io ed i iniei amici avemmo allora la buona sorte di

< scoprire nei geroglifici dei Gradi Superiori ci6 che io si avi-

< damente cercava. Vi trovai (e qui confessiamo di non inhn-

< dere questo geroglifico: ma forse, come si vedra da do che

< segue, non e che un errore di copista) la natura dell' uomo

< nella sua purita (ciod impurita) originate. Nel 1777 m'inca- « ricai di dirigere una parte delle Loggie di Prussia. La mia « direzione stendevasi anche sopra i fratelli sparsi in Polonia ed « in Russia. Se non Io sapessi per propria mia esperienza non «c potrei spiegare la non curauza a tale proposito dei governi ; « i quali paiono chiudere a bella posta gli occhi sopra questo

< disordine che e un vero Stato nello Stato. Non soltanto in-

< fatti i Capi della Massoneria stavano in continua corrispon- « denza tra loro con cifre speciali ; ma s' inviavano ancora vicen-

< devolmente degli emissarii. Esercitare un' influenza doininante « sopra i Troni ed i Re, quello era il nostro scopo: come era « stato quello (secondo I'opinione del? Haugicitz) dei Cavalieri

< Templarii.

« Coniparve allora uno scritto : Errori e verita ; che fece molto « romore e mi commosse assai. In sulle prime credetti trovarvi « il segreto nascosto sotto gli emblemi della Massoneria. Ma

< quanto piu io m'inoltrava nel senso loro, tanto piu mi con-

< vinceva che qualche cosa di ben altro vi si trovava nel fondo.

< Mi si apersero meglio gli occhi quando seppi che il Saint « Martin autore di quel libretto era uno dei capi del Capitolo

«

NTI I'OOO -

(\: che sempre qualche

noiw fbivo si It'iri:'1 '/"" ymce i7 vero segreto mn

<mo). Cola si rannodavano tutte le fila che dovevano poi pi A tardi sgropparsi per preparare e tessere quel velo e qnella maschera religiosa colla quale i Massoni si velano per gabbare i profani. Mi convinsi allora fermamente che il drainma cominciato nel 1788,89, la rivoluzione francese, il regicidio e tutti gli altri orrori non soltanto erano stati decisi cola (/// i I itel capitolo ebraico di Sion) ina erano ancora il risultato delle associazioni, giuramenti, eco.

< Di tutti i contemporanei di quel tempo non me ne rimane che un solo, il Nestore dei cuori generosi, Guglielmo III. Subito gli comnnicai le mie scoperte. Ci convincemmo ambedue che tutte le societa massoniche, cominciando dalla piu modesta fino ai gradi pi A alti, non hanno altro scopo che di servirsi dei sentimenti religiosi per i disegni piu criminosi, adoperando i primi per velare i secondi. Questo convincimento fu pure « anche quello di Sua Altezza il Principe Gugliemo. Perci6 ri- « solsi di abbandonare la Massoneria. Ma il Principe opin6 che « sarebbe stato meglio di non abbandonarla compiutaniente. « Giacchfc la presenza nolle logge di persone oneste (dot ilfare * la spia ed il tradire i traditori) gli pareva un mezzo eflS-

< cace per iinpedire 1' influenza di quei traditori e per trasfor-

< mare le societa presenti in assemblee inoffensive. Salito al « trono, il Principe Reale segul nella stessa condotta. Questo

< modo di fare (chiede qui in fine molto opportitnamente to

< Haugwitz) pu6 esso ancora presentemente usarsi giustamente? « Questi motivi valgano essi ancora presentemente? Sopra ci6 « non tocca a me di decidere. > Tan to piu che la cosa 6 gia decisa dalla stessa onesta naturale. Questo documento nel suo originale tedesco si trova a pagina 21 1-221 del volume IV dell'opera intito- lata: Dome's Dvnkschriften und Brief e zur Charakteriatil der Welt und Literatur: cioe Memorie e let fere per la Caratte-

cognizione) del mondo e della letter atura : Berlino 1840. E tradotto in francese si legge a pag. 317 e seg. del tomo dell'opera intitolata: La Franc- Maronnerie soumise au grand

ll'l DI ALCtfM DOCUMENTI I'nCO NOTI ECC.

jour de In publicilv. Documents auluHtii/nt'a etc. Gand et Bni- xelles 1866.

Dove potrebbe qui taluno chiu-lere quale effetto abbia prodotto questa comunicazione sopra gli animi dei Principi radunati in Congresso a Verona nel 1822. Alia quale domanda il sig. de Glo- den, molto versato nelle cose massoniche, cosl risponde nel suo Aufschlusz ossia Dichiarazione. « Questa Meraoria del conte di

< Hangwitz produsse nell' animo degli Imperatori Francesco « d' Austria e Niccolo di Russia un'impressione piu profonda di « ci6 che lo scrittore avrebbe potuto sperare. E percio in Austria « ed in Russia per un pezzo e forse per serapre la Massoneria « sara proibita fed infatti lo &} almeno mi Codici, anche pre-

< sentemente) . Ma come si condusse Guglielmo III a cui era « stato personalmente indirizzato il Rapporto del suo antico mi-

< nistro Haugwitz? II quale Guglielmo III dai Re ed Imperatori

< suoi amici ed alleati era supplicate di seguire il loro esempio ? « Come si condusse in questo particolare egli che in tutto il

< resto seguiva sl'volentieri gli awisi ed i consigli dei suoi vi-

< cini ed alleati ? Informate i vostri fratelli (scriveva egli ap- « punto da Verona al suo medico particolare Wiebel frammassone « della Gran Loggia di Germania) informate i vostri fratelli « Massoni che qui io ho avuto molto che fare a proposito della

< Massoneria e della sua conservazione in Prussia. Ma io non

< ritirer6 mai la confidenza che le ho data : eceetto che se avessi « poi dei motivi piu concludenti. Dite loro che la Massoneria « potra sempre fidarsi della mia protezione finche essa si re-

< stringera in quei limiti che essa stessa si e definiti. > Infatti la Massoneria in Prussia fu sempre e segue ad essere fiorentis- sima e potentissima. E ci6 per colpa di quella ingenua e solita bonarieta dei Principi, Re ed Imperatori credenti che la Masso- neria voglia e possa davvero restringersi nei limiti che essa stessa si $ definiti appunto per gabbare chi le crede. Chi crede servirsi della Massoneria, la serve : e ne sara sempre vittima.

Chi poi fosse e di quale autorita storica e letteraria il qui citato De Gloden si potra congetturare da quanto ne scrisse la Gazette de Leipzig citata dall' Orient : Revue mensnelle ma-

4 ir>

'-8 IS! l-i."> pagina 341: dove si legge che: « II £nor De Gloden, padre del presente signer De Gloden Pro- « fessore all'Universita di Rostock, trovandosi ancora ricco, « aveva raccolti molti document! massonici dimostranti cbe la « Prussia ebbe sempre e segue ad avero 1'intenzione di servirsi c della Massoneria per ottenere la preponderant politica nella « Qermania. Diventato povero, ofFerse la sua raccolta di docu-

< menti al Principe di Prussia chiedendo in pagamento diecimila « talleri. Glie ne furono offerti cinquemila che il De Gloden

< rifiut6. Teste due geudarmi del Meclemburgo, giacche il « De Gloden d di quel paese, gli si presentarono offerendogli i

* cinquemila talleri. Ed avendoli il De Gloden di nuovo ricusati,

* i due gendarmi gli intimarono che essi avevano dalla polizia « 1'autorita di perquisirgli la casa e prendersi quei document!. « II De Gloden protestd invano. I documenti furono trovati e

< portati via. II De Gloden ha perc!6 mosso un processo al Go- « verno del Meclemburgo. > Ma essendo appunto allora morto il Giornale massonico Orient di Parigi, no! ignoriamo quale se- guito abbia avuto quest' affare. Quel che ne sappiamo per6 gia ci basta per formarci il retto giudizio della fede che si dee al- 1'erudizione massonica del signor De Gloden sopra Tautenticita e 1'importanza del documento del signor de Haugwitz intorno all'indole della Massoneria in generate, conforme in tutto a quanto teste ne defini il regnante Sommo Pontefice Leone XIII. II che anche seguiteremo in altri quaderni a diuiostrare con altri siraili documenti o ignoti o poco noti.

DEL PRESENTS STATO

DEGLI STUDII LINGUISTICI

XXII.

Popoli e lingue d1 Europa prima della venuta degli Arii.

Cause della difficolta di siffatte questioni. Sentenza del

Sayce sul valor e dell' antropologia in questa materia, con-

futata da lui stesso. II Sayce e I'opmione del Latham,

del Poesche, del Penka, dello Schrader e di Lord Lytton.

La quistione della stanza primitiva degli Arii da noi breve- mente discussa, 6 in certo modo connessa con 1'altra non meno agitata, di sapere quali fossero gli abitatori delle contrade europee priina delle migrazioni ariane dall'Oriente in Occidente, quali le loro origini e quali finalmente gridiomi da loro usati. Anche per cotesta quistione si e ricorso alia filologia, alia linguistica, all' archeologia preistorica ed all' antropologia, siccome alle sole anzi uniche sorgenti di luce atte a rischiarare le caligini d' eta remotissime e tuttora inesplorate. Senonche oltre i popoli che abitavano 1' Europa al tempo delle migrazioni arie, i linguisti, gli etnologi e gli antropologi tentarono di scoprir le tracce del priino popolo che ponesse stanza nelle contrade che furono dette poscia europee. Ondech& sorge una doppia quistione sugli abi- tanti dell' Europa; imperocche^ si pu6 ricercare primamente quali fossero e donde venuti que' popoli che gli Arii trovarono al loro arrivo in Europa, e parte ricacciarono dalle loro sedi, parte conquistarono e aggiunsero a s6, formando cosl un sol popolo. Secondamente si pu6 indagare quali furono e donde venuti i primissimi abitatori, i cosidetti autochthon! od aborigeni, innanzi a' quali nessun altro popolo ebbe posto piede in queste terre di Occidente che chiamiamo Europa.

se la prim;. ne intorno a'popoli ch- .iuta-

i snolo europeo, £ difficile, quella

che versa su'primissimi abitatori della nostra Europa, e diffici- lissimu. II nodo della difficolta, in siflfatto quistioni sta in-lla natura stessa dell'oggetto, e uella qualita de'mezzi d'investi- gazione. La stragrande lontananza de' tempi rende oscuro e quasi invisible 1'oggetto, e i mezzi cho si adoperano a ricercarlo e raggiungerlo non sono proporzionati, come quelli cbe soggiac- ciono ad errori ed illusion! raolteplici. Adunque siamo al caso di quel dettato: il pane & duro e il coltello non taglia. L'an- tropologia e la linguistica che dovrebbero vincero la tenebria fittissima onde s'avvolge la quistione delle origini, sono due discipline giovinette ancora e non in rigoglio di for/e, lontane di molto dalla matnrita, anzi in un continue stato di debolezza per la discordia di coloro cbe si studiano di fade prosperare, ma cbe senza avvedersene, per manco di prudenza, le sgagliardano e le fanno tribolare con grave danno e non poco disonore di entrambe. II voler discoprire per via del linguaggio solo le stirpi o faiuiglie storiche de'popoli, mena a conseguenze false ed as- surde ; essendochS lingua e stirpe non sono termini necessaria- meute convertibili, come giustainente osserv6 il Sayce: « The theories built on the assumption that language and race are in- terchangeable terms have introduced nothing but confusion into the science. > Ma egli non rettainente asseri che il linguista col solo aiuto delfantropologia pu6 venire nella conoscenza delle parentele d'un popolo: < It is only the skull in the hands of the anthropologist which can teach him the relationship of a people. > Imperocch6 1'antropologia non essendo ancora scienza non pud dare al linguista una norma certa ed indisputabile. Lo skull ciod il cranio in mano dell' antropologo insegner& ben poco al linguista etnologo, perciocch^ le misure sono di spesso elastiche, e quand'anche fossero esatte, non basta un ristrutto nuuiero di osservaxioni sopra pochi cranii per fondare teorie salde e iucon- cusse. II che d confessato dallo stesso ch. Autore laddove dice che gli antropologi non sono ancora pienamente d'accordo circa il modo di misurare la lunghezza del crauio. « Craniologists are

S«ri< XII, vol. VI, fate. 814 11 8 maggio 1884

418 T)EL PRESENTS STATO

not yet fully agreed as to the mode of measuring the length of the sknll l. >

La priiua delle due quistioni che ci siamo proposti di esporre e che versa intorno a'popoli europei al tempo dell' invasione ariana, non pud essere risoluta nell'opinione di coloro che pon- gono la sede originaria degli Arii in Europa. Imperocche se gli Arii non migrarono dall'Asia centrale verso 1' Europa, ma da questa verso quella, non si pu6 parlare di popoli che gli Arii avrehbero trovato nell' Europa quaudo vi giunsero. In qnesta opi- nione si debhono soltanto ricercare gli Aborigeni dell' Europa e nient'altro. Ora 1'ipotesi del Latham e del Poesche ritorna in cainpo pe'lavori del Penka 2 e di 0. Schrader 3, a'quali s'associa il Sayce. In effetto nella rivista ch' egli fa delle opere di costoro, sostiene fortemente che la primitiva sede degli Arii fu 1'Enropa e non 1'Asia. Quello che piu ci da meraviglia nel Sayce 6 la sicurezza onde afferina che la teoria del Latham e venuta acqui- stando sempre piu aderenti, e come sia difficile resistere alia forza delle prove evidenti che si sono per ogni verso accumulate in suo favore. Quanto ci6 sia esatto il lettore pu6 fame giudizio da quello che scrivenimo ne' due precedent! articoli. II Sayce dice che la vecchia dottrina riposava su due supposti, a'quali non si pu6 piu assentire. II primo supposto era che la culla del genere umano fosse in Oriente, e che per6 la mossa de' popoli dovette

Academy, dec. 8, 1883, 605, p. 385.

* Origines Ariacae: Linguistisch-ethnologische Untersuchungen zur iiltesten Ge- schichte der arischer Volker und Sprachen.

5 Sprachvergleichungen und Urgeschichte : Linguistisch historisclie Beitrage zur Erforschung des indogermanisch»>n Allcrtums. V. Academy, dec. 8, 1883, 605, p. 384. 11 dotto orientalista P. Van den Gheyn elelto teste dalla Royal Asiatic So- ciety per suo socio corrispondente, in luogo dell' illustre Dozy rapito immaturamcntr alia filologia arabica, confuta con molto acum<* le teoriche dello Schrader nella Sev. des quest, scientif. VIII ann., 20 janv. 1884, p. 284-297 e quelle parimente del Penka, ibid, avril 1884. Anche il Tomaschek cliiama le leorie del Penka, eccentriche, nel Globus, Band. XIV, 18, p. 280, e Livre manque', delinisce il Bezzeuberger 1' opera dello slesso. Hodder M. Westropp dice che Lord Lytton pu6 reclamare per se il diritto d'aver proposto Tideache la patria originaria degli Arii fu 1' Europa e non 1'Asia, prima che ne parlasse il Poesche o il Prof. Penka. V. Academy, Jan. 12, 1884, 010, p. 32.

1 I .1

essere dsiU'Orii-nte all' Occidents II secondo supposto era cl sanscrito fra tutte lo lingue sorelle ineglio serbasse le fall della lingua madre ariana. « This belief we can DO longer hold.> Ma il Sayco non reca veruno argomento per dimostrare che non si possa nt- si debba pift ammettere la vecchia dottrina, e quindi rasserzione sua inerita quella considerazione che le asserzioni gratuite.

XXIII.

Si esamina il lavoro del ch. D.r Cruel, Die Sprachen und V&lker Europa's vor der arischen Einwanderung. Streifzdge auf tura- nischen Sprachgebiete. Doti dell'Autore e difetti del metodo in generate. Idee di lid suy popoli preanani. JVa- tura e proprieta delle lingue aggluiinanti. La, cosl delta Legge di armonia nelle lingue itralo-altaiche. Gruppi in che si partono coteste lingue.

Un importante lavoro sugli abitanti dell' Europa, prima delle immigrazioni degli Arii, come su'primissimi popoli di essa detti autochthoni o aborigeni, fu pubblicato dal D.r Cruel col titolo: Die Sprachen und Volker Europa 's vor der arischen J. iiamhrnng. Streifziige auf turanisclien Sprachgebiete, Detmold in Commission der Meyer* schen Hofbuchhandlung, 1883; V-174 pp. in-8. II ch. Autore da certamente prove di forte ed acuto ingegno e di estese cognizioni linguistiche ed etnografiche, ma la quistione 6 d' una difficolU che sfida qualunque pid ga- gliardo intelletto, nd, secondo noi, gli sforzi de'linguisti, degli etnologi e degli antropologi avranno mai altro effotto da quello iufuori di confermarci semprc piu nella diffidenza per questo genere di studii congetturali, dove non si pu6 sovente dimostrare che la cosa e vera e neppure che 6 falsa. II D.r Cruel con la molta dottrina e il robusto ingegno ond'd fornito, mal s'e potuto guardare da' tanti pericoli che s' incontrano nel navigare in queste acquo piene di scogli ciechi e di sirti ingannatrici. La sua nave ritorn6 in porto con qualche rara e preziosa merce acquistata per

•ivlll DEL PKESEME STATO

via, ma non giunse, secondo noi, a scoprire il vero tesoro per cui mise alia vela e corse tante fortune. Alcuno anzi affermft che la nave del D.r Cruel fece proprio naufragio *.

E nel vero il ch. Autore non ebbe alle sue ricerche una bus- sola sicura, vogliam dire un metodo razionale, logico e propor- zionato alia natura dell'oggetto che tolse a studiare. I difetti del suo raetodo si possono ridurre ai seguenti capi. Egli trae conseguenze che stima certe e incontrastabili da principii che nulla hanno di ben deterininato, nulla di certo. I dati o la ma- teria su cui fonda i suoi giudizii e spesso insufficicnte, dubbia e talora falsa. Nel riscontro de'vocaboli la somiglianza che egli vi scorge non e sempre indizio di affinita o parentela fra lingua e lingua, fra popolo e popolo, ma e fortuita e per6 di nessun valore; ovvero fondata sopra la sola somiglianza di suoni, cri- terio fallace che ci rimena a'giuochi etimologici degli antichi. Infatti sul significato etimologico d'una parola, 11 ch. Autore poggera una teorica, indovinera la costumanza storica d'un popolo e ve ne porgera i piu minuti particolari. Prima per6 di rilevare i difetti del metodo onde il ch. Autore ha fatto uso, e necessario che ii lettore conosca le sue idee su' popoli preariani e sugli autochthon! dell'Europa, e noi le esporremo con brevitu.

I popoli che gia occupavano il suolo europeo quando vi giun- sero gli Arii, erano, secondo il Dr. Cruel, di stirpo turanica, e la loro lingua del genere delle agylutinanti, i cui different! dia- letti si possono riferire al ramo uralo-altaico. Ma tutte le lingue agglutinanti erano state finora denominate turaniche, ancora queile che non sono n& semitiche ne ariane, il che ingenerava confusione, mentre sotto lo stesso nome generico si comprende- vano idiomi divisi fra loro per profonde discrepanze di natural!

' V. inlorno alle idee del Dolt. Cruel su questa maleria, Rev. de linguist, t. XVI, 15 oct. 1883, dove il Dolt. Errico Winckler severamentc censura il metodo del Cruel; Rev. des quest, scientifiques, 20 juillet 18S3, dov'e un bell'articolo del cli. I'. Van •Ion Ghoyn, e molto benevolo al Cruel, benche se ne consuri qualche opinione com-1 improbabile; Controverse, Ierjan.l88l, t Un mot d' Ethnographic prehistoric del ch. P. Hamard dell' Oratorio di Rennos, il quale fa sue le idee del P. Van den (ilu'vii sul lavoro del Cruel, e credo, secondo noi, troppo alia efllcacia della linguistic » nolle (juistioni etnografiche.

DEGt.i srrm:

propriety. Di che il ch. Autore propone di usare il termine di " quale sinonimo di urn' <, a fine di evitare qual-

confusione od equivoeo. Per lingue agglutinanti poi s'intendono quelle in cui le parti della parola, cio& la radice e gli affissi formano un complesso, una sintesi, senza peri fon- dersi insiome in perfetta unita; di guisa che le parti si pos- sano separaro 1'una dall'altra come le petruzze d'un mosaico. In queste lingue la radice non soggiace a mutazioni fonetiche, gli affissi possono venire modificati. Sotto norae di affissi in genere s'intendono i prefissi, gl'infissi e i suffissi, cioe gli ele- menti aggiunti alia radice in principio, nel mezzo o alia fine. Alle agglutinanti si riferiscono le cosidette lingue incorporanti e le polisintetiche, delle quali e proprio racchiudere un'intera frase in una sola parola, in cui e verbo, pronome e oggetto delfazione, e piu altre indica/ioni particolari in alcune, in altre meno. Una proprieta delle lingue turaniche o uralo-altaiche e quella che dicono legge di armonia, per cui le vocali di ogni parola si modificano per mettersi in arinonia con la vocale prin- cipale che fa come da uota fondamentale. Se la vocale e acuta nella parte radicale del verbo, le vocali di terminazione saranno anch'esse acute, se piana, piane. Cosl Sev-mek, amare; bak-mak, guardare; mek e mak sono le terminazioni dell' infinite; ev-ler, le case, at-lar, i cavalli, dove ler e lar sono le terminazioni del plurale !.

Le lingue uralo-altaiche si posson partire in sei principali gruppi: Yaltaico, a cui si riducono i dialetti manciu, tungusi e mongoli; il turco che comprende Tosmanli, il siberiano e il tataro; il samoyedo, col quale si connettono gl'idiomi degli Ostyaki, del Kamsciatka e delle rive del Jenissei ; il ciudo che abbraccia il finnico, il laponico e il dialetto di Perm; Vungarico o magyaro; e finalmente Vibero o basco secondo alcuni. Per piu estese notizie su queste lingue rimandiamo il lettore alle « Let-litre sulla scienza del linguaggio > di M. Mflller Lett. VIII; alia Survey of languages, 1855, dello stesso, non essendo que-

1 V. M.v\ Miiii.ER, Lect. on the science of lanyu'jge, Lcct. VIII.

422 DEL PRESENTE STATO

sto il luogo di trattarne di proposito, ma di accennarno a' let- tori quel tanto che e strettaraente nocessario per bene intendere le teoriche del Dr. Cruel che qui esaminiamo.

XXIV.

I Turani e loro distribuzione geografica in Europa. Quale fosse la loro cultura, quali i loro costumi, e quale la religione, secondo il Dr. Cruel. Opinione dello stesso su gli Autoclithoni europei cjie sarebbero stati gl' Indiani di America e gli Eschimosi.

I Turani adunque nella sentenza del Dr. Cruel erano sparsi in tutto il continente europeo, ma il gruppo loro principale ebbe suo stato specialmente nel mezzo o centre di esso. Al sud-ovest dell'Europa i Baschi, a settentrione i popoli ristretti nelle con- trade della Laponia, della Finlaudia, dell' Estonia e nelle terre tra il Volga e 1'Ural, sono i rappresentanti de'priraitivi Turani. L'invasione ariana irroinpendo dal sud-est verso il nord-ovest disperse i Turani in due direzioni, al sud-ovest e al nord-est. Gli Ario-Celti e gli Ario-Latini ne ricacciarono una parte verso i Pirenei, dove i Turani divennero i Baschi; e gli Ario-Germani e gli Ario-Slavi avanzandosi seinpre piu, costrinsero 1'altra parte a trovarsi un rifugio nelle selve e nelle paludi del nord-est dell'Europa. Ma so ne' Baschi e ne' Turani del Nord si deve riconoscere il rarao uralo-altaico puro e senza mescolanza con 1'elemento ario, conviene ammettere che nel resto dell' Europa i Turani s'unissero agli Arii, non si potendo credere che tutti fossero stati distrutti dagli Arii; di che segue che il sangue ariano non iscorre purissimo nelle vene dei presenti popoli europei, ma misto al turanico. Parecchi nomi di luoghi in Aleinagna, in Francia e in Italia serbano 1' itnpronta dell'origine turanica, e le lingue ariane tolsero vocaboli alle uralo-altaiche. II Dr. Cruel non ne reca esempii.

Dallo studio comparative delle voci comuni alle lingue tura- niche il Dr. Cruel crede poterci ragguagliare intorno alia civile cultura, agli usi, a' costumi e alia religione deile genti che

nci

•>pa innunxi jis:li Arii. Egli dunque ha potato sapero che essi non avevano citta, non reggimenti politici, ma .torita risedeva tutta nel capo di famiglia. Cane, cavallo, montone, vacca, erano i loro animali domestic!: capra e porco couobbero nello stato selvaggio. Agricoltura Don usarono, ma conobbero il frnmento, onde facevano una pasta macerandola nell'acqua, schiacciandola poscia fra due pietre e cocendola fmal- mente sotto la cenere del focolare.

Cibavansi di came d' animali o di latte. Sapeano costrnire capanne di legno, vestivano pellicce, usavano il filo per cucire, e avevano ciabatte per calzari. Le loro armi erano di pietra. II commercio era usato e il Dr. Cruel sa pure che anche in quel tempo non mancavano i ladri. Che piu? i Turani primitivi si davano il bacio non con la bocca ma col naso. Finalmente per ci6 che spetta alia loro religione, questo solo par certo, ch'eglino adorassero il Cielo e che i loro sacerdoti detti Sciamani cioe i saggi, i veggenti, curavano di rendere propizii i genii, per- ciocch& il dio de' Turani non iuterveniva punto neJ governo del mondo.

La seconda quistione che riguarda i popoli primissimi auto- chthoni o aborigeni dell'Europa, e sciolta dal D.r Cruel col soc- corso della linguistica, la quale gh ha rivelato che que'primi abitatori appartenevano al ramo stesso de' popoli dell' India occi- dentale (indiani) e degli Eschimosi. Imperocch^ le lingue ame- ricaue, massimainente quelle degli Algonchini, de'Cippeway, dei Delawari e de'Lenape" sono aflSni'agli idioini turanici e ci condu- cono di passo in passo per lo stretto di Behring e la Siberia, fino alle frontiere de' popoli ugro-finnici e ciudi. Etruschi ed Albanesi sono pel D.r Cruel i rappresentanti piu puri e genuini de'primi popoli europei. Sostiene parimente che parecchi idiomi del Caucaso debbano essere rappiccati alle lingue indiane di Ame- rica. Queste in compendio sono le idee del ch. Autore, il quale merita lode per la durata fatica e per non poche fortunate in- dagini in un campo cosl infecondo e spinoso. Noi ora diremo la nostra opinione con quella liberta che non offende le persona quando difende il vero o quello che per tale si apprende.

DEL PRESE.YTE STATO

XXV.

Si confuta Vopinione del D.r Cruel die gli Europei preari fossero i Turani. L'argomento linguistico su cut egli f<»i<l.i la sua opinions e debole e incompiuto. II basco e gVidiomi uralo-altaici. Differenze essenziali fra loro. Riscontri ar- bitrarii ch' egli istituisce per provare la comune ori<jine delle lingue uralo-altaiche. Dure parole del D.T Winckler a questo proposito. Altri riscontri fantastici del ch. Autore per rispetto a' numeri baschi. Conseguenze del metodo usato da lui nella quistione degli europei preariani.

Primieramente per ci6 che riguarda i popoli europei preariani, che il ch. Autore pretende essere appartenuti alia famiglia tu- ranica e la loro lingua doversi ritenere uralo-altaica, noi ci per- mettereino di notare che n& la storia, o, se si voglia parlare piu correttamente, lo stato di cultura preistorico, ne 1' antropologia non porgono veruno indizio di prova in favore di questa ipotesi del D.r Cruel. Resta il solo argomento linguistico fondato sulla natura dell'idionia basco, il quale, secondo 1' Autore, farebbe parte della famiglia uralo-altaica, donde verrebbe per conseguenza che i popoli europei preariani erano uralo-altaici o Turani. II quale argomento ci par molto fiacco in se, e senza valore per rispetto alia qualita dell'assunto che e troppo generale e comprende non i soli popoli della penisola iberica, ma 1'Europa tutta, special- mente quella di mezzo. Come bene osservano il Van Eys, il Vinson e il Winckler nessuna certa notizia si ha de' popoli d'Eu- ropa avanti 1' immigrazione degli Arii, salvo che de' Baschi, ma neppure di cotesti si pu6 con sicurezza affermare che fossero la stessa gente che gl'Iberi. L'argomento poi della parentela fra il basco e 1'uralo-altaico non pu6 ammettersi senza restrizione, di modo che concessal'origine comune, 1'indole tuttavia dell'idioma basco 6 tale che costituisce un tipo linguistico da se, coine quello che nella parte formale della lingua, cio£ nel sistema della coniu- gazione polisintetico o incorporante, e, per concessione dello stesso

DECLI S

1, diverse dall' uralo-altaico. Da questo lato dunque della coniugazione che e il pift important^ di tutti nello studio com- parative delle lingue, il basco non pu6 considerarsi idioina uralo- altaico.

II ch. Autore crede nondimeno che vi siano altre proprieta spe- ciali che provano la identita del basco con 1' uralo-altaico. Ma coteste proprieta speciali cessano d'averforza dimostrativa, quando si consider! che esso sono comnni a un gran numero di lingue al tntto different!. Cosl la distinzione imperfetta del norne e del verbo non e punto particolare all' uralo -altaico, inentre la tro- vianio nelle lingue del nord e del nord-est dell' Asia, in moltis- sime dell' America, dell' Australia e in alcune dell' Africa. Dicasi

10 stesso dello scambio delle congiunzioni con forme dell'infi- nitivo ; del modo di formare la proposizione e della collocazione delle parole che s' incontra anche in molte lingue interamente differenti fra loro. Al contrario alcune proprieta del basco che con troviaino nell' uralo-altaico, sono comuni a nioltissime lingue americane, come per esempio il sistema nominale assai compli- cato, senza che per cotesto si abbia a fare del basco una lingua americana. L' armonia delle vocali che come vedemmo e" propria delle lingue uralo-altaiche, non esiste nel basco; e quantunque

11 sistema di declinazione di quelle e di questo sia simile, le differenze nondimeno, e notevoli, son manifesto. Aggiungi che la stessa declinazione basca pud essere altresl comparata con quella di certe lingue australi con lo stesso diritto onde e" comparata con le uralo-altaiche. La nasale che e frequente nel genitiyo e nel vocativo uralo-altaico e ritrovasi parimente nel basco, non indica necessariainente identita d'origine, essendoche il medesimo fatto si ossem in pressochd venti famiglie linguistiche !.

Molto arbitrarii e insussistenti ci sembrano pure i riscontri che il D.r Cruel istituisce fra le lingue che ci vuol dare come

1 V. Lcs theories snr I'Euroi* prearyenne el la miUhode, a propos du livre de M. Cruel: Die Sprachen und Volkcr Europas vor ariachtn Etnwanderung..., d.'l Holt. Krrico Wincklcr, nrlla Revue de linguist, et de philolog. comp. t. 15 o i- scgg. II cli. hot i. \Vincklcr tratta da maestro tutta la quistione

presenle ed e una puida quanto csperla, altreltanto prudente in mezzo alle ten -brc •rigiiii ruropee.

426 DEL PRESENTE STATO

provenienti da una comune origine. Cosl, per esempio, dimosira che le lingue uralo-altaiche hanno lo stesso segno pel dativo a fin di dedurne la origine comune. Ora i confront! da lui iatti sono di questo genere: base. i, lap. i, syrien. a>, o, ef turc. ga, j«, je, a, e, ostyak. a, magyar. a, 6, mongol. tongus. dur, tur, d'i, de, do, do, du, dii, to, to, tu, til, te, ted, t, dayhan, dcyi dag, deg, tanj, ienj, nak, nek, na, ne, n, en, an, Ian, ten - gia, sia, sage, sai,ja, dja, sisw, ecc. ecc. Col qual si sterna com- parativo si potrebbe dimostrare certamente la parentela di tutte le lingue le piu svariate e diverse fra loro. Ed e in vero da compatire il D.r Winckler so dopo questa filatessa di desinenze cbo si spacciano per identiche forme di dativo, esclami: Non si crederebbe a' proprii orecchi, se non fosse scritto distintamente. lo che per interi anni ho trattato cotesti casi di direzione e il dativo delle lingue uralo-altaiche, devo dire che non ho trovato spesso esempii tali di leggerezza '.

Un altro capo per cui il D.r Cruel si sforza di provare 1'iden- tita del basco con 1'uralo-altaico sono i noini numerali. Ma ne anche in questo la sua dimostrazione ci sembra convincente per nessun nome di numero. Iinperocchti il metodo da lui adoperato ne'riscontri e fondato neH'arbitrario, per non dir nel fantastico. Egli infatti scorge la stessa forma in bat 1, bir, aft, ob, om, njoby vjo, nmun, emu, akt, aku, okur, vceike, ifka, egy, yksi, ike, nige, ilks, ills, otik, it! Per giungere a provare che bat = 1 in basco, corrisponde affatto a'nomi che significano uno nelle lingue uralo-altaiche, egli paragona bat con vadon in magyaro, che vuol dir solitudine, con puedara, samoyedo, col finnico me col magyaro mezd (= terra, opposto alia nozione di cilta} col basco basa solitudine e baso foresta. Indi cosl argomenta quasi da premessa certa : Bat adunque non pu6 essere che una forma parallela di bas, e bos rappresenta la nozione del numero uno, come risulta dal mordivino vassin, vasintsche, dal samoyedo ba-

1 tOn n'en croirait pas ses orcilles, si cc n'elait pas ecril distinctrmerit; moi, qui ai iraite pendant des annees cotieres ces cas dc direction et le datif des l;!i)tmps ouralo-alioii|ucs, je dois dire que je n'ai pas renconlie souvent dc tcls excmplcs de legerele. » Op. cit.

. dal jakuto /»/>•>////. dal tataro baschke, dall'osma

il primiero. Ma il turco ci diraostra il significato di o perci6 di bat; poichd basch, bos in turco significa testa : il qual significato che originariaaiente era altresi quello del nonie numerate turco A*r, 6 provato per mezzo del basco burn, testa. Cosl una cosa basca 6 dimostrata per una turca, ed una cosa turca per una basca. Potremmo recare altri esempii di si- uiili argomentazioni dell'Autore, ne'quali mentre non si pu6 non ammirare 1'acume dell'ingegno investigatore, si deve per altro restare stupefatti per la singolariU di certe deduzioni ed in- Uuzioni che possono pur essere possibili, ma non sono in vero probabili e molto meno evidenti e certe. Quindi ci sia lecito con- chiudere che questa parte del suo egregio lavoro raerita 1' atten- zione de'linguisti e degli etnologi per molti riscontri felici e per parecchie idee nuove e di grande importanza per lo studio comparativo delle lingue uralo-altaiche, ma per quel che s'at- tiene al basco non e provata la sua identita con quelle, salvo che in poche e non iniportanti particolarita, mentre nella gram- matica propriamente delta e massimamente uella coniugazione del verbo, il basco resta ancora un idioma di un tipo linguistico tutto suo proprio. La debolezza perci6 di questo argomento prin- cipale e fondainentale pel D.r Cruel nell'assunto che tolse a di- mostrare, i popoli preariani dell'Europa essere stati i Turani, perche le lingue che vi si parlavano erano le uralo-altaiche cio6 le turaniche, rende poco probabile la soluzione ch'egli pretese dare dell'ardua quistione.

Non crediamo, dopo le cose dette fin qui, potersi ritenere per accertate e fuor di dubbio le notizie che il ch. Autore ci d^ della cultura, dell'arti, de'costumi e della religione de' popoli prea- riani d'Europa. Quello che piu ci fa restar sospesi o diffident! uelle conclusion! di lui, sono appunto i minuti particolari che ci presenta intorno al genere di vita di que' popoli, alle case loro in legno e con letti, all'arte di filare e di tessere la lana e di cucire con filo le vesti, e al nutrimento di carne e di latte, e alia preparazione e coltnra della farina e somiglianti. Le quali cose tutte egli non deduce altronde che da' suoi soliti confronti

428 DEL PRESENTE STATO

di vocaboli e dallo etimologie, fondamento non saldo nd sicuro quando si tratta di ricerche storiche, anzi nel caso nostro, prei- storiche, sinonime le piu volte d' impenetrable oscurita.

XXVI.

I popoli autochthoni ddV Europa, secondo il D.r Cruel. L'ar- gomento principal* di cui eyli si serve, prova troppo e non prova cid che deve provare. II principio d' incorporazione non & esclusivo delle sole lingue americane. Giudizio del D.r Winckler sidle liste di vocaboli fornite dal D.r Cruel.

Che direino ora deli'altra quistione implicatissima e diffici- lissima quant' altra mai, degli autochthoni Europei? II D.r Cruel voile portar la face delle sue ricerche anche tra le dense ombre che da secoli chiudono le origini europee, dove qualunque acume di pupille 6 vinto e sopraffatto dai soverchio d'una misteriosa oscurita. Che vi scorse egli dunque, fidato alia guida de'suoi riscontri linguistici? Che i popoli europei autochthoni erano di stirpe americana, Indiani cio& ed Eschimosi; i quali nelle eta remotissime avrebbero abitato al nord e nel centro dell'Europa. Gli Etruschi e gli Albanesi sarebbero dunque d'origine ameri- cana, e con essi verisimilmente un popolo indiano in niassa compatta s'6 conservato fino al tempo de'Romani. L'asserzione & forte, senza dubbio, ma sono poi le prove egualmente forti? II ch. Autore sembra supporre che una lingua, per cio solo che ha la facolta d' incorporare Toggetto, non ostanti tutte le altre differenze, sia una lingua di origine americana. Or conviene os- servare in primo luogo che non tutte le lingue americane hanno la facolta d' incorporare 1'oggetto, n& si pu6 parlare di lingue americane o di stipite americano, come se realmente esistesse un tipo fisso e immutabile, un gran ceppo originario comune. Im- perocch^ da' piu recenti studii risulterebbe il contrario, che cio6 le lingue americane procedano per gradi innumerevoli, da uno stato di quasi pieno isolamento, alia perfezione delle lingue finci- che e delle somiglianti alle finniche. DaR'altra parte il prin- cipio stesso dell'identita originaria, quello cio6 della facolta

MGLI STTI'll U.NOriSl

d' incorporare 1'oggetto, non prova gran fatto; conciosgiache co- testa facolta non sia una proprieta esclusiva delle sole lingue americane, ma coinune altresi a parecchie altre famiglie di lingue fra loro differenti, dell'Asia, dell'Africa e del continente australe. Incorporazione d'oggetto si osserva nell'egiziano, nel tamaceko, iiel cabyliano, e in non poche lingue de' Negri ; nel medo, nel sumero-accadico, in molti idiomi caucasei, in quello de'Kholi dell'Ijidia, nel Kotto e in piu altri. II basco, secondo il prin- cipio dell'Autore, si troverebbe avere lo stesso tipo del medo. Iinperocche la declinazione del medo e uralo-altaica; e come il basco non ha 1'accusativo del sostantivo; simile in molti punti al basco e il pronome sia nelle forme personali, sia nel dimo- strativo; il verbo possiede la varieta del basco e la facolta d' incorporare i reggimenti diretti e indiretti '.

Gl' Indian! d'America sono dall'Autore distinti dagli Eschi- mosi, ma non dichiara la different che corre fra quest! due tip!. Si contenta d! comparare fra loro delle voci escbimose ed altaiche ma non una delle voci indiane, eccetto i nomi nume- ral! 2, 3, 4 dello stipite algonchino, e poi precede avanti come se avesse comparate delle lingue indiane con le uralo-altaiche. Le conseguenze adunque che il ch. Autore ci presenta, sono piu ampie delle preinesse, e percio restano senza valore scientifico le sue supposte scoperte di affinita tra le lingue jenisseiche, ostiake, jukagiriane, mordmniane, ugriche, caucasee, etrusche, albanesi e le lingue indiane d'America. Non basta ch'egli ricerchi e trovi, come d! fatto trova talora, delle relazioni lessicologiche tra due o piu popoli, ma e necessario dimostrare che que'vocaboli non sieno un semplice effetto di vicinanza o di commercio tra loro in un'eta lontanissima, ma appartenenti al patrimonio coinune della famiglia delle lingue che sono fra loro comparate; con- viene escludere ancora le ragioni psicologiche onde provengono talvolta le somiglianze tra voci di lingue disparatissime e di- verse, come se ne osservano, per esempio, tra il cinese e 1'ariano, ma sono coincidenze meramente fortuite. Ondeche il Winckler, le cui osservazioni ci sono sembrate di somma importanza e ne

4 V. II. WlNCKLEU, Op. tit.

DEL PKESENTE STATO

abbiamo fatto tesoro, giustamente conchiude che delle liste di vocaboli presentate dal D.r Cruel e mestieri far uso con la piu rigida prudenza, essendo esse in gran parte dubbie o al tutto false, come si par chiaro dall'esaine che il dotto lingnista ne fa con molta accuratezza, special mente alle pagg. 346, 347, 348 e 349 della sua soprallodata recensione. .

XXVII.

La ipotesi del D.r Cruel non e nuova. II Vater e P. S. du Ponceau. Opinione del ch. P. Fedele Fita nel Congresso Internationale in Madrid nel settembre 1881, non ammessa dal Vinson. II basco comparato col punico. H. Lecluse. II basco e il berbero. L. Gese. L' etrusco uralo-altaico. Opi- nione del Taylor yiudicata dal Sayce. II Congresso degli orientalisti a Parigi nel 1873. Opinione del Deecke e del Eedatlore dell' Archivio biblico ed orientale. Conclusions.

Non sara pertanto inutile ne discaro T avvertir qui di passata che tentativi simili a questi del D.r Cruel erano gia stati fatti da altri, ma senza conseguire il frutto delle molte indagini e delle lunghe fatiche. II Vater avvisava gia che la lingua dei Cantabri doe" de' Baschi era formata sullo stesso modello delle lingue degl'Indiani d'Ainerica. Egli esamin6 soltanto le forme complicate del verbo basco, dell' idioma ciukci e del Congo. Ma le. somiglianze del Vater non erano aminesse per le lingue arae- ricane da Peter S. du Ponceau. Imperocche la caratteristica spe- ciale di coteste lingue e, secondo il du Ponceau, il non avere i verbi ausiliari essere ed avere. Ora questi due Terbi sono il tutto nella coniugazione basca *. La stessa somiglianza con le lingue americane scorgeva nel georgiano 1'Adelung 2. Nel Con- gresso internazionale tenuto a Madrid dal 25 al 28 settembre 1881, il ch. P. Fedele Fita tratto delle analogic della lingua basca con

1 Rapport sur le caractere general rU les formes grammaticales des langues ame*- ricaines, fait au comilc d'hisloire et de litterature de la socie'te' philosophique amt'1- ricaine, par son secretaire correspondant (Lu au comilc, le 12 Janvier 1819).

8 MITHIUDATES, torn. IV, p. 130.

altrc, special inente con le lingue americane. II dotto accademico '.era il basco affine al celto da una partc e al georgiano dall'altra, mentre sarebbo lingua prottamente ibericu e un semplice avanzo, una reliquia dell'antico stipite indo-europeo. II Yinson dice a qnesto proposito: < Inutile d'ajouter que cetto th6orie ne me parait pas plus demontr6e que les pr6c6dentes, malgr6 le talent et les inge*nieux apergus de son sympathique auteur '. > E altrove tocca la stessa corda dicendo che 1'ipotesi del P. Fita 6 a /jr/omnammissibile nel presente stato dellascienza2.* Nel 1826, come ci narra Fl. Lecluse nell' introduzione al suo Manuel de la langue basque che porta in fronte 1'epigrafe: HA0ON, IAON, El AON, si voile tentar di spiegare col basco le parole puniche del monologo che si legge nella I* scena del- 1'atto del Poenulus di Plauto. II Bochart ne aveva inter- pretate alcune ricorrendo all' ebraico 8. II L6cluse tenne un con- gresso a Tolosa e fece agitare la quistione fra i dotti baschi di Saint-Jean-de-Luz o di Hasparren, di Saint -Jean-Pied-de-Port, di Maul6on o di Saint- Palais ; cosl, egli dice, erano rappresentati i tre dialetti del basco fraucose, il laburtino cioe, quello della Bassa Navarra e quello di Soule e Mixe. Fu data lettura della traduzione fatta da Don Juan Ignacio de Iztueta in dialetto guipuscoano. I giudici conchiusero che il testo di Plauto non seinbrava presentare un testo basco: le traduzioni tentate ne'varii dialetti baschi non avere un senso seguito, ma essere frasi scucite. II signer L. Gese nelle Memoires de la Soc. archtol. du Midi, 1883, tratta di alcuni riscoutri fra le lingue berbera e basca, e presenta una lista di 80 vocaboli ch'egli stima indicare parentela fra le due lingue. « I rapporti, egli dice, sono tanti

' Rev. de linguist., t. XIV, 15 juillct 1SSI, p. 315.

* «Mais pour lui IPS Basques |r, litres cl les Colics p;irlaient nnc s^ule el rurm«> lanpnp, hy|inthesc inadmissible a priori dans I'elal actuel de la scionce. > Rev. de lingttixt. t. \i\ IT, <> t. IS81, p. 4H. V. P. I>ABI»Y DE THIERSANT, Dt I' Origin* (lea Indiens du Nouccctu-Mondc et de leur civilisation. Paris, L-roux 1883.

0 V. 1'iK^i.Nius, Monum. phoen. p. 357 e sp^^r. VKX, m-1 Rhcittisches Museum

••'oljre, II. Jahrg e HITXIG, U>i<L, X. Jjilnjr. 2" Heft. Mo imnischrn titeUen im Poenulns. KWAI.D nel Zeitschrift fur die Kundc dts Morgenlandes, t. IV, p. 400 e so}-g. (1843»; t. IV. p |H •• se?g. (1845:; t. Ml, p T«> ML.NK, Palestine, p. 80-87 noia. KENKIK, Phoenicia, p. 179 e segg.

DEL PKESENTE STATO

che non si possono attribuire al caso. II matematico inglese. Young, ha calcolato che quando due lingue contengano otto parole siinili, ci sono quasi centomila probabilita contr'una, che queste parole abbiano la stessa origine; a piu forte ragione quando il numero delle parole 6 dieci volte raaggiore. >

Neppur nuovo e il tentativo di far dell'etrusco una lingua uralo- altaica. II Taylor crede turco-tataro 1'etrusco; anzi sostiene che non pure il vocabolario degli Etruschi e turco-tataro, ma che la grammatica altresl e la mitologia loro sia turco-tatara. II Sayce nega che 1'etrusco sia lingua ariana, perche se tale fosse, le sue iscrizioni gia sarebbero state decifrate '; ma non aderisce al Taylor, le cui soluzioni stima pan a quelle de' suoi predecessor! 2.

Nel suo recente lavoro Gli antichi imperi delVoriente, dice che la lingua degli Etruschi era agglutinante e sui generis s. Anche il Deecke riconobbe tra il finnico e I'etrusco parecchie somiglianze, soprattutto nella formazione de'casi e delle parole. Confessa egli stesso che fu tentato di annoverare 1'etrusco fra le lingue turaniche, ma non os6 torre 1'iinpresa per la grande difficolta 4. Nel Congresso degli Orientalist! tenuto a Parigi nel 1873, la stessa quistione fu trattata nello stesso senso del- Tanalogia fra Tetrusco e il turco 6.

Nella nostra Italia il dotto Redattore fa$Archivio di lette*

« « The latest decision is that they belong to the Indo-European family, because the language of ihem is inflectional; but surely the decision refutes itself. Were they Aryan, they would have been explained long ago. > The Principles of comparat. philology, London, 1815, p. 113.

1 Mr. Isaac Taylor's attempt to connect Etruscan with the Ugro-Altaic or Tura- nian class of languages (in his « Etruscan Researches* 1874) cannot be judged mon» successful than the solutions of ihe problem proposed by his predecessors. Op. tit. p. 1 Li, 115, iu no la.

3 The ancient empires of the East, Herodotos I, III, \\ith notes, introductions, and appendices. London, Macmillan and co. 1883, p. 58, in nota.

* DEECKE, Etrusk. Forschungen, pagg. 76, 8-2-83.

s « Si Ton considere combien le type turk est repandu, a 1'e'lat sporadique. d.ins I'ouesl de PEurope, si Ton redechit aux analogies de langue et de type qui existent fntre les anciens Etrusfjues et les races turkes, si Ton observe que les Etrusqin< parlaient la memo langue que les Retes des Alpes et par consequent venaient du nord, on comprendra que la question commence a se poser avec insistance et on verra de quel cote il faut chercher une partie des elements necossaircs pour la r - soudre. i Congrls des Orient., I, p. 438.

Id

f'ile, nei ninnrri ."» e maggio e giugno del 1880, propugnft con grande erudizione e con molti riscontri di vocaboli 1'origine turco-tatara degli Etruschi. Senonche egli stesso si protesta che « non intende di far le cose addirittnra in regola come vorrebbero i linguist! rigorosi, perchfc nello stato in cui si trova ora la quistione ci6 non e ancor possibile; bi- sogna contentarsi di esplorare all'ingrosso il terrono e non andar pin avanti ; che alle soroiglianze tra vocabolo e vocabolo, le quali molte volte non sono che accidental! non intende attri- buire altra importanza di quella in fuori che hanno, vale a dire quella di nn tentativo e niente di piu che di un puro tentative '. > Dalle quali parole chiaramente e affermata la inalagevolezza della quistione che non pennette se non semplici tentativi.

Se ora ci & lecito di dire quello che noi pensiamo su tutti questi tentativi di esplorare le prime origin! de'popoli d'Europa, sia riconrendo all' antropologia e all' archeologia preistorica, sia alia etnologia e alia linguistica, sia finalmente a tutte coteste discipline insieme, confessiamo che i tentativi non saranno mai tanto felici quanto certamente sono faticosi e lodevoli. La ragione vera e nella difficolta intrinseca di simili problem!, pe' quali non si hanno dati o si hanno scarsi e insufficient!; mentre dull' altra parte gi' istnimenti de' quali ci serviamo, sono in gran parte inetti e sproporzionati. La linguistica, 1' antropologia e 1' archeo- logia preistorica discipline ancora acerbe e soggette a mille illu- sion!, non ci daranno che ipotesi e mere ipotesi. La linguistica pertanto e quella che piu d'ogni altra disciplina corre i mag- giori e diremmo anche inevitabili pericoli di errare, dovendo essa ricorrere del continue in siffatte quistioni di parentela e di affinita delle lingue, alia etimologia, e 1'etimologia e una Sirena, una Fata Morgana, che seduce e perde chi si lascia vincere a'suoi allettamenti e alle sue seduzioni. I linguist! gridano piu che pnssono di andar cauti con 1'etimologia, ma i naufragi sono continui. II ch. E. Schiaparelli pubblicava teste le Migrazioni degli antichi fwpoli delCAsia Minore (Roma, Loescher), e fondava la sua teoria sull' ingannevole argomento della somi-

1 Arch, rfi letterat. I,M. ed orient. Ann. II, n4 5, p. 131.

'. ro/. VI. fate. 814 8 maggio 1884

PRESENTS STATO DEGLI STUDII LINGUISTICI

gliunza di''nomi proprii, secondo che opina 1' 'A'-mknuj \ Allo scoglio dfll'etimologia ruppe in verita il ch. D.r Cruel, benchfc fornito di molto sapere e di molta esperienza linguistica. E noi conchiuderemo con le parole del suo critico che ci sembrano molto a proposito: « Finalmente non posso lasciar passare questa occasione, senza prevenire i linguist! e gli etnologi, de'pericoli inerenti alia tendenza che ora si ha di generalizzare senza co- noscero a fondo i particolari, e di riunire popoli e lingue in grandi gruppi, senza averne priina studiate le infinite differenze e le somiglianze in raodo che pure si possa dire sufficiente 2. >

1 < The whole theory rests on the very deceptive support of similarities in proper names. » Academy, jnn.o, 1884, GOO, p. 12. Noi avcndo lelta qiifsta Notizia dcl- FAutore, siiminmo cho il giudizio dell' Academy intorno ad es<a sia inesatto e pre- cipiiato; mercecche ne la teoria poggia tutla sulle somiglianze di nomi proprii, ne si puo con equila giudicare una teorica, delta quale lo ste.-^o Autore dichiara che lion iniende per ora offrire se non una semplice notizia, una idea g^nerale, riservandosi di tratiar 1'jirgomento ex-profcsso in un prossimo lavoro. c Lo studio diligente, dice lo Schiaparelli nella sua Notizia, delle due iscrizioni {di Trbe) e d'una intiera serie di monument!, che con quelle si collegano, 1'esame delle anlichiia greche c«l italichc venutc in luce negli ultimi anni, c sopmttuUo alcune ricerche original! sulle desinenze di nomi etnici dell'Asia minore e sulle forme che vennero ad assumere nella bocca degli Egiziani e de'Greci, ci condusscro a conclusion! nolevolmenle diverse ula quelle del vViedemann, il qnale sostiene che i popoli nominal! nelle due iscrizioni geroglifiche non mostrino aver nulla di comune con gli aniichi abitolori della Grecia e dell' Italia). Nella conclusione della Notizia, la quale cosla di sole otto pagine, il ch. A u tore dice: fjuestc sarebbero, in termini general!, le principal! conclusion!, a cui ci condusse lo studio di monument] e?iziani, coordinato coll' esame delle antiche tradizioni, colle

notizie degli slorici e di geografi antichi e colle scoperte artheologiche piii recenti

e conOdiamo che potranno parera piii amj)iamente giustificate in un nostro prossimo lavoro sopra questo argomento. fe dunque manifesto che il ch. Autore non fonda la sua teorica sulln sole somiglianze di nomi proprii. D'altra parte, strana cosa sarcbbe e al lutlo inverosimile, che il forte ed acuto ingegno di questo giovane egittologo, per la sua dottrina, per la modes tia singolare e massimamente per la scrupolosa e coscienziosa diligenza scientifica mostrata in tutti i suoi lavori, divenuto oggetto di ammirazione e di amore alia dotla Europa, si volessf appagarc di scmplici giuochi etimologici in quistioni gravissime e di naiura stretlamentc storica. II fortunalo sco- pritore ed interprele del Libra de'FutieraH degli antichi Egiziani dovova essere altramentc giudicalo dall' Academy ; e certi siamo che di quel sno poco pondt-rato giudizio si saranno mai-avigliati i Lepsius, i Maspero, i Brugsch, gli Ebers, i Revillout c tutti i grandi egitlologi d' Europa die lo Schiaparelli hanno in grandissima stima e i cui lavori commendarono con lodi quanto cgregic allrcttanto merilate.

* c Enfin, je ne pnis laisser passer cetle occasion, sans prevenir les linguistes et les elhnologues des dangers qu'a la tendance actuelle de gencraliser sans connaltr6 a fond le detail; d •> reunir dc grands groupcs dc peuples et de lan;ri:es, sans en avoir (•indie ni les difTt'-rences infinies, ni les resscmblancos d'une maniere quelque peu Dott. HEINRICH WINCKLER, Rev. de linguist, t. XVI, 13 oct. 1883, p.

DKLLA rOTESTA DELLA CHJESA

Cristo fond& la sua Chiesa qual pubblica societa, e qual pub- blica societa in forma monarchica. L'una cosa e 1'altra fa gia da ooi diiuostrata ne' precedent! articoli. Con ci6 fu implicita- mente dimostrato cbe la Chiesa e dotata di potesta pubblica e sociale. Una pubblica societa, nna monarchia, senza poteri cor- relativi, sarebbe una coutraddizione. Nondiineno e necessario trattare esplicitamente di tal potesta, si per determinarne piu distintamente la natura e si per ispiegare le diverse funzioni, in cui essa si svolge. A far ci6 diamo principio col presente articolo.

I.

La Chiesa & dotata di duplice Potesta, di Ordine doe i trisdizione.

La Chiesa e un tenipio, ed e un trono. Yogliamo significare die essa e una religione insieine ed un regno, bench 6 di ordine spirituale. La ragione di questa doppia qualita della Chiesa si e, perche Cristo, suo fondatore e capo, d Sacerdote ad un tempo ed e Re. Tu es Sacerdos in aeternum1; Ego antem constitute* sum Rex*. Se Cristo e Sacerdote Ee, la Chiesa e religione regno. Come religione, essa e dotata della potesta di Ordine; come regno, della potesta di Giurisdizione. La prima si riferisce al- 1'esercizio del divin culto e ali'amministrazione de* sacramenti ; la seconda al governo delle persone, per cio che riguarda fede e costumi. Duplex est spiritualis potestas: una quidtm sacra- mentalis, alia iurisdictionalis*.

La medesima vorita pud ancora dimostrarsi dal fine sopranna- turale, a cui la Chiesa e ordinata, vale a dire la beatitudine eterna. Al conseguimento di un tal fine non viene 1'uoino abiii-

!'

« l'~.

» S. TOMMASO, Summa th., 2' 2*' q. \.\MX, a. 3.

DELLA. POTESTA. DELLA CHlESA.

tato e promosso, se non inerce della grazia suntificante, Dei vita aeterna !; e i canali di questa grazia Cristo voile che fossero i Sacraraenti, segni visibili di dono invisibile. Adunque il Sacerdozio cristiano, a cui Cristo affidava il reggimento della sua Chiesa, dovette necessariamente ricevere una duplice potesta, quella cioe di governare socialraente i fedeli, e quella di formare e amministrare loro i sacramenti che dovevano elevarne 1'azione e proporzionarla alia supernatural^ del fine. Ecco 1'esigenza della potesta di Ordine e di Giurisdizione : 1'una pel reggi- mento de' fedeli nella vita cristiana, 1'altra per elevarli all'or- dine soprannaturale, mediante i sacramenti. A queste due potesta si riducono tutti i poteri della Chiesa.

L'egregio Phillips introduce una terza potesta, quella cio6 che egli chiama di Magistero. Egli scrive: « II Clero e la Chiesa santificante, insegnante, governante. I Laici sono la Chiesa san- tificata, insegnata, governata. Quinci risulta che la somma di ci6 che si e convenuto di chiaraare Potere ecclesiastico (potestas ec- clesiastica) ne' suoi tre elementi costitutivi : II Sacerdozio (ordo ministerium2), \\tnsegnamento (magisterium) e la Sovranita (iurisdictio), appartengono esclusivamente al Clero 3. > Ma ben osserva il Tarquini che questo terzo elemento ridonda; perche il magistero della Chiesa, obbligando all'assenso, giustarnente si riduce alia potesta giurisdizionale. Tertium potestatis genus, quod Magisterii appellavit, frustra invexit Phillips. Si enim purum sit magisterium, potestas did nequit. Sin ita conci- pitur ut ius eidem insit inclinandi fideks in obsequium fidei eorumque assenstim imperandi} pars est potestatis iurisdictio- nis. Non erat igitur discedendum a doctrina in Scholis ca- tholicis communi *.

Si suole anche distinguere la potesta di Ordine da quella di Giurisdizione, in quanto la prima e sul corpo reale di Cristo da consecrarsi nella santa eucaristia, a cui in qualche modo si rife-

1 AD ROMANOS, VI, 23.

* Nella traduzione franccsc, invece di ministerium sla scritto mystcrium; ma evidcntemente e uno sbaglio.

8 Da droit ccclesiastiquc dans ses principes g<'noraux, par GEORGE I'mt.ups; tra- duit par 1'Abbc CROUZET, T. I, § XXXIII.

* Juris Ecdesiastici pubUci Jnstitutione8,\\l). 1, c. I.

no tutti gli altri Sarranit.'iiti '; la seconda e sul corpo di Cristo, cioo la repubblica de'fedeii da reggere e governare.

La potesta di Ordine e immobile; non cosl la potesta di Giu- izione. La ragione si e perchd quella si conferisce per di cooseoruiona, questa per via di missione. Consacrato cbe sia un subbietto, esso resta tale finche non venga distrutto. Per contrario cid che S conferito per via di seinplice mandate (missio), non producendo nel subbietto alcuna forma inerente ma solo una morale rclazione, puo per volonta del mandante rivocarsi. Quindi e che sebbene chi ha perduta la potesta di giurisdizione, non possa Iccitamente esercitare quella di Ordine per la connessione che un tale esercizio ha col governo de'fedeii; nondimeno la esercita validamente. E cosl il Vescovo anche eretico o scisma- tico, il quale per essere separato dalla Chiesa ha perduto ogni giurisdizione, validamente amministra i sacramenti, eccetto queilo del la penitenza di cui non solo la liceita ma anche la valid it a dipende dalla giurisdizione, perch& amministrato in forma di giudizio. Sacra menta Us potestas est quae per aliqnam conse- crationem confertw ; et talis potestas secundum suani essen- liam remand in liomine, qiii per consecrationem earn est adeptus, qitandiu vivit, site in schisma sive in haeresim la- batur... Potestas autem iurisdictionis est quae ex simplici iniundionc Iwminis confertur, et talis potestas non inimobi- liter adhaeret, unde in schistnaticis et haereticis non manet 2.

Essendo le due potesta separabili, ne viene che anche quella di Giurisdizione pu6 avverarsi senza 1' altra di Ordine, come nel Vescovo eletto e confermato, ma non ancor consacrato, e negli Abbati cho diconsi miHius. Di ci6 abbiamo esempii antichissimi nella Chiesa; e basti ricordare il fatto di sant'Agostino, il quale

1 Omnia alia iacramenta ordinari videntur ad hoc sicramrntum, simt ad

>. Manifcstum tnim est quod sncrnmentum Ordinis ordinatur ad Eucha-

if. con»cerationcm. Sncrnmentum vero Baptismi ordinatur ml Eticharistiac

tionftn, in r/uo ft mm pcrficitur nliqui* per Confirmations ut non vcreatur

se su/jtraJtendo a tali Sacramento. Per poenitentiam etiam et Kxtrcmam un-

ctionem pratparatur hoino ail digne sumendum corpus C/tristi. Afitrnnnnium

etiam, saltern sua signification', attinyit hoc sacrament it HI, in quantum .</•/>« /-

coniuntionem Christi et Kcclcsiae, cuius unitas per sacramentum Eucha-

ic fi</urat*r. S. TOMMASO, Sutnma th. 0* p. i\. LXV, a. 3.

« S. TO.MM.VSO, Summa th. 2* 2" q. \\M... a. 3.

138 IIELLA POTESTA DELLA CHIESA

ad Eraclio, bench& semplice prete, commise il governo della sua Diocesi ; come & chiaro da quelle parole da lui proferite in so- lenne adnnanza di Clero e di popolo: Obsecro vos et obstringo per Christum ut huic iuveni, hoc est Eraclio, presbytero, quern hodic in nomine Christi designo Episcopum successorem mihi, patiamini me refundere onera occupationum mearum l.

Si avverta in fine che la Giurisdizion della Chiesa si divide in interna ed esterna, in quanto riguarda o il foro interno e se- greto della coscienza, da prosciogliersi da'peccati, o il foro esterno di pubblica autoritfc nel reggiinento de' fedeli.

II.

Alia nost-ra trattazione appartiene la sola potesta di yiuris- dizione esterna.

Noi qui parliamo della Chiesa in quanto ella e societa, benchd di ordine spirituale. Or la potesta che concerne la Chiesa sotto questo aspetto, e la potestk di giurisdizione esterna. La potesta di ordine si riferisce al puro Sacerdozio, e il Sacerdozio, in quanto puramente tale, non iinporta superiority sopra sudditi o diritto di ordinare la moltitudine. Esso prescinde dall'idea di pubblico governo. II Sacerdote, come insegna san Toramaso, non e che un mediatore tra Dio e gli uomini, in quanto dispensa agli uomini da parte di Dio doni celesti, ed offre a Dio da parte degli uomini preci e sacrifizii in espiazion de'peccati. Onde d nomato Sa- cerdos, quasi datore di cose sacre. Proprie officium Sacerdotis est esse mediatorem inter Deum et populum, in quantum scilicet divinapopulo tradit. Unde dicitur sacerdos quasi sacra dans, secundum illud Malachiae 2, 7. Leg em requirent ex ore ems, scilicet sacerdotis; et iterum in quantum preces po- puli Deo offert etpro eorum peccatis Deo aliqualiter satisfacit. Unde dicit Apostolus ad Hebraeos 5, 1. Omnis Pontifex ex nominibus assumptus pro hominibus constituitur in his quae sunt ad Deum, ut offerat dona et sacriftcia pro peccatis 2.

In tutto questo ci ha certamente preminenza altissima di di- gnita, nia non un potere governativo, propriamente detto. E cosl,

1 Epist. 213, alias HO, n. 5. * Siimma th. 3* p. q. XXII, a. 1.

como vt- ,<:, la potesU di G ione

pu6 nella Chiesa separarsi da -jnolla di Ordino, como nel Vescovo dimessosi o deposio; il <i'i;do resta Vescovo, ma senza alcana par- tecipazione al governo de'suoi diocesani.

La giurisdizione e data al Sacordozio cristiano, in quanto Cristo fondft la Cbiesa non come seraplice religione, ma come religione in forma di pnbblica socicUt, regno. E cotesta giurisdizione e propriamente quella che dicesi esterna; giacche quella, che dicesi ni'i, riguarda piuttosto le persone individuo prese spicciola- tamente e nel puro ordine del la privata loro coscienza. Ond'essa, se non fosse congiunta coll' esterna o proveniente da quella, fa- rebbe parte della sola potesti di Ordine, riferita ali'amministra- zione d'nn Sacramento; e in senso improprio si appellerebbe giu- risdizione, la qualo involge sempre rispetto all' ordine pubblico.

III.

Sciocca prctensione del moderno Liberalismo di attribuire alia Chiesa la sola pottsfd di Ordine, negandok quella di rixdi zione.

Nel medio Evo Marsilio di Padova, per piaggeria a Lodovico il Bavaro, allora in gaerra colla Chiesa, tra gli altri errori, in- segn6 che no Chiesa, ne Vescovi, n& Papa hanno alcuna giurisdi- zione sopra laici o chierici, ma solo il potere di aiuministrare i sacrament i e bandire la divina parola; tutto il resto appartenere allo Stato !.

Questa eresia, gia morta sotto 1'anatema, vibratole da Papa Giovanni XXII, vorrebbo richiamarsi in vita dal moderno Li- beralismo, segnatamente in Italia. Esso dice: La Chiesa, preghi, benedica, amministri i sacramenti, annunzii la divina parola, in altri termini eserciti la potesta di Ordiue; ma nou entri a dettar leggi, a giudicare nel giro delle relaxioni sociali, a punire, in altri termini ad esercitare giurisdizione. La giurisdizione e pro- pria del solo SUto. La Chiesa non e un potere pubblico, ma una semplice societa religiosa. < L' associazione de'cittadini, scrive il Minghetti, in una fede e in un culto forma la Chiesu; i cui Capi

I suo libro: iJefensorium pads.

440 DELLA POTESTA DELLA Cllli

non hanno potesU o impero, ma un'autorita tutta morale1. > E pi ft sopra: <c La sovranita risiede nello Stato, non vi e potesta fuori di esso2. > Lo stesso ripete il Cadorna. « La Chiesa non e un potere pubblico 3. > Anzi giunge fino a negare alia Chiesa ogni diritto d'imporre precetti, che obblighi la coscienza indi- viduals de' fedeli. « Nelle cose morali la Chiesa non fa e non puo fare se non una di queste due cose : cio& in fatto di dottrina morale definisce dommaticaraente la legge, al fine di mantenerne la purita e 1'unita, e in ci& e infallibile; in fatto poi di ap- plicazione e di esecuzione della medesima col mezzo degli atti umani, istruisce, ammaestra, illuoiina, ma non coinanda n6 pud coi nan dare 4. »

Se non che la bisogna corre altrimenti. Atlo Stato appartiene soltanto ci6 che sorge dalla pura idea di Stato, vale a dire la cnra della pace pubblica, e delle cose riguardanti meramente la prosperita temporale : Ut quietam et tranquillam vitam ago,- mus, come insegna 1'Apostolo 5. Tutto il resto, che o per la sua natura o per la sua destinazione riguarda la santificazione delle anime, la salute eterna, le relazioni deU'uomo con Dio, e fuori la competenza dello Stato; appartiene alia Chiesa. Come nell'or- dine di quelle prime cose lo Stato ha vera giurisdizione, cosl vera giurisdizioue ha la Chiesa nell'ordine di queste seconde. Tal fu la volonU di Cristo; e in questa faccenda la volonta di Cristo e tutto.

Cotesti Signori strappano dalla fronte di Cristo la corona. Cristo e Re, Rex sum ego. Or essi vorrebbero ridurlo a condizione di puro Sacerdote; a meno che non intendano estendere anche a lui la legge delle guarentige, dichiarandolo, come hanno fatto col Papa a rispetto del principato civile, Re senza regno. Ma se non vogliono rinnovare con Cristo cotanta beffa, ci dicano qual e il regno di Cristo? Certamente la Chiesa. E suo regno appunto egli la chiam& nella sua solenne confessione dinanzi al Preside Pilato : Regnum meum. Vero e che soggiunse non essere cotesto suo regno da questo mondo, non est de hoc mundo. Ma con tal

' Stato e Chiesa, cap. Ill, pag. 79.

* Ivi, pag. 77.

5 Nuova Antoloyia, Serie II, vol. XXXII, pag. 645.

* Nttooa Antologia, Serie II, vol. XXX1H, pag. 466. 5 Ia AD TIMOTH. II, 2.

I 1 1

-presse Torigine, nou la dimora. La Chiesa non e da 4o mondo, percho sorta da istituzioue divina; ma nondimeno . qnesto mondo, perche composta di viatori quaggift. V

<-redentes in eum; (jui/> ' estis? Cosl bellamente S. Agostino. Ed aggiunge: Unde

ait: Itegnum meum non est in hoc mnn de hoc mundOf tiec didt non est hie, sed non est hinc. I

/ est usque ad finem saeculi !. Ora ua regno senza diritti regii, tin regno senza vera sovranita, un regno che non sia societa pubblica e perfetta, come potrebbe concepirsi? Ma ii piu e che questi diritti regii furono spiegatamente espressi dalle profezie che vaticinarono la sovranita di Cristo. Busti citarne una sola. < Ecco, i giorni si appressano, dice ii Signore (cosl il Profeta Geremia), Ecce dies ve niunt, ait Dominus. » Ed lo susciter6 Davidde, gennoglio santo, e regnera qua! Re, e sara sapiente, e dara sen- tenza o fara giustizia sulla terra. Et ego suscitabo David germen iustitm, et regnabit Rex et sapiens erit et faciet iwliciitm et iitstitiam in terra 2. Questo mistico Davidde, qnesto gennoglio santo, 6 Gesu Signor nostro. Egli deve regnare qual Re, regnabit Rex; e inanifestare la sua sapienza, sapiens erit; ed esercitare giurisdizione, faciet indicium et iustitiam, non in cielo, ma sulla terra, in terra. Or coins si esercitano da Cristo cotesti diritti sovrani, se egli per la sua gloriosa ascensione al cielo ci ha sottratta la sua presenza visibile? Li esercita per mezzo de'suoi rappresentanti. Percid egli diede loro la medesima mis- sione che avea ricevuta dal divin Padre: Sicut misit me Pater, et ego mitto vos3. Cristo era venuto con missione di Sacerdozio e di Sovranita. Con missione di Sacerdozio e di Sovranita egli spedisce gli Apostoli, e dice loro: Quaecumque alligaveritis x>ij)er terrain, erunt ligata et in coelis * ; Qui vos audit, me audit; ijui vos spernit, me spernit*. II legare nellVdine morale val comandare, imporre obbligazione; e far ci6 nella moltitudine, e atto di giurisdizione. E cosl veggiamo gli Apostoli fin dal

1 Tractattts 115, in IOANNEM. 1 I'roji/ittia lercminr, XXIII, 3.

, \X. 21. * MATIIIAKI, XVIII, 1.

L r- vi. \. 16.

DELLA POTEST\ ]»::t.I.\ Ul!:

principio della nascente Chiesa, raccolti a Concilio in Gernsa- lemme, iinporre ai fedeli precetti da eseguirsi necessariamente, sciogliendoli in tutto il resto dal giogo della legge mosaica. I 'fnum est Spiritui Sancto et nobis nihil ultra imponere vobis oneris, quam haec necessaria l. Obbligare la comunanza a date cose, e disobbligarla da altre, d atto di giurisdizione esterna.

Del pari sta scritto che san Paolo percorreva la Siria e la Cilicia intimando ai fedeli di eseguire i comandi degli Apostoli e de'Seniori. Perambulabat Syriam et Ciliciam confirmans Ecclesias, praecijnens custodire praecepta Apostolorum et Se- niorum 2. Scrivendo poi agli Ebrei convertiti alia feie, lo stesso Apostolo ingiunge loro di obbedire e star soggetti ai proprii Prelati. Obedite Praepositis vestris et subiacete eis; ipsi enim pervigilant, guasi rationem pro animabus vestris reddituri 3. L'obbedienza e correlativa al comando, e la soggezione alia su- periorita. Similmente egli scrive a Tito, da lui ordinato vescovo di Greta, esortandolo non solo ad insegnare, ina ancora a ripren- dere con pieno impero: Haec loquere et exhortare et argue cum omni imperio 4.

Quanto poi alia tradizion della Chiesa, la quale certamente deve sapere un po' meglio de' nostri liberali, qual potesta abbia ricevuto da Cristo, bastera ricordare 1'anatema fulrainato dal Concilio Vaticano contro chi nega al Romano Pontefice la piena giurisdizione sopra 1'uni versa Chiesa. Si quis dixerit Romanum Pontificem Jiabere tantummodo officium inspectionis vel dire- ctionis, non autem plenam et supremam potestatem iurisdi- ctionis in universam Ecclesiam, non solum in rebus quae ad fidem et mores} sed etiam in Us quae ad disciplinam et regi- men Ecclesiae, per totum orbem diffusae, pertinent, aut eum habere tantum potiores paries non vero totam plenitudinem huius supremae potestatis, aut hanc eius potestatem non esse ordinariam et immediatam, sive in omnes et singulas Ecclesias sive in omnes et sing ulos Pastor es et Jideles; anathema sit*.

1 ACTUS APOSTOLOKUM, XV, 28.

1 Ivi, 31.

8 AD IlEnn. XIH, 17.

' AD TiTL'M, II, 15.

* Constitutio dogmatica: De Romano Pontifice, c. III.

:io sapero dal signer Minghotti o dal signer Ca- dorna cho cosa importi nella loro testa 1'autoritfr puratuente morale, cho attribuiscono alia Ghiesa. Iiuporta si o no diritto di di dar precetti ai fedeli, obbligandoli ad eseguirli? Se rispondono di no, contraddicono evidenteraente al Vangolo, secondo lo testi- monianze arrecate di sopra. Se rispondono di si, un tal diritto e evidenteoiente giurisdizionalo, anzi & il fondamento di tutti gli altri diritti cbe appartengono alia giurisdizione.

IV.

La potestti giurwligionale della Chiesa e distinta e indi. <ite f la I la jwtesiil [>olitica.

Questa tesi potrebbe sembraro oziosa. Conciossiachd avendo noi diinostrato che la Chiesa e societa distinta e indipendente dalla societa civile, e evidente che tale altresl debb'essere la potesta che n'e couio 1'atto e la forma. Anzi noi dimostrainmo che la Chiesa e societa suprema. Or potrebbe la potesta d'una societa suprema dipendere da quella di altra societa, a lei inferiore? Nondimeno non si riputera vano, se qui spendiamo un po'di tempo a confermarla.

£ per ci6 che spetta alia distinzione, in due modi si potrebbe pensare la potesta giurisdizionale della Chiesa immedesiinata colla potesta politica: 0 quanto all'essere, o quanto al subbietto. Quanto all'essere ognua vede che la inedesiinezza 6 al tutto im- possibile, vuoi che si guardi Torigine, vuoi che il fine, vuoi che le materio in cui esse si versano. L'origiue della potesta civile e da Dio, come da autore della natura; 1'origine della potesta ec- clesiastica e da Dio, come da autore della grazia. Onde la prima e* di diritto natnrale, la seconda di diritto positive divino. II fine della potesta civile 6 la pace e la prosperita temporale; il fine della potesta giurisdizionalo della Chiesa o la virtil cristiana e i'eterna salute delle anime. Quindi la materia, intorno a cui opera la potesta politica e 1'ordinamento civile e le faccende puramento temporal! ; la materia intorno a cui opera la potesta della Chiesa, e 1'esercizio deila religiono, 1'uso de* sacrauienti, la pratica de' precetti e de'consigli evangelici. I due poteri sono

1 DC Sfffimine Principum, lib. 1, c. XIV.

\ \ i DELLA POTESTA DELLA CIIIESA

dunque essenzialinente distinti nel proprio essere. Cotesta argo- mentazione e cosl compendiata da saa Tommaso : Est q< bonum extraneum homini, quamdiu mortalitcr rin't, scilicet ultima beatitudo, quae in fruitions Dei speratur post mortem; quia ut Apostolus ait (2a ad. Cor. V, 6), quamdiu sitmus ht corpore peregrinamur a Domino. Unde homo christianus, cui beatitudo ilia est per Christi sanguinem acquisita et qiii pro ea assequenda Spiritus Sancti arrham accepit, indiget ati<i spirituali cura (diversa dalla civile, di cui avea innanzi parlato), per quam dirigatur ad portion salutis aeternae l.

Questa cura spirituale, direttrice de'fedeli al fine soprannatu- rale della beatitudine eterna, Cristo, se avesse voluto, avrebbe potuto commetterla ai Principi secolari ; e cosl la potesta giuris- dizionale ecclesiastica si troverebbe imraedesimata, quanto al sog- getto, colla potesta giurisdizionale politica. Ma a Cristo e pia- ciuto fare altrimenti. Egli ha voluto commetterla al Sacerdozio, ciot> a quello stesso subbietto a cui ha data la potesta di Ordine. Ascoltiarao di bel nuovo san Toramaso: « Poich& il fine della fruizione divina non si consegue dali' uomo per forza uinana ma per virtu divina, dicendoci PApostolo (ad Rom. VI, 23): £ opera della grazia di Dio la vita eterna; il menare al detto fine non appartiene al reggimento umano, ma al reggimento divino. A quel Ee dunque apparterra questa cura, il quale non e solamente uomo ma anche Dio, cioe al signor nostro Gesu Cristo; il quale, elevando gli uomini a figliuoli di Dio, apri loro 1'adito alia celeste gloria. Questa dunque e la potesta a lui conferita, la quale non perira e per la quale egli nelle sante Scritture si noma non sol Sacerdote ma Re. II ministero pertanto di cotesto Regno, acciocche le cose spirituali restassero distinte dalle teinporali, non ai Re terreui e stato commesso, ma ai sacerdoti e precipua- mente al Sacerdote sommo, successore di Pietro, Vicario di Cristo, il Romano Pontefice, a cui tutti i Re del popolo cristiano deb- bono stare soggetti, non altrimenti che allo stesso signor nostro Gesu Cristo !. > In questa faccenda tutto dipende dalla volonta di

1 Quia finem fruitionis divinae non conscquitur homo per virtntcm fix- mnnam, scd virtitte divina, iuxta illud ApostoU ad Rom. VI, 23. Gratia Dei rita aeterna; perducere ad Mum fincm non humani erit sed divini rcgiminis.

to. Ora Cristn M-! fondaro la Chiesa, non si volse ai Principi,

ma agli Apostoli; ed a questi non ai Principi ne commise il

nto. Anxi parlando della soggezione, dovuta ai Principi,

•part dalle appartenenze religiose che riguardano Dio. 1> 'Vsv/w, Cnewri ; ct tjuac. aunt Dei, Deo.

I/ \postolo san Paolo, noverando i diversi ufficii che concorrono alia direzion de'fedeli nella vita cristiana, non fa alcuna menzione de' Principi secolari. II che ottimamente osservd San Giovanni

•lasceno, scrivendo: Att>'n<le //«/'/ dicat Apostolits: Quosdwn </ » idem posnit Dens in Ecclesia, primum quidem Apostolos,

>ndo Prophet as, tertio Pastores et Doctor es ad perfectionem re; non adiecit Imperatores. Verbum loquuti non sunt

•>'S sed Apostoli et Prophetae, Pastoresque et Doctores.

•i parebimus, o Imperator, in his quae ad Indus saecttli negotia pertinent. Verurn ad res Ecclesiae statnendas Pastorex habemus, qui nobis Verbum loquuntur atque ecclesiastica tHfifittita tradiderunt l.

Gli arrecati argomenti provano altresl la piena indipendenza della giurisdizione della Chiesa dalla potesta politica. Imperoc- chd i poteri stanno tra loro come le societa che governano, e i fini a cui guidano. Ora la Chiesa 6 societa indipendente dalla societa civile, e indipendente del pari dal fine politico 6 il fine, a cui essa guida. In questa materia non bisogna mai perder di vista che il fine della Chiesa 6 soprannaturale ; e che per con- seguenza essa 6 societa soprannaturale e divina. II potere che regge una tal societa, non pud non essere soprannaturale ancor esso e divino. Ora un potere soprannaturale e divino come po- trebbe sottomettersi a un potere puramente naturale ed umano, qual 6 il potere politico?

Ari iltum igitur Rfytm hniunmodi regimen pertinet, qui non est solum homo fed etiitn D«w, tcilicet ad Dominum nostrum leswti Christum ; qui hmnints filiot Dei faciens ad caelestem gloriam introduxit. Hoc iijitur est regimen ei <iuod non corrumpetur, propter quod non solum Sacerdos sed li< \ sacris nomin-ttur... Huius crjo R'yni miniaterium, tit a tet , esscnt ftpiritufili* dintin^ti, non terrenis re'gibus sed sacerdotikus est commi*- sum, et praecipue sum mo sacerdoti, successori Petri, Christi Vicario, Ro> nmnes Reyes popuJi Christian* oportet esse subditos, sictit >io lesu Chris iniino I'rincipum, lib. I, c. I i.

II, He Imn>iimbu».

i CHiESA

In secoudo luogo I'indipendenza, di cui parliamo, si dimostra dalle proprieta essenziali della Chiesa. La Chiesa e nna. Una dunque e il potere che la govcrna. Se questo potere dipendr dalla potesta secolare, non sarebbe piu uno; ma moltiplice e vario, secondo che moltiplice o vario e il potere dei singoli Stati, che a se lo assoggettassero. La Chiesa e santa ; ed e tale in quanto opera assistita da Cristo. Se dipendesse da'Principi, perderebbe tal santita, non avendo Cristo promessa a nessun Principe la sua assistenza. La Chiesa e cattolica, cioe universal*. Nessun governante politico gode dell'universalita, ne pud influire in alcun modo sopra i sudditi degli altri Stati. La Chiesa e Apostolica, cioe derivante la sua dottrina e la sua autorita dagli Apostoli. Or ci si dica a quale Apostolo sia succeduto esempli- grazia ii Re di Spagna o il Re d' Italia, o il Presidente della Repubblica Francsse?

Cristo nello spedire gli Apostoli al conquisto del mondo, non impose loro alcuna dipendenza da'Principi secolari, ma derivo la loro missione dalla sola sua potesta assoluta sul cielo e sulla terra. Data est mihi omnis potestas in caelo et in terra. Euntes ergo docete omnes gentes, baptizantes eos in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti; docentes eos servare omnia quaecumque mandavi vobis !. Fedele a siffatta missione il prin- cipe degli Apostoli, Pietro, non solo non chiese al Sinedrio la facolte di predicare il Vangelo, ma avendone ricevuto divieto, nobilmente rispose col suo famoso: Non posxumus.

V.

La giurisdizione della Chiesa e gerarcliicamente onlinata.

Come la potesta di Ordine, cosl quella di Giurisdizione e nella Chiesa, disposta e distribuita per diversi gradi. Delia disposi- zione e distribuzione della prima demmo un cenno parlando del Clericato; qui toccheremo un poco deU'ordinamento della seconda.

La giurisdizione ecclesiastica nella sua pienezza si raccoglie tntta nel Romano Pontefice. Gift per diritto divino, procedendo da espressa istitn/ione di Cristo; il quale, come vedemmo, co-

1 MATTHAEI, XXVIII, 19.

,i in forma monarchica, dandole per capo !e il Eomano Pontefice. Gotesta plena .'.i-uie nel Romauo Pontefice scende iinuiediatamente da Dal Romano Pontefice poi, come rivo da fonte, si spande ne' subaltern! Pastori, vale a dire ne' Vescovi '. Questo altresi e di diritto diviuo; procedendo da istituzione di Cristo, il qnale ha voluto che la sua Chiesa fosse governata da Vescovi, benchd con dipendenza da un solo tra essi che sovrastasse a tutti. Di- cernuio con dipendenza da un solo tra essi, perch& il Souimo Pon- tificate non costituisce un ordine diverso dall'Episcopato, ma solo il grado supremo della giurisdizione.

I semplici sacerdoti, e a piu forte ragione gl' inferior! chierici, non esercitano giurisdizione, se non per delegazione del Papa o del proprio Vescovo. Onde ii subbietto proprio e nativo della giurisdizione Ecclesiastica 6 1' Episcopate con a capo il Eomano Pontefice, E cosl vediamo ne'Concilii'dar voto i soli Vescovi, e quelli a cui cio fu concesso dal Eomano Pontefice a titolo di pri- vilegio, come i Cardinal! non Vescovi e gli Abbati e i General! degli Ordini religiosi.

I Vescovi delle singole Chiese, bench& uguali tra loro, quanto alle funzioni di Ordine episcopate ; tuttavia differiscono quanto al grado piu o meno allo di giurisdizione. Cio per istituzione pu- ramente ecclesiastica, quantunque antichissiina 2. Essa, quanto

Alcuni vogliono che, come la potesta di Ordine, cosi anche quclla di Giurisdi- zioue derivi immediatamente da Dio ne' Vescovi, qual necessario rampollo della prima. Se ci('> s' intende, quanto air attitudine o potential ita, i tero; perchc il solo VCSCOTO e subbietto idoneo ad aver come propria, e non come delegala, la potesla giurisdi- zionale nella Chiesa. Ma se s' intend" quanlo all'aHo, 6 falso; perch 6 allrimcnli essa sarebbe inseiarabili1 dalla di^nita episcopale, non polendo sopararsi da una forma fin che necessariamenle risulla dalla medesima. Di piu essa importerebbe, di natura sua, to a talc o cotal prpgge delerminato; non potendosi concepire una propricta relativa, qual cerlamente i la piurisdizione, s^nza il termine, che a lei corrisponda. Or ttbbene cio si afvpri della giansdizione papalc, la quale dice ordino airiuiero popolo

mo; non si avvera della j.-iuri'stlizionn di nessun Vescovo, il <|iialc ricnve dal

I.i deterroinaxiooe del greggc p;irticolare. a cui viene prcposto. Ne valt* rln- m-l-

I' ordinazione di ciascun Vescovo se gli assegna sempi'c una ilaia Diocesi ; porche cio

c di semplicc QSO, non di essenza dell' Ordinazione slessa. L' Ordinazione sarohbe va-

lida, am-on-he non si assegoasse veruna Diocesi.

none nono del Concilio Antiocheno, tenuto 1'anno Oli ; n--l quale e dello: Per sinyulas reyiones Episcopos conrenit nosse Mctropoli tanum Epi-

DELLA I'OTKSTA DELLA CHIESA

alia sostanza, non improbabilmente potrebbe dirsi iutroJotta dagli stessi Apostoli. Imperocche, sembra che essi nell'ordinare i Vescovi pe'diversi luoghi, ne costituissero nelle citta piil cele- brate alcuni, con piu cura amraaestrati, attribuendo loro un'auto- rit& piti o meno estesa sopra gli altri, acci6 fossero loro di guida per la purita della fede, e di comun vincolo pel manteniinento della cariU scainbievole. Certo noi vediarao che san Pietro nello scrivere ai Giudei, convertiti e dispersi in varie regioni d'Oriente, li noinina per province: Petrus Apostolus lesu Christi electis advenis dispersionis Ponti, Galatiae, Cappadociae, Asiae, et Btjtiniae !. E san Paolo, ginnto a Mileto e volendo raccogliere intorno a se i Vescovi dell'Asia Proconsular, per chiamarli si content6 di spedir messi ad Efeso che n' era la metropoli ; il che d^ segno di una certa sopraintendenza di quel Vescovo, rispetto agli altri 2.

I gradi della Gerarchia,*superiori al seinplice Vescovo, furono i seguenti:

scopum sollicitudinem totius Provinciae gerere; propter quod ad Metropolita- num omnes undique, qui negotia videntur habere, concurrant. Unde placuit et honore praecellere, et nihil amplius, praeter eum, ceteros Episcopos agtre, secundum antiquam a Patribus nostris regulam coiistitutom, nisi ea tan turn quae ad suam dioecesim pertinent possessionesque subiectas. Unusquisque enim Episcopusfrhabet suae parochiae potestatem ut regat iuxta reverentiam singulis competentem, et providentiam gerat omnis possessions quae sub eius est pote- state, ita ut presbyteros et diaconos ordinet et singula suo indicia comprehendat. Amplius autem nihil agere tentet, praeter Antistitem Metropolitanum ; nee tropoUtanus sine cetcrorum gerat consiUo Sacerdotum. Comp si vede, qui 6 drtla Diocesi 1' intcra Provincia soggetla al Metropolitano, ed 6 delta parrocchia il distrelto sottoposto alia giurisdizione del semplice Vescovo. N'oi ora chiamiamo diocesi un tal distretto, e chiamiamo parrocchia quella parte di esso che il Vescovo commelie alia cura di un semplice Sacerdote, il qualc perci»> si appclla Curalo o Parroco. I'na tal mutazione di semplice disciplina, e forsc avvenuta, pcrche i distrelti vescovili si sono coll'andar del tempo ampliati, e porche la soKgezionc de' Vescovi al Metropolitano si c alijuanto diminuita, col richiamarne alcune parti piii diivtiamente al Romano Pon- tefice, con'accrescimento di libcrta e di dfcoro per essi Vescovi e con maggior si- curezza pel mantenimento deH'unita nella Chie.«a.

1 Epistola 1* c. I.

* A Mileto mittens Epliesum vocavit maiores natu Ecdesiae. Qui cum ve- nissent ad eum et simul esscnt, dixit eis. Vos scitis a prima die qua ingressus sum in Asiam etc. ACTUS Aposr. XX, 17, Che quei maiores natu Ecdesiae fossero Vescovi apparisce dalle parole che san Paolo usa dappoi, chiamaodoli Episcopos nel verso 23.

I i MIESA

> di Metropolitan, preposto ai Vescovi d'una intera provincia. Ora lo diciamo Arcivescovo; il qual nome anticamente sonava dignita anche pi ft alta, e talvoltu si adopcrava in senso generico per indicate, giusta la sna greca etimologia, chiunquo fosse come principe tra' Vescovi.

2. Quello di Esarca, il quale presedeva ai metropolitan!, rac- cogliendo sotto di se pift province.

3. Quello di Primate, a cui sottostavano i Vescovi di un' intera nazioue, rispetto ai quali egli veniva considerato qual Yicario del Papa, come apparisce dal nome; giacche Primate, in senso asso- luto, e nome proprio del solo Papa.

4. In fine quello di Patriarca, a cui era attribuita giurisdi- zione estesissima, superiore a tutte le altre testa* annoverate, e la quale partecipava come un raggio dell' autoritt apostolica per la facolta, che 1'era attribuita di fondare anche novelle Chiese. Tre furono gli antichissimi Patriarcati: L'Antiochieno, per avere san Pietro in Antiochia, citta regina di tutto 1'Oriente, primamente stabilita la sua Sede, e perche ivi i fedeli cominciarono a chia- marsi cristiani. L'Alessandrino, fondato da esso san Pietro per mezzo del suo discepolo san Marco Evangelista e quasi eserci- tato in suo nome; sicchft nell'onore andava innanzi all'antio- cheno. II Gerosolimitano, per essere stata Gerusalemme la culla della Chiesa. Esso da prima fu di semplice onore; e sol nel Con- cilio Calcedonese gli venne conferita anche la giurisdizione sopra alcune province. A questi tre Patriarcati venne nel medesimo Concilio, dopo la partenza de'Legati, aggiunto un quarto, il Co- stantinopolitano; da prima non riconosciuto dal inagno Leone, e poscia consentito da' posteriori Pontefici per amore di pace; il quale, col tristo scisraa a cui divenne per opera di Fozio, giustific6 la ripngnanza che la Sede Romana aveva avuta ad ammetterlo.

Vescovi, Metropolitan!, Esarchi, Pritnati, Patriarchi, ed a capo di tutti, come Pastore universale e Vescovo degli stessi Vescovi, il Komano Pontefice; ecco i gradi gerarchici della Chiesa. E per- ciocche la dignita superiore non estingue ma sublima la inferiore : il Papa al tempo stesso che e Capo supremo di tutta la Chiesa, e altresl Patriarca d'Occidente, Primate d' Italia, Metropolita

Serit XII. vol. VI. fate. 814 29 10 maggio 1884

4"0 DELLA POTESTA DELLA CHIESA

della Provincia romana, Vescovo di Roma. In siffatto ordinamento un piinto solo 6 di diritto divino, perch& istituito da Cristo stesso, ed 6 che la Chiesa sia retta da Vescovi, ed a tutti essi presieda il successore di san Pietro, con pienezza di autorita giurisdizionale sopra tutte le Chiese. Q-li altri punti che riguardano la coordi- nazione di essi Vescovi nel partecipare piu o meno la giurisdi- zione, a rispetto di una parte piu o meno estesa dell'ovile di Cristo, e, come superiormente accennammo, di diritto umano ec- clesiastico. Onde, come quel primo punto e iminutabile e non pu6 in niuna guisa variarsi; cosl per contrario gli altri punti sono umtabili per autorita del romano Pontefice; al quale, essendo affidato il governo dell'intera Chiesa, e come naturale conse- guenza dato il diritto di ordinarne il reggimento, secondo che richiede il bene di essa Chiesa, in conformita dell'esigenza de' tern pi. Quindi veggiamo essersene variata successivainente la disposizione. Oggidi abbiamo, oltre i Vescovi e il Papa, i Me- tropolitan! o Arcivescovi che vogliam dire; ma con meno attri- buzioni, che/non ebbero nei primi tempi, quando era assai piu difficile trovar persone pienamente idonee all'alta digniU epi- scopale. Aboliti gli Esarchi, abbiamo i Primati, come quello di Ungheria, d'Irlanda e va dicendo. In fine abbiamo varii Pa- triarcati si in Oriente, come 1'Armeno esempligrazia e il Cofto, e si in Occidente come il Veneto e il Portoghese, ma con assai minore giurisdizione di prima; la quale fu necessario scemare, dopo il funesto esempio del Patriarcato di Costantinopoli, il quale nella sua defezione per lo scisma Foziano si tiro dietro quasi tutti i Vescovi da lui dipendenti. In questa faccenda, torniamo a dire, tutto dipende dalla provvidenza sapiente del Romano Pontefice, fonte e principio della giurisdizione ecclesiastica; sic- che la restringa od allarghi, secondo che discerne convenir meglio alia conservazione dell'unita della Chiesa e alia piu fa- cile propagazione del Vangelo nel mondo. II solo Papa ha a se soggetto per ordinazione divina Tintero ovile di Cristo; ed egli solo per conseguenza pu6 assoggettarne questa o quella parte e in tale o tal altro niodo a tale o cotale inferiore Prelato.

LA CONTESSA INTERNAZIONALE

VII.

AMORE E MUSOXBRI1

Sembrava alia contessa Aldegonda, che col lasciarsi condurre alia scampagnata di Soperga, ell'avea posto il colmo alia piu generosa condiscendenza, di che una pari sna potesse degnare una famiglia borghese. Che potevano richiedere di piu? Per dar gusto a loro, nii sono levata priuia dell'alba... alle sette!... NOD ebbi quasi tempo di pettinaruii! m'hanno gettata in carrozza come un fagotto,... quasi coll'accappatoio sulle spalle... Discre- zioue se ce n'e! Gia non capiscono nulla delle convenienze d'una signora per bene... Ho fatto sforzi erculei per gradire le ciance, il desinare, tutto... perfino i ghiribizzi di quello scapato di Aine- deo... Che cosa vogliono di piu? Mi sono abbassata sino al loro livello, ho data la misura di ci6 che puo la civilta e la uiodestia di una dama bene educata... M;i adesso tocca a loro fare il loro dovere. Ciascuno alia sua volta. Non mi vengano fuori con see- nate per trattenerini deH'altro... Voglio lornare a casa mia... Sono due settimane, niente meno, due grosse settiniane!... Due secoli, auff !

Silvia invece e Severina quel paiuccio di settimane 1' avevano trovato corto, troppo corto. Silvia, trauiutata pur mo' dalle stret- toie del collegio all'agiata villeggiatura, vi si patullava come una cutrettola scappata dalla gabbia alia frasca, beeva T aria li- bera, godeva il Monviso, le Alpi, le farfalle, i fiori, le gite, sotto gli occhi non indifferent! di AmeJeo, che ogni svago le rende- vano 1' un cento piu delizioso. Parevale di non potere star meglio in alcun luogo del mondo. A Severina poi pesava di staccarsi dalla dolce signora Boasso, massime presentendo le ugge mol-

I.Y2 LA CONTESSA I.NTEH.NAZIONALE

tiplicate, che sopra di lei si aggraverebbero a Milano, dopo il ritorno della cuginetta. 0 come si fa a schivare tutte le ge- losie, tutte le stizze di zia? Sara un supplizio giorno e notte. Sia per T amore di Dio !

Ma piu che ogni altro il povero conte, cagionoso e malazzato, avrebbe desiderate di mettere le radici alia Boassa. Qui tutto gli andava a sangue mirabilinente , 1'aria, il luogo, il vitto, il servizio puntualissimo del cameriere, deputato a lui solo. Si sen- tiva riavere, respirava piu franco, il cibo gli facea pro, digeriva meglio; anche la gamba che da parecchi anui non gli diceva piu il vero, fosse immaginazione, fosse realta, sembravagli rinvigorita. Le mattaccinate poi di Amedeo, infiorate dalla lusinga di accom- modare forse con lui la Silviuccia, gli ridavano un lampo di vita, togliendogli dal fondo deH'anima 1'acuta spina di avere a la- sciare al capriccio d'una vedova cervellina la figliuola gia di per so" non troppo assegnata. Egli per6 mal sapeva risolversi di carabiare il tranquillo asilo della villa Boassa collo strepi- toso albergo di casa sua. Dove troverebbe piu a conversare con una donna di garbo cosl serena e degna come la signora Ca- terina? Dove un amico sincero e paziente come il cavaliere, al quale coimnunicare le sue speculazioni di politica e di economia sociale? Sapeva per esperienza, che a Milano come alia Bella Brianzola, sua moglie riprenderebbe il inestolo, con tutto il s£- guito delle sempre rinascenti musonerie, e degli screzii, e dei bisticci, che gli avveienavano la vita famigliare.

Con tutto ci6, vedendo accostarsi il termine convenuto, un dopo desinare nel sorsare a centellini lungainente il caffe, si lasci& intendere della prossima dipartita, non senza confessarsi rico- noscente ai signori Boasso, che quei giorni di villeggiatura gli avevano renduti dolci e memorabili.

Ma che discorsi? lo interruppe la signora Caterina. Ci siamo appena affiatati un tratto, e parlate di scappare!

Sono presso a due settimane, un mezzo mese: vi par poco? profittare della vostra cortesia un mezzo mese?

E la contessa, a rincalzare: Quindici giorni! non ci e che dire, 1'aritmetica sta li, e ci avverte che...

vii. AMi'iu: i i;iA

X i Siuliamo aH'aritmetica, io ricorro sempliceraente alia ia, e se ;ii fnndo sul nostro interesse. Voi, contessa,

e il conte e le vostre fanciulle avete rimesso la gioia e la festa nella nostra povera villa...

Verissimo, arciverissimo! conferm6 il cavaliere Boasso, che allora sopragginngeva. E meotre la Silvia gli porgeva le mollette della znccheriera, e Severina gli mesceva il caffe, ag- giunse: Solo il piacere di prendere il caffe, servito da mani si gentili, per me e una villeggiatura di piti. Io proporrei al nostro conte diplomatico un memorandum.

Che memorandum? dimandft subito il conte, riscosso a que- sta parola della sua professione.

E Ainedeo: Babbo, lasciate che i capitoli li stenda io: e il mio forte.

Sentiamo i vostri capitoli, disse il conte, e vediamo se siete tagliato per la camera diplomatica.

-Eccoli: rispose Amedeo ridendo: Capitolo unico. Le alte parti contraenti accettano puramente e semplicemente Io Statu quo ante, e rimettono le cose come al giorno in cui si venne in villa.

- ft oscnretto il vostro capitolo, e sente piuttosto di un trat- tato di pace, che d'un'osservazione di memorandum.

Sara quel che sara, quanto a nota diplomatica, ma io so- stengo ch'egli 6 chiaro e smagliante come il sole: perche ri- messe le cose nello stato primitivo, va pe'suoi piedi che la vil- leggiatura non si e fatta altrimenti, e s'ha da ricominciare da capo.

- Eh, non ci sarebbe male, giovinotto.

E la contessa: Bella discrezione sarebbe la nostra!

Qui le donne si strinsero in un passeraio di botte e risposte complimentose, d'inviti graziosi e di graziose ripulse, di gentili proposte e di gentili controproposte. La verita era, che la con- tessa smaniava di torsi di cola, dove i favori borghesi le face- vano afa, e tornarsi interamente padrona di se, e sicura della figliuola, gia forse un po'cotticcia del bell' Ainedeo: e queste smanie velava col pretesto di civili rigtiardi, e coll'affettato ti-

i.Vi LA CONTESSA IMERNAZIONALE

more di abusare della cortesia ospitale. Dove che la signora di casa, piil schietta, senza trafare in ismancerie dimostrava cordial- mente, che lei e il marito e il figliuolo godevano rairabilmente della compagnia dei Della Pineta; e che per6 ogni giorno d'indu- gio frapposto al distacco, essi riputerebbero a singolare favore.

Vero e che essa pure la buona signora non confessava la ve- rita tutta intera. Gia qualche tocco della sua inclinazione per Silvia, Amedeo gliel' aveva dato la sera stessa della gita a So- perga: ed essa, sebbene non era spasimata di simile accordo, neppure ne era scontenta; e per6 bramava che alcuni altri giorni di convivenza le chiarissero alquanto le idee. Quanto al conte poi, ella era persuasa a dirittura di esercitare una delle sette opere di raisericordia a prolungargli la cura dell' aria di cam- pagna, svagandolo colle conversazioni aniicali, e campandolo dalla persecuzione della moglie. Qnalche parola del conte e qualche accenno della Severina le avevano fatto indovinare le condizioni domestiche del povero infermo, e ispiratale una sincera compas- sione de'suoi dispiaceri.

Or mentre piu le signore si avvolticchiavano in cerimoniosi laberinti, donde non sarebbero uscite si tosto, riecco Amedeo scappar fuori: Bene, le dieno retta a me: io faro una pro- posta che salvera capra e cavoli, e accommoda tutto.

Sentiamo, dissero le signore volgendosi a lui.

Basta che non sia come il memorandum, osserv6 il conte.

Niente, niente, non se ne parla piu di memorandi: la mia proposta e una cosa democratica, nuova di zecca.

Vieni all' ergo*, gli disse la rnadre.

Ecco : si mette a partito questo schema di legge : « Da nna parte i signori Delia Pineta accordano la grazia di una set- timana, e dall'altra si rinunzia ad ogni ulteriore pretesa, e si restera rassegnati e riconoscenti. Ai voti, ai voti!

E in ci6 dire raccolse alquanti sassolini della ghiaia del giar- dino, e poseli sul vassoio delle chicchere, e portandolo in giro priina al conte, poi al padre, poi alle signore, diceva: Chi rota pel. si, mette una zolletta di zucchero in questo piattino, chi vota pel no, vi mette una pietruzza.

vii uu

II <'<>nt»' v.'leva disc arlamentare, comporre: e Amedeo

•TO di non ascoltarlo, e insistere: Dunque gittato la pie- trnzza.

SI, proprio come i farisei! ho da gittare la prima pietra!

E allora gittate il primo confetto.

Brevemente, il conte si rassegn& alia gradita violenza: Con voi non si pu6 ne vincere ne iinpattarla. E cosl dicendo prese gravemente colle mollette un chicco ben grandetto di zucchero e deposelo nella coppa. II cavaliere ne pose due, celiando che aveva diritto di votare anche per la moglie, essendo sicuro della sua volonte favorevole. E tre! sclam6 Amedeo, e si rivolse alia contessa; la quale, disperando di stornare il marito, voile almeno farsi bella di cortesia, e con un certo risolino annacquato diede il voto di zucchero. Ormai, disse Amedeo, la maggio- ranza e assicurata, tentianio la unanimita. E lei, signorina Se- verina, zucchero o sassi?

II raio voto e quello di zia.

- Mancomale, me 1'aspettavo bene: ma ha da votare anche lei il suo voto dolce, per inostrare la confonniU di principii colla onorevole preopinante.

Severina vot6. Restava ultima la Silvia. A cui Amedeo : Dalla signorina Silvia poi non temo davvero la sassata, le leggo in cuore. Silvia si fece rossa ; e per quanto, gittando il znc- cherino, tcntasse di coprire quei riinescolamento involoutario col ridere e coll' agitare il ventaglio, non valse a celare le guance e la fronte e gli orecchi, divenuti una porpora. Amedeo ne giu- bilo in fondo al cuore, e per distrarre 1'attenzione degli astanti dalla povera bambina, levo alto la zuccheriera, e disse: Ora voto io; e la rovescio tutta intera.

La raadre gli diede il mi rallegro della felice pensata e del trionfale successo, che colmava lei di gioia e, com'essa pensava, non poteva dispiacere a nessuno; e poi ringrazio vivamonte le signore della loro condiscendenza. E tanto piu sentivasi soddis- fatta, quanto meno aveva posto d'importuniU dalla parte sua nello stringere la contessa ad indagiar la partenza. Ma ne della discrezione, ne della bonta di cuore dimostrata le seppe grado

LA CONTESSA INTERNAZIONALE

la fiera contessa. Appena si vide sola colle fanciulle sbotto in amari rimbrotti contro i signori Boasso, che passavano ogni mi- sura, volevano e stravolevano 1' impossibile, senza una delica- tezza al mondo; tanto che lei era tentata di prendere 1'ainbulo domattina sotto un pretesto qual che si fosse, e piantare 11 ba- racca e burattini ; anche per dare una lezione a quel balogio di suo inarito, che s'era impappinato nel rispondere ad Amedeo, lui vecchio parruccone, dinanzi a un monello col guscio in capo. Ci vuole noi donne, non c'6 che dire; noi sappiamo ad ogni fascio trovare la sua ritortola: gli uomini si lascian prendere a un chiapperello da bambini... Ad ogni modo, conchiudeva essa, voi imparate a stare al mondo, sopportate e tacete come persone bene educate. Quanto a me, io avro 1'emicrania, e star6 tappata in camera, finche spiovano questi pochi giorni mortali.

VIII.

SCOXFITTA DALLE MONACHE.

Yero 6 che il dimani, dopo dormitoci sopra, il cavalleresco partito della eniicrania parve alia contessa soverchiamente gra- voso, sopra tutto dovendolo mantenere per una settimana: e po- selo chetamente nel dimenticatoio. Solo si Iev6 tardi, tardissimo. Fece la sua apparizione in salotto, dieci minuti prima del de- sinare. Povera contessa! era scritto ne'fati che non dovesse avere piu un'ora di bene in questo sgocciolo di villeggiatura a malin- corpo. Trov6 in sala niente meno che due monache ! Erano re- ligiose di abito grosso, capitate la per la cerca in favore di non so qual convento di Egitto, in cui si allevano morette, strappate alia barbarie maomettana. E la signora Caterina, antica e ge- nerosa protettrice dell' opera, aveva invitato, coin' era naturale, le cercatrici stanche e trafelate, a riposarsi e prendere un boc- cone. In casa Boasso nessuno ne prendeva maraviglia, neppure vi si faceva attenzione : era cosa niente straordinaria. La con- tessa Aldegonda invece n'ebbe un capriccio d'orrore. - - Dio mio, quei piedacci senza calze! quelle tonache polverose, mol-

VIII

di sudore! Ah, perch& nou 1'ho saputo prima? me ne stavo, colla mia emicrania, chiusa ermeticaraente... £ un tradiraento!

Ma era troppo tardi. Ell' era entrata nol salotto, fresca e ru- giadosa, e qnalunqne pretesto d' incommodi avrebbe fatto ridere la brigata. Dovette striderci ; e per giunta di dispetto, mostrare d' interessarsi ne' fatti delle inonacelle, che le porsero un rispet- toso saluto, poiche la signora Gaterina ebbele presentate alia nobile ospite. A tavola le toccft il disgusto di vederle a lato della signora, la quale non cessava di servirle e di festeggiarle ; e, che peggio era, le metteva su a raccontare i loro casi. Le valenti cercatrici, intese ad avvocare la causa delle allieve, non si la- sciavano morire la lingua in bocca, ed entravano via via a nar- rare delle mirabili provvidenze, onde questa e quella erano scam - pate alia schiavitu, od ai macelli dell'Africa interiore, e quante ne arrivavano in Egitto afFrante dall' inedia, storpie dalle bat- titure, col volto tutto scigrigne e sberleffi sanguinosi, con che i padroni spietati le bollano per pecore del loro gregge. Non finivano, le monache, di awenture cornpassionevoli e di scene tenerissime: si che tutti godevano in udirle, e piu d'una volta la signora Caterina e le fanciulle n'ebbero imperlate le palpebre di stille pietose.

Respir6 finalmentc la contessa Aldegonda quando la signora, avendo fatto servire il caflfe in tavola, lascio i commensali av- viarsi al giardino, ed essa colle monache si ritir6 nelle sue stanze. Ma questo non bastava alia braina, alia necessita insu- perabile ch'ella sentiva di sgonfiarsi. La sua prima parola fu: Bisogna poi vedere fino a che punto sono vere le belle sto- rielline delle monache.

Che dubbio? le diede sulla voce il marito. Non sai che le relazioni dei consoli e dei viaggiatori confermano questo e peggio ancora?

E il cavaliere Boasso: lo 1'ho vedute cogli occhi miei ad Alessandria e al Cairo, quando ci sono stato. Le monache non dicono Tun cento delle atrocita, che la sono pane cotidiano, e nessuno se ne fa nd in qua nd in la. Bisogna affacciarsi ai bazar delle schiave: son cose da far rizzare i capelli. Ql'italiani, i

LA CONTESSA I.NTERNAZIONALE

francesi, gl' inglesi, tutti, ne parlano con raccapriccio. Si da la caccia alle fanciulle come a fiere del bosco, si trascinano pel deserto incatenate, a suon di frusta, pena un coltello in cuore a chi tentasse ftiggire, e cosi sino ai mercati dove le vendono...

E pure i trattati delle Potenze filantropiche...

Polvere pei gonzi. I pascia stracciano qualunque pift filan- tropico trattato per quattro piastre rognose.

Bisogna convenirne, disse il conte che troppo conosceva la verita, le intenzioni dei governi europei son belle e buone, e qualcosina banno ottenuto. Ma pretendere dall'animale maomet- tano I'abolizione della schiavitu e chiedere alia tigre cbe rinunzii al sangue. La tigre vi rinunzia solo finche e incatenata.

La contessa non sapendo che opporre, sgusci6 dicendo: Se cosl e", io capisco cbe si mantengano istituti filantropici per ri- fugio delle schiave liberate, ma non capisco che si lascino in mano di religiose, che vadano limosinando in Europa per soste- nerli. I governi li dovrebbero coinmettere a maestre e professor! patentati, che vi diffondesser la civilta e il nome italiano.

E il cavaliere Boasso : Ottima idea ! contessa. Ma quei si- gnori di Firenze, pensano a ben altro che a spesare istitutori alle morette. Ora ci hanno la fregola di andare a Roma, e poi avranno quella di conquistare la China e il Gran Mogol ; e delle scuole d'Oriente, se non ci provvedessero i frati e le monache, ormai non vi resterebbe piti la memoria.

Perdonate, babbo, aggiunse Amedeo, s'io fo una osserva- zione. A me seinbra che preti e frati e monache sono gli unici capaci di far fiorire istituti di educazione tra gl'infedeli. Ho visto un po'le relazioui di quei paesi: nell' India, nell' Africa occidentale, in Algeria, nella Cocincina, tutti quei collegi che il Governo francese ha voluto piantare coi suoi maestrucoli fram- massoni, sono divenuti veri birbonai e fogne da scandalizzare gli stessi indigeni: laddove gl' istituti degli ignorantelli, dei gesuiti, dei francescani, delle suore di carita si guadagnano 1'ammira- zione e 1' amore dell'universale. Ne' paesi maoinettani, gli stessi pascia, impastati di came e d'avarizia, non covano per6 1'astio raffinato e la rabbia diabolica dei nostri pascia cristiani apo-

vin. si oMin

i' s% inchinano al missionario cattolico, o venerauo le suore come angioli calati dal cielo. Se colfc capitasso un branco delle nostre civettine, confettate in certe scuole normal! che so io, quei bravi turcacci, le prenderebbero per un rinforzo mandate air harem.

A queste libere parole, pronunziate con energia giovanile, la contessa s'imbruttl, e con tutto il veleno dell'orgoglio irritato, rimbeccd: Siete giovane, caro signorino, non avete viaggiato fuori d' Italia. Ma io, che ho un po' di mondo, vi posso accertare che la stella del monachismo maschile e femminile tramonta in tutti i paesi civili, e che la scuola laica prende piede. Anche a Costantinopoli si finirfc coll'accettare istitutori e istitutrici a modo. A quest* acqua s'ha a bere: se no, addio progresso, mo- ralita, liberta.

E pure io veggo che qui vicino a noi, in Francia, i collegi ecclesiastic! sono presi d'assalto dai padri di famiglia, che le reli- giose insegnanti si moltiplicano ogni giorno. Nell'Inghilterra, piu libera, si stendouo a maraviglia tanto gli uni che le altre. Lo stesso nelle colonie inglesi, nell' India, al Capo, a Hong-Kong, iieir Australia, e via via. A Calcutta i gesuiti, 6 tutto dire, i gesuiti tengono un collegio di cinquecento allievi interni; e i pro- testanti del luogo con tanta furia vi mettono i loro figliuoli, che I'Arcivescovo Monsignor Steins, ha dovuto porvi un freno, ordinando che i protestanti non possano essere piu d' una ineta di tutto il collegio l. Negli Stati Uniti, dove la liberta confina colla licenza, i cattolici e i protestanti unitamente accolgono a gloria quante Suore di carita, Daine del Sacro Cnore, e religiose di ogni cojore vi capitano dall'Europa, e Io stesso avviene ri- guardo ai religiosi; e i loro istituti prosperano del favore uni- versale. Sapete che e, contessa? II rispetto agli ordini religiosi per me diviene come un termometro della liberta civile d'un popolo : li veggo perseguitati solo dove tiranneggia ipocritamente e vigliaccamente la frammassoneria...

In queste parole appariva all'uscio di casa la signora Cate- rina colle monacelle, alia piil anziana delle quali essa dava af-

1 Lo intese dalla bocca del I'relato chi scrive quesic parole.

460 LA CONTESSA IMEKNAZIONALE

fettuosamente il braccio. Prima che si accostassero, la coutessa si affretto a scoccare sotto voce il piu acuto de'suoi dardi: Ma che? La persecuzione se la cercano da se: dopo i fattacci di Cracovia, sfido io a favorire gl'istituti monacili.

IX.

LA MONACA DI CRACOVIA

Correvano i giorni in cui tutta la stampa giudaica e massona freineva e gittava fiamme contro il mostruoso delitto delle Car- melitane di Cracovia. Per6 si rinfidava la contessa di avere turato la bocca ad Amedeo, trionfalinente. Tanto piu che sopra quegli orrori egli doveva certamente tacere in presenza delle monache; e cosl ella godevasi il vanto dell' ultima parola. Cosl ragionava la spiritosa contessa. Ma I'avvocatino in erba non si coinmosse punto, e solo ammorbidendosi cosl un poco, per rappattumare la materia bollente, Contessa, le rispose, la bonta del vostro cuore troppo v'inganna.

Cioe?

Mi sembra che 1'idea d'un delitto nefando, consumato nei cupi sotterranei di un monastero vi spaventa, e vi arma di uno sdegno nobile in se, ma forse troppo generale nell' applicazione. Guardate, qui abbiamo due religiose (Amedeo le salut6 cortese- mente). Yi parrebbe egli giusto d'involgere queste due suore italiane, che invecchiano servendo i negri e le negre d' Africa, nella stessa condanna che le carmelitane di Cracovia?...

Ah, se ne parla anche qui? interruppe una religiosa senza scomporsi. Noi si credeva che la fosse una delle solite fiabe de'giornali frammassoni di Alessandria, fiabe che nascono e muoiono come le bolle di sapone.

Eh, no, qui se ne parla pur troppo, e se ne parlera per un gran pezzo, le rispose la contessa, con vivo gusto di mortificarla.

- E noi la ce n' eravamo fatta una risata. Figurarsi ! delle monache carmelitane che tengono in prigioue e martoriano una consorella !

La signora Caterina, che temeva di far dispiacere all-e reli-

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giose, cerc6 di niutan> discorso: 0 sm»'Uiiuno un po'queste fan- donie: gia, qui nessuno ci crede. Parliamo di cose allegre. Da Brindisi in qua avete fatto de'bupni accatti, mie buone suore?

Eh, DOD ci e malaccio.

Ma 1'avvocatino che non intendeva di darla vinta alia con- tessa Aldegonda, s'intramise, cocciuto e duro: E chi vi faceva cortesia non ciabava punto delta monaca di Cracovia ?

Ma che?

E bene ve ne parlo io, perche sappiate rispondere a chi ye ne parlasse. La monaca di Cracovia e un sogno, non vi e sillaba di vero...

0 davvero? dimand& Silvia. Ne sono proprio contenta.

State a sen tire: due parole sole... E anche la vostra buona mamma, che ha il cuore delicato e pietoso, sara contenta di scuo- tersi d'attorno questo fantasma di sospetto, che la turba. Neh vero, con tessa?

Qui non ci entra fantasmare, scusate signer Amedeo. Io ero allora a Franco forte, per caso, al capezzale d'una mia parente inferina: leggevo i giornali, seppi tutti i particolari quanto pu6 saperli un giudice istruttore.

Non importa, intervenne qui il conte, senti tutte e due le campane. Non esageriamo. Io ho vedute relazioni scritte sul luogo, e communicatemi in amicizia da una cancelleria di amba- sciata, e...

- Tanto meglio! osserv6 Amedeo. Se sbaglio, correggetemi. Ma vi assicuro, conte, che il fatto di suor Barbara Ubryk, io 1'ho furiosamente notomizzato, per esercizio di studio legale e criminale, ne so ciascun punto forte, a inenadito, e ne abbiamo disputato tra noi studenti... Ecco: suor Barbara, stata sempre mansa come un agnello, e pia come un angelo, a un tratto da la balta, diventa visionaria, e poi furiosa. Urlava, si stracciava i panni, vomitava parolacce spaventose, si avventava alie persone. Che s'avea da fare? I medici e il vescovo consigliarono quello che era naturale, rinchiuderla in una cella rimota. E cosi fu fatto. In casa e nel paese (era un sobborgo della citta) ciascuno compativa la povera demente, e le povere serventi che doveano

LA CONTESSA 1NTEHNA7IONALE

succiarsela. Quand'ecco una denunzia cieca arriva al tribunale: Una monaca murata viva da venti anni, ecc. ecc. Se io avessi avuto Tonore di sedere giudice in quel tribunale, col raio piccolo bagaglio di leggi e di buon senso avrei odorato subito la mano della lettera cieca...

Cioe? diraand6 la contessa.

Ciofc robuccia di ghetto o di massoneria. II tribunale invece dette con maravigliosa ingenuita nella pania. II ministero a Vienna credette due doppi cotanto. Mancomale, quelle care gioie del Beust, dell'Herbst, del Giskra, fior fiore delle logge, accol- sero a gala il villano sospetto. Fu ordinato un accesso giudiziario al convento, e si trov6 quello che tutti sapevano, una monaca pazza frenetica...

Pazza frenetica e martoriata, aggiunse la contessa, uno scheletro che non avea piu n& panni, n& cura alcuna della per- sona. Avranno esagerato, uia cosi lessi nei giornali di Cracovia io.

In collegio, scappo fuori, incoraggita la Silvia, mi raccon- tarono che ogni giorno la pestavano colle discipline di ferro.

Bella e buona signorina, rispose a lei Amedeo addolcendo la voce, chi le raccontava queste pretese sevizie era un furfante o uno sciocco. Non ve n'e nulla, nulla di nulla. Fu provato in tribunale, sino ad evidenza, che la povera pazza veniva trattata con tutti i riguardi, con tutta la carita possibile; che neppure a domarne i furori piu sconci non le fu dato mai un buifetto colla punta delle dita: tanto che la infelice, tramutata poi al manico- mio, sbrandellando vesti e coperte tentava di scappare in con- vento, dicendo che la le davano ineglio a mangiare. La vede, signorina? Chi cercava ad impietosire il suo coricino su quella vittima delle ire monastiche, come si ha da chiamare?

Silvia rimase 11, un po' confusa. La madre di lei, che sentiva benissimo come Amedeo dicesse piu a lei che alia figlia, diveniva ogni momento piu verde di rabbia. Laddove il conte, da gentil- uomo onorato, non si perito di confermare il racconto. fi la vera verita, non ne scatta un pelo...

E con tutto ci6 niuno impedisce che i teatri non vengano invasi dalla Monaca di Cracovia. E la gente baccellona va la a

Tarsi di •, e madri e gentildonne vi portano

;ie a gocciolare le loro perle pietose sulla infelice nionachina, flagellata, incatenata, iiiartirix/uta dalla astiosa abbadessa per gelosia della sua bellezza!... Ah, madri sguaiate, dame villane!

Tutto cotesto ya co1 suoi piedi, disse il conte. Ma anche voi mi riuscite alquanto eccessivo.

In che?

Voi non lo dite, ma nel modo di esprimervi, quasi quasi date a credere che i ministri di Vienna avessero essi stoppinata la girandola.

lo non T ho detto, caro conte : quei ministri non li conosco e non li giudico; guardo ai fatti.

Il per6 certo che dopo un rigoroso processo, interrogate le monache, le serventi, i medici, tutti, lasciarono che si assolvessero pienamente le imputate: tribunale e ministri possono aver fatto il loro dovere.

- Perdonatemi, conte, disse Amedeo un po'sul serio. Voi va- gheggiate le facili coinposizioni, come uomo diploinatico ; io, come mezzo giurista, sarei piu severo. Come permettereste voi che, sopra un fatto conosciuto da tutti, avvenuto sotto gli occhi del medici curanti e dell' autorita ecclesiastica, un fatto di notoria in- nocenza, si accetti una denunzia evidentemente ialsa? E pure sopra si lieve indizio si scatend un branco di sbirri a rovistare in guise sconce e inalevole il pacifico domicilio di specchiatissime gentildonne, che tali sono in gran parte le caruielitane di Cra- covia, e, quello che passa la misura, un collegio di vergini con- sacrate a Dio... £ giustizia da traditori della giustizia.

Che volete? disse il conte, moderate sempre e paladino del potere governante ; io non li difendo, ma li compatisco : bisognava placare con qualche lustra di severita i furori della

Bravo, conte! sarebbe la tattica di quel galantuomo di Pilato. Del resto anche questa non regge alia prova de' fatti. Ho studiato le date; e vi posso dire cbe i furori piazzaioli scoppiarono dopo, e non nrima della vile perquisizioue nel mo- nastero. Anzi questa fu la scintilla. Perch e la canaglia dai

LA CONTESSA IMEKNAZIOXALE

guanti bianchi prevalendosi dello scandalo dei magistral, ac- cozzd la canaglia scamiciata, gli scioperoni, i ladri, i facinorosi de'fondacci della citta, la pag6 a contanti, ed ebbra di pi pa e di acquavite la scaglio nottetempo all'assalto delle case reli- giose: notate bene, non delle carmelitane, ma di tutte, d'uomini e di donne. Nella casa dei gesuiti, per esempio, accopparono con una sbarra di ferro uu venerando ottaagenario, cognato del governatore, altrove devastarono e demolirono ogni cosa. Perfino gli educatorii delle fanciulle furono assaliti da quei cannibali. E se non era della truppa non potuta comprare, il dimani Cra- covia non avrebbe avuto nulla da invidiare a una citta saccheg- giata dai turchi. A Vienna intanto la canaglia del ministero...

E dagli colla canaglia. Voi non siete molto diplomatico nelle espressioni.

Ne convengo. In certi casi non mi sento correre per la vita alcuna vena di dolce e di accomodante. Non so abbonar nulla a chi presso i gradini del trono tradisce ii principe e il popolo. Quando veggo qualche nome che so io, con tanto di Ministro qui, Ministro la, io leggo Ministro galeotto e boia. Perdonerei cento volte piu volentieri alia bordaglia ignorante, aizzata dagli arruffapopoli al saccheggio. II fatto e che i mi- nistri non impedirono nulla.

Cotesto non prova che fossero complici, disse il conte.

Li giudichi Iddio e 1'Imperatore, se potra un giorno uscire dalle loro granfie. Certo e che il dl seguente alia sedi- zione, i magistrati invece di punire gli assassini, inandarono arrestare le vittime degli assassini, cio& la priora e la sotto- priora delle Carmelitane, e condurle al carcere dei malfattori, tra una schiera di usseri; e ve le tennero oltre un inese a marcire nel lezzo, a guisa di male femmine convinte e giudi- cate. E che facevano i ministri a Vienna? Sua eccellenza il Giskra rincarava la dose, scriveva pubblicamente attestando al Governatore di Leopoli gli orrendi avvenimenti del convento di Cracovia, ii misfatto commesso, la giusta indtgnazione e la ben fondata esacerbazione del popolo; e proponeva a dirit- tura la confisca degli assegni e 1'abolizione dei convento. E

IX. LA MONACA DI CRACOV1A

tutto ci6 non ignorando che il processo non era incominciato, e che DOQ esisteva indizio veruno a carico delle snore. Sono cose che i posteri credoranno avvenute tra i Cafri, e non in paesi civili. \on basta. La frammassoneria da un capo all'altro del- 1'impero insorgeva furiosamente, chiedendo lo stenuinio di tutti i convent! e monasteri, come di altrettanti covi di scosturae e di barbaric: i giornali della setta uscivano con piene le colonne di fattacci nefandi, tra le brigate gli sciocchi non novellavano d'altro che di monache impiccatesi per disperazione, di ossami di bambini, scoperti ne'conventi, di cadaveri che portavano le tracce della tortura, di sepolti vivi, e via di questo passo. Era un coro di tigri anelanti alia preda. So fino ad oggi non ot- tennero 1'intento, dobbiamo saperne grado e grazia all'Impe- ratore. E pensare che di tutto cotesto non esisteva nulla, e i ministri lasciavano la stampa imperversare a talento... Lascio che li giudichi ogni uomo d' onore. E chi chiama sul suo capo 1'infamia, se 1'abbia.

Al fine di queste concitate parole Amedeo era rosso come un tacchino. Le monache rimasero spaventate della ferocia ond'egli aveva difeso le suore di Cracovia, e bollato i loro persecutori. Lo stesso conte Delia. Fineta non sapeva che inventare in fa- vore della cosl delta autorita costituita, che in ogni caso era 1'idolo suo. Ci fu un momento di silenzio e di esitazioue, che parve pesasse sull'animo di tutti. Finalmente il cavaliere Boasso si provd a rompere ii ghiaccio, con una celia: C'e altro? ft spiovuto ? Senti, Amedeo, se la priina arringa che terrai in tribunale riuscira come la canata che hai fatto ora ai ministri imperiali e reali, io ti assicuro che ti guadagnerai...

Un bicchiere d'acqna inzuccherata, mi guadagnerfc.

- Ed anche un calmante dal presidente o dal procuratore del re.

La buona mamma di Amedeo intanto, prendendo alia lettera

1'affaro dell'acqua inzuccherata, giiela veniva mescendo in un

bicchiere, con un dito di caffe, e la dimenava col cucchiaino

per sciogliere lo zucchero. Silvia, che aveva sempre adorato

niente Toratore durante la diatriba, sentissi obbligata dal

Seric XII. vol. VI. fate. 814 30 10 maggio 1884

LA COM:><A I.NTKU.NAZIONALE - ix. LA MDNACA DI CKACOVIA

cuore a qualcosa, pur che fosse, di amorosa dimostrazione, e con fanciullesca ingenuita, voile aggiungervi un centellino di curas- sao, dicendo : Questo vi attonera lo stomaco : le inaestre ce lo davano quando ci eravaino sgolate a cantare.

Grazie, signorina, disse Amedeo. Ci avete proprio azzeccato: e il mio gusto. Ma ora che ce lo mettete di vostra mano, non vi e piu bisogno di altro zucchero: grazie.

Anzi, grazie a voi che ci avete detto il fatto di Cracovia dall'a alia zeta. Ci ho un piacerone che mai a sapere la verita. Avevo udite tante bugie! Mi opprimevano la inente coine uii sognaccio pauroso. Or vi stimo dieci volte piu di priina.

Ognuno sentl in quel vi stimo un vi amo, un po' ingenue, un po' iuiprudente, ma un verissimo vi amo. Ad Amedeo fu un giulebbe, i babbi ne risero. Ma la contessa 1* avrebbe rosa coi denti. E pure in presenza della compagnia tutta sorridente di favore verso Amedeo, non era aria di fare scenate. Mand6 gift questo gnocco di fiele, riserbandosi a serpentare la figliuola quando 1' avrebbe sola, in sua pieua balia, a Milano. Ah, se prevedevo queste giuccate, io non accettavo davvero questa nuova settimana di tormento... Gli e chiaro, che Amedeo tutta questa broda la riversava sopra di me... dillo alia nuora perche la suo- cera intenda... E lei, grulla, gliene da il mirallegro! Mancava solo che gli dicesse: to'un bacio!... Valeva bene la spesa di tenerla due anni in collegio, per intabaccarsi del primo arnesaccio le capita tra i piedi... un frataio fradicio, un gesuita in cappotto e tuba!... Basta, non restano che pochi giorni: pazienza, aiu- tami... Non ci guastiamo con gente ineducata: e'ci e da rimet- terci del decoro... A Milano ti aspetto, grulla, che non sei altro.

E non prevedeva che, prima di levare le tende dalla dolorosa villeggiatura, le rimaneva tuttavia a sorbire la feccia del fiero calice, ch'ella colle sue alterige erasi colmato di amarezza.

RIVISTA DELIA STAMPA ITALIANA

I.

La mon'ir<-/iiti democratica proposta da tw italiano. In 12, di pag. 212. Torino 1884.

Perche 1'anonimo Autore, uomo delle antiche province di Casa Savoia, liberalissirao cosl nei principii, come nelle ingenuita, abbia intitolato monarchia democratica, piu tosto che repubblica monarchica, questo suo lavoro, lo dice nella dedica che ne fa al Popolo italiano : perche « la Francia ne ha resa uggiosa la parola ». Senza questa uggiosita francese, tan to per lui varrebbe la monarchia democratica, qnanto la repubblica monarchica, due autitesi verbali che innocentemente si possono scambiare 1' una coll'altra, e significano proprio lo stesso; cioe quello che voile significaro ii conte di Cavour sino dal 1848, allorch& scriveva ad un amico, che termine della italica rivoluzione, capitanata dal Piemonte, sarebbe stata una monarchia repubblicana.

Due parti comprende nella sostanza tutto il libro: la diagno- stica e la curativa. La prima e piena di verita, la seconda di vanita. L' Autore, da htiono e perfetto liberal e subalpiuo, due cose vede in gran pericolo, e desidera ad ogni costo salvare, Todierna baracca italiana e la Casa di Savoia. A salvare Tuna e 1'altra dalla repubblica, dal socialismo, e dairinternazionalismo, che co- spirano per mandarle ambedue a rotoli, egli ha immaginato di esporre i veri raali flmentatori della scontentezza del popolo, che sta molto a disagio nella baracca; e quindi di proporro i rimedii che, a parer suo, hanno da consolidare V unita e la di- nastia, due beni supremi d' ogni schietto e divoto liberale pie- montese.

Per lui nella rivoluzione d' Italia tutto e stato ammirabile, vpecialmente il popolo che colla maturitii del senno 1'ha fatta. Codesto e un postulate storico, che sarebbe assurdo il non ammettere. II dubitarne, e peggio 1'asserire e provare che la

R1VISTA

rivuluzione e stata fatta dal Gorerno settario piemontese pro- tetto da armi straniere e confederate colle sette italiane, sarebbe un offendere il senso coinune, un provare P impossibile. Egli ha bisogno di questo postulate storico, per piantarci sopra la base della sua monarchia deraocratica. Senza di esso la proposta che fa sarebbe un sogno: e ben si capisce che un pubblicista, il quale rappresenta al popolo italiano un nuovo sistema di Go- verno, non pu6 raostrare di credere che lo fonda sopra un sogno.

Per altro un tanto senno di popolo non riuscl se non che a procacciarsi una tirannide oligarchica, che lo tiene in mille modi oppressor e (cosa incredibile!) questo medesiino popolo che in breve tempo, col suo gran senno, seppe vincere ed abbattere 1'Au- stria nel Lombardoveneto, detronare i Principi, conquistare le due Sicilie, aprire la breccia nella Porta Pia e fare 1' unitd, non ha saputo, in venticinque anni di liberta, scuotersi di dosso il basto della oligarchia borghese, che lo sfianca e in tutto il corpo gli fa scoppiare cancerosi guidaleschi.

L'Autore cosl descrive la tirannide oligarchica della liberta, succeduta al despotismo delle passate monarchic. Molti uomini d' ingegno e di dottrina, troppi forse, vennero delegati al potere. Tutto essi voliero ordinare, dirigere, proteggere. Tutto tir6 a se il Governo centrale, a tutto voile provvedere, ogni cosa tutelare, persino la salute dei libertini : tutela che ha fruttato vessazioni, aggravii di spese, offese al pudore e quindi mezzi di seduzione : tutela, che poi di fatto non ha tutelato nulla. E siccome troppi sono stati i sapienti vogliosi di ordinare tutto di proprio capo, cosi 1' opera ristoratrice dell'Italia finora e stata un continuo fare e disfare, che ha prodotto il caos.

I poteri in teoria doveano essere divisi: il giudiziario indi- pendente dall'esecutivo, ma coi magistrati nominati, promossi, traslocati dall'esecutivo e invigilati dal Pubblico Ministero, messo a fianco e pareggiato alia magistratura giudicante: il che vuoi dire, potere giudiziario sottomesso di fatto all'esecutivo.

II potere legislative doveva non dipendere dall'esecutivo: ma le leggi di via ordinaria si propongono dall' esecutivo, i cui mem- bri, perche deputati o senatori, le vctano insieme coi tanti im- piegati da lor dipendenti ; e le fanno poi eseguire, se e come lor

DELLA STAMPA ITAL1ANA

-. Sen/iidiM 411. -sli signori membri del potere esi-mitivo, che SODO i ministri, hanuo in mano tutti i piil validi strumenti per far le elezioni del deputati legislator! a genio loro, ed hanno in arbitrio proprio la nomina dei senator!, oltre il monopolio de- gl' impieghi e delle croci cavalleresche. La liberta della stampa si risolve in licenza o sequestri, a seconda delle opinion! del Procuratore del re. II diritto di peti/ione, in quello che la do- inanda, possa essere presa in consider azione, ventiquattr'ore dopo la niorte del petente.

L' economia si riduce a tenere in piedi un esercito permaneute, che spreca, rovinando la pubblica ricchezza, quel nerbo della guerra che gli manchera quando bisogni, e tanti altri eserciti dl scribi, con lauti stipend!! persino a professor! che non inse- gnano: tutti conquistanti diritto a pension!, non solo pel pro- prio riposo, ma per le faraiglie ancora.

Un tale lusso di ordinamenti richiedeva ingenti spese ; ed ecco un aguzzamento d'ingegni per trovare ogni giorno nuovi cespiti per tas.se. Al senatore lacini, dopo averne nominate trentanoce, manco la lena per continuare. Di queste e inoltre disuguale il ripartimento : in un luogo si paga la quinta, in un altro la terza, la meta, i tre quart! della rendita : e vi sono proprieta gravate di dazio superiore al prezzo d' affittamento. La moltiplicita dei balzelli domanda un esercito di riscotitori, che tormentano, mar- tirizzano i contribuenti e divorano gran parte di quanto riscotono. Quest! balzelli sono poi uno scherno della liberta, perche cal- pestano la inviolabilita del domicilio e ben anco della persona, frugata negli ufficii daziarii. No" bastando i miliardi spremuti dalle vene del popolo. si creano valor! fittizii con detrimento de! real!.

Or quali sono le conseguenze di si costosa protezione legale? Una inoltitudine di persone che, per marcire nelle caserine, o imbrattare carta, vien tolta ai lavori produttivi: lucro cessante per la nazionale ricchezza, e danno emergente per le borse dei cittadini che dee mantenerla. Una pubblica sicurezza formata da un esercito d'impiegat! e d' agouti, che non lascia nessuno sicuro negll averi e no meno nella persona. Una giustizia a si caro prezzo e stentata, che non mette conto il ricorrervi, chi

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non voglia perdere il ranno ed il sapone. Un agricoltura ed una indnstria favorite a parole, in quella che le si tolgono i due element! di vita, che sono gli uomini e i denari. Una turba di piccoli possidenti, ai quali si lascia un reddito minore che non abbia 1'infimodei travetti, e finiscono col cedere all'esat- tore i possess!, per non aver modo di pagare le imposte. Ittcchi che abbandonano le terre, e convertono in capitali mobili i loro beni. Da per tatto pellagrosi e sfiniti, ai quali si tolgono i mezzi di sfamarsi con sani alimenti.

Posto ci6, qual meraviglia che i sollecitatori d' impieghi pul- lulino come i funghi? Distolti, nell'eta piu adatta, dall'iinpa- rare il mestiero paterno, studiano alia peggio quel tanto che basta, a poter mutare la zappa o la sega colla penna, e inta- scare uno stipendio.

Eccitate cosi le arabizioni, con desiderii e bisogni, che non si arriva mai ad appagare, il inalcontento si allarga dagli spo- gliati agli spogliatori e diventa generale.

E intanto che fanno i rappresentanti del popolo? La Camera non e in numero: e quando vi e, ecco allora i deputati divisi per cupidige o interessi personal! in gruppi, chiesuole, partiti, fare palestra deli'aula e combattere per litigarsi il potere. E chi lo ha o 1'afferra, combatte ancora per conservarlo; se so- praffatto dagli altri, si collega coi nemici, per buttar giu il vincitore. Per tal guisa tutto il Ooverno dell' Italia 6 rimesso alia volonta dei pochi ed alia pedante burocrazia*

Ed ecco come, conclude 1'Autore, « il saggio e moderate po- polo italiano, disperando del presente, viene gradatamente in- dotto ad accogliere le strane idee che da oltralpe ed oltremare gli si insinuano. E per6 incomincia gia a vagheggiare repub- blica, socialismo, internazionalisino, distruzione d'ogni cosa esi- stente, nella vaga speranza di raggiungere un meglio qua- lunque. >

Per quanto sembri vivo, questo quadro delle contraddizioni e delle tirannie deU'odierno sistema oligarchico, e ancor pallido, se si riguarda la verita dei fatti e Tampiezza delle offese che tutti i sacri diritti della coscienza, della proprieta, deH'onore e della dignita umana vengono a riceverne. E pallido lo giudi-

,ij uon Lr ' >polo, ma il

ituto Minervini ebbe a dire nella Camera: « Noi potremo rhiunuirci piu tosto Ooverno di Tunisi, e dir6 di Tunis! in tempi barbari, anzich& Governo italiano1 > ; ed il deputato Englen ebbe a dire ivi pure ai ministri: « II Turco spoglia i suoi ere- ditori, voi spogliate i contribuenti ; il Turco conculca la buona fede, voi conculcate la giusti/ia -. >

Adunque non si pu6 mettere in dubbio che 1'Autore, finche sfolgora Vassolutismo dell'oligarchia liberalesca, cbe sotto 1'egida dello Statute tiranneggia il popolo, ha un sacco di ragioni. Ma qual 6 il rimedio? Secondo lui, e in una rifonna dello Statute medesimo, che renda dtmocratica la monarchia, senza toglierle 1' essere di costituzionale.

La grande, la radicale differenza, scriv'egli, tra il sistema vigente di monarchia costituzionale, piu propriamente detta tempera ta, e quello della monarchia democratica, consiste in ci6, che nel vigente ritiensi essere la sovranita nel monarca, il quale, per atto di sua volonta sovrana, concede alcuni diritti, franchise e liberU al popolo, mentre nel sistema deinocratico si riconosce inalienabile la sovranita nella nazione, la quale delega i poteri che non pu6 il popolo esercitare in massa; e fra questi poteri delega al monarca quello di rappresentare la sovranita. Basta dunque riformare lo Statuto vigente, per rendere democra- tica la monarchia, senza ch'ella cessi d' essere costituzionale.

S'intende ch'egli parla del diritto, non del fatto, giacch^ nel fatto lo Statuto e andato soggetto a trasforinazioni cosl sostan- ziali, che non vi e ora monarchia piu democratizzata dell'ita- liana. Or egli vuole che queste trasformazioni illegali e radicali, indottesi nello Statato « a favore deU'oligarchia doininante >, si rendano legali, in pro della naziono.

Le riforme illegali non riguardano gia solamente gli articoli 1°, CG°, 77°, spettanti alia religione dello Stato, alia milizia co- munale ed alia bandiera, ma sopra tutto Tarticolo 4°, che dice: La pei'sona del re & sacra ed inviolabile. A questo « si e ag- giunto in pratica, come per sottinteso, la irresponsalilita del

« Atti uffic. 1.1 m:i:-,.'ii) 1ST:,, pajj. 3311. « Ivi 30 novrnil.rc IsT.'), png. 4787.

472 RIVISTA

monarca, di cui non ft motto nello Statute. > Con tale aggiunta tutto quello che lo Statuto concede al re, negli articoli 5°, 6°, 8°, ed altri, ft passato di pien diritto nel ministero, il quale, appoggiandosi all'articolo 67°, come responsabile, se lo e arro- gato. Cosl pure all'articolo 65°: // re nomina e revoca i mini- stri, hanno aggiunto 1'obbligo di sceglierli fra gli uomini della maggioranza parlamentare, obbligo non prescritto dallo Statuto, ed hanno ridotto il Governo a Governo di partito pel partito, non di popolo pel popolo. Di modo che 1'assoluto potere, alquanto temperato, che 1'articolo dello Statuto voile conservato nel solo inonarca: (Al re solo appartiene il potere esecutivo) ft caduto di fatto nelle mani del ministero, ossia fa\V oligarchic borghese.

Posta questa illegittima trasformazione, che tanto perniciosa ft riuscita al popolo, 1'Autore ha immaginata una via di renderla legittima e nel tempo stesso alia nazione salutare. E come? Per mezzo di una dittatura, che il popolo dovrebbe concedere al re, unicamente con questo fine, di riformare lo Statuto. Mediante questa dittatura, il re sancirebbe i grandi principii : il re regna e non governa, rappresenta la sovranita, che & inalienabile nella nazione; la costituzione limita i poteri che la nazione delega. Con ci6 sarebbe fatto il becco all' oca. Si avrebbe legal- mente la democrazia monarchica, la quale, per 1'essenza sua, consiste in questo, che non il re govern!, ma il popolo; ed il re si content! di regnare, vale a dire di rappresentare semplice- mente pro forma la sovranita del popolo. Poi si avrebbe I1 altra singolarita democratica, che il re sarebbe re senza sudditi, ed i sudditi sarebbero insieme sovrani e sndditi di s& medesimi. « In paese libero, soggiunge 1'Autore, le sole leggi hanno impero, e nell'ossequio ed obbedienza alle medesime tutti i cittadini diven- tano veri sudditi della propria sovranita. In tal modo il popolo ft contemporaneamente sovrano e suddito della propria sovranita. >

Stando al senso comune, nessuno propriamente pu6 mai essere nft sovrano, nft suddito di sft: ma ad un sistema politico nel quale il re dovrebbe regnare, senza aver sudditi e Governo, ognun vede, che non disdirebbe 1'ircocervo di un popolo suddito e sovrano di se stesso.

Stabiliti cosl questi principii, il re-dittatore, nella pienezza

I. LA STAMI'A I

autoritit iicherebbe o^ni sovranita, rimettendola nelle

muni del popolo, e fisserobbo le rifonue liberatrici della naxione dalla tirannide degli oligarch!, e costituirebbe an Governo avente queste basi: < Sovranita del popolo che fa le leggi: cittalini de- putati a compilarlo ed a farlo eseguire : Governo esclusivo di esse leggi: diritto d'accusa nei cittadini che ne controllano 1'os- servanza: potere giudiziario indipendente, che ne e il depositario, il custode, il rivendicatore : autonomia ed emancipazione dei Go- rauni: eguaglianza e societa di essi in unita di nazione: presi- denza del re, che ne e il capo e ne rappresenta la sovranita e 1' unita. >

L'Autore impiega molte pagine ad abbellire questo schema di costituzione, parto del suo cervello, ed a mostrare che il suo nnovo sistema e il solo possibile, il solo buono, il solo conci- liante la salvezza dell' Italia col mantenimento della dinastia; il solo, in una parola, che formerebbe della nostra Penisola un giardino di delizie politiche e sociali.

Ma non avemruo noi ragione di afferinare, che quanto e vera la partd diagnostica del suo lavoro, altrettanto ne e vana la curativa? Come fondare un ordine politico sopra la base di una contraddizione logica, e di una morale mostruosita? Una mo- narchia, nella quale il re e annichilato fino ai punto di non aver altro serio attributo, fuorche quello di rappresentare una sovra- nita non sua, sara democratica quanto si vuole, ma sara tutto, eccettoch& monarchia. Ed uno Stato qualunque, in cui non vi ha altro suddito che il sovrano, ed altro sovrano che il suddito, sara pur esso uno Stato democratico quanto piace, ma, se il fatto vi andasse d'accordo col diritto, sarebbe tutto eccettoche uno Stato democratico: perocche nell'effetto pratico si risolverebbe, od in esoso despotismo di chi avrebbe in pugno il potere rappresen- tante il suddito sovrano, od in un'anarchia scapigliata.

Onde, a stringere il inolto in poco, resta soltanto che si con- cluda, L'Autore avere pensato di sostitnire utfutopia monarchica alia realta della tirannica oligarchia, che ci governa. Imperocche, se il sistema suo si mettesse alia prova, il men male che se ne avrebbe, sarebbe di sentirsi mutare sopra capo la verga oli- garchica, di ferrea ch'ella e in plumbea: cioe dire si avrebbo in

',7 I R I VIST A

fin del conti la tirannia del la plebe senza guanti, surrogata da qnella del medio ceto in guanti o bianchi o neri.

L'Autore, che e" dinastico, come sono in genere i vecchi libe- ral! piemontesi, crede che il suo trovato rimetterebbe al posto conveniente il re, divenuto democratico. Ma quale sarebbe questo posto? Egli giudica indegno quello che in presente gli si fa oc- cupare. II potere assoluto non e piu nel monarca, si lamenta esso, ma nell'oligarchia che dissangua il popolo. rendendone capro emissario lo stesso re, derisoriamente dichiarato irrespon- sale. V'ebbe chi scrisse che i dementi, i maniaci, gli esseri cio& privi di ragione, sono per natura irresponsali, epperd a questi pareggiarono il re. II re, che non governa, deve essere, come tutti i savii, responsale delle azioni proprie, ed irrespon- sale delle altrui, cioe di quelle di coloro che governano. Pur troppo in pratica gli oligarch! hanno fatto del re un loro ge- rente responsale, rassomigliandolo a quello dei giornali. II re il suo nome al Gtoverno, e i ministri, perchd diconsi re- sponsali, a loro voglia governano. E mentre gli si vieta persino d'iinpedire il male, su chi pesa di fatto ogni responsabilita del Governo? Chiedetelo ai repubblicani, e vi diranno che causa di tutto il malgoverno e il re.

Verissiino. Ma dato il sisteina ideato dall'Autore qual posto avrebbe il re costituzionalmente democratizzato? Per essere re- sponsabile, dovrebbe governare; cosa che 1'Autore non ammette, giacch6 egli pure vuole che il re regni, ma non govern i. Adunque seguiterebbe ad essere irresponsabile com'e ora: tutto si farebbe in suo nome, seaza che egli potesse far nulla; e si sa che le cambiali si pagano sempre in ultimo, da colui che le firma. Appena attuata la riforma statutaria del nostro Autore, noi saremmo da capo, e sorgerebbe un altro liberate pieinontese dinastico a ripetere il lamento ch'egli ora fa; essendo inutile violentar la natura, e pretendere che quel che non ha sostanza 1'abbia per cio solo che ne ha 1'apparenza.

Noi igooriamo se I'anonimo scrittore di queste proposte po- litiche sia o no frammassone; ma certameate si manifesta iin- bevuto di spirito massonico insiuo all'ossa. Egli ha il coraggio . di ripudiare il monopolio governativo deHMnsegnamento, che

•nonopolii e tirannico, pi ft tirannico della

iva d.-lla stampa. » Ma poi raentre rigetta e

fulmina il >//"//<///o//<, d 'ie, snggerisce inveca il mo-

; cosl che vorrebbe obbligatorio pei tori il mandare i figliuoli, dai due agli otto anni, in asili infantili, nei quali s'insegnasse morale e religione; ma una morale non appoggiata a nessun domraa rivelato, ed una reli- gione cbe non fosse legata a nessun culto rivelato: il che e- dire, pretenderebbe cbe tutti i fanciulli di fainiglie cristiane e cattoliche, che formano la quasi totalita della nazione, fossero, per legge obbligatoria, costretti a ricevere un' educazione me- ramente naturale e pagana, a nome e per autorita dello Stato. E cosl questo curioso liberate, che affetta esecrazione per tutte

10 tirannidi economiche e civili, si costituisco patrono della pift infame ed esecrabile delle tirannidi, qual' d quella della coscienza: e questo inventore di ri forme, che non riconosce lo Stato oligar- chico competente per diritto a far da maestro di lettere e di seienze, riconoscerebbo lo Stato democratico competentissimo a far da maestro di morale e di religione. Logica imcoinparabile da frammassoni !

Ma basti di questo anonimo consigliatore di teorie, salvatrici della Rivoluzione in Italia. La quale bisogna pur credere, che sia in gran pericolo di morire, ed in disperate condizioni, posto che non si vegga pift altra via di conservarla, fuorch£ questo ammasso di bestiali ricette.

II.

11 Pensiero filosofico nei siioi rapporti colla civiltd e mora- litd italiana nell'epoca moderna per D. CLAUDIO POGGI. Fi- renze, Tipografia di G. Barbera 1884, pag. XX VIII, 413.

Uno dei pift bei vanti di questo libro e Tavere meritato il premio Ravizza al concorso dell' anno 1882, e quinii il suffragio de' cinque egregi membri dolla Commissione. Nella relazione in- fatti deH'illustre storic<) C. Cantft, tra le altro cose e detto: < E libro consolante fra tanti desolanti odierni : la chiarezza con cui espone senza dissimulare, neppur mitigare, e la sincera convin-

nivisiA

zione con cui parla, ci alletta ancbe quanJo non possiamo di- videre le sue aramirazioni e lo splendido avvenire che prornettti alia patria nostra e all' umanita. > £ vero che il relatore fa pre- cedere 1'elogio da alcuni appunti, ma quest! non son poi tali e tanti da scemarne il pregio, soprattutto ove si miri, che una gran parte di essi sono piuttosto apprezzamenti personal! ; sic- come quando il relatore 1'accusa di essere stato ingiusto con CarUsio, esuberante con Voltaire e V Encyclopedia, niente be- nevolo verso Napoleone ai cui meriti non rende giustizia e simili. Per non cadere in ripetizioni, ci asteniamo dal riassumere questo pregevole lavoro, come ha fatto il Cantu, in modo che chi legge la sua relazione si sente trascinato a correrlo da un capo all'altro, senza chiamarsene pentito. Infatti, merito incontrasta- bile del libro, che che ne pensi il relatore, 6 di farsi leggere senza stanchezza, e senza difficolta, vuoi per la scorrevolezza del dettato, vuoi ancora per una certa perspicuita di concetti nelle materie che di natura loro hanno dell'astruso. Gli si fa colpa di certe negligenze ed inesattezze nell'etimologia delle parole e nella coerenza delle metafore: 1'accusa non raanca di fondamento: ma a noi pare sia proprio il caso di dire col Venosino: Non ego paucis offendar maculis ; tanto piu che queste negligenze ed inesattezze sono compensate con usura dalla grande erudizione, dalla novita dei concetti e dalla esattezza della maggior parte dei giudizii. Ne a noi pare meritata 1' altra taccia che gli si e voluto dare anche dal Cantu di prolissita, e di tono da predi- catore; perch6 se le frasi e gli epiteti sono spesso raddoppiati, questo prova tutto al piu che il Poggi nell'esprimersi pecchi piu per abbondanza anzich& per difetto; cosa per altro che e difetto meglio dei tempi che dello stile dell'Autore. Del rimanente a che tacciarlo di poca diligenza nella forma, quando la sostanza del lavoro nella massima parte e degna di commendazione? Comin- ciando infatti dal proemio, in cui con pennellate da maestro di- pinge il presente stato della filosofia, e ii valore di tutti i sistemi escogitati e riprodotti oggigiorno, con grande scapito della morale e della civilta, e finendo nell'epilogo, in cui con uguale maestria son messi in rilievo i gravi disordini derivati dall' abbandono del principio cristiano, il ch. Autore si appalesa conoscitore pro-

-rvMi'v ir\! UNA

della matoria che svolge, e quel che pid monta, in' pido propugnatore della vera e sana dottrina cattolica. £ am- vole il coraggiocol quale combatte i capiscuola del razionali- smo incredulo, il giusto criterio col quale ne esamina le teorie, e rimparzialita colla quale da a ciascuno il fatto suo. In una cosa sola ci e parso che questo giusto criterio gli sia venuto meno, ed e neH'apprezzare le teoriche del filosofo di Rovereto e le confu- :ii dei suoi avversarii. II Poggi, lo sappiamo, e un rosminiano: ci sarebbe piaciuto pert che talo non si fosse raostrato nel suo pregevole lavoro; ma appunto perchd seguace del sistema filoso- fico del Rosraini, avrebbe dovuto mantenersi dentro una certa inisura, e adoperare contro coloro che 1'hanno oppugnato un lin- guaggio piu temperato. Chiaina gli avversarii delle teorie rosmi- niane persecutor^ e guerra la critica che pensatori eminenti ne ban fatto; noi crediamo invece, che niuno tra costoro abbia ado- perato a combatterlo le arini e il lingnaggio adoperato dai suoi propugnatori. Ci perdoni dunque il ch. Autore quest'osservazione, e si accerti che niuno nella lotta che ancor dura contro il sistema filosofico del Rosmini, ha mai preteso disconoscere i grandi meriti dell'ingegno e delle virtu del Roveretano.

Tornando al suo lavoro due sono principalmente i pregi che lo rendono stimabilissiino ; 1'uno il coordinamento delle sue parti, per cui egli fa derivare tutte le manifestazioni del pensiero umano dalla scienza prima che e la Filosofia. Nel che egli rag- giunge lo scopo di dimostrare oome I'odierno scadimento del pensiero italiano sia 1'effetto del decadimento della filosofia. L' altro lo spirito apertamente e schiettamente cattolico che si- gnoreggia dal principle alia fine del libro, senza che gli si possa uldebitare una sentenza men che corretta in teologia. II pre- sagio che egli fa di vedere rimesso 1' accordo tra la Chiesa e lo Stato, la fede e la ragione, mediante uua filosofia informata dai grandi e salutari principii del Cristianesimo, palesa quanto sia profonda in lui la fiducia in quella religione, alia quale e ri- serbata la conquista del mondo morale ed intellettuale. Questa filosofia ristauratrice non pn6 essere che quella del principe dei filosofi cristiani, che sola riuscl a conciliare gli ardimenti della ragione coU'ossequio della fede. Sicche dobbiamo rendere grazie

IU VISTA DELLA STAMPA ITALtA.NA

al Signore di avere dato alia sua Chiesa un Pontefice, che co- nosciuto il bisogno di studii piu profondi e universali di filo- sofia, con la sua ammirabile E'iciclica ha dato novello imptilso allo studio del Santo Dottore di Aquino, irapulso, che come ben dice T egregio Autore, oltreche preparera per 1'avvenire un sa- cerdozio piu dotto e piu virtuoso, giovera a sfatare piu facilraente la insania di una filosofia che e la negazione della ragione me- desima. E poiche siamo su questo punto, dobbiamo dire con fran- chezza al ch. Autore, che non ci sembra inappuntabile la sua opinione la dove dice, che si debba prendere il solo spirito della dottrina di san Tommaso. Senza dubbio, 6 lo spirito che vivi- fica; ma questo spirito ha la sua forma nella dottrina in cui si incarna e in cui si estrinseca: e appunto dall'abbandono di questa forma della filosofia dell'Angelico, cominci6 la declinazione del pensiero filosofico. El ora conchiudiamo : ii libro del Poggi 6 davvero un libro consolante fra tanti desolanti odierni. Da esso risultano tre importantissime conseguenze: primieramente, che la vera filosofia e inseparabile dalla religione, come quella che pu6 sola mantenere 1'accordo della ragione colla fede; secon- dariamente, che a cessare 1'odierna declinazione della letteratura e dell' arte, convenga ristaurare e non combattere quella metafi- sica di cui fu maestro il grande Aquinate; e finalmente, che i buoni libri, specialmente in fatto di scienze razionali, non vengono oggidl che dai preti, i quali, tuttoche osteggiati, derisi e calunniati dai settarii, mostrano al inondo quanto arnoro nutrano per quella scienza, di cui i loro avversarii laici pretendono avere per se soli il monopolio ; sicche un prete puo benissimo essere una gloria e del sapere e della patria, senza perci6 gettar i'abito alle ortiche e dichiararsi apostata.

CRONACA CONTBMPOBAKEA

Firenee, 8 maggio 1884.

I.

ROMA (Nottra corrispondensa) Delia vent origin* e natnra il-II' \ntisrmiiismo. La scifiua modenia. Equivoci del Bonglii. Massonismo ebraico ed Kbraismo mas- sonico.

Come dicevamo nella corrispondenza precedente, la vera ragione per 1 1 quale il Donghi ed altri assai anche eruditi e, come amiamo ere- -, coscienziati scrittori errano nondimeno ed equivocano talvolta si solanampnte nell' invest! ga re donde si origini ed in che propriamente ronsista il cost ora detto Antisemilismo; non si dee cercare altrove che ii'-lla piii o meno volonlaria confusione che essi sogliono fare tra 1'an- tica e la moderna sinagoga. Le quali essi reputano o paiono riputare una sola e stessa cosa: laddove invece sono tra loro non solo diverse nn opposte e contraditlorie. Posta la quale loro falsa presupposizione, e ben naturale che debba nel loro capo rimanere inestricabile questo prohlema ed indipanabile questa, come dice il Bonghi, matassa delle origini e della natura deH'Antisemitismo. Giacche se davvero, come tanti moderni scienziati credono o mostrano di credere, gli ebrei pre- sent! seguono anche ora almeno nelle parti fondamentali ed essenziali la legge mosaica, la quale e santa ed anzi divina, e di cui la cristiana non fc che la continuazione, il perfezionamento ed il compimento; non si pu6 davvero trovare ragione sufficiente e soddisfacente di questa, da r,risto a noi, sempre perenne e profonda antipatia tra 1'ebreo ed il non ebreo specialmente poi se cristiano. Benche in fatti una certa anlipatia sempre si osservi tra i divisi, anche talvolta soltanto leggermente, in pun to di religione, nessuna religione per6 ne setta si trovera che come la presente ebrea sia in un cosiflTdtto intermittente s\, ma sempre ri- nascente urto con tutto il genere umano. Donde si dee ricavare che non gift soltanto a qualche ragione accidentale, locale, individuate o tempo- ranea si ha quest'Antisemitismo da attribuire; ma ad una ragione es- senzialo, generate ed universale, operante in tutti i tempi, luoghi ed individui. Or questa ragione non si trovera raai altrove che in quella formale contradizione che appunto corre tra 1'antica, santa e divinamente rivdata ed assistita Sinagoga mosaica e la moderna empia e satanica- mente inventata ed ispirata Sinagoga rabbinica. La quale contradizione mdo precisamente sopra i punti non soltanto della fede ma delta morale e non soltanto della morale mosaica e cristiana ma della naturale

480 CRONACA

di tutte le genii, facilmente s'intende corae aJ una si fatia contradizione, per cos) dire teorica ed ideale, tra la morale ebraica e quella del resto del mondo, debba necessariamente sempre e dappertutto seguire qucll'iiltra contradizione pratica e reale che ora si chiama Antisemitismo. S.-rissero del resto gia tanto cotanti (ed anche noi dietro le loro orme) sopra questa contradizione tra la fede e la morale dei modern! ebrei e qudla di tutti i non ebrei che il dilun^arvici ora nuovamente potrebbe giu- staraente parere un perditempo. Ci bastera percio, a servigio del Bonghi che sembra ignorare tutto queslo, 1' allegare la certamente da lui ac- cettabile testimonianza del Rev. Alessandro Gaul di religione anglicano e di professione teologo nel Gollegio del Re a Londra e prebendario di San Paolo. II quale e autore di una dotta opera intitolata: Gil antichi sentieri: ovvero confronto dei principii e dottrine del moderno giu- daismo colla religione di Mose e dei Profeti ; opera tutta tessuta dei testi original! ed autentici della Bibbia e del Talmud: e che fu anche non ha mollo tradotta in volgare italiano dall'erudito e Rev. C. L. Lauria di religione Valdese e pubblicata nel 1837 in Pioerolo. Trattandosi di un' Anglicano e di un Valdese, e impossibile che il Bonghi non vi debba presupporre almeno un poco di critica e di scienza tedesca. Or dunque ecco ci6 che vi si legge a pagina 470 nel capitolo LX intitolato Eica- pitolazione. « Mostrammo, dice, che il Giudaismo non e 1'antica reli- « gione di Mosfe e dei Profeti, ma un sistema nuovo inventato da uo- « mini furbi ed indegni. » E poco dopo: « il risultato del nostro con- « fronto e che il giudaismo e una falsa religione piena di roanifeste « favole, che rovescia tutta la legge scritta, incoraggia le superstizioni « pagane e scioglie le obbligazioni morali. » Sopra il quale sdoglimento delle obbligazioni morali, che e il punto pel nostro proposito piii rile- vante; « la legge orale, dice, (doe il Talmud) insegna come dispeosarsi « dai comandamenti di Dio: concede la dispensa dai giuramenti; per- « melte di ritenere ci6 che non ci appartiene purche sia roba di un « gentile: » cioe di un non ebreo. Inoltre; « il Talmud proibisce ad « ogni ebreo 1'esercizio dei piu comuni doveri di umanita verso coloro « che esso chiama infedeli. Vieta di salvare un idolatra (doe un non « ebreo) che stia per affogarsi o si trovi in qualsiasi altro pericolo di « morte, e perfino che una donna non ebrea sia assistita nelle doglie « del parto. Per queste ed altre ragioni che potrebbero allegarsi, di- « ciamo che il Giudaismo e contrario alia legge di Mose e dei Profeti »: e, come e chiaro, anche ad ogni legge umana e naturale. Perci6 1' ebreo presente (se osservante della sua legge) e un nemico naturale, necessario e cordiale del genere umano non ebreo: e ci6 per religione, pieta, divo- zione, coscienza e legge da lui creduta divina. Ne e perci6 maraviglia che vicendevolmente il genere umano non ebreo lo stia sempre pagando di uguale moneta.

C0> VRA 481

ta gia di per st'> si dii.ira •• non limorio da tanti gia si chia- '.a d»-lla iitutt'i morale tra I* antic*, sanla e

nra e la moderns, empia e raNbuiira sinagoga; donde unicaroenle e lim;n. hint-rite disrenle In stricam-Miio .Mia matassa bonghiana; sem- brerrlili.- in.-iv.lihile che al Dmghi e ad altri assai moderni srienziati sia rimasa, com.- i iniiH-ntf s.-oiinsnui;*, se non veJessimo ogni

giorno qucsti moderni Talt-ti, prvi'-n leuii to v.uv u cjelo col dito, dare sovenii v.'Iif, ;ip;mi)io perch6 moderni, del naso in f- ndo ai fossatelli volgari, sapuli e vim re p-Tfino dalle vecchierelle. Si sa infatli dove pro- pri.-iriiHui.' si f.icna <»ra >lai raoderni scienziati consisltre la modernitA della cos) nra delta moderna scimza, civiltd o, come piii squisiumente e piii s<-ieniificamenle, cioe piu ledescameote ora dicono colturu. li perchfc non anzi meglin, Koltura? La qual* non si chiama gia moderna •l.il tempo moderno in mi si coliiv.i, giacche in tale senso tanto 6 ora m<"l'Tii i la pfesente ed wltuale scienz.i, civilta e collura quanlo fu e sara al suo tempo moderna ed attuale qualsiasi altra scienza, civilta e coltura. Bensl moderna ora pnpriam-nte si chiaroa dai lili«-r. li la sciema dalla veramenie modernissima nioJernita dello scopo antiscieuti- fico che una certa moderna genla o selta di scienziati moderni si pro- figge a priori in lulti i suoi studii. Non si danno gia in fatti costoro allo stuJio colPantico, leale e scienliflco scopo d'investigare il V»TO, senza preoccuparsi del limore non forse il vero da loro scientificamente trnvato possa poi, come dee, tinire a confermazione e sclmrimento del vero divinamente rivelalo. Ma si preliggono invece il moderno, sl.-ale ed antiscientifico scopo di opporre comunque siasi ed a qualsiasia costo la scienza alia fede. Per ottenere il quale intento, da loro chiamato liberale, civile, illuminato, critico, scieniifico, progressive, cio6 anticri- stiano non meno che antiscientiflco, falsano pensatamente e deliberata- mente storia, iilosofia, logica, ragione e senso comune, paghi di ogni assurdo purche- anticristiano ed intolleranli ed insofTerenii di ogni vero purchfe crisliano. Cotesti ciarlatani, indovini, astrologi, auguri ed aru- spici, che gia prima di sveutrare e sviscerare il loro qualunque siasi uccello di studio, sanno a priori ci6 che vi hanno da trovare ed ;uizi

, orre, non meno anticlericali perch^ antisclentifici che antiscien- tiflci pt-rch6 anticlericali, veri vandali della scienzi, spegnitori di ogni anche barlume di senso comune, enfutori di veschiche, paladini di as- surli el insomma sellarii e fram^soni; costorn, benrhfe debbano incon- tranlosi ridere tra loro I'uno dell'allro privatamente, si chiamano ci6 nonostante tra loro publdicaraente: La scienza moderna. Moderna ap- punto perch6 mai oon e esist'ta una scienza somigliante di proprio r..to jiro;>'sito antiscientiti me quella che non vive se non

che di i : , di malizia e di menzogna. E cos) chi ora, stu liando

[vr esi-mji la storia, trova che i Vangeli sono falsi, ma viceversa poi

/. r .,/. VI. fate. 814 31 10 >-.

CRONACA

le mitologie snno \vn'; che furono empii i Santi, ma viceversa poi sono s:inti gli empii, i liranni, i persecutor! ed anche Nerone e perfino Giuda: ovvero studiando la filosofia trova che gli unmini sono In-stie, nia vice- versa poi le bestie sono uomini; che Dio non e, ma viceversa poi il mondo e Dio: che lo spirito e materia, ma viceversa poi la mnteria e ideale; ovvero studiando la morale trova che 1'uomo non e libero, ma viceversa poi si dee a tutti concedere una libena sconfinata, ed andate dicendo: costui allora e ricevuto a grandi applausi nel dolto corpo degli scienziati moderni, progressivi, illuminati, liberali, civili cioe anticleri- cal!. Giacchfc ora nella scienza, cioe nel libenilismo e massonismo mc- derno, tutto batte qui: nel clericalismo e nell'anticlericalismo: cioe nel cristianesimo e neH'anticristianesimo. E chi e anticlericale ed anticri- stiano, issofatto senz'altri meriti fc perci6 stesso dichiarato, se non pro- fessore, almeno cultore della scienza moderna. Chi poi e clericale e crisiiano, presso cosioro passa senz'altro e percib solo,' per retrograde, oscurantista, incivile e sopratutto ignorante della Scienza Moderna.

Non pensiamo che il Bonghi appartenga propriamente e del tutto a questa scuola anticlericale ed antiscienliflca. Benche pensandolo non gli faremmo forse gran torto; parendoci difficile che coll' educazione, col- 1'ingegno, collo studio e coll'erudizione che ha, se non fosse un po'anli- clericale ciofc anticristiano, come dicono per progetto, avrebbe potuto in tante sue scritture ed anche, come vedemmo e vedremo, in questa sopra gli Ebrei in Ungheria, accumulare tante inesattezze ed ignoranze tutte a danno dei cattolici e della verita. Ma ad ogni modo e cerlo che non soltanto tra i giovani ignoranti ed inesperti, ma anche tra i vecchi e sperimentati professori va ora esercitando raolia influenza questa anti- scientifica sett;* della scienza moderna, predeterminataraente decisa a sostenere 1'assurdo e negare la verita. Essa e ora infatti alia moJa e distribuisce la fama ed il credito. Ed e. inoltre pressoche moralmente impossibile il sottrarsi a quel necessario assorbimento che ogni vivente patis^e dall'arabiente che lo circonda. Giacchfc volendosi ora da tutti, e dovendosi anche da molti conoscere questa scienza moderna si ciar- latana, s\ astula, si sofistica, si appariscente, si conforme anche sovente alle passion! ed ai desi ierii di molti, e, quel che piii monta, s) sparsa ora dalle cattedre, dalle conferenze, dai libri, dalle riviste, dai giornali, dai teatri e persin dalle mura, si che niuno se ne pu6 salvare; ne nasce naturalmente che, come chi va col zoppo impara a zoppicare, cosl chi bazzica ordinariamente con questa scienza moderna, specialmente se di buona voglia e non per confutarla ma per stuliarla, ne torni per forza invasato. Al quale proposito uiimmo g'a da un vecchio, il quale aveva da giovane conosciuto un antico scrittore francese di giornali antirivo- luzinnarii ai tempi del Voltaire, che quegli soleva dirgli che non di rado anche i giornalisti cattolici che, per confutarli (s1 intende), sempre

•itt. , ssi me-

ben Cauti, limsc'iiio rnm«l -Jii.

hi, <li' ne cootraggono e seco portaoo e percib anche alimi ,o anche inconsapevolm- >-h«j sentoi unto pii»

lee aceadere a quei taoli scrittnri di adesso che, eristiani bensl tli battesimo ed anche forse ancora di fede, ariclie ingegnosissimi se si

ed anche erulit: rnenle ingolfaiissimi in qu

i/.a cioe antiscienza mo It-rn » ossia anlicristiatia, se ne pascono

imente non g a per confutarla ma per irapararla ? KviJenlt-nn-uie costoro, si a no pure tanti B'Highi, b zzicando sempre con tali mugnai dub- booo oeeessariameote tornarceoe infarinatissimi ; die vuol dire piu o mmo eoasapevolmente aolicristiani e disseooati. Non sarebbe dunque da stu- 1 H-M se anche il Bonghi ne fosse un poco rimaso vittimi iunoceule. Tan to !••. se ben ci ricorda, o1 egli slesso, per quanto ci pin-, qnaudo era Minisiro dflla cosi delta pubblica istruzione, o p^r ft-rma un suo molto simile (*\ che allo stile pareva proprio Iu') nella PC srviranza di Milano

•• gior/iale bonghiano, pubblic6 verso il 1873 od iu quel torno una sua purgala opinione sopra la opportunita di una per cost dire Omerira ed arabica critica o scelta di lihri vecchi da bruciare o vendere a peso di carlaccia. Si era infatti allora accalastata dal Bonghi in Gollegio ro- mano una si aless.in Irina ed anzi bibilonica biblioleca di libri antichi oiidunque saccheggiat*, che non vi si truvava piu pcsto libero per la

nza moJerna. Vero e che il postn, ed anche piuttosto ampio, le fu poi falto d i versa men te; come 6 noto da quelle tunte incbieste e proc--ssi

liede luogo la Gran Vittoria timmanuelico-Bonghica.

Ma obecche sia del maggiore o minore moiernismn, cioe anticl«'ri- t anticrislianesimo a priori della scienza bonghiana, il fatto e che tale almeno molto apparisce da quel suo articolo Gli ebrei in Unghcria: Tisza-EszUr 1°; secooio che fluiremo ora di dimostrare anche piu chiaro. Non solameate iufatti, secondo che gia notammo, in tuito il racconio o romanzo cbe il Bonghi fa ossia copia dalle relazioni ebraiche del fallo di Tisza-l^zlar egli si mostra passionatissimo per gli ebrei conlro i crisliani; e nel cercare od assegnare le cagioni dell'antise- mitismo n^ anche accenna a quella si chiara, si dimostrata e si nola di cui flnora parlammo; e cio evidentemente perche nuoce agli ebrei; conten- taudosi di parere ignorante purche a danno dei crisliani li srusi e difenda ; ma ancora parlando, a pagina 692 del citato numero della Nttova Auto- hffia, del Dio Semita che in sostanza e il Dio nostro, fa tali confusioni di parole e d'idee od arrulTa cntanlo la sua matassa, da potersene almeno congetturare un'ignoranza piu volontaria che involontaria. Giacche dopo avere, come gia citammo nelle corrispondenze precedent!, dichiarato rh»- : « mi (H.ioivlibe dipanare tutta questa matassa; sarebbe di grandissimo « interesse il farlo; ma mi dee bastare qui avere accennato tuiti qut-sii

CRONACA

« capi, sto per dire, di ragkni diverse: lo svilupparle non pn >ggi

« di questo luogo: » passa subito a soggiungere chc: « Pure nua osser- « vazione, una sola osservazione la voglio fare. » Ed e che: « II nnvimento « contro gli ebrei, in un ordine in ispecie di persone, non e solo come « parrebbe tutto cnstiano: non e un rinriovamento di ardore cristiano « contro di essi; anzi non e raeno antiebraico che anticristiano. « Fer- miamoci un momento sopra questo principio della sua osservazione: ed osserviamo quanti equivoci e confusioni d'idee covino soito quest' apparentemente semplici ed innocue poche parole. Prima di tutto quel suo: Un' osservazione! Una sola osservazione! tradisce il ciarlalano pa rla men tare; che volendo sempre parlare, parlare e parlare, per paura di non essere lasciato parlare, seduce le indocili orecchie colla promessa di Una sola osservazione. Ma lasciamo questo: e vcniamo al nostro proposito. Si presuppone infatti qui dal Bonghi fin dal principio che, come •parrebbe, I'antisemitismo e cosa tutta cristiana. Laddove invece non solo pare ma si sa e si vede da tutii che esso Qorisce ora appunto soltanto nei paesi non cattolici, turchi cioe, scismatici o protestanti. Dove non gia

10 spirito cristiano ma 1'umano ed anzi il diabolico della vendetta, del- 1'ira, della cupidigia, del liberalismo in somma e della rivoluzione eccita quelle violente persecuzioni ed ingiuste oppressioni degli ebrei che lo spi- rito cristiano e la Chiesa sempre impedirono e condannarono. Ed avendo qui il Bonghi almeno mitigata la cosa con un come parrebbe: subito dopo vi soslituisce la palloitola parlamentare del come e. Dice infatti che I'antisemitismo non e un rinnovamento di ardore cristiano contro di essi: come se non gia soltanto piu paresse ma fosse vero che per ardore cristiano si fissero realmente in altri tempi vessati gli ebrei. I qu;ili invece quando furono vessiti, sempre lo furono per ardore tut- t'altro che cristiano. Finendo poi quel suo prirao periodo aggiun^e che anzi I'antisemitismo non e meno antiebraico che anticristiano t volendo dire che i persecutor! violent! degli ebrei se non tutti almeno alcuui (cioe queW ordine in ispecie di persons toccato dal Bonghi piu sopra) li perseguitano ora collo scopo di perseguitare insieme e combat- b-re con essi anche il cristianesimo. Dove direbbe il vero quando inteodes.se dire che essendo, siccome e, ranlisemitisrao cosa anticristiana mossa da spirito e da ardore anticristiano, e bun naturale che sia quello che e, cioe anticristiano non meno che antiebraico. Ma avendo egli invece gia detto e ripetuto poc'anzi che I'antisemitismo non solo pare ma e tutto cristiano, resta che anche in questa apparentemente innocua pa ro let la covi un altro suo equivoco ed errore. II qu-ile si dichiara da lui nel periodo con cui segue la sua osservazione. Dove dice che : « tra le molte opposizioni le « quali lacerano lo spirito moderno, ve ne ha una e non la piu temibile, « ma neanche la meno profooda, contro 1' Iddio Semita. » E qui tutto

11 equivoco consiste in quel Dio Semita. ^jiacche egli dice il vero se per

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••Ifiti anehe come -nza per6 ch«- il 'lumm.i if«-lla Trinita

ora P, riv.-l.it.) a tutti e a lutti pro," - artirolo

If. In tal senso e vvrissimo elm (jiit-i i>re*>-nti fttcer/iti \\

Bonxlii nel loro spin' to moderno daU'anticris! e vivono satanicamentf M\'ojypoaistionea Dio; siccome combatlono il oostro Uno eTriuo cosi necessariaraenle anche debnono combat ten* quHio stesso Dio Uno degli antichi ehrei. Ma se invece per Dio Semita i) H

i If «|iif! Dio falso d' Ha moilcrna Sinagoga, la qu.ilf professa di cr»- in Dio Uno soltanto per opposizione al Trino, hlsandone cosi ed anzi negandone la oatura e 1'essenza; allora e falso che quei poveri lacerati (come egli li diiama) si oppongano al Dio Semita. II quale anzi nella sua qualiia di Dio f.ilso e non esistente essi debbono difendere e venerare. Come poi possa il Booghi in quel suo periodo dire che I' opposizione a Dio (che egli chiama equivocamente Dio semitu] la quale lacera or a lo spirito moderno, sia tuti'insieme una delle piii profonde e, ci6 no- Dostante, una deile meno temtbili opposizioni, ci6 lo capira lui: part-ndo a noi mollo inintelligibile. E stabilito cosi questo suo equivoco tra il Dio vero ed il Dio f;ilso, segue il Borighi dicendo che « bisogna salvare ormai « noi Ariani poiche ariane sono le naziooi civili di Europa dalPinculjo « di cotesto Iddio nato tra le tribii arabe nell' intinilo dei deserli che pesa « sulle ali nostre e le irapedisce dal prendere 1' ultimo volo e dul porre « 1'uomo piii alto che cotesto Id lio non sia stato raai. Cosi dicono. » D >ve evidetitemente il Bonghi, per la bocca di cotesti empii e raoderui hicerati, parla del Dio vero dell'autica Sinagoga e del regnante cristianesimo. Al quale soltanto e non al Dio falso del moderno ebraismo si oppongoao i lacerati. E soguendo a parlare di bocca sua: « Del Dio Seoiiia («! 66, * cioe, come inlende dire, del Dio Biblico e vero) T ebraismo non solo « e alirettanto colpevole che il Cristianesimo; ma piii; perche glie I hi « dato. » Equivocando sempre al suo solito. Giacche 1' ebraismo presenle, conlro cui solo vigorisce 1'Antiseraitismo, non solo non ha dato ma sta sempre peril liosamente negando al Cristianesimo il vero Dio Semita. « La guerra (segue il Bonghi) contro quello quindi e non un preludio « ma raccooipagnamento delta guerra contro questo. » Col quale questo e quello, con arruffalo stile, il B -nghi intense dire che la guerra dai moderni lacerati ora combattuta contro questo Dio vero dell1 antica Si- nagoga e del regnante Cristianesimo 6 appunto quella stessa guerra che essi combattono parimente contro quello falso Dio della molerna Sina- goga: il quale essi anzi difendono ed adorauo appunto perch6 falso. Egli non intese cerUimente dire tutte queste corbellerie: che anzi intese fare una sua profonda osservazione. Ma essemlo partito dal falsamenle pre- supposto priocipio che gli ebrei Rabbinici present! sono in legge, culto,

CKO.NACA

domma e morale gli el ni Mrsaici di prima, e naturale che tirando da fa! si principii piii false conseguenze ahbia dovuto spropositare credendo di fare sue nuove, proprie e profonde osservagioni.

Tacciamo molte alire volgari ossmazioni che ciascuno del n-sto pu6 da se fare sofra quegli allri tanti incisi dei cilaii period! B(>n- ghiani, che ne meriterebbero qualcuna. Come per esempio dove dice che « ariane sono le nazioni civili di Europa » : non accorgendosi che non essendo ariani i Semiti, egli viene con ci6 stesso senz'accorgerjwne a dichiararli incivili ; mentre invece in tutto 1'articolo tende a racco- mandarceli come civilissimi. £ cosl parimente dove sentenzia che « noi « siamo ariani » e tuttavia « siamo sotlo 1'ineubo del Dio Semita il « quale pesa sulle ali nostre e le impedisce dal prendere I1 ultimo volo » verso il cielo ariano del Bonghi. Or come e nato quesio fenomeno di un Semita incivile che segue da tanto tempo a pesare sulle ali di Mti gh ariani civiU? E donde pigli6 questo Semita quel peso che tanto pesa sopra le ali dell1 Ariano Bonghi? II Bonghi ci dipanera questa sua ma- tassa nel suo sempre futuro articolo sopra Gli ebrei d" Unghiria : Tisza Eszlar 1*.

Piultosto ci giova era qui in fine dipanare un1 altrui volgare matassa. La quale consiste nella difficoltache moliiora trovano nell'intendere come accada che, lad Jove dall'un bio probabilmente si assevera che masso- neria ed ebraismo paiono la stessa cosa anticristiana, dall'altro lato poi anche si trovi che la massoneria e, ostile al cristianesimo non meno che al mosaismo. Dove s'impaniano anche alcuni ebrei ; siccome ci sovviene aver letto in alcuni loro giornali ufficiali. I quali vedendo che i cosi ora detti liberali, dali' un lato osteggiano il Yecchio non meno che il Nuovo Testamento e Muse non meno di Gristo, e daH'altro lato da per tutto difendono ed emancipano gli ebrei, non capiscono piii niente e perci6 diffiJano dei Liberali. Al quale proposito anche leggemmo tesie in un git male rabbinico una pia ammonizione ai giudioli lettori, di non fare troppo a fidanza con certi loro moderni protettori increduli e democratic!. E ci6 perche (diceva 1' ammonitore) anche il loro patriarca Voltaire scrisse contro gli tbrei non meno atrocemente che contro i cristiani. II che accade e si spiega per la gia si ripetuta ragione dell'essenziale contra Jizione che passa tra 1'antico mosaico ed il presenle rabbinico ebraismo. Quei libe- rali infatti, massoni e liberi pensatori che combattono 1'ebraismo non com- battono gia questo ebraismo moderno empio e rabbinico, ma 1'antico santo e mosaico. Qaelli poi che dappertutto ora difendono contro i cristiani e proteggono ed emancipano gli ebrei, loro unendosi fraternamente nella guerra anticristiana, non difendono gia 1'antico santo e mosaico ebraismo, ma il moderno empio e rabbinico. E cosl anche il Voltaire, mentre era una cosa sola colla Sinagoga presente empia, rabbinica ed anticristiana, fino ad essersene appropriate quel titolo d'/w/aweche egli dava ebrai-

COMTEK!

ni.' a O 10 appunto nei loro litri l'In-

<'.-cioe l'lm])if:tlo' oomlnlli'va anrl. •• e d' accordo colla ,

'•• Sinagnga r.iMiinira, I'antica mosaica. Non vi e dun-jue ri, vi e anzi ni'ct'.s>iia che &\ trovino ora d' accordo Ebrei e Framim ndl'odio e nella guerra al Cristianesimo ed al Mosaismo: che snno una

Si sa iiihtti ch'1, come dice sant'Agoslino nel Capo XII! libro delle Kitraiuzioni: res >c nunc Christiana reliyi'> nnn-

itur, erat et apud antiques, nee defuit ab initio generis humani. £ pereio, siecome dall' uo lato e ora comunemente saputo da tutti che tanto il massonismo quaulo 1'ebraismo sono essenzialmente anticristiani, cos) dall'allro lato e aoche certo e nolo che I'autico mosaismo ed il pro- sente crisiianesimo sono una cosa sola. Donde naturalmenle e lirapi la- mente si deduce che quando i liherali ed i inassoni osteggiano 1' ebraismo intendono 1' aulico mosaico e crisliano e non il moderno rabbinico, che e aoiimstiano non meno che anliraosaico. II quale moderno rabbinico ed anticrisliano ebraismo cssendo cominciato lino dai tempi di Cristo ed avendo d'allora a noi sempre continualo nella sua malignante e peril ia natura, che si vede essere anche quella del liberalismo massonico, si ren Je quinci sempre piii probabile che il massonismo non sia poi infine ahro che U Cabala rabbinica anticristiana. E ci6 si pu6 divinare anche sol- lanto da questo: che tulta la Cabala massonico-ebraica non congiura propriamente coniro il noroe di Dio ma centre quello di Gesii Cristo. E ci6 sia perche sul nome di Dio si pu6, come vedemmo, equivocare; sia perche il nome di Dio, secondo la scuola deH'Opportunisnio, si dee almeno per prudenza rispeltare. L'Ateismo infatti a molti anche cattivi ripugna. Laddove invece un Deismo o Teismo qualsiasi si pu6 da ogni anche Mas- sone e Rabbino tollerare. Ma il sanlo Nome di Gesii Cristo e al Diavulo come ai Rabbini ed ai Massoni intollerabile. 11 che fu profelato da (i >u Cristo prenunziante ai suoi che (MATTEO, X, 22j Eritis odio omnibus Propter Nomen Mcum: e (XXIV: (J) Eritis odto omnibus gentilus Propter Nomen Meum: e (MARCO, X1I1, 13) Eritis odio omnibus Propter Nomen Meum: e (LucA, 12): Persequentur vos Propter Nomen Meum: (17) Eritis odio omnibus Propter Nomen Meum: e (Giov., XV, 20-21) Vos persequentur Propter Nomen Meum. Cosicche questa profezia della guerra al Nome di Gesii si trova essere la piu ripetuta colle slesse pa- role da Gesii Cristo stesso. Donde pu6 inferirsi che il mezzo piu certo che Ebrei, Massoni ed Anticlerical! avrebbero (in d'ora in mano per provare falso Crislo ed il Vangelo, sarebbe quello di convertirsi subito tutti, prima del tempo profelato, al Vangelo ed a Cristo.

',88 CRONACA

II.

COSE ROMANS

I. L'eco dell' Enciclica Ilumanum genus 2. II Santo Padre nello Studio dei Mo- saic! Vatican! 3. Parole delPAmbasciatore spagnuolo al Santo Padre, e ri* del Papa 4. Udienze del Santo Padre 5. La lapide di Loreto.

1. L'Enciclica Humanum genus, colla quale il Somrao Gerarca del cattolicismo ha denunziato i gravissiini pericoli che minacciano la sn- cieta" cristiana per opera della frammassoneria, ha avuto tin' eco immfnsa in lutti i paesi che da questa forrnidabile setta sono travagliati. Com' era natunlc, la stampa si e divisa in due campi: dall'un It to gli organi della massoneria, dall'altro quelli che contro 1'azione maleflca di qaesta sftta pugnano strenuamente. I primi a spgnalarsi nel dispregio e n^lla men- zogna, e diciarnolo pure nella calunnia contro 1'autorevole parola del Vicario di Gesii Cristo, sono stall i giornali tedeschi, i giornali cioe di quel paese dove la frammassnneria e piii potente, piii estesa e piii f-al- danzosa per la protezione governativa che le fa scudo e difesa. Fra quest! il piii sfrontato e il Berliner Tagtblatf, che ha preteso perfioo di con- futare I1 Enciclica. Ai tedeschi tengono dietro i giornali francesi, e si pu6 supporre con quale arroganza ne abbiano parlato. La Paix, organo di Gre'vy, si e lamentata che il Pontefice accusi la massoneria di tutti i deliui politici e sociali commessi da oltre un secolo, e, parlando dei rimedii suggeriti dal Papa, coffthiude : « Essi non faranno ne caldo, ne freddo. > In mezzo per6 al frastuono di tante calunnie e di tanti insulti si e pure levata in Francia una franca parola; parola tanto piii autorevole, in quanto e proferita da un giornale per niente araico al Papa. 11 Journal des Dtfbats scriveva infatti in un suo articolo : « & certo che il Papa, denunziando ed assalendo la frammassoneria, usa del diritto di legittima difesa. Qualunque sia stato in aim tempi lo spirito di questo vasto cumulo di associazioni diverse, qualunque ne sia ancora 1'organa- mento e la disciplina in certi paesi stranieri, e iudubitato che in Francia oggid\ la massoneria tende sempre piii a rompere ogni vincolo colla re!i- gione cristiana ed anche cclle dottrine spiritualiste. Nel 1865 la fede in un grande Architetto dell' universo figurava ancora nella formola del Grande Oriente, ed era imposta a tutte le societal massoniche; in seguito e per qualche anno le Logge che respingevano la fede in Dio vennero chiuse, addormentate (gergo massonico). Oggigiorno questo sonno e cessato. I^ogge alee e logge spiritual! stanno a fianco le une alle altre; le prime per6 guadagnano terreno sulle seconde. I frammassoni sono ben lontani d il fab! ricare cattedrali ; se Leone XIII si commove per questi progi

CON

:no, se raccon) i.-rii <li t tani

ed anleporre il 'J ^:o C

i tli San Yinceuzo de' Panli, se esorta i kdrli a soccorrere

l»>i pr-)l»'tarii, a radunan.' gli np.-rai sotlo gli auspi/.i

e il patronatj d«-i \Ysi-ovi m-llr* 111.- delle core .r.i/i --ni adatte ai bisogoi

tempo presenle, se egli formola questi consigli e da quesli ordini, resla sirrtiani»-iite nella siu cerchia di Capo dHIa Chiesa. Per lii.isimarlo di us:tre uo simile Imguaggio ed accusarlo di oltrepassare i liraiti delle sue aitriliu/iuni e dei suoi diritti,ci vorrebbeun tratto siugolare d'iniolle- ranza. » Owsio fe un parlare onesto. E quests onesta naturale avrebbero dovuto imitare i giornali liberali e massonici d' Italia, progressist!, muderati e reputtblicani: invece han preferito gl' insuhi piii slomachevoli e piu

.r(vriati; come ne fanno fede il Diritto, la Gazzetta del Popolo, la liassegna, e il Fascio, per tacere degli altri. Al primo comparire delta Knciclica i giornali italiani parea volessero non pirlarae afTatto, o almeno parlarne in guisa da noa tradire 1'odio del quale sono animati contro il Papato; ma poi, come se avessero ricevuto una parola d'ordine, tulti a un tratto ruppero il forzato silenzio. N6 poteva essere alirimenti; imje- rocch6 si traltava di cosa alia quale 6 legato tutto il sistema politico e sociale inaugurato in It-ilia dopo la sua uniflcazione. Di fatto, come os- scrva la National Zeitung, « il principale punto di appoggio dell1 Italia ofTkiale si trova nelle logge massoniche. » La memoranda Enciclica ft venuta dunque in buon punto a sfaiare le bieche arii delle sette, e a dismgannare i sedotti: essa per tutti coloro che furono ingaonati ^ un vali'Io e si euro ausiliare a scuotere dal loro collo il giogo oppressive ed umiliaute della Massoneria. II Grande Oriente di Roma scrisse conlro I1 Enciclica stessa una Circolare, indirizzata a tutte le G-randi Potenee d'-lla famiglia Massonica Universale, e questa Gircolare viene ora ri- poriala oe'fogli e aflissa alle muraglie. Ma agli argoraenli del sapien- tissirao Papa, essa non oppone che ingiurie, bestemmie e frasi rebut- t-inti, prive di senso. Che cosa conchiuderne, salvo queslo, che la Mas- soueria iialiana fe discesa molto in basso?

2. In quella che il Santo Padre si & posto a rompere le fila della v.isii rete massonica in cui 6 tuito ravvolto il mondo odierno, ingag- giando con la mala setla una lotta gigantesca, non tralascia di provvedere air uicrtMii-nto e al lustro delle belle arli. Di che ci basti cilare il fatto della sua visita allo Studio dei mosaic*. II giorno 24 iufatti del p. p.

i !'-va egli in quello Studio, ed entrava nella grande Corcia, come

l,i .'luain ino, ristaurata a sue spese sotto la direzione di monsignor Luigi

Fior iiii, econom) della fabbrica vaticana. Dopo avere ammirato i pre-

lavori di mosaico, esposti nello studio, giunto nella grande Corsia

per consiierare a suo bell* agio e minutamente gli eseguiti

risiuuri, i quali nella loro sempliciti conveniente e lutia appropriala

CRONACA

all' uso di quei locali, sono in pari tempo arrmirabili per nobile eleganza !;j bellezza. Perche 1'impiantito della Corsla, che prima era di rozzi matlr.ni, e stato ora soslituito da un marmoreo pa\imerito con bel th- segno di linee e riquadrature. Nel mezzo di esso spiccano i gigli e la Stella component! lo stemma di casa Pecci. La volta e le pareti son decorate di leggiadri scompartimenti a chiaroscuro di bellissimo effetto. Nel centro della parete destra campeggia sopra un' elegante mensola il busto marmrreo del regnante Pontefice, nel quale non sai qual cosa piu sia degna di lode, se il magistero dell'arte ovvero il caldo affetto onJe fu condolto da quell' egregio scultore che e il commendatore (ialli. VI busto poi gareggi^no la maesta imponente e la sovrana digniti colh perfetta rassomiglianza all'augusto originale. Al disotto della marmorea efllgie del Pontefice, incisa in marmo bianco con cornice di poria-santa, lejgesi quest' aurea epigrafe dettata dall'insigne latinista P. Tongicrgi d. C. d. G.

LEO PONTIFEX MAXIMUS

CONCLAVE ANTEA INORNATUM

PARIETIBUS ET FORNICE EXCULT1S

PA VI Mf. MO MARMORIBUS STRATO

OPERIBUS MUSIVORUM ADSERVAND1S ADDIXIT

ANNO CHR. MDCCCLXXXIII SACR. PRINC. VI

ALOISIO FIORAM ANTIST. URB. CURATORE OPER. VATICANOR.

II Santo Padre si degr,6 manifestare airillustrissimo monsignor Fio- rani la sua piena soddisfazione per siffatti restauri. Poscia si rec6 alia contigua Cortlx per osservare i fac-simile in grandi cartoni colorati secondo 1' originale del celeberrimo mosaico dell'abside lateranense che, scomposto a cagione dei restauri di quella Basilica, ora e quasi com- piutamente rimesso al suo luogo per opera dei valenti artisti addelii allo Studio Vaticano dei mosaici. E qui il signer commendatore Vespignani con pari chiarezza e precisione espose al Santo Padre, come e con qua! metodo quel monumentale mosaico fosse stale scomposto, e quindi nel- 1' identica guisa di prima ricollocato nella nuova abside da quegli egregi artisti, e specialrnente dal signer Bornia, il quale si ebbe dal Santo Padre i piu amorevoli elogi.

E nell' ammettere al bacio del piede tutti quegli artisti, Sua Santiia encomi6 con parole nobilissime lo Studio Vaticano dei mosaici, ricor- dando opportunamente come il valentissimo artista romano, signer Pog- gesi, che appartiene allo Studio Vaticano, richiesto dal Governo francese per eseguire dei grandiosi lavori in mosaico a Parigi, sia fatto segno alle piii belle dimostrazioiii di stima e d' affetto. 11 che ridonda, conchiuse il Santo Padre, a somraa lode di tutti i ccmponenli lo Studio Vaticano. K noi ci permettiamo di aggiungere, che ci6 ridonda a somma ed im-

NBA »'»!

dei Rormni PonUM lie arti

il \ itir.ino, Irmii'i s.jpulo conservare ed aumentare questo i< no relaggio dell'arte romani, i! Mosaico, e fame il vanto ed il pri-

d.-UVtiTiia GiltA.

3. In mezzo alle debolnzje e alle defezioni onde oggidl Govern! e Principi araareggiano il cuore paterno del Vicario di Gest'i Grislo, e consular) te il vedere che oon mancano esempii di fedelli e di devozione i quali ne rinfrancano 1'animo contrislato ed abballuto. Ui quesli esempii ci gode 1'animo il dire che parecchi vengono da quella nazione catlo- tica per eccdlenza, che £ la Spagna. Toccammo gia a suo tempo drlla solenne udienza nella quale S. E. il signor Marchese di Molins, nuovo ambascialore e degno interprete dei sent-menli di S. M. Caltolica presso la Santa Sede, present6 al Sommo Ponteflce le sue lettere credenziali. Ora i giornali spagnuoli ci recano il testo del discorso pronunziato in qu--l- 1'occasione dal nobile ambascialore e la risposta della Santila Sua. \\ riproduciamo ambedup, perch6 il roondo conosca qual linguaggio d- lenere un ambasciatore che rappresenta presso il Vicario di Gesii Crislo un Sovraoo ed una nazione catlolica, e quali sensi si annidino nel cuore di un Pontefice. Ecco le parole nobilissime del Marchese di Molins.

« Bealissimo Padre.

« V'lla mia gia lunga vita non ho rrni cons^guito onore piii eccelsn, n6 provato commozione piu profonda di quella che ora sento nel pre- seniare a V. S. Vicario di Gristo, Successore di Pietro, Capo veoerato di tanti milioni di caitolici, la leltera che mi accre lita come ambasria- I'-re di D. Alfonso XII, del Principe che antepone a tulti i suoi gloriosi tit >li quello di Re Gattolico, degno Sovrano del popolo che per tre volte ha salvato I'Europa dalle scorrt-rie degli infedeli: nelle Navas, sotto Alfonso VIII, nel Salado, sotto Alfonso XI, a Lepanto, inflne, segueu lo il benedetto vessillo del santo Pio V.

« A quesli ricordi storici e litoli eredilarii nnisce il mio Sovrano motivi personali di affetto fil ale. Esso fu preseotato al fonle della Grazia dal Successore di Pie'ro; Ksso ricevelie da S. S. Pio IX il pane degli Angeli; Esso iofme fu sotto questo stesso soglio confermato dal glorioso Predecessore di V. S. nella fede de' suoi ma^giori.

« Non deve quindi recar meraviglia 1'insislente premura con cui il mio auguslo Sovrano mi ha incaricaiodi conservare e reslringere, se 6 possibil**, le filiuli relazioni che uniscono il lie, il Governo e il popolo spa- gnuolo colla &'de Apostolica e mollo piu vivaroenle colla Santita Vosti <, i,i cui s^pieozi e ftTint'/.za sono guida e consolazione di tutta la crisliaiiita.

« Per quanto grave ed onorevole sia t|ii.'>t:» impresa per le d< •!« li mie for/.»»; nondimcno io I' ho a ••••••it-it.i, l{.-aiissimo Padre, ponendo la

mia fiducia io l)in, e fi Icnit* "Hi benevolenza della Sanlita Voslra

','.).> cnoiucA

avra maggior riguardo alia gran lezza del desiderio che alia piccolezza del soggetto. »

II Santo Padre rispose:

« Riceviamo con piena soddisfazione per le di Lei mani le lettere die La accredhano quale Ambasciatore straordinario presso la Sede Aposlolica. Amichfvoli e corJiali relazioni e particolari vincoli di con- coHia hunno esisiilo in passato tra la nobile Nazione Spagnuola e questa Santa Sede, la quale si e. compiaciuta portare alia Nazione medesima gr.iiidissimo amore, e prendore il piii vivo interes.se alia sua prospcrita ed aila sua gloria; e da sua pane la Spagna, fino oel profondo delle sue visrere eminentemente cattloHca, le mostr6 in naille guise la sua devo/ione e il suo ossequio.

« Noi stessi in ogni occasione che ci si offerse in questi anni del nostro Pontificato, abbiamo dato alia Spagna altestati non duhbi del nostro specialissimo affetto; e ne ricevemrao in ricambio dimostrazioni di devoto atlaccaraento sia per parte del Diletiissimo Nostro Figlio il Re Alfonso, sia per parte delFintiero popolo spagnuolo.

« Queste buone disposizioni reciproche rendono, signer Arabasciatore, piii facile a lei il c6mpito della sua alta missione, dalla quale ci ripro- m< ttiamo i piii felici risultati. Essa varra, ne siam certi, a stringere viepiu i legami di amicizia e di unione tra la Santa Sede e la Spagna, a tutela e ad incremento degli interessi religiosi, unico scopo a cui in- tende la Chiesa Cattolica nelle sue relazioni con i varii Stati.

« Del resto le egregieed eminenti qualita, di cui, signer Ambasciatore, Noi ben sappiamo essere Ella fornita, contribuiranno non poco a raggiun- gere questo degno scopo, il quale, se favorisce la Relit'ione e la Ghiesa, non meno altresl largamente ridonda a vantaggio della Nazione spagnuola> 4. L' opera indefessa dell' instancabile Pontefice non si limita solaraente a provvedere ai grandi bisngni della cristianita e a sostenere le lotte che con tanto coraggio ha ingoggiate contro i nemici di Dio occulli e palesi, ma anche nell' accogliere quanti a Lui ricorrono per averne conforti e in- coraggiamenti in questi giorni di raffinate perfidie e di satanica malizia. La mattina del 26 p. p. riceveva in privata udienza 1'illmo e revrao monsignor Dunajevvski, vescovo di Cracovia in Polonia. La Polonia ha gran bisogno, oggi piii che mai, dei conforii del Santo Padre; oggi, di- cianio, che la persecuzione dello scisma, anzichfe rallentare, raddoppia; oggi che le si vuol togliere perfino ogni vestigio di nazionalita e si me'lita la totale distruzione di quest' antico e valoroso baluardo della cristia- nita. II 27, il Santo Padre celebrava, secondo il consueto, la Messa nella sua Cappella segreta alia presenza di varie rapguardevoli famiglie it;ili.ine e straniere. Durante la messa il Santo Padre impartiva alle medesime la santa comunione. AHre udienze accordava pure il Santo Padre al \V- scovo di Pistoia, a quel di Secovia nella Stiria, a Mousignor Cavicchioni

s'ato apostoliro »'d in\ rdinario presso le Kt-put.Mirhr drl

P8 e Holivia, ,-r S. K. il Dmior 1). Aniplo Maria Arroyo at- t»' dell'AsM'mhlea legKlaiiva e •!»•! Cnusi^lm di St.ilo della \\> pubMica di Guatimala, ed ora accredilato inviaio siranrdinai. nisiro |>l''!ii|><>t'n/iario presso la S:in!:t Sede, ad una deputazione di ', tiiii-^o ID I»\ tiQalmente a un gran numero di fedeli italiani e

stranieri venuli in Roma p»>r fargli omaggio e riceverne il conforto della sua parola e della sua Apostolica Benelizione.

Vmpieta erf see in Italia, come dappertultn, di baldanza e di for/*.

poiuto vedere nel fatto della Lapide di Loreto. In qudla cilta, che si reca a grande onore e ventura di posseJere la Casa che fu paradise in terra, e dove la Ver^ine benedeita si ebb? 1'angelico saluto di plena d'ogoi grazia, si voleva apporre nientemeno che nella Santa Casa ce- desima un'epigrafe quanto empia altrettanto ofTensiva alia Tede dei cri- stiani. L'epigrafe, dettata dal Cavallotti, per rammentare le geste del cosl detto Eroe dei due mondi diceva:

LORETO

NOTO A! DUE MONDI PER I MIRACOLI DELLA SUPERSTIZIONE

QUI

CON AFFETTO CON ORGOGLIO ITALIANO

SCRIVE IL TITO NOME

0 GARIBALDI

0 LIBRRATORE

CHE TEKKIBILE E BUONO

AI DUE MONDI PORTAVI

I MIRACOLI DELL'AMO-E AHMATO APRILE MDCCCLXXXIV.

Monsignor Vescovo di Loreto protest6; e come fare altriraenti trattandosi di cosa che gravemente feriva il sentimento religioso non pur dei cat- toliri italiani, ma dei cattolici di tutto il mondo? Alle energiche e le- gittime proteste di monsignor Vescovo tenne dietro il divieto del Pre- fftto, divieto accompagnato da giusiiflcazioni, che tornano a disonnre di coloro i quali non hanno il coraggio di opporsi apertamente alle follie degli sbaitezzati. Imperocche, invece di confessare che 1' epigrafe era un'empieia ed un insulin ai crisiiani di lull/) il mondo, si sono apprllati al basso istinto del guadagno materiale, asserendo che se quella sacri- lega e indecente epigraTe fosse stata messa a posto, sarebbero cessati i proventi maggiori della citta. ID venia noi crediamo, che nessun < 1- traggio maggiore si potrehbe fare a Loreto di quello che, con faccia ' trMa, le fanno i giornali governativi, sostenendo la necessila di impedire quell' epigrafe, come quella rhe nocerebbe agli inlercssi ms- t n.iii drlla citta. Un Governo che non ha il coraggio di difendere il

CROXAC1

fatto proprio e far tarere gli ollraggi <li r.-rta gente che cnnfon<lono nHlo

iso oJio 1'aliaree il trono, e un Governo condannato. II deputato < vallotii, 1'auiore dell' epigrafe,, ne vuol fare argomenlo di un' inter; lanza al iMinistro: vi sara una recrudescenza alia Camera di bestemmie da parte dei radical!, e di scempiaggini da parte del Governo; ma la epigrafe non sara posla; perchfc al Governo italiano non place apparire prosso gli altri Govern! complice del pirlilo radicle nella guerra contro la n-ligione. II lato poi ridicolo in quesio a f Tare e rappresentato da Fran- cesco Crispi: Ecce ittrtttn Grispinus. E dove non entra il Cnspi oggidi? Crispi in Parlaraenlo, Grispi nella Pentarchia, Grispi Del foro, Crispi all'Istituto slorico, Grispi a Palermo, a Napoli, a Roma, a Firenze, a Torino; e 1'uomo che s'e fatto tutto a tutti. Gi volea dunque Grispi a Loreto, se non in persons, alraeno per leltera. E in difesa d>-lla f.jmosa epigrafe del Gavallotti, e a sfregio della Religione degl'iialiani egli scriveva una lettera nella quale non si sa qual sia piii sfacciata, se 1' empieta o la cinica baldanza. II trigamo osava parlare in quella sua lettera di morale e di coscienza, e per soprappiii umiliare il popolo palermitano per la sua devozione a S. Rosalia ! Noi speriamo che 1' egregia Sicilia Cattolica vorra sfatare il greco-albanese e vendicare la cattolica Palermo, dove per certo le niente benevole frasi stampate dal Grispi intorno la Grande e Venerata Patrona non-giovarono e non gioveranno all'auiace autore.

III.

COSE ITALIANE

I. Li csposizione di Torino 2. convenzioni ferroviarie 3. Condizioni dei Comuni iialiani 4. Le agiiazioni penta -chiche e i fasti dell' irredenlismo 5. Marasmo e disgusto 6. Le ullime elezioni 7. L-1 fcste di Pompci, 1'inau- gurazione del Canale Villorcsi, e della Sociela Universitaria Cattolica in Napoli 8. I reduci al Gianicolo 9. Movim^nto commerciale e slatistiehe 10. Morle avvpnuta in Chieri del P. Francesco Pellico d. C. d. G.

1. II fatlo di maggiore rilievo, che da parecchi giorni ha dato tanto da parlare ai giornali, e messo in vena i poeti della novella scuola, fc YEspo- sizione di Torino inaugurata il 26 del passato aprile dai Sovrani d' Italia, con intervento di tntla la famiglia reale, del corpo diplomatico e di tutti i grandi e piccoli dignitarii dello Stato. L' inaugurazione non riusci ne splendiJa, ne imponente, come si desiderava, perche la pioggia, che veniva giii a secchie, converll in una v»»ra pozza il vasto piazzale che e davanti 1'ingresso, e tolse alia festa del lavoro, come la chiamano i suoi panegiristi, quel gaio aspetto che gioconda lo sguardo degli spettatori. D'altra parte i lavori er<«no abbastanza inlietro, nonoslante la buona volonta e le migliaia di braccia adoperate per mettere tutto all' ordine in tempo. Cosi il Gorso Massimo d'A/.eglio, che da accesso alia porta

;iiu«'|,« int. TIM- ilrlla movira da fare, e i •'. I.' iniugnra/i"iir j«-r ragion drlh t

B niill,i il: (•••ll.t. l/arrivo di-l re I'm

a faN in f"ima solemn, ma il r«- ricuso ogui pompa ulliciale, e

dalla sta/innc alia r^u'ia n'anli) in IWILH a mi niiL'i.lo di ^uanln- \"

siue in bnrghese e di carabinieri. II che disgust6 grandemente il popolo,

sempre facile a prorompen- in entnsia.srai. Tre discorsi furono pronuu-

ciaii all'aperlura <Mla niostra; 1'uno lungo del principe Amedeo, pre-

ir '!••! (lomitato generate, 1'aliro piu lungo dell'onorevole Tommaso

Vil! 'iite del Coroitato esecutivo, e il terzo lunghissimo di UT-

nardiao (irimaldi, rainistro di agricoliura e commercio. Nessuno par!6

di Din! Clu- oe avessero taniuto il Villa e il Griroaldi, Tinlendiamo: ma

che si fosse aslenulo d'invocarlo un Principe di Cusa Savuia, questo e

' per tulti argomeuto di altissimo stupore. Beo per6 suppll al diMio

il ministro germanico Keudell, il quale al soleone baochetlo, ollre al parlar

delta l'ro\ vnlrii/a, disse che Thalia dovea il suo essere di nazione civile

a quella nl/tfione mondial*, che venne a pigliare oel mondo il posto del-

1' impero romano. Qnale onta per il Governo di una nazione caltolica di

sentir dire queste cose dal labbro del rappresenlante di un Govero luic-

rano! I panegiristi della mostra lorinese, affermarono che Torino ha vinlo

\! lano; distinguiamo: in ispiriio rivoluziouario rerlament*', in tim'altro

resia ancora a prov^rsi. (jut'sto a noi pare evideute: che a Milano si cerc6

di escludere dalla rooslra la politica; e ci6 piac'jue a tulti, agl'iialiani

come agli stranieri; a Torino invece non si e avuto in vista che la poliiica,

la quale si 6 faiia entrare fin nei pii minuti accessorii della Esposizione; e

ci6 ha nociulo aU'efMto che si volea produrre. 11 tempo dira se ci siarao

ingannati ; quel che fin d'ora possiamo afferraare e, che i Milanesi s'hanno

avuto a male il giudizio poco favorevole dato alia loro mostra e la prefe-

renza partigiana e da campanile accordata a priori a 1!' Esposizione tori-

'I* ncliiudiamo: «s stato male malissimo 1'aver cacciato dentro i

padiglioni della mostra la poliiica; pt-rchfe Thalia in quella mostra giuoca

una gran carta e Torino il suo crediio. Aziouisti ed espositori giuucano

danari e riputaziooe, tutti corrono un grande rischio.

2. L'n progetto importantissimo da discutere 6 stato presenlato alia

Camera, quello delle Convenzioni ffrroviarie. Quando iufatii il 1'arla-

mento riuscisse a risolvere finalicente questo problems, farebbe cosa uti-

:na al paese, e sarebbe non picciol vanto per esso e pel MinisU-ro

1'aver dato uno stabile ordinamento alle ferrovie, dope dieci anni che

la questione e posta, e che vassi di provvisorio in prowisorio. Infatti

il primo progetto del deputato Spaventa pel riscatto ed appalto delle

lionali e Humane porta la data del 2 maggio 1874! In queslo lungo

int* rvallo di tempo quanli clamori, quante lagnan/.--, ijuanti danni allo

non meno che al pubblico, i quali, andando avanli gionio [>[•

CRONACA

gi inn a furia di ripieghi, ci rimettevano lutti e due. Pur aiuto di coloro che leggooo solianto la Civiltd Cattolica, diciamo ora di che cosa si tratti. II problems, cho fra non guari sara prrsnilato a ri- solvere in Parlamenlo e questo: Le ferrovie italiane delibonsi afMire all* industria privata, ovvero all'esercizio governativo? V ha chi e pro- penso a quest1 ultimo partito, e propone il riscatto di esse come un rimedio efficacissimo a far cessare gl' inconvenient! che da anni si de- plorano coo grave scapito del commercio e dell' induslria. Altri all'op- posto e d'avviso, che a riparare questi scapiti, tra i quali e principalissirao il delerioramento delle nostre strade ferrate, si diano una volta per sempre alle Societa concessionarie, dopo una revisione delle convenzioni stipulate, stabilendo in manier.i definitiva quelle norme che i bisogni del paese dimostrarono richiedere. E dunque da au^urarsi che dalle immi- nenti discussioni della Camera sia per uscire un sistema di ordinamento delle ferrovie, che risponda al voto comune della nazione.

3. Non e gran tempo che alcuni fogli governativi pubblicarono, inor- riditi, lunghe e parti cola reggi ate informazioni di gravi abusi e disordioi scoperti nelle amministrazioni comunali di Comiso e di Spaccaforno in provincia di Siracusa, ora amministrati da delegali governativi. Quei giornali, a dir vero, si scandolezzavano per poco; poiche se si dessero a studiare I'andameuto amministralivo, non direrao di tutti, ma di una gran parte dei comuni d' Italia, quello che da loro si giudica di- sordine e abuso, dovrebbero chiamarlo stato ordinario e normale. In Sardegna, per escmpio, vi sono comuni in piena dissoluzione ed anarchia;

10 stesso in Sicilia, dove per la incapacila del siudaco e degli assessor!, un segretario comunate fa di ogni libito legge. A Vercelli fu condannato

11 sindaco di Castelletto e due suoi degni assessori alia pena di ruorte per assassinio; un altro sinJaco fu condannato per rapina ai lavori for- zati dalle Assisie di Gastelmonferrato; a Viareggio, nella provincia di Lucca, il sindaco scappo dopo avere defraudato la cassa comunale. Quant' altri fatti somiglianli potremmo addurre se i limiti impostici non eel vietassero? Si dira che queste sono piccole comunita. Crediamo per6 che scandali somiglianli dovranno tra breve lamentarsi anchc nei grossi comuni, che ora fanno a fidanza e godono 1'impunita per la protezione di qualche deputato, il qiule non guarda tanto pel sottile, pur di con- servare il seggio in Monteciiorio. Una cosa e indubitata; cioe, che i continui disordini'e le gravi esorbitauze che si riscontrano in questo o in quel comune, dimostrano che sotto la bella corteccia e la lucida vernice, onde la stampa liberale ricopre oggidl 1' Italia, v'e il verme roditore dell' abuso, dell'ingiustizia e del disordine. Chi non sa iofatti che nonostante 1'apparentee illusorio pareggio nelle finanze dello Slato, conseguito coi piii enormi sacrificii, e sottoponendo il popolo alle con- tinue e spietate vessazioni del flsco, si tr vano popolazioni smunte, po-

CONTEMFORANEA

. angarialp, pcrrho il cnmmcmo e meschiim, la-ricoltur t

i.ila 1' m luvn.-i ' A ijm-sto aKgiungJisi rlir i Comuni, <|n:il pin q a tn tn 1 1 Min iiia dcllo spreco, e non cessano dall'insensato

i'io inn;in/.i la triste e crudele realta. Intanto il (loverno perde tfc stesso e la nazione nei gorghi d' una torbida el insensata politira !

4. ft debito di chiunque tegua con occhio sgombro da passione il corso degli avveninicnli, far (Kservare 1'atteggiamenlo che ha da qnnl- cbe settimana assunto la faziooe delta dt-i iViiiarchi. Dopo le disdette piiie alia Camera, principalmente a proposito dell* eleziooe del suo

iJenie, la fazione del cinque ha sentito il bisogno di foodare un Cir- colo progressisia a Napoli; e poiche amano di fare le cose alia grande, si son mossi da Roma per dare alia ceremonia della inauguraziooe una graode solennita, non senza peraltro aggiurigrrvi, secondo 1'uso italiano, un po'di pranzo. Hanno parlato, prima di mettersi a tavola, il Cairoli, il Baccarini e il Nicoiera, il quale, dicono i suoi giornali, non avrebbe preso la parola se tutti a uoa voce non gli avessero chiesto di farlo. 1 ire discorsi sooo stati riassunti per lelegrafo, e il pubblico, ossia quel tanto di pubblico che ha tempo da perdere in quesie faccenle, ha potulo leggerli; ma e bravo davvero chi ha sapulo cavarne qualche costrutto. Hanno uua grande smania i Pentarchi di far sapere che tra loro sono lutii d' accorJo ; e non si sono per anco avveduli che niuno dubita delta loro perfetta comunanza d' idee flnche trallasi di dare il gambetto al rainisiero; ma viceversa tutti sono d'avviso che non sarebbero capaci di stare insieme otto giorni qualora dovessero governare uniti. 11 Cairoli, adoperando una delle solite frasi, e arrivato fino al punto di gridare, che non e piii nemmeno lecito dubitare della pcrfeila concordia della Penlarchia; e non si e avveduio che ha firmato in bianco una cambiale, che egli durerebbe gran fatica a scontare, se domani fosse chiamato a farmare un Gabinello. Ma il meglio e che oe il Cairoli, ne il Baccarini, ne il Nicoiera sono stati in grado di metier fuori un prograrama della loro opposizione. Si deve combal- lere il ministero Deprelis, e combattere a proposito della legge sui mi- nister!, delle convenzioni ferroviarie, della legge sulle banche; ma il perche non lo dicono. Tal e la logica dei partiti, ai quali sono sven- luralaraente abbuodonale le sorli d1 Italia. Per essi i nomi di patria, liberta, popolo, non hanno altro valore che il loro tornaconlo, ne aliro scopo che queslo: hvati tut did mi ci met to io. Quanto a noi gli uni valgono gli altri; perche gh uni e gli altri sono ugualmente nemici del I'apa e della Chiesa.

(. lie agii-izioni pentarchiche vanno di concerto quelle degl' irredentisti. Traendo occasione dal matrimonio dtlla signora Clelia Garibaldi col signor Graziadei, gli irredentisti di Trento vennero fuori, di recenle, con un indirizzo, nel quale, manifestando alia novella sposa i sensi della loro

ISerie XII. col. VI. fate. 814 10 maggio 1884

CRONACA.

simpatia ed amtnirazione, si arrogavano di parlare a nome della citta di Trento in quella guisa che ad irredentisli pu6 tornare acconcio. La pubblicazione di siflatto indirizzo ha inosso a sdegno una parte del giornalismo austriaco, e la Oesterreichischer Reichsbote, in fra altri, chiese imperiosamente al Governatore di Innsbruck se egli ne avesse avuto conoscenza. Anche le autorita municipali di Trento furono invitate a dichiarare esplicitamenie se avevano o no avuto parte qualsiasi nel- 1' indirizzo.

II Governatore non e stato a lungo silenzioso, ed ha affermato che, malgrado le piii minuziose indagini, non ha potuto scoprire se I1 indirizzo sia stato realmente scritto a Treuio, e da questa citta mandato a cui era diretto.

A sua volta il Consiglio municipale di Trento protest6 di essere del tulto estraneo ad una dimostrazione, che ha assunto il carattere di alto tradimento; ed ora sappiarao che anche il barone Giovanni Ciani, Podesta di Trento, ha ripctuto che il Municipio di quella citta, il solo cioe che avesse autorita e veste per Ore una tale manifestazione, non solo nulla ha avuto che fare coll* indirizzo di cui e parola, ma altamente deplora, che altri possa essersi Otto in capo che le autorita comunali abbiano potuto avere consapevolezza di un simile atto. Nella quale circostanza,

10 stesso egregio Podesta di Trento ha energicamente ripudialo, a nome della sua citta, qualunque connivenza o adesiooe della medesima ai piani e alle idee della cosiddetta Irredenta.

5. L' esposizione di Torino ha fatto perJere di vista Montecitorio, donde i rappresentanti della nazioue, erano scappati via, per aver agio di preo dere parle alia festa del lavoro. II giorno 24 p. p. infatti, dopo circa uu'ora di aspettazione, il presidente dt.ve ripetere, come tant'altre volte: « La Camera non e in numero ! » Alia seduta mancavano a costituire

11 numero legale 108 deputati, e a quella del giorno appresso 150. Tra i molli esempii di fiaccona che ha dato all' Italia il parlamentarismo, nes- suno pub agguagliare il presente. ft un partito preso, o e la conseguenza del discredito in cui e caduta 1'istituzione? Noi siamo d'avviso che a tutte e due queste cause debba attribuirsi la presente siluazione della Camera Italians; e diamo piena ragione al Fascio, quaiido esclama: « Nessuno crede piu all'azione parlamentare : tutii, uomini e partiti, vivono della vita giorno per giorno. La stanchezza, il disgusto, la nausea, disamorano tutti dal lavoro: I'ozio obbrobrioso, 1'inerzia piu ribuitaut'', 1' indiflerenza piii cinica, la piu inqualificabile apatia : ecco 1'ltalia d'oggi. » Pur troppo e vero! Tantae molis erat romanam coiidere gentemf

6. Le ultime elezioni nei due collegi di Perugia e di Novara riuscirono favorevoli ai candidati governativi; nel primo cioe al Lorenzini, e nel se- condo al Lamarmora ; a quello stava di fronle il Pantano, direttore del Fascio, organo della democrazia repubblicaoa, a questo il Guelpa. Questa

doppia sronfiita drlla fazione radicate 6 dfgna di essere o rche

iti dt-lla deroocrazia si present a rono agli eletlori COD bamliera spiegata. Non dissfro le solite parole generiche di riforme eco- noniiclH1, e politiche; non ripeierono i luoghi corouni a tutti i programmi eletlorali; ma i siamo contrarii all'atluale forma di goverao.

Per noi stia al Governo Depretis, o vada Crispi o Minghelli e la stem COM. Siamo radical! . Chi vola per noi, vota contro tutto un sisten; Ora queste parole furono comprese da un nmiero considerevole di elet- tor , c Pantano ebbe 3813 voli, e Guelpa 4573; loiale 8380 voti schiet- laraente radicali. Questi sono i conti che si dovrebbero fare dal Oepr e che dovrebbero impeosierire la parte irionfante.

7. Tre fatii sono accaluti in quesii uliimi giorni, che noi racconte- remo brevemente, p^rche i nostri letlori partecipino alia consolazione e alia gioia che provammo noi net leggerli. [I primo e 1'appello che 1'egregio novello periodico napoliiano intitolato: // Rosirio e la nuova Pompei, fa ai cattolici per concorrere air edificazione delta nuova Chiesa della Madonna del Kosario in Pompei, proprio suite ruine di quella vo- luttuosa e corrotta citta, sepolta dalla lava del sovrastante Vesuvio. « La Chiesa, dice il programma iM pcrioJico, gia motto avanzata nelia sua ctstruzione, sara certo uno scoglio contro cui invano insorgeranoo le tem- peste del mondo; sara una dign incrollabile che difendera il popolo di Dio da) furore delle imperversanli eresie. » Lo zelo dei cattolici napole- tani ha dato nei nervi al liberalismo. Infatii dolenti costoro che nell'an- lica Pompei trionfi la Vergine 1mm icolaia, hanno studiato il modo di ritornare Pompei all'antico paganesimo; e vogliono celebrarvi feste che richiameranno la memoria dei sacerdoti aiigustali, portanti l.i statna di Augusto, dei sacerdoti d' hide e della D a stessa, e finalmente dei sa- cerloti recanti in trioofo il gruppo di Hicco e di Venere pompeiana. II iioveroo li lascera fare; ma abbiamo flducia che la Vergine del Santo Rosario conquidera col suo piede il paganesimo rinascente.

L'altro fitto e 1' inaugurazione avvenuta il giorno 23 p. p. del (/male Villoresi in Lombar Jia, che ci piace di raccontare colle parole medesime del corrispondeute dell' Unita Cattolica di Torino.

Oggi, lunedi, ebbe luogo una delle piii memorabili solenniia, Tim* missione del Ticino nel nuovo can»le Villoresi, opera gigantesca, che cost6 8 railioni, eseguita per cura della Societa Italiana di Roma per con Inita d'acqua l'--r un canale di 83 chiloraetri spargera la fcrtilita sulla parte alia del Mil mese orientate. La festa fu solennissima e vera- mente popolare, e gli ingegneri e gli esecutori, quasi tutti Romani, mo- stravano quei mirabili cong^gni e gli sforzi delTarle. »

« Qui non manc6 la Heligione. Da un aliare eretto sopra la diga, nion- signor Air ill n-cito le preci con cui la Chiesa accompagna tulle le opcre grandi; e, dopo un edificanle eucomio all' inJusiria, diede la bene*

CRONACA

dizinne. All-ira si apersero le bocche del canale, girandrne la manov il 0 iistiniaui prineipe roraano, il presidente del Governo ticinese e Ce- sare Caniii; non vi erano rife il ministro, ne il pivfvuo.

« Al banchetto di 240 coperti nnn mancarono briudisi ed applausi a qtifst' opera veraraenle iasigoe e delle piii benefiche. NOQ manc6 un ringraziaraento all'Arcivescovo che mand6 la sua benedizione, e Ganiii rarament6 al principe Giustiniani che insieme aveano assistito, allorct^, per opera della Societa stessa, Pio IX inaugurava 1'acquedotio deiracqua Pia. Quali applausi, quanti evviva! Pochi giorni dopo il generale Gadorna bom<>ar'ava Porta Pia. »

L' ultimo fatto consolantissimo che dobbiamo registr.ire in questa no- stra Gronaca e la costituzione a Napoli, sull'esempio di Padcva, di To- rino, di Pa via, di Genova e di Roma, di una Societa universitaria cat- tolica. Essa ebbe luogo il 20 p. p. Ecco quanto riferisce a questo proposito 1'egregio nostro confratello il Giorno di Firenze.

« L'adunariza accademica fatta per inaugurare la Societa fu quanto dir si pu6 solenne e brillante. Fu tenuta ne.lla gran sala del palazzo del Principi di Arianello addobbata e splendidamente illuminala per la cir- costanza; il salone gia Qn dalle 7 di sera era afTollato di soci e d'invi- tati. Al di sopra della tribuna per gli oratori campeggiava tra serici festoni e doppieri il ritralto di san Tommaso d'Aquino, dal quale il cir- colo universitario prende notne; giacche 1'Aquinate e una gloria dell'Ateneo napoleiano che 1'ebbe a suo discepolo e professore. Inoltre quell'Ateneo, in occasione deU'Enciclica Aeterni Patris, diraostr6 la sua ammirazione al Ponteficp, aderendo all'Enciclica con un iudirizzo firmato da ben 500 studenti universitarii.

« Onoravano 1' adunanza Sua Eminenza il Gardinale Arcivescovo, il Gomra. Gapuano Rettore della R. Uuiversita, il cav. Flores preside della facolta di Filosofia e Lettere, il prof. Modestino del Gaizo valente natu- ralista, il cavaliere Giordano professore nell'Ateneo di chimica analitica Tillustre pmfessore Monsignor Talamo venuto apposiiamente da Roma, molti altri professori universitari e liceali, il fiore del patriziato e del- raristocrazia napoletana, alcuni accademici Pontoniani, vari Prelati, av- vocati, ecc. ecc.

«L'egregio giovane signor Francesco Giannastasio presidente del- FAssociazione, dopo un preludio musicale maestrevolmente eseguito dal cav. Silipigni, si rec6 alia tribuna e lesse uno stupendo discorso, interrotto spesso dagli apphusi dell'assemblea, nel qu;ile con erudizione svariata e con forma splendida, dimostrb 1'armonia che esiste tra la scienza e la fede.

« Un forbito discorso latino fu letto poi dal segretario, signor d'Amelin, rifletteute san Tommaso sludeote e professore a Napoli, e quindi naturale pairono dell'Associazione. Varie poesie furono poi declamate da varii soci meritaroente applauditi.

CONTEMPORA^

srate

\ssociazione nascent; disse sperare rhe moliissimi gio

10 solto il \I'SM|'O .li san Tommaso, gloria <i'Iulia; -i

re calunnia < IK il rnsiiam-Mmo sia nemico alia scienza e al progr

ma invece favnrirli polentementf; ricordb che la vera scienza sta n«-)la

religiooe d^U'Uomo-Dio, e rarcunari 16 iufine a tut'.a quella gioveotii di

rv unita a I S<numo Ponteflce che si saggiaruente regge la (1!.

- Fragorosi applausi coprivano le parole dell' Eminentissimo 1'rr che fu aceompunalo alia porta del ptlaz/o fra un'ovazione entusia-

I giornali liberal! per6 hanno concordemente suscitalo un allarm', come se il uernico fosse alle porte di Napoli, e tutti in coro hanno gri- dato coutro.rassociazione cattolica che ha preso il titolo di Circ.lo Univtrsitario di san Tommaso d' Aquino. Eccitati dallf stolle parole delta stampa aniicattolica gli studeoti liberali si sono dali, ccme e loro costume, a commettere disnrdini. La Gazzetta di Napoli racconta che furono afli^si nei corridoi dHlTniv«Tsiia dei maniTesti che ii.vilavano gli studenti a proteslare contro il nuovo Circolo, e nel tempo stesso a fon tare un altro circolo intilolato: Giordano Bruno. II reltore prof. Capuano, com* era naturale e di suo dovere, fece togliere quegli avvisi. Piii t. nli gli studenli in numero di due o trecento, gridando e schiamazzando, si recarono alia segreteria dell' Universita chiedendo la bandiera, con la scusa di voler fare una dimoslrazione al poeta Mario Rapisardi, ma in realta poi per protestare contro il nuovo circolo universitarin. La ban- diera anche piii logicamente fu negata, poiche lo vietavano i Re^ola- menti. (Juesta determinazione provoc6 le ire dei giovani, i quali irasce- sero a grida e flschi, e cos\ tumuliuando irrupiero nella sala ove deltava la sua lezione il prof. De Martino, ingiungendo a questi di lasciare in li- berta gli studenti, ed agli studenli di venire con loro da Mario Rapi- sardi. II Professore non asc< lio richieste, e continu6 la sua lezione. Hui allre grida, altri fischi. Non content! di questo i giovani richiesero di nuovo alia Segreteria la bandiera, ma non avendola ottenuta, abhandnna- rono I'Universila riversandosi riHla via, e pni procedettero dVHotel Ve~ save, a santa Lucia, ove ha preso stanza Mario Rapisanli. » A qi narrazione del Giorno fa mestieri aggiungere che il Rettore dell' Uni- versiia di Napoli radun6 per provvedere ai riferiti disor«1ini il Cons L- lio universitirio, e fu deliberala la chiusura dell'Atenpo. Seguirono int«T- [KlLinze nel Parlamento; ma 11 Ministro Coppino sostenne le parti drl Retlore. Mentre scriviamo, 1' Universila e naperla e le Lrutte scene con- tinuano.

8. 11 giorno 30 p. p. ebbe luogo il funerale dei morti, che furono a bella po^ta e a fare sftvgio al Papa disseppclliti a Villa 13orgh<so e a Villa Giusiiniaui per essere riseppelliti al Gianicolo. Fu scelto a tal a

CRONACA

raonia il 30 aprile, anniversario della battaglia garibaHina <1i S. Pancra/.io, 11 funeral*; fu decretato dai Reduti, presieduti dal Meuolti; e sono <jut»gli stessi che avevano aderito al pellegrinaggio monarchico alia lomba di Vittorio Emanuele: ma non and6, ne poteva andare a sangue degli aliri Reducf, capitan;iti dal Majocchi, che passano per radical! puritani, e non fanno nessuna concessione al Quirinale. Questi lasciarono i garibaldini mon-trrhici slilare da soli in processione, e rimandarono a domeoica 4 di questo mese la loro commemorazione, che fu tuna ad uso e consume dt i repubblicsni. Separates! cosl le due fazioni, quella del M^notti pubblic6 il manifesto, in cui si diceva che 1'edificio dell'unita italiana fu coronato col pellegrinaggio dello scorso gennaio al Pantheon, e dispose il tulto pel funerale.

II corteggio si form6, alle 2,30 pom., in piazza del Popolo, dove nella caserma dei carabinieri, entro tre casse, slavano i morti della festa; ed alle 3 cominci6 a sfilare per Ripetta, alia volta del Giaoicolo. Siccome i reduci del Menotti sono quirinalisti, le autorita invitate alia processione vi presero parte. e il Municipio vi mand6 guardie, musiche, e il carro mortuario di prima classe pei cadaveri dissotterrati ; un drappello di guardie municipal! precedeva, un altro seguiva; i vigili facevano la guardiu d'onore; si contavano cinque cencerti, quattordici bandiere e una testug- gine di ombrelli, pcrche, dopo la pioggia del giorno avanti, si sperava invano che il tempo si rimettesse nel pomeriggio; del resto la pioggia accresceva la mestizia della festa, e i paracqua aperti facevano parere piu copioso il nuraero dei curiosi accorsi sul passaggio della processione per istrade popolale e strette. II carro funebre era circondato da alcuni ga- ribaldini in caraicia rossa;e tra i personaggi imporhnti v'erano il Ni- cotera, Menotti Garibaldi e il generale Hang, che dirigeva la comme- morazione. — AUe quattro il carro toccava la cima del Gianicolo, dove i vigili si misero a rimuovere la lapide che copriva 1'ossario e demolire la volta che custodiva la tomba. II Bastianelli, assessore municipale, e Biagio Placidi erano la a ricevere ufficialmente le tre casse, due di zinco ed una di legno, che furono deposte sopra un palco, appisitam»'nte eretto, in aspettazione dti discorsi. 11 primo lo fece il generale Hiug; il se- condo 1'inevitabile Crispi, 1' ultimo il Chierici che disse cose non da radical*, ma da indragato contro il Papa. II Crispi questa volla par!6 chiaro, perche disse che si e tolio il governo temporale al Papa per to- gliergli anche quello delle coscienze. E lo disse in Roma dove il Governo giura e spergiura sette volte al giorno che la fede dei cattolici e rispettata con iscrupolo, e lo disse dinanzi alia rappresentanz* municipale, che, a quanto riferisce il Fracassa, applaudl anch'essa coi garibaldini presenti al discorso empio e riboccante del piii spiritato anticlericalismi. Egli ha teniato tutte le vie per salire al potere, senza mai imberciare nel segno, ed ora fd Tesperimento di blandire le passion! dei miscredenti, e Lro

ranxa che

porlera sugi 1' aureola di ero<

!i I'na volta erof. If, •• <•' <

ill'Ksposizione del Risorgimetit

no, e eollocato nel terapio di Vesta tra una ral/i <li ii;in!»:-l.li e uo cupprllo di Vitlorio Kmanuele-l

La f.-sta funebre si chiu*»> con alruni banchetti, irobanJili dai ra-li- puri e dai radic;.li misti ai proprii colleghi; in essi si fecero bn<. alia Roma tii-H'avvt'nire, e si manlarono telegrammi ad Aurelio Saffi e a Viitf'r Hugo.

I republican! maiocch'ani pob-rono all.i loro volta fare la loro com- nv monzione e piu fragorosa di quella dei rnenotliani. Cora' era giorno di domcnica cost il concorso del pubblico fu piii numeroso, sebbeoe il 30, a far gente, il Municipio avesse ordinalo che al locco e mezzo si cbiu-

> TO tutti gli ufll/.ii comunyli, e quaotunque alle k2 e mezzo si cbiu- dessero pure in tutla fretta alcuni udi^ii governativi.

!). Sicuri di far cosa gradevole ai nostri letlori vogliamo adesso riferire \c \ rincipali statisliche per noi raccolie appositamenle dai giornali nosirani idtorno al movimento commerciale italiano in generals, e ad alcuni pro- dotti agricoli in particolare. « La statistica del comm Tcio speciale di im- portazione e di esportazioae dai gennaio al 31 mar/o 1884, pubblicata ieii dalla Direzione generate dtlle gab.'lle, si riassume nelle seguenti cifro: Valore delle raerci imporiate, L. 364,439,9-22, con aumento di L. '20,482,437 in ronfronto del primo trimestre 1883; valore delle merci esporiate, lire ^);i,073,976, con aumento di lire 10,590,077 in confronto dei primi tre mesi dell' anno scorso. Le entrate doganali ascesero a lire 45,5*29,288, con diminuzioni di 2,585,782 lire in confronlo del 1883. »

Riguardo pci a cerli prodotii agricoli ecco la statistica del 1* tri- mestre 1884.

« 1. Aumento nell'entrata degli olii, dei proJotii chimici, dei colori, dei filati di lino, del cotone greggio, dei tessuli di cotone greggio, dei

iti di colon**, di lana e di seta, delle pelli gregge, dei ferri, del carbon

•*, del grano, del besiiame qu.no, dei pesci.

-. Diminuzione nell'eiitraia degli spiriti, del caffe, dello zucchero, ddle lane gregge e del riso.

« 3. Aumento nella esportazione del vino, dello spirilo, del sal marino, Mia canape, dei filati di canape, delle sele forli, dei lessuti di seta, degli stracci, i marroi, degli agrumi, degli orlaggi, del burro, delle uova.

« 4. Diminozione nell'uscita dell' olio d'oliva, dei camliti, del chiuino, dt i inobili, della carta, dei guanli, delle trecce e dei cappelli di paglia, dello zolfo, del riso, .!«•! U-stiame lx)vino e del corallo. »

I". Verso le ore 6 pom. del 29 dell'andato aprile, spirava nel bacio del Signore il Rev. 1'. Francesco 1'ellico d. C. d. (}. Nato il 12 feb-

:,!)', CHONACA

hraij 180'2 dell'onoratissima famiglia de' Pellico di Saluzzo, egli, come tuiti sauno, era fralello germano al no!>ile scriltore delle Mie Prigi «]ei Ihveri degli uomini e della Francesca di Rimini. E di Silvio Pellico sorli anche 1'anima dolce, delicata, modesta che divenne poi sem- prc piu bella per le viru'i religiose coo rara perfezione e costanza eser- citate n-lla Corapagnia di Gesii, dove entrava gia sacerdote ai 12 no- vembre 1834 e faceva la solenne professione nel 1845.

Nel 18 i8, allo sperpero della sua Provincia torinese, egli era Capo della medesiraa ; e poi fu per varii anni Assisiente del Molto Rev. P. Ge- nerale Giovanni Roothan, che lo ebbe sempre carissimo. Scrisse in di- f»-sa della Compagnia di Gesii coniro il Gioberti un libro piccolo di mole, ma prezioso, e sopratlutto cosl temperato alia piii sqnisita mitezza cri- siiana, che dicooo ne fosse tocco d1 ammirazione il Gioberii stesso. Vuol poi esser qui ricordato per debilo di fraterna e cordialissima gratitu- diiie che il P. Francesco Pellico appartenne per qualche tempo al Gol- legio degli scriltori della Civilta Cattolica, e vi port6 il tributo della sua penna.

In Ghieri, presso Torino, dove, munito di tutti i conforti della Re- ligione, morl, egli e per 1'olezzo delle sue grandi virtu, e per la sua vecchiaia, e per le sue sofferenze era in amore ed in venerazione a'do- nicstici ed estranei. Francesco Pellico lascia in noi suoi confratelli e in tuiti i buoni italiani un grande desiderio di se.

IV.

COSE STRANIERE

INGHILTERRA (Nostra corrispondenza) 1. Meschini risultali della sns- sione prlamentare. Gravi imbarazzi del Governo a causa degli affori d'Egitto. Doplorevoli conseguenze della malaitia del signer Gladstone 2. 11 nuovo bill di frauchigia. Sorte probabilmente riserbatagli 2. Disegno di riforma del Go- verno municipale di Londra. Probabilila ch'esso sia per incontrare viva opposi- zione 4. La questione degli illogjri de'poveri in L'»ndra ed allrove 5. Lutlo della Famiglia reale 6. Notizie cattoliche. Progress! della nuova univei-sila irlan- di-se. Morle del benemerito caltolico scozzese signer Monteith di Carslairs.

1. Arrivati alle ferie pasquali, i legislator! britannici hanno per breve spazh di tempo cessato di parlare, e sono tornati al loro paese natale ove avranno tutto 1'agio di rifleitere quanto poco essi fecero, salvo che in discorsi. Invero ci6 che nel fatto hanno otienuto, altro non e che 1'elezione del nuovo presidente signer Arthur Peel, ultimo figlio del gniode statista di questo nome, e 1'approvazione in seconda lettura del MI vo lilt di franrhigia da parte di un'estesa maggioranza, resa anco piii forte dall' accessione degli Home Rulers irlandesi, che in questa occasione dieder voto col Governo. Quest' ultimo, a dire il vero, e slato

vRA

to a grave e duro rimmin, n»rrhfc I'Kgitlo si £ ]p\atr> routi in L' lo ha p»rcfisso di tullr !•• !i»v I,f n.u li/n,ni

am, in (ju.-inio d.ille appami<r»' «-si«ri'.ri si pu6 fare pronnstir

(1- liniiiva, vanno ogni giorno facendosi pe^. i' ri. !,<• fliianze si trovano in uno srompiglio indescrivil.ile, e lullo ci6 che ha forma di governo sembra correre a precipitosa ruina. La confu^m- si flno a coprnle atTaltn, alle vaste regioni del Su-l:m, e il Governo non pu6 o noo vuole getiare uo solo raggio di lure, che serva a indicant

ra via di far ritorno a men turbolenti condizioni, e ad uno state, se non di prosperita e di pare, almeno di online permanente. Non e quin'li da far meraviglia se il pariilo d'opposizione stn alle vedetle, e s'ing* di trarre il maggior profi'to possihile daU'eccellenti occasioni, che pli si ofTrono, di roolestare il liovtnm. Esso addiia alia pubblica attenzioi >• il passato andamento di questo disgraziato adare; una cilia magnibVa ri- dotta un mucchio di rovine; la vittoria di Tel-el-Kebir, riuscita di n^s^un frutto, iranne quello di Tortificare per il momeuto i) partito del mini- stem; la sommossa di vaste r»'gioni; la strage di guarnigioni intere, abbandonate alia miseranda lor snrte; il macello di migliaia e migli:iia di valorosi Arabi non avente in sostanza altro Tine che quello di far Man- cheggiare delle loro ossa le sabbie del deserto; il prode Gordon incjjri- calo d'uoa missione senza scopo, e abbandonato poi a Khartum, :il1in. ;.t s'ingegni di trarsi come pu6 meglio dall' impaccio, in cui e slato m< Dopo di ci6, TOpposizione domaada, e non senza ragione: quali soddis- facenii risultati si sono eglino ottenuli da tulte queste cose; per qu le scopo sono esse state fatte, e come andranno in uliimo a finin-? E a tali doroande nessuna definiiiva risposta riesce cavar di bocca al Gov^rco, il quale, ogni qualvolta e chiamato a dichiarare qual sia stata per il passaio, qu*l sia al presente, e qual sarA per I'avvenirela sua politira, si contiene in un assoluto silenzio. i'uo darsi che sianvi, e probabilmerite vi s.iranno, recr ndile ragioni per simile reticenza ; ma ci6 non toglie che tal riserva, da cui, per quanti sforzi si facciano, non e dato di fork) uscire, ridondi a immenso pregiudizio delta sua presente posizione. Infmi ii {•••r- severare cos\ a lungo nel silenzio, mentre vi sono tanti motivi per rom- perlo, fa nascere e semjre piii ^limenta il sospnto che ci6 derivi d;d noo sapere i ministri che cosa dire, e dal non poter dichiarare qual sia la loro poliiica, pen-he non ne hanno alcuna.

Intaoto il risultato dell'inazione ministeriale, si in parole come in fatti, non e punto soddisfacenle. Per ci6 che s'altiene a governo, 1'E^itto va rapidamente piomlnndo nd caos; e le cose non potrebbero antl..r peggio di qtid che vanno ncl Sudan, nonostante tutti gli eccidii e la •les'ilazione, che hanno contrisfato quel paese. 11 generale Gordon e

iato fuori e circondato in Khartum, e le ultime notizie ponano che egli sta meditr.ndo una ritirata vt-isn I'Equatore, neiriutendimeoto

CRONACA

di riparare al Congo, come ullima speranza di s.-ihrm hsciata a lui e a'suoi dipenlenti. Anche Nubar pascia diventa recalcitrante alia con- tinua intrameltenza del signer Clifford Lloyd e degli uftiziali ingU'si; talchft sembrerebbe non molto lontana una crisi finale, che costrin^ il signer Gladstone a entrare in una via d'aziooe decisiva. II signor Wil- frid Blunt, persona molto addentro negli affarid'Oriente, consiglierebbe di dichiarare 1' indipendenza egiziana sotto la comune lutela delle gnu.'li potenze, tutela da esercitarsi sotto certe condizioni e guarentige. Ci6, che a questa proposla sarebbe per rispondere la Sublime Porta, non 6 punto difficile il conge tturarlo. Ma, prescindendo dalle nebulose preten- sioni del Sultano all' alia Sovraniia sull'Egitto, e' parrebbe che 1'alter- nativa risultasse fra 1'espediente suggerito dal signor Blunt, e 1'impe- gno, che 1'Inghilierra assumesse, almeno per qualche tempo, di gover- nare praticamente quel paese. E facile il vedere quale e quanta influenza debbano esercitare sulla stabilita del ministero queste gravi difficolta, che sono il frutto delta indecisione originata in lui dall' ignoranza de' piii ele- mentari principii di giustizia, dagl' impulsi di stupido sentimentalismo e dalle grette esigenze di guerra partigiana. Arrogi che tali difficolta si sono aumentate per la malattia del signor Gladstone, la quale lo tenne per un certo tempo lontano dalla Camera dei Comuni, con grave detri- mento dei pubblici negozii e quasi totale demoralizzazione della Camera stessa. Non fa quindi maraviglia che il paese incominci ad agitarsi per un simile stato di cose, e che partano da ondemeno si sa/ebbero aspettate certe mariifestazioni, che potrebber benissimo sembrare voci di sliducia e di condanna contro il Governo. II signor Tyndall fc uscito in parole di severo biasimo contro la politics, o meglio contro la mancanza di politica governativa ; e il signor Tyndall, che milita nelle file dei liberals, tiene un luogo eminente fra gli uomini di scienza. « Un grande scrittore te- desco cosi si esprime in una sua lettera il signor Tyndall un grande scrittore tedesco, che fe per soprappiii UD nobile e schietto liberale, ha detto in non so quale suo scritto: Se Delia vita di una nazione si fosse chiamati a decidere fra la cultura dell' ingegno e la forza, non si dovrebbe esitare un momento ad attenersi alia seconda; primo requisite della vita nazionale fc la forza. Quattro anni or sono, perb, il popolo inglese pensava alirimenti, e riponeva un'illimitata fiducia nelle promesse e nelle assicu- razioni di un' intelligenza, quasi direi, ispirata dal cielo. Giammai, dopo primordii cos\ magnifici.non si ebbe una finecosl meschina. Nelle presenti congiunture noi abbiamo bisogno di carattere, ben piii che d'intelletto; di semplice forza virile, ben piu che d'abilita di lingua. Di quest' ultima, ne abbiamo gia avuta ad esuberanza: invece di attenuare i falii di chi 1'ado- pera, essa gli aggrava. Tempo indietro, io m'incontrai sulle Alpj con un legale americano, uomo di molta sagacia e cultura, il quale una tal sera mi col pi con questa osservaziooe: II signor Gladstone e un grande ora-

>KA

lolla spinak d' un vcro r llora nil ivpoxi, non pensa

drl [HIM int. -bbe un u- '\uto ampia con-

•!i tint*' <li v-'ixo^na le nuaiiiv d»-l

popolo inglesf. 1 1 I.-MM ID dn-0 om r.un mrico, giacchfc il si-

gnor ( lladrtone mi si 6 sempre mostrato cortese e benigno. E non parlo

gia come uorao di partito, perche nessuuo abborre piii <li roe dalla po-

MI dr'nostri giorni, la quale corrompe il sentimento na-

zionale. creando equivoci e sotl^rfugi col fine di eludere il sacrosanto

dovere della veritA. Asirazion fatla dall' influenza, che esercila sugli

politic!, essa corrode le coscienze di uomini, che nelle re-

ni ordinarie dt-lla vita sono, del resto, onorevoli e veritieri.

assando alle ftccende interne, ripetiamo essere stato presentalo

alia C- mere e da essa in scconda lettura approvato a gran maggioranza

il 6///di franchigia; maquesta ma^gioranzi non rappresenla interamt-iiif,

0, a meglio dire, nasconde per il raomento 1'azione dei varii e moltoplici

. che son prouti a ogni pie sospinto a farsi sentire in diverse e

contrario dirozioni. IA verila e che il bill non desla enlusiasmo in nessun

luogo, e che, tolto il lieve interesse, che vi si annette in eerie regioni,

forma, in gonerale, subbietto di vive apprensioni e d'una opposi-

zione per era latente, ma che pu6 di un raomento ali'aliro scoppiare.

-le divergenze d'opiriione si renieranno piii evidenU, non appena il

bill sia passato all'esame della Commissione. Per ci6, che concerne

Taspetto generalo del bill, 1' opposizione si concentrera principalmente

•parare la ijuoslione del nuovo ripartimenlo dei seggi da quella dcl-

1'estensione del dirilto elettnrale. Tanti daH'Opposiziooe conservatrice,

quanto da mnlti fra i liberali moderaii, si soslieae che qualunque prov-

mento per 1'estensione del diritto elellorale debba racchi uderne un

allro per la distribuzione dei seggi ; si esige, in una parola, che la <\n—

stione venga trattata tutta in un tempo, invece ch* con due provvedi-

menti separati. I moiivi dell' Opposizione non sono da cercarsi tanto

lontano. Kssa crede che, quando Testensione del diritto elettorale fosse

discussa separatamente e passasse in legge, le prossime elczioni, nelle

quali i nuovi elettori sarebbero per la primi volu cbiamiti a dare il

loro suflragio, risulterebbero probabilmente in gran maggioranza favore-

•voli al Governo; il che avrebbe per inevilabile consegueoza che il rim-

pasto dei collegi eletlorali e il nuovo ripartimento dei seggi sarebbero

intrramente lasciati all'arbitrio governalivo, e cost esposli al rischio di

esser rivolti a favohre piii presto gl'mteressi dei singoli partiti, che

non quelli dell'intero paese. El appunto per allontanare siffatto pericolo

verri proposto un eroen lain -nto dal signor Alberto Grey, p -rsonaggio

; tssai ragguardevole fra i liberali MM l-nii o vecehi wkigs, e rappresen-

tanie di una delle grandi famiglie dello slesso colore politico, siccome

-.ACA.

I- j.rcsHhtivo (Mia contea di Grey. L'l'nvndamento . : in <j.i.'-

sto: che s<- il I'll pass.isse nella presente sun f>nm, non .iver

ofTetto prima che fosse decorso un periodo di tempo sulficiente per .-f- fetluare il nuovo ripartimento dei seggi. Oltre di cio, i conservator! e probabilmente taluni fra i liberal! moderati oon vorranno che nel b-U sia iuclusa rirlanda;ma la loro opposizione andra fallita nella Camera dei Comuni. Comunque vadano le cose, se il bill passa nei Comuni, verra prohabilissimamente rigettato dalla Camera dei Lordi, o, se non ri^-it.ito addirittura, almeno modificato ed emen lato per guisa, che la Camera dei Comuni, alia sua volta, lo rigettera essa pure;e allora non rimarra al Governo altro espediente che il fare un appello al paese. Per quanto per6 e dalo giudicare dalle presenti apparenze, questo avrebbe probabilissi- mamente per risultato una diminuzione considerevole nella raaggioranza governativa, e quiudi la necessita pel Governo d'invocare, per mantenersi al potere, 1'aiuto del gruppo degli Home Rulers, che dalP altro canto ver- rebbe ad essere materialmente accresciuto; e cosi si andrebbe iuevitabil- raente incontro per 1'avvenire a tempi fortunosissimi nell' arena politica.

3. Un'ahra importante proposta e stata introdotta nella Camera da Sir William Harcourt, rainistro dell'interno, per la riforma del governo municipale di Londra, stato flnqui esercitato secondo un multiforme e complesso meccanismo, difficile per sua natura a mantenersi in orJine perfetto. II concetto generate della proposta governativa e di porre la citta di Londra co'suoi 4,000,000 di abitanti sotto la giurisdizione di un'as- semblea rappresentaliva, eligibile da un certo numero di distretti, in cui la metropoli verrebbe divisa. L'antico e venerabile tiiolo di Alderman dovrebbe rimanere abolito, ma il municipio conservare il pieno godimento di tutti i suoi beni. Quaoturique non sia per anco decorso un tempo suf- ficiente a prendere in maturo esame le singole disposizioni del 6^77, si manifestano gia da varie parti indizii precursori d'una vivace opposi- zione. II carattere d'accentramento, ond'esso e improntato, sara proba- bilmente il punto principale dell'assalto, al quale serve di ragionevole motive la gloria, che porta seco lo stabilimento di un s) esteso potere municipale oel seno stesso della nazione. II ministero dovra ascrivere a gran ventura di uscire illeso dalle acque perigliose, che gli staono di- nanzi, e ci6 tanto piu quanto la salute del signor Gladstone ha in quest! ullimi tempi destato non lievi inquietudini. Per pochi giorni prima delle vacanze pasquali, dovette egli lasciar vuoto il suo posto nella Camera dei Comuni ; ma quando vi ricomparve, la sua raenie parve dominare impe- riosamente gli assalti del male e 1'afTralimento inseparable dall' eta sua avanzata. In nessun'altra occasione, forse, avevano prodotto maggiore effftto le manifestaziooi della sua splendi Ja e ammaliatrice eloquenza. Lo stato di confusiooe, in che la Camera trovossi immersa durante 1' assenza, comparativamente breve, dt lui, non puo non destare le piu gravi appren-

i lungo o

lh sivn.i ; li:onfi.

•••Mtn cagiouato dill* iOT6fttigtZiOM d 'i al-

[toveri in 1/wJra ed altroffi, OOOtiooi tutt'ira in L- rile,

'gaiiUHMgfOtd 6 prOpQ 'i-r.-siam Hli

!:<>. .\l<"iui li qiicsti dhe^ni hanno in -e . 'e d«-l buono, ed e

;>erare C!K i loro autori s'iu lurano a pono a poco ad apprezzarc j-iu profoiid-tiwnte i urandi prifiripii di giustizia e di carita, cln- soli pos- niriMv il iii-'/zo di riparare in raodo durevole ai lameotati mali, se possa oltenersj, almeno in pane, una cura dei mali stessi. lufiMttauio ilKulta, che i relalivi esperimenii presentano, e materialmente ac- •uiia dulla persistenle depressione del commercio e dalla mancanza di lavoro per le classi operaie. Vero e che, in compeuso, la primavera e stata maravigliosamenie favorevole alle operaziooi agrarie, e, se non sopraggiungono disgrazie, un copioso ricolto potra recare un qualche sollievo alia presenie disiretta e ricondurro le cose a piii normal) con- dizioni. Per esaminare la qu.'st-one degli alloggi delle classi operaie, e stat t nominala una regia Commissiooe, delta quale e presideute S. A. R. il Principe di Galles, e uno dei merabri Sua Eminenzu il cardinale Ar- civt'scovo di Westminster. L\ designazione dell'eccelso Porporato e stala argomento di non lieve disguslo per il parti 10 ullraprotestante, disgusio r. so anche pin sensible dal faito di essere il nome del Cardinale slalo posto, n^gli avvisi delle adunanze della Commissions, immeJiaiamente dopo qu> llo di S. A. R. 6 cosa proprio consolante il vedere un Principe della Chiesa iniimamenle associalo ai Principi del paese nel compiraeuto di un' opera, che si evidentemente rientra n»;l duminio della Chiesa me- desima, quale si e qu-lla di venire in aiuio ai poveri e dereliui della terra. E», !>-i inorte ha qui ullirnamente rotato la sua falce, senza nemmen risparmiare la pnrpora regale. II principe Leopoldo, Duca d'Albany, ul- timo liglio di S. M. la Rngina, e raorlo improvvisamente a Cannes; e la sua perdita non e solo stala argomenlo di grave lutlo per Taugusta sua •. ma anche di profondo rammarico per tutto quanto il paese. Lo stato, sempre malferrao, di sua salute lo impedi dal prendere una pare molto altiva nella Vila puhblica; ma in quella poca, che vi pote pren- , die prove di non coraune intelhgenza e rara bonta di cuore. Queste doti, unite a un lenore di vita irreprensibile, lo resero caro a lutti. 11 titolo, che maggiormeute lo raccomanda alia memoria dei superstiti, e 'jM'-llo di essersi senopre mostrato pari all'eccelso suo gradn ; e il cor* doglio cagionato dall'iramaiura sua morte e reso vie piu profondo dalla sincera simpatia, che ispira la regale sua Genitrice colpita da una per- dita, che le rinnova il dolore di altre anco piu acerbe.

I-. hi passala quaresima e stala per 1'Iughillerra un tempo di grande attivita in opera di spiritual! esercizii e missioni. In tutte le chiese di

MU CROIUCA

M.-inch'Ster e di Solford furono con nohile g;ira tonulc missioni da s:i!it;iri(i<|ue Religiosi a ppartenenti ad ordini e congrega/.iom divcrst-. Co- jiioso ne e stato il fruttn, e ha mostralo che la Chiesa fa costanti pro- gressi nel cuore deidislretii manifatlurii ri. Coo egual frulto furono tenute missioni anche in Liverpool ed altrove. Come saggio del progre^o (Mtiolico in Inghilterra, basti citare i ragguagli forniti da una sola diocesi. II \>- scovo di Birmingham nella sua pastorale di mezza quaresima riepiloga come segue i risultati dell* opera della Chiesa daccheegli assunseoel 18i8 la cura del suo gregge.

«NeIl'anno 1848 il numero dei preti occupati in servizio ddla dio- cesi era di 86; in questo momento e di 198. Nel 1848 v'erano in diocesi due piccole comuuiti di Religiosi, ambedue le quali sono in seguito scorn- parse; ma in qupst'anno vi SOQO cinque comunita di Religiosi.

« Nell' anno 1848 v'erano in diocrsi 7 conventi di Religioso, due de'quali dedicavansi ad opere di carita. In quest'anno vi si contano 36 case religiose di vari ordini o istituti, 30 delle quali si consacrano ad op<ire di carita. L'anno passato non vi esisievano ne orfanotrofii, ne altre con- simili istituzioiii caritative, ad eccezione di una casa di misericordia; nell'anno presente vi esistono 2 case di misericordia, 2 orfanotrofii, 2 asili pe' poveri vecchi e 2 ospedali per incurabili. Toltone un solo, tulti questi istituti sono diretti da Religiose.

« Nell' anno 1848 v'erano in diocesi 73 missioni, la maggior parte delle qu*li non avevano tuttavia che piccole chiese o cappelle, quantun- que diverse ne fossero gia state costruite in piii vaste proporzioni. Da quel tempo in poi, sonosi fondate 44 nuove mission! e fabbricate 67 chiese nuove. 11 numero effettivo delle pubbliche chiese oggidi esistenti e di 100. A queste sono da aggiungere 17 cappelle succursali, di cui le piii sono sul punto di diventare missioni.

« Nel 1848 non v'era che un collegio e una scuola di grammatica; adesso vi hanno il seminario ecclesiasticn, 3 collegi e 2 scuole di gram- matica quotidiane solto la diivzione del clero, piu due altre in mano di panicolari. Nel 1848 1'istruzione dei fanciulli del pnpclo non aveva per anco ricevuto il suo pieno svolgimento, e non esistevano al certo nella diocesi piii d'una dozzina di scuole di tal fata. Adesso vi si contano 158 scuole cattoliche per 21,095 fanciulli cattolici e per 5,680 di a'.tre confession! ».

Questi dati, i quali dimostrano abbastanza la solidita dell' opera e de' suoi risultati in sola una diocesi, che ha da lungo tempo il bene di esser governata da un illustre e venerato Vescovo, questi dati, io dico, trovano un riscontro corrispondente in varie altre fra le piii vaste diocesi dell'Inghilterra.

I cattolici proseguono ad agitarsi, affine di mantenere di fronte al pub- blico i loro diritti per ci6 che riguarda 1'istruzione priraaria. A giustificare

i papare

urn v-rli di altre famig!

un xM-m.-i, i MOD possono essenzialrnente appr

•ro lato vit-ne a pns;ire sopra di loro 1'owrv ,li nlucare i pi «ccoi 'tami della loro coscienza e co'lnr prnpri m- /

poi risentano alcuu vnnl.ip^io dalla tassa, ;il cui pagamento r 8CODO. K queslo naturalmente un alto d'ingi'isii^.i, rli.- mm [

into da ohiiiwiue accolga nell'atiimo sentiment! di lealia e n* ri ceda aH'ii.llurn/a del 1 . tinnnicoe dell'empieta de'nostri porni.

Sara peraltro difficile die la questione sia portata in 1'arlamento durante il p- la presen >ne.

La nuova regia university irlanlese promote, a q lanlo serabra, di essere realmente d'aiuto ai catt'dici d' Irhnd.i, e fors'M^o a quelli d'ln- ghilterra. Una porzione dell'edidzio universilario, situalo in S». Ste- phen's Gret'n a I)ul)lino, 6 stata asst-^riiala ai PP. dHla Compagnia di Gesii, i quali poiurono ogni impcgno a destinarvi un locale per ricevere quei giovani abitanti a cert a distanza, che desiderino seguire i corsi 1- 1' universitA stessa. In questa pane i Inro sf»rzi sono stati coronati da Gli studenti matricolati, che frequentano le lezioni, ascendono a 78; fra questi, 60 vi assistono il giorno, i riroanenti la sera. Giova porre a confronto questo numero con quello degli alunni addetti al col- legio dell -i Regina a Cork, dove non piii di 36 6 dato di coritrapporne ai 78 del collegio cattrlico in Dublmo. Un tale stato di cose potrebbe benissimo servir di fondamento per esigere un'equitativa partecipazione alle dntizioni del collegio della Regina, peroc<-h6 chi lavora ha diritto di essere correspt'ttivamente retrihuito. Potrebbe f«..rse accadere che al collegio universitario ratlolico fosse riserbalo il vanto di supplire fino ad un certo punto alia mancanza, cotanto affl-ggente per 1'Inghilterra, d'un corso universitario corapletn.

I rattolici di Scozia ban perduto molto per la mnrte del signor Ro- berto Monteiih di Carstairs, caraeriere d'onore del S. Padre, il quale f-re per lungo tempo di sfe bella mostra in tutti i movimenli cattolici. Questo risji.-tt I) le signore era un convertito alia Chiesa, nel cui seno egli entr6 nella piena mnturita delle doti intelletttiali, ond'era in grado erainente fornitn, e si consacrb al progresso dell' opera sacrosanta di lei con una generosila, di cui raramente si vide 1'eguale. N6 i suoi servigi rimasero circoscrilti a parole, che, provvisto com' era di larghe sostanze, si guardo bene daU'ofTerire a Dio quello sollanto, che non gli costasse niente. Una magnifies chiesa e residenza per il clero, con un vasto or- fanotrofio, al cui staNiliraento aveva liberalmente contribuilo, e uno spe- dale diretto dalle Sucre di carita, nella fonda/.ione del quale aveva egual- nn'tite avuto gran parte, sono splendid) monument) ddi'opera sua indef- e i^piraU a sentimeoti di nobile devozione. 11 signor Monteiih compifc

;,K> CRONACA CONTEMPORANEA

i suoi studii col laurearsi nell'universita di CambriJg*, dove, prim

i *uoi gradi, ebbe a corop:»gni molti giovani, che han poi co- perto tin posto ragguardevole fra i pubblici ufficiali, come san-l>' Lord Tennyson, Lord Houghton, il Trench, il Lushington e 1'Alford, coi iju.-ili si mantenne in amicizia lino agli iiltimi giorni di sua vita, ri' stante la sua conversione al callolicismo. Quantunque dotato di tut! qualita, die richiedonsi per la vita pubMica, egli non vi entr6 giamnuii; per6 prese serapre una parte vivissima a tutte le question! d' inter. pubMico, si all'interno come all'esterno, nfll'apprezzamento delle quali fu sempre guidato da fina percezione e da principii inconcussi di giu- stizia e di verita. Questo si notava piii special roente in lui a proposito di question! inlernazionali, rispetto a cui egli deplorava profondamente lo stuto di confusione e di assoluta dimenticanza dei piu elementari jTir:- cipii di gius naturale e internazioiale, in cui le m-'iiti umane sono dute sotlo 1'influsso dello spirito di egoismo, d'amhizione e d'enopia vio- lenza, che e Tunica grande caratteristica del nostro tempo. Sia pace air.mima sua!

L'AVVENIRE DELIA PLEBE1

i.

Tolti di mezzo i sistetui eraancipatori, di ctii gia toccammo nell'articolo precedente, perchd condannati, oltrech& dalla reli- gione, dal buon senso e dalla naturalo probita, vediarao adesso donde convenga dar principio aU'emancipazione della plebe, e per quali vie andarle preparando nn migliore avvenire. Impe- rocch6 e evidente, che ua'impresa di tanto rilievo, la quale ha per fine un soggetto cosl nobile e cosl grande, dee avere tracciata la via e ben definiti 'i mezzi, affinch& non si cada nell'errore di coloro, che danno mauo a condurre un' opera senza averne stu diato, ne lo scopo che si vuole raggiungere, n& i modi di rag- giungerlo. Anzi quanto 6 piu nobile il fine, e quanto piu grande 1'oggetto, ed altrettanto, pare a noi, che debba essere serio e profondo lo studio dei mezzi per attuarlo e condurlo a termine.

La prima cosa pertanto che a noi sembra indispensabile per ristorare le sorti della plebe, e prepararle un avvenire moral- mente ed econoinicamente migliore, 6 di conoscere la causa mas- sima delle sue sofferenze, e di prowedere alia guarigione dei inali che la travagliano; due imprese molto difficili, ben lo ve- diamo, ma necessarie a compiersi, affinchd si venga a capo di dare una soluzione all'arduo e intrigato problema sociale, che agita il secolo nostro. Invero, qual cosa piu difficile, che il determinare la causa dei mali che tormentano ed opprimono la povera plebe, attesa la grande disparita di pareri che su questo argomento dividono i pensatori odierni? Perocche, a sentire certuni, le miserie della plebe non vengono che dall' essere o no preposto alia cosa pubblica questo o quell* oomo, da un provvedimento preso o pretermesso, da una fazione soverchiante o sopraifatta ; e chi ne chiama in col pa i balzelli, i debiti, gli sperperi; chi il caro dei viveri, le Industrie languenti e gli infruttuosi travagli. 1! [iielli, che vanno piu a fondo nella diagnosi della grande

Yi-ili qiif-in voluiiH-, jiag. 13i o s^g. Serif XII, vol. VI. fasc. 815 33 27 maggio 1884

r»|'i LAWKMIIK DK;J-\ PLEBE

infermita, che opprime un ceto cosl numeroso dell'uiiiana fa- miglia, credono avere colto nel segno additandone la fonte nella forma di politico reggimento. Invece a noi pare, che se tutti i mali, onde e oppressa la plebe, stessero qui, sarebbero cosl poco teinibili e cosl di leggieri curabili, che non varrebbe quasi la spesa di anti venire 1'opera del tempo; ina che si tratti di un' infermita mille volte peggiore, di cui quelli non sono che sintomi, e neppure i pift gravi. Or ecco quello che bisogna assolutamente dibattere, per giungere a conoscere la vera e principale causa dei mali che straziano il quarto ceto.

II.

A chi guardi la cosa al luine degli eterni principii che Dio impresse nel cuore degli uomini, non riuscira malagevole di scoprire la causa di questi mali nell' azione corrompitrice della massoneria borghese. Infatti niuno oggigiorno ignora che i progress! della setta niassonica, da oltre un secolo, sono opera della borghesia, la quale, per assodare il suo impero ed esten- dere la sua malefica influenza, si e costituita in congrega promotrice e dirigente dell'empia setta, i cui propositi di di- struggere la religione e lo Stato, non meno che la famiglia e la proprieta, non sono piu un mistero se non per chi ha occhi e non vede, ha orecchie e non sente. Ora lavoro indefesso della borghesia massonica & stato di attirare a se e di mettere sotto il suo patronato la plebe, pur di averla facile e maneg- gevole struinento ai suoi biechi disegni. Sventuratamente Tesito 6 stato superiore alle speranze della tenebrosa congrega, perche tra noi, nel breve giro di un quarto di secolo, per mezzo delle Society di mutuo soccorso, e col pretesto di beneficenza, gran parte del nostro popolo e caduta sotto la balia del massonismo borghese. 016 spiega il perche la nostra plebe, per lo innanzi immune dai vizii onde e contaminata la borghesia, ne e ora nelle citta per piu di un terzo infetta, con pericolo che il contagio si comunichi, tosto o tardi, a quella parte che ne e esente, e quindi con la certezza di vederci anche noi ridotti allo stato in cui al presente si ritrovano la Francia e la Gerraania. E come no? Non gia viziando e corrorapendo la plebe, ma ridestando in

L* A . RBI •"' 1 •">

essa forti e operos.' virtu si rende questa attiva, sobria e os- sequente; od e insipienza il credere che queste si forti ed operose virtu si possano acqnistare senza la virtu di qnella religions, che da diciannove secoli predica al mondo una leggo d'amore, che abbraccia tutti i ceti e tutte le condizioni della vita. Ma la borghesia massonica non 1'intende punto cosl: ambiziosa di sovrastare, e intesa piu che altro a far tutto ricadere nella sua orbita e nel suo vortice, ha creduto e crede, che il miglior modo di assicurare la sua tirannide e i suoi monopolii, sia appnnto quello di inocnlare 1'ateismo, nel ceto che vuol tenersi cieco strumento delle sue ambizioni.

E che noi non diciamo cosa Ionian a dal vero lo prova qnello che il frammassone Liebknetcht scriveva nel 1879: « Perche 1'opera nostra trionfi, e I'azione rivoluzionaria raggiunga il suo scopo, e assolutamente necessario che si tolga ogni simbolo religiose al- 1'operaio comeal contadino; finche questi vivranno sotto il giogo del prete, e follia sperare di averli maneggevoli e conniventi. > Al congresso della Lega della Pace e della Liberia, che si tenne a Berna, nel 1869, sotto la presidenza di Vittor Hugo, qual fu Timpegno che i democratic! borghesi assunsero per fondare e pro- pagare la loro Alleanza? Che questa, non solamente si dichiarasse atea, ma che di questo suo ateismo si facesse una propaganda assidua, attiva, efficace in niez/o ai diseredali figli del popolo, doe dire alia classe di tutti i non abbienti, che non hanno perche non possono avere '. Leggasi cid che il famoso Bakou- nine scrivea nel 1872 nella sua Teologia politica di Mazzini. « II popolo dev'essere il nostro braccio; ma perche questo braccio non sia inerte, e mestieri che lo si franchi dalla credenza in Dio e in una vita fntura. Non basta che 1'ateismo regni nello stato maggiore della grande armata rivoluzionaria, e d'uopo che penetri in ognuno dei gregarii di questo esercito: allora saremo invincibili. > Queste citazioni ben potremmo moltiplicaro all'iu- finito; ma qual pro? Non abbiamo noi i fatti che dicono piu delle parole?

Che cosa vediamo noi infatti in Italia, da che la massoneria borghese se n'e fatta signora? Innanzi tutto s'e confuso il pa-

1 I Le Socifiliftmc Conttmporain, cap. IV, 229.

516 L'AVVENIRE DELLA PLEBE

triottisrao coll'incredulita, e offesa la coscienza popolare con tntta la immaginabile prepotenza; indi al popolo denudato s'e" dato lo spettacolo di una guerra sorda ed implacabile controquegli :tltari, a cui egli confida i proprii dolori e le proprie pene; e finalment1, con esecranda tirannide, ne hanno abbandonati i figli alia mer- cede di maestri brutalmente empii, perche con dottrine da demonii avessero a corromperne la inente e il cuore. Parliamo di cose note a tutti, e delle quali gli stessi giornali del liberalismo non ban potuto tacere, tanto e stato spa vente vole il guasto che han prodotto; e per6 non vi insisteremo sopra. Ma la inassoneria borghese, che con fallaci promesse avea fatto intendere alia nostra plebe, esser venuto il tempo di emanciparla, non s'e tenuta a questo solamente. Perocche, non paga di strappare al popolo il culto del suo Dio, ha dato opera a pervertirne il costume.

III.

II pervertimento di fatto e si sensibile, si spaventevole il pro- gresso del male, che ci crediamo obbligati a parlarne con un lin- guaggio piu dell'iisato duro e acerbo. Invero, se con un paragone tra 1'odierna corruzione della plebe italiana, per opera della massoneria borghese, e quella antica di Roma o di Venezia tra- lignate, noi volessimo provare, esser quella della presente meno guasta faremmo opera vana. E pongasi pure che fosse: ma ci sovvenga anche di quelie, quando furono con tanto lor pro mori- gerate ; e qual supplizio patirono quando cessarono di esserlo. E badisi, che, se men corrotta e la nostra plebe, non lo e poi di molto. Ma lasciamo da parte i paragoni, e veniamo ai fatti. II lavoro della massoneria borghese per guastare la plebe, e stato indefesso e di un esito da far ribrezzo, se si guardi ai mezzi posti in opera. La lussuria avea pur troppo . anche tra noi, prima della tirannide massonica, i suoi turpi ostelli; questa invece ne aperse alia plebe parecchi in citta e in vie dove non c'erano, e li rese molto piu accessibili e frequentati. E sopratutto rese coatta Tignominia con una durezxa e un'impudenza, di cui dianzi non s'avea alcun saggio. Ne soddisfatta, intendiamo sempre la mas- soueria borghese, d'avere con si perfidi spedienti convertito in istituto pubblico ci6, che era innanzi una piaga nascosa, convert!

L'A \ PLEBE ">1T

i pnbbliri spettacoli iturnali, dove 1'udito e il guardo

(11 popolo possono di una laida lubricita dilettarsi: la quale tal fiata scoppia in un sordo e concitato fremito, che par quello di una nial repressa e bestiale libidine. Cos! di danzatrici, nolle Arene e nei Politeami notturni e diurni, pud il popolo averne e con tenue moneta, assai piu degli anticbi, numerose e procaci squadrc. Anzi in parecchie citta le allevano gli stessi municipii, colla pecunia pubblica e col ritratto dei balzelli. 8e non che, a rendere lo spettacolo piu impudicamente lubrico, con arte fin con- dannata dai pagani, le misere vittime della pravita borgbese prendono atti sconci e raovenze ancor piu sconce, per far piacere a quel popolino cui I'infame setta vuol in tal guisa imporre il suo giogo. Onde non par vero, quando delle parigine ridde si yeggono ancora sulle scene italiane gli ardui salti, e delle pa- rigine operette si odono i lazzi indecenti. Delle quali e delle altre scede teatrali, che di cola vengono, avrebbero avuto ver- gogna gli Ateniesi del secolo di Pericle, e i Itomani di Tiberio. Le Commedie del Qoldoni e le Fiabe del Gozzi, che pur tanto esilaravano i veneziani guasti del secolo scorso, sembrano spassi da fanciulli, in paragone delle salaci facezie, che debbono ora muovere il riso alia plebe spettatrice. Vuolsi ben altro per edu- care il popolo, che vecchi burberi e giovani scempii, e matrone scervellate, e zittelle pettegole, e fate, e fauni. Bisogna che i sacerdoti compaiano sulla scena in veste da farabutti, i re da mariuoli, gli eroi da gradassi, i raariti da ebeti, e tutti con sonagli da buffoni. Non ha piu da rider d'altro la plebe, se non che della religione offesa, della gloria umiliata, dell'onesta vilipesa, della fedelta insidiata, della castita sedotta e della virtu vinta.

Per ventura la plebe legge poco: uia con quel poco ne ha abbastanza per essere avvelenata dai cattivi libri, che a pochi centesiuii le forniscono |e appendici dei giornali, e le Libr

•fanfi. La massoneria borghese ha moltiplicate in numero sterminato queste letture, per uso e consumo della plebe. II romanzo casareccio, e non piu il cavalleresco, e il pabolo piu ordinario che s'imbandisce dagli abusatori della starapa, a corrornpere ranima del popolo, e fargli sentire piu vivo il pun-

518 L'AVVEMRE DELLA PLEBE

golo delle passion! sbrigliate. Se non che niuno pensi che in quelle letture si vedano ripetute le laidezze del novelliere di Certaldo, e, stiamo anche per dire, quelle del Berni, dell'Aretino, del Casti e del Batacchi: le son cose quelle troppo vecchie o troppo classiche, per la plebe educata alia scuola della masso- neria borghese. La materna lingua in cui scrissero e si togata, che non pu6 acconciarsi alle buffonerie, si scultoria, che non pu6 dissimulate la leggerezza, si pura, che non pu6 esprimere la osce- nita, si limpida, che uon puo nascondere la sozzura. Bisognava trovarne una che togliesse al vizio le forme ripugnanti e odiose. Ci6 non bastando, bisognava anche canonizzarlo, concedere ai •viziosi la stima ai virtuosi negata, far palpitate pel rischi di un'adultera, e piangere per le disgrazie di una cortigiana. II che, se non e 1'intento di inolti celebrati romanzi e drainini odierni, quando a dirittura non si occupino di stragi, di processi scandalosi e di delitti infami e inauditi, non sappiaino qua! altro sia. Ma siccome, mescolando e rimescolando, si manifesta sempre la schifezza delle lordure, s' e trovato di sostenere che non ci sia altra belta, ne altro profumo. Y'e anzi una scuola letteraria anche tra noi, che chiama verismo codesto pattume: probabilmente perche ella non vede di reale e di vero nel mondo, se non il fango in cui si avvoltola. E come non bastasse il lezzo, in che ci dob- biamo aggirare, una poesia da bordello o da cesso, senza piu alcuna vergogna o ritrosla, non solamente osa sfidare la pubbli- cita, ma gode accoglienza e protezione senza paragone maggiore della onesta. E se non eel vietasse il proposito di stendere un velo sui colpevoli, potremmo nominare qualche libercolo, indegno per tutti i conti di vedere la luce del sole, e nondiineno stampato e ristainpato, ricerco ed offerto anche senza dispendio al povero artigiano e al contadino, perche, nelle scarse ore di riposo, rin- franchi le forze affrante dal lavoro e s'ispiri alle nobili e gentili idee di una letteratura, che, per renders! popolare, s'e fatta triviale, iinpudica, blasfema. Cosl si e venuto a mano a mano depravando il costume della plebe, senza naturalmente che ci6 import! all' autorita. Perche, se si trattasse delle minacce ostili al diritto di proprieta, o si trattasse del sovrano potere politico o di un articolo quale che sia dello Statute, sarebbe altra cosa ; ma

l.V

si tratta di Dio, della religione, del pudore... SI, la massoneria borghese non risparmia ne fatiche, ne quattrini pur di corrom- pere la plebe, e sarebbe cecita il non vedere le funeste conseguenze <li -jii -sta depravazione, che a guisa di marea va serapre mon- tando, senza che si scorga da chi e donde possa venire il rimedio ai pericoli che ci minacciano.

IV.

Gli effetti di cui parliamo sono le spaventevoli cifre delle nostre statistiche criminali, che e quanto dire: i suicidii, le coltellate, i borseggi, i ricatti, le lettere di scrocco, gli scioperi, le rivolte contro la forza annata, gli attentati al pudore, le be- stemmie, il dispregio delle cose sacre, gli scandaiosi processi che si avvicendano con una rapidita da far paura, e gli omicidii, per cui 1' Italia e venuta in voce di essere la nazione classica, dei delitti, la terra dove la plebe sta per diventare in fatto di ab- brutimento, emula della parigina, della londinese e della tedesca. C'e chi si consola dei progress! economic! che in un quarto di secolo ha fatti 1' Italia, e scioglie un inno ai prodigi operati, in s\ breve intervallo di tempo, dalla industria nazionale. Noi non sappiamo quanto sia di vero in questi sfoghi d'amor proprio na- zionale, e sino a qual puuto sieno reali questi progressi; quel che sappiamo di certo, e niuno osera smentirci, si e che la plebe, alia quale i retori e gli scribi della rivoluzione avean fatto splendide promesse, senza punto migliorare dal lato economico, $ grandemente scapitata dal lato morale e religioso, e che questo discapito e visibile a tutti, n& da forse a sperare che cessi, perche dove le cause sono sempre le stesse, uopo d che sieno sempre gli stessi per numero, per qualita, per frequenza gli effetti.

Eppure no! II rimedio che non sa e non puo trovare il libe- ralisino, per far cessaiv i mali che travagliano la nostra plebe, e i pericoli, che da questi mali derivano all'ordine sociale, il rimedio ci e; e non e nuovo, ma antico, quanto e antica quella r-'ligiomj che venne. a riabilitare I'umanita subissata da quaranta secoli di corruzione e di errore. Coloro dunque che si spaventano perche vedono sorgere anche tra noi lo spettro del quarto stato,

520 L'AVVENIRE DELLA PLEBE

e gridano allarme, coine se un novello Brenno fosse alle porte di Roma, sappiano che non si va incontro al proletario fremente, ne si spegne nelle sue mani la face della distruzione, n& gli si strappano le scatole di dinamite e i barili di petrolic, a furia di combinazioni statistiche, o creando corapagnie di reciproca assicurazione fra gli operaii, contro i danni economic! delle ma- lattie (e perch& no anche contro gli stravizii ?) II proletario in- fatti ne ha imparato ed indovinato il segreto; ed alle sonore frasi delle filantropiche offerte, ed a questa foga di rettorica per consolare le sue miserie, a questo diluvio di morale indi- pendente per temperare le sue impazienze, oppone con piglio altero: « Che cos' 6 la vostra morale, e in che consiste la vostra

< onesta ? Ci dite che e" morale quello che e conforme ad onesta, « ed onesto quello che e conforme alia morale, e chi 6 onesto e « morale compie il suo dovere. Ma chi c' iinpone questo dovere, e a qual fine dobbiamo noi privarci di tutto, noi simili ai ricchi borghesi, eppure costretti a mangiare affaticati ed oppressi « il pan nero e la cipolla, mentre i nostri padroni si riposano « dalla fatica di avere scritto libri sulla questione sociale, in « mezzo ai geniali ritrovi, ed ai lauti conviti? I chiappanuvole « e gli utopisti della borghesia non hanno che a sedere a tavola,

< per iinpinzare il ventre, mentre noi duriam fatica a trovare « un tozzo di pane! Che iinporta a noi del progresso, se le « ruote del suo carro infrangono le nostre braccia ; se il vapore « trascina i gaudenti da un quartiere d' iuverno sacro alle danze « e ai bagordi, ad una spiaggia ridente refrigerata dalle aure

< marine ; se il gaz o la luce elettrica rischiarano i loro spet- <c tacoli, e il telegrafo serve ai loro giuochi di borsa, quando

< per noi non rimane che stancarci lungo il cauirnino fra il tu- « gurio e 1' officina, coricarci al buio, e pagare, cogli assottigliati « salarii e nei bruschi congedi, la differenza delle loro pazze « speculazioni e gli scialacqui delle loro orgie? >

Ecco come parla il popolo, che i retori della borghesia vor- rebbero pascere di nuvole e di vento: Felice Pyat lo ha detto; « II popolo e il piil grande logico che esista, non inanca niai « di concluderc. > E qael generoso, che dei circoli operai fran- cesi e 1'apostolo, il conte De Mun, con vigore di maschia e

L'AVVEMRE DELLA n.i -VJI

severa eloquenza, cosl dipingeva teste Tavveramento di quelle parole, nella raoderna societa: « Quando gli uomini dell' 89 ban messo alia porta Dio, ed hanno costitnito a proprio loro torna- conto una societa puraraente umana, credevano e credono di arrestare il corso fatale della rivoluzione e a furia di grandi e sonore parole, farsi padroni dello spirito del popolo, e impe- dirgli di trarre le conclusioni dei loro principii. Ma s'ingan- narono a parti to. II popolo va flno in fondo, e un bel giorno loro rinfaccia: < Voi mi a veto tolta la speranza del cielo, ed i « tiraori dell' inferno: mi resta per6 la terra, ed io Tavr6, per- « chd io sono il piu forte. >

Questo e" parlar giusto : il popolo, non vedendo piu questo Dio che gli si vuol nascondere, ma non potendo dimenticarlo, nella disperazione delle sue miserie Io maledice, e gettandosi forsen- nato sui beni terreni, se ne iinpadronisce colla violonza, fino a cbe un giorno, di delitto in delitto, di rovina in rovina, non possa salire ebbro di sangue e cupido di vendetta sni ruderi dei templi e dei palazzi incendiati, gridando in una suprema bestemmia: Bisognava pure negare Dio per potere afferrare e conquistare davvero la sovrana indipendenza dell'uomo Da questo tremendo connubio fra 1'ateismo e la disperazione d nato il disordine, 1'anarcbia, la dissoluzione sociale cbe trionfano o minacciano il mondo odierno; e se Dio non ci aiuta, la cata- strofe non pu6 fallire.

V.

Dir& taluno : II pericolo che ci sovrasta e grande, ma non per questo si puo dare piu indietro : la socieU e progredita, e a volerla fare andare a ritroso si rischierebbe di precipitare in un altro abisso. Ora il rimedio che ci proponete, oltreche stu- .pido, e senza efficacia, impossibile. Vorreste ritornare p. e. ai tempi delle corporazioni delle arti, tempi che il progresso ha colpito di anatema, perchfc toglievano la grande autonomia del- 1'individuo, per confonderlo nella personality del consorzio e del comune, quel progresso che ha fatto libero T individuo di fronte allo Stato, e 1'operaio di fronte al capitale?

E noi rispondiamo: E falso in primo luogo che il progresso

L'AVVEMRE DELLA TLEBE

abbia portato 1' autonomia dell'individuo, emancipandolo dalla dipendenza del consorzio e del comune; poichfc a questa dipen- denza ristretta ne ha sostituito ua'altra piu vasta, piu assor- bente e piu tirannica, com'e quella dello Stato, che ha con- centrato tutto nelle sue mani, e con un dispotismo, che ricorda quello del Cesarisino pagano, s'impone all'uomo, dalla culla alia tomba, e non gli lascia che una derisoria autonomia. Ora lo Stato, divenuto onnipotente, non s'e lasciata fuggire 1'occasione di comandare all'operaio, di soggettarlo ai suo ferreo giogo, e per averlo a s6 ligio, ha costituite in ente morale le Soc, di mutuo soccorso. E cora'esso e ateo, cosl ha preteso pure che rateismo aniinasse cosi fatte Societd. II tanto vantato progresso dei tempi, se ben si guardi, non si riduce adunque che ad una sostituzione dello Stato al Comune, e della sua ferrea volonta ai regolamenti delle corporazioni delle arti, con questo per giunta, che il novello padrone ha tolto alle corporazioni 1'immagine di quel Crocifisso che spiccava fra inille faci nelle chiese dei con- sorzii operai; che precedeva nelle pie peregrinazioni degli ar- tefici e dei contadini; lieti nel canto di canzoni di vita, non frementi nel ruggito d'inni di morte; quell' immagine che dice ancora qualche cosa all'operaio moderno, ebbro di sangue ed anelante alia vendetta della suprema liberta della rapina. A questa santa effigie di Colui, la cui morte fu cagione che finisse nel inondo la servitu obbietta della mente e della mano, che cosa invece ha sostituito lo Stato moderno? II freddo labaro della rivoluzione ed i mendaci embleini del massonismo!

£ falso in secondo luogo, che il progresso moderno abbia reso 1'operaio Jibero di fronte al capitale. Se fosse cosi, come spiegare la guerra che oggigiorno 1'operaio ha intimata al ca- pitale? Non e egli evidente, che gli eccessi delPuno hanuo provocato 1'odio dell'altro? E perche il capitale e diventato in oggi oppressivo? Sol perch6 e diventato il protetto, il favorito, il complice del dispotismo dello Stato. Ben altrimenti andavano le cose quando operaio e capitale, padrone e servo, borghesia e plebe erano informati dallo spirito del Cristiauesimo, e per6 stretti insieme dal comune vincolo della caritk evangelica. Allora, e sono i nostri vecchi cronisti che ce 1'assicurano, allora al suono

L'AVVI:.MIU: I.KI.LA PLB8E

giulivo delle campane della Chiesa, in mezzo all' allegro stuolo del figli accolti in briose comitive, in quei giorni memorabili delle feste del principalo o del padrone, dell'officina e dei cam pi, i^li operai, e quei contadini, veri fratelli della famiglia di quel buon padre, partecipavano allo domestiche esultanze di lui, e dalla parca sna mcnsa scendevano bene spesso i doni graditi al desco della famigliuola dell'operaio o del contadino. Ora quei tempi e quelle istituzioni scomparvero: la rivoluzione e passata ancho tra noi come il vento del deserto, ed ha tutto disseccato o distrutto. Ma lasciate almeno predicare a questa plebo av- vilita, disperata, delusa dalle fallaci promesse dei retori e dei sofisti, le grand! o consolanti verita della religione, se non volete vedere involta la civilti e la liberta del mondo in un'orrenda catastrofe : lasciate che al disperato, cui si rizza dinanzi il fan- tasma dell'avvenire, e per cui e delitto il rubare, e tormento il guadagnar nulla, lasciate che a questo disperato, la voce tiinida di una povera moglie ripeta: « Oh che farnetichi tu? Hai di- « menticato che la vita e dolore e sacrifizio; che di questo arcano « si rivela il segreto, se credi al peccato dal prinio padre, ed « alia seconda vita che comincia colla morte? Dimentichi che Dio « nelle sembianze d'uomo pativa in croce, per insegnare a noi « che, morendo sull'albero della croce e non cogliendo i frutti « dell'albero della scienza, diventiamo Dei? > Questi insegna- menti sfuggiti dal labbro di una donna cristiana, hanno certo una grande efficacia, ma ne hanno ancora piu se partano dalla bocca di un prete. II prete vi aggiungerebbe: « Popolo, po- « polo, non ti lasciare sedurre dai tiranni borghesi, tutti qual « piu qual meno arreticati dalle empie sette che dominano oggi

< nel mondo : non ascoltare i loro falsi insegnamenti, che anche

< tu saresti abbandonato e deriso da quei furbi, che prima di « scagliarti alia strage s'involeranno colle spoglie piu opime

< della preda. E quale conforto, qual bene ne avresti? >

Ma la setta truculenta e rapace non vuol che il prete si metta aU'opera di acquetare, in nome di Cristo, i clamori della plebe, e disarmare la sua collera. E si comprende il percbe : Essa agogna alle rovine. E tal sia! Ma sulle rovine fumanti si aggireranno ancora i ministri di Dio, superstiti all'eccidio:

l/AVVEMRE DELLA PLEBE

ai loro occhi quella catastrofe apparira, non solo come una severa condanna, ma come una espiazione salutare, ed all'orecchio del pingue borghese, fatto pezzente, ricorderanno gl'ingiusti lucri, le dilapidate sostanze del sacri patriraonii, le crudeli angherie sui poveri operai, e ne additeranno la redenzione nella pazienza, nel lavoro, ma soprattutto nella fede.

VI.

Concludiamo ora, che n'6 tempo. La questione dell'avve- nire della plebe non e gi£ economica, ma bensl morale; perche, come scrisse, nel 1876, Giulio Simon, sta qui per appunto ii segreto di questo av venire. < Grande e potente elemento d'ordine e di pace, egli dice, si e, non il miglioramento materiale, ma

< quello morale. Ottima cosa e infatti scendere in un tugurio « a portarvi la scienxa della vita, a rianimare ii coraggio, a « porgere un arnese ed insieme ardire e sicurezza. Ma se si

< potesse, se si osasse dire a quelle anime sonnacchiose una « parola di verita eterna, di speranze verainente fondate, allora, « ma allora soltanto, quel benefizio non cadrebbe come un masso « nei vortici dell' abisso per destare un grande rumore, produrre « un movimento di qualche secondo, e poi una silenziosa ed « eterna immobilita. »

Come non e bello e consolante 1' udire queste cose dalla bocca di uno degli antesignani di quello, che oggi chiamasi progresso civile? Forse che a questo fine non mira la Chiesa da XIX se- coli? Volesse dunque il cielo che la societa, tornando a lei sul- rorme di una logica potente, la logica dei disinganni, e di un ragionamento stringente, come le formule di un calcolo mateina- tico, si accingesse a preparare per la plebe un migliore avvenire, fondato per6 su quell' eterna morale, che port6 al mondo Gesu Cristo e dalla quale scaturi la verace uguaglianza e la fraternita sincera.

MIRAHILI 1.1 FKTTI DELL'ENCICLICA PAPALK

//r.i/.i.vr.v <;i-:xus CONTRO LA MASSONERIA

Verbum meum non rfrertetur ad me vacuum. ISAI. 55, 11.

Siccome colle arti di Assalonne, presentandosi doe ai Re ed ai Popoli (e per poco ancbe alia Chiesa) come awenente prometti- trice di mari e monti di felicita, ritiscl pur troppo la Massoneria sotto il nome di Liberalismo (il che e ora pid che mai da osser- vare diligentemente) a tradire, come ben dice la recente Enciclica Pontificia Uumanum genus, gli uni e gli altri; cosl non e da disperare, che anzi gia no vediarao molti e gravi indizii, che essa insieme con tutto ci6 che sa di Liberalismo sia per andar per- dendo a poco a poco ogni suo credito e potere, in forza appunto delle sue stesse male arti, finendo come Assalonne impiccata per li suoi stessi capelli. Parla infatti della bellezza e copia di quei capelli il v. 25 del C. 14 del libro dei Re, dove dice che: sicitt Absalon vir non erat pulcher in omni Israel: Et qitando tondebat capillum ponderabat capillos ducentis siclis. N& es- sendoseli per vanita tosati, per quelli fu preso; secondo che si legge nel testo ebreo volgarizzato dall'A Lapide e dichiarante il Volgato v. 9 del C. XVIII del libro dei Re: doe che adhaesit caesaries eius in ramis perplexis quercus. E come iucolse ad Assalonne preso per quei capelli con cui aveva presi gli altri, cosl pare che debba incogliere alia Massoneria ed al Liberalismo decadenti dappertutto nel credito e neU'influenza in forza appunto di quelle loro tante promesse non inantenute, colle quali sedussero i popoli ed i Re. II che non pu6 da veruno esporsi meglio che colle parole stesse di Leone XIII. < Si ha

< da fare con un nemico astuto e frodolento che, blandendo po-

< poll e monarchi con lusinghiere promesse e con fine adulazioni, « entrambi ingann6. Insinuandosi sotto specie di amicizia nel

< cuore dei Principi, i Framinassoni mirarono ad avere in essi

MIRABILI EFFETTI DELL ENCICLICA PAPALE

« complici ed aiuti potenti per opprimere il cristianesimo. Ed a « fine di mettere nei loro fianchi sproni piu acuti, si diedero a « calunniare ostinatamente la Chiesa come nemica del potere e « delle prerogative reali. Divenuti con tali arti baldanzosi e « sicuri, acquistarono influenza grande nei governo degli stati: « risoluti per altro di crollare le fondamenta dei troni e di per- « seguitare, calunniare, discacciare chi tra i Sovrani si mostrasse

< restio di governare a modo loro. Con arti simili adulando il

< popolo lo trassero in inganno. Gridando a piena bocca liberta « e prosperita pubblica: facendo credere alle moltitudini che del- « 1'iniqua servitu e miseria in cui gemevano, tutta della Chiesa « e dei Sovrani era la colpa, sobillarono il popolo e lui smanioso « di no vita aizzarono ai danni dell'uno e dell' altro potere. Vero « 6 bensl che dei vantaggi sperati inaggiore e 1' espettazione che « la realta. Anzi oppressa piu che mai la povera plebe, vedesi « nelle miserie sue mancare gran parte di quei conforti che nella « societa cristianauiente costituita avrebbe potuto facilmente e « copiosamente trovare. Ma di tutti i superbi che ribellansi al- * Tordine stabilito dalla provvidenza divina questo e il consueto « castigo, che donde sconsigliatamente promettevansi fortune pro- « spere e tutte a seconda dei loro desiderii trovino ivi appunto « oppressione e miserie. >

Delle quali parole non e meno notabile Tesattezza storica quanto a tutto il passato, di quello che sia la loro acuta pre- veggenza quanto al futuro. Tutta infatti la vera istoria del pas- sato e del presente secolo, quale si legge negli archivii e nei docnmenti, conferrna appunto quanto qui dice il Santo Padre Leone XIII delle arti usate dalla Massoneria, cioe dal Libera- lismo, per porre in primo luogo in lizza ed in vicendevoli so- spetti la Chiesa ed i governi laici: e poi i popoli ed i governi loro: facendo come la mala gatta di Fedro, che riuscl con que- st'arte a mostrare quantum homo bilinguis saepe concinnet malt. Per poco poi che altri sia informato del correre dei presenti avvenimenti e dello stato, come ora dicono, della presente pub- blica opinione, ben vede come, secondo che dice il Santo Padre, governi e popoli comincino ad intravedere qualche barlume della vera luce ed accorgersi che essi non furono finora che zimbello

di frammassoni e di liberal!. Del che e chiarissimo argomento e consular imii/io la lieta accoglienza, secondo che anche i

gioruali riferirono, che tutti i govern! e special mente i piu po- tenti ed anche scismatici e protestanti, fecero a questa ntiova Enciclica pontificia. Giacche essendo questi Stati scismatici e protestanti sempre stati men protetti e men tutelati, appunto perche scismatici e protestanti, daU'autorita della Chiesa e dalla coscienza del sudditi che non i cattolici, ne venne neces?aria- mente che anche debbano ora piu soffrire dalla malignita mas- sonica e liberalesca. « II uial li preme e li spaventa il peggio ». Non intendevano molti, tempo fa, come accadesse che tutte le rivoluzioni dovessero sempre scoppiare dentro e contro i governi cattolici : mentre invece godevano pace i non cattolici. E ben ci ri- corda di avere dovuto piu volte, in questi nostri piu che trent'anni di continua lotta contro la Massoneria ed il Liberalismo, occuparci nella Civiltb Cattolicd di trattare e sciogliere quest' argomento. Ma ora tutti vediamo limpidamente che, inentre il deposito e 1'arsenale generale dell'armi e lo State Maggiore dei general! della Massoneria e del Liberalismo era collocato in quei paesi ospitali donde si moveva incessante guerra ai paesi cattolici, sarebbe stata grande la goffaggine ed anzi la pazzia dei Massoni e dei Liberali se avessero dato fuoco essi stessi al loro nido. Ma dapoi che ne volarono via come locuste devastatrici, e coll'amto dei loro ospiti e protettori riuscirono ad impossessarsi del go- verno dei paesi cattolici e della stossa Roma: allora, tanto per tenersi in esercizio e non perdere il tempo e Tarte, presero a fare nei paesi non cattolici molto piu e peggio di ci6 che riuscirono a fare nei cattolici. Ed anche piu presto e piu facil- mente. Giacche, se per distruggere i governi legittimi ed oppri- mere i popoli cattolici pochi alleati interni ossia traditori tro- varono: e dovettero anzi pressoch& esclusivamente appoggiarsi sopra le for 7/3 esterne; nella guerra che essi presentemente muo- yono ai loro antichi ospiti e protettori trovano, gia tutto pronto e ben disposto nella loro casa medesima non tanto tutelata, come dicevamo, nd protetta dalla antorita e dalla coscienza cat- tolica. Si ha poi un bel dire che i nichilisti, i dinamitisti, gli inviucibili, i feniani, i radicali e tutto il resto del Satanismo

MJRADILI EFFETTI DELL* ENCICLICA PAPALE

liberate e massonico non hanno che fare colla Massoneria e col Liberalismo. Ormai i micini e perfino il Bismark hanno aperti gli occhi. N6 crediamo che a farli loro del tutto spalancare po- tesse sorgere luce piu chiara di quella che sfolgora dalla recente Enciclica. Del resto ci ricordiamo tutti benissirao di quei lunghi ed eloquenti articoli, che verso il 1880 ed 81, prima della cata- strofe dell' Imperatore Alessandro di Russia, stamparono i gior- nali nostri italiani anche piu moderati sopra il bisogno che vi era di sforzare il governo russo a dare o coile buone o colle cattive la Costituzione. E chiamavano Scientifico quel Liberalisrao che per propagarsi adoperava la Scienza della Chimica e delle Macclii- nette procurando di ottenere colle cattive do che non poteva otte- nere colle buone. Ed aggiungevano che, in sostanza, si era sempre fatto un po'lo stesso altrove ed anche in Italia per isforzare i Be legittimi a governare liberalescamente o ad andarsene. Grazie a Dio non vi era allora tanto progresso di Scienza moderna : e si contentavano delle bombe Orsini e di altrettali ordigni ora retrogradi ed antiquati. Oggimai la scienza ha progredito, come si vede; basta un giocarello microscopico per far saltare in aria un Parlamento, una Fregata od una Citta. E cosi non fosse anche di altre cosi dette Scienze ossia Arti; le quali molti ora fanno progredire a malefizio dell' umanita. Siccome ci accadde teste di leggere nell'Appendice Revue des Sciences dei Debats del 10 maggio scorso. Dove Henry de Parville (uno scienziato cer- tamente) scrive magnificando le recenti scoperte in forza delle quali : « il sistema nervoso pu6 essere influenzato in guisa da « trasformare un individuo in automa, sostituendo alia sua un'al- « trui volonta. > In altri termini: La Scienza e ora progredita fino a saper togliere a chi T ha cid che essa dovrebbe, in forza del suo mestiere, dare a chi non 1'ha. Bel progresso! Ad am- mazzare od ammalare un individuo siamo gia buoni da noi, senza 1'aiuto della Scienza di Parigi. A risuscitare ed a guarire ti voglio: e non ad ammazzare ed ammalare. Ma, disgraziatamente, a ci6 va ora progredendo la Scienza.

E percift vedendo infine i governi anche non cattolici, ed anzi per avventura piu i non cattolici che i cattolici, questa solida- rieta, come la chiamano. che lego sempre, come gli antichi car-

bonari, cosl i prcsenti dinamitisti, i nichilisti e gli altri satani^ti coi massoni e coi liberal!; e spccialmente vedendo che non piti ora contro il Papa, i Re legittirai ed i cattolici soli, ma anche contro loro stessi gia ospiti e protettori di questo bel liberalisrao massonico, si prendono ad usare qneste armi dotte della scienza modema pagata salariata da loro stessi nelle loro universita mo- derne laiche ed anticlericali, non poterono non accogliere con benevolenza e gratitudioe questo soccorso di Roma papale, secondo che c'informarono i giornali. Tra i quali il sempre benemerito Vnivers dei 15 uiaggio scorso per la nota e valente penna del Co}uille scriveva testd che: « Molte corrispondenze dicono che « specialmente in Russia 1'Enciclica di Leone XIII contro la « massoneria fu ricevuta con gratitudine. Dicono ancora che la « diplomazia russa ringrazi6 il Papa del potente aiuto da lui « dato ai Sovrani contro la mala influenza delle societa segrete. « La Germania di Berlino annunzio, ne fu smentita, che per « ordine dell'Imperatore della Russia 1'Enciclica fu letta da « tutti i pulpiti della chiesa scismatica. > E come i re cosl i popoli si vanno disingannando. Secondo che pare essere teste accaduto perfmo al liberalissimo ed anche per avventura masso- nico Bollettino Napoleiano nuovo periodico settimanale del De- putato Sorrentino. II quale nel suo numero fa finalmente la grande scoperta che: « n& il corpo n& lo spirito possono vivere « di sola unita e liberta. Un compenso alle cose perdute i « napoletani (e cosl pure gli altri) non Thanno ancora trovato. II perduto e perduto: e nulla e stato sostituito. Napoli e in « continua e precipitosa decadenza: e faccia Dio che non percorra « tutta la parabola. > Si pu6 dunque bene sperare che, illuminati i popoli e i governi, parte a spese proprie parte e specialmente dalla parola Pontificia maestra infallibile e continua di tutte le verita, comincino a poco a poco a ribellarsi contro questa pre- potenza sotto cui gemono del liberalismo e della massoneria.

Qnando per6 dalla Santa Madre Chiesa e dai cattolici suoi fedeli si parla di potenza e prepotenza della massoneria, nes- suno si e mai sognato di parlare della potenza e prepotenza di Giuseppe Petroni, Adriano Lommi, Luigi Castellazzo, Ulisse

Serie XII. vol. VI. fasc. 815 34 ,-jgio 1884

MIHABILI EFFETTI DELL' ENCICLICA PAPALE

Bacci e di tutto il resto del forinicaio piu o meno sotterraneo che si costituirono e si chiamano da se Potenze masso niche a Roma, a Napoli, a Palermo, a Milano, a Torino, ed in altri siti si d' Italia e si anche di tutta Europa. Nel che pare che abbia preso qualche abbaglio taluno anche dei buoni cattolici e gior- nalisti che teste presero lodevolinente a scrivere contro la mas- soneria. In sul principio, quando tutti questi Grandi Orienti, Conclavi, Concistori, Logge e loggerelle erano veramente segreti, cola piu o meno risiedeva anche il segreto e la potenza massonica. Ma da un pezzo, ed ormai da piu di mezzo secolo, la potenza massonica si ritir6 molti passi addietro : lasciando in piazza a gesticolare da ciarlatana tutta questa massoncineria dei Grandi Orienti, della Chaine d' Union, del Monde magonnique, della Rivista di F/. Bacci e di tutto il resto della massoneria pulblica e ciarlatana. A debellare la quale vedemmo test& a Roma esser sovrabastato VEzio Secondo del Coccapieller. Di essa non e certamente inutile 1'occuparsi; se non altro per porla in quel ridicolo che inerita. Ma s'ingannachi crede trovare la potenza e prepotenza massonica nei testi e nelle confessioni che da costoro si starapano in giornali pubblicati appunto perche sianp pubblicati. E ben naturale del resto che a tutti costoro, cui preme di goder credito per poter vendere i diplomi e le'Bolle agli imbecilli, non sia paruto vero di potersi ora far innanzi come le vere vittime dei fulmini vaticani, dandosi cosi iinpor- tanza presso il volgo ignorante. E percift trassero ora fuori con una loro circolare A tutte le grandi potenze della famiglia massonica universale. La quale famiglia universale pu6 essere vero, ma pu6 essere anche falso che si componga di tutti quei milioni d'individui che ci contano gli Almanacchi massonici, pubblicati apposta perch& il profano che li legge ed il giornalista che li copia concepiscano di questa buona famiglia credito e paura. Certamente tutti coloro che per qualsiasi motivo, anche di solo interesse, si affigliano a questa famiglia, se sono cattolici sono scomunicati ed incapaci dei Sacrament! ; e se non sono cattolici, sono per lo meno imbecilli. Ma oltreche non vi 6 da fidarsi delle cifre che ci vendono gli Almanacchi, il certo e che, anche nel gran numero che ne resta, moltissimi di questi

il'.O LA 11 \

afliL,rliati, Bpeeialmente nei paesi protestanti, sono come se non fossero massoni, nulla sapendo di massoneria. Quanto poi ai nostri dei paesi cattolici e specialmente degli italiani, dondo si compongono i nostri Grandi Orienti e le nostre Logge, essi sono certamente scomunicati. E saranno anche anticlerical!, liberi pen- satori, repubblicani, democratic!, bestemmiatori e tutto il diavolo che si vuole ; ma che siano potenti, questo non lo credono neanche loro. Essi non sono che la caricatura della massoneria. Buoni si a far del male: ma specialmente a s& stessi con quelle loro continue, come le dicono, piazzate or contro il Re, or contro i clericali, or contro le Madonne: che sono le loro imprese prin- cipali ; per le quali visitano spesso le logge ossia carceri e galere del Governo. II qoale, benche composto in gran parte de' loro vecchi padri spirituali, pare che abbia preso da qualche tempo a tenerli in virga ferrea, come coloro che gli danno piu im- picci e rompicapi che non aiuto. Onde che ci pare talvolta vedere il Depretis nell'attitudine del Conte zio rimproverante i suoi nipoti don Attilio e don Rodrigo: « Scapestrati, scapestrati:

< che sempre ne fate una : ed a me tocca di rattopparle : che,

< mi f;ireste dire uno sproposito, mi date piu da pensare voi « altri che e qui iramaginatevi che soffio mise tutti questi « benedetti affari di State. > Di taluna delle quali loro piazzate non si vergognarono teste di vantarsi in pubblico : se pure si puo chiamare un pubblico il loro uditorio diurno e notturno. GiacchS essendo tests morta precocemente una delle loro colon- nette di casa, Raffaele Petroni, in eta giovanile: e ci6 nonostante 30.'. grande oratore aggiunto del Grande Oriente, Venerabile della rispettabile Loggia Rienzi all' Oriente di Roma e non sappiano ancora qual'altra cosa (giacchfc di titoli costoro ab- bondano piu che di danari); nel panegirico che il dl 27 gen- naio di quest' anno ne fece in Loggia L. Castellazzo 33.-. gran segretario anche lui ecc. ecc. non si vergognfc di narrare (secondo ch.j poi si vide starapato a pag. 373-74 del 22, 23, 24 della

della massoneria ita liana) che: < io (Castellazzo gran i con lui (Raffaele Petroni gran maestro} e con

< parecchi altri fui suo iudivisibile coinpagno in trascendimenti d'ardire. Per noi notturni iconoclasti cadevano le iinagini

M1RABILI EFFETTI DELI/ ENC1CLICA PAPALK

« filcllc .Ifadonne per Roma) illuminate, che a centinaia e cen- tiaaia deturpavano i canti delle vie cittaiine. > Li vedete questi gran segretari e gran maestri girar per Roma di notte, guardandosi dai Questurini, con un sasso o peggio in mano, in agguato, godendosi la fragranza fresca del loro bagaglio mas- sonico, tutti all' erta per mostrare la loro potentissima potenza contro una Madonna? E pensare che il Gran Castellazzo se ne vanta per istampa ! N& ad altro ora arriva or contro le Madonne or coutro il Re la notturna potenza massonica dei presenti Grandi Orienti d' Italia: a vincere la quale bast&, come dicemmo, il Coccapieller. Ma non parendo vero a questi Potentati di far cre- dere ai loro massoncini ed al inondo che il Vaticano si era occu- pato proprio di loro, trassero test& innanzi con una loro pappolata indirizzata A tidte le Grandi Potenze della Famiglia masso- nica Universale e sottoscritta da Giuseppe Petroni 33.\ Gran Maestro: Adriano Lemmi 33.*. Gran Maestro aggiunto: L. Ca- stellazzo 33.-. Gran Segretario. Gostoro ci fecero sovvenire della Mosca di Fedro che voleva guidare il carro. Cui la mula rispose : Verbis non moveor tuis. Quapropter anfer frivolam insulen tiam: n& t'impacciare di ci6 che non ti riguarda.

Delia quale veramente frivola insolenza dei nostri Grandi Orienti e gia di per s& una chiara prova il modo stesso con cui venne alia luce questa loro circolare. Fu infatti test& pubbli- cato, e precisainente il giorno 16 dello scorso maggio, il n. 15-H della Rivista della Massoneria italiana, unico foglio ufficiale che ancora resti mal vivente dei tanti che poco fa ne uscivano in Italia. Nella cui ultima pagina, col titolo Ultim'ora: si legge: « Parte oggi (cioe il 16 maggio} una Circolare importantissima diretta dal Grande Oriente d' Italia a tutte le potenze mas- < soniche del inondo relativamente all' ultima Enciclica. Ne « daremo il testo nel prossimo numero. Le logge la riceve- « ranno tra pochi giorni. > Se non che, disgraziatamente, fin dal giorno 2 di maggio, cioe quattordici giorni priina che il foglio ufficiale del Grand' Oriente di Roma annimziasse all' utti- m'ora che la Circolare doveva tra pochi giorni distribuirsi alle Logge ed alle Potenze, essa era gia stampata tutta intiera nei giornali di Milano. II che vuol dire che a Milano il 2 di maggio

;uO LA MA

•ampava ci6 che il Grand' Oriento di Roina intendeva di pub- blicare soltanto alcuni giorni dopo il 1C maggio. E ci6 senza che il Grand' Oriente ed il suo giornale ufficiale so ne siano accorti, nonostanto cbe tutti i giornali di Roina abbiano recato, se non tutto, almeno in parte il testo di essa circolare, commen- tandola ancora e confutandola variamente. Gome si spiega questa potentissima ignoranza del potentissimo Grand' Oriente di Roma ? Unicamente col supporre che egli si fece scrivere quella Circo- lare da qualche suo massoncioo letteratuzzo di Milano. II quale avendola spedita a Roma a tempo, al Gran Bacci, Direttore della <'*lii massonica italiana: e non istando nella pelle pel de- sidorio di vedere stampato quel suo capolavoro, n& vedendolo mai stampato per la solita negligenza di questa Rivista uscente sempre in gran ritardo, perd& la pazienza; e da buon Loinbardo se la stampd da s6 a Milano in omaggio della disciplina e del segreto. Beata Milano capitale morale d' Italia, che ebbe quella Primizia prima assai delle Grandi Potenze della famiglia massonica universale!

Non lorderemo per fermo queste pagine con quella Circolare. Tanto piu che, essendo essa, nell' intenzione dei massoni, desti- nata non gia al segreto ma alia divulgazione, non ista a noi di divulgare ci6 che la massoneria desidera divulgato. Soltanto toccheremo ci6 che con somma imprudenza, e dandosi essa stessa della zappa sul piede, vi pubblioo sopra la gran paura cho essa riconosce di avere della pubblica opinione contro lei giustamente eccitata dall'Enciclica Papale. Nel che anche vediamo la fri- tolam insolentiam di queste mosche del carro. Dopo avere in fatti, con pessima lingua e grammatica scarmigliata, segnalalo ai fratelli il docuinento pontificio e ricordato il ctmmino fatal* dell' Umanita, il Grande ideale umano e la ncgazione scien- ti/ica e non segnalati i passi (ciod non citati i periodi) del- 1' Kaciclica piu fkmmente avversi: e ci5 per la buoiia ragione di non sapere come confutarli ; vencndo a ci6 che piu la scotta :

< Yediamo (dice) stgnalarsi al sospetto, al disprezzo ed agli « odii feroci delle Classi piu intelligent! (cioe dei cattolici) una

< classedi cittadini (dud di settirii) soltanto perch6 si chiaiuano « massoni. Allora noi dobbiamo pensare se iion sia il caso di

534 MIRABILI EFFETTI DELL* ENCICLICA PAPALE

« legittima difesa. > Se e il caso di difesa, cio vuol dire che vi bo/esa. E quale offesa? Evidentemente nessun'altra fuorcha quella della pubblica opinione delle classi piu intelligent dal- 1'Enciclica papale commossa contro questa classe di massoni. Teme dunque il Grand' Oriente la luce della pubblica opinione illuminata dal Papa nelle sue classi piu intelligent. Oh vera- mente ambulantes in tenebris et in umbra mortis! i quali te- mete la luce vaticana. E mentre lodate sempre la pubblica opi- nione, capite benissimo e confessate che essa puo facilmente muoversi contro di voi dal Yaticano ! E giudicando gli altri da se, teme ancora questo nostro Grande Oriente notturno di Roma che queste classi piu intelligent finiscano collo sbarazzarsi della massoneria brigantescamente. « Pochi anni or sono (dice « tremando il Grand' Oriente) da questa stessa Roma partivano « i briganti che insanguinavano. > Percifc pensano alia difesa. E pare che dicano, quasi come i birri di Don Rodrigo : « se si « trattasse di ragioni non le temeremmo. Ma il Papa, anche « adesso, ha una forza morale che a noi va mancando. Dio liberi « che le classi piu intelliyenti mosse dalla parola del Papa non « vengano ai fatti e non ci trattino di giorno come noi trattiamo « di notte le Madonne illuminate di Roma. > E sempre piu com- presi di sacro spavento « ricordatevi, dicono, o Fratelli quanto « sangue in quest' ultimi anni abbiano costato alcune insinuazioni « contro la operosa ed innocente razza semitica. Pensate che non « invano una parola (1'Enciclica) e detta in si alto luogo (il « Vaticano). Se non si provvede a tempo, potremo piangere la « nostra indifferenza pericolosa e fatale. » II povero nostro Grande Oriente ha dunque evidente paura di essere accoppato dalle classi piu intelligent}, come la razza semitica ora in varii luoghi di Europa. E ci6 in forza di un'Encidica di quel Papa che essi affettatamente dicono ogni giorno essere privo ormai, grazie alia potenza e sapienza loro, di ogni sapienza e di ogni potenza.

Dove non e da dimenticare ci6 che sapientemente per se, ma con soverchia benevolenza quanto a noi, scrisse la benemerita Voce della Verita dei 19 maggio: <c Non ci saremmo aspettati « dal Grande Oriente di Roma 1'ingenua dichiarazione dei vincoli « di solidarieta che passano tra la massoneria ed il giudaismo

HO LA M\

< talraudico, detto 6 -//o. Se ne allietera, crediamo, la GY- « rild'i (.'dttolica che a punta di docurni'nti rari ».•! fl-Ui da « piil auni va assodando la comuniono d'idee e d'intcressi cho « avvinco ormai (e sempre lia avvinte) le due s£tte (la masso-

< nica e la giudaico tnlnmdica) nemiche del nome cristiano. > Tt- me dunque la massoncineria romana la parola papale. E perci6 si raccomanda colla sua Gircolare alle altre massoncinerie del mondo da lei chiauiate Potenze pari alia sua propria. K teme il brigantaggio. Cioe che, conoscendo in fine i suoi meriti veri, diurni e notturni, la gente pi ft illiuninata non cominci a pren- derla a sassate non solo di uotte, come Raffaele Petroui ed il Ca- stellazzo fecero in Roma colle Hadonne, ma auche di giorno come gli Antisemiti fanno ora in certi luoghi coi Semiti. I meriti ci sono. Ma i cristiani cbe obbediscono al Papa, come non persegui- tano violentemente i Semiti, cosi non perseguiteranno violente- mente i massoni. Percio si rassicurino i nostri timidi massoncini Bacci, Lemmi, Castellazzo e Petroni sottoscritti alia loro Cir- colare. II solo che possono aspettarsi si 6 che i Vescovi ed i Parroci tutti d'ltalia, Tun dopo 1'altro, seguendo 1'esempio di quelli che finora li precedettero (tra i quali 6 da segnalarsi I'Arcivescovo di Palermo) porranno suiravviso tutti i loro sudditi fedeli sopra ci6 che d veramente la massoneria; e secondo le sapienti norme indicate dall'Enciclica del Papa Leone XIII, use- ranno i mezzi pratici ed ormai necessarii per disinfettare I' Italia e il mondo da questa filossera e da questi microbi massouici. II che e ora tanto piu agevole quanto che gli stessi governi, e perfino lo stesso governo italiano, paiono finalmente anche loro un po'conviuti che questa e la vera malaria a cui far guerra, specialmente mWAgro Romano. Dove si tratta ora da questi Settarii di chiamare dalle Romagne e d' altronde i loro massoncini e carbouarelli a zappare; collo scopo segreto, cioe pubblico, di radunare attorno a Roma un loro esercito di affa- inati che al primo fischio abbandoneranno la zappa per impu- gnare il pugnale contro la MaCAria dell'Agro Romano; cioe il Re ed il Papa. Contro il Papa pero ci vuol altro cbc la loro zappa!

DELIA POTE8TA MAGISTRALE

NELLA GHIESA

Dimostrammo in genere che la Chiesa e dotata di potesta giurisdizionale. Ci conviene ora spiegare le diverse parti o fun- zioni di tal potesta.

Alia giurisdizione, ossia al diritto di reggere e governare la moltitudine, appartiene certainente il far leggi, ossia norme re- golatrici dell'azion sociale, e procurarne 1'esecuzione. Appartiene di piu dar giudizio intorno alia convenienza e disconvenienza delle azioni con quelle, e costringere i riottosi all' osservanza delle medesime. Onde i Pubblicisti soglion dividere la potesta di giurisdizione in potere legislative, esecutivo, giudiziario; o in potere legislative, giudiziario e coattivo.

Se non che trattandosi della Chiesa, deve di necessita aggiun- gersi un altro potere, quello cioe del magistero obbligatorio; il quale sebbene potrebbe inchiudersi nel potere legislative, non- dimeno sembra meglio separarlo, perche riguarda direttamente non la volonta ma 1'intelletto, benche mosso dalla volonta all'as- senso. Quindi dividiamo la potesta di giurisdizione ecclesiastica in potere di magistero, di legislazione, di giudicatura; da ciascun de'quali discende qual corollario il potere coattivo.

Qui ragioneremo del primo.

I.

La Chiesa & dotata di potestd, dottrinale.

Una delle parti principalissime del Sacerdozio si d Tammae- strare il popolo intorno alia cognizione e alia legge divina. Lalin Sacerdotis custodiunt scientiam, et legem requirent ex ore eius !. La ragione si e perche il Sacerdote e come internunzio

1 MALACHIAE, 11, 7.

ili I>i», />»mini est1; per cid stesso che 6 medin

tra lui ed il popolo.

Se la Chiesa fosse una semplice religione, in lei il magistero sarebbo semplicemente un uffizio, mm un pubblico potere. Ma la Chiesa, come abbiam dimostrato, 6 religione costituita in forma di regno, ossia di societa perfetta. II suo iusegnamento adimquo e obbligatorio ; e pero e funzione di potesta giurisdizionale.

Noi troviamo che nell'antica Sinagoga, per esser ella altresi costituita in forma sociale, I'insegnamento religioso fa commesso ad Aronne non come semplice ufficio, mimus, ma come vera po- testa: Dedit illi in praeceptis sufs potestatem docere lacob*. Se do fa ?ero del Sacerdozio aronico, quanto phi del Sacerdozio cristiano, derivazione e rappresentanza del regale Sacerdozio di Cristo? Cristo ammaestrava con potesta : Erat docens sicut po- testatem habens3. E con potesta conseguentemente ainmaestra la Chiesa; avendo essa il c6mpito d' interpretare ai popoli, e con- senrare intatto il magistero di Cristo. Cosl noi veggiamo che Cristo dopo avere ricordata la sua universal potesta sul cielo e sulla terra, commette agli Apostoli 1'insegnamento: Data eat miki omnis potestas in caelo et in terra. Euntes ergo docete omnes gentes*. E san Marco aggiunge: Qui crediderit et baptizatits fuerit, salvus erit;qni vero non crediderit, condemnabitur*. Sopra i quali testi voglionsi notare tre cose. L'una e che la missione dMnsegnare e data da Cristo alia Chiesa come semplice copseguenza della sua universal potesta (data cst mihi omnis potestas... euntes eryo) ; e quindi indipendentemente da ogni po- testa terrena. L'altra, che per questo stesso che tal missione 6 data da Cristo, come conseguenza della sua universal potesta, e data con diritto d'imporre obbedienza. La terza, che infatti Cristo minaccia la pena di eterna dannazione ai contumaci. Di che si pare che la potesta di magistero nella Chiesa non solo e di ori- gine divina, ma 6 potesta giurisdizionale. E cosl leggiamo che,

« hi.

« ECCLESIAST;

3 M. \TTIIAKI, XII. 19.

« MATTIIAKI. \\VIII. «K, m. 5 MAHCI, X\l, 16.

538 DELLA I'OTESTA MACISTRALE

sorta la quistione dommatica: se i gentili convertiti alia Fede fossero tenuti o no all' osservanza della legge mosaica, gli Apo- stoli la risolvettero autoritativainente; e S. Paolo perambulabat Syriam et Ciliciam confirmans Ecclesias, praecipiens custo- dire praecepta Apostolorum et Seniorum l. Un insegnamento che comanda ed obbliga ad obbedire, e senza dubbio giuridico, vera potesta; e se riguarda la comunanza (Ecclesias), e potesta pubblica.

E qui vuolsi osservare la differenza che passa tra la societa civile dello Stato e la societa religiosa della Chiesa. Dalla potesta giurisdizionale dello Stato non sorge nessun diritto all' insegna- mento; perch6 il fine dello Stato riguarda il solo ordine esterno dell'tiomo, la tutela de'diritti, la pace pubblica. Non cosi rispetto alia Chiesa; il cui fine si stende anche all'interno, anzi princi- palmente riguarda 1'interno, la retta fede, la santificazione del- 1'anima; e in tanto riguarda anche T esterno, in quanto questo si collega con quello come mezzo o come presidio, trattandosi di governare non angeli, ma uomini, e governarli in forma sociale. Piu, lo Stato in quanto tale, governa 1' uomo nei puro ordine di natura; la Chiesa lo governa in quanto sollevato all' ordine soprannatnrale della grazia. La prima cosa adunque che ella deve somministrare ai suoi governati si e" la conoscenza di cotesto ordine, per cio che ne riguarda il fine ed i mezzi da conseguirlo. Una tal cognizione non puo aversi dallo svolgimento naturale dell' intelletto. Essa procede da rivelazione divina; e non costi- tuisce scienza ma fede. La fede e come la forma costitutrice dei membri della Chiesa, i quali per ci6 appunto son denominati fedeli. Essa e il principle della giustificazione, 1'inizio della divina grazia, il primo requisite per piacere a Dio: Fides est humanae salutis initium, fimdamentttm et radix omnis iusti- ficationis, sine qua impossibile est piacere Deo 2. Per essa 1'uomo viene alia Chiesa e per essa vi si conserva. Or la fede, come gia accennammo piu sopra, non si ha in via ordinaria, se non per insegnamento; e non per qualsiasi insegnamento, ma per

1 ACTUS AposroLonuM, XV, 41.

* Concilium Tridentinum, Scss. VI, cap. 8.

insegnamento di chi no abbia ricevuto da Cristo la missione, e tale 6 la Chicsa. Ascoltiamo sopra qnesto punto S. Paolo, nella sua epistola ai Romani. Qnivi egli c'insegna la necessitu della fede non solo quanto al sno interno assenso, ma ancora quanto alia sua esterna professione: Corde enim creditur ad iustitiam, ore nntt >n fit confessio ad salutem !. Quindi soggiunge che la fede non pu6 ottenersi da noi se non per udizione, e che questa udizione richiede raiumaestrainento, e rammaestramento la niis- sione. Quoinodo credent ei, quern non audierunt? Quomodo aiitem audient, sine praedicante? Quomodo autem praedica- Imnf, nisi mitlantur - ? La fede d necessaria alia salute, e non si ha altrimenti che per rammaestramento della Ghiesa; la qnale ha ricevuta da Cristo la missione di predicarla. Dunque T ammaestramento della Ghiesa versasi in materia necessaria, e quindi e obbligatorio.

II.

Del soggetto in cui nella Chiesa propriamente risiede la potestd dottrinale.

Se la fede, come dianzi e detto, non si ha che per ammae- stramento, ne si ha ammaestramento senza missione ; ne segue che la potesta dottrinale nella Chiesa risiede appunto in coloro che ricevettero da Cristo la mission d' insegnare. Questi non sono che i Vescovi; a cui nella persona degli Apostoli fn detto da Cristo: Euntes docete omncs gentes. Di piu, come abbiam di- mostrato, la potesta di magistero nella Chiesa e funzione della potesta di giurftdizione. Or la potesta di giurisdizione ecclesia- stica risiede neU'EpiscopatoiPoi-w^ Spiritus Sanctus Episcopos regere Ecclesiam Dai. Dunque i Vescovi costituiscono quella parte della Chiesa che si appella docente (Ecclesia docensj; tutto il resto, chierici e laici, costituiscono la parte discente (Ec- '"i discens}.

Onde ai Vescovi yolge il parlare san Pietro esortandoli a

1 AD ROM A xos, X, 10. « Ivi. IT,.

540 DELLA POTESTA MAGISTRALE

pascere il proprio gregge: Pascite, qui in rnhis est, gregem Dei1. II pascere nel suo general significato esprime la potesta di giurisdizione, universalmente presa; come avviene anche del reggere. Ma in un senso piu stretto, esprime il magistero, col quale si da ai fedeli il pabolo della divina parola, cibo del- 1'anima. E in simil guisa il reggere, preso anch'esso in senso piu stretto, si riferisce al governo propriamente detto, in virtu della potesta legislativa e giudiziaria e coattiva. L'una cosa e 1'altra appartiene ai Vescovi: il pascere coll' insegnamento e il reggere colle leggi e co'giudizii. Dagli altri membri del clero ne la prima ne la seconda pud esercitarsi, se non per delegazione fattane da' Vescovi.

Se non che vuolsi osservare che per questo stesso che la po- testa dottrinale nella Chiesa 6 conseguenza della potesta di giu- risdizione, ne viene che essa in quella guisa appartiene a cia- scun Vescovo, nella quale appartiene al medesimo la potesta di giurisdizione. Or la giurisdizione a rispetto della Chiesa univer- sale appartiene al Romano Pontefice, come fu diinostrato nel- 1' articolo in cui si ragiono della forma monarchica della Chiesa. Dunque al Romano Pontefice appartiene il magistero universale nella Chiesa a rispetto di tutti e dei singoli membri di essa, tanto se sieno semplici fedeli, quanto se chierici; non esclusi i Vescovi, giacchk il Papa 6 Vescovo dell' intera Chiesa cattolica e per6 e Vescovo degli stessi Vescovi. E cosi veggiamo avere il Sa- crosanto Concilio Vaticano riconfermata la definizione del Concilio Fiorentino, colla quale s' imponeva a tutti i fedeli di tener come articolo di Fede che il Papa e Padre e Dottore di tutta la Cristianita,: Innovamus Oecumenici Concilii Florentini defini- tionem, qua credendum ab omnibus Christi fidelibus est, San- ctam Apostolicam Sedem et Romanum Pontificem in unirer- sum orbem tenere principatum ; et ipsum Romanum Pontificem successorem esse Beati Pttri principis Apostolorum et verum Christi Yicarium, totiusque Ecclesiae caput et omnium Chri- stianorum Patrem et Doctor 'em exsistere 2.

I'KTRI, V, 2.

Constitutio Dogmatica De Romano P&ntifice, c. III.

;

I Vescovi hanno giurisdizione limitata alia sola loro diocesi.

•Kitto a questa soltanto essi sono Maestri, con dipendcnza dal maestro universale. Allora solo diventano Dottori a rispetto al- tresl della Chiesa universale, quando raccolti in Concilio, in unione col Romano Pontefice e sotto la dipendenza di lui, esercitano giurisdizione sulla Chiesa universale. Separataraente presi, ben- ch& sieno pastori a rispetto del loro gregge particolare, sono pe- corelle a rispetto del Pastore universale, che tiene in terra il

:o di Cristo. Rispetto a lui essi entrano nel numero de'di- scepoli.

III. La potesfa dottrinale della Chiesa d dotata d' infallibility .

Infallibilita suona altrettanto che impossibility di cadere in errore. In senso assoluto ed originario d propria del solo Dio; il quale e la stessa verita sussistente. In senso relative e per parted pazione pu6 trovarsi nelle creature. Cosl diciamo infalli- bile 1'intelletto nostro nella conoscenza de'primi principii; bench& sia fallibile nelle verita dedotte, in quanto pu6 traviare da quelli ne'suoi ragionamenti.

In questo senso relativo, ciod a rispetto di nn dato ordine di verita, e per participazione, cio& per privilegio conferito da Cristo, affermiarao essere infallibile il magistero della Chiesa.

Una tale affermazione non 6 che conseguenza del paragrafo precedente. Imperocche se il magistero della Chiesa & giuridico, cio& tale che induce obbligazione di assenso ne' fedeli ; e chiaro che esso debb' essere dotato d'infallibilita. Solo un maestro in- fallibile pud imporre Tadesione alle dottrine che insegna. E questa e la ragione, per cui lo Stato civile non gode di potesta magi- strale, perchd non gode d'infallibilita ne'suoi insegnamenti. La potenza intellettiva ha per obbietto la verita; e nessuna potenza pu6 essere obbligata ad uscire fuori deir obbietto suo, e molto meno accettar ci6 che pu6 essergli contrario. II fedele, acciocch6 sia tenuto ad aderire senza esitazione air insegnamento de' suoi Pastori, dev'esser certo che in esso si contiene la verita e non

DELLA POTESTA MAGI3TRALE

pu6 non contenersi la verita. Ci6 non ha luogo, se non in tin magistero che sia infallibile ; e3 allora solo la volonta pnft con ragionevole ossequio inclinar 1'iutelletto ad aderire senza timor del contrario.

Se il magistero della Chiesa fosse fallibile, esso non diffe- rirebbe da quello d' un' accademia verbigrazia; al quale voi cer- taraente non vi credete obbligato di piegar 1'intelletto, ma potete liberamente pensare il contrario di ci6 che esso insegna, se a voi cosl sembra. Or potrebbe il fedele tenere il contrario di ci6 che insegna la Chiesa nelle materie di sua appartenenza? Issofatto sarebbe separate da lei: Anathema sit.

Piu, la Congregazion de'fedeli, considerata come un sol corpo morale, e indefettibile nella credenza. Ond'essa e" detta dall'Apo- stolo colonna e fermezza della verita: Ut scias quomodo te oporteat in domo Dei conversari, quae est Ecclesia Dei vivi, columna et firmamentum veritatis l. Se fosse altrimenti, la parola di Cristo verrebbe ineno, quando assicur6 che le porte dell' Inferno non prevarrebbero contro di lei. Portae Inferi nan praevalebunt adversus earn 2. Essa non sarebbe piu la sposa eterna di Cristo, inanellata da lui nella fede: Sponsabo te mihi in aeternum; sponsabo te mihi in fide 3. Or la credenza de'fedeli e effetto del- rammaestramento de'loro Pastori: Fides ex auditu. Dunque se quella e infallibile, convien che sia infallibile ancor questo. In altri termini: se si ha nella Chiesa rinfallibilita, che i teologi chiamano passiva ossia in credendo ; convien che ci sia anche 1' infallibilita che i teologi chiamano attiva, ossia in docendo.

L'Apostolo san Paolo scrivendo agli Efesii, fa menzione del magistero istituito da Cristo nella Chiesa, acci6 i fedeli abbiano una noruia sicura per 1' unita della fede, e non siano travolti in errore per malizia o astuzia degli uomini. Ipse dedit quosdam quidem Apostolos, quosdam autem Prophetas, alios vero Evan- gelistas, alios autem Pastures et Doctores, ad consummalio- nem sanctorum, in opus ministerii, in aedificationem corporis

' I* AD TlMOTH. Ill, 15.

1 MATTH. XVI, 18. 4 OSEAE II, 19, 20.

f'liri*!i, </» | omnes in unif.don //'A/... ut iam

non £/>/ it i>'irri(/i Jli(cti«uites et cii

vento <l< , in nequitin hominntn, in <ixtntiaad cii

itm erroris '. Ci6 richiede assolulamente che un tal magistero sia infallibile; perche un magistero che puft esso stesso cadere in errore, non potrebbe darci certezza ed unita di credenza nd assicurarci dall'orrore di uoinini maliziosi ed astnti.

Ma senza voler cercare altro, noi abbiamo sopra cotesto punto 1'espressa promessa di Cristo. Nell' ultima cena, parlando agli Apostoli, egli disse: lo pregherft il divin Padre, ed egli vi man- dera un altro Paraclito, acciocche rimanga con voi in eterno, Spi- rito di verita. Ego rogabo Patrem et alium Paraclitum dabit vobis ut maneat vobiscum in aeternum, Spiritum veritatis 2. Sul punto poi di salire al cielo, couiaudando agli Apostoli di aminaestrare le genti, soggiunse che egli sarebbe con loro tutti i giorni fino alia consumazione de'secoli. Undecim autem disci- l>nli abirrnnt in Galilacam, in montem ubi constituerat illis

lesus... Et accedens lesus loquutus cst eis Euntes ergo do-

cete omnes gentes... Et ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationcm saeculi3. Qui gli Apostoli nella loro persona rappresentano il magistero della Chiesa, il qual propria- mente dovea durar sempre. Ad esso Cristo promette la perpetua mansione (in cub-mum) dello Spirito di verita e la sua assi- stenza in tutti i giorni sino alia fine del mondo: omnibus diebus

, ue ad consummationem saeculi. Or, se fosse possibile un sol giorno, in cui il magistero della Chiesa cadesse in errore, sarebbe possibile che per quel giorno Cristo le ritirasse la sua assistenza, e non fosse piu in lei lo Spirito di verita. Per quel giorno adun- que la doppia proinessa di Cristo verrebbe mono. Pu6 avve- rarsi ci6?

KIMIF.-IOS, IV, 1 1 IOVN.MS XIV. if, MATTIIAEI, XXVIII.

.". i i DELLA FOTESTA MAGISTRAL E

IV.

In qual magistero della Chiesa & inerente il dono della in- fallibilita.

II carisma dell' infallibilita e dato al magistero della Chiesa, acciocch^ questa si mantenga nella purita della fede e de'costumi, quale Sposa immacolata di Cristo. Ora questo 6 proprio della Chiesa universale, presa nella sua totalita, non gia di tale o tal altra Chiesa particolare. Come le persone individue, cosl anche le Chiese particolari possono divellersi dal corpo mistico di Cri- sto, cadendo in errori dommatici o morali. II fatto di tante eresie e tanti scisrai lo dimostra palpabilmente. Gi6 fu dinunziato dal- 1'Apostolo Paolo: Oportet et haereses esse, ut qui probati stint, manifesti fiant in vobis !. Dunque il solo magistero che si rife- risce alia Chiesa universale e dotato d' infallibilita. Tal magistero e proprio del solo Romano Pontefice e de'Vescovi raccolti con lui in Concilio ecumenico. Dunque il solo Romano Pontefice ed i Con- cilii ecumenici, allorche esercitano magistero a rispetto della Ghiesa universale, sono infallibili nel loro insegnamento.

E quanto ai Concilii la forza delle loro definizioni 6 espressa da quel primo Concilio che fu tenuto dagli Apostoli in Gerusa- lemme per decidere la quistione intorno aU'osservanza della legge mosaica. II decreto quivi emanate dice cosi: fi sembrato allo Spi- rito Santo e a noi: Visum est Spiritui Sancto et Nobis 2. Esso dunque e attribuito, come a causa principale, allo Spirito Santo, che 6 lo Spirito di verita, promesso da Cristo alia sua Chiesa per durare in lei perpetuarnente. Quel Concilio, come fu la forma esemplare di tutti i Concilii posteriori, cosl fu la dichiarazione autentica del valore da attribuirsi alle loro decisioni. Questa di- chiarazione si fu che i loro giudizii sono giudizii dello Spirito Santo, parlante per la loro bocca. Visum est Spiritui Sancto et Nobis.

Similmente Cristo assicur6 gli Apostoli, che dove alcuni di

I AD COR. IX, 19.

1 Acrus APOSTOLOKUM, XV, 28.

A C1IIESA

. si cuugregassero in noine suo, egli si troverebbe in mezzo a loro: I' hi *«>tf <ln<> /•< I //v\ congregnti in no/nhi,' wt'O, ibi

n in mcdin (nrum '. Questo passo e da'Padri costantemente interpretato de'Concilii; e ben a ragione. Imperocche, come os- serva il Bellarinino, ci6 vien persuaso evidentemente dal contesto. E nel vero in quel luogo Cristo avea detto dell'uomo contumace: Si Ecclesiam non audierit, sit tibi velut ethnicus et publica- . Qui senza dubbio per Chiesa Cristo intese i Prelati della medesima, ossia la Chiesa governante ed insegnante. E volendo dar la ragione, perche la loro sentenza debba rispettarsi ed ac- cettarsi, sotto pena si grave ; ne dichiara la forza : Amen dico vobis, fjn«(rnHi'iiic a/liyat'crifia xtiper terrain, erunt ligata et in caelo 3. Volendo poi inoltre spiegare la causa da cui procede tanta forza, 1'assegna nella sua assistenza: Vbi enim sunt duo vel tres congregati in nomine meo, ibi sum in medio eorum 8. Tutto questo discorso di Cristo in sostanza suona cosi: Chi non ascolta la Chiesa, ossia non obbedisce ai vostri decreti, si abbia per separate da essa. Imperocchd quello che yoi deciderete sulla terra, si avra come deciso nei cielo. E la ragione di ci6 si e, perche le vostre decision! son fatte sotto la mia assistenza, tro- vandomi io in mezzo a voi, ogniqualvolta, pochi o molti (duo vel tres), vi raccoglierete a deliberare in noine mio.

Ma a conchiuder la cosa in poche parole, il Concilio ecume- nico, congregate in nome di Cristo, ossia per autorita di Cristo esercitata dal Papa suo Yicario, e deliberante sotto 1' autorita del Papa, costituisce tal magistero nella Chiesa, del quale uno piu alto non pu6 concepirsi. Se dunque esso fosse failibile, non ci sarebbe nella Chiesa nessun magistero infallibile; contro ci6 che si e dimostrato nei paragrafo precedente.

Che poi anche il magistero del solo Papa, preso da se, senxa il concorso de' Vescovi, sia infallibile, e fuori d' ogni controversia dopo la solenne definizione fattane dal Concilio Yaticano, ne' ter- mini seguenti : < Aderendo fedelmente alia tradizione ricevuta

1 \Urrn. XVIII. Ji>. Id. XVIII, 18.

8 Controv. t. 2. De Conciliis, lib. II, . 8erU XII. r,,/. ]"/. feuc.815 28 maggio 1884

.Y,fi DELLA POTIXIA VAGISTRALE

dai primordii della fede cristiana, a gloria di Dio nostro Salvatore, ad esaltazione della religione cattolica ed a salute de'popoli cristiani, approvante il Sacro Concilio, insegniamo e definiarao esser domraa divinamente rivelato: Che il Eomano Pontefice quando parla ex cathedra, doe quando aderapiendo Tufficio di Pastore e Dottore di tutti i cristiani, in virtu della sua suprema apostolica autorita, definisce una dottrina intorno alia fede o ai costumi, da tenersi da tutta la Chiesa, merce dell'assistenza divina a lui proinessa nella persona del Beato Pietro, e dotato di quella infallibilita, della quale il divin Redentore voile che fosse fornita la sua Chiesa nel defmire la dottrina intorno alia fede ed ai costumi, e che per6 cotali definizioni del Romano Pontefice per se sole, e non gia pel consenso della Chiesa, sono irreformabili.

Se poi alcuno osera (il che Dio tolga) di contraddire a questa nostra definizione, sia anatema '. >

Di questa prerogativa del Romano Pontefice, ossia del sue- cessore di Pietro, ci sembra di scorgere un' assai chiara raani- festazione nello stesso primo Concilio di Grerosolima, menzionato piu sopra. Quivi facendosi un' assai grande discussione sopra la proposta controversia, cum magna conquisitio fieret, si alza Pie- tro e dice: Surgens Petrus ait eis: Voi sapete o fratelli, che fin dai primi tempi Dio elesse tra noi me per esser colui, dalla bocca del quale le genti ascoltassero la parola Evangelica e credessero:

1 Traditioni a Fidei christianae exordia perceptae fideliter inhaerendo, ad Dei Salvatoris nostri gloriam, reliyionis Catholicae exaltationem et christia- norum populorum salutem, sacro approbante Concilio, docemus et divinitus revelatum dogma esse definimus: Romanum Pontificem, cum ex Cathedra lo- quitur, idest cum omnium Christianorum Pastoris et Doctoris munere fun- gens, pro suprema sua Apostolica auctoritate doctrinam de fide et moribus ab universa Ecclesia tenendam deftnit, per assistentiam divinam, ipsi in beato Petro promissam, ea infallibilitate pollere, qua divinus Redemptor Ecdc* suam in deftnienda doctrina de fide vel moribus instructtun esse voluit; ideo- que eiusmodi Romani Pont i fids definitiones ex sese, non autem ex conseiisu Ecclesiae, irreformabiles esse.

Si quis autem huic nostrae definitioni contradicere, quod Deus avertat, praesumpserit ; anathema sit. Conslilutio dogma tica prima de Ecclesia Catholics, caput III.

547

ib ttnfi'i »n <tK>lire qentcs n-rbum i i et

i •/

Quindi prommxia la sua sentenza; ed ecco immanti- te cessare ogni ult«3riore ricerca. Ta

Qui apertamonte san Pietro aflferraa la sua supremazia di ma- gistero, a rispetto di tutti gli Apostoli: A'A//// Deus in nobis per os ' '/ij ire gentes verbum Ernnrjclii. Ne di semplice

magistero, ina di raagistero infallibile. Iinperocche a quell a frase, a in? fr.- i-.rlunn Evangel\\} fa seguir Taltra et credere. Or come abbiam dimostrato piu sopra, non pu6 imporre la credenza se non un magistero infailibile. Con quello parole poi eleyit Deus pare che accennasse al duplice fatto; in uno de'quali Cristo, avendo pregato, acciocch£ la fede di Pietro non venisse meno, a lui coinmise il cdmpito di conferraare in essa i fratelli: Ego rogavi pro te ut non deficiat fides tun, et tu aliquando con- versus confirmn frntres tuos*; nell'altro lo costitul fondamento della Chiesa: Tu es Petrus et super ham petram aedificabo Ecclesiam meam. II che inchiude la prerogativa della infalli- bilita, non potendo il fondamento di una Chiesa infallibile esser fallibile. Se scrollasi il fondamento, convien che precipiti 1'edifizio.

V.

dove stendesi I'infallibiM di magistero della Chiesa.

Vi ha di quelii, i quali o per ignoranza o pid veramente per malizia, spacciano che il magistero della Chiesa 6 infallibile nel definire i soli dommi, da Dio rivelati; e che un tal magistero e da lei esercitato aliora solamente che essa con solenne giu- dizio definisce alcun punto di fede o di morale, vuoi ne'Concilii, vuoi ne'decreli Pontiflcii. Ambedue queste affermazioni sono fal- sissime. Primieramente il magistero della Chiesa e doppio: 1'uno straordinario, 1'altro ordinario. II primo solamente e quello che

7-11

VK. \\ll, 32.

IiKLI.A POTESTA MAGISTRALE

si esercita con solenne giudizio nel modo sopraddetto; sia per alcun dubbio sorto intorno alia intelligenza de'dommi, sia per alctm pernicioso errore, che minacci la puriU di creden/a e di costumi. Ma 1'ordinario 6 quello che si esercita, sotto la vigilanza del Papa, dai Sacri Pastori, sparsi pel mondo, sia colla parola scritta o parlata nella predicazione e nelle catechesi, sia coll'eser- cizio del culto e de'riti sacri, sia coiramministrazione de'Sacra- menti, e colle altre pratiche e manifestazioni della Ghiesa. Questa doppia maniera di magistero 6 espressamente affermata dal Concilio Vaticano colle seguenti parole: Fide divina et catholica ea omnia credenda sunt, quae in verlo Dei scripto vel tradito conti- nentur, et ab Ecclesia sive solemni iudicio sive ordinario et universali magisterio tamquam divinitus revelata credenda proponuntur l. II pretendere che il fedeie non sia obbligato a credere se non quelle cose intorno a cui ci sia una solenne definizione della Chiesa, porterebbe a dire che prima del Concilio Niceno non ci era obbligo di credere la divinita del Verbo, ne prima della condanna di Berengario la presenza reale di Cristo nella santa Eucaristia.

In secondo luogo 1' infallibilita tanto dell' un modo quanto del- 1'altro di magistero non si aggira intorno ai soli dommi da Dio rivelati, ma ancora intorno alle conseguenze in essi racchiuse, e generalmente intorno a tutto cio che e con quelli connesso e che e necessario per servarli incorrotti, e difenderli dagli assalti del- 1' errore. In altra guisa Iddio non avrebbe bastevolmente prov- veduto, acciocch& i sacri Pastori fossero idonei a preservare i fedeli dai pascoli velenosi, e tutelare efficaceinente il deposito della fede ad essi affidato. II Cardinal Franzelin tratta egregia- mente, come suole, cotesto punto. Parlando egli delle veritk non rivelate ma connesse colle rivelate, intorno alia credenza ed ai costumi od anche alia costituzion della Chiesa, sopra cui puo cadere il magistero infallibile di essa Chiesa, ne reca diverse classi. Tali sono per esempio alcune spiegazioni date universal- mente in teologia per T intelligenza de' misted; alcuni aggiunti

1 Constitutio doymatica de Fide catholica, c. III.

corrvhitivi alTapplicaziono di ' vi.-hit-, qual sarebbe

genuino ilci U-sti di un libro in quanto concord! o discordi dal ma; alcinii fatti , qual sarebbe la legittimita di

un dato Concilio; alcune disposition! della divina provvidenza speltanti allo stato migliore e goverao della Chiesa universale, qual sarebbe r opportunity o morale necessita del principato civile per la liberta e indipendenza del romano Pontefice !.

A tali cose, dalla Cbiesa insegnate e definite, senz'alcun dubbio il fedele e tenuto di prestare 1'assenso. Solo si controverte da teologi intorno al motivo.a cui un tale assenso si appoggia. Cer- tamento il motivo ultimo d Tautorita di Dio rivelante; giacche 1' infallibilita del magistero della Chiesa, a cui prossimamente guarda 1'assenso, e domraa da Dio rivelato. Onde il Franzelin

1 Cum reritatibus revelatis et sufficienter propositis connexac sunt et ad fas referuntur pJura, sine quibus veritates ipsae revelatae vel non possent vel minus bent possent in tota sua plenitudine custodiri, explicari, defendi, licet ilia in se vel simpliciter revelata non tint, vel nondum sufficienter proposita ad credendum fide divina. Huiusmodi sunt muUa turn theorica turn practice in triplici illo ordine, dogmatico, morali, et (ut ita loquar) constitutive : ut ve- ritates theologice certae, ex. gr. de processione Spiritus Sancti per modum amoris in connexions cum mysterio SS. Trinitatis, de sanctificatione humani- tatis Christi per dona etiam creata, de visione eius beatifica a primo instanti exsistfntiae in connexione cum mysterio Jncarnationis etc. ; turn adiuncta quae- dam complicita cum veritatibus revelatis, quando haec practice applicandae sunt, ex. gr. si quaeritur de gcnuino sensu textuum in determinatis libris, qua- tenus deposito fidei concordent vel opponantur; facta deinde per se historica ex. gr. legitima celebratio determinati Concilii etc. ; praeterea speciales quaedam dispositions divinae providentiae ad meliorem statum et gubernationem uni- versalis Ecclesiae pertinentes, ex. gr. si quaeritur de opportunitate vel morali necessitate politicae independentiae et dominii temporalis in Summo Pontifice sub relatione ad gubcrnationem Ecclesiae etc. Tractatus de divina Tradilione, sect. II, c. I; pag. III.

Quest' ultimo escmpio ilrl poter temporale della Santa Sede, recato dall' cmincnte

teologo, dovrebbe aprir gli occhi a quei cattolici liberal!, i i|uali credono di poter in

sicura coscienza pensare e sostenere non essere il principato civile necessario per 1'in-

dipendenza c libertn del I'unti-licp. Egli 6 vero che non esiste ancora sopracolesto punto

alcun solenne </iu<li:io della Chiesa, intimato sotto pena di anatema. Ma ben esiste

:ii,.mi'ii!o puhhlico, fatto in via ordinaria merce le dichiarazioni di due soniini

lici, 1'io IX e Iv^oin- Mil, o ilelTiutero Kpiscopalo, ripetutamenle espresso colla

vocc e collo scrilto. Or, come sopra notammo, il magistero infallibile della Chiesa si

manifesla auiorcvolmni1. .ini-tio prr queslo mezzo; e pero chi ad esso contraddice, con-

traddice alia vcrila cattolica ed i fuor del senliero die inena a salute.

.ViU DELLA rOTESTA MAGJSTIULE

insegDa che queirassenso e atto di fede divina mediata. Infal- Ecclesiae et Pontificis Eomani creditur fide di>-hin, nu'-toritatem Dei revelantis; sententia quae per infal- lililem definitionem Ecclesiae vel Pontificis pro^n'itur u( vera, non tamen ut revel'ata, creditur propter revelatam aucto- ritatem proponentis. Unde earn, qitam aliqui appellant fid ecclesiasticam, possumus dicere fidem mediate divinam l.

Certaraente intorno all'adesione a siffatte verita definite dalla Chiesa, le quali non siano doinmi ma appartenenze di dommi, e assai piu giusta la frase di fede mediatamente divina, che non quella fafede ecclesiastica, la quale non sapremmo ben conciliare con 1' unita dell'abito e del motivo della fede. Tuttavolta ci sembra non improbabile potersi dire in modo assoluto che le verita, di cui parliamo, si credono fide divina. Imperocche la Chiesa in tutte le verita che definisce, pu6 dire: Visum est Spiritui Sancto et nobis. La sua sentenza e seuipre proferita sotto 1'assi- stenza e mozione di Dio, rispetto al quale ella opera quasi stru- mento. Or la causa istrumentale come ha la causa principale per principio di efficienza, cosl ancora 1'ha per termine di riferi- mento. Quando tu ammiri un dipinto non pensi al pennello, ma all'artefice che lo maneggia. E se alcuno ti percuote con un bastone, non imputi il fatto al bastone, ma alia persona che lo adopera a percuoterti. Importa poco che Iddio non abbia rivelata la verita che definisce la Chiesa, e sempre la sua autorita infal- libile quella che parla per mezzo di lei, e ad essa miriamo, se non esplicitamente, almeno implicitainente nell' assentire. Cid sembra contenersi in quelle magnifiche parole di sant'Ignazio di Loiola, laddove parlando delle regole per sentire colla Chiesa cattolica, nella regola decimaterza dice cosi: Indubitate ere- dendum est eumdem esse Domini nostri lesu Christi, et Ecclesiae Orthodoxae, sponsae eius, spiritum, per quern guber- namur et dirigimur ad salutem; neque alium esse Deum yui olim tradidit Decaloyi praecepta, et qui mine tempuriis Kccle- siam Rierarchicam instruit atque regit 2. Se uno e lo Spirito

1 Luogo citato, pag. 113.

1 Vedi 1'aureo suo libro degli Esercizii

che c'insegna e comanda nell'un caso o nell'altro, della stessa natura fi la ferle e l'obb»\1ifnza che ad entrambi prestiarao. I/aut»rit;i di Dio cho ci muove all'assenso nelle verita da lui rivi'lat-. r- ijM-'lla stessa che ci muove all'assenso nelle verita dalla (Miiesa definite. La materia d diversa, ma la ragion formale 6 la stessa. Del resto sia che si dica che le verita di cui ragio- niamo si credono da noi fide divina simplicitcr, come noi opi- niaino, sia che fid? itmlfufc dirina, come almeno deve tenersi ; il rerto 6 che noi siarao obbligati a crederle, e invano si lusinga d'esser cattolico chi le discrede.

tltri obbietti: E se la Chiesa uscisse fuori la cerchia del suo inagistero? Una tale ipotesi e stolta; giacche Dio, per ci6 stesso cheassiste la Chiesa nell'insegnare, I'assiste a non lasciarla mai trascorrere oltre 1'obbietto proprio del suo insegnamento. Per- mettendo nn tale trascorso, Cristo permetterebbe che nel caso pra- tico venisse meno la sna assistenza, contro la fatta promesga: '' ego vobiscum sum omnibus diebus, usque ad consumma- *-u't'iili. Chiunque non ha perduto il senso comune ci dica se qnesta sia tra le cose possibili. Laonde al vero cattolico basta che una cosa sia defiuita dalla Chiesa, perche egli sia certo che tal definizioue e stata fatta sotto T influenza divina; e quindi vi aderisca in virtu della stessa fede, per cai aderisce a Dio, il quale ci ammaestra in doppio niodo : e per le verita da lui ri- velate, e per le verita che la Chiesa definisce, sotto la sua, non ispirazione come per esempio ne'Profeti, ma assistenza, come in maestra da lui diretta e regolata.

LA CONTESSA INTERNAZIONALE

x.

FARPALLE E FARFALLINI

Per non trovarsi ad accommiatare le monache cercatrici, la contessa Aldegonda erasi ritirata dalla conversazione innanzi tempo. Ne ricomparve pift per tutto quel giorno. Si vedeva ad oc- chio ch'ella era un po'neruccia. Ma nessuno pensava, ci6 che veramente era, ch'ella si rodesse di rabbia a cagion delle filip- piche di Amedeo e delle fanciullate di Silvia. A suo tempo le religiose si avviarono al cancello della villa, avendo fatto bonis- simo accatto presso la signora Caterina. Prima di parti re ebbero ancora la giunta alia derrata dagli uomini, che tutti porsero ii loro obolo. Persino la poveretta della Severina voile essere ge- nerosa. Silvia conoscendo il suo borsiglio un po'sulle secche, si aggavign& al babbo, che oltre al fornirla del conveniente, le disse : Yai da mamma, e dille che le monache ora vanno via, e se lei vuole dar qualcosa per le morette, si spacei.

Corse Silvia come uno scoiattolo, e subito ritorn& con una bella moneta: cosa che piacque a tutti. Sopra tutto perche Silvia ri- fiori 1' ambasciata graziosainente, dicendo : Mamma vi prega di gradire questo gingillo, e sarebbe stata rnolto dolente se foste partite senza ch' ella potesse darvi un piccolo segno del suo af- fetto per le vostre bambine, nel cui bene s'interessa tanto tanto.

Queste poche parole rabbonirono gli astanti verso la contessa. Era appunto ci6 a che ella mirava colla opportuna larghezza. Amedeo stesso sentissi alquanto disarmare. Intanto gli tardava di rimeritare Silvia della dolce parola Yi stimo, ch'egli piu che ogni altro aveva interpretato per una ingenua accettazione di amore. Ne poteva fallirgliene il mezzo : all' uopo era monello da

LA CONTESSA 1

fabbricare un ammenicolo pur che fosse. In che tanto piii si la- sciava andare a fidanza, quanto che suo padre gli avea fatto ndere, che il conte Delia Pineta non 1'avrebbe punto a male, anzi...

E la contessa? dimand6 subito Amedeo.

La contessa, rispose il babbo, la contossa... via, e meglio non ne parlare. Gia, non si d ai ferri corti. C'e tempo a pen- sarvi. Quando foste d'accordo tu e Silvia... ma bada, ragazzate, no: quando foste d'accordo sul serio, a ragion veduta... si po- trebbe ragionare.

E bene, se fossimo d'accordo noi due? spiegatevi, babbo.

Ti diro, il conte, poiche vuoi saperlo, non sarebbe alieno ; tua madre poi non ti contrariera, se farai le cose ammodo; quanto a me, lo sai che da un pezzo non ti tengo piu a bambino, spero che orraai sii uomo.

- Ma ci resterebbe sempre a traverso la contessa, ripicchi& Amedeo.

Tu non ti confondere. Alia fin delle fini, sai, il consenso del babbo e sempre il punto principale.

- Lo so da me: articolo 63 del codice civile, lo so a mente.

Del resto, conchiuse il padre, non siamo anche allo strin- gere de' sacchi. Ti ho voluto dare un cenno, cosl alto alto, perchfc sapessi in che acque navighi. Bada, ripeto, a non ti fare scor- gere con bambinerie, che dieno nel naso alia madre di Silvia : gia, anch'io le ho a noia come il fumo agli occhi. lo non in- tendo reggerti per le dande, ma intendo altresl che di dande tu non abbi bisogno.

Questo preteso cenno alto alto, diceva piu che una prolissa spiegazione. E Amedeo non abbisognava d' altro, per sentirsi cre- scere le ali. Non erasi lanciato nella nuova via a capo in sacco, spintovi solo dal solletico della passione. Aveva ragionato e di- scusso il partito tra se e se, posatamente; e gli era piaciuto pei motivi stessi, che piaciuto era al padre suo. II che non toglieva che la idea prima non gli fosse nata dal conversare dimestica- mente colla fanciulla. E cosl com'eran sorti i pensieri dal fami- gliaro convivere, cosl da questo prendevano alimento a crescere

LA CONTESSA INTERNAZIONALE

e radicarsi. Ci6 che pift andava diritto a ferire dolcemente Ame- deo, era la semplicita di Silvia, il suo fare gaio sempre, senza civetterie ne rigiri, la sua ingenuita stessa che rendevala ta- lora imprudente. Di che egli traeva la conseguenza, che dunque, ancora che ella non addimostrasse quei particolari sensi di pietu, che in collegio e in casa niuno le aveva ispirati; pure in fondo, il cuore aveva netto e buono e affettuoso. Sei inesi che ella passi in casa nostra, alia scuola di mamma, ragionava egli, ella di- verra la piu compita sposina, ch' io possa scegliere tra cento e mille.

Con tali amorosi disegni che gli frullavano in mente, egli sa- liva su per la redola che dal cancello portava alia casa, facendo il solito chiasso intorno a Silvia; che sebbene scapata anzi che no, aveva tuttavia tanto di buon senso da non iscostarsi inai da Severina, quando non era presente sua madre. Provocavala Aniedeo di correre addosso alle farfalle.

0 che mi andate farfallando voi ? Sono ormai le quattro, e le farfalle sono gia andate a dormire.

- E io ne conosco di quelle che van tuttavia pei campi, disse Amedeo con un sorrisetto furbo, ne ho veduto pur ora una che syolazzava in su e in giu per questo sentiero.

Ma quella non si lascia prendere col tramaglio, rispose pur essa ridendo Silvia.

Chi Io sa?

Severina, temendo che la cuginetta s'imbarcasse piu la del con- venevole in questo bisticcio, le venne in soccorso, entrando essa nelle farfalle vere e proprie, nei lepidopteri, come si esprimeva essa. E faceva notare che 1'autunno non 6 la meglio stagione per istudiarli ; perchS la maggior parte si sviluppa della crisalide coi primi caldi, e non e facile nella stagione avanzata rintracciare i brucbi corrispondenti. E poi, osservava, col cader del giorno le piu belline scappano via, per dar luogo alle loro sorelle cre- puscolari e alle notturne.

0 no potessi chiappare anche di queste ! sclam6 Silvia.

Che ne vorresti fare? Son mica belle, sai; sfigurerebbero a canto le altre. Non ci sarebbe di un po'tollerabile che la Dis-

X. FAllFALLE E FARFA!

p:\ri, la Monaca, e alcune specie di Acidalia. Anche la Satnrnia

<• brutta, ma e cattiva: 6 qnella tristanzuola che ci baca le

pere piu gustose. Gia, sono cattive tutte, divorano i frutteti, e

>ino i boschi; non si salvano n& i pini n& i pioppi. 0 che

non ci bucano i panni in guardaroba? non ci sono i farfallini che

uuingiano il frumento ne'granai e la farina in dispensa?

Ho piacere che sian brutte, giacchd sono cosl cattive.

Anche tra le belle ve n' ha delle cattive, disse Amedeo ri- pigliando la celia.

E Severina a sviarlo: Non dico cho le sieno brutte, tntte quante senza eccezione. C'e, per esempio, la Testa di raorto, che...

Ah, la conosco, disse Silvia : non la posso vedere, con quel teschiaccio snl torace, quelle ali lunghe e strette, brune e leccate di gialliccio sudicio. £ poi e tozza, e pesante. A me piacciono qnelle leggerine, varie, striate, puntate, picchiettate.

E qui Silvia espose fedelmente il corredo farfallino che aveva so insieme in collegio: otto o died nomi, che applicava poi un poco a vanvera a qualunque farfalla le venisse acchiappata. Pass6 in rassegna la Pieride cavolaia, il maraviglioso Macaone, il Podalirio dalle belle fasce, tre Arginnidi tutto chiazze di diaspro e madreperla, una Taide ipsipile colla bandiera austriaca, due Vanessi che erano la gloria del sno museo microscopico, cioe 1'atalanta e 1'antiopa. Delle quali nltime due Silvia non finiva di magnificare il panegirico, perchd esse portavano vaghe ali sraerlate capricciosamente, orlate di fuoco, con bellissimi occhi -tri, e con macchie d'ogni forma, a onde, a dadi recisi, a iride, a sfumature e riflessi cangianti.

Amedeo, che era corto in materia di parpaglioni ', dava spago e faceva le viste di ammirare la erudizione papilionacea di Silvia. A un tratto disse: Con tutto ci6, io posso aggingnere alia vostra collezioncina una farfalla graziosissima, che forse voi non avete tra le vostre amichette?

Quale?Com'e fatta?

Itfgliono, in si^nific.ito <li I a rf.il la, voc> i-oniunissinu in I'iemonie; usai.i |nr antico il.ii t l.i^li , c di> i^na ora, dicono cerli lossicograQ. Chi scrive la udi tutlavia tjra popolane in Toscana.

T>5G LA CONTESSA INTERNAZIONALE - X. FARFALLE E FARFALL1M

lo non saprei ben descriverla: ma so che e plena d'occhi, e che e arcibellissima sopra quante ne ho vedute volare. Dicono che predilige le ortiche...

- Appunto appunto! osserv6 Severina. Dev'essere la Yanessi dell'ortica, se pure non la confondete colla Vanessi policlora.

Sara una vanesia anche lei, la signorina dell'orticn : chi pu6 iinpedirlo? Gia, non e impossibile, che belloccia a quel uiodo e si ben vestita, sia anche vanesia la parte sua... 0 appunto ora ci do. Sara questa la derivazione di vanesia! Un po'di farfalla, un po' di bel colore, un po' di ortica : misce, e avrai la vanesia nata e sputata. Evviva la Vanessi dell'ortica.

Risero saporitamente di questa scappata filologica la signora Caterina e il cavaliere, che avevano raggiunta la brigatella, e s' interessavano nelle farfalle alate, e piti ne'farfallini bipedi che loro camminavano davanti. Severina e Silvia pure si smascella- vano dalle risa, tenendosi forte colla inano il petto. E il cava- liere al figliuolo: Mi dici, bel zittello, dove hai pescato questa erudizione?

Nella mia gran mente pensatrice, rispose Amedeo.

Ma io so ch'io so, che tu riesci un irapertinente numero uno, a sfoderare un'etimologia cosi barocca con si garbate si- gnorine. Ti torna?

Pu6 darsi: tutto pu6 essere. Ma la scienza a' tempi nostri d indipendente, lo sbfaitano tutti i professoroni.

Che scienza e non scienza? fi birberia; e le tue etimologie escon del manico.

Eh via, babbo, ch'io n'ho inteso da certi linguisti delle pift spampanate 1'un cento. Dove che Yanesia da Yanessi far- ialla, non fa una grinza. II pito peggio che se ne possa dire, e che e inedita. Ma io la voglio raccomandare a un Circolo filo- logico di mia conoscenza, che la passera a gala per una scoperta da farle di cappello.

Se fossi in te, la lascerei dormire.

E buona notte. Io la rinfodero; e prego loro, signorine, di metterla nel dimenticatoio. Yanessi e Yanesie, non ci siamo visti. Parliamo del cibo delle farfalle, se non si pu6 pii\ par- lare delle loro ali. Le farfalle pranzano fiori, cenano fiori.

XI.

FIORI SIMPA!

Cosl cianciava Amedeo, perch6 salendo piede dinanzi a piede, si era giunti a mezzo il giardino dirimpetto all'uscio di casa; e di fiori di ogni maniera tutto intorno trionfava una belle/z;i. Aiuole, prodicelle, cerchiate, cespagli ogni cosa mostrava una sma- gliante primavera. Perchd il valente giardiniere faceva 1'estremo della bravura per tenerli in assetto di festa durante la villeg- giaturadei signori. E Amedeo, di punto in bianco: Qual fiore, mamma, preferite voi a tutti gli altri?

Non uno, ma tre sono i miei prediletti, rispose la signora Gaterina.

E sarebbero?

II sauibuco, il tiglio, la camomilla.

0 che gusti! fiori da speziali.

Appunto per cotesto, ne fo incetta e prowigione ogni anno. Quando ti sei chiappata una bella infreddatura con un bravo catarro, vai un po1 a fiutare una rosa doppia, e vedrai a che ti serve, mettiti allora una camelia all'occhiello del soprabito, ti giovera di molto.

Se si discorre d' utiiita pratica, avete ragione, mamma. lo per6 m'eleggerei per fiore del mio cuore il fior di ramerino che insapora 1'arrosto, e il fior di prezzemolo che dice benissimo nel guazzetto delle triglie alia livornese...

Silvia e Severina vantavano invece contro Amedeo il primato delle rose e delle camelie. Ma non tardarono a dividersi anche tra loro, perchfc Silvia favoriva la camelia sopra tutti gli altri come piu d'occhio.

- Ma non ha odore, obbiettava Severina.

Ma la rosa ha le spine, replicava Silvia.

Amedeo soffiava nel fuoco, fingendo di difendere ora Tuna parte, ora 1' altra, ora di distinguere i differenti usi, in cui cia-

M fiore deve ai rivali preferirsi. Final men te, uscendo di ar- gomento, porto la sentenza, che per infilare ueU'occhiello del

558 LA CONTESSA INTOINAZIONALE

vestito non potevano scegliere meglio che gli amorini e i non ti scordar di ine.

Severina di& passata alia celia, dicendo: SI, perch& sono tanto minuti, che nessuno li distingue, se non ci guarda ap- yosta inforcando le barelle.

Si pena poco a farli vedere : se ne mette un mazzo.

Sie, sie, per farsi canzonare dai bellimbusti...

Pazienza che ci vuole! Fate tutto a modo vostro, metteteci un gherofano, una violacciocca, un mughetto, un bocciuolo di rosa tea, un che so io; e tutti lesti. Se si tratta poi dei mazzi da tenere sul desco da salotto, convengo anch' io che ci yogliono fiori odorosi e vistosi.

Quali? dimand6 Silvia.

Rose doppie, straddoppie.

Belle, uia troppo comuni.

- Allora provvedetevi di fuchsie, di salvie splendenti, di...

Troppo sgargianti, disse Silvia per darsi un po' 1' aria di piccosa; e poi non sanno n& di me, ne di te.

- Un rametto di azalea, o di rododendro, vi va?

Non sono da conservare recisi, osservo Severina, ma da porre vivi per ornamento sui pianerottoli delle scale, o sulle giar- diniere nei saloni. Quando sono nella loro gloria di fioritura danno vita e allegria solo a vederli.

Ma voi quale preferite, ai vostro occhio, signorina Silvia?

Quello che e piu bello insieme e piu fragrante : indovinate.

- II patciull?

Odora, ma non e bello.

II giglio?

£ bello, ma 1' odore e" grave.

II fior d'arancio?

Bello ed odorante, ma e" piccolo.

Pigliate dunque... pigliate... il fiore... di... quello che vi piace. Ma un fiore, il cucco dei fiori, vi ha da essere.

Silvia vi ripens6 un tratto, cercando una novita ; e infine si sovvenne di un bel nome e di un bel fiore : Tra tutti io pregio il fior della cera.

i ! II fior dt-lla cera! Non 1'ho mai visto no conosciuto. £ proprio qualcosa di particolare?

Tina ne diede il iiomo botanico: Hoya carnosa, e la si- nooimia Asclepias carnosa; e convenno che il fiore prediletto di Silvia poteva certo passare per una specie privilegiata dalla na- tura : La pianta e la foglia non sono raaravigliose, ma il fiore e un incanto. Figuratevi una ciocca grandetta e rada, pettinata dalle Grazie, composta di fiorini di forma elegantissima, fusi in cera, d1 un incarnatino dolce e trasparente, e involti in un pro- fuuio deli/iule, che non ha pari.

E ci e qui in giardino? dimando Amedeo.

Non mi d caduto sott'occhio.

Amedeo chiam6 Tonio il giardiniere, che a forza di descri- zioni e di spiegazioni, che gli fecero Severina e Silvia, giunse a raccapezzare qualcosa, e disse: Signore, non ci e, ne ci pu6 essere, perche e pianta di stufa: e noi non abbiamo stufe; appena abbiamo un'aranciera per salvare i limoni e i pelargonii.

0 perche non tieni dunque una stufa? dirnando Amedeo, che di questi fatti di casa non s'era impicciato mai.

Perche i signori comandano, e noi si lega Tasino dove vuole il padrone.

Ma i signori, entro qui la madre di Amedeo, che si era goduto le chiacchere altrui senza mettervi bocca, i signori hanno i loro perche. Perche d'inverno mi preme piu scaldare un po- vero sopra una soffitta di Torino, che scaldare le signore felci e le signore begonie qui in campagna. E tuo babbo ha la stessa inia opinione.

Avete ragione da vendere e da serbare, mamma. Chi ha torto e la signorina Silvia qui, d'incapriccirsi d'un fiore che non e nel nostro giardino, e di cni non si pu6 contentarla. Ma io far6 le mie vendette, quando altri non ci pensera.

Naturalmente nessuno si spavent6 della minaccia; Silvia meno che ogni altro Ma la mattina seguente la vendetta scoppifc im- provvisa: e Silvia tornando sopra dalla colezione vide sul suo tavolino trionfare un mazzo di fiori, nel cui centro brillava una rigogliosa ciocca di Hoya, che pareva allora allora spiccata dalla

560 LA COVTESSA INTERNAZtONALE - XI. FIORI S1MPATI-.I

pianta, e riempiva di delizioso olezzo tutta la camera. Di che la fanciulla si sentl sopraffare di giubilo puerile, e n'ebbe Tanimo imbalsainato piu assai che lusingato il senso. Tntto il giorno fantastico del fior della cera, e lo sogn6 la notte. Non finiva di professarsene grata ad Amedeo, ogni qual volta lo in- contrava. E come quel giorno, cosl i seguenti, il mazzetto coi fiore simpatico arrivava puntualmente alia solita ora al solito posto.

Se ne avvide subito Severina: ma non voile impacciarsene. Gli altri non vi posero mente: non era cosa vistosa; essendo Amedeo stato a maraviglia servito dalle circostanze. Perche il valoroso giardiniere Tonio aveva 1'uso di far trovare ogni giorno un mazzo di fiori freschi in ciascuna camera delle signore mi- lanesi. Nessuno 1' aveva incaricato di questa cortesia; era una sua alzata d' ingegno, concertata tra lui e la cameriera, a fine di buscarsi una mancia a suo tempo. Amedeo, che sapeva la taccola, non ebbe a far altro che prevalersi della gherminella altrui per intelaiare la propria. Spedl Tonio a Torino con un biglietto al fioraio di casa. Gli commetteva una pianta di Hoya carnosa in pieno fiore, la trovasse anche in fondo al mare, e non la guardasse nel prezzo, pur di mandarla presto, anzi su- bito, se era fattibile. Tonio poi, di scarpe grosse e di cervello fino, capl per aria. Vi si pose coll'arco della schiena, non si mosse di Torino finche" non ebbe nelle mani il vaso di Hoya, che portossi in una sporta, gongolando di gioia di aver saputo servire appuntino al gusto del padroncino; e ne Iecc6 una mancia coi fiocchi.

Guai, se di siffatte galanterie avesse avuto vento la fiera con- tessa Aldegonda. Ma ell' era sempre 1' ultima a sapere i fatti di casa: non aprendosi essa con nessuno, nessuno si apriva con lei. II babbo e la mamma di Amedeo, a cui egli stesso racconto la bravura, non se ne fecero ne in qua ne in la. Solo la madre gli fece osservare che tali dimostrazioni di affetto danno diritto ad una ragazza di credersi amata, e perd non si hanno da usare con leggerezza, si solo quando vi e in cuore un proposito serio.

Xtl.

GirsT'J ALI.A VI'.ILIA DBLLA PARTEN

COD siffatti gingilli, che pel giovani erano affari di stato, si giungeva alia domenica. Spirava la settimana di grazia, e la inat- tina del lunedl, era convenuto e fermo, si dovevano mnovere i Delia Pineta. Gift erano fatte le valige ; restava solo da serrarle e portarle alia ferrovia di Torino. Dopo desinare piu che mai mostravasi serena e lieta la contessa, che gia vagheggiava vicino a se il duomo di Milano e piil il teatro della Scala. Non e a dire se le fanciulle ed Amedeo taccolassero. Tra tutti frnllava la conversazione, ora in pissi pissi a mezza bocca, ora in pas- seraio strepitoso. Figurarsi ! Araedeo pretendeva che non sarebbe stato contro i trattati conchiusi 1' indugiare la partenza sino alia vendemmia e sino alia svinatura, e ne rendeva ragioni da far ridere i capponi non che ii conte diploinatico. Ad ogni modo non imponeva il suo giudizio, e si contentava che la questione servisse di tema fecondo e vario al chiaccherio. Silvia e sua madre nar- ravano mirabilia delle vendemmie di Brianza; Aniedeo, com' era naturale, sparava miracoli delle vendemmie dei colli torinesi. Tutto passava egli in rassegna: le villanelle in cappellina di paglia a larghe falde che loro danzano snl collo, il pennato alia cintura, e il corbellino in mano ; avviate in lunghe filate su pei dossi e pei vigneti ; ii ripartirsi tra loro i filari da spogliare ; il gazzurro e la festa dell' opera gradita, tramezzata dalle can- zoni giulive che echeggiano tutto intorno; le donne e i giovani che vanno a scaricare i colmi canestri nelle navicelle !, le quali poste sui carri portano le uve mezzo ammostate alia tinaia; e i bambini che stesi sulle prode erbose dormono o si baloccano, Kientre i piil grandicelli vendemmiano per conto proprio a tutta

icella £ un taso vinario usato nelf Alia Italia, difTwnte dalla tinflla o lino

!o, usato altrove per trasportare al tim> In nve. In essa i prappoli p-l proprio

-iano, e ammostano. navicclla ha forma oblunga a fopgia di barcliclla,

nc con essa si potrel)l>" narigare sopra uno siagno, sohli i-no nliliia le lotate ion-

deggianti •• ;inzione di prora e di jwppa. In I'iemonte diconla anche Arbi.

Sort* XII. vol. VI. fate. 815 H tygio 18«J4

LA CONTESSA IMERNAZIONALE

passata. Ogni cosa sembrava ad Amedeo graziosa e poetica, per- sino i berci acutissimi, con che le compagnie do'vendemmianti si salntano da poggio a poggio e si incoraggiano a faticare.

Da noi e lo stesso, presso a poco, osservava la contessa.

E voi ci andate a vendeminiare colle vostre signorine?

- Se mi gira, perche no?

E il conte, fattosi tutto arzillo : Se lo dite a me, bel zit- tello,. invece di dimaudare che cosa facciamo noi, verrete voi stesso a vedere. Per un pari vostro e una passeggiatina di tor- nagusto. La Bella Brianzola e sulla grande strada Milano-Erba; e la una cameruccia e una zuppa la troverete seinpre, con un piatto di buon viso.

La contessa si sentl presa tra le morse: o incalzare 1'invito, o mostrarsi sfacciatatnente scortese con chi 1'aveva colma di cortesie: fece uno sforzo, e aggiunse: Buona idea! fi vero che non teniamo molti terreni a vigna, ma qualche ettolitro ogni anno si rimette. Presso noi piu bella e la stagione dei bachi.

Cosl si pigliava tempo quasi un anno. Ma Silvia, a cui la parola di babbo aveva dato il frullo, non istette alle mosse, e scatt6: Per le vendeminie e pei bozzoli...

- Brava Silvia! la interruppe il padre. E la prima volta che ne infill una giusta: si vede che non invano sei stata in collegio. Sicuro, per un giovanotto come il signer Anaedeo, che cosa e una scappata sino a Milano? Si va e si viene, si torna e si ri torna, e si fa piacere agli amici. Yia, qualche improv- visata 1'aspettiamo di la dal Lambro. Ci facciamo quattro scam- pagnate (in vettura ve') a Costa Masnaga, a Tabiago, ad Al- liate, a Casate, e fino al Campanone di Brianza. £ un bel girare. E mentre si rinfrescano i cavalli, noi all'osteria, come beceri, ci votiamo un boccale di Montevecchia, che ci fara parere piu belli i prospetti. Ad ogni ris volta e un panorama nuovo, e il Resegon e sempre li a farci la guardia, come qui il Monviso. Che ne dite, cavaliere?

Che volete ch' io vi dica? lo dico, che voi, conte, ringio- vanite a occhio...

Riinminchionite, dovete dire... che sono un uomo finite.

: V OCLLA i'All!

Che. >-te vispo come un frullino, e per giunta, voi, la contessa e le vostre bambine, side la gentilezza in persona. II male <\ die Amedeo ha da prepararsi agli esami, e se io lo lascio corrcre la cavallina, addio roba mia.

Ma una cosa non guasta 1'altra. Basta, 6 ammesso in massima, come diciamo noi, che il nostro Amedeo una corsa alia Bella Brianzola la puo dare. Facciamo tutti i casi possibili: o pei bachi, come dice mia moglie, o per le vendemmie e pei bacbi, come opina dottamente Silviuccia, o a vostra scelta e piacimento, come penserei io.

Corbezzoli! conte, voi in' intimate a dirittura un articolo di legge con tutti grincisi e capiversi di rubrica.

E alia legge, replic6 il conte, ogni buon cittadino s'inchina. Silvia era in procinto di sonare a doppio, ma Severina fru-

gandola cosl un po' col gomito, le fe'cenno di non forzare la carta. Silvia capi, e tacque. II cavaliere invece, a cui toccava naturalmente di accettare o disaccettare, si avvolse in parole che non dicevano n6 si ne no; e per isviare la questione, disse : Ma anch'io, sapete, conte, avrei una gita da proporvi per que- st' oggi...

Ma che ? interruppe la signora Caterina. Oggi e festa ; e poi perchd stancare oggi le nostre signore, mentre domani pur troppo si avranno a strapazzare in vagone?

Niente, niente di questo, replied il marito : io non voglio incommodare le signore, propongo la passeggiata solo al si- gnor conte, una passeggiata che faremo noi due soli, a brac- cetto, in dieci minuti, sino... sino alia cantina... Sapete, ainico, le cantine nostre le ho architettate, o piuttosto riformate io, e le ho ultimate 1'anno scorso : ho piacere di udire il vostro parere.

II conte Delia Pineta, sorridendo, si rizzo: E bene viag- giaino sino alia cantina.

II cavaliere gli porse il braccio. Amedeo che era 11 in piede, si mosse a prevenire il fattore. Dice Silvia : Ci vengo an- ch'io. Severina le si attaccfc ai panni, come una governante accorta: le mamme, come per incanto, tennero loro dietro, cian- ciando e facendosi coinplimenti.

LA CONTESSA IMTER.NAZIONALE

Non si potea vedere nulla di piu compito in gene re suo, che le cantine della Boassa. Yi si scendeva per uua cordonata di otto o dieci bastoni, a coinmodo delle bestie da soma che vi avessero a portare carichi. Giravano sotto le quattro ale della casa, con altrettante corsie spaziose e nette, illuminate da luci un po' piu alte che a fior di terra. Regnavano sui due lati file non interrotte di botti, sulle quali era segnato col gesso la qua- liU del vino, e 1'anno dell' imbottarlo. Non si vedeva fine di botti e botticelle e barili e barilotti: tranne che nella corsia che dava al monte, luogo riserbato alia tinaia. Ma tutto questo era da vedere in un gitto d' occhio, se non arrivava prontauiente il fattore. Questi, riveriti profondaraente i padroni e gli ospiti, li ringrazift dell' onore che gli facevano, come se a lui fosse fatto, e non ai signori della villa. E si tenne obbligato di spiegare e coininentare la cantina in tutte le sue parti, ne piu ne meno che un archeologo in un museo.

Egli si rifece da capo, osservando che ogni cosa era all'ordine, e non mica all' anticaccia, come usa altrove, ma ammodernata giusta i progress! predicati dai Comizii agrarii. E non diceva, che il suo padrone avea dovuto metterci del buono per iscon- ficcargli dal capo certi usacci del nonno e del bisnonno. Guard ino qua, signori, le botti, non le poggiamo piu sopra cocci e sassi : posano sui loro bravi sedili di quercia, fermati nei pie- dritti di fabbrica soda, si che le possiamo maneggiare a piacere quando ci e da governarle.

0 che le sono tutte piene? diinand6 Silvia, a cui parve un esercito di botti irnpossibile a riempire.

- Tutte no, ma buona parte. Se delle vuote non ne serbassirno, dove si potrebbe riporre la raccolta che ora pende dalle viti?

Non sai distinguerle da te? dissele la madre. Picchiale colla noeca delle dita, le mute sono piene, quelle che caiitano sono vuote.

Presso a poco come i deputati al parlamento, osserv6 Amedeo.

Si coutinuft, ridendo, il fattore: Abbiamo spazzato via can- nelle e zipoli di legno, che erano un impazzimento. Ogni botte

\II. ..HSTO ALL.V VIGILIA ! tlTENZA

ha la sas cannella di ottone lucente e la chiavetta, cho & una pulizia a vedere.

£ andando innanzi passavalo in rassegna, ridicendo i vini che vi si contenevano, e piu ambiziosamente i piu bei nomi : grigno- lino di due anni, barb&ra di tre, nebbiolo di due, barolo di un anno. -- Ma e gia maturo si che con altri dodici mesi, sara roba da bottiglia, e fara la barba a tutti i borgogna e i bord6 di Francia.

- E voi, cavaliere, dimand6 ii conte, quale preferite per vin di famiglia?

Yi diro, un po' di tutto. Tengo sempre manomesso un cara- tello o una damigiana di vinino bianco, abboccato e ainabile, per le signore. Mia moglie, non e vero, Caterina ? non saprebbe che farsi dei vini gravi. Questi io li vendo al lino addirittura, o a mano a mano che la piazza fa prezzi vantaggiati. Ne serbo tuttavia sempre alcuni ettolitri, per pasteggiare cogli amici di fuori. Ho visto che di quei nostri vinoni poderosi i milanesi sono ghiotti...

£ vero, disse il conte.

I romani li trincano a gloria per marino e vino dei Ca- stelli ; i roraagnoli ci trovano il sangiovese ; i francesi vi sen- tono il Chateau-Margaux, il Chateau-Laffitte, il Chiiteauneuf, e tutti i loro chateaux, che qualche volta sono poi chateaux en Espagne. Non ci e che i toscani, che rimpiangono il loro chianti vecchio...

E non han poi tutto il torto, osservd Amedeo.

Sara benissimo: tutti i gusti sono gusti. Io mi piaccio invece dei nostri vini di fresia, badate, ve', fo cogliere i scelti... Eicordatene, sai, Menico : alcuni giorni priina della vendemmia.

Non dubiti, sor cavaliere, aspetto una giornata asciutta, e le meglio pigne sono messe ad aminostare nei tinelli di rispetto.

Questo vino e forte e sano: solo che e un po'duretto finche e giovane.

E rnagari un po'asprigno, disse Amedeo.

Asprigno, si, quanto vuoi: ma se si ha cura, nei calori,

LA CONTESSA INTERNAZIONALE

di non fargli prendere il fuoco, dopo un anno diventa un Tino da pasto numero uno. Mesciuto, spnma un poco a guisa del raz- zenti d'Asti, ma mangia subito la sua spuma, e conserva un misto di austero e di piccante, che proprio abbraccia lo stomaco. Kegge benissimo 1'acqua, senz'avere per6 nulla del maccherone dei vini grossi. fi forse quello che piu si accosta al chianti toscano : ha lo stesso aroma, lo stesso profumo.

Non sapevo, disse la contessa che poco si era brigata di vini, e veniva lemme lemme cianciando colla signora Boasso, non sapevo, cavaliere, che sfondaste tanto addentro alia scienza cnologica.

Che? mi sono fermato ai primi cartoni: ho un po'di pra- ticaccia alto alto, pel lungo uso. Voiete voi udire la scienza, la vera scienza? Raccomandatevi al cavaliere Eovasenda, al cavaliere Vasco: due vinai arrabbiati e potenti, che vi daranno il fatto vostro fino al finocchio. Nominate loro una varieta di vite, una foglia, un viticcio, un fi6cine; e vi squaderneranno aidosso una dissertazione lunga un miglio, piena di vinifica- zione, di raosto, di governo, di cotto, di fermentazione, e vattene la: e'son musi da rivenderne a Bacco in persona.

Ecco i gentiluomini utili alia nazione ! sclamo la contessa. In questi parlari si era giunti alia tinaia. Silvia levft una

gran maraviglia: non avea visto mai un tempio si grandioso, eretto al dio del vino. Grande e sfogata era la corsia, come tutte le altre, e alquanto piu illuminata da finestre grandette, per dar luce ai lavori, ed asolo ai tini durante la bollitura. Verso il monte si aprivano due grotte; o sfondi ciechi, ricavate nel vivo del terreno, e per6 freschissime : erano come le cap- pelle della navata. Quivi doriniva ne'suoi palchetti la bottiglieria forestiera, e tutta la varieta de'vini del luogo, imbottigliati e posti ad abbonire. Silvia, ed anche un poco la madre sua e Severina, faceano gli stupori sull'ampiezza de'tini, schierati sotto le finestre, sul maggiore di essi sopratutto, grande quanto una stanza da abitarvi una famiglia. Questo stava in capo a tntti gli altri, digradanti, come le canne dell'organo, sino al fondo della corsia, ove sorgeva lo strettoio; ed era 1'orgoglio

III. G

ico. Ma come si fece entraro qua dent diiiKui'lava. Silvia: non ci veggo n& porta no finestra bastevole...

Per via di spiritismo, le rispose prontamente Amedeo. II tin') si porto coricato sin presso a quella finestra la sopra; e poi tin soffio, una parola turchina, una bacchettata, e il tino si rizzo; un'altra bacchettata, tacch! e il tino era 11 in piedi sui suoi uiuricciiioli.

- Siet sie, a furia di spiritismo ! A me non ne vendete, disse Silvia.

E la madre a lei: Ma sei tanto citrullina da non capire che 1' hanno portata qua in pezzi, e poi 1' hanno montata ?

- Appunto appunto cosl, eutrd qui Menico che smauiava di ciceronare su quel mostro prediletto. II dogame e il cerchiarae era un monte ; in tre barocciate appena si porto tutto. Ci voile una settimana a metterlo su: e pure vi si affacchinavauo un maestro bottaio e tre suoi giovani, senza contare Vito e Grato nostri contadini, che erano sempre 11 a dar mano. La guardi, signora, solo il fondo £ da per sd una maraviglia : 6 tutto di panconi di quercia grossi quattro ditu, e calettati in terzo, sodi cho vi si potrebbe murare sopra, le doghe ban due dita di grosso, i cerchi, li vede, potrebbero scusare di chiave a una fabbrica.

E lo empite tutto ? dimand6 Silvia.

- E bastasse! Nelle annate piene appena bastano sei o sette tina.

- E come si pigia poi la dentro! disse la contessa. GHi nomini vi si sospendono colle funi, neh vero ?

Cosl facevamo prima: ma 1'anno scorso il sor padrone -ci provvide d'un amniostatore meccanico, che schiaccia acini e raspi da se, e niolto meglio che non ottenevasi co'piedi e coi soliti ammostatoi. Di questi ora ci serviamo solo pei tinelli, ed anche per appozzare il cappello, quando monta, nionta...

- Che intendete per cappello ?

Non sa, signora, come si fa il vino ? Osservi, le carra arrivano per la via campaiuola che passa 11 dietro le finestre, si apre la bodola, e per mezzo di un doccione si buttano giu

568 LA CONTESSA INTERNAZIONALE

le intere navicellate d'uva nella tramoggia dell' ammostatore, che si tiene su'suoi ritti. Le carrate s'incalzano le une dietro le altre, i cilindri lavorano, il tino si riempie di mosto siiio a giusta misura. Dopo un poco il mosto comincia a grillare, poi fermenta e bolle, e leva in collo le vinacce, cio& raspi, vinac- ciuoli, bucce, e quanto c'e d'estraneo al vino. Questa massa & quella che chiamiamo cappello, e che a forza di ammostatoi, di forcine, di bastoni rituffiamo dentro; perche se la vinaccia prende 1'asciutto, ne va la forza del mosto, il sapore, il colore, la grazia, tutto; e ci e ii caso che il vino infortisca. Non & cosa da tutti il governare un tino in fermento: ci vuol occhio, lo so io. Gria, anche il solo preparare gli attrezzi per la vini- ficazione e un' impresa. Bisogna far riguardare al bottaio i vasi vinarii, qua ripicchiare un cerchio, la cambiare un mezzule in- tarlato, altrove rinnovare una doga che geme; tal botte basta metterla a bagno, altra e d'uopo avvinarla, altra non e" con- tenta se non e inzolforata a fuoco; lo stesso e pei tini, pei barilotti, per le bigonce, per tutto. Insomma, non si finisce mai, mai. E poi ci e la svinatura. Dio mio, che lavoro, che pressa ! gli e come se non si fosse fatto ancor nulla. Per quest' anno...

Per quest' anno basta, caro Menico.

Cosl interruppe Amedeo, accorgendosi che la taccolata del dabben fattore diventava la canzon deH'uccellino; e per indo- rargli la pillola, aggiunse: Bravo, ti se' fatto un onorone con queste dame: hai loro insegnato a fare il vino, in guisa che niuna contessa di Milano lo sapra far ineglio di loro.

Bravo, ripeterono le signore. Si vede che 1'arte vostra la sapete; egli e un piacere a sentirvi discorrere.

Menico gongolava di gioia: ma vedendo che la comitiva ti- rava alia porta, sbiett6 un tratto, diede una voce alia sua donna. E la fattoressa comparve a pie della cordonata con un puli- tissimo vassoio e grande e sopravi una bottiglia circondata di calicetti, che aveano per sottocoppa una foglia di vite: Loro signori, disse allora Menico, hanno onorata la cantina padronale, che e certo la piu bella del paese: ora mi faranno grazia, se onoreranno anche il vino del povero fattore.

i. LA PART;

E perchd no? rispose subito cortesemente la signora Ca- terina. Ma 6 proprio di quollo di sotto il banco ?

Non fo per dire, 6 un via santo che ho fatto io, non 1'ha toccato altri... compatiranno.

Via, mesci, sentiamolo, disse il cavaliere. E assaggia- tolo un tratto, faceva colle labbra certi spracch spracch, e ag- giungeva: Non d cattivo davvero... Provino, gradiscano, si- gnore, il vin di Menico 6 proprio di quello che da la spran- ghetta: Menico assaporava la sua gloria, e mesceva.

Quanti anni ha? dimandft Amedeo.

Cinque anni, per servirla.

- Gli e un vino per la quale ! Sai, Domenico, che non ha rubato la canonizzazione a battezzarsi Tin santo: non gli manca altro che fare un iniracolo facile, piacere alle nostre signore.

E il vino piacque in verita, fu gustato e applaudito, in guisa che Menico potd riposarsi beatainente sui suoi allori.

Era una gita cominciata bene e Anita meglio, se un casaccio non veniva a guastare la coda al fagiano. Nel risalire all'aria aperta, Silvia si alterd, si scolorl, vacill6 un tratto e si appoggi5 al braccio della signora Caterina che lo era dappresso.

E nulla, 6 uulla, disse la signora alia madre che accorreva a soccorrer la ngliuola.

Forse era nulla: ma la bambina impallidiva a occhio, di ve- niva un cencio lavato: sdiede le mani e si abbandono. Convenne portarla quasi di peso alia camera sua. Le signore e la came- riera Teresa si affollavano ad allentarle i panni, a stenderla sul cauape, a spruzzarle il viso con acqua fresca, ad apprestarle odori e conforti. Ma la svenuta non pareva risentirne sollievo. Con tutto ci6 alia contessa balen6 un'ideaccia: Giusto alia vigilia della partenza! che fosse un sotterfugio per non partire domani ?

RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA

1.

Di un alto studio di Teologia comparata. Discorso recitato al VI Congresso cattolico di Napoli da Monsignor DOMK- NICO MARINANOELI Vescovo di Foggia. Bologna, 1883. Tipo- grafia e libreria arcivescovile.

Di questo discorso del chiarissimo MODS. Marinangeli, Vescovo di Foggia, facemmo un breve cenno in una delle passate biblio- grafie; fermandoci allora unicamente in ci6 che ne porse 1'oc- casione, che fu la difesa dei Congressi cattolici, suggerita dalla presenza del YI di essi, radunato in Napoli. Ma il grave sog- getto che ivi era trattato dai dotto Prelato non poteva essere svolto convenientemente in un breve articolo bibliografico: percio ci siamo riserbati di fame argomento di questa speciale rivista.

Gia un dieci anni addietro, celebrandosi il sesto centenario del serafico dottore san Bonaventura, 1'esiniio Prelato, in uno splendido discorso recitato in Aquila, inculcava la fondazione d'un Alto studio di teologia comparata col progresso di tutte le scienze. Fu una bella e giusta idea, e fu anche opportunissimo il proporla in quella occasione; perche V unita teologica di tutte le scienze (conforme Toratore allora s'esprimeva) folgorb nella mente di Bonaventura piu che in quella di altro dottore qua- lunque. E sempre dappoi il concetto dell' Alto studio teologico, come e proprio delle idee giuste e belle, venne viepiu grandeg- giando nello spirito, monsignor Marinangeli, il quale, eletto per la molta sua cultura e virtu alia dignita episcopale e in tal grado sedendo tra' primi nel VI Congresso cattolico, accoltosi lo scorso

.UNA

'.i, vullf t -del suo disegno il clero

ed il la t;dente d' Italia.

sta ora/ione dell'iusigne Presule riscosse subito da quanti ebbero la ventura d'ascoltarla applausi fragorosissimi, somiglianti a trionfo. £ veramente, avendola dinanzi agli occhi stampata e ineditandola, s'intende di leggieri come essi fossero moritati. L'eloquenza imaginosa del Prelate meridionale non fa cbe ve- stire del colori smaglianti e sfavillanti della fantasia i concetti profondi d'uua mente, senza inanco veruno disciplinata alle specula/.ioui piu recondite della teologia e della metafisica, e ricchissima di erudizione nel giro altresl delle scienze, che ri- guardano men dappresso la cultura ecclesiastica.

A formare pieno giudizio del valore intrinseco di questo di- scorso crediamo sia necessario ii leggerlo da capo a fondo. Ma perche se ne abbia qualche contezza, e molti s'invaghiscano del- 1' idea voluta per esso dall'illustre oratore propagate, diremo che, partendo dal fatto innegabile, essere cio6 la separazione del mondo da Dio 1'eresia universale de' tempi nostri e insiemo la cagione del presente universal ruinio, monsignor Marinangeli assorge con dirittissima logica a dire: « Riaffermiamo dunqne potentemente Iddio, e tutto il resto verra da se. >

Osserva poi che i moderni riformatori, pur negando ai catto- lid, pei loro fini satanici, la liberta d' insegnare, lasciano ancora in balia del clero Tinsegnamento teologico; e < afferriamoci dunque a questa tavola > egli esclama. < Diventi essa un punto di appoggio; e su tale punto d'appoggio poniamo una leva da rialzare il mondo e ricondurlo a Dio. > Nelle quali parole egli medesimo vuol compendiato tutto il suo discorso ; perch& di fatti ad altro in esso non si mira* fuorch& a dimostrare che efficace mezzo sarebbe di sollevare dairabbrutimento le anirae, I'isti- tuzione d'uno studio in cui praticamente e.d'una maniera ampla tutto le scienze umane fossero coordinate alia teologia.

Sublime e vera e la sentenza, coinmendata anche dell'Ange-

, essere la teologia la regina di tutte le altre scienze, e queste

ancelle della teologia; non gia, conio calunniano i moderni, perche

la riveliizione, che 6 Toggetto proprio della teologia, incateni

RIVISTA

gl'ingegni e gl'impedisca di spaziare a lor posta nelle region! immense dello scibile naturale; ma perch& alle verit^i divinamente certe della teologia bisogna aver occhio, chi non voglia nelle ri- cerche scientifiche andar travolto dall'errore, o almeno travagliato dal dubbio. Quindi nessuno scienziato degno di questo nome deve temere che, dal porsi in atto il magnifico divisamento del Ve- scovo di Foggia, non abbiano forse a patir nocumento le scienze naturali. Anzi se ne vantaggeranno immensamente, dice il Pre- lato, raggiungendo quell' organica unita in cui soltanto pu6 tro- varsi la perfezione del sapere. Ma vediamo sviluppato da lui medesimo questo concetto, nella sfolgoreggiante forma propria del suo discorso.

« Lo scopo e il costrutto dell' Alto studio si e di rifare, sotto le ali della teologia, quell' universita delle scienze dalle quali la teologia e" stata bandita. Oggi le universita, chi volesse te- nere il rigor dei termini, potrebbe dire che non piu esistono, appunto perche n'e stata bandita la teologia che e scienza unificante e percid ordinatrice. II concetto di universita consta di due elementi, che sono I'uno e il vario. Chi potrebbe dire che nelle presenti Universita regni 1' uno, come largamente vi si trova insediato il vario, eccetto la sola varieta della scienza

teologica? Esse rappresentano il vario nella piu larga licenza;

dell' uno, di Dio, predicano che per loro non v' e, non vi deve essere, non vi pu6 essere. Che cosa dunque v' ha nelle presenti Universita in riguardo a Dio, se non tenebre ghiaccianti e si- lenzio sconsolato? Escluso I'uno, escluso 1'ordine divino ch'e il cielo patrio delle scienze, queste errano come raminghe in terra forestiera, e non hanno piu nelle universita che un Albergo. Ciascuna scienza trova nell'Albergo la sua stanza divisa: cia- scuna fa vita a se: e Tuna non conosce 1'altra che di mera avventura. Nessuna forma di casa, nessun' aria di famiglia; ma tutto e ripartimento e condotta di Albergo. Ond'io piu volte sono andato pensando che, invece di Universita, potrebbesi con la lingua di moda scrivere sulla porta: Hotel des Sciences. (pagg. 19 e 25). > Or bene, a dare alle universita degli studii questa unita che lor manca, provvede meravigliosamente il di-

i.LA STAMPA ITALIA

segno del I1 per cui rimmensa varieta dell M e

coordinate a qneH'iinira che ha per suo proprio la raii^a

l»rima. vale a dire la teologia. Ed 6 naturale che nella teologia si compia la sintesi di tutte le science; perche come « ogni scienza, coynitio per causas, rifa per riflessione i fatti di uno speciale ordine nella loro causa »; cosl « la scienza suprema, per forza di riflessione ultima e trascendente, deve rifar tutto nella causa prima e rischiararlo in quella luce primigenia ed assoluta (pag. 21). >

Ne queste stupendissima sintesi di tutte le scienze umane nolla scienza di Dio e dall'insigne Oratore fatta solo, a cosl dire, di- vinare, col discorso speculative ; uia viene altresl praticamente resa palpabile nelle pagine 17, 18, 19 che espongono a parte a parte il disegno dell' Alto Studio di Teologia comparata col progresso di tutte le scienze. « La Teologia, dice Monsignore, e scienza vastissima che ha relazione con tutte le scienze ; dir6 meglio, con tutte le discipline, perche sotto questo nome anche le cognizioni meramente letterarie ed artistiche sono contenute. > E posta la partizione generate della Teologia in dommatica, mo- rale e canonica, osserva come la dommatica si distingua alia sua volta in quattro specie distinte, che sono : 1* esegetica, la scola- stica o razionale, \& polemica, V apologetica. Or se riflettasi che la Teologia esegetica domanda il sussidio della filologia latina, greca ed orientale, appar subito la necessita di erigere w&VAlto Studio le varie cattedre corrispondenti alle discipline filologiche. Dovrebbe poi formarsi una Seconda Sezione colle non poche Cat- tedre filosoflche e fisiche, richieste come sussidio della Teologia razionale. E ad esse andrebbero aggiunte altre Cattedre pe'diversi ranii delle discipline storiche, che sono particolarmente domandate dalla Teologia polemica. < Finalraente (continua 1' Oratore), la Teologia apologetica, dovendo rispondere allo obiezioni che gli increduli muovono dalle scienze natural! contro le verita storiche legate al domma, che Dio ci ha insegnate nella sua Scrittura e la tradi/ione di tutti i secoli ha professato, douianda il sussidio di tntte esse scienze naturali e delle altre solite ad accoinpa- gnarle. Cosl daU'Astronomia alia teologia quasi tutte le scienze

:,7 i TUVISTA

della Xatura, tanto general! die special! entrerebbero in quest'ul- tima Sezione dell' Alto Studio di Teologia. L' Astronomia, oltre alia Matematica, conduce seco la Meccanica e la Fisica. La Geo- logia corre ben consociata alia Mineralogia, alia Filologia, alia Zoologia. Ne potrebbe escludersi la Chimica. Le scienze poi, che s' aggruppano intorno a quella che oggi chiaraano 1'Antropologia fisica, vi dovrebbero entrare tutte, ed appena resterebbero fnori le non molte che strettamente compongono la Medici na. Ma per altri riflessi, forse vi sarebbe luogo ancora per queste in appresso. »

Laonde 1'esimio Prelato fa notare con compiacenza, doversi gia nell' Alto Studio teologico da lui divisato contare quattro Se- zioni scientifiche, sol per rapporto alia prima parte della Teo- logia, che e la Dommatica. Ma resta inoltre a provvedere alia Teologia Morale e Canonica. Quindi due altre Sezioni: Tuna delle scienze inorali e 1'altra delle giuridiche. <c Che se (prosegue T Oratore) volesse ancora considerarsi il rapporto della Teologia con le arti, consentaneo al rapporto della Ragione elevata al So- prannaturale col sentimento e con la fantasia, una settima Se- zione, che accogliesse la storia delle arti e i fondamentali precetti di esse, si parrebbe molto ben collocata e proficua. >

Cos! parlava ai cattolici raccolti in Napoli un coltissiino Ve- scovo di quelle nobili Province meridional!. E voglia Dio che alle sue parole tenga dietro, in tutta la Penisola, gara grande e feconda di operosita, onde abbia poi ad aver corpo di realta 1'idea da lui tanto fortemente concepita e fulgidamente esposta. Al che i cattolici italiani, come ben conchiudeva Mons. Marinangeli, ven- gono efficaceinente incuorati dall'eseinpio di Leone XIII, Pontefice Sommo, il qnale va innanzi a tutti. « Sublime ed erudito, intre- pido e temperate, elegante e maestoso. Egli con le sue memorande encicliche si 6 avanzato innanzi all'Attila dei moderni rovesci social!, innanzi alia scienza nemica del Gristianesimo, e ne sta frenando il cavallo. >

Per toccare con certezza a gloriosa meta, i cattolici schietti e robusti piu altro fare non debbono che seguirlo e cooperare, come meglio possono, a'suoi divisamenti. E gia, anche in questo parti - colare dell' Alto Studio di teologia, il Santo Padre avendo alta-

DEI N\

to commendato il disegno di M'-nsignore e confortatolo alia pratira attuazione di esso, pot6 amabilmente dirgli (secondochd il Vescovo stesso ci narra in fine dell'opuscolo), d'aver anticipate il suo disegno. Leone XIII pensa di ricostituire 1'antico Patriar- chio nel Palazzo Apostolico del Laterano, e di qmvi porre gli stiulii -t'archeologia, di storia e d'altre discipline che si atten- gono all'alta Teologia. Piaccia al Signore di benedire i propositi tntti sapientissimi e raunifici del suo Vicario!

II.

Esayerazione o verifa? Eco delta quaresi/na 1884. In gr. di pag. XXIV, Pisa, Tip. Mariotti 1884.

Di gran peso 6 quest* elegantissimo opuscolo, avvegnachd di si tenue mole. Esso discopre 1'infierire di una delle piaghe piu perniciose in genere alia societa odierna, ed in ispecie a tanti di quei cattolici che si professan credenti, eppure amano il niondo quasi piu che la lor propria fede: vogliam dire la piaga del pubblici spettacoli.

Autore dello scritto 6 il chiaro signor canonico U. Bascherini, oratore di vaglia e professore di storia nel seininario arcivesco- vile di Pisa. Occasione poi ne e stata una sua predica contro tali spettacoli, ch'egli ha fatta la scorsa quaresima, a detesta- zione delle infami empieta che in quel sacro tempo si rappre- sentavano cola sulle scene. Un gran numero di persone cordate e savie applaudirono il suo zelo e la efficace temperanza con cui riprovfc lo scandalo: non mancarono perd i soliti prudenti del secolo ed i soliti pusilli, i quali gli inosser censure; e fra questi una signora, che gli espose con una lettera i suoi dubbii, ch' egli avesse nella sua predica piu tosto esagerato il male che detto il vero. A questa lettera egli risponde col presente opu- scolo, il quale noi desidereremmo che cadesse sotto gli occhi di molti padri e di molte madri di famiglia cristiani, ed an- cora di non pochi sacri oratori e direttori di coscienze, i qu:ili forse non danno alia mortifera piaga del teatro moderno e del

RIV1STA

teatro in quaresiina, quella importanza che pur le si avrebbe a dare.

In brevi parole 1'Autore mostra quel che potrebbe e dovrebbe essere il teatro, e quello che pur troppo di fatto e, vale a dire, generalmente parlando, una pubblica scuola di corruzione: e con- forta il suo discorso con le testimonianze di uomini competen- tissimi, antichi e recenti, che noi ancora, trattandone esprofesso, abbiarao allegate. « Dica pure, o signora, cosl egli, dica pure alle sue amiche, che, novantanove su cento, il teatro moderno e malvagio, e che se tutti gli uomini onesti e le cristiane signore se ne astenessero seinpre, contribuirebbero certamente a rialzarlo dal fango nel quale e caduto e si avvolge, con tanta vergogna e rovina. > Or chi mai, avendo senno, giudichera esagerata questa senteuza e non vera? Medesimamente chi taccera di esagerato e non vero, che si accorre a rappresentazioni immoraii el irre- ligiose, non gia per ignoranza od inganno, ma quando ancora tali nefandita si leggono priina annunziate a lettere cubitali nei cartelloni? E che se a caso la perversita della scena giunge pro- prio inaspettata, d'ordinario < gli uoinini onesti e le cristiane signore, per debolezza, per rispetto umano, non hanno coraggio ne cattolico ne civile di protestar nobilmente, abbandonando il teatro? >

Non nega gia egli che, sebben di rado, si mettano in iscena azioni morali. « Ma qneste perle, soggiunge> per6, non so di qual valore, e pur necessario pescarle sempre in un fondo assai li- maccioso, quale e il teatro, mille e mi lie volte contaminate. » E qui dipinge un quadro delle circostanze estrinseche al palcoscenico e delle seduzioni le quali ne provengono, che do- vrebbe dar da pensare a chi abbia un nulla di gelosia per 1' in- nocenza dei figliuoli, che pur vi si conducono in mezzo a fame sperimento.

Non ci diffondiamo ad accennare ne nieno le verissime cose e non punto esagerate ch'egli aggiunge dei balli, quali oggidl si praticano ; e della critica di quell' opera in inusica che si rap- presentava, quand'egli predicava il quaresimale in Pisa, deplo- rabile intreccio di disonesta, di bestemmie e di profanazioni per-

I.LA STAMPA ITALIA.NA

nto Rosario, cho dovea fare schifo ad ogni cuore cristiano.

.Ha sa bene, o signora, conclude poi il suo esame critico, che padri e madri portarono i figli a tale spettacolo: li giudi- chen't Iddio, a cui spetta. Ma come comprenderebbe che alcuni di questi abbiano poi potato scandalizzarsi della mia predica, scritta davanti al Crocifisso e, prima che recitata, letta ad uomini saggi? A me per6 questo scandalo non reco meraviglia, sapendo che qualche timida madre si astenne di condurre in chiesa le sue figlinole, quando trattai la generosita, la bellezza, gl'ini- mortali splendori della castita, del celibato. Che cosa temesse non lo voglio dir io: ella potra imaginarlo. >

In tutte le pagine di questa calzante risposta, noi non sa- premmo ove indicare un sol Tocabolo che senta T esagerato. Si voglia concedere o no, il caso 6 che, quanto ai teatri, la civilta tnoderna & tornata indietro di molti secoli, rinnovando i tempi piu depravati del paganesimo imperiale, allorchd in su le scene si inettevano alia berlina del pari e Tonesta della natura e la religione di Cristo. Ed a ci6 mira la setta massonica, ispi- ratrice di quanto nella vita pubblica pu6 piu conferire al per- vertimento degli animi ed allo spregio del cristianesimo : giacch& essa e tutta menzogna e corruzione, in odio alia verita e san- tiU della Bedenzione. Ed ecco perch& gli spettacoli piu celebrati soglion esser quelli in cui 6 piu calpestata la virtu, e son peggio contraffatti o derisi i misteri augusti della fede cattolica. Ma noi dimandiamo se chi si protesta cristiano nel secolo de- cimonono, debba procedere diversamente da quel che facessero i cristiani del secolo secondo e terzo, i quali eran pronti sempre al martirio. Questi rifnggivano dai teatri pagani, come da pe- ricoli gravissimi per le anime loro e da oltraggi sacrileghi al pudore ed alia comune fede loro e dei lor figliuoli. Ferch6 dunque non saran tenuti a fare altrettanto i cristiani cattolici dei nostri giorni? Forsech^ la condizione dell'uonio e mutata, o son inutati gl' invariabili principii della morale e del Yangelo? Forsechd la partecipazione alia mensa di Cristo e dei demonii, predicata

Serie XII. tol. VI. fate. 815 37 -iggio 1884

R I VISTA

impossible dal grande apostolo delle genti, e divenuta oggi pos- sibile, in grazia della rinata civilfd pagana?

Noi abbiamo cristiani che si guardano dal porre in mano dei figliuoli libri licenziosi, per tema che 1'innocenza del costume loro non ne patisca detrimento: e mentre usano queste neces- sarie cautele, non si peritano di condurre i figliuoli medesimi a spettacoli immondi, che darebbero il ribrezzo ad un Turco. Senza che chi pu6 far lecito a loro stessi 1'esporsi ad occasioni manifesto di male, e il favorire colla presenza, col denaro e pur troppo coi loro plausi la turpitudine pubblica ed il sacrilegio? E non per tanto costoro, uomini e donne, si gloriano del titolo di cattolici e preten- dono essere annoverati fra i cosl detti buoni I E buoni si dicano pure : ma buoni a che? A capitolare tutte le volte che la coscienza viene in contrasto col divertimento, e la professione cattolica e messa a cimento dal rispetto umano. Tutti questi buoni, si- gnori e signore, signorini e signorine, la mattina sentiranno Messa, ascolteranno la predica e faranno magari anche la santa Comunione: ma la sera batteranno le mani in teatro alle sgual- drine ed alle mime piu svergognate, come dicea bene sdegnato sant' Agostino : Modo ingrediens ecclesiam orationes fnndere ; post modicum, in spectaculis cum histrionibus impudice cla- mare l.

E questo non e tutto. II valoroso Autore dell'opuscolo tocca la particolarita aggravante del frequentare teatri tali in tempo di quaresima. Parli egli, che il parlar suo e oro. « Un terzo motivo che mi costrinse alia nota disapprovazione, fu il tempo, la quaresima. E qui avverta che la mia disapprovazione non e per tutti. A chi non crede in Gesu Cristo, e nulla importa del- r eterna salute, io non ho da rivolgere una sola parola, quan- d' anche tutto lo scopo della sua vita riponesse nel divertirsi. Ma pe' cristiani che credono in Gesu Cristo, nato in una stalla, vissuto nella poverta, morto sopra la croce, pei cristiani che seriamente pensano all' eternita, la quaresima e tempo di peni- tenza. II Redentore ce ne diede I'esempio, non col solo digiuno,

1 De symb. ad cathec. Lib. IV, c. I.

'I'A ITALIA

col ritirarsi al deserto. Ora la penitenza, Toluta •! (Jri-

sto assolutamente, ed intesa dalla santa Chiesa nella quaresima, consiste solo nel diniiniiire le once del cibo o Del cangiarne la qualita: ma principalmente consiste nello spirito di racco- glimento, di preghiera e di mortificazione. E con qnesto spirito della Chiesa potra mai conciliarsi un divertimento cosl solenne, cosi claraoroso, qua! e il teatro ed il ballo? ft una follia il solo pensarlo. Le ripeto pero che io non parlo per gli araanti del mondo, ma per i seguaci di Gesu Cristo. >

Questo si giusto e santo linguaggio del chiaro can. Bascherini ci ricorda 1'avvenuto il febbraio scorso in una delle maggiori citta d'ltalia. Cola una signorina di condizione assai elevata, e di ferma e solida pieta cristiana, entrando la quaresima, pregfc i genitori suoi, persone che si dicon cattolicissiine, che non Tavesser con- dotta in tutto quel sacro tempo al teatro, poichd dichiarava loro che non si sentiva di contentarli : 0 che, le dissero ambedue, forseche non siarao noi cristiani cattolici, quanto te?

SI certo, rispose la figliuola.

Dunque tu credi che noi, andando al teatro in quaresima, facciamo male?

Io non voglio dire che facciate male, soggiuns'ella; ma davvero non potrei dire che fate bene.

Ammutoliron essi a questa replica, e non ardirono pin di contrariare la figliuola.

« Molti dicono, seguita 1'Autore discorrendo di cio che si usa nella citta sua, di andare all' Opera nella quaresima, perche nello altre stagioni non si da Opera. Ci6 significa che tutta la po- tenza della fede, in tali cristiani, arriverebbe fino a privarsi di uno spettacolo nella quaresima, quando si offrisse opportunity di assistervi nelle altre stagioni. Che se poi 1'opportunita si offra solo in quaresima, allora quest i l>uo>ii cristiani non possono avere la generositd, di privarsi di uno spettacolo, in ossequio a Gesu Cristo, alia Chiesa e alia propria coscienza; e si assomi- gliano a colui che vuol divertirsi auche nei giorni anniversarii, che gli ricordano le privazioni, i dolori e la morte del padre. >

lUVISTA

E questi poi sono i buoui cri^Umn, che si lamentan sempre della tristozza dei tempi, della uaiversale corruttela e del pro- gresso del male nella societa odierna? E questi sono di coloro che si meravigliano della provvidenza di Dio, la quale non in- terviene coi miracoli a mettere un freno all' imperversamento degli uomini? 0 guai davvero a noi, se Dio dovesse muoversi a pieta del mondo, per riguardo alia bontd di questi luoni cristiani !

Assai volentieri abbiamo presa occasione da questo bello e sa- piente opuscolo del can. Bascherini, per eccitare lo zelo di chi ha 1'ufficio d'iiluminare i popoli colla parola evangelica, e di di- rigere le anime col ministero sacerdotale. Gran pro, a salute della societa dei cristiani credenti, ci pare che si otterrebbe, se gli oratori sacri, neile citta maggiori specialmente, non raan- cassero di riprovare la frequenza ai teatri corrompitori ed irre- ligiosi dei nostri giorni, e di metterne in guardia, come da un pericolo sommo, i padri e le madri di famiglia ; mostrando che il teatro odierno e uno dei validi mezzi adoperati dalla masso- neria, per iscristianizzare il paese; e condannando altamente 1'abuso di profanare la quaresima, e convertirla in uno scanda- loso carnevale : e se chi indirizza le anime esarainasse bene, quale dei due mali sia piu illecito in se e nocivo, se il leggere turpi ed empii libri, o 1'assistere a turpi ed empii spettacoli; giac- che, secondo il poeta:

Segnius irritant animos demissa per aures, Quam quae sunt oculis subiecta fideUbus.

I Padri della Chiesa poi somministrerebbero loro un tesoro di ragioni, per vincere le coscienze cristiane si, ma restie ; e per- suaderle che impossibil cosa &, come gia predicava a questo proposito il Crisologo, scherzare con Satana nei teatri e godere con Cristo nei cieli: Qui iocari voluerit cum diabolo, non poterit gaudere cum Christo.

DELIA

HI.

>nfi e Sconfitte - - Opere Teatrnti <kl P. BUGIO Ma LA LBTA d. C. d. G. Vol. T e 2". Modena, tipografla Pontificia ed Arcivescovile dell' Imraacolata Concezione, 1884. In 16, di pagg. 2:i'2-'2\-2.

Corre per le mani della nostra gioventu, anche piu costumata, una colluvie di Operette teatrali, in gran parte tradotte dal fran- cese, le quali mentre dall'im lato olTendono con barbaro stile la purezza e leggiadria dell' italiana favella, annebbiano dall'altro le pure mcnti giovanili e guastano i cuori colla scelta di argo- menti acconci a destare pensieri ed affetti per nulla conformi alia vera religione ed alia sana morale. Appunto per ovviare a questi disordini sembrano scritte le Opere teatrali del E. P. Biagio Maria La Leta d. C. d. GM intitolate Trionfi e Scon- fitte. Esse sono assai coinmendevoli tanto per la scelta dei sog- getti, quanto per la tessitura veramente drammatica e per 1'tiso convoniente della lingua. In nn primo volume da noi gia lodato al principiar di quesf anno, il ch. Autore ti dipinge con vivi e forti colon il tripiice trionfo della Eeligione, dell' amor pa- terno e deU'amicizia. Qual sia il pregio di quei tre Drammi pu6 argomentarsi dal la lieta accoglienza che rice vet tero cosi in Italia come fuori, dove sappiamo che se n'e gia' impresa una traduzione, che quanto prima sara pubblicata.

Nel volume, del quale ci proponiamo di parlare in questa rfvista, 1'Autore descrive con ugual maestria tre nuovi trionft ; deli' innocenza 1'uno, del coraggio 1'altro, ed il terzo della fedelta. Al primo offre un importantissimo soggetto la trama ordita in Costantinopoli dal prefetto Teodoro Santabareno contro il principe Leone primogenito dell' imperatore Basilio. Apresi la scena in una selva ov'e menata a termine I'mfame congiura. L'innocente Leone nell'atto stesso che accorre a difendere il padre, creduto in grave pericolo, viene da questo condannato a durissima prigione in un castello dell'isola di Proti vicinissima

RIVISTA

alia capitale. Nel secondo atto 1'infelice principe carico di catena si vede or piangere il suo destino, ora contemplare 1'amata patria e la reggia che gli sorgo dinanzi. II mutuo riconosci- mento di Leone e dell' acciecato Filippo riesce impareggiabile. Chiudesi la scena con un quadro comraovente d'araor fraterno, quando Alessandro poco curando i divieti dell'irato genitore approda a quello scoglio e si accerta dell'innocenza dello sven- turato fratello. Nel terzo in fine con mirabile incanto, trasportato il lettore nelle sale imperiali di Costantinopoli, assiste al so- lenne giudizio in cui Basilio fulmina i calunniatori, dichiara innocente il figlio suo e lo proclama collega nell'impero. Tutto questo pero, oltre i pregi dell' argomento, e animato da tale yarieta di scene, da tanta vivacita di dialoghi, da sentitnenti cosi nobili e generosi, che chiunque lo legge o T ascolta ne ri- mane sospeso ed ansioso finche nella penultima scena non gli e dato di con templar Leone ridonato all'affetto paterno e sollevato al trono. Non meno felice del primo e 1'altro che segue intitolato: Kiccardo di Norfolk o il trionfo del coraggio. L'Autore ne toglie il fondamento storico da quei tempi di prepotenza baronale in In- ghilterra nei quali i signorotti si combatteano senza posa e si distruggeano a vicenda. II protagonista con un coraggio da eroe giunge a liberare il rnarchese di Persons ed il figlioletto di lui Gernmy dalle mani d'un ingordo e barbaro cugino che aspirava al possesso del marchesato. I tre atti sono ricchi di grazia e d' invenzione. I caratteri sono tratteggiati con quella forza di colorito che la gravita delle circostanze ricerca, in particolare quello del duca Eiccardo, in cui spicca maravigliosamente la nobilta ed elevatezza di sentimenti che sono tradizionali nella nobilissima fainiglia dei Norfolk. Le tenere e compassionevoli scene che si succedono nell'orrido sotterraneo, dove giacciono da sete e da fame consunte le due vittime sventurate, sono piene di tanto affetto che bisogna avere un cuor di macigno per non commuoversi.

II terzo Drainraa commuove ed interessa anche piu che i prece- dent!. Federico Gonzaga marchese di Castiglione, sorpreso di notte-

-TAMPA IT.M.JV

po d;il p-»nt'» Roberto di IVschit-ra, suo perfido rivale, vedesi costrutto a fnggire. Stanco o rifinito dal lungo cammino e accolto in nnacapannada nn suo antico servo. Ivi ritrova insperatamentc il fiirliuol suo Rodolfo, dallo stesso rivale rapitogli e pianto come inorto. Ivi altres), raccolto buon numero di prodi, riede notturno in Castiglione e pioiuba sail* usurpatore nel momento medesimo in cui il feroce si apprestava a trucidare 1' ultimo Gonzaga ca- stiglionese, serbato sin allora incolutne dall'eroica fedelta del hio maggiordomo Raimondo. Qnali e quante siano le bellezze estetiche che in quest' ultimo dramma dispiega il ch. Autore, potra facilmente inteuderlo chiunque farassi a leggerlo attenta- nu-nte. L'argomento nobilissimo in s& stesso, da largo campo all' Autore di commuovere i lettori con mirabile varieta di scene, con dialoghi animati e con quadri pieni di tanta naturalezza, leggiadria ed affetto che or ne piangi, or t'adiri, ora esulti ed applaudi.

Quest' operetta 6 particolarmente commendevole per 1'uso delle parole e frasi proprie della nostra lingua, senza quel miscuglio di gallicismi che tanto domina in parecchi dei moderni scrittori. X"i ce ue rallegriamo di vivo cuore col ch. Autore e speriamo che non tardera a pubblicare la seconda parte delle sue opere teatrali. Facciam voti che la gioventu studiosa voglia gradire questo bel libro, il quale mentre alletta la mente coll a vaghezza dell'intreccio e del dettato, eleva il cuore a'sentimenti della piu pura e squisita morale.

IV.

Conforto nell'esiglio, alle donne caffuliche d' Italia per AXXA Rossi -Boscni. Modena, 1884. In 12, di pagg. 358.

L'egregia Signora Anna Rossi-Boschi e nota all' Italia cat- 1'ilica per altri scritti della stessa tempera e dello stesso spirito, dati alia luce con intendimento lodevolissimo di far servire le lottere all'educazione religiosa del suo sesso, tanto in oggi fatto

RIVISTA

bersaglio ai biechi disegni della massoneria: la quale, sotto pre- testo di educarla civilmente, mira ad emanciparla dalla religione e privarla di quei conforti che dalla sola religione pu6 attingere. Ora il libro che essa ha dato di recente alle starape e tutto volto a questo santissimo scopo. Togliendo infatti occasione dalle belle parole del regnante Pontefice Leone XIII ai Yescovi ita- liani, « di contrapporre scritto a scritto, opuscolo ad opuscolo, affinche lo stesso mezzo, che tanto pu6 a rovina, sia ridotto a benefizio dei raortali > 1'esimia scrittrice viene a mano a mano porgendo in quel suo pregevole volume tali conforti e nello stesso tempo tali ainmaestramenti, che non pur le donne ma anche gli uomini potrebbero avvantaggiarsene. E siccome tanto i conforti che gli ammaestramenti 1'egregia Autrice prese a studiarli nei segreti abissi del Cuore addolorato di Maria, cosl il suo libro riesce d' incomparabile pregio, soprattutto perche vestito di belle e leggiadre forme. Alia storia dei dolori ineffabili di Maria da principio colla Profezia di Simeone, narrata e dipinta con tanta naturalezza e vivacita di colori, che ti pare di trovarti sulla soglia del tempio di Gerusalemme nel momento in cui era per compiersi il sacro rito, e la Yergine benedetta stava per offrire il pargoletto Gesu, deponendolo nelle mani di un vecchio per eta venerando. Le osservazioni che fa sopra il mistero della Purifi- cazione di Maria non men che sulle fatidiche parole del vecchio Simeone, rivelano quanto grande d lo studio da lei fatto sul Yangelo, quanto delicata la cura di non omettere la bench& me- noma circostanza deH'awenimento, e quanto ammirabile Tarte di toccare il cuore. L'ammaestramento poi che essa ricava da questo primo dolore di Maria, 6 degno della sua bella mente; perch& mettendo sotto gli occhi delle donne cattoliche quel per- fetto modello di donna che fu Maria, discorre sulle pene inse- parabili dalla vita: e qui dobbiamo confessare che in pochi libri ci e avvenuto di leggere cose cosl stupende su quel grande mistero di dolore nell' uinanita, siccome in questo dell'egregia Signora Rossi. E per questo desiderereinmo che il suo volume andasse per le mani di tutte le donne, a cui una filosofia ed una

DELLA STAMPA ITALIAXA

ratura pagane in alto grado, ed una educazione molle e si- lica hanno appreso ad avere in orrore le inevitabili prove d'-lhi vita, in mezzo alle quali si vanno maturando gl' immortali destini deH'uomo: perch6 il dolore nella vita presente sostenuto cristianamente 6 merito per la vita ftitura.

Collo stesso raetodo, e sempre con uguale dottrina e magistero d'arte, 1'Autrice precede negli altri dolori della Vergine bene- delta cavandone conforti ed amraaestramenti quali ha saputo ispirarle una mente ed un cuore informati dalla vera e soda scienza della Croce. Se non che c'incresce di non poterla seguire di passo in passo nel suo non breve arringo; e paghi di aver dato un saggio del contenuto nel suo prezioso volume, aggiun- geremo soltanto poche parola in lode del suo coraggio cattolico, accompagnato da sano criterio, onde giudica nel secondo aminae- stramento un certo libro indegno, che di recente ha recato s\ gravissimo scandalo in mezzo ai cattolici. Non ci fossero nel suo libro che queste sole pagine, con cui una donna aggiusta si bene il latino in bocca all'autore del Vaticano regio, esse bastereb- bero, crediamo noi, per assegnare alia Signora Rossi anche un posto fra i valenti apologist! del Cattolicismo. Laonde in quello che facciamo plauso a lei del bel lavoro dato alia luce, ci ralle- griamo allo stesso tempo coll' Italia, dove se ci sono delle donne che scrivono per sedurre e corrompere, ce ne ha pure che, come le Signore Rossi-Boschi, Albini-Costa ed altre non poche, edi- ficano, confortano e insegnano ad amaro Dio e la sua Chiesa.

Di questo libro sara fra breve messa in cominercio un'altra edizione al prezzo di L. 2,50.

BIBLIOGRAFIA

ANGELINl ANTONIO D. G. D. G. La solitudine e la Sapienza del Vangelo del P. Antonio Angelioi della Compagnia di Gesu. Nuova edizione, pagg. V-160. Ponia, lipografia di Propaganda, 1884.

OfTriamo all' Italia un quasi nuovo lavoro (dacche 6 slato aumonUito del doppio) di questo cultore de' buoni studii, che pone il suo tempo in giovare per questa via alia gioventu siudiosa. A noi non cade dubbio, che chi torra a leggere quesla scritlura, non la pom di mano se non 1'abbia percorsa sino alia fine, e non senza suo vantaggio: pcrocche o sia dal lato dello stile, che e sobrio, casto e di Imon sapore di lingua, o sia dal lato dell'argomento, non tornera disaggrade- vole, ne ingrata. Si fa egli incontro ad nn vivo affetto, che e in ogni cuore, di raccoglierci in noi stessi, con noi dimo- rare e con Dio. Chi a questo aflelto non ubbidisce e lo lascia andar vuoto, corre rischio di mandarc a male il tempo e le operazioni, non indirizzandole a meta onorata. All' incontro il frulto prezioso che si raccoglie da chi seguila questo, quasi dissi, ordinamenlo della natura, si scorge chiaro nolle opere dell'umano in- gegno, condotte ad aliissima perfezione.

Per un altro capo ti approdera que- sto scritlo: dacche ti porra in guardia da certe ree opinion!, che corrono nel

torno ai religiosi islituti, contro i quali ogni di peggio si aggravano calunnie, con danno aperto della verila, della giustizia c della religione. Esso al contrario tc li presenia, quali di lor natura sono, ordi- nal! a vantaggio della civil comunanza: e cio col nerbo di argomrnli tali, die non possono non convinwre chi pone lor menle. Mercecch6 odi qui ragionare i Santi Padri, che hanno fornilo allo serit- tore la materia, e lo svolgimento di essa : di guisa che dissentire da lui e il me- dcsiino, che opporsi all'auloriia di coloro, che per antichita, per sapienza, per dot- trina la Chiesa venera maestri, e guide fidale nella cognizione dcllc catlolidie vcrita.

Non abbiamo meslieri di spendere piii parole per raccomandare questa preziosa opereita, bastando, per lutta raccoman- dazione, il nome stesso del suo ch. Au- tore, gia noto at cullori delle belle lel- tere e agli amatori della morale lilosofia cristiana per aliri scritii suoi, ne' qualr all' imporlanza e utilita del subbietlo egli seppe bellamente accoppiare i pregi dr uua pura ed elegante dizione.

volgo, e sono largamente disseminate in-

BOLOGNESI G. I due Kostka. Dramma in prosa di G. Bolognesi d. C. d. G. Alatri, tip. Fratelli Strambi, 1884. Volumetto in 8, di 52 pagine.

Chi non conosce la vita di quel caro aogioleito di Dio, die fu santo Stanislao Kosika, novizio delta Compagnia di Gesu, tenero fiore trapianlalo da Dio in cielo, quando era appena sbocciato in sulla

terra. Che dolcezza non ispira quel piglio di Paradise! Quanta riverenza non infondc quell'angelico giovinello sempre in lolta col mondo e sempre vittorioso!

Stanislao poco piii che iri lustre, del

DlBLlOGnAFIA

di sveglialo ingegno, di cuore afletluoso, <Ii nninii) ardnili\ di form- ddieate, 8T- vcnenii P Ipggindir, serb6 immacolnlo il fiore di sun innocenxa e tempre viva la fiamma del d:\iim ninorc in nn-zzo n tuttp aeduzioni •• i prricnli dHI'adolescenza, <Hli» ricchnzp, delta nobil'a, della bel- lezza, e d<>% pnni pvmpii ch" aveva ognor sotto f\\ occhi nella Capiialo, ove faceva no, ni-ir I'nivcrsita chc froquentava, iiplla casa luierana in cui alberpava, « iidl.' M.x<r persone colic quali in Vienna convivpva.

Kcco T croe principalc del grazioso dramma in prosa teste us.-ito alia luce dalla pin P colta ponna del Rev. P. Bol"?n"si drlla Compagnia di Gesii: il quale con <|upsto suo pregcTolissimo lavoro si e acjuMaio un nuovo tilolo alia ricono- scpnza della cristiana gioventii, alia cui It-tic ,iria e religiosa cducazione ha con- sacra lo i piii belli anni di sua vita.

II Dramma poria por titolo i dun KuMka, perchc rapprcsentaal vivo la lotla tra la virtii c il vizio, Ira il giovane cri- sliano c il mondano, doc tra Stanislao c I'aulo, suo fralello di sangup, ma non di coslumi. L' uniti di azione vi 6 scrupo- losanioiitp os«prvata ; dacclir di quesla lotla, clipduni parccchi anni, il ch. Aatore ci rapprescnta solamenle 1' ultimo alto, o gli sforzi supremi di Paolo per Irascinare alle fesie del mondo il fratcllo, c 1'eroica resisienza di i|upslo, che tcrmina col la sua ! 1 1 mondo e col la conversione di Pjolo.

AH' unitS dpIT azione va accoppiala <|in'lla variola che tanto diletta, •• c!i" risulta social montc dal conlrasto de'ca- laitn-i e delle scene. Paolo e tutto dpi mondo, Stanislao lutto di Do, e 1'Aio

rlie li 'in uom divi«o tra il

>!o e un violcnto per- seculorc d-lla virtii; Stani^lao uua \il- tima pazient' •• tutlo

soppnrta, dimentica, e perdona; c 1'Aio non frena i trasporti del primo, (|iian- tiiin|U" li dkippnivi ; e nulla f.i a favore del sccondo, benclie alle volte lo compa- tisca c lo ammiri.

L' isiesso contrasio presso a poco si osserva ne'dup atnici, I'un di Paolo e 1'altro di Slanislao, con q UPS la (lifTp.rpnza perd chc ancbc I'amicodi Paolo I-'UKHIP conquistato dalla virtu di Slanislao. In gpnliluomo amico della famiglia Kostka viene inlrodotto abilmpnlc sulla sccna per supplire al difctto dell'Aio, die lascia bijtrattare impunemente Slanislao; e il nuovo personaggio prcndc le difese del- I' innocente. II carattere eziandio del sprvo, uomo affelluoso, dabb^nc, c insicme fesle- vole concorre a far meglio risallare il conlrasto de'caratteri e ad amcnizzare la scena, la quale c spesso violcnta pei trasporti di Paolo e patetica per le sof- ferenzc di Stanislao.

Questa medesima rarieta c queslo con- trasio di scene costituiscc il prcgio mag- giorc del dramma, e torna piii bpllo e glorioso il finale trionfo della virtii. Tra le scene patetiche le piu commoventi ci parvero la prigionia di Slanislao, la sua fnga e la conversione di Paolo.

Hasti questo brevissimo cenno a far conoscere ai noslri Iciiori il pregio di un'operptta drammatica, tntla acconcia ad invajrhirc 1' animo giovinetto della ce- leste bellezza delle virtu cristiane, e che ci auguriamo di vedere rappresentata nc' Convitii, nc Seminar!! e ne' Collegi, ore si pduca a virtu il cuore delle care s|toranze della religions c dplla patria.

:,VANESE SALVATORE Del sistema oelb storia naturale se- condo gl'insegnamenli di san Tommaso. Dissertazione letta all' Ac- cademia di Religion Cattolica a Roma nella pnhblica adunanza del 27 aprile 1882 dal Socio Sal va tore Calvaoese del Clero di Napoli.

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BIBLIOGRAFU

Napoli, dalla Rivista religiosa La sciema e la fede 1882. In gr. XXIV, 69.

Scbbpne non sia nostro costume di ricordare le dissertazioni accademiche sen/a grave ragione, tultavia qucsta ram- mrntiamo a cagione della soda dottrina ch'e espressa nella raedesima. II pregio principale e di avcre dimostrato con San Tommaso die la divorsita delle specie e intesa da Dio Creaiorc nella prima

GHITIGNANO (DA) P. ERMENEGILDO Le ultime ore dell' uorao; per Fra Ermenegildo da Chilignano. Prato, per Ranieri Guasli editore- libraio, 1884. ID 16, di pagg. V1II-344. Prezzo lire 2,50 franco di posta.

cn-azione delle cose corporee; e che la dottrina del Darwin, la quale attribuisce quella diversila alia trasformazione della specie imperfetta in ispecie perfetta, e priva di fondamento ed assurda. Facciamo al dotlo Autore le noslre sincere congra- tulazioni.

Con allri prcgevolissimi scritti 1'egre- gio Padre Ermenegildo eras! adoperato a promuovere nei fedeli 1'amore alia pra- tica della vita cristiana: ora con queslo procura di apparecchiarli ad una santa morle. I mezzi di cui fa uso a questo line, altri riguardano il convincimento dell'intelletto ed altri la persuasione della volonta. La vacuila dei beni temporal?, la brevita della vita, Tincertozza della morte; per contrario la infinila preziosila dei beni celesti, la speranza di una beata eternita, il timore degli eterni supplizii sono argomenli 'efficacissimi per convin- cere ogni animo ragionevole della somma i in pnr tan/a di spregiare i beni caduchi, sottrarsi al pericolo dellVterna danna- zione e procacciarsi una perenne felicita. Egli conduce il suo lettore al letto del

varia condizione di chi ha regolala la sua vita secondo quelle savie norme sagge- rite dalla fede, c di chi ha tenuto la contraria via, facendogli toccar con mano le conseguenze opposte dell' una e del- 1'allra morte. Non e possibile che, chi ancora serbi scintilla di fede, non si senta gagliardamente indotto a forti risoluzioni per disporre la sua viia in modo, che abbia a conseguire una santa morte. Questo e un leggerissimo schizzo della nuova bellissima operetta del P. Erme- negildo; ma il desiderio che abbia mo della eterna felicita dei nostri lettori ci muove a consigliarne loro 1'atlenta let- tura, a modo di meditazione, e siamo certi che essi ci sapranno grado del con- siglio pel frutlo inestimabile che ne ca- veranno.

moribondo; e pone sotto i suoi occhi la

GIOLLI ALESSANDRO Commentario pratico delle censure Latae Sententiae oggidi in vigore nella Chiesa; per Alessandro Ciolli, sa- cerdote di Firenze. Quarta edizione notabilmente accresciuta. Siena^ tipografia edi trice all'insegna di S. Bernardino, 1884. In 16, di pagg. 232. Prezzo L. 1,00. Vendibile ancora presso L. Manuelli li- braio in Firenze.

DE MATTEI PASQUALE Gonsiderazioni per celebrare con frutto le sei domeniche e la novena in onore di san Luigi Gonzaga, del P. Pa- squale De Mallei. Torino, cav. Pietro Marietti, lip. Pontiticia ed Arciv., 1884. In 32, di pagg. 126. Prezzo cenl. 30, 12 copie L. 3, 100 copie L. 25.

1>I CARD l.i'h',1 Vita e culto di san Giuseppe Sposo <ii M. V., per I--), ranonico della cattc In!.- di Tivoli. Tivoli, lip. di 0, M ., -lla, 1884. In 16, di pagg. VIU-306.

1)1 MAIlTl.Nn A.M)i;i:v 11 Papato. La missiooe di Pio IX e Leone XIII. I vanlaggi della Enciclica ^Eterni Patris e della Epi- i Sacpenmncro ; per monsignor Andrea Di Martino, Cameriere d'onore di Sun Santita Leone XIII, uno dei Pellegrini ;\\ piedi San- tissimi di Leone XIII. CasteUammcvrc, tipografia Siabiaua, 1884. In 10, di pagg. 762. Prezzo Lire 3. £ qucsto il primu volume di un' opera tali nel presente volume. La missione del

di lunga lona, colla quale il ch. monsi- \ndrca Di Martino $i propone di dimostrarr pi' inrsrmabili Iwnelicii, di online uon solo soprannaturale ma anche natural*', chc la divina isiiluzione del Papato ha recato al mondo, e va sempre |iiT|»>tiiando colla sua efficacc azione, a malj,ri ado gli oslacoli di ogni genere che inconira per la soa via. Quanto e ampio il soggctto e vasta la matcria che esso copiprende, allreltanlo e opportuno alle condizioni social! dei nostri tempi. Una civilla, la quale di civilta non ha altro che le apparenze esteriori, sta ora com- batteodo a tulta possa il 1'apato, e fa ogni sforzo. per quanlo e da lei, di di- struggerlo, o se non allro di menomarne il piii possibile le beneGche iufluenze: con che non riesce ad altro che sospingere sempre piu la societa verso la barbaric. Qual soggetto dunque piii conveoiente ai niMri tempi die prendere le difese del 1'apato cunlro le insidie dei suoi nemici capitanali dalla dominanle Massoneria che e la istituzione opposta dal diavolo alia isiiluzione di Cristo ? E la migliore difesa consiste appunlo nel mellere in mostra i frulti preziosissimi d'ogni sorta di beni che ne provcnnero e ne provengono ogni di alia umana sociela ; e per contrario i mali di ogni genere che, mancala qurlla, ne sarebbero la necessaria conseguenza. E qoeslo e il proprio assunto dell' opera del ill. Monsignore. A dame un saggio ci ba- "•MIMIV i cap! chc sono da lui tral-

Papato II Papato e la civilt<\ - II Papato e il lavoro // Papato e I' incivilimento dtllc nation* II Papato e la donna 77 Papato e il fanciullo // Papato ed il povero n Papato e gli ixtituti // Papato e le belle arti // Papato e la mo- rale — // Papato e la famiglia - II Papato e il consorzio civile // Papato e la liberta II Papato e la schiavitu, // Papato e la libera- zione degli schiaoi // Papato e la vera liber tci di coscienza // Papato e la liberta d* Italia II Papato ed i Re . 77 Papato e Roma territo- rials — II Papato e Roma morale 77 Papato e Roma mondiale.

A prender saggio da questo primo volume, 1'egregio'Autoresi mostra fornito di tutte le qualila necessarie per condurre a termine un' opera di tanta mole e di tanta importania. Egli da pruova di sa- nissimi principii, di soda dottrina, di co- piosa ed opportuna erudizione, di gran valore di logica e di giustissimo criterio nel giudicare dei fatli e delle cose. Ab- bastanza correlti sono lo stile e la lingua, se facciasi eccezione di qualche ncologi- smo, di qualche impropriela nci vocaboli, e di qualche ardire nelle figure, scusabile in un ingegno meridionale. A buoni conti, tulto considerate, 6 un' opera capace di fare grandissimo bene, e che anche sara letta con piacere per la varieta delle cose e la copia dei falti slorid. l'erci«'' la rac-

Queno nuovo poemcllo del chiaris- simo Pietro Esseiva, di ben 640 aurei vrrsi, e qualificato dai giudici del concorso come unvero capo d' opera sotto ogni rispetto. E noi ben volenlieri ci adagiamo in questo giudizio di persone si compe- lenti, perche veramente il poeta, in questo suo ultimo lavoro, la Giuditta, ci pare che abbia adunato in grado eminente tutti quei pregi, si d' invenzione e si di elocu-

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t-.,»mandiamo assai, specialmente alle class! -fli p;i; •• ii slampa. II ;

col IP: anche perche 1'Autore la metle in ad esempio, di qucslo primo volume di

vcndita a minimo prezzo che forse noppure quasi 800 pagine e di sole Lire 3.

ESSEIVA PIETRO luditha. Carmen Petri Esseiva Friburgensis Hel- vetii praemio aureo ornatum in certamine poetico lacobi H^nrici Hoeufftii liberalitate inslituto. Amstelodami, apnd lo. Mullerum 1884. In di pagg. 37.

zione, che abbiamo tante altre volte am- mirati nolle sue poesie. I sopralodati giu- dici del concorso si dispensano dal recare saggi particolari, perche dicono di non sapere a quale brano dare la prefercuza. Noi non vogliamo frodare i nostri I'-Hori del piacere di gustarne qualcuno. Ecco come egli dcscrive gli apparecchi di Gio- ditta neir incamnrnarsi al campo di Olo- ferne : Ilia ubi per noctis divinam impensius horas

Exoravit opem, et discrimen in omne paratam

Propositi admonuit maiuro Lucifer ortu,

Expedil ornalus omnes, melioribus annis

Quos gessit nondum rapto placilura Manassae,

Nunc memor exstincti lacrimis irroral oborlis.

Induitur tunicam lino candente fluontem,

El Tyrio pallam sumit bis murice linclam:

Sandalia excipiunt leneras exilia planlas,

Sed minimo ampla pedi: baccata monilia collo

Dependent: nardo spiranies milra coercel

Picla comas, quam subnectunt redimicula mcnto.

Aure nitfint gemmae : tereles armilla lacerlos

Alligal, el digilis rutilo mical annulus orbe.

Talis eril facies, tails tibi Edissa, paralus,

Fratribus infensi flecles quum peclora regis.

Praeslat opem dominae ornalrix maturior aevo,

Piirvula qua posuit vestigia prima magislra,

Imponitque manum cullu sludiosa supremam,

Casligalque sinus, formaque superbit alumnae.

Functa ministeriis pera, sic inssa, reponil

Oenophorum plenumque ulrem flavenlis olivi,

Duratas iicos, panem iaclisque coacti

Gandentes glebas, in quinque cibaria luces.

Cosi poi descrive 1'alto con cui la invitla eroina recise il capo di Oloferne:

Sola ubi cum solo mansil duce casta viragt), Ultima cerla sequi patriaeque impendere vitam, Ipsius appensum palo clam liberal cnsem,

iii hcliiii.ruin ad In liiu < sine voce lab'

M viri uppPiiM), nee in ictiluis ora rptorqnrl, Abscidil iu^iliim: longe cruor emicat ;iter, Expalsus vcnis: olli mors dim sopomn Continual:

IMlissima pni e b SCPIM (Idle donne ebree penetrate, dietro Ic lraca> dell'eser- cito Tintitore, nel camp > \

Spectandi excilao studio matrpsque nurusque Approperant, cultoque locos examine complent. Barbara irxUi iuvat digilo atlrectare porilo, Ft noii iain mctuenda volunl contingere tola, ll.irc a IT 11 in frustra sinuare laborat, at ilia Imponit galeam capiti cristasque comantos, Kt sibi pro spcculo clypei subridet in aero.

Descrire poi nel seguente modo la pompa trionfale di fiiuditta: Inde triumphalem ducunt ad moenia pompam Tempora praecinctae ramo pacalis olivae. Tars cilharas pulsant vel tinnula cymbala palmis In numerum feriunt: velatas frondibns hastas Pars agibnt manibus; vocali carmine cunctac To, luditha, tuasquo ferunt ad sidcra laudes, Auviliumque suum scrvatricemque salutnnt: Arta, domos uni, tempi um, connuhia, natos Et quidquid corde infixum debere fatentur.

Facciamo i no'stri piu sinceri congratulamcnti coU'egregio poeta, e ci nspetliamo dall'aurea sua penna allri lavori di cgual merito, ed anche di maggior lena.

FRASCOLLA DOMENICO Novenario Mariano, 1'Immacolata; per

Domeoico Frascolla, canonico cantore della cattedrale di Andria.

Andria, tip. editrice fralelli Terlizzi, MDCGCLXXXIV. In 8, di

pagg. 184. Prezzo L. 1,50. (iALLERANI ALESSANDRO San Biagio Vescovo e Marline. Pane-

girico del P. Alessandro Gallerani d. G. d. G. Bologna^ tip. Pontif.

Mareggiani, via VoUurno, D. 3, 1884. In 16, di pagg. 28. Prezzo

cent. 40.

Ammiriamo in qnesto Panegirico detto dimostrazione, congiunta con tutti quogli dal ch. P. Gallerani in onore di S. Biagio, splendor! dell1 eloqocnza, die servono a le dot! principal! clio si awengono a co- magniiicare U soggetto; terzo, il frutto testa specie di sacra Hoquenza: primo, pratico procurato negli uditori, quanto a Paver colto il caraitcrc specifico della promnovere non solo I'ammiraiionc dt 1- smtiia di-l suo Kroc, faccndo in lui am- Peroiche virtii del Santo, ma anche il de- miniv il Pastor vigilante, il Taumalurgo, siderio di morilarnn il palrodnio coU'imi-

irtire invitto, che sono le SUP qua- tazionc delle sue virto. liia disiintive; secondo, la solidita della

.".'.I.* B1BLIOGRAFIA

CIOVANNA rS.) DI VALOIS dell'abate Hdbrard, traduzione di M.-t- rianna Nistri. Tip. di Mariano Ricci, Firense, 1884. Del merito di questa vita scritta dal- questa santa fu fondatrice. E si che il 1'egregio ab. H6brard, inolto han parlato libro meritava una traduzione italiana di le riviste franCesi nelle loro bibliografie; mano maestra; e tale e quella che l'pj:iv- e le lodi che hanno attribuito all' Antore gia e benefica Signora Nistri ha dnto alia son davvero meritate. Perocche, oltre alia luce, con intendimento di consacrarne i lunga e prcziosa Introduzione sulla vita profilli in pro dei poveri. L' edizione si religiosa, tanto applaudita da Monsignor raccomanda ancora per la eleganza dei t'pi Vescovo di Agen, vi si discorre in quat- e della carta, e per la tenuita del prezzo. tordici capitoli e delle virtu della santa Si vende a lire 2 la copia presso la Tipo- ligliuola di Luigi XI, e dell'Ordine di cul grafia Hicci, Via San Gallo N.31 in Firenze.

GIOVANNINI ENRICO I doveri cristiani esposti alia sludiosa gio- ventii italiana, dal sacerdote Bolognese D. Enrico Giovannini, pro- fessore di teologia domraatica ecc. ecc. Opera comraendata da Sua Santita Papa Pio IX e approvala da parecchi Gardinali, Arcivescovi e Vescovi e da altri illustri scrittori, e adottata gia in molti semi- narii e istituti di educazione. Quinta edizione, con alcune correzioni ed aggiunte. Bologna, tip. Pontificia Mareggiani, 1884. In 16, di pagg. 518. Prezzo L. 2,50.

Pii'i volte abbiamo annunziato questa compiere col maggior frutto possibile il importanlissima opera del ch. Sac. Gio- loro delicatissimo minislero. Quest' ultima vannini, mettendone in mostra i pregi edizione ha il vantaggio sopra le altrc di non comuni, ed additandola a tutti gli non pochi miglioramenti ed aggiunte. educator! cristiani come oltima guida per

IL PI ft BELLO DI TUTTI I LIBEI, ossia il Grocifisso. Terza edizione migliorata ed accresciuta; con aggiunta di orazioni ed esempi. Torino, 1883, tip. e libr. San Giuseppe. Collegio Artigianelli, Gorso Palestro, n. 14. In 16 pice., di pagg. 48. Prezzo cent. 15. Ginquanta copie L. 6,50; cento copie L. 11,50. JANNUCCI ALFONSO M. Firmitudo catholicae veritatis de psycho- somatica Deiparentis Assumptione, disquisitio prior historico-biblico- speculativo-polemica; necnon harmonia catholici dogmatis de pneu- matosomatica Deiparentis Assumptione; disquisitio posterior critico- philosophico-theologico-diplomatica, Alphonsi M. Jannucci sacrae theologiae doctoris. Taurini, ex typ. Pontif. et Archiep. eq. Petri Marietti, 1884. In 8, di pagg. 496. Prezzo L. 7, 50. Vendibile ancora presso L. Manuelli libraio in Firenze.

La divozione verso la gran Madre di qoal domma di Fcde cattolica la immaco- Dio, sempre viva nella Chiesa, e in questi lata Concczione di Maria Santissima, cosi tempi di maggiori necessila, forse piu a maggior increment© di pieta verso di Lei sensibile, ha ispirato un vivo desiderio e come pegno di grazie piii copiose in pro in molti, che, come sei luslri or sono fu della Chiesa, sia dalla medesima suprema definita dal magistero infallibile del Papa autorila dichiarata dogma catiolico la sua

'

;mtori, <li ;ilnini i!>-i <|m'i :ililtinino rniito nolla Cirilti'i f'lttolica, r.iil.'.to qursto pnnto dnttrinale, ricercando cd esponendo la tradizione PC- clesiastica cho lo riguarda. oil osaminando

se abhia in se le comlizioni necessarie per essere definite di Kede cattolica. A quest! 4 tenuto ad aggiungersi ultimamento il cii. Alfonso M. Jammed coll' opera annnn- ziata. il cui SI-M|III t'- appuntodi ilitnostrare la voriia doll'Atsunzione di Maria SS. in anima e corpo nel cielo, ohiotto di co- mune crodenza tm i ratiolici, hench& non ancora dofinilo di fpde. Kgli prova la sua lesi con varie specie di argomenti.-Nella prima serie di quMi o<pono, storicamente e criticamente la tradizione costanle di questa credenza nella Chiesa Romana, nelle altre Chiese Apostoliclie ed in quelle che no derivarono immediatamente, con- forlando il suo discorso colic testimo- nianzo dei I'adri e coi monumenti delle antiche liturgie. Non mono dimostrative a questo proposito sono le tradizioni delle Chiesescismaticho, come PEtiopica, 1'Abis- sina, 1'Armena, la Greca, la Cofta : le quali, tra le diverse credenzo die con- sei-varono dopo la loro separeziono dalla Oliiesa Caltolica, una fu questa, di toner comn vcra 1'Assunzione della SS. Ycrp-ino e celebrarne o^ni anno la festivita. Un'al- Ira serie di arpomenti e dedotta dai fon- damenli che porgono le divino Scritture si dHIo anlico o si del nuovo Testamento a dodurne qucsia dotlrina. lina icrza snric liu.i I mi-lite sono gli argomenti di ragione ••a, per mezzo dei quali, diigli altri snblimissimi priviloj;! conforiti alia gran Madre di Din, e dalla rassomiglianza di

la delta vi-rila. popn la sua ilin, zii>ne, il di. Auloro si fa a cercare, se qnesta comnnp cn-ilon/a ahlii.i i r«'i|iiNiti necessarii per essere definita siccome dogma di Tide cattolica; e risolve la questionc afTermativanioali'.

II libra delFegregio sacerdote o non meno commondevole per la sodezza della doltrina e vasiila della erudizione, cho per una cotale unzione di pieta la quale vj e diffusa e sconde soavemente noil' animo dei lettori. Quanto al merito scientiflco, noi crediamodi poterafTormaro gonoricamente, cheegli prova a tutto rigore la vorita della credonza universale dei fedcli, trasmessa originariamente dagli Apostoli che n'l-b- bero divina rivelazione, che cioi Mari.-i fosse sublimala in cielo in anima e corpo. Qualcuno potrebbe desiderare un mag- giore studio di critica quanlo a dimo- strare 1'auionticita di alcuni antichi mo- numonti; come altresi una maggiore severita di ragionamenlo ossia nelle ap- plicazioni di alcuni testi scritturali, ossia nell' uso di qualche argomento toologico. Ma e da nolare che il ch. Antore non ha roluto rinunziare a quella mapgior copia di argomenti i quali, se non sempre reggono alia piii austera critica, possono nondimeno giovarealla pieta. La critica piii severa ne trovera abbasianza da conten- tarsene nel rimanente delle pruove, che rispondono a tutte le sue ragionevoli csi- gonze. Lasceremo poi alia Chiosa il jriu- dicare se e quando sia opporluno proce- dere su queU'argomento ad una definizione dogmatica. Raccomandiamo intanto, spe- cialmonte al clero, il libro come ulilissinut neU'csercizio dei loro minister!.

Lei col suo divino Figliuolo in tutto il

LOJODICE COSMA Combattimento di tredici italiani e tredici frao- cesi; pel P. Gosraa Lojodice Agostiniano, socio d. Pootif. Accad. Tib. Bologna^ tip. Pontificia Mareggiani, Via Vollurno, n. 3, 1884. In 16, di pagg. 40. Prczzo cent. 35, vendibile in Corato presso 1'autore.

-•geri con interesse qm-sto breve sopra i varii documenti che ce ne sono

•ID. n I ipial' il di. 1'. Lojodice pertenuti racconta'la vera storia dolla

Scrie XII. vol. VI. fate. 81i 33 30 maggio

D1BLIOGRAFIA.

UK inorarida ili>fiila della di Bnrletta, che nota il nostro Autore, che al.liia nn>nlilo

forni 1'argnnicnio alFEltore Ficramosca alia storia ed alia i .ilto, nou

di Massimo d'Azeglio. Che questo aulore solo senza necessita ma piutiosto con

ahliia modificalo Tavvonimcnto secondo danno del suo lavoro, c contro le leggi

Ic esigerue del romanzo, gli si pui'> con- eslelichc. donarc; ma e Iroppo grave sconcio, come

LOM13ARDO P. VINGEJSZO DEI PREDICATORI - Panegirico delta Sacra Sindone detto nella Metropolilana di Torino la quaresiraa del 1884. Torino, tip. Salesiana, 1884. Prezzo cent. 50 e franco di posta cent. 55. Si vende anche in Firenze nell' ufficio del Giorno in Via S. Gallo, n. 31.

I tip! elrgantissimi elzeviriani della per altro era bene da aspettarsi dal tipogralia Salesiana di Torino non furono ch. P. Lombardo, riputato meritamrnte mai per 1'innanzi impipgali con miglior una dellc piii splendide glorie del per- successo, come nella slampa di questo gamo iialinno. Quello poi che ci muove stupendo discorso recilato nella Metropo- sopraiiutto a raccomandare la diflusionc litana di Torino dall' illustre oralore do- di si bella orazione panegirica, e il sapere menicano. In questo discorso tutto infatti che il profitto della sua vendita e dosti- e degno di lode: il concetto, il tossuto, lo nato a condurre a termine I'edificazione svolgimento c la forma; sicche non ci del Convento dell' Ordine illustre di S. Do- pare di esagerarne il merito affermando mcnico, che 1' insigne Oratore atlende da che esso e uno dei migliori che sieno parecchi anni a costruire in Acirealc in stati scritti da valentissimi oratori. Questo Sicilia.

LUCIO PUBLIC Elucubratio circa supremum veritatis criteriura iuxta doctrinam Sancti Thomae Aquinatis Doctoris Angelici et veterum Thomistarum interpretationem a Public Lucio presbytcro scholae Thornisticae addictissimo exarata, in obsequium Encyclicae Aeterni Patris Sanctissimi Domini Nostri PP. Leonis XIII. Prati, ex offl- cina Gontrucci et Soc., 1884. In 8, di pagg. 154. Prezzo L. 3.

II ch. Professore dimostra con molta pieno la vera dotlrina del santo Dottore lucidita eforza di argompnti, che, sccondo sopra tal quislione. VI aggiunge una im- rinsegnamento del Dottore Angelico, il portanle append ice in cui e recala testual- primo critcrio di verita e il cosi delto menle la dottrina del Suarez intorno al Principio di contradizione. Colla guida principio di contradizione; ed nn'allra che dcllo stcsso maestro e col medosimo vi- riguarda 1' obietto, e 1' unita genrrica e gore di argoraentazione confuta le oppo- specifica delle scienze, riportata dall' opera ste senlenze. La sua dissertazione pui inlitolata : Novissimus Cursus artium esserc non poco utile per inlendere ap- dei Padri Carmelitani Scalzi di Alcala.

MANNI GIUSEPPE D. S. P. Rime. Firenze, Pietro Chiesi, libraio-

editore, Via de' Martelli, 8, 1884. In 16, di pagg. 294. Prezzo L. 3,50.

Le liriche del ch. P. Manni delle Scuole 1' illustre Autore si e sludiato, ed e riu-

Pie merilann, a parer nostro, il vanto di scito in gran parte, a scliivare i piii gravi

esser considerate fra le migliori poesie difctli. 11 che ha potulo fare per due no-

della scuola modcrna : della quale pero bili qualila che ha compagne di un in-

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prillll ili l|l|i^!P r I'pwiv vi ,(,, ,

'urlii, pd avpiv il.ii i l.i^ici an- ton apjnvM' IP normc ed il gusio dpi IHI'i. chc r riuscilo a rilrarre, nol piii r iiel mi^'Iio, in'l: "conda

c, di aver rongiunlo copli simlii lettprarii r.iinorc alia rplijrioneod alia sana moralp. Nnndimpno noi a<criviamo Ic sue pocsic alia scuola moderna, nmsimampnii' PIT rispptto alia forma de'concPlli c al colo- riio il'llo stile che rvHano un ^-iicn1 divprso da qupllo dci clas<iu. Ncl clie ha saputo cprtam-nte contPncN per lo piu ontro limiti ragionrvoli : non si ppr<\ clip rioscisse ad evitare tuiti i difetti in tal

gencrp, proprii ili <; i- ' i qotll

pasran<> <lnri; e sono

ii d'l-n'inpio: 1'uso di niPtri dpi ttittii alieni dall'iudoli' d--ll.i liana; una certa slortura no'co'trulli; on •••Ti i- wile ir.'iirp,'

specialnx'iiic wile mptafore; I' uso di non necesnrii neologism!. LP quali osservazioni noi facciamo non pa per cpnsurarc ; ma soltanlo pprclii- il di. Aulore ci scmlira capacc di loccare nplla poesia quella PC- cellcnza, a cui a parer noslro non |>" ma! arrivare, se non si tenga lonlano an- rli>- di piii da lutto cii'i die e difettoso nella moderna popsia non solo rispetto alia sostanza, ma anche rispelto alia forma.

MAHTINENGO FRANCESCO -- L' igiene dell'anima. Lettere del P. Francesco Martinengo. Torino* 1884, tip. e libr. Sulesiaua. In 1C, di pagg. 288. Prezzo L. 1,40.

II I'. Martinpngo, molto chiaro nel- T Italia per i>variatp opere, non meno utili al solido vantaggio dalle anime che dilettCToli allo spirito, aggiunge quest' al- tra, il cui titolo stesso manifesta 1' otlimo frutlo inteso da lui. K una serie di let- tere che finge esserc scritte da un par- roco di oampagna a an giovanc, gia stalo suo dUcppolo, il quale aveagli mandalo un suo opuscolo sulla igiene dci corpi. II huon parroco. il quale da qnello scritto era^i acoorlo che Pantico suo allipyo va- cillava alquanlo nei buoni principii, si in-

MAZZINI LORENZO La vera scuola delle giovanette; ossia letture istruttive e dilettevoli offerte alle giovanette e specialmente alle Figlie di Maria dal parroco Lorenzo Mazzini. Bologna, tip. Pontif. Mareg- giani, 1884. In 32, di pagg. 192. Prezzo cent. 40.

MIRANDA LU1GI La craniotomia considerata secondo la morale. Riflessioni del P. Luigi Miranda da Bisacquino, Lettore Cappuccino. Palermo, off. tip. di Camillo Taraburello e C.°, Vicolo Lombardo, n. 18, 1884. la 16, di pagg. 18. Sopra qupsto soggelio mollo si e" brano anch' essc done p profon-l

gfjrna di rendergli il cambio, proponpn- dogli i mezzi acconci per P igiene del- Panima. Quest! mezzi si riducono a due cap!: cvitare i pericoli dci morbi dello spirito, di cui sono cause la morale abie- zione in cui vive la odicrna societa; c procacciare dalla pratica dclla nostra santa Religione or le opportune medicine per guarirlo dai mail contrail! ed ora i pre- sidii pflicaci per rinvigorirne le forzp. Hac- comandiamo mollo quesla operella dell'il- lustre scritlore, massimamcnte ai giovani.

scriito da non pochi dotti Tpolo?i, dpi quali aMiiamo annunziato gli opuscoli lenia cniKin1 firaltMMBl6 m-lla quistione. Annunziiuno nmli*1 Ic riflessioni <)P| «;li. 1'. Lu'gi Miranda le quali ci sem-

liamo solo die la srntcnza da lui soste- nuta conlro la craniolomia pn-vnle gene- ralmpnlc, per do che conosciamo, fra i doitori cattolici.

B1DLIOGRAFIA

MOLA P. CARLO In memoria di Clementina De Riseis. Napoli, tipografia dell' Accademia Reale delle Scienze, diretta da Michele De Rubertis 1883.

conobbero. Essa fu una dells vittime delta cata.strofe di Casamicciola, e pare die alcuni giorni innanzi provedcsse la sua prossima fine. Tutto e bcllo nel discorso del P. Mola; mn quest' ultima scena c dcllc piii pietose die si possano leggere; egli ha innalzato a quella innocente crea-

turina il piu bel monumento che potesse desiderarsi.

nuova edizione, curata dall'egregio Com- mend. Battaggia di Venezia, come piii ele- gante e corretta della prima.

Questa memoria della buona fanciulla Clementina De Riseis e dal ch. P. Carlo Mola narrata ai fratelli ed alle sorelline di lei, con uno stile cosi alTettuoso e soave, da intenerire chiunque la legga, non che quei can congiunti deU'estinta. La Clementina benche di soli nove anni, fu di una rara pieta, dilettissima princi- palmente perci6 ai suoi ed a quanti la MORELLI DOTT. CHERUBINO A pezzi e boccooi. Veglie toscane

del Dott. Cherubino Morelli, priore di S. Lucia sul Prato. Seconda ediz.

Venezia, tip. Emiliana 1884. In di pagg. 580. Prezzo L. 2, 50.

Di questo lihro pregevolissimo non pag. 719). Raccomandiamo ora questa solo per la bonta della sostanza, ma anche per la amenila ed eleganza della forma, facemmo gii una Rivista quando fu pub- blicato la prima volta (Vedi quad. 756, MORICONI F1LIPPO Casamicciola. Discorso recitato nella Chiesa

parr, colleg. di Avezzano il giorno XXVIII agosto MDCCCLXXXIII

dal sacerdote Filippo Moriconi. Albenga, tip. vesc. di T. Craviotto

e figlio, 1884. In 16, di pagg. 62. MORRIONE LIONARDO Tragedie dell' aw. Lionardo Morrione da

Menfi. Palermo, tip. del G-iornale di Sicilia, 1883. In 16, di pagg. 270.

II ch. Autore di queste tragedie si superabili difficolta che offre il genere professa, senza rispetti umani, seguitatore della classica scuola, non solo quanto al concetto generale, pel quale da essa si di- versiGca quella che ora e denominata dal Verismo, ma anche per rispetto alle leggi special!, proprie del genere tragico. I sog- getli pertanto delle sue tragedie sono da lui attinti dalle fonti storiche, ed hanno dalla storia nobilta e grandezza. Sopra questo fondamento egli lavora la favola, aggiungendo colla invenzione ci6 che e

necessario per recarla a quel grado ideale che e richiesto per 1'effetto tragico: al quale scopo coordina gli awenimenti con intreccio abbastanza semplice e naturale, conservando Del tutto quella triplice unita, cioe di azione, di luogo ed in parte anche di tempo, di cui erano tanto tenaci gli antichi. Clii conosce Ic somme e quasi in-

tragico, non vorra domandarci se 1' illustre Antore sia riuscito a superarle tutte. Yi e certo a desiderare qualche cosa di me- glio, vuoi dal lato dell' intreccio nel tutto, vuoi da quello della verosimiglianza in al- cuni particolari : e piii che i discorsi, qual- che volta prolungati ollre il dovere, si vorrebbe scorgere attuosa 1' azione del p6rsonaggi, e maggiore si bramerebbe an- cora 1'artifizio in quelli che si sogliono dire colpi di scena, specialmente nella ca- tastrofe. Anche nello stile, benche gene- ralmente corretto e appropriato al genere classico, si potrebbe desiderare in parecchi luoghi maggiore accuratezza. Ma quest! difetti sono in parte compensati dai pregi che vi risplendono, tanto piii notabili in quanto si conformano ai grandi esemplari della classica letteratura.

.HIM \.NV.l-: UN A. . d. <i. i:ir_-ant" i-l/i'viro in '0, Tip. Giachetti, figlio e G Ecco no altro caro volumetto che fa b«'lla accompagnatara alle Memoric del-

Anliuori, di cui in si bi> tempo si sono sparse per I' Italia a mill*- a mill)' ie copie. Giustamente I'Autore di nrdi paragona 1'Angelina No- sadini, volata in Paradiso un anno fa, ad una (i.immaute rosa d'amore celeste; che in verita tale apparisce a chi ne leggc e il racconto delle virtu e gli estralti delle scritlure die largamente sono in queste pagineriporiati. I gravi patimenli ai quali fanciullelia soggiacque, senza saputa delta famiglia sua die 1' adorava, ne fecero, sin dalla tenera eta, una occulta eroina di

,lti piil.Mirati (l.i mi I ';»'!!••• :{;', «li pa:?fj. VI 1 D rilratlM.

. 1884. Prezzo Una Lin.

pazirn/a. .Noi vivarnenii? rarcomandiamo I' elegante libretto a tuttiquelli di" lianno cura di formare jrli nnimi ^iovanili alia virtQ ed ai pentili coslumi. Gli esempii e gli scrilli di questa diciottenne fanciulla avranno singolare eflicacia per muoverli al bene ed elevarli a quei pensieri ed eflelii soprannaturali, il cui difetto fa die 1'educazione dei giorni noslri ric- sterile di buoni frutli. II volumetto si vende a bene di on' opera insigne di carita, degna in lutto di onorare la me- moria del beir angelo d'amore divino, che fu la giovanetta Nosadini.

ORLANDO GIUSEPPE Ooofrio

d. G. d. G. Palermo, tip. dello

Quel dot to scriltore che e il P. Giu- seppe Orlando dava alia luce, or fa qual- che HIP-', questo imporlantissinio opuscolo estratto AM'Archtvio Storico Siciliano, anno VIII, 1883, col nobile e patriottico intendimento di richiamaro alia memoria dei present! il nome del celrbre Onofrio Panvioio che venuto da Roma in Sicilia col Cardinale Farnese T! lascio imporitnro riconlo, come di uomo « che non fu solo il piu dotlo ed erudito storico dei suoi tempi, ma un vcro prodigio per le mol- tissime opere composte nel breve period.) di sua Tita. > Di lui parla Scipione Maflei nella sua Verona illustrata, e, tessendo la serie storica dei piu celebri veronesi, lo considera come il piu insigne fra tutli. Ma v'lia di piu: il Sigonio, Giusto Lipsio, lo Scaligero e ilBaronio slcsso lo riguar- daoo come loro maestro e tero giganle tra

Panegirico di san Giuseppe recitato nella sua Chiesa in Palermo il 19 marzo 188 i. Palermo^ lip. Gamillo Tamburello e G. Vicolo Lom- bardo, n. 18. In 8.

ijiu'sta bellissima orazione panegirica venerando religiose deH'Ordine d.-i Tea- die 1'Autore dedica a quel dottissimo e lini, die 6 il P. Paolo Cullrera, di a co-

Panvinio pel sac. Giuseppe Orlando Statute. In 8.

gli uoraini piu dolti che ha visto il mondo. A 38 anni avea gia pubblicati o scrilti quasi un centioaio di volumi. II ch. P. Or- lando nel suo dotto opuscolo si ferma a chiarire due punti important! dolla vita di quest' uomo straordinario, e sono: il motive del suo viaggio in Sicilia, e il luogo ove avvenne la sua morte. Quanto a que- st' ultimo egli sostiene che fosse morto in Palermo e seppellito nella Chiesa del suo Ordioe, cioe in S. Agostino; e lo fa con tanla copia di erudizione e con argomenti cost contincenti, che ognuno che legga la sua dotia lucubrazione e costrelto ad ab- bracciare la sua opinione. Noi glie ne facciamo plauso e gli auguriamo buona lena e sempre maggior forza nell'ardua impresa d' illustrate la storia della sua cara palria.

598

BlBLtOGIUFIA

panpgirico rcciUilo dal P. Orlando »'• In cnpiosa e sempre opportuna erudi/ione onde c dimostrata la maravigliosa clilaia- zione del culto del SantD, dalle catacombs sino a Pio IX. Sotto questo rispelto il Panegirico m°rila sia raccomandato a co- loro che di questo grande 1'atriarca son chiamati a rccitarc le lodi.

dm il 1'. Orlando e non solo stre- noo polemisla.erudito storicoe infaticabile scrillore, ma anche valenle oratorc; impe- rocche 1'orazione e condotla con bell' arte c nello slesso tempo svolla con singolare Intelligenza del carattere di quel grande Pairiarca chelanla e si nobilc paricrbhc nrlla economia dell'umana redenzione. Ciu che rende poi ollrernodo pregevole il

PALLOTTINI SALVATORE Collcctio omnium conclusionum et re- solutionum, quae in causis propositis apul sacra m Congrogationem Gardinalium S. Concilii Tridentini ioterpretum prodierunt ab eius institutione anno MDLXIV ad annum MDGGCLX, distinctis titulis, alphabetico ordine per materias digesta, cura et studio Salvatoris Pallottini S. Theologiae doctoris ecc. ecc. Eomae, typis S. Congre- gationis de Propaganda Fide, MDCGCLXXXIV. In 4 p., di pagg. 64.

PITTO ANTONIO La Liguria Mariana; ossia del culto e della pro- tezione di Maria SS. nella Liguria. Gomraentarii del Cav. Antonio Pitto Genovese, socio di parecchie Accademie. 1 santuarii di Geneva. Opera postuma, pubblicata dal Gomm. Enrico Lorenzo Peirano, Av- vocato Genovese, preceduta dalla biografia dell'autore. Genova, tip. delle Letture cattoliche, via Goito, dietro al Politeama, 1884. In 16, di pagg. 426. Prezzo L. 2. II Cav. Antonio Pitlo, mancato ai vivi

con dolore di tuiii i buoni nol passato

ottobre, vivra lungamonte nella memoria

dei Genovesi per le sue insigni virlu di

specchiatissimo cattolico, od avra fuma

non peritura nella storia letteraria di

Genova per le sue pregevoli opere, spe-

cialmente intorno al culto di Maria San-

tissima. A questo caro soggelto appar-

ticne il prescnte volume, dato alia luce

dopo la morie di lui dal ch. Comm. Eu- rico Lorenzo Peirano, il quale vi premise

un breve cenno biografico del defunlo

amico. Al detio volume andarono innanzi

due allri collo slesso litolo di Liguria

Mariana; il primo dei quali contiene le

notizie dei santuarii di N. S. della Ri- viera orientale, ed il secondo le storie di

quelli dell' occidental!1. Questo terzo che

ora esce alia luce tratta anzitulio, sulle general!, del culto fiorito sempre in Genova

verso la Sanlissima Vergine, e poscia di- scorrc dei santuarii e delle immagini di quella cilia avute in particolarissima divo- zione dai Genovesi. Alle quali memorie aggiunge le altrc insigni testimonianze di divozione e di amore clie i med^imi le diedero in ogni tempo, ossia coU'erigere pubblici monument! improntati del suo nome, ossia col decretarle solenni e per- petue onorificenze o con ahre significazioni di filiale picla. Finalmente fa soguire un elenco di liguri scrittori Mariani, ed un saggio dicronoJogia Mariano-figure, nel quale sono indicati i fatti piu mcmo* rabili spetlanti alle materie discorse nel libro, con altri parlicolari, sjiccialmente cronologici. Raccomandiamo 1' intera opera a lutii i divoti di Maria, i quali vi trove- ranno non meno pascolo alia loro pieti cli inaleria di storica crudizione.

M HAP.I.'H'.irSKPPK - Dociimenii di vila ,M

r.'uliv I1 Sanii jiii'i

illnminali •> inassimf .|.i san l-'raiKvsro di Silt-s. (Juarta f-lizione.

j7w«, lip. Pontif. Mareggiani, 1883. In 32, di pagg. 2*24. Prezzo

40.

11KNAIU) GIUSEPPE Catalogue des oeuvres impriraees de Claude- 1 rar,« iis Mcnestrier de la Gompagnie de Jesus, par M. Joseph Renar J, bibliophile Lyonnais. Ouvrage postume public par le P. Carlos Som- mervo.^el S. J. Slrasbourgeois. Lyon, Impriraeric de Pitrat aiijc, 4, rue Gentil, 1883. In 8, di pagg. 150.

RISI FHANCESCO Di un'a nuova edizione delle opere di S. Cirillo Gerosolimitano; ossia di un errore gravissimo falsamente attribuito a S. Cirillo. e ad altri SS. Pddri e Dottori nella edizione Muurina. Dissertazione del P. Francesco Risi dei CC. RR. MM. dell' Or- dine di S. Camillo. Roma> tipografia Poliglotla della S. C. di Prop. Fide, 1884. In 8, di pagg. 56.

Fra i rari pregi pei quali merilamente *a celebrata la edizione dei SS. Padri delta dei Maurini, il cb. Autore del pre« sente opuscolo fa una giusta eccezione : ed e che quegli egregi editor! non si mostrano sempre accurati, ne abbastanza buoni critic! in malerie teologiche, attri- ilcune voile ai Padri opinion! che non si accordano colla sana teologia. I no di questi esempii lo ritrova nell'editore delle opcre di san Cirillo Gerosolimiiano, D. Agostino Ton lie, il quale sostiene che questo sanlo Dottore propugni una dot- trina aliena dalla comune dei Padri e moltoconlinantecoll'eresia Ariana. Questn e che 1'appellativo di Cristo, in quanlo non solo He ma anche Sacerdote, con- Tenga al Verbo direttamente e immedia- tamente, e non gia allTomo-Dio, cio6 a Cristo, second o la riatura umana suss-h-ni.- nella persona Mivina. In primo luogo ejli espone i test! del smlo Holtore dai rpiali il suo commenlatore credo di ricarare co testa dollrina. liimostra poi come i tesii soprdllegati si porgono assai bene

RODER GIOVANNI La verita callolica di fronle ai raolerni errori; del can. Giovanni Doll. RoJer, Decano della diocesi di Concordia,

ad una spiegazione rella srcondo la dottrina eattolica, e invecc sono dt-Loli ed insussistenli le ngioni |x>r le quali si Tuolc ascrivere a san Cirillo la conlraria. Fiaalniente confuta 1'asserxione del Toutte, che la scnteoza da lui attribuita a san Ci- ril!«) trovassc appoggio negli altri Padri e scritlori ecclesiastici : mellcndo in chiaro che dei test! allegati da lui. alcuni ap- partengono ad autori di fededubbia, come quelli di Eusebio, un altro di Origene e le due formule dei Vescovi orienlali giu- dicate Ariane da sanf Alanasio, e dando la yera e legittima interpretazione di quelli di sanl'Atanasio e di sani' llario e di altri Padri. II lavoro del ch. P. Francesco Ri<i 6 molto commrndevole non solo per la profondila della dotlrina, ma anco per 1'accuratezza e sagac;a della critica. Fac- ciamo anche nostro il suo volo che al lavoro dei Maurini, stimabilissimo per tanti capi, si venga ad aggiunpere 1' ul- tima ['crlV/ioiie correggendone quest! ed altri simili difciii con una nuova e piii edizione.

600 BIBLIOGJUFIA

dedicata ai Comitati parrocchiali. Udine, tip. del Patronato, 1883.

In 16, di pagg. 392. Prezzo L. 2.

Tra i molti libri di polemica e apo- perniciosi che si vengono diffondendo ossia

logia roligiosa, che lo zelo dei buoni cat- colla siampa fra il popolo, ossia coll'in-

tolici sla opponendo alia modcrna incre- segnamento nelle pubbliche scuole; e

dtilita, merita un posto ragguardevole tutti procura di confularc con sodezza di

questo del ch. Can. Giovanni Dolt. Ro- dottrina e pcrspicuita di esposizione. der. Esso prende di mira gli errori piii

SACRE CANZONI SICILIANS sopra i principal! misteri, titoli e feste di Maria Vergine con brevi discorsi dichiarativi del sac. Gio- vanni Carallo. Palermo* tip. Pontif. 1884. In 16. 11 sac. Giovanni Carallo, che con tanto alle p'ersone che amano di gustare il bello felice successo dirige in Palermo la scuola stile delFab. Meli, del quale il Carallo dei ciechi, e pure un bravo poeta tutto ha sapulo imitare la spontaneita c la na- brio, pieta ed affelto, come lo dimostra turalezza. II volume si vende aH'Uflicio questo grazioso volumeito di poesie in delle Letture Domenicali in Palermo, vernacolo, che noi tanto raccomandiamo Via Matteo Bonelli, vie dei Pellegrini.

SARNELLI GENNARO MARIA L'anima desolata, confortata a patir cristianamente, colla considerazione delle massime eterne. Operetta istruttiva ed illuminativa,. utilissima per le persone tribolate che at- tendono all'esercizio della orazione ed al caramino della perfezione, del venerabile servo di Dio P. D. Gennaro Maria Sarnelli della Gon- gregazione del SS. Redentore. Napoli, tip. e libr. di A. e S. Festa, san Biagio de'Librai, 102, 1884. In 16, di pagg. 356, Prezzo cent. 85. Copie 12 L. 8.

SAVARESE VINGENZO Novena del Santo Natale. Sermoni di Vin- cenzo Savarese d. G. d. G. Bologna, tip. Pont. Mareggiani, Via Vol- turno, n. 3, 1883. In 16, di pagg. 102. Prezzo L. 1. 1 nove soggetti tolti a trattare dal che al volgo degli uditori, colla soavita ch. P. Savarese per la novena del Santo degli affetli che il Verboumanato,nascendo Nalale, sono i piii proprii ad illustrare, in bambino, ispira nelle anime pie. Quest! di- quanto e possibile, il piii sublime misiero scorsi del P. Savarese corrispondono assai della divina Bonla e a derivarne frutti bene alia fama di valenle oratore che si preziosi di cristiana pieta. Egli ha saputo e acquistato colla sua predicazione evan- accoppiare con bell' accordo la sodezza gelica. della doltrina, rendendola accessibile an-

SA VIO FEDELE Notizie storiche sopra sant' Evasio Martire, primo Vescovo d'Asti e Patrono di Casal Monferrato; raccolte dal sac. Fe- dele Savio, professore di religione nell'Istituto sociale. Torino, 1884, tip. B. Ganonica e figli eredi Binelli, via Bolero, n. 8. In 16 pice., di pagg. 94.

SOMMERVOGEL CARLO - Vedi RENARD GIUSEPPE.

BIBUOGRim

/•; DOCUM/:.\TI .Ii storia ediriuo. I'nl.l.lic.i/iomi perio-

i l.-mia di (looferen/:.' storico-Kiuri licln-. Anno V !i 1, V, xt'""'»i"-giugno 1884). Ttowa, tipografia della pace <li Kilippo Cuggiani, i'ia// 1 della pace, n. 35, 1884. In 4°, di pagg. 168.

SUMMI'LA TlU-:oi.'H;iAEMORALlS,(\\nm in Seminario 1 lino tcadebat losephus D'Annibale Cathedralis Basilicae Realinae Canooicus, Kpiscopus Carystensis i. p. i. Ivlitio secunda aucia et emendala. Mediolani, ex typ. S. losephi, via S. Galoceri, n. 9, 1881-83. Volumi 3, di pagg. :Ut-440-418. Vendibile presso lo stampatore: in Eoma nella libreria Saraceni, Universita n. 13, e in Rieti (Umbria) pivsso la Cancelleria Vescovile. Prezzo per gli associali L. 12,50, franco di posta nell'interno.

Iii quest' opera la Civilta Cattolica fece un' ampin rivista nell'anno 1877. Serie X, Vol. Ill, pagtf. 701 e seg. e ne conimrndi'i 1'ordim1, la precisione, la bre- vila c la cliiarezza. Malgrado il modes to tilolo di Siiiiuiiiila, non dobitammo di af- fermaro, «1 ora non dubitiamo di ripctere, ch<\ mcdiimte il buon metodo adoperato dall'Autore, egli era riuscito a raccogliere in breve spazio tulto il necessario ed il convencTolc per un corso compiuto, a cui uulla mancasse di cio che trovasi comu- nemenle negli allri, e m'lla stessa opera di S. Alfonso. Ma nelle materie che riguardano la Giastizia c il Dritto, i con- tralti e le disposizioni di ultima volonta \l i molio di pib; segnatamente per la parte cho rijiuarda li> loggi ora vigonli presso di noi (ravvicinale alle leggi ro- manc, di cui sono un' emanazionc) il Co- dice frances(», e il Codice aastriaco che in poco nc difTcriscono. Ci protcsiammo fin d'allora, non esser noslra intenzionc di

far paragon!, ma dicemmo die tra i corsi di Tcologia Morale cho avpano mprilato 1' approvazione dei dotli, nn posto del piii onorevoli era dovulo a quest1 opera. Che so poi volesse tenersi couto della brevila ondc 1'Autore avea sapulo com- prendere in poco tanta vastila di materia, c Tordine scientifico con cui 1'atea di- sposla e trattata, noi non sapremmo, conchiudevamo, qual altro Autore gli possa essere superiors. La favorevole accoglienza che la Summula trovo prpsso i dotti e nella stampa cattolica coufcrmn il nostro giudizio. E lo sviluppo piii lu- cido dato in quesla seconda edizione a molli tratiati, specialmontc a quelli De Censuris, De Bestitutione in gcnere, De Poenilentia, DC Simonia; e le a^r- giunte fatte a quest! ed a quasi tutti ?li altri, e principalmente al traltato DeMa- trimonio, non ci fanno ora dubitare di un' accoglieuza anchc piii favorerole.

TRINGHERA TEODORO Panegirici sacri di Teodoro Trinchera, teologo della cattedrale di Osluni. Vol. III. 1 santi. Ostuni, tip. Enaio di G. Tamborrino. 1883. In 16, di pagg. 330.

MONS. FEDERICO MARIA II B. Pietro Canisio d. G. d. G. Panegirico che S. E. Illma e Revma Monsig. Federico Maria Nob. Xiwlli, Vescovo di Treviso, leggeva nella Chiesa dei Padri Gesuiti in \\-nezia, il 27 aprile 1866. Treviso, tipografia della scuola Apo- stolica, 1883. In 8, di pagg. 36.

CBONAC1 COOTEMTOBANEA

Firenze, 28 maggio 1884.

1.

EOMA (Nostra corrispondenza). La non mai csistita n& perci6 mai abolila Lcpge o Disciplina dell'Arcano. Origine vera di quest?Usanza prndonziale. Calunnie cbraichc coritro i Crisliani. Spropositi Bonghiani sopra la Redcnzione pel Sangue.

Venendo ora a quel po'di buono e di vero che quasi microscopico briciolino di pane galleggia sopra la gran broda data dal Bonghi a bere ai lettori della Nuova AnMogia in quel suo articolo: GU ebrei in Un- gheria: Tisza-Eszlar 1°; giovera priraa di tutto citare qui il suo testo; perche dalle note che vi andremo apponendo si veda quanto della sua mala scoria sappia la scienza moderna anche inconsapevolmente raescolare ad ogni buon metallo dell'antica. « Nel leggere (dice il Bonghi) la fandonia « germogliata nella mente delle pettegole di Tisza-Eszlar ed accolta con « tanto e cosi caparbio favore da gran parte delle signore d'Ungheria, « io mi sono ricordato di un'altra fandonia per 1'appunto simile (doe « al tutto dissimile) che non solo le pettegole ebree, ma i Rholing ebrei « del primo secolo del cristianesimo spandevano contro i cristiani. » Nel quale periodo, di cui gi£ notammo in una corrispondenza precedente le molte falsita ed inesattezze, non si trova in verita allro di esatto se non che la ricognizione e confessione dell'essere state calunnie le accuse che i pagaai movevano contro i cristiani del primo secolo: e dell'essere stall appuuto gli ebrei quelli che spandevano tra i pagani quelle calunnie contro i cristiani. II che soltanto, appunto perche la sola parte vera dell' articolo Bonghlano, prese, come dicemmo, a combattere il Gran Rab- bino di Mantova. Ma prima di venire alle sue rabbinerie, udiamo ci6 che il Bonghi soggiunge. « Gli ebrei dicevano, come narra Minuzio « Felice, che i cristiani nell'iniziazione dei loro discepoli procedevano « cos\. Un fanciullo coperto di farina, perche inganni gli incauti (dove « manifcstamente si allude al Mistero della SS. Eucaristia) e im- « bandito a colui che dee essere imbevuto della religione. Gotesto fan- « ciullo e ucciso con ferite cieche ed occulte dal discepolo, che la su- « perficie della farina quasi provoca a colpi innocui. (Si ciba infatti * il cristiano del Corpo e del Sangue di Gesu Cristo velato dagli

iti del pane c ,-irsto fannullo, <>:

« lambiscono il sangue; di questo si ripartiscono le membra a gan « qn-'sla vittima slrin^ono Icg.i: in qu«M-» cu>rii'ii/.a di <Mitto si o1 gano ad un mutuo silenzio. Ci6 Minnzio Felice narra che si diet « I Greci lo chiamavano il fesiino di Tieste. »

Dove per la miglior intelligenza della cosa conviene toccar di p.i di quella che corounemente chiaraario Lex o Disciplina Arcani; secondo la <iml.' i (Iristiani dei primi secoli teoevano segreto ai pagani ed anche iirnimeni, come altri dommi e rili, cosl specialmente il Mistero della SS. Eucareslia. Pare che il primo che noroin6 per Pappunlo Legye e Discipline* quell' Uso dei primi secoli sia siato il dollo lliblioiecario della Vaticaoa Emmanuele Schelslrate nella sua dissertazione DC disci- plina arcani pubblicata in Roma nel 1085 e riprodolta poi in Padova nel 1743. Dopo il quale ne scrissero il P. Hermanno Scholliner monaco Benedettino nella sua Disciplina arcani Typis MonasteriiTergeensis 1756: il Dona Rerum Liturgicurum, specialmente nclle note appostevi dal Sala neU'edizione di Torino 1753, ed altri assai. Aveva per6 gia notato I'A/evedo nella sua Disputatio de disciplina arcani, Roma 1754 che: « questa disciplina spesse volte la trovai raccomandata dai Vescovi di « quel tempo secondo che piu o meno si trovavano dover temere dai « gentili. Ma non mi ricordo avcrla mai trovata sancita da nessun de- « creto di Concilio. II che e da coosiderarsi altentamente: Quam disci- « pUnam tamen, ut saepissime commendatam legi ab Episcopis illorum «c temporum, prout magis vel minus a getitibus timebant; ita nuUo « conciliari dccreto sancitam uUibi metnini. Quod diligcnter adnotan- « dum est. » £ perche ci6 e da considerarsi a t ten la men te? Verisimil- inente perche quella che si suol chiamare Lcggc e Disciplina, non fu mai propriamente ne legge ne disciplina, ma soltanto Usanza dove piu, dove meno e dove anche nientc vigenle, secondo che o piu o meno od anche niente, nei varii luoghi e tempi, Episcopi, come dice 1'Azevedo, a gentibus timebant. Fu sempre infaiti e segue anche ora ad essere e sempre sara in vigore la legge naturale dell' usare prudcnza. Special- mente poi quaodo si tralta di porre, per cosl dire, in piazza le cose sante, esponendole al pericolo del ludibrio e della profanazionc dei cani e dei porci. Al che pare semplicemente alludere il testo (MATTH. 7): noUte dare sanctum canibus; nequc mittatis margaritas vcstras ante porcos. II quale testo se, come vogliono alcuni, fosse il fondamento della Legge e Disciplina deWArcano, bisognerebbe conchiuderne che, come mai non pote ne potra essere abolito questo precetto di Gesii Cristo, cosl mai non sarebbc potuta ne potrebbe essere abolita la legge e la disciplina dcll'Ar- cano. Or come va che alcuni sosteoitori di questa Legge e Disciplina tro- \JUKI ( li.- essa fu abolita nel secolo, chi dice quarto, chi quiolo, cbi seslo; secondo che ognuno pole argomentare dai testi da lui trovati? Ma il

CRONACA

fatto e che questa pretesa legge e disciplina, come mai non fu intiraata, cosl mai non fu abolita. Se pure non vogliamo dire che sia stato mai necessario 1'intimare e promulgate come nuova la legge naturale del non dare sanctum canibits nee proiicere margaritas nostras ante porcos : e, quello che e peggio, che questa legge e disciplina sia cominciata ad essere in disuso nel secolo terzo e sia stata poi abolita nel secolo sesto della Chiesa. Laddove invece vediamo che, non soltanto nel secolo sesto ma nel decimosettimo ed anche ora e sempre in avvenire accaddero ed accadranno casi nei guali Episcopi a gentibus timentes dovettero e do- vranno seguire la cosl da alcuni impropriamente delta Legge e Disciplina deU'Arcano. Sono infatti notissime le controversie sorte due secoli fa sopra i riti cinesi e malabarici. E chi pu6 con certezza asserire che anche nei primi secoli della Chiesa non abbiano alcuni qua e cola od ecceduto o mancato nell'applicazione pratica di questa legge teorica deU'usare pru- denza? E non fc egli possibilissimo che, anche nei primi secoli, in alcune Chiese si sieno troppo divulgati ed in allre troppo celati ai pagani i dommi e i riti cristiani?

Per questo esiste in Roma I'autorita centrale e suprema che, come due secoli fa, cosl nei precedenti e nei futuri veglia alia retta applica- zione della regola generate del non dare sanctum canibus nee proiicere margaritas ante porcos: senza che per questo si debba dire che sia mai stata o promulgata od abolita come legge e disciplina specidle e formale una semplice legge naturale. Seguendo la quale regola generale di usare prudenza san Paolo predicando (ACTOR. XIII) agli ebrei in An- liochia annunzi6 loro Gesii Cristo crocefisso vero Dio e vero Uomo, ci- tando loro Mose ed i Profeti. Ma predicando poi (Act. XXIII) agli Areopagiti in Atene non annunzi6 loro che il Dio ignoto creatore del cielo e della terra, citando loro 1'autorita di un loro poeta. Dalla quale semplice osservazione del non essere mai esistita questa legge e disci- plina, tranne che nello stato di legge naturale edi prudenza, ne scende, come ci fu fatto notare da persona molto competente, la nullita e vanita delle difficolla che alcuni muovono all' autenticita delle opere di san Dio- nigi Areopagita e di altri santi Padri dei primi tempi, i quali scrissero apertamente di ci6 di cui altri loro contemporanei non osarono scrivere si apertamente. Donde alcuni ipercritici deducono che quelle opere in cui si apertamente si viola la da loro inventata legge e disciplina dell' arcane non possono essere che opere di secoli posteriori nei quali quella loro prelesa legge gia era in disuso. Vari6 infatti sempre e sempre variera, Fecondo la varieta delle teste, 1'applicazione pratica della legge naturale deirusare prudenza, secondo i varii tempi, luoghi e bisogni. Del che lungamente ed utilmente si potrebbe discorrere.

Ma checche sia del motivo, il fatto per6 e che, specialmente in sui principii del cristianesimo, ogni anche piu volgare regola di sola

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nei dommi, nH riti •» nei sacramenli crislhni poteva piii n n Molfiitfni.'nii' urtare 1'ignoranza e i pregiudizii dei pagani e d»-i barbari: cioe del porci e dei cam come dice il testa di san Matteo ed anzi di ; (Tisto. Dei quali anche presentemente sogliono dire i Missionarii r!i", prima di farli cristiani, bisogna pensare a farli uomini : cominciando, per esempio, coll'insegnar loro 1'esistenza di Dio, prima di predicar loro IS. Trinita. Specialissimamente poi era necessario di non esporre al luilibrio ed alia profanazione dei pagani il Mistero dell'Eucarestia: la cui noti/ia ora comune e appunto la ragione di tanti sacrilegii pressoche cotidiani dei cani e dei porci presenti; siccome e noto. Malgrado pert) tutte le precauzioni, non fu possibile 1'impedire che anche di questo Mi- stero e Sacramento non trapelasse, ed in primo luogo tra gli ebrei, qualche s-'ntore. 1 quali, anche forse per mala intelligenza, ma specialmente per mal volere, subito presero a spargere tra tutte le genii, come tante altre, cosl anche questa ralnnnia contro i cristiani: di pascersi cioe della carne e del sangue di un fanciullo innocente. Al che allude san Giustino filosofo e marlire del secondo secolo della Ghiesa (martirizzato tra il 161-69) nei Capo X del suo Didlogo eon Trifonc giudeo. Dove discorrendo in pre- senza di Trifone con alcuni altri ebrei: « Avete altro (lor chiese) di che « rimproverare noi cristiani, eccetto che non viviamo secondo la Legge, « ne ci circoncidiamo, ne osserviamo il vostro Sabbato? Oppure anche « dei nostri costumi ci rimproverate? Forse che anche voi credete che « noi mangiaroo carne umana? » E piu chiaramente nei Capo 17: « Delle « ingiustizie dei gentili contro Crislo e contro noi i piu colpevoli siele « voi (ebrei) i quali foste gli aulori della loro pregiudicata opinione « contro di noi. Giacche dopo avere crocefisso Gristo, non soltanto non « faceste penitenz*, ma spediste da Gerusalemme per lutto il mondo (il « che anche narra san Luca negli Atti) uomini scelii che spargessero « da per tut to la notizia dell'essere sorta una empia setta di Cristiani, « e di essa setta narrassero ci6 che contro di noi infatti si dice da tutii « coloro che non ci conoscono... Voi procuraste che contro la sola vera « luce si spargessero per tutto il mondo le calunnie di orribili e tenebrosi « delilti. > E nei Capo 108: «Come gia dissi, voi mandaste per tutto il « mondo uomini scelti che predicassero dovunque essere stata inventata « da un certo Gesii Galileo una certa empia ed illegale setta. E che egli « aveva insegnali quegli empii, nefandi e detestabili delitti che seguitate « anche ora a spargere presso ogni sorta di persone. » E che fossero infaiti gli ebrei ijuelli che colic loro calunnie eccitarono i gentili contro i cristiani, si rioiva anche da questo, che essendo stato Nerone il primo pagano Imperatore perseculore dei Crisliani, si trova insieme che egli fu propenso agli ebrei. II cbe narra lo stesso ebreo Giuseppe Flavio alia del Capo VIII del Libro XXII dtlle Anlichitd Giudaiche (vol.

CRONACA

pag. 'J7."i d'-H't'di/ione di Amsterdam del 1726) dicendo che: « perdonb « agli ebrei... per compiacere alia sua moglie Poppea donna rdiyiosa « che T aveva pregnto in favore dex'li ebrei. » E poco dopo alia pa- gina 981: « Gessio Floro si condusse seco (in Giudea) la moglie Cleo- « patra, siccome quella che essendo arnica di Poppea moglie di Nerone « ed a lui simile uella malvagita, gli aveva oltenuto quel governo. » Dai quali testi del dotto ebreo sappiamo che Nerone soleva compiacere (finche non 1' uccise con un calcio) a sua moglie Poppea, che era probabilmente ebrea essa medesima ed al certo favorevole agli ebrei. Donde e facile il dedurre la sorama probability che per mezzo di Poppea abbiano gli ebrei empiuta la testa anche di Nerone di tutte quelle calunnie conlro i cristiani per le quali li perseguittf poi s\ crudelmente; com'e noto anche dagli storici pagani. Quinci si vede con quanto buon fondamento storico abbia il Bonghi attribuita agli ebrei 1'origine di quella calunnia contro i cristiani. Poteva a dir vero citare san Giustino che, come vedemmo, attribuisce agli ebrei quella calunnia, anziche Minuzio Felice che sol- tanto la descrive. Ma in sostanza egli ha ragione attribuendola agli ebrei. E percio in questo suo poco di ragionevole prese a cambatterlo, come vedremo, il Rabbino di Mantova. la tutto il resto per6 il Bonghi ha torto, come vedemmo e seguiremo ora a vedere in quanto soggiunge alia narrazione di Minuzio Felice.

Segue infatti il Bonghi dicendo che: « i greci chiamavano (questa « calunnia ebraica contro i cristiani) il festino di Tieste. Ed invece « nella mente di alcune (doe di tutte le) popolazioni cristiaue vive il * pregiudizio che cotesto lo facessero gli ebrei. » II che stesso gia do- vrebbe insegnare al Bonghi che avendo, come si sa, la menzogna le gambe corte, siccome le ebbe cortissime la menzogna ebrea, cosl pari- mente cortissime avrebbe dovuto averle 1'accusa cristiana se fosse stata menzognera. Ma essa invece, secondo che lo stesso Bonghi riconosce e confessa, vive ancora dopo tanti secoli ed anzi cresce tra le popolazicni cristiane. « La calunnia, segue il Bonghi, ha tradizioni. E nessuna ne ha « piii lunghe delle settarie, e tra le settarie quella delle sette religiose « e la piu vivace. Gambia posto ma non muore. » Tutte parole senten- ziose, ma senza sugo. Giacche se la calunnia ha tradizioni, molte piu ne ha la veriti. Ne e probabile o verosimile che quelle pel lungo corso di molti secoli prevalgano contro queste. Ed e inoltre storicamente falso che la tradizione ancora vivente dell' uso ebreo del sangue cristiano abbia camUato luogo. Che anzi conserv6 sempre il suo luogo; che e special- mente 1'Oriente e 1'Europa orientale: donde insieme cogli ebrei pass6 anche neH'occidentale. Non sappiarao poi con quale, non diciamo rdigione ma coliura, possa il Bonghi asserire in termini, che il Rabbinismo ed il Cristianesimo sono ambedue sette, viventi di tradizioni ugualmente settarie: trascorrendo cosi come crediamo, colla penna oltre al suo pen-

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perci6 dicemmo che (jui vi e, per avventura, nel Bonghi man- i di coltura piii forse che non di religione.

si crediamo che sia di cio che segue: « Se non che ci ha qual- « cosa di piii rilevante. Nel rito atlribuilo ai cristiani 'la-rli ebrei e a

- .jiifsii da quolli c'e un scutimento coroune. Ed e 1'efficacia del sangue

- nmano nel forzare una volonti divina che s'immagina presieda agli « umani destini; e ancora le volonta umane che stringano patti tra di « loro a tenerli. II sangue dell'uomo, si crede, ha un valore che oltre- « passa la persona dalla quale e tratto. E il piii antico pregiudizio forse « ed il piu radicate, il piu vecchio ed il piu indomito. Donde e nato? « II De Maistre ricordo ne scrive a suo modo alcune belle e misteriose « parole nelle Serate di San Pietroburgo. £sso ha ramiflcazioni infinite < nel diritto pubblico, nelle consuetudini sacre, nella magla. 0 Gambia « per richiamare 1'amante non ebbe bisogno di un corpo impubere di « fanciullo? Quale posset impia Mollire Thracum pectora? E della « midolla asciutta e dell'aridu fegato di lui piantato in una fossa? La « superstizione qui, se alquanto diversa, e tuit'una: e credo che qua e « la duri tuttora. » Deh! Quanta ignoranza vestita di sapienza e quanti sproposili vestiti da apoftegmi in queste poche parole del Bonghi! II quale mostra perfino d'ignorare 1'esistenza di ana religione, vera o falsa qui non monta, la qualc si chiama la religione cristiana. I cui professori credono da Ada mo a noi nel domma della Redenzione per il Sangue del Redentore o da venire o gia venuto. Del quale Redentore seppero non solamente gli ebrei ma anche tutti gli altri popoli. Ma non ne sa niente il Bonghi! Ne perci6 e maraviglia che questa tradizione piii o meoo guasta e corrotta, da per tutto e sempre si sia mantenuta. Tra le quali corruzioni della santa e vera tradizione e appunto curiosissima quella della moderna sinagoga rabbinica corruttrice dell'antica Mosaica. Sapendo infatti benissimo i Rabbini che la Redenzione dee dal Redentore farsi col sangue suo; e sospettando che forse il Messia Redentore gia sia ve- nuto in Gesii Cristo; e volendosi ad ogni modo assicurare la Redenzione; per qupsto solo usano cabalisticamente nella Circoocisione, nel Matrimonio, nella Pasqua, nella Peni ten/a e nella morte loro il sangue cristiano, se- condo che altrove lungamente dimostrammo. Or di questa universale tradizione dejl' cfficacia del sangue sopra Dio e sopra gli uomini (che pei cristiani e un domma di fede, il quale il Bonghi non dovrebbe avere gia si pienamente dimenticato) discorre appunto il De Maistre. E non gia, soltanto, come il Bonghi alihorraccian lo al solito dice, in alcune belle e misteriose parole nelle Serate di San Pietroburgo : ma in un libretto a parte di tre Gapi e circa ottanta pagine. Dove, senz'alcun mistero, parla chiaramente del vero fondamenlo e della vera origioe di ci6 che il Bonghi osa, per sola ignoranza, come creJiamo, chiamare il piii antico pregiudizio ed il piu radicato, il piu vecchio ed il piu in-

CRONACA

domito; che e, insomma, il domma della lleJenzione. « Quante verila « (scrive infjtti il Deraaistre nel Capo di quel suo libretto) quante « verita nel Paganesimo !... Esso non si e certame»te ingannato credendo < ad un'idea si universale e si fondamentale come quella dei sacrifizii, « cioe della Medenzione per mezzo del sangue. » Ma il Bonghi non sa hiente di tutto questo. Egli chiede ingenuaraente. « Donde e nato questo « pregiudizio? » E per saperlo, interroga quella Strega di CaniJia. Poteva invece interrogare il Gatechismo dei suoi bambini. Giacchfe siamo certi che ai suoi bambini il Bonghi dee aver comprato il Catechismo. Siccome, del resto, sogliono fare moltissimi dei Liberi Peosatori. I quali vogliono pensare liberaraente per conto proprio: ma giustamente amano che i loro bambini pensino diversamente; guidati in ci6 dal santo istinto dell'amore paterno. Abbandonando per6, per conto loro, il Catechismo, piu studiano e piii spropositano. Tanto e vero che, come gia dicemmo, questi moderni Taleti, che vanno cercando in cielo le stelle che non vi sono, cadono so- vente nel fosso che hanno dinanzi agli occhi.

Ma il comico sta nella conclusione. « Quanto, esclama il Bonghi, « quanto dell' uomo vecchio, vecchissimo, dell' uomo che noi c' immagi- « iiiamo liuito da un pezzo, e vivo tuttora e vegeto! Hentre viviamo sicuri « che sono diventati tutti diversi da se medesimi; che la luce della Ci- « villa gli ha illuminati, penetrati e trasformati tutti; a un t ratio ci « accorgiamo che la pasta e tuttora quella. Laboremusf Forse riusci- « remo ad alterarla. Ad ogni modo lo sforzarvisi di molti, di sempre « piu, e gia caparra che se il reale esiste e sta in basso, 1' ideale si « eleva e. lo trarra pure a se. » E si vede! Grazie al Laboremus mas- sonico, altrimenti ora detto anclie Excelsior dei nostri Taleti moderni, VIdeale si va elevando cotanto che ormai piii non esiste altro che Ve- rismo nella scienza, coltura ed arte di cotesti nostri eccelsi elevatori. Verismo: cioe positivismo, materialismo, pornografismo, pane e circensi; danaro e piaceri. Che se vi ha progresso, anche i liberali lamentano che esso principalmente si trovi nelle cifre dei criminosi, dei mentecatti e dei suicidi. Ecco V ideale che ora si eleva come un gran pallone, secondo le statistiche. Ondeche, come la scimmia rompeva lo specchio per la rabbia di vedervisi cosi brutta, cosi ora molti giornalisti se la pigliano colla statistica: dicendo che non e scienza, come prima volevano che fosse quando credevano poterla far servire esclusivamente ai loro usi. Lavorate dunque o massoni e massoncini. Lavorate a falsare storia e scienza, arte e letteratura, morale, politica e costumi. Lavorate di lena: per confessare poi col Bonghi che : Tola node laborantes nihil coepi- mus. « Mentre viviamo sicuri, dice il Bonghi, che gli uomini sono di- « ventati tutti diversi; che la luce li ha trasforraati: ecco ci accorgiamo « che la pasta e tuttora quella. » E lo stesso appunto dice la Massonica Rassegna del 10 maggio. « Questo del clericalismo e problema per noi,

NEA 609

« 6 tin r ci sta conficcato dentro, nel pin intimo nostm.

non abbiamo sin qui fatto nulla. Si comprende die ci6 < c'inijtiieti e ci turbi (nel pit) intimo). A vedere 1'autorita della Chiesa « ripigliar vigore, un segreto Lstinto ci avverle che si scende, non si sale : « (altro che excelsior t); e che i progressi da noi agognati potrebbero « sfumare. » Qual maraviglia? Voi lavoratc di notie: Tola nocte la- borantes come i ladri. Credendo voi di vivere Delia luce, di spargere la luce, di illuminare il vostro prossimo; siete invece ciechi lavoranti not- turrii. E perche vi siete accecati voi, come talpe ambulanti in tenebre, perdendo il lume della fede e COD esso anche molto del lume della ragione e del senso comune, per questo credete che : « gli uoraini sooo di ventaii « tutti (come voi) diversi da sfc medesimi: che la luce della Civilta gli « ha illuminati, penetrali e trasformati tutti. » Appunto come lo struzzolo del deserto che col capo fitto nella sabbia, perche egli non vede pifi nionte, crede che anche i cacciatori non vedano le sue gonfie ali de\Y Excel- sior, dell' Idcale e del Laboremus. Viene poi il momento a un tratto, come dice il Bonghi, in cui, quando costoro credono aver illuminate il mondo, lo trovano, com'essi dicono, cieco: cioe illuminato come prima. « Quanto « dell'uomo vecchio, vecchissimo, dell'uomo che noi (uomini dotti!) ci « immaginiamo finito da un pezzo, 6 vivo tuttora e vegeto! » E vivra vegeto per un pezzo. Ed auguriamo al Bonghi che ritorni vegeto ; ristu- diando il Catechismo dei suoi bambini. E tanto basti del Gristiano. Nella prossima corrispondenza parlercmo dell'ebreo suo coniradittore.

II.

COSE ROMANS

1. Concistori dol 24 e del 25 marzo 2. Protests dei cattolici pel conculcati di- ritli di Propaganda Fide 3. L' Enciclica Jlumanum genus e I'Arcitescovo di Palermo monsignor Celesia 4. La Pastorale di Monsignor Arcivescovo di Milano e la Circolare di Monsignor Vescovo di Fiosole 5. Bella lezione del- rimperatore di Russia ai govern! cattolici 6. Udienze pontilicie.

i. Perchfe 1' integrita storica, cui mira principalmente la nostra Cro- naca, non ne scapiti, ci aflrettiamo a riparare un'omissione da noi falta nei precedent! qaaderni, non gift per negligenza, ma benst per la mol- tiplicita e varieta delle materie, che avevamo in quel momento per le mani. Alludiamo ai Concision che ebbero luogo nel passato marzo.

Nel giorno 24 di quel mese, la Santita di Nostro Signore Papa Leone XIII, premessa un'Allocuzione, da noi gia pubblicata, creava Car- dinal! ill S. U. Chiesa dell'ordine dei preti monsignor Sebastiano Neto,

Strit XII, vol. VI, fate. 815 39 31 maggio 1884

C,|() CRONACA

Patriarca di Lisbona, e monsignor Guglielmo Sanfelice Arcivescovo di Napoli.

Fatte poi le rispettive ozioni alle vacant! Sedi Suburbicarie, il S. Padre si e degnato provvedere le Chiese Gattedrali unite di Ostia e Velletri, per 1'Emo cardinale Carlo Sacconi, traslato da Porto e Santa Rufma; di Porto e Santa Eufina, per 1' Emo cardinale Giovanni Pitra, traslato d,i Frascati; di Albano, per 1' Emo cardinale Raffaele Monaco La Val- letta, Penitenziere maggiore; di Palestrina, per 1'Emo cardinale Luigi Oreglia di San Stefano; di Sabina, per 1' Emo cardinale Tomraaso Maria Martinelli; di Frascati, per 1'Emo cardinale Edoardo Howard.

L' Emo cardinale Lucido Maria Parocchi, Vicario generale di Sua Santita, ha ottalo al titolo di Santa Groce in Gerusalemme, dimesso quello di San Sisto.

L' Emo cardinale Howard, come Procuratore dell' Emo cardinal Ga- verot, Arcivescovo di Lione, con pontificia dispensa perchfc non presente al Goncistoro, dimesso il titolo di San Silvestro in Capite, ha ottato a quello della Santissima Trinita al Monte Pincio.

Vice-cancellierato di S. E. C. e Sommistato delle Lettere apostoliche, per 1'Emo cardinale Teodolfo Mertel, cui e assegnata in diaconia la Chiesa di San Lorenzo in Damaso, dimessa quella di Santa Maria in via Lata.

Camerlengato di S. E. Chiesa, per 1' Emo cardinale Domenico Con- solini, Diacono di Santa Maria in Domnica.

L' Emo cardinale Lorenzo Ilarione Randi ha ottato alia diaconia di Santa Maria in via Lata, ritenendo in commenda, a beoeplacito di Sua Saniiti e temporaneamente, quella di Santa Maria in Cosmcdin.

Sua Santita provvedeva in seguito :

Chiesa Metropolitana di Tours, per monsignor Guglielmo Renato Meignan, traslato dalla sede di Arras.

Chiesa Metropolitana di Eouen, per monsignor Leone Thomas traslato dalla sede di La Rochelle.

Chiesa Metropolitana di Monreale, per monsignor Domenico Lancia di Brolo, traslato dalla sede di Filadelfia.

Chiesa Metropolitana di Malines, per monsignor Pietro Lamberto di Goossens, traslato dalla sede di Namur.

Chiesa Metropolitana di Lanfredonia coll' amministrazione della Cattedrale di Viesti, pel R. D. Federico Piz/a, Prom. fisc. nella curia di Napoli.

Chiesa titolare Arcivescovile di Militene, pel R. D. Antonio Mendes Bello, deputato suffraganeo del patriarcato di Lisbona.

Chiesa Cattedrale di Cajazzo, per monsignor Raffaele Danise, tras- lato dalla sede di Gassano.

Chiesa Cattedrale di Cassano, per moasignor Antonio Pistocchi tras- lalo dalla Chiesa titolare di Sinopoli.

I'll

sa Cattedrale di Bagnorea, pel R. I). Ercole Itoffi, canonico di So//'1.

Chiesa Cattedrale di Diano o Teggiano^ pel R. D. Vincenzo A<1- dessi, canonico di Fondi.

Chiesa titolare di Samaria, pel R. P. Alessio BifToli, servita, romano, deputaio coadiutore con successions di mons. Vescovo di Fossombrone.

Chiesa tifolarc di Teja, pel R. D. Stanislao De Luca, di Ban, de- putato coadiutore con successione di monsignor Vescovo di San Marco e Bisignano.

Chiesa titolare di Birta, pel R. D. Pasquale Jaderosa, di Acerra, deputato coadiutore con successione di monsignor Vescovo di Sant'Agata de' Goti.

Chiesa titolare di Jasso, pel R. D. Gaetano d'Alessandro, canonico di Palermo, deputato ccadiutore con successione di monsignor Ruggero Blando, Vescovo di Gefalii.

Chiesa titolare di Berissat pel .R. D. Gasimiro Raszkiewicz, di Augustow, sufTraganeo di Varsavia.

Chiesa titolare di Dw/ma, pel R. D. Girillo Ludowidzki, di Luceoria, sufTraganeo di Luceoria e Zytomeritz.

Chiesa titolare di Tespe, pel R. -D. Antonio Baranowski, suffraganeo di Samogizia.

CJiiesa titolare di Serres, per D. Enrico De lega Kossowski, suffra- ganeo di Plocko.

Chiesa titolare di Troia, pel R. D. Carlo Pollner suffraganeo di

Chiesa titolare di Cafarnao, per D. Giovanni Battista Bertagna, canonico di Asti, deputato nusiliare dell' Emo cardinale Alimonda Arci- vescovo di Torino.

Chiesa titolare di Ginopoli, pel R. D. Giacomo Daddi, canonico di Palermo, deputato ausiliare di monsignor Celesia, Arciv. di Palermo.

Quindi 1' Emo cardinale Sacconi ha falto la postulazione del pallio per la Ghiesa di Ostia; e gli Emi cardinal! eletli alle Chiese suburbicarie hanrio emcsso il giuramento nelle mani di Sua Santita.

Dopo il Concistoro il Santo Padre riceveva i novelli Vescovi e loro imponeva il rocchetto.

Ad aununciare poi all' Emo cardinale Patriarca di Lisbona la pro- mozione ed a recargli lo zucchetto cardinalizio fu prescelto il si- gnor conte Camillo Antonelli, guardia nobile pontiflcia. Monsignor Tonti, uditore della nunziatura di Lisbona, agira da allegato apostolico per la consegna della berretta cardioaliziM.

Nel 20 dello stesso mese il Santo Padre tonne un doppio Concistoro; uno pubblico e V allro segreto.

Nel priino, il Papa, dopo avere iraposto il cappello cardinalizio al-

CRONACA

1'insigne novello porporato Sanfelice Arcivescovo di Napoli, sentiva la prima postulazione fatta dall'avvocato concistoriale Ralli per la causa di beatificazione della venerabile serva di Dio Gertrude Salandri romana. Nel secondo, dopo aver chiuso la bocca al cardinale Sanfelice, Sua San- tita faceva le seguenti provviste di Ghiese.

Chiesa Cattedrale di Cadice, per monsigoor Vincenzo Calvo y Valero, traslato da Santander.

Chiesa Cattedrale di La Eochelle, per raonsigoor Pietro Maria Ste- fano Gustavo Ardin, traslato da Orano.

Chiesa Cattedrale di Amiens^ per monsignor Giov. Batt. Maria Si- mone Jaquenet, traslato da Gap.

Chiese Cattedrali unite di Calahorra e Calzada, per monsignor An- tonio Maria Gascajarez y Azara, traslato da Dora.

Chiesa Cattedrale di Angola, per monsignor Antonio Tommaso da Silva Leitao e Castro, traslato da Licopoli.

Chiesa Cattedrale di Gap, pel R. D. Giovanni Leone Gouzot, ca- nonico di Periguex.

Chiesa Cattedrale di Orano, pel R. D. Natale Vittore Goussail, di Montauban.

Chiesa Cattedrale di Santander, pel R. D. Vincenzo Giacorao San- chez y Castro, di Leon.

Chiesa Cattedrale di Oviedo, pel R. Fr. Raimondo Martinez y Vigil de' Predicatori.

Chiesa Cattedrale di San Giacomo di Capo Verde^ pel R. Augusto de Barros, di Braga.

Chiesa Cattedrale di Namur, pel R. D. Eduardo Giuseppe Be"lin, di Tournay.

Chiesa Cattedrale di Cordova, pel R. Fr. Giovanni da Capistrano, al secolo Tissera dei Min. Osservanti.

Chiesa titolare di Lero, pel R. D. Crescenzo Carillo y Ancona di Merida, deputato coadiutore con futura successione del Vescovo di Jucatan nel Messico.

Chiesa titolare di Dandba, pel R. Fr. Mariano Markovic deputato amministratore apostolico di Banjaluca nella Bosnia.

Chiesa titolare di Anastasiopoli, pel R. D. Carlo Schwar/, canonico di Praga, deputato ausiliare dell'Emo cardinale Schwarzemberg Arci- vescovo di Praga.

Chiesa titolare di Filomelia, pel R. D. Stefano Neszveda, deputato ausiliare di monsignor Peitler Vescovo di Vaccia.

Chiesa titolare di Tabarca, pel R. Fr. Bernardino di Milia, di Conza, deputato delegato apostolico di San Domingo.

Chiesa titolare di Filadelfia, pel R. D. Enrico Read de Silva, eletto prelato di Monzambico.

COrCTEMPOIUSEA

Inoltre sono state pubMicate le sequent! nomine gia fatte per Breve : : He ili Cirra, per monsignor Nicola .Vla-

scovo ririunziatario di Luxemburg.

'-.«?a titolare Arcivescovile di Salamina, per monsignor Patrizio Giovanni Ryan, coadiutore con futura successione dell'Arcivescovo di San Luigi negli Siati Uniti d'America.

('lu'i-sa {/lol'ire Arcivescovile di Sirace, per monsignor Adarao -'ns, traslnto da Tranopoli.

Chiesa Metropolitana di Sydney, per monsignor Patrizio Francesco M"i;m, traslato da Ossory.

Chiesa Metropolitana di Nuova Orleans, per monsignor Francesco Saverio Leray, traslato da Ginopoli.

Chiesa iitolare Arcivescovile di Amida, pel R. D. Beniamino Ga- vicchioni, delegato apostolico nelle repubbliche dell' Equalore, Bolivia e Peril.

Chiesa titolare Vescovile di Joppe, per monsignor Eugenio O'Gon- nell, Vescovo rinunziatario di Grass- Valley.

Chiesa Cattedrale di Mobile, per monsignor Domenico Manucy, traslato da Dulma.

Chiesa Cattedrale di Harlem, pel R. D. Gaspare Bottmann, preside del gran Seminario di Harlem.

Chiesa Cattedrale di Hamilton, pel R. P. Giacomo Giuseppe Car- bery, de' Predicatori.

Chiesa Cattedrale di Luxemburg, pel R. D. Giovanni Koppes.

Chiesa Cattedrale di Budtoeis, pel R. D. Francesco di Paola de'conli di Schonborn.

Chiesa Cattedrale di BaUarat, pel R. D. Giacomo Moore.

Chiesa titolare di Cissano, pel R. D. Adriano Rouger, vicario apo- stolico del Kiangsi meridionale in Gina.

Chiesa titolare di Bodona, pel R. P. Rodolfo de Courmont, vicario apostolico del Zanzibar.

Cliiesa titolare di Colofonia, pel R. P. Francesco Saverio Riehl, vicario apostolico della Senegambia.

Chiesa titolare di Abdera, pel R. P. Alfonso de Voss, vicario apo- stolico della Mongolia.

Chiesa titolare di Fleuteropoli, pel R. P. Teodoro Ermanno Rutses, vicario apostolico della Mongolia orientale.

Chiesa titolare di Rosalia, pel R. P. Andrea Ghinchon, vicario apo- stolico di Kmoy in Gina.

Chiesa titolare di Geroccsarea, pel R. P. Francesco Saverio, Van- liamclhcke, vicario apostolico della Gocincina orientale.

Chicsa titolare di Fussula, pel R. P. Paolo Maria Reynaud, vicario apostolico di Tche-Kiang in Cina.

CRONACA

Chiesa titolare di Canea, pel R. D. Nicola Donnelly, caoonico, de- putato ausiliare dell' Emo cardinale Mac-Gabe, Arcivescovo di Dublino.

Quindi il Papa ha aperto la bocca al nuovo cardinale Sanfelice po- nemlogli 1'anello ed assegnandogli il titolo presbiterale di San Clemente.

Per ultimo si fc fatta 1' islanza al Santo Padre del sacro pallio per le Chiese metropolitane di Tours, Rouen, Monreale, Malines, Manfredonia, Sydney e Nuova Orleans.

2. La tanto manifesta violazione d'ogni diritto umano e divino, che vien delta conversione dei beni di Propaganda in titoli del Debito Pub- blico italiano, ha commosso il mondo intero, perchfc dopo la spoliazione dei dirilti temporali del Papato, non se ne conosce altra che offenda in singolar maniera gli interessi della Chiesa non men che della ci villa. Questa universale commozione si e espressa in proteste cosi energiche, e allo stesso tempo cosi eloquenti, che i giornali rivoluzionarii d' Italia non hanno avuto il coraggio di replicare; sicche han creduto portare in pace le dure, ma nobili parole, onde quelle proteste accusano il Go- verno italiano di conculcatore degli inviolabili diritli della religione e dell'umanita, poiche gli interessi di questa istituzione son comuni alia religione non meno che all' umanita. Fino ad oggi han protestato i cat- , tolici belgi, di Svizzera, di America, e di recente anche quelli di Francia. II testo di sifTatte proteste e stato gia pubblicato dai giornali di quei paesi ; ma noi ci asteniamo di riprodurlo per non dare al fisco uo' inu- tile soddisfazione. Diciamo solamente, che la protesta dei cattolici fran- cesi e stata coperta da numerose firme, e presentata al Papa. Non ven- gano dunque i giornali liberaleschi a dirci, che le solenni Proteste del Papa sono state come voce nel deserto, e che il silenzio dei governi unito all' indifferenza delle nazioni attesta la giustizia della sentenza emanata dalla Cassazione di Roma. II mondo ha protestato e continued, ne siam certi, a protestare. Quanto ai governi e evidente che il loro silenzio nelle present! circostanze significa, che intendono lasciare al Governo italiano tutta la responsabilita dei suoi atti riguardo alia Santa Sede, senza per altro dissimulare i gravi pericoli ai qtiali va incontro 1' Italia per la politica di aperta ed ostinata ostilita contro di essa. Se questa politica di non intervento in cose che riguardano la liberta e indipen- denza del Romano Pontefice, sia buona, saggia, e degna della missione che hanno i governi di tutelare e difendere i diritti della giustizia e della equita conculcati dalla rivoluzione, lo dira a suo tempo la storia, a noi basta di osservare, che questa politica appunto ha portato i tristi frutti che ora tutti deplorano, e che la conversione dei beni di Propa- ganda e il prodromo di novelli attentati contro la Chiesa, un passo di piii nella via in cui s'e messa 1' Italia al grido di sempre: Avanti! A chiudere poi la bocca ai giornali organi, quali piii e quali meno, della massoneria italiana, ecco quel che ne hanno scritto i diarii stranieri, e

CONTEMPOIUNEA OI-">

non gia clerical!, ma liberal! ed arciliberali. II Journal des Ddbats dice la spoliation.- <1i Propaganda un fiero colpo per l;i Santa Sede: « e per chc il Papa opera indipendentemente dall' Italia... si viene a para- li/xan- il sun Imiccio destro. »

La Eepublique Francaisc cosl ne giudica : « La sentenza della Corte di Cassazione del regno d' Italia ha colpito arditamente, bisogna coove- nirne, qualche cosa che per la sua natura, per le sue origin! e per la sua destinazione sembra sfuggire ad ogni governo e giurisdizione, cioe il governo del Papa come Capo della Chiesa Cattolica. »

L' Independence beige, giornale ostilissimo alia Chiesa scrive: « Se alcuni gabinetti stranieri non hanno voluto mettere in discussione il dirilto leorico della magistralura italiana a pronunziare il suo giudizio in materie nelle quali sono impegnati gl'interessi ecclesiastici, non e men vero che sotto una forma differente questi gabinetti discutono i giudizii di questa magistratura suprema, e si mostrano proclivi ad op- porre 1'azione diploma tica ai decreti dei tribunal! italiani. »

La Neue Freie Presse di Vienna, organo della massoneria austriaca e favorevole ai neraici del Papa, riconosce « che i beni di Propaganda sono d'origine internazionale ed hanno una destinazione universale; ep- per6 Don sa spiegarsi i motivi che indussero il governo italiano air in- cameramento di quei beni. »

La Post di Berlino fa le stesse riflessioni, e aggiunge: « II Governo italiano con questo fatto di Propaganda ha dimostrato non voler vivere in pace col Papa, preferendo una lotta nella quale non e a dubitare che rimarra vinto. »

I^a Correspondance politique, organo officioso del Governo austriaco dice, che « la sentenza contro la Propaganda ha fatto una profonda im- pressione su tutlo il mondo civilizzato; e nota che questo e un grave colpo inllitto contro un' isiituzione cosl benefattrice ed eminentemente civilizzatrice. »

11 Dresdner, organo officioso del Governo sassone « deplora amara- mente il sopruso commesso contro uno dei pin antichi istituti che serve gl'interessi della civilta cristiana; e afferraa, che i beni di Propaganda appartengonoalla Chiesa universale, e come tali sono sotto la salvaguardia non solo degli Stati cattolici, ma ancora sotto quella del diritto delle genii. >

II Freemderiblatt, in un importante articolo, biasima severamente la condotta del Governo italiano nell'afTare di Propaganda, ed esorta a ri- parare il danno fatto all' isiituzione, dichiarando, che la risoluzione di questa importante questione non pub dipendere dal modo di vedere del solo Governo italiano.

II Times di Londra asserisce che la conversione e purnmente e sem- plicemente una confisca, e porta per esempio di do che pu6 avvenire

(110 CROXACA

del beni di Propaganda, quello che e avvenuto di certe raense vesccvili che da 60,000 franchi di rendita, a forza di ritenute, balzelli e tasse, sono state ridotte a 18,000.

El Commercio, giornale di grande forraato che si pubblica in Li- sbona, mentre si professa seguace appassionato delle doitrine liberal!, chiama la sentenza sui beni di Propaganda un sopruso ed una viohnza.

I giornali americani, greci, turchi e spagnuoli non hanno ancor »>ssi mancato di rilevare lo scopo erainentemente civilizzatore della Propa- ganda oppressa dal governo ilaliano e di tesserne 1'elogio.

L'opinione pubblica, ha dunque inflitto la piii severa condanna a questa nuova soperchieria consumata dal governo d' Italia contro la Chiesa: e questo fia suggel die ogni uomo sganni!

3. Un bell'esempio di coraggio apostolico e di pastorale zelo ha da to al mondo quel dotto e pio Arcivescovo di Palermo, che e Monsignor D. Michelangelo Gelesia, ornamento e decoro della Congregazione Gas- sinese. Niuno ignora le grandi e invitte prove di fermezza, e d'incrol- labile attaccamento alia Sede di Pietro che quest' Angiolo della Chiesa Palermitana ha dato da quattro lustri: perocche ne 1'esilio, ne la po- verta, ne i vituperi di una stampa invereconda e sacrilega, ne tutto 1'odio della setta dominante poterono mai strappargli, non diremo gia un sol atto di debolezza, ma nfe tampoco una parola di condiscendenza verso quella rivoluzione, che come furia uscita d'abisso e venuta por- tando tra noi il disordine, il libertinaggio e la irreligione. Son note le sue ammirabili lettere pastorali con le quali ha tenuto sempre sveglio il sentimento religioso della sua vastu diocesi ; nota la riforma della di- sciplina e degli studii del suo seminario ; nota il lavoro indefesso e pa- ziente con cui si e adoperato di accrescere il lustro del suo Gapitolo, facendovi entrare il fiore del sacerdozio palermitano, a tal punto che in poco d'ora questo Gapitolo ha dato parecchi pastori alia Ghiesa sicula. Tutti ricordaoo ancora in Palermo il coraggio onde si Iasci6 vedere alia testa del suo popolo in quel giorno memorabile che fece fremere di rabbia i settarii, quando si voile dare pubblica e solenne testimo- nianza di devozione a Maria nella ricorrenza del centenario del Santo Rosario. Ora Monsignor Gelesia, cogliendo il destro della venerata En- ciclica del Sommo Ponteflce contro la Massoneria, comprendendo 1'alio valore della parola del Papa e il bisogno di far udire la sua voce in una citta dove la Massoneria ha recato mali incalcolabili, non solo pub- blic6 su quell' argomento una stupenda lettera pastorale, ma interpretando i sovrani intendimenti del Sommo Pontefice, a questa sua lettera ha fatto seguire alcune prescrizioni, le quali, se saranno bene attuate, riusciranno a una splendida vittnria del Gattolicismo sulle logge massoniche. Tra le prescrizioni notiamo le principali, che si riducono a queste: Ghe i Parrochi e Confessori veglino attentamente sulle societa di Mutuo Soc-

G 1 7

corso, rese sospetle come trup{n; d.-lla 1 'nimm.ivsoneria dopo ledichiara- !••! Congresso m.issonico di Milano. Che il giorno 8 di dicembre d'ogni anno, nolle chiese parrocchiali, sacramental!, Oratorii, Coafrateroite od altri pii sodalizii, pria delta santa comuniom: si rinnovino le promesse del santo battesiroo e la protesta di non ascriversi inai a socieia veruna che abbia lontana attinenza colla Frammassoneria. Che nell' augusta cerimonia della priraa comuoione dei fanciulli, iramediataraenle dopo la nvita del Credo e la rimiovazione delle promesse battesimali, si faccia loro promettere, per quanto ne saranno capaci rispettivamente alia loro eta, di non ascriversi mai a societa veruna senza un' espressa permissione del Parroco o del proprio Confessore. Che ogni anno negli Esercizii spi- ritual! in preparazione del Precetto Pasquale, dal Padre dell'islruzione si richiami 1'atleozione dei fedeli sul contenuto dell'Eacicl ica papale, met- tendoall'aperto le insidie settarie, e premunendo i fedeli contro i lacci loro tesi nolle Societa di Mutuo soccorso dipendenti dai Frammassoni. Che i Reverendi Predicated di Quaresima, del Mese Mariano, del S. Cuore di r.esii, e dell'ottavario del Santissimo Sacramento, non tralascino con sermone speciale di premunire i fedeli contro le trame settarie. Che i fedeli si astengano dalla lettura in generate dei giornali massonici, e in particolare delF^l/wco del Popdo, e del Giornale di Sicilia. Che vengano ripristinati git antichi Corpi d'arte, che in Sicilia lasciarono un indimenticabile ricordo della loro pieta e della loro utilita. Che i Comitati parrocchiali, le Confratrie d'ogni nome, la Congregazione delle nobili Dame, e dei Tabernacoli propaghino nelle loro famiglie la lettura dell' Enciclica Humanum genus.

4. Anche I'illustrissimo e Reverendissimo Mons. Arcivescovo di Mi- lano, con quello zelo onde veglia ad arrestare i guasti prodotti dall' era- pieta, ha diraraato una stupenda pastorale in cui esorta il clero e il laicato cattolico della diocesi milanese a combattere le funeste influenze della Fraramassoneria. II venerando Pastore, dopo avere con forti parole annunziato il pericolo che minaccia il suo gregge, fa appello alia religione di quella citia che fu palria di sani'Ambrogio, di san Satiro e di san Carlo Borromeo.

Nt- meno ammirabili sono le parole con cui il venerando Vescovo di Fiesole, operoso non meno che esperto nello sventare le insidie dei nemici del caltolicismo, ha tesle rivolte ai Parroci della sua diocesi per richiamare la loro attenzione «suU'empia congiura onde gli apostoli dell' eresia cercano di avvelenare con isciagurati libercoli i piccoli allievi a perdizione della loro anima. » In questi libercoli, dice il zelanle Pa- store « con la piii scaltrita ipocrisia e malizia, e quasi di soppiatto, si

i d'insinuare i principii e gli errori del Protestantesimo. » Essi ven- gono onlinariamente inviati « in gran numero di copie ai Maestri Co- iminali, i <juuli, non conoscendone la perversita gli dislribuiscono gra-

CRONACA

tuitamente ai bambini che frequentano la loro scuola; e cos\ sen/a saperlo e volerlo, tengono di mano agli Apostoli dell'Eresia. > Per questo inculca a tutti i Parroci che non indugino un istante ad avvertire i loro popolani, e specialraente i Maestri e le Maestre, che quei libercoli contengono eresie, che non si possono distribute, nfc leggere, ne ritenere senza gravissirao peccato.

Lo zelo costante e indefesso dell' Episcopate italiano e certamente un argine potentissimo contro gli adoperamenti settarii per logliere al- 1' Italia il suo piii bel vanto, la fede cattolica.

5. L'esempio di un Pastore della Chiesa e spettacolo grande e no- bile; ma ancor piii grande e nobile ci sembra quello che ha voluto dare ai governi cattolici il governo scismatico della Russia. Leggiamo infatti nell'ottimo diario fiorentino il Giorno n. 114.

« L'Imperatore Alessandro III e il suo governo si sono mostrati su- perior! in senno a tutti gli altri sovrani e governi pel conto che hanno fatto dell'Enciclica Humanum genus. Hanno accolto quel grande docu- mento con molli atli di gratitudine, e ne hanno ringraziato il Pontefice per il possente appoggio che ha dato ai Sovrani contro 1' azione delle so- cieta segrete. Non dovremmo peraltro maravigliarcene pensando che an- che T altra Enciclica contro il socialismo ricevette la stessa accoglienza dal governo russo. Ma questa volta si sarebbe andati piii oltre. La Ger- mania, e non e stata smentita, racconta che la Enciclica Humanum genus e stata letta per ordine deU'imperatore sulle cattedre della Ghiesa russa. Sarebbe come un riconoscimento dell1 autorita papale, e come una confessione che innanzi a quest' autorita qualunque altra deve inchinarsi.

« Questi fatti sono di un prezioso augurio. Che la verita cominci a splendere anche alle menti occupate dall'errore? Sia pure che 1'interesse ne le abbia aperta la via. La Russia sente il pericolo, e non ha timore di moslrarlo. Forse comincia anche a sentire, che il razionalismo niena all' ateismo, ed al nichilismo. Se fosse cosi non sarebbe lungi dalla via di salvezza. Gia comincerebbe 1'imperatore a comprendere che chi pub detronizzarlo e 1' ateismo. Se questo fosse vero, e se con ci6 entrasse nel convincimento, che il suo titolo sociale non riposa che sul principio di paternita, principio che emana dalla paternita divina, tra non molto si potrebbe sperare in Russia una evoluzione che tanto 1'allontanerebbe dallo scisma, quanto 1' accosterebbe alia fonle del vero. Quel giorno sarebbe il principio in Russia di una nuova civilta, anzi della vera civilta cristiana. »

6. La mattina del giorno 12 del passato mese Sua Sanlita riceveva in particolare udienza tutti i Provincial! e Custodi delle varie Province deirOrdine dei Minor! Gappuccini convenuti in Roma per la elezione del nuovo Generate e dei Definitori dell'Ordine suddetto.

Erano a capo di questa numerosa udienza i novelli eletti, non che i loro colleghi usciti di carica.

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tit;i rivolgeva :i qin-i Hmi I' tolari un magniftco di-

M) latino, di : no encomio p»-r I'Dr-lim' <l'-i Cappuccini e si

> di nol>ili ed nlT-'ttuosi pensieri da commuovere alle lacrime parecchi di ijiifi v.Mi.-randi Religiosi.

veva quiodi il novello Generale Rnfo P. Bernardo d'Adermat, svizzero, presentatole dall'ex generale Rmo I1. Egidio da Cortona.

E qui il ouovo Presidents deU'Ordine, genuflesso dinanzi al irono Poo- tificio, pronunziava presso a poco quesle significanti e nobili parole:

« Santo Padre io che vengo nomiuato dai miei fratelli successore di san Francesco mi rammento delle parole che il medesimo Sanio indiriz-

i al vostro glorioso Predecessore Ooorio III, e come il mio Serafico Padre a nome di tutto TOrdine le ripeto ai vosiri piedi, o Padre Santo: « promitto obedientiam, et reverentiam Domino Papae et Sanctae Ro- manae Ecclesiae. »

« Spero Padre Santo che nella sfera concessa alia nostra azione po- tr> mo realizzare il sogno che ebbe il sullodato Pontefice Onorio III, ciofc di vedere san Francesco co'suoi figli che sostenevano sulle loro spalle la Basilica Laleranense. » Ed il Papa che seguiva attentamente le parole del Rmo Padre Generale rispose con queste altre importantissime: « Quod fecistis omni tempore et nunc et semper facietis. »

Impart) ta che ebbe il Santo Padre 1'Apostolica Benedizione all'illu- stre consesso ammetteva ad uno ad uno tutti i componenti al bacio della sacra destra, e il Sommo Pontefice con paterna benevolenza non rispar- miava consigli chiedendo notizie della provincia e di quanto altro poteva concernere la giurisdizione di ognuno.

Poi priraa di lasciare la sala, volgendosi novamente a quei buoni Padri diceva loro: « andate nelle vostre Province, dite che il Papa vi ha delegate personalmente a concedere alle vostre Religiose famiglie 1'Apostolica Benedizione. »

Fra i Custodi delle Province, presenti, era notato quello della Savoia che ha 84 anni di vita e 64 di Religione.

Nel giorno 15 poi fra le molte ragguardevoli persone che avevano I'onoredi essere ammesse in udienza dal Santo Padre si distinguevano il P. Abate dei Benedellini Cistercensi, il Superiore dei Rmi Canonici Lateranensi, Monsignor Golfleri, illustre poeta, il Parroco del Cantone (i'Argau in Basilea, il quale ofTriva al Santo Padre 1'obolo dei suoi par- rocchiani, un altro sacerdote del Cantone d'Auterwalden, il Priore del convento di Engelberg, il Retlore del Seminario di Fabriano, il quale umiliava a Sua Santita fobolo di quegli alunni, e molli altri.

II Santo Padre accoglieva tutti gli astanti colla usata sua benevo- , nvolgendo a ciascuno parole di somma benignita e conforlaudoli

'Apostolica Benedizione.

fu'll CRONACA

III.

COSE ITALIANE

\. Le Convenzioni ferroviarie 2. L'inaugurazione del monumento a Garibaldi in 1'avia 3. Dimoslrazioni universitarie 4. Ribellioni contro la forza armata 5. Mala signoria e sintomi gravi 6. I funebri di G. Prati c del generate Ma- raldi 7. La triplice alleanza e la confcrenza cgiziana.

1. La nota dominante dell'odierna musica italiana, sono state appunto le Convenzioni ferroviarie^ la cut discussione, portata negli UlTicii della Camera bassa, e stata tale da far credere che saranno irrepara- bilmente condaonate. E allora che fara il Depretis? Si dimettera o si sot- toraettera? Chi pu6 indovinarlo? Quel camaleonte politico sa benissirao che le Convenzioni ferroviarie per gli uni sono UD pretesto a farlo cadere di scanno, per gli altri invece una bella occasiooe da far carrozzini. Ecco perche il campo liberale si e di questi giorni diviso in due schiere ; dall'un lato i fautori dell'esercizio private, dall'altro i propugnatori del- 1'esercizio governativo sostenuto dallo Spaventa, per cui ottenere gli amici del Ministero avevano nel 1876 messo sossopra mezzo il mondo: ma il Ministero presente propone di sostituirvi 1'esercizio privato con certe Convenzioni che gli uni dicono rovinose, altri vantaggiosissime allo Stato. Gi6 che e parso veramente strano in questa gara di partiti e, che quelli i quali una volta tenevano per 1'esercizio governativo, perche allora era voluto dal Ministero, ora vogliono il privato; e i difensori piu scalmanati d' allora per 1'esercizio privato, son oggi partigiani a oltranza dell'esercizio governativo, perche il Governo e di sentiraento contrario. Gli avversarii si sono gia forniti di armi nell'arsenale degli avversarii, e gli uni promettono di combattere gli altri coi medesimi argomenti, dai quali prima erano stall battuti. E un vero torneo scan- daloso, pieno di incoerenze, di pettegolezzi e di vituperii, nel quale la rappresentanza nazionale coadiuvata dalla stampa sara per rompere le sue lance. Intanto se le Gonvenzioni passano, ci6 che a noi sembra dif- ficile, sara una nuova vittoria pel .Depretis; se sono respinte, il Vinat- tier di Stradella fara il capitombolo, e la scena cambiera. Che queste Convenzioni paiano condannate ad essere respinte, e agevole argoraentarlo dalla tempesta che hanno suscitato negli Uffizii della Camera, dove i pochissimi deputati favorevoli le ban difese peritanti e vergognosi.

L'onorevole Sanguinetti, scrive la Tribuna del 16 maggio, dimostr6 esservi frode e bugia persino nel nome; imperocche, in realta, trattasi non « d'un esercizio privato, ma d'un esercizio governativo fatto da privati. > Questi privati poi, banche, banchieri, ecc., « non corrono pe- ricolo di perdere un centesimo: hanno solo 1'alea di piu o meno lauti,

CONTKMPORANEA

ma sempre Inuti, guadagni. E vi sarebbe per lo Stato una perdita di nt '.' - II JepuUito Lualdi prese occasione dalle Convenzioni « per ricordarc i risultati dell' inchiesta sulle Meridionali e gli scandali della Regla del labaccbi. » I/onorevole Spaventa infine, ritenuto per 1'oppo- siiore piii corapetente e coscienzioso, disse che, siccorae 1'Ingbilterra « cre6 una Compagnia ferroviaria nelle Indie per pelare gli Indiani, cosl da noi le due Compagnie serviranno a pelare gl' Italian*! »

Lo stesso ODorevole Spaventa, svolgendo i suoi argomenti dimostr6, come la Tribuna riferisce: « Che, costituendo due "Regie per Teser- cizio delle vie ferrate, si mette in mano ad esse tutto il movimento economico del paese, perche sono concedute alle due Societa tante lar- ghezze che, prezzi, mercati, industria, produzione... tutto dipendera dal loro volere. Che le due Societa diventano due grandi banchieri con facolla di emettere obbligazioni, guarentite dallo Stato, divenute quindi rcgolatrici assolute del credito dello Stato. 3* Che le due Societa di- ventano costruttrici per due miliardi, che il Governo pagherd; e ognuno sa quanto sieno costati altri cottimi fatti con Banche. »

« Altri oratori, soggiugne nel suo numero del 17 la Libertd, favo- revole al Governo, hanno messo innanzi accuse non meno gravi, ed in un Ufiicio ha avuto luogo un diverbio assai vivace fra due deputati abbastanza anziani, per presumere in essi maggiore ponderazione. » II perche lo stesso giornale e d'avviso che sia da prendersi, senza indugio una risoluzione decisiva. 0 le accuse sono fondate o sono infondate: nel primo caso la Camera deve balzare di seggio i ministri; nel secondo il Miuistero deve sollecitare un voto decisivo, prima che la Camera si proroghi. « Non e per messo, la Libertd soggiugne, non e decoroso man- tenere il Governo nelle mani di uoraini, contro i quali si scagliano le piu severe accuse. »

Ne 1'agitazione si limita a Montecitorio. In una delle passate Domeniche ebbe luogo in Geneva, sulle Convenzioni ferroviarie, un Comizio popolare, annunziato da una circolare o manifesto in cui si legge : « L' Associazione generate fra gli industrial!, commercianti ed esercenti di Genova, con- vinta essa pure che 1'esercizio ferroviario debba avere per fine unico la prosper! la degli scambi e non gia i grossi premi ed i subiti guadagni, deliberava di convocare a Comizio il ceto commerciale perche, senza preoccupazioni partigiane, sanzioni con quella pratica che gli spetta il voto di quegli autorevoli corpi prima che il Parlamento pronunzi la sua ultima parola in proposito. »

Entra finalmente in campo Edoardo Pantano, il quale, nel Fascio della Democrazia del 17 maggio, in un lungo arlicolo intitolato Stalo e ban- diicri, cosi conchiude minacciando : « Cio che non e, sara ; le nazioni non si governano lungamente con la menzogna; non si dominano sempre con 1'arbiirio, ne sempre si corrompono con 1'oro. Egli e perci6, che,

CRONACA.

dopo avervi veduto gittare sull'ara del raonopolio i beni deroaniali, i beni ecclesiastic!, la liberti bancaria, le liberta politiche e 1' energia nazionale, dinanzi al nuovo colossalc mercato delle ferrovie, vi gridiamo: Basto; il popolo e slanco d'essere derubato, ad uno ad uno, dei suoi diritti e delle sue ricchezze. E, dopo averci fatti politicameote schiavi dell' Austria, vi comendiamo il diritto di renderci economicamente ludibrio di un pugno di banchieri pregiudicati. »

Molto a proposito il signer Pantano ha qui ricordato i beni eccle- siastici, ne raeno a proposito 1'onorevole ToscanelH ha ehiamato le pre- senti Convenziorri il piii tensbroso dei contratti. Ma non altrettanto a proposito il Pantano soggiugne che deve bastare: « Vi gridiamo: basta ! » Bastera, si, ma non prima che la logica, la quale non si forma mai a mezza via, non abbia fatto tutto il suo cammino.

2. II giorno 11 di maggio ebbe luogo 1'inaugurazione del monumento al Garibaldi a Pavia. A noi piace di riferire con le parole medesime dell'agenzia Stefani i fatti accaduti in quella circostanza. AH'inaugura- zione del monumento all' eroe per antonomasia, come lo chiamano i suoi seguaci, intervennero il Sindaco, la Giunta, i membri del Comitato po- polare, circa 250 rappresentanze di Societa con bandiere, i deputati Ga- ribaldi, Nicotera, Doda, Roux, Parona, Sprovieri, Gucchi, Bovio, Caval- lotti, Maiocchi, Mori, Gavalli; i rappresentanti della stampa, iramensa popolazione. Alle ora una si fece lo scopriraento del monumento fra entu- siastiche acclamazioni, al suono delle musiche ed al saluto delle bandiere.

II Gairoli, presidente onorario del Comitato promotore del monumento, salutato da vivissime ovazioni, recit6, con ventosa eloquenza il panegirico fa\\Eroe; di cui e bene dare qui un breve cenno. La vita di Garibaldi, diceva egli in sentenza, fu un'epopea senza riscontro. Immaginazioni piii fervide non seppero creare una personificazione piu grande deU'eroismo ispirato dal cuore, guidato dal genio, benedetto dalla fortuna. Militante per la patria, la giustizia, 1'umanita, sempre immemore di se, tutto com- preso nel suo ideale, sereno nei sacrifizi, modesto nei trionfi, sicuro nelle audacie. Ricordato il lutto mondiale per la morte di lui; Pavia, egli sog- giungeva, unita all' eroe per devozione, ricambiata la sua fiducia, oggi inaugura il primo monumento italiano in suo onore; essa ebbe la fortuna di accogliere Garibaldi nel 1848, sua prima apparizione in Italia; essa afiidogli il nucleo dei valorosi, che, uniti ai volontari raccolti a Milano, operarono i miracoli.

Ricord6 gli avvenimenti del 1849, le difese di Venezia, di Roma; e nel prestigio del nome di Garibaldi prometteva vittorie future. Quindi lo accompagnava rapidamente nel periodo pieno di audaci cospirazioni e, com' egli diceva, di sacrificii, e di forte preparazione sino al 1859. Evoc6 la memoria dell'appello che il Garibaldi voile che partisse da Pavia ai

CONTBMPOKArCEA

patriotti lomlardi, per maro; com*' Pa via con-

f)0 ecc. ecc.

;H -M'.vmi: « Ecco 1'uomo in cui compeodiansi gli eroi celebraii tlaH'umanita, » per voi, che conJusse al Gampidoglio, i

ii monunienti sarebbero superflui; ma diranno ai posted che quest*

razione non fu ingrata e inviteralli a meditare nella prostrazione del tempi e caraltm.

Oiicsto 6 un piccolo schizzo del discorso panegirico che il Cairoli fece in quella circostanza a quella caricatura di eroe. Dopo di esso ebbe luogo il banchelto nel quale gli anlesignani della garibalderia, i superstiti delle ballaglie combaltute dalle camice rosse fecero brindisi all1 croc, all' Italia e agl' ideali. Quanto fosse piaciuta al Governo quella dimostrazione non saprera dire, certo fc che la fazione degl'zVfea/i si con- dusse in modo da evilare ogni scandalo e non dar preteslo all' uomo di Stradella di slringere i freni. Ma chi fu presente alia commedia potfc osservare che gVideili fanno notabili progressi in Italia, e che il Go- verno comincia a sentirsi minacciato dalla marea che monta, a dispetto degli espedienti, con cui si cerca di opporle una diga. Ci vuol altro!

3. In quella che a Pavia si festeggiava Y Eroe delle camicie rosse, la gioventu della noslra uuiversita, innamorala del berretto frigio, si agitava e minacciava di mettere sossopra ogni cosa, togliendo pretesto da ciu, che a Napoli, a Padova, a Pavia, a Torino alcuni giovani cat- tolici aveano dichiarato in faccia all' universo la loro fede, e proclamato che la religione non 6 punto neraica della scienza. Che cosa piii legittima di questa dichiarazione, e qual diritto piii sacro di quello che ha ogni uomo di poter dire liberamente'io son cattolico e voglio essere caitolico ? Eppure a Napoli come a Geneva, ci 6 stato chi in questa dichiarazione di fode ha visto nientemeno che un attentato alia liberta e alia indipen- denza d' Italia. Questo han preteso sostenere a Genova gli studenti di quell'Ateneo, sol perchfc alcuni loro compagni aveano fondala un'Associa- zione cattolica. Perocche non paghi di avere costituito un circolo dal nome di Giordano Bruno, spedilo un telegramma di adesione a quello fooda- tosi a Napoli, e costituito un comitato per la erezione di un mouumenlo al rivoluzionario Goffredo Mameli; scesero in piazza a far chiasso, e a minacciare i redattori di un giornale cattolico; sicche, se non fosse a tempo iotervenuta la forza, chi sa a quali eccessi quegli insensati ed intolleranti si sarebbero abbandonati. Quello che non sappiamo coroprendere ^ che vi ebbero dei giornali, i quali, come il Giornale di Sicilia, con una im- pudenza svergogn ita, pigliarono a difendere la dimoslrazione degli uni- versitarii di Genova, e a condannare perfino il governo locale perche, consapevole del fine a cui mirano quelle chiassate studentesche, adoper6 la forza per impedirne le conseguenze.

Intanto ^ consols nte il vedere come in mezzo all'anarchia intellet-

CRONACA

tuale e morale che domina nelle universita del regno, in un gran nu- mero di giovani ben nati e premurosi del vero progresso negli studii, si e andato risvegliando un sentimento, che prima era assopito, ed ora hn pigliato forza e si e dilatato per guisa, che i giovani cattolici del- 1' universita di Torino, per compiere ed ordinare 1' unione di tutli gli studenti universitarii cattolici han proraosso il disegno di un primo congresso cattolico. Questa iniziativa sara certo secondata da tutti, e insegnera ai dottori del materialismo e dell' ateismo, che non e facile di corrompere tutta una gioventu Data, educata e cresciuta in un paese, dove la Provvidenza divina pose la Cattedra di verita, che come faro luminoso caccia le tenebre dell' errore. Ecco il manifesto della gioventii cattolica dell' universita di Torino.

« GIOVANI CATTOLICI DELLE UNIVERSITA ITALIANS!

« I comuni bisogni, gl' ideali stessi hanno raccolto in brevissimo tempo una gran parte dei nostri amici in cinque Associazioni Universitarie ; gli stessi bisogni, i medesirai ideali ci chiamano a Torino pel Primo Congresso, che queste novelle Societa terranno nel p. v. mese di settembre.

« Nel trionfo dei nostri principii sta la salute dell' umana societa ; raggiungera il massimo apogeo la scienza; il suo fine santissimo la letteratura; e 1' unione salda di tutte le nostre forze e benedetta iride, che promette all' Italia e pace e tranquillita e grandezza.

« L' Esposizione Nazionale, felicissimo avvenimento di questi giorni, che ognuno di noi saluta con alto orgoglio, ci offre una occasione op- portunissima di radunarci tutti, e d'ammirare nel campo dell'artedel- 1'industria e del lavoro i trionfi della Patria.

« Questo sentimento d'ammirazione svegliera piii poiente in noi 1'affetto di figli devotissimi verso quella terra, che ci e madre gloriosa, e queslo affelto assicurera, ne siam certi, al Primo Congresso dei Giovani Cattolici Universitari ItaHani la migliore riuscita.

« I tempi hanno i loro particolari mali, ai quali si convengono parti - colari rimedii.

« Nei primi trecent' anni noi Cattolici si combatte coll'eroismo del martirio, ed a Legnano ed a Lepanto si pugnb colla forza delle armi.

« Oggi e la ragione del pensiero.

« Al pensiero di Satana opponiamo il pensiero di Gristo ! « AMICI STUDENTI !

« Gi tarda il momenlo d'avervi con noi e d' abbracciarvi.

« Numerosi e con slancio rispondete a questo fremito di vita: rispon- dete tutti quanti, voi, che amate di vero amore la Religione, la Scienza, la Patria.

« Torino^ 10 maggio 1884.

« II Presiclente del Comitato « II Segretario

« GIUSEPPE ZANETTI DI BERNARDINO « Gonte ERNESTO NASELLI-FEO

« Studente in Legge « Studente in Legge »

CONTEMPORANEA

NTI. Oltre la riilii/.i< >'zzi ferroviarii acr-

a coloro, chr Torino per T Esposi/.ionc, tiilti gli studenti, i

quali inti'rv.Tranno al Congresso, troveranno il convenient^ alloggio, che loro potra fornire il Comitato del raedesimo dietro una minima contri- buzione.

« Inoltre i membri di questa Associazione Cattolica Universilaria hanno gia dichiarato di mettersi a disposizione degli amici delle altre Univer- siia del Regno, cercando di procurare a tutti quelle maggiori e possibili agevolezze, che possono readere gradito e comoJo il soggiorno a Torino.

« Ouanto prima si pubblichera uo programma dettagliato ed un ap- posito regolamento del Congresso.

« Torino 10 maggio 1884.

« IL GOMITATO »

Ne men nobile e consolante e tomato a chiunque ami davvero la gioventu, la coraggiosa adesione che gli studenti cattolici dell' Univer- sita di Pavia davano teste a quelli di Napoli, volgendo loro queste franche e coraggiose parole, che noi qui vogliamo testualraente trascrivere, non tanto a coramendazione di quei bravi giovani, quanto a rimprovero di quei codardi che piegano il collo sotto il giogo degradante dell' ateismo.

« Presidcnie Associazione studenti universitarii San Tommaso Aqui- nate Napoli

« ID tempi di tenebroso e caoiico rivolgimento del pensiero, gli Studenti Ateneo di Volta e Colombo applaudiscono bravi studenti napoletani insti- tutori dell' associazione intitolata dallo splendido sole d' Italia, gloria im- mortale di scienza e virtu, principe della vera fllosofia, San Tommaso d' Aquino. >

Ed ora per conchiudere: Un tal atto e tanto piii commendevole quanto che viene da un nucleo di studenti di quella universita di Pavia, dove aveva avuto luogo teste 1'inaugurazione del monuraento a Garibaldi, e dove 1' anticlericalismo dei Cairoli regna sovrano.

4. Uno dei sintomi piii allarmanti dello spirito di anarchia dominante in Italia sono le frequent! ribellioni contro la for/a arraata a tutela del- 1'ordine pubblico. I fatti accaduti in questa ultima quindicina ne sono la prova piii palpabile e manifesta. Di che menano lagni i giornali della greppia; ed hanno torto, perche chi semina vento non raccoglie che

M.u-tedl 13 maggio sulla sera a Sant'Antonino, villaggio di circa l.~>()0 abitanti vicino a Lonate Pozzolo, su quei di Abbiategrasso, la popolazione era in tumulto per essere slata applicata la tassa sul foca- tico. I carabinieri col brigadiere di Ix>nato, 4 in tutto, erano spediti ad acquietare i tumultuanti, ma questi si rivoltarono contro i carabinieri e li prestro a sassale. La sassaiuola aggressiva contuse i 4 soldati con

Serie XII. vol. VI. fasc. 815 40 31 maggio 18&1

CRONACA

prudenza, siuche uno andato a colpire in fronte il brigadiere lo stese svenulo a terra. I tre compagni del ferito appuniarono le carabine e

10 fuoco su i sollevati, uccidendo due del caporioni, uno dei quali un triste arnese gia reo d'omicidio. Vi furono anche 4 feriti. Oggi sono sul luogo le autorita e due compagnie di soldati.

Per questo 1'indomani il FanfuUa scriveva: « La nota e malinconica. Due morii e tre feriti. E morti e feriti caddero in conflitlo fra contadini e carabinieri. E le cause ? Le prime sono le solite, Non se ne pub piii. Le seconde sono la paura di quei poveri contadini d1 essere costretti a pagare una tassa che, posta gia dal municipio, era stata sospesa in vista delle tristi annate agricole. La cronaca italiana conta una tragedia di piii. Triste compenso alia sterilita del teatro italiano. lo non voglio eri- germi giudice: vi sono i tribunal!, e basiano. Solo farb un'osservazione di colore fiscale. II cammello slracarico si butta giii e non si rialza in piedi se il caramelliere non lo allevia del peso eccessivo. L' uomo si tien ritto, si lascia caricare sin che le forze lo reggono e poi... e poi casca sotto il peso. Stupite ora se 1'uomo, qualche volta, imita il camraello. » Ma dunque si stava bene, quando si stava peggio?

Pochi giorni innanzi, un atto di rivolta piii aperta contro la forza pubblica era accaduto in Rocca San Casciano. Era la domenica del 4 maggio e una coraitiva di giovanotti parte del luogo, parte della vi- cina Romagna, con una bandiera vollero attraversare la piazza di Rocca San Casciano, emettendo grida sediziese.

Accorsero i carabinieri ed intimarono il silenzio alia turba ; ma non volendo i tumultuanti desistere, i carabinieri procederono all'arrestodi alcuni dei piii turbolenti. Poco dopo altri amici degli arrestati tentarono di liberarli, e vi fu una colluttazione abbzstanza grave, per cui poco manco con venissero tolti dalle mani dei carabinieri, i quali a prezzo quasi della loro vita poterono mantener forza alia legge. Uno perb dei Reali Garabinieri riraase malconcio, ed ora si trova all'ospedale di Modigliana.

Oltre gli arresti in flagranti, nelle notte si precede ad altri arrestati. Per citazione direttissima due degli arrestati furono giudicati e condan- nati dalla Pretura locale a due mesi di carcere, mentre per gli altri arrestati si sta istruendo il processo.

5. Oltre alle ribellioni contro la forza armata tutrice dell'ordine, e da ricordare certi sintomi cattivi che si sono a mano a mano manife- stati in quest! ultimi giorni e dei quali crediamo dover intrattenere i lettori. E dapprima richiamiamo la loro attenzione sopra un programma di rivolta contro 1' Italia legale proposto da un deputato di Montecitorio. Questo programma il cui testo ha veduto la luce nel numero primo di un giornale intitolato: il Bollettino Napoletano, porta la data del 10 maggio, ed e scritto da Tommaso Sorrentino deputato al Parlamento e presidente

COXTEJII

Ml' Associaxione nationale, die ha la sua st-de in via Toledo n. ii:i. II

- *5 nostro diritto d'insorgere contro que- nma Italia, perch»> MOD ts la iwsira! » Le ragioni per cui 1'onorevole

••ntino propone d'insorgere sono fondale sulla mala signoria che accora Kl'Italiani. « Noi insorgiamo, cosl egli, !• perche dopo '23 anni, con mi- liardi sj.rsi non aMiiamo ancora un esercito ed una marina, 2* perche non si e saputo risolvere la questione Ira Chiesa e Stato, 3" perche ei fu prnmesso il regno della giustizia e della moralita, ed ora non vediamo rhe favorili.smo e corruzione, perche vediamo una larga piega al mal fir.-, e ci sgomenla il numero del delitti e dei delinquenti, 5* perche ci st-niiamo oppressi dal mnstro immane della burocrazia, dall'arbitrio della pubblica autorila, dal sisiema tributario e dall'enonni lasso, perche gli attuali ordioamenti della pubblica istruzione hanno creaio una massa 'li spostati, e di mezzi letierati, che chiedono impieghi e non lavoro; perche il municipalismo sempre crescente cerca di avvantaggiare una parte d' Italia a danno delFaltra; flnalmente perche in 25 anni nessun ministero e nessun partiio ha saputo indicare agl'Italiani un ideale na- zionale e i mezzi di conseguirlo. Ecco le ragioni che persuadano il Sor- renlino a rovesciare tin sistema, che ha consumato e consuma uomini e cose e a proclamare la rivoluzione legate, con questa bandiera :

Separazione completa della politica dalPamministrazione, nuova divisiooe territoriale del Regno per grandi comuni e grandi province, 3" il Gomune rinforzato, il sistema tributario riformato ecc. Quesli ed altri punti, che noi per brevita omettiamo, costituiscono il programma d' insurrezione legate proposto dall'onorevole Sorrentino: il quale ha un merito ed un difelto. II merilo di avere descritto con coraggio e verita le miserande condizioni politiche ed amministrative in cui versa 1* Italia da un quarto di secolo. « Nel che sembraci, dice 1' Uniid Cattolica nel suo num. 109, che il programma elaborato dal Sorrentino trovi un per- fetto riscontro nell'interpellanza svolta dall'on. Zini, innanzi al Senato, il 2 e 3 del raese p. p.; essendo, nell'uno e neH'altra, egualmente di- mostrato, coll'autorita di argomenti e fatti incontestabili, che 1' Italia presente volge a morte. Siamo anzi persuasi che, in tutt'altro Stato d'Europa, fuori dell' Italia, un Ministero sul quale pesasse tanta mole d'aggravi, sarebbe posto in istato d'accusa. »

II difetto e poi di essere di una iogenuita di cui e appena credibile che possa essere capace un deputato del parlamento italiano. « Ne siano prova, coniinua 1'egregio diario lorinese, per tacere d'altro, le ire colonne maestre sui cui 'egli vuole poggiate le relazioni dello Stato colla Chiesa e sono:

« Abbandonare le regalle e quindi tutii i Placet e gli Exequa- tur. — Rilasciare nelle mani degli Italiani caltolici tutto il residuale patrimonio ecclesiaslico e permettere che essi ramministrino per fine religioso senza alcuna ingerenza, ma sotto la sorveglianza dello Stato.

C28 CRONACA

Fare rientrare il clcro nel dritlo comune e considerare 1'Associa- zione cattolica come qualunque altra Associazione. Osservare scru- polosameote la legge delle guarentige se il Papa vorra fare allrettanto; ma, se a lui piacera di non accettarla o d' iofrangerla, sia lecito anche allo Stato di fare )o stesso. >

II rientrare delta Chiesa nel diritto comune e fuori di dubbio il meno che si possa chiedere in suo favore : perche equivarrebbe a riconoscerle liberta e diritti pari a quelli che non si negano neppure ai socialisii della peggiore specie. D' altra parte, posta solto 1'egida del diritto co- mune, la Ghiesa sarebbe nell' Italia cattolica ci6 che essa e nei paesi protestanti, scismatici, musulmani, idolatri e selvaggi.

Gi6 nondimeno e ben ingenuo 1' onorevole Sorrentino se crede, che il Governo italiano si acconci ad abbandonare la Ghiesa al diritto comune. Le rivoluzioni non potendo reggersi che in forza della lirannia che eser- citano, sotto il nome di falsa liberta, come osa pretendere 1' onorevole Sorrentino che la rivoluzione italiana rinunzi a tormentare i Vescovi, a perseguitare il clero, a far guerra al Papa? Non vede egli che un solo briciolo di liberta, sia pure microscopico, che il Governo lasciasse alia Ghiesa, gli tornerebbe in altrettanto veleno? Ghe cosa pu6 esservi di piii odioso e di piu pauroso per un Governo liberale della liberta?

E noti 1' onorevole Sorrentino che, per la stessa ragione per cui alia Ghiesa in Italia non sara mai concesso il diritto comune, non sara nep- pure preso nessuno dei provvedimenti che egli reclama in favore degli Italiani angariati ed oppressi. Lo stesso principio rivoluzionario, che vuole da una parte la Ghiesa schiava, vuole dall' altra un' Italia scorticata dal « favoritismo e dalla corruzione dall' alto al basso e dal basso all' alto; » celebrata pel « triste primato della criminalita sopra tutte le nazioni civili;> smunta « dalla burocrazia, che ne succhia 1'umoree ne intri- stisce la vita; » squattrinata « dal sistema tributario, da tasse esorbi- tanti, ingiustamente ripartite e vessatoriamente esatte. »

II perche 1' onorevole Sorrentino avrebbe dato meglio nel segno e meglio provveduto a questa povera Italia, che vede agonizzante e presso a morte, se avesse formulate il suo programma sul niiovo articolo teste pubblicato nel diario officioso tedesco il Grenzbote ed intitolato: Grande politico, sulla questione romana, dove, mostrata 1' impossibility della coesistenza in Roma di due Sovrani, si consiglia re Umberto di trasfe- rire in altra citta la capitale del Regno.

6. 11 giorno 11 di maggio ebbero luogo in Roma, dove moH, mu- nito dei conforti della religione, i funebri del poeta Giovanni Prati se- natore del regno. Alle ore 9 ant. il lungo corteo, passando per san Sil- vestro e via della Mercede, giunse alia parrocchia di Sant' Andrea delle Fratte; quivi si fece Tassoluzione del cadavere, che poscia per la Pro- paganda, via Frattina e via Nazionale fu portato al Gampo Verano.

COOTEMPORANEA

rn. tn/»', Ira 1«; quali qudle d*

I la Camera, (It-lit- I'mvrrsita, dell'Istilulo superiore ft mminilc, il conct'rlo nnniiripalt', tin lungo stuolo di amici, soldati in armi, guardie municipali, ecc. I cordoni del feretro, che posava sopra il carro di prima classe, erano tenuti dal professore Occioni, dal colonnello Bara- lieri, rappresentante di Trento; dal Torlonia, dal barone De Riseis, Ru- dinl, Coppino, Martini, Costanzo eTecchio; sul carro stavano nove co- rone, tra cui uoa d'alloro coi naslri giallo-az/urri, omaggio della colonia trt-iitina. II trasporto fu religiose, sebbene raolii giornali, come \'0pi~ nione, la Liberia, il Popolo Romano, nel dare la descrizione del cor- teggio, sal lino a pie pari il clero della parrocchia e i cappuccini, che incedevano dopo un battaglione di fanteria e prima del concerto intinicipale. E sistema: 1'accompagnamento religioso si dissimula; non potendosi fare che esso non sia stato, lo si passa sotto silenzio, come cosa di cui non mette conto occuparsi; si teme forse che torni faslidioso il dire che i cappuccini hanno seppellito il senatore? Oppure si cerca con istudiate relicenze di allontanare sempre piii dai funerali 1' idea religiosa, e scri- stianizzarli, almeno nel concetto del pubblico?

Dopo le esequie a S. Andrea, il corteggio usci, ma senza clero, alia volta di Campo Verano. A piazza Termini per6 si fece sosta, e, secondo 1'uso omai invalso pei funerali dei personaggi polilici, ebbero luogo i discorsi d'addio. Gome il Prati era Trentino, il Governo temette che qui avveuisse qualche guaio irredentista, ed aveva preso dei provvedimenti all'uopo, ammonendo i radicali di stare a segno e spargendo a profu- sione carabinieri e guardie di questura. A Termini pertanto, dinanzi a S. Maria degli Angioli, si avanz6 il primo a parlare Michele Goppino, nella sua qualita di niinistro dell' istruzione pubblica. Egli tesse 1'elogio delFuomo illustre, dimostrando ch'egli fu il poeta di Gasa Savoia, colla quale era venuto a Roma. « II Prati, disse, udl il Gran Re pronunciare le celebri parole: A Roma ci siamo e ci resteremo; e le storiche parole furono anche per lui una verita; esse sono ora consacrate da due tombe: una e al Pantheon; 1'altra e quella che ora si schiude, ed a cui tutti mandiamo un riverente saluto, un addio, una lagrima. » Si diedero segni di approvazione; ma troppo giustamente alcuni censurarono 1'evo- cazione, per lo meno strana, di quel ci resteremo dinanzi ad una tomba, e 1'affermazione, del pari curiosa, che le fatidiche parole si awerarono, come per chi le avea pronunziate, cosi per chi le avea ascoltate.

Parl6 di poi il Baratieri, a nome di Trento; indi il Martinati, che esclama: « Un saluto, una lagrima a questo valoroso Tirteo, che portb tra le genti, e spesso non senza grave pt'ricolo, la sua parola piena di vigore e di fede: II mio Dio e il mio EC! Non far6 discorsi perico- losi... Mi sia lecito notare peri, come non tutii i suoi voli siano stati esaudili ; uno glie ne rimase insoddisfatto e forse il piii caro. Gioi del-

CRONACA

I' indipendenza delta patria ultimamente afferraata a Roma sul Campi- doglio, ma non senza ragione gli ultirai suoi carmi rivestono sempre quella tinta stessa melanconica, che avevano or sono treot'anni. Eeli e mono esule nella capitale d' Italia. » Anche qui tornava il paragone con Vittorio Emanuele. Ultimo, il Torlonia, ritocca 1'idea poco oppor- tuna del ci resteremo, tirata fuori dal Coppino, e dice: « Roma fu 1'aspirazione pert-fine, e dopo tanti affanni raggiunta, degli ideali artistici e patriottici dell'illustre di cui oggi piangiamo la perdita, e qui diede 1' ultimo sospiro; fato di tanti, che pure in questa occasione ci tornano alia memoria. »

Ai funerali del Prati tennero dietro a poca distanza di tre giorni quello del generale Giacomo Maraldi, genovese, che comandava la di- visiooe di Roma. Vi presero pane tre reggimenti di fanteria, bersaglieri, cavalleria, tre batterie di artiglieria, genio, carabioieri, quasi tutto il presidio. II Maraldi era giovane e stimato per la sua dottrina. Anche quest! funerali furono religiosi, e 1' assoluzione del cadavere si fece pure a S. Andrea delle Fratte. Ne basta ancora di funerali. II Club alpino ha voluto fare la coramemorazione funebre di Quintino Sella; ed intanto gia i reduci, che si dicono indipendenti, perche professano il radicalismo puro, hanno diramato inviti a preparare solenni funerali pel secondo anniversario di Garibaldi, ecc.

7. II Diritto, organo ufficioso del ministro Stanislao Mancini, s'e lutto sbracciato di questi giorni per dimostrare che la Germania spa- sima per 1' Italia, che 1' Austria darebbe un occhio per non perderne 1'amicizia, e che tutte le mene irredeniiste e fino le parole profferite in Senato dal Tecchio in occasione della morte di Giovanni Prati, non al- tereranno mai e poi mai I'intimita che regna in questo momento tra gli Hoenzolner, gli Ansburgo ed i Sabaudi. Eppure ci e chi crede che sia il rovescio. A questo proposito ecco ci6 che scrive 1'egregio Os- servatore Romano, nel suo n. 114.

« Dicemmo ieri come il linguaggio adoperato dalla stampa governa- tiva in Italia circa le recenti dichiarazioni del principe di Bismark non fosse tale da tornare gradito a quest' ultimo, ne molto rassicurante sulla possibility di associare 1'ltalia all'indirizzo governativo delle potenze del Nord.

« Ma se il Governo germanico avrebbe motive da querelarsi per le violente invettive di certa stampa, quello di Austria-Ungheria ha avuto in questi giorni ben piii gravi motivi di malcontento.

« II libero sfogo lasciato a Pavia alle piii accentuate tendenze irre- dentiste, ha ricevuto un'illustrazione assai grave dalle parole del presi- dente del Senato, e dall'adesione generica che a queste parole ha fatto un membro stesso del Governo.

« Tanto grave e appunto 1'incidente provocato da chi occupa un posto

NEA

iglio si e creilnt" iv.'ilnu'rit'' in dove: M parle del resnconto tclegrafico della com-

.nrazione di 1'rati. ijiit-sto espediente peraltro non fa che cnmplicare tu;i/um.', poiche, sen/a impedire che la notizia di quelle parole giunga a Vienna, provoca al tempo stesso le vive recriminazioni della slampa liberate d1 Italia. »

I (anno peso a queste osservaziooi del nostro confratello roroano le notizie che vengono dal Treoiino dove, mentre a Roma si parlavn del- 1' irredenta, per online del ministro della guerra austriaco, il genio nii- litare ha dato mano alia costruziooe di due nuovi forti, e precisamente in prossimita del luogo di cura di Levico. L'uno di essi sorgera sopra UQ colic dieiro il nionte S. Biagio, denominate cnlle delle Benne, 1'altro di fronte a questo sul dosso di S. Valentino, Comune di Tenna. Inoltre, ha levato qualchc ruracre in Roma un nuovo articolo deH'uflicioso Zukuntf di Berlino che dice non esistere alleanza fra 1' Italia e la Ger- mania, aggiungendo che la Germania pu6 fame senza, ricordando sempre che a Gustoza e a Lissa corrisposero la cessione del Yeneto e 1'occu- pazione di Roma.

Quanto alia parte poi che e data all' Italia di rappresentare nella Conferenza egiriana, pare che dagli stessi giornali devoti al Governn non se ne presagisca niente di buono, perche la Francia e risoluta a far onore al testamento politico di Leone Gambetta ; parodia per altro del grandio.so disegno della Gasa di Francia, di creare un vasto impero sulle coste africane. Ora questo disegno non pu6 incarnarsi senza escluderne interaraente 1' Italia col renderle impossibile ogni espansione ed ogni at- li\ita nel Mediterraneo.

IV.

COSE STRANIERE

AUSTRIA (Noitrn corrispondtnta) 1. Considererole miglioramcnto nolle con- dizioni <li-lla Chiesa in Austria. Lodevole contegoo del clero, luttoche scarso di nomero e scarsamente '•etribuito 2. NUOTO misfatlo commesso in Vienna 3. Nolizie dTnghcria. La legge sui malrimonii fra crisliani ed t-lnvi antiata in fumo. L'opposizione moderata c il pariito conservalore. La nuova Irgge su'le arti e mertieri. L' antisemitismo.

1. Quantunque noi, come chiaro apparisce da una gran parte del flnqui detto, non militiamo nolle file degli ammiratori entusiasli del pre- sente Governo, che anzi troviamo in esso non poco da biasimare, non possiamo pur tut ta via astenerci dal confessare che sotto 1'egida del conte Taaffe le condizioni della Ghiesa in Austria sono notabilmtnte miglio- rate, e che quei brutali e inverecondi assalti, cui essa era di sovente

CRONACA

fatta segno anco da parte della stampa ufficiosa, sono ormai cessati. E'sembra che in generate si comprenda, non essere opera prudentc lo scal- zare dai fondamenti una religione, che insegna 1'obbedienza all' au tori ti costituita, il rispetto ai diritti del prossimo, 1'amore verso la patria. Alia Chiesa e falta novamente abilita di esercitare, almeno in parte, uella scnola quella influenza, senza la quale la crescente generazione ca- drebbe inevitabilmente in braccio della piu profonda immoralita. Vero e cbe, durante la lunga dominazione del liberalisroo, molto e stato di- slrutto, che con gran lentezza e fatica sara dato di riedificare; raolto e stato, per forza di circostanze, negletto, alia cui dolorosa mancanza non potra ripararsi con tutta quella sollecitudine, che sarebbe desiderabile. L'immensa propagazione del capitalismo, e la sete di rapidamente ar- ricchire, che ne e la inevi labile conseguenza, hanno sempre piii assot- tigliato il numero dei giovani disposti ad abbracciare lo stato ecclesia- stico; cosicchfc il clero trovasi ora sopraccaricato di fatica, specialmente qui in Vienna, dove, fra 1* adem pimento degli obblighi inerenti alia cura d'anime, gli scritti d'ufficio e 1'insegnamento religiose (il tempo assorbito da quest' ultimo ammonta spesso a 26 e anco a 28 ore per settimana, laddove per un maestro secolare e assai se giunge a 18), non gli rimane quasi un momento per prendere il necessario riposo e perfezionarsi alcun poco nello studio. Oltre a ci6, i suoi assegnamenti sono cos! meschini, che in quei luoghi, dove la vita e piu cara, appena gli servono pel necessario sostentamento; il che ben si comprende che deve ad esso riuscire tanto piu duro rimpetto ai poveri, quanto questi, com' 6 naturale, si rivolgono, per esser soccorsi, di preferenza al prete. A malgrado di si misere condizioni materiali, il clero si distingue per grande zelo nel- 1'adempimento de'suoi doveri, per infaticabile operosita nell'assistenza dei poveri, per sorama solidita di studi; e chi per poco ponga mente a quanto di bene esso fa, si senle mosso a deplorare che il numero degli operai nella vigna del Signore non sia maggiore di quello, che e. Un comitato eletto nel seno della Camera dei deputati si occupa presente- mente nel discutere, sulle basi di una proposta governativa, il rior- dinamento e 1'aumento delle congrue, in quanto ci6 sia conciliabile coll'odierna condizione delle finanze austriache. Grazie allo sperpero ine- scusabile fattone sotto i passati Governi, il fondo per il culto trovasi adesso non solo esausto, ma in disavanzo; se fosse stato amministrato con circospezione e coscienza, nulla ormai si opporrebbe al miglioramento delle materiali condizioni de'nostri preti.

De'quali il numero apparisce piu specialmente insufficient? in quei luoghi, dove le speculazioni industrial} esercitate in vaste proporzioni hanno eretta in pochi anni una quantita immensa di fabbriche, attraendo con ci6 una folia d' operai, a' cui bisogni spirituali non si e pensato me- nomamente a provvedere. Prendiamo per esempio quella contrada vici-

COKTEMPOfUJTEA

<u !.i ili f : B rlii1 in «|iiosti ultimi tempi

i1) la |'ii! i/ione per i ripetuti attrntati contro gli agenti ddla

polizia, voglio dire Flnridsdorf. nuisi noi troviarao un ordiriamento ec- ••o accomodato alia popola/ione di 500 anime, contenuta un tempo in quella borgala, ordinamento che era allora piii che sufficiente ;<1- Puopo: unu piccola chiesa, doe, con un parroco e due cappellani. Ora per6 che, in grazia dell'aflluenza di tanti e tanti operai con le loro fa- miglie, la popolazione e ivi salita a quasi 1*2,000 anime, la loro assi- st spirituale diviene, coll'accennato ordinamento, impossible. Gli operai, die, essendo per lo piii gente di campagna, sono abitualmente religiosi e bramano di adempiere i loro doveri spirituali, si recano la domenica all'uflicio divino nella chiesa, ia quale 6 tanto angusta die solo pu6 accoglierne un piccol numero. Se fa buon tempo, quelli ri- roasti fuori si fermano sulla piazza, che guarda la chiesa; ma quando fa cattivo tempo, sono costretli tornarsene a casa, perdendo cos) Pabi- tudine, e presto anche la volonta, di assistere agli ulliei divini. Lo stesso dicasi della confessione, la cui frequente pratica specialmente nei dintorni della capitale, che oflre all'operaio tentazioni d'ogni genere - sarebbe assolulamente necessaria, ma che si rende materialmente im- possibile. Segue da ci6 che la popolazione operaia cade b-n presto in braccio all' immoralita, e che lo spirito d'anarchia e la smania di por tine non solo all'insopportabile oppressione del capitalismo liberate, ma ben anche alia monarchia e alle fondamentali istituzioni si dello Stato, si della Chiesa, vanno sempre piii estesamente propagandosi. Piu rapida ancora procede sotto altri rispetti la demoralizzazione; e sebbene in quel luogo riboccante di fabbriche non esista afTatto la prostituzionc orga- nizzala, vi sono per6 frequentissime le union! illecite fra giovani d'ambo i sessi pressochfc impuberi. Or, quale esser possa 1'educazione dei 1'mli usciti da somiglianti unioni, e quali uomini essa prometta al sociale consorzio, fc agevole immaginare. Non e neramen raro incontrare fra la popolazione operaia gente, che dalla prima confessione in poi non ha ricevuto verun Sacramento, e che, mentre non hanno che legge- rissime nozioni intorno al cristianesimo, considerano invece come inerenti alia religione cristiana un'intinita di massime e pratiche superstiziose. Causa di simile inconveniente e la soverchia indulgenza, con che, ne' luo- ghi dove sono buon numero di fabbriche, si us6 permettere ai ligli degli operai di non intervenire alia scuola per andare al lavoro; e ci6 per un riguardo verso i piii poderosi fabbricanti, che preferivano valersi del- 1' opera dei fanciulli, meno costosa di quella degli adulti e delle donne. Trovandosi in que'luoghi cootrariati dalla polenza del capitale, i piii dei genitori desistevano dal rigore, con cui altra volta avevano imposto a'propri figli Pintervento alia scuola.

1'ero, anche ammessa la puntualiti di questo intervento, 1'istruzione

CRONACA

religiosa corapartita nella scuola non pub riuscire di gran vantaggio al fanciullo, posciache i maestri liberal!, spesso raiscredenti, si fanno un pregio di mettere in ridicolo gl'insegnamenti dei ratechisti, e di scre- dilare in ogn' incontro agli occhi del fanciullo stesso la nostra religione santissima. Ad aiuli religiosi non e neppur da pensare : i genitori sono troppo ignorant! o tiepidi, i maestri spesso troppo maligni per darsi di ci6 la menoma briga; quindi e che in molte localita vedonsi gli scolari osservare in chiesa un si fatto contegno da mostrare il loro assoluto indifTerentismo.

Un'altra circostanza contribuisce in alcuni luoghi, e notantemente in Vienna, ad alienare dalla Ghiesa la gia credente popolazione operaia. In conseguenza della smodata liberta di circolazione, affluiscono cola turbe di Slavi, che non intendono il tedesco, e che o non trovano nessun prete, che parli la loro lingua, o, se pur lo trovano, questi non la conosce a suflicienza. Cosl accade appunto in Vienna, dove in quelle parti, che sono piu specialmente abitate da operai Slavi, trovasi appena un prete, che abbia una semplice tintura dell1 idioma slavo, abbenche questo si senta non di rado in bocca di Tedeschi. A si deplorevole mancanza, che costa la perdita di tante e tante anime, potrebbe agevolmente ripararsi colla nomina di coadiutori ecclesiastic! versati nell' idioma slavo; ma 1'odio contro gli Slavi, dai liberal! studiosamente alimentato per fini partigiani, rende all'autorita ecclesiastica, cui sta sommamente a cuore di non porgere alcun incentivo ad agitazioni, estremamente difficile e pericoloso il ricorrere a siffatto espediente.

Che il clero cattolico sia, a preferenza, chiamato ad esercitare un' in- fluenza moralizzatrice nella classe operaia, si £ gia veduto col fatto in varii luoghi sparsi di fabbriche, dove non di rado, grazie alia perseve- rante operosita di un unico prete dotato di prudenza e di zelo pel bene delle anime, sono stati ricondotti sul sentiero della virtii e del timore di Dio molti e molti operai, che se ne erano discoslati. Mi terr6 pago a nomina re la borgata di Warnsdorf in Boemia, sede di considerevoli fabbriche, la cui popolazione operaia, non sono che pochi anni, erasi data in braccio, parte del vecchio-cattolicismo, parte dell' ateismo, e che ora, merce 1'assidua operosita del prete cattolico Opitz, offre nel suo complesso uno splendido esempio di pieta, di virtu e di domestica eco- nomia. E si noti che 1' Opitz non si e contentato della semplice assi- stenza spirituale, ma ha preso, per quanto pole, interesse alle faccende domestiche delle famiglie operaie, ed avvisato al modo di loro procac- ciare oneste ricreazioni afline di tenerle lontane daU'osteria e da altre abitudini anco piu viziose. L'esito ha pienamente corrisposto agli sforzi di quel degno sacerdote, ed 6 da desiderare che 1' esempio di lui trovi molti e molti imitatori.

E' non conviene, al certo, dimenticare che il prete cattolico, perche

NBA

tan/.iali •' ilmvvoli surct'ssi in me//o alia

^e operaia, ha Nisogno di avere dinan/.i a se gente cosliluita in tali condizioni material!, che presentino almeno una certa tal quale soliditu e indiperulenza. Imperoccl^, qual frutto raai produrranno le sue esorta- zioni a fn-qin'iiiare 1'ufflcio domenicale, nell'animo di chi spesso e co- stivtto a lavorare 1'inlera domenica, o per lo meno fioo a mezzogiorno se non vuol essere cacciato via dalla fabbrica e cosl rimaner privo di pane? Quanto non deve riuscire diflicila 1'osservanza del settirao coman- damento per uomini, che dal lavoro accanito, dell'intera settimana ri- traggono appena di che sfamare con soio pane se e le loro famiglie? Quanto difficile noo sara 1'obbedienza a un altro comandamento per certe operaie, che dai fabbricanti, da' loro flgli o intendenti vengono tra- scinate a graveraente peccare, colla minaccia che, in caso di renitenza, perderebbero il lavoro, e col lavoro il meschino pane onde sostentare se stesse, e non di rado persino le loro creature? Ghiunque per poco conosca le condizioni delle fabbriche in Austria, sa che la massima parte degli operai trovansi in si disperata situazione, che il prete con dolore indicibile conosce tornar vano contro di essa ogni suo sforzo. Uno scritto venuto teste alia luce in Vienna sotto il titolo « Gondizioni ma- terial! della classe operaia in Austria », scritto, che ha destato un ru- more immenso, e che, essendo il risultato di accurate investigazioni fatte da persone degne di fede, porta in se 1'impronta della verita, di- mostra trovarsi suppergiii 1'operaio austriaco in tale uno stato di mi- seria, che pu6 addirittura chiamarsi spaventevole, ed e di gran lunga peggiore di quello degli operai francesi.

2. Nel mentre che noi stavarao scrivendo queste righe, veniva per- petrato in Vienna slessa un altro misfalto, che si riconnetle con 1'uc- cisione degli agenti di polizia in Floridsdorf, ma che, fortunatamente, non ha avuto un esito parimente orribile. Un operaio licenziato, per nome Kararaerer, del quale la polizia era in cerca da parecchi giorni, feri con vari colpi di rivoltella due agenti di polizia, che volevano arrestarlo; perquisite il domicilio di lui, vi si rinvenne una bomba carica a dina- mite. Gostui proveniv?. dalla Svizzera, donde pur proveniva 1'assassino del Bloch. Ghe cosa dunque intendeva fare della sua bomba quello scia- gurato, qual & il floe dei reati commessi a Floridsdorf e di tutii gli altri fatti, che rivelano un sistema di terrorismo con Una mali/.ia im- maginato? Cui prodest? Agli operai anarchici, forse? Ma costoro vengono, al seguito di que' fatti, espulsi, gettati con le loro famiglie nella miseria, privati del loro torchio clandestine e de'loro strumenti d'agita/ione. Molto danno a loro proviene dal fatto proprio; vanlaggio, nessuno. Ai moderali democratici sociali'.' Ma questi veggono, in se- guito di (jue'n-ati, menomata quella stessa civil liberta, donde aspetta- vauo la loro salvezza; veggono pienamenle fallito lo scopo, che si eran

CRONACA.

prefisso. Ai conservatori cristiani? Ma questi temono che i provve- dimenti dal Governo presi in senso retrograde non abbiano a far capo all' assolutismo, il quale finira col distruggere affatto la loro influenza, raandare a vuoto i loro tentativi di sociale riforma, e promuovere il trionfo del liberalismo, al cui carro e aggiogata quasi tutta la classe dei funzionari superior!. Cui prodest? Chi e che racquislerebbe il per- duto dominio, e con esso la possibilila di volgere novamente a proprio profitto i niezzi finanziarii dell'Impero?... Noi ci fondiamo sopra faiti, che sono a nostra piena cognizione, allorquando aftermiamo che i recenti turaulti popolari, lo scandalo avvenuto nella chiesa di Favoriten, e qual- cos'altro ancora, furono pagali da gente, che ha un particolare inte- resse a far nascere un panico generale e a veder posti in opera quegli energici mezzi di difesa, che, secondo ogni probabflita, ne sarebbero la conseguenza. Sapienti sat.

3. In Ungheria sono accaduti in questi ultimi mesi fatti non meno important!, tuttoche men tristi, di quelli al di qua della Leitha. II ten- tativo del presidente dei ministri per imporre al popolo ungherese una legge autorizzante il matrimonio fra cristiani ed ebrei, dalla Chiesa cat- tolica espressamente vietato e anco dagli ebrei credenti condannato, abortl pienaraente, grazie alia fermezza spiegata dai conservatori nella Camera alta; ma v'ha di piu: 1'insigne oltraggio, che il Governo liberale, ce- dendo agl'influssi deH'onnipossente consorteria giudaica, erasi attentato d' infliggere al popolo cristiano, eccit6 un movimento non meno risoluto che esteso in tulti quanti gli elementi conservatori dell' Ungheria, i quali sonosi gia raggruppati in un poderoso partito, alia cui testa trovansi 70 membri della Camera alta, capitanati dal conte Ferdinando Zichy. In questa schiera 1' Episcopate non ha che un solo rappresentante, e questi e 1'altrettanto facondo che zelante Arcivescovo Samassor; ma sarebbe fare un gran torto a'supremi Pastori catlolici dell' Ungheria Tascrivere il loro riservato contegno a tepidezza di sentimenti religiosi. Molti, infatti, tra loro levaronsi con assai risolutezza a parlare nella Camera alta contro i matrimoni fra cristiani ed ebrei; e basteri qui accennare alle dissertazioni oratorie uscite in quella occasione dalla bocca del Primate d' Ungheria, Cardinale Simor, del Cardinale Haynald, del Vescovo Schleuch, perche svanisca ogni sospetto a questo riguardo. II riserbo, altronde, nei rapporti politici, e all'Episcopato ungherese im- poslo dalla prudenza cristiana. II Governo ungherese, o piuttosto i grossi capitalist, che gli stanno a tergo, aspettano con febbrile impazienza un pretesto plausibile per istendere la rapace lor mano sulle considerevoli sostanze temporal!, onde gode tuttora la Chiesa in Ungheria, e far loro prendere quella strada medesima, che hanno gia presa i beni ecclesia- stic! nella maggior parte degli Stati europei ; e ci6 con detrimento gra- vissimo del culto, e piu assai de' poveri, che non potrebbero chiamarsi

COYTEMPORAJfEA

M fintantocM i heni della Chirsa rimanessero in mano del clero.

II pn'sidente dei ministri, signer Tisz.i, ha piii d' una volta lanciala in

amento la minaccia eh' ei saprebbe punire qualsiasi movimento cat-

•<•>, ponendo mano ai beni della Chiesa. Chiuoque per6 sa quanto di bene fanno con le loro sostanze i Vescovi ungheresi, dovra convenire che bisogna far di tutto accio quella minaccia ri manga priva d'elTetlo. La popolazione cattolica dell' Ungheria conosce, d'alironde, benissimo che i suoi supremi Pastori spiritual! nulla hanno maggiormente a cuore che il suo benessere; si ha di ci6 una prova nolle pubbliche attestazioni di riconoscenza da lei entusiasticamente tributate ai Vescovi al loro ritorno dalla Camera dopo il voto intorno alia legge dei malrimoni misti, e nelle quali presero parte fln molti fra gli ebrei credent!, che ai pari dei cattolici altamente riprovano unioni cos! falte.

II nuovo partito conservatore, adunque, conta numerosi aderenti nella credente popolazione cattolica, nella nobilta imbevuta di sentimenti cri- sliani, e nel clero: solo nella Camera dei deputali non e per anco rap- presentato. Gli ecclesiastici, che in essa seggono, si accordano ci duole il doverlo dire quasi generalmente con quel partito, che si accosta ai presente mioistero, e il cui liberalisrao e unicamente sorpassato da quello del partito d' opposizione, cosl detto d' indipendtnza, il quale, oltre a una sconfmata liberta sotto i rispetti politics, religiosi e di nazionale economia, vorrebbe anche 1'assoluto svincolamento dell'Ungheria dalla monarchia austriaca, cosicchfc sola la persona del Monarca costituisse 1'anello di congiunzione fra ambe le parti.

L' Opposizione moderata nella Camera dei deputati ungherese si compone di uomini piii o meno animati da spirito conservatore, ma che oon hanno tutti idee chiare in politica; talche in mezzo a loro accade spesso incontrare opinioni le piii disparate. Parimente assai diverso e il loro modo di vedere in fatto di religione; ma anche i cristianamente pensanti slimano di dovere, per ragioni politiche, serbare esternamente un certo ritegno in cosl fa tie materie. Giova per6 sperare che, non appena siasi propagate nel paese il movimento cristianamente conservatore, que- sto ritegno verri per parte loro a cessare. L' opposizione moderata e stata fino ad ora lenuta per 1' unico partito, che dopo 1'eventuale caduta del gabinetto liberate Tisza si mostrasse at to a succedergli. II piii co- spicuo fra i capi del partito, \\primo ministro dell' avvenire, e il conte Alberto Apponyi, uomo dotato di non comuni talenti, di estese cogni- zioni e d'immensa forza di voloma; flglio del gia Cancelliere e Index cvriac conte Giorgio Apponyi, il quale merita di esser appellate una

colonna della Chiesa cattolica e dei principii conservator! in Un- gheria, e anco recentemente, col suo splendido e afTascinante discorso pronunziato nella Camera alia contro il matrimonio fra cristiani ed ebrei, coQtribui potentemente alia reiezione di quel riprovevole disegno di legge.

C38 CRONACA

Alberto Apponyi e quel dosso, dalla cui bocca uscl in pieno Reichstug la celebre sentenza : « Chi accetla dalla societa piii di quello che ad essa non dia, e un ladro »; sentenza, che fin d'allora divent6 la parola d'or- dine de' conservator! cattolici si in Ungheria come in Austria, e che rammentando alia nobilta, la quale pin d1 una volta li aveva diraenticati, i doveri inerenti alia sua privilegiata posizione e a'suoi vasti possessi, fu a lei un potente impulso a schierarsi coraggiosamente in difesa dei di- ritti della Chiesa cattolica perseguitata dal liberalismo in Austria, nonche delle popolazioni spietatamente dissanguate dal capitalismo liberate.

Esistendo pertanto raolti punti di contalto fra il partito conservatore e 1'opposizione moderata, e da prevedere che andranno ambedue d'ac- cordo su molte questioni, pur conservando ciascuno la propria -indipen- denza. Ambedue si prefiggono il politico afTorzamento dei regni e paesi riuniti insieme sotto il nome d' Ungheria, senz'allentare vie maggiormente il vincolo, che li congiunge alia meta occidentale della monarchia, sic- come vorrebbe, disconoscendo affatto le condiziooi vitali della sua patria, il partito d' indipendenza. Mentre poi il partito conservatore cattolico pone in cima al suo programma la riforma saddle giusta i princij>ii delta giustizia cristiana, lo stesso non fa, disgraziatamente, in quanto partito, l'opposizione> moderata, sebbene alcuni fra'suoi membri, il conte Apponyi per esempio, non siano punto lontani da un simil modo di vedere.

Lo spirito crislianamente sociale del nuovo partito conservatore e quello, che gli procaccia gran numero d'aderenti nella popolazione; la quale, precipitata nel corso di pochi decenni, per dato e fatto del capi- talismo liberate, dal piii florido benessere nella piii squallida miseria, invoca ora a calde lacrime una legale riparazione a uno stato di cose si misprando, e non pu6 sperarla che dallo Stato col mezzo dei conser- vatori cattolici. Ci6, che il dominante partito liberate offre al popolo in questo rapporto, lo mostra chiaramente la legge sulle arti e mestieri, che il Governo, dopo tanti richiami degli esercenti, ha presentata al Reichstag. Invece di restringere, come si chiedeva dagli aventi interesse, la libert^ industriale per mezzo di associazioni obbligatorie e di atte- stati di capacM, il nuovo disegno di legge, in una parte de'suoi para- grafi, impone diverse restrizioni a quella liberta, e nei rimanenti apre la via e indica il modo di eludere quelle restrizioni. Si voile cosl, nel tempo stesso, mantenere la tanto dai liberal! propugnata Liberia indu- striale (il violare la quale sarebbe stato, per quanto si assicura nei motivi della relazione, un andar contro allo spirito del tempo), e appa- gare i desiderii degli esercenti non gia concedendo loro cid die doman- davano, ma s\ facendo una legge, in cui fosse scritto il nome della cosa domandata; nella credenza che gli aventi interesse si sarebbero contentuti di tenere I'apparenza per sostanza. Ma non cosi sono andate le cose: chfc la nuova legge sulle arti e mestieri ha suscitata Tindignazione si

Id partito coiisfrvalore; e il Governo unghe- , che a questo e a quella aveva apprestato un similr tnistullo con juanlo rivolto alle prossime elezioni, raggiungera 1'intento precisa- mente opposlo a quello, che si era prefisso.

Oltreche coi gia montovati partiti, il Governo liberate avra pur da ii occasione delle nuove elezioni, col partito dell'antisemi- tismo, intorno al quale io vi tratteneva a lungo in una delle precedent! mie corrisponden/.e sulle cose d'Ungheria e che (prescindendo, ben inteso, da'suoi riprovevoli eccessi) altro, in soslan/a, non e che un'evoluzione in > conservatore. Questo carat tere presenta Tantisemilismo non pure in Ungheria, ma anco nell'Austria occidentale, dove gli antist-miti, in prin- ciple per la massima pane miscredenti, vanno serapre piu accostandosi al cristianesimo. La stampa giudaica schernisce e calunnia la Chiesa cat- tolica e i suoi ministri ; il cittadino e operaio antisemitico, che priraa non ne voleva sapere ne di messa ne di predica ne di Sacramenti, e fuggiva il prele come la pesle, frequenta ora, in odio agli ebrei, la chiesa, addimostra al prete cattolico la sua venerazione, ne ascolta di buon grado gli avvertimenli, e flnisce col diventare un buon cristiano e aver cura che i suoi figli vengano allevati religiosamente. Sappiamo infatti di cittadini, che per lo innanzi sberteggiavano le pratiche cristiane, e il consiglio di usare a chiesa respingevano sdegnpsi, dicendo « non esser eglino ne fanciulli ne donnicciuole »; sappiamo che, da quando si son dati all'antisemitismo, hanno preso a difendere con calore gl'interessi religiosi, e fino ofTerte somme considerevoli per la costruzione di nuove chiese e per la propagazione del culto cattolico. La tracotanza, con che il giu- daismo riformatore miscredente e la frammassoneria atea, sua fida alleata, perseguitano la religione cristiana, eccita anco nei piu tiepidi fra i cristiani una salutare reazione, ridesta nell'animo loro, per un efTetto psicologico agevole a comprendersi, il gia sopito sentimento d'amore verso la religione loro santissima; e questo sentimento, congiunto a considerazioni politiche e di nazionale economia, li spinge con forza irresistibile verso il partito conservatore, come ce ne offrono splendido esempio tanto 1'Austria quanto T Ungheria. Infatti, anche il programma politico-sociale del partito antisemitico nella Camera dei deputati un- gherese e notoriaraente ed esclusivamente concepito in senso conservatore. Questo irresistibile movimenio verso il cristianesimo e verso i suoi principii di giustizia sociale desta la collera e 1'apprensione de' fram- massoni e de'giudei riformatori, che insieme uniti formano il partito liberale. Sono essi oltreraodo potenti, siccome quelli, che col loro si sterna capitalista han fatto passare nelle proprie tasche le sostanze della po- polazione; ubbidisce a1 loro cenni la maggioranza dei pubblici fuozionarii s\ superiori come inferiori, e anco gran parte del corpo insegnante, di cui nessuno ignora 1' influenza considerevole nelle elezioni. Arrogi che

CRONACA CONTEMPORANEA

nella scelta de'mezzi essi sono, come abbiamo gia detto, tutt'altro che

scrupolosi Quello, che soprattutto essi mirano a impedire, e 1'efTet-

tuazione della riforma sociale propugnata dai conservator! cattolici, la quale renderebbe loro impossible il trarre piii a lungo un inonesto profitto dalle classi produttrici ; e il ristabilimeoto nelle scuole, e cost nel cuore della crescente generazioae, del cristiaoesimo da loro mortal- mente odiato. II fine stesso, che quell' erapia setta ha gia conseguito in Francia, essa cerca d' ottenerlo anche fra noi. Essa adopera una grande finezza ad illudere sulle sue vere intenzioni una parte della popolazione tedesca dell' Austria, facendole credere che combatte a sostegno dei di- ritti della nazionalita germanica nell'Impero; diritti, che (come ben sa chi conosce lo slato interno dell'Austria) non sono menomamente mi- nacciati. Ove pertanto ai conservatori riuscisse persuadere la popolazione tedesca, specialmente in Boemia, della falsita di tale asserzione, verrebbe quella setta perversa a perdere un potente punto d'appoggio; del che molto si avvantaggerebbe la causa della Chiesa e del popolo cristiano nelTAustria.

N. B. Nel quaderno 813 a pagina 353 fu recato un testo dell'jEsoflfo XXI, in conferma della sentenza di san Tommaso intorno al tempo dell' aniinazione del feto umano. Fa omesso allora di avvertire, che il detto testo, diverso in parte da quello della Volgata, non fu tolto da questa, ma si dai Settanta, che fanno anch'essi autorita. Ecco com'esso si legge nel greco ori- ginale, di cui e versione ii testo citato da noi:

say 51 pLa^wytaj 5Jo avS/3;$ Y.OLI TUX.IG&PVI yuyatxa iy xat s^sX^vj TO nzifttov

eav s ecfxovja-pLsvov y, &>7£( (i>xv (VT' ^Xj x- T- ' Pietro Lombardo, nel libro II delle Sentenze, Distinz. 31, alleg6 allo stesso proposito il medesimo testo.

FE A CESARE nUEL CHE I- DI CESARE

I.

ie present! luttuosissime vicende della Santa Chiesa, so- pramuiodo degno di nota e un fatto onde, quasi da maligna radice, rampollauo infmiti sconforti, errori, inganni, debolezze e persino vergognose diserzioni. II liberalismo moderno poco o nulla curante del principii su cui, coine sopra durissima roccia, s'innalza 1'edifizio divino del cattolicismo, piglia ad oppugnarne in tutte le guise certe conseguenze, le quali, se le separate dai principii, mal reggono contro 1' urto di nemici inveleniti dalla passione di parte e usi a tutti i sofismi. Dovrebbero per6 gli apologisti della Chiesa assorgere ogni volta ai principii: e spesso ancora lo fanno con eroica pazienza. Ma oltreche questo modo di difesa riesce malagevole, e agli scritton di fogli quotidiani anche impossibile, in pratica che accade? In pratica gli avversarii, passando sopra alia discussione de' principii, ritornano con lena instaucabile a battere in breccia quelle particolari conseguenze; mentre a voce grossa infilzano le solite mvettive contro preti e clerical i, ricantando senza fine che essi abusano della Religione a scopi politici, che iniinicano la civilU ed il progresso dei po- poli, che si adoperano con odio parricida a distruggere 1'unita, T indipendenza, il benessere del proprio paese. Onde due deplo- revolissime conseguenze. Ogni polemica seria ed efficace diviene con cotestoro del tutto impossibile; e insensibilmente nell'animo di molti cattolici, o poco illuminati o troppo fiacchi, entrano la diffidenza ed il dubbio.

Questa strategia non e nuova. Voltaire e gli enciclopedisti del passato secolo la provarono gia, ahi! troppo feliceinente, nella guerra da essi ingaggiata contro la rivelazione e tutto For- dine soprannaturale. Invece di farsi a ribattere le prove liinpi- dissiuie ed inconcusse a cui s'appoggia I'arraonico e magnifico sisteina della Religione, vedendo chiaramente questa esser cosa impossibile, sparsero il ridicolo su certe credenze, le quali, ben-

Serie XII, rot. VI. fate. 816 II 10 giitgno 1&J4

DAI ::K <jn-:L (.UK K Ul CESARE

che punto nulla repugnant! siano alia ragion natnrale, meglio per6 che in se medesime hanno la loro sfolgorantissima giu- stificazione nel conserto soprannaturale a cui appartengono. Per tal guisa furono gia in passato di leggieri travolte molte fan- tasie; e nel medesimo modo si seguita anche oggidi ad arreti- care le menti poco disciplinate di tanti, disputando coi quali bisogna presto troncare ogni discorso, perche torna irapossibile il richiamarli, ad ogni pie sospinto, ai primi principii della dimo- strazione cattolica e perfino alia persuasione capitalissima e fondamentale dell' esistenza di un Dio Creatore.

Non altrimenti accade nelle dispute occorrenti intorno ai diritti che la Chiesa ed il Pontificate romano vantano, sia in generale, rispetto alia societa civile del secolo XIX, sia anche in partico- lare, riguardo a questo od a quell' altro Stato. E piu specialmente ci6 avviene. in Italia, a'dl nostri, per quelle giustizie di S. Pietro, dalla Provvidenza e 4dai secoli date alia Santa Sede, come ba- luardo della sua indipendenza e confiscate dalla rivoluzione col pretesto dell'unita della patria. Per poco che circa tali raaterie voi iinpegniate discorso colle persone educate nella scuola libe- rale, vi avvedete della necessita di rivolgere al vostro interlocu- tore questa domanda, a vero dire, poco cortese : Ma, di grazia, signor mio, come intende ella la Chiesa cattolica?

Pur essendo per il battesimo e 1'istituzione infantile cattolici, hanno tuttavia smarrito persino il concetto rudimentale della lor Chiesa; e mostrano aperto, non che di rifmtarne la divinita, ma ben anche d'ignorare che essa e una societa visibile, fornita fin dalle sue origin! di un complete organismo, il quale la rende acconcia a procurare da s6 stessa il suo proprio fine. Posta una tale ignoranza, qual meraviglia che costoro non intendano poi nulla nella contesa che dappertutto, ma piu specialmente in Italia, ferve oggidi tra la societa ecclesiastica e la societa ci- vile? La quale contesa ha nn' importanza molto piu universale che non parrebbe derivar dagli oggetti intorno a cui ordinaria- mente si concentra. Imperocche realmente essa riducesi al punto capitalissimo di sapere, se la Chiesa cattolica sia o non sia un vero Potere; pubblico, doe, sociale, giuridico, avente una sua

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ID a.

II.

4a personalita giuridica del Potere ecclesiastico 6 un fatto che dura da diciannovo secoli, e un diritto a caratturi d'oro scolpito da Dio medesimo nel Codice Evangelico, e costitui mai -pre anche uno dei fondamenti della civilta cristiana. Ma le societa ammodernate, col loro modo di diportarsi verso la Chiesa, mostrano d'averla in non cale, e liberal! Italian! di qualche grido si adoperano presentemente a scalzarla in certi lor scritti, notevoli ivrtamente piu per 1'audacia delle affermazioni, die pel vigore degli argoraenti e la profondita della scienza teologica, filosofica e canonica.

In cid fare questi liberal! italiani ravvisano il proprio torna- conto, che consiste nel togliere alia necessita dell'indipendenza territorial e sovrana della Santa Sede, sostenuta principalmente fuori d' Italia da scrittori gravissimi anche liberal!, proclamata senza posa dal Sommo Pontefice, dall' Episcopate, dal inondo cattolico, il prirao e piu robusto suo fondamento. E di vero, negate alia Chiesa cattolica T essere di societa visibile, fornita dal Di- vino Istitutore d'una propria azione realmente giuridica, uon pur sulla coscenza interiore, ma altresl, in quanto al fine spi- rituale dell'eterna salvezza, sugli atti e le relazioni esterne in- dividuali e social! dei milioni d'uomini d'ogni favella e d'ogni gente che la compongono: che cosa rlman piu da fare alia Chiesa cattolica, e soprattutto al Papa, il quale in se stesso, coine Vi- cario di Cristo, ne incentra tutti i poteri? Proporre i dommi rivt-lati, per chi li vuol credere; dare precetti di morale e rego- lameuti pratici di condotta, per chi li vuol accettare; ordinar nelle Chiese le solennita religiose e le opere del culto, per chi trova commodo di parteciparvi. Or tutto questo domanda forse che il Capo del Cattolicismo sia Sovrano teinporale con proprio territorio e proprii sudditi?

:i6. II Papa, i Vescovi continuano a far tutto ci6 anche

!>v; <vKE

dopo la caduta del Poter temporale per le arnii italiane. In che I'insediamento di un Governo laico e d'nn Re d' Italia in Roma hanno irapedito o possono pel future impedire 1'esercizio dell'au- torita spirituale del Papa; se essa tutta quanta riducesi a quella superiorita morale, direttiva delle coscienze individual! che i liberal! sopra mentovati si contentano di riconoscerle, dopo averle negato ogni potere giuridico? E come dunque dai cattolici poli- ticanti pu6 con tanta pervicacia continuare a sostenersi, che v' ha nesso necessario tra il Dominio temporale del Papa e la sua Sovranita spirituale? E perche il Papa seguita a ri empire il mondo di querimonie? Per un lerabo di porpora regale, per quattro palmi di terra, Egli, che e il Vicario del Re dei re e che possiede le chiavi del Regnode'cieli, vuol dunque contendere a quest' Ita- lia, di cui e figlio, il diritto, a niun popolo negato, di costituirsi in nazione, e il possesso di quella gloriosa Roma, che sola natu- ralmente e storicamente pu6 essere la sua Capitale?

Quindi poi i liberali ragionano cosl: II Papa non finisce di protestare che rivuole il suo civil Principato, non per ambizione di regno, ma soltanto perche lo giudica necessario al libero eser- cizio della sua podesta spirituale. E avrebbe ragione se tale po- desta, come e spirituale, cosl fosse veraraente giuridica. Una volta perd inteso che essa non e punto punto giuridica, cade il fonda- mento delle querele del Papa, e cessa qualsiasi ragione di diffe- renza tra lui e gli altri principi spodestati d' Italia. Egli non appar piu che in veste di pretendente come tutti gli altri, e dei pretendenti gli e giuocoforza subire le sorti.

Per tutto ci6 & manifesto quanto il mostrare che la Chiesa cattolica meritamente si da titolo e prerogative di vera podesta giuridica conduca a far retta ragione, non solo delle condizioni deplorevolissime di essa Chiesa in tutto il mondo moderno, ma altresi del dissidio piu acerbo esistente in Italia tra la Chiesa e lo Stato per causa del temporale Dominio, di cui il Pontefice fu a forza spogliato. II perche, senza inenoraamente intralciare la trattazione intorno alia Chiesa, che gia da parecchio tempo segue a pnbblicarsi nei nostri quaderni, vogliamo con piu d'un articolo sviluppare in peculiar guisa quel punto deila podesta giuridica

CESARE

dell;: "Jo alia conr.

!e Principato del IV ;i st'inpru attuale e

non niai abbastanza considerato.

in.

Come e costume di quelli che sanno d'aver torto, i liberal! rappresentano la podesta giuridica, voluta dalla Chiesa, per tut- t'altra cosa da quello che e. Ne fanno un inostro orrendo di despotismo e d'ingitistizia, per finire poi col domandare se mai possibile che la civilta moderna si renda a tali esorbitanze del Potere chiesastico ?

A udirli, la Chiesa pretende che gli Stati abdichino la pro- pria indipendenza, si facciano servi del Papa, dei Vescovi, dei preti; per dir tutto con una parola famosa, che il Governo civile si tramuti nel Gouvernement des Curfe. Nulla per6 piu calunnioso di tale pazza pretensione che si affibbia al Cattolicismo! E cadesse questa calunnia soltanto sotto la penna dei gazzettieri, o fosse sol- tanto sulla bocca dei mitingai e dei tribuni della plebe, pazienza! Ma la ripetono anche gli uomini di Stato, e se ne danno per con- vinti, come di ovvia e notissiina verita, e se ne valgono a tempo e luogo come d'arma offensiva e difensiva contro il Cattolicismo.

Fra costoro arditissimo e tenacissimo un cotale che, in questi ultimi mesi torn6 piu fiate pubblicamente sul medesimo soggetto in fogli quotidiani, quali VOpinione e la Gazzetta tV Ft alia, ed in quaderni periodic! quali la Xuova Antologia, e la Eassegna di scienze sociali e politichc, trattandolo in quest' ultima special- mente colla mira al Dominio temporale del Papa e alia legge delle garanzie. Egli r S. E. il Senatore Carlo Cadorna, Presi- dente dei Consiglio di Stato. E per due ragioni battiamo lni di preferenza; quantunque penna dottissima e della causa della Chiesa per servizi d'inestimabile valore da lunghi anni merite- Tolissima, di molte sue storture, in questo stesso periodico, abbia gia fatta maestrevolmente piena ginstizia. La prima ragione che ci nuiove a tale preferenza, £ il considerare che, in opera di dritto religioso, gli amid sinceri della Chiesa e del Papato, piu che il opinioni di altri qualsiasi, debbono esser solleciti di quelle d* un

DATE A CESARE QL'EL CHE K M CK<AI\E

personaggio, dal cui giudizio, pel posto medesimo che occupa, pu6 non di rado praticamente dipendere la soluzione di cause gravis- sime del Papato e della Chiesa. E 1' altra ragione e la professione per se medesima onorevolissima di cattolicisiuo, con cui il senatore accompagna le sue lucubrazioni di diritto pubblico ecclesiastico. Cosl, ad esempio, nel quaderno della Rassegna di scienze sociali e politiche, coinparso in Firenze il bel gennaio di quest'anno, proponendosi, secondoche egli stesso s'esprimeya, tfindicare in poche parole i mostruosi risultati delle pretensioni del Vati- cano dal punto di vista yiuridico, avvertiva 1' opportunity che ci6 si facesse da coloro i quali (son sue parole) si sono sempre ed apertamente professati cattolici, e di quei cattolici che ten- f/ono in grandissima venerazione il Sommo Pontefice, come loro capo spirituals } che vanno alia messa e che fanno la Pasqna. Ebbene, udiamo dunque alcuna di queste preteusioni che un cattolico tra i rivoluzionarii potente, il quale tiene in grandis- sima venerazione il Sommo Pontefice, va alia messa} e fa la Pasqua, non si perita d'attribuire, con grande ponipa di sicu- rezza e di buona fede, al Vaticano politico o regio, ossia in sostanza alia parte piu eletta della Chiesa di Cristo.

IV.

Carlo Cadorna s' introduce con un esordio, il quale e per se medesimo un insulto al Yicario di Cristo: « Di fronte all' Italia che, usando del diritto naturale di ogni altro popolo, ha voluto costituirsi in nazione libera, indipendente ed una, e scegliere la sede del proprio governo, e che a tal fine ha demolito sei dei governi monarchic! in cui era divisa, il pretendente di uno di codesti govenri, appoggiato dalla coorte clericale-politica, facen- dosi scudo della sua qualita di capo di una religione, e parlando a noine proprio e dei credenti di tutto il moudo a lui religiosamente soggetti, afferrna, sostenendo ii suo diritto di riacquistare il trono perduto, i seguenti principii giuridici, che sono la base ed il fonda- mento della sua pretensione. > Tali principii giuridici proclauiati, a detto suo, dal Papa, in servigio del Pretendente, sarebbero sei, ne piu ne meno. In forza del primo, 1'essere Capo spirituale dei

DATi

'0 alia sovranitii temporale. Pel

secondo, il Capo spirituale del cattolin puft fissare la sna sovra- nitii temperate do?echessia, spogliando la nazione, in cui egli s'iin- panca a far da Be, di ogni diritto alia propria liberta, unita ed indipendenza. Pel terzo, questa sorte si dichiara toccata all' Italia, e la si obbliga a sottostarvi senza lagnanze. Col quarto ^/-''ncipiu stabilisce che tntti gli Stati hanno il dovere di co- stringere 1* Italia, se occorra anche coila violenza, a snbire in pace tanta iattnra; avendo essa, per effetto dei diritti spiritual i d'-l Papa, perduto ogni diritto all'indipendenza anche nelle re- lazioni internazionali. II quinto ed il sesto principio giuridico sono dal Cadorna enunziati con queste testuali parole:

* ">.I1 Pontefice, per lasovranita temporale che gli appartiene atitolo religioso e spirituale, ha diritto di intervenire in tutti gli Stati, raassime se sian cattolici in tutto, od in parte, se non per istabilirvisi (come in Italia) nella qualita di re, almeno per dar norme e comandare in tutto ci6 che riguarda il governo dello Stato, per mantenerlo subordinate a s& medesimo, ed in quella sfera che, come capo dei cattolici, creda opportuna per la sua religione e pel buono e morale governo deilo Stato, e per avere dallo Stato medesirao il braccio secolare e la forza, a sostegno dei precetti e decreti dell'autorita spirituale.

« C. II principio generatore di tutti gli altri ora indicati e che tutti i popoli e tutti i governi hanno giuridicaraente il dovere di riconoscere, nelle relazioni esteriori, mondane e politiche che la religione cattolica e la verita assoluta, e che il Capo spiri- tuale della medesima, come rappresentante il Cristo padrone dell'iini verso, e un sovrano universale temporale, il quale so- yrasta a tutti i sovrani della terra. >

Questo, continua 1'egregio senatore, < questo e il din'ffo, questa e la morale del Vaticauo politico e de'suoi difensori, nelle cose politiche che essi pongono sotto il raanto e sotto la dipen- denza religiosa. »

E conchiude iudignato: « Basta avere enunciati cotesti prin- cipii, perche se ne senta tutta la enorinita; poichft essi sono la piu manifesta negazione dei principii del diritto naturale (che

0-iS DATE A CESARE QUEL CHE £ DI CESARE

pure viene da Dio) applicati al diritto pubblico interno ed in- ternazionale della legge morale e delle stesse istituzioni religiose cattoliche che consacrano i diritti natural! degli uomini, delle nazioni e dei governi *. >

LV indegnazione dell'esimio senatore & giustissiraa. Quelle sono veramente enormita intollerabili. Ma egli ha il torto di apporle al Vaticano ed a suoi paladini ; il quale ed i quali le conoscono soltanto per averle lette nelle lucubrazioni cattoliche dei proprii calunniatori. E sorgesse anche dal sepolcro rAlighieri, mettiam pegno che la fierezza del suo ghibellinismo non gi' impedirebbe di lanciare terribilissime terzine, per difendere da tanta accusa alcuno almeno fra i guelfi stessi de' tempi suoi.

V.

Ma dunque non hanno mai i cattolici esposte chiaramente le proprie idee? Non hanno parlato mai i Pontefici? Non si sono in tal proposito mai fatti intendere con lucidita e precisione gli apologisti della Chiesa? Tutto all'opposto. La Chiesa cattolica non cesso mai, per bocca de'suoi Pontefici e de'suoi ministri, di ripetere alle genti la parola di Gesu Cristo: Reddite quae sunt Cegaris Cesari, et quae sunt Dei Deo, date a Cesare ci6 che e di Cesare; date a Dio quel che e di Dio2. E che cosa significa questa ispirata sentenza, se non che il governo temporale appar- tiene esclusivamente allo Stato, il governo spirituale invece esclusivamente alia Chiesa? Che per6 come la Chiesa 6 iiidipen- dente nelle materie spirituali, cosl alia sua volta lo Stato gode di vera indipendenza nelle materie temporali? Che dunque sono i popoli obbligati ugualmente in coscienza ad ubbidire allo Stato ed alia Chiesa, al Governo civile ed ai Governo ecclesiastico, ai re legittimo ed al Papa, ossia a Cesare ed a Dio : Reddite quae sunt Cesaris Cesari, et quae sunt Dei Deo ?

Tale infatti & la verace interpretazione di quel testo evan-

1 La Rassegna di Scienze sociaU e politick?. Anno I, Vol. II, fa<c. 21, pel pennaio 188i. « II potere temporale del I'apa, la legge dcllc ^nranzie c la ga- ranzia delle garanzie. >

1 MATTII. XXII, '21; MAIIC. XII, 17; Luc. XX, 25.

DATE A CESARZ Ofl't. CHI VRE

gelico; ma i cattolici politic!, ossia i clericali glie ne danno un'altra diversa, anzi contrariu, ,s-Wfc:7'-//W0; dice il Cadorna, il jprn ile potere dello Stato, e costituendo una so-

nella societa civile. Speculativamente ammettono quel testo, praticamente lo rifiutano. La teoria clericale-politica, seguita il medesimo scrittore, giunge al risultato di negaro nella applicazione i principii fondamentali cristiani, che essa medesima & costretta di ammettere teoricamente... e di mettere il mondo intiero nelle mani degli uomini che governano la societa religiosa cattolica, ed alia dipendenza della loro volonta '.

Ora sia dichiarato pure ampiamente : tutto questo e falso. Si consulti la storia. Si consultino i document! autentici della Chiesa cattolica. Mostrano che e teoricamente e praticamente la Chiesa non diede mai a quel testo una interpretazione diversa dalla per noi addotta. Quindi il grande Pontefice Pio IX poteva nella sua lettera Enciclica Quartus supra, indirizzata ii 6 gennaio 1873 agli Armeni, affermar francamente e senza tema di venir smen- tito : « £ dottrina propria della Chiesa cattolica, ricevuta dalla bocca di Gesu Cristo Figliuolo di Dio e insegnata dagli Apo- stoli, che bisogna rendere a Cesare ci6 che e di Cesare, a Dio quello che e di Dio. D'onde segue che 1' amministrazione delle cose civili appartiene all' imperatore, come in proprio, mentre quella delle ecclesiastiche e intieramente confidata ai sacerdoti.> E il 19 marzo 1870, lo stesso Pontefice, per mezzo del suo Cardinal Segretario di Stato, fece scrivere al Nunzio Apostolico in Parigi che gli affari politici, per 1'ordine stabilito da Dio e per 1' insegnamento stesso della Chiesa, appartengono al potere teinporale, senza dipendenza veruna da altra autorita. Nella ma- gnifica Enciclica poi data il 28 novembre del 1873, Pio IX, deplorando che dappertutto il sacerdozio cattolico ed il laicato credente sia calunniosamente rappresentato come ribelle alia legittima autorita dello Stato, solennemente ripeteva: < Insegna la fede, la ragione dimostra che esiste un duplice ordine di cose, e che fa inestieri distinguere sulla terra due podesta; naturale Tuna che ha l'ufficio di vegliare alia tranquillita del consorzio

1 Nella Nnova Antoloyia del 15 giugno 1882.

DATE A CESAHE QUEL CUE K DI CESARE

umano ed alle secolari incoinbenze; 1' ultra, di cui 1'origiue 6 su- periore alia natura, la quale governa la citta di Dio, cio6 la Chiesa di (Jesu Cristo, ed 6 istituita da Dio per la pace delle anime e la loro eterna salute. I doveri di queste due podesta furono con saviezza regolati di guisa che sia dato a Dio ci6 che e di Dio e a Cesare ci6 che 6 di Cesare, per Dio... E mai cer- tamente la Chiesa non si allontan6 da questo divino precetto, come quella che anzi pone ogni sforzo a ben penetrare lo spirito de' fedeli dell' obbligo di serbare inviolabilmente ubbidienza a' lor Principi e di rispettare, coine e dovere, i diritti teniporali di questi '. >

VI.

Dopo cosl formali dichiara/ioni del Soramo Pontefice Pio IX, che potevano venire a notizia di tutti, perche stampate pubblica- mente piu volte ed in piu modi commentate, che ad ogni modo debbono esser note a chi prenda ne'libri e ne' periodic! a cate- chizzare il mondo moderno sulle relazioni correnti tra Chiesa e Stato, noi ci troviamo davvero impacciati a qualificare come- chessia la franchezza, con cui il senatore Cadorna sentenzio nel gia citato quaderno della Rassegna di scienze sociali e politic/to che: < le pretension! sull' Italia non sono se non una deile ap- plicazioni della sovranita universale del Vaticano, a titolo reli- gioso; > e che « il principio di cotesta sovranita del Papa a titolo religioso conduce diritto e di necessita all'esercizio di cotesta so- vranita in tutti gli Stati ; > e che Pio IX evoco « colle sue allo- cuzioni e col sillabo Tonnipotenza politica papale del medio evo, proclamandola con una ingennita e franchezza ammirabilc in pieno secolo XIX. > Per fermo il signor senatore e presidente del Consiglio di Stato non ci da qui troppo buoii saggio della sua perizia, non che nel giure cauonico e civile, ma nel catechi- smo altresl: giacch^ confonde insieme due cose che anche i bam- bini sanno molto bene discernere tra loro, la podesta spirituale, cioe, e la podesta politica. 0 che ? Perchfc si sostiene, conforme e

1 Toglinmo queste due cilazioni dall' cccel'.ente opera del MOCLAIIT, iniiiolata ilise e I'Etat.

OESAOE o CESARE

'.to nientemeno cho nel Yangelo, essere la podosta spiritual-'. data da Cristo alia Chiesa, nna podesta r/iuriilira, si viene per

-to a fare della stessa podesta spirituale una podest& . della nature e dell'ordine di qnella che esercitano i re nei loro Stati? Si viene per questo a trasformare in ordinaria sovranita del Pontefice romano, anche la sovranita straonlinnria che i Papi esercitarono nel raedio evo sngli ordini civili, per consenso volon- tario delle genti cattoliche e necessita indeprecabile di condizioni sociali? Ossia, per parlare col linguaggio raolto inesatto del Ca- dorna, si erige il diritto pubblico positho di gm' tempi in di- ritt<> jinMiliro natural*? 1

In verita, Eccellentissimo Signor Cadorna, voi celiate. Come ci potete voi persaadere un guazzabuglio siffatto di cose disparatis- sime, e darcelo quale genuino insegnaraento del Vaticano politico o rt'fffof mentre abbiamo udito Pio IX insegnare tutto il contrario?

Ecco, risponde T Eccellentissimo, ecco come. Voi cattolici-po- litici innalzate il vostro sistema di giure ecclesiastico sopra questi due principii. II primo fondamentale e falso principio 6 che « la Chiesa cattolica e la sua autorita religiosa, e, in forza e pel mandato intrinseco e sostanziale all' autorita medesima, un po- tere giuridico, epperci6 pubblico ed universale nello Stato ed in tutti gli Stati, coi diritti, doveri, e poteri che sono naturalmente e necessariamente proprii del potere pubblico giuridico. > Giusta il qual principio, che trasforma V autorita spirituale e religiosa in potere religioso-yiuridico, anche < le cose materiali e le loro relazioni giuridiche diventano religiose giuridiche e cadono perci6 sotto il potere religioso-giuridico dal punto che, per fatto del- 1' nomo, siano state poste al servizio del culto religiose o di per- sone ecclesiastiche. > II secondo vostro principio fondamentale & che < 1'autoritA religiosa cattolica (gia trasformata in potere re- ligioso-giuridico) e superiore e prevalente alia podesta giuridica dello Stato, siccome quella che viene direttaraento da Dio; epper6, nel caso di conflitti, si deve sempre obbedire all' autorita religiosa, ed anche lo Stato vi si deve subordinare. > Questi due principii

;, nol quaderno d 'Ha liasscjni pel 15 gcnnaio 1884, la noia a pap. .",!".

DATE A CESARE QUEL CHE K DI CESARE

« sono la sostanza di tutto il sistema teocratico del diritto cano- nico e del Vaticano ; poiche il primo fa del Papa un Re in ttitti gli Stati, ed ii secondo ne fa un Be superiore a tutti i re. > E posto ci6, « il giungere alle piu assurde e rivoitanti deduzioni ed applicazioni, non e piu se non un affare di logica, di ardi- mento e di circostanze di tempo e di luogo, che peruiettano 1'applicazione delle logiche deduzioni l. >

Cosl il Cadorna : dov' e patente che egli fa un pasticcio orribile con di tutto un po', e mescola insieme i soggetti cogli oggetti delle due podesta, le cause finali colle cause materiali e formali, le cose per se" spiritual! con quelle per se materiali, e le iniste con le une e con le altre. E quinci pu6 vedersi come per cer- tuni, a' tempi nostri, 1'affibbiare alia Chiesa ed ai difensori di lei dottrine assurde non £ piu se non un affare d'audacia, sostenuta all'uopo da una discreta dose di balordaggine. La Chiesa ed i difensori di lei in tutti i tempi, da san Pietro fino a Pio IX ed a Leone XIII, hanno sempre ricantato a chia- rissime note che quei che e di Cesare e di Cesare, e la Chiesa non vi pu6, non vi vuole pretender nulla. Ma a furia di temerarie affermazioni e di puerili confusioni, ecco si giunge a mostrare la luna nel pozzo, cioe a dar ad intendere che, almeno dal medio- evo in poi, la Chiesa cattolica altro non fa salvo che mettere a ruba il patrimonio di Cesare; il quale Cesare, se un Cadorna ed i pari suoi non vi avessero provveduto in tempo colla loro somma sapienza ed indomabile energia, poveretto, a quest' ora si trove- rebbe piu nudo d' un bruco !

Vedremo in altro quaderno la nessuna solidita di questo vero e proprio Castello in Ispagna.

1 Vodi il quaderno del 15 gennaio della Eassegna a carte 508-510.

DI ALCDNI DOCDMENTI POCO NOT1

DMOenui

UL1IMSCL LA RECEME EXCICLICA HUMAM'M GEMS

DEL S. P. LEuNE Mil.

<tnlica Sfdes demintiarit

Sectam Massonum non minus este

<l>"im Civitati per-

XIII neir Knciclira

Ilinmtmnn ycnus; verso il princi;>i<>

Molti soiio onnai i documenti o poco not! od ancbe del tutto finora ignoti, che varii benemeriti scrittori ed ancbe noi in queste pagine da varii anni, per quanto sapemmo, andammo accuinu- lando contro la Massoneria a dimostrazione specialmente del danni enormi cbe da questa setta provengono, come dice in sul principio della sua Enciclica Leone XIII, non nieno al Cristia- nesimo che allo Stato. Con questo divario per6: cbe laddove ri- spetto alia Cbiesa la Massoneria e come la vipera cbe niorde la lima: omne adsuevit ferrum quae corrodere; rispetto allo Stato invece essa e come il velenoso tarlo cbe facilmente rode un legno vecchio. Del che essendosi gia, come dicemmo, recati in mezzo tanti documenti, fatti ed argomenti, cbe il trarne fuori del nuovi inediti e veramente provanti non e la cosa piu agevole di questo mondo, almeno per noi ; vi ha per6 questo, non sappiamo ben dire se di buono o di cattivo, cioe la solita e pressoche ne- cessaria dimenticanza in cui sogliono dopo non lungo tempo ca- dere i lavori letterarii inseriti o nelle opere periodiche o nelle raccolte di documenti, specialmente se molto voluminose. Senza dire che la piu parte di queste Raccolte, siccome quelle che ge- neralmente sono alquanto costose, sogliono perci6 rimanere del tutto ignote ai piu. Ondeche fanno opera lode vole tutti coloro che o citando od anche, per amore di brevita, non citando le

IH ALCUNI DOCUMENTI POCO NOTI ECC.

fonti edite bensl e stampate ma ci6 nonostante ignote od obliate, ridanno cotidianamente la luce e la vita ad argomenti, fatti e document! morti ormai nella memoria degli uoinini e percift ora piu che mai utili e necessarii ad essere loro riaccostati alia mente present! e vivaci. N6 crederemo perci6 inopportuno di ri- copiarci poi un poco talvolta anche noi da per noi stessi senz'aiuto altrui, non per fuggire nuova fatica ma per cogliere auche noi il frutto fresco delle fatiche vecchie.

Or quanto alia guerra capitale ed all'odio mortale che per sua essenza, natura, regola ed istituto, non piu onnai segreto ma anzi pubblico e notorio, muove, come ii Diavolo a Cristo, cosi la Massoneria ai Cristianesimo, qual bisogno vi ha piu di prove e di document!, quando habemiis confitentem reum? E la con- fessione fresca fresca ce 1' ha ora fatta non gia questo o quel- 1' altro inassoncino, o questa o quell' altra Loggerella, o questo o quell'altro singolare individuo o scrittore, la cui autorita i vecchi furbi e rnatricolati Massoni possano volpescamente o negare od attenuare, come sogliono quando loro torna ; bensl lo stesso Grande Oriente di Roma in corpo e in forma ufficiale, con una sua recente lettera circolare del 12 e 23 novembre del teste" scorso 1883. La quale e utile di pubblicare, sia perch6 non fu finora da nessuno pubblicata, sia perch6 essa e appunto una di quelle che non sono destinate alia pubblicita. II che apparisce dal seguente suo pe- riodo: < La rispettabile Loggia Universe compresa della gravita « di simili fatti (cioe del dominio del Cristianesimo in Italia}

< credette opportuno iniziare una nuova lotta contro i coinuni nemici nel campo da essi prescelto dell' istruzione e della be-

< neficenza. A questo scopo si fece ad indagare quale opera po- « tesse recare i piu notevoli e pronti beneficii nel mondo profano « senza gettare I' allarme nel partita avversario » : ciofe tra i cattolici. Gettiamo dunque 1' allarme ; e stampiamo la Circolare. La quale 6 come segue:

« Or/, di Roma, li 25 Novembre 1883, E.-. V.\ (Era wlyare) « Alle Loggie tutte della Comunione Italiana. Carissimi Fratelli.\A Massoneria vigile custode della patria

« (doe di sestessaj e propugoatrice indefessa del migliorainento

vn Por.o

> ileU'unumiU f; jnanore indiffe-

;illa continua propaganda oscurantista del partito cleri-

* ca tta eterna fra le tenebre o la luce, fra la reazione

i il progresso, fra I'egoisino vaticano e I'umanesimo, che

* dovea (m</ ^yrazia nonfu ne potrdj essere estinta per

< sempre colla caduta del dominio teiuporalo del papi, accenna « oggi a farsi piti accentuate e vivace. II clericalismo non dorao « dalle subite sconfitte, ma fatto ogni giorno piti audace dalla « tolleranza se non dall'indifferenza del liberal!, tende sempre

* piu ad impossessarsi dell' elemento giovane coll' istruzione e

< colla beneficenza. Con questi mezzi egli ammaestra e coordina « le nuove folangi, che dovranno combattere le battaglie dell'av- « venire a vantaggio della superstizione, deli' ignoranza e del

< privilegio (doe deli1 istruzione e della beneficenza). Tale opera

< di demolizione nazionale si va lentamente ma incessantemento « diffondendo (istruendo e beneficando) per tutta 1'Italia nostra :

< ed orainai pu6 dirsi che in tutta la penisola il clericalismo « domina, arbitro della posizione sull' istruzione e sulle benefi- « cenze pubbliche e private. Ma dove specialmente quest' opera

< nefasta (ft istruzione e di beneficenza) approda con successo

< veramente allarmante e qui in Roma, ove principalmente ne-

< cessita che si elevi la prima barriera di fronte all' invadente

< clericalismo.

« La Rispettabile Loggia Universe, coinpresa dalla gravita « di simili fatti (di beneficenza e d"1 istruzionej credette oppor- « tuno iniziare una nuova lotta contro i comuni nemici nel campo

< da essi prescelto, nel campo doe dell' istruzione e della bene-

< ficenza. A questo acopo si fece ad indagare quale opera potesse

< recare i piu notevoli e pronti beneficii nel mondo profano,

< senza gettare Tallarme nel partito avversario. (Ma I' alia,

« e bello e gettato.) Dopo una lunga discussione avviso, che di

i'ia facile attuazione e di maggior vantaggio potesse essere la

tituzione in Roma di Ricreatori, nei quali accogliere i gio-

< vani ed indirimrli nella via del progresso e dell'ainore della « patria, sottraendoli nelle Domeniche all' influenza clericale « (col I' i 'N-tfca, coi Tiri a segno, colle Passeygiate, etc.).

DI ALCUM DOC01ENTI POCO NOTI ECC.

« E prescelse una simile istitiwione, non solo perch& attuabile in breve tempo su larga scala (avessero almeno scritto su alta « scala. Ma larga scala! Che diamine vorra essere una scala « larga?) ; ma anche perch& meglio di ogni altra si presta ad « ulteriori opere umanitarie (dob Massoniche). Comunicato il « progetto alle altre (niente) Rispettabili Loggie della Valle del « Tevere, venne completamente approvato e, costituita una So- « cieta fra i singoli Fratelli, fu dato incarico ad una Commis- sione mista di tutte le Loggie di tradurlo in atto nel minor « tempo possibile. Ma ad opera si vasta, da compiersi in questa

< Roma di fronte al Vaticano (costoro, come il diavolo, tremano « sempre di fronte alt 'acqua benedetta), la Commissione Ese- « cutiva credette necessario fare appello alia cooperazione di « tutte le Loggie sorelle. Ed a questo scopo fece domanda al

< Sovrano Governo dell'Ordine perch& ne autorizzasse di potersi « rivolgere a tutti i Massoni d' Italia e delle Colonie Italiane. « (Tutto il mondo massonico fu chiamato in aiuto perchb i « massoncini romani potessero fondare un Ricreatorio !) II « Sovrano Gtoverno dell'Ordine con balaustra (Lettera) del 12 cor- « rente inese, di cui diamo comunicazione, plaudendo concesse il « Nulla Osta (cio& la licenza). Noi siamo perfettamente con- « vinti che, non solo le Rispettabili Loggie comprese dalla ne- « cessita di porre in Roma il primo argine al Clericalismo vor- « ranno concorrere col loro contributo ad opera si altamente « massonica; ma che ancora i Fratelli tutti vorranno prendervi « individualmente parte. A questo scopo crediamo opportune « inviarvi alcune copie dello Statute, onde tutti ne possano avere « esatta conoscenza. Avvertiamo cbe tanto le Loggie quanto i « Fratelli possono concorrere con un contributo libero annuo, o « con 1'acquisto di azioni. Nell'attesa di pronto riscontro e nella « piena fiducia che cotesta Rispettabile Loggia ed i Fratelli che « la compongono non mancheranno all' appello, vi inviamo il « triplice e fraterno saluto. La Commissione Esecutiva. NB. Le « adesioni (doe i quattrini) si spediscono al fratello Rinaldo « Roseo e i Vaglia postali al fratello Venturini tesoriere della « Rispettabile Loggia Universo alia nuova sede del Grande

ECC.

« 0 Via Campo Marzio, 43, p., Roma. > Ma bisognera

poi contnillar<' seriamente i conti di quest! Fratelli Tesorieri; unicamente, s'intende, per la formalita. La quale Circolare e proposta della Loggia particolare Uni-

<o appro v6 e fece sua propria tutto il Grande Oriente di Roma con sua lettera ufficiale, che 6 come segue. « Yalle del Tevere, « Or.-, di Roma, XI! g.\ IX m.\ A/. Y.-. L/. L.\ 000,883 e « dell'E.-. V.-. 12 Novembre 1883. Egregio e Carissimo Fra- teUo KINALDO ROSEO. Roma. Siamo lieti di parteciparvi come il « Governo dell'Ordine nella sua seduta ordinaria del 4 Novembre « corrente abbia approvato ed altamente encomiato (senza dare

n soldo) il progetto Teramente umanitario presentato da co-

< testa Rispettabile Loggia per la costituzione in Roma di an « Ricreatorio per i bambini. In seguito a questo favorevole voto « la Grande Maestranza (non vi da un soldo, ma) vi autorizza « a fare le pratiche perch& la proposta generosa (di squattri- « nare il prossimo) divenga una realta. Ed avuto riguardo al- « 1'importanza di un fatto (da farsi) che tende a togliere qui « in Roma, dove la lotta col passato si manifesta di giorno in « giorno sempre piu seria e vivace, le nascenti generazioni al- « I' influenza deleteria (d' istruzione e di beneficenza) del cleri-

< calismo, vi concede di rivolgere un caldo appello (per qualche

< soldo: ma I' aspetteranno per un pezzo) alle Loggie tutte

< della Coinunione Italiana, perche si facciano a voi cooperatrici

< e aiutatrici in opera cosi degna della nostra umanitaria Insti-

< tuzione. Gradite o caro Fratello il nostro (obolo? No: ma il « nostro) piu affettuoso e fraterno saluto. II Gran Segretario « Luigi Castellazzo 3.-. II Gran Maestro Giuseppe Petroni 33.\ >

Che cosa abbiano conchiuso questi inassoncini coi loro Ricrea- fnrii in Roma od altrove non lo sappiamo. Possiamo perd con- getturare che, nulla facendosi in questo genere di cose senza danari ed influenze, e difettando assai degli uni e dell' altra la Massoneria italiana, i Ricreatorii debbono essere morti prima che nati. Ad ogni modo d'ora innanzi tutta la Massoneria ita- linna non potra piu negare la verita della parola Pontificia

Serie XII. vol. VI. fate. 81'5 42 10 giugtw 1884

DI ALCUNI DOCl'MKNTI 1'OCO NOTI ECC.

quanto al vero scopo, non piu arcano della loro setta, non piu segreta. La quale noa cerca gi& la beneficenza e /'/V/ come scopo, ma coine mezzo ipocrita e furbesco per ottenere il suo vero scopo della distruzione impossibile del cristianesiino e della possibilissima distruzione degii Stati e dell' ordine sociale e civile. II che a vero dire non ha piu bisogno di diinostrazione, bench6 sempre ne sia utile la dichiarazione. ImperocchS (dice rEnciclica Pontificia Humanum genus): « da fatti giuridica-

< mente accertati, da formali processi, da statuti, riti, giornali

< inassonici pubblicati per le stampe, oltre alle non rare depo- « sizioni del complici stessi, essendosi venuto a chiaramente « conoscere lo scopo e la natura della setta massonica, questa «c Apostolica Sede alz6 la voce e denunzift al uiondo: la setta « dei Massoni sorta contro ogni diritto umano e divino ESSEUF:

< NOX MEXO FUNESTA AL CR1STIAXESIMO CHfi ALLO STATO. > E pOCO

dopo : « Da si celere e tremenda propagazione (della setta inas- « sonica) ne sono seguiti A DANXO DELLA CHIESA, DELLA poii « CIVILE E DELLA PUBBLiCA SALUTE quei rovinosi effetti che i no- « stri antecessori gran tempo innanzi avevano preveduto. lui- « perocch^ siamo oinai giunti a tale estremo di dover treuiare

< per le future sorti, non gia della Chiesa edificata su fonda-

< mento non possibile ad abbattersi da forza umana, ma DI « QUEGLI STATI dove la setta di cui parliarao o le aitre affini « a quella e suoi ministri e satelliti possono tutto. » Dal che tutto si dee conchiudere che, anche prescindendo dalla guerra e dal danno che la setta massonica fa alia Chiesa, alia reli- gione ed alia morale, il solo interesse dello Stato e della so- cieta laica e civile esige imperiosainente che si estermini, per quanto e possibile, questa societa segreta, o meglio questa ma- triarca di tutte le socieU segrete, siccome quella che non e pro- priamente altro che uno Stato nello Stato ed una societa occulta, nemica ed avvelenatrice dello Stato e della societa pubblica e comune.

E venendo perci6 ora a dimostrare e chiarire con nuovi do- cumenti questi gravi pericoli e danni che non soltanto la so-

ECC.

tiana ma lo Stato stesso e la s<- -ale

e ci uMite patiscono da questo nascoso veleao raas-

sonieo siTpi.-ggiante per tutte le loro vene, non sara inopportuno di recare brevemente alcuoi fatti ed argomenti di quosti special! •oil e damn cho nno Stato qualsiasi, dove i massoni sono potenti, puo da loro sofFrire in caso di guerra.

Dove e da preraettere quello che tutti sanno in generale della

:e o vincolo che lega tutti i massoni a mutuo soccorso: donde

e nato quel loro detto, coinune del resto a tutte le sette segrete,

dell '/// c Tutti per nno. Ondeche si legge nel ti-

tolo IX, n. 4 delle Co&titwrioni della societa dei Liberi Mu-

'/•/ ili-l 17~>0: in Cosmopoli, nella Stamperia del figlio della

f»va a spese dei sitoi fratelli (le quali sono delle piu antiche

ed autentiche e furono nel 1S66 rinvenute nella biblioteca di

Napoli, senza che altrove se ne sia mai trovato altro esemplare)

che : « Non si manchi al dovere di aiutarsi e soccorrersi nei bi-

« sogni, con preferirsi sempre »n /ra^//o*bisognoso ed onesto

« a qualiinque altro profano che si trovasse nolle stesse circo-

« stanze. La storia della societa e piena di esempii accaduti ad

< un'infiniU di fratelli, i quali hanno potuto uscire di affanno « col solo farsi conoscere e spesso salvare la vita naturale e

< civile fcioe sfuggire anche alle pene meritate) posta in forse « in alcuni fatali incontri. Bisogna pertanto che ciaschednn « fratello (anche se Hagistrato o altro pubblico ujficiale) si

< applichi a far sentire, provare e riconoscere la benigna in-

< fluenza della societa (anche a spese della giu*ti:i<i), come « fecero tutti i buoni Massoni dacche ebbe principle la Franra « Muratoria. > E nel titolo X n. 9.: « I doveri di un Lib'iro « Muratore sono sommo zelo per travagliare quando e chiamato; « la sottomissioue della volonta (obbedienza ciecaj a quella dei « Fratelli maggiori; legame di fratorna e sincera amicizia; « regolandosi in tutto col piu inviolabile segreto. > E non sa- rebbe necessario questo /;/• -, se questi atti di

e di nmicizia non dovessero essere anche talvolta colpevoli e criminosi. Chi c infatti che debba ragionevolmente

DI ALCUM DOd'MENTI I'OCO NOTI ECC.

K-iiere occulti i suoi atti di olbedienza e specialiuente dl ami- ia, se quest! sono lodevoli ed innocent!? Pericoli dunque e danni anche sommi possono pervenire alia societa civile nei tri- bunal!, nei process!, nelle career!, nella distribuzione dei premii o delle pene, delle cariche e degli impieghi ed in tutto Taada- inento delle cose da quest' obbli go che hanno i Framinassoni di aiutarsi e soccorrersi, preferendo sempre il fratello ad un qualunque altro profano. II che, come non vi ha chi nol veda, cosl fu anche da molt! e spesso gia dimostrato e chiarito. Ma la cosa cresce d'importanza in tempo di guerra; essendo evi- dente che se la inassoneria di uno Stato ha interesse di tradirlo al suo neinico, secondo I'iinportanza che vi ha, gli farii anche correre uguali pericoli di tradimenti. E ne fu vittima, secondo autentici documenti, non soltanto 1' esercito del Conde ossia dei Legitimist! emigrati combattenti nei secolo scorso contro la Re- pubblica francese, la quale aveva i suoi massoni nell' esercito e nei governo prussiano, ma poi lo stesso Napoleone I. II che & dimostrato dal libro di Carlo Nodier edito a Parigi nei 1815 intitolato: Histoire des Societes secretes de I'Armtte et de$ conspirations militaires qui out en pour object la destruction du governement de Bonaparte. Ed anche fu chiarito dal Lafon nella sua Histoire de la conjuration du general Mallet Pa- ris 1814. Ma specialmente la cosa 6 a lungo dimostrata nei tre Yolumi clandestinamente stampati a Londra nei 1815, ne ma! stati nei coininercio librario, intitolati Histoire des conspirations militaires formtfes contre Napoleon Bonaparte depuis 1798 jusquen 1814: ou Chroniqite secrete de France e d'ltalie de- puts la creation de la republique Cisalpine jusqu' a la chute du Tiran Corse: publiee par le conseil des conjures des d< pays. La quale storia da chi la possiede pu6 considerarsi come un manoscritto inedito. Sopra il che anche pu6 consultarsi ii Vannucci nei suoi cosl detti Martiri all'articolo Buonarroti pisano e principalissimo tra quei cospiratori. II quale anche so- leva benignamente dire da vecchio, dopo la cosi detta liistora- zione del 1814, che secondo lui la repubblica francese aveva

ito nel non ghigliottinare qualcho altro centinaio di mi^liaia di pift oltro ^-higliottinati nel tempo del Terrore. Ed il

Vannucci pone costui tra i M>irtiri! Tanto varrebbe porvi anche Erode in merito e ricoiupensa del la sua strage dei Bambini. E crediamo in verita che in quel martirologio del Vannucci 1'escluso Erode vi starebbe molto meglio che non i nove decimi degli inclusi.

Ma per tornare all' argomento, giova riferire ci6 che non soltanto, come vedemmo, in generale nei suoi Statuti impone ai suoi adepti la Massoneria sopra 1'ainto loro scambievole a preferenxa di qualsiasi profano, ma quello ancora che parecchi massoni pi ft o uieno ufficialmente si sono lasciati scappare di bocca sopra il caso speciale del tempo di guerra. E cosl per esempio il Massone Bouilly, che nel 1842 aveva ottant'anni e doveva perci6 aver attinti i veri principii massonici dalle prime origini della Massoneria in Francia (fu infatti Gran Mae- stro e passava tra i suoi come un oracolo) in un suo libro intitolato Mes recapitulations , lungamente e pi ft volte citato nell'anno IV (1842) dei Globe Francma$on Archives des Initiations etc. (che abbiaino sotto gli occhi) dice espressamente a pag. 4 che: < Bisogna penetrare pift innanzi e dimostrare che « la forza dei nostri vincoli fraterni e tale che essa lega tra loro

< anche quelli che per 1' interesse della patria sono arinati gli

< uni contro gli altri. > E segue con una filastrocca di esempii di soldati francesi e massoni salvati da soldati inglesi e russi massoni e viceversa, violando anche gli ordini contrarii dei general! ; conchiudendo: < Massoni! Non distinguete ne nazioni « nd uniformi: non vedete che fratelli: e pensate ai vostri yiu- « ramentl. > Notisi bene. Non dice gia Pensate ai vostri /////- raincnti militari. Ma dice Pensate ai vostri giuramenti //

••id. Nella stessa Rivista Massonica il Globe a pag. 446 del volume ed anno si legge un discorso tenutosi in una festa solenne del Grand' Oriente di Francia da un certo Lefebure Grande Oratore il 24 giugno del 1841. II quale disse espressa- mentc che: < Abbianio veduto sul campo di battaglia alcuui che

DI ALCl'M nOCr.MI'Vn I'OCO NOTI ECC.

« snl punto di scannarsi si abbracciavano. Le leggi stesse della « guerra piegano sotto la potenza massonica. Cio che non pos- « sono ne i Be ne i Capitani, un solo segnale massonico lo pu6 « fare. Si sono visti combattenti gettare le armi e baciarsi se- < condo eke volevano i loro giuramenti. > Qaali giuramenti ?

I railitari o i massonici? E chi sa che certe defezioni spagnuole e non spagnuole non si riducano in fine che a baci massonici? Giacche come i soldati, cosl gli ufficiali e i generali possono aver fatto il giuramento massonico. Ed allora chi comanda all'esercito?

II Re o il Gran Maestro? Non di soli soldati infatti ma di uffi- ciali e generali discorrono in piu luoghi Les annales clironoloyi- ques de la magonnerie des Pays Bas : Bruxelles 1814-1828: \ quali parimente abbiamo sotto gli occhi. Siccome per esempio a pagina 52 del vol. 2°: dove si legge che: < Un ufficiale belga « nel mezzo di una carica di cavalleria, trovandosi di fronte « un suo gia compagno di Loggia, dimentico tutto ed a costo « di passare per traditore lo salv6. > E poco dopo a pagina 54: « Due ufficiali inglesi comandavano la scorta di molte centinaia « di francesi prigionieri. Fattisi questi riconoscere per massoni, « gli ufficiali inglesi, per mantenere la loro parola massonica, « presero a difenderli contro i loro alleati prussiani combattendo « anche contro di loro. La cosa (seguono gli Annali) pu6 parere « incredibile: ma e verissinia. > Che cosa infatti di piu iucredi- bile, militarmente e lealmente parlando, che il combattere tra loro di truppe alleate per salvare i nemici perche massoni? Xarra poi la Rivista massonica Latomia a pag. 189 del suo vol. che: « Trovandosi di fronte presso Salamanca i due eserciti francese « e spagnuolo, ed un battaglione francese essendo in pericolo « di essere distrutto, il suo comandante Dupuy fece il segno « massonico e subito ii generale spagnuolo fece cessare il fuoco. « Poi quanti dei francesi furono ricouosciuti per massoni oltre la « vita salva ebbero ogni sorta di ottimi trattamenti. > Un fatto anche piu grave narra lungamente il massonico Globe a pag. 483 del suo vol. come accaduto nelle guerre di Spagna nel 1808. Esso si riduce in breve a questo che, essendo stato colto e con-

dannato a inorte nno spione del generale spagnuolo Guesta (il Santa Croco capitano dei granatieri), il qnale aveva accettato di guidaro cioe sviaro nn corpo di francesi, fattosi conoscero per massone, un ullicialo francese lo fece scappare di carcere. ra poi il Franc Marun a pag. 68 del suo anno che :

< era prigioniero di guerra all' isola Maurice un ufficiale inglese « Owen, che fuggl di carcere, uccise varie guardie e finalmente

< fu ripreso. Gondannato a morte fu subito salvato e liberate,

< perche riconosciuto massono dal suo stesso giudice Generale * francese De Gaen massone anche lui. > Quest! ed altri molti simili futti (raccolti gia a pag. 242 e seguenti del volume dei gia altrove da noi citati documenti del Neut o da noi per la piu parte verificati allo fonti originali) saranno per avventura piu o mono autentici in s6 stessi, e forse anche in parte inventati ed csagerati per vantare ai massoncini la potenza della Mas- soneria. Molti infatti si sogliono vendere anima e corpo alia Mas- soneria per solo interesse e vanita. Ma quei fatti o veri o falsi che siano, sono pure raccontati dai giornali e libri massonici sopra citati come opere generose, magnanime e degne di somma lode e, quello che piu importa, d' imitazione. Cosicche, o veri o falsi che siano, la cosa torna sempre allo stesso, cioe al somma pericolo che in tempo di guerra pu6 venire ad un qualsiasi Stato che abbia nel suo esercito dei massoni influenti nella condotta della guerra e persuasi che il loro giuramento massonico prevale sul loro giuramento militaro e sopra la stessa lealta uaturale. La quale per fermo non penuettc che in tempo di guerra si trad i sea la propria parte per favor ire la nemica. Ma tutto £ permesso dai la morale massonica. Della quale e quel famoso principio che il fine yiustifica i mezzi.

Autentico per6 e certissimo e il seguente documento masso- nico coinprovante che, come noil' esercito di terra cosi neH'arinata di maro tutto si pub temere da uno Stato nelle cui flotte fiorisca la Massoneria. Esso e citato dal gioroale ufficiale della Massoue- ria francese, il g& mentovato Globe Franc -iimnm a pag. 160 del suo Vol. (1842) ed ultimo. Ed e un Decreto del 6 no f 'un-

r.f'/i DI ALCUM DOCUMENTI POCO NOTI ECC.

siglio del seguente tenore: < Supremo Consiglio del 33/. ed ultimo « grado. Gran Loggia centrale di Francia: Eito scozzese antico « accettato. Estratto delle deliberazioni del Supremo Consiglio di Francia: seduta dell' giorno della Luna Yar; secondo mese

< dell'anno della gran Luce 5842 (dob, il 18 aprile del 184;r).

< Articolo 3\ Ogni Capitano di mare frammassone e autorizzato « ad alzare in caso di pericolo una bandiera massonica. Questa « bandiera dee essere quadrata e disegnata in azzurro su fondo « bianco cosl : due mani alzate e serrate in segno di pericolo

< colla croce sopra. Articolo 4. Questa bandiera copre tutto « 1'equipaggio (doe massoni e non massoni) e chiama in soc- « corso ogni fratello che la possa vedere. Non accorrere a quel segnale 6 tradire la fratellanza e 1'onore massonico. Segnati « il Conte di Chabrillan, ii Conte di Montehieu, Allery, Quiffrey, « Conte di Ferniq, (e finalmente il celebre) duca Decazes. > II qual decreto, bench6 non paia alludere che alia marina mercan- tile, chi ben considera vedra che non parla di fatto che della marina da guerra. E ci6 perche per la marina mercantile sono gi& impost! e noti a tutti i segnali di convenzione comune accettati e riconosciuti da tutte le genti. Or questi segnali noti e comuni quando sono inalberati da una nave pericolante fanno correre in suo soccorso ogni nave comandata da persona umana, leale e rispettante il diritto delle genti e le leggi della carita e dell'onore. Dunque Tuna delle due. 0 il Supremo Consiglio massonico di Francia crede che i suoi capitani massoni sono gente di onore e di carita: ed allora a che pro un segnale particolare? 0 crede necessario un segnale parti colare: ed allora egli non crede che i suoi capitani massoni siano gente di onore e di carita per altri che pei massoni. Praticamente dunque questo segnale particolare non pot& essere inventato che per pericoli diversi da quelli comuni della navigazione mercantile. Non essendovi del resto varied di valore nei giuraiuenti militari di terra o di mare, ed essendo dimostrato che per quelli di terra il giuramento massonico dee prevalere al militare, e ben chiaro che lo stesso dee in massoneria accadere per quelli di mare.

DI ALCUM DOCUMENTI PMCO PiOT!

E che non sia vano no esagerato il timore che uno Stato qualsiusi dee concepire, come in pace cosl specialinente in guerra, dei massoni che egli abbia in casa, no sono e debbono essere gia convintissimi tutti i governi si massoni come non massoni. I massoni, per propria loro esperienza personale, ben conscii sic- come sono dei tradimenti fatti e percifc sempre in timore che si renda loro pan per focaccia: i non massoni per la soinigliante loro esperienza personale dei tradimenti gia patiti dalle sette segrete. E nota del resto la resa di Malta nel 1798 ceduta u Napoleone I dagli stessi cavalicri di lei felloni e massoni. Sono note altre vittorie e rese piu recenti. Ne e da diinenticare che la sola vergognosa sconfitta, toccata senza rimedio dal Venturiere dei due Mondi, gli venne dai certamente non massoni soldati del Papa. Ora chi la fa 1'aspetta: od almeno dovrebbe aspettarla. Percifc non e solo interesse della Chiesa e degli Stati non mas- soni, ma degli Stati stessi phi settarii e massonici, T udire ed il seguire la voce Paterna ed Apostolica di Leone XIII, che per loro bene denunciat Sectam Massonum non minus Christiana* rei quam Civitali perniciosam. Giacche so gli Stati ed i Go- verni paiono ormai sordi alle voci paterne ed apostoliche del Vaticano, essi dovrebbero almeno avere ormai gli orecchi lunghi abbastanza per udire gli scoppii dinainitico- massonici.

BELLA

CONTINGENZA DEL MONDO

Fra gli argomenti onde prendere una citto forte adoperati da capitani rinomati nella strategia, & celebre quello di deviare il corso del flume che per ventura la tramezza e troncare gli acqueiotti che le recano 1' acqua. Se negli estivi calori le nubi le si mostrano avare, 6 giocofom ch'essa patteggi e spalanchi le porte all'oste nemica. Proprio cosl fa la Massoneria contro la Chiesa ch' 6 la citta di Dio ; conciossiach^ tra raezzi quanto possenti altrettanto iniqui ch' ella adopera per manoraetterla, 6 potissimo quello d'impedire la diffusione della cattolica dottrina e della vera scienza. Va piu in la: avvelena le fonti, cio& le pubbliche scuole, dalle quali la gioventu £ obbligata di attingere il sapere. fi bea vero che sono cosl calpestati i diritti paterni ; tradita 1'innocenza e la debolezza degli adolescenti; sacrificata la tendenza naturale che ha 1'aonio alia verita; manomesso il suo diritto che ha verso la socieU di non essere impedito, ma piil presto aiutato al conseguimento del suo fine: ma tutto ci6 che importa? Da che cotesta setta s'impossesso dei governi e dell'andainento della cosa pubblica, una gran moltitudine di leggi scaltrissimamente coordinate all'empio scopo vagheggiato, ha guarentito quasi del tutto ai governi ed a'municipii il mono- polio del pubblico insegnamento, cotalch^ la Chiesa e i cristiani genitori non hanno virtu da impedire efficacemente tm tanto danno.

Dov'e in tutta Italia una university nella quale s'insegni liberamente ed apertamente la esistenza delPunico vero e vivo Iddio? Se un pugno di giovani cattolici conscii dei loro naturali diritti vogliono incamrninarsi sull'orme del piu grande- filosofo dell' Italia e di tutto il moudo civile, vogliamo dire san Tom-

>, sono schurniti, e dichiarati, perci6 solo, nemici del pro-

•lla patria.

Per questo noi seutiamo ognor piu stretto il dovere di coin-

buttere la setta nel cuinpo scientifico, e ad nna filosofia men-

zognera e balorda opporre la luce dulia vera filosofia, che la Dio

•ci\ e non solo cristiana ma eziamlio italiaua, come in questo

periodico 1'abbianio dimostrato. E poiche ora si ha 1'audacia di

ire la contingenza del mondo, per torci il mezzo termine

da noi adoperato a dimostrare la esistenza di Dio, intorno alia

sima contingenza filosofiaino.

I.

// D'Ercole imiHtr/na la contingenza del mondo; ragioni che reca; accusa i teisti di non dimostrarla e di easerc sempre caduti in un circolo vizioso.

II D'Ercole professore di filosofia nell'Universita di Torino, per insinuare I'ateismo, impugna la contingenza delle cose mondane. Xoi I'abbiamo toccato di Tolo in una rivista, ma abbiamo fatta promessa di confutare con pienezza maggiore gli errori di costui, quando, segnendo il corso delle nostre trattazioni filosofiche, ci venisse in concio.

Allorch6 diciamo che una cosa e contingente, Togliamo inten- dere che essa non ha della sua esisteuza sufficiente ragione in medesiina, e per6 da altri vuol essere stata prodotta. Per lo che se diciamo che T universe mondo e contingente, vogliaino affermare che la ragione sufficiente del suo essere e delle sin- gole coso dalle quali 6 costituito, non pu6 ritrovarsi nel mede- simo. Onde, data la sua esisten/a, e mestieri il confessare la esistenza della causa prima ch'6 Dio.

II D'Ercole non si perita di afferraare che tale contingenza non si puo riconoscere n>ll<i realta. Ad esporre con alqnanto di chiiire/.za il concetto dell'ateista, per cid che si attiene a tale questione, ridurreuio a questa forma la sua argomentazione. Egli ragiona cosl. Se T universe fosse contingente, non sarebbe neces- sario: quiudi sarebbe stato prodotto o, meglio, creato da quel-

DELLA CONTINGENZA DEL HONDO

1'essere necessario, che dicesi Dio. Ma ci6 e assurdo. Imperocche: « L'ente creatore ad extra e in perfetta contraddizione col con- tingente. Se il Mondo contingente, per tale contraddizione, noil pu6 esser creato ad extra da Dio, come pu6 il Teismo conclu- dere legittimamente dal contingente a Dio, il che significherebbe concludere dal creato ad un creatore che non 1'ha punto creato?1 > Ma per quale inai ragione dovremrao essere tratti ad ammet- tere questo carattere di contraddizione tra il creatore e il creato? Ce la da il D'Ercole in queste parole: « per la ragione che il mondo come opera deli' essere divino, 6 necessario; in virtu del principio dell' adequatezza tra la causa e 1'effetto, s'e necessaria 1'una, non pu6 essere contingente 1'altro...2 Un Dio che fa opera contingente non e un essere necessario, assoluto, ma un essere relativo e contingente esso stesso3. >

Ed eccone altra ragione. L' affermazione che il mondo sia creato dall' essere necessario sta « in contraddizione colle leggi del pensiere e dell' essere convalidate e conferrnate razionalmente e sperimentalmente dal principio assiomatico stato sempre vero ed inconfutato, che cio6 ex nikilo nihil fit*. >

L'ateista impugna la contingenza deH'universo eziandio con altra ragione. < Ma vi ha un' altra potentissima ragione per cui la proposizione, il mondo & contingente, & falsa, ed 6 la man- canza di dimostrazione della inedesima. Per sostenere scientifi- camente la contingenza del mondo bisogna dimostrarla. L'ha dimostrata il Teismo questa contingenza? Crede e sostiene di averlo fatto : ma il vero e che 1' ha dimostrata in guisa tale, che equivale perfettamente al non averla dimostrata. L' ha dimo- strata cioe, presupponendo 1'esistenza di Dio come creatore, come, d' altra parte e viceversa, ha dimostrata F esistenza di Dio crea- tore, presupponendo la contingenza del mondo ; e la cosa impor- tantissima per il punto che stiamo trattandolo, e avvenuta cosl. II Teismo ha accolto dalle sacre carte siccome dogma incon- cusso la esistenza di Dio creatore, secondo ch'e espresso nel Genesi. Su questo principio il Teismo non ha mai levato dubbio di sorta, ma lo ha sempre accolto dogmaticamente siccome un

1 II Teismo, pag. 292. « Pag. 295. s Pag. 297. * L. c.

ila e dinmstrata la contiuir«'nx:i del mondo, siccome una i e seraplice conseguenza della creazione: di fatto una volta il mondo e stato creato, cioe tratto dal mil la, ed e sorto per virtft di altro, esso e contingent*). La conseguenza e giusta, ma e stata mai dimostrata la creazione ? asserita si e sempre, ma dimostrata mai. Dunque il mondo 6 stato detto contingente Tfismo, perchfc 6 stato asserito come un prodotto di Dio, presupposto creante. La contingenza del mondo ft cosl la con- segiienza di un presupposto i)i dimostrato. Quando il Teismo, nel modo indicate, 6 stato in possesso della contingenza del mondo, che cosa ha fatto? Ha fatto il cammino inverso, cioe ha cercato di dimostrare 1'esistenza di Dio per mezzo della contingenza del raondo, argomentando come segue: Se il mondo e contin- gente, esso non pu6 esser da se, e suppone un essere neces- sario, il quale non pu6 esser altro che Dio, il quale dunque d. Che cosa si e fatto in questo doppio inverso cammino argomen- tativo e dimostrativo? Si e partito dalla presupposizione indi- mostrata (accolta dograaticamente dalle sacre carte) che Dio & ed e creante : e se ne e conclusa la contingenza del mondo. Ma il lettore intende che una conclusione ottenuta per mezzo di una indimostrata presupposizione, rimane essa stessa una conclu- sione iudimostrata. Indi si e" presa questa conclusione indimo- strata e la si e fatta servire a dimostrare la presupposizione indimostrata nel modo che si 6 detto. E cosl due indimostrati sono stati detti entrambi diraostrati : T invlimostrato Dio creante ha dimostrato contingente il mondo: e 1' indimostrata contin- genza del mondo ha dimostrato esistento T indimostrato Dio creante: ft stato, insomnra, non altro che un rimando da indi- mostrato ad indiinostrato, senza aver dimostrato ne 1'uno ne T altro !. » In questa maniera si propugna I'ateismo da un pro- fessore di una delle primarie universita d'ltalia, qual e quella di Torino! Con vane e del tutto false afferraazioni, con miseri sofisini indegni di un maestro dozzinale viene tratta neU'errore la nostra gioventfi, e in un punto ch'e della massima impor-

Iil'.LLA CONTI>< !. MO.MJO

Uuiza e per I'liomo individuo e per la famiglia e per la societa tntta quanta. Risponderemo a queste povere argomentazioni del D'Ercole: ma lo farerao dopo avere alquanto matnramente di- scussa la contingenza del mondo; seguitando qui il metodo del- rAquinate, il quale risponde alle difficolta che si propone, dopo avere esplicata e provata la tesi.

II.

Vano mezzo trovato dagli ateisti tra ilfalso e il vero: dish'it- zione tra il soygettivo, I' ogyettivo, il reale; la verita e consonanza delVordine oggettivo col reale: stoltezza ml- V ammettere il mezzo tra il vero e ilfalso; hegeliani sogna- tori; la verita non e~ relativa ma assoluta.

Dilucidiamo in sulle prime una dottrina che e di alto momento. Gli ateisti moderni per illudere i gonzi, si danno 1' aria di con- ciliatori delle sentenze estreme; e nel fatto nostro ti diranno presso a poco cosi. Vi sono alcuni che affennano essere assolu- tamente falso che il mondo sia contingente e perci6 sia creato : vi sono altri che affermano essere ci6 assolutainente vero. Vo- glionsi evitare cotesti due estremi. Nell'ordine soggettivo ci6 e vero, perche cosl porta lo svolgiinento del pensiero umano; nell' ordine reale ci6 6 falso, perche contraddice alia ragione ed al fatto. Ascoltiaino il professore d' Ercole < La creazione & ella vera, e ella falsa? Qui ci troviamo innanzi a due opinion! estreme, delle quali, bisogna francamente dirlo, il Teismo stesso ne e una. Ali'altro estremo sta ii Materialismo. L'opinione vera a noi pare una, ch'e il mezzo fra gli estremi; il qual mezzo, secondo noi, e in perfetta consonanza coH'Hegeliauismo e col Positivismo ben inteso. L'opinione media, a nostro avviso, e che il principio creative e falso e razionalmente insostenibile, considerate nel suo principio teorico; ma che, ad onta di ci6, esso ha pur avuta la sua grande ragione di essere. Se ha avuta ragion di essere, non e possibile che sia assolutamento falso, secondo Tuna delle due estreme opinioni, ma ha pur dovuto rappresentare la sua parte nell' evoluzione del pensiere, e cosl

871

;inch' esso, a modo su<>, ulla vrrita '. » I>i questa mar I'H.N f;ire il panegirico dell'Idolatria, d«-l M

'•'1 Bndismo, di tutti afTatto gli error! piu grossieri e pi A rovinosi; i qnali non si potranno dire falsitti, perche /

•no In *n,i fi'irfe netf evoluzione del pensiero. Questo discorrere si accorda coll' Hegel, come accenna il d'Ercole, e coi razionalisti ed idealisti tedeschi, nella immaginazione del quali pu6 stare la verita soggettiva disgiunta dalla verita del- Tordine reale.

Distinguiarao noi il soggettivo, 1'oggettivo, il reale. A Leibnizio yiene attribuito lo strano sistema della, cosl delta, annonia pre- stabilita. In questo sistema I'anima e di tale natura, che tratta da intrinseca necessita pensa e vnole. La evoluzione del pen- siero non d cagionata dalla presenza delle cose pensate, nia da una ragione sufficiente interna, per la quale dopo un pensiero debbe venirne tin altro appresso. Quefto 6 il gerraano sogget- tivismo. Nel qnale tntte le cose concepite rappresentano la ' parte neW evoluzione del pensiero, senza che abbiamo una vera ragione che ci dia certezza dell'accordo del nostro interno coll'esterno: ossia deH'armonia dell'ordine soggettivo coll'ordine reale. Leibnizio ricorreva alia volonta di Dio: inutile ripiego e niente filosofico.

11 reale e Tordine delle cose tal quale esiste in s& medesirao fuora dei nostri concetti.

L'oggettivo e il reale pensato, cioe appreso dalla mente.

Consideriamo uno specchio, nel quale non sia alcuna ima- gine fissa o dipinta. Se cotesto specchio e scoperto, a raano a mano che le cose gli passano innanzi, imprimonsi, per mezzo dei raggi luminosi, in esso e formano cosl le loro imagini. Tali imagini sono oggettive ed oggettivo e Tordine col qnale sono formate, ne pud discordare tale ordine oggettivo dalFordine reale, perchfc quello e un effetto e, direm cosl, una ripetizione di questo ; ne proviene da una cagione intrinseca allo specchio stesso ed indipendente dalle cose reali specchiate. Per lo che dal vedere che noi facciamo nello specchio un albero distinto da

1 l1^'. si-83.

DELLA CONTINGENZA DEL MO.Mxi

nn cane, abbiamo il diritto di affermare, che questa distinzione non c'6 solo nello specchio, ina e ancor nelle cose, die in esso vengono rappresentate ; e dal vedere nello specchio che una cosa e in moto, dobbiamo pure inferire che nella realta 6 cosl. Xon accade qui svolgere il processo deH'umana conoscenza, ci basti ricordare che secondo la vera filosofia, la quale, perche vera, e unica, la nostra mente in s6 copia, e copiando in s& stessa vede le cose, le quali mediante i sensi e i fantasmi le hanno potato recare le imagini delle loro nature e il conoscimento della loro esistenza. La niente apprende non crea, e perci6 1'ordine men- tale delle cose apprese e oggettivo e non g& soggettivo, come che possa ella lavorare nel suo mondo ideale, ed intrecciare le imagini apprese in varie guise, costituendole anche come esem- plari della sua esterna artificial operazione. E questa e una proprieta dell' intelletto in quanto tale, e non perch& 6 intelletto umano, e imperfetto. Infatti non si pud dire nemmeno del divino intelletto che crea ii suo pensiero: essendo nel divino intelletto pensata la divina essenza. Egli & vero che nel medesiino sonovi le idee archetipe di tutte le cose create, ma coteste idee altro non sono che la medesima essenza divina pcusata quale esem- plare di enti, che in varii modi ristretti possono essere fatti partecipi dell' essere divino.

Posto ci6 6 cosa puerile il dire essere necessario distinguere la verita soggettiva dalla verita reale, e che la dottrina della contingenza del mondo e della creazione non si pu6 dire as- solutainente falsa, perche ha verita soggettiva, couiech6 non abbiala nell'ordine reale. Iinperocche la verita e" una, e questa e la conformita della cosa considerata nell'ordine reale con la cosa stessa considerata nell'ordine oggettivo: il che porta che la cosa in sd sia proprianiente la cosa peusata. Qualora io apprendo la quiddita o la essenza del quadrato, dell' ipotenusa, e dei cateti, e, col lume della ragiono fissandomi in essi, veggo che il quadrato dell' ipotenusa e eguale alia somma dei quadrati dei cateti, potrd afferinare questo mio giudicio, tra il quale e tutti i quadrati che esistono o che sono possibili non ci potra essere giainmai discrepanza. Imperocche 1' essenza del quadrato

A. DEL U

pensata e universale cioe comune a tntti i quadrati, e cos! di- casi della essenza della ipotenusa o di quella dei cateti. Laonde lla via di mezzo tra il si e il no, tra il vero e il falso che ci addita il D'Ercole e che si ridurrebbo alia sola verita soggettiva, e* an mero sogno; e sognatori sono i soggettivisti tedeschi quan- tunque abbiano nominanza di gran filosofi. E pur qui in Italia fanno ridere certi professori hegeliani i quali, quando stanno sul definire una pianta, un bruto, o 1'uomo, dicono con balda sicumera: state attenti, ora creo il tulipano; creo Vusiynolo, creo V nomo; intendendo di affermaro, con ci6, che producono un ente soggettivo il quale percift ha solo verita soggettiva e non reale.

Ci6 che monta e, che nel lavorio intellettuale che facciamo sopra 1' ordine oggettivo, ci regoliamo con quelle leggi necessarie ed infallibili che presiedono alia nostra mente e che ci sono conte per la virtu del lume intellettuale, il quale in realta e" una creata imagine dell' infalli bile lume dell'eterna verita ch'e Bio; e che anco gli atei, purche non sieno scettici, cioe pazzi, debbono accettare come sicura e suprema norma dell'iimana ragione.

Frutto di questa sincera dottrina sia 1'ammettere che, in virtu della anzidetta consonanza naturale che v'e tra 1'ordine og- gettivo e T ordine reale, ci6 che diciamo di quello lo dobbiaino accertatamente dire di questo: certi che un angelo o Die stesso non potrebbe affermare 1* opposto, qualora nell' intellettuale no- stro discorso abbiamo espresso le leggi che naturalmente ci sono note in virtu del predetto lume. Cosi perchS nell' ordine ogget- tivo io veggo la verita di questa proposizione : non c' Z effetto senza causa proporzionata: dir& che cosl la pensa Iddio: ed an- cora, che non e possibile che altramente accada nel fatto, ciofc neir ordine reale. II medesimo dicasi di tutte le proposizioni, le quali se veggonsi vere nell' ordine oggettivo, non possono non essere vere nell' ordine reale. La verita pertanto non e relativa all'uomo perche soggettiva, ina perche oggettiva e assoluta e universale. Chi tiene il contrario degrada 1'umana dignita e toglie la base della filosofia, delle scienze, della convivenza so- ciale.

XII, vol. VI, fate. 816 43 11 giugno 1884

674 DELLA CONTINGKNZA DEL MONDO

III.

Proposizioni che hanno verita oggettiva, analitiche e necessa- rie; sintetiche e contingent; le proposizioni nelle f/ua/i f essere si predica delle cose mondane, sono sintetiche e contingenti; perb le cose stesse hanno per car attere prop rio la contingenza; questa & inseparable dal? essere finito o limitato; la ragione sufflciente degli esseri limitati deve riporsi nell' infinite : come neU intelletto di questo siavi la ragione sufflciente del? essenze finite, e nella volontd la ragione sufflciente dell"1 essere loro.

Le proposizioni che hanno verita oggettiva sono di due specie. Necessarie od analitiche le une: contingenti o sintetiche le altre. Nelle prime la determinazione del predicate viene dall' essenza del soggetto : nelle seconde la determinazione del predicate viene dal di fuori del soggetto. Per esempio: nel triangolo i ire angoli sono eguali a due retti: I'anima intellettiva e incor- ruttibile: Dio e. ft chiaro che queste proposizioni sono necessarie ed analitiche. Imperocche nella essenza concepita del triangolo v'e la determinazione ad avere tre angoli eguali, insieme presi, a due retti: di quality che se ci6 non fosse, il triangolo non sarebbe triangolo. Simiimente la incorruttibilita e intrinseca alia essenza dell'anima intellettiva: nd sarebbe tale se non fosse incorruttibile. Cosl 1' essenza di Dio e identificata coll' essere suo.

Ora veniamo alle proposizioni della seconda specie, cioe alle contingenti o sintetiche. Eccone una : Pietro e sapiente. Qualora in questa proposizione si consider! il soggetto in senso com- posto col predicate, ossia Pietro fornito della sapienza, e chiaro che la proposizione e analitica, anzi e tautologica : perocche e di fatti eguale a questa: Pietro con la sapienza e sapiente: cioe Pietro sapiente e sapiente. Ma se tu consideri la sola persona di Pietro, per certo nel suo solo concetto non e racchiuso il con- cetto della sapienza e per conoscere che Pietro e sapiente bi- sognera dedurlo altronde, ciofc dagli effetti che eel manifestano tale, o dalle cagioni che tale T hanno costituito. Per6 la proposi-

DELI

e e contingente e - Onde pu6 esservi Pietro senza

U sapienza o pu6 essere vera la contradittoria : Pietro non e sa- Ma ripugna esser ?era la contraddittoria di una dullo anzidette analitiche, per esempio la somma dei ire angoli in un trianyolo & inferiore a due retti. Perocche dicendo Pietro non sapiente non si afferma che Pietro e e non e Pietro: ma si affenna e si nega che il triangolo sia triangolo, dieendo che i tre angoli insieine presi non sono eguali a due retti.

Abbiam ora quanto basta per trattare la questioner so le cose mondane e il mondo stesso sia contingents. Da ci6 che teste dicevamo, appare che se la contingenza fosse un carattere essen- ziale al mondo, ogni proposizione nella quale s'indicasse 1'esi- stenza di un ente mondano, od anche di tutto il mondo, dovrebbe essere sintetica. Cosl in queste: Yuomo £ esistente; il mondo £ esistente, il predicate non dovrebbe essere richiesto dall' essenza del soggetto, e non dovrebbono percifc essere assurde, per cagione d' intiraa contradizione dei termini, le seguenti: Cuomo non e esistente: il mondo non e esistente. Ma se, per contrario alle cose mondane e al mondo stesso non fosse essenziale la contin- gent: dovrebbono essere analitiche le prime proposizioni, e, per inthnseca contradizione, assurde le seconde che ad esse si op- pongono.

Se non che pel fatto^stesso consta che ogni sostanza individua composta non fu sempre, ne sempre sara. Nasce ogni uomo e muore: nasce e muoreogni bruto ed ogni pianta: ed ogni sostanza composta inorganica ebbe origine dalla composizione dei suoi elementi e in essa successivamente si decompone o si pu6 de- comporre. Inoltre se alia essenza dell' uomo, della pianta, del bruto, dell' inorganico spettasse Tesistere, tanti individui di ogni specie contemporaneamente esisterebbono quanti sono possibili: ed e ci6 contro il fatto. Adunque tutte quelle proposizioni nelle quali T essere delle predette sostanze individue, indicato nel predicate si attribuisce alia loro essenza espressa nel soggetto, sono proposizioni siutetiche o contingent!. Laonde la contingenza e una essenziale proprieta delle predette cose mondaue.

La quale contingenza si manifesta ancora dai limiti ond' e

f,7f'» DKLLA CONTIM.K.N7..V DEL MONDO

ristretta la perfezione essenziale di ciascuna cosa. Quando una porfezione ha limiti non richiesti dalla essenza della perfezione stessa, conviene ritrovare fuori della medesima la sufficiente ra- gione di tale limitazione. Lo veggiamo in tutte le cose. Un atto p. e. di amore pu6 essere piil o meno intenso : perci6 la ragione sufiBciente della sua minore o maggiore intensita, cio& della sua limitazione e d' uopo cercarla fuori dell' atto stesso e ritrovarla nella volonU che n' e sua cagione. Se veggiamo un legno od un pezzo di marmo tagliati in figura cubica, affermiamo dovere averci ragion sufficiente di tale figura, la quale, ragione non si potendo avere nel legno o nel marmo, per se indifferent! ad altre limitazioni, fuori d' essi e mestieri ricercare. Fuori del sasso 6 la sufficiente ragione onde esso stia in uno o in un altro luogo; e i colori potendo acconciarsi ad altre figure, se sono di- sposti in una tela in maniera acconcia a rappresentare un uorno piti tosto che un leone, fuori dei medesimi ne sar& la sufficiente ragione e 1'avremo nel pittore.

Adunque siccome ogni cosa deve avere la sua sufficiente ra- gione, essendo principio metafisico indubitato questo: nihil est sine ratione sufficient*; quando c'incontriamo in un ente limi- tato, il quale di tali limiti non ha in se la ragione sufficiente, questa sar& sempre fuora di lui. Ma poniamo che la limitazione spetti al suo essere priino. In tale ipotesi essa limitazione dovra provenire da chi e causa efficiente deli' essere suo medesimo.

Presupposto il quale discorso consideriamo qualunque essere mondano ; un minerale, una pianta, un animale. Sia un minerale ristretto a quella specie che dicesi argento. Cotesta specie esprime forse tutta la perfezione del minerale? No davvero! La perfe- zione del minerale qui nell' argento e liinitata: ci6 a niuno puo essere dubbioso, giacche oltre dell' argento veggonsi moltissimi altri minerali di varia specifica perfezione. Adunque i limiti specific! dell' argento entro i quali e ristretta la generica per- fezione del minerale, e inestieri cercarli fuori della stessa per- fezione generica. Di piu: non si potra dire senza cadere nella petizione di principio, che la ragione sufficiente dei limiti onde £ ristretto il minerale, sia 1'essenza dell'argento, la quale esclude

>ere p. e. dell'oro e di altre specie del minerale. Imperoi- torna lo stesso il chiedere qual e la ragione sufficiente del limit! ond'6 qui ristretta la perfezione generica del minerale, e il dire qual <• la ragione sufficiente per la quale questo minerale e deter- minate qui all'essere di argento. Egualmente mettendoci a ricer- care la ragione sufficiente di ogni specie di vegetante o di ani- male, non la ritroveremo nella generica perfezione di vegetante o di animale ; perch& questa pu6 essere altramente determinata : ne senza petizione di principio la ricercberemo nella stessa per- fezione specifica. Imperocche" se dicessimo il vegetante $ qui a questa specie limitato perchfc d rite: T animale 6 qui a questa specie definite perch& 6 hone, tornerebbe a dire che quella e vite perche e vite; cbe questo e leone perchfc e leone: risposta tautologica e ridevole. .Fuori adunque e della specie e del ge- nere vuolsi ritrovare la ragione sufficiente della limitazione. Se non cbe ogni cosa appartiene ad una specie e ad un genere. Dun- que nessuna cosa mondana ha in se la ragione sufficiente del- 1'esscre proprio, cioe ogni cosa e contingente. Ma il mondo e la aggregazione di tutte le cose mondane, che sebbene ag- gregate, conservano i loro essenziali caratteri, dunque il mondo stesso e contingente. Ci6 si vede anche da questo, che ripugnando il numero infinito, il mondo nel suo tutto 6 pur limitato e quindi essenzialmente contingente.

Di qua sorge un sublime concetto che a Dio ci solleva. Tutte le cose perche limitate sono relative a quell' Ente ch'6 illimi- tato 6 perci6 assoluto, e le perfezioni di quelle debbono essere partecipate da questo. Imperocche ogni cosa mondana di qua- lunque genere e di qualunque specie e un atto imperfetto e li- mitato, il quale perche tale non ha in se la ragione sufficiente dell' essere suo. L'avri dunque in un altro atto. Ma se questo fosse pure imperfetto, esso medesimo avralla in altro, e poich& e assurdo un infinito procedimento di relativi senza Tassoluto che sia la base di tutti, bisogna pure confessare che vi dee essere queH'atto puro, infinito, perfettissimo, ii quale, appunto perche senza limiti, non pu6 avere da altro la ragione sufficiente di se stesso. Foiche la limitazione, come diceinmo, d inseparabile da

DELLA COMIM;I:Y/V nr.i.

ogni specie e da ogni genere, quest' atto puro o quest' ente ot- tiiuo non potrfc essere collocato logicamente in veruna specie n& in venm genere, ed abbracceril in s6 la perfezione di tutte le specie e di tutti i generi.

Tale perfezione non pu6 essere costituita per aggregazione, altrimenti cotesto ente sarebbe la somma di specie e di generi che non hanno sufficiente ragione dell' essere loro, e per6 esso medesirao mancherebbe della sua ragione sufficiente. Laonde 6 giuocoforza affermare che esso abbraccia la perfezione di tutte le cose in una maniera virtuale ed eminente, non in modo formale ed identico. Cosl una inoneta d'oro di cento lire in s6 contiene non per aggregazione, ma per valore e per una tal quale eininenza, diecimila centesimi: cos\, la cognizione intel- lettiva in s& contiene la sensitiva; cosi la luce contiene in s& i varii colori.

Ma a chiarire di vantaggio questo punto prendiamo le mosse da una sirailitudine. Ecco la statua di Alose, fatta da Miche- langelo. Questa imagine ha forse la ragione sufficiente dell'es- sere suo, nel marmo in cui & espressa? Non gia, perch& il manno poteva essere lavorato altramente. Ma pure perch& non pu6 essere senza la sua sufficiente ragione, l'avr& altrove. In cotesta ima- gine notiamo due elementi, il primo e la forma del Mose"; il secondo 6 1' attuale esistenza della medesima. Di entrambi questi elementi abbiamo la ragione sufficiente in Michel Angelo, il quale ne ideo la forma colV intelletto, e con la volonta I'attub, cioe~ diedele qpella esistenza che ha. Ciascun ente (e lo abbiamo dimostrato nell'articolo precedente) 6 un composto ontologico di due principii; 1'uno & Fessenza, 1'aitro 6 1' essere; e questo secondo principle suppone necessariamente il primo, essendo assurdo che una cosa esista senza avere una determinata essenza. Questa astratta dall' essere reale, non potra avere altro essere che 1'ideale e dovra avere fondamento, come dicevamo, nella divina essenza: la quale concepita dair intelligenza divina in tutti i gradi di esemplarita 6 T idea archetipa di tutte le cose. II fondamento poi del secondo principle dell' ente finite, cio& dell' essere, ond' e attuata la sua essenza, dovra ritrovarsi nella

DBLI A. DEL HONDO

tlivina volonta: e coal nol necessario e nell'assoluto ha sua ragione sufficient 1'ente contingente e il relative, rispetto ai due principii ond'e coraposto.

IY.

tosi negare la contingenza delle sostame mondane

v, inrano si ncga la contingenza delta materia onde

esse sono composte, sia che la materia prendasi in giusto

senso, sia che la si prenda in senso /also ed arbitrario;

la materia non pud non essere contingente.

Non ignoriamo che certi modern! filosofi si studieranno di francarsi dalla fatta dimostrazione ricorrendo al soggetto di«tutte le cosmiche mutazioni, cioe alia materia prima. Cotesti ti diranno che tutti i fenomeni accidental! sono contingent!, anzi ehe pure sono contingent! tutte le mondane sostanze, e ti concederanno che queste in se non hanno la ragiono sufficiente dell* essere proprio, appnnto perche ebbero principio ed hanno o possono aver tcrmine. Tuttavia qnesta ragione sufficiente si pub ayere nella materia cosmica ch'e il substratum o soggetto di tutte le cose, eterno e necessario.

Siffatta istanza d frutto di un deplorevole manco di scienza e di logica. Imperocchti tale substratum che dices! materia prima si puo prendere in due maniere: Tuna giusta 1'altra arbitraria e falsa: in entrambe il ricorso al medesimo e affatto inutile. Di vero ; quando ci dite che tutti i fenomeni accidental! hanno contingent, e che v'o qnesta contingenza eziandio in tutte le sostanze iudividue, ma non vi e nella materia prima, dalla varia mntazione del la quale e quell! e queste risultano, e mestier! che voi concediate che questa materia non e per s6 individua sostanza; e questo concetto e giusto. Ma se non d tssa un fenomeno accidental*?, e se non e individua sostanza, se sola non potra affatto osistere, perche ci6 ch' esiste non puo essere altrimenti che sostanza od accidente. E se non puo se esistere, non avra certamonte in se la ragione sufficiente della propria esistenza: dunque essa stessa sara contingente.

680 DELLA CONTINGENZA DEL MONDO

Ma dove si potra indicare la ragione sufficients della esistenza della medesima? Non ci dite, di grazia, che la si ritroverk nelle sostanze individue o nei fenomeni accidental!, che dalla sua mutazione risultano. Sarebbe questo un circolo vizioso ; giacch& ci avete affermato che la ragione sufficiente di quelle e di questi nella materia si ritrova. Dunque sari mestieri escire una volta dai fenomeni accidentali e dalle individue sostanze cosmi- che material!, e dal loro substratum, o dalla materia priuia, affine di rinvenire la sufficiente ragione dell' essere loro. Che se voi ci additate un ente estramondano limitato quale prima ra- gione sufficiente, torneremo ad opporvi la priiniera dimostrazione, onde abbiamo provato che un ente limitato, perche tale, e con- tingente. Per6 all' infinite, il quale perd appunto 6 necessario ed assoluto, conviene ricorrere.

Che se poi il substratum o la materia prima non si prenda nella maniera indicata ch'e giusta; ma la si prenda in quella che dicevamo arbitraria e falsa, e si affermi essere la medesima una infinita moltitudine di sostanze individue (non accade de- finirne qui la natura) dalla mera aggregazione e dal movimento delle quali risultano le specie vane e i varii generi delle so- stanze corporee, 1'istanza e vana per due ragioni. La priuia perche non e da filosofi il discorrere sopra un presupposto falso: e chi fa cosi, altra risposta non merita avere che questa: nego suppositum. La seconda perch6 se la materia prima fosse una moltitudine di sostanze, ciascuna di queste non sara certamente nella sua essenziaie perfezione infinita, ma limitata e finita. In tale ipotesi la dimostrazione gia, fatta per le sostanze, dalla limitazione delle quali abbiamo tratta la loro contingenza, vuol essere con tutta intera la sua forza applicata a cotesta materia prima. Laonde gli avversarii col ricorso alia medesima non avreb- bero distrutta la difficolta, ma solo spostata. Ora che la contin- genza dell' universo visibile e dimostrata, permettaci il lettore di giudicare un p6 le ragioni del Professore di filosofia dell'Univer- siU di Torino, che per stabilire 1'ateismo nega la contingenza delle cose mondane.

DELLA O V DEL MONDO 681

V.

«SY dimostrano nulle le ragioni recate dal D'Ercole; stolto prin- ci'i>io che V effetto debba essere eguale alia causa; non giusto ma assurdo & il dire che la causa necessaria debba produrre effetto necessario e non contingente; appunto perche neces- sario ed infinite, Dio ha in se la ragione sufficiente di tutti gli effetti contingent! e finiti.

Nel sno discorso non troviarao filo di logica : va a vanvera. Lo diciamo apertaraente appunto perch6 il D'Ercole sta in alto posto, essendo cosa invereconda che un professore di una univer- sita cosl cospicua qual e quella di Torino, si faccia maestro di balordaggine cotanto snperlativa qual 6 1'ateismo.

Come dicevarao, ridotta 1'argomentazione del D'Ercole alia no- stra controversia, suonerebbe cosl. II mondo non 6 contingente, perch6 se il fosse sarebbe create e, prima cosa, se fosse creato sarebbe in contraddizione con Dio creatore. Ma perche? perche" 1' effetto, egli ci dice, deve essere eguale alia causa; ed invece, come con molte parole ci dice alia pagina 103 e seguenti, le pro- prieta del mondo sono affatto diverse da quelle del supposto Iddio creatore. Ma, caro professore, dove mai ha ella appreso che ogni effetto deve agguagliare la sua causa? La filosofia le insegna bensl: che ogni effetto debba avere la sua causa; e che questa deve essere ad esso proporzionata: che tutta la perfezione dei- 1' effetto debbe contenersi nella causa, in quanto questa e tale: ma che 1'ente ch'6 causa debba fare ogni effetto eguale a s& non lo dira nemiueno un ciabattino, il quale perfettamente sa che facendo una ciabatta, fa un essere bene inferiore a s& stesso. Ella dice che e assurdo che 1' essere necessario produca un ef- fetto contingente, e non capisce che d assurdo il contrario? Im- perocch6 come non e assurdo che il padre generi un figlio, ma e assurdo che il padre generi e generi un non figlio : cosl non e assurdo che il necessario crei il contingente, ma 6 assurdo che i il non contingente ; essendo il non contingente per necessita increato; ed essendo ogni effetto essenzialmente contingente.

II nostro professore non ha posto mente al principio che il

fiS-J DELLA CONTlNt.ENZA DEL HONDO

meno non pu6 dare il piu, avvegnache il piu possa dare il meno. Ma come inai, egli non vede attuato questo principio in tutte le sue stesse operazioni o produzioni? Dio e perfettissiino, e per6 in sd contiene, nella inaniera che dicevamo, la perfezione di tutte le creature, dal minimo atomo allo spirito piii eccelso che abbia essere. Laonde appunto per questa contenenza di tutte le per- fezioni, egii pu6 produrre, sebbene sia uno nella natura, molte- plici effetti e svariatissimi, discrepant! nei generi e nelle specie e tutti a s6 inferiori. Qualunque sia 1'effetto dobbiam dire che in Dio v'e la perfezione del medesimo, sebbene non sia ristretta in qiiei limiti, nei quali in esso effetto si trova. Quindi dobbiarao confessare che Dio 6 proporzionatissima causa di ogni qnalsiasi ente finito, appunto perchS finito; ed e cosa ridevole e assurda il pretendere che ogni effetto debba non solo simigliare alia causa, ma adeguarne la perfezione sua entitativa.

L'applicazione poi che vorrebbesi fare del foitoexmhilon/hil Jit e, quanto mai si pu6 dire, grossiera. Imperocch6 e vero cer- tamente che 1'artefice umano non pud prendere un pezzo di niente per lavorarvi una statua. II niente non pu6 esser un substratum o soggetto positivo: e 1'artefice creato non pu6 essere di per se causa che di modificazioni accidental^ ed ha necessariamente bisogno di un soggetto positivo per introdurvele. II supporre che la produzione delle cose finite si faccia da Dio cosi ch'egli prenda come a soggetto del suo lavoro il niente, non pu6 farsi altra- mente che da chi ha dato a pigione il proprio cervello.

Lasciata da banda tale spiegazione del principio recato: e pren- dendolo nei germano suo senso, non capito dal nostro professore, diremo che non 6 punto un principio vero ma anzi 6 assurdo. Infatti sempre 6 vero: che quidquid fit, ex niliilo fit: ed & falsissimo che ex nihilo nihil fit. Lo scultore fa una statua, che priraa non c'era: adunque per farla suppone la negazione della statua. II padre genera la prole che non era generata: la scrittura che fate, prima di farla non c'era. Anzi involge contradizione ed 6 vero assurdo fare ci6 che gia era. Pu6 farsi cosa simile ed anche eguale alia fatta; ma fare la identica cosa fatta 6 assolutainente iinpossibile; coin' 6 impossible che il fatto non sia fatto o che il tempo passato non sia passato. II terinine

DEL!

1 punto <li purtenza onde rauove la causa e appunt

deU'eflfetto che sta per produrre, cioe il non effetto od il nk-nto. Adnnque infallantemente sempre vero e il principle: 7 // ill- 1 n'nl jit ex n ih ilo Jit .

Ma tornera forse il d'Ercole ad incalzare. Concedo die io operando, nello mie operazioni fo sempre cosa nuova, la quale per6 prima non era: ma pur dovete concedere che, a farla, sempre dovro lavorare intorno ad un soggetto positivo. Grazie tante! Lo abbiamo gia detto; ed e pronta la ragione. Concios- siache, come teste osservainmo, siarao artefici, e 1'artefice non e causa dell'essere prinio sostanziale, ma del secondo accidentale. Non fa egli 1' essere primo del rnarmo, bensl 1' essere secondo del medesimo, cioe la stia configurazione. Laonde di quella guisa che, chi fa 1' essere secondo, e inestieri che non lo pre- supponga e dal niente dell'essere secondo fa 1'essere secondo; cosl chi fa totalmente 1' essere primo e necessario che nol presnp- ponga, cioe che dal niente di tutto 1' essere primo faccia r essere primo: o questo modo di operare e divino, perche superiore al- T operare di tutte le cause seconde. Ne deve sembrare ci6 cosa strana chi consider! che operari sequitur esse. Se la perfezione di Dio causa prima e infinitamente superiore alia perfezione delle cause seconde, anche Toperazione di Dio deve essere infi- nitamente piu efficace e possente della loro operazione. Non con- yiene misurare il valore di tutte le cause dalla sola propria virtu ; altrimenti il ciabattino stesso avrebbe diritto di dire, es- sere assurdo il fare opera migliore di quella ch'egli fa. Del resto comeche al D'Ercole non talenti questa virtil, o non se ne possa

lore capace, e giuoco forza ch'ei 1'ammetta, supposta la ve- rita della tesi dimostrata, cio^ che tutto il finito e contingente: se pure non ami meglio affermare che 1' essere totale primo delle cose Unite e un effetto, il quale incominci6 ad esistere senaa causa e senza ragione sufficiente. Perche lo sdrucciolar negli errori 6 come il precipitare in un rapido pendio, non ci recherebbe me- raviglia che, costretto a disdirsi del primo errore, precipitasse in

4'altro piuttostoche riconoscere, con mente docile, la verita tutta quanta; e si desse poscia a sostenere con alta fronte che pu6 darsi effetto senza causa o razionato senza la sua sufficiente ragione.

(J84 DELLA COMINGE.N/A DEL HONDO

L'affermare poi ch'egli fa che noi cadiamo in un circolo vizioso e dalla gratuitainente supposta contingenza del inondo scendiamo alia affermazione dell' esistenza di Dio : oppure dalla gratuitamente supposta esistenza di Dio deduciatno la contin- genza del uiondo e una vera calunniosa iinpertinenza. Anche la sola dimostrazione per noi qui recata basta a giustificare il rimprovero che a lui moviamo.

Pu6 darsi che il D' Ercole rimanga offeso dall' avergli dimo- strato con tanta chiarezza il suo torto: uia crede egli di non avere prima gravemente offeso noi, gettando nel fango i gran maestri dell'umano sapere che ammisero come base certissima e verissima non gia in un ordine fantastico e soggettivo, ma nell'ordine oggettivo e reale la contingenza del mondo e la esistenza di Dio? Non vengono forse insultati tutti i cattolici, anzi tutti i credenli in un Dio personale ottiino massimo, quando il D' Ercole dice che siffatta credenza e opposta alia realta ed e percio irragionevole? E coloro che per anni assai hanno, senza alcun pregiudizio, profondamente e studiate e insegnate le scienze debbono essere di ghiaccio, quando sentonsi tacciare di iinbe- cilli nemici della vera scienza, da uomini che solo mostrano avere una tintura di sapere e un manco di logica da recare compassione, e i quali si lasciano abbindolare da quei filosoft tedeschi che in realta sono fantastic! sognatori? E poi e poi come potremmo rimanere indifferent! nel vedere sospinta all'atei- sino la italiana gioventu, dagli stessi professori che sono pagati per istruirla nel vero dai suoi genitori? A nome della scienza viene gittato il guanto della disfida in faccia a filosofi. cattolici chi pu6 dolersi che in noine della scienza venga accettato?1

« Perchf1 il lottore abbia sotto gli occhi un saggio delle stupidc provocazioni mas- soniclic, che si fanno oggidi contro ai cattolici filosoG, rechiamo qui un invito or ora da noi ricevuto che si sta spargendo per Roma. Eccolo alia lettera com'e stampato in Roma nella tlpografia Mantegazza. « APPELLO AGL1 INTELLIGKXTI. Sola- zione di tutti i problem! della 1 ilusoiin. Spiegazione razionale di tutii i misteri della Religione. 11 giorno 5 Giugno allc ore 8 '/* pom. il professore YITTOKIO KM.YNLEI.E OLLIVIER, fara nella Sala Danlc una Conferenza sul toma sogurntc: II Cloricalismo affogato nella sua ignoranza. Creazione del Mondo per 1'Amore. > Tanl'e! Yuol essere cotesta una Conferenza piii imporlante di quelle del Dottore Dulcamara! Po- c'anzi non si sarebbero crcdute possibili tali buflbuaie.

BELLA DBCADENZA

DEL PENSIERO ITALIANO

LA CRITIGA

Alto Vannucci od ahri div>rlori del Sarituario. Si pali-sa sejjuace della scuola di Gibbon. II soo Martirologio. Panegirico chc vi fa di tulli i cospiratori. La critica modern* del Trezza. fc ua impasto di cose incomprensibili. Sue b&tfinmie Suo libro su Lucreno Scienza tedesca siiionima di ateisino. * 1,' luilia cad u la in ginocchio davanli ai solisti ledeschi. La Critica positivista. - (Jiosuc Carducd suo rilrallo suoi scritli crilici. L'idroCobo cantore e vale da lupi. II ilapisardi, V arcade cattivo nogyetto.

Un fenomeno, che in apparenza parra inesplicabile, a, cbe i seguaci e propugnatori di questa nuova critica, che noi chia- miaino ddeteria, sono pressoch^ tutti disertori del santuario, apostati e rinnegati, i quali, per 1'infame prezzo d'una cattedra, d'un posto di provceditore degli studii e cose siiuili, vendettero la loro penna al nuo?o idolo di Belial, la rivoluzione. Toccammo deU'Emiliani Giudici, ora ci converra parlare d'altri due scrit- tori, che, come lui, gittaron via la sottana e si fecero maestri di menzogna e d' ioiquita.

II priino di essi d il toscano Atto Vannucci, Senatore del regno, morto non e gnari a Firenze. La sua Storia d' Italia non va oltre 1'iinpero di Tiberio e di Claudio, e chiude coiravveniinento del Gristianesiino, del quale dice appena poche parole, e tali, che fanno trasparire in lui il dispetto di vedere ouiai nata quella Religione, che dovea essere la niorte della civilta pagana. Yannucci e dim- quo dulla scuola del Gibbon, pel quale il Cristianesimo non fu che sorgente di barbarie e cagione di decadiuiento intellettuale.

Nei discorsi che il critico toscano preiuette ad alcuni clas- sic! latini, nell'edizione stampata a Prato, sebbene non ci sia nulla da riuiproverargli in quanto al concetto religioso, v'e per6

' Questa parle del Sommario cbe riguarda Atlo Vaonocci e il Trezza fu regi- slraia per Ubaglio Del Sommario dell' ariicolo prrcedente, quad. 811, pag. 44.

I)KM,A DECADENZA DEL PENSIERO ITALIANO

molto da biasiinare riguardo ai giudizi che egli porta sugli scrit- tori, che ebbero tanta parte nei rivolgimenti politic! della repub- blica e dell'lmpero. Cosl, per mo'di esempio, impicciolisce il grando oratore romano, perche avverso a L. Catilina e ai suoi compagni di congiura; e di Ovidio, del licenzioso poetache scrisse VArte di amare, fa una vittima del dispotismo imperiale. Si av- venta contro Orazio, non perche facesse servire la sua lira a stru- mento di lussuria, bensi. perche canta le lodi di Augusto e di Mecenate. Idolatra della repubblica, che ei crede la sola forma onesta e duratura di governo, dice male anche dei migliori giorni dell'impero, ne sa comprendere, o alineno finge di non compren- dere, che cagione della romana corruttela non fu propriamente la politica, ma la religione, non 1'impero, ma il paganesimo. Di che parrebbe, ch'ei non creda ad una palingenesi soeiale per opera del Cristianesimo, e faccia derivare lo scadimento dell' umanita unicamente dalle istituzioni politiche.

Da ci6 nasce quel culto, che ei professa per la forma, e 1'abor- riinento che ei palesa contro la dottrina che mette lo spirito al disopra della materia, ii mondo invisibile sul visibile, i'asso- luto sul contingente e Dio sopra 1'uomo. Nella sua Storia della Repubblica fiorentina, opera che ei scrisse prima di esser fatto Senatore del regno, e uno degl' immortali del nuovo Olimpo italiano, e nel Martirologio si appalesa uno dei piti caldi par- tigiani di quella rivoluzione, che, cominciata cogli evviva a Pio IX, doveva finire colla pid perfida e sleale guerra al Papato, alia Chiesa e al Cristianesimo. Non gli manca ne ingegno, ne ero- dizione, e uno stile facile e corrente, comeche alle volte irabrat- tato di gallicismi, peccato che ha comune cogli scrittori di certa scuola, che 1'italianita fa consistere nell' odio contro la Chiesa. Per questo tu lo vedi narrare il medio evo coi dispetti e i pre- giudizii d'un prete apostata., e considerare coine immensa di- sgrazia per 1' Italia la morte di Enrico VII, perche con lui crollarono le speranze de'Ghibellini.

Piii scellerata opera e, credo, il panegirico che ei fa di tutti indistintamente coloro i quali nelle congiure e sui patiboli la- sciaron la vita. Che tra quegli sciagurati si trovasse qualche

LA < FUTH:A

anima generosa la quale, acoecata da sconsigliato amor di pa prodigasse il suo sangue o si esponosse ai rigori della giusti/.ia, DOD neghiamo ; ma chu tiitti i mascalzoni, i quali, sotto pretesto di servire la patria, si arinarono del pugnale degli assassini, e fecero correre tanto sangue innocente, meritassero 1' aureola del martirio, e questa, lo ripetiamo, un' opera tanto infame, quanto quella di chi confonde il soldato che muore sal campo di bat- taglia in servigio della patria, col malfattore cbe cade moschet- t&to dal carabiniere sul luogo, ove stava in agguato, per deru- bare e trucidare il viandante.

Per noi sta che il Vannucci e scrittore che bland isce le pas- sioni contemporanee, inciela la rivoluzione e pone 1' Italia sopra ogni cosa, non escluso Dio medesimo e le ragioni eterne della giustizia e del dritto. Egli appartiene allo stuolo di quegli scrit- tori, che, come il Rossetti, il La-Farina, il Eanieri e Unt'altri, han proclamato 1'antitesi fra il Papato e I'indipendenza d' Italia, tra la teologia e la liberta, fra il sacerdozio e la scienza; quando invece il Papato e quello che ha salvata la indipendcnza d' Italia, ed il sacerdozio, che ha conservato i tesori del sapere, come e la teologia, che tutela la liberta contro gli attentati del dispotisino e la violenza delle passioni.

I successor! del Lemonnier ci davano, or fa un anno, una se- conda edizione del libro del Veronese Trezza, professore di lette- ratura latina nell' istituto superiore di Firenze. Questo libro, che all'autore piacque intitolare: Critica moderna, e dedicato al professore Pasquale Villari.

Tutto il libro, a considerarlo bene, e un impasto di cose in- comprensibili, espresse in un linguaggio che ha pin del francese e del tedesco, che non dell' italiano. Se non c' inganniamo, fu niente dell'autore innalzare la critica letteraria ai grado di scienza, desumendola dai principii troppo noti della filosofia ale- raanna, e per questo rispetto il Trezza e riuscito nel suo lavoro piil nebuloso e piu pesante dei tedeschi medesimi. E che noi non esageriamo, puossi vedere da un tratto che ne diamo qui per saggio ai lettori. Parla 1'autore del scnso moderno, e senza pimto degnarsi di far sapere che cosa voglia dire con queste parole, e in che senso si debbano pigliare, dice:

f)8S DELLA DECADENZA DEL PENSIERO ITALIAN')

« Ben so che si parla ancora di un organismo del pensiero, che sta di per se, governandosi con leggi speciali, ma questo 6 uno dei tanti inganni metafisici, che derivano da un falso con- cetto della realta fisiologica. La quantita psicologica e un feno- meno, che si misura e si comprende con altre norme che quelle dei speculanti. Quando si fara la storia critica dello spirito uuiano, e le menti si saranno potute slegare dagli abiti falsi; vedrassi il danno incredibile fatto al progresso da queste arroganze dello spirito suggettivo, che durano ancora, malgrado le repulse vit- toriose delle scienze naturali. II senso moderno, come lo intende la critica, non 6 quel che di vago, di astratto, di indeterminate, che siede nelle arcane profondita dello spirito, quasi sepolto di sotto il flnsso e il riflusso dei fenomeni interni, che vi spuntano intorno e diversamente lo imprimono, immaginato dalla raeta- fisica antica e restaurato dalla moderna; una specie di nirvano psicologico, se m' e lecito a dire, nel quale si smorzano e si con- sumano le attivita individuali dei centri nervosi. Egli 6 ben altro: y una realta vivente, la piu complessa e la piu feconda di tutte, una realta che racchiude e compendia in s& medesima tutto cio che si 6 fatto di saldo e di vero nel passato, e nella quale Yir- tuaimente s'anticipa 1'awenire; una realta, in cui cospirarono, come vedremo, tutte le efficienze storiche del tempo, ma che nes- suna forza potrebbe omai debilitare, n& abbattere; una realta che & fisiologica in parte, perch6 si genera nell' organismo, ed e compenetrata intimamente con esso ; ma che non si forma, ne si circonscrive negli organi. Essa crea un mondo pift alto che 1'organico, e bench6 uscita dalla materia, la trascende e la vince.>

Sfidiamo il piu acuto pensatore a darci il bandolo di quest' ar- ruffata matassa, o a prendere il costrutto di questa magrissima prosa. Sebbene, a traverso il nebuloso cicaleccio e fosco tessuto di dance, onde il Trezza ha 1'arte d' intenebrare il suo ragio- namento, trasparisce il concetto di una fiiosofia radicata sul ma- terialismo. Ne volete una prova? Leggete quel che 1'autore dice in fine della nota, che 6 a pagina 12:

« La vita d immanente ed eterna, e si manifesta per gradi diversi; ora si iuizia nel moto, ora si dilata nel senso, ora s'in-

LA run:

nalza o s'infutura nel pcnsiero. Ma se la sensazione non 6 tutta nel moto, come il pensiero non 6 tutto nella sensazione, pure v'd reciproca insidenza tra 1'uno e 1'altro. >

Fill innanzi dice:

< La spontaneita dei centri nervosi e le yarie energie che ne diramano, son come il fondamenlo del sonso moderno, e 1'evo- luzione ideale e inseparabile dall'organica. Una quantita di spi- rito al di fnori dell'organismo, anteriore ad esso e generatrice di forme sensibili, non e che una fantasia filosofica, a cui non risponde nessun fatto scientifico ; se tu distruggi 1'organismo uma- no, certamente distruggeresti del pari ogni coscienza di pensiero. >

Un errore porta all'altro; e 1'autore dal materialismo sdruc- ciola nel panteismo con una disinvoltura ammirabile: cosl, per esempio: < Si dira che quella falsa immagine dell'infinito, come una cosa al di la del tempo, al di la della natura, al di la del pensiero, fu tolta via dalle menti, e ci apparisce 1' infinito vi- vente in tntti e in tutto; > che « il tempo ci e sacro, perche divennto una gestazione dell'ideale che si fa in esso e per esso; > che « il moto e mezzo alle evoluzioni successive dell'essere che lo pervade, vi s'incorpora, vi s'infutura; > che « la scienza d un essere in se al di ftiori del tempo e del moto, ed e percid che ha introdotto T ideale nel seno del reale; > che « 1'uoino moderno si sente uno colla natura, e che 1'unita dell'uomo pri- mitivo era 1'effetto di quell' immensa allucinazione che gli to* glieva il vero concetto del reale. >

Insomnia, nello scorrere il lavoro del Trezza, ci par di leg- gere Spinosa, Hegel, Taylor, Spencer, Comte, Buckle, Darwin, dei quali 1'autore dice: < Certo tutti costoro son pensatori ori- ginali e profondi, e pochi uomini in Europa si potrebbero com- parare per la vastita delle scoperte biologiche al Darwin, e per la sintesi profonda sulla vita cosmica e storica ad Herbert Spen- cer. Eppnre tutti, pitl o meno, si arrestano innanzi ad una causa sconoscinta, che cangiano in una specie stabile, al di la della quale non sia lecito di varcare. £ un deismo latente, che si ammoglia con un concetto scientifico del mondo, che vi ripugna. Fenomeno strano, ma non raro nell' Inghilterra. In Germania

Serb XII. vol. VI. fate. 816 44 11 giugno 1884

f/.lll :.A DECADENZA DEL PENS1ERO ITAl.l

c'£ piu ardimento, piu logica, e, diciaraolo aperto, piu coraggio del vero. Si paragonino le caute reticenze del Darwin colle ri- velazioDi franche dell' Haeckel ; la velleita di conciliar 1'impos- sibile, che ti si palesa ogni tanto nello Spencer colla confessione aperta dello Strauss. Si ya dicendo, lo so, che 1' Haeckel esagera il Darwin, e che la confessione dello Strauss e poco scientifica, perche troppo si staoca dai vecchi concetti del mondo. Ma so pure, che la prudenza politica non e un giusto criterio del Tero, e che a nulla giova quello sgoraentarsi delle proprie scoperte, quella ipocrisia conservatrice di equivoci dannosi; so che ci e una probita intellettuale, che si rifiutft di far concessioni, che le parrebbero vili, al re Nomos, come lo chiama argutaraente il GrOte, che fu il piu duro ostacolo ai progress! scientifici. >

Questo farneticare dell' apostata, sino a incielare la sfronta- taggine dell'ateo, & il colmo dell'aberrazione; e non sappiamo persuaderci, come a un tal uomo si sia affidata una catted ra nel- 1'Istituto superiore di Firenze !

Da questa filosofia, infetta di panteismo germanico, che cosa poteva nascere se non una critica letteraria ripiena d'erronei prin- cipii fantastici, arbitrarii? Lasciamo da parte il giudizio che ei porta sull' origine delle lingue, e tutto quell' aminasso di tede- scherie, che ei ci regala a proposito dell'epoca omerica, e fermia- moci a rilevare alcune delle maggiori scempiaggini, che si leg- gono nel capitolo sul Romanticismo.

Lucrezio, dic'egli, divin6 il concetto della natura, come 1'ha discoverto la scienza moderna ; e vi si compenetr6 con tanto en- tusiasmo, che nessuno fra gli antichi e fra i moderni nol pa- reggia che il GOthe, per la profondita del sentimento lirico che domina quel poema immenso, che ei componeva nelle sacre notti vegliate allo spettacolo inebriante e terribile delle cose, che mi- grano senipre ad un porto sconosciuto. >

Piu sotto sbotta in queste parole, o in quest' elogio, che in bocca di un uomo gia prete e cristiano debbono sembrare una bestemmia :

< Nulla io conosco di piu originale e di grande in tutte le letterature antiche e moderne se non 1'intermezzo lirico deli'Heine.

:ICA

E ponsare che questo poeta fu piu scettico del suo compaesano

be e pi A cinico dell'inglese Byron! « La srunia inistica, cioe cristiana, fu una reazione contro le eonqnisto del pensiero moderno... Qnesta reazione romantica si fe' seguace e, pur troppo, anche complice delle disoneste restau-

>ni del 15, di quell' iguominia di gioghi aggravati sal collo del popoli, che aveano assaggiato la rivolimono dell' 89. » Dove non e meraviglia che il sofista si professi caldo partigiano delle faraose conqniste della rivoluzione francese. A proposito della scuola scettica dice aperto, che questa fu meno rea : < Anzi, se ben si noli, quella fierezza solitaria di spiriti offesi per la villa del presente fu sprone a mapnanime cose (!). Certo e che lampi di sdegno usciti da petti scettici illmninarono d'una luce ter- ribile la notte dolente della nostra servitu religiosa e politica. > Questo critico intedescato, cho mette in cielo 1'Heine per la sua

dsee, e non si degna di nominare Dante, nemmeno di sbieco; qnesto critico, diciamo, consacra il pitt olezzante incenso del suo turibolo, sapete per chi? pel suo conterraneo, 1'Aleardi: Arcades ambo! < Di tutti i poeti recenti 1'unico fra gl'italiani, in cui si manifesti il sentiniento della natura, mi pare 1'Aleardi. ft forse questo T aspetto piu nuovo della sua lirica... L'Aleardi ti da la natnra come la sente lui ; vi si pu6 trovare qua e la vibrazioni d'altri poeti, ma il tono fondamentale non e di nessuno. > Re- galiamo ora ai lettori la chiusura del libro, siccome quella che racchiude il distillato di tutte le sciocchezze del critico Veronese: « L'arte e infmita, come la natura e lo spirito, e spazia libe- ramente serena sulle sominita benedette dell'ideale. Non por- tiamovi il fumo delle nostre battaglie, lasciauiola stare in quella sua sfera uranica, donde si muove per una via di splendori ar- cani, che approdano assai di rado alle pupille dell'iiomo. Doman- diamole che si riveli pia spesso fra noi ed illumini d' un raggio divino le ombre della terra orfana da gran tempo; che si scuota da quella sonnolenza vile che soffoca nella carne la scintilla ce- ••• e ci raccolga intorno al suo culto eterno; che cMnnalzi al di sopra dei vecchi siinboli, ci dischiuda un po'di spiraglio verso i suoi cieli vergini, in cui si ristori io spirito pellegrinante, e ri-

DELLA DECADKN/A. DEL I'E.NSIEIlO ITALIA

susciti nei petti esatisti di questa generazione di scettici la virtu di riprodurla e di trasmetterla nell' avvenire. >

G. Trezza non s'e tenuto pago di applicare le dottrine della filosofia tedesca alia letteratura italiana; ha voluto altresl fare 1' apologia di Lucrezio, il poeta latino, che cant6 il niaterialismo di Epicuro nel libro De natura rerum, cioe, delle cose che pos- sono nascere o no, proponendosi di sciogliere gli animi dai vin-

coli della Religione:

Arctos

Religione aniraos vinclis exolvere pergo;

e di aggiogarli allo scetticismo ! Fe'dunque la poesia divulgatrice d'errori, e per questo alcuni gli riscontrano tutti i meriti, e 1'hanno messo perfino al di sopra di Virgilio, la delizia degli uoinini di gusto.

II Trezza dedica il suo libro a un suo amico, che ei chiama « Santa vittima del dubbio; > e si propone per esso di far cono- scere ai giovani italiani quel Lucrezio, che a detta di lui, < 6 di tutti i poeti dell' antichita classica il piu vicino al mondo mo- derno. > E aggiunge, che il concetto di Lucrezio sulla Natura « 6 quello che meglio si accorda colle scoperte della scienza, e nel suo poema v'ha qualcosa di vivo, che ancora ci si trasfonde nell'aniina alia distanza di venti secoli. Noi siaino disposti meglio degli altri a coniprenderlo; giacche, lo stato psicologico in cui ci troviaino, pur dopo tante rivoluzioni civili e morali, riproduce con altre forme e con intendiinenti piu vasti lo stato psicologico di Lu- crezio: in guisa che, interpretando i suoi pensieri, ci accade spesso d'interpretare quanto v'ha di piu recondito nella coscienza di tutti. >

L'autore dice chiaro, che lo studio sopra il cantore della filo- sofia epicurea e frutto della sua apostasia, o meglio, la manife- stazione del suo ribellarsi alia fede. « Questo libro mi nacque tra le forti agonie del pensiero, quando, gia naufragava una parte di me stesso, mentre che T altra non usciva ancora dalla nebbia affannosa del dubbio. Nella tranquillitk serena d'una fede in- conscia, fra le sante vigilie, nelle quali con trepidazione devota io mattinava, fanciullo del cuore, le speranze celesti non com-

LA cnmcx

poteva coraprendere Lucrezio: il poema della Xntura

mi r i'ii leva una specie strana, paurosa, minaccevole: parevami una grande besteinmia di scettico, proferita tra le rovine di im mondo. Ma nei giorni maturi della ricerca, quando alle soglie del mio spirito si affaccio come una sfinge il problema della vita: in quell' arcana opera dell'uomo, che si conquistava una coscienza di sd; quando le illusion! mistiche, ond'era avviato da molto tempo, mi si disciolsero tutte, rimasto solo, triste, sgomento della inia propria vittoria, ed un' angoscia muta siedevaini nel cuore, cbe non sapevasi rassegnare al suo fato ; io ripresi il poema di Lucrezio. Subito ini parve, che dai miei occhi fosse tolto via quel panno tenace, cho li velava : la belta sacra e terribile della Na- tura mi si fece davanti, un'aura intima dell' infinite mi scosse, e la bestemmia di prima si cangi6 in un inno lirico. D' allora, ho benedetto Lucrezio, ne mi pento di averlo fatto. »

Che ve ne pare, o lettori, di tutta questa turgida e disa- dorna fraseologia, con cui 1'autore si dichiara einpio ammira- tore del piti einpio tra i poeti del Lazio?

Che ad argomento della sua critica il Trezza abbia scelto il poeraa di Lucrezio, nessun male; altri pria di lui ii fece e con piu sano intendiinento e con miglior successo. Fra i tanti cite- remo ii Yilleuiain. II suo torto sta nel presentare quel poema come la piu splendida rnanifestazione del genio, e 1* autore come uno « di quei magnanimi, che ruppe con memorando ardiinento i gioghi ceiesti, che pesavano da tanti secoli sulle coscienze... uno degli iniziatori del inondo moderno. >

Nel fanatisino da cui egli e preso, non c'e paradosso a cui non trascorra con una disinvoltura senza esempio. Per esso « il concetto del mondo, come lo intendeva Lucrezio, e senza misura piu grande e piii vero di quello che ne avesse S. Paolo... ii principio monoteistico della creazione nou appartiene alia scienza, perche non esce da nessuu fatto ne fisico, ne storico: e un7 igno- ranza coperta di mistero, e gittata sulla ragione, per conteuerla dentro ai confmi insuperabili del domina ; quindi, il concetto che il Cristiauesimo s' era fatto del mondo, fondandosi tutto su quel principio, allontanava la ragione uiuana dalla verita delle cose. >

r/Ji H:I.LA DECADENZA DEL PENSIERO ITALIANO

Non si i»ossono leggere, senza freraere d'orrore, le parole, colle quali egli chiude il capitolo sulla Ragione moderna del poema. < Lungamente soffriinmo, egli dice, per la conqnista di noi me- desimi, per disfarci di quei tenaci abiti, in che ci aveva invi- luppati 1'ignoranza larvata di misticismo; affrontammo la rabbia ignobile dei volghi sciocchi, che assaltano con dente devoto, e mordono fino al sangue chi non si curva davanti alle loro men- zogne: vedemmo^ e pur troppo vediamo ancora, la superstizione sempre vivace pesare sul collo delle coscienze schiave, e disten- dere le sue reti insidiose su tutte le vie della ragione. La ver- gogna di un vituperio si lungo ci fece tutti piu o meno ribelli, e, a somiglianza di Lucrezio, abbiamo negato ci6 che egli ha negato, affermato ci6 che egli ha affermato; non vogliamo piCl che ci resti nessuna tirannide sul pensiero e sulla coscienza, non vogliamo comporci una specie di giustizia immobile, che congiuri perpetuamente contro i progress! della ragione... An- che noi siamo scettici come lui, ma nel nostro scetticismo, come nel suo, si cova, quasi fiamma intima che frughi le ceneri, una fede profonda, la fede nella Jiberta dello spirito. Cosl, disvi- ticchiati da ogni idea preconcetta, ci accostianio a Lucrezio, e divenuti suoi discepoli con Memmio, ascoltiamo i seven inse- gnamenti deila ragione ispirata da un cuor di poeta. >

Chi, nel leggere queste parole, non crederebbe di sentire Lu- tero, che si ribella a noine della ragione alia Chiesa ; e il Lamen- nais, che in nome di questa medesima ragione, traviata dal suo immenso orgoglio, si anna contro la fede? E un orgoglio senza misura 6 appunto il fondo di questo libro del Trezza, il quale, come tutti i nuovi critici dell' Italia presente, si e fatto baudi- tore di tutte le stramberie, con le quail la dotta Germania ha reso la critica un' arte da ciarlatani. E per questo la chiamammo, con vocabolo tolto ai francesi, critica deleteria; avvegnache, non couosciamo cosa piu nociva ed esiziale alia scienza e alia let- teratura di questa mania di razionalismo tedesco, tanto invalsa tra noi.

Assai ci siamo trattenuti su questo critico, che avreinmo forse dovuto lasciare, come tant' altri, inosservato, se il pensiero di

LA

far yedere ai nostri lettori i danni incalcolabili, che sta facendo all'Italia la (edesca, non ci avesse consigliato altrimenti.

Ed in vero, da questa sci< '<'sca si d«ve ripetere gran

parte del guasti, chc oggi deploriamo si negli ordini politic! come negli ordini intellettuali. E per questo rispetto ebbe ra- giono chi scrisso, che la Germania fu sempre fatale air Italia. Pert, non erediamo ci sia maggior male a lamentare di quello che proviene dall'uggiosa influenza, che esercita nelle nostre scuole come sui nostri scrittori la scienza tedesca.

L' Italia, che fu maestra al mondo di sapere, caduta in gi- nocchio avanti i sofisti tedeschi! II gran progresso che abbiamo noi fatto dopo la unificazione!

L' Italia, risorta come la Fenice dalle sue ceneri, dovea pur finalmente possedere anch'essa una novella critica generatrice di un nuovo pensiero italiano, e regolatrice dei nuovi destini che in ordine alia letteratara ed all'arte i tempi mutati le aveano riscrbato. Ed ecco nn bel giorno far la sua comparita tra noi la critica positivista, sorella della filosofia, dell'etica e della sociologia dello stesso nome. II Garducci, un pagano ammoder- nato, direbbe che tutte codeste sorelle positiviste sieno sbocciate dal cervel di Giove, e il Rapisardi, un bestemmiatore infrunito, che sieno sbucate da qualche bolgia dell'inferno dantesco. Co- munque sia, e indubitato che la critica positivista s' e pure in- sediata in Italia, e non ci & da durar fatica per dimostrare, che se la critica rieoluzionaria e stata deleter iat la positivista, che ha natura pift selvaggia e ria, meriterebbe di essere ap- pellata barbara, come la poesia del Parnaso elzeviriano dello Zanichelli.

Capo della novella scnola critica 6 quel Giosue Carducci da Yaldicastello presso Pietrasanta che, da cantor d' idilii nella Maremma toscana, ove avea sognato da giovinetto di primo pelo, la famosa legge agraria dei Gracchi, balz6 tant'alto da farsi acclamare dai suoi turiferarii, Chiarini e Panzacchi, //////< •//«? dei poeti barbari. Piu tardi, amando di aggiungere agli aliori poetici, la giornea filosofica, atteggiossi a critico, e tal critico a petto del quale quanti critici lo precedettero devono andare a riporsi.

DELLA DECADENZA DEL PENSIERO ITALIANO

Danno forza al suo criticismo, la voce, che ha vibrante come un campanello elettrico, ft il Gubernatis che scrive cosl, il tem- peramento nervoso, i suoi occhi luminosi, che mandano scintille elettriche, lo stomaco robusto, e 1'amore del vino, pur che buono; donde in lui la smania di far brindisi e di cogliere tutte le occasion! di bere nove volte nove a proposito di qualunque cosa. Del suo valore come poeta diremo appresso : per ora giudichia- molo come promotore e capo della critica positivista. Delle sue opere critiche ci stanno sotto gli occhi due1 volumi di Studii letterarii, un altro di Bozzetti critici e letterarii, il saggio di un testo e commento nuovo alle Rime del Petrarca, le sue Confession* e battaglie e finalmente le Conversazioni critiche, libro che ha veduto la luce quest' anno in Roma per opera della Casa editrice Sommaruga. II distillato di questi suoi lavori critici d che fino a lui, da parte la modestia, il.pensiero italiano avea perduto il senso del vero, la coscienza del bello, la superbia dell' eredita latina. II fato voile che nascesse al mondo un novello GKosue, il quale, dopo avere urlato contro il governo, contro la monarchia, contro tutti, urlasse pure contro chiunque in letteratura, non la pensasse come lui. E che cosa egli pensasse lasciamolo dire a lui stesso nel Preliminare ai Pariniana: « fi egli permesso in Italia, ai giorni che corrono, scrivere di « critica e di letteratura senza nascondere tra il verde e i fiori « la trappola di una tesi? e non per isfoggio di abilita nei salti « mortali dei paradossi? e nemmeno col sottinteso di rifare noi « il mondo da capo e con la esplicita dichiarazione che i nostri « predecessor! in materia furono un branco di brave persone si, « ma tutt' altro che critici, tutt' altro che dotti ed onesti? E, data « la perinissione, si potra egli scrivere critica italiana leggibile, « senza prima, per cattivarsi il pubblico, proclamare che in fondo « in fondo noi siamo tanti bei pezzi d'asini, che discorriamo se- « condo ci frulla, e che ci ingegneremo di tenerci bassini bassini « e lisci lisci, e ci proveremo anche a fare, secondo le nostre forze, « i buffoni, per divertire le signore e le signorine, maestri e giu- « dici inappellabili dei torneo in ogni arte e in ogni critica? >

Dal tono ironico e beffardo di questo suo Preliminare chiaro

LA CJUTICA

si scorge che la gravita e la serieta non sono lo doti del cri- tico positivista. Dove egli infatti non trova da censurare nelle cose e nelle persone che non siano della sua scuola, allora sberta e deride. Cos! fa dei manzoniani, e in generate di quanti scri- vendo o poetando non insudiciano i loro scritti d' invereconde descrizioni, ne li contaminano di pazze besteraraie. Mena vanto di appartenere a quella gelida e arcigna generazione cresciuta dopo il 1849 e maturata dopo il 60, e quindi uomo che nulla crede ed ha dell* acredine net sangue. Rimpiange che il Guer- razzi, di cui fa gli elogi piu sperticati, non abbia dipinto < in « qualche suo romanzo le virtd occulte e illaudate, la vita pa- « ziente e operosa, la fede e i sacrifizii della plebe. » Colla piu gran faccia tosta, e mentendo splendidamente alia storia, asse- risce che il Gristianesimo fu spinto « alia intolleranza, alle per- « secuzioni, agli sperperi delle arti antiche, agli abbruciamenti

< delle biblioteche, fra cui esultava lo spirito seivaggio di Orosio, « il prete spagnuolo che poi doveva insultare all'eccidio di Roma. > Chiama il sacerdozio cattolico « im'istituziono che fa- « rebbe vergognare di se le piu barbare tribu africane > ritor- cendo queste parole che fnrono di altri che scrisse contro la civilta pagana. Non sa perdonare al Cervantes di essere stato buon cattolico e suddito fedele al suo sovrano: < come nulla contro il cattolicismo, cosl nulla troviamo nel Don Chisdotte « che suoni avverso all' assolutismo. Quei critici che vi frugarono « dentro qualche cosa di simile errano assai dal vero. > Siamo riraasti colla bocca aperta al leggere che « ne Shakspeare nd

< Cervantes, possono pretendere all' originalita. » Di Pietro Cal- deron della Barca parla come si farebbe di un poeta da stra- pazzo. Ne poteva essere altrimenti: al cantore di Satana non potevano piacere le opere di quell' eminente drammaturgo cat- tolico, che sopra gli altri della sua nobilissima nazione com'aquila vola. A fame strazio, e piu per vituperare i gesuiti e i dome- nicani, dice che in uno dei cori degli Atti sacramentali, pargli « di raffigurare i gesuiti fra i quali il Calderon era stato edu- « cato, i bisogni dell' esercito spagnuolo fra i quali avea combat- « tuto la liberta di coscienza in Fiandra, i doinenicani inquisitor!

fi<,)S DELLA DECADE.NZA DEL PENSIERO ITALIANO

e confessori del re e della regina, ai quali tutte le mattine il « poeta baciava la mano nelle anticamere. > E aggiunge per rin- carare la dose delle ingiurie : « Un leppo di bruciaticcio, e nn suono ottuso e sordo, che non e suono, come di ferri acuti che

< si affondano con moto regolare e monotono in tante masse « carnee, mi giunge, salvo mi sia, al naso e agli orecchi. Po- « veri giudei di Castiglia! nobili mori di Granata! generosi e « improvvidi Incas! le allegorie dell'idalgo cattolico don Pietro

< Calderon della Barca non sono grottesche figure rettoriche « solamente : voi lo sapete. > Con uguale misura, e sempre per- che cattolico, tratta il celebre Lope de Vega, e lo cuculia perch& Urbano ottavo mandavagli il diploma di dottore in teologia,

< e il Grande Inquisitore il brevetto di famiglio del Sant'Uffizio, « ed alle sue esequie tre arcivescovi cantaron messa. >

Tutto ci6 non dee recar maraviglia. II Carducci immerso nel razionalisnio pagano siao alle ciglia ha in uggia tutto ci6 che sa di religione. Per questo inveisce contro i due fratelli Schlegel Augusto e Federico, e non gli par vero di potere contro questi due sommi critici tedeschi confortare i suoi giudizii con 1'au- torita di quell' Arrigo Heine, che, come tutti sanno, all'odio contro il Cristianesimo congiungeva il cinismo piu ributtante e piu sozzo. Fu 1' Heine che delle Lezioni di Letteratura di Fe- derico Schlegel scrisse : < Costui esamina tutte le letterature da « un punto di veduta alto, ma quella posizione alta e sempre « la cima del campanile di una chiesa gotica. E in tutto cid « che lo Schlegel dice odesi un continue scampanare, odonsi « qualche volta gracchiare i corvi che volteggiano intorno agli « assi della vecchia freccia. Per me, aperto appena quel libro, mi

< sale al naso 1' incenso della messa ; e ai migliori passi mi par

< vedere rizzarsi via via delle lunghe fila di pensieritonsurati. > Questa maniera beffarda, satireggiante e pettegola dello scet-

'tico tedesco pare abbia incontrato il gusto del Cardncci, che in un suo scritto sull'Atta Troll di Heine, che ei chiama < la piu

< fantastica e insieme la piu serenamente adstofanea satira che « egli mai scrivesse, e che la poesia germanica vanti > si di- chiara apertamente suo ammiratore idolatra e convinto.

LA

Del risorgimento delta tatt«- me per opera del Parini

:i?a r.ille lenti della sua stramba critica, scrivcndo di lui:

< Come tutti i nostri poeti del secolo decimottavo, anche il « Parini move dall' Arcadia: anzi si potrebbe fin dire, che in « Arcadia almeno il tacco del pi6 sinistro ce 1'ebbe sempre >;

< e coiuinciando dalle poesie che dice < un po'stentate, ruvide « ed aspre > a finire all' iminortale suo carme il Giorno, gli pare che il posto dagl'Italiani accordato al vate di Gorgonzola, sia un posto usurpato. Se il Parini gli 6 tanto antipatico, pen- sate sino a qual punto gli riescano uggiosi e intollerabili il Manzoni e i manzoniani? S'oda come parli di quella stupenda strofa del Cinque Maggio:

Bella, immortal, bcnefica

Fede ai trionfi avvezza,

Scrivi ancor questo, allegrati ecc.

« Mettetevi un po' la inano al cuore, e ditemi in verita buona:

< Avete mai sentita o veduta roba cosl barocca come questa? La « scultura allegorica del secolo passato fu mai piu brutta di

< questa roba qui? Non vedete voi la Fede col suo sciugamani

< affazzolettato sul viso, col suo zamberlucco, impacciata a met-

< tere da parte il suo crocione ed il calice, per iscrivere, non si

< sa con che o su che, a dettatura di Alessandro Manzoni? che

< tende il dito, e intona

.. ..Allegrati ecc.

« con quel bell'indovinello che seguita. A un certo punto la Fede « smette di scrivero, e con la penna ritta in mano e con quel

< suo viso attonito volgendosi a mezza persona, dice Don All-

< sander , n& meno io che sono la Fede non ci capisco mil la. > Da questo apprendano i nostri lettori in qual lurido ed empio inchiostro sia intinta la penna di questo critico infernale, che versa a piene mani il ridicolo sul poeta che di nuineri divini vestl i misted piu reconditi di nostra fede. II fondo adunque della critica carducciana & il disprezzo e ii dileggio di quanto nella nostra poesia non suoni bestemmia o lascivia. E per questo

700 DELLA DECADE.XZA DEL PE.NSIERO ITALIA NO - LA CRITICA

il Tabarrini nella Vita di Gino Capponi scriveva: « Qtiando, « dopo il 1850, sorse in Toscana ima scuola, la quale procla- « mando il ritorno aU'ellenismo delle forme non nascondeva i « fini anticristiani, il Capponi vide subito il principio di una « letteratura empia e beffarda, che avrebbe fatto tabula rasa < d'ogni credenza e sovvertita la morale. >

E tal 6 il frutto che stiamo raccogliendo dai libri stampati dal Carducci e dai suoi amici ed imitatori. Sulle onne di lui infatti corsero il Chiarini, il Panzacchi, lo Stecchetti e il Ra- pisardi. Quest' ultimo pero intollerante di giogo, come sono ge- neralmente gli uomini nati sotto il cielo di Sicilia, non pago di avergli applicato, quel che il Carducci avea scritto del Mazzini, chiamandolo Sultano della liberta », finl un giorno per ribel- larglisi e mostrargli i pugni. Non 1'avesse raai fatto! L'iper- critico toscano chiam6 a raccolta i suoi gregarii e tutti di con- certo sentenziarono che il Rapisardi era un ciuco e nulla piu. £ da leggere nella Eapisardiana qual torrente d' ingiurie villane, ma meritate, si sieno gittate in faccia i due cantori del principe delle tenebre. In verita al mondo non furono mai visti due bo- toli addentarsi tra loro con tanta rabbia come questi due mes- seri che pur dovrebbero dare esempio di concordia e di gentilezza ai loro allievi, essendo entrambi professori 1'uno a Bologna e 1'altro a Catania.

Chi ha ragione dei due? Nessuno crediamo noi ; perche tan to L'idrofobo cantore e vate da lupi, cio& il Carducci, quanto L' ar- cade cattivo soggetto, cio6 il Rapisardi, peccano di superlativa superbia congiunta ad un' invidia immensa, entrambi credendosi secondi a Dante, entrambi riputandosi meritevoli di sedergli a canto, fi dunque evidente che siamo per opera di costoro tornati ai giorni dell'Aretino, non trovando per verit^, un uomo a cui so- migliare questi due Corifei della critica positivista e della poesia blasfema e pornografica.

I,\ CONTESSA ]\Ti:il\A/lnXAIJ-:

XIII.

SI PARTE PER MILAXO

II sospetticcio della contessa Aldegonda, che Silvia si fosse lasciata svenire per artificjo onde differire la partenza, si di- A da se, per la manifesta ragion delle cose. Parve al tutto impossibile che una bambina fingesse a quel raodo: gli occhi eran chinsi, il colore di cadavere, il respiro debole, il polso ral- lentato e fiacco. II cavaliere e suo figlio, dopo accompagnata la povera svennta alia camera, 1' avevano lasciata alle mani del conte padre, e delle donne che la governavano affettuosaraente: ed essi passeggiavano in su e in gift pel salotto, agitati da vivissima ansieta. Avevano, prima cosa, spacciato un messo ad un dottor medico, il quale per fortuna villeggiava a non molta distanza. E intanto che Taspettavano impazienti, facevano gli almanacchi sopra le probabili cause dell'accidente, e chiedevano ad ogni momenta novella dello sperato miglioramento. Ma era nulla.

Quando a un tratto ecco la cameriera vien giu saltando gli scalini a quattro a quattro, e gridando: Alkermes! ci vuole dell'alkermes per la signorina.

Comincia a riaversi? dimand6 Amedeo in quella che cor- reva ad un armadio a muro.

Un pochino, rispose la donna: ha aperto gli occhi...

Riparla?

- Qualche mezza parola.

Amedeo intanto scorreva coll'occhio le polizze delle boccette (erano i liquori che si usava mescere all'ora del caffe), vi did una rovigliata qua e la; e poi : Peccato! ve n'era, mi ricordo, non

LA COMESSA INTF.RNAZIONALE

ve n'e riraaso respice... Ci e pero ogni ben di Dio, prendete qua, Teresa. Volete roba forte? centerba, cognac, rumme, certosa... c'e di tutto.

Che che? non fanno.

Liquori da dama? scegliete voi: perfetto amore? elisir coca? il nostro hortus glor di Moncalieri che risuscita i morti? ma- raschino di Zara? fate ben fratelli?... No no, ecco quello che fa per voi: una cucchiaiata di questo rosolio di uienta: e dolce e forte, riapre il respiro e da la vita.

Teresa spiava coll'occhio i cartellini, lusingandosi di scoprire un alkermes; delusa e scontenta prese il rosolio, con una spal- lucciata dicendo: Non e quello che dimanda lei.

Chi lei? Silvia?

La signoriua, si, chiedeva 1' alkermes.

Amedeo non dimandft altro: si calca il cappello in capo, ab- branca il suo mirabile velocipede, e giu per la redola saltelloni ; arrivato alia strada maestra, balza in sella, e via via volando come un vento, a Moncalieri. Un'ora e dieci ininuti dopo tornava con due boccette di alkermes. Ma che? in giardino si vede ve- nire incontro la Silvia ariosa e tranquilla, con tutte le sue rose in volto, con passo agile e franco, come quando scodinzolava pel giardino dietro le farfalle. 0 che miracolo? gridd da lungi.

Grazie, grazie, signor Amedeo, gli risposero Silvia e la contessa.

Alle voci delle donne uscirono fuori il conte Delia Pineta, e il dottore che era sul tornarsene a casa. Vennero la Severina, e la signora Cateriaa. E tutti a gara colmarono di ringraziamenti il giovane: lo imburravano di lodi, lo levavano a cielo come un eroe, perche con si speditivo consiglio fosse ito a provvedere il farmaco, ora superfluo, desiderato da Silvia. Amedeo invece, senza confondersi, rispondeva: Le grazie e i mirallegro li dobbiamo al dottore qui, che 1'ha ricuperata subito... 0 come e stato?

Malucci da canarini, disse il medico. Forse la frescura della cantina... una digestione difficile e lenta...Un nonnulla basta tal- volta alle bambine. Quando arrivai, il polso era gia a Gl o 62,

XIII. SI I'AIITK 1'KI; MM. 7l >'}

la fronte appena calda, allc mani tornava la traspirazione, di febbre punto punt".

lo temevo, aggiunse la contessa, qualche debolezza al cuore. - \ulla di nulla, state tranquilly contessa. Sicuro, da prin-

cipio le pulsazioni del cuore saranno sembrate tin po' depresse. Ma io 1'ho ascoltata poi lungamente e con ogni diligenza: sistole e diastole di ritmo corretto, tempuscoli regolari, suono, o come diciaino noi franciosaraente, timbro chiaro e sonoro, in una parola un cuore giovane e libero, un cuore d'angelo.

Gia lo sapevo da me cotesto, disse Amedeo equivocando ad arte : quello che Don si capisce 6 come un cuor di angelo ci abbia spaventati tanto! Basta, d stato nulla, meglio cost.

II medico si accommiato, ma prima raccomando alia Silvia di fare esercizio, e tenersi un po'leggiera alia cena, e magari aiutare la digestione con un calicetto di rosolio prima di andare a letto, purchd fosse spiritoso e aromatico e non troppo dolce.

Una sorsata d'alkermes, per esempio, suggerl Amedeo.

SI, si, o qualcosa simile, liquori da bambini.

Lodato Lldio ! a qualcosellina servira qnesto benedetto al- kermes che m'ha fatto correr tanto. E cavandosi dalla tasca da petto le boccette, Contessa, disse, se voi ve ne contentate, ne offro una boccetta per una alle vostre fanciulle.

La contessa Aldegonda non seppo, non pote disdirsi, e assentl con un sorriso : - - Anzi, anzi, troppa grazia.

Severina accettft con garbo, e nulla piu. Silvia a questo re- galo sarebbe rinvenuta da ogni piu mortale svenimento, sarebbe risorta dal sepolcro, avrebbe desiderato an deliquio ogni mattina. Stapp6, e bevve un gocciolo a garganella, coram populo ; il che fece ridere la brigata.

Ma e poi roba buona e sicura ? dimando al figliuolo la si- gnora Caterina.

K roba della chiavetta, rispose Amedeo : 1' avrei io offerta alle signorine, se non ne fossi piu che certo?

Dove Thai presa?

Mistero!

-Che mistero d'Egitto? Tavrai presa da un confetturiere.

704 LA. CONTESSA INTERNAZIONALE

Da nessun confetturiere.

Dal liquorista dunque.

Da nessun liquorista.

Dove dunque T hai comperata ?

Non T ho comperata...

E ti & piovuta dal cielo ?

Gia.

Chiassone, se rinascessi ! Vuol dire che 1' hai presa dal nostro farmacista di Moncalieri...

Veramente neppure dal farmacista, ma a Moncalieri, si. Volevo filare a Torino...

£ la via dell'orto! Priina che tu arrivassi la e tornassi, veniva notte, e la signorina aveva tempo ad aspettare.

Appunto cotesto mi disse tra via 1' angiolino. Passavo 11 sotto Moncalieri come un fulmine, quando mi ricordai che Tin- fermiere del collegio ne aveva e del buono. Corsi su col inio ve- locipede in ispalla, e quel brav'uomo mi spalancd i suoi tesori, chiedi e domanda. Tutto quel che vuole e quel che c'e, di- ceva. Non gliene restavano che due boccette, e due me ne diede.

Ricordati, Silvia, interruppe la contessa, fa' di rammeutar- melo quando saremo a Milano : bisogna che noi inandiamo a quel religioso una cassetta del nostro fernet branca: non dobbiamo es- sere sconoscenti.

- Fate il piacer vostro, contessa, osserv6 Amedeo ; non vo' contrastare il buon cuore. Ma io vi assicuro, che non occorre altro ringraziamento. In collegio io sono di casa quanto la gra- nata, e quelFinfermiere £ una mia conoscenza vecchia. Mi avrebbe messo in corpo 1' armadio con tutti i barattoli, non che due boc- cettine, quando gli dissi che era per una nostra villeggiante, ca- duta in deliquio. Mi profferse etere, sal volatile inglese, ammo- niaca, una mezza farmacia.

E tutta cotesta roba Thai tu presa? gli dornand6 la madre.

E come !

Dove la tieni?

I/ ho qui, rispose Amedeo picchiando la tasca da petto.

xiu. si PAKTI: ri:i: >in "'>:,

K bi'in-, muitiU per benino iu una scatola, coi cartellini: servira loro in viaggio, se mai...

0 via, non ci e pericolo, disse Silvia.

Spero anch' io : ma una previdenza di pit! non guasta, e un bottoncino di soccorso pu6 venire in taglio quando meno si crederebbe. Tanti vi sono, che lo portano sempre seco. Un odo- raccio, un rimescolo, una nausea, possono capitare a tntti : e loro souo delicate.

SI, si, prendiamo sempre le precauzioni : non ci si perde nulla, incalz6 il conte.

Massimo poi trattandosi di medicine come queste, aggiunse Amedeo, che fanno 1' opera loro da vicino e da lontano, pel pas- sato, presente e futuro. Quella piccola bua della signorina, non ardl manco aspettare la potenza delle tre o quattro medicine che tenevo io in batteria. Se non altro, serviranno come rimedii pro- filattici. Con tale guardia al fianco la signorina pu6 andar franca, che non fara piu di queste celie.

Speriamolo, ripetd la signora Caterina.

E in cio dire, cinse col braccio la bambina che le era da fianco, e le appicco un baciozzo sulla guancia, che parve uscirle dairanima. Sembro 1'atto si gentile e cordiale, che ognuno si disse in cuore: 0 la buona mamma!

XIV.

DIETRO LE Ul'IXTE GLI 1FFARI SERII

L' ora si avanzava, e le signore Delia Pineta si ritirarono ad ultimare gli appresti della partenza. Tutto era quieto, tranne che la contessa, senza fame parola ad altri, si mangiava 1'aniraa e il cuore, ripensando alia cortesia dimostrata da Amedeo in- verso Silvia, cortesia che da lei stessa aveva cavato, come colle tanaglie, approvazione e lode. Ma guai, inesorabili guai, se ella avesse penetrate le trattative correnti tra il conte suo inarito e i signori Boasso! In quell' ultima sera, appunto mentre essa colle

Serie XII. tol. VI. fate. 816 4:. 13 giugno 1884

LA CONTESSA INTERNAZIONALE

fancinlle e colla cameriera attendeva a far riporre i cenci e le trine usati ia giornata, e serrare le valige, ed era coll' anirao gi£ ttitto rivolto alia sospirata Milano; il conte nella stanza attigua, dato tanto di paletto all'uscio, stava strotto a colloquio col ca- valiere Boasso e con Amedeo : e vi tenevano un vero congresso diploraatico. II povero conte credeva di trarre diciotto con tre dadi, se giungesse ad awiare qualche preliminare, di sollecito collocaraento per la sua cara Silvia; e pero aveva provocato uno scambio di mste, com'esso esprimevasi, col suo ospite; e al tutto bramava non si partire di coU senza avere posto in sodo qualche punto sostanziale. Aveva confessato chiaro al cavaliere, che ne lo richiese, come il partito gli piacesse eccezionalmente: ma sarebbegli piaciuto altresl che Amedeo, o almeno il padre Helfuturo, con una franca parola aprisse Tanimo suo. Ve- diamo, ripeteva esso, vediaino di concretare qualcosa.

Di me, rispose il cavaliere, sapete ormai il fondo delPanima. Ye Tho detto e ridetto, 1'idea della vostra Silviuccia mi va. Ma non 1'ho a sposar io, sibbene mio figlio qui. Gli ho detto il mio avviso, e poi... Senti, Amedeo (si rivolse a lui), tocca a te dipanar questa matassa: parla tu pro domo tua... Ma prima, conte (si rivolse al conte di nuovo), levatemi un sospetto. Vo- stra nioglie...

Mia moglie, interruppe il conte Della Pineta, inia moglie non ci ha che vedere. Ho le mie ragioni serie, gravi, peren- torie: lei non ci deve metter bocca. 0 si arrendera colle buone, o io userd dell' autoriU paterna, nella forma che mi consente il codice nel caso di dissenso.

Non mi pare una bella cosa, osserv6 il cavaliere.

Non e bella, no, ne convengo: ma e necessaria. Io mi sento stretto in coscienza di padre di famiglia, di provvedere alia mia Silvia e al suo vero bene avvenire. Come 1'ho posta in educazione senz' ascoltare mia moglie, cosi intendo, se oc- corre, collocarla con chi credo nieglio. Quando siate contento voi, amico, e vostra moglie, contenta Silvia (gia, non ne dubito), e vostro figlio, io tengo la cosa per segnata e benedetta.

Amedeo intanto si veniva acconciando le parole in bocca ; e

quundo il padre gli acceond che toccava a lui csporre le sue . disse senza esitazione: - .so se 1'ho anche soverchia- mente diiuostrato, ma sulle niie aspirazioni non pu6 cadere dubbio. Babbo le sa : sono le sue stesse. E poiche voi, conte, le acco- gliete con piu favore, cho non merito, io solo posso aggiugnere che' esse sono sincere, ed anche forme.

II conte brill6 di viva gioia, che non pot5 celare.

Ainedeo si continu6 : Ci ho pensato prima, e maturamente.

Allora non %ci e altra difficolta, interruppe il conte. La questione di massima rimane T\ao\Vi\&favorevolinente.

La questione di massima, si, ripiglift sorridendo Amedeo : restano solo a dibattere i capitoli.

I capitoli matrimoniali ?

Oib&, conte: questi so che correranno, in ogni caso, lim- pidi e convenienti. So ancora, che qualcosa se n'e discorso tra Toi e babbo, e al bisogno quello che avete detto si fernia in carta, e buona notte. Per capitoli matrimoniali io intendeva i modi e il tempo di venire all' ergo. II fatto 6 che prima di due anni vi sono difficolta gravi. Sono lunghi due anni ! Se il signor conte mi permette...

SI, si, tutto, parliamoci chiaro, da galantuomini.

Io ho anche da terminare la mia legge...

Si capisce.

E fino alia laurea non posso impacciarmi di nozze o non nozze...

- Che dubbio?

Io studio di proposito. Fard poi pratica? patrocinero? Dio Io sa...

Questione riservata, disse ridendo il conte diplomatic©.

Ad ogni modo, vorrei addottorarmi in legge, e non in ciucaggine.

Troppo giusto!

Or bene, due anni mi sono necessarii, non se ne pu6 le- vare un giorno.

Xe convengo pienamente. Non e un punto che guasti : anzi Ta a capello. Per Silvia un paio d'anni e quello che ci vuole,

LA CONTESSA 1>TK RNAZIO.NALE

giusto giusto. Ha messo persona a quel modo, ma 6 sempre bambina.

Lodato Iddio, disse Amedeo, c'intendiamo in ogni cosa. Voi, caro signer conte, ci mettete anche troppo di condiscen- denza, ve ne ringrazio.

Non condiscendo oltre al merito vostro, ripiglift il conte. Mi avete ispirato tale fiducia di voi, che non vi preferirei tin grande di Spagna o un principe romano.

Bonta vostra, conte.

Ma veniamo al sodo ; rientr6 qui il cavaliere Boasso.

Cioe?

II sodo per me sarebbe stabilire qualcosa con impromesse, in cui intervenissero tutte e due le parti piu interessate.

Ci6 disse ii padre di Amedeo, perch& da onorato padrefami- glia vagheggiava 1'idea di fermare un poco la mente e il cuore del figliuolo, si che i due anni non venissero, come talvolta accade, a voltarlo : e bramava inoltre scandagliare anche intorno a questo particolare 1'animo del conte. Amedeo, che anche a questo aveva pensato, e chiesto 1'avviso della sua ottima ed amorevole madre, entro francamente nel discorso, dicendo : Quanto alle iinpromesse, io esporrei un mio pensiero, se il signor conte...

Dite, dite liberamente: siam qui per intenderci.

Io osservo, che le cose lunghe diventano serpi, e non parrebbemi delicato da parte mia, ii tenere legata con patti scritti e giuridici quella vostra gentilissima pispoletta, per due lunghi anni di aspettativa...

Puh, non ci vedrei po'poi il diavolo, disse il conte.

Perdonate, conte, vi apro tutto 1' animo mio. Le parole oggi scambiate tra voi e inio padre e me, mi legano quanto si pu6 vincolare un uomo di onore e di coscienza.

ft vero, disse ii conte.

ft vero, conferm6 pure il cavaliere Boasso.

Or bene, io penserei di non vi aggiungere altro legame, per ora. L'annoprossimo poi, alle vacanze d'autunno, mettereino, d'ainore e d'accordo, un po'di nero sul bianco, in presenza del

Mil SERH

parroco. Tn anno di vita di fulanzati e gia lunghetto, osserva mia HIT'

Non rai displace, disse il conte.

Non displace neanche a me ; ripete il padre di Amedeo, che col figlio aveva bensl parlato d'improraesse, ma senza fissare il tempo.

Tuttavia, ripigli6 Amedeo, se a voi, signor conte, piacesse aver qualcosa di scritto...

No, caro Araedeo, non. pretendo altro che la parola vostra, data in presenza del mio piu vero amico, che 6 il cavaliere qui. lo la valuta quanto una nota di un ministro di stato, e qnalcosa meglio. Ormai vi conosco abbastanza: siete figlio del vostro padre.

Ad ogni modo, per vostra maggior quiete, ecco qua una letterina (e la cavo dai portafogli), che vi ricordera e confermera gli accordi presi.

II conte la scorse brevemente. In questa Amedeo esponeva, senza smancerie, 1' affetto suo per la signorina Silvia, e chiedeva al conte piena sicurta di poterlo a lei manifestare,' recandosi alcuna volta a riverirla in famiglia a Milano.

Ala che? ma che? proruppe il conte in terminando la lettura: cotesto 6 gia inteso, cammina pe'suoi piedi. Non vi avevo forse gia invitato, tutto di mio, 1' altro giorno ? Ora non solo v'invito, ma vi prego di farvi vedere: phi spesso sara, e pi ft cara ci giugnera la vostra visita.

In queste parole rizzossi, aperse un batten te dell'uscio della camera attigua, dove la contessa e le fanciulle terminavano gli ultimi assetti di partenza, e chiamfr la Silvia. Richiuso dili- gentemente 1'uscio, le disse in presenza dei signori Boasso: Ecco qua, figlia mia, il signor Amedeo ti promette di venirti a vedere a Milano: sei contenta?

Silvia intese a volo che non si trattava di una semplice cor- tesia, ma d'una offerta d'amore. Si fece di bragia, poi pallidis- siina, un suJoretto minuto le granl la fronte, chin6 il volto, e riuscl ansando a compitare: Si, babbo... sono contenta... gra-

71(1 LA CONTESSA INTERNAZIONALE

zie, signer Amedeo. Ma quel trascolorare, quell' affannare, quegli occhi bassi, piu dissero che le sue parole.

Amedeo e il padre si accommiatarono colle usate gentilezze al conte e alia fanciulla, intendendo benissimo che un padre doveva pure avere qualcosa da ragionare colla figliuola, dopo un tale annunzio. A bel rivederci a Milano, disse Amedeo.

Ma prima ci vediamo dimani, rispose Silvia tornata un poco padrona di se. Verrete alia stazione?

Che dubbio? o questa volta, o non mai.

IDEE PATERNE

Si trattenne il conte colla figliuola forse una mezz'ora. Le diede a leggere la letterina di Amedeo. Silvia bevendo a stilla a stilla quelle desiate parole, d'essere piu in terra che in cielo non sentiva. Ritornolla un poco dall'ideale al reale il padre, col farle notare che quelle parole non contenevano una forinale promessa, si bene una dichiarazione affettuosa, alia quale le promesse terrebbero dietro 1' anno prossimo, quando lei si fosse mostrata meritevole di uno sposo, piu degno del quale non tro- verebbe in tutta Italia. Intendi bene le cose pel loro verso; ti dico che Amedeo e un partito degno, avendoci lungamente pensato prima. L'unico difetto che gli si possa apporre e che non ha titoli...

Che m'importa?

No, no : qualcosa dovrebbe importarti. Se si potesse avere insieme fortuna e titoli e le qualita personali di Amedeo, io sarei il primo a sconsigliarti di attendere a questa offerta. La parita di nascita non e da dispregiare; anzi e da cercare, e da volere, il possibile, per cento ragioni. £ cosa che si radica nella religione, nella politica, nel buon senso della civilta... Basta, non ne parliaino, sarebbe troppo lungo. Ma qui il valore della per- sona che ti offre la mano e tale e tanto, ch'io mancherei al mio dovere, se ripugnassi alia tua felicita, per quel solo ri- guardo. E poi ci ho tanti altri motivi...

v to piacere, babbo, se mi chiariste un po'lo idee sui motivi che avete.

II ronte non credeva di dover dire alia bambina, come fosse urgente di rollocarla, per non lasciarla forse al capriccio di sua madre, capacissima di accasarla Dio sa come; ne pure voile ac- cennarle un suo secreto disegno, di adoprarsi cioe, perch6 il titolo nobile dei Delia Pineta si trasferisse, a suo tempo, in Amedeo. Per6 rispose: Ti basti, che dei motivi ne ho: sai, che ti voglio bene, e se mi risolvo di acconimodarti con un signore borghese, gli e unicamente perch& il partito ha cento vantaggi, piu impor- tanti che un titolo. Gia, lo vedi da te stessa, a questi lumi di luna, la nobilta non e quasi piu altro che un privilegio nomi- nate. Da il diritto di aggiugnere al proprio nome un titolo, ono- rifico in qnanto rammenta i nieriti e la grandem storica della famiglia. E questo stesso nella odierna societa civile e assai meno pregiato che in addietro. fi passato quel tempo che per portare gli spallini di semplice luogotenente bisognava provare la no- bilta. Guarda, le cariche piu rilevanti dello stato son venute a mano di chi le vuole e di chi non le vuole. Nel parlamento e nel senate, accanto agli uomini onorevoli, si accommoda robuccia di basso affare, ambiziosi venuti su dal nulla, portati dalle sette; e si accompagnano a tali, che sebben nati cavalieri, non li vorrei per mozzi di stalla; in tutti i posti piu lucrosi braveggiano galeotti e squassaforche ; ne abbiam veduti con tanto di portafoglio di stato sotto il braccio, che meritavano portare il remo o il capestro a gala. Non ci 6 rimasto altro che la diplomazia, che abbia con- servato uu po'di decoro aristocratico. E cid solo per forza delle cose : appunto perche alle corti estere non verrebbe accolto con favore un villan rifatto, quand'anche s' intitolasse generale di armata. So a Firenze potessero passarsi dei signori titolati, non se lo farebbero dire due volte. Gli hanno in quel servizio. Lo so io. Se io avessi voluto indossare qualche altra livrea, oltre quella del re, avrei avuto la nomina di ambasciatore cinque anni fa, nel fiore delle mie forze. Del resto, tira al quattrino, e la massima che suona da un capo all' altro d' Italia, cominciando dal 1'urlamento di Firenze: e un vangelo nuovo, un domma falso;

LA CONTESSA INTEnNAZIO.NALE

ma e quello che piu ha voga. lo te lo rammento solo, perch6 tu non creda che 1'andare sposa un giorno di un borghese, ti abbia a sceinare estiinazione nel mondo.

Non temete, babbo, io stimo Amedeo perche 5 il piti bel giovane che si possa vedere con due occhi, e il piu buono... fi buono come un angelo! Con lui sard felice abbastanza.

Appunto appunto! Ha tutti i pregi del vero nobile. Nobilta vien da virtu, diceva un proverbio antico, ora un po' raesso nel dimenticatoio. Quello che e certo si e, che accompagnata con Amedeo Boasso, sarai la piu felice e avventurata sposa di To- rino. Forse tua madre, quando sapni ci6 che si passa tra te ed Amedeo, fara ii niffolo. Ma io, che so come va il mondo, ti assi- curo che colla fortuna dei Boasso, ogni piu aristocratico salone si aprirebbe dinanzi a te. Specchiati nella signora Gaterina. Se ella volesse andare a corte in Firenze, le si spalancherebbero cento porte, non una. Yi si ricevono di tali che non arrivano al tacco delle sue scarpe. Essa invece, senz' ambire onori di cui non sa che farsi, se ne sta a se, signora e principessa in casa sua; per tutto ove si presenta e la ben venuta, e non 6 chi non si creda onorato di accoglierla con rispetto; qui in campagna le dame villeggianti la invitano alle loro feste, e gl' inviti suoi accettano a man baciata. Quando tu unissi insieme la roba nostra e quella dei Boasso, avresti stato e condizione di gran signora quanto ogni gentildonna titolata.

- Perchfc dunque mamma avrebbe da tenere il broncio?

Perche, perche... Yedi, tua madre con tutte le sue preten- sioni di gran dama (bada, mi pesa di doverti aprire un po'gli occhi : ma 6 necessario per tua norma) tra le brigate 6 un gin- gillo da teatro; i lecconi che 1'assediano sono poeti, letterati, mestatori, e sopra tutto politicanti che di politica non capiscono un'acca, e accarezzano la sua vanita persuadendola che anche lei e un Metternich in gonnella. £ la vera via di farsi ridere alia gente seria. Che le serve il bel nome di nascita, e il niente men bello, che le ho dato io? Che le 6 giovato il posto elevato che io tenevo sino a ieri nella societa? e la fortuna nostra, che e pur qualche cosa? Le signore a inodo le fanno un saluto in pas-

sando, e si-iiivano la sua conversazione. Abbi adunque giudi/io,

ch£ t'importa. Con tua inadre non e necessario che tu purli di

to priiuo passo che io ho fatto per tuo bene. A suo tempo

se ue discorrera. Io ho il diritto e I'obbligo di provvedere alia

tu:i f< licita. Non mamma, tienlo a mente, io, io solo m'incarico di

condurro questa faccenda a buon porto, se tu non la guasti per

Al bisogno, sono uotiio di condurti qua sola sola, a fare le

impromesso dove hai fatto la priina conoscenza di Amedeo.

Silvia, che tutto in una volta si sentl piovere addosso si so- leune sermone non seppe 11 per li che dire. Era confusa. Insieme colla vista serena dell' assicurato amore di Amedeo, per la prima volta le si apriva Torizzonte vario, incerto, buio del inondo reale. Sentiva la sua mente andare a processione. Finora le era parso naturale, che lei, sebbene nata contessina Delia Pineta, amasse Amedeo, un gran signore, ancorche non titolato. Ed ora comin- ciava a capire che nel inondo la cosa non correva tanto liscia, quanto ella s'immaginava. Fin qui erasi lusingata che sua madre dovesse riputare una bella fortuna il partito offertosi di accasarla. Ed ora le era forza di prevedere noie e contrast! dalla saa mamma. Non aveva gran concetto della sua madre, quanto a religiosita: ma il suo padre squarciava ora un velo, che rendevale sospetta la madre in troppe altre cose. Parevale, un nembo si addensasse sul suo capo. Ma tra le nubi accavallate splendeva pur sempre la luce della speranza, nell' amore nobile-e puro, che il padre suo benediceva. Stata un tratto sopra pensiero e assorta nel la tem- pesta di queste inaspettate rivelazioni, si riscosse, bacid la mano a babbo (cosa insolita), molto affettuosamente ; e scapp6 via sal- tellando, per non farsi scorgere alia mamma. Ella non si brigava di titoli, ineno ancora di quattrini: era semplicemente innamo- rata, come una farfalla di maggio.

Alia dimane ogni cosa procedette ordinata, e coi fiocchi e le frange di complimenti, che richiedeva una partenza di ospiti amati, e lungamente onorati in una famiglia signoriie. Natural- mente la signora Boasso aveva preveduto tutti e singoli i piu minnti particolari per 1'agiato viaggiare della brigatella mila- nese. Amedeo poi vi aveva aggiunto di suo il panierino, ch'egli

7 It LA CONTESSA I.YTERNAZIONALE - XV. IDEE PATERNE

diceva delle medicine. In verit& le famose medicine erano il meno. Egli vi colloco in bell'ordine una serqua di boccette di alkermes, e tra gli altri confetti, bei cartocci di pasticche all' alkermes, di marzapani all' alkermes, di marenghe all' alkermes, che diedero poi il mal nervoso alia contessa, quando ella se ne accorse. Ma nelle abbracciate di addio nulla turbo il sereno. Solo la signora Ca- terina si avvide, che la povera Severina aveva i lucciconi agli occhi, e nel baciarla, essa pure le bagnft il volto di lacrime affettuose. Silvia, piil che ad altro, attendeva ad assicurarsi che Amedeo fosse di compagnia. Viene? Non viene? era il suo palpito. Amedeo, com'ebbe poste in vettura le signore, sail a cassetta, e disse: Signore, io le ho condotte qua da Torino, mi lascino fare il dovere mio di ricondurle 1& dove le ho prese : si contentano ?

Anzi ! rispose subito Silvia giubilante.

La contessa invece balbetto un semplice Grazie; che le restd mezzo appiccicato alle labbra. Ella sarebbesi chiamata soddisfatta pienamente delle attenzioni e buone grazie, onde tutti la colma- vano nella sua partenza, se 1'affetto di Amedeo per Silvia, onnai troppo palese per 1'avventura di ieri, non le avesse piagato il cuore d'insanabile ferita. Dio sa quali scene sarebbero seguite, se ella avesse potato indovinare le intelligenze corse tra i signori Boasso e il suo marito. Fu anche buona fortuna, che essa non intendesse le ultime parole furtive di Silvia ed Amedeo, neli'nscire dalla sala di aspetto: Dunque vi aspetto alia Bella Brianzola!

Non dubitate : appena posso, corro, volo... Vi accompagno e resto con voi a Milano, colla mente e col cuore.

RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA

I.

Dl AM TNI LAYORI PUBBLICATI IN ITALIA SULLA SciEXZA DELLE RELI-

i o CHE AD RSSA si RiFERiscoxo I. La Scienza delle reli- gioni. Discorso per la inauijiirn:iune degli stndii letto il 16 novembre 188'2 nella R. Universita di Napoli dal Prof. MICHELE KEBBAKER.

Gli studii intorno alia cosl delta scienza della religione e delle religion! sono di fresca data, e si pud fin d' ora prevedere che fra qualche anno 1'ardore onde furono intrapresi e che gia co- mincia a rattepidire, sara del tutto spento. Interverra a cotesti studii quello che e intervenuto a quelli affini di Mitologia com- parata che tennero il campo ftno a che non vi entr6 lo spirito di sisteraa che li fece cadere nel comune discredito; tanto 1'ar- bitrio, 1' esclusivismo e 1'assurdo vi avevano confuso e travolto ogni idea di buon senso e oltraggiato la storia. Quelli nacquero ammalati, perche fu loro data per causa la malattia del lingnag- gio, questi nascono morti perche si vuol dar loro per mad re 1'ipo- tesi antistorica e antiscientifica dell'evoluzione. Max MQller fu come il padre degli uni cosl il promotore e propagatore degli altri, ma padre infelice ed apostolo non fortunate. II razionalismo e il panteismo tedesco in filosofia, 1'esegesi tedesca della Bibbia, lo scetticismo, 1'orrore del soprannaturale e massimamente il di- fetto assoluto della dialettica o arte di ragionare che diventa ogni dl pid una malattia comune, sono le vere cause delle nuove teoriche sulla religione e le religioni.

In Italia gli scrittori di siffatte materie sono pochi di nu- niero e di merito disuguali, benche, e ci duole il dirlo, sieno tutti owero fedeli seguaci, ovvero copiatori servili di autori stra- nieri. La disuguaglianza poi sta in ci6, che alcuni hanno vero merito e non comune in altri studii onde son degni di rispetto e di stiuia; laddove altri non possono pretendere d'essere tenuti se non so quali mediocrita in tutto, un servum W-MS, che bela

71 f, RIVISTA

fra noi con piu o manco di bestial talento, gli ainmaestramenti deH'altro servum pecus francese che li ricevette anch'esso dagli archimandriti tedeschi. II piu diligente discepolo e indefesso ru- bacchiatore de'Maestri alemanni fu ed 6 in Francia E. Renan, cui fanno corona E. Havet, il Soury, Em. Burnouf, G. Darmesteter, M. Vernes, A. K6ville e parecchi altri. Ora se noi avvisiamo essere una granda umiliazione per la Francia T aver per maestri nella critica storica e nella scienza delle religioni i filosofi ed esegeti tedeschi che salvo un certo apparato filologico, nel resto sono fra loro discordi e fondano sistemi avventati, bizzarri e con- trarii affatto al senso comune; molto piu biasimevoli riputiamo quegli Italiani che diinentichi del primato glorioso della nostra scuola filosofica e del nostro sommo Maestro Tommaso d' Aquino, vanno a mendicar non la verita, si bene gli errori e le teoriche piil stupide dal Teutono nebuloso e dal leggero Francese. 0 che la Francia ha proprio bisogno di andar a scuola da'Tedeschi, ov- vero Tltalia da quella o da questi? No certamente, perch6 dot- tissimi filosofi, esegeti, filologi e critici non mancano n5 in Fran- cia, n& in Italia ; ma si preferisce la merce straniera perche4 se non solletica anzi mortifica 1'amor proprio, serve .jiondiineno alle passioni, allo spirito d' indipendenza dalla fede cristiana, alia ribellione da ogni autorita divina ed uinana. Imperocche ii ra- zionalismo, il panteismo e 1'esegesi tedesca sono i natural! e schietti rampolli del libero esame e del protestantesimo.

Ma poiche di razionalisti della scuola gallo-tedesca fu gia di- scorso a lungo in questo periodico, non sara senza qualche pro il ricordare gli scritti di alcuni nostri Italiani che piu o meno, in tutto o in parte seguono i dettami de' maestri forastieri. E qui tocchereino primamente d'un certo Discorso letto in Napoli per la inaugurazione degli studii il 16 novembre 1SS2 dal Prof. Michele Kerbaker che s'intitola La Scienza delle religioni. II Discorso e di ben 45 pagine fitte e noi lo ricordiarno pel primo, appunto perche non e un'opera o libro propriamente detto. Stiina grandissima merita il Kerbaker come dotto professore di sanscrito, nessuna come filosofo e scrittore di scienza delle re- ligioni. Iinperocch& tutta la filosofia del Kerbaker si riduce al- r applicazione d'un sistenia che non ha nulla di storico e di po-

!.LA STAMPA ITALIA 717

sitivo, iK'H'ovo'., 10 ciod alle religion!, le qnali, secondo

lui, si sarebbero formate « per via di lente e graduate trasfor- mazioni p. 13. » Ora se la teorica della evoluzioao non ha saldo fondamento, anche la scien/a delle religion! che il Kcrbakor fa

ndere da quella, convien che rovini. Un' tiltro supposto 1 del ch. Autore 6 la competent che concede alia ftlologia in que- sta inateria. E una vera illusione de'novelli incrednli quella di Tolere con 1'aiuto della sola h'lologia spiegar le origini delle re- li^ioui, mentre che neppur con 1'aiuto d'altre discipline vi si e potato finora giungere a conclusion! accettabili l. La critica sto- rica poi invocata dal ch. Autore non vale meglio della filologia. Ignora egli dunquo la definizione che della critica storica diede quel parabolano di E. Renan ? petites sciences eonjecturalet </ni se dtfont satis cesse apres s'etrefaites (Rev. des Deux-Mondes, 1") de*c. 1881). Della letteratura concernente la religione giu- daica, egizia ed eranica il ch. Autore ha poca conoscenza e non e in pari co'nuovi studii e i piu dotti e celebrati lavori venuti in luce su queste quistioni. Vi parla infatti come di cosa am- messa che il monoteismo giudaico fu attinto dalle dottrine egizie, il che e riputato falso anche da un Maurizio Yernes, vale a dire dal pid fedele ed umile discepolo de' razionalisti tedeschi, spe- cie del Reuss (V. Rev. de Vhist. des relig. Compte-Rend. t. II, p. 233). Afferma altresl che il Gindaismo avrebbe preso dal- TEran 1'idea della redenzione e della palingenesi futura, il che fara ridere il De Harlez e lo Spiegel, i quali hanno dimostrato che se V e stato da prendere in prestito, i Persiani non pqssono essere i creditori, si bene i debitori. Anche di ci6 fu discorso in questo Periodico2. La pretensione del Kerbaker di esciudere a priori il soprannaturale, e di tutto spiegare con 1' evoluzione, e veramente irragionevole e puerile; perciocche n6 T evoluzione, an- che concessa, e atta a dar sufficiente spiegazione di certi fatti che pur sono attestati dalla storia, ne il filosofo deve arrogarsi il diritto di voler che le cose sieno avvenute secondo ch'egli

1 V. Esamt critico dfl sistema filoJoy^co e Jinyuisttco applicato alia mito- Jogia e alia ncienza dtttc rcliyioni |»f! |. I'mto, Ti|»o-

liiacli.-iti l-iglio o C. 1884. 1 Op. cit.

713 IUVISTA

pensa e che desidera. 0 che Dio creatore dell'uomo dovrebbe im- parar dal signer Kerbaker, il come e il quando possa e voglia entrare in coinunicazione con la sua creatura e rivelargli ci6 che a lui piaccia? lacopo Grimm e Max Mailer si fanno compatire quando asseriscono che la rivelazione e impossibile da parte di Dio, perche dovrebbe per parlare all'uoino aver un corpo, e il suo linguaggio sarebbe per la sua sublimita non inteso daU'uomo. Nwnquid qui finxit aurem, non andiet? Cotesti non sono ar- gomenti da filosofi, non da filologi, ma semplicemente da pasto- relli arcadici. fi cosa veramente strana che quella comunicazione di Dio con gli uomini, la quale da' due illustri filologi sopradetti Tien negata come impossibile, i Giaini Svetambara con formate parole gliela attribuiscono. Cosl leggesi in effetto nella prefa- zione del Qintamani. I Giaini considerano Arha (in un mano- scritto tamulico posseduto dal de Milloue", e scritto Ara, ma pare anche al Leumann doversi scrivere Arha) quale lor Dio supremo e lui adorano. II nome popolare di questo Dio & Ginan donde il nome de'Giaini deriva. Egli ha 1,008 nomi sacri. La sua po- tenza e tanto grande che i Tre-Mondi lo adorano e gli rendono il loro culto. EgU conosce tutto ci6 che ha vita e ci6 che non e se non materia inanimata, il passato e 1'awenire, la natura de' mondi e gli spazii vuoti de' mondi. Egli rivela la conoscenza del diritto cammino a tutti gli esseri viventi per il mezzo di comunicazione (con lui) che loro e proprio, senza ch' egli abbia bisogno dello (passare per 1' intermedio di) aiuto dello spirito, delta parola e del corpo, cio& a dire (nota il traduttore, il ch. De Milloue") ch'egli si fa comprendere per una riyelazione interna *. Un altro errore mille volte confutato e che sempre si legge ripetuto come un domma nei libri de'moderni increduli 6 pure ainmesso dal ch. Kerbaker nel suo Discorso. « E poiche, egli dice, la cognizione tradizionale, o diciamo rivelata, non puft comporre seco stessa i pronunziati della cultura scientifica, essendo impos- sibile che un gruppo di rivelazioni anteriori, gia costituito in uno schema, riceva in s6 stesso i risultati delle nuove rivelazioni spe- rimentali, non rimane altra via per regolare il detto conflitto che aggiudicare alia cultura stessa, come materia di sua competenza,

1 Essai sur la religion des Jains, MUSEON, t III, avril 1884, p. 201.

-TAMPA II 71'.)

la dottrina religiosa ; si v.-ruuit-nt'- die quella influisca conti- n;i;i!ii.-nto su questa, in guisa tale da trasformarla a grado a grado •cos tar la, per quanto sia possibile, alia comprensione sr •;i o razionale delle universe cose (p. 35). » Saremino vaghi di risapere dal ch. Autore qnale sia cotesta eultura scientifica che non pu6 comporsi coo la dottrina rivelata, e se ci6 avvenga perche la eultura scientifica possegga sola la verita, e la cogni- zione tradizionale o rivelata non contenga la verita ma 1'errore. Se il ch. Autore per eultura scientifica intende la conoscenza della filosofia, della fisica, dell' astronomia, delle matematiche, delta geologia, della chimica, della storia e simiglianti disci- pline, chiara cosa d che tutte coteste scienze non pure non sono incompossibili con la dottrina rivelata, ma furono e sono tuttavia coltivate, promosse e fatte progredire per opera massimamente di coloro che ammisero e ammettono la dottrina rivelata. Basta conoscere un po'la storia di coteste scienze dal secolo XV in fino al nostro, perche se n' abbia piena ed evidente certezza. Se poi il ch. Autore intende per culttira scientifica e per « risultati delle nuove rivelazioni sperimentali » i sistemi e le ipotesi del tras- formismo darwiniano o dell' evoluzione, come pare che intenda, concediamo anche noi che la dottrina rivelata non possa comporsi con coteste nuove rivelazioni sperimentali; ma la col pa non e della dottrina rivelata, si bene del sistema trasformista che non e scienza ma una ipotesi contraria all' esperienza e all'osserva- zione, un sistema condannato dal fiore degli scienziati crcdenti e non credenti, dal de Qnatrefages, dal Wyville Tomson, dal Lyell, dal Wright, dallo stesso Huxley, dal Mivart, dall'Agassiz, dal Bianconi, dal Venturoli, dal Virchow, dal de Valroger, dal Flou- rens, dal Milne-Edwards, dal Davaine, dal Chauffard, dal Gratiolet, dal de Claubry, dal Dumas, dal Becharap, dal MSgnin, dall'Ehren- berg, dallo Stein, dallo Schwann,dal Matteucci, dal Balard,dal Pa- steur, dal Balbiani, dal Coste, dal Berthelot, dallo Schtttzenberger, dal Raulin, dal Mayer, dal Donne', dal Lechartier, dal Tyndall, dal Du Boys-Reymond. Tutti i citati autori combattono chi Tuno e chi 1'altro de'principii fondamentali del Darwinismo, la tras- formazione delle specie e 1' heterogenia o generazione spontanea che sono le colonne su cui poggia tutto 1' edifizio architettato

RIV1STA

dal Darwin e perfezionato anzi rovinato dall'Hacckel. Fra gl'Ita- liani seguaci del Darwin, dell'Haeckel e delle teoriche loro ma- terialiste, ricordiarao a disonore d' Italia, un Mantegazza, un Ca- nestrini, un Maggi, un Morselli e lasciamo nell'obblio tutti gli altri scolaretti copiatori. Crediamo che il Kerbaker sia versato in questo genere di cultura scientifica, e non ignori perci6 le falsificazioni a cui si ricorse dallo Haeckel per puntellare il sisteina dell'evoluzione. Esse, come le superbe scoperte del Batluj- bins Haeckelii e dell' Eozoon canadense destarono fra gli scien- ziati 1'inestinguibile riso omerico. Nel Congresso de' naturalist! tedeschi tenuto in Hamburgo nel 1876, il prof. Moebius di Kiel in mezzo alia profonda meraviglia de'suoi dotti uditori fece ap- parire il Bathybius dell'Haeckel in un bicchiere pieno d'acqua marina aggiuntovi una certa quantita d'alcool. Gli esperimenti posteriori conferrnarono le asserzioni del Moebius. Le falsifica- zioni dell'Haeckel ripetute a chiusi occhi dal Maggi, furono scoperte dall' His \ dal Balfour 2 e dal p. Jiirgens 3.

Dopo le quali cose il Kerbaker si persuadera certamente che la cultura scientifica e le nuove rivelazioni sperimentali ci co- mandano di rispettare le dottrine rivelate, e di non rispettare quelle che egli vorrebbe farci credere la scienza in persona. Un jizio radicato ^ diciamo pure vergognoso de'nuovi increduli che vogliono passare per iscienziati, e 1'ignorare o il fingere d'igno- rare le opere di coloro che li confutano. Essi fanno i sordi, fanno i ciechi, ma noi, la Dio merce;, non siamo ne" sordi ne ciechi. Leggiamo, citiamo e combattiamo lealmente gli scritti de'nostri avversarii. Chianiateci oscurantisti, paolotti, ignoranti, come vo- lete; senza cultura scientifica, nemici del progresso; come vi piace, ma il fatto e questo che noi conosciamo per filo e per segno quel che scrivete, e perche scrivete senza scienza, siamo

1 His, Unsere Korperform u. das physiologische Problem ihrer Entstehung. Leipzig, 1875, pp. 168-171.

* BALFOUU, DevelopemeHt of Elasmolranch Fishes, Journal of Anat. a. Physiol 1876, p. 521.

3 JURGENS, nel periodico WissenscJwft und Glaube e nelle Stimmen aus Maria- Laach. V. Civilta CattoJica. La cellula e la vita. Ser. XII. Vol. V, 1(J gennaio 1884. !/•> balossade anche nel Hcgno dei Protisti. L' Haeckel convinto solennemente di falso

suoi disegni a stampa, pp. 142-154.

'•A ITALIA

ti 11 darvi delle importune, delle lezioni spesso

rognose per voi che sputate tondo credendo di mangiar il

cavolo co'ciechi. Eh via! un po'pifl di modestia non Ti fara del

male, e vi faii del bene assai un po'pift di rispetto per gli

'i/.i;iti che credono.

II Discorso del prof. Kerbaker fa da noi letto ben sette volte per poterne cavare un costrutto, tanta e 1'oscurita, il disordine e Tarruffio d'idee, di similitudini anatomiche e fisiologiche, di aneddoti, di fnghe dalla materia e di argomentazioni allucinanti. La conclusione per noi e questa; che il ch. Autore, se vuole scrivere, ci dia del suo, ciofc de'lavori filologici o delle traduzioni poeticho dal sanscrito e gli saremo oltremodo grati. Ma per amor del cielo, non si arrischi di penetrar le sacre tenebre e miste- riose delle origin! della religione con la guida mezza cieca e distratta della fiiologia, o con la cieca affatto di tutti e due gli occhi, deU'evoluzione e della tedesca filosofia. In altri fascicoli esamineremo piu alia distesa i lavori del prof. Carlo Puini, del prof. David Castelli e del prof. Gaetano Trezza.

II.

A ve Maria sive Maria ab Angela variis linguis salutata cui omnia a se collecta scriptaque D. D. D. P. A. PFISTER S. I. Chang-hai 1882. autogr. Miss. Catnol. un volume in 8 grande di 340 pagine.

Tale e il titolo di una collezione tanto modesta nella sua apparenza di pubblicazione litografica, quanto pregevole pel suo contenuto che e la salutazione angelica in 340 tra lingue e dialetti di ogni parte del mondo. Sono note da lungo tempo le varie edizioni poliglotte dell'orazione domenicale, e per tacere delle piti antiche in minor numero di lingue accenneremo a quella del P. Lorenzo Hervas della C. di G. dottissimo filologo che la stamp6 in Cesena nel 1781, in 300 e pi& lingue, seguita da quella di Giovanni Cristoforo Adelung la cui opera comin- ciata a pubblicare nel 180C ne contiene fino a 500 versioni, mentre Marcel a Parigi e Bodoni a Parma altre edizioni ne pub- blicarono con rara eleganza di tipi, benche in nuraero minore di

XII, r,>l. VI, fuse. 81»3 46 13 giugno 1884

RIMSTA

lingue,~finch£ poi furono tntti superati daH'Auer che a Vienna nel 1847 pubblico il Pater noster in 815 lingue e dialetti con grande lusso tipografico e con non meno di 108 alfabeti di lin- gue straniere. E raerita pure gran lode la raccolta pubblicata in Eoma nel 1870 dalla tipografia poliglotta di Propaganda Fide, la qnalo bench& non offra 1'orazione domenicale che in 250 lingue, pure e" impressa con grande varieta ed eleganza di caratteri e quel che e piu^.vantaggiandosi in ci6 sulle precedenti, ordinata colla distinzione scientifica di famiglie e di rami da riuscire piu vantag- giosa e gradita ai cultori delle lingue e della filologia comparata.

Un lavoro somigliante, per quanto noi sappiamo, non erasi ancora intrapreso almeno in una certa ampiezza, per la salutazione angelica, e certo se 1'orazione piu sublime che possa proferire 11 labbro umano, perche insegnata dallo stesso Uomo Dio, & piu d'ogni altra degna di essere presentata in tutte le forme in cui si recita per tutta la terra ov'egli e adorato, non meritera eziandio un tal onore quella in cui si saluta e s' invoca Colei che mentre coll'aniina sua magnificava il Signore, vaticinava pure con profetico spirito che tutte le genti Lei diran beata? E il divulgare T angelico saluto nelle varie favelle del mondo non e forse un dimostrare avverata una tale profezia e rendere cosi alia Celeste Donna un nuoro omaggio? Ed appunto il pensiero di tributare gloria a Maria fu quello che spinse il pio e dotto missionario a compilare e pubblicare quella raccolta che a lui deve avere costato grandissima fatica pel radunare che ha fatto si svariati elementi, giacche come sopra accennammo 1'Ave e ripetuta in non meno di 340 lingue, di cui piu di 50 sono scritte in alfabeti stranieri ; tutte poi scritte di sua rnano, ci6 che accresce di gran lunga la difficolta ed il merito del lavoro.

fi cosa ben naturale che una tale pubblicazione non sia affatto scevra d'errori, non potendo 1'Autore certamente conoscere tutte quelle lingue e dovendo per la piu parte di esse fidarsi delle comunicazioni che da altri gli vennero fatte: ma egli stesso modestamente il confessa nella bellissima prefazione in forma d' avviso che precede la raccolta. Ed in essa previene pure Tosservazione che nasce spontanea nel percorrere il volume, che non tutte le lingue siano ordinate e classificate secondo le

I.LA STAMPA ITALIA

ma cho spc-rialm-nte verso la fine

di'ir..;.,-r;i vuliino fr;iinmisto le lingue slave, germaniche, elle- nirh«», italii'he audio con alcune semitiche. E la ragione si e che -Mi giunte quest-1 in sull'iiltimo quando era gia compiuta in parte 1'opera, non pote piu collocarle a suo laogo, come avrebbe desiderate ; e per ovviare, almeno in parte, a quest' inconvenient©, oinise interaroente i numeri della paginazione, a fin che ciascnno avesse poi la facolta di collocarle ovo meglio credesse.

Ma questo difetto verra piu ampiamente riparato in altra edizione che propone 1'Autore e che vorrebbe riuscisse piu per- fVtta, piu numerosa in lingue e piu splendida di apparato tipo- grafico, sempre affine di rendere raiglior omaggio alia Gran

;;ine. Anzi egli, non confessandosi da tanto, vorrebbe lasciare ad altri quest' intrapresa pago di averne additata la via, ma noi facciamo voti che continuando e perfezionando il suo lavoro abbia egli stesso ad intessere questa nuova e piu brill ante co- rona sul capo di Maria, ed appagare cosl i voti dei cultori delle iingue straniere e della scienza del linguaggio che con vera gioia salutarono gia questa prima pubblicazione utilissima ai loro studii. I buoni cattolici godranno pure che inentre da questa che si dice scienza del linguaggio benchd quasi ancora barabina, taluni dei miscredenti vogliono di gia trarre armi contro la divinita ed antichita della vera religione, come avemmo ancora recentemente a deplorare ne'nostri quaderni, questa stessa scienza abbia invece a progredire ed awantaggiarsi raerc& una pubbli- cazione si eminentemente religiosa qual d quella di cui parliamo. E per esprimere ancora un desiderio che ci venne percorrendo

-te versioni, non sarebbe anche ottima cosa, a vantaggio spe- cialmente dei poliglotti che chiamer6 d' ordine inferiore, il vedere sottoposto a tutti i caratteri di alfabeto straniero i suoni cor- rispondenti in carattere latino, come gia 1'Autore ebbe la cor-

;i di farci in parte per gli alfabeti cirilliani, glagolitici, r Itici, indostani, siriaci ed arabi? Mentre dunque angnriamo al

mte Missionario di cogliere ampia niesse de'suoi lavori nel propagare la fede di Cristo in quelle lontane regioni, ci ralle- griamo con lui di quanto ha fatto e speriamo vorra ancor fare per la scienza che e pur dono ed emanazione divina.

0 i lUVISTA

III.

Lezioni elementari di Fisica per MODS. GIUSEPPE RUBBLNI Pro- fessore di fisica nel Collegia di Propaganda: est ratio dal periodico. LA SCIEN/A ITALIANA. Volume II, Parte I, Ottica. Bologna tip. Arcivescovile 1884. Un grosso fascicolo in grande di pagg. 232 con figure intercalate nel testo, lire 3.

Qiiando facemmo la rivista del I volume di questa egregia opera accennammo all'aita sua rilevanza, specialmente a' nostri giorni, inentre voglionsi accordare le scienze esperiuientali con gl'immutabili e certissimi principii della filosofia razionale. II fascicolo di cui parliamo e un compiuto trattato di Ottica. Trat- tasi pertanto maestrevolmente della luce, deile sue cause, dei suoi effetti, delle sue proprieta; all'uopo applicando all'arti ed alia pratica le belie teoriche esposte. Erudizione vasta, ag- giustatezza di metodo, chiarezza di discorso, dimostrazioni valide, solidit^, di principii, e fermezza di dottrina opposta alia volta- bilita delle insussistenti opinion! di inolti moderni, fanno dav- vero bella ed utilissima 1' opera del Rubbini.

Egli si attiene alia sentenza che la luce e qualita. .Sebbene parecchi a questa parola facciano il niffolo, tuttavia sono coteste puerili apprensioni che non hanno fondamento. Dividendosi 1'ente in sostanza ed accidente; n& vi essendo uom dotto che piu si arrischi a dire che la luce sia sostanza, e giuoco forza dire ch'essa e un accidente; e bene studiata la natura della luce e chiarito ch'essa non pu6 essere che qualita. N6 per questo si nega che la luce sia associata al moto, ma altra cosa e dire che la essenza della luce e moto, altra che nella luce o col la luce v'e moto. II Rubbini ti fa osservare che moto c'e, e che i fatti conduconci ad affermare che e ondulatorio.

Se non che dalla profonda cognizione ch'egli ha dei fenomeni luminosi e tratto a due conclusioni. La prima e, che dentro ai limiti della nostra atmosfera le ondulazioni avvengono in tutti i corpi diafani, per lo che non ha fermezza 1'ipotesi che 1'unico soggetto della luce sia 1'etere d'inesplorata natura. Alia quale

< \ STA1

dottrina del Rnbbini solo nuel li si oppongono che ancora non si sono dati a studiare la f/mintitu od estensione reale dei corpi, ne hanno sulle bilance della ragione (non parliamo di quelle dells i in magi nazione un po'troppo adoperate) ponderati quolli argo- menti cbe diinostrano doversi ammettere non solo una variabilita apparente nei voluini dei corpi, la quale avviene per minore e inaggiore distanza degli atomi in fra loro, ma eziandio una variabilita reale che allora ha luogo quando la stessa sostanza nella sua quantita piu o meno realmente si dilata. Ammessa la variabilita dei voiunii reali il ch. professore non trova difficolta per ammettere cbe le ondulazioni luminose possano aver luogo in tutti i corpi diafani.

La seconda conclusione ch'egli propugna e, che il moto on- dulatorio non 6 soltanto un moto locale di un atoino o di un punto fisico di un corpo, che da un luogo passa ad un altro, ma tale che possa dirsi eziandio fisico-chimico. Imperocch6 ab- biamo non solo effetti meccanici, ma anche fisici e chiraici che scaturisono dalle ondulazioni luminose.

Alcuni che reggonsi con la sola autorita, avranno difficolta di accettare coteste affermazioni. Tuttavia dovrebbono riflettere che quel grande maestro delle cose fisiche, il quale a'dl nostri illustr6 singolarissimamente la scienza, diciamo Tyndall, affer- mava che la sentenza la quale ammetteva essere la luce un l>uro movimento non era ferma, e che tuttora rimaneva ignota la sua vera essenza o natura. Adunque per farla nota e me- stieri andare piu addentro nella questione, che non abbiano fatto i passati scienziati: e se la logica ci trascina ad ammet- tere opinioni diverse dalle passate, pazienza ! Ivi la ragione e il fatto debbono vincere contro 1' autorita. II Lang stesso, c<m- siderando accuratamente i fenomeni di ordine fisico e chimico, non pote ritenersi dal dire che il moto solo non basta: ci vuol ultra cosa.

Non e" chi non sappia che Tanalisi spettrale ha recato ai dl nostri dei bellissimi e rilevantissiuii risultati. Intorno ad essa si diffonde il Bubbini con grande diligenza e pienezza. E per6 egli ne trae quelle logiche illazioni cho altri non sospetto

726 RIVISTA

nemmeno; cio& che appunto dalle belle esperienze dell'analisi

spettrale veniva confermata la verita del sistema aristotelico

della sostanziale mutazione del corpi, della loro continuita, onde

appare che non sieno tutti aggregati di atomi distant! tra loro;

e finalmente in raaniera speciale della vera indole della sintesi

chimica.

Gia si sa che 1'analisi spettrale ha creata Topinione che nel sole accadano delle combustion! e che ci sieno in esso pa- recchi dei corpi terrestri : donde il deridere que'vetusti fisici (diciamo fisici perch& non c'entra qui la filosofia metafisica) i quali dissero incorruttibile il sole. Assennatamente osserva il Eubbini che san Tommaso non diede quella opinione come certa dottrina e che non senza manco assoluto di logica e di buon senso da cotesta discrepanza tra vetusti e raoderni intorno al sole, si inferirebbe essere falsi i principii generali della filosofia naturale professati dall'Aquinate.

L'illustre professore fin dalle prime mosse aveva in quest'opera combattuto quell' atomismo meccanico che insegna la differenza di tutti i fenomeni e la diversita delle sostanze provenire so- lamente dalla varia posizione, numero e moto di atomi, tutti per essenza eguali tra loro: cotalche un numero n di atomi, senza che veruno d'essi subisca un'intima niutazione, per va- riata posizione e moto, ora sia una sostanza ora un'altra. Co- testo sistema oggiinai non si pu6 puntellare che sull'autorita di quelli che sono poco saldi id logica, e viene generalmente abban- donato. In questo Trattato ancora il Rubbini ti dimostra ch'& tempo di mutar linguaggio; n& alia interrogazione che si fa: qual e 1'intima cagione di questo o di quel fatto? pu6 con venire la risposta che cela vera ignoranza: cioe: ch'e un particolare movimento moleculare, ovvero ch'e un cangiamento speciale della forma di movimento od altrettali risposte. E gia prima del Rubbini Ugo Schiff chiedeva agli scienziati nella fisica e nella chimica, risposte piu concludenti delle solite a darsi, le quali in realta nulla dicevano. Ma se lo Schiff avesse stu- diata profondamente la fisica-razionale, fondata sopra i principii deH'Aquinate, avrebbe toccato con mano che la chiave della scienza avevala data Aristotele colla vera dottrina della materia

e del la forma sostanziale, la quale dottrina 0" una necess*/ iila/i-m.) d.'lla sostanziale muta i corpi. La ragione per

cui qnesta dottrina non 6 ammessa da alcuni & perche non la si conosce o perch& non la si voile conoscere, o perchd la si studid in quelli autori che 1'hanno bistrattata, con zelo fal- lace; o, in vero studio, 1'hanuo espressa con fattezzo non sue proprie.

Qnelli cho Thanno, senza passione, meditata 1'hanno pregiata, e se non 1'ammisero come fondameuto della scien/i naturale, fu talvolta per uinano riguardo dal quale anco i dotti non si sanno ben dilacciare. Ma'i pregiudizii si diradano a poco a poco e la luce della verita spicca sempre piu beila. Per6 quei scienziati, che si possono dire veramente non copiatori o storici, ma pensatori, o confessano che la chimica sintesi 6 inesplicabile o sostengono che v'e in essa non solo avvicinamento e nioto atomico, ma cangiamento d' intimo principio di azione. Cioe pro- pugnano la verita della mutazione sostanziale. Auimessa questa e mestieri pur confessare che priuia e dopo la mutazione v'e la stessa materia, e le generiche proprieta, ma si 6 cangiato quel principio di attivita che specifica il corpo: cio^ ch'e rimasta la materia ed e mutata la forma sostanziale. Chi non vuole accettare questo principio trattera le scienze fisiche in modo puramente esperimentale ; ma qualora voglia trattarle in modo scientifico dara frequentemente in errori e in sentenze inconci- liabili cui fatti.

Adunque vuolsi lodare assaissimo Mons. Rubbini cho sulla base dei solidissimi principii della fisica rationale dell'Angelico dottore ha composto il suo Corso di ftsica: e dobbiamo congra- tularci coll'Istituto di Propaganda Fide che per la volonta dei S. P. Leone XIII ristoratore delle scienze fu eletto a professore della fisica stessa. II Corso poi noi lo racconiandiamo con solle- citudine non solo ai professori di fisica ma ancora a quelli che si dilettano di questo studio e in modo peculiare agli scolari. Studiandolo seriainente ritroveranno queU'appagamento che nello studio di limit i altri non potranno forse ottenere.

CRONACA OOOTEMPORAMEi

Firenee, 28 maggio 1884.

I.

COSE EOMANE

\. Udienza del Santo Patlre 2. Gli archivii Vatican! e il Clero I'ngherese 3. Ailc- sioni dell' Episcopato italiano all' Enciclica Humanum genus 4. Un nuovo decreto episcopate dell'Arcivcscovo di Palermo 5. Nobili proteste del mondo Crisiiano conlro la sentenza della Cassazione di Roma, riguardantc i beni di Pro- paganda — 6. La condanna del Vaticano Regio.

1. L'Augusto Prigioniero del Vaticano, in tanto abbandono di coloro che avrebbero non solo il dovere ma 1' interesse di frangere le calene che gli ha poste la rivoluzione, ha il conforto di veder di continuo ai suoi piedi visitatori d'ogni ceto, d'ogni eta e d'ogni lingua. Di che i suoi carcerieri fremono rabbiosamente e s'arrovellano; ma non potendo finora impedirlo, si consolano, pensando che a Roma ci sono, e ci resteranno.

II giorno 24 dello scorso maggio, il Santo Padre riceveva un ma- gnifico mazzo di fiori in conchiglie e scagle di pesci che gli era offerto daU'Illffio e Rmo Monsignor Arcivescovo di Rouen.

Questo stupcndo lavoro, simbolico, del Rev. Abate D. Alfredo Blan- chard, della Diocesi de la Rochelle, merit6 il sovrano gradimento del Santo Padre, il quale incoraggi6 e benedisse le opere artistiche di questo €cclesiastico, gia premiate in tutte le esposizioni nazionali ed interna- zionali di Francia.

Sua Santita poi, a contrassegno delfa sua speciale benevolenza, fara pervenire al Rev. Abate Blanchard una medaglia d' oro avente la vene- rata sua efligie, insieme ad una lettera sovrana onde perpetuare la me- moria >di quesli lavori offerti piii volte alia Corte pontificia.

Le rose, i gigli, i fiori silvestri, quei di sambuco specialmente, sem- brano veri. Sui rarai poi si posano e par che svolazzino svariati augel- letli del Brasile dai piu vivi colori, egregiamente imbalsamati. Una co- rona di spine intrecciata ad un oastro di raso bianco, su cui e scritta la dedica a Sua Sanlita Leone XIII, simboleggia i dolori onde e afllitto il cuore del Vicario di Gesii Cristo. 11 mazzo di fiori e contenuto da un ricco vaso di bellissimo effetto.

0 giorno Sua Sanliia ric*'vpv:i in privata u«li»Mi/:i l'il!i;

^iino monsignor Ivloanlo M.-y, vescovo titolare di

••-, ausiliaiv di Birmingham. II giorno precedente il Santo Padre MI particolare udienza 1'illustre e beoemerito brasiliano monsi- gnor I'inio !>>• i :;tiiipos, il quale aveva 1'onore di presentare a Sua Santita, me ad un buon numero di pregevolissime opore scientifiche e let- terarie, la irailu/ione in lingua portoghese, da lui corapiuta, della priraa cantica della Divina Commedia. 11 Sommo Pontefice iritrattenne lunga- mriite in afTabile conversazione il dotto e ragguardevole Prelato, mani- festamlogli il suo sovrano gradimeoto e la sua speciale benevolenza. - Cosl V Osservatore Romano.

11 d\ vegnente 23 riceveva in privata udienza Monsignor Arcivescovo di Malines. II 30 molti fedeli avevano la consolazione di essere aramcssi in udienza dal S. Padre, il quale avea per ognuno di essi parole come sa dirle il cuore di un Pontefice. In quel medesimo ricevimento il Rev. Sa- cerdote D. Giovanni Fernandez di Napoli aveva 1'onore di umiliare al S. Padre un pregevolissimo suo lavoro a penna, consistente in un gran quadro che rappresenta il trionfo della religione. Questo nobile soggetto fe attorniato dai tredici stemmi dei Sommi Pontefici che presero il norae di Leone. L' idea e la esecuzione di questo lavoro a penna e. vcramente sorprendente. Una ricca cornice racchiude questo saggio singolare di disegno e di calligralia.

Era stata poi accordata una particolare udienza alia reverenda madre Mary Prancis-Clare, irlandese, la quale implorava da Sua Saniita una speciale benedizione pel novello istituto delle Suore della Pace, di San (iiu- seppe, fondato dalla medesima nella diocesi di Nottingham (Inghilterra), avente lo scopo importantissimo di ammaestrare le giovinette nel servizio domestico, di addestrarle in quel mestiere al quale si sentono maggior- mente inclinale, e fornire un alloggio a quelle che lavorano nelle fab- briche lontane dalla casa paterna, e finalmente quello di favorire la diffusione della stampa cattolica. La benemerita religiosa 6 autrice di parecchie pregevoli ed interessanti opere, fra cui la vita di rio IX e quella di san Patrizio, apostolo dell'Irlanda, ed ambedue queste pubbli- cazioni, scritte in inglese e tradotte in francese, aveva quest' oggi 1'onore di umiliare al Saoto Padre, dal quale erano gradite con ispeciale bene- volenza. Nello stesso giorno erano ammessi all'onore di una particolare udienza ancbc i RR. Fratelli Lemann di Lione.

II giorno 3 di questo mese, oltre a Monsignor Mac-Mabon vescovo di Harlsford, negli Stati Uniti, era ricevuto in privata udienza Monsi- gnor Krasinski, Vescovo tilolare di Esebon. L'illustre e venerando Pre- lato era accompagnato da varii aluoni del Collegio Polacco. La sera poi del •'* il Santo Padre riceveva in udienza di congedo Monsig. Doutreloux, ovo di Liegi ed uno dei piu strenui campioni della Cbiesa belga.

CRONACA

Nel giorno 7 era pure presentala al Santo Padre nella Sala del Gonci- storo la benemerita primaria Associazione romana delle Adorairici , petue e dei soccorsi alle chiese povere; la quale offriva alia Santita Sua, come ncgli anni scorsi, una ricca copia di paramenti e vasi sacri.

Due giorni appresso il Santo Padre aderendo benignamente alia di- manda di monsignor Gamillo Santori, arcivescovo di Seleucia, uditore della stessa Santita Sua, si compiaceva di ricevere in udienza una rap- presentanza delle suddeite Scuole, insieraeai RR. Sacerdnti che con tanto zelo e carita mettono 1' opera loro nelia direzione, istruzione e cultura spirituale, ed ai signori maestri laici che con rara abnegazione attendono al bene morale e civile di quei figli del popolo che le frequentano.

Appena il Santo Padre, accompagnato dalla sua nobile Anticamera, faceva ingresso nella Sala del Goncistoro, venne salutato dal mottetto del Palestrina : Tu es Petrus, cantato egregiamente da quegli alunni.

Dipoi il Santo Padre, rispondendo ad un afTettuoso indirizzo di Mon- signor Presidente, rivolgeva a tutto il corpo dirigente ed insegnante ed a quella numerosa ed delta schiera di giovanetti parole veramente pa- terne e mirabilmente adatte alia circostanza.

Benedetti fmalmpnte tutli i presenti, il Santo Padre si degnava di ammettere al trono primieramente i Sacerdoti ed i Maestri secolari, quindi quei giovanetti, porgendo a baciare a tutti la sacra Sua destra ed avendo per ciascuno parole di encomio ed incoraggiamento.

Ne qui vogliamo che passi inosservato un fatto che dimoslra come 1'ossequio e 1'amore verso il regnante Ponteflce, non ha fatto dimenti- care quello che i cattolici professano ancora verso la mcmoria dell'im- mortale suo Predecessore. Infatti nella mattina del 29 passato maggio, scrive Tegregio Moniteur de Rome, una deputazione della colonia sviz- zera si rec6 a S. Lorenzo sulla via Tiburtina per deporre solennemente nella cripta del sepolcro di Pio IX, in nome del Piusverein svizzero, una corona, attestato dell'affetto della Svizzera cattolica verso la S. Sede. Essa e in tiori arlificiali, bellissimo lavoro eseguito dal negoziante ro- mano Paoletti, che vi Iavor6, si puo dire, con amore. La ricca corona venne deposta, a nome del Piusverein, dal comra. G. B. Schmidt, tenente-colonnello della guardia svizzera. Fra gli altri illustri rappresen- tanti della colonia svizzera si notavano mons. Suter, cappellano della guardia d'onore di Sua Santita; il conte Luigi De Courten, colonnello oomandante la guardia; 1' abate Koell, vicario di San Gallo; il signor Ro- sen, pittore; parecchie religiose delPIstituto delle Suore della Groce d'Ingenbohl nel Gantone di Schwitz. La noessa venne celebrata sull'al- tare della cripta dall' abate Zardetti, gia canonico di San Gallo, ora pro- fessore di teologia nel Seminario. arcivescovile di Milwankee in America. Dopo la celebrazione della messa, 1'abate Zardetti pronunzi6 un bellis- simo discorso sui dolori e sulle glorie, sui palimenti e le gioie del Pon-

1(0 di l'i<> IX, e fu as.-nltalo con religiosa alh-nzione dalla divota •nembli

I i.i tulto ci6e facile inferire chc i cattolici di tutto il mondo riguar-

ipre Roma non gia come la Capitale di un regno, ma come la di qm-lla Oattedra infallible, U'sicde il successor del maggior ro.

8, La voce del Sommo Pontefice Leone XIII, cost 1'egregio Osservatore Romano, che apriva agli sludiosi ed alle ricerche del dotti gli archivii mi, ebbe un'eco sollecita oella nobile oazione ungherese.

II Glero ungherese, in ogni tempo insigne cultore delle scienze e delld lettere, siim6 in quegli archivii poter raccogliere messe cospicua di notizie e di docuraenli per la sua storia patria. Ma occorrevano a tal scopo uomini e denaro. Questo fu ben presto raccolto merce una spontanea sottoscrizione dei Prelati, dei Gapitoli, dei superiori degli

ni religiosi, ed in breve una vistosa soinraa di 200 raila lire fu prontu per poire mano air opera.

Quanto alle persone che dovevano collaborare a questo grande lavoro, fu creata espressamente una Commissione con a capo I'lllmo e Rmo Monsig. Arnoldo Ipolyi vescovo di Neosolio, personaggio insigne per dottrina e Presidente della Societa di Storia e di Archeologia e del- 1'Accaderaia delle Scienze.

A dirigere le ricerche nell'Archivio Vaticano fu designate il R. Ga- glielrao Frakrioi, abbate canonico di Varadino, segretario generate del- 1'Accaderoia delle Scienze, al quale venne in aiuto 1' opera di altri dotti e il favore delle persone addette all'Arcbivio.

Fruito di queste ricerche furono due volumi di storia ungherese venuti ultimamente in luce sotto il titolo generate di Monumenta Va- ticana, Eegni Hungarian historian illustrantia. Uno di essi contiene gli Atti delta legazionedel Cardinal Gentili (1307-1311) da Glemente V spedito in Ungheria al tempo in cui, estinta la stirpe Arpadiana, suc- cesse al trono la casa d'Angi6: 1'altro » dispacci del Cardinal Cam- pcggio e del Barone Burgio al tempo della famosa strage di Mohacs, avvenuta net 1526.

Questi due volumi vennero dai due Rmi Abati e Canonici Guglielmo Fraknoi e Adalberto Giuseppe Tarkanyi umiliali ai piedi del Santo Padre con indirizzo che i nostri lettori, se ne saranno vaghi, potranno leggere nell' Osxrrvatore Romano.

Terminato il discorso, il Santo Padre fattosi ad esaininare i due volumi oir.Ttigli, si degn6 dirigere parole d* incoraggiamento e d'eocomio ai due cgregi c i presenti, non che alPillustre prelate che e a capo

ddla coi , Monsignor Ipolyi, e a tutli coloro che col lavoro o

col (ienaro cooperarono e cooperano a questa grandiosa pubblicazione.

Si coojpiacque altresi la medesima Saotita Sua di ammirare la bella

CRONACA

carta su cui 1' opera viene stampata, nella quale sono impresse dall'un lato del foglio la Tiara Pontificia e le Chiavi, e dall'altro la corona e lo sterama del regno di Ungheria.

Dopo di che, data ai RR. Fraknoi e Tarkanyi 1'Apostolica Benedi- zione, conged6 i due egregi ecclesiastici, i quali, tornando alia loro bella Ungheria, portano con se la memoria indelebile della paterna bonta del Padre comune dei Fedeli.

3. Stupende e in tutlo degne dell' Episcopate Gattolico sorio le pro- teste di adesione alia sapientissima Enciclica Eumanwn genus, che a mano a mano giungono al Saalo Padre dalle diocesi d' Italia. Ecco in quai termini si esprimevano teste i Vescovi del Piemonte, della Venezia, della Lombardia e della Liguria:

« Beatissimo Padre,

«Corre gia raolto tempo che 1' Episcopate cattolico divide con Voi le amarezze e i travagli, che Vi si danno nella diuturna ed aspra guerra mossa dalla setta dei Massoni alia Ghiesa di Gesii Cristo. Era intanto conforto all' Episcopate il conoscere e il vedere che quei travagli e quelle amarezze, anziche scuotere la Vostra costanza ed abbattere il Vostro animo, Vi ringagliardivano sino al piii bello eroismo de'Santi; onde noi, partecipi dei Vostri dolori e della Vostra fortezza, sentivamo di poter ripetere ciascuno la parola di Paolo Apostolo : Cum infirmor, tune pa- tens sum.

« Ma ora il nostro conforto e cresciuto, e cresciuta la nostra forza, dacche Voi, Padre Beatissimo, ricalcando le orme dei Vostri gloriosi Predecessori, avete, con la recente Enciclica Humanum genus, levata la voce autorevole a rivelare le aumentate tristizie della setta ed a met- tere nuovamente in luce ci6 che con nuove finte e noove lustre di bene pretendevasi di mantenere cclato e di rendere pubblicamente accettevole: e tale questa fortissima e sapientissima Eociclica, che, discoprendo e dan- nando nolle sue ullime depravazioni la Massoneria, la deve scemare di molto effetto. Nemico pienamente scoperto, condannato dalla santita e dairammirabile perspicacia di Leone XIII, e nemico vinto. E Voi solo potete vincere di questo modo: Voi solo, alzandovi dalla Cattedra apo- stolica e chiamando a tenersi in guardia tutti i popoli, potete giungere la, dove non arrivano separatamente gli sforzi nostri; a Voi solo, nella cui parola ci e caro di presentire il suono della vittoria di Cristo, e riserbato di ripeterci: ConfidUe^ ego vici mundum.

« Vi ringraziamo. E cosl nella presente guerra, che non movemmo i primi noi, ma si accettammo, e tuttavia sosteniamo contro alia setta; noi, principal! ministri nella causa di Gesu Gristo, troviamo impossible che le liete speranze in petto ci si spengano quando abbiamo Voi a supremo duce, Beatissimo Padre. Anzi, ponendo in opera i rimedi che

: ^uariro I ma-

lalti tui »• dclle n;:7.ioni, noi, aspiran<lo alia |

i-ando ;ill;i liberta dei flgliuoli di Dio, al trionfo della beala Se<l

i gli spiritual! t-rni ed anche i migliori dei temporali pro- oiin :ii pnj»oli, srntiamo di potervi rivolgere, a modo di augurio, Into roniMfnti', clu- e pure il saluto e il plauso del nostro spi- ritual k'n-vw: Siate benedetto, o Padn1 Sanio; Voi avete parlato, ed al mentc e ordinato di p! «!i avversari del nome cristiano

o provvidamente scossi, i molti di loro si convertono, gli onesti e i credenti sono salvati.

« Implorando la bencdizione aposlolica c' inchiniamo al bacio del sa- cro piede e ci pmtfstiamo, « Di Vostra Beatitudiue.

Umflissimit devotissimi , ossequentissimi fiyli

f Gaetano, Cardinale Arcivescovo di Torino t Andrea, Vescovo di Cuneo t Giuseppe Maria, Vescovo di Acqui t Alfonso, Vescovo di Saluzzo f Emiliano, Vescovo di Fossano t Giuseppe Augusto, Vescovo di Aosta t Placido, Vescovo di Mondovl -J- Edoardo Giu-

>', Vescovo di Susa t Davide, Vescovo d1 Ivrea t Fr. C. Lo- renzo, Vescovo di Alba t Giuseppe Ronco, Vescovo di Asti f Fi- ll ppo, Vescovo di Pinerolo t G. B., Vescovo titolare di Cafarnao, Aus. di Torino f Domenico, Card. Patriarca di Venezia t Luigi Cardinal di Canossa, Vescovo di Verona t Andrea, Arcivescovo di Udine t Antonio, Vescovo di Vicenza t Giovanni Battista, Vescovo di Helluuo e Feltre t Corradino, Vescovo di Ceneda t Antonio, Vescovo di Adria t Fr. Lodovico, Vescovo di Chioggia t Giuseppe,

•ovo di Treviso f Giuseppe, Vescovo di Padova t Fr. Dome- nico Pio de' Predicatori, Vescovo di Concordia t Sigisraondo, Vescovo di Oropa, coadiutore di Ceneda f Luigi, Arcivescovo di Milano

••iro, Vescovo di Como t Francesco, Vescovo di Crema t Gere- mia, Vcscovo di Cremona t Domenico, Vescovo di Lodi t Camillo,

ovo di Bergamo T Giaconuo, Vescovo di Brescia t Giovanni Maria, Vescovo di Mantova t Agostino, Vescovo di Pavia t An- gelo, Vescovo tit. di Patara, coadiut. di Lodi f Salvatore, Arcive- scovo di Genova t Vincenzo, Vescovo di Tortona t Tommaso, Ve- scovo di \Vntimitflia t Giuseppe, Vescovo di Savona e Noli - t Filippo, Vescovo di Albenga t Giovanni Baltista, Vescovo di Bobbio f Fr. Giacinto dei Pred., Vescovo di Luni, Sarzana e Bru- gnato t Celestino, Arcivescovo di Vercelli t Pietro Maria, Vescovo

isal Monferrato t Pielro Giuseppe, Vescovo di Vigevano t Pie- tro (iioonri !o, \Vsrovo di Alfs^aii Iria t Basilio, Vescovo di Biella t Stauislao, Vescovo di Novara.

CRONACA

4. 11 del passato mese, giorno della Pentecoste, rillustrissimo e Reverendissimo Monsig. Gelesia Arcivescovo di Palermo dava alia luce una nuova e piu stupenda pastorale, con la quale dichiarava in istato di perraanente missione la sua vasta Archidiocesi. « Giusta i desiderii del S. Padre, dice nella sua raagnifica Pastorale il zelantissimo 1'as che vuole consacrato un anno in modo speciale a spargere sui popoli le divine misericordie, dichiariamo per quel tempo in istato di permanente missione tutta la Nostra Archidiocesi:

« A tal fine decretiamo quanto segue:

« Art. 1. Le suddette missioni nel corso dell' anno dovranno aver luogo in tutte le chiese parrocchiali, nonche in tutte le chiese delle confra- ternite, dei sodalizii spiritual di qualunque nome, nelle cappelle del nostri istituti di educazionc, e in modo speciale nelle chiese delle campagne.

« Art. 2. Segnaliamo come tempi piii propizi, nei quali possibilmente avranno luogo le suddette missioni, i seguenti, cioe: Mesc di giugno, Quindicina dell'Assunta, Ottava della Nativita, Novena dei Santissimo Rosario, Ottava dei Defunli, Novena ed Ottava dell' Iramacolata, Novena di Natale, Ottava dell'Epifania e 1'intero mese di maggio; ben inteso per6 che non intendiamb che vadano compresi in queste missioni straordinarie i soliti esercizi di ogni anno in preparazione al Preceito Pasquale, che raccomandiamo d' altronde di farsi con piii fervore ed in piu gran numero.

« Art. 3. L' annunzio di queste missioni straordinarie dovra precedere in ogni chiesa almeno di 15 giorni; e, dove possibilmeute sara permesso dalle circostanze di luogo, si fara una processione di penitenza col canto delle Litanie Lauretane, affinche i detti esercizi, come Gi fa sapere il Santo Padre per organo della Congregazione del S. Offizio, si facciano missionum in morem. E perche venga eccitato nei popoli alia Nostra cura commessi 1'entusiasmo della Fede, e Nostro desiderio che durante il tempo degli esercizi ogni giorno, dopo la benedizione del SS. in fine della seconda predica, si canti dai fedeli 1'Inno della Groce reso popo- lare in molti luoghi di Sicilia per le missioni, che da qui sono partite e che e tanto adatto a destare tale entusiasmo nei fedeli. A questo fine i Rffii Parrochi si potranno rivolgere alia Tipografia Poniificia diretta da' PP. della Congregazione di S. Francesco di Sales, da cui potranno ritirare 1'inno suddetto stampato colle note musicali.

« Art. 4. A chiamare impertanto gli aiuti del cielo per tutto questo tempo di misericordia, nella Santa Messa, dopo la colletta Pro Papa si aggiunga quella Pro remissione peccatorum. »

b. Le proteste del mondo cristiano contro la sentenza della Cassazione romana in danno dell' Istituto di Propaganda Fide fioccano da ogni parte. Di che e oltremodo scontenlo il Governo italiano e la diplomazia dell'onorevole Slanislao Mancini; giacche non si potea infliggere una piu solenne smentita alle assicurazioni che questo Ministro avea dato in pieuo

; tavore, cho lo, rin onto del

mo Pnntrtiiv, i]ii:into doll'Isiituto mniosimo erano rimaste come \ no! .l.'s-Tin. I)if;itti, oltiv alii1 pr«i|. •>,],>, .lirlij.-m/: .sure

:ii maiiiora pul>!>lic;Uo n»-i jnornali ilollo I!;Y»TM' lingue e nazioni, ci nrao le proteste di luito 1'Episcopaio cattolico. Ha protestato 1'Epi- scoj ^e con una stupenda lettera a! Minislro Gladston; ban pro-

.•ovi di Spagna ; quello di Albania, il i'atrinira latino di i^alomme; il quale ha ripetuto le medesime proteste al Console di 1'nmria. I la protestato il Prefelto Apostolico di Tripoli di Barberia, il Patriarca di Cilicia e tutti i V'escovi Orieotali, il Vicario Apostolico d'Egitto e d'Arabia, il Vescovo di Tae"n, quello di Si-Germain de Hi- monski. Protestavano pure 1'Episcopato Irlandese e il Seminario delle Missioni straniere in Parigi, 1' Episcopato Svizzero e il Francese, 1'Arci- >vo di Bucarest e il Vescovo di Nicopoli, 1'Arcivescovo di Durazzo e il Prefetto Apostolico di Macedonia, 1'Archi- Abate della Gongregazione Benedettina-Gassinese e 1' Abate di Monserrato. Delle proteste venute dair America gia parlaramo nel precedente quaderno, dove fu ancora ac- cennato dei richiami del Governo degli Stali-Uniti; richiami, che obbli- garono il Mancini a dichiarare non soggetli alia conversions i beni slabili del Gollegio Americano del Nord, sebbene sia un annesso della Propa- ganda. Queste coraggiose e ferme rimostranze prov»no, dice 1'egregio Osservatore Romano che le ha raccolte dai varii giornali di tutto il mondo e dal quale le abbiarao tolte « la piena unione dei Pastori e la « solidarieta di essi e dei cattolici dell' universe col loro Capo. » E questo spettacolo e tanto piii maraviglioso, ed imponente, aggiunge lo stesso periodico, se si guardi « la diversita delle regioni e dei popoli dai quali « precede: sicchfe pu6 dirsi non vi sia terra, dalla quale non siasi levata « una voce di richiamo in favore della oppressa debolezza della Ghiesa, « e di riprovazione della prepotenza dei suoi nemici. »

6. Lo scaodaloso libro del Gurci, contro del quale s'era gia levato un grido unanime di riprovazione nel clero italiano, ^ stato messo al- Ylndice, e condannato e proscritto, dalla Sacra Gongregazione con de- creto del 9 maggio trascorso; che ha messo come il suggello a quella specie di plebiscite contro il temerario attentato di quel libro. II detto decreto ha preceduto di qualche giorno la pubblicazione del Vatieano Eegio smascherato da un Padre della Compagnia di Gesn. £ questo un lavoro splendido tanto per la forma che per la sostanza, in cui il chiarissimo Autore, che per modestia ha voluto celare il suo nome, mette come suol dirsi con le spalle al muro queiruomo; il quale postosi sulla via sdrucciolevole della ribellione alia Chiesa e circendato da falsi con- siglieri ed amici, o debba ricredersi, rimettendosi sul diritto sentiero, ov- , che Dio nol permetta, finire con romperla con quella Cattedra infal- , fuori della quale non 6 che confusione, vergognaed apost

CRONACA II.

COSE STEANIERE

! I1ANCIA \. L' inaugurazione del monurnento a Gambetta i>. II pro?ramma di Ferry a Pdrigueux 3. L'apertura dei Consigli provincial! e 1'elezioni co- munali 4. II supplizio dfill' assassino Campi o la falsa democrazia 5. I ne- goziali per la Conferenza egiziana 6. La pace tra la Francia e la Cina - 7. Le scuole cattoliche in Parigi 8. Le feste religiose di Rennes.

1. Converra rifarci UD po'indietro sulle cose di Fraocia per soddisfare alia legittima curiosita di quei nostri associali che aspettano il racconto degli avvenimenti piii important! daila nostra cronaca. Di che andiamo lieti come di una testimoniaoza di stima che essi ci porgono ; e per quanto 6 in noi ci adopereremo di non venir meno al nostro compito, ne in ci6 che riguarda la esattezza, ne in ci6 che spetta alia integrita, nel riferire i fatti accaduti, s'iniende sempre di quelli che meritano di es- sere ricordati.

II partito che ora e alia testa degli aflari in Francia, ciofc quello del- V Opportunism*)) ha voluto rendere una solenne testimonianza di grati- tudine a Leone Gambetta, che ne fu il fondatore, coll' innalzargli un mo- numento in Gahors, sua patria. Giulio Ferry, presidente dei ministri si recava cola per assistere all1 inaugurazione del monumento. Gl'incidenti politici che ebbero luogo in quella circostanza meritano di essere rac- contati. Innanzi tutto s'era detto, che il Governo avrebbe colto quella oc- casione per fare delle dichiarazioni importanli: quindi grande 1'aspetta- zione, e grande altresl il concorso di coloro che erano vaghi di udire quelle dichiarazioni. Se non che, 1'aspettativa dei curiosi rimase intera- mente delusa, perche lo stesso Ferry, quegli da cui si potea sperare di vederla appagata, si tenne nel suo discorso al protagonista della festa, come dire al panegirico di Leone Gambetta, panegirico un po'caldo ed entusiasta, se si pensa a quel che erano quesli due uomini avanti il gennaio 1883. Ma questa e omai la moda: i liberal], vivi divoransi a vicenda, morti prodigansi lodi e rimpianti. In Italia s'e veduto ultima- mente col Sella, in Francia col Gambetta. Dicono che il fenomeno e con- fortante: sara! ma chi pu6 negare che questa non sia un'ipocrisia sver- gognata del moderno liberalismo? D'altra parte costa tanto poco dire del bene di un avversario sparito dalla scena di questo mondo, e che ha cessato di essere incomodo! Quanto alia statua dell' ere?, per quel poco che ci e stato permesso di giudicarne da una fotografia, ci pare che 1' opera nel suo complesso 6 mediocre. II Gambetta e avvollo in ampia pelliccia, sta ritto, con una mano appoggiata ad un cannone, coir altra dislesa in atto di additare qualche cosa. A chi? A due soldati, uno di

na, 1'nltro dei mobili. II priino si jT.-pari a far fuocn, il secondo e ft-rit'i. «• si s!ni/:i i]j rialzarsi per riprendere forse il combattimento. Ma

ilua del liamli-lta ha il im-nto di I'NS.TC somigliantisshia all' origi- nate. Nru. no per6 che lo scullorc M \ stato I.ni.- ispirato a rap- roe borghese e 1'avvocato di Cabors avvollo iu una pel- ;a, perche rammentiamo che quell' arnese fe'molto parlare nel 1871 e in seguito, e diede occasione a molle pungentissime satire. Bell1 eroismo infalti, quello di mandare al macello tanta povera geote, digiuna, lacera, scalza nel cuore dell'inverno, di un inverno dei piii rigidi, starvlosene av« volto in una pelliccia di gran valore, ben riparato in un salotto, dinanzi al camino acceso, bevendo liquori riscaldanti, fumando sigari di Avana, facendo galloria fra giovani spensierati e donne galanti! Abbiamo volulo ricordar qfiesto, perche i pcsteri sappiano a quali eroi s' innalzavano mo- numenti in questa nostra eta guasta e degenere?

2. 11 discorso politico peri, il grande discorso da tutti aspettato, come una rivelazione, il Ferry se 1'avea riserbato per Perigueux, dove si rec6 il di seguente in occasione di un tronco di ferrovia che si doveva inaugu- rare. Di fatto a IVrigueux il Presidente del Consiglio si e sbottonalo ma per conchiuder nulla. Chi legga infatti quel discorso non durera fatica a capire che il Ferry, piii che a dichiarare, inlese a mistificare. Per la qual cosa si pu6 dire che a Cahors si sia consacrato tutto ed esclusi- vamente al Gambetta, e non abbia parlato che di lui, dei suoi raeriti, del suo patriottismo, delle sue virtu, del suo ingegno, del suo eroismo, delle sue lotle, del suo passato e un po' ancora del suo avvenire cosi improv- visamenle interrotto dalla falce di morte. Fu notata la prudenza con la quale il Ferry, parlando del Gambetta, dinanzi alia stalua del Gambetta, abbia saputo evitare lo scoglio della rivincita. I prirai ad osservare questo riserho sono stati i giornali tedeschi ; i quali non si sono stancati dal prodigargliene encomii sopra encomii. « Buon segno! essi dicono, vuol « dire che la Francia comincia a capire, che per la repubblica non vi « ha che un mezzo solo di acquistarsi simpalia in Europa ; e questo « mezzo e appunto la rinunzia alle rivendicazioni territoriali, e il conside- « rare come definiiivi i risultati degli avvenimenti del 1870-71. Un passo « ancora e la Germania sara lieta di sti-ridere la mano (!) ad una repub- « blica che, a falti e non a parole, avra saputo dimostrarsi veramente « conservatrice. E il miglior modo di mostrarsi tale e per essa quello « di non nudrire progetti di rivincita e di rappresaglia. A queslo patto « essa sara liberissima di riconquistar gloria, potenza e ricchezza in qua- « lunque altra pane della terra. 11 mondo intero e aperto aH'opero^tx « della Francia, e il mondo e assai piu vasto dell'Alsazia-Lorena. Do- « vunque credera di portare la sua bandiera civilizzatrice, la Germania « Taccompagnera coi suoi voli e COD le sue simpatie. »

ipo il discorso di Perigueux ci fu calma perfelta. Non si fece,

&tri* XJI. vol. VI. fate. Tlo 14 y ivy, to 1884

CRONACA

si puo dire, che discutere appena sul motto sfuggito a Ferry, che « la Repubblica attuale sara quella del contadini », e sul fatto di avere il mu- nicipio di Gahors tolto dal pubblico square^ per collocarvi la statua del Gambetta, quelle del Mural e del Bessieres. Dopo questa momentanea tregua per6 la politica ricorainci& a destarsi per la riapertura del Gon- sigli proviociali, e per 1'avvicinarsi delle elezioni municipal), che ebbero luogo il 4 del mesc p. p.

L'apertura dei Gonsigli generali si e fatta, fuori d'ogni aspettativa, assai tranquillamente e con modeste allocuzioni. Si pu6 dire infatti che nulla di singolare e di straordinario vi sia stato da mentovare. La piu pane di essi hanno limitato le loro occupaziciii ai semplici alTari locali, studiandosi massimamente di venire in soccorso dell' agricoltura. Sintomi di proteziomsmo si sono rivelati nei dipartimenti della Somm^de\ Doubs e faWAisne. Questi Consigli ban richiesto la soppressione delle tarifTe generali delle dogane, ed espressi i voti in favore di una perequazione d'imposte sulla fondiaria. Quanto ai tentativi fatti dai partigiani della revisione per istrappare voti alia soppressione del Senato, o di un rim- pasto integrate della Gostituzione del 1875, non ban trovato seguaci che in alcuni dipartimenti.

In tutta la Francia e segnatamente a Parigi ferveva intanto la febbre, piu artificiale che naturale, per le elezioni municipali che doveano aver luogo la domenica del 4 p. p. II Governo, per 1'organo del suo Presidente signor Ferry, avea bandito senza tergiversazioni e senza ambagi le can- didature official!. La lotta avea preso un carattare essenzialmente poli- tico ; e ammantata d'ipocrisia la politica gambettiana, rivoluzionaria quanto il radicalismo e non meno pericolosa del radicalismo, non risparmi6 ne ad arti ne a mezzi per trionfare. Le mura di Parigi erano tappezzate di colori infiniti: 2000 denunziavano 2000 professioni di fede. La Repub- blica e come il Protestantesimo : Quot capita tot sententiae. I conser- vatori si accentrarono in un principio; ma la loro voce and& perduta nel deserto. In Francia 1'anarchia intellettuale giunge al suo parosismo, e qualunque sforzo dei buoni non riesce che a una delusione di piu.

Le elezioni municipali doveano aver luogo in queste condizioni : 16,870 Gomuni con 500 abitanti, e meno ancora, doveano eleggere ciascuno 10 consiglieri municipali, in complesso 168,700 consiglieri; 14,615 comuni con 1,500 abitanti doveano eleggerne ciascuno 12, in complesso 175,380; 3751 comuni da 1501 a 2000 abitanti, 16 consiglieri ciascuno, in tutto 41,016; 880 comuni da 2501 a 3500 abitanti, 21 consiglieri, in tutto 17,300; 738 comuni da 3501 a 10,000 abitanti, 21 consiglieri, totale 17,434. 176 comuni, da 10,000 a 30,000 abitanti, 27, totale 4752; 9 comuni da 10,001 a 40,000 abitanti, 30 consiglieri, in tutto 270; 9 comuni da 40,001 a 50,000 abitanti, 33 consiglieri ciascuno, totale 297; 8 comuni da 50,001 abitanti a 60,000 ciascuno, 34 consiglieri, sommati tutti 27-2 ;

' l-'irnlmnii.' I'arigi dovea Heggere 80 COnsiglieri. 1 che i i-nmuni di 1'r.incia doveano eleggere un totale di

•l:t-n municipal!. Oueste sono le cifre dei consiglieri muoicipali da eleg itno il risultnto. II risuliato fu quello che era stato previsto.

11 Governo ha perduto terreno, i radical! I' han guadagnato. Questo smacco dell'opportunismo negate sulle prime dai fogli ufliciali, oggiraai e inue- gabile, e tutti lo riconoscono; i voti sono conlati, classiflcati, contraddi-

i colla rispettiva marca; convien dunque arrendersi all'evidenza; la Rivoluzione ha fatto un'altro passo avanti. A Parigi, la maggioranza del Consiglio Municipale £ riuscita ancora pid roi-sa della precedente. A Lilla, e Tours, a Lion, a Rennes e in altre graodi cilia sono pure stati eletti i radical!, ed hanno ottenuto una maggioranza di voti cosi forte da ri- manerne schiacciati i loro rival!. In conclusione si pu6 dire, che, come soilo la prima rivoluzione, la Pianura si trova a fronte della Montagna^ e prevede che tra breve non resteranno in campo che due soli avver- sarii: il socialismo e il cattolicismo. « La lotta si delinea e si circoscrive « tra il vecchio e il nuovo mondo, scrivea Giulio Yalles, un avanzo di « Numea. Da una parte i canoni della Chiesa, dall' altra i cannoni di « Montmatre. 11 Re e la Comune. Una bandiera bianca ed una bandiera « rossa. Si sa con chi si ha ora da fare, e non siamo di fronte per tra- « dirci, ma per ammazzarci. » Conjugate questa citazione in tempo fu- luro, e sara vera in tulto. Difatti i cattolici, tutlo alFopposto degli op- portunist!, hanno mantenute le loro posizioni; anzi hanno guadagnato in alcuni luoghi. Tuttavia, le vittorie dei cattolici, nello scrutinio del 4 mag- gio, si possono chiamare casi fortunati, e sarebbe esagerazione il dire che si sia determinate un movimento controrivoluzionario. La verita e questa, che ci sono stati alcuni sintomi di risveglio, dei lampi di sdegno contro la tirannia dell'empieta, cbe provano come la vecchia Francia non e. morta, ma che soffre e si contorce nelle strette sataniche.

4. 11 telegrafo ha di questi giorni annunziato che (inalraente avea avuto luogo a Parigi 1'esecuzione capitale di quel volgare e feroce as- sassino chiamato Campi. Che questo sia il suo vero nome, e che il suo delitto celi qualche misterioso dramma, non s'e, potuto scoprire. L'av- vocato della difesa tent6 6 vero di dare un carattere misterioso al san- guinoso dramma, ma non vi riusci, perchfe a lutti parve un ingegnoso ripiego del difensore per sottrarlo aH'infamia del palibolo. Una cosa per6 e certa che il Campi fece inorridire non pure la Francia, ma il mondo intero togliendo la vita a due poveri vecchi per derubarli. Giustizia adunque fc stata fatta e pronta; e di questo e da rendere lode al Go- verno e alia magistratura francese, la quale, ben altrimenti da quello che in simili casi si fa in Italia, ha fatto succedere senza lungo indu- giare al delitto la pena. Quello peru che non sappiamo lodare e 1'onore

7'jD CRONACA

che s'e voluto dare all' assassino di due poveri vecchi, sorpreso in fla- grante reato, facendo parlare perfino il telegrafo, forse perche lo scelle- rato avea avuto la forza irresistible di scegliersi a difensore un avvo- cato depuiato dell'estrema sinistra intransigenle, siguor Laguerre, il quale si era presentato al Presidente della Repubblica per chiedere la grazia del suo cliente, sotto il pretesto che il Cam pi non era da consi- derarsi come un voJgare malfattore, perche flngeva persino il nome, per poter fare 1' assassino senza pwe a cimento 1'onore della famiglia e di un fratello militare. Proprio cosl! Secondo il socialista e intransigente Laguerre e dunque una circostanza attenuante per un assassino il simu- lare il proprio cognome, 1'appartenere a famiglia altamente rispettabile e uccidere e compiere misteriose vendette! Non ricordiamo peggiore ol- traggio di questo ai principii della democrazia. Con la teoria del signor Laguerre nessun principe, duca, marchese, conte, barone, banchiere, ne- goziante, avvocato, dottore ecc. ecc. dovrebb'essere giustiziato per qua- lunque piii feroce assassino e quantunque colto inflagrante^ purche sappia ben mentire o (ingere di mentire il cognome e darsi 1'aria misleriosa di rampollo di gente rispetlabile? La forca dev'essere solo pel povero! Caricature inqualificabili! Rifiutando dunque al Campi la commutazione della pena, il Presidente Grevy ha dato al Laguerre e a chi pensa come lui, tanto in Francia che in Italia, una lezione non solo di buon senso e di giustizia, ma di democrazia: la legge e uguale per tutli!

5. Jn mezzo alle gare dei partiti, onde e oggidl piu che altra volta mai scissa la Francia, e venuta a svegliarsi di nuovo la questione egi- ziana. L'Inghilterra ha invitato la Francia, come fosse la piii interessata, non che le altre maggiori potenze, ad una Conferenza per dare assetto alle cose egiziane divenute oggi tanto piu gravi, quanto sono state piu umilianti le disdette patite dal Mahdi. La Francia, dopo un momento di esitazione, ha rotto gl'indugi ed aderito alia proposta dell'Inghilterra. NOD e facile prevedere che cosa sara per nascere da questa conferenza. Per adesso quel che si vede e, che gli animi dei due paesi si scaldano ogni dl piu. In verita, se si dovesse argomentarne dal tono assunto dalla stampa dei due potenti vicini, si dovrebbe credere che siamo alia vigilia di qualche grossa contesa; ma riflettendoci sopra ci e motivo di dubitarne, perche tanto la Francia quanto 1'Inghilterra, prima di far parlare la polvere ci penseranno due volte. La prima sa perfettamente che I'lnghilterra e de- cisa ad affrontare qualunque peggiore eventualita, anziche fare buon viso alle domande francesi; la Inghilterra, alia sua volta, e persuasa che se la Francia fa la voce grossa a proposito dell'Egilto, all'atto pratico noa si farebbe troppo pregare, per accontentarsi di una qualsiasi altra con- cessione, d' un qualsiasi altro compenso. Pertanto I'lnghilterra lascia gri- dare, riserbandosi di tirar fuori al momento opportune lo zuccherino de- stinato a far tacere la rivale.

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;ornita da <|ii« ! n?a a cui

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di n-golarv la (juistione fin;in/iari;i -to almenn c il n,

apparent ' dubita in Kuropa che la quistione finanziar

>o, inevitabilmente, quella piii grossa d'ordine politico.

T.iluno ritifne che 1'Inghilterra, riconosceodo la gravita straordinaria degl'imbarazzi in cui 1' insurrezione Sudanese 1'ha posta, e sentendosi lc hraccia legate dai formal! impegni liberamente contratti con 1'Kuropa, i immaginato lo stratagemma di convocare una conferenza inlenia- zionale col pretesto delle finanze del vicereame, nelFunico intento di farsi dare dall'Kuropa il mandate di agire in Egitto come le pare e piace: non gia annettendoselo, o proclamandovi il suo protettorato, ma trattandolo addirittura come proprieta sua, e ci6 fino a quando non sara riuscita a domare la rivolta del Sudan, e ad assicurare a quel disgraziato paese un ordine di cose regolare.

In Francia, 1' opinione pubblica ha accolto malissimo la notizia della conferenza. Perche, dicono, mescolare gli altri Governi in una faccenda che avrebbe potuto benissimo essere studiata e risoluta dai principal! interessati soltanto? Non teme 1'Inghilterra di riaprire, senza volerlo, 1'inlera quistione orientate?

Checche ne pensino e dicano i signori francesi, la conferenza e slata domandata e, fra un mese, forse, sari anche riunita a Londra. Assiste- remo dunque ancora una volta alia commedia del concerto curopeo di cosi esilarante memoria.

Che cosa potra venirne fuori? Ben audace sarebbe chi volesse fare pronostici. Ma due cose possono fin da ora affermarsi con certezza ; cioe che questo mese di tempo sara messo a profitto da tutte le cancellerie per preparare la rappresentazione; e che quando la conferenza sara riunita, essa non fara che sanzionare tutto ci6 che sara stato combinato dietro le quinte dagli arlisti principal! della compagnia.

6. La politica francese al Toochino ha riportato un successo compiuto. K ufTicialmente confermato infatti che un trattato franco-Chinese fu fir- mato a Tien-Tsin fra il capitano Fournier e Li-Hung-Chang, previa 1'ap- provazione dei rispettivi Governi. Le trattative furono di brevissima du- rata, giacche: avendo la Francia rinunciatoa percepire qualsiasi indennita di guerra, si giunse assai facilmente ad un accordo.

Come corrispettivo per6 di questa concessione, la Francia ha ottenuto il riconoscimento, da pane della China, del suo protettorato sull'Annam e sul Tonchino. I limiti del Tonchino verranno fissati alle frontiere na- turali: le province di Yunnan, di Quang-Si e di Canton, saranno aperte esclasivamente al commercio francese; la China stipulera subito colla .t'ia un trattato di commercio, riservando a questa vantaggi partico- lari e ritirando immediatamente le sue truppe dai Tonchino.

CRONACA

.jii»'sto e solo trionfo della politica francese, ma della causa della civilta e dolla religione, che vanno inseparabili.

La strada del Fiume Rosso sta per diventare una delle arierie di penetrazione delle piu important! fra 1'Occidente e le province del Cenlro dell' impero di Mezzo. Ora tocca alia Francia saper prnfittare di si pri- vilegiata condizione che 1'e fatta, non lasciando passare in mani di estranei il coraraercio, che dovra necessariamente seguire una via, che le appartiene interamente e per mezzo della quale le province centrali della Gina riceveranno in cambio dei loro prodotti le merci europee, le quali vi troveranno uno spaccio assicurato.

II consenso della China ad aprirle le sue frontiere meridional! vale piu, vale meglio per essa che il pagamento di una' indennita di guerra. La Fraocia non e andata nel Tonchino per sotlrarre alia Gina alcuni milioni. Sarebbe stato deplorevole che, per una questione di denaro, si fosse ritardato un accomodamento cosl utile con la China. Ora e da pen- sare ad organizzare il Tonchino da Loa-Kai, Cao-Bang e Lang-Son al mare. Non 6 c6mpito gran fatto difficile. Amministrando con benevolenza e con fermezza le popolazioni, abituate alle vessazioni dei mandarini, i francesi potranno stabilire cola un ordine di cose nuovo, che migliorando la sorte degl' indigeni, assicurera il loro dominio. Ci6 e affare di tempo.

Pel momento il solo fatto che la pace sia firmata con la Gina per- mettera al Governo francese di ridurre in una forte proporzione le forze militari e le relative spese nell'estremo Oriente, rendendo meno grave 1'occupazione del Tonchino.

Quanto alia religione e indubitato che all'ombra della vittoriosa ban- diera francese potra non solo continuare in quell' estremo Oriente, ma estendere viemaggiormenle la sua influenza e compiervi 1' opera sua in- civil i trice. Di questo ci e pegno la condotta tenuta dal Governo francese nella Tunisia, dove non appena ebbe assodato il suo dominio, e tosto nulla meglio si ebbe a cuore, che di fornire aH'Eminentissimo Lavigerie, vero Apostolo dell* Africa settentrionale, i mezzi pecuniarii per provvedere ai bisogni religiosi di quella nuova conquista.

7. Monsignor Freppel, nella seduta parlamentare del 19 febbraio, pose sotto gli occhi della Camera un quadro della popolazione scolastica degli stabilimenti congregazionisti, prima e dopo la laicizzazione. Da questo quadro comparativo risultava che le scuole cattoliche avevano guadagnato 3077 discepoli. Provocato da un'interpellanza del signor De- labrousse, il direttore dell' insegnamento signor Carriot ha preteso di negare 1' esattezza delle cifre. Ma la sua passione 1' ha consigliato troppo male, e si 6 procacciato una risposta dal signor Cochin, dalla quale noi rileviamo, non che lo slancio generoso dei cattolici francesi, ma i con- tinui e grandi progressi dell' insegnamento cattolico in Francia e segna- tamente a Parigi. L' amministrazione infatti (cosi diceva in sentenza)

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>ne per I'insegnamento, d'un !>il.mcio di W milinni; la ritt;i ha di-

!i ; hi citiA ha impiegati; «»s^:i ha nlificii; ha a su;« disjtosizione tulti

vare i suoi student! •• 1 ;mrhe di acquistarne. Per con-

irario, d.il lato dell' insegnnraento catlolico, non si aveva nicnt'altro per

arrivare aJ un risultato, che la carita, che la geoerosila pubblica, che

1) iiii/i.itiva privata.

Non ne. 1'appoggio dell'Amministrazione, che sa beoe usare

una pressioae sui genitori per attirarc a se. i fanciulli, ne. bilancio, ne impiegati. Non si aveva nulla, e si son costruite 126 scuole in tre anni. La conchiusione da dedurre da tutto ci6 salta agli occhi. Seoza pressioni olliriali, senza mezzi ammiuistrativi, senza il hilancio di cui dispone il Governo, Parigi ha riedificato 126 scuole cattoliche; i fanciulli di Parigi vi accorrono in folia. La popolazione parigina, insomma, approva ed in- coraggia 1' insegnamento dei congregazionisti e biasiraa la loro soppres- sione. 11 siguor Delabrousse avrebbe fatto meglio a dire quante scuole sono stale costruite dai liberi pensatori col loro proprio danaro.

8. La citta di Rennes e stata testimone di magnifiche feste religiose, in occasione della consacrazione della caltedrale e dell1 ioaugurazione del monumento eretlo alia memoria del cardinal Brossay-Saint-Marc. II Nun- zio Apostolico aveva risposto all'appello di monsignor Place, arcivescovo di Rennes, e vi si e recato accorapagnato dall' abate Vico, segretario della Nunziatura.

Gli arcivescovi e vescovi di Reims, Besanzone, Vannes, le Mans, Quimper, Nantes, Lu(;on, Hieropolis, Seez, St-Brieuc accrescevano colla iGro presenza lo splendore della festa.

Lunedl, 5 maggio, le campane della Metropolitana e delle sette par- rocchie della citta annunciavano 1'arrivo di Monsignor di Reode. L'in- domani 6 maggio, per un movimento spontaneo e generate di rispetto e di fede le case si coprirono di ghirlande e d'orifiamme coi colori della Santissima Vergine e con quelli del Sommo Pontefice. I Brettoni erano superbi di ricevere nella loro capitate il rappresentante di Leone XIII. La porta d'entrata e tutta la facciata dell'Arcivescovato erano magni- flcamenle addobbate.

Alle ore 8, Monsig. Nunzio e i vescovi, preceduti da un clero nu- merosissimo, accorso da tutti i punti della diocesi e delle diocesi vicine, s'avviarono verso la Metropolitana; davanti a quelle torri circolari i do- dici vescovi s1 arrestarono e cominciarono le aspersioni prescritle dalla Liturgia. Tosto si prosegul alPinterno il compimento dei sacri riti. Le colonne erano decorate di fasci di stendardi carichi di scudi cogli stemmi del Santo Padre e con quelli di Monsignor Nunzio. Al ritorno della Processione delle Reliquie, che erano state deposte nella chiesa del Santo Siilv.iton', una folia cnmpatta invase la caltedrale, il cui vasto recinlo, fosse anche stato dieci volte maggiore, sarebbe stato angusto. Ciascuno

7 ', ; CRONACA

amrairava la ricchezza di quegli ornati, marmi e oro, di quelle pitture nelle pareti, in cui si svolge la lunga serie del Santi di Brettagna, ri- stauro veramente grandiose, corainciato dal Cardinale Saint-Marc e ter- minato, non ostante diflicolta di ogni specie, per le cure del suo degno successore, Monsig. Place, 1'illustre ed eminente Metropolitano attuale della Brettagna.

S. E. il Nunzio celebr6 la messa pontificale ed impart! la benedizione pa pale.

Sotto la volta di questo tempio riposa il primo arcivescovo di Rennes.

Nel braccio destro di esso si eleva la statua del Cardinale Saint-Marc, dovuta all'abile scalpello del reputato scultore di Rennes, Valentin, e che fu solenneinente inaugurata la sera di questa grande giornata.

La ceremonia dell'inaugurazione e stata una delle piu grandiose pompe religiose, che si sia mai vista in questo scorcio di secolo in Francia. Essa cominci6 alle 3 e mezzo con una processione partita dalla Chiesa di Nostra Signora, vicino all' arciveseovado. Non sarebbe possibile calcolare la cifra della moltitudine che si accalcava nelle strade lungo il passaggio del corteggio: essa era immensa; e la gente venuta dalle cam- pagne si frammischiava alia popolazione della citta.

A tutti i piani delle case, le finestre ed i balconi erano gremiti di spettatori. E ci6 che e veramente ammirabile, ci6 che onora altamente il popolo francese e lo mostra sempre degno della sua antica rinomanza, fu 1'ordine perfetto, senza alcun intervento della forza pubblica, la quale non ebbe motive di eomparire. E quale atteggiamento ! quale espressione di rispetto e qual raggio di gioia sui volti e negli sguardi! Gome tutte le fronti scoperte s' inchinavano solto la mano benedicente dei Prelati commossi da una si pia manifestazione!

La processione fece una sosta sul vasto cantiere della futura chiesa di sanl'Aubin e di N. S. de Bonne-Nouvelle, tutto adorno di bandiere e di trofei, e dopo un commovente discorso di Monsignor Arcivescovo di Rennesj Sua Eccellenza Monsignor di Rende benedisse la prima pietra.

Un' imagine miracolosa di Maria, oggetto da secoli della venerazione e della fiducia pubblica, e salvata dalle ruine rivoluzionarie, era con- servata preziosamente nell' antica chiesa di sant'Aubin, collo splendido voto in argento che rappresenta la citta di Rennes. L'immagine venerata venne trasferita nella Nuova Basilica.

Alia Melropolitana dopo 1'entrata della Processione, la statua del Card. Saint-Marc e stata scoperta in presenza dei Vescovi schicrati in semicircolo nella cappella del monumento, al canto falYEcce sacerdos tnagnus, e in mezzo alia commozione generale.

La viva, simpatica ed imponente figura dell' eminente principe della Chiesa rivive in questa bella opera, come nell' eloquente panegirico pro- nunciato da Monsignor Becel, Vescovo di Vannes.

Alln .!:» '1-H'l M' tl :, COn-

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ima folia, fra le medesime dimo- ii'sime testimonialize di gioia, di rispetto e di fede, sirada dt-ll'Arcivescox

alto ddla loggia, mcravigliosamente decorate di fiori, di ver lure e di drappi, della chiesa di Nolre-Dame, S. E. etulti i Venerabili Pre- lati lianno date insieme e solennemente una suprema benedizione alia folia che si pigiava com pa it a dalla mairie alia piazza di Santa Melania e in lutte le strade circostanii.

:,»to allora uno spettacolo che non possiamo paragonare che a quello della Piazza di S. Pietro, in allri tempi, nei grandi giorni della Benedizione Papale, e quando la rivoluzione non era ancor padrooa di Roma.

Noo e troppa audacia adunque il pensare, che per quanti assalti si muovano contro la fede di questo popolo, essa restera forma come il granito del suolo che lo accoglie. I Bretoni non hanno fatto che affer- mare di nuovo la loro tradizionale devozione alia Chiesa, e allo stesso tempo il loro filiale e inalterabile affetto alia sacra persona del suo au- gusto Capo Leone XIII.

III.

' 'SSI A (Nostra corrispondenza ritardata) 1. 11 natalizio dell' Imperatore 2. La Francia, la Turchia e la federazionc monarchica 3. Dissidio con gli Stall Uiiili 4. II Heichstag e la legge contro i socialist! 5. Rccrudesccnza del Kulturkampf, e parziale ritiro del principe Kisrnark 6. Propaganda protcstante

in Riviera.

1. II 22 di marzo I'imperatore Guglielmo compieva I1 anno suo 87. Questa volta le dimostrazioni di circostanza furono anche piu numerose e piii grandi che negli anni passati; ma, come sempre, quel giorno di festa nazionale non fu contraddistinto da verun alto di grazia general- mente estesa. Ed e naturale; imperocche, se si accordasse una condo- nazione di pena a qualche categoria di condannati politici, e1 hisognerebbe bene far lo stesso a riguardo dei molti preti e laici cattolici coodannati in forza delle leggi di maggio; il che non entra nei calcoli del Cancel- liere. Di tal guisa il KulturJcampf impedisce un monarca potente e ve-

10, di ctii son noli i sentimenti di benevolenza e di bonta, di usare

della piu bella fra le prerogative inerenti aU'eccelso suo grado, cioe della

ila letlera pubblica indirizzata al Cancelliere, 1' Imperatore,

iiR'iiiif ringrazia tutli delle offertegli dimostrazioni d' affetto e di fedelta,

fa notare come tali dimoslrazioni lo confermino nella felice persuasione

CRONACA

che « la nazione intera, senza distinzione di partiti religiosi e politici, e solidamente unita nella fedella all'Imperatore e all'Impero. » Niuna cosa, raeglio delle parole imperiali, potrebbe smentire le accuse di mancanza di patriottismo, che gli organ! ufficiosi e anche goveroativi cercano di rovesciare addosso ai cattolici.

2. Fra gl'inQumerevoli donativi arrivati al palazzo imperiale in occa- sione del 2*2 marzo, trovavasi ancora un prezioso servito di porcellana proveniente dalla Fraocia. Era stato fatto credere che autore di si straor- dinaria spedizione fosse il signor di Bleichrveder: ma il banchiere ordi- nario del Gancelliere ha formalmente smenlita siffatta asserzione. Serabra invece che 1'omaggio amichevole, di cui si tratta, sia parti to da un personaggio altolocuto in Fruncia. Cosl essendo, non potrebbe non rav- visarsi in quell' omaggio un fatto politico d'una certa importanza, in quanto starebbe a indicare un ravvicinamento tra Berlino e Parigi. I Francesi hanno finalmente compreso che 1'accordo con 1'Inghilterra era un contralto illusorio. Infatti, nel mentre che non si rifinisce di vantare un simile accordo, 1'Inghilterra ne trae per se tutli i profitti, fra'quali priucipalissimo fc quello di combattere la Francia dappertutto. A Tunisi> in Egitto, al Congo, al Madagascar, al Tonkino e al trove, voi trovate 1'Inghilterra, che, per mezzo di agenti d'ogni fatta, cerca di attraver- sare le imprese della Francia; essa e una rivale, che non indietreggia dinanzi a mezzo veruno di combattimento. D'altra parte, egli e un falto incontrastabile che la Germania non cessa, da parecchi anni, di favorire 1'estensione coloniale della Francia. Pu6 esservi in ci6 una mira d'in- teresse; la cosa sembra, anzi, non ammetter dubbio; ma intanto la Francia se ne avvantaggia. Gli organ! ufliciosi della Cancelleria hanno gia fatto, a piii riprese, mosse amichevoli verso la Francia. Fra gli altri, la Creuzzeitung manifestava in quest! ullimi giorni la speranza che la Francia, avuto riguardo alia sua situazione dirimpetto all'Inghilterra, non raeno che a'proprii interessi in Oriente, finirebbe coll' accostarsi al- 1'alleanza austro-germanica, a somiglianza di tutti gli altri Stati, cui preme di guarentirsi contro le usurpazioni dell'Inghilterra. In Parigi non si 6 tardato di dare il giusto valore a queste ragioni; ond'e che si cerca di assumere un atteggiamento amichevole verso la delta alleanza, sopra tutto dacchfc la Russia vi ha parimente acceduto. La Francia pu6 lanto piii di buon grado accostarsi alle potenze del nord, quanto la Russia, 1' Austria e la Germania trovansi necessariamente spinte a combattere 1' Inghil terra in Oriente e nell'Asia.

1 nostri fogll ufficiosi smentiscono formalmente T asserzione che, in grazia della sua buona intelligenza con Berlino e Vienna, possa la Russia riprendere il suo lavorio di propaganda e disgregazione in Turchia e fra gli Slavi dell' Austria. Danno ess! per certo che il signor di Giers non potrebb'esser giammai il continuatore della politica del principe Gorl-

la mente simili f.i >i ac-

corgerebte ! .1 carico delta llusshi, <li mancare degli alleati

necessarii per cosi fatta politica. La Turchia, dunque, non ha nulla da ••re dalle present! congiunture; e di ci6 si deve aver la cerlczza a !:mtinopoli. (iiova sporare che gli ufllciosi siano questa volta nd vero; imprrncvhe non v'ha il minimo dubbio che 1'inleresse si della (icrmania, e si delPAustria, esige imperiosamente d'impedire qualunque estensione della Russia a spese della Turchia. Si crede esser questa pure la po- litica del principe Biswark, al quale si attribuiscono le seguenti parole indirizzate a un diploraatico francese: « La Germanin, 1' Austria e la Francia debbono, ad esclusiooe di ciiiunque altro, dividers! 1'ioflueoza politica nella penisola dei Balkani e Delia Turchia asiatica. »

3. Li Prussia e la Germania erano sempre state in eccellenti termini con gli Stati Uniti, e non si sarebbe giammai creduto che potess' essere altrimenti; imperocche non esiste, per cosl dire, alcuna questione, in cui possano trovarsi in conflitto gl'interessi dei due paesi. Quindi e che sola una questione di persone ha dato origine al preseote dissidio. La Camera dei Rappresentanti a Washington aveva votato un indirizzo al Reichstag germanico in occasione della morte del deputato Lasker, ivi qualificato come campione delle pubbliche liberta e del progresso. II principe Can- celliere si rifiut6 di trasmettere al Reichstag il detto indirizzo, e lo re- spinse al signor Sargent, ministro degli Stati Uniti a Berlino. Nella sua lettera d'accompagnamento il principe Bismark n Hernia va non potere accettare le qualificazioni attribuite al signor Lasker dalla Camera degli Stati Uniti, e al tempo stesso i giornali di lui caricavano d'ingiurie il signor Sargent. Questo modo di procedere ha destato non poco malumore a Washington, e il signor Sargent ha gia ricevuto la sua nomina al posto di Pietroburgo. II signor Sargent per6, che non si cura altrimenti della camera diplomatica, rifiuta, e presceglie di tornare in America. Sembra che a Washington non si avra tanta fretta a dargli un successore; pe- rocche, a dir la verita, gli American! sono assai malcontent! del Cancel- Here da che questi, tornando a una politica protezionista, fece assogget- tare al dazio d'entrata certe mere! di provenienza americana, e vielare perflrio, sotto pretesto di trichina, IMmportazione da quelle parti della came suina salata.

4. 11 discorso della Corona, pronunziato il 6 marzo in occasione del- 1'apertura del Reichstag, esprirae la speranza che la r i forma sociale, inau- gurata dalla legge d' assicurazione contro le malattie, venga continuata median te la fissazione d'una legge di guarentigia conlro gli accidenti manuali. Annunzia inollre un disegno di riforma della legge intorno alle societa per a/ioni, non meno che qualche altro disegoo di legge. II di-

>o e soprattutto, quanto ma! categorico nelle sue affermazioni pacifiche, . I orate dalle relazioni d'amicizia con Austria, Russia, Spagnaed Italia;

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e mctte in rilievo che il carattere pacifico dclla politica tcdesca e oggidt riconosciuto dappertutto.

II discorso per6 non dice verbo del prolungamento della legge contro i socialisti, che e, per cosl dire, il piatto di consistenza della presente sessione. Questa legge era stata nel 1878, in conseguenza dell'attentato Nobiling contro 1'Imperalore, votata per tre soli anni, e poi rinnovata per altri tre anni, che dovrebbero a spirare il settembre prossimo. Adesso il Cancelliere doraanda sia novamente prolungata per due anni. I giornali ufliciosi, com'e loro stile, cercano di esercitare una pressione esorbiumte sui deputati, e non si peritano nerameno di fare intervenire nella que- stione la persona stessa dell' Imperatore. II 22 di marzo, rispondendo alle felicitazioni presentatele dall'uflicio presidenziale della Camera, S. M. di- chiarava, a quanto si afferma, che, avendo sparso il sangue per quella legge, trovava diretta personalraente contro di se 1'opposizione alia legge medesima ; che, essendo il Monarca costituito in posizione tale da poter tutto osservare, egli era meglio di chiunque altro in grado di giudicarne; e che, siccome col prolungamento della legge s'intendeva di evitare una strada, la quale avrebbe direttamente condotto alia caduta della Monar- chia, cosi la nuova coalizione del Reichstag appariva gravida di pericoli.

Si tratterebbe adunque, come ognun vede, di una vera e propria intima- zione rivolta direitamente dall'Imperatore al Reichstag. Del rimanente, nella seduta del 15 marzo, il principe Bismark non ristette esso pure dal mettere innanzi la persona del Sovrano. Egli infatti, accuso i partiti di dar opera alia distruzione deU'edifizio pabblico, sorretto dall' esercito e dalla politica dell' Imperatore. Da un altra parte, il Cancelliere aflerrab non es- sere la Chiesa cattolica una tutela efficace contro 1'anarchia e il socia- lismo; e a sostegno della sua asserzione cit6 la Francia, la Spagna con la sua Mano nera, 1'Irlanda, 1' Italia e 1' Austria, naturalmente senza ricordarsi che in tutti quei paesi i Governi pongono, specialmente da circa un secolo, ogn'impegno a combatteree restringere la Chiesa cat- tolica, e fino a perseguitarla. A sentire il Cancelliere, i paesi protestanti sono anche meglio tutelati sotto questo rapporto ; gli Stati Uniti d'Ame- rica costituiscono, secondo lui, un vero ideale; laddove le Repubbliche cattoliche deU'Araerica meridionale presentano uno speltacolo de' piu trisli. II Bismark fmiva col domandare la votazione ipso facto del prolungamento; ma dietro proposta del signer Windhorst, il Reichstag rinvi6 1'afTare a una Coramissione.

La situazione nel Reichstag e tale, che i 106 voti del centro deci- deranno essi soli della sorte di tulti quanti i disegni di legge '. I pro-

1 Qucllo che il nostro egregio corrispondente dice qui e dfri anche in appresso si fonda sopra un' ipotesi che poi non s' e verilicata. Infatti il prolungamento delle Ip^'i cccezionali contro i socialisti, fu approvalo nel Ileichstag pure col concorso di parecchi membri del Centro.

ti. col loro riunirsi uj j'.-trtito lilu-rale germanico r<trtei}t ban costituilo (jnella pericol< one,

omit- I'li: !• iii il'-l llfi.-hNt.u' ione

rod. !);» un'altra parle, i nazionali-libt-rali contano .i)ti, le due frazioni conservalrici ne contano in tutte 112; cosicche i un totale di circa 100 voli assicuraii al Goven.o pel prolunga- menlo della legge. Quanto ai 18 Polacchi e ai 15 rapprestMiianti del- 1'Alsazia-Loreni, cssi ilaran volo col centro. Vero e che una parle degli antichi secessionist* faran causa comune coi ministerial!; ma quesli con Iuttoci6, ooo arriveraono a rneitere insieme 200 voti. L'occasiooe sembra agli ullit-iosi propizia per tentare novamente di far oascere una scissura nd centre i cui membri veratnente monarchic! sooo da essi invitati a dar prova d' indipeodeoza di sentimenti e di principii. Certo so 1'Impe- ratore ba realmeote pronunziate le parole, che gli si attribuisconn, non sarebbe impossibile che tale o tal allro membro si astenesse dal -dar veto cootro il prolungamento: lino a questo momento per6, il centro si maotien fcrmo nel respingerlo, al fine di por termine a una legge di eccezione e d' arbitrio. Ci6, del resto, non toglie, a quanto afferma il signer Windhorst, che il centro stesso sia disposto a cooperare all' at- tuazione di provvedimenti generali, conciliabili col diritto comune, per mettere la societa al sicuro da criminosi tentativi e da dottrine teodeoti a pricipitarla inevitabilmente nell'abisso.

Le popolazioni cattoliche si pronunziaoo in modo energico contro la legge dei socialist!; e ci6 e facile a spiegarsi. SofTrendo orribilmente esse medesirae sotto il peso di leggi d' ecceziooe, non si curano aflatto di veder sottoposti gli altri a identico trattaraentn. Quindi e che, ad ecce- zione del Westfaclische Merkur di Mimster, tutti gli organi cattolici dichiaransi assolutameote contrarii al prolungamento. La Gcrmania, pubblicandosi nella sede stessa del Governo ed essendo considerata come 1'organo ufficiale del centro, nou pu6 lasciare (In da ora travedere in che senso sara quest' ultimo per dar voto; essa si contenta soltanto di discutere le cause e gli efletti della legge contro i socialisti. 11 rigetto di questa e reso, del resto, dal Governo stesso assai facile. I/esposizione di moiivi, da cui la domanda di prolungamento e accompagnata, pone

10 sodo che la legge non ha menomamente impedito il socialismo dal guadagnar terreno e soprattutlo dal manteoere le sue posizioni. II pic- colo stato d1 assedio stabilito in Amburgo ha egli forse impedito ai so- cialisti di guadagnare un mandate al Reichstag? E perche allora armare

11 Sovrano d' un potere arbitrario? Da un'altra parte, la Norddeutsche Allf/emeine Zcitung tratta con disprezzo di pieces d sensation 1'En- ciclica di I,eone XI II e gli altri atti de' Papi ultramontani contro le dottrine socialiste. Al pari di ogni buoo foglio uflicioso, essa non trova

.ice cbe la forza muscolare del gendarme, e scrive arlicoli interi a

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provare che la Chiesa fa lega egualmente con la Rivoluzione che coa la monarchia assoluta. I ministri, sopraltutto il signer von Putkamer, preposto all' interno, parlano e operano in guisa da far credere che agli occhi del Governo, la Chiesa e per lo meno egualmente pericolosa die il socialismo. In questa condizione di cose, 1' approvazione della legge contro i socialisti potrebbe essere interprelata come una sanzione indi- retla delle leggi di maggio. Queste furono messe in alto col concorso dei progressisti, oggi aborriti dal Cancelliere; ed ora egli vuole ottenere il prolungamento della legge contro i socialisti coll'aiuto dei cattolici. II sistema del Cancelliere consiste, in sostanza, nel valersi a vicenda del- 1'opera dei different! partiti per dar fuori leggi d'eccezione contro tutti. Procedendo di questo passo, e una volta che il potere si trovasse ar- mato di leggi d'eccezione contro tutti coloro, che non gli vanno a genio, nulla piii rimarrebbe dei diritti competenti ai singoli cittadini. A che gioverebbe, del resto, il perseguitare i socialisti, quando le dottrine loro sono insegnate dalle cattedre ufficiali, e fino imposte a parecchi stu- denti, che non ne vorrebbero sapcre?

5. Nella seduia della seconda Camera prussiana, il Governo si op- pose a che fosse presa in considerazione la proposta del sig. Windhorst tendente a ottenere 1'abolizione della legge di sequestro sui beni e suite rendite della Chiesa cattolica. Obbedendo alia consegna ministeriale, i conservatori si rifiutarono a sostenere il centro in cosi fatta questione; talche la proposta fu respinta, e i conservatori dieder ?oto contro il centro. Tutto porta a credere che il Governo cerchi per tal modo di far nascere una rottura definitiva fra due partiti fatti apposta per inten- dersi, e soprattutto adatti a costituire una solida maggioranza per le riforme sociali ed economiche. 11 17 raarzo il signor Windhorst insieme col centro deponeva un'altra proposta per conseguire la riforma della legislazione del Kulturkampf appoggiandosi sulla risoluzione stata ap- provata il 26 aprile 1883, grazie all' unione del centro e dei conserva- tori: Voglia il Governo, appena i negoziati con la Santa Sede ne in- dicheranno 1'opportunita, sottoporre al Landtag un disegno di revisione delle vigenti leggi politico ecclesiastiche. II Governo, intanto, conside- rera se non sia urgente di sopprimere fino da questo momento le leggi che puniscono i preii per esercizio di funzioni sacerdotali. » Questa ri- soluzione, tuttoche approvata a forte maggioranza, non fu dal Governo presa in considerazione; di qui la necessita della presente proposta, la quale per6 non verra discussa che dopo le vacanze pasquali.

La discussione del 5 di marzo produsse qualche impressione in al- tissime regioni, grazie ad un fatto ricordato dai signor Majunke. Allor- quando fervevano, nel 1840, le famose divergence coll'Arcivescovo di Colonia, il signor Thiers, che era in quel tempo ministro in Francia, avea tentato di suscitare una guerra, istigando i cattolici del Reno a

conlro la rruisia; ma i rattoliri n

B il iv IV Icrigo (luglielmo III, n»-l ricevere alrun

:o dopo il Cardinal*' ('n-ivsi'l, gli espivss*- h sua snvi lisfa-

zione per quest* atto di fedelta de' suoi su ! liti rattolici.

ire il Governo si ricusava ad abolire la legge sul sequestro to-

>;i da 11 a qualche giorno il sequestro nell'arcidiocesi di Colonia. <>ra,

mo la k-gge autorizzanle la revoca temporaria del sequestro spit col 31 marzo, il signer Ga/dzewski interpell6 il ministero intorno ad analogo provvedimento per 1'arcidiocesi di ('m.-sna-Posnania, unica dio- ce*i, il cui clero soggiace tuttnra alle conseguenze del sequestro. II 31 di marzo il ministro dei culii, signor Von Gossler, rispose che il Governo non aveva 1* intenzione di togliere il sequestro in quella diocesi, ne si dava la minima briga di assegnare di ci6 la ragione. A si arrogante rifiuto diede il signor Windhorst la risposta, che si meritava. Se il Go- verno, egli disse, non ha riguardi per noi, neppur noi ne avremo per il (loverno. I cattolici rimarranno, si, sul terreno della legalita, ma use- ranno di tuiti quei mezzi, che sono in loro potere.

Perci6 la Germania, giusiamente osservava che il signor von Gossler fece il roiglior programma che i cattolici potessero mai desiderare per le future elezioni. Essi ora sanno che il Governo e loro piii ostile di prima, e che la bonaccia e passata; quindi non si starauno dall'usare delle loro forze. Gli e fuor di dubbio, e se ne ha piena conferma nel linguaggio degli organi ufficiosi, che il Governo ricomincia i suoi rigori verso i cattolici per guadagnarsi le buone grazie dei nazionali liberal), de' quali fara di tutto per ottenere la ricompensa.

Inquesti ultimi giorni era corsa voce che il principe Bismarck stava per dimettersi dalla presidenza del Consiglio dei ministri e dal portafoglio del commercio della Prussia, ritenendo unicamente la qualita di Cancelliere del- 1'Impero. Si allegavano come motivo di questa sua determinazione le diver- genze di lui coi signori Gossler e Putkamer a proposito del Kulturkampf su di che il Cancelliere voleva sottrarsi a ogni responsabilita. Per6 1'aiteggiamento assunto dal ininisiero il 31 di marzo non porge alcun indizio di un cosi fatto dissenso. Nessun ministro avrebbe parlato come par!6 il signor Gossler, se non si fosse trovato d'accordo col Cancelliere. V. noto che Del 1873 il principe avea rinunziato alia presidenza del Consiglio in favore del conte di Roon; ma ci6 non gl'impedi di rimaner tuttavia lo spiritns rector del ministero.

1'ur troppo sembra probabile che il Kulturkampf stia per ricomin- ciare. 11 ministro dei culti, signor von Gossler, fa tutti i suoi sforzi per mostrarsi degno successore del signor Falk, d'infausta ricordanza. Egli ha riciisato la dispensa dagli esami a tutti quei preti, che fccero i loro studii a Inspruch ed a Roma; cosicchfc nell'arcidiocesi di Gnesna-Po- snania, di circa 100 preli ordinati posteriormente alia promulgazione

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delle leggi di maggio, 40 appena hanno ottenuto la dispensa. Si aggiunga che fra ' irrocchie, che conta la diocesi, 177 sono prive di tito-

lare. In sola una parrocchia vacante, 186 persone morirono senza sacra- monti a motivo dell' internamento del parroco viciniore. Fra i preti, cui e stata negata la dispensa, parecchi se ne trovano, i quali sono stati coslretti a prestare il servizio mllilare d' un anno, e vi hanno conseguito il brevetto d'ufliziale della riserva. Nell'arcidiocpsi di Colonia 3!) preti si videro ricusata la dispensa, raentre 282 1' hanno otienuta. Lo stesso si dica delle altre diocesi, dove a un buon numero di preti e stata pa- rimente negata la dispensa degli. esami. Segue da ci6 che ai patiraenti dei cattolici non e arrecato che un meschinissimo sollievo; poiche i preti ammessi sono in numero di gran lunga insufficiente al bisogno. Oltre a cio, non potendo esser nominal! a un benefizio qualsiasi essi non percepiscono, a malgrado della revoca del sequestro, veruna indennita dalle casse pubbliche; ond'e che incombe ai cattolici il provvedere alle loro necessita.

Questi preti ausiliari non sono neppure immuni dal pericolo di ul- terior! vessazioni. In ogni parte della Prussia, i giornali fanno fede della rigorosa sorvoglianza, cui vengono assoggettati da parte della autorita. I borgomastri sono incaricati di prender nota di qualunque funzione da essi compiuta, di qualunqae ufficio da essi celebrato. Si vuole cosl averein mano i documenti giustificativi, pel caso di dover loro intentare un pro- cesso. Ai termini della legge, le funzioni d' un prete ausiliare non sono esenti da penalita, se non nel caso, in cui egli, mediante un soggiorno prolungato e 1' amministrazione regolare d' una parrocchia, non metta in campo la pretensione di esserne il parroco regolarmente insediato. I cat- tolici sono dunque minacciati di rimanere da un momento all'altro privi di bel nuovo de'servigi de'loro preti.

6. Nella seduta del 18 marzo della seconda Camera di Baviera, il ministro della guerra si trov6 costretto a confessare che la Scuola mi- litare e un vero istituto di propaganda protestante. Di 13 uffiziali pro- fessori, 7 sono pretestanti e a protestanti e aflidato 1'insegnamento della storia. E quella che s'insegna non e gia la storia di Baviera, ma la storia di Germania in senso protestante, che e quanto dire tendente a negare il passato cattolico, e fino i diritti del Gattolicismo e degli Stati caitolici. Vero e bensl che, grazie al favore onde godono i protestanti in quel regno per ire quarti cattolico, fra 182 alunni ve ne hanno 82 pro- testanti.

IV.

:: I/I n-

ndescenia .-uziono

ttanli.

1. Le relazioni estcre coritirmano a fornire alia slampa tanto maggior ria di ilJNCiissinnc, quanto piu incomplete sono le informazioni da essa attintt' su tale proposito. 11 principe Bismark stesso e disceso nel- 1,1 •!'•!!. i starapa col mandare, di sua propria mano, una smentita alia ' ii ivl.itivamente a una notizia <li lloinn. 11 x'l di marzo,

giorno antecedente a quello di nascita dell'Iraperatore, cosi alTerma il corrispondente, per il solilo bene informato, di quel giornale il signor De- pretis si recava presso il signor de Keudell, ambasciatore di Gerraania, per dolersi secolui dei rigori spiegati a Trieste contro gl' Irredcntisti, non che della condotta del Nunzio apostolico a Vienna, accusato dal mi- nistro d'agitazioni contro 1* Italia* e per pregarlo inoltre a dedurre tali f.iiti a cognizione del principe Bismark. II Cancelliere asserisce che il signor Deprelis non ebbe nell' accennato giorno alcun colloquio col si- gnor Keudell, e non pole quindi formulare le doglianze, che gli vengono atlribuite. II corrispondente, alia sua volta, mantiene le sue asserzioni, aggiungendo che persone addette all* arabasciata germanica si fecer carico di propalare quella notizia, che fu poi raccolta da lui e da altri corri- spondenti. Del resto, e cosa probabilissima che, in occasione del giorno nutalizio dell'lmperatore, il signor Depretis facesse una visita all'amba- sciata, dove si dava una festa. Anche 1'organo ufficiale del ministro di re Dmberto pubblicava una smentita analoga. Contuttoci6, egli e possi- bilissimo che il signor Depretis abbia presentato siflfatte riraostranze al signor de Keudell, dacche non pu6 presentarle all'ambasciatore d'Austria. II governo di re Umberto e costretto a trattare coll' Irredcntisti, mentre I* Austria e costretta a difendersi contro gli assassini e i cospiratori. L'Oberdank e consort! di lui, celebrati in Italia come eroi e come mar- tiri, non sono in Austria che delinquenti corauni. Molti vi hanno, a dir vero, i quali trovano che 1' Austria e tolleranie assai piii del dovere, e che non spiega abbastanza rigore contro le mene degl' Irredentisti. Ar- rogi, che questi, dal canto loro, non si prendono la minima soggezione. 0 che non hanno avuto 1'audacia di far chiedere da' loro alliliati al Landtag del Tirolo la soppressione delle scuole ledesche in Bolzano scuole fondate per iniziativa di particolari, e che noverano incirca 500 alunni, sotto pretesto del coslituir esse un'oflesa alia nazionalita italiana? Dove irovare in Kuropa un governo tanto indolente da lollerare una somigliante aggressione da parte di gente, che, rinnegaudo il loro governo legittimo,

mno complici dello straniero?

. VI. fa* .

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La smentita del principe Bismark e, come giustamente osserva la Germania, una prova manifesta dell'imporlanza, che il Cancelliere an- nette a prevenire ogni sospetto, a dissipare ogni nube, che potessero al- terare le buone relazioni coll' Austria; essa dimostra fino aH'evide:)x.a che al principe Bismark preme piii assai di star d'accordo con 1' Austria che coo 1' Italia.

Da un pezzo in qua, il Governo, la stampa, le autorita e gli uftiziali russi gareggiano in dimostrazioni d'amicizia verso la Germania; ed e un falto che la Russia va debitrice a queste amichevoli disposizioni di aver potuto annettersi Merv senz'essere inquietata da nessuno. Per ci6 che concerne 1' Inghilterra, essa fara bene di considerate tale anoessione meno come una minaccia che come un avvertimento; perocche, se essa con- tinuasse ad attraversare la politica austro-germanica in Turchia e ad in- traprendere annessioni, o scoperte o velate, in Affrica, potrebbe darsi il caso che le si sguinzagliasse addosso la Russia nelle Indie. Anche nella questione egiziana 1' Inghilterra sara costretta a tener conto dei diritii e degl'interessi delle altre potenze; a questo patto soltanto, potra sperarsi che la Conferenza da essa proposta sia coronata da successo. E cosa ormai fuor di dubbio che, nella questione egiziana, la Germania si met- tera dal lato della Francia piuttosto che da quello dell' Inghilterra.

2. L'opinione pubblica si commosse grandemente all'annunzio dei divisamenti, del principe di Bismark di rassegnare la presidenza del Consiglio dei ministri e i portafogli del commercio e delle finanze, non che di ripristinare il Consiglio di Stato; ma ora non si ode piii parlare di questo mezzo ritiro, e il ripristinamento del Gonsiglio di Stato (Staats- rath) incontra difficolta pratiche nella sua esecuzione. Questo Gonsiglio di Stato, la cui esistenza risale all' anno 1817, non e stato mai disciolto virtualmente ; ma dal 1848 in poi, non e stato piu convocato. Esso consta, per diritto, dei principi maggiorenni della famiglia regnante, dei ministri, dei marescialli, dei presidenti de' tribunal! superiori, dei president! delle province, come pure di altri funzinnari superiori e di personaggi rag- guardevoli designati dal Sovrano. Ne facevano parte anche 1' Arcivescovo di Golonia e il principe Vescovo di Breslavia. Sembra essere stata in- tenzione del Cancelliere di servirsi dello Staatsrath come di contrappeso al Landtag (Parlamento della Prussia).

La gran questione del giorno e la proroga della legge contro i so- cialisti. La Commissione del Reichstag ha approvato, con 13 voti contro 7, le modificazioni proposte dal signor Windhorst, e tendenti a ricondurre le cose entro i confini del diritto comune. L' illustre capo del centro pro- pose di sopprimere il divieto delle riunioni socialiste, perche, alia fin dei conti, siffalte riunioni saranno sempre sorvegliate dalla polizia come tutte le altre riunioni politiche. Al di d'oggi i socialisti tengono riunioni se- grete assai piii pericolose, esercitandosi per tal modo a lavorare nelfombra

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rialMi, «• gli espulsi hanno il diritto di ricorrerc all'autorita supfpiore. e la fabbricazione di materie esplodenti e pericolo.se saraa soggetli a una legislazione preventiva. Non v'ha chi non ricouosca che tali modifirazioni stabiliscono una transizione pel ritorno al diritto co- mune, ritorno che dev'essere n«-i M.-M K-rii di ogni Governo serio. Ma in seno della Commissione il miuislro dell' interno, signor von Putkamcr, si e mostrato irremovibile, e ha dichiaraio non potere il Governo accettare la piii lieve mo lificazione della legge, essendo la proroga di due anni il minimum, a cui possa consentire. Quesia durezza di contegno deve lanto jtiii maravigli ire, quanlo 1'esposizioae di motivi presentata dalla Cancel- leria confessa senz'ambagi che 1'azione della legge manca d' efficacia. II socialismo va propagandosi a dispetto di essa legge, e i socialist! ottcn- gono successi eleltorali raaggiori che per il passato. Ollre a ci6, il mal- contenlo della popolazione operaia cresce ogni giorno piii a causa degli atti arbilrari, che la legge contro i socialist! permette di esercitare a suo riguardo. Tutti, del resto, sono d'accordo nel riconoscere che la legge sles.sa 6 impotente a prevenire gli attentati contro il Sovrano.

Ben diversi per6 sono i calcoli del Governo. Esso intende di sciogliere il Reichstag, perche spera che le nuove elezioni debbano fruttargli una

lievole maggioranza, composta di conservatori e di nazionali-liberali, a cui si propone di prestare il suo appoggio. A quest' effetto, gli organ! ufliciosi hanno aperto una campagna in favore dei nazionali-liberali. II centro e piii che mai fatto segno all'antipatia del Governo; esso ha dei principii, da'quali non si diparte, e non si lascia maneggiare come fanno i liberal!. Per ci6 appunto il Governo, piuttosto che mettersi d'accordo col centro, tenta di nuovo annientarlo, o almeno assottigliarlo con nuove elezioni; per c!6 appunto la persecuzione va crescendo di violenza. Egli e fuor di dubbio che il Governo e raalissimo informato rispetto alle dis- posizioni del popolo; tutti in generate dilTidano di lui. Segue da ci6 che i n izionali-liherali perdono piii terreno di quello che non ne guadagnino, e che il popolo si pronunzia in favore dei progressist!, francamenle ostili al Governo. Arrogi che la persecuzione conlro i cattolici parlorisce lut- t'altro efTetto da quello di convertirli al ministerialismo: ond'6 che il Governo perde interamente il suo tempo e le sue fatiche, e le session! {M: '.-in ••man riescono Tuna piii sterile dell'altra.

3. I giornali han fatto supporre che 1'Enciclica del S. Padre contro la frammassoneria abbia destato un'impressiooe spiacevole nella Corte imperiale, lo che rendera piii difticili i negoziali tra lierlino e Roma. II

e che la frammassoneria e, per cos) dire, di regia istituzione in

CRONACA

Prussia. Federigo II, mentr'era tuttavia principe ereditario, si fece rice- vere in una loggia a Brunswick, e, giunto che fu al potere, fece orga- nizzare ne'suoi Stati la frammassoneria e istituire un Grande Oriente a Berlino, dove se ne sono posteriorraente stabiliti allri due. Anche iu-1- 1'esercito egli introdusse la frammassoneria; male per6 glie ne incolse. Uno dei generali frammassoni, il Wallrabe, lo tradiva; e non ci voile che una circostanza tutta fortuita per impedire a costui di dare in niano agli Austriaci la piazza importante di Neisse. Peggio ancora avvenne sotto Federigo-Guglielmo III, padre del regnante Imperatore. Nel 1806, i generali frammassoni si diportarono con una codardia sen/'esempio, che coperse d'ignominia 1'esercito prussiano: le foriezze meglio difese vennero da essi cedute alia prima inlimazione delle truppe di Napoleone I capo, come tutti sanno, della frammassoneria e senza neppure sea- ricare un fucile. Guarnigioni forti di 15 a 20,000 uomini furono per tal modo date in balia d'un pugno di nemici. Non meno vigliacchi mostra- ronsi i funzionari civili, che non misero tempo in mezzo a passare ai servigi del nemico. Ad onta di si disastrosa esperienza, il Re, che pur non apparteneva alia setta, ne conferm6 i privilegi, e fece ricevere nella loggia il suo secondo figlio, presentemente Imperatore, designandolo qual protettore a tutte le loggie della Prussia. L' Imperatore da gran pezza non frequenta piii le loggie, ma il Principe imperiale si noti bene che io non fo che ripetere le asserzioni de'giornali ufficiosi assiste a tutte le feste massoniche. Piu volte e avvenuto di leggere dei discorsi pronun- ziati da lui nelle riunioni della setta, i quali non sono punto favorevoli alle istituzioni religiose. Nella sua vita pubblica per6, il Principe impe- riale manifesta principii assai piu benevoli.

Alcuni anni or sono, persona bene informata mi assicurava esservi in Berlino 5,000 frammassoni. In tutta la Germania, il loro numero deve oltrepassare i 10,000. In Baviera, la legge esige da ogni funzionario ci- vile o militare 1' affermazione, mediante giuramento, di non appartenere a veruna societa segreta, ne alia loggia massonica; ma da gran tempo questa legge non e piu osservata, e i frammassoni dominano nell' ammi- nistrazione e nell'esercito bavaresi. Esistono inoltre in Germania parecchi giornali massonici. I membri della setta affettano presso di noi una certa moderazione, e molti di loro sono gente in nessun conto pericolosa o malvagia; vero e che sono soltanto iniziati nei gradi inferiori. Ma da una trentina d'anni in qua si e costituita un' associazione (Deuischer Frei- maurerbund} di frammassoni radicali ed atei, che riunisce tutti gli ele- menti rivoluzionari delle loggie. Tutti coloro che in questi ultimi tempi si sono fatti specialmente notare pel loro odio contro la Chiesa, appar- tengono alia loggia. A Berlino, per6, e nel rimanente della Prussia si cerca tuttavia di conservare, almeno esteriormente, a cosi fatta istitu- zione un carattere conservatore e fin anco cristiano. Quindi e che non

CONTEMPORAKEA

vono gli ebivi, i i|:iali, per f.irsi ammei1

irgo e n- Siati in-i 'ori apparlengono

M-lla qu ile 1'elemeoto ortod< lalo in r-'u.il proporzione deU'eleraento ra/ionalista . v' lianno

alcuai pasiori, i quali sono insigniti del grado di dignilari delle logc

un gran numero di persone, la loggia non e che un mezzo di far cammino, un' associazione mutua di successo e d'avanxamento. Quindi e che, in molti paesi te k'schi, e assolutamenie impossible il giungere a un posto elevato senza il soccorso della loggia. I^e cose proredono egualmente nell'industria e nel commercio. Non v'ha che 1'esercito, che

i presso a poco immune da siffatta influenza, perche ravanzamento degli ufTi/iali procede in modo strettamente rigoroso. L' insegnamento e dominalo dalla loggia, e una gran parte delle molteplici societal e corpo- razioni, onde la Germania ribocca, sono dinette da frammassoni e formano alin'ttante succursali della loggia. In generate, il protestantesimo fornisce alia setta un maggior numero d'adepti che non il cattolicismo. In Ba- viera, le citta protestanti di Bayreuth e di Norimberga sono il centro della loggia, che contribuisce in gran parte ad assicurare ai protestanti una preponderanza ofiensiva in quel paese, un tempo cost devoto alia Chiesa. Appartenendo i piii dei giudici e dei funzionari alia setta mas- sonica, certe assoluzioni e certe ingiustizie scandalose non debbono recare veruna sorpresa. II fatto piii strepitoso, e che avrebbe dovuto aprir gli occhi a chi di ragione, fu 1'inchiesta giudiciaria contro il regicida No- biling. Frattanto che il pubblico ministero faceva il diavolo a quattro per porre in sodo 1'afliliazione di costui al cattolicismo, passava assolu- tamente sotto silenzio I'afQliazione sua reale, realissima alia loggia. Ma v'ha anco di peggio. II giudice d'istruzione, il pubblico ministero e i me- dici legali aflermarono al cospetto dell' Europa che il Nobiling non era mai tomato in se durante le tre settimane, ch'ei visse dopo il suo ten- t;<tivo di suicidio. Ora, nulla prova roaggiormente la potenza della setta, che il fatto del non avere alcun organo pubblico contestato le asserzioni dei legist), e domandato che col ministero d'una commissione indipen- dente si determinasse in modo serio e preciso lo stato mentale del No- biling. Certo e che la frammassoneria aveva interesse a non Tar parlare il Nobiling; di qui 1' audace aiTermazione de'suoi adepti che dopo 1' a l- tentato egli non aveva piii ricuperati i suoi sensi. Se il Nobiling fosse

> commesso al giudizio di magistrati e di medici coscienziosi, 1'im- peratore Guglielmo e suo figlio avrebbero avuto occasione di rimaner circa il valore dell'amicizia e dell'affezione, di che i frammas- soni menano cosi gran vanto a loro riguardo. Se il Cancelliere che pure non e frammassone volesse prendersi la pena di esaminare le intime relazioni esistenti fra i suoi nemici progressisti, democratici e

CRONACA

socialist! e la loggia ; egli al certo nelle sue lotte politiche poster lc sue bath-rle meglio assai di quel che non faccia oggidl.

4. 1^ persecuzione ha ripreso il suo carattere acuto. II minislro dei culti usa di tutto il rigore possibile a riguardo dei preti rirhiamati dall'esilio. Fra questi, 1225 hanno ottenuto la dispensa; a 178 e stata definitivamente rifiutata, perche non hanno studiato pel corso di tre anni in una universita tedesca, che e quanto dire perche hanno studiato a Roma, a Inspruck, a Lovanio; per 39 non e stata ancor presa veruna decisione; e cosl anche per altri 130 colpiti di pene di bando in forza delle leggi di maggio. Secondo ogni probability alia maggior parte di questi preti verra negata 1'ammissione. Mentre, dopo aver collocate i 1225 dispensati, riraangono sempre piii di 500 parrocchie prive di titolari; il Governo veramente non fa mostra di grande spirito di con- ciliazione allontanando un tal nuinero di preti dalle rispettive lor diocesi. II modo, ond' esso si vale delle facolla conferitegli dalla legge sulle di- spense e dalla concessione del Santo Padre, non puo che aumentare a dismisura la diffidenza e il raalcontento dei cattolici.

Le autorita infieriscono con accaniraento e dovunque la legge loro lo permette, qualunque sia 1'occasione che loro se ne offre. A Koldrab (diocesi di Posen) il vicario Kruszka era stalo arrestato dai gendarmi e messo io carcere per rimanervi 260 giorni. Rientrato, in grazia di una dispensa, egli domanda e ottiene una dilazione a pagare Tararaenda di 2,600 marchi (equivalente di 260 giorni di carcere) incorsa priraa dell' espulsione. Ma nel menlre ch'ei prepara i suoi parrocchiani alia confessione pasquale, si vede arrestato e condotto via dalla forza pubblica come un malfattore.

A Saarlouis il signor Schneider, mandate come prete ausiliare nella parrocchia vacante di Niedaltdorf, e slato multato in 340 marchi. Molte altre condanne di questo genere sarebbero da segnalarsi, che per amore di brevita omettiamo. Ci contenteremo di dire che la parrocchia di Kosten ha pagato, da che regna il Kid-turkampf, 39,000 marchi d' ammenda, e che i membri di essa han sofferto 10 anni di carcere, perche piace al Governo di mantenervi on prete inlruso. A Posen poi, il ministro dei culti ha minacciato di sopprimere un asilo, che accoglie 200 fanciulli, se da qui a qualche mese quell' istituto non venga tolto alle Sucre di carita!

1 giornali si sono molto occupati della rinunzia di Sua Eminenza il Cardinale Ledochowski al suo arcivescovato di Gnesna e Posnania. Erasi dato a quest'atto Taspetto d' un sacrifizio tendente a ottenere, in compenso, alcuna concessione dal nostro Governo. Fino ad ora per6 nes- suna risoluzione e intervenuta a questo riguardo. Se pure il Cardinale ha realmente offerto di rinunziare alia sua sede, par certo che il Sommo Pcn- tefice non abbia a ci6 consent! to.

CONTEMPONA.NEA

II luncili dopo Pasqua, a Coloni.-t, un' ass»'mM«ja composla di ollre •'iinnm-ntf .1,'lla loro assolula dcvo/ione a

monsignor Mddu'rs, arcivescnvo di <|iirlla ritta, da essi ••M-lusivamenle ricoDosciuto come legiltimo loro pastore a dispetlo della legge, che lo ha colpito. In quella occasions 1' assembled rinnovava .la protesta dei cattolici contro le leggi di maggio, e, nel rivcndicare i dirilti di essi, esprimeva al tempo stesso la sua iotera flducia nel centro, cui invitava a persistere nella lotta, assicurandolo del concorso di tutti i cattolici. t'uhimi sono inoltre esortati a rimaner fermi e lottare, lino a che oon vengano reintegraii nei diritti guarentiti dai trattati e solennemente riconosciuti dai Sovrani di Prussia. Analoghe riunioni sono state susse- guentemeote tenute a Krefeld e a Barmen, e altre ne saranno lenute in progresso di tempo.

In esecuzione d' un ordine partito da Berlino, e stato soltoposto a sequestra il manifesto dato fuori dai Comitato per 1' assemblea di Co- Ionia, e i sottoscrittori di esso sono incriminati « per avere afTerraato fatli non veri contro il Uoverno, col fine di esporlo al pubblico disprezzo. Avremo cos) una causa celebre: un processo di tendenza in prospetliva.

5. In quest' anno due Yescovi di Germania, mons. von der Marwitz di Kulm e monsignor Raess di Strasburgo han compiuto il loro 90° anno. Si degni Iddio prolungare ancora la preziosa loro esistenza, acci6 possano vedere ristabilita la pace religiosa.

II duca Paolo, fratello al Granduca regnante di Mecklemburgo-Schwerin nel contrarre matrimonio colla principessa Maria di Windischgraetz, aveva promesso di far allevare nel cattolicismo tutti i suoi flgli. Ad onta di ci6, nato che fu il primo di essi, il Granduca lo fece battezzare per forza dai suo predicatore di corte. La giovine coppia allora abban- don6 il granJucato, e il secondo figlio, che vide la luce in Algeri, fu battezzato dall'arcivescovo di quella citta. In seguito il duca si 6 stabi- lito in Austria, paese natale di sua moglie, e ha rinunziato a'suoi diritti di successione nel Mecklemburgo. Ha dovuto aliresl dimettersi dai suo grado nell'esmito prussiano, perche, in virtu d* una regia ordinanza ri- chiamata in vigore dall'Imperatore regnante, ogni ufDziale protestante, che nel disposarsi a una cattolica si obblighi ad allevare i suoi figli oel cattolicismo, deve ricevere il suo congedo. Si dice che il duca Paolo mediti di prender servizio in Austria, e sia in procinto di rienirare in grembo alia Chiesa. Si dice aliresl che un uffiziale del 103° reggimento d'infanteria (sassone) a Bautzen siasi convertito al Cattolicismo, e che due altri ufliziali dello stesso reggimento si dispongano a seguire 1'esem- pio di lui.

II Senato regnante delta citta libera e anseatica di Brema ha ordinato la soppressione della scuola caltolica superiore di quella citta, perche, sono sue parole, « i cattolici non han dirilto a una simile scuola. » La verita

CKO.VACA CONTEMPOFUNEA

6 che si questa, come le scuole primarie, sono mantenute dai cattolici, i quali sono, per giunta, obbligati a coothbuire al mantenimeDto delle scuole protestanti, di cui il raunicipio si e addossato il carico.

C>. Avendo parecchi sinodi solennemente protestato contro le dottrine, assolutamente anticristiane, affermate dal signor Benda, professore di teo- logia protestaote a Bonn nella sua apoteosi di Lutero, i razionalisti, si sono levati in difesa di lui, e in un indirizzo lanciato al pubblico re- spingono vigorosamente, in nome della liberta di doltrina, le proteste e le accuse degli ortodossi. Non e cbi non ravvisi in questo fatto la ma- uifestazione di tirio scisma, che esiste gia da lungo tempo in stato latente.

II partito di conciliazione, che si sforza di tenersi a eguale distanza dai credenli e dagl'increduli, ha tenuto la sua riunione annuale (evan- gdischer Vereinstag) a Berlino. Nella seduta del 18 aprile, 1'assemblea applaudiva freneticamente alle deduzioni dei Proposto (titolo conservato dai tempi cattolici) von der Goltz, sonanti come segue : « L' unione tra Chiesa e Stato e una guarentigia della verita evangelica e della liberta protestante; e inoltre un bene per la Ghiesa perche le assicura 1'unione colla civilla e co* suoi progressi. » Anche il professore Beyschlag ri- scosse molti applausi, quando afferm6: «Per noi, la Ghiesa 6 pure Una istituzione dello Stato. » Ci6 si comprende facilmente. Senza lo Stato, quei signori non sarebbero nulla; i loro fcdeli non darebbero loro 1'asse- gnamento d' un centesimo, laddove lo Stato li retribuisce splendida- mente. L' unione collo Stato, afferma il signor von der Goltz, e una gua- rentigia contro il dominio popolare nella Ghiesa. Non ci vuole, invero, gran fatica a persuaders! come quei signori ripongano ben poca flducia nel loro popolo protestante.

11 concistoro supremo dell'antico regno di Annover ha compilato un regolamento degli uffici divini assai curioso nel suo genere. L'ufiicio deve cominciare dall'Introito e da un cantico, dopo il quale il pastore canta insieme con gli assistenti il Kyrie, e cosl il Gloria. Seguono poi la salutazione e la colletta. Un nuovo cantico precede 1' Epistola e il Vangelo, susseguito alia sua volta, dal Credo e dal Sermone. Vengono quindi una certa quantita di preghiere e di cantici, la questua e in ultimo la benedizione. I giornali biasimano questo regolamento, perche lo trovano troppo cattolico.

11 Gonsiglio parrocchiale luterano di Elberfeld pubblica il seguente avviso: « Come per il passato, il giorno della Confermazione (prima com unione) gli anziani faranno una questua per la fantesca del pastore e pel poveri. La questua per6 a vantaggio del pastore non avra luogo. I par- rocchiani che intendono far qualche offerta al signor pastore sono pregati a presentargliela direttamente. >

INDICE

La recentr sentenza conlro la Propaganda. Pag. r>

Del presente stato degli studii linguistici ...» 28

•// 416

la dccadenza del pensicro italiano La cn-

tica » 44

/•/ in » 685

La contessa Internationale » 58

I. Si va in villa » ivi

II. Destri, sinistri c centre tutti in una car-

rozzata » 63

III. Vera vanita c vera cortesia » 181

IV. Prime scintille » 189

V. I babbi provvidi e le buonc mamme. » 327

VI. Soperga e Torino » 335

Nota. Le Chiuse, e Alle porte d' Italia del

De Amicis » 346

MI. Amore e musoneria » 451

VIII. Sconfitta dalle monache » 456

IX. La monaca di Cracovia » 460

X. t'arfallc e farfallini » 552

XL Fiori simpatici » 557

XII. Giusto alia viiiilia della partenza . . .

XIII. Si parte per Milano » 701

XIV. Dirtro le quinte gli alTari serii . . . . » 705

XV. Idee patcrnc » 710

1 > I) I C E

Sanctissimi Domini Nostri Leonis divina provi-

dentia Papae XIII. Allocutio Pag. 129

L'avvenire della plebe »

Idem » 5I3

Delia coslruttura della Chiesa quanta alia forma

di reggimento » 148

// nuovo cilindro di Nabonid » 163

Sanctissimi Domini Nostri Leonis divina provi-

dentia P&pae XIII. Epistola encyclica . . » 257 Di un'alleanza monarchica in Europa . . . . » 292 Del composto ontologico e della reale distinzione

tra I'essenza e I' essere che v'e in ogni crea-

tura » 305

La ma&soneria, ecco il nemico: doe VEncliclica

Humanum Genus » 385

Di alcuni documenti poco noti dimostranti do che

della setta massonica deftnisce la recente En-

ciclica Humanum Genus del S. P. Leone XIII. » 406

Idem » 653

Delia potesta della Chiesa » 435

Mirabili effetti dell' Endclica papale Humanum

Genus contro la Massoneria » 525

Della potesta magistrate, nella Chiesa » 536

Date a Cesare quel che e di Cesare » 641

Delia contingenza del mondo »666

RIVISTE DELLA STAMPA ITALIANA

DelV Origine deW Uomo secondo il Trasformismo. Esame scientifico, jilosofico teologico di Pietro Caterini S. I. Pag1. "«3

La morale civile nelle scuole popolari del regno d* Italia, dt Niccol6 Guastella, segretario comunale, insegnante nelle scuole elementari del municipio di Palermo » 76

IN Dl

neli« popolart . >-ntc per la r.

•;/»<?, sopra tutti gh evangeli domenicali deir anno, eon altre omelie per le tolennita, principals e discorsi di occa- sione. Opera del £ .Iro Bossi Parroco di JBor-

sano Pag. 81

-o del Sistema filologico e linguistico, applicato alia Mitologia e alia Scienza delle Reltgioni, pel P. Ce-

A. De Cara d. C. d. G » 199

e Re, ossia le teoriche di Conciliazione politicO'religiosa

per Gaetano Zocchi S. I » 207

// Teismo filosofico Cristiano... per Pasquale d'Ercole Pro- fessore ordinario di filosofia neW Universita di Torino. Parte priraa: Le contraddizioni e le infondate diinostra-

tioni del Teismo » 212

Jstru:ioni catechistichc di monsignor Pietro professore Ta- riuo Dottore in Teologia, Filosofia e Metodo, Canonico Preposto della Cattedrale di Biella e Cameriere Segreto

di S. S. .347

Theologia Moralis, Aitctore Augustino Lehmkuhl Societatis

lesu Sacerdote » 350

inonarc.hia democratica proposta da un italiano. ...» 467 Pensiero Jilosofico net suoi rtpporti colla civilta e mora- lita italiana nelVepoca moderna per D. Claudio Poggi. » 475

un alto studio di Teologia comparata. Discorso recitato al VI Congresso cattolico di Napoli da Monsignor Dome-

nico Marinangeli Vescovo di Foggia » 570

JEsagerazione o verita** Eco della quaresima 1884 . . . » 575 Trionji e sconfitte Opere teatrali del P. Biagio Maria

La Leta d. C. d. G. Vol. I e II. » 581

Conforto neiresiglio, alle donne cattoliche d1 Italia per Anna

Rossi-Boschi » 583

Di alcuni lavori pubblicati in Italia sulla Sciema delle re- ligioni o che ad essa si riferiscono. La Scienza delle religioni. Discorso per la inaugurazione degli studii letto il 16 notembre 4882 nella R. Universita di Napoli dal

Prof. Michele Kerbaker » 715

Are ^faria, five Maria ab Angelo tar Us linguis salutata, cui omnia a se collecta scriptaque D. D. D. P. A. Pfister S. I. » 721 ioni elementari di Fisica per MODS. Giuseppe Rubbiui

IN D 1C I

Pro fes sore di fisica nel Collegio di Propaganda: cstratlo dal periodico: La Scienza Italiana. Volume 77, Parte I, Ottica Pag.

BlBLIOORAFIA »

Idem '

Idem »

CRONACHE CONTEMPORANEE

Dal 7 al 27 marzo 1884.

I. COSE ROMANE 1. Udienza del Santo Padre 2. II novelh Vice-Cancdliere di Santa Chiesa 3. La circolare deUa Sacra Congregazione di Propaganda » 98

II. COSE ITALIANS 1. Presente condizione in Italia - 2. Altri guai: il fosso ricoperto con frasclie e 1o scandaJo dei Prefetti Corte, Casalis ^.L'affare Guaslalla, il mister o di Corneto 4. Manifesti sovversivi, il verdetto dei giurati di Milano 5. La criminalita nelh Eomagne 6. Dimissione

del Farini 1. Morte di Quintino SeUa » 102

III. COSE STRAN1ERE Ffancia 1. Dissesto economico delta Francia 2. Clemenceau a Londra e pericoli di una crisi ministeriale 3. Statistica delle bettole 4. 7 bonapartisti si agitano ; e il loro appello al popolo 5. II principe Orloff a Berlino 6. J conforti immaginarii della Repubblica 7. Velo misterioso sul Tonkino 8. 7 religiosi cacciati dalla Francia

e la carita cattolica » 107

IV. INGHILTERRA (Nostra corrispondenza) 1. Voto di sft- ducia della Camera de'Lordi contro il minisf.ro Gladstone. Grave cimento, cui e stata posta I' esistenza di questo anclie nella Camera dei Comuni 2. La qmstione egiziana, e sue deplore- voU conseguenze 3. Imminenti proposte govemative per I'estciv- sione della francliigia delle contee e per tw nuovo ripartimcnto di Seggi 4. Progressive miglioramento nelle condizioni del- l' Irlanda. La nuova universita di Dublino 5. II Collegia gesuitico di Stonyhurst 6. Probabilita die nella prcsente ses- sione del Parlamento venga novamcnte discussa la qucstione dell' insegnamento elementare l.Ancora del signor Bradlaugli— 8. Nomina di una Commissione per trovar il modo di recar sollievo alle tristi condizioni de'poveri in Londra ed altrovc -

INI

'.i /'• nza

'rnrii <ilfn f>-

ffrrra -- 1 1).

tentt 'ie di due scritti cattolici. Mission* e Quarantore

in Manchester < nit rove 11. Elczione del nuovo Presidente

i Camera dei Coniuni 1 muta sulla '

l':ur. 1 H

V. PRUSSIA (N ' 1. La ripristinaz<

buone intelligent <i, e contraccolpo risen:

in Austria 2. Spogliazione delta Propaganda. Protest a del

)t%o di Brcslaria 3. Piato con gli Stud I'niti 4. Jl/ tenimcnto in vigore dellc leggi di maggio; fatti di persecuzione 5. /''rutti del centenario di Lutero. Notizie di Svezia » 121

Dal 2S niarzo al 10 aprile.

I. H<»M A Nostra corrispondenza) II Mortara grande rob- bino di Muntova e Ruggiero Bonghi aUe prcse. Errori dettebreo e del cristiano a proposito del misfatto di Tisza-Eszlar ...» 223

II COSE ROMANi; 1. Udienssa del Santo Padre— 2. La

parlenna del Papa da Roma 3. L' Allocuzione del Santo Padre:

/ti, frenu'ti e ingiurie dei suoi nemici 4. Leone XIII e

lo Seid di Persia 5. Un uomo die comincia a diventare

ridicolo , » 231

III. COSE 1TALIANE 1. La Crisi 2. Atteggiamento dei partiti in Montecitorio 3. L! elezione del Presidente 4. Vod

di f'i'orf » 235

IV. COSE STRAN1EHE -- Russia (Nostra corrispondenza) - I. f \ilma apparente, non reale, all'interno 2. II viaggio del signor de Giers, e I'accordo fra i ire Imperi 3. Stato pre- sente dell' esercito russo 4. Dedizione di Hero. Vere ragioni di til fatto, consideratot a torlo, dalla stampa russa come un trionfo del In diplomazia imperiale. Eventual i conseguenze di un confjlitto fra Russia e Inghilterra 5. Propensione del Governo verso i cattolici del TitrJcestan. Suoi sforsi per sostituire nel

cattolico il russo all'idioma polacco 6. / ire grandi

<>lithi csistenti in Russia, ad uno de'quali, dot al

dicne il ministro degli esteri signor de Giers. Ri-

'ti del viagyio di quest' ultimo a Berlino ed a Vienna

7. < one » *J3(.)

V. SVI/.XK! i a corrispondenza) 1. Guerra mossadal

Itasilea contro le Scuole cattoliche 2. Tentative no per i re nei cantoni la Scuola laica

1 N D I C E

3. Conlinnn-ionc del ncgoziati con la Santa Sede per

tuire. la diocesl di Basilea 4. Vivissima opposizione popolare contra quattro leggi ultimamente promulgate <l>iU<- Camere fe- derali 5. Spirito malizioso di qiiella fra dette leggi, die con- ferisce al Consiglio federate il diritto di giudicare del carattere politico di certi reati 6. Risultato dell' elezioni per la Costi- tuente nel cantone d'Argovia -- 7. Contegno, sotto tutti i rap- porfi edificante, del cantone cattolico di Friburgo 8. Ricorso dei cattolici di Basilea presso il Consiglio federate .... Pag. x'-M

Dairil al 24 aprile.

I. COSE ROMANE 1. II Santo Padre e la sua nobile fa- miglia sccolare 2. Carita fiorita del Santo Padre 3. / profanatori a Roma del Venerdl Santo 4. Bell'esempio di Principi cattolici 5. La partenza del Papa da Roma 6. GU allarmi del Diritto 7. 77 Santo Padre e la solennita

di Pasqua 8. L'Enciclica del Papa contro la Massoneria. » 364

II. COSE ITALIANE 1. Pace senza dignita 2. Con- tinuano gV imbarazzi per I'affare di Propaganda 3. H nttovo Presidente della Camera bassa e le ire dei Pentarchi 4. La strage di Pizzofalcone e la rivolta di Gavardo 5. Riapertura della Camera 6. Le confessioni di Q. Sella >

III. COSE STRANIERE Austria (Nostra corrispondenza) -

1. II piccoU stato d'assedio in Vienna e nei dintorni 2. Con- dizioni di partito degli operai austriaci 3. Urgente necessita

di una riforma sociale, riconosciuta dallo stesso Governo. . , » 379

Dal 25 aprile all' 8 maggio.

I. ROMA (Nostra corrispondenza) 1. Delia vera origine e natura dell'Antisemitismo. La scienza moderna. Equivoci . del Bonghi. Massonismo ebraico ed Ebraismo massonico » 479

II. COSE ROMANE l.'L'eco dell' Enciclica Humanura genus

2. II Santo Padre nello Studio dei Mosaici Vaticani 3. Pa- role dell' Ambasciatore spagnuolo al Santo Padre, e risposta del Papa 4. Vdienze del Santo Padre 5. La lapide di Loreto. » 488

III. COSE ITALIANE 1. La esposizione di Torino I.Le convene ioni ferroviarie 3. Condissioni dei Comuni italiani -

4. Le agitazioni pentarchiche e i fasti dell' irredcntismo 5. J/a- rasmo e disgusto 6. Le ultime elezioni 7. Le feste di Pompei, V inaugurazione del Canale Villoresi, e della Societa Universitaria Cattolica in Napoli 8. Jreduci al Gianicolo - 9. Movimento commerciale e statisticJic 10. Morte avvenuta

in CJiieri del P. Francesco Pellico d. C. d. G » 494

IV

1. M

>rerno a causa dcrjli af]'<i

f/ucnee della malattia del signer Gladstone '2. II nuovo bill di franchigia. Sortc proba'

di ri forma del Governo muni' Londra. Probabilild che

esso sia per incontrare viva oppositions 4. La question* dtgli

>;ji de'poveri in Londra ed altrnre .">. Lntto <l>ll« glia reale - \roti0ie cattolicte. Progressi deUa nuova » versify irl'in'lw. M >rte del benemcrito catioliw sco: gnor Monteith di Car stairs 1'ag..

Dal al 2S maggio

I. ROMA (Nostra corrisponden/.a} 1. Li non mai csistita ne~ percio mai abolit<i Disfiplinn deH'Arcano. Oriyine vera

nest' Usansa prudenzidle. Calunnie ebraiche contro i Crir •>ti. Spropositi Bonghiani sopra 7a Redenzione pel Sangue. » 602

II. COSE R( )MANi; 1. Concision del 24 e del 25 marzo

2. Protesta dei cattolici pei conculcati diritti di Propaganda Fide

3. L'Enciclica Humanum genus e V Arcivescovo di Palermo monsiynor Ceksia 4. La Pastorale di Monsignor Arcivescovo di Milnno e la Circolare di Monsignor Vescovo di Fiesole

ll<i lezione delV Imperatore. di Russia ai governi cattolici 6. Udienee pontificie » 609

III. COSE ITALIANS 1. Le convention! ferroviarie 2. L' inauguraeione del monumento a Garibaldi in Pavia

'imoslrazioni universitarie 4. Ribellioni contro la forza armata .">. Mala signoria e sintomi gravi 6. / funebri di G. Prati e del generate Maraldi 7. La triplice alleanza e la conferenza egieiana » 620

IV. COSE STRANIERE Austria (Nostra corrispoudenza) 1. Considercvole miglioramento nelle condizioni della Chiesa in Austria. Lodevole conteyno del clero, tuttochc scarso di numero e scarsamente retribuito 2. Nuovo misfatto commesso in Vienna M. Notizie d' Ungheria. La legge sui matrinionii fra cr is Hani ed ebrei andata in fumo. L' opposizione moderata e il part I to eonscrvatore. La nuova legge sulle arti e mestieri. L'an-

aitismo » 631

Dal 29 maggio all1 11 giugno

I. COSE ROMAM-: - 1. Udieme del Santo Padre - 2. Gli archivii Vaticani e il Clero Ungherese 3. Adesioni dell' J scopato italiano all' Enciclica Ilunianura genus 4. Un nuovo

I N 1) 1 C K

dccrcto episcopate dell' Arcivescovo <li Palermo 5. Nobili pro- teste del month f'ristiano contro la sentenza dclla Cassazione di Jiowft, riguardante i beni di Propaganda 6. La cotidanna del Vaticario Regio Pa

II. COSE STRANIERE Francia 1. L' inaugurazione del monumento a Gambetta 2. II programma di Ferry a Pe'ri- yueux 3. L'apertura dei Const (jli provincial i e I' elezioni co- munali 4. 77 supplisio dell' assassino Campi e la falsa demo- craeia 5. / negoziati per la Conferenza egiziana 6. La pace tra la Francia e la Cina 7. Le scuole cattoliclie in Parigi 8. Le feste religiose di Rennes » 735

III. PRUSSIA (Nostra corrispondenza ritardata) \. II natalizio dell' Imperatore 2. La Francia, la Turchia e la federazione monarchica 3. Dissidio con gli Stati Uniti 4. // Reichstag e la legge contro i socialists 5. Recrudescenza del Kulturkampf, e parziale ritiro del principe Bismark 6. Propaganda prote- stante in Baviera » 745

IV. PRUSSIA (Altra nostra corrispondenza)— 1. Le relazioni con Austria, Russia e Italia 2. Legge contro i sociah'sti, e dis- soluzione del Reiclistag 3. L'Enciclica papale sulla frammas- soneria 4. Rccrudescenza detta persecuzione 5. Notizie di- verse — 6. Affari protestanti » 753

EKRATA CORRIGE

i'asr. 269 lin. 7 dolendum delendum

279 » 8 imperium in quo sint impcrium in quo sit

281 » 1-4 spactarunt spociarunt

289 > 1C fraudolenlas fi-audulentas

353 > 30 ncl testo Biblico nel testo Biblico de' Sottanta

483 » \ 8 Omerica Omarica

570 > 8 ci siamo riserbati ci siamo riserbato

CON APPROVAZIONE DELL' AUTOIUTA ECCLESIASTICA

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La Civi Itaa cattol ica AIP-2273 (awab)

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