Ji

LA

CIVILTA CATTOLICA

ANNO DECIMONONO

.4 1951

PROPRIETA LETTERARIA secondo le Convenzioni dei varii Stall.

DI TRE VIZII DEL REGNO D' ITALIA

CHE NE MINACGIANO LA DURATA

Allorche, prima del 60, intrepid! campioni della verit& non cessa- yano colla voce e cogli scritti di ripetere che 1'unita staluale d'ltalia sarebbe stata fonte funesta di sciagure per la Penisola, di pericoli per la pace d'Europa, e di ragionevoli timori per 1' indipendenza del Caltolicismo; da tutte parti gli organi della stampa seltaria levarono alti clamori a contraddire cotesta libera e coraggiosa parola, e pet- fmo tra i buoni non mancarono di quelli, che la sfatarono come trop- po nero ed avventato pronostico. Tnvano si ricordo loro che il voto rivoluzionario, dove oltenesse in Italia una prima vittoria,, fareb- bcsi audace a \olerne delle simili in altre parti d' Europa ; che 1' u- nila politica, conseguita non per lento lavorio della ualura, ma im- posta bruscamente dall' arbitrio d' un partito , non poteva sortire se non 1'effelto di soqquadrare e sconvolgere lanazionc; che I'empieta rivoluzionaria piu che all' innalzamento d' Italia, mirava alia distru- zionc di Roma papale e pero all' avvilimento della Chiesa di Gesu Cristo. Invano si aggiunse chel' Italia per la sua configurazione geo- grafica, per 1'indole varia e gli opposli interessi deJ suoi abitanti, per la moltitudine delle capitali che era mestieri scoronare, non sa- ria poluta ridursi ad unita di Stato con isperanza di pacifica e din- turna durazione. Certamente Napoli, la piu yaga, la piu grande, la piu popolosa, forse ancora la piu ricca, tra le sue citta, non potrebbe stabilmente ridursi a capoluogo di pro\ incia ; e d' allra parte la sua

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E questo abborrimento degi'italiani aH'unitapolilica, lungi dallo scemare col tempo , e venuto anzi sempre piu crescendo , a misura che i pestiferi frutti della rea pianta si sono venuti accumulando sul capo della nazione. Fosse insipienza degli uomini , saliti al potere , fosse indole maligna della fazione settaria, da cui quelli erano ispirali, fosse giusta punizione del cielo per tante ingiuslizie e tanti sacrilegii commessi ; il certo e che in tutli i rami della cosa pubblica non si e fatto nulla di bene, anzi le condizioni son peggiorate a tal segno, da non potersi oggimmai piu tollerare. Nelle campagne il brigantaggior uelle citta Y assassinio minacciano del continue la proprieta e la vita dei pacifici cittadini. Le statistiche dei delitti son salite a cifre spa- ven lose, quali non si leggono in niun altro Stato dei meno inciviliti del mondo. L'induslria nazionale rovinata dal libero cambio, inop- portunamente accolto e piu pazzamente applicato. II commercio quasi distrutto dallo sparire improvviso del numerario, atteso il corso for- zato dei biglietti di banca. Una moltitudine immensa di famiglie git- tate sul lastrico dalle destituzioni in massa di antichi impiegati, per rimeritare coi loro posti gli eroi e i cospiratori della rivoluzione. Le Universita ridolte a cloache di error! e di vizii ; sicche il meglio che possano fare i padri di famiglia e tenerne lontani i figliuoli, per non vedeili corrotti nell'anima e ammorbati nel torpo. L'immoralita sbri- gliatamente licenziata a tutto osare, senza alcun riguardo al pudore a alia pubblica onesta dei costumi. Una stampa sozza e bestemrniatrice, che nulla risparmia di quanto vi ha di piu sacro e rispettato tra gll uomini. L'onor nazionale convolto nel fango colla servilita allo stra- niero, coll'offerta all' incanto della nostra alleanza, colle vergognose sconfitte patite in terra ed in mare. Custoza e Lissa son tali \7ergo- gne, che niun tempo bastera a cancellare. Esse meritarono nella stampa oltramontana il nome di caccia delle lepri ; e a crescerne il vitupero si aggiunge ora il sozzo altercare e il gi liars! il fango V uno sull' altro dei General i che comandarono quelle fazioni. E mentre il borioso regno mostravasi si debole e vile in faccia al nemico, spie- gava tutta la sua fortezza e tutto il suo coraggio a combattere frati e monache, i cui chiostri valorosamente espugnava, cacciandone nella pubblica via gl' inermi e pacifici abitatori , e impossessandosi del

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loro averi. Non mono prode egli dimostravasi nel guerreggiare il clero secolare, spogliando anche questo di tutli i suoi beni, e vcs- sandone i membri colla prigionia, coll'esilio e con ogni genere di persecuzione codarda.

II popolo italiano e un popolo profondamente cattolico. Egli niente lia in maggior pregio eke la religione ; il cui centre collocate da Die nel mezzo dell' Italia forma la sua piu ambita gloria, il suo piu invi- diato splendorc. Or pensate qual ferita strazianle abbiano fatta al cuore di un tal popolo i fabbricatori e padroni del nuovo regno col tanto barbaramente maltrattare i ministri di essa religione, non es- clusi i supreml rappresentanti di lei , coiitro i quali massimamente si e sfogato 1' odio satanico della fazione unitaria. Ne solo le perso- iie, ma la religione in se stessa fu presa di mira dall' empia masna- da; stollamente persuadendosi di poterla sradicare dagli animi de- gl' Italiani, impedendone ogni esterna manifestazione , e facendola segno ai piu sformati assalti della calunnia, della bestemmia, della satira. L'effetto pero fu tutt'altro da quello che costoro speravano; giacche il vcro popolo italiano in cambio di divenire irreligioso , concepi una somma avversione contro gli autori di tali nefandezze , e si raffermo vie peggio neir odio all' unita politica, da cui scorgeva derivare conseguenze S detestabili.

Un' altra fonte capitale di abborrioiento pel nuovo regno si e 1' importabile peso dei balzelli e delle tasse , cresciute oltre ogni misura di tollerabile proporzione. II parlito rivoluzionario non tro- Tando appoggio nella vera na^ione , per lo stabilimento e per la conservazione della stolta unita da esso voluta ; e stato costretto a procurarsi per altra via tutti i possibili amminicoli , e do pel mezzo potentissimo del denaro. Da piima egli dove comprar dapertutto seguaci dell' Iscariote, i quali vendessero i loro principi, e non, co- me colui, per soli trenta denari, ma per ingenti somme, proportio- nate al progresso de' tempi e al maggiore appetito dei nuovi Giuda. Dipoi gli convenne jspendere enormemente per eseguire nelle sin- gole citta la comica rappresentazione dei famosi plebisciti. Fu d' uo- po ancora legare col nuovo Stato gl'interessi di quanti piu fosse possibile. Di qui la necessity di sostituire agli antichi nuovi fun-

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zionarii pubblici, con doppia spesa, e molliplicare sfoggiatamente gl'impieghi, per aprire cosi un'ampia mangiatoia, clie servisse come di baluardo al nuovo edifizio, stante Timpeguo di tanti a mantener- lo in piedi. Soprattutlo fu necessario moltiplicar le cattedre ed i li- cei, dove si cacciassero ciarloni di ogni risma, qualunque fosse la loro immoralita ed ignoranza, tanto solo eke si adoperassero a cor- rompere le meuti giovanili coi principii del diritto rivoluzionario. A cio si aggiunge la necessita di mantener sempro una rappresen- tanza nazionale, ligia al Governo, e scelta tra gli appartenenti alia fazione dominante. Quindi il bisogno di spesare emissarii e manu- tengoli, e coiTompitori delle elezioni; e il bisogno altresi, cosli- tuita clie fosse la fittizia rappresentanza, di comprar voli nel Parla- mento. E perciocclie regina del mondo e oggidi la pubblica opinio- ne, e la pubblica opinione e formata o simulala dalla stampa perio- dica ; fu forza ancora stipendiar largamente giornali e giornalisti, dentro e fuori d' Italia, acciocche colle loro sonore Irombe bandissero ai quattro venti le beaiitudini del nuo\o regno. Ne da ultimo vuole omettersi 1' obbligo sacrosanto di rimeritare condegnamente i capo- rioni e banderai della rivoluzione, sollevandoli della nativa bassezza cd inopia a Yita signorile e doviziosa. E cosi vedemmo sorgere da- gli stracci e dal fango a stato opulento e jlfincipesco uomini non aventi altro merito, clie d'aver espiato per alquanti anni nelle ga- lere le fellonesche loro Irame eontro i legillimi sovrani d' Italia. Ora ognun vede quanti tesori sia stato esiamestieri profondere per soddisfare a tante urgenze ed altutire si ingorde brame. Ecco la ca- gion vera dello squilibrio delle finalize, degli enopmi debiti contrat- ti dallo Stato, dei quali i soli interessi sorpassano oggimai i quat- trocento milioni; ecco la cagion ^era della necessita di rifornire del conlinuo 1' erario, clie, come la lupa di Dante, dopo il pasto ha piu fame che pria.

Ma il denaro non nasce nei campi come il frumento, ne piove dal cielo come la grandine o la rugiada. Esso si cava dalla borsa, e non puo empiisene una senza vuotarne un'allra. La borsa dello Stato, non e in comunicazione con altra, se nori con quella dei cittadini. La borsa dunque dei cittadini c forza vuotarc, per empire la borsa dello

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Stato ; la quale del continue vuotandosi per le ragioni sopraccenna- te, conviene che sia del continue riempita. Di qui 1' imperiosa ne- cessita di moltiplicar tasse sopra tasse, senza far mai fine, e smun- gere insino al sangue le mammelle clelle popolazioni, riputate dal partito rivoluzionario non allrimenti che mandre di pecore o di gio- venche.

Senonche non a lungo le creature umane sanno acconciarsi a si dura condizionee svilente. Soprattiitto, allorche 1'oppressione tocca gli estremi, e perfino il pane vien meflo, per tirare innanzi, comecheV grama, la vita. E la vita stessa oggimai e minacciata dalla fame nei miseri italiani, resi incapaci di soddisfare al sopraccarico dei pesi imposti, senza togliere dalla propria bocca e da quella dei loro figliuo- li il tozzo, destinato non tanto a pascerli, quanto ad allontanarne la mortc. Or la pazienza hwgamente abusata divien furore; e uria spe- cie di furore sembra che gia cominci a bollir cupamente nelle visce- re di quest! popoli ammiseriti , per prorompere tra non molto al di fuori, a fin di scuotere il giogo che si fieramente li opprime.

Quanlo al resto d' Europa il regno italico non puo non essere un perpeluo fomento di perturbazione e discordia ; e cio per doppio motive. 11 primo e r essere esso un potente incentive all' assurda applicazione del principio di nazionalita. Noi gia notammo nel pre- cedente quaderno che Y unita nazionale non ha che fare coir unit& politica, essendo diversissimo il principio determinate dell' una e dcir altra. Cio che determina Y unita nazionale e Tidentita di stir- pe, di cui e effetlo ed-indizio Y identila del linguaggio. Cio che de- termina T unit^t politica e, quanto alia giustizia, il dirilto acquisito ; quanto alia convenienza 1' identita degl' interessi e soprattutto la scambievole simpatia. Puo avvenire benissimo che il diritto imponga a pift popoli di diversa nazionalita lo stare uniti sotto un medesimo scettro ; e dove manchi il diritto, potr& una tale unione venir consi- gliata da conformita di costumi e d' inclinazioni o da comunanza di sociali vantaggi. Per contrario una stessa nazione puo formare di- yersi Stati , quando cosi richicde il diritto d' incontras labile sovra- nita ; e dove questo venga meno, potra una tale disgiunzione esser voluta da discrepanza di car alter e o di utilila speclali, che mal si

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accordino colla medesimezza di Stato. Convien ragionare della so- cieta politica in modo analogo alia societa domeslica. In questa fmche vigorisce il diritto paterno, i singoli membri, die vi son sottoposti, hanno il dovere di formare una sola casa solto 1'aulorita di colui, che n'e il capo. Ma, dove il diritto paterno venga a cessare, son liberi i figliuoli o a stare uniti o a formare casa da se, secondo che piu loro piaccia o convenga. Sarebbe ridicolo il dire che per cio solo, che discendono da un medesimo ceppo, debbono formare una sola societa domestica, comunque vi ripugni V opposizion de' caratteri o degll interessi di ciascheduno. La discendenza dall'unico ceppo fara si che tutti abbiano lo stesso casato e si dicano appartenere alia stessa famiglia ; ma non fara mai che diasi diritto od obbligo alia ttiedesi- ma convivenza.

I moderni rivoluzionarii non vogliono sentir nulla di cio. EssI arbitrariamente stabiliscono che i popoli d' una stessa nazione per cio stesso, che parlano la stessa lingua, debbono formare un solo Stato ; qualunque sieno i diritti precsistenti, o le ripugnanze scam- bievoli, o la diversita d' interessi. Tutte siffatte cose debbono cede- re a fronte del diritto supremo ; e diritto supremo e quello, che na- see dall' identila d' idioma, e che pero potrebbe chiamarsi diritto della lingua. Or questa matta teorica finche restava sulla bocca e sugli scritti de'suoi piu matti autori, non recava altro danno se non quello di pervertire 1' opinione dei pochi lettori o ascoltatori, inca- paci di giudicare cio che odono o cio che leggono. Ma, tradotta nel fatto , ha una forza grandissima non solo a crescere audacia ai suoi sostenitori , ma ancora a stuzzicar V appetito di ambiziosi potenli ed esaltare la fantasia delle moltitudini irreflessive. Ci6 appunto si e veduto nel caso nostro. II regno italico si e formato rovesciando di- ritti di legittimi principi , e conlrariando interessi e inclinazioni di popoli. Ebbene, ecco tosto sorgere T unita germanica per la con- quista e contro lo stesso voto popolare. II medesimo si tentera per la Spagna. II medesimo per la razza slava. L' esempio e contagioso assai piu che 1' idea; ne ci e ragione per cui cio, che si permette in un luogo, debba vietarsi in un altro. I perturbatori del mondo, vedu- to il loro disegno riuscito cosi felicemente in Italia , non poseranno

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mai, fmche non lo veggano riuscire egualmente per tutto allrove. E mentre il falso principio di nazionalita abbattera molti Stall per ricomporli in un solo ; ne sfascera altri, per distinguerne gli ele- ment!, secondo la stirpe e il linguaggio. Dio sa fin a quandoT ope- ra demolitrice terra in conquasso e in convulsione il mondo uni- wso, se a tempo non vi si reca rimedio.

Di piu, il regno italico e naturalmente rivale della Francia. Basta guardare alia posizione geografica dei due paesi e all' identita del bisogno. II regno italico e nullo, senza il dominio del Mediterraneo ; e d' altra parte, perdendo il dominio del Mediterraneo, e annullata la Francia. Di qui un antagonismo , non provegnente da volonta , ma dalla natura stessa delle cose; ed esso dovra scoppiare fu- riosamente, come primal' Italia sara in grado di poter affrontare la potente sua emula, e il Mediterraneo sara cresciuto d'importanza per 1'aperta comunicazione coi mari d' Oriente. Oggidi la Francia s impensierisce dell' ingrandimento della Prussia. Altro che Prus- sia sara per lei la potenza d' Italia, dove giunga ad assodarsi e di- latarsi, secondo i gia manifestati disegni. La Prussia potra dare ombra alia Francia, superarne 1' influenza politica, e il prestigio guerresco ; ma i suoi interni interessi saranno sempre diversi da quelli di lei. Rispetto all' Italia non e cosi. Qui la rivalita nasce da ragioni intrinseche ad amendue ; e convien che 1' una cacci 1' al- tra o a se la subordini, nel campo precipuo della sua attivita e po- tenza. Gli Statisti francesi intesero benissimo cotesto vero ; e alla- niente bandirono, per bocca massimamente dell' accortissimo ed eloquentissimo Thiers, che creare il regno d' Italia era crearsi non un allealo, come artatamente buccinavasi, ma un naturale nemico. Sembra inesplicabile a prima fronte come cio, che ognuno capiva, non si capisse dai Politici di quella perspicace nazione, o che capen- dolo abbiano riputato doverlo porre in non cale. Ma 1' anno scorso, a proposito della spedizione romana, e nel corrente all'occasione dei maneggi per V alleanza prussiana , han potuto cominciare a sentire qual duro incaglio siensi lavorato colle proprie mani. Se tali effetti sperimenta la Francia , mentre scorge 1' Italia non piu che cornua ^producentem et ungulas, ne provera ben altri, quando il yitello sara

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divenuto toro, ed avra bene allungate le corna ed assodata 1'ancor tenera unghia. Ora V antagonismo tra la Francia e Y Italia e un tre mendo pericolo per la pace d'Europa, il quale non e possibile scon- giurare. La Francia per la sua postura , nel cuore del continente europeo , per le sue tradizioni politiche e militari, per Y indole ma- gnanima ed entusiastica de' suoi popoli , non potra mai soffrire in pace di cadere dal posto di prima Polenza del mondo. D'altra parte Y Italia non puo sussistere e grandeggiar come regno, se quesla sua rivale non venga abbassata e messa in grado inferiore al suo. La contesa tra amendue e di \ita o di morte. Ognuno puo immaginaro da se medesimo quali sconvolgimenti e quali guerre e perdita di da- naro e di sangue dovra costare all'Europa un lal duello, per poco o molto che duri.

Un altro fonte di nimista tra i due Stati e la faccenda di Roma. II Governo francese non puo abbandonare Roma all' ingordigia del regno italico , senza tirarsi addosso Y odio e le maledizioni di tutto il mondo cattolico. Oltre a cio, egli ferirebbe i suoi sudditi medesi- mi nella parte piu delicata deiranimo, qual e la religione e 1'onore. La perdita totale del poter temporale del Papa, di questo baluardo deir indipendenza del Pontificato cristiano, sarebbe allora indubita- mente attribuita alia Francia. Essa infatti co' suoi milioni e col san- gue de' suoi hmtti soldati procuro le Yittorie , che diedero origine al regno d' Italia e alle rapine che da esso regno , per costituirsi r furono consumate. Essa si studio eziandio di assodarlo colla sua influenza diplomatica , adoperandosi a farlo riconoscere dalle Corti d' Europa Essa dunque sarebbe giudicata la yera cagione della per- dita totale della So\ranita temporale del Papi , se permettesse che anche Y ultimo e meschinissimo lembo di terra , rimasto oggimai al Pontefice, gli fosse tolto. Oltre a che avendo ella altamente procla- mato in faccia al mondo che cio essa non soffrirebbe giammai, ver- rebbe, in quella ipotesi, a mancare \ilmente e turpemente alia san- tita della sua solenne promessa. Qual francese tollererebbe in pace che un tal marchio d'infamia si stampasse in fronte alia sua patria? E i cattolici di tutto il mondo qual giudizio proferirebbero ?

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Ma d'altra parte il regno italico non puo rinunziare a Roma. Non puo rinunziarvi , perche un voto del Parlamento V ha dichiarata ca- pilale. Non puo rinunziarvi, perche altrimenti avrebbe issofatto la rivoluzione in casa, per parte de' mazziniani che non si lascerebbero fuggir di mano una si propizia occasione , per altuare gli anarchic! loro disegni. Non puo in fine rimmziarvi; perch6 i celebri plebiscite, che sono 1' unica base del nuovo regno, apposero espressamente per condizione del loro assenso, 1' acquisto di Roma. Onde la rinunzia a Roma , scr oiler ebbe senza piu tutto 1' edifizio , gia per tanti capi prossimo alia rovina. Di qui nasce che il regno italico non puo non dputare a se uemica la Francia, siccome quella che, col negargli il possesso di Roma, lo costringe a vivere continuamente d'una vita precaria e vacillante. II perche ella ha interesse a fomentar conti- nue discordie in Europa per pescare Roma nel torbido, o porre la cessione di lei per prezzo della sua alleanza. La Francia adunque o deve averlo sempre in sospetto , siccome pronto a far lega co' suoi avversarii, o deve comprarsene I'amicizia prostituendo il proprio onore e il proprio dovere,

Di qui si fa chiaro il terzo capo di condanna del regno italico, in quango tiene in perpetua angoscia e timore il Cattolicismo. La ra- gione di cio e molto semplice. L' interesse supremo dei cattolici, cioe la libcrta ed indipendenza della loro coscienza, richiede come condizione sine qua non la liberta ed indipendenza del Sommo Pon- tefice, e quindi la sua sovranita sopra Roma. Ora il regno italico e una perpclua minaccia contro questa sovranita. I cattolici adunque, fmche stainpiedi cotesto regno, non potranno quietare giammai, ma saranno costrelti a trepidar del continue per questo che e il precipuo Ira i beni che amano. Anche prescindendo dalle sue pretensioni so- pra Roma , il regno italico ha resa durissima la condizion de'cat- tolici. Imperocche strappando al Pontefice quattro quinti del suo sacro possesso, ha posto Roma in istalo violento , sottraendole le antiche sorgenti di ricchezza c di difesa. Onde i cattolici di tutte il mondo sono costretti ad aiutarla di uomini e di denaro, per assicu- rarne in qualche modo 1'esistenza, e mantenerla nel decoro di capi- tale del Caltolicismo. Nondimeno questo duplice sacrifizio, come-

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che grave, e nullo tuttavia a petto della trepidazione continua in che sono i cattolici di veder Roma, la citta santa, la metropoli del regno di Cristo sulla terra, profanata dalle sacrileghe e nefande orde della rivoluzione italiana. Ne un tal pericolo puo scongiurarsi altrimenti , che col dissolvimento del mostruoso regno. Concios- siache dei due mezzi, clie potrebbero servire a tenerlo in rispetto, i trattati e la forza, niuno e possibile. Pensare che il Papa nel suo microscopico Stato arruoli un esercito da tener testa a quello, onde puo assalirlo un regno di 25 milioni di abitanti, e un assurdo die non cade in menteaveruno. Qual vigore poi abbiano in questo af- fare i trattati col regno italico , ben lo dimostrarono gli avveni- menti dell' anno scorso , dai quali Roma usci illesa per puro pro- digio. Ne il chiedere da lui nuove guarentigie ha senso logico ; stanteche quali guarentigie puo dare un Governo contro cio, che egli stesso dichiara suo diritto, e diritto da doversi assolutamente effettuare? Quand'anche si trovasse un Ministero si incoerente, che si obbligasse con serieta di proposito a rispettare e fare rispettare il presente confine pontificio, basterebbe la sua caduta (cosa fre- quentissima nei regni Costituzionali ) per mandare a monte ogni assunta obbligazione. E forse impossibile che un giorno o V altro torni al potere il Rattazzi o qualche altro, simile a lui nella menzo- gna e nella frode? Ma senza cio noi gia notammo che il regno ita- lico e fondato sull'ipotesi del possesso di Roma. Se quest'ipotesi si rimuove, il regno italico crolla da s& medesimo ; giacche crollano issofatto tutti i plebisciti, che lo fondarono. Or qual contraddizione piu evidente di questa : yoler che sussista un regno, e che insieme egli stesso rimuova di sotto a se la base, sopra cui e rizzato?

E questa e nuova ragione, per cui agli stessi veri italiani e esosa 1'unita statuale d' Italia, perch6 scorgono in essa la rovina di Roma papale. Salvo i rivoluzionarii, i quali non possono dirsi italiani , perche non sono di nessuna nazione, ma formano a se una nazione sui generis, tutti i veri italiani antipongono la gloria del regno di Dio ad ogni vampo di sognata grandezza di regno umano. Essisono convinti che il vero pregio d' Italia, fonte del suo vero primato so- pra tutte le nazioni del globo, e 1'avere nel suo seno la cattedra del

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supremo Pontificato crisiiano, maestra di verita, di giustizia, di ci- vilta, a tutti i popoli della terra. Essi intendono die il vero zelo per Tonore e bene d'ltalia e quello, die sospinge ad amare ed onorare questa cattedra sublimissima, a tutelarne la dignita , a circondarla, il piu che e possibile, di splendor e, a volerne 1' indipendenza politi- ca , condizione indispensabilc perche sia libera ed autorevole e ve- nerata tra gli uomini. A questo supremo scopo essi subordinano ogni altro interesse d' inferiore importanza. Quindi non possono non ab- borrire il presente or dine , o meglio disordine, d' Italia*, stabilito sopra base, del tutto contraria a quello scopo. II che, congiunto al- I'abborrimeno, ingenerato in essi dalla colluvie di mali morali e fi- sici, onde, come dimostrammo phi sopra, il regno italico e funesta sorgente ; costituisce quell' odio immense che i veri italiani gli por- tano cordialmente. Essi dunque nulla vedrebbero piu lietamente, die il presto rovesciarsi e sciogliersi di questa macchina assurda e mostruosa , gia logora e sdrucita , prima ancora d' esser giunta a condizione di compatta e stabile costruttura.

Nella Rwista del mondo cattolico di Parigi leggemmo, non ha guari, un articolo, scritto da una valente penna siciliana, la quale dopo aver enumerali i danni patiti da quell'Isola, sotto la sferza ri- Toluzionaria, cosi conchiude: « Non e Y Italia die si eleva contro Pio IX; e il Governo rivoluzionavio di Firenze che e nemico di Pio IX e dell' Italia. II Papa e la gran maggioranza degli Italiani, ecco le due \ittime d'una medesima oppressione. Non m' accurate di esagerare la condizione presente della mia patria. Dio m' e testimo- Bio che io dico la verita, e che scrivo senz' odio e senza passio- ne. La stampa venduta agl'interessi della setta, ha fin qui impe- dito che si sapesse in Europa la verila, tutta intera. Ma gli abitanti del regno di Napoli con i loro tredici paesi bruciati e le loro cifre spaventevoli di 70,000 vittime passate per le armi, e di 50,000 svenlurati imprigionati o esiliati ; i Sicilian! insultati nella Camera dei Deputati col nome di selvaggi e di barbariM generale Govone, calunniati dal generale Cadorna in una relazione officiale, perche non si son rassegnati a morir di fame, o perche si sollevano contro il giogo rivoluzionario, contro la coscrizione eseguita col mezzo di Serie VII, vol. IV, fasc. 445. 2 19 Settembre 1868.

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incendii e di torture, contro un dispotismo che ci abbevera di scia- gure; i Roman! pubblicamente oltraggiati e chiamati vili e poltroni, perche ricusano di farsi felloni al piu dolce dei Principi, si tutti noi siam presti a sinentire coteste penne vendute e mendaci.

« Ah , siate certi , che tutta 1' Italia scolerebbe issofatto il peso intollerabile della dominazione piemontese, se una bandiera potente coprisse della sua protezione i nostri sforzi. 0 avete TO! obbliato il Granduca di Toscana, esule in Gaeta nel 49 e richiamato dal suo po- polo, e la sua capitale risonante, nel -12 Aprile di quel medesimo an- no, del grido: Viva Leopoldo, Abbasso Guerrazzi; II Granduca come prima? Non vi rammentate voi la virtuosa Duchessa^di Par- ma, che richiamata dalle truppe fedeli, rientrava ne'suoi dominii il 4 Maggio 1849, in mezzo ad applausi inenarrabili e alle ovazioni militari o popolari? Ecco cio che aweniva allora. Ma al giorno di oggi noi abbiamo tanto piu sofferto. Noi abbiam veduto le chiese profanate, strappate al culto divino e occupate dalla forza: HO! ab- biam veduto le sacre immagini , che ornavano le nostre strade , le- vate via e distrutte; noi siamo stati testimonii della persecuzion re- ligiosa ed abbiam veduto compiersi in ess a questa gran legge, che presiede all'istoria della famiglia umana: lustitia elevatgenlem, mi- seros autem facit populos peccatum. Si, tal e la nostra condizione presente. Immaginatevi adunque se come italiani e come cattolici non desideriamo di fmirla 1. » E questa la voce della Sicilia, ed essa e V eco fedele di tutte le altre parti della vera Italia. Tutte og- gimai sono stanche della lunga agonia , ed alto innalzano il grido : e tempo omai che cessi 1' iniqua tirannide e torni a fiorire in Italia la giustizia e la pace.

1 ftevue du Monde catholique, 25 Aout 1868, pag. 494.

IL CODICE VATICANO

BELLA BIBBIA GBECA E LA SUA EDIZIONE

La tipografia della Propaganda, commessa da piu di tre anni alle cure del cav. Pietro Marietti , ha cominciato , sotto gli auspicii del- 1'augusto Pio IX, a pubblicare tutto il Codice della Bibbia greca, il quale e 1' ornamento sommo della Biblioteca Yaticana. Nel mese di Luglio prossimamente scorso ha dato alia luce un Volume in foglio, ove si contiene il nuovo Testamenlo ; e di mano in mano pubblichera gli altri quattro volumi , i quali conterranno il Testamento antico.

II volume or a pubblicato, di pag. 302, ha per tltolo : Tomus V complectens Novum Testamentum, editus anno MDCCCLXV1I1 ; e tutta T opera e intitolata : Bibliorum sacrorum graecus Codex Vaticanus, auspice Pio IX Pontifice Maximo, collatis studiis Caroli Vercellone sodalis Barnabitae et losephi Cozza monachi Basiliani editus, typis et impensis S. Congregationis de Propaganda Fide, cur ante eq. Petro Marietti Socio Admin,

Quesla nobilissima edizione c' invita a dar qualche cenno del Co- dice medesimo, e dell' altra edizione, fattane, alcuni anni sono, per cura del celebre cardinale Angelo Mai. Dopo queste notizie passe- remo a descrivere il volume , recentemente pubblicato ; ed i letiori vedranno , che esso e un nuovo litolo di gloria , aggiunto agli altri moltissimi , pei quali rimarra sempre illustre il nome del regnante Pontefice.

II Codice Yaticano della Bibbia greca 7 a giudizio degli eruditi , avanza, in antichita ed in pregio, tutti gli altri codici, che si con-

20 IL CODICE VATICANO BELLA BIBBIA GRECA

servano, delle divine Scritture. Fu scritto in Alessandria di Egitto nel IV secolo della Chiesa , e venne destinato all'uso pubblico della sacra Lilurgia. Secondo le probabilissime congelture del ch. Bar- nabita Carlo Yercellone, e uno di que' volumi, che Costantino il gran- de, con reale munificenza, fece copiare in Alessandria sopra elelte membrane da peritissimi calligrafi , e regalonne le principal! chiese deH'oriente.

La scrittura somiglia a quella, che osservasi nei papiri di Erco- lano. Allo stesso modo, che in quesli papiri, tutte le leitere sono unciali o maiuscole, tutte di nitidissima forma e d' uguale grandez- za; se per 6 si eccettuino quelle, che stanno alia fine dei versi. Allor- che T amanuense voile ivi terminare la parola o la sillaba incomin- eiata, si vide costretto, per 1'angustia dello spazio, ad impiccolire le lettere ultime. Non vi ha niuna distinzione di parole; fuor sola- mente quando , compiuta una materia, il discorso passa a nuovi ar- gomenti. In simili casi resta vuoto lo spazio or di una mezza lettera ed ora di una lettera intera. Pochissime sono le voci abbreviate o scritte in compendio. Gli accenti e gli spirili, i quali oggi vi si tro- vano, furono posti non gia dal primo amanuense, ma da mano as- sai piu recente. Senonche il nostro Codice vince di molto i papiri ercolanesi nella eleganza, nella purezza e nella semplicita dei ca- ratteri.

Le carte sono di pelle di antilopa, animate di genere intermedio tra i cervi e le capre, il quale abbonda neir Egitto e nella Libia. Queste pelli sono sottilissime, lucide e preparate con isquisita per- fezione. L' intera pelle dell'animale forma, come sembra, due fogli del Codice. Ogni pagina e di figura quadrata, e contiene tre colon- lie , alcune delle quali hanno quarantadue righi, ed altre qualche rigo di piu. Allorche dunque si apre il libro, si presenta allo sguar- do un foglio intero di sei colonne. Cio mostra che la scrittura e del tempo, nel quale dall' uso dei rotoli, detti propriamente volumi , si passo a quello dei codici.

Frattanto, cio che e comune a tutt' i codici e massime a quelli della famiglia alessandrina, accaddero non pochi sbagli nel Codice Vaticano, il quale appartiene a tal famiglia. Alteration* di sillabe

E LA SUA EDIZIONE 21

« di parole; e, do\7e nel sacro testo una stessa voce e ripetuta a torevi intervalli , le altre parole inlermedie di quando in quando o tairono copiate due volte o furono omesse. Le omissioni occorsero in assai maggior uumero, die le ripetizioni inuiili ; lie solamente fairono di semplici parole, ma altresi di versetti e di period! inter!. Pero questi error i, tulti commessi dal primo amanuense, vennero Uno dal principio emendat! da altra mano ; e le correzioni furono ora interlineate ed ora poste nel margine. Oltre a cio, coll'andare dei secoli , il primo inchiostro svanendo quasi del lutto, fu tulto il Codice con maravigliosa diligenza ritoccaio una prima volta da una seconda mano. Ed il simile si ripete una seconda volta, passati al- cimi allri secoli, per simile ragione.

Se tali vicende non tolgono punto 1' autorita somma ed il pregio del nostro volume, pero fanno si che la sua lettura non sia sempre cos! spedita, come forse altri pensa. Chi si melte a questa prova, facil- rnente si persuade, che non se ne puo venire a capo, senza una pe- rizia non volgare di paleografia, senza un occhio esercitatissimo nella urvestigazione delle antiche scritture, e senza 1'aiuto di quella nobi- lissima parte degli studii biblici , la quale si attiene streltamente alia critica verbale.

Terniiniamo quesle brevi notizie con dire, che il Codice Yaticano comprende 1'uno e 1'allro Testamerito. E pero mutilato in maniera considerable nel principio , nel mezzo e nel fine ; e leggermente in altri luoghi. Nel principio mancano i prim! quarantacinque capi del Genesi, e i primi ventisette versi del capo quarantesimosesto. Nel mezzo vi e una interruzione, dal verso 27 del Salmo CV fmo al ver- so 6 del Salmo CXXXVII. Nel fine ando perduta la seconda mela del capo nono ed i seguenti quattro capi dell a lettera agli Ebrei , le due letlere a Timoteo , quella a Tito e quella a Filemone , ed anche latto intero il libro dell' Apocalissc. Le quali lacune si veggono in gran parle supplite, con caratteri volgari, da una mano anche antica, nia pero di molto posteriore al IV secolo.

Questo Codice, stante la sua autorit&, fu consultato in ogni tempo <5on incredibile ardore dagli eruditi, intesi a raccogliere ed a con- frontare le varie lezioni della sacra Scrittura, e soprattutto quelle del

22 IL CODICE VATICANO BELLA BIBBIA GRFCA

nuovo Testamento. Si comincio quindi ad accendere ne' clolti il desi- derio, che tutto intero si pubblicasse colla stampa. Intanto di mano in mano dalle piu insigni biblioteche di Europa venivano alia luce I codiei piu pregevoli della Bibbia greca ; per lo che divenne fmal- mente somma la braraa di possedere anche quello, il quale sta sopra a tutti gli altri per 1' antichita e per la rinomanza.

II cardinale Angelo Mai , uomo a niuno inferiore in questo gene- re di studii , ebbe ordine dal Papa Leone XII di soddlsfare al co- mune desiderio ; e tosto si accinse alia difficilissima impresa. Ei fu confortato ed aiutato a mandarla a fine da Pio VIII, da Grego- rio XVI e- dal regnante Pontefice Pio IX.

La stampa da lui incominciata nel 1828 era tutta compiuta nelF an- no 1838, in cinque grandi volumi in quarto; de' quali quattro conte- nevano tutto 1'antico Testamento, e 1' ultimo tutto il nuovo. Pero il dotto Porporato non seppe indursi a darli alia pubblica luce, se prima non avesse diligentemente riveduto e di nuovo confrontato col Codice, ad uno ad uno, tutt'i fogli. Duro in questo lavoro altri sedi- ci anni , scoprendo errori in tanto numero , che giudico doversi ri- stampare non pochi fogli. Ma ne aveva consegnato allo stampatore soltanto uno o due, quando cesso di vivere nel 1854.

II ch. P. Carlo Vercellone ebbe 1' incarico di dare termine alle dette correzioni, e di porre finalmente in luce i volumi, gia da tanti anni stampati. Cio ei fece qui in Roma nel 1857. Bene intendeva egli, che, dopo tante cure, ne sarebbero state ntilmente impiegate altre a meglio emendare quelle stampe ; e'd in effetto alle correzioni del Mai egli ne aggiunse molte sue. Ma pure slimo savissimamente, che, troncati omai gl'indugi, doveva V opera uscire alia luce, comun- que fosse imperfetta. c< Trascorsi, cosi egli scrisse nel 1859, dieci, quindici, venti anni, senza che nulla comparisse al pubblico, e incre- dibile quali e quante calunnie da ogni parte prorompessero contro Roma 1. » E nel 1866, ritornando sullo stesso argomento, egli giustifico la sua determinazione in questi termini. « Erano scorsi

1 Deirantichlssimo Codice Vaticano della Bibbia greca, Dissertazione letta alia pontificia Accadeiiiia cli Archeologla, il 14 Luglio 1859 dal P. D. Carlo Verceflone Barnabita,

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quasi venti anni, da die la stampa era fatta, e i dolli di tutto il mon- do, die ne aveano ayuto nolizia, non potevano comprendere come un' opera, cosi avidamente desiderata, ancora trovasse ostacoli. lo giudicai necessario troncare i loro sospetti, persuaso che il vestante poteva farsi in seguito con bell' agio 1. » Queste medesime ragioni egli aveva esposte lino dal 1857 , nella prefazione colla quale pub- blico i cinque volumi del Mai. Fino d'allora egli avea scritto: Reli- qua vero quae super erunt eruditis castiyanda permittimus; immo ul sumtna ay.p$sC« castigentur optamus.

I fatti accenriali succederono coll'ordine segaente. II cardinal Mai mori il 9 Setlembre del 1854, e fino a quel punto la s«.a stampa non era stata veduta da niuno. II rev. P. Vercellone la vide la pri- ma volta, dopo incoininciato il 1857; cioe passati piu di due anni dalla raorle del Cardinale. Agli 8 di Maggio dello stesso anno 1857 egli ebbe notizi», che era egli incaricato a mandare quell' opera a compimento. Ai 28 del Giugno seguente, cioe dopo cinquanta soli giorni, egli aveva eseguito quaiito era necessario per la edizione dei cinque volumi, la quale fu compita in quel medesimo anno 1857. Mollo egli fece in pocMssimo tempo ; e voile lasciar di fare quel piu che poteva, perche giudico con tutta ragione, che il meglio da farsi era, come abbiamo avvertito, troncare ogn' indugio.

Lo stesso cardinal Mai, quando ebbe stampato, come si e detto, in cinque grandi to mi in quarto, il vecchio ed il nuovo Testamento, secondo il Codice Yaticano, comincio a prepararne una seconda stampa a caratteri minutissimi, in un solo volume in ottavo. Ma allora che mori, egli aveva compiuto di questa seconda edizione il solo nuovo Testamento. Fu questo pubblicato in Roma nel 1859 dal sig. Giuseppe Spithover, il quale con ripetute istanze ottenne dal rev. P. Vercellone che scrivesse una breve prefazione, e stampol- la innanzi al volume.

Or nientre il Cardinale preparava quella seconda edizione, Tan- dava un'altra volta riscontrando col Codice ; e quindi il nuovo Te-

1 I'lteriori studii sul nuovo Testamento deiranticbissimo Codice Vatica- no, Dissertazione letta dal P. D.Carlo Vercellone Barnabita, alia pontificia Ac- cademia deirimmacolata Concezione di Maria Vergine, sezione di erudizione sacra, il 6 Giugno 1866.

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stamento, di cui parliamo, gli riusci piu corrello, che non eraque!- lo della prima edizione. Contuttocio vi caddero non pochi error!, awertiti dal ch. Yercellone ed enumerati nella disserlazione , che egli lesse e pubblico in Roma nel 1866 , la quale ha per titolo: f< Ulteriori studii sul nuovo Testamento greco dell' antichissimo Ca- dice Vaticano. » II dotto Barnabita nel 1859 aveva lasciato, che il sig. Spithover desse alia luce questo volume, quale allora si trovava, per le ragioni che egli stesso apporta nella mentovata dissertazione. « In quel tempo, cosi egli dice, io era troppo distralto in allri slu- dii, ne poteva occuparmi maggiormenle di quella edizione, ne ve- deva sufficiente ragione di doverlo fare : poiche era sempre nelia persuasione, che non il solo nuovo Testamento, ma tutto il Codico sarebbe stato quanlo prima , come era conveniente, riveduto con maggiore accuratezza e diligenza, da uomini ben piu capaci e inlel- ligenti, ch'io non sono. »

Dalle schede, lasciate dal Mai, e molto piu dagli stessi volumi y pubblicati dopo la sua morte, apparisce che egli non ebbe in animo di dare semplicemente una stampa del Codice Yaticano ; ma piut- tosto una compiuta edizione dell' intera Bibbia greca , seguitando r lutte le volte che si poteva, il prezioso manoscrillo. Egli dunque non si contento di rappresentare, il meglio che gli riusci, il detto Codice ; ma altresi pose grandissima cura nel riempire tutte le la- cune, che in esso si trovano ; raccogliendo da altri codici non pure quelle parti , che sono perdute , ma ancora tutti que' tratti o libri, \ quali furono omessi dal primo amanuense , o per sua negligenza, o perche mancavano nell'originale, di cui si serviva.

Di qui era facile Intendere , perche un cosi arduo ed ampio lavo- ro costo a quel doltissimo personaggio tanti anni, e perche fu lascia- to da lui , dopo tanti studii, in qualche parte imperfetlo. E quindir allorche i suoi -volumi videro la luce , se incontrarono le censure di qualche zoilo, tali censure vennero generalmente condannatc co- me ingiuste. I cinque grandi volumi di tulta la Bibbia furono salu- tati cogli applausi ditutta 1'Europa. II volume del nuovo Testamento, qual era stato pubblicato in Roma, fu tosto ristampato in Londra, in Lipsia, in Leida, in Amburgo edinBerlino. II ch. Tischendorf, as- sicurava qui in Roma nel 1866, che facendosi una edizione del Cor-

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dice Yaticano, con quella diligenza con cui egli aveva fatta la edi- 2ione del Codice Sinaitico , 1' opera del Mai non solo non perderebbe M suo valore , ma otterrebbe piuttosto quella fede e quell' autorita €he alcuni le negano.

Kcstava intanto, dopo cio, a contentare in miglior maniera la brama de' dotti , d' avere fra le mani il tesoro di questo Codice, stampato fedelmente e.semplicemcnte, quale fu scrilto ed emendato id suo pdncipio. Ad appagare un tale desiderio rivolse V animo, con somma gloria del suo Ponteficato, 1'augusto Pio IX.

L' eletto a questa impresa fu il ch. P. Carlo Yercellone , che ab- biamo nominate di sopra; il quale voile avere a compagno il rev. P. Giuseppe Cozza, monaco di Grottaferrata. Amendue italiani, amendue forniti di virtu , alta a reggere felicemente il peso loro ianposto. I nostri lettori ci sapranno grado del riferire, che qui fac- clamo , cio che Mons. A. Giovannini ha scrilto a questo. proposito nel fascicolo 51-52 MV Archivio dell' Ecclesiastico, pubblicato nel Marzo-Aprile del corrente anno 1868. Egli in un dotto articolo, confuta alcune censure contro T edizione dello stesso volume, del quale ora parliamo, inserite nella Gazzelta di Asburgo Allgemeine Zeitung, N. 36, 5 Febbraio 1868, pag. 530-31. La principale di queste censure e : Che Tincarico di stampare il Codice Yaticano non ' venne dalo al dottor Tischendorf, ma ad italiani meno capaci di lui. Mons. Giovannini risponde a cio in questa forma :

« 11 ch. P. Yercellone, consumato da lunghi anni nella critica bi- blica, nell'esame comparalivo dei codici e delle anliche edizioni, uello studio di lutti i lavori, che fmo ai nostri giorni sono stati fatti sulla Bibbia, emulando le opere colossali deirHolmes e del Parsons intorno alia versione alessandrina, e di Gianbernardo De-Rossi intor- EO al testo ebraico, nel 1860 pubblico in Roma il primo volume delle sue Variae lectiones Vulgatae Bibliorum editionis, il quale raccolse gli appkiisi di tutta Europa, non soltanto per 1'incredibile copia di €rudizione e per il criterio con cui conduceva quel lavoro, quanto anche per la singolare precisione nel riprodurre gli antichi documen- U1 sui quali non cesso mai di esercitarsi. Nel 1864 usci di quest'ope- r-a un secondo volume, e confermo pienamente il favorevole giudizio che i dolti aveano con applauso grande conceduto al primo.

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« Da piu di venti anni il P. Yercellone si trova immerso nell'esame del codici e nella critica biblica, la quale certo non si limita ai codi- ci, ma abbraccia tutto quell' apparato di cognizioni, quale appunto il P. Vercellone dispiega nei prolegomeni a quella sua opera delle varie lezioni della Yolgata. Onde non e necessario aggiungere die egli non si limito ai soli antichi codici latini, ai lavori del Sabatier, allo stu- dio dei Padri e scrittori htini, ma che dovette prendere in esame i lavori critic! sulla versione alessandrina, e i codici che di questa versione poteva avere facilmente fra mano7 quale appunto fu il Go- dice Vaticano ; che dovette stare al giorno'di tuite le molte pubblica- 2ioiii, che si facevano sulla versione essaplare siriaca e sopra i testi.

« Chi potra porre in sospetto che, se il P. Yercellone riusci cosi bene in un lavoro nuovo nel suo genere, di tanta mole e di spaven- tosa erudizione, in cui si richiedeva una minutezza di ricerche e di confronti, da essere stato meritamente stimato quasi incredibile, che la vita di un uomo possa bastare a tanto; chi potra sospettare che il ch. P. Yercellone non sia uomo consumato nella critica biblica? Chi potra sospettare, che egli non sia quanto altri mai penetrato dalla per- suasione di quanta accuratezza e scrupolosita debba essere adorna una riproduzione di un Codice si interessante, da servire alle minute esigenze della critica?

cr Forse si dira che, quantunque il P. Yercellone sia versatissimo nella critica biblica, pure trattandosi della stampa a fac-simile del piu antico codice greco della Bibbia, egli non e tanto esperlo in questo, quanto il ch. Tischendorf, che su questi codici greci fece la sua miglior prova. Crediamo che in quanto al Codice Vaticano il P. Yercellone non sia punto da rneno del Tischendorf : imperciocche questo Codice non viene ora per la prima volta a mano del ch. edito- re, ma da lungo tempo egli lo ha trattato con singolarissima cura; su questo ha riscontrato e giudicato le lezioni, che a volla a volta dagli eruditi erano poste in questione ed in s-ospetto, e da molto tempo ha mostrato di conoscerlo perfettamente. Infatti, senza dir nulla del fre- quente ricorrere che ha fatto a questo Codice, per compilare le sue varie lezioni della Yolgata, sin daH'anno 1857 egli fu incaricato di rivedere e pubblicare la gia preparata edizione di questo Codice, se- condoche avea ideato ed eseguito il dottissimo Mai. Or bene, pren-

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dendo egli con premura e anche in fretta a rivedere le stampe, pre- parate dal Mai sul Codice Yalicano , si dimostro bene quel sommo critico che egli era; poiche s'accorse subilo clie la edizione del Mai non poteva bastare a uno studio critico del Codice Yaticano , giusto appunto perche non lo rappresentava con quella scrupolosita, che si richiedeva, anche in una edizione a caratteri comuni. Purnondimeno \ide che 1' edizione del Mai era utilissima alia critica biblica, e prese a purgarla dai maggiori difelti, che essa conteneva; non pretese pero mai d'avernc fatta una tale collazione ed emendazione da rappresen- tare a punlino il Codice Yaticano.

« Questo suo profondo sentire, che per se solo basterebbe a farci sicuri di quanta critica abilita sia foinito il dottissinio Barnabita, ce lo indica e nella prefazione posta in fronte al primo tomo della edi- zione della Bibbia greca del Mai (1857), e piu csplicilamente in una erudita dissertazione, che e la sesta della sua raccolta di dissertazioni accademiche , intitolata : Dell' antichissimo Codice Vaticano della Bibbia greca, e da esso letta il 14 Luglio 1 859 alia pontificia Accade- mia di Arciieologia. Nella quale, oltre a spiegare quanta cognizione di critica biblica egli portasse nello studio del Codice Yaticano, espri- me solennemente quel yoto , che il corrispondente di Ausburgo ci vorrebbe far credere essere stato tutto proprio del ch. Tischendorf. « Ho delto (cosi egli conclude la sua dissertazione) ho detto che il lavoro del ca.rdinale Mai non e perfetto, e che in alcune parti il Co- dice Yaticauo pu6 essere rappresentato con piu esattezza; aggiungo anzi essere al tutto desiderabile, che cio sia fatto quanto prima, affin- che sia tolta agli studiosi ogni ragione di esitare, anche sopra le mi- ninie yarieta ortografiche e grammatical!; e tengo per c^rto che questa, come qualunque altra egregia impresa, verra secondata e favorita dalla Santa Sede. » E nell'anno medesimo 1859, pubblicando dietro uuove cure Taltra edizione maiana del solo nuovo Testamen- to, non cessa dairavyertire, pag. 1Y: Quamquam vero. . . hums edi- tionis usum pro re criltca hand minimum fore censeamus, lonye ta- men absumus ab illorum opinione, qui maianas editiones ita nume- ris omnibus absolutas perfectasque esse adfirmant, ut nil aliud re- quirendum vel explendum hac in re siipersit.

28 IL CODICE VATICANO BELLA BIBBIA GRECA

« Non diro nulla dei nuovi studii, fatti sul Codice nel 1866 in com- pagnia del Tischendorf , e pubblicati nella dissertazione gia citata: Deglt ulteriori studii del Codice Vaticano ; non diro delle altre dis- sertazioni di critica biblica lodatissime, fra le quali 1' ultima, che in questo stesso fascicolo si riproduce 1 , mostra abbastanza bene di quanlo criterio ed erudizione egli sia corredato, a giudizio anche di tedeschi, chc gliene porsero lodi nella Rivista di Bonn Theokgiscke* Literaturblatt, N. 7, 1868. Dunque questo Codice Yaticano, avanti 8 incominciasse 1'edizione a fac-simile, era cosi familiare al dolto critico italiano da conoscerne bene le particolarita tutte, e da saperne anche giustamente apprezzare le difficolta: dunque il ch. P. Yereel- lone da se solo presenta tali titoli, da fare a chiunque non sia pre- giudicato supporre, che egli sa e vuole dare del Codice Yaticano una edizione, che lo rappresenti scrupolosamente, secondoche richiede la minutezza della critica biblica.

« Ma il dotto italiano valutava tanlo questa esigenza della critica, ed era tanto bene informato delle gravi difficolta, che presenta il Co- dice Yalicano, che egli voile in quell'opera del riprodurlo a fac-simile associarsi altro dotto e sperimentato nella lettura dei codici grecL E meritamente scelse un monaco italiano di Grottaferrata presso i! Tuscolo, illustre monastero di rito greco, yoglio dire UP. Giuseppe Cozza, il quale di recente nella difficilissima lettura dei palimpsest! aveva emulato la rara abilita del cardinale Mai ; sulle di cui tracce appunto avea preso ad esaminare passionatamente i non pochi codici palimpsesti di quella ricca biblioleca.

« Sin dall'anno 1862 egli, in compagnia del dotto monaco Teo- doro Toscani, mancato Vanno scorso alle lettere e ai viventi, avea falla nota ancor giovane la sua rara abilita nel leggcre e sludiare t codici greci, pubblicando in Roma Tinnologia greca De immaculata Deiparae conceptione, desumendola da diciotto codici di Grottafer- rata di varia antichita. Da diversi anni poi egli avea preso a lavaro un codicc palimpsesto, che sotto piu recenti scritture conteneva non piccoli frammenti dei profeti in carattere unciale, e di tal bella forma-,

1 E uua dotta Dissertazione sulla Storia deiradultera nel Vangele'di sa» Giovanni.

E LA SUA EDIZIONE 29

che fu stimata scrittura del VI o del YII secolo. Egli pubblico que- sti frammenti in Roma nel 1867 con tanta precisione, che non man- cavano se non i caratteri imitanti Y antica forma unciale del palim- psesto, perche si potesse dire edizione a fac-simile di quel codicc insigne.

« Nei prolegomeni poi e nelle note critiche intorno alle lezioni di quei frammenti gi'eci e alle posteriori scritlure marginali contenenti due version! latine, si mostro tan to versato nella critica biblica, di- scorrendo dell'eta e della famiglia di codici, alia quale doveva ripor- tarsi il suo di Grottaferrata, da superare di molto la giovanile sua eta.

« Questa scoperta e pubblicazione ha assicurato al P. Cozza la reputazione d'uomo versatissimo negli studii di critica biblica. Si consider! la grave difficolta che presenta la lettura di un palimpseslo cosi antico; si consider! la precisione che egli pose nel pubblicarlo; si consider! la erudizione e rara capacita, che egli mostro nella illu- strazione critica e paleografica del suo palimpsesto; si consider! 1'a- more con cui egli supero tutte le difficolla , e che lo fece scrupoloso cultore del codice scoperto ; e poi si dica coH'anommo corrisponden- te, che il lavoro dell' edizione a fac-simile del Codice Yaticano fu af- fidato ad italiani meno capaci del Tischendorf! »

La verita della risposta di Mons. Giovannini e stata confermata a pieno dal felice successo e dalla bonta clella edizione romana.

11 Tischendorf ha pubblicato nello scorso anno il nuovo Testa- mento, dopo i molti studii ed i confront!, fatti da lui nel 1866 sul Codice medesimo della Biblioteca Yaticana. 11 titolo che ha messo innanzi al libro e: Novum Testamentum Vaticanum, post AngeliMai aliorumque imperfectos Mores, ex ipso Codice edidit Aenoth. Frid. Constantinus Tischendorf, etc. Al volume egli ha aggiunta una Ap- pendix codicum celeb errimorum sinaitici, vaticani, alexandrini, cum imitalione ipsorum antiqua manu scriptorum. Nnnc primum edi- dit, etc. [ fac-simili del Codice Yaticano, contenuti in tale appendi- ce, sono qualificati da lui come tsaUissimi ; e cerlamente egli pole qui in Roma copiare a suo agio quelle poche pagine, che riproducc. Intanto la realla della esecuzione e riuscita inferiore alia magnifi- cenza dei titoli e delle promesse. Sono stati contati presso a cento sbagli, caduti in questa edizione ; e cio che e piii, se ne incontrano

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varii negli stessi fac-simili ; e sono error! non commessi dal car- dinal Mai, ne da altri nella lettura del Codice 1.

Ma ci place di lasciare agli eruditi quest' argomento di confronto. Essi colle loro dotte investigazioni , meglio che a noi non consenle la natura del nostro periodico , potranno mettere in perfetta mostra i pregi del volume della Propaganda.

Qui invece vogliamo dichiarare lo scopo , che i lodati editor! si sono prefisso, e le studiose cure, colle quali il cav. Pietro Marietti ha cercato di raggiungerlo , per cio che a lui si apparteneva. Indi esporremo il contenuto dello stesso volume, dato alia luce; aggiun- gendo un fac-simile d'una terza parte di una intera colonna. Final- mente riferiremo un Breve di Sua Santita, nel quale 1' augusto Pon- tefice loda meritamente la diligenza somma e la perfezione, con cui egli ha incominciato a vedere eseguiti i suoi ordini.

L'intento degli illuslri editor! e stato primieramente di rappresen- tare, colla loro edizione, quanto nel Codice fu scritto dal primo ama- nuense, con caratteri eguali nel numero e somigliantissimi nelle for- me; e di conservare fedelmente persino le stesse variety degl' in- tervalli, i quali corrono tra lettera e lettera. Quel primo amanuense spessissimo, continuando uno stesso rigo, ando raccorciando que- st'intervalli, per poter terminare colla fine del rigo tutta la parola o tutta la sillaba, che aveva principiata a scrivere.

In secondo luogo si sono proposto dipubblicare tutto quello, che dai correttori antichi o venne emendato o aggiunto, sia nel margine sia tra linea e linea; e cio in modo perfettamente simile a quello , che si osserva nel Codice. Per 6 hanno eccettuate quelle correzioni ed aggiunte, le quali o nasconderebbero o confonderebbero la scrit- tura della prima mano. Non hanno voluto inserire nel teslo le ag-

1 Ecco mi saggio di questi soli errori, commessi nelle pagine a fac-simile : Pag. 11, col. 2, lin. 1, on ^wOo? (MATTH. V, 12), deve ieggersi, come sta nel Codice Vaticano, on o (woOo?. '$£.%

Pag. 16, col. 3, I'm. 37, £> avep^wv (IoH. 1, 13), il Codice ha Pag. 17, col. 3, I'm. 30, tuawn? (ACT. 1, 13) , il Codice legge . Pag. 22, col. 1, lin. 8, « ^ (III IOH. vei;s. 2) , il Codice n Pag. 22, col. 3, lin. 42, TOWW (!UD. vers. 7), il Codice Pag. 23, col. 1, I'm. 9, 0$*™™ (foD. vers. 8), il Codice

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giunte e le correzioni di questo genere ; pero le pubblicheranno lut- te in un volume separate.

Con tali leggi essi hanno dato alia luce il volume del nuovo Testamento; colle leggi medesime pubblicheranuo ordinatamente quattro altri volumi, nei quali si conterra tutto il Testamento antico. La lettura e sempre spedita e facile, quale fu cerlamente quella dello stesso originate, allorche esso usci dairofficina di Alessandria.

II sesto volume comprendera comment! e note : le quali cose saran- no come un apparato per la invest] gazione del manoscritto, e per la notizia minuta di quanto fu in esso o raso o corretto o supplito o mu- tato in qualsiasi maniera. Oltre a cio coiiterra una raccolta di tavole, fedelmente incise, le quali rappresenteranno alcuni luoghi di oscura ed incerta lezione. Cosi gli eruditi ne potranno da loro stessi giudi- care, come se avessero nelle proprie mani e.sotto i loro occhi il Codice medesimo.

Ci sembra, che non si poteva ne desiderare ne immaginare nulla di meglio.

Per compiere un tal disegno si giudico di adoperare i tipi metal- lici, piuttoslo che la fotografia o anche la croniolitogralia. Fra le ragioni, che consigliarono questa scelta, non fu 1' ultima quella del pregio della stabilita e della consistenza; il qual pregio si ritrova, meglio che in ogni altra, nelle impression! fatte coi tipi di metallo.

Tale appunto era il pensiero del celebre Tischendorf. Questi nel 1859 ritrovo in oriente il Codice, da lui chiamato Sinaitico, il quale similmente contiene tuttala Bibbia greca dell'uno e dell'altro Testa- mento, ed in valore non cede forse a niun altro codice, eccetto il Va- ticano, al quale pero si avvicina moltissimo per la grandezza e per la forma dei caratteri. Nel 1862 , a spese dell' imperatore Alessan- dro II, egli stampo in Russia questo Codice Sinaitico coi tipi metal- lici ; e quella sua edizione e universalmente stimata splendida al sommo i^er la qualita dei tipi e della carta.

Or questo illustre Alemanno nel'1866 si condusse a Roma, con ani- mo di fare una edizione similmente splendida del Codice Yaticano , valendosi a tale uopo degli stessi tipi metallic!, de' quali si era servi- to per la edizione del Codice Sinaitico ; riputando bene a ragione, che la slampa non poteva con altro mezzo riuscire si perfetta, come cer-

32 IL CODICE VATICANO BELLA BIBBIA GRECA

tamente riuscirebbe con questo. Egli dunque manifesto il suo dise- gno, e chiese licenza di metlerlo in esecuzione. E come seppe esser- si gia risoluto, che simile opera era da farsi in Roma per cura della Santa Sede, riconobbe convenientissima tale determinazione; e volen- tieri convenne col cav. Pietro Marietti di vendere alia tipografia della Propaganda una partita di caratteri, fusi in quelle stesse madri, che ei possedeva, gia fabbricate per la edizione del Codicc Sinaitico.

Sappiamo che quei caratteri furono pagati largamente. E per 6 non giungiamo ad intendere cio, che narra la Gazzettad'Asburgo, men- tovata di sopra; cioe : « Che il Tischendorf si adopero, con sacrifizii di ogni genere , per far rifondere in Lipsia i caratteri del suo ma- noser itto Sinaitico. »

II cav. Marietti, comprati i tipi del Tischendorf, ha fatto fonder- ne altri in buon numero, per ragione delle letter e di grandezza e di forma di versa, che s' incontrano nel Codice Vaticano, e similmente per que'segni ed ornamenti, i quali son proprii di questo Codice. Egli stampa a bistro, per imitar meglio il colore delle lettere origi- nali; e questo inchiostro insieme col rosso gli viene dalle migliori officine di Parigi. Adopera carta tutta di lino e di tino, lavorata nella piu celebre cartiera d' Italia, che e quella di Fabriano, diretta dal sig. Pietro Miliani, e premiata in Londra. La carta della splen- dida edizione del Codice Sinaitico non e di tino, ma di macchina.

I fogli del Codice dalla Biblioteca Yaticana si mandano alia sua tipografia a cinque a cinque, e si rimandano indie tro, ognuno chiu- so fra due cristalli ; e restario cosi custoditi in tutto il tempo della composizione. I compositori, da lui destinati a questo difficile lavo- ro, souo gli egregi sig. Filippo Lanzi e Federico Setti, tutti e due romani, e 1' uno come 1' altro spertissimi nel comporre i caratteri delle lingue orientali. Ed essi rispondono maravigliosamente alle intenzioni degli editori, ritraendo le lettere secondo la grandezza di ciascuna, e le differenze anche minime degli spazii, i quali corrono tra le une e le altre, e ricopiando mille altre varieta del manoscrit- to, impercettibili agli occhi non tanto esercitati, quanto sono i lo- ro. Per le quali cose il cav. Marietti ha per giusti titoli conseguita la decorazione Piana, ed ha meritate quelle alte lodi, le quali si leggono nel Breve di Sua Santita, che noi riferiremo piu innanzi.

E LA SUA EDIZIONE 33

II volume recentemente pubblicato, abbraccia i libri del nuovo Testamento , siccome si trovano nel Codice Yaticano , nel quale es- si sono scritti con altro ordine da quello delta Yolgata. Prima ven- gono i quattro Yangeli di san Matteo, di san Marco, di san Luca e di san Giovanni. Poi gli Atti degli Apostoli. Seguono le lellerc, che si chiamano caltoliche : una di san Giacomo, due di san Pietro, tre di san Giovanni ed una di san Giuda. Indi le letlere di san Paolo : una ai Romani, due ai Corinti, una ai Galati, una agli Efesini, una ai Filippesi, una ai Colossesi, due ai Tessalonicesi, e finalmente una agli Ebrei, fino al verso 14 del capo IX. Qui gli antichi fogli, che seguitavano nel Codice, andarono smarriti. Da mano piu recente venne supplilo solamente il resto della lettera agli Ebrei e tulto il libro dell'Apocalissi; e pero furono omesse le due lettere a Timoteo, quella a Tito e 1'altra a Filemone. Pertanto nella splcndida edizione, <li cui parliamo , e stato fedelmente pubblicato a fac-simile tutto cio che e antico, con caratteri unciali e con inchiostro bistro e rosso. Cio che e piu recente e stato prodotto con caralteri volgari, e con inchio- stro nero. Finalmente sono state omesse le nominate quattro leltere di san Paolo; perche, come si e detto, esse non sono supplite nel Codice. II fac-simile, che diamo qui appresso, e un tratto del capo V di san Matteo, dal principio del verso 14 al fine del verso 16, secondo la Volgata. Tradotto in lingua italiana dice : « Yoi siete la luce del mondo. Non puo star nascosta una citta, collocata su di un monte. Ne accendono la lucerna e la pongono sotto il moggio, ma sopra il can- deliere, acciocche faccialume atutti quelli che sono nella casa. Per tal manicra risplenda la vostra luce al cospetto degli uomini , che veggano le vostre buone opere, e diano gloria al Padre voslro, che sta nei cieli. »

In questo fac-simile si osservano le lettere impiccolite alia fine dei righi , le different! distanze tra lettera e lettera , e finalmenlc una correzione , fatta con supplire una parola omessa dal primo ama- nuense. II numero KE e scritto in rosso tanlo nel Codice, quanlo nel- la recente edizione. Per facilitare poi la leltura, abbiamo ripetute, in caralteri anche maiuscoli ma volgari, le stesse parole, conser van- do pero la stessa divisione de' righi. Strie VII, Ml JY, fasc. 445. 3 " 22 Sellembre 1868.

34 IL CODICE VATICANO BELLA BIBBIA GRECA

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EMIIPOSGEN TON AN0PO-

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TA KAAA1, KAI AOSASO2IN TON HATEPA YMUN TON EN TOIS OYPANOIS.

E LA SUA EDIZIONE

Ecco ora il Breve , nel quale il Santo Padre si e degnato di pre- miare, colla sua appro vazione e colle sue lodi, le diligentissime cure, die pel felice riuscimento di cosi utile impresa hanno messe i bene- meriti editori P. Carlo Yercellone e P. Giuseppe Cozza , e V ammi- nistratore della lipografia cav, Pietro Marietti.

Dilectis Filiis

Presbyteris Carolo Yercellojie e Congregatione S.Pauli et lose- pho Cozza e Monachis S. Basi- lii Cryptae Ferratae Graeci Ya- ticani Codicis Sacrorum Biblio- rum editoribus.

Ai diletti figli

Sacerdoti Carlo Vercellotie della Congregazione di S. Paolo e Giuseppe Cozza de' Monad di S. Basilio in Grottaferrata, editori del Codice greco Vati- cano della Bibbia sacra.

PIUS PAPA IX.

Dilecti filii, salulem et Aposlo- licam Benedictionem. Quod iam- diu eruditi omnes , ac potissimum liblicae critices studiosi deside- rabant, Nosque in scientiae pro- fectum decor emque sanctae huius Sedis atque Urbis fieri optaba- mus , ut Graecus Vaticanus Bi- lliorum Codex nobilitatis et ve- tustatis fama celeberrimus ex- scriptus exhiberetur eadempror- sus forma, lineis, Utteris, apici- lus , notis , quae singulas illius paginas graphice referentes, o- mnium oculis Codicem ipsum quodammodo subiicerent; id a wbis perfici coepi$se laetamur,

PIO PAPA IX.

Diletti figli, salute e Apostolica Benedizione. Quello che deside- raxano da gran tempo tutti gli .eruditi, e specialmente gli stu- diosi della critica biblica, e Noi bramavamo che si eseguisse a pro della scienza e a lustro di questa Santa Sede e di questa Citl&; cioe che il Codice greco Yaticano della Bibbia, rinomatissimo per fama di nobilla e di antichita, si riproducesse copiato con perfetta somiglianza, tal che, ritratta una fedelissima immagine di ciascu- aa pagina, alle linee, alle lettere, agli apici, alle note, Yenisse qua- si a metiers! sotto gli ocelli di

36 IL CODICE VATIC ANO

egregieque praestitum conspici- vnus in Volumine Novi Testamen- ti Nobis oblato.

i< n# A!

TVow minor em certe a vobis ac- curationem expectabamus ; quo- rum alter mginti iam ab hinc an- nis totus est in versandis confe- rendisque sacris codicibus, Usque per lucubrationes ampla docto- rum laude commendatas illu- strandis; alter vero in viridi ad- hue aeiate, ea palaeoyraphicae peritiae specimina edidit in per- plexa palimpsestorum lectione , scriptisqiie adeo probatum fecit ingenium criticamque scientiam suam} ut claram sibi doctrinae

*

famam quaesiverit.

Quamobrem minime dubita- mus , quin solertia vestra ac se- dulilas diuturno iuncta codicum mm , earn as&ecutura sit per- fectionem , quam salebrosis hi- sce incoeptis sperare licet; eam- que immunitatem editionis a vi- tiis quibuslibet et mendis, quae archetypum ipsum, nullo discri- mine et ad unguem prorsus re- ferre videatur. Prudentissimum nutem censemus consiliwn, quo id maxime spectastis, ut editio vestra hativam priscae scriptu-

DELLA BIBBIA GRECA

tutli il Codice stesso ; Ci ralle- griamo che sia stato cominciato da voi con quella eccellenza di esecuzione, la quale yediamo nel Volume del Nuovo Testamento7 che ci e stato offerto.

In vero non aspettavamo mi- nore accuratezza da voi ; 1' iftio de' quali gi^i da venti anni e tutto nello svolgere e confrontare i sa- cri codici, e nell' illustrarli con lavori, celebrati dai dotli con am- pie lodi; 1'altro poi, ancorche in fresca eta, diede tali saggi di pe- rizia paleografica nell' ardua let- tura dei palimpsesti, e cogli scrit- ti fece cosi manifesto il suo in- gegno e la sua scienza critica, che si procaccio chiara fama di dot- trina.

v>; ns'^\u» vMu>ivV\v\v>-»:*) :'\\ -.*

Per la qual cosa non* dubi- tiamo , die la solerzia e diligen- za yostra, unita al diuturno uso dei codici , raggiungera quella perfezione, la quale £ lecito spe- rare in cosi ardue imprese; e rendera T edizione tanto scevera da qualsiYOglia difetto e da er- rori, che sembri essere a capello, senza niuna differenza, Toilginale medesimo. Stimiamo poi savissi- mo il consiglio , al quale voi mi- rasle innanzi a tutlo, cioe che la vostra edizione rappresenti il na-

E LA SUA

rae faciem prae ferret Us expe- ditam implexibus, quos addita- menta retractationesque recen- tiorum rnanuum invecturae fuis- sent in textum;cum opportunior omnino Us locus pat eat in ani- madversionibus criticis , quibus absolutum codicis apographum illustrare constituistis.

A qua sane lucubratione non minimum accessurum confldimus cmolumentum criticis disciplinis, et editioni lumen ac pretium; quod certe in huius sanctae Sedis, Nostraeque Urbis decus recidet, penes quas huiusmodi studia, so- lo fota scientiae ac religionis amore tarn belle clarere conspi- cientur. Gratulamur autem vo- bis} quod editionis nit or operis suscfyti praestantiae respon- deat ; et gaudemus tijpogra- phaeum Nostrum de Propagan- da Fide, omnium olim nobilissi- mum, ad pristinum paulatim splendorem revocari curis et in- dustria equitis Petri Marietti, cui ilhid commisimus , et cui propterea meritas deferimus laudes.

^

Unicuique veslrum interea ne- cessarias vires virtulemque ad-

EDIZIONE 31

tivo aspetto dell' antica scrittura, senza Diuna di quelle confusion! , che sarebbero intei venute nel te- sto per le aggiunte e le correzioni di mani piu recent! ; giaccke per tulto questo il luogo certameule piu opportuno e quello delle an- notazioni critiche, colle quali voi avete stabilito d'illustrare, allor- che sara tulta finita, la stampa del Codice.

Noi fermamente speriamo, che da tali cure proyerra non pic- colo vantaggio alle critiche di- scipline , e lustro e pregio alia edizione ; il che ridondera in ono- re di questa Santa Sede e della Nostra Citla, presso le quali sif- fatti studii, col solo alimento che da loro Y amore della scienza e della religione , si vedranno cosi bene risplendere. Altresi Ci eon- gratuliamo con voi, che la splen- didezza della edizione risponda alia eccellenza dell' opera inco- minciala ; e godiamo che la No- slra tipografia della Propaganda, una volla la piu nobile di tutle , rilorni a poco a poco al pristino splendore, per cura cd industria del cav. Pielro Marielli, al quale 1'abbiarao commessa, e per quc- slo a lui diamo le lodi meritate.

Intanto per ciascuno di voi preghiamo da Dio la lena e la

38 IL CODICE VATIC ANO BELLA BIBBIA GRECA E LA SUA EDIZIONE

precamur , ut quod fauste fell- virtu necessaria, acciocche quel- citerque coepistis felicius etiam lo che avete incominciato con si

ad exitum perducere valeatis. Divini vero favoris auspicetn et precipuae Nostrae benewlentiae pignus Apostolicam Benedictio- nem vobis peramanter imperti-

mus.

Datum Romae apud S. Pe- trum, die 25 lulii 4868, Pontiji- catus Nostri Anno XX11I.

lieto e felice principio, possiate anclie piu felicemente condurre a termine. Vi compartiamo con sommo amore T Apostolica Bene- dizione , auspice del divino favo- re, e pegno della Nostra speciale benevolenza.

Dato in Roma presso S. Pietro, il di 25 Luglio 1868, del Nostro Pontificato anno XXIII.

Pius PP. IX.

Pio PAPA IX.

Chi soltanto riguarda il prezioso volume, di cui abbiamo parlato, riconosce manifestamente , che nel fatto alle somme lodi , contenute in questo Breve, rispondono verissimi titoli di merito. E pero noi conchiudiamo il presente articolo, ripetendo quel medesimo, che ab- biamo detto nel principio, cioe: Che questa edizione del Codice Va- ticano e una di quelle opere , per le quali si tramandera chiara ai posted la memoria del Ponteficato dell' augusto Pio IX.

SAGGIO CRITICO

DELL A SOCIETA MASSONICA1

NATURA E FINE

IV.

Lo scope della Societa massonica secondo quattro gravissimi autori.

II Razionalismo e la Democrazia sono gli elementi , che armo- nizzando le intelligenze creano la imita di cognizione in massoneria. L' abbiamo dimostrato nei paragrafi antecedent!. Conviene ora in- dagare il fine , che derivante da tali elementi armonizzatori forma la unione o concordia delle volonta nella prosecuzione del lavoro massonico. Trovatolo, ci folgorerti limpido ed intero il concetto della confraternita. II fine , come ognun sa , e di due maniere : ultimo o rimoto, prossimo o medFano. II rimoto e quello, a cui tende con tutti i suoi sforzi la societa operante, il prossimo, quello che ha ragione di mezzo o di scalino per giungere al rimoto. Qual e il fine ultimo inteso dalla massoneria , quali sono i fini mediani precipui , per i quali intende di conseguirlo? Ricerchiamoli.

Chiari e savissimi uomini, datisi allo studio di sicuri document!, si misero all' opera del definirlo. Riportiamo le sentenze dei piu no-

1 V. il volume precedente, pag. 424 e segg.

!

10 SAGGIO CRITICO DELL A SOCIETA MASSOMCA

minali. II francese Barruel, penetrando animoso nelle logge, che ce- lansi dopo le spalle del massoni piii minuti (arriere-loges), trasse al- ia luce le grand objet de leur conspir aliens. Fosclii sono i colon , ond'e dipinto, terribile il sembiante, pieni di ferocie i suoi propositi. Infatli, cotesto yrande obbietto o fine e un mostruoso composto, pro- veniente dagli intendimenli di tre sette cospiratrici, incarnatesi nella massoneria: « la setta del sollsti increduli cd empii, che si propone di sterminare dal mondo fino 1' ultimo senlore di crislianesimo, la setta dei sofisti della rivolta, che mira aU'annientamento di ogni au- torita regia esistente, e la setta dei sofisti della empiet& e dell'anar- chia, gcrminata dalle due antecedent!, la quale non solamente co- spira conlro il cristianesimo e contro I'autorita regale, ma eziandio contro ogni maniera di religione, contro ogni maniera di Governo e contro ogni specie di proprieta l. » '

Lo scozzese Robison, professor e di filosofia naturale e segretario della societa reale diEdimburgo, si addentro pure nelle segrete cose della massoneria e ne dedusse la stessa conchiusione. Iniziato a Lie- gi nella splendida loggia de la Parfaite Intelligence e .graduato maestro scozzese , \isilo le logge della Francia , del Belgio , della Germania, della Russia, e tale fu la slima, a cui salse, di \7alentc* niassone che ebbe T orrevole incarico di oratore in una loggia di Pietroburgo. Inyitato a montare piu in su ne' recessi degli alii gra- ffij nfmto. Intanto certe dottrine che udi, certe cerimonie che vide ne' suoi viaggi , lo misero in sospetto , che bollisse in segreto alcun che di grave : i gradi del perfetto massone scozzese , i rituali, i ca- techismi , le istruzioni , che inlorno ad essi capitarongli alle mani , gli apersero gli ecchi ; ed i fatti che osserv6 nelle logge lo convin- sero di cio che avea incominciato a sospettare. Imperocche egli os- servo , che queste divenivano spesso // ritrovo dei novatori in poli- lica ed in religione ; che la segretezza del tetto della loggia era ado- perata per divulgare impunemente e propagare in ogni contrada scntimenti , avversi alia religione ed all' autorita politica; che tale

1 Memoires pour servlre a I'Hutoire du Jacobinlsme, Hamburg 1833. Discours preliminaire.

i

NATURA E FINE 41

impunita incoraggiava a poco a poco uomini di licenziosi principii a darla per mezzo, insegnando doltrine sovvertitrici di ogni nozionc della moralita, di ogni confidenza ncl reggimento di una sovrana provvidenza, di ogni speranza circa la vita fulura, ed inculcando la inipossibilHa di aver contento e pace riello stato di civile sogge- zione. In tine dopo di aver osservato, come solto colore di illumma- re il mondo colla face della filosofia e di sgombrare la fitta ncbbia della superstizione civile e religiosa, che mettea le nazioni dell'Eu- ropa in tenebre ed in ischiavitu , venivano consummati reiissimi altentali, vide sotto Tintlusso di coteste dottrine , diffusesi a poco a poco e mescolatesi in lulti i sistemi della massoneria, sbucare for- mata uri associazione con determinate proposito di sradicare tutte le religioni e di rovesciare tutti i Governi esistenti in Enropa 1.

Ouarant' anni dopo si pose alia stessa imprcsa lo svizzero Carlo Ludovico di Haller. Yolto precipuamente il suo studio circa la mas- soneria della sua patria, la ricerco in tutti i suoi andamenti e le sue opere. Cio che ella fosse prima della rivolta del 1798, do die ella facesse insidiatasi dominatrice, come rinvigorisse dopo un breve ab- battimenlo al principio del secolo, per quali vie si allargasse, con quali mezzi sirafforzasse, tutto egli espose, disamino, discusse al lu- me chiarissimo dei fatti contemporanei, degli statuti e degli scritti massonici fmo al 1840. Ebbene qual e la conchiusione, che sgorga perenne da questo suo studio ? Dal fondo delle brame massoniche, balenare di luce sinistra, quale obbietlo di un peitinace lavorio, Tan- nientatamento di ogni religione, il rovesciamento di ogni autorita e&istente, 1'abolizione di ogni dirilto naturale, che port! qualche ci- vile disuguaglianza 2.

1 I have observed these doctrines gradually diffusing and mixing with all the different systems of Free Masonry; till, at last, an association has been formed for the express purpose of rooting out all the religious esta- blishments, and overturning all the existing governments of Europe. Proofs of a conspiracy against all the religions and Governments of Europe. Lon-

1797, v. Introduction.

2 La Frammassoneria e sua influenza sulla Svizzera, esposta e diino- strata istoricamente da CARLO LUDOVICO m HALLER, tradotta con lutta fe-

clta in Hngua italiana da w amico del popoh e del progresso. Lu- :ma 1847.

42 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

Chi ignora la lotta mortale ingaggiata da Emilio Edoardo Eckert, avvocato sassone, con tutto 1'Ordine massonico? Giratogli dal fisco un processo, perche avea scritto in una sua relazione, che tre sparti- menti del Ministero eran vcnuti a mano della societa massonica, ri- fiuto di comparire dinanzi al tribunale prima che fosse abolita la massoneria in Sassonia, avendo saputo, che la maggior parte dei ghidici se le era venduta schiava. A sua giustiiicazione scrisse una Memoria di due grossi volumi, che da capo a fondo e una lenibile inquisizione di lutto 1' Ordine, specialmente in Francia ed in Ger- mania, e la indirizzo al Parlamento sassone amodo di petizione 1. Pochi anni appresso rincari la derrata con un' altra scrittura, e col titolo, che le mise in fronte , disse aperto, quale fosse la con- chiusione di questi suoi lavori e lo scopo, a che mirava, nei tenni- ni seguenti : Raccolta di argomenti per la condanna della Fram- rnassoneria, come principio attivissimo di distruzione a danno della religione, dello Stato, della famiglia e della proprieta per mezzo dell'astuzia, del tradimento e della violenza 2. I documenti, che porta, sono gravi, corichiudenti, numerosi: Targomenlazione, quando si appoggia ad essi, Irae una gagliardia di persuasione irresislibile.

II fine, che in lulte e quattro le testimonialize citate si pone a ca- rico della societa massonica, non si presenta egli sotto la llgura di una mosiruosita orribile, infame e degna di tutti gli odii e di tutte le imprecazioni? No : accusa piu forte e piu, veemente poteasi bandu'le addosso. Eppure le viene apposta da quatlro gravi scrittori, i quali, appartenenti a quattro nazioni diverse, in tempi different! e dopo un serio e prolungato studio di documenti e di fatli convengono per vie disuguali nella medesima sentenza! Questa concordia, chiamatela come volete, porta seco un grande valore, e deve esercitare non piccola forza suH'animo del lettore. Infatti, le opere del Barruel e del Robison, uscite alia luce neir Inghilterra, gittarono lo sgomento

1 Der Freimaurer orden in seiner wahren Bedeutung. Dresden 1852.

2 Magazin der Beweisfiihrung fur Verurtheilung des Freimaurer-Or- dens, als Ausganspunht aller Zerstorungsthatigheit gegcn jedes Kirchen- thum, Staathenthum, Familienthum und Eigenthum mittelst List, Verrath wd Gewalt. Schafiliausen 1857.

NATURA E FINE 43

nei popoli dell' Europa, e per testimonianza del massone Preston vi arrestarono la marcia progressiva della confraternita 1. La Memo- ria dell' Eckert pole tanto sui Deputati sassoni, che il Ministro ri- puto cosa piu sayia accettarla, istituire una giunta, che la esami- nasse, rispondere alle interpellanze fattegli in proposito, benche poscia trovasse modo di spacciarsene senza danno della societa accusata 2.

Passeremo noi oltre senza udire le difese della massoneria sotto il peso di tante accuse? Maino : quest' atto sarebbe un atto villano, sarebbe un' ingiustizia. Esse sono di tre specie. ECCOYI in compen- dio la prima : « I quattro citati scrittori non meritano alcuna fede. II Barruel fonda la sua dimostrazione su pietre sconnesse ; rappresenta la scena della sua congiura in Francia e va a rifornirsi di prove in un chiostro di Baviera ; mancando di fatti gl' inventa, e fallendo i document!, gli attinge con ingegnose interpretazioni a le- zioni che sono ancora da discoprirsi. II Robison, svolgendo i gradi scozzesi, trae conseguenze che non portano le premesse. II libro dell' Haller « e un libello infamissimo, ridicolissimo, disprezzabilis- simo per chi ha in capo un granellino di buon senso : esso afferma e non prova il nesso tra la massoneria e la vera societa cospiratrice ». Quanto all' Eckert, non ti curar di Ini, ma guarda e passa : somi- glia tutto a quel vecchio, di cui e detto nel Fausto, che, quando parla, sembra un coro di cento mila pazzi. La massoneria, qual e, e quale deve essere, fiammeggiar pura di ogni macchia e compa- rire innocua alia religione ed allo Stato : i gradi aggiunti meritar forse la riprensione come novila ; quanto al loro valore intrinseco, doversi tenere in conto d' innocenti ed inoffensivi trastulli 3. » Finqui la prima difesa. Qua! e il suo valore ? Quel delle ciance,

1 The circulation of these publications excited a general alarm, and for some time checked the progress of the Society in Europe. Illustrations of Masonry, B. IV, §. 13.

2 Univers, 4 Mai 1852.

3 PRESTON, loc. cit. pag. 255 e segg. FINDEL, Histoire de la Franc-Ma- tonnerie, v. II, pag. 13 e segg. 401, 402. Masonic miscellanies, 1811, pa- Sine 195, 221.

14 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

perche tulta composla di asserzioni senza prove: quello della caltm- nia, perche grava scrilti e scrittori di accuse mendaci. Le ciance e la calunnia porcuolono 1'aere, non convincono le inlelligenze. II Barruel, il Robison, 1' Hallcr, e 1' Eckert hanno porlato document!, hanno prodotlo testimonialize, hanno recato fatti, donde filano di- ritte quanto alia sostanza le loro conseguenze. Perche i massoni non ne hanno mostrata la falsita ? Hanno invece preferito il mezzo piu ovvio di gittare colla maldicenza lo sprezzo e il discredito in sul capo degli avversarii : sprezzo e discredito iniquo, cue ricado sopra gli autori.

Ben altra fu la seconda specie di difesa, in cui, messe da banda le ciance, si venne a fatti. Le Memorie del Barruel furono, per ope- ra della consorteria, proibite, sotto un cumulo d' ingiurie giornali- stiche, in grandi monarchic : furono in\7olate con arte finissima a persone di grado altissimo nella societa politica 1. L' Eckert vide la sua potente Memoria soppressa senza rumore ; vide i singoli nu- meri del giornale, da se fondato contro la massoneria, ghermili senza pieta dalle unghie del fisco. Ruinato nell'avere se n' ando a Berlino per oltenere la soppressione della massoneria nel reame prussiano. Ma vi pago tosto il fio di avere osato assaltare con tanta baldanza la sociela nel suo quartier generale pressoche di tulta Germania, percho fu fatto prigione dalla polizia sotto pretesto di una congiura, tram ata contro il Re ed il Principe reggente, ed ebbe in conto di grazia 1'uscirne salvo 2. Essendo chiaro, chc contro i fatli e tali fatti non valgono gli argomenti, non aggiungiamo sillaba di confutazione.

Non cosi il Wat-kins. Egli entra diffilato nella discussione, ed ar- gomentando in difesa del proprio Ordine, dice : « Uomini leali e pii continuare la benevolenza del loro patrocinio verso la Societa; altri di somma saviezza e di alto grado aver visitato le logge di di-

1 CARLO L. DE HALLER, La Frammassoneria e sita influenza snlla Smz- zera, pag. 1, 2.

2 La Franc- Maconnerie dans sa veritable signification, par ED. EM. ECKERT, traduit de I'allemand par I'abbe GYR. Liege 185i, pag. VII. La Franc-Maconncrie en elle-m$me, par I'abbe GYR. Liege 1859, pag. VII.

NATURA E FINE 45

verse nazioni, e trovatele incolumi dal morbo del rei principii appo- sti: lo stesso Robison, finche visse fuori d' Inghilterra, -non avervi focontrato in die appuntarle. Or come e possibile , che la massone- ria siasi di botto mutata di buona in rca , di religiosa in empia , di devota verso i principi in ribelle cospiratrice ; e quando fosse cio accaduto, lanti uomini savii e pii non se ne sarebbero avveduti, non le avrebbcro negata la lore protezione? Si per certo. II Robison adunque ed il Barruel hanno esagerato senza modo le accuse, e quanto hanno scrilto e lavorio di fantasia riscaldata da travolti giu- clizii e non conseguenze fondate nella verita. » Tanto il difensore : ma egli colpeggia al venlo. Non si tratta di qualechesiasi possibili- ta, sibbene della reale esislenza di numerosi documenti , die metto- no in piena luce dotlrine sovvertitrici di ogni ordine , come proprie della massoneria ; si tratta di un fatto terribile , dello scoppio della rivoluzione francese e de' suoi atti spaventosi , siccome strettamente eonnessi colle dette dottrine e coi loro professori. Ecco il punto da percuotere : esistono si o no tali documenti ; le dottrine contenutevi sono si o no proprie della massoneria ; la rivoluzione francese e si o no connessa con tali do Urine e colle societa massoniche. Lasciato intatto questo punto dal difensore, dura in tulta la sua gravita 1'ac- cusa dei quattro avversarii contro la massoneria.

Lo stesso Wat-kins sembra che non lo disconosca : concede quin- di la probabilita , che alcuni massoni moderni datisi alia incrcdula illosotia siensi inlruppati sotto la bandiera massonica per occultarsi ; nega sdegnosamenle T opinione che dalla massoneria siano usciti gli assalli della rivoluzione francese , che rovesciarono Governo e reli- gione, fa appello ai futuri storici, i quali, secondo lui, daranno la tac- cia di critici insipienti ai Robison ed ai Barruel 1. Ma che? il Cre- niieux, il Barbier, il Lamartine, il Grisar, Luigi Blanc, TAnghera, il Rebold, il Pelletan, il Sydow e cento altri massoni e non massoni, citati da noi altrove , provando colle loro testimonianze la sagacia del Robison del Barruel e di quanti con essi giudicarono la mas- soneria quale fucina , dove si e lavorata la rivoluzione francese , e

1 Freemasons' Magazine, v. X, pag. 35.

£6 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

poi tutte le altre, die le sono venute appresso, hanno per 1' opposto dalo al Wat-kins la taccia di falso profeta.

II cofltc di Moira , G. Maestro della massoneria inglese , entro pure in campo con una sua difesa 1 , la quale tulta simile alia pre- cedente e da tenersi in simil conto. A sterpare i principii della ri~ volta e dell'cmpieta, die s' erano radical! neU'Inghilterra, il Parla- mento decreio la soppressione di tulle le sociela e di lutte le riunio- ni : fece una sola eccezione , e questa in favore delle logge massoni- che. Grandi sono i vanli, che ne hanno menato i massoni, citandola quale splendida confermazione della propria innocenza. Ma con poco pro: perche se il Parlamenlo feee corlesia alle logge d' Inghillerra, non ne uso niuna con quelle della Scozia, e nella cortese eccezione pose loro tali vincoli di giuramenti , di denunzie e di allro , che , come esseri pericolosi , le affid6 alia sopraveglianza del Govcrno , e fecele dipendenli nella lor vita dal cenno dei consigli degli spar I i- menli provinciali 2.

Ondeche ragguagliate le parlite delle accuse e delle difese , Iro- viamo, che queste o non valgono punto , perche senza prove , o se pure valgono alcun che , questo e tutto in favore degli accusatoii. Fino a nuove e valide discolpe la societal massonica rimane quindi solto il gravissimo pondo delle apposte cospirazioni contro la Chie- s«7 conlro lo State e contro la Proprieta.

V.

Lo scopo della Societa massonica descritto dai Massoni.

Contuttocio noi non intendiamo di an-estarci. I massoni negano, che lo scopo dell' Ordine sia quale ci viene foscamente dipinto dai quallro citati scrittori. Or bene ci dicano essi di grazia in che pro- priamente consista. Se ne contentano? Noi ci acconciamo alle loro

1 Lettera circol. del 3 Gmgiio 1798.

2 V. Atto del Parlamento del 12Luglio 1798. Cf. Continuation de I'Hl- stoire d'Angleterre du Docteur JOHN LINGARD, par M. DE MARIES. Paris 1816, v. V, pag. 475.

NATURA E FINE 17

asserzioni. I massoni tedeschi affermano, che i\ puro concetto della massoneria rifulse limpido iufmo a' tempi modern! solamente nella Germania. Cerchiamolo nei loro scrilti. Fra quesli sono altamente commendati , come savissimo testo massonico , quelli del Lessing, Ecco quanto vi rileviamo di netto :

« Gli Stall riuniscono gli uomini in corpo sociale , affinche i sin- goli individui abbiano 1'agio di godere in modo migliore e piu sicu- ramente la propria paiie di felicita. Ma die ? in quest! corpi cosi or- dinati v'e un profondo guaio : la diversita delle nazioni, la diversita delle credenze religiose , la diversita- delle condizioni, ed altrettali distinzioni. Donde sgorga, che la societa civica non puounirein corpo gli uomini senza sparlirli, ne spartirli senza cagionare tra ess! larghe scissure, senza levarvi alto il malefico uiuro della divisione. Di qui il diritlo di lavorare di nuovo contro cotali separazioni. A ta- le uopo e da desiderare grandemente, che in ogni Stato v' abbiano uomini, che siano scevri dei pregiudizii di nazionalita ; che cono- scano bene, dove il patriottismo cessa di essere virtu; che non sog- yiacciano ai pregiudizii della religione in cui son nati; che non cre- dano dover essere necessariamente buono e vero, quanto essi pro- fessano, come buono e come vero; cui la grandezza cittadina non acdechi , e la piccolezza non annoi; nella cui sociela I' alto si ab- bassi, ed il piccolo francamente s' innalzi. . . . Che direste, se I Frammassoni fossero cotesti uomini che hanno tolto a proprio conto di unire il piu strettamenle che sia possibile , quei disgregamenti , onde gli uomini sono resi strameri gli uni agli altri ? lo certo me li figuro , come gente , la quale ha per 1' appunto preso libera- mente sopra di se T incarico di lavorare contro i mail inevitabili dello Stato. Badate, non contro i mali inevitabili , che necessaria- mente provcngono da una data forma di G over no, come tale. Di quesli non s' impaccia piu che tanto il massone, almeno in quanto massone. Ei lascia la cura di alleviarne il peso e di toili al citta- dino, il quale a misura del suo intendimento e dei suo animo puo eccuparsene a tutto suo rischio. Mali di ben allra specie , mali di ben allra gravila sono 1' obbietto della operosila del massone. No : non sono i mali che fanno malcontento il cittadiuo, a cui egli mira ;

48 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

ma sibbene quelli , onde il piu felice tra i cittadini non puo esser libero. Lavorare contro di quest! (entgegenarbeiten}l Forse per annientarli affatto? Cio non puo essere: lo Stato verrebbe parimen- ti aunientato. Neppur conviene disvelarli tutti di un colpo a quelli die non ne hanno alcun sentimento conoscitivo. II cagionare in essi cotesto conoscimento vivissimo a poco a poco , curarne i germogli , trapiantarli altrove , addoppiarli , procacciarne il rigoglio , ecco cio che qui significa tavorar contro 1. »

Testimonianza tutta sfavillante di luce massonica. Secondo essa : 1.° la societa umana nel suo ordinamento presente e rosa dal can- cliero della separazione dei regni, delle credenze e delle condizioni ; 2.° v'e il diritto di sanarla, eolmando ogni maniera di separazione coH'unificare tutti gli uomini in un corpo nuovo di societa ; 3.° per 1'esercizio di tal diritto* vi bisognano uomini, che sappiano rinnega- re all'uopo il sentimento di patria, le credenze della religione in cui son nati, e la condizione del proprio stato ; 4.° i massoni sono uo- mini di questa tempera, e lavorano alia grande opera della unifica- zione generale degli uomini, annientando il senlimento di patriay annientando le credenze religiose e la diversita delle condizioni merce un' assidua, accorta ed ostinata insinuazione ad ogni costo dei principii demolitori. Una duplice idea leva quinci arditamente il capo : la unificazione universale dei popoli, e lo sterminio di tutti gli ordinamenti esistenti. La unificazione comparisce quale ultimo intendimento dell'ordine, lo sterminio quale opera necessaria* o fine mediano per giungervi : questo e determinate dagli obbietti , su cus dee cadere, quella e lasciata indefinita nel mistero, salvo Todorar- visi da lontano la repubblica umanitaria social istica.

II Fichte, filosofo e massone, scrisse filosoficamente della masso- neria. Indago e discusse il fine a cui tende, ed ecco veto bello e rag- giante. Pensi tu, egH dice, che la massoneria abbia in mira alcuno> di quei fini, per cui s' e formato quale che siasi ordine di cittadini nella societa? Tutt' altro. Essa gli esclude tutti interamente e riso- lutamente. Tanto e cosa ridicola e da pazzo il credere, che gli ade-

1 Ernst, und Falk, Gesprache fur Freimaurer, Gesp. II, 1778.

NATUBA E FINE 49

pti si adunino in segreto per fare buone scarpe, quanto il supporre, die studino a riformare in lulto o in parte lo Stato. II massone, che dicesse altrimenli, non solamente sarebbe sprezzato come uomo di niima coscenza massonica, ma ancora metterebbe in forse la sanita del proprio cervello. - - La massoneria dee pur avere un qualche fine : Si ; hallo, ma ben diverso da quel fine dannoso sopraindi- cato : se non fosse cosi, dovrebbe riputarsi una folle e vota buffo- neria, anziche seggio di saviezza e di virtu. A voi massoni e pro- poslo un fine, a cui non puo mirare la piu grande tra le societa umane ; un fine che non puo essere conseguito altrimenti che al patto di appartarsi dalla societa, di segregarsi compitamente da essa; un fine si alto e questo : tor re di nuovo. gli svantaggi delict forma di organamento, adoperata nelle piu grandi societa , e fon- der e e tramutare la forma particolare dello stato, o condizione se- parata, nella forma comune ed universale di tutti gli uomini , in quanto uomini. Questo scopo e nobile, perche ha per obbietto gttn- teressi piu grandi degli uomini: e ragionevole, perche esprime uno dei nostri piu santi doveri: e possibile, perche e tutto possibile cio che vogliamo. Dicendo che e necessario di appartarci dalla societa civica non intendo , che dobbiamo chiuderci in solitudine : ma che spoglialici dei gretti sentimenli della nostra condizione particolare e della societa civile in cui viviamo legati , ci poniamo dinanzi agli occhi, e denlro il cuore il fine della umanita, che e quello della unip- cazione degli uomini in una forma comune di ordinamento; che fatto nostro questo scopo, lo diffondiamo per tale, che vi lavoriamo attorno con mille ingegni per compierlo, e che solleviamo air altez- za di pura forma umanitaria quella che noi abbiamo. 0 e questo lo scopo della societa massonica, o non ve ne ha alcun altro : sapienza e virtu vi sono strettamente associate 1.

Cosi filosofa il Fichte tulto in conformila del Lessing: forma di or- ganamento unificante tutti gli uomini , finewUimo, e annientamento progressive di tutte le separazioni di stati, di religioni, di condizic-

1 Philosophic der Maurerei, Briefe an Constant in den Eleusinien des 19 Jahrh. Berlin 1802.

Serie VII, vol. IV, fase. 445. 4 22 Settembre 1868.

50 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

.ni, opera necessaria, o fine mediano, per giungervi : a questo dover lavorare incessantemente il massone , svestitosi di ogni sentimenlo che il porti in contrario, e cio non solo per naturale dirilto, ma per istrelto obbligo imposlo dalla umanita. In somma la duplice idea di uniftcazione e di siermmio anche nel Ficlite non fallisce punto con quel mal odore di repubblica universale o social istica , che ne esce da ogni lalo.

Terzo tra cotanlo senno poniamo il Seydel , il quale pure studio la massoneria solto il riguardo filosofico, e compose un discorso per i non massoni da avergli meritato il titolo d'ispirato 1.

Le sue conchiusioni, spogliate del misticismo che fa lor velo, so- no in sostanza : « lo scope della massoneria esser quello della uma- nita, cioe 1'unione. della natura e di Dio, ottenuta coll' annobilire la morale: i massoni lavorare intorno ad esso infaticabilmente. II pas- so mediano per giungere a tanta altezza essere il rannodamento delle parti divise nella societa, sicche n' esca un tutto; quindi gli adepti stretlisi in unita di pensiero e di sentimento ed avendo in mira il bene universale della umanita essersi obbligati a pugnare in ogni luogo e con tutte le loro forze, e ad annientare ogni tendenza per- sonate, ed ogni elemento di divisions conlrario al del to mezzo tanto in se medesimi, quanto in altmi. Di che rendersi manifesto, che la tendenza o lo spirito personate non deve regolarsi, sia da certe con- sider azioni o da certi insegnamenti (religiosi), sia da certi riguardi o da certe cpndmoni dello spirito (posti o tradizioni domestiche), sia dallo spirito di nazionalita o di famiglia, o da quale che si fosse attraimento di propria scelta (sposa), ma dalla tendenza originate, che guida all' ultimo scopo 2. » In poche parole che cosa wole 1' au- tore ispirato? Yuole, che ogni piu nobile sentimento del cuore sia indegnamente calpestato dagli individui. Yuole die siano distrutte le naturali separazioni nell' ordinamento sociale. Vuole che tulto queslo venga sacrificato in omaggio della uniticazione generate de-

1 Nous suivrons un ecrivain maconnique contemporain M. RUD. SEIDEL, I'auteur inspire des maconnerie etc. FIISDEL, v. I, pag. 13.

2 Cf. ftedcn uber Freimaurerei an denkende Nichtmaurer. Leipsig 1859. FINDEL v. I: Introduction.

NATIRA E FINE « 51

gli uomini sotto una forma sola, velata col raistico titolo di unions della natura e di Dio.

Abbiamo tre uomini Lessing, Fichte, Seydel, riputatissimi per conoscenze massoniche presso 1'Ordine. Tutti e tre scrivono dell'til- timo scopo della massoneria, tutti e tre ne favellano colla freddezza del filosofo. Eppure, non ostante che 1'uno abbia scritto nel 1788, 1'altro nel 1802, il terzo nel 1859; non ostante che il primo abbia ragionato movendo, come da un punto sodo, dallo svolgimento sto- rico della umanita, il secondo dall' ultimo fine della medesima, il terzo dalle tendenze deirindiyiduo, tutti e tre, perche retti dallo stesso lume massonico nel loro discorso, sono giunti alia medesima conchiusione , la unificazione dei popoli , ultimo scopo ; 1' annienta- mento degli ordinamenti chili present! , di ogni Ghiesa , della ine- guaglianza sociale in risguardo delle condizioni, qual mezzo neces- sario, o fine immediate. Unayentina di testimonianze di altri chiari massoni tedeschi vi citeremo ad un fiato in confermazione , se non temessimo di andar troppo per le lunghe.

I massoni tedeschi si danno il vanto di ayer eglino soli conosciu- to infino a questi di il vero concetto deH'Ordine. Sia pure. Ma ec- coyi da questa paite i massoni inglesi, i quali indicano la G. Log- gia di Londra, come la madre e la prima ispiratrice di tutte le loggc deir uniyerso : eccoyi da quella i massoni francesi, i quali af- fermando di aver riceyuto I'arte reale dalla G. Loggia di Londra, sostengono ancora,che fu loro merce, se essa aggrandi nel mondo e fiammeggio nitida nella sua idea e ne' suoi principii. Ebbene convcngono gli uni e gli altri circa lo scopo massonico cogli scritto- ri tedeschi? Giudicatelo dalle seguenti testimonianze.

II cav. Ramsay il piu ardente tra i primi inglesi propagaiori della massoneria in Francia, cosi ne descrisse lo scopo, come Gran- de Oratore deWOrdine in un suo discorso del 1740. « II nobile ar- dore, che voi dimostrate, egli disse ai noyamente iniziati, nell' ar- rolaryi all' antichissimo ed illustrissimo Ordine dei frammassoni, 6prova sicura, che yoi possedete tutte le quality necessarie per di- ventarne membri. Queste qualita sono: filantropia sayia, morale pti- ra, secreto inyiolabile e buon gusto delle belle arti. Licurgo, Solone, Numa e tutti gli altri legislator! politic! non hanno potuto dare fer-

02 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

uia durata alle propric fondazioni, ne quantunque sa\ie fosscro le loro leggi, si sono eslese a tulti i paesi ed a tutti i secoli... La filan- tropia non ne era punto la base. L'amor della patria mal conosciuto, e portato all'eccesso annientava nelle repubbliche guerrescke, da essi fondatc, Y amor deWuinanita in generale. Gli uomini non sono Ira se distinti essenzialmente per la differenza delle lingue che parla- no, ne per la diversita degli abiti che vestono, o de' paesi che oc- cupano, o delle dignita che tengono. // mondo intero non e che una yrande repubblica, della quale ogni nazione e una famujlia, ed ogni mdimduo un figlio. Per far rimer e e propagare cotes te mas- sime antiche, ricavate dalla natura dell' womo, fu stabilita la no- stra societa... 1. » Tale e la sua conchiusione : le premcsse son ti- lubanti, malamente poste. L' oratore non potea fare altrimenti at- tesa la condizione delle persone, a cui favellava, allora allora inizia- ie, e la qualita dei tempi e delle opinioni, che correano. Cio npn ostanle chi non yede tutto intero nella sua luce il duplice scopo ca- pitale della massoneria : Y ultimo nella repubblica unificante tulti i popoli e tutti gl' individui merce un ordinamento comune prove- niente dalla loggia, e Y immediato nell' annientamento delle forme e delle dottrine esistenti, civili e religiose, merce il lavorio continualo degli adepti nell' impiantare e crescere principii ed anciennes maxi- mes, prises dans la nature de I' homme, cospiranti all' ultimo line? Tant'e: il Ramsay quindi ci chiarisce, che il concetto massonico cir- ca lo scopo dell'Ordine professato nell' Inghilterra, donde egli trae- valo , era quel desso , intorno a cui filosofavasi dalle loggc iiglie in Germania, eche importato in Francia, veniva lavoralo in miglior forma dalle logge erettevi.

Volele vedere il grado di perfezione, a cui fu condotto nei tempi moderni? II Rebold, storico approvato delle tre G. Logge francesi, vi si mostra cortesissimo nel descrivervelo. « La Frammassoneria dei nostri giorni, egli dice, proclama la fraternita universale, quale scopo, a cui si e proposto di mirare; i suoi conali tendono costantc- mente a spegnere tra gli uomini i pregiudizii di casta, le distinzioni de'colori, di origine, di opinione, di nazionalita; ad annientare il

1 Dlscours prononce a la reception dcs Freemacons par Mr. de R.9 Grand-Orateur de I'Ordrc.

NATURA E FINE 33

fanatismo e la superstizione, a sterpare gli odii nazionali e con essi il flagello della guerra; in una parola, a pervenire, per la \ia di un progresso libero e pacifico, allo stabilimento del diritto eterno ed uni- vcrsale , secondo il quale ogui individuo possa liberamente e total- in °nte esplicare tutte le sue facolla e concorrere con tutta la picnczza delle sue forze alia felicita di tutti, ed a formare con qucsto mezzo di lutto il genere umano una sola e stessa famiglia di fratelli, uniti col triplice legamc dell'amore, della scienza e del lavoro. Questo scopo c simboleggiato dal tempio universale della verita , della umanita , della fraternita, tempio cne in vastita vince qualunque altro, avendo a confine i confini della terra, intorno alia cui costruzione i vcri adepti lavorano senza posa, affinche giunga un di a mostrarsi in tutto lo splendore della sua maesta e della sua bellezza, quale eterno omag- gio di riconoscenza alia gloria del Grande Architetto dell' Univer- so 1. » Cosi il Rebold. II riassunto di tutta la sua descrizione sono

0

due parole: distruzione e ricostruzione. Distruzione di tulte le di- stinzioni sociali esistenti, su cui levansi i diversi ordinamenti poli- tici: ricostruzione di un nuovo tempio sociale, sopra il disegno di una forma universale,. in cui scomparse le discrepanze di religione e di polilica, le distinzioni di ricchi e di poveri, le varie caste di sacer- doti e di laici, di re e di sudditi, di padroni e di operai, segga rei- na la sola fratellanza universale.

Francesco Favre, redattore del periodico Le Monde maconnique assai riputato, ci die un Sagcjio filosofico deH'Ordine. Indicati in esso i principii proprii della societa, quanto al fine immediato ci dice londo, eke questo consiste: « neU'emancipazione compiuta dello spi- lilo umano, nel rispelto verso tulte le credenze sincere, nell'annien- tamcnto della ignoranza e dei pregiudizii, nella distruzione dei pri- vilegi... giacche tel est le hit de leurs efforts et de leurs travaux, cioe dei massoni. Ma badate cne, secondo lui, il modello tipo di un Governo e la dcmocrazia delle logge , che « chi rimane fisso in uno statute politico e religioso, corre diffilalo alia sua ro\ina, » che la base della massoneria essendo « il libero pensiero,la libera discus- sione, il libero ragionamento », il domma, pun to di dottrina invaria-

1 Bistolre des trols G. L. de Francs-macons en France, pag. 41.

.54 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

bile, non puo esser cosa massonica , che in fine « 1'esercizio della beneficenza e un affronto al principio della dignita umana. » Di che avete tutlo 1'agio di capire, come 1'opera massonica della distruzione si stenda sopra la Chiesa , che professa dommi , e sopra gli statuti politici , che non eguagliano il modello tipo, c sopra il principio di propriety in servigio della dignita umana. Quindi inlendete ancora cio che valga questo suo sospiro circa 1' ultimo scopo : « cosi ope- rate la purificazione esposta, saranno compiuli e raffermati i veri principii della nostra societa. Ma lungi dall' essere con cio terminata la nostra impresa, sara ancora in sul cominciare : imperocche nulla si sara operato infino a che V opera non avra tenuto dietro al precet- to, infino a che noi non avremo attuati su tutta la faccia della terra ed oyunque applicali i tre termini indivisibili , contenuti nella divisa massonica: Liberia, Eyuaglianza, Fraternita 1.

Qualche anno prima del Favre, il Marchal mise alle stampe un suo Studio critico e filosofico intorno la Massoneria. Le cui con- chiusioni in sostanza sono : la massoneria considerata in astratto, apparire una forza, un' idea teorica e pratica; sua vita essere il movimento, sua legge il progresso ; bisognare al suo svolgimen- to, che ella s'incarni in una forma sensibile e visibile, appropriata alia sua natura ; questo verificarsi ne' rituali e nella associazione, e compirsi efficacemente nel seno degli Stati ; il suo movimento e la sua forma gittare una profonda e recisa separazione tra la so- cieta massonica e le religioni positive, inceppate dai dommi e dalle filosofie esclusive. Cio posto « la massoneria opera liberamente fuo- ri della sfera dell' altivita individuale e sociale ; » che e quanto dire o non incaricandosene , o calpestandola ogni qual volta cotesta atli- vita le sia opposta: giacche, « suo scopo (immediato) si e impadro- nirsi della iniziativa dell' individuo, renderla operativa ed efficace, quanto e possibile , rischiarandola , dirigendola e moltiplicaudone le forze coll' associazione e colla unita degli sforzi : sua tendenza principals la unifieazione del genere umano. » A dir tutto in bre- ve , « essa deve creare un nuovo ordine d' idee negli spirili , e con- durre ad effetto cio, che fu segnalato dal Prudhon alia politica con-

1 Documents maconniques recueillis et anno tes par FRANCOIS FAVRE. Paris 1866. Essai historique et philosophique §. II.

NATVjRA E FINE . 35

temporanea in quelle sue parole: affrettare il ritorno alle istituzioni ed ai principii dell' ottantanove, affermare il diritto dell9 uomo e rincarnazione della yhtstizia nella umanita. » Guai al Principe od al Governo, che non da mano alia massoneria nell'alluare cotesto con- siglio del Prudhon ! « L' idea massonica entrera nelle popolazioni sotto forma di sentimento, di forza cieca: essa drverra 1'anima delle rivoluzioni e delle societa secrete, nella significazione piu selvaggia della parola 1. » Avete capito a qual grado di perfezione sia stato condolto il concetto massonico in Francia? A quello di mettere le societa alle strette , come fa 1' assassino , con terribile pugnale in mano e con piu feroce dilemma in sul labbro: consentite, che i prin- cipii iniqui e schifosi, predicati dal Prudhon, circa la famiglia e la propriela si traducano in atto , oppure sarete preda del saccheggio, della violenza e della strage piu sanguinosa : distruzione di ogni or- dine esistente, unificazione socialistica, o morte. Orrido scopo pre- sentato sotto piu orrida e truculenta proposta !

I/ Italia massonica, al dire del Favre,va a fianco della Francia e precede con essa per la via tutta favorevole al progresso ed alle ri- forme. Pigliate in prova gli Statuti della Massoneria italiana al Tito simbolico. Eccovi i termini dell'articolo VII: « -A meta ultima de' suoi lavori si pretigge di raccogliere tutti gli uomini liberi in una gran famiglia, la quale possa e debba a poco a poco succedere a tulte le sette, fondale sulla fede cieca e I'autorita teocratica, a tutti i culti superstiziosi, intolleranti e nemici fra loro, per costituire la vera e sola chiesa della umanita. » A tal uopo 1'articolo VI vi dice, che « il campo della sua azione abbraccia il progresso del bene sociale sotto tutte le condizioni e le forme, che possono conve- nire al suo fine; e quindi ogni progresso del bene economico, in- tellelUmle, morale e politico. » II Frapolli, G. Maestro fa sapere ai Figli della Vedova nell' indirizzar loro i nuovi Statuli, qualmente « la massoneria e il sistema sociale, che essa aspira ad assorbire 1' uma- na societa intera » , e cio col far scomparire ogni interesse politico e reliyioso dei sistemi presenli. Che piu? la massoneria siciliana per la penna del F.- Finocchiaro-Aprile ci dice a dirittura , che

1 Elude critique et philosophique sur la maconnerie, par E. MARCHAL Paris 1861.

56 SAGG10 CRITICO DELIA SOCIETA MASSONICA

T Ordine e la scuola delta Democrazia , che tende a compiere i programmi del Mazzini, di Ledru-Rollin e del consort! l, tutti fiore di repubblicani socialist!. Insomma 1'eco di distruzione e ricostru- zione socialistica viene fieramente ripercosso da un capo aU'altro del- la penisola o per meglio dire in tutta Europa e fuori piu o meno spic- cato e minaccioso, secondo le congiunlure de' tempi e de' luoghi.

Lasciate da banda le super fetazioni degli alti gradi, come lesli- monianza sospetta, non curati i riti, in cui si mostra il pugnale slil- lante sangue di strage e di morte , ci siamo fatti da presso a quci massoni , che colla freddezza del filosofo e di proposito hanno stu- diato Tintima natura dell' Ordine, abbiamo cercato quei volumi, die ebbero le piu ample lodi massoniche. Alia domanda lor fatta : qual e lo scopo , a cui tende la vostra societa? la risposta fu concorde, fu una : i nostri lettori T hanno sentita. Or bene non si accorda essa nella sostanza con cio che hanno asserito i quattro autori citati nel paragrafo antecedente? Tant' e: la massoneria , in quanto sociela , vuole la distruzione della religione, \uole la soppressione di qualun- que distinzione chile. Lo dicono i quattro citati scrittori, lo dicono gli stessi massoni. La differenza sta solamenle nel modo di proporne il programma ; giacche quelli lo disegnano su feroci document! e lo incarnano nella immagine truculenta della rivoluzione francese ; laddove questi gli danno un' aria di pace , di giustizia e di beatilu- dine senza pari. fi tolta Torridezza estrinseca, rimane la intrinseca, balenando nel vessillo massonico la terribile epigrafe : DISTRUZIONE ,

RICOSTRVZIONE.

VI.

Lo scopo della Societa massonica, dedotto dalla natura de' suoi principii. Conseguenze pratiche.

Gravissime sono le testimonianze arrecate, ma pure indhiduali. Lo scopo massonico ricavatone non potrebbe egli quindi essere la espressione di opinioni particolari? Tutt'altro: esso fluisce dagli

1 La Massoneria e i suoi detrattori.

NATURA E FINE 57

dementi di conoscenza, costitutivi della massoneria, come rigagnolo da fonte. Di guisa che se la sociela massonica non si proponesse lo scope anzidetto , cesserebbe di essere ; sarebbe una contraddizione. La ragione e facile. La unita di fine in ogni societa deriva dalla unita di conoscenza, essendo, a modo di esempio, impossibile cbeuomini di commercio forminouna data societa industriale nel supposto, che siano in disaccordo circa i principii fondamentali della stessa. Ab- biamo dimostrato nel paragrati II e III, che gli element! cosliluenti il fondo della natura massonica ed armonizzanti in unita di pensiero le intelligenze dei massoni sono due: il razionalismo nell'ordine re- ligioso, e la democrazia piu ampla nell' ordine politico. Or chi non vcdc a colpo d'occhio, chjs il fine o scopo massonico derivante da co- testo duplice elemento armonizzatore, deve portarne seco le qualita, come fa il rigagnolo in risguardo della sua fonte? Dunque la forma deH'ordinamento, a cui tende la societa massonica, come a fine, deve essere schieltamente razionalistica in religione , e democratica nel sense piu amplo della parola in politica. Ma questa forma e da at- tuarsi in societa basate sopra religioni dommatiche , sopra distin- zioni social!, sopra principii piu o meno monarchic! od aristocratic!, ectfovi qu'ndi la necessita per i massoni di annientare le religioni dommatiche, di sopprimere ogni distinzione sociale, di torre dal mondo ogni principle monarchico od aristocratico. Pognamo per un poco che la massoneria si dia a rassodare il domma religiose, la di- stinzione sociale, il principio monarchico. Quale vi comparirebbe in quest' atto? Un assurdo, una contraddizione : perche essendo i suoi principii opposti alle sue opere ,, distruggerebbe se stessa. Adunque il grido che gitta tra i suoi adepti, e il grido piu feroce di guerra: rovesciate, distruggete, annientate dommi, distinzioni e au- torita, cada tulto in un fascio nell' abisso dell' oblio !

Badate pero, che cotesta distruzione si puo compiere in due modi: col mandare in aria tutto il vecchio edifizio per uno scoppio di mi- na, cd indi sgombrati i ruderi, fabbricare il nuovo; oppure col rui- narlo alia sordina e col sostituirvi a poco a poco il disegnato. Lo scoppio della mina fu adoperato nella grande rivoluzione francese, ma con pessima prova per la massima parte degli adepti. Ora si tenta il secondo?piu lento, e yero, ma piu sicuro tanto per i layora-

58 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

tori, quanto per Tesito. Gli ammonimenli, clie uri oratore massone daya ad alcuni iniziati maestri, valgano di prova. « Gli uomini, egli dicea, riversati dalla massoneria nel seno della societa civile vi giungono col pensiero di operarvi una riforma pazienle, sicche sfron- dando gli abusi non sono stolti a segno da pigliarli di fronte : essi scayano a poco a poco il terreno, insinuano a gvado a grado i loro principii liberal! e filosofici, e giungono insensibilmente a persua- derli senza scosse e senza reazioni. Gittate dcll'acqua bollente in uiia tazza; ella si fende e va in pezzi; ma se voi la fate passare per tutti i gradi della calda temperatura, ella durera intatta, e 1'ardente bollimento dell'acqua non le cagionera niun reo effetto, non ostante la sua fragility. Cosi noi, prudent! riformatori, dobbiamo jjrocedere lentamente ed aspettare dal tempo il compimento dell' opera nostra. Che se per 1'ppposto temerarii noi vorremo sterpare violentemente gli abusi, che ci travagliamo di torre , incontreremo la resisten- za, pericolera tutto il nostro layoro. Camminiamo dunque con pru- denza nella via del progresso, affine di conseguirlo piu sicuramen- te l. » L'arte e fina, e sommamente insidiosa, tendendo a scam- biarvi, senza che ye ne ayvediate, i santi principii, che ayete suc- chiato nella famiglia e nella societa crisliana con quei distruggitori della massoneria! Ma tant' e : tale si e lo scopo della massoneria, tale si e 1'arte per conseguirlo. Gonchiudiamo.

Che'cosa e la Massoneria? Per rispondere a questa domanda ci e bisognato risolvere due quistioni. La prima circa l&nnita di cono- scenia, e fu risoluta nell'articolo antecedente; la seconda circa il fine, ed e stata Y opera del pjesente. Ball' una e dall'altra unite ci spunta tutta da se la risposta alia fatta domanda :

« La Massoneria e una societa politico-religiosa, che professando la democrazia piu pura nell' ordine civile ed il naturalismo rmiona- listico piu schietto in religwne, tende con tutto lo sforzo a distruy- gere il presente edifizio sociale, ed a ricostruirlo tutto su la base de suoi principii. JD

Yolete yedere uno esempio di cio? che sia questa ricostruzione? Guardate la grande riyoluzione francese! Decapitato il Re, scannati

1 Le Globe, Archives des initiations, 1840. Discours prononce en tenue'4de maitre, pag, IL

NATURA E FINE 1)9

i sacerdoti, abolita ogni memoria di autorita regia ed ecclesiastica, i ricostruttori massoni si divorarono, si distrussero tra se. Cosi Id- dio punisce 1'orgoglio umano !

Intanlo eccovi alcune conseguenze a eompimento di questo artictflo:

1.° Una societa umana quale che siasi importa « la cospirazione di molti uomini al conseguimento comune di un fine da essi cono- sciuto e voluto. » II fine immediate conosciuto e voluto dai massoni si e la distruzione della Chiesa, dell' autorita regia, delle distinzioni cittadine, provenienti o dalla nascita, o dalla proprieta. Per altra parte abbiamo provato che tra i different! gruppi massonici v' e unita di doltrina, unila di fine ed unita di sforzo al comune intento 1. Dun- que la societa massonica non e altro che una vasta cospirazione con- tro la Chiesa, contro i Re, contro la proprieta. Gli scrittori massoni hanno gridato, hanno schiamazzato contro questa affermazione. Ma taut' e ; essa e una semplice conseguenza dedotta da fatti irrefraga- bili, perche confermati dalle loro testimonianze.

2.° La Chiesa cattolica ha per fondamento la fede divina, insegna che la ragione ultima di ogni autorita si appoggia a Dio : la societa massonica invece si fonda sopra il razionalismo, e dice che 1' ultima ragione di ogni autorita sta nel popolo. Sono quindi di nalura avver- sa, sono incompossibili. E pero non v' e scampo, o cattolico colla Chiesa, o anticattolico colla massoneria.

3,° Per la stessa ragione, la massoneria ne' conati che fa per estendersi tra i fedeli, deve tendere necessariamente al distruggi- mento della Chiesa per surrogar se stessa. Dunque il massone e chi lo giova ncll' opei'a sua e un persecutor ed un distruggitore della Chiesa.

4.° Niun cattolico puo renders! massone senza che si renda ad un tempo fedifrago verso la Chiesa, in quanto si collega co' suoi nemici e la combatte con essi. E pero la sentenza di scomunica statuita dal Papa contro di lui e giustissima, non essendovi capo di niuna schiera, il quale non metta al bando e non cassi dalle sue file il soldato, passa al campo nemico.

1 V. Serie VI, vol. XI, pagg. 521 e segg.

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MORTO 1L GIORNO DELL' ASSUNZIONE DI MARIA, 1868 I

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(Da una Biografia mss. di Antonio Goldoni, artigliwe pontifirio,

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IV.

. Ultima malattia di Antonio. Suoi sensi generosi.

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Ebbi la prima notizia della malattia del Goldoni da un suo came- rata modenese; e corsi allo spedale. II male era leggero e volgeva in meglio, si parlava di convalescenza ; e Antonio, allegrissimo giu- sta il suo consueto, mi parve contento delle sollecite cure eke ricc- veva, dicendomi tra 1'altre cose, che nulla poteva mancargli del bi- sognevole, essendovi cola le buone Suore di S. Yincenzo. Ancora mi si mostro lutto urbanita e cortesia, e riconoscente in sommo per la \isita e per un libriccino di diporlo che gli avevo recato. Non era punto impensierito da alcuna trista apprensione. Cosi continuo per piu giorni, sempre con apparente e forse con reale miglioramenlo. Ma il malore avea giltato radici profonde nelle \iscere, giacche fino dai primi giorni della dimora in Roma, Antonio s' era risentito di ilusso di centre e di doglie intestinal!.

' Inlrattanto la mano amorosa di Dio veniva lavorando il cuore di lui : e chi si tratteneva a ragionare di spirito alia sponda del suo let-

1 V. il volume precedente, pag. 656 e segg.

DI UN GIOVINETTO CROCIATO ECC. 61

ticciuolo , non poteva non sentirsi commuovere di ammirazione e cli rispelto per V opera divina manifestissima. Con quali interne dispo- sizioni egli accetlasse fin da bel principio la infermita, niuno potra raccontarlo meglio di lui stesso, in una leltera data dallo spedale, il di dopo entratovi. La quale lettera riferiro quasi per intero, per- che in essa spicca mirabilmenle e la sua rassegnazione e la piela filiale, ed ancora per saggio del suo non mediocre yalore nelle buo- ne letter e : sopra tutto poi perche e Y ultima sua.

« Carissimo Papa. Roma 3, 8, 68. Come avrai letto nella mia ultima, mi hanno preso le febbri, e continuando queste a ri peter si ogni due giorni costantemente, sono stato costretto, inviato dal me- dico militare , a venire allo spedale di S. Spirito , per vedere di far cessarle o tosto o tardi.

« lo accetto questa lieve malattia come una nuova prova del Si- gnore; e quindi spero di sopportarla con quella rassegnazione che si addice ad un mililare del Yicario di Cristo.

« Del resto poi non mi posso lamentare, perche in questo ospe- dale si sta benissimo : ti basti il dire che siamo trattati dalle buono Snore della Carila, e lu sai con quanta cura, con quanto amore, con quanta assiduila prestino i loro scrvigi ai poveri ammalali. E spc- cialmente in questo mese, che le febbri si moltiplicano ogni giorno, le loro faliche si sono radcloppiate : ma tu le vedi giorno e notto camminare da un letto all' altro, per recarvi medicine, conforti, consigli.

« Questo spedale non e per nulla degenere dagli altri edifizii roma- ni e per il suo comodo, per la sua magnificenza, per la sua gran- dezza e pel suo splendore.

« E slato fabbricato da Pio VI ed ultimamente ristaurato da Pio IX.

« Questo grandioso edifizio si compone di tre piani. Nel primo, che e pian terreno, stanno gli abbigliamenti da ammalato, e i mag- gazzini ove deporre gli abiti da militare. Nel secondo, al quale si arriva dopo dieci comodi e larghi gradini, stanno gli ammalali piu gravi, e quelli che hanno bisogno di assislenza chirurgica. II terzo, che e quello nel quale io sono stato condolto, e il piu bello di tutti gli altri piani, per tutti rapporti. Esso e il piu allo, e quindi il piu arioso di tutti gli altri.

62 DI UN GIOVINETTO CROCIATO

« La sala dove sto io e la piu grande. Essa e lunga un 200 me* tri, e larga 20, sostenuta da due file di 29 colonne Tuna, che la di- vidono in tre scompartimenti. Nei due lateral! stanno i letti, quello di mezzo serve all'andare e venire degli inservienti e pel passeggio dei convalescent!. E arieggiata da un ben 60 finestre, oltre due bel- lissime e grandi porle, o per dir meglio ringhiere, che prospettano in due cortili. Nel mezzo della sala, e precisamente in faccia alia porta d' entrata, sta 1'altare dedicate alia Madonna, sul quale ogni giorno si celebra la S. Messa, ed ogni giorno si da la benedizione col SS. Sacramento (questa voce e scritta a stampatello maiuscoloj. II pavimento e composto di quadrelli bianchi e rossi di marmo, che sono unabellezza a vedersi. I letti sono tutti di ferro, e vi e un buon pagliericcio e un soffice materazzo.

« Ora ti diro qualche cosa del trattamento. Qua trattano a vitto e mezzo vitto. Io sono a mezzo vitto, ed ho alia mattina alle 7 una tazza di brodo; alle 10 una tazza di minestra, una fetta di carne di bue , un quarto di pagnotta , grossa come quelle che tu mangi ogni giorno. Alle ore 6 della mattina abbiamo una visita del dottore , un' altra alle 3, e finalrnente un' ultima alle 5 */z. Mi ha gia ordi- nato 12 grani di solfato di china , e lino ad ora non si e ancora rinnovata la febbre.

« Qui sono da ieri, e spero di sortirmene presto ; non gia perche si stia male, ma perche mi rincresce, per 1' estrema debolezza, do- ver restar sempre inchiodato in un letto...

« Non ti sgomentire, sai, per queste febbricciattole, perche sa- ranno cosa da nulla, Gia tu sai, che, eccetto una grande prostra- zione, del resto non hanno conseguenza noeiva. Sta quindi alle- gro, e vedrai che coll' aiuto di Dio tutto passera...

« Termino la lettera perche passa la seconda visita del medico. Addio, carissimo ed affezionatissimo Papa. Accogli un bacio del tuo affezionatissimo tiglio Antonio , che fra poco sara sano e vigoroso come Io era prima, un affeltuosissimo e tenerissimo bacio. »

L' anhno di Antonio, come per questa lettera si vede , non era punto venuto meno per 1' irnprovviso assalimento della malattia, ne avvilitosi per la nuova condizione a cui era ridotto, II che

MORTO IL GIORNO DELI/ ASSUNZIOKE DI MARIA, 1868 63

parmi dimostrazione di fortezza cristiana e di virtu molto pro- gredita. Perciocche, quale che sia il servigio d' un pubblico speda- Ic, ancora che governato dalla piu squisita carita come questi di Roma ; pure senza un vero spirito di mortificazione evangelica, e impossibile che un giovane diciottenne, levatosi pur mo' dalle fa- migliari carezze, non si risenta dolorosamente al trovarsi caduto in tal luogo. Quivi (e uon puo essere altrimenti) le comodita giun- gono appena allo stretto necessario, e pel rimanente si resta alia merce d' inservienti soldateschi e sconosciuti, senza un famiglio cui comandare a volonta , senza un viso amico che coll' assidua vigilan- za v infonda conforto, senza una mano delicata che colle minute di- ligenze vi temper! i disagi e i dolori della malattia. E pure Antonio, risoluto di sopportare la prom come si addice ad un militare del Vicario di Cristo , non trovava cagione onde potersi lamentare , e confessava che nell'ospedale si stava benissimo. Infatti la ilarita del suo sembiante non era smontata dal suo splendore. Quanto alia na- tura stessa del morbo non presentiva nulla di sinistro, anzi rinco- ravasi di presta guarigione.

Pochi giorni passarono , e il ritnrvai repentinamente prostrate. In vedermi fecemi cenno che stava male : la febbre batteva forte , era sparita dal volto ogni letizia, e lo spirito era profondamcnte affannato. Aveva compreso che la ricaduta poteva riuscirgli mor- tale , e quello era il giorno della lotta della came contro lo spirito : Tamor della vita, naturale in ciascun uomo, e piu in un giovanetto, si faceva acutamenle sentire. Con tutto cio nulla mostrava di fiacco o d' ingeneroso nel suo lamento. II suo supremo dolore era pensare al dolore del padre suo assenle , se egli venisse a mancargli; e in nominare questo dolce nome di padre, il filiale amore di oneste la- grime gl' imperlava le pupille. Credo che fu Vunica ora di tentazio- ne, se tentazione puo dirsi, che egli patisse durante la malattia. .

Ma non tardo molto a racquistare Y imperio del suo cuore , e pa- droneggiare pienamente i moti della inferma natura. Con magnanimo sforzo si ricompose, guardo in faccia il pericolo, senza piu mai da- re segno di sbigottimento , ne cenno alcuno in parole che il sacrifi- zio gli pesasse : dalla rassegnazione passo alia serenita , poi alia

64 DI UN GIOVINETTO CROCIATO

brama vivissima della morte ; la quale in fine chiese in conto di gra- zia al cielo, e, per impetrarla all' ora vagheggiata, interpose la me- diazione de' suoi santi patroni e della Regina del cielo.

Or eke potra spiegare siffatlo arrendersi al pensiero di morire in un giovincello, si cupido, si ardente di militare? Donde in lui tanto soave consenso a spogliar colla vita quelle insegne, onde riputavasi cosi beato ? lo credo di averne la piena ed adeguata esplicazione in un discorso ch'egli tenne con un gravissimo religioso della Compa- gnia di Gesu, e che io riferiro con iscrupolosa fedelta, come a me fu riferito per iscriltura dal medesimo.

Antonio apperia giunto in Roma a lui si presento, senza alcuna com- mendatizia a lui diretta, senza essersi con niuno consigliato, se non forse con alcuno de' suoi paesani, a cui dimando, appena giunlo in Roma, di chi si valessero pel governo dell' anima. L' accoglimento ch'egli ricevette dal religioso gli aperse il cuore, e schietto com' e- ra, espose a che fare venuto fosse in Roma: Essere suo intendimen- to di prestare i suoi servigi a difesa del Dominio temporale del Vi- cario di Gesu Cristo.

Ma, figliuolo mio, rispose il sacerdote, che conosceva la fa- miglia del giovanetto, non sapete che cotesto potrebbe costarvi la vita? E se cosi accadesse, chi potrebbe riconsolare mai piii il vo- stro buon padre?

A cui Antonio, con parole degne di essere scolpifce sulla sua tom- ba, come saranno scritte nel registro dei suoi merili pel paradi- so : Se e per la vita, io gia 1' ho sacrificata a Gesu Cristo e alia Madonna ; la morte non la temo, ma la desidero : se e pel mio caro Papa, sappia che io da lui ho il permesso ; anzi egli si unisce meco a dar questa prova di buon cattolico alia nostra patria, e poi... epoi...

Che vorreste significare?

Gliel dico, padre, perche lei mi dacoraggio di dirlo, io mi so- no messo in capo che se morissi pro Petri Sede, sarei martire.

Come, martire? insistette il sacerdote per iscoprire i tesori di un' anima si generosa.

Io ragiono cosi, riprese Antonio: il Santo Padre ha dichiara- to, che nel presente ordine di provvidenza gli e necessario il poter

MORTO 1L GIORNO DELI/ ASSUNZIONE DI MARIA, 1868 65

lemporale al libero esercizio dello spirituale; dunque combaltendo e inorendo per quello , \errei indirettamente ad essere mar tire di questo e della nostra santa Religione.

•« Dico il vero, conchiude il religiose die scrive questa conversa- sione, che udendo tali sentimenti da un giovanetto di primo pelo, •entrai in me stesso, umiliandomi davanti a Die, e dicendo in cuor mio: Quanto grande generosita, in eta si verde! E raccomandan- dogli la divozione a Maria santissima Ausiliatrice dei Gristiani, e ai santi apostoli Pietro e Paolo, lo accommiatai in quel giorno (e fu il 13 Luglio), augurandomi di avere la sorte di trattare qualche altra volta con un giovane di si alti spiriti. Non tar do molto a venirmi Irovare ; e fu due giorni dopo questa prima visita, al tribunale del- la Penitenza. »

€otali proponimenti eccelsi , stabiliti nell' intimo del cuore di Antonio con sincera e ineluttabile risoluzione, furono senza meno la radice , onde fiorirono poi i mirabili sentimenti , coi quali il vedre- mo andare incontro aH'ultimo sacrificio. ,

V.

Morte preziosa.

£ia era stato avvisato il padre di lui, per cura del maresciallo Bononcini, che aveva posto gli occhi su questo giovanetto compa- triota, e tenevane sollecitudine come amico e padre : ma non parlo di pericolo, perche pericolo \eramen4e, a delta dei medici, non vi era. lo pure presi a scrivere ciascun giorno il bullettiuo sanitario al padre, e ne raccoglievo le notizie dalla bocca deirinfermo e da- gli ufficiali dell'istituto, i quali medicavanlo con singolare iuteresse. Nessuna delle mie lettere giunse al suo indirizzo. Fu abuse dei po- stieri? fu incuria? fu semplice caso? Nonlocerco: certo fu dis- posizione di Dio, che indugiando ad Antonio 1' arrive del padre, il venne provando ed affinando con piu esquisila tribolaziene. In nessuna pavte il cuore di lui era piu tenero e sensitivo. Serie VU, vol. l\, fasc. 445, 5 24 Settcmbrc 1SC-8.

66 DI IN GIOVINETTO CROClATO

Nelle cotidiane yisite gl' inculcavo il ricorso ai rimedii celesli, come quelli che mai noh falliscono di rec*re alcun buon frulto. Niente era phi agevole che riuscire in questo : perche la sincera pieta di lui spontaneamente oltrepassava i rniei consigli. La giorna- ta gli trascorreva in preghiera, in giaculatorie, in atti di soggezione alia volonta divina, e rivolgendosi ad ora ad ora alia celeste Madre Maria, di cui era tenerissimo.

Non cessavano dal visitarlo camerati e paesani ; giacche nella breve diraora al quartiere di castel S. Angelo gia si era guadagna- to T affetto dei migliori tra essi. Uno dei medici, che piu soven- te il trattava, mi disse : « £ un angioletto. » La stessa parola mi ripeterono piu altre persone e i cappellani del luogo ; i quali in- teneriti di tanta giovinezza con tanta pieta congiunta, erangli spesso al capezzale ad aiutarlo deir anima.

In ispecial guisa il rev. monsignor D. Ambrogio Turriccia cosi di lui mi scrisse : « Ammirai in esso la serenitci deir animo genero- so e rassegnalissimo : mai un lamenlo pel male che il travagliava ; mai si dolse di alcune privazioni, le quali, in onta alia piu premu- rosa assistenza, accadono talvolta in uno spedale di oltre 800 infer- mi; mai una parola che accennasse la minima pena pel sacrificio del fiore di vita, quale egli presentiva come imminente. Mi chiede- va sempre libri di divozione (e si, che ne aveva portati seco parec- chi allo spedale); passata la febbre trovava in essi la piu dolce oc- cupazione; quindi dava mano alia grammatica tedesca dell'Ollen- dorf, che io lo pregai a lasciare in disparte, per non affaticare la mente gia stanca, offrendo invece altri libri di utile ma meno grave lettura. »

Quanto all'uso de' sacramenti, trovandosi di altre occupazioni li- bero, ne faceva sua frequente delizia; e piu volte a questo si giov6 dell' opera dei cappellani. Fin dai primi giorni, essendo venuto a vi- sitarlo il suo padre spirituale, dopo ragionato alquanto con lui di cose di anima : « Padre, gli disse, ora, se mi permette, mi prepare alia confessions : mi alzo, e vengo in cappella a farla.» E cosi fece, confessandosi, come soleva, con profondo raccoglimento, e con vi- vissima dimostrazione di fede, di umilta e di rassegnazione ai divi-

MORTO IL GIORNO DELL* ASSMZIONE DI MARIA, 1868 67

ni voleri. II di seguente, che era il 7 di Agosto, pure nella cappel- la dell'ospizio partecipo ai santi Misteri.

Un'altra volta lo stesso sacerdote gli disse : « Antonio, voi vi glo- riate di essere crocesignato, vorreste voi la benedizione colla reliquia della vera Croce? Questo santo Legno sara la vostra consolazione nel giorno del giudizio. » Antonio rispose: « Si, si, padre; » e si compose a profonda modeslia ; e segnandosi colla mano, ricevette la benedizione.

Mi cadde in menle, e certo lit ispirazione divina, d' indicargli il giorno 13 Agosto, sacro alia memoria del beato Giovanni Berco- mans, siccome opportuno a rinnovare le sue divozioni ; nel che non intesi punto che la S. Comunione gli fosse data in Yiatico : ma solo di attirare la protezione di quel santo Giovane sul giovane in- fermo. E non sapevo che , durante la breve malattia , gia piu volte egli si era santificato coi divini sacramenti. Antonio , docilissimo come sempre , mi rispose che bene gli piaceva il mio consiglio , e volentieri 1' eseguirebbe , tanto piu , che del bealo Giovanni aveva letta la vita. Altro non aggiunse, ma per me credo, che oltre ali'im- pararne gli esempii , avevali altresi assai bene imitati. Certo il Beato gli era in ispecial devozione; ed egli quanto altri mai ne spe- rimento amorevolissima la protezione.

Rimanemmo conformi che avessi ad avvertire il confessore ordina- rio. Questi, sentitosi chiamare improvviso, dubito di repentino tra- bocco del male, e corse di volo, seco divisando il modo di disporre T infer mo al gran passo. Trovo Antonio tut to sereno, che gli disse: « Padre, oh quanto volentieri morrei! ma non sembra che questo sia il caso.,. Si, si : posso avermi a presentare al tribunale di Dio... sa, voglio fare una rassegna generate della mia vita. » II ministro di Dio, credendolo assai aggravate, e conoscendo anima Candida che era Antonio, cerco di dissuadernelo e rimettere ad altro tempo questa non necessaria divozione. « E meglio adesso, insistette 1' in- fermo, su via, mi contenti. » E fu d' uopo contentarlo. Dopo di che, Tie piu allegro, esclamo: « Oh quanto muoio volentieri 1 »

Del resto la confessione non 1' aveva punto affaticato : fu cosa spedita brevemente, e con pace e sicurezza singolare ; tanto che in-

68 DI 1TN GIOYINETTO CROCIATO

terrogato il di seguente se piu nulla gli desse angustia : « Nulla ri- spose con tranquilla modestia, nulla. » Prima di partirsi da lui i! sacerdote gli rammento che la Comunione potrebbe farla il dimani. « Gia s' intende, aggiunse egli, per Yiatico. » Ne il confessore, ne i medici, ne altri avevario a cio pensato, non essendo il caso urgente: tuttavia fu compiaciuto della sua dimanda. E ancora questo parve consiglio secreto suggeritogli dall'Angelo Custode, giacche in realta fa T ultima sua Comunione.

Che si passasse tra 1' Ospite divino e il piissimo giovanetto infer- mo, noi nol sappiamo. Sappiamo bensi che il Signore si delizia nel- le anime pure, e si piace in esse adoperare meraviglie, ascose ai profani, e ch$ col loro celestiale splendore confondono le deboli Aisle umane. Antonio fino a questo giorno avea dimostrato vivissima brama di militare per Santa Chiesa : questo pensiero e la soddisfa- zione del suo caro padre erano i due poli, intorno a cui aggiravansi tulti i suoi nobili amori. Ora, che ad onta di tali aspirazioni , egli si rassegnasse acceltare dalla mano di Dio la morte , gia parevami grande abnegazione e nobilissimo sacrificio. Ma egli Yinse ogni mia espettazione. Perciocche dopo quell' istante, rincorandolo io a poire fiducia nel beato Giovanni, « Padre, mi rispose francamenle, gli ho chiesto in grazia di mod re. »

Mi sentii, lo confesso, mozzare le parole da tale risposta. A che confoi tare colla speranza di A'ivere in terra colui che anela a vivere in cielo? Siffatti sentimenti non li porge la natura, anzi li abborre: non possono nel cuore d'un giovane germinare altrinienti che per la superna operazione clello Spirito Santo. Da questo punto il mio pre- sentimento di vcderlo morire sembro mutarmisi in certezza. Pero entrando nella nuova via da lui indicatami: « Figliuol mio, gli sog- giunsi, se Iddio vi concede quello che gli dimandate, non e sen/a disegno di amorosissima provvidenza : state cerlo che sara vostro gran bene. » Seguitai a parlargli del paradiso, e a discorrere de- gli cccelsi frutti di chi offre la sua vita sotto le sante insegne della Crociala.

31 pensiero della morte si pauroso a tutti, e si insolito ai giova- ne tti, divenne dolce e caro al benedetto infer mo; eil confesso aper-

MORTO IL GIORNO DELL' ASSUNZIONE DI MARIA, 1868 69

taraente piu volte a' suoi camerati, dicendo che bramava di morire c che Yoleva andare in paradise. Antonio era manifest amen te inva- ghito di assistere al trionfo della Reina del cielo, nella prossima so- lennita dell' Assuiizione ; come appunto si.legge di alcuni Santi, ed egli doveva aver letto notantemente di S. Stanislao Kostka, il quale in questo giorno mori. Se ne avvidero alle sue parole coloro che gli stavano attorno , se ne avvide anche.uno dei medici , e mel disse espressamente.

E qui non posso trapassare sollo silenzio una simigliante conver- sazione, ch' egli ebbe col Cappellano appunto in questo medesimo giorno. Monsignor Turriccia , come gia dicemmo , gli aveva posto peculiarc affezione : del che era cagione, oltre alia sua indefessa carila cogl' infermi, la speciale condizione di Antonio , giovane di primo fiore. figlio unico, che aveva lasciato le agiatezze di sua fa- miglia unicamente per servire il Santo Padre, e inflne la singolare piela di lui, per la quale, tra i dolori della malattia gli sembrava, com' esso mi diceva, un agnelletto che da se si acconcia al sacrifr- zio. Or dunque accostandosi al letto di lui, prese a dargli animo della vicina guarigione. Rispose Antonio , Che egli morrebbe : il beato Giovanni Berchmans avergli oltenuta la grazia, e sarebbe in paradiso alia prima festa della Madonna.

A questo discorso il prudente sacerdote, temendo di alcun vaneg- giamenlo o allucinazione, si volse di proposiio ad allontanare dal- 1' infer mo colali pensieri. Gli rappresento che il voler morire cosi, appena prese le divise di soldato, sarebbe non un guadagnarsi il pa- radiso. ma un rubarlo : pensasse piutlosto a servire il Santo Padre, giacche pure per cotesto aveva abbandonato la casapaterna: avreb- bc agio di edificare i compagni col buon esempio , dare soddisfa- zione al padre suo , e raccogiiere piu ricco tesoro di merili. Ma per quanto il ministro di Dio si avvolgesse in parole, nulla valse: perche Antonio imperturbabile sempre e sorridente gli ripeteva il gia detlo, e aggiugneva, ch' egli voleva andare in paradiso a vedere la Madonna e il beato Giovanni. Cosi quel degno sacerdote mirac- contava di viva voce. Ma rifcriamo altresi la sua teslimonianza pei1 iseritio: c< Ammirai in lui... la calma flducia, e, direi quasi, la co- stante sicurezza di aver ottenuto dal B. Giovanni Berchmans la gra-

10 DI UN GIOVINETTO CROCIATO

zia di essere con lui in paradiso, il di dell' Assunta... To lo venivo animando a sperare la prossima guarigione ; ed egli sempre colla slessa sicurta rispondevami : Ho ottenuta la grazia : il di dell' As- sunta voglio essere in paradiso : lo vedra ! »

Di co tale fermezza nella persuasione e nella brama di morire, e cio per intercessione del beato Giovanni Berchmans, il Cappellano non sapeva rendersi capace ; e come di cosa al tutto straordinaria ne disse un motto al medico curante. Questi avverti ( cio a cui il sacerdote non aveva posto mente ) cbe iufatti in questo giorno cor- reva la festa del Beato, ed egli il sapeva da un suo figliuolo, die frequentava il Collegio Romano, nella cui chiesa si venera il corpo del santo Giovane e se ne festeggia la memoria.

Allora si apersero gli occbi a Monsignore: conobbe che I'infermo aveva fatto le sue divozioni ad onore del beato Giovanni; e gli en- tro un fei mo presentimento che quegli in verita se la fosse intesa col suo celeste patrono, affine di venire introdotto in paradiso nella solennita dell' Assunzione di Maria. Ricondottosi adunque presso rinfermo, gli ragiono in tutto diverso modo, cioe del santificare la vigilia dell' Assunzione , cio era il dimani , e il di della festa colla santa Comunione. Antonio ne fu contentissimo, sebbene poi per la condizione della malattia, non pote eseguirlo.

Ma perche mai e d'onde al santo desiderio di morire si aggiunse la cosi salda confidenza di venire appagato? Chi spieghera questo mistero ? A me sta fisso nell'animo ch'egli, ardente e generoso co- m'era offerisse la vita sua in sacrificio al Signore per la gran causa in cui difesa avea preso le armi crociate ; e cio nella festa del bea- to Giovanni Berchmans, appunto nel trattenersi cuore a cuore con Gesu Cristo dopo la santa Comunione : e che il Signore, che delle irnmacolate vitlime si diletta, accettasse la offerta, e per saggio del premio eternale, gli concedesse insieme colla invidiabile brania an- cora la maravigliosa fiducia di essere esaudito.

Sulla sera del giorno medesimo, la febbre comincio a vestire qual- che carattere di tifoide. II di seguente giunse il dottore Gian Michele, padre dell' infermo , avendo ricevuto un telegramma urgente. Glielo spedi la sera innanzi il maresciallo Bononcini; gli altri avvisi erano

MORTO IL GIORNO DELL' ASStJNZIONE DI MARIA, 1868 71

tulti iti in sinistro. Volo il costernato genitore direttamente allo spe- dale, e rassicurato al prime ingresso, che il iigliuol suo viveva tut- tavia, quasi ritorno egli stesso da morte a vita. Si parlarono piu co- gli occhi, che colle parole, essendo 1'infermo alquanlo impedito del- la lingua. Con tutto cio il dottore Michele giudico la malattia del figlio lungi dal disperato : trattavasi d'una febbre gastrica, regolare, e non troppo avanzata. I medici della cura gli mostrarono sui regi- slri il processo del morbo e della medicatura ; ed egli delle loro prescrizioni e diligenze si chiamo soddisfatto , e con me e con altri ne disse parole di compiacimento.

A me pesava sul cuore la promessa , che il buon Antonio diceva di tenere dal beato Giovanni Berchmans , di essere ritolto al mondo nel di prossimo dell'Assunta: non mi diede ranimodiragioharne col padre. Ma il Cappellano, piu coraggioso di me , gli manifesto i di- scorsi avuti coli'infermo, e aggiunse queste parole: « Io pure desi- dero vederlo guarito, mah... dico schiettamente , sto pensando a quella parola di Antonio, ripetuta con tanta fermezza... Non vorrei che ci avesse fatta la buila. »

II padre non ne fece gran caso. Talvolta avviene che i genitori ignorino tutta la bont& de' figli loro, come spesso accade che ne ignorino tulta la malizia. Non sapeva spiccarsi dal lelto di quell'uni- co pegno deU'amor suo, e se qualche ora toglievasi dalla presenza, egli era solo per pellegrinare a qualche santuario a ragionare con Dio del suo Antonio. La notte veglio allo spedale, e sotto gli occhi suoi il male diede I'ultimo tracollo: I'lnfermo perdette interamente la favella. Cosi piacque a Dio, che come egli aveva offerto il proprio figlio in olocausto per la Religione, cosi yedesse sotto gli occhi suoi la cara \itlima innocente consumarsi. « Signore, gli disse con gh> stissimo pensiero un mililare assislente , \oi avete posto smT altare la vostra offer la, non vi resta che inchinaiTi alia bonta di Dio, che la trova accellevole. »

All' alba della soletmila di Mafia Assunta il signor Michele si re- co soHecitaraente alia chiesa yicina per le festive devozioni, le quali che mai slavangli a cuore, aftine di implorare i celesti aiuti sul caro infeimo. Ricondottosi al doloroso ufficio, vide il suo Antonio

72 DI UN GIOVINETTO CROCIATO

cogli occhi rivolti al cielo, tranquillissimo e sereno; ma abbandonato inleramenle di forze. Conobbe che 1'ora del sacrifizio per entrambi si appressava. Chiamo egli medesimo il Cappellano pei conforti estremi, e intanto egli traltenevasi riguardando il figlio e sopra lui struggendosi d' inconsolabile passione.

II Cappellano monsignor Ambrogio Turriccia, la Suora e altri cir- eostanti il persuasero di lasciare il moribondo occuparsi solo del- 1'anima e del cielo. Allora il povero padre, cadde genuflesso a fian- co al letto, prego pel figliuolo, e lo benedisse: poi levatosi e tuito curvo sul volto di lui, lo supplied di ricordarsi iu cielo del padre suo: gli depose sulla fronte un ultimo bacio, e il richiese in contra- cambio di un ultimo sguardo. Antonio gli rivolse un'occhiata amo- rosa, ma con isforzo e lentezza, come se a stento rivocasse le pu- pille da alcuna dolce contemplazione; e compiuto questo sacro do- vere, con vivo slancio, torno ad affissarsi in cielo.

Dopo di che un pietoso amico spicco il padre dal figlio, e a me lo condusse. 11 che mi tolse di assistere agli estremi aneliti di An- tonio, a che fare mi disponevo appunto in quel momento. II padre, cristiano di tempera antica, mi confesso cbe gli sarebbe bastato rani- mo di vedere sino all' ultimo il iiglio suo agonizzare e morire: ma si era arreso agli altrui consigli, per npn richiamare i pensieri del morente sul padre terreno, in quel punto in cui tan to importa ane- lare unicamente al Padre celeste.

Di questa sola aspirazione certamente si pasceva la bell' anima di Antonio. Non si saziavano gli astanti (e molti gli facevan corona, aceorsi d' ogni intorno) di riguardare gli occhi suoi, soavemente sol- levati al cielo, sfavillanti come due stelle, con tale costanza e posi- tura che pareva impossibile in agonizzante. « L' ultima ora di vita, cosi si esprime tra gli altri il Cappellano in una sua lettera, si stet- te sempre cogli occhi aperti, sereni e fissi immobilmente al cie- lo. Sarebbesi detto che stava aspettando la visita del suo Giovanni Berchmans, che doveva presentarlo1 al trono della gran Vergine. »

II minis tro di Dio, poiche gli ebbe amministrata la Estrema Un- zione, con lui si tratteneva suggerendogli preghiere e affetti conve- nienti a quel supremo istante; e tra la stima che aveva di lui ( « fu

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di una purezza di costumi fmo all' ultimo integerrima, » cosi mi scrisse), e la conoscenza delle misteriose cose precedute, e la vista di quegli occhi quasi parlanti, egli non si peritava punto d' incorag- girlo di rendere fiducialmente il suo spirito a Dio, e ripromeltergli che la Vergine Maria e il beato Giovanni verrebbero ad incontrarlo.

Antonio Goldoni, alle ore 7 e un quarto, la mattina dell'Assunzio- ne di Maria, come aveva desiderato e predetto, con placidissimo trapasso rendeva 1' anima benedetta. Fu il primo tra i numerosi cro- ciati suoi conclltadini , che desse la vita sollo le insegne di S. Pietro.

« In tale guisa costui si moriva, lasciando non solo ai giovani, ma a tutta la nazione la memoria della morle sua in esempio di virtii e di fortezza. » (II Maccab. VI, 31.)

VI.

Onori dopo morte.

Ci fu recato I'annunzio terribile dal maresciallo Bononcini, o piut- tosto noi gliel leggemmo nella mestizia profonda del volto, ed egli compi il discorso, con dirci: « Un angelo di piu in cielo! » C' ingi- nocchiammo. II povero padre, gia non piu padre, si prosterno col volto a terra, e adoro la sovrana Maesta di Dio, che d' immensa piaga il percoteva. Tra i gemiti, e il pianto, e i singulti che gli sof- focavano il respiro, pure alterno con noi la prima preghiera per 1'anima del defunto. Non gli fuggi parola di lamento, non si ramma- rico di avere permesso al figlio di crociarsi. Ci diceva : « Per me non v' e piu inondo, ne speranza, ne tiniore, ne vita, ne morte; tutto m' e indifferente, ogni mio affetlo si porto seco il mio Antonio. » E pure non tralascio di ringraziaie me ed altri, che si erano adoperati per farlo accettare ne' ruoli de' crociati. Anzi in un momento, in cui tutta gli apparve la bellezza e la gloria e la felicita della morte del- Tunico figlio, mi confesso che il dolor suo era misto di una arcana dolcezza. Infatti ne aveva ben donde : Antonio non potea ne meglio vivere, ne meglio morire.

Alcuni giorni dopo, mi scrisse: « Padre, non posso piu piangerlo. Anzi di tutto cuore ringrazio Iddio che mi ha fatta la grazia, in un

74 »I UN GIOVINETTO CROCIATO

modo straordinario, di esallarlo. Se io non gli concede va la parten- za, egli infermava e forse lentamente veniva a maiicare, o di acuto morbo si estingueva, e passava inosservatormaaRoma... Crociato! Oh, io sono felice: e Iddio qui in terra, ben me n' avveggo, mi ha premiato delle cure costant! accio raio figlio riuscisse buono, e del- 1' amore immenso che porto al Pontefiee dell' Immacolata. »

Beato chi intende la filosofia Irascendente degli amori cristiani. Non allignano ne' cuori fiacchi, non gl' intendono le menli volgari ; ma cio non iscema lor pregio, perch e sara sempre vero, che essi sono conform! e quasi direi parallel! a gli amor! stessi di Dio.

A me poi, nel ripassar collo spirito le vicende pria si liete, poi si tristi deU'unico mese che Antonio Goldoni visse in Roma, sembrava che una meteora fosse trascorsa velocemente dinanzi agli occhi miei, accesa un tratto di vivida luce, e subito estinta. Ma argomentandomi di dissipare le immaginazioni della fantasia, ragionavo meco che la Stella del giovinetto Crociato non era spenta no, ma piuttosto en- trata in piu ampio sistema, che non conosce ne ecclissi, ne tramonto, e si bea di continuata luce e sempitema.

II Goldoni, chi anche di cio volesse avere contezza, fu di persona alto piu che mediocremente, ben complesso, e di sanita intatla e forte. Sembrava nella solidita e snellezza della membratura, nella torosita del collo, nell' ampiezza del petto rilevato tenere alcun che dell' atleta ; ed era tuttavia sul crescere, non avendo valico 1' anno diciottesimo che di due mesi, quando cesso di vivere. II volto ebbe ovale e pieno anzi che no ; fattezze regolari, maschie e non troppo risentite, colorilo florido ma non acceso ; la fronte piultosto ampia, il mento appena vellutato della prima lanuggine. Al primo aspetto poteva giudicarsi acconcio al mestiere deirarmi, tale gli traspariva dal sembiante la fermezza del eontegno, e la risolutezza dei movi- menti: e pure nulla mostrava di rigido. Che anzi dolce gli fioriva sulle labbra il sorriso, il guardo era sereno, fisso, sicuro, e nel tem- po stesso amorevole, e atteggiato ad una incomparabile Yerecondia. Niuno poteva fissarlo atlentamente e non giudicarlo giovane asse- gnato e modesto; dopo breve conversazione, sulla sua bonta sareb- besi giurato.

MORTO IL GIORNO DELI/ ASSUNZIONE DI MARIA, 1868 75

Parra incredibile e pure e verissimo: la fama diquesto giovanetto appena apparso e scomparso in Roma, si diffuse ampiamente, e con un soave senso di pieta e di tenerezza non ordinario. Non so die al- cuno ne parlasse, o ne intendesse parlare con iiidifferenza. Nello stesso spedale, dove la perpetua immagine della giovcntu mieluta immaluramente, sembra dovere ammortare la vivezza della com- passione, il pericolo di Antonio Goldoni e poi la sua morte ris- vegliarono interesse e singolare compianto. Presso i militari poi del suo corpo la perdita di questo novellino camerata fu un vero lutto di famiglia. lo stesso dandone la novella ad uno di essi il vidi altristarsi profondamenle e lacrimare, come se in Antonio perduto avesse un fratello. Vero e che alle parole affettuose ciascuno aggiungeva: « Beato lui! E morto come un santo! Era un angioletto! Oh, egii e certo in paradiso! » e simiglianti esali del cuore, che sogliono ab- bondare nelle morti dei giusti ; e qui tanto piu sembravano maravi- gliosi, quanto piu breve era stata Tapparizione di Antonio alia ca- serma.

In patria, il commovimento pubblico fu anche maggiore che in Roma, ma sempre commovimento religioso. Lo sparire per morte di un giovane diciottenne in una grande citta e si ordinario falto, che fuori del piccolo cerchio degli attinenti, appena se ne muove menzio- ne. Di Antonio Goldoni non fu in Modena chi non discorresse, e la sua morte a ciascuno apparve bella e nobile per lui, e memorabile per la patria. Comune fu la condoglianza, ma mitigata dalla opinione di bonta che al giovanetto si attribuiva, e dagli esempii della sua vita innocente e virtuosa, che ciascuno, quasi dalla preziosa morte av- vertito, in lui riconosceva e rammentava. Le circostanze invidiabili del suo trapasso crescevano divozione; per forma che da lungo tem- po niuna morte eccito tra quei cittadini si pietosa dolcezza, e lanto esaltamenlo per -la gran causa di Santa Ghiesa.

Un grido unanime sorse tra i suoi concittadini in Roma , e tra i conoscenti e gli amici della famiglia e i ferventi cattolici in Modena, che fosse da perpetuarc la memoria del benedetto Crociato con un monumento erettogli dairamoreedairammirazione commune. Tosto cominciarono le spontanee oblazioni.

76 DI UN GIOVINETTO CROCIATO

Gli onori renduti al suo cadavere nella capitale del Catlolicismo, furono ahch' essi straordinarii : perciocclie egli ebbe accompagna- mento volontario dai Carabinieri esteri, dai Gendarmi, e mimerosis- simo dai corpo degli Zuavi, tra i quali gli amici avevano divulgato i meriti dell' estinto Crociato. Gli Artiglieri avrebbero interamente disertato il castel S. Angelo, per assistere al morlorio, se loro fosse stato concesso. Tulli il chiedevano, e quelli cui fu negato, se ne dolsero amaramente, e quelli cui fu permesso, se 1'ebbero in conto di grazia.

Levaronlo dai deposito dello spedale, recandolo in ispalla i suoi commilitoni in divisa di gala, e altri in buon numero ne circondaro- no il feretro portando le torce ardenti. Lapompa fuiiebre prese am- pie le voile percorrendo piu strade e piazze, sino a rientrare nell' ora- torio annesso al luogo pio, dove si consummarono gli estremi ufficii.

E io pure, se e lecito il ricordarlo, trassi allora a dare 1'ultimo vale a quella salma benedelta ; e ne provai acerba distretta al cuo- re. Gia avevo preso ad amare Antonio, come nuovo amico, anzi co- me figliuolo: tante volte mi aveva chiamato padre! Ora me lo rap- presentavo, quale visto 1'aveva quasi pur ieri, fiorente di giovinez- za, lutto brio e letizia, anelante a cavalcare in campo tra i bronzi di guerra ad abbaltere i nemici di Santa Chiesa ; ed ecco egli stesso giaceva dinanzi a me prostrate e spento, e 1'assisa di crociato si ac- cesamente ambita, quasi spoglia di morte, era distesa sulla coltre mortuaria. Non sapevo darmene pace, ne consolarmi; e solo il mo- do della morte sua di tante pielose maraviglie ripieno mi porgeva conforto.

I compagni suoi spontaneamente e per comune tributo, gli ave- vano posato in .capo al feretro una ghirlanda di candidi fiori: me- moria e simbolo della sua innocente conversazione in mezzo a loro. A me parve, e ne sentii profonda persuasione, che quella corona caduca fosse rappresentanza e figura della immortale, onde gia si adornava 1' anima beata.

Mi andavano per la mente le sentenze dei dottori e dei santi, che i caduti nelle battaglie di religione appareggiano pressoche ai mar- tin della fede di Gesu Cristo: mi risonava dolcissima in cuore 1'au-

MORTO IL GIORNO DELL* ASSINZIONE DI MARIA, 1868 77

forevole parola di Pio IX, die i morti dell' ultima guerra in Roma, assomigliava ai sette invilti Maccabei, i quali pure la Chiesa venera sugli allari del nuovo Testamenlo. Ora Antonio Goldoni non era for- se anch'egli venuto ad ofTerire la sua Vita? non era egli morto vittima della sua oblazione ? Non aveva egli delto : La vita io gib. I ho $a- cri-ficata a Gesu Cristo... la morte non la temo , ma la desidero... se morissi pro Petri Sede, sarei martire?

Adunque beata e bene avventurosa e la morte sua. E vero che breve fu la vita. Ma se egli e vero die gli spiriti immortali sono pel- leg rini quaggiu, e, per divina disposizione, cittadini della patria del cielo, non e a compiangere la sollecita dipartita. Piuttosto e da invi- diare Antonio , perche in picciol cor so compi felicissima carriera. Molti col lungo volgere di anni e di lustri, non sanno pure trovare le niosse del cammino a cui Iddio gli appella : Antonio conobbe la sua strada fin dal primo aprile' della vita, e fu la piu onorata, la piu san- ta , la piu eroica. Vi entro animoso , la per corse finche piacque a Bio, ottenne prontamente la meta. Di lui sara ripetuto in cielo 1'elo- gio dei libri divini : « Quest' uomo adempi tutto cio che Iddio gli aveva comandato , percio il Signore gli disse : Or entra in seno del mio riposo. » Chi ben muore , non muore anzi tempo : perche « la canizie, dice Dio, sta nell' ess ere sapiente, e si puo dir giunlo alia vecchiaia chi trascorse la vita immacolato. »

Non si puo da uomo mortale desiderare piu felice ventura in sul- la terra. Iddio stesso a quelli che predilige non concede ne piu ne meglio.

E pure non manchera in questi tempi di fede impoverita e di fiacco sentire, non manchera forse chi sia per dar biasimo ad Anto- nio, perche siasi gettato al pericolo, lungi dalla casa paterna, in eta si tenera, mentre niuna necessita costringevalo, uiun terreno vantaggio lo allettava; forse si compatira la sua inesperienza. Pru- denza carnale! Non poteva egli egualmente morire, se rimanevaal- 1'ombradel tetto natale, e morire senza gloria in terra, e senzame- rito in cielo?

Deh, che tra tanti esempii di villa, che d' ogni parte contristano il guardo di chi ancora si sente uomo e battezzato, il lamento non ca-

"78 DI UN GIOYINETTO CROCIATO ECC.

da sui forti, che alto si levarono dalla comune bassezza : cada piut- tosto sopra tanta gioventu , cui il vizio incalza a precoce sepolcro e inonorato ; cada sopra i vecchi, cui la canizie e rimprovero e ri- morso di anni mal vissuti. Tacete, tacete, o prudenli del mondo: non udite la voce del cristianesimo tutto che vi smentisce e vi con- fonde?

Ma Antonio Goldoni, le turbe del secolo errante piu non paventa, piu non ode: egli incoronato di luce (tutto ce ne porge fermissima speranza) , beato della beatitudine stessa di Dio che in se lo trasfor- ma e a se Y unisce, ricongiunto a' suoi cari, aspettando il padre suo, tanto e lungi dal rammaricarsi di avcre immolato per la Religione 1' eta giovinetta , che anzi di questo trae letizia divma , e sorriso di gioventu sempiterna.

lo mi sono ingegnato di raccontare semplicemente il suo breve arringo, la sua palma e la sua corona: verita m'e stata guida, e se 1'amicizia mi diede impulso, certo non mi fece velo. Pero il raccon- to depongo sulla^ua tomba, con sicuranza e con venerazione ; e fidu- ciosamente invito a riandarlo i suoi concittadini modenesi, i suoi compatriotti italiani, i suoi commilitoni di tulte le nazioni cattoliche concorsi alia Crociata. Piaccia a Dio, che alcuno in sollevando gli occhi da questa lettura, dica: Felice lui! che in &i picciol corso la- scio si luminoso vestigio della sua passata ! cosi mi piacerebbe vive- re, cosi morire!

R I V I S T A

DELLA

STAMPA ITALIAN A

// Concilia Ecumenico: Diario eStoria. Si pubblica il yiovedl in quaderni da 8 a 32 pagine Milano 1868.

Di questo periodico, cominciato a pubblicare da circa due nrcsi, non ci sono pervenuti che i primi tre numeri solamente. E pure in si angusto spazio ci siamo abbaltuli in errori cotanto gravi e perni- ciosi, che dove fossero accolti basterebbero essi soli a dissolvere tuita 1' organizzazione della Chiesa, ed alcuni a distruggere fmanco gli stessi fondamenti del Cristianesimo. Se questo sia il pessimo fi- ne, a cui con animo deliberate mirino gli editori, nascondcndo, per meglio riuscirvi, ilceffo di lupi sotto la pelle di agnelli; noi nol cer- chiamo. A noibasta che le scritture considerate in se stesse sieno ree, e tan to piu quanto la reita e piu dissimulata sollo le apparenze della pieta, per doyerle dinunziare alia pubblica esecrazione, a scam- po massimamente de' semplici.

E gia dallo stesso programma, che e messo ir. aanzi nel prinio nu- mero a nome di tutti gli Editori, coniincia a !. aspadre assai mani- iestamente il malvagio spirito del Giornale . Poiche discorso della grande commozione cagionata nel mondo al seinplice annunzio del Concilio, e recatone in argomento la dis ussione che ne fu fatta nel corpo legislative francese, siprende da cio occasioned! parlaredel- Taccordo fra il caltolicismo ed il mocTerno liberalismo. Ed ecco so-

80 RIVISTA

pra questo soggetto il sentimento degli Editoii. « In vero, essi di- cono, dal capo dell' assemblea, dove si raccolgono i rappresentanli della nazione francese, fu delta una grande verita, affermando che la Francia liberale e cattolica e la piu eloquente risposta a coloro, i quali pretendono che la liberta e il cattolicismo si escludono a vicenda. Questa grande nazione, passata fra le prove di tanta tempesta, dopo aver veduti rovesciati gli altari , violati i tempi! , proscritto il sacer- dozio, e nuovi altari eretti, e aperte le chiese a nuovo culto, e creati nuovi leviti , s' e riconciliata entusiasticamente colla fede de' padr! supi senza abdicare nissuna delle yrandi conquiste della civitta e della liberta 1. » Non e nostro scope indagare, se la sentenza del presidente della Camera legislativa francese sia stata esattamente renduta : ma la sentenza degli editor! troppo chiaramente risulta dalle citate parole. Per essi la Francia e proposta in esempio di meravi- glia, perche dopo avere scardinato tutti gli ordini del cristianesimo, per affermare teoricamente e praticamente i principii della civilta .moderna, seppe rifarsi cattolica sino all' entusiasmo, pur manteoen- do allo stesso modo que' principii. Or a non v'ha chi ignori che sieno cosi fatti principii, i quali flel gergo liberalesco sono chiamati con- quiste, inquanto per opere di violenze e d1 inganni si e riuscito a farli valere nelle moderne society, in preferenza de' contrarii che erana in vigore nei governi piu antichi. Essi sono, nell' ordine politico la sovranita popolare con tutte le sue conseguenze; e negli ordini civi- le, morale e religioso la libertSt del pensiero, della coscienza, de'culti e della stampa con tutti i corollari che ne derivano. Pertanto che una nazione, nella quale sono in vigore le dette liberta, si possa cio noB ostante mantenere cattoRca , e cattolica se si vuole sino all' entusias- mo, cio non contiene nulla di contraddittorio; si perche la nazione non ^responsabile degli atti degl' individui , i quali debbono essere mo- derati dal Governo e non da' popoli considerati come tali, e si perche lo stesso Governo puo trovarsi nella necessita di dover tol- lerare o tutte o parccchie di esse, almeno sino a un dalo segno e con certe misure: che eappunto il caso della Francia. Percontraria

1 Num. J, pag. 2.

BELLA STAMPA 1TALIANA 81

affermare che quelle libertti si possano mantenere come conquiste, considerandole cioe non come un male necessario, che bisogni per- mettere per impedire mali maggiori, ma come dettami per se rego- latori della societa, e chi ci6 faccia possa tutt'insieme esser cattolico pio e fervoroso, com'e la senlenza degli Editor! del Concilio; questo e cio che non puo sostenersi in niuna guisa,perche urta contro aper- tissime dichiarazioni de'Romani Pontefici. Si aprano di fatto le En- cicliche di Gregorio XYI e del regnante Pio IX ; e niuna si trovera delle conquiste si celebrate della moderna civilta e liberta, che non sia ora espressamente ed ora implicitamente condannata. Si consult! segnatamente Y ultima proposizione del Sillabo ; e si vedra che la sentenza che v'e proscrilta contiene, comeilgenere contiene la spe- cie, la sentenza degli Editori. La proposizione che e condannata nel Sillabo dice : « II Romano Pontefice puo e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso, col liberalismo e colla moderna civil- ta 1 » ; e gli Editori del Concilio asseriscono , che la Francia, senza rinunziare a nessuna conquista della moderna civilta e liberta, in altri termini del progresso e del liberalismo moderno, pote riconciliarsi col cattolicismo. Ma non e egli chiaro, che se il Romano Pontefice, come Capo e rappresentante della Chiesa cattolica proclama che esso non puo in niuna guisa ammettere i principii o conquiste chp voglian dirsi del moderno liberalismo; proclama allo stesso tempo che niuno puo mantenersi buon cattolico ( ed e il meno che possa dirsi ) , se Don rinunzia a que' principii ?

Ma andiamo innanzi. I mentovati Editori, come teste si e detto, accennano ai discorsi tenuti nel parlamento francese intorno al fu- turo Concilio. Or ecco un' osservazione che aggiungono sopra que- sto proposito. « Noi riporteremo, essi dicono, il testo di quelle ele- vate discussion! , le quali provano una volta di piu, come un gran popolo non possa vivere senza rendere omaggio a quelle divine ri- velazioni, che sono gli splendor! della fede, e che dischiudono infmiti orizzoiiti di speranze ineffabili 2 ». Qui, com'e chiaro, si fa

1 Romanus Pontifex potest et debet cum progress^ cum liberalismo et cum recenli cimlitate sese reconciliare et componere. Propos.LXXX.

2 Ibid. loc. cit.

Serie VII, vol. IV.fase. 445. 6 24 Settembre 1868.

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un elogio della sostanza almeno di que' discorsi, i quali non pure sono detti elevati (crediamo bene per altezza di concetti), ma tali ancora che rendono omaggio alle verita rilevate. E se \i si facesse una qualche reslrizione, se non altio in yenere , con protestare di non ammettere tutte le sentenze cola proferite, potremmo forse rico- noscere in quella lode una semplice esagerazione di corlesia. Ma vedendo che ne a questo luogo si appone niuna clausola di riserva, ne altro si aggiunge nel numero II, dove fedeli alia promessa ripro- ducoiK) quasi interamente il discorso del sig. Olllvier e la risposta del Ministro ; siamo obbligati d'inferirne, che dunque i sopraddetli Editor! accettano in complesso tutte le massime pronunziale sopra quell' argomento, attribuendo ad esse il singolare onore di toruare in omaggio delle verita rivelate. Ma noi, esaminale atlentamente le parole pronuuciate in quella discussione (e intendiamo precisa- mente le parti riportate dal Giornale) non vi troviamo altio osse- quio alle verita rivelate, se non questo assai indiretto, che il Papato e una gran potenza, e la religione cattolica, stabilita sopra que- slo fondamento , ha molta influenza nella civile societa. Quauto poi alia sostanza , tutta quella discussione si puo riassumere nelle seguenti sentenze. In virtu dell' antica legislazione , riconosciuta ed accettata anche dalla potesla ecclesiastfca, lo Stato godeva, per la contingenza di un Concilio ecumenico, di questi diritti: I, di poter proibire la pubblicazione delle Bolle che il convocassero : II, di" poter autorizzare i Yescovi a recarsi a Roma, o per con- trario vietare la loro partenza : III, di poter interdire la promul- gazione delle decision*! prese dallo stesso Concilio gia celebrato e confermato. Yedesse intanto il Governo, se nelle present! circo- stanze convenga meglio alia Francia mantenere si fatti dritti; o piuttosto , dacche il Pontefice convocando da se il Concilio ha mo- strato col fatto di voler separare la Chiesa dallo Stalo , non sia mi- glior partito pigliar da cio occasione di separar lo Stato dalla Chie- sa. Questo per rispetto alle relazioni delle due potesta, 1'ecclesiasti- ca e la politica. Per rispetto poi alle quistioni esclusivamente re- ligiose, dall'una parte fu lamentato che il Clero gallicano avesse smesso que'principii, che un tempo formarono la sua gloria; e

BELLA STAMPA ITALIANA 83

daH'altra fu sostenulo, che quc'principii sono al presente affermati allo stesso modo che in antico : essi sono in primo luogo la dottri- na, che nega al Papa, considerato da se solo, il privilegio della infallibilita ; ed in secondo luogo quella che fa il Concilio ecumeni- co super lore al medesimo Papa. Ora le dette proposiziorii , ed altre consimili riferite dal Periodico, si trovano tutte, quali con un grado di censura e quali con altro condannate , e quali almeno riprovate da' Romani Pontefici, anche per mezzo di Bolle dommatiche accettate da tutta la Chiesa : e sono quelle che furono in varii tempi emanate contro i Giansenisti. Cio non ostante gli Editor! del Concilio, per cio almeno che discende qual immediata conseguenza dalle loro pa- role, le accettano in fascio siccome fiore di cattoliche verita!

Se non che non e mestieri di argomenti indirelti a far rilevare il veleno del Giornale che esaminiamo, quando vi ha error! im- mensamente piu rei de'gia menzionati, che vi si trovano espressi con proprie e manifeste parole. Nel numero I, a pag. 8, citata quella sentenza del Vangelo: « I primi saranno gli ultimi, e gli uitimi i primi », gli scrittori, senza nessun velo di metafora ne an- fibologia di parole, ne fanno il testo di questa breve, ma succosa lezione di teoria rivoluzionaria e socialistic^. « Ecco, essi dicono, la legge dell' uguaglianza, il cardine del rinnovamento sociale , la leva potente, che i tempi civili adoperano per sommovere il mon- do. » Altro che superiorita del Concilio sopra il Papa, o diritto di ingerenza della potesla laicale nella disciplina ecclesiastical Qui sono niente meno che consecrati tutti gli sconvolgimenti sociali, si quell! che si sono compiuti e si quegli altri che si spera di com- piere, siccome legittime conseguenze di un principio del Yangelo! Sarebbe tempo sprecato (tanto evidente e la cosa) diniostrare la fa- tuita di questo senso, che si da alle parole di Gesu Cristo. Ma co- loro che si fanno autori d' interpretazioni, dall' una parte si empie e dair altra, diciamolo pure , si bestiali, da quale spirito conviene che sieno animal! in quest' opera, che hanno assunta, di ammaestra- re il popolo nelle dottrine del cristianesimo ?

E conforme a cotesta legge di eguaglianza ed al principio della democrazia, che gli scrittori del periodico veggono nel Yangelo , e

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la idea die essi danno della organizzazione indolta da Gesii Cristo nella sua Chiesa. Eccone alcuni schizzi a tocclii piu indeterminati, ma pur sufficientemente significativi, nel num. Ill, pag. 21, colle seguenli parole. « Dalla morte della repubblica, eke uccideva la de- mocrazia del Bruti e del Scipioni, al nascimento della nuova repub- blica, fondata dalla democrazia di Cristo, correvano pochi giorni. La Provvidenza non distrugge, ma rinnova. La democrazia muni- cipale di Roma pagana avea preparata la via del Cristianesimo, democrazia universale delle genii. » Che se bramate qualche cosa di piu precise e piu chiaro, recatevi alia pagina seguente; e sarele quivi avvertito, « che e da tener conto del pensiero erninente- mente democratico de' primi comuni o chiese crisliane ». Noi inve- ce osserviamo, che qucl farsi le primitive chiese crisliane sinonime di comuni, come troppo chiaramente apparisce dal testo, in primo luogo spiega la sentenza piu generica del testo precedente, facen- do intendere che si vuol significare una vera democrazia; ed in se- condo luogo riduce la dollrina di Gesu Cristo ad un essere, se non esclusivamente, come pare, almeno principalmente politico.

83 poi domandate agli autori sopra quali argomenti essi appog- giano questa loro dottrina, ve ne arrecano due nella medesima pa- gina, immediatamente appresso il luogo citato.

II primo e la comunanza de' beni, di cui affermano che in quei principii fu posta legge a tutti i cristiani. « La comunanza de' beni (sono le loro propric parole) e proclamata e voluta dalla nuova legge, e la miseria e bandita d' in seno alia congregazione de'neofiti per via della reciprocita e della associazione. Anania e Saffira cadono ful- minati dinanzi alia Chiesa; imperocche traltidairavarizia,nonavea- ano versati integra la somma de'loro averi nel tesoro commie. » Due grossissimi errori si nascondono in questo piccolo brano. L'uno e, che quella cessione di beni, che i primi fedeli faceano alia Chie- sa, acciocche fossero distribuiti in comune, avesse fondamento nel principio di un' uguaglianza democratica , conforme al senso che aveano poco innanzi spiegato. E questo e falsissimo, come risultasi dal tenore del racconto, che n'e inserito negli atli degli Apostoli, e si dalla uniforme interpretazione de'SS. Padri. Secondo cosi autorevoli

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testimonianze la ragione, che moveva i primi cristiani a questo tola- !e spogliamento,era per Tuna parte lo spirito di poverta, che anima- va i ricchi a sbarazzarsi di lull' i loro beni lemporali per attenderc eon piu agevolezza alia perfezione evangelica; e per 1' altra lo spiri- to della carita, che gl' induceva a provvedere alle necessita degli al- tri fratelli. Tutto all' opposto nella democrazia, di cui sono movenii due principiicontrarii, quello deli'egoismo e quello della cupidigia; pretendendo i poveri per proprio diritto le sostanze de' ricchi, e rilut- tando quesli aH'iniqua spogliazione. L'altro errore del tratto che esaminiamo consiste nel supporre, che quella rinunzia di beni tem- poral! fosse un precetto, proclamato e voluto dalla nuova legge. II che i redattori si argomenlano di provare col gastigo inflilto da Dio ad Anania e Saffira, che mossi da avarizia soltrassero per se una parte del ritraito dalla vendila di un loro campo. Ma questo esem- pio prova il contrario. Ascoltiamo il rimprovero che San Pietro , il quale dovea pur sapere se c' era questa legge , fece ad Anania. « E perche mai, egli disse, perche Satanasso ha tentato il tuo cuore a mentire allo Spirito Santo, e far frode sopra il prezzo del campo? Forseche non era tuo, se tu il volevi conservare ; e se venderlo, non era a tua disposizione il prezzo che ne avresti ricavato? Perche ti sei indotto a cio fare? Tu non haimentilo agli uomini, ma a Dio l.» Se dunque Anania era libero di vendere o ritehere il campo ; e ri- tenendolo sarebbe rimasto proprietai io del fondo , e yendendolo a- vrebbe avuto la libera disposizione del prezzo , e troppo evidente che non dovea esservi niuna legge , che obbligasse i fedeli a spro- priarsi de' loro beni e metterli in comune. Perche dunque prima Ana- nia e dipoi Saffira sua moglie furono si acremente rimproverati dai Principe degli Apostoli di avere frodata la Chiesa di una parte del prezzo del loro campo, e per cio stesso colpiti da Dio di morte subi- tanea? Lo dice espressamente il medesimo Pietro: perche mentiro- no allo Spirito Santo. II che puo avere due sensi, o inquanto sem-

1 Divit autem Petrus: Anania, cur tentavit Satanas cor tuum mcntiri te Spiritui Sancto, et fraudare de pretio agri? Nonne manens tibi ma- nebat, et venundatum in tua erat potestate? Quare posuisti in corde tuo hanc rem ? Non cs mentltw hominibus, sed Deo. Act. Apost. V, 3 seqq.

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plicemente dissero una menzogna; o yeramente perche avendo volon- tariamente consecrato alia Chiesa quella proprieta (forse con \oto)7 col ritenersene poi una porzione del prezzo si fecero rei di furto e di sacrilegio : ed e la sentenza piii probabile.

II secondo argomento, eke i redattori del periodico adducono in pruova della democrazia della Chiesa , seguita dopo tre linee dal luogo recitato, e riguarda la intrinseca costituzione di essa Chiesa. Ecco le lor parole. « Ed e per imiversale suffragio che i gradi del sacerdozio son conferiti, a moderare piu che a governare,a consiglia- re piu che a reggere le democratiche convivenze, come si ritrae dal nome istesso che ebbero i primi leviti di diaconi, che vale quanto amministratpri delle comuni sostanze. » Gran fondo di nequizia e nelle cose, che qui espressamente si affermano, maggiore ne' sensi che vi sono necessariamente sottintesi. Dapprima e detto che i gra- di del sacerdozio erano conferiti per suffragio universale : la quale ultima frase, del tutto estranea al linguaggio ecclesiastico, fa inten- dere naturalmente che la legittimita e validita delle elezioni, secondo la costituzione data da Cristo alia Chiesa, dipendesse dalla manife- stazione della volonta del popolo-, espressa se non da tutti certo dalla maggior parte de' yoti ; poiche questo e non altro e il significato di detta frase. Ora ayvegnache il popolo , nell' antica disciplina eccle- siastica , a^vesse qualch' ingerenza nella elezione de' sacri ministri ; questa pero non si riduceva ad altro, che a testimoniare della bonta della \ita de'candidati, fossero molti o pochi i testimonii, purche fe- dedegni : e per cio stesso quando per altri mezzi potea costare della idoneita degli elegibili, non solo gli Apostoli, ma anche i loro sue- cessori, come si sa per la storia ecclesiastica , ordinarono vescovi e sacerdoti senza cercare il suffragio del popolo. Secondariamente si afferma, che i gradi del sacerdozio erano conferiti a moderare piu che a governare, a consigliare piu che a reggere le democratiche convivenze. Colle quali parole s' insinua, benche a mezza bocca, che la potesta ecclesiastica nonjisedesse propriamente negli eletti, ma si nel popolo : e si ribadisce piu chiaramente coll' inciso se- guente, in cui se ne reca in ripruova il nome di diaconi dato ai pri- mi leviti; nome che per se significa ministerio e non superiorita.

BELLA STAMPA ITALIANA 87

Ma va anche piu oltre la malizia di quest' ultima particella del periodo. Poiche avete notato in eke si fa consistere cosi falto mini- sterio fa'prhni levittf non piu che nell' essere amministratori delle comuni sostanze. E cosi una parte deiruffizio di que' ministri , ehe furon detti esclusivamenle diaconi; parte a bella posta commessa ad essi, che teneano V ultimo grado nella gerarchia ecclesiastica, acciocche quegli altri del grado superiore potessero attendere al go- verno spiriluale delle anime 1, e fatta apparire non solo comune, ma iinico incarico di lutti i ministri della Chiesa. Con che si rende sem- pre piu chiara la sentenza, che negli altri due tesli precedent! abbiam veduto suggerita dal Giornale, cioe che la Chiesa, secondo la costi- tuzione che le diede il suo Fondatore, altro non e che una pura e schietta democrazia.

La qual sentenza e tutto conforme all' origine affatto naturale, che questi degni scrittori assegnano al Cristianesimo. « L' opera del- 1'unita romana (cosi nel n. Ill, pag. 22) prepara alia grande opec ra deH'unita cattolica, secondo la legge del progresso indefinite del- I'umana famiglia, che va atteggiandosi variamente nel tempo e nel- lo spazio al miglior suo governo. » Per fermo anche i Padri della Chiesa riconoscono neli' impero romano una preparazione del Cri- slianesimo. Ma la preparazione, che intendono que'Dottori, riguar- da unicamente 1'elemento materiale, in quanto 1'unita politics, fon- dato che fosse il cristianesimo, sarebbe stato un mezzo piu facile per mantenere 1'unita religiosa. Ma per rispetto allo stabilimento della nuova religione tanto quell' unita non era propria e formale prepara- zione, che anzi da essa provennero per ben tre secoli i piu ostinati e

1 L'occasione della elezione de'primi Diaconi fu il piato de1 Genlili con*- vertiti, che si querelavano che le loro vedove venissero posposte a quellede- gli Ebrei nella dispensazione dell' elimosine. Allora gli Apostoli credettero giunto il t<?mpo di ordinare questi ministri, per affidare ad essi la distribuzio- lie de' sussidii della pubblica carita : giacche, diceano , « non e conveniente che noi trascuriamo la predicazione e la preghiera per ministrare alle mense (Act. V, 2 seq. ). » Diciamo che questa fa 1' occasioRe della consecrazione de' Diaconi: poiche come si rileva da tutti i monumenti ecclesiastici la propria ragione deH'ordine loro e quello di assistere al divin sagrifizio e amminlstrare FEucaristia.

88 RIVISTA

piu universal! contrast! all' opera di Dio. Ora gli estensori del Conci- lia non solo veggono una preparazione positiva alia religione cristia- na neir impero romano , ma fanno a dirittura di quella una conse- guenza affatto spontanea di questo. Ne cio in virtu di un concorso soprannaturale di Dio ; neppur per ombra : tutto e da ripetere dalla legge (necessaria per conseguenza) del progresso indefinite, seeon- do il quale Y impero romano , dopo essersi variamente atteggiato nel tempo e nello spazio, venuto fmalmente il proprio punto, si bat- tezzo cristiano a suo migliore governo. Ne' quali sentiment! e con- centrata, con formole quasi identiche, tutta la dottrina de' razionali- sti e positivisti modern! intorno alia origine del Cristianesimo.

Ma che avremmo potuto aspettarci di meglio, se sino dal primo numero e insultata sacrilegamente la stessa adorabile persona di Ge- su Cristo, moriente sulla Croce. Imperocche in mezzo ad una pom- posa descrizione, che si fa del trionfo della morte del Salvatore, in cui si dice, che « invano il proconsole di Tiberio Cesare ha con sen- tenza codarda lasciata compiere la vendetta degli Scribi e dei Fari- sei: e che invano Gesu, ludibrio all'inscia e feroce squadra ha ver- sate lag rime di ineffabile spasimo sotto lo strazio dei flagelli e delle yerghe», si soggiunge immediatamente con orrenda bestemmia: « Invano sul monte infame il Figliuolo dell' uomo ha dubitato per un momento della clemenza del Signore 1 . » Or chi afferma insie- me co' liberi pensatori e co' razionalisti della Critica pur a, che Gesu Cristo negli ultimi momenti della sua vita dispero sulla croce, o solo dubito della protezione, e secondo la frase anche piu signifi- cativa di questo Giornale, della clemenza delSignore, non solo con- yiene che gli neghi la divinita, ma anche la stabilita nella giustizia, non potendosi questa conciliare colla diffidenza 'nella divina bonta.

I nostri lettori saranno maravigliati, non crediamo gia delle be- stemmie di questo periodico; poiche, grazie alia moderna liberta, di simili se ne sentono tuttodi ; ma piuttosto perche volendo gli Editori di esso, per cio almeno che apparisce dalle loro scritture, dissemi- nare ampiamente gli errori del tempo sotto le sembianze della ve-

1 Num. I, pag. 8.

BELLA STAMPA JTALIANA 89

rita e della religione, sieno stall si poco accorli, che s' inducessero a sfoderarne tanli e si maiuscoli e si evidenli nei Ire soli primi nu- meri. Alia qual meraviglia noi aggiungeremo un'allra maggiore. Poiche non solo si son mostrali cosi audaci col Pubblico , facendo forse a fidanza o colla inespertezza o colla semplicila del maggior mimero de' lellori ; ma hanno avula la fronte d' indirizzare una lellera, lutta divozione , ai Yescovi , per avere da essi incoraggia- mento e favor e per colesta lor opera di zelo. Adunque spiegheremo il fol to, recandolo a speciale provvidenza di Dio, il quale ha cosi ac- cecalo cotesti oppugnalori della sua Chiesa, che sin da principio e per manlera si grossolana si scoprissero da se slessi. Di fatto i Vescovi dapperlullo, dov' e giunla questa peslifera pubblicazione, hanno levala la voce per meltere in guardia la loro gregge ; ed al- cuni non paghi di farlo nelle proprie diocesi, hanno dato maggio- re ampiezza alle loro proleste facendole diffondere dai giornali cat- tolici. Per esempio riporteremo qui la bellissima lellera , che mon- signore Yescovo di Monlalto diresse agli Edilori del Concilio, pre- tendendo giuslamenle (benche senza effello) che la dovessero pub- blicare riel loro Giornale, in cui faceano comparire la Sede vescovi- le di Montallo come associala. Ecco perlanlo la lellera di Monsi- gnore , che si Irova anche slampala nel num. 208 dell' Unita Cat- tolica.

« Signori Edilori del Periodico 11 Concilio Ecumenico

« Nella facciala inlerna della Coperta alia 4.a Dispensa del Pe- riodico // Concilio Ecumenico havvi un' Elenco degli Associati al med. e Ira quesli al n.° 8.° si legge: Sede Vescovile di Monlallo; «?ome pure ban voluto fare lispello ad allri Yescovi che vi si erano ascntli.

« Debbo innanzi Iralto dire, che se mi risolsi di dare il mio no- ine per avere una copia di lal lavoro, unico mio inlendimenlo f«, di poler cosi meglio riconoscere il veleno, che gia fin da principio vi si subodorava, e a guisa di Paslore sollecilo del ben del suo gregge, adoperarmi, che non venisse alia sprovvista lolalmente soibilo da'miei Diocesani.

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« A rintracciar poi quale possa essere slato lo scopo prefissosi dal Redatlore nell'usare 1'espressione : Sede vescoyile di Montalto, piutlosto che riportare semplicemente il raio nome, e cosi pure de- gli altri Vescovi, rion ho dovuto durar molta fatica per coglier nel punto. Egli il Redattore del Periodico ha cosi creduto di allucinare gl'incauti leltori, facendo lor supporre, che gia non poche chiese commesse al regime dei rispetthi lor Vescovi, professino e lutta ritengano la dottrina sparsa nel Periodico, e siavi tra gli Editor! di questo ed i Yescovi, comeuna reciproca solidarieta, ed ima stes- sa maniera di credere e di dire. Non tardo pertanto di proles tare dal canto mio contro si oltraggioso strazio, che si e voluto fare col segnare nell' indice degli Associati la Sede vescovile di Montalto, per ammantarsi pur col nome di questa, e dare cosi maggior cre- dito alle non poche censurabili proposizioni, che si leggono nei qualtro gia stampati fascicoli, ed alle altre di tal tempra, che coe- renlemente al pravo scopo prefissosi dagli Editori, v'ha tutta ra- gione ad aspettarsi, che saranho pronunciate in appresso.

« Ne pero solamente come immeritevol Pastore , e rappresentante di questa mia Chiesa e Diocesi, ma anche come privata persona, rigetto da me e condanno le maliziose omissioni, le asserzioni di falsi principii qua e la sparsi, i quali a ogni pie sospinto disgrazia- tamente s'incontranp nel Periodico, e che tutta snaturano la intrin- seca divina costituzione della Chiesa, manomettono la ecclesiastica Gerarchia e minano, opera inutile^ quello incrollabil Primato di onore e di giurisdizione dato da Gesu Crislo vero Dio e vero uomo a S. Pietro Principe degli Apostoli, ed in Pielro pure a'suoi succes- sori nella Caltedra di Roma, che dallo stesso Pietro fu istituita, e col suo glorioso martirio fecondata. Primato, che vigoroso e stabile per prornessa divina durera sino alia fine de'secoli.

« Con questa pietra fondamentale, sulla quale si erge maestoso il grande edificio della cattolica Chiesa, deve ogni fedele convenire se , YUO! conseguir salute. Da questa Cattedra di verita, come da unica fonle purissima dovra ognuno attingere la dottrina della Fede, la sana morale. Ad essa dee prestare totale obbedienza, e riguardare in quel sommo, che oggi vi siede, Pio IX , il Pastore universale,

BELLA STAMPA ITALIANA 91

il Yicario di Gesu Cristo, il Maestro del vero, il Giudice supremo delle control ersie lulte, che hanno qualunque piu rimota attenenza alia cattolica Religiohe.

« Yoglian dopo do, che ho ragione di esigerlo, inscrire nel male arrivato lor Peiiodico quesla mia dichiarazione, che intauto, a dar- le maggior divolgazione , mi studiero di far inserire in alcuno dei piu riputali Giornali cattolici, che onorano V Italia.

« Elleno poi yorranno dispensarsi dal piu spedirmi in appresso le promesse pubblicazioni, e ben volentieri respingerei loro le quat- tro gia ricevute, se non mi fossero per una prova da fame mostra in appresso a chi domandasse spiegazione del mio giusto risen- timento.

« E qui con la meritata considerazione passo a segnarmi.

Montalto, Marche, 31 Agosto 1868.

Servitor e *k* Eleonoro Yesc. di Montalto.

Dopo le cose da noi notate in questa Rivista , e molto piu posto il giudizio di coloro, che nella Chiesa sono stati messi dallo Spirito Santo iuterpreti e custodi delle verM ri^elate, veggano i buoni cat- tolici se essi possano con sicura coscienza associarsi ad un Giornale, che spaccia cosi perverse dottrine ; o se sia lecito a chi in buona fe- de gli avesse dato il suo nome, continuarsi nell'associazione.

BIBLIOGRAFIA

ACCADEMIA DI POESIA Lodovico Cardinale del Principi Altieri.Accademia ci" Poesia nel nobile pontificio Collegio Clementine, il 29 Agosto 1868. Roma, dai tipi di Bernardo Morini 1868. Un opusc. in 16.°

Quest'opuscolo coiitiene, col name del giovani fu celebrata la santa niemoria del Cardiaale Al- p eti, la dichiarazione del componimenti poetici liori, gia protettore del delto insigne Collegio. oude nel pontificio Collegio clementino di Roma

ANON1MO II Clero di Terni ai padri di famiglia. Modena, tip. dell'Immacolata Concesione 1868. Un opusc. in 16.° dipag. 35.

£ una calda esortazione, la quale mini a porre i corruttori della fede e del buon tostume ten- ia guardia i padri di famiglia, contro i lacci die dono ai lor flgliuoli.

!1 Trionfo della Coscienza, racconto. Vol. I e II. Bologna, presso I uffiz-io del MessaggereV&ft. Due opusc. in 16.° piccolo dipag. 261.

-— ' I Sacerdoti Ternani ai loro amatissimi concittadini, nell' anno 1868. Ashi 1868, tip. D. Sensi. Un opusc. in 8.° dipag. 7.

Ancora quesla fervida ed apostolica esortazione, di coloro, che yorrebbero strappare da' lor petti la che il clero di Terni YOlge a' suoi concittadini, in- fede cattolica, e sostituire in sua yece la corruzic- tende a fare che segaitino a sprezzare le sedozioni ne della miscredenza.

Recherches Etymologiques, et pensees diverses. Modene% typographic de

/7mm. Conc.edilrlce 1868. UnvolumettoinW.9 dipag. V1M31.

Una grave controversia , mollo disputabile , meno stimiamo die li trovi uniti nel concedergii

presuppone quasi risoluta 1'autore anonimo di che gli Aborigeni, i ^abini, gli Umbri e gli Oschj

questo libro francese, or ora stampato in Mo- fossero popoli tutti egualmeule celtici. Checclic

dena: vale a dire che gl'idiomi dell'Europa sia di cio, sollo questo tilolo di Ricerche eli-

meridionale, 1'italico, il francese, lo spagnuolo, mologiche, 1'anonimo ha raccoKo un certo numero

ii portoghese, non gia derivino dal latino, ma di vocaboli francesi spettanli al dizionario si dei-

dal celto-galiico, da cui il latino s(c«so « per 1'anlica cavalleria, come della moderna milixia.

due terzi almcno del suo Tocabolario » e derivato. e si e iagegnato di illustrarli filosoficamenle, ar-

Non crediamo che, in questa sua sentenza, I' au- ricchendo qui e cola le sue dichiarazioni con pe-

tore abbia Concorde il suffragio di lutti gli eru- regrine notizie e con arguti pcnsieri, cho ne ren-

diti , sebbene molti modern! vi consentano. Molto dono istruttiTa ed amena la lettura.

Societa della Gioventu Cattolica. Regolamento interno. Bologna, tipografia Felsinea 1868. Un opusc. in 16.° dipag. 15.

In uno dei precedenti YOlumi di questa Serie scribi dei giornali massonici di tutta Italia. Siamo

abbiamo assai commendata 1' istituzione di questa lieli di notiQcare oggi queslo suo regolamenlo

Leila societa della Gioventu cattolica,, nata falta interno, pubblicato per le stampe, e conoscibile

per essere contrapposta alle pestilenziali congre- a quanti desiderano prenderne nolizia. II propa-

ghe della Massoneria. E che fosse commendabile gare per le citlu italiane circoli di questa Societiu

ed ottima in se, lo provarono le ire e i timori die sara una delle j)iu proficue opere che ai dl nostri

i'annunzio solo della sua esistenza desto negli si possano fare, in utlle della CMesac della palria.

B1BLIOGKAFIA

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BALLERINI FRANCESCO Esercizij divoti per rArchiconfraternita di Maria SSfiia, sotto il titolo della Santa Speranza, stabilita in Roma per decreto di SuaSantita Papa Pio IX nella chiesa de'RR. PP. Cappuccini, sacra all'Im- macolata Concezione; per Francesco Ballerini d. C. d. G. Seconda ediziono con aggiunte. Roma, col tipi del SaMucci 1868. Un volumetto in 32." di pag. 256.

Come notiCcammo un'allra Tolla, annunziando Generate pro temporc del dello venerabile Ordi- la prima stampa di quest! Ksercizii divoti, la pia ne, al quale fu conferita facolta di aggregare al- unionc di Maria SSma, sotto il titolo della Spe- ranza, fudapprima istituita nella diocesi di S.Brieuc in Francia. II S. P. Pio JX non solamente 1' appro - TO, ma la estese a tullo 1'orbe cattolico, sla- bilendone come il cenlro nella chiesa dei RR.

PP. Cappuccini di Roma. Indi a poco fu quivi eretta in Arciconfratcrnita, sotlo la presidenza del

1' Arciconfraternita nuovi sodalizii per tuUo il mondo, comunicando le indulgenze ed i privilegi concessi dal Sommo Pontefice. II libretto pertanlo, di cui annunziamo la scconda edizione con nota- bili aumenli, contiene quanto puo essere utile agli aggregali, quaiunque sia la loro condizione, an- corchc di sacerdoti, i quali Ira cssi abbondano.

BONACCIA PAOLO Memorie storiche sopra la vita e le virtu del giovane Francesco Possenti, tra i Passionisti confratel Gabriele deir Addolorata, scritte dal sacerdote Paolo Bonaccia, professore di eloquenza nel ven. Se- m'mario arcivescovile di Spoleto. Torino, Pietro di G. Marietti tipografo pontificio 1868. Unvol in 16.° piccolo dipag. 266.

Con molto vantaggio da ciascuna sorta di per- sone, ma sopra tutto dai giovani, sara letta que- sla bella ed attraente vita di un giovane, che seppe COQ vera generosita spre/.zarc il mondo e la came, per servire a Dio in una Ira le piu austere cor- porazioni religiose. II nostro secoio si dissipato,

BRIANO GIORGIO A Pio IX. Canzone Murale 1868. Un opusc. in 16.° clt

Nobili e pieni di verita sono i concetti, onde e inti'ssuta questa Canzone , poetico il loro s vol- gimento, ed elevato lo stile con cui sono espres- si. Non ci sembra pero esatla grammaticalmente qualche dizione, come per escmpio quella con eui si dice, clie la Nare antica di Pielro I' ocean de' secoli veleggia. E neppure crediamo potersi approvare, cio che 1' Autore piu d'uua volta si

BUGL10NE ARDOV1NO La Piana. Cantica di Ardovino dottor Buglione, saber- dote canonico da Geccano. Roma 1868/ tipografia Chiassi. Un opusc. in Iti.'dipag. 15.

si carnale, si orgoglioso ha mestieri di conoscc- re tali esempii; e santa opera fanno coloro che glieli porgono descritti colla grazia c coll'unzione, onde olezza questa scrittura deU'cguegio sig. pro- fessore Bonaccia.

di Giorgio Briano. Firense, tip. deltc pag. X.

permette, di applicare ailo slesso soggetlo e nello stesso contesto metafore di gencre diverso. Cosi nella strofa V il Vero che e detto alia ed immortal radice, Onde tullo quaggiii vice e ramyolla, nel- lo stesso periodo si dice che tuonando per l& terra uscio. Sono piccioli nci, ma che danno piu facilmente neU'occhio in un breve componimento.

Sotlo questo titolo il sig. canonico Bugttone La preso a cclebrare i piu nolabili successi del Pontificate di Pio IX, dal suo innalzamento alia tiara sino alia defioizione dommatica delt'Imma-

colata Concezione di Maria Vergiac: c lanfa ma- teria ha rislretla in cinque brevi canli, i quali per certo lo mostrano iiffezionato ai buoui studii, e devotissimo alia Santa Sedc.

BUONA (LA) FAMIGLIA TraUenimenti di letture utili, diletteveli, estratte da buoni autori, Periodico popolare, pubblicato dalla societii di S. Carlo Bor- romeo. Cremona, tip. dalla Noce.

Con piacere vediamo sorgerc nnovi giornali o periodic! probi e callolici, non solamente nelle citta primarie d Italia, ma eziandio in quellc di second' ordine. Tal e queslo della Buona Faini- glia di Cremona; corrispondente con rerita al suo

litolo, e degno di esscre scslenulo e favorito in quella citta e provincia, da quanti hanno zelo del bene e della virtu. La tenuita del prez?,o {• eslrema. Per la provincia di Cremona 1'associa- zione anmia costs 1. 1, 50: per tutto il Reguo 1.2.

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BIBLIOGRAFIA

CELLI GAETANO Element! di sfera armillare, compUati dall'ab. Gaetano Celli, per uso delle scuole di gentili donzelle, dirette da madama Genoveffa Collin in via Borgognona n. 50. Roma, tipografiadi Giovanni Pucclnelli in via dell'Anima n. 8, 1865. Un opusc. in 16.° di pag. 48.

E un buono e compiulo traltatello, che puo se non e grande pregio 1'ayere, e perd spesso difel- servire utilmente anche per l.e scuole di giova- to notabile 1'ignorare, massime se si parli di per- netti. Espone con molla chiarezza cognizioni, che sone gentilmente nale e viventi in socicta colla.

CIAMPI CARLO MARIA Delia umilta e della superbia. Istruzioni dette a giova- ni, da mons. Carlo Maria Giampi, sacerdote romano. Torino, Pietro di G, Marietli tipografo pontificio, 1868. Un opusc. in 16.° dipag.15%.

Al titolo di questo sustanzioso volumetlo cor- istruzione di questo libro sicno stale composle risponde assai bene la materia. Puo dirsi un or- dinalo trattatelto dell' umilta cristiana e del suo vizio opposilo, che e la superbia. La dottrina vi e attinta dalle migliori sorgenti e massime da san Tommaso d'Aquino. La chiarezza di esposi- zione, la purgatezza di liugua e la elegante sein- plicita dello stile, che sono dot! proprie di tutti gli scritti del ch. Autore, in quest'opera risplen-

per esser dette a giovani, ed a giovani artisti; nondimeno ogni sorta di persone, leggendole, le gustera e ne ritrarra frulto. Noi preghiamo 1'il- luslre nionsignor Ciainpi a proseguire la slampa delle allre Istruzioni, che tiene pronte o apparec- chia sopra le altre virtu moral! e teologiche: si- cnrissimi come siamo, che dalla sua penna ne uscira, un tutto, in cui il hello e il buono e quin- di 1'ulile sodo non si faranno desiderare.

dono per singolar modo. Benche le vent! e una

C. L. Saggio di traduzione delle opere del P. Claudio Texier d. C. d. G. per un sacerdote lombardo. Reggio (Emilia), tip. di Luigi Bondavalli e compagni 1868. Un opusc. in 8.' di pag. 87.

II p. Claudio Texier della Compagnia di Gesu, blico. L'anonimo sacerdote, che si e accinto a tra- fiort in Francia nella seconda meta inollrata del secolo scorso, e per vastila di dottrina e splen- dore di eloquenza fu tra i piu ripulati orator! sacri dell'ela sua. Oltre a trecento sono i suoi

cemponimenti di ogni genere da lui recitati,

durne questa parte, ha inteso di dare un vero saggio del vario modo usalo dal P. Texier nel traltare i varii soggetti che imprendeva a svol- gere: ed a noi sembra che abbia raggiunto il »uo scopo, con laudabile proprieta di lingua e per- poscia divulgati per le stampe a frulto del pub- spicuita di stile.

DE PELLEGRINI FERDINANDO Ave Maria della Giovane sposa nel di delle sue nozze. Cantilena popolare di Ferdinando De Pellegrini. Liwrno, tipogra- fia di Franc. Vigo 1868. Un opusc. in 16.° d-ipag. 31.

I pregi piu distintivi della poesia popolare so- siamo inconlrati in parecchi difetti, o sia nella no la naturalezza de' concetti unila alia scellez-

za; la facilita dello stile congiunta coll'eleganza; ed un certo calore d'affelto nato da schielta ve- rila, che penetri soavemenle nel cuore senza troppo agitarlo. Ci pare che 1* Ave Maria del chiaro Pellegrini ritragga non poco da q*e- sto tipo generico, nel quale gli porge anche mi- glior vaataggio 1'argomenlo religiose che tralta. Con tulto cio non vogliamo dissimulare che ci

DETTORI PIETRO Emma, o storia di un'Ave Maria, del dottor Pietro Detto- ri, accademico Tiberino. Torino, Pietro di G. Marietti, tipografo ponti- ficio 1868. Un opusc. in 16.° di pag. 134.

II doltor" Pietro Dettori ha ottimamente fatto a muovere guerra perpetua. E cio tanto piu, che dare in luce questo suo pio, vivace ed islrultivo

racconlo, originahnente da lui composto in polito italiano. Per dire il vero, troppo oggimai si da

lingua o sia ne' pensieri, che fanno uno spia- cevole contraslo colle parti buone, e nocciono al- 1'effetto tolale della poesia. Ma forse queslo ral- lentamento che abbiam notato nella impressione del tutto poetico, dipendera, assai piu dalla so- verchia lunghezza, che I'Autore ha dato al com- ponimento, contro all'indole del genere lirico, e massime ne1 canti popolari.

corso in Italia, anche da persone zelanti del bene, a racconti stranieri, i quali per lo piu escono tradotti Dio sa come, e quindi accrescono tra noi quella barbarie di letteratura, cui tulti do viemmo

1'arte e la sostanza di tali opericciuole sono spesso cesa ben povera e comunale. Quindi e giusto rallegrarsi con quegli scrillori (e, grazie a Dio, 1'ltalia non ne ha inopia) i quail usano 1'ingegno, lo stile e il buon Imguaggio patrio a produrre frutti schiettamente nostrali, che souo e saranno sempre mai i piu cari agl' Italian! ed i piu efficaci.

BIBLIOGRAFIA 95

DUPANLOUP FELICE L'educazione, per monsignor Felice Dupanloup, vesco- vo cTOrleans, membro deiraccademla francese. Yersione Haliana di D. Cle-< mente De Angelis, gia professore di letteratura greca, latina, italiana e di sacra eloquenza. \7olume prlmo: Deireducazlone in generale. Parma, Pie- tro Fiaccadori 1868. Un vol. in 16.° di pay. 515.

L'illustre Vescovo di Orleans, oltreche polemi- nella nostra lingua quest'opera, lacui lettura, non.

sla eloquente, e altresi didattico pieno di attral- fugace ma pondtsMla, cousigliamo agli educator!

live e di grazie. La sua opera intorno VEduca- ed ai padri e alle madri di famiglia, che vi trove-

zione> e fra le migliori che in lal genere steno ranno molte cose daimparare per se, e forse anche

uscite ai nostri tempi, fecondissiim di scritti cdu- per la rifonna dei modi che tengono nell' allevare

cativi. Buon servigio dunque vien facendo al- i discepoli o i flgliuoli. I' Italia il ch. sig. professore De Arigelis, voltando

FABER FEDERICO GUGLIELMO Gonfereaze spiritual del teologo Federico Gu- glielmo Faber, prete dell1 Oratorio di S. Filippo. Prima versione italiana del cav. teol. Luigi Mussa, prevosto di Mondonio. Torino, Pietro di G. Marietti tipografo pontifido 1868. Un vol. in 16.e di pag. XL11I-395.

Varie operette ascetiche del celebre p. Faber, 1'autore, ha giovato notabilmenle alia causa di

oratoriano di Londra, sono state volte in italiano Dio. Sono venture conferenze inlorno a varii sog-

e diffuse tra noi, con utile della pieta. II ch. getti pratidssimi, traltati pon quel candore ed

sig. teologo Mussa, traducendo questa ben piu acume quasi angelico, onde si distingueva la bel-

volnminosa di tutte le allre e rifletlente forse me- 1'anima 'del p. Faber di benedelta memoria. glio che quelle lo spirito s\ retto e soave del-

FERRARI FERD1NANBO La Redenzione, poemetto in otto canti, di Ferdinan- do Ferrari. Seconda edizione notabilnaente accresciuta. Napoli, tipografia degli Accattoncelli 1868. Un opusc, in 16.° dipag, VI-95.

L1 uomo che decade dallo stalo di grazia per altri valorosi poeti, che aveano trattato lo sies-

1'invidia di Salauasso, e Ti e rislorato per la in- so tema, non essendo possibile nel gcnere epico

carnaiioae e morle del Figliuolo di Dio, costi- tentar altra via. Ma in cio appunto ci sembra

tuisce il soggelto del presume poemetto del cbia- dover riporre la sua massima lode, che ad un

ro Ferdinando Ferrari. La invenzione scaturisce soggetto si antico ha saputo dare tanl'aria di no-

spontama dal fondo stesso deli' argomento, e vita, per la forma lutta propria con cui 1'ha trat-

prende forma poetica per molte vague, Qnzioni, tala, e tanta vaghezza co' piegi di uno stile ve-

che senza punto alierare la sostanza del vero ri- ramente poetico e senapre nobile e digniloso, che

velato, gli danno in cerla guisa corpo e ligura noa solo si legge con interesse, " ma anche con

che lo appressmo alia fantasia. Nel che 1'illustre diletto non ordiuario. \utore c stato obbligato di tenersi sui vesligi di

GAUME Storia del buon Ladrone dedicata al secolo XIX, di monsignor Gau- me; protonotario apostolico e dottore in teologia. Versione dal francese del rnarchese L. Dragonetti, senatore del Kegno, Prato, tipografia di Ranieri Gyasti, 1868. Un vol. in 16." di pag. LII1-354.

Monsignor Gaume, in una ragionata prefazione sembrargli altresi Bella conversione. il iibro e frut- aquesto suo Iibro, fa un accurato ragguaglio Ira tuoso e molto dilettevole a leggersi. La partico- i vaif del i-eo ladrone, che poi divenne buono per larlla poi che un Senalore del Regno dMialia Tab- la grazia di Gesu Cnsto appo cut fa crociflsso, bia Iradotto ia italiano, gli accresce importanza. e quelii del s«colo decimonono. Provata e posta Oh se davvero tutti i capi, i mimstri, i deputali la similitudine, dedica al noslro secolo, cioe agli e i senalori della nuova Italia s'innamorassero del uomini che vivooo secondo i costumi, i dettali e memento mei, detto dal buon ladrone a Gesu in lo spirito del nostro secolo, la vita di questo la- croce, che miracoli di conversion} e di restiltt- drone, acciocehe scorgendo essi quanto gli ras- zioui non vedremmo noi eseguirsi I sembui)o nvlia prevuricazume, si studiiuo di ras-

96 BIBLIOGRAFIA

GRASSI SEMINARA FRANCESCO Letlera di riconoscenza falta ai glornali cat- tolici, da Francesco Seminara d'Acireale. Acireale, co' tipi di Vincenzo Strano Meli, 1868. Un opusc. in 16." di pag. 8.

A pag. 93 di questo noslro volume facemmo ci umilia, ha posta in luce quesla lettera indi-

onorata menzione di una calzante difcsa, che il rizzata alia predetta Sicilia catlolica ed a noi:

ch. sig. Francesco Grassi Seminara avea divul- lettera che prova quanto relto'sia il suo spirito

gala in pro dei poveri mendicant! di S, France- ed ardente di sanlo amore cristiano il suo euore.

sco, abolili in Italia. Con noi ancora il giornale Noi gliene rendiamo pubblicamente grazie affet-

intitolato la Sicilia cattolica di Messina si uni, tuose, e gli preghiamo da Dio frutto abbondante

a tributare giuste lodi allo zelo ed all'eloquenza nell'uso della penna, ch' egli sa maneggiare cea

dell'autore. Or esso, con un tralto di cortesia che vigoria ed efDcacia.

GRIMALDI GENEROSO Rara osservazione coronata dal piti felice successo in un Martire del brigantaggio nella provhicia di Avellino F anno 1864, per Generoso Grimaldi. In Napoli, presso Domenico Morano, strada Quercia, n. 14, 1867. Un opusc. in 8.° dipag. 11.

E la esposizione di una cura ed operazione chi- prof. Grimaldi deduce da questa esposizione, ere-

rurgica, il cni soggetto fa un giovano di Mon- diamo che meritino la ponderazione dei pratici

teforte nella provincia d'Avellino, assalito e fe- deli'arle salutare. rito da malvivenli. Le conseguenze che il chiaro

GROTTANELLI F. *«- Leggenda minore di S. Caterina da Siena, e lettere dei suoi discepoli ; scrittare inedite, pubblicate da F. Grottanelli. In Bologna, presso Gaetano Romagnoli 1868. Un vol. in 8.° di pag. XXX-308.

Questo e uno dei pochi volumi della Collezione testi inediti dell'aureo nostro secolo. Quivi tuito

di opere inedite o rare dei primi tre secoli della e puro, tnlto e oneslo, tutto e giudizioso. lingua, pubblicata per cura della R. Commissione In una non prolissa avvertenza 1'accurato editore

pe'testi di lingua nelle province deU'Emilia, che da ragione di questa leggenda appellata minoret

siam lieti di poter annunziare. Imperocche di varii discorrendo della maggiore di cui 1'allra e com-

altri gta usciti a luce e venutici nelle mani, ab- pendio, e dei \olgarizzatori suoi, che stabilisce

biam credulo meglio tacere, ossla perche conle- essere stati Ranieri Pagliaresi ed un di Piacenz*

nevano materie lubriche, e quindi da non propa- di nome non conosciuto. Alia leggenda, ora edita

larsi in piazza, ossia perche alle materie lubri- per la prima volta, aggiunge da ben 46 lettere di

che aggiungevano proemii o commentarii , che parecchi discepoli di S. Caterina, le quali, siccome

tornavano in offesa della religione e di qnanto ha fatto pel teslo della leggenda, correda di note

e piu venerabile al mondo: com' c intervenuto, opportune, filologiche e dichiarative, adducendo

verbigrazia, nel libro di Sidrac, teste diyulffato ove eccorra, le lezioni de' varii codici ch' egli ha

dal sig. Adolfo Bartoli, il quale vi ha premessa avuto tra mano. In sostanza questo lavoro del

un'introduzioue, in cui non sappiamo se spicchi Grottanelli e pregevole per ogni conto, e cara

di piu la empiela o la ignoranza di cid che be- tornera sicuramcnle a tutti i cultori della tosca-

stemmia. Non cos'i e di codesto pubblicato dal nita classica, e a tutli gli ammiratori della glo-

ch. sig. Grottanelli, nolo gia per 1'amor suo ai riosa Verginella di Siena.

IOMMELLI ANDREA Poesie liriche di Andrea lommelli in onore della Vergine di Casaluce, Patrona della citta di Aversa. Aversa, tip'ografia del Progres- so 1867. Un opusc. in 8.° di pag. 67,

LETTIERl FRANCESCO Filosofia del Cuore, con che si cerca purgarlo dai vizii ed informarlo a cristiane virtu. Ragionamenti morali, scritti in ispezialta per un giovane vivente in seno al secolo, dal professore Francesco Lettieri prete napolitano. Napoli, grande stabilimento tipo-litografico di Fran- cesco e Gennaro de Angelis, mco Pellegrini k, 1868, Un opusc. In 16.° di

I selte ragionamenti, compresi in queslo volu- sibile che non lascino di se profonda impressione metlo, sono solidamente pralici e svolti con vera nell'animo «peeialmente dei giovani, cui «ono in- OlosoQa ovangelica: per mode che, letti, e impos- dirizzati.

BIBLIOGRAFIA 97

MAINI LUIGI Piccol dono ai giovanetti nel faustissimo giorno della prima lor comunione. Bologna l^^,pressoAlessandro Mareggiani, tipografo-edi- tore. Un opusc. in 32." di pag. YII-80.

Giustamenle il cli. sig. Maini avverte, che 1'Ita- Tire per dono ai giovanelU die alia prima comu-

lia possiede 9 dovizia libri istruttivi ed ascetic! nione s'accostano. E una scelta raccolta di fatti

a pascolo dell' inlelletto e del cuore de' fedeli , ediQcanli, di salulari ammaestramcnti, di preghie-

Tuoi originalmente scritti nella nostra lingua , re e di ricordi preziosi, eslraUi da aulori per pa-

Tuoi da liugue straniere vollati nella noslra: ma recchi titoli stimabilissimi. Tali sono il Cesar! ,

che la maggior parte quanto sono commendevoli il Segneri, lo Scupoli, il Pallaviciui, il Barloli,

per la soslanza, tanto sono difettosi per la forma il Missirini e simili. Certamente 1' opuscolo, in

disacconcia al loro genere. Per quesl'effello egli mano dei giovanetli, sara frultifero e niente arido

ha divisato di apparecchiare 'un Manuale di me- si per la varieta, come per 1'unzione ed anche pel

ditazioni e di preghiere, il quale unisca i re- diletlo che contiene. Solo e da avverlire che al-

quisiti di eleganza e semplicita : e come sag- cune pagine del Pallavlcini richiedano un certo

gio ha ora dato in luce quest' opuscolo, da ser- crilerio, per essere inlese a dovere.

MARCHETTI ALESSANDRO Sullo stile volgarmente detto burocratico, ossia delle scritture de' pubblici officii; breve discorso di Alessandro Marchetti romano. Roma 1868, tip. de'fratelli Monaldi, via delle botteghe oscure n. 25. Un opusc. in 8.° di pag. 44.

Noi facciamo plauso eordiale ai concetti, agli assai meno barbareggiante di quella che e ora in

ammonimenli ed alle proposte che il ch. signer voga nel Regno italico. Ma i rimedii che consi-

Marchelti fa in questo suo breve si, ma sapienle glia per 1'emendazione del linguaggio nello Stato

discorso. Egli ragiona e censura con rara sa- romano saranno utilissimi eziaudio ai pubblici

viezza e temperanza, e talmente facilita il modo ufiiciali di lulla Italia. Noi desidereremmo che

di emendare i barbarism!, nel linguaggio della queslo opuscolo del Marchelli si spargesse per la

moderna burocrazia, che nessun uomo di buon Penisola: e se il Governo di Firenze lo facesse

giudizio pud riliularo di assentirgli. L'Autore si ristampare a sue spese e lo regalasse a tulti i

circoscrive specialmenle a tratlare della lingua suoi impiegati, compirebbe un'opera di carita ve-

burocralica usata nel Governo ponlificio , che e ramente palria, onde molti gli saprebbero grado.

MARSHALL T. W. M. Le mission! cristiane, per T. W. M. Marshall, cav. del- deirOrdine di S. Gregorio il grande (opera originale inglese). Traduzione italiana autorizzata con appendici e note, pel sac. Anl. M. Marigliano, ese- guita sulla versione francese del sig. Luigi De Waziers, accresciuta e mo- dificata con approvazione deirautore. Vol. III. Napoli 1868, 'direzione tlelle letture cattoliche, strada S. Giovanni Maggiore Pignatelli, B4. Un vol. in 8.' piccolo di pag. 417.

Nel vol. XH della precedente nostra Serie a sti volumi piesce, oltre che piacevole assai, islrut-

pag. 601, annunziammo la pubblicazione in lin- liva ancora per piu capi; e noi la raccomandiamo

gua italiana della prima parted! quest' opera in- ad ogni genere di persone colle, che vogliano

signe, che per se vale una dimostrazione strin- formarsi un concetto della smisurata differenza

genlissima della veritsi deli'unica Chiesa caltolica, che corre tra le mission! calloliche e le prote-

e della inanila del protestantesimo. Siamo lieti stanliche nei due emisferi; tra la divina fe-

di annunziare pfesentemente la lerza parte, com- condita di quelle, e la umiliante sterilita di que-

piuta in tutto, conforme la prima, ed arricchila ste ; tra le spirito celeste che avviva quelle, e lo

di giunte dall'illuslre aulore. La leltura di que- spirito mondano che fa intisichir queste.

MILLOZZI FRANCESCO Saggio di precetti gramaticali per la classe superiore, compilato dal sacerdote Francesco Millozzi, maestro nel venerabile se- minarlo vaticano. Roma 1868, tip. di Gaetano Menicanti, via del teatro Vallc 63. Un opusc. in 8.° di pag. 46.

Notabile giovamenlo per certo da queslo su- scepoli di grammatica per la classe superiore ,

goso compendio ritrarranno gli alunni del ch. sieno per ricavarne pari utile, quelli scrvendosene

Bignor abate Millozzi, pe' quali esso lo ha com- neU'insegnamento e quest! nello studio loro, al-

poslo; e pensiamo che anche altri maestri e di- meno private. Ad argomento poi dell' idoneitii

Serie VII, wl IV, fasc. 44S. 7 26 Settembre 1868.

98 BIBLIOGRAFIA

dell'autore in queste malerie, basli sapere ehe egli tiwa, altre volte da noi annunziata (V. Serie e cultore assiduo e perito delle letters latino , sesta, vol. II, pag. 351, OlOj. come ne fa prova una sua commendatissima scrit-

MISSALE ROMANUM ex decreto sacrosanct! Goncilii tridentini restitutum , san- cti Pii V Pontificis maximi iussu editum, dementis VIII et Urbani VIII au- ctoritate recognitum cum additamentis novissimis.Editio prima stereotypa. fiomae, typis sacrae congregations de Prop. Fide socio equ. Pctro Karietti administro. Aug. Tauriwrum, apud Petrum H. F. Marietti, typograph. pontificium. Parisiis, apud Victorem Palme editorem bi- Miopolam MDCCCLXVIH. Unvol. in 4.° di pag. XL1 V-m-cxxxiv.

Non dubiliamo che appena sia conosciula la franchi 1C la copia. E poi da osservare die que-

piene//.a, la correzione e la nitidezza del tipi neri sta e la prima applicazione che si faccia della

e ressi di queslo Messale Romano , molti anche stereolipia alia slampa in piu colori, e applica-

da Ion! ano non sieno per in vaghirsene : tanto zione assai ben riuscita , merce 1' opera del ri-

piu che all' ornamento delia edizione ed all'aulo- putato sig. Luigi Dalmasso> stereotipista nella

rita dell'approvazione, unisce una moderazione tipogratla di Propaganda, di prezzo che allelta a fame acquisto. Esso e di

POPOLANO (11) Unico periodico della prov'mcia di Grosseto. Tip. di Arci- dosso Maggi-Gorgoni.

Dire che questo periodico e 1'unico deila pro- sa fare ad osso, ed una delle migliori lodi che a

yincia di Grosseto, ed affermare che e buono e quell'intera provincia si possano rendere. In Ar-

eattolico di spirito e di principio, crediamo che cidosso si ricevono associazioni per tutto il Regno

sia la migliore raccomandazione, la quale si pos- al prezzo di L. 2,00 al semestre.

SAINATI GIUSEPPE Vita del beato Eugenio III Pontefice massimo, descrit- ta dal canonico Giuseppe Sainati. Pisa 1868, tip. Pieraccini dir. da L. Ungher. Un opusc. in 8.° dipag. 40.

Questo erudito lavoro e sopra tutto ordinato a sente la misura delle memorie e dei document!,

dimostrare la sanlita del Pontefice Eugenio III, plena e adeguala: ond' e che gli sludiosi di agio-

cosl caro a S. Bernardo, ed a provare il cullo grafla non raeno che quelli di storia, gli saranno

resogli per addietro nella Chiesa di Gesu Crislo. grati di quesla sua scrittura, pia e al tempo

Ma 1'idea che il ch. sig. canonico Sainati fa con- stesso dotta. cepire di questo gran Papa e, per quanlo il con-

SPADA FRANCESCO In quale attltudine debba porsi un leggitore assenna* to relativamente al libro che tiene innanzi. Dissertazione di Francesco Spada romano, per una delle tornate ordinarie de'Tiberini, MDCCCLXVIII. Roma 1868, coi tipi del Salviucci. Un opusc. in 8.' di pag. 23.

Con questa sua dissertazione 1'ingegnoso signer cordare al chiaro sig. Spada, che appunto nel 1866

Francesco Spada ha voluto insegnare il modo pro- i giornali anche liberaleschi d' Italia parlarono

ficuo di leggere i libri, adoperando il naturale di una societa secreta, delta la Falange sacra,

eriterio per giudicare del vero o del false, del che rinnovava atrocita simili alle dipinle nel Lio-

bene o del male, che nei libri atviene sempre nello. E 1' Unita Cattolica dei 18 Marzo di quel-

d'incontrare. Per insegnare la pratica di un tal 1'anno, su questo proposito, ristampo la descri-

modo, arreca egli parecchi esempii, ed il fa con zione dell'Aulore del Lionello, che da que' recent!

una grazia ed una piacevolezza che assai diletta. falti veniva, quanto alia sostanza, confermata. I

Ma, salvo ogni riverenza al suo senno, che egli freschissimi processi poi degli spielati crocifissori

ea quanto sia da noi pregiato, non possiamo te- di creature umane in Anversa nel Belgio, ricon-

nerci dall' osservare che egli mostra poca spe- fermano troppo la possibilita dell' imbestiamento

rienza della setlaria perversila, ove censura di dell'uomo, che rinnega Dio, la coscienza e la sua

« sogno febbrile » la narrazione che 1'Aulore del propria dignila, per isfogo di tulti i brutali islinli,

Lionello fece della societa secreta di Padova, in- ond'e capace la corrolta natura. Ma quesla ec-

titolata dei Selvaggi. Ollreche contro il fatlo non cezione che diamo alle critiche dell'opuscolo del

valgono argomenli (e che di fatto esistesse so- sig. Francesco Spada, non detrae al merilo di

stanzialmente cosl come 1'Autore 1'ha descritla, lo argutezza che pel resto gli aggiunge etima, crediamo indubitato) noi ci contenteremo di ri-

SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI P I I

D1VINA PROYIDENTIA

P A P A E IX.

LITTERAE APOSTOLICAE

AD OMNES

EPISCOPOS ECCLESIARVM RITVS ORIENTALIS

COMMVNIONEM CVM APOSTOLICA SEDE

NON HABENTES

AD OMNES EPISCOPOS ECCLESIAKVM RITYS ORIENTALIS , COMMYNIONEM CVM APOSTOLICA SEDE NON HABENTES

PIVS PP. IX.

Arcano Divinae Providentiae consilio, licet sine ullis meritis Nostris, in hac sublimi Cathedra haeredes Beatissimi Apostolorum Priricipis con- stituti, qui iuxta praeroyativam sibi a Deo concessam firma et solidis- sima petra est, super quam Salvator Ecclesiam aedificamt *, impositi Nobis oneris sollicitudine urgente, ad eos omnes in qualibet terrarum Orbis regione degentes, qui christiano nomine censentur, curas Nostras

A TUTTI I VESCOYI DELLA CHIESA DI RITO ORIENTALS NON AVENTI COMUNIONB COLLA SEDE APOSTOLICA

PIO PAPA IX.

Per arcano cons'iglio della divina provvldenza, bench^ senza alcun Nostro merito, cosUtuiti in questa sublime Cattedra eredi del beatissimo Principe de- gli Aposloli, il quale, secondo laprerogativa da Dlo concessagli, $ la pietra ferma e solidissima sopra cui il Salvatore edificb la Chiesa, sospinti dalla sol- lecitudine del peso a Noi imposto, veementissimamente desideriame e ci sfor* 2iamo di stendere le Nostre cure a tutti quelli che in qualsivoglia regione del

\ S. GREG. NYSS. Laudatio altera S. Steph. Protomart. apud Galland. VI, 600.

100 LETTERE APOSTOLICHE

extendere, omnesque ad paternae caritatis amplexus excitare vehemen- tissime cupimus et conamur. Nee vero absque gravi animae Nostrae pe- riculo partem ullam christiani populi negligere possumus, qui pretiosis- simo Salvatoris Nostri Sanguine redemptus , et sacris baptism! aquis in Dominicum gregem adlectus, omnem sibi Yigilantiam Nostram iure de- poscit. Itaquecum in omnium procurandam salutem, qui Christum lesum agnoscunt et adorant, studia omnia, cogitationesque Nostras indesinen- ter conferre debeamus, oculos Nostros ac paternum animumadistas con- vertimus Ecclesias, quae olim unitatis yinculo cum hac Apostolica Sede conglutinatae tanta sanctitatis, caelestisque doctrinaelaude florebant, ube- resque divinae gloriae et animarum salutis fructus edebant, nunc yero per nefarias illius artes ac macbinationes, qui primum schisma excitavit in caelo, a communione Sanctae Romanae Ecclesiae, quae toto orbe dif- fusa est, seiunctae ac divisae cum summo Nostro moerore existunt.

Hac sane de causa iam ab ipso Supremi Nostri Pontificatus exordio Yobis pacis caritatisque verba toto cordis affectu loquuti sumus *. Etsi yero haec Nostra yerba optatissimum minime obtinuerint exitum, tamen nunquam Nos deseruit spes fore ut humiles aeque ac ferventes Nostras preces propitius exaudire dignetur clementissimus ac benignissimus salu- tis pacisque Auctor, qui operatus est in medio terrae salutem, quique oriens

niondo sono insigniti del nome di cristiano, ed eccitarli tutti alFamplesso del Nostro amore paterno. Ne senza grave pericolo deiranima Nostra possiamo trascurare parte alcuna del popolo cristiano, il quale redento dal Sangue pre- zlosissimo del nostro Salvatore e per le sante acque battesimali raccolto nel gregge del Signore, gins tamen te richiede tutta la Nostra vigilanza. Adunque dovendo Noi, senza posa, conferlre tutti i Nostri sforzl e tutti i Nostri pen- sieri a procurar la salute di tutti coloro, che riconoscono ed adorano Cristo Gesu, rivolgiamo i Nostri occhi e il Nostro paterno animo a coteste Ghiese ; le quali, un tempo collegate col vincolo di unita a questa Sede apostolica, fiori- yano per tanta lode di santita e di celeste dottrina e producevano copiosi frutti per la gloria di Dio e per la salute delle anime ; ma ora per le arti nefarie e macchinazioni di colui che in cielo suscitd il primo scisma, si trovano separa- te e disgiunte, con sommo Nostro cordoglio, dalla Santa Romana Chiesa, che e diffusa per tutto il mondo.

Per questa cagione fin dal principle del supremo Nostro Pontificato con tutto Taffetto del cuore Vi dirigemmo parole di carita e di pace. E quantun- que queste Nostre parole non abbiano sorlito il desideratissimo effetto, tut- tavia non Ci abbandono mai la speranza che sia per esaudire propizio le umi- lie in pari tempo ferventi Nostre preghiere il clementissimo e Denignissimo Autore della salute e della pace, il quale operb la salute nel mezzo delta

1 Epist. ad Orient, In supretna, die 6 lanuarii an. 4S4S.

DI S. S. PIO PAPA IX. 101

ex alto pacem sibi acceptam et ab omnibus acccptandam evidenter o- stendens, earn in ortu suo Angelonun ministerio bonae voluntatis ho- minibus nunciamt, et inter homines conversatus vcrbo docuit, praedica- mt exemplo 1.

lam vero cum nuper de Yenerabilium Fratrum Nostrorum S. R. E. Cardinalium consilio Oecumenicam Synodum future anno Romae cele- brandam, ac die octavo mensis Dccembris Immaculatae Deiparae Yirgi- nis Mariae Conception! sacro incipiendam indixerimus et conYOcaveri- mus, Yocem Nostram ad Yos rursus dirigimus, et maiore, qua possu- mus, animi Nostri contentione Yos obsecramus, moneraus et obtestamur ut ad eamdem generalem Synodum convenire velitis, quemadmodum Maiores Yestri convenerunt ad Concilium Lugdunense II, a recol. mem. B. Gregorio X Praedecessore Nostro habitum, et ad Florentinum Conci- lium a fel. record. Eugenio IY, item Decessore Nostro celebratum, ut di- Jectionis antiquae legibus renoyatis, et Patrum pace, caelesti illo ac salu- tari Christi dono quod tempore examit, ad yigorem iterum reyocata 2, post longam moeroris nebulam et dissidii diuturni atram ingratamque caliginem serenum omnibus unionis optatae iubar illucescat 3.

terra cd apparcndo dall'alto e mosirando visibilmente la pace a lui accelta ed accettabile da tutti, I'annunzio nel suo nammento, pel minister o deyli anydi, agli uomini di btiona wlonta, e conversando tra cjli uomini Iain- segno colla parola, la predicb coU'e-sempio.

Or avendo Noi, col consiglio de' Venerabili Nostri Fratelli, Cardinali clclla Santa Romana Chiesa, intimato e convocato mi Concilio ecumenico, da cele- brarsi in Roma nel vegnente anno, e da cominciarsi nel giorno sacro air im- macolato Concepimento di Maria Yergine Madre di Dio, di bel nuovo rivol- giamo a Yoi la Nostra voce, e con quanto possiamo maggiore sforzo del- raiiimo Yi pregiamo, ammoniamo e scongiurlamo die vogliate recarvi a questo generale Concilio, come appunto i Yostri Maggiori si recarono al Concilio II di Lione, tenuto dal B. Gregorio X, Nostro predecessore di ve- nerata memoria , ed a quello di Firenze, celebrate da Eugenio IY, di felice ricordanza, e parimente Nostro predecessore ; acciocche rinnovate le leggi delfantica dilezione, e la pace, de' Padri, dono celeste e salutare di Cristo, che inaridi col tempo, richiamati in vigore, dopo lunga nebbia di tristezza ed atra cd ingrata caligine di diuturna separazione, rifulga per tutti il sereno splendore della desiderata unione.

1 E|>ist. B. Gregorii X ad Michaelcm Palacologtini, Grace. Imprr. die 24 Octobris an. 1272.

2 Epist. LXX, al. CCXX S. Basilii Magni ad S. Damasum Papam.

5 DcGn S. Oecum. Synodi Florect. in Kulla Eujenii IV : Laelentur Caeli.

102 LETTERE APOSTOLICHE DI S. S. PIO PAPA IX.

Atque hie sit iucundissimus benedictionis fructus, quo Christus lesus nostrum omnium Dominus et Redemptor immaculatam ac dilectissimam Sponsam suam catholicam Ecclesiam consoletur, eiusque temperet et abs- tergat lacrimas in hac asperitate temporum, ut, omni divisione penitus sublata, voces antea discrepantes perfecta spiritus unanimitate collau- dent Deum , qui non vult scbismata esse in nobis , sed ut idem omnes dicamus et sentiamus Apostoli vcce praecepit; immortalesque misevi- cordiarum Patri semper agantur gratiae ab omnibus Sanctis suis, ac praesertim a gloriosissimis illis Ecclesiarum Orientalium antiquis Patri- bus et Doctoribus, cum de caelo prospiciant instauratam ac redintegra- tam cum hac Apostolica Sede catholicae veritatis et unitatis centro coniunctionem, quam ipsi in terris viventes omnibus studiis atque inde- fessis laboribus fovere et magis in dies promovere turn doctrina, turn exemplo curarunt , diffusa in eorum cordibus per Spiritum Sanctum caritate Illius, qui medium maceriae parietem solvit, ac per Sanguinem suum omnia conciliavit et pacayit, qui signum discipulorum suorum in unitate esse voluit, et cuius Oratio, ad Patrem porrecta, est : Rogo ut omnes unum sint, sicut et Nos unum sumus.

Datum Romae apud S. Petrum, die 8 Septembris Anno 1868.

Pontiiicatus Nostri Anno Yigesimotertio.

E questo sia il giocondissimo frutto di benedizione, onde Cristo Gesu, Signore e Redentore di tutti noi, allieti la cattolica Chiesa, sua sposa im- macolata e dilettissima, e col quale lenisca e terga le lagrime di lei in que- sta asprezza di tempi, acciocche tolta via del tutto ogni divisione, le voci, prima discordi, con perfetta unanimita di spirito lod'mo insieme il Signore, il quale non vuole che in noi siano scismi, ma per bocca dell'Apostolo ci comando che tutti diciamo e sentiamo lo stesso ; ed al Padre delle misericor- die grazie immortali si rendano da tutti i suoi santi, e specialmente da quei gloriosissmi antichi Padri e Dottori delle Chiese orientali, quando dal cielo veggano ristorata e reintegrata la unione con questa apostolica Sede, cen- tre di verita cattolica e diunita, cui essi mentre vivevano sulla terra non cessarono mai di fomentare con ogni studio ed indefesso lavoro, e di pro- muovere sempre piu di giorno in giorno colla (lottrina e colVesempio, essendo diffusa nei loro cuori per lo Spirito Santo la carita di Colui, 11 quale abbatte la parete della maceria, che stava di mezzo, e col suo Sangue riconcilio e pa- cifico le cose tutte, e voile che segno de1 suoi discepoli fosse la scambievole unione, e la cui preghiera al Padre fu questa: Prego che tutti sieno uno, come nfll siamo una cosa sola.

Dato in Roma presso S. Pietro, il di 8 Settembre, anno 1868. Del Nostro Pontificate anno vigesimo terzo.

CRONACA

CONTEMPORANEA

Roma 26 Settembre 1868.

I. COSE ITALIANS.

STATO PONTIFICIO 1. Pubblicazione deU'Enciclica del Santo Padre, che invita al Concilio ecumenico i Vescovi oriental!, separati dalla Chiesa romana

2. Sentenza che dicbiara scomunicato vitando \\ prete Cirino Rinaldi, con- tumace nell'esercizio deirabolito Tribunale della Monarcbia di Sicilia

3. Visita del Santo Padre all'Ospedale militare 4. Imposture de'rivolu- zionarii, smentite falYOsservatore Romano 5. II Cardinale Reisacb con- dannato a multa dal Governo usurpatore degll Stall della Cbiesa 6. Nuo- ve dlcblarazioni e mlnacce del diarii ufficiosi di Firenze, contro Roma e contro la Francia 7. Opere inscritte nell' Indice del librl proibiti.

1 . Mentre tutta Europa sta in angosciosa trepidazione, aspettando di vedere a qual termine debbanp riuscire i nuoyi sconvolgimenti che ma- nifestamente si preparano, per una parte dalle macchinazioni settarie della Frammassoneria , e per T altra dalla ambizione di certi gran Po- tentati, ecco la Santa Sede proseguire pacatamente i preparativi pel Concilio ecumenico, che il Santa Padre, con la bolla Aeterni Patris, da noi trascritta a pag. 129-42 del precedente volume, convocaya in Roma pel di 8 Dicembre 1869. I nostri lettori a suo tempo avranno compiuta notizia del vasto e profondo layoro che si fa intorno a si rilevante sog- getto; e ben possono argomentarne 1'importanza anche solo dal recente atto della Santa Sede, qui sopra da noi riferito e tradotto, e pubblicato nel Giornale di Roma del 22 Settembre.

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L'Enciclica Arcano Divinae Providentiae fa sentire la voce del Supremo Pastore alle pecorelle erranti fuovi delFovile di Cristo, e le invita a tor- nare ai pascoli salutari della sana dottrina cattolica, ed a disporvisi col partecipare al Concilio eciimenico, si che presto abbia ad avverarsi la dolce promessa: Et fiet unum ocile et unus pastor. E da sperare che questo paterno invito trovera rispondenza nei Vescovi della Chiesa orien- tale che non sono in comunione colla Chiesa romana. Ma dove pure sor- gessero ostacoli, che rendessero inefficace la sollecitudine paterna e 1'amo- roso invito di Pio IX, questo resterebbe sempre come monumento della carita evangelica, ond1 e animata la Santa Sede anche verso coloro che ne disconoscono i divini diritti e T autorita.

2. Un altro importante documento fu pubblicato nello stesso Giornale di Roma del 22 Settembre: ed e la solenne sentenza per la quale il prete Cirino Rinaldi e reietto dal grembo di Santa Chiesa, e dichiarato scomu- nicato vitando. Abbiamo recitato nel vol. XII della precedente Serie se- sta, a pag. 341-53 la Bolla Suprema, per cui abolivasi la cosi detta Lega- zia apostolica di Sicilia col rispettivo Tribunale della Monarchia; ed a pag. 470-86 il Breve ond1 era determinato appieno il modo e Tordine del trattare e giudicare le cause spettanti al foro ecclesiastico di queir isola. Un prete Cirino Rinaldi esercitava la carica di Giudice di quel Tribunale: e pertinace continue negli atti di tal carica, anche dopo che la suprema podesta del romano Pontefice Febbe abolita, ed a lui personalmente ebbe intimato il divieto di fare atto verurio di quella soppressa giurisdizione. Per lo che la Santa Sede, per mezzo della S. Congregazione dei Vescovi e Regolari, procedette contro lui al Monilorio da noi trascritto nel vol. I di questa Serie settima, a pag. 611. Resto contumace il misero prete, ne cedette alia voce paterna del sommo Pastore. Di che or a e scomunicato vitando.

3. II Santo Padre, che avea avuto la degnazione di visitare e benedire due volte le fedeli sue truppe, mentre campeggiavano sulle alture presso Rocca di Papa, non voile che fossero privi di egual favore i militari am- malati; e fu a consolarli di sua presenza nel pomeriggio del di 10 Settem- bre, come si narro dal Giornale di Roma del 16 nei termini seguenti:

« Circa le ore quattro pomeridiane def decorso giovedi, la Santita di nostro Signore recavasi improvvisamente all' ospedale militare pres- so S. Spirito in Sassia, ed era ricevuta dai quattro cappellani mili- tari, addetti in quello stabilimento alia spirituale assistenza degli in- fermi , e dai medici signori Pagani e Pelagallo. La Santita Sua, per- corvendo le varie sale, vi si trattenne benignamente oltre un'ora, sof- fermandosi a parlare or con uno, or coll1 altro dei militi infermi, i qua- li riccvevano un largo conforto dalle parole, che loro indirizzava il Santo Padre, e dairamorevole sua carita, che lo interessava a dimanda- re dellc loro malattie, esortandoli alia pazienza e alia rassegnazione

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cristiana. S.E.ilsignor Generale Pro-Ministro delle Armi, sopraggiunto con altri uffiziali poco dopo Tarrivo del sovrano Pontefice, ebbe Tonore di accompagnare 1'augusto visitatore, e tributargli i dovuti omaggi di ringraziamento. La Santita Sua, mostrandosi soddisfatta di quanto avea osservato nelPospedale medesimo, nel partire accordo Tapostolica bene- dizione a quanti ayeano avuto Tonore di accompagnarla in quella vi- sita, ed agli altri addetti al servizio degl'infermi, comprese le Figlie della Carita di S. Vincenzo de Paolis che le facevano ala, imitamente alle figlie dei militari, che nelFannessa scuola yengono in gran nume- ro, e con grande yantaggio, istruite da quelle Snore non solo nelle pratiche di religione, ma anche nella coltura della mente, e nei lavori donneschi ».

4. Come saggio delFonesta e yeracita dei diarii ufficiosi e ministeriali di Firenze, ci piacerebbe recitare alcuni squarci delle corrispondenze da essi fabbricate, e spacciate come riccbe di autentiche notizie intorno a Roma, e specialmente sopra le truppe che stettero a campo presso Rocca di Papa, ed il numero dei disertori e di malati, onde pcrcio furono, a detto loro, diradate le file del piccolo esercito pontiticio. Ma questo ci prenderehbe troppo spazio; e ci basta dire per ora, che quelle yeridiche notizie sono presso a poco sul taglio della seguente stampata dalla Ri for- ma del 12 Settembre. « Questo tratto della mania belligera degli Abati e costato, 'n tutto, all1 erario papale non meno di cinquecentomila scudi, e piu di un migliaio di soldati alVospedale. »

Nel men tire e nel gittare imposture sono piu yalenti i liberali moderate che i repubblicani della Ri forma, che le inventano troppo smaccate, e senza sale; e percio le frottole stampate da quelli circa le spese ed i dan- ni del Campo a-Rocca di Papa poteano gabbare i semplici. Di che YOs- scnaiore Romano del lunedi 7 Settembre ebbe a gittare loro una ricisa mentita, fondata su prove e dati che non ammettono, c di fatto non eb- bero replica. Ecco I'articolo dell1 Osser-vatore.

« Sabato sera rientraya dal campo di Rocca di Papa la prima Brigata delle truppe pontificie e la gran folia accorsa al suo ingresso pote con- vincersi del florido e marziale aspetto delle truppe; le quali dopo una fa- ticosa marcia in una giornata caldissima rientrayano in perfettissimo or- dine a Roma. Fin dal suo esordio quest1 accampamento fu Poggetto di continui e svariati attacchi, per parte dei nemici della Santa Sede, o de- gli ignoranti anche di buona fcde, che ripeteyano queste dicerie senza conoscere il yero stato delle cose. Si pretendeva che Taccampamento sa- rebbe pregiudicieyolissimo alia salute dei soldati , mentre la Brigata ac- campata ayeya costantemente una rimarcheyolissima minoranza di am- malati in confronto colla guarnigione di Roma, e delle altre guarnigioni ancora ; c da una situazione esatta della forza e degli ammalati nella piazza di Roma risulta: che mentre nelVanno 1862 si aveyano al 31 Ago-

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sto il 10 e 16/1000 per cento di ammalati, nel 1863, 117 e 99/1000 per cen- to nel 1864, il 10 e 41/1000 per cento, nel 1865 il 5 e 85/1000 per cento, nel 1866 il 7 e 83/100<> per cento, nel 1867 F8 e 73/1000, nel 1868 si ebbe soltanto, compresi gli ammalati del Campo, il 7 e 45/1000 per cento.

« Parlayasi pure delle spese exorbitant! a cui il Governo ayrebbe do- vuto sottostare, giungendosi perfino dalle fantasie alterate ad esagerarne le spese dai 200 ai 500 mila scudi; mentre la spesa straordinaria accagio- nata dairaccampamento, unitamente ai lavori della nuova strada, fonta- nile ecc., rimasti in beneficio del paese, non ascende che a circa duecen- tomila lire e non scudi. I benefizii che ne ritrasse la truppa sono stall immensi : F istruzione fece progress! merayigliosi, la disciplina in tulto quel tempo, in cui i soldati erano costaiitementc sotto gli occbi dei loro superiori, fu esemplare, la concordia fra i diversi corpi ammirabile.

r( L'utilita dei campi e oggi talmente riconosciuta, che tutti i Govern!, grandi e piccoli, vi hanno ricorso. Perche dunque non lo farebbe il Go- verno pontificio in una cosi'triste epoca, in cui Tesperienza purtroppo ha dimostrato che colla sola forza si possono respingere gli attacchi piu ini- qui ? Ora se il soldato pontificio deve alia circostanza sapere agire come quelli degli altri Stati , perche negargli i mezzi di una solida organizza- zione, di un perfezionato armamento, e di una completa ed indispensa- bile istruzione? Meglio che avere semplici soldati di parata, sarebbe di non averne affatto. »

5. Abbiamo esposto. nel volume precedente a pag. 735-36, come pro- cedesse T Eino Card. Reisach nella visita alia sua Sede episcopale di Ma- gliano, e come percio gli fosse girato un processo dal Fisco di quel Go- verno usurpatore, che, dopo aver rubato gli Stati a cinque legittimi So- vrani, e colpito d'esilio, di domicilio coatto, di carcere e di confische i Vescovi d' Italia, osa vantarsi di incemparabile moderazione e henignita verso la Chiesa, e gloriarsi di attuare il principio di libera Chiesa in liber o Stato. Or ecco che, per quanto sembrasse assurdo T attentato ti- scale contro FEffio Card. Reisach, esso fu condotto a termine. NelFudien- za del 12 Settembre, alle 2 pomeridiane, il Tribunale di Rieti condannava in contumacia il venerando Porporato, Yescovo di Sabina, per usurpa- zioni di titoli e funzioni ecclesiastiche, alia multa di lire italiane cinque- cento. II Regno d1 Italia e salvo, la sapienza dei Magistral va in esso di paro colla religiosita, e resta stabilito che il dare la Renedizione col Ve- nerabile, Tassistere ad un Te Deum ed il far leggere in luogo privato senza veruna solennita, un estratto di Rolla, e delitto di usurpazione!

6. La polemica tra i diarii francesi ed i giornali rivoluzionarii d' Ita- lia, circa lo sgombero dei Francesi da Roma, non si e ancora acchetata, ma piuttosto tende ad infervorarsi viepiu ; massime dacche si ebbero notizie di gravi rivolture in Spagna, avvenute, secondo il solito, per am- mutinamenti militari , orditi e promossi da Generali e Colonnelli oziosi

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e pcriidi. Si spera che, messa sossopra la Spagna, la Franc ia sentendosi isolata e senza alleanze, vorra compcrare Falleanza italiana pagandola coll1 ahhandono di Roma all1 invasione del soldati cialdiniani o garibal- deschi. Di qui e che il tono della Correspondence italienne, scritta sotto 1' ispirazione ed il dettato del Menabrea, presidente del Consiglio del Mi- nis tri a Firenze, diviene sempre piii arrogante e provocatore.

La France avea pubblicato che : « Lettere da Firenze annunziano, che il Goyerno del re Vittorio Emraanuele avrebbe steso un nuoYO disegno' circa il modus vivendi fra V Italia e la Santa Sede, sopra basi che offri- rebbero garanzie piii serie che tutte le proposte fatte precedentemente. Si aggiunge che questo disegno sarebbe gia stato comunicato al Governo francese, con preghiera di sostenerlo presso la Santa Sedc. E evidente che il Governo italiano fonda su cio la possibilita di trattare poi per lo sgomhero delle truppe francesi dal teriitorio pontificio. » II Menabrea colse da cio occasione di fare una dolce carezza ai Garibaldini , una mi- naccia alia Santa Sede, ed tmo scherno alia Francia, col ribadire i pro- positi contro Roma ed il riiiuto di qualsiasi efficace guarentigia; emando stampare dalla Correspondance italienne del 7 Settembre lanota seguente.

« Noi siamo in grado d'affermare, che questa narrazione e inesatta. Non v1 ebbero, da parte del Governo italiano, altre proposte del modus vivendi con Roma, se non quelle di cui si parlo parecchi mesi sono. Nel dispaccio del 21 Gennaio scorso, pubblicato dalP Univers, era chiara- mente detto che il Goyerno italiano, formulando quelle proposte, non faceya che rispondere ai desiderii del Goyerno imperiale, e gli daYa una prova di deferenza. Gli e poi yero che, dopo allora, non abbiamo nulla saputo circa la sorte che quelle proposte ebbero ; il che, del resto, non deve far marayiglia. In quanto alle nuove garanzie, che pare si aspet- tino dal Governo italiano, non comprendiamo come un giornale cosi se- rio, quale e lafr<mcp, possa ancora farsi illusioni a questo riguardo. Esso dovrebbe sapere che 1' Italia non puo darne altre , se non quelle ch' ella da ora con una lealta, che nessuno potra mettere in dubbio. »

E siccome di Francia i diarii imperials replicavano col rilevare quei tono insolente, e mostrando di non yoler essere zimbelli del machiavel- lismo fiorentino , la stessa Correspondance italienne rincaro la dose, e disse chiaro che , se la Francia non dara Roma all' Italia, sara yana ogni speranza di yeder glltaliani rappattumarsi col Governo delle Tuileries. Ecco le sue parole volte fedelmente in nostra lingua : « Non sono certa- mente le ingiurie e le minacce quelle che possono cattivare la benevo- lenza d'un popolo. Noi non potremmo trovarc nei vocabolarii politic! un nome per designare i mezzi impiegati contro noi, e che noi abbiamo accennati. Questo non e machiavellismo ; giacche Machiavelli avea ta- lento (de r esprit). Noi non vi scorgiamo da una parte che fanatismo, e dalF altra parte che maneggi da traffico (d'agiotage) e vulgari spedienti

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per ritardare il coinpimento d'un avvenimento, senza il quale sara diffici- le che un cordiale acccordo si ristabilisca tra le due nazioni. »

All1 arroganza dal diario del Menabrea fa degno riscontro la sicurezza con cui il Corriere italiano, n.° 249 del 10 Settembre, gia annunziava co- me inevitable e prossimo Vabbandono di Roma per parte della Fran- cia, la quale, per aver arnica Fltalia, a delta del Corriere, si contenterebbe di lavarsi le mani circa Tavvenire riserbato alia Santa Sede, col revocare e disdire iljamais del Rouher, ricbiamare i suoi soldati, e lasciare die awenga un secondo Castelfidardo. Ecco le parole del Corriere.

« Lo sgombro di Roma per parte delle truppe francesi ormai si puo ritenere come una cosa certa e di non lontana attuazione. Non sono piu solamente i giornali a sensation die ne facciano argomento delle loro ardenti polemic-he, ma ne discorrono persino i fogli che rifle ttono piu fedelmente le idee dell'Impero francese. Noi dunque crediamo che presto il Govejrno italiano e lo Stato pontificio si troveranno di bel nuovo Tuno a fronte delFaltro, precisamente come negli ultimi tempi che precedettero i fatti di Mentana. Se Roma avra in se tanta vitalita da mantenersi in piedi anche senza Tappoggio' delle baionette francesi, tan- to meglio per essa ; ma nel caso, non improbabile, che le sole sue forze non reggano alia prova, in questo caso sara lasciata in balia della sua sorte, ed avverra un po'prima cio che un giorno o Taltro dcve necessa- riamente accadere. »

L1 Opinione poi del 16 Settenihre, tolto pretesto dalle dicerie corse, che la raunata dei Deputati sinistri, la quale dovea tenersi a Napoli, volesse proporre il trasferimento della Capitale in quella citta, linse di di voler ismentire quella diceria spacciata anche dal Debats, e di vo- ler ribattere le ragioni allegate in favore di tal disegno dal corrispon- dente di quel diario paiigino; e conchiuse: « Non si sa ancora se a Napoli si terra il preconizzato meeting, e molto meno si puo sapere quali proposte si farebbero e sosterrebbero. Non ci sembra pero difficile il comprendere, come la proposta accennata non sia che uno stratagem- ma del partito retrivo, che non vuol saperne di Roma capitale d1 Ita- lia, e vorrebbe risollcvare in Italia un' agitazione pericolosa, rimettendo 'in campo una quistione tanto grave. Persuasi che il Parlamento non disdice il suo voto, ne il Governo il suo programma, ne T Italia i suoi plebisciti, noi crederemmo di sprecare il tempo, discutendo una quistio- ne la quale non preoccupa neppure Topinione pubblica. »

Giova vedere cosi apertamente banditi tali propositi. Ognuno puo argomentare da essi quanta sia la lealta del Menabrea e dei liberali mo- derati, che sottovoce mandavano dire da loro mezzani, come essi non pensassero punto ad impadronirsi di Roma ed a spogliare il Papa, ma che osserverebbero puntualmente la Convenzione del 15 Settembre 1864.

CONTEMPORANEA 109

7. Con decreto della sacra Congregazione fa\Y Indice, firmato alii 31 Agosto, ed approvato dal Santo Padre alii 2 Settembrc, vcnnero condan- nate e proibite le seguenti opere.

« Essai sur les oeuvres et la doctrine de Machiavel, avec la tradu- ction litterale du Prince, et de quelques fragments historiques et litte- raires; par Paul Deltuf. Paris, C. Rainwald, Libraire-Editeur, 1867.

« Catecismo Politico Constitutional, escrito por Nicola Pizarro. Tercera ediction. Mejico, imprenta de Ignacio Cumplido, 1867. »

II.

COSE STRANIERE.

FRAXCIA!. Splendide accoglienze fatte a Fontainebleau al Conte e alia Con- tessa di Girgenti T- 2. L'Imper&tore al campo di Chalons ; sue parole di commiato 3. Commozlone eccitata in Francia da un discorso del re Gu- glielmo a Kiel 4. Giudizio dei giornali ufficiosi parigini sopra una dimi- nuzione temporanea deiresercito prussiano 5. Spiegazione di cio data dal Constitutional 6. Pericoli chiariti dalla Liberte.

1. Fin dai primi giorni del passato Agosto si parlava di torbidi im- minenti e di gravi riyolture, che doveano scoppiare in Ispagna, e die aveano avuto qualche rattento e ritardo soltanto per Tenergia con cui il Ministro degli intern! e Presidente del Consiglio, sig. Gonzalez Bra- vo, era poco prima proceduto alFarresto di un certo numero di Gene- rali ed ufficiali superior!, die ayea mandati a confine, quali alle Canarie, e quali in diverse citta della penisola, dove non era pericolo die desse- ro ai soldati gli stimoli e Tesempio della fellonia e del tradimento.

Quindi e che immensa fu la sorpresa, diremmo quasi T ambascia, dei Frammassoni per un fatto, avvenuto il 31 Agosto, e che in altre con- giunture non avrebbe porto argomento di chiacchiere che ai cortigia- ni, ma che nello stato presente d'Europa diede alia setta qualche moti- vo di tcmerc , che Napoleone III volesse procedere di buon accordo con la Regina di Spagna in reprimere la rivoluzione. Di che non e a dire quanto si adontassero ed inviperissero i giurati nemici della mo- narcliia legittima.

II fatto si riducc a questo. Giunsero a Parigi, la mattina del Sabato 29 Agosto, gli augusti sposi Conte di Girgenti e Maria Isabella di Spa- gna, e presero stanza airambasciata spagnuola. Quinci alii 31 Agosto, per cortese invito ricevuto dair imperatore Napoleone III e dair impe- ra trice Eugenia, si condussero a Fontainebleau do v1 era la Corte; e vi furono accolti con isplendidezza di pompe e di onori veramente degni del loro grado. Un banchetto, a cui erano invitati cento personaggi, fa

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loro imbandito alle sette del pomeriggio, dopo il passeggio nei boschetti di quella residenza imperiale, e lo scambio delle piu cortesi dimostrazio- ni d'onore d'affetto. Poi si passo ad assistere alia commedia; quindi al- le sale di conversazione ; poi a cena.

Chi pensa come per una parte il Conte di Girgenti e membro della piu augusta ed antica dinastia d1 Europa, la quale, benche Francesco II sia stato soverchiato dal tradimento e dalla forza, conserva pur sempre in- tied i suoi diritti; e per altra parte la sua sposa e la figliuola primoge- nita di S. M. Isabella II regina di Spagna : non trova ragione alcuna di maravigliarsi die abbiano ayuto alia Corte imperiale di Parigi queste onoriiicenze ; che del resto furono egualmente usate verso quei tanti al- tri principi di Case sovrane, che andarono a Parigi T anno scorso per V Esposizione universale. Ma i Frammassoni, che sapeano quel che gia essi aveano tramato per iscatenare novamente la guerra civile in Spa- gna, il che sembra che loro sia venuto fatto alii 20 Settembre, non sa- peano darsi pace di vedercosi onoratiun principe ed una principessa di Borbene, da Napoleone III. Trambasciavano di paura che questi volesse ora fare di proposito quel che molti speravano nel 1860, e sostenere il diritto contro la fellonia ed il tradimento, e stringersi in alleanza con la Corte di Spagna.

2. Gli augusti sposi di Borbone rimasero a Parigi, dove dal Corpo di- plomatico e dalla Corte imperiale continuarono a ricevere gli omaggi e gli onori dovuti al loro grado. L1 imperatore Napoleone III ed il principe imperiale partirono da Fontainebleau la mattina del 3 Settembre alia volta di Chalons , dov'era il campo di esercitazioni delle truppe. Ma pri- ma Napoleone III e Y imperatrice Eugenia aveano restituita in Parigi, air ambasciata spagnuola , al Conte ed alia Contessa di Girgenti , la vi- sita ricevuta a Fontainebleau. Nel pomeriggio del 3 Settembre T Impera- tore col suo erede giunsero al campo di Chalons, e la sera stessa ten- nero seco a mensa gli uffiziali generali delle truppe rvi raccelte. La di- Hiora dell1 Imperatore fra i suoi soldati si protrasse per otto giorni, du- rante i quali si compiacque molto dei risultati che dovrebbero dare di se, quando fossero maneggiati davvero contro un nemico in carne ed ossa sul campo di battaglia, i famosi fucili del Chassepot, a cui danno conforto certe mitrayliatricidii nuova invenzione. Quindi alii 12 Settembre T Im- peratore e suo figlio se ne partirono per tornare a Fontainebleau.

Finche stette al campo, Tlmperatore molto si mescolo dimesticamente co1 soldati, che accorsero sul suo passaggio a dargli commiato con alte grida di pla»uso, quand' egli si mosse alia partenza , accompagnato dai Generali ed ufficiali superiori. A questi poi F Imperatore, sul punto di licenziarli, volsc le seguenti parole : « Sono felicissimo degli otto giorni che ho passato fra voi. Non vi dico nulla, p,erche i giornali non tralasce- rebbero di ricavare dalle mie parole, per quanto si fossero moderate,

CONTEMPORANEA 111

prognostic! di guerra. Mi limito pertanto ad attestarvi la mia satisfazione pel vostro zelo e per la vostra devozione. » Secondo il solito, anche que- ste semplici parole fornirono ai giornalisti immensa materia di ciarle, di divinazioni, di querimonie, di speranze e di timori ; sicche ha propria- mente ragione Napoleone III se tace affalto, poiche ogni sua sillaba e si barbaramentc torturata, affinche abbia a significare tante opposte e forse assurde sentenze.

3. Ma troppo piii grande commozione eccito, massime in Francia, un breve discorso detto dal re Guglielmo I di Prussia a Kiel, I'll Settem- l)re , cioe il giorno innanzi a quello in cui Napoleone III con tanta sa- viezza e circospezione dichiarava di voler astenersi dal parlare, appunto perche niuno ne potesse trarre pretesto a fantasticare di prossima guerra. II Rettore dellTniversita di Kiel avea indirizzato un complimento al re Guglielmo, il quale, invece di raccomandargli di fare in guisa che gli sco- lari non perdano il loro tempo in intrigbi politici, ma si attendano a stu- diare, tolse cagione da alcune allusion! fatte dal Rettore circa il commie desiderio di pace, per dichiararsi nella forma seguente.

« Circa i voti che voi fate per la conservazione della pace, nessuno po- trebbe parteciparli piu vivamente di me; imperocche, per un Sovrano, la e una necessita penosa, e che rende responsabile davanti a Dio, il ve- dersi costretto a pronunciare la fatale parola di guerra. Eppure vn hanno circostanze, in cui un principe non puo ne deve sottrarsi ad una tale re- sponsabiiita. Yoi medesimi avete, coi vostri proprii occhi, veduto qui, che la necessita di una guerra puo imporsi talora ad un principe come ad una nazione. Se esiste tra no! un vincolo di fiducia e di reciproche disposiziofii amichevoli, lo dobbiamo alla-guerra. Del resto, io non veggo in tutta TEuropa alcuna circostanza minacciosa per la pace, e lo dico al- tamente per tranquillarvi. Ma cio che deve rassicurarvi ancor piu, e la vista dei rappresentanti, qui radunati, del mio esercito e della mia ma- rina, questa forza della patria, che provo com' essa non feme d'accettare e di condurre a buon fine una lotto, che le e stata imposta. »

Come voleva la prudenza ed un poco di accorgimento politico, i diarii ufficiosi di Francia, benche a denti serrati e con aspetto convulso, si ral- legrarono delle assicurazioni date dal re Guglielmo circa i suoi pacifici intendimenti. Gli altri quasi tutti videro in quelle parole, e specialmente neirultima frase, un guanto di sfida gettato in viso alia Francia, dicen- dole: State buona, se no!...

\ . Mcntre ancora si discuteva sopra il senso genuine delle parole del re Guglielmo, e persino pretendeasi dare conto di spiegazioni chieste dal Moustier all'ambasciata prussiana, ecco il Moniteur di Berlino anmm- ziare che Vesercito prussiano sarebbe diminuito di circa 100, 000 solda- ti, volendosi cosi dal Re di Prussia dare un pegno solenne del fermo suo proposito di tutto sacrificare al mantenimento della pace. Ed infatti un

112 CRONACA

certo numero di soldati furono congedati prima del tempo , ed altri , che doveano accorrere sotto le bandiere, furono lasciati alle case loro per al- cune settimane. Questo sconcertava tutti i disegni bellicosi de'giornalisti, che trasecolarono yiepiu quando la Gazzette de France per la prima , quindi la Correspondence du Nord Est, diario molto autorevole, pubbli- carono una nota diplomatics , attribuita al sig. Thiele che fa le veci del Ministro degli affari esteri a Berlino, ed indirizzata all' ambasciata prus- siana a Parigi. Ecco la yersione di questo documento, autentico o no che egli sia, dato sotto il 28 Agosto.

« Ho Tonore d'informaryi che S. M. il Re s'e graziosamente degnato d'ordinare, in primo luogo, che, appena terminate le esercitazioni autun- nali del regio esercito, tutte le riserye yengano licenziate ; in sccondo luogo, che la leya annuale yenga ritardata di tre mesi. II Goyerno di S. M. ha yoluto, con questo importante proyyedimento, che diminuisce di 120 mila uomini V esercito prussiano, dare una nuoya proya della sua moderazione e del suo amore della pace. Ei yolle in pari tempo manife- stare la sua fiducia nel mantenimento della pace europea , giacche , se- condo il nostro ayyiso , non esiste presentemente alcuna questione che possa minacciare il riposo dell1 Europa. Portando a yostra cognizione le misure che ho indicate, yi prego, signor conte, di dame comunicazione conlidenziale a S. E. il marchese Moustier, senz'aggiungeryi nessun com- mento. Approfitto di quest1 occasione per rinnoyarvi Tassicurazione, ecc. Thiele. »

La Patrie ne rimase sbalordita ; poi riyenne in se e giuro per gli Dei dell'Olimpo, che quel documento doyea essere apocrifo. Anche il Memo- rial diplomatique del 17 Settembre, trascriyendolo a pag. 612*, ebbe cu- ra di far no tare che la forma di esso riyelava una singolare ignoranza degli usi diplomatic!, e che percio non poteya essere altro che un1 inyen- zione poco spiritosa di qualche beffardo, che piaceyasi di corbellare i semplicioni. Ma quasi tutti gli altri giornali o credettero o fmsero di cre- dere autentico quel dispaccio, e ne inferirono le piu contradditorie con- seguenze; imperocche gli uni yi scorgeyano un pegno della pace assicu- rata, gli altri una nuoya disfida, una specie di ultimatum alia Francia, perche debba ancor essa smettere le armi e I'atteggiamenlo di difesa in cui si tiene.

5. II Constitutionnel, piu garbato, assunse di dimostrare che in quella diminuzione momentanea dell1 esercito prussiano non si potea scorgere altro che tin proyyedimento di economia, il quale tornaya utile al Goyer- no di Berlino tanto per la pace, quanto per la guerra. Ecco il suo ar- ticolo.

« Le difficolta fmanziarie , colle quali deye lottare la Confederazione della Germania del Nord, tengono in grande sollecitudine particolarmen- te il Ministro della Guerra a Berlino. L'art. 52 della Costituzione federale

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avendo stabilito per cinque anni il bilancio della guerra, ramministra- zione militare e costretta di far fronte ad ogni eventualita, coi mezzi che le sono conceduti, cioe 220 talleri (843 franchi) per uomo, agli obblighi che derivano dalle disposizioni dell' art. 60 della Costituzione relative) alia presenza sotto le bandiere in tempo di pace, d'uno per cento della popolazione.

« Questi mezzi sembrano ognor piu insufficienti : il caro dei yiveri e dei foraggi e stato in questo anno causa di serii imbarazzi ; le spe- se considerevoli richieste dagli esperimenti d'arliglieria, molto costosi, aggravarono maggiormente le difficolta. Da piu di sei mesi gli ufticir della guerra lavorano costantemente a cercare il mezzo d'introdurre ne'varii rami dell'esercito economic di ogni specie, onde rendere pos- sibli le spese giudicate indispensabili : quelle per esempio derivate dalla sostituzione del bronzo air acciaio fuso per i pezzi da campagna. Questo stato di cose aveva gia dato motivo, in primavera, a certe disposizioni, che consistevano nel dare congedi illimitati a circa 10,000 uomini del 39 contingente. Pero sembra che i mezzi che si erano assicurati non ba- stassero ancora ; e , per ottenerne degli altri , e stato deciso , in questi giorni, che tosto dopo la fine delle esercitazioni d'autunno, cioe ver- so il 15 di questo mese circa, gli uomini destinati ad entrare nclla riserva dal 1 Ottobre, ossia il personale del contingente, cioe 80,000 uomini all' incirca, cesseranno di far parte dell'effettivo presente sotto le bandiere.

« Questa prima misura procurera alia Confederazione del Nord la soppressione della spesa della paga del mantenimento di questi 80,000 uomini durante quindici giorni , e siccome alia fine delle esercitazioni di autunno gli uomini del terzo contingente hanno raggiunto il maximum della loro istruzione, e permesso di affermare che da questa economia non risulta sotto nessun rapporto il piu leggiero indebolimento per Tesercito federale ; i quadri sono mantenuti intatti ; le forze non ne sona diminuite; 1'effettivo dell'esercito attiyo rimane assolutamente lo stesso. Y'e di piu : ogni anno questa misura si pratica su d'una scala piu o me- no grande per le stesse ragioni economiche.

« Si pu6 dire quasi altrettanto della decisione, in forza della quale le reclute del contingente dell' anno corrente non saranno, per la maggior parte, chiamate ai corpi che il 2 Gennaio 1869. In regola generale, e conformemente alle disposizioni dell'articolo 6 della legge militare del 19 Ottobre 1867, gli uomini del primo contingente devono comin- ciare il loro servizio effettivo e trovarsi ai loro corpi il 1 Ottobre. I primi nove mesi dell' anno sono consacrati ai lavori dell' estrazione a sorte, della revisione e classificazione. Essi non contano e non hanno mai contato in Prussia come se figurassero nel tempo del servizio at- tivo. Questo tempo di servizio si compone di tre anni, cominciando col Serie VII, vol. IV, fasc. 445. 8 26 Settmbre 1868.

Ill CRONACA

1.° Ottobre del primo anno e terminando al 1.° Ottobre del terzo anno compiuto. Nella pratica, pero, e sempre in uno scopo di economia, le stipulazioni riprodotte neirarticolo 6 della legge militare non furono mai applicate rigorosamente, e gli uomini del primo contingente, de- stinati a sostituire coloro che entrano nella riserva, a cominciare dai 15. Settembre, non sono generalmente chiamati al corpo che verso il 15 di Settembre. E dunque I'economia di sei settimane della paga e del mantenimento di 90,000 uomini che il ministero realizza comune- niente. Quest'anno i bisogni di danaro essendo urgenti, Y economia sa- ra, in seguito alle decision! adottate recentemente, d1 importanza mag- giore, poiche si risparmieranno le spese della paga e del mantenimen- to di questi 90,000 uomini non soltanto per sei settimane, come al so- li to, ma per tre mesi.

« Conviene pero aggiungere che questa seconda decisione e sotto il risguardo della forza effettiya dell' esercito federate alquanto piu im- portante, che non il rinvio anticipate degli uomini che entreranno nel- la riserva il 1 Ottobre yenturo. Questi ultimi sono, infatti, giunti ai massimo grado d'istruzione e d'esperienza nel maneggio delle armi; ed il risparmio che fa ramministrazione mantenendoli quindici giorni di meno , sotto T aspetto della potenza militare , non reca alcun danno. Per gli uomini del primo contingente, al contrario, e la forza effetti- va, che rappresenta il yalore acquistato da 90,000 uomini in capo a sei settimane di istruzione, quella di cui ramministrazione consente a fare il sagrificio, non chiamandoli ne al 1 Ottobre, come la legge gliene da il diritto (di cui essa non usa mai), ne ai 15 Novembre, come essa pra- tica ordinariamente, ma il 2 Gennaio prossimo. Ora, tal sacrifizio, che e lungi dall' avere T importanza che parecchi giornali tentano di attri- buirgli, non e pero insignificante.

« Stante i pochi anni di servizio che ogni contingente e chiamato a prestare, e sempre stato di regola in Prussia, e questa regola si estende oggidi a tutta la Confederazione del Nord , che T istruzione delle re- chite e spinta, tosto dopo il loro arrivo ai corpi, con un'attivita estre- ma. Si puo dire che non si perde un1 ora di tempo per riuscire a for- ma re presto e bene i soldati. E dunque certo che, alia fine del prossi- mo inverno, il piu giovane dei tre contingent!, di cui si compone 1'eser- cito federale, non ayra ancora acquistato la solidita e la consistenza che aveyano il mese di Febbraio scorso le reclute giunte ai corpi il 15 Ottobre 1867. Gli manchera la forza ch'egli ayrebbe potuto acqui- stare in sei settimane d'istruzione. Ma la cassa federale militare avra risparmiato tutto cio che gli sarebbe costato la sua paga ed il suo mantenimento durante queste sei settimane.

« Questa e la reale importanza delle decisioni intorno alle quali ya- rii fogli tedeschi hanno pronunciato la parola di disarmo. Nel 1869 yi

CONTEMPORANEA

sara uno dei ire contingent! delFesercito fcderale che avra avuto sei settimane d'istruzione meno dei due altri.

« Del resto, Teffettivo dell' esercito attivo della Germania del Nord non sara diminuito per nulla ; egli si comporra sempre d'uno per cento della popolazione ; come per il passato, T esercito attiyo ayra dietro di se, per rinforzarlo in caso di bisogno, quattro contingent! di riser va e cinque contingent di landwher; totale 12 contingenti d1 uomini che ban- no tutti serrito. Essendo ogni contingente di 90,000 uomini , in cifra tonda, la Confederazione del Nord disporrebbe di 1,080,000 uomini, se non si doyesse tener conto delle perdite prodotte ineyitabilmente dal tempo, e cbe riducono quella cifra ad una media di 750 mila uomini. Per mo'dificare questo State di cose nel senso del disarmo, bisognerebbe che la legge militare federate del 19 Ottobre 1867, ed il capitolo XI del- la Costituzione federate , fossero cambiati e riyeduti in y ia legislatiya » .

6. Non si mostrano pero di cosi facile contentatura tutti i giornali parigini, e piii d'uno grido alto , essere tempo di troncare gli indu- gi, che servono solo a crescere la potenza e Farroganza della Prus- sia, ed a rendere sempre piu graye lo smacco ed .il pericolo per la Francia. Cosi, per esempio, la Liberte del 17 Settembre, dopo yen- tilate con istudiata argomentazione le opposte sentenze, conchiuse il suo dire nei termini seguenti.

« Stendendosi sino al Meno la Prussia non e soddisfatta per molti se- coli, come diceya Tanno scorso il Ministro di Stato, Bismark ; essa an- dra. fino al Danubio, fino all' Inn , andra sino alle Alpi. Essa realizzei# il programma, che il principe reale nel suo yiaggio a Firenze indicaya al principe Umberto. A delta d'un organo ultra-ufficiale del Goyerno au- striaco, Terede del trono ayrebbe detto al suo interlocutore : La Prus- sia e Tltalia deyono ayere, la prima la supremazia in Europa, la seconda la dominazioue del Mediterraneo. La Francia lascera che si effettui que- sta diyisione tra i due alleati del 1866, i quali saranno probabilmente gli alleati del 1869 ? Se si, prepariamo il nostro lutto delFAlsazia e della Lorena da una parte, di Nizza, di Sayoia e della Corsica daH'altra; se no, sappiamo prendere risolutamente un partito, ed eseguirlo sen- za indugio ; non perdiamo tempo a destare negli animi, pur facendo le Tiste di non temerli, i prognostic! di guerra. »

L' Imperatore, per quanto sembra , non e delFayyiso della Liberie. Presc le parole del re Guglielmo per quel che yalgono ; continue a ta- cere; parti per Biarritz; quinci si condusse a yisitare il campo militare raccolto a Lannemezan sotto il comando del Conte Generale De Goyon ; yi si mostro contentissimo dei soldati e delle armi, e se ne torno po- scia a Biarritz, senza proferire parole ne di pace ne di guerra.

116 CRONACA

AMEHICA. SETTENTRIONALE (Stati Unitt) 1. Candidati divers! e lotta de'partiti per la elezione del Presidents 2. Proposte del Johnson al Gongresso circa la durata ed il modo di elezione del Presidente 3. Provvedimenti pel debito pubblicq 4. Gondizioni deplorabili degU Stati del Sud ; tur- bolenze nella Luigiana 5. Riconciliazione del Gabinetlo di Washington con quello di Londra 6. Conge tture sopra i disegni degli Stati Uni- ti nel Mediterraneo 7 . Qualita e forza deirarmata navale americana S. Praliche di pace fra gli Stati Uniti e gli Indian!, condotte dal P. De Smet 9. Splendido omaggio renduto dal Maggior Generale Stanley al- rinllueaza dei Missionarii cattolici.

1. I due grandi parti ti, il democratico cioe ed il repubblicano, che ne- gli Stati Uniti si contrastano la prevalenza nel Governo e neirindirizip del- 1'amministrazione interna, sono ora ingaggiati in cjuella guerra civile, non serapre incruenta, che ha per motive la elezione del nuovo Presi- dente, la quale deve effettuarsi alii 4 del prossimo Novembre.

Anche la sola scelta del candidate a tal carica basta a disegnare gli in- tendimenti delle opposte fazioni, cd a produrre percio rilevantissimi ri- sultati. Infatti gli Stati del Sud, quando videro molto benc assodata la candidatura del Lincoln, repubblicano c dichiaratosi altamente per Tabolizipne della schiavitu, non indugiarono punto a fare gli ultimi ap- parecchi per la secessione, che poi bandirono alii 20 Dicembre 1860, meno di due mesi dopo la sua elezione, e quattro mesi prima che que- gli dovesse entrare in esercizio della sua carica. Di che e manifesto qua- le sia e quanta Timportanza della signiticazione, che porta seco anche la sola elezione d'un candidate alia Presidenza.

Ora il partito repubblicano caldeggia molto la elezione del generale Grant, comandante supremo delFesercito ; il quale, cinto deiraurepla della vittoria riportata a Richmond, onde fu abbattuta la Confederazione del Sud, sembra sfidare con una grande sicurezza del trionfo gli sforzi di qualsiasi competitore, e preconizzare al tempo stesso la centralizzazione a cui tendono i suoi partigiani, e per conseguenza la distruzione del po- co cheresta deirautqnomia dei singoli Stati.

Ne i democratici si stanno colle mani alia cintola. Nelle loro raunate, tenute nei singoli Stati, ventilarono i meriti, il prestigio, le idee dei pre- cipui loro capi; quindi i piu influenti della fazione si raccolsero a New- York il 4 Luglio passato, per deliberare intorno alia scelta del candi- date da promoycrsi alia Presidenza. Questa scelta fu fatta dopo piu giorni di dibattimento e oli scrutinii. Dodici candidati furono propqsti; e 317 erano i votanti di questa Convenzionc, la quale avea prcstabilito che dovesse accettarsi come candidate queli'uno, in cui favore si fossero dichiarati i due terzi dei 317 votanti. Per lunga j)ezza parve che doves- se riuscire yincitore il sig. Pendleton, che avea riportato fino a 150 vo- ti favorevoli. Dopo lui venivano il generale Hancock, il sig. Itendricks ed il sig. Chase. La Convcmione era presieduta dal sig. Orazio Seymour, che aveva formalmente dicliiarato di non aspirarc punto alia candida- tura, anzi di rifiutarla.

Si ando innanzi sei interi giorni a questo modo, senza che in ventidue scrutinii veruno dei candidati pnposti raggiungesse il voluto numero di voti. Laonde, veduto che a questo mode non si verrebbe a capo di mil- la, molti si posero d'accordo in fare istanza al Seymour stesso, affinche

CONTEMPORANEA 117

volesse contentarsi di accettare la candidatura. Dopo aver esitato al- quanto, egli si arrese; e, procedutosi a'yoti, egli fu acclamato a suf- Iragio unanime come candidate del partito democratic^ ; il quale ora si travaglia a farlo accettare anche dagli aderenti del singoli Stati. La lotta pertanto e ora impegnata fra il Grant ed il Seymour; e Fesito e talmente incerto, attese ie qualita di questi competitor!, che giale scom- messe per F uno o per F altro si sono fatte in numero grandissimo e di somme enormi.

Chi sia il Grant, e quafi meriti militari in lui riconoscano i radicali re- pubblicani, gia i nostri lettori hanno potato saperlo dalFesposizione che abbiamo fatto dclle sue geste durante la guerra di secessione. Diciamo alcuna cosa del suo emolo.

Orazio Seymour nato a Pompey, Onondaga County, nello Stato di New-York, hel 1811, era gia insigne ayvocato al tribunale di Utica (juando appena contava vent'anni di eta. Nel 1841, candidate del parti- to democratic^ alFassemblea d1 Albany, fu eletto deputato al Congresso, dove acquisto subilo grande riputazione (Teloquenza ed autorita. Nel 1845 fu eletto speaker della Camera. Nel 1852 e nel 1862 fu innalzato alia carica di Governatpre, e nel 1864 fu seel to presidente della Con- vcnzione democrafica di Chicago. Egli ptterra facilmente i suffragi di tutti i democratic!, e molti ancora di quei repubblicani tepidi, i quali pa- yentano che, tra le mani del Grant, Famministrazione interna e la poli- tica esterna dehbano troppo risentirsi delle sue abitudini militari e della sua ruvidezza nelFuso della sciabola. Ma non per questo e da dire che la sua elezione sia assicurata; perche il Grant conta ancor esso un nu- mero grandissimo di partigiani, i quali si adoperano con immense ar- dore per lui ; che, non sappiamo se per ayyedimento politico o per bur- banza soldalesca, poco parla e nulla dice che possa sembrare un program- ma de'suoi disegni pel caso che riuscisse eletto. E questo dai repubbli- cani si guarda come indizio del suo proposito di appagare in tuttp i loro yoti. Intanto nelle elezioni del Maine i repubblicani rimasero yittoriosi con una pluralita di 73,000 yoti, cice di 11,000 di piu che nelle elezioni pre- cedent!. II che e di buon augurio pel Grant.

Un altro candidate restaya a scegliersi dai democratici, per la carica di Yicepresidente ; la quale, come ayyenne pel Johnson alia morte del Lincoln, trae seco il diritto di salire senz' altro alia presidenza, quando chi fu assunto a questa yenisse tolto di mezzo o per morte o per de- creto della repubblica. La Cowoenzione democratica di New-York, dopo acclamato il Seymour come candidate alia Presidenza, procedette alia scelta del candidate alia Yicepresidenza ; e la cosa fu fatta spedita- menle. Imperocche, leyatosi a parlare il sig. Preston, del Kentuky, propose che la vicepresidenza si doyesse conferire ad un canditato de- gli Stati delFOvest, e ne designo la persona, nominando il generate Francesco Blair, del Missouri. « Come soldato del Sud, disse il Preston, ed avendo combattuto nelle file opposte a quelle in cui militaya il Blair, colgo questa occasione per dichiarare, che i soldati del Sud stendono la mane ai soldati del Nord, in pegnp d'amicizia e di benevolenza. » Que- sto breve parlare commosse gli animi, e tutti d1 accordo votarono pel Blair, che in qualita di Gencrale delFesercito federale durante la guerra di secessione avea dato prove insigni di prodezza militare pari al suo senno politico.

118 CRONACA

2. Andrea Johnson, che, succeduto al Lincoln, con tantp sno traya- glio sostenne si aspra lotta contro i suoi antichi partigiani , onde non essere cieco strumento delle loro yendette contro i yinli secessionisti, sta dunque per ismettere la carica di Presidente della Confederazione americana, senza pur cimentarsi alia prova di una rielezione. Egli sa benissimo che poco assegnamento potrebbe fare sui democratic}, e che avrebbe ostili tutti i repubhlicani Ma prima di ritirarsi egli suggetto alle deliberazioni del Congresso due proposte, le quali, attesa la im- possibilita d'una sua rielezione, appari'scono al tutto scevre di proprio iitteresse; e che tuttavia saranno assai probabilmeiite reiette.

La prima e che il tempo, durante il quale si dee esercitare la carica di Presidente, invece di quattro soli anni, sia fissato a sei anni. La ra- gione di tal mutazione, alfegata dal Johnson, e che quattro anni appena bastano a disegnare la politica del Presidente, il qualc, se ha tempo a cominciare qualche cosa, non pu6 condurre a buon termine venma im-

Sresa rilevante. La seconda proposal e che la elezione del Presidente ebba farsi per yoto immediate e diretto del popolo. La fermezza del Johnson, a proposito della ricostituzione degli Stati del Sud, gli ha talmente nimicato gli animi del repubblicani, che oiupa cosa vogliono accettare da lui, fosse pur ottima. Egli dal canto suo tie- ne testa a tutti gli assalti, e prosegue a valersi della sua autorita legale per rendere inefficaci gli atti del Congresso, che, sebbene sanciti dalla pluralita dei suoi ayversarii, danno a lui opportunita di atteggiarsi co- me difensore e vindice della costituzione. Cosi egli persiste in opporre il suo veto ai diversi bills gia emanati dal Congresso per riammettere al- Funione parecchi Stati del Sud, i quali, predominati dall1 influenza dei repubblicani e da un simulacro di Governo autonomo, loro imposto dai Governatori militari postivi dal Congresso, accettarono le condizioni, da noi altra volta riferite a pag. 507-09 di questo volume. II Johnson, im- putando al Congresso un abuso di potere a proposito di codesti bills, argomenta cosi : se codesti Stati, come noi pretendevamo quando di- chiarammo loro la guerra, non furono mai legalmente sciolti dairunio- ne, i bills per rannodare un' unione, che non lu mai sciolta, sono inutili; ed e iniguo ed odioso il costringerli colla forza a mutare la interna loro costituzione per accettarne un' altra presentata loro sulla punta delle nostre baionette ; se poi sono realmente sciolti dairunione, il rispetto al principio della liberta esige, che innanzi tutto si ricevano i loro delegati, come quelli dei Territorii, e con essi vengano discusse amichevolmente e pattoyite le condizioni della nuova unione. Ogni altro procedimento non puo essere che una turpe commedia, il cui risultato e di tiranneg- giare quegli Stati, alHntento di trarli con la violenza ad assoggettarsi ad una costituzione, cui ripugnano i loro costumi ed i loro interessi.

Di qui e manifesto che assai probabilmente la ricostituzione degli Stati, che aveano formato la Confederazione meridionale, non sara com- piuta sotto la Presidenza di Andrea Johnson; ma Tarduo incarico cadra sul suo successore. Se questo sara il Grant, non e dubbio che 1' asprez- za dei procedimenti militari inaugurati dalla pluralita radicate del Congresso non sara mitigata; e piaccia a Dio che non determini nuo- vo scoppio di guerra. Se poi sara il Seymour, il conm'tto sara pur lun- go, tanto e Taccanimento dei radicali repubblicani contro i vinti se- cessionisti.

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3. Le difficolta pel Seymour sarebbero ancbe aggravate dal poco ac- cprdq che si manifesto fra gli stessi democratic* , a proppsito di una delle piu rilevanti quistioni, quella cioe del ristauro delle Finanze. Gli Stall Uniti, che im died anni addietro erano in cpndizioni si rigpgliose di ric- chezza, ora stanno gravati delFenortoe debito pubblico di oltre a due miliardi e trecento milioni di dollari, frutto della guerra condotta con- Iro i secessionist!, ancbe senza con tare il debito assai maggiore con- trattq da questi, e die non si vuole ne riconoscere ne pagare , atteso che i radicali fecero decretare dal Congresso, come cpndizione sine qua non della ricostituzione di quegli Stati, che si debba ripudiare cotal debito,

II debito riconosciuto della Cpnfederazione tocca pertanto due miliar- di e mezzo, e bisogna pagarlo il piu presto possibile ; tanto pin che i singoli Stati ed i Comuui hanno poi tutti la giunta dci loro proprii de- biti, che ginnge ancor essa a propozioni pressoche disastrose. Ma che? I democratic!, non meno che i repubblicani, che sono possessor! di quei titoli di rendita, vorrebbero essere pagati in pro sonante, e pei loro rap- presentanti al Congresso fanno sostenere tali pretension! . Essi diedero carta allo Stato, e ne vorrebbero la restituzione in buona moneta co- niata. I veri conservatori, che mirano al bene dello Stato, ne sostengo- no le ragioni, e stanno fermi sul rifiuto del pagamento in o^o, yolendo che la carta si paghi con carta, e che il pagamento in moneta si faccia solo pei titoli, rispetto ai quali cio fu espressamente stabilito dal Con- gresso, quando fu contratto il prestito. Ecco un primo motiyo di dissi- dii. Un altro non meno grave risulta dal proposito di molti, i quali non avendo gran che da sperare o da perdere nel traffico dei titoli di rendita, voglipnp che sopra questi sia posto un balzello. Laonde se i vinti secessionisti sonp in dure strette per gli effetti della guerra, e per- che non si vpgliono ricanoscere i debiti contratti dai loro Stati, onde spno annullati tutti i rispettivi titoli di rendita : i vincitori, o democra- tici o repubblicani , sono in gran discordia fra loro, appunto per cagio- ne di quei titoli di rendita che furonp da essi acquistati a tenuissimo prezzo durante la guerra, e di cui ora molti vorrebbero il pagamento in buona moneta e senza diminuzione veruna del yalore nominate, mentre i meno interessati vogliono, per motivo di equita e nelHnteresse dello Stato, attenuare quegli enormi guadagni di 240 per 100, pagando in carta e con un discrete balzello.

II Senato di Washington ha approvato un bill, intitolato deft'unifiea- zione del debito pubblico, pel quale sono assegnati 135 milioni di dollari ogni anno, alVestinzione di esso ; e questo e bene. Tuttavia come si ap- pianeranno le difficolta accennate pel modo e per la specie del paga- mento?

4. Piaccia a Dio che tal debito, invece di estinguersi, non abbia a cre- scere. 11 malcontento in parecchi degli Stati meridionali cresce sempre piu. I negri, fedeli alle loro abitudini di pziosita, non lavorano, e preten- donp pur di vivere. I bianchi, spogliati in parfee delle antiche loro pos- Sessioni, mancano di mezzi onde prezzolare opere che cpltivino il non molto che loro rimane. II Governo distribuisce sussidii ai negri, che li trovano troppo scarsi , e spinti dalla disperazione e dalla fame trascor- rono a delitti. I bianchi, che si sentono spremere dalle vene i balzelli, onde si traggono codesti sussidii ai negri emancipati, oziosi e turbolenti,

120 CRONACA

pensano ph) a difendersi che a pagare. Di qui uno stato di sorda ostilita, pieno di minacce e di pericoli d' ambe le parti.

11 Congresso di Washington ha finalmente abolitp in parecchi Stati, dove erano stati cpstituiti ed imposti dalla forza mill tare, i Magistral! a tutela degli emancipati (Frcedmeris bureaux), che riuscivano a poco yan- taggio dei negri, di cui incoraggiyanp le pretensioni a danno dei bianchi; ma non per questp si e Dotuta stabilire la concordia. Giacche i bianchi, non potendo cpstringere i negri a layorarele terre, ne avendo altre brac- cia da mettervi attorno, sonp costretti a lasciarle incplte con danno di tutti ; e per altra parte alcuni Goyernatori , yolendp rimediare al male, Ip aggravarono con le minacce, in parte effettuate, di aggiudicare e soar- tire a libera proprieta dei negri si le terre confiscate ai bianchi ribelli, e si quelle che per un dato tempo si lasciassero incolte. Di che non e a dire quanto si esacerbassero i sensi di odio fra gli antichi padroni che si videro priyati del proprio , e gli schiayi emancipati che agognano a di- Tenir padroni, senza saper usufruttuare quellp che lorp e dato.

Una corrispondenza da Washington al Moniteur parigino, riprodotta dal Monde del 30 Agosto, melte in eyidenza gli inconyenieriti, proyenuti dalla giurisdizione dei Freedmerfs bureaux, la quale, giovandp poco o nulla ai negri emancipati, tornaya a detrimento dei loro antichi padroni rimasti senza braccia per coltivare le loro possessioni, con danno uni- Yersale pel difetto di derrate. I bianchi coirindustria troyayano modo di sostentarsi. Ma i negri, neghittosi per indole e che fanno consistere la liberta nel non fare nulla, moriyano di fame. Cosi nella Carolina, per questo solo anno 1868, le distribuzipni di sussidii a codesti miserabili sono calcolate in 140,000 moggia di gran _tarco ed 870,000 libre di carne e di porcp salato ; e questo basta appena al sostentamento di 18,000 uomini, cioe dell'ottaya parte di codeste opere, rimaste a carico dello Stato; e le spese in denaro allo stesso fine sono compu- tate fino alia somma annua cli 300,000 dollari. Un deputato al Con- gresso pose in sodo che codesti Freedmen's bureaux costayano gia al Te- spro fedcrale, fino al passato mese di tuglio, oltre a H milioni di dolla- ri, ossia piu di 64 milioni di franchi!

Ma qiiestp e ancor poco danno, a petto di quello che prpviene dai maneggi dei repiibblicani radicali per guadagnarsi i suffragi de' negri nella prossima elezione del Presidente, Essi, come risulta da un' altra Corrispondenza da New-York, 20 Agosto, al Moniteur parigino, riferita dal Monde dell1 8 Settembre, li gabbano colle lusinghiere promesse dello spartimento delle terre confiscate ai bianchi ribelli ; ed , affine di muo- verli a yotare pel Grant, danno loro a credere che se questi non fosse assunto alia presidenza, Temolo suo yittorioso non tarderebbe a ristabi- lire la schiayitu. Attizzati con queste assurdita, i negri diffidano dei bianchi non radicali, e specialmente degli antichi loro padroni ; i quali alia loro yolta stanno sulle difese, payentando nuoyi eccessi. Onde ad ogni poco scpppiano negli Stati del Sud sanguinosi conflitti.

Nella Luigiana Tagitazione crebbe a tal segno, che il Goyernatore in- sistette caldamente presso il Ga1)inetto di Washington, per ayere un soccorso di forte nerbo di truppe, senza di che dichiarayasi impotenle a mantenereTordine pubblico e preyenire lo scoppio di funeste rivolture.

Lo stesso accade presso a poco in tutti gli Stati del Sud. A Key Welt nella Florida un conflitto tra le autorita ciyili e militari diede la spinta

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ad un ammutinamento popolare, che mando tutto sossopra per due gior- n i interi. A Savannah nella Georgia risse sanguinose eel uccisioni. Altre vittimc di sedizioni caddero ad Augusta e ad Atlanta. Columbia, capitale della Carolina meridionals , assistette ad un yero combattimento tra i negri, dodici dei quali erano membri della Camera legislativa di cjuello Stato, ed i bianchi. Nella Carolina settentrionale, a Charleston , il ma- gist ra to municipale non yenne a capo di contenere i tumultuanti, se non col far spianare contrp di lorq le carabine e le pistole a rivolta della Po- lizia. Alle antiche antipatie di razza si aggiungono le frenesie parti giane pel candidate repubblicano o democratico, e pur troppo son tbndati i timori che le prossimc elezioni dcbbano essere il segnale di gravissimi disordini.

5. Questo stato di cose puo forse aver contribuito piu che un poco a fare, che il Gabinetto di Washington si risolvesse a smettere quasi di tratto quel contegno tutf altro che amichevole, con cui gia da tre anni insisteva presso il Gabinetto di Londra, onde avere piena e solennc satis- fazionc di certi suoi richiami, da noi spesso mentovati nei precedent! vo- lumi. Le scorrerie di partigiani Atf Confederate dal Canada sul territoriq dc1 Federali; il riconoscimento de1 Coniederati come belligeranti; i tanti corsari che, "sottq bandiera inglese, aveano yiplato il blocco postp agli Stati secessionisti approvigionandoli d'armi e di munizioni ; i danni gra- vissimi recati al commercio degli Stati del Nord dal corsaro Alabama, ar- mato ed equipaggiato in Inghil terra: quest! ed altri cotali punti o pretest! di conflitto, benche trattati con molta discrezione dal Mimstro americano a Londra, sig. Adam«, aveano talvolta dato motivo a temere che dal cam- po diplomatico la questione potesse essere trasferita su quello della forza armata.

Ma poc'anzi al sig. Adams fu surrogate, in carica di rappresentante americano a Londra, il sig. Reverdy Johnson, animate da benevoli sens! per T Inghilterra, e che certo ebbe istruzioni atte a comporre quel litigio ed a rannodare le amichevoli relazioni che tqrnano si proficue agli in- teressi commercial! d'ambe le parli. Ed in fatti il Reverdy Johnson colse la prima occasione che gli si offeri, per istendere, non senza una certa ostentazione, Vulivo di pace all1 Inghilterra, che ne giubilp altamente. Invitato ad un banchetto dalla corporazione dei coltellinai di Sheffield, il rappresentante americano, rispondendo ad un brindisi proposto in suo onore, recito un lungo discorso, che ha tutta la forma d'un programma di alleanza fra le due nazioni, collegate gia da tanta comunanza di isti- tuzioni politiche e d'interessi materiali. II testo di questo discorso e rife- rito per intero nel Memorial diplomatique del 10 Settembre, pag. 601. Eccone la su stanza.

Comincio pertanto il suo dire con queste parole: « Sono venuto nel vostrp paese come messaggiere di pace. » E qui subito un grande scop- pio di plausi da tutta T adunanza. « Vpglio, continuo il Johnson, essere messaggiere di pace, ne potrei essere altro che messaggiere di pace, do- vendo attenermi alle istruzioni ricevute dal mio Governo. » Quando i ripetuti applausi per tali assicurazioni lasciarono airAmericano il modo di coiitiniiare, egh si distese neH'esppsizione delle passate e present! con- dizioni feWUwom americana, celebro rabqlizipne della schiavitu, esalto i benefizii della liberta, dimostro come le istituzioni liberal! della Confede- razione americana avessero radice in quelle onde e dotata T Inghilterra,

CRONACA

e ne inferi: « Noi consideriamo il mantenimento del vostro Governo co- me tale, che costituisce per se solo una guarentigia che la liberta sara per sempre goduta anche da noi; e pertanto, dove il vostro Governo ed il nostro restino uniti da vincoli d1 amicizia, come io spero che debba con- tinuare sempre in avvenire, noi potremo sfidare I'universo intero. » Qui la volta della sala minaccio di crollare pel tuono di applausi entusiastici oade fu scossa 1

II Reverdy Johnson, yeduto come tali prptestazioni allargassero il cuore e cplmassero di gioia gli animi de1 suoi uditori, pensp che narlava a' col- tellinai, fece Telogio de1 loro rasoi e de1 loro tempering poi con graziosa bpnarieta torno alTargomento deiramicizia e deiralleanza dei due poppli, dicerido: « Ho piena fiducia che, per quanto sia grande la vpstra perizia nella fabbrica de'coltelli, non giungerete mai a fame uno di tempera si forte e tanto afijlato, che basti a recidere il legame che fa di noi e di voi nn solo corpp di nazione. » Non sappiamo se si possano spingere piu ol- tre le solenni dichiarazioni di amicizia tra due popoli. Conglulinata est anima Jonathae animae David! Ne si tardo a vederne gli efretti, ppiche le recenti novelle recarono, avere il Reverdy Johnson riceyuto ordine e pieni poteri di venire a pronto componimento, con satisfazione del Go- verno inglese, sopra tutti i mentovati punti di litigio, a costo* di qualsiasi piu larga condiscendenza.

6. Se i legami di fraterna amicizia siano in effetto tanto saldi e tenaci, quanto affermo il Reverdy Jonhson , si avra forse occasipne di vederlo a prove di fatti tra non molto. Imperpcche da una parte e indubitato che gli Stati Uniti semhrano ora risoluti di mescolarsi delle cose del conti- nerite europeo, come le Potenze eurppee spesso si occuparono di quelle del continente americano; ne altro intento puo avere la peregrinazione della formidable squadra navale, che, sottp il comando del Farragut am- miraglio americano, va da quasi un anno visitando tutti i porti mililari e commerciali d'Europa. DalPaltra parte sembra egualmente certo, che una vera alleanza sia stretta fra gli Stati Uniti e la Russia; e forte sospetto nacque in molti, che questa Potenza voglia servirsi di quella per ridestare la (juistione d'Oriente, la quale darebbe grave impaccio non meno airin- ghilterra che alia Francia.

Questi sospetti furono avvalprati da piu fatti recenti; i quali pero, veduti al lume di certi documenti diplomatici teste pubblicati, non han- 110, a parer nostro, V importanza che loro attribuivasi dalla fervida fan- tasia di molti giornalisti politici. Uno di questi fatti fu il permesso dato all'ammiraglio Farragut dalla Sublime Porta, di passare colla sua nave capitana Franklin lo strettp dei Dardanelli, e penetrare con essa fmo sptto le iinestre del Serraglio imperiale, henche cio sia espressamente vietato dal Trattato del 1856, che chiuse il passo dei Dardanelli alle na- vi da guerra di qualsiasi nazione. La Correspondancc italienne, trascrit- ta anche dal Monde del 6 Settembre, espresse alto stupore e quasi sgo- mento di tal novita ; disamino accuratamente il testo e lo spirito del Trattato del 1856; fece osseryare che un deciso rifiuto di tal concessio- ne erasi opposto dalla Turchia, molte volte, alle piu calde istanze di principi e d'ambasciadpri; nego alia Turchia il diritto di rescindere, sen- za il permesso delle sei Potenze che firmarono i Trattati del 1856, quel- rarticolo si importance di essi, pnde i Dardanelli devono restar chiusi per chicchessia; e ne infer! che il permesso dato al Farragut era grave

CONTEMPORAIsEA 123

offesa per quei Trattati. Gli stessi concetti, che il diario ufficioso fioren- tino comincio a toccare , furono ampiamente svplti da mplti diarii fran- cesi ; i quali paventavano che, come la sola efficacia deila diplomazia ame- ricana basto a distruggerc tutti i risultati della spedizione del Messico, cosi dovesse, a profitto della Russia, Tarmata americana annientare quel che resta dei risultati della guerra di Crimea.

Che poi Tandata del Farragut a Costantinopoli fosse accaduta ad isli- gazione della Russia, la quale ha tanto interesse a shrandellare il Trat- tato di Parigi del 1856, si dava per certo da altri giornali; che ne trae- vano argomento da un spntuoso banchetto imhandito dal Farragut, sul Franklin, ed in cui Vequipaggio americano avea tradito il segreto con alte acclamazioni di Viva, lo Czar, viva la Russia, viva I' alleanza della Russia e degli Stall Fniti I II che, dove fosse stato vero, avvenuto li in faccia alia reggia del Sultano Abdul-Aziz, era certo un cattiyo compli- mento per lui; un indizio di non lontani eventi in Oriente; un presagio della parte che vi sosterebbero gli Stati Uniti in fayore delle pretensio- ni delle Russia; una minaccia contro T intervento della Francia e delVIn- ghil terra a sostegno del crpllante impero musulmano.

Ad avvalorare queste tristi congetture si aggiungeya ancora un pom- poso racconto di splendide accoglienze fatte dal Farragut ad una Depu- tazione de'splleyati di Greta, che lo ayeano richiesto, con un indirizzo al popolo degli Stati Uniti, di assumere la protezione dei loro diritti, della loro liberta e della loro emancipazione dalla schiayitii, in cui diceyano es- ser tenuta quell' isola dalla tirannide musulmana. Si parlaya eziandio di pratiche tra il Farragut ed il Goyerno ellenico di Atene, che e tutto co- sa della Russia, e dei preparatiyi bellicosi che questo faceva, per profit- tare dei moti della Bulgaria, dell1 agitazione dei Principal Danubiani, dello stato mal fermo della Serbia , e dei soccorsi che potrebbero aversi dalla Russia gia accampata sulle rive del Pruth.

Tutto codesto chiaccherio, che aggiungeva apprensioni di imminenti rovesci alle apprensioni di prossima od almeno inevitabile guerra tra la Francia e Y Alemagna , non conferiva molto ad acchetare gli animi , e rendeya sempre piu fosco Taspetto deiravvenire.

A diradare alquantp i nuvoloni uscirono per le stampe, ed in buon punto, tre dispacci, riferiti testualmente nz\ Memorial diplomatique del 17 Setteinbre, pag. 618-19. II primo di essi e un dispaccio del signor Morris , rappresentante americano presso la Sublime Porta, a S. A, Fuad Pascia ministro degii affari esterni; dove, sotto il 18 Agostd, si annunzia Farrivo del Farragut sul Franklin ai Dardanelli ; si riconosce formal- mente che questa naye non ha diritto di entrare nello strettp ; si ricorda pero che il favore di entraryi fu conceduto ad altre navi da guerra che portavano principi o dignita ereditarie d1 altri Stati; si fanotareche gli Stati Uniti non hanno tali dignitarii da far viaggiare; si esaltano i meriti del Farragut, e si finisce col chiedere che per riguardo personale a tant1 uomo e per omaggio alia grande nazione americana si voglia, a maniera di eccezione, permettergli Tentrata nel Bosforo.

II secondo documento e la risposta di Fuad Pascia al Morris , data il 20 Agosto ; uella quale , preso atto delle dichiarazioni che riconoscono inyiolabile la chiusura dei Dardanelli a legni di cniella portata e natura che il Franklin, si concede, come eccezione, il chiestp permesso. 11 terzq documento e una Circolare dello stesso Fuad Pascia ai rappresentanti

124 CRONACA

delle Potenze che firmarono il Trattato del 1856, data alii 19 Agoslo; con la quale li informa della richiesta fatta a fayore del Farragut, dei motivi che persuadono di consentire alia eccezione, restando salvo il principle stipulate nel Trattato di Parigi.

Con questo caddero in parte i castelli in aria; ed un'altra parte fit abbattuta dalle spiegazioni ayute circa la deputazione dei Cretesi.

E vero che alcuni uomini, in nome di costoro, si accostarono o\ Frank- lin, chiedendo di salirvi ed essere ammessi alia presenza del Farragut ; ed e vero ancora che mentre Tammiraglio deliberava circa il riceverli o no, codesti supposti Deputati gettarono sul ponte del Franklin e distri- buirono a'marinai di questa nave capitana molte copie del loro indiriz- zo. Pero il Farragut non solo ritiuto di ammettere quella deputazione, ma fece raccogliere e restituire tutti gli esemplari dell1 indirizzp gia distri- buiti fra i marinai. Onde non vi fu offesa al Sultano, ne indiretto ap- poggio alia Russia, ne impegno a favore dei sollevati di Greta.

7. Ridotte le cose a queste proporz'oni , che paiono vere, e chiaro non aversi per ora bastevole argoraento da paventare un intervento ar- mato degli Stati Uniti nelle cose del continente europeo. Ma resta pur sempre vero che, se il Gahinetto di Washington trovasse il suo interesse in favorire la Russia e la Prussia, Tarmata navale americana potrebbe gettare sulla bilancia dell1 equilibrio europeo un peso incalcolabile. II Globe di Londra passo arassegnale forze navali tenute ora in assetto di guerra dagli Stati Uniti, e ci pare che il registrant qui la notizia debba tornar gradito a'nostri lettori.

La squadra europea, che ora visita le spiagge dell1 Axlriatico, sotto il comando daH'ammiraglio Farragut, e composta di sette vascelli, armati di 83 cannoni, e della capacita complessiva di 10,343 tonncllate. La squadra d'Asia edi 12 vascelli, con 113 cannoni; ed e di 16,312 tonnel- late. La squadra dei Pacitlco del Sad e di 7 vascelli con 57 cannoni , c di 7,806 tonnellate. La squadra del Pacifico del Nord e di 11 vascclli con 124 cannoni, edi 14,004 tonnellate. La squadra dell1 Atlantico del Sud e di 7 vascelli con 75 cannoni, e di 7,918 tonnellate; quella del- 1'Atlantico del Nord e di 8 vascelli con 73 cannoni, e di 9,076 tonnellatc, Da ultimo la Squadra-scuola dell'Accademia navale e di 13 vascelli con 145 canaqni, e di 12,003 tonnellate.

Oltre di questo, gli Stati Uniti hanno in pronto 7 vascelli per servizii speciali, armati di 73 cannoni; e 6 grandi batterie o cannoniere con 83 cannoni. Per giurita un gran numero di navi corazzatc, che si erano co- struite per la guerra di secessione, e che in poche settimane possono essere in istato di raddoppiare e triplicare le forze gia si ibrmidabili deirarmata navale.

Ma, piu che il numero, e da tenere in gran conto la forza delle navi, e la qualita delle artiglierie e delle macchine onde sono fornite. « II va- scello ammiraglio Franklin della squadra europea, dice il Globe; il Pi- seatoqua della squadra asiatica ; la Guerriera, il Quinnebauy, il Contoo- cook ed altri molti cotali navigli sono di tal natura, che niuna naziono europea puo vantarsi di averne un solo che loro vada di paro, vuoi per la velocita della corsa a cui li spinge la potenza delle loro macchine, Tuoi per la tremenda portata degli enprmi loro cannoni. » Di qui e chia- ro perche Vlnghil terra sappia essere si morbida ed arrendevole con gli Stati Uniti, e la Russia spieghi tutte le carezze e tutti gli artificii della

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sua politica felina per cattivarsi le grazie ed air uopo Taiuto di tal al- leato ! La Francia ancor essa ha ragione d'esserne impensierita.

8. Havvi tuttavia chi crede, e con buon Ibndamento, che gli Stati Uniti si asterranno dal mescolarsi armata mano nelle cose del continente europeo, non solo perche Tindole commerciale di quella repubblica non si confa con una politica da venluriere bellicoso, ma eziandio perche la phi volgare prudenza diniostra, esserle necessario un buon tratto di tranquilla pace, affine di condurre a termine la ristaurazione degli Stati del Sud, e mettere in vigore le prpfonde modificazioni recate alfantica Costituzione federate, e riparare ai danni sofferti dalla pubblica e priva- ta ricchezza pei disastri della guerra di secessione.

Oltrc di che non mancano alia repubblica americona, la sui supi con- fmi occidental!, certi impacci che possonp diventar gravi e cagionarlc danni non lievi e spese ingenti. Gli Indian!, a poco a poco respinti nelle regioni central! e verso occidente, e discacciati dalle terre sulle quali erano avvezzi a campare di caccia e pesca, sono certamente assai scema- ti di nnmerq, ma tanto piu feroci, in quanto della civilta dei bianchi noa furono loro insegnati che i vizii.

Ogni anno i venturieri americani procedono innanzi, abbruciando sel- ve, dissodando terre, fondando casali e borgate, e cosi togliendo agli Indiani|?e/lj rosse il suolo, su cui giacciono sepolti i loro padri, e che essi abbandonano alia forza prepotente dei conquistatori , ma con alto proposito di vendetta. E la vendetta spesso e crudele. Intere tribu, massime qnando dopo Tinverno ricominciano le praterie ad essere co- perte d'erba fitta a pascolo de1 loro cavalli, piombano di repente sui piu audaci e piu innoltrati tra i bianchi coloni dei territorii; e ne fanno bar- baro macello, dirqccandone le case e mandandp ogni cosa loro in royi- na. II Governo di Washington tento oggimai tutli i mezzi per uscire da questq stato di guerra perenne. Spedizioni militari ; contratti di ven- dita cogli Indiani ; inissioni religiose che allettando i selvaggi ai benefi- zii della civilta ne migliorino le condizioni e li dispongano a p'u quieto vivere. Tutto riesci indarno. Le malvage art! di speculator!, che col- Tacquavite abbrutiscono viepeggio gli Indiani, rendono inefficaci tutti gli spedienti.

Sullo scorcio della passata primavera il Governo voile provare an- cora una volta le pvatiche di conciliazione, e deputo tre Commissarii di pace, che dovessero vedere di venire a componimento, massime colle for- midabili e bellicose tribu &v Sioux, che siccome piii malmenate da! bianchi sono anche piii implacabili neH'odio, piii terribili alia vendetta. Codesti commissarii, apprezzando giustamente la diflicolta del loro inca- rico, e cercando attorno il modo di venirne a capo, non seppero trpyare nulla di meglio, che spedire messaggero di pace fra quegli inferociti un celebre missionario cattolico, il P.DeSmet della Compagnia di Gesu. Qua- le fosse il risullato di tal missipne si puo vedere dal seguente attestato che i menlovati Commissarii si recarono a debito di dar per iscritto a quest' uomo apostolico.

« Dal forte Rice, territorio di Dacotah, il 3 Ltiglio 1868. AI R. Pa- dre P. I. De Smet S. I. Reverendo Padre. Noi sottoscritti, membri della Commissione incaricata di conchiudcre la pace cogli Indiani , siamp stati present! alFassemblea recentemente tenuta in questo forte; e desideria- jno fervidamente di signilicarvi in quale alto concetto noi teniamo gli

,126 CRONACA

important! servizii che yoi av.ete renduto a noi ed allo Statp, colla vo- stra operosita a tutta prova e coi vostri sforzi coronati di prospero successo, affine di indurre le tribu ostili ad abboccarsi con noi e ad en- trare in pratiche d'accordo col Governo.

« Noi siamo persuasi che dei risultati fin qui ottenuti andiamo debi- tori unicamente al lungo e travaglioso vostro viaggio fmo in mezzo del paese nemico, ed all' influenza che le yostre fatiche apostoliche yi hrfrmo ottenuto sojpra le tribu piu ostili. Noi non ignoriamo, Reyerendo Padre, che i nostri ringraziamenti non hanno die un tenue valore agli occhi yo- stri, e che il conyincimento d'ayer mplto operato per istabilire la pace sulla terra, c la concordia fra gli uomini, e la yostra migliore ricompen- sa. Tuttavolta tradiremmo rintimo nostro sentimentp, se trasandassimo di significaryi quanto siano vivamente sentite da noi le obbligazioni che Tersp di yoi aobiamo cpntratte, Ci dichiariamo, Reyerendo Padre, coi sensi del piu profondo rispetto: Vostri obbedientissimi seryitori, firmati generale W.-S. Harney ; J.-B. Sandors; generale Alfredo H. Ferry, com- missarii di pace. »

9. A far yiemeglio comprendere Timportanza dell1 operato dal P. De Smet, e T alta significazipne del riferito documento, il cui testo troyam- mo anche nel Bien Public di Gand, N.° 246 del 2 Settembre e nel Monde del 5, dobbiamp qui tradurre una lettera, scritta alFArciyescoyp Purcell da uno dei piu insigni ufficiali superiori dell'esercito americano, e stampata nel Catholic Cincinnati Telegraph.

« Dal forte-Sully, territorio di Dacotah, il 12 Luglio 1868. A S. E. Mons. Arciyescpyo Purcell. Monsignore/Vi spedisco un attestatp che la Commissione di pace, stabilita ultimamente al Forte-Rice, ha rilasciato al nostro amatissimo jnissionarip, il P. I. De Smet. Yoi siete probabil- niente ben infprmato delle pratiche fatte dalla Commissione Fanno scor- sp. Al mese di Maggio delTanno corrente yenne fatto ai Commissarii di riunire al forte Laramee, alle sponde del fiume La Platte, un certo nu- mero di capi delle tribu piu formidabili e piu bellicose. Tuttayolta gli Uncpapas persisteyano nel rifiuto di yenire ad alcunp accordo coi bian- chi ; e percio solo tutto il trattatp co' Sioux diyeniva impossible , se quella numerosa e possente tribu ricusayasi a parteciparyi.

« In tale congiuntura il R. P. De Smet, che ha consecrato tutta la sua laboriosa yita al seryigio della yera religione e deirumamta, si of- feri spontaneamente, malgrado della sua eta provetta, di prpyarsi a pe- netrare negli accampamenti dei nemici, e di usare la sua influenza af- fme di indurre i capi a presentarsi innanzi alia Commissione stabilita al forte-Rice. Come risulta dalla lettera della Commissione, si ha ra- gione di credere che la missione del P. De Smet ottenne pieno effetto.

« Non potrei daryi altro che una imperfettissima idea delle privazio- ni e dei pericoli di tal yiaggio, se pure yoi gia non conosceste le s ter- minate pianure di queste regioni, ed il carattere dell'Indiano naturalmen- te inclinato alia vendetta. Solo, fra tutti i bianchi, solo il P. De Smet potea ayventurarsi a penetrare tra codesti crudeli selyaggi, e tornare sano e salyo. Unp dei capi nemici, volgendo la Darola al missionario la nel suo campo, gli disse : « Qualsiasi altro uomo bianco, o Veste nera, che ayesse osato spingersi fin gui, yi ayrebbe trovato il suo ultimo giorno ! »

« Partendo dal Forte-Rice il P. De Smet doyea marciare diritto a po- nente. 11 nemico ayea posto il suo campo un poco piu su deirimboccatura

CONTEMPORANEA 127

del fmme della Roccia Gialla, presso il fiume della Polvere. La distanza da percorrere, tra Tandata ed il ritorno, era di ben 700 leghe. II paese e un deserto sterile, dove nulFaltro vegeta die Tassenzio, artemisia delle pianure. Non vi si trovano buft'ale, che alle sponde della Roccia Gialla. II P. De Smet e conosciuto dagli Indiani sotto il iiome di Veste nera, e di uomo dalla grande medicina l. Quando egli vive tra lorq, porta sempre la sottana nera ed il Crocifisso. Egli e il solo uomo, verso il quale io abbia veduto gli Indiani esprimere un sincero e vivo affetto. Essi dicono net loro linguaggio semplice e schietto, che egli e il solo uomo bianco che non abbia la lingua forcuta, cioe che non menti mai.

« I/ accoglienza clie gli venne fatta al campo nemico fu entusiastica e magniiica. Pel tratto di 20 leghe gli si fecero incontro, ed i principal! capi, a cavallo intorno alui, gli servirono di scorta d'onore conducendolo in trionfo al campo , che conteneva ben 500 capanne con circa 3,000 In- diani. Durante la sua dimora cola, che fu di tre giorni, i principal! capi, per npme Tuno La luna nera, Taltro il Toro seduto, i quali, durante gli ultinii quattro anni di guerra, erano stati terribili nemici pei bianchi, ve- gliarono coritinuamente alia sicurezza del Missionario, dormendo la notte a'suoi fianchi, per timore che qualche Indiano non volesse vendicare con la morte di lui la morte di qualche suo congiunto ucciso dai bianchi. Lun- go il giorno una moltitudine di fanciulli accorreva alia capanna, in cui egli stava, e le madri gli portavano i loro bamboli, affinche egli degnasse im- porre loro le sue mani e benedirli.

« Neirassemblea degli Indiani i grandi capi promisero di desistere dalla guerra. II Toro sednio si protesto che egli era stato il piu mortale nemico dei bianchi, e che li avea combattuti con tutti i mezzi a poter suo; ma che ora, posciache la Veste nera era venuta a portargli parole di pa- ce, rinunziava alia guerra, e non alzerebbe mai piu la mano contro i bianchi. I capi delegaronp molti dei loro piu prodi guerrieri, che in cqm- pagnia del P. De Smet giunsero al Forte-Rice alii 30 Giugno. L'arrivo del Missionario con quejla Deputazione indiana diede luogo a grandi feste di gioia fra le tribu amiche raunate nelle circostanze del Forte. Egli vi entro scortato in gran cerimonia dai guerrieri, che in lunga fila e con marcia al tutto militare gli faceano ala. Era uno spettacolo in verita im- ponente, benche poco eonfacentesi alia modestia del buon Padre, che ama poco il frasluono delle parate ed il rauco suono di quelle trombe.

« Gia da ben cinquant'anni almeno non erasi veduta nel nostro pae- se una Assemblea tantp numerosa, quanto quella che trovossi cosi rac- cqlta al Forte-Rice. Gli interessi che vi si doyeano discutere erano troppq piu rilevanti di quanto possano immaginarsi i nostri amici. I primi capi o rappresentanti di nove bande della nazione de1 Sioux vi assiste- vano. La maggior parte delle tribu iyi rappresentate coprono cqlle lo- ro capanne una estensione di territorio uguale in superlicie a sei volte quella deH'Ohio; e chiunque e ragguagliato della quistione indiana ben sa, che la pace cogli Indiani e di niun valore, se non comprende la tribu de1 Sioux; ehe, fra tutte quelle con cui abbiamo avuto a far sinora, e la piu numerosa, la piu bellicosa e che piu ebbe a soffrire

\ La parola medicina presso gli Indiani si applica a tutle le cose che eccedoiio la loro inlelj ligenza, e soprattutto alle sovrannaturali e religiose.

1 28 CRONACA CONTEMPORANEA

dai bianchi. Al trattato, che fu sottoscritto da tutti i precipui capi, non manca piu che la sanzione del Senate *, per aver vigore di legge Son persuaso che essp e il piu compiuto e piu saggio che siasi fin qui stipulate cogli Indian!.

« Senza estendermi nei particolari, basti dire che per questo Trat- tato gli Indiani devono essere abbondantemente forniti di vettovaglie, di abiti, di istrumenti aratorii e meccanici. Ma non fa stipulato yerun compenso da darsi loro in denaro, perche questo eccita le cupidigie di pid d'uno fra cploro che sono incaricati di trasmetterlo; si che spes- sp i Commissarii, i Governatori di territorio, i sovraintendenti,Agli agen- ti e rnercanti ne sono trasformati in una banda di ladroni. E fuori di dubbio che, se si eseguiscono le clausple di questo Trattato, la pace co1 Sioux e assicurata. Si comprendera T importanza di questo risul- tato quando si sa che un illustre Generate avea posto in sodo, Tau- tunno scorso, che la guerra intrapresa affine di sterminare gli Indiani delle pianure (ed egli era conyinto che bisognava venire a tale eccessp) coster ebbe allp Stato non meno di500,000,000di dollari (due miliardie cinquecento milioni di franchi) .

« Ma egli e tempo che io fmisca questa lunga lettera. Qualunque sia per essere il risultato finale del Trattato conchiuso dalla Commis- sione co1 Sioux , noi non pptremo dimenticare mai , e non cesseremo mai di ammirare 1'eroismo disinteressato del P. De Smet; il quale, ben- che gia vecchio di 68 anni, non si perito, in mezzo agli arclori estivi, d'intraprendere un lungo e pericoloso yiaggio, attraversando infocate pianure, spoglie perfmo d'un filo d'erba, senza trovarvi che di rado un poco d'acqua corrotta e di rea qualita, ognora esposto ad essere niuti- lato ed avere scorticata la testa dagli Indiani ; e tutto cio senza ricer- care ne onori ne ' retribuzione yeruna, ma unicamente per cessare lo spargimento del sangue, salvare alquante yite umane, e conservare qual- che ri-oyero a codesti selvaggi figliuoli del deserto, al bene spirituale e tempprale dei quali egli sacrifice una lunga vita di privazipni e di travagli. II grande capo degli Yantonnesi, appellate Dae Or si, disse nella sua arringa : « Quando noi fermeremo la nostra dimora per semi- nar e il granOj allevar bestiame ed abitar case, vogliamo che il P. De Smet venga a dimorare con noi, che egli ci condaca seco altre Vesti nere, che debbano ancor esse vivere con noi. Noi ascolteremo le loro

ed il Grande Spirito ci amerd e ci benedird. » Firmato D. S. 'Stanley, generate maggiore dell'esercito degli Stati Uniti. »

11 Senate di Washington 1'approvo poc'anzi.

GLI ESAMI DE' LICEI

E

IL S1STEMA DELL' ISTRUZIONE PUBBLICA IN ITALIA

La singolarita che piu salta agli occhi di chi spassionatamente consider! la storia dell' odierna rivoluzione d' Italia, non \7i ha dub- bio, e il lotale suo difetto d'uomini di qu ilche polso, e la incredibi- le sua sterilila d' imprese veramcnte solide e feconde.

In otto ami di fortune, che i suoi autori medesimi han chiamate miracolose, di libera potenza, che in addielro sarcbbe slalo follia sperare, di patrocinii forestieri, che lo hanno schermito Belle sue temerita senza esempio, il novello Regno e riu,sdto tanto impa- reggiabile nell' annichilare persone e cose , come inetlo a far sor- gere un solo uomo piu che mediocre in qualunque si sia genere, ed a slabilire una qualsisia isliluzione realmente effetliva di na- zionale prosperita. La pi ima rivoluzione franoese , ne' suoi \ari pe- riodi , fu grande , non meno per la enormezza dei delitti , che per la copia degl' ingegni , i quali suscito valcntissiioi , e delle opere

iemorande, le quali in pace ed in guerra condusse a fine. Per con- , quesla italiana non ha falto fioriie un abile ministro di Stalo,

m un giurista esimio, non un gran diplomatics, non un finanziere con'o, non un capitano di merilo, non un ammiraglio sagacc, non un lilosofo originate, non un solenne scriltore. Si cita 1' unico-

Strie VII, vol IV, fasc. 446. 9 5 Ottobre \ 868.

130 GLI ESAMI BE' LICEI

Benso di Cavour : ma in vero che altro fu egli , se non un imbro- gliatore, felice per 1' impunita che una straniera forza gli assicura- va? Eccetto costui, quanto ad uomini, la nuova Italia nulla sopra il volgare ha sinora avuto virtu di produrre : non una testa, non una mano.

E tuttavia anche piu infeconda e apparsa nelle sue istituzioni. Ha speso un tesoro di moneta e sei anni di tempo, a metter insie- me un esercito ed una flotta, per numero e per armi formidabili : ma al primo cozzo T esercito fu scorn posto, e la flotta affondata o dispersa. Fino dal bel principio delle sue buone venture, si glorio di poter gareggiare, in credito ed in ricchezze, con le piu opulcnte nazioni del mondo : ed invece, scialacquata ogni sostanza sua ed altrui, si trova alle prese col fallimento, ed e ridotta a vivere di carta, spregiata in tutte le piazze di Europa. II suo commercio e annullato : d' Industrie lucrose uon serba che la memoria. L' intei no suo ordinamento e una matassa di leggi mal copiate da estranei paesi, ed arbitrariamente applicate da proconsoli o timidi o tiran- neschi: i piu importanti rami delle sue amministrazioni procedono a caso , in balia di ufficiali le cui dilapidazioni o rapine si mollipli- cano ogni giorno. E cosi , per sottilmente che si ricerchino in lei tutte le varie appartenenze di uno Stato, non una se ne scorgera, la quale sia, se non fruttuosa, almeno florida: tanto che il suo Go- Terno e, per comune consentimento, soprannominato sy over no.

In prova di questa si universale e deplorabile sterilita, per fermo non abbisognavano altri argomenti, essendo ai guardi di ogni av- veduto osservatore manifestissima. Se non che or ora ne e venuto a luce uno assai lamparite, che spetta a quella selva selvaggia che e la istruzione pubblica del Regno, e che non Yogliam passare in si- lenzio, stante la gravita delle conseguenze che ne derivano. Inten- diamo parlare degli ultimi esami per la cosi detta licenza liceale, del quali prima esporremo i successi miserabilissimi , e poscia ragione- remo le cagioni, con la scorta di fatti e di documenti curiosi. Yero e che altre volte , ed anche tre mcsi fa , abbiam trattata questa mate- ria dell' insegnamento in Italia : ma e tale e tanta la sua importan- za, che il ritrattarne non pare a noi soverchio.

E IL SISTEMA DELL' ISTRUZIONE PUBBLICA IN ITALIA 131

I.

Compiutasi I'unificazione politica d' Italia, e seco la ruina di quan- to ella aveva di meglio in purito di nobili ed utili istituzioni, V inse- gnamento pubblico, massime secondario, si venue ruinando egli ancora per si falta guisa, che, nel termine di sei anni, era lamento generalissimo, esso in tulta la Penisola non frutlificare altro piu che boria ed ignoranza.

Questo « grido di dolorc » mandato dai padrifamiglia, dai muni- cipii, dalle province, sgomento il Ministero: il quale, per iscanda- gliare comechefosse gli studii de'licei, stabili con regio decreto, che gli allievi dell' anno scolastico 1866 potessero presentarsi ad un concorso straordinario di onore. Era un semplice invito,non un ob- bligo imposto. Di circa 4,000 alunni sparsi nei 78 licei del Gover- no e nei 10 pareggiati, non piu che 218 concorsero, e niuno di es- si riporto la medaglia d'oro : 6 soli ottennero la medaglia d'argen- to, B nella lingua latina e 3 nella italiana. Oltre cio ben 27 licei non presentarono verun giovane al concorso. Quest' esito si meschino copri di rossore piu d'un TO! to, e la Gazzetta ufpciale del Regno non pote ritenersi dai fame compianto 1.

II seguente anno 1867 si ando piu avanti. Invece di un concorso a premii d'oro e d'argento, si propose un esame per la licenza. Al- t' invito, secondo le cifre piu autentiche, corrisposero 2,404 candi- dati, che fecer la prova in iscritto, dei quali in lettere italiane ven- nero approvati 1,341; in lettere latine 1,000; in lettere greche 950. Vale a dire che nell' italiano fu sfavato il 45 0/0, nel latino il 59 0/0, nel greco il 61 0/0 di questi candidati. Restava Y esame orale, al cui esperimento cosi pochi ressero, che il numero totale degii approvati per la licenza discese a 292, cioe al 16 0/0. Si av- verta poi che, per testimonianza di Pasquale Villari, membro del

fasiglio superiore di pubblica istruzione, la Giunta esaminatrice vt) « le cose andar peggio assai di quello che si credeva », non 1 N. del 2 Agosto 1866.

132 GU ESAMI DE'LICEI

gia nel greco c nel latino, ma neU'italiano, allesi i grand! sproposi- ti di sintassi, di grammatica c perSno d'ortografm, ond'erano iufar- dati i quartern! « di tutti i licei del R< gno 1 ». Qucbtc vergogne fu- rono divulgalissinie, e noi altrove le riferimmo, per ediiicazione del nostri leltori, con un saggio delle ire, in che percio ruppero i gior- nalisti piu liberal! 2.

A riparo di questa, come fu definita allora, « catast ofe » del ri- sorto insegnamento, il minislro Coppino si affretto di po.re in luce il nuovo parto de' suoi famosi programme per 1'anno 1868. 1 quali .per allro furono riconosciuti cosi insipienti e moslruosi, che la Giunta per gli esami di licenza liceale prescriveva, sin dall'8 Maggio, die questi si dessero come 1'anno scorso, senza niun rispelto alle stolto innovazioni dei programmi.

Aduoque nel correnle anno 1868 la prova si e ripeluta. I candi- dati che hanno offerli in iscriUoiloro componimenti, han soi-passato il numero dell'andalo anno, e sono stali 2,853. Di questi sono slati approvati 1,803 neU'italiano; 833 nel latino; 1,252 nel greco. Che quanto dire: nell'ilaliano si e scarlalo il 31 0/0, nel latino il 71 0/0. nel greco il 57 0/0. In tutti e tre gli esperimenti poi soli 456 sono stati promossi, cioe il 16 0/0: ed a cosloro ilmane anche a dare J'esame orale, che alleggerira piobabilmenle di parecchie altre die- cine questa poverissima cifra. Ondeche la sostanziale differeuzu corsa Ira gli esami del 1867 e quelli del 1868, e, che nel 1867, do- po lutie le prove scrille ed orali, si ebbe soltanto il 16 0/0 di candi dali ammessi alia licenza: e nel 1868, le sole prove scrille hanno ri- dolti gia. al 16 0/0 gli ammessi aU'esame orale, chee un secondo scoglio, contro cui chi sa quanli romperanno la nave.

II.

iN7e si pensi che questa seconda e peggior « catastrofe » sia ac- compagnata da circoslanze altenuanli, le quali ne scemino 1'onla, il

1 Nuova Antolocjia vol. VII, pag. 663.

2 Civ. Catt. Serie sesta, vol. XII, pag. 133-34,

E IL SISTEMA DELI/ ISTRUZIONE PUBBLICA IN ITALIA 133

danuo e l'amare/za. « Sc i risultati di codcsti due anni, scrivea do- lenlenu'nte la Perseveranza di Milano, fossero comparabili senz'al- tro, se nc dovrebbe a dirillura indurre chc, nclle nostre scuole, gli sludii dcH'italiano e del greco sieno piu progredili, e quelli del lali- no scaduti. Questa indazione pero sarebbe precipilosa. La prova che la Giunta esarainatrice propone per il greco e assaipiii leggier a, die non quella per il latino 1 ». Quindi e vano consolarsi, che un'oni- bra solo di maggior profitto siasi scoperla, se non altro nel greco. JSc pure ha luogo il sospelto confortalivo, che gli esaminatori ab- bian peccato di eccessiva rigorosila. « Se avessimo, scrivea piena di iudignazione la Lombardia di Milano, se avessimo mandaii i no- sin scolari a farsi esaminare a Parigi o a Berlino, si polrebbc forsc pensarc che la pr etenziosita (bella parola!) francese, o la pedanleria tcdesca entrasse poco o tanlo in quosto umiliantissimo risultato. Ma le Commission! esaminatrici sono pure formate nel seno di quello slesso personale docente e dirigenle, die impartiscc e governa co- icsta islruzionc, di cui i giovani vcngono a dar saggio, che ne re- gola il 1 hello, e ne ha costrutto e ne amministra il sistema. Di un rigore soverchio pertanto, da parle degli esaminatori, di esigenze sproporzionate alia levatura deirinsegnamenlo, non e tampoco a par- larne 2. » Che anzi un tal sospeUo e rimosso dulla cerlezza del con- trario. « La Commissione esaminatrice, scrivea lagrimoso il Diritto di Firenze, a quanto ci si narra da persone compelenii. non ha falto mcnomo uso di severila. Fu anzi larga oltre oyni dire, e tollero in parecchi giovani, che domani sederanno nelie Universila a sludiarc codici c scienze anliche, tollero, fin oltre i limiti dcll'equo, la scarsi- ta de'buoni sludii 3. »

E pero, comunque si guardi e si riguardi, questa e una « cataslro- fe » che non ha alleviamento. Di fatlo il Governo, non sapendo co- me apportarvi rknedio, si e risoluto al partite di « aprire una ses- sione straordinaria di licenza liceale, per tulli coloro che fallirono nella sessione ordinaria »; conforme ha rcso noto, con decrelo mini-

1 N. del 12 Settembrc 1868.

2 Num. cit.

3 N.de\13Seltembrel868.

131 GLI ESAMI DE'LICEI

steriale del 12 Seltembre. E cosi, dopo la meta deirOttobre, il Regno d'ltalia fara ripetere gli esami a 2,500 aspiranli ai banchi delle sue Universita, per vedere se si sieno piu avvantaggiati negli studii du- rante il paio di mesi delle vacanze, che nei dieci mesi del eorso sco- lasiico. Non puo negarsi che anche questo sia speltacolo unicamen- te degno dell' Italia rigenerata.

Quanto poi una tale condizione di cose pregiudichi al bene del giovani, agl'inleressi delle famiglie, alia riputazione ed all'awemre di tulta la Penisola, non lo staremo a dir noi. Cieco e chi non lo vede, e senza cuore chi non se ne attrista. « Ognuno ricorda, cosi il sopra citato Diritto, da quale giusto sgomento fu collo il paese 1'aimo passato, allorche si seppe il risultato definitivo degli esami di licenza liceale. Lo scarso scarsissimo numero di coloro, che ave- vano superata la prova, fece dire che quella era la Cusloza della nostra istruzione. II risultato di quest' anno aggrava il dolore. A Cu- stoza succede Lissa, che e peggia 1. » « L'anno scorso, e la Lorn- bardia che parla, fu un grido universale di dolore e di siupefazio- ne, all' intendere che un quarto appena od un quinto dei candidati agli esami di licenza liceale aveva superato la prova; e parve a tutti che fra i problem! piu urgenti vi fosse da metter quello di redimerci da una tale yergogna. Di questo schiaffo morale il paese ha ancor rossa e dolente la guancia, ed ecco che un manrovescio piu fiero gli tocca dalle statistiche di quest' anno, le quali ci arrecano I'incredibi- le risultato di 2,400 insuccessi sopra 2,855 candidati 2! » Questo, esclama il Corner e italiano di Firenze, « e lo scandalo piu scanda- loso che si potesse immaginare 3 ! »

III.

Tale e il fatto, e tali sono le precipue sue circostanze e conseguen- ze. Or a quali cause devesi egli imputare ?

Chi abbia tenuto dietro, come noi, a' fogli di ogni colore, che ne hanno o bene o male discorso, facilmente perderebbe il capo, sc

1 N. dei 13 Settembre 1868.

2 Num. cil.

3 N. degli 11 Settembre 1868.

E IL SISTEMA DELL' ISTRUZIONE PLBBL1CA IN ITALIA 135

yolesse numerare e chiarire tutte quelle che dentro yi si adducono. Ma, a parer nostro, la cagione propriamente radicale e potissima, che tutte le altre abbraccia, e quella identica che origina il disordi- ne e la sterilila in ogni parte della cosa pubblica d'ltalia.

Chiedete un poco ad uomini di buon senso: Perche mai 1'eser- cito italiano e nell'effetto riuscito cosi inferiore all'espettazione ?

Yi si rispondera: Pel « sistema » di chi governa.

Perche la marineria militare italiana si e ridotta a quella nul- lita, che fu mauifesta in Lissa, ed a quel caos, che si e comproyato nei due yolumi dell' ultima inchiesta del Parlamento ?

Pel sistema.

Perche le finanze italiane sono peggiori delle turche, il com- mercio intisichito, la industria estinta?

Pel sistema.

Perche 1'amministrazione pubblica italiana e la piu sregolata di Europa, e 1'arbitrio yi tiene troppo spesso il luogo della legge, ed il peculate ed il furto la infamano ad ogn'istante?

Pel sistema. Tutto il malanno yiene dal reo sistema di go- yernare.

Medesimamente, affermiamo noi, tutte le ignominie e le « cata- strofi » dell' istruzione pubblica d' Italia, derivano da un cosi fatto sistema, il quale, fmo a che e per durare, non rechera. altro che scorno sopra scorno e ruine sopra mine.

Un tale sistema comprende principii , cose e persone : e 1' essenza sua consiste nel preferire i dettami e gl'interessi o partigiani o per- sonali, ai dettami del yero e del giusto, ed agl' interessi della nazione. Qui e la yelenosa radice di tutte quante le sciagure d' Italia. Solo che prevalessero le idee delle consorterie, che hanno fondato il pre- sente Regno, e quelle de'suoi oppositori fossero depresse, non e mai importato niente che il governare fosse contrario alia yerita ed alia giustizia: e solo che i yantaggi, o in solido o in indiyiduo, dei go- yernanti e de' loro ligi fossero al sicuro, non si e mai dato peso

li scapili della nazione nella fortuna, nella morale, nell'onore. II punto e stato ed e sempre di fare, che i principii della rivoluzio-

>, intesi e praticati a senno della fazion dominante. trionfassero in

136 on ESAMI DE'LICEI

tutto e da pertutto; e chc 1'opera, pur sempre fiacca, clella rivoluzione si rafforzasse a qualunque patto e per quulunque mezzo; anro a patto e per mezzo dell'annichilamento della generazione vivente, e della fu- tura. II qua! sistema puo epilogarsi in questi due semplid apotemmi, che compendiano tutta la coscienza pratica de'suoi srguaei. Colla verila e coll'onesla non si governa. Pera la nazione, pmche prospe- riamo noi !

Si scorrano di grazia, al lume di queste norme, le appartenenze tutle deirordiuamenlo, o piultosto del disordinamenlo del Regno, e si vedra sempre, che i suoi innumerevoli abusi e le sue lamentabili enormita religiose, poliliche, mililari, tinanziarie, amministrative si radicano nelh menzogna, nell' ingiustizia e nella cupidigia privata, sostituile di proposito deliberato al vero, al giusto, all'iilile del- runiversale.

IV.

Osserviamolo trascorsivamente in cio che tocca il soggolto nostro, ed e la pubblica istruzione. Cos! verremo ad illuslrare ed a confer- mare vjemeglio quello che, non ha guari, su qucsta materia abbiam ragionato 1.

II novello edilizio dell' insegnamento, secondario in ispecialta, si c costrutto sopra questa triplice regolafondament.de. In primo luogo: guej-ra ai melodi anlichi, e frivore a tutle le modernita. In secondo luogo: guerra ai maestri antichi, non parleggianti per la rivoluzione, c favore a tulti gli uomini che all' idolo piegassero il ginocchio. In terzo luogo : guerra allo spii ito religiose delle antiche scuole , e fa- vore ad ogni spirito alieno dagl'influssi caltolici e cristiani.

Or puossi egli immaginare fondamento piu falso, piu iniquo e piu delrimentoso di queslo?

E pi imieramente, i ispelto ai mctodi anlichi, per qual ragione guer- reggiarli tino a sperderne ogni vestigio? Forse perche hauno fatta

1 Si veggano i due artlcoli: Gli studii classid net Regnod' Italic, vol. Ill di questa Serie, pag. 143 seg.; 269 seg.

E IL SISTEMA DEL!/ ISTRl'ZIOXE PtfiBLICA IN ITALIA 137

mala prova nel formare colte generazioni? Al contrario, il fiore degli scicnziati e dei Icllerali d' Italia, preterit! e present! , a quo' melodi fu ed e debitore d'ogni sua collura. Ma 'perche, cio non ostante, spiantarli dal noslro suolo? Perche ricordavano troppo tempi e cose anclale, la cui meaioria si voleva rasa dall'animo della ci escente gio- Tenlu: perche 1'acceltazione d. quei melodi, ancora che buoni, saieb- be equivalsa ad ima menlita delle calunnie a! caduti Govern!, die si voleano \7itupcrali: perche tornava conto che non si mostrasse pre- gevole ntilla di un passato, che si voleva rendere tanto spregevole quanto odioso. Adunquc non demerilo intiinseco, non senso del retlo, non zelo del ben commie; ma il solo solissimo turpe intcresse d! parte consiglio la insensata guerra, che tosto si ruppe ai melodi d' istruzione, vigenti prima che il nuovo Regno sorgesse.

Per tacere degli altri, gli Slat! della PenSsola, ne' quali, avanli Ic nvolture ullime, 1'ordinazione degli studii fosse piu soda e piu in- conlraslabilmente frultifera, crano il pontificio, 1'eslense e quello delle Due Sicilic. Gli slaluti, i raetodi, le consueludini che regolava- no i ginnasi, i collegi, i lice! di queste tie region!, superavano in ec- cellenza le leggi , i metodi e le consuetudini , rubacchiale le piu ai foreslieri, che reggevano gli atenei del Piemonte, dopo il 1848: \in- cevano poi di gran tralto in sapienza la legge Casati , che si venue allargando a tutti gli Stali d' Italia, a mano a mano che essi venivano conquislati. Ma perche, terminata la conquisla, in cambio di « pie- montizzare » 1'Halia anche nell' insegnamcnto, non si studio nna legge che, da quella dei divers! paesi soggiogati prendesse il mc- glio, e noil fosse, se si voleva, piu legge napolitana che pontiticia, .piu toscana che eslense, ma nemmeno fosse legge prellamente pie- montese ; cioe logge di una contrada, la quale non ebbc mai splen- dore o letlerario o scientifico d' istituti , che competer polessei o con quei di iN7apoli, di Palermo, di Bologna, di Pisa, di Firenze, di Mo- dena e dite voi? II perche e sempre li, chiaro e fulgente. Non si studio c non si compose una cosi falta legge, perche 1'interesse del p u lilo conc^istatore esigeva , che 1' insegnamento in Italia si con- forrnasse proprio alia legge Casati , a dispcllo di qualunque scapito e confusione fosse per derivarne alia Penisola unificala.

.

138 GLI ESAMI DE'LICEI

La pratica fece toccare con mano, che quella legge era disadalta alia generalita delle dominate province. Allora cssa divento quasi un cadavere, soltoposlo a tutti gli espedmenti anatomic! piu capricciosi del Ministri dell' istruzion pubblica, succedutisi dal 1859 al 1868. Non meno di quattro volte, in otto anni, quella povera legge fu mon- cata, scerpata e stiracchiata negli organi e nei membri principali : le riforme, le innovazioni, le mutazioni si sono seguite a furore. Pu6 asserirsi che sua sede abituale sia un eculeo. Insomma non e in Eu- ropa modello di fucile a retrocanca, che sia soggiaciuto a tante va- riazioni, quante ne ha patite la legge Casati, regolatrice suprema degli studii in Italia. E, stando agli effetti, sempre si e variata in peggio.

II chiaro professore Luigi Palmieri di Napoli non ha dubitato , in una.lettera ristampata perfmo dai fogli garibaldeschi di quella citta, di propalarne questo giudizio. « La nostra gioventu, persuasa del- Tassurdita della legge fatta per istupidirla, si presenta agli esami col convincimento, che solo per caso o per frode potra strappare sei decimi di approvazione, ne pone alcuna gloria o ambizione per un maggior numero di punti. La indifferenza ed il cinismo, col quale ho visto questa volta i giovani presentarsi all'urna in cui erano le tesi, mi ha spaventato: estratta la tesi, spesso rinunziavano a rispondervi, senza commoyersene. Mi e sembrato yedere gli effetti funesti che la legge Pica produsse nel brigantaggio, 1'apatia e 1'indifferenza per la morte J ». E ben merita scusa questo nobile sfogo, chi sappia che il Palmieri ha teste assistito al fiasco di 796 alunni, sopra gli 826 che in Napoli sono concorsi all'esame per la licenza liceale.

Ma tuttocio che monta ai sostenitori della rivoluzione ? Si con- verta pure, se bisogna, il popolo italiano in una grande tribu di Ot- tenloti, si veramente che resti salvo 1'interesse della consorteria; il qual e, che non si tornino ne punto ne poco in onore le tradizioni e le usanze scolastiche, tanto profittevoli pel passato.

fi conosciutissimo quell' aborto di nuovi Programmi per le scuo- le, che r andato anno un regio decreto fece obbligatoiii a tutto il

1 UAvvenire num. dei 3 Settembre 1868.

E IL SISTEMA DELI/ ISTRUZIONE POBLICA IN ITALIA 139

Regr.o. Erano un allro spediente per impossibilitare rintroduzione dei metodi antichi, ed assicurare il predominio alle modernita\. Non vi ebbe quasi giornale die non mettesse alia gogna quell' obbrobrio di stoltezza, ne vi'fu ginnasio e liceo che non rintronasse di grida di orrore per esecrarlo 1. Or bene: e venuta dianzi a galla la storia della compilazione di que' programrai, autenticata da lettere di chi vi ebbe parte. II ministro sig. Coppino dalle province chiamo in Fi- renze periti e scelti maestri, che vi si adoperassero intorno, lauta- mente spesati dall'erario. Dopo che questi si furono affaticati non poco ad ultimar il lavoro, mani misteriose cancellarono, alteraro- no, brnttarono il fruito dei costoro sudori; e poscia, cosi deformata, T opera fu fatta bandire per legge colla firma del Re. Chi furon adunque i rei di tanta sconcezza? « I veri autori di quelle immora- lita, scrisse il Movimento di Genova, conviene cercarli Ira le quinte* del teatro di S. Firenze (sede del Ministero dell' istruzione pubbli- ca), dove la scorsa state si rappresento la turpissima commedia dei programmi coppiniani dai soliti mestatori 2 » .

Ed eccoci condotti dall'evidenza dei fatti a concludere col ritor- nello, che la menzogna, la disonesta, la ingordigia settaria sono pre- sedute e preseggono tuttavia al reggimento della legale istruzione in Italia.

Quindi come stupire se T abbrutimento della gioventu studiosa crescit eundo, e se ogni anno agli « schiaffi morali » succedono i « manrovesci » , e se alle c< Custoze » tengon dietro le « Lisse » del pubblico insegnaraento? Sarebbe prodigio V opposito. Col sistema che regna , di prescrivere e di promovere a ragion veduta ogni sorta di metodi, purche non sieno conformi agli antichi, soli idonei ed acconci a far progredire le scuole, forza e riuscire dove si e giun- ti, e precipitare oltre nell'abisso della barbarie.

1 Veggasi il conto cbe ne rendemmo nel vol. 1 di questa Serie,p. 703 seg.

2 N. dei 4 Giugno 1868. Chi desideri notizie piu particolari di questo sozzo scandalo dei programmi, legga T opuscolo : / Programmi d'insegnamen* to, 10 Ottolre 1868^ giudicati dalla stampa italiana, cui fa seguito il giu- dizio degl' Insegnanti intorno ai medesimi, manifestato in il lettere di

rofessori o Direttori diStudii. Torino, Bellardi 1868.

1 10 GLI ESAMI I>F/ LICEI

Y.

L'altra fondamenlale rcgola della novella istruzione, accennammo ossere la guerra ai maestri antichi, non favoreggianti la unila poli- tica ddl' Italia. Gia si sa die, priraa dei rivolgimenti, nella porzion maggiore della Penisola, la isiiluzionc letleraria c momle dci giova- m era per lo pia in mano del dero, o secolare ne' suoi seminarii, o regolare ne' suoi collegi. Ed il dero appunto vien significato inque- st] antichi maestri da dcbellare. Senon die per quale cagione faigli guerra cosi ostinata e feroce? Forse perclie non e adallo ad am- maestrare la giovenlu? No di certo: slanle die, per confessione an- die de' suoi persecatori, il dero secolare, i Barnabiti, gli Scolopii, i Gesuili e gli altri corpi religiosi insegnanli fornivano sempre i mi- gliori alunni, di die si onorassero le citla, : ed anco al presente, ne- gli ultimi esami per la licenza , dei 156 candidati ammessi in tulta T Italia all'esame orale , il piu grosso numero e uscilo dagl' isliluti ecclesiastici che sopravvivono all'eccidio fattonc. Forse perdie 1'i- struzione del dero e invisa ai popoli e discreditata? Nemmeno : giacche sono conle lo istanze, soltoscritle da m'gliaia di firme, che si mandarono da ogni regione d' Italia al Pai lamento , in pro dei seminarii o degli Ordin' regolari , quando si disculeva pro forma la legge-della loro abolizione. Ed oggi pure la cilia capitale d' Ita- lia , Firenze , per non dire di altre, e si poco avversa all' insegna- mento del dero , che un suo istituto ecdesiastico no\era piu di 1,800 scolari, oveche il liceo suo nazionale ne ha solo alcuni sopra i 100: e non s'ignora che, per oltenere la conservazione di questo Istituto, retlo dai benemeriti figliuoli di S. Giuseppe Calasanzio, ben 10,000 padrifamiglia fiorentini fumarono una petizione rimasta.ce- lebre : e non e molto che I' ebraica Opinions deplorava la somma disgrazia, che il collegio de' padri Barnabiti di Monza fosse piu flo- rido e frequente che mai, ed oltre 200 alunni delle piif cospicue fa- miglie di Lombardia fossero affidati alle lor cure, e crescessero in guisa , che quegli ottimi padri eran costretti a piantare un altro lor collegio altrove 1.

1 N. dei 18 Agosto 1868.

E IL SISTEMA DELl/ISTRtZIONE PtlBBLICA IN ITALIA 141

A chc fine dimque una tal guerracontro il clero insegnanle? Per oilo di parle, per togliersi clai piedi un temuto nemico della men- zogna e della iniquita, per raero interesse di setta. La cacciata e la dispcrs'one di tanli valorosi maestri, e la chiusura di tanli semina- rii e collegi , prcziosissirai ad ogni ordinc di eittadini, oltreche sono state sommamente ingiuste , hanno dato il tracollo finale alia istru- zione ed alia educazione in Italia. Ed i governanti, prima di decre- larle, sapevano che cosi sarebbe. Ma cssi, ad occhi Yeggenti, hanno voluto perpetrarc questa grande scclleraggine, e recare questo male supremo alia nazione, e do hanno voluto perche? Pel solito sistema, di metfere sempre le loro passioni e 1'utile di loro consorteria, avanti la giustizia c la prosperita generate.

La guerra pertanto agli antichi maestri ha sortito un bet trionfo. 11 Regno italico va ora superbo degli edifizii rapiti »\ clero, e trasfor- mati in licci nazionali. Gode di averli sbaltezzati e dissarrali, radendo dalle loro facciate persino i monogrammi del nome di Cristo, e gli omblemi della religione. E lielo che gl' isliluli ecclesiastic! scarseg- gino qui a cola , perduti quasi tra 1' ombra de' suoi grandiosi atenei. Tulto a meraviglia. Ma intanlo qual compenso ha egli somministra- to alle popolazioni, rimaste prive del presidio di quegristituti? « Nulla » risponde il Popolo d' Italia, diario garibaldesc di Napoli, e prosegue : « Tra il niente ed i seminarii , noi desidercremmo che questi si riaprissero : poiche, bene o male, in quei luoghi s'impa- rava a scrivorc un po' di latino , a tradurre un po' di gi eco , ed un glovane uscito di la, con due buoni anni di studio, poteva fare gli esa- ini liceali 1. » Ed al desideiio del garibaldese giornale consuona il lamcnto del savio professore Palmieri, il quale, nella sua lettera so- pra mentovata, soggiunge. « Nelle nostre province un padre, che ha molli tigliuoli ed una modesta fortuna, non puo mandare un giova- netto di tenera eta alia scde del liceo ; non ha piu 1' opportunity del seminario vicino, ove con 200 lire annue si avea almeno un buon insegnamento ginnasiale, per lo che e costretto procacciargli quella istruzione che puo net villaggio nalio, fino a che, fatto adulto, pos-

1 N. dei 15 Settembre 1868.

142 GLI ESAMI DE'LICEI

sa spedirlo in Napoli, dove conviene eke faccia in un anno lutto quello che si richiede per la licenza liceale 1 : » e , aggiungiamo Doi, si prepavi cosi ad inevitabile fiasco.

Questo, adombrato a pena, e il lucro cessante provenulo all' Italia, dal bel trionfo del suo Governo sopra le istituzioni scolaslichc del dero. Ma vi e ancora il danno emergente. Chi ha egli surrogate ai maestri antichi? Iddio ci campi dal biasimare in fascio d'inetti o di ignorant! , color o tutti che occupano cattedre ne' ginnasi e ne' licei del Regno ! Sappiamo che una parte di loro, per ingegno e perizia, inerita anzi stima e riguardo. Ma pur troppo non e la parte mag- giore, non e la piu portata in palma di mano, non la piii ascoltata, ne la meglio guiderdonata. Di quanti giornali, diver sissimi per ban- diera politica, ci son capitati alle mani, non ce n'e occorso uno solo che, trattando I'argomento degli esami liceali, non si lagni in genere della dappocaggine dei maestri. Noi citeremo 1' unico Cor Tier e ita- liano,, tutto servitu e devozione al Regno d' Italia, e pero non accu- sabile di maltalento. La citazione vale tant'oro.

« Fu gia un tempo, in cui, prima di ammettere un uomo tra il novero degVinsegnanti, si esigevano requisiti molto serii di capaci- ta. Potremmo dire lo stesso anche oggi? Nessuno lo oserebbe. Da alcuni anni in qua , anche gli educatori della nostra gioventu sona divenuti una moneta politica corrente, che si da e si riceve, non per quello che vale in se, ma per il prezzo di uso tra Ministri e Deputati, e tra tutti quegli altri messed, che direttamente o indi- rettamente esercitano qualche influenza su chi e incaricato di distri- buire impieghi. Noi coiiosciamo di tali professori di lettere italiane in qualche liceo d' Italia, i quali non sarebbero in caso di scrivere una lettera di mezza pagina , senza venticinque errori di grammati- ca. Qui e lecito il supporre che noi esageriamo, e vorremmo che cio fosse; ma pur troppo non abbiamo espresso che una parte della dura verita. Informino il signor ministro Broglio ed il suo segretario signer Gatti, e vedranno se mal ci apponiamo. Noi non fummo en- tusiasti dei titoli, e sappiamo come apprezzarli; ma non crediama

1 Ju Avvenire num. cit.

E IL SISTEMA DELI ISTRUZIONE PIBBLICA IN ITALIA

neppure die sia una prova di capacita, quella di essere affatto senza titoli di laurea, senza opere date alia stampa, senza onorevoli espe- rimenti fatti, senza nulla. Or bene, abbiamo conosciulo molto da vicino un segretario comunale, die Dio sa quante volte avra confuso Danle col registro dei deccssi, il quale, un bel giorno, si vide no- minato professore di letleratura italiana in un liceo di prima classe. Povera lelteratura ! Un allro caso (e ne potremmo addurre migliaia) : non piu tardi di ieri sera, abbiamo sentita la leltera d'un professore di liceo, cosi zeppa di spropositi e di controsensi, die se ma! fossi- mo Ministri, ci basterebbe per destituirne su due piedi V elegante scrittore. Ma gli insegnanli che non sanno lavorar di penna, lavora- no di pelo, lisciano, lisciano e vanno avanti, mentre i capaci se np stanno indietro e lutti i giorni si fanno piu rari 1 ».

Questa descrizione basta a far intenderc, che abbiano guadagnato le citta e le province d' Italia, al baratto dei nuovi contro gli antichi maestri, e da eziandio un per che della scarsissima tiducia che i ca- pifamiglia ripongono negl' istituti del Governo; accadendo per ogni dove, che chi pu6 ed e libero, preferisca mandare i figliuoli a-scuo- le private, segnatamente se tenute da ecclesiastici.

Del rimanente i non molti professor! davvero integri ed instrut- ti, che hanno un posto ne'ginnasi o licei del Regno, sentono al vivo T abbiezione che e per essi , il soltostare ai capricci di un Governo senza intelletto, senza onore e senza cuore. Quel valcntuomo torinese che ha raccolte le censure fatte da 47 insegnanti suoi aniici ai nuovi Programmi, e pubblicatele in istralci di lettere , offre , a chi vuole usarnc, la chiave, per conoscere cio che bolle negli animi de'maestri intelligcnti ed onesti. In quelle leltere si detesta « 1'avidita scanda- losa » di certi avoltoi, che raspano intorno al portafoglio dell'istru- zion pubblica, denominata vera « distruzione » : si afferma che basta il sapere che una cosa e c< parto d'un Ministro del Regno d' Italia, perche tosto vi si senta una profonda ripugnanza » : si dice rolonda- menle, a proposito dei valvassori dell' istruzion pubblica, che « una mano di birbaccioni fanno di tutto per disfare 1' Italia, dopo avere

1 Num. cit.

144 GLI ESAMI DE'LICEI

sfruttato 11 nuovo ordine di cose, ed essersi ingrassati alle spese di questa povera nostra patria, la quale per loro non fu altro chc Una bottega od un pretesto, per nascondere le piu basse passio- ni » : si ripete, allo stesso proposito, che « la sola fame dell'oro, e nienle piu, muove le arpie italiane a spolpare in mille guise questa povera regione , omai ridotta a scheletrame » : si deri- de T « insipienza degli odierni reggitoii della pubblica istruzione ; arruffio di persone assai piu inespeile che non s'immaginava, uri horrendum dictu, caolico veramente » e \ia via di queslo tenore. condanne e riprovazioni aceibissime 1.

Quril e la conclusione di tulto queslo? Che, dato un talc lucro cessaiite ed un lale danno emergence nell'i'struzione, non puo fare specie che ne risultino poi quelle « catastrofi » degli esarai, le quali ora si piangono : e che se la consorleria dominante ha giovato a se, disterminando al possibile i maestri antichi e le scuole del clero.. per surrogar loro i maestri e le scuole moderne , ha per altro fune- Stata in immense 1' Italia, vittima, anche in cio, delle turpitudiui e dclle prepotenze che costituiscono il sistema del suo Governo.

YI.

La terza regola direttiva delle innovazioni in materia di pubblico insegnamento, affermammo essere la guerra allo spirito cattolico delle antiche scuole , ed il favore ad ogni spirito da quello alieno, Questa regola e ragione ed insieme conseguenza delle due precedent] ? n^ accade investigarne lo scopo. Esso e folgorante. Non si vuole piu educazione cattolica, perche si mira ad assodare T imperio del falso c del lurpe, eretti anorma stabile di civile reggimento. Tra il catto- iicismo ed i fondatori di questo imperio la contraddizione esolenne. e perfetta. L' uno dice bianco quel che gli altri dicono nero. Ouindi, non essendo composizione possibile tra la falsita e la verila , tra il giusto e T ingiusto, e chiaroche il Regno d' Italia, poggiato sul falsa diritto dei latrocinii e de' sacrilegii, deve combattei e a morte quella religione , che inesorabihuente lo condanna di sacrilego e d'iniqiio,

1 V. Topiiscolo: I Programmi d' insegnamento ecc. pag. 45-63.

E IL SISTEMA DELI/ ISTRLTZIONE PUBBLICA IN ITALIA 145

Di qui tutte le sue cure, per rimovere V adolescente genorazionc dalle influenze della cattolica Chiesa : di qui la sottrazione de' suoi ginnasi e de' suoi licei alia vigilanza dell' Episcopate: di qui 1'allon- tanamento maggiore che si possa degli ecclesiaslici da' suoi efebei : di qui I'islruzione religiosa convertita per lo piu in una leorica idea- le, acceltevole anclie ai protestanti, e non di rado agli slessi raziona- listi: di qui la educazione morale vidotta ad un povero naturalismo, non sempre immune da viziosi deltami : di qui Y introduzione nelle cattedre di maestri noloriamente empii e dissoluti: di qui laperse- cuzioue codardu agl' isliluti privati, che informano gli alunni a eri- stiana picta; tanto che e a nostra notizia, essersi intimato ad alcuno d' essi lo sperperamento , se il direttore non prometleva, che si asterrebbe di parlare ai giovani del sacra mento di penitenza, e di far loro esercitare in comune atti di culto cattolico: che piu? di qui 1' innalzamento di qualche prete apostata ed ammogliato all' alto uffi- do di regioprovveditore dellescuole, secondoche si vede, coniscan- dalo infmito, nella piu popolosa delle cilia d' Italia. E se ci bastasse Tanimo di procedere avanti in questa numerazione di esm'bitanze, dovremmo sprofondarci sin denlro un lezzo abbominevole, tra i cui fastidii non rare yolle si conducono a rav\oltolare gli alunni, in pre- mio nefando di non sappiam quali meriti misteriosi. Ah se si potes- sero sollevare cei te cortine ! Ma

A. buono intenditor poche parole.

Che deriva per necessita da questa corruzione della fede e del co-. stume nella gioventu studiosa? Conlentiamoci d' indicare due soli , dei cento pessimi cffetti che ne conseguono.

Uno e, che, spenta nel cuore dei giovani la fiamma della fede re- ligiosa, viene a mancar loro il piu potente incentive che abbiano di applicarsi agli sludii, cioe il scntimento del dovere. Lo studio costa fatica, e 1'eta giovanile ripugna per se al faticare, e piu che ad allro al faticare mentalmente. Gli stimoli deirutilita futura e delle ricom-

t3ense d'ordinario non bastano, se non siano avvalorali dallo sprone lella coscienza, persuasa che tal e il suo stretto debito innanzi aDio; Jtudiare. Ma la religione soltanto puo indurre questo intimo assenso Serie VII f vol. IV, fasc. 446. 10 5 Ottobre 1868.

1 16 GLI ESAMI DE'LICEI

all'obbligo proprio , e muovere ad operare propter conscientiam. Cosi da pertutto e sempre si osserva, che i piu studiosi tra i giovani, son coloro che meglio pralicano lafede e la picla cristiana. Estinguete ne' loro petti la sacra scintilla di questa fede e di questa pieta, e poi vedrete come vi svanisca insieme ogni osservanza del dovere..

L' altro e, che colla fede e con la pieta i giovani pcrdono ancora lutte le buone disposizioni alia virtu, si dissipano, inviziano, imbe- stialiscono: e quindi che sperare profitto negli studii, posla la corrut- tela dell* anima, V infievolimento del corpo e lo stravolgirnento del cervello, preso degli oggetti che atlizzano le passioni? II regio pro- veditore delle scuole di Forli , in un suo rapporto al prefetto della provincia, ha notato che una causa, la quale « rende presso che im- possibile la disciplina nella scolaresca, sono le politiche associazioni a cui vengono lirati i giovani anche di tenera eta ; cio che corrompe loro la mente ed il cuore, e li fa disconoscere ogni principio d'auto- rila, e scambiare gli ordini liberi nei demagogici 1. » Quanti altri provveditori delle scuole debbono aver notate altrove cose poco da queste dissomiglianti ! Or se gli alunni trovassero ne' ginnasi e lie' licei , in cambio d' indifferenza religiosa o di empieta , un solido nutrimento di fede e di santa morale cattolica, se avessero chi loro scoprisse le insidie dei malvagi , chi lor porgesse il modo di scher- mirsene, chi H educasse in s'omma a virtu cristianamente maschia; si deplorerebbe ora la somma disgrazia, che, in luogo di studiare, ba- dano a setteggiare , ed invece di attendere alle arti delle Muse , si addestrano nelle arti della demagogia? Chi semina loglio non miete grano. La irreligione e la immoralita , propagate nei popoli , non preparano ai Governi se non cadute e sterminio.

E si avverta , che questa pazza guerra allo spirito cattolico nel- T allevamento della gioventu, intimorisce ognuno, ed ancora molti e molti, che servono al Regno d' Italia e danno di spalla al suo mici- diale sistema. Di fatti onde avviene che tanti e tanti pubblici uffi- ciali, e magistrati, e prefetti, e deputati, e senatori e perfino giorna-

1 Monografia statistica, economica, ammimstrativa della Provincia di For/?, vol, III, pag. 157. Forli a spese provincial!, 1'867.

E IL SISTEMA DELL' ISTRUZIONE PIBBLICA IN ITALIA 147

listi, quando si tratta di collocare i ligliuoli loro in qualche istituto, lungi dal battere alia poi ta dei nazionali , si yolgono ai privati , ed antepongono agli altri quelli retti dagli ecclesiastic! o dai religiosi? II perche non lo dissimulano : Yi confido il figlio mio, dicon essi, perche desidero che yenga su virtuoso, onesto, buon cristiano, e meni una vita diversa dalla mia. Non e gran tempo , chi scrive queste pagine udi il direttore di un giornale liberalissimo , amara- menle sfogarsi a cuore aperto con lui , perocche non sapeva in che modo guarentire la istruzione , la coscienza e la probita dei suoi figlioletti; giacche tanto era porli negl' istituti del Governo d' Ita- lia , quanto me tier li in bocca al lupo : e sospirava , come padre , T instaurazione di quegli Ordini regolari , alia cui abolizione , come giornalista liberale, per debito di mestiere, avea battute le mani.

Tutto cio da a divedere, che in Italia, grazie a Dio, assaissimi uo- mini di partito sono ancora men tristi dei principii che difendono : e che la religione degli avi e radicata si altamente nelle viscere della nazione, che indarno le sette signoreggianti si rincorano di sradi* cargliela.

Ma e ben palese che, ci6 non ostante, immane delitto commettono i sicofanti del Regno italico , immolando gV ingegni e le anime di una quasi intera generazione, all' idolo del loro parricida sistema. Stieno pero di buon cuore. Essi gia si sono allevata la serpe in grembo, e non dubitino che questa rendera lor ad usura tutto il ve- leno che ne ha ricevuto. Quanto poi alia Chiesa cattolica, cui si so- no affaticati di strappare questa generazione d'ltaliani, oh ella puo attendere fiducialmente 1' ora sua ! Essa non e destinata a perire. Se una generazione le e rapita, un' altra ne succedera, sopra la qua- le potra stenderc il braccio, e rifarla umana e rifarla chile e rifarla cristiana, sclamando giuliva e gloriosa: L' Italia e ancor mia.

VII.

Qui facciam punto, conciossiacche lanostra dimostrazione ci sem- bri a sufficienza compiuta. Termineremo adunque appropriandoci una conclusione del Diritto.

J 48 GLI ESAMI DE'LICEI

« Tulta questa macchina, dic'egli, dell' islruzione pubblica, fab- bricata con tanta gelosia da died anni, non lia dale die pessime prove. Tulti quesli uomini, die sotto i diversi Minister! 1' hanno sem- pre manipolata a loro agio, fecero opera storta. Si e \1sta al para- gone dei falli la bonta dei sistemi , dei programmi e degli uomini scelti. Or coirviene mulare registro, non essendo giusto, ne patriot- tico, che , per omaggio a tradizioni sbagliate e ad uomini ineorreg- gibili, si sacrifichi 1'avvenire della gioventu italiana, ed il nome della patria sia trascinato in tanta stalistica d'ignoranti. Noi lo ri- petiamo, e coll' appoggio oramai dell'esperienza : Le scuole non dan frutli, perehe i sistemi e gii uomini che le governano sono fallaci ed inelti 1. »

II democratico foglio conclude sapientemente, e noi ci rallegriamo d'essere questa volta di pieno accordo con esso lui. Egli inoltre ma- nifesta speranza, che il Governo riformera uomini e sistema, in quei che all' istruzione pubblica si attiene. Ouesla speranza non abbiamo noi. 11 Regno d' Italia non e che un sistema, vivente in un partito. Mutare sislema, sarebbe un cessar di \ivere : mutare uomini, sareb- be un trasnaturarsi. Ne 1'una cosa gli e possibile, ne 1'altra. Fin- che il Regno sussislera, le cose andranno come son ite finora. Quin- di il Diritlo, che negli esami liceali del 1861 raffiguro la « Custoza » del pubblico insegnamento , e in quelli del 1868 ne ha rafiigurata ia « Lissa » ; apparecchi pur 1' animo suo a raffigurare negli esami del 1869 , se avranno luogo , una peggiore « calastrofe » , che un pari suo non potra piu rassomigliare ad altro che ad una Men tana.

Haec.olim meminisse imabit.

1 Num. cit.

I CROCIATI Dt SAN PIETRO

SCENE STORICHE DEL 1867

XXXIII.

Gli accampamenti del Crociali.

L'andata, la pugna, il ritorno degli ottantasei Crociati che ope- rarono a Monte Libretti, lullo fu memorabile. Perciocche, sebbene la giornata non parve grande pel numero delle falangi affrontatesi, rinse! meravigliosa per le prove di valore e di devozione alia morte, date du Crociati, e ancora per la disusata costanza, die questa volta dimostrarono i loro nemici, nel mantenere la posta contraslata. II di 13 Ottobre correva una domenica, 1'oltava appunto di Noslra Si- gnora del Rosario: e la o.a Compagnia del 2.° Zuavi, locata a Monte Rotondo, si disponeva di festeggiaila, come per dolce riposo di tutta una seitimnna trascorsa in marce e in fazioni disastrose. Anzi un forte distaccamento della Compagnia, condotto in iscoperta dal te- nente Guillemin, non era rientrato ai quartieri se non la sera innanzi e ad aKa nolte. Con tutlo cio, siccome la festa ricordava la battaglia di Lop into, e i Zuavi si trovavano quasi che in vista dei novel li musulmani, non si voile trapnssare quel giorno senza straordinaria celebrita. Adunque la messa militare venne solennizzata con discor-

150 I CROCIATI DI SAN PIETRO

so del Cappellano, P. Yincenzo Yannutelli, e da frequente corona, accoltasi attorno alia sacra mensa. Fu altresi stabilito, die al giorno si canterebbero i Yesperi nella parrocchia : ma si celebrarono inve- ce a Monte Libretti, colla fiera fazione die tra poco racconteremo.

Intanto era pur giocondo speltacolo agli angeli del cielo, vedere quei forti posare la carabina, e dar di mano all' ufficiuolo della Ma- donna, e deposto I'officmolq ripigliare la carabina, con puro intento di prestare ossequio a Dio, si coll'iino come coU'altra. Dalla pre- ghiera attingevano quel valore, che solo e divinamente logico, per- ch^ dispregia la vita caduca sperando la eterna; e dai rischi del- 1'armi imparavano ad abbandonarsi con empito ai religiosi conforti. Nelle guarnigioni, la chiesa era il luogo piu frequentato. Alia se- ra, al mattino, a tutte Tore vi avresti incontrato dei Crociali, quali in un angolo a scorrere un libro di preghiera, quali genuflessi clinan- zi al tabernacolo del Dio degli eserciti. Le congregazioni mariane, oggidi si floride tra loro, germinarono da un picciol convegno di alquanti Zuavi fiamminghi, soliti raunarsi al rezzo di un ulivo, a recitarvi di compagnia il santo Rosario.

Tra i campi di guerra i cappellani mal potevano bastare alia pieta degli accorrenti a profittare del sacro minis lero : alle vcglie poi delle sortite in campagna, erano strettamente assediati. Allora si faceva chiesa dove che si fosse, nelle case, negli alberghi, a pie d'un albe- ro: ogni luogo giudicavasi acconcio ad appendervi un crocifisso, se- dersi a lato il sacerdote, e a piedi genuflettere il penitente. Gli uffi- ciali di ogni grado, memori delle tradizioni sublimi di Castelfidar- do, davano il buon esempio. Chi non avesse avuto agio di accostar- si al sacerdote prima del toccatromba, riconciliavasi cammin facen- do. Al tutto era passato nei costumi del campeggiare, che non si avesse ad affrontare il pericolo, senza quell' ardimento che ispirasi dalla coscienza pura, e dal Pane dei forti. Di quella codardia, che si chiama rispetto umano, insino il nome si era dimenticato. In sua vece regnava 1'alterezza cristiana : nelle marciate talvolta si allegge- riva la fatica recitando la preghiera che tante volte vinse i nemici della Chiesa, il Rosario : e ne' ristretti degli amici piu intimi si ra- gionava del morir per la Religione, come di grazia eccelsa e deside-

XXXIII. GLI ACCAMPAMESTI DEI CROCIATI lot

rata. Breve , vi'furono tali quartieri , specialmente ne' di phi guer- reggiosi, che bene ritraevano un accampamento della legione Tebea.

E con questo vedevasi fiorire una serenita giocondissima negli alloggiamenti : le arduc fatiche, le lunglie vigilie, 11 duro vitto dive- nian soayi : e tali che nelle caserme di guarnigione sariansi lagnati di picciol disagio, sotto le tende del campo ogni piu aspro patimenlo volgeano in festa : la vista stessa del nemico destava gioia, e senza contarne le forze, slanciavansi allo sbavaglio.

Alcuna volla le religiose pratiche venivano difficoltate dalla man- canza di ministri, che inlendessero gli svariali linguaggi correnti tra i soldati. Pero 1'arrivo al campo di un sacerdote di favelle tramon- tane, era sempre salutalo con allegrezza. Davansi la voce un coll'al- tro i Crociati di quelle lingue, si adunavano, volevano udire parole di anima, confortarsi coi sacramenti. Si contristava sopra tutto la pieta degli Olandesi, piu numerosi che ogni altra nazione, e pure i meno sicuri di trovare chi gl'intendesse. Ma in breve fu trovato il ripiego. Un di loro trasse dal portafogli uno stampato, che provvi- damente aveva seco recalo dal paese, e conteneva un esame di co- scienza in tre colonne, olandese, francese, italiano. Con questo talismano facevasi sparire ogni ostacolo, e i prodi figli della Neer- landia si confessavano in un attinio a menadito, il sacerdote porge- va loro a baciare il crociiisso, formava 1'assoluzione, ed essi giubi- lanti ivano ad assidersi al convito angel ico.

Gli uomini di mente leggera e di cor to intendimento si faranno forse le risate di cotali divozioni tra le opere marziali : ma non ne ridevano gia i nemici assaliti alia baionetta : i maestri di guerra, che indagarono per iscienza i germi del valore guerriero, sanno troppo bene, che sul campo di battaglia nulla e meno ridicolo, che un esercito confessato e comunicato.

Ben ttntesero, e V intendono tulta\ia i Crociati di S. Pietro ; che sentono ogni loro forza, ogni loro gloria quinci ingenerarsi e vigo- rire. Che se, tolga Iddio! venisse giammai ad oscurarsi tra loro il concetto della sacra milizia, e con queslo cominciasse a dileguarsi 'aureola della pieta ardita e recata in trionfo ; con cio stesso n* an-

bbe ecclissato il piu vivo raggio della loro corona, ed essi piu

152 I CROCIATI DI SAN PIETRO

non sarebbero altro che una banda di prodi venturieri; cosa onore- yole per verila, ma cormmale. Se a' loro modi e gesti, piu non si riconoscessero per emulalori di S. Luigi in Pales'iina, iacerebbe il cantico di laude che ora d' ogai parte li circondi, ne piu in loro si appunterebbe 1'amore della societa crisliana, la quale ora con paipito ineffabile conta i loro drappelli, segue i loro passi, trema ai loro pericoli, prega mentr'essi comballono, inneggia alle loro villorie.

Solo gli splendori della pieta ci atlestano, che in essi vive il pensiero della Crcciata. E queslo solo aflida i padri di bcnedirc i figli ad arrolarsi sotto la bandiera romana, i figli che forse a gran sudore ricomprarono dalla patria milizia : queslo solo fa si che ve- neraudi vegliardi si privino lietamente de' loro unigeniti, e non pia*igano in vedeili spenti, e spezzato 1'unico basione di lor \ec~ chiaia: queslo solo e cagione che inlere famiglie di forti crisliani, reputino indegno della lor fede, I' assumere il lullo pei loro cari, morli nelle sante battaglie; e che lenere spose dicano ai loro dilelli: Va a Roma, dove Dio I'appella; e che madri eroichc, chiudano di lor mano gli occhi ai figliuoli caduii sul campo, e inlonino il Te Deum. Si, quest! esempii sublimi abbiam lelto, abbiamo udilo, ab- biamo vislo, pur ne'mesi Irascorsi, cogli occhi noslri, ene abbiamo a lunghi sorsi assaporalo il diletlo. Ma tulle cotesle meraviglie ope- ra il concello della Croeiata: guai, se si menornasse!

Vero e che lungi e lultavia, la Dio merce, siff.itlo pericolo : e prima e dopo Mentana, ne siam teslimonii, uno slesso e lo spiri- to dei crocesignati. Invano lento e tenta viziailo il nemico di ogni bene. Nella stessa infelice Ilalia , dove si nimica dagli empii piu che altro ve la Croeiata, piu fei ve la fucina di frode per macularne 1'onore e la bellezza ; nella stessa Italia si sente passare il soffio della fede e del marlirio, cosi dopo come prima dell'ultima guerra. Antonio Goldoni modenese (per nominarne uno tra molti), fanciul- lo dioiottenne, venne a Roma, gia cessati i lumulti, e diceva fran- camente ad un amico, che ce lo riferiva: « lo non son piu mio, sono di Gesfi: voglio cominciar bene la mia camera militare... Sento che tra i Zuavi non ricevono piu nessuno italiano : entrc- ro in altro corpo, purclie serva la buona causa. » E un' altra vol~

XXXIM. GLI ACCAMPAMENTI DEI CROCIATI 153

la : « La vita io gia Y ho sacrificata a Gesu Cristo e alia Madon- na. La morte uon la temo, ma la desidero... se morissi pro Petri Sedt, sarei maitiie. » E trenta giorni dopo moriva, affrettando col- la preghiera 1'ora della morte bi'amata.

Poco prima del rompersi la guerra un giovanetto lomano si slruggeva in secreto di brandire le armi crociale: ma gli faceva conlrasto, piu che ogni altra cosa, la debolezza della sanita, e la gracilita della persona. Pero bene si acrorgcva, che niuu corpo mi- lilare oserebbe scriverlo ne' suoi ruoli. Per giunta non era pervenuto ancora all' eta legate. Non si pe.dette di cuore. Ad ingagliardire le forze si diede a vita ruvida e dura, spssso dormire vestito, gittato sul saccone o sulle tavole, passarc le noltolate del verno sulla log- gia, per ausarsi all' ufficio di sentinella, indossare tutto solo la di- visa de' Crociati e far d' armi. IN7on mancava chi per tenerezza della sua tievole complessione e chi per reo talento, tentasse di smuover- lo dal proposito. Egli rispose a tulti col presenlarsi all' ingaggio pel di solenne del Centenario di S. Pietro. Fu ripulso. Torno alia pruova, quando gia romoroggiava la invasione giribddese ; e tanto seppe avvocare la propria causa, che la vinse, e il Ministro gli ebbe donalo gli anni che gli mincavano. 11 valoroso Vincenzo (cosi chia- m;ivasi) tulto in giub.lo, non voile pure acceltare il premio olTerto- gli in danaro, pigo a qtiesto solo d' incignare la divisi di Crodalo, volontario tra i Cacciatori indigeni, nella festa della Nativita di Maria.

Leggasi il racconto che ci f i del suo ingresso sulla terra papale un brioso losc-mo, il qu;ile ci dice altresi, per genlilezza, di avere attinta la fianima sacra nella leltura dei Crociati di S. Pietro. Noi conosciamo quell' ingenuo c franco animo, pero non ne muteremo parol i, se non dove l.i prudenza eel comanda. Eran alcuni mesi do- l>o Montana; ed egli con un amico del cuore si risolveva di seivire S. Pietro scegliendo la divisa militare, invece della clericale cui por- tava. Non di,i in iraviglia : tra i Crociati miliUrono lanti ch rici e novizzi ancora di Ordini religiosi, che bene surlisi potuto foimnne

seminario ed un convento ; e , ci6 che e meglio, dopo data eg; c-

154 I CROCIATI DI SAN PIETRO

gia sperienza in guerra , gia parecchi tornarono alia prima vocazio- »e, e alcuni eziandio celebrarono la prima messa.

« Come piacque a Dio arrivammo ad Orbetello (cosi il nostro" se- minarista, candidato della Crociata) dove fermandosi il convoglio unamezz'ora, potemmo refiziarci; poi rimontammo in vagone, e Tia di corsa.

Quanto vi sara di qui al confine? dimandai ad un passeggero.

Oh, poco... e qua...

Senti, amico, dissi al compagno, e qua! pure arriveremo alia desiderata me ta, saremo content!... Ma che contentil Come passe- remo? senza passaporto, senza foglio di via?

« Eh! non ci era altra speranza che affidarci al Signore. Gran Dio ! ci aiutate: voi vedete che siamo qua venuti per difendere la Santa Chiesa, la vostra Religione ; vorrete adunque abbandonare due pove- ri figliuoli, che non hanno altro rifugio che voi ? Aiutateci per pieta, voi che fin qui ci avete condotti sani e salvi. 0 Maria, Madre dei tribolati, riguardaci una volta con occhio pietoso ; te ne supplichia- rno. E qui con un affetto profondo recitai una Salve Regina, la qua- le, apertamente il confesso, dissi con tale divozione, che mai con altreltanta in vita mia. Quella Salve Regina mi rianim6, mi rimise il cuore.

« II vapore allenta: si ode un lungo e rauco stride : era T avviso che la stazione si avvicinava. Tutti si affacciano agli sportelli, noi pure facciamo il medesimo : guardo, leggo: Montalto. Erano i con- fini. II vapore e fermato. Si fanno avanti Gendarmi pontificii: tra es- si eravi un soldato di Linea ed uno del Genio. Guarda, diceva- mo tra noi, come sono ben assettati! Se ci fosse un poco anche un Zuavo! Non ve n'era. Si odono varie voci; tendo Torecchio per sentire che c'e di nuovo. Oh cielo, chiedono il passaporto!

Coraggio, amico, tra poco aspettiamoci un grande imbroglio. Cosi dicevo all' amico, che tuttavia guardava i soldati pontificii. Le guardie italiane erano in vista un po' da lungi , per dar luogo alle pontificie. Come faremo noi, eh? Sta a vedere che ci riconse- gnano a quei birboni laggiu, e quelli ci ricondurranno via! Che rabbia, che furore! lo mi senlivo abbruciare, e un sudore in-

XXXIII. GLI ACCAMPAMENTI DEI CROCIATI 135

dosso mi colava minuto minuto, quasi mi sentivo svenire. Ma trumm! si alza il saliscendi: Signori, dice un vecchiotto grassot- lo, con aria di galantuomo, signori, il passaporto.

Per carita... non Tabbiamo.

- Ma, come?... (parea che glicne dispiacesse) non 1' hamio?... neppure una carta di passo...

Null a, milla.

- Vengano meco, vengano meco.

Eccoci, sissignore.

« Passammo a capo chino tutta la stazione. Alzai una volta alquan- to gli occhi : oh Dio ! tutli ci guardavano. lo tremava da capo a pie- di. Ci inlrodusse in una slanzetta, e faltosi avanti quel buon uomo della guardia, disse al suo capo: Signore, questi poveri chierici non hanno passaporto.

No? c'interrogo colui.

Nossignore, rispondemmo tutti e due. Ma... Ma... lo non avevo piu yoce.

« Colui riprese netto : Dunque ritornino indietro... Ho T ordi- ne di non lasciar passar nessuno, senza carte.

« Non 1'avesse mai detto! se non caddi ne ringrazio sempre il cie- lo, fu per me una pugnalata nel petto. E colui stava forte: In- dietro! indietro!

Ma perdoni, prosegui il mio coinpagno, noi sianx venuti per difendere il suo e il nostro Re, Pio IX. Noi veniamo a combatte- re per la Religione, siamo qui per farci Zuavi. Ci avevano detto, che qui non c'era bisogno di carte: ci hanno ingannati...

Che voletc? io non posso assolutamente lasciarvi passare. Non avete nessuna carta... del vostro Rettore? un certificato di buona condotta...

- Niente, caro signore; perche se avessimo cercate carte, ne sarebbe corsa la voce a chi ci era contrarissimo, e non avremmo potuto ubbidire alia voce di Dio, che ci comauda di arrolarci tra i difensori della Chiesa... Per carita, signore...

«- Or bene, il piu ch' io posso fare per loro, e non rimandarli lietro. Si trattengano in Montalto : scrivano per le carte e come avro in mano un certificato, 11 lascero passar oltre.

156 I CROCIATI DI SAN PIETRO

Ma come faremo noi qui, che stassera ci aspeltano in Roma, i nostri amici, che gia sono Zuavi?

Non posso.

Or via, che costerebbc a lei, farci un visto passare! In Roma, li'overemo chi rispondera di noi, abbiarao leltere di raccom indazio- ne a persone dabbene...

Ma come? ban lettere?

Sissignore: eccole.

« E gliele prescntamrno belle ed apeiie. Le presc, lesse. Anche la guardia leggeva. Sussurra qualcosa all'orccchio del suo principale: quest! ci fissa, ci squadra: Ya bcne cosi: \ad;m<» al vagone.

« Noi lo ringraziammo insieme: ma il cuore mi balxava si foi te, che mi mancava la voce. In qualtro salli gi& era al mio posto. Acciuffai una pagnotta, con un tagliuolo di prosciullo (ero stinito), e dandovi di morso, gridavo ira boccone e boecone, Viva Pio IX! 1'abbiamo vinta, siamo franchi, e mi posi a far le volte in su e in giii pel va- gone, con tale allegrezza, che parevo mallo. Torno quella benigna guardia, che graziosamente sorridendo ci rendeltc le nostre Icllere col Visto passare: riserro la porliera, la valvola si apri, e fiss! EC- CO il segnale, la macchina muove pian piano, poi forte, piu forte an- cora, poi vola, e \ola vet so Roma. 11 mio cuore vi era gia arrivato, col pensiero era a pie di Pio, e mi pareva dicessi: Eccomi,gran Pio, difensore irremovibile di Santa Chiesa e di voi; io sono paitilo ab- bandonando patria, genitori, parenti, studii, tulto, per difendervi e morire per voi. E mi sembrava che il Santo Padre alzassc la mano e mi benedicesse. »

E fu benedctta in realta 1'egregia coppia di amid, die ora serve felice e lieta sotto la bandiera delta Crociata, tra gli Aitiglieri pon- tillcii.

Sotto il cielo d'ltalia Tamor di Pio e della Chiesa tiavagliata. veste tutte le piu leggiadre forme e le piu poetiche. Da poehi niesi quietava la guerra , quando una giovane gentildonna dava alia luce il suo primogenito. 11 primo pensiero del padre e dell' avo, e il pri- mo voto del cuore di madre fu di vederlo un giorno Zuavo pontifi- cio. Ma intanto, pensava la pia dama, non pu6 pavtire... quon-

XXXIII. GLI ACCAMPAMENTI DEI CROCIA1I lb~

ti anni prima che possa reggere il facile!.. L'amorc non e po- vero di ripieghi. Si fuccia Zuavo fin d' ora, subito. Pio IX puo tutto, dunque anche far Zuavo il mio Eugenio. Detto, folio. S'im- plora la grazia. Pio IX fu inlenerilo di tanta fede, accordo ladiman- da, e sulla pagina, che gli consacrava ilpargolelto, scrisse una dol- ce benedizione. La venerata parola venne locata nel sacrariu dome- slico della famiglia; e il Zuavo laltante mililera per via di scambio. Qualche setlimaiia fu, nell' aggradirne una prima oblazione, il San- to Padre degnavasi novellamenle scrivere una parola pel suo soldato in fasce. Ora si oda come venisse accolta dalla avventurosa fami- glia. « Prevedera di leggeri qual fes-ta fu per tulti la sua leltcra . che tanla consolazione ci arrecava , e ci die a ribaciarc riverenti , per due fiate in cinque mesi , gli autografi del Santo Padre. I/ Eu- genio dormiva, ed io tosto coisi a meltergli sul capo c sulla f conic lo scritlo della papule benedizione. Proruppe immediatamente ad uit sorriso , e si grazioso che egli sembrommi un angiolo , onde non Iratlenni le Ligrime... Continue a dormirc , e sorridendo esultarc nel gaudio, finch^ la cifra benr detta poggio sulla sua tesloiina.

« Oh faccia Iddio di lui quello che meglio dovra riuscirc a gloria del suo santo Nome, della Religione e della Fede... Se la Vendetta di Mentana yorra fare le sue prove, il Zuavetto snodera la sua prima parola, gridera: Viva Maria! »

Non e morta, no, la fede in questa tradita Italia, ne langue Tamo- re a Pio, re italiano, e padre del popolo nostro, per un titolo di piu che gli altri popoli ci invidiano e non banno. E gli eroi della Cro~ ciala anche in Italia sono segno di ammirazione e di affetto, come sono la speranza e il gaudio della Ciistianita universale. Ma,-oon- fessiamolo anche una \olta, non e solo la loro bandiera veneranda , che impone rispelto e amore al mondo caltolico; sibbene il loro con- tegno, la loro professione di religiosi sensi. la fama dei loro accam- pamcnli simili ai campi dei Crociati anlichi , questo , questo e che provoco il generate enlushismo.

Or torniamo, che ben ne e tempo, al campo crociato che drizza le insegne verso Monte Libretti.

158 I CROCIATI DI SAN PIETRO

XXXIV.

Monte Libretti, 43 Ottobre.

Mentre in Monte Rotondo si veniva disponendo la solennita eccle- siastica, ed ecco un dispaccio del Luogotenente della provincia, a sostituirvi la festa guerriera, imponendo di marciare contro il ne- mico. II Comandante del posto ne discorreva col sergente maggio- re, quando il di Charelte in persona arriva baltendo; rinnova le istruzioni a voce, e passa oltre a Monte Maggiore. Gia dicemmo del disegno di questa fazione. Dapprima mirava contro Nerola; fu poi modificato allorche, venuto sopra luogo, il Charette conobbe le nuove mosse del nemico, e cambio V immediate obbiettivo di opera- zione. Rimase fermo che le tre colonne uscite da Monte Maggiore, da Palombara e da Monte Rotondo, dovessero serrare sopra Nero- la: ma prima liberare Monte Libretti. Arturo Guillemin, comandan- le di Monte Rotondo, e illustre veterano di Castelfidardo, ebbe tale mandato siccome gli altri, e per giunla formate consegna di ripie- gare per altra via, se il nemico incontrato soverchiasse evidente- mente le forze ch' egli guidava.

Per tan to il Guillemin fece prender cibo alia sua gente, stacco un picchetto di 16 uomini con a capo un foriere, e a questo ordin6 di presidiare il castello di Monte Rotondo , e quivi sostenere , in caso d' attacco , sino all' ultimo sangue : gli altri pass6 in rassegna sulla piazza. Erano in tutto 86 Zuavi della 5.a del 2.° Razza piu mescu- gliata di sangui, e piu unita di cuore era difficile inventarla, giac- che v' era olandesi, belgi, francesi, prussiani, bavaresi, italiani, svizzeri, irlaudesi, inglesi, e non so quante altre nazioni, e sul lab- bro di tulti si udiva un solo grido : Viva Pio IX. Pareva si presen- tisse la fiera lotta che stava per ingaggiarsi; perche mm solo il co- mandante, ma ancora il sottotenente Urbano di Quelen, commisero al cappellano robe e memorie destinate ai loro cari, pel caso di morte. Lietissimi entrarono in campagna.

Monte Libretti, 1' antico Mons Britius, e villaggio di forse trecento fuochi, adagiato sopra un colmo di collina. Sotto i suoi piedi a set-

XXXIV. MONTE LIBRETTI, 13 OTTOBRE 159

tentrione vede V antica via Quinzia, e di la il territorio pontificio, recentemente usurpato dal Regno d'llalia: ad oriente ed occidente collegasi quinci con Nerola e quindi con Monte Maggiore per via di sinuose giogaie, di malagevole accesso. La sua pianta stendesi in quadrilungo , di cui la parte orientale 6 accerchiata di un muro antico, e 1' altra, tutta aperta, forma quasi che un sobborgo. In mezzo a questo si apre una via larga assai, cui fiancheggiano in par- te il castello baronale, e in parte i casamenti borghesi.

Assalire la posizione da oriente torna pressoche impossibilc , senza presidio di arliglieria, atteso che una sola porta vi concede il passo, e questa, per le condizioni del sito, difendevole a man di po- chi. Restava adunque da tentare il borgo, come quello che tra casa e casa apriva due varchi. Se non che ancora questi ingressi diveni- vano pressoche insuperabili, dove le abitazioni private fossero mili- tarmente occupate: ed era il caso. Ollre a cio Tunica strada che vi saliva lungo la pendice, serpeggiando in varii modi, si porgeva mi- rabilmcnte a piantarvi grosso nerbo di posti avanzati.

II drappello pontificio, spiccato di Monte Rotondo presso alle due dopo il mezzodi , marcio serrato in guardia, quanto consentiva Fasperita delle vie, e sempre in avviso di scoprire le altre colonne, con cui doveva accordare 1' assalto. Erano presso le ore sei della sera, e il cielo gia imbruniva, quando nello svoltar di sotto un col- le che copriva Monte Libretti, si ode una voce a sinistra: Chi vala?

Zuavi ponlificii! risponde il Guillemin in italiano.

- AH'armi! urlo la sentinella: e tenlo far fuoco, ma T arma il tradi, e in sua vece spararono i posti piu addielro.

I Zuavi erano impensatamente caduli sul nemico : valutare le sue forze era impossibile, piu impossibile voltare le spalle dopo sentito il fuoco. Avanti alia baionetta! fu il primo ordine del Coman- dante pontificio; cui risposero i suoi soldati col solito grido di guer- ra: Viva Pio IX, che tutta rintrono la valle. Gia alia corsa erano giunti a pie dell'erta, cola dove in capo a piu vie sorge una cappel- la, delta la Madonna del Passo. Fanno massa, e si ripartono : una sezione prende a sinistra , sotto gli ordini del Quelen , e si stende

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160 I CROC1ATI DI SAN PIETRO

alia bersagliera colla mil a di rigeltare il nemico affermatosi ne' ce- spugli e nelle siepi dinanzi al borgo , aggirare 1' abitato, e sfoizare T entrata da setleotrione : sulla desti a il Comandante montava ani- moso per la slrada uiaggiore : entrambi soito un fuoco foi midabile, che partiva dalle case, dal caslello e dai balzi del la salita. Ben pre- sto loi o pai vei o troppo lunghi i meandri della strada, e fatli piu bal- di tagliavan su per la costa : di che i posti garibaldi schi , altestali sulle volte della via, vedevansi accerchiali quasi piima di potere resislei e , anzi priraa di riaversi dallo spavento : e nel ritii arsi ve- nivano inseguili dai Ponlificii, che striscioni di roccia in roccia, ap- poggiavano il labbro della carabina sulle schegge , e abballevano i troppo lent! alia fuga.

In breve il feroce assalto ebbe spazzato tutti i posli dinanzi a sef e il nemico si fu ridotto alia protezione delle case: e intanto i Zuavi non avevano altro che pochi feriti , e un solo a morte , il napole- tano Ciarla, che pago colla vila la gloria di avventarsi tra i primL Ma il guadagno del primo altacco era nulla, rispetlo al da farsi. Per isforzare il passo entro il borgo era d'uopo d'un esempio di temerita : poiehe una sola via si presentava , lunga , slrelta, co- mandata sul fianco dalle fuciliere del caslrllo, e dirimpelto d«ille case asserragliate. 11 comandale Guillemin balza alia testa de' suoi, da un lato ha il zuavo Alunno, dall' altro il suo sergente maggioie Bach, un bavarese di aspelto severo, di quel coraggio freddo e im- placabile, cui il rischio e sprone e non istorna giamrnai. Si ficcano di foga neir angusto cammino; e dietro loro chinati e rapidi come pantere i seguaci , involti in uno scroscio di palle e un voitice di fumea. Cost6 Sringue assai e raorti questo passo : pure sboccarono sulla piazza interna. La trabocco a terra il Guillemin, squarcialo ii pelto : e grid.uido in faccia al feritore : « Avanli! Viva Pio IX, lui solo Re ! » Tivispoi lato fuori del fuoco , una palla gli scerpo la fac- cia; « E bene, Viva PiO IX » furono 1' ullime voci: inciorio le braccia e spiro. Ma i suoi, gia ihgrossati sulla piazza, si scagliavano sulla lurbi <-,he veniva alia riscossa dei corap.igni fuggiaschi. Alia pritn;i affrontata 1' avrebbero sgominala e dispersa, se in quel pim'o dalla porta del ricinto murato non scendeva una colonna podercsa e di gente usata alia guerra.

XXXIV. MONTE LIBRETTI, 13 OTTOBRE 161

Guidavala il maggiore Fazzari. Costui die pruova d' insigne va- iore. Avanzava acavallo, con cappello calabrese e un gran pennac- chio in capo, e colla sciabola in pugno attizzava i suoi alia lotta. In un baleno fu bersaglio a tulle le carabine zuave , il destriero gli cadde grandinato di palle , egli slesso ferito al piede , si trascino in una piazzelta in disparte. II baltaglione da lui condollo resiste bravamente. Allora comincio la mischia a corpo a corpo; la baio- nella, il calcio del fucile, il pugnale soltentrarono alle moschettate, non v' essendo piu Iregua da caricare. Era un affrontarsi a schiera falla, un incalzare e cedere a vicenda, un afferrarsi e stringers! e baltersi di col pi mortali, e passate e schermi, e duelli sparpagliati di nodi intrecciati ; spesso un Zuavo inoltrato innanzi e sopraffatto difendevasi disperatamente come toro accanato ; altri smucciare del pie e quivi essere inchiodati, altri rizzarsi piu adirati e abbattere il ferilore ; altri acculali a un muro torneare colla daga, finche un compagno nol liberava dalla pressa , o un nemico 1' atterrava con un colpo di pistola. Ad ora ad ora si vedeva uscir di schiera alcuno dei Crociali , impaziente di non guadagnare terreno, scagliarsi nel piu folio dei nemici, rovesciando coH'impelo, ferendo colla punta, peslando col calce dello slutzen. Non si udiva piu allro che 1'incioc- carsi de' ferri e lo scoppio delle rivoltelle e 1' urla degli avversarii alle prese, spesso ruzzolati e avvinghiali insieme, finche 1' uno dei clue squarciato da piu ampia ferila, d sdavasi e boccheggiava.

In mezzo a si crudele conflitlo mirabile era scorgeie le diverse altitudini dei combaltenti, secondo le varie indoli e nazioni. Alun- no, marchigiano alto, macro, dal braccio di ferro giuocava la ba- ionelta come una scimitarra e si apriva il passo ; il Rebry, belga te- nace, si avanzava sempre combattendo, rigando il terreno del pro- prio sangue per tre ferite, toccale fin dal prindpio ; lo Schuit, olan- dese quadrato, senza perdcr contegno operavasi come ad una gio- stra di carosello ; il di Mylhenaere , fiammingo imperlui habile , pure in maneggiare le armi volgevasi ai camerali e gridava in fiam- mingo e in olandese i comandi che udiva in francese; il Torlora, un napolitano che ha la pace nel volto e il vesuvio nel pelto, tirava sempre alia prima linea , e grondante di sangue nemico ; il Cappe, Serie Y/7, vol. TV, fasc. 446. 11 6 Ottobre 1868.

162 I CROCIATI DI SAN PIETRO

francese implacabile nell'assalire, non torno addietro se non quando gia, dentro le mura si senti sopraffatto dal numero e da Ire baionet- tate ; il Guilloux, il di La Lande eke poi mori delle ferite, il Serie; tutti in una parola, non davano ne prendevan respiro. Cosi i Zuavi in breve guadagnavano la migliore , e rigettavano addietro V onda nemica, ad ogni istante rinnovata.

Ma intanto che sulla piazza-e sullo sbocco della via con buona for- tuna si avanzava , il sergente Bach combalteva quasi tulto solo la sua battaglia. Prima di por piede entro 1' abilalo , gia aveva rove- sciato da una finestra un Garibaldino , che fieramente a pelto sco- perto caricava la carabina. Egli poi lirava coricato a terra , il che i camerati suoi dicevano tirare alia prussiana, e raro era il colpo die gli desse in fallo. Accolto nel primo ingresso da un colpo a brucia- pelo, abbatte di palla il suo assalitore, un secondo trapasso con due baionettate al petto, un altro percosse al collo, un quarto al venire, ma nol fini e lasciollo ai compagni : cosi d' uno in altro duello av- volgcndosi sulla sinistra r mentre gli allri facevan testa alia deslra , si trovo in uno sfondo riposto, dove il Fazzari erasi ritirato. Cinque Garibaldini circondavano il lore Maggiore , pronti a far difesa : ma alia vista del Bach e dei seguaci, che contro loro voltavano le baio- nelte insanguinate, il Fazzari grido : Siam prigionieri. Giu le arnii, rispose il Bach, a terra, a terra! L'ufficiale garibaldino ordino a' suoi di rendere le armi, egli stes- so gitlo la sciabola. Un Zuavo prussiano , Ignazio Krome , li fece distendere sul terreno , secondo \ uso della patria sua , li cerco , li spoglio d' ogni arme , e li dichiaro prigionieri. Poco manco che la loro docilita non bastasse a salvare loro la vita : poiche in quel mo- mento sopravveniva furibondo un gruppo di Zuavi , un fiammingo innanzi a tulti , coi capelli irti , cogli occhi fuori del capo , cercan- do dove immergere la baionelta , e gia avevano solto il ferro i pri- gioni. 11 Bach li ratlenne a gran forza di grida e di minacce , e li costrinse a rivolgere altro veil lor furore: e il Fazzari, cosi com' era colcato e ferito, stese la mano al cavalleresco suo liberatore. II Kro- me con due altri raccolsero in una casa vicina i prigioni , e vi slet- tero in senlinella. Ma il Bach fu alia volta sua in pericolo di per-

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XXXIV. MOIXTE LIBRETTI, 13 OTTOBRE 163

dere la vita, perche mentre caricava il moschetto, schermendosi in un aiigolo , ed ecco e inveslito di fronte alia baionetta : non avea tempo di finire la carica , spara la rivolta , e gli fa cecca ; da un guizzo e sfalsando la punta nemica zomba col cake in capo air as- salilore, e il colpo gli riusci cosi giuslo, clie questi gli cadde ai piedi col cranio scapezzato, ed egli ne ritrasse 1' arma intrisa di cervella. Durava quasi da un quarto d' ora queslo non piu cozzo di squadre affrontate, ma steccato d' uomini dilanianlisi a vicenda, o meglio tor- neamento ckiuso, dove un pugno di croi rincacciava con disperato va- lore la piena slrabocchevole de' nemici: ciascun di loro sforzavasi di bastare per died. Allora fuvisto 1'eroe della compagnia, 1'olandese Pietro Jong, di persona e di forze alletiche, fare le estreme prove. II fuoco gli parea troppo lento, la daga non poteva ingaggiarla che con unoallavolta: abbranca la carabina per la bocca, e scagliandosi dove piu serra 1'urto nemico, prende a menarla con due mani come un rompicapo , e si fa piazza. Riassallto da dieci cotanti , martella , pesta, allerra con furore pari al bisogno, fmche stanco di strage e lacero di fcrite cade egli stesso sullo strazio dei cadaver! onde si & circondalo, e genuflesso accoglie la morte. I camerati gli tesserono dipoi leggende e poesie ispirate dal patrio orgoglio ; e ben fu giusto: ma basli alia stoi ia cio che ci affermava chi presso lui combattendo si guadagno gli spallini, che non meno di quattordici nemici eran caduli sollo la sua clava.

II terrene era letteralmente lavato di sangue dell'unae deH'altra parte, ingombro di morti e di feriti, gia diradati i Garibaldini; quan- do sopraggiunse la schiera del Quelen, laquale sboccando tramezzo le case a sinistra, giltavasi a gran tempesta nel campo della strage. Cosi raddoppiata la speranza della vittoria , i Zuavi raddoppiarouo gli sforzi ; e i Garibaldeschi disanimati da si atroce assalimento per- dellcro 1' ardire di piu fare contrasto, abbandonarono fin le case cir- costanli, e sempre incalzali, riampiattavansi a salvamento: i piu si precipitavano entro la porta della cerchia murata.

In quella il sotlotenente di Quelen era stato ferito al petto. Si ar- resto un tralto, colla mano sulla piaga e disse al sergente Bach: « Credo che la parte mia 1'ho avuta. » Poco stanle accortosi che la

164 I CROCIATI DI SAN PIETRO

ferita non era mortale, ripiglia il poslo, riordina i capaci di batters! ancora, accenna alia porta dove urtavasi il nemico, e fa sonare la carica. Un romanetto, di nome Giuseppe Mimmi, ardito come im lioncello, imboccava la tromba solto il fuoco, che mai non aveva ces- sato interamente, e sentiva che 1'ufficio suo era di suprema rilevan- za in quel frangente. Una palla gli recide le dita con cui impugnava lo strumento : il Mimmi lo agguanta coll' altra mano , e suona piii baldanzoso. Con tali alti im uomo scrive il proprio nome nella storia degli eroi.

Furioso oltre ogni dire fu I'assalto alia porta. Gia cadeva la notte, e in quel mezzo buio i Garibaldeschi eransi postati sulle muraglic, e nel caslello e in certe case che dominano 1'ingresso esterno, e cosi da tre lati v'incrociavano im neaibo di colpi. E pure a tre ripre- se si fece impeto disperato. Ma la strellezza non permise mai agli assalitori di entrarvi in colonna serrata : per colmo di svanlaggio la strada interna non correva drilta e dislesa, ma tagliala da vicoli cir- costanti : il perche i gruppi che vi penetravano venivano bersagliati da troppe parti, ne potevano mantenersi. Sulla porta si balteiono accanilamenle il sergente LaBegassiere, il sergente Tortora, il scr- gente Blevenec; c quest' ultimo si ebbe in volto una scarica che gli abbrustoli le ciglia, ma scorse ancora il suo feritore e il baltc mor- to. Piu Zuavi caddero su quella soglia contrastata, e cadde pure Fufficiale di Quelen, percosso dell'iilUme e mortal! ferite. La porta stessa rimase tulta scheggiata dai ferri e dalle palle. ,inj)?i

Pareva che nel Garibaldini 1'estremo pericolo di trovarsi rinchiusi nella slessa cerchia coi Zuavi avesse risvegliato un nuovo ardire. E Menolli, che era cola entro, ne si era peranche veduto, martellava di ordini i suoi ufficiali e gli altri valorosi ; che infme si aggruppa- rono alia carica, e sostenuti dalla micidiale fucileria delle case, ri- sospinsero i Zuavi, quanto basto a chiudere sopra loro le porte. Al- lora coll' energia che somministra un disperato lerrore, in massa si slanciarono a fermarle colle spalle , le appontonarono con isbarre , con botti, con mobili accatastati, con quanto delle loro alle man!; e diotro quell' insuperabile riparo infme respirarono un tratto.

XXXIV. MONTE LIBRETTI, 13 OTTOBRE 163

Rimasti esclusi i Zuavi, e senza speranza di sforzare 1'enlrata, non si sgomentarono tutlavia. II sergente maggiore Bach, divenuto, per la morte de' superior}, natural comandante delta compagma, prese t'eroica determinazione di mantenere almeno il campo conquistato con tanto sangue, poiche altro non rimaneva da tentare. Dispose adunque i suoi fucilieri in forma da contrabattere la moschetteria dctle mura e delle aperture circoslanti. Alcuni Zuavi avanzavansi insino ad imboccare le carabine pei fessi delta porta, sebbene con piu pericolo che vantaggio. A queslo modo si sostenne per una lar- ga ora di notte. Da ultimo cambio la tremenda posizione in una me- no arrischiata: adocchio una casipola da lalo alia porta, e fecela oc- cupare da un drappello de' suoi. Diciolto \i si stabilirono , com- preso alquanti feriti; egli \i entro I'ultimo, e fece lasciare socchiusa la porta, poiche fmestre non avea, affme di vigilare sulle sortite ne- miche. La sua speranza era tutta\1a che le colonne di Palombara e di Monte Maggiore sarebbero giunte o tosto o tardi, e sarebbesi da- to r ultima stretta alia piazza.

Gli allri compagni , bersagliati sempre , giacche il chiarore della luna troppo li scopriva , furono anch' essi raccolti in fondo al borgo dal sergente di La Begassierc. Rilevarono quanti piu poterono de* lo- ro ferili, e in buona ordinanza si mossero per Monte Maggiore. Dalle mura fu avvisata la loro partenza ; il nemico si precipito novamente Terso la porta , urlando e vociferando. I diciotto del Bach udivano distintamente le grida dei comandanti , che incoraggivano la turba ad altaccare il ridotto dov' essi vegliavano in sentinella. Addosso a quella canaglia ! alia baionetta ! morte ai Zua^i ! E i Zua\i gia si aspettavano di ^7cdere spalancate le porte e sortire la colonna di quei valorosi, ed essi slavano in atlo di farli i male arrrvati. Ma le furon parole , le porte di Monte Libretti non si apersero mai tutta notte, e i Gai ibaldeschi si contentarono di sfogare la loro rabbia con torrenti di palle sul tetto della casa, inutilmenle.

A questo modo quel pugno di eroi passo la notte sul lerreno del- la battaglia, con 1200 nemici di fronte, rinchiusi e frementi, e non arditi mai di tentare un attacco. Ne ascoltavano le parole e le \ilis- sime ingiurie, e sopra tutto le esecrande bestemmie onde quei co-

160 I CROCIATI DI SAN PIETRO

dardissimi si vendicavano contro il Santo Padre, e 1'Oslia adorabi- le, e tutto il cielo. Ad uno che sporgevasi del capo, gridando: lo jaon ho paura, sono brigante, io; un Zuavo rispose in italiano: Lo siete lulti. E nel punto stesso un altro con diriltissimo ti- ro gli cliiuse la bocca, e il trabocco dalle mura.

Verso le ore nove cesso quasi inleramente il fuoco. Perciocche, tranne una forte guardia lasciata sulla porta, coll' incarico di lirare qualche colpo, per dissimulare la ritirata, i Garibaldeschi sgombra- rono da Monte Librelli. Uscivano dalla porta verso Nerola, compre- si da spavento indicibile, in confusione e disordine precipitoso, co- me ci confermano gli storici loro, quasi sentissero alle reni le baio- Belte zuave. Temevan di tullo: temevano die la ritirata del La Be- gassiere fosse un' insidia, temevano che il Bach ad ora ad ora rin- novasse 1'assalto, temevano che durante la nolte sopravvenisse rin- forzo ai Pontificii ; e non si potevano persuadere che un si debole corpo avesse osato assallare le formidabili posizioni loro.

Sottentro adunque al lungo tumulto un silenzio lugubre, rolto solo dal guaio acuto de' feriti e de' morenli, che tulto intorno pel borgo si consumavano perdendo il sangue. Era mirabile il contrapposto di un Zuavo e di un Garibaldino, che a poca distanza 1'un daH'aHro, dolorosamente aspettavano la morte. 11 nemico di santa Chiesa, non domalo dal tormento, tutta notte si smaniava imperversando contro Dio, e imprecando a' suoi, che nol soccorrevano : il Zuavo, era il buon Leopoldo de Coester, fiammingo, consolava le mortali agonie, invocando il perdono divino, e a quando a quando sforzandosi di cantare una strofetta divota nella lingua natale.

Nel corpo di guardia del Bach pure si pregava. Adagiati i feriti il men peggio possibile, pensarono ai morti della giornata: tre ne ave- vano sotto gli occhi loro, morti nella casa stessa. Gli altri contaro- no, come solo si poteva, clascuno ricordando quelli che avea vedu- to cadere, o trovati estinti sul suo passaggio. Cominciarono a reel- tare le preci dei defunli. Risconlro degno dei cavalieri antichi di san Luigi era mirare quei forti, schierati attorno agli amati cadaver! , e aPP°ggiati su^e carabine cariche , colle daghe sanguinose , levare il cuore a Dio , implorare la pace del cielo alle anime dei fratelli ;

XXXIV. MONTE LIBRETTI, IB OTTOBRE 167

e la preghiera interrompevasi talora da un colpo di fuoco che la scolta sparava contro un nemico, apparso in sulle mura. Cosi Iras- correvan le ore.

I Ponlificii avevano palite perditc dolorose : due ufficiali, dodici tra sottufficiali e comuni o morti o moribondi, e una venlina di feri- ti : oltre a cio nella mattina vegnente Ire dei loro caddero in mano ai Garrbaldeschi, compreso il gendarme Saverio Maei, che poi fu trovato morto. Non si seppe se perisse nel conflilto o se Irucidato fos- se dai barbari nemici, conculcatori di ogni onore di guerra. Incom- parabilmente piu grave fu la strage nel campo garibaldesco : fuori le mura si contarono da quarantasei cadaveri, una quindicina forse dentro alia cerchia murata : i feriti, secondo il consueto, salivano quasi a tre cotanti : e per giunta coloro che millantavansi di cac- dare i mercenarii stranieri a calcio di fucile, s'eran veduti scac- ciare a viva forza d' arme dalle loro munizioni, essi in numero di oltre al migliaio da oitantasei di quei dispregiati nemici, e dovevano evacuare il castello, piu a modo di rotta, che di riiirata.

Tra poco ritorneremo a loro, e parlercmo dei morti e dei super- stili, e delle conseguenze militari della fazione di Monte Libretti: la qmile come gilto vivissimo lampo di gloria sui Pontih'cii e piu spe- cialmente sul corpo zuavo ; cosi riusci agli invasori funestissima, e una delle piu perniciose tra tutte le loro sconfitte.

LA RIVOLUZIONE IN ISPAGNA

NUOVA CONDANNA DEL LIBERALISMO MODERNO

1.

Quando nel penultimo quaderno annoveravamo i pericoli che la pubblica tranquillila correva nei singoli Stall di Europa, eravamo ben lungi dal sospettarc che essi fossero cosi imminenli e cosi gravi per uno almeno di quegli Stall. Non e ancora scorso un mese, e gia la Spagua e lutta sconvolta: il suo ordinamenlo, il suo governo, la sua eostiluzione, e fin anche la sua dinastia, aim sino la sua corona, neH'alto cbe scriviamo, parle e gia abbaltuta, parle e sul punlo di cadere. Una ribellione soldalesca, la decima quinla forse che in po- co piu d'un quarto di secolo ha posto sossopra quclla contrada, e slala piu dellc altre forlunala, e sollo i. colpi d' una spada infedele vennero infranli lutli i vincoli, che quivi legavano popolo e gover- no. Or nientre puo quasi dirsi essersi conosciulo dall' Europa prima il Irionfo che lo scoppio d'una si grave rivoluzione ; noi non iscor- giamo che siasi nell' Europa destata quell' alia meraviglia, di cui in altri tempi un simile avvenimenlo avrebbe riempiulo lulli gli spirili. La stampa liberalesca non dissimula la sua gioia; ma non se ne moslra sopraffalta come di cosa improvvisa; la stampa conservative e addolorata, ma non istupila. Donde cio avviene?

Molte cagioufpossono concorrere insieme per far cessare ogni attitudine di meraviglia. Puo essere che le mene o esterne o interne,

LA RIYOLIZIONE IN ISPAGNA ECC. 169

gli sforzi degli ambiziosi o dci scttarii, i prcparalivi che dentro e fuori la Spagna si facevano, fossero gia noti all'universale; sicche la maggior parte delle persone piu informate si attendesse da un giorno all'altro la notizia di queste rivolture. Puo essere clic la persuasione, la quale trovasi in tutti quanti , non esservi ora in Europa nessu- na contrada senza certi gross! nuvoloni che ne offuschino il sereno di pace; tenga preparati gli animi a questa sorta di avvenimenti, come a naturale corrispondenza d'una trepida espeltazione. Puo es- sere ancora che la condizione propria della penisola spagnuola, si- tuata all'estremo lembo del conlinente europeo^le intestine discordie che ne hanno naturalmente scemata, se non distrulta, ogni esterna azione ; i pochi rapport! commercial! che quello Stato ha cogli altii popoli di Europa; e tutte le altre cause d'isolamento che cola sono, facciano si che gli avvenimenti spagnuoli non sieno intimamente col- legati cogl'intcress! degli altri popoli , e quindi non destino in essi quelle commozioni, che i somiglianli o in Italia, o in Francia, o in al- tro paese desterebbero. Ma piu di tutte queste cagioni insieme, una ve n' e efficacissima a parcr nostro, perche un simile rovesciamento di Slato non abbia colpito le menti come di caso improvviso. Essa dimora nella caducita, che e propria di tulte le istituzioni del mo- derno liberalismo. Ovunque esso e riuscito a introdurre i suoi prin- cipii, invece di infondere in quelle istituzioni, come prometteva, la vita, sembra che v' abbia introdotti i germi di mortale infermita; sicch& ogni senso di stupore del vederle mancare estinguesi negli ammiratori, del paro che negli oppugnatori di questa scuola. Nessuna costiluzione liberale e durata a lungo ; cio ne insegna la sloria di tutta questa parte di secolo in che viviamo. Nessuna costituzione li- berale e per se stessa durabile : cio fu detlo e ripetuto dai piu sa- gaci e profondi uomini di Stato. II vederle adunque in un periodo piu o meno lungp di tempo \acillare, cangiarsi, cadere, siccome spettacolo aspettato non solo, ma eziandio usuale, non colpisce piu \ivamente nessuna immaginazione, non eccila nessuna meraviglia,

Or fra tulti i danni materiali e morali che il moderno liberali- smo cagiona ai popoli, questa instabilita puo dirsi il principale. E appunlo per questo, degli ultimi avvenimenti spagnuoli , si feraci

170 LA RIYOLUZIONE IN ISPAGNA

d'insegnamenti a chi ne contempli con guardo indagatore le origin!, noi non ci arresteremo a considerare che queslo solo. Ad altri apparterra 1'indagare da chi si fatto ammutinamento militare sia stato promosso ed incoraggialo : in qual paese e con quali consigli sia esso stato concertato e preparato : come siasi corainciato a por- re in opera, e qual procedimento abbia avuto nella Spagna : qual fine si proponga, e a quali termini debba esso riuscire ; come si colleghi colla influenza che le selte piu o meno antisociali esercita- no nei singoli Stati. A noi bastera cavarne questa nuova conferma- zione d'una verita detta e ridelta, ma non abbastanza entrata nella mente delle persone: cioe che nessuna istituzione,creata o informata dal liberalismo moderno, nasce con probabilita di lungadurata, nes- suna in realta duro finora a lungo. Ora la stabilita delle istituzioni sociali e il principal bene delle popolazioni, rispetto al loro ordi- namento sociale. II liberalismo moderno adunque, distruggendolo, deve dirsi sommamente pernicioso alia civile convivenza.

II.

Perche si tocchi da tutti quasi con mano la verila dell' imputazio- ne che noi facciamo al liberalismo di inevitable caducita , baste- rebbe svolgere la storia modernissima dei due paesi, ove da piu lungo tempo che altrove i liberal! hanno avuto dominio ed influen- za : vogliamo dire la Francia e la Spagaa. Lo sperimento e stato quivi largamente falto, e nelle cireostanze piu favorevoli.

Or quante volte in questo secolo la Francia non ha mutata fa sua costituzione, cangiata la sua dinastia, variata la forma del suo governo? II primo impero die luogo alia rnonarchia legittima: que- sta cedette il posto alia orleanese: successe a lei la repubblica: la repubblica fu novamente cangiata in impero. Ecco quattro variazio- ni di forma, e tre di dinastia: e lungo il periodo di ciascuna d'essa quante altre variazioni piu o meno gravi, e quanti altri tentalivi di variazioni piu o meno riusciti? Da non cosi antico tempo il libera- - lismo prese possesso della Spagna, ove pure trovo resistenze e av- versioni profonde nelle abitudini e nel carattere delle popolazioni,

NUOVA CONDAKNA DEL LIBERALISMO MODERNO 171

sinccramente monarchiche, e piu sinceramente cailoliche. Eppure avanli di giugnere al cambiamento massimo, che ora o nella forma del suo governo o alia men trista nella dinastia regnante si mi- naccia; a quanti cangiamenti non ando soggeita la sua coslituzione ; quante turbazioni piu o meno vaste non vi sofferse 1'ordine pubbli- co; quante volte non si pose mano alle armi per usurpare il potere, e rendere prevalente or Tuna or 1'allra fazione politica, in che il paese si divide? Contansi a centinaia gli uomini cbe tenner o cola il seggio ministeriale : contansi quasi a dozzine le modificazioni cbe vi si fecero negli statuti fondamentali : e costituiscono vere ca- tastei volurai contenenti le leggi fatte, disfatte, rifalte a seconda del mutamenti dei minister! e delle corti deliberanli. Questi minor! mutamenti, gravissimi per se medesimi, prepararono naturalmente gli animi al massimo, teste avveratosi. Come il corpo umano si debilita per le infermita, e cosi piu facilmente soccombe all'urto un po'piu grave d'un morbo non mortale; cosi avviene del corpo mo- rale, che ad ogni ass?lto di uno sconvolgimento perde sempre una parte delle sue forze, finche non cade per ispossatezza sotto i colpi d'un sollevamento un po'meglio concertato. Ma non fa bisogno d! fare particolareggiate menzioni di Stati e di rivolture. Noi possiamo genericamente volgere ai liberali moderni queste due interrogazio- ni: Qual Monarchia fu mai salvata dalle costituzioni dell'odierno li- beralismo? Qual costituzione non trasse la Monarchia, chelaconces- se, o nella rovina, o nel pericolo almeno di questa rovina? La rispo- sta non puo esser dubbia. Se dunque la storia deve insegnar qual- che cosa, insegneii al certo colla evidenza dei fatti, che gli ordina- menti sociali, ispirati dal liberalismo, portano tutti questa impronta manifesta d'instabilita.

Ma dove anco la storia non fosse cosi eloquente, la considerazione dell' organamento liberalesco di uno Stato basterebbe da se sola a fame pronosticare la inevitabile caduta. Noi qui non intendiamo di parlare degliordini eslerni d'una qualsivoglia costituzione, i quali sono per se indifferent! a produrre il bene o il male di un popolo. Parliamo dello spirito che informa questi ordini, e che infonde loro o la bonta o la malignita della propria natura. L' esteriore ordina-

172 LA RIVOLUZIONE IN ISPAGNA

mento del Governo inglese e simile all' esteriore ordinamento del GoYerno spagnuolo : e pure non V e paese piu dell' Inghil terra te- nace delle sue istituzioni : non v' e paese piu disposto a cangiar le sue della Spagna. Perche un tal divario? Perche lo spirito della co- stituzione inglese e V opposto dello spirilo della costiiuzione spa- gnuola. In Ispagna, come in ogni Stato liberalesco, lo spirito infor- matore di tutte le nuove istituzioni, che il liberalismo vi ha intro- dotto, ha un'indole tutta sua di caducita e di dissolvimento. Per con- vincersene diamo brevemente un' occhiata ai tre element! di ogni tendenza sociale, che posson dirsi costituire, uniti insieme, lo spi- rito proprio di una sociela : Yale a dire al principe che ne dirige J'opera verso il fine: alia concordia delle diverse parti che formano 1'imita operante; e finalmente all'impulso che spinge 1'operanle al- 1'azione.

III.

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Or qual e mai il principio proprio del liberalismo in falto di co- slituzione politica di un popolo? Non vi vogliono lunghe indaginiper iscoprirlo: talmente esso e scolpito in ogni costituzione moderna. La liberta di tutti in tutto prevalente sopra qualsivoglia autoritci : ecco qual e il principio che domina tutte le istituzioni, e tutte le in- forma e dirige. Questo principio viene applicato in cento guise e a cento oggelti. La liberta dei culti: la liberta della stampa: la liber- t& delle associazioni : la liberty dei cornmerci: la liberta delle armi nelle guardie nazionali : la liberta dei giudizii nei giurati : e tutte le altre liberta parziali non sono che altrettanti rivoli di quell' unica sorgente, che li produce e li alimenta lutti. Mentre pero da un la- to si concede tanto, e quasi si puo dir tutto alia liberta individuate ; si cerca dall' altro di-scemar d' allrettanto, e meglio ancora di torre ogni diritto, all'autorita governativa. Colla sovranita del popolo si fa derivare tutta 1' autorita del governante dai governati medesimi : col suffragio universale si mette alia merce del popolo 1'esercizio di quell' auto rila : col sistema rappresentativo si toglie ogni diritlo ed ogni liberta ai singoli atli di quell' autorita : in una parola il princi-

NUOVA CONDANNA DEL LIBERALISMO MODERNO 173

pe, quale die sia il nome di cui si decora, non e piu il capo eke diri- ge il suo popolo, ma e un semplice ufficiale, grassamente retribuilo per apporre la sua firraa ai decreli ed alle leggi che da lui non ema- nano. Tali sono in poche parole i canoni o principii rcgolatori delle societa ammodernate.

Or quesli principii sono di lor natura tali, che non possono dare consislcnza veruna a qualsiasi societa che ne sia informata. In primo luogo, perche essi distruggono la natura medesima della convivenza sociale. Perche uua societa esista, bisogna che siavi una forza coesi- va che unisca ed ordini i varii membri individui, che debbono com- porla, in un medesimo scopo comune: e quanti piu sono in numero questi membri individui, tanto piu forte bisogna che sia il principio unificatore. Questa forza coesiva, questo principio unificatore, questa potenza ordinatrice, e cio che chiamasi autorita. Tanto adunque vi sara maggior consistenza ed adesione di parti in una societa umana qualsivoglia, quanto piu grande e 1' autorita, che le congiugne insie- me. Se indebolite 1' autorita sociale , indebolirete la coesione delle sue membra; se forlificate 1' autorita, fortificherete la coerenza di quelle membra. Or il principio della liberta a tulti e per lutlo, quan- to piu svincola ciascun membro dai legami sociali, lanto piu natural- mcnfe indebolisce 1' unione che li collega insieme. Adunque ne se- gue che dove questo principio ha tutta la sua applicazione , quivi la societci viene indebolita e vacilla. Componele un edificio di piccoli mattoni , ma senza cemento che li unisca tenacemente insieme. Se quell'edificio, per isforzo di cquilibrio, riesce ad alzarsi, non riescc certo a durar in piedi il piu piccolo spazio di tempo : giacche qual- sivoglia piu lieve urto bastera ad abbatterlo al suolo.

E pure nell'edificio materiale quei mattoni non ripugnano all'equi- librio stabile per se medesimi : e se 1'impulso esterno non li urtas- se, resterebbero perpetuamente al posto ove vennero collocati dal muratore. Tutto al contrario avviene nei membri che debbono cosli- tuire la umana societa. L'uomo, appunto perche e natural mente libe- ro, puo abusare di questa sua liberta a danno altrui, e sventuratamen- te assai spesso suole servirsi di questa trista sua facolla. E perche altro mai, se non appunto per la maggior frequenza di abuso che di

LA RlVOLtZIONE IN 1SPAGNA

uso che fa Tuomo di quesla nobilissima sua facolta, furon fatti si- nonime dal buon senso del popolo le parole libero e indeeente, li- berttno e licenzioso? Si pur troppo e yero, che le passioni non meno che gli error! spingono 1' uomo assai soverite a servirsi del suo ta- lento naturale a posla sua , non gi& solo senza alcun rispetto al co- modo altrui, ma ancor sovente a dispetto dell'altnii incomodo. Esso adunque non puo collegarsi con altri uomini in comunanza di vita, se prima non vincola moralmente la naturale sua liberta, obbligan- dosi ad evitare quanto puo essere nocivo allo scopo comune clella so- cieta che conlrae, e a fare quanto puo essergli vantaggioso. E tanto piu questo vincolo dev' esser tenace, quanlo piu corrotto e della mente e del cuore Y uomo che dee convivere insieme cogli altri : sicehe spesso la sociela deve valere a lui per salutare costringi- mento al bene , che , abbandonato alle sue malvage inchinazioni , o non conoscerebbe, o non praticherebbe mai.

Or che fa il liberalisrno? Invece di rafforzar questo vhicolo, lo rallenta; invece di frenare la malvagita dei tiisti, da loro tutta licen- za d'intrislire a lor grado, anzi pon loro in mano i mezzi di nuocere altrui. Ladifferenza che separa propriamente i liberal! moderni dagli antichi conservator!, non consiste gia punto nell' essere quelli i difcn- ditori della liberta politica, questi gli oppugnatori. Cos! vorrebbe dar- si ad intcndere al popolo, affine di procacciar mala voce a chi non vuol dirsi liberate. II vero divario coasiste in questo: i conservato- ri Yogliono che si dia tulta la liberta ai cittadini pel bene: i liberali vogliono che si dia altresi pel male. I conservator! vogliono che si restringa 1'autorita dei governanti, perche non possa fare il male del- la societa; i liberali vogliono reslringerla ancora rispetto al bene. Or lasciando stare ogni altra considerazione, per attenerci al nostro argomento, che altro cio vuol dire alia fin dei conti, se non che il li- beralismo pone in mano ai nemici del bene pubblico tutti i mezzi di avversailo? E se fra questi socii v'abbia chi per illusione o per in- teresse contrarii 1' ordine presente di cose, dove eostui trovera piu agevolmente i mezzi per abbatlerlo, se non appunto in imo Stalo ret- to alia liberate? Come puo dunqueuntale Stato avere stabilita? Co- me puo sottrarsi alle continue vicende delle passioni, deivizii e del-

NUOVA CONDANNA DEL LIBERALISMO MODERNO 1*75

le iniquila imiane? Una casa di uiattoni ammonticchiati senza cemen- to e languido paragone per indicarne la instabiliia. Bisognerebbe dare a quei mattoni un po' di mobilila e d' irrequietezza, e suppor- re che raolti fra essi rifiulino di stare al posto loro. Ouanto tempo ima tal casa torreggera sulle sue fondamenta ? Minor tempo e mi- noie sforzo e forse necessario per abbattere un Governo liberaleg- giante, secondo il nuovo dritto sociale. Esso non solo non ha coesio- sione tra i suoi membri; ma ha collisione conlinua, e urto e cozzo. Presto o tardi dovra cadere.

IV.

Dicemmo che un tal Governo ha tra i suoi membri collisione, urto, cozzo. Ne cio dicemmo a caso. E invalsa 1' opinione che nei Governi liberal! i partiti debbono non gia spar ire, per dar luogo al- ia concordla di tutti in un volere medesimo, ma anzi ordinarsi, raf- forzarsi, disciplinarsi affme di poter loltare con buon successo. Da questa divisione di parti, che abbiano intendimcnli e propositi di- versi, e spesso ancora contrarii, sperasi che debba sorgere quel contrasto che impedisca il male e promuova il bene della comuni- ta. Ne cio solo si applica alle quistioni di picciola importanza, ma perfino a quelle di massimo rilievo per uno Stato, come sarebbe la forma di Governo da preferire, o il sistema di legislazione da segui- tare. Se alcuno degli anlichi grandi uomini di Siato sorgesse ora dalla sua lomba, trasecolerebbe seco slesso nell'udire una cosi sirana leorica di buon Governo. Essi bonariamente credevano che massimo vantaggio d'uno Stalo era la concordia di tutle le menti in un sol j)ensiero, e di tiitte le volonta in un solo proponimento: e miila ripulavano piu pernicioso alia quiete e alia prosperitapubblica, che la divisione del popolo in sette e fazioni diverse. La loro spe- rienza, piu ancor forse che le loro meditazioni, li avevano resi capa-

Ici di quesla verita, che ogni regno diviso e in desolazione, e ogni scissura e un indcbolimento. La sapienza moderna ha cancellato [juei loro apoftemmi, e crede miglior ventura pei popoli il parteg- giarc e il dividers!. Ne solo per caso, ma a bello studio ; ne solo

170 LA RIVOLUZIONE IN ISPAGNA

per tempo passaggero, ma stabilmente ; ne solo per effetto nalurale di vario sentire, ma per avvedimento di sapienza governativa ; ne solo come la ventura porta, ma con disciplina ed ordinamento ; sic- che ogni parte abbia i suoi capi, i suoi giornali, le sue radunanze, e se anche occorre, e quando occorre, le sue casse e le sue armi. Questi partiti divengono cosi Stato ncllo Stato, e non solo Governo nelGoverno, ma Go\7erno contrario ed esiziale al Governo.

Questo e cio che vuole, che inculca, che pratica il liberal ismo. Quali effelti ne provengano e facile alia ragione il prcvederli, e la storia nostra contemporanea ce li svela. La diversila delle opiivioni in questi partiti degenera in opposizione, 1'opposizione in rivalita, la rivalita in animosita, 1'animosita in lotlaolegale, quando e dove gli animi sonopiu temperati, o illegale e rivoluzionarkv quando e dove sorgono bollori piii slemperati. Un guardo intorno intorno bastera a farci vedere nei fatti avverate le deduzioni del discorso. L' Italia ebbe il suo Aspromonte e la sua Mentana dalla prepotente smania di un partito, che se non opero contro gl' intendimenli del Governo, ope- ro al cerlo di 15, di quegrintendimenti. Anzi perche appunto il Go- •verno d'ltalia non era al tutto opposto ai fini della fazione garibal- desca, il danno si rovescio tutto sopra di questa, e il Goveruo non Me partecipo che solo in picciola parte. E se ora il Governo italiano e minacciato, se prendonsi tanle precauzioni, se teme un rovescia anch'esso, a chi devesi arrecare questa cosi trepida condizione, se non appunto a quella fazione , che esso lino a poco tempo indietro promosse e accarezzo?

La storia moderna di Francia ci fornisce anch'essa la stessa indu- zione di fatti. Lasciamo stare 1'epoca funesta della grande rivoluzio- ne, la quale non offri all' Europa altro spettacolo piu sovente, che quello di partiti prima oppress! , poi prevalent! e prepotenti, per ca- der presto anch'essi sotlo i colpi delle nuove fazioni, cui o fomenta- vanoononpotevanoimpedirediformarsi. Guardiamo i tempi piu tran- quilli e regolari. I tre ultimi cambiamenli di Sovrani e di forme di Governo non furono che Topera di partiti, la sciati dalle idee liberale- sche dominanti,in ciascuno stadio ordinarsi insieme e preponderare, L'ordine presente di cose vanta piu lunga durata, e non e minaccia-

NUOVA CONDATSNA DEL LIBERALISMO MODERNO 177

to al pari degli altri, per la ragione appunto contraria, che fmo ad ora non fu dato agio alle diverse fazioni, che pur dividono i Frances!, di potersi ordinare insieme e preparare senza ostacoli a col pi avventali.

Ma piu di tutti gli altri Stall validissima confermazione di questa verita storica porge ora la Spagna. Quivi i partili politic! si combat- terono fmora a vicenda, non solo colle cortesi armi della parola, ina ben sovente colle scortesi della spada e del cannonc. Aliernamentc il potere passo dalle une alle altre mani : e col potere vario la costi- tuzione e 1'ordinamenlo civile, conforme alia parte prevalente o per intrighi o per forza. Finalmente non piu il potere, non piu la costitu- zione, ma la corona medesima viene ora dalla presente rivoluzione occupata e abbaltuta. Di cbi e opera questa rivoluzione? Di tulte le fazioni che non sedevano sull'invidiato seggio ministeriale, c che dallo spirito liberale introdotto in Ispagna ebbero origine, alimento, vigore da osar tan to e da riuscire a tanlo.

Quest! fall! sono sufficient!, senza bisogno di citarne altri, che pur ci offrirebbe 1'Europa, perche conchiudiamo che dove tutt' altra ca- gione d'inslabilila mancasse a! Govern! liberali, questa sola dei par- tit! legalmente ordinati a promuovere 1'opposizione, basta a metterli in grave repentaglio , e a fame congetturare piu o meno prossima la caduta.

Y.

Un' ultima pi nova ci piace di arrecare ancora, per ribadire sempre meglio questa trista verita nell'animo dei noslri lettori. Abolitasi sui troni la Sovranila per grazia di Dio, affine di sostituirvi la Sovra- nita per volonta del popolo; forza e che si abolisca nelle popolazioni la suddilanza per ossequio a Dio, e vi si sostituisca 1'obbedienza per sola necessita della forza. I Re per grazia di Dio aveano per loro guardiani e difensori la coscienza dei cristiani ; i Re per concessionc del popolo non possono avere per cuslodi altro, che i gendarmi e i granatieri. La logica, che lutti applicano con rigor sommo, soprattutto quando trattasldei piu gravi interessi, ha fattb questo cangiamento negli Stati modern!. Quando Vautorit^t sociale inchinavasi innanzi a Dio, e da lui riconosceva, come da fonte legittima e primitiva, il Serie VII, vol. IV, fasc. 446. 12 6 Ottobre 1868.

H8 LA IUVOLUZIONE IN ISPAGNA

dritlo di comandare ; i popoli credevansi stretti dal debilo di obbe- dire per coscienza, innanzi a quel Dio medesimo che essi insieme col Principe adoravano. Yergognaronsi i Re di riconoscere dal Signore quell' autorita: vergognaronsi a piu forte ragione i popoli di deri- varne quell' obbligo di obbedienza. Si scrisse sul codice, Legge atea; 1'eco dei popoli ripete, Dipendenza atea. L'essere fedele al Principe, 1'essere obbediente alle leggi, 1'essere paziente nei torti non fu piu considerate come vincolo di coscienza, da quanli liberaleggiavano coi Govern! liberaleggianti; ma solo necessita, o tornaconto, o spediente, o furberia. In una parola la forza prese luogo della coscienza, e cio che prima era parte del dovere religioso, divenne poscia calcolo d' interessi maleriali.

Indi nacque la necessita di accrescere gli eserciti stanziali, non tanto a difesa dello Stato contro i nemici esterni , quanto a difesa o della dinastia, o del Governo , o dell' or dine contro le interne solle- vazioni. E perche la forza stessa potesse conservarsi unita , docile , compatta, si fece accortamente una eccezione ai principii liberal! per questi esercili. I/ ordinamento , il codice , la disciplina , lo spirito militare si vollero conservare secondo gli antichi sistemi , nei quali tutto era principalmente deferito all'autorita. Intendevano bene che nn esercito liberale sarebbe stato non la difesa del Governo e dello stato liberale, ma la minaccia. Ed in effelto furono gli eserciti non liberal! quelli che piu volte in questo secolo salvarono la societa da- gli estremi mali , ai quali il liberalismo stesso avea o preparato o condotto i popoli. Sventuratamente per la Spagna 1' esercito era dal- lo spirito liberalesco profondamente corrotto. Quivi le discussion! prevalevano sopra la disciplina : le fazioni ne aveano distrutta la co- mune unita: le protestazioni avean preso il luogo dell'ubbidienza : 1'impunita il luogo dei gastighi. Fara dunque meraviglia che siasi tulta la Spagna trovata preda di questo esercito, che invece di di- fendervi la Regina e il Governo, siasi in una parte non picciola vol- tato contro ess! per abbatterli ? Tal e la condizione che attende gli Stati liberal! . Essi poggiansi sulla forza delle milizie : se queste li- beraleggeranno, come accadra di certo nei corso degli anni, questa forza si convertira nei peggior pericolo delle Monarchic e dei Gover-

NUOVA CONDANNA DEL LIBERALISMO MODERNO 179

ni di qualsiasi forma. Come gi& e succeduto in Ispagna, puo altrove accadere: i tempi funesii dei pretoriani, facenti e disfacenti gl'Irnpe ratoridi Roma, per averne li donalivi, immancabilmente ritorneran- no. II discorso lo persuade, il passato e mallevadore dell'avvenire.

VI.

Da qualunque lato adunque si voglia sguardare il sistema liberale, esso mostra la caducita che gli e propria. Adattatissimo a distrugge- re, nulla vale ad edificare; perche nessuno dei suoi edificii puo avere consistenza e durata. Or questa consistenza appunto costituisce , se non il massiino, al certo uno dei piu desiderabili e principali beni dei popoli. Senza la stabilita nel Governo , non vi e progresso ne morale ne materiale ; non possono farsi utili lutte le forze we di una uazione : non possono risparmiarsi le spese inutili e improdutli- ve: i sudditi privati non hanno confidenza, non hanno slancio, non hanno operosita. E dacche altro procedeva mai la coudizione cosi disastrosa delle linanze in Ispagna, lo stato cosi poco prosperoso del traffico, la mancanza che tutti compiangevano di grandi intra- prese e di grandi opere pubbliche? Dalla instability continua dei Minis teri, dalla prevalenza quasi annua dei partiti, dalle continue perturbazioni che vi si succedevano quasi periodicamente da tanti anni. Coloro che, a preleslo della propria fellonia, hanno attribuito a questa misera condizione del loro paese la propria ribellione, men- tivano o s illudevano ad occhi aperti : perche non dal Governo esi- stente, e molto meno dalla dinastia regnante, ma dal perpetuo bat- tagliare dei partiti quel tristo stato procedea. Col rovesciare insie- me col Governo eziandio la Monarchia, e forse ancora il trono, non han fatto che accrescere di cento doppii quella sciagura. Ouali in- genti somme non ingoier5, questa rivoluzione? Forse era questo il se- greto per riempir le casse del tesoro pubblico. Quali dissidii e quali guerre civilinon eccitera questo sconvolgimento ? Forse era questo il modo di rappaciare gli spiriti, di riamicarli insieme, di farli con- cordare in un sol pensiero. Quante pubbliche opere non vennero sinora distrulte, e non saranno probabilmente per Tavvenire? Forse

180 LA RIVOLUZIONE IN ISPAGNA ECC.

era questo il rimedio all' inerzia, di cui si accusava il Governo. Quanto disordine e quanta divisione non si e inlrodotta nell'eserci- to, dopo le lotte intestine, gli sbandamenti, le diserzioni di quest! giorni ? Forse era questo il rimedio contro la poca influenza sopra le questioni esterne, che s' imputava a colpa del Governo. Per non prolungare di vantaggio questa enumerazioiie dei danni della pre- .senle rivoluzione spagnuola, fermiamoci a queslo solo : alia necessi- 1a di dover ora tutto rifar da capo, trono, costituzione, leggi, eser- cito, finalize, senza sapersi come ne quando gli animi degli Spa- gnuoli, colpiti all' improvviso da una rivoltura militare, e forse in molla parle non disposti ad accettarla, poseranno in tranquillo per acconciarsi al nuovo ordine di cose. Ecco i frulli che questa rivolu- zione ha prodolto in Ispagna.

A coloro che studiano negli avvenimenti umani, piu che le appa- renze, le origini, Yalga essa almeno di salulevole insegnamento. Ai Governi che liberaleggiano possa questa rivoluzione fare scorgere il pericolo che li minaccia. Alle popolazioni, cui voglionsi far liberaleg- giare insieine coi Governi, possa questa rivoluzione insegnare i danni che loro si preparano. Non vi puo essere pace, mollo meno vi puo essere stabilita nella pace, fmche avran vigore nella societa i prin- cipii del dritto sociale moderno : fmche cioe al popolo, piu che i suoi doveri, si inculcano i suoi dritti, piu che per la coscienza si voglio- no ossequiosi per la forza, piu che ossequenti all' autorita si voglio- 110 licenziati a tutte le liberta; e fmche i principi riconosceranno piu dal suffragio degli uomini la loro autorita, che da Dio, piu che di go- vernare si contenteranno di regnare, piu che le societa secrete e le pubbliche fazioni, imbriglieranno la Chiesa. Dacche questi principii sonosi insediati sui Governi dell'Europa, ne le rivolture, ne gli ab- battimenli di troni, ne le guerre fecero piu posa: fmche essi seguite- ranno a regnarvi, queste immense pubbliche sciagure del popoli, commiste ai lutti e alle lacrime senza fine di tanti privati individui, seguiteranno a dar ragione alia logica ed alia fede.

'-•i^'.'^cjeA'.Hi -.fff •••r:- /.iVrH&Vl <>-.•" . .-••V»^;i :

LA DOTTRINA DI S. ANTONINO

ARCIVESCOVO DI FIRENZE

INTORNO

ALLA INFALL1BILITA DE' PAPI

E LA LORO SUPERIOR1TA SUI CON7CILII

I

Un colto e zclante amico nostro e favoreggiatore del nostro Perio- dico ne avverti teste per letlera, che in Francia spacciavasi per pros- sima la pubblicazionc di uno scrilto di non ignobile pcnna contro 1'in- fallibilita dei Papi, e laloro superiority sui Concilii. Egli di do non islupiva: poiche ben sapeva quanto i nemici o i tiepidi amici della Santa Sede fossero offesi o meravigliati di quelle protestazioni di pro- fondo ossequio, che alia supreraa autorita del Pontificato da tutto il mondo catlolico s' indirizzavano nclla persona del Beatissimo Papa Pio IX. Natural cosa dunque dovea parergli che chi sentivasene offe- so per mal animo verso la Caltedra di Pietro, volesse svelenirsi per A ia di stampa ; e chi ne concepiva per freddezza di ossequio le mera- viglie, volesse quasi mettere gli altri sull'aYviso, per timore che non eccedessero di soverchio , alleltati dall' eserapio altrui. Stupivasi bensl d' un nuovo argomento che avea udito essere sul punto di pro- dursi in mezzo. Dicevasi dunque da qualcuno che nel libretto , che attendesi, vcrra allegata la grande autorita del doltissimo Arcivesco- vo di Firenze, S. Antonino, come di colui che abbia in espressi ter- mini, e assai prima di qualsivoglia teologo francese, insegnato nelle sue opere V autorita del Papa sotloslare a quella dci Concilii, ne al

182 LA DOTTRINA DI S. ANTON1NO ARCIV. DI FIRENZE

Papa solo potersi dalla Chiesa atlribuire la prerogativa della infalli- bilita. Questa citazione riuscivagli al tulto inaspettata, e quindi ci invito ad esporgli o per via di leltera particolare, o per via di qual- che articolo da inserire in questi quadcrni, la nostra opinione.

II propostoci argomento ci sembro merilevole di essere svolto in un breve lavoro, piullostoche solamente accennato in una fuggevole lettera. Conciossiache sebbene non sia al tutto esatto che quell' alle- gazione sia nuova, trovandosene qualche accenno nell' opera del Bos- suet in difesa della Dichiarazione del Clero gallicano, tuttavia non e solita di prodursi dagli scrittori avversi alia suprema autorila del Pa- pa nelle materie della fede; e pero non si suole dagli apologist! esa- minare ne la intenzione ne il testo di quel Santo a proposito di questa discussione. In secondo luogo e bene che anche prima che produca- si la difficolta- dagli avversarii, venga essa sciolta dai difensori della infallibilita del Papa; affinche si vegga di quali deboli armi debbansi quelli valere, e come piccola sia la solidila di loro dottrina. Ci si eonsenta adunque di esporre, il piu brevemente che per noi si potra, quali sieno gli insegnamcnti di S. Anfonino di Firenze, inlorno alia infallibita del Papa, e alia sua superior! ta sui Concilii. II che fare- mo dilucidando dapprima le tesi dirette e positive, che esso espone sopra una tal matcria nella Somrna teologi-ca, e poi riunendo insieme e spiegando alcuni testi o dubbii, o oscuri, o avversi che quinci e quindi dalle sue opere possono trarsi.

Ci auguriamo che a quanti attendono a questa importantissima questione, debba riuscire gradita anche sol per se stessa la nostra breve trattazione. Poiche trattasi di un Santo che fa contemporaneo ai due Concilii, quel di Costanza e quel di Firenze, ove appunto que- ste due quistioni vennero o toccate o trattate : visse ai tempi dello scisma di occidente, quando ogni sorta di argomento avverso ai Pa- pi si produsse in campo : e fu uomo non solo eminente per santita di vita, ma eziandio per eccellenza e vastita di doltrina, e per zelo episcopale. La sua autorita dovra adunque avere gran peso, e me- rita di essere sceverata da qualsivoglia equivoco o dubbiezza.

INTORNO ALLA INFALL1BILITA DE' PAP1 183

I.

Se S. Antonino Arcivescovo di Firenze abbia creduto infallibile il Romano Pontefice, quando defmisce ex cathedra le controver- sie delta fede.

Ricerchiamo in primo luogo la sentenza del S. Arcivescovo intor- no alia quistione, che riguarda la infallibilita de' Romani Pontefici ; se egli creda veramenle, che quando essi come maestri della Chiesa definiscono dottrine appartenenli alia fede e ai coslumi, il loro inse- gnamento non possa per verun caso andar soggello ad errore. An- diamo pertanto a interrogarlo nel luogo piu proprio, dove tratla ex professo de' Romani Pontefici, cioe nella terza parte della sua Somma teologica. Quivi in sul principio del titolo XXII, De statu Summorum Pontificum, volendo innanzi tutto porgere una idea conveniente di quest' altissima dignita , toglie ad argomento del primo capo le magnifiche parole pronunziate profeticamentc di Cri- sto nel sal mo 8 : Minuisti eum paulo minus ab Angelis, gloria et honors coronasti eum, et constituisti eum super opera manuum tuarum. Dimostra dunque che tutti i capi di eccellenza, che sono nel detto salmo predicati di Cristo, si debbono altresi iutendere del Romano Pontefice, che Cristo stesso lascio in terra suo Yicario. Egli e minore degli angeli per natura, ma maggiore per autorita e potestci; poiche 1'angelo non puo ne sciogliere ne legare, ed ilPapa ne ha plenaria ed universal e facolta ; e coronato di gloria e di onore, perche posto all'apice di tutte le dignita, e a buon diritto gli avviene il titolo di beatissimo e santissimo ; e coronato anche della grandez- za dell'aiitojil^, perocche egli giudica tutti e da nessuno puo essere giudicato : finalmente sta locate sopra tutte le opere delle mani di Dio, a fine che di lutte le cose disponga, come a se inferiori, dis-

serri le porte de' cieli, condanni i rei all' inferno, ordini tutto il cle- ro, e confermi 1' inipcro. In questo cosi sublime concetto, che il S. Dottore ci offre del Papato, sono compresi tutti i privilegi,di che Gesu Cristo voile ar~

184 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

ricchire il sommo Pontefice a bene della Chiesa ; c sarebbe gran meraviglia, se chi seppe cosi degnamenle colorarlo, non vi a\esse poi scorto queirattribulo, che e il fondamento degli altri e piu di tulti necessario, cioe la infallibilita nelle sue solenni defmizioni. Ma egli non ci fa desiderare a lungo piu manifesto sentenze. Nel capitolo II, chc ha per titolo De pot estate Papae in genere, iili de potestate ordinis et iurisdictionis et interpretationis, il primo argomenlo, benche indirelto, che v'inconlriamo, e unparagone che fa il Santo fra il sommo Pontefice e il monte Sinai , a fin di prova- re che come 1'uno per divino precello non pole dagli Ebrei csser tocco, cosi parimenle 1'altro debba essere iiwiolabile ai fedeli. « In questo monte, egli dice, e figurato il Romano Pontefice, primiera- menle per una ragione generate ; perocche come per quel monte Id- dio discese al cospetto di tut-to il popolo de' Giudei ; cosi Gesu Cri- sto nella legge nuova, mediante la polesta del sommo Pontefice, discende come Dio sopra tutto il popolo crisliano... In terzo luogo per ragione della \erila legale : poiche come dal detto monte fu data la legge agli Ebrei, cosi parimente dal Papa provengono tulte le leggi e tulti i diritti nel popolo crisliano 1. » L'una e 1'altra di queste due ragioni di confronto suppongono necessariamente la in- fallibilila nel Romano Pontefice. Per lui, dice il Santo, Cristo si fa presente alia sua Chiesa. Di qual presenza egli parla? Di quella senza dubbio, di cui parlo lo stesso Salvatore, quando disse : Ecce ego vobiscum sum usque ad consummationem saeculi %. Nellc quali parole tutti i Padri e Dottori riconoscono la promessa che egli fece alia sua Chiesa di esserle sempre presente col suo aiuto immedia- to, acciocch6 non errasse nelle dottrine della Fede. Ora se questa presenza di Cristo, secondo 1' insegnamento di S. Antonino, si veri-

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1 Significatur enim summits Pontifex per lalem montem. Primo rations generalitatis: Quia sicut mediante tali monte clescendit Deus coram toto populo ludaeorum; sic Christus mediante potestate summi Pontificis in legc nova descendit Deus super toto populo Christianorum... Tertio ratione le~ galis veritatis: quia sicut de ilfb monte data est lex, it a ab ipso Papa omnes leges ct iura eaquirenda sunt.

2 MATTE. XXVIII, 20.

INTORNO ALLA INFALLIBIL1TA DE' PAPI 185

fica per mezzo del sommo Pontefice ; in altri termini se il somma Pontefice fa presenle Cristo alia Chiesa, acciocche la Chiesa non erri nelle doltrine della Fede, e necessario che egli non possa er- rare nell' insegnare queste dotlrine, ch' e quanto dire che sia infal- libile. L'altra ragione di confronto, addotta dal Santo, sti nclla ve- rita della legge promulgata sul Sinai ; e si risolvre in que'sto con- cetto : che come il Sinai fu il mezzo per lo quale venue comunicata al popolo ebrco la \era legge di Dio ; cosi il Papa e lo strumento per lo quale e bandita al mondo cristiano la vera legge di Crislo. Ora la legge di Cristo non contiene solamente i precetli da compie- re, ma anche i dommi da credere. Adunque, secondo il Santo, il Papa e quel mezzo che e slato costituito da Cristo per far conoscere agli uomini la verita tanto de' suoi precetti, quanto della sua dot- trina. 11 qual dovere egli non potrebbe comp'ere, se non fosse dal medesimo Cristo assicurato da ogni pericolo di poter insegnare il falso.

Ma piu manifestamcnte nello slesso capitolo, prendendo a dimo- slrarc che il sommo Ponletice e unico Capo supremo e Monarca nel- la Chiesa, ne reca tra gli altri argomenti uno, che e connesso ne- cessariamenie con questo privilegio della infallibilita. « Nella uni- vcrsita cristiana, egli dice, e necessario che sia conformila per ri- spetfo a quelle cose, che appartengono alia verita della fede ed ai buoni coslumi in ordine al conseguimento deU'eterna salute. Ma non puo otlcnersi una si fatta conformita, se non vi e riduzione ad un solo capo ed unico presidente, a cui spetti sentenziare quell o che e da credere e quello che no. II qual principato e si fattamente uno, che non puo esser diviso da niuna umana autorita 1. » Ecca adunque, secondo il santo Dottore, una delle ragioni, perche Iddio ha ordinato che la Chiesa avesse un solo supremo presidente : la

1 In tota universitate Christiana debet esse conformitas de his, quae per- tinent ad veritatem fidei et bonos mores circa necessaria ad salutem. Sed tails conformitas non potest salvari nisi in ordine ad unum caput sen unum tiraesidentem, ad quern special sententiare quid credendum et quid non cre- dendum. Ergo etc. Et in tantum est isle principals urns, quod nullus aw- rctoritale humana potest dirimere. Loc. cit. §. i.

186 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO AllCIV. DI FIRENZE

unita e conformita della Fede ; avendo dalo al Papa, come ad unico ed universale maestro, 1' uffizio di defmire quello che e da credere per conseguir la salute. Donde proviene come immediala e neces- saria conseguenza il privilcgio della infallibility nel Romano Ponte- fice. Imperocche, conforme a questa doltrina del Santo, il Romano Poutefice e regola suprema ed unica della Fede nella Chiesa di Dio : ed e quanto dire che alle cose, le quali esso propone a credere nel- la Chiesa, si deve aderire con fermissimo assenso deirintelletto, come a veritk rivelale da Dio ; e che in tanto cio si deve, in quanto le dette verita. sono da lui imposle alia fede comune. Ora sarebbe assurdo che il Romano Pontefice avesse da Dio il diritlo di obbli- gare in questa forma gl' intellelli de' fedeli, e che qucsti fossero tenuti, per non peccare contro la fede, di acceltare con plena som- messione dcll'animo le cose proposte da lui, se Iddio non lo avesse francato da ogni pericolo d'insegnare il falso, assicurandolo col pri- vilegio della infallibility.

Piu direttamente ancora nel capitolo VI, §?. 19, espone la mede- ma verita. La quistione, che in questo luogo stabilisce, risguarda I'autorita- della Chiesa universale nel dcterminare gli articoli di fe- de. Domanda dunque, se una tale autorita. risegga prindpalmente nel Papa. Alia quale proposta non si contenta il santo Arcivescovo di rispondere affermativamente ; ma aggiunge di piu, colla teslimo- nianza di S. Tommaso e di altri Dottori, che quest' autorita puo es- sere esercitata da lui senza il concorso e prima del suffragio del Vescovi ed altri Prelati della Chiesa. « Ouanle volte, egli dice, si cerca di stabilire qualche punto che riguarda la fede, io credo che 1utti i nostri fratelli e colleghi neU'episcopato non devono far ricor- so ad altro che a Pietro ; cioe a colui che possiede Tautorila del nome e dell' onore di Pietro, contro alia cui autorila ne Agoslino, n5 Girolamo, ne alcun altro Santo puo difendere la sua sentenza, se- condo che attesta Girolamo stesso, il quale d!ce : « Questa, o Bea- « tissimo Padre e la fede, die noi abbiamo appresa nella catlolica « Chiesa; intorno alia quale se mai ci e sfuggita qualche sentenza o or poco esatta o poco sicura, noi bramiamo di essere emendati da « Te, che tieni la fede ed il seggio di Pietro. » Se dunque per l'au~

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toiita, che qui S. Antonino adduce, di S. Tommaso e di S. Gho- lamo, il Papa e quegli, dal quale tulti i Yescovi devono aspeltare rultimo e defiriitivo giudizio nelle materie della fede, per maniera che niuno, ne vescovo ne dottore che sia, possa dipoi sostenere la contraria scntenza ; e chiaro che egli riconosce nel medesimo 1'au- rita di definire per se solo le cose da credere, e per conseguenza il privilegio della infallibilila senza il concorso e prima del suffragio degli altri vescovi.

Ma di questo egli ne fa una questione a parte nel paragrafo che seguita immediatamente appresso, domandando fra 1'altre cose, se il sommo Ponlefice, ogni qual volla dcbba definire qualche pimto di fede, sia obbligato di convocare il concilio universale. Al che ri- sponde negativamente con S. Tommaso, di cui arreca per disteso le parole , che tradotte in italiano suonano cosi : « Siccome il concilio posteriore ha la polesta d' inlerpretare un simbolo, com- posto dal concilio precedente, o di porre alcune aggiunle che lo dichiarino ; lo stesso puo fare di sua autorita il Romano Pontefice, a cui solo appartiene convocare il concilio, e confermarne i decreii colla sua autorila ; potendosi anche conlro il concilio appellare a lui. Di lutte queste cose si ha esempio negli atli del sinodo calce- donese. Che pero non e punto necessario, per fare una dichiarazione di questo genere, che il Papa aduni il concilio : il che alcune volte tornerebbe impossibile per cagione de' dissidii guerreschi , siccome si legge essere accaduto nella sesta sinodo. In quella occasione non avendo potuto Costantino Augusto convocare la universita de' ve- scovi, slante la imminenza della guerra; coloro che erano con- venuti proposero alcune queslioni concernenli la fede , e le defi- nirono seguitando la sentenza di Papa Agatone , che in Cristo sono due volonliSt e due ordini di azioni. 11 medesimo fecero i Padri, adunati nel concilio calcedonese, i quali si tennero alia decisione di Papa Leone, che avea definito essere in Cristo due nature 1. » Da questa dichiarazione di S. Tommaso, che 1'Arci vescovo di Firenze fa ma, risulta in primo luogo, che il Papa puo interpretare o spicgare

1 S. THOM. in Quaestion. depotentia Dei, Quaest. 10, art. 4.

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le doltrine della fede, risolvendo i dubbii e defmendo Ic questioni con quello stesso valore di autorita, onde lo puo un concilio uiii- versale. Si raccoglie in secondo luogo, che le sue decision! intorno alle materie della fede debbono essere accettate come obbligatorie dagli stessi concilii ecumenici, come fecero il concilio calcedonc- se per rispetto a S. Leone , ed il terzo costantinopolilano per ri- spetto a S. Agatone ; essendosi 1'uno e Taltro protestati di ricono- scere in que' supremi Pastori della Chiesa la persona di Pietro, il cui insegnamento non puo fallire alia cattolica Yerila. Or chi non Yede che chi riconosce una tale autorita nei Romani Pontefici, dee riconoscere per conseguenza la infallibilila del loro magistero, se pure non voglia sostener la bestemmia, che Dio ha dato alia Chiesa una regola per s& fallace di fede?

La quale assurda supposizione neppure calunniando si potrebbe addebitare a S. Antonino, il quale in altro luogo con manifeste pa- role 1'esclude, ribadendo anche piu chiaramente e direltamente il privilegio, che hanno i Romani Pontefici, della infallibilila perse- nalc nel sentenziare sopra le doltrine della fede. Nella Parte IV al titolo VIII, cap. Ill, traltando della virtu della fede, poc' ollre alia meta del g. 5, dichiara ampiamente, che la fede della Chiesa univer- sale non puo venir meno, e spiega il modo come Iddio ha provvedu- to a questo. « La sesla cosa da osservare, dice il Sanlo, e che la fede della Chiesa unrversale non puo mancare, avendo detto il Signore a Pietro: « lo ho pregato per te, a fine che la tua fede non venga meno. » E per cio che risguarda Pietro, questo e da intendere della infedelt^i finale, volendo dire che non perirebbe persistendo nel pec- cato della negazione. Quanto poi alia Chiesa, la quale e designala nella fede di Pietro, la cosa si verifica assolutamente, in quanto la fede della Chiesa in generale non puo fallire. La ragione di queslo e, perche la Chiesa e governata dalla diviua provvidenza ; cioe di- rigendola lo Spirito Santo a cio che non erri. E sebbene il Papa in particolare possa errare, come accade nelle cose giudiziali, in cui si procede per informazione ; tuttavia nelle materie che apparten- gono alia fede non puo errare , quando cioe sentenzia in qualila di Papa, aYvegnache come particolare e privata persona. Ondeche nel-

INTORNO ALLA INFALLJBILITA DE' PAPI 189

le materie risguardanti la fecle piu e da stare alia scntenza proferila autoritativamente dal Papa, die alia opinione di quali che sieno no- mini sapienli 1. » 11 Santo adunque solennemente professa, die la fe- de della Chiesa universale non puo mancare : il che vuol dire che la Chiesa universale non puo in verun tempo credere come domma di fede una falsa dottrina. Un tal prhilegio egli lo fa derivare da spe- ciale assistenza dello Spirito Santo, il quale fa si che in queste ma- terie non possa cadere in errore. Dunque per suo giudizio la regola della fede, per la quale la Chiesa crede, non puo esser fallace. Ab- biamo veduto negli altri luoghi del Santo, esaminati da noi, che la regola della fede nella Chiesa e il Romano Ponlefice. Ma la consc- guenza, che questa regola dev' essere infallibile, e qui messa in lut- ta la sua mostra, insegnandosi espressamente che il Papa non puo errare quando defmisce da Papa, av\egnache senza il concorso, e prima del suffragio degli altri vescovi, come risulta evidenteroente dalle parole etiamsi (determine!) ut particular 'is et privata persona. Aggiungeremo un ultimo argomento, dedotto dal capitolo IV, §. 4 della slcssa parte e titolo, dove il Santo cerca a chi si appar- tenga comporre i simboli della fede; e risponde « die solo al som- mo Pontefice 2». Ma quello che e piu da nolare e la ragione che ne adduce. « La ragione di cio (egli dice) e perche il simbolo e for- mato nel sinodo o concilio generate. » II che puo sembrare una

1 Sextum evf quod fides universalis ecclesiae non potest deficere, dicente Domino Petro (Luc. 22) : Ego rogavi pro te, nt non deficiat Fides tua. Et quantum quidem ad personam Petri intelligitur de defectufinali; ut scilicet: quod non periret persistendo in negationis peccato. Quantum ad Ecclesiam aute-m, quae intelligitur in fide Petri, est simpliciter verum; quia nonpotest. fides Ecclesiae deficcre. Ratio quare fides Ecclesiae in generali deficere non polest ; qula divina providentia Ecclesia regitur, scilicet a Spirilu Sancto cam (lirigente ut non erret. Et licet Papa in particulari errare possit, ut in iudicialibuSj in quibus proceditur per informationem; alias in his quae pertinent ad fidem errare non potest, scilicet ut Papa in determinant o,

f'iamst ut particularis et privata persona. Unde magis standum est sen- mtiae Papae de perlinentibus ad fidem, quam in iudicio pro ferret ^ quant pinioni quorumcumque sapienlwn. 2 Com-positio symboli pertinet solum ad mmmum Pontifcem.

190 LA DOTTRINA DI S. AISTONINO ARCIV. DI FIRENZE

nianifesta contraddizione coll' inciso precedente ; perciocche se il simbolo e opera del concilio , come dunque egli afferma non pure che e ®pera solo del Papa , ma di piu che intanto e opera solo del Papa, in quanto esso e formato nel sinodo o concilio generale? Ma la contraddizione svanisce per le parole che seguono : « II Si- nodo generale, egli dice, non puo essere congregato, che per la so- la autorita del sommo Pontefice. Adunque a lui, cioe al Pontefice, apparliene la formazione del simbolo l. » E seguita per lungo tratto a confermare 1'autorita del Papa nelle cose della fede, argomentan- dola ora dal valore che solo per lui puo avere il concilio generale, cd ora dalle decision!, che egli puo fare da se slesso senza il con- cilio. Laonde conchiude colla seguente formola generale : « E pero consegue, che alia sola autoritA del sommo Pontefice si spetta la formazione di un nuovo simbolo, e parimente la dichiarazione delle cose da credere, dove occorressero dubbii 2. » Alia quale senlenza aggiugne peso e chiarezza Y autorila, che ne reca in conferma, di S. Girolamo e di piu altri santi Padri, che magnificano la indefetti- bilila della Chiesa romana, e il magisterio infallibile del Pontefice che le sta a capo. Da questa dottrina risulta in primo luogo, che 1' autorita, che spiega il concilio nelle cose della fede , non e di- versa daH'autorila del Pontefice, ma e questa slessa la quale si ma- nifesta con un effelto estensivamente maggiore. In secondo luogo, che il concilio neppure e condizione necessaria per 1' esercizio di quest' autorita, perche il Pontefice puo fame uso, e continuamente ne ha fatto, anche indipendentemente dal concilio.

1 Ratio esl, quia editio symboli fit in synodo sen concilio generali. Sed synodus generalis auctoritatesolummodo summi Pontificis potest con- gregari (ut habelur in deer, distinct. 17, etc.) : ergo ad ipsum special editio symboli.

2 El ideo sequitur quod ad solam auctoritatem Pontificis summi per- linet nova editio symboli, et similiter declaratio credendorum in dubiis occurrentibus.

INTORrsO ALLA INFALLIBILITA DE* PAP! 191

II.

Se S. Antonino abbia creduto die il Papa e superior e al Concilia ecumenico.

Alia proposla quistione si potrebbe sufficientemente soddisfare con quella parte del la dottrina del Santo, chc abbiamo ultimamente esaminata. Nondimeno ci giova ricercare piu direttamente la sua sentenza, massinie in que' luoghi ne' quali tralta ex professo de'con- cilii ; e lo faremo , divisando innanzi tutto in varii principii i punli piu cardinali di dottrina die sono da lui stabiliti.

II primo di questi principii e che dal Papa, come da unica sor- gente, si deriva negli altri prelali la potesla. Sul quale proposilo reca la doltrina di S. Tommaso 1, il quale insegna, che sebbene Gesu Cristo avesse conceduto in comune a tulti gli Apostoli la fa- colta di legar-e e di sciogliere, la die nondimeno separatameule al solo Pietro, acciocche s'intendesse che da lui dovrcbbe derivare ne- gli altri prclati della Chiesa 2. II secondo principio stabilises come condizione essenziale per la legittimita e \alidita di un concilio ge- nerale, che csso sia convocato per autorila del sommo Pontefice, e presiedulo da lui stesso, ovvcro da'legati che egli abbia a quest'uo- po deputati. Se altraraente si aduni o si celebri , quello non e con- cilio di Crislo, ma conciliabolo di satana 3. II terzo principio po- ne, che il concilio generale, anche legittimamente conyocato e ce- lebrato, non puo a\7ere altrimenli valore di qbbligare , o sia nel- le nuove definizioni risguardanii la f ede , o sia ne' precetli concer-

1 S. THOM. in 4 Sentent. distinct. 2i.

2 Part. Ill, Utul. XXII, cap. VI, §. 9.

3 Quoddam enim est generale (concilium^, ut illud quod fit praesente Papa, vet eius legato ad hoc specialiier deputalo a Papa, convenientibm

'piscopis, et aliis Praelatis plurimis, prout ipse ordinavit, et illud non polesl celebrari nisi auctorilate Papae (ut palet dist.Yl etc.}; alias nui- lum esset, et non concilium, sed conciliabulum et synagoga Satanae dice- et esset. Part. Ill, tit. XXIII, cap. II, et alibi passim.

192 LA DOTTRINA DI S. ANTONI^O ARCIV. DI FIRENZE

nenii la discipliua, se non e conferrnato dal Romano Pontetice. fi bene a questo luogo riferire le sue proprie parole: « II Romano Pon- tefice e quello che da autorita e vigore a tulti i concilii. II che e chia- ro per le cose dette innanzi. Poiche se egli e 1'unico capo e princi- pe di tutta la Chiesa, se egli ha la pienezza della potesla sopra tutti, ed e il solo che possa fare statuti valevoli e perpetui, come colui che e il fondamento della Chiesa; ne conseguita che egli solo puo dar valore e forza di legge agli statuti de' concilii 1. » II quarto principle da facolta ai fedeli, quali che sieno, di appellare al Papa contro la sentenza del concilio 2. II quinto principio di- chiara che il Papa non e soggetto alle leggi di ddtto positivo sta- luile dal concilio in altra forma, che come il principe e soggetto alle leggi che fa egli stesso; cioe secondo la virtu direttiva e non secondo la potesta imperativa o la forza coatliva 3. II sesto princi- pio afferma, che il sommo Pontefice ha facolta non solo di dispen- sare ne' casi parlicolari dai decreti de' concilii generali, ma anche di cangiarli. E qui risponde, coll' autorita di S. Tommaso 4, alia diftl- eolta, che si oppone, di quella sentenza di Papa Zosimo che dice: « Non puo 1' autorila di quesla Sede stabilire nulla, ne nulla mutare contra i decreti de' Padri. » « Cotesto e vero, osserva il Santo, dove si tratti di decreti di diritto divino, come sono gli articoli di fede, de- terminati ne' concilii. Ma le cose di dritto positivo, stabilite da'santi Padri, sollogiaciono all' autorita del Papa ; ed egli puo o mutarle o dispensare in esse, secondo che vuole la opportunita de' tempi e dei uegozii. Perciocche tutlo quello che i Padri accolli ne' concilii han- no statuito, T hanno potuto per la intervenzione dell' autorita del Pontefice, senza la quale neppure si puo adunare il concilio S. »

1 Romanus Pontifex dat auctoritatem et robur omnibus condliis; et haec patent ex praemissis. Quia si est unicum caput et princeps totius Ecclesiae, habens super omnes plenitudinem potestatis, et solus potens far- eere 'statuta firma et perpetua, tamquam Ecclenae fundamentum; sequi- tur quod solus potest roborare statuta conciliorum et firmare. Part. Ill, litul. XXIII, cap. Ill, §. 2. Item tit. XXII, cap. VI, §. 20, et alibi.

2 Loc. cit.

3 Ibid. §. 21.

4 S. TIIOM. in tract, contra jmpugnatores relig. o Ibid. §. 22.

INTORNO ALLA IXFALLIBILITA DE* PAP I 193

9

Da qucsla dottrina del Santo, raccolta, per amor di chiarezza nei seiesposti principii,proviene come legittimo conseguente la sua sen- tenza della superiority del Papa sopra il concilio universale. Di fat- to se egli lenesse il contrario, non gia nel Papa, ma si nel concilio dovrebbe dire assommata 1'autorita delle chiavi. Or egli all'oppo- sto insegna che cotesta autorita dal Papa, come da prima fonte, e partecipata ai dhersi prelati e sacerdoti dclla Chiesa; e per rispetto ai concilii, che essi ne potrebbero converiire senza la convocazione del Pontefice, ne Icnere le adunanze senza la sua direzione, ne dar valore ai loro alti senza la confermazione del medesimo. Adunque per S. Antonino tutta 1' autorita die hanno i concilii V hanno dal Pa- pa, il quale per conseguenza, com' e il principio e la cagione di ogni loro potesla (ed anzi questa, come abbiam veduto esser dal Santo insegnato, altra non e che la stessa potesta pontificia so It' altra for- ma); cosi anche e necessario che sia ad essi superiore. Di piu e ve- rita notissima a tutti, che V inferiore e ligato dalle leggi del suo superiore ; come altresl , che niuno puo dissolver le leggi ne cam- biarle o modificarle, se non lo stesso legislatorc, o chi ha una pote- sta maggior della sua. Ora ci siamo chiariti esser doltrina del no- stro Santo, che anche celebrato legittimamente e confermato il concilio, purle sue leggi non hanno virtu ne imperativa ne coattiva per rispetto al Romano Pontefice ; e che qucsti per contrario ha pie- na balia di mutarle, secondo che crede nieglio convenire alle condi- zioni de' tempi e delle cose. Adunque e sentenza di S. Antonino che non il concilio e superiore al Papa, ma il Papa al concilio.

La qual conseguenza ci proviene anche piu chiaramente da ci6 che il medesimo insegna a proposito della quislione, seil Papa possa mai esser deposto dal suo grado per cagione di alcun grave e noto- rio delitto. Egli la risolve negativamente, eccettuato il solo caso di eresia; e ne adduce in confermazione il parere divarii Dottori. Fra gli altri cita Pietro della Palude, facendo sua la sentenza di questo teologo. Ecco le sue parole tradotte in italiano : « Dice similmente ietro della Palude , che il Papa , finche e Papa , non puo in verun

o, ne per qualsivoglia delitto, esser deposto ne dal coneilio, ne da

ta la Chiesa, ne da tutto il mondo, non solo perche e superiore, Serle VII, vol. IV, fasc. 446. 13 8 Ottobr e 1868.

194 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

e non ha alcun uomo sopra di se , che lo possa giudicare ; ma per- che la sua autorita e da Dio, il quale ha riser vato a se il giudizio del Pontefice di Roma , intino che e tale 1. » La ragione che qui e ad- dotta , perche il Papa non puo esser deposto, qualunque sia il suo demerito , e perche non vi ha nel mondo nessuna potesta superiore a lui, escludendosi esplicitamente anche quella del concilio generate. Si potrebbe desiderare maggior evidenza?

Abbiamo detto pero che il santo Arcivescovo eccettua il caso, che il Papa fosse caduto nel delitto dell' eresia; giacche in questa ipote- si concede che puo esser deposto. Nondimeno egli osserva, che in quesfeo'fatto non avrebbe luogo il giudizio sopra il Papa in quanto tale ; poiche per cio stesso che caduto nell' eresia cesserebbe di es- ser Papa. « Quando il Papa, egli dice, fosse diventato eretico, solo per questo fatto, senz' altra sentenza riraarrebbe separate dalla Chie- sa. Ma non puo un capo reciso dal corpo, finche e reciso, esser capo di quel medesimo corpo da cui e stato divelto. Adunque un Papa, che si fosse diviso dalla Chiesa per I' eresia, per cio stesso finirebbe di esser capo del corpo della Chiesa. E cosi un eretico non puo essere ne rimanere Papa, perche non puo fuori della Chiesa a\er le chiavi della Chiesa. 11 che non accade per gli altri peccati: per essi e ca- po languido si Teramente , ma pur non cessa di esser capo ; e per conseguenza non puo esser giudicalo dalle membra 2. »

Adunque 1' eccezione del Papa eretico, che puo essere in quanta tale deposto dalla Chiesa (se pure, come aggiunge espressamenle il

1 Item dicit Petrus de Palude, quod Papa nullo casu, quamdiu est Pa~ pa, per quodcumque crimen non potest a concilio, nee a tola Ecclesia, nee a toto mundo deponi; et hoc non solum quia est superior et nullum ho- minem habet supra se, qui eum valeat iudicarc: sed quia est a Deo, qui sibi Romani praesulis , quamdiu praesul est, indicium reservavit. Ibid. tit. XXII, cap.V, §. 3.

2 jfi*o ipso quod haereticus est (Papa) ab Ecclesia est praecisus. Non po- test autem caput a corpore praecisum, quamdiu est praecisum, caput esse illius corporis a quo est praecisum: unde Papa per hoc desinit esse caput corporis Ecclesiae. Et sic haereticus non potest esse nee manere Papa; quia extra^Ecclesiam non potest habere claves Ecclesiae. Per alia autem peccata Papa est caput languidum, quod non propter hoc desinit esse ca- $ut, necpotest a membris per consequens iudicari. Ibid. cap. VI, §. 3,

INTORNO ALLA INFALLIBILITA DE? PAH 19o

Santo, non voglia ritrattare il suo fallo); questa eccezione, diciamo, secondo le spiegazioni, che il medesimo S. Autore ne da, riconfer- ma la dottrina dell' assoluta superiorita del Papa sopra il concilio. Se non che questa medesima ipotesi di un Papa eretico, clie pure S. Antonino ammette per possibile, puo sembrare ad alcuno, che contraddica al privilegio della infallibilita. La quale cosa se e vera, manca uno de' piu validi fondamenti, sopra i quali si appoggia 1'al- tro suo attribute della superiority sul concilio.

Cotesta era una grave difficolta pe'tempi del nostro Santo, ne' qua- li correvano come vere storie non solo le favole delle defezioni per- sonali dalla fede di alcuni Papi, per esempio di Marcellino; ma an- che quelle che spacciavano avere alcuni di essi favorita ed eziandio insegnata 1'eresia, come credevasi di Liberio, di Onorio, di Anasta- sio, di Leone e non sappiamo se di altri. Con tutlo cio il S. Dottore, indotto dall'autorita della sacra Scrittura, dalla dottrina comune dei SS. Padri, e dalla stessa ragione teologica, sostiene, come abbiamo veduto, che ilPapa nel suo magistero di capo della Chiesa universa- le e da se solo infallibile. E pero se ammette che puo cadere nel- 1'eresia, ed anche spacciare cose contrarie alia fede, aggiunge non- dimeno che non potrebbe cio fare , se non solo come persona parti- colare , e non gia esercitando V ufficio di maestro universale della Chiesa. Uno de'mezzi poi (ed e certo de'piu efficaci), pe' quali lo Spirito Santo assiste al Pontefice , acciocche non possa fallare nelle sue defmizioni dalla verity della fede , lo riconosce nel concilio , e in generate ne'sussidii che gli puo offrire la Chiesa 1. Se non che di qualche lieve incaglio, che incontra a quesfS luogo la dottrina del Santo, per occasione de' falsi dati di storia , a cui abbiamo ac- cennato, ei converra trattare in luogo piu opportune . Per ora osser- Yiamo, che dopo che gli studii ciitici sopra la storia ecclesiastica hanno fatto apparire e\1dentemente intemerata la fede di que'Papi , che furono calunniati di avere insegnate dalla Cattedra di Pielro V eresia ; la dottrina in ogni tempo comune nella Chiesa e veramen- te cattolica della infallibility pontificia non ha dovuto piu lottare

1 Part. Ill, tit.XXIIl, cap. Ill, §. 4.

196 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIIIENZE

contra nessun oslacolo di qualche momento. Cio dunque che, confer- me a quesla dottrina, e da tenere assolutamente nella proposta qui- stione, si e die il Papa, come Papa, cioe come maestro universale della Chiesa, e per maniera assistito dallo Spirito Santo, che in nes- sun caso puo insegnare o proporre a credere, nelle cose appartenen- ti alia fede o ai costumi, il falso per vero 1. Quanto poi alia queslio- ne personale , che fosse a fare quando il Papa come private si tro- vasse esser caduto nell' eresia; in primo luogo la sentenza piu comu- ae de' teologi e quella stessa, che abbiam veduto essere insegnata da S. Antonino, che cioe quando questo accadesse, quel Papa ccs- serebbe per cio solo di esser Papa,'e percio potrebb' esser deposto anche di fatto 2. In sccondo luogo , per rispetto alia possibilila di una tale ipotesi, la piu probabile sentenza ci sembra quella del Bel- larmino ; vale a dire , che non essendosi giammai avverato un tal fatto, o almeno non potendosi provare che siasi mai avverato : « E da credere piamente, che il sommo Pontefice non solo non possa er- rare nella fede come Pontefice, ma anche come persona particolare non possa diventare eretico, credendo pertinacemente qualche errore contro la Fede. » II che dice essere convenientissimo a quella soa\e provvidenza, onde Iddio goverua la sua Chiesa 3.

Rimettendoci ora nel nostro argomento, un'altra conseguenza de- duce il S. Arcivescovo di Firenze dai principii da lui propugnati, al- cuni de' quali sono anche esposti tra cinque altissimi privilegi , che esso fa rilevare nella Chiesa romana. La conseguenza e che non e lecito di appellare contro alle decision! del Papa a quelle di un' altra qualsiasi potesta. "Arrecheremo soltanto due argomentazioni , dalle quali emerge piu esplicitamente la sua sentenza della superiorita del Papa sul concilio. La prima e derivata da quel privilegio , per cui la Chiesa romana ha, per mezzo del suo Pontefice, la pienezza della potesta sopra tutta la Chiesa. Ecco il ragionamento del Santo in ischietta forma scolastica: « Chiunque asserisce che il Romano Pontefice non ha la pienezza della potesta sopra lulti, coslui toglie

1 Conf. BELLARM. De Rom. Pontif., lib. IV, cap. III.

2 Id. tract, cit. lib. II, cap. XXX.

3 Id. tract, cit. lib. IV, cap. VI.

INTOMO ALLA INFALLIBILITA DE' PAPI 197

alia Chiesa di Roma cosi fatto privilegio concedutole da Cristo. Ma chi sente che puo farsi appello ad aliri contro i decreti del Papa, sente che quest! non ha la pienczza della potesta sopra lulti. Dun- que ecc. La minore proposizione e per se evidente : perciocche colui, al quale si fa appello, deve avere potesta sopra 1'altro, contro cui si ricorre ; giacche deve poter mulare o riformare la sentenza di questo 1. »

L' altra argomenlazione riguarda esplicltamente il concilio , ed e fondata sopra il privilegio del Romano Pontefice di poter egli solo colla sua confermazione dar forza e vigore a tutti gli atti de' concilii general!. Onde il Santo argomcnta nella forma seguente: « Neppu- re al concilio generale si puo appellare contro il Papa. Imperoc- che il PAPA E SUPERIORS A QUALSIVOGIA CONCILIO, ne hanno fermezza gli atti de' concilii, se non sono avvalorati e confermati dall' autori- ra del Romano Pontefice. Sentire adunque che e lecito appellare al concilio contro il Papa, e un' eresia contro all' articolo, con cui si professa di credere nella santa Chiesa cattolica 2. »

I cap! della dottrina di S. Antonino, sin qui esposti da noi colla massima fedelta, meltono in chiaro, piu che la luce di mezzogiorno, il vero sentimento di questo Dottore intorno a que'due punli, un tempo si controversi dalla Chiesa gallicana ed ora appena da pochi com- battiiti, che sono la infallibilita del Romano Pontefice, e la sua su- periorita sopra il concilio universale. Come abbiam notato sin da principle , cio che massimamente deve farci apprezzare le sentenze

1 Quicumquc assent quod Horn-anus Pontifex non habeat plenitudinem potestatis super omnes, auferre conalur primlegium Ecclesiae ftomanae a Ckristo traditvm, quod patet per secimdum privileghim supra positum. Sed sentiens appeUandum esse a Papa, sentit ipswn non habere plenitudi- nem potestatis super omnes. Ergo etc. Minor patet, quia ille ad quern ap- pellatur habet potestatem super ilium, a quo appellatur ; quia potest eius indicium mulare et scntentiam retraclare. Part. HI, tit. XXIII, c. HI, §. 3.

2 Sed nee ad Concilium generale a Papa appellari potest ; quia PAPA o.ViY/ CONCILIO SUPERIOR EST; nee robur habet quidquid agitur, nisi auctorita- te Romani Pontificis roboretur et confirmetur. Sentire ergo quod ad Con- cilium a Papa appellari possit, est haereticum, et contra ilium articu- lum sanctom Ecclesiara catholicam. Loc. cit.

198 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIY. JDI FIRENZE ECC.

espresse da questo Santo nelle delte quistioni, e 1'averle sostenu- te poco appresso a quel fimestissimo scisma che divise la Chiesa e dopo i due concilii di Costanza e di Basilea, il primo del quali par- ve sminuire non poco 1'autorila de'sommi Pontefici, ed il secondo, per avere attentato anche peggio alia dignita pontificia , degenero in conciliabolo. Nondimeno il Santo propugno con tanto ardore i pri- vilegi del Pontiticato , specialmente que' due che do^eano sembrare piu conlrarii alle condizioni della Chiesa in que' tristissimi tempi. Cio e tin nuovo argomento, che quella era la dottrina di tutti i Pa- dri e Dottori, non potuta intorbidare dalle tempeste che tra\aglia- rono per si gran tempo la Chiesa. Sappiamo che qui e cola si pos- sono racimolare di testi, capaci di fare qualche difikolta: ma quali che essi sieno , non potranno giammai distruggere un lullo di dot- trine , che si risponde si mirabilmente nelle sue parti , e sempre in guisa da far risultare quelle due conseguenze. Ad ogni modo noi ci occuperemo in un altro articolo anche di quest! passi, per chiuder la via a chi se ne volesse giovare in danno della verita , interpretando malamente qualche frase un po' ambigua del grande Arcivesco\o di Firenze.

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RIVISTA

BELLA

STAMPA ITALIAN A

DeW immortalita deU'anima umana. Discorso della marchesa MA- BIANNA FLORENZI WADDINGTON Firenze 1868.

Ouesta volta prendiamo in mano la penna con molta peritanza, trattandosi di dover con essa impugnarc nna donna ; cosa , a dir vero , poco cavalleresca. Ma d' altra parte sarebbe bella, se la de- bolezza del sesso dovesse servire di titolo ad impunita e licenza. La donna , se opera male , convien clie sia gastigata ancor essa; e so dice spropositi, convien che sia confutata e ripresa. II che e qui tan- to piu ragionevole, in quanto la nostra autrice si fa maestra di dot- trina perversissima , racimolando dai panteisti e idealisti di Germa- nia , quanto ci ha di piu strano , e solo aggiungendovi del suo qual- che piu grossolana stranezza , come vedrassi dal breve esame , che faremo del suo libretto.

Ella come nel nome, cosi nella filosofia, che segue, poco si diffe- renzia dal Florentine, di cui parlammo nei precedenti quaderni. Anch'ella, come lui, identitica il pensiere coll'essere l. Anch'ella, come lui, fa sorgere V intelligenza dalla riflessione 2. Anch'ella, co- me lui, identifica Dio col mondo e coll'uomo 3. Solamente per ci6 che riguarda la durata dell' anima umana, ella dissente dai Fiorentino ;

1 Pag. 19. -2 Pag. 6, - 3 Pag. 33.

200 RIVISTA

giacche dove costui la vuol morta col corpo, la Florenzi la vuole immortale. Ma anche in cio la sua femminil fantasia le suggerisce del ghiribizzi bizzarri. Da prima essa non altiibuiscc 1' immortalila a tulte le anime umane, ma a sole quelle, che abbiano goduto di svolgimento intellettuale e morale. « Se rimmortalita e dovuta al- 1'uomo, come persona libera ed indipendente, essa non puo apparte- nere se non a coloro, i quali si sono sollevati a quello stato. Ne si deve pensare che Y immortalita sia \ma conseguenza dell' essere na- turale dell'uomo, in quanto che esprima il raccoglimento della na- tura in un'anima; perche, se fosse cosi, rimmortalita apparterreb- be con pail diritto al resto degli animali e forse anche alle piante, le quali realizzano fino a un certo punto la loro specifica nozio- ne. Ogni individuo vivente e la realizzazione di un tipo specifico universale, il quale contiene tutte le condizioni proprie di qucl- 1' individuo, ed appartenenti tanto al grado dell'amma quanto a quello del corpo. Cosi e parimente deH'uomo; se non che qucsto arriva a costruirsi un carattere proprio ed individuate per mezzo del suo intimo sviluppo, mentre gli altri rimangono tali e quali la natura gli-ha prodotti. Percio rimmortalita non puo appartenere a questi semplici prodotti della natura ; ma e prerogativa esclusiva delle li- bere creazioni dello spirito. Quelli fra gli uomini, i quali non si ri- fanno da se stessi e che si arrestano al grado di animal ita, sottostan- no alia sorte medesima degli animali 1. » In tal guisa la sig. Flo- renzi condanna a morte in primo luogo le anime di tutti i bambini e fanciulli, che non ebbero la sorte di dire To, in virtu della coscienza riflessa. In secondo luogo le anime di quegli adulti , in cui non si svolse r intelletto e Y indipendenza -della volonta. In terzo luogo le anime di coloro , che poco si perfezionarono ; le quali anime « sono rirnaste quasi chiuse e dormienli in se , di tanta scarsa potenza che si potrebbero quasi dire morte sul nascere 2. » Tutte queste anime debbono considerarsi non come esseri morali e liberi, ma come me- ri prodotti della natura e pero periranno col corpo. Le sole anime de'sapienti , massime se liberali , e quelle delle sole filosofesse , lo

1 Pag. 41. 2 Pag. 40.

BELLA STAMPA ITALIANA 201

quali seppero elevarsi alia crcazione del proprio spirito, merce della rillcssione, sono immortali.

Nondimeno, queste anime, benche immortali, richieggono semprc un organismo corporeo ; aUrimenli non polrebbero comunicare tra loro, e cio alia sig. Florenzi non place. « La persona umana, ella di- ce, sta propriamente nell'/o ; ma questo non si puo supporre isolato, e bisogna riferirlo per necessita ad un non lo. Questa opposizione ha per fondamento un' unita originaria. II non lo c V To si unificano per un legame essenzialc ed indissolubile. Bato 1' /o, e dato ancora un mondo , in cui esso vive. La persona umana dunque deve essere necessariamenle col mondo ; percio non puo trovarsi senza un orga- nismo, essendo questo 1' istrumento della comunicazione tra 1' inter- no spirito e 1'esteriore natura. Se anche si volesse immaginare un mondo di soli spiriti, quest! per potere entrare in relazione 1'imo coll'altro bisognerebbe che avessero un modo di estrinsecarsi. II mio interne non e tale se non che per me solo, per la mia coscien- za: verso degli altri il mio interno diviene esterno, il soggetlo divie- ne oggelto, e percio lo spirito diviene natura. Per quesle deduzioni ineluttabili lo spirito non si puo scompagnare da un organismo cor- poreo, e sebbene i'essenza delle personality consistesse nell'/o, nulla ostante quest' /o, per entrare in comunicazione col di fuori, de- ve assumere un istromento o un organo, il quale puo variare se- condo le circostanze dell' ambiente in cui vhe, ma pero sempre le- gato collo spirito 1 . »

Cio quanto alia filosotia specolativa. Quanto allapratica, lanostra filosofessa slabilisce che 1'uomo e fine a se stesso. E come no, se di se slesso e principio? « L' lo considerato come oggetto o fine di se stesso, divenla coscienza morale. L'/o, essendo per se, vale a dire, essendo fine di se stesso trova in se la sua maggiore esplicazione : non habisogno di uscire fuori per perfezionarsi, non ha bisogno di iendere a una meta esterna. L'lo e perfetto, quando si rcalizza piena- menic come lo 2. » Quindi 1'uomo non ha bisogno di togliere sc non da se stesso i mothi del suo operare. Egli non e susceltivo di

1 Pag. 27. 2 Pag. 72.

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premii e di pene, proposti da un essere superiore. Egli e legislatore e giudice di se medesimo. II suo premio e il compiacimento d'aver operate il bene; la pena, il rimorso d'aver operate il male. « L'ani- ma umananon e immortale, come ordinariamente si crede, per rice- vere solamente una ricompensa e<l un castigo. Quesla veduta abbas- serebbe la sua natura, facendola servire come istromento di un agente piu elevato , il quale 1' avesse destinata ad eseguire un deter- minate incarico, premiandola poi o punendola a tenore della dili- genza posta in quella esecuzione. Cotal modo di vedere distrugge- rebbe il pregio assoluto della persona, distruggendo cio che in essa vi e di piu essenziale, vale a dire il delerminarsi da se. . . II premio e la pena stanno nella propria coscienza, come soddisfazione di aver fatlo il bene e di aver adempito il proprio dovere , o come rimorso di averlo trasgredito. . . Non vi e dunque niuna potenza esterna che determini 1' uomo pel bene o pel male : esso determina se stesso nel- la sua liberta; e quella divinila, di cui parliamo, non eun Dio ester- no, ma intrinseco nella nostra anima , e la coscienza stessa che si determina e si giudica ; essa si sa punire e si sa premiare; sua pu- nizione e il rimorso del mal fatto , suo premio e il compiacimento e la soddisfazione del bene operate l. »

Non ci e mestieri di molto studio per intendere gli strafalcioni di questa strana sapienza, la quale se in becca di un uomo sa male, sul labbro di una donna ha non sappiam che di straordinariamente stomachevole e schifoso. Lo spirito vien creato dalla coscienza ! Ma la coscienza che cosa e? Un' azione, colla quale 1'operante rigira se in se stesso. Essa dunque non puo procedere che da uu principle, il quale non solamente non sia materia, ma inoltre sia indipendente dalle condizioni e dalle leggi della materia. Siffatto principio e ap- punto quello che si denomina spirito. La coscienza dunque, lungi dal creare lo spirito, lo suppone anzi come principio. Dippiu le suppene come soggelto. Imperocchel' azione richiedeil soggetto in cui riseg- ga; e trattandosi qui d'azione immanente, ilsoggette di essa, e Ten- le medesimo da cui deriva. Da ultimo lo suppone come oggetlo ;

1 Pag. 31-33.

BELLA STAMPA ITALIANA 203

giacche" la cosdenza e azione conoscitiva, e la cognizione presuppo- ne il conoscibile. Or qui il conoscibile non e allro die lo spirito stesso, il quale divien consdo di se medesimo.

La nostra autrice in cambio di far sorgere I'operazione dall' esse- re, fa sorgere T essere dall'operazione. E una filosofia a rovescio. « Quando dico To, che e 1'espressione della cosdenza riflessa, nes- sun altro potrebbe far mi pronunziare questa parola, se non che la mia spontanea attivila. Elevandosi I'anima fino all' To, essa diyenta spirito. » Ma come potrebbe V anima elevarsi a proferir To, se gia non fosse spirito? II solo spirito e capace di coscienza e di ritorno sopra se stesso. Egli non prommzia 7o, se non in virtu della sua spontanea attivita; sta bene. Ma questa spontanea altivita come po- trebbe aver luogo, senza un operante proporzionato, vale a dire una sostanza , la quale , benche per avventura inform! la materia , non- dimeno non dipenda da lei e pero sia capace di rivolgersi sopra se stessa e penetrare il proprio essere? Operatio seqmtur esse, dice il senso comune ; e quindi conviene che Y anima, prima di dire To, doe prima di ope rare , sia gia vero spirito , doe abbia 1' essere ca- pace di proferire quella parola. Di qui segue che non solo 1' anima de' sapienti e delle filosofesse , ma di ogni uomo e d' ogni donna e immortale. I/ immortalita e dote dell' essere e non conseguenza del- Toperazione. E poiche in tanto e dote deir essere, in quanto T esse- re e indipendente dalla materia , ne segue che per avverarsi nello spirito non d e bisogno dell' oi-ganismo. Ne la mancanza di questo impedisce gli spiriti dal comunicare tra loro, bastando a do la scam- bievole influenza spirittiale , in virtu di cui possono manifestarsi i proprii pensieri e conversare a vicenda. E cosi S. Tommaso, parlan- do degli Angeli, insegna, che cio che tra gli uomini fa il segno sen- sible , fa tra quellc spiritual! sostanze V azione intellettuale. Sicut per signum sensibile excitatur sensus; ita per aliquam virtutem in- telligibilem excitatur mens anyeli ad attendendum 1. Anzi tanto c lungi che per la comunicazione tra gli spiriti si richiegga il corpo , che esso per contrario e 1' impedimento per cui le anime umane, fin-

1 Swnma th. I. p. q. CVII, a. 1 ad 3.

204 RI VISTA

che gli sono congiunte, non possono pel solo alto della volonta ma- nifestarsi tra loro, ma han mestieri cli esterni segni. Clauditur mens hominis ab alio homine per grossitiem carports. Unde cum etiam voluntas ordinal conceptual mentis ad manifestandum alteri , non statim cognoscitur ab alio , sed oportet aliquod signum sensibile adfiibere 1.

Avendo la Florenzi fatto sorgere lo spirito dalla sua operazione , cioe la causa dall'effelto, era naturale che, second o il medesimo stra- volgimento d' idee, facesse sorgere Dio dalla sua crealura. « Dio, ella dice, essendo il sistema o il legame di tutte le cose, e non po- lendosi considerare come un soggetto particolare , come molti pre- tenderebbero , non cade neanche , net senso rigoroso della parola , sotto la categoria del bene 2. » Qui si professa manifestamente T ateismo ; giacche non si ammeltono , se non le sole creature , co- meche sistemate ira loro e collegate. Ma ogni persona di buon senso dimanda : e cotesle creature , il cui collegamento si dice esser Dio , come son venute all' esistenza ? Ed oltre a cio chi le lia sistemate e collegate con tan to ordine? fi questa 1' interrogazione che di per se si affaccia alia mente di ognuno. La Florenzi non si cura di rispon- dervi ; se non fosse che parlando dell' Hegel , del cui panleismo si professa seguace , dice : « Hegel non parte dal nulla , ne tende al nulla, come falsamente da alcuni si crede. Egli al contrario parte dall' attivita primigenia del pensiero , ed arriva all' althlta pensante riflessa , cioe alia persona umana B. » Par dunque che anch.e per lei il primo principio delle cose sia 1' attivita primigenia. Ma siffatta attivita primigenia che cosa e? E una sostanza? E una-forza? Se e una forza, corivien che risegga in un soggetto. E se e una sostanza, essa e non il legame o sistema delle cose che sorgon da lei, sara Dio, cioe la prima causa effettrice del mondo.

I panteisti moderni par che abbiano capito, che il primo princi- pio di tutto cio che esiste dev'essere un infinito; giacche il solo in- fmito puo dar 1' ultima spiegazione dell' esistenza del finito. La cau- sa prima non potrebbe essere autrice di ogni altra cosa, 1'ente pel

1 Q. ad 2. 2 Pag. 33. 3 Pag. 4.

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quale e tutto quello che e, se non contenesse in modo conveniente lutle e singole le perfezioni che si trovano nell' universe. Cio si con- senle dai panteisti. Ma nel determinare poi cotesto infmito essi , in cambio dell' infmito attuale e sussistente, sognano o 1' infmito poten- ziale o 1' infmito astratto ed ideale. Essi ricorrono a una realita di per se indifferente, che per successive forme si differenzia, e di gra- do in grado si svolge ; orvero ricorrono all' idea generalissima dcl- T ente , la quale per virtu di momenti intrinseci si specifica e si de- termina , da prima nel mondo corporeo , e quindi nel mondo ideale fmo a riceverc nella coscienza deli' uomo il suo ultimo compimento. Ma S. Tommaso fin da'suoi tempi avea confutati cotesti error! ; giac- che le vantate conquiste del pensiero moderno, al trar de' conti, non sono altro che ferri vecchi, illustrati da semplice noYita di frasario. Davide di Dinant stabili che la prima causa di tutte le cose fosse la materia prima , vale a dire una realita appunto di per se indiffe- rente ed indeterminata, capace di essere attuata da innumerevoli forme. S. Tommaso confuta questo errore, che egli chiama stoltis- simo 1, con questo breve argomento : La causa efficente non puo identificarsi colla materia, non solo numericamente, ma neppure specificamente ; giacche questa e in potenza, e quella in atto. Materia cum causa efficiente non incidit in idem numeronec in idem specie^ quid hoc esl in potentia, illud vero in actu 2. Ricordi il leltore cio che dicemmo contro il Fiorentino, cioe che 1'atto dee assolutamente precedere la potenza. Onde il primo principio produttor delle cose non puo essere un infmito potenziale, il quale e capace bensl di ri- cevere , ma non di dare. Acclocche un ente possa dare qualsiasi perfezione, conviene che di giala contenga o in modo eguale a quel- lo, onde la da, o in maniera piu alta. Se la precontiene in maniera piii bassa, qual e certamente la contenenza potenziale ; il piu sorgereb- be dal meno , ossia 1' essere dal non essere , contradizion manifesta. Ma se e assurdo stabilire per principio delle cose 1'infinito poten- ziale , non e mono assurdo stabilire Y infmito astratto , qual e la ra-

-,

1 Terlius error fuit David de Dinando, qui stultisslme posuit Deum materiam primam. Summa th. I. p. q. III, a. VIII, Ivi.

206 RIYISTA

gione universalissima dell' ente. Fu questo 1'errore di Almarico, che S. Tommaso confuta ampiamente nella sua Somma contro i Gentili. Costui, nel cercare il primo principle delle cose, procedette appunto come 1' Hegel da astrazione in astrazione, fine a fermarsi neH'astra- zione massima, rappresentatrice del pure essere indeterminate. Ma questo stesso dovea farlo accorto, che egli smarriva la via; giacche 1' ente astratto non esisle che nel pensiero, e il primo principle pro- duttor delle cose deve esistere in se medesimo. Di piu 1'ente astratlo e infmito non per pienezza, ma per vacuita di contenuto. Imperocche esso in tanto si stende ad ogni cosa , in quanto si semplifica dalla mente per rimozione di tutte le differenze e specification! reali , di cui peraltro e suscettivo ,, e che lo determinano a tale o tal genere e specie e indwduazione particelare nell' ordine dell' esistenza. Li- cet cogitetur universale absque additions , non tamen absque rece- ptibilitate additionis est 1. Ora si fatto non e ne puo essere il supremo principio effettor delle cose. Cotesto principle convien che sussista nella pienezza stessa dell' essere ; escluda da se ogni esi- genza di determinazioni possibili; e si distingua da ogni altro ente, ed in se s' individualizzi per la purezza stessa e simplicita della sua perfezione. Prima causa ex ipsa puritate suae bonitatis ab aliis distinguitur et quodammodo individuatur 2. Non modo absque ad- dilione est, sed etiam absque receptibilitate additionis 3. Esso neirinfmita della sua natura abbraccia lutto V essere; e pero con- tiene altresi le perfezioni tutle che si scorgono disseminate nelle diverse sussistenze mondiali : ma le contiene in modo a se conve- niente , vale a dire non nella propria loro ragione , o , come suol dirsi, formalmente, bensi nell' attualita d'una perfezione piu alia, o, come suol dirsi, eminentemente. Per agevolarci con qualche esem- pio r intelligenza di cio , mirate un Principe in una Monarchia as- soluta, Egli nella semplicita e purezza d' una sola ed identica so- vranita abbraccia tutti i poteri sociali. Cotesta sovranita, se e vera- mente assoluta, non puo crescere ne scemare in se stessa. Fuori di lei possono darsi altre autorita relative c subalterne , da lei create ,

1 Summa contra Gentiles 1. J, c. 26. 2 Luogo citato. 3 Ivi.

DELLA STAMPA ITALIAN A 207

c da lei dipendenti ; ma esse nan sono sovranita, berisi sue produ- zioni ed imitazioni imperfette. II Principe creando i magistral*, non deicrmina in essi o svolge o modifica la propria sovranita. La sovra- nita assoluta resta inlatta e invariata, com' era innanzi ; solamenle essa ha prodotio alcune immagini incompiute di se medesima. Per tal produzione non e avvenuto nessun accrescimento di autorita ; giacche sarebbe ridicolo il dire die V autorita assoluta del Principe, congiunta coll' autorita del Prefetto , a cagion d' esempio , o dei Ge- nerali dell' esercito , sia piu autorita che quella del Principe solo. La ragione si e perche il Principe contiene eminentemente tutta 1' autorita de'suoi subalterni; e questa contenenza eminente eccede in- linitamenle qualsivoglia contenenza formale. L' autorita del sindaco, 1' autorita del giudice e via diceudo , si trova tutta nel Principe, ma si trova in maniera a lui propria, doe come sovranita e non secondo 1'essere che ha in quel peculiare e dipendente subbietto. La sovra- nita abbraccia tutto cio che le inferiori autorita dicono di perfezione, rimossane la limitazione e la dipendenza. E siccome la limilazione e la dipendenza entrano nella essenza di quelle e in ogni parte di tale essenza ; cosi la sovranita non le contiene formalmente , doe* secondo la propria loro ragione, ma in modo piu alto e rispondente alia sua natura. Esse sussistono in loro stesse per 1' influenza della sovranita ; e dove si fatta influenza fosse ritirata , elle issofatto ca- drebbero nel nulla, onde furono tratte.

Codesta similitudine, secondo tutte le sue parti, si applichi a Dio per rispetto alle creature; e si avra un' immagine assai espressiva del come Iddio sia la pienezza dell'essere e nondimeno si distingua realmenle da lutle e singole le sue creature ; le produca dal nulla, senza accrescimento. di perfezione assoluta ; le contenga nel proprio essere, senza composizione o mescolanza di limiti.

Mostrata la vanita della filosofia panteistica della sig. Florenzi, per do che spetta alia pavte specolativa, cade da se la parte pralica, la quale sopra quella fondavasi. Imperocche la malla idea deH'uomo, tine di se stesso e legislatore e giudice do' proprii atli , non ha altro puntello, se non il mostruoso concetto di un Dio, che non sussista ne viva se non nell'atto della nostra niente, contcmplante il sistema

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e I'ordine delle cose. Ma rislabilita 1'idea di Dio personate, disiinto dairuniverso, e creatore e provvisore di tutti gli esseri, clie popolano la natura; Vetica cristiana riapparisce in tutta la sua pienezza : e 1'uo- mo avra un fine da se diverse, e leggi impostegli dal reggitore del tutto, e premii e pene, rispondenti alia sua condotta morale. Per- tanto, scalzatele fondamenta del sistema, esso cade da se stessoper terra. Tutlavia anche cosi rovesciato, sara bene soffermarsi un poco a mirarlo, per ravvisarne meglio la slolidezza.

II fine della natura spirituale ha ragione di bene sommo , che esaurisca pienamente la sua nalurale tendenza, la perfezioni appieno £ le arrechi felicita perfella. Esso come e il primo movenle d'ogni suo desiderio, cosi e 1' ultimo termine in cui V amor suo compiuta- mente si adagia. Un tal fine si ama per se medesimo; ed ogni altra cosa non si ama , se non per lui. Ora tutii questi caralteri li Irova T uomo nella conoscenza di se medesimo ? Forse la signora Floren- zi, allorche si specchia in se stessa, scontra nella propria personality fisicamente e moralmente considerata , un oggetto beatifico , che to- talmente 1' appaga , e la inonda di soavita e di gaudio , e dal quale ogni altro affelto in lei prende indirizzo e misura. Ma questo sara un suo singolar privilegio , e di quei pochi die polerono adergersi alia formola di Fichte : Ama te stesso sopra ogni cosa, e i tuoi si- mili per amor di te stesso. Ma ogni altro uomo, il quale non giunsc a tanta altezza nella persuasione della propria eccellenza, allorcho contempla se stesso, trova sernpre un essere sotlo 1' aspetto , vuoi fisico yuoi moi'ale , per molti lati imperfetto e pero bisognoso di tendere ad un fine da se distinto. Oltre i difetti di vigore, di sani- ta, di bellezza e simili , che riguardano il corpo, egli si scorge im- perfettissimo nella sapienza e nella virtu, e tuttavia anelante al coin- pimento pieno dell'una e dell' altra. Egli intende che un tal compi- mento non puo venirgli, se non dal possesso d'un bene infmito, la cui (Jirelta e chiara intuizione arricchisca il suo intelletto della co- aoscenza d' ogni altro vero, e il cui amore appaglii pienamente la sua volonta e la rettifichi in tultl gli altri amori. Egli vede che que- sto bene infmito non puo esser altro, che Dio; e che non gli e possi- bile il conseguirlo nella presente vita , in cui 1'anima e aggra\ala

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dal corpo, e travolta dairallettamento do' sensi. Egli aspira adunque a ima vita avvcnirc, ed a Dio, come ad ultimo e bcatissimo fine. E poiche strano sarebbe e contro ogni regola di sapienza e giuslizia nel supremo rcggitore del mondo, die il conseguimento di un tanto bene si concedesse indistintaniente a chi debitamente vi si ordino in vita c a chi dispreggiollo e lorse in contraria parte i suoi passi ; cosi ogni uomo , non travolto dalla matta filosofia della Florenzi , capisce senz' alcuna fatica che Y idea di premio e di pena , proposta ai suoi atti morali, e inseparabile dal retto ordine delle cose e dalla nalura dell' cute libero e capace di merito e di demerito.

La Florenzi, negando il Dio personale e legislatore dell' uomo ; parla tuttavia di doveri, di coscienza morale, di rimorso per azioni malvage. Ma in quella sua ipotesi tutte quesle cose non sono che yane voci, adoperate o per gettare polvere agli occhi de' balordi , o per appagare la fantasia di chi cerca illudersi da se medesirno. II dovere importa obbligazione ; e 1' obbligazione non sussiste senza 1'idea di un superiore, che vi lega col suo comando. La moralila dice legge, e legge non deltata dal soggetto stesso che la riceve, il quale potrebbe a volonta mutarla ; ma imposta da chi ad esso prescrive un fine da conseguirsi ed un ordine da servarsi. L' azione malvagia reca rimorso? Benissimo. Ma qual azione sara malyagia, se 1'uomo e fine e legislatore e giudice di se medesimo? L'impudico dira, che lo sfogo della sua passione e anzi effetto d' animo affettuoso e yago del bello. 11 rapitor dell' altrui dira, che egli e persuaso della doitri- na di Prudhon che la proprieta e un furto. II vendicativo , il quale spcgne la yita del suo ayyersario, soslerra che egli ha esercitato un alto di giuslizia distribuliva. In cambio di rimorso, costoro avran- no il compiacimento d'ayer operato il bene. E cosi ogni santita di affelti, ogni onesta di costunai, ogni ordine sociale, ogni pacifica re- lazione syanirebbc come furao nell' aria; e 1'uomo sarebbe in breve coudolto alia yita dei bruli. E questo e in sostanza il sospiro e la nietadi cotesti sapienli , tra cui s'imbranca la nostra filosofessa, 1' imbcsUamento dell'imiana societa, condito con una buona dose d' orgogjio c di presunzione stomacante, col credere d' esser Hi mollo innanzi nclla via della liberta e del progresso. Serie VII, vol. IV,fasc. 446. 14 8 Ottobre 1868.

ARCHEOLOGIA

1 . D' un epitaffio cristiano, che vedesi ora nel Museo del Louvre 2. Un' iscrizione pagana di Sardegna.

1. Giovera mettere in luce un epitaffio cristiano che ho scoperto l in una stanza terrena dell' imperial museo del Louvre, destinata ai mar- mi cristiani. Quantunque esso monumento da gran tempo liguri nella raccolta muratoriana e non sia dei volgari, ma a piu titoli singolare, e sopra modo opportune a quei che fan professione d' interpretare le epi graft cristiane, esso nulla di meno non si vede citato dai recenti scrittori epigrafisti ne punto ne poco. Se ne eccettuiamo il P. Zaccaria, che se ne e giovato nella Dissertazione intorno all'uso dommatico del- le iscrizioni cristiane, ed il P. Gener che servendosi del Zaccaria ne riprodusse la citazione; io non ho trovato alcun autore che si sia posto di proposito ad illustrarlo.

Devesi la prima ed unica trascrizione all1 abate Andrea Lucchesi di Messina, il quale 1'invio al Muratori (Thes. 1916, 4). II monumento originale conservavasi una volta presso il nobil uomo Ignazio Rizza- ri : come sia passato nel Louvre, vel diranno i conservator! di quel pa- rigino museo. Fu al Muratori trascritto dair abate Lucchesi di Messina (Thes. 1916, 4), la cui copia e abbastanza esatta; se non che o fos- se egli, ovvero il Muratori, noi non la vediamo con quelle imperfezio- ni che ha sul marmo. Imperocche lo scarpellino vi ha lasciato il piu delle volte molte lettere non finite, di modo che non si distinguono spesso i T e gli L dall'I, e cosi ha egli ancora confusi gli E cogliF, siccome appare dalla trascrizione che ora ne do alle stampe. La lastra di bianco marmo, alta circa tre palmi, larga due incirca, e quanto si puo volere conservatissima : e della scultura nientev'e che sia perito o guasto.

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1 La scoperta, come Particolo presente, devesi al ch. P. R. Garrucci d. C. d. G.

ARCHEOLOGIA 211

Nil AE FJ OREMINAE IlSFANI DYICISSIMAE ATQ IN NOCENTISSIMAE FIDE II FACIA* PARENSCONIOCAVIT QYAE PRIDIE NoNAS MARTIAS ANTELVGEMPACANA NATA20IIO CORRPMENSEoCTAYoDE CIMOFTYICEST MA SE GVNDA DIE COMPLEIIS FIDFLIS FACTAHORANO CTIS OCTAYA YITIMYMSPIRI1VMGENS SYPERYIXlT BORIS QYATlYORITAYTCONSYETA REPLTRETAC DE EYNCTAHYRLE HORADIEPRIMASEPTIMYM KAL OCTOBRES CYIYS OCCASYM GYM YTERoPARENSOM NIMOMElSTo FLERET PFRNOCTEM MNESTAT IS VOX EXTiTiT QYAE DEFYNCTAMLAMENTAR1PROHI RERET CYIYS CoRPYS PRO I oRIBVS MARTxPoRYM CVAx IOCYI 0 SYO PER PROSBITE RYM HYMATY'E IIIINON OCTBR

Le osservazioni che ho premesse intorno alle lettere lasciate imper- fette dallo scarpellino, ne giovano a sYiluppare un nodo, che 1'epigrafe offre fin dal bel principio nel nome della defonta, a cni e dedicate 1'epi- tailio, NIIAE. II Muratori o ha letto Nilae, o gli fu cosi trascritto dall' abate Lucchesi: ma di un tal nome in un1 epigrafe latina, e certa- mente non barbara, non ci possiamo render ragione. Sappiamo che tal- voita gli antichi assimsero nomi di fiumi, e leggiamo essersi appellati Tibris, Euphrates, Oceanus, edanche Nilus (Y. Le Blant, Inscr. Chret de la Gaule I, n. 63), ma qui e una fanciulla ed aspettayasi un fem- minino Nilis-idis, nome che fu gia di una palude della Mauritania, perche credevasi originata dal Nilo (Plin. H. N. , Y, 9, 10). Cosi da Oceanus deriva Oceanis, da Sebethus Sebethis, da Achelous Achelois. Nila adimque non si pote chiamare latinamente la fanciulla defonta. Inoltre il nome di Nilae non e se non una conghiettura di chi ha YO- luto interpretare la scrittura NIIAE, la quale, a vero dire, non soddi- sfa. Perocche quando si tratta di restituire un nome eyidentemente corrotto, fa d'uopo tenersi alle leggi generali della nomenclatura ro- mana, le quali sono che le donne abbiano due nomi, quello di fami- glia e il personale : il che qui si puo ottenere senza veruno sforzo , separando la prima lettera N in due IV, onde leggere IYIIAE o sia luliae. Questa correzione e in se ragionevole ed ha inoltre il suo moti- YO in questa epigrafe, nella cui linea 10 vediamo chelo scarpellino ha di nuovo riunito in un N due lettere TA e T I, scriYendo : MNESTATIS invece di MAIESTAT1S. Tengasi adunque luliae Florentinae essere il nome della fanciulla, a cui il padre Mius , forse anch'egli cognominato Florentinus, ha posta si bella epigrafe : PARENS CONLOCAY1T.

Determinate il nome della defunta, passiamo ora a trattare del senso di tutta T iscrizione. Essa facilmente si puo diyidere in due parti, la

212 ARCHEOLOGIA

prima delle quali si deve restringere alle sole due prime linee, nelle quali il senso e perfetto, leggendosi in esse :

luliae Florentinae infanti diilcissimae atque in- nocentissiinae fideli factae parens conlocavit.

Ma il padre ha yoluto narrare nella seconda parte di questa epigrafe le circostanze della vita e della beata morte, di questa sua dolcissima ed innocentissima figlia, della quale ci ha detto nella prima che mori fide Us faeta, cioe battezzata : la quale seconda parte dell' epigrafe e veramente preziosa e singolarissima, siccome yerro mostrando nel commentarla.

Essa nacque ai 6 Marzo, prima che spuntasse la luce del giorno, yisse diciotto mesi e ventidue giorni compiuti. Nella qual narrazione troyiamo quattro circostanze, che hanno bisogno di essere dichiarate. 1.° La prima e che la fanciulla dicesi esser nata pagana, PAGANA NATA: 2.' La se- conda che ella nacque ZOIIO CORK P, le quali parole trascritte al Mura- tori colla omissione di un R, 20IIO CORP, furono da lui credute poter torse significare S(V)0 CORPore, di che sara detto appresso : 3.° La terza che ella stando presso a morire fu battezzata: FIDELIS FACTA HORA NOGTIS OCTAYA YLT1MVM SPIRITVM AGENS: 4. ° La quarta che dopo il battesimo sopravvisse quattro ore SVPERYIXIT HORIS QYATTVOR, e pareva sana, ma di poi mori nell'ora prima del giorno seguente in Ibla.

La prima circostanza narrataci dal padre della fanciulla e che essa na- cque pagana. La qual voce non potendo significare la religione supersti- ziosa della neonata, e mestieri che significhi essere ella nata da parenti pagani. Sorge qui il dubbio, se yeramente il senso di questa yoce sia qual Tabbiamo presunto, quello cioe col quale distingueyansi i cristiani dagli idolatri o infedeli: perocche oggi ai dotti non sembra che gVinfedeli si cominciassero a chiamar pagani, senon assai tempo dopoilsecolo terzo, epoca nella quale diciamo che fu scritta questa epigrafe. II lessico del Furlanetto, il quale ci rinyia al De Yita come a quello che ha trattato a tondo e dottamente questa materia, insieme arreca un luogo di Tertul- liano , non ayvertendo , che se cio e yero , cade tutta la dimostrazione del De Yita, al quale egli ci rimette. Imperocche il De Yita (Antiqq. Be- nev. I, p. 276) sostiene che questo senso non fu dato alia parola paganus, se non sulla fine del secolo quarto, e inyece Tertulliano scrisse quel trat- tato suiresordio del secolo terzo. Ma il passo di Tertulliano 1 non ha il senso che gratuitamente gli attribuisce il dizionario, eneanche il DeYita ha ragione di abbassar tanto Tuso del vocabolo nel senso di infedele o idolatra. Meglio sarebbesi citato il commentario del Gotifredo al Cod. Theod. XYI, t. X, il quale ayeva gia dimostrato che bisognaya risalire alVanno 368, nel quale troyasi contemporaneamente e nel Codice (in lege

\ De cor. mil. XI Apud hunc ( lesum ) tarn miles est paganus fidelis, quam paganus miles infidelis, ove il paganus si opponc da Tertulliano al mile* e non al fidelis, come ha ben notato il padre De la Cerda.

ARCHEOLOGIA 213

18 supr. de episcopis] e nel trattato di Mario Yittorino (De GJAOGUOIW re- fipiendo), e nel quale si legge: Graeci quos "EXXWS; w/ paganos vacant, multos deos dicunt *. Del resto il Gotifredo sostienc che quindi non puo provarsi che tal senso della voce paganus fosse molto prima ricevuto. Cio e quanto si e scritto finora intorno al tempo, in che apparve la prima volta la voce paganus nel senso di infcdele o idolatra: perocche il Dressel nella nota aPrudenzio p. 403, a. 1860, con insigne impostura dicendo di non Yoler fare parola delle antiche opinioni « le quali per lo piu fanne ridere » col fatto poi non altro stampa se non la nota conghiettura, che avendo Costantino fatti chiudere i tempii pagani, il cnlto superstizioso seguitassc a rendersi nei paghi, e indi ne derivasse il nome paganus. Ma questa sentenza che egli stima prossima al vero e poggiata sul falso ; non avendo Costantino chiusi i tempii degli idolatri, ma soltanto fatta cessare la persecuzione contro ai cristiani. E invccevero chelasocietacristiana, formatasi da principio nelle citta ove aveva chiese e sacerdoti e Yescovi, comincio ad appellare pagani gli idolatri : ed e percio appunto che il pa- fjana nata deirepitaffio, invece di abbassarne I1 eta, anzi ne confermereb- be Talta epoca, quantunque non avessimo alcun altro esempio.

Ma vaglia il vero, Tesempio non manca e fa meraviglia che sia sfug- gito finora ad uomini dotti, che si sono occupati di chiarire il senso cri- stiano di quel vocabolo. Esso trovasi in quel luogo medesimo di Tertul- liano, dal quale si cita il passo allegato dal lessico, che in verita nol diim> stra. Dice Tertulliano in sostanza (de Cor. mil. c. 6): Se alcun soldato si fa cristiano, o egli deve abbandonare subito la profession militare, come inolti fecero, ovvero bisogna che stia sempre disputando seco medesimo, perche non faccia nulla contro Dio di do che come soldato non gli 4 permesso di omcttcre, ovvero che alia fine egli per Dio soffra cio che la fede ginrata dai soldati pagani fa che essi patiscano pel loro principe. Suscepta fide atquc signata, aut deserendum statim sit, ut multis actum, ant omnibus modis cavillandum ne quid adcersus Deum committatur , quae nee ex militia pcrmitiuniur , aut nomssime perpeliendum pro Deo quod aeque fides pagan a condixit. Nel qual luogo tanto e il dire fides paga- na, (juanto fedelta dei soldati non cristiani, opponendo lo scrittore evi- dentemente il soldato fattosi cristiano, e tuttavia militante, al soldato non cristiano, col quale egli e tenuto al sacramento militare, non meno che a Dio, del quale egli e parimente soldato, perche cristiano.

\ Cf. c. t. 4, 1. iG supr. tie Hacr. Gentiles, quos vultjo paganos appellant. S. AUGUST. 2, lietract. '«3: Dcorum falsorum malorumque cultores, quos usitato nomine paganos voca- mut. Id- De op. mouach. c. 2: Quis ulique nonnisi gentiles, quos patjanos dicimus, vult in- telligi, c. 2: Si Graecot quos ctiam paganos dicimus. Dai quali testi non ben conchiude il DC Vita che tal senso cristiano siasi cominciato a dare verso quei tempi. Anche nella L. XI del C. Th. data 1'a. 412 e scritto: Qui profano pagani rilus err ore sen crimine polluuntur, hoc est gentiles; c nondimeno il senso di paganus non era allora nuovo neanchc nel Codice, ovc si leg{je fin dal 668, come ha notato il Gotifredo.

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Essendo con cio dimostrato che il senso della voce pagana nan si op- pone all'alta epoca da me assegnata aircpitaffio, yengo ora ad una pro- ya, che e positiva.

Sta questa nella seconda circostanza mentoyata dl sopra, yoglio dire nel- le parole ?OIIO CORRP, intese dal Muratori come se avesse il padre yo- luto dire, che quella fanciulla era nata pagana col corpo : di che non puo imaginarsi un senso piii strano. Che che ne sia del vocabolo 20IIO, che par chiaro essersi sbagliato dallo scultore, certo e che le lettere seguenti CORRP non danno alcun luogo a simigliante censura. Imperocche stando esse dopo un nome proprio, a quanto pare, e almeno in luogo oye se- condo tutte le ragioni si aspetta legger qualche cosa che determini Fepo- ca della nascita di qu-esta fanciulla, corre spontaneamente al pensiero il solito modo d'indicarla, che e quella di citare o i consoli di quell' anno, ovyero il governatore della proyincia. Nel qual caso CORRP si presta come sigla soleime alia integrazione CORRec/ore Vrovinciae. Di fatti in al- tre epigrafi sia di Correttori sia di Consolari leggiamo CORR'P' S, (Tor- remuzza p. 35, n. 32 Corrector Prov. Siciliae) CONS' P- S, Id. p. 37, n. 35 (Consularis Prov. Sic.}, per tacere di tanti altri esempii, che non appar- tengono a questa proyincia, ma che ne dimostrano il yolgare uso di quei tempi. Ne poi fa difficolta il yedere omessa la sigla S, la quale non e ne- cessaria in un epitaffio della proyincia medesima, e yolendosi determina- re un1 epoca; siccome sembra, se non necessario, almen conyeniente che non si ometta in epigrafi onorarie, quali son quelle citate di sopra, oyc figura. Accettato il senso di queste sigle, non riman dubbio che il yoca- bolo precedente sia il nome del Correttore ; oye non occorre, in mancanza di confronti, che ci poniamo a yoler sapere se fosse un ZO- (V' C), Zfeno- pkil)o V(iro) C(larissimo) l, oyvero un ZOI(L)0 o alcun altro, il che se potessimo definire, sarebbe certamente opportunissimo : ma non potendo cio fare, resta nondimeno proyato che Tepitaffio fu scolpito quando i Correttori goyernayano la Sicilia, il che ci riporta agli anni che corsero fra i due imperatori Aureliano e Costantino, come son per dimostrare.

La proyincia della Sicilia fin dal suo primo ordinamento fu retta da Pretori e poscia da Proconsoli, i quali la governarono fino a che piacque sottoporla ai Correttori. Credeyasi una yolta che questa nuoya carica fosse stata introdotta da Diocleziano : ma poscia ayutosi notizia da una lapida, che Rufio Yolusiano ITERVM CORRECTOR dedico a Carino (Geryasio, Ossery. sulla iscriz. di Mayorzio Lolliano p. 41), giudicossi

1 II Mommsen, Feldmessor, p. 203 stabilisce clie le sigle V- O, C'V- a(jginnte a; Correttori non hanno il solito senso <li Vir Clarissimus, Clarissimus Vir, ma invece qucllo di Vir Con- sularis, Consularis Vir: ed allega in prova 1'iscrizione capuana (T. IV, 4087) nclla qualc P. Elvio Dionisio si appella CONS VIR CORR CAMPAN. Alia qual sentenza parnii si opponga e il solennissimo uso delle sigle O V- e il titolo di AaiMTpo'Taro; dato da Costantino a Latro- niano ap. Ensebio, H. E. X, 5, ed a Calvisiano dagli Atti sinceri di S. Euplo (COTELIEH, Mon. Eccl. Gr. 4, p. 7S5.)

ARCHEOLOGIA 215

meglio di quest! Correttori, e si dissero instituiti da Aureliano. Difatti Trebellio Pollione (in Tetrico c. 23) narra die Aureiiano fece Tetrico Correctorem totkis Italiae nel 274, ovvero Lucaniae, come scrivono Eu- sebio nel Cronico, i due Yittori, Eutropio (IX, 13), e Vopisco in Aurelia- no (c. 39). E quindi probabilissimo che, come nella Italia, cosi nella Si- cilia fossero introdotti i Correttori fmo da quell1 epoca.

Ma questo titolo non si ritenne oltre i primi decennii del secolo terzo, perocche essendo aggiunta ai Correttori Tonorifica appellazione di Consu- laris Vir (Mommsen, Feldmesser, II p. 205) e cominciandosi forse a chia- mare Consular is Vir Corrector, finirono ben presto col darsi il semplice titolo, che troviamo nel quarto secolo e nel seguente, di Consularis (nunc a Consularibns administrator: Rufi Brev. c. 4), finch c non piacque a Giu- stiniano per la provincia della Sicilia I1 anno 537 (Novell. lustin. LXXV, CIIIl) camhiarlo in Praetor. II Boeching (v. Not. Dignit. p. 432,* seg.), non aveva trovato Consolari in Sicilia, anteriori a Meinmio Yitrasio Orfito e a Flavio Dulcizio (Torremuzza, Iscr. della Sicilia p. 63) , i quali fabbri- carono una stazione in Selinunte ai tempi di Costanzo e Costante impera- tori, cioe fra gli anni 340 e 350. Egli e vero che poscia negli addenda a p. 1203 ci reca un Latroniano , tolto dagli Atti del martire S. Euplo, che sono riferiti dal Surio ai 12 Agosto p. 184 segg. , il quale dicesi in essi Consularis Siciliae all' anno 303 : ma cio non prova nulla, perche fu gia. avvertito dal Cotelier che quegli atti sono posteriori ; laddove gli atti sinceri scritti neiranno 304, essendo consoli Diocleziano la nona volta, e Massimiano Tottava (Cotelier, Monum. Ecclesiae Graecae 1. 1) non lo appellano altrimenti che chiarissimo Correttore p. 753, 6 xajj«rpoTaTo;

Tolto adunquc di mezzo questo esempio, rimane che indaghiamo il tempo, nel quale Fappellativo Consularis Prov. Sic. prese il posto di Corrector Prov. Sic. V ultima notizia che io trovo di un Corrector Pro- vinciac Siciliae, proviene dalla epigrafe posta dai Lilibetani a Zenolilo (Torrem. p. 53, n. XLII) DOMINO ZENOPIIILO V- C- CONR- PROY. SICIL*, che forse e la persona medesima col Zenofilo console delFan- no 333. Ma quasi nel tempo medesimo mi si offrono due Consolari della Sicilia: il primo e C. Celio Saturnine, stato della comitiva di Cos^antino Massimo Augusto e console di anno incerto (Or. Ill, 6507), il quale si appella CONS- PROYINC- SICIL, e il secondo mi si oft're in Lucio Ara- dio Yalerio Proculo CONS' PR- S, dipoi console nel 340 (Grut. 361, 1). Di modo che si puo indi conchiudere, che tal cambiamento di titolo sia awenuto sotto Costantino, e negli ultimi anni del suo governo.

Passo alia terza circostanza deirEpitaffio notata di sopra, che e il FIDELIS FACTA. Ricorre qui la seconda volta questa locuzione, che noi gia vedemmo nella breve epigrafe che precede la estesa narrazione. II cui senso non e ignoto cssere quello di battezzato, laddove il nome Chri- stianus davasi in alcune chiese comunemente ai catecumeni, sin da quel

216 ARCHEOLOGIA

giorno nel quale erano ricevuti colla imposizione dcile mani. Nel qual senso deve prendersi il Canone 39 del Concilio di Elvira, oye si legge : Gentiles si in infirmitate desideraverint sibi manus imponi, si fuerit eo- rum ex aliqua parte vita honesta, placuit eis manus imponi, et fieri Chri- stianas (cf. Can. 59). L'appellazione fidelis nel solenne senso di battezzato fu specialmente propria della Cliiesa di Roma, a testimonianza di S. Am- brogio (Serm. 80 de sacr. 1, c. 1), In christiano viro prima esl fides: ideo Romae fideles dittmtur qui baplizati stint . In Chiusi ebbero ravvertenza di congiunger insieme i due vocaboli Christianus e Fidelis, per assicura- re vie meglio il senso del secondo. Leggesi usato in questo modo nel- 1'epitafiio di Aurelio Melizio, morto di quattro anni, INFANS CRIST AEA- NYS FIDELIS. La qual citazione ci e utile, ancbe pel confronto del bat- tesimo conferitogli in caso di morte. Sogliono gli antichi e i moderni scrittori arrecare, a proposito del battesimo conferito ai fanciulli nella Chiesa primitiva, Tesempio di Aproniano fanciullo, la cui avola veden- dolo yicino a morte, PETIYIT AR ECCLESIA YT FIDELIS DE SECY- LO RECESSISSET (Marini, Arv. p. 171). La benedetta fanciulla Giulia, appena ebbe ricevuto il battesimo, semhro essere ritornata alia sanita di prima, ITA YT CONSYETA REPETERET : ma Iddio la chiamo a se ed ella mori nel Signore quattro ore dopo.

La quarta condizione, accennata di sopra, riguarda il luogo della morte e conseguentemente della sepoltura DEFVNCTA IIYRLE. II Muratori ha annotato, che tre furono le Ible in Sicilia, la maggiore, la minore e la piccola. Finatanto che non saprassi dove fu trovata la nostra la- pida, sara solo per conghiettura che noi Fattribuiamo piuttosto alia Pic- cola che alia Maggiore ovvero alia Minore. Perocche sembra piu ve- rosimile che siasi trovata nella marittima Ibla,-nominata Megara e Pic- cola, che Pausania negli Eliaci chiama borgo >«opi, e Plutarco nel Ni- cia piccola citta, woxCxvwv ^.«t?o'v, e che era tuttavia abitata nel secolo quarto (V. Serv. in Eel. 1, 55) ; laddove la Maggiore posta alle radici delFEtna era del tutto deserta, r( uiv lor.ao? i? aw*v, come Pausania 1. c. afferma. Quanto alia Minore, che non era riel territorio Catanese come le due prime, ma fra Girgenti ed Acri neirestrema parte meridionale deirispla, io stimo meno probabile che Tepitaffio siasi di si lontano portato in Messina, o in luogo certamente non molto remoto, ove la po- te copiare il messinese abate, che Tinvio al Muratori.

Nel narrare tutte queste cose il padre della fanciulla ha tenuto in con- to e notato il giorno in che nacque, quello in che mori, e Fora deH'uno e deiraltro : inoltre quanto tempo ella visse. Egli era sicuramente cri- stiano, ma non sappiamo se battezzato, ovvero. tuttavia catecumeno : cio solo risulta dalFepitaffio, che quando gli nacque Giulia egli era an- cora pagano.

II costume di noverare i giorni di vita dei defunti e le ore e persino i minuti, e se di notte o di mattino venuti alia luce, e trapassati, non e di

ARCHEOLOGIA 217

sna natura superstizioso, quantunque puo sembrare anoi superfluo, che abbiamo abitudini del tutto diverse. Per un padre cbe amava lenera- inente la figlia, parmi sia una espressione di affetto, la qualc il condu- cesse a coutare si minutamente quanto poteva riguardare la breyissima vita della bambina. Egli difatti narra cbe quella perdita gli era stata amarissima, e che insieme colla madre ad ogni momenta ne piangeva. Ma un pianto si prolungato e senza tregua, non era certamente lodevole in una cristiana famiglia: e pero Iddio gli fe una nolle senlir la sua voce che gli vielo di pianger piii ollre una fanciulla, la quale in luogo del- la yita morlale godeya la yila elerna. Tulto cio noi leggiamo scrillo neirepilaftio, ed e forse 1'unico esempio che se ne abbia. Se non che siamo esorlali nei sacri libri e dai SS. Padri di cessare il pianlo per la merte dei noslri cari, che hanno lasciala la lerrena yila per la celesle : ed e in acconcio die, volendo far nolare essere lali senlimenli espressi in allre cpigrafi, io ne Irascelga una, nella quale avro il piacere di moslrarli il primo. Leggonsi essi in un crisliano cpigramma di Tevesle, pubbKca- to nelle Inscr. de P Algeria n. 3156 da Ire frammenli, in queslo modo:

a b c

...ADA SACONIVGEFVN I M I SI

BIBER STALEM CVI PRO DOLEA

CRIMAS BITAPERENNIS DATA!

DASNI ITAPRIDIEKL

MORT tNDICTIONE

INPACE

.<

L'editore Leon Renier, ayyerle che i due frammenli a e (f hanno una cornice, il primo a sinislra, il secondo a deslra. Queslo parmi un abba- glio, cd ha forse impediio che anch' egli si accorgesse della yera colloca- xione dei frammenli. Perocche lanlo solo che il frammenlo c si inlerponga tramczzo il frammenlo a e il frammenlo 6, e che il frammenlo a si solle- vi piu alto due linee, si leggera con lieye supplement Pepigranima cosi :

...ADA

BIBER nela-

CRIMAS dIMISSA CONIYGE FVN

DAS NI DOLEAS TALEM GVI PRO

M-ORTe DATA BITA PERENNIS

rf^p'o*ITA PRIDIE KL

.... INDICT10NE

. . . . ne lacrimas dimissa coniuge fundas Ni dole-as takm cui pro morte data mta perennis.

21 8 ARCHEOLOGIA

Ma ritorniamo alia nostra epigrafe. E ancor notevole il modo col qnalc questo sentimento in essa si esprime ; perocche MAIESTATIS VOX e posto invece di Divinitatis vox, Dei vox , nel qual senso T ha usurpato Prudenzio (Peristeph. VI, 118-19), ove parlando del Martiri di Tarra- gona, scrive che la Maesta li chiamo a se di mezzo ai torment! , con- cedendo loro di morire.

Exorata suos obire tandem Maiestas famulos iubet.

Era costume di collocare, wpcTifleo6*i, il cadavere del defonto, lavato ed unto, nella prima sala di casa e incontro alia porta d' ingresso : indi dopo alcuni giorni gli si facevano le esequie ed era portato con onore al se- polcro : cio si diceva efferre mortuum e condere, sepellire. Bisogna per altro avvertire che collocare ehbc ancora il significato di sepellire, e cosi leggesi adoperato neirepitaffio di Claudiana yergine vestale, del 242. (Grut. 369, 7) ; se ne ha inoltre un riscontro in Gapitolino (Anton, pio) ove scrive che Antonino trasporto a Roma da Baia il cadavere di Adria- no atque in hortis Domitiae collocavit, e 1' ha dimostrato il Guthero (De hire manium I, c. 18) contro al Casaubono, che aveva notato a quel pas- so : cave accipias hie pro condere el sepellire. Ma nel nostro epitaiTso cio si legge piuttosto della epigrafe apposta al sepolcro dal padre PARENS CONLOCAVIT, che del cadavere sepolto, essendosi poi nelFultima linea rispetto alia defunta usato il verbo' humare : CY1VS CORPVS HVMA- TVm Est IIII NON OCTOBR. In un epitaiTio cristiano ci saremmo aspettato il vocaholo DEPOSITVM, che fu di uso cristiano: ma giova avvertire chcj'uso di queste voci deponere, depositus, dcpositio non era ancor molto diffuse , al tempo nel qnale deve essere stato scritto T epi- taffio, che per me c la seconda meta del secol terzo. lo dico che non era ancor molto diffuso, dappoiche il trovo in uso nel marmo di un ambula- cro, « i cui sepolcri sono senza dubbio del sccol terzo » (Bull. d'Arcli. crist. 1866, p. 25). Esso fn posto da Elio Saturnine a Cassia Feretria CONIVGE BENEMERENTI DEPOSTIO TERTiV NONAS FEBRARIAS; e inoltre il j'ivedo in sigla neir anno 290 in altro marmo dedicate a Catilia IN PACE FILIAE DVLCISSIMAE D. P. (depositae) ; e in un terzo del 291 DEP CONIVGA INNOCENTJSSIMA; e in un quarto del 298 DEP. ; indi al 310 IN PACE DEP. i quali esempii si trovano nel I vol. delle Inscr. Christ. Urbis, edite dal sig. De Rossi e maestrevolmente il- lustrate. E adunque una buona ragione Yhumatum, perche la nostra epigrafe si creda piuttosto antcccdere 1'ultimo decennio del secol terzo, anzi che assegnarla ai primi decennii del secol quarto.

Stando alle due note cronologiche registrate' dal padre, il quale ne avverte che la fanciulla e morta HORA DIE PRIMA SEPTIMVM KAL OCTOBRES.(25 Sett.) e.fu sepolta IIII NON OCTOBR (4 Ott.), sareb-

ARCHEOLOGIA 219

Lero decorsi dieci giorni di lutto. Sebbene cio non ripugni alle antiche usanze, e vi sia anzi una buona ragione nell1 affetto del suoi parent! ; tro- YO pcrtanto un ostacolo nel novero, che il padre ha fatto degli anni e dei giorni di vita di questa fanciulla. Avverti, dice egli, che Giulia nacque il 6 Marzo, visse48 mesi e 22 giorni : il che vale, a conti fatti, che la morte accadde il di 28 Settembre compiuto, e nella prima ora del 29, quando invece e il giorno 25 Settembre che si legge notato sopra. Reca in vero maraviglia che siasi sbagliato da im padre, il quale con tanta cura ha voluto farci sapere i giorni di yita della sua cara liglia ; ma se vuole al- cuno assolyerne il padre, o tutto al piu lo scriptor tituli, egli e mestieri supporre alcuiia cosa di piu strano, cioe Tomissione di quattro bissestili, di che non so se si abbiano proye ragionevoli.

Resta ora che diciamo alcuna cosa delle due particolarita notabili nella epigrafe, cioe che il corpicciuolo di Giulia fu col suo sepolcretto posto innanzi ringresso che si diceva dei Martiri : PRO FORIBYS MAR- TYRORVM, e'che gli rese questo pietoso ufficio un sacerdote: PER PR,(E)SB(Y)TERVM HVMATVw Est.

E notissima la premura che si davano i primi cristiani di essere se- polti presso i corpi di coloro che avevano data la yita per Cristo : se ne trova menzione in tutti i trattati, anche di coloro che negano essersi con cio prestato nella Chiesa alcun culto ai martiri. Essi intendeyano unire i loro corpi ai corpi dei Santi e giusti, per trovarsi con loro nel- ta risurrezione. Generalmente le espressioni dormire, quiescere cum san~ ctis, inter sanctos, di che si hanno gli esempii nelle epigrafi cristiane e giudaiche, non altro riguardano, che la pace del sepolcro; onde e che (juando Procula, chiarissima donna serya di Dio, ci disse nel suo epitaf- n'o, che essa e yenuta dalla terra a riposare presso i martiri (De Bois- sieu, Inscr. de Lyon p. 547 ; Le Blant, Inscr. chret.de la Gaule n. 58), non voile altro intendere, se non che aveva lasciato il mondo e le ter- rene cose (che questo e il senso di terra, saeculum, mundus a) per sta- re in compagnia de' martiri, o sia dormire il sonno del Signore presso alle loro tombe: A TERRA AD MARTYRES. Giulio, neofito fervoro- so, non voile altrove collocare la sua Giulietta, che alia porta della Ec- clesia, ove riposavano i martiri, e che egli percio chiama fores mar- tyrorum (cosi scritto al pari di pauperorum, di omniorum che leggonsi in altri epitaffii). Notizia ella e questa assai preziosa, poiche dei mar- tiri di Ibla Megara, non si ha sen tore nei Martirologii, ne nella Storia ecclesiastica di Sicilia.

\ II mistico senso di queste voci e volgarissirao nella Scrittura e nei SS. Paclri ; v. p. e. loh. Ill, 34: o toy sx TT; "pc etc. qui est de terra et terra est et de terra loquitur. Nelle epigrafl cristiane s' incontra non di rado la locuzione tqxiivalente VIXIT IN SAECYLO, ma quando si voile dire yisse nel mondo anni tanti e di questa vita passo alia eterna, non tro- viamo che quel termioe siasi mai signiGcato cLiamamlolo la sede dei martiri, sibbene la sedc ai Dio, e pero si legge IIT AD DEVM, EVNTI IN PACE INNOCENTI A DEO.

220 ARCHEOLOGIA

Quanto al sacerdote che presto T opera sua alia scpoltura non ab- biamo a fame maraviglia, quasi che alia dignita sua non convenisse un tal officio, a cui erano deputati cherici inferior!, che chiamayansi dalla loro incombenza copiatae, M™-**.: perocche facilmente non furono in- stituiti questi official! se non al secolo quarto. Ma i sepukra martyr urn, raw* aapTupwv, erano chiese consecrate alia loro memoria, e nelle quali erano venerate le loro reliquie, e di queste fabbriche al secol terzo si contava per tutta la cristianita un gran numero ; le quali poi crebbe- ro ancor piu e furono edificate piu ampie come attesta Eusebio (H. E. VIII, 1), nella lunga pace che ebbe la Ghiesa da Valeriano a Dio- cleziano, il che ci viene anche confermato dal filosofo aristotelico presso Magnete (Spic. Solism. inAntirr. Nicephori p. 318) e da altri. Or fu costume di assegnare a ciascun titolo o chiesa almeno un sacerdote, che yi celebrasse i divini misteri e vi facesse i funerali a quei fedeli, che yenivano ad interrarsi o intorno alia chiesa o nelle cry^tae sottoposte. Ibla era dei Catanesi ed ayeya^alla sua destra Siracusa. Nelle quali due citta erano memorie di celebri martiri.

Dichiarata cosi la lettura e il valore di tutie le frasi di questa impor- tantissima epigrafe cristiana, la possiamo trascriyere senza le accorcia- lure e gli errori dello scrittore del titolo , e darla qui tutta per disteso. Essa dunque deye leggersi come segue.

hdiae Florentinae infanti dulcissimcw atque in-

nocentissimae, fideli factae, par ens conlocavit.

Quae pridie nonas Martias ante lucem, pagana

nata, Zoilo (?) Corr. P. mense octavo decimo et vicesi-

ma secunda die completes, fidelis facta hora no-

ctis octava, ultimum spiritum agens, supervixit

horis quattuor, it a nt consueta repeteret, ac de-

functa Hyble, hora diet prima, septimum kalendas

Octobres, cuius occasum cum utcrque parens om~

ni momento fleret, per noctem Mai es tat is

vox extitit, quae defunctam lamentari prohi-

beret. Ctiius corpus pro foribus martyr mum cum

loculo suo $vr presbyterum humatum est IH1 nonas Octobres.

Dalle poche considerazioni sommariamente esposte qui sopra, ciascun puo vedere di quanta utilita siano le iscrizioni alia storia del domma e dei riti della Chiesa, e come ci dobbiamo rallegrare, che ai tempi no- stri si adoperino uomini dottissimi in cristiana epigratia a rendere que- sto insigne seryigio alia Chiesa, dimostrando che la integrita e purita della sua dottrina e della disciplina sua, dai primi secoli si e perpetua-

ARCHEOLOGIA

ta senza ombra no ruga, e cio perche le ritornino in seno quci die gia traviarono, seguendo Ferrore di una falsa dottrina, o piuttosto Tistin- to delle orgogliose loro passioni.

2. Piacemi aggiungere a questa epigrafe cristiana la interpretazione (ft una epigrafe pagana, di recente trovata fra rottami presso Cagliari nel- Tisola di Sardegna, non si sa il luogo precise, e a me trasmessa- dal Rev. sig. can. Teologo di quella Chiesa :

C IVLIVS MYNICIPI L FELldO YIDVO . LOG AMPLUVIT V C L M

Felicione, servo del Mimicipio di Cagliari, divenuto poi liberto, pre- se il nome e il prenome facilmente da quel magistrate che lo mano- mise. Egli e che ha posto questa lapida, nella quale dice di aver adem- pito un voto, fatto al dio Viduo, di ampliare il luogo ove esso dio aveva culto. Per intendere chi sia questo dio Yiduo non ci rimanc da tutta Tantichita se non un unico passo. S. Cipriano nel libro de Idololatria, secondo le edizioni del Gravio, del Pamelio, del Rigault, scrive: Vi- duus deus qui anima corpus viduat, qui quasi feralis et funebris intra muros non habeiur. Le sigle Y . C . L . M in luogo delle solite Y . S . L . M non si potrebbero spiegare se non avessimo due confront!, che ci sono somministrati dalla insigne raccolta dlscrizioni dell1 Algeria, pub- blicata dal sig. Leon Renier. Nella prima leggiamo: n. 1568 YOTVM COMPLEYERYNT, e nella seconda n. 2547 YOTYM COMP. Stando al primo esempio io snpplisco il COMP di questa COMP(/en^), in vece di YOTYM COMP (os) , che e il supplement proposto dal dotto editore. Nella nostra lapida di Cagliari adunque le quattro sigle si possono in- terpretare V(ofwm) C(omplens) o C(omplevit) L(ibens] M(erito}.

SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI

P I I

D1VINA PROVIDENTIA

P A P A E IX.

LITTERAE APOSTOLICAE

AD OMNES PROTESTANTBS, ALIOSQVE ACATHOLICOS

AD OMNES PROTESTJLNTES, ALIOSQUE ACATHOLICOS

PIUS PP. IX.

lam vos omnes noveritis, Nos licet immerentes ad hanc Petri Cathe- dram evectos, et iccirco supremo universae catholicae Ecclesiae regimi- ni et curae ab ipso Christo Domino Nobis divinitus commissae praeposi- tos opportunum existimasse, omnes Yenerabiles Fratres totius orbis Episcopos apud Nos vocare, et in Oecumenicum Concilium futuro anno concelebrandum cogere, ut cum eisdem Yenerabilibus Fratribus in solli- citudinis Nostrae partem vocatis ea omnia consilia suscipere possimus, quae magis opportuna, ac necessaria sint, turn ad dissipandas tot pesti- ferorum errorum tenebras, qui cum summo animarum damno ubique

PIO PAPA IX.

A TUTTI I PROTESTANTI ED AGLI ALTRI ACATTOLICI.

Gia tutti voi avrete couosciuto, cbe Noi, quantunque senza Nostro merito, Innalzati a questa Cattedra di Pietro e percid preposti al supremo governo di tutta la Cbiesa cattolica ed alia cura d\ essa affidataci divinamente dallo stesso Signer Nostro Gesu Cristo, abbiamo giudicato opportune di convocare presso di Noi i Vescovi di tutto il mondo, e radunarli neirecumeiuco Concilio da ce- lebrarsl Tanno venture, affincbe cogli stessi Venerabili Fratelli, cbiamati a parte dellaNostra sollecitudine,possiamo fermare tutti quei provvedimenti, che siano piu opportuni e maggiormente necessarii, si a a dissipare le tenebre di tanti pestiferi errori, che con sommo danno delle anime da pertutto

LETTERE APOSTOLICHE DI S. S. PIO PAPA IX. 223

in dies dominantur et debacchantur, turn ad quotidie magis constituen- dum, et amplilicandum in christianis populis vigilantiae Nostrae con- creditis verae fidei, iustitiae veraeque Dei pacis regnum. Ac vehemen- ter confisi arctissimo et amantissimo coniunctionis foedere, quo Nobis, et Apostolicae huic Sedi iidem Yenerabiles Fratres mirifice obstricti sunt, qui nunquam intermiserimt omni supremi Nostri Pontificatus tempore splendidissima erga Nos, et eamdem Sedera fidei, amoris, et obseryantiae testimonia praebere, ea profecto spe nitimur fore ut ve- luti praeteritis saeculis alia generalia Concilia, ita etiam praesenti saecu- lo Concilium hoc Oecumenicum a Nobis indictum uberes, laetissimosqne, divina adspirante gratia, fructus emittat, pro maiore Dei gloria, ac sem- piterna hominum salute.

Itaque in hanc spem erecti, ac Domini Nostri lesu Christi, qui pro universi human! generis salute tradidit animam suam, caritate excita- ti, et compulsi, haud possumus, quin futuri Concilii occasione eos omnes Apostolicis, ac paternis Nostris verbis alloquamur, qui etiamsi eumdem Christum lesum veluti Redemptorem agnoscant, et nrchristiano no- mine glorientur, tamen veram Christi fidem haud profitentur, neque catholicae Ecclesiae communionem sequuntur. Atque id agimus, ut omni studio et caritate eos vel maxime moneamus , exhortemur , et obsecremus, ut serio considerare et animadyertere velint, nuin ipsi yiam ab eodem Christo Doinino praescriptam sectentur, quae ad aeternam

reggiano ed imperversano; sia a stab Hire ogni di maggiormente ed atnplificare nei popoli affidati alia Nostra vigllanza il regno della vera fed , della giustizia e della vera pace di Dio. E princlpalmente affidati allo stretti&simo e dolcissi- mo patto di unione, col quale sono mirabilmente legati a Noi ed a questa Sede Apostolica gli stessi Venerabili Nostri Fratelli, che giammai non omisero in tutto il tempo del Nostro Supremo Pontificato di dare splendidissime prove di fedelta,di amore e di ossequio a Noi ed alia stessa Nostra Sede, speriamo die, siccome nei secoli scorsi gli altri Concilii general!, cosi nel presente secolo questo Concilio ecumenico da Noi convocato sia per produrre, col favore della grazia divina, frutti copiosi e lietissimi per la maggiore gloria di Dio e per la salute eterna degli uommi.

Laonde, sosteimti da questa speranza,ed eccitati e splnti dalla carita di No- stro Signor Gesii Cristo, il quale diede Fanima sua per la salute di tutto il genere umano, neiroccasione del futuro Concilio non possiamo trattenerci dal- Tindlrizzare le nostre paterne ed apostollche parole anche a tutti coloro, i quail, quantunque riconoscano lo stesso Gesii Cristo come Redentore e si glo- riino del nome di cristiani, tuttavia non professano la vera fede di Cristo, ne seguono la comunione della Cbiesa cattolica. E cio facciamo ammoneadoli, esortandoli e pregandoli a considerare seriamente ed a riflettere, se eglino se- guano la via prescritta dallo slesso Cristo Signor Nostro, la quale conduce

2M LETTERE APOSTOLICKE

perducit salutem. Et quidem nemo inficiari, ac duhitare potest, ipsum Christum lesum, ut humanis omnibus generationibus redemptionis suae fructus applicaret, suam hie in terris supra Petrum imicam aedificasse Ecclesiam, idest unam, sanctam, catholicam, apostolicam, eique neces- sariam omnem contulissc potestatem, ut integrum inviolatumque custo- diretur fidei depositum, ac eadem fides omnibus populis, gentibus, na- tionibus traderetur, ut per baptisma omnes in mysticum suns corpus cooptarentur homines, et in ipsis semper servaretur, ac perticeretur ilia nova vita gratiae, sine qua nemo potest unquam aeternam me- reri et assequi vitam, utque eadem Ecclesia, quae mysticum suum con- stituit corpus, in sua propria natura semper stabilis et immota usque ad consummationem saeculi permaneret, vigeret, et omnibus filiis suis oinnia salutis praesidia suppeditaret. Nunc vero qui accurate conside- ret, ac meditetur conditionem, in qua versantur variae, et inter se di- screpantes religiosae societates seiunctae a catholica Ecclesia, quae a Christo Domino, eiusque Apostolis sine intermissione per legitimos sa- cros suos Pastures semper exercuit, et in praesentia etiam exercet di- vinam potestatem sibi ab ipso Domino traditam, vel facile sibi persua- dcre debebit, neque aliquam peculiarem , neque omnes simul coniun- ctas ex eisdem societatibus ullo mo do constituere, et esse illam unam et catholicam Ecclesiam, quam Christus Dominus aedificavit, constituit, et esse voluit, neque membrum, aut partem eiusdem Ecclesiae ullo

all'etevna salute. E certo nessimo potra negare che lo stesso Gesu Cristo, per applicare a tutte le umane generazioni i frutti della sua redenzione, abbia edi- iicato qui in terra sopra Pietro Tunica Chiesa, che e una, cattolica, santa, apo* stolica; ed a lei abbia conferito ogni necessaria potesta, per conservare intero ed inviolabile il deposito della fede, e per insegnare la stessa fede a tutti i po- poli, a tutte le genti, a tutte le nazioni, affinche tutti gli uomini per mezzo del battesimo siano uniti nel mistico suo corpo ed in essi si conservi e si perfe- zioni quella nuova vita di grazia, senza della quale nessuno puo mai merita- re e conseguire la salute eterna: ed affinche la stessa Chiesa, che costituisce il mistico corpo di lui, durl e prosperi nella sua propria natura stabile ed incrol- labile, fmo alia consummazione dei secoli, e sommmislri a tutti i suoi figli tutti i presidii di salute. Ora poi chi accuratamente consideri e mediti la condizione in cui si trovano le varie societa religiose discordi tra loro, e separate dalla Chiesa cattolica, la quale dal tempo di Gesii Cristo Signor Nostro e dei suoi Apostoli, senza interruzione, per mezzo dei legittimi suoi sacri pastori, sempre esercito ed anche al presente esercita la divina potesta a lei dallo stesso Cristo Signor ISostro conferita, facilmente dovra persuadersi , che ne veruna delle stesse societa in particolare, ne tutte insieme congiunte non costituiscono in nessun modo, ne sono quell1 una e cattolica Chiesa, che Gesu Cristo edified, costitm c voile che esistesse; ne si puo dire in nessun modo che siano mem-

DI S. S. PIO PAPA IX. 225

modo dici posse, quandoquidem sunt a catholica imitate visibiliter di- visae. Cum enim eiusmodi societates careant viva ilia, et a Deo con- stituta auctoritate, quae homines, res fidei, morumque disciplinam praesertim docet, eosque dirigit, ac moderatur in iis omnibus, quae ad aeternam salutem pertinent, turn societates ipsae in suis doctrinis conti- nenter variarunt, et haec mobilitas ac instabilitas apud easdem societa- tes nimquam cessat. Quisque vel facile intelligit, et clare- aperteque noscit, id vel maxime adversari Ecclesiae a Christo Domino institutae, in qua veritas semper stabilis, nullique unquam immutationi obnoxia persistere debet, veluti depositum eidem Ecclesiae traditum integerri- me custodiendum, pro cuius custodia Spiritus Sancti praesentia, auxi- liumque ipsi Ecclesiae fuit perpetuo promissum. Nemo autem ignorat, ex hisce doctrinarum, et opinionum dissidiis socialia quoque oriri schi- smata, atque ex his originem habere innumerabiles eommuniones, et se- ctas, quae cum summo christianae , civilisque reipublicae damno magis in dies propagantur.

Enimvero quicumque religionem veluti humanae societatis fundamen- tum cognoscit, non poterit non agnoscere, et fateri quantam in civi- lem societatem vim eiusmodi principiorum , ac religiosrfrum societatum inter se pugnantium divisio, ac discrepantia exercuerit, et quam ve- hementer negatio auctoritatis a Deo constitutae ad humani intellectus persuasiones regendas, atque ad hominum turn in privata, turn in so-

bra o parte della stessa Chiesa, quando sono visibilmente divise dalla cattolica unita. Conciossiache queste societa, mancando di quella viva autorita stabilita da Dio, la quale specialmente insegna le cose della fede e la disciplina dei costumi agli uomini e li dirige e li governa in quelle cose die riguardano la salute eterna, le slesse societa variarono continuamente nelle loro dottrine, e questa mobilita ed instabllita delle medesime societa non cessa mai. Cia- scuno certo facihnente intende e chiaramente ed apertameute conosce che questa cosa e sommamente contraria alia Chiesa da Dio istituita, nella quale la verita deve perseverare sempre stabile e non mai soggetta a nessuna mu- tazione, come deposito da custodirsi con somma integrita affidato alia stes- sa Chiesa, per la custodia del quale fu promesso alia medesima Chiesa la presenza e T aiuto dello Spirito Santo in perpetuo. Nessuno poi ignora, che da quest! dissidii nelle dottrine e nelle opinioni nascono anche civil! divisio- ni ; e da essi traggono origine innumerevoli comunioni e sette, che ogni di piii si propagano con sommo danno della cristiana e civile repubblica.

Per la qual cosa, chiunque riconosce la religione, come fondamento dell'u- "mana societa, dovra pure riconoscere e confessare quanta violenza contro la civil societa abbia esercitata siffatta divisione dei principii e delle religiose societa tra loro discord! ; e con quanta veemenza la negazione deirautorita, costituita da Dio per governare le persuasloni delFumano intelletto e per di- "gere le azionl degli uomini, tanto nella vita privata quanto nella civil socie- erie VII, vol. IV, fasc. 446. 15 10 Ottobre 1868.

226 LETTEBE APOSTOLICHE

ciali vita actiones dirigendas excitaverit, promoverit, et aluerit hos in- felicissimos rerum , ac temporum motus , et perturbationes , quibus omnes fere populi miserandum in modum agitantur, et afiliguntur.

Quamobrem ii omnes, qui Ecclesiae catholicae unitatem et mntatem non tenent 1, occasionem amplectantur huius Concilii, quo Ecclesia Ca- tholica, cui eornm Maiores adscript! erant, iioyuni intimae unitatis, et inexpugnabilis yitalis sui roboris exhibet argumentum, ac indigentiis eorum cordis respondentes ab eo statu se eripere studeant, in quo de sua propria salute securi esse non possunt. Nee desinant ferventissi- mas miserationnm Domino offerre preces, ut divisionis murum disiiciat, errorum caliginem depellat, eosque ad sinum sanctae Matris Ecclesiae reducat, in qua eorum maiores salutaria vitae pascua habuere, et in qua solum integra Christi lesu doctrina servatur, traditur, et caelestis gratiae dispensantur mysteria.

Nos quidem cum ex supremi Apostolici Nostri ministerii officio No- bis ab ipso Cbristo Domino commisso omnes boni pastoris partes stu- diosissime explere, et omnes universi terrarum orbis homines paterna caritate prosequi, et amplecti debeamus, turn has Nostras -ad omnes christianos a Nobis seiunctos Litteras damus, quibus eos etiam, atque etiam hortamur et obsecramus, ut ad unicum Christi oyile redire fe-

ta, abbia eccitato, promosso e fomentato queste infelicissime perturbazioni delle cose e del tempi, dalle quali quasi tutti i popoli in modo miserando sono sconvolti ed afflitti.

Tutti coloro adunque, che non tengono I'unita e la verita della Chiesa cat- tolica, devono abbracciare Foccasione di questo Concilio, col quale la Chiesa cattolica, cui i loro antenati erano ascritti, presenta un nuovo argomento del- F intima unita e deirinespugnabile sua forza vitale ; e, secondando il bisogno del loro cuore, si devono forzare di Kberarsi da quello stato, nel quale noa possono essere sicuri della propria salute. Ne omettano di offrire ferventissi-* me preci al Signore delle misericordie, affinche abbatta il muro della divisione, dissipi la caligme degli errori, e li riconduca in seno della santa Madre Chie- sa, nella quale i loro maggiori ebbero salutari pascoli di vita, e nella quale sol- tanto si conserva intera, e s'msegna la dottrina di Gesii Cristo, e si dispensano I misteri ftella grazia celeste.

Noi certo, per rofficio del nostro supremo apostolico ministero, affidatoci dallo stesso Cristo Signor Nostro, dovendo adempire con sommo impegno a tutte le parti di buon pastore, e seguire ed abbracciare nella paterna carita tutti gli uomini deir universe orbe; percio mandiamo queste Nostre lettere a tutti i cristiani da Noi divisi, colle quali gli esortiamo e gli preghiamo di nuovo e ri-» "petutamente, affinche si affrettino di ritoruare alFunico ovile ; imperocche dal

\ S. August, ep. LX1, al. CCXXIII.

DI S. S. PIO PAPA IX.

stinent ; quandoquidem eorum in Christo lesu salutem ex animo sum- mopere optamus, ac timemus ne eidem Nostro ludici ratio a Nobis ali- quando sit reddenda, nisi, quantum in Nobis est, ipsis ostendamus, et muniamus viam ad eamdem aeternam assequendam salutem. In omni certe oratione, et obsecratione, cum gratiarum actione nunquam desi- stimus dies noctesque pro ipsis caelestium luminum, et gratiarum abun- dantiam ab aeterno animarum Pastore humiliter, enixeque exposcere. Et quoniam vicariam Eius hie in terris licdt immerito gerimus operam, iccirco errantium filiorum ad catholicae Ecclesiae reversionem expansis manibus ardentissime expectamus, ut eos in caelestis Patris domum amantissime excipere, et inhexaustis eius thesauris ditare possimus. Ete- nim ex hoc optatissimo ad veritatis, et communionis cum catholica Ec- clesia reditu non solum singulorum, sed totius etiam christianae so- cietatis salus maxime pendet, et universus mundus vera pace perfrui non potest, nisi fiat unum ovile, et unus pastor.

Datum Romae apud S. Petrum, die 13 Septembris 1868. Pontifica- tus Nostri Anno Vicesimotertio.

profondo deiranimo desideriamo sommamente la loro salute e temiamo di dove- re a suo tempo renderne ragione allo stesso nostro Giudice, se? per quanto sta in Noi, non avessimo a loro additata e preparata la via di conseguire Teterna salute. In ogni orazione e preghiera, con azioni di grazia, certamente non tra- lasciamo mai, con ogni sforzo giorno e notte, di chiedere umilmente per loro air eterno Pastore delle auime Tabbondanza dei beni e delle grazie celesti. E siccome qui in terra abbiamo, benche senza merito, officio dl suo Yicario; aspettiamo a braccia aperte con sommo ardore il ritorno dei figli errauti alia cattolica Chiesa, per poterli accogliere con sommo amore nella casa del cele- ste Padre, ed arrlcchirli cogli inesausti dllui tesori. Imperocche da questo de~ sideratissimo ritorno alia verita ed alia comunione colla Chiesa cattolica dipen*» de, non solo la salute di ciascun di loro , ma anche massimamente la salute di tutta la cristiana societa ; e il mondo universe non pud godere della ve- ra pace, se non si fa un solo ovile ed un sol Pastore.

Da to a Roma presso S. Pietro, il giorno 13 di Settembre 1868. L'Anno XXIII del nostro Pontificate.

CRONACA

CONTEMPORANEA

Roma 10 Ottobre 1868.

I.

COSE ITALIANS.

STATO PONTIFICIO 1. Concistoro pubblico e segreto del 24 Settembre; nomine di Vescovi 2. Testo della sentenza di scomunica contro il prete Girino Rinaldi 3. Circolare spedita dal Guardasigilli del Governo di Firenze in difesa di codesto scomunicato.

1. La Santita di nostro Signore Pio Papa IX ha tenuto, la mattina del 24 Settembre, nel palazzo apostolico Vaticano, il Concistoro pubblicov per dare il cappello cardinalizio agli Emi e Rfiii signori Cardinal! Inno- cenzo Ferrieri e Lorenzo Barili, creati e pubblicati nel Concistoro segreto dei 13 Marzo del corrente anno. Durante il Concistoro il sig. avvocato concistoriale , Giovanni Battista Bonini , ha per la prima volta perorata la causa di beatificazione della yen. Anna Maria Taigi.

Terminato il Concistoro pubblico, Sua Santita ha tenuto il Concistoro segreto; nel quale, dopo aver chiusa, giusta il costume, la bocca agli EmL Porporati Ferrieri e Barili, ha proposto le seguenti Chiese: Chiese Catle- drali unite di Corneto e Civitavecchia, negli Stati pontificii, per monsignor Francesco Gandolfi, traslatodallaChiesavescovile di Antipatro nelle parti degVinfedeli, e dal Suffraganeato di Sabina. Chiesa Cattedrale di Gozo, isola presso Malta, per monsignor Antonio Grech-Delicata Cassia Tcsta- sferrata, traslato dalla Chiesa vescovile di Calidonia nelle parti degFin- fedeli. Chiesa Cattedrale di Coria, nella Spagna, pel R.D.Pietro Nunez, sacerdote diocesano di Astorga. Chiesa Cattedrale di S. Sebastiano di

CRONACA CONTEMPORANEA 229

Rio Janeiro, ncl Bras He, pel R. D. Pietro Maria de Lacerda, sacerdote di S. Sebastiano di Rio Janeiro. CMesa Cattedrale di Pace, nella Bolivia, pel R. D. Calisto Clayigo, sacerdote diocesano di Pace. Chiesa Vescovile di Castoira, nelle parti degli infedeli, pel R.D. Giovanni Giacomo Kraft, sacerdote diocesano di Treveri.

Quindi il Santo Padre ha manifestato le seguenti elezioni, fatte per organo della sagra Congregazione di Propaganda Fide dall'ultimo al- Todierno Concistoro: Chiesa Arcivescovile di Filippi, nelle parti degli in- fedeli, pel R. D. Stefano Stefanopoli, deputato a Yescoyo greco ordi- nante in Roma. Chiesa Vescovile di Flaviopoli, nelle parti degli infedeli, pel R. D. Francesco Giovanni Laouenan, deputato Yicario apostolico di Pondichery. Chiesa Vescovile di Medea, nelle parti degli infedeli, pel R. D. Cristoforo Ronjean, eletto a Vicario apostolico di Jafnapatam. Chiesa Vescovile di Nemesi, nelle parti degli infedeli, pel R. P. Fr. Maria Efrem, dei Carmelitani Scalzi, prescelto a Yicario apostolico di Quilon. Chiesa Vescovile di Dorila, nelle parti degli infedeli, pel R. D. Giovanni Salle- point, costituito a reggere il novello Yicariato Apostolico eretto in An- zona. Chiesa Vescovile di Olimpio, nelle parti degli infedeli, pel R. P. Fr. Leonardo di S. Luigi, dei Carmelitani Scalzi, deputato a Coadiutore del Yicario apostolico di Yerapoly, monsignorRernardinoRaccinelli, Ar- civescovo di Farsaglia in partibus. Chiesa Vescovile di Pompeiopoli, nelle parti degli infedeli, pel R. D. Francesco Tagliabue, eletto a coadiutore del Yicario Apostolico di Kiang-si, monsignor Giovanni Enrico Raldus, Yescovo di Zoara in partibus.

2. II Governo rivoluzionario, che da Firenze signoreggia 1'usurpato reame delle Due Sicilie, non potea, volendo essere fedele allo spirito suo massonico, permettere che si rompessero i ceppi onde era avvinta la giu- risdizione ecclesiastica dairintrusa Legazia apostolica e dal Tribiinale della Monarchia. Percio era naturale che, avendo a sua disposizione un tristo prete, il quale prestavasi ad esercitare le funzioni di giudice di quel Tribiinale, abolito dalle Lettere apostoliche da noi recitate nel vol. XII della Serie sesta, a pag. 341-53, si accingesse a sostenerlo con tutti quei provvedimenti di tirannia fiscale, onde i liberali-moderati sanno valersi ad oppressione delVautorita ecclesiastica. Laonde non reco veruna meraviglia, ne il veto opposto da quel Governo aU'esecuzione della Rolla pontificia, come abbiamo narrate nello stesso vol. XII della Serie sesta, a pag. 638-39; ne la contumacia con cui lo sciagurato prete Cirino Ri- naldi persistette nell1 esercitare 1'abolita carica di Giudice di quel nefasto Tribiinale.

Or ecco volta in italiano la sentenza di Scomunica, pronunziata e pro- mill gala solennemente contro il pertinace Cirino Rinaldi, il cui testo la- tino fu pubblicato pure dal Giornale di Roma del 22 Settembre.

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« Ai Yenerabili Fratelli Arcivescovi, Yescovi ed altri legittimi Ordinarii dei luoghi , e ai diletti Figli ecclesiastic! ed uomini religiosi, e a tutti i Fedeli di Sicilia.

PAPA PIO IX

« Yenerabili Fratelli e Diletti Figli , salute ed apostolica Benedizlone. Ciascun di voi benissimo conosce, che Noi per T ufficio del Nostro supre- mo apostolico ministero, pel bene di tutta la Chiesa e per la salute delle aniine, caldamente soiled ti di eliminare del tutto quei gravissimi mali e danni, che yenivano a cotesti fedeli ed alle Chiese di Sicilia dalla pre- tesa Apostolica Legazione Siciliana, cosi detta Monarchia, lin dall1 an- no 1864, nel giorno 28 Gennaro, abbiamo dato le Nostre Lettere Aposto- liche sotto il Piombo che incominciano : Suprema, e nel giorno 10 del mese di Ottobre 1867 furono per Nostro ordine, secondo la consuetudine, pubblicate in Roma, colle quali togliemmo di mezzo, e abbiamo piena- mente estinto ed abolita la Legazione Apostolica, cosi detta Monarcbia, non che il Giudice Delegato, il tribunale rispettivo e tutte le persone addette. Nelle quali Nostre lettere, tra le altre cose, abbiamo prescritto che dopo due mesi da computarsi dal giorno della pubblicazione ed af- fissione delle medesime Lettere, dovessero queste avere il loro pieno effetto ; e indistintamente colpissero , obbligassero tutti e singoli coloro cui quelle riguardano , come se a ciascuno di essi fossero state nomina- tamente e personalmente intimate. Ne ignorate, o Venerabili Fratelli e Diletti Figli, con quale cura ed impegno ci siamo studiati provvedere agli spirituali bisogni ed all1 utilita di cotesti fedeli. Imperocche altre Nostre Lettere abbiamo pubblicato, segnate colF anello del Pescatore e che inco- minciano : Multis gravissimis, e date in quel medesimo giorno ed anno in cui furono pubblicate le Lettere sotto il Piombo. Con le quali Lettere abbiamo dato a Yoi, o Yenerabili Fratelli, e a tutti i legittimi Ordinarii di Sicilia, le opportune e necessarie facolta, e nel tempo istesso abbiamo stabilito il rnodo, col quale si potessero e si dovessero giudicare e trat- tare le cause spettanti al Foro ecclesiastico. E nessun di voi ignora, come nel giorno 15 Ottobre dell1 anno suddetto dalla Nostra Congrega- zione dei Yescovi e Regolari sia stato spedito, per Nostro espresso e su- premo comando, un esemplare di quelle medesime Lettere sotto il Piombo al Sacerdote Cirino Rinaldi, il quale esercitava I1 ufficio della cosi detta Monarchia, e come fu dato allo stesso un severissimo Moni- torio. Col quale in nome Nostro e coll1 Apostolica Autorita fu intima- ta al medesimo Sacerdote Rinaldi, la pena della scomuriica latae sertr tentiae da incorrersi ipso facto senza alcuna dichiarazione, la cui as- soluzione e a Noi riservata, eccetto solo Farticolo di morte, quan- te volte quegli o direttamente o indirettamente, e sotto qualsiasi al-

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tro mode ayesse ardito impedire la esecuzione delle medesimc Lettere, o ritenere il nome dell' ufficio che trattaya, o irnmischiarsi nell' esercizio del medesimo ufficio sotto qualsiasi titolo, pretesto o colore, e con qual- siasi atto anche estragiudiziale ed economico, anche per lo mezzo di me- diata persona. Parimenti si dichiarava al medesimo Sacerdote Rinaldi, che con la minaccia di questa scomunica non si derogaya punto alle al- tre pene ecclesiastiche , e censure , che i sacri Canoni e le apostoliche Costituzioni infliggono a coloro, i quali impediscono la esecuzione degli atti di questa Santa Sede, o usurpano la ecclesiastica giurisdizione o impediscono il libero esercizio dell' autorita yescovile. E il medesimo Sa- cerdote replicate yoke nel Nostro Nome si ammoniya, affinche ricordan- dosi di essere Sacerdote consultasse seriamente la sua coscienza, e te- messe i seyerissimi giudizii di Dio per gli atti eseguiti abusiyamente nel tempo trascorso.

« Pero quantunque il medesimo Sacerdote Rinaldi fosse stato ayver- tito, e ahbia riceyute le predette Nostre Lettere sotto il Piombo, le quali si sono divulgate per tutti i giornali di Roma, di Firenze e Sicilia, tutta- via dimentico totalmente del suo uflicio, giunse a tale audacia, che, di- sprezzando al tutto la Nostra Autorita e quella di questa Sede Apo- stolica, e pienamente deridendo la pena della scomunica maggiore, non ha temuto di proseguire, con sacrilego e abbomineyole attentato, ad im* mischiarsi nel predetto ufficio di giudice della cosi detta Monarchia, da Noi abrogata e pienamente estinta, ed esercitare atti affatto nulli, con sommo scandalo dei fedeli, con detrimento delle anime e con grayis- sime ingiurie e yessazioni dei Vescoyi. Daole yeramente passare qui a rassegna i singoli atti di usurpata giurisdizione, che 1'istesso Sacerdote Rinaldi con somma audacia esegui, dopo ayer riceyute le Nostre Lettere ed il Monitorio, non dubitando di minacciare ancora a Yoi, o Venerabili Fratelli, le multe pecuniarie.

« Adunque in tanta e si perniciosa contumacia di questo Sacerdote, a difendere la Nostra Potesta suprema e quella di questa Santa Sede, a yendicare 1' autorita e la giurisdizione dei Yescovi, a rimuoyere tanto scandalo, a curare la salute dei fedeli di Sicilia, quantunque dolenti, pu- re necessariamente abbiamo deciso assolutamente seguire da Noi quel consiglio, che rilevasi dal prescritto nei sacri Canoni e dall' esempio dei Romani Pontefici Nostri Predecessor!, cioe adoperarelaspada, della quale Iddio ci mum per difesa della Religione e della Giustizia. Laonde con F Autorita di Dio Onnipotente, e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, e No- stra, con queste Nostre Lettere solennemente e nominatamente scorn u- nichiamo e anatematizziamo il medesimo Sacerdote Cirino Rinaldi, il quale in forza del sopradetto Monitorio incorse gia nella scomunica mag- giore, e stabiliamo, comandiamo e denunziamo essere stato segregate dal corpo della Chiesa, e doyersi onninamente evitare da tutti.

232 CRONACA

« Faccia Iddio ricco in misericordia, che questo infelice Sacerdote ven^a risanato da questa veramente amara ma salutare medicina, daNoi in esso adoprata, in modo che riconoscendo egli stesso i suoi grayissimi errori si ravveda, e con sincera e salutare penitenza badi al bene del- Tanima sua, affinche non siamo costretti di procedere ad altri provvedi-

menti.

« Finalmente in quest^ticcasione rivolgiamo ancora a Voi novamente T anirao Nostro, o Venerabili Fratelli, affinche adorni del divino aiuto procediate con maggiore impegno in tanta iniquita e sconvolgimento di tempi ; impavidamente difendiate la causa di Dio e della sua Santa Chie- sa, e curiate la salute del gregge alia vostra cura affidato.

Yi esortiamo pero, Figli diletti, a fuggire con accortezza le nefande insidie dei nemici degli uomini; e a procedere con impegno nelle Tie del Signore, e a camminare degnamente, piaceudo a Dio in ogni cosa, pro- ducendo di buone opere. Ed impartiamo, o Yenerabili Fratelli e Diletti Figli, a Yoi stessi con T ultimo affetto del Nostro cuore, in pegno della Nostra Benevolenza, T apostolica Benedizione.

« Dato in Roma presso S. Pietro sotto TAnello del Pescatore, nel giorno 23 Luglio dell' anno 1868. Del Nostro Pontificato Anno Yigesi- moterzo. N. Card. Paracciani Clarelli.

3. Questa sentenza, oltre alia solennita di promulgazione che ebbe nelle forme giuridiche in Roma, ottenne pure pubblicita straordinaria, per essere stata ristampata da quasi tutti i diarii nostrani e stranieri, senza eccettuare i piu qualificati nel grado e nell1 ufficio di portavoce della Frammassoneria. Cosi i nemici della Santa Sede, per isfogo di dis- petto, riuscirono a mettere viepiu in rilievo T esercizio di quella supre- ma autorita, dalla quale nonyi e appello, e di cui Cristo medesimo affer- mo che, quanto sarebbe da essa legato in terra, sarebbe legato anche ne1 cieli. Tutti i Governi e tuttf i Magistral di questa terra, eccettuato il sommo Pontefice, saranno impotenti a prosciogliere il contumace Ci- rino Rinaldi da questa condanna, onde egfi e reietto dal grembo di san- ta Chiesa ed abbandonato a Satanasso, finche non si ravveda, si penta , si soggetti e faccia ammenda e penitenza per rendersi meno indegno di perdono e riconciliazione.

Ma al Governo massonico di Firenze non importa punto che codesto sciagurato sia manceppato al diavolo; sibbene gli preme assai di co- gliere questa occasione per affermare viemeglio i tiranneschi suoi pro- positi contro T autorita spirituale e suprema del Yicario di Gesu Cristo. E percio , quasi per dare un saggio del modo con cui tratterebhe il Papa , qualora un residue di Sovranita territoriale indipendente non lo guarentisse dagli attentati de' suoi birri , fu sollecito di contrapporre alia sentenza di scomunica, proferita dal Papa, le minacce di pene cri- minali, contro chiunque osasse riconoscerne T autorita ed osservarne le

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prescrizioni. Cosi il diavolo , loro ispiratore e padrone, accieca codcsti settarii, disponendo Iddio che per ial modo sia fatto sempre piii chiaro di qual maniera e forma di liber ta goderebbe il sommo Pontefice , qual- ora la violenza e la periidia riuscissero a stabilire quella apparente ri- conciliazione fra il Papa ed il Governo italiano, che e il supremo de- siderio di certi concilialori di buon cuore ma senza cervello.

Ecco pertanto, come leggesi nell1 Opinions del 28 Settembre, per qual guisa il Guardasigilli del GoyerDO di Firenze provvide a tutelare lo sciagurato Cirino Rinaldi.

« II Governo del Re, dinanzi alia Lettera apostolica che scomunica nominatamente monsignor Cirino Rinaldi , giudice della rcgia Monar- chia ed apostolica Legazia di Sicilia, ha creduto debito suo di prcndere i provvedimenti che gli paiono piu opportuni per tutelare i secolari di- ritti della Corona.

« II Ministro Guardasigilli scrisse il 25 corrente una circolare ai RR. procurator} generali di Palermo, Catania e Messina, in cui avverte che appena e d1 uopo che il Goyerno dichiari novamente quali sono i suoi intendimcnti a fronte degli atti di violcnza, che nella persona di mons. Cirino Rinaldi sono diretti a colpire i secolari diritti che la Real Corona ha sempre esercitato in Sicilia. La circolare termina inyitando i procu- ratori generali, in- conform! ta di quanto si e gia prescritto nella nota ministeriale del 13 Novembre scorso anno, ad usare la massima vigi- lanza e solerzia affinche anche questo nuovo atto abusiyo della Rom ana Curia non riceva nelle proyince sicule alcun legale effetto, provyedendo con tutti i mezzi di legge contro coloro che si attentassero in qualunque modo di darvi esecuzione.

« Pure con la stessa data scrisse il Ministro Guardasigilli lettera a mons. Rinaldi, assicurandolo che il Governo non manchera di prestar- gli tutto quel maggior appoggio che le circostanze esigeranno, ed infor- mandolo di aver gia disposto perche le auforitd gindiziarie vigilino o provveggano con tutti i mezzi forniti dalla legge a che nessuno si atlenti di dare esecuzione ad un atto cosi inqualificabilc.

« La Legazia apostolica essendo una delle istituzioni piu vetuste di Si- cilia, e naturale che in quelle proyince T attentato di yolerla sopprimere produca del malcontento. Gli uomini piu liberali di Sicilia si mostrarono sempre solleciti di quell' istituzione , ed il compianto Cordova , nel me- morahile discorso fatto in questa sessione in difesa del Ministero Rica- soli di cui faceva parte, si era specialmente studiato di dimostrare che dal Ministero non si era mai pensato di sopprimere la Legazione apo- stolica. »

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TOSCANA E STATI ANNESSI 1. Promulgazione del Decreto reale sopra la Conven- zione del 31 Luglio con la Francia, pel Deblto pubblico delle province usur- pate alia Santa Sede 2. Condizioni dell' erario, del bilancio e del Debi- to pubblico 3. Bandi repubblicaui 4. Parlamento di operai a Genova 5. Minacce dei diarii ufficiosi contro la Francia 6. Circolare ai Pre- tori control sommovitori de' popoli 7. Dicerie sopra una nuova Con- venzione con la Francia, ed il trasporto della Capitale a Napoli 8. Di- chiarazioni e mentite date dal Menabrea nella sua Correspondance italien- ne 9. Restituzione dei beni allodiali a S. A. R. il Duca di Modena.

1. Venne promulgate fmalmente nel n.° 256 della Gazzetta ufficiale del Regno, alii 20 Settembre, un Decreto reale, inserito nel n.° 4574 del- la Raccolta ufficiale delle leggi, e da to da Torino alii 18 Agosto ; in -virtu del quale si dee dare plena ed intera esecuzione al Protocollo tirmato in Firenze alii 31 Luglio dal Malaret e dal Cambray-Digny sopra la quota parte delDebito pubblico pontificio, che il Governo usufpatore di Firen- ze dee pagare, come spettante alle province da esso sacrilegamente ru- bate, col puro diritto della forza, alia Santa Sede.

II testo di codesto Protocollo, di cui noi abbiamo dato bastante con- tezza nel precedente volume a pag. 615-19, e riferito nello stesso cita- to numero 256 della Gazzetta ufficiale; ne vi abbiamo trovato nulla, che Taiga a chiarire meglio quanto gia ne abbiamo detto.

Ma importa molto rilevare una brutta perfidia della Correspondance italienne, portavoce del generale Menabrea, presidente del Consiglio der Ministri ; imperocche da co'desto Protocollo il diario ufficioso trae jjretesto di spacciare una assurda calunnia ; cioe che il Governo ponti- iicio abbia, col consentire allo spartimento del suo Debito, bastevolmente riconosciuta 1'annessione di quelle province al Regno d1 Italia, e rinun- ziato ad ogni suo diritto sopra quelle, pur sapendo che Tassenso agli effetti di quel Protocollo s' intenderebbe avere tal significato e tal valore. Esponiamp qui i procedimenti e le parole della Correspondance italienne.

Erasi gittato voce che il sig. Di Sartiges, prima di smettere la carica di ambasciadore a Roma, avesse rinnovate le istanze perche la Santa Se- de aderisse ad un accordo fra le Potenze cattoliche, le quali si obbligas- sero a pagare al Papa una lista civile in compenso delle perdute pro- vince, contribuendovi la Francia per tre milioni. La Patrie tratto di fa- yola tal notizia, come se fosse impossible che la Francia osasse propor- re al Papa cosa tanto ripugnante ai suoi diritti ed alia sua dignita. La Correspondance italienne, lasciando da parte se fosse vero o no il fatto at- tribuito al Sartiges, rimbecco, e con pienissima ragione, la Patrie, per- che ayesse tacciato di favolose ed assurde tali idee, quando in un dis- paccip ufficiale del sig. De Lavalette ambasciadore a Roma, e scritto il 24 Giugno 1862, quelle proposte si trovano registrate appuntino, ed accompagnate da fortissime istanze fatte al Cardinale Antonelli, perche volesse accettarle. E iin gui la Correspondance ebbe pienissima ragione.

I documenti da noi recitati nel vol. I della quinta Serie, a pag. 508-11, dimostrano che fin dal Gennaio 1862 il Governo francese insisteva pres- so la Santa Sede perche si acconciasse ad uno, almeno indiretto, rico-

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noscimento dei fatfi compiuti; ma la risposta fatta dair Emo Antonelli, da noi riferita pure nel luogo teste citato, fu si perentoria e si catego- i ica pel ritiuto, che doyea Irene-are di botto tali pratiche. Pure il Lavalet- le era tomato alia carica, in conseguenza di ordini ricevuti da Parigi, ed emanati dall'Imperatore in ima sna lettera al Thouvenel ministro sopra gli affari esterni. Questa lettera, il dispaccio del Thouvenel, e quello con cui il Lavalette riferisce essere andate a vuoto tutte le sue pratiche, pel costante rifiuto del Santo Padre di consentire a qualunque atto potesse interpretarsi come rinunzia ai suoi diritti sulle province ru- bate alia Santa Sede: questi document! ancor essi furono da noi riferiti dalla prima all' ultima parola nel volume IV della stessa Serie quinta , da pag. 221 a pag. 250. Laonde la Correspondence italienne avea su questo punto pienissima ragione contro la Patrie.

Ma star nei limit! del vero e del giustp e cosa che torna impossi- bile a chi campa di menzogne e di perfidie; e tale e il pane quoti- diano dei diarii ufficiosi del Governo di Firenze. Laonde la Correspon- dence, per dimostrare che quelle offerte d'una lista civile al Papa, il qua- le in compenso rinunzierebbe tacitamente ai suoi diritti, non solo non erano assurde, ma poteano ammettersi dal Papa, andp oltre .e con un tratto di penna, voile insinuare che: se ilPapa ha gia rinunziato implici- tamente alle province, coir aderire allo spartimento del Debito pubblico pontificio, che meraviglia ci sarebbe che vi rinunziasse espressamente per avere codesta lista civile? LTargomento sarebbe valido, se real- mente si fosse fatta quella rinunzia coll1 aderire allo spartimento del De- bito pubblico. Or come cio prova la Correspondance? Con una impostu- ral « In codesto Protocollo, essa pso dire, troveranno (i lettori) il sen- so che il Cardinale Antonelli attribuiva a cotale accordo », cioe il senso d'una rinunzia alle province! Or bene, in tuttp il Protocollo non ci & sillaba che, ne per diretto ne per indiretto, ne implicitamente ne espli- citamente accenni pure, non diciamo a rinunzia dei diritti sulle provin- ce, ma almeno ad assenso della Santa Sede a quella Convenzione, che fu stipulata con tal Protocollo. Tant'e vero che niuna firma di perso- naggio ufficiale della Santa Sede vi apparisce, niuna menzione che es- sa la riconpsca ; ed anzi si parla sempre di debito pontificio, che il Go- verno di Firenze dee pagare, perche riscuote le rendite delle usurpate province. Ora la piu elementare nozione di giustizia basta a far capire, che i debiti d'uno Stato si deono pagare da quelli che, o con pieno di- ritto, o per effetto di ladroneccio, sono di falto in possesso di quello Stato e ne sfruttano le rendite. Se il Governo. di Firenze non facesse professione di non rispettare verun titolo di giustizia, non ci sarebbe stato bisogno d' una Convenzione imposta dalla Francia per ridurlo a pagare.

II Governo di Firenze affetta sempre di esaltare, come atto di squisita lealta nella psservanza della Convenzione del 15 Settembre 1864, questo suo essersi h'nalmente piegato sottola possente mano imperiale, e ridot- to a pagare esso la quota parte del Debito pontificio, che spetta alle ru- bate province. Ma da quando in qua 1'obbligo della restituzione di roba rapinata scelleratamente, con violazione brutale di tutti i piu sacri dirit- ti, dovra derivarsi da una Convenzione speciale? Si dee restituire e pa- gare, perche si e rubato ; ecco il titolo di quel dovere ; questo e dettato

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(li giustizia che si capisce e si pratica dagli Ottentoti molto meglio chc dai Frammasspni, i quali in Firenze scialacquano quanto rubarono ai le- gittirai sovrani de' yarii Stati d1 Italia. Quando pure la Francia non ayesse costrettoil Governo di Firenze al Protocollo del 31 Luglio 1868, il do- vere per questo di pagare il debito spettante alle rubate province sa- rebbe sempre dovere strettissimo di giustizia naturale, la quale anzi esi- ge la restituzione delle province stesse; e solo quando questa fosse com- piuta, tornerebbe al Governo pontificio 1' obbligo del pagarne il debito da se contratto.

2 Le condizioni deir erario del Regno massonico d1 Italia sono pessi- me. La Gazzetta ufpciale del 16 Settembre, n.° 252, reco le tavole ond'e espressa la Situazione del Tesoro alii 31 del passato Agosto. Gli undi- ci paragrati, che rappresentano le entrate dal l.'Gennaio al 1.' Set- tembre 1868 , dimpstrano che le entrate ordinarie e straordinarie del bilancio generate si calcolano nella somma di lire 1,118,587,403. 87; e che il debito fluttuante del Tesoro ascende alia enorme somma di lire 721,905,444. 83.

« Ora queste due cifre, osserv&YUumtaCattoUca del 18 Settembre, hanno un impprtanza somma. Infatti ai 1,118 milioni di entrate del bi- lancio attivo si ojjpongonq 1,587,209,359 22 di spese del bilancio [>as- sivo. II che significa che il disavanzo delVanno corrente al 1.° di Set- tembre e realmente di 468 milioni. E se la proporzipne non viene a mutarsi neirultimo quadrimestre del 1868, lo sbilancip totale deiren- trata coir uscita sara al 31 Dicembre di oltre 700 milioni. In questa

quali daranno luogo a maggiori sbilanci, che ommettiamo appunto per tenerci nellp stretto limite del vero. Non sara adunque esagerato Popporre a tutti i sapienti calcoli esposti dal Cambray-Digny al Par- lamento questo sbilancio di 700 milioni, cbe si manifesta nella situa- zione del Tesoro.

« La cifra poi del debito fluttuante di 721 milione parla con un altro genere di eloquenza. Essa ci dice cbe la Banca nazionale e in credito verso il Tesoro di 376 milioni, e che, prima di veder tolto il corso forzato, bisogna che il Governo trovi questa somma. Ma, quando lo sbilancio fra 1'entrata e V uscita normale del Tesoro e di 700 milioni, e lecito sperare che il Governo ne trovi ancora 376 da dare alia Banca?»

Ma un altro Rapporto ufficiale circa le Finanze, durante gli anni 1865 e 1866, e sopra le condizioni del Debito pubblicp all.0 Luglio 1868 dimpstra anche meglio la portentosa abilita di scialacquare, on- de rimarra immortale la memoria dei ristauratori deU'ordine morale. Al 1.° Luglio 1868 gli interessi da pagarsi pel Debito pubblico esigevarip la enorma somma di lire 350,694,986; delle quali una parte, cioe lire 22,442,634 per Testinzione del Debito stesso. Codesta somma di lire 350,694,986 d1 interessi corrisponde ad un capitale di circa sette mila milioni, ossia miliardi. Or si avverta che il I.8 Gennaio 1865 gl' interessi del Debito, pubblico non richiedevano ancora che la somma di lire 218,820,394. E chiaro che si progredi innanzi a rompicollo in due soli anni ; poiche in si breve tempo si gravo lo Stato d'un aumen- to di lire 131,874,592 per interessi di Debit! da pagarsi I

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Se ci facciamo alquanto piu indietro, doe fino aU'epoca infausta del- le annessioni, quando air Italia si promettevano tutte Ic delizie del- 1' Eden , il confronto e ancora piii eloquente. II totale del Debito de- gli Stati annessi nel 1859 e nel I860 non eccedeya la somma di Ijj- re 720,271,718, della quale somma spettavano alle Due- Sicilie fi- re 550,000,000 ; allaToscana lire 152,080,000; alle province rubatc alPapa, lire 16,577,120; al Ducato di Modena, lire 11,050,380; al Ducato di Parma, lire 10,558,218. Per T antico Statp del reame di Sardegna, nel 1848, il DeMto pubblico era soltanto di 135 milioni di lire. Lapnde, diffalcandp gli 875 milioni che rappresentano il Debito totale di tutti gli Stati italiani prima cbe perdessero la loro autonomia ed indipendenza, ed im1 altra somma assai minore per la parte del De- Mto Lombardo-Yeneto che si dov^tte assumere per 1'acquisto di quel- le province, tuttp il presente Debito pubblico del Regno d1 Italia e de- bito rivpluzionario ; sicche la rivoluzione costo air Italia almeno un sei miliardi scialacquati, ede' quali si devono ora pagare gli interessi!

3. E tuttavia il Cerbero rivoluzionario e piu affamato che prima, e fa di tutto per iscatenarsi a nuoyi eccessi, affme di continuare il ne- fando pasto. La Persevcranza di Milano, del 9 Settembre, pubblico due nuovi bandi della setta che si costitui, non ha molto, sotto il titolo di Alleanza repubblicana universale. Nella prima di queste pappolate si fa una sfuriata contro i diarii dalla cpnsorteria dominante, si esaltano i progressi fatti faM' alleanza repubblicana, e si eccitanp i fratelli ad ado- perarsi per crescere il numero dei ferventi proseliti. Nella seconda si yuol dimostrare che la forma repubblicana e la piu connaturale ed antica in Italia; si levano a cielo Mazzini e Garibaldi, e si grida che: « quando Fora sara sonata, non bisognera guardare che alia nostra ban- diera ed alle nostre carabine! » Stanno freschi, se si ripromettono dagli eroi di Bagnqrea, di Monterotondo, di Yiterbo e di Mentana, con tutte le loro carabine, il trionfo della repubblica! Poi in una poscritta, si raccomanda di procurarela diffusione dei diarii repubblicani YUnitd Ita- liana di Milano, il Pppolo d' Italia, di Napoli, ed il Dovere di Genova.

La Perseveranza si adonto d'essere detta diario prezzolato della con-, sorteria; e con grande stizza eccito i suoi lettpri a considerare bene: « che questi altri fralelli hanno norne, organizzazione, titolo diverso degli a/figliati del Fascio romano, ai quali si dirigeyano quei della Vendetta di Mentana. Le intenzioni per6 sono le medesime : in lontano mettcre sossopra T Italia; piii da yicino estorcere denaro ai phi cre- duli, e dell' influenza indebita farsi indebita scala a salire, colla monar- chia e senza. » Benissimol La Perseveranza ha ragione, ma si da del- la zappa sui piedi ; perche tutto questo, che essa dice dei nuovi fratel- li, s' attaglia perfettamente anche a quegli altri che per gli stessi mez- zi pervennero gia da pezza a trovarsi ottimp luogo alia mangiatoia pub- blica; e che ora sono oggetto d' immensa invidia agli altri, i quali su pei gradini della Perseveranza, della Nazione, dell1 Opinione, della Gaz- zctta d' Italia, e d'altre cotali scale, si vanno aggrappando , per salire su su, con o senza la monarchia. Sono tutti d'unabuccia e d'una farina.

4. I portavoce della consorteria modcrata sghignazzano con qualche affettazione, mettendo in beffa 1' influenza della setta dichiaratamente re- pubblicana. Noi, sc dobbiamo dire schietto il parer nostro, abbiamo assai

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meno in disistima i pretti mazziniani, che non i loro compile! che si di- cono moderati. Quelli dicono chiaro ed alto i loro propositi, e cosi ognu- no puo o guardarsene, o favorirli , od avyersarh , come par meglio o come delta la coscienza; ma di questi, Yeri camaleonti politici, quorum Deus venter est, e che di tutto fan mercato, non si puq saper nulla; mas- sime che il fiore de' loro campioni si reca a debito di tener sempre ac- ceso im bel cero innanzi a S. Michele, e Taltro innanzi al diavolo. 1 Maz- ziniani almeno sono cinicamente schietti , e non mutano pelame e ma- schera ad ogni mutar di vento.

Se n'ebbe una bella proya in una specie di Parlamento tenutosi in Ge- nova, nei primi giorni del Settembre scorso, sotto titplo di Congresso operate ligure. L'anticp spirito repubblicanp de'Liguri ebbe ivi piena liberta di spaziare, e si vide chiaro Jperche il Garibaldi prediliga tanto la plebe di que1 paesi, dove infatti raduno il fiore edil meglio, c, di- ciamo la verita, i piu prodi ed audaci de1 stioi campioni, quando nel- l1 Ottobre del 1867 egli imprese la concjuista di Roma. Tra le schie- re garibaldine v1 erano a migliaia furfanti, barattieri, ladri e vigliacchi; i quali, yeduto che si facea davvero, e che i Zuavi non erano quella marmaglia che loro erasi detto, di niuna cosa furono tanto sollecili , quanto di gettare le armi e scappare a rotta; quelli che tennero testa e si batterono dawero furono in gran parte o soldati delFesercito rc- golare mascherati da garibaldini, o liguri. Quindi si intende quanto debba essere accesa ne1 superstiti e nei loro complici la bramosia di una riscossa, che loro dia modo di rifarsi dei danni patiti a Monte Ro- tondo ed a Mentana.

II loro diario ufficiale, il Dover e, tutto mazziniano, pubblico gli atti di codesto Congresso ; e nei suo numero 253 del 9 Settembre la rela- zione delle proposte e dei dibattimenti circa T ottavo fra i molti que- siti proposti, che era della via da tenere pel riscatto di Boma. Natu- ralmente furono riconosciuti insufficient! i mezzi morali, e si conchiu- se che bisognava mettere in moto la leva onnipotente della rivoluzio- ne. L'Unitd Caitolica del 15 Settembre trascrisse in parte codesti atti ufficiali della setta ; ma noi non vi abbiamo trovato nulla che non po- tesse confarsi molto bene anche al signor generale Menabrea, e che non potesse star bene nella Correspondance italienne, nella Nazione e nell' Opinione. Imperocche salta agli occhi di tutti, che questi hanno cogli oratori del Congresso Ligure comime Y intento di assassinare il Pa- pa e rubarsi Roma, e che userebbero di bel nuovo anche i mezzi del- la aperta violenza, come fecero Tanno passato, se per ora le baionet- te francesi non vi facessero insuperabile ostacolo.

5. Infatti alii 6 Settembre, mentre il Congresso operaio ligure spie- gava la bandiera mazziniana, Y Opinione strombazzava, spiegando ban- diera monarchica, gli stessi propositi contro Roma, intimando alia Francia che debba una volta per sempre sgomberare dal territorio ppntificio. Or che importa all' Opinione che qui siano due scarsi Reg- gimenti francesi, se i suoi padroni sinceramente non agognano air u- surpazione anche violenta di Roma? Intanto essa vuole che i Francesi partano , in quanto spera che cosi resti spalancata alle masnade del (joverno fiorentino la porta di Roma. Ecco la vera cagione del suo irritarsi contro la Patrie, la quale, tolto argomento daH'agitazione rivo-

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luzipnaria deli' Italia, ribadivail chiodo della necessita di mantenere a Civitavecchia T occupazione militare francese.

VOpinione nego codesta agitazione, e la tratto da fantasima senza corpo. Ma poi capi che questo era un mentire troppo smaccato, e si degno di riconoscere che in verita T Italia non e perfettamente tran- quilla; ma voile trarre qualche ulile da tal cpnfessione, e rubo a tal line le frasi , non pure ai piu tristi giornalacci , ma allo stesso Gari- baldi, che chiamava il Papato cancro d' Italia. Ecco le parole del porta- voce del generate Menabrea.

« Cio non vuol dire che T Italia non abbia anche altri motivi d'in- quietudine. Una maggioranza parlamentare mal sicura, vqci insistent! di mutamenti ministerial!, instamlita di ordini amministrativi , agitazioni di partiti ostili all'unita ed alia monarchia: sono cagioni bastevoli ad impedire quella serena tranquillita , che si avidamente si brama, ma che pur troppo non si ritrova nemmanco negli altri Stati, perche da per tutto si hanno profonde piaghe da rimarginare, gare da vincere, pericoli da scongiurare. L* Italia ha inollre il cancro del potere tempo- rale, sorretto da soldati raccogliticci e da baionette francesi. Non ha torto la Patrie affermando che in Italia vi sono taluni i quali vorreb- ]>ero die i Francesi non se ne andassero. Eglino anzi desidererebbero che non se ne stessero solo a Civitavecchia, ma ritornassero a Roma. Ma sa la Patrie chi sono codesti? Sono i clerical!, sono coloro che, mal- grado i caimpni e le bombe che la pieta de'fedeli ed il fanatismo della reazione politica forniscono al Papa, non credono il potere tempqrale abbas tanza tutelato e lo veggono vacillare e cadere, se i Francesi gli ritirano la loro protezione... Continuando a Civitavecchia la presenza delle truppe francesi, non solo il Governo imperiale yien meno alle sue promesse, ma compromette i suoi rapporti coll1 Italia; ne ci si potra persuadere ch' egli abbia piu interesse di contentare i clerical!, che di mantenere coll'Italia quelle cordiali relazipni,tanto piu important! e pre- gevoli, quanto piu precarie sono le condizipni delVEuropa. »

6. Ma a smentire le aftermazioni deirOpttttow, cui fanno eco la No- zione e la Correspondance italienne, ecco uscire sul Movimento di Genova nna Circolare segreta, attribuita al Prpcuratore generale del Re, e di- retta ai Pretori. Questa circolare apparisce autentica anche per cio che niun organo ufficiale od ufficioso del Governo ebbe cuore di rivocarne in dubbio Tautenticita. Eccone il testo, trascritto anche fa\YUnita Cattolica numero 220.

« Settembre 1868. La generale Procura partecipa al sottoscritto, cor- rere voci di arruolamenti ed annotamenti clandestmi nel Regno per im- prese militari, e come i partiti estremi vanno agitandosi allo scopp di turbare la quiete pubblica e provocare, se fosse possibile, nuoyi disor- dini. Renche il Governo del Re abbia fiducia che questi iniqui divisamenti pel senno delle popolazioni debbano rimanere inefficaci, vuole per altro che le autorita avvisino ai modi piu accpnci , e mettano in opra tutta la solerzia per mantenere quella tranquillita di cui lo Stato ha ora piu U~ soyno che mai.

« Fra i modi piu acconci a conseguire ouesto scopo tengpno principa- lissimo luogo la vigilanza e lo accordo nelrindagare tutto cio che puo ri- ferirsi ad arruolamenti ed annotazioni, di cui sopra, onde abilitare il

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pubblicp Ministero ad agire prontamente cpntro siffatti perturhatorj. Quindi il sottoscritto inculca alia S. V. illustrissima la maggiore solleci- tudine nel denunziargli qualunque atto che possa mettere a repentaglio la sicurezza interna ed esterna del Regno. E doyendo il signer Pretore assumere preliminari informazioni, vorra cio fare colla maggiore possi- bile speditezza, informando colla stessa sollecitudine questo ufficio di qualunque reato di siffatta specie che si fosse commessp in codesto man- damento, mettendosi la S. V. in relazione colFarma dei reali carabinieri e coH'autorita amministrativa per tutto cio cbe si puo attenere allp sco- primento ed alia prova di detti reati. Vorra ella darmi un cenno di rice- Tiita di (juesta circolare. // procuratore del Re, Al Pretore del manda- mento di. ...»

7. 1 diarii mazziniani sono stati altre yolte i primi ad annunziare cose, cbe tutto farebbe supporre dover essere arcano impenetrable ad altri, che ai piu eccelsi diplomatici. Non si vuol dimenticare che i primi a sve-- lare la famosa Conyenzione del 15 Settembre 1864 furono appunto i Mazziniani , che aveano altresi ayute le primizie di quanto erasi patto- "vito contro F Austria nel 1859 enel 1866. Or ecco che il Popolo d' It alia, diario del Mazzini a Napoli, nel suo n^0 254 del 14 Settembre pubblico quanto segue :

« Private, ma autoreyoli npstre informazioni, recano quanto segue, su cui richiamiamo Tattenzione di quanti serbano un cuore italiano. L'allean- za deir Italia con la Francia sarebbe conchiusa; per terza entrerebbe 1'Au- stria. 11 Goyerno italiano prometterebbe cento mila uomini, di cui cin- (juantamila sarebbero aggregati ai Francesi e cinquantamila agli Austriaci; i nostri generali a ragione non ispirandp nessuna fiducia. L1 Italia paghe- rebbe i soldati come fossero sul piede di pace, il soprassoldo di guerra lo darebbero le altre potenze alleate. Compenso delPalleanza sarebbe : il Trcntino e la provincia di Frosinone! »

Per altra parte la Gazzetta del popolo di Torino. stampaya: « Alcuni giornali si occupano yivamente delle yoci che corrono, d1 impegni presi dal Goyerno italiano col Goyerno napoleonico. Noi yeniamo assicurati, che si e firmato qualche cosa venerdi stesso, 18 del corrente Settembre. Finora perp non sappiamo che cosa sia questo qualche cosa. » Crebbe percio Tagitazione tra i Frammasoni, memori che appunto alii 18 Set- tembre 1864 in Torino giungevano le prime notizie della Convenzione del 15, onde provennerp poi le funeste nottate e le stragi del 21 e del 22. La Nazione fiorentina, n. 265, ebbe subito un cenno olimpico dal Gabinetto di Menabrea, e stampo alii 21 Settembre queste poche parole : « A tutte queste ypci , a tutte queste reticenze , a queste affermazioni noi siamo autorizzati ad opporre la piu formale e la piu esplicita men- tita- » Conpscendosi, per la dimostrazione evidentissima dei fatti, quale e quanta sia la lealta e yeracita del Governo di Firenze e de1 suoi gior- nali , tra quei che sogliono dare gran peso alle dicerie dei Mazziniani , molti sono ora piu che mai conyinti che debbono i mazziniani ayer sve- lato qualche cosa di verq.

8. Le rimembranze di quanto awenne nel 1864 non sono uscite di mente a tutti, ne si e dimenticato che appunto allora quando gia era pat- toyita e ratificata la cessione di Sayoia e Nizza alia Francia , il Cayour c T Opinione dayano la piu formale ed esplicita mentita alia notizia di tal

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cessione. Lo stesso grado di importanza pcrtanto si attribuisce adesso da molti alle dichiarazioni e raentite che il Menabrea, pel suo araldo uffi- cioso in livrea piu gallonata, mando stampare nei termini seguenti.

« Da alcuni giorni a questa parte, scriye la Correspondance italienne del 28, relativamente agli affari italiani, nella stampa estera circolarono le piu sorprendenti notizie. La piu strana di tali nptizie e sicuramente quella che attribuisce al Governo italiano T idea di un nuoyo trasferi- mento della capitale del regnp, per, ottenere che le truppe francesi ab- Landonino il territorio pontiticio. E Y Unimrs, se la memoria non c'in- ganna, che ha il merito di tale inyenzione. Si parla, egli dice, del Iras- ferimento della capitale a Napoli come di un pegno offerto al Cabi- netto delle Tuileries della lealtd del Governo italiano. AHri giornali in- Yece si diyertono a fabbricare piarii ipotetici di una occupazione mista del territorio pontificio per parte delle truppe francesi ed italiane. La Presse, per esempio, non mette nemmeno in dubbio, che oggidi le pretese dell' 'Italia non andrebbero oltre una occupazione mista del territorio pontificio, vale a dire che le basterebbe di vedere accasermata in una piazza sulla frontier a deyli Statiromani una brigata italiana, preci- samente com' e accasermata in Civitavecchia una brigata francese. Fi- nalmente si fa circolare con insistenza la ypce che, fra pochi giorni , il sig. generale Menabrea debba recarsi aParigi per concludervi un acco- modamento, il cm risultato finale non e perp presentato sptto lo stesso aspetto da tutti i giornali che si occupano di quel viaggio immaginario. « Presentando ai nostri lettori tutte quelle false notizie, raccolte in un fascio, noi non abbiamo nessun altro scopo, tranne quello di dimostrare loro, come non sarebbe per nulla serio il prestar fede alle yoci, che si persiste a mettere in giro relativamente a1 negoziati che ora avrebbero fuogo fra Parigi e Firenze, e che concernerebbero T occupazione del ter- ritorio pontificio per parte delle truppe francesi. A noi pare che tutti i giornali, che si occupano con tanto ardore di questa questione, non fac- ciano altro che discutere il falso per sapere il vero. Noi non possiamo sicuramente avere la pretesa di apprenderlo loro, ma pur nonostante crediamo di poter affermare, senza terna di essere mai smentiti, che tutte le yoci, a cui quei periodic! fanno eco con tanta compiacenza, non hanno neppure Y apparenza della yerita. »

Ma il Governo di Firenze meritamente gode si ppca riputazione di lealta anche presso i suoi complici, che quando i diarii ufficiosi get- tano una mentita, questa si riguarda come una affermazione. La Cor- respondance italienne ce lo dimostra. Dopo la solenne sua dichiarazionc qui sopra recitata, le fu d'uopo riconoscere che le si prestava tanto poca fede che le stesse ed ancne piu gravi dicerie ne rimanevano yie- meglio accreditate. Percio usci fuora dal suo gabinetto, al 1.° Ottobre, tutto accigliata ed in contegno dispettoso, dicendo seccamente al rispet- tabile pubblico: « La Nuona epoca e YUnitd Italiana hanno annunziato, che un attp sarebbe concluso fra il Goyerno italiano ed il Goyerno fran- cese, relatiyainente allp sgombero del territorio pontificio. QuelVatto, che i giornali anzidetti nominano un allegalo, e una pura invenzionc. I due giornali, che ne affermano V esistenza, sanno che non possono in verun modo proyare cio che asserisconp. » Se per ayyentura la Corre- spondance dice yero, cio proya solo che i suoi ayyersarii mazziniani han- Serie VIJ, vol. IV. fasc. 446. 16 10 Ottobre 1868.

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no imparato bene dai moderati la lezione circa Fuso dei mezzi morali contro i Govern! che si yogliono demolire.

9. Meno male pero che di quando in quando il Governo rivoluzipna- rio di Firenze e costretto dalla forza a riparare qualche sua ingiustizia, e restituire una parte delle sue rapine ; il che lascia speranza che un giorno verra in cui la Chiesa potra riavere una parte almeno di quan- to le fu rubato, e cosi ristaurare i suoi Semiuarii. Intanto ci e caro di registrare una di codeste restituzioni, che e dovuta alia stessa cagione, cioe di forza esterna, a cui andarono debitori alcuni dei Reali di Napoli, se poterono impetrare, come riferimmo nel vol. precedente a pag. 487, una qualche parziale restituzione di quanto loro fu rubato dal Cavour e dai suoi complici nel 1860.

II n.° 1597 della Raccolta ufpciale delle leggi ecc. registro il seguente Decreto reale:

« Yisto Farticolo XXII del Trattato di pace fra il regno d'ltalia e rim- pero austriaco conchiuso in Vienna il 3 Ottobre 1866 e conyertito in leg- ge il 25 Aprile 1867, numero 3663 ; sulla proposta del Ministro delle fi- nanze; sentito il Consigliq dei Ministri; abbiamo decretato e decretia- mo: Art. 1.° II sequestro imposto sui beni allodiali di S. A. R. Tarcidu- ca Francesco V d1 Austria, esistenti nelle proyince di Modena e Reggio e sciolto defmitivamente. Art. 2.° II nostro Ministro delle finanze e incari- cato di provvedere alia consegna dei beni medesimi ed alia liquidazione delle rendite nette da essi risultanti durante il sequestro. Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'ltalia, mandan- do a chiunque spetti di osseryarlo e di farlo osservare. Dato a Firenze, addi 17 Settembrel868. YITTORIO EMMANUELE; L. G. Cambray-Digny. »

II.

COSE STRANIERE.

SPAGNA 1. Indole, elenco e cenni delle rivoluzioni in Spagna dqpo il 1812 2. Prodromi d'una nuova rlbellione militare ; varli Generali sono man- .dati a confino ; provvedimento contro il Duca e la Duchessa di Montpen- sier 3. Rivoluzione iniziata a Cadice deirammiraglio Topete 4. Di-* missione del Ministero ; laRegina da S. Sebastiano commette il Governo e la difesa delta Corona al maresciallo Concha 5. 11 Conte di Gir^enti accorre da Parigi ; rassegna e partenza di truppe da Madrid 6. II ge- nerale Caloege rioccupa Santander 7. II generale Pavia, marchese di Noyaliches marcia in Andalusia contro i sollevati 8. Governo provvi- sprio istHulto a Siviglia ; il generale Serrano, capo supremo delle truppe ribelli, marcia contro Madrid 9. Scontro al Ponte d'Alcolea tra i re- gii ed i ribelli ; il marchese di Novaliches ferito va morire a Madrid 10. 11 maresciallo Concha rinunzia ai poteri avuti dalla Regina ; in Ma- drid le truppe si dichiarano per la rivoluzione 11. La regina Isabella II ripara in Francia ; accoglienze a lei fatte dalV Imperatore e dalP Impera- trice 12. Ingresso trionfale del Serrano a Madrid; Governo provvisorio.

1. Una nuova sedizione militare, ordita e capitanata da Generali am- biziosi, che questa volta ebbero complici anche i capi dell'armata navale,

CONTEMPORANEA 243

scoppio la mattina del 19 Settembre a Cadice ; ed in soli dieci giorni riu- sci al discacciamento della dinastia regnante, ed al funesto termine di commettere le sorti future della Spagna ad una Assembled Costituente, comppsta di partigiani di tutte le sette che da 34 anni vennero dilaman- dosi fra loro senza posa, con infinite strazio della comune loro patria.

In mezzo al garbuglio delle innumereyoli e trqppo spesso contraddit- tqrie notizie recateci dal telegrafo e dai giornali, noi non presumiamo di poter pienamente sceverare dal falso il vero ; e percio, rimettendo ad altro tempo la precisa narrazione dei fatti, quando cioe sicure ed auten- tiche notizie ne ayranno alquanto snebbiatp il yerace andamento, ne yerrenio qui accennando questa yolta i punti capitali che paiono messi in sodo, e che bastano a dar ragione di questa catastrofe, onde i piu assennati prevedonq che avra principio una era di guerra intestina e di anarchia per la penisola.

Ma innanzi tratto e manifesto , che questa fu rivoluzione puramen- te militare, e che i capi e strumenti del suo trionfo non danno fiducia di migliore ayvenire, se non ai piu periidi o piii sfrenati fra i rivohizio- narii, a quella genia cioe che si ispira, a cagion d'esempio, in Fran- cia dal Siecle e dall' Opinion nationale, ed in Italia dalla Nazione, dal- V Opinions e dalla Riforma. Quei che conservano ancora, non diciamo sensi di giustizia e d'onesta, ma almeno di rispetto alle apparenze della lealta e del decoro, ne sono stomacati; e paventano che Vaver abbattuto il trono di Isabella II, e dato Tultimo colpo alia dinastia de1 Borboni, debba essere nulla piu che il prodrome cT immense sciagure, non solo per la Spagna, ma eziandio per altri Stati, e specialmente per la Fran- cia. II trionfo di una ribellione militare e il pcggio che possa accadere in onta dei principii, onde doyrebbero essere informati anche gli Stati che si governano, se non a legge di Yangelo, almeno a norma dei famosi principii del 1789; e chi ne gioisce mostra di non riconoscere altro di- ritto che quello della forza.

Quindi e che vediamo lo stesso giornale dei Debats del 1 Ottobre , per bocca del suo John Lemoinne, che tuttavia e solito fare buon mer- cato dei diritti dei Sovrani, quando si tratta di favorire i principii rivq- luzionarii , questa yolta sfolgorare con parole d1 alto disprezzo i vinci- tori sedizipsi. Ecco alcune delle sue parole.

« Hayyi alcun che di profondamente tristp nello spettacplo che ci si qffre ora della Spagna, ed e quella specie d1 inerzia e d1 indifferenza che tiene molto del disprezzo, con che la massa del popolo guarda questa partita di lanzichenecco, in cui marescialli, generali e caporali si giuoca- np le sorti ed il destino della Spagna. » E qui fatto imo splendido elo- gio del carat tere nobile del verp popolo spagnuolo, e messo in sodo che questo in verita, checche si dica, niuna parte ^rese alia presente ri- bellione, chiede se sia •vicino il giorno in cui egli sara libero dairop- pressione ; e risponde : « Finche noi non yedremo la yera nazione di- chiararsi, finche non yedremo succedere un movimento popolare simile a quello che produsse la guerra d1 indipendenza, finche yedremo sola- mente accapigliarsi bruttamente fra loro, e soverchiarsi a yicenda, mi- litari che si contrastano e si strappano di rnano Tun 1'altro la dittatnra o la reggenza, i grassi stipendii, le cariche pubbliche, le promozioni e decoraxioni : fino allora noi faremo come m il popolo spagnuolo ; noi guarderemo. »

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Egli e da credere che il Debats pocp speri di vedere insediato sul tro- no di Spagna il suo Duca di Mpntpensier ; poiche se avesse tale speranza, non dubitiamp punto che egli, guardando con altro paio d'occhiali co- desti fatti, vi scorgerebbc per contrariq, non gia una fellonia di sol- dati ambiziosi ed ingordi, ma un marayiglioso accordo di popolo e di milizia, per iscuotere il giogo tirannesco d' Isabella II. Per simigliante motivo i diarii di Firenze, che sperano Tannessione della Spagna e del Portogallo in unita iberica sul modello e con la pqlitica dett'tmtld ita liana, sono pieni di alto giubilo, di profonda ammirazione e d'en- tusiasmo per la nuova Spagna, che essi rappresentano essersi leyata tutta intera, come un solo uomo, contro la Regina. VOpinione di Fi- renze del 3 Ottobre, n.° 274, stese un lungo articolo, intitplato: L'unione iberica; nel quale, disaminate le varie ipotesi sopra la ricosti- tuzione politica della Spagna, dice chiaro che se Tunione iberica ( ossia Tannessione della Spagna e del Portogallo) si potesse costituire per ope- ra di un parti to forte, illuminato, liberale, « quel parti to godrebbe piu d'ogni altro » le sue simpatie, « perche rifletterebbe nella Spagna T im- magine 'di quell1 impresa che noi abbiamo compiuta in Italia. » E con- chiuse : « L'unione della Spagna e del Portogallo sarebbe il terzo gran fotto deU'epoca presente, destinato forse a cementarli tutti quanti; e noi dobbiamo percio augurarci che preyalga. » Pochi di prima YOpinione avea sfolgorate, con parole d'altissimo biasimq le sedizioni militari spa- gnuole ; ma appena yide che quest' ultima riusciva, e potea tornare utile alia causa della Frammassoneria italiana, contro il Papa e contro la Chiesa cattolica, ne divenne subito campione ardente ed ammiratq- re 1 Tanto e yero che xquesta genia non ha riguardo a qualita di mezzi, purche bastino al fine. E pertanto ragioneyole il dubitare se il Debats, che flagella con si aspre parole i soldati e caporali ambiziosi che spyyer- tono la Spagna, terrebbe ancora lo stesso linguaggio di qui a tre giorni, quando yenisse a sapere che il suo Montpensier fu eletto dalla Costi- tuente a capo inviolabile della Unione iberica. Mettiamo pegno di mille contro uno, 'che allora egli troyerebbe cento ragioni onde leyare a cielo quelli che ora ha cosi coperti di fango.

Checche sia di cio il Debats sembra ayer perfino perduto ogni con- cetto deir intrinseca virtu del- sistema costituzionale, attesa la mala pruoya che egli dice ayer fatto in Spagna. « La nazione e stanca, sco- rata e disgustata di tutto cio che le si fa patire da ben trenfanni. Dopp tanto sangue sparsp nella guerra civile, essa credeya di aver conqui- stato un governo libero. II reggimento costituzionale, che succedette all' assoluto , non fu per essa che una serie di dittature, e, si potreb- be dir meglip, di orgie militari. El rey netto, il re puro e semplice, Valeya meglio che codesto caleidoscopip d1 uniform! costituzionali. . . Cio che spicca, come carattere deplorabile e miserahile di queste ri- yoluzioni di caserma, si e che, scorrendo i npmi e ricercando la car- riera di tutti questi General i solleyati, torna impossibile sapere, per- che mai essi tengano per un partito piuttosto che per F altro, e per- che non istarebbero tanto bene a destra quanto a sinistra. Es^i hanno fatto tutti lo stesso mestiere, e lo farebbero ancora. Si sono a vicenda proscritti, esiliati, deportati, carcerati, confiscati; e non e colpa loro se non si sono tutti fucilati Tun T altro... Si potrebbero trarre a sorte

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i loro nonii per porli indistintamcnte dalla partc della Regina o dal- la parte della rivoluzipne, e niuno si accorgerebbe che essi avessero caugiato posto p bandiera; anzi neppure essi se ne accorgerebbero ! »

Abbiamo lasciato al liberals Debate la cura di i'arci il bozzettp ond'e scolpito il carattere delle riveluzipni spagnuple ; ed affinche i nostri lettori possano meglio apprezzarne il merito, riferiremo qui un importan- te quadro, che del personaggi attivi di queste rivoluzioni di Spagna trovammo nella liberalissima Perseveranza di Milano del 2 Ottobre. I nostri lettori yi vedranno, forse non senza stupore, con quanta facilita si siano rimescolati i partigiani, scambiandq tra loro la coccarda, le fa- zioni e la casacca e le bandiere, oggi entusiasti per la Regina, domani, se metteva a conto, fanatici per la ribellione.

« Nel 1814, il generate Mina tenta una sollevazione militare per rista- bilire la costituzione che il Re aveya soppressa; ma fu costretto ad emi- grare in Francia con parecchi ufficiali del suo esercito.

« Ppco tempo dopo, i bravi generali Lacy e Porbier seguono il suo esempio, e pagano la loro disfatta colla vita.

« Al principio del 1820, Riego, Quiroga, Arco Agiiero Lopes, Ranos si sollevarono con alcuni battaglioni nella provincia di Cadice, e O1 Dqn- nell conte di Abisbal, mandatp a combatterli, si rivolta assieme ad essi a Ocana, con tutta la sua divisione.

« La guard! a reale si solleva a Madrid nel Luglio 1822, per rista- bilire il dispotismo.

« Nel 1824 Ressieres insorge, con quattrp compagnie, contro Ferdi- nando VII, chiamandolp framasspne e complice dei liberali, perche esso non ayeva piu yoluto ristabilire il sant'uffizio.

« Valdes, Manzanares, Torrijos, Vidal, Marquez, Chafrasangarra, Mi- lans, Mina, tutti capi deU'esercitp, e molti altri, proyocarono ddle in- surrezioni durante i 10 ultimi anni del regno di Ferdinando VII, e, ad eccezione dei due ultimi, tutti perirono da eroi, sopra il palco o sul campo di battaglia.

. « A quest' epoca, Y infanteria di marina, di guarnigione alia Carraca, si sollevo pure: il goyernatore di Cadice fu ucciso da un soldato.

« II generale don Santos Ladron inauguro la ribellione carlista, appena dopo la morte di Ferdinando VII, e fu fucilato; si triste fine non distoglie i generali Moreno, Eguia, Jauregui, il cpnte di Spagna Urbistondo, il tcnente colonnello Zumalacarregui ed altri dal seguire il suo esempio.

« Nell 835, don Gaetano Cardero si solleva a Madrid, con un bat- taglione di fanteria leggiera, per ristabilire la costituzione del 1812.

« L' esercito del Nord insorse, poco tempo dopo, in fayore della stessa costituzione.

« Nel 1837, 3000 uomini della guardja nazionale, aventi per capi tre sergenti, insorsero alia Grangia e obbligarono Cristina a giurare la co- stituzione delTanno 1812.

« Nel 1838, i generali Narvaez e Cordoya tentarono a Siyiglia un mo- yimento che aborti, e furono obbligati d^emigrare. Cordoya muore al- I1 estcro.

« Nel 1840, le armate riunite sottp gli ordini di Espartero assecon- dano il pronunciamento &Q\Y ayuntamiento di Madrid.

« Un po' piu tardi, i generali Concha, <T Donnell, Leon eRorso di Car- minati si mettono alia testa di una spedizione militare a Pamplona, Sa-

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ragozza e Madrid, per rovesciare i progressisti ed Espartero. I due ul- timi yennero fucilati, come pure altri capi ed ufficiali; i due primi si salyarono emigrando.

« Nel 1843, Prim, Ortega, Serrano, Narvaez, Concha, Figueras, Lara, Alpiroz ed altri, alcuni isolati, altri coi loro reggimenti fecero la rivolu- zione che rovescio la reggenza.

« In questo stesso anno, Ametller, Martell, Bellera, Balges, Par, Her- bella e altri si sollevarono in Catalogna con parecchi battaglioni in fa- yore della /imto central; a Barcellona si forma una compagnia soltanto d'ufficiali, chiamata compagnia sacra.

« II capitano don Jose Ordax Ayecilla li secondo a Leon, e altri pren- dendo parte attiva ai movimenti di Vigo e di Saragozza.

« Nei primi giorni del 1844, il colonnello Bone si solleva colle sue truppe ad Alicante contro la reazione ; i generali Santa-Cruz e Ruiz lo assecondano a Cartagena col reggimento di Girona. Bone fu fucilato as- sieme ad una trentina di capi della milizia. GF insorti di Cartagena emi- grarono in Algeria.

« Qualche mese piu tardi, il generate Zurbano e i suoi figli, ufficiali delFesercito, perirono in una congiura abortita nei piani della Bioja.

« Nel 1846, pressoche tutta la guarnigione di Cadice insorge sotto gli ordini dei brigadieri Solis e Bubin di Celis, e il generate Iriarte as- seconda il movimento nella vecchia Castiglia.

« Nel 1848, i due Ametller e Bellera riaccendono in Catalogna la guerra civile.

« Nel mese di Maggio dello stesso anno, il cqmandante Buceta si ri- volta a Madrid col reggimento di Spagna; ed in Luglio i comandanti Portal e Guttierez sollevansi a Siviglia con un battaglione e tre squa- droni, coi quali emigrarono in Pprtogallo quando falli il loro progetto.

« Al principio del 1854, il brigadiere Hora insorge alia testa del suo reggimento a Saragozza, e cade crivellato di palle, perche altri capi, i quali avevano promesso d'aiutarlo, mancarono nei momento decisiyo alia loro parpla.

« In Giugno dello stesso anno, i generali Dulce, CVDonnell, Medlina, Ros de Olano, Echagile e Serrano, alia te^ta del reggimento del Principe e di due mila cayalieri, insorsero a Madrid; qualche giorno piii tardi, il colonnello Manso de Zurriga li segui col reggimento di Navarra, a Bar- cellona, e il capitano generale de) principato, la Bocha, lo imito nello stesso giorno con tutta la guarnigione.

« Prima della fine di Luglio, tutto Tesercito aveya aderito al inovi- mento iniziato da (VDonnell, Dulce e gli altri, a Madrid.

Nel 1855, il comandante Corral es solleya a Saragozza due squadro- ni, alia testa de' quali usci dalla citta, proclamando Carlo VI. Qualche giorno piu tardi egli yenne fucilato nella provincia di Lerida, dopo la dispersione delle sue truppe.

« Nel Luglio del 1856, il generale Ruiz, comandante generale della proyincia di Gerona, si sollevo con una parte delle sue truppe contro il ministero O'Donnell. Rios Rosas, capitano generale di Gallizia, fece al- trettanto ; e il generale Falcon, capitano generale a Saragozza, li imito con tutte le sue truppe ; il generale Gurrea diresse F insurrezione di Lo- grono, e il colonnello del reggimento d'Aragona, alia testa de1 suoi sol- dati, contribui alia riyoluzione a Malaga.

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« Nel Luglio 1859, si scopersero ad Alicante, Siyiglia e Olivenza delle sedizioni militari repubblicane, nel mqmento in cni dovevano scoppiare. Due sergenti vennero giustiziati e altri inviati alle galere d' Olivenza. A Siviglia, nn sergente cTartiglieria fu condannato ad essere strangolato, e mori con serenita; quattro altri furono mandati nelle galere.

« Nel 1860, il generale Ortega, capitano generate delle isole Baleari, si presenta con piii di tre mila uomini della guarnigione di quelle isole a San Carlos della Rapita, coir intenzione di proclamare il conte di Monte- molin che era con lui. Le truppe, nel conoseere il suo progetto, lo ab- bandonarono, ed egli yenne lucilato a Tolosa.

« Nel 1861 ayeya luoga Tinsurrezione capitanata da Albestar Loja, a Lqrca, nella provincia di Murcia, alia testa di trecento uomini, che il Ministero dipinse come repubblicani ; fu repressa il 4 Luglio dalle truppe del Governo.

« Nel 1865 gravi disordini scoppiano alFimiyersita di Madrid.

« Nel 1866, in Gennaio, comincia Tagitazione dei progressisti, capi- tanati dal generale Prim, con Y insurrezione di alcuni reggimenti ad Aranjuez e a Ocagna; il 9 insorse Barcellona; il 18 fucilazione di due sergenti a Madrid; il 20 Prim varca la frontiera di Portogallo, e il 22 sono dispersi gli insorti delle province di Catalogna e Valenza. Nel Set- tembre nanno luogo cinquantaquattro deportazioni. Nel Dicembre sono deportati il presidente del Senato Rios Rosas, Salverria, Serrano ecc.

« NelFAgosto 1867, nuova insurrezione nella Gatalogna; repressa dal- le truppe del Governo. »

2. Con questo ci paiono bastevolmente disegnati i tratti generali ed il carattere del presente dramma riyoluziqnario della Spagna, e scol- piti ancbe quelli de'personaggi che yi recitano le parti principal!. Or e da yedere quale fu il disegno ed il procedimento della tragedia, e qua- le sia lo scopo a cui tende la setta democraiica, da cui e partita la spin- ta piu efficace.

E per cio che spetta allo scopq immediato, noi lo scorgiamo ben de- finito nelle seguenti parole del sig. Gueroult, che nel suo diario V Opi- nion nationale del 23 Settembre e preconizzo la caduta dei Borboni in Spagna, e minaccio di egual sorte anche Napoleone HI, se osasse con- tinuare nella difesa di quel poco che resta al Papa della sua sqvranita temporale. Ecco quello che il deputato Gueroult non si peri to di scrive- re, e stampare in Parigi, sotto gli occhi delF Imperatore.

« Delle quattro Pptenze, che nel 1849 sono andate a ristorare il tro- no di Pio IX, Napoli, TAustria, la Spagna e la Francia, tre passarono nel campo nemico. Napoli fa parte deir Italia ; T Austria ha stracciato il suo Concordato e sta in guerra aperta con la Santa Sede ; la Spagna e in rivoluzione, e questa yolta radicale. Resta la Francia. Per quanto tempo ancora la Francia, iniziatrice in Europa del nuovo regime, ri- niarra in Roma unico sostegno del suo irreconciliabile nemico ? II Go- verno non ascoltera finalmente la yqce solenne degli avyenimenti, che proclamano cosi alto, e ad intervalli cosi yicini, che ogni Goyerno, il qiiale si appoggia su Roma, e un Goyerno perduto? »

Queste parole nonhanno bisogno di comenti. Ma chi bramasse veder- ne alcuni appropriati, li yada a cercare \\Q\YUnita Cattolica del 30 Set- tembre. A noi basta far rilevare : 1.° che di qui si inferisce chiaro, come,

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essendo decreto della setta massonica, che si tolga di mezzo il Papato, e non solamente la soyranita temporale del Papa, e pure da quella setta destinato a perire ogni Governo che non sia nemico del Papato; 2.° die questa setta vuole usufruttuare il siio trionfo in Spagna, per astringe- re colle minacce, ed anche coi fatti di ribelliqne, Napoleone III ad ab- bandonare Roma ed il Papa alia balia dei rivoluzionarii italiani.

Or veniamo ai fatti di Spagna. Era appena freddo il eadavere del Naryaez, che gia si presentiva una nuoya rivoluzione per parte dei nemici della religione, in maschera costituzionale o sotto le insegne democratiche. Cio presentiva anche il nuovo Ministero presieduto dal Gonzalez Bravo ; ed e percio che egli usciva in quelle energiche prote- stazioni, che abbiamo riferito nel volume II di questa Serie, a pag. 511- 12. Ma i fatti non risposero alle parole. Alle intemperanze di libelli clandestini contro la monarchia, alle congiure dei Generali, airorgana- mento delle prime bande di sollevati che cominciarono a mostrarsi in Yarie province, il Ministero contrappose una repressione languida, ten- tennante, al tutto inefficace. Di che presero ammo i cospiratori a serra- re nieglio le fila della trama, la quale doyea avere effetto fin dai pri- mi giorni del passato mese di Luglio. Chiare e precise notizie ne per- Tennero al Gonzalez Brayo, cui furono perfino rivelati i nomi dei capi che doveano cqndurre F impresa. Dicono che da Parigi si spedissero so- pra cio a Madrid i particolari piu minuti. Era allora il caso di mostrare, se realmente I'ombra del Duca di Valcnza continuava a reggere i con- sigli del Gabinetto.

E si il fatto diraostro che dell'energia del Duca di Yalenza restava so- lo una sbiadita memoria, meno che un1 ombra. II Gonzalez Bravo ere- dette aver fatto un colpo da maestro, quando la mattina del 7 Luglio mando arrestare i general i Serrano della Torre, Cordova, Dulce, Zaba- la, Serrano-Bedoya, il de Rodas, il brigadiere Letona, e parecchi altri cotali. La Gazzetta di Madrid celebro il plauso con che Topinione pub: blica avea accolto tal provvedimento, cui diceva aver aderito anene i progressist! assennati. Gli arrestati furono, altri spediti alle Canarie, d'onde in 24 ore circa poteano di bel nuovo, c|uando il volessero, tor- nare in Spagna, altri mandati a confino in varie citta della penisola. E con questo si credette spenta la rivoluzione! Per disingannare il Gon- zalez Bravo potea bastare la disinvoltura con cui il Zabala, confmato a Lugo, se ne era andato altrove iin dal 3 Agosto, quando gia bande di sollevati si erano formate in Aragona.

II Governo della Regina era stato informato, che i congiurati aveano risoluto di far recitare al Duca di Montpensier quella parte nel dram- ma, che gia aveva recitato in simili congiunture il duca Luigi Filippo d' Orleans suo padre contro il re Carlo X. Non sappiamo se il Duca di Montpensier, e sua moglie che e sorella d1 Isabella II, fossero o no consapevoli di tal disegno. Fatto sta che tra i Montpensier e la Cor- te della Regina le relazioni erano piu che fredde. II Gonzalez Bravo, dopo ordinato Tarresto dei Generali, mando signiticare al Duca ed alia Duchessa di Montpensier che il lorp nome e le loro persone poteano va- lere, anche loro malgrado, di bandiera a fazioni sovvertitrici ; e che per cio dovessero alcun tempo allontanarsi dalla Spagna. I Montpensier vi si rifiutarono. Un ordine della Regina ve li obbligo. Partirono pertanto

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il di 8 Luglio da Siviglia, e scortati da qualche ufficiale superiore do- vettero a Cadice imbarcarsi sopra la nave Villa de Madrid, che alii 16 Luglio li condusse a Lisbona, dove, dopo lungo indugio presero terra e fcrmarono loro stanza.

A Madrid si sperava e si vpleva che il Montpensier si ritirasse in In- ghilterra. Ma egli prefer! di restare sui confmi della Soagna, d' onde poi, sotto il 3 Agosto, spedi alia regina Isabella una altiera e solenne protestazione contro la violenza che gli si era usata, in onta delle leggi dello Stato. Questa protestazione, stampata in Francia dal Courrier de la Gironde, yenne trascritta &&\^Debats del 21 Agosto, e cjuindi da mol- tissimi diarii in tutta Europa. E probabile che la lunga dimora fatta dal Montpensier sulla Villa de Madrid abbia recato Tultimo colpo alia Re- gina, determinando I'equipaggio di quella nave a secondare poi, come fece, T intento deirammiraglip Topete e d'altri ufficiali superiori della armata di mare, gia congiurati col Serrano della Torre e coi principal! suoi complici.

3. I Generali mandati a villeggiare dolcemente alle Canarie non incon- trarono veruna difficolta a rannodare le loro relazioni e continuare le lo- ro pratiche con i congiurati rimasti in Spagna ; e fors1 anche ne furonp vantaggiati per Topportunita di farsi padroni anche della marina mili- tare. Certe corrispondenze di cola, stampate sui giornali di Francia, sve- laronp uno dei mezzi onde riuscire a questo intento ; e fu di non piu dare gli stipendii alle ciurme ed ai sbttufficiali e soldati di marina; i quali pe- ro erano spesso e largamente regalati da certi ufficiali superiori, che go- dono fama di molta ricchezza, e che con le loro liberalita (o dessero del proprio o distribuissero quello che aveano intercettato degli stipendii mandati dalFerario) yincolarono a se gli animi di quanti si credeano lo- ro obbligati per quei si generpsi ed opportuni sussidii.

A Madrid mtanto, air Escuriale, alia Granja si teneano frequenti con- sign de1 Ministri, alia presenza della Regina; la quale pare che si ere- desse al tutto in sicuro, poiche alii 10 di Agosto, invece di restar nella sua capitale a mantenere in fede colla sua presenza i partigiani tiepidi o tentennanti, si parti con tutta la Corte per la villegiatura a Lequeitiq pressp San Sebastiano, dove il di seguente ebbero luogo i soliti pomposi riceyimenti e banchetti. Da San Sebastiano intanto si facevano pratiche colla Corte di Parigi, per un abboccamentp fra Napolepne III ed Isabel- la II. Pareva che cruesto fosse alfme stabilitp, e la Regina alii 18 di Set- tembre si trasferi da Lequeitio a San Sebastiano ; ma appunto il di ap- presso, 19 Settembre, la rivoluzione, avacciata forse per timore delle conseguenze che pptrebbe avere tale abboccamento, scoppid a Cadice, per opera deirammiraglio Topete.

Fino dal 17 i Generali confmati alle Canarie erano giunti a Cadice, dove pure arrivava al tempo stesso il Prim da Londra. La mattina del 19, quando questi Signori si furono posti d'accordp sui da farsi, alle o 7, la citta fu svegliata da una salve improvvisa di 50 colpi di canno- ne. Erano le fregate Villa de Madrid, Zarayossa, Tetuan, Zingaro, ed Isabella II che inalberavano la bandiera della ribellione, ed intanto ap- puntavano le artiglierie contro una caserma, i cui soldati non aveano mo- strato troppa disnosizione a solleyarsi. Due battaglioni p"i truppa di ma- rina, che erano di presidio a Cadice, parteggiarono subito pel Topete e

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pei suoi consorti , e si impadronirono di posizioni important!. II Governa- tore di Cadice, colto alia sprovveduta, minacciato di un bombardamen- to, privo di mezzi da opporre resistenza, e forse segretamente d'accor- do coi congiurati, cedette la piazza, che divenne loro quartier generate: Al tempo stesso altre navi da guerra che stavano al Ferrol si ribel- larono egualmente contro il Governo della Regina, e mandarono la Vi- ctoria ad intimare la resa alia piazza della Corogna ; il cui comandante pero respinse fieramente quella proposta, e Vattentato rimase senza effetto.

4. Pervenute queste notizie a S. Sebastiano, la Regina si consigliava sopra quel che fosse da fare, cjuando eccp il Gonzalez Rravo con tutti i suoi colleghi offerirle da Madrid la loro dimissione ; e, senza indugio, come se fossero incalzati col ferro nelle reni, a treno celere sulla ferro- Tia correre a porsi in salvo sul territorio francese, appena la Regina ebbe accettato quella dimissione che non potea rifiutare. Essa nomino capo del futuro Ministero il maresciallo Concha, duca dell'Avana, con amplissime facolta, si che 1'amministrazione pubblica e la difesa dello Stato e della Corona fosse cpmmessa per intero al suo senno ed al suo Talore, aiutato dai segretarii dei cessati Ministri.

Pare certo che il Concha sollecitamente scongiurasse la Regina di ri- condursi subito a Madrid, per dare ammo colla sua presenza ai difen- spri, e contenere i turbolenti che anche ivi si agitavano. Ed e certo che gia la sera del 21 Settembre il trenp reale era pronto aspiccarsi da San Sebastiano, e solo aspettavasi percio la persona della Regina ; la quale, ricevuto un dispaccip, disdisse la partenza. Perche? Non si sa bene. Al- tri afferma che cosi facesse, perche il Concha poneva come condizione che S. M. dovesse leyarsi dal lianco un tal Marfori, intendente della lista civile, pdiato da tutti i partiti; alia quale concessione la Regina credette doversi ritiutare. Altri afferma che quel dispaccip le rivelasse unatrama, il cui effetto sarebbe stato di fermare nel tragitto il treno reale, impa- dronirsi di Isabella II , e senza piu metterla sopra una nave e mandarla in Francia. Fatto sta che la Regina si rimase a San Sebastiano; ed e egualmente certo che la via era libera fino a Madrid.

5. Imperocche lo stesso giprno il suo genero, Conte di Girgenti, pas- sava da San Sebastiano, e giungeva il 22 Settembre a Madrid, dov' era volatp da Parigi, lasciandpvi la sposa, come prima ebbe notizia della ri- yoluzione scoppiata a Cadice. II giovane e prode principe non indugio un istante a pagare il suo debito d'onore, correndp a prendere il comandp del suo reggimento di Ussari che tenea presidio a Madrid, per quinci marciare con esso contro il nemico, gia padrone di quasi tutta T Andalusia.

II maresciallo Concha alii 23 passo a rassegna in Madrid le truppe che vi teneanp guarnigione, e quelle destinate a combattere la rivoluzio- ne in Andalusia, dove gia erasi indirizzato con qualche reggimento il ge- nerale Payia marchese di Novaliches. La rassegna fu splendida, e le ac- clamazioni al conte di Girgenti parvero entusiastiche. II valente prin- cipe parti subito dopo, e con rapida marcia raggiunse il Novaliches nel- la Mancia, quando gia stava quasi a fronte del nemico.

6. Fin dal 19 Settembre la Nuova Castiglia, ed il di dopo, tutte le province furono dichiarate in istato d'assedio con bandi prolissi ed al- tosonanti dei Capitani Generali. La Gazzetta di Madrid del 21 bandi

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il tradimento del Topete e la ribellione di Siviglia, dove il gene-rale Raf- laele Izquierdo avea dato il segnale del sollevamento, e preso il coman- do delle truppe da lui sedotte.

La Catalogna Tersava pure in gran pericolp, ed il generale Pezuela, conte di Cheste, accorse in tempo a frenare i moti che si temevano a Tarragona ed a Barcellona. II marchese del Duero, fratello del Concha, assumeva la difesa delle due Castiglie.

Intanto Santander erasi sollevata, uscendone, perche impotente a re- primere la riyoluzione, il debole presidio. Yi accorse con qualche nii- gliaip cTuomini, raccolti a Valladolid e Burgos, il generale Calonge speditovi da Madrid. Ma trovo che la citta era gia stata munita di can- noni portativi per mare da Santona, ancor essa ribellatasi ; e che oltre i cittadini v' eran bene armati alcuni battaglioni venuti di fuori.

Giunse il Calonge a Santander sul mezzogiorno del 24 Settembre; e comincio Tassalto che duro ben quattr' ore, tanto fu accanita e dispe- rata la difesa de1 sollevati ; i quali airultimo si ritirarono alia marina e risaliti sulle nayi con che erano venuti, abbandonarono la citta al Ca- longe. Questa yittoria costo ai regii grayi perdite, ma rinfranco un poco i tentennanti. La Catalogna rimase tranquilla. Pero in quasi tutte le altre province qua e cola si formavano bande e quindi pronunciamenti che non si poteano reprimere, perche le truppe regie doyeansi concen- trare, onde tener testa al grosso de' sollevati, che da Siviglia s'era messo in marcia per Cordova e quinci verso Madrid.

7. II Generale Pavia, marchese di Novaliches, procedeva ancor esso da Madrid verso Cordova, ma a stento, perche doyea aspettare le truppe chiamate dai presidii delle citta meno minacciate di Castiglia e Mancia. Ogni giorno pero cresceva la difficolta per lui, atteso T in- grossare del nemico, la lentezza con cui pervenivano ai regii i chie- sti aiuti, ed il manifesto mal animo con che molti de1 reggimenti obbe- divano alia chiamata ; il che facea temere della loro fedelta al momento dello scontro. Ed in fatti egli sembra accertato, che F avanguardia del suo corpo d'esercito passo subilo dalla parte de1 sollevati, appena si trovo loro vicina. Di che rimasero assottigliate e sconfprtate le rima- nenti truppe, che in tutto si componevano d'un 14 battaglioni di fanteria, 4 batterie d'artiglieria, e di 2 Reggimenti di cavalleria.

8. Scopo del Novaliches era di penetrare in Cordova, e quinci piom- bare sopra Siviglia, dov'erasi posta la sede del Governo proyyisorio isti- tuito dai ribelli. Non basterebbe forse un intero nostro foglio a ristam- pare tutti i prolissi e trontii bandi onde furono tappezzate le pareti di tutte le citta e borgate in cui preyalse la rivoluzione. Quasi tutti i diarii quotidiani li riferirono. Ne pubblico uno il Topete, due altri il Prim, un quarto sotto il 1 9 Settembre fu spedito da Cadice, e stampato in cir- ca 200,000 esemplari, e firmato dai Duca della Torre, dai Prim, dai Dulce, dai Serrano-Bedoya, da Ramoun Nouvilas, dai Primo Rivera, dai Caballero de Rodas tutti General!, e dairammiraglio Topete. Un quinto ne bandi la Giunta prpvinciale di Siviglia, pieno zeppo di portentose promesse agli Spagnuoli. Poi ogni giornalista progressista, democratico, o falYunione-liberale mando fuora il suo programma.

Tutti erano d' accordo in bandire la necessita d'una Costituente che desse nuova forma alia sovranita nazionale. I progressisti proclamavano

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la nccessila della repubblica ; i partigiani del Prim Ywiione-iberica ; al- tri meno indiscreti Vahdicazione della Regina e la Reggenza con la suo cessipne del Principe delle Asturie ; altri piu radicali Fassoluta esclusio- ne di tutti i Borboni, d'ogni ramo, dal Governo della Spagna.

Trasandiamo tutti gli altri bandi e programmi, come quelli che appena hanno il valore di ampollose declamazioni, in is tile e forma di pessimo gusto, e con istemperatissimi elogi dell' esercito di terra c di mare, ad aiutare il quale si chiamanp sotto le armi tutti gli Spagnuoli. Ma, come saggio di quel che i rivoluzionarii promettono a chi loro vuol credere in Spagna, recitiamo qui il bando promulgate dalla Giunta provinciale di Siviglia, che ebbe il raro pregio di dire almcno alcun che di determinate circa 1'avvenire, e di essere percio accettato in gran parte dai Generali capi della ribellione. Ecco questo curioso documento.

« Spagnuoli. La Giunta rivoluzionar ia di Siviglia mancherebbe al pri- mo de' suoi doyeri, se non cominciasse dal tracciare una yia agli abitanti di questa proyincia ed alia nazione tutta intera, facendovi conoscere i principii che essa deve sostenere e difendere come base della rigenera- zione di questo disgraziato paese, in cui tanti secqli di tirannia non han- no potuto intiepidire I'entusiasmo, e in cui la yirilita non venne oppressa da tanti anni di degradazione.

« 1.' La consacraziqne del suffragio universale e libero, come base fon- damentale della legittimita di tutti i poteri, e come la sola e yera espres- sione della volonta nazionale. 2.° La liberta assoluta della stampa, senza deposito, senza cauzione ne editor! resppnsabili, e solamente conforman- tesi alle pene \ ortate dal Codice pei delitti di diffamazione e di calunnia. 3.' La consacrazione pratica e immediata di tutte le altre liberta, quelle deirinsegnamento, dei culti, dei traffici e delFindustriaecc., e la rilbrma prudente e liberate delle leggi di successione, fintanto che la situazione del paese permetta di stabilire pienamente la liberta di commercio. 4.° L'abolizione della pena di morte e la riforma del sistema penale pe- nitenziario. 5.' La sicurezza individual efficacemente garantita, come pure 1'assoluta inyiolabilita di domicilio e della corrispondenza. 6.° L'abo- lizione della costituzione bastarda che ci regge, come pure di tutte le leggi organiche da essa deriyanti, e la sostituzione proyyisoria di quella che decretarono le Cortes costituenti del 1856, sopprimendovisi 1'articolo risguardante la religione dello Stato. Soppressione anche del capitolo relativo alia dinastia , e delle regole di successione alia corona , tulto ciq che non fosse cqnforme alia base del suffragio uniyersale. 7.° L'abo- lizione della coscrizione e delle matricole di mare, e 1'organizzazipne del- Tesercito e della marina col sistema dello arruolamento yolontario, colle garanzie yolute dall' onorabilita della professione. 8.° Uguaglianza nel riparto delle pubbliche imposte. 9.° Soppressione del monopplio del sale e tabaccp, come pure del diritto di dazio. 10.° Unita di pnvilegi e abo- lizione di tutti quelli che esistono, compresiyi quelli del clero, salvo i disciplinari. 11.° Cortes costituenti ed elette da suffragio uniyersale di- xetto, perche decretino una costituzione in armonia coi bisogni dell' epo- ca, general izzando il suo stretto adempimento median te una Commissione permanente durante Tinterregno parlamentare, che nominera i Ministri e li rendera responsabili dei loro atti, al pan delle autorita che si allon- tanassero dal loro dovere.

CONTEMPORANEA

« Viva la liberta 1 Abbasso la dinastia! Viva la sovranita nazlonale! Antonio Aristegui, presidente della Giunta rivoluz'onaria di Siviglia. »

Sotto questo diluviare di bandi e di programmi il maresciallo Serrano duca della Torre pltrepassava colle sue truppe Siviglia e Cordova , e marciava verso Ciudad Real nella Mancia.

9. Presso al Ponte (TAlcolea, poco discpsto da Ciudad Real, si scontra- rono il Serrano ed il Novaliches. Ma, prima di cimentarsi a passare il Rubicone, cioe a suggellare collo spargimento del sangue la ribellione, il Serrano si studio di trarre alia sua parte il Novaliches, al quale mando per un suo aiutante D. Adelardo Lopez de Ayala una lunga lettera, tut- ta melata ; che in sentenza invitava Tantico suo commilitone ad aprirgli il passo, mettersi sotto i suoi ordini con tutte le truppe, anzi ad unirsi con lui marciando contro Madrid. Per dimostrare la sua tesi il Serrano magnificp il solleyamentp della marina ed i pronunciamenti delle citta di Andalusia; fece rilevare i danni che verrebbero da un conflitto tra f'ra- telli d'arme ; appello ai diritti della comune patria ; inyoco le ragioni della umanita e della coscienza; e pose sotto la malleyeria della Provvi- denza divina il fatto della sua fellonia contro la Regina, di cui promm- zio irreparabile la caduta. Questa lettera, scritta e spedita alii 27, quan- do gia le avverse schiere stavano a fronte, portava per isbaglio la data del 28 Settembre; e se ne puo vedere il testo nelF Univers del 4 Ottp- bre. II Novaliches rispose, come leggesi nello stesso diario, con cortesia ma brevemente, che il mezzo di evitare tutti i danni deplorati dal Ser- rano, era appunto questo solo : di stare alle leggi, osscrvare la fedc giurata verso la Regina, serbare inviolabile la costituzione e rispettare il Governo ; che tanto egli intendeva fare, lasciando a cui spettava il rendere ragione delle conseguenze. II giornp dopo, 28 Settembre, ebbe luogo un combattimento ; nel quale il Novaliches rimase ferito cosi gra- vemente che appena ebbe modo e tempo di essere portato a Madrid, dove mori alii 2 Ottobre, vittima della sua fedelta. Quale fu T impor- tanza di questo combattimento? Finora non si sa nulla di preciso. Di- cono che buona parte dei regii, compresp il reggimento che eracoman- dato dal Conte di Girgenti, con vile tradimento disertarono la lorp ban- diera e passarono dalla parte de1 sollevati. Certo e che questi, i quali non avrebbero tralasciato di empire il mondo della propria gloria, se ayessero incontrato forte resistenza nei regii, si contentarono di annun- ziare la disfatta del Novaliches. Un dispaccto da Madrid, sotto il 1.' Ot- tobre, schiarisce un poco la cosa, dicendo : « Le truppe comandate da Novaliches terminarono pggi di fare la loro adesione al movimentp. » E probabile che tale adesione cominciasse al Ponte di Alcolea ; e chi sa ancpra da qual mano fu scagliato il colpo onde cadde il leale generale Pavia m&rchese di Novaliches 1

10. Giuntp il Novaliches a Madrid, il Concha marchese dell'Avana seppe da lui il vero stato delle cose, e disperando di riuscire a frenarc i progressi de1 sollevati, e paventando forse una rivoluzione nella Capi- tale, non seppe trovare migliore spediente che di far sapere ai vincitori che egli smetteva la carica ed affioava il comando provvisorip delle trup- pe al Marchese del Duero ; di che al tempo stesso dava notizia alia Re- gina in San Sebastiano. A Madrid, quando il Concha si fu cosi lavate le mani, si formo subito una Giunta di Governo, composta di 12 personag-

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gi, scelti in numero pari fra i tre partiti del progressisti, berale, e del democratici. Ma questa Giunta dpvea occuparsi solo di Ma- drid ; per lo Stato si proyvide poi in altra guisa, dopo Fingresso trion- fale del Serrano e de1 supi consorti nella Gapitale.

Questa Giunta, non si fece pregare ad accettare le funzipni a lei af- Jidate. Le truppe furono trattenute ne1 loro quartieri; quindi invitate a fraternizzare col pppolo e fraiernizzarono allegramente, deponendo le armi. Ilpopolo, cioe quella minutaglia che i riyoluzionarii hanno sempre pronta ai loro cenni, chiese di essere armato, e fu armato con la di- stribuzione di 30,000 fucili; onde prese subito a presidiare la Puerta del Sol ed altri punti important! della Capitale. Le milizie regolari, disarma- te, andarono in frotta per le vie di Madrid dilettandosi della musica e degli inni che si suonavano a celebrare il trionfo della liberta. Avvisati da questo fracasso i cittadini, che non yolevano aver molestia, furono pronti a far per la rivoluzione cio che per egual motivo avrebbero fatto il di innanzi se fosse giunta notizia di vittoria del Novaliches, in omag- gio alia Regina ; e fecero baldoria. Madrid fu illuminata quella sera, ad onore e gloria del Serrano, come sarebbe illuminata di qui ad otto gior- ni in segno di tripudio nazionale se un portentoso rivolgimento facesse tornare sovrana a Madrid la regina 'Isabella II. Tanto sono voltabili le esterne apparenze dei moti che la rivoluzione compie in nome dei po- poli impotenti a resisterle 1

11. Queste infauste novelle fecero comprendere ad Isabella II che og- gimai tutto era perdutp per lei. Avea pfferta F abdicazione in favore del Principe delle Asturie, e le era stato risposto col solito : troppo tar- dil L'ultima nave che restava a San Sebastiano era partita per raggiun- gere rarmata del Ferrol, la quale dicevasi aver gia salpato per venire a San Sebastiano, onde dalla parte di mare la Regina ricevesse queirin- vito a partirsene, che dalla parte di terra le si portava dalle bande di soldati ribelli che gia procedevano dalla Castiglia: ed il pericolo non era immaginario. Infatti il generale Pezuela, conte di Cheste , sulla cui fe- delta , deyozione ed intrepidezza erasi iatto assegnamento per contene- re i sediziosi nella Catalogna e nella Aragona, fu poi la stessa sera del 29 anch'egli soverchiato e ridotto airimpotenza. Imperocche i partigiani del Prim a Barcellona aveano fatta una specie di processione politica, che i Conservatori aveano disturbata ; quindi era nato un conflitto, dal quale sorse una Giunta. II Cheste ricuso di riconoscerla e minacci6 di farne fucilare i membri. Questo fece indracare i sediziosi che proruppero in violenze. II Cheste appena ebbe un battagliqne che gli restasse fedele, e con esso usci da Barcellona; si porto quindi a Viltoria, ed ivi depose ogni comando e carica, dichiarando essere finite per lui le parti di fe- dele servitpre della Regina.

In questi frangenti Isabella II pens6 ancora ad uno spediente, di com- mettere cioe al vecchio Espartero la tutela del Principe delle Austurie in cui favore ayrebbe abdicate. Ma o capi da se stessa, p le fu fatto in- tender da altri , che tal partito era preso troppo tardi e tornerebbe vano del tutto. Si rassegno pertanto a cercare rifugio in Francia, e ne fece dare ayviso a S. M. Timperatore Napoleone III a Biarritz. II Mo- niteur pariginp del 1 Ottobre riferl poscia la seguente nota, avuta per dispaccio da Biarritz colla data del 30 Settembre alle ore 7 pomeridiane.

CONTEMPOIUNEA 255

« Gli avvenimenti avendo preso dal giorno di ieri ima piega piu gra- ve in Spagna, la Regina si risolvette ad abbandonare San Sebastiano per condursi in Francia. Questa mattina essa inferno di tal suo disegno r Imperatore, che si affretto di mandare alia 1'rontiera tre ufficiali della sua casa : il generale Castelnau, suo aiutante di campo; il visconte Duma- noir, ciambellano, ed il luogotenente di vascello Conneau, ufficiale d'or- dinanza. II treno reale giunse ad Hendaye alle ore 11, portando la Re- gina, il Re, i quattro infant! di Spagna, F infante D. Sebastianq zio del- la Regina , il Ministro di Stato e molte persone addette al servizio delle loro Maesta.

« Gran numero di ufficiali di San Sebastiano e degli ufficiali della guarnigione aveano accompagnato sino al confine la Regina, e le avea- no renduto gli onori reali al momento del suo uscire dalla Spagna. Llm- peratore , F Imperatrice ed il Principe imperiale, accompagnati dal lo- ro corteggio, aspettavano la Regina alia stazione della Negressa. Dopo un colloquio improntato di quella simpatia, che ispira sempre la sven- tura, il treno ripiglio la sua corsa yerso Pau, doye la Regina intende riposarsi qualche tempo nel castello che Y hnperatore ha messo a sua disposizione. » Fu notato che questa dipartita d1 Isabella II da San Se- bastiano avyenne appunto nel di anniyersario della sua proclamazione ad erede per la successione al trono di Ferdinando VII, fatta ivi stesso, e che die il segnale della guerra civile.

Anche la regina Cristina, niadre di Isabella II, che staya a Gijon, poteya correre grave pericolo per parte dei ribelli. Ricorse ai Goyerni inglese e francese. Quello spedi la naye da guerra Terrible, questo il Bougainville perche si mettessero a disposizione della Regina. Questa diede la preferenza al Bougainville, ed imbarcatasi passo in Francia.

Molti delVaristocrazia, o conosciuti come assai devoti alia causa della Dinastia de'Rorboni, forse per paura di uno scatenamento d'anarchia, ripararono anch' essi in Francia, tanto che in due giorni furono oltre a 2600 i viaggiatori che da Madrid, in carrozze di prima classe, per la via ferrata uscirono da'contini spagnuoli. II Conte di Girgenti, dopo il fatto al Ponte d'Alcolea, passo, non sappiamo come , in Portogallo , e quinci per mare in Francia.

12. Intanto a Madrid la rivoluzione procedeva a vapore. I signori Madoz e Jovellar, nelle cui mani il Concha avea rassegnato Tautorita commessagli dalla Regina, aveano raccolta, come accennammo piu so- pra, una Giunta rivoluzionaria, la quale fu accresciuta presto lino al numero di 40 membri, e che si affretto di signilicare per telegrafo alle province la sua esistenza ed i suoi disegni ; e quindi si divise in sezio- ni, e distribul a ciascuno le parti da recitare. La Gazzetta di Madrid, in divisa repubblicana , ne promulgo gli atti ed i bandi e ne celebro le glorie.

A. noi basta per ora trascrivere dal n.° 280 della Nazione di Firenze, che si e fatta TEco della Gazzetta di Madrid, il seguente tratto del ban- do della Giunta, come auello che fa intendere quali ne siano gli spiriti ed i propositi, e da fonaamento a presagire un tristo avvenire di guerra civile per la Spagna. « La Giunta rivoluzionaria provvisoria di Madrid si associa alVunanimita, al grido del popolo, che ha proclamato la sovra- nita della nazione, la decadenza d'Isabella di Rorbone dal trono di Spa- gna, }' incapacita di tutti i Borboni ad occupare questo trono. »

256 CRONACA CONTEMPORANEA

Al 1 Ottobre, col sistema del suffragio uniyersale, per battere il fer- ro mentre era rovente, si prpcedette all'elezione di una Giunta defmiti- ya, la quale riusci forn^ata di personaggi in numero presso a poco egua- le di ciascuna delle diverse sette liberalesche , democratic!, moderati, progressisti, repubblicani , unionist!, e vattel a pesca. Questa Giunta alia sua volta nomino il Serrano, Duca della Torre, al comando supre- mo di tutto Tesercito regolare della Spagna, ed un Amable Escolante, repubblicano dalla tinta di scarlatto, al comando dei cittadini armati della Capitale. II Madoz rifiuto Ja presidenza della Giunta, e gli succe- dette un Aguirre.

Alii 3 Ottobre la Giunta passo a rassegna le milizie regolari ed irre- golari di Madrid , e si noto che la bandiera della guardia nazionale por- tava questi motti : Abbasso i Borboni; Viva la Sovranita nazionale; Vi- va la liberta dei culti e dell' insegnamento! Con piccoli cangiamenti la stessa bandiera servira forse tra non molto a dimostrazioni opposte. II generale Ros de Olano comandava questa parata.

La sera dello stesso giorno 3 Ottobre giungeva a Madrid il marescial-

10 Serrano, e faceva il suo ingresso trionfale a cavallo, circondato da uno stuolo di Generali gallonati di oro dalla testa ai piedi, e come e di

' 'a folia, dicendo erano disposti a 78 anni, ringra-

zio, aderi alia rivoluzione, e ricuso cli far altro. II Serrano si rasseynp allora al sacrifizio di restare egli capo temporaneo del Governo proYvi- sorio ; ma inyito il Prim ad andare a Madrid. Or egli sembra che il Prim ami meglio esser primo a Barcellona, dove corse di fretta, che non secondo a Madrid.

Anche il progressista Olozaga, che dimora a Parigi, fu invitato ad andare a Madrid, per essere membro d'un triumvirato di Reggenza fino a -che sia raccolta la Costituente. Ma ancor egli rifiuto. Insomnia tutto procedette con gran concordia fra i rivoluzionarii, finche si tratto solo di distruggere ; ma ora che e da rifare qualche cosa, la discordia ripi- glia i suoi diritti. Quando vedremp proprio uniti in un solo proposito politico (contro la religione sono gia d'accordo) uomini come il Serrano,

11 Prim, I'Olpzaga, il Madoz, il Rivero ed altri cotali , ammetteremo an- che che il Diavolo fa miracoli.

IL CATTOLICISMO

LA LIBERIA RELIGIOSA

Sotlo questo titolo leggemmo nella Rivista universale di Genova un articolo del sig. Tagliaferri, inteso a dimostrare come giusto in se stesso e conforme ed ulile al Cattolicismo il cosi detlo principle della liberta religiosa. Noi abbiamo Irattato piu volte quest' argo- mento ; ma , attesa la sua importanza , non sara soverchio tornarci sopra qui con brevi parole , esaminando la dimostrazione dell' arti- eolo e notando le contraddizioni , in cui s avvolge per la difesa di quell* erroneo assunto. Ne di tali contraddizioni e da prendere mera- viglia: perciocche il Tagliaferri appartiene alia schiera de'caltolici liberali; e una tal professione constando appunto di una contrad- dizione, non pud fare eke non assomigli a se i suoi parti. L'effetto si confer ma alia causa.

E che questo noslro giudizio sia vero, comincialad apparire fin dalle prime pagine dell' articolo, in cui il Tagliaferri ragiona della civiM. Egli , come cattolico , vuoie essere sottomesso alia Chiesa ; ma tosto come liberale e costretto a levarsi sopra di lei. Egli esor- disce con dire che da circa un secolo la Chiesa cattolica e in lotta colla cimlta l ; e cercando la ragione di questa lotta , la trova nella difficolt& che i poco perspicaci sperimentano a distinguere la parte buona di tale incivilimento dalla parte rea : « Nel movimento civile

l Pag. 375, Scrie VII, vol. IV, fase. 447. 17 24 Ottotee 1868.

258 IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA

de' nostri giorni v' ha due corsi ben distinti di civilta : uno religio- so , cristiano , figlio dell' Evangelio , T altro , empio , anticristiano , figlio del razionalismo e della incredulita. Questi due corsi di chil- li, benche distinti , costituendo una sola corrente, riesce facile ad occhio men che sagace il confonderli insieme 1. » Quindi sogghm- ge che se la Chiesa riprova nella civilta moderna il solo lato catti- vo, fa cosa santa; ma se la condanna senza distinzione , fa cosa im- prudente ed ingiusta. « Quando Roma fa scopo a' suoi giusti ana- temi questo falso progresso e liberalismo moderno , adempie alia sua divina missione , fa il vero bene della society ; ma se ella in- tendesse (come un certo partito vorrebbe) rigettare a fascio e male- dire tutta la moderna civilta, senza distinguere il bene dal male, il vero dal falso, farebbe , e' mi sembra , cosa ne giusta , ne utile , ne prudente. » E sotto in nota aggiunge: « Quando la Santa Sede condannava V 80ma proposizione del Sillabo (che ha provocato tante ire e tanti scherni), non ha potuto avere in mira che questo falso progresso e liberalismo moderno. Intendendola altrimenti , biso- gnerebbe credere che essa smentisse questa volta la consueta sua sapienza e prudenza. » Qui si sente subito V influenza dello spirito liberalesco , che vuol farla da maestro alia Chiesa ; e si scorge il Tero carattere del cattolico liber ale , che e di sentire bensi con la Chiesa , ma a palto che la Chiesa senta con luL II cattolico liberate dice : E innegabile che il presente incivilimento nella sua sostan- za (vedremo poscia qual e cotcsta sostanza) sia la evoluzione e I' at- tuazione temporale dei principii cristiani 2. Dunque noi veneriamo gli oracoli della Chiesa e della Santa Sede, purche rispetti questa Terita per noi sacrosanta; se la offende, ci sara forza dire che essa questa volta ha smentito se stessa ed ha fatto cosa ne prudente , ne giusta. Ecco Y obbedienza del cattolico liberate : piegarsi al giudi- zio della Chiesa, purche il giudizio della Chiesa si conform! a quello del suo infallibile cervello. Ma bisognerebbe esser matto, per non capire che questa e un5 obbedienza illusoria ; e che per essa si pre- tende non di obbedlre ma di comandare alia Chiesa 3.

1 Pag. 377. 2 Pag. 376.

3 S. Bernardo parlando di questa razza di obbedienti, i quali in vece di conformapi al sentimento del Superiore, vogliono che il sentimento del Supe-

IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA 259

La contraddizione del nostro scrittore spicca anche piu chiara- inente , quando dopo aver detto eke gli analemi della Chiesa non debbono riguardare il lato, che egli crede buono nel moderno incivi- limento , dichiara chc quegli anatemi riguardano altresi un tal lato, perche riguardano cio che coslituisce la sostanza e la base del suo preteso incivilimento. « Queste generiche considerazioni (cosi egli) sulle relazioni, che intercedono tra la religione e la civilta, le ho qui messe come preambolo di quanto vado a dire sul principio fouda- mentale della civilta moderna, qual e il principio della liberta reliyio- so,; principio che e il piu contro verso e il piu avversato finora dal- rautorita ecclesiastica fra tutti quelli, che la rivoluzione dell' 89 ha introdotli nella moderna societa. » E come avrebbe potuto dire altri- mente, se, dove lull' altro mancasse, le parole del Ponlefice Pio IX in condannazione della liberta religiosa sono si formali ed espli- cite? Ecco come parla il Pontefice nella sua Enciclica degli 8 Di- cembre 1864. « Contro la dottrina delle Sacre Lettere, della Chiesa e dei SS. Padri, non dubitano di asserire ottima essere la condizio- ne della societa, nella quale non si riconosce nell' Impero il debito di reprimere con pene stabilite i violator! della cattolica religione , se non in quanto lo dimanda la pubblica pace. Colla quale idea di sociale governo, assolutamente falsa, non temono di caldeggiare I'o- pinione sommamente ruinosa per la cattolica Chiesa e per la salute delle anime, dal Nostro Predecessore , Gregorio XVIdi venerata memoria, chiamata delirio, cioe la liberty di coscienza e dei culti essere un dihtto proprio di ciascun uomo, che si ha da proclamare e stabilire per leggfl in ogni ben costituita societa 1. » Anche qui lo spiiito liberalesco esercita la sua influenza sopra lo spirito cat- tolico del nostro scriltore , facendo si che egli si metta a compatire la troppa semplicita e meticolositSi della Chiesa e si assuma il carico d' istruivlai* rassicurarla. « Piu tosto che inveire contro di lei (!' au- torita ecclesiastica) e vituperarla per le sue troppo naturali paure ,

riore si conform! al loro, dice : Quisquisrvel aperte vel occulte satagit ut* quod habet in voluntate, hoc ei spiritualis Pater iniungat ; ipse se sedudt, [ si forte sibi quasi de obedientia blandiatur. Neque enim in ea re ipse Praelato, sed magis ei Praelatus obedit. Sermo de tribus Ordin. Ecclesiae 1 Pag. 379.

260 IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA

e nostro dovere il compatire alle sue viscere di madre (poveretta !) rassicurarla e mostrarle con buone ragioni (da lei non vedute) che il principio della liberta religiosa, ben inteso, non si oppone sostan- zialmente ai principii dell' Evangelio (i cattolici liberali, intorno a cib che si oppone al Vangelo ne sanno alquanto piu della Chiesa) , e che se ne' regni cattolici pu6 produrre la perdita di alcune anime, nella sua imiversale applicazione , non potra riuscire che al bene dell' umanila ed al trionfo dell' unica religione \7era 1. » Faciendum tst malum, lit eveniat bonum. Non e questo un ottinio principio mo- rale? Sia lode a Dio, che in questi nostri calamitosi tempi ha susci- tato questi uomini di scienza e di pieta intemerata % , i quali sanno illuminare la Chiesa e farle intendere i suoi yeri interessi, contro le Biene di un partito, che vorrebbe regalare al mondo quella medesi- ina civilta, ne piu ne meno, che beava i Padri nostri nel medio evo; quella doe che felicita i popoli mantenendoli in una perpetua Mela e lor toyliendo ogni cura, fin quella del pensiero 3. Cotesti signori per contrario intendono emancipare i popoli , giacche sono oggimai adulti, e dar loro balia del pensare, e, quel che ne e conseguenza, dell' operare. I frutti di si fatta balia li stiamo gia assaporando, e non pare che sieno per riuscire gustosi al palato di quegli stessi , che li promossero.

Ma ascoltiamo, quali sono queste buone ragioni, colle quali deesi mostrare alia Chiesa che son da dismettere le sua ubbie intorno al- ia liberta religiosa? II Tagliaferri distingue due concetti in quello della liberta religiosa : la liberta di coscienza e la liberta dei culti. E quanto alia prima egli dice che altro e considerarla in ordine a Dio, aU'Evangelio, alia Chiesa ; altro il considerarla in ordine allo Stato. Nel primo aspetto ella e un'assurdita; nel secondo un diritta, perciocche lo Stato non e giudice della verita religiosa. Onde infe- risce che la liberta di coscienza in faccia allo Stato e conforme alia ragione. E di piu conforme al Vangelo, giacche e un corollario della spiritualita dell'anima ; la quale non puo essere costretla dalla forza materiale. Infme e conforme alia costituzione stessa della

1 Pag. 376 2 Ivi, 3 Pag. 378.

IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA 261

Chiesa , pcrche in altra guisa non e possibile la dis-tinzione dell' or- dine religioso dall' ordine civile e politico.

Quanto alia liberta dei culti la cosa non procede si liscia. Qui 1'Autore concede allo Stato il diritto di limitarla. « La liberta asso- luta dei culti, egli dice, non e logica, che pei seguaci dell'assoluto indifferentisrao religioso, per quelli che negano 1' immerisa efficacia della religione sulla moralita e sul ben essere de'popoli, e tollerano tutte le religioni esistenti, come una fatale e dolorosa necessita. Ma chi guarda con altro occhio le religioni nelle loro attinenze colla sociela, chi melte differenza tra la verita e 1'errore e tra Y influenza dell'una e quella deH'altro sulla morale, sui costumi e sulla felicita dei popoli non puo non riguardare la liberta illimitata de' culti come un funesto delirio. Ed in vero qual governo cristiano vorrebbe cosi bruttamente sconoscere i proprii diritti e doveri, da tollerare che nel seno del cristianesimo si risusciti il culto di Priapo o di Yenere co'suoi turpi sacrifizii?o che si stabilisca un culto idolatrico colle sue ccatombe di sacrifizii umani; ovvero un cullo, quale lo yagheg- gia I'odierno socialismo, avente a suoi dommi la proprieta essere un furto, il matrimonio Wb-sckiamtii, 1'aulorita paterna e sociale una tirannia? Yinta dall'eyidenza di tali ragioni tulla la parte assennala e cattolica del liberalismo e assai lungi daH'ammettere una illimita- ta liberta dei culti (non vediamo perche queste stesse ragioni non debbano valere anche contro la liberta di coscienza). Essa concede al potere chile il diritto di \ietare qualsiasi culto , il quale Tiolasse i dettami naturali della morale e fosse sovversivo dell' ordine pub- blico : il che importa ch' egli abbia gia fino a un certo limite il di- ritto di conoscere ed esaminare la religione de'sudditi 1. » Mentre poi il lettore si aspettava di \eder determinato piu in particolare quali sieno quei. culti, a cui debba concedersi liberta di professione, il Tagliaferri abbandona questo punto e torna alia sua tesi generale della liberta religiosa, magnificando 1' efficacia che essa avra per la diffusione del cattolicismo, e declamando contro 1' uso della forza in qucsta materia.

1 Pag. 383,

262 IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA

Da ultimo si propone due difficolta, alle quali sente il dovere di rispondere. L'una e, che la liberta dei culli si oppone all'unita reli- giosa, tanto necessaria all' unita nazionale. La seconda, che la li- berta de'culti e la liberta dell' errore, e 1' errore non puo godere un diritto che e proprio della verita. Alia prima risponde, che 1' unita religiosa e certamente un bene ; ma deve conseguirsi non col co- stringimento, bensi colla persuasione. Di phi, se si ammelte come necessaria a costituire 1' unita nazionale, si dovra concedere j>er tutti i popoli ; e allora saranno legittimate tulte le persecuzioni de- gli infedeli e degli eterodossi contro i cattolici. Alia seconda avea gia risposto piu sopra che non bisogna confondere la verita oggelti- va colla verita soggettiva 1. Qui aggiunge che la liberta dell'errore non e altro che la liberta del male; e questa non e stata da Dio ne- gata all' uomo. Ma come la liberta del male non puo impedire il trionfo finale del bene, cosi la liberta dell' errore, anziche impedire, agevola il trionfo finale della verita. « Infine di che si tratta? Di sostituire al sistema dell' intolleranza religiosa, che finora ha domi- nato il mondo, quello della liberta. II primo ha dato i suoi frulti, ed abbiamo forse a rallegrarcene ? Sperimentiamo dunque il secondo , e da' suoi frutti lo giudicheremo 2. » Come vedete, non si pretende altro, che fare un' esperienza.

In tut to questo discorso 1'Autore muove da un erroneo supposto, e procede innanzi a via di equivoci e di incoerenze. Egli muove dal supposto dello Stato ateo e separate dalla Chiesa. Se cosi non fosse, xx>me potrebbe concepire la liberta di coscienza qual diritto in ordine allo Slato, mentre la dice un'assurdita in ordine a Dio ed alia Chie- sa? Se lo Stato riconosce Dio, non puo riguardare se non come as- surdita ci6 che e tale rispetto a Dio. Se lo Slato e in armonia colla Chiesa, non puo non conformare le sue leggi ai dettami di lei. Vale

1 « I/ unita religiosa e necessaria o no a costituire una nazione ? Se non e, Tobbiezione che stiamo esaminando cade da se. Se e, lo e per tatti, ed i Go- vern! eterodossi e idolatri hanno il dovere di mantenerla, non meno dei Go- vern! cattolici. Ma quelli, dirai, non sono nella verita, come questi. Siamo sempre al medesimo sofisma di confondere la verita obbiettiva con la subbiet- tiva. » Pag. 390.

2 Pag. 391.

IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA 263

qui do che S. Agostino scriveva al conte Bonifazio : « Quando i Re non ancora servivano a Dio , ma tuttavolta meditavano cose vane contro il Signore e il suo Cristo , Y empieta non poteva certamente essere repressa dalle leggi, ma piutiosto fomentata. Ma posciache comincio ad effeltuarsi quclla sentenza : Lui adoreranno tutti i Re della terra, e a Lui serviranno tutte le genii, qual uomo di mente sana puo piu dire ai Re : Non vi curate se nel vostro regno sia obbedita o oppugnata la Chiesa del Signor vostro, ne vi caglia che i vostri sudditi sieno pii o sacrileghi; mentre ai medesimi Re non puo dirsi : Non vi caglia che nel vostro regno si osservi o no la pudicizia? 0 e cosa piu lieve che 1'anima manchi di fede a Dio, di quell o che la moglie manchi di fede al marito 1 ? » E S. Gregorio Magno scriveva a Maurizio Imperatore : « Per questo scopo la pote- sta sopra gli uomini alia pieta de' Principi nostri e stata data da Dio, acciocche fossero aiutati i sudditi al bene, e la via del cielo piu am- piamente si aprisse, e il terrestre regno servisse al celeste 2. » Ma lo Stato e impersonate , e non e giudice competente in materia di religione. Rispondiamo : e irapersonale in astratto, non in concreto. Dei due elementi sociali, la moltitudine e I'autorita, come il primo si personifica nei sudditi , cosi il secondo si personifica nel superiore. Lo stesso Tagliaferri attribuisce allo Stato la personality quando gli approda ; giacche la dove vuol concedergli il diritto di limilare la liberta dei culti, dice: Qual Governo cristiano vorrebbe cosl brutta- mente sconoscere i proprii diritti e doveri, da toller are che nel seno

1 Cum Hondum Reges Domino servirent sed adhuc meditarentur inania adversus Domimm et adversus Christum eius, non utique tune possent impie- fates legibus prohiberi sed magis exerceri... Posted vero guam coepit com- pleri quod scrip turn est: Et adorabunt epm omnes Reges terrae, omnes gentes servientini, quis mente sobrius Regibus dicat: Nolite curare in regno ve- stro a quo teneatur vel a quo oppugnetur Ecclesia Domini vestri; non ad vos pertinent in regno vestro quis velit esse sive religiosus, sive sacrilegus ; quibus did non potest: Non ad vos pertineatin regno vestro quis velit pudicus esse, quis impudicus ? An fidem non servnre levius est animam Deo, quam feminamviro? Epist. 185, alias 50.

2 Ad hoc potestas super omnes homines Dominorum nostrorum pietati caelitus data estf ut, qui bona appetunt, adiuventur, ut caelorum via ?or- giuspateat, ut terrestre regnum caelesti regno famuletur. Lib. 2. Ep. XI,

264 IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA

del cristianesimo si risusciti il culto di Priapo o di Venere ? Ecco lo State riguardato come persona, giacche se gli attribuiscono diritti. Anzi eccolo riguardato come persona battezzata , giacche si chiama cristiano , e da tal professione si derivano in lui de' doyeri. Or per- che non si poteva dalla medesima professione derivare 1'obbligo di vietare la liberta di coscienza ; la quale, essendo, per confessione dell'Autore, un'assurdita in ordine al Vangelo, non puo non esser tale agli occhi del cristiano? Non si poteva, dirassi, perche lo Stato non e giudice della verita religiosa. Ma noi non vediamo perche que- sta rtfgione debba valere per la liberta di coscienza, mentre secondo lo stesso Tagliaferri, non vale per la liberta dei culti. Egli, come a pagina 383 riconosce la personal! ta dello Stato, dopo averla negata a pagina 381; cosi dopo aver detto piu volte che lo Stato non e giudi- ce in religione, a pag. 384 il riconosce finalmente per tale, conce- dendogli fino a un certo limite il diritto di conoscere ed esaminarele religioni dei sudditi. E qui vuolsi avvertire che nel sistema del Ta- gliaferri lo Stato eserciterebbe un tal sindacato, dopo avere stabilita la liberta di coscienza, vale a dire contraddicendo a se stesso, e lo eserciterebbe in nome proprio, cioe erigendosi in vero giudice della religione: laddove nel sistema degli avversarii della liberta di co- scienza lo Stato e consentaneo a se medesimo, e non proferisce giu- dizio da se, ma sol si conforma a quello della Chiesa , afforzandolo colle sue leggi. Noi per fermo non giungiamo a capire la logica del nostro Autore. Lo Stato, secondo lui, ammaestrato dalla ragione, puo giudicare, per cagion d'esempio , che il culto di Priapo viola i det- tami della morale e sovverte 1'ordine civile; e non puo, ammaestra- to dalla Chiesa , giudicare che tale o tale eresia o credenza scisma- tica viola i dettami del Yangelo e sov\erle Y ordine religioso !

Se cio potesse , ripigliasi , allora come gli Stati cattolici han di- ritto a vietare le altre credenze per serbare 1' interna pace e 1' unita nazionale ; cosi per la medesima ragione gli Stati infedeli e etero- dossi avran diritto a proibire il Cattolicismo. Ed ecco FAchille del Tagliaferri, a cui sovente ricorre. Ma in primo luogo una tale diffi- colta milita anche contro di lui, giacche egli vuole esclusi dagli Stati cristiani i culti idolatrici. Contro di lui peitanto puo dirsi: se voi sta- bilite ci6, gli Stati idolatrici avranno diritto a vietare il culto crislia-

IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA 265

no, val quanto dire il Cristianesimo; giacche il Crislianesimo non puo stare senza cullo. In secondo luogo diciamo che la ragione primaria e sostanziale, per cui si riprova la libei 15, di coscienza, non e la pace e 1'unila nazionale , bensi 1'obbligazione di professare Tunica vera religione e di provvedere cosl al conseguimento del supremo fine dell' uomo. La pace e V unita nazionale puo allegarsi come ragion secondaria (giacche e un bene ancor essa) , ma nella supposizione del possesso della vera religione. Imperocche nell' ipo- tesi contraria ha luogo piuttosto la sentenza di Cristo : Non veni pacem mittere sed (/ladium ; essendo, senza paragone, minor male la discordia nazionale, che la perseveranza nell' err ore in maleria di re- ligione, da cui dipende 1'eterna salute dell'anima. Ma quando gia si possiede per questa parte la verita, e certo una nuova ragione per tener chiuso 1'adito alle falze credenze, la scissura che esse arrecherebbero in un medesimo popolo. Premesse siffatte cose, rispondiamo alia difficolta del Tagliaferri colle sapienti parole del P. Tarquini, il quale avendosi fatta la medesima obbiezione la risol- ve cosi: « Nego il supposto, cioe che all' error e, per questo capo al- meno che non si erode tale , competano gli stessi diritti che alia ve- rita: la qual cosa e tanto falsa, quanto il dire che ai matti, per cio che non si sentono tali, competano gli stessi diritti che ai sanidi men- te. In questa materia deve distinguersi un triplice aspetto. II primo e in ordine alia coscienza della Chiesa; il secondo in ordine alia coscien- za degli elerodossi; il terzo in ordine alia cosa stessa, secondoche puo essere giudicata da un estraneo qualsiasi. Per quel che spetta alia Chiesa, ella, non tanto per 1'opinione propria, quanto per la testimo- nianza divina, e certa che in lei si trova la verita, nelle altre false re- ligioni 1'errore, e che cio appartiene ad articolo di fede, contro cui non puo far nulla. Quindi ella non fauso di due bilance e due misure, masta ferma nella legge eterna, la quale attribuisce alia verita il do- minio sopra 1'errore, e nega ogni partecipazione della giustizia colla iniquita e comunanza tra la luce e le tenebre (II Cor. VI). Quanlo agli eterodossi, finche essi sono in buona fede, godono dello stes- so diritto che gli amonti, ai quali non viene imputato nulla di cio che essi fanno in tale stato. Finalmente per cio che riguarda la cosa in se slessa, ella ha tali caratteri, che nel foro, almeno estcrno, non

266 IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA

ci ha persona equa, la qualc non debba rieonoscere i diritti dclla Chiesa. Imperocche, checche sia dell'interna buona fede degli ete- rodossi, questa per fermo non puo esternamente dimostrarsi presso nessun giusto estimatore. Conciossiache o essi seriamente e con retta volonta pongono mente ai motivi di credibility della Chiesa caltolica, e alle note di falsita della propria setla, ovvero no. Se in nessun modo o indebilamente vi attendono, la loro ignoranza, es- sendo crassa o affetlata, non puo conciliarsi colla buona fede. Se vi attendono e debitamente, molto meno puo ammettersi clie essi perseverino nel loro errore in buona fede. Imperocche sia clie pon- derino dall'una parte 1'oiigine della Ghiesa cattolica, e, insieme colla perpetua serie de'suoiPontefici, la non mai mutata fede, da S. Pie- tro e pero dallo stesso Crislo fino a Pio IX, che ora ad essa pre- siede, la fermezza di lei e conservazione ed eziandio propagazione contro le porle dell' Inferno, la sua santita e i non mai cessati mi- racoli, e gli altri, che diconsi motivi di credibilita e sono agli oc- chi di tulti testimonianze divine; sia che daH'altra parte consi- derino 1'origine della propria setta, la variazione della dottrina, le male arti colle quali si stabili e combaltd contro i cattolici, i'aridita dello spirito, lo studio della carne e dei temporal"! vantaggi, la man- cenza de' miracoli, la fecondita o nulla o procurata con turpi mez- zi, e le altre macchie, di cui ogni setta e insozzata; se essi, di- ciamo, ponderino bene coteste cose, indubitatamente debbono con- fessare , pur che abbfano sana la mente , di trovarsi nell' errore. Checche sia dunque dell'mterno stalo di ciascun eterodosso, del quale e giudice Iddio, per certo esternamente nessun giusto esti- matore puo giudicare che essi sieno in buona fede 1. » Niuna con- fusione adunque tra la verila obbiettiva e subbiettiva si fa dai Cat- tolici, allorche negano alle false religioni i diritti della vera. Essi intendono parlare della verila in quanto informa il soggetto ; giac- che, in quanto informa il soggetto, genera in esso diritti : e cio in niuna maniera puo competere all' errore ; poiche primo fondamen- to del diritto non e che il vero. Che poi taluno stando nell' errore

1 Juris Ecclesiastici pullid Instilutiones } Auctore Camillo Tarquini e Societate Icsu, Juris canonici Professors in Collegio Romano elusdem So- cietatis.. Romae 1868, Pag. 77.

IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA 267

creda di essere nella verita e quindi possedere i diriili che da essa derivano ; questo e un altro paio di maniche, die si riferisce non al diritto pubblico, ma alia casuistica, e nei casi partieolari non pu6» essere giudicato da noi , ma dal solo Dio. Ricordi il leltore quelle- parole di Cristo agli Apostoli : Venit hora et nunc est, ut omnis qui interficit vos arbitretur obsequium se praestare Deo 1. Ecco accen- nati del persecutor! del Yangelo , i quali credano di esercitare non pure un diritto, ma un dovere. Ma che per cio? Cessava forse il merito degli Apostoli? La santita del martirio precede dalla santita della causa, per cui s' incorre ; non dalla buona o mala fede, in cul per ventura si ritrovi chi lo infligge.

Piuttosto il sig. Tagliaferri incorre in confusione ed equivoci, al- lorche stabilisce che subbiettivamente possono darsi molte Chiese vere. « Obbiettivamente, egli dice, una e la vera Chiesa, come una e la yerita; ma subiettivamente puo dirsi il medesimo? La Chiesa vera e, di fatto, riconosciuta da tutli gli Stati e da tutti i popoli del- la terra? Pur troppo no. Dunque dando allo Stato e alia societa ci- vile il diritto d' imporre ai sudditi la fede della propria Chiesa, til darai agli Stati eterodossi , alle societa pagane il diritto di bandire e perseguitare la fede cattolica 2. » In prima noi saremmo curiosi di sapere come TAutore defmisce la verita subbiettiYa. Sembra che egli pensi che 1'adesione dell' animo, quale che essa sia, debba aver- si per verita soggettiva. In cio egli s' inganna a partito. La verita subbiettivamente , cioe in quanto informa il soggetto , e definita da S. Tommaso 1'adequazione, ossia la conformita, della mente coll' og*~ getto. Essa e la manifestazione, che la verita oggettiva fa di se nei soggetto. Dunque , quando una tal manifestazione non ha luogo , quando invece di conformita ci ha difformita dair oggetto , la verita soggettiva non sussiste, ma invece ci ha falsita. Puo la persona noa accorgersi di tal falsita, e talvolta invincibil mente. Ma questa, come dicemmo, e un' altra quistione, la quale riguarda la coscienza dinan- zi a Dio , ma non costituisce nessun diritto nei mondo sociale. Me- ncreste voi buona ai briganti la scusa d'essere intimamente convinti.

1 IOANN. XVI, 2. 2 Pag. 381.

268 IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA

che nolle present! condizioni d' Italia, in cui tutto e ladroneccio, sia lecito far bottino della roba altrui , e combattere la forza pubblica , da loro riputata illegittima? Sarebbe retto il discorso, che se voi concedete alia societa il diritto di punirli, date anche ad essi il dirit- to di punire i gendarmi, che capitassero nelle loro mani? Se ogni persuasione , quale che sia , dovesse dirsi verita soggeltiva , non ci sarebbe piu errore ; giacche V errore obbiettivo non esiste : ogni * errore e sempre subbiettivo.

In secondo luogo il sig. Tagliaferri si firige a volonla V avversario, allorche combatte il principio : Avere lo Stato il diritto d' imporre ai sudditi la fede della propria Chiesa. Certamente, stabilito un tal prin- cipio, esso varrebbe per tutti gli Stati , quale che fosse la religione del paese. Ma chi mai ha sognato di dire cio? Quel, che si dice, si e che, come 1' individuo , cosi lo Stato ha il dovere di abbracciare la vera religione ; ed, abbracciatala, ha non pure il dirilto ma il dovere di assicurarne il tranquillo possesso e la conservazione ai suoi suddi- ti, col chiudere 1* adito alle false religioni; e cio non imponendo la fe- de, la quale s' induce colla predicazione non colla forza, ma vietando nell'ordine esterno, su cui solamente ha potere, la professione de' fal- si culti. II che dallo stesso Tagliaferri si riconosce, come notammo, per rispetto ai culti idolatrici ; ne , a dire il vero , sappiamo perche non possa egualmente riconoscersi per rispetto agli altri culti , non idolatrici ma nondimeno eterodossi. Non sono essi altresi contrarii alia verita, la quale e una ed indivisibile? Non mettono essi altresi, sebbene per altra via , a ripentaglio 1' eterna salute degli uomini ? Dirassi : ma allora anche gli Stati eterodossi si arrogheranno il di- ritto di escludere il Cattolicismo. Rispondiamo: Se cio far anno, ope- reranno iniquamente per le ragioni recate di tsopra , e saranno pu- niti da Dio ; ma possiamo noi, perche altri ingiustamente si arroga un diritto , negarlo eziandio a cui giustamente compete , e per ri- guardo all' altrui malizia , o , se volete , anche ignoranza , mutare 1'ordine della verita e della giustizia?

fi curiosa ancora la confusiorie che fa 1'Autore tra la liberta fisi- ca, concessa da Dio airuomo come risultato della sua natura razio- nale finita, e la liberta morale, che in ordine al male Iddio non con- cede ma nega all' uomo in virtu della legge che impone al medesimo,

IL CATTOLICISMO E LA LIBERIA RELIGIOSA 269

e di cui nella society viatrice ha costiluiti suoi esecutori e ministri le legittime autorita sulla terra : Dei minister est , vmdex in tram ei qui maluin ayit 1. Lo stesso dicasi del tanto esaltare, che fa il nostro Tagliaferri, la forza della verita a fronte dell'errore. Qui, si, egli confonde Y ordine obbiettivo col subbiettivo. Imperocche la verita , quantunque potentissima in se medesima, nondimeno, attesa la cor- rotta nostra nalura, perde assai della nativa sua forza in noi, a fronte di errori che favoreggino le passioni. Ubi sumus, dice acconciamente S. Bernardo , vallis est lacrymarum , in qua sensualitas regnal et consideratio exulat; in qua libere quidem et potestative se exserit census corporeus, sed intricatus caligat oculus spiritualis 2. Per ri- guardo adunque della nostra fralezza la verita e la virtu ha bisogno di aiuti e di presidii. E di fermo, ci sarebbe mai un padre si matto, che permettesse ai suoi figliuoli e alle sue figliuole qualunque com- pagnia, qualunque lettura, qualunque discorso, sull'idea che ilbene e piu potente del male e la verita dell' errore? Ma che volete? Ap- pena uno si da al liberalismo , benche d' altra parte persona savia, non sappiamo per qual malo fato , comincia issofatto a vacillare nei concetti piu ovvii del senso comune. E un vacillamento appunto di tal fatta ci sembra la conclusione dell' articolo , che stiamo esami- nando, allorche propone di fare lo sperimento della liberta religiosa, per vedere che cosa n' esce. Un pun to, da cui dipende la morale dei popoli, e la felicita non pur temporale ma eterna d' intere genera- zioni, metterlo in avventura, fame obbietto di curiosita sped men- tale ! L' Autore concede che il sistema contrario ha finora dominato H mondo. Or vi sembra piccola bagattella abbandonare un sistema, che ha per se il suffragio dell' intera umanita? Ma 1 liberali moder- ni , replicherassi , la pensano diversamente. Molte cose pensano di- versamente i liberali moderni ; ma noi piu che ai loro pensamenti crediamo prudente attenerci ai deltami della ragione e del senso co- mune , e soprattutto agl' insegnamenti di chi e stato dato da Dio maestro e duce alle genti, quale e il suo Yicario in terra. Or la vo- ce di questo maestro non pare che sia fin qui molto Concorde a quel- la dei nostri barbassori liberaleschi.

1 Ad Rom. XIII, 4. 2 De Consideration*, I. V, c. 1.

BREVI CENNI

SUL CONGILIO ECUMENICO

i

Non si tosto il beatissimo Padre Pio IX ebbe dall' alto della sua Cattedra intimate ai suoi confratelli nell' Episcopate la raunanza di un generate Concilio da tenersi in Vaticano, che ne fu non solo in mezzo al popolo cattolico, ma eziandio tra gli eterodossi e gli scre- denti un insolito commovimento. I fedeli esultarono* di gioia, per- suasi dalla lor fede che non dovesse essere senza qualche grancle ed utile scopo un fatto cosi straordinario : e lo salutarono come una aurora, la quale, se non puo promettere alia Ghiesa uno stato die non e proprio di lei militante, pure pu6 rischiararla mirabilmente e procacciarle un di quei trionfi che trammezzano le battaglie, cui essa andra sino alia fine dei secoli sottoposta : e pero ne accolsero con giubilo 1'avviso, con ispirito cristiano vi si apparecchiano, e ne atten- dono Con fiducia il frutto desiderate. I miscredenti, che fanno lega con tutti i nemici di Dio, alia prima notizia rimasero stupefatti ; ma poi riavutisi dal primiero stupore presero attitudini diverse, secon- doche il maltalento ad ognuno suggeriva. Yollero sulle prime, mo- strandone non curanza e dispregio, attenuarne Timportanza; ma, siccome gli e un tal fatto in se stesso , che ai loro pensamenti e di- rittamente contrario, e contro i loro disegni sommamente efllcace ; cosi non poterono rattenere a lungo il bollimento della passione. E pero sia nelle aule parlamentari , dove oggimai comandano da pa- droni; sia nelle sale municipali, dove in gran numero si son trafo- rati ; sia nelle adunanze popolari che a bello studio hanno convo-

BREVI CENNI SUL CO^CILIO ECUMENICO 271

cato e soprattutto in una moltitudine di giornali che sono le cattedre de' loro quotidian! insegnamenti, hanno tollo ocl oppugnarlo, svilla- neggiarlo , osteggiarlo nimicarlo in tulle le guise. Questi trova che e un tornare indielro di varii secoli, con un mezzo non piu consen- tito dall'odierna civilta dei popoli; quegli afferma che e un insulto falto ai principii nuovi , che oramai sono impiantati o tendono ad impiantarsi in tulta Europa. Altri lo chiania una sfida insolente falta ai Monarch! , ai Govern! ed ai Pailamenti ; altri lo dice un ul- timo sfogo che fa il sacerdozio per sommettere i popoli che gli sfug- gon di mano e tenerlo schiavo tra le sue catene. Non manco nep- pure chi trovo, nell' inlimazione fattane essersi mancato di riguardo ai Principi , perche non invitati a soprawegliarlo, ai popoli perch& non ammessi a far valere le loro ragioni. Yenne in una parola posta fuori una tal moltitudine di ciance e dicerie, che e difficil il defmir se in esse sia maggiore 1'ignorauza, oppure 1' empieta. E cio per non dir nulla della occasione colta a volo , soprattutto dai giornali massonici e giudaici , per isvelenirsi contro la Chiesa, il Vicario di Crislo, il Sacerdozio, il Cattolicismo, poiche vi si e apportato un furore ed una impudenza tale, che i demonii dell' inferno possono agguagliarla, ma superarla non mai.

Pero, se la malizia profonda e 1' odio di Cristo e della sua Chiesa e quello che accende tutta questa guerra , e anche vero che essa non e guerreggiata, siaci lecito di parlare cosi , se non sul terreno dell' ignoranza. Yeramente muove a compassione piu che ad inde- gnazione il leggere siffatli scritti : tanto sono palmari gli error! che s'incontrano ad ogni passo. E poco il dire che i piu di cotesti nemici di Dio ignorano le dottrine piu volgari del Catechismo cristiano sopra la fede e sue condizioni , sopra la Chiesa e le sue propriela , sopra il Romano Pontefice ed i suoi dritti , sopra T Episcopate e le sue attribuzioni, e in una parola sopra tutto il Cristianesimo : perocchS all' ignoranza aggiungono tanta moltiplicita e gravita di error! , che di ogniina di queste cose non formano concetto che sia giusto. Potremmo dame numerosi esempii, allegando da giornali che vanno per la mag- giore ailicoli e frasi e pensamenti affalto maravigliosi : ma con qual pro, se poi a risolvere quelle loro obiezioni ci vorrebbe tutto un libro d' istruzione religiosa, che per niuna ragione mai s indurrebbono a

272 BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

leggere? Immaginate di grazia, o lettore, che aveste da persuadere un villan rozzo, che il sole supera nella mole di gran lunga la nostra terra , a qual dimostrazione vi appigliereste ? Alia dislanza in cui e da noi? Ma ei lo vede spuntare dalla sua collina. Rieorrcreste alia parallasse ? Prima gli pesteresle il capo che farvela cntrare. Gliel rappresentereste come il centro di lutto un sistema... Non an- date piu oltre, che egli non vede altro centro che la sua terra, intor- no a cui il sole fa bravamente le sue girate. Non ha egli , siccome e chiaro, gli elementi in capo per assurgere a quello che volete di- mostrargli. Or lo stesso avviene a molti di quegli uomini magni, che in questa occasione bestemmiano del Concilio. Direte loro che la Chiesainsegnante e infallibile? Non sanno ne che vi sia infallibility ne che vi sia Chiesa. Direte loro che il Romano Pontelice ha convo- cato i Vescovi, per la pienezza della sua autorita? Non sanno ne che sia autorita, ne come ne sia investito il sommo Pontefice. Direte loro che Cristo ha fatto una tale istituzione? Non comprendono come un filosofo avesse tale possanza , e Gesii Cristo per loro non e altro che un filosofo. Delia religione cristiana hanno quella cognizione sot- tosopra che hanno del Corano , e se non fosse che molto ne odono bestemmiar per le conversazioni e nei giornali scrilti dai loro pari, non saprebbono neppur tanto. Che cosa volete dunque far con costo- ro? Prima di rispondere alle loro difficolta sopra il Concilio, bisogna farli cristiani, e quando avranno appreso quel che sia il divin Re- dentore, la Chiesa, la sua costituzione e cento altre cose, si potra venire alia soluzione delle loro difficolta, se pure per la sola intelli- genza del Cristianesimo non saranno gia sciolte.

Che cosa dunque e quello che qui s'intende di fare? Dare una semplice e quanto si puo chiara notizia di quel che sia un Concilio ecumenico, e darla a quelli i quali non solo conoscono, ma la Dio merce professano la Fede di Gesii Cristo e dimorano nella sua Chiesa e si gloriano di esserle figliuoli. A questi puo tornare sommamente utile per molte ragioni. Anche tra fedeli, che sono bastevolmente istruiti della lor fede, molti non possedono le cognizioni piu speciali che riguardano i Concilii : giacche per I' eterna salvezza basta il vi- vere sottoposti ai Concilii, e non e necessario conoscerne V indole e la natura. Inoltre puo riuscir loro di salvaguardia contro tutte le

BREYI CENKI SIL CONCILIO ECUMENICO 273

declamazioni degli scredenti , le quali sogliono aver maggior forza contro chi non conosce chiaramente la cosa di cui si tratta. Ma so- prattutto ne trarranno ineffabile consolazione allo spirito, poiche ve- dranno di quanti bcni debba riuscir sorgente fecondissima il divi- samento preso dal santo Padre, di quante grazie sia ricca ed adorna la santa Chiesa in servigio de' suoi figliuoli , e fmalmente , dove il vogliano , potranno concorrere alia maggiore arnpiezza del frutto , inquantoche associandovisi colle preghiere, coi voti, colla riforma- zionc dei costumi, agevoleranno per se e per gli altri quello che e il fine di ogni Concilio, 1' aumento della fede , la santita della vita , il maggior numero e la maggior perfezione degli eletti.

A quelli poi che errano phi per ignoranza che per malizia, il ve- dersi esposto in poche parole quello che la Chiesa pratica in que- st' occasione , la sua sapienza celeste , la sua infallibilita divina , congiunta si mirabilmente colla sapienza e diligenza umana, puo stenebrar forse I'intelletto e disporlo alia verita. In qualunque caso dovranno almeno convincersi che non senza buona ragione si ten- goHo i Concilii, e se per loro sventura non giungono a scoprir in essi la divina sapienza, dovranno confessar almeno che oltrepassano tutta T umana.

Finalmente dobbiamo avvertire che , delle poche cose che qui si diranno, le piu sono tolte, quanto al senso e spesso eziandio quanto alle parole, dagli Autori piu gravi che abbiano scritto di questo argomento : e sebbene non siano piu che notizie, poiche non era di questo luogo il trattare le quistioni che si agitano nelle scuole o fra i cattolici o contro gli eterodossi; tuttavia, come la luce soa- ve, che si diffonde dall' esposizione auche semplice delle verila, gio- va spesso ad illuminar la mente meglio di qualsiasi con trover sia, cosi speriamo che non sar& scarso il lume che se ne potr& ritrarrc da chiunque il voglia. Ed acciocche questo si possa piu sicura- mente ottenere, procederemo con quest' ordine che, dopo d' aver descritlo per le sue cagioni quel che sia un Concilio ecumenico, indicheremo di qual autorita per bene della cattolica Chiesa sia for- nito, e fmalmente come anche i semplici fedeli possano, volendo, colle lor opere crcscerne ed allargarne il frutto. Serie VII, vol. IV, fasc. U7. 18 24 Oltolre 1868.

274 BREYI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

II.

Che sia Concilia e di quante sorte.

Come nei regni e nelle repubbliche umane all' occasione di spe- cial! necessita vi ebbe sempre uso di assembrar in comizii i Princi- pi, inobili, i magistrati, i piii adatli al bene sociale; cosi alia soa- ve provvidenza del Signore, piacque eke al surger di nuove con- troversie od eresie o pericoli nella Chiesa si facesse altrettanto dai prelati supremi, e si raunassero per consigliarsi sui partiti da pren- dere per bene e salvezza del popolo cristiano. Queste raunanze sono quelle che si ckiamano Concilii. Di eke appare subito manifesto che debbono essere di vane sorte , secondocke sono piu o meno vaste le assemblee di sacri prelati che si raccolgono. L' anticki- ta ne riconobbe di quattro specie. Vi sono in primo luogo i Conci- lii Generali, nei quali si raccolgono, nel modo eke sotto diremo, i Yescovi di tuita la Cristianita, per ragioni eke a tutta la Ckiesa so- no comuni, e questi si ckiamano ancke Ecumeniti, eke val quanto dire di tutto 1' orbe : ai quali non puo presedere autorevolmente altri eke cki e capo di tutta la Ckiesa , cioe il sommo Pontefice. Yi sono i Concilii Nazionali, ne' quali intervengono i Yescovi ed Ar- civescovi di tutto un regno, od ancke di piu regni, insomnia di tutta una nazion-e, per disculere gli affari eke a quella nazione piu pecu- liar mente appartengono, e sono preseduti da qualcke o Patriarca o Primate eke loro e preposto. La Ckiesa cattolica poi essendo di- visa in tante province ecclesiasticke, nelle quali ogni Yescovo e sottoposto al proprio Arcivescovo o Metropolitan, quando quelli sotto la presidenza di questo si raunano a trattare i negozii della propria provincia, formano il Concilio Provinciale. Da ultimo ogni Yescovo suole adunar ai debiti tempi i proprii saccrdoti per ordi- nar gli affari della propria Diocesi , e questo forma il sinodo Dio- cesano, il quale impropriamente solo si ckiama Concilio, poicke1 non vi e in esso cki, trattone il Yescovo, abbia veramenle giu- risdizione.

BREVI CENNI SLTL COACILIO ECUMENICO 275

I Concilii ecumenici o general! (che di quest! soli intendiamo qui parlare) solennemente e pienamente approval! e riconosciuti non sono piu che diciotto : ed eccone in poche parole il nome, il tempo e la cagione dell'averli radunati.

I.° e il Concilio celebre di Nicea tenuto neir anno 327 come pensa il Bellarmino o nel 325 come crede il Baronio, essendo Pontefice S. Silvestro, ed ebbe per iscopo di difendere contro di Ario la di- vinita del Figliuolo di Dio, di determinare contro i Quartodecimani il tempo da celebrare la Pasqua e ricomporre lo scisma di Melezio.

II. ° e il Costantinopolitano I, tenuto da 150 Yescovi nell' an- no 381, regnante S. Damaso Papa, ed ebbe per primario oggelto il condannar Macedonio, che negava la divinita dello Spirito Santo.

III.0 e 1'Efesino, nel quale 200 Vescovi, preseduti dal Patriarca S. Cirillo, a nome del Pontefice S. Celestino, condannar ono 1'empio Nestorio, che ammetteva in Gesu Cristo due persone, e negava do- versi chiamare vera Madre di Dio la SS. Vergine Maria. Fu tenu- to neir anno 431 .

IV.° e il Calcedonese di 430 Yescovi o, come alcuni credono, di 636 , lenuto nell' anno 451 , sotto il Pontificate di S. Leone I. In esso fu definite contro di Eutiche in Cristo trovarsi due nature, e condannato Dioscoro furono composti altri varii negozii.

V.° e il Costantinopolitano II, tenuto nell' anno 453 sotto il Pon- tificato di Yigilio , da 160 Yescovi. In esso furono condannate di nuovo 1' empie dottrine di Nestorio e di Eutiche , gli scritti che vanno sotto il nome deitre Capitoli, e gli errori di Origene.

YI.° e il Costantinopolitano III, tenuto ai tempi del Pontefice Aga- tone nell' anno 681, e fu di 289 Yescovi, e venne in esso condanna- ta 1'eresia dei Monoteliti.

VII.0 e il Niceno II, celebrato solto il Pontefice Adriano, nel 787, nel quale intervennero 350 Yescovi, ed ebbe per iscopo la difesa delle sacre immagini di Gesu Cristo, della Yergine e dei Santi.

VIII.0 e il .Costantinopolitano IV, tenuto nell' anno 869, sotto il Pontefice Adriano II, da 383 Vescovi, i quali si occuparono soprat- tutto della causa di Fozio. E tutli quest! Concilii furono tenuti, come da gli stessi loro nomi appare, in Oriente. Ora ecco quali fu- rono gli Occidental!.

276 BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

IX.° e il Lateranese I, temito sotto il Pontefice Callisto II, 1'an- no 1122, per ristabilire la pace tra il sacerdozio e I'impero., lurbata per cagione delle investiture, e per provvedere alia disci plina. Vi presero parte 900 e piu Yescovi.

X.° e il Lateranese II, di 1000 Yescovi. Fu lenuto sotto Innocen- zo II, contro 1'Antipapa Pietro di Leone, contro gli eretici Petrobu- siani e gli Arnaldisti e per ristorare la disciplina.

XI.° e il Lateranese III, di 300 Vescovi, tenuto nel 1179, sotto il Pontefice Alessandro III. Si occupo della riforma dei costumi, regolo 1' elezione del sommo Pontefice , e condanno i Yaldesi e gli Albigesi.

XII.0 e il Lateranese IV, di 473 Yescpvi, oltre a gran numero di Abbati, il quale nell'anno 1215, sotto il Pontefice Innocenzo III, si occupo di varie eresie e soprattutto della liberazione di Terra Santa.

XIII.0 e il Lionese I, e fu tenuto sotto Innocenzo IY da piu di 140 Yescovi , contro Federico II imperatore : e molti decreti furono pur fatti per la riformazione de coslumi.

XIV.0 e il Lionese II, tenuto da 500 Vescovi, sotto Gregorio X, nell'anno 1274, per 1'unione della Chiesa greca colla latina.

XV.° e il Viennese, tenuto nel 1211, da Clemente V, coll'interven- to di 300 Vescovi e molti Abbati. In esso fu discussa la causa dei Templari, i quali vennero poi condannati, ed anche furono condan- nati i Fraticelli, i Beguardi, le Beguine ed altre oscure eresie.

XVI.0 e il Fiorentino, tenuto sotto Eugenio IV, nel 1438 da molti Vescovi , sia Latini sia Greci , per riconciliare questi alia Chiesa Romana.

XVII.0 e il Lateranese V, tenuto sotlo Giulio II e Leone X, dal 1512 duro lino al 1517, si occupo dello scisma Pisano e della riforma della disciplina, e fu sottoscritto da 114 Vescovi.

XVIII.0 fmalmente e il Tridentino, cominciato nel 1545 e termi- nate nel 1563. Duro con varie intermission! lungo il Pontificato di Paolo III, di Giulio III, e di Pio IV, e condauno tutti gli errori dei protestanti e promosse in gran maniera la riforma del popolo cri- stiano.

Oltre a questi Concilii, che tutti sono pienamente approval! dalla Chiesa, v' ha pur il Costanziese, che da alcuni viene ammesso coi

BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO 2*77

legittimi, e sarebbe il decimonono, da collocarsi tra il Viennese ed il fiorentino : ma siccome solo una parte dei decreti da esso falti venne approvata da Martino V, cosi dal piii degli Autori non e an- no verato tra i Concilii ecumenici.

III.

Qual sia il fine in genere dei Concilii.

Dalla nota die abbiamo falta dei generali Concilii si puo racco- gliere chiaramente, quale anche sia lo scopo a cui essi vengono or- dinati. Per tacere di altri fini meno frequent!, essi perlopiu sono rivolti ad alcuno di questi quattro primarii.

II primo e piu grave di tutti i mali che mai abbiano affliUa la Chiesa, e senza dubbio 1'eresia, la quale togliendo dal cuor dei cri- stiani la fede, divelle fin dalla radice ogni bene, procacciatoci da Gesii Cristo. Pero ogniqualvolta insurse qualche grave eresia, la Chiesa potendolo, si raccolse nei Sinodi particular i ed ancora in ge- neral Concilio, per trafiggerla piii efficacemenle. E questo si puo vedere verificato soprattutto nei prim! Concilii tenutisi in Oriente e neir ultimo di Occidente.

Altra causa e lo scisma die potrebbe desolare la Chiesa sia al- Voccasione di una doppia elezione del Romano Pontefice, sia all'oc- casione che una parle di essa negasse al Pontefice legittimo la do- vuta obbedienza, e cosi si dividesse in parti la cristianita. Oscu- ratasi la cognizione del vero capo e turbata 1' unita del corpo, e la Chiesa di Crislo che e essenzialrnente una, appare moltiplice. A questi gravissimi disordini nessun rimedio suol riuscire piii efficace, che la riunione di un Concilio. Nei primo caso V accolta di tutti i Pas tori, levando di ogni dubbieta ed indicando chiaramente chi sia il capo legittimo di santa Chiesa, provvede al bisogno e tranquilla lagreggia: nei secondo si spianano col discorso scambievole le difficolta opposte e si cerca il modo dLricomporre la pace.

Terza cagione per raunare un Concilio puo essere il bisogno di contrapporsi ad un qualche terribil nemico , che faccia scempio del- 1'ovile di Cristo. Cosi varii Concilii furono raunati per trovar modo

278 BREYI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

di resistere ai Saraceni, die mandavano a ferro e fuoco Asia ed Eu- ropa ; altri contro gl' Imperatori iconoclast! ; altri contro Errico IV e Federico II, die con inaudita persecuzione disertavano la Chiesa.

Da* ultimo cagione piii ordinaria e la riforma generate degli abu- si e dei vizil, che pur troppo a poco a poco si vanno introducendo n@l vivere dei cristiani. Conciossiache , essendo gli uomini .per na- tura inchinati al male, e lendendo le istituzioni anche phi sante per umana infermita a degenerare e volgcr al basso , forza e che continuamente vengano ristorate, se gia non debbono precipitare a total rovina. E questo fine e di tanto rilievo che, quando non e sta- to il solo che abbia ispirata la convocazione dei Concilii, non ando mai disgiunto dagli altri, avendo tutti i sinodi sempre stanziato i provvedimenti , che per la loro eta dovevano tornar piu salutari al popolo fedele.

E ben vero che tutti questi fini, parlando a rigore, si possono con- seguire e di fatto moltissime \olte si sono oltenuti con leggi e decreli emanati dal sommo Pontefice anche solo. Molte eresie da lui solo condannate si dileguarono, niolti abusi da lui solo trafilti disparvero; anzi la storia Ecclesiastica fa testimonianza di oltre a cento eresie che per sola sentenza della Sede pontificate condannate prima lan- guirono, e poi si estinsero altutto, come testifica di innumerabili abusi dalla Sede di Pietro sola sradicati e divelti. Ciononostante e facile il vedere di quanta eificacia e virtu debba riuscire in tutti i casi sopracennati la riunione di un Concilia. Questo, anche agli oc- chi dell' umana sapienza e 1' areopago piu solenne, il tribunale piu autorevole, che possa divisarsi sopra la terra. Lasciamo pure in dis- parle la infallibilita che per 1'assistenza dello Spirito Santo gli com- pete, ehe di queslo diremo piu sotto, ma considerandolo anche solo umanamente e 1' apice dell' umana prudenza. Qui si raccolgono da tutti gli angoli della terra gli uomini piu specchiati ed illustri per probita, per isperienza, per cognizione di religione non solo, ma di ogni piu nobile disciplina: e dovendo soprattutto trattar di religione e di costume , anche naturalmente sono i giudici piu appropriati e competenti, come quelli che tutta lor vita hanno fatto studio peculiare di costumi e di religione. Che se tuttocio loro non basta, essi trag- gon parlito di tutta la scienza, oncle rifulge la Chiesa di Dio, chia-

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mando a consiglio tutti i Dollori che nelle sacre discipline sono piu rinomati, ed anche de'loro studii, della loro scienza, delle loro disputazioni ampiaraente si valgono.

La conoscenza poi dei mali de' tempi e delle persone, a cui deb- ba applicarsi il rimedio, non puo essere ne piu intima, ne piu sin- cera. Conciossiache sono essi que'Pastori medesimi, i quali ban- no passata la vita in mezzo alle greggi crisliane e da vicino ne banno riconosciulo i languor! , e vi hanno apprestato i rimedii sva- riali, cbe Cristo lascio in deposito alia sua Cbiesa. Gli errori del mondo li hanno sludiati non solo sui libri, ma nella vita degli er- ranti ; le umane perversita le banno vedute non solo nei trattati, ma imperversanli nella corruzione del secolo. Sono dunque i piu adatti a por la mano sulle vere piagbe degli uomini ed a curarle pietosameote. Ne v'ha pun to a temere cbe i pregiudizii della mente e le passioni del cuore debbono aggirarli: perocche, lasciando stare cbe 1'eta, la viiiu, le prerogative di quelli cbe compongono un Con- cilio, li mettono fuori di pericolo ; la varieta delle nazioni da cui provengono, la diversita delle indoli onde sono dotati, la contrarieta degli interessi a cui temporalmente vanno suggetti; fanno si cbe per umane ragioni difficilmente possano convenire. Laonde quando cospi- rano in un medesimo senso e parlano con voce Concorde, ivi non puo esservi altra ragione cbe la forza della verita, la quale li abbia pu- ramente e fortemente soggiogati ed avvinti. Dalle quali considera- zioni si fa manifesto, cbe dove essi condannino come falsa qualche doltrina, come erroneo qualche principle, come necessaria o giove- vole qualebe regola disciplinare, il loro parere e giudizio e di gra- vissima autoritA.

II che avviene non solo presso i cattolici, i quali nelle sentenze di un Concilio scorgono ben altra sapienza che non e 1'umana, ma persino presso quegli elerodossi, cui Vodio della Cbiesa romana non f ha lolto pienamenle il lume dagli occhi ed il discorso dalla mente. Perocche anche questi non possono non vedere che quello che e sen- tenziato da un Concilio e pronunziato da giudici affatto autorevoli, e pronunziato con pienissima cognizione di causa, e pronunziato dopo ampie e libere discussioni della scienza, e pronunziato coi termini piu assegnati e piu giusti: e, dove anche non sieno disposti a sotto-

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mettirvisi per quelle difficollti gravissime che s' incontra a dichiararsi ingannati, tuitavia, se non sono privi altulto di quella moderazione di animo che debbe apportarsi nella disaminsi di quistioni da cui di- pende non solo la scienza ma 1'eternita, non puo fare che non ne ri- mangano salutarmente commossi. Le plebi cristiane poi die non co- noscono di per se le cose piu sotlili e non possono conoscerle, hanno nella bonta della vita, neH'autorit^ del grado, nella fama della sa- pienza di tanli giudici una guarentigia sicura di non dover essere ingannati in cosa alcima che venga loro proposta: e quindi gli uni c gli altri accogliendo con maggior affetto la verita, si slaccano piu prontamente dagli error! propinati dagli Eresiarchi e dagli screden- ti, si arrendono piu puramente alle riforme che loro vengono inti- mate , e si sottopongono con maggiore quiete d' animo alle delibera- zioni che sieno prese a loro riguardo.

A tuttocio si aggiunge 1'altro preziosissimo vantaggio della mag- giore sollecitudine, che per 1'occasione di un Concilio vicne ad ani- mare i Pastori di S. Chiesa. Le risoluzioni prese da una lale assem- blea hanno cerlo tutto il loro valore di per se stesse, poiche sono la verita, e nulla e forle quanto la verita. Tuttam come la verila. incojitra molte volte gravissimi ostacoli ad aprirsi il passo negli uma- ni intelletti, giova moltissimo a farla valere e tdonfare nel mondo

10 zelo di chi la presenta e 1' inculca. Ora quello che e opera comu- ne di un Concilio, diventa eziandio opera privata di ognuno che vi e intervenuto: percio, come ognuno la riguarda siccome cosa propria, cosi e peculiarmente infiammalo a farla prevalere. Gli esempii sareb- bero innumerevoli a provarlo : \agliami 1'allegarne due soli. Dopoche

11 Concilio Efesino, mantenendo salda la doltrina di S. Chiesa, ebbe definite essere yera Madre di Dio la Yergine benedetta, la divozione a Maria gia. si estesa, per opera di que' Pastori medesimi tornati alle loro greggi, rifiori di un culto novello, e s'innalzo una moltitudine di nuovi templi ad onore di lei, come 1'attestano gli storici di quei tempi. Similmente dopoche il Tridentino per V istituzione del Clero ebbe stanziato Y allevamento dei giovani nei Seminarii appositamen- te eretti , tutti quei Padri tornati alle loro Diocesi li fondarono ed apersero a gara , con quei vantaggio del Clero e quindi dei popoli che 5 noto al mondo. II perche e manifesto che Y opera di un Con-

BREVI CENNI SUL CONCILIO ECtMENICO 281

cilio , tuttoche non necessaria assolutamente , in fmolti casi torna grandemente giovevole, sia perche ravvisa meglio i danni die soffre la Chiesa, sia perche puo apprestare loro un rimedio piu efficace.

IV.

Qual sia il fine del presente Concilia.

Dopo indicate qual sia in genere il fine dei Concilii, sarebbe luogo di ricercare in ispecie qual possa essere il fine del Goncilio presente. Noi ne dobbiamo ne vogliamo investigare irriverentemente quello che esso sara per risolvere o definire ; contentandoci fin d' ora di sotto- porci a quanto da esso verra decretato ; non crediamo pero irreve- renza il considerare alquanto quello che lo stesso Yicario di Gesu Cristo si piacque di manifestarci. « In questo Concilio generale, di- ce egli nella sua lettera apostolica di convocazione, si dovranno ac- curatissimamente esaminare e stabilire le cose che prima di tulto riguardano specialmente in questi difficilissimi tempi, la maggior gloria di Dio, 1'integrita della fede, il decoro del divin culto e la eterna salute delle anime e la disciplina del clero secolare e regolare e la istruzione salutare e solida dello stesso clero e 1'osservanza delle leggi ecclesiastiche, la correzione dei costumi e la cristiana educa- caziorie della gioventu e la comune pace e concordia di tutti. » Ad intelligenza delle quali gravissime parole e da sapersi , che fin dal secolo XVI 1'eresia luterana gitto nel mondo un seme perniciosissi- mo di errori, oltre ogni genere gravi. Col disconoscere nella Chiesa di Cristo rautorita in materie religiose e sostituirvi invece 1'arbitrio della ragion privata, scosse da una parte 1' autorit& piu augusta che fosse al mondo , e spalanco dall' altra la via a qualsivoglia errore. Gli apologisli piu insigni di quei giorni videro 1'uno e 1'altro, e argo- meutando dai principii alle conseguenze predissero che un giorno sarebbe yenulo , in cui coll' autorit& religiosa sarebbero abbatlute tutte le autorita politiche, sociali, domestiche : e che il predominio della ragione'privata in fatto di religione avrebbe 1' un dopo 1' altro distrutti tutti i dommi, negate tutte le verita, schiantato ogni culto di Dio, lino a perdersi nel piu lurido ateismo.

282 BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

Or questa profezia fatta gia dal Bellarmino, clai Vallemburgesi, dal Becano e da altri illuslri apologisti, noi vediamo presso coloro che adoltarono que' principii pienamente verificata. Incominciata la negazione dall'autorita della Chiesa, si continue nella negazione del- la Gerarchia, dei Sacramenti, della necessita delle opere buone, del valore dei meriti e delle sodisfazioni. A uomini piu arditi parve poco tuttocio, ed assalirono i misteri piu sagrosanti della Fede, 1'au- guslissima Trinila e la divina Incarnazione. Reggeva ancor salda in mezzo a tante rovine la divinita della Bibbia ; ma intaccata prima in questo o quel libro, fu poi rigettata interamente, e quindi con uno, non saprei dire se piu empio o piu ingrato, razionalismo tulta la Ri- velazione fatta per Gesu Cristo venrie tolta di mezzo. Pareva che 1'i- niquita con questo avesse toccato il sommo: ma vi restava ancora la divinity da assalire sul suo stesso trono, ed ognuno sa che ai di nostri intere scuole di bipedi che si chiaman filosofi, come i mate- rialisti, negano sfacciatamente 1'esistenza di Dio ; ed altri moltissi- mi arrrvano allo stesso punto con maggiore ipocrisia ma con non minore efficacia, come i Panteisti ed i Positivisti. Quel che avveni- va nell' ordine intellettuale della Religione , ebbe la sua natural corrispondenza nell' ordine pratico della vita. Quindi , a ma.no a mano che scompariva la Fede , cessavano di essere di obbligo le virtu cristiane. 1 digiuni, le penitenze> la mortificazione, la pratica dei consigli evangelic! nella poverta, castita ed obbedienza, furono i primi che cedettero il campo : poi le stesse virtu umane, come 1'umil- ta, il disinteresse, la modestia, diedero il luogo ai vizii contrarii, cioe all' amor di se stesso, al principio di utilita, a quello che fu chia- mato riabilitamento della earner onde non solo la bonta soprannatu- rale fu rigettata, ma i principii stessi della morale di natura ne fu- rono grandemente scossi e parecchi di loro manomessi e calpestati. Questa vastita di error! intellettuali e pratici poi infettando tutto 1'uomo, il guasto in tutte le sue relazioni private e pubbliche, dome- stiche e soeiali. Da essi fu corrotta 1'educazione domestica, che fu un aprire una fonte d' infiniti disordini in seno ad ogni famiglia : da essi venne pervertito 1'insegnamento sia de' Hcei, sia delle Accade- mie, che fu un versar a torrenti la corruzione in seno alia societa. Bi che le leggi diventarono empie, le amministrazioni ladre, i Go-

BHEYI CENNI SLL CONCILIO ECUMEMCO 283

verm atei , e perduti i concetti del diritto e del dovere , ogni cosa rimessa in arbitrio della forza brutale , con quegli sconvolgimenti material! e moral! di delitti, di empieta, di rivolture, che non e bi- sogno d' immaginare perche vediamo cogli occhi. Ne siffalti mali si restrinsero ai paesi , ne' quali il Protestantesimo ne avea gittato il seme: perocche a questi tempi colla facilita dei viaggi, colla copia dei libri e soprattutto dei giornali, e per T opera molteplice di que' per- versi che hanno interesse a far prevalere 1'errore, le dottrine per- verse si sono pur troppo diffuse anche nei paesi cattolici ; e dove non kanno potulo far accettare.tutta una teoria, hanno insinuato un prin- cipio, dove non hanno potuto schiantare al tutto la verita, 1' hanno renduta dubbiosa: ond'& che non pochi cattolici, e tra questi anche, di coloro che vanno sotto nome di buoni, si trovano con certe mas- sime in capo e certi affetti in cuore, che li dimostrano tutt' altro da quel che si credono di essere. Di che conseguenza ultima e poi la perdita e 1' indebolimento della fede , oppure il decadimento sejion la perversione del costume, da cui scaturisce la perdita eterna di anime innumerevoli. Or a tutti questi mali la Sede apostolica ha op- posto sempre rimedii, che nella sua sapienza ha giudicato i piu effi- caci, e molti certo coll'opera sua ne ha impedili, ed altri o menoma- ti ed attenuati, o ristretti in certi confini. Al presente pero contro si rea piena crede spediente di ricorrere a quel partito, che come piu singolare si riserba alle maggiorl necessita, cioe al generale Conci- lio e francamente dichiara i fmi per cui Y ha convocato.

Le grandi Assemblee, i Congress! , i Parlamenti si adunano per trattare i grandi affari del mondo : la Chiesa cattolica si raccoglie, prima che per qualunque altra cosa, per la gloria di Dio : Quae raa- iorem Dei gloriam... respiciunt. Perocche come la divina gloria e il fine della Creazione, della Redenzione, della Glorificazione ; cosi e 1'oggetto a cui tiene perpetualmente rivolto lo sguardo la colomba immacolatff, la S. Chiesa. Che cosa saranno per dire certi mondani di colesta espressione no! non sappiamo ; ma certo il miglior parti- to per loro, posto che sventuratamente non la intendano, sarebbe il tacere.

La gloria divina in due modi singolarmente si procaccia, coll' h> tegrila delle fede interiore, colla splendidezza del culto anche ester-

284 BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

no. Quella cattivando 1' intelletto in ossequio della verita, sommetle a Dio la parte piu nobile dell' uomo ; questa offrendo coll' ossequio dei sensi anche i beni esterni, tutto quel che appartiene all'uomo rende tributario alia divinita. Quindi, dopo la divina gloria, a quc- sto dovii rivolgere i suoi pensieri il Concilio : Fidei integritatem di- vinique cultns splendorem, per metterli in salvo da quegli errori che con tanta baldanza e protervia si diffondono ai di nostri : acciocche si mantenga intatta nel popolo cristiano quella radice, da cui debba germinare 1' eterna salvezza, sempiternam hominum salutem.

Ad ottenere il detto intendimento ni.uno v' ha che non vegga quanto importa la scienza e la bonta del clero, sia regolare sia seco- lare : studii adunque il Concilio per qual modo si possa preservarc dalla malignita dei tempi e degli uomini, quale istituzione,sia letle- raria sia religiosa meglio convenga ai present! bisogni, e come si possa confortare nella piet& , si che non diventi sale infatuato , ma sia.invece la fiaccola che illumini il popolo cristiano. Utriusque cle- ri disciplinam, eiusque salutarem solidamque culturam. AI che do- vrebbero por mente certuni, i quali credono che nei Concilii si pensi unicamente ad aggravare la mano sopra dei laici ; quando invece tutta la ecclesiastica storia dimostra che lo scopo del Clero nei Con cilii, quando non fu Funico, fu sempre uno dei precipui, di riforma- re se stesso ritemprandosi nel fervore della propria vocazione.

Quanto al popolo cristiano, quattro cose sono quelle che il Conci- lio deve procurare principal mente secondo sue forze. Yediamo ogni giorno piu scadere 1'osservanza delle leggi ecclesiastiche, le quali sono pur quelle che esternamente ci dimostrano separati dai prote- stanti ed appartenenti alia vera Chiesa : dunque di queste si occupi primamente il Concilio. Le stolte credenze ingenerano pur troppo la perversita del costume, come di rincontro la perversita del costume rafforza gli errori contro la fede: dunque il Concilio avyisi i mezzi piu opportuni pejr introdurre nel popolo la costumatezza? Alle rifor- me desiderate nulla concorre piu soayemente e potentemente, che la retta istituzione della gioventu : e la mancanza di questa e forse la piaga piu grave de' nostri tempi : vegga pertanto il Concilio e sluclii come questa si possa ottenere nelle circostanze present!. Da ultimo el teorie novelle.della nazionalita, della sovranita popolare, del di-

BREW CENNI SUL CONCILIO ECtMENICO 285

ritto moderno, hanno riempito di torbidi, d' inimicizie, di discordie i Regni, le citta, le famiglie: ebbene il Concilio procuri per lulte le \ie di ricoraporre gli animi a concordia e di sbandir le cagioni di tante gare ed emulazioni : Ecclesiasticantm legum observant-tarn, morwnque emendationem et christianam iuventutis institutionem et communem omnium pacem et concordiam. E a restringer lulto in poco « con impegno intensissimo si deye procurare che coiraiuto di Dio siano rimossi tutti i mali dalla Chiesa e dalle civili societa, af- fmche i miseri erranti vengano richiamati al retto sentiero della ve- rita, della giuslizia e della salute : ed eliminati i vizii e gli errori, 1'augusta nostra religione e la salutifera dottrina di lei in tutto il mondo riviva, ed ogni di piu si dilati e domini , sicche la pieta , la onesta, la probita, la giustizia, la carita e tutte le virlu cristiane, con somma utilita della societa umana, prendano Y-igore e fio- riscano. »

E ben vero che alcuni di quelli che si credono saputi, perche so- no maligni, si faranno beffe degl'intendimenti accennati dal S. Pa- dre, e diranno che sotto cotesle misticherie un Concilio cova ben altri disegni: ma a costoro noi risponderemo brevemente due cose. In primo luogo che essi errano grandemente nell'estimazione dei mez- zi: conciossiache a cambiare il mondo molto maggior valore hanno la giustizia, la moralita, la religione, 1'educazione, di cui si Iratla in un Concilio, che non tutti gli spedienti che la politica, la liloso- fia, il progresso, la civilta possono mettere in campo : e pero quelli die non con utopie ma con isperanza di qualche solido effetto vo- gliono rimutare il mondo, faranno sempre capo a quello che gli scredenti chiamano misticherie, e non mai a quei tranelli che si pre- parano tra le tenebre ed i nascondigli. I' altra cosa e che, quando si vogliono, sotto apparenze mentite, riordinate le fila di segreti mi- steri, si fanno le adunanze degli scienziati, dei congressi della pace, o degli avvocati , o dei medici , o della statistica , o dell' agraria o fin degli operai; e questi si tengono a Firenze, a Losanna, a Ginevra, a Brusselle od a Londra : ma non si tengono mai da que' vene- randi personaggi che^sono i Yescoyi , ne si raccolgono in una citla qual e la Roma pontificate.

I CROCIATI DI SAN PIETRO

SCENE STORICHE DEL 1867

XXXV.

// domani di Monte Libretti.

Lunga e penosa trascorse la notte agli Zuavi rinchiusi nel corpo di guardia dicontro la porta di Monte Libretti. Anche di gia cessato il fuoco , come leggermente ognuno pensera, nessuno prese sonno. Si teneva la baionetta incannata , e il futile carico. Sulle ore quat- tro della dimane il sergente maggiore Bach, disperando oggimai di veder giugnere le altre colonne comandate a Monte Libretti, si risolvette di ritornare ai quartieri dond' era venuto. Non poteva immaginare che unnemico, forte di oltre mille cornbaltenti, si fosse ritirato da munitissimo castello dinanzi alia sua quadriglia, e con si cautelato spavento da mantellare la fuga col fuoco vivo di tulta not- te. Gl' importava adunque di partire celatamente per non esporre alia vista del nemico, in guato sulle mura, la scarsita delle sue for- ze, e sopra tutlo per trasportare con sicurezza i suoi feriti, cui non voleva lasciare in balia di nemici spietati e senza legge.

Pertanto si diede a cercare T uscita di dietro alia casa. Si smu- rarono per forza di baionetta alcuni rocchi della parete rimpetto la porta, e vi si aperse una breccia sufficiente , per la quale saltarono giu uno dopo T altro i sani, e si collarono gt infermi. Qui fu dolo- roso e crudele il caso di un prode lussemburghese , di nome Uber-

XXXV. IL DOMANI DI MONTE LIBRETTI 287

10 Mercier. Egli era caporal ranciere, 1'onore, la dirittura, 1'inlc- grita in persona, onde i camerati chiamavanlo papa Mercier. Le palle nemiche gli aveano orribilmente sfracellato una coscia, men- tre egli sulla porta della caseita per forse venli minuti rispondeva alia fucileria delle mura. Fu ricolto di sotto il fuoco e adagiato so- pra giaciglio di pelli d' animali , che per ventura si trovarono nel luogo. Nuotava nel suo sangue, e lo spasimo davagli ad ora ad ora

11 delirio, ma appena rinsensato ripigliava la preghiera pei morti della giornata. Si risovvenue ancora di rendere i conti del danaro della compagnia, che gli era affidato. II disagio e il fieddo rincru- dirono nella notte il suo strazio, e al momento della partenza tre volte fu levato in ispalla dal sergente Bach per trasportarlo, e tre volte svenne. Allora prese partito di rimanersi a discrezion dei ne- mici , e con tenero addio accommiato i compagni pel loro destino. Quivi mori dopo due ore, assistito solo dal suo buon Angelo, e da un pietoso borgese, che il trov6 tuttavia con uno spiro di vita e cerco addolcirgli le ultime agonie.

II drappello del Bach si pose in marcia per Monte Maggiore. In- tanto gia vi era stato preceduto dalla squadra del sergente La Be- gassiere, la quale mosse da Monte Libretti allorche il Bach si fu rin- chiuso nel suoridotto, ed era giunta tra le nove e le dieci della sera. Appunto in quell' ora il Comandante del posto con un ufficiale e col cappellano divisavano ansiosi della fortuna delle tre colonne spe- dite contro Monte Libretti , e non sapevasene altra novella , che qualche colpo di fuoco udito in,quella direzione : quand'ecco si an- nunzia 1' arrive di un Zuavo ferito. Era il trombetto Mimmi, che veg- gendo il P. Ligiez: « Padre mio, esclama singhiozzando, il nostro buon tenente Guillemin e morto ! » E 1' eroico garzone non si ricor- dava della sua mano da cui troncate erano quattro dita !

Dopo il messaggero arrivo larimanente brigata, tra i quali, nove feriti, sorretti dai camerati. Bisognava vedere que' Legionarii fran- cesi attorno ai gloriosi reduci di Monte Libretti : i letli dello Stato Maggiore furono aggiudicati ai feriti , e chi non pot& averne uno compiuto n'ebbe un materasso o un saccone ; i soldati cedevano al- legramente i loro stramazzi di paglia ai nuovi ospiti, ciascuno si in-

288 I CROCIATI DI SAN PIETRO

dustriava a far da infermicre, sfasciare le ferite, lavarle, governar- le, tulti erano infaccenda di prestare servigio. Precedeva coll' esem- pio il Comandante, capitano Carlhian, e il suo Tenente, tuttiin aiu- tare e festeggiare i Zuavi , dare ordini per la refezione, spedire pat- luglie a raccorre i feriti che indugiavano, e far trombare tulto in- torno per avviso di chi non conoscesse il cammino.

Fu notte piena di lutto, ma di lutto sereno e forte, consolato dalla carit£ cristiana e non dai freddi provvedimenti di un ospedale di cam- po, e sopra ogni altra cosa irradiato dalla gioia di aver compiuto ono- ratamente al dover di Crociato. Era poi bello a udire quei forti, im- memori di se stessi, non rimpiangere altro che i loro amid estinti, nel tempo stesso che li chiamavan beati e martiri della Religione. Nobile sergente Raffaele Du Bouays di la Begassiere! Si era battuto come un Hone a fianco del suo ufficiale di Quelen ; in tre formida- bili assalti aveva recata la morte tra le file dei nemici, aveva ucciso di sua mano il feritore di lui: ma nel feroce contrasto ebbe squar- ciato il braccio da una baionettata, che gli tolse di vedere il fine del suo amico. Non poteva darsi pace, e non sopra se, ma solo sopra lui lamentavasi cordoglioso. Quanto bene gli splende sul petto f in- segna cavalleresca, onde il fregio Pio IX ! Con quanto plauso fu sa- lutato, cinque giorni dopo la sua ferita, allorche il maggiore di Troussures gli porto allo spedale di Santo Spirito il diploma di uffi- ciale! Non sapevasi ben distinguere, se piu fosse la gioia di chi re- cavalo, o di chi lo riceveva.

Un giovane Olandese , nel furore della mischia non avea veduto la morte del Guillemin, e penava a credere a' suoi compagni. Ne dimand6 piu sicure novelle al Cappellano : « Padre , e vero che ci hanno ucciso il nostro Tenente? han proprio ucciso il Guillemin? Ah, se e cosi io torno a Monte Libretti, e lo vendicherd di mia ma- no. » E fuori di se, dava di piglio alia carabina , voleva uscire in campagna, non importandogli di morire, purche fosse punito 1'assas- sino del suo amato Comandante: e solo il freno della disciplina pole rattenerlo. Un altro, il belga Serie, non Toleva essere contato tra i feriti , « perche , diceva esso , non potrei piu battermi. » II prode Nouguier , marsigliese e veterano delle guerre di Africa , sebbene

XXXV. IL DOMANI DI MONTE LIBRETTI 289

ferito al capo , al braccio destro , e perdute due dita della mano si- nistra , se n era tomato a piedi senza cedere altnii la sua carabina. Ai rallegramenti del Legionarii suoi patriolti rispondeva : « Quei Tili ! mi hanno lasciato entrare tre volte nella porta, e non mi han- no fmito ! » Un altro, ferito parimente in testa, interrogate come se ne sentisse : « Male, rispose; ma domani torneremo da capo. »

All' alba seguente il Cappellano celebro il Sacriiicio pei morti di Monte Libretti, e vi assisteltero i superstiti. Gli ministrava all'al- tare un Olandese , diguazzatosi bravamente dai segni della batta- glia : era un ex seminarista, che fornita la ferma, e gia sul punto di ripigliare la filosofia , aveva chiesto in grazia un soprastamen- to, per non perdere il buon destro di fare di carabina a onor di S. Pietro : cherico e soldato, soldato e cherico a vicenda , nell' uuo e neir altro ufficio, eccellente. Intanto faceva Y ora di scendere alia stazione di Corese, per quindi ritornare alle stanze di Monte Roton- do, di dove il di innanzi eransi partiti ; la gloriosa squadriglia si attelava dinanzi alia caserma, co' suoi feriti da mandare a Roma per ferrovia, e i Legionarii davano loro il fraterno addio : quand' ecco spuntare la brigata , che aveva passato la nolte sul campo nemico. Fu accolta con festa smisurata.

E certo porgeva di se sublime spettacolo quel pugno di veri ca- valieri crociati : affumati le mani e il volto, colle vesti lacere e strambellate, smarriti i berretti, strappato il corredo, le daglie gru- mate di sangue , spezzate o scavezze le armi. Un belga , de Pauwo, aiuto cuoco della compagnia riportava il suo stutzen piegalo in due, e i camerati motteggiavanlo, perche si fosse battulo coll' arco e non col moscbetto : il vero si e cbe s' era battuto colla clava. Alia testa loro marciava deguamente il sergente maggiore Aloisio Bach. Ave- va di sua mano morti o feriti sette od otto nemici, a palla, a baionet- ta, a calcio di fucile ; si era azzuffato a corpo a corpo tante volte, che ne riportava cincischiata e scheggiata dalle punte nemiche tulta la cassa dello schioppo , e le vesti sue non erano insanguinate solo , ma parevano tinte in un bagno di sangue. E pure, mirabile a dirsi, non aveva tocco, non che una ferita, neppure una leggerissima seal- ra. Un illustre Porporato , conoscente della famiglia di lui , gli erie VU, vol. IV, fasc. 447. 19 27 Ottobre 1868.

290 I CROCIATI DI SAN PIETRO

disse un giorno : « Cotesta e grazia prodigiosa, dovuta alle preghiere di vostra madre. »

II Bach chiedeva un soccorso per ritornare a Monte Libretti : ma fugli comandato di tornare co' suoi agli alloggi. Appena vi fu tempo di dare il primo governo alle ferite del novellamente sopraggiunti; e poi questi entrarono nelle file della compagnia loro : il Bach , come se fino allora avesse riposato, ne prese il comando, e ordino la marciata. Alia stazione di Corese, i passeg- geri trascorrenti da Roma a Terni li videro con maravigh'a schie- rati in ordine di difesa , colla sentinella avanzata verso Ponte Core- se , aspettare il convoglio per Monte Rotondo e Roma. Dimandava- no: Che e cotesto? Perche i Zuavi costl? Donde tanti fe- riti? Qualche acciacco dev'essere stato. Un viaggiatore , a noi ben noto, smonto e fu a prender lingua coi sergenti, e ne riporto le gloriose novelle ai compagni , e poco dipoi in varie citta d' Italia, che quella scarsa compagnia di prodi aveya assaltato ne' suoi trin- ceamenti ben oltre mille Garibaldini , e fattone macello , e campeg- giato sul terreno conquistato. II che servi non poco a smorzare la galloria vittorieggiante del buon Menotti, che rifuggito da Monte Li- bretti a Nerola , quinci scriveva a grande agio i suoi telegram mi fulminei e spacciava bullettini laureati.

A Monte Rotondo i Zuavi ebbero nuova ovazione. Perciocche cola giunse il di seguente il inaggiore diTroussures, un cayaliere all'an- tica e giusto estimatore del valore ond' e egli stesso modello com- plito , e con lui un corpo di rinforzo. Non e a dire quali feste egli facesse ai reduci di Monte Libretti , e con quanta avidita ne Yolesse sapere i piu minuti particolari. Egli giubilava sopra tutto dell' eroi- ca fierezza di quel manipolo d' invitti, che tutta jiotte avevano man- tenuta la posta sotto le mura e pressoche sotto il fuoco nemico , e terminate con tanta gloria un' impresa cominciata con un' audacia , che toccava della temerita. Voile che i soldati ne facesserx) allegria, e si ristorassero lautamente , e pero loro aperse largamente la pro- priaborsa: quanto alBach poi, oltre a colmarlo di elogi nel Rap- porto coi sergenti, il convito alia mensa degli ufficiali, e la fecegli ridire i casi della formidabile lotta. Non pago di cio, ne parlo agli

XXXV. IL BOMANI DI MONTE LIBRETTI

altri ufficiali superior! di Roma e al Ministro clelle Armi. II Kanzler, che di bravura si conosce, disse ad un eminentissimo personaggio : « Se si trovera chi racconti degnamente questo fatto, il nome del Bach risonera per tutla Europa. » Breve, tra pochi di il Sergente maggiore deponeva il fucile, logorato a Monte Libretti, e prendeva la spada di ufficiale ; e il maggiore di Troussures gliene recava il breve, segnato dal Ministro, colle sue gratulazioni e colla benedizio- ne di Pio IX. Sugli altri commilitoni cadde una pioggia di onorate medaglie e di parecchi cavalierati ; ne si poteva agevolmente trova- re piu degni petti a riceverla e phi meritevoli.

Ne mancarono tra le gioie nrilitari i festeggiamenti religiosi. Mon- signore Daniel celebro la messa in azione di grazia pel felice succes- so della fazione : e il cappellano P. Yincenzo Yannutelli, che aggra- vate da breve malore non aveva potuto con suo alto rincrescimento seguitare la colonna in campagna, raccolse diligentemente le parti- colari notizie dei caduti in battaglia, ne raccontolelaudi, e conchiu- se: « Pensando a loro, piu e la gioia ch'io sento, che il dolore : essi sono in cielo. » E bene era diritto. S. Bernardo chiama altamente Martiri i morti per Terra Santa ; e S. Luigi re di Francia appellan- do i suor ufficiali ad esequiare gli estinti della Crociata, diceva: « Andiamo a seppellirei Martiri di Gesu Gristo. » E i nostri avean tratto esempio dai commilitoni di S. Luigi : anch'essi, giusta il con- siglio del gran Siniscalco e compagno del santo Re, sire di Joinvil- le, avevano riconfortate Tanime loro coi celestiali balsami della pe- nitenza: tanto che il loro comandante Guillemin nell'animarli nell'as- salto, pole dir loro : « Yoi siete tutti in grazia di Dio: non li conta- te; cadranno nelle nostre mani. » Egli solo, forse il solo tra tutti > non si era confessato, per che di secente sacramentatosi, or a non avrebbe saputo che dire : cosi parlo egli prima di partire alia testa de' suoi , nel chiedere la benedizione del sacerdote. Degno coman- dante di Crociati I

Marciavano alia battaglia, altri coi rosarii al collo, altri collo sca- polare del Carmelo sul petto , altri col cordone di S. Francesco alia vita, appunto come il modello dei Crociati, S. Luigi, e come descrive se stesso il terziario Dante Alighieri. Conqueste insegne della pi

292 I CROCIATI DI SAN PIETRO

furono rinvenute le salme benedette del loro morti, dissolterrate dopo sei mesi. Cosi fu trovalo Francesco Martinaggi, native di Tavera in Corsica, che non senza acerbo dolore dei compagni erasi dovuto ab- bandonare boccheggiante sul campo della sua gloria : era ferito co- me i valorosi, in mezzo al pelto. Cosi apparverolreOlandesi, Goti- fredo Van Ravenstein, Antonio Bongenaar, e Giovanni Crone, uno dei nomi piu popolari ora nella patria, e il cui sangue pareva tuttavia correre vermiglio dall'ampia ferita del capo. L'atleta Pietro Jong fti riconosciuto anch'esso: aveva il petto trapassato e scerpato dalle ba- ionelte, la capigliatura bionda e intalta, ed era stato deposto col vi- so verso il cielo. Pur coi segni della religione furono ravvisali tre belgi, Uberto Mercier del Lussemburgo, Leopoldo de Coester, e Odoardo de Roeck: Odoardo, che nato povero contadino, lascio 1'a- ratro pel fucile per impeto di valore cristiano, due anni mililo esem- plare di pio Crociato, e mori combattendo a fianco del suo amato te~ nente Guillemin, di cui era ordinanza, e nella tomba ancora gli stet- te per lunghi mesi a lato. Alfredo Collingridge nonfufcepolto a Mon- te Libretti : ma a suo luogo lo ritroveremo.

Solo del beneventano Domenico Ciarla non fu rinvenuto il cadave- re: ma per sua gloria non peritura sappiamo , che egli non faceva parte della compagnia, allorche questa parti per la fronliera, e pure a forza di prieghi impetro dal tenentecolonnello di Charette , di po- terla accompagnare. Cosi scambio 1'ufficio che tenevadi sartore nel- la compagnia di maestranza, coi pericoli della campagna; efu udito dire in partendo: « Cessero quando saro morto io, ovvero I'ultimo degrinvasori. » Ne fu vano millanto, poiche come vedemmo, cadde il primo alia testa dell' assalto. II di vegnente fu trovato, tuttavia palpi tante, da una masnada di scorridori garibaldini: e quei vigliac- chi il finirono, squarciandogli il ventre. Cosi raccontarono le genti del luogo.

Per la intelligenza di questa apparizione di bande garibaldesche presso Monte Libretti, e da rifarci alquanto addietro, e toccare in bre- ve dei successi loro, come del campo zuavo abbiamo fatto. Non e pos- sibile a descrivere il disordine che regnava entro le mura, non solo pendente il conflitto, ma fin da prima, al ferale annunzio della com-

XXXV. IL DOMANI DI MONTE LIBRETTI 293

parsa del Pontificii. Una circostanza, indiffcrentc per se, lo accrebbe in modo arcano e pauroso. Scoccavano in quel punto le ore ventitre all'orologio del Comune, e vi fu chi grido essere cotesto il segnale convenuto Ira i tenieri di dentro e i Zuavi di fuori , di dare addosso ai Garibaldini. Lavoce serpeggio come scintilla di folgore, e fucre- duta ; perche i crudeli trattamenti usati alia terra troppo ne davano ragione. Quindi un gittarsi sulle arrai precipitoso, e discorrere chi qua chi la all'impazzata, altri a nascondersi, altri a far testa, tutti a strepitare e minacciare come energumeni di trarre vendetta , e del preti e dei magistrati fare strazio inesorabile.

Ma 1'incalzare dell'assako ne tolse loro il pensiero e il tempo. Gli ufficiali slessi dello Stato Maggiore di Menotti non sapevano al- tro farcche gridare a tutti Fuori, fuori ! all'armi! airarmi!» Intanto i posti avanzati erano inviluppati e Y impeto dei Zuavi piom- bava sul villaggio: il Comandante generate non si avanzo oltre la porta per sostenere il borgo, che avrebbe presentato una mirabile posizione di difesa 1 : il maggiore Fazzari, che aveva osato varcare la soglia, era caduto ferito e prigioniero : il suo battaglione, che era la cletta delle forze, era stato a furore di ferro e di fuoco rigettato: e la fudleria delle case ridotta al silenzio : solo a grande stento si era riuscito a chiudere la porta, ne forza di minacce o d' improper ii era- no bastati a Menotti per ispingere i suoi ad investire quel branco di lioni piantatosi in guardia al di fuori : non rimaneva altro a tenta- re, fuorche la ritirata, prima che i Pontificii, ricevuto rinforzo, gli recassero piii irreparabile sciagura. E cosi fu falto.

« Escono in tumulto (parla lo storico titolato della garibalderia), ;in confusione, come i volontarii (garibaldini) quando si ritirano, dal lato di settentrione verso Nerola (doe dallato opposto alia guardia zuavd) lasciando in preda a un nemico battuto (e come!} stupilo, temente di trovare in quella sparizione un agguato, i feriti , la cassa, i cavalli , i bagagli, le carte, tutto quanto possedevano. Erano circa seicento uomini (1200, per lo meno}... che si ritirava- no davanli ad ottanta uomini , era,?diciamo la parola, una fuga da-

, Nuova Antol Marzo 1868, p. 561.

204 I CROCIATI DI SAN PIETRO

vanti un fantasima. Noi siara cerli che il giovane e prode colonnello (Menotti) fara pro delle lezioni del padre e della sperienza toccata, per non ricadere piu nelle insidie delle proprie allucinazioni 1. »

A nostro modo di avvisare, erra il Guerzoni ; e Menotti Garibaldi scelse rottimo de'partiti. Gli era imperiosa necessita cercare sicuro rifugio alia sua truppa, rassettare le compagnie scemate di numc- ro, rifare gli ordini scompigliati tulti e disfatti, e quello che piu era, dare a ciascimo agio di riaversi dal terrore cieco, ond'erano sbalordili e costernati , senza di che sarebbe riuscito impossibile ricondurli al fuoco, se una sola compagnia di Zuavi fosse compar- sa. II Guerzoni non vide quella accozzaglia rimescolata e senza ireno, non ne misuro lo sbigottimento e la disperazione, egli che di qtiei di godevasi la sicurezza del suo nascondiglio, adagiato di tutti i conforti della vita, mentre teneva mano ai sicarii e agl'incendiarii di Roma. Ma chi ci si trovo tra mezzo (i terrazzani e i prigionieri garibaldini), e ce ne diede ragguaglio, ci assicurava che lo sgomen- to fu tale, che durante 1'attacco molti la dettero pei cam pi e per le macchie, lasciando le robe loro non che la mensa gia imbandita. Nelle ventiquattr'ore seguenti circa trecento Garibaldini avean git- tale le armi e provveduto a se colla fuga. Partivano alia spicciolata, a nodi, a intere bande, imprecando alia loro mala ventura, e male- dicendo i loro caporioni, e chiamandosi altamente traditi. Ci avean detto e ridetto, che il paese ci accoglierebbe col suono delle ^ampane a gloria, che i mercenarii volterebbero le spalle alle pri- me fucilate : ed ecco come fuggono! Non e guerra d'uomini! si bat- tono come le tigri ! a questo modo non ci si puo discorrere I -

Cotali doglianze erano in bocca di tutti i Garibaldini fatti prigioni. E non dei fantaccini solamente, ne solo dopo il fatto di Monte Libret- ti. L'abbiamo inteso da chi le udl da un medico garibaldese (non ci seppero dire il nome) che sulla pubblica piazza di Viterbo gridava onta e infamia sopra Garibaldi e i suoi arrolatori, pel tradimento fatto a tanta gioventu, tranellandola coll a lusinga di avere ad in- contrare rose e fiori invece di piombo e ferro. II colonnello Catta-

llvi.

XXXY. IL DOMANI DI MOSTE LIBRETTI 295

bene se ne dolse egli pure amaramente a chi ce Io riferiva, allor- che ebbe saggiato i Pontificii. Non s' incolpi adunque Menolti di esscrsi ritirato da Monte Libretti dinanzi alle ombre, mentre i suoi in tanto scompiglio arruffati lo abbandonavano, ed egli per tutto il giorno seguente dovette carreggiare i feriti a Nerola, e travagliarsi a rawiare le smarrile ordinanze.

Ouello di che si de' dar biasimo al Menotti, si e 1' insipiente or- dine del giorno da lui segnato a Nerola : ordine che dovette destare riso e scherno presso i suoi volontarii. Come? eran fuggiti, piu che ritiratisi, fuggiti di notte, senza guardare altro ordine che quel- lo dei montoni che escon dal chiuso, gittando a rifascio ogni cor- redo e fin la cassa militare; e s'udivano intronare Torecchio con un fragoroso: Compagni d'armi, ieri vincemmol Non V era parola di senso in quel lungo ditirambo, fuorche il tratto in cui si inculcavano gli obblighi del soldato in faccia all' inimico : ordine, disciplina, obbedienza: cose tutte eccellenti, e che essendo fallile interamente, avevano costretto il Condottiere a scrivere il bando della vittoria, fuggiasco dal campo della battaglia. Yero e che T ordine del giorno era piuttosto scritto per giornalisti del partito, che pei soldati sotto Tarmi. Al Guerzoni non dette Tanimo di riportarlo : forse gli do- yette sembrare ridicolo oltre al comportabile.

S' inganno pure il Guerzoni nella susseguente istoria: c< Gli Zuavi occuparono nella nolle lo sgombrato paese, ma alia lor volla impau- riti da non sapremmo quale spettro, la mattina collo stesso precipi- zio dei Garibaldini, lasciando tullo Tacquistato bottino, corapresi i prigionieri e i loro guardiani, si ritirarono. Menotti il di seguente manda una compagnia a riconoscere Monte Libretti, la quale trova- tolo totalmenle abbandonato dal nemico, ricupera tutto il perduto, libera i prigionieri, ne fa al nemico e riporta in trionfo a Nerola il ferito Fazzari l. »

Accadde tutto 1'opposto: giacche il drappello del Bach, partendo al muttino non contava piu di 14 uomini, abili all' armi, e quest! appena bastavano per convogliare i feriti. Oltreche, troppo sarebbe

llvi.

296 I CROCIATI DI SAN PIETRO

stato imprudente a immaginare die i Garibaldini avessero intera- mente sgombralo il paese. Non s' impaccio pertanto di rioccuparo il castello. Ben vi restarono Ire Pontificii, che il Bach non pote ri- chiamare all' insegne , avendo essi durante la nolle cambiato posi- zione. Erano i tre custodi del Fazzari e clegli altri prigioni, cioe un trombetta, un gendarme e 1'intrepido Ignazio Krome paderbonese. Quei franchi petti di militari non ismisero 1'avuta consegna, e aspettavano gli ordini de' superior!. Cosi furono sopraggiunti dalla squadra garibaldina spedita in riconoscenza da Menolti, poiche fu accertato esser partiti i Pontificii. Allora fu la impresa, gia sopraac- cennata, dei masnadieri, che si mentivano paladini d' Italia, e italia- ni erano pur troppo per nostra ignominia, e meglio era per noi, se nascevano Saracini. Sventrarono e svillaneggiarono brutalmente il zuavo Ciarla che rinvennero moribondo, prima di entrare in pacsc ; e si apparecchiavano di sbranare similmente i rimasi alia guardia dei prigionieri.

Se non che il maggiore Fazzari loro si contrappose con giusta fermezza. Si risovvenne egli della generosa lealta, onde il sergente zuavo 1' aveva difeso contro le baionette de'proprii soldati nel furore stesso della mischia: e forse ancora aveva indosso il cappotto, onde lo zuavo Krome, spogliando se, aveva rivestito lui per proteggerlo contro il rigore di quella cruda notte.

I prigionieri garibaldini adunque furono liberati, e liberal] pro- tessero i proprii custodi divenuti prigionieri. Menotti propose al Krome di cambiare 1'assisa pontificia col sacco garibaldino, e si eb- be sdegnosa ripulsa. Di che questi fu rimesso alle truppe reali, e senz' altra condizione, come suddito prussiano, ricondotto al confi- ne, donde egli ritorno a Roma, a compiere gelosamente il tempo della giurata condolta. Anche il Gendarme, e fu Saverio Maci l,

1 Neirarticolo precedente, noi il dicemmo ucciso, secondo che narravasi nei primi dispacci di quel tempo. Qualcbe sospetto, entratoci di poi, ci con- dusse a nuove mda^ini, e trovammo essere vero quello che qui riferiamo.

E a proposito di rettificazioni, ci giova qui protestare la nostra gratitudi- ne a quei gentili, che dai registri e dagli atti di ufficio cosi spesso ci soccor- rono e si largamente, che nulla ci resta a desiderare. E aricora vogliamo far

XXXVI. URBANO DI QUELEN 297

clopo molio avvolgersi, pote in fine ritornare alia sua compagnia, e a ricevere, in premio della sua invilta fedella, condegna onoranza. Molto piu, per ordine prima del Fazzari, e poi del Menotti, fu- rono rispettati i feriti, che vennero tradoiti prigioni in Nerola. Ne prese diligente e lodevole cura un cerusico dello spedale garibal- dese, e ci duole non saperne il nome. Sopraggiunse dipoi cola da Roma un'ammirabile gentildonna americana, la signora Caterina Slone, la quale chiese ed ottenne ogni liberta di soccorrere i Zua\i infermi. Menotti Garibaldi (altri scrisse Ricciotti) di lanto le fu cor- lese, chc per vie meglio assicurare lei e il suo spedalelto contro la ciurma selvaggia, ch' egli ben sapeva essere tra'suoi venturieri, le assegno un piantone di guardia. E cosi pure, piu tardi, fece ren- dere alia famiglia gli oggetti appartenuti al di Quelen ; e al canoni- eo Druon, il quale chiesegli contezza del corpo del Guillemin, ri- spose con gentilezza, e commendando quel prode ufficiale. Quanto ci e dolce, in narrando la storia dei nemici del diritto, il potere al- cuna volta riposare la penna in alcun fatlo di commendevole civilta, dopo che 1'abbiamo logorata in iscrivere troppe barbarie !

iftfllrarij^ XXXVI.

Urbano di Quelen.

Non ci allonlaneremo da Monte Libretti senza avere sparso un fio- rc sulla memoria dei due ufficiali zuavi, che vi trovarono la morte, c con esso raccolsero fama e onoranza, inaudita in altre guerre. II giovane conte Urbano di Quelen era nipote all' illustre Arcivescovo di Quelen che mori sulle barricate di Parigi, pec. risparmiare il san- gue delle sue pecorelle ; e discendeva di nobilissima stirpe bret- tona, gia chiara nelle battaglie di S. Luigi in Palestina. A Monle Libretti era sottotenente , e comando la fazione dopo la morte del

menzione delle Memorie, raccolte dal ch. cav. PAOLO MENCACCI, dalle quali, perche a noi consta essere degnissime di fede, alcuni particolari abbiamo ri- cavato alVuopo noslro, e piu altri ricaveremo in avvenire.

298 I CROCIATI DI SAN PIETRO

suo tcnente Guillemin , e specialmente i tre arditissimi assalti della porta, in cui egli marcio alia testa, benche gia grondante sangue dalla ferita del petto. Serravansi intorno a lui i suoi sergenti, lo seguivano gli altri, ciascuno il piu presso che poteva, e nel piu vivo del pericolo. Cadde in sulla soglia del passo contrastato, vittima dell' eroica oslinazione onde tentava di sforzarlo : perciocche gia chiusa la porta, egli osservo che di sotto (essendo il terreno in pen- denza) si apriva tanta luce, da potervi penetrareun uomo: vi guizza ratio come leopardo , sperando sbaratlare i circostanti difensori e riaprirla. Si fece piazza infatti fulminando colla spada, ma stretto dal numero ed estenuato dalla perdita del sangue , venne meno menlre si ritirava, e fu percosso di ben nove ferite.

Rimaso preda del neniico, fu spogliato per morto, e abbandonato al rigore dell' aria notturna. Trascorse piu ore, im giovane Garibal- dino, ben nato a quanto ci fu detto, accortosi che 1'ufficiale tuttavia loltava colla morte, ne fu mosso a corapassione, e il trasporto ad una casa quivi presso, e fecelo curare. Egli stesso si pianto al suo capezzale, servendolo con ogni dimostrazione di rispetto e di amo- re. II Quelen ritorno in sensi alcuni momenti, quanto basto per di- mandare se il fuoco tultavia continuasse , e rivolgere i suoi pensieri al cielo : stringeva in tine quella palma tanto vagheggiata, che esso, ad esempio di S. Luigi, chiaraaya martirio, e di cui tante volte si era intrattenuto co' suoi piu intimi amici. Ma in breve il delirio il soprapprese. Non si pole ricorrerc ai conforti della Chiesa, perche la masnada garibaldesca, furibonda contro i sacerdoli, avevali co- strelti a salvare la vita altrove. Yero e ch' egli non era colto alia sprovveduta, giacche il giorno innanzi , come ciascun altro della compagnia, si era purificato coi divini conforti.

II Garibaldino non si diparti dal suo fianco, se non quando gli fu annunziato 1' arrivo di una compagnia di Zuavi ; e in congedarsi il raccomando caldamente alle genti della casa, promettendo di com- pensarli dello spendio avuto. Noi scriveremmo con piacere il nome di quel pietoso incognito, se il sapessimo : ma egli il tacque. Piac- cia a Dio, che nel tribunale supremo, la pieta usata verso il suo fra- tcllo gli valga a misericordia della fellonia contro il Santo Padre.

XXXVI. URBAN 0 DI QUELEN

I Zuavi entrarono nel castello, senza inconlrar resistenza, perche la squadra, speditavi poco anzi dal Menotti, gia n'era partita. Ye- nivano a bella posta da Palombara , per soccorrere I'ufficiale e gli allri feriti, essendo in numero di oltre cinquanta tra Zuavi e Squa- driglieri, guidati dal capitano de Yeaux e dal tenente di Gendarme- ria Poccioni. Trovarono gia trasportati a Nerola gli infermi, gia sot- ierrati i morti, e il Quelen circondato dai buoni popolani, interamen- te privo di conoscenza , e nel vaneggiamento comandava 1' assalto, Esaminate dal dottore, venuto appositamente colla colonna, le ferilo del moribondo, fugiudicato inutile al tutto ogni rimedio. Pertanto il de Yeaux, non potendo altro meglio, bramo sottrarlo agTinsulti ne- mici , e conservare almeno il corpo agli onori funerali e alia pieta della famiglia. Fattolo dunque adagiare in una barella il consegn6' a' suoi soldati, e ordino il ritorno a Palombara. Marciarono notturni per vie fuor di mano, affinc di evitare una imboscata, che sospelta- vano essere loro tesa dai nemici in sulla strada. A un punto si ac- eorsero che il buon Urbano veniva meno ; infalti spiro nel tragilto, e il di seguente ebbe dolor ose e nobili esequie da' commilitoni.

La sua povera madre intanlo avvertita di si gran lutto non pote- va averne novelle particolareggiate, specialmente le piii desiate su gli estremi momenti. Pochi giorni prima lo aspettava ai materni amplessi, per ricuperarlo pienamente da una malattia che 1' aveva indebolito, e da una ferita toccata nel prestare soccorso alia pubbli- ca potesta contro un malfattore. Ma udito il pericolo del Santo Pa- dre aveva rinunziato generosamente alle gioie di riabbracciare per allora il figlio suo. Ecco alcuni tratti della sua lettera, che voltiamo dal francese: pare scritta da una cristiana dei secoli primitivi, che accommiata il figlio al martirio.

« Come tu me lo scrivcvi poc'anzi, il dovere e il servizio vada in- nanzi a tutto : e malgrado il piacere che avrei avulo di abbracciar- ti, capisco che in un momenlo come questo, prima di tutto devi re- stare al tuo posto. Sappilo bene, carissimo Urbano, io, tua sorella, noi tulti, avremo verso di te rivolto il nostro cuore, giorno e nolle, ad ogni ora, ad ogni momento. Per quanlo e possibile, dammi tuc novelie. Se nulla li accadesse, fammelo sapere, e benche io non possa, ahime! promelterli che verrei a curarti, pure ad ogni modo

300 I CROCIATI DI SAN PIETRO

liemmi informata di tut to. Anto nieglio sapere il giusto: tu lo sai, la verita sopra ogni cosa mi |)iace. Almeno, in tal caso, raddoppie- rei lo preghiere, mi unirei a' tuoi scntimenli, e sarei a parte del tuoi casi e de' tuoi dolori. Si si, noi pregheremo per te il Signore e la sua santa Madre. Porta sempre il tuo scapolare e le tue meda- glie della Madonna, di S. Giuseppe e di S. Rocco : volevo mandar- tene anche altre per mano di Bonaba, ma non ci fu tempo : era gia partito.

« Tienti apparecchiato sempre, caro figliuolo, a comparire dinan- zi al tuo Dio , e degno di lui. Non si sa mai cio che possa accade- re, ne quando. Bisogna adunque prepararsi in avanti, e stare ogno- ra aU'erla. Se tu avessi qualche commissione da darmi, mettila in carta, e sii certo che Y eseguiro fedelmente... Sopra tutto, caro e dolce figlio mio, raccomanda caldamente al buon Cappellano e a ciascun altro di ben osservare le mie intenzioni, che gia gli ho manifestate: ehe mi conservi preziosamerite tutto quello die ti aves- se appartenuto, corredo d' armi compiuto, e perfino il tuo cagnuo- lo; ma innanzi ogni altra cosa quanto si potra riavere della tua ca- ra persona. Ah si, ti voglio riavere tutto, ahi povera madre ! se ci e mezzo, o almeno ch'io abbia la maggior parte possibile del mio di- lelto figliuolo!... »

Qui sulla lettera originate e una lacuna. Forse la tenera madre, si senti stringere il cuore dal presentimento che le reliquie le sa- rebbero pur troppo rendute, e non il figlio ; la lacuna colmo di lacri- me, e poi, ritemprato 1'animo nella fede, si continue:

« Se egli e scritto che tu debba lasciarci, senza esserci prima ri- veduti quaggiu, ah ! speriamo che il buono Iddio ci accordera la grazia e il favore di trovarci tutti ricougiunti nella patria del -cielo per non separarci piii mai ; e se tu devi morire, muori da prode, mio buon Urbano, e da soldato di Dio, e degno di lui. Pensa allo- ra al tuo padre, ai fratelli e alle sorelle, e prega Iddio, che e si buono, affinche ci prenda nella suadivina misericordia, prega per la tua povera madre, che tanto ne abbisogna, ah si, prega, prega e pensa a colei che ti ha tanto amato sempre, sovvengati di lei un' ultima volta; ma che il tuo pensiero estremo sia pel tuo Dio : e sii certo di tutta la devozione della tua tenera madre.

XXXVI. URBANO DI QUELEN 301

«Ma non vorrei, caro Urbano, che tutto questo ti contristasse. Mira a Dio. Ho plena fiducia in lui, che egH vi far a vincere : si, ne ho ferma persuasione : e ci concedera la cara gioia di rivederci an- cora e la dolce ventura di riabbracciarci...

« Ma, addio, carissimo e buono Urbano. Coraggio e bravura, co- me gia dimostrasti altre \Tolte : tu non verrai meno all' opera, lo so bene. E io ti abbraccio teneramente, quanto puo il mio cuore, e due e tre volte ti abbraccio con tutto 1'affetto dell'anima mia, che ti c consacrato, per sempre.

« Tua tenera madre T. di Quelen. » .

Questa non lettera, ma addio pel cielo, dovette pervenire al Que- len pochi giorni priina di partire per Monte Libretti, poiche e data di Hanvec in Bretagna, il 5 Ottobre. La sua sorella, dando 1'ama- ra novella della morte di lui alia zia, baronessa di Bellaing, scri- veva: « Per Teternita, noi non possiamo altro che ringraziare il Signore. » Ma si ascolti novamente la Contessa, madre di Urbano, che supplicaun dama sua arnica in Roma, di raccogfiere le reliquie del figlio : e un degno riscontro della sua precedente.

«... Ahime! voi speravate: e a Dio non piacque contentare n& le vostre, ahime! ne le mie speranze. II mio caro figlio e morto, e morto pel suo Dio. Ah, che e pure in mezzo a tanta desolazione un gran pensiero di conforto ! Egli e caduto da forte, difendendo la Ghiesa e il nostro venerato Pontefice. Non e questo un favore se- gnalato concessogli da quei Signore cosi buono, di averlo messo al punto di versare tutto il suo sangue per lui, e per cio stesso acco- glierlo nel suo santo paradiso, dove Urbano gode fin d' ora, si, ar- disco sperarlo, la vista del suo Dio, ed e beato per tutta I'eternita, e d'una beatitudine senza mistura? Ah si, e dolce e grande conso- lazione pel mio povero cuore si oppresso, e si acerbamente piagato; giacche i diritti della natura non si deludono, e sento vivissimo 1'affanno della perdita d'un figlio, sempre cosi buono, si amoroso, si devoto. Ma , voi mio Dio, me V avevate donato, voi me lo avete tolto, per renderlo felice per una eternita: la vostra volonta sia fat- ta ! Voi 1'avete chiamato per dargli a godere la presenza vostra nel

302 I CROCIATI DI SAN PIETRO

cielo... oh, grazie, grazie! me ne senlo aYventurosa, e piacciavi degnare me d'un favore simigliante...

« Noi siamo qui tutti immersi nel dolore, e, posso dire ancora, nella gioia : poiche in me stessa mi esalto del liglio mio : ha segui- to la via indicatagli dal suo divin Salvatorc e sovrano Signore. Ahi, che forse puo non averla seguita sempre esaltamente : non gli ne- ghiamo adunque il soccorso di qualche preghiera, onde per avven- tura abbisognera tuttavia.

« Mi fu scritto, ch'egli era stato trasportato a Palombara, ov'era morto circondato dagli amici ; altri mi scrivono, ch'egli rimase in potere dei Garibaldini : non sarei indiscreta a pregarvi di sapermi dire 1'intera verita? Sono apparecchiata a tutto: e preferisco sapere quanto v'ha di piii acerbo, anzi che restarmi nell'incertezza.

« Di pm ho ancora da chiedervi un altro grandissimo favore. Voi seutite quanto sianio bramosi di conservare presso noi i resti mortali di questo bene amato figliuolo, e tutto cio cho e stato suo, armi, divisa ecc. breve, tutto il suo corredo, ancke il suo canino, che nella sua ultima mi dice avere raccomandato a'suoiamici di farmi pervenire.

« Avevo gia da lungo tempo prevenuto il s-ignore abbatc Daniel, loro buon cappellano, dei miei desiderii e della mia intenzione, per ogni caso. Vi pi-ego di prendere con lui concerto , e trattare con chi di ragione, affinche mi sia concesso il corpo tutto intero, se e fattibile, del mio caro figlio, o, se assolutamente non posso averlo tutto, mi si doni almeno il suo cuore, o infme qualche parte di lui e il piu possibile...

« Se voi andate a udienza del nostro santo e venerato Pontefice e Re, oh di grazla, accertatelo bene che io sono avventurosa, cho il figlio mio abbia versato il sangue per lui, e che la nostra clevo- zione verso la sua persona e a tutta prova. Se negli ulUmi giorni de'suoi dolori, Urbano avesse proferito alcuna parola, che sia stata raccolta, quaato sarei lieta di possederla ! Addio. »

Noi credevamo che siffalte lettere, a tempi nostri non si scrives- sero piu, non si pensassero piu: ma i document! di cui abbiam picne le maui, per Fonore del Cristianesimo, ei hanno disingannato.

XXXVI. LRBANO DI QUELEN 303

Le spoglie, si giustamente bramate dalla madre d'Urbano, le fu- rono a suo tempo rendute intere. Ma il primo onore fa loro tribu- lato a Paloinbara dalla guarnigione, con alia testa due capitani cui attendeva non lontana la palma di morte simiglianlo; e furono Ar- turo de Veaux e Diodato Du Fournel. Quest' ultimo , in veggendo il corpo del caro amico , disteso sulla bara , rapito da entusiasmo, sclamava cogli occhi al cielo rivplti: « Dio mio, che bella morte! il Ministro dell' ar mi non mi fara dunque mai il favore di spedirmi a simili fazioni? »

Giacque il corpo in una cappella di Nostra Signora , presso Pa- lombara, finclie, posata la guerra, venne a levarnelo un suo zio e compagno d'armi, il tenente Bonaba DuPlessix-Quinquis, accompa- gnato dal P. di Gerlache , da piu altri aniici e da una squadra di Zuavi. Gii si rinnovarono le esequie, e quindi fu portato alia patria. Fu memorabile, che la stessa nave riportava altresi le reli- quie d' un giovinetto Zuavo, Gasimiro duca di Blacas, morto sotto i vessilli della Grociata: quasi perche 1'ufficiale martire non rientras- se sul patrio suolo senza I'ordinanza di eguale gloria fregiata.

Quimper lutla si commosse al mortorio trionfale del Quelen: dai villaggi circostanti , non che dalle vie della citta, traeva folia ster- minata a venerare il defunto anzi che a pregare per lui ; oltre a du- gento sacerdoli eran concorsi da tutta la diocesi ; il feretro circonda- to da amici, e da comimlitoni Zuavi in divisa di gala ; e sulla coltre mortuaria posava la spada inlrecciata di allori e di vermiglia corona ; le pareti messe a drappi di lutto, sopra cui rilevavano bellamente gli stendardi della patria e del Ponlefice ; il Vescovo, monsignor Ser- gent, prenunci6 le lodi del defunto , magniticandolo come martire della religione. Da lungo tempo la Bretagna non avea vedulo tanto speltacolo di gloria circondare la bara d'un giovane tenente. Era la gran causa da lui difesa e suggcllata col sangue che si ergeva su- blime dinanzi al pensiero de'suoi concittadim, e chiamavali a questa slraordinaria dimoslranza di affetlo e di ammirazione.

Riposino in pace onorata le ossa di Urbano di Quelen negli aviti sepolcri di Hanvec , e, per lustro della Crociata e della Francia , non fallisca giammai il motto delle sue arme gentilizie : Vi sono sempre dei Quelen !

LA DOTTRINA DI S. ANTONINO

ARCIVESCOYO DI FIRENZE

INTORNO

ALLA INFALLIBILITA DE' PAPI

E LA LORO SUPERIORITY SUI CONCILII 1

IbtJpjm'M' in»i .•nii»*Ml«lii''

4i*#rw*'*

III.

Difficolta che si possono opporre per alcuni luoghi di S. Antonino. Osservazioni generali.

•:-iJ'fihi! -/teb i»i'$rf' wit* i.rah oil*;

Ci conviene ora , come promettemmo nel precedente quaderno , esaminare le difficolta , che possono presentare altri luoghi delle opere di S. Anlonino contro a que' due capi della tradizione calloli- ca , si chiaramente propugnati da lui , che sono la infajlibilita per- sonale de' Romani Pontefici , quando definiscono ex cathedra que- stioni appartenenli alia fede , e la loro superiorita sopra i concilii anche generali. Come notammo allora , il primo che si adoperasse a travolgere in contraria sentenza la mente del Santo fu il celebre Vescovo di Meaux, Benigno Bossuet, nella sua Difesa della Dichia- razione del Clero Gallicano. Noi dunque in primo luogo riportere- mo con ogni esattezza tutte le opposizioni sopra questo argomento , che abbiam potuto incontrare nella detta apologia ; e ci confidiamo non solo di poterle risolvere ageyolmente, ma anche di ribadire

1 V. questo volume, pag. 181 e segg.

LA DOTTRINA DI S. AKTONIKO ARCIY. DI FIRENZE ECC. 305

vie meglio, per mezzo di esse, la vera doltrina del santo Autore. In secondo luogo, poiche d' accosto ad alcuni passi allegati dal Bossuet, si leggono altre sentenze che fanno difficolla molto maggiore, e non- dimeno sono da lui Irascurate; noi ci farcmo un dovere di produrle, non tanto per merito di lealta (avvegnache anche per questo) , quan- to dacche in quel dippiu, lasciato a bello studio in disparle dal Prc- , lato francese, ci si apre la miglior via per isciogliere radicalmente la questione per rispello a que' tesli che sono piu malagevoli a spic- gare in buon senso.

Cominciando dunque dalle opposizioni della prima specie, premet- teremo che il Bossuet, per dare alia dottrina di S. Antonino un sen- so diverse dal senso chiaro ed evidente delle parole di lui, e obbli- gato di porre queslo fondamento alia sua ermeneutica, che ogniqual- volta il santo Dottore attribuisce al Papa la facolla di sentenziare per maniera infallibile sopra quistioni di fede , anche quando espressa- mente aggiunge che il possa fare come persona partkolare e pri- vata , c' intenda sempre la condizione , che la sentenza proferita da lui sia da lulta la Chiesa esaminata, approvata ed accettata, ovvero che per sentenziare si serva del concilio generale. Con cio e chiaro che rhnane distrutto nella dottrina del Santo il privilegio della infalli- bilita personale de' Roman! Pontefici, il quale invece sara attribuzio- ne de' soli concilii generali. II che posto i concilii generali saranno ancora naturalmente giudici de' Romani Pontefici, almeno nelle con- troversie della fede , e per conseguenza superiori. In queste conclu- sion*! vanno a riuscire tutte le argomentazioni , che fa il Bossuet so- pra i varii testi che produce del santo Arcivescovo di Firenze, sfor- zandosi di mostrare o che rendono per 1' appunto que' sensi , o che bisogna supporveli.

Noi intanto, prima di entrare nell' esame de' suoi argomenti , o&- serveremo in generate , che e un gran pregiudizio contro a siffalte interpretazioni 1' intelligenza contraria , che risulta a prim' occhio non solo dai principii dottrinali, ma spesso direttamente dalle chiare espressioni del Santo. II nostro lettore , il quale supponiamo avere con sufliciente attenzione considerata la esposizione , che noi abbia- mo fatta della dotlrina di lui , in gran parte colle sue slesse parole, Serie JII, vol IV, fasc. 447. 20 27 Oltobre 1868.

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e giudice competente della verita che diciamo. Egli sara non poco ansioso di vedere , donde mai e come a sentenze cosi aperte possa darsi in sul serio, e daun uomo deir ingegno e della rettitudine del Bossuet , un senso tanlo ripugnante a quello che naturalmente pre- sentano. E cresce la maraViglia da che non si Iratta di luoghi dispa- rati, ne' quali si tocchi per incidcnte dell' autorila pontificia; ma dove se ne discute di proposito, e per lunghi capitoli, e se ne fa argomen- to di molte e svariate quistioni. Al che si aggiunge, che proprio in que' tempi era surta la quistione, se i Pontelici fossero superior! o no ai concilii general!, e variamente si disputava, eziandio fra cattolici, della suprema autorila degli uni e degli altri nelle controversie della fede. Or non e naturale che il santo Arciveseovo di Firenze, dispu- lando della po testa de' Romani Pontefici , dovesse aver present! al pensiero le contrarie opinion! de' teologi del suo tempo , e che egli intendesse esporre la sua sentenza, o sia quella che favorisse la su- periorita de' Papi sui concilii ; o sia la contraria che anteponesse ai Papi i concilii , per maniera che ogni lettore fosse in grado di com- prenderla senza timore di equivoco? Cio posto, se tanto <Jal comples- so della dottrina di lui, quanto da' luoghi particolari, il senso che ad ogni animo non preoccupato da interessi di partito chiaramente si of- fre, e quello della infallibilita personale de' Romani Ponlefici, quando definiscono come capi o maestri della Chiesa, e i'altro della loro su- periorita sopra tutti i concilii ; chi potra con buon fondamento dubi- tare che egli non solo serbasse neli' animo, ma avesse inteso di espri- mere le opinioni a queste contrarie? In sostanza 1'essere dall'una parte lo stato di quelle quistioni, tanto piu vitali ai tempi del Santo, costituito negli stessi termini che ora , e dall' altra il trovai e che il Santo, o sia toccandole direttamente, o sia esponendo i principii con cui sono intimamente connesse, le risolve sempre in favore de' Pon- tefici, e solo violentando le sue parole, o argomentando da qualche frase staccata puo essere inteso diversamente ; tutto cotesto e si grave argomento per giudicare della vera sentenza di lui , che basta da se solo per far escmdere anche a priori qualunque ragione in eontrario.

, Ma noi, come abbiamo promesso, riporteremo fedelmente tutte le ol)iezioni del Bossuet , recitando i suoi medesimi testi , e sol cam-

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biando alcun poco il posto material e con cui esso le dispone , o sia per meglio servire all' ordine delle materie, o sia per ridurre al me- desimo capo alcune che si trovano variamente ripetute nell' opera.

IV.

Primo capo di difficolta che op-pone il Bossuet.

Cominceremo da quella che e dedolta dalle parole, con cui S. An- tonino inveisce contro i Fraticelli , i quali accusavano di ereticali e contrarie non solo alia Decretale Exiit di Niccolo III , ma ad altre definizioni di Pontefici e di concili general! le tre costituzioni , colle quali Giovanni XXII avea condannato i loro error!. Questa obiezio- ne e presentata dall' autore della Difesa per ben tre volte, come uno de' piu fort! argomenti a provare che il Santo non ammetteva la infal- libilita personale de'Papi. La prima volta nella seconda parte dellV pera, lib. XI, cap. XXIV, cor. §. Ill, dove a proposito della difesa, che prende S. Antonino de' decreti del Papa Giovanni , ha queste parole: « Intanto S. Antonino, benche esimio sostenitore della pote- sta pontificia, vuole che quella Bolla (Cum inter nonnullos) si tenga in conto di certa e ferma definizione, inquanto fu accettata, appro- vata ed esaminata dai prelati e dottori. La quale sentenza o consuo- na con quella della Dichiarazione gallicana , o e ancora piu forte e piu esplicita l » . La seconda volta la riproduce nel medesimo co- rollario, §. VIII, colle segiwnti parole. « Quindi lo stesso Antoni- no afferma si veramente che la definizione del Pontefice ha valore di ultima e suprema sentenza , ma pero colla condizione che sia ac- cettata, esaminata edapprovata, cometeste abbiamo detto 2. » Da

1 At sanctus Antoninus, potestatis pontificiae assertor exmius, ideo (Decretalem loaimis XXII) pno certo, firmoque decreto haberi wit, quod per praelatos acceptata, approbata et examinata fuerit. Quae Declaration! Galli- canae ant yemiiia sunt, aut etiam fortiora et ewplicata clarius.

2 Hlnc idem Antoninus pontificiam definitionem valere dicit summa et ultima firmilate; seel acceplatam, examinatam et approbatam, quemadmodum mox rctullmus.

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ultimo, nc\Y Appendice che soggiugne a lutta 1' opera, ritorna per la terza volta sulla mcdesima obiezione, per opporla ad un dotto anoni- mo, il quale fra gli altri argomenti si serviva dell'autorita di S. Anto- nino a fin di oppugnare le liberta gallicane. E qui finalmente fa gra- zia di citare teslualmente le parole del Santo; che sono le seguenti: « Ma essi (i Fraticelli), pessimi uomini, sono eretici veri, perche si ostinano contro la determinazione caltolica fatta per la Chiesa, e pel Papa Giovanni XXII, e che da tutti i successor! di lui, veri cailolici sommi Pontefici, e da tutti gli allri prelati della Chiesa e dottori dell'uno e dell'altro dritto, e moltissimi maestri di teologia di qua- lunque religione fu approvata, esaminata ed accettata come veris- sima 1 ».

Due cose vogliamo osservare innanzi di rispondere direttamente. La prima e die il Bossuet si confuta da se stesso con quell' inciso, con cui s' introduce la prima volta nell'obiezione. « S. Antonino, egli comincia, esimio sostenitore della potesta pontificia ecc. » Cio vuol dire che esso trovava nel Santo un ardore assai piu notabile, che nel resto def dottori, quanto a difendere i privilegi de' Roman! Pontefici. Ora supponiamo che sieno yere le interpretazioni, che egli appicca alle sentenze del santo Arcivescovo ; non solo questi non sa- rebbe un esimio sostenitore della potesta pontificia, ch'e quanto dire piu segnalato nel difendere i privilegi de' Pontefici che non e la ce- mune de' leologi, ma appena salverebbe il necessario per non esse- re eretlco manifesto. La seconda osservazione e, che egli slesso do- vette accoi'gersi quanto poco assegnamento potesse fare sopra il ci- tato passo del Santo, poiche sebbene lo reputasse uno de' migliori fondameriti della sua interpretazione, con tuttocio guardossi bene, finche pote, di recitarlo testualmente : invece recito la sentenza, che egli volea vedeiwi, non altrimenti che se risultasse con immedia-

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1 Sed ipsi pessimi homines sunt haeretici veri, quia asserunt contra de- terminationem cathoUcam factam per ecclcsiam, et Dominum Papam loan- nem XXII, et omnes successores eius veros catholicos summos Pontifices, et omnes alias Praelatos Ecclesiae et doctores utriusque (luris), et mayistros plurimos in theologia cuiuslibct religionis acceptatam, examinatam et ap- probatam ut verissimam. Summ. Theolog. Part. IV, tit. XII, cap. IV, §. 28.

INTORNO ALLA INFALLIBILITA DE* PAPI 309

ia evidenza dalle parole dell'Autore. II che potea fare senza so- verchia tema clie i letloii scoprissero lo scambio, Iratlandosi di un opera, clie era da pochi eonosciuta, ne facilmente si trover ebbe chi volesse darsi la briga di riscontrarla nellelfiblioteche. Per contra- rio ne\\'Appendice, dovendo rispondere a chi gli opponeva I'autorita del Santo, e per conseguenza dovea conoscerne la dottrina, non pote fare a meno di arrecare le proprie parole di lui, benche senza mo- strare il menomo dubbio intorno al senso che lor convenisse 1. Ma vediamo se si appone.

II senso che il Bossuet da alle citate parole di S. Anlonino, e, co- me abbiamo vcdulo, che « intanto le definizioni de'Romani Pontefiei possono aver valore di ultime e supreme sentenze , in quanto sono approvate, esarainate ed accettate da prelati e dottori della Chiesa. » Rispondiamo in primo luogo, che la causale in tanto, in quanto (idea, quod) del Bossuet, donde dipende tutta la forza del suo ar- gomento, non esiste ne letteralmente ne equivalentemente nel testo del Sanlo. Lo scopo di lui in quel luogo e di convincere i Fralicelli di ostinazione erelicale, perche non volevano sottomettersi alia con- danna, che Giovanni XXII avea fulminato contro i loro errori colle sue tre costituzioni. La ragione che quelli opponevano era che Nio- colo III avea colla sua Decretale approvata la loro dottrina, che inol- tre si trovava^conforme ad altre decision! di Pontefici e concilii. Donde conehiudevano che essi erano cattolici, perche si attenevano alia vera dottrina della Chiesa, e che Giovanni era eretico, perche seguitava la contraria. II Santo in primo luogo confuta il loro appi- glio, dimostrando che ne nella Decretale di Niccolo, ne in altre de- finizioni della Chiesa vi era nulla che contraddicesse alle definizioni di Giovanni. Cio fiitto rivolge contro di loro l'accusa,che essi calun- niosamente scagliavano contro il Pontefice, per convincerli che con quella pertinace persistenza ne' loro errori si chiarivano pessimi erelici.

1 Ecco le parole che soggiugne dopo riportato il testo di S. Antonino. Quo loco demonstrat quod sit verum apostolicum et iam irreformabile pontifidum iudicium; ncmpe illud, quod a Papa prolatum, ab universa Ecclesia acce- ptatum, exaininatum approbatumque sit. Appendix, lib. II, cap. V.

310 LA DOTTRINA DI S. AXTONINO ARCIY. DI FIRENZE

Due vie potea tenere il S. Arcivescovo per provare questa sua proposizione, Tuna pigliando per mezzo termine la decisione dom- matica del Papa senza piu; e 1'altra quella stessa decisione, ac- cettata, con piena conoscenza della causa, da tutti i Prelati e Dottori della Chiesa. Chi non vede che, trattandosi di gente cosi perfidio- sa e ostinata, la quale ardiva di tacciare di eretiche le Bolle che li condannavano, ei doyea ad ogni patto scegliere la seconda? E come altrimenti avria potuto convincere uomini volontariamente ostinati nell'eresia, se neppure i Gallicani, benche sinceramenle cattolici, aecetterebbero V altro genere di pruova, dedotto dalla personate in- fallibilita de' Pontefici ? Per opposto ; argomentando S. Antonino contro ai Fraticelli dall' autorita complessiva di tutta la Chiesa, per prima veniva a togliere ad essi ogni occasione di cavilli, non essen- dovi in terra altro competente tribunale a cui ricorrere ; ed oltre cio rivolgeva contro ai medesimi le loro stesse armi, che erano appunto i giudizii che essi vantavano favorevoli a se della Chiesa universa- le. E questa medesima e stata la tattica che i teologi, anche piu ar- denti nel difendere la infallibilita de' Papi, hanno seguito per circa due secoli armeggiando contro i Giansenisti. Essi, per ridurli al si- lenzio, non ispiegavano lor contro le Bolle de' Ponlefici senz' altro appoggio, ne si brigavano di persuaderli, che i Pontefici, allorche definiscono ex cathedra, sono infallibili. L'argomento che li rendea insuperabilmente vittoriosi era 1' autorita di tutta la Chiesa, che ao- cettava le defmizioni pontificie, come ultime e supreme sentenze in quelle quistioni. Perocche i Giansenisti, che voleano ad ogni patto comparire cattolici, se poteano schermirsi contro i decreti de' Pon- tefici, senza esser convinti per cio eretici manifest!, non poteano ri- fiutare 1'autorita di quegli stessi decreti, in quanto accettati da tutta la Chiesa, senza rinunziare a quell' apparenza di cattolici, che Tin- teresse della setta li costringeya a conservare. Or chi direbbe che que' teologi in tanto sostenevano che le Bolle pontificie aveario ya- lore e fermezza irreformabile contro i Giansenisti, in quanto erano state accettate dai Prelati della Chiesa? Ma non e identico il caso, ed identica la maniera di argomentare di S. Antonino ?

Rispondiamo in secondo luogo che non solo la causale in quanto costituisce tutto 1'argomento del Bossuet, non esiste ne

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lelteralmente ne equivalentemenle nel testo di S. Antonino ; ma di piu dal medesimo ieslo e positivamente esclusa. Di fatlo lo stesso Bossuet, dopo avere interpretate quelle parole del Santo intorno alia sentenza del Pontefice, per praelatos et doctores acceptata, appro- bata et examinata come una condizione, perche la delta sentenza avesse ultimo e supremo valore, conchhide con questa clausola da noi citata piu indietro : Quae Declarationi gallicanae aut gemina sunt, aut etiam fortiora et explicate* clarius. Ma egli con tutto I'acume del suo ingegno non vide che quello stesso essere fortiora, cioe piu arditi delle pretensioni gallicane i sentiment! altribuiti da lui a S. Antonino, toglieva ogni probability alia sua interpretazione. Conciossiache che e mai quel maggiore ardire, che assume nella sua spiegazione la sentenza del Santo ? E nulla meno che un con- cetto ereticale. In effetto il Santo mettendo in ischiera tutti gli ordi- ni ecclesiastici, pe' quali era stata acceptata, approbata et exami- nata la decretale di Giovanni XXII, li numera nella seguente ma- niera... oirmes successores eius (cioe di Giovanni) veros catholicos summos Ponlifices, et omnes praelalos Ecclesiae, et doctores utrius- que et magistros plurimos in theologia cuiuslibet religionis. Se dun- que, per senlenza di lui, queste parole esprimono la condizione, in virtu di cui solamente i decreti pontificii hanno valore dommatico in tulta la Chiesa, ne viene per conseguenza che il Santo, per conce- dere ai delti decreti una tal forza, esige che sieno accettati, appro- vati ed esammati in primo luogo da un buon numero di successor! di quel Ponteftce che gli ha emanati; in secondo luogo da tutti i Pre- lati della Chiesa, durante il periodo di tempo che comprenda piu pontificati ; in terzo luogo da tutli i dottori utriusque, nel corso (da lui per aliro non defmito) di tutti questi anni; in quarto luogo llnal- mente da moltissimi, se non da tulti, i maestri di teologia apparte- nenti ai divers! Ordini religiosi. Altro che ardire gallicano; il quale in ultima sostanza e contento della semplice accettazione, ed anche tacita, del maggior numero de' Vescovi ! S. Antonino li vuole tutti consenzienti, e consenzienti con essi tutti i dottori, almeno se sieno laureati in utroqne, ed una giunta inoltre di maestri in teologia, scelli dai diversi convent!, che formino almeno la maggioranza degV inse-

312 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

gnanti le sacre scienze. Ne tuttavia gli basla; ma chiede inoltre che colesto suffragio universale si maiitenga in cosi falta pienezza per lo spazio di parecchi pontificati, approvato via via dai Papi che si suc- cedono; e allora soltanto, ne altrimenti che cosi, le sentenze pontifi- cie avrebbero ultimo e irrevocable valore. Or chi mettesse innanzi condizioni di questo genera, per dire obbligati i fedeli ad acceltare come definizioni dommatiche le defmizioni de' Pontefici , se ei non avesse perduto il cervello, non avrebbe perduta indubitatamenle la fede ? Crediamb bene che il Bossuet, fra i varii membri, che cita il santo Arcivescovo, il suffragio di alcuni direbbe necessario per queireffetto di obbligare la fede della Ghiesa, e quello di altri direbbe una conseguenza del primo. Ma con quale diritto egli fareb- be questa restrizione? Se nel periodo del Santo e soUintesa la can- sale, che esso appone ; questa e necessariamente da riferire a tutta la enumerazione, che sta compresa nello stesso periodo, ed ha un medesimo reggimento grammaticale.

Ma oltre alia scempiata eresia, che, secondo la interpretazione del Bossuet, si farebbe dire a S. Antonino, sarebbe inoltre nel suo aiodo di esprimersi uno sproposito di concetto da doverne arrossire ogni scolaretto di logica. Di falto la ragione radicale, per la quale coloro, che negano la personale infallibilita de' Papi, richieggono il consenso de'Prelati della Chiesa, & perche potendo i Pontefici cade- re in errore, il giudizio di tutti o della maggior parte deTescovi, che sono pure per divino mandato custodi della fede, possa assicurarc tutto il corpo de' fedeli, che la defmizione del Pontefice e conforme alia dottrina di Gesu Cristo e come tale da accettarsi. E chiaro dunque che la prima cosa che i Vescovi, secondo questa sentenza, dovrebbero fare per obbligo del loro uffizio, sarebbe di esaminare, benche privatamente, le definizioni pontificie, per \edere se con- cordino colla dottrina degli Apostoli. Un gallicano che dicesse es- sere i Vescovi obbligati senz' altro esame di accettare le definizioni de' Papi, con cio solo distruggerebbe il sistema. Or avete avvertito Tordine delle parole di S. Antonino, nel notare il fatto della Chiesa per rispetto alia Decretale di Giovanni? Egli, a cominciare da' suc- cessori di lui, e poi numerando a mano a mano i prelati? i dottori

INTOIWO ALLA INFALLIB1L1TA DE* PAPI 313

in utroque ed i semplici maestri di teologia, afferma complessiva- mente che f accettarono, I' approvarono, I' esaminarono. So in lui supponiamo la fede nella infallibilila personale de' Papi, la forma di dire che lisa corrisponde esattamenle al concetto della sua menle ed alia verita del falto. One' Vescovi e dottori per prima cosa accet- tarono senz'altro esame la decisione dommatica del Papa, appro- vandola con piena sommissione di animo. Dopo di che, dovendo pure dichiararla ai fedeli, e molto piu confonder con essa gli ereti- ci, 1' esaminarono; ch'e quanto dire vi fecero sopra quello studio cri- tico, che si suole di simili documenti ecclesiastic! e delle stesse di- vine Scrilturc. Per conlrario se il S. Arcivescoyo fosse stato della opinione del Bossuet, o si sarebbe contraddetlo affermando che gli ordini ecclesiastic! accetlarono cecamente, prima d' ogni esame la Bolla di Giovanni, o la sua locuzione conterrebbe un Orapov wpfospov indegno d' uu uomo del suo ingegno e incomportabile in una niate- ria si delicata.

Rispondiamo in terzo luogo, che quando ancora mancassero tutte queste ragioni inerenti al testo, sicche fosse dubbio il suo senso, la interpretazione del Bossuet sarebbe necessariamente esclusa da que- gli altri luoghi del Santo, da noi prodotti in abbondanza neirartico- lo precedente, da'quali risulta con pienissima luce la sentenza di lui a riguardo della infallibilita personale de' romani Pontefici. E un canonc elementare di critica, ammesso da cattolici e protestanti, e per rispetto ad autori tanto sacri quanto profani, che le sentenze ambigue di alcuno di essi si debbono spiegare colle sentenze piu chiare, che si ritrovino dal medesimo espresse intorno allo stesso soggetto o quistione.

V.

Secondo capo di difficolta, che il Bossuet desume dalle dottrine del Santo.

IValtra capitale opposizione ricava 11 Bossuet da quel tralto del- la dottrina, con cui il S.Arcivescovo insegna essere illecito appella- re conlro ai decreti del Romano Pontefice, o sia al successore di lui, o sia al concilio generate, o tlnalmente a qualsivoglia potesta. Nel

314 Li DOTTRINA DI S. ANTOTCINO ARCIV. DI FIRENZE

quale proposito il Santo si oppone questa difficolta. « Potrebbe av- venire che il Papa fosse eretico, e volesse promulgare decreti ereti- cali. II che se accadesse verrebbe a mancare la fede di Pietro ; poi- che in questo caso non vi sarebbe chi potesse resistergli, e dall'altro canto la Chiesa noil sarebbe legata da' suoi erelici statuti. Sembra dunque che, almeno in questa ipotesi, sia lecito appellare a qualche altra potesta Alia qual quistione e da rispondere come innanzi ; cioe che sebbene il Papa, come persona particolare, agendo di pro- prio moto, possa errare nella fede, siccome e scritto di Leone, con- tro a cui llano pittaviese fe'richiamo nel concilio generate; cio non ostante servendosi del concilio e addimandando 1'aiuto della Chiesa universale, cosi provvedendo Cristo, il quale disse a Pietro : lo ho pregato per te ecc., non puo cadere in errore. Ne puo darsi mai caso, che la Chiesa universale accolga come domma ca,ttolico qual- che massima eretieale ; poiche la Chiesa universale, che e la Spo- sa, ed e e sara sempre senza niuna macchia ne ruga 1. » Citate le quali parole ilBossuet soggiugne: « Ecco, secondo Antonino, che si- gnifica che il Papa possa errare nella fede come persona singolare. Imperciocche non si puo intendere qui il Pontetice che eserciti il pubblico ed apostolico officio, come ora si pretende, ma il Pontefi- ce che operi di proprio tnoto. Che poi voglia dire la formola: Pon~ tefice che operi come Pontefice , lo dichiara lo stesso Antonino ; ri- chiedendo cio.e che il Pontefice « si serva del concilio e addomandi

1 Contingere posset, quod Papa haereticus esset, et vellet haeretica, statuta condere: quod si contingeret deficeret fides Petri; quia non esset qui in hoc casu posset resisteref nee teneretur E&clesia haereticis statutis eius obedire. Videtur ergo, in hoc casu saltern, licitum esse ad aliquem appellare Ad istud dicendum sicut prius, quod licet ut persona singu- laris y ex motu proprio agens errare posset in fide, sicut scribitur do Leone, contra quern Hilarius pictamensis in concilium generate venit ; tamen utens concilio, et requirens adiutorium universalis Ecclesiae, Deo ordinante qui dixit Petro: Ego rogavi pro te, etc. non potest errare. Nee potest esse quod Ecclesia universalis accipiat aliquid tamquam catholicum, quod est haereticum; quia Ecclesia universalis, quae est Sponsa, et erit sem- per et est non habens maculam neque rugam. Part. Ill, titul. XXIII, cap. Ill, §.4.

INTORNO ALLA INFALLIBILITA DE* PAPI 315

1' aiuto di tutta quanta la Chiesa » , la cui decisione per conse- guenza la Chiesa universale sia obbligata di accettare 1. »

A cavare il senso precise da questo arruffamento di parole con cui 1'Autore della Difesa tortura il iesto di S. Antonino, per lirarlo alia propria sentenza, esso si puo ridurre alia seguente proposizio- ne: « Quando S. Antbnino afferma, che il Papa, in quanto Papa, anche come persona singolare, non puo errare nella fede, egli non intende, come vorrebbero i teologi romani, che il Papa esercili il pubblico ed apostolico ministero, ma intende di piu che Y eserciti col concorso del concilio e coll' aiuto della Chiesa universale, utens concilio et requirens adiutorium Ecclesiae universalis. » Di fatlo poco appresso alle citate parole conchiude nella seguente maniera. « Cosi dunqtie, secondo la mente di Antonino, il Pontefice inse- gnante come Pontefice e come persona pubblica, o sia, come ora dicono, ex cathedra, e il Pontefice che si serva del concilio e del- r aiuto della Chiesa universale, la quale non pub errare ; e il Pontefice che dellnisca secondo la sentenza della Chiesa, per maniera che la sua definizione, accettata ed esaminata, sia approvata dalla stessa Chiesa 2. »

La risposta, che scioglie radicalmente la difficolta del Bossuet, sta nella contraddizione de' termini stessi della sentenza che esso appic- ca al santo Aicivescovo. Imperocche, come si rileva dal confronto del testo da lui allegato , coll' altro del tutto parallelo allegato da noi nell'articolo precedente, la sentenza del Santo e: « Che il Papa, ayvegnache possa errare nelle cose particolari, a cagion d'esempio

1 En, secundum Antoninum, quid sit Pontificem errare posse in fide ut personam singularem. Non enim hie intelligendus Pontifex publicum et apostolicum officium exeqnens, quod nunc volunt, sed Pontifex ex motu pro- prio agens. Quid sit autem Pontifex ay ens ut Pontifex, Idem Antoninus exponit; nempe ut sit Pontifex utens concilio et requirens adiutorium uni- versalis Ecclesiae, cuius proinde sententiam universalis Ecclesia accipiat. Append, lib. et cap. cit.

2 Sic ergo ex Antonwi mente, Pontifex docens ut Pontifex atque ut persona publica, sive, ut nunc loquuntur ex cathedra, est Pontifex, ut vidi* mus, utens concilio et adiutorio universalis Ecclesiae, quae errare non po- test; atque ex eius sententiaita pronuntians, ut eius sententiam, acceptatam et examinatam, ipsa Ecclesia approbet. Loc. cit.

316 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

nelle giudiziali, nelle quali si precede per via d' informazione ; do non ostante nelle materie della fede non puo errare, posto che sen- tenzii come Papa, benche lo faccia COME PARTICOLARE E PRIVATA PER- SONA 1. » II concetto e del tutto somigliante a qucllo del passo reci- tato dal Bossuet, salvo solo .che in questo e soltinteso il comphnen- to della proposizione, vale a dire, che il Papa, quando non pronunzii come Papa, possa come uomo particolare error nella fede; e per con- trario nell' altro e messo esplicitamente , dicendosi che il Papa come persona singolare, agendo di proprio motivo (cioe non gia co- me Papa, secondo il testo precedente, ma per impulso di propria passione, come uomo) possa errare anche nella fede. Or che fa il Bossuet? Confonde in uno i due sensi si divers! , e ci regala la por- tentosa interpretazione, che : « Secondo Antonino, « il Papa che non puo errare quando defmisce come Papa, AVVEGNACHE COME PARTICO- LARE E PRIVATA PERSONA, e il Papa che si serva del concilio e degli aiuti della Chiesa universale », esigendo inoltrc come abbiamo ve- duto, « che, quando la Chiesa non e raccolta in concilio, acciocche le definizioni del Pontefice, come persona particolare e priuata, abbiano valor e dommatico, debba essa Chiesa esaminarle, appro- varle ed accettarle. » Ma con questo, come teste dicevamo, lo fa in- correrein unacontraddizione, che si rileva a prima vista ne' termini stessi della interpretazione.

E vaglia il vero, il concetto inchiuso nella frase « Atti di persona particolare e privata » esclude necessariamente il concorso di altrc persone, in que'medesimi Atti, almeno secondo la ragione formale di questi, e inquanto sono tali nel lor valore morale. Cosi, a cagio- ne d'esempio, se io dico di un personaggio il quale e a capo di una politica assemblea, pognamo di un ministero, che egli in un atfare qualsisia ha operato come persona particolare e privata; e chiaro che io voglio imputare a lui solo e non gia ai suoi colleghi la buona o catliva riuscita di quel negozio. Se poi aggiungo, che egli ha ope- rato si veramente in qualita di preside de minjstri, ma tuttavia co- me persona particolare; io voglio intendere senza fallo, che esso ha

1 Part. IV, titul. VIII, cap. Ill, §. 5. II testo latino 1'abbiamo arrecatoiH quaderno precedente a pag. 189 in nota.

INTOHNO ALLA INFALLIBILITA DE* PAPI 317

operate si bene come pubblico uffiziale, ma pero indipendcntemente da'suoi colleghi, o in forza delle leggi che gli dessero un tal dirit- to, se ha operate legalmente, o certo per mandalo straordinario del principe. Or non e dunque una contraddizione in termini affermare che il Papa definisce infallibilmente anche come persona particola- re e privata, quando definisce insieme col concilio, o quando 1'csa- me e 1'accettazione della Chiesa da valore dommatico ai suoi atti?

E per rispelto al concilio generate, egli e indubitato, per senlen- za di tutti i teologi, che i Vescovi, legittimamenle adunati e sotto la presidenza de' Roman! Pontefici, non sono semplici consulted nelle materie della fede, ma veri giudici, avvegnache non infalli- bili prinia della confermazione pontificia. E cosi le difinizioni del concilio, quando sia stato legittimamente approbate , non si altri- buiscono al Papa separatamente da' VescoYi , ma a tutto il consesso rappresentante adeguatamente la Chiesa universale. II che vale as- sai phi nella sentenza de' Gallicani, secondo la quale le parti prin- cipal! vengono deferite ai Yescovi adunati, i quali considerati unita- mente sono detti superior! al Papa. Cio posto, come potrebbe S. An- lonino, senza la piu flagrante contraddizione, attribuire al Papa, non gia principalmente, ma a lui proprio come a persona particolare e privata le definizioni del concilio, e, quel ch' e piu, non gia suppo- nendo ch' egli tenesse la sentenza comune , che fu certamente la sua, ma die tenesse la gallicana , che gli si vuole affibbiare, la quale fa il Papa inferiore al concilio?

Lo stesso raziocinio si puo fare a riguardo dell' altro inciso, che mette per condizione della infallibilita il ricorso alia Chiesa univer- sale, cioe (supponiamo) ai Vescovi disgregati. In questa ipotesi, pcrche le decision! del Pontefice avessero fermezza doramatica, sa- rebbe necessario, secondo la interpretazione del Bossuet, non solo che egli pronunziasse ex sententia Ecclesiae-, ma di piu che dopo emanate le sue proposte, la Chiesa universale, cioe i Yescovi di- sgregati ne facessero ciascheduno da se 1'esame, e sol quando si ac- cordassero tutti, o almeno la maggior parle ad approvarle eel ac- cettarle, quelle avessero forza di definizioni di fedc. Or se questa e la mente di S. Antonino, si domanda come mai, se non fosse per ironia, potrebbe affermare che la infallibilita di quelle definizioni

318 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

si dovesse ascrivere al Papa come a persona particolare e privata! II Papa in questo caso non sarebbe piu infallibile di que teologi, de'quali si fosse servito per apparecchiar le materie da defmire o per formolare le bolle, che poi i Yescovi dovrebbero esaminare, e quin- di o accogliere o rigettare, secondo che le credessero o conformi o contrarie alle verita rivelate. Ad ogni modo la cagione della infalli- bilita non sarebbe il Papa, come persona particolare e privata, ma in primo luogo i Yescovi consenzienti, e di poi il Papa, inquanto fa un solo corpo con essi. Non potrebbe dunque senza contraddizio- ne affermarsi, che nella detta ipotesi il Papa, anche come persona particolare e privata, sarebbe infallibile.

E crediamo che non senza perche il santo Arcivescovo, potendo adoperare altre formole che esprimessero lo stesso concetto, abbia prescelta questa : come persona particolare e privata. Per verita potrebbe sembrare non esser cotesto un modo di dire molto felice per esprimere T atto, che il Pontefice esercita d' insegnare a'tutta la Chiesa in qualita di universal e maestro ; poiche un tal atto non e di uomo privato, ma di personaggio eminentemente pubblico. Se non che, a correggere questa qualsiasi improprieta di linguaggio\ il Santo ha giudicato che dovesse bastare quell' aggiunta : Papa ut Papa; il Papa reduplicativamente inquanto Papa. Dall' altra parte , perche difficilmente avria potuto trovare altre parole che significassero piu brevemente e piu chiaramente il privilegio della infallibilita perso- nale, ha preferite quelle : ut persona particulars et privata, av* vegnache sotto un altro rispetto non fossero le piu esatte.

Torniamo ora al testo citato dal Bossuet , secondo il quale pare che il Santo richiegga come condizione, perche le definizioni del Pontefice sieno infallibili, che egli o si serva del concilio, ovvero che domandi 1'aiuto della Chiesa. Ecco le parole controverse : Li- cet (Papa) ut persona singularis, ex motu proprio agens, err are posset in fide . . . ; tamen utens concilio et reqmrens adiutorium universalis Ecclesiae . . . errare non potest. Per le cose ragionate sin qui il Papa che puo errare, com' e detto nel primo membro del periodo, non e il Papa che operi inquanto Papa, cioe che eserciti 1'ufficio apostolico, ma e il Papa che operi come qualunque uomo, ex motu proprio , val quanto dire per privato motivo e non per ra-

INTORNO ALLA INFALLIBILITA DE* PAPI 319

gione del suo pubblico minislero. Nondimeno, egli soggiunge nella seconda parte del periodo, se si serva del concilio, e addimandi gli aiuti della Chiesa imiversale , esso non puo errare. In due maniere si possono spiegare queste parole ; la prima : cbe i concilii e gli aiu- ti della Chiesa imiversale sieno condizioni esclusive per 1' esercizio della infallibility di guisa che senza il concilio, o senza il concor- so, comunque voglia spiegarsi, della Chiesa universale non possa- no avervi nella Chiesa definizioni che si debbano tenere per infal- libili. La seconda maniera e: che fra le condizioni, per le quali si verifica 1' infallibility hanno luogo, benche non esclusivo, i concilii ed altri sussidii della Chiesa universale. La prima di queste spie- gazioni ripugna a tutto il complesso della dottrina del Santo, e a molti luoghi particolari di senso apertissimo, specialmente a quello parallelo al presente, che teste abbiamo esaminato. Rimarie dun- que a dire colla seconda spiegazione, che il Santo accenna alcune di quelle condizioni, mediante le quali puo nella Chiesa avere atto il privilegio della infallibility, senza escludere le altre.

E in effetto, il privilegio della infallibilita non e, come insegna- no tutti i teologi, quello di nuove rivelazioni che Iddio faccia os- sia ai Pontefici ossia ai concilii. Esso consiste nell' assistenza del- lo Spirito Santo, che per virtu della promessa di Cristo non sara per mancare giammai ai successori di Pietro, tanto nel tutelare il deposi- to della Fede, quanto nello svolgere, secondo le diverse circostanze, i dommi che vi sono implicitamente contenuti. II che suppone che i successori di Pietro debbono usare i mezzi convenienti per iscevera- re nelle materie della fede ilvero dal falso, il dubbio dal certo, e cio che ad essa appartiene da quanto non la riguarda. E che il fa- ranno Be e mallevadrice la parola di Dio , il quale imponendo ai fe- deli Tobbligo di ricevere gl' insegnamenti di quelli, come verita ri- velate da lui, non puo permeltere, senza contraddirsi, che insegnino Ferrore. Ora tra i mezzi, che hanno i Pontefici per esaminare le qui- stioni della fede, ed assicurarsi se una qualche proposizione sia contenuta nel deposito della Rivelazione, principalissimo e quello de' sinodi universal!, e pur di molta efficacia i consigli, che essi pos- sono addimandare a tutti i Yescovi disgregati, o a molli, o ad alcuni soltanto fra essi. Pero S. Antonino, volendo far persuasi i fedeli che

320 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

i Pontetici , benche come uomini individui agendo di proprio moto potessero errare, luttavia non fallirebbero nel loro pubblico ed apo- stolico magistero, cita le parole di Cristo a S. Pietro, ed accenna i mezzi phi possenti, onde i successor! di questo daranno opera che la divina promessa si abbia infallibilmente a verificare. Ha egli nega- to con questo la lor personale infallibilita? Per nulla; poiche, come abbiamo veduto, ne la presenza del concilio, o gli altri aiuti che puo prestare la Chiesa universale per le defmizioni dommatiche esclu- dono la infallibilita personale de' Papi, ne la verity di questa rende inutili o non necessarii, come relativamente sono in alcune circo- stanze, quegli altri presidii.

II che e pur manifesto per do che gli stessi Pontefici operano. Ouante volte essi , essendo piu straordinariamente la Chiesa trava- gliata dall'eresie e dagli scismi, hanno convocato i Concilii univer- sali, proclamando che a cio erano indotti dalla necessita di quel mezzo potentissimo a fine di risolvere le quistioni in gravissime materie concernenti la Fede! Or chi direbbe che i Papi avessero in- teso, cosi protestando, di rinnegare il privilegio personale della loro infallibilita? Che piu? Lo stesso S. Padre Pio IX, prima di venire al solenne atto di definire come domma di fede Timmacolato Conce'- pimento della gran Madre di Dio, non credette necessario addiman- dare gli aiuti della Chiesa universale,. scrivendo a tutti i Yescovi dell'Orbe cattolico, che gli esponesscro sopra cio la loro sentenza? Vi fu egli chi vedesse in quest' atto una tacita confessione di lui con- tro la dottrina della sua personale infallibilita come Papa? Per con- trario anzi , dopo che Pio IX , avuto il suffragio favorevole di tutto 1' Episcopate, proclamo di fede I'lmmacolata Concezione di Ma- ria; cosi amici come nemici o tiepidi amici della S. Sede protesta- rono, che egli aveva col fatto sanzionata solennemente la sentenza cattolica, la quale insegna che i Pontefici, quando definiscono ex ca- thedra sono personalmente infallibili.

Se non che S. Antonino non solo nel citato testo non esclude un tal privilegio de'Pontefici, ma 1' include positivamente. II che si pro- va prima pel luogo del Vangelo, che adduce, a tine di rassicurare i fedeli dal timore, che le defmizioni pontificie possano mai contener errori contro la fede, II luogo che cita sono quelle parole di Cristo a

INTORNO ALL A INFALLIBILITA Dfi' PAPI 321

S. Pietro : Ego rogavipro te ut non deficiat fides tua; donde appunto i teologi ricavano il piu forte argomento per sostenere la personale infallibilita de' Pontefici. II che non potea non vedere S. Antonino, specialmente che in que' tempi tanto si disputo , e appunto co' testi della Scrittura, della potestSt pontificia. E pero se egli tenea la con- traria sentenza, avria dovuto allegare piuttosto quelle altre parole , dette in comune agli Apostoli , dalle quali si deduce la infallibilita de' concilii general! : Ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consumationem saeculi 1, o altri luoghi somiglianti.

La seconda prova si ricava dalle stesse parole che ci vengono opposte. II Santo dice che il Papa utens concilio non potest errare. Richiamiamo alia mente la dottrina di lui, da noi largamente espo- stanel quadernoprecedente, intorno alle relazioni tra i Pontefici edi concilii. Quivifra 1' altre cose notammo, che, secondo la sua senten- za, che e la vera, la ragione for male della infallibilita delle defmi- zioni dommatiche de' concilii e la confermazione pontificia, e quindi la infallibilita personale de'Papi. E pero vedemmo che egli indiffe- rentemente deriva la veritci di fede de'simboli tanto da tutto il corpo de' concilii, da cui furono editi, quanto dai Papi isolatamente con- siderati, che colla loro approvazione diedero il valore dommatico a que' concilii. Cio posto, quando egli afferma che il Papa utens con- cilio non potest errare, non fa inlendere chiaramente, che con queste parole egli consider a le defmizioni, in cui non possa cadere 1' error e, non in quanto sono riferibili al concilio che le formolo, ma in quanto sono riferibili al Papa, che colla sua sanzione diede ad esse il valore d' infallibili ?

Ma piu evidentemente risulta la stessa sentenza del Santo dalle parole che seguono immediatamente appresso , e sono : Et requi- rens adiutorium universalis Ecclesiae non potest errare. Questo in- dso, benche appiccato al precedente ( utens concilio) colla parti- cella et, e manifestamente disgiuntivo. In sostanza egli vuol dire che il Papa e infallibile o sia servendosi del Concilio, o sia doman- dando altri aiuti alia Chiesa universale. Del qualeuso dell'^ si tro-

1 MATTH. XXVIII, 20.

F/7, vol. IV, fasc. 447. 51 ' 29 Ottolre 1868.

322 LA DOTTR1NA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIBENZE

vano infmiti esempii negli autori , specialmente in quelli che non sono molto esatti nel serbare le proprieta del linguaggio. Ma qui-e necessario spiegare in questo modo la cosa; giacche altrimenti S. Au- tonino o avrebbe ripetulo inutilmente lo stesso concetto, intendendo per admtonuin universalis Ecclesiae il concilio ; ovvero avrebbe delto essere necessarii, oltre al concilio , altri aiuti della Chiesa universale per quest' effetto : il che e -falso. Domandiamo ora : quali sono cotesti aiuti della Chiesa universale , i quali addimandando il Papa emanerebbe definizioni immuni da ogni pericolo di errore? Ab- biamo sentito rispoudere il Bossuet, che sono /' esame, I' approva- zione e I' accettazione de' Vescovi. Ma S. Antonino, che visse alcuni secoli prima che potesse profittare de' lumi del Yescovo di Meaux, naturalmente intese accennare a cio che in ogni tempo hanno usato I Pontefici nelle quistioni piu gravi e intricate, di che, come abbia- mo detto, ci forni pochi anniaddietro 1'esempio il S. Padre Pio IX; cioe di domandare su quelle quistioni i lumi degli altri Yescovi cat- tolici. Per opposto non solo i Papi non hanno mai dimandato ai Ve- scovi, che esaminassero le loro decisioni per vedere se dovessero approvarle ed accettarle, ma anzi hanno imposto sempre a tutti i fedeli, di qualsivoglia dignita e condizione, e per conseguenza an- che ai Vescovi , di sottomettersi ad esse senz' altra disquisizione ; e ci6 sotto pena di rimanere altrimenti separati ipso facto dalla comu- nione della Chiesa. E se questo intese S. Antonino (ne altro potea intendere) non propugno egli, benche implicitamente, anche in que- sto testo la infallibilita personale de' Romani Pontefici? Anzi, se ben si mira , la stessa difficolta non avrebbe luogo , se non supposta la infallibilita personale de' Pontefici. Poiche non supponendosi questa, se un Pontefice privatamente erelico (com'e la difficolt^t del Santo) volesse pubblicamente promulgare statuti ereticali , per quahmqiie maniera cio facesse, i fedeli non si troverebbero impacciati; dovendo in ogni caso, anche di non sospette dottrine, aspettare raccettazione di tutt' i Yescovi, per credersi obbligati ad obbedire : quanto piu nell'ipotesi di decisioni dubbie nella fede?

Dalle quali cose, da noi ampiamente ragionate, veda il lettore die conto si debba fare deH'ultima conchiusione, onde il Bossuet con una nuova istanza procura di ribadire la sua argomentazione sopra il

INTOR1NO ALLA INFALLIBILITA Dfi' PAPI 323

piu volte citato passo del Santo. « Or dunque, egli conchiude, tutto cio che Antonino dice nel predetto paragrafo 4 del capo terzo, titolo XXIII della terza Parte, del non potersi appellare contro il Papa neppure nella ipotesi che sia eretico, non presenta nessuna difficol- la. Cio dipende dalla ragione che altrimenti, come dice lo slesso An- tonino, la Chiesa abbastanza vale per se stessa, perche non sia te-

nuta di obbedire ai suoi statuti ereticali 1. »

«

Ma qui il Bossuet aggiugne alle parole del Santo, che sono le sot- tolineate da lui slesso, altre di proprio capo, che ne alterano total- mente la sentenza. 11 Santo, dopo il periodo da noi commentato, se- guita immediatamente : Nee potest esse quod nniversalis Ecclesia accipiat aliquid catholicum, quod est haereticum, quia Ecclesia universalis, quae est Sponsa, et erit semper et est non habens ma- culam nee rugam 2. Le quali parole hanno nel contesto un senso giustissimo per rassicurare i fedeli contro la difficolta che si oppone, che il Papa essendo eretico occulto volesse proclamare nella Chiesa dommi ereticali. Di fatto egli avea risposto in primo luogo diretta- mente, riportando la promessa di Cristo, fatta a Pietro ed in Pietro a tutti i suoi successor! , che la lor fede , alineno in quanto capi della Chiesa, non sarebbe per mancare. A mostrare poi come pra- ticamente si verifica questa promessa, accenno i mezzi piu efficaci, lasciati da Cristo ai Pontefici , per fornirsi de' lumi necessarii nelle decision! da fare ; e sono in particolare i concilii ecumenici , ed in generate gli aiuti di ogni sorta, che si puo procacciare dalla Chiesa universale. II che fatto, risponde ora indirettamente ab absurdo, nel seguente modo : Se il Papa, come Papa, potesse errare, ne se- guirebbe che la Chiesa universale dovesse abbracciare come domma cattolico qualche bestemmia ereticale. Ma questo e impossibile, per- che la Chiesa e la Sposa sempre immacolata di Cristo. Dunque ecc. Dopo la dimostrazione, che ci sembra conchiusa invittamente, de' pre- cedeiiti, questo e Tunico senso che pu6 darsi alle sopraccitate paro- le del santo Arcivescovo.

1 Ved. op. cit. di Bossuet, luog. cit.

2 Ved. sop. a pag. 314.

324 LA DOTTRINA Dl S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE ECC.

Un' ultima osservazione faremo sopra cio che il Bossuet fa dire in generate a S. Antonino nella ipotesi di un Papa, che, come privata persona, fosse cadulo nell' eresia. Egli afferma esser sentenza del Santo, che neppure in questo caso si puo fare appello contro dilui. Ma il vero e che il Santo distingue il caso di un Papa eretico oc- culto, e da per questa ipotesi la risposta che abbiamo si a lungo esaminata. Dopo di cio considera V altra ipotesi di un Papa notoria- mente eretico. Per rispetto ad essa insegna, che neppure sarebbe da procedere subito alia deposizione, ma si dowebbe usare ogni mez- zo per farlo rav\edere. Se poi, aggiugne, ei volesse persistere nelta sua contumacia, gia per tio solo cesserebbe di esser Papa, poiche non sarebbe neppur membro della Chiesa. Con che fa intendere, che appellandosi contro lui, o deponendosi, non si farebbe ingiuria alia dignita papale, che in lui sarebbe del tutto mancata l. Nulla aggiugneremo intorno a coteste ipotesi, che noi col Bellarmino ripu- tiamo impossibili , avendone toccalo quanto era necessario nell' arti- lo precedente.

E qui siamo costrelti di far fine, benche avevamo credulo di po- terci spacciare di tutle le difficolta con un solo articolo. Ma le male- rie, come hanno veduto i lettori, sono troppo spinose, e I'awersario contro al quale lottiamo, di acutissimo ingegno. Domandiamo dun- que ad essi perdono se dovremo prolungare anche di un altro arti- colo ques I' argomento: il che faremo inuno de'prossimi quaderni 2.

,-A..

1 Si tamen Papa, ut singularis persona in haeresim laberetur NOTORIE, adhuc tamen non est appellandum a Papa; quia tails primo monendus est ab illis, qui in electione Papae totum corpus Ecclesiae repraesentant ; qui sunt modo Ecclesiae romana cwrdinales. Et si admonitus vellet se corrigere, non deberent eum iudicare; sed ipse humiliter ab honor e desistens seipsum deberet punire... Si autem vellet in haeresi pertinaciter permanere vldere- tur a Papatu eo ipso delectus. Loc. et §. cit.

2 Crediamo bene rettificare alcuni sbagli di citazione^ che a cagione della fretta ci sfuggirono nell' articolo precedente. A pag. 185 alia fine della note invece di §. 4, corr. §. 3 A pag. 192 nota 2 alia citazione loc. cit. avver- tiamo , per iscanso di equivoco , che e da intendere il titolo XXII, cap, VI, §. 20; e allo stesso titolo e capo si riferiscono gl' ibidem della citazione 3 e 5 A pag. 194 in fine della prima nota invece di cap. Y leggi cap. /V; ed in fine della 2 nota leggi ibidem senz' altro.

RIVISTA

BELLA

STAMP A ITALIAN A

. .uflu'

^

liw i.ffljiJi Lo Hegelianismo considerate nel suo svolgimento storico e nel suo

rapporto con la scienza, per I'abbate GIUSEPPE FRISCO, profes- sore private di filosofia e di Etica nel Liceo arcivescovile di Na~ poli ~- Napoli 1868. Un volume in grande ottavo di pag. 245.

Essendo la filosofiadell'Hegel, nel suo svolgimento storico, stret- tamente legata con quella del secolo anteriore, sia per Teredita che ne raccolse, sia per 1'opposizione che le fece; il ch. Professore Pri- sco giustamente comincia il suo libro dal ricordare i principii della medesima.

Benche Cartesio non fosse il primo a proclamare la liberta asso- luta del pensiero, ossia la separazione della filosofia dalla rivelaziono (doltrina cosi assurda, come la separazione dello Stalo dalla Chiesa) ; tuitavia ne fu il banditore piii fortunato. Ben presto il pensiero e le teoriche cartesiane, o pure o associate ad una falsa inlerpretazione della dotlrina di Platone e di S. Agostino suU'origine delle idee, di- vennero comuni in Europa. Nel secolo seguente il Cartesianismo fu cacciato di nido dal Lockianismo, ridotto poscia a perfetto Sensismo dal Condillac. L'Autore ragiona delle cause di tal sostituzione, ripe-

326 BIVISTA

iendole si dall'istessa doUrina Cartesiana, che avea confusa la sein- plicita colla spirilualita dell'anima e pero il senso coll'intelletto, e si dalle tendenze materialistiche e democratiche, a cui si volgeva 1'Eu- ropa nel secolo decimoltavo.

Condotto il Sensismo alle sue ultime conseguenze, una reazione ora inevitabile ; e questa, in modo peraltro pusillanime e moneo ed erroneo, fu I'assunto della scuola scozzese, i cui principii, riguar- danti 1' impotenza della ragione pei problemi ontologici, e la sua in- capacita a travalicar 1'esperienza, furono poscia da Kant ridotti a si- sterna, ed armati di penetrante dialettica. Cio che era stato in Iscozia un abbozzo nelle mani del Reid, divenne in Germania un disegno pei lavori del Kant. Costui airistinto sostitui le leggi a priori del pensie- ro, applicate ai dati sensibili per 1' intermezzo delle forme a priori dello spazio e del tempo. « In questo grande edifizio, dice il Frisco, che sotto la mano potente dell' Artefice non manca di grandezza e splendore, tutti i materiali dalla base al vertice sono semplici vedute del riguardante, fenomeni mentali, che per niun conto autorizzano la realta. La sensazione e subbiettiva; subbiettive sono le forme a prio- ri dello spazio e del tempo; siibbiettive le dodici categorie dell' in- telletto. Che cosa dunque bisognava inferirne? Impossibilita di affer- mare alcuna cosa al di la dei fenomeni; contraddizioni radicali, in cui s'impiglia la umana ragione giudicando di Dio, deH'anima e del- Funiverso; le quali contraddizioni si traducono nelle antinomie della Cosmologia, nelle ipotesi gratuite della Psicologia, ne' paralogismi della Teodicea. Tali furono le ultime conclusioni della Critica della ragion pura 1. »

Kant non fu solo metafisico, ma moralista austero. Egli rinnovo lo Stoicismo, proclamando la legge del dovere, adempito per se stes- so e senza riguardo alle sue conseguenze. In virtu della Morale, egli ristabili le verita ontologiche, rovesciate dalla sua Metafisica. Se vi ha legge, vi ha liberty nell'uomo; e se per adempire il dovere con- vien talora sacrificare la felicit^, uopo e che si dia un' altra vita, in cui la virtu armonizzi colla felicit& : e quindi e mestieri riconoscere

1 Pag. 22

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Dio , il quale compia siffatto accordo. In questa guisa il Kant costi- tui la sua morale in opposizione alia sua metafisica.

Dopo qualche lotta il Kanlismo tennc il campo della filosofia, e Kant fu appellate novello Socrate, per aver aperta una nuova via alia scienza, il melodo trascendentale. Senonche, tra gli altri difetti, esso conteneva un' intrinseca incoerenza : in quanto , volendo pur muovere da un oggetto dato dall' esperienza, non concedeva al me- desimo che un valore fenomenico, per non essere percepito altrimenti eke sotto forme, originate dal subbietto stesso percipiente. « Or se T oggetto , a noi noto , e solo quello che noi stessi ci formiamo per mezzo delle nostre condizioni subbiettive , qual bisogno ci ha di muovere nel filosofico procedimento da una qualche cosa distinta dall' lo? Non sarebbe piu logico partire dal solo pensiero , dall' at- tivita dell'Io pensante, e mostrare come il solo pensiero, la sola ra- gione attiva basti a spiegare la rappresentazione del mondo esterio- re 1? » Fu questa la rifbrma recata dal Fichte. Kant avea derivato dal soggetto pensante la forma della conoscenza ; Fichte voile deri- varne eziandio la mater ia.

Per uscire da siffatto idealismo il lacobi ricorse alia fede istintiva dell' animo nella verita obbiettiva, ammettendo una specie di armo- nia preslabilila tra le leggi del pensiero e quelle della natura. Egli ripudio ogni processo dimostrativo, come quello che menerebbe in- dubitatamenle al panteismo soggettivo , convinto del principio di Fichte che conoscere razionalmente sia lo stesso che creare. Ma una reazione piu conforme al metodo trascendentale o a priori, fu quella di Schelling e di Hegel ; i quali cercarono d' innalzarsi all' idea d' un lo obbiettivo , vale a dire di una sostanza unica , che fosse insiemc subbietto ed obbietto, essere e vita, spirito e materia, e in cui spa- rissero tutte le limitazioni ed opposizioni diverse.

Schelling chiama il suo sistema la filosofia dell'identita. Egli muo- ve dal concetto dell'Assoluto, il quale e per lui un principio imper-

male, un'attivita indeterminata, che per uno svolgimento immanen-

si delermina di grado in grado per una serie indefmita di trasfor-

1 Pag. 42.

328 RFVISTA

niazioni in due ordini parallel!, quello delle materie e quello dello spirito. Termine di questo eterno movimento, per cui 1'Assoluto, noH altrimenti die ima radice algebrica, rimanendo sempre identico a se medesimo si eleva di potenza in potenza, e quello stato di potenza assoluta, per la quale unifica nel suo seno i due ordini conlrarii , la materia e lo spirito, riducendoli ad unita, e conoscendosi come unico principio generatore delle particolari esistenze dell'uno e deH'altro. La conoscenza di cotesto Assoluto nella sua nativa schicttezza, si ha da noi mediante 1' intuizione intellettuale, nascosta alia stessa co- scienza.

Ed eccoci cosi giunli all' Hegel. Ma prima di entrare nella esposi- zione di questa parte principale dell'opera del Frisco, dobbiam no- tare che malamente si formerebbe un' idea adequata della parte pre- cedente, chi stesse al semplice schizzo che noi ne abbiamo dato. II Frisco nel descrivere il movimento filosofico, che predispose all'He- gelianismo, non si fermaai soli filosofi da noi indicati; ma con eru- dizione, non ordinaria, tocca di iutti quelli che ebbero qualche in- fluenza o rinomanza: ne spiega la dottrina, ne esamina i punti ca- pitali, ne confuta gli errori; e tuttocio con una limpidezza di trattazione e solidita di argomenti, degna veramente del lucido ed alto ingegno, di cui e fregiato. Noi non abbiamo fatto, che indicare alcuni tratli della bellissima e ordinatissinia tela, da lui tessuta. Rimeltiamoci

ora in cammino.

- •-*• ? sot*: . r-Mhs 1 f$ tiJnfrf/Ri ww»»H

Hegel segue i medesimi erramenti dello Schelling, ma con melo- do assai piu scientifico, e sotto forme piu vaste e comprensive. An- ch'egli muove dall'identita del soggetto e dell'oggetto, del pensiero c dell'essere, dandola qual postulate necessario della scienza; la quale non sarebbe tale, se non fosse una, ne potrebbe avere uniia, se non movesse da un solo principio. Se il pensiero si distinguesse dall'esse- re ; nel principio della scienza vi sarebbe dualita. Quindi il canone : Cib che e reale, e altresl rationale. Cotesta scienza benche debba cs- sere a priori, nondimeno non disprezza i fatti e la realla fenomenica del mondo sensibile : ma nello studio di essi fatti tien sempre d' oc- chio 1' idea, la quale manifestandosi in essi sotto forma sensibile, si purifica e perfeziona nello spirito. « La filosofia cosi intesa (sono pa-

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role dell' Autore) e al tempo stesso esplicatrice e creatrice. Espli- catrice, perche essa ricerca 1' assoluto, clove niente e variabile e con- iingente, ma tutlo e sommesso a leggi necessarie e fatal! . Creatrice, perche il pensiero , veramente filosofico , essendo identico alia co- scienza dell'eterno svolgimento dell'Assoluto, e come questo la causa creatrice eel il fondo essenziale di tulte le cose 1 . » Se la scienza e unica, assoluta, creatrice, il metodo che n' e 1' istrumento dee avere i medesimi caratlcri. Esso dunque non puo esseie altro che la vita stessa deirAssoluto, la forma die 1'Assolulo piglia in quel suo pro- gressive svolgimento , onde va acquistando la coscienza di se stes- so. « I/ Hegel partendo da questa nozione del metodo con la preten- sione su cui essa riposa , e stato condotto a cambiare il valore di lutti i termini della logica , ed assorbire in questa la metafisica. Spiegare, nel linguaggio di Hegel, vale altreltanto che assegnare a ciascuna cosa il posto , che essa deve occupare nel movimento uni- versale dell' Assoluto; dimostrare e ridurre i dati ernpirici alia loro generate espressione ; comprendere torna lo slesso che trasformare in un valore filosofico e specolativo quanto e somministrato imme- diatamente dai sensi o dall' intelletto nella natura e nella* storia. In- fine la verita non e 1'accordo delle cose con le leggi dell' intellelto assoluto, ne la conformita delle nostre idee con i loro obbielti; sib- bene 1' accordo di un obbietto con se stesso e con la sua nozione, e percio la verita e 1'idea , come 1'essere e il pensiero. D'onde con- seguita che siccome le diverse forme che 1' Assoluto piglia nel suo cosmico svolgimento non adequano mai se stesso, cosi non v'ha veri- lanel mondo reale, ma solo nelle regioni sublimissime delle idee 2. » Quindi per Hegel la scienza assoluta e quella che si aggira intorno all' idee, V idealismo; ed il suo metodo e la dialettica. Imperocche v' ha un mondo ideale, il quale contiene in se il fondo e la sostanza di tutta la realist sensibile. Nella serie indefinita delle idee esisto un rapporto intrinseco, identico all'ordine stesso delle cose. Onde ascendendo d' idea in idea, deesi rinvenire un' idea madre, la quale assoluta in se e il fondo comune della idealita e della realita. Que-

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st'idea assoluta e Dio, e di essa sono determinazioni tutte lealtre idee particolari e forme dell' essere. Imperocche esso , che in se non e se non pensiero puro ed indeterminate, senza ancora cono- scersi ne come soggetto ne come oggetto, sente il bisogno di ope- rare, affine di giugnere alia coscienza di se medesimo. Or la co- scienza di se presuppone il diverse, non potendo il soggetto pensan- le ravvisar se come tale, senza dislinguersi dall' oggetto pensato, che riguarda come diverso da se. L' idea dunque soggiace necessa- riamente ad un intrinseco movimento, per cui modificandosi e de- terminandosi si espande nella natura e nello spirito, e da ultimo ri- piegandosi sopra se stessa acquista la coscienza di se medesima, ri- mirandosi qual identita assoluta del variabile e relative. « Ouando T idea raggiunge questo ultimo grado del suo immanente smluppo, diviene concreta ed assoluta e si conosce come unita assoluta del subbiettivo e dell'obbiettivo, del pensiero edella natura 1. » Questo stesso intrinseco svolgimento dell' idea s' immedesima colla dialetti- ca; a cui Hegel trasferisce i tre momenti, che Fichte attribuiva allo svolgimento dell'/o. « Fichte avea ridotto a tre i momenti dello svolgimento* dell'/o, cui egli rigaardava come Vunico essere reale. L'/o pone se stesso, indi si oppone a se stesso, e crea il mondo sensible e la natura, infine rientra in se stesso e si afferma come assoluto. Tesi, antitesi e sintesi sono i tre momenti della coscienza e della esistenza dell' Jo. Hegel 1'applica all' essere in generate; sicche la tricometia del sogyetto dell' uno e trasformata dall' altro nella tricometia dell' Assoluto, soggetto ed oggetto al tempo stesso. Ma questa tricometica evoluzione dell' Assoluto, nel sistema eghe- lianq non altrimenti che in quello di Fichte, non e un obbietto di- stinto dalla dialettica, bensi costituisce 1'essenza della medesima 2. » Ma basta fin qui; giacche a noi non regge la pazienza di proseguire piu oltre in questa splendida follia di un cervello ingegnoso ma esal- tato ; chi piu ne desidera consulti da se il libro del Frisco. Venia- mo piuttosto a dare un cenno della critica che il dottissimo Autore ne istituisce.

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Egli raostra da prima che i principii hegeliani furono confutati piu di due mila anni fa da Aristotile, disputanle contro i sofisti. Impe- perocche anche cosloro, come 1' Hegel, ncgavano il principio di contraddizione ed ammettevano 1' ideiitita de'contrarii. Anche costo- ro riconoscevano, come il divenire dell' Hegel, un mezzo termine tra 1'essere ed il nulla, nel qual mezzo termine i due termini oppo- sti ycnissero unificati. « Aristotile, descrivendo le cause dell' antica sofistica, ha descritto ancora le origini piu profonde del sistema hegeliano. Egli ha dimostrato che la negazione de'contraddittorii ha per puuto di partenza il panteismo e 1'abuso della specolazione; per termine estremo rempirismo e la sostituzione del fantastico al razio- nale. Queste cause sono con tutto rigore applicabili al sistema del- r Hegel. Onde con fronte alta e senza tema di errare si puo asserire che THegel e un sofista del secolo XIX, gia giudicato da quel som- mo filosofo della Grecia, cui egli stesso confessa non avere il mondo Teduto ne il simile lie Teguale 1. » L'Autore fa lo stesso per rispetto a Democrito. Imperocche anche Democrito, confutato da Aristotile, spiegava la formazion delle cose per Turnta di una ragione imperso- nate, che eternamente esistente ed eternamente mutabile, attraver- so delle infinite modificazioni che ella riceve e delle trasformazioni a cui soggiace; fosse al tempo stesso I'invariabile fondo della esisten- za e I' imperitura sorgente della vita. Anche Democrito riponeva Tessenza di questa sua ragione in un flusso perenne e in un divenire seriza tine. Anche Democrito negava il principio di contraddizione, ed attribuiva un triplice momento alia evoluzione della ragione imperso- nate. Molto meno puo dirsi originate il sistema di Hegel per rispetto ai suoi predecessor! di Alemagna. Se altro non fosse, egli ha comu- ne con Schelling il concetto dell'Assoluto come identitade'confrarii; e i tre momenti della sua dialettica, ten, antitesi e sintesi, son tolti di peso dal Fichte. Premesse queste considerazioni intorno al difet- to d'originalit^i del sistema hegeliano, il Frisco passa ad assalirlo in se stesso. Egli dimostra che T Hegel, in sostanza, non muove da al- tro principio se non dal nulla mentale; che ignora la natura del pen-

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siero e quella dell' Assoluto ; che e nullista in Onlologia, e scellico in Psicologia; die neppure e monista, come pretende, ma dualista; che il suo divenire non puo ammettersi come principio scientifico ; che la sua dialettica e impotente in ordine allo scopo , per cui e assunta. II lettore vede da se di quanta rilevanza e una siffatta confutazione e come scalza i fondamenti stessi del panteismo trascendentale. Ma essa difficilmenle potrebbe compendiarsi, senza venire sfigurata. II per che rimettiamo il lettore a vederla nel proprio fonte : noi qui staremo contend ad accennarne qualche punto dei piu capitali.

II Frisco debitamente osserva che la nozione dell' essere, come gia dissero gli Scolastici , e la prima nell' ordine , vuoi logico vuoi cronologico, della mente. Ma in essa, come in ogni nozione univer- sale, si dee distinguere 1' elemento obbiettivo, cioe il termine inte- so, dall' elemento subbiettivo, cioe dalla forma astratta sotto cui quel termine viene inteso. II confondere 1'uno coll'altro fa si che credasi prodotto della mente 1'essere stesso, come prodotlo della mente e 1'astrazione, sotto cui il detto essere si contempla. Queslo primo er- rore mena all' altro di trasferire all' essere, obbiettivamente preso, gli attributi logici, che gli competono in quanto si trova sotto la for- ma astrattiva, datagli dalla mente. Cos! gli attributi logici dell' idea si convertiranno in reali, e la logica assorbira la metafisica.

Dippiii, allorche la mente ripensa la forma astratta, secondo cui contempla 1' essere, essa vi scorge unita e universalita : unita, per- che un tal concetto non esprime che il solo essere, senza alcuna de- terminazione ; universalita, perche 1'essere s' inchiude in ogni cosa, che e o si concepisce. Confuso dunque 1' ordine logico coll'ontologi- co, il panteismo e inevitabile. Una tal confusione appunto e sta,ta fatta dall' Hegel, il quale sostitui all'essere sussistente, e determina- tissimo e attualissimo, che e Dio, 1' essere astratto, che e indeter- minato ed in potenza.

Di qui ancora trae origine 1' assurdo, dall' Hegel eretto in prin- cipio : 1' essere identificarsi col nulla. Imperocche chi muove dalla confusione del logico col reale, e costretto a dar valore obbiettivo a tutti gli aspetli, sotto cui la mente ravvisa il concetto. Or nel concet- to la mente nell' atto stesso che ravvisa 1' essere, che viene espres-

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%

so, ravvisa la negazione del medesimo. « Nella Fenomenologia dello spirito (cosi il Frisco), la quale e una vera introduzione a tuito il sistcma, 1' Hegel viene descrivendo la guisa, onde la mente spo- gliando idealmeiite gli oggetti concrefi delle proprieta, che li con- cretizzano, perviene alia nozione dell' essere, zlpensieropuro, la cui nozione, almeno come e descritta nella prefata opera, e meramente astraltiva. Intanto noi sappiarno che quella nozione astrattissima, termine di tutto quel lavorio analitico seguilo dair Hegel nella sua Fenomenologia, deve costituire il principio della Logica, la quale nel concetto egheliano e una vera metafisica, avente per base T es- sere reale. Or come 1' Hegel e riuscito a cambiare 1' astratto col concrete, 1'essere logico col reale? Noi gia 1' abbiamo detto : nella nozione del 1'essere vuolsi accuratamente distinguere la forma astrat- ta, secondo cui la mente lo pensa, dall'essere, termine dell' atto co- gitative ; quella e un par to della facolta astraente, questo e indipen- dente da essa Or 1' Hegel non fa questa distinzione, ma alia manie- ra di tutti i panteisti, considerando che la forma astratta della no- zione dell' essere e un prodotto della nostra ragione, conchiude che anche 1'essere e un parto del nostro pensiero. Partendo da una con- fusione cosi puerile e procedendo innanzi nella deduzione scientifi- ca egli e condotto ad immedesimare 1' essere astrattissimo con 1'es- sere realissimo, 1' indeterminato coll' infinito. E difatti 1' essere astratto, in quanto e aslrattovprescinde da ogni peculiare determina- 2ione; onde se esso e obbiettivo anche quanto alia sua forma astrat- ta, dovra credersi identico all' infinito, il quale nell'ordine reale e il solo essere, che vada esente da ogni limitazione. Ancora, 1' essere astrattissimo , in quanto tale, e dotato dell' unita e dell' universalita logica; dunque, convertito che esso sia nell' essere realissimo, quei due attributi logici piglieranno il posto de' due attributi metafisici dell' essere assoluto, il quale percio sara la sola realta, e il princi- pio e fondo comune di tutte le cose. Battendo questa via Parmeni- de e Plotino tra gli antichi per nominare i piu celebri , e Giacomo Boehm e Spinosa tra i moderni erano riusciti , anche prima del- 1'Hegel, a cambiare 1' unita logica con V unita metafisica, e 1' essere astrattissimo con 1' essere realissimo. Ma Y Hegel, continuando la

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«

loro tradizione scientifica, vi aggiunse un principio miovo, tolto al- Tantica sofistica, cioe la identita tra I' essere ed il nulla. II die fu un gran progresso nellavia dell'errore; imperocche se, nell'atto stesso eke si pensa r essere, implicitamente si pensa anche il nulla, e se i. concetti logici che la mente si forma lavorando sul concetto astratto deir essere, hanno un valore obbiettivo ed assoluto, anzi costituiscono la stessa realta assoluta, non vi ha ragione, perclie il nulla, il quale si pensa nel concetto dell' essere, non debba credersi obbiettivo e reale. Si vede adunque come nel sistema di Hegel il punto di partenza e il nulla mentale, e le tre proposizioni : il pen- siero e I' essere, questo e un solo, ed e I' Essere- Nulla, sono logica- mente connesse, e tutte dipendono da una sola cagione, cioe dalla confusione dell'ordine subbiettivo con I'ordine obbiettivo, della for- ma astratta della nozione deir essere coll' essere stesso 1 . »

Hegel ignora la natura dell' Assoluto, il quale sussistendo da se e la pienezza stessa dell' essere, attualissimo e perfettissimo; e pero incapace di confondersi con ci6: che si determina e perfeziona e pas- sa dalla potenza all'atto; il qual passaggio non potrebbe eseguirsi, senza Tazione di un ente gi^t in atto ed operante nel soggetto muta- bile, in cui quel passaggio si com pie. Dippiu Hegel ignora la natu- ra del pensiero, il quale non puo mai avverarsi senza un soggetto in cui risegga ed un oggetto intorno a cui si aggiri. II pensiero puro, che prescinde dal soggetto e dall'oggetto, nell'ordine reale e un me- ro assurdo, e vale altrettanto che un moto senza principio e senza direzione. Al trar de'conti il Dio di Hegel e, come poscia si esprcsse Oken , uno zero assofato , a cui si rapportano le creature come al- trettanti zeri relativi. II suo sistema e la negazione di Dio : e quando egli parla di Dio, non fa che aggiungere all'ateismo una menzogna.

II Frisco neir ultima parte del suo lavoro, ragiona lo svolgimento svariato che il sistema di Hegel ricevette poscia nelle mani dei di- scepoli di lui , Tintrinseco e progressive legame che passa tra tuttr i sistemi razionalistici di quest' ultimo periodo, e tra questi e le teo- riche rivoluzionarie che apparvero nell' eta nostra, e la connessione

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di tutto questo procedimento col priucipio dell' evidenza subbiettrva del Cartesio. Travaliclieremrno di tioppo i limili d'ima rrvista, se volessimo esporre comecke succintamenle , luito queslo profondo e ragionalissimo esame del dolto Aulore. Per farne intendere ai no- slri lettori I'iinportanza bastera riportare i litoli del diversi cap!- toll in cui e racckiuso , e sono i seguenti: I. Considerazioni gene- ral! sullo svolgimento della filosofia alemanna , infino all' ultima scuola egkeliana. II. Hegel e ibibliologi razionalisti dell'Alemagna. HI. Delia triplice scuola egkeliana. IV* Attenenze della giovine scuola egkeliana con le doltrine di Hegel e di Kant. V. Parallelo tra la filosotia alemanna e francese. VI. Origine della tendenza all'uni- ih assoluta e processo ipotetico della filosofia alemanna. VII. Unita di principle, introdotto da Cartesio nello scibile umano. VIII. Atte- nenze tra Carlesio e i filosofi alemanni. IX. Attenenze tra il Carte- sianesimo e il Razionalismo biblico. X. Processo ipotetico della Psicologia Cartesiana. XL Unita di principle ammessa dalla filoso- fia sensista, e processo ipotetico seguito da essa. XII. Attenenze tra il fondalore del Oiticismo e Condillac. XIII. Azione esercitata dall' Hegel sul razionalismo e materialismo de' tempi present!.

II Prisco e il continuatore in Napoli della grande ristorazione fi- losofica, iniziatavi dal Sanseverino. Egli, come il suo illustre mae- stro, ka dedicate tutte le forze del suo acutissimo ingegno e della sua profonda dottrina a mettere in onore la verace sapienza dei Padri della Gkiesa e dei Dottori scolastici, e a mostraro come dall'abban- dono di essae deriyata la pestifera lue di tanti error!, eke insozzano oggidi le Accademie. Pel quale glorioso assunto egli e salito in altis- sima rinomanza, non solo in Italia ma in Francia altresi e in Germa- uia; dove oggimai il bisogno di ritornare a quelle pure ed inesauri- bili fonti del sapere, comincia a farsi sentire amplamente. Fedele a questa sua missione, il Prisco conckiude il presente libro, volgen- dosi ai suoi concittadini, e parlando lore nella seguente forma: « Or vogliamo noi ricostruire la filosofia italiana? vogliam essere Italian! davN'ero? Ebbene, senz'adulazione dinoi stessi, senza matti disprez- zi, scnza vanita di primato, senza ckiudere gli occki su cio eke gli autori nostri non kan detto di buono e di bello, seguiamo esempii

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sl buoni e si belli, e camminiamo piu oltre.'Il giorno, die ci \erra falto di ristorare la filosofia scolastica nelle singole parti, correggen- do e ampliando solo quella che ha rapporto alle sole esperienze ; il giorno nel quale il nome di san Tommaso d' Aquino sara scritto in fronte all'enciclopedia del sapere e deirinsegnamento, potremo dir veramente d'aver riconquistata la virilila del noslro pensare e del nostro operare. Sicche lulio considerato conchiudero col piu caro dei miei allievi, che se « nella irruzione barbarica il glorioso Ordi- ne di san Benedetto salvo dal comune naufragio i due fallori preci- pui della civilta, la scienza cioe e la virtu; se nel medio evoTOrdi- ne di san Domenico e di san Francesco salvarono la civile societa di contro all' irruente Islamismo, Y uno colla profondita della scien- za, 1'altro col distacco dal soverchiante amore de' terreni piaceri ; nel secolo XIX la ristorazione della Filosofia e della Morale di san Tommaso salvera la scienza e la civilta dal naturalismo, che 1'una e 1'altra corrompe. Cos! 1' Italia, ferma rimanendo alle sue antiche e nobili tradizioni, potra per la terza Yolta seder e reina e maestra di sapere e civilta intra coloro, che questo secolo chiame- ranno antico 1 ». r .j^y.rff ?:>)/-'!•> ( '•M^**!-.^:'-t'l*unfe^!i«of(Vjh^r| oliitB-^'

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Una Casa fiorentina da vendere, con un JRacconto morale e un esercizio lessicografico, di PIETRO FANFANI. Libretto per le scuole. In 8.° pice, di pag. VIIl-94 Firenze, tip. all'insegna di S. Antonino, 1868.

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Sanno i lettori nostri in quanto pregio siasi da noi sempre avuto 1' ingegno del sig. Pietro Fanfani, e la sua perizia rarissima nell'ita- liana filologia. Vero e che non tutte le parecchie volte che.ci e oc- corso ragionare de' suoi scritti, gli abbiamo date lodi scevre di bia-

1 Sulprincipio informatore della Morale di S. Tommaso e I'organismo ideale delle sue parti. Discorso di RAIMONDO FAVA, Accolito del Clero napo- litano. Napott 1867.

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simo. Allora ch'egli fece pubblico il suo Vocabolario dell' mo tosca- no, non potcmmo in effetto astenerci, rendendone conto, dal censu- rare quello che in esso ci scmbro difcttoso, e dal riprovare aperta- mcnte Ic offese che v' crano contro la religione ed il buon costume. Onde concludemmo, che, fmche 1' opera rimaneva cosi come era, ci riputavamo obbligati in coscienza a pregare i padii di famiglia e gV istitutori religiosi, di tenerla gelosamente lontana dalle mani dei figliuoli edallievi loro l. Senonche, pur censurandolo, adoperammo seco termini di tale stima ed argomenti di tale evidenza , che egli medesimo non esilo a riconoscerli e ad esprimercene, per via di pri- yata lettera, cortesi ringraziamenti.

Tuttavia prima di riparlare di qualche altro suo lavoro che fosse per uscire a luce, massime se in servigio degli adolescenli, ci era- Tamo proposto di aspettare un cenno autentico,che ilchiaro filologo o avesse emendate, o pensasse di emendare qael suo Vocabolario, rendendolo innocuo affatto cosi alia semplicita dei giovani , come all' onore della toscana letteratura. E cio perche da una parte, senza questa emendazione, non ci credevamo lecito a nessun patto il raccomandare un autore che, in tal caso, all' onesta giovanile sa- rebbe stato pericolosissimo: e dall'altra parte, ci sapeva male il ri- farci a toccare sul conto suo un tasto rendente si aspro suono.

Or una buona fortuna ci ha fatto capitare in un tempo medesimo e il grazioso libretto della Casa fiorentina da vender e, che e qui so- pra annunziato, ed un volume, il quale contiene una lettera del me- desimo signor Fanfani, da cui veniamo assicurati che il Vocabolario dell'uso toscano riuscira corretto secondo il desiderio dei galantuo- mini. Questa lettera indirizzo egli, non gia a un don Basilio, ma ad un cotal Chiaradia, giornalista, non sappiamo se paterino o giudeo, ma certo non cattolico, il quale nulla di meno, come noi e molti altri, avea fortemente ripresa la «troppa larghezza delle maniche » del sig. Fanfani in quel suo Vocabolario ; e costui 1' ha pubblicata in una sua miscellanea di articoli, donde ci e grato levarne la princi- pale porzione e metterla sotto gli occhi dei lettori nostri.

1 Civ. Catt. Serie quinta, vol. YIII, pag. 465 seg. Serie Y//, vol. IV, fasc. 447. 22 29 Ottobre 1868.

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« Prima di risolvermi, cosi il Fanfani in quella leitera, a porre nel mio Vocabolario dell'uso tutte le voci e modi o troppo grassi o men che onesti, mi ricordo di averci pensato su, e di essermi con- doito a registrargli, non senza un raziocinio, die a me parve giu- stoi Ma che tale non fosse, me ne ha chiarito la opinione comune, palesatasi per mezzo del'la stampa, e phi chiaramente ed efficacemen- te di ogni altro, lo scritto pubblicato da V. S.; del quale scritto ca- ramente la ringrazio per due capi: primo le troppo onorevoli parole ch' ella dice di me : secondo il salutare rimprovero che la mi fa, perche lo vedo mosso, non dal maltalento e dalla stizza impotente de' miei avversarii, ma da sincere amore del bene. Se il Barbera fara presto la seconda edizione, ella e gli altri che scrissero contro la troppa larghezza delle mie maniche, toccheranno con mano il frutto delle loro parole; intanto dichiaro fin qui, che tali parole mi hanno vinto, e confesso di aver ragionato stortamente, quando mi lasciai indurre a registrare nel Vocabolario quella roba 1. »

Noi ci rallegriamo di cuore col signor Fanfani, per questa sua dichiarazione, la quale onora altamente 1'animo suo; e molto piu per la speranza che egli ci da di una nuova e gastigata edizione di quel suo Yocabolario, che non dubitiamo debba esser davvero un bel canestro di fiori, tutti scelti e tutti purissimamente odorosi.

Cio premesso, veniamo francamente e brevemente a dire del gen- lilissimo libricciuolo della Casa fiorentina da vendere.

Intendimento dell'Autore e stato di fare un lavorietto, per le scuole elementari, che avesse ad un' ora le due qualita di scrittura distesa e di vocabolario, e desse occasione agli studiosi di esercitar- visi, non solo con profitto, ma con diletto altresi. Secondo questo pensiero e fatto il libricciuolo presente, tutto contesto di lingua do- mestica, quale corre in Firenze. II Fanfani ha immaginato che in detta citta sia una casa da vendere, la quale egli minutamente de- scrive tutta quanta, per aver il destro di nominare gli oggetti piu usuali di tutte le case, mettendo in carattere corsivo le voci signi- ficative di essi oggetti. Alia descrizione fa seguitare un Esercmo

1 Studil critici e Mlliografici di EVARISTO CniARADiA,pag. 75.

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lessicografico , nel quale per alfabeto registra tutte le \oci scritte in corsivo nel corpo del libro: e I' ha fatto stampare in colonna, ac- clocche vi re&ti margine bianco, dove i giovanetti possano scrivere dicontro ad ogni voce la corrispondente de'lor dialetti. In fine alia deserizione ha poi aggiunto un racconto morale, ed e moralissimo veramente, un po' per dare al suo lavoro qualche varieta, ed un poco per buono esercizio a' fanciulli; e yi ha posti qua e la de'modi piu vivaci e piu eletti del parlare fiorentino, affinche il maestro li spieghi loro, e ne pigli materia a ragionarvi sopra.

Tal e, esposto quasi con le identiche parole dell'Autore nell'^lv- vertimento clie manda innanzi all' opericciuola, il disegno formatosi e 9 modo con cui lo ha eseguito. E non puo negarsi che 1' uno e 1'altro sieno effettrvamerite commendabilissimi. La chiarezza, il gar- bo, 1'acume e quanlo di piacevole puo spargersi in uno scritto di questa sorta, il Fanfani tutto ve 1' ha adunato, acciocche fosse nel suo genere perfetto.

Oltre cio, qui non s'incontra un neo, che in punto di onesta e di religione, discordi dalla regola: Maxima debetur puero reveren- tia, cosi necessaria agl' istitutori della gioventu. Per lo che noi in- vitiamo i padrifamiglia e i maestri a mettere la Casa fiorentina da vender e in mano a' lor figliuoli e discepoli, certificandoli che se ne chiameranno contenti. I fanciulli, ancorache teneri di eta, con que- sto libricciuolo avanti gli occhi, ed aiutati dalle spiegazioni di uno sperto precettore, potranno gustare il bello dell' idioma fiorentino, e addomesticarsi per tempo con quella sua proprieta e vispezza, che e di tanta grazia a chi si conosce di italianita schietta e germana.

II Fanfani lascia intendere,che questo non sara il primo e Tultimo di tali lavorietti, i quali egli destina alle scuole elementari, ed anco alle tecniche di tutta Italia. Se una nostra parola puo presso di lui valer nulla, non pure lo confortiamo a moltiplicare i libriccini di que- sto tenore, ma strettamente ne lo preghiamo, per quel Yero amor patrio, il quale non mono che ad altri che sia ci scaldail pelto: per- suasi come siamo, che niuno forse in Italia puo meglio del sig. Pie- tro Fanfani operarsi a diffondervi, con pro e diletto, 1'uso e 1'intelli- genza della buona toscanita.

BIBLIOGRAFIA

A. G. Le mie figlie amano il leggere. Risposta ad una madre, del professore'; A. G. Modena,, tip. dell' Immacolata Concezionel&§8. Un opusc. 'dipag. 30.

Una savia e cristiana madre di famiglia si con- siglio col professore V. G., inlorno ai libri che fossero da porre in mano di due sue giovanettc tigliuole, assai virluosamenle allevate. Questa leltera risponde al quesito; c, non v' ha dub- bio, e sapiento nsposta. Noi parlecipiamo con iui il rigore circa la leltura del romanzi e delle commedie. Se qaeste e quelli non sono opere di penne provatamente oneste e religiose, aventi per

fine il trionfo delia virlii caltolica, debbono per certo interdirsi alle donzelle; e chi allrinienti pre- cede, espone la coscienza propria e le anime gio- vanili a pericoli non leggieri. Questa lettera me- riterebbe di essere Ictta da tutte le madri di fa- miglia capaci d' iutenderla , e noi no facciamo Jj cordiali rallegrameuti all' Autore , che si mostra persona perita dello scrivere e niolto innanzi nel- 1'arle dell'educare.

ALIMONDA GAETANO L'uomo sotto la legge del Sovranaturale. Conferen- ze recitate nella Metropolitana di Genova dal can. Prev. Gaetano Ali- inonda. Volume terzo, Tanno 1866. Volume quarto, 1'anno 1867. Genova, tip. della Gioventu presso gli Artigianelli, 1868. Due vol. in 8.« di pag. 644, 712.

Delia svariala dottrina,e dell'eloquenza allraen- le del'ch. Prev. Alimonda, e cosa superflua il fare •iui 1'elogio, giacche oltre essere egli nolo all'Ila- lia, noi stessi ne favellammo nell' occasione dei primi due volumi di Conferenze da Iui pubblicati. Senza che le parole di lodi e di conforlo, che pei detti due volumi gli furono indirizzate in un Bre- ve da Sua Sanlila, valgono assai piu che qualsi- voglia encomio di privati scrittori, a fare avere in pregio i'illuslre Oratore. Qui ci baslera dire che sono usciti alia luce altri due grossi volumi di sue Conferenze, recilate gli anni 1866 e 1867 nella Metropolitana di Genova.Nei primi due volumi a- veva 1'Autore svoho quesli due argomenti, intorno al tema del Sovranalurale, cioe dire L' Uomo nelle sue relazioni con Dio L'Uomo nelle sue relazioni con Gesu Crislo. Net due volumi se- guenti svolgonsi quesli allri due argomenti, i quali si collegano sempre allo stesso tema: eioe dire L'Uomo nelle sue relazioni colla Chiesa L'Uomo nelle sue relazioni col cullo catto- lico. II tema vastisslmo, conforme al concetto

dell' Autore, si va esplicando in tutte le sue parti e in tulte le sue varie derivazioni e applicazioni: e ad esaurirlo sappiamo che mancano nullameno che quattro altri volumi. Or quanta sia 1'impor- tanza degli argomenti, che il facondo Oratore ge- novese vien trattando nei due volumi lesle dali alia luce, puo dedursi anche solamente dal litolo di ciascuna Conferenza, che qui trascriviamo. Nei volume terzo sono le seguenli Conferenze: I. Vita di vinu della Chiesa, tesliflcata dal Vangelo. II. Vi- ta divina della Chiesa, lestificata dalla civile so- cieta. HI. Vita divina della Chiesa, testificala dalla coscienza umana. IV. Costituzlone della Chiesa. V. Compile lemporale della Chiesa. VI. La Chie- sa cattolica e le selle protestanli. VII. II prole- stantesimo e la'Civilta. VIII. Slabilimento storico del Papato. IX. La Chiesa e lo Slato. X. La Chie- sa nazionale. XI. Della liberta di coscienza nella Chiesa e fuori. Xll. La lemporale dole della Chie- sa. XIII. I preli in faccia al secolo decimonono.

XIV. Le isliluzioni cenobiliche nella nostra eta.

XV. Chi esce dalla Chiesa. XVI. La Chiesa nella

BIBLIOGRAFIA 341

Jolla presenle. Nel volume quarlo leggonsi que- Messa. VIII. La Confessione. IX. La Comunione.

sle altre Conferenze: I. Lc armonie del culto. II. X. La Domenica. XI. L' Inferno. XII. II Purga-

11 Dio Uomo. HI. La Vergine Maria. IV. Maria e torio. XIII. II Paradise. XIV. La liberta dei culti.

gP Italian!. V. I Sanli. VI. La preghiera. VII. La XV. I frulti esterni del cullo.

ANGELONI LUIGI Per nozze, versi di monsignore Luigi canonico Angeloni. Velletri, tip. Sarlori e C. 1868. Un opusc. in 16.°

Sono due brevi ma graziose canzoni, le quali il ch. Autore ha date in luce per occasione delle nozze Argcnti-Babini, e Corselti-Negroni.

ANONIMO Culto perpetuo a S. Giuseppe, Sposo purissimo di Maria SS. Imma- colata. 13.* edizione. Modena, tip. deU'Imm. Concezione editrice 1868. Un opusc. in 16.° piccolo di pag. 148.

- Elogio biografico di Lorenzo Mariani. Pisa, tipografia di letture cattoli- che diretta da Gio. Alisi 1868. Un vol. in 8.° di pag. 325.

Benche queslo Tolume sia pubblicato senza no- sime teologici, che fece in Roma, essendo alunno me d'autore, sappiamo pero ch' egti e frullo del- del Collegio capranicense, nell'Uuiversila grego- !a penna del oh. professore d. Antonio Solfanelli, riana, vi sono descritli semplicemente, coll' in- il quale meritamente lo ha dedicato all'Eminen- tramessa di savie considerazioni chc aggiungono lissimo sig. Cardinale Cosimo Corsi Arcivescovo pregio al racconto. Per lo che, fuori d'ogni dub- di Pisa, e benefattore insigne di Lorenzo Mariani bio, quest' elogio biograQco riusciro. proti tie vole che e soggetto di esso volume. Queslo giovane, sopra modo agli alunni segnalamente dei semi- di rarissime parti di natura e di grazia dotato, narii e dei collegi ecclesiastici , che troveranno viene rilralto dal Solfanelli con colori assai na- nel Mariani uno specchio di lutte le buone qua- turali, ma pieni di garbo. Le sue belle virtu, la lita, rkhieste in chi si appareqchia a divenire de- tempera del suo ingegno, gli esempii edifican- gno ministro del Santuario. tissiml della sua conversazione, i suoi studii, mas-

La consolazione degli afilitti; ovvero motivi di pazienza nelle sofferenze. Quarta edizione. Modena, tip. deU'Imm. Concezione 1868. Un opusc. in 32.° dipag. 32.

- La diletta del Grocifisso, ossia breve vita della B. Suor Maria degli Angeli, carmelitana scalza torinese, scritta da un giovane ecclestico della diocesi di Torino (Dalle Lelture catloliche di Geneva). Genova, Direzione delle Letture cattoliche 1867. Un opuse. in 16.° di pag. 182.

L'Anlma Desolata, confortata a path* crlstianamente, colla considerazlone

delle Massime Eterne. Operetta utUissima per le persone tribolate, che at- tendono airesercizio dell' orazi one ed al cammino della perfezione, aggiunto- vi T esercizio della santa Messa, Gonfessione e Comunione. Nuovissima edi- zione. MilanOj tipografia e libreria arcivescovile, Ditta Giacomo Agnelli, via S. Margherita n. 2, 1868. Un vol. in 16,° piccolo dipag. V1I-403.

Le mle teutazioni, ossia domande rispettose dirette al signer Trois-Etoiles venerabile pastore evangelico e a tutti i minlstri delle chiese riformate, da un fedele della Chiesa evangelica, gia cattolico romano, riprodotte in Terni neir occasione in cui serpeggia in questa citta la falsa dottrina dei mini- stri cvangelici. 4. a edizione italiana. Modena, tip. deU'Imm. Concezione 1868. Un opusc. in 32.° di pag. 63.

Manuale del vero divoto dei Dolori di Maria, e della Passione di Gesii Cri- sto. Quarta edizione. Modena, tip. deWlmmacolata Concezione editrice 1868. Unvol. in 16." piccolo dipag. 451.

- Manuale mariano. Volume primo. Seconda edizione aumentata e corretta. Perugia, stabilimento tipo-litografico diG. Boncompagni e C. 1868. Un vol. m!6

342 BIBL10GRAFIA

ANONIMO Miscellanea, ossia confutazione degli error! conteniUi in una let- tera del dottore * * * Venezia, tipografia L. Merlo di G. B. 1868. Un opusc. in 16.° di pag. 136.

Con ragione 1'anonimo Autore di questo libretto, gli error! madornali, spetlanti a materie svaria-

10 ha intitolalo Miscellanea. Rispondendo egli, tissinie. Ma la confutazione e calzante, robusta,

per confutarla, alia lellera di un liberate moder- copiosa di begli argomenli e di ulili erudizioni. no, ha avulo mestieri di seguirne passo passo

Triduo ad onore di sant' Antonio di Padova, da farsi nelle piii ardue neces- sita de' devoti per ottenere una qualche speciale grazia. Terza edizione con una nuova prefazione. Ferrara, tipografia di Domenico Taddei 18G8. Un opusc. in 32." di pag. 16.

Yisita a Gesu Sacramentato. Ferrara 1868, tip. Taddei.

BAMNI PAOLO Alia diletta cugina Giulia Babini romana, il di delle sue nozze colsignore LuigL Argenti da Yelletri, D.Paolo Babini, parroco de1 SS. Mi- chele ed Agostino in Faenza, a significazione di verace esultanza. Faenza, dalla stamperia de' fratelli Novelli, 1868. Un opusc. in 8.° di pag. 16.

II sig. D. Paolo Babini e persuasive e purgato doveri specialmente della donna legata in matri-

scrittore di materie attenenlisi all'educazione, mas- mouio, dimostra 1'altiludine del Babini a truttare

sime femminile, come ne fa testimonianza il suo questi delicati argomenti, e f a invogliare d'altri

libro La vera educatrice, altrove da noi com- suoi simiglianti lavori, che ai tempi nostri tor-

mendato. Questa Leila e graziosa letlera, circa i nerebbero acconcissimi.

BARBIERI M. M. *— Nuovo sillabario figurato, ossia nuovo metodo fonico silla- bico, ornato di oltre 200 figure atte a promuovere 1'attenzione de' fanciulli, ed aiutarne 1' intelligenza nelV apprendere lalettura con maggior facilita ed in brevissimo tempo, per cura del M. M. Barbieri. Torino, prcsso G. B. ParaviaeC. ma Doragrossa 23. Milano, Galleria De Cristoforis 16 e 17. Firenze, via Ghibellina 110, a centesimi 30, 1868. Un opusc. in 16.° di pag. 48.

BARONC1NI ANTONIO Vedi Postel V.

BARSANTI OTTAVIO I selvaggi dell' Australia dinanzi alia scienza e al prote- stantismo, del P. Ottavio Barsanti francescano M. 0. missionario apostoli- co nell' Australia. Roma, tip. e lib. poliglotta de Propaganda fide. Tori- no, tip. e lib.pontificia Pietro di G. Mariettif 1868. Un vol. in 16.° di pag. X1X-259.

In due parti e divisa questa bella scrittura del gognosa steriliti delle missioni protestanti, e la

p. Barsanti: 1' una critico-scientifica, e 1' altra opposita fecondita delle cattoliche, presso i popoli

storico-apologetica. Amendue sono ricche di era- selvaggi dell'Australia. II secondo e che mette in

dite e curiose notizie. Tutlo il libro poi si leg- luce la barbaric e la raffinata bestialita dei colon!

ge volentieri , perche dolato dei caratteri di europei, macellatori di que' poveri popoli: coloni

veracila, che porta seco la parola di un testimo- che fioriscono sollo 1'ombra di quell' Inghilterra

nio oculare, probo e sincere, il quale non ha al- protestanle, che e sempre vantala dai noslri li-

tro inleresse che il trionfo della veriia. Tra i berali, come sorgente purissima di umanita e di

molti buoni frutti di quest!) libro , ne noteremo civilla la piu squisita. due. 11 primo e che fa toccare con mano la yer-

BATTAGLINI FRANCESCO Logicae, metaphysicae, ethicae institutiones quas, in usum seminarii bononiensis, secundum D. Thomae Aq. doctrinas, trade- bat Franciscus Battaglinius sacerdos, philosopniae lector. Bononiac, typis felsincis 1868. Un vol. in 8." pice, di pag. 712.

Riserbandoci a parlare con miglior agio di que- nunziarlo e di racromandarlo agli studiosi della sto nuovo corso, ci conlentiamo per ora di an- buona fllosofia, come tale che veramente merits

BIBLIOGRAFIA 343

di andare per le mani della giovenlu, stanle 1'or- sione conveniente a chi non intende gia. solo dine, Ja chiarezza, la sanita. delle dottrine, lutte sfiorare, ma penelrare le fllosoflche discipline, couformi a S. Tommaso, e la profondiia ed esten-

BELL ARMING ROBERTO Dottriiia cristlana, composta per ordine della s. me- moria di Papa Clemente VIII dal ven. cardinale Roberto Bellarmino d. C. d. G. tradotta in lingua albanese dal R. Don Pietro Budi da Pietra Bianca. Terza edizione novamente corretta. Roma] stamperia della S. C. di pro- paganda fideammlnistr. dal socio cav. Pietro Marietti 1868. Un volu- mettoinlb.' dipag.ZW.

BENNASSUT1 LUIGI La Divina Gommedia dl Dante Alighieri col Commento cattolico, del sacerdote Luigi Bennassuti di Verona. Verona, dallo stabili- mento Ciuelli 1868. Un volume in 8.° grancle di pagine XXXXI-85I, a cui vanno annesse 10 tavole.

Per ora ci contenliamo di annunziare sempli- al suo Commento cattolico sopra la Divina Com- cemenle queslo volume, col quale il chiarissimo media. Speriamo che fra breve ce ne potremo Bennassati, fedele alia sua promessa, da lermine occupare piu di proposito.

BERTI G1ULIANO Alia marcliesa Clelia Cavalli, ed al conte Ugo Lovatelli, nel giorno in che il sacramento del matrimouio santamente indissolubilmen- te li urii, il parroco Giuliano Berti D. D. D. le seguenti terze rime. Raven- na, stamperia nazionale. Un opusc. in 8.* di pag. 14.

BOBBIO G. Vedi Schmid G. En.

BOCCALANDRO PIETRO Un gran tesoro, guai a chi lo perde; considerazioni proposte al popolo, dal sacerdote Boccalandro Pietro, gia rettore in san Marco di Genova. Tip. dell'orat. di S. Franc, di Sales, 1868. Un opusc. in 32.° dipag. 144.

II gran tesoro di cui 6 discorso in queslo vo- locca delle qualila che dee avere la fede, deUe

lumetto, e quello della fede soprannaturale. Dopo ragioni per cui si perde, e dei mezzi per con-

moslralane la bellezza, 1'imporfanza e la cerlezza, servarla. Chiarezza, soliditk di dotlrina , metodo

11 valoroso don Boccalandro ne espene la ne- persuasibile, sono le doti che piu spiecano in qae-

cessita, i bent che apporta a chi la possiede, i sto traltatello, che raccomandiamo alia gioventu

danni di chi la perde. Negli ultimi tre capitoli d'ogni condizione.

BONETTI GIOVANNI Vita del giovane Saccardi Ernesto fiorentino, scritta dal sacerdote Giovanni Bonelti, direttore del seminario diMirabello. Torino, tip. deirOratorio di S. Francesco di Sales, 1868. Un opusc, in 32.° di pag. 140.

Ernesto Saccardi fu uno di quei linri di inno- zione della sua vila molto edition, e quindi me-

cenza e di giovanile virtu, che il cielo sembra rita d'essere difl'usa si tea la giovenlu popolare,

sollecito di presto cogliere, perche le aure mon- come tra quelia che nei collegi si ednca alle arti

dane non li corroinpano. Quesla scmplice narra- nobili ed alle lettere. ,

BOTTA FIL1PPO Carlo e Giannetto. Interessanti osservazioni sulV operetta stampata in Torino, il Ritratto di Maria come e ne',cieli, delineato dietro i dati attinti dalla S. Scrittura, per Filippo Botta. 2.a edizione. Napoli, stam- peria e librcria di Andrea Festa, strada Carbonara n. 104, 1863. Un opusc. in 16.° di pag. 72.

- Una uscita a Sorrento, ossia la disputa avvenuta in un banchetto, per Fi- lippo Botta. Napoli, stamperia e libreriadi A. Festa, strada Carbonara, n. 104, 1862. Un opusc. in 16.° dipag. 22.

La dispula che forma il soggetto di questo li- strata con moHeplici argomenti, conlro i sofismi briceino e circa la realla. storica del dituvio, qual e le obbiezioni dei prosontuosi increduli dell'et;\ d narrate da Mose. Una tale realla viene dimo- noslra.

344 BIBLIOGRAFIA

BREVIS COLLECTIO ex rituali romano ad parochorum commodum eorumque vi- cariorum in sacramentorum administration e, in infirmorum cura et eorum interitu. Romae, typis S. C. de Propaganda Fide soc. eq. Petro Manet- ti adm. MDCCCLXVIIL Un opusc. in 32.° <fi pag. 132.

BRINCIOTTI GAETANO II Sacerdote in contatto colla civil societa ; discorso accademico deirillmo e Rmo monsignor Gaetano Brinciotti, arcivescovo di Sebaste. Estratto dal periodico LaVeryine A. V. n. 39 e 40. Roma, ti- pografia tiberina 1868. 'Un opusc. in 8. ° di pag. 10.

Soggetto di questo discorso accademico e san relazioni colla societa civile; vale a dire umile, Yinceiuo de I'aoli, rappresentato dall' illustre ora- iill'clluoso, Concorde, operoso. tore qual tipo esemplare del sacerdote nelle sue

BRUNI ANTONIO Delle istituzioni popolari educative, economiche e di bene- ficenza d'ltah'a; studio storico, statistico, espositivo, delVavv. Antonio Bruni, cavaliere deirOidine della corona d' Italia. Parte I. provincia di Ge- nova. Estratto dalla Gazzetta d' Italia. Firenze, tipografia eredi Botta. 1868. Un opusc. in 8.° dipag. 78.

11 sig. avvocato Autonio Bruni si propone di lore ci paiano da accettare a chius'occhi, ed al-

passare come a rassegna tutte le istituzioni po- cune sieno piu disputabili che egli non sembri

polari di educazione, di economia e di benefl- credere, giudichiamo nondimeno che molto utile

cenza che floriscono nell'llalia: e ha dato prin- debba riuscire quesla sua generale rassegna, alia

cipio alia faticosa opera con questo fascicolo, in quale auguriamo un progresso ed un esilo pari

cui iilustra quelle della provincia di Genova. al suo conriuciamento. Benche non tutte le opinioni delPonorabile Au-

BUDI PIETRO Vedi Bellarmino Roberto.

BULLARIUM MAGNUM Bullarium, dlplomatum et privilegiorum Sanctorum Ro~ manorum Pontlficum, taurinensis editio, locupletior facta, collectlone no- vissima plurlnm brevium, epistolarum, decretorum actorumque S. Sedis a S. Leone Magno usque ad praesens; cura et studio collegii adlecti Romae virorum S. Theologiae et SS. canonum peritorum, quam SS.D. N. Pius Pa- pa IX apostolica benedictione erexit, auspicante Emo acRevmo Dno S. R. E. Cardinal! Aloysio Bilio. Tomus XIV ab Urbano VU1 (an MDCXXVIII ad ann. MDCXXXIX.) Augustae Taurinorum, A. Vecco et sociis editoribus success. Sebastiani Franco et filiorum, MDCCCLXVIll. Un vol. in 4." de pag: XXXVII1-807.

Questo bel volume di fogli centosei di stampa, lumi gia pubblicati flnora dal in su. Oramen- composto nello spazio di qualtro mesi , conliene tre riconosciamo dalt'una parle la gentilezza con ben 360 bolle degli undici anni di mezzo, dal se- cui 1' illustre dilta editrice voile &\ prontamente slo al decimosettimo del Pontificate di Urbano VIH, csaudire i nostri voti, ci congratuliamo dall'altro e presenla subito da principio lo stcrminato elenco cogli Associati all'Opera imporlantissima, del mezzo di circa mille dugento emendazioni spettanti non pronto e spedito, che loro e porto da un tal in- all'ortografla delle parole, ma al senso delle bolle, dice, di poter conoscere e trovare tantosto un buoo che 1'oculatezza e pazienza degl'Editori torinesi numero «?i Bolle pontiflcie che sono bensl nel Bol- seppe fare all'Edizione romana : alcune delle quali lario, ma non si crederebbe che ci fossero, ne si indicate peculiarmente nella prefazione, tolgono saprebbe come ne dove andarle rintracciare, per Tia da questo prezioso tesoro errori veramente essersi poste fuori dell'ordine cronologico, o in- ' madornali, che ne rendeano moleslissima la lettu- serite in altre Bolle posteriori. Gli Editori pro- ra e rinleiligenza difflcilissima. Al volume di cui meltono nella prefazione a questo volume di darci parliamo, va unito allresi un foglielto da appli- entro 1' anao corrente anche il volume XV che wrsi al volume X°, portante Vlndiculus SS. Pon- arrived sino alia fine del Pontificate d' Innocen- lificum conslitulionum quae extra ordinem chro- zo X, cioe all'anno 1655: e la fedelta nel man- nologicum vagantur in tutlo il corso di quel vo- tenere la parola data, di cui diedero prova coi lume. Nel nostro quaderno.a mezzo di quest'anno, qua.ttro volumi di ristampa pubblicati nel corso noi esprimemmo semplicemente che un tal utilis- di poco piu di un anno , ci fa avere come gia slmo indice che s'era incominciato dare dal vo- fatto quanto promettono. 11 prezzo di questo vo- lume XI° in poi, venisse anche redatto pei vo- lume e di I. 21, 10.

BIBLIOGRAFU 343

CANEVA L. Studii sulla teoria della lace, llicerche intorno alle leggi degli element! cosmici, material! ed eterei e loro rapport! reciproci, nuove vedu- te fondamentali sulla cosmogonia, Varco baleno, Fatto della visione, per- turbazioni delle vicende meteorologiche; nuove considerazioni sulle cause delle alterazioni dei dim!, e loro possibili riparazioni, del dott. L. Caneva. sa 1868, coi tipi Francesco Solari. Un opmc. in 8.° dipag. 147.

Grande e svariata materia ha voluto stringere do delle sue buone inlenzioni. E noi di quesle in poco I'Autore di questo libro, il quale incon- intenzioni gli diamo lode, come gliela dara chiun- trastabilmente addimostra quanlo alto sia il gra- que per tali scienze senta affetto particolare.

CARUANA S.4LVATORE La sintassi latina spiegata agli student! del liceo di Malta, dal Sac. Salvatore Caruana, D.D. Malta, tipografia di E. Laferla, strada reale n. 98, 1868. Unvol. in 16. dipag. 324.

Con chiarezza e con ordine, doti ambedue neces- sintassi latina : e noi non dubitiamo che gli stu- sarissime ai prccetlori di grammatica, il ch. sig. denti del liceo di Malta sieno per trarre frutto co- don Caruana espone in questo libro le regole della spicuo da questo libro dell'oHimo loro maestro.

CICCODICOLA EDOARDO L' Eroe del secolo ed il vero cittadino, pel sac. Edoar- do Ciccodicola. Napoli, tipografia di Giovanni di Maiu, strada sapienza n. 8, 1858. Un opusc.inH.0 dipag. 137.

Con varia ricchezza di prove e forte elo- crea il cuore del caltolico e al tempo stesso 1'ac-

quenza, I'Autore mostra nel Regnante Ponleflce cende di vivo amore al Vicario di Crislo ed alia

Pio IX 1' croe del secolo nostro, ed il vero cit- piu santa delle cause, che c queila della Sede di

tadino. E questa una scrittura, la cui lezione ri- S. Pietro, tanto oggidi comballuta.

CLA1R I Papi neU'esllio, per R. De Martinis P. D. M. Napoli, stabilimento npoyra/ico, strada Cavallerizza a Chiaia 47, 1867. Un opusc. in 8.° di pay. VUM>6.

Lunghissimi e sanguiaosi contrast! ebbero a so- seguili da perpetui Iriouli, e ne ha fatta oiler ta

stenere i Papi, nell'esercizio del loro eccelso mi- ai contemporanei , acciocche dagli esempii pas-

nislero tulto beneflco dell'umana societa. II mar- sati traggano conf&rto nelle presenti calamita cui

Urio, la prigiouia, 1'esilio e molteplici altre per- soggiace la S. Sede, e sperino bene del fuluro.

secuzioni, furono spesso quel compenso unico che II p. de Martinis poi, volgarizzando questa pre-

il mondo seppe rendere loro. II ch. sig. Clair ziosa scrittura del Clair, ha certo ben meritalo

ha riunite in un come quadro tutte le scene di della causa caltolica in Italia. questi palimenti dei Papi, da S. Pietro a Pio IX,

COMBA VIATORE La religione dimostrata all1 intelligenza del popolo, dal pa- dre Yiatore Comba da Villafranca - Piemonte cappuccino. Torino, 1868, per Giacinto Marietti tipografo libraio. Un vol. in 8.° pice, dipag. 584.

Scrittore dimostraliTe ed apologetiche della re- ligione cristiana e della Chiesa caltolira appar-

ligione cattolica, doltamente composte per gli tengono. II metodo e ordinato, strettamente espo-

spiriti co'ti, grazie a Dio, non mancano, ne scar- sitivo e persuasibile. Lo stile e semplice, ni» non

seggiano in questa eta noslra. Scarseggiano in- negletto, e chiarissimo in tutto 1'andamento del-

vece quelle che sieno piu proportionate alia ca- I'opera. Faranno gran bene coloro che procure-

pacita popolare. Per snpplire a questa scarsi- ranno di spargere questo utile libro nelle famiglic,

la il ch. p. Viatore Comba ha felicemente ideata e di metterlo in mano al popolo. Noi non dubi-

Topera che qui annunziamo, e che speriamo debba tiamo che le edizioni di esso presto si mollipli-

frutUBcare copiosamente in Italia ed anche al- cheranno: il che sara argomento di meritalo con-

trove. Nolle tre parti in cui e divisa, comprende forlo all'Aulore. tutti i principal! punti, che al trattato della re-

COSELLI PIETRO Assalti protestanti e trionfi cattolici. Lettere sul protestan- tesimo, dirette a varii suoi miuistri in difesa della dottrina cattolica. Bolo-

346 BIBLIOGRAFIA

gna, per Alessandro Mareggiani tipografo libraio, 1868. Un vol. in 16.<* dipag. 476.

iSono noli i soflsmi d'ogni maniera, con cui il lelligenza pure dol volgo. II libro si chiude COD proleslantesimo e ie sctte massoniche ttntauo di due appendici piene di lecco. La prima riguardu oscurare le verita cattoliche in Italia, e di per- I' apostata Gavazzi svergognato a Lucca, nel yerlire nel suo popolo perslno il natural senso Marzo 1868 per le sue bestemmie e provocazioni: dell'onesta. Ai molti libri stampatisi dal 1859 in la seconda tratta della rivoluzione nel suo rap- qua, per dissipare un tanlo nugolo di errori e di porlo col cattolicismo. Siamo certi di fare opera bestemmie, siamo lieti che si sia aggiunto questo di vero zelo cattolico e patrio, raccomandando la opponunissimo del chiaro sig. d. Pielro Coselli, diffusione piu ampia che sia possibile di questo scritto con bella fluidita di stile, con buona lin- libro, e pregando con sincerita di afletlo 1'oltimo gua, con ispirito tulto apostolico e con doltrina Aulore a voler moltiplicare le sue scritlure po- sicura. Appena vi e materia impugnata dai no- lemiche di questo gencre, dacche Iddio lo ha ar- yalori, che egli nelle sue trentadue lettere non ricchito di doni si acconci al salutare fine di com- tocchi. Pregio suo speciale poi e una lucidila di battere popoiarmentc il sofisma e di propugnare forme, che rende il suo libro adattissimo all'in- la yerita.

CURCI CARLO Le contrarieta della vita, strumento di santificazione. Di- scorso in lode di S. Giuseppe Calasanzio, fondatore delle scuolepie, detto in Roma.nella chiesa di S. Pantaleo, il di 25 Agosto 1867 dal P. Carlo M. Curci d, G. ri. G. , in occasione delle feste ivi celebrate pel primo ri~ corso secolare dalla canonizzazione dello stesso Santo. Roma 1868. Un opusc. in 8.° di pag. 24.

- La virtu di Dio nella croce. Discorso in lode di S. Paolo della Croce, fondatore dei Chierici Scalzi della SS. Passione, detto nella basilica dei SS. Giovanni e Paolo, il di 27 Aprile 1868, dal P. C. M. Curci d. C. d. G. in occasione delle feste celebrate per la canonizzazione dello stesso Santo, Roma, coi tipi del Salviucci, 1868. Un opusc. in 8.° di pag. 20.

L'Autore di questi due panegirici e noto pel anche semplicemenle annunziati, perche sieno es-

suo valore oratorio a tulta 1'Ualia: i due argo- si chiesti e letti da coloro che amano di cono-

nienli STOlti sono abbastanza indicati dal titolo scere i buoni sermoni della sacra eloqueaza con-

stesso di ciascun Discorso. A noi basta 1'averli lemporanea.

D'ALOIA FRANCESCO Suir applicazione aiCapitoli cattedrali delle due leggi 7 Lugliol866 e 15 Agosto 1867; lettera al cl^arissimo sig. Michefe Quercia, avvocato in Irani. Bari, tipografiadi G. Giosi e C. 1868. Un opusc. in 8.° dipag. 58.

Solto la presente tirannide religiosa del Regno dissertazione, dopo distinti i capiloli che non han-

d'Halia, due questioni possono agitarsi rispetto ai no la pienezza della cura, da quelli che la pos-

Capitoli Cattedrali: 1'una risguarda i loro beni, seggono per organamento speciale della loro chie-

1'allra la loro personality civile e canonica. Trat- sa, conclude non essere soggetti a conversions i

lasi di vedere se i beni di colesti capitoli Ta- beni dei primi, e maggiormente de'secondi; ed

dano convertiti per 1'articolo 11 della legge 7 a quesli ultimi non essere applicabile 1' articolo

Luglio MGB, come pretende il demanio; od in- 6 prescriyente la ridnzione de' canonical!. Retti-

camerati per la legge 15 Agoslo 1867 come pen- Udine di principii, perizia niente ordinaria del

sano altri: se per tutti indistintamente tenga gins ciyile e canonico, e logica piena di saga-

1'articolo 6 della seconda legge, relative alia ri- cita adornano questo bel lavoro che ouora gran-

duzione dei canonical!. L'Autore di questa robusta demente il sig. canonico d'Aloia.

DANA JAMES Trattato elementare di mineralogia. Quinta edizione, aila quale e aggiunto un trattato sulle roccie o aggregati minerali con incisioni e ta- vole litografiche, di James Dana degli Stati Uniti. Prima traduzione ita liana di AlbertinaSaffi: Torino, tipografia scolastica di A. Vecco e C. 1868. Un wl. m!6.° dipag. 196.

BIBLIOGRAFIA ^ 347

DE CHIARA MICHELE II primato della Fede sulla filosofia razionale moderna, per Michele De Chiara. Napoli 1868, tipografia di Pasquale Mea, vico S. Marcellino 5. Un opusc. in 16.° piccolo dipag. XI-204.

Solto questo titolo, I'Aulore ha raccolla la di- e sacro discipline, e non ha mai curvata la fronle

chiaraz'one da se fatta di diciotlo tra le Propo- all'idolo della civilla moderna; cos\ nell'iliustrare

sizioni del Sillabo di alcuni error! moderni, edito le condannazioni del Ponteflce fa uso di una fran-

per online del S. P. Pio IX. aiccome il signor chezza di stile e di una forza di linguaggio, che

De Chiara e uomo bene istrutto nelle fnosollche mostrano la sua fede ed il suo cuor generoso.

DE MARTINIS R. Del silenzio della legge sul matrimonio del Pretl e delleper- sone religiose, per Raffaele de Martinis P. D. M. Napoli, stabilimento tipo* grafico, strada Cavallerizza a Chiaia 47, 1866. Un opusc. in 8.° di pag. 38.

In quesla savia ed erudita lettera ad un ma- dev'essere praticamente inlerprelato il silenzio gistrato, il ch. p. de Martinis suggerisce e spiega della presenle legge rivoluzionaria sul matrimonio le norme teologiche e giuridiche, secondo le quali de' preti e de' religiosi apostati.

- V. Clair.

DIAMARE GIOVANNI 19. —11 ritoruo a Maria, ovvero due nuovi amici Aroldo ed Edoardo, per Giovanni M. Diamare, sacerdote napolitano. Napoli, France- sco Giannini, Belvedere a S. Chiara 3 a 8, 1868. Un opusc. in 16.° di pag. 27.

Queste Ottave gia videro la luce nell' ottimo vida preghiera di S. Bernardo alia gran Donna

periodico Fieri cattolici, che si stampa in Napoli. del cielo nel XXXIII del Paradiso di Dante. Non

Mente delPAutore e stata, com' egli dice, di svol- puo negarsi al Diamare una certa grazia e no-

gere, per modo pratico e per via di un fatta spe- bilta di verso, e una cotale temperanza di im-

ciale, que'sublimi e teneri pensieri, onde tutta magini e di stile, che appagano il cuoro e lo

si compone e viva e nobilissima risulta la fer- commovono a dole! alTctti.

DIZIONARIO della lingua italiana, novamente compilato dai signori Mcolo Tom* maseo e cav. professpre Bernardo Bellini, con oltre 100,000 giunte ai prece-* denti dizionarii, raccolte da Nicolo Tommaseo, Gius. Campi, Gius. Meini, Pietro Fanfani, e da moltialtri distinti filologi e scienziati; corredato di un discorso preliminare dello stesso Nicolo Tommaseo. Torino, dalla Societa Funione tipografico-editrice, via Carlo Alberto n. 33, casa Pomba 1868. DispensaSZ. 83. 84. In 4.° da pag. 1353 a pag. 1472.

Con 1' ultima di queste dispense, il presente dizionario giunge alia pag. 1472 del vol. II, ed alia parola incruditissimo.

ECO (L') DELLA FEDE pubblicazione settimanale pelle famiglie cattoliche. An- no I ecc. Firenze, tipografia toscana, via, delle belle donne n. 9, 1868.

H moltiplicarei dei giornali religiosi in Italia il maggior e miglior poslo e tenuto dalla spie-

e fatto inriubitato e consolantissimo: indubitato, gazione del Vangelo d'ogni domenica, e dal ca-

priacche non passa quasi mese che non no ve- techismo dichiarato popolarnjenle. Segue poi una

diamo sorgere uoo nuovo in qaalche cilia: con- cronaca religiosa, che si legge senipre con sodi-

solantissimo,~ giacche prova quanto forte sia la sfazione della pieta. Oltre cio, I'Eco contiene ar-

resistenza che nella fede della nazione incontrano ticoli polemic!, moral! e di educazione., racconti

que' barbari, che tentano strapparle dal cuore per- ediQcanli, rassegne bibliograflche, ed inline una

sino la religiono degli avi suoi. Abbiamo quindi breve cronaca politic*. II prezzo di associazione

a rallegrarci col benemerito sig. Direttore del- per le province italiane e di lire 10 all' anno,

VEco della Fede, per la buona e santa opera che per Roma di lire 12 presso il sig. Filippo Ranzi

egli fa pubblicando questo suo periodico. In es?o nell'ufflcio della posta pontiflcia.

EMMANUELI ANTONIO II tempio dei SS. Prolaso e Francesco in Piacenza, il- lustrato per Antonio Emmanuel!, odierno suo parroco. Piacenza, tipogra- fia fratelli Bertola, Settembre 1868. Un opusc. tft 8.° di j)a^.XVl-93.

II rev. sig. d. Antonio Emmanuel!, per molte slo libro, essendo coslrello di smetlere 1'uffizio e gravi ragioni che espone nel proemio di que* sue d! parroco, ha lasciata in ricordo a' suo! di-

348 . BIBLIOGIUFIA

letti parrocchian la preseBledescrizione della chie- una diligenza c con ana minnlezza, che o nulls sa del SS. Prolaso e Francesco, da lui compila con o ben poco lasciano a desiderate.

FABUNI ENRICO Notizie di Simon Mago, tratte dai cosi detti filosofumeni, di Enrico Fabiani canonico. Roma, tip. di Propaganda fide,e Torino tip. di Pictro Marietti 1868. Un vol. in 8.' pice, di pag. 296.

In divers! tempi, e cliremo anche per diversi delte dall' alemanno Dresscl nella sua e.li/ione

fini,e stato composto qucsto volume. Percio 1'Au- de'carmi di Aurelio Prudenzio, e stabilisce il fat-to

tore assai modestamente, flno dall'esordio, rico- di questa venuta con una ricchezza di argomenti

nosce i difetti iuerenti ad una tale diverstta, mas- e di testimonialize die alterrano ogni obiezione,

sime se si abbia riguardo al lema particolare del La terza espone la doltrina teologioa e lilosotiea

suo volume. Nulla ostante pero le impertezioni di Simon Mago, ed e per 1'importanza e per la

suddette, il libro e buono e cerlo non mancante novila piu piegevole ancora delle due aulece-

di opporlunila. Tre sono le dissertazioni in cui denti. I dotti e gli eruditi leggeranno sicura-

e diviso. La prima da nolizie di Simon Mago, menlo queste pagine con gusto niente inferiore

attinle dai Filosofumeni, e ragiona della venuta a quello, con cui le intesero i romani accademici

di S. Pietro in Roma, de'suoi contrast! con Si- della Immacolata Concezione di Maria, nelle tor-

mon Mago, delle costui geste e perfl'iie. La se- nate de'quali il chiaro sig. canonico Fabiani quasi

conda tralta novamente della venuta di S. Pietro per intero vennele recitando. in Roma,attestata dai Filosofumeni, esamina cose

F. C. C. La missione di nuova Norcia nell1 Australia, per F. C. C. Variety.

Napoli, direzione delle letture cattoliche strada san Giovanni Maggiore

' Pignatelli, 34; 1 e 15 Agosto 1868. Un opusc. in 16.° piccolo dipag. 64.

FIGLIA (LA) DI MARIA —Sulla tomba di S. Agnese V. e M. Periodico dell'Unio- ne Primaria delle Figlie di Maria Immacolata per le giovinette, che si pub- blica il primo e terzo mercoldi d' ogni mese con la speciale Benedizione di N. S. Pio Papa IX. Roma, tipografia della S. C.de Propaganda Fide am- ministrata dai socio cav. Pietro Marieiti.

Non vi e oggimai luogo di momento nella no- porlanza che egli ha, e quanlo merit! di correrc

stra Penisola, ove non sia fondata la saluberrima per le man! delle donzelle, e di ricevere buona

istituzione delle F if) Ha di Maria, dalla Provvi- accoglienza in seno alle famiglie cristiane. Esso e

denza ispirata per la conservazione della fede, islruttivo, e dilellevole, e riunisce tulle le parti

della piela e del buon costume nella gioventu acconce a farsi gustare da giovanellc. Lc assu-

femminile. L'annunziato periodico e stabilito ap- ciazioni si prendono in Roma presso il Marieiti

punto per servire alia propagazione ed agl'incre- al prezzo di annue 1. 4, 00. Nelle primarie cilia

menti di un tale islilulo. Da cio si vede la im- d' It ilia al pr. di I. 5, 00, presso i libra! religiosi.

FOGLIANO CARLO ANTONIO La Madre di Dio venerata in Oropa, del sacerdo- te Carlo Antonio Fogliano, collegiale nel Santuario. Biella, tipografia c litografia G. Amosso 1867. Un vol. in 24.° di pag 241.

Scopo di quesla operetta non e d'illuslrare sto- visilano il Santuario. E cerlamenle non vediamo

ricamente od artislicamente il celebre Santuario che cosa resli da desiderare per pascolo della sus

di N. S. d'Oropa, il che si e fallo in allri libri, divozione al pellegrino, il quale visitt N. S. d'Oro-

iua di porgere una sufBciente istruzione e di sug- pa con questa opericciuola nelle mani. gerire pie e fruituose pratiche a quei molti che

GHISELLI SALVATORE Sermoni due, recitati agli ecclesiastici. Lucca, tipo- grafia Landi 1867. Un opusc. in 3£.° di pag. 31.

Buoni documenii e vigorosi stimoli di sacerdo- e desiderabile che si aggirino unicamente per k tali virtu contengono questi due sermoni, i quali mani dei sacerdoti, e non di altri.

GIORGI CALLISTO La Nativita di Maria Santissima. Discorso di monsignor Callisto Giorgi. Roma, tipografia di Filippo Cairo 1868. Un opusc. in 8.' dipag. 18.

Quando la rivoluzione francese tiranneggiava religiose famiglie, una sposa di Cristo, florenlc IMtalia e bandiva eziandio in Roma dai chiostri le di molle virtu, si ricovero sotto il tetto paren-

BIBLIOGRAFIA

319

II ch. Monsignor Giorgi, nella fesla di quest'an- no, ha recitato il panegirico che qui annunziamo, eloquente al solilo, ma pregevole sopra tutto per 1'abilila con cui ha sapulo proporzionarlo alia condizione de'suoi ascollatori. Con felice pen- siero poi, slampandolo, ha voluto dedicarlo al giovane Monsignor d. Gianibattista del marches! Casali del Drago, cameriere sccreto di Sua San- liti e degno rampollo della nobile stirpe, nella oui casa si venera la predetta santa Immagine.

laic dei marches! Casali. Quivi morendo lascio uua bella e devolissima immagine di Maria SSfua, a cui pose tenera divozione la piissima mar- chesa donna Faustina Casali, ricevendone in ri- cambio sesrnalatissime grazie per se, per la fa- miglia e pei divoti. Sino da quel tempo ncll'ora- torio domestico si onora ogni giorno la S. Im- magine, e nel di sacro allaNativita della Vergine, si festeggia con pompa solenne, accorrendovi, massime nella sera, mm parte cospicua dei pa- triziato, con Cardinal! e Prelati onorevolissimi.

GOURDAN SIMONE L'Adoratore perpetuo del Santissimo Sacramento, prov- veduto di svariate affettuosissime pregbiere per la visita quotidiana per T assistenza alia S. Messa, in appareccbio e ringraziamento alia SS. Comu- nione, non cbe per offerire a Gesu Gristo Sacramentato un sacrifizio conti- nue di amore e di fede in ogni tempo dell' anno, con una agglunta tutta speciale pei sacerdoti, opera del P. Simone Gourdan, canonico regolare della r. abbazia di S. Vittore; traduzione italiana a miglior forma ridotta, dal sac. milanese Giuseppe Riva, penitenziere nella metropolitans di Mila- no. Milano, presso Serafino Maiocchi libraio editor 6, via del Bocchetto n. 3, 1868. Un vol. in 16.° di pag. XII-451.

GRIFONI G. B. Nuovo serto di laudi a Maria Santissima di G. B. Grifoni. Mi- lano, Gio. Canti.

Opere per canto con accompagnamento d'organo o pianoforte, diX*. B. Gri- foni, pievano di S. Martino a Scopeto. Serie n. 4. Dispensa n. 12. Mllano, Gio. Canti, da pag. 37 a pag. 47.

GROU GIOVANNI Manuale delle anime interne, del p. Giovanni Grou della Compagnia di Gesii. Nuova traduzione italiana. Milano, presso Serafino Maiocchi llbraio-editore via del Bocchetto, w. 3, 1867. Un vol. in 32.° di pag. 476.

10D1CE ALFONSO La Fisica sperimentale, esposta da Alfonso lodice. Napoli, stamperia del Fibreno , via Pignatelli a san Giov. maggiore 1868. Un opusc. in 16.° di pag. 14.

la piena coguizione delle piu sode e plausibili spiegazioni, che, secomio i varii sistemi ed ipo- tesi, i sapient! hanno stabilite per rintelligenza delle cose natural!. Del resto quesl'opuscolo, che conticne il sommario delle materie esposte dal giovane alunno, prova quanta sia Pampiezza del- 1'insegnamento delle cose flsiche nel seminario di Napoli, e risponde a coloro che giudicano inetto il clero secolare e regolare ad istiluire i gioyani nelle scienze natural!. Ov' e in tutto il Regno d' Italia un liceo, che abbia preparato un solo giovane a dare 1'esperimeuto che ha claio il \a- loroso cherico Alfonso lodice , in presenza de' pin dolt! professor! laic! dell' University napolitana? Meritamente adunque quell'eminentissimo Cardi- nale Arcivescovo fregio in pubblico di una gran-

Le cose crescono di pregio e valore, quando gli ostacoli le rendono piu malagevoli. II pro- gresso negli studii non e 1'efTetto solo del buon TOlere dei maestri e dei discepoli. Sono anche necessarii molt! mezzi. Di quest! e stato spogliato il clero napoletano, per 1'appropriazione che il Governo italiano si e falta delle rendite, che erano il nerbo de' due seminarii arcivescovili della citta di Napoli.

Contuttocio le insUncabili cure dell'Eminentissi- mo Arcivescovo Sisto Riario Sforza, non ostante la spogliazione delle rendite, tiene in vigore un se- minario assai florenle. NelPanno scorso ci fu dato un dotto saggio di lingue oriental!, ed in que- sto nel dl 27 di Agosto fa dato un magniflco esperimento di Fisica e di Astronomia dall'alunno Alfonso lodice, preparato dal Rdo. professore don Giuseppe Molinari. II giovane si e segnalato per

de medaglia lo sludioso giovane, tra i plans! cor- dialissimi del folio uditorio.

350

BIBLIOGRAFIA

KLITSCHE DE LA GRANGE ANTONIETTA La Vittoria: episodic della guerra del trent'anni, di AntoniettaKlitsche de la Grange. Bologna, tip. Mareggiani, via Malcontenti n. 1797, 1863. Un wl. in 16.° di pag. 274.

Moltissimi che visitarono in Roma il lempio dedicate a Nostra Signora della Vittoria, saranno lieti di risaperne ia storia. Un illustre e venera- bile vegliardo, Generale dell'Ordine carmelitano, p. Doraenico di Gesu Maria, era stato spedito dal Sommo Pontefice in Gennania, a richiesla di Jlas- similiano duca di Baviera, guerreggiante allora contro i nemici della religione e delio Stato. Cio fu circa 1'anno 1620. II santo religioso trovo tra Je rovine accumulate dai protestanti una imma- gine della B. V., la pose in venerazione presso 1'esercilo, e con essa lo animo alle vittorie, e in- line riportolla in Roma, gia gloriosa di molti e

LONGO AGATINO Delle accensioni volcaniche e della ipotesi del calore cen- trale della terra. Memoria letta all' accademia Gioeniana nella tornata del di 8 Maggio 1862, del professore cav. Agatiuo Longo, secondo diretto- re dell' accademia Gioeniana di scienze natural! ; ecc. ecc. Catania, ti- pografia di Crescenzio Galatola, strada quattro cantoni n. 37, 1862. Un opusc. in 8.° grande di pag. 47.

- Due memorie di geologia e di vulcanologia, del cav. Agatino Longo. Ca- tania, stabilimento tipografico di Crescenzio Galatola net R. Ospizio di Beneficenza 1868. Un opusc. in 8.° grande dipag. 57 I litoli delle me- morie sono: 1." Nuove vedute sulle formazioni del globo. 2.' Dell' eta del- 1'Etna, ossia del primo esordio dei vulcani estinti.

chiari portenti. Or questo avvenimenlo viene nel racconto intrecciato collepubbliche vicende della Germania in quel secolo, e con avventure pri- vate, dilettose a leggere e di eccellente morale. Gia e noto il valore della ch. Autrice: pero qui nou osserviamo altro, se non che le qualitk pro- prie del suo stile, che sono chiarezza e fluidity, in questo nuovo libro, spiccano forse piu che nei precedent!. Veggasi, tra le al'.re, la vaghissima descrizione della baltaglia in cui la immagine di Maria ebbe il nome di N. S. della Vittoria: e di simili ce n'ha molte.

II ch. prof. Longo e nemico giurato delle ipo- tesi fantastiche, e trova che gli scriltori di geo- logia fanno troppo a fidanza col buon senso dei loro lettori, espesso soverchio assegnamento sulla credulita dei dotti: percio inena la mazza a tondo. Gi e impossibile chiamare a rassegna e molto meno ad esame tutte le sue opinion! sia positi- ve di sue dottrine, sia negative delle allrui. Ci- tiamone alcune degne di registrars! a Banco di moltissime, poste in voga da altri geologi : Non si conosce uulla delta struttura interna del no- stro pianeta; il nocciolo incandescente che molti vi collocanonel centre, e una supposizione al tutto graluita;la formazione de'monti primitivi,per via di sollevamenti e avvallamenti vulcanic!, non si prova colle osservazioni fin qui raccolte; le eru-

LUGO AMBROGIO Lettere descrittive di Ambrogio Lugo. Bassano, tipotito- grafia di A. Roberti, 1868. Un opusc. in 8.' di pag. 41.

zioni vulcaniche possono aver luogo per via di materie mineral! condensate e sepolle a poca pro- fondita dalla superflcie terrestre; questa confla- grazione (!' A. Ja chiama fermentazione lapidea) viene determinata dal contalto stesso de'corpi e da altre cause proprie a cio, e genera la eruzio- ne delle lave. Sulle formazioni del Globo tenta una nuova classiflcazione generate delle rocce e de' period! corrispondenti alia loro genesi ; e di qnesti riconosce la successione, ignora la durata. Delia prima eruzione dell' Etna 1'epoca non puo fermarsi in alcuno de' quattro period! di forma- zione che esso stabilises, perche fenomeno acci- dentale e possibile in ciascuno, eccelto che Del primitivo.

gno e di Crespano, dell' immortale Canova e della superstite sua famiglia.

Quattro sono queste lettere, ma dileltosissime a leggere, si per 1'amenila e vivezza dello stile, come per le belle cose che descrivono di Possa-

MANUZZI GIUSEPPE Vocabolario della lingua italiana, gia compilato dagli accademici della Crusca, ed ora novamente corretto ed accresciuto dal ca- valiere abate Giuseppe Manuzzi. Firenze, stamperia del vocabolario e dei

BIBLTOGRAFIA 3ol

testi di lingua 1868,, seconda edizione, riveduta e notabilmente ampllata dal compilatore: Dispensa 79, 80.

Con queste due dispense, che giungono alia luce la Prefazione da lui tenuta in ultimo, qual

pag. 972 del quarto volume, 1'illustre abate Ma- suggello di tutte le sue fatiche. Uscita quesla,

nuzzi ha posto termine a tutta V edizione del suo potremo dare un giudizio pieno del presente ma-

Yocabolario; ed auehe ai copiosi indici o tavole gnifico Vocabolario, il quale, in punto di lingua

degli autori che aveapromesso di pubblicare. Re- prettamente classica, rimarra per lungo tempo il

sta so!amente> per compier 1'opera, che metla in piu bel lavoro che abbia 1'Italia.

MARCONE GIROL4MO La causa de" trapassati; discorsi dieci, pel sacerdote Girolamo Mar cone, ret tore de' catecumeni in Roma. Seconda edizione, cor- retta ed accresciuta. Genova, direzione delle Letture Cattoliche 1868. Un opusc. in 16.° di pag. 133.

MAR1GLIANO ALFONSO Tesi di storia sviluppate per Alfonso Marigliano, se- condo rultimo programma per gli esami di licenza liceale. Napoli 1868, presso I principali librai. Un vol. in 16.° di pag, 236.

MARIGLIANO ANT. M. Vedi Marshall T. W. M.

MASSUCCO CLAUDIO ANT. Meditazioni cristiane per tutti i giorni delFanno, utili ad ogni genere di persone, e specialmente ai giovani alunni dei semina- rii e ad ogni altro istituto cattolico. Opera del sac. Claudio Ant. Massucco, prete della Missione; data in luce per cura della Congregazione ecclesia- stica di S. Yincenzo de1 Paoli di Firenze. Yolume I e II. Prato, tipografia di Ranieri Guasti 1868. Due vol. in 16." di pag. VIII-446, IY-377.

Assai piu di quanlo polessimo dir noi in com- tazioni, ollre la sana dottrina, attinta sempre ai

mendazioue di questo bel paio di volumetti, vale pus issimi fonti della Scrittura Santa e dei Padri,

1'approvazione dell'iliustre monsignor Enrico Bin- havvi lucida, succosa e non punlo arida brevita,

di, Vescovo di Pistoia e Prato, aulorevolmente con riflessioni spontanee e slringenti, che rispon-

data con queste parole. « Mi sono rallegrato di dono egregiamente al fine proposto. Quindi spero

trovare in esse (meditaziom) tal hbro, qual credo che questa opera tornera molto ulile, e che ogni

ogni buon Rellore desiderasse; perche non so che Seminario la ricevera con riconoscenza. » Si vende

re ne fosse uno, il quale cosl bene sopperisse a al prezzo di lire it, 6, 00 franca, qnesto speeiale bisoguo. laverOj in queste medi-

MATTEIN1 MARIANO Introduzioiie alia lingua latina, ossia breve esposizione delle otto parti del discorso; compilata da don Mariano Mattemi riminese. Terza edizione, corretta ed accresciuta dalFautore. Rimini, tipografia Malvolti 1868. Un opusc. in 16.° dipag. 80.

Si Tende al prezzo di centesimi 75, franco di posta per tutto il Regno d'ltalia.

MAURIZI LUIG1 Per la inaugurazione della nuova cattedra di Diritto com- merciale nella romana Universita; ragionamento delVavv. professore Luigi Maurizi, sotto il di 1 Aprile 1868. Roma, fratelli Pallotta tipografi, piaz- za Colonna. Un opusc. in 8.° di pag. 44.

Vorremmo ch« questa nobile prolusione del quanta sia la solidilk dei principii e 1'ampiezza

chiaro sig. professure Maurizi, fosse lelta e con- delle idee che qui si hanno, e al tempo stesso

siderala da quei perpelui detrattori delle cose come avvantaggiati sieno i regolamenii pontiflcii,

romane, i qoali in Roma non sognano altro che ordmati non gii secoado i caprieci di uno spi-

ignoranza e barbarie. Anche pel semplice rispetto rito sempre innovatore, ma secondo i savii dettati

del gius mercatorio, queslo discoreo puo pnmre della ragione e dell'esperienza.

MONTI B. RAFFAELE M. Sui diritti e doveri delle persone che scelgono lo stato coniugale. Morale trattenimento del P D. Raffaele M. Mouti B. Na~ poll 1868, presso Domenico Morano, strada Quercia n. 14. Un opusc. in 32." dipag. 32.

352 BIBLIOGRAFIA

MORGANTIN VINCENZO Augusta, owero la Vittoria della Fede; racconto del secolo V; per Morgantin ab. Yinceuzo. Modena, tip. Imm. Concezione editrice 1868. Un opusc. in 16.° piccolo di pag. 229.

Questo religioso e moralissimo racconto forma e tanto benemerita della piela e della virtu cat- la dispensa 64 di tulta la Collezione di letlure tolioa in Italia. amene ed oneste che si pubblica in Modena, ed

MUSSA LUIGI Vedi Faber Federico Guglielmo.

NASELLI GIOVANNI BATTISTA Rapporti dell1 Arcivescovo di Palermo, al Mi-

nistro di grazia e giustizia e dei culti. Palermo, tipografia del giornale rli

Sicilia 1868. Un opusc. in 4." di pag. 12.

Sono due ragionatissime leltere deirillustre Pre- verno, i dirilti della mensa arcivescovile di Pa- lato, per tutelare, contro le spogliazioni del Go- lermo.

NERRIERE Voltaire et sa statue; poeme en cinq chants, dedie aux enfants du peuple;par le R. P.Nerriere, missionnaire da la Compaguie de Marie. A saint- Laurent-sur-Sevre chez I'auteur. Nantes 1868, Libaros, libraire rue de Tournon, 18. Un opusc. in 8." grande di pag. 52.

NUZZETTI GENEROSO Dissertazioni apologetiche sull1 opuscolo intitolato il ri tratto di Maria in Cielo, per Generoso Nuzzetti (Dair Apologista Catloli- co di Napoli). Un opusc. in 8.° di pag. 45.

L' opuscolo prolestante Rilrallo di Maria in lazione puo somministrare buoni argomenti di ri-

'•lelo, che il Nuzzetli strenuamente confuta, altro sposta alle ereticali obbiezioni, che ora si fanno

non e che un ammasso d'ingiurie al decoro so- correre tra il popolo, contro la dignita, il culto

vrumano ed »i privilegi ineffabili della Vergine e le prerogative di Maria SSma. Madre di Dio. La lettura di questa nobile confu-

OLMI GASPERO Lascuola di Santa Geltrude, per G/Olmi. Modem, tip. del- Imm. ConcQzione editrice, 1868. Un volumetto in 32.° dipag. 256.

Vago e grazioso libriccino e questo, che puo coU'uuzione, ed allresi con una cotale gaiezza che

defmirsi una tiorita dei detti e dei fatti piu belli, tratto tratto railegra. Le donzelle cristianamente

che si leggano nella vita della santa vergine Gel- educate vi troveranno un pascolo gustoso di pieta,

trude. La semplicila dello stile vi e congiunta ed una ricca miniera di celesti insegnamenti.

- Manuale delle madri cristiane, sotto il titolo di Amanti di Maria, di G. 01- mi. Modena, tip. dell' Imm. Concezione editrice 1868. Un opusc. in 32.° gr. dipag. 168.

La pia Unione delle M.idri cristiane ha gia poste niente minore il bisogno di buone e cristiane ma-

salde e larghe radici in molti paesi di Francia, di-i di famiglia, di quello che sia altrove. In esso

con vantaggio notabilissimo della pace e delle sono raccolti tulti gli indirizzamenti e tutte le

virtu domestiche. Questo Manuale ha per flne di pratiche della pia Unione, a sodisfazione di chiun-

propagare la conoscenza e la dilalazione di que- que desideri averne compiuta notizia. sla societa anche nella nostra Italia, ove non e

PAGGI LUIGI Eloglo funebre di Domenica Angelini da Forlimpopoli, che il di 29 Magglo \ 868, nell'occasione del trigesimo celebrato per la medesi- ma, recitava nella chiesa parrocchiale di S. Pietro di detta citta il ca- nonico Luigi Paggi di Gesena, gia professore di eloquenza, ed ora di teo-* logla dogmatica nel patrio seminario. Cesenaj tip. G. C, Biasini. Un opusc. in 8.° di pag. 23.

PALLOTTINI SALYATORE Collectio omnium conclusionum et resolutionu m quae in causis propositis apad sacram congregationem Gardinalium S. Gon- cilii Tridentini interpretam prodierunt ab eius institutione anno MDLXIV ad annum MDCGCLX distinctis titulis alphabetico ordine per materias di-

BIBLIOGRAFIA 353

gesta: cura et studio Salvatoris Pallottini, S. Tlieologiae doctoris et in ro~ mana Curia advocati. Romae MDCCCLVIII, typis S. Congregation'^ de Propag. Fide, socio eq. Petro Marietti administro. Taurini, apud Pe- trum H. F. Marietti, typographnm pontificium- Un fasc. in 8.° grande dapag. 489 apag. 552.

POPOLANO (1L) Unico periodico della provincia di Grosseto. Tip. di Arcidosso Maggi-Gorgoni.

A pag. 98 del presents volume, abbiamo an- ticoli di allri numeri, o precedenti o successivi,

uunziato queslo perio lico, siccome buono e cat- moslrando che lo spirilo suo e tutt'altro che buo-

tolico di spirito e di principle. E di falto la lei- no e caltolico nel vero senso di questa parola;

tura di qualche suo laudabile articolo, inserito in ci affrettiamo a fame avvisaU i noslri leltori ai

alcuni dei poehi suoi numeri che ci furono tras- quali cio pud importare, affinche si guardino da

aiessi e raccomandati, potrebbe giusliflcare que- questo e da altri simili camaleonli del giorna-

sto favorevol giudizio. Ma pur troppo altri arti- lismo moralepolitico d'ltalia.

POSTEL V. —II buon angelo della prima comunione. Libro di racconti, cavati dalle sacre scritlure e dagli scrittori ecclesiastici per preparare i giovi- netti al gran sacramento; opera del sacerdote V. Postel, missionario apo- stolico, canonico onorario, membro di piti accademie letterarie e scientific cue. Prima traduzione italiana del sacerdote Antonio Baroncini, acconsen- tita ed approvata dair autore; coiraggiunta di un serto poetico de' princi- pal! scrittori italiani, specialmente contemporaries, in lode della SS. Euca- ristia. Modena, tip. dell' Immacolata Concezione editrice. Un wL in 16.° di pag. 556.

II frontispizio di queslo bel volume dice ba- tremmo aggiungere noi. Avvertiremo sollanto che

stantemente, quale sia la materia che comprende questo libro, oltreche acconcissimo a fornire pio

« quale il fine a cui mira. Le letlere di lode am- e dilelloso nulrimenlo ai giovanetli , e altresi

plissiina scritte all' Autore daU'Eminenlissimo Gar- mo I to idoneo a somministrare lemi, peusieri, af-

Jintile Arcivescovo di Napoli, da mous. Bailies fetti ed esempii ai predicutori, ai calechisli e ad

gia Vescovo di Lucon e da mons. Lavigerie Arci- ogni sorta di persone, le quali vogliano solida-

vescovo dt Algeri, lettere che sono stampale in menle instruire anime giovanili nelle pratiche per

capo al volume, rendon superflui gli elogi che po- la prima comunione.

PROF1LO POMPEO Trattato elementare d1 igiene pabblica e privata, pel dot- tor Pompeo Profilo, medico neir ospedale clinico di Napoli, sanitario, e membro della commlssione igienica nella sezione municipale Stella. Na- poli 1867, presto Agostino Pellerano, via Trinita mag g lore num. 11. Un vol. in 16.° di pag. Xlll-256.

Libro che si legge con diletto e con utile, per la parle che riguarda I'alimentazione, e compren- de tutto il traltato.

HENZONl GIUSEPPE MARIA Culto delle SS. Immagini. Ragionamento nono, del sacerdote Giuseppe Maria Renzoni. Estratto dal giornale La Vergine A. V. Roma, tipoyrafia Tiberina 1868. Un opusc. in 8.° di pag. 10. - Indirizzi di G. M. Renzoni nel donare di SS. immagini per il culto. fio- ma 1868, tip. tiberina.

E noto lo zelo tulto operoso del sacerdote G. M. ha accompagnato il dono con un focoso indirizzo

Renzoni, nel diffondere il cullo della B. Vergine alle dette milizie. Quest' indirizzo e la risposla

Madre di Dio. Ullimamente ha offerte belle e de- fattagli cortesemenle dal sig. generale Kanzler

corose immagini al sig. Generale prominislro sono stampali in quest' opuscolo, che si chiude

delle armi, afllnche si compiacesse farle collocare con un secondo indirizzo ai diocesan! del Vescovo

nei quartieri delle milizie pontiucie in Roma; ed di Tivoli, mons. Gigli.

BIVA GIUSEPPE Vedi Gourdan Simone. Serie Y/7, vol. IV, fasc. 447. - 23 31 Ottobre 1868.

354 BIBLIOGRAFIA

ROCCHIA GIUSEPPE Nozioni di grammatiea latma, teorico-pratica, coordi- nate con quelle delle class! elementari italiane, dal' p. Giuseppe Rocchia D. Sc. Pie. 2.a edizione migliorata dalF autore. Ovada 1868, presso Bian- chi Giuseppe libraio editore. Un vol. in 8:° dipag. 295.

Trattatello teorico-pratico sulla prosodia e versificazione latina, sinottica- mente disposto per utile degli alimni delle classi ginuasiali, dal p. Giuseppe Rocchia D. Sc. Pie. Terza edizione. Ovada, Bianchi Giuseppe libraio-edi- tore 1868. Un opusc. in 16.° di pag. 30.

ROSSI FRANCESCO Panegirico per la festa della Purita di Maria SS., detto ad uiia Congregazione di figlie. Torino 1868, per Giacinto Marietti tipoyra- fo-libraio. Un opusc. in 8.° di pag. 16.

ROTA P1ETRO II cenacolo di Gerusalemme, modello del clero cattolico. Discorso di mons. Pietro Rota Vescovo di Guastalla, detto alia congre- gazione presbiterale tenutasi ai Casoni, parrocchia di quella diocesi il 26 Maggio 1868, ed ora inviato a tutti gli ecclesiastic! della diocesi. Reg- gio (Emilia) 1868, tip. Luigi Bondavalli e compagni. Un opusc. in 8.' di pag. 14,

In occasione che il M. R. sacerdote don Stefano Melioli prendeva soleiv- nemoate possesso della prevostura di Campagnola il 26 Aprile 1868. Ome- lia delta in quella chiesa parrocchiale da mons. Pietro Rota Vescovo di Guastalla. Reggio-Emilia 1868, tip. Luigi Bondavalli e comp. Un opusc. in 8.° di pag. 20.

Omelia letta da S. E. R. mons. Pietro Rota Vescovo di Guastalla, nella nuova chiesa di S. Maria ausiliatrice in Torino, il giorno di S. Pietro del 1868. Reggio neli' Emilia 1868, tip. di Luigi Bondavalli e comp. Un opusc. in 8.° di pag. 20.

SAFFI ALBERTiNA Vedi Dana James.

SARDI ALESSANDRO Viaggio e feste eseguite in Ferrara per Lucrezia de' Me- dici , venuta sposa al duca Alfonso II d7 Este ; descrizione di Alessandro Sardi. Ferrara, tipografia Bresciani 1868. Un opusc. in 8.° dipag. 20.

In occasione delle nozze del sig. doltore Gae- no note. E scriitura breve, ma spirante la vita

tano Dotti ferrarese colla siguora Margherita Bo- di quel secolo XVI, in cui i duchi di Ferrara git-

nafalce, il ch. sig. canonico Giuseppe Antonelli tarono Unto fulgore di grandezza, di potenza e

ba folia, pubblica per la prima volta quesla de~ di gentilezza sovrana. sci'izionc del Sardi, ed illuslratala con opporlu-

SCHMID G. EW. Repertorio del catechista, ossia raccolta completa di spie- gazioni, notizie, similitudini ed esempii, complemento necessario del ca- techismo istorico di G. Ew. Schniid, catechista nella scuola superiore delVOrsoline di Salzbourg. Prima versione italiana dalla francese del- Tab. P. Belet, per G. Bobbio sac. Barnabita. Volume quarto. Parma 1868, Pietro Fiaccadori. Un volume in 16." di pag. 498.

SCHWETZ GIOVANNI Theologia fundameutalis sua generalis, concinnata a doctore loaane Schwetz, Suae Sanctitatis praelato domestico, abbate B. M. V. de Batta et C. R. aulae, et palatii parocho. Editio qumta emen- datior. Volumen I et II. Viennae 1867, sumptibus congregations me- chitharislicae. Due vol. in 8.° di pag. V-275 e XVIII-332.

SPEZI GIUSEPPE SulVunita della lingua italiana, lettera del prof. cav. Giu- seppe Spezi. Roma 1868. Un opusc. in 8.' di pag. 7.

Intendinaento dell'Autorc e mostrare, che 1'unita quindi fa bisogno sliJlarsi ora Jl cervello per fab- della lingua sussiste da piu secoli nell'Italia, ne bricarla. Si provocai inrece lo studio de' nostri

B1BLIOGRAFIA 355

buoni scriltori, si distenda in tulti gli ordini del 4 Otlobre) ripete questi biasimi. Intanto 1'lutore,

popolo , ma sopra tutto s' iutroduea nelle scuole per togliere via ogni maleria di scandalo, rifec*

con oltimi libri. Per tal modo 1'unila della lin- in Roma una edizione di cssa letlera, con modi-

gua si serbera, e sempre meglio diffonderassi nella flcazioni notabili e con una protesta, ed e la pre-

Peuisola. Quesla lettera, pubblicata primieramente sente che annunziamo. Avendo noi, per debilo

nel Propugnatore, giornale di studii fllologici, di equila, voluto confenre insieme le due edi-

Storici e bibliogralicu die Vcde luce in Bologua zioni, ci e parso che il sig. prof. Spezi abbia mol-

fanno dispensa2a, Luglio-Agosto 1868) riporto to sapienlemente operate, levando o mutando, in

biasimi dalla Correspondance de Rome (a. dei 26 questa seconda, parecchi tralti che nella prima

Settembre) per alcuni passi che in potitica sona- edizione s' inconlravano, e davano presa a cen-

Tano male. L'Unita Cattoiica di Torino (n. dei sure.

SULZER GIUSEPPE GIORGIO Trapasso dal Vecchio al Nuovo Testamento; ossia brano della storia giudaica dal Maccabei fino a Cristo, e alia sus- seguente dlstruzione di Gerusalemme; narrato dal professore Giuseppe Giorgior Sulzer sacerdote. Piacenza 1867, tip. fratelli Bertola. Un vol. in 8." di p*g. 1X-408.

TAFURI NICOLA Una ghirlanda a Maria, ovvero omaggio di 31 sonetto in oc- casione del Mese mariano, per Nicola Tafuri. Napoli, Maggio 1867. Un opusc. in 16.° piccolo.

Piena di anima e di sublimi pensieri e questa dotta e per ispirazione poelica, passano la me- Ghirlamia, ove si leggono sonetti i quali, per con- diocrila.

TARING PIETRO II libro della donna, ossia Maria Vergine, libro e modello della donna cristiaua, pel canonico Pietro Tar.no, dottore in teologia c filosofia, e prof, di metodo. Seconda edizione notabilmente migliorata. Biella 1866, tip. e lit. di G. Amosto. Un vol. in 24.' di pag. 406.

TORQUATI GIROLAMO Somma della vita e delle virtu di Barbara Costan- tini di Marino, morta in fama di santita neiranno 1773. Viterbo 1868, presso Sperandio Pompei. Un opusc. in 16.° di pag. 107.

E una biografia scritu con unzione e sempli- e quelle che a Dio si sono consecrate coi voti •ita, e motto idonea ad ediflcare massimamente religiosi. le donne giovani e le adulle viventi nel secolo,

TRAMBUSTI GIUSEPPE Breve narrazione della S. Effigie di Maria Salus Infir- morum, che si venera nella chiesa di S. M. Maddalena dei CC. RR. Mini- stridegrinfermi; per Giuseppe Trambusti romano, della stessa Congrega- zione. Roma, tipografia di G. Aureli, piazza Borghese n. 89, 1868. Un opusc. in 16." di pag. 41.

Della immagine di Maria Vergine Salus Infirmorum, venerata in Roma nella chiesa di S. M. Maddalena dei CC. RR. Ministri degl' infermi, non che del- PArchiconfraternita quivi eretta. Racconto storico per Giuseppe Trambusti romano della stessa Congregazione. Roma, tipografia di G. Anreli 1868. Un opusc. in 8.' di pag. 104.

- Relazione delia solenne centenaria festivita celebrata nella chiesa parroc- chiale di S. M. Maddalena dei CC. RR. MM. degriufermi, in onore di Ma- ria Santissima sotto il titolo Salus Infirmorum, T anno MDCCCLXVI11; per Giuseppe Trambusti romano della stessa Congregazione. Velletri, tipo- grafia Sartori e Comp. 1868. Un opusc. in 8.° di pag. 24.

Per illustrare la venerauda effigie della B. V. di devozione alia predetta sacra Immagine. Que-

di cni si parla nei Ire sopra mentovati opuscoli, sta si crede opera del celebre B. Angelico da

e per narrare le feale, onde si e celebrate in Ro- Fiesole, conservata gia nel suo pontiflcio palazzo

ma il secoudo centenario della coronazione di Lei, da S. Pto V e passala quindi , per mirabile di-

il ch. p. Trambusti ha posto mano alia sua fe- sposizione della Provviden/a, nella chiesa di santa

conda penna, col frulto di im notabilc aumento Maria Maddalena, ove da due secoli riceve gran

356 BIBLIOGRAFIA

cullo, si per lo zelo dei PP. Minislri degl'inferml che a Lei ricorrono : siccome lo provano ampia- che custodiscono questa chiesa, e s) per le co- mente il prime e il secondo di questi Ire opu- piose grazie di sanita che ne otlengono i fedeli scoli del p. Trambusti.

V. S. Le sacre ceremonie della messa privata, secondo il rito della Chiesa romana. Prima edizioneromana, correlta ed arapliata da V. S. della Congre- gazione della Missione, Roma, tip. e lib.Poliglotta di Propaganda Fide. Torino, tip. e lib.pontificia Pietro di G. Marietti 1868. Un vol. in 16.* dipag.Wl.

VACCAREZZA SIMONE Un concilio ecumenico decretato dal Sommo Ponte- fice e RePio IX da. cominclarsi gli 8 Xbre 1869. Sonetto. Tip. Nazionale.

VERATTI BARTOLOMEO Yedi Vida Marco Girolamo.

VIDA MARCO GIROLAMO L' Arte poetica di Marco Girolamo Yida cremonese, vescovo d' Alba; tradolta in versi sciolti da Bartolomeo Yeratti, col testo a fronte, e co' frammeutl postuml dell1 Autore. Modcna, tipografia del~ I'erede Soliani 1868. Un opusc. in 8.° dipag. 156.

Nou ispenderemo molte parole nel commenda- critici, che fu Marco Antonio Parent!, dal quale

re questa versione della celebro arte poetica del 1' Autore e fu incoraggiato nelle prime pruove,

Vida. Essa rcca in fronte il nome di Bartolomeo che gliene lesse, e fu animato a pubblicarla do-

Veratti, che per se vale un elogio, ed inoltre po che 1'ebbe compita. merito 1'approvazione di quel sagacisslmo fra i

V1GNOLO GIO. MARIA —La Regina eil Re della Fava; ossia Teodolinda ed Ac- caccio, pelT. Yignolo Gio. Maria, vicario foraneo di Cavour. Torino, tip. dell' Oratorio di S. Francesco di Sales, 1867. Un vol. in 16." di pag. 434.

« Dopo tre lustri passati nel ministerio sacer- volte... Leggetelo e vi troverete la novila. » Noi,

dolale, dice 1* Autore nel suo breve preambolo, senza pretendere di definire il grado di novita

m" accnrsi che mancava un libro, il quale s'ad- che questo racconto tocca nel suo genere, possia-

dattasse alia giovenlu studiosa. Questo libro che mo accertare che si leggera con dilello e con

non trovale in nessuna lingua ne antica, ne mo- ulile dai giovani e dagli adulli, si per cagione

derna. non nelle grandi, ne nclle piccole biblio- della sua grande variela, come per gli ammae-

teche, ho procurato di dettarlo io, e volesse il stramenti pratici e per le notizie storiche che con-

•cielo che fosse di giovamento a tutti ! Dieci anni tiene. L'opera si vende a beneflzio della chiesa

di fatica mi costo, perche fui da molte occupa- parrocchiale di S. Lorenzo di Cavour, bisogno-

zioni costrelto a lasciarlo e riprenderlo le mille sissima di gravi riparazioni.

"VIVIANI GUIBO M. Sulla vita di san Paolino, primo vescovo di Lucca, cenni storici dal sac. Guido M. Yiviani. Lucca, tip. di Tommaso Torcigliani. Un vol. in 8.° dipag.im.

II chiaro sig. ab. Viviani, con quesl'opera, pre- monumenti e da sedici document!, tutti relalivi

gevole veramente sopra il volgare, si e reso be- alia storia di S. Paolino e confermativi dei fatti

nemerilo non meno della pieta, che delle buone che essa comprende. II dotto Aulore,che sappiamo

discipline dellarcheologia. Al difetto di docunienti essere slato consolato di elogi e di rallegramenti

sincroni ha egli supplito con gli schiarimenli di d'uomini peritissimi in queste materie archeolo-

Tiaa costante e non mai interrotta tradizione, che giche, ha ricevuto un allro conforto ben piu pre-

dai tempi del S. Vescovo Paolino fino a noi ha zioso, nel breve che monsignor Mercurelli gli ha

scrbata pei sommi capi la storia della sua vita indirizzato per parte del S. P. Pio IX; breve dal

e trasmessala fedelmente. In cio si compendia tulto quale risulta che il Ponteflce ha lelto il libro e

il lavoro del Viviani. Ma il metodo da lui tenuto n* e rimasto grandemente sodisfatto. II dotlo Pre-

nello svolgerlo, la sagacita usata nella scelta e lato poi, in una lettera sua particolare congiun-

nella disquisizione degli argomenti, la molteplice ta al breve , encomia specialmente il Viviani,

erudizione di che ha falto prova e le buone doli perche « nel confortare 1'antichissima tradizione

dello stile, sono cose che vanno gustale in fonte patria di ricco corredo di erudizione, ha saputo

e che non e agevole far intendere con brevi pa- conservare quella semplicit^i e quell'unzione clie

role. La parle narrativa composta di tredici ca- a tali opere si addice. » piloli, e seguita da quinuici illustrazioai di yarii

CRONACA

CONTEMPORANEA

Roma 31 Ottobre 1868.

I.

COSE ITALIANS.

STATO PONTIFICIO 1. Soccorsl dati e promossi dal Santo Padre pei dannegglati dalle inondazioni neH'alta Italia 2. Visita del Santo Padre a Civitavecchia.

1. Le dirottissime piogge che, sullo scorcio del passato Settembre c

sul cominciare d'Ottobre, caddero a rovesci sulle Alpi, cagionarono nel-

1'alta Italia, come in Savoia, tali piene straordinarie de1 torrenti e de1 fiu-

mi, che appena a memoria d'uomo si puo riscontrare alcun che di simi-

gliante. Quindi e che, malgrado delle tante opere idrauliche, condotte a

perfezione in questi ultimi Jempi, le acque quasi da per tutto trariparono

con tal foga, e per lo piu nel fitto della notte, che appena poterono an-

dare salve, e non sempre, le persone, ma con grande rovina delle case,

de' poderi e delle derrate o gia mietute e riposte, o ancora esposte nei

campi. I diarii di cola ne recarono dolorosissimi ragguagli. Non era bi-

sogno di tanto per muovere il cuore del Santo Padre, che, se deplora la

persecuzione fatta a Santa Chiesa e le violenze della scelleratissima guer-

ra mossa alia Santa Sede, sa tuttavia essere questa opera d1 una setta,

non colpa de' popoli di quella un di si devota e cattolica regione. Quindi,

cercando modo di recare qualche sollievo a tanti mali, yolle dare Tesem-

pio e crescere gli stimoli della carita cristiana. Di che VUnita Cattolica

nel suo n. 238 del 13 Ottobre stampo la lettera seguente delFEmo Card.

Antonelli. « Illmo Signore. II cuore paterno di Sua Santita non pote non

essere Yivamente commosso nel conoscere le desolanti inondazioni che

afflissero i variipaesi dell1 alta Italia, Anelando il pietoso Pontefice a pro-

358 CRONACA

cacciare quel maggior sollievo die si possa agli infelici percossi da tale ^alamita, desidera che per cura della S. V. Illustrissima sia quanto pri- ma aperta nel suo giornale una caritatevole sottoscrizione a loro vantag- gio. Al quale effetto ha egli destinato per la sua parte la somma di lire tinquemila, dolendogli che le angustie, in cui versa, non gli permetta- no di estendere il suo soccorso in maggior proporzione al bisogno, ed in misura piu conforme airimpulso della sua paterna carita.

« Yien ella pertanto autorizzata a desumere la suddetta somma dal- Tobolo di san Pietro per applicarla air uopo indicatole. Che se per av- Centura non si trovasse presso lei disponibile siffatta quota, vorra ren- dermene avvisato per poterlesi da me fare prontamente la rispettiva trasmissione. In questa intelligenza mi e grato di confermarle i sensi della mia piu distinta stima. Di V. S. Illma. Roma, 10 Ottobre 1868. Servitor vero G. Card. Antonelli. »

La sottoscrizione per offer ta in sussidio de' danneggiati dalle inonda- zioni fu, quello stesso giorno, iniziata AdYUnita Cattolica, i cui scrittori, dopo registrate in capo della lista la somma di L. 5,000 donate dal Santo Padre, diedero del proprio L. 500. Questo esempio era troppo eloquente, e la voce del Santo Padre non potea non trovare piena rispondenza nei Luoni cattolici, che si affrettarono di mandare loro offerte, non pure al- YUnita Catlolica, ma eziandio oWOsservatore Cattolico diMilano, che gia avea iniziata tale opera di carita per Tarchidiocesi di Milano, e ad altri giornali che si diedero cooperatori air ottimo diario torinese nel secon- dare il generoso invito di Pio IX. Le offerte percio riceyute dalF Unita Ca'tolica il di 29 Ottobre ayeano toccata la somma di L. 11,193; la qual se si tien conto delle enormissime gravezze onde il Goyerno di Firenze ha caricato i suoi sudditi . e delle tristissime yicende del tempi , basta a dimostrare come yogliasi dai cattolici sinceri dell'alta Italia dimostrare in ogni congiuntura la piu filiale devozione ed obbedienza ad ogni cenno di Colui, nel quale e riveriscono il Vicario di Gesu Cristo, ed amano il loro Padre.

Ma qual e potenza di bonta ed eyidenza di yerita che basti ad ammol- lire gli animi de' settarii che, di proposito deliberato, osteggiano uomini e cose tutte di Chiesa, per astio contro Dio ed il cattolicismo? Si giunse a tale da alcuni di codesti sciagurati che, temendo Finfluenza che avreb- he il belPatto del Santo Padre sugli animi de1 percossi dal flagello delle inondazioni, non rifuggirono dall'incredibile eccesso di falsificare la cifra deH'offerta del Santo Padre, riducendola a tali proporzoni da parere imo scherno, per cosi rendere odiosa ad un tempo e Toblazione e la persona da cui era mandata. II diario massonico di Venezia, intitolato il Rinnova- mento, scritto da certi tristissimi settarii, che lunga pezza ammorbarono di loro presenza e di loro scelleratezze la citta di Torino dove campavano grassamente del mestiere di emigrati, oso stampare, alii 18 Ottobre, cioe

CONTEMPORANEA 350

cinque giorni dopo che tutti avevano letto mWUnita Cattolica la lettera deirEmo Antonelli, la nota seguente: « // Santo Padre, il Principe del Valicano, offerse pel mille e mille percossi dall' inondazione la cospicua, somma di Lire 80, DICIAMO OTTANTA ». E per procaeciare fede alia brutta i'alsiticazione, ne aggiungeva un1 altra, stampando>7i sotto la solita anno- tazione : (falYUnita Cattolica).

Or qui non vogliamo omettere di registrare le bellissime parole sent- te a tal proposito fa\YUnita Cattolica del 22 Ottobre, degne al tutto che se ne serbi memoria.

« Noi ringraziamo il Rinnovamenio di quest'atto di onesta. Colle ottan- ta lire del Papa, abbiamo gia potuto spedire mille lire al Yicario capito- lare di Como, mille lire al Vescovo di Parma, mille lire a quello di Man- tova, 'mille lire a quel di Verona, mille lire a quel di Novara. I Yescovi di Parma e di Novara e il Vicario capitolare di Como ci haimo gia spedito la ricevuta delle mille lire; e fra breve avremo anche quella degli altri Yescovi, che pubblicheremo. Sono adtinque cinque mila lire gia spese dall' Unitd Cattolica per ordine del dilettissimo e veneratissimo nostro Santo Padre Pio IX, padre degli afflitti, padre dei triholati, padre degli sconsolati. Ed anche in cio Pio IX si mostra Yicario di Gesu Cristo. II Papa ha mandato cinque mila lire, cinque mila lire del piii povero fra i Sovrani; cinque mila lire offer te dalla carita de'suoi figli; cinque mila lire che son Tobolo degli infcrmi, dei dolenti, dei travagliati; cinque mila lire che devono portar fortuna a chi le riceve, perche sono benedette dal Padre della famiglia cattolica, dal Yicario di Gesu Cristo. Se avesse of- fer to ottanta lire, le avremmo registrate con eguale emozione, colle stes- se lagrime di riconoscenza; perche se avesse afferto ottanta lire, era se- gno che non aveva di" piu; e la ragione per cui non avea di piu il Rinno- mmento la conosce forse meglio di noi I E Pio IX e realmente poverissi- mo; ma si senti straziar le viscere dalla descrizione dei danni recati dalle acque, e diede piu di quel che poteva dare. II Rinnovamento pero non diede piu di quel che poteva dare. Esso non poteva dare che un'ab- bietta calunnia. »

2. II Santo Padre parti da Roma, lamattina del 26 Ottobre, alle ore 7 e mezzo , e nelle carrozze ns^rvate all' uso peculiare del Sovraiio per- corse sulla ferrovia il tratto tino a Civitavecchia, dove giunse alle ore 9 e mezza. La stazione di questa citta era ornata con ricchissimo e splen- dido apparato di bandiere, festoni, arazzi e tappeti. Gli Emi e Rmi si- gnori Cardinali di Reisach, Quaglia e Guidi ; grilliiii e Rmi Monsignor Gandolfi, Yescovo diocesano , e Monsignor Scapitta Delegate apostolico della citta e provincia : inoltre S. E. il signor Generale Dumont, Coman- dante il corpo Francese di spedizione, cogli altri Generali ed Ufiiziali di Stato Maggiore si pontificii che francesi ; come pure le Autorita Munici- pali e le Giudiziare trovavansi nella Stazione per fare a Sua Santita i

360 CRONACA

primi atti di ossequio. « Lo sparo del cannoni dalla fortezza, dice il Gior- nale di Roma del 27 Ottobre , ed il suono dei sacri bronzi annunziarono F aspettato arrivo, che gli abitanti eransi disposti a festeggiare con ogni piu affettuosa e riverente dimostrazione di fedelta e di attaccamento al venerato Padre e Sovrano , e con F apparecchio di ornati che all1 intera citta avea dato V aspetto solenne di festa. 11 Santo Padre, salito in car- rozza, al cui sportello si fece a cavalcare il Generate Dumont, recossi alia Chiesa caitedrale , e la spaziosa via che dalla stazione tocca la porta Ro- mana, e da questa mette alia piazza Gregoriana , . traverse in mezzo ad affollato popolo , che inginocchiato dimandava V apostolica benedizione. Le truppe francesi erano schierate in ala lungo la strada. Alia Cattedrale Sua Santita assiste alia benedizione Eucaristica, che fu impartita da Mon- signor Vescovo diocesano ; e quindi nella sagrestia ammise al bacio del piede quel Rfuo Capitolo e Clero , che T aveva ricevuto air ingresso del sacro tempio. Quest' onore conseguirono ancora gli alunni del Seminario di Sabina , che eransi portati a CrYitavecchia per attestare la loro grata memoria a Monsignor Gandolfi.

« II Santo Padre , lasciata la Chiesa cattedrale , sempre in mezzo allo straordinario affollamento di popolo ed alle schierate milizie Pontificie e Francesi , percorse a piedi la via che conduce al palazzo apostolico , si- tuato all1 opposto estremo della citta. Quivi nella sala del trono ammise al bacio del piede 1' altro Clero secolare e quello regolare della citta , e poi tutti i componenti il Corpo Consolare delle estere nazioni, e le Auto- rita Municipal!, con le Giudiziarie, e gli addetti alle diverse amministra- zioni governative.

« Intanto nella vasta piazza detta delle Armi, che spazia dinanzi al sudetto palazzo apostolico, eransi raccolte ed in bella ordinanza disposte le milizie di ogni arma pontificie e francesi, le quali tengono guarnigione nella citta , e similmente grande moltitudine di popolo. Allora Sua San- tita, fattasi alia gran loggia del palazzo, che erasi abbellita con magnih'co padiglione, impart! solennemente F apostolica benedizione. A questo atto segui tale applauso clamoroso ed entusiastico di quanti erano presenti , che la commozione si fece generale nei circostanti. Dopo cio Sua Beati- tudine riceve gli omaggi speciali da tutta F Uffizialita francese, a nome della quale e della truppa che sta sotto i suoi ordini, parlo S. E. il signor Generale Dumont, significando a Sua Santita il gaudio provato da loro per la fausta circostanza. E il Santo Padre, accogliendo le parole e le proteste del Generale con F amabilita che gli e propria, rispose signifi- cando il gradimento che nel suo Cuore avea per il nobile atto sentito,

« II Santo Padre fece dipoi passaggio all' altra parte del palazzo che guarda il mare e domina il porto, ove tutto era pur disposto a festa, e i bastimenti da guerra e mercantili di ogni bandiera erano pavesati. Le salve dell' artiglieria dai fortilizii e dalle navi, F agitarsi delle bandierc,

CONTEMPORANEA 361

c gli applausi della moltitudine sparsa per gli scali, air affacciarsi del- F augusto Padre e Sovrano alia gran loggia, salutarono il Sommo Pon- tefice con indescrivibile entusiasmo, che si rinnovo piii intense dopo che Sna Beatitudine ebbe novamente impartita T apostolica benedizione.

« II Santo Padre salito poscia in carrozza colla sua nobile Anticamera, ed ayendo sempre allo sportello il nominato Generale francese, recossi fuori porta Corneto ad osservare i lavori del novello fabbricato, che deye essere sostituito alPuso cui oggi serve la Darsena. Quest1 opera gran- diosa, che tocca omai il suo termine, yenne corsa da Sua Santita in tutte le parti, ed esaminata nelle sue piu minute particolarita , delle quali prendeva contezza dagli Uffiziali del Genio pontificio, cui n' e confidata la esecuzione.

« Tomato il Santo Padre in citta, e ritiratosi nel suo appartamento, ebbe luogo la mensa di Corte, alia quale presero parte i sopra ricordati Eiiii Porporati, Monsignor Yescoyo e Monsignor Delegato, il signer Ge- nerale Dumout con gli Uffiziali superiori francesi e poiitificii, ed alcune cospicue persone della citta e provincia.

« Leyate le mense, Sua Santita si degno trattenersi affabilmente coi conyitati, e quindi ammettere al bacio del piede le dame della citta, e le famiglie degli Uffiziali francesi. Ricevette ancora le Religiose del Pre- ziosissimo Sangue, che hanno in cura la educazione ed istruzione delle alunne del Conservatorio Camerale, e delle giovinette della citta; i Pa- dri Dottrinarii che attendono all' insegnamento della gioventu maschile ; ed i Religiosi ospitalieri detti Fatebenefratelli, che governano TOspedale. A tutti diresse parole amorevoli ed adatte alle rispettiye loro attribuzio- ni. Eziandio si piacque fermarsi sopra i disegni e gli studii che i signori Burdin e Marzetti, concessionarii della yia ferrata per la quale la citta e provincia di Yiterbo sara unita alia linea di Civitavecchia, ebbero 1'ono- re di sottoporre alia sua sovrana considerazione.

« II Santo Padre, avendo in continue occupazioni trascorso il tempo della sua dimora in Civitavecchia, approssimandosi le ore tre pomeri- diane lascio il palazzo apostolico, e col Suo treno recossi alia Stazione, traversando la citta con lo stesso accompagnamento della mattina, cir- condato sempre dalle medesime dimostrazioni di riverenza e di affetto della milizia e dei cittadini, e ricevendo le significazioni di comiato dai personaggi che neir arrivo avevano fatto le accoglienze.

« Alia stazione di Roma pervenne il Santo Padre sulle ore cinque. Un popolo afibllatissimo erasi raccolto sulla piazza di Termini .a salutare il ritorno del venerato Padre e Sovrano, che, per le vie ancora della sua metropoli ricevendo eguali dimostrazioni di riverenza e di affetto , in ec- cellente condizione di salute, rientrava al cadere del giorno neir aposto- lica residenza del Yaticano. »

362 CRONACA

TOSCANA E STATI ANNESSI 1. 11 Ministero e rattoppato 2. Colloquio a Tori- no fra Vittorio Emmanuele II ed il principe Napoleone 3. Le condizioni present! del regno d'ltalia descritte dal Moniteur du solr 4. Disastri prodotti dalle inondazioni; impertinent! censure dell' 'Independence Beige contro la famiglia reale 5. Efiicacia del Governo nel riscuotere i bal- zelli 6. Promessa del Broglio, ministro sopra la pubblica istruzione, che Roma sara presto delPItalia 7. Spiegazioni ufficiose della Nazione circa il modus vivendi tra il regno d1 Italia e Roma.

1. Gia da buona pezza il senatore Cadorna, colpito da fastidiosa in- fermita, avea smesso la carica diMiaistro sopra gli affari interni; e sup- pliva per lui il sig. Cantelli, che nella carica di Prefetto avea dato buo- na opinione di se, come d1 uomo capace nelle cose amministrative ed an- die assennato netr indirizzo politico. Questo stato di cose pero dovea aver termine. II Governo costituzionale esige Ministri responsabili, ben- che nel fatto essi non siano mai mallevadori di punto nulla, e dei fatti loro sogliano scontare la pena i Sovrani non responsabili ed inviolabili.

Cagione di si lungo ritardo nel rattoppare il Ministero sdrucito era la difficolta di trovare chi volesse acconciarsi col Menabrea, di cui si crede non rimota la caduta, tanta e per una parte la fiaccbezza sua e del suo partito, e per T altra la veemenza de1 suoi awersarii nelF oppugnarlo. Finalmente si riusci ad indurre il commcndatore Ludovico Pasini ad ac- cettare il portafoglio ctei lavori pubblici , cbe fu deposto dal conte Gi- rolamo Cantelli, il quale si immol6 per la patria, sobbarcandosi al gra- Te peso di essere Ministro responsabile per gli affari interni. Restava yacante il posto di Ministro per ragricoltura, T industria ed il commer- cio; ed un professore, Antonio Cicconi, si risolvettedi portarne gli oneri ed averne gli stipendii e gli onori e il resto. La Gazzetta ufficiale del 24 Ottobre annunzio queste nomine, ed al tempo stesso fece sapere che dal 18 era stata accettata la dimissione offerta dal conte Guido Borro- meo dairufficio di segretario generate del ministero per gli affari interni, suecedendo a lui il commendatore Luigi Gerra, prefetto della provincia di Salerno. II Borromeo era stato il segretario favor ito di tutti i Minstri moderati, cominciando dal Cavour, cbe si succedettero nel Ministero de- gli affari interni.

2. Comunemente, per quanto apparisce dai discorsi e dalle polemiche dei giornali delle diverse fazioni, credesi che il Gabinetto, presieduto dal Menabrea, non tardera a sfasciarsi, non solo per difetto d1 intrinseca forza, ma eziandio perche segreti accordi fra il Rattazzi e qualche augu- sto personaggio dovranno fra non molto ridonare la prevalenza al partito d'azione. Molto si era parlato delle escursioni e della lunga dimora del Rattazzi in Alemagna, dove credeasi che avesse stretto patti eventual^ corae dicono, col Governo di Berlino, pel caso che dovesse sorgere un

CONTEMPOUAISEA 363

coiiflitto fra la Prussia e la Francia; e diceasi che o una neutral ita ar- niata dell1 Italia darebbe impaccio alia Francia, o un1 alleanza dichiarata dell1 Italia con la Prussia contro la Francia fmirebbe di scontare il debi- to di gratitudine verso la dinastia Napoleonica pei benefizii del 1851* c del 1866.

Che cosa fosse di vero in tali congetture, non sappiamo. Certo e che la guerra tra la Francia e la Prussia scmbra ora differita d'alcun tempo, ed il Rattazzi pare aver avviate altre pratiche a Parigi, dove si condusse e fece pure lunga dimora, e d'onde torno assai giulivo e pieno di liete speranze di riavere presto fra le sue mani la pienezza della podesta di Governo, a cui dovrebbe essere chiamato dal Re poco dopo la riapertura delle Camere. Questa congettura fu avvalorata verso la meta di Ottobre da un fatto, che non manca di grave importanza. II principe Napoleone da Prangins in Isvizzera, dove suole andare quando ha da spacciare certe sue faccende, passo rapidamente a Torino, ed ivi ebbe lunghi e segreti abboccamenti col re Yittorio Emmanuele; e confer! pure, in presenza del Re, col Raltazzi, col Lanza, col Durando, che si riguardano come capi del partito d'azione e di quella setta di opposizione che si denomina la Permanente di Torino, avversissima al presente Gabinetto , di cui nis- sun membro fu voluto a Torino, quando v' era il principe Napoleone. 11 che si riguardo come d1 infausto presagio pel Menabrea e pei suoi col- leghi, offertisi ad andare cola come risponsabili.

3. Tuttavia e da notare una circostanza, che pare dover riconfortare il Menabrea, e consigliare modestia ai partigiani del Rattazzi. II Moniteur du soir nella sua rivista settimanale mando a Firenze un mirallegro tale, che la Nazione del 25 Ottobre ne ando tutta in giolito, e fece capire quaii- to il Ministero si sentisse rinfrancato per 1'attestato di buona condotta che quel diario ufficiale delF impero francese degnavasi rilasciare all1 Italia ed la presente suo Governo. E noi crediamo percio doverlo qui trascrivere.

« Le condizioni della penisola, esso scrive, tendono generalmente a mi- gliorare, e il buon senso del pubblico sembra lo faccia accorto dei peri- coli delle passioni rivoluzionarie. L1 idea del Parlamentino e fallita. II fla- gello del brigantaggio diminuisce. Le energiche misure prese dal gene- rale Escoffier, che concentra a Ravenna i poteri civili e militari, garanti- scono nella Romagna il mantenimento dell1 ordine pubblico. Grazie alFab- bondanza dell' ultima raccolta ed all'attivita del movimento commerciale, ragitazione della Sicilia tende a diminuire. Yi e ragione di spcrare che la prossima sessione parlamentare avra luogo in buone condizioni, e nulla tnrbera Topera di riordinamento amministrativo, economico e finanziario, destinata a consolidare F opera della rigenerazione italiana. Coi versa- menti operati all'estero, la massa totale delle 476,000 Obbligazioni emes- se dalla Societa dei Tabacchi sara largamente coperta, e si procedera senza dubbi > ad una considerevole riduzione. II Governo, aiutato dalle

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ultime combinazioni, lavora sollecitamente aristabilire Fequilibriofrale entrate e le spese, e a dare agli interessi materiali del paese lo sviluppo di cui sono suscettibili. » E quindi parlando delle feste degli operai av- venute di recente a Torino, ne conclude : « II ventesimo anniversario del- la fondazione dell1 Associazione operaia torinese lascera certo nella me- moria del Re e in quella delle classi laboriose un1 impressione di mutua soddisfazione. »

La Nazione, tutta in solluchero per questi complimenti, non disse chiaro ma lascio intendere, che cio dovea riguardarsi come indizio di ot- lime disposizioni del Governo imperiale in favore dell1 Italia, soggiun- gendo queste parole : « Mentre tanto si parla e si scrive ingiustamente di noi all'estero, non e senza importanza veder 1'organo ufficiale deirim- pero francese dipingere la nostra situazione interna a colori si lieti, e non essere avaro sul conto nostro delle piu rosee preyisioni per V av- yenire. »

Altre conclusion! furono dedotte da altri, die payentano o desiderano

10 sgombero dei Francesi da Viterbo e Civitavecchia, affinche Roma, se- condo i prognostici del Corriere italiano del 23 Settembre, da noi tra- scritti in questo volume a pag. 108, il Governo di Firenze possa tentare una seconda impresa di Mentana. Si gli uni che gli altri rammentarono che nel 1866, quando le truppe francesi disponeansi ad abhandonare il territorio pontificio, il Moniteur stesso veniva fuori quasi ogni settimana con qualche panegirico del mirabile ordine che regnava in Italia, e delle disposizioni si del Governo e si dei parti ti, onde aveasi argomento a te- nere per guarentita efficacemente la inviolabilita del Patrimonio di san Pietro. Ma costoro dimenticano, che tali cose non si ripetono una se- conda volta da chi s1 intende di politica; e noi per ora non crediamo pun- to che i complimenti del Moniteur per le presenti condizioni dellltalia, come egli le vede, possano significare una rinuncia qualsiasi al Jamais fatto suonare si alto e si imperioso per bocca del Rouhettmita.';

4. Ma sventuratamente quel che si appresenta al Moniteur sotto quei rosei colori, apparisce a molti altri sotto sembianze assai fosche e tetre. Se qualche atto energico di repressione adoperato dal generate Escoffier a Ravenna costrinse i sicarii e malfattori a procedere piu cauti, un re- cente giudicato della Corte d'assise di Bologna non puo non incoraggir-

11 a mostrarsi di nuovo baldi e franchi. Infatti non ha mollo i giornali ' aveano parlato a lungo della felice scoperta d'una associazione di mal- fattori che avea sua sede a Pesaro, e magnificata la sapienza della Po- lizia e la energia dei Magistral! in iscovare e carcerare quei ribaldi. Or bene: questi furono tesle, per sentenza dei giurati, prosciolti alii 24 Ot- tobre, e dal Tribunale rimandati tutti liberi. Le ovazioni con cui furono accompagnati questi eroi, al loro uscire di carcere, da turbe di marma- glia dal ceffo di scherano, ed il Iripudio dei giornali piu abbietli della fa-

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zione repubblicana, dimostrano abbastanza a cui protitto debba volgere quella seutenza. II brigantaggio e diminuito nel territorio napolitano, <:ome solea accadere anche gli anni addietro in questa stagione ; ma" chi puo ripromettersi che non ringagliardisca colle miserie deirinverno?

E la miseria vuol essere grandissima, non pure su quel di Napoli, ma eziandio nell'Alta Italia, dove le recent! inondazioni distrussero raccolti, isterilirono-sterminali tratti di suolo fecondo, che copersero di arena e ciottoli, abbatterono argini, ponti edighe; mandarono in rovina innume- revole case e molte borgate, ed allagarono eziandio intere citta. Le rive del Lago Maggiore devastate dalla piena del lago, che si alzo di quasi due metri oltre il suo livello ; quelle del Ticino, il quale, gontlatosi fino a 7 metri e mezzo al di sopra del livello ordinario, si riverso sulle circo- stanti pianure che le cangio in paludi. II Po che, rotti argini e ponti, mando sotfacqua tanta parte del Cremonese e del Mantovano. La citta di Parma che fu inondata da una vera cateratta del fiume. Legnago, per piena dell'Adige, empiuta di rovine. Verona, e quante citta e borgate sono lambite da qualche fiume o torrente, ancor esse allagate, con per- dita infinita o guasto irreparabile di derrate d'ogni ragione. I danni di queste inondazioni, descritti per minuto nei giornali dell1 Ottobre, oltre- passano le due o tre centinaia di milioni.

Or fate che ai popoli gia cosi desolati dall1 imperversare della stagio- ne, si debba ancora fare scontare il balzello del macinato; e poi vedrete dove andra a finire la mirabile quiete e compostezza celebrata dal Mo- niteur!

Abbiamo accennato, tra le cose romane, come il Santo Padre si mo- vessc a cercar riparo a tanto male, ond'erano afflitti i popoli, i quali, sebbene governati da una setta che gli e implacabile nemica, pure sono suoi figli. Questo bell1 esempio ebbe felice successo, e tanto felice, che i frammassoni si adontarono di non potersene usurpare il merito, e per- cio ne calunniarono il concetto, qualificando, come atto di propaganda politica ed antinazionale del Cardinale Antonelli, quello che fu pietoso consiglio del cuore paterno di Pio IX. Ma, accecati dalla rabbia, si sve- Jenirono pure contro il re Yittorio Emmanuele II e contro i suoi figli, perche si fossero lasciata togliere dal Papa Toccasione di cattivarsi il cuore degli Italiani.Di qui le villane censure, percio fatte alia Casa Reale di Savoia dair Indepenclance Beige, che nel suo foglio del 19 Ottobre stampo una corrispondenza da Firenze in data dei 13; nella quale, dopo aver accennato a cio che hanno fatto i privati ed il Minis tero per soc- correre i danneggiati delle inondazioni, soggiunge : « Tutto questo e neH'ordine. Havvi pero una cosa che fa meraviglia fuori dei sacrifizii che il paese sMmpone per venir in aiuto detle popolazioni rovinate ; ed e la quasi indifferenza di cui fecero o fanno tuttora prova,in quest1 occasione, i primi pcrsonaggi del Regno, o, per parlare senza ambagi , la famiglia

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reale stessa. Tutti aspettavano di vedere i suoi membri, se non ii Re, il quale, a vero dire, avrebbe potuto senza inconvenienti per lui, mi pare, ed a grande profitto clella sua popolarita, sospendere-le sue caccie di Valdieri ; se non il Re, dico, almeno i prindpi Umberto e Amedeo cor- rere in mezzo alle popolazioni cosi crudelmente tribolate, e distribuir loro almeno, se la loro cassetta non era ali'altezza della loro compassio- ne, parole d1 incoraggiamento e di speranza. Queste parole-di Prineipi, che non costano piu delle nostre, di noi semplici mortali, hannoil van- taggio di far credere la popolarita di colui che le prommzia. Dissi che si fu stupiti di questa dimenticanza troppo singolare, la parola non e ab- bastanza forte: si fu afflitti e attristati. »

5. Quest! sono certamente prodromi poco lieti pel balzello sul macina- to ; e percio credesi che il Rattazzi aspetti il Menabrea al mal passo del 1.° Gennaio 1869, quando deve attuarsi la legge, in virtu di cui quello si dovra riscuotere, per dare il tracollo al barcollante Ministero teste raf- fazzonato. Ma quando il Rattazzi riuscisse, e egli da credere che percio tal legge sarebbe abrogata, ed i popoli verrebbero sottratti a tal peso? Cre- dat ludaeus Apella! La filantropia dei liberali non va piii in la, che a servirsi di tali pretesti, come di strumenti per bolzonare e mandare in terra gli emoli che vogliono soppiantare nelle cariche e negli stipendii ; ma di alleviare le pubbliche gravezze non e caso mai che si diano pen- siero. L1 esperienza di otto interi anni 1'ha dimostrato allltalia. E pei re- nitenti al pagare, i Govern! liberali hanno in pronto certi spedienti da disgradarne la benignita amministrativa di Maometto II o del defunto Teodoro Negus d'Abissinia.

II Corriere italiano di Firenze deir 11 Ottobre ne pubblico un docu- mento lampante ; ed e una circolare del Ministro della guerra, che dc- termina gli stipendii da darsi ai piantoni, a spese del contribuenti mo- rosi, per costringerli a vendere il proprio sangue se occorre per trarne quattrini e pagare il lisco. Ogni soldato cosi allogato in una casa do- yra avere una lira al giorno di soprassoldo; e grossa taglia si dovra pa- gare dai comuni ai drappelli di soldati che staranno nei villaggi a tute- la dei piantoni! UUnita Cattolica del 14 Ottobre ha messo molto be- ne in rilievo, colla scorta di codesto documento, la felicita incomparabi- le procacciata agli Italiani per le annessioni del 1859 e del 1860; onde spicca sempre piu 1' indole magnanima dei rivoluzionarii nell1 ingrassare se stessi assassinando i popoli.

6. Di eguale felicita sono minacciati quasi ogni giorno, non solo dai settarii garibaldini , ma dai Ministri del re Vittorio Emmanuele II, an- che gli abitanti di quei pochi palmi di terra che attorno a Roma scam- parono sin qui, merce della tutela della Francia, alle rapine dei ladri insediatisi a Firenze. La Correspondence italienne del Menabrea, YOpi- iiione, la Nasione, la Perscveranm ed il resto del diarii della consorteria

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dominante, sotto colore di rifiutare cakmnie o dileguare fantasime imma- ginate dai Garibaldini, ribadiscono ogni di piii alto che non ismettono il proposito di rubare anche Roma al Papa, mantenendo il voto di Roma ca- pitals d' Italia. Non curando, o interpretando a modo loro, la Gonven- zione del 14 Settembre 1864, e beffandosi del Jamais, scoccato, per or- dine di Napoleone III, dal Rouher, essi ripetono con baldanza imperlur- babile che, a dispetlo di tutti, Roma sara rubata al Papa.

II sig. Rroglio, cbe pei tanti imbrogli onde, emulando i degnissimi suoi predecessor!, sa yiepiu imbarberire Y insegnamento, si e meritato il titolo di Ministro sopra la pubblica ignoranza: il sig. Rroglio fu re- galato al Parlamento italiano dagli eleltori di Bassano. Or egli, alii $ Ottobre, nell' occasione di un lauto bancbetto, fece cola im discorso , ai suoi lettori e natural men te vi dovea parlare del compimento del patrii destini, dell'unita e del resto dei disegni massonici. Or ecco come par!6 della conquista di Roma in quella sua prolissa pappolata, inserita nella Nazione di Firenze n." 288.

« Nulla potrebbe impedire il compimento dei nostri yoti, poiche sa- rebbe lo stesso come dire che il Brenta, perche ingrossato, anzichfc continuare il suo corso, dovesse tornare indietro. E cio dico e in riguar- do a Roma e in riguardo alle nostre interne questioni politiche, ammini- stratiye ed economiche. Certo voi mi concederete, signori, che nessun uomo potrebbe essere si folle da porre in dubbio,che domani il sole ab- bia a spuntare suirorizzonte; ora, chiunque guardi al cammino glorioso della nostra rivoluzione ed allo svolgersi degli avvenimenti in Europa e nel mondo, non puo non sen tire una conyinzione egualmente profonda, che Roma sara nostra e nostra presto. Ma, per prendere di fatto quel possesso, che in diritto e gia nostro, nessuno, credo, yorra ormai au- gurarsi tentatiyi precoci e inconsulti. Questi non potrebbero farci smar- rire una meta, la quale sta nel fatto che noi dobbiamo raggiungere, ma pero essi ci farebbero perdere tempo, inyece di farcene guadagnare. »

Noi pensiamo che probabilmente il Rroglio qui parlasse ispirato da ({iiello stesso genio che facea sperare al Cavour ed al Ricasoli la yicina conquista di Roma; che e quel genio stesso il quale indusse tanti setta- rii a sperare questo intento yuoi nella congiuntura della morte di Na- poleone HI, yuoi in quella, che con animo parricida affrettano ne' loro desiderii, di una yacanza della Santa Sede.

7. Tuttavia al Menabrea questa dovette parere una imprudenza, che gli guastava le uova nel paniere. Fare assegnameiito sopra una riyo- luzione francese che sbalzi yia Napoleone III, oyyero sopra una va- canza della Santa Sede, questo sta nell' indole dei liberali moderati. Ma altro e proiittare di tali congiunture, altro il parlarne prima del tempo. Percio il Menabrea, onde attenuarne Fimportanza della promes- sa del Broglio, fu soiled to di far stampare nella Nazione un articolo,

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che fece poi riproclurre nella sua Correspondence italienne, nel quale, senza disdire le aspirazioni al pieno e pronto possesso di Roma, si in- sinua che per agevolare tale intento ora si fanno pratiche, aireflfetto di ottenere che sia accetlato a Parigi ed imposto a Roma il modus vi~ vendi disegnato gia dal Menabrea nel suo dispaccio del 24 Gennaio 1868, che noi abhiamo recitato nel precedcnte yolume, a pag. 244-45. Cos! si salvano la capra e i cavoli ; si mantengono intatte le pretensioni, al possesso di Roma, e si possono sedare le impazienze pericolose, mostrando che, sebbene per altra via, si yiene a Roma.

Ecco in che modo la Nazione servi il Menabrea. « Da parecchi giorni, dice essa nel suo foglio del 17 Ottobre, si e ricominciato a parlare di negoziati fra il nostro Governo ed il Gabinetto francese circa gli af- fari di Roma. I varii fogli pubblici commentano naturalmente queste notizie a loro posta, e, secondo il partito al quale appartengono , espri- mono avvisi diametralmente diversi. Noi pensiamo sarebbe errore il credere, che simili negoziati possano essere ad ogni tratto sospesi o ri- presi fra Governi che seguono una politica ponderata e seria. Non sia- mo quindi proclivi ad ammettere che nuovi piani siano stati ventilati, e che nuove trattative siano state aperte. »

Qui con parole contorte accenna che il mentovato dispaccio del 24 Gennaio apriva appunto la via per accostarsi a Roma, ed agevolava il compito di pigliarsela a tempo opportuno, costringendo a vivere da buoni vicini due Stati che non si riconoscono ; e si capisce che cio rie- see infallibilmente a questo termine, che il piii grosso divora il piii pic- colo. Quel modus vivendi fu allora reietto. Ma, continua la Nazione, « tracciati, per cosi dire, i contorni del quadro, non restava ai due paesi che di lavorare, ciascuno dal canto suo, ad apnianare poco a poco le difficolta che si potevano incontrare nell' esecuzione del lavoro. Sem- bra che a quesfopera si siano accinte dalle due parti le singole ammi- nistrazioni, attalche, se dobbiamo prestar fede a varie notizie che ci pervennero, oggidi sono divenuti assai piu facili e comodi i rapporti in- dispensabili fra i due paesi. Una simile moditicazione nella situazione rispettiva dei due Governi esistenti in Italia, nascendo dal fatto stesso delle disposizioni che entrambi potevano adottare senza bisogno di ap- positi e formali accordi, e certamente la maggiore guarentigia che si potrebbe desiderare, per rendere superflua la presenza di truppe fore- stiere in Roma. Eppero se i passi fatti dalFuna parte e dall1 altra non hanno ancora compiuto il quadro tracciato nel modus vivendi , che il Gabinetto italiano avrebbe voluto vedere adottato anche da Roma, e lecito ormai sperare che le cose siano gia state condotte a buon punto. Questo e infatti il miglior avviamento alia soluzione della questionc di Roma.

« E in questo senso che debbonsi, a parer nostro, interpretare le pa- role prommziate daironorevole Broglio ai suoi elettori di Bassano. Egli

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non si e scostato dal programma del Ministero, il quale fu costantc nel ritenere che la questionc romana si scioglierebbe da se medesima col tempo, quando la soluzione non fosse cercata con mezzi violent! e pre- cipitosi, ma fosse aspettata con quella calma che deve essere la prima virtii dei popoli, che sicuri del presente hanno fede nel proprio avve- nire. »

Questo parve alia Riforma ed al resto della Garibalderia un rinim- ziare a Roma; e se e quanto ne inyiperissero, Dio vel dical

II. COSE STRANIERE.

SPAGNA 1. Particolari del fatto d'armi al ponte d'Alcolea ; conseguenze della ferita toccata al Novaliches 2. Protestazione della Regina Isabella II 3. Governo provvisorio e nuovo Gabinetto a Madrid 4. Lista civile della Regina e del popolo sovrano 5. Ovazioni fatte al Prim a Barcello- na ed a Madrid ; sue leltere ed apologie 6. LTEspartero si dichiara per la rivoluzione 7. Don Giovanni di Borbone rinunzia a'suoi diritti in fa- vore del suo primogenito Don Carlos 8. 11 Serrano mostra di stare per la monarcliia costituzionale 9. Ovazioni airoiozaga reduce da Parigi 10. Decreti della Giunta rivoluzionaria e del Ministro di Grazia e Giustizia per Tabolizione dei corpi religiosi 11. Decreto speciale contro la Com- paguia di Gesu 12. Emancipazione di schiavi; difficolta percio sollevate a Cuba 13. Screzio fra il Governo provvisorio e la Giunta rivoluziona- ria di Madrid, sopra la competenza a decidere della forma di Governo 14. E scioltala Giunta rivoluzionaria di Madrid ; quindi si sciolgono quasi tutte quelle delle province 15. Circolare del Ministro degli affari esterni sopra la rivoluzione e I'avvemre della Spagna 16. Yarie Potenze entrano in relazioni ufficiali col nuovo Governo.

1. Non erano certamente superflue le riserve da noi premesse, nel- Tantecedente quaderno, alFesposizione dei recenti fatti rivoluzionarii della Spagna ; ma tin qui troviamo una sola cosa da rettificare ; ed e la notizia della morte del Novaliches. Questa era stata recata da per tutto come certa dai telegrammi di Madrid ; ed il Figaro di Parigi erasi perfino pigliato Tincomodo di descriverne i funerali. Ora e certo che il Novali- ches, benche versi in grayissimo pericolo di vita, non e ancora morto. II rimanente delle cose per noi narrate e confermato pienamente. Giove- ra tuttavia rifarci sopra alcuni particolari del fatto, ond1 ebbe il crollo decisive il trono d1 Isabella II .

Al ponte d'Alcolea si venne alle mani, come fu scritto alia France, po- co dopo che il messo del Serrano erasi partito dal Quartiere generale del Novaliches, recando il costui rifiuto di accontarsi con la rivoluzione. Seric VII, vol. IV, fasc. 447. 21 31 Ottobre 1868.

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Una divisione di regii , comandata dal Generaie Lacy, riusci a girare dietro la borgata di Alcolea; ma assalita alia sua volta e circondata da truppe nemiche in molto maggior numero, dopo vigorosa resistenza, do- vette darsi vinta e restar prigioniera. Volendo il Novaliches con un col* po ardito ristorare le sorti della battaglia, che gia volgevano poco pro- pizie pei suoi, respinti da ogni parte, massime dopo che sei intere com- pagnie di cacciatori erano rimaste prigioniere perdendo una delle po- sture piu rilevanti, si spinse innanzi a capo chino per superare le sbarre del ponte. Li fu malamente ferito da una palla che gli fracasso il mento.

Parecchi altri officiali superior! caddero al tempo stesso/I regii a po- co a poco si ritirarono verso Montoro; ne i nemici si attentarono'd'in- seguirli. II Serrano attese quella sera, e durante la notte, a fbrtificare le posizioni occupate, aspettandosi per la dimane ad un secondo assalto del regii. Intanto questi, sgominati, venivano in discordia fra loro. La niattina appresso, quando il Serrano mando Tisitare il campo di battaglia e le posture de'regii, trovo che questi se n1 erano dilungati ; ma non tardo a ricevere loro notizie, che furongli recate, ^jrima da Generali ed uffiziali regii che venivano a porsi sotto i suoi ordini, poi da interi hattaglioni e reggimenti che faceano il loro pronunciamcnto.

Qui giustizia vuole che si noti, essere falso che il reggimento degli Usseri di Pavia, comandato dal Conte di Girgenti , fosse tra i prirni a tradire i suoi giuramenti e passare tra le schiere del nemico. Questa no- tizia erasi spacciata per una corrispondenza alia Presse parigina dal 1 Ot- tobre. Di che un capitano di quel reggimento, Lorenzo Rubio Guillen y Montero de Espinosa, mando alia stessa Presse una lettera, ristampata da quasi tutti i giornali onesti, come A&lYUnita Cattolica n.° 246, nella quale espose la verita dei fatti; e questi ridondano a grande onore si di quel reggimento e si del prode D. Gaetano di Borbone conte di Gir- genti, che lo comandava col grado di colonnello.

Imperocche il reggimento di Pavia fu il primo che si cimento all'as- salto sotto il fuoco del nemico. « II Conte di Girgenti, valoroso e tran- quillo, rimase iinperturbabilmente esposto al fuoco nemico durante il combattimento, senza dar segno veruno di commozione. » La battaglia era cominciata verso le 2 pomeridiane; alle otto e mezzo di sera si cesso il fuoco dai regii, per difetto di munizioni; fu comandata la ritirata, e questa fu protetta dal Conte di Girgenti coi suoi Ussari, che lo seguita- rono per tre giorni; fmche, passati omai tutti i Regii dalla parte del Ser- rano, anche il reggimento di Pavia dovette sottomettersi, ed ebbe ordine d'andare in guarnigione a Cordova. « Prima di avviarsi, il corpo degli ufticiali condotto dal Tenente Colonnello ando alia casa abitata dal Conte di Girgenti, per prendere da lui un mesto congedo e deporre a1 suoi piedi protestazioni di rispetto e devozione. » II valoroso Principe ebbe dal Serrano un cortese comando di pigliarsi un mese di congedo, fuori

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della Spagna; e fa, in segn.o di onore o per maggiore sua sicurezza contro qualsiasi attentato, fatto accompagnare sino alle frontiere del Portogallo da due aiutanti di campo dello stesso Serrano, ehe dimostro, come del res to fecero tutti, amici e nemici, d'avere in altissimo pregio la bravura del giovane Principe.

Dalla diligente disamina delle diverse relazioni fatte sopra questo con- flitto al ponte d'Alcolea, risulta che le perdite dei regii in morti e ferili, appunto perche si spinsero temerariamente contro posture dove i nemici erano asserragliati al coperto in troppo maggior nnmero, furono assai rilevanti ; e qnesto spiega come, perduto il loro capo, generale Pavia marchese di Novaliches, si rendettero ai vincitori, credendo impossible continuare la lotta. Ma la vittoria per se non era decisiva in favore dei sollevati, e divenne tale solo per la fiacchezza del Concha, duca delFAvana, che reggeva la somma delle cose a Madrid. II ferito Novaliches era stato portato fino a Pinto, a cinque leghe da Madrid, dove intanto era volata la notizia dell1 infelice successo deirassalto dato al ponte d'Alcolea. Quivi fu poi visitato alii 3 Ottobre dal Serrano stesso, che diede segni di gran- de rammarico al vederlo ridotto in si misero stato. II Concha, o sgomi- nato, o bramoso di use-ire d'ogni impaccio, fu sollecito di gettar giu Tin- carico ricevuto dalla Regina, abbandonando ogni cosa alle cure del Ri- Tero e del Madoz, capi della democrazia di Madrid; e tanto basto perche ivi, dove sino a quel momento tutto era quietissimo, scoppiasse il solle- varaento; di che avuta notizia, i regii che ancora poteano tenere testa al Serrano, si affrettarono, per non essere colti in mezzo, di calare le armi e rendersi. Laonde la battaglia d'Alcolea intanto riusci funesta alia cau- sa d1 Isabella II, in quanto questa avea posto fiducia nel Concha, che diede anzi il segnale deirabbandono, per non dire del tradimento.

Ne e da far meraviglia se la rivoluzione a Madrid scoppio di tratto, come una mina cui s'accosta una facella. Eccone le ragioni descritte dal Daly News, diario inglese, frammassone,e protestante: « Quanto a Ma- drid, la totalifa del movimento e dovuta ad un Comitato rivoluzionario, i cui niembri quasi tutti appartengono alia massoneria, che conta nella sola capitale centinove logge e ventimmila affigliati; i quali lavoravano tutti d'accordo a mantenere vivo il fuoco della rivoluzione e a provvedere di armi il popolo. Questi sforzi riuscirono cosi felici, che negli ultimi giorm si trovarono a Madrid ventimila uomini armati di buoni fucili o ri- voltelle, e pronti alFazione. II Comitato rivoluzionario operava d'accor- do con Serrano, Prim e socii. Aveva relazioni nelle alte sfere, in guisa che i dispacci elettrici spediti al generale Concha erano letti contempo- raneamente dal generale e nel Comitato rivoluzionario. » II Daly Neics non potendo essere sospetto di avversione alia massoneria , e chiaro che quanto afferma e un fatto a lui noto in modo autcntico. Imparino i So- vrar.i che favoriscono le logge massoniche.

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2. Pervenuta a sicuro riparo sul territorio francese, la regina Isabel- la II penso di dover mettere in salvo i suoi diritti e quclli di suo figlio ; e dal castello di Pau mando pubblicare la seguente protestazione, che in lingua francese leggesi anche nel Memorial diplomatique deir 8 Ottobre p. 668-69.

« Agli Spagnuoli: Una congiura, di cui non esiste, a cosi dire, esem- pio in altro popolo dell' Europa, precipito la Spagna negli orrori del- 1'anarchia. Forze di terra e di mare, cui la nazione generosamente man- teneva, e di cui sempre ricompensai con piacere i servigi, dimenticando le gloriose tradizioni, e violando i piu sacri giuramenti, si rivolgono contro la patria ed attirano sopra di essa giorni di duolo e di desolazione. 11 grido dei ribelli alzato dalla baia di Cadice, e ripetuto in qualcbe pro- vincia, da una parte delF esercito, risuona nel cuore dell' immensa mag- gioranza degli Spagnuoli come il tuono precursore di una tempesta, cbe mette in pericolo gV interessi della religione, le forze costitutive della legittimita e del diritto, 1'indipendenza e Fonore della Spagna.

« La serie deplorabile delle defezioni, gli atti d1 incredibile slealta cbe si manifestarono in uno spazio cosi breve di tempo, feriscono piu i miei sentimenti di spagnuola, di quello che feriscono la mi a dignita di Regi- na. Gli stessi piu grandi nemici delFautorita non pensano che il potere pubblico, che emana da cosi alta origine, possa essere conferito, modi- ficato o soppresso dair intervento della forza materiale, sotto F impulso cieco dei battaglioni sedotti. Se le citta e le campagne, cedendo alia prima impressione della violenza si sottomettono per un istante al gio- go degFinsorti, il sentimento pubblico, ferito in cio che vi ha di piu no- bile e di piu intimo, non tardera a risvegliarsi, per mostrare al mondo che, grazie al cielo, gli ecclissi della ragione e delF onore sono affatto passeggieri in Ispagna.

« Fino a questo punto, come Regina legittima di Spagna, dopo serio esame e mature consiglio, giudicai a proposito di cercare negli Stati di un augusto alleato la sicurezza necessaria per agire in questa difficile circostanza come si appartiene alia mia qualita di Regina e al dovere che ho di trasmettere intatti a mio figlio i miei diritti, protetti dalla legge, riconosciuti e giurati dalla nazione, avvalorati inline da trenta- cinque anni di sacrificii, di vicende e di tenera affezione.

« Mettendo il piede su terra straniera, col cuore e cogli occhi sempre rivolti verso quella che e mia patria, e la patria dei miei figli, mi affret- to di pubblicare la mia protesta esplicita e solenne dinanzi a Dio e di- nanzi agli uomini, dichiarando che la forza maggiore alia quale io cedo, uscendo dal mio regno, non potrebbe pregiudicare alF mtegrita dei miei diritti, ne attenuarla, ne metterla in dubbio per nulla; ne potranno in alcun modo recarle pregiudizio gli atti del Governo rivoluzionario, e tanto meno le deliberazioni delle sue assemblee, che dovranno necessariamente

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formarsi solto la pressione del furori demagogici e in condizioni di vio- lenza manifesta sulle coscienze e sulle volonta.

« I nostri padri hanno sostenuto per la fede religiosa e per T indipen- denza della Spagna una lotta lunga e felice. Per riannodare cio che yi era di grande e di eroico nei secoli passati a cio che contengono i tempi moderni di germi sani e fecondi, la generazione presente ha lavorato senza posa. La rivoluzione, nemica mortale delle tradizioni e del pro- gresso legittimo, corabatte tutti i principii che costituisccno la forza vi- va, Tanima e la vigoria della nazione spagnuola. La liberty, nella sua espansione illimitata e in tulte le sue manifestazioni, assalendo T unita cattolica, la monarchia e T esercizio legale dei poteri, lurba la famiglia, distrugge la societa domestica ed uccide la virtu e il patriotismo.

« Se credete che la Corona di Spagna portata da una Regina, che eb- be la fortuna di unire il suo nome alia rigenerazione politica e sociale dello Stato, sia il simholo di questi principii tutelari, rimanete fedeli, come spero, ai vostri giuramenti e alle vostre credenze; lasciate passa- re, come un flagello, la vertigine rivoluzionaria, nella quale si agitano T ingratitudine, la fellonia e rambizione; e state sicuri che io non tras- curero nulla per mantenere intatto, anche nella sventura, questo simbo- lo, fuori del quale non vi ha per la Spagna ne una memoria che Fattiri, ne una speranza che la sostenga.

« L'orgoglio dissennato di alcuni sommove e sconvolge pel momento tutta la nazione, produce la confusione negli animi e Tanarchia nella so- cieta. Non vi ha nemmeno posto nel mio cuore per T odio contro questo piccol numero ; imperocche io temerei, che al contratto di questo senti- mento meschino s'indebolisse la profonda tenerezza che m1 ispirano gli uomini leali, che hanno esposto la lor vita e versato il lor sangue per difesa del trono e deirordine pubblico, e tutti quelli spagnuoli che assi- i4ono con dolore e spavento allo spettacolo d' un1 insurrezione trionfan- te, vergognosa pagina della storia del nostro incivilimento.

« Sulla nobile terra, da cui oggi vi parlo e da per tutto altrove, io sopportero, senza lasciarmi abbattere, le sventure della mia amatissima Spagna, che sono le mie stesse. Se io non avessi altro esempio per so- stenermi, tra molti avrei quello del sovrano piu venerando, modello di rassegnazione e di coraggio , oppresso egli pure da tribolazioni ed ama- rezze, ed infine attingerei forza dalla fiducia che ho nella lealta de1 miei sudditi, nella giustizia della mia causa, e soprattutto nella potenza di colui che tiene nelle sue mani la sorte degli imperi.

« La monarchia di quindici secoli di lotte, di vittorie, di patriotismo e di grandezza, non puo perdersi in quindici giorni di spergiuri, d1 infe- delta e di tradimenti. Abbiam fede nell' avvenire : la gloria del popolo spagnuolo fu sempre quella dei suoi Re ; le disgrazic dei Re cadono sempre sui popoli. Nella ferma e patriotica aspirazione pel mantenimen-

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to del diritto, della legittimita e dell' onore, il yostro spirito e i yostrc sforzi s1 accorderanno sempre colla decisione energica e coll' affetto materno della yostra Regina. Castello di Pan, 30 Settembre 1868, ISABELLA. »

3. Intanto a Madrid la plebe armata, sotto nome di volontarii della li~ berld , gavazzaya a posta sua ; ma la Dio merce fu assai rneno sanguina- ria che non sariasi potuto temere. Si contento di accsppare qualche po- liziotto, di macellare un sergente d1 artiglieria che avea denunciata al Narvaez una cospirazione mil! tare, e di raalmenare alcuni ufficiali re- gii creduti troppo devoti ad Isabella. Un segretario di Gonzalez Bravo non si rassegno alle fischiate ed agli insulti ond'era perseguitato da un branco di marmaglia, e se ne risen ti ; tanto has to perche ne ayesse due gravi ferite di baionette e di daga, per cui cadde a terra, doye fu or- rendamente pesto e straziato. I caporioni della democrazia biasimarono dolcemente quella scveritd del popolo soyrano, come gia si fece per F as- sassinio dell1 Anviti a Parma ; ed alcuni diarii ufficiali ed ufficiosi d1 Euro- pa plaudirono air ordine che regnava a Madrid. I fucili tolti alFarsenale, tutti a retrocarica e di nuovo modello, cominciarono a sparire, yenduti dai volontarii per due o tre piastre a chiunque ne yoleva ; e cosi non si duro poi gran fatica a disarmare il popolo soyrano.

La Giunta superiore di Goyerno proyyisorio, che si era costituita da se sotto la presidenza del Madoz, mando fuori, per impedire gli eccessi, i soliti altosonanti proclami, infarciti delle consuete liberta; ma proce- deya, a quanto pare, con poco senno; di che il Madoz rinunzio a pre- siederla, e gli fu surrogate TAguirre. Alii 3 Ottobre la Giunta delibero di commettere al Serrano, cui gia aveya conferito grado e podesta di capo supremo deiresercito, Tincarico di formare un Ministero proyyiso- rio. Egli accetto ; ed ecco i nomi dei membri del nuoyo Gabinetto ri- yoluzionario, create alii 8 Ottobre. Presidents del Consiglio, il mare- sciallo Serrano, Duca della Torre; Ministro sopra la guerra, il Luogote- nente generale D. Juan Prim, marchese de los Castillejos; per gli affari esterni, D. Juan Alyarez Lorenzana; per gli affari di grazia e giustizia, D. Antonio Romero Ortiz ; sopra la marina, il brigadiere dell"Armata? D. Juan Topete; sopra le finanze, D. Laureano Figuerola; Ministro della gobernacion, affari interni D. Praxedes Mateo Sagalta; Ministro del fomento, ossia layori pubblici, D. Manuel Ruiz Zorilla; Ministro di ul- tramar, cioe delle colonie, D. Adelardo Lopez de Ayala.

Non yuolsi tralasciare di mettere in nota che il decreto di nomina sul diario officiale comincia con queste parole: « Adempiendo il man- dato (e il Serrano die parla] confidatomi dalla nazione, ed usando i poteri di cui sono rivestito, nomino sotto la mia presidenza il Goyer- no proyvisorio seguente. »

II Serrano, il Prim ed il Topete doyeano di necessita fame parte, essendo stati capi del sollevamento militare. Sono unionisti, cioe de!

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partito foWunione-liberale, il Serrano F Ortiz, il Lorenzana, gia compi- latore del Diario national, FAyala, poeta drammatico e lirico, ed il To- pete. Sono progressist* diehiarati il Prim, il Figuerola, professore di diritto pubblico, il Sagasta, gia direttore del diario Iberia, ed il Zo- rilla, giovane avvocato di parlantina sciolta e tutto creatura del Prim. Vedremo qucl die uscira da questo centone. Finora si scorge solo che, per non romperla, yanno d1 accordo in distrnggere tutto Fordine pre- esistente.

4. Appena costituito, questo Governo provvisorio si occupo, e chi oserebbe contrastarne il diritto ai liberali? di preparare ai suoi una buona lista civile, almeno per TIC indirette. II Topete, dicono, si mostro severe e casso dai ruoli non pochi official! di marina, probabilmente percbe so- spetti di poca devozione al nuovo ordine di cose ; ma ebbe almeno im certo pudore che il rattenne dal fare subito a centinaia le promozioni de'suoi partigiani. Non cosi il Prim. Tutti gli ufficiali che col Serrano si dichiararono contro la Regina, furono di botto promossi d'un grado, e questo favore 1'u esteso poco dopo a tutte le altre truppe che aveano aderito poi al pronunciamento. Ben inteso che a cert! cospiratori phi benemeriti, i gradi e gli stipendii furono dati con piu larghezza. Quel tale Escalante, che comando a Madrid i volontarii della liberta, di Capi- tano fu creato Generate! Cosi a ruffa raffa furono gittati in ricompensa a militari felloni e gradi, ed onori e stipendii, II Prim, per quanto si di- ce e si vede, non dimentico se stesso. Negli splendidi appartamenti in cui prese alloggio, i banchetti succedono ai banchetti, con tale sfoggio di prodigalita asiatica, che basta a dimostrare, non essendo egli im Creso nato, come egli sappia dove attingere di che buttare.

Ognuno capisce che il popolo sovrano non vuole contentarsi di' guar- dare, ma vuole anche partecipare alle delizie del banchetto nazionale, e vuole anch'egli la lista civile. Or egli e bene vedere che cosa guada- gni lo Stato al cambio. 1 diarii della rivoluzione, per far gabbo ai sem- pliciani, magnificarono Feconomia che deriverebbe allo Stato dal fare a meno del lusso costosissimo dy una Regina, secondo la frase del Mazzini ; ed esagerando le cifre edi*valori, fecero salire alia somma di franchi 22,925,000 il risparmio che si farebbe per la cessazione della lista civile della regina Isabella, e delle dotazioni al re D. Francesco, alia contessa di Girgenti, alia regina Cristina ed agli altri membri della famiglia reale. II vero si e che il risparmio sarebbe solo di fr. 12,150,250. Or vediamo qual sia la lista civile che decreto a se stesso il popolo sovrano della sola citta di Madrid. La, fmche non fu abolita la Giunta di Governo prowisorio, erano circa 40,000 i volontarii della liberta, che riceveano ciascuuo 2 franchi il giorno, per andare attorno cantando Finno di Rie- go, il che porta la somma di fr. 2,400,000 al mese, cioe circa 30 milioni I'anno. Riducendola anche ad un terzo, ora che i wlontani, sotto nome

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di operai, sono ridotti a circa 14,000, tal lista civile sarebbe pel solo popolo sovrano di Madrid d'una dccina di milioni. E il resto degli Spa- gnuoli vorrebbe forse restare a denti asciutti?

5. Yuolsi tuttavia confessare che tale sperpero era al tutto necessario per mantenere acceso il sacro fuoco dell' entusiasmo pei liberator! della patria; e questo basta a spiegare come le finalize, che erano esauste sot- to il Governo legittimo di Isabella II , siansi trovate subito riboccanti di moneta da gittarsi a1 Generali, ufficiali, soldati e plebe. II Prim da Cadi- ce era andato a Barcellona, dove ebbe accoglienze trionfali dai suoi ade- renti. Quinci passo a Madrid, e le oyazioni con cui vi fu ricevuto, supe- rarono di gran limga quelle che rallegrarono il Serrano, quando vi en- tro vincitore della gran giornata d'Alcolea. Noi rimandiamo i nostri let- tori alle descrizioni che di questo ingresso trionfale stamparono, con vi- vacita incomparabile di poesia, i diarii liberali, affinche possano vedere cogli occhi loro quanta sia la potenza dell' oro, che a delta del conte Ponza di san Martino, fa miracoli. Quello che ne fu scritto all' Unicers eccita risa inestinguibili. Perche se il Serrano entro in Madrid a caval- lo, per essersi la plebe insediata nelle carrozze di gala della Corte, spe- dite incontro a lui, il Prim rischio d'essere soffocato da una tempesta di corone, per una vittoria ottenuta senza combattere!

Ma il Prim udi che si diceva, come egli gia vagheggiasse la corona ftlmperatore di Spagna; e memore della volpe che trovava troppo acer- ba Tuva cui non poteva raggiungere, mando stampare con solenne giu- ramento la protesta, .che rinunzierebbe anzi alia patria, prima di accet- tare quella corona! .Sublime abnegazione! Poi, messo alle strette di dichiarare, egli che mostrava d' aver in pugno le sorti della Spagna, che cosa volesse fame, se una repubblica od una monarchia, scrisse il 10 Ottobre al Gaulois, suo diario ufficiale in Francia, per iscusare la rivoluzione spagnuola accusata di procedere troppo lenta, e ne colse oc- casione per dire il suo avviso sui destini futuri della Spagna. « Noi speriamo che col consenso deH'Assemblea costituente, la quale non tar- dera ad essere convocata, giungeremo, in brevissimo tempo, ad attuare il nostro programma. Noi saremo allora pervenuti a possedere 1'ideale politico della Spagna contemporanea, cioe una vera monarchia costitu- zionale fondata sopra basi liberali, le piu ampie che cosiffatto genere di Governo possa comportare. » Ecco il progressista Prim modesta- mente accconciarsi a divenire monarchico costituzionale, di ardente re- pubblicano ch' egli erasi mostrato al momento di eccitare la rivoluzione.

Tuttavia una accusa pesava forte al Prim ; quella cioe di essere nulla piu che un prezzolato strumento della Prussia, la qnale sarebbesi av- valsa di lui per mandare sossopra la Spagna, all'mtento di creare im- pacci alia Francia e rendere impossibile a Napoleone III ogni alleanza. La Presse parigina del 10 Ottobre avea spiattellato queste accuse molto

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chiarc. II Prim se ne adonto, e per mano del capo del suo gabinetto par- ticolare mando alia Presse una lettera, in cui disdegnosamente le respin- ge, e che finisce con queste parole : « II generale Prim non si e recato a Fontainebleau, e non ebbe per conseguenza a soffrire rumiliazione di un rifiuto d'udienza da S. M. Vimperatore. Quanto ai 600,000 tailed, che si dicono imprestati dalla Prussia, questo fatto fu smentito piii volte, ma il generale coglie questa occasione per dichiarare altamente, che la Spagna si e liberata coll' aiuto delle sue proprie fortune e col sangue dei suoi figli. II colonnello, Manuel Pavia. »

6. Molti pero bramavano di sapere quel che farebbe FEspartero, che, sebbene vecchio di 78 anni , potrebbe essere tentato di contrapporsi al Prim ed ai suoi colleghi. L'Espartero si dichiaro con la seguente lettera al Serrano.

« Logrono 11 Ottobre 1868. Mio degno amico. Esprimo a voi ed ai yostri colleghi del Ministero i miei piii vivi ringraziamenti per la stima e Faffetto che mi manifestate nella vostra lettera di ieri. Tutti sanno quale sia la mia unica aspirazione ; non ho quindi d1 uopo di ripeterla ; e tutti conoscono gia la mia risoluzione verso il Governo che si e costitui- to sotto la vostra presidenza. Questo Governo, non ne dubito, avra pure Fappoggio dei miei amici e di tutti coloro che desiderano veder trionfare il principio della sovranita nazionale in tutte le sue manifestazioni, sim- bolo della gloriosa insurrezione incominciata a Cadice, e che nessuno puo avere maggiore interesse a serbare intatto che gli iniziatori stessi. Gradite, come pure i vostri colleghi, F espressione del mio sincero affet- to, e contate su quella del vostro devotissimo Baldomero Espartero. »

7. E chiaro che, se piacesse davvero al Prim di adoperare la sua in- fluenza, che ora prevale d'assai sopra quella del Serrano, in favore, a cagion d'esempio, dei diritti ereditarii di D. Giovanni di Borbone, FE- spartero, che fu il principale autore del trionfo della madre di Isabel- la II contro il padre di D. Giovanni, non vi si opporrebbe o si oppor- rebbe indarno. Ma ecco che D. Giovanni, appena saputo come le sorti volgevano propizie alia rivoluzione, spedi da Londra, dove ha stanza e dove, per qnanto dicesi, era in istrettissima intimita col Prim, un atto formale di abdicazione dei suoi diritti al trono di Spagna, in favore di suo figlio D. Carlos , fratello primogenito di quell1 egregio principe D. Alfonso, che ora si pregia di militare, semplice soldato, fra gli Zuavi sotto le insegne di Santa Chiesa, a difesa di Pio IX. La rinunzia e del tenore seguente. -

« Non avendo io altra ambizione che la felicita degli Spagnuoli, cioe la prosperita interna e il prestigio della mia cara patria alFesterno, credo di dover abdicare, e per le presenti abdico tutti i miei diritti al trono di Spagna, in favore del mio diletto figlio D. Carlo di Borbone ed Este. Firmato, GIOVANNI DI BORBONE E DI BRAGANZA. »

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I partigiani antichi di D. Carlos fratello di Ferdinando VII, affrettaron- si subito di riconoscere, sotto nome di Carlo VII, il giovane D. Carlos , come legittimo erede del trono ; e questi, trasferitosi a Parigi, e ivi og~ getto di uon poca sollecitudine per i parecchi altri pretendenti alia coro- na di Spagna.

Infatti i pretendenti o candidati che dir si vogliono all'arduo ufficio di regnare e non governare in Spagna cominciarono a pullulare, appena si venne a sapere che il Prim inchinaya alia monarcnia costituzionale, e che i fautori della repubhlica, sfiduciati di riuscire al loro intento, si con- tenterebbero d'un re di lorp scelta. Si parlo subito, come di candidati al trono di Spagna, del principe Alfredo d1 Inghilterra, del duca Amedeo di Savoia, del principe Napoleone, del re Fernando padre del presentc re di Portogallo, e di non sanpiamo quali e quanti altri. Ma i due che sembrano ora disputarsi la vittoria sono T infante D. Carlos, per cui evi- dentemente si travagliano assai gli antichi legitimisti, ed il re Fernan- do, di cui si terrebbero piu sicuri i democratic}.

8. II Serrano, Duca della Torre, si tiene prudentemente sulle genera- li, quanto alia scelta del candidate, ma si dichiaro molto bene quanto alia forma del Governo scrivendo al Gaulois, sotto il 18 Ottobre, nei termini seguenti : « Sigeore. lo debbo ringraziaryi pei seryigi resi dal Gaulois, non meno che dai suoi colleghi liberali di Francia, alia rigene- razione politica della Spagna. La rivoluzione nata a Cadice si e propo- sta di lasciare al paese, agendo in tutta la sua sovranita, la scelta del Governo che creaerebbe piu degno di se ; e gli uomini che si sono po- sti a capo di questo movimento nazionale sono fermamente decisi di far rispettare il programma scritto sulla bandiera riyoluzionaria. Quanto a me ip credo, che una monarchia costituzionale, circondata da tutte le li- berta compatibili con questa forma di Governo, potrebbe essere la for- mola piu in armpnia colFepoca presente e collo spirito e le condizioni particolari in cui si trova 11 nostro paese. lo spero, o signori, che voi continuerete sempre a far comprendere a quelli de'vostri colleghi, che sono nostri avyersarii politici, quanto noi dobbiamo andar superbi della nostra rivoluzione, e yi prego di gradire, coll1 espressione della mia ri- conoscenza Tassicurazione della mia stima. /. Serrano. »

9. Qualche intoppo assai grave potrebbe tuttavia trovarsi neiroioza- ga, che e il capo civile della democrazia progressista, come il Prim fino a ieri n'era il capo militare. Anche costui finalmeiite, veduto ben sicuro il trionfo della rivoluzione, si mosse da Parigi, e, incontrato dal Serrano, dal Prim e da altri suoi degni consorti, entro trionfalmente a Madrid, dove ebbero luogo, colla stessa frenesia di entusiasmo, le piu ridicole scene. L'Olozaga dal verone del palazzo del Governo parlo al popolo, e fu acclamato, massime quando si volse a dare un abbraccio al Prim che gli stava dallato, dppo aver declamato improperii contro Fabbattuta di- nastia , di cui fu Ministro , e da cui si tenne onoratp di ricevere la deco- razipne del Toson d' oro. II Prim si calco il cappello in capo, e grido viva la liberta 1 ed il pubblico ascoltatore ripete il grido a furore.

10. Al punto di scompiglip amministrativo, morale e religioso cui 6 ridotta la somma delle cose in Spagna , certo sarebbe gran ventura per lei che vincesse il partito, il quale gia fin d1 ora V intitola di Carlo VII7 per cui si pubblicano programmi pieni di lietissime promesse. Tuttavia

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-ippena ci regge T animo di augurare a quel giovane principc tal vitto- ria. Poiche troyerebbe in Spagna tante ingiustizic da accettare, che for- se, per impossibility morale di ripararle , la corona gli dovrebbe pesare non menp sulla coscienza e sul cuore, che sul capo.

La religione fu in pochi giorni orrendamente manoraessa e ealpesta <lai vittoriosi settarii ; i qiiali, avidi di preda non meno che accesi d'odio contro le istituzioni cattoliche, furono prima <Togni altra cosa solleciti di ahelire gli Ordini religiosi, per rapinarne le proprieta. La Giunta su- periore di Madrid diede le prime mosse a quest1 opera, col seguente de- creto.

« La Giunta superiore del Governo di Madrid, considerando che la creazione delle comunita e societa religiose, decretata o consentita dai Governi precedenti, avea per oggetto di stabilire in Ispagna istituzioni contrarie alia liberta; considerando che queste comunita religiose faceva- no parte integrante e principale del regime vergognoso ed oppressore che la nazione ha cosi gloriosamente royesciato; considerando che e necessario ed urgente, per consolidare la riYoluzione consumata e per lo stabilimento di nuove istituzioni, di fare scomparire immediatamente queste comunita ed associazioni: II Governo prorvisorio propone a tito-

10 di misura d'urgenza e di salute j)ubblica: 1.° L'estinzione di tutte le comunita e societa religiose ristabilite o create dai precedenti Goyerni a partire dai 1835 : 2.g Uesclaustrazione volontaria nelle comunita non com- prese nel provyedimento suddetto : 3.° L'abolizione di tutti i privilegii concessi alle corporazioni religiose. Madrid, 12 Ottobre 1868. Firmato, Joaquim Aguirre pres. »

Sei giorni dopo il Governo provvisorio recavasi a dovere di sancire ed eifettuare con suo speciale decreto quello cosi emanato dalla Giunta, e faceva bandire, come legge di Stato urgentissima e di capitale im- portanza, tale che non si dovesse nemmeno aspettare la riunione ed

11 voto dalle Cortes, il bandp seguente.

« Usando dei poteri che mi appartengono in qualita di membro del Governo provvisorio, ed a titolo ai ministro di grazia giustizia, ordino, d'accordo col consiglio dei Ministri, do che segue: Art. 1.° Sono soppressi dalla data di questo giorno tutti i monasteri, conventi, collegi, congre- gazioni ed altre case di religiosi dei due sessi ibndati nella Penisola e nelle isole adiacenti, cominciandp dai 29 Luglip 1837 fino a questo giorno. Art. 2." Tutti gli edifizii, immobili, rendite, diritti, ed altrp delle casse di comunita dei due sessi soppresse dall' articplo suddetto, diverranno pro- prieta dello Stato. Art. 3.° I religiosi e le religiose che uscirannp dai chio- stro in seguito di queste disposizioni, rimarranno soggetteagli ordinarii (vescovi diocesani) rispettivi, e senz'alcun diritto alia pensione accordata a coloro che sono entrati nei conventi anteriormeate alia delta data 29

Lufilio 1837. Art. 4.° Le religiose, i cui conventi sono soppressi in se- guito di cio che e ordinato nell'art. di questo decreto, potranno entrare in altri conventi del loro Okdine ancora esistenti, o chiedere di essere esclaustorate, riclamando la dote ch'esse avranno portato, entrando in re- ligione, alia persona o allo stabilfmento in cui si troveranno. Art. 5.° Tut- ti i conventi, monasteri, collegi, congregazioni ed altre case religiose, che sussisteranno a termini della legge 29 Luglio 1837, saranno ridotti in ogni provincia alia meta; e i Governi civili, dopo aver sentito i dioce-

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sani, designeranno nel corso di un mese, dalla data della pubblicazione del presente decreto, coloro che dovrarino essere conservali, preferendo quelli che avranno qualche merito artistico, e trasferendo le,religiose del conventi soppressi in altri del medesimo Ordine. Art. 6.° E proibito in tutti i monasteri e conventi T amniissione di novizie, non meno che la professione di quelle che vi si trovano ancora, quando yi siano entrate come prganiste, cantatrici o sotto qualunque altradenominazione. Art. 7.° Le religiose professe, che a1 termini del presente decreto potranno restare nei loro conventi, monasteri ecc., avranno la facolta di chiedere in ogni tempo Fuscita dal chiostro, indirizzandpsi al gpvernatore civile, che 1'ac- cordera immediatamente, dandone ayvisq al diocesano. Art. 8.° Le reli- giose, la cui professione sara stata anteriore alia detta legge 29 Luglio 1837, avranno diritto alia pensione di cinque reali, specificata air art. 2j) della delta legge ; ma quelle che saranno entrate posteriormente non ayranno il diritto che di chiedere le loro doti nella forma voluta dal- Tart. 4.° del presente decreto. Art. 9.° Le snore della Carita di S. Vin- cenzo de Paoli, di S. Isabella, quelle della dottrina cristiana e le altre conpsciute sotto qualunquesiasi altra denominazione, che si consacrano oggidi airinsegnamento e alia carita, sono conseryate, rimanendo sog- gette dal giorno della pubblicazione del presente decreto, alia giurisdi- zione del Vescoyo, nella cui dipcesi risiedono. Madrid, 18 Ottobre 1868. // ministro di grazia e giustizia, Antonio Romero Ortiz. »

11. Come era da prevedere, ai religiosi della Compagniadi Gesu era toccato gia Tonore di un decreto speciale che colpivali d'ostracismo , spogliandoli d'ogni cosa, e prima d'ogni altro ordine religiose. Eccp il tenore del decreto percio pubblicato dalVOrtiz il giorno stessp in cui la Giiinta super lore fulminaya tutti in generate i corpi religiosi.

« Ministero di grazia e giustizia. lo ordino la soppressione, nella Pe- nisola e nelle isole adiacenti, dell1 Ordine regolare dettp Compagnia di Gesu. Tulti i suoi seminarii e collegi doyranno esser chiusi nello spazio di tre giorni. A questo fine saranno dati da chi di diritto, gli ordini par- ticolari alle autprita delle proyince in cui si troyeranno questi stabilimen- ti. Neiroccupazione delle temporalita si comprendono tutti i beni e gli effetti deH'ordine, mobili ed immobili, fabbricati e rendite che faranno parte dei beni della nazione, conformemente alia disposizione del de- creto reale del 4 Luglio 1835. 1 membri della Compagnia soppressa non potranno piu riunirsi in corpo e in comunita, yestire T abito dell1 Ordine ne dipendere in alcun modo dai superiori della Compagnia esistenti den- tro o fuori della Spagna; coloro che non fpssero prdinati insacris rimar- rannp soggetti intieramente alia giurisdizione civile ordinaria. lo inca- rico i reverendissimi Arcivescpvi, i reverendi Yescpvi e tutti coloro, che esercitano la giurisdizione civile od ecclesiastica, di cpncorrere, in quan- to li riguarda, alia fedele esecuzione della presente disposizione, confor- memente alia prammatica sanzione in data del 2 Aprile 1767 e al breye di Sua Santita del 21 Luglio 1773. Madrid, 12 Ottobre 1868. // Mini- stro di grazia e giustizia, Antonio Romero Ortiz. »

Basti qui accennare che la plebaglia settaria dove antivenne, dove esegui barbaramente i decreti della frammassoneria dominante, in modp yeramente selvaggip. In parecchie citta le monache di tutti i conventi furono strappate ai loro sacri asili, ed o gittate in mezzo alle strade,

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o riunile tutte insieme in un solo monasterp, come non si farebbe cer- to per soldati di yarie armi. Per assicurarsi che non riavessero piu i loro monasteri, questi furono, dove arsi, dove dirqccati a furore. Sivi- glia ebbe in questa parte il privilegio d'essere piu disonorata dai servi- tori del diavolo ; ma la Dio merce , fu anche piu onorata da un bell' atto delle sue Dame, che in numero di piu centinaia firmarono subito una nobilissima protestazione ed un indirizzo al Serrano, perche dovesse tu- telare le sante ragioni della giustizia, della religione, od almeno del- rumanita, pigliando le difese di quelle sante verginelle consacrate a Ge- su Cristo. Questo bell1 atto leggesi riferito per disteso nel n.° 292 del Monde del 24 Ottobre.

Non ci dimoreremo qui a descrivere i brutali procedimenti onde furo- no vittime, non pure i Religiosi d' ambo i sessi ed i preti in molte citta, per opera di pocni settarii scatenati ad ogni eccesso ; ma eziandio vene- randi Vescovi. A suo tempo saranno registrati nella storia a perpetua infamia di codesti riyeneratori di popoli. Ma i nostri lettori ne possono argomentare le enormezze da quello che una giustissima indignazione det- to al Correspondant del 25 Ottobre (Tomo quarantesimo, p. 365-67} che noi qui traduciamo fedelmente.

« La riyoluzione iberica si svolge ; ed aspettando che il carattere poli- tico di essa riesca spiccato con la sceltad'una forma regolare di governo, quel che spetta alia religione eccitatantoaltamente il dolore e lo sdegno che torna impossibile alia coscienza sconyolta il tenersi paga di una ma- nifestaziqne pacata con ordinarie protestazioni. Poiche a Madrid si fa una servile parodia delle nostre pazzie del 1848, comprese quelle del diritto al lavoro e delle o/ficine nazionali, sariasi dovuto almeno far so- sta, come si fermarono i vincitori del Febbraiq, in faccia alia religione ed alia proprieta, che sono le due basi delForganismo sociale.

« La riyoluzione del 1848, vuolsi renderle questo omaggio, non fece entrare nel suo programma ne le proscrizioni, ne gli sppgliamenti ; essa non attento ne alia fede religiosa ne ai beni dei cittadini... Invece d'imi- t are questo rispetto dei piii sacri diritti , i rivoluzionarii della penisola cominciano con gli sbandeggiamenti e conle contische; e, quel che e an- cor piii mostrupso, danno essi pieno sfogo ai rancori ed alle rapacita in nome dei principii che pur calpestano col fatto. Si, in npme della liberta dei culti sono dispersi i Gesuiti ; in nome della liberta di associazione so- no diroccati monasteri e conventi; in nome della liberta d1 insegnamento sisonpchiusi tutti i collegi tenuti da religiosi; in nome del diritto di proprieta sono staggiti e venduti tutti i beni delle communita religiose: in nome deH'ordine sono mandate a sacco e ruba le chiese; in nome del- la liberta personale sono proscritte tali fogge di vestirc e tali categoric di persone; in nome della Giustizia, e per mano del Ministro di Giustizia sono decretate ed effettuate le piu inique misure, e le piii svergognate usurpazioni.

« Ne Todio e le cupidigie di costoro stanno paghe a disfogarsi cost nella metropoli ; vanno oltre i mari a perseguitare la Chiesa , in quelle^ colonie lontane, a coniiscarne le istituzioni e le proprieta religiose... Si concedono ai Gesuiti, per isgomberare dalle loro case, che sono i piuri- putati focolari di scienza, non piu che tre giorni, come farebbesi con rei di enormi delitti colpiti da sentenza infamante. Ma e che male fecero es-

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si? dove le prove? dove i process!? Quale la sentenza d'un tribunale qualsiasi? »

II Correspondent ha ragione di sdegnarsi ; ma i latti del irammassoni spagnuoli a noi paiono la cosa piu naiurale del mondo. Essi fanno cola quel che la loro setta ha fatto da per tutto e sempre, e quel che sta fa- cendo la trammassoneria, diyenuta tiranna dell1 Italia, dal 1859 in qua.

II Goyerno provvisorio di Madrid richiamo dalVesilio tutti i felloni e traditori chen'erano o fuggiti o esiliati; ma esilio innocent! religiosi, eontro de' quali non pole allegarsi verun fatto colpevole. Largheggio in rimuneraziqni a denaro contante coi piu abbietti strumenti della setta, ma dispoglio chiese, preti, Seminarii e Vescovadi. Aboli T insegnamento cristiano ; ma pubblico subito una legge di pubblica istruziqne, che fa desiderare per la Spagna la liberta coriceduta da Abdul-Aziz ai suoi sud- diti cattolici. Insomma aboli quasi tutto cio che la Spagna possedeva an- cpra dell1 antica sua grandezza cattolica, per dar luogo all1 empieta setta- ria, e ridusse in ischiavitu la Chiesa per guarentir la liberta dei culti.

12. NelVatto stesso di suggettare al piii barbaro trattamento migliaia di cattolici spagnuoli, le paterne viscere della (jiuntaproviisoria si com- mossero per gli schiavi negri delle colonie. Quindi, senza altra disamina di opportunity e di giustizia, fu pubblicato il seguente suq decreto.

« Considerando che la schiavitu dei negri e un oltraggio alia natura umana ed una macchia per la nazione, che, sola nel mondo incivilito, la mantiene nella suo integrita; Considerando che, in ragione della sua sto- ria, del suo carattere, dei suoi rapporti con tutte le fasi della vita nelle nostre Antille, dell' importanza d'ogni misura adottata a suo riguardo e della grayita che un colpo irreflessivo puo avere anche pei negri stessi, la schiavitu e una di quelle istituzioni ripugnanti , la di cui sparizione non deve farsi attendere lungamente, ma che esige pero I1 adozione ma-* tura e ponderata di altre misure preventive e simultanee , d1 altra na- tura, per rendere facile, definitiya e feconda 1'opera dell1 abolizione ; Considerando che queste riflessioni nondimeno non si oppongono meno- mamente a che le Cortes costituenti, dopo avere udito i deputati delle colonie, decretino F abolizione immediata della schiavitu , il Governo provvisorio puo frattanto adottare qualche disposizione per vendicare la giustizia offesa; e senza temere alcuna delle complicazioni che costringono ad ottenere la risoluzione delle Cortes, la Giunta superiore rivoluziona- ria di Madrid propone al Governo provvisorio, a titolo di misura d' ur- genza e di precauzione, cio che segue : Sono dichiarati liberi tutti i figli nali da donne schiave, incominciando dal 17 Settembre 1868. Firmati, Maria Rivero, Nicola Salmeron, Francisco Salmeran, Alonso-Telesforo Monterey y Robledo. »

Ma a Cuba, dove le cose sono yedute da vicino, questa abolizione della schiavitu, al lume degli interessi de1 proprietarii, apparve cosa da non doversi accettare cosi alia leggiera. II Capitano Generale di Cuba fece sapere al Serrano, che la rivoluzione della penisola non bastaya ad appa- gare que' coloni, si che volessero lasciarsi rovinare da quei decreti di abolizione della schiavitu, onde i proprietarii sarebbero privati d'un tratto delle braccia necessarie al lavoro dei poderi, e percio delle loro rendite. Ne ci farebbe meraviglia che frutto sicuro della presente rivolu- zione iberica dovesse essere tra non mollo la perdita di Cuba.

CONTEMPORANEA 383

13. Questa mania legislativa della Giunta superior e, inforno a punti di capitalissima importanza, non aveva verun ibndamento nei principii di diritto pubblico ammessi dai liberali, e dovea creare, non pure mollo im- paccio ai present! reggitori dello Stato, ma royine irreparabili per Fav- venire. Non tardo pertanto a sorgere un conflitto tra il Governo provvi- sorio e la Giunta Superior e. Allp scoppiare della rivoluzione si era ban- dito die il popolo sovrano deciderebbe de1 suoi destini ; ma quando si venne a deliberare circa il modo con cui il popolo sovrano dovrebbe ma- nifestare la sua volonta, la discordia, che e elemento essenziale dellc sette politiche spagnuole, ripiglio subito i suoi diritti. II Governo prov- yisorio inchinava ad un plebiscite, sulla forma di quello onde la Francia istitui llmpero e conferi a Napoleone III la corona imperiale. La Giunta suprema, che scnti T impotenza sua ad inipedire in tal caso che si rista- bilisse la monarchia costituzionale, a cui mchinavano Serrano e Prim, voile riseryala alle Cortes la scelta della forma di Governo.

Dopo gli stiracchiamenti soliti ad accadere in tali casi, la Giunta cre- dette di trarre a se quella padrona asgoluta che e la fattizia opinione pubblica, e promulgo il seguente suo voto :

« Considerando che la forma di Governo e una delle questioni piu im- portanti per iVdiaamento dello Stato, e che il Governo e tanto piu so- lido e rispettato quanto piu e Tespressione della volonta nazionale; Con- siderando che la risoluzione sulla forma del Governo dev1 essere ampia- mente discussa, e che un plebiscite che non e preceduto da malura deli- berazione non potrebbe essere Tespressipne della volonta della nazione; Considerando che il voto di un plebiscite, prima che il giudizio degli elettori sia stato chiarito da numerose discussioni pubbliche e dai gior- nali, non sarebbe Tespressione coscienziosa della sovranita nazionale; Con- siderando che, viste le circostanze che hanno preceduto la rivoluzione spagnuola, il popolo non ha potuto illuminare la sua coscienza sulla for- ma del Governo che meglio gli conviene, ne giudicare esattamente le persone che possono essere proposte per occupare il primp ppsto dello Stato; Considerando che, quanto importa lo affrettare la riunione dellc Cortes costituenti per uscire da un regime proyvisorio pericoloso per la rivoluzione e pregiudizievole agli altri interessi della patria, altrettantp e utile che il suffragio sia coscierzioso per essere libero; cosa che sara impossibile se gli elettori sono chiamati In un breve lasso di tempo a de- cidere della forma di Governo e designare il capo dello Stato, atteso che essi cederanno a simpatie non meditate qppure obbediranno a pressioni straniere invece d'inspirarsi sd un giudizio corretto : La Giunta propone al Governo provvisorio di dichiarare che appartiene unicamente alle Cortes costituenti, cpnformemente al manifesto di Cadice, proclamato in tutte le province, di decidere la ciuestione fondamentale della forma di Governo , senza che percip si voglia discpnoscere il diritto di ogni Spa- gnuolo, ed anche di ogni impiegato pubblico, di emettere il suo parere o di manifestare le sue simpatie individual!, ma esenti di ogni carattere officiale. »

14. Ma dove la vittoria e dovuta alia sciabola, le ciarle dei tribu- ni della plebe non sogliono prevalere. Si venne a componimento pe- ro, in quanto il Governo provvisorio promise che intera liberta lasce- rebbesi alia nazione quanto alia scelta della forma di Governo; e la

384 CRONACA CONTEMPORANEA

(riunfa, yeduta T inutilita della propria esistenza, prese la risoluzione di sciogliersi, dicendo in un suo bando che « Tordine pubblico e pie- namente assicurato e che il Governo provvisprio e degno della uni- versale fiducia » ; e- che percio dovea questo rimanere libero nel suo andamento.

II Serrano ed i suoi colleghi usufruttuarono subito questa, piu o meno spontanea , ma certamente utile determinazione della Giunta supe- riore della Metrqpoli, e con un decreto del 20 Ottobre ordinarono che « Le Giunte rivoluzionarie ora esistenti cesseranno immediatamen- te; 2" I municipii, le deputazioni provincial! e le autorita del Gover- no rimarranno esclusiyamente incaricate della pubblica amministrazio- ne in tutti i suoi rami; 3U Le Giunte rivoluzionarie consegnerannp ai Governi delle Capital!, ed agli Alcadi delle altre citta, tutti i registri dei processi verbali e documenti che si troyeranno nelle segreterie. »

Coraandare e presto fatto ; ma trovare chi ubbidisca in un paese ri- voluzionario, di quell' indole ch'ela Spagna educata dai liberali, torna difficile. Alcune delle Giunte si sciolsero; altre, e specialmente quella di Barcellona, rifiutarono. Initia dolorum.

15. II Governo provvisorio, nello stesso giorno 20 Ottobre in cui riu- sciva a spacciarsi della Giunta superiore di Madrid, e decretava lo scio- glimento delle altre raunate nelle province, prowedeva a farsi rico- noscere dai Governi stranieri; e per venirne a capo spediva, per mez- zo del Lorenzana, Ministro sopra gli affari esterni, una sterminata cir- colare ai rappresentanti spagnuoli presso le Corti straniere, affine di svolgere la storia e gli intenti della rivoluzione, e disegnare le sorti future della Spagna. Lq spazio ci manca a dare qui un analisi di que- sto documento, che lascia intendere anche troppo chiaro, yoler il Go- verno provvisorio introdurre in Spagna, con la liberta dei culti e del- lo insegnamento, tutte le altre sfrenatezze di licenza, che sono il cor- redo delle istituzioni massoniche. Questo documento leggesi per intero nel Monde del 23 Ottobre, n.° 291.

16. Ma il rappresentante americano a Madrid non aveva aspettate queste spiegazioni, per entrare in relazioni diplomatiche uiliciali col Governo rivoluzionario. Appena il Serrano era stato assunto dalla Giun- ta superiore al reggimento dello Stato, il Ministro degli Stati Uniti era- si fatto premura di visitarlo ed offerirgli tutta Tapprovazione e T amici- zia del suo Governo. Questo esempio fu imitato dai rappresentante del Governo italiano; ed ora sembra accertatp che anche Tlnghilter- ra, la Francia ed il Portogallo abbiano riconosciuto quel Governo prov- visorio, entrando con esso in relazioni ufficiali diplomatiche. La teo- ria dei fatti compiuti ya cosi ricevendo nuove applicazioni, che faran- no a poco a poco sparire ogni idea del valpre che ha il diritto , tut- to riducendolo a prevalenza di forza materiale.

L' INVITO DEL PAPA AI PROTESTANTI

E IL GIORNALE IL TIMES

La Santita di nostro Signore Papa Pio IX, « eccitata e spinta dalla carita del noslro Signore Gesu Cristo, il quale diede 1'anima sua per la salute di tutto il genere umano » , indirizzo, sotto la data del 13 Settembre di quest' anno, sue Lettere apostoliche « a tutti i protestanti ed agli altri acattolici, i quali, quantunque riconoscano lo stesso Gesu Cristo come Redentore e si glorino del norae di cristia- ni, pure non professano la vera fede di Gesu Cristo, ne seguono la comunione della Chiesa cattolica » ; ammonendoli « a cogliere 1'occa- sione del prossimo Concilio ecumenico, dalla stessa Santita Sua tesle intimato , col quale la Chiesa cattolica , a cui i loro antenali erano ascritti, presenta un nuovo argomento dell'intima unita edeirinespu- gnabile sua forza vitale, e, i ispondendo al bisogno del loro cuore, sforzarsi di togliersi da quello stato, nel quale non possono essere sicuri della loro salute. » Li esorta inoltre la Santita Sua « a consi- derare seriamente ed a riflettere se essi seguano la via prescrilta dallo stesso "Signore Gesu Cristo, la quale cond\ice all'eterna salute », e ad « offerire ferventissime preghiere al Signore delle raiseiico: die, affinche abbalta il muro della divisione, dissipi la caligine degli er- rori, e li riconduca in seno della santa madre Chiesa, nella quale i loro anlenali ebbero gia salutevoli pascoli di vita, e nella quale sol- tanto si conserva intera e s' insegna la dottrina di Gesu Cristo, e si dispensano i misteri della grazia celeste. » Serie VH, vol. IV, fasc. 448. 25 7 ffwmbre T868.

386 I/ INVITO DEL PAPA AI PROTESTANTI

Presenta ancora la Santita Sua, in questa sua amorevolissima let- tera a tutti i protestanti ed acattolici, come un quadro fedele dello stato miserando cui e ora ridotto il protestantesimo nel mondo. « Chi accuratamente consider!, dice il S. P. Pio IX, la condizione in cui si Irovano le varie societa religiose discordi tra loro, e separate dalla Chiesa cattolica, la quale dal tempo di Gesu Cristo Signor nostro e dei suoi Apostoli, senza interruzione, per mezzo de' legittimi suoi sacri pastori, sempre esercito, ed anche ora esercita, la divina po- testa, a lei dallo stesso Cristo Signor nostro conferita ; facilmente dovra persuadersi che ne veruna delle stesse societa in particolare, ne tutte insieme congiunte non costituiscono in nessun modo, ne sono quell'Una e Cattolica Chiesa che Gesu Cristo edifico, costitui e voile che esistesjse. Ne si pu6 dire in nessun modo che siano membra e parte della stessa Chiesa, quando sono visibilmente divise dalla Cat- tolica unita. Giacche queste Societa maucando di quella viva auto- rita stabilita da Dio, la quale specialmente insegna agli uomini le cose della fede e la disciplina de' costumi, e li dirige e governa in quelle cose che riguardano la salute eterna, variarono continuameu- te nelle loro dottrine; la quale loro mobilita ed instabilita non cessa mai. Dai quali dissidii nelle dottrine e nelle opinioni nascono anche civili divisioni, e sorgono innumerevoli comunioni e sette che ogni di piu si propagano, con soinmo danno della societa cristiana e ci- vile. » E conchiude : « Noi certo per Tufficio del nostro suprema apostolico ministero, affidatoci dallo stesso Cristo Signor nostro, do- vendo adempire con sommo impegno a lutte le parti di buon pasto- re, ed accogliere ed abbracciare nella paterna carita tutti gli uomini dell' universo orbe , percio mandiamo questa Nostra Lettera a tutti i cristiani da Noi divisi , colla quale li esoitiamo e preghiamo di cuore e ripetutamente affinche si affi ettino di ritornare all'antico ovi~ le; imperocche dal profondo deH'animo desideriamo sommamente la loro salute e temiamo di dovere a suo tempo rendere ragione allo stesso nostro Giudice se , per quanto sta in Noi , non avessimo lora additata e preparata la via di conseguire 1' eterna salute. »

Dalle quali parole linora citate, e dalle altre tutte, nelle quali piu largamente si estende il S. Padre nella detta Lettera, questo appari-

E IL GIORJNALE IL TIMES 387

see evidentemente in primo luogo, che unica preoccupazioue del Som- mo Pontefice e qui 1'eterna salute delle anime alia sua cura e vigi- lanza affidate. Tra le quali sono pure le anime dei protestanti e de- gli altri acattolici, i quali come battezzati sono di diritto solto la sua giurisdizione e vigilanza apostolica, benche di fatto se ne siano sot- tratti come figli disobbedienti e sudditi ribelli.

Un' altra cosa apparisce da lutte le formole di questa Leltera ; ed e che il Santo Padre si rivolge a tutti e singoli i protestanti e acattolici personalmente e direttamente, e non gia a niuna pretesa autorita o rappresentanza loro: Che niuna in verita ne esiste ne puo esistere in forza dello stesso principio protestantico dello spirito pri- vato, secondo il quale ogni individuo e giudice ultimo e supremo di se stesso e della sua coscienza e della sua fede. Che se cio non- ostante, di fatto esistono o concistori o sinodi, o altre quali si voglia- no autorita, che si sono arrogato il diritto di regolare gli affari delle singole comunioni e sette protestantiche; e evidente che queste non hanno nessuna voce in capitolo per rispondere all' hrvito del Santo Padre; se pure non rispondano personalmente a nome proprio e in- dividuale, e non si usurpino una rappresentanza delle persone altrui, tutte sottratte dalla loro ingerenza in forza dello stesso protestante- simo da loro seguitato.

Delle quali due rilevantissime cose non ne ha intesa niuna il Times dei 3 Ottobre, copiato e commentate da molti giornali liberali si fo- rastieri e si specialmente italiani, i quali specialissimamente incapaci di pur rifleltere sopra le cose che smt spiritus Dei, hanno ancora aggiunti i loro agli spropositi ed alle sconvenienze del celebre gior- nale inglese.

Or noi, senz' andar qui sottilmente esaminando le singole pa- role sia del Times sia de' suoi citatori e commentatori , dei quali tutti, in tali materie specialmente, in verita si pu6 dire il nesciunt quid faciunt e il quod ignorant blasphemant , e ai quali si puo per conseguenza applicare il non ti curar di lor ma guarda e passa; ci arresteremo invece al sunto e come al sugo ed all'espressione dei lo- ro sofismi contro la citata Lettera e invito ai protestanti del Sommo Pontefice Pio IX; pigliandone occasione per sempre piu far risaltare

388 L' INVITO DEL PAPA AI PROTESTANTI

la sapienza, la carita e 1'opportunita dell'invito; e la stoltezza, I' inci- Tilta e sconvenienza del modo, onde tal invito fu accolto da chi non ha nessun diritto e nessun titolo di pur metier bocca in tale affare.

E per cominciare da quest' ultima riflessione, della quale ci pos~ siamo sbrigar con poche parole, noteremo come non solo il Times, ma ancora parecchi giornali italiani suoi citatori e commentator*! cad- dero in quest' errore grossolano, di credere che un protestante possa rispondere all' invito del S. Padre non solo a nome proprio , ma a norne ancora altrui, del che niuno ha diritto. E cosi per modo di esempio la Perseveranza di Milano degli 8 Ottobre dice volcr xc riassumere 1'articolo del Times come organo del pubblico prote- stante » : fallo madornale , tanto meno compatibile quanto che la Perseveranza ha per capo redattore chi si pregia di conoscere be- ne r Inghilterra e le cose inglesi. Or come non sa egli che il Times, non solo non e organo del pubblico protestante, ma propriamentc non e organo di nessun pubblico, essendo solo un eco cotidiano dellc fuggevoli e contradittorie impressioni di tuiti i redattori che vi scri- Tono? E se di tutti i giornali liberali ora si puo dire con verita quel motto che « un giornale non ha coscienza » ; di nessun giornale pero si puo questo asserire con piu fondamento che del Times , dove tro- vate roba per tutti i gusti e per tutte le convinzioni, e cio ogni gior- no ed in ogni numero del giornale. Or come si potra dire organo delle coscienze e delle convinzioni altrui un giornale, che si pregia di non avere nessuna coscienza e nessuna convinzione propria?

E con qual diritto potra discorrere a nome « del pubblico prote- stante » un giornale, che neppure e organo fedele del pubblico del suoi molti redattori? De' quali ciascuno, se pure e protestante, dee naturalmente, e in forza del suo essere protestante, conservare tutta la liberta del suo spirito privato , mutabile dair oggi al dimane , se- condo le variabili ispirazioni individual! e di quel momento?

Piu saviamente a questo proposito opero il dottor Lee , secondo che narra il corrispondente di Londra del giornale di Brusselles. Que- sli, benche Ministro anglicano, non si crede autorizzato ad accettare e rifiutare V. invito pontificio a nome altrui. Yero e che nella conclu- sione d'una Novena da lui predicata all'uso puseista, per ottenere la

E IL GIOUNALE IL TIMES 389

riunione di tutti i cristiani , sconforto i suoi uditori dal convertirsi isolatamente al cattolicismo, ma promise die, se resteranno nella co- munione anglicana, questa studiera il modo di torre tutte le difficolta per una riunione alia Chiesa cattolica. Col che venne a concedere implicitamente ad ognuno il diritto che gli compete individualmentc di far a modo suo, essendosi egli ristrelto a pregare i suoi uditori 7 e consigliarli, ed astenendosi da quel fare autorevole che egli ben conosce non competere a nessuno nel protestantesimo.

Ma lasciando questo punto, tanto meno rilevante quanto piu e chia- ro, che nessun protestante si lasciera punto regolare in quest' affare piu che in qualsivoglia altro risguardante la coscienza dall' autorita d' un Times; yeniamo a discorrere della seconda considerazione, da noi qui innanzi fatta sopra V inyito del S. Padre ai protestanti; cioe che da esso traspira, come unica preoccupazione, il desiderio e la sollecitudine apostolica per Y eterna salute loro, e nen veruna altra cura o interesse di prosperita o bene qualsiasi temporale. II che ci basta ora di aver accennato, dovendoci questa considerazione servire come di chiaye a sciogliere alcune delle ragioni che il Times oppone all' invito pontificio.

Tre sono le ragioni toccate dal Times. La prima e che gli Stati e i popoli protestanti stanno meglio quanto al temporale, che non i po- poli e gli Stati cattolici. « Tutta la forza e prosperita dell'Europa sono nelle mani de' protestanti : tutta la debolezza e la decadenza in balia del Cattolicismo. La Francia e forte, ma la yita e 1'attivita ne derivano dalla riyoluzione, non gia dairultramontanismo : e se 1' Ita- lia sorge gli e perche Roma cade. »

La seconda e che al Papa , anche nelle cose di sua piu stretta pertinenza , tutto sembra ora sfuggire di mano. « Ogni cosa sem- bra sfuggir di mano al Papa. La sua Italia stessa pone le mani sul suo patrimonio e ne sfida Y autorita. L' Austria se ne e tirata addos- so r indignazione yiolenta, ripudiandone le pretensioni piu solenni. Egli non ha piu che poche miglia quadrate ch'egli possa chiamar sue, e ancor cola e appoggiato a baionette straniere. Un solo pae- se in Europa (la Spagna) gli era rimasto fmo a questo giorno asso- lutamente deyoto. Ma anche quest' ultimo sostegno gli e ora tollo.

390 L' JNYITO DEL PAPA AI PROTESTANTI

Insomnia i migliori suddili del Papa gli si ribellano, e i Govern! di iutti i paesi d' Europa sono diretti a dispelto delle sue leggi. In tali circostanze il Papa da una prova della sua benignita ben nota col rivolgere il pensiero alle coimmioni protestanti, da cui tutto questo male e derivato. »

La terza ragione e , che quand' anche i protestanti venissero al Concilio , non si sa che cosa ci verrebberg a fare : « Ogni Yescovo cattolico Romano non e altro che 1' estremita d' un portavoce, di cui r altra estremita e a Roma e nelle mani del Papa. II Papa udirebbe soltanto moltiplicata la sua propria voce e ricorderebbe solo 1' eco delle sue proprie conclusioni. Non i laici, non i rappresentanti delle Potenze cattoliche sararmo uditi nell' assemblea, quand' anche vi fos- sero ammessi nell'uditoiio per semplice privilegio. E quando tutto fosse tinito che ci riniarrebbe? Null' altro che ubbidire e chinare il collo al giogo, che a que' prelati piacera d' imporci, ed essere in ogni particolare della vita servi cento voile piu obbedienti ed umili che i nostri antenati. Noi godiamo ora il diritto di governarci nelle mate- rie civili e religiose. Per questa considerazione pensiamo che il Papa si avra una risposta poco lieta al suo invito. »

A queste tre ragioni del Times se ne puo aggiungere un' altra re- cata da altri protestanti, come lui restii all' invito pontificio, ed e la ragione della moralita, che essi dicono regnare altrettanto, se non piu, ne' paesi protestanti che non nei cattolici. Donde si fa questo breve e chiaro argomento. Se tanto nelle cose temporali quanto nelle spi- rituali il protestantesimo si avvantaggia sopra il cattolicismo, perche i protestanti avranno a farsi cattolici, e non anzi i cattolici a farsi protestanti? Bisogna pero convenire che il Times e in generate i pro- testanti poco toccano ora il punto della morale e si fermano piu vo- lentieri , come si e veduto , sopra 1' altro della prosperita politica e materiale della salute terrestre, della quale per conseguenza ci con- vien parlare in primo luogo.

Or sopra quest' argomento della prosperita materiale e della pre- ponderanza politica, noi in verita ci maravigliamo come in una que- stione tutta spirituale di verita dommatiche e di salute eterna, si venga fuori dai protestanti con simili argomenli. Quand' anche fosse

E IL GIORNALE IL TIMES 391

wo quanto dicono, che ha da fare questo coll' argomento che e in questione ? Certo gli antichi Roman! ebbero prosperita materiale e preponderanza politica, piu che non 1'abbia ora Y Inghilterra. Si dee forse per questo conchiudere, che 1' Inghilterra ha da ritornare pa- gana, come era prima che i Papi la rendessero cristiana cattolica? Quest' argomento del Times era anzi spinto molto fortemente dai pa- gani contro i cristiani. Essi diceano : « Quando si adoravano gli ido- li , T impero era potente. Ora che si abbandorio questo culto, rim- pero va a tocchi. » Alia quale obbiezione noi dobbiamo 1' opera di S. Agostino de Cimtate Dei, siccome sa ognuno.

Al tempo de' Romani stessi, de' Greci, di Tiro e Sidone, e di al- tre civilta fiorentissime in commercio , in lettere , in influenza poli- tica, vivea il popolo ebreo, unico popolo che possedesse la vera re- ligione, il quale nondimeno era di tanto inferiore a tanti altri po- poli, in opera di prosperita materiale. Dira forse per questo il Times che gli ebrei si avessero da far pagani, e che il paganesimo fosse piu atto che non la vera religione a formare la felicita degli uomini, anche in questo mondo?

Che anzi se si dovesse pigliar argomento della verita della reli- gione dai beni temporali, il Times sarebbe molto corifuso. Giacche crede egli al Nuovo Testamento ? Crediamo di si, se pure e prote- stante, e non incredulo e razionalista. Or bene, che cosa promette eglitf Vangelo ai veri cristiani? Forse prosperita temporale, ricchez- ze, progressi materiali? Ohibo! Tutte queste cose il Vangelo le dis- prezza ed insegna a disprezzarle. Tra le Beatitudini evangeliche non si e trovato ancora nessun codice evangeh'co di nessuna famiglia, il quale ponga le ricchezze e i piaceri. Beati sono detti quelli che plan-, gono e i poveretti, non gia i gaudenti e quelli che si chiamano ora, per antonomasia, i Lordi inglesi. Ai veri seguaci di Cristo il Vangelo promette persecuzioni e croci : Eritis odio omnibus propter nomen meum. Sarete in odio a tutti per il mio nome. Non dice Gesu Cri- sto : « Sarete da tutti invidiati per le vostre ricchezze e prosperita. » Non dice questo il Vangelo. Dice al contrario : « Vi sara rubato il vostro, vi cacceranno dalle citta, sarete da tutti maledetti peril mio nome. »

302 I/ INVITO DEL PAPA AI PROTEST AMI

Donde si fa questo argomento. Quella religione e la vera cristia- na, fondata da Gesu Cristo, che e conforme al Yangelo. Ma, secondo il Times, i protestanti nuotano nolle prosperiia materiali e si tengo- no beat! per questo, quando cio e contro lo spirito del Yangelo ; dun- que i prolestanti non seguono la religione conforme al Yangelo.

Vero e che qui, per non pigliare un grosso abbaglio, conviene osservare molto bene , clie altra cosa e che una religione abbia i suoi professori piii o meno prosperi, ricchi e benestanti, ed altra cosa e che questi professori di una religione siano infelici in forza della stessa natura della loro religione. Giacche la natura del cristia- nesimo non e certamente fatta per render miseri i popoli. Che anzi e verita riconosciuta dal senso comune, che una religione vera e santa dee necessariamente condurre 1'uomo anche a cio che si chia- ma ora con termini generali civil ta e progresso ben inteso. £ dun- que da osservare in primo luogo che, quando il Yangelo promelte ai crisliani disgrazie e persecuzioni, le promette per modo di profezia e di vaticinio delle persecuzioni che i cattivi avrebbero poi fatto loro tollerare. Non sono dunque queste persecuzioni e mali diversi, profetati dal Yangelo ai buoni cristiani, come provenienti dalla na- tura della religione loro, ma dalla perversita de' loro nemici prepo- tent! e tiranni. Che se questi non fossero, la religione cristiana per se stessa e fatta per unire in fratellevole e santo accordo tulti gli uomini, che colla scambievole carita ed affezione non potrebbero al- tro che felicitarsi scambievolmente. Quanto poi alle Beatitudini del piangereedel patire, queste si intendono della felicita interna, anche in questo mondo provata da coloro che in buona coscienza soffrono per la giustizia e si guadagnano cosi per tutta 1' eternita una gloria ed una felicita perfetta. Ma parlando in generate della societa cristia- na, tanto e falso che la religione di Gesu Cristo conduca al mal essere ed alia miseria, che anzi il Yangelo stesso promette il contrarlo di- cendo : Quaerite primum regnum Dei et iustitiam ems : et haec omnia adiicientur wbis. L'llaec omnia poi si estende a quello che poco prima dice il Yangelo esser cercato dalla gente mondana, Haec omnia gentes mundi quaerunt. Quello dunque che i mondani cercano come primo ed unico bene, il primeggiare; Y arricchire, lo

E IL GIORNALE IL TIMES 393

star bene in questo mondo , tuito questo il Vangelo lo dara come appendice e giunta a coloro che cercheranno, per prima cosa e prin- cipale,'il regno di Dio e la sua giuslizia.

Ora noi domandiamo ad ogni uomo savio, se tutti qnesti caratteri della vera religione cristiana non s' incontrano ne' popoli cattolici piu che non ne' protestanti, e cio per confessione spontanea e, per cosi dire, imprudente degli stessi protestanti. Giacche se i popoli cattolici in generate non sono cosl dediti come i protestanti al com- mercio, all'arricchire, alia ricerca del ben essere in questo mondo, cio significa appunto che essi sono migliori cristiani che non i pro- testanti, giacche non cercano per prima cosa haec omnia quae gen- tes quaenmt.

E se nondimeno i popoli cattolici sono civili e ben educati e, co- me vedremo tra poco, anche piu felici in questo mondo che non i protestanti, cio significa che si verifica sopra di loro la benedizione evangelica dell' toe omnia adiicientur vobis.

E se contro i popoli cattolici specialmente si scatena il diavolo, che si serve appunto soventi volte dei popoli protestanti per immi- serirli e torment arli, come accade, per esempio, in Irlanda ; questo pure e una pruova della verita di loro religione, ai cui professor! furono appunto profetizzate dal Vangelo simili disgrazie.

E se queste disgrazie, lungi dal far perdcre la fede ai popoli cat- tolici, li confermano anzi e H perfezionario e li rendono piu attaccati di cuore alia loro religione, e per nulla desiderosi di mutarla colla protestantica ; ed anzi se ogni giorno si vede che il meglio e il fiore del protestantesimo si converte al cattolicismo, e il peggio e il mar- cio de' cattolici si volge invece al protestantesimo ; cio dimostra sempre meglio che regna nel cattolicismo lo spirito di Gesu Cri- sto e del Vangelo, e regna invece nel protestantesimo lo spirito contrario.

E qiii ci conviene toccar brevemente delle falsita del pregiudi- zio che corre presso molti, dell' inferiorita dei popoli cattolici in paragone coi protestanti, in opera di vera prosperita temporale. Di- ciam di vera prosperita: giacche non occorre esser cristiano, ba- sta esser uomo di senno, per sapere che la prosperita vera d'un

394 I/ INVITO DEL PAPA AI PROTEST ANTI

popolo non consiste nella sola abbondanza del beni material!, ma nella loro giusta misura ben divisa e adatta ai bisogni di tulti e ben adoperata e usaia dagli individui. Ne e prosperita vera di un popolo la ricchezza sfondata di pochi, coniperata col sudore e col- le lagdme di molti, come accade di fatto appunto nell' Inghilterra. E molto meno e vera prosperita di un popolo, la sua forza e pre- ponderanza politica, comperata con armament! infiniti, con tulta la popolazione sotto 1' armi , con tasse smodate , con guerre micidia- li nelle quattro parti del mondo. Tutto questo sara prosperita per i pochi che ne godono i frutti : ma e tormento , e miseria pel ve- ro popolo che la procura a sue spese e col suo sangue. Or se ben si considera, si vedra che questa appunto e quella apparente prosperita, ma vera infelicila, che il Times ammira nei popoli che egli chiama phi civili ed avanzati nel progresso materiale. E ben ne e indizio e prova 1' agitarsi delle masse popolari verso il so- cialismo ed il comunismo appunto in questi paesi piu civilizzati. I quali se avessero il popolo lieto e prospero, questo non farebbe tremare i ricchi coi suoi conati di ladroneccio e colle sue aspira- zioni ad un bene che sogna, ma certo non possiede. Non si vedono questi indizii terribili nei popoli cattolici ; o vi si Yedono meno , e se in parte si vedono , si vedono appunto in quella parte di popolo che meno ha del catlolico e piu del protestanle. Del resto mille vol- te sono state, e da noi e da altri pubblicate le statistiche, le quali pro- vano col fatto delle cifre quanto sia piu prospero in generate il po- polo cattolico che non il protestante. Basli il ricordare 1' opera del Gobbet sopra la differenza tra il popolo inglese quando era cattolico, ed ora che e protestante.

Del resto in questa questione della prosperita materiale dei cat- tolici e dei protestanti, i protestanti hanno si di versa e contraria maniera di argomentare secondo i casi diversi, che veramente pro- vano con cio stesso la falsita di loro causa. Imperocche quando tro- vano in un paese che la Chiesa caltolica e ricca e potente ed ab- bondante d' influenze e di beni temporal! , lungi dal prendere da cio argomenlo della verita e bonta di una religione che procura ai suoi ministri tanta prosperita, strepitano anzi contro questo scanda-

E IL GIORNALE IL TIMES 395

Io, c citano il Vangelo e la Chiesa primitiva, e fanno di luito per ru- bare essi e per aiutar altri a rubare alia Chiesa caltolica i suoi beni, e spogliarla di ogni sua influenza ed ingerenza. Quando poi trovano che la Chiesa cattolica e povera in qualche paese e senza beni e infmenze, allora dimenticano le prime loro declamazioni, e ne fanno delle contrarie , argomentando la falsita della religione cattolica e la veracita della protestante, dalla mancanza di quei beni e di quelle influenze, la cui presenza era prima per loro un argomento per la slessa conclusione. Ma il vero si e che ne la ric- chezza, ne la poverta, ne 1' influenza, ne la sua mancanza sono punto una prova della verita di una religione, che e fondata appun- to sopra il disprezzo e Y indifferenza verso quest! beni temporal*, in- segnataci col suo esempio dal suo divin fondatore Gesu Cristo. E questa stessa grande stima esclusiva che fanno di tali cose i prote- stanti, e un segno evidente della falsita di loro idee in opera di reli- gione cristiana.

I quali protestanti , se per un poco si ricordassero gli elogi che sempre fanno della Chiesa primitiva dei primi secoli , nei quali sol- tanlo essi trovano la purita della religione cristiana , dovrebbero vergognarsi dell' andar ora tanto dietro alia ricchezza, al commercio ed all' influenza politica, come a veri frutti del protestantesimo da loro seguito. Giacche non ci vuole grande erudizione, per sapere che nei primi secoli tutti quesli beni temporal! appartenevano ai pagani ; ed alia Chiesa cristiana non toccava allora che la spogliazione, la persecuzione e il martirio. Che se la potenza politica e le ricchezze temporal! sono ora un segno della vera religione, perche i prote- stanti non si ricordano del medio evo, quando la Chiesa cattolica comandava nei mondo? Sarebbe dunque forse , secondo il Times , vera o falsa una religione a giorni ed ore, secondo che procura ai protestanli la ricchezza e ai cattolici la poverta? Ben apparisce dun- que la fatuita e nullita di questo primo argomento, col quale il Times ed altri protestanti vogliono conchiudere qualche cosa contro il cat- tolicismo, in favore del protestanlismo. Giacche la poverta e la ric- chezza non provano nulla per se stesse, in favore di niuna religione:

v396 I/ INVITO DEL PAPA AI PROTESTANTI

e in quanto provano indireltamenle qualche cosa, provaiio in favor e del cattolicismo anziche del protestantismo.

La seconda difficolta sopra esposta del Times , benche in gran parte simile alia prima, poiche luita si fonda sulla prevalenza po- litica e materiale dei popoli protestanti o poco devoti a Roma, e sopra la inferiorila del Papato presentemente nel mondo, solto il ri- guardo di potenza politica e temporale, ha questo pero di parlicola- re e di' diverse dalla prima, chetocca specialmente della condizione stessa del Sommo Pontefice Romano e dei suoi sudditi, i quali, se- condo il Times , gli si ribellano contro. II che quanlo sia falso di falto basta di qui accennarlo, apparendo ormai evidente il conlrario; giacche laddove in altri paesi sorgono le rivoluzioni quasi per in- canlo, qui in Roma non si e punto mai riuscito dagli intraprenditori di simili movimenti ad altro, che ad affezionare sempre piu il popolo al suo Sovrano. E lo stesso accadeva negli Stati rubati al Papa: i quali non si ribellarono , come dice il Times , ma gli furono violen- temente tolti a dispetto del popolo fedele. II che fu da noi e da altri tante volte si chiaramente provato , ed e ora si entralo nelle menti di tutli, che crediamo inutile di ritornar piu a lungo sopra quest' ar- gomento.

Bensi vogliamo osservare che, quand' anche fosse vero quel che dice il Times, c'6 nulla proverebbe; giacche siccome non si dimo- stra che la religione Turca sia migliore della cristiana, perche tanti crisliani sono solto i Turchi ; cosi non si dimostra cbe la religione protestante sia la buona in paragone della cattolica, perche molti cattolici sono sotto i protestanti. Molto meno dunque si puo argo- mentare in favore del protestantismo, da queslo* che lo spirito rivo- luzionario, fomentato e promosso dalle dottrine e dall' oro protestan- te, siasi infiltrate nelle popolazioni cattoliche ed abbiale mosse con- tro i loro legittimi Governi. Perocche questo pure e noto e lo confessa il Times, che lo spirito di ribellione e frutto dello spirito protestante. « I migliori sudditi del Papa , dice il Times, gli si ribellano eontro, e i Governi di tutti i paesi di Europa sono diretti a dispetto delle sue leggi. In tale condizione di cose egli da una prova della sua benignita col rivolgere il pensiere alle comunita protestanti, da cm

E IL GIOMALE IL TIMES 397

tutto questo male e derivato. » Se lutto questo male, come confcssa il Times, e derivato dalle comunila protestanti, cio prova che lo spi- rito protestantico e per se stesso spirito di ribcllione e di anarchia nci popoli e nei Govern!. E questo ci apre la via a discorrere della moralita del protestantesimo ; il che faremo in un prossimo articolo. Conchiuderemo intanto questo, coll' osservare che fin' ora le ra- gioni addolte dal Times, per non curare 1'invito pontificio, dimostrano anzi che esso dee esser molto curato dai protestanti, che riflettono. Giacche pur troppo essendo vero , che il protestantismo promuovo esclusivamente la cupidigia sfrenata del ben essere temporale, del lusso e della prosperity materiale, apparente piu che non reale e so- da, dei popoli e degli individui, nonche lo spirito di ribellione e di anarchia in tutta Europa ; cio appunto dimostra che il protestantesi- mo non puo essere la vera religione di Cristo, che e religione intesa innanzi tutto alia salute eterna delle anime , ed alia ordinata convi- venza della umana sbcieta, unita in fratellevole accovdo e carita e dipendenza dalle legittime autorita ecclesiastiche e civili , secondo che apertamente insegna il Yangelo , e predico sempre la Chiesa Cattolica ed inculc6 ora specialmente il Sommo Pontefice Pio IX nel suo invito ai protestanti : moltissimi dei quali in tutte le varie sette, e specialmente nell' anglicana, si mostrano, ora, grazie a Dio, assai ben disposti a secondarlo, secondo che apparisce anche da cio si legge quasi ogni giorno sopra i giornali dei vari paesi.

UNA RECENTE CONFERMA DEL SAGGIO CRITICO

BELLA SOCIETA MASSONICA

Sai , letter cortese , da chi ci viene la recente conferma annun- ziata? Ci yiene proprio dagli stessi massoni, da massoni italiani e da massoni capi : e quello che riesce piu mirabile, ci e presentata in un libro, scritto contro il nostro Sagtjiol Puo essere piu splendida, piu irrepugnabile? II libro s'intitola: La Massoneria e i suoi detrat- tori: cbi lo scrisse, e il massone Finocchiaro-Aprile, il quale inco- mincia , dicendo : « Mi hanno mosso a pubblicare questi articoli Ic nuove accuse, che il clero cattolico di tutti i paesi, e conMspecialita la Civilta Cattolica di Roma, hanno lanciato contro la massoneria. » Stampato prima ad articoli nell' Umanitario , giornale massonico della Sicilia, e ricomparso, poco fa, per disteso : la loggia Giorgio Washington, mossa da grande stima, ha fatto le spese della ristam- pa a voto unanime di tutti i socii fratelli, ed il Supremo Consiglio di Palermo, dandogli solenne patente di appro vazione, ne ha racco- mandato a tutte le logge la diffusione colla seguente lettera circola- re, sottoscritla da Salvatore Bozzetti 33° Gr.\ S.\

« Palermo li 28 Luglio 1868 II Sup.-. Cons.-. Letto 1'opu- scolo pubblicato dal carissimo Fr.\ Camillo Finocchiaro-Aprile, col titolo : La Massoneria e i suoi detrattori;

UNA RECEME CONFERMA ECC. 399

« Consider ando, clie la difFusione del medesimo nella socleta pro- I'ana, potra grandenienle influire alia propaganda massonica e a di- radare semprc piu le lenebre dell'ignoranza ;

« Invita tulte le LL.-. a propagare nei loro 00.*. 1'opuscolo so- pramenzionato. »

' Tihe cosa manca a questo libro, di cio che e approvazione, lode, raccomandazione? Nulla. Esso porta il piuillustre contorno che so- glia porsi ad uno scrilto , perche comparisca dinanzi a' suoi leltori raggiante di ima autorita nobile, grande, cospicua. Or bene, cotesto libro non confuta, come esso intende, ma conferma quanto abbiamo asserito nel uostro Saygio circa le origini, la nalura ed il fine del- la massoneria. Rese le debile grazie alia Direzione dell' Umanitario, che ci ha spedilo corteseinente il prezioso libro , eccoci alle prove.

I.

Nullita deyli argomenti, portati dallo scrittore massone contro il nostro Saggio.

L'argomento, che 1'autore del libro avverso ci appunta contro dal- la prima sua mossa, non e mica cosa da pigliarsi a gabbo : nel suo intendimento e il giuoco di una batteria , che fmo dal primo colpo rompe, sbaratla e annienla quanto noi abbiamo scrilto, scriviamo e scri\Teremo circa la massoneria. Figuratevi , esso e tratto dal titolo del noslro periodico: Civilta Cattolica! « E pria di tutto, egli scri- ve, essendo la Civilta Cattolica quella a cui specialmente rispondo, non sai a un fuor di opera il dir qualche parola di essa. » Udiamolo. « Civilla Cattolica e contraddizione nei termini, e strano amalgama di element! eterogenei e fra loro cozzanti e contradditorii. » Provata la contraddizione , che si fmge tra i due termini civilta e cattolica9 col fremito di un onda burrascosa di altitonanti asserzioni , vieno all' ergo della conseguenza. « Cosa potranno aspettarsi i nostri fra- telli della Civilta Cattolica, a proposito della massoneria? Nient'al- . tro che bestemmie hrvereconde ed ingiuste falsificazioni. » Eccovi il terribile colpo distrultore di quanto ha detto, dice e dira la Civilta

400 UNA RECENTE CONFERMA

Cattolica in genere'ed in ispecie, ora ed in perpetuo! Se non eke lo scriltore massone tut to inteso a considerare ed a sfolgorare la con- traddizione e lo strano amalgama, die e il nome del nostro perio- dico, si dimentico che ei si chiama: Finocchiaro. Risponda, di gra- zia, a questo nostro argomento : « Che potete aspettarvi dal Finoc- chiaro? II nome ye lo dice: non altro, che ciance, bugie, bagattelle per illudervi, per aggiraryi. La.botte non da se non del yino, cho ella ha. II Finocchiaro non puo darvi che finocchi, non puo die in- fmocchiaryi. II suo scritto adunque e degno di tutto il disprezzo : gittatelo 1. » Non vi pare, che questo argomento yalga quanto il suo, pognamo pure, che Civilta Cattolica significhi cio che egli sogna? II peggio si e, che lira la conseguenza « non doversi aspettare dalla Civilta Cattolica nient' altro che T)estemmie inverecoiide eel ingiuste falsificazioni », dopo avere mandate innanzi una scapestrata collezione di yere bestemmie invereconde e di falsificazioni ingiuste. TJditelo. « Cosa e Cattolicismo ? fi immobilila, dogma, fede. E Ja negazione della yita sociale, perche si astrae da essa e yive in un' atmosfera sua propria. E il piu grande ostacolo alia yita intel- lettuale, perche stringe il pensiero in una cerchia, fuori della quale non troya che morte. Esso distrugge la yita morale, togliendo all'iiomo la liberta, che lo nobilita e lo innalza , e sottoponendo il sentimento della moralita alle strane assurdita de' suoi dogmi. La responsabilita umana e da esso annientata. E come coronamento deir edifizio e base di tutto il sistema, e innalzata la credenza ad ogni coslo , e presentato come dogma ai fedeli il Credo quia absurdum (pag. 4, 5). » Poteya lo scrittore massone bestemmiare « con faccia piu inyerecondll » il cattolicismo in mezzo ad una nazione cattolica, o spacciare « falsificazioni piu ingiuste » del suo concetto ? II catto- licismo, per lui e « immobilita », quando ognun sa, che esso inciyili la barbaric riyersatasi nell' Europa : « e il piu grande ostacolo alia Yita intellettuale » , quando e palese , che , sua merce , fu scampata

1 « Quando alcuno vuol mostrare a chicchessia di conoscere, che quelle cose, le quali egli s'ingegna di fargli credere, sono ciance, bugie e bagattelle, usa dirgli: tu m1 infinoccW. » VARCH. Ercol. 76.

DEL SAGGIO CRITICO DELLA SOCIETA MASSONICA 401

da un totale disfacimcnto la sapienza degli antichi , ed accresciuta con innumerabili yolumi : « distrugge la vita morale , annienta la responsabilita umana » , quando e notissimo, clie esso pugno in ogiii tempo a difesa della liber ta umana, e che pugna ancora e contro la ferrea nccessita di Gal vino e contro la irresponsabilita di Lutero ; quando e notissimo, che incoraggio perpetuamente gli atti piu nobili della stessa liberta, che gli onoro e gli onora coi piu splendidi omaggi al cospetto ditutto il mondo. II cattolicismo «presenta ai fedeli, co- me dogma, il Credo quia absurdum? » L'autore massone o e igno- rantissimo delle cose cattoliche ,. come un Otlentotto od un barbaro dell' Africa centrale, ovvero e il piu impudente falsificatore del fon- damento cattolico, quando i bimbi, che apprendono il simbolo, sanno, che il cattolico crede ai misted, perche « rivelati da Dio, infallibile \erita, che non pu6 ingannare ne essere ingannato. » I/ accusa di bestemmiare e di falsare conviene a chi porta il titolo di Civilta Cattolica, oppure al signer Finocchiaro ?

Sapete per qual motivo noi, invece « di combattere la massoneria nella sua organizzazione , o nelle sue peculiari manifestazioni , la combattiamo nelle sue origini, per mostrarla tutta creazione dei tem- pi moderni ed una conseguenza immediata della Riforma del seco-

10 XVI? » Se lo ignorate, il nostro massone ve lo svela di tralto : e per e^vitare il pericolo certo di portarne iiaccati i nostri argomenti fino dal primo saggio. « Quando il correr dei tempi non ha travolto nn' associazione (la massonica) ne' suoi flutti turbinosi, quando essa sviluppatasi progressivamente , e andata colla civilta e ne ha spin-to

11 progresso, qualunque argomento opposto e condannato a peri- re innanzi all' incontras labile evidenza del fatto (pag. 11). » Ebbene, ci dica in che consista la natura di tanto miracolo di associazione. « La massoneria non e che la tendenza dell' Umanita , perehe essa non fa che accompagnarla nella sua vita intelleltuale e morale, » AYC- te capito? una associazione di uomini, la massoneria, e in petto e per- sona « la tendenza della Umanita », ed e tendenza, perche « accom- pagna la \ita intellettuale e morale della stessa umanita ! » Seguitia- mo. « E questo spir;to universale, idest la massoneria lendenza, non ha limiti ne confmi : come una molla compressa esso \uole svin-

Serie V/l, vol. IV, fasc. 448. 26 7 Novembre 1868.

102 UNA RECENTE CONFERMA

colarsi da cio che Y opprime, come e quando gli e possibile. Chia- mate la manifestazione di questo spirito, Massoneria, Illuminismo, Templarismo, Manicheismo, Essenismo, Cristianesimo o altro che sia, la forza che gli ha creati, ossia lo spirito universale, la masso- neria tendenza, e identica e sempre la slessa (pag. 11, 12). » Sic- che sotto la penna del sig. Finocchiaro-Aprile la massoneria dap- prima e tendenza, poi spirito universale, indi forza, e forza che crea la massoneria ed altre societa sotto forme pugnanti. 0 che yero amal- gama di definizione! o che vera contraddizione di termini!

I massoni tedeschi e francesi e, non ha molto, il professor Zille 1 ed il Marchal 2 adoperarono in lode della massoneria lo stesso ar- gomento. Ma che? tratlandolo con dirilta logica, riuscirono a con- fermare non gia la grande antichita della origine massonica , come vuole il sig. Finocchiaro colla sua mal composta definizione , ma sibbene quanto noi abbiamo stabilito circa la detta origine. Eccovi come ragiona in ispecie il secondo dei due autori citati. « Dove e quando incominci la storia della massoneria, e una quislione da esa- minare. Sotto due riguardi si puo considerare la societa massonica: o sotto quello della idea generica , che la informa , o sotto 1' altro della sua attualila determinata. Nel primo senso e lecito il dire, filo- soficamente parlando , ch' ella e contemporanea alia creazione ; nel secondo, no. Di qui il vaneggiare che hanno fatto sull'idea gli scrit~ tori, che diedero alia massoneria le origini di un' antichita favolosa, e le prestarono tante forme diverse, quante la idea stessa ne seppe vestire nel tempo e nello spazio , mentre in realita 1' associazione conta nel suo esplicamento storico quattro date precise :

« 1648. Redazione dei nostri rituali;

* « 1*717 (24 Giugno). I rituali sono messi in uso per opera della G.-. L.\ d' Inghilterra;

« 1725. Introduzione della massoneria in Francia;

« 1772. Formazione del Grande Oriente. » II nostro Saggio non ha egli affermato altrettanto , dove parla dello

1 Freimaurer zeltmg, n. 15.

2 Etude critique et phUosophique snr la Maconnerie, pagg. 56, 57.

BEL SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA 403

svolgimento fisico e morale della massoneria? II massone siciliano, scambiando stranamente T associazionc massonica colla tendenza della umanita, ed il concrete coll' ideale, e chiaro che non dovea tro- varsi d'accordo ne colla Civilta Cattolica, ne co' suoi FF.\ di Fran- cia e di Lamagna.

Dalla idea massonica il F.*. Finocchiaro viene ad argomenti di fatto, e dopo aver citate piu associazioni antiche si volge a noi con dolce piglio: « Non comprendiamo, egli dice, come la Civilta Catr tolica, che si mostra tanto arnica degli studii archeologici, abbia di- menticato di cennare queste antiche corporazioni, sulle quali riposa In gran parte 1' origine della massoneria (pag. 15). » La Civilta Cattolica non comprende invece , a quale scopo il sig. Finocchiaro abbia cennate cotali associazioni. La massoneria e una congrega d' uomini , che lavora con intendimenti sociali. Onde per dire-con verM, che essa e originata da altre societa, conviene che ne faccia ritratto almeno quanto alia sostanza. Or bene il massone avversario cita in primo luogo sapete che? le « corporazioni industriali istitui- te nella Persia, nella Caldea, nella Siria, in Egitto, in Grecia e in Roma (pag. 13) ! » Chi puo affettare tanto di gravita, che non gli fiorisca un sorriso? Adagio: non si dice, che coteste corporazio- ni siano origine della societa massonica in quanto industriali , ma In quanto le hanno prestato e riti e cerimonie , delle quali la mas- soneria si rese osservatrice. Anche la cornacehia co verse ed abbelli ]a natia bruttezza colle splendide penne del pavone : si dovea dire in quella acconciatura, che essa traeva « in gran parte » le sue origini dai pavoni? La massoneria per comparir altra da quella che era, ca- muffandosi , tolse a prestanza segni e cerimonie da diverse societa. La vera sua origine dovra quindi dedursi da tali societa? La favola della cornacehia dice che no. Col medesimo criterio, dopo le corpo- razioni industriali, sono citati gli operai dionisiaci e i collegi o sinodi ed altre comunita di antichi artefici. Ne contento V aulore di cotes la erudizione fuor di luogo, si mette a spacciare, come verita storiche irrefragabili , le favolette piu meschine. Cos! egli afferma, che fra gli Ebrei Vaveano associazioni, somiglianti alle citate, divise in le- gioni, e che una di queste edifice il tempio di Salomone ; trasforma

504 UNA RECEME CONFERMA

quella buona gente degli Assidei in una squadra di cavalieri del tem- pio; dai medesimi fa sorgere gli Esseni, e colla massima buona fede bandisce la favolosa notizia col Renan , col Rebold, col Ragon , e con altri massoni della stessa risma , che Gesu di Nazaret e germo- glio della costoro societa. Si guarda bene dall' apporre a queste as- serzioni la menoma prova di alcun documento. Secondo lui sono ve- rita storiche evident! , sacrosanle , invulnerabili , avendole beute ai fonti massonici.

Che se le riferite associazioni offrono « in parte » le origin! della massoneria, il ceppo donde essa trae la vita e , secondo il no- stro autore, quel desso, onde spunto il manicheismo, di cui « la mas- soneria e sorella » : e quel desso, onde nacque il templarismo « di cui la massoneria e 1' erede universale. » Discendenza piu che ono- rata! 11 signor Finocchiaro, conferitale tanta gloria, si duole con noi, che i manichei, fratelli maggiori della sorella massoneria, sia- no rappresentati dalla nostra penna, come altrettanti monaci. Lo preghiamo a legger di nuovo il nostro scritto, e si avvedra aver noi asserito Topposto, contro la sentenza dell' Eckert e del rnassone Krause. Piu avanti si querela , perche gli abbiamo detti c< uomini dissolutissimi » , quando essi « educavano nelle arli e nelle scienze e propagavano i principii umanitarii nel popolo (pag. 16) ». Se egli vuole che i manichei fossero maestri delle scienze e banditori di dottrine piu che umaflitarie , in quella maniera cbe adoprano cert! professor! massoni de' nostri di, insediatisi nelle universita e nei li- cei, siamo d'accordo. Gli adepti della massoneria sono degni fratelli degli adepli del manicheismo. Quanto alia dissolutezza manichea sosteniamo la nostra asserzione, e se gli aggrada vegga la prova in S. Agostino , che descrive i manichei antichi , e nei sermoni di Ecberto, che ci da contezza dei moderni.

Premesse queste querule voci, con somma riverenza e quasi te- mendo di se, ci discopre le misteriose origini della massoneria. At- tenti I Sono contenute in due brani di due document! : 1' uno dei quali e tolto da « un alto grado massonico » ; Taltro « da uu libro masso- nico di antica data. » Nel primo si conta, come nel lloO, massoni ottantuno (e non pm), muratori, o cavalieri crociati, portatisi di terra

DEL SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSO^ICA 405

santa nella Svezia, confidarono al vescovo di Upsala il sacro depo- sito della dottrina e del riti manichei ( e perche non affidarono tale deposito a qualche Vescovo dell' Italia o della Francia, con meno di- sagio?}. II fortunato Prelato corse a celare il sacro dono in oscuro sotterraneo (temevai ladrineh?), del quale trattolo appresso, il die a nove muratori degli ottantano , che si erano fatti istitutori dell' Ordine del tempio : da questo gruppo incomincio a raggiare la Vera luce tra i templari. Yero e, che 1' Ordine fu istituito nel 1118 e confermato nel 1128 nel Concilio di Troyes, ma che impor- iano i documenti autentici della storia? L'alto grado massonico scrivc altrimenli e questo basta. « II libro di antica data » nar- ra, come i pochi templari sopravissuli alia ruina dell'Ordine, cercan- do di rafforzarsi con nuovi iniziati, trovarono ottimi al primo sag- gio « i buoni e virtuosi muratori da Salomone onorati ». Onde confidati loro i proprii intendimenti ed acceltati, si ordinarono in so- ciela. Esposto questo pezzo di storia, « Ecco, esclama venerabondo, 1'origine della massoneria! » (pag. 17, 18). Spaccia egli proprio da senno cotesle peregrine notizie il signor Finocchiaro, owero per for gabbo ai fratelli ed ai profani? Ignora forse, che tali fandonie sono rigettate dai massoni di oltremoriti colle piu grasse risate, pen- sando che i caporali degli alii gradi massonici abbiano date cotali panzane, e trovatane piena credenza tra gli spiriti forti del secolo passato? Che se le avesse credute, e dubitasse delle nostre parole, come redattore di un giornale massonico in Italia, chieggane conto al suo confratello Findel , redattore della Bauhiltte in Lipsia, ed al Favre, scrittore del Monde maconnique in Parigi : il primo, con fra- terna compassione, gV indichera i luoghi della sua Storia della mas- soneria, in cui ne ha fatto menzione, ed il secondo gli mostrera la prima parte del suo Saggio storico e filosofico, affinche in altro scrit- to egli schivi la baia dei fatti suoi anche nel mondo massonico.

Scusaci, lettor cortese, se ti abbiamo intrattenuto forse troppo circa coteste inezie di argomenti. Che vuoi? appunto dalla loro inezia il nostro Saggio trae non piccola confermazione. Imperoc- che , se un uomo di pezza, come e il signor Finocchiaro, secondo la teslimonianza resagli della massoneria siciliana, non seppe op-

£06 UNA RECEISTE CONFERMA

porgli argomenti migliori, comien dire che le asserzioni conte- nutevi siano altrettanti veri lampanti. Eppure, lo crederesti? il nostro avversario non la pensa cosi. Giunto alia fine del secondo paragrafo del suo scritto, conchiude a modo di trionfante: « Qual e il yalore del documenti e delle osservazioni portate dagli scrittori della Civilta Cattolica1? Nullo in se ; diro colle loro stesse parole, perche invenzioni della fantasia o travisamenli di fatti : grande per noi; perche ci confermano nella opinione. che gli scrittori cattolici non si facciano il menomo scrupolo d' inventare, di allerare e di falsare la storia, quando cio torni a lode e vantaggio della propria consorteria (pag. 20). » Abbi questa chiusa come il phi cospicuo monumento della magnifica fronte dello scrittore massone, il quale non avendo ne toccato, ne discusso alcun documento o fatto dei tan- ti da noi portati nelle nostre indagini, ciononostante, ad iliusione di chi non avesse letto i nostri articoli, pone la conseguenza che il va- lore dei documenti e delle osservazioni da noi fatte e nullo. Onesta di raro esempio..

II.

La natura ed il fine della Massoneria, descritti dal nostro Saggio,

sono confermati dallo scritto del massone Finocchiaro. ;«Aw, r*tf^^W»mMvh

II massone avversario ci conta fra i detrattori della massoneria. Sia pure cosi. Ma sappia, che in questo caso egli ha 1'onore di sta- re a capo di codesti detrattori. Imperocche non solamente ei si con- tenta di affermare cio che afferma il nostro Saggio, a carico della natura e del fine della massoneria, ma eziandio vi ha fatto alcune giunte da renderne assai piu ponderosa la derrata. Un po' di con- fronto in pruova.

La massoneria, secondo la nostra sentenza, e socleta religioso-po- litica. In quanto societa religiosa, ella professa il piu schietto natu- ralismo razionalistico ; in quanto societal politica, la democrazia nel senso piu amplo della parola. Ne il fine che la determina e la sem- plice speculazione di cotali dottrine razionalistiche e democratiche,

DEL SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA 407

sibbene 1' attuazione perfeita delle medes'mie, distruggendo a lale uopo tulte le forme religiose e politiche, che eslstono presentemen- te nella societa umana.

E religioso lo scopo della massoneria nella sentenza del F.*. Fi- nocchiaro? E il naluralismo razionalislico, che ella professa? Apriamo il suo scrilto. A pag. 8 ci fa sapere che «come corpo co- stituito, la massoneria da la sua soluzione al grande problema reli- gioso » ; ed a pag. 26 ci afferma « che essa aspira a ristabilire nei suoi veri termini la quistione religiosa. » Qual e il principio, che le vale di lucerna per dare la soluzione « al grande problema », e « per ristabilire nei suoi veri termini la quistione religiosa » ? Eccovelo in tutto il suo chiarore a pag. 8, 9 : « La societa massonica non e una Chiesa; essa non si fonda su di un dogma o su di un culto determi- nate,— essa non afferma se non cio che la ragione puo chiaramente comprendere... II programma filosotico e religioso della Massoneria e dunque contenuto nella parola Ragione. » Volete questo principio fondamentale del razionalismo fiammeggiante di una luce piu forte? L'avete a pag. 37, « A cardine dell'edifmo tilosofico noi poniamo la liberta di pensiero, la quale crediamo fermamente di aver defmita, chiamandola : il diritto alia verita. » Sicche il rigettare sdegnosa- mente, il deridere e il bestemmiare, come insulsaggini, i misterii piu alti , alia cui comprensione non giunge la piccoletta mente dell' uo- mo, non e altro, che la sequela del diritto che ha 1' uomo alia verita. Cosi vuole il razionalismo massonico !

Posto cotesto principio , e chiaro , che cade ruinata la fede e con essa tutlo Tordine soprannaturale. II massone non lo dissimula : on- de calpestata la fede, insulta alle credenze soprannaturali. « La fede, egli scrive , a pag. 40, 41 , e negativa e gia distrutta (nella sua mente) , mentre la scienza e positiva ed immortale. E questa scien- za, riformando c ricostruendo lo sconvolto organismo sociale, vi ha scartata ogni idea di mistico sovrannaturalismo, imponendo, come sola legge agli uomini , quei legami nalurali e razionali, che tro- vauo la loro applicazione e il loro sviluppo nella coscieuza stessa dell' umanita. » Quinci sgorga un precipuo dovere per tutti i masso- ni, ed e quello « di combattere il flagello deli' umana specie, la su-

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perstizione (ossia il cattolicismo), soslituendole il codice sublime della morale e della natura. Ecco il principio che noi opponghiamo alle strane ed assurde intellezioni sovrannaturali del cattolicismo e clelle religion! ad esso sorelle. » Questo e un parlare schietlo e senza ambagi. II naturalismo razionalistico piu puro e lo spirito ond' e informata la societa massonica. La opposizione diretta che passa tra la professione cattolica e quella della massoneria e resa eyidente, incontrastabile. Non v'e mezzo: esser massone e cattolico ad un tempo e cosa impossibile. « Tra il cattolicismo e la massone- ria corre un abisso », grida il massone siciliano, « ad alcuni fra- telli i quali si ostinano a non volerlo credere (pag. 6). » Noi pure gridiamo: gridiamo a chi ha dato nel laccio; odi, inorridisci e fug- gi: gridiamo alia gioventu male avveduta; ribulta il fellone che vuole arrolarti al tradimento della tua fede : gridiamo a quelli , che lianno Y obbligo di istruire e di vegliare su la salute delle anime : all' erla , le dottrine die spande la massoneria sono un veleno mici- dialissimo della fede: persuadetevene. Sono gli stessi massoni, che lo dichiarano altamente.

L' accordo tra lo scritto del F.-. Finocchiaro e il nostro Saggio fin qui e palpabile. Ora incomincia la sua giunta, la quale ci fa ma- nifesto un miracolo di lavoro , operate dalla massoneria coll' eserci- zio del suo diritto alia verita sopraindicato. Ella si e foggiato il proprio Dio , e tale da risolvere a marayiglia « il grande proble- ma religioso! » Non e per certo quello dei cattolici modificato, per- che dai massoni integralmente abbonito : non e una divinita paga- na, perche rappresenterebbe un concetto retrivo; nemmanco puo essere un Dio personale, perche il rinnovamento non sarebbe per- fetto. Esso e un' idea. Sentitene la descrizione tolta dalla pag. 8. « La massoneria, come corpo costituito, da anche la sua soluzione al grande problema religioso. Pero mentre tutte le religioni dei mondo si fondano su di un concetto trascendentale, essa prende per fondamento un' idea tutta affatto positiva , sintetica e altamente in- telligibile : I' idea del rapporto e dell' equilibrio. Ogni rapporto im- plica due fenomeni parallel! : rapporto ed equilibrio son dunque si- nonimi. II Dio dei massoni non e ne sostanza, ne causa, ne anima,

DEL SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA 409

ne monade, ne creatore, ne padre, ne iiglio, ne verbo, ne amore, ne niente cli cio che corrisponcle a un concetto trascendentale ; il loro Dio e la persomficazione dell' equilibria universale. » Chi puo negarlo ? cotesto Dio e un Dio falto a modo : e un Dio nuovo da capo a pie, e un Dio adattato agli uomini nuovi. Scapestrino pure a loro senno i massoni adoratori: ei non chiede conto a chicchessia ne del bene, ne del male. II pieno sviluppo della liberta e indipenden- za individuate , tanlo caro alia massoneria, e guarentito fermamenle ed in perpetuo, sotto questo Dio costituzionale, che regna e non go- verna. II Dio equilibria e un trovato degnissimo del progresso e della civilta moderna. Eccovi la giunta, che il massone Finocchiaro pose a cio, che abbiamo scrilto della religione massonica. II quale avrebbe operato piu schiettamente, se ci avesse detto a dirittura : « La massoneria ha dato la sua soluzione al grande problema reli- gioso, dichiarando di professare Y ateismo. » Ei rinunzio all' onore di tanta franchezza, per aver quello di una matta filosofia, che con- verte in Dio una strana finzione della fantasia, come e « la personi- ficazione dell' equilibrio universale. »

Supposta questa foggia di Nume, non solo senza diritti sovrani, ma ancora senza la naturale possibilita di averli, figuratevi, se i masso- ni vogliono riconoscerli in alcun uomo. La sovranita delle moltitu- dini, ossia popolare, e quindi la democrazia deve essere propugna- la con tutta la gagliardia dalla societa muratoria. Tant' e : il nostro Saggio lo prova, ed il F.\ Finocchiaro lo conferma. Secondo lui, che cosa e la massoneria? Non altro « che la scuola della democrazia. » Da quesla scuola sono usciti i rivoltosi del 1848: lo dice il loro stendardo, il quale portava scritto : Liberia, Egmglianza, Prater- nita ; « parole sacre, che da lungo tempo noi pronunciavamo nei no- slri templi massonici (pag. 23). » Bramate sentirne piu distesamente esplicati i principii? Leggete a pag. 44: « Scopo finale dell'asso- ciazione si e di arrivare alia soddisfazione dei bisogni inlellettuali , morali e materiali di tutli , con T impiego delle lor diverse attitudini e il concorso dei loro sforzi. Gli operai, a modo di esempio, furono schiavi; furon servi ; oggi sono stipendiati ; bisogna tendere a farli passare allo stato di associate A questo scopo lavora la democrazia

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europea ; e questo \ultimo corollario di tutti i manifest! e di tutte le associazioni repubblicane : a questo fine tendono gli scritti di Giu- seppe Mazzini, Ledru-Rollin, Alberto Darasz, Arnaldo Ruge e di quant' altri grandi democratic! vivono o sono vissuti. E la base di tutto 1' edifizio sociale, che non puo senza di essa solidamente resi- stere all' urto delle passioni politiche e della prepotenza dei domi- natori. fi il fermento tremendo degli spiriti, che agita e commuove le menti. » Insomnia, che cosa Yuolsi in questo scopo ? Cio che vuo- le la umanita. « La quale vuole in prima che 1'uomo, redento dalla decadenza, sorga pienamente restituito alia dignita originaria e na- turale, per 1' abolizione di ogni potere imposto, usurpato, che non derivo dal popolo ; d'ogni distinzione sociale arbitraria, d'ogni casta privilegiata ecc. E questo coll' umanila vuole la massoneria, a do tendono i suoi lavori, la sua propaganda, il suo passato : su queste basi e costituita la sua esistenza. » La massoneria adunque e costi- tuita su i principii dei Mazzini e dei Ledru-Rollin, gli svolge , gli propaga e si e studiata e si studia di attuarli. II grido che esce da questo suo lavoro e gia defmito : abbasso la casta prMlegiata dei sovrani, abbasso la casta privilegiata deiricchi, a b basso ogni distin- zione religiosa e civile. « La umanita vuole il regno della giustizia uguale per tutti. » Sovranita, ricchezze, distinzioni sono ingiuste ine- guaglianze. Eccovi la repubblica socialistica bella e spiccata uscire alia luce per opera della massoneria.

Ne questo lavoro e ristretto alia nazione ed alia patria del mas- sone. In massoneria, religione patria, politlca patria, vantaggio pa- trio, non si da, se non in quanto armonizza coll' ultimo scopo. «Che importa infatti ai massoni della bassa e miserabile gara dei partiti politici, quando essi hanno una piu grande missione da compiere, quella della rigenerazione dello spirito unaano e del miglioramento morale e materiale della razza umana ? » Onde « nel modo istesso con cui nel campo religioso la massoneria non vede la religione nel- le diverse sette religiose , che hanno in tutti i tempi conturbato la coscienza umana , essa nel campo politico non vede la patria nei partiti che la dividono e che la fanno piu schiava (pag. 43, 44). » La religione vera o falsa, la parte che difende i dritti della pa-

DEL SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA 411

Ida, e quella che li calpesta, pel massone e tutt'uno, turbamento, ingombro, danno, se 1' una o 1' altra non lavora a pro del suo fine. La massoneria ha « la missioiie della rigenerazione dello spirito umano e del miglioramenlo morale e materiale della razza umana. » Missione grande, sublime ! Ma con qual lavoro particolarmente giun- ge a coinpierla ii missionario massone ? II cortese avversario non lo dissimula. « La massoneria non aspirando al solo bene maleriale, ne volendo la sola vita iisica degli individui, lavora altresi per svin- colare la societa dai legami dell' ignoranza e del dispotismo, tre- mendi ostacoli al progresso e alia civilta, barriera allo sviluppo del- la umanita, armi comuni d' tstituzioni cadenti , come I' impero e il papato , che fra loro si sorreggono per comunila di fine e per iden- tita di origine (pag. 8). » A che lavorano adunque in particolare i massoni ? L' avete udito : a scalzare i fondamenli dell' autorita so- vrana, tanto nell' ordine politico, rappresentata dall' impero, quanto neH'ordine religioso, rappresentata dal papato, a rovesciare ed an- nientare V una e 1' altra per ricostruire la sociela second o i principii razionalistici e socialistic!. Yero e, che con singolare calunnia addi- ta I' ignofanza e il despotismo , quali istrumenti dell' impero e del papato , e che con menzogna inconcepibile da ad ambidue e comu- nita di fine, e identita di origine. Ma cio die monta? La .calunnia e la menzogna giovano, e questo basta. Eccovi ora esposto per filo Tor- dine del lavoro. « Contro dei dommi noi faremo balenare la luce della ragione e della verita; alle virtu teologali opporremo i doveri umani; ai nomi dei dottori cattolici, i nomi di Voltaire, di Condorcet, di Desmoulins, di Danton, di Sant-Just, di Proudhon, di Garibaldi. Veglieremo alia salute della patria e ai diritti della nazione, eman- ciperemo lo spirilo della fede cieca e dell' obbedienza passiva, com- batteremo ad oltranza il fanatismo e Y ignoranza: la loro religione sara il simbolo di Nicea la nostra sara la legge dell' umanitiji (pag. 41, 42). » Pugna su tulti i punti; pugna di sterminio; distru- zione e ricostruzione, tale e Y ordine del lavoro, e tali sono le aspi razioni , che sogna vanamente la massoneria a danno della Chiesa. II niotivo di tanto accanimento non e punto dubbio. La massone- ria ne' suoi principii e ne suoi fini e di natura oppostissima a tutto

UNA RECENTE CONFERMA

cio eke e cattolicismo e sa di autorita cristiana. Di fatto a eke as- pira lutta la congrega come tale? Al trionfo del diritto nuovo, all'at- tuazione della liberta, dell' eguaglianza, della fratellanza, eke lo rappresentano : « questa trilogia e la sua parola d' ordine, e il suo programma, e il suo ideale ; fuori di questa i massoni non trovano eke tenebre e morte : lottando per essa, lavorano pel progresso dei tempi e per lo sviluppo della vita universale (pag. 9). » Cio po- sto, risponde il massone siciliano : tutti i nemici della massoneria, tanto nell' ordine politico, quanto nell' ordine religioso, « fusi ed ac- cordati » « Apostoli di servitu e di oscurantismo, possono avere a cuore il trionfo della liberta ? » Maino , dunque guerra con essi a morte. « Agitatori di caste, predicatori e difensori accaniti delle gra- dazioni sociali, possono aspirare al trionfo della eyuaglianza? » Im- possibile : dunque guerra con essi di sterminio. « Egoisti e nemici di tutti coloro, eke non sono del loro partito, possono essi esser lieti per la vittoria della fratellanza ? » Cio sarebbe contro la loro na- tura: dunque combatterli ed annientarli, Cosi egli ragiona. Ma la verit^ non ista nelle premesse , eke sono infinte , sibbene in cio eke contiene la conseguenza. La pugna , eke vi s inferisce , pro\iene dalla natura della massoneria. Se essa non combatte e non distrug- ge, discade, perisce. 0 pugnare e andare innanzi o morire , ecco il terribile dilemma, a cui e posta, essendo essa « scuola della Demo- crazia » ; essendosi da secoli consecrata al culto « della liberta, del- V eguaglianza, della fraternita » ; e piu , percke affine di « arrivare ad attingere il fine, al quale ogni massone aspira ardentemente, fa d'uopo,ch|kla massoneria net suo cammino verso la civilla obbedisca a una legge logica , fatale , implacabile e fuori della quale essa ca- drebbe in un circolo vizioso , declinerebbe piu o meno rapidamente per cadere poi nella decadenza, dalla decadenza nella ruina, e dalla ruina nell' oblio. Codesta legge e la legge del progresso (pag. 9). » In somma questo e il grido garibaldesco : Roma, o morte! 0 pro- gredire fmo ad avere atterrato e distrutto Ckiesa, papato, imperi, reami e quante altre forme di governo tengono alcun eke del diritto divino, e costituito su le basi razionalisticke e socialisticke della re- pubblica universale dei Ledru-Rollin e dei Mazzini un nuovo

DEL SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

cio; ovvero intisichire, venir meno, perire. Ouanto alia distruzione della Chiesa e del Papato sforzi sprecati; le ferocibrame della mas- soneria rimarranno deluse, non prevarranno.

Tali sono i principii, a cui si regge la massoneria; tale e lo scopo a cui essa intende , tale e lo sforzo e la necessita , con cui si agita e combatle per conseguirlo. Facciamo ora un po' di conti. II signor Finocchiaro ci annovera tra i detrattori della massoneria. Abbiamo confrontato la sua difesa col nostro Saggio. Ebbene, qual cosa fu det- to in questo a carico della massoneria, che non s' incontri in quella ripetuta ed amplamente confermata ? Niuna : difesa e Saggio si ac- cordano mirabilmente. Dovremo porre il sig. Finocchiaro tra i de- trattori della massoneria ? L' approvazione del Supremo Consiglio di Palermo , e la spesa della ristampa , fatta dalla loggia Giorgio Wa- shington ce lo divietano. Dunque noi rivendichiamo il nostro titolo di relatori sinceri. Cosi convenisse questo titolo a yoi , sig. Finoc- chiaro , in cio , che scrivete intorno al cattolicismo. La detrazione, la calunnia e la menzogna e sparsa a piena mano nel yostro scritto. Voi detraete e calunniate a danno dei cattolici, dove gli syillaneggiate gridandoli « apostoli di servitu e di oscurantismo, agitatori di caste, egoisti, seminatori della discordia nelle famiglie e nelle nazioni » : yoi calunniate, mentendo a danno del clero, dove 1'appuntate « di spionaggio nel confessionale, di mantenere la donna neirinfame cre- denza di essere schiava deir uomo, di vietare ai fedeli la intelligen- za dei sacri riti, di adoperare la super stizione a sgabello della igno- ranza , e di aver tenuto in title tenebre il mondo per timore della scienza » : voi bestemmiate e calunniate la religione cdltolica , dove bandite, che 1' angelica vita del chiostro « fa le donne senza scopo, ne istupidisce la mente, e le gitta nel fanatismo », e dove affermate, che essa « impone alia ragione di sommettersi all' assurdo. » Stu- diate, sig. Finocchiaro, un poco il caltolicismo nelle sue dottrine e nella sua vita di diciannove secoli, e vi sentirete correre i rossori sul volto di averlo, contro ogni regola di onesta, si reamente maltraltato. Intanto eccovi due corollari da cio che avete scritto in difesa della massoneria.

Corollario primo. La massoneria, secondo voi, « aspira al bene del- rUmanita, al bene ed al miglioramento di tutti gl'individui (pag. 6),

414 UNA RECENTE CONFERMA ECC.

cammina verso la civilta , lavora pel progresso del tempi e per lo sviluppo della vita universale (pag. 9). » Ma per vostra sentenza, af- fme di giungere al compimento di tante aspirazioni e di tanto lavoro, e necessario, che essa scardini ogni autorita politica e religiosa, che abballa il papato , che stermini la religione cattolica , che impian- ti in tutti i paesi il reggimento di una democrazia , professante il razionalismo ed il socialismo ; dunque le grandi frasi, « aspirare al bene della umanita, tendere al miglioramento di tutti gl' individui, camminare verso la civilta, lavorare al progresso ed allo sviluppo della vita umanitaria », sigaificano in ischietto linguaggio aspirare, tendere, lavorare al trionfo del razionalismo e del socialismo in teo- rica ed in pratica , merce la distruzione del cattolicismo e di ogni altra forma politica e religiosa.

Corollario secondo. Per confessione di voi stesso, « la massone- ria vuole cio che predica la democrazia europea: a questo tendo- no i suoi lavori la sua propaganda il suo passato (pag. 45). » Dunque egli e evidente esser ella, in quanto societa , direttamente o indirettamente rea dei moti antisocial! ed antireligiosi, che tengo- no da tanti anni in angoscia la societa civile e religiosa. Si manife- stino essi in Francia o nella Spagna , in Italia o nell' Austria , nella Germania od altrove , non importa, la massoneria impiantata in tali paesi, vi ha sicuramente la mano, o come propagatrice dei principii sovvertitori, o come commovitrice.

I CROCIATI DI SAN PIETRO

SCENE STORICHE DEL 1867

XXXVII.

JLrturo Guillemin.

Non meno che la stirpe del Quelen e da chiedere al cielo si pe- renni il tipo dei Crociati simiglianti ad Arturo Guillemin , che a Monte Libretti fu il Comandante della impresa, e uno dei primi a profondervi tutto il sangue. Nato di civile famiglia e religiosa, in grembo ad una cittadetta della Francia settentrionale, delta Aire- sur-la-Lys, vagheggio lungamente la gloria di esporre la vita per la Religione. Era questo un purissimo voto di martirio ; perciocche la inclinazione alle armi tanto non la sentiva, che pendeva per contra- rio al mite ministero del sacerdozio, e, pure £ia guadagnati gli spal- lini, non ismise giammai il pensiero di mutare quando che fosse la spada col sagro calice. Tra cotali disparati indirizzi del cuore, che tenevanlo tulto di a consigli seco stesso, il giovanetto vide balenare di tetra luce il pericolo di Santa Chiesa, e con questo dileguatasi ogni dubitazione, prese fermissima risoluzione di dedicarsi alia Cro- ciata, ne piu deporre le armi, che per morte o per guerra fmita.

Si scrisse al famoso battaglione Francobelga, il ventesimo. Come egli avea qualche principio di musica, cosi fu lieto di poter imbocca- re la trombetta in una delle prime mostre, che il corpo diede in

416 I CROCIATI DI SAN PIETRO

presenza del Santo Padre. Qualsivoglia ufficio, purche di soldato, abbracciava di gran voglia: fu caporale istruttore, caporale rancie- re., e con questo grado fece le prime arrai a Castelfidardo. Era pres- soche fanciullo, e la gracilita della persona mal rispon (leva alia vir- tu deH'animo : cio non di meno vi si batte da veterano, e vi acqui- sto larghe ferite, prigionia contro ogni diritto delle genti, e gloriose ignominie dal barharo vincitore, elie- mentivasi Italiano.

Alia sera di quell' immortale giornata ricuperando i sensi, trovossi disteso sull' altare d'una chiesa in Loreto, non discosto dallo zuavo Giuseppe Guerin d'illustre e venerata memoria; ed offersero insie- rae il sangue, onde bagnavano il sacro luogo, in espiazione degli ol- traggi recati dai loro compaesani ne' tempi addietro ai divini taber- nacoli. Egli giaceva sulla paglia, straziato da crudi tormenti e aspet- tando la morte : presso lui spirava un suo comilitone. 11 che veg- gondo un cappuccino, disse al nostro Arturo : « Questo e passato : ma voi speriamo di salvarvi. » E Arturo: « Beato lui! egli e con Dio ; e io vivo tuttavia, ne so quale sara il mio fine. » II di seguen- te nel medicai lo, la piaga che avea fatto saccaia mando una sgor- gata di sangue: gli astanti n'erano sbigottiti. « E nulla, diss'egli sorridendo, e un po'di sangue che sfoga : 1'avrei tanto volentieri versato tutto ! »

Ridottosi con infmiti travagli alia sua casa paterna, vi sostenne lunga e pcnosa malattia, giacche le ferite eran nel petto e profonde. Non si udiva dal labbro suo altro lamento, fuorche quello di non avere potato spargere T ultima stilla del sangue suo per la Religione. Un' aureola di religioso rispetto pareva circondarlo; e gli amicisuoi si facevano talora mostrare dalla madre di lui le divise di Crocia- to, e venerabondi ne baciavano le macchie sanguigne. « Oh, se io potessi, sclamava un giorno sospirando, se io potessi porgere qual- che servigio al Santo Padre ! ma con queste ferite, sempre aperte, come potrei presentarmi a'suoi piedi, e dirgli: Santo Padre, il vo- stro Arturo e qui per difendervi? » Pio IX non Taveva perdulo di vista, ne allontanato dal cuore : e cola sul suo letto di dolore gli faceva pervenire una tenerissima benedizione, e V Ordine di cavalie- re Piano. Ma 1' infermo anelava a porlarlo sopra un campo di bat-

XXXVII. ARTURO GUILLEMIN 417

taglia, e iirvece la malattia lo trascinava inverse il scpolcro. La pie- tosa sua madre il veto al bealo Benedetto Labre, e il Crociaio in breve si riebbe, contro ogni espeltazione, e racquislo le forze sraar- rite. Un giorno che la madre sel vedeva innanzi tulto ritiorito di sa- nita, e pur pensoso e tristo, gli disse: « II tuo cuore e sempre a Roma, lo intendo bene : torna dove Dio ti chiama : io non mi op- pongo. » Arturo tutlo lieto, ripiglio il cammino di Roma, el'ambito poslo presso Pio IX. Ren presto riporto gli onori di sottotenenle, e di tenente nel 1866.

Divenuto ufficiale divenne la provvidenza della sua compagnia : tutti e ciascuno de' suoi soldati riguardava come figliuoli , vegliava ai loro bisogni, interessavasi nei loro affari, non pativa che ombra di scandalo n'andasse tra loro. Nel che veniva mirabilmente secondato dal suo sotlotenente Urbano di Quelen , del quale pur dianzi favel- lammo: erano degni Tun dell' altro. NegH ultimi giorni di sua vita, passati in correrie continue, sceglieva i brevi intervalli di riposo per raccomandare ai cappellani quelli tra i soldati, cui credesse per av- venlura o piu bisognosi, o men frequenti ai religiosi doveri : c il fa- ceva con tanta insistenza, e insieme con tale delicatezza, che meglio nou avrebbe potuto un zelante e discreto missionaiio. Yoleva avere la compagnia in pugno, audace, spericolata, temeraria: e sapeva per prova quanto dispregio della morte s'ispira da una coscienza pura e senza rimorso. E sua e quella parola detta nell'atto di dare un attacco: « Voi siete tutti in grazia di Dio: non li contate, cadran- no nelle nostre mani. » La storia non ci ha trasmesso fin qui piu sublime ordine d'un Gomandante. E i soldati, che di si verace e profondo amore scorgevansi amati, lui riamavano di cordialissima affezione, e non senza religioso riguardo il chiamavano per sopran- nome « il nostro Angelo Custode, 1'Angelo della compagnia. »

Mostrava infatti il candor e angelico nel sembianle, nel tratto e nella conversazione , nella quale riusciva caro e giocondo oltre ogni dire. Anche una speciale vaghezza sentiva, che e propria de- gli Angeli, quella di cantare le laudi della Regina del cielo. Ouin- di nelle guarnigioni si piaceva talvolta di toccar 1'organo nelle chie- e rurali, durante il mese Mariano; e prendeva passione alle divo- S$He Vll, wl. IV, fasc. 448 27 10 Novembre 1868.

418 I CROCIATI DI SAN PIETRO

zioni villerecee, si ridenti di poesia c cli fcde, che costumano in Ita- lia; e fu veduto in divisa militare confondersi coi buoni campagnuoli, e colla chitarra alia mano accompagnare i divoti cantici alle Madon- ne delie sirade : il che gli acquistava inestimabile affetto e venera- zione presso la contadinanza.

Costumi si soavi, inclinazioni si gentili, non isnerbayano pimto la fierezza del vero soldato; solo servivano ad appurarla. All'uopo diveniva rubesto, lampeggiava di alterigia marziale, e il mansucto agnello ruggiva lione implacabile. Narra il visconte di Poli, die incontratosi a conversare con esso lui entro ad un caffe di Roma, videro enlrare una brigata; all' abito , al piglio non eran roraani. Uno d'essi trasse di soito al mantello un mazzo di fiori, e piantollo sul desco , attorno a cui i compagni fecero corona. II Guillemm si accorse che i fiori, artatamente disposti in tre giri concentric!, rap- presentavano la coccarda di un Sovrano ostile al Santo Padre, e cho pur di cotesto quelli prendevano occasione di motteggiare e menar chiasso. Egli era in divisa, e non poteva dissimulare 1'insulto al Principe di cui portava le insegne. Si leva , strappa il mazzo di mezzo alia tavola, lo gitla a terra, lo calpesta, e senza guatare in faccia a nessuno, risiede. Sursero accesi di rabbia quei ribaldi, e minacciosi facean attodi metier mano ai coltelli. Arturo non si mos- se : si cavo da lato una rivoltella, la poso accanto alia sua tazza , e continue a discorrere col Yisconte. Non ci voile altro avviso, perch^ i vigliacchi patriotti dei fiori, uno dopo 1' altro si dileguassero di presente. Erano cinque soprastanti d'una ferrovia in costrazione.

Yero Crociato, di generosita e devozione senza limite alia siia bandiera, aveva giurato di tenerla a)ta insino a cessato il pericolo o insino alia morte : e pero la terra di S. Pietro amava di amore pas- sionato e invitto, si era dato allo studio del paese e della configura- zione de' siti, e coll' animo vi aveva preso stanza fissa e naturalita. Dileguatosi da Roraa il presidio francese nel 1865, un amico gli fa- ceva osservare, che 1'esercito della Santa Sedo non potrebbe a gran pezza tener testa ai grossi battaglioni dei nemici di fuori, e vana riuscirebbe la difesa dei pochi Crociali. « Non importa, rispose il Guillemin, non laseero per questo la mia bandiera. Se siamo vinti,

XXXVII. ARTURO GUILLEMIN 419

mi gittero alia montagna, e sollevero la guerra de' partigiani. Co- nosco il terrene, ci vivro facilmente, e saro soldato del Papa sino all'estremo. » E fu soldato del Papa lino all'estremo: le sue ullime parole: Viva Pio IX, lui solo Re... e bene, vim Pio IX, erano il compimento dell' eccelso suo voto. II Santo Padre, in udirne il rac- conto, pianse diroltamente.

Lo avevan pianto a calde lacrime i suoi soldati altresi, e non po- teano consolarsi della moile del diletto e venerato Coinandante. 11 zuavo Alunno, vedulolo spirare, si precipito sopra lui e tra il fischio delle palle gli tolse le carte di guerra , tra le quali era la serie dei nomi del giorno , e le decorazioni tutle insanguinate , per sottrarle alia profanazione. II di seguente, picciola e negletta fossa accolse il Guillemin, coi compagni di martirio e con alcuni degli uccisori. Ye- ramcntc fu deplorabile caso, che la trepidazione di quei fieri giorni lion lasciasse agio di sceverare nella tomba gli amid dai. nemici di Dio. Ma non duro a lungo si ingiusta offesa, e venne il giorno della ristorazione. Due sacerdoti, stati spesso compagni dei Ciociati, i padri Wilde e di Gerlache , con altri pietosi pellegrinarono a quella tomba, il di 7 Maggio 1868, e fu per volonta espressa di Pio IX. Sceverarono e raccolsero i preziosi resti dei campioni di Santa Chie- sa, e loro rendeltero i religiosi onori. II riposo loro destinato e un sepolcro nuovo, incavato a sinistra dell' altare, nella graziosa cap- pelladi Nostra Signora del Passo, cola appunto ov'ebbe principio Teroica fazione di Monte Libretti.

Quanto alle reliquie mortali del Guillemin in parlicolare, gia avean esse riscosso onori pan al merito ; e fu per occasione del rin- tracciar queste, che ancbe di quelle altre si ridesto la memoria ed il desiderio. Un canonico diocesano di lui, il reverendo D. Carlo Fran- cesco Druot, venne a Roma a ricbiederne il corpo, a nome della fa- miglia, della palria e della chiesa natale. A lui si unirono nel difficile inlento di scoprirlo e riconoscerlo un' eletta di amici : il P. Yincenzo Bailly, cappellano, il capitano Albeito 0' Reilly di la Hoyde, irlan- dese, gia intimo del Guillemin ; il tenente Enrico Le Dieu, suo com- militone fin dalla giornata di Castelfidardo , e un gruppo di prodi , nobililati all' impresa di Monte Libretti, il tenenle Bach, il Loonen,

420 I CROCIATI DI SAN PIETRO

I'Alunno, il Mimmi e altri. Yeniva con loro un gentiluomo francese, il signer Enrico di Maguelonne , eke poi dei particolari della inven- zione ci fu largamente cortese.

Non era spenta presso i terrieri di Monte Libretti la memoria degli eroi del 13 Ottobre. Una forese addito ai viaggiatori un sito a cen- cinquanta metri dal castello, e disse : « Qui il Comandante dei Zua- vi rendette Tanima: i forestieri per devozione ne ricolgono le erbe, e i nostri fanciulli vi accumulano questi sassi, che voi vedete, per ri- cordo. » Altri nel borgo mostrarono la casa, dove i Zua\i avevano vegliato la notte, altri il luogo dove il di Quelen era stato percosso a morte. Sacerdoti, borghesi, popolo, tulti concorsero a dare schia- rimenti : ma piu che niun altro indizio valse la parola di un buon contadino, che di sua mano aveva dato sepoltura a quei morti illu- stri. « Si trovera, diss' egli, il suo corpo sopra quello di lutti gli al- tri, colcato sulla sua ordinanza, con a piedi un Garibaldino: per ri- spetto non 1'ho spogliato; e cosi 1'ho posto, perche egli era il capo di tulti. Cosi fu rinvenuto appunto appunto. Primo oggetto ad apparire fu uno scapolare del Carmine: un ufficiale il raccoglie, il diguazza nel- Facqua, e tutto commosso, esclama: « fi come il mio! a lui e a me somigliante il diede la contessa Macchi! » E infatti il Guillemin usa- va frequente in questa nobile famiglia, e V era accolto come caro amico. Poco stante si vide un capo di bianca funicella : era il cin- golo di S. Francesco, che il defunlo soleva recare ad esempio di S. Luigi di Francia, ancora nelle battaglie. Infme tutto il cadavere si discoperse. Era intatto, e talmente intatto dopo sei mesi, che la- vato e involto semplicemente in un lenzuolo, pote essere lasciato si- no al di seguente entro la chiesetta di Nostra Signora del Passo.

Quivi presso la fossa ebbe le prime assoluzioni ; poi trasporla- ronlo processionalmente alia chiesa, e il di seguente alia parrocchia per le esequie. II popolo di Monte Libretti si adunoalla suaparten- v/a per Roma, e il saluto con fragorosi Evviva! Una tale acclamazio- ne popolare, novissima dinanzi alia bara d'un morto, e profonda di senso maraviglioso, e rivela con luce smagliante il concetto che si formano i crisliani dei caduti nei combattimenti della moderna Cro- ciata. Non era che il cominciamento della gloriflcazione. Immen-

XXXVII. ARTURO GUILLEMIN 421

so fu il concorso dei Roman! ai funerali solennizzati a San Luigi de' Frances!; il Ministro delle armi , ambasciatori , prekti, ufficiali superior! di varie armi , tutto il corpo degli ufficiali zuavi , vi con- vennero spontaneamente. Inline il S. Padre, inteso tutto il processo della invenzione del corpo dalla bocca del canonico Druot, voile che il fratello di Arturo sottentrasse al defunlo , nell' onore di cavaliere Piano, per giustd e vivace gloria della famiglia.

Ma la popolare, dire! quasi, apoteosi aspettavasi vie piu strepi- tosa nella patria; ne falli, anzi vinse ogni espeltazione. II prezioso deposito venne accolto dalla famiglia e dagli amici in una cappella ardente, decorata non dei simboli della morte, ma della gloria. Un pargoletto, nipote ad Arturo, era nato poc' anzi in quella casa; e la madre venne a posarlo pietosamente in sulla bara, come le cristiane antiche deponevano i loro bamboli sui sepolcri dei martiri. Al quale atto un fremito di riverenza trascorse nell'assemMea; e da quel pun- to insino alia levata del corpo piu non cesso 1'affollarsi del popolo che veniva ad ossequiare il benedetto concittadino. Ciascuno voleva imprimere le labbra in sulla cassa, e le madri prendevano in braccio i fanciulli, per arrivarli.

Nella dimane il privato omaggio si tramuto in pubblico trionfo, Le contrade e le piazze della citta di Aire parvero anguste alia folia dei pellegrini accorsi da tutta la Francia settentrionale : la sola citta di Lilla ne aveva mandate dugento. Incedeva il feretro fregiato dei segni di vittoria, a guisa delle urne delle catacombe, lavoro bene inteso di artefice romano ; e recavalo a spalle la gioventu cittadina, che a muta a muta sottoponevasi all' ambijo incarco ; scortavalo un drappello di Zuavi pontificii in uniforme, e tra questi Augusto Cappe, che aveva bagnato del suo sangue lo stesso terreno ove il Guillemin 1'avea versato tutto. Gli occhi della moltitudine contemplavano ri- spettosamente i prodi commilitoni del morto, e si appuntavano con divota curiosita sopra un brano della sua divisa disteso sulla ba- ra , rinvenuto sul corpo nella prima sepoltura , nel quale vedevasi lo sdruscio della ferita. Agli angoli del catafalco sorgevano trofei di bandiere pontificie, inghirlandate di alloro trionfale: e a tali simboli risposero pure le ripetute laudazioni funebri: breve, ai funerali del

122 I CROCIATI DI SAN PIETRO

vincitore di Monte Libretti nulla manco di quelle onoranze che puo tributare un popolo a quegli eroi, che esso stima trasferiti dalla glo- ria terrena alia gloria celeste.

Non perira la memoria di Arturo Guillemin, fmche duri in terra 1'amore alia Chiesa di Gesu Cristo, e finche sara reputato pregio di anime eccelse il sapere intrecciare in una sola corona la fede del marlire, 1' austere wtu dell anacor eta, il valore del guerriero, e la gentilezza del cavaliere. E il monumento che ora gli erge la comime ammirazione de' concittadini, sara additato ai posted, come una torn- ba che onora la patria. Arturo fu il tipo ideale del Crociato. Tutto in lui prometteva quella fine, degna di un grande Cristiano, che sorti infatti. II P. Antonio Bresciani, di chiara memoria e lacrimata, nar- rate avendo, nel suo Zuavo Pontificio, i magnanimi gesti e il san- gue sparso da Arturo Guillemin a Castelfidardo, conchiuse con que- ste profetiche parole :

« Anima generosa I io spero che le tue ferite ti lasceranno corn- pi ere il tuo voto. Elle cicatrizzeranno, ma la nobil ferita del tuo cuore non si chiudera. Ell' e aperta airamore, che t'accende per la difesa della S. Sede; ell'e aperta alia carita che t'anima a ridonare la vita per Cristo; questa dolce ferita non ti dara ne posa ne requie, sinche non vedi rotti e debellati i nemici di Dio, e la vittoria e Iti pace e il trionfo della Chiesa. Forse il Signore vorra altri martiri; forse nei suoi profondi consigli permettera che la perfidia, 1'ingiu- stizia e 1'empieta dilatino ancora Tire e i furor! contra tutto cio ch'e santo in terra; ma spera, nobile Arturo; e se Dio in questa seconda lotta non ti chiama in cielo cogli eroi di Castelfidardo, tuoi primi compagni, vedrai cogli occhi proprii le terribili vendette, della divina Giustizia sopra i parricidi deH'immacolata Sposa di Cristo. »

Pagato il tributo debito ai vivi e ai morli di Monte Libretti, ripi- gliamo il filo dell' istoria.

XXXVIII. OPERAZ10NI CONTRO NEROLA E MONTORIO ROMANO 423

XXXVIII.

Operazioni contro Nerola e Montorio Romano.

Per quanto riuscito fosse brillante il combattimento di Monte Li- bretti, e avesse gittata terribile perturbazione nel campo degl' inva- sori, e guasti i loro disegni ; rimaneva pur tuttavia indugiata Y intera esecuzione del divisato dal Comandante della Luogotenenza. Poiche il Charette iutendeva a snidare il nemico da Nerola e da tulto il lembo della provincia, dov'eraapparso, e ancora piu di cotesto ane- lava a dargli una rotta generate, ove che potesse pur una volta rag- giugnere il Menotti, quanto insolente a invaderei puntiscoperti, al- trettanto celere a ritirarsi al primo romore di armi pontificie. Que- st' ultimo intento sopra tutto era difficilissimo ad ottenere.

Menotli infatti, evacuato Monte Libretti nella notte dal 13 al 14 Ottobre, si rinforzo a Nerola, sempve sull'estremo liraite della pro- vincia; e ricevuti novelli rincalzi mando ingrossare il suo corpo avanzato, gia inoltratosi insino a Montorio Romano, inviandogli tra gli altri un baltaglione de' meglio agguerriti , che formava come la sua guardia pretoriana, cui comandava egli medesimo. Anclxe questa mossa non era altro che uno scivolare lunghesso il confine , perche Montorio giace a scirocco di Nerola , ne dista piu che due miglia dalla frontiera. Vi si condusse di poi il Menotti in persona, e vi trasporto il quartier generate. La fama costante ed uniforme e i rap- porti giunti al Ministro dell' armi in Roma raccontavano che egli avesse cola e nelle circostanze rannodato presso a 6000 uomini di- stribuiti in piu luoghi 1 : ma gli storici di parte sua scrissero che a Nerola ne aveva da 2000 2 , forse dimenticando le masse raccolte contemporaneamente a Montorio e ne' dintorni, fino a Monte Flavio.

Quale fosse il suo obbietto di operazione , non poteva argomen- tarsi chiaro, e forse egli stesso non aveva disegno formato e ben

1 Doc. mss. degli Archiv. 14 e 15 Ott.

2 Vedi GUERZONI nella N. Antol Marzo 1868, p. 562.

424 I CROCIATI BI SAN PIETRO

colorito in mente sua. Perciocche il sue avanzare verso Monlorio Ro- mano minacciava apertamente Palombara, e si diceva altamente nel campo garibaldino cola dover battere i primi assalti, appena fossero giunti i battaglioni cappali di Lombardia e di Romagna. Tutto que- sto era saputo in Roma l. Intanto 1' improvviso apparire di una sua vanguardia verso Percile e Licenza sembrava accennare sopra Ti- voli: e d' altra parte il rioccupare che fece Monte Libretti, dopo la partita del capitano de Yeaux, con forse 1200 Gahbaldini, sembrava un pentimento di esserne poc'anzi diloggiato; e pero correavoce che tramasse un soprammano contro Monte Rotondo 2. Questo solo era manifesto, che tentando tutta la frontiera si aveva in mira alcun ac- quisto rilevante : e bene poteva tentarlo , avendo in ciascuno de' tre siti occupati almeno due cotanti di truppe , che non ne comandava il di Charette in tulta la provincia. Mancavagli solo 1'ardhnento, ne glielo accrebbe il fratello Ricciotti, che arriv6 al campo in Nerola il 16 di Ottobre 3.

Pertanto i Pontificii presero doppio provvedimento : raffermare i Ire posti interni piu probabilmente esposti alle incursioni, e appron- tare una colonna di spedizione. II Comandante di Palombara ebbe ordine dal Charette di non si allontanare dal castello ; prese a co- struire sollecitamente alcune opere di difesa piu urgenti, fece viveri, e scriveva che dair aggressione di bande non aveva che paventare i. La sua forza componevasi di una.compagnia di Zuavi, e d' una par- tita di Squadriglieri. A Tivoli il Colonnello in persona disponeva le difese, e il capitano d' Albiousse che ivi era Comandante, sebbene con presidio non dissimile da quello di Palombara, entrava malleva- dore di mantenere la piazza 3. Dalla parte di Monte Rotondo .die piu dappresso toccava Roma , anche piu vigorosi procedevano gli appresti di difesa e di offesa.

1 Doc. mss. degli Archiv. 13 Ott.

2 Ivi.

3 Ivi, 17 e 18 Ott.

4 Ivi, 16 Ott.

5 Ivi, 13, 15, 16, 19 Ott.

XXXVIII. OPERAZIONI CONTRO NEROLA E MONTORIO ROMANO 425

Ne erano motivo non solo le minacce immediate del Garibalde- schi rientrati in Monte Libretti, ma altre considerazioni di piu vasto intendimento. Le informazioni giunte da Firenze al ministro Kanzler per via di testimonii gravi e oculati recavano, che una moltitudine sempre crescente di Garibaldini, si affollava alle ferrovie, e con si smaccata pubblicita, che nelle stazioni si erano aperti a posta loro degli sportelli speciali, per distribuire le polizze di viaggio 1. So- pravvenivano altri sospetti, che il convoglio da Terni dovesse a un giorno prossimo, importare un' orda di Garibaldini, lance spezzate e armati insino ai denti, e coll a violenza del vapor e intruderli fin den- tro le mura di Roma 2; e tali sospetti prendevano valore dagli av- visi corsi contemporaneamente di frotte di nemici, nascose nelle cir- costanze della porta S. Lorenzo non lungi dalla romana stazione di Termini, probabilmente in altesa e in soccorso degl'invasori 3. Ne ignoravasi che il Garibaldi era stato licenziato a tornare in terra fer- ma, ad altizzare le imprese de' suoi volontarii: a confermazione del quale rumore concorreva non poco il vedersi lungo la costiera due legni italiani in corso, che mandavano dire di stare in caccia del fuoruscito di Caprera*4. Si credeva adunque il contrario.

Contro tali pericoli, si ordinarono pertanto i ripari: si raddoppio la vigil?nza lungo la marina di Civitavecchia; in che spicc6 la ope- rosita del colonnello Cialdi, il quale senza strepito e con oculatis- simo avvedimento dispose talmente la sua piccola flotliglia , che ogni sbarco di nemici, fu tentato invano 5. Venne rinforzata la guar- nigione di Monte Rotondo, richiamandovi la compagnia della Legione da Monte Maggiore, e inviandovi un pronto soccorso 6; si accrebbe la guardia lungo la strada ferrata 7; e, cio che nel frangente pochi

1 Ivi, 15 Ott. In un telegramma vi e la giunta: Renseignements de temoins graves et oculaires.

2 Ivi, 17 Ott. e Relazioni particolari.

3 Ivi, 14 Ott.

4 Ivi, 15 Ott.

5 Relazione mss. della Marina.

6 Doc. mss. degli Archiv. 14, 15 Oil.

7 Ivi.

426 I CROCIATI DI SAN PIETRO

seppero, 1'ingresso della stazione fu munito militarmente, e fu pro- poslo uno spediente, onde potere ad un cenno scagliare in ro\ina il conyoglio garibaldesco , se fosse riuscito ad irrompere insino a Roma 1.

Restaya da spedire una truppa a railitare yivamente conlro le for- ze nemiche, cotanto aumentate sul confine della Comarca, sebbene non ardite d' inoltrarsi : ma all'uopo falliva il numero necessario di soldati onde comporla. Perciocche per una parte i luoghi occupati dal nemico erano tulti fortissimi per sito e condizioni, e da non po- lersi tentare colla sola fanteria ; per Y altra parte, cssendo le Ire vie di Roma evidentemente minacciate, non mettea conto di sguarnire Tivoli, Palombara e Monte Rotondo, che n'erano la nalurale difesa, e neppure era possibile di assotligliarne le gia sottilissime guarni- gioni. Con tutto eio il Chare tie non si smarriva, ne molto meno il Ministro delle armi rimanevasi ozioso, siccome scrisse un Censore da troppo zelo accecato 2. Se mai fu tempo in tutta la guerra in cui 1'energia tenace del general Kanzler brillasse in tutto il suo splendore, fu certo in questi giorni : e nelle filze degli archivii sus- sistono gli alii, pieni tutti di dispacci , di provvedimenti, di ordini arditi e ricisi, che traversavano le province sulle ali del telegrafo, e ogni cosa agitavano alia difensione dello Stato.

Ma per non ci scostare dal nostro cammino, diremo solo, che il Comandante della Luogotenenza di Tivoli , appena avyisato dei sue- cessi di Monte Libretti, non approdati all' ultimo scopo di sgom- brare Nerola dai nemici, gia telegrafava al Ministro : « Propongo naarciare con lutte le forze sopra Monte Libretti e Nerola, io con 100 uomini da Ttvoli, 100 uomini da Palombara, Cirlot con due compa- gnie Legione e sezione Zuavi (da Monte Rotondo). Se si approva in genere, par tiro per Roma pel concerto e dettagli, al primo segno te- legrafico 3. » Con che egli intendeva mettere in campagna pres-

1 Quanto al modo di distruggere il convoglio garibaldesco, abbiamo veduta la proposta d'un ingegnere, coirapprovazione del Ministro, ma non abbiamo indagato se fosse poi eseguita.

2 Lapolitique de resistance a Rome, etc. Blois, 1868.

3 Doc.mss. degli Archiv. 15 Ott.

XXXVIII. OPERAZIONI CONTRO NEROLA E M01NTORIO ROMA1NO 427

socche lutte le guarnigioni, percuotere un colpo vigoroso con tre- cento uoraini contro una massa yenti voile piii numerosa, e rien- trare nelle piazze di presidio, prima eke i nemici avessero tempo di saperle sguernite, non che tenlarne 1'acquisto. II Ministro rispose: « Convengo 1. »

Si tenne infatti alia sera del giorno 15 il consiglio di guerra, in Roma, a cui inter vennero, oltre al Charette, varii Comandanti del- la sua Luogotenenza, eTufficiale Ringard, tutti chiamati e volati in Roma in poche ore. II divisamento del Charette era eccellente e necessario, sebbene ardimentoso in sommo : pero ai piu sembrava di non mettere in avventura T esito dell' operazione, scagliando si picciole forze coutro un nemico, che, se non per valore, pel numero almeno e pel vantaggio delle posizioni avrebbe potuto resistere. Ondeche il consigliare si volse sui modi di assicurare col maggior nerbo possibile la spedizione. Qui era il difficile. Coloro chestando- si in disparte, pretendevano che il Ministro tenesse buona guardia ne'castelli forti, e intanto avventasse in tultele direzioni colonne vo- lanti per attaccare le bande avversarie, non seppero le angustie a che era ridotto 1' esercito pontiticio. Appunto in questi giorni si dovette ricusare al Delegato di una importanle citta il soccorso di una sola compagnia , che era richiesta , perche la guarnigione di Roma era gia troppo indebolita 2. Infatti la vastissima Metropoli contava cir- ca quattromila difensori, forza appena bastevole alia guardia di pa- ce. Ed e maraviglioso per chi studia i document! originali di quei giorni tempestosi, osservare come il Ministro e Capitan generale delle Armi sembrava quasi negoziare co' suoi Luogotenenti, affine di ottenerne una compagnia o mezza, e per tante ore, e con pro- messa di reslituzioneJ Ecco un suo telegramma, per saggio : « Se potesse questa sera coll' ultimo treno mandarmi due compagnie per 48 ore, si eviterebbe un pericolo a Roma B. » E simiglianti po- tremmo allegarne parecchi, che danno la giusta estimazione delle

1 Doc. mss. degli Archiv. 15 Ott.

2 Ivi, Telegramma del rainistro Kanzler.

3 Ivi, 16 Ott.

428 I CROCUTI DI SAN PIETRO

strettezze dell' esercito pontificio, gia assalito e travagliato in tre province, e coU'espeltazione di piu gravi insulti dalle truppe rego- lari contra Terracina e Civitavecchia 1.

II buon volere di tutti cospirando allo stesso intento fece si che si raggranellarono alquante compagnie di varie armi, una banda di cavalli, e due pezzi di campagna, E fu allora che il Ministro scris- se pei Legionarii, ch' egli distaccava dalla guarnigione di Roma, quell' ammirata commissione : « Due compagnie della Legione usci- ranno da Roma, batteranno il nemico in Nerola, e rientreranno. » Volevasi da prima far massa a Palombara, e gia era spedito 1' avvi- so di preparare gli alloggi per seicento fanti e cento cavalli 2 : ma poi fu prescelto Monte Rotondo. Alia sera del 16 Ottobre tutte le forze destinate alia spedizione, compresevi quelle chiamate dalle province, gia vi erano raccolte, e sommavano in tulto a 970 uomi- ni 3. All' alba seguente marciavano in traccia del nemico.

Non poteasi con maggiore celerila, vigore e audacia apparecchiare tra mille ostacoli la operazione contro Nerola e Montorio Romano.

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1 Doc. wis«. degli Archiv. 17 Ott.

2 Ivi, 16 Ott.

3 Rapp. generate della Luogotenenza di Tivoli, nei Doc. mss. degli Arehi- vii, 28 Ott.

BELLE COSTITUZIONI MODERNE

Uno del piu ingegnosi e doili uomini, che sono in Italia, e gia noto al pubblico per opere date alia luce, ci diresse, ha qualche tem- po, un suo articolo, in forma di lettera, sopra le forme costituziona- li moderne. Noi fin dal primo leggerlo riputammo che, atteso i ve- raci principii e le sapienti considerazioni, che conteneva, meritava d' esser inserito nei nostri quaderni, con derogazione alia nostra usanza. Senonche le molte materie, che avevamo per le mani e che non potevano trasandarsi, c' impedirono di farlo fin qui. Ora final- mente, che lo spazio eel consente, volentieri il pubblichiamo, senza nulla toglierci o mutarci ; e solo sopprimiamo il nome dell'Autore, per ragioni di convenienze che ognuno intende da se medesimo. L' articolo suona cosi :

Agniluslri Compilatori della Civilta Cattolica. ^

Associato insin dal primo anno alia Civilta Cattolica non solo ne leggo periodicamente i quaderni, ma sovente ritornando sopra le materie piu important! mi fo a studiarle, secondo la tenuita del mio ingegno : e non e a dire se tra gli argomenti, maestrevolmente trat- tati, a preferenza mi avesse altirato lo Esame dei moderni ordini rappresentativi, siccome suggetto di grande momento nelle condi-

430 DELLE COSTITUZIONI MODERNE

zioni present! della societa. Or meditando sopra quegli articoli mi e stato avviso, che alcuna cosa si possa osservare intorno alia se- guente affermazione : Esser possibile, eziandio nella forma costitu- zionale, purche si depuri dalla infezione eterodossa, conseguire i fini cui dee mi rare ed indirizzarsi la societa, cioe il bene ed il van- taggio comune, coordinati col rispetto verso ogni diritto, e verso la liberta verace e legittima.

Che lo spirito eterodosso , di cui sono magagnate le odierne Co- stituzioni, le renda disacconce affatto a soddisfare alle condizioni indispensabili per raggiugnere i fmi teste divisati, e cosa che niun uomo di mente sana vorra negare. Ma pur cosi la quistione non puo dirsi risoluta, ne lo esame compiuto ; in quanto potrebbe di nuovo proporsi il seguente quesito. Poniamo che si escluda lo spi- rito eterodosso, le forme costituzionali odierne per se medesime, considerati i loro elemenli e la loro congegnatura, non rimarrebbe- ro sempre tali da non dare speranza che quei fmi si ottengano? Ovvero, proponendo la quistione sotto altro aspetto, & egli possibile purgare degli elementi eterodossi le forme ccstituzionali odierne?

Avvegnaeh^ la soluzione s intraveda , chi prenda ad istudiare con animo non preoccupato 1' opera insigne dell' ilhistre P. Tapa- relli, di benedetla e sempre cara ricordanza; nulladimeno quel ve- derla lasciata sulle undicr once, come suol dirsi, potrebbe per non pochi farsi occasione di eiTori ed illusion! . Perche son vissulo nel- la speranza che 1' un di o T altro, presentandosi congiunlura, sa- rebbe comparso qualche articolo nella Cwilta Cattolica , merce cui rifacendosi i dottissimi Compilatori sulla quistione, 1'ayessero deter minata e circoscritta nei termini sopra espressi. La congiuntu- ra si e data, ne V'articolo si e fatto aspetlare, la cui epigrafe e « Con- (lizione morbosa del nuovo parlamento di Firenze 1 ».

Se non che codesto articolo non si discosta, a quel che sembra, gran fatto dalla medesima sentenza, che pur le forme odierne pos- sono rendersi proficue e vantaggiose. Con tutto cio non essendo riuscito a persuadermene, mi fo a sotlometlere brevi osseryazioni

1 CIYILTA CATTOLICA, Serie VI, vol. V, pag. 5.

DELLE COSTITUZIONI MODERNE 431

all' alta doltrina delle Signorie vos.tre, ed elleno ne useranno secon- do loro saviezza l.

E dalle prime considero che a tre sommi capi possono ridursi i vizii delle odierne Costituzioni. I. Le norme, secondo cui si elcgge la prelesa Rappresentanza nazionale, sono essenzialmente viziose e false. II. La forma, secondo cui si conferisce il mandate, distrugge la essenza di quel contralto, ossia e forma assurda, die pero puo rivolgersi contro gli stessi mandanli. III. II fondamento, sopra cui poggiano le deliberazioni, e tale che toglie ogni guarenligia ai diritti, alia giustizia, alia morale. Si comport! qualche cliiarimento sopra ciascun capo.

Rispeito al primo, a prescindere da lutto cio, che e stato gia da gran tempo osservalo, e luttavia si viene osservando in tanti arti- coli ed in tante opere ; ed a prescindere dall' esperienza giornalie-

1 TsToi crediamo di dovere qui notare due cose. La prima e che Tarticolo, a cui accerma FAutore (Condizione morbosa del nuovo parlamento di Firen~ ze) non concede in modo alcuno che le forme odierne, anche spogliate dello spirito eterodosso, possono renders! proficue e vantaggiose. Esso anzi riprova esplicitamente coteste forme, anche riguardate nel pure loro materiale orga- nismo. Imperocche distinguendo nelle moderne costituzioni lo spirito, che le informa, dalla loro struttura meccanica, non pure condanna il primo come de- riv azione della teorica del Rousseau, ma condanna anche la seconda come ap^ plicazione della teorica del Montesquieu. Egli osserva che la struttura mate- riale del Costiluzionalismo moderno e la pretesa divisione e bilancia de' pen ten , conirastanti tra loro ; e che cio, riuscendo non ai temperamento ma allo sparpagliamento del potere politico, e contrario ad ogni idea di civile Governo.

Vero e che egli poscia soggiunge potere anche il sistema costituzionale con- durre a bene ; ma dice cio, guardando alia pura idea di un tal sistema, che ri- pone nella partecipazione e nel concorso della nazione alF esercizio della so- vranila, avente capo nel Principe; il che non ha luogo in rerun modo negli ordiiiamenti politici rap^resentativi modern!, poggiando essi n^lFidea del popolo per se sovrano.

L'altra cosa, che noiiamo, si e che i tre vizii capital! delle odierne costitu- zioni, giustamente riprovati e confutati dalF Aulore, nascono appnnto, come egli confessa da ultimo, dallo spirito eterodosso, ond'esse sono informate,- e quiudi vennero da no! condamiati ed esclusi per c!6 stesso, che condannammo ed ^sclndeiumo uu tale spirito.

432 DELLE COSTITUZIONI MODERNS

ra che conferma a posteriori le dimostrazioni a pried degli arlicoli e delle opere, conferma cioe che le elezioni , secondo die sono pra- ticate oggidi , servono unicamente a porre in balia di un partito il Governo , che pero necessariamente degenera in tirannide; a pre- scindere, ripeto, da lutlo questo, amerei che a preferenza si ponga mente sopra un altro vizio sostanziale , effetto inevitable del modo odierno di scegliere la cosi detta rappresentanza nazionale : vizio che passa inavvertilo, piu che non dovrebbe.

La elezione essendo fatta dai cittadini nella semplice qualita di cittadini, io dico che propriamente per questo la Rappresentanza che ne sorge non racchiude, ne potrebbe, gli elemenli indispensabili a tutelare e guarentire nelle debite proporzioni gl' interessi ed i di- ritti, che in ogni ben ordinata societa vogliono essere, merce cor- respettiva contemperanza, protelti e guarentiti. Per rendersi capaci di cio, si rifletta che i cittadini in quanto cittadini non hanno altra cosa a tutelare tranne i diritti che si riferiscono alia condizione di uomini e di cittadini. Yeramente altri interessi ed altri diritti pos- sono trovarsi in loro, e vi si rinvengono di fatti ; ma essi li hanno e li esercitano non come semplici uomini e cittadini, sibbene per- che appartenenti ad una qualche classe sociale, esempigrazia di proprietarii, di commercianti, di dotlori e via discorrendo. Pertan- to recandosi all'urna iiella semplice qualita di cittadini, e manifesto come la rappresentanza dipendente da elezioni cosi preordinate non puo racchiudere nelle debite proporzioni le voci necessarie alia tu- tela dei distinti interessi, riguardanti le diverse appartenenze socia- li. Si faccia il caso che per una rappresentanza alia moderna non si scelga alcun proprielario, od almeno si pongan da banda i gran- di proprietarii (essendo eziandio da distinguere gV interessi social! dei grandi da quelli del piccoli proprietarii) ; o vi sieno in cosi scarso numero, da esserne la voce soffocata : oppure si faccia il ca- so che non siasi prescelto numero sufficiente di commercianti, e Tia via : di qua! modo si puo star sicuro che gl'interessi di quelle Tarie classi sieno difesi e sostenuti nelle discussioni e nelle delibe- razioni affine di contemperarli tra se, coordinandoli al vero pub- blico bene? il quale non pu6 altrimenti conseguirsi, se non rispet-

DELLE COSTITUZIONI MODERNS 43 ^

tando, secondo ragione, i diritti c gl'interessi di ciascuna classe; in somma governandosi secondo i principii della giuslizia distri- butive. Ne sia soverchio qui notare come questo capital vizio delle odierne rappiesentanze germogli dalla mostruosa massima del Govern! ammodernati, secondo cui lo Stato e fonte ed origine di iutt'i diiitli, illimitato nei suoi poteri; per forma che un'assem- blea, che postergasse i dirilti ed i vantaggi di questa o quella clas- se, non possa riputarsi iniqua, quasi usasse del suo dirilto. Eppure nulla di piu sconcio, nulla di piu iniquo. Le famiglie, le corporazio- ni, coi loro diritti, colle loro proprieta, essendo fondamento, e mal- levadrici della societa civile, debbono aver sicura la tutela della propria rispettiva condizione : ed intanto cotesla tutela e per Tap- punto addivenuta oggi molto problematica, in grazia delle norme praticate nelle elezioni. Ravvicinando adesso questo difetto agli al- tri, cui sul principio accennava, ponendoli dall'un dei lati, si rende indubitato come le moderne elezioni recano con se il germe di mol- te e gravi disorbilanze sociali. 11 secondo capo, se non m'inganno, non ha ricevuto fmora tutto il lume che richiede. E da considerare che in ogni mandato, a volerne serbare integra la essenza, e indi- spensabile la obbligazione nel mandatario di render conto al man- dante dell' operalo. Non potrebbe neppur dispensarsi da siffatto ob- bligo senza alterare per modo tra mandante e mandatario i cor- rispellivi diritli e doveri da annientarli del tutto. Si puo conferire al mandatario facolt^i amplissima a traltare e conchiudere secondo il proprio criterio e la propria discrezione senza esser mestieri che ne interpelli prima il mandante, ma non lo si potrebbe esimere dalla obbligazione di render conto dell' operate. Perocche simile esenzione, alterando la essenza del contralto , costituirebbe il pre- teso mandatario arbitro del negozio. Laddove poi si trattasse di tal negozio, il cui nerbo e la cui sostanza consistesse tutta in trattarlo ed amimnistrarlo , la esenzione , di che parliamo , tramuterebbe il mandatario non pure in arbitro ma in domino , anzi despota. E questo e quel che inter viene nelle elezioni politiche, rispelto ai deputati. I quali addh'enuti per la forma assurda del mandato, che Serie VII, vol. IV. fasc. 118. 28 10 Novembre 1868.

134 DELLE COSTITUZIONI MODERNE

non impone obbligazione veruna a render conto, dominatori del paese , possono per piu vie riuscire impunemente a trasricchir se medesimi, senza im pensiero al mondo del daimi gravissimi che arrecano allo Stato ed ai mandanti. Sconcio cotesto, tutto proprio del tempi moderni : conciossiache lion era negli ordini della repub- blica ateniese, molto meno della romana, e neppure chi voglia pe- netrarvi addentro in quelli delle repubbliche ilaliane. La qual cosa parmi assai degna di considerazione 1.

Venendo al terzo capo, domandiamo qual e mai la regola cue go- verna le odierne assemblee, innanzi a cui e forza che ogni altra leg- ge ceda, ne ragione o diritto alcuno valga? La regola e la prepotenza della maggioranza: prepotenza tale, che arresta perfmo ed affoga quelle discussioni, in cui il suo tor to apparirebbe manifestissimo. II che premesso, suppongasi, ne la ipotesi e poi molto improbabile, che in un' assemblea la prepotente maggioranza si accordi in accet- tare e proclamare le teoriche del comunismo e del socialismo; ad- dio famiglia, addio diritto, addio morale. Ma donde e come cio? Unicamente per che le odierne assemblee non riconoscendo altra leg- ge, che la volonta prepotente della maggioranza, mettono in non cale Dio, morale, diritto: in altri termini: merce quella regola imica ed assoluta, quell' unico ed assoluto fondamento, assegnato alle delibera- zioni, si riesce a rinnegare i principii stessi, costitutivi della societa, ed a porla in tal condizione, quale al mondo non si e verificata mai, ne manco in tempo del paganesimo, nella condizione cioe da non aver riguardo alcuno ne a Creatore, ne a vita futura, ne a diritti.

I quali ragionamenti ricevono maggior lume e prendono mag- gior forza per la inefficacia dei rimedii, onde si crede poter ovviare ai vizii, di che si e discorso , o renderli comechessia meno perni- ciosi. Primamente si contida nel diritto di petizione. Si sa, per 1'espe- rienza, che se n' e fatto e tuttavia si sta facendo, qual vantaggio arre- chi ed a che riesca cotesto diritlo. Immaginiamo (appunto quel che

1 Quest! ragionamenti deirAutore sono giustissimi ; e del tutto conform! ad essi fiirono i fatti da noi nei due articOli Sul diritto di suffragio nella So- cieta moderna. Vedi CIVILT\ CATTOLICA, Serie VII, vol. II, pag. 641, e vol. Ill, pag. 17.

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si e piu volte verificato) che di una petizione comunque numerosis- sima di firme non si tenga alcun con to; qual facolta e data, qual via aperta per sostenerne le ragioni ? Niuna : e da cio, qual rincalzo non viene air argomento, tratto dalla forma assurda del mandato? Se- condamente si fa assegnamento siuT autorita del Senato, corpo non eletlivo, per natura propria conservatore, e che nei passi sdruccioli (cosi si pretende) puo servire di contrappeso e di rattento alia foga della Camera elettiva. Illusion!! La Camera elettiva rende a se ligio il Ministero, merce la minaccia del voto di riprovazione : ed una volta che Ministero e Camera si pongono di accordo , il Senato e assorbito, vuoi per la legge di attrazione, vuoi per T altra in virtu della quale gli Algebristi nelle estrazioni delle radici, ottenuta la meta delle cifre piu una, discoprono le altre per via scorciatoia, senza dimorarsi piu nella lunga operazione. Yiene il terzo rimedio, che e la opinione pubblica, espressa merce la stampalibera dei Gior- nali. Dopo quel che con la consueta saviezza ed eleganza e stato scritlo dalla Cwilta Cattolica nell'articolo il Giornalismo in Italia 1 , cadrebbe la penna di mano a volerne dir altro. Pure per 1'ordine del ragionamento osservo, che attesa la moltitudine dei Giornali, ciascu- no dei quali propugna opinione diversa, non che desumere da quelli la pubblica opinione, od alcun ragionevole costrutto, correrebbe ri- schio che si ponesse all' opera di non raccapezzarsi piu col proprio cervello. Inoltre qual prova si adduce che la opinione di questo o quel Giornale possa tenersi per pubblica? Chi ignora dopo le espe- rienze avute che la maggioranza, Governo, tiene in mano potentis- sime fila per padroneggiare quei Giornali, la cui voce riputasse frut- tuosa? Che se la pruova voglia desumersi dal numero degli asso- ciati , chi mai li conosce, li numera o ne fa rassegna ? Potrebbe forso dirsi che Yeurcma rivoluzionario di accreditare per pubblica opinio- ne la parola dei Giornali sia applicazione in politica della erronea dottrina del Lamennais in filosotia. Di vero se Tautorita del genere umano dovesse togliersi a criterio di verita ed a fondamento di fede,

1 SerieVI, vol. V, pag.257.

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si riuscirebbe da ultimo a sostituire alle doitrine, appoggiale sugli eterni Yen, la opinione di questo o quell' altro scrittore, secondoche blandisse alle passioni personali od a quelle di un partito. In questo luogo si esagerano i vantaggi della discussione nell'Aula parlamen- tare. Ma non si bada, die ove non si tratti di astrazioni scientifi- che, ma di applicazioni pratiche, religiose, politiche o civili,le pub- bliche discussioni sono allora proficue ed approdano, quando siavi una legge ed un magistero : la legge, in cui si miri nel fine di mo- strarla od applicable o non violata ; il magislero, superiore alle par- ti, che defmisca se e come debba tenersi assodato lo assunto : sicco- me intraviene nella Chiesa e nei tribunali. Ma quando la discussione e tra quei, che debbono essere autori della legge, e, sciolti da ogni riguardo c soggezione, si lengono parimente giudici inappellabili della equita, giustizia, convenienza ed utilita dei disegni e dei par- (iti che si propongono ; la discussione, piuttoslo che giovare, torna a nocumento, per le conmsioni, i convocii, gli equivoci che cagiona: e non di rado si arriva a tal punto, che la maggioranza irremovibile per anticipati accordi da qualche sentenza evidentemente irragione- vole od iniqua, a cessare la vergogna , affoga la discussione : di che non sono mancali esempii nel parlamento italiano. Ancora, ed ecco 1'estremo rimedio, la minoranza parlamentare, forte del diritto di associazione, puo ben agognare alia rivincita, studiar via e modo da ottenerla. Osservato pria di passaggio in quanto al dirillo di associa- zione, che la prudenza latina lapensava tutt' altrimenti (L. 3, §. I, D. De Coll. et Corpor.) ; aggiungo di poi che il rimedio e davvero dficacissimo per tramutare la convivenza civile in palestra di frodi, talvolta in campo di battaglia.

Per la somma delle discorse cose parmi si possa di santa ragione conchiudere , essere le forme coslituzionali odierne per se medesi- me, ed astrazion fatta dalla infezione eterodossa, al tutto disacconce a conseguire i fini precipui cui dee indirizzarsi ogni bene ordinata societa; essendo esse cagione di arbitrii, d' ingiustizie, di perlurba- menti : owero e a dire che 1' elemento protestante si trovi talmente in quelle inviscerato, che non sia da sperare poterlo escludere man-

DELLE COSTITUZIONI MODERNE 437

tenendole pur sempre nell'esser loro 1. Cosi la orgogliosa indi- pendenza della ragione e inviscerata nel modo delle elezioni, merce la commistura ed eguaglianza delle classi; e inviscerata nella forma del mandate e nel fondamento delle deliberazioni , merce il potere non frenato ne da aulorita umana, e neppure dalla divina, tribuito ai deputati.

Che se taluno replicasse essere appunto cotesta la conclusione in- tesa nei quaderni della Civilta Cattolica e nel precitato articolo ; di rimando risponderebbesi die si veramente, ma die pure n0n e espressa, anzi adombrata per modo, che si rimane in forse del con- trario: il che, ripeto, si fa occasione di error! ed illusion! 2.

Ne sarebbe a temere che, appresentando il concetto senza penom- bre, 1'accusa di assolutisti e nemici della liberta si faccia o meglio fondata o pm appariscente . Tutt'altro. Rimarrebbe sempre vera e pur a calunnia. A mostrarlo gkrva premettere una spiegazione intor- no alia parola Costituzione. Conciossiache tenga essa doppio signi- ficato; uno geuerico, specifico 1'altro. Presa genericamente si appli- ca a qualsiasi maniera di ordini politici ; secondo il significato spe- cifico si riferisce agli ordinamenti odierui. Or essendo dimostrato co- me questi sieno contrarii al bene ed ai fini della convivenza sociale; anziche amico del dispotismo e nemico della liberta, si appalesa

1 Questa seconda osservazione e piii giusta ; giacche questi vizii di orga- nizzazione, dall'Autore meritamente vituperati, nascono non dallMdea di Co- stituzione per se stessa , ma dallo spirito eterodosso , onde sono invasati i moderni Ordini rappresentativi.

2 Qui TAutore concede che veramente la sua conclusione concorda con la intesa dalla Civilta Cattolica ne' suoi quaderni e segnatamente nell'arUco- lo da lui mentovalo : Condizione morbosa del nuovo Parlamento di Firen- ze. Aggiunge per altro non sembrargli espressa per guisa, che escluda il pericolo di credere il contrario. IJn tal pericolo ci sembra abbastanza esclu- so per le cose che ricordammo nelle note precedent!. Del resto, poiche TAu- tore desidera che noi tornassimo sopra questo argomento degli ordini rappre- sentativi ammodernati, per mostrare come la loro forma stessa e disacconcia a procurare il bene della societa; noi soddisfaremo a questo suo giustissimo dcsiderio, come prima gli argomenti in corso nei nostri quaderni, o gli altri che si mostrassero di maggiore urgenza, ce ne lasceranno il tempo e lo spazio.

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amico deH'iimanita chiunque dia opera a persuadere che il signifi- cato specifico vuol essere eliminato. E tuttavolta a purgarsi vieme- glio di quell' accusa converrebbe rivolgere lo studio intorno al si- gnificato generico del la parola, e indagare di qual modo merce altra applicazione di quello si face! a possibile la guarentigia dei diritii ed il rispetto verso la liberta verace e legiltima: alia maniera stessa degli algebisiri, i quali se per qualche radice immaginaria sieno av- vertiti essere la via presa a risolvere un problema assurda, subito risalgono airenunciato per iscoprire i cangiamenti di cui son capa- ci i dati e le condizioni, nello scopo di renderne possibile la so- luzione l.

Se non che prendendo a riflellerci, la prima cosa che ricorre alia mente e la solenne doltrina del de Maislre, secondo cui e temerita, se non voglia (Mrsi ciarlataneria, volta a proprio vantaggio, farsi ad improvvisare Costituzioni. Le quali non possono essere che opera lenta dei secoli, opera sorretta e condotta dalla Provvidenza: le ano- malie che tal volta appaiono, da essa Provvidenza permesse, servono quindi a riforbir meglio e ritemperare gli ordini da quella prestabi- liti. Laonde con aver preteso di costituire per forza ogni Stato sopra ordinamenti detta-ti a priori , e tutti di un medesimo stampo , e pro- prio aver condannato essi Stati al letto di Procuste; altra potentissi- ma cagione della pessima pruova che han fatto e stan facendo le

1 Da cid, che qui ed appresso dice 1'Autore, apparisce come il significa- •to specifico di Costituzione non si applichi ai soli ordinamenli odierni , ma possa ricevere ima piu ampia spiegazione ; in quanta non significhi qualsi*- voglia maniera di ordini politici (che era il sense generico) e neppursi re- stringa a quelli che lo 8pirito eterodosso seppe escogitare (ordinamenti odier- ni), ma esprima un siffatto ordine di cose, in cui senza annullare rautori- ta del principe, come fassi oggidi, si chiami anche il popolo a partecipare gerarchicamente al governo di se medesimo. Cotesto coslituzionalismo e di- Terso dalle forme costiluzionali moderne ; e cio appunto fu svolto dalVarti- colo piu volte citato: in cui si dimostro che esse, anche qnanto alia lore material costruttura non sono fondate in questo legittimo concetto, ma sib- l)ene nell' assurda teorica del Montesquieu, la quale doveva necessariamente menare alia assurdissima teorica del Rousseau. Del resto, come dicemmo, avendone Vagio, torneremo sopra si importante materia.

DELLE COSTITUZIONI MOBERNE 439

forme odierne. La legge delle quantita costanti e quantita variabili nelle curve e legge di grande momento eziandio in politica. II ri- spelto alia religione, all' autorita, ai dirilti delle corporazioni, delle classi e degl'individui sono quantita costanti: le forme essendo quan- tita variabili, non solo nelle loro funzioni non debbono porsi in dis- accordo dalle costanti, altrimenti alterano e guastano la figura, die e quel che accade nelle odierne Costituzioni ; ma debbono altresi mirare a porre in armonia le quantita costanti teste accennate con Vindole, coi bisogni, con le inclinazioni, coi gusti e perfino coi pre- giudizii di ciascun popolo. Paragonate poi esse forme ad una mac- china, conforme le paragona il prelodato articolo, chiarito una volta che 1'ordigno non e rispondente allo scopo, anzi allontana daquello, e pur forza smelterla.

Adunque conviene interrogare la storia e le tradizioni. Interrogate, risponderebbero: Che ogni Stato avea il proprio Statuto, raccomanda- to non gia alia carta, ma molto meglio alia religione, ai costumi, alle pratiche delle corporazioni di cui lo Stato componeasi: Serendietiam mores, nee scriptis omnia sancienda. Dalla inalterabile osservanza di quello eran guarentiti i diritti e la liberta di ognuno: ed allora gli Statuti cominciarono a violarsi, quando la Riforma e quindi le sette ruppero guerra alle antiche instituzioni: il che, se non fosse stata la virtu benefica del Cattolicismo, avrebbe gia ricondotto le nazioni eu- ropee alia putredine e tirannide pagana. Non vi e mezzo: 0 liberta verace e legittima col rispetto ed osservanza verso le autorita legit- time : o liberta bugiarda, appoggiata sopra autorita fittizie, che ap- punto perche fittizie degenerano in tiranniche.

Ma cosi ci converrebbe retrocedere di piu secoli. Niente affatto. lo tuttavia mantengo ehe essendo per una parte dimostrato essere le forme odierne essenzialmente e radicalmente viziose, e daH'altra es- ser mestieri in fatto d' instituzioni e di statuli consultar la storia e le tradizioni: il problema utilc da proporre e studiare sarebbe stato que- sto: « In qual misura e con quali modificazioni e di qual modo le an- « tiche instituzioni potrebbero oggi applicarsi allo intcnto di assicu- « rare ad uno Stato la maggior possibile prosperita col rispetto ver-

DELLE COSTITUZION1 MODERNS

« so i diritti delle corporazioni e degl' individui, verso la verace e « legiitima liberta? »

Ilimiti di una lettera non consentono disamina cosi vasta e gra- ve: oltreche difelterei d'ingegno e mi mancherebbero aiuti. Contut- tocio sia pregio deir opera porre sott' occhio, per sommi capl, gli ordinamenti precipui, che vigorivano in qualche Stato d' Italia. La qual cosa puo aversi sommamente giovevole , se e yero lo ammae- stramento degli antichi, clie a conservare e restaurare le societa grandemente aiuti lo spirito primitiyo delle origini.

PARLAMENTI.

Parlamenti ayeano anch'essi i nostri padri e maggiori, ma non gia elezione di deputati con gli sconci delle odierne elezioni. Nei parlamenti entravano i Dignitarii ecclesiastici, i Feudatarii ed i Sin- dachi delle citta: ma yi andayano non per bisbigliare e tempestare, ma si per vegliare alia conservazione ed integrita dei diritti proprii o di quelli spettanti alia rispettiva classe. Per tal modo i Dignitarii della Chiesa vigilavano a conservar pura ed intatta la morale, fon- damento della pubblica e privata prosperita. Societa civile non puo sussistere senza morale, ne aversi morale senza religioner di en- trambe poi sendo maestri e custodi i Yescovi, giudiziosamente si go- vern avano i nostri antichi, allorche a star sicuri che i partiti a pren- dere non offendessero menomamente ne morale, ne religione, rive- rivano nei parlamenti la voce dell' Episcopate . Se non fosse che la separazione dello Stato dalla Chiesa e proposizione condannata nei Sillabo, una delle tante splendidissime gemme che impreziosiscono 1'aureola di gloria di cui va cinto il nostro amatissimo e santo Pon- tefice; basterebbe, a mostrare Tassurdita di quefl'assunto, una sola semplicissima considerazione, ed e: che le azioni umane essendo in- dividue non possono esser governate che o da legge unica o da leg- gi conspiranti : alia qual seconda condizione si satisfaceva , merce 1' intervento deir Episcopate nei parlamenti. Dei feudatarii non oc- corre intrattenersi, essendo ordine scomparso. Ma in quanto ai Sin-

DELLE COSTITUZIONI MODERNE 141

daci si noli , che erano Ottimati , per quelle solenni congiunture dal municipio, appellate allora university prescelti; ed ai quali si com- mettevano determinati e designati carichi, cosi circa i diritti a soste- nere, come circa le domande a porgere : reduci poi ragguagliavano le autorita e gli ordini del luogo (vedi appresso municipii, aristocra- zia) dei modi usati e delle cose ottenute.

COMPILAZIONE DELLE LEGGI.

Conosciuti per via dei Parlamenti i bisogni e i desiderii dei di- versi Ordini; la compilazione delle leggi, vuoi che si riferissero a quelle domande, vuoi che si attenessero ad argomenti piii estesi ed alti, era affidata a giureconsulti di specchiata dottrina e probilti : unica via da ottenerle, se non perfette, almeno lodevoli. Fu gia osser- vato dal Machiavelli per la repubblica fiorentina , che ove sia amo- re di parli, le leggi non per pubblica ma per privata utility si fanno; viceversa le leggi ed i maestrati del gia regno di Napoli erano in grande riputazione presso Europa tutta.

FINANZE.

Discreti i tributi, ne frequente lo accrescerli od aggiungerne allri; e nondimeno 1'azienda si equiparava. Perocche a mantenere la quie- te e la pace negli Stati, non turbate allora da mene rivoluzionarie, non era mestieri di eserciti numerosi. I quali solo in tempo di guerra si aumeutavano, ma non per via di cerne, dolorosissimo trovato dei Govern! ammodernati. Che se per gli eserciti non occorrevano in- genti spese, neppur ne occorrevano ingenti per gli stipendii di coloro cui si affidavano i pubblici ufficii. I quali tra per la semplicita degli ordinamenti, e per la partecipazione, che vi aveano non rislretta le Universita, eran pochi : e tuttavia la cosa pubblica era meglio ammi- nistrala, ne sconvolta peiv insolenza di turbolenti ambiziosi. Quando- che oggi la innumera falange di coloro, che sono investiti di ufficii pubblici, divora molta parte della fortuna pubblica, raggruzzolata a furia di gravezze e di debili. Pertanto, moderati quei due articoli

442 , DELLE COSTITUZIOSI MODERSE

della pubblica spesa, tornava facile star content! ad impostepur mo- derate : ed a conferraa non dispiaccia soggiugnere esempii che to- gliamo dal gia regno di Napoli.

I dazii che oggi addimandano diretti non eran altri negli anticlii ordinamenti del Regno che il tributo per famiglie, altrimenti allora appellate fuochi. Of bene a cotesto tributo che nel 1648 non ecce- deva ducati quattro e grana venti per fuoco , doe per famiglia, non venne apportato aumento alcuno insino al 1780. Che se in quell 'an- no si accrebbe di grana cinquanta, fu a compensamento del vettigale su i tabacchi, che re Carlo Borbone come troppo pesante ed odioso aboliva. N& quie da passare in silenzio un generosissimo tratto, de- gno veramente di encomio e di lode. Malgrado 1'aumento non piccolo avvenulo nelle popolazioni dopo il 1648, ne il prelodato re Carlo, co- tanto benemerito del nome napoletano, ne re Ferdinando suo figliuo- lo mai non s'indussero a prescrivere altra numeraziene di fuochi, comeche ne fosse dato loro il consiglio: di guisa che da ciascuna Uni- versita si riscuoteva il tributo, ragguaglialo alia numerazione del 1648; la Universita poi ne ripartiva la somma. Ne la bisogna anda- va diversamente rispetto ai vettigali, o sia arrendamenti, come allora dicevano (dazii indiretti). Vi erano, e vero, oltre le teste riferite, im- posizioni straordinarie , la principale i donativi : ma a prescindere che esse erano temporanee e per istraordinarie occorrenze; se i do- nativi furon frequenti nel tempo viceregnale, a tre solamente si re- strinsero, e moderatissimi, nel regno dei Borboni, comunque stra- grandi fossero state le spese pel conquisto e per lo splendoi e del regno : e d' altra parte la parola per se medesima significava che in favore si richiedevano, ne somma si prescriveva.

MUNICIPII, ALTRIMENTI UNIVERSITA'.

I veil e le dottrine essendo tra se collegati, accolto un sistema, poggiante sul vero diramarsi ed allargarsi in diverse applicazioni, es- so le vivifica e le migliora ; ma e proprio il rovescio, se il sistema poggiasse sul falso. Piaatato una volta lo errore che le Costituzioni possano di botto concepirsi a priori, e che da quel concetto debba per

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forza esemplare qualsiasi Stato; V err ore si parlecipo agli ordini mu- nicipali, anzi potrebbe dirsi che in ccvlo modo quasi per pruova si comincio da quest!: e vi si lavoro con alacrila e vigore, perciocche era via acconcissima a rendere arbitro di lutle cose il Governo, os- sia, nelle forme odierne, arbitro di lutle cose il partito dominante. II ridurre a rigida unila di sislema gli ordini municipal!, importava che non solo le straoi dinarie rilevantissime e momenlose delibera- zioni (il che sarebbc slato giuslo con accomodati lemperamenti), ma perfino pei negozii solili e consueti, e per ogni piccola occorren- za, municipii, universita o comuni, che voglian dirsi, dovessero in- cenlrarsi neH'autorila superiore, che ne ispirasse il pensiero, ne de-< lerminasse la volonta, ne indirizzasse i movimenli, li Irasformasse in automi. 11 che mentre privava i cittadini della reale e non appa- rente partecipazione che ab antico godevano in cose mtimamente le- gate ai loro bisogni ed alle loro tradizioni, ne offendeva per di piu 1'amor proprio, e ne ammorliva le proporzionale e ragionevoli am bizioni. L'assorbimenlo delle varie appartenenze nel tutlo, donde la panteislica e mortifera teorica del Dio Stato, e contro natura. Peroc- che la natura benevola assegna parti proprie ad ogni essere ; e per gli esseri ragionevoli la varieta nelle parti inchiude diritti e doveri diversi, dalle cui rautue relazioni e gradazioni sorge or dine ammi- revole. Che pero fu grave errore di alcuno dei Govern! legitlimi es- sersi invaghito, senza apportarvi convenienti modificazioni, dei no- velli ordini municipali, radicalmente diversi dagli antichi: e non si accorsero che con cio lastricavan la strada ai sovvertimenli politici, Ira pei che tolla esca alle ambizioni phe si legario al luogo di nascita, e sono sempre le piu care e preferite, si mira piu alto; e perche i nuovi organamenli riuscendo nel falto ad escludere ogni ragionevole e libera ingerenza, premevano molto da vicino nelle appartenenze intime dei ciltadini: donde lurbamento negli umori. Ciascuna delle antiche citta avea prerogative ed onoriticenze proprie ; ma nulla fu rispettato, senz' altrimenti distinguere il comportabile dal soverchio.

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ARISTOCRAZIA.

Quasi appendice agli antichi ordini municipal! e da aggiungere qualche parola rispetto all'aristocrazia. Perciocche cardine di quelli essendo il concorso al reggimento civico di tutte le classi, compar- tito pero secondo la idoneita e convenienza di ciascuna classe; a re- care in atto tal compartimento si provvide con la instituzione dei seggi e con la separazione deiceti. Trovato prudentissimo : concios- siache al feudalismo, esagerazione dell' elemento aristocratico, utile forse negli incunabili degli Stali, faceva bel riscontro il patrizialo delle citta, non partecipante ne contaminato dagli abusi di quello : patriziato tenuto in riverenza anche maggiore dei feudatarii, massime se i feudi eran recenti e compri. Talche sarebbesi potuto eliminarc il feudalismo ; ma abbattere con esso il patriziato, fu il medesimo che abbattere la diga opposta dall' antica sapienza ai marosi della demagogia: diga non solo necessaria nelle monarchie, ma nelle re- pubbliche altresi. Roma allora fu preda delle guerre chili e del dispotismo, quando 1'elemento aristocratico si trovo quasi spento: ed in Italia se Genova e Venezia ebbero lunga e gloriosa esistenza, lad- dove altre repubbliche dopo aver lacerato le proprie viscere rima- sero in fine vittima delle discordie intestine, e da recare aU'elemen- to aristocratico, rispettato in quelle, nullo nelle altre, Ancora oggi alle grandiose instituzioni aristocratiche, mantenute in Inghilterra, e da reputare in gran parte la saldezza della sua costituzione : talche nel parlamento dell'Isola e molto piu agevole che la camera alta at- tragga a se la bassa, che non viceversa : ondeche 1'esempio inglese lungi dall' infievolire le cose, in questa lettera discorse, le avvalora forse meglio: stanteche nei regni del continente (almeno in quelli dove si e fatta rigida applicazione delle forme odierne) null a del- 1'antico fu voluto rispettare: ordini, patrizialo, maioraschi, primoge- niture, tutto e scomparso.

Da ultimo e da ricordare la passata magnificenza aristocratica, adattalissima a comunicare i frutti delle ricchezze alle classi secon- darie, e cosi adattatissima a procurare prosperita comune, assai

DELLE COSTITUZIONI MODERNS 445

meglio ed assai piu di quel che oggi non sia dato ottenere o sperare da gli sformati guadagni accumulati nelle mani del capitalist! e del commercianti. Ed a quella magnificenza ben corrispondeva la pro- fondita del sapere, da lei piu volte protetta ed aiutata. Le opere co- lossali dei padri nostri sono e saranno invidia insieme e rimprovero delle leggerezze odierne. La brochure et I' article du journal, os- servava Chateaubriand, semblent etre devenus la mesure de notre esprit. Fra gli ordini politici ed il mondo intelleltuale sono intimi i legami: 1'alterazione e il degradamento di quelli si riflette nell' altro; e per entrambi e sintomo di decadenza quel tutto invadere dei primi, tutto voler conoscere o sapere dell' altro. Giovenale lamentava nei tempi suoi, tenet multos insanabile scribendi cacoethes; e negli ul- timi tempi dell' impero bizantino si ebbe gran copia di compendii e di epitomi.

^Tali i fondamenti precipui di qualche antico slatuto. Certo non diro che al tutto sarebbesi dowto tornare a quelli ; ma ben dico che nelle dolorose condizioni in che Italia versa, utilissimo riuscirebbe uno studio comparato tra gli ordini della vetusta saviezza, ed i ma- ligni effetti delle odierne Costituzioni.

RIVISTA

BELLA

STAMPA ITALIAN A

I.

Saggio di Storia, di Critica e di Politico, per PASQUALE VILLA- RI 1868 -- Un yolume in 8.° di pag. XV-460.

Yarii e diversissimi per argomento sono gli scritti accolti nel vo- lume qui sopra anmmziato, i quali 1'Autore ha voluto congiungere insieme in una sola edizione, raccattandtili da alquanti giornali, in cui gli avea in altri tempi sparsamente pubblicati. Non cerchiamo se cotesto sia buon metodo di formar libri ; ma certo un cosi fatto libro, atteso la molliplicita tanto eterogenea delle sue parti, non po- trebbe da noi senza danrio di altre materie esser tolto a soggetto di un compiuto esame. Con tutto cio neppure crediamo doverlo lasciare senza niuna osservazione, essendo assai maggiore il danno che or a possono fare le dottrine che spaccia, mandate in questo nuoyo as- setto a pigliar posto piu stabile fra le opere filosofiche. Ed il sog- getto che noi prenderemo ad esaminare sara appunto di filosofia; quello cioe in cui TAutore si sforza di stabilire il valore scientifico della cosl detta filosofia positiva in opposizione del la metafisica 1.

1 La Filosofia positiva e il metodo storico da pag. 1 a pag. 36.

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Ci teniamo in preferenza a quest' argomento, non solo da che per se stesso e capitalissimo , traltandosi di primi principii nell' ordine speculativo e morale , ma anche per la maniera come TAutore lo tratta, avendo procurato di rappresentarlo sotto un' apparenza che velandone, 11 meglio possibile le piu manifesto incongruenze, gli da agli occhi de' meno accort; quasi sembianza di ragionevole.

Ma in realta il Positwismo del Villari si appoggia sopra gli stessi, fondamenti e propugna i medesimi principii, che quello di A. Comle e della sua scuola. Essere la Metafisica per sua propria essenza in- capace di creare nelle nostre menti la certezza de'suoi obbietti piu principal!. Di fatlo, perche mai tutte le altre scienze, stabilita una volta una qualunque verita, non c'e pericolo che se la veggano quinci appresso sottralta , o almeno intorbidata col dubbio ? Per contrario la Metafisica, dopo mille e mille anni che sta facendo sue pruove collo strumento de'piu forti'e acuti ingegni, non essere riuscita a far acceltare definitivamente neppure una delle sue con- clusioni, n& anco intorno agli obbietti phi interessanti e vitali che essa abbia. Ci6 derivare dalla qualita delle quistioni che si propo- ne, non possibili ad accertare ; com'e TAssoluto, la natura dell'ani- ma umana, e in generate le prime cagioni delle cose. Di qui la diffidenza da prima , di poi la disistima e lo scredito della Metafi- sica, e fmalmente il problema di trovare un altro metodo per le scienze intellettive e morali da sostituire a quello della Metafisica.

II Villari opina che questo metodo e il Positwismo ; e a definire che sia e quanto possa yalere, ecco come ragiona. Tutte le scienze, egli dice, ban dovuto valicare primieramente lo stadio teologico e di poi il metafisico ; intendendo per V uno e per V altro quello stesso che il francese A. Comte. Per qual maniera, quinci domanda, le scienze natural! usclrono finalmente da quello stato d' incertezza , nel quale si ritrovavano sotto V impero della Metafisica? Non al- trimenti che sceverando le cose , che si poteano accertare per mezzo dell' esperienza, dalle altre rispetto a cui Vesperienza non potea somministrare nessun mezzo di conoscenza. Cosi si ebbe la fisica colle sue molte appartenenze , cosi la fisiologia, cosi la astronomia, cosi tante altre. Ora le dette discipline ed altre si-

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mili hanno un tesoro copiosissimo di verita, tutte appurate, tutte certe, tutle incontrastabili ; e sono le leggi potute determinare per via appunto dell'osservazione. Per opposto, quando queste medesi- me scienze per poco si son volute dipartire dal loro metodo con- sueto , e tentare colla metafisica quistioni piu astruse intorno ai loro obbietti, sono ricadute inevitabilraente nell'incertezza di prima, fermandosi bruscaraente nel lor progresso. Cosi accadde alia fisio- logia, impigliatasi per gran tempo nella quistione sul principio vita- le : e chi lo poneva nelle forze della materia, e quale in un nuovo elemento sopravvegnente alia materia per avvivarla ; ne manco chi voile riconoscere Y essenza della vita nell' idea. Che si ottenne pero con siffatte disputazioni? Alcuni sistemi si veramenle; il dinamismo, il vitalismo, il panteismo, ma non gici la fisiologia. Al presente in- vece la fisiologia e una scienza quasi perfetta; ma di cio va debitrice alia via positiva, per la quale torno di nuovo a incaminarsi, lasciate da paite tutte le indagini puramente metafisiche.

E pero, insiste 1'Autore, se potesse Irovarsi un metodo somi- gliante per quelle scienze razionali e morali, che sono comprese sotto il nome generico di Filosofia, qual dubbio che uscirebbero anch' esse dalla trista condizione in cui tuttora sono tenute dalla Metafisica? Or questo metodo a sue giudizio v'ha; ed e quello che A. Comte avea proposto col nome di storico. La teorica, che a que- sto proposito svolge 1'Autore si riduce a dire , che noi , finche esa- miniamo dentro di noi le nostre idee non possiamo esser certi sc sieno vere o false : per contrario, se uscendo fuori di noi riscontria- mo negli altri uomini i medesimi concetti, non ci e dato poter dubi- tare della loro certezza. Di qui la necessita del metodo storico per venire in possesso della verita intorno a quegli obbietti 1.

Ci meravigliamo che 1'Autore non ha veduto a prim' occhio, che questa sua dottrina distrugge radicalmente quel Positivismo che vuol fondare. Perciocche tutti gli uomini sono mirabilmente conformi intorno a quelle idee , che costituiscono gli obbietti principali della

1 Questa teorica si trova a pag. 19-21. Le angustie dello spazio ci vietano <Vi riportarla a verbo. h r. I

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Mctafisica; ed anzi neppure il inetodo si puo dir nuovo, giacche uno degli argomenti , di cui questa scicnza si serve per provarne la vc- rila, e per 1'appunto il consenso del generc umano. Ma egli, messo il principio , non ne accetta la consegucnza ; e percio rilasciate , in onta della logica, tuttayia nel dubbio anche quelle idee , che si tro- vano affermate da tutt' i popoli della terra, invita sollanto a studiare gli effelti , che da quelle sono prodotle nelle umane societa , suppo- nendo che solo di quegli effetti si puo conseguir la ccrtezza. Cio si rileva dagli esempii, che adduce in confermazione della teoria.

Poniamo, egli dice, che voi cerchiate 1'idea del bello. Sevorrete dcavarla dalle teorie de' lilosofi, voi rimarrete spaventato dalla mol- titudine e contrarieta delle lore opinioni. Se poi vi ponete a pensarla da voi stesso, voi non trovate un mezzo di ripruo\a, che vi assicuri se cio che avete nel pensiero sia vero o sia falso. Fate invece cosi: volgetevi al consorzio degli uomini , ne5 quali dee pur ritrovarsi 7 generalmente parlando, la medesima idea. FiDgete pero che essi ne manchino, e voi abbiate la facolta d'infondeiia nella lor mente, co- me la sentite nella vostra. Che cosa ne seguirebbe allora? L'imma- ginazione di quegli uomini si porrebbe in una subita attivila, e co- mincerebbe 1' architettura, la scultura, la pittura, la musica, la poe- sia ; in una parola sorgerebbe quello, che alcuai chiamano il mondo dell' arte , il quale e un mondo reale, un mondo sensibile, che puo essere osservato, studiato, classiticato , come si fa di tutte le opere della natura. Ma che saranno cotesti si numerosi e si diversi pro- dotti dell'arte? Non altro certamente che effetti di quella idea del bello , rivestita di forme sensibili. Di fatto , supponete in secondo luogo, che la delta idea scomparisca, o si annebbii; e tosto le arti cesseranno del tutto, o volgeranno in peggio. « In fine de' conli, conchiude, come 1'altrazione universale, il calore, la luce produco- no de' fenomeni nalurali, cosi T idea del bello produce de' fenome- iii sociali, che potete egualmenle studiare. E se v'e stalo possibile fondare una scienza delle forze, della luce, del calore, senza sapere che cosa sono ; anzi dal solo momento che avete rinunzialo a cono- scerc la loro essenza ; non vi saya egli possibile fondare una scienza del bello, rinunziando per ora a conoscerne 1' essenza'? » Serie Y//, vol. IV, fuse. 448. 29 12 jVoww&r* 1868.

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Per gli altri esempii che adduce, intesse presso a poco lo stesso raziocinio. Quante diverse opinioni, egli dice, sono corse intorno al- T idea del giusto, senza che nulla si sia deiinito di certo! E bene, si lascino quelle dispute, e si tolgano in vece a materia di esame gli effetti di quella idea, che sono le diverse legislazioni de' popoli. Cosi pariraente invece di cercare, come faceano gli antichi filosofi, 1'ottimo governo; ch'e quanto dire un governo astratto, metafisico, impossibile; si imitino i politici moderni, unicamente intesi a scio- gliere il problema di trovare per una data societa in date condizio- ni quella forma di governo, che e relativamente migliore. Dal quale studio 1'Autore, con una semplicita che ci fa davvero meraviglia, ripete un frutto, che egli soltanto (per un' astrazione piu che meta- fisica) ravvisa nelle moderne societa ; che cioe sieno diventate im- possibili le congiure. « Se questo nuovo indirizzo, egli nota , e stato meno speculative fu assai piu utile al genere umano , ed ha potuto impedire molti dolori e molti disastri. Dove, infatti, e piu quella serie di congiure impossibili, che aveano luogo nel medio evo, quando ogni uomo generoso credeva, che si potesse attuarc un governo sognato in un' ora di esaltata immaginazione? » Allo stesso modo egli vuole che si studii il Cristianesimo e le altre reli- gioni ; negli effetti cioe sociali che hanno prodotto o producono. La stessa esistenza di un Dio personale, a suo giudizio, puo creder- si soltanto per fede : ma la ragione e impotente a dimostrarla. « Eb- bene, quinci esso conclude, se la fede ci fa credere in un Dio, e la ragione e impotente a spiegarne la natura, non ci ostiniamo invano a varcare i conlini natural! del nostro intelletto. Se questa idea si trova realmente in rioi , essa deve portare le sue conseguenze ine- vitabili nella societa, deve produrre dei fatti visibili, reali come i fe- nomeni della natura. Questi fatti ci sono, e si chiamano religioni. . . Voi potete studiarle, conoscerle , vedere i monumenti, i riti, i pre- celti e 1' infinite numero di culti che esse producono. Che cosa im- parate con questo studio? Yoi non avrete 1'assoluta e piena cono- scenza di Dio, cosa a cui avete per ora rinunziato; ma potete spe- rimentare e provare storicamente, come T idea di Dio e nata, non in voi, ma nell' wo wo; come risplende, come s offusca, e che con-

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seguenze porta nella civilt£ de' popoli questa vicenda continua. » Un ultimo esempio esso deduce dallo studio delle lingue, che allora solo comincio ad essere veramente scientifico, quando bandite le Inulili quistiom intorno ad argomenti puramente speculathi, com' era a cagion di esempio la ricerca dell' 01 igine , divina od umana del parlare, si pose 1' ingegno a studiare i diver si idiomi, a confrontarli fra loro, a ridurli in gruppi o famiglie. E con cio si e venuto in pos- sesso di mollissime verita storiche di alto interesse.

Cotesto metodo pertanto, cosi dichiarato dall'Autore, ed esleso a tutte le scienze eke risguardino in qualunque maniera 1' uomo nella societa, metodo essenzialmente storico e percio positivo; e quello che esso propone come unicamente scientifico, e quindi da sostitui- re al metodo metafisico. Cosi, a suo giudizio, invece degli eterui e sempre varii sistemi intorno a quistioni del tutto insolubili, si avran- no tante scienze, capaci di certezza e di perfezionamento, quanti sono gli obbietti specif icamente diversi, che alia considerazione del filo- sofo puo offerire 1' uomo nella societa. Ma oltre a questo vantaggio diretto e presente, egli vi trova un vantaggio indiretto per le stesse quistioni puramente metafisiche , da cogliere almeno probabil mente in tempi piu maturi. La meccanica egli dice, non si briga di conosco- re in che sia riposta la natura intima della forza ; e nondimeno collo scoprire che fa un numero sempre maggiore delle sue leggi, si av- vicina di piu in piu a questa cognizione : poiche che altro potrebb'es- sere la natura della forza , se non la sintesi di tutte le sue leggi ? Medesimamente, che altro potrebb' essere la conoscenza assoluta del pensiero , se non quella che riunisce in uno la conoscenza di tutte le sue leggi? Ed ecco come il metodo positivo non solo compensa pel presente il difetto della Metafisica con una nuova scienza, o piut- toslo con un gran nuniero di nuove scienze che crea ; ma da anchc speranza di potere un tempo sciogliere quegli stessi problemi, pe'qua- li quella scienza si e trovata impotente.

Noi abbiarno, non ha guari, esaminato e confutalo a lungo il Po- sitiwsmo ; e quindi non ci e mestieri tornare di tutto proposito sopra I priacipii del sistema. Ricorderemo soltanto alcune idee piu cai'di- nali , e faremo poche os&ervazloni intorno a quo' temperameyoAi , e

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meglio le diremmo reticcnze , colle quali il Villari si argomenta di velarne le contraddizioni.

Per fermo il Posilivismo, -considerate semplicemcntc come un me- todo d'indagare laverita, non ha nulla di assurdo, ed anzi per le scienze naturali e 1' unica via che si possa tenere. La fisica, la bo- tanica, la zoologia, 1'astronomia, e tante altre discipline che si oc- cupano dello studio della natura, non possono dare un passo senza T osservazione e V esperienza. Che se pure hanno le loro argomen- iazioni a priori , queste tuttavia si tengono sopra principii gia pri- ma assicurati per quel modo positive, e che devono avere una con- nessione necessaria, evidente, immediata colle conseguenze che se ne deducono. E possibilc applicare un somigliante metodo per istudiare i'uomo nella societa? Possibilissimo ; e purche facciasi a dovere, non possono fallire ottimi risultamenti scientifici. Certo niuno vorra negare, che non siano argomenti meritevolissimi di essere studiati e fecondi d' innumerabili e assai utili conoscenze , quelli che propone il Yillari. Ne un tal metodo e nuovo : esso e tanto antico quanto so- no antichi gli studii ; avvegnache in questi ultimi tempi , per ra- gioni che ora e fuori propositoricercare, abbiano fatto piu notabili progressi.

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Ma la quistione non cade sopra il positivismo precisamente in quanto e metodo ; ma si intorno all' obbietto, a cui si vuole indiriz- zare come metodo, ed ai risultati che si pretende ottenerne. A. Com- te , siccome vedemmo , ne|drvis6 lo scopo , dicendo che la lilosofia positiva si propone di guidare 1'uomo, com' essere intelligente c mo- rale per quella via, che a lui unicamente conviene, e ne assegn<> gli effetti in una specie di morale, che sarebbe piu perfetta di quella del cristianesimo, ed in una religione che sarebbe immedesimata coirumanita. Ma il Yillari, in quella che espone il suo Positivismo, one addimostra i mirabili effetti scientifici, prescinde affatto dalla quislione della destinazione o fine proprio deir uomo, ricaccianda anche questa fra i problemi insolubili. E pero piu d'una volta fa ca- rico ad A. Comte , che dopo di aver ripudiato la Metafisica, cad& anch' egli nel metodo mctafisico; « e si lascia andare a molte esage- razioni e stranezze ».e avrebbe dovuto aggiungere palmari contrad- diziom.

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Nondimcno appunlo nella quistione morale, riguardante il fine del- 1' uomo sulla terra, e riposta 1' essenza del Positivismo in quanto e messo in opposizione colla Metafisica, e solto quel rapporto soltanto e scartato da tutti i filosofi di senno. Ed a provarlo ci basterebbe la sola testimonianza del medesimo Yillari. EgH di fatto, nel bel prin- cipio della sua disquisizione, dopo aver descritto i dissidii de' filosofi sopra i punti piu sostanziali della Metaiisica, come sono la esistenza di un Dio personate, la spiritualita e 1' immorlalita dell'anima uma- na, e simili ; fa notare die questo fatto non taiito e deplorabilc per se stesso , quanto per le conseguenze eke ne provengono nella so- cieta. « La Filosolia (son sue parole) e in una cosi stretta relazione con ognuna delle scienze morali, che essa le sottopone tutte allesue medesime vicendc. Quando in Francia dominava il sensismo, noi avemmo il contratto sociale del Rousseau, e le dottrine giuridiche del Bentham. II Condillac scrisse allora un cor so generate di studii , informato tutto ai medesimi principii ; in tutta la storia egli non ve- deva altro che interessi e sensazioni , mentre il Bossuet non ci avea veduto che la Provvidenza. Yennero poi le dottrine egheliane a darci una nuova dottrina del dritto, della storia, del bello ecc. La filoso- fia infatti abbraccia tutta la \ita intelleltiva e morale deir uomo , e pero ad essa si rannodano tutte le scienze , che sotto questo aspetto riguardano 1' uomo e la societa. » Premessc le quali avvertenze egli stabilisce il problema, che il Positivismo e chiamato a risolvere, e lo stabilisce colla seguente proposizionc : « Si tratta di sapere se noi potremo unavolta dar base ferma e sicura a tutte le scienze morali, o se dovremo invece rassegnarci a vederle tutte sottoposte a questa eterna vicenda. » II che in altri termini viene a dire , che solo il Posttmsmo puo fmalmente somministrare un complesso di dotlrine- razionali e morali, cosi solide, cosi certe, cosi inconcusse, che T umana societa e T uomo individuo \i si dcbbano senza niun con- Iraslo adagiare, sicuri da quegli ondeggiamenti che proyarono in al- tri tempi, specialmente nel secolo passato, perle dottrine del Rous- seau, del Bentham, del Condillac e di altri.

Or appunto questo problema si provo a sciogliere il povcro A. Comte, dirigendo tutto il suo Positivismo a quest' ullimo intento di

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formare una nuova societa con una nuova politica, con una nuova morale, con una nuova religioue, e sforzandosi di persuadere, che egli dava una dottrina capace di raffermare in perpetuo gli uomini nel ve- ro e nel bene. II Villari giustamente lo accusa di essersi anche lui lasciato trascinare dalle speculazioni metafisiche, riuscendo in niolte esagerazioni e stravaganze : che e quanto dire di aver foggiato un sistema per 1' una parte contraddiltorio co' suoi principii, e per 1'al- tra erroneo, almeno soito alcuni rispetti. Noi facemmo rilevare un po'piu ampiamente coteste contraddizioni ed error! del caposcuola francese: ma notammo insieme, che in quel problema, con que'prin- cipii e con queflecondizioni, era inevitable o urtare in quegli assur- di o in altri somiglianli.

II Villari ha creduto potersi sottrarre alle irragionevoli consc- guenze dell'assunto, prescindendo affatto da quello, che anche per sua confessione e suo ultimo e principalissimo scopo. A che si ridu- ce, a giudicare dalla sua esposizione, il Positivismo di lui? A storie ragionate di opere di arte, d'ingegno, di politica, a studii di lingue, a ricerche speculative di civilta, di costumi, di religion! de' popoli, ed altre somiglianli disquisizioni. Con questo egli ha creduto di po- ter ingraziare il Positivismo agli occhi de' semplici ; giacche per qual ragione dovrebbero essi ripudiare come ree, o sol come sospette, le scienze da lui proposte? Ma in primo luogo ha egli sciolto quel pro- blema, in che proprio, ed anche secohdo la sua stessa confessione, consiste la ragione intima del Positivismo ; e vogliam dire : Cotesli studii da Itw predicati potranno dare alle discipline intellettive e mo- ral! quellasolida base, che si cercava, sicche la societa debba final- mente trovare quello stabile riposo, si morale si politico, che sino- ra per colpa della Metafisica non ha trovato? A questa domanda cosi giusta, e nella presente quistioue essenzialissima , il Villari non ha creduto di dover rendere nessuna risposta. Egli dunque col suo si- lenzio ha troppo eloquentemente confessato che il Positivismo e im- potente a risolvere il problema , che per suo giudizio non ha potuto risolvere la Metafisica. E se e cosi , perche non lasciare le cose €om' erano; cioe la Metafisica a sciogliere i suoi problemi del suo meglio, e le scienze positive a seguitare, senz' altre brighe d' impos- sibili assunti, il loro corso?

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In secondo luogo e poi vero, cio che il Villari da per indubitato, che la Metafisica e incapace di dar la certezza de' suoi obbietti? Egli a provarlo si serve dello stesso concetto , che diede A. Comte della Metafisica, affermando con lui,che questa scienza fu un naturale svol- gimento dell' ingegno umano , il quale dopo che neir eta puramente teologica ebbe spiegato i fenomeni naturali per 1' opera di altrettante drvinita, da cui li credea dipendenti , passo quindi a spiegarli per mezzo di astrazioni inerenti (al tempo stesso che astratte) negli es- seri naturali. La qual filosofia , come ci assicura 1'Autore , ebbe il suo massimo splendore nel medio evo ; appellandosi percio da molti scolastico il periodo di questa scienza, perche allora dominava ap- punto la Scolastica.

Ci sembra strano che il Yillari non abbia saputo altronde attinge- re T idea della metafisica scolastica , se non da A. Comte che egli pure taccia di esagerato e stravagante. Se invece si fosse condotto a percorrere quegli autori, che furono i comuni maestri di tutti i fi- losofi del medio evo, se avesse almeno corisultato alcune pagine di S. Tommaso D' Aquino, che fu quel sovrano Dottore sotto il quale si raccolsero quasi tutte le scuole de' detti tempi, non avrebbe fatta sua , egli connazionale di quell' Aquila fra i filosofi , una delle piu enormi corbellerie del sotista francese. No, la Metafisica non si e proposto in nessun tempo, almeno universalmente e in quanto tal scienza, un assunto si contradditorio, di spiegare per mezzo di con- cetti mentali (che tali sono le astrazioni) i fenomeni reali, e molto meno supponendo che cosiffatte astrazioni fossero inerenti alle cose.

Falsissimo ancora e cio che TAutore ci ripete ad ogni pie sospin- to, che la Metafisica si sia ostinata di voler sapere a»tutt'i patti 1'es- senze intime delle cose , come sono in se stesse ; il che essendo im- possibile, ella non fa altro che aggirarsi perpetuamente in un la- berinto senza uscita. La Metafisica (intendiamo principalmente la scolastica) conosce assai meglio de' positwsti i limiti dell* ingegno umano , il quale non puo intuire immediatamente la riposta natura degli esseri, e solo indirettamente, per mezzo delle propieta che si manifestano, ha la maniera di averne uria conoscenza quando piu e quando meno perfetta. II che procurano anch' essi tutti i coltivatori

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delle scienze positive. Poiche il Fisico non puo dare , egli e vero, una spiegazione esatta della essenza della luce, e cosl neppure il Mec- canico della natura della forza, o il Fisiologo del principle \ilale delle piante : e nondimeno ciasclieduuo di essi, argomentando dalle qualita piu radical!, or della luce, or della forza, or della vita, ne fanno le loro definizioni : ed e quanto dire si argomentano di spie- garne, almeno indirettamente , il meglio die e possibile la natura. Or questo appunto e cio che a riguardo de' proprii obbietti ba fatto e fa e fara sempre la Metafisica, se da slrani cervelli non e balestra- la fuori della sua strada nalurale ; di che essa non e in colpa.

Ma la Metafisica non puo accertare i suoi obbietti ; perche noi non abbiamo altro mezzo di certezza, per difenderci dalle illusion! della nostra menle, se non quello dell' osservazione fuori di noi. Ora il metafisico (cosi lo descrive il Yillari) lutto chiuso nel gabinetto della sua mente, fatto fondamento di un concetto quanto si voglia giusto del suo animo, da poi libero campo alia fantasia di formar sopra quello un nuovo mondo , che poscia vorra spacciare come quintes- senza di verita.

Di cosiffatti filosofi ci e stata e ci sara sempre dovizia. Ma non e questa la quistione. Si cerca invece sapere, se coteslo e il proprio metodo della Metafisica in quanto tale ; e, poiche il Villari lo vuole, della Scolastica del medio evo. Or nei che abbiamo qualche pratica in quegli studii, lo possiamo assicurare che niente di piu falso. Ne gia diciamo che que' filosofi, e tra costoro anche i sommi, non po- tessero qualche volta lasciarst trascinare dalla foga del filosofare in false conseguenze : erano uomini anch' essi ; e come osservando e sperimentando si puo cadere e spesso si cade da bravi naturalisll in grossi abbagli; cosi parimente, filosofando, gl'ingegni anche piu esatti ed esercitati sono esposti al pericolo de'sofismi. II melodo pero era tale, che nulla di piu certo e piu sicuro per arrivare alia veriia. Quali sono di fatto gli strumenti della Metafisica? I prirni principii; quelli che si appalesano alia mente colla sola apprensione de' ter- mini, tant' e la loro naturale evidenza, e Tapplicazione di questi prin- cipii coll' uopo dell' attenta osservazione o sia de' fatti attestati dalla propria coscienza, o sia di quelli che si percepiscono co* sensi ester-

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ni. Ci dicano i positivisti , se gli stessi cultori delle science natural! abbiano altro mezzo per venire a quelle conclusion}, colle quali sta- biliscono le leggi de' fenomeui , da qucslo infuori dell' osservazione si yeramente, ma colla guida de' principii razionali. Perciocche mol- iiplicatc quante volele Y espericnze ; non potrete conchiuder mai per una legge universalc , se non supponendo alcune verita generalissi- me ; per cagion di esempio , die agli effetti debbono essere propor- zionate le cause die li producono; die i fenomeni specificamente identic! debbono provenire da cause immediate specificamente le stesse; die do die si verifica in alcuni casi, poste le tali e tali con- dizioni con cui si mostra connesso essenzialmente 1' effetto , si deve veriiicare in tutti i casi possibili messe quelle medesime condizioni. Or questo fa il metafisico, benche sopr' altri obbietti e con un modo piu nobilmente scientifico. Egli , per cagion d' esempio , esamina le condizioni comuni di tutti gli esseri sensibili, essenzialmente contin- genti e mutabili, e ne deduce Y esistenza di una prima causa neces- saria cd immutabile. Esamina le qualita del pensiero, come gli sono manifestate per rispetto a se dalla coscienza e per rispelto agli altri dalla comunicazione per lo strumento della parola ; e scoprendo nel pensiero attributi del lulto indipendenti dalla materia, ne conchiude che il prindpio, da cui esso deriya, doe 1'anima, dev' essere imma- teriale. E similmcnte in altre quistioni.

Per due ragioni potrebbe il metafisico in questo processo essere impedito a non raggiungere, almeno con certezza subbiettiva, il vero. La prima, se gli e impossibile scoprire il nesso fra le cause e gli effetti, benche gli effelti sieno sufficientemente conosciuti; e cosiper esempio, non ostante che conosca le condizioni comuni degli esseri sensibili, non possa argomentare la natura della prima causa, daHa qualc derivano. La seconda, se non puo conoscere, o almeno non conosce sufficientemente le condizioni degli effetti, da' quali argo- menta; e cosi, pognamo, non conoscendo a dovere le qualita del pensiero, non possa affermare con certezza la qualilti del principle, che lo produce. Ma quanto alia prima impossibility, essa e contrad- delta da' primi principii del senso comunc, nonche dal metodo die tengono tutti i coltivalori delle scienze nalurali , i quali altro non

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fanno che argomentare da' fenomeni le leggi universal! ; ch' e quan- lo dire dagli effetti sensibili, sufficientemente conosciuti, le loro oc- culte cagioni. Or per istare neir esempio addotto, non e piii essen- ziale il nesso fra gli effetti contingent! ed una prima causa necessaria, che non quello de' fenomeni colle lor leggi? Perciocche il primo e assoluto e non puo esser supplito ; al secondo, senza urtare in nes- suna contraddizione , astrattamente parlando puo immaginarsi un compenso. Quanto poi all'allra difficolta, che e il difetto dell'ade- guata conoscenza a riguardo de' fatti o interni o esterni, da cui an- che il metafisico dee prendere le prime mosse; cotesto non potrebbe esser altro che manco di osservazione. Concediamo: e questa e la ragione, perche dopo ch'e stata ripudiatala Scolastica, i filosofi me- tafisici, invece della realta, hanno spacciati i sogni delle lor fantasie. Ma quegli antichi , fatte com' e dovere le debite eccezioni , general- mente prendeano per fondamento della lor tllosofia i fatti piu semplici e volgari, attestati dal comun senso. Cos! procedeano nella dimostra- zione dell' esistenza di Dio e de' suoi attributi essenziali; cosi nel pro- Tare la spiritualita ed immortalita dell' anima.umana; cosi nell'esa- minare e defmire il modo della nostra conoscenza intellettuale, e co- munemente nelle altre loro quistioni.

Ma qui appunto il Yillari, e con lui tutta la schiera de' positivisti, ripongono la causa o sia delle allucinazioni, o sia almeno dell' incer- tezze, in cui devono necessariamente rimanere impigliati i metaiisi- ci. Perciocche dicono , quando quelli non lavorino a tutta fidanza della lor testa , il piii che fanno e impossessarsi di qualche fatto di esperienza interna od esterna , e di la spiccare il volo per perdersi ne' vortici delle loro astrazioni. Chi li tratterra? Per contrarioil fisi- co con quanta pazienza non tenta la natura per iscoprire sempre nuovi falti ; con quanta diligenza ripete le sue sperienze per com- provarli; con quanta accuratezza gli esamina , li paragona e li ri- duce! Finalmente se riesce ad induzione perfetta, allora soltanto, e non prima , qualifica il fenomeno e ne determina scientificamente la legge.

E noi, prescindendo anche qui da cio che pur troppo e di vero di queste accuse ne' moderni metafisici, specialmente della Germania,

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rispondiaino clie nulla si puo concludere contro alia Mctafisica, per so stessa e come fa coltivata dagli Scolastici, da quel manco che viene opposto di esperienza. Perciocche gli obbietti della Metafisica sono immensamente piu universal! degli obbietti della Fisica e di altre scienze natural!. Donde consegue che i fatti, da cui bisogna che essa prenda argomento per le sue conclusion! , sono anche ge- neralmentc i piu universal! e piu ovvii, a scoprire i quali non fa mestieri ne di lambicchi , ne di telescopii , ne di macchine eleltri- che. Cio che bisogna e T atlenta considerazione delle lor qualita, lo studio accurate delle condizioni che 1'accompagnano, e molto piu un ingegno profando e penetrative, che ne sappia raggiungere le in- time e uecessarie relazioai. II Yillari ci promelte, che se noi studie- remo la storia dcll'uonio sotto le sue diverse ragioni, forse verra tempo che potremo anche conosceie la natura del pensiero umano ; poiche, dice, che altro puo essere il pensiero, se non la sintesi del- le sue leggi? e queste leggiper qual mezzo le conosceremmo noi, se non per quello della storia? Ma che cosa, per vita sua, ci puo dire la storia anche di tutt' i popoli passati e present!, che ci puo ella dire delle leggi universal! del pensiero (di quelle cioe che si debbono verificare in ogni uomo) , che meglio e piu non ci dica la storia in- terna di noi medesimi, col raffronto al piu (giacche il Yillari teme mollo le interne illusion!) di coloro co' quali conversiamo?

Per contrario se si trattasse di filosofare sopra punt! di Storia, sopra quella pognamo delle belle arti, delle istituzioni o altra che sia ; qual dubbio v' e, che ci sarebbe mestieri di fatti positivi e par- ticolarizzati, pe'quali soltanto si avrebbe la facolta di formolare con-, elusion! di qualche valore? Ma questa osservazione non fa contro i metafisici ; piuttosto e da rivolgere in famiglia, contro quel branco di positivisli della scuola di A. Comte, che hanno la matta presun- zione di potere colla storia degli avvenimenti passati indovinare a priori la storia degli avvenimenti futuri. Cosi parimente se in altri tempi, per manco di studii sperimentali, e non gia come dicono i positivisti perch5 la Metafisica fosse confusa colle altre scienze 1 , i

1 E un errore grossolano , benche comune a molti, quello con cui si after- ma clie la Metafisica nel medio evo abbracciava tutte le scienze naturali. La

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cultori delle discipline natural! si lasciarono trasporlare dalla foga dell' ingegno oltre a do chc i fondamenti de' falti concedcvano ; co- testo non e marayiglia ; e certo non e da dar colpa alia Metafisica, se in altre scienze fu adoperato indebitamente il suo metodo.

Ma queste, soggiungono i positrvisti, saranno buone e belle ra- gioni: il falto pero e, che non v'ha dottrina in Metailsica die non sia disputata quinci e quindi in conlrario, negando gli uni cio che gli altri sostengono, e ciascuno arrecando per la propria sentenza ar- gomenii che giudica ineluttabili. Or un tal fatlo e argomento , che gli obbietli della Metalisica sono incapaci per se di manifcstarsi con quella evidenza, che e necessaria per la certezza subbieltiva.

Rispondiamo brevemente a questo achille de' positrvisti. E prima osserviamo, che non e da pretendere dalla Metafisica quello che non puo ottenersi neppure dalle scienze sperimentali, cioe che in tulte le quistioni si possa sceveraro recisamente il vero dal falso. Sopra assaissimi punti la Fisica, la Chimica , 1' Astronomia ecc. non hanno che risposte probabili; e cio pure si crede un vanlag- gio scientifico in mancanza di meglio. Perche dunque si verrebbe dalla Metafisica la verita assolula sopra tutte le quistioni ?

Ma per altre moltissime, specialmente intorno ai suoi obbielti piu principali, ella possiede gli argomenti necessarii con che formarne defmitivo giudizio. Osserviamo dunque in secondo luogo, che per ri- spetto a queste il consenso assolulo de' filosofi non e criterio neces- sario di verita. Per fermo e sempre esislila ed esiste tuttavia una moltitudine di filosofi, che professa per sistema lo scetticismo ; e a'tempinostri sono sorte parecchie scuole di razionalisti, chenegano ogni verit^ obbiettiva, anche di quelle cose che sono soggetle all'e- sperienza de' sensi. Or che? Dovremmo in grazia di costoro rinun- ziare all' evidenza del mondo sensibile, argomentando che se quclli o negano o mettono in dubbio la realta delle cose , possa accadere

Metafisica sin da' tempi di Aristotele si trova esplicitamente sceverata dalle altre discipline, e basta per accertarsene consultare la partizione che quel so- vrano Filosofo fa di tutte le scienze. II quale, sia detto di passata, ha pure un suo traltato di Zoologia , in cui mostra quanto bene sapesse adoperare a luogo proprio il metodo scliiettamente positivo.

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che la evidenza che noi nc abbiamo sia nostra illusione ? La qui- slione dunque e da giudicarc principalmente dalla qualita degli ar- gomenti, che sono addolti per dimostrare un assunto filosofico; c poiche 1'autorita e una buona riprova per farci apprezzare il valore degli argomcnti, ed essa stessa e un argomento; e ben dovere che se ne tenga ragione, avvegnache non tanlo secondo il numero, quanto secondo il mcrito si intelleltivo e si morale delle persone che la for- mano. Che fa dunque, che alcuni filosofi si oslinano a rivocarc in dubbio T esislenza di Dio, la spiritualita e 1' imrnortalita dell' anima umana , ed altre simili verita della Metafisica, quando non solo il mio intelletlo e profondamente convinto della necessila degli argo- menti che lo dimostrano ; ma veggo inoltre che i piu grandi filosofi di tutti i tempi e di lutte le nazioni ne hanno espresso il medesimo giudizio ? Che se si brama di piu , vi ha pure il consenso di pres- soche tulto intero il genere umano, che attesta il medesimo. Or che cercar di vantaggio?

Ma YOI, soggiugne il Villari, non potete far tacere V ateo, il ma- lerialista, lo scellico ; mentre io con una semplicissima dimostra- zione posso far tacere chi nega che i tre angoli di un qualsivoglia triangolo sono uguali a due retti. Sia pure : ma cio non dimostra che sieno inefficaci gli argomenti : se fosser tali non avrebbero guada- gnato infmili ingegni si acuti e perspicaci. Dimostra solo che il no- siro animo puo di proprio motivo chiudersi alia luce di certe verita piu rimotc da' sensi : il che difficilmente si reca a fare per altre \re- rita , che sono piu prossimamente connessc colle cose sensibili , si per che la luce di queste e, diciamo cosi, piu materiale, si perche le passioni non hanno niuno interesse a contrastarle.

Crediamo che queste poche considerazioni sieno sufficienti per giudicarc comenientemente il Positivismo del Yillari. Esso ammette I medesimi fondamenli di fatto e muove dagli stessi principii che A. Comle ; ma vorrebbe evitare le conseguenze piu assurde di quel sislema. Percio rapprescnta il suo come un semplice metodo scien- tifico da far valere nello studio de' diversi rami dclla storia degli uomini. Ma con questo ei non solo non iscioglie , ma neppure attin- ge la quistione piu sostanziale del Posithismo , che e d' indirizzare

RIVISTA

moralmente c politieamente Y uomo c la sociela alia loro naturale destinazione. Soltanto si contenta di accusare la Metafisica, come incapace di farlo. Ma le sue accuse, come abbiamo veduto, non so- no altro che meschini sofismi.

'p .'ovwtttti II II,

Dei cinque regni d' Italia libri cinque del DUCA DI MADDALONI Lugano 1868. Due volumi in dodicesimo; 1.° pag. 320, 2.° pag. 276. v>£*/i! ifijon ' 'dfaw'Ytti LfJd*> 'otorfviiV.,- -JUT

In tanta abbieltezza di spirit!, quanta generalmente deploriamo oggidi in Italia, in tanta adulazione alia parte dominante, per turpe cupidigia o svilente paura, e bello e confortevole avvenirsi talvolta in uomini cristianamente generosi, clie, senza alcun timore o ri- guardo a terreni inleressi, alto leyano la yoce in difesa della verita e della giustizia. Tale appunto ci sembra TAutore dell' opera, di sopra annunziata, e di cui faremo qui un brevissimo cenno.

Qual sia lo scopo di essa, e dall' egregio scrittore espresso fin da principio in questi termini. « Parecchi de' nostri conterranei , e fra Comoro alcune persone a noi carissime per consuetudine di an- tica amicizia, non una volta abbiamo udito a dive : E si che egli e scellerato il presente stato d' Italia, disonestissima la vita e le ope- re de' suoi reggitori, afflitte le cose nostre tutte quante, e sparta la comunione dei cittadini; ma non possiamo negare veramente che un gran concetto sia quello deirunita. Or noi ponendo lo ingegno a questa scrittura, per quanto la poverezza di esso nel concede, vor- remmo per appunto dimostrare quale sia veramente la grandezza diiquesto concetto : il quale, oltre al non essere magno, non e nep- pure italiano. Esso e straniero; da stranieri importato nella nostra Penisola per violenza di conquista, od accolto per vezzo di moda straniera, non altrimenti che foggia di cuffia o di farsetto, che fac- ciasi venire di Francia o d' Inghilterra 1. » L' autore dimostra co-

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•I i; N 1 Prefazione, pag. VIII /i j iW!

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lesto assunio con rigorosa dimostrazione storica, discorrendo le cinque volte in cui e stato tentato di ridurre ad atto cotesta unita : sotto i Goti, sotto i Longobardi, solto i Franchi, sotto Napoleone I, sotto i rivoluzionarii moderni. Egli descrive le sventure a cui fu sempre condotta V Italia per quel male augurato concetto , e 1' in- tento tutt' altro eke nazionale , avutosi nell' affettuarlo. Sopratiutto egli insiste nel tine antireligioso e antisociale, che si son prefisso i suoi ultimi promovitori. « La rivoltura moderna (son sue parole) chiarissi ben altro clie nazionale e politica. Essa e religiosa e so- ciale. Essa (1'odono oggi anche i sordi, ed anche i piu miopi il di- scernono) essa vuole abbattere la Croce. Pero ed il Gioberti ed il Balbo, noi vogliamo credere, riderebbero oggi eglino stessi del voti, che bonamente facevano sul primo entrare dell a rivoluzio- ne , oggi che ben lunge dal levare a cielo pontefici e ricono- scere i benefizii e la eterna viridezza della Ghiesa, voglionsi in- vece liberi e padroni i Giudei, e fabbricar nuovo ghetto per i Cattolici 1. » Ed altrove invocando dal cielo contro gli odierni set- tarii un nuovo Bernardoni o un nuovo Gusmano, soggiunge : « Ne si dica che queste sette moderne sono politiche e che non si vuole adoperare contro esse le armi di un religioso Istitulo ; perciocche oggi con tali parole non possono uccellarsi neppure i piu niogi de- gli uomini. Aperto, confessato ormai e come la guerra politica sia slata e sia ancora mezzo per esse, non fine. Fu schiuso il santuario del tempio di cotali sette, ed e affatto cieco colui che non vegga il nume che vi si adora invece di Jehova Santo, empio chi non no torca il piede inorridito. La rivoltura moderna e guerra religiosa. ]\on si tratta di costituzione piu o meno liberate di Stato, ma si di novella costituzione morale dell'iimanita 2. » Questo concetto ve- rissimo, che spicca oggidi si chiaro e lampante agli occhi eziandio de'ciechi, dovrebbe essere fmalmente inteso da certi, non vorremmo dire balordi, ma illusi, i quali si lusingano di poler conciliare e ri- durre ad amista Ghiesa e rivoluzione, val quanto dire Cristo e Belial, 1' altare di Dio e 1' ara idolatrica. E questo il sogno dei cosi detti cat-

1 Vol. 1, pag. 151. 2 Vol. 2, pag. 137.

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tolici liberali, i quali, per quanto siano in buona fede, di fermo, per cio clie si attiene al fatto , son da riputarsi assai piu nocevoli alia causa della Chiesa, che non i dichiarati nemici della medesiraa.

Dal pensiero di costoro e assai lontano il nostro scrittore. Egli si dichiara contro la rivoluzione ; e invita i buoni a combatterla, non solo col tenersene alia larga, ma anche col proclamarne la malizia e sostenere i principii ad essa contrariL « Noi non teniamo per una stessa cosa la rivoluzione e le mutazioni. Queste possono es- sere buone o malvage, second oche partoritc o da verace neeessita o- da capriccio, doe clie siano naturali o innaturali progredimenti della vita storica di ciascun paese ; quella sempre scellerata, sem- pre nemica di Dio e dell' umana famiglia : conciossiache la rivolu- zione altro non sia, che lo scisma, la ribellione. La quale ebbe prin- cipio e s' incarno nei primi delitti. Perocche lo scisma comincio da che gli angeli a Dio ribelli, invece di scegliere il Yerbo Etcrno, idolatrarono se medesimi. Essi dicevano: Noi saliremo al cielo, sopra le stelle di Dio innalzeremo il nostro trono, supereremo 1' al- tezza delle nubi e saremo simili airAltissimo. E lo spirito del male, che e quello dello scisma e della ribellione , sibillo i nostri primi padri , promettendo loro quello stesso , perche gli angeli malvagi precipitarono nelle tenebre. Ed e pero che la rivoluzione ha la me- desima satanica origine che nei cieli , ed essa ripetesi sotto cento- forme, in cento tempi diversi, e per tutte le province del mondo. Laonde, chiamisi scisma di Fozio, o guerra di Albigesi o di Patari- ni, o di Ussiti, o Riformazione germanica, o Rivoluzione francese, o Risorgimento italiano, la e, la sara sempre la stessa impresa in- fernale di maledizione a Dio, di persecuzione dellfuomo. Gli one- sti, sappiamo, combattono abbastanza la rivoluzione solo col non essere eoi rivoltosi. Ma ei si vuol fare qualcosa di piu : bisogna confessare il male, quando si e veduto, e propugnare il bene che puo medicarne le ferile l. » Non si potea meglio fare in due sole frasi il vero ritralto del regno d' Italia : Maledizione a Dio, persecu- zione dell' uomo. Ricordi il lettore le bestemmie del Parlamento e

1 Prefasione, pag. XIII.

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della stampa, le leggi empie contro la Chiesa, la gravezza impor- tabile del balzellU, la legge Grispi , la destituzionein massa del phi specchiati funzionarii pubblici , i soprusi d' ogni gcnere contro gli onesti e pacific! cltladini.

L'Autore non pure anatematizza le rivolture, ma riprova altresi la concessione di liberta troppo larghe e scompigliate ; le quali non procedano per naturale svolgimento e graduate di antichi ordina- mcnli e costumi peculiar! del paese ; ma s' improvisino all' avventata e pazzamente s'impongano alle mollitudini sbalordite. Intorno a che non possiamo non lai gire un giusto tribute di laude alia nobilta del suo animo, onde non dubita di confessare il suo tor to, a riguardo di Ferdinando II, re delle due Sicilie, allorche questi, per sapiente prc- veggenza, si mostrava nel 48 ritroso a cio che esso Autore, per gio- ramie inesperienza, imprudentemente caldeggiava. Ecco le sue pa- role : « In mezzo al vociare di parte liberale per tutta Europa , e V esecrazione d'ogni gente, teneva duro re Ferdinando di Napoli, il quale conosceya i motivi di quei falti, sapevasi come mal si palleggi con naturale nemico , e come il compito delle rivollure bene spesso fosse tutt' alfcro che quello venne proclamato nel loro esordire. Ya- gbeggiatori noi pure di riformazioni e d' indipendenze nazionali e di confederazioni di Principi, e pero avverso allora a quel Monarca, la miseria, in che «ra veggiamo condolto il nostro paese, ne costringe, come ciisliano e genliluomo, a fare ammenda, e pero a lodare quel Principe per appunto di quella renitenza che allora teneyamo a mal- yagia. E re Ferdinando, oltre al comprendere la natura della rive- luzione italiana (preveggenza del che era incapace la inesperta e non bene addottrinata gioventu) opponevasi alle richieste di rifoi mazione, che gli Yenivano da tutte parti d' Italia ed anche di Oltralpe , mo- strando come gia i sudditi suoi fossero in possesso di quegli istituti e quegli ordinamenli, allo stabilimento dei quali procedevasi con tanta festa per altre province italiane. E di vero non andava errato 3. »

L' Autore come sincere cattolico, e acerrimo difensore della so- vranita temporale dei Papi. Egli non pure ne dimostra la giustizia

1 Vol. 2, pag. 158. Serle VIJ, vol. 7Y, fate. 418. 30 12 Novembre 1868.

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del possesso e 1' assoluta necessita pel libero governo della Chiesa di Gesu Cristo ; ma fa vedere colla storia alia mano come la guerra, che in diverse epoche le fu mossa, torno sempre a danno degli am- biziosi e sacrilegi che 1'intrapresero. Anche di cio riferiamo alcun tratto; e sia quello che riguarda i Re longobardi. « E di vero (mi- rabile coincidenza dei fatti e certo superna disposizione di essi) i re Longobardi mirando ad unificare Italia col trar Roma ed i suoi Pon- tefici in loro servaggio , non solamente furono egli cagione di lor propria caduta dal trono e dello incremento della poteuza temporale di santa Chiesa, ma sibbene impedirono a se stessi il venire in fama di grandi. Conciossiache se la luce di Autari e di Agilulfo vedemmo irapallidire, perdersi quasi, nello splendore della gloria di Gregorio Magno, nou vedrem meno tapinare la figura di Luitprando innanzi a quella di Gregorio II, suo contemporaneo, come accennammo. E cosi fu, e sara sempre cosi, quando un peculiare interesse prenda a combatterne altro universale, affortificato da un' idea invincibile, come quella che e divina, immortale 1. » E parlando posciadi Ra- chi che, avviatosi coll'esercito al conquisto di Roma, fu dal Pontefice Zaccaria non solo distolto dalla matta impresa ma indotto a salutar penitenza, fa un' allusione che non ci sembra doversi passare sotto silenzio. Egli dice : c< Giunto agli accampamenti dei Longobardi il santo Pontefice, cosi riprese Rachi della rotta fede, che il raumilio, ned altrimenti il ritenne della caducita di ogni mondana grandezza, che quel trapolente monarca, squarciata la porpora e tolta via la lo- rica, ricorse pien di santa vergogna agli altari, ed egli mosso per abbatter le porte di Roma e stringerne solitario 1' impero, egli che legar doveva ai Pontefici sol quel tanto della podesta che veduta & soverchio a chi in seggio, egli prescelto a dar perfezione ad impre- sa, dalla quale Luitprando Re erasi rimosso, per parola d' imbelle Sacerdote, per la riverenza di frigido sepolcro, torse le spalle a Ro- ma ed al Mondo, e la su quella rocca di pace e di sapienza, che so- vranza alia felice Campania , quasi scala che conduce dal terrestre Paradiso al superno, vestiva la cuculla di Renedetto, e la sangui-

1 Vol. 1, pag. 140.

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nente corona di Alboino mutava pel nimbo sereno dci Confessori. Ed oh ! che non place ai Celesti rinnovare un cosi nobile esempio ai di nostri ? Che ad altro potente monarca non e conceduta la vittoria di Radii, che del gia proibito sentiero di Roraa il conduca sulla no- bile vettadiCassino, dove le arme svestite per le sacre lane, ag- giungerebbe egli alia sua stirpe nuova gloria, al bel paese darebbe la pace, ed alia sua anima il Cielo? Ma ei non si vuol disperare per cui non e morta la fede 1. »

Con questo voto pietoso sia fine a questa nostra rivista, nella quale piu che noi abbiam lasciato parlare V Autore, acciocche me- glio si comprendessero i sensi , onde e animato il suo libro. Per esso noi non abbiamo che encomii ; e desidereremmo grandemente che fosse letto da tutti , e massimamente dai giovani nella nostra Italia. Soprattutto e da lodare il coraggio e il magnanimo ardire , onde T egregio Scrittore affronla le ire dei nemici della verita e del- la giustizia, e tanto piu li rampogna e li sgrida, quanto piu essi so- no potenti : Sicche a lui possiamo rivolgere le parole di Cacciagui- da a Dante :

Rimossa ogni menzogna,

Tutta tua vision fa manifesta,

E lascia pur grattar dov' e la rogna. Che se la yoce tua sara molesta

Nel primo gusto, vital nutrimento

Lascera poi, quando sara digesta. Questo tuo grido fara come il vento,

Che le piu alte cime piu percuote.

E cio non tia d1 onor poco argomento 2.

J Vol. 1, pag. 1S7.

2 DANTE, Paradise c. XVII.

468 HI VISTA

III.

luris Ecclesiastici Publici Insttiutiones , aiictore CAMILLO

e Societate lesu, luris Canonici professore in Collegia Roma- no eiusdem Societatis Romae, typis Civilitatis Catholicae 1868. Un vol. in 8.° di pag. VIII, 132.

Sebbene questa sia una scconda edizione, ci par conveniente di dame un ragguaglio particolareggiato ai nostri leltori, per due ra- gioni. Prima perche il fatto stesso dell'essersi dovuio intraprendcre questa ristampa dimostra il pregio in die 1' opera del P. Tarquini e stata avula, e do conferma il prognoslico che noi ne avevamo falto nell'annunziarla. Secondo perche le cure ulterior!, poste dall'Autore per questa seconda edizione, ban reso il suo libro piu perfelto e piu meritevole di essere accollo come testo nelle scuole ecclesiastic-he. Yeniamo dunque senz'altro a dire quale sia la materia che queste istituzioni abbracciano, e in qual modo essa venga ordinata e svolta nella trattazione.

II Dritto ecclesiastico in quanto significa il sistema delle leggi che governano la Cliiesa cattolica, dee distinguersi in pubblico e in pri- vate. II Dritto ecclesiastico pubblico definisce h coslituzione orga- nica della Chiesa medesima : il Dritto ecclesiaslico private definisce le leggi special! che ne governano in particolare i varii membri. Una tal distinzione e desunta dalla natura medesima d' una societa per- fetta , qual e la Chiesa : perche in ogni societa perfetta distinguesi il dritto coslitutivo della Societa dal dritto particolare dei suoi socii. Giacche non vi puo essere Society, la quale non abbiaun' organizza- zione sua propria, ove sia stabilito il fine speciale che si propone, il Governo interfere della Sociela, la subordinazione dei varii suoi membri, i mezzi proprii coi quali dee conseguirc il suo fine. Tulto cio abbracciasi sotlo il nome di Drilto costitutivo, o meglio ancora di Dritto pubblico della Societa. Tutle le altre leggi poi, le quali re- golano i doveri di ciascuna classe di persone, che ncll' ordinamento della Sociela hanno un grado o un ufficio speciale, o che semplice- mente ne son membri, vengono riunite insieme in un corpo a

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parte die forma il Drilto private di tal Societa. Or cio chc compete a qualsivoglia Societa perfelta, compete massimamente alia Chie- sa, che e la perfettissima di tulle le Societa. Essa ha dunque il suo Dritlo pubblico, il suo Drillo privato : e cio vuol dire che la materia del Dritlo canonico puo separarsi in due corpi, dislinli non solo* ma separati.

In queste Istituzioni il ch. P. Tarquini raccoglie lulto cio chc e maleria propria del Dritlo pubblico ecclesiastico : ed e appunto que- sto il principal merilo del suo libro. Poiche esso cosi risponde al piu grave bisogno deU'eta noslra. II liberalismo moderno, sot-

10 la formola di Separazione delta Chiesa dallo Stato, rinnega appunto questo Dritto pubblico della Chiesa : e sebbene abbia ugual- menle in disprcgio tulto cio che e suo Dritto private, pur tuttavia contro le singolari disposizioni dei canoni, risguardanli i doveri delle singole persone,non combatle a visiera calata, anzi mostrasi dispo- sto a qualche accomodamento. Cio che ora dai nemici della Chiesa non si tollera si e appunto la cosliluzione inlerna di questa Chiesa, coi drilti che ne procedono e che le competono per ragione divina. Se importa adunque ad ogni cristiano il' conoscere quali siano [i do- veri del proprio stato, mollo piu importa il conoscere chiaramenle quali sieno i dirilli chc alia sua Chiesa ha conceduto il divino suo fondalorc, affine di apprendere a rispettarli e a difenderli. II ch. Autore adunque non Iratta soltanlo la parle fondamenlale di tulto

11 Dritto canonico ma la parte eziandio piu importante pei tempi che corrono. Gli antichi trattati di Dirilto canonico non esaminavano le fonti e i limili della polesla ecclesiastica ; ma la supponevano qual essa era da lutli riconosciuta. Ora che il protestanlesimo, il razio- nalismo, riucredulila han mosso guerra aperla e accanita a quel- la polcsla , e a forza di sofismi hanno nelle moltiludini oscurato, o almeno affievolito quel concelto universale della somma aulorita della Chiesa; questa e da difendere con lutto il rigorc della piu soda e piu scientifica dimostrazione, che se in altra traltazione de- fa' csserc convincente, in questa puo riuscire della piu palpabile evidcnza. Per la qual cosa il Iraltato del P. Tarquini e sommamente ulilc non solo per gli ecclesiastic], ma eziandio pci laici piu dotti. Quivi essi potranno apprendere, intorno alle piu vital! e important!

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question! moderne, quali sieno i drilli, che la Chiesa catlolica propugiia come legit timi e sacrosanti, e sopra quali fondamenti essa li rivendichi come tali.

Ed affinche yeggasi tutta 1'importaiza delle quistioni che yen- gout) esposte in queste Istituzioni, giovera dire nei sommi capi quali esse siano, e come yengano dall'Autore ordinate. La pote- sta della Chiesa puo considerarsi o in se medesima , o nelle per- sone che ne sono investite. II primo modo di considerarla forma la materia del primo libro : il secondo modo forma la materia del se- condo. II primo libro parlando della potesta ecclesiastica in se stessa considerata, dovrassi distinguere in due parti : giacche biso- gnera nell' una indagare qua! sia questa potesta nella sua generale costituzione , e nell' altra qual sia nelle sue particolari applicazioiii. Un capo adunque di questo libro e destinato ad esaminare qual po- testa competa alia Chiesa per forza della sua natura; e 1' altro capo qual potest^i le competa per forza di Concordat!.

Nel primo capo 1'Aulore ordina la materia in due sezioni. La prima ricerca i dritti competenti a qualsivoglia societa perfetta: e nella seconda dimostra che la Chiesa cattolica fu istituita dal divin Redentore quale societa perfettissima , di guisa che nessuno di quei drilti le si puo negare. Alia societa perfetta in genere compete la potesta legislatiya, la poteslci giudiziaria , la potesta coattiva yerso i suoi proprii sudditi. Yerso gli estranei poi, o che sieno con lei in istato di concordia, o che sieno con lei in istato di conflitto, le com- petono dritti yeri , che sono del paro yera potesta. Lo syolgimento di questo principio occupa tutta la prima sezione del primo capi- tolo. La seconda sezione applica questo principio alia Chiesa cat- tolica, dimostrando che essa costituisce difattoima societa perfetta, ed ha per conseguenza tutti quei dritti e tutta quella potesta , ossia relativamente ai suoi membri, ossia relativamente alle altre societa, cioe dire alle societa ciyili dei cattolici , agli eretici e agl' infedeli. Dicemmo che nel secondo capitolo 1'Autore si proponeva di espor- re la materia de' Concordati. Premesse in un articolo le nozioni general!, tratta negli altri due della yalidita dei Concordati, e della interpretazione e rescissione loro. In un'Appendice aggiunta alia fi- ne del capitolo si ragiona dei Concordati conchiusi colle societa

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civili degli eretici e degl'infedeli, siccome quelli che sono sottopo- sti a principii e leggi speciali.

Nel secondo libro il ch. Autore entra a parlare piu peculiarmen- te di due mater ie, entrambe le quali appartengono alia prima e piu generica applicazione dei principii determinati nel primo luogo. La prima d'esse riguarda le persone che sono il soggetto investito dell' autorita nella Chiesa, o in altre parole la gerarchia ecclesiasti- ca in quanto costituente il corpo regolatore della Chiesa medesima. La seconda riguarda le fonti7 dalle quali scaturisce quel dritto pri- vato, in che fu fatto da molli fin qui consistere il Dritto canonico. Per ultiraare la prima di queste due inaterie poche parole sarebbero bastate , quelle tante cioe che comprendessero la ordinazione della gerarchia ecclesiastica, e i dritti e doveri spettanti a ciascun grado di essa, come 1' Autore fa nel primo capo del libro. Se non che questa e appunto la parte, la quale e piu offuscata da una classe particolare di nemici che ha la Chiesa ; da quella classe cioe di ne- mici, che ammettono la divinita del Messia, la fondazione della Chiesa cristiana come societa vera ed esterna ; ma questa Chiesa, questa society non riconoscono quale il divin Redentore la istitui, si bene quale 1' orgoglio e la ribellione loro immagina e s' arrabatta di dimostrare. Per la qual cosa contra costoro principalmente ri- volgesi la discussione in questo trattato, e il P. Tarquini il vien facendo con ordine assai hicido e incalzante. Egli dunque pone un capitolo speciale, ed e il secondo, per esporre brevemente si, ma con molta critica e lucidita, i cinque sistemi principalissimi che piu o meno si allontanano dalla vera e divina costituzione della gerarchia ecclesiastica, e sono quelli di Marsilio Patavino, dei pro- teslanti, di Edoardo Richer, di Febronio e delle cosi dette Liberta Gallicane. Di ciascun d'essi espone gli errori e i vizii cardinal!, i quali sono come altrettanti perni sopra di cui tutla la mole di quelle erronee teoriche si aggira. Dalla esposizione passa egli alia confutazione loro, che imprende a far nel capo terzo di questo li- bro, mostrando quanto sieno falsi i principii, da cui quei sistemi partono, quanto assurde le conseguenze alle quali conducono.

Se tutto il resto della tratlazione presente e di grande importanza, questa parte e pei tempi present! d'una somma opportunita. II libe-

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ralismo moderno non si e contentato di far suo alcuno di quei cin- que principal! sistemi, chc 1'autore espose, ma da ognun di essi ha tolto quanto ognuno avea di piu vizioso e di phi errato : e di questa mischianza ha costituito quella orrida conmsione d'idee e di principii, che genera nel mondo liberaleggianle ogni di una nuova persecuzione alia Chiesa, una nuova spogliazione dei suoi diritti. Saremmo troppo lunghi a voler pure indicare la verita di questo asserto con qual- che cenno : ne i nostri lettori ne hanno bisogno , cosi spesso ab- biam dovuto noi parlare di questo argomento. II veder dunque riu- niti insieme in sistemi special! quest! error! ; vederli con metodo ri- gorosamente scientifico confutati, non puo non essere sommamcnte utile a tutti, e in specie a quelli che debbono per la loro condizione piu spesso trovarsi esposti a discutere o anche sol conversare di questo argomento.

La nuda esposizione delle materie di questo trattato basta da per se sola a farlo assai pregiare. Ma Y opportunita degli argomenti , e r ordine dello esplicarli sono il suo minor pregio. Cio che lo ren- de yeramente prezioso si e la sodezza della dottrina, la profondita della trattazione, la bre\ ita somma dello stile, e spesso ancora la nuo- ya maniera di esporre i concetti suoi. Queste quattro qualita, tanto desiderate in una trattazione scolastica, e cosi difficili a ritrovarsi congiunte insieme, risplendono tutte nelle Istituzioni del P. Tarqui- ni. A volerlo dimostrare dovremmo entrare in troppo lunga esposi- zione : a noi bast! il darne solo un saggio , recando qui tradotto un brano, che risguarda la teorica dei Concordat!, siccome quella che puo nelle circostanze present! tornare piu utile ai nostri leltori. EC- CO dunque come, dopo di avere in generale spiegato la natura delle Convenzioni, dei Trattati, dei Patti sinallammatici e dei Privileyi, yiene a spiegare la natura propria dei Concordati, che la Santa Sede conchiude coi Goyerni catlolici.

« 1.° Siffatti Concordati, giusta il fin qui detto, ordinariamente e regolarmente parlando, debbono annoverarsi tra i Privilegi. Quindi il Concordato rettamente si difinisce : Una legge particolare eccle- siastica , emanata per nn regno speciale dall' autorita del sommo Pontefice, ad istanza del Sovrano di quel reyno, confermata da ima speciale obbligazione del medesimo Sovrano, colla quale si ob-

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bliga a perpetuamente osservarla. La ragione si e che nei Concor- dali, i quali si stringono dalla Chiesa, regolarmente ed ordinaria- mente parlando, trattasi di materie appartenenti alia Chiesa stessa, e tali per conseguente che, o per se stesse o per accidente, si con- netlono col fine spirituale. Or egli e cosa indubitata che in tali ma- terie la societa chile e soggetta alia Chiesa.... 1.

« 2.° Questi Concordati (almeno, come dicemmo, ordinariamente e regolarmente parlando) debbono annoverarsi tra i privilegi</ra£w7/,

0 al piu al piu tra i remuneratorii ; ma non mai tra i privilegi one- rosi, in quanto almeno questi indicaiio un contratto propriamente detto. Cio dimostrasi agevolmente. Come teste dicemmo, in questi Concordati, si suole trattare di materie spiritual!, o di materie an- nesse a cose spirituali. Ma di cotali materie, per sentenza comune e cattolica, non si puo, senza delitto di simonia, far contratto propria- •mente detto. Dunque ecc.

« 3.° Da questi due precedent! conseguita che indarno (ordi- nariamente e regolarmente parlando) i Concordati si chiamano dai Regalisti patti sinallagmatici. E cio per due motivi. Primo perche, come vedemmo, non si puo dar patto o contratto in tali materie senza delilto di simonia. Secondo, perche il patto sinallagmatico, quantun- que per se non dica altro che un patto semplicemente bilaterale, nondimeno da molti, e specialmente dai Regalisti, si suol riferire a quelle convenzioni che si fanno tra societa al tutto uguali e indi- pendenti. Or cio importerebbe 1' assoluta eguaglianza della societA civile colla Chiesa nell'autorit^ sulle cose spirituali; la qual ugua- glianza, come gia dimoslrammo, e assolutamente falsa.

« Oltre a cio chi tiene i Concordati per patti sinallagmatici, deve, per esser coerente a se medesimo, asserire, come ha fatto lo Schloer,

1 segucnti assurdi :

a) Che 1' istituzione divina del Primato venga ristretta e mutilata da questi Concordati.

b) Che il sommo Pontefice possa con alienazione propriamente detta alienare i dritti del suo Primato, si che non gli sia piu lecito

1 Qui TAutore spiega il perche dica, ordinariamente e regolarmente parlan- ilo, per escludere cioe le convenzioni, le quali hanno per oggetto una materia meramenie temporale.

474 RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA

di esercitarli senza il consenso del Principe, con cui ha contralto il Concordato.

c) Che nel Pontificato Romano possa un predecessore legare i suoi successor! coi suoi atti, e restringerne la potesta. Di guisa che, essendo vivuti da S. Pietro a Pio IX un duecentosessanta Papi , il Primalo di S. Pietro per duecentosessanta successive diminuzioni avrebbe potuto oramai ridursi a nulla.

d) Che per conseguente i singoli Pontefici non immediatamente da Cristo nella persona di Pietro, siccome la fede cattolica c' inse- gna, ma ricevano la potesta del Primato dal proprio predecessore, nelle cui mani sarebbe 1'andarla impicciolendo coi Concordati.

e) Che siccome per se la prescrizione puo cadere sopra tulle quelle materie su cui pu6 cadere 1'alienazione, cosi potrebbonsi pre- scrivere i drilti del Primalo contro i Romani Pontefici, e cio perlino dagli stessi Principi laici.

« Or tutte quesle proposizioni sono evidenlemente erronee , e ri- pugnanti alia fede caltolica. Erroneo adunque e ripugnanle alia fede cattolica deve essere altresi il principio, da cui esse discendono, cioe dire che i Concordati siano patti sinallagmatici. »

Fin qui TAutore, rendendo con brevita sommamente razionale ed evidente una dottrina , la quale e stata a bello sludio oscurala tanto dai legulei e dai politici liberal! . E cosi come di questo argomento, trattasi dall'Autore con eguale saldezza e semplicita di tante altre quislioni, come e della liberla di coscienza, delle relazioni Ira Chie- sa e Stato, del drilto di coercizione che compete alia Chiesa, ed as- sai altre delle piu spinose conlroversie agilale ai nostri di. Laonde bene a ragione possiamo conchiudere questa breve esposizione, col raccomandare a tutti i cattolici , cui piu sta a cuore la conoscenza razionale e la difesa inconcussa dei veri diritti della Chiesa , lo stu- dio di questo trattato. Lo raccomandiamo altresi a quelli dei nostri avversarii , i quali non per animo perverso , ma per viziata educa- zione imbevvero tanti storti pregiudizii contro V autorita ecclesiasti- ca. In quesla maleria si avvera alia lettera cio che in generale si suoi dire delle altre scienze : T infarinatura superficial genera col- T orgoglio T incredulita; la conoscenza profonda genera o fortifica coir umilta la fede.

SCIENZE NATURALI

1. Progress! nel traforo del Moncenisio; successo della ferrovia a triplice ro- taia del Fell 2. Osservazioni dell'eclissi del 18 Agosto fatte da astronomi inglesi e tedeschi 3. Osservazioni di astronomi francesi 4. Scoperta del Janssen e del Lokyer circa il modo di studiare le protuberanze gazose del sole fuori delle congiunture d' una eclissi 5. Modo di valersi di tale scoperta, adoperato dal P. A. Secchi.

1. Uultima volta che rendemmo conto del progress! nel traforo del Moncenisio *, i risultati ottenuti faceano sperare che si continuerebbe a spingere innanzi lo scaro a ragione di circa 125 metri ogni mese; laonde, siccome alii 30 Giugno 1867 non restavano a scayare che 5,111 metri della galleria, che tutta insieme dee averne 12,220, si inferiva che que- sto gigantesco layoro sarebbe compiuto in altri tre anni e cinque mesi; sicche essendo stato cominciato sul fmire del 1857, sarebbe condotto a tepmine yerso il fine del 1870.

Ma i computi allora fatti dagli ingegneri non si sono pienamente ay- verati, ne noi sappiamo quali cagioni abbiano rallentati i progress! del- Topera. Fatto sta che di quest'anno 1868, fmo al 30 Aprile, lo scavo riusci di soli metri 421,35; dei quali 199,50 dalla parte italiana di Bar- donneche, e 221,85 dalla parte francese di Modane. A questa stregua, in tutto Taimo, il traforo sarebbe di soli metri 1204,05, invece dei 1500 metri che si erano calcolati sulla base di circa 125 per ogni mese. Tuttavia anche questo sarebbe gia un bel risultato rispetto a quello ot- tenuto in tutto il 1866, quando a stento si pervenne a scayare me- tri 1024,99.

\ Civiltti Cattolica, Serie VI, vol. XII, pag. 218-20.

476 SCIENZE NATURALI

Non e pero da dimenticare clie , se la qualita della roccia piii mor- bida accrcsce 1'ageyolezza e la celerita del layoro, la limghezza cre- scente della galleria richiede maggiore potenza di macchine per moltipli- care le correnti d'aria compressa, si per muoyere gli scalpelli che prepa- rano i fori delle mine, e si pel trasporto dei material! da estrarre, e del- Toccorrente a rivestire di soda muratura la galleria scavata.

Nel passato Aprile, dal giorno 1 al 30 si scavarono in tutto, non gia i 125 metri che si calcolayano nel Giugno dello scorso anno, ma soli metri 109,35; dei quali 46,40 dalla parte italiana di Bardonneche, e 62,95 dalla parte francese di Modane. Anche qui ignoriamo onde pro- ceda la differenza di poco meno che un terzo tra le due lunghezze, pa- rendo a prima giunta che, adoperandosi da ambe le parti lo stesso siste- ma di maccfiine, se la roccia fosse presso a poco della stessa qualita, co- me presumevasi, dovrebbesi pure ottenere risultato presso a poco egua- le d'ambe le parti. In somma pero, alii 30 Aprile di qucst'anno, do- yendo la galleria essere di 12,220 metri, gia n'erano scayati dalla parte meridionale di Bardonneche metri 4,924, dalla parte settentrionale di Modane, metri 3,344; in tutto metri 8,268; restayano dunque a scavarsi metri 3,952. Qualora pertanto si yenisse a capo di spingersi innanzi ogni mese almeno d'un metri 108, richiederebbonsi dal Maggio 1868 ancora anni due e mezzo, perche il passo fosse aperto dall'ima all'altra estremi- ta; e cosi sarebbe sempre yero che sulla fine del 1870 la grand'opera verrebbe, se non compiuta in tutte le sue parti, almeno condotta a ter- mine quanto alia principale del traforo.

Ma risponderanno i fatti alle speranze ed ai calcoli? Per yerita le ul- time notizie non sono tali che bastino a dileguare del tutto le appren- sioni di coloro, che temeano doyersi incontrare, a mezzo r opera, difficolta si grayi, che questa ne sarebbe di non poco rallentata. Infatti il Monitor e delle Strade ferrate del 4Novembre recaya, chenella seconda quindicina di Ottobre il prolungamento in piccola sezione della galleria fu di soli metri 62,40, cioe di metri 28,30 dalla parte italiana di Bardonneche, e di metri 34,10 dalla parte francese di Modane. Per ingrandire fino alle disegnate proporzioni di altezza e larghezza questa piccola galleria, e fame il riyestimento in muratura, richiedesi per lo meno egual tempo. Onde, inyece di 108 metri di galleria ogni mesc, se ne otterrebbero poco piu di 60 ridotti a compimento. Ora, il 1 Noyembre, il tratto gia scavato d'ambe le parti era tutto insieme di metri 8,958,5; cioe metri 5,263,30 dalla parte meridionale, e metri 3,694,75 alia settentrionale. Rimaneano pertanto ancora a scayarsi metri 3,261,95. II che basta a di- mostrare quanto possano riuscire fallaci i calcoli circa il tempo, in cui Topera sara condotta al suo perfetto compimento a ragione di arte, che ne guarentisca il passaggio alle pesanti locomotiye necessarie a salire fin lassu per le ordinarie yie ferrate.

SCIENZE NATURALI 477

Frattanto il valico della montagna e gia abbreviate di parecchie ore, essendosi compiuta, in massima partc sul piano stesso deirantica via po- stale, la ferrovia a triplice rotaia, inventata dal Fell, di cui abbiamo sue- cintamente descritto il sistema nel vol. XII della Serie-VI, a pag. 220-21, e che essenzialmente differisce dalle vie ferrate ordinarie. Sopra que- ste , la resistenza allo scivolare delle mote maestre (ossia la loro ade- renza alle rotaie, die costituisce il punto d'appoggio, il quale dee soppor- tare la reazione dello sforzo onde il treno ha la mossa a procedere) e proporzionale alia carica degli assi motori , cioe , in altri termini , alia pressione sulle rotaie; il die obbliga ad accrescere la carica di codesti assi, ossia il peso della macchina, e per conseguenza il peso totale del treno, posciache evidenlemente dee esservi comprcso quello della mac- china stessa. Inoltre, siccome la frazione di questo peso totale, che la macchina deve alzare nel salire per Terta (Tun piano indinato, c ritene- re quando nc discende, cresce in ragione del seno deir angolo d'inclina- zione della via, mentre per altra parte la pressione esercitata sulle rotaie diminuisce in ragione del coseno del medesimo angolo : non era stato possibile per Taddietro alle locomotive di salire per un pendio molto erto, perche la resistenza alia trazione diveniva molto rapidamente assai superiore alia resistenza del punto d'appoggio, ossia all' aderenza delle mote motrici sulle rotaie. Erano poi tornati inefficaci od esposti a gravi inconvenienti i sistemi a ruote e rotaie dentate ; c solo per brevi tratti poteasi praticamente supplire, rimorchiando i treni collo sforzo di mac- chine fisse sulla cima dell'erta, quando fosse questa quasi rettilinea.

II sistema del Fell tolse codesta difficolta, rendendo indipendente dal peso della macchina r aderenza sulle rotaie o guide di ferro; onde si pos- sono costrurre macchine molto leggieri, e percio capaci di rimorchiare su per Terta di vie anche molto inclinate un treno proporzionato alia loro lorza motrice. Al quale effetto, tra le due rotaie ordinarie corre una ter- za guida molto robusta e solidissimamente lissata nel suolo, che viene serrata fra due rote orizzontali della machina, a quella maniera che una verga di ferro tra i cilindri d'un laminatoio. Air aderenza naturale delle ruote verticali della locomotiva sulle due rotaie laterali , prodotta dal peso della macchina, si aggiunge pertanto F aderenza supplemental del- le ruote orizzontali sulla guida di mezzo, la quale aderenza risulta dalla pressione di una vite e di molle gagliardissime, le quali tendono a ravvi- cinare Tuna all'altra le ruote di ogni loro coppia.

La via ferrata costruita dal Fell secondo questo sistema corre in parte sulla strada grande postale, in parte sulla strada antica, e talvolta per breve tratto in direzione nuova; ed ha la lunghezza di chilometri 79,2 da Saint-Michel a Susa. Comincia a 722 metri sopra il livello del mare, si alza sopra esso fino a metri 2,098, e discende poscia fino a metri 536, abbassandosi cosi di metri 1,562 sopra una lunghezza totale di metri

478 SCIENZE NATURALI

27,000, quanta e la distanza da Susa alia vetta, dov'e il confine fra Tltalia e la Francia. Essa occupa il terzo della larghezza della via posta- le, sul ciglio esterno di questa, ed e separata per una barriera continua da quella parte che resta destinata ai veicoli ordinarii ; laonde quando pure un cavallo, atterrito dal passaggio del treno del Fell, s1 impennas- se, non potrebbe ne gettarsi sulla via ferrata, ne correre pericolo di balzare nei sottostanti precipizii.

;Per verita non sappiamo dire, ne spetta a noi Foccuparcene, qual guadagno debba poter fare la Compagnia, cbe si tolse \' assunto di que- sta via ferrata, posciache solo il 15 Giugno di quest' anno 1868 ne fece la inaugurazione, e dopo yarie interruzioni, comincio a valersene sul co- minciare del Settembre; ma sul finire di questo mese le dirotte piogge e le frane le cagionarono danni gravissimi , che richiesero piii settiraane di lavori pei restauri piu urgenti ed indispensabili. Ed intanto la conces- sione non fu fatta pella ferrovia del Fell se non a patto espresso, che questa debba essere tolta dalla grande strada postale per cui ora corre, appena sara terminata la galleria di trafpro, che si presume dover essere compiuta il piu tardi a mezzo il 1871. E £gli possibile che in meno di due anni gli azionisti della ferrovia del Fell abbiano a rifarsi delle spese fin qui incontrate , e di quelle che dovranno poi aggiungere per levarla e rimettere la grande strada postale nello stato di prima?

II peggio si e che le spese a mantenerla per si breve tempo sono gravissime , e le rendite non paiono essere proporzionate al lucro che se ne ripromettevano quei che P impresero. Infatti una delle piu gravi difficolta delle ferrovie sulle alte montagne e quella che si incontra nelle nevi , onde quelle sono coper te poco meno che la meta dell' anno. Per preservarne la ferrovia del Fell, fu d1 uopo coprirla in diversi tratti per la lunghezza di oltre ad otto chilometri. La dove erano da temersi valanghe e sfranamenti , si dovette proteggere con gallerie murate a volta; in altre parti e difesa da tettoie di lamina di ferro, Ne cio basta. Deonsi tenere in pronto sempre, e mettere in moto due locomotive mu- nite di vomeri bene acconci ad aprire sopra le guide il solco, entro cui scorrano le ruote del treno, la dove la via non e coperta da gallerie. Que~ ste poi producono un grave inconveniente, cioe che il fumo della loco- motiva vi si addensa per guisa, che i viaggiatori ne sono stomacati. Si penso di rimediarvi con adattare al cammino del focolare un tubo fles- sibile, che debba condurre ii fumo , ed i prodotti della combustione , fin dietro P ultimo carro del treno. Ma e chiaro che sara diminuito, se non impedito notabilmente, quello che dicesi il tirante d'aria, e quinci scema- ta con la combustione anche la produzione della forza motrice.

Inoltre, per conservare una sufficiente larghezza alia via postale, e non lasciar passare sulla ferrovia gli ordinarii veicoli, si dovette ridur- re a soli 3 metri la larghezza totale della ferrovia, e alle proporzioni di

SCIENZE NATURALl 479

metri 1,10 la distanza fra le rotaic lateral!, invece di 1,44, che e la con- sueta di tutte le altre ferrovie. Questo solo ristringimento trae seco al- tre gravi spese e molti inconvenienti. Innanzi tutto cio richiede il pas- saggio de' viaggiatori ed il trasporto de'loro bagagli e delle merci da un treno alFaltro, e cio per due voile nell1 intervallo di poco piu che cin- que ore ; il che e spiacevolissimo pei viaggiatori, e suol cagionare gua- sti alle merci ; senza contare la fastidiosa perdita del tempo. Inoltre, essendo piu strette le rotaie, doyette farsi anche piii stretta la macchina, e piu stretto il focolare ; onde la quantita d1 aria, che pu6 in un dato tempo passare per esso ad avvivare la comhustione, ne rimane notevol- mente diminuita in parita di circostanze. Ora la quantita di vapore pro- dotta essendo proporzionale alia massa d' aria, che serve a bruciare il combustibile, non si pu6 riuscire senza gran difficolta, durante la salita, ad apprestare la quantita di vapore sufficiente allo sforzo di rimor- chiare il peso ordinario. Finalmente la strettezza della via costringe a tener chiuse le porte e perfino le vetrate delle finestre, onde impe- dire che P imprudenza, troppo facile ad accadere, dello sporgere un tantino il capo, non abbia per effetto di farlo sfracellare contro le pareti delle gallerie. Ed il restare cosi chiusi , come in una stufa , ognun vede quanto dovrebbe allettare i viaggiatori , se il tratto da percorrere fosse alquanto piu lungo che quello del Cenisio.

Non ci indugeremo qui ad esporre per minuto le molte altre precau- zioni dovutesi prendere, si per assicurare la solidita della rotaia di mez- zo, e mantenere contro di essa una sufficiente pressione delle ruote orizzontali, e si per rendere efficacissimi i freni, ed impedire il treno dal fuorviare la dove la ferrovia traversa a livello la strada postale. Delle quali cose si leggono particolari assai rilevanti nel periodico Les Mondes dell'8 Ottobre, pag. 203-06. Basti qui notare che il peso totale delle macchine, col loro approvigionamento di acqua e carbone, e di 20 tonnellate ; e la pressione esercitata sui lati della rotaia centrale dalle ruote orizzontali motrici e di 30 tonnellate al piu. La pressione totale delle otto ruote e dunque di 50 tonnellate; e Taderenza, essendo uguale alia sesta parte incirca della pressione, risulta di non piu che 8 tonnel- late. Ond1 e chiaro quanto sia limitato il peso che esse possono trarre su.

Tutto riposa sulla solidita della rotaia centrale, la quale dee bastare a tre distinti effetti : 1." Ad aiutare la trazione nell a proporzione indica- ta; 2.' nelle curve molto strette, essendo serrata tra le mote orizzontali, dee impedire la forza centrifuga dal gettare i veicoli e farli premere so- Terchiamente contro le rotaie laterali; 3.° essere cosi robusta che in ca- so di bisogno il freno vi si possa stringere allato di subito e con tal potenza, che tutto il treno rimanga, per cosi dire, sospeso a questo, o moderare a piacimento la rapidita della discesa. E questo intento finora sembra pienamente ottenuto, senza che siasi dovuto lamentare verun

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disastro. 11 tempo mettera meglio in chiaro i vantaggi, i pericoli ed i ripari di tutto il sistema.

2. Avevamo esposto nel precedente volume, a pag. 522-23, per qua- li ragioni T eclissi totale del sole, che dovea aver luogo il 18 Agosto, visibile nella parte oriental e dell' Africa, nelFAsia e nelF Oceania, avea destato la piu viva sollecitudine, non solo tra i professori deli1 astrono- mia e delle scienze fisiche, ma eziandio tra i Governi che hanno il nohile impegno di promovere cotesti studii, come fanno principalmente quelli d' Inghilterra e di Francia. I voti degli uni e degli altri furono in parte appagati ; cosi che le ingenti spese richieste dalle spedizioni di astrono- mi e scienziati, a fare nei punti opportuni le piii diligenti osservazioni, ebbero largo compenso nei risultati ottenuti.

« E noto ai nostri lettori, dice il ch. P. A. Secchi, direttore dell1 Os- servatorio del Collegio romano, in un suo articolo inserito nel Giornale di Roma del 5 Novembre : e noto che la scienza si aspettava larghi frutti dalle spedizioni fatte alle Indie per osservare I1 ecclisse solare tota- le del 18 Agosto prossimo passato. Questi frutti cominciano a compari- re. Lasciando da parte cio che non e altro che una conferma di quanto fu veduto nelle eclissi anterior!, e specialmente in Spagna nel I860,

10 scopo primario delle osservazioni attuali era di sciogliere due pro- blemi. II primo era di riconoscere di qual natura fossero le prominenze rosate che si vedono durante T eclissi sporgere attorno alia luna : la loro natura gassosa era congetturata , ma non dimostrata. II secondo era di sapere, se quello strato rosato, che inviluppa tutto il sole e da cui si staccano le dette protuberanze, potesse esser col suo assorbimento la causa delle linee nere, che vedonsi nello spettro solare delle linee di Fraunhofer. L'osservazione dello spettro prismatico di queste protube- ranze dovea decidere la questione : se in esso comparivano linee lucide al luogo delle nere ordinarie, le masse erano gassose, ed erano esse la causa dell1 assorbimento che produce quelle linee nere. V esperienza ha dimostrato che le cose passano appunto cosi.

« Malgrado il cattivo tempo, che ha sturbato molti osservatori, pure

11 successo e stato per diversi senza eccezione. I piu fortunati sono stati i signori Janssen e Rayet francesi. Le loro scoperte sono appog- giate da quelle degli inglesi Herschell e Tennant, e in parte dagli astro- nomi alemanni, i meno fortunati degli altri. Le protuberanze comparse durante la totalita dell' ecclissi sono state in numero non minore di 4, hanno tutte dato spettro formato di linee lucide in campo scuro. Fu singolare una enorme in forma di dito, alta tre minuti, cioe circa 10 diametri terrestri, analizzata dal sig. Rayet in due direzioni normal!.

« La posizione delle linee luminose era stata giudicata per quella delle linee proprie del gas idrogeno principalmente, dai piii per sola appro s- simazione. »

SCIENZE NATURALI 481

Qui crediamo far cosa non discara ai nostri lettori, dando loro qualche cenno piu particolareggiato dei risultati ottenuti dalle osserva- zioni degli astronomi inglesi, alemanni e francesi, mentoyati dal chia- ro P. Secchi.

II luogotencnte Herschel del Genio reale d' Inghilterra avea avuto per suo speciale incarico di studiare collo spettroscopio i fenomeni lumi- nosi che appariscono durante Teclissi totale, la corona e le protuberanze rosse, coirintento di scoprire qual fosse la natura fisica di queste, intorno alia quale s'erano proposte da diversi scienziati varie ed anche contrarie ipotosi. L1 Herschel adempi egregiamente il suo mandate, per quanto glie lo permise Tavversa condizione del cielo velato in parte dalle nubi; ed il generale Sabine, presidente della Societa reale, ricevette da lui, in data del 20 Agosto, da Belgaum nelFIndia, il seguente lelegramma: « Nubi frequenti; osservata una fiamma; vedute strie brillanti; nissuna stria brillante nella corona; polarizzazione solare. » II fatto, posto in sodo, che lo spettro delle fiamme ossia protuberanze presento strie brillanti, prova che quelle sono luminose per se medesime, e di natura gazosa; al contrario Fassenza di strie, e la polarizzazione della luce nella corona, di- mostra che una parte almeno, se non tutta la sua luce e semplicemente luce riflessa del sole stesso.

A Guntoor gli osseryatori inglesi ebbero altresi ad incontrare grave ostacolo alle bramate ricerche, per le poco propizie congiunture dclPat- mosfera. Ecco in quale modo il maggiore Tennant rcnde conto, in data dello stesso giorno 18, al sig. Airy astronomo reale, del modo con cui procedette Tosservazione, e delle conseguenze che egli reputa doyersene inferire.

« La mattinata prometteya molto, e se ayesse continuato come nei giorni precedenti, avremmo goduto (Tun cielo limpidissimo; ma questo si copri dalla parte di leyante dnun yelo di strato-cumuli leggeri i qualir senza intercettare la yista, diminuivano notabilmente Tenergia fotogeni- ca; di guisa che tutte le nostre impronte negative non si ottennero buo- ne, e non ci lasciano scorgere che appena alcune tracce a bastanza dense delle protuberanze. Le sei lastre preparate per la corona furono esposte; ma il calore avea talmente concentrata la soluzione di nitrato d'argento, che, invece di riprodurre il solo delicato disegno della corona, esse sono tutte coperte di macchie.

« II capitano Branfil ha accertato che la luce delle protuberanze non e polarizzata; ma sibbene e polarizzata fortemente quella della corona, e semprc polarizzata nel piano che passa pel centro del sole. Aggiungo, per osseryazione fatta da me, che la luce della corona mi diede uno spet- tro continue; e che ho notate delle strie brillanti nello spettro della pro- tuberanza da me esaminata. Credo non andar errato affermando che tre delle strie brillanti corrispondono a C, D e b. Ho veduta una stria nel Serie Ml, wl. IV, fasc. 448. 31 14 Nowmbre 1868.

SCIENZE NATURALI

verde, presso ad F.... Da ultimo credo avere scoria una traccia di stria nel bleu, presso di G; ma per distingueda benc era d'uopo cangiare no- tabilmente il foco, e non n' ebbi tempo.

« Per mio avviso e da conchiudere, che Fatmosfera del sole e princi- palmente formata d'un gas non luminoso, o languidamente luminoso, al- meno a piccola distanza dal lembo solare. La protuberanza che ho esami- nata era ad un tempo altissima e strettissima, almeno a mia veduta. Pel fulgore e pel color suo, non avendo io potuto discernere in essa veruna tinta o sfamatura di colore, mi sembrava un pezzo di sole che fosse ve- duto a traverse d'una fenditura, ed un poco a zig-zag, come il guizzo d'un fulmine. Dovea avere almeno tre minuti d'altezza, ed era situata sulla parte anteriore del sole, presso la sommita, e spicca molto benc sulFultima delle lastre fotograiiche di cui ho parlato.

« Per vero dire il capitano Branfil vide colorata codesta protuheranza, e come lui la videro tale altri due osservatori; io ed un ufficiale dell'os- servato io la vedemmo bianca. Devo tuttavia aggiungere che io, per lungo tempo, non era mai riuscito a vedere a d'Orione, e neppure Anta- res schiettamente rosse. U oscurita generale non era fitta, e Taspetto del paese era meno lugubre che nelVeclisse del 1857, che pur era solo par- ziale a Delhi, dov'io mi trovai a quel tempo. »

Piu felici furono gli osservatori che sulla nave Rangoon, in viaggio verso Bombay, si trovarono al momenta dell'eclissi sotto il 15° 42m di latitudine sud, e 59° 15' di longitudine est, sulla linea centrale. II capi- tano Rennoldson, comandante della nave, pote ottenere una serie di <li- segni, che vennero riprodotti dal periodico Les Mondes del 22 Ottohre pag. 296-300. II Rennoldson osservo sul lembo della luna due promi- nenze, in forma di iiamme giallastre, esattamente opposte alle protube- ranze rosse; e si assicuro che i colori della corona, veduta a traverse il prisma, erano il rosso, il giallo, il verde, il bleu ed il violaceo, essenda quest'ultimo rimasto il piii brillante fin verso la meta dell1 eclissi totale che duro 4 minuti ed 8 secondi; quindi ricomincio a spiccare meglio il rosso sino alia tine del fenomeno.

Le osservazioni accennate dal Rennoldson vanno d'accordo con quelie dell1 Herschel e del Tcnnant , e percio non e d1 uopo riferirle.

Furono per contrario infelicissimi i membri della spedizione alemanna, che avea scelto Aden sul Mar Rosso per sua stazione. II cielo era qua- si che tutto velato da nubi; onde la forza chimica della luce era de- bolissima; il meglio che siasi |0tuto fai'e si ridusse a una coppia di immagini fotogratiche, sulle quali appariscono bastevolmente spiccate le protuberanze, da altri non pure vedttte ma analizzate collo spettrosco- pio. Una di queste in forma di dito ripiegalo, vedeasi colorata in tin- ta pressoche porporina, e resto visibile per un buon minuto dopo la fine delFeclisse totale; ma anche ivi collo spettroscopio si noto che,,

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SCIENZE NATTRALI 483

al mom en to in cui questa era nel suo col mo, sparivano dallo spettro tutte le strie oscure del Fratmhofer ; c lo spettro prese nna tinta con- tinua assai languida ma visibile.

3. Per contrario la spedizione francese nella stazione di Whatonne, presieduta dal sig. Stephan, fu oltremodo favorita. Le nubi aveano, e vero, velato il cielo e coper to il sole cosi, che fu impossibile osservare il primo contatto; ma per buona ventura un forte vento le dissipo, ed un dieci minuti prima del secondo contatto, il cielo n' era al tutto sgombero e limpido per gran tratto attorno. La immagine fotogratica riprodusse con mirabile perfezione quattro protuberanze d'una tinta di corallo roseo con isfumatura violacea, la corona, e quella splendida aureola die suole appellarsi la gloria.

4. II sig. Rayet, uno dei membri della spedizione imperiale, attese al- le osservazioni spettroscopiche e prima di tutto ricerco 1' immagine del- la piu alta protuberanza che sorgeva sul lato orientale del sole. « Yi- di immediatamente, dice egli nel suo rapporto [Les Mondes 29 Otto- bre p. 362) una serie di nove strie brillanti, che, secondo la loro disposi- zione nel campo, le loro distanze relative, il loro colore e la fisionomia stessa del loro complesso, mi sembrano dover essere assimilate alle li- nee principali dello spettro solare B, D, E-. 5, una linea sconosciuta, F, e due linee del gruppo C. Queste linee erano fulgidissime e spic- cavano molto sopra un fondo grigio cenerognolo assai pallido. »

Conyiene pertanto il Rayet pienamente coll1 Herschell e col Tennant che : « le protuberanze sono getti di una materia gazosa incandescente, ossia fiamme d? un fenomeno chimico d' una sterminata potenza. » Per cio che spetta alia luce della corona , ecco quel che vide il Rayet. « La luce della corona e debolissima, rispetto a quella delle protube- ranze. Imperocche, mentre la luce di queste dava uno spettro vivissi- mo , T altra , malgrado I' apertura assai ampia del diaframma, non dava alcuno spettro colorato sensibile. » Terminate Tesame della prima e piu alta protuberanza, il Rayet diresse lo spettroscopio alia grande re- gione luminosa che anpariva ad occidente del sole ; ed ecco mostrarsi lo spettro formato di sole linee brillanti, disperse come in quello del- la protuberanza, con questa sola differenza, che non vi pote scorgere yeruna stria violacea; ond1 egli inferi che tutte le protuberanze non paiono emettere luce identica.

Piu awenturato di tutti gli altri fu il sig. Janssen, mandato anch'egli alle Indie per cura del Governo imperiale francese, e che osservo l'ecli»- si a Guntoor. In una sua lettera, scritta da Cocanada il 18 Settembre al Ministro sopra la pubblica istruzione, quel valente uomo, non pure con- ferma quanto riferimmo piu sopra, e che fu osservato anche da altri circa la naUira delle protuberanze e la qualita della loro luce, ma accenna una

484 SCIENZE NATURALI

sua importante scoperta; ond1 e pregio deir opera rifcrire qui le sue proprie parole.

« Immediatamente dopo la totalita , sono apparse due magnifiche pro- tuberanze : una di esse, di oltre a tre minuti di altezza, brillava di uno splendore difficile ad immaginare. L'analisi della sua luce mi ha imme- diatamente dimostrato, che essa era formata da una immensa colonna ga- zosa incandescente, composta principalmente di gaz idrogeno.

« L'analisi delle regioni circumsolar!, in cuiil signor Kirschhoff pone 1'atmosfera solare, non mi ha dati risultati conform! alia teoria formo- lata da questo illustre fisico ; sembrami che quest! risultati debbano con- durre alia conoscenza della vera costituzione dello spettro solare.

« Ma il risultato piu importante di queste osservazioni si e la scoper- ta di un metodo, il cui principio fu concepito durante T ecclissi medesi- ma, e che permette lo studio delle protuberanze e delle region! circum- solari ii ogni tempo, senza che sia necessario di ricorrere all' interposi- zione di un corpo opaco davanti al disco del sole.

« Questo metodo e fondato sulle proprieta spettrali della luce delle protuberanze, luce che si ri solve in un piccol numero di fascetti assai luminosi, corrispondenti a righe oscure dello spettro solare.

« La dimane stessa dell1 eclissi il metodo fu applicato con succes- so ; ed io ho potuto assistere ai fenomeni presentati da una nuova ec- clissi, che hanno durato tutta la giornata. Le protuberanze della prece- dente erano profondamente modificate ; appena rimanevano alcune trac- ce della grande protuberanza, e la distribuzione della materia gazosa era tutt'altra.

« Da quel giorno fino al 4 Settembre io ho costantemente studiato il sole a questo punto di yista. Ho disegnate carte delle protuberanze, le quali mostrano con quale rapidita (sovente in alcuni minuti) queste immense masse gazose si sformano e si spostano.

« Inline , durante questo periodo , che e stato come un eclissi di di- eiassette giorni, ho raccolto un gran numero di fatti, i quali si presen- tavano come da se, sulla costituzione fisica del sole. »

Questa scoperta faceasi pure, un mese dopo,' ma prima che veruna notizia potesse essere giunta in Europa di quel che avea trovato a Gun- toor il Janssen , da un yalente astronomo inglese sig. Lockyer , che gia da due anni innanzi avea avuto la felice idea di cercare fuori del disco solare, con lo spettroscopio, le protuberanze, congetturando che queste dovrebbero rivclare la loro presenza con la sostituzione di strie brillanti alle strie oscure della luce solare; e le scopri teste anch1 egli di fatto.

5. Ne meno felice per avventura dee dirsi, e certamente utilissimo fu il trovato che, con ingegnoso esperimento fece il ch. P. Angelo Secchi d. G. d. G., direttore dell1 Osservatorio del Collegio Romano, ond' eb-

SCIENZE NATURALI 485

be a poter indicare agli altri un modo spedito di potersi giovare della scoperta del Janssen, e di ripeterne le esperienze e le osservazioni.

Ecco come egli stesso lo descrisse nel mentovato articolo sul Giornale di Roma del 5 Novembre.

« All' Equatoriale di Mertz e stato applicato lo spettroscopio a due ec- cellenti prismi di flint pesante, ottimo lavoro del sig. Hoffman /liParigi. Questo e il solito strumento usato nelle altre ricerche spettroscopiche telescopiche. L'apertura dell' obbiettivo del refrattore e stata ridotla a soli otto centimetri, per non compromettere Tapparato col troppo calore. Fatto coincidere il lembo solare colla fessurina dello strumento, dopo breve ricerca si e presentato il fcnomeno in tutta la sua bellezza. Al ver- tice sud del d;sco solare si sono vedute le linee nere C ed F dello spet- tro solare trasformarsi in linee lucide per la meta della loro lunghezza, il nero essendo la continuazione dello spettro dovuto alia luce esterna al disco. Movendo leggermente lo strumento ci e riuscito di ottenere, cbe la linea lucida occupasse il mezzo dello spettro, restando pure staccata dal lato dell1 orlo solare. Questo prova che la protuberanza, che dava quella linea, era isolata dal disco solare. La linea C, che sta nel rosso, era molto piii viva e lunga della sua corrispondente F , che sta nelVaz- zurro, la quale comparve ancor essa trasformata in parte in linea lu- cida. Anche una linea del giallo accanto al gruppo D, dal lato dell' az- zurro, si ravvivo notabilmente. Cercando altri punti della periferia so- lare ne trovammo moltissimi che davano queste righe, ma molto piii corte. I gruppi principali e piii belli osservati furono uno a circa 45° e un altro a 160° dal primo, verso ovest apparente. Una intermedia a que- ste eccito la noslra sorpresa per la scintillazione intermittente che emet- teva, che essendo durata per alcuni minuti e veduta da piu d'un osser- vatore, non puo lasciar dubbio di non essere realta.

« Nel primo studio di un fenomeno si imponente non potemmo ana- lizzarlo piii per minuto, dovendo lasciar luogo ad altri che ne fossero testimonii ; pero fin d'ora possiamo notare tre cose non avvertite negli annunzii ricevuti. Che anche ove non vedemmo la linea nera C tras- formarsi in linea lucida, notammo pero una mancanza di questa linea nera. Tal mancanza puo dirsi quasi generale, su tulto 1'orlo solare. Molte linee lucide cambiano notabilmente di forza presso Torlo del di- sco, e non solo quella presso D indicata di sopra, ma una specialmente dentro il gruppo del magnesio ci apparve rinforzarsi assai e molte altre con essa. Sono piii copiosi questi punti nelle zone delle macchie e presso di esse.

« La prima osservazione dimostra che 1'idrogeno esiste in generale su tutto il sole, ma non e dappertutto abbastanza vivo per sorpassare la luce della fotosfera. La 2a ci apre un campo nuovo a molte ricerche, che qui e inutile esporre. Qui vogliamo rispondere ad una domanda. Essendo cosi

486 SCIENZE NATURALI

facile il vedere questo fenomeno, com1 e che e sfuggito per tanto tempo alle ricerche spettrali? La risposta e semplice: piu volte ci eravamo proposto fare questo studio, ma ne eravamo stati distolti dal vedere che inutili erano stati i tentativi altrui, e quindi ne abbandonammo il pen- siero. 11 sig. Lockyer stesso lo avea abbandonato dopo due anni di inu- tili ricerche, e non lo riprese che air udire de1 risultati avuti dal signor Rayet. Dobbiamo ad ogni modo questa brillante scoperta air eclissi del 18 Agosto, che fu stimolo a si important! studii. Cosi la cognizionc del nostro astro centrale avanza di un passo. La copia dell1 idrogeno in es- so trovato non deve sorprendere, poiche dalle nostre ricerche fu dimo- strato, che la meta delle stelle non mostrano altre righe distinte, che quel- le di questo gas , e la lucida solare accanto a D molto probabilmeiite ad esso pure appartiene.

« Noi ci proponiamo seguire queste ricerche : per ora basti questo cenno , e sia esso una pi ova di quanto giustamente siasi riposta la fidu- cia di grandi scoperte nella spettroscopia. Da questa infatti, oltre le sin- golari proprieta de1 tipi stellari da noi scoperti , abbiamo pure potiito veriticare, che nel pianeta Venere esiste una atmosfera analoga alia no- stra col vapore d1 acqua, e che invece in Giove vi e un elemento diver- so a noi iguoto fmora. Le scoperte del Sole ci aprono un nuovo orizzon- te, che sara non meno ampio di quelli percorsi finora dalla fisica celeste. »

CRONAGA

CONTEMPORANEA

Roma 14 Novembre 1868.

I.

COSE ITALIANS.

STATO PONTIFICIO 1. Largizioni del S. Padre -pel danneggiati dal terremoto nell' America meridionale, e delle inondazioui nella Svizzera 2. Visita di Sua Santita alFabazia delle Tre Frontane 3. Accoglienze faite in Civi- tavecchia al nuovo arabasciadore francese, sig. di Banneville; e ricevuto in udienza privata dal Santo Padre 4. Ritorno in Roma deir ambasciadore di Portogallo, Duca Saldanha 5. Promesse e mentite della Correspondan- ce italienne circa la quistione romana.

1. Sulla mela d'Agosto un terremoto, del quale forse appena si puo tro- vare un riscontro in altri tempi per efficacia di devastazioni e di stragi, infieri sulle coste dell'Equatore e del Peru, caj-ionandoyi la totale distru- zione di non poche citta, e molti naufragii delle navi ancorate nei yarii porti. Quando ne giunsero in Europa le prime novelle, che recavano al numero di 22,000 quello delle vittime rimaste sotto le rovine, si credet- te che quel calcolo fosse enormemente esagerato. Ora inyece, da rela- zioni ulliciali ed autentiche, e posto in sodo che furono oltre a 30,000 le vite umane spente in quella catastrofe.

Non e qui luogo di descrivere, con particolareggiati ragguagli, le treroende peripezie di quel flagello, di cui forse ci occuperemo altra volta. Ma sara caro a tutti il sapere quello che il Giornale di Roma del 30 Ottobre annunzio nei termini seguenti :

« II Santo Padre, che non ha limit! nella inesauribile sua beneficenza ove esiste una sventura da sollevare, appena giuntagli la dolorosa no- tizia degli immensi danni cagionati dal terremoto nelF Equatore e nei Peru, si e degnato d'inviare cola pecuniarii soccorsi in quella misura, che gli hanno consentito le gravissime sue ristrettezze. »

Nello stesso diario ufficiale, dell1 11 Novembre, leggesi inoltre che: « la Santita di nostro Signore, commossa dallo stato lacrimevole, cui, per

488 CRONACA

ie inondazioni teste sofferte , sono ridotte alcune contrade della Svizze- ra, volendo adoperare verso ianti infelici nella stessa guisa, che in somi- glianti circostanze fece verso gli abitatori di altre region!, ha, per il pie- toso scopo, rimesso air Incaricato d'affari della Santa Sede in Lucerna quel soccorso, che al suo cuore henefico e stato consentito dalle sue strettezze economiche. »

2. Nel secondo nostro volume della presente Serie settima, a pag. 231-34 abbiamo narrato come Y antichissima abazia ad Aquas Salvias, delta comunemente delle Tre Fontane, fosse am* data ai PP. Trappisti.

« Appena, dice il Giornale di Roma del 10 Novembre, daH'Emo Abate Commendatario ne furono questi religiosi messi al possesso, che subito dierono opera a cominciare i lavori ; i quali, proprii del loro istituto, fanno sperare renderanno fra breve i frutli che se ne aspettano, c ehe dal loro zelo non e vano ripromettersi, per le luminose riprove che li ha resi celebri in tutto il mondo. La munificenza del Santo Padre e sta- ta nobilmente imitata dal francese signor de Maumigny, che larghe somme vi ha contribuito; e con esse si vien facendo il risananicnlo dei sacri edificii, da cui si e cominciata Y opera di ristorazione. Sua Santita pertanto recossi ieri a vedere i lavori , e ad onorare di sua presenza i monaci nella nuova residenza che ha loro accordata. Al discendere di carrozza fu ricevuta dagli Emi e Rmi sigriori Cardinali Milesi , Abate Commendatario ed Ordinario delle Tre Fontane ; Antonelli , protettore dei Trappisti; Pitra e Barili; inoltre dal Riiio Padre abate Cesari, presi- dente generale dei Cistercensi , e dai Rmi Padri r Abate della Trappa Maggiore e T Abate delle Acque Belle, di Francia; dal RiTio P. abate Re- gis, procuratore generale, dall1 Abate di governo e dairintera coniunita. « II Santo Padre entro prima nella chiesa di Santa Maria in Scala Coeli, e vi adoro Y augustissimo Sagramento. Dipoi fece passaggio al- Taltra di san Paolo alle Tre Fontane, ove fermossi ad osservare i lavori che sono omai sul compiersi. Sono questi : il grande canale a volta che riceve lo scolo delle acque e loro da il corso necessario per liberare il sito dall umidita : il pavimento posato sopra un vespaio ad arieggiare la parte inferiore dell' edificio ; e fu contento del modo col quale, nel mezzo, vedeva sistemato il grande musaico a colori, con le quattro sta- gioni, cavato dalle ruine di Ostia, e da lui donato per adornamen- to maggiore del sacro tempio. Osservo il rimanente del pavimento, che dovra esser composto in gran parte di marmi, che sono pure suo dono; e tutto il restante deir edificio riportato al primiero splendore, cre- sciuto dai bassorilievi con le storie del martirio dei Principi degli Aposto- li, aggiunti nelle pareti di contro airedicole delle fonti. Ammiro eziandio i sarcofagi e le iscrizioni delle prime epoche del cristianesimo, che sono venuti fuori dagli scavi operati per i restauri, e che testimoniano Y anti- chita del culto prestato al venerando luogo. E , mostrando la sovrana ' '

CONTEMPORANEA 489

soddisfazione per qnanto avea osscrvato, passo alia chiesa del santi Yincenzo ed Anastasio.

« In questo yastissimo teinpio il Santo Padre fa lieto di osseryare il miglioramento, che gia yi si e conseguito, per le proyyidenze che yolle adoperate nel liberare le navate piccole dalle opere murarie che T in- gombrtfvano fino dal primo ingresso, ed accio le porte minori fossero riaperte al passaggio. Entrato poi nel Monastero per la nuova porteria sali al piano superiore, e nella cappella del coro interno yenero le sacre celebri reliquie di S. Anastasio, di san Zenone e di altri, che in preziosc techc vi sono custodite. Osservo pure i nuoyi sacri arredi, copiosi e no- bili, da seryire all'uso dclle tre chiese, ed egli yi aggiunse il dono di un crocifisso in ayorio, di una pisside di argento, e di un magnifico messale.

« Entrato in seguito neirappartaraento delFEmo Cardinale Abate, ed asceso il trono, ammise al bacio del piede i sopra ricordati Padri Abati, con tutta la famiglia dei monaci. » Ammessi poscia allo stesso onore mel- ti altri personaggi, nostrani e stranieri, il S. Padre ritorno alia sua re- sidcnza in Vaticano.

3. Con onori certamente non superior! a quelli che si debbono all'alta rappresentanza d'un Imperatore francese, ma pur alquanto straordinarii, fu accolto al suo sbarco in Civitavecchia il nuoyo Ambasciadore di-Fran- cia presso la Santa Sede , ed eccone il racconto quale fu scritto di cola B\r Osservatore Romano del 2 Noyembe; del di precedente.

« Teri circa le 10 e mezzo antimeridiane giunse in questo porto, pro- veniente da Marsiglia, Tayyiso a yapore da guerra francese Phoenix, comandato dal sig. De Lanneau capitano di fregata, equipaggiato di 93 persone e i cannoni, ayendo a bordo S. E. il signer De Bannevil- le, ambasciatore francese presso la S. Sede, che yenne immediatamen- te salutaio dalle salve dell1 artiglieria pontificia; ed al quale, appena entrato in porto, si recavano a far yisita a bordo S. E. Rma monsi- gnore Scapitta, Delegato apostolico, S. E. il sig. generale Dumont co- mandante in capo dell1 armata francese, il sig. Console di Francia, e gli officiali superior! francesi e pontificii.

S. E. scese a terra circa le 11, salutata dagli urra degli equipaggi dei legni da guerra francesi qui ancorati, e si rec6 presso S. E. il si- gnor generale Dumont, ove riceyette S. E. Rma monsignor Gandolfi, Vescoyo della diocesi, quindi si porto a rendere la yisita a monsignor Delegato apostolico.

« II sig. conte Armand, reggente 1' ambasciata francese, con tutto il personale addetto all' ambasciata stessa , giunto circa la mezza dopo mezzodi con un treno espresso da Roma, fu pure ricevuto subito dal sig. De Banneyille.

« Circa le 2 e tre quarti pomeridiane la stessa Eccellenza Sua, in gran tenuta di gala e fregiata del Gran Cordone deirOrdine Piano, unita-

490 CRONACA

mente al sig. generale Dumont s'imbarco di nuoTO sulla Lancia del- rAmmiragliato per andare a sbarcare formalmente allo scalo del pas- seggieri , ove era attesa da tutta P officialita francese e pontificia , che le resero gli onori militari, e di la si reco alia stazione percorrendo a piedi, accompagnata dal sig. generale Dumont e seguita da tutta V ofti- cialita, la strada nella quale era schierata tutta la guarnigione francese, con la fanfara dei Cacciatori e la-banda del 42° reggimento, e salutata da nuove salve dell' artiglieria francese.

« Alia stazione S. E. fu novamente complimentata da monsignor De- legato apostolico, e quindi montata sul treno espresso e partita alia volta di Roma, circa le 3 pomeridiane. »

Poco dopo il mezzodi del 5 Novembre S. E. il signer De Banne- ville ebbe poi I' onore di presentare , in udienza privata , alia Santita di nostro Signore Pio Papa IX le lettere sovrane , colle quali viene ac- creditato ambasciadore di S. M. 1'Imperatore dei Frances! presso la San- ta Sede. Sua Santita si compiacque di accoglierlo con ogni benignita e con gli onori e le formalita che soglionsi praticare in simili circostanze. Dopo Pudienza pontificia, S. E. passo a complimentare PEmo Cardinale Segretario di Stato.

4. Torno pure in Roma, lo stesso giorno 5 Novembre, S. E. il signer Duca di Saldanha, ambasciadore di S. M. Fedelissima il Re di Portogallo presso la Santa Sede.

5. Continuandosi pei giornali il chiaccbierio circa nuove pratiche ar- denti del Governo di Firenze presso la Corte delle Tuileries, onde ot- tenere lo sgombero dei Frances! da Civitavecchia, continuano pure le contraddittorie affermazioni e di chi si crede ben informato per giurare che non si e conchiuso nulla, e di chi pretende sapere i segreti di Gabi- netto, per sacramentare che fra poco i voti del Menabrea e del Rattazzi saranno appagati. L'ufiiciosa Correspondance italienne del 2 Novembre, forse per gettare un1 offa al cerbero affamato, che ululava per le busse toccate im anno prima a Mentana, usci faora con un piglio misteiioso a far capire, che con un poco di pazienza si vedrebbe come le cose proce- dono. Ecco le sue parole :

« L' apertura del Parlamento si avvicina, e noi siamo persuasi, che Poccasione non tardera a presentarsi al Governo, di fare conoscere il ve- ro stato delle cose, e forse ancora di deporre sul banco delPex-presiden- za i documenii relativi alia quistione romana. Sara allora il momento opportune di giudicare con cognizione di causa la condotta del Mini- stero. » Queste parole della Correspondance italienne, dice Y Armenia del 4, dimostrano la strana condizione in cui si trova innanzi al paese Pattuale Ministero. Mai veduto dai ' oattolici, perche ostinato nella em- pia e pazza idea di voler Roma ; combattuto ad oltranza dai rivoluzio- narii, perche creduto inetto a sciogliere, come essi dicono, la quistione romana, odiato pei da tutti i contribuenti per la sua mala amministra-

CONTEMPORANEA 491

zione e per le sterminate gravezze onde si e fatto autore , il Gabinetto prcsente non ha die F appoggio di pochi malconi, suoi pari, ed e con- dannato a certissima morte. La quistione di Roma e sempre stata la tomba dei diversi Minister! del regno d' Italia; e lo sara certamente anche di quest' ultimo, Aspettate e vedrete.1 »

Se vi sono documenti diplomatic! da presentare alia Camera , e ma- nifesto che Verano state pratiche per la quis'ione romana, ; e se il Me- riabreasi proponeva di presentarli, inferivasi che dunque doyeano esse- re favorevoli ai suoi disegni e far onore alia sua diplomazia. Dunque, conchiudevasi, lo sgombero dei Frances! dee essere deciso, e forse yici- no. Ma questo era un correre tropp'oltre; e la Correspondance italienne del 5, rassicurala gia della tremarella sentita alii 3 per Tanniversario di Mentana, canto la palinodia seguente.

« Da alcuni giorni in qua i giornali di tutti i partiti accolsero con grande facilita voci relative a negoziati, accordi ed anche conyenzioni che ayrebbero ayuto luogo in questi ultimi tempi per regolare gli affari di Roma. II viaggio intrapreso da un alto ufficiale del Ministero degli affari esteri a Parigi, a Londra ed in Germania, fu commentato come se avesse doyuto necessariamente avere* relazione con quei negoziati ; e giornali, ordinariamente bene informati, e molto circospetti e guar- dinghi nella scelta delle loro notizie, credettero scorgervi, se non una prova , almeno un indizio della realta delle yoci ch1 erano state sparse. Le nostre particolari informazioni ci permettono di dichiarare che, tanto quelle notizie, quanto quei giudizii, sono del tutto infondati. La situa- zione di Roma non subi nessuna modificazione essenziale, e non-e ye- ro che una conyenzione sia stata conclusa, ne che sia stato concluso yerun altio accomodamento. II Gabinetto italiano, essendosi tracciato il programma che si conosce, per precisare il significato della sua politi- ca rispetto alle difficolta che separano la Santa Sede dalHtalia, non fecc altro dal canto suo che procurare di applicarle lealmente, perche yede- va neiresecuzione di quei programma la sola guarentigia che si potesse redamare da lui. »

II.

COSE STRANIERE.

ALEMAGNA MEBIDIONALE (Nostra corrispondenza) l.Lavorio dei Frammasso- ni e dei Govern! per 1'annessione degli Stati meridionali d'Alemagna alia Prussia 2. Ripugnanza dei popoli a tale annessione 3. Pericoli.o dan- ni soffrrti o lomuti per la Chiesa sotlo il dominio prussiano.

1. Dopo la grande vittoria pregna di conseguenze, che riporto, or ha due anni, la rivoluzione sui campi di Sadowa, non puo negarsi che le yicende politiche presero negli Stati alemanni del mezzodi un aspetto,

192 CRONACA

che di giorno in giorno divien piu grave. Quel principio, in cui vedesi adeguatamente espressa la tradizionale politica della Prussia, cioe dire: Avanti o per ragione o.per forza, va producendo ubertosi frutti, c quel processo di fermentazione, al quale a' giorni nostri sottosta la Gel-ma- nia meridionale, minaccia di finire coirannientamento della sua indivi- dualita, col rovesciamcnto de' troni e col pieno trionfo del prussianismo.

Aflinche si raggiunga colla maggiore possibile cclerita e sicurczza queslo scopo, al quale con tanio calore aspirano gli odierni mestatori, opcrano in tutt'armonia molte cause e potentissime.

Lcgati gia per una parte colla Germania del Nord, per mezzo della Lega doganale (Zollverein), gli Stati del Sud, dopo la stipulazione del- la lega offensiva e difensiva fatta da1 loro Principi col re di Prussia, han- no, secondo Taccordo conchiuso, ceduto a questo tutto il'loro esercito, e sacrificato con cio stesso Telemento piu ragguardevole della propria sussistenza. S1 aggiunga che i Ministri, che hanno in mano le redini del Governo, parteggiano pressoche tutti per la Prussia, e per conseguenza s'adoprano di tutta lena e sistematicamente pel prussianismo; e in tutte le quistioni di maggior rilievo proc.edono come se gia fossero soggetti al Re di Prussia e non a' loro Principi, a1 quali pur giurarono fedelta. I Ministri poi han per codazzo tutto il partito dei progressist!, che ne- gli alti consigli delle Camere ha il voto decisive, e di conserva coi Go- verni muove ogni pietra per giungere airintento d1 incorporare compiu- tamente, e in hreve ora, TAllemagna del Sud alia Prussia. Affinche poi a colesti signori mai non manchi il necessario stimolo e mai dagli occhi non sidiparta il sullodato scopo, tutta s'impegna e s'arrabbatta la stam- pa liberale, che a favore degli Stati del Sud canta a squarciagola F inno di vassallagio. Colle piu villane menzogne, che lordano tuttodi i gior- nali, si cerca con ogni studio di gabbare il popolo ; ai veri sentiment! di esso si fa con un certo terrorismo prevalere una cosi chiamata pub- blica opinione, artiticiosamente prodotta ; tutti si confondono i concetti di diritto; e sotto il bugiardo colore di aspirare alfa vera grandezza, al- runita, alia potenza della Germania, si esalta qual puro patriottismo il tradimento verso Principi e patria ; laddove gli uomini di onore e co- scienza, i sinceri patriotti, pei quali il dritto, la giustizia e la fedelta ver- so i loro Principi sono ancora qualche cosa piu che frasi prive di senso, sono additati quali persone senza patria, come tali che fanno aH'amore collo straniero e col nemico ereditario d'Allemagna; che anzi sulFonora- ta loro fronte s'impone il marchio di traditori della patria.

Ora, per dire alcuna cosa in particolare dei singoli Stati, conviencon- fessare, che, per quanto concerne la difesa di sua politica sussistenza e de1 proprii tradizionali diritti, il Wiirttemberg va senza dubbio gran trat- to innanzi ai suoi due vicini. Egli e bensi vero, che anche cola il noto partito si dibatte di mani e di piedi per giungere alle mire della Prus- sia, e non senza successo ; non pertanto (sia detto a lode dei Wiirttem-

CONTEMPORANEA 193

burgesi ) le aspirazioni prussiane trovano quivi nella tenacita del popolo assai maggiore opposizione che in altre contrade, nelle quali la patriot- tiche manifestazioni del popolo o sono assolutamente ignorate o, che e piu, vengono, come in Baviera, calpeste come fango e sozzura d'una putrida inassa, e date in balia alle derisioni ed al dispregio.

Piu che al trove prospero la prussificazione nel Granducato di Baden, il quale, siccome e per gli Stati il modello del moderno progresso, cosi vuol diventare modello di suicidio politico. Oltre all'avere di conserva cogli altri Stati dell'Allemagna meridionale sofferte si grand! perdite ri- spetto alia propria sussistenza, il Baden ha gia un Ministro della guerra prussiano, per cosi dire, alia testa ; e corre voce che a lui sara aflidato T immediato e supremo comando delle truppe hadesi. Arrogi che anche il sistema monetario badese fu dalla Prussia a se annesso, che il Gran- duca poco o nulla si cura del Governo, e pare che aspetti con impazien- za il giorno che al suo cugino prussiano possa cedere e corona e popo- lo, e che i Ministri in tutti -gli affari di Stato si reggono col vento che soflia di Prussia. Ora stando a tal termine le cose, che resta del Baden piii che il nome, il quale pure, non appena aggradi a Napoleone, spari- ra dalle carte?

Al Baden tiene perfettamenite bordone la Baviera. Quanto fu detto piu sopra in generale delle politiche condizioni deirAllemagna meridio- nale, trova in Baviera una compita applicazione. Ministri, Camere e una grossa porzione della stampa fanno apertamente a gara a chi possa pre- stare al prussianismo piu rilevanti servigi, ed accelerare la rovina poli- tica del paese. Alcuni fatti meritano che se ne faccia speciale menzione. Ed anzi tratto ci si para dinnanzi il Parlamento doyanale in Berlino, nel quale i due Ministri bavaresi giuocarono partite assai ragguarde- voli. In tutte le quistioni sulle tasse e sul commercio, ed una volta per- fmo contro i loro colleghi progressisti del Sud, s' accordarono coi Prus- siani, di guisa che da per tutto essi apparvero come di fatto appog- giati alia Prussia. « Ministri, osserva qui il Giornale di Magonza, i quali votano con gli stranieri contro la loro patria, e contro i Deputati loro colleghi, per imporre ai proprii compaesani nuovi balzelli per rnano di stranieri, sono certamente una singolarita nella storia. Come la tassa sul sale reca annualmente dalla Baviera alia cassa della Confederazione del Nord un milione, cosi la tassa sui tabacchi, approvata da Hohenlohe e Schlo'r (nomi de1 due Ministri) fa il bel servizio di trasferire ogni anno dalla Baviera nella suddetla cassa altri 70.000 talleri. Questi sono gra- vi tributi, che annualmente contribuiamo al vincitore di Sadowa e gravi pesi del nostro vassallaggio. » Ne altramente che in Berlino adoperano i nostri Ministri nel loro paese. Ufficiali pieni di vero patriottismo, che presso il trono ed il popolo hannosi acquistati meriti immortal! e che, fedeli al loro giuramento, sostengono con coscienza i diritti del Re e del paese, vengono, senz'altra ricognizione, posti da canto, perche oppon-

CRONACA

gono mi rattento al sistema domiaante e non vogliono contaminarsi a segno di addivenire strumenti di im partito che tradisce la patria. Di tanto fanno fede ie dimissioni di president! provincial!, teste seguite. La parte infetta della stampa, la quale, si in fatto di religione come in fatto di politica, bandisce il rovesciamento di quanto sussiste, e che sul suo yessillo porta scritta la cessione della Baviera alia Prussia, vedesi nella maniera piu sorprendente accarezzata dal Governo e in molteplice guisa protetta ; laddove per contrario i fogli conservative , che virilmente pi- gliano a petto il mantenimento del trono e della Costituzione, malgrado della tirannia cui soggiace la Chiesa, vengono osteggiati, perseguitati c co1 modi piu vituperosi infrenati. E qui viene a taglio Fesempio, unico forse della sua specie, che ci porse non ha guari il processo contro il giornale DerVolksbote (giornale cattolico, ottimo, die si pubblica in Mo- naco; il direttove di esso ricevelte, gia anni fa, dal S. Padre una deco- razione; egli e laico) ; sul quale tant1 ebbe che dire tutta la stampa te- desca. Tutto il processo mostra ad evidenza, che lo scrittore di questo giornale fu condannato alia reel usi one di sei mesi, non tanto per Faccusa ch« dihattevasi, quanto percio che il partito, assiso ora inBaviera al ti- mone, volea disfarsi di un uomo, che era per lui il piu deciso avversa- rio. Ei divenne, per amore alia verita ed alia giustizia, vittima delFodio di quel partito ; ma conforterallo la dolce coscienza di essere nel ruolo de' piii prodi difensori che abhiano in Baviera, anzi in Germania, la Chie- sa, il Re e la patria. La confessione poi fatta nella sala del giuramenfo dal procuratore di State, che chiamo il Votksbote « nemico del matri- monio civile e delle scuole popolari alia moderna, ove non si ammette distinzione di confessioni, » colmera d'eterna infamia i suoi uemici, che furono al tempo stesso suoi giudici.

Di tal passo vanno ora le cose in Baviera, dove tutto e possibile. Ma qui ci viene la voglia di chiedere seriamente, come s'accordi con tale proce- dere de1 nostri uomini di Stato, prussiani anima e corpo, la festa della Costituzione, ordinata il Maggio di quest1 anno in tutta Baviera. Mentre il popolo. fedele si raduna da per tutto ne' templi, affiae di rendere gra- zie alFAJtissirno pei beneiicii da 50 anni compartiti alia patria, e per porgergli suppliche-affinche degnisi di conservare F indipendenza del trono e della patria, coloro che stanno al Governo s' adoprano unanimi alia prussificazione delle loro contrade, e, degradando la festa della Co- stituzione, ne fanno una commedia. Cosa mirabile! I cattolici, i cui dritti furono nel corso di 50 anni a nome della Costituzione si sovente violati e calpesti, propugnano la Costituzione, perche questa vuol salva la sus- sistenza dello Stato e F indipendenza del trono : laddove i radical del progresso, che da mezzo secolo andarono con occhi di lince frugaudo ogni paragratb della Costituzione per incatenare la Chiesa, dichiaransi oggidi avversi ad essa Costituzione, che vieta la cessione della Baviera alia Prussia. Tant' oltre siam giunti in Baviera ; eppure il popolo nella

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sua gran pluralita non vuole divenir prussiano. E perche no? La rispo- ata a questa domanda dovrebbe anche per costoro riuscire di qualche inter esse. Proviamoci pertanto ad addurre con ogni brevita i fondamenti piii rilevanti.

2. Nella politica della Prussia, die tutta si riassume nel principio Avan- tisempre, o per ragione o per forza, gli Alemanni del Sud ravvisano non solamentc ima politica che deve necessariamente spodestare i loro Prin- cipi e mmdare in rovina la indipendenza, che essi con ogni buon diritto posseggono, ma eziandio lino scorno ed ima umiriazione per la Germania stessa. Fin dal suo nascere la Prussia ebbe sempre in mira il proprio ingrandimento, fosse pur qualsivoglia il mezzo onde le ])isognasse con- seguirlo. La storia ha gia con ferreo stile scolpito ne1 suoi annali gl'in- crementi progressivi di quello Stato, e tutti i ripieglii, tutte le arti, tutte lo guerre ch'essa ha posto in opera per ottenerli, senza mai darsi carico di conservare immune di macchia il vessillo della giustizia e delFonore. Essa ha conchiuso Trattati quando le tornava a conto : si e sciolta da se dall'obbligo d'osservarli quando nori le erano piu utili ; nulla curando i veri interessi della Germania, la Prussia non ha mai seguita una politica tedesca, sibbene una tutta sua propria politica prussiana ; si e collegata al nemico ereditario d'Allemagna ed ha posto allo sbaraglio rinlegrita degli Stati tedeschi. Senza tema d'errare puo asserirsi, che la quistio- ne del Lussemburgo, la Nota di Usedom, le segrete pratiche di Biarritz prima della guerra del 1866, non erano in alcuna guisa necessarie per far vedere a tntto il mondo che la Prussia non abborre da nessun mezzo, che possa condurla dirittamente al conquisto di tutta la Germania. Ma i piii profondi uomini di Stato tedeschi pensano che una tal politica le si rovescera tutta a suo danno. La rivoluzione ora si yanta di essere 1'al- leata della Prussia, alia quale servir deve come strum ento, per fare in Germania, con successo peraltro assai piu splendido, il bel giuoco che fe il Piemonte in Italia ; ma come tutto verra ad essere soggetto ad uno scettro, la rivoluzione lo fara in pezzi, e lo stato moderno, la permanente eresia del secol nostro sara bell1 e iinita ; FAnticristianismo ed il Sociali- smo avranno il dominio. Questa e la dioina vocazione della Prussia, che g:a da piu anni le hanno destinata i moderni Hegeliani di Milano e di Napoli. Cosi assai faci linen te si spiegano dalFuna partc le simpatie di cui in sommo jrrado si fa bella la Prussia tra gli uomini del progresso e della rivoluzione in ogni contrada ; dalfaltra la profonda avversione di tutte le ])crsone conservative e ben peusanti, siano esse cattoliche o d'altra ere- dcnza, verso nno Stato che, lasciatasi crescerc in greml)o la rivoluzione, ne drvenne il piu potente alleato. Ed e questa la prima ragione perche i Tedeschi del mezzodi non voglion saperne di far parte della Prussia.

Dal (in qui detto si puo sufficicntemente conosccre, che la decantata voca-ioiw della Prussia non puo incarnarsi nel fatto senza im consu-

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mo di sorame enormi, senza un esercito poderosissimo, die incuta nel- 1'animo de' popoli il terrore. La Prussia stessa n1 e persuasa appieno. Quindi quegli esorbitanti balzelli , onde gia da piu anni carica i suoi sudditi, che forte se ne risentono ; quindi quelle gravezze, prima scono- sciute, che addossa ai paesi annessi ; quindi quegli stratagemmi , onde si vale per impinguare di danaro straniero per mezzo del parlamento do- ganalc la sua borsa; quindi quel militarismo che non solo ravvolge nella casacca militare tutti i figliuoli della patria capaci di portar armi, ma sen- za darsi alcun pensiere del vero bene o della vera felicita del popolo, gli stessi padri di lamiglia costringe a maneggiare i fucili ad ago ed a portarc sul dosso il sacco, perche anch1 essi da parte loro contribuiscano a fornia- re della Prussia, quant' essa e grande, una caserma. Ora che una tal con- dizione di cose abl)ia , qual necessaria conseguenza , la rovina materialc della popolazione, e troppo evidente. Ed ecco un secondo motive per cui noi tedeschi del sud non sappiamo ingoiar la pillola di diventar prussiani.

Inoltre per la maggioranza dei Tedeschi del mezzodi e in modo parti- colare per i Bavaresi in massima parte cattolici, v1 ha cosa assai piu rile- yante delle fin qui dette, ed e la causa de' suoi interessi religiosi. Non dobbiamo giammai perdere di vista che la Prussia, come ne fa fede tut- ta la sua storia, e il centro del Protestantesimo, al quale essa va debi- trice della sua origine ed esistenza. Conscia a se stessa di codesta sua yocazione, la Prussia ha mai sempre nutriti sentimenti ostili verso la cat- tolica Chiesa e promossa la Propaganda protestante gran tratto oltre i suoi confini. La Baviera sopra tutto non fu mai risparmiata. Che poi la Prussia anche oggidi sia animata di questi medesimi sentimenti , vecchi si , ma non dismessi , ben lo dimostrano le gravi e pubbliche violazioni della eguaglianza ; lo dimostrauo le vessazioni che durante la guerra del 1866 furono poste in iscena contro i Cattolici ; lo dimostra il ritiuto, non ha molto tempo, seguito di una Universita meramente cattolica in terra prussiana; lo dimostrano cent'altri fatti, resi di pubblica ragione; lo di- mostra piu che altro il sistema onde si regge la Prussia e la base sulla quale tutta riposa.

3. Senonche, dira taluno, e non V ha in Prussia liberta religiosa? Co- desta obbiezione ha facile risposta. E vaglia il vero. Oltre alPessere, per rispetto alle odierne franchigie religiose dei Cattolici prussiani, assai piu quel che si dice di quello che si fa, conviene aver sott'occhio le seguenti circostanze. Quando si discorre degV interessi della Chiesa in Prussia, si soglion questi per lo piu ragguagliare colla condizione, in che trovasi la Chiesa stessa in Baviera specialmente, e nel Baden. Or bene niuno igno- ra, che tanto nel Baden quanto nella Baviera la Chiesa e sistematicamente perseguitata, e per mano della polizia ignominiosamente repressa. Cosi, per recarne di volo qualche esempio, durano in Baviera le procedure contro gli ecclesiastici, che alzano la voce contro il disegno tutto masso-

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nico diieggi scolastiche ; i Yescovi nell'esecuzione delleleggi tridentine, tuttoche garantite dal Concordats, vengono dalla polizia con violenza im- pediti, e prova ne sia la questione sul seminario di Spira ; monache e fanciulle alia loro cura affidate si esaminano dalla civile autorita sulle in- tcnzioni loro nel fare orazione. Mentrc in Prussia certe piu stravaganti e nefande dicerie della stampa contro la Chiesa cattolica sono per or- gano della polizia di quando in quando punite, s' ban da yedere in Ba- viera impuniti una farraggine di shoccati giornalacci, che nulla piu non riconoscono di sacro e di santo, che sotto gli occhi del Goyerno strasci- nano nel fango la religione, che sacerdoti e Yescoyi caricano d1 ignomi- nia, e punto non si peritano di bestemmiare il medesimo Cristo. Si, egli e latto da tutti riconosciuto, che siffatti obbrobriosi giornali godono di uno speciale favore presso il partito dominante, ed uno di essi, la Sud- dcutsche Presse (e im giornale di Monaco] e appunto 1'organo del Mi- nistero, Ma quanto altrimenti si diporta il Goyerno verso la stampa cat- tolica! Cosi, a mo' d'esempio, nel processo piu sopra mentovato che si giro contro il Volksboie per aver difesa la dottrina della Chiesa sul matrimonio e sulle scuole popolari, non ebbe r autorita civile rossore di fame grave carico allo scrittore del foglio. Ma quando, come teste-av- venne, il giornale die Lehrerzeitung , al cospetto di tutto il popolo catto- lico di Baviera e del cattolico suo Re, scaglia in viso al suo supremo Pa- store della Chiesa, si rispettato dagli stessi suoi piu accaniti ayversarii, T infame titolo di Twrco d' Italia, allora non v'ha giudice in Baviera, che osi di reprimere una si inaudita sfrenatezza. Non dobbiamo dunque farle meraviglie sulle strabocchevoli dimostrazioni di stima fatte recentemente in Baviera all' imperiale famiglia di Russia ; cot'ai fatti s'accordano egre- giamente col sistema oggigiorno costi dominante ; e se la cosa procede di questo passo, ben presto scocchera Fora che in quanto spetta alia perse- cuzione e al servaggio della Chiesa, il progresso bavarese gareggera collo czarismo di Russia. Ora atteso stato si deplorabile, puo egli sembrar cosa sorprendente, che gF interessi della Chiesa in Prussia sieno in con- dizione assai piii vantaggiosa? Al paragone delle angarie, sotto le quali geme al prescnte la cattolica Baviera , quelle che i cattolici soffrono in Prussia sembrano tollerabili. Chi pero si desse per questo solo a credere, che le condizioni della Prussia sieno assolutamente soddisfacenti, s'in- gannerebbe a partito. Oltre di cio devesi eziandio por mente a questa circostanza : che le franchigie della Chiesa in Prussia furono per la loio maggior parte estorte ; che esse debbono la loro esistenza all1 energica vigoria e fermezza, che i cattolici misero in campo verso il Governo prussiano ; che esse in maniera Jutta speciale ed anzi tutto rimontano alFeroica condotta delFArcivescovo Clemente Augusto di Colonia. Que- std principe della Chiesa preferi la prigionia al tradimento verso la Chie- sa, e per questo rende grazie oggidi ancora ogni cuor cattolico in Prus- Serie W, vol. 1Y, fase 448. 32 14 Nowrnbr* 1868

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sia c in tutta la Germania. Si conducano pare anche i nostri Yescovi, quando alle loro proteste fan seguire un oprare apostolico, nelle case- matte di una fortezza, e la Chiesa di Bayierav noi ne siam certi, spezze- ra i suoi ceppi, gittera da se le sue catene.

Facciamo per ultimo una domanda di somma importanza : lino a quando potra la Chiesa gloriarsi in Prussia delle sue liberta? Non Famore le concesse, non il convincimentq ; le accordo la politica e la po- litica le lascia sussistere. Se venisse mai un giorno, che la Prussia giu- dicasse di non aver piii bisogno dei cattolici per giungere alle sue mire, io non so se le animosita protestantiche contro il cattolicismo s' impor- rebbcro piu quel medesimo, benche leggerissimo freno, che ora Finte- resse ha fatto accettar loro per necessita.

Questi sono fra le principal! ragioni, e di non lieve momento, per giu- stiticare F alienazione dalla Prussia che nutre in cuore il popolo della Germania meridionale. Le elezioni al parlamento furono il primo grido di dolore, che la popolazione degli Stall -meridional! di Germania alzo contro la dominazione prussiana, e questo grido penetro fmo agli orec- chi del Re di Prussia e non senza alcun effetto. Anche la disegnata con- federazione dei Sud, benche finora non esca dalla sf'era di un pio desi- derio, chiaramente appalesa, quanto seriamente s'argomenti il popolo di conservare la sua liberta contro la prussiana dominazione.

SPAGNA 1. Impacci del Governo provvisorio; suobarido agli Spagnuoli 2. Lettera del Mazzini al Castelar per la repubblica 3. Circolare di D. Carlos di Borbone per rivendicare i suoi dirilti 4. Risposta atlribuita a D. Ferdiuando re di Portogallo sopra Tofferta fattagli della corona di Spagna 5. Esposizione dello Stato delle Finalize ; decrelo per un im- prestito di 200 milioni di scudi effetlim 6. Dilapidazioni del pubblico denaro 7. Calcoli sui beni ecclesiastic! 8. Richiami delle Dame di Si- viglia e di Madrid sopra le sevizie adoperate contro le religiose 9. De- creto sopra la liberta di stampa 10. Decreti delle Giimte di Barcellona e di Reuss contro il culto cattolico.

1. Gia da gran pezza veniva struggendosi in Spagna Tunica forza che in uno Stato, governato a norma dei funesti principii del 1789, possa fare saldo contrasto alFimperversare della setta massonica, di cui oggimai soao troppo palesi gli intendimenti, ed il cui trionfo riesce ognora al- Fanarchia sociale e religiosa. L'esercito, cangrenato fino alle midolla, cadeva in isfacelo. Lo scandalo di non interrotte cospirazioni, preparate e condotte da Generali, destava 1'emulazione e Fingordigia fin nei piu abietti sottufficiali e soldati. Vedendo che, merce di congiure, ammutina- menti e reati d'alto tradimento, per lo piu impuniti, si potea diventar colonnello, generale, conte, duca, maresciallo, non v'era forse soldato che non ripromettesse a se stesso alcun che di simile , qualora si offe- risse il destro di vendersi a qualche fortunato cospiratore. Quindi la

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facilita incontrata dal Serrano, dal Prim e dal Topete a trarre seco in ribellionc tanta parte deiresercito, ed il subitaneo tvionfo della receate rivoluzione.

Egli e troppo manifesto, dice niolto a proposito il Memorial diploma- tique del 5 Novembre (pag. 273) che « la rivoluzione cosmopolite* riusci a procacciarsi una parte importante nella direzione del movimento poli- tico, aw'enuto al di la dei Pirenci. Ne vuolsi dimenticare che il solleva- mento preparato dal generate Prim, d' accordo coi Generali Vicalvari- sti, benche il brigadiere Topete ne avesse dato il segnale fin dal 17 Set- tembre, conserve in mezzo alia generale indifferenza del paese un ca- rattere puramente mill tare fino al di 20 seguente .; nel qual giorno il tri- buno Escalante, che era il braccio destro del comitato d'azione del sine- drio rivoluzionario insediato a Londra, trascino i proletarii di Madrid ad invadere gli arsenali, ed a formare la milizia nazionale, destinata a dive- nire la guardia pretoriana dei democratic! spagnuoli. Da quel giorno due correnti opposte si manifestano nelF andamento della rivoluzione. L'una e rappresentata dal triumvirato del Serrano, del Prim e del To- pete; il quale, sentendosi traballare il suolo sotto i piedi, cerca di sor- reggersi sui puntelli della pubblica opiriione, acconlandosi colla fede religiosa e cogli istinti monarchici del paese; Faltra, rappresentata in prinia dalla Giunta rivoluzionaria di Madrid, ha per capo principale il Rivero, intorno al quale si assiepano i radicali che intendono compiere la rigenerazione della Spagna col fare tavola rasa di tutto. »

Benissimo. E per poco che il Governo provvisorio continui a de- streggiarsi come fa, pieno di condiscendenze inique verso i radicali, non e dubbio che la tavola sara al tutto rasa, Ma che sara allora dei Mare- scialli, Duchi, Conti, Marchesi venuti su dalle congiure contro Faugusta dinastia de'Borboni? Avranno, ne sianao certi, per gran merce, se qual- che Direttorio, forma to d'uomini come i Rivero e gli. Escalante, lascera loro la testa sul busto. E ben essi sel sanno, e percio cercano di guada- gnar tempo. Giurarono anch'essi la decadenza di tutti i Borboni d'ogni ramo ; ma cio noa li impedisce di favorire sotto mano le pratiche di qualche Borbone. Giuraror.o di vcler lasciare liberissima , a suffragio imiversale, la scelta del popolo circa la forma di Governo ; ma intanto si maneggiano per ristabilire la monarchia costituzionale da essi abbat- tuta. Si offerirouo pronti ad inchinarsi anche ai piedi della repubblica; ma, presenlendo quel che la repubblica farebbe di loro, senza accattar briga coi repubblicani, si studiano di attraversarne Tinfluenza. Annun- ziarono a suono di tromba che tutto si commetterebbe al voto sovrano d'un plebiscito; ma si guardano bene dal convocare il popolo ai comizii, paventando i decreti della Costituente da essi stessi bandita: Lasciano immolarc ed assassinare la Chiesa , i religiosi e le monache ; ma cercano di disarmare a poco a poco i pretoriani dell'Escalante. Yerranno essi a

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capo di rimettere la ^catena e la museruola alia fiera tanto improvida- mente scatenata?

Essi vi riusciranno, si, ma ad un patto : di romperla presto coi re- pubblicani. Altrimenti, nota lo stesso Memorial diplomatique, quest! avranno agio di disciplinarsi e ricevere gli aiuti dei loro complici cosmo- politi; e le iniquita cui tiene mano il Governo provyisorio, per amman- sare quelle fiere, non serviranno che ad accelerare la propria sua caduta. La rivoluzione francese del 1790 dovrebbe aver potuto bastare ad illu- minare anche codesti ciechi!

Ma il Governo provvisorio forse non e ben sicuro della devozione del- Tesercito, da se ammaestrato alia fellonia ed al tradimento, e dissimula; e percio fa melati complimenti a quelli cui teme di non poter frenare altrimenti, e dovere forse o mietere colla mitraglia od accettarc come despoti. Percio grida alto che esso « non teme menomamente che la Spa- gna offra il dcplorabile spettacolo d'un popolo pieno di vigore per ri- vendicare i suoi diritti ed incapace di esercitarli con saviezza. »

Questa frase e tolta di peso da un Manifesto o bando pubblicato sotto il 23 Ottobre in Madrid, e firmato da tutti i membri del Governo provvisorio. Quesfatto, tessuto di ampollose ciarle, onde si fa Tapotcosi della compiuta rivoluzione, e si copre di fango Tabbattuta dinastia, lar- gheggia in promesse di liberta dei culti, di liberta di stampa, di liberta tVmsegnamento, insomnia d'ogni licenza; ma insinua che la repubblica sarebbe la rovina della Spagna, e che percio il meglio e che il popolo sovrano s1 attenga alia monarchia costituzionale sopra basi liberalissime.

Crediamo superflao analizzare qui codesto documento, ristampato da quasi tutti i giornali, come dall1 Unitd Cattolica del 3 Novembre ; tanto piii che esso, oltre Tapologia della rivoluzione, non contiene altro che una specie di predica contorta al popolo, affinche badi bene ai casi suoi, nori si lasci accalappiare da mestatori che gli proponessero cose splendide e nuove ma non confacentisi alia sua indole , alle sue tradizioni e costu- manze, e rovinose pei suoi interessi. Le promesse di risponsabilita dei Governanti in nome della monarchia costituzionale, di severe economic, di imparziale amministrazione, di rispetto aU'opinione pubblica, sono olio pei gonzi che serve a rendere piu lubrica e facile ad inghiottirsi la pillola del : guardatevi dalla repubblica, e scegliete un Re che si content! di regnare e non governare, affinche noi possiamo regnare e governare!

2. Tuttavolta, se i repubblicani schietti in Spagna sono pochi, sono molti quelli che la setta massonica ha arruolato sotto le sue bandiere per iscatenarli anche contro i proprii suoi confratelli troppo tiepidi nel- T opera di abbattere ogni ordine legittimo di autorita civile e religiosa. E questi non sono si dolci di sale, che vogliano lasciarsi alloppiare dalle frasi melate del Governo "provvisorio. II Mazzini, corifeo della setta che vuole cosi ringiovanire TEuropa, ha percio scritta al suo discepolo Emi- lio Caslelar a Madrid la seguente lettera.

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« Caro Fratello. La Spagna ha compiuto gloriosamcnte una rivoluzio- ne immacolata, che puo, se e logica colla sua origine, e se ha Taudacia die in certi momenti si chiama genio, porla a capo delle nazioni euro- pee, attuando le speranze che cosi di sovente mi avete manifestate nelle nostre conversazioni. La Spagna puo e deve dare il battesimo dclla real- la alia grande idea delFepoca, conquistare la piu gloriosa iuiziativa, durante una lunga tappa, nella via della civilta. Se non osa fare cio che il mondo da essa si aspetta, la Spagna si condanna ad un period o di in- ieriorita e di anarchia, e alia necessita che conviene per ora evitare, la necessita di un1 altra rivoluzione. Dio voglia aprirvi gli occhi ! Yostro ainico Giuseppe Mazzini. »

3. L'esortazionc del Mazzini e ampiamente commentata e svolta, con cloqueuti parenetiche agli Spagnuoli, dai diarii repubblicani di Francia e Italia; ai quali non sappiamo se quel popolo, un di si leale verso i suoi Re e si devoto al suo Dio, vorra aggiustar credenza, per darsi in loro balia. Ma noa ci farebbe pun to meraviglia che la Spagna, prima di tornare a posare sul saldo fondamento d' una legittima e cristiana monarchia, dovesse essere travel ta nelPabisso dell1 anarchia repubblica- na handita dal Mazzini, a cui tengono bordone tanti diarii democratic! sul gusto della Opinion national e di Parigi, e della Unita Italiana di Milano. E forse solo dopo tal precipizio la Spagna saprebbe apprezzare il valore inestimabile di quelle guarentigie d'ordine e di prosperita, che si trovano in una monarchia legittima e schiettamente cattolica. Ma e egli da sperare che tale debba riuscire una monarchia, che si ristaj)ilisse col corredo di tutte le iniquita rivoluzionarie, perpetrate e sancite in forma di leggi contro cio che v?ha di piu sacro? Noi crediamo che no ; e siam certi che altri sono. gli mtendimenti ed i propositi dell1 infante D. Carlos di Borbone e d'Este, quando, in forma di circolare alle Corti dei Sovrani europei, mando al popolo spagnuolo le sue profferte con una lettera del tenore seguente :

« Sire. La mia nascita e lo stato presente della Spagna m' impon- gono il dovere di significare a V. M. V abdicazione del mio augusto pa- dre: « Non avendo altra ambizione che la felicita degli Spagnuoli, « cioe a dire, la prosperita interna e il prestigio esterno della mia cara « patria, credo dovere abdicare, e, con le presenti, abdico tutti i miei « diritti alia corona di Spagna in favore del mio amato figlio Don Car- « los di Borbone ed Este. Dato a Parigi il 3 Ottobre 1858. Giovanni di « Borbone e di Braganza. »

« Se Dio , e le circostanze , mi mettono sul trono delle Spagne , io mi sforzero di conciliare lealmente le istituzioni utili della nostra epoca con quelle indispensabili del passato, lasciando alle Cortes generali, libera- mente nominate, il grande e difficile incarico di dotare Ja mia cara pa- tra d'una Costituzione, che sara, lo spero, spagnuola insieme e defmiti- va. II di, che avro questa contentezza, restringero il piu che sia pos-

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sibile con Vofctra Maesta le mie relazioni personal', e con la sua nazione quelle della mia nazione. Ricevete, Sire, Tassicurazione delFalta mia sti- ma. Carlos di Borbone e d'Este. »

4. Lo stato, miserevolissimo sotto ogni risguardo, in cui fu ridotta la Spagna da si lunga serie di congiure, di sedizioni militari e di mutazio- ni di Governo, per vero dire non sembra tale che debba allettare troppo gli avyeduti politic! a volerne assumere il reggimento, o , per meglio di- re, il riorganamento politico e civile. Certo e che un principe, sul quale faceano grande assegnamento il Serrano, il Prim ed il Topete, con iiducia che dovesse accettare T incarico di regnare e non governare a Madrid , ora dicesi risoluto di rifmtare -T offertagli Corona. Le pratiche condotte presso D. Fernando, padre del regnante sovrano di Portogallo, fin qui tornarono vane quanto a svolgerlo dal suo proposito di non toccare pur con un dito la corona, da quelli tolta di capo alia regina Isabella IL Ecco a tal proposito quanto leggesi nel Memorial diplomatique del 5 Novembre, pag. 721.

« Informazioni attinte a fonti autentiche ci permettono di aflfermare, chela risoluzione del re Don Fernando , di rifmtare la candi datura alia corona di Spagna, e irremovibile. Una lettera scritta da Lisbona, da una persona che e in grado di essere bene informata, riassume nei se- guenti termini il linguaggio che S. M. tiene a questo proposito : lo accettai per dovere e per amore paterno la carica di reggente del re- gno, che esercitai coscienziosamente ; ma troppo ho sentito il peso del potere* si che io possa volere incaricarmene novamente sopra un teatro piu vasto e pin burrascoso. Io amo di passare i pochi anni , che Dio mi riserva, in un ritiro calmo e tranquillo, in .conformita a' miei gusti, ai quali e straniera Tambizione. Se malgrado la franchezza colla quale ri- sposi a tutte le offerte concernenti la mia candidatura, la nazione spa- gnuola persiste ad offrirmi la Corona, io le esprimero la mia riconoscen- za; per riguardo a questa nobile nazione io non rispondero bruscamente con un rifiuto, io chiedero qualche giorno di riflessione ; ma cio non m1 im- pedira di pronunziarmi nel senso stesso, in cui risposi il primo giorno che me ne fu parlato. »

§. Con cio pno dirsi, che, rifiutandosi troppo manifestamente dal po- polo spagnuolo ogni candidate non cattolico; poca inclinazione restando- gli di accettare per Re uno straniero : la scelta e posta fra la repubblica ed un successore dei legittimi Re gia sbalzati dalle precedent! rivolu- zioni ; e puo darsi che il tracollo alia bilancia debba esser dato da un lampo di buon senso, che richiami la mente del popolo a scorgere, che cosa gli fruttano le liberta rivoluzionarie. Ne senza arcano disegno della Provvidenza divina e accaduto, che le dilapidazioni commesse in pochi gior,ni dalle Giunte rivoluzionarie e dal Governo provvisorio abbiano ridotto queslo a dovere denunziare al popolo uno di codesti deplora- bili risultati, la cui sola vista deve fargli ribrezzo. La denunzia, per chi

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sa capirla, e in forma di una esposizione dello stato delle tmanze, e di un decreto per un novello imprestito, che debba aggravare di nuovi debiti il Tesoro. La Gazzetta di Madrid del 29 Ottobre pubblico questi atti del ministro Laureano Figuerola ; dei quali basta recare qui il simto seguenle

L'csposizione mette in sodo I'aumento del deficit a 2 miliardi e 500 milioni di reali (600 milioni di franchi). Essa accerta la necessita di spe- sc straordi-narie, occasionate dalla fame e dalla raancanza di lavoro ; e la necessita di venire in aiuto agli operai , senza pero che questa assisten- za involga da parte del Governo un riconoscimento del diritto al la- voro. A questa esposizione tien dietro un decreto, che apre la soscrizio- ne pubblica ad un prestito di 200 milioni di scudi effettivi, rappresen- tati da 1,250,000 buoni del tesoro, di un valore nominale di 200 scudi ciascuno, emessi all'80 per cento e fruttanti il 6 0[0. Grinteressi saran- no pagabili il 30 Giugno ed il 31 Dicembre , cominciando dal 1 Gen- naio 1869. L'estinzione comincera nel 1869 e finira nel 1888, col mezzo (lell'estrazione a sorte. IT imprestito e garantito dai pagares, dai beni disammortizzati edai beni della Corona fino aconcorrenza di 2 miliardi, 110 milioni di reali. II Governo fornira alia Banca, prima della scadenza del 1.* semestre, dei pagares in quantita sufficiente per garantire questo pagamento; ed ulteriormente tutti i pagares provenienti dai beni sopra- citati. La sottoscrizione sara aperta il giorno 11 Novembre e chiusa il 25 dello stesso a Madrid ed in tutta la Spagna, a Parigi, a Londra e nelle colonie. I versamenti anticipati godranno d' una bonificazione di 4 0[0.

6. Chi volesse sapere la vera cagione deiraumento del deficit, non do- vrebbe certamente contentarsi delle spiegazioni del sig. Laureano Figue- rola, cui degni riguardi impedivano dal dire cio che un certo pndore e Tintcresse proprio vieta ai Frammassoni di far sapere. Ma le corrispon- denze di giornali stranieri, non sospetti di parteggiare pei clericali o pei Icgittimisti, come sono Y Independence Beige ed altri cotali, dimostrano che se le casse soho tutte yuote, cio accade perche f^irono yuotate da da chi, nei primi fervori della trionfante riyoluzione, yi pote cacciar en- tro le mani per pagare se stesso delle sostenute fatiche, e rimeritare i servigi de'suoi complici. Di che, a tacere di quanto leggesi nell' Univers e nel Monde, basti allegare quanto scrisse la Presse parigina del 1 No- vembre. « Le notizie tinanziarie di Spagna sono estremamente gravi. 1) >po il trionfo della rivoluzione, tutte le casse, gia molto sguernite, vennero vuotate; e si e yenuto al punto di mettere le mani sui deposi- ti falli dai privati alia cassa dei depositi e prestiti. Questo fatto inaudi- to ci e anuunziato da parecchie lettere di fonte autorevole e fededegna. Non solo la cassa rifmta di eseguire i rimborsi, che le sono domanda- ti, ma e assolutamente sfornita di capital! . » Forse VEscalante potrebbe dire che strada ban preso, per volare via, quei depositi e quei capitalil

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Se i membri del Governo provvisorio lianno ben nette le mani di co- desto ladroneccio, e noi yogliamo crederlo e dobbiamo supporlo, non cosi facilmente possono scolparsi della dilapidazione cagionata dallo scon- sigliato provvedimento di ibrnire paga giornaliera agli operai dislolti dalla rivoluzione ai consueti lavori , ed adoperati in prima a fare ii pronunciamento del 29 Settembre, poi a cacciare monache e religiosi dai loro conventi ; quindi mantenuti oziosi con titolo di wlontarii delta li- berta, onde non venire a cozzo col partilo d'azione capitanato dall'Esca- lante in prima e poi da un degno suo emolo, che di codesti wlontarii si deono avvalere per impedire che Tesercito regolare possa essere im- piegato a ristabilire qualche ordine. Lo scialacquo cbe cosi si fa e tan- to, che perfino la giudaica Opmione di Firenze dell1 8 Novembre ne fu scandolezzata, e stampo: « Un gran numero di operai lasciarono i loro opificii per andare a passeggiare, a 2 franchi il giorno, nei lavori del Municipio. Essi giocano alle carte, e fa veramente pieta a vederli lavo- rare ! Cento uomini fanno in un giorno il lavoro di due persone ! Essi non costano meno di 150,000 franchi (cento cinquantamilal) per set- timana. »

7. Ad aguzzare viemeglio T appetito di cotesti dilettanti del vivere a ufo, ecco uscir fuori il compute di quelle che agli zotici si appresen- tano come sterminate ricchezze profuse in ingrassare, cosi essi dicono nello sconcio loro gergo di trivio, branchi di oziosi e sciami di inutili biz- zocche; e qui si capisce che si parla, colla gentilezza liberalesca del Frammassoni, di religiosi e monache. Lasciando da parte le costoro cru- deli villanie, ecco il computo di quelle immaginarie ricchezze dato dal- V Impartial.

« Nel censimento dei conventi di religiose fatti nel 1860 si contavano 866 conventi con un personale di 12,996 religiose. I loro redditi am- montavano a 8,990,620 reali airanno. I monasteri erano in numero di 32 con 719 religiosi; ma in questi ultimi anni queste cifre dovettero aumentare. II clero spagnuolo, il quale si compone di 53 prelati, un Vescovo ausiliario, 52 decani, 431 dignitarii e canonici d'uilizio, 484 ca- nonici di favore, 756 beneficiarii, 5 individui che ricevono dotazioni ec- cedenti quelle fissate dal Concordato e 26 dotazioni di cappellanie al di la della cifra stabilita dallo stesso Concordato, costano allo Stato 25 mi- lioni 382,810 reali all'anno. »

Al leggere queste cifre di milioni, gli imperiti e gli sciocchi, e Fim- mensa caterva degl'ingordi di roba altrui, stendono le branche ad arti- gliarne almen col desiderio il piu che possono, e cascano dalla maraviglia che tanta profusione di tesori si consumi da preti, frati e monache. « Ma pognamo pure, dice Y Union de VOuest, che vi fossero 800 religiosi in Spagna al momento della rivoluzione. Eran dunque 800 le persone, con- tro cui si sono collegati tutti i rivoluzionarii, adoperando contro quelle, quasi mezzo necessario di salute pubblica, la proscrizione ela rapina!

CONTEMPORANEA

Se codcsti 800 religiosi non fossero stati espulsi, la Spagna senza dubbio periva! Che scherno per la giustizia e per la ragione!.. Si mettono in mostra 12,000 monache, le quali, tutte insieme, godevano la rendita di 8,990,620 reali. Or questo riesce a dire che ciascuna avea 692 reali di rendita annua, i quali equivalgono a franchi 181, c 92 centesimi! Ecco la strabocchevole opulenza delle monache spagauole. Niente meno che franchi 181 e centesimi 92 per ciascuna ogni anno! Ed il Governo, per arricchirne lo Stato, le spoglia di si pingue assegnamento ! »

8. La lilantropia massonica non potea eserci tarsi altrimenti verso il clero, i religiosi e le monache. Spogliazione e proscrizione, e talvolta an- cora sevizie e stragi, ecco i niezzi con cui codesti signori si rendono be- nemeriti della civilta moderna e della liberta; ecco i titoli unici che essi hanno a pretendere, che le loro vittime, per amore di conciliazione, dia- no loro ogni diinostrazione di ossequio e di affetto. Certi apologisti deli- beiali, che sono sempre sul raccomandare agli uomini onesti che debbano usare, con isquisita urbanita, ogni delicatezza, perfmo nel lagnarsi delle sacrileghe infamie e crudelta di codesti loro protetti; leggano questi apologisti, ed imparino dal tratto seguente d'una petizione firmata da piu. centinaia di gentildonne di Siviglia al Serrano, quali e quanto caritate- voli siano stati i procedimenti de1 liberal! in quella citta contro innocen- tissime vergini consacrate a Cristo, e contro le stesse chiese.

« Le persone di cui parliamo e le loro abitazioni furono violcntemente assalite a Siviglia; e la vista o il racconto delle sofferenze che ebbero ed hanno a sopportare quelle infelici, strappano abbondanti lacrime , in- esprimibili angosce. Ve n'ha fra esse che contano oltre a 100 anni di eta e che si videro strappare a quegli asili, che esse avevano il diritto di riguardare come loro casa, loro focolare. Se questo procedere sia giusto, se sia cavalleresco, venga Iddio e lo vegga; ma no, lo vede vo- stra eccellenza, lo vedete voi... Noncontenta di agire in modo cosi ille- gale contro le persone e le istituzioni, la giunta rivoluzionaria prese a distrurre gli ediiizii. Cinquantasette chiese, sotto le quali riposano le sacre ceneri dei nostri padri ; cinquantasette chiese, ai cui fonti battesi- mali furono fatti cristiani i nostri figli, e nel recinto delle quali noi ci riunivaino pacificamente per adorarvi Dio, secondo la nostra coscienza ; cinquantasette chiese, i cui muri furono innalzati, non col danaro dello Stato, ma colle pietose elemosine delle nostre famiglie, sulle quali per conseguenza noi abbiamo diritti incontestabili , e quei diritti special- mente che oggidi si proclamano sotto il nome di liberta dei culti e di rispetto alia proprieta ; cinquantasette chiese sono condannate dalla Giun- ta rivoluzionaria ad una demolizione completa, pronta e violenta, che rcndera inevitabile la perdita d' un gran numero d' oggetti di arte. Me- morie, tradizioni, glorie nazionali, sentimenti religiosi, aspirazioni della coscienza, tutto e ad un tempo assalito e violentato ; misure di questo

SO 6 CRONACA

generc producono naturalmente un generale malcontento, senza che si a possibile vedere in esse un1 ombra di bene cbe possa concorrere alia salute della patria o al trionfo stesso della rivoluzione. Le religiose cacciate dai loro asili e gli editizii da esse abitati, come poteyano essere d'ostacolo al paese, perche avesse a dichiararsi circa il suo avvenire e so- pra i suoi destini? E se non sono d'ostacolo, perche metterle a questo mo- do al bando d'ogni legge ? »

Ne punto meno barbara, anzi bestialissinva, fu la crudelta dei liberali nella stessa Madrid contro le caste spose di Gesu Cristo. Laonde, impieto- site di quello strazio, quattro delle primarie Dame di quella capitale si presentarono coraggiosameute aj Presidente del Governo proyvisorio, maresciallo Serrano, e gli esposero a yiva yoce i sensi della cristiana loro indignazione, quindi gli posero tra le man! il seguente indirizzo firmato da 631 tra le signore di Madrid.

« Eccellentissimo Presidente del Governo proyyisorio. Le sottoscrit- te, spagnuole, dimoranti in questa capitale, e cattoliche, aliene dalla po- litica, a motivo del loro sesso, non avrebbero mai pensato di importu- nare il Governo della nazione, ne di impedirlo nel corso de'suoi affari. IVIa dacche vedono demolire le chiese cattoliche, e annunciare che yi sa- ranno surrogate sinagoghe e templi protestanti, e cio in forza della liber- ta dei culti ; dacche yedono la soppressione de1 collegi, mentre si pro- clama la liborta dell1 insegnamento ; I1 espulsione yiolenta dai loro stahi- limenti dei religiosi riuniti per servir Dio, mentre si proclama il diritto d' associazione ; la proibizione di soccorrere i poyeri bisognosi, mentre si protesta che tutto e per il popolo : le sottoseritte credono loro do- Tere, e loro diritto, dimandare la liberta di allevare i loro figliuoli nei collegii soppressi, se lo giudicano conveniente neli1 interesse deli a loro educazione e della loro istruzione scientifico-morale : quella di poter pregare nelle Chiese condannate ad essere distrutte : quella di mante- nere nei lore stabilimenti costruiti e arricchiti colle loro doti quelle don- ne, che spontaneamente e dietro V impulso del loro euore, hanno riso- lutamente deciso di abbandonare la soeieta, e specialmente di potersi riunire per cercare e trovare pane e yesti agli indigent!.

« Eccellenza, colla speranza che sara esaudita questa nostra doman- da, noi ripetiamo colle nostre sorelle di Siviglia, che la nostra confiden- za riposa nel pensiero che V. E. e spa^nuolo, cioe cattolico e uomo di oaore, e percio non potra rifiutarsi di accoglkre la nostra supplica, e di ordinare la conservazione delle chiese cattoliche, dei collegi e delle as- sociazioni soppresse. »

Ma s'ingannerebbe a partito chi credesse che i liberali-moderati pos- sano dare ascolto a'richiami in favore della giustizia e della religione, quando sono strmolati dalla paura di doyer percio fare qualche contrasto a que' loro complici, che non si piccano d'essere moderati. II martello

CONTEMPORANEA 507

della setta continuo ad abbattere chiese nella stessa Madrid, dove fti at- terrata anche quella di S. Millan, ed era la settima che crollava sotto il cozzo massonico L'Arcivescovo di Toledo sped! ima forte protestazione contro tal vandalismo; ma il Governo provvisorio ne fece quel capitale che gia avea fatto della petizione delle Dame.

9. Per converse, e la cosa va pe1 suoi piedi, in quella ragione stessa che si aggrava sriil collo del cattolici il giogo tirannesco della Frammas- soneria, si allenta il freno, anzi toglicsi al tutlo ogni rattento alia licenza delle piu empie e ribalde passioni. Quiridi il Governo provvisorio fu sol- lecito di bandire la piu sconfinata liberta di stampa, che fu sottratta ad ogni impaccio di censura, per via d1un decreto, pubblicato nella Gazzeita di Madrid del 24 Ottobre, e preceduto da una relazione del Ministro del- F interne ; il quale naturalmente, dopo fatto un quadro territico dei dan- ni venuti alia Spagna per le restrizioni mantenute a codesta liberta , e fondato sulla massima assurda che « nella stampa stessa si trova il cor- rettivo per combattere il male alia sua radice , » proniulgo , come puo vedersi anche mlYOpinione fiorentina 301, la legge seguentc.

« Art. Tutti i cittadini hanno il diritto di emettere liberamente il loro pensiero per mezzo della stampa, senza andar soggetti ne a censura ne ad altra delle volute formalita. Art. I delitti ordinarii, coinmessi per via delh stampa, sono passihili delle disposizioni del Codice penale con abrogazione, in forza del presente, deirarticolo 7 del detto Codice. Art. Sono responrabili, per effetto delFarticolo qui sopra: nei giornali Fautore dell'articolo e in suo difetto il direttore; nei libri, appendici, opuscoli, 1'autore, e se questi non e conosciuto, 1'editore e colui che lo stampo per sno ordine. I giornali che non hanno direttore sono conside- rati come opuscoli, per eft'etto del presente. Art. Rimane soppresso il tribunale speciale della stampa con tutte le sue dipendenze. Art. Sono egualmente soppressi Tesame preventivo dei romanzi e la censura delle opere drammatiche. Art. I direttori dei teatri, e in difetto gli impre- sarii, saranno responrabili delle offese aHa morale e al buon costume che si troveranno nelle opere da essi fatte rappresentare. Madrid, 23 Otto- bre 1868. II ministro delllnterno Prassede Matteo Sagasta. »

10. Tuttavolta niuno si dia a credere che di questa liberta possano poi godere i cattolici. La pratica dei Frammassoni e di bandire leggi d'am- pia liberta per tutti, con riserva pero che dehbano usufruttuaile essi soli ad oppressione degli onesti e cristiani cittadini. Cosi e guarentita la lil)erta dei en Hi, ma resta vietato ai cattolici il praticare pubblicamente la loro religione, pur essendo licenziate tutte le altre sette a fare chec- che loro aggrada. A Rcuss la Giunta rivoluzionaria ando piu in la, e decreto il matrimonio civile; il registro civile per la nascita, pei matri- monii, per le morti; Tabolizione di tutte le conlerenze religiose della citta; la proibizione delle prcghiere pel Papa e della colletta del Denaro di

508 CRONACA

S. Pielro, e la manifestazione esterna di qualunque culto. La Giunta di Barcellona si contento di intimare a monsignor Vesctvo di quella citta Voukase seguente.

« Considerando che questa Giunta ha proclamato la liber ta dei culti ; considerando che le manifestazioni esterne delle different! religioni che esistono o possono esistere in questa provincia potrebbero dar Itiogo a collisioni, turbare Fordine pubblico, al quale dobbiamo vegliare; que- sta Giunta ha risoluto nella seduta di ieri (19 Ottobre) di proibire gli atti pubblici del culto di tutte le religioni. Ed e quanto fa sapere alia Eccellenza Yostra per sua norma, onde prenda le opportune dispo- sizioni per V esecuzione della detta risoluzione. »

SVIZZERA (Nostra Corrispondenza) 1. II secondo Congresso dellal^a dell a Pace e della Liberia in Berna 2. Principal! risoluzioni dei congregati 3. Alluvioni 4. 11 matrimonio civile nella Costituente di Zurigo 5. Cose religiose di Ginevra 6. La quistione diocesana nel cantone Ticino.

1. Se la cosidetta Leg a della Pace e della Liberia, che piu acconcia- mente potrebbesi intitolare la Lega della rivoluzione permanente, fece solennissimo fiasco nel suo primo Congresso del 1867 in Ginevra, vi pos- so accertare che migliore fortuna non incontro quest' anno nel tenere in Berna il secondo Congresso, nei giorni 22, 23, 24, 25, 26 dello scorso Settembre. La sola differenza sta in cio, che nel passato anno i framas- soni della Lega arsero nelle fiamme del sangue bollente dei Gineyrini, mentre quest1 anno rimasero intirizziti nella temperatura glaciale dei Ber- nesi. Poco piu di 100 aftluirono dall'estero al demagogico convegno. Gli Svizzeri, scandalizzati una volta da tante esorbitanze, appena Yi fecero capolino; gli uditori pochissimi. Se non fossero stati i giornali amettere in rilievo il fatto, la popolazione svizzera in generale, ed in ispecie quella di Berna, sarebbesi detta ignara di quanto aweniva intorno e in mezzo ad essa, tale e tanta fu la ripugnante apatia, onde i novatori della dema- gogia andarono del continue circondati. Anche le autorita s'appalesarono tutt'altro che benigne agli ospiti, giacche il Consiglio federale ricuso di mettere a disposizione dei congregandi le sale dei supremi Consigli della Confederazione ; ed il Municipio di Berna, a cui era stato chiesto di con- cedere , per aula di sessione degli uomini della Lega, la chiesa prote- stante francese, motivo il rifiuto dai baccanali di Ginevra e dal carattire anti-cristiano che assunse il primo Congresso. Questa e storia pura e pretta, che fa molto onore al buon senso ed allo spirito religioso della grande maggioranza del popolo svizzero. L1 orpello della professione re- pubblicana non giova ad arreticare uomini che sanno distinguere il nero dal bianco, il male dal bene, e che vogliono ordine e liberta, senza licen- za e senza tirannia. Forse nessun paese monarchico d'Europa avrebbe saputo dare si belle e franche lezioni ai pretesi rigeneratori della societa.

CONTEMPORANEA 509

2. Ma e dover mio di accennarvi almeno le principal! risoluzioni uscite in qualche modo dalla torbida marea di questo secondo Congresso. Fu risoluto anzi tutto, che gli eserciti stanziali sono incompatibili colla pace e colla liberta, e quindi si abbiano ad usare tutti i mezzi legitiimi (sic!) per impedire o far riuscire a male una guerra intrapresa contro il talento dei caporioni della Lega. Si e Toluto parlare espressamente di soli mezzi legitiimi per escludere Tidea delPassassinio politico, e ci voile tutta la prudente rettorica degli infarinati della setta per indurre la poco docile maggioranza a riconoscere la convenienza di celare taluna idea di troppo siuistro effetto. Gli eserciti stanziali devono cedere il posto ai po- polari, perche in tal guisa la demagogia puo attuare piu agevolmentc i proprii divisamenti.

Dopo aver gettati in disparte gli eserciti permanenti, che s'ha egli a fare? Naturalmente bisogna scatenar le plebi piu irriflessive e corrotte e aizzarle alia conquista della eguaglianza. Quindi si spalanchino le portc al socialismo, al conumismo, alVanarchia, iinche la via rimanga sgombra d'ogni ostacolo ai tribimi della rivoluzione. Qucsta e app-unto la teorica delle pratiche usate sempre dai nemici dell'ordine sociale, per farsi sga- bello a salir sublime, e ormai li abbiamo visti tante volte alia prova. Ed appunto in questo senso, quantunque un tantino velato, sonosi pronun- ciati i demagoghi del secondo Congresso.

Ora viene il meglio, o diro piu rettamente, il peggio. Affinche la so- cieta e la famiglia, spezzato ogni freno salutare e tolta qua!s;asi vigoria al cardinale principle di autorita, abbiano a viepiu scompaginarsi edis- solversi, fa mestieri toglier di mezzo il sentimento religioso. Laonde i congregati in Berna hanno deliberato, che nessun culto venga officialmcn- te riconosciuto; che siano annullati i concordati colla Santa Sede; che nes- suna spesa per il culto non apparisca piu nel bilancio dello Stato ; che I1 insegnaincnto religioso sia interdetto nelle pubbliche scuole; e che si abbia a protestare contro la conservazione del potere temporale della Chiesa c contro ttntervento dei potentati a favore del Papa. Se dovessi riferiivi, anche soltanto per sommi capi, gli strafalc'oni che risuonarono sulle labbra di quest! sedicenti amici della pace e della liberta, correrei il rischio di tessere un lungo articolo in vcce di una corrispondenza. Mi bastera assicurarvi, che si propose addirittura di far guerra a morte a qualsiasi rcligione ed a qualsivoglia credenza in Dio, e che se questa pro- posizione troppo chiara ed aperta non incontro Tapparente appoggio del- la maggioranza, se ne deve ascrivere il merito ad alcuni oratori svizzeri, i qnali, benche radicalissimi, combatterono arditamente cotanta empieta. Queste irreligiose sbuft'ate dei campioni della Lega hanno finite d'indi- spettire la popolazione della citta federale; ed a buon diritto un mio amice ebbe a scrivere in un giornale, che la Svizzera puo ben essere Fospcdalc, ma non la villeggiatura dei matti. Tanto piu, soggiungo io, che questi

510 CRONACA

sono matti che vorrebbero far diventar tali gli altri, e convertire in un maiiiconiio il gemino emisfero.

Questo rapido cermo delle precipue deliberazioni del secondo Con- gresso della Leg a della Pace e delta Libertd basta a far comprendere a quali firncsti e scellerati principii s'inspirino coloro che ne fan parte o ne desiderano Tincremento; e al tempo stesso vale a sopperire alia brevita delle annotazioni, ch'io ho stimato necessario di raccogliere per sommini- strarne notizia ai vostri lettori. I popoli dovrebbero capire una volia a quale abisso mettan capo le perverse dottrine della demagogia cosmopo- lita, e qual miserando avvenire sia riservato a quelli che le accettano e ne imprendono Tattuazione.

3. La chiusura del secondo Congresso della Framassoneria dei due mondi ando sventuratamente accompagnata da grandi e terribili allu- vioni, che menarono strage e rovina segnatamente nei canloni del Tici- no, di S. Gallo, dei Grigioni, del Vallese e d'Uri. Fatalissima e funerea fu in ispecial modo la notte sopra il 28 di Settembre, nella quale un diluvio di pioggia si rovesci6 su questa parte della Svizzera, gonfiando orrenda- mente i fiumi ed i torrenti, e staccando dalle montagne enormi frane. E impossibile formarsi da lungi un'adequata idea dell1 immensa sciagura ar- recata a codesti luoghi dalHmperversare degli elementi. Piu di 70 sono le vittime umane di tanta catastrofe, 52 delle quali nel solo cantone del Tici- no. Quanti guasti e danni poi abbiano apportato al pubblico patrimonio ed ai privati lefuriose e rigurgitanti piene del Rodano, del Reno, della Tami- na, della Reuss, del Ticino, del Brenno, della Verzasca, della Maggia, dei torrenti che gia esistevano prima e di quelli che in tanto diluvio s'improv- visarono per ogni dove, e dei laghi adiacenti, torna vano per ora di rile- vare, che sono e resteranno forse incalcolabili. lo penso, secondo alcune informazioni approssimative attinte a sicura fonte, che la voracita delle acque, oltre a tante vittime umane, abbia ingoiato non meno di dodici milioni di franchi ai privati ed ai cantoni che ne furono percossi. La de- solazione piu straziante s'impadroni degli animi, poiche non si ricorda che simile infortunio abbia colpito mai le nostre contrade. Le piogge eominciarono il 13 di Settembre e continuarono, quasi senza interruzio- ne, fino al 9 di Ottobre: nva il 27 e 28 di Settembre, ed il 3 e 4 di Ottobre era un vero diluvio che piombava su quelle miserande vallate, e non v'e immaginazione umana che giunga ad escogitare il mortale sbigottimento, ond' erano invasi in que'giorni ed in quelle notti terri- bili tanti poveri nostri concittadini. Ora procedesi con nobile gara a venire in sollievo di si immane sciagura, e le autorita ed i privati si adoprano con ogni sforzo per sopperire almeno in parte a danni co- tanto enormi. In Isvizzera, piu che in qualunque altro paese, la carita e una virtu religiosa e divina profondamente radicata, e vi accerto che sara fatto quanto umanamente si pu6 per rendere meno aspra e crudele

CONTEMPORANEA 511

questa grande calamita. II clero si e posto risolutamente a capo di un' opera si degna del proprio ministero, e da per tutto da splendido esempio di cristiana carita e e di patriottica abnegazione.

4. Ora sono a darvi una lieta novella, e cio ch'e meglio, ye la reco dal can tone quasi esclusivamente protestante di Zurigo. II radicalismo dottrinario, fratello carnale del moderantismo italiano, teneva da molti anni le redini del Governo di questo cantone ; ma alia fine il popolo se ne appaleso stanco e riusci a dichiararsi con rilevantissima pluralita di suffragi per una riforma della Costituzione a profitto maggiore delle po- polari liber ta. La Costituente, a cui era stato affidato il c6mpito di alle- stire il nuovo scbema costituzionale, nella tornata dej,7 di Settembre si fece a ventilare la quistione del matrimonio civile obbligatorio, propo- sto da alcuni corifei radicali, e favorito a spada tratta dalla maggio- ranza degli ecclesiastic! protestanti. La discussione fu viva ed anima- ta, ma il principio cristiano del matrimonio riportft un segnalatissimo trionfo. A vergogna di tanti deputati e governanti cattolici, la Costituen- te del cantone protestante di Zurigo decise, con ben 132 voti contro so- li 57, che i cittadini non fossero obbligati a contrarre il matrimonio nelle forme civili. Questo memorando verdetto ridonda di sommo onore e alia Costituente che T ha pronunciato, ed alia quasi universalita del popolo zurigano cbe lo preparo colla ferma sua avversione al matrimonio civile, non appena s'addiede che almeno sarebbe stato proposto in seno alia Costituente.

5. Nel cantone di Ginevra poi la quistione religiosa sorse sotto un'al- tro aspetto. Saprete che Papa Pio IX, gia da qualche anno, ha nomina- to T illustre abate Gaspare Mermillod Vescovo in partibus di Hebron ed ausiliare di mons Stfefano Marilley, vescovo di Losanna e Ginevra, resi- dente in Friborgo. Ora questa nomina e le attribuzioni conferite piu tardi air insigne prelato ginevrino urtarono alquanto i nervi dei 'cal- vinisti puritani di Ginevra, fanaticissimi delle hro opinioni religiose e assai poco tolleranti delle dottrine cattoliche. Alcuni Deputati di questa Jega colsero pertanto il destro, che si discuteva nel gran Consiglio Tam- ministrazione tenuta dal Consiglio di Stato nelPanno 1867, per solleva- re cavilli contro la ricognizione per parte del potere civile della digni- ta epis -opale di cui venue insignito mons. Mermillod, protestando per- che il sommo Ponteiice senza chiederne licenza a questi barbassori, avesse ardito erigere proprio nella Roma protestante una Sede episco- pale cattolica. Questo delicato argomento fu trattato a lungo nelle tor- nate legislative del 3 e del 9 di Settembre ; gli antichi partiti politici scomparvero al cospetto della quistione religiosa e designaronsi di botto in nuove falangi ; di ambo i lati vennero esposte con vivacita, e talora con impeto poco decoroso, le reciproche ragioni ; che i deputati prote- stanti lasciaronsi di quando in quando acciecare dai loro pregiudizii.

512 CRONACA CONTEMPORANEA

Da ultimo intcrvenne a comporre la contestazione ed a scdare gli animi il Consiglio di Stato, nel quale siedono uomini di temperate tenderize e di ragionevoli propositi, e questo intervento giovo a cansare che nel cantone di Ginevra s' avesse a riaccendere una lotta confessionale. L'in- cidente fa esaurito senza risoluzione di sorta. Ma non cremate pero che la quistione sia sepolta: essa riapparira la dimane delle elezioni del Deputati al gran Consiglio, che compirannosi il 15 di Novembre. Parmi che questa volta, piu che altra mai, cattolici e protestanti si schiere- ranno piu decisamente di fronte, ponendo in seconda considerazione le politiche discrepanze. Ed io stimo che se i cattolici si mettono all1 ope- ra da senno, verra lor fatto di fugare dalla mente .dei puritani calvini- sti qualsiasi idea di ostilita e d'intolleranza.

6. Giacche ho toccato di quistioni diocesane, reputo conveniente di richiamare anche quella che pende da oltre nove anni nel cantone Ti- cino. Saprete che TAssemblea federale, col decreto 15, 22 Luglio 1859, dichiaro soppressa ogni giurisdizione episcopale estesa sid territorio sviz- zero, os?ia la separazione meramente civile del cantone Ticino e dei Co- muni di Brusio e Poschiavo nei Grigioni dalle diocesi di Como e di Mi- lano. Le trattative avviatesi poscia tra i delegati federali e I1 Incaricato d'affari pontificio, trattative nondimeno assai irte di difficolta e cospar- se di incresciosi incident], non condussero ad altro, se non che a conve- nire di premettere alle ulteriori pratiche colla Santa Sede la liquida- zione delle mutue pretese della Svizzera e dell1 Italia per rispetto al ri- parto dei beni diocesani. Questa defmizione relativa alia parte materiale della separazione aveva luogo iin dal 30 Novembre 1862, merce una convenzionea Torino tra i commissarii svizzeri e italiani. Altre question! rimaste indecise erano poi assestate negli ultimi iHesi dello scorso an- no. II sig. Pedrazzini, uno dei Deputati del Ticino al Consiglio nazio- nale svizzero, e per fermo il migliore, nella passata sessione legisla- tiva di Luglio espose diverse considerazioni sulla anormale situazione dei cattolici ticinesi per riguardo ai loro rapporti diocesani; e prego il Consiglio federale di sollecitare lo scioglimento anche della parte mo- rale e spirituale di questa modificazione diocesana. II Consiglio federale ha promesso di prendersi a petto questa faccenda, ma sino ad oggi non ha manifestato alcun segno di darsene pensiero. Ecco pertanto il cat- tolico Ticino civilmente segregate dalle diocesi lombarde, senz'averne costituita una propria od essere stato annesso ad altro vescovado sviz- zero, ma spiritualmente e moralmente ancor congiunto di diritto e di fatto colle antiche Curie, colle quali.sotto gli occhi e I1 inevitable in- differenza delle autorita politiche, non ha cessato mai di tenersi vinco- lato. Altrimenti che ne sarebbe? In ogni modo pero questa condizione di cose non puo a lungo mantenersi ; e, se non altro, il decoro stesso della Svizzera esige che addivengasi ad un componimento con Roma c ad un definitive assetto della quistione diocesana ticinese.

LA STAMPA LIBERA

ED

IL LIBERALISMO IN ITALIA

I.

fi condizione della verita in questo mondo, che ella non possa a lungo sostener guerra, senza che i suoi nemici, pur impugnando- la, mal loro grado non le rendano omaggio. Ecco anni ben molti che il liberalismo combatte alia disperata contro T autorita, si reli- giosa come politica, in pro della pubblica e piena liberta della stampa; che a quest' autorita nega il dirilto di opporvisi, perocche, a detta sua, la libera stampa e costitutivo essenziale di civile prosperi- ta; che congiura e demolisce troni per conquistarla, o versa il sangue dei popoli e soqquadra le nazioni per mantenerla. Indarno il piu ve- nerando di tutti gli oracoli, quello del Yaticano, ha sfolgorata solen- nemente una tale enormezza, e defmitala liberta funesta, liberla de- testabile, liberta di perdizione, delirio e strumento di popolare cor- i-uttela 1. Indarno sapienti uomini, fiiosofi e pubblicisti, hanno di- mostrate , a voce e in iscritto , ragionevolissime per ogni titolo queste condannazioni ; provando eziandio con I'argomento dei fatti, che la libera stampa conduce diritto alia discordia religiosa, alia

1 Enciclica Mirari di Papa Grcgorio XVI, 15 Agosto 1832; Enciclica Quan- ta cnra di Papa Pio IX, 8 Decembre 1864, e Sillabo amiessovi. Prop. LXXIX. Serie VII, vol. IV, fasc. 449. 33 21 Novemlre 1868.

SI 4 LA STAMPA L1BER1

sovversione degli Stall, alia inquietezza delle famiglie, al perverti- niento degli spiriti, al trionfo del mal costume, al dissolvimento deirunita sociale in tutti i suoi gradi.

Tra i campioni e i seguaci del liberalismo, gli empii si sono con- tentati di sprezzare con dileggi e con improperii gli oracoli ponti- ficii : i meno empii o i milensi son ricorsi ai soliti sutlei fugii , di interesse proprio che moveva la Chiesa e il suo Capo a bandirc quelle condanne, di ambizioni di casta, di rancidumi scolastici, di ignoranza dei tempi, di cabale , di raggiri e dite \oi. Ai savii poi, i quali valorosamente son venuli propugnando quest! oracoli, ed il- lustrandoli con dollrina pari all'evidenza, si e risposto in generate beffandoli semplicemente di fanatici, di reazionarii, di odiatori del- la bella luce moderna e nulla piu. I loro argomenli pero stanno 11 fermi, intatli, ed aspettano ancora una confutazione che li invalidi.

Or bene, il liberalismo, se non nel campo delle leorie, che e itn- possibile, nel campo della pralica ha finalmente \inta la sua causa. Egli regge ora e governa piu che mezza Europa co' suoi principii e colle sue liherta. Nell' Italia segnalamenle esso e, non che domina- tore, ma despota assolutissimo di tulta la pubblica cosa : e quindi il regno della libera slampa \i e da nove anni tanto florido, quanta forse per lo passato sarebbe parsa follia il sognaiselo.

IL

Ma quali ne sono stall finora gli effetti ? Se noi li volessimo dc- scriTere, basterebbe che andassimo a rovistare nei nostri quaderni di dodici, di quindici, di diciollo anni addieti-o, quando, dal Piemon- te in fuori, niuu* ultra contrada della Penisola era dotata di libera stampa, e ricopiassimo a verbo le conseguenze, che prenunciava- mo necessarie, infallibili a seguire, ove questa si fosse intronizzata per tutto corne nel Picmonle. E le anlivedevamo cei le ed inevita- bili, come dalle radici si antivede il rarno, dal ramo il fiore, dal fiore il fiulto della pianta. Senonche in luogo nostro si sono presa cura di fame assai naturali desci izioni i fogli appunto di quel par- Uto, che mosse cielo e terra per arricchire tulta Italia della pre-

ED IL LIBERALISED IN ITALIA

ziosa liberta di stampa, die fu autore del suo presente slato morale, politico, religioso, che ne tiene in pugno le sorti e le rendile, e go- de fama d' essere la quintessenza del liberalismo piu railinato.

Chi uelle ultime setlimane ha corsi alcun poco i suoi giornaii, che sono i cosi delti « ufficiosi » e « moderati », puo agevolme/ite ricordarsi dei quadri a negrofumo che vi s' incontrano denlro, e dei commentaii lacrimosi che li accompjgnano, tutti a proposito della libera stampa, e dei gravi danni che causa, per colpa dei liberal! democralici ed « immoderati ». Noi, dato di piglio a quello degli ufficiosi che ci era piu all?i mano, ed 6 \'0pinione di Firenze, ca- nuta ancella di questa regina di tulle le liberta, vi abbiamo subito trovato piu di cio che desideravamo. Ne giudichi il leltore.

La Perseveranza di Milano, si*a giovane consorella, essendosi fatto s°rivere da Firenze, che in questa citta « uno spirito conti ario ad ogni civil comunanza si comincia ad intiltrare e spargere, per opera di una stamp i indegna che vi pullula »; YOpinione ha ere- dulo di dovere aggiusfarle il latino in bocca, insegnandole « che di questa stampa indegna ce ne ha da per tutto », non che solo in Firenze. Ed ecco in qual modo glielo ha insegnato, con un arlico- letlo che ha per tilolo : Oli eccessi della stampa.

« E una cospirazione contro il senso morale, contro le leggi del- lo Stato, contro le istituzioni pati ie. Codesta piaga ora si e eslesa come un morbo epidemico che minaccia la sociela. Che v' ha di ri- spetlato e sacro per Codesta stampa? La persona del principe? Lo Statuto? L' unita nazionaie? La vita privata dei ciltadini?... Quao- do la licenza ^ erelta a sislema, quando pulluk ovunque una stam- pa mi nuta, una stampa periodica con caricature sconce ed osccne, quando essa spinge il suo sguai do nel santuario della famiglia, quando assalla con unanimita di sforzi i principii su cui s' incaidina la civil comunanza, quando altacca la stessa persona del Re, quaft- do al popolino poi ge quotidiane Iczioni di disoncsla e di mala- fede, allora trallasi di una guerra dichiarala all' onesla, allo Sta- lo, alle leggi. E impossibile che, diffondenclosi in un paese una stampa siffalta, non fmisca per prevalere uu senso volgare ed ab- bietto. iNemica dichiarata d'ogni nobile sentimento, d' ogni idea ge-

516 LA STAMP A LIBERA

nerosa, d' ogni pensiero elevato, essa si studia soprattulto di per- suader le plebi, die in Italia tutti sono ladri; fa 1' apologia del Gag- gino e 1'apoteosi delle stangate, trova che il piu infame assassino condannato al capestro e meno tristo d'un Ministro del Regno d' Ita- lia^e siccome fra noi il numero degl' illetterali e molto considere- vole, per istruirli alia sua scuola, ha trovato spediente il linguaggio figurato, la caricatura, in cui la rozzezza del disegno risponde quasi sempre alia bassezza del concetto. Ci accade molte yolte di trovare su pei muricciuoli delle caricature che sono un vitupero, e meltono ribrezzo alle persone colte. Ma come si permettono? La legge della stampa stabilisce che i disegni, le incision!, le caricature si debbano consegnare al fisco yentiquattro ore prima che siano espo- ste o raesse in circolazione... Quanli sono solleciti della liberta, debbono di certo inquietarsi di questa lega della stampa indegna contro i principii fondamentali dello Stato e contro il buon costume. Grande e il numero di quelli che se ne disgustano, e sarebbero in- different! die ai giornali si meltesse la cuffia del silenzio, perche vedono non piu jrispeltata la famiglia e turbata la pace domestica e farsi ricalti, per mezzo dei diarii impudent], che sfidano i rigori della legge, impotenle a colpirli 1. »

III.

Confessiamo candidamente che, a leggere queste fiere e sconsola- te lagnanze, ci e venuto piu presto il sorriso alle labbra che il bri-

1 V Opinione n. 293. La Nazione di Firenzepoi, nel suo num. 323 dei 18 Novembre di quest' anno, rinfranca T Opinione, con un lungo e disperato articolo, in cul prova che T « abuso della stampa » in Italia « e diventato dav- vero un caso patologico ». E la Perseveranza di Milano, incollerita deH'auto- rita che la stampa libera dei Permanenti esercita in Torino a danno dei con- ^Qrti moderati, soggiunge : « Se vi fosse modo che col danaro pubblico altii giornali potessero in Torino stesso diminuirne F influenza , noi lo dichiariama apertamente, mai danaro pubblico sarebbe stato speso meglio ». Quasi che il Governo non iscialacqui anche troppo di questo danaro pubblico, per com- perare la libera stampa dei suoi « ufficiosi » !

ED IL LIBERALISMO IN ITALIA

vido al cuore : essendoche vi abbiamo scorto poco meno che un pla- gio fatto alle penne cattoliche, le quali da anni ed anni son ite ri- petendo, con le medesime frasi, i medesimi lamenli cd i gridi me- desimi di all' erta, che manda ora si dolentemente 1' Opinione, e seco mandano tutti i liberal! del color suo.

Dunque , ne abbiamo inferito , anche i portavoce del piu schietto liberalismo italiano, ammettono tinalmente per vero, chela liberta della stampa, quale si e, per opera sua, introdotta e stabilita in Italia, si riduce effettivamente ad una « piaga » / ad « un morbo epidemico », ad « una cospirazione contro il senso morale », ad « una quotidiana lezione di disonesta e di malafede » , ad « un tur- bamento della pace domestica », ad « una minaccia della societa », ad un « brigantaggio » che « fa ricatti » di nuovo genere, i quali « la legge e impotente a colpire » . Lodato il cielo ! Dunque ancor essi dovranno riconoscere, che con somma ragione e previdenza la Chie- sa ha riprovato questo « delirio » di liberta, e mlminatolo di male- dizioni. E noi, scrittori cattolici che abbiamo difese queste condan- nazioni ecclesiastiche , noi percio dai liberali schernili quai ciechi oscuratori della luce moderna, noi altresi riusciamo da essi giusti- ficati; e possiamo consolarci di a\ere \isto e pre^isto piu chjaro, di chi ora ci toglie in prestito perfin le frasi biasimatrici di questa si millantata liberta. Non puo negarsi : codesta e una bella gloria per le encicliche dei Papi ; una grata soddisfazione pe' loro apologist! I

Questa serie di conclusion! e dialettica, e noi sfidiamo qualsiasi de' liberali pensanti coll' Opinione, a coglierci in fallo di paralogi- smo. Non ignoriamo che il piato essendosi acceso, non tra cattolici e liberali, ma tra liberali di una bandiera e liberali di un'altra, noi non possiamo presumere in loro quel rispetto alia logica, che il li- beralismo universalmente misconosce. Ma fino a che le parole del- Tumano linguaggio avranno un senso, le sopra riferile dell' Opi- nione significheranno sempre, che la liberta della stampa in Italia si e convertita di fatto in una « piaga » , in un « morbo epidemico » , in un « brigantaggio » sociale de' piu tremendi. E tanto a noi basta per 1'onore della verita, promulgate si limpidamente dalla Chiesa cattolica.

318 LA STAMPA LIBERA

Per quell o poi eke spetta alia controversia, direm cosi, dome- stica tra i liberali moderati e i liberali immoderati, circa « gli ec- €essi della libera stampa », noi ci limiteremo ad osseivare sempli- eissiinamente, che i moderati \iolano tulle le leggi dtl buon discor- so, menlre, con aperta contraddizione, pretendono di conservare il principle moderno della liberla di stampa, e insieme di rifiutarne le piu genuine conseguenze.^ La quale contraddizione torna a no- vello confermamento della dottrina cattolica, ed a nobile conforto de' suoi ossequiosi propugnatori.

IV.

Qual e il fondamento sopra cui poggia tutto il sistema liberale- sco, riguardo alia pubblica stampa? L'abbiamo esposto altre voile: e il pdncipio prolestante, risolventesi nella plena indipendenza della ragione individuale. Ammesso questo piincipio, i lilosofi del libera* lismo la discorrono in questa forma. La ragione dell' uomo non soggiaee ad aulorila di \eruna specie: dunque ognuno e libero di pensare cio che piu gli lalenta. Ma la parola, ossia scritta, ossia figu- rata, ossia proferita non e se non la significazione del pensiero : dun- que tanto questa pirola dev' esser libera, quanto libeio e il pensiero. N^ T autorita o la legge hanno diritlo di i istringere una liberta cosi fatta negli uomini associati ; poich6 1' uomo assuciandosi non puo e non deve mai cedere la indipendenza della sua ragione. Dunque nel- la societa e libero ad ogni individuo il pubblicare liberamente colla stampa i proprii pensieri.

Questo e soslanzialmente il processo logico col quale, dal falso supposto della piena indipendenza della ragione, i doltori del li- beralismo sono venuti deducendo il nuovo diritto in ciascun ciltadi- no, diritto inaudito ai maggiori noslri anche pagani, di far pubblici con ogni liberta i proprii concetti.

La comune dei liberali non guarda tanto p2r le soltili, ne punto si briga di sapere 1'origine razionale di questo diritto, conferito ad essi dai loro capiscuola. Bista loro la deduzione ultima, che hanno sretta a domma del loro simbolo, ed a postulate della loro giuris-

ED IL LIBERALISMO IN ITALIA 510

prudenza : doe che, per naturale diritto, la parola e la stampa de- vono a ciascuno cssere liberissime.

Posto cio, a che mirano i liberali moderati, quando si sfogano cosi acerbamente, come ha fatto 1' Opinions, contro « gli eccessi >; della libera stampa ? Ad annichilare forse il principle , ad aboliro 1'uso e a distruggere 1' istituzione di questa liberta? Mai no: ch& intal caso cesserebbero di essere liberali, e rinnegherebbero il loro Credo. Mirano dunque evidentementc a sconfiggere solo 1' abuso. Di fatto \' Opinions j nell' arlicolo suddetto, predica « per un bene » la liberta della stampa, e la denomina « guarentigia la piu sicura del libero stato, e freno il piu possente all' arbitrio ed alia prevari- cazione *. E perche non si dubiti della mente sua e de' suoi , ribat- te il chiodo, con asserire magistralmente: che « tutte le idee c tutte le utopie debbono poter esser esternate, sostenute e difese ».

La cosa e manifesta. Si esalta V uso e si impreca all' abuso : si inciela la liberta e si scomunica la licenza. 11 male pero e, che i ter- mini medesimi con cui qui si defmiscono la pratica deir uso e la libeita, inchiudono necessariamente la pratica dell' abuso e la licen- za; e che quindi gonerano una ridicola contraddizione. Si vuole un fuoco, ma che non bruci: si \uole una peste, ma che non ammorbi: si vuole un tossico, ma che non avveleni.

Si vegga, anzi si tocchi con mano. In che consistono, di grazia, gli abusi della stampa, a cui esterminio tona cosi i omorosamente il liberalismo moderalo d' Italia? In questo, che rimmoderalo se ne serve per eccitare vili passioni, per corrompei e la plebe, per congiurare ai danni di ogni ordine, e per infamare il Governo, il Re e i suoi Ministri. Ma com' e possibile che la stampa non pro- rompa in questi abusi, d<Uo che ognuno debba esser libero d'usar- ne ad esternare, a sostenere, a difendere tutte le idee e tutte le uto- pie che gli bollono nel cervello?

Prendete una societa infetla, com'e presentemente la italiana, da uomini di parti diverse e avverse, per religione, per politica, per intei essi : concedete che tutte le idee e tutte le utopie vi si deb~ bono giuridicamente poter esternare, sostenere e difendere alia li- bera con la stampa; e poi diteci con quale miracolo si eviteranno

520 LA STAMPA LIBERA

gli eccessi di ogni sorta. Se I'uso giuridico porta cio, dunque chi ha le idee e le utopie dei repubblicani, potra sostenere e difende- re, contro il Re eletlo dai vostri plebisciti, la repubblica di Giu- seppe Mazzini : chi ha quelle dei socialist!, potra sostenere e di- fendere, conlro il decalogo ed il codice, che la proprieta e un fur- to : chi ha quelle dei comunisti, potra sostenere e difendere, con- tro il senso della natura, che il matrimonio e un servaggio, che 1'autorita e una tirannide, che la famiglia medesima e un assurdo : chi ha quelle degli atei o degli epicurei, potra sostenere e di fen- der e, contro i dettami della coscienza, che il culto di Dio e una menzogna, la differenza tra vizio e virtu e un inganno, le regole piu ovvie della morale sono un trovato degl' ipocriti.

Codeste sono infamie! sclamerete \oi; sono orribilita che met- tono raccapriccio !

Yerissimo, pur troppo! Ma sono idee: ed ammesso, corae lo ammettete voi, che tutte debbansi poter sostenere e di fender e, avete gran torto a lagnarvi che dagli scapestrati si sostengano e si difen- dano. Se ammettete il principio, per che ne ributlate le conseguenze? Se ributtate le conseguenze, perche ne ammettete il principio? Dalle morse di queste tanaglie non vi e scampo. La logica e inesorabile quanto la niorte : e, lo sentite, essa vi strozza.

V.

Ne qui terminano le contraddizioni. Yi e quella della censura preventiva, cui i liberali hanno sottoposto il linguaggio figurato. « La legge della stampa, scrive I'Opinione, stabilisce che i disegni, le incisioni, le caricature si debbano consegnare al fisco ventiquat- tro ore prima che siano esposte o messe in circolazione. »

Notiamo di passata essere strana cosa, che il liberalismo legi- slatore abbia eccettuata dalla comune legge di liberta una istitu- zioiw, qual e codesta delle caricature, tutta liberalesca di origine e di costume.

Ma senza ci6, una tale eccezione, per quanto sia in se commenda- bile , ove debitamenle si osservi, e nondimeno contradditoria al

ED IL LIBERALISMO IN ITALIA 521

principle informante la legge della liberta di stampa , ed al suo lo- gico svolgimento. Contraddice al principio della legge: poiche esclude dalla liberta un modo di esternare le idee, il quale nel con- cetto di essa liberta e naturalmente compreso. Contraddice al suo logico svolgimento : poiche se la censura preventiva si giudica ne- cessaria ad impedire i mali e gli scandali della lingua figurata, di paro si deve giudicare necessaria altresi ad impedire quelli della lingua alfabelica ; correndo tra le due lingue una semplice varieta accidentale, ed il pericolo dei mali e degli scandali diversilicando a pena solo di grado, non di specie.

Periodic la buona logica richiede, o che si asserisca il principio della liberta di stampa con tutti i suoi inseparabili effetti , o che si neghi. Ma asserirlo per una parte, e negarlo per un' altra : ma ac- .cettare per legge una porzione de'suoi effetli, e ricusarne similmente un' altra : ma decretare una eccezione per le idee espresse in una forma, ed aborrirla per le identiche idee espresse in un' altra, e ma- nifesta contraddizione, la quale addimostra fallace e nocivo tutto il fondamento di questo sistema legale.

0 sussiste nei cittadini il diritto di esternare liberamente tutte le proprie idee', ed allora perche ne eccettuate le idee in figura? 0 questo diritto non sussiste; ed allora perche lo promulgate?

VI.

Un'altra niente meno mostruosa contraddizione risulta dai decre- ti che reprimon gli abusi della libera stampa. Come ! voi liberali , per tirare i popoli dalla vostra, gridate a squarciagola che, se a voi si rendono, li beatificherete di ogni liberta, e soprattulto di quella di stampa: tostoche ve li siete soggiogati, cominciate a mettere innan- zi i loro occhi, scritto a lettere di scatola, nei vostri Statuti , che la stampa e libera; ed affinche comprendano chiaramente il significa- to di questa liberta, voi stipendiate giornali e giornalisti che inse- gnin loro, come qualmente, sotto il reggimento a libera stampa, ogni cittadino ha diritto di esternare, sostenere e difendere tutte le idee e tutte le utopiefol suo cervello; e poi, che e che non e?

LA STAMP A LIBER A

mscite subito fuori coi vostri bei decreti repressivi di questa accla- matissima fra le liberta ?

Ma, ragiona il popolo col suo natural scntimento, se vi hanuo idee ed utopie che non si debbano poter esternare e difendere, senza cadere in pena di multe o di prigionie ; perche dunque ci assordate col vostro diritto di poter tutto esternare e difendere ? E se questo diritto veramente si ha, perche ce ne impedite 1' eser- cizio colle vostre mulle e colle vostre prigionie?

Che possono a cio rispondere i liberali inventor! del diritto , au- tori della legge di liberta, e fabbricatori dei decreti di repressione? Una delle due. 0 rispondono che Y esercizio di questa liberta non puo essere illimitalo, senza scapito degli ajtrui diritti, e senza ri- schio di tutto 1'ordine sociale; e in tal caso atterrano da cima a fondo il preteso dirilto, ossia il principle su cui riposa la legge di libera stampa. 0 rispondono die certamente il diritto ci e e si ha; «d in tal caso confessano per iniqui i lore decreti di repressione. Quindi o e vero il diritto , e sono ingiusti i decreti ; o sono giusti i decreti, ed e falso il diritto.

Del resto, si desidera un argomento estrinse.co, ma convincentis- simo, della contraddizione che regna tra il principio della legge di liberty e gli articoli del codice che ne legano 1' esercizio? Si guardi 1'infmito lavorio, vera tela di Penelope, fatto e disfatto dal libera- lismo governante i varii Slati d'Europa, per mellere praticaraente d'accoi do quest! due termini, liberta e repressione, in materia di stampa. Sono ben ottant' anni, die il mondo assiste allo speltacolo di leggi proposte, sancite, emendate, ricusate, derogate, abrogate, obliate, risuscitate, particolari o totali, perpetue o temporanee, av- valorate con ordegni 1'uno piu mirabile dell' altro, di patenti, di fir- me, di diplomi, di responsabilita, di cauzioni, di bolli e di quant' al- tro sepper mai immaginare renlusiasmo, il fisco, la buona fede, 1'asluzia ed il coraggio politico. E dopo cio, che ri e avvenuto? Ne e avvenuto questo: che dove prepondera il principio di liberta, quasi uulla o arbitraria e la repressione; dove prepondera la ve- pressione, quasi nullo o arbitral io e il prineipio di liberta. Lo Stato nel quale quesli due termini vadano in buona armonia, ha ancor da

ED IL LIBERALISMO IN ITALIA

trovarsi: e per fermo non mai si trovera, fmo a che stara fermo che il bianco non puo esser nero, e che il nero non puo esser bianco.

L'esempio della Francia che, unica fra tutte le nazioni, ha fattc mille esperienze per concordare cotesti due termini, vale un Peru, Bramate conoscere, lettore, a qual nuraero ascendano gli atti, o leggi o decreti, o ordinanze concernerili la stampa, che dal 1789 al 184$ furono ivi pubblicati? A nulla meno che 81,366 : i quali, in cifra media, contenendo ognuno 50 articoli, ci danno la smisurata som- ma di 4,068,300 disposizioni, tutte compilate per tentare la concor- dia tra la liber ta della stampa e la sua repressions 1. Rimangona 25 anni per giungere sino ai di nostri. Di questi il computo non e ancor tirato: ma e grossissimo. E il sapere che son decorsi appena pochi mesi, da che una nuova legge per la stampa vi si e promul- gata, e sufficiente a far capire che la concordia seguita a cercarvisi: molto piu che se interrogate il Governo, circa la nuova legge, esso dirav\i che la (rede larga anche troppo di liberta; se invece ne in- terrogate i liberali , essi vi diranno che la credono eccessiva nella repressions. E cosi sara sempre, persino a tanto che si pretenda dar corpo atta chimera di una stampa lib era ad un tempo e repressa.

VII.

Ma, lasciando stare le sopra accennate contraddizioni, forseche il liberalismo dominante, nella pratica applicazione ch' esso ne fa tutto giorno, non contraddice pure alle sue stesse leggi contradditorie di libera stampa? Osserviamolo neiritalia.

Oui, come per tutto altrove, la libera stampa fu da lui sollevata a principio supremo di rinnovamento e di civilta, non perche lo sti~ masse vero, ma perche ne avea bisogno al doppio fine di foggiarsene un'arma di partilo, e uno strumento di dominazione. Con quest' arma in mano, esso ha guerreggiato a morte ogni potere ed ogni forza che gli contrastassero la prevalenza ; e con questo strumento in pugno, e giunto ad illudere i popoli, ad atterrirli ed a tenerseli assoggeltati . '

1 Veggasi il Manuale della stampa del sigg. Dubois c Jacob, in cui si legge questa statistica tntta particolareggiata.

324 LA STAMPA LTBERA

II polere piu saldo e la forza piu viva ch' egli vide contrapporsi , fu il polere dell'autorita legittima e la forza morale eke lo accompagna. Quindi, a ruina dell' uno e deiraltra, rivolse tulle le sue ballerie della libera stampa. Non v' ebbe diritto, per sacro che fosse, ch'egli non disconoscesse, non grandezza di maesta che non oltraggiasse, non evidenza di principii che non rifiutasse. E male a chi, riputando verita la sua liberta di stampa, Y avesse adoperata per resistergli e smascherarlo ! Tutti i decreti repressivi della sua legislazione ca- devano sopra lui, con un rigore spietato. Anzi non di raro contro lui si violava la legge e si escogitavano pene tiranniche : era per- sino abbandonato al furore di una sozza e compra plcbaglia. Chi non ricorda le turbe, assoldate dai pretoriani del liberalismo, per manomettere le slamperie, donde uscivano o fogli od opuscoli in di- fesa deH'autorita legittima e del buon diritto?

Medesimamente il liberalisrao governante si avvent6 , con la sua stampa libera, addosso la Chiesa cattolica, appoggio di ogni autorita ordinata, e meno di lei, del suo Capo, de' suoi ministri, de' suoi riti, delle sue ragioni, de' suoi dommi, do' suoi precetli quello slra- zio che ciascheduno sa. Nulla giovo che la religione cattolica fosse legalmente religione dello Stato, religione di tutto il popolo. Gli ar- ticoli di legge, repressivi delle ingiurie a lei recate con la stampa, giacquero morti e sepolti: e guai al pubblico ufflciale che li avesse disseppelliti, per tutela dell'ordine sacro e della morale cristiana! In- vece gli scrittori cattolici patirono infinite angherie fiscali, per che rei di sostenere, con libera parola, 1'onore e i diritti della fede, della coscienza, del romano Pontefice.

Con questo insulto perenne alia medesima sua legge di liberfa, non che alle leggi del santo, del vero e del giusto, il liberalismo « dottrinario » e moderate ha acquistato e mantenuto il suo predo- rninio politico in Italia. La gente proba e pacifica, iniendendo ch'essa era divenuta trastullo di una tirannide, tanto piu odiosa quanto me- glio dissimulata con le apparenze di liberta, non potendo altro, si e rassegnata al ilagello, e contentata d' implorarne dal cielo la libe- razione. Gli uomini piu ardent! e piu arditi si son venuti destreg- giando , secondo lor possa ed a rischio loro , per difesa della buona causa, ed hanno sfidata e sfidano la liberta-tirannia prevalente.

ED IL LIBERALISMO IN ITALIA 325

VIII.

Senonche la giustizia di Dio non ha per anco abolita la pena del taglione. In cambio degli onesti e clei cattolici, che non esercitane vendette, 1'ira celeste ha suscitati i garibaldeschi, i democratic!, i repubblicani, perch e menino la mazza a tondo sul dorso della signo- reggiante consorleria. Costoro, con gli « eccessi » della lor libera stampa, rendono presentemente ai moderati la pariglia degli « ec- cessi », onde questi hanno, alia lor volta, con la libera stampa, maltrattali si a lungo i cattolici e gli onesti. Gli uni e gli altri sono fralelli di lalte e figliuoli di una sola madre, la Massoneria ; e vero: gli uni e gli altri hanno comune 1'odio alia Chiesa, al Papa, al buon diritto, alia morale cristiana ; e verissimo : gli uni e gli altri coti- dianamente e concordemente bestemmiano, calunniano, vilipendono quanto e di sacro e di venerando sulla terra; e fatto incontrastabile. Ma gli immoderati, per ansia di salire al comando e di scavalcare gli emoli che se lo godono, e questi per cupidigia di restarvi e di goderselo, si accaneggiano a vicenda, si mordono, si abbocconano, che e una delizia. E siccome quelli son piu forti di audacia, di petu- lanza c, diciam pure, altresi di logica, cosi interviene che i moderati €scono ordinariamente dalla zuffa colle ossa peste e col capo rotto.

A nessuna cosa ed a nessuna persona, delle piu rispettabili pei moderati, portano rispetto questi lor infensi rivali. Com' essi nei loro fogli hanno gia buttato il fango sopra tutti i legittimi poteri, sopra tulto Tordine ecclesiastico, sopra tutto quanto sa di cattolici- smo; cosi la « stampa indegna » della democrazia butta ora il fango addosso il loro Re, il loro Statuto, i loro Ministri, i loro Deputati, i loro Prefetti, i loro aderenti, la loro politica, la loro amministrazio- ne, la loro yita pubblica e privata. Cotalche pel liberalismo che ha fatte le annessioni, che ha \into a Castelfidardo, che ha espugnato Gaeta, che ha felicitata, come tutti vedono, 1'Italia, pare sia proprio venuto il momento del reddet animam pro anima, oculum pro ocu- lo, denlem pro dente, manum pro manu, pedempro pede, adustio- nem pro adustione, minus pro vulnere, livorem pro livore 1.

1 Exod. XXI, 23-25.

526 LA STAMPA LIBEJU

In quel modo che gli Egiziani di Faraone furono gi& dati in pre- da ad un esercito di cavallelte, nello stesso i fidi liberali del Regno italiano sono al piesente in balia di uno sciame di fogliettucciacci, i quail, grazie alia libera stampa, li tormentano, li lacerano, li ira- figgono, li martirizzano senza posa. Oltre i giornali piu special- mente politici, quasi ogni cilta e provincia ha i suoi giornaletli, \c- spe o zanzarc faslidiosissime, che \ivono di scandali, di cronachette, di aneddoli, di satire, di maldicenze, di novette ai moderati insoppor- tabili : gli Zenzeri, i Buoi, gli Asini e le Lanterns di Firenze, gli Stafflli di Bologna, i Gazzettini rosei:e rossi di Milano, i Ficcanasi di Torino, le Malelingue di Napoli e simili, lullo spiano e lulto trom- bano, e, quando manca o scarseggia la realla, suppliscono colla ca- lunnia. Ed alia calunnia, chi mai ha dato presa piu salda che i « con- sorti »? In punto massime di arricchimenti subitanei, di peculali, di furti, di trufle, di dilapidazioni, chi puo affernwe che siano iire- prensibili? Oueslo e anzi il loro lalo debole, e quindi il piu offeso dai pungiglioni avvelenati e dalle lingue Irisulche di quella « stampa minuta e faziosa, che tulto ammorba », come ben dice la Opinione. La quale pero con gran ragione si lagna, perche una tale stampa « si studia soprattutt« di persuadere le plebi, che in Italia tulti son ladri » : tutti, s' intende, i liberali che maneggiano la meslola del Governo. Oh « stampa indegna », vera « piaga » di chi si degna- inente ha usato della liberta di stampa !

Maggiormente che non vi ha riparo a schermirsene. Gli aiticoli repressivi della legge nienle possono contro questo « morbo epi- demico ». II fisco, quand' anche avesse i cento occhi di Argo e le cento mani di Briareo, non giungerebbe a dare la caccia a tanto sciame d' insetti. I sequestri o non arrivano in tempo, o son delusi dalla malizia e dalla imperlinenza giornalistica, II fatto e, che i se- questri sono il mezzo piu efficace di moltiplicare lo spaccio dei fo- ^lietti maledici : onde si ambiscono come fayori. II peggio poi e, die i maligni sanno accomodar le loro capestrerie per forma, che il li- sco, posto ancora il sequestro, spesso non osa citare i rei a' tribu- Bali, per tema di aggravare gli scandali, in luogo di vendicarli; o perche, citali da lui, i rei, con suo danno e beffa, riescono as-

ED IL LIBERALISMO IN ITALIA 527

soluti. Yalga questo recenlissimo caso per tutli. L' Unith italiana, diario « ufficiale » di Giuseppe Mazzini, ai 15 di Novembre, dove1 essere giudicata dal pubblico « verdello » del giurati di Milano. Dodici erano i capi d'accusa, per undici sequestri giuslificati, se- condo il fisco, da offese al Re, da voti per la dislruzione dell'or- dine monarchies, da eccitamenti all'odio e al dispregio del Governo regio, da adesioni alia rcpubblica, e Ala via. Ebbene, il magistrate popolare, assolvelte per tulti i dodici capi il giornale mazziniano : <li che il fisco si e sentito cadere il cuore e la faccia per terra ; e si lia avuto le fischiate da tutto il giornalismo grosso e minulo della democrazia 1. II perche, comunque si guardi e si riguardi, questo, per i poveri moderati, e un malanno senza rimedio: appunlo come, pei catlolici e per gli onesli, la persecuzione della stampa dei mo- derati e stata linora un flagello senza scampo.

I liberali doilrinarii d' Italia vengon dunque percossi dalla dhi- im giustizia, colla « piaga » che si sono meritata. Eglino errantes colebant, e tutlora colunt, mutos serpentes et bestias supervacuas, cioe tulle le mostruosila del liberalismo massonico, a' cui malefici cffelti, per mezzo segnatamente della Hbera stampa, sottoponevano e soltopongono la Chiesa ed il cattolicismo : pero Iddio immisit >sopra \oromultitudinem... animalium in vindictam, che li divorano con la medesima slampa libera, ut scirent, quia per quae peccat quis, per haec et torquetur 2. Ed a colmo d' ignominia, non hanno altra via di sottrarsene, fuorcho ricadere nella contraddizione di iutte piu vergognosa, che e domandare « la cuftia del silenzio » con ima nuova legge, la quale, in nome della liberta, conceda a sol essi il libero stampare, e lo tolga a tutti che non la pensino come loro. Questi per altro sono sterili desiderii. Yorrebbero ma non possono. « Yolete forse ridurci al silenzio, imbavagliandoci, e coi compri pretest! di quella a voi venduta, pei reconditi vostri fmi, muover guerra a tutta la stampa onesta e liberale ? Oh cari ! non indu- giate. Noi non abbiamo ad additarvi che un esempio? 1'esempio della

1 V. la Riforma di Firenze dei 18 Novembre 1868.

2 Sap. XI, 16-17.

528 LA STAMPA LIBERA ED IL IIBERALISMO IN ITALIA

Spagna. Coloro che attentarono alia liberta della stampa, resero ua bel servigio alia corona di Spagna; e voi, mi duole il dirvelo, seni- rete meglio la corona d' Italia, e la menerete a calcare la via del- Fesilio ». Cosi parlano i meno veementi fra i nemici dei moderati 1. Alle minacce quindi di « una cuffia del silenzio » , i democratic! ri- spondono colla minaccia di far calcare la via deir esiglio a chi por- ia in fronte « la corona d' Italia ». E i moderati sanno troppo, che « 1'esempio delle Spagna » non e addotto a caso.

IX.

Dalle cose fin qui ragionate ed esposte, pare a noi che il gruppo delle contraddizioni teoriche e pratiche, concomitanti e susseguenti il moderno principio della liberta di stampa, risulti, nell' Italia mas- simamente, lucentissimo. Da un assurdo non possono derivare che assurdi, e qualora quest' assurdo si piglia a regola sovrana di un'ap- partenenza primaria del viver civile, e inevitabile che ne nascano disordini, contrasti e perturbamenti generator! di barbaric. In fatti, il principio d'indipendenza assoluta della personale ragione, da cui scaturisce quello della piena liberta di stampa, fino ad ora non ha avuto in Europa effettuazione, se non o arbitraria, o dissolutrice della societa. Da per tutto pbi e sempre e soggiaciuto a temperament!, sug- geriti piu dall'interesse di parte, che dai dettami della ragione. On- de in conclusione e stato, ed e, e sara di continuo negato o affer- mato contraddittoriamente, secondo il tornaconto di chi, uomo o par- tito, occupa il potere o agogna di occuparlo.

Piu bella e piu splendida giustificazione delle condanne date dalla Santa Sede al principio ed all' uso di questa calamitosa liberta, non puo adunque desiderarsi. L'esperienza di omai un secolo conferma quelle condannazioni, e fa palpare, non che vedere ai popoli, che la moderna liberta della stampa e nell' effetto un delirio ed una liberta di perdizione pubblica e privata, politica e religiosa.

1 Luce e Verila di Torino, num. Novembrel868.

LA MORALE PROTESTANTE

E LA MORALE CATTOLICA

Una delle ragioni per le quali molti protestanti veputano inutile e da non tenersi 1'invito loro fatto dal S. P. Pio IX al ritorno aH'imita cattolica, neU'occasione del prossimo Concilio ecumenico, si e, come dicemmo in un articolo precedente 1, 1'osservazione che essi dicono aver fatta sopra la pressoche uguale, se non anzi forse maggiore mo- ralita, che essi affermano regnare nelle popolazioni protestanti, a pa- ragone delle cattoliche; donde deducono che lareligione prqtestante dee essere almeno uguale in bonta alia cattolica, poiche produce nei suoi professori i medesimi buoni effetti. E cio posto, a che fine mu- tare di religione?

Se si dovesse disputare se il tale o tale altro protestante, o an- che se il tale o tale altro villaggio o paese protestante, sia migliore nei costumi del tale o tale altro cattolico, o villaggio e paese catto- lico, non ci vorremmo punto fermare in tale discussione, dalla quale in ogni caso non si conchiuderebbe nulla in favore di nessuno. Giac- che se una religione si ha da giudicar buona o cattiva dall' osser- vanza dei precetti morali, mantenuta da alcuni o anche molti dei suoi adepti, potrebbe darsi che, mentre sopra cio disputano cattolici e

1 Vedi questo volume, pagina 386 e seguenti. Serie VII, wl IV, fasc. 449. 34 21 Nnmltre 1868.

330 LA MORALE PROTEST ANTE

protestanli, venisse un terzo a dimostrare che i seguaci di una qual- sivoglia altra religione hanno anche tra loro chi forse avanza in morale quei tali particolari individui cattolici e protestanti, sopra i quali si e istituito il paragone.

Si sa che, come la religione cattolica non rende impeccabile nes- suno, cosi la setta proteslante, o qualsivoglia altro falso culto, non rende necessariamente peccanti i suoi seguaci. I quali, se si trovano in buona fede, possono anche salvarsi; e se si trovano in mala fede, non per questo non possono essere, sia in se stessi, sia, e molto phi, neir eslerna apparenza e agli occhi degli uomini semplici , manteni- iori della parola, veritieri, astmenti dell' altrui, costumali e, in una parola, morali, in guisa che possano essere proposti per esempio a niolti cattolici, che della loro religione non osservano i precetti.

Se poi si considera che molte contrade che seguono alcune delle tante sette protestanti, sono abilate da popoli semplici e poveri, dove quella che chiamasi appunto moderna civil poco o nulla entro, non sar£ maraviglia se, istituito il paragone tra i oostumi di certi dati popoli protestanti, e i vizii di certe dale citta cattoliche, si trovi di fatto che una certa morale, almeno in quanto apparisce, e piu os- servata dai primi che non dalle seconde.

Si dee inoltre considerare che quei protestanti che istituiscono simili paragoni e simili argomenti sono ordinariamente viaggiatori, che dai loro paesi protestanti muovono nelle terre cattoliche, tutti pieni di pregiudicate opinion! , tutti zelanti dell' onore e gloria delle proprie patrie e sette, tutti desiderosi di trovar i paesi cattolici pieni di difetti e di vizii, e tutti naturalmente inclinati a veder tulto in nero e in peggio, a nulla scusare, a tutto esagerare e condannare. Si credono ciononostanle in ottima fede e senza pregiudizii, e giu- dici imparzialissimi, benche, fra gli altri loro sbagli ordinarii, com- mettano poi se*mpre questo di paragonare il popolo delle campagne protestanti, da loro ben conosciuto, col popolo delle grandi citta cat- toliche, che sole essi visitano con qualche cura. Parlano poi e scri- vono secondo il giudizio formatosi cosi non solo a caso ma a torto , e sono nondimeno creduti da molti che si fidano di loro reltitudine c naturale onesta. Donde accade che costoro e quelli che loro pre- Jtg

E LA MORALE CATTOLICA 531

stano ogni fcde, non si possono facilmente convinceve con argomenti di fallo, cui dicono avere essi stcssi verificato meglio di lulti coi loro occhi e loccato colle loro mani.

Yolendo noi dunque ragionare con costoro e convincerli, ci con- yjene prendere la via delle ragioni che conchiudono per se e indi- pendentemente dai faiti speciali, i quali nulla o poco conchiudono in questo particolare , anche quando sono pienaraente verificati; ben- che sia poi, di falto, diflicilissimo il ben verificarli. Ne a questo ar- gomento valgono molto le statisliche. Giacche in primo luogo e chia- ro che si puo facilmente presupporre parzialila in chi le compone, essendo naturale che ognuno si serva della elasticita delle cifre e delle molteplici arli di raggrupparle, per dar vinta la causa alia pro- pria patria o religione. Quando anche non si supponesse niuna par- zialita, alnieno si puo quasi sempre supporre difetto di qualche ele- mento statistico, necessario per allro a dedurre la conclusione. Cosi, per esempio, se in un dato paese consta per la statistica che il nu> mero dei delitti e minore che non in un altro, non per questo solo si puo tirar niuna conseguenza sopra la moralita dei due paesi, se non si tiene insieme conto della solerzia e del numero degli incaricati di arrestare e giudicare i rei, e di altre circostanze material! e mo- rali : potendo benissimo accadere che il minore numero dei delitli sia prova di peggior morale, quando accadesse, come di fatto ac- cade talvolta, che, o vi sia molta arle nel saperli commettere in se- greto, o vi sia molta complicity e negligenza nella polizia, o i gh> rati dichiai'ino spesso innocenli i rei. In un paese dove il senso mo- rale fosse si depravato, non apparirebbe dalle statistiche se non che innocenza, mentre invece vi sarebbe la morale piu scaduta che al- trove. Per contrai io un gran numero di delitti commessi in un paese agitato da gravi circostanze poliliche , non dimostrerebbe la mc- ralil^i sua peggioie di quella d'un altro paese, in cui i delilti minori di numero fossero pero commessi senza nessun incentivo particolare di circoslanze.

Quand' anche poi le statistiche dei delilti nei varii paesi fossero esatlissime e tenessero conto di tutti gli element! necessarii a poter- le rendere apparentemente concludenti, anche in tal caso non si po-

032 LA MORALE PROTESTANTE

trebbe nulla conchiudere con sicurezza. Perocche chi e morale e eo- nosce la morale, sa che la moralita di un individuo non si misura o giudica dall'atto esterno, ma dall' interne circostanze che sole sono morali, e sole conchiudono per la moralita dell'atto, e sole appunto sono invisibili all'occhio umano. Dimostri pur dunque la statistica che nel tal paese vi sono piu omicidii, per esempio, che nel tal al- tro; cio non provera nulla per la moralita, finche non si sappiano Ic segrete circostanze della passione, die spesso toglie o diminuisce 1' immorality dinanzi a Dio. Che se, per converse, nel paese dove la statistica non trova omicidii, Dio vede i cuori pieni abitualmente di odio, di livore e di desiderio di vendetta, non saputasi o potulasi sfo- gare per codardia o per altra cagione, e chiaro che questo paese sara di fatto meno morale che 1'altro, benche secondo la statistica appaia piu morale.

Tutte queste cose non si dicono da noi contro la Statistica, che e rispettabilissima in se stessa ed acconcia ad utilissimi risultali; ma si dicono sopra la Statistica, d'accordo coi piu accreditati suoi culto- ri, per far vedere quanto sia malagevole il ben usarla, specialmente per dedurne conseguenze sopra la parte morale, che e la piu ascosa agli occhi umani, anche piu perspicaci. Donde vogliam or a soltanto ricavare che, per giudicare sicuramente e senza pericolo d'abbaglio sopra la moralita relativa dei popoli catlolici e protestanti, se la Sta- tistica puo servire a qualche cosa, non puo dare una prova conclu- dente ; e bisogna percio ricorrere ad altra via.

Or questa via non puo essere altra fuorche la regia e comune del paragone, non gia tra i tali protestanti e i tali altri cattolici, ma tra la stessa religione protestante e la cattolica, nella loro parte morale. Si tratta cioe di paragonare tra loro i precelti morali del cattoli- cismo e del protestantesimo , e di giudicare qual dei due sia piu morale, se il protestante che vive secondo i precetti morali del pro- testantesimo, o il cattolico che vive secondo i precetti morali del cat- tolicismo. Per ferrno, se voi paragonate tra loro un protestante che vive bene, e un caltolico che vive male, e chiaro che il piu morale dei due sara il protestante. E cosi pure, se paragoninsi tra loro un turco che vive bene e un protestante che vive male, il piu morale

E LA MORALE CATTOLICA 533

del due sara il turco. Ma cio che prova? Nulla. Giacche non e la quistione, se chi vive secondo la morale (a qualunque religione ap- parlenga di nome) , sia piu morale di quello che vive contro la mo- rale. La quistione posla cosi , sarebbe assurda. La queslione e tra due morali di due religioni , non tra due morali di due individui. Esaminiamo dunque i precetti morali del cattolicismo e del prote- slantesimo : e quando avremo veduto quali dei due siano piu morali, allora avremo sciolto subito e facilmente il problema della moralita delle due religioni. E sciolto questo, sara anche sciolta la opposi- zione di alcuni prolestanti all' invito del S. Padre. Conciossiache, il sommo Pontefice non invita gia i protestanti a vivere come il tale o tal altro cattolico che vive male, ma li invita a ritornare nella re- ligione cattolica, che comanda di viver bene.

Or benche agli occhi degli stessi protestanti istruiti debba appa- rire qui evident e 1'avveramento di quel detto, che un problema ben posto e mezzo sciolto ; vale a dire debba apparire sciolta ormai da se medesima la questione in favore della morale cattolica ; pure, giacche 1'occasione si presenta, non vogliamo trascurare di mettere un' altra volta in luce 1' immoralita , non gia dei protestanti , molti dei quali certamente vivono moralmente, ma della religione prote- stante , secondo la cui morale chi vive dee necessariamente mal vi- vere. Per fermo molti protestanti possono far arrossire, col paragone della loro vita, molti cattolici. Ma arrossiranno parimente i protestan- ti nell' udire i precetti di loro morale, contro i quali poiche protesta- no, come amiamo credere, colla loro vita, perche non protesteranno ancora coll'abbandono di loro setta perversa, e coll'adesione all' in- vito del Sommo Pontefice?

Non ci Yogliamo punto fermare sopra i due famosi principii im- nioralissimi, ed anzi fonte d' ogni immoralita, collocati pero come fondamento del protestantesimo dai due suoi capi principali, Lutero e Gal vino. L'uno dei quali negando la necessita delle opere buone, e I altro la responsabilita, tolsero i cardini e i fondamenti di ogni mo- rale. Diceano i due fondatori del protestantesimo, che questa loro morale e dottrina era la pretta evangelica. Ma, se cosl fosse, il Yan- gelo sarebbe piu immorale del Corano. Gran giudizio di Dio questo,

LA MORALE PROTESTANTE

che i due piu celeLri protestanti, anzi capi delle principal! sette pro- testantiche, i quali vollero leggere da se nel Vangelo senza la guida della Chiesa, vi trovassero appunto quello che, se vi fosse, baste- rebbe a dover far bruciar il Yangelo, come il maestro di ogni piu sfrenata immorality. E quest! sono coloro che predicavano il piiro Vangelo! E si chiamavano anzi, per anlonomasia, predicant!! E co- storo \?olevano il Vangelo solo, da loro soli spiegato, senza niuna au- torita ne ingerenza della Chiesa catlolica ! E questa Chiesa cattolica era, ed e da loro ancor presentemente, accusata di falsar il Vangelo ! Or bene, con tanta boria, con tanta superbia, con tanta erudizionc di greco e di latino, con tanta altenzione che essi doveano natu- ralmente porre a non cadere in grossi abbagli antievangelici , essi, i pretesi evangelic! , per prima cosa , per primo fondamento , per bocca dei loro gran capi Lutero e Calvino, trovarono e predicarono che il Vangelo insegna che la fede sola basta senza le opere, che 1'uomo non e libero, e non e responsabile delle sue azioni : in altri termini che Y uomo non e un animale morale! Non basta egli forse questo solo scappuccio morale del nascente protestantesimo, per con- dannarlo come immorale radicalmente, fontalmente, insanabilmente? Sappiamo benissimo che i prolestanti, coi quali discorriamo, o non tengono questi principii , o non li seguono in pratica. Fu pero elevata teste, per loro cura, una statua a Lutero nel centro del lute- ranismo. ]\7e sappiamo quanto sia morale questa apoteosi di un uomo che predico V immorality come fondamento della religione prote- stante. Ma non curiamo questo. Solo osserviamo che, poiche i pro- testanti morali son ora costretti a protestare contro i pi incipii moral! dei principal! capi e fondatori di loro religione, tanto v&rrebbe che concedessero subito che la religione loro nei suoi principii e immo- rale. Che se questa loro religione , quale vogliamo credere che da loro presentemente si pralica , non e immorale , cio accade perche essa non e da loro osservata nella parte morale ; nella quale seguo- no invece, come amiamo credere, i principii veramente evangelic! e sempre insegnati dalla Chiesa cattolica , da cui malamente ed a torto si separarono.

E LA MORALE CATTOLICA 535

Ma ora i protestanli ci dicono che il vero principio di loro reli- gione, e quello per cui essa si distingue veramente dal catlolicismo, non e altro che il libero esame, grande conquista di Lutero e di altri capi setta , i quali , se non trovaroao quel principio , almeno lo dis- seppellirono e fecero rifiorire. Poiche, volendo i protestanti esser evangelici, e seguaci del Vangelo puro, devono pure negare ai loro capi la, gloria di aver scoperto questo principio. II quale, se pure e evangelico, e antico come il Vangelo e dee essersi conservato in qual- che modo in tulti i secoli , se pure la Chiesa evangelica non e una volta peiila per via : il che certamente non sarebbe evangelico. Ma, o nuovo o vecchio, e certo che questo del liber o esame e il principio ora ammesso da tutti i protestanli, come il fondamento e ii cardine di loro religione , parendo essi in questo solo d' accordo ; e quanto ai principii luterani e calvinisti della sola fede e non liberta e re- sponsabilila umana, avendoli abbandonati o almeno tacendone il piu che possono, e quasi vergognandosene : nel che fanno bene.

Ma non fanno pero bene a credere che, avendo adottato come prin- cipio onorato- e da potersi riconoscere e confessare senza vergogna queslo principio del libero esame, sia per questo stesso divenlata la loro religione meno fontalmente, radicalmenle e insanabilmente im- niorale, di quello che sia in forza dei due principii di Lutero e di Cal- vino. Giacehe donde mai Lutero e Gal vino fecero scaturire quei loro due immoralissimi principii, dai protestanti stessi ora sconfessati e celati ? Non certo da altro che dal libero esame, applicato da loro liberissimamente al Vangelo. E donde scaluri ora il mormonismo e tante altre sette? Dal libero esame. Che se alcuni protestanti natural- mente onesli e retti si servono , come vogliamo credere , del libero esame per trovare nel Vangelo quella morale che vi e, altri assai pur Iroppo se ne servono per trovarvi quella che loro talenta. Della quale fccondita, mostruosa del protestantesimo nel generare ogni giorno nuovi portenti di sette, 1' una peggiore e piu pazza dell' altra, ne e testimonio tutta la storia ecclesiastica di quest! tre secoli, da che la riforma protestante sorse a ruina di tante anime. Or donde nacque- ro queste sette e i loro errori? Nacquero dal gran principio, cosi lodato dai moderni evangelici, del libero esame, applicato libera-

536 LA MORALE PROTESTANTE

mente e senza ritegno, e nella guisa appunto che richiede 1' esame per essere veramente libero, alia guisa protestante, da ogni eslerna autorita, e regolato solo dallo spirito privato.

Se dunque ben si consider! , si vedra che tra i due infami e pes- simi principii protestantici della non necessita delle opere e della non liberta e non responsabilita umana (principii per la loro chiara ed evi- dente immoralita rinnegati ora, e scouosciuti dai protestanti medesi- mi), e ilterzo principio del libero esame, portato ora intrionfo in ve- ce dei primi due e mostrato a tutli come il piu bel trovato della Rifor- ma; si vedra, diciamo, che tra questi principii, il peggiore ed il piu immorale si e ancora il terzo del libero esame, dal quale, come da fon- te prima impurissima,si originano e i due diLutero e di Gal vino e tutti gli altri trovati e da trovare dalle innumerevoli selle protestantiche dei due mondi, passate, present! ed avvenire. Infatti non si puo da niuno negare che, posio il principio protestantico del libero esame da applicarsi da ciascuno individuo liberissimamente al Yangelo , resta non solo libero ma obbligatorio in coscienza a ciascuno di seguire in pratica quella morale, che egli avra trovata col suo privato giudizio. E cosi sara non solo libero, ma doveroso ad ogni protestante di ri- spettare V altrui opinione morale qualunque siasi, fosse anche quella, che ora comincia ad esser alia moda tra i protestanti, del pretto ra- zionalismo ed anche dell' ateismo , secondo la quale ora operano tanti che non vogliono piu preslar il giuramento voluto dai Tribu- nali, perche non credono in Dio; e cominciano difatti ad essere ri- speltati in quesla loro opinione , modificandosi in favor loro le leggi e gli usi curiali. E se a costoro verra in capo di dichiararsi dispen- sati dalle opere buone e non liberi e non responsabili, converra rispettarli anche in questa loro opinione. 11 che veramente non si fece finora e non si fara, crediamo , mai , perche 1' ordine pubbli- co e privato ne anderebbero toslo a soqquadro ; e i tribunali, e le carceri e i codici, e ogni apparato sociale dovrebbero abolirsi come tirannici e immoral!, quando si ammettesse come vero in pratica cio che pure dee ammettersi come vero in teorica, secondo la morale e il principio protestante.

E LA MORALE CATTOLICA 537

E poiche e venuto ora in capo a molti protestanti di negare lo stesso protestantesimo, pure pretendendo di rimanere protestanti e godere le prebende e gll uffizii del protestantesimo, si e dovuto pie- gare il capo a questa loro pretensione da loro scoperta nel Vangelo. Si die ora il protestantesimo comprende anche eoloro che negano la divinit^ di GesuCristo* e la ispirazione soprannaturale del Vangelo; essendosi verificato quest' assurdo, che parea impossibile: cioe che eoloro appunto i quali si chiamano evangelici , e del Vangelo fanno in teoria tanto conto che, per maggior pretesa venerazione verso di esso , si separarono dalla Chiesa cattolica che abbastanza , secondo loro, non lo venerava; costoro appunto sono venuti a negare lo stes- so Vangelo e lo stesso Cristo , e ciononostante a credersi ed esser creduti buoni evangelici e buoni cristiani. Ma cosi dee essere in for- za del principio del liber o esame.

Aqual fine dunque verreino noi ora partitamente narrando le particolari e infinite massime immorali,scaturite dal protestanlesimo e mostratesi in tante sue sette, sia nei secoli passati , sia al tempo nostro? II che del resto non puo riuscir nuovo a nessuno il quale solo si ricordi dei Mormoni. Ma basti 1' osservare lo stato in cui e ora la societa in quasi tutta Europa, in opera di principii morali. Confesso il Times, e lo notammo in un articolo precedente 1, che lo spirito di libeita e di rivoluzione, che regna al presente nel mondo, e opera e frutto del protestantesimo. Or bene quali sono i principii morali che dominano ora nelle sette moventi e nei popoli mossi all' anarchia so- ciale de'nostri tempi? Tutti sanno che il socialismo ed-il comunismo professano che il furto non solo e lecito ma doveroso, per rendere uguali, fratelli e liberi tutti gli uomini. Niuno ignora che il matrimo- nio e condannato anch' esso come una schiavitu da rompersi col ,di- vorzio quando si vuole,o anche colla stabile comunanza delle mogli. E notissimo che neanche si reputa vizio piu , ne difetio , la fornica- zione, cui si erigono ogni giorno nuovi tempii e nuovi incentivi, con qnanto puo la civiM detta moderna, con tutte le sue arti e con tutti i suoi trovati. Si sa che il principio che il fine giustiftca i mezzi non

1 Yedi questo volume pag. 396-97.

B38 LA MORALE PROTEST ANTE

solo e praticato in segreto, ma predicate in pubblico; tanto, che quan- do si mino in Roma la caserma Serristori , non solo non inorridi nes- suno dei patrioti formati in questa scuola, ma i loro giornali dissero anzi chiaramente che, poiche il mezzo era ulile, si era fatto bene ad usarlo. E questo disse il Courrier francais dei 15 Novembre 1867, in lisposta all' Union, che avea accusalo i democratic! di non aver di- sapprovaio quell' assassinio. «Noi confessiamo (rispose il Courrier) che non solo noi consideriamo gli avversarii dei clerical'! come in quel pieno diritto di difesa in cui tutti i mezzi sono legittimi: ma ancora noi pensiamo che sarebbe un vero servigio reso all' umanita il purgarla di questa setta malvagia , e che tutti i mezzi son buoni per yimgere a un risultato cosi desiderabile. » A pag. 533 del vol. XI! della nostra Serie VI si trovera il teslo francese di questa bella morale.

Che questi principii siano frutti del protestantesimo apparisce chiaro, sia logicamenle dal principio del libero esame, sia storica- mento dal fatto che la sede princip ile e originaria delle setle se- grete e appunto queirAllcmagna, che e la sede principle e origina- ria del prolestantesimo, sia, per cosi dire, giudiziariamente dalla confessione del Times, che dice doversi attribuire al protestantesimo

10 spirito di ribellione che regna ora in Europa, contrario a quanto predica e insegna la Chiesa catlolica.

Donde si ricava che, se fra i protestanti si trovano, come facil- ineute ammeltiamo, persone osservanti della vera e buona mora- le, esse sono tali non per che, ma benche protestanti. Vale a dire;

11 protestante, se vive secondo la morale di sua setta, dee esser ne- cessariamente immorale; e se e morale, cio accade peiche egli vive secpndo la morale evangelica, p? edicata ed insegnata dalla Chiesa cattolica.

Per converse il caltolico che vive male, e contro i precetti della morale, vive cosi a dispetto e ad onta degli insegnamenti e dei pre-» cetti della sua religione e della sua Chiesa; laddove invece il catto- lico morale e santo e tale in forza dell' osservanza dei precetti di sua religione.

E LA MORALE CATTOLICA 339

Che poi siano molti o pochi quei cattolici che vivono secondo la morale cattolica, cioe bene e moral mente, cio non fa propriamente e direltamente alia questione, piu di quello che faccia il sapere se siano molti o pochi quei protestanti che vivono secondo la morale proteslante, cioe male e inimoralmente.

Diciamo che cio non fa alia quistione direttamente e propriamen- te : giacche la propria e diretta quistione non e alira se non che il sapere, quale delle due religioni sia la piu morale ; e posto che questa sia la cattolica, anzi unicamente la cattolica, se i protestanti possano scusarsi dal tenere 1' invito del S. Padre per la possibile ragioue che tra i protestanti si trovino molli che non vivono secon- do la morale della loro religione e percio vivono moralmente.

Ciononostante e chiaro che, per quanto si voglia ammettere, si per amor di verita come di corlesia, che molti sono tra i protestan- ii coloro che a dispetlo del protestantesimo vivono moral menle, pure molto piu dee esser vero queslo doi catlolid, i quail hanno rinestimabile vantaggio di trovarsi nel lume della verita e nel foco- lare della caril£,colla grazia dei sacramenli e colla guida infallibile della Chiesa. E per ferrno sarcbbe mollo strano se, com'e visibile la vera Chiesa, cosi non fosse visibile la sua santita, come nella sua dottrina cosi nei suoi membri. E che questa stranezza non abbia pun- to luogo, e si verifidii in pratica l.i moral ita dei caltolici scnza para- gone maggiore che non quella dei proteslanti, come si verilica in tcorica delle loro massirne e dei loro principii, apparisce gia abba- stanza dal delto qui sopra dello spirito anarchico, ribelle, democra- lico e socialistic!) che e sofliato dal prolestantismo nei popoli catto- lici. Donde si ricava che i protestanti, che sono apostoli di questo spirilo maligno, debbono esserne piu infoimati e compresi che non i cattolici che d i loro il ricevono.

Unaltro indizio chiaro della maggior moralita dei caltolici e 1' apo- stolatocontrario, che dai catlolici e esercitato,nello spirito tutto evan- gclico di carita e di beneficenza cristiana, verso i piu miserabili per solo amore di Gesu Ci isto, a solo intuilo della mercede eterna, e senza niuna umana consolazione, ne gralitudine. Quest' apostolato £ si comune nel cattolicismo, che fiorisce come da se dappertutto.

540 LA MORALE PROTEST ANTE

E tanto fiorisce che i cattivi ne sono spaventati, come di cosa molto pericolosa alia loro influenza. Si che i protestanti ingelositine vollero mostrare anche essi do. che sapeano fare in opera di carita. Ma i loro sforzi sono coronati di piu successo quando sono diretti a persegui- tare, calunniare e distruggere le associazioni di carita cattolica, che non quando si volgono a fondarne delle somiglianti. Le suore di ca- rit& anglicane e le diaconesse di Berlino sono conosciute soltanto dai piu eruditi. E i protestanti stessi dovettero concedere, che non e in loro potere di nulla, non gia fare, ma neanche tentare che si assomi- gli pur da lungi alle suore di carita , alle suore dei poveri , ai mille ordini di uomini e di donne, che nel cattolicismo attendono all' eser- cizio di ogni carita.

Un terzo indizio della maggior moralitk de' cattolici sta nella fa- cilila somma che si trova in loro, di dar il proprio alia loro Ghiesa. Infatti la Chiesa Cattolica non ha bisogno, per esser ricca, che di esser lasciala libera di accettare i lasciti dei suoi figliuoli. Rubino pure i liberal! e \ protestanti alia Chiesa Cattolica tutto il suo. Se essi pero lasciano nella legislazione uno spiraglio aperto alia Chiesa, perche possa ricevere e ritenere, non passano molli anni che essa e di nuovo ricca quanto prima. 11 che avendo veduto i suoi saccheg- giatori, che la vogliono povera perche non possa operare, hanno in- trodotto nei codici infiniti articoli, al solo scopo di impedire ai fede- li di nulla dare alia Chiesa, ed a questa di nulla ricevere. Pure la Chiesa trova sempre tra i suoi fedeli il modo di avere, non solo il nc- cessario, ma il decoroso. E citiamo qui, a cagion d'onore, per esem- pio solenne, 1' Irlanda cattolica. I protestanti invece hanno bensi ar- ricchita la loro Chiesa di quanto rubarono alia caltolica. Ma non si sa che diano molto del loro ; benche per fermo nulla impedisca che diano , e quando hanno dato niuno pensi a rubare alle chiese prote- stanti: le quali , per esempio , in Italia, nel poco che aveano, sono le sole che non siano state derubate.

Dal quale spirito di carita e di disinteresse, che tanto regna nel cattolicismo, sorge il quarto indizio infavore della maggior moralita dei cattolici nei tanti Santi che continuamente sorsero e sorgono tra loro. 1 quali si chiamano Santi, perche portarono fin all' eroismo

E LA MORALE CATTOLICA 541

quello spirito di perfezione, che il Yangelo in parte consiglia e in parte comanda ad ogmmo. Ora sc questa perfezione si trova attuata in tanti fra i cattolici ; quanto piu si trovera attuata in un gran nu- mero di loro quella comune e diciam cosi volgare e mediocre mo- ralita,di cui solo e qui diseorso ? Certo niuno ha udito parlar rnai di Santi tra i protestanti. E se a coloro tra essi che si citano come mo- rali si facessero i process! e i conti addosso, come si fanno sopra co- loro che la Chiesa cattolica propone air imitazione dei fedeli, in ve- rita non si sa che cosa ne uscirebbe.

E come mancano i Santi cosi mancano,tra i protestanti, iMissio- narii. Non gia mancano tra loro i viaggiatori e gli scienziati i quali si espongono a fatiche, a pericoli e anche alia morte,per contentare la loro brama di scienza e di scoperte. Ma dove sono tra loro quei zelanti che vadano dove non e niuna gloria da sperare, ne nnlla da imparare, e vi vadano pel solo desiderio di salvar le anime, e vi re- stino tutta la vita ignorat! dal mondo, non solo senza speranza, ma senza niun desiderio ne di arricchire ne di tornar poi in patria aven- do fatta fortuna : e vi stiano senza comodi , senza il necessarto talvolta alia vita, e in pericolo continuo di morire tra i torment! , come accade anche presentemenle ai Missionarii cattolici, in tante barbare contrade? Costoro non si trovano che tra i cattolici, e vi si trovano in numero grande. Or facciasi ragione se, dove si trovano tanti eroi, non si debbano trovare moltissimi buoni, e piu certamen- te che non tra i protestanti , dove il zelo di salvar le anime non si dimostra che coll' innocua distribuzione di bibbie.

La terra che produce i frutti piu squisiti e delicati, molto pift produce il buon frumento. Parimente il cattolicismo che produce tanti Missionarii e tanti Santi, molto piu dee produrre molti buoni cristiani.

Possono dunque i protestanti essere sicuri che se, tenendo Tin- vito del Santo Padre Pio IX,torneranno, nell' occasione del Concilia ecumenico, alia male da loro abbandonata unita cattolica, non solo torneranno dove s'insegna, ma dove ancora si pratica, grazie a Dio, da un immenso numero di fedeli, la buona morale molto piu che non tra i protestanti. Giacche (e sia questo 1'ultimo indizio) se cosi

3 42 LA MORALE PROTESTANT?

non fosse, come si spiegherebbe questo slrano fenomeno che quan- do un protestante passa, come spesso accade, al caltolicismo, egli e sempre un uomo della cui perdita altamente si lagQano i suoi , i quali in lui aveano spesso un luminare di scienza non meno che di onesta? Laddove invece quei cattolici che passano al pro- testantesimo sono appunto i piu immorali e i meno stimati, e vi passano ordinariamente per motivi umani e codardi di vendetta o d' iuteresse. Talche, quando un cattolico si fa protestante, si dice tra gli stessi protestanti, quasi a modo di proverbio, che « il Papa scopi la sua casa. » Sicche puo dirsi in conclusioue, che lo stesso alto di passare dall'una religione all' ultra, auche agli occhi ciechi del mondo, 6 un atto di moralita (juando ha luogo dal protestanlesi- mo alia Chiesa cattolica, ed e un atto di immoralita quando si veri- fica dalla Chiesa cattolica al pioiestantesimo.

Alia domanda dunque del Times, colla quale conchiude il suo ar- ticolo « Che cosa verrebbero a fare i protestanti al Concilio? » si risponde naturalmente che nel Concilio, propriamente parlando, 5 yerissinio ebe i protestanti nulla avrcbbe'ro da fare. E, propriamente parlando, e anche vero che niuno ha invitato mai i protestanti al Concilio. Bensi il Santo Padre li invito « a cogliere 1'occasione del prossimo Concilio ecumonico, col quale la Chiesa catlolica prescuta un nuovo argomcnto deH'intima unila e deH'inespugnabile sua for- za vitale », perche « rispondendo al bisogno del loro cuore, si sfor- zino di toglieisi da quello slato, nel quale non possono essere certi di loro eterna salute, e si aflVettino di ritornare aU'antico ovile». Or queslo, se ben il possono e debbono fare in ogni circostanza i pro- testanli, mollo piu e specialmcnte il possono ed il debbono in questa occasione, nclh quale, come ben dice il Santo Padre, « la Chiesa cat- tolica del un nuovo e chiaro indmo e argomcnio della sua intima unita. e della sua inespugnabile forza vitale » , vale a dire della sua vita e verita, in paragone del protestantesimoche e morte ed errore.

Piovinsi infalti i proleslanti a tener un concilio tra loro; e ve- dranno che unita e che forza di vita! Divisione vi scorgeranno in quella vece e corruzione , simbolo , causa ed effetlo insiemc di morte. Ne si puo vedere segno di divisione e di corruzione ossia di

E LA MORALE CATTOLICA 543

morte in nessuna societa ora piu che nella protestantica, dove vanno pullulando le sette sopra le sette, tulle inverminile Tuna piu dell'al- tra, con quella sola vita e con quel solo moto, che e dato vedere in un cadavere che si disfa. Donde accade che protestantismo ora yeramente piu quasi non esiste, ma razionalismo e negazione del- lo stesso Vangelo e dello stesso Gesu Cristo che, non solo come Dio, ma neanche come Uomo e come Persona, non e piu riconoscitito da tanti di loro, i quali lo hanno ridotto a un mito, ad una leggenda, ad una favola. Si che ora ne religione ne morale cristiana piu non esisle ( come difatli non e mai in realta esistita ) allrove che nel cattolicismo, il quale fu sempre ed e ora piu che mai la sola so- cieta visibile che adori Gesu Cristo Dio e Uomo, e segua il suo Van- gelo, come 1'ha seguito sempre e sempre lo seguira, come luce sul monte, al quale e necessario cheva poco a poco, secondo la profezia evangelica, tutte le genti si accostino, perche si faccia il solo ovile sotto il solo Pastore.

BREVI CENNI

SUL CONCILIO ECUMENICO1

Y.

A chi appartenga I'intimare il Concilia.

Veniamo adesso a ricercare a chi appartenga Tintimare i general! Concilii, ed a determinare quando e dove debbano essi raccogliersi. La dottrina cattolica a questo proposito insegna che, come i Conci- lii diocesani sono da intimarsi dai singoli Yescovi, i provincial* da- gli Arcivescovi, i nazionali dai Primati o Patriarch!; cosi i general! debbono intimarsi da chi sovrasta qual Capo alia Chiesa universa, il Pontefice Romano. E la ragione di cio e evidente, perocche, non potendo nessuno esercitare giurisdizione altro che sopra i suoi sud- diti, nessuno fuori del Romano Pontefice pud esercitarla sopra tutti i Vescovi della Cristianita. I protestanti del secolo XVI, che si sareb- bero sottoposti a non so chi, piuttostoche alia Chiesa santa di Gesu Cristo, delirarono che la convocazione di un Concilio generale dovesse appartenere al Capo del Romano Impero : ma la loro stoltezza e piu degna di compassione che di confutazione. Conciossiache Gesu Cri- sto, prima di salire al Cielo, a chi ebbe affidata la sua missione ed il reggimento della sua Chiesa? A Tiberio forse che allora imperava,

1 Vedi questo volume, pag, 270 e segg.

BREVI CENNl SUL CONCILIO ECUMENICO oio

od a Pietro cui diceva: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore: Pasce agnos meos, pasce oves meas? E poi gl'Imperatori ed i Mo- narch! nella greggia di Cristo non sono forse pecorelle al pari di lulli i privati ? E se sono pecorelle non hanno bisogno anch' essi di essere govcrnali e pasciuti da quello che ebbe la cura. universale di tutte? Dove non e fatta eccezione da Cristo, niuno deve o puo farla di sua autorita. privata. II perche sino a tanto che appai terra ai Pas tori il congregar le pecorelle, e non alle pecorelle il congre- gare i Pastori, converra dire che la convocazione del Concilio non appartenga ad altri che al sommo Pontefice.

Senzache un atto di giurisdizione universale non puo partire se non da un' autorita che all' uni verso si stenda. Ma qual Imperatore, per quanto abbia posseduto vaslo lo stato , colla sua civile autorita si distese a tutte quelle nazioni a cui si stendeva la Chiesa? Anche quando era in piedi il Romano Impero , gl' Imperatori non avevano in ogni tempo autorita sulla Francia , sull' Inghilterra , sull' Italia > sulla Spagna e sopra molti altri regni , i cui Vescovi avrebbero pur dovuto essere convocati , acciocche si potesse chiamar veramente general Concilio. Or chi ha mai in tulti questi paesi o conosciuto o riconosciuto cotesto diritto ? E come poteva Y Imperatore essere in- vestito d' un1 autorita che riusciva impossibile il mai recare ad effet- to ? E cio per non dir nulla che la fermezza e costanza nella fede non essendo stata promessa a verun Imperatore poteva darsi il caso funesto che 1' Imperatore stesso giungesse a perder la fede : e quindi con manifesta assurditSt appartenesse ad un eretico, ad uno scisma- tico , ad un aleo il convocare la Chiesa di Cristo. Per non dir nulla che col volger dei secoli , come si era in gran parte mutata , cosi poteva sparire affatto Y istituzione del Romano Impero , il che noi abbiamo veduto avvenire , per dar luogo ad altri popoli e nazioni , si che non rimanesse piu alia Chiesa di Dio chi potesse legittima- mente raunarla. Per non dir nulla che la Chiesa non potendo esser convocata, se non nel nome, die e quanto dire nell' aulorita di Cri- sto, e per un fine di ordine spirituale e isoprannaturale, riesce tanlo assurdo il commetterne la convocazione all' Imperatore , quanto il ncgarla al Yicario di Cristo. E finalmente per non dir nulla di tutta Seric VII, vol. IV, fasc. 449. 35 28 'Novmtre 1868.

I) 16 BREYI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

ranlicliila ecclesiastica, la qualemai nontenne per Concilio ecumc- nico e legittimo qualsiasi adunanza di sacri Pastor! , non convocata dal Romano Pontefice, od almeno da lui non riconosciuta ed appro- Tata. Ma cio per fatto costante e diritto manifesto e si chiaro, che non e mestieri di spender vi piu parole intorno.

Piuttosto potrebbe dire taluno che i Yesco\i di per se stessi, quando ne vedessero manifesta necessita, potrebbero di comun ac- cordo raccogliersi in Concilio. Ma anche questo quanto e facile a dirsi, altrettanlo e impossibile a provarsi. Lasciamo pure in dispar- te la ragione gravissima che in tale ipotesi, mancando V autorita di Pielro, sarebbe una riunione affatto illegittima nella Chiesa; ma al- lora di tanti Vescovi pan in grado ed autorit£ a chi spctterebbe il formare giudizio della necessita della Chiesa universale? A chi il sentenziare deH'opportunita di un Concilio? A chi 1'invilar i lonta- ni? A chi forzare i renitenti? E poi di questa riunione convocala contro il voler del sommo Pontefice chi sarebbe il capo ed il Presi- dente ? Potrebbero i Vescovi obbligare il Yicario di Cristo a presie- dere un'assemblea che egli non vuole che si tenga, o potrebbe que- st'assemblea formare risoluzioni autorevoli nella Chiesa, contro la volonta. del Capo supremo di questa Chiesa?

Ma basti di quest' ipolesi assurda. Meglio sara nell* autorita di convocare i Concilii ammirare la mano onnipotente di Dio. Ad un suo umile discepolo Gesu Cristo concedette quello che nella piu va- sta loro potenza non valgono ad ottenere i piu grandi Monarch! del- la terra. Quante volte essi si sforzarono di invitare alleati, di adu- nare assemblee , per hi intendersi di affari rilevanlissimi speltanti al bene di intere nazioni ? Eppure con isforzi inauditi , con suppli- che, con preghiere, con tutta Tarte piu sopraffina che sa mettere in campo la diplomazia, o non ottennero neppure di poterli adunare, o se cio ottennero, per cagione di volonta pertinacemenle discord! , non conchiusero nulla. 11 successore di Pietro invece che non co- manda ad una estesa nazione, che non puo mettere in campo eserciti numerosi, senza sforzi, senza umiliazioni, ora con un semplice invi- io, ora con una modesta ingiunzione, fatta a nome della sua dignita ed ufficio , ottiene che dalT Oriente e dull' Occidente, dall' Austro e

BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO 547

dall'Aquilone si muovano i piu ihcliti personaggi e vengano a fargli corona , e imprendano a giudicare delle supreme cause della Reli- gione, pronli tuttavia a sottostare al superiore giudizio del Pontefice, Giudice sovrano, e ad ascoltarlo. Sebbene che dico ascoltarlo? Gli si porgono riverenti , lo riconoscono Padre , Pastore , Maestro , Guida altutto infallibile , ed a lui fanno omaggio del loro intelletto , della loro volonta , delle loro parole , del loro atli , di tutto se medesimi. Essi si protestano ( come leggevasi in un alto solenne sottoscritto recentemente da cinquecento Yescovi raunati in Roma) di credere quel che egli crede , di sentire quel che egli sente, di parlare come egli parla, di rigettare quel che egli rigetta, di non voler dipartirsi un apice da quanto egli si compiacera di prescrivere. Cosi, dopoche essi per primi avranno riverito quella suprema autorita e ricono- sciuta in essa quella di Gesu Cristo si offriranno con tutto lo zelo ed ardore a farla riverire ed accogliere dai popoli loro suggetti, fino a mantenerla e confei marla , dove ne sia d' uopo , cogli esigli , colle persecuzioni, coi domicilii forzati, colle prigionie e colla morte. Per chiunque non sia altutto ignaro di quel che sieno gli uomini , del- r amor che portano al proprio giudizio , della tenacita con cui lo di- fendono, questo apparira tal fatto non possibile a provenire fuorche dalla mano divina , la quale ha dato tal podesta al suo Vicario in terra e gliela mantiene con un' assistenza non mai interrotta.

YI.

Chi debba intervenire al Concitio.

Ad intelligenza di quanto siamo qui per dire e da osservare an- zitutto che nella Chiesa yi sono quattro sorta di fedeli. Altri sono Chierici ed altri Laici: e tra i Chierici alcuni sono prelati, altri non sono; come fra i Laici alcuni sono in qualita di Principi , altri in condizione privata. Inoltre e da notare che per ragioni e titoli di- versi si pu6 intervenire in un Concilio : o in qualita di Giudice per defmire con sentenza decisiva le cose di cui si tratta; o in qualita di Consultore per esaminare, di^cutere, disputare e consigliare quello

548 BREYI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

che puo essere il meglio ed 11 vero ; oppure come notaio, ministro, officiale in servizio di esso Concilio ; e fmalmentc possono \enire ammessi alcuni per decoro, liberla, sicurezza e difesa del Padri in esso raunati. II punto essenziale pern e di sapere chi sieno quelli che debbono aver voce defmitiva, poiche di quest! propriamenle e formato il Concilio. Ora sentenza cattolica e che nella Chiesa soli i maggiori Prelati, cioe i Yescovi, hanno diritto ordinario di giudicare definitivamente nei Concilii vuoi provinciali , vuoi generali. Dissi ordinario, perocche per privilegio e concessione viene esteso questo diritto anche ai Cardinal! che non sono Yescovi, come quelli che compongono il maggior senato della Chiesa, e poi agli Abbali ed ai Generali degli Ordini religiosi, come quelli che spesso hanno una non cosi ristrelta giurisdizione. Quanto ai semplici sacerdoti e con- suetudine ammettere quei Teologi, e Canonist! , e uomini dotli, die si credono giovevoli alle indagini che si debbono fare, ma non per giudicare, si per disputare o chiarire le materie o per qualche altro utile ministero. Alcuni Principi ed Jmperatori furono talvolta la- sciati intervenire, noil mai pero acciocche proferissero alcuna sen- tenza, ma solo o per difesa e tutela di esso Concilio, o perche fatti iestimonii del decreti che pronunziavano i giudici legittimi della fe- de, potessero poi con leggi anche civili, e con pene eziandio tempo- ral!, frenando i ricalcitranti, promuoverne T esecuzione. Degli altri laici non si ammelte se non alcuno che debba prestar qualche utile servigio al Concilio.

Che poi ai soli Yescovi appartenga veramente il seder nei Con- cilii, niuno, eccettuatine i protestanti, oso mai melterlo in dub- bio. Perocche e evidente nella Scrittura, che ai soli Pastori e Dot- tori venne commesso il delerminare quello che sia da credere e da praticare dal popolo cristiano. Ora lo Spirito Santo a far- la da Dottori e Pastori non ha posto nella sua Chiesa se non i Yescovi: Provvedete a voi e a tutto quanto il gregge, sul quale lo Spirito Santo vi ha coslituiti Yescovi a reggcre la Chiesa di Dio : Attendite vobis et universo gregi, in quo vos Spiritus Sanctus posuit Episcopos regere Ecclesiam Dei. Pero la Chiesa, che e la sola posseditrice legiUima del sense della Scritlura, sia per boc-

BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO 549

ca de' suoi piu illustri Dottori, sia per la pratica tenuta in tutti i suoi Concilii, ha sempre rnantenuto i soli Yescovi in possesso di questo diritto. Dei Padri e voce Concorde ed unanime che i Concilii non appartengono che ai Yescovi, e chi fosse vago di riscontrarli ne trovera un lungo catalogo presso il Bellarmino ed altri autori : negli alti dei Concilii poi si vede espressa quesia medesima dotlri- na in cio che da loro soli si trovano sotloscriUi. Che se in qualche Concilio generale leggesi pure la sottoscrizione dell' Imperatore, la stessa forma con cui fu fatta mostra, che non era punto necessaria. Perocche dove i Yescovi soscrivono come giudici che sentenziano, gl' Imperatori soltoscrivono come semplici fedeli che si sottometto- no. Un'eccezione si trova nel Concilio di Basilea, dove si leggono i nomi anche di semplici sacerdoli, che insieme coi Yescovi appon- gono il loro norne: ma questa eccezione appunto conferma la regola in contrario, poiche essendo quest' uso contrario a tutla 1'ecclesiasti- ca antichita, anche per questo fu quel Concilio dalla Chiesa disco- nosciuto e rigettato.

Del resto la ragion medesima insegna non dover essere altri- menti. In ogni repubblica ordinata gli affari pubblici non si trattano che dalle persone pubbliche: perche dunque i negozii pubblici del- la Chiesa non dovrebbero essere traltati dalle persone pubbliche della Chiesa, quali sono i Yescovi ? Se si cominciasse in questa co- sa a prender norma o dalla dottrina, o dalle dignita civili, o da al- tra prerogativa qualunque, fuori della ecclesiastica autorita, ne pro- verrebbero infiniti disordini. Se si mirasse alia dottrina, in quale adunanza si potrebbero convocar tutti i dotti che sono nella Chiesa? E poi chi formerebbe il giudizio di quelli che sono tali, in pregiu- dizio di quelli che non sono ? Se si ricorresse alle dignita secolare- sche, de'tanti gradi in che esse si partono, chi formerebbe il catalo- go di quelle che vi hanno o non vi hanno diritto? Ed essendo esse varie ne' varii paesi, e mutate di continue col mutare dei tempi, chi potrebbe darvi regola costante, ed accettabile da tutti? E soprallul- to chi potrebbe impedire che queste fossero in maggior nuniero e che quindi la parte maggiore vincesse la migliore, e le pecore di- ventassero la guida dei pastori?Per le quali ragioni o per altre mol-

550 BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

te, che non e difficile ad ognuno il rinvenire da se slesso, si dimo- stra la divina sapienza con cui e retta la S. Chiesa : nella quale se YJ ha il nuraero che e richiesto all' indagine accurata, non V ha lie T indeterminazione che produce incertezza, ne la moltitudine che partorirebbe confusione.

Solo qui potrebbe chiedere alcuno qual sia il numero a rigor vo- luto, per che un Concilio possa dirsi e sia veramente generate. Se si richiede che i Vescovi intervengano tutti, ne vi fu, ne mai vi sara alcun Concilio generate possibile : se bastano alcuni, quanti sono fmalmente quelli che si richiedono? A questa domanda ha risposto la Chiesa colla sua pralica, dalla quale si raccoglie esigersi e ba- stare alia generalita del Concilio queste tre condizioni. Che 1' inti- mazione sia fatta universalmente a iutti i Yescovi, almeno delle mag- giori province di S. Chiesa. Che non si chiudano le porte ad alcu- no che si sappia esser Yescovo, se gia non fosse per cagione del- 1'esser lui scomunicato. E finalmente che dal maggior numero delle cristiane province Yi sia almeno qualcuno che intervenga. Quando i Coucilii si tennero in Orienle, fu stiinato bastevole che dall' Occi- dente il sonimo Pontefice inviasse alcuni ad assistem, ed e conYer- so quando si tennero in Occidente, basto che YI prendessero parle alcuni oriental! .

E non e meraYiglia che sia cosi, perocche se basto tante volte la voce del Romano Pontefice, anche sola, a definir dommi e condan- nare eresie ; se bastarono nello stesso scopo Concilii provincial! o nazionali, quando furono dal sommo Pontefice approvati; molto pift bastera un Concilio generate anche non cosi numeroso. E questa universalita morale, mentre e la sola che sia possibile, come ognun vede, e tale tuttavia che basta a sciogliere qualunque accusa di pai- zialita altri volesse muover contro quanto nei Concilii venga deter- ininato. Conciossiache qual cosa potrebbe finalmente unYescovo, od anche una provincia ecclesiastica , allegare per sottrarsi alle de- termiaazioni ivi prese? Che non sia egli stato presente, che non sia stato fatto luogo alle sue ragioni. Ma se il Concilio gli fu intimate, se fuvvi invitato ad apportarle, quando non voile prevalersi della li- berta accordatagli si ampiamenle , come potrebbe , dopo celebrata

BREYI CEMsI SIL CONCILIO ECUMENICO

da' suoi colleghi la radunanza, muoverne lamento ? Le odierne Ca- merc e Parlamenti sono ordinati in guisa , che. quei partiti die non possono prevalere e non vogliono sottostare alia maggioranza , col ritrarsi ad ora opportuna , mettono talvolta tutta Y assemblea nel- 1' impossibility di poter nulla risolvere clie loro non piaccia: ma Gesu Cristo non e stato cosi improvvido coll a sua Chiesa. Egli ha disposto in guisa le cose, che 1' imperizia degli uomini, o peggio la perversita dei malvagi, non valgano ad impedire que'provvfedi- menli che a tutto il popolo cristiano debbono riuscir salutari. Ne sia eternamente glorificato.

YII.

Quale autorita abbiano i Vescovi nei Concilii.

De' soli Vescovi si costituisce essenzialmente il Concilio genera- le. Qui pero si domanda se il voto che essi danno nel Concilio, sia un voto solo consultivo, oppur defmitivo : in altri termini, se essi sieno consiglieri o giudici nelle quistioni di fede. Da quel che abbia- mo detto nel paragrafo precedente, questa dubbiet& potrebbe sem- brare gia sciolta. Se soli intervengono i Vescovi, perche soli sono giudici della fede, gia si fa manifesto in quale condizione essi sie- no presenti al Concilio. E cio non ostante non sara inutile il ri- spondervi piu dircttamente. Checche abbia detto qualche dottore particolare, la sentenza comune e che i Vescovi nel Concilio son veri giudici, e non vi ha altra limitazione che quella che qui sotto indicheremo. Anche questa verita e bastevolmente chiara nella santa Scrittura e poi confermata dalla Tradizione costante di tutti i secoli. Fin dall' antico testamento era prescrilto che, insorgendo qualche dubbio intorno alia Legge, si ricorresse al sinedrio dei sa- cerdoti che a quel tempo si sarebbono trovati, e che chiunque si fosse ricasato a prestare obbedienza, fosse dannato a morte. Nel che e chiaro che quei sacerdoti esercitavano un vero atto di autori- ta di giudicare. Ma questo molto piu ha luogo nella Chiesa, dove V autorita fu di tanto rafforzata da Gesu Cristo. In fatti in quello

t> BREVI CEN1NI SUL CONCILIO ECUMENICO

die fu il tipo, I'esempio e la norma di tutti i Concilii, vo'dir 1'Apo- stolico, i Padri esprimono chiaro die non si accostano solo al pa- rere di Pietro: ma che anche a loro cosi ne parve: E parulo allo Spirito Santo e a Noi: Viswn est Spiritui Sancto et nobis; e quan- do si nominano quell e leggi e decreti non si chiamano leggi del solo Pietro, ma universalmente leggi e decreli degli Apostoli: Prae- cipiens custodire praecepta Apostolorum et seniorum. Ne modo di- verse di parlare si tenne nei Concilii susseguenti, ne' quali i Padri definiscono da veri giudici e non insinuano solo da consiglieri. Ouei del Concilio niceno pregano il Papa S. Silvestro che si compiaccia di confermare quello che essi hanno stabilito. I Padri del Concilio calcedonese chiedono al Pontefice S. Leone che co' suoi decreti vo- glia onorare il loro giudizio. Similniente nel terzo di Costanliaopo- li. Queste cose, dicono i Padri, cosi stabilite e colle nostre soscri- zioni confermale, decretiamo ece. Le quali tutte espressioni, come ognun vede, non sono di chi consiglia, ma di chi giudica autore- volmente. Che piu? 11 modo stesso con cui gia usano di sottoscri- yersi i Yesco\i nei Concilii, dichiara espressamente cheil fanno sic- come giudici: lo N. N. Vescovo defmendo ho sottoscritto: Definiens subscripsi: o altre formole simiglianti.

Pero qui puo aver luogo una domanda, che varra a spiegar me- glio la natura di siffatti giudizii. Se i Yescovi pronunzian sentenza siccome giudici, il Papa dovra acquetarsi al maggior numero di loro, secondoche si usa in ogni tribunale? La risposta 1' abbiamo da Be- nedetto XIV. Da cio che i Vescovi, dice egli, nel Concilio generale son veri giudici, guardati bene dall'mferirne che il Romano Ponte- fice nel pronunziare la sua sentenza sia* obbligato a seguire i piu e ad approvare la loro dottrina. Imperocche, come ben ragiona Mel- chior Cano, qiiantunque i Yescovi sieno veri giudici, tultavia il giu- dizio supremo fu da Cristo affidato al suo Yicario in terra, ed a lui venne commesso di richiamare alia vera fede i suoi fratelli, sieno essi molti di numero, sieno pochi... E questa suprema prerogativa del Romano Pontefice fu riconosciuta dal Concilio generale di Firen- ze, nel quale Eugenio IY, che lo presedette in persona, solo adope- ro la parola definire scrivendo : lo Eugenio Yescovo della cattolica

BREVI CENNI SIJL CONCILIO ECUMENICO 1)0 3

Cliiesa cosi definendo ho sottoscritto ; laddovtf lutti gli altri Yesco- vi per riverenza al Pontefice si astennero della parola defmire, c solo si contentarono di apporre il proprio nome. Cosi egli.

Tultavia semprc rimaiie ne' Yescovi la vera autorita di giudici , benche non indipendenti e supremi. Imperocche sono veri giudizii quelli che si pronunziano comunemenle nei tribunal!, luttoche quei giudizii possano nformarsi o da tribunal! superior! o dal Principe, Similmente, quantunque i Yescovi risolvano con decisiva sentenza le quistioni di fede die loro yengono soltoposte, questo non toglie die il Romano Pontefice r come capo di tutta la Chiesa, non possa rive- dere i loro giudizii. Del resto e osservazione di teologi grayissimi , che, ogniqualvolta fu lasciata vera liberta ai Yescovi di sentenzia- re , rimossa ogni frode ed inganno , la voce dei Vescovi congregati in Concilio legittimo mai non ebbe bisogno d'altro che di essere dal supremo Yescovo confermata.

Anche nel caso che la defmizione pontificia preceda la sentenza de'Yescovi, questi neiraderire conciliarmente a quel giudizio fanno atto non solo di ubbidienza, ma altresi di autorita, defmendo insie- me con lui come giudici, benche abbiano nel giudizio di Pietro una norma da seguitare. Cosi il giudizio de' Padri, o preceduto o con- fermato dal giudizio del Romano Pontefice, e giudizio autorevole, e i singoli Yescovi soscrivono come giudici yeri benche non indi- pendenti e supremi.

Senonche quando trattasi dell* autorita del Concilio non son da mirare isolatamente o da assommare i giudizii de' singoli , doven- dosi piuttosto considerare i Yescoyi come un sol corpo insegnante col loro capo, concorrendo tutli in un solo supremo giudizio con autorita infallibile. Quindi e che ad essi, mentre aderiscono conci- liarmente al Pontefice, non convien solo V infallibility che i Teologi chiamano passiva, che e propria de' fedeli in quanto che non pos- sono errare seguitando la fede della Chiesa ; ma partecipano della infallibility che dicesi attwa, cioe del carisma dell' infallibilita nel- 1'insegnare, promesso a Pietro anche solo, e con lui al Collegio apostolico, e in essi ai Roman! Pontefici, e al corpo episcopate congiunto al capo, o sia che si trovi disperse nelle sedi cattoliche o

054 BREVI CENNI SLTL CONCILIO ECUMENICO

sia che raccolto legiltimamente in Concilio. Dal che ancora si scor- ge che 1' infallibilita del Concilio, di cui phi sotto parleremo, non e gia solo infallibilita papale , come la cliiama per dileggio qualche protestante, ma infallibilita conciliare, propria della Chiesa inse- gnante e reggente, raccolta sotto Pietro in Concilio per esercitare unitamente, come un sol corpo, gli atti di autorita suprema e in- fallibile di reggere e d' insegnare.

YIII.

A chi appartenga la presidenza del Concilio.

Final mente resta a risolvere un' ultima quislione a chi appartenga la presidenza del generale Concilio. Presso i callolici mai non vi fu dubbio che questa spettasse unicamente al Capo di tutta la Chiesa che e il Romano Pontetice, il quale pero o per se stesso o per mezzo de' suoi legati come Reggitore supremo il moderasse. Si dice poi o per se stesso o per mezzo de' suoi legati, poiche 1'uno e 1'altro fu praticato nella Chiesa. Nei Concilii che si tennero in .Oriente, mai non presedette in persona il Romano Pontefice, o perche non fosse della dignita del capo andare in traccia delle membra, o perche si vo- lesse schivar I'incontro deli'Imperatore, che talvolta v' inter veniva, o perche, come io credo, non fosse convenevole lasciar per tanto tempo deserta la Sede suprema, o per qaal altra ragione si fosse ; laddove in quelli di Occidente molte volte presedette in persona. Quanto poi al diritto di presedere esso e si manifestamente del Pontefice sommo, che ci voile nulla meno che tutto 1'odio del Protestantesimo nascen- le contro la Chiesa Romana per recarlo in dubbio : al presente gli stessi protestanti, non fanatici, ne convengono. Fin che avranno valore le parole di Cristo: Pasci gli agnelli pasci le pecore: Pasce agnos, pasce oves, il Successor di Pietro dovra pascere non solo le greggi, ma anche i pastori inferior!. Finche sussistera il Confer- jna i tuoifratelli: Confirmafratres tuos, dovra parimenti confermare nella fede i suoi fratelli. Or a chi puo cader in mente che quelli che hanno da essere raffermati e pasciuti debbano mai presedere al lo-

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ro reggitore e pastore ? Quelle ragioni stesse per cui abbiamo det~ to appartenere al Papa 1'intimare. il Concilio, quelle stesse valgono- allresi a dimostrare che a lui ne appartiene la presidenza. Infatti, per quanto le numerose assemblec sogliano esser gelose de' loro di- ritli e privilegi, mai non Vebbe Concilio che non professasse dal Romano Pontefice una total dipendenza. A lui presentano i loro de- creti, da lui aspettano la confermazione de' loro atti, a lui riserbano- le cause che non credono dover ultimare , e finalmente negli stessi loro atti non riconoscono valore di legge ecclesiastica , finche non hanno riportata la sanzione apostolica. Se questo non e nn chiaro ri- conoscere che il Papa e Capo e Presidente con suprema autorita nei Concilii, allora non vi ha piu nulla che sia chiaro.

Quanto poi all'opinione dei Proteslanti, che agl'Imperatori Roma* ni appartenga, sia il raunare sia il presedere il Concilio, che cosa diremo? In primo luogo che Dio non ha promesso che i Roman! Imperatori durerebbero quanto la Chiesa. Quindi se essi venisser meno, a chi apparterrebbe quest' autorita? A' giorni nostri non vi e piu Impero Romano : dunque percio la Chiesa e spogliata del diritto di raunarsi in Concilio? In secondo luogo, quand'anche o esistesse, o risuscitasse 1' Impero Romano , Iddio non ha promesso ai sovran! di quest' Impero 1'indeficienza nella fede: se per 6 essi la perdessero, come potrebbero conservare la presidenza del Concilio? Se un Impe- rator cessasse di esser cattolico, come presederebbe non dico un'as- semblea di pastori, ma pure di semplici fedeli, se non sa piu neppure quel che sia la Fede? Come proporrebbe le quistioni, come dirige- rebbe le dispute, come formerebbe i decreti e soprattutto con quale autorita -li presenterebbe ai fedeli? Finche non si provi che la di- gnita imperiale non confer isca anche 1' autorita sacerdotale e non si dimostri che tocca alle pecore condurre ai pascoli salutari i pastori, V ha poca probabilita di accredilare quella sentenza. Per verita, se coteste stolidezze non si leggessero coi proprii occhi in certi libri proteslantici , nessuno saprebbe immaginare che si potessero pub- blicare.

Ma, osseryano essi, alcuni Imperatori si trovarono presenti a varii Concilii generali e ad alcuni sottoscrissero pure il loro nome. Yeris-

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simo tutto questo: ma tra 1'essere presente al Concilio ed esserne pre- sidente, corre un gran tralto. L' imperator Costantino fu presente al niceno, ma tanlo non intese di presedere, che voile anzi sedere in luogo piu basso che non i Vescovi, e dove quest! sottosciivono defi- nendo, egli sotloscrive in segno di adesione e consentimento, ed offre 1' aiuto del suo braccio per fare eseguire i decreti che i Padri hanno statuiti. L'imperador Marciano intervenne al Concilio calcedonese, ma, come egli medesimo attesla, vi venne sia per dimostrare 1'osse- quio della sua sommissione, sia per lutelare col suo braccio ed au- toritci i decreti che il Concilio avrebbe formati. Intervenne Giovan- ni YII imperatore nel Concilio fiorentino, ma non si avvisp mai di far altro che di slimolare i suoi Greci alia concordia cogli Occiden- tali. In somma 1'intervento dei Vescovi fu sempre un alto di au tori- la, quello degl'Imperadori, quando V intervennero, fu un atto di de- vozione. Se pertanto gl' Imperatori e Monarchi de' nostri giorni vo- lessero fare altreltanto, non credo che vi sarebbero si male accolti : ma essi ora che regnano e non governano, pur troppo si sono posti in istato da non poter rendere agevolmente si utile servigio alia Chiesa.

Che se nell'antichita non manco qualche Imperatore, che pretese di poter presedere Concilii come Costanzo infetto di Arianesimo, non solo non fu dalla Chiesa riconosciuto, mane fu dai piu gran Vescovi con sentenze terribili sfolgorato. S. Atanasio scrisse, se il giudizio e proprio dei Vescovi a che c' entra 1'Imperatore? II celebre Osio gli disse in faccia: Non ci dar comandi in questo genere di cose, ma tu apprendile da noi: a te Dio affido Timpero, a noi il governo della Chiesa; e giunge sino a chiamarlo Anticristo, poiche s'e intramesso delle cose sante: ed il Vescovo Leonzio lo riprese acremente, perche dimentico de'suoi affari, delle sue guerre, delle sue civili ammini- strazioni, si brigasse invece delle cure altrui, cioe delle cose eccle- siasliche.

Resta una difficolta da spianare in questo punto. Se, come ab- biam detto, il Papa puo o per se o per mezzo di Legati presedere al Concilio, in questo secondo caso, acciocche si abbiano per irre- formabili le defmizioni del Concilio, e necessario che riportino an-

BREVI CENNI SIL CONCILIO ECUMENICO 557

cora un' esplicita confermazione del Pontefice, oppure basta 1'appro- vazione del pontificii Legati? A queslo rispondono i Teologi piu ac- curati, doversi distinguere due sorte di quistioni che si possono Irat- tare nel Concilio, e per le quali sono mandali a presedere i Legati. Possono esserc quistioni determinate ed antecedentemente dal Pon- tefice si conosciute, che sopra di esse egli abbia gia potuto commet- lere ai medesimi la sua sentenza: e possono essere quistioni presen- tate dagli stessi Padri, delle quali come non prevedute il sommo Pontefice non abbia dato alcuna istruzione. Nel primo caso conce- dono non essere necessaria altra approvazione, poiche gia si verifica che 1'Episcopato insieme al suo Capo concorrono nella medesima sentenza: nel secondo caso negano bastare 1'approvazione del Legati a fare un dccreto irreformabile: posciache e sempre vero che manca ancora rultimo giudizio, il giudizio di Pietro nella persona del suo Successore. E queste poche cose bastino intorno alle condizioni che debbono accompagnare un Concilio, acciocche possa stimarsi le- gittimo.

IX.

Autorita del Concilio.

Veniamo ora aquello che e principalissimo nel nostro argomento cioe 1'autorita propria di un Concilio. Perche raunare dagli angoli piu remoti della terra i Pastori di tutta la Chiesa? Perche imporre loro si lunghi viaggi, perche lante spese e disagi? Forse per nulla allro che mcttere in mostra la grandezza di S. Chiesa, od al piu ri- trarne qualche lume e consiglio per gli affari di lei? Certo anche per lume e consiglio si raccoglie quell' ill us tre assemblea, ma la ra- gione pi incipalissima e che tale riunione, sia per lo spirito di Cristo che la informa, sia per I'assisfenza dello Spirito Santo che la reg- ge, gode il privilegio ammirabile dell' infallibilita in quanto pre- scrive di credenze specolative di Fede o pratiche di costume ; ed in quanto ordina di appartenente alia disciplina e d' irrepugnabile au- torita. Per arrivare all' inestimabil bene di veder raddrizzate le opi- nioni torte che agitano il mondo, per veder condannati gli error!

558 BREVI CENNI SUL CONCILlO ECUMENICO

che si spacciano, per vedere stabilite le verita che si negano, di- .sciolti i dubbii die si formano, per avere in tutto quello che appar- tiene al culto di Dio sopra la terra que' provvedimenti che i tempi, le necessita dei fedeli e soprattutto la gloria divina richiedono, per questo si forma si grande adunanza. E siccome la prerogativa del- T infallibilita riesce da una parte di somma consolazione al popolo fedele, dall' altra porge occasione di chiarire alcune dottrine neces- sarissime in questi tempi, cosi verremo se non dimostrando (che questo non e un trattato teologico) almeno indicando i fondamenti , sopra cui posa Y infallibilita del Concilio.

E da premettere pertanto che Gesii Cristo venuto sopra la terra ad ordinare la grand' opera della nostra eterna salute, fondo una so- cieta che chiamo sua Chiesa ed alia quale comando che veiiissero sottoposti quanti volevano appartenere a lui unico Salvatore. Ad essa Chiesa affido il deposito di tutte quelle verita che ei voleva che fos- sero credute e le ordino d' insegnarle agli uomini di tutti i luoghi e di tutti i tempi : a lei confer! il potere che era necessario per guarire le spirituali infcrmita commettendole ramministrazione dei Sacramenti : in una parola la fece maestra* e guida di tutti i suoi di- scepoli nell'universo. Pero, come ognun vede, dovendo questa Chie- sa essere composta d' uomini pur troppo e fallibili e fallaci, dove 11 avesse lasciati a se, troppo sarebbe stato grave il pericolo che essi a mano a mano allontanandosi dalla verita, si contaminassero di errori, e cosi con danno inestimabile delle anime si venisse a per- dere in sulla terra quel seme divino di eterna vita, che egli vi aveva portato. INe umanamente vi avrebbe riparo, poiche da una parte noi ci fideremmo della Chiesa per comando di Cristo, ed essa ci trarrebbe in errore : noi crederemmo di aver sopra di lei inalzato tutto 1' edificio della nostra salute, ed un bel giorno troveremmo di aver fabbricato sopra 1' arena. Ora e chiaro che al genere uma- no niuna sventura potrebbe tornare piu lagrimevole. Che cosa fece pertanto il Salvatore divino? Egli nell' istituire la sua Chiesa la muni di tali aiuti, la fortifico di tanta grazia e protezione, che tanto nel proporre la verita da credere, quanlo neirammaestrarci de' co- stumi da seguire, mai non potesse dare in fallo.

BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO Ijo9

Osservate, o letlore, per vostro conforto la forza mirabile con cui Ciesu Cristo V impegna la sua parola divina. Stava egli ormai per iasciare la terra e sottrarre ai suoi Apostoli la sua sensibil presen- za : erano essi scorati ed immersi nella tristezza quando Gesu a confortarli: Ecco che io sono convoi, disse, fino alia consummazio- ne dei secoli : Ecce ego vobiscum sum usque ad consummationem saeculi. Colle quali parole due cose promette solennemente : primo, che stara cogli Apostoli fin che vivranno; secondo, che stara coi loro successor! che fino alia fine dei tempi debbono durare. Ora ci vuol altro a comprendere che in tal compagnia la Chiesa non puo dar in errori? Potrebbe mai Gesu dimorare in una Chiesa degenere, in una Chiesa contaminata di falsita? Alia perfine Gesu Cristo non ista pre- sente nella sua Chiesa per apparenza ed inutilmente, ma si mante- nendo tutte le sue qualita umane e tutte le sue perfezioni divine. Eppero la sua presenza significa favore, assistenza, protezione, co- operazione e diro cosi malleveria che egli imprende di tutti gli atti che essi faranno. Qualunque err ore, in cui cadesse la Chiesa, ver- rebbe a rifondersi sopra di Cristo, il quale entrato mallevadore di lei colla sua presenza, non avrebbe o potuto, o saputo, o yoluto serbarla immune. Ma deh ! chi non inorridirebbe al solo pensiero die Gesu possa esercitare co' suoi ministri un magistero falso ed erroneo ? Che possa divenir complice di una Chiesa che da la men- zogna per verita, la superstizione per culto, i vaneggiamenti degli uomini per Yangelo ?

Non basta. Le parole di Cristo : Ecco che io sono con voi, hanno ancora un senso piu profondo, chi le consideri nel loro contesto. Esse sono la trasmissione che Gesu fa agli Apostoli di quella missione che egli aveva ricevuta dal Padre, esse sigmficano la sostituzione che egli fa a se stesso d' un' altra persona morale che, continuando la sua vita in mezzo agli uomini, eserciti con tutti j'uffizio che egli era venuto ad esercitare in terra, e sia stromento onde propagare e mantenere la Religione che egli ha insegnata. Uditelo da Gesu Cristo stesso : « A me e stato dato ogni potere in cielo ed in terra : andate dunque ed ammaestrate lutte le genti : ecco che io sono con voi fino alia consummazione dei secoli. » Quasi

1)60 BREVI CENNI SUL CONGILIO ECUMENICO

yolesse dire : To ho avuta ogni potesta, e questa a voi comunico, perche di essa investiti, sosteniate nell' alto carico dfinsegnare le mie veci. Che se temete della voslra debolezza ed infermila, ras- sicuratevi, poiche io vi star 6 sempre dappresso e colla mia assi- st enza reggendovi non vi lascero cadere. Ora die cosa sarebbe a dire di Cristo, dove egli si facesse continual* moralmente da una Chiesa, la quale insegnasse il contrario di quanto egli ha insegnalo, che spandesse tenebre per luce, error! per verita? oppure, se dopo di averci assicurato che egli sta con lei, 1'avesse miseramenlc ab- bandonata? Cristo avrebbe in prime luogo ingannato gli Apostoli e poi tutto I'uman genere ordinando, siccome ha fatto, di sottostare ad un' autorita che doveva poi tutti travolgerl! nell'errore.

Dopo queste prove chiarissime non sarebbe mestieri recarne al- tre, ma siccome e dolcissimo al cuor dei fedeli, per non dir neces- sario in tanta malignita di tempi, il vedere quanlo sicuramente essi possono riposare sull' infallibilita della Chiesa, giovi di aecennar brevissimamente come Gesu per ogni parte abbia rafforzata e muni- ta cotale verita. Quando egli parla del fondamcnto sopra cui sara per istabilirla, ci fa sapere che e una rocca al tutto incrollabile : So- pra questa pielra edifichero la mia Chiesa : Super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam. Se parla dei nemici che da ogni parte 1' assaliranno, annunzia subito che ne coll' astuzia, ne colla violen- za, ne colla scienza, ne coir ignoranza mai giungeranno a prevalerc contro di lei : Le porte (cioe, nello stile biblico, le forze) dell' infer- no non prevarranno contro di essa : Portae inferi non praevalelunt adversus earn. Se discorre degli aiuli soprannaturali da cui la sua Chiesa sar& sostenuta, dopo averci indicata la sua presenza, aggiun- ge che la Chiesa avra per anima lo Spirito Santo il quale le insegnera ogni vero : Docebit ws omnem veritatem. Se parla del suo Capo visi- bile, non tralascia di significarci che ha pregato per lui, acciocche la sua fede mai non venga meno : Rogavi pro te, Petre, ut non deficiat fides tua. Quando poi viene a descrivere la sua costanza immota lun- go i secoli nelle credenze veraci, ci fa dire dal suo Apostolo che essa e il tempio di Dio vivo, la colonna ed il sostegno della verita: Tern- $lum Dei vim, columna et firmamentum veritatis. Seprendea deli-

BREYI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO 06 1

neare labellezza che, in forza deU'iinmunila dell' errore, in lei rifulge di santita e giustizia, ci dice che e senza macchia o ruga di sorta, ma tutta e bella ed immacolala : Non habentem maculam aut rugam, aut aliquid huiusmodi, sed nt sit sancta et immaculata. Che piu ? Essa e corpo di Cristo e suo complemenlo, dice Y Apostolo, e corpo al cui successive accrescimento nella verita e carita sino alia fine dei secoli, Cristo stesso destine Pastori e Dottori, perche non vacilliamo nella verita, ne siam raggirati dair errore. Or potrebbe la Chiesa esser corpo e complement di Cristo ed essere insieme ricettacolo di empieta e di eresia ? Potrebbe sostare all' influenza vitale di Cri- sto capo ed insieme tutta svolgersi in nequizie ed inganni? Potreb- be formare un solo corpo animato da un solo spirito e da una sola fede ed insieme esser lacerata in se stessa da contraddizioni e da scisme ? Potrebbe ella cessare in alcun tempo di esistere, quando Crislo ne stanzio la durata alia consumazione del secolo? Polreb- bero i Pastori e Dottori della Chiesa, riuscire ministri dell' errore, quando Cristo per cio appunto ne provvide la Chiesa, perche essa compiesse il suo corso fmo alia fine del secolo nella carita e verita? Sono di tal chiarezza tutte queste illazioni, che il dimostrarle piu lungamente riuscirebbe soverchio: veniamo dunque a trarne il pri- mo argomento in favore dell' infallibile autorita del Concilio, per la quale le abbiamo premesse. Se la Chiesa fu costituita da Cristo in modo che non potesse mai dar nell' errore, e dove e quando cotesta sua inerranza apparira piu fulgida che in un generale Concilio ? Per consentimento di lutti i Dottori di ogni eta e per evidente ragione, un Concilio preseduto dal Vicario di Gesu Cristo rappresenta tutta la Chiesa, anzi e in atto tutta la Chiesa insegnante. Ivi sono tutti i Pastori che hanno obbligo dipascere, ivi tutti i Dottori che hanno obbligo d' insegnare e quelli appunto che da Cristo sono stati desi- gnati acciocche non vacilliamo ed andiamo traspoi tati da ogni vento di errore. Ivi e quel ceto in mezzo a cui Cristo stara fino alia fine dei tempi, quello a cui lo Spirito Santo insegnera ogni vero. Ivi e quella rocca contro cui ogni maroso fiottera indarno, quella colonna che mai non vacillera sotto il peso dell'edifizio. Ivi sono quelli che lo Spirito Santo ha posto come Vescovi a reggerela sua Chiesa, ivi Serie VII, wl IV, fasc. 449. 36 23 Novcmbre 1868.

Mi BREVI CENNI SUL CONCILIO ECUMENICO

o quello cbe ha V alto incarico di raffermarli nel vero, dove ne oc- corra il bisogno. Qual condizione puo dunqne ancora desiderarsi acciocche esso goda tutta T ampiezza del privilegio promesso da Cristo alia sua Chiesa, cioe un' interissima infallibilita ? I Dottori cattolici comunemente insegnano, come vedremo piu sotto, che il Romano Pontefice anche solo basta ad insegnare infallibilmente il vero ; ma anche quelli che irragionevolmente in cio contraddicono, solo che non sieno pretti razionalisti, non possono rifiutarsi a rico- noscerla almeno nel Papa intorniato da' suoi Yescovi , come accade in un generate Concilio. fi tanto manifesta questa verita, che la som- missione ai Concilii fu molte volte adoperata per tessera a discer- nere dagli Eretici i veri fedeli. Ai sospetti di Arianesimo si dava a giurare la fede del Concilio niceno : ai sospelti di Nestorianismo si chiedeva se accettassero il Concilio efesino : come fino ai di nostri ai Protestanti che tornano in grembo alia Chiesa si fa recitare la professione di fede del Concilio tridentino distesa da Pio IV. Ecco qual e 1' autorita di un Concilio : e Y autorita medesima di Cristo parlante nelia sua Chiesa.

I CROCIATI DI SAN PIETRO

SCENE STORICHE DEL 1867

XXXIX.

La mar data dei Pontificii alia volta di Nerola.

Non era possibile in una sola giornata arrivare a Nerola in tempo utile di battaglia. Adunque si prese partito di fare una posata a Monte Libretti : quanto al nemico, che sembrava aver di nuovo oc- cupato il castello, fu risoluto di discacciarnelo e accampare sul suo terreno. Fino a questo di non si era visto altrettanto sforzo d' armi nella Luogotenenza, giacche i Pontificii, anche dopo lasciato un pre- sidio a Monte Rotondo, somiAavano a oltre 800 uomini. Non si co- noscevano al giusto le forze di Menotti ; chi dicevale di tremila com- battenti, chi di cinque, chi di sei : ad ogni modo si sapeva che il Capitan generale della Garibalderia trovavasi presso Nerola, col suo stato maggiore, col quartier generale, col grosso de' suoi bat- taglioni ; si sperava adunque una grossa fazione, e si marciava con allegria fragorosa. Si pregava a coro, si cantava a yoce spiegata ; e tra le laude divote e le acclamazioni allissime alia Regina del cielo o a Pio IX, s' intercalavano canzoni militari con certi schianti di ri- pieno, che ne bombivano le valli e le montagne. Sfavillavano in gio- lito sopra ogni altro i Legionarii , francesi tutti e , i piu , veterani ,

o64 I CROCIATI DI SAN PIETRO

a' quali la speranza di giugnere pure una volta anch' essi a scher- migliarsi coi Garibaldini, non lasciava sentir il peso dell'armi e del- le provvigioni.

Nessuno potrebbe formarsi giuslo concetto deirardore, della sma- nia, del vero furore che di quest! giorni aveva invaso tutti i corpi, di entrare in fazione, e come ciascun particolare brigasse di trovar po- sto al fuoco. II giorno innanzi a questa partita, un giovanotto ufficiale dei Dragoni (il Belli di Pesaro) era capitato a Monte Rotondo pel ser- vizio delle paghe, e visto il buon destro di batlersi, se fosse ito colla colonna ; non sapeva piu trovare la via di tornarsi a Roma : inline tanto si arrabalto presso il Colonnello, che questi promisegli di condurlo per ufficiale di ordinanza temporario. Ma eccoli sopravve- nire da Roma un altro, il tenenle Boccanera, dei Cacciatori indi- geni, spedito appunto con questo incarico: uno aveva 1'ufficio, 1'al- tro la promessa, ciascuno bruciava di non fallire al cornbattimento. Breve, il Charelte accordo le parti, dicendo : « Meglio due che uno: veniteci tutti e due. » Un altro, Gendarme, ferito in testa nell'as- salto di Nerola, e tutto coperto di sangue e delirando, altro non fa- ceva che squassare la carabina e gridare : « Viva Pio IX ! morte ai Garibaldini! » II sergente Caullier, zuavo belga, giunto a Monte Rotondo, piu ore dopo partita la colonna per Nerola, si arma e tulto solo per boschi e per luoghi sospelti raggiugne i suoi ; fu uno dei primi ad entrare nella rocca.

II Charette poi che conosceva quali soldati si avesse, in una sua, data di questi giorni ad un amico, gli scrive : « La sola cosa che sto cercando, e di attirarli (i Garibaldini) un poco entro terra! » E in un' altra allo stesso, parlando di due quadriglie, Legionarii e Zuavi, spedite a dar la caccia: « Sono giunte presso al nemico. Che polpette (ratatouille) costoro ne faranno ! ma, gua', quelli scapperanno prima. » Scrivendo al Ministro : « Credo e spero che ci verranno ad attaccare: ma li attacchero prima io. Essi sono pres- so a poco 3500... e attendono altri 3000 uomini. » Con tale spar vento si guerreggiava contro colui, che il Guerzoni chiama il piu temuto cbndottiere dei Garibaldini.

XXXIX. LA MARCIATA DEI POKTIFICII ALLA VOLTA DI NEROLA 565

Cio nondimeno procedevasi colla necessaria prudenza e cogli or- dinarii avvedimenti militari. Pero nell'andata sopra Nerola, il Cha- rette, volendosi assicurare le spalle dal lato di Monte Maggiore, diede questo contenlino di iornagusto ad una compagnia della Legione, guidata dal capitano Carlhian. Liberi di carreggio i Le- gionarii vi giunsero quasiche alia corsa, e trovato il luogo netto, rilorsero alia volta di Monle Libretti, con si ralta marciata, che poterono sorprendere le provvigioni gia sulle mosse pel aampo dei Garibaldesi. Quest! eransi ritirati poche ore prima. Pero non tro- vato gente da baltagliare, si azzuffarono colle barlotte del buon vino roraano prese sull' inimico, senza dare quartiere, e con di novissi- mi brindisi ad un mostaccio di Garibaldi, die impresso in una ban- diera trovarono all' osteria.

Trattanto il grosso della spedizione avanzava lento per vie aspre, sfondate, impraticabili ; impacciato incredibilmente da quell'unico cannorie, che ad ogni modo volevasi condurre air impresa. Intorno a questo era il maggior travaglio. Era d'uopo massicciare sotto le ruote la strada per non vedere sprofondare nelle filte pezzo e casso- ni; agli ingressi delle strozze incassate, conveniasi sgretolare le spalle delle ripe, a gran forza di picconate in quei tufi secolari, che mai non aveano visto carro d'artiglieria ; spesso scavalcare il pezzo e trasportarlo a braccia, e scaricare e ricaricare le munizioni, e i mozzi sconficcare dalla fanga per viva forza di petto. Vero e che con festa grandissima vi si operavano non pure gli Artiglieri e i Zappa- tori del Genio, ma persino talvolta i Cappellani, e ben anche alcuni gcntiluomini americani , che , come dilettanti soldati di Pio IX, ca- valcavano colla spedizione. Alcuno di costoro (e non callolico) tan- to si cimenlo dipoi al fuoco, che ne ritorno fregiato di nobile ferita.

A questo modo, come le altre brigate, cosi il drappello de' Can- nonieri giunse a pie di Monte Libretti, coH'arme sua e le munizioni, iumante ognuno di sudore e pure lietissimi tutli di avere compiuto un' intrapresa, cui tentata non avrebbero, se ne avessero preveduta la malagevolezza. Quivi rizzarono le tende per la nottata. Tutto in- torno al villaggio sorgeva l'accampamento, i posti avanzati, le ve- dette, le scolte; s'imbandivan le cene a pie degli ulivi, e ognicosa

566 I CROCIATI DI SAN PIETRO

abbondava, il brio bellicoso soprattulto ; s incendevano i fuochi di veglia, e cominciavan gli ufficii delle ronde.

Ma gia inollrata la nolle, mentre il campo col riposo si apparec- chiaYa alle fazioni dolla dimane, dentro al castello vegliava tuttavia

10 stato maggiore, raccolto a consiglio in casa al magistrate muni- cipale, che era ad un tempo negoziante e albergatorc. Forte era il dibattito : altri proponeva di prendere il castello di Moricone, e di la fronteggiare Nerola e Montorio Romano ; il che ad alcuni pareva troppo lenta operaziorie : altri voleva si tirasse dirittamente sopra Montorio, guernitissimo luogo, e dove la fama facea credere esserc assembrati circa tremila Garibaldini. Questo proposito acquistava favore presso i piu, e forse passava, se la impossibilita di carreg- giarvi il cannone, non 1'avesse sconsigliato. Inline prevalse il par- tito di attaccare Nerola, perche quivi a detta delle spie (ed era ve~ rissimo sino a poche ore innanzi) trovavasi il Condottiere supremo dei nemici, orgoglioso del sito forte, e del piu forte nerbo di bat- taglioni che vi teneva. Aggiugnevasi, che, se Menotti ancora una Yolta sfuggisse alle lor mani, mentre era cosi vicino, e quasi pareva

11 sfidasse, non sarebbe per avvenlura mai piu possibile di arrivarlo e dargli in capo ; e benanche sarebbe forza ritornarsi in Roma, con poca soddisfazione della pubblica espettativa. E nessuno seppe im- maginare che Menotti Garibaldi, appena odorato Tappressarsi di 800 Pontificii, sarebbe fuggito co' suoi piu che 3000 volontarii.

XL.

// campo di Menotti.

Mirabili riuscivano i gesti di Menotti, appunto in questi giorni, e piu mirabili i suoi accampamenti. In tutti gli atti suoi e de' suoi ca- porali si mostrava in apparenza uno studio focoso di macchinare imprese, meditare marciate, tramare imboscate, disegnare assalti e sorprese ; e in realta regnava tra i piu un proposito solo, quello di evitare ogni sconlro, e un terrore profondo d'imbattersi colle baionet- te pontificie. Nei campi si \edeva una esagerazione pedantesca di

XL. 1L CAMPO DI MENOTTI 567

usi militari , un' affettazione di quelle minuzie che nulla costano , e colle bande de' corpi franchi riescono , oltreche d' impaccio , ridico- lose. Pero chi v' entrava un tratlo, ed esaminava da presso quei fa- mosi guerrieri della camicia rossa , ne sentiva irresistibile disprez- zo, e come un puzzo che resta perpetuamente nelle narici.

Bastava vederli una volta. Pareva un accozzamento, un rimescolio, una barabuffa ideata da un pittore di slraccioni fiamminghi: qua un gruppo di masnadieri incalliti alia vita foresta, bronzati, pilosi, sel- vaggi: la una chiassata di mascalzoni di piazza, sciatli, grami, sbra- cali, col pollice che facea capolino dalle ciavatte; piu oltre roba di mezzatacca, faitorini di parrucchiere, pappini di spedale, tavolinanti di caffe, tutti per lo meno sergenti ; altrove (e questa era la nobiltk del campo) rislretti di mediconzoli e di flebotomi , avvocati della fame e fasservizii di giornale , farmacisti rural! e scribi di comune , tutta gente fallita all' arte , e gittatasi al volontario per ghiribizzo di av venture , e che nella loro epopea non potevano raccontar altro , fuorche d'avere attorcigliati i mustacchi, e falto spicco nella divisa.

V era poi altresi un picciol numero di giovanotti e di giovanini ben nati, arreticati nelle maglie dai settarii, e eacciati alia guerra col pugnale alle reni ; e qui e la una spruzzaglia di studenti , presi dal capogirlo di fabbricare 1'Italia a mo' dei professori delle Universita. Cosloro erano, per fuoruscili, gioventu onesta, astinenti dalle rube, prodighi della vita. E appunto questi ultimi trovavansi i peggio ar- rivati, e dopo campeggiato una paiata di giorni , riconoscevano il loro inganno, si accorgevano che di patriottici sentiment! quasi essi soli ne ritenevano un odore , e pero con amarissimo rimpianto ri- pensavano alia casa, alia madre, alle sorelle; e molto piu allorche si vedevano colle borse a secco , e dagli eroi di camerata rubati della biancheria di ricambio , e fin deHfarmi. Non sapevano darsi pace di sentirsi convolti in lanto brago di malandrini, di sfratati apostati, di ladroni, di sicarii., di briganti per mestiere, e di ogni fatta gen- lame reo , o infrollito ne' postriboli, o induratosi alle galere. Sem- brava a quei traditi giovincelli, non pessimi, di affogare in « un ele- mento impuro e pestilenziale (cosi si esprime un panegirista dei

568 I CROCIATI DI SAN PIETRO

Garibaldini 1) del qualc era impossibile che Y intero corpo non sen- tisse la corruzione... NeH'interno delle compagnie era un pande- monio.

« Quei poveri disgraziati, talvolta del giovanelti delicati e femmi- nei, che s'erano appena staccali dalle braccia materne e che non avevano mai dormito in allro letlo che dcntro un caldo nido di co- tone e di seta, bianchi, smunti, rauchi, sbracali, seminudi, scalzi, fradici d'acqua, con un palo nero sulle spalle, che si chiamava per affettazione facile, con un pacco di cartucce nel moccichino o dentro il petto della camicia, un pezzo di pagnotta, ne' giorni di ricchezza, infiiato nella baionelta nera come il fucile; vesliti, se il verbo vestire non indicasse un lusso ignorato, di tulti i color! , di tulle le fogge d' ogni stagione tranne che alia mililare, erano il fiore (questo, no.) dell'esercito liberatore di Garibaldi. La un fez che compie il figuri- no di uno sludente in soprabito marrone ed in stivali lucidi sfon- dali ; qui un cencio di camicia rossa , reliquia di altri campi, entro la quale si sentirebbero tremare due spalle livide e niagre, sormon- tale da un rudero di cilindro inglese Christis best qualities : lutte le mode, tutte le cavalcalure, lutte le bardalure, speltacolo commo- venle se si pensa alia fede che moveva quei cenciosi ; spettacolo pilloresco se lo si vede riprodotto nelle lele dell' Induno o del Pa- gliano; ma diciamolo speltacolo lerribile e desolante per quelle po- polazioni, che vedevano forse rivivere in quelle genii (questo, si.) le orde di Odoacre , che mille e qualtrocento anni prima avevano peslalo quei campi. »

Noi gli abbiamo veduli enlrare in Roma, prigionieri, da Yilerbo, da Frosinone, da Nerola, da Mentana : e possiamo rendere questa testimonianza al depulalo Guerzoni , che egli non esagera. Anzi nel qualificare la impressione provala dai popoli civili alia vista delle bande, egli e si dirillamenle nel vero, che non ne scatta un pelo; c se nella rimanente sua istoria garibaldesca, egli si porgesse ognora veriliero altrellanto, il vorremmo mitriare pel Quinto Curzio di Ga- ribaldi Magno : perciocche e' si lascierebbe addietro di gran lunga,

1 GUERZONI, N. Antol. Marzo 1868, p. 553 e seg.

XL. 1L CAMPO DI MENOTTI

e Yittor Hugo, e Alessandro Dumas, e Edgardo Ouinet, e Gustavo Prigyesi. per non parlare degli altri mitologi italiani.

Ma egli ci riesce un mal bigatto in troppe altre cose : spesso in- venta e sballa a gloria; e per converse certe volte patisce di lascia- ture deplorabili in una storia. A cagion d' esempio, egli non rammen- ta per nulla la nobile ambizione di comandare, cheinvasava ciascun eroe della camicia rossa, e piu i piu tristi. Perciocche e da sapere, clie tra cotesta razzaraaglia fioriva tale un singolare amore di mag- gioranza, che noi sulle lisle dei prigioni, traendo il conto degli uffi- ciali e deigraduati, ne trovammo un formicolio: e' stavano or come 1'uno al cinque, or come 1'uno al tre.

Ora cQtesto sentimento di gloria tornava lanto piu incredibile, quanto che la massima parte dei Garibaldini usciva di si basso luo- go, che e difficile immaginarne un piu basso. Assai ce ne disse nel parlamento di Firenze il Fambri, buon garibaldino infondo; rincari la derrata il Nicotera, uno dei colonelli della invasione; peggio ne parlo il cavaliere Alfonso la Marmora, che in sostanza e piu gari- baldino di Garibaldi. Ma noi abbiam preso in affezione il deputato Guerzoni, e da lui vogliamo trarre la vera fede di nascita dei pala- dini del saccon rosso l. « Ogni rivoluzione sotto la citta legittima e privilegiata scava una citta exlege e sotterranea dove va a cascare tulta quella popolazione di zingari, di banditi, di venturieri, di spo- stati, di scioperati, di miserabili che non hanno potuto nel rimesco- lio trovare posto e fortuna alia superficie. Pero ne'momenti in cui la crosta superiore e sconvolta, tuttiquesli abitanti dell'averno sociale rimontano a galla e rubano anch' essi, quando non rubano* di piu, un' ora di luce e di trionfo. Da questa legge non potrebbe andare immune V Italia, par to di trent'anni di rivoluzioni, poco profonde ma assai estese, figlia del suo secolo, non migliore e non peggiore delle altre nazioni. Pero anch' essa, come dice 1' Ariosto de' Comacchiesi che pescano bene nel torbido, doveva avere la sua parte di questa

gente desiosa

Che il mar si turbi e sieno i yenti atroci ;

1 Luogo citato. II corsivo e nostro e non del Guerzoni.

570 I CROCIATI DI SAN PIETRO

e ad ogni giorno di sommossa, vestita di rosso o di ncro o di azzur- ro non importa, trovarsela affamata e rabbiosa alle porte del comitcr sociale a chiedere il suo posto e il suo pane. Qui da noi e Garibaldi che inconsapevolmente (poverino /) la tira fuori dai nascondigli : » e la incammiua, aggiugniamo noi, con una rara innocenza sulla slra- da della gloria, e la tramuta in quegli eroi generosi, che poi s' in- censano dai Ministri e dal Governo di Firenze.

Se non che, prima che si felice metamorfosi fosse compiula e si- gillata coll'ordine cavalleresco de'santi Maurizio, e Lazzaro, colla croce del merito militare di Savoia, e con uno spruzzolo di pensione, accadeva che gli eroi, stando tuttavia in crisalide al campo, senti- vano ancora del verme primitivo ; e quindi la svergogna audace che negli atti e costumi dell' esercito signoreggiava : la mania di oltrag- giare ogni cosa santa ancor senza guadagno d' un danaio, il predare le campagne, il rapinar per le case, ie violenze, i soprusi, il deso- lamento delle contrade ove per caso si fermassero a paesare un trat- to, e altre cose viepiu laide e ciacche e vilipese, che tuttodi si scor- gevano tra loro a occhio di sole, e rimanevano impunite. Di troppo buon grado ci passiamo di recare la penna in cotale imbratto : certi quadri stan meglio colla cortina. Basti , ch' egli era il reame della lordura governato dall' empieta. Ne tragga innanzi scrittore alcuno garibaldese , che tenti di smentirci : sono in man nostra le confes- sion!, da loro e dagli amid di lor parte divulgate a stampa, e tut- tora abbiam piene le orecchie di cio che ad alta voce dicevano i lo- ro prigionieri.

« I poehi ufficiali, i buoni e volenterosi, prosiegue il Guerzoni, ne divenivan pazzi , » cioe in vedere la disobbedienza de' loro sol- dati. Vero e che i volenterosi eran pochi davvero, e metfo ancora i buoni , cioe di qualche naturale onesla e di valor militare. Tranne gli ufficiali delle truppe regolari (che da principio non furon molti), la maggior parte erano gioventu favor ita per cagion del nascimenlo, o per fama di ferocia net ladroneggiare : in alcuni la condanna del galeotto si pareva scritta in fronte. Nello Stato maggiorc e tra gli uf- ficiali superior! i meglio arnesi erano alquanti Garibaldini , antichi dell' arte, e pero acconci alia guerra di partigiano. Con essi torna-

XL. IL CAMPO DI MENOTTI 571

van pure utili certi ufficiali forestieri, e tra quest! si facevano scor- gere Ire prussiani, di viso marziale, istecchiti, rigid! , con bei baffi biondi, e col camicione garibaldino che loro sembrava piangere in- dosso: inviavanli i settarii delle logge della loro patria, ed essistan- cavano le carte corografiehe per raccapezzarsi un tratto sui nuovi luoghi ove erano sbalestrati: loro interprete era il famigerato Bern , 1' eroe delle barricate di Berlino nel 1848, che in quest! giorni trovavasi al campo di Menotti. Qualche genliluomo romano dischiattalo dalla sua faraiglia, il quale erasi intruppato con tal gen- le, vi rimaneva come un osso fuor di luogo, sniunto sempre di mo- neta, riverito in faccia, beffato dietro le spalle.

Lo stesso Menotti non prometteva gran fatto bene di sua presen- za e della sua abilita come Capitan generate : e in realta spesse volte riuscivaun pulcino nelle stoppie. Suppliva col contegno spavaldo. Te- neva corte formata, grandigia di segretarii, di ufficiali d' ordinanza, d'aiutanti di campo, di sentinelle allaporta: presentavasi in sacco rosso, gran peunacchio in capo, sciabolone tranato saltelloni die- iro se , le pistole alia cintola , il pugno sull' anca , il collo interato , il mento per aria : aspro per lo piu ne' modi, rozzo sempre. Tene- vanlo per dappoco nemici e amici. Ricciotti tornava assai piu accetto all'unrversale , perche nulla somigliante al fratello e al padre: gio- \arie alto, bruno, pallido, non prho di civili usanze, mostravasi cor- rente con ciascheduno e alia mano , e , pure in guerra sleale e sa- crilega, riteneva alcuna cosa di ammodato e di generoso. Ma il capo era Menotti.

II nerbo dell' esercito di lui costituivasi dai battaglioni Kene orga- nizzati de' Lombard! , de' Liguri , de' Livornesi e d'alcuni altri, e Yerso il fine della campagna, dai soldati di munizione, i quali con non intero mutamento di dhisa, erano stati trasferiti dall' esercito del re Yittorio Emmanuele in quello di Menotti Garibaldi. Infatti a Men- tana si videro operare come gente d' ordinanza, sviluppare le masse in ordini difficili , attelarsi e raccogliersi, sfilare e raunodarsi al se- gno della tromba: erano veri soldati. Davane vigoria altresi i fuor- usciti di Francia, di Ungkeria, di Polonia, di Spagna, d' Inghilter- ra, di America, sebbene, per vero dire, non moltissimi: avanzi di

I CROCIATI DI SAN PIETRO

barricate e di coltello, per guisa che nel campo, e specialmente nei ritrovi degli ufficiali udivansi tutte le favelle. Ben poteva dirsi, che, come neir esercito pontificio accoglievasi un vero fiore di gioventu civile e ferventemente crisliana, venuta da lutte le nazioni cattoliche a sostener coll5 armi la piu sacra delle cause ; cosi nelle bande ga- ribaldesche era colato il reciticcio del mondo incivilito , la schiuraa di tulti i torbidi, di lutte le rivolture , di tutte le sedizioni , congiu- rata nella piu atroce fellonia possibile, cioe contro il piu antico prin- cipato del mondo, governato dal Yicario di Gesu Cristo.

Attorno a questa armatura, diremmo cosi, ed incastellalura divo- lontarii maneschi, venivano di mano in mano ad aggrupparsi le ban- de e insaccarsi le brigatelle, che per tutta Italia si andavano levan- do , o speditevi dai precelti minacciosi delle logge massoniche , o attrattevi dalla fame di pane, d'oro, di vergogne, o dementate dal rullio concitato delle assemblee democratiche e dei giornali di parle garibaldesca. Se mai fu vero il proverbio, la ciurma e d' impaccio alia galera, e' fu nei campi garibaldini. La massima parte de' volon- tarii metteva in cima a tutte le politiche il ladroneccio, e se conduce- vansi al fuoco, egli era solo colla speranza de' premii loro promessi dai caporioni , e a forza d' inganni.

XLI.

Parlamento garibaldese in Nerola.

Chi avesse udito le conversazioni che andavano atlorno tra le grosse masnade di Nerola e del contorno, avrebbe in questi giorni iuteso parlare alto e chiaro del saccheggio di Roma. Per mantenere i loro subordinati in cosi lieta lusinga , sbracciavansi gli ufficiali a mentire novelle , e molti altresi credevano di pienissima fede le piu strane , le piu incredibili invenzioni de' proprii desiderii : tanla era la vertigine di quei giorni ! Noi non h'ngiamo nulla, giusta il pro- babile; stiamo solo alle relazioni che ne abbiamo da uomini di am- be le parti. Yi si discorreva continuo con dolorosa ammirazione del valore dei Zuavi , che gia si erano assaggiati in piu conflitti ; e

XLI. PARLAMENTO flARIBALDESE IN NEROLA 573

clella Gcndarmeria pontificia, trovata per proya inaccessibile ai sob- billamenti di tradigione, e prode sempre alle fazioni come truppa di linea : - - Per converso, promettevano i capi, vedrete i Legio- narii francoromani, gittare le armi, rifiutare di batlersi. Tali sono gli ordini arcani che essi tengono dall' Imperatore. D' inter\7ento francese , neppure orabra di possibilila : Rattazzi ne fa assoluta malleveria. Dei Barbacani (cosi, per istrazio, chiamavano gli Ausi- liari e Squadriglieri paesani , che loro ne diedero buona pagatura a Moricone e a Vallecorsa) non e ad aver un pensiero al mondo : pas- seranno nelle nostre file : cosi e conyenuto...

E la Linea?

La Linea e piu rossa che noi; a giorni si sollevera in Roma, gridando Viva Garibaldi...

Ma finora ci ha tirato fucilate maledelte. . .

- Vedrete che infine si fara la fusione.

Accidenti alia fusione ! se si fondono come a Bagnorea ; ove si menavano la baionetta come indemoniati.

- Noi abbiamo tre cotanli di forze che tutto lo Stato pontificio insieme unito ; e ciascun di nuovi rinforzi ci arriyano : il battaglione abbruzzese e gia in marcia : con noi e Garibaldi, che gia e salpato da Caprera, anzi gia in Firenze nascoso ; e tra pochi di prendera il comando generale : e dietro Garibaldi marcia 1' esercito di Vittorio Emmanuele.

Con tutte queste fanfaluche, le quali pure si spacciavano e si com- pravano dai babbuassi per oro in verga , lo sgomento non cessava , la yoglia di battagliare non poteva concepire una scintilla. Tre gior- ni dopo la fazione di Monte Libretti, quando gia aveasi avviso della colonna del Charette, uscita di Homa, nel campo di Nerola si tenne consiglio di guerra, anzi plenario parlamento; perciocche vf interven- nero da settanla ufficiali. L' adunanza ebbe luogo la sera de' 16 Ot- tobre, dentro il castello, nella sala di rispetto. Non mancavano gli arringatori prussiani , in camicia rossa , ne gli scribacchini corri- spondenti di giornali parigini, londresi, brnssellesi, cui Menolti te- neva in grado di poeti cesarei, e alcuni altri amiconi privilegiati della Garibalderia. Alcuni crederanno che tra questi fosse il signor

514 I CROCIATI DI SAN PIETRO

Edmondo Beales, gran presidente del Riformisti di Inghilterra. No : non era ancora arrrvato : ma aspettavasi , e piu di lui aspettavansi le lire sterline dei frammassoni inglesi , di cui era portatore. A suo luogo diremo le feste onde fu solennizzato da fra Pantaleo. Menotti vi si fece altendere non poco : infme forbitosi i baffi si levo di tavola, e comparve.

Che si bisticciasse tra loro non monta il riferirlo : il certissimo e, che nell' ordine di guerra fermato in quella adunanza prevalse di gran lunga lo sbigottimento all' ardire. Tenevano in mano tre fortis- simi castelli, Monte Libretti, Nerola, Montorio Romano: quest' ulti- mo inaccessibile del tutto al cannone, ciascuno difendevole con due compagnie di valorosi soldati , e mirabilmente disposti per soccor- rersi vicendevolmente e prendere alle spalle gli assalitori; per colmo di sicurezza tutti e tre toccavano il confine. Con tale appoggio alle spalle Menotti potea muovere dinanzi a se la linea di operazione, non avendo ad incontrare che due guarnigioni ai fianchi estremi, di Palombara e di Monte Rotondo, le quali non sommavano prese in- sieme a dugencinquanta combattenti. Non restavagli da temere altro che la colonna del Charette di ottocent' uomini , colla quale poteva accettare battaglia o rifiutarla a suo piacimento, attese le condizioni del terreno vallicoso e variato : sapeva egli che rartiglieria del Cha- rette si riduceva a due pezzi (e uno fu fermato a Monte Rotondo), la cavalleria non piu che un drappello di forse venticinque Dragoni : e Tuna e Y altra pressoche inutile in campo, se egli Menotti scegliesse terreno a se favorevole. E quasi tutto cio fosse poco, era in mano sua di dividere le proprie forze in due o in piu corpi operanti , e ognun d' essi superiore in numero ai Pontificii.

Con tanti e tali vantaggi pure non seppe risoivere alcun partito di guerra assaltata, e delibero tenersi semplicemente sulle difese, e an- cora in contegno si fiacco, che parve anzi cedere che persistere. Per- ciocche mando innanzi tutto sgombrare Monte Libretti, d'onde cir- ca 1200 Garibaldini uscirono la mattina del giorno 11. Infatti noi vedemmo poc'anzi, che i Pontificii, marciando alia volta di Nerola, poterono occupare quel Castello, senza trar colpo. Egli stesso parti di Nerola col grosso delle masnade, e si ritrasse alle sopraeminenti

XLI. PARLAMENTO GARIBALDESE IN NEROLA 575

alture di Montorio Romano, dove aveva per rifugio le foreste impe- netrabili del monti Gennaro e la frontiera italiana. Tuttavia non dis- mise interamente il pensiero di sostenere Y impeto dei Pontificii. Af- fido la custodia del borgo e della rocca al maggior Yalentini, con oltre centotrenta presidiarii : fece rafforzare di sbarri la porta prin- cipale della cinta murala del borgo , cola dove s' imbocca la strada maggiore ; lascio yiveri e munizioni quanto bastava per reggere agevolmente per molti giorni. Gli die commissione di sostenere gagliardo almeno per unJ ora e mezzo , ed egli piomberebbe sugli assalitori con tremila uomini , calando da Montorio sul loro fianco e sulle spalle.

Anche questa tattica di resistenza, come che si scarsa al biso- gno, pure avrebbe travagliato non poco i Pontificii , se fosse stata dipoi messa in opera interamente e con vigore : e noi troviamo nei carteggi degli ufficiali pontificii commendarsi cotale divisamento. Del resto per andarne capace non e mestieri essere eccellente inten- ditore di guerra : basta conoscere la configurazione de' siti. E noi la porremo or ora sotto gli occhi dei nostri lettori, anche per dar lume alia splendida espugnazione di Nerola, la quale immediatamente racconteremo.

LA DOTTRINA DI S. AOTONINO

ARCIYESCOYO DI FIRENZE

INTORNO

J ALIA INFALLIBILITA DE' PAPI

E LA LORO SUPERIORITA SUI CONCILII 1

VI.

Interrompiamo in questo quaderno il corso della discussione, im- pegnata nell' articolo precedente col Bossuet rispetto al senso di al- cuni luoghi di S. Antonino, che egli opponeva come contrarii alia dottrina della infallibilita personale de' Romani Pontefici, e loro su- periorita sopra i concilii anche generali. Irivece daremo luogo ad una quistione critica intorno all'autenticita di alcuui test! della Som- ma del Santo, i quali sono assai strettamente connessi coH'argomento che traltiamo. Trovata la verita della cosa, non solo ci sara piu fa- cile dissolvere le altre difficolta del Vescovo di Meaux, che, a yero dire, sono levissime ; ma , come dicemmo in altro luogo , anche al- cune altre di gran lunga piu gravi, omesse da lui. Prima pero di entrare nella materia ci conviene di porgere alcuni schiarimenti ai nostri lettori,

Allorche il nostro onorabile amico di Parigi colla gentilissima let- tera, di che facemmo parola nel principio di questa trattazione, te- neaci avvertiti che un chiaro scrittore di quella citta stava in sul

1 V. questo volume, pagg, 181 e segg.j e 304 e segg.

LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIY. DI FIRENZE ECC. 577

punto di pubblicare una sua opera in discussione della comune dot- tdna intorno alia mentovata questione ; e che uno degli argomenti in contrario die arrecava, era 1'autorita di S. Antonino: noi, per cor- rispondere al corlese invito die ci faceva , di volergli , se non altro con privata lettera, esporre circa tale opinione che a lui senibrava si nuova e si strana, il nostro sentimento, ci raettemmo piu di proposito, che non avessimo fatto in addietro, a studiare nelle opere del santo Arcivescovo. Accennammo in quel luogo istesso le ragioni, perlequali ci fu migliore avviso meltere in pubblico la quislione e pubblicamenle risolverla: ora diremo quai sentimenti conseguitarono nel nostro ani-. nio, e qual giudizio formammo dopo 1' accurate esarae di que' trattati dclla -Somma, che hanno maggiore o minore attinenza colla propo- sta controversia. In primo luogo vi trovammo quello, che gia sape- vamo che V era, cioe la dottrina della infallibilita personale de' Ro- rnani Pontefici e loro superiorita sopra i concilii, in molti tratti espli- citamente professata, e con moltissimi altri implicitamente si, ma necessariamente collegata. Y' incontrammo in secondo luogo alcune sentenze, che, come accade in tutt' i libri, possono dar presa a diffi- colta in contrario della mente degli aulori, e in questo la diedero effettivamente alle obbiezioni di Benign o Bossuet : ma le risposte trionfanti scorgeansi a prima vista, offerte dagli stessi contest]. Se non che, in terzo luogo, ci vennero innanzi due lunghi brani, da noi , a dir vero , non avvertili altre volte, da' quali il Bossuet sfiora qualche leggiera difficolta, e lascia il resto come se lo scottasse. Nel che opero da uomo accorto qual era. Poiche in que' passi non solo si sostiene la fallibilita de' Papi e loro inferiorita ai concilii, ma si attenla alia stessa essenza della Chiesa con tutte le intime proprieta e note distintive, attribuitele dal suo divino fondatore. Questi sono i paragrafi VI e VII (specialmente il VI) del capo II del titoto XXIII. Neappare modo di poterli spiegare cattolicamente: poiche mentre in quel rimescolio di sentenze ora cattoliche ora ereticali, e dove colle- gatc e dove sconnesse, voi credete di aver scoperta una sicura via di buona interpretazione, due righe appresso ve la trovate inesorabil- mente chiusa : e cosi a mano a mano, sinche vi veggiate ridotto dove non e possibile niuna uscita ragionevole. Or che? dicevamo noi: Serie VII, vol. IV. fasc. 449. 37 26 Novtmtoc 1868.

I>~8 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

S. Antonino dunque si e lasciato trascorrere oltro a quello die oso insegnare Giovanni Huss e Giovanni Wicleff, e anchc buondato piu in la che quindi a un secolo nonjacesse Lutero? Che egli avesse scritto cosl per malizia di animo, non era neppur dalla lontana a sospettare, attesa la sua eminente santita affermata dal solenne te- stimonio della Chiesa. Che avesse fallato per ignoranza o sbadatag- gine, era ipotesi non meno assurda della prima. Si trattava di ma- terie elementari di dottrina cristiana: ed egli era uno de' piu dotti o forse il piu erudito dell'ela sua nelle quistioni teologiehe; accuratis- simo poi, quant' altri mai, nel ricercare e risolvere i divers! aspelti delle controversie, che nelle sue opere si propone ad csaminare. Ma oltre a cio, piu volte gli e accaduto nella Somma di dover toccarc i medesimi punti; e non e a dire se li risolvesse non solo cattolica- mente, ma colla massima esattezza teologica.

Posle le quali cose, noi conchiudemmo che i due paragrafi men- tovati, cosi come li leggevamo nelle comuni edizioni, non potcano essere usciti dalla penna di S. Antonino. Del quale argomenlo a priori cravamo si altamente convinti, che prima che avessimo agio di fare altre indagini, e sin dall'esordio del primo articolo, non ea- tammo di promeltere che i luoghi del Santo, i quali facevano piu difficolta ed erano stati trasandati dal Bossuet, sarebbero per noi la miglior arme, con cui Irionfare non solo di qualche obiezione di maggior momento, opposta da lui, ma eziandio di allre, che con- siderate in se stesse sembrerebbero insolubili. E che queste parole venissero intese nel senso che noi ad esse tacitamente davamor doe che fossero nella Somma di S. Antonino alcuni luoghi viziaii^ ce ne fu argomento una cortesissima leltera di un valoroso redattore di un giornale cattolico, assai ripulato, d'oltremonte; il quale ci scriveva essere molto desideroso di veder presto il seguito della no- stra trattazione, massimamente perche facevamo inlendere troppa chiaramente d'aver scoperta qualche notabile corruzione nelle opere di S. Antonino.

Ma noi a quel tempo non avevamo altro criterio per affermarlo, che quello della convinzione individuale, a cagione della impossibi- lita, che ci appariva evidente, di attribuire al santo Autore error!

INTORNO ALLA INFALLIBILITA Dfi' PAPI $79

si madornali.: ma per convincere gli altri ci era meslieri di argo-

menti di fatto. Ora le edizioni a stampa, a cominciare dalle due phi

antiche , che sono quella di Korburger di Norimberga, e V altra di

Jenson di Yenezia, amendue incominciate nel 1477, e terminando

nell'ultima intera, ch'e quella curata nel 1740 da PietroBalleiini in

Verona; tutte contengono allo stesso modo i due paragrafi sospetti.

La sola varieta, quanto a questo soggetto , si e, che nella edizione

del Ballerini, e apposta ne' luoghi piu sformati alcuna nota per fare

accorto il lettore di qualche errore piu grave, che 1'editore suppone

caduto inavvedutamente dalla penna del Santo. Scrivemmo allora ai

nostri amici di Firenze, che volessero consultare i codici manoscrit-

ti, che doveano certamente trovarsi nelle pubbliche biblioteche di

quella citta, la quale fu il luogo natale e dove visse e mori il santo

Arcivescovo. Vi si rinvennero ben cinque codici, contenenti la terza

Parte della Somma, due nella Magliabecchiana e tre nella Lauren-

ziana; ma anche questi sventuratamente presentavano i due terribili

paragrafi, con qualche variazione tutt'al piu di non grave momento.

Non rimaneva altra speranza, che ricercare il codice (e questo in

ogni ipotesi era sempre da esaminare) il quale contiene gli autografi

del Santo, e certamente sapevamo esser custodito con somma gelo-

sia dai RR. PP. Domenicani di S. Marco, siccome una delle piu

venerande reliquie del lor santissimo confratello. Non diremo del-

1'insigne cortesia che ci hanno usato tutti coloro, del favore de'quali

ci e stato bisogno : ci basta professare qui in pubblico a tutti in ge-

nerale eel a ciascuno di essi in particolare la piu sentita riconoscen-

za. Ma quegli che a nostra richiesta si e assunto volentierissimo il

difficile incarico di studiare il codice, secondo le leggi della scienza

paleografica, di cercare se vi apparisse frode e di dimostrarla se vi

fosse, e stato uno dei piu valenti paleografi d' Italia, il chiarissimo

cavaliere Francesco Palermo. E ci fu anche ragione a volerlo invi-

tare in preferenza d' ogni altro a questa impresa, perche ci era nota

la gran pratica del carattere e la molta conoscenza che esso ha delle

opere del Santo ; stanteche dell' una e dell' altra perizia avea gia

dato splendidissimo saggio per due opuscoli asc|tici pubblicati da

luij T uno riconosciuto come opera del Santo sopra ia fede di due co-

580 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

dici autografi del medesimo, e Y altro ricavato la priraa volta da im antico manoscritto , benche d' altra mano, amendue in volgare l. II chiaro uomo di tutt' ammo, e non diremo soltanto per gentilezza, ma anche per amore al tema proposto, sin dai principii di questo mese di Novembre ; poiche il passalo Ottobre trovavasi assente ; si e posto al lavoro , e vi si e posto collo spirito scevro di ogni preoc- cupazione.

I/ effetto di questi studii, compiti da lui in soli quindici giorni 7 e stato non pure conforme la nostra espettazione, ma di gran lunga superiore. Noi abbiamo credulo dover pubblicare, senz' altra dila- zione e cosi come ci e stato graziosamente inviato, questo pregevo- lissimo scritto dell' illustre cavaliere. In cio fare intendiamo bene che noi veniamo ad alterare il disegno dialetlico gia cominciato ad eseguire del nostro lavoro, che era di compier prima 1'esame di quei passi, che sono certamente del Santo, e poi venire a quegli altri che son provati esser supposti. Ma vale pure un po' di sagrifizio del no- stro primo concetto quel non piccolo piacere, che crediamo di arreca- re ai nostri lettori, anticipando loro questa insigne scoperta, la quale, dopo quattro secoli e phi dalla morte del Santo, ne viene a purgar la •dottrina da macchia cosi indegna.

Dopo la pubblicazione della scrittura del Palermo, noi non osia- mo piu dire se farerno seguire un solo articolo noslro, o piu d' uno. la controversia che trattiamo ha destato uninteresse non ordinario, non solamente nella nostra Italia, ma anche fuori, e specialmente nella Francia : non saremo dunque tanto scrupolosi net misurare lo spazio. Ecco intanto la monografia del chiaro paleografo, alia quale non aggiungeremo di nostro, che la sola versione di un lungo trat- to inedito, da lui scoperto, della Somma del Santo.

1 II primo di questi e r Opera a ben vivere. I due autografi del Santo, 1'uno piii antico appartenne alia Palatina, e T altro un po' piu recente si con- serva nella Laurenziana. II yalente editore lo pubblico nel 1858 con tutte le \arieta indotte dal medesimo santo autore nel secondo manoscritto. L1 altro e la Regola della vitcycristiana, ricavato da im codicetto pur esso della gia Pa- latina, e pubblicato nel 1866.

INTOMO ALLA INFALLIBILITA DE* PAPI 581

SOPRA UNA FALSITA'

DI DOTTRINA E DI LEZIONE

1NTRODOTTA

NELLA SOMMA MORALE DI S. ANTONINO

I.

II Codice che contiene la terza Parte della Somma di santo An- tonino, e che passa tutto per suo autografo, e oggi in san Marco, nella camera gia abitata dal Santo. Esso e cartaceo in 4.°, con alcune membrane anche fra mezzo, e parte autografo, parte di piu e diver- si caratteri : copie , delle quali taluna ha in qualche faccia torre- zioni o aggiunte del Santo istesso ; e le rimanenti , di maggior nu- mero, non hanno alcun segno della sua mano. II Codice certamen- te fu messo insieme non pochi anni dopo 1'Autore. Poiche le carte, una porzione fu numerata due yolte : la prima numerazione, poi cancellata, incomincia col numero 210 alia prima faccia, sul quale e il 401, primo numero della seconda numerazione. Pruova che que- ste carte innanzi farono unite in due different modi, con altre forse deir Opera istessa; e cosi il Codice, qual ora e, documenta una ter- za riforma e ricucitura. £ inoltre da' avvertire che parecchie mem- brane scritte dal Santo non son numerate in mezzo delle altre carte ; siccome non son numerati molti quinterni, dalla meta circa del Co- dice alia sua fine.

I fogli e i qumterni furono collocati qua e la arbitrariamente , ta- luni contro Tespressa indicazione dell'Autore. Alia carta 507, se- conda faccia, egli scrive nel margine: « Hie ponendae sunt quae- stiones Beati Thomae, quae habentur in praecedenti quinterno in 24 §. de potestate Papae, et post eas §. de casibus eo sibi reset-

582 LA DOTTRiNA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

vatis. » E invece le Quaestiones, di altra mano, si trovano imianzi a carte 494, e la carta 507 e seguita dalla 508 anche di altro ca- rattere, eprincipia: « Incipit Tractatus parvus de superioritate Papae respectu Concilii unwersalis, editus a quodam fratre ordinis praedicatorum. Quoniam quidam hostes virtutis etc. Ed e questo il capitolo 3.° del titolo de Conciliis, posio qui, mentre il titolp stes- so incomincia a carte 576. II capitolo qui e detto Tractatus, poi- che, come noi dimostrammo nell' Opera a ben vivere di santo Anto- nino (pag. XI), solevan dare il Home di Tractatus a que' capitoli, che cavavano della Sonima soli dal rimanente. Cosi fatto quinterno ebbe poi ad esser ricopiato da chi non sapeva il nome dell'Autore, e fu posto qui dal raccoglitore, dopo il foglio membranaceo 515 ori- gmale del Santo , che in capo alia prima faccia notava : « Iste §. defyet poni supra, in titulo de statu Cardinalium. » In fondo altresi alia seconda faccia scriveva a chiamata del foglio appresso : « Ex- comunicatio. » E invece il titolo deExcomunicatione, il quale inco- mincia appunto colla parola « Excomunicatio » fu collocato 16 carte dopo ; e la membrana 515 non e gia nel titolo de statu Cardina- lium, secondo avvertiva il Santo, ma In mezzo al Tractatus e al ti- tolo de Conciliis.

Noi dunque abbiamo questa certezza, che il Codice fu raccozzato alia peggio, senza discernimento; e che le carte di altrui carattere, e senza segni del Santo, perche si trovin nel Codice, non posson dal Codice, dair autografo, avere nessuna autenticita. Siamo certi , che, in mancanza di esso autografo, furono unite copie, come il Tra- ctatus parvus, di scritture che non sono del Santo. E pero, quanto a questo Codice, nulla vale cio che scrive il Mamachio, nella Prefa- zione alia Somma, intorno al Codice che contiene la prima Parte : nel quale essendo altresi molti fogli d' altro carattere, egli afferma- va dovessero avere la stessa autorita dell' originate , perche in tutte vi ritrovava note e correzioni di mano dell' Autore,

II.

Ed or nelle stampe il titolo de Conciliis (che, come ne' codici , dov e il XXIII, e dove il XXIV) al 2.° capitolo, ne' §§. VI e VII, £ introdolla a mo' di spiegazione una tal dottrina intorno al Papa Q

INTORNO ALIA INFALLIBILITA DE* PAPl 583

a'Concilii, la quale, non die acattolica, e sovversiva deirordine ri- velato ; contraria in tutto a quello che dice e ripete il Santo e in questo titolo istesso, e in quello innanzi sulla Potesta del Papa, e nella Somma eziandio delle stone. Corruzione la qual si trova in tutte T edizioni , incominciando dalle due prime, di Norimberga e del Jenson, amendue del 1477; si trova ne' codici, e fra gli altri in questo degli autografi. II che vuol dire, essere stato fin da principio tolto di mezzo e distrutto il testo genuino del Santo , e posti in suo luogo i paragrafi detti , come or si leggono e nelle stampe e ne' co- dici. E in esso Codice degli autografi il titolo de Conciliis non solo e di altro carattere, senza il inenomo segno di man del Santo ; ma il quinterno ha qualche cosa di nuovo rispetto al resto; e, meno una scancellatura di due o tre parole sbagliate nel copiare, non ha pun- to correzioni:'copia netta ; la quale, se sia stata eseguita sopra la bozza apocrifa, e poi interposta qui frodolentemente ; o se, in man- canza dell'autografo, fosse cavata d' altronde , ricopiata , come si e visto in altre cose, propriamente alia cieca ; e inutile ricercar- lo. II fatto e che ne due paragrafi essendo errori , che il Santo ha ripetutamente e combattuti e dannati, non e possibile sieno suoL Evidentissima intrusione di un qualche ostinato nelV empieta, che , venti anni innanzi, fu sollevata nel Concilio di Basilea : onde il Con- cilio, sciolto dal Papa e una parte ostinandosi a rimanerci, addiven- ne conciliabolo , sinagoga di Satan, come il Santo I'addomandava neir altra Somma. Di fatto gli errori de' due paragrafi son quelli stessi ; e agevolmente potean essersi insinuati. Dall' altro canto il Santo non lascio la Somma In un sol corpo di suo carattere ; ne i suoi manoscritti furono dopo lui raccolti ne custoditi ; anzi passaron da questo a quello. La prima parte della Somma ha sul davanti una nota, che noi arrecammo in parte, a fac-simile, nell' Opera stessa del Santo a ben vivere, e ch' e riferita eziandio dal Mamachio; do- Ve ricordato, che il Codice prima del 1580 fuposseduto da un fra- te, il quale lasciollo poi a un altro frate, e questi a un terzo; dondo venne al convento di Santa Marria Novella , e fu rilegato con seta e oro. Ne questo dee credersi un fatto straordinario. II falsar le ope- re, fra le altre le ecclesiastiche, nel secolo XV fu vezzo continuato dai tempi avanti, come avvertiva il Cardinal De Dominici, stato

584 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

maestro del Santo, nel suo Amore di Carita, dove scrisse: « AI- cuna persona empie di mal ripieno la fabbrica sincera (cap. 25). » Propriamenle cio eke fu fatlo ne' due paragrafi della Somma.

III.

Se non che nel Codice stesso degli autografi, oltre alia diversa dottrina e cattolica, come dicemmo, degli altri luogki, voile la Prov- videnza si conservasse, a smentire 1'apocrifo, un documento anche piii luminoso. A carta 512 incomincia senza rubrica, colla parola Quaeritur, modo usato del Santo, una notabile quistione, un para- grafo; il quale non e separate dal titolo de Conciliis, che dal fo- glio 515, originate fuor del suo poslo, come dicemmo. II qual pa- ragrafo e veramente copia, ma che ne' margini ha qual che segno o chiamata, e che paion del Santo, simiglicvoli a quelli ch'esso adopera alcuna volla ne'suoi originali; per ogni modo allo stile, al combaciare colla dottrina sua stessa, col titolo de Conciliis, allontana ogni dubbio che possa essere cosa altrui, qui posta a caso o per altro fine, e non perche , come di altre copie , non si fosse ben certi che apparlenes- se all' opera. II qual paragrafo va propriamente a distruggere e sra- dicare gli error! degli altri due; dimostrando non solo che il Papa e superiore al Concilio, ma che il Concilio senza il Papa non ha pote- sta. Luminosa dimostrazione, rimasta fuor della Somma e non co- nosciuta; evidentemente perche il corrultore de' due paragrafi ebbe a sopprimer questo nell'esemplare, onde e i codici furono copiati e impresse le stampe; sopprimerlo, conciossia che troppo diretto, anzi nominatamente sconfigga la sua impostura. Ed eccolo, nella sua massima parte.

Quaeritur, utrum concilium generate a Domino Papa convocatum et ab eodem confirmatum, habeat potestatem a Papae potestate d'istinctam ?

Si domanda, se il Concilio generale, convocato dal Papa N. S., e da lui confermato , abbia potesta che sia distinta dalla potesta del Papa?

INTORNO ALLA INFALLIBILITA Dfi' PAPI 585

Et quod non habeat potestatem a Papae potestate distinct am, probatur his rationibus. Primo, ex fundamenlo ordinis naturalis. Nam constat, quod omnis multitudo recipit influxum a primo , me- diante aliquo uno: sicut, sensibilia resuscipiunt influxum a sept em orbibus, et illi suam virtutem recipient a prima causa, mediante primo mobili , secundum Philosophum. Et omnia corpora lucida illuminantar a prima causa, non immediate, sed mediante sole ; et omnia illucida ab eadem calorem participant, mediante igne. Opor- tet igitar multitudinem praelatorum in Concilio congregatorum a Christo influxum recipere, mediante aliquo uno; nisi dicatur Con- cilium ipsum esse multitudinem quamdam contra naturae ordinem congregatam. Et habetur sententia Dionysii, primum entium mo- vere infima per media, et media per suprema. Ad idem arguitur ex fundamento ordinis politici: in omni enim principa'tu bene dis- posito , secundum Philosophum in politica, est units solus supremus yrinceps, ad quern pertinet directio omnium de illo principatu. Si igitur Concilium, quod est quidam principatus, sive congregatio principum Ecclesiae, est principatus bene dispositus, oportet quod

E che non abbia potesta distinta dalla potesta del Papa, si proya col- le seguenti ragioni : Primieramente dal fondaraento dell' ordine natura- le. Imperocche e certo che ogni moltitudine riceve 1' influsso dal primo per opera di uno che faccia da mezzo : siccome i sensibili ricevono F in- flusso da' sette cieli, e quelli hanno la loro yirtii dalla prima causa, me- diante il primo mobile, secondo il Filosofo. E tutti i corpi lucidi sono il-^ luminati dalla prima causa , non gia immediatamenle, ma mediante il sole; e tutti gli opachi partecipano dalla stessa il calore, mediante il fuoco. E dunquc necessario che la moltitudine de'prelati, accolti nei Con- cilii, riceva F influsso da Cristo per opera di nno che faccia da mezzo ; se pure non yoglia dirsi che il Concilio stesso sia una cotale moltitudine raccozzata contro F ordine della natura. E qui viene a proposito la sen- tenza di Dionisio, « che il primo degli enti muove gV inlimi per Fopera de'mezzani, ed i mezzani per Fopera de'supremi. »Lo stesso si argomen- ta dal fondamento delF ordine politico : coneiossiache in ogni principato ben disposto, secondo il Filosofo nella Politica, e un solo supremo prin- cipe, al quale appartiene la direzione di tutte le cose che si riferiscono a quel principato. Se dunque il Concilio, che e un cotal principato, os- sia una congregazione de'principi della Chiesa, e un principato ben dis-

586 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

eius actiones dirigantur per unum, quern Papam dicimus : quoniam diversitates opinionum et sententiarum, quae ex multitudine ca- pitum ut plurimum consequuntur , debeat reducere ad unitatem ; quia alias scissurae multae in illo corpore mistico resurgerent. Confirmatur ex fundament o ordinis artificial^ Multae enim po-~ tentiae, et mult a instrumenta bene ordinata , non applicantur ad actum, nisi imperio unius principalis potentiae : sicut ad fabricam domus applicatur serra, dolabram, et malleum l, manus, oculi et alii sensus exteriores, fantasia et ratio, et ad imperium solius vo- luntatis. Sicut igitur, sublato actu wluntatis, non remaneret ali- quis motus ordinatus debite tendens ad unum finem ; ita nee in Concilio, sublata Papae voluntate vel potestate, sed, ut Varro ait, quot homines tot sententiae. Una erit igitur, ut supra, potestas modo praedicto, cuius tamen principatus sit in Papa. Petam: Chri- stus praedixit futurum, ut fuerit unum ovile et unus pastor ; Con- cilium iyitur, ut seorsim a Papa acceptum, aut est ovile aut pa-

posto, e necessario die le sue azioni sieno dirette per mezzq di uno die diciamo Papa; in quanto le diversita delle opinion! e sentenze, che con- seguono per ordinario dalla moltiplicita delle teste, debbansi per lui ri- durre alia unita; perche altrimenti moite scissure Yerrebbero a nascere in quel mistico corpo.

Si conferma il medesimo dal fondamento dell'ordine artificiale. Imper- ciocche doye sono molte potenze e molti strumenti ben ordinati, non ven- gono applicati all1 atto, se non per T impero di una principale potenza. In quella guisa che, per la fabbrica di una casa , si mettono in opera la sega, la pialla, il martello, le mani, gli occhi e gli altri sensi esterni, la fantasia e la ragione ; ma secondo V imperio della sola volonta. Sic- come dunque, tolto Tatto della volonta, non rimarrebbe alcun mo- to regolato, che debitamente tendesse a un solo fine ; medesimamente accadrebbe nel Concilio, se yi mancasse la yolonta o la potesta del Pa- pa ; e, come dice Yarrone, tante sarebbero le sentenze, quanti gli uomi- ni. Domandero : Cristo predisse che sara un solo oyile e un solo pa- store. Adunque il Concilio, considerate separatamente dal Papa, e egli

1 Segaiamo con altro carattere qualche sbaglio delF amanuense. Qui evi~ dentemenle deve leggersi dolabra et malleus. Nota della Redazione.

INTORNO ALIA INFALLIBILITA DE* PAPI 587

star. Si pastor, quaero, cuius oculis 1? Praesertim cum dicat ad- versarius, quod Concilium totam universalem Ecclesiam repraesen- tat. Non est igitur pastor Ecclesiae, cum ipsa sit Ecclesia: erit igi- tur aut pastor sui ipsius, aut pastor sine oculis. Si ovile, igitur ali~ cuius pastoris ; non autem nisi Papae; cum nullus alius homo sit extm ipsum ovile. Si dicat quod est pastor respectu eorum qui 2 sunt in Concilio, de quorum salute agitur; contra, quia, ut dictum est, secundum, eum illos repraesentat; est quidem unum virtualiter, cum non possit esse faciliter unum localiter. Et ponamus quod tota Christianitas sit simul in eodem loco, quod esse no~n est impossibi- le, nee implicat contradictionem ; istud Concilium cuius erit pa- stor? Si dicat, quod Concilium quidem est ovile, non Papae sed Christi qui est immediatus pastor ipsius; hoc est frivolum dicer e ; quia pastor et ovile decent esse unius status. Ideo oportet loqui de

ovile o pastore ? Se e pastore, io domando : di quale ovile? segnata- mente perche dice T avversario , che il Concilio rappresenta la Chiesa universale. Non e dunque pastore della Chiesa , mentre esso e la Chie- sa. Sara dunque o pastore di se stesso, o pastore senz1 oyile. Se poi e oyile, sara dunque di qualche pastore : il qual pastore non puo essere che il Papa, essendo ogni altro uomo compreso nell1 oyile. Se afferma che e pastore, per rispetto a quelle persone che non sono nel Conci- lio, della salute delle quali si tratta; vi e contro, che secondo Tavyer- sario, come s1 e detto, rappresenta appunto quelle persone, e forma con esse un sol corpo virtualmente, non potendo formarlo localmente. E po- gnamo ehe tutta la Cristianita sia insieme raccolta in un medesimo luo- go: il che non e impossibile ne implica contraddizione ; cotesto Concilio di chi sarehhe pastore? Se dice che il Concilio e certamente oyile , non pero del Papa, ma si di Cristo, come pastore immediate di lui; ella e questa una friyola risposta; essendoche il pastore e T oyile debhono es- sere di un medesimo stato : e cio posto e necessario tener parola di qual-

1 Oculis e uno sbaglio manifesto deiramanuense, invece di omlis. Lo stes- so sbaglio accade tre righe appresso della stessa parola invece di ovili. Que- sta lezione e necessariamente richiesta dal raziocinio del Santo. Nota della Re~ dazione.

2 L' argomentazione del Santo esige per necessita il non, omesso evi- dentemente per inawertenza dairamanuense. Nota della Redazione.

388 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE .

aliquo pastore, qui sensibiliter cum hominibus conversetur. Pro- pterea Homo Dens post resurrection em ascensurus in coelum, et de- relicturus humanum statum secundum potestatis conversationem, providit depastore conformis conversations, ubi dixit Petro: « Pa- see oves meas. » Quasi dicat: Ego iam cur am pastoris immediate habere non potero, sed te meo loco substituo. A quo etiam pastora- tu ipse Petrus de fecit, cum a praesenti statu excessit.

Si forte dicat, quod Petrus vel Papa est immediate pastor Ec- clesiae disgregatae, non tamen in Concilio congregatae; hoc vide- tur leviter dictum, quod aliquis sit pastor ovium disgregatarum, dispersarumque, et non simul congregatarum.

Circa hanc quaestionem ponuntur aliquae conclusiones. Quarum prima est, quod non est tarn tribuendum iudicio rnultitudinis, qum indicium solius Papae, etiam in agibilibus, possit in divinum con- spectum iudicio multitudinis praevalere. Probatur de facto, exem- plo Gregorii VI. Qui tarn a collegio cardinalium, quam a caetero clero et populo Eomano iudicabatur pessimus pastor, et sanguinis civium effusor; adeo quod ipsum morti vicinum, unanimi consensu,

che pastore , che conversi sensibilmente cogli uomini. Appunto percio F Uomo Dio, dovendo dopo la sua risurrezione ascendere al cielo e la- sciar lo stato uraano inquanto al convcrsar, come capo , cogli uomini ; provyide un pastore che fosse conforme nella conversazione, la do- ve disse a Pietro : Pasci le mie pccore: quasi dicesse: lo oggimai non potro piu avere la cura di pastore immediato; mapongo te in luogo mio. Dal quale uftizio di pastore lo stesso Pietro cesso, allorche usci dallo sta- to presente.

Se per sorte soggiugne, che Pietro o il Papa e immediato pastore dclla Chiesa disgregata, e non gia della Chiesa radunata in Goncilio ; egli sembra una levita il dire, che uno sia pastore delle pecore disgregate e disperse, e non gia di queste stesse pecore insieme riunite.

Circa la presente quistione si pongono alcune conclusioni. La prima delle quali e, che non si deve attribuire tanto al giudizio della moltitudi- ne, che il giudizio del solo Papa, eziandio nelle cose agibili, non possa nel divino cospetto prevalere al giudizio della moltitudine. Si prova dal fatto, coll1 esempio di Gregorio VI. II quale tanto dal collegio dei Cardinali, quanto da tutto il Clero e popolo romano era giudicato pessi- mo pastore e spargitore del sangue de'cittadini: a tale che essendo vi-

INTORNO ALLA INFALLIBILITA DE' PAPI 589

omnes iudicaverunt indignum ecclesiastica sepultura. Oppositum tamen ostensum est, divino et patenti miraculo, per miraculosam apparitionem portae ecclesiae sancti Petri; ut habetur in cronica Martiniana.

Secunda conchsio est, quod Concilium -non habet iudicare Pa- pam, de quocumque defectu notabili. Probatur conclusio. Omne indicium ordinatum debet fieri per superiorem potestafem : Con- cilium autem non habet superiorem potestatem Papae, cum sit una utriusque potestas; ut probant rationes pro.parte affirmatives fa- ctae, quae in hac quaestione verum concludunt. Turn etiam, quia potestas popularis non est potestas primaria, sed secundaria; quia solum de sui natura habet potestatem, principalem instituentem ; nisi appareat de submissione eius alterius potestati, per eum ad quern spectat ipsam submittere. Quod non apparet de Christo et Papa et Conciliis , vel Concilio. Unde, sicut aliqua auctoritas, invadens suum rectorem a principali domino substitutum, lesae maiestatis rea teneretur, cum debuerit recur sum ad principalem habere; ita et de Concilio et Papa. Nullam enim iurisdictionem habent inferiores supra Vicarium superioris eornm, nisi eis ex-

cino a morte, tutti con unanime consenso lo giudicarono indegno della sepoltura ecclesiastica. Pure fu dimostrato il contrario, con divino e manifesto miracolo, per mezzo della prodigiosa apparizione della porta della chiesa di S. Pietro ; come si ha nella cronaca martiniana.

La seconda conclusione e, che il Concilio non ha facolta di giudicare il Papa di qualsivoglia notabile mancanza. Si pruova la conclusione. Ogni giudizio ordinato dev1 esser fatto da una potesta superiore : ma il Concilio non ha potesta superiore al Papa, essendo una sola la potesta dell1 uno e dell1 altro, come provano le ragioni addotte per la parte af- fermativa, che dimostrano il vero nella presente quistione. Si aggiunge ancora, che la potesta popolare non e potesta primaria, ma secondaria, perche di sua natura ha solamente la potesta d'istituire la principale, se pur lion s1 abbia certezza della soggezione di questa (della potesta princi- pale ) alia potesta di un altro , per la volonta di colui, che puo sog- gettarla. II che non apparisce che abbia fatto Cristo col Papa per ris- petto ai Concilii o alcun Concilio. Laonde, come una qualunque autorita che oppugnasse il suo reggitore, surrogate dal signore principale, sa- rebbe stimata rea di lesa maesta, conciossiache avria dovuto ricorrere al principale ; lo stesso e da dire del Concilio e del Papa. Imperocche niuna giurisdizione hanno gFinferiori sopra il Vicario del loro superiore,

590 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

presse sit collata aprincipe eum vicarium delegante. Debet igitur Concilium Papam errantem admonere filiali charitate, et obsecra- ri et hortari, ut errorem suum cognoscat et corrigat : quod si non fecerit, debet habere recursum ad Christum, ut ipsum illuminet, vel de medio toilet 1; ut de Tyranno, qui non habet superiorem, dicit Sanctus Thomas in de Regimine principis. Sperandum est quod Christus abutentem 2 potestate sua ostendet indicium suum; ut fecit inAnastasium papam, cum haereticis comunicantem Fotino et Acatio, qui fuit nutu divino percussus.

E seguita a dimostrare, quel che dice anche al trove nellc due Somme, che il Papa, dandosi all'eresia, di fatto non e piu Papa ; e che la Chiesa dall'eresia del Papa non puo correre alcun pericolo; pero che le fu promessa da Gesu Cristo la sua continuata assisten- za : che il giudicare la prima sede Iddio voile serbato a se stesso ; e, laddove il Concilio giudicasse, sarebbe maggiore lo scandalo e il male. Le quali cose sono appunto cosi e nella Somma teologica, e nella Somma delle storie. E in questa segnatamenle, occorsogli di parlare della caduta di Constantinopoli (Tit. XXII, cap. 11) ; e dove anche, intorno al Concilio di Basilea (Ib. cap. 10) dice, che il co- mandamento del Papa che lo disciolse, fu voce dello stesso Signore.

E la quistione dicemmo che di proposito abbatte gli errori dei due paragrafi adulterati. Nel paragrafo VI, silegge: « Licet conci- lium totam Ecclesiam universalem concernat, tamen ibi vere non est unwersalis Ecclesia, sed repraesentativa.. » E qui, come si e po- tuto notare : « Praesertim cum dicat adversarius, quod Concilium

se ad essi non e conferita espressamente dal principe, che delego colui per suo vicario. Deve dunque il Concilio ammonire con figliale carita il Papa errante, scongiurarlo, esortarlo a riconoscere 11 suo errore ed emendarlo. Che se nol fa, dee ricorrere a Cristo, perche loallumini, o la tolga di mezzo; siccome a proposito del Tiranno, che non ha superiore, dice san Tommaso nel IV de Regimine principis. E da sperare che Cri- sto, abusando quello della sua potesta, gli faccia provare il suo giudizio; come fece con Anastasio Papa, il quale aveva comunione con gli eretici Fotino ed Acacio, e per divino volere fu percosso.

1 Leg. tollat . N. d. K.

2 Leg. abutentij o pure in abutentem. N. d. ft.

INTORNO ALLA INFALLIBILITA DE* PAPI 591

totam imiversalem Ecclesiam repraesentat : » E segue poi a confu- tar T avversario, come in questo, cosi nel resto che fu interpolato ne' due paragrafi. Che se non ostante i fatti, che persuadono appar- tenere la Quistione alia Somma, in cui si ha delle simili, si volesse che invece sia una risposta a parte del Santo ; noi non vorremmo contendere. Per noi il punto e, che la Quistione sia di Antonino, come e impossibile di negarlo ; e che schianta dalle radici 1'apocri- fo, posto malignamente sotto il suo nome : il che niuno puo dire che non faccia.

IV.

E ne' libridel Santo, non che la frode, gli sbagli anche di lezio- ne, furon di appoggio a scandali nella Chiesa, di arme in mano de' suoi nemici. II Bossuet credeva di seguitare Antonino, Jenendo che il Papa, se pu6 ereticare privatamente, come sommo Pontefice ex cathedra egli non erra, iaddove stia al Concilio. E cita la Som- ma (tit. XXIII, cap. 3, §. 4) letta cosi: « Licet Papa ut persona sin- gularis posset errare in fide .... tamen utens concilio non potest errare. » Ma egli, cosi leggendo, si fermo a qualche stampa che, come la prima di Norimberga, ha CONCILIO : senza pur sospetta- re che una tal lezione , non essendo cattolica (nel senso che le da Bossuet), ne logica e mono grammatical, sarebbe potuta esser fal- sa. E di fatti, cattolicamente, logicamente e grammaticalmente, la edizione del Jcnson, c anche altre, hanno CONSILIO. E CONSILIO, nd codice degli autografi; e nc-'tre Laurenzani, XXVI, 1, XXVI, IS, e LXXXII gili Fiesolano; e nei duecodici, ora Megliabechiani, il 68, B, 1, che fu di Santa Maria Novella il 2555, A, 4, dell' Abba- •dia Fiorcntina.

Firenze 15 Novembre 1868.

FKANCESCO PALERMO.

RIVISTA

BELLA

STAMPA ITALIAN A

JRelazione al Consiglio comunale di Verona sui rapporti del Co- mime con la Chiesa, e relativa discussione e consider azione. Verona 1868.

tfn grave scandalo conlristo nei mesi scorsi 1' animo di tutti i tuoni cattolici di Verona, e fu la deliberazione onde il Consiglio comunale di quella illuslre cilia aboli ogni rappresentanza e parle- cipazione del Municipio alle sacre fanzioni, e soppresse ogni spesa onde solea concorrere allo splendore delle sacre cerimonie del cui- to divino. Quel che piu commosse ed infuse una specie di orrore, jsi e che una deliberazione , si irriverente a Dio ed alia Chiesa, fa fatla quasi a pienezza di suffragi ; non essendo sorlo a conlraslarla, che il solo inlrepido marchese Ollavio di Canossa. II quale in mez- zo a' colleghi, o muti o plaudenli all'irreligiosa proposta, la ripmo con crisliano coraggio ; e, dopo ayer rifiulali i sofismi, a cui essa appoggiavasi , suggeri che almeno si dislinguessero i concorsi e le offer te a cui eransi obbligali per yoto, da quelle a cui prestavansi per ispontanea devozione: e quanto alle prime si servasse la dala fe- de, quanto alle seconde non si sancisse rastenimenlo, ma se ne la- sciasse libera balia alia prudenza del Municipio. Ne anche un lem- peramenlo si mile ed acceltevole sorli Tassenso degli assembrali; tanto la vertigine liberalesca fa vacillare oggidi le tesle eziandio di persone altrimenli giudiziose!

Ma quali furono le ragioni, che ebbero forza di persuadere una risoluzione si poco pia? Esse, secondo che sono espresse nella re-

RIVISTA BELLA STAMPA ITALIAN! 593

lazione della Giunta e furono sostenute poscia da varii oratori, pos- sono ridursi a tre. La prima, che quegli atti di culto essendo Iiberi7 il Municipio puo ricusarvisi, senza offesa del dirilti di veruno. « Quan- to all' indole di siffatte rappresentanze , non sono esse die semplici voti religiosi dei nostri padri, non alligati a verun titolo giuridica- mente obbligatorio, e quindi, senza offendere alcun dirttto, se ne puo decretare 1' abolizione 1 . » Lo stesso dicasi delle pie offertc di ceri o pecunia. « Sono sempre solenni e pietosi voti per impetrare la cessazione di crudeli calamita o rendere grazie al cielo d'esserne omai liberati... 11 carattere dominante di tali offerte, lo ripetiamo, e la spontaneita, il loro spirito e la devozione. Non si ponno appli- care ad esse le norme comuni deH'usucapione, quasi fossero censi o livelli, ribellandosi a tale interpretazione il concetto di un voto reli- gioso 2. » La seconda ragione e che quegli atli non sono conform! al concetto di amministrazione comunale, ristretta a curare i soli interessi raorali ed economici. « L' astensione della rappresentanza municipale dai riti e dalle funzioni di carattere puramente ecclesia- stico, risponde al concetto di un' amministrazione comunale, a cui e demandata la cura degV interessi morali ed economici della popo- lazione 3. » Finalmcnte la terza ragione e la parita di trattamenlo , dovuta ai diversi culti. « L' astensione risponde inoltre a quella eguaglianza di doveri e di diritti tra cittadini, a quel rispetto delle opinioni e credenze individual! , a quella parita di trattamento dci diversi culti, che sono base d'ogni ben ordinata amministrazione e principii cardinal! del nostro diritlo pubblico i. » Diciamo breYe- mente qualche cosa di ciascuna.

Quanto alia prima, se ella fosse vera, dimostrerebbe al piu che la proposta abolizione potea farsi, non gia che dovea. Per contra- rio , che T antica pratica dovesse conservarsi , Yeniva consiglialo da sentimento di onore, da rispetto ai maggiori, da obbligo nei magi- strati di rafforzar coll' esempio la pieta nel popolo , piuttosto che dar di spalla all' indifferentisnio e alia miscredenza, ogni di piu cre- scente. Ma il peggio e che 1'addotta ragione in se stessa e falsa. Im-

1 Pag. 4. 2 Pfig. 7. 3 Pag. 5. 4 Ivi. Serle Vll, vol. IV. fasc. 449. 38 26 Xovembre 1868.

594 RIVISTA

perocche, come la relazione confessa , la maggior parte di quegli alii di culto erano fondati in pubblico e solenne voto, per impetra- zione d'alcun favore dal cielo o per rendimento di grazie. Or T obbli- gazione, indotta dal voto, e la piu grave di quanle possano contrarsi. So i deliberanti non ricordavansi del catecbismo, avrebbero dovuto almeno rieordarsi dell'Aligbieri, il quale esorta a guardarsi bene di

mancare ai voti.

»

Non prendano i mortali il voto a ciancia ; Siate fedeli l.

E si ne reputa strelta 1' obbligazione, pel patto, die racchiude, tra 1'uomo e Dio e pel sacrifizio, che involge, della nostra liberta, che sostiene non potersi in se stesso sciogliere giammai ne compensarsi con altra opera.

Lo maggior don, che Dio per sua larghezza

Fesse creando e alia sua bontate

Piu conformato, e quel ch'ei piu apprezza, Fu della volonta la libertate.

Di che le creature intelligent!

E tutte e sole furo e son dotate. . Or ti parra, se tu quinci argomenti,

L'alto valor del voto, s1 e si fatto,

Che Dio consenta, quando tu consent! . Che nel fermar tra Dio e ruomo il patto,

Yittima fassi di questo tesoro,

Tal, qual io dico, e fassi col suo atto. Dunque che render puossi per ristoro?

Se credi bene usar quel che hai offerto,

Di mal tolletto vuoi far buon lavoro.

Solo se ne puo cambiar la materia ; ma questo stesso non per proprio talento, bensi per sola autorita della Cliiesa.

Ma non trasmuti carco alia sua spall a Per suo arbitrio alcun, senza la volta E della chiave bianca e della gialla 2.

1 DANTE Paradiso, Canto V. 2 Luogo citato.

BELLA STAMPA ITALIANA 595

Cio posto, come puo sostenersi die 1' abolizione del concorso del Municipio a quegli atti di culto non lede il diritto di veruno? Tra i dirilli , riconosciuti dall' onorevole Consesso , non ci sono anche quelli di Dio? E non ha Dio diritto all' osservanza per parte nostra delle promesse, che a lui facemmo solennemente ? II voto ci obbliga verso Dio per debito non solo di fedelta , ma eziandio di religione ; il mancarvi e atto non solo sleale ma ancora sacrilego, perche fura a Dio quella parte di liberta, che avevamo a Lui gia dedicata.

Di piu , h sancita abolizione lede altresi il diritto della Chiesa ; giacche niuno vorra negare che la promessa manifestata ed accetla- ta costituisce vero contratto. Ne vale larisposla del relatore Caperle, che qnelle rappresentanze e oblazioni eran fatte dal Municipio per atto di culto e non per vantaggio d'una data chiesa; imperocche es- sendo il culto divino Y opera precipua, a cui intende Y azion della Chiesa, e il fine principale della sua esistenza, tutto cio che e in fa- vore del culto, per questo stesso e in favor della Chiesa.

Finalmente la sancita abolizione lede il diritto de' cattolici ammi- nistrati; i quali non possono non sentirsi offesi dal veder perpetrato in loro nome un atto irreligioso e sacrilego, che potrebbe richiama- re sul capo dell'intera citta quei flagelli, pel cui allontanamento si erano fatte a Dio quelle pubbliche e solenni promesse. E chi sa che i recenti disastri, arrecati cola e in altre parti d' Italia dalle stempe- rate piogge ed inondazioni , non siano pena appunto di siffatla irre- ligiosa condotta di questo e di altri Municipii italiani ? Certo le di- vine Scritture ci mostrano spesso puniti nei popoli i peccati pubblici dei loro rappresentanti e reggitori. Cio e effetto della legge , come la dicono, di solidarieta nella convivenza umana.

Quanto alia seconda ragione, tolta dal concetto di amministrazio- ne comunale, a cui si dice non esser commessa altra cura che quella degl'interessi economici e morali; noi domanderemo se negl'inte- ressi morali non entrino per avventura gV interessi altresi religio- si. Certamente 1'ossequio a Dio & il supremo dei doveri dell'uomo; e una morale che prescindesse dal supremo dei doveri , non sa- premmo concepirla. Oltreche non sapremmo concepirla anche per un altro verso, in quanto 1' idea di Dio e fondamento di tutti i dove- ri dell'uomo, non potendosi concepire obbligazione senza legge, no

596 RIVISTA

legge senza legislator . Per questo stesso adunque che la pubblica amministrazione dee dar opera a promuovere la morale nei popoli, dee dar opera a promuovere in essi 1'idea di Dio e dell'ossequio che gli e dovulo. Or magnifico modo di promuovere 1'ossequio dovuto a Dio : ricusarsi a ogni atto di culto,- e negare perfmo la tenue offerta di poca cera !

Dirassi : ma « i reggitori del Comune, rappresentando 1'universale consorzio dei ciltadini, non devono far cosa che offenda la coscienza e le opinioni religiose di una parte, benche minima, degli ammini- slrati 1. » E questa la terza ragione e la precipua, a cui si appog- giarono gli bnorevoli deliberanti, per inferirne che dunque fia me- glio asienersi da ogni manifestazione religiosa per serbare eguale contegno verso ogni culto.

Al che rispondiamo da prima facendo osservare la contraddizione, in che il Municipio si pone con se medesimo. Egli dice che, altesa la sua rappresentanza, non dee far cosa che offenda la coscienza e le opinion! religiose di qualsiasi parte dei cittadini: e frattanto prende una decisione che offende di fatto la coscienza e 1' opinione religiosa non solo di una parte qualsiasi di cittadini , ma della gran maggio- ranza, per non dire quasi lotalila, dei medesimi. I sinceri cattolici veronesi credono colla santa Madre Chiesa che il culto dovuto a Dio sia non sol private ma pubblico, e debba prestarsi non solo dai sin- goli cittadini, ma dalle autorita ancora che li rappresentano. Essi slimano che sia sacrilegio il non atlenere le promesse a Dio fatte, e che la sola autorita ecclesiastica puo per giuste ragioni dispensa- re in tale bisogna. Essi aderiscono al Papa, insegnante nel Sillabo e nell'Enciclica dell' 8 Dicembre, che la separazione dello Stato dalla Chiesa e la liberta de' culti e dottrina erronea e nociva al ben es- sere della societa. Or il Municipio, in qualita di rappresentante di quesli cittadini cattolici, opera e parla in conlraddizione di tutto cio. Egli stanzia che il culto di Dio e affare privato, appartenente al solo uomo interiore , e- che la pubblica rappresentanza civile devc al tutto astenersene. Egli usurpa Y autorita ecclesiastica, sciogliendosi di proprio arbitrio da obbligazioni, assunte per voto. Egli procla- ma la separazione dello Stato dalla Chiesa. e la liberta di coscien- za e di culti, nell'identico senso e colle medesime parole, nelle quali

DELIA STAMPA ITALUNA 597

fu condannata dal Pontefice. Or non souo quest! atti contrarii alia coscienza e alle opinioni del cattolici? Son veramente curiosi cotesti Signori nel loro scrupoloso riyuardo alle coscienze 1 ! Essi lemono di offendere la coscienza di pochi acattolici , se in qualita di pub- blici rappresenlanti offrono poche libbre di cera per una festa della beata Yergine, o accompagnano la processione del Corpus Domini; e frattanto non temono di offendere la coscienza dei moltissimi catto- lici , quando in qualita di pubblici rappresentanti fanno cose e sta- biliscono principii, che ad essa grandemente ripugnano ! II consi- gliere Canossa giustamente osscrvo che per questo stesso che il Mu- mcipio rappresenta i ciltadini, deve peculiar! riguardi alia religione della maggioranza. Al che il medico Caperle rispose , distinguendo tra diritto pubblico e diritto privato, e soggiungendo che la coscien- za, come appartenente a quest' ultimo, e hrviolabile. Questa risposta e fuor di proposito ; giacche qui non si tralta di toccare la coscienza di veruno. 0 forse crede il sig. Caperle che il Municipio intervenen- do a una sacra funzione , come rappresentante della maggioranza , o, meglio, quasi totalita, per cio stesso coslringe i pochi membri della rninoranza a professare la medesima religione?

Ma il Municipio deve usare egual traltamento verso tulti i culti de' suoi amministrati. Con questa replica, rispondiamo noi, gli ono- revoli deliberanti si pongono in contraddizione con la stessa legge fondamentale del Regno; la quale dice: La religione cattolica apo- stolica romana e la sola religione dello Stato; gli altri culti, ora esi- stenti, sono tollerati. Cosl sta scritto nel primo articolo del patto fondamentale; il quale non potrebbe violarsi, senza scalzare le basi stesse dell' ordine presente in Italia. Or si elegge il bene ; si tolle- ra il male, quando non puo schivarsi. Direstc voi per cio che il male viene agguagliato al bene, e si vuole verso entrambi parita di trat- tamento? La pura tolleranza, se esclude ogni idea di coazione, esclu- de in pan tempo ogni idea di favore.

Lo Stato in virtu di questa legge, fondamento primo e regola su- prema di tutte le^altre, non si dichiara ateo o indifferente ; esso an-

%.

1 Vedi pag. 5.

598 RIVISTA

zi dichiara espressamenle cli professare una religione, e questa dice essere la sola cattolica apostolica roraana. Uniformandosi dunquc allo Stato le minor! e subordinate rappresentanze dei cittadini, ben- che debbano tollerare gli altri culti, gia esistenti , tuttavia non pos- sono professare altra religione che la sola cattolica apostolica romana. Or in qual guisa professeranno questa religione se s' ini- biscono perfino di fare una tenue offerta in occasione di pubblica so- lennita, e di assistere a una sacra funzione ?

II Consiglio comunale di Verona e ito piu oltre di quello, a chc si credettero poter andare i Deputati piu increduli del Parlamento italiano. Essi per owiare alle conseguenze, favorevoli alia Chiesa, che scendevano da quell' articolo dello Statute, si sforzarono d'atte- miarne il valore, ma non seppero mai derivarne perfetta egualita con gli altri culti. Ecco come la loro interpretazione viene esposta da un pubblicista liberate, acerrimo difensore della liberta di co- scienza. « La preminenza della religione cattolica , stabilita dal- r articolo 1.° dello Statute , non e incompatibile colla liberta dei culti. Questo articolo non fu interpretato in altro senso , che in quello della ricognizione della preminenza di fatto della religione della maggioranza, di un omaggio reso alia medesima, e dell'obbli- go nel governo, quandopartecipaadattireligiosi, di parteciparvi se- condo i riti della religione stessa. Tale interpretazione Yenne concor- demente adottata da tutti gli scrittori di Diritto costituzionale , san- cita dalla giurisprudenza del Parlamento, ed attuata ed esplicata nel- le leggi e negli atli governativi, pubblicati dallo Statuto medesimo fi- BO a questi giorni 1. » Per quanto arbitrariamente, contro la lettera e lo spirito dell' articolo, qui si restringa la prerogativa del culto cat- tolico ; tuttawa se gli concede almeno social preminenza, e si nega che i pubblici rappresentanti non possano partecipare ad atti religiosi del culto cattolico senza dovere per questo stesso partecipare a quelli di altri culti; giacche lo Stato, in quanto Stato, non ha altra religio-

1 Delia uguaglianza civile e della liberta dei cnlti, secondo il diritlo pubblico del regno d' Italia. Esposizione illustrata e docwnentata dal cav. aw. I. RIGNANO. Livorno 1868, pag. 49.

BELLA STAMPA ITALIANA 599

ne clie la sola Cattolica apostolica romana. Or la Giunta del Munici- pio di Verona fonda tutta la sua argomentazione nella massima con- traria. Ella, insistendo nella sua ubbia di parila di trattamento, riprovala dalla ragione non meno che dalla legge positiva, ragiona cosi : « Ouesta parita di trattamento puo raggiungersi per due vie: ' o col sussidiare del pari tutti i culti e coir onorare di rappresen- tanza le cerimonie di ogni religione avente esistenza giuridica nel paese ; owero coll'attuare il principio di separazione. Qua! partito sia piu conforine all' indole del nostro mandato, ai principii di liberta, allo spirito e dignita della religione stessa , lasciamo giu- dicare al senno dell' onorevole Consiglio l. » E il senno dell' ono- revole Consiglio non vide che tra i due proposti partiti vi era alme- 110 il terzo, deirinterpretazione cioe data all' articolo 1.° dello Statu- te dagli stessi razionalisti del Parlamento , desiderosi nondimeno di serbare un' apparenza di rispetto alia legge fondamentale del nuovo Regno. Rigeltando anche una tale interpretazione il Municipio di Verona ha commesso un aperto dispregio e una flagrante violazione di quell' arlicolo; giacche per lui non resta piu senso alcuno, co- meche tenuissimo, in cui possa dirsi che la religione cattolica apo- stolica romana sia la sola religione dello Stato. Secondo il senno dell' onorevole Consiglio bisognerebbe dire o che lo Stato non pro- fessa veruna religione, o che le professa tutte egualmente.

E tanto basti di questa relazione, non valendo la pena di fermarci negli altri erronei principii e false massime , pronunziate con gran sussiego sopra la Datura della Chiesa, 1'idea di liberta, di conviven- za civile, di rapporto tra i due poleri , di debito nei pubblici reggi- tori di seguire 1' andazzo del secolb, senza esaminare se meni a sa- lute o a rovina.

1 Pag. 13.

BIBLIOGRAFIA

ANANIA GIAMBATTISTA Elogio funebre di monsignor Forlunato Maurizi, Ve- scovo di Veroli ; letto da Giambaltista Anania, canonico della collegiata in- signe di S. Paolo , e professore di rettorica ncl seminar io collegio diocesa- no, nei solenni funerali celebrati nella Catledrale il 28 Settembre 1868. Velletri, tipografia Colonnesi 1868. Un opusc. in 8.° di pag. 26:

La cilia di Veroli piangera lungamente la per- quenza, ma pieno di santi pensieri, hello d'aQetti

dita di monsignore Forlunalo Maurizi suo Yesrovo. ingenui, e consentaneo a quella verila, senza cui

poc'anzi defonto con universale dolore. II signor le lodi oscurano, in luogo di rischiarare la virtu

can. Anania gli ha tessuto questo elogio degna- dei iodati. mente ecclesiaslico, senza pompa di vana elo-

ANGELERI GIOVANNI Psalterium marianum seraphici doctoris S. Bonaventu- rae, in nonorem Beatissimae Yirginis, cura et studio fr. loannis Angeleri Min. Conv. S. Francisci. Itomae, typ. S. Congr. de Propaganda fide, soc. eq. Petro Marietti adm. 1868. Un vol. in 8.° pice, di pag. 416.

I divoti del Salterio mariano di S. Bonaventu- tntle le fesle medesime. L' opera appare in miovo

ra troveranno in questo volume anche gli uf- e migliore asselto. L'edizione e nitida, a doppia

ficii delle principal! dodici fesle della B. Ver- co'onna e di caralleri proporzionali alle Tiste or-

gine, e di piu un'appendic« di inni per quasi dinaric.

ANONIMO Feldheim, e i suoi figliuoli. Racconto. Bologna, direzione delle Piccole kit. catt. 696, via Usberti, 1868. Un opusc. in 32.° grande di pag. 30.

IESDS. II mese di Gennaio consecrate al SS. Nome di Gesu. Seconda edi- zione. Napoli, stamperia e libreria di A. Festa, largo Carrier a piccolo, n, 3, 5, 6, rimpetto la stazione cenZra/e!868. Un vol. in 24.° di pag. 240.

11 mese di Gennaio consacrato alia S. Infanzia di Gesu Bambino, con varie altre pratiche di pieta. Foligno, tipografia Tomassini\8b%. Un volnmetto in 16.° piccolo dipag. 128.

II mese di Febbraio consacrato a Maria Santissima che si assoggetta alia legge della Purificazione ; ossia divoto esercizio di varie riflessioni ed ora- zioni da recitarsiin ciascun giorno del mese suddetto. Foligno, tipografia Tomassini 1868. Un volnmetto in 16.° piccolo dipag. 142.

II lipografo Tomassini di Foligno ha impresa annunziamo. Gli allri siseguirannopuntualmente.

la puhbticazione di dodici -volumeUi, ognuno dei II prezzo dell' intera raccolta e di 1. it. 6, da pa-

quali contcrrii le pratiche per la santiQcazione di garsi in due rale, 3 alia meta e 3 alia fine della

un mese delPanno, ad onore di qualche mislero slampa dei TOlumi. Ogni volume separate costa

di N. S. G. C. o della B. V. o di qualche Santo, cent. 70. La collezioncina e avviata con questi due che

BIBLIOGUAFIA 601

ANONIMO La guida del buon fanciullo, ossia ricerdi offerti alia giovcntu cri- stiana, con appendice. Bologna, direzione delle Pice. lett. catt. 696, via, Usberti, 1868. Un opusc. in 32.° grande di pag. 29.

- Le anime pie al tribunale della peuitenza. II giusto sul lelto di morte. Bold* ffna, direzione del periodico La fig li a dell' Immacolata 1868. Un opusc. in 32.° dip ag. 31.

- Le canzoni profane. Poche gocce cV assenzio in un vaso di miele. Bologna, direzione del periodico la Figlia dell'Immacolata 1868. Un. opusc. in 32.° dipag. 30.

Opportune libretto, scritto con brio e con al- mani della gioventu popolare, massime della fem- Jetlamenti, il quale meriterebbe di correre per le mimle, a cui e iu piu speciale guisa indirizzato.

- Mentana, satire par un Francois. Rome, imprimerie de la Chambre aposto* lique 1.868. In 8.° gr. dipag. 34.

Noi noa ci arroghiamo di giudicare il merilo tana: tenero ed ossequioso 1'omaggio ch'egli rende lilologico di questa poesia, seritla in lingua fran- al Ponteflce Re, alia sua causa, alle sue glode. cese. Ma crediamo di poter asserire che e ricca I sensi deila sua politica tutla cattolica e francese, di nobili imaiagini, di caldo affetlo ed animala per rispello alia cosi delta quistione romana, si di uno spirilo cavalleresco e cristiano, che ricorda compendiano in questi dodici versi, che ci piace i bei tempi del re S. Luigi. Largo e il tribute trascrivere. e che i nostri leltori gusteranao. Ri- di onore e di ammirazione che il poda offre alia vollosi ai faziosi di tutta 1'Italia, cosl egli li apo- valentia dell'esercito pontiQeio e dei guerrieri di slrofa: .Francia, alleali nella inunorlale giornata di Men-

Sachez et gravez-le Men dans votre cervelle,

Vous ne I'aurez jamais la Rome universelle ;

Jamais du Vatican vous ne so^^^tterez I' air:

La France ainsi le veul: non « jamais... est-ce clair? »

Mais c' est peu qua Rouher I'ait dit a la tribune:

Notis n'avons qu'un esprit et qu'une dme commune

Devanl les ennemis du Pape, sur ma foil

Nous le voulons a Rome, et nous I'y voulons Roi.

Le droil nous appartient de I'en maintenir maitre;

Lui-mime, il a de Dieu recu celui de I'dtre;

Et de cetle doctrine, eloquent argument ,

Notre canon toujours se fera I' instrument.

L'opuscolo, mollo bene stampato, si vende una lira^ presso i principali librai di Roma, a utile del Denaro di S. Pietro.

- Novena in sollievo delle benedette anime del purgatorio, compilata da un sacerdote algherese. Torino, tip. dell' oratorio di S. Franc, di Sales 1868. Un opmc. in 32.° di pag. 32.

- Orazioni in preparazione alia festa del patrocinio di S. Giuseppe, sposo del- la B. V., proteitore specialissimo della Gongreg. della buona morte, eretta nella ven. chiesa del Gesu. Roma, tip. della S. C. de Propaganda fide, amm. dal socio cav. Pietro Marietti 1868. Un opusc. in 32.° di pag, 30.

A. P. Serto di fiori, ossia raccolta di sacri cantici, aggiuntovi il Vespro del- la Santissima Vergine, il modo di sentire la santa Messa ed'accostarsi de- gnamente ai sacramenti della Confessione e Comunione, per A. P. Seconda edizione. Torino 1868, tip. Bellardi, Appiatti e Giorsini, via Doragros- sa, n. 32, Un volumetto in 32.° di pag. 302.

ARLOTTI FERDINANDO— Prolusione ai primi studii ginnasiali in Cadelbosco so- pra, per il conte D. Ferdinando Arlotti. fteggio-Emilia, tip. Luigi Bon- davalli e compagni 1868. Un opusc. in 16.° piccolo di pag. 21.

Sarebbe felice 1'Italia, se in tutte le sue scuole nella loro prolusione uno specchio di studii ed ginnasiali, i maestri potessero con verita esporre uua somma di insegnamculi rcligiosi e moral),

602 BIBLIOGRAFIA

pari a quelli che sono contenuti in questo savio rilano il suo eccellenle spirito e la lonta e ret- discorso del ch. sig. conle d. Ferdinando Arlotti; titudine delle sue intenzioni. al quale auguriamo tanlo frutto, quanto lo me-

ATTI ALESSANDRO II Cardinale Duca cli York, Vescovo della citta e diocesi di Frascati. Cenni storici, del professore D. Alessandro Atti, vicario gene- rale della stessa citta e diocesi. Roma 1868, fratelli Pallotta tipograft-edi- tori in piazza Colonna. Un opusc. in 16.° di pag. 111.

AUDISIO GUGLIELMO Storia religiosa e civile dei Papi, per Guglielmo Audi- sio, canonico di S. Pietro in Vaticano e professore delDiritto razionale delle genti air universita della Sapienza. Vol. quarto e quinto. Roma, stabili- mento tipografico di G. Aureli, piazza Borghese n. 89, 1867-68. Due vol. inH.° dipag.m, 416.

Per ora ci contentiamo di annunziare la pub- del Pontificate di Gregorio XVI. Speriamo di po-

blicazione di questi due volumi, co' quuli tutta lere con miglior agio renderne conto particola-

1' opera del ch. Autore Tiene conclusa: giacche reggiato ai lettori. conduce la sua storia dei Papi lino al termine

BAZETTI PIETRO Vedi Die de Saint-Joseph.

'— Vedi Doublet Vittore.

Vedi Sainte- Marie.

BLOT II giorno di Maria, del R. P. Blot d. C. d. G.; recato in italiano sulla decima edizione francese da un ecclesiastico senese. Bologna, libreria del- I'lmmacolata 696, via Usberti, 1868. Un volumetto in 32.° dipag. 160.

BOCCACCIO GIOVANNI Novelle di Giovanni Boccaccio, scelteper nuova cura, e corredate di annotazioni ad uso de' giovanetti; coir aggiunta della lettera a Pino de Rossi e la descrizione della pestilenza, precedute dalla sua vita scritta da Matteo Villani. Vol. unico. Parma, Pietro Fiaccadori 1868. Un vol. in IS.' piccolo dipag. XIl^S.

Per molte ragioni lelterarie e morali poco noi che il presente volume, diligentissimamente pur-

ainuuno il Boccaccio, e. meno i pedanteschi suoi gato d'ogni imbralto, pud esser utile all'uopo di

imitatori. Pur tuttavia al compimenlo dello stu- far loro gnstare i pregi di lingua e notare i di-

dio classico delta favella nostra, richiedendosi nei felti di stile, che contraddistinguono il certaldese

giovani piu maturi auche un po' di conoscenza di novelliere. questo pericolosissimo scrittore, non puo negarsi

BRESCIANI ANTONIO - Opere del P. Antonio Bresciani d. C. d. G. volume XV: Olderico ovvero il zuavo pontificio, racconto del 1860. L'assedio d'Ancona, frammento. Roma, tip. della Civilta Cattolica; Torino, Pietro di G. -Ma-* rietti 1868. Un vol. in 8.« gr. dipag. 384.

Con questo volume, decimoquinto della Colle- dite, inedite affatto, delle quali gia si e princi-

zione di tutte le opere edile ed inedite del ch. piata la stampa. Le associazioni per questa edi-

p. Bresciani, si e dato termine alia serie de'suoi zione si ricevono presso i gerenli della Civilla

Racconti. Per compiere la Collezione, restano an- Cattolica, nelle diverse citta d'Halia e fuori. cora due altri volumi di lettere famigliari ed eru-

CAMAYITTO D. L. 11 concilio ecumenico; dialogo, per D.L. Camavitto. Bolo- gna 696, via Usberti, 1868. Un opusc. in 32.° grande di pag. 29.

La intimazione del Concilio ecumenico , fatta mavitto, e degno di propagazione. Esso rischia-

dal S. Padre Pio IX, come ha destate le collere rira gli spiriti di molli , anche non isforniti di

degli empii, cosi ha rianimato lo zelo dei savii collura, i quali o per ignoranza di materie religio-

cattolici. Quelli si vengono sfogando in bestem- se, o per leggerezza di credulila, si formano false

mie, soflsmi e menzogne; questi si affaticano ad opinioni ed erronei giudizii intorno all'argomento

illumiaare c<m la verita la mente del volgo. Op- del Concilio. porluno a tale scopo e il dialogo del sig. d. Ca-

BIBLIOGRAFIA

693

sliano caltolico ii modo di esercitare cristianamen- te la carilk vera crisliana. Ed il fa con sodczza di doltrina e piacevolezza di stile niente triviale. Ad ogni capiloio e aggiunto un esempio storico, tratlo da buone fonti. La condotta poi degli ar- gomenti e tale, che si accomoda all'uomo colto e si fa inlendere dal popolare. Percio 1'oltimo Au- tore pud esser lieto di aver coiuposlo uu libro buono per tulli, e merilevole di trovar posto fra gli scaffali' di ogni famiglia cristiana.

CHIARINI GIUSEPPE II cristiano istruito nelPopere della misericordia; lezioni popolari, per Giuseppe Ghiarini, prete dell1 Oratorio. Brescia 1$$$, tip. del Pio Istituto in S. Barnaba. Un vol. 16.° piccolo di pag. 247.

« Cio che mi fece por mano a questo piccolo lavoro, scrive 1'Autore nel suo proemio, e 1'egoi- smo schifoso dei nostri giorni, che si copre coi paroloni di fiXmtropia, d'umanila, di fratellanza. II bel progresso che veramente si svolge nel vi- vere sociale I Tulti fan gli spasimanti del bene comune, e tutti a vicendas' levano la pelle. Quan- do odi amor di palria, intendi amor di borsa: quando senli fralello, intendi nemico. Oolla fede e scomparsa la carita. » Questo libro adunque del p. Chiarini ha per vero scopo d'insegnare al cri-

CROLLALANZA G. B. Storia del contado di Chiavenna; scritla dal cav. G. B. Crollalanza, membro di prima classe dell' Istituto storico di Francia. Fasci- coloX. Milano, presso Serafino Muggiani e comp.librai-editorilWS. Un fasc. in 8.c da pag. 423 a pag. 470.

DA PORTO MAURIZIO S. LEON^DO Opere complete di S. Leonardo da Porto Maurizio, missionario apostolico, minore riformato del ritiro di S. Bona- ventura in Roma; riprodotte con alcuni scritti inediti, in occasione della sua canonizzazione, per curadeiPP. Minori Riformali, del ritiro deirincontro presso Firenze, fondato dal suddetto Santo. Vol. I, II e III. Venezia, tipo- grafia Emiliana 1868. Tre vol. in 8.° di pag. XII-476, 472, 462.

£ notissimo 1'intrinseco merito di dottrina sanla ed apostoliea, e di unzioue per cui le Opere di S. Leonardo da Porto Maurizio vanno pregiate. Tanto i fedeli, per pascolo di lor private ammae- slramento, come i minislri di Dio, per alimento della predicazione, le hanno sperimentate giove- voli sopra modo. Per lo che non dubitiamo ehe questa nuova cdizione debba essere accolta in Ita- lia con gradimcnto, massime dal Clero. Essa, come si avverte nel proemio al primo volume,

D' AQUINO S. TOMMASO Sancti Thomae Aquinatis doctoris angelici Ordinis Praedicatorum; opera omnia ad fidem optimarum editionum accurate reco- gnita. Tomus vigesimus tertius. Opuscula varia tomus II, fasc. IV, V et VI. Parmae, ex typographeo Petri Fiaccadori MDCCCLXVIII. Tre fasc. in 4.° da pag. 273 a pag. 511.

DE BEAUREPAIRE L. Girolamo il trombettiere. Episodic della guerra di Ca- talogna, per L. De Beaurepaire. Traduzione dal francese. Bologna, presso I' uffizio del Messaggere 1868. Un volumetto in 16. e piccolo di pag. 222.

sara corredata di molti inediti document!. Com- prendera poi soli quattro volumi, formanti in com- plesso cirra 120 fogli di 16 pagine. II prezzo di ciascun volume e di lire it. 4. Chi ne prendera dodici copie, avra la decimaterza graluita. La carta e buona, i tipi sono nitidi. Quesla pare a noi un'edizione che da se si raccomandi. Le as- sociazioni si prendono in Venezia e in tulle le altre citta d' Italia dai principali iibrai.

Altre volte abbiamo espresso modestamente il parere noslro, circa il gran tradurre e stampare che si fa in Italia, ancbe dai buoni e cattolici, racconti e romanzi foreslieri, benche oltimi di spirito e di morale. Pensiamo che, per ulile delle lettere e diremo in genere dell'italianita vera, sarebbero da preferire lavori originalmente no- strali: tanto piu che in Italia non mancano ne gi' ingegni ne le penne idonce a quest' uopo. Ma essendovi non poche difflcolla a procurarsene

in quella copia che occorre, massime alle colle- zioni periodiche, converrebbe almeno che la scelta dei forestieri da italianizzare fosse accuralissima. La biblioteca del Messaggere, nei due anni da che e fondata, e stata felice in questa scelta, e cerlo non infellce anco nella clezione dei tradut- tori. Ci sia pero lecilo di fare un'eccezione per queslo del sig. De Beaurepaire. In esso, forse per amore nazionale esagerato, si commetle la ingiu- stizia di rappresentare come briganli ed assassin!

604 BIBLIOGRAFIA

gli Spagnuoli, die, nella lerribile guerra soste- guerreggiavano il nemico per bande, con sor-

nuta contro il primo Impero francese, difesero prese e crudelta. Combatlevano come polevano:

la religione loro, il He loro e la loro patria, ini- ed ogni animo spassionato, in ragion di dirilto,

quamente assalite per ansia di conquista: ed in- anteporra scmpre il coilello iberico, adoperato in

vcce si tributano lodi continue di bravura e di difesa di una causa giusta, alia spada galiica,

eroicita alia parte assalilrice. Qaesto e un falso usala allora in soslegno di una manifesta usur-

procedimento. No vale il dire die gli Spagnuoli pazione.

DEGGIOVANNI RlWlDO Panegirico del sacro Cuor di Gesii, detto nella chie- sa della nobilissima Archiconfraternita del medesimo Cuore ; per il cano- nico Rinaldo Deggiovanni, missionario apostolico e priore dell'arcispedale della Consolazione. Roma,coi tipi della CiviltaCattolical8§8. Un opusc. in 8." dipag. 16.

DELESSERT BENIAMINO E DE GERANDO La morale in azione, ossia esempti rac- colti per cura di Beniamino Delessert e del barone De Gerando ; illustrati con disegni di Giulio David, intercalati nel testo ed intagliati in legno da Chevin. Traduzione italiana di Emmanuele Rocco. Napoli, stabilimento ti~ pografico del commend. G. Nobile, via salata ai ventaglieri n. 14, 1868. Un vol. in 16.° di pag. Xl-307.

11 libro e i disegni non hanno cosa die sia vendibili dal Nobile , siccome tale che contiene

riprensibile. Ma, prima di farlo girare nclle fa- annunzii indegni d'essere conosciuti dalla gio-

miglie, converrebbe che, dopo 1'indice, si stac- vcntu ben costumata e dalle persone pudiche e

casse dal volume il catalogo annessovi delle opere gelose della fede cattolica.

DE-NICOLA LUIGI Orazione letta nella parrocchiale collegiata di Masserano dal canonico rettoreevic. for. De-Nicola Luigi, quando il 6 Agosto 1868 il consorte marchese e la figlia superstite, con solenni esequie di trigesima pregavano pace alFanima deirillustrissima raarcliese Felicita Berzetti Bu- ronzo di Murazzano, nataMarchesa Fassati di Balzola e Coniolo. Vercelli 1868, tipogr. e litogr. Guidetli Perotti, gia De-Guadenzi. Un opusc. in 8." dipag AS.

Questa orazione ci pare uscir dal comune, per le virlu s\ esemplari della marchcsa di Muraz- la eloquenza dello stile, per la nobile gravitk dei zano avrebber poiuto trovare un encomiatore piu pensieri e per la sua bella condotta. Diilicilmente degno.

DE R1CHECOUR A. Un Eveque de Geneve a Geneve. Lettre a M. le conseiller d'etat Richard; par A. DeRichecour, docteur en droit, avocat a la cour imperiale de Paris, redacteur au journal des fabriques et au journal des communes. Geneve, impremerie Pfeffer et Pukes, rue du Mont-Blanc., SeptembrelSffi. Un opusc. in 8.° di pag. 51.

DE SANCTIS MICHELE Elogio funebre di Federico Gregoretti. Roma, lipo- grafia di Bernardo Morini 1868. Un opusc. in 8.° dipag. 12.

DE VIT VINCENZO Totius latinitatis lexicon, opera et studio Aegidii Forcel- lini, seminarii patavini alumni, lucubratum et in hac editione novo ordine digestum, amplissime auctum atque emendatum,adiecto msuper, altera qua- si parte, onomastico totius latinitatis ; cura et studio Doct. Vincentii De- Vitolim alumni ac professoris eiusdem seminarii. Tomi III etlV. Distribu- tio XXXI. Livido-Mamater. Prati, apud Alberghettum et Soc. in typogra- phic Aldina MDCCCLXVHI. Un fasc. in 4.° grande da pag. 785 a pag. ^ 830 del vol. Ill, di pag. 32 del vol. IV.

DIE DE SAINT JOSEPH Maria, ovvero la virtu felice d' ignorar se stesso. Rac- conto della S.» Die de Saint-Joseph, versione del sac. Pietro Bazetti. Bo-

BIBLIOGRAFIA

605

logna, tipografia Felsinea 696, via Usberti, 1868. Un volumetto in 32.' grandedi pay. 258.

Quel zelantissinio cattolico die c il ch. signer dollore Giovanni Acquaderni, propagatore inde- fesso di buoni giornali e di buoni libri religiosi, tra le altre collezioni che ha avviale, c venulo pure in pensiero di avviarnc una col titolo di Serto di dodici racconti, stampati in edizion- cine di garbo, legati alia bodoniana, e tali che possano facilmente correre per le mani di lutte le persone. Queslo e il primo di detlo serto, il quale sembra debba comporsi di racconti scrilti da callolici aulori francesi, ed italianizzati dai sig. D. Pielro Bazelti , che ha molta faeilita di stile. In difetto di altri racconti originalmente nostrali, certo questo c assai meglio che nulla, attesa la generate avidit* di leggere, e di leg-

gere cose atteuentisi al romanzo. Giacche (ante penne italiane si logorano a tradurre barbara- mente luridi od empii romanzi stranieri, e tanti tipi s'impiegano a moltiplicarne le copie, e utile che altre penne si adoperino a tradurne conve- nientemente altri onesti e cristiani, e che allri lipi ne accrescano gli esemplari. E sempre un opporre contravveleno a veleno.

11 presente Serto si distendera a due anni. 0$ni due mesi uscira un volume. II prezzo di asso- ciazione e di lire 4 1'anno. 1 YOlumi, dentro il Regno d'llalia, saranno spediti franchi per posla. Siccome i medesinai racconti si pubblicherano nella Biblioteca delle famiglie italiane, cosi gli as- sociati a questa li avranno uella sua collezione.

DOUBLET VITTORE Amalia Cors'mi, ossia T orfanella di Siena; racconto di Vittore Doublet, versione del sacerdote Pietro Bazetti. Bologna, libreria dell' Immacolata 606, via Usberti, 1868. Un volumetto in 32.° grande di pag. 267.

E.G. La scuola di Maria alle giovanette cristiane. Operetta dedicata spe- cialmente alle figlie dell' Immacolata da E. G. figlia di Maria (fella Pia Unio- ne di Lucca, coiraggiunta dlvaiii esercizii di pieta ed oraziom. Milano, ti- pografia e libreria artivescovile, Ditta Boniardi-Pogliani di Ermen. Be- sozzi MDCCCLXVIIL Un volumetto in 32.° grande di pag. 286.

Di operette che guidino le donzelle cristiane per 1'arduo sentiero delta virtu e della pieta cat- tolica, non paliamo difetlo, e vero. Ma non di meno pensiamo che sia cosa da rallegrarsene il Tedere come queste si moltiplichino, e general- mente <con lode di buona dottrina, di prudenza ed ancora di garbo letterario. Di queste doli e

fornito il libro che qui annunziamo, nel quale la savia Autrice fa parlare Maria, e le pone in bocca sanlissimi document!, che cerlo si addicono a co- lei che e Madre della sapienza. E quindi impos- sibile che una giovinelta, dall' attcnta lettura di esso, non ritragga vantaggio di lumi e di stimoli pel proprio interno ed eslerno miglioramento.

ETTORI ANTONIO L' Atmosfera. Traduzione dal francese di Antonio Ettori d. S. P., con note ed aggiunte. Firense a spese dell' edilore, 1868. Un vol. in 16." di pag. 255.

ed alia religione cattolica. 11 p. Ettori veramente ha trovato il modo di sanliflcare la scienza na- turale, e di farla servire ai fini sublimi inlesi dal Crealore e Redentor nostro. Adunque noi credia- mo che tulti i zelanti della buona islruzione ac- coppiala con la purita della fede, dovrebbero promo vere la ditlusione di queslo bello e caro ». libro, nelle scuole, nei collegi , nelle famiglie, nelle biblioleche popolari; e preferirlo d' assai a (anli altri libri simili pel soggelto, ma a queslo dissimilissimi pel valore scientifico, morale e re- ligioso, e sopra tullo pel fine a cui inirano, che e il pervertimento delle anime sotto colore d'in- civilimento.

Libro assai bene accomodato e questo si alia gioventu d'ambo i sessi che, senza dedicarsi di proposilo agli studii atmosferici e meteorologici, brama per altro conoscerne scientificamente i principal! fenomeni, e si ancora alle persone adulte che di queste materie desiderino istruirsi. £e il ch. p. Ettori non lo avvertisse, appena si sospetterebbe che queslo trattato sia vollo dal francese; tanto e scritto con naluralezza e pro- priela di linguaggio. Ma ollreche la traduzione e libera, il testo poi e arricchito di note, e tulto il lavoro e seguito da un'appendice, frulto delle particolari fatiche dell'Autore. 11 quale non ha in- tralasciato nessuna occasione di farsi scala della natura e detle sue meraviglie, per salire a Dio

F. P. Novena devota in preparazione alia festa di san Luigi Gonzaga, propo- sta alia gioventu dal sacerdote F. P. Capodistria, coi tipi di Giuseppe Tondelli 1864. Un opusc. in 32.' dipag. 32.

606 BIBLIOGRAFIA

FRANCESCHI ENRICO Cilta e campagna. Dialoglai di lingua parlata, dell' av- vocato Enrico Franceschi. Torino, litografia e libreria editrice di En- rico Moreno, via del soccorso, n. 15, 1868. Un vol. in 16." di pag. 264.

Ai non toscani sludiosi del buon linguaggio Firenze. Si disputi quanlo place: ma chi abbia ua

della Toscana, noi raccomandiamo questi graziosi senlore anche solo di buon gusto, e impossibile

e Tispi dialoghelti del Franceschi. In essi tutto che legga cose tanto ben delte, e non esclami

e flor di onesta ed oro di schielta parlata, quale tra se: Questo e il piu bel parlare d'ltalia ! ^corre oggidi in quel gentile paese, massime in

GALLI BENEDETTO Saggio del nuovo quaresimale dell' abate Benedetto G'alli da Pisa. Torino, tipografia del Giornale 11 Conte Cavour, via Alfieri n. 3. Un opusc. in 8.° di pag. 29.

L'abate Benedetto Galli da Pisa, professore di ducono ad obbligarsi di fornire lire it. 2, SO per

sacra eloquenza, rendendosi alle istanze di molti ciascuno dei due volumi che il Quaresimale com-

anche illustri suoi benevoli ed uinici, ha consen- prendera. Slccome si dara principio alia stampa

tito che ii suo Quaresimale' sia dato alle stampe. allora solo che si sia raccolto un numero di tirme,

Egli ne ha recitate le prediche piu volte in Ho- sufficiente a coprire le spese, cost gli associati

ma, poi nel Duomo di Firenze, poi in Torino ed non saranno tenuli a pagare, se non dopo il ri-

in parecchie minor! cilia d'ltalia. Per saggio, cevimento dei volumi. I patti ci paiono buoni,

1'editore pubblica in questo opuscolo la predica e 1'opera meritevole di essere favorita, pe' suoi

dei libri cattivi ed il panegirico dell'Annunziata, pregi e per 1'utile che se ne pud trarre. insieme coi palti dell'associazione, i quali si ri-

GANBOLFI FRANCESCO Epistola pastoralis ad clerum et populum universuni Corneti etCentumcellarum. Romac, ex typogr. Contedini MDCCCLXV1I1. Un opusc. in 4.° di pag. XVI.

GRASSI MAR. Delle societa dei Salvatori in Francia. Breve illustrazione, di- retta a promuoverne la fondazione in Italia, per Mar. Grassi. Catania, sta- Ulimento tipografico di C. Galatola nel R. Ospizio di Reneficenza 1868. Un opusc. in 8.° di pag. 18.

La societa dei Salvatori in Francia e una riu- so ii raccomandarla all'Italia, col fervore che usa

nione d'uomini d'ogni grado e condizione, che il sig. Mar. Grassi. Ma i tempi sembrano poco

ha per fine di salvare il prossimo nei pericoli, propizii. Conciossiache ora nella Penisola tutte le

massime di naufragio e d'incendio. Siccome non associazioni un po' clamorose, se non hanno la

ha carattere di societa secreta, ed e fornita di Massoneria per sostegno, facilmente sono disciolte

cappellani e professa pubblicamente il culio cat- dalla forza e dall'astuzia del Governo, o dai tu-

tolico, ed annovera tra i suoi membri principali multi delle piazze. anche i Vescovi; cosi ci pare che sia vantaggio-

LONGO AGATINO Indice generate delle opere inedite del cav. Agatino Longo, professore emerito dell' universita degli studii di Catania, ecc. ecc. Secon- da edizlone riveduta e corretta. Catania, stabilimento tipografico Caron- da Settembre 1868. Un opusc. in 4.° di pag. 55.

Basta la semplice lettura di questo copioso in- e della quasi prodigiosa fecondila e versatilita dice, per farsi un concetto dello smisurato studio, dell' ingegno del chiarissimo cav. Longo.

fflANSI FERDINANBO Lamia patria Ravello, per monsignor Ferdinando Mansi. Roma 1868. Un opusc. in 8.° di.pag. 15.

L'amor patrio, del quale il ch. Prelate si mo- della morale naturale , e molto piu dalla carita

stra caldo in quest' opuscolo, non e quello di cui seprannaturale. Monsignore esprime i suoi affetti

ai nostri giorni si mena tanto rutnore, 'e che in con poesie di varii metri e di varie lingue, anti-

realta e nero tradimento e sozzo egoismo; ma si che e moderne, nolle quali e perito, come lo di-

quell'altro che viene ispirato da' diritti principii mostra questo saggio.

MANTOVANI PAOLO Descrizione mlneraloglca dei vulcani laziali, per Paolo Mantovani, membro della societa geologica di Francia, corrispondente del-

BIBLIOGRAFIA

607

la societa di scienze naturali della Roclielle ecc.ecc. ecc. Roma 1868, sta- Ulimento tipografico di Giuseppe Via, Cor so 387. Un opusc. in 8.° di pag. 31.

Quest'opuscolo, ollre agli altri pregi, ne ha per noi uno di gran valore; ed e quello di mellere meglio iu lace la sublime ignoranza di que'oolali, che sono sempre sul calunniare questo Governo e questo popolo di Roma, come se niun profitto sapessero trarre per 1' industria, da uu suolo che essi suppongono ricchissimo e riboccante di te- sori. II sig. Mantovani fa vedere, che, nella cer- chia almeno dei vuleani laziali , uulla potrebbe trovare 1' industria di che avvalersi, tranne una eerta quanlita di ferro, che certo non va ne- glelta. Infatti egli mette in sodo che pochissimo, o per meglio dire, nulla vi si trova di mine- rali combustibili, Iranne qualche lenuissimo pro- dotto sulfureo. Scarsissime vi sono le terre, ne Ti si trovano la potassa, 1'alluinina, labarite, la soda. Abbonda la calce; e di questa descrive il Mantovani le varie forme, derivando dalle sue

giaciture Torigine e 1'epoca dei cristalli di calce carbonata, dolomite, arragonite ed apatite. So- vrabbondano i silicati e gli alluminali; ma puo dirsi che appena si trova suolo piu povero di metalli, poiche tutto riducesi al ferro. II solfato di ferro o vivianite abbonda nei peperinj di Al- bano o di Marino; piu scarso assai s'incontra il ferro murialo nella lava basaltina del cratere Albano; ma in maggior copia il ferro ossidulato titanoQco, massime nul tufo di Frascaii e nei pe- perino di Albano.

Facciamo plauso di cuore al sig. Manlovani au- gurandogli che, col proseguire le sue indagini, egli debba riuscire a qualche seoperla, la quale, oltre all'arricchire la scienza di utili nozioni, debba avere per risultato alcuna di quelle applicazioni pratiche, onde sono talvolta coronati quest! studii si aridi e laboriosi.

MANZO LU1GI Dizionario di nomenclatura domestica napoletana e toscana, per cura del sac. Luigi Manzo, quarta edizione. Parte prima. Napoli, tipo- grafia di Vincenzo Marchese, Largo Donnaregina n. 20 e 21, 1867. Un opusc. in 16.° dipag. 64. Parte seconda di pag. 24.

Le quattro edizioni fattesi di questo piccolo di- larmente delle scuole ancor popolari, ben e certo

zionario moslrano sufflcientemente, che in Napoli che presto la buona lingua diffonderebbesi alia

comincia lo studio della buona loscanila a preu- gagliarda. 1 recent! lavori poi di alcuni fiiologi

dere voga. Se altrove in Sicilia, nei Piemonte, toscani assai conosciuli, pare a noi che rende-

nella Lombardia, nei Venelo si compilassero li- rebbero men difficile la compilazione di tali vo-

breltl manual! di questo genere, per uso partico- cabolarielti.

MARIGLIANO ANTONIO M. II mese dei morti, ossia meditazioni per ciascun giorno di Novembre, in suffragio delle anime penanti, per Antonio M. Mari* gliano S. Napoli, direzione delle Letture Cattoliche, via S. Gio. Maggio-* re Pignatelli 34, 1868. Un wlumetto in 32.° dipag. 160.

MASETTI PIO TOMMASO - Lettere edificanti, scritte dai Frati Predicatori mar- tirizzati nei Giappone, ed inseriti nei catalogo de1 Beati dal regnante sommo Pontefice Pio IX ; raccolte e pubblicate per fare seguito al commentario isto- rico, giaedito di loro vita e martirio. Roma, tipografia di Bernardo Mo- nwl868. Un opusc. in 8.° dipag. Y///-115.

Quasi appendiee al oommentario storico dei no- Telli BB. Martiri giapponesi dell'Ordine de' Pre- dicatori, ehe il ch. p. Maselti ha poc'anzi divul- gato, si possono considerare le 58 lettere di varii Ira i medesimi Beati, che il presente volume rac-

chiude. Sono lettere di anime apostoliche, da Dio predestinate a glorioso martirio: e cio basla per loro elogio. Ma possiumo aggiungere ehe parec- eliie, oltre redilicazione, fruttauo eziandio dilelto ed erudizione.

MAZZONI E FRANCHI Biblioteca di sacri oratori moderni, italiani e stranieri, pubbllcati e tradotti da Baldassarre Mazzoni e Leopoldo Franchi, canonic! della cattedrale di Prato. Serie Prima, volume VI. Prato, tipografia di Ra- nieri Guasti, 1868. Un vol. in 8.° di pag. 311.

Ventitre, tra panegirici, discorsi e spiegazioni del Gli oratori piu illustri, de' quali contiene scritti, Vangelo, comprende questo volume, il quale pro- sono il Targioni, PAlirnonda, il Giorgi, il Ven- cede in tutto conforme ai suoi cinque antecedent!, tura., il Faber.

608 BIBLIOGMFIA

MEL4NDRI GIUSEPPE Una preglilera a Maria Santissima pel sommo Ponlefico romano, ricavata dauno scrittore greco, e commentata dal p. Giuseppe Melandri d. G, d. G. Torino, Pietro di G. Marietti tipografo ponlificio 1868. Un opuscoletto in 16.° dipag. 22.

Tulta opporluna alle presenti condizioni della tolico di due secoli addietro. Quello che il sopra

Chiesa e del Pontificate romano e la bellissima c lodato Padre vi aggiunge del suo souo alcuni brevi

breve preghiera a Maria Sanlissima, pel sommo ma dotli e pii comment! a ciascun litolo, sotto

Pontefice, che il ch. P. Melandri ha ricavato dalle cui I'aulore della Preghiera invoca la Yergine. opere di Demetrio Fepano, scriltore greco cat-

MOLTEDO TRANQUILLINO Goralium Balieuticon , Tranquillini Moltedo bar- nabitae. Neapoli, ex officina Dominici Morano an, MDCCCLXVIH. Un opusc. in 8.° grande di pag. 29.

II chiaro Padre Moltedo ci ha futlo guslare con mi didascalici. L'argomento che Iratta e la Pesca

questo suo poemello un sapore di poesia latina, de' Coralli : e la sua lode principale consiste nella

die a ricordare il somiglianle siam dovuli ricor- rara abilita di esprimere, con forme assai eleganti,

rere col pensiero ai piu valorosi latinisti del concetti molto difflcili a rilraire. cinquecento e del secolo passalo in opera di poe-

MONTI GIAMBATTISTA loannis Baptistae Montii inscriptiones. Fermo, dalla tipografia Backer 1865. Un opusc. in 8.° dipag. 12.

Sono epigrafl, scritte in buon latino e con molto garbo.

MURINO EMMANUELE Alia cara memoria di Giovanni Maria Murino, giova- netto dodicenne, morto la sera dei 25 Luglio 1868; ultimiufficii del suo cu- gino Emmanuele. Salerno, stab, tipog. Migliaccio 1868. Un opusc. in 8.° dipag. 15.

Tenero veramente, e scritlo con garbo di lin- cotla vasta inlelligenza e colla sopraffina mente,

gua, e forza e soavita di concetti, e questo elo- cio che nel corpo barbaramente gli toglieva. »

gio di un fanciullo dolato di amabilissime qua- No: la provvida natura, che e Iddio infinite ama-

lita, e da Dio collo, quasi Gore d'innocenza, nel tore degli uomini, non toglie a uiuno di essi

suo primissimo aprirsi alle aure della Tila mo- barbaramente veruna cosa. Egli e sempre buon

rale. Giovanni Maria Murino, sin dalla culla parve Padre, anche allorche li priva di qualche gran

destinato al palire: e pati sempre finche visse. bene temporale; poiche cio fa solo per amore di

•Ma non giusto, sebben perdonabile alia veemen- una lor piu smisurata felicila eterna. L'operare

za di un inconsiderato dolore, e il dire che « la barbaro tanto in lui ripugna, quanto la tenebra

provvida natura voile in Giovanni ricompensalo, nella luce.

OLMI D. GASPARE *Maria e le anime del Purgatorio, ossia considerazioni, affelti e preghiere pel mese di Novembre, del sacerdote D. G. Olmi. Bolo- gna, libreria delV Immacolata 696, via Usberti, 1868. Un opusc. in 32.' dipag. 72.

II cuore di Gesu Bambino. Pensieri ed affetti pel mese di Gennaio, per G. Ol- mi. Bologna, direzione del periodico La figlia dell' Immacolata 1868. Un opuscoletto in 32.° di pag. 31.

II mesedi Dicembre, sacro a Maria Immacolata. Operetta del sacerdote Ga- spare Olmi. Bologna, libreria dell' Immacolata 696, via Usberti, 1868 . Un opusc. in 32.° dipag. 48.

- La pia giovanetta nella solHudine, per»Gaspare Olmi. Bologna 1868, tipo- grafia Felsinea, via Usberti 696. Un opusc. in 32.° di pag: 96.

Fecondo c svariato scrittore di malerie asceti- cresima e alia prima Comunione o per altri flni,

che e il benemerito sig. D. Gaspare Olmi, che bramano fare ua riliro di pochi giorni. Egli in

in pochi anni ha inondato 1'Italia di sue operette, essa porge loro lutto roccorrente, con brevitl,

cercate e gustate con proutto non tenue delle aai- chiarezza ed unzione. Noi la raccomandiamo alle

me. Quesla presente ha un'utilila particolare per buone famiglie, ed in ispecialU alle Scuole ed alle

tanle giovanette, le quali, o in apparecchio alia case di educazione.

BIBLIOGRAFIA GOO

PASINATI STANISLAO L. Brevi notizie intorno alia vita di S. Agnese V. M.

proposta in modello alle giovani cristiane, da Stanislao L. Paginal!, prele

napolitano. Napoli, lipografia di Pasquale Mea, 1868. Un opusc. in 32.°

dipag.W. PASSERI GIUSEPPE Prospetto storico deintalia, del Dott. Giuseppe Passeri

di Mont'Alcino. Siena 1868, tip. sordo-muti, L. Lazzeri. Un opusc. in 16.°

piccolo dip acj. 68.

Al fronlispizio di questo volumetlo, per essere ai maestri di sloria. II Passeri serive da uomo

ben determinalo e compilo, maaca 1'indicazioae sensato e da buon cattolico. Per allro noa ci pare

dei tempi che esso comprende; vale a dire dalie giusta la proposizione, che gl'Imperatori romani i

prime origini, sino ad Auguslo inaperatore: pe- quali si seguirono dopo il secolo quarlo, paga-

riodo di storia lutla antica, la quale si com- ni e cristiani cattolici, fossero tulli piu o meno

pendia nella storia principalmente di Roaia. Piu tiranni. Costaatino Magno, dopo il suo ballesimo,

chea'giovanistudiosi, il presente Prospello, com- noa pecco ceilo per lirannide. pilulo con brevita e con erudizione, potra servire

PEROS1NO GIAN SEVERING —Per lamorte deH'ottimo giovine Eugenic Costa, avvenuta, in Guayaquel ( repubblica dell1 Equatore ) il 30 Marzo 1868. Mesto tributo air amato discepolo. Carme. Torino, daWunione tipogra- fico-editrice 1868. Un opuscoletto in 16.° piccolo di pag. 8.

Assai commendevole e questo Carme del chiaro anche per le grazie non comuni di poesia, di cui professore Perosmo non solo pe' nobili affelti di e fiorilO. pio e generoso auimo, che Yi sono espressi; ma

Saggio di esercizii di \ersione latina della divina Gommedia; ossia aggiunia alia terza edizione dei trecento temi italiani per versioni , del professore Gian Severino Perosino. Torino 1868, tipografia Bellardi, Appiotti e Gior- sini, via Doragrossa n. 32. Un opusc. in 16.° piccolo di pag. 16.

RAFFAELLI BONAVENTURA Compendio istorico di nove beati Martin del Giappone, del canonicoBona ventura Raffaelli, peniteuziere nella cattedrale di Toscanella. Viterbo, presso Sperandio Pompei 1868. Un opusc. in 8.* di pag. 55.

II ch. sig. can. Raffaelli al merito di filosofo preziosi , se avesse potato coltivailu , come ba gii nolo, un:sce anche un' idoneita allo scrivere collivati i severi sludii fllosofici. in prosa ed in \erso, che ayrebbc data frutti

RINALDl FRANCESCO SAYERIO II Soratte iliustrato. Cantica del dottor Fran- cesco Saverio Rinaldi. Civita Castellana, tipografia di Pietro Del Frate. Un opusc. in 8.° di pag. 46.

II ch. Autore della presente Cantica con bella principalmente, ricorrendo il suo Centcnario, fa

anvenzione poetica piglia occasioue di celebrare scritto il Poemelto. In quanto poi al merito poe-

i norni piu insigni e le imprese piu illuslri che tico, non solo e da lodare pel concetto del tuito,

hanno relazione col monte Soratte e colla sua re- ma spesso eziandio per la forma, in cui sono

gione. Si ferma pcro piu di proposito sopra le tralti yeramente splendidi. memorie che riguardano S. Nonnoso, al cui onore

ROCCO EMMANUELE Vedi Delessert Beniamino e De Gcrando.

SAG1DA V. M. Una splendida prova dei giganteschi progress! delle uui\ er- sita italiane; ovverosaggi d' un" opera mat urata in trent1 anni di meditazioui e d'insegnamento dal cavalier Settembrini, professore di letteratura nel- T universita di Napoli : Dialoglii e discorsi piacevoli, di V. M. Sagida. VI" terbo, Sperandio Pompei 1868. Un vol. in 16.° di pag. 230. Trovasi ven- dibile al prezzo di lire 2, in Napoli presso D. Domenico Paradisi, strada, Seric VII, vol. IV, fate. 449. 39 28 Novemltre 1868.

610 BIBLIOGRAFIA

S. Gregorio Armeno n. 2, c presso i siyy. librai Rossi Romano, Gabnele Sarracino, Antonio Morano.

E un' eccellcnle confulazione degli errori piu Ma oltre al merito dimostralivo, che e un vero

madornali del Sellembrini in materia di lettera- trionfo, come dicono ora, su tulla la linea; il li-

tura e di Storia. A diritto il ch. Autore (che ci bro, considerate come opera lelteraria, e una deiie

sembra vclato da linto nome) 1'intilola Saggi, piu ghiotte letture, tanto che cominciata a gu-

perche 6 impossibile tener conlo di tulli gli stra- stare difficilmente si Ironca. Raccomandiamo cal-

falcioni del Professore napoletano: de' piu grossi damente quest' operetta, massime ai giovani del

soltauto cc DC ha una dovizia, che sbalordisce. Napoletano.

SAINT-MARIE Cristina, ovvero i conforti della religione nella sventura.

Racconto della siguora Saint-Marie; versione del sacerdote don Pietro

Bazetti. Bologna 1868, libreria dell'Immacolata, via Usberti 696. Un vo^

lumetto in 21.* grande di pag. 138. SCOTTI-PAGLIARA DOMENICO II mese di Maggio. Sermoni e racconti per Do-

menico Scotti-Pagliara, canonico della Cattedrale di Napoli. Vol, I e 11.

Napoli, Gabriele Rondinella editore, S. Anna de Lombardi 8. 1867.

Due vol. in 16.c di pag. 511, 438.

E conosciutissimo il merito oratorio del chiaro lare ed affettuosa: ed egli vi apparisce abilissimo.

canonico napoletano Scotti-Pagliara , e noi piu Ci e anche placiuto, che siasi tenuto, tanto pe'sog-

TOlte abbiamo ayato 1'ocoasione di commendarlo. getti, quanto per 1'ordine, alle norme del Muzzu-

Lanuora operetta, da lui ultimamente pubblicata, relli, primo fondatore di questa soavissima devo-

che e un corso di Sermoni e di Racconti pel mese zione. Cosi senza scemarsi il pregio di aulore,

di Haggio, corrisponde adequalamente alia sua nella sostanza, originate, non sacri flea alia vano.

fama. Se non che la materia, che qui allo stesso ambizione di totto innovare quello che 1'espe-

tempo e tulta morale e divota, perche direlta ad rienza ha dimoslrato piu utile. Tutto consideralo

accendere ne'cuori la divozione a Maria SSma, ci sembra che questo Mese di Maggio sia uno

sopra il fondamento della emendazione della vita; db'migliori, insino a questo giorno pubblicali. gli apre il campo ad una eloquenza molto popo-

SETTEMBRIM Vedi Sag Ida.

STSENNE VARIE Sotlo queslo titolo comin- comandiamo ai capi di iamiglia e di offlcine, ed

ciamo ad annunziare varie strenne per I' anno agli inslitutori cristiani della gioventu, afflncho

1869, scrilte con yero garbo, con piacevole/za, le preferisiano a lante altre, le quali, benche

con brio e fornite di otlimi insegnamenti , tutti appariscenli e speciose, nascondono pero soltile

conform"! allo spirito catlolico. Qucsle intanlo rau- Teleno di empieta e di scostumatozza.

ALMANACCO DI FAMiGLiA, illustrate, per Y anno 1809, dedicate agli associati delle Piccole letture , anno nono. Genova, presso Domenico Vitalim, vico del fieno num. 3. Un opusc. in 16.° dipag, 64.

CALEIDOSCOPIO, ovvero mischianza di varie cose dilettevoli ed istruttive; op- portune ai tempi present!. Strenna per Tanno 1869, anno nono. Torino, Pietro di G. Marietti, tipografo pontificio. Un volumetto in 3-2.° grande dipag. 160.

D. MSNTOBS. Strenna per Tanno nuovo, compilata per opera di sei giovani sa-« vonesi; dedicata a tutti, ma piu specialmante al popolo e alia gioventu : nella quale si trovera una raccolta di racconti, novelle, dialoglii, lette- re ecc., parte in prosa e parte in poesia, che non dicono male di nessuno. Anno XII, 1869. Torino, tip, di Giulio Speirani e figli, con permiss. del- ta rev. Curia Arciv. Un volumetto in 16.° piccolo di pag. 127.

IL BDON SENSO, lunario per T anno 1869, coir aggiunta dei mercati e fierc che si fanno in Toscana. Anno nono. Firense 1868, libreria di Luigi Ma- nuelli. Un opusc. m 32.° di pag. 64.

si possono avere e, se no, con giudizii di periti resi puhblici, si accertasse meglio che questa pil- lura, non e gia solo della nianiera di Guido Rent, come affcrma il Passeri citato dall' Autore, ma e veramente del proprio pennello di quel gran maestro.

BIBLIOGRAFIA Gil

-*- IL GALANTUOMO. Almanacco per V anno 1869, anno XVII. Strenna offerta agli associati alle Lett, cattoliche. Torino 1868, tip. del? Or at. di S. France- sco di Sales. Un opusc. in 32.° grande dipag. 96.

L' OMNIBUS. Lunario della vespa, correclato di 40 sestine, racconti, aneddoti, ed altre poesie; per T anno 1869, anno V. Firenze 1868, tip. Birindelli via dei cerchi n. 6. Un opusc. in 32.° grande di pag 64.

TANCREDI GIUSEPPE Intorno un dipinto di Guido Reni, esistente nella col- legia ta diFrosinone, Discor so del prof. Giuseppe Taucredi, recitato nella solenne distribuzione de'premii del ginnasio municipale, TAgosto del 1867. Roma 1868, fratelli Pallotta tipograf, in piazza Colonna. Un opusc. in 16.° grande di pag.lb.

II dipinto die 1'Aulore descrive con grande mi- nutezza o con istilc grazioso, e un tondo che cor- re in lunghezza e in larghezza un metro e ot- tantatre centimetri. Esso rappresenta in un grup- po la Vergine col divino Infante, S. Giovanni Battista fanciullo e la madre sua S. Elisabelta. Sartbbe desiderabile che con document! sicuri, se

TIOFILEMO D. II campo salutare delle sette effusion! del Sangue prezioso di N. S. Gesu Cristo, preparato e compile clalla Vergine addolorata Maria santissima, e coltivato da ogni anima cristiana, pel sacerdote D. Tiofile- mo. Roma 1868, tip. di Benedetto Guerra. Un vol. in 16." piccolo di pag. 634.

TRAMBUST1 GIUSEPPE Delia vita del beato Gio. Batlista De Rossi, can. del- la basilica di S. Maria in Cosmedin. Racconto storico pel padre Giuseppe Trambusti, de'chierici regolari ministri degF infermi, esaminatore sinodale della diocesi di Bagnorea e membro di varie accademie. Roma 1861,. tip. di Bernardo Morini. Un opusc. in 4.° di pag. V1I-96.

Storia della musica, e specialmente dell'ltaliana; scritta da Giuseppe Tram- busti romano, dd. MM. dd. II., socio di molte accademie. Velletri 1867, tip. Colonnesi. Un vol. in 16." dipag. IX-614.

Opera vasta ed irta di spinosissime difQcolta scia della cristiana. La terza va flno a Giovanni

Pier Luigi da Palestrina, meraviglioso riformato- re di quest'arte, e in essa ne mostra i progress! colla varietk e colla distinzione dell'uso suo pro- fano dall'ecclesiastico. La quarta flnalmente vie- ne a far capo in Gioacchino Rossini, al quale il P. Trambusti ha dedicate il libro : ed e la piu copiosa di esso, giacche vi discerre abbondante- mente del teatro moderno, campo in cui la um- sica si e svolla con una ampiezza inestimabile. Peccato, che, un volume, qual e questo, nato fatlo per eccitare la curiosila de' colti ingegni e per crescere riputazione al clero, sia mac- chiato da tante mende di starnpa, che ["errata- wrige si spazia per quattro intere pagine I Qae- sli sono libri che, per 1'onore dell'arte tipogra- fica U'Halia, dimandano eleganza di forme e gran- de correzione, attesoche sieno de' piu ncercati dai forestieri.

ha impresa il ch. p. Trambusti , accingendosi a tessere una storia generale della musica, con un riguardo speciale all' Italia Esso pero animosa- mente ha sprezzato gli ostacoli e 1'ha condolta a fine, giovandosi delle storie del Barney, del Gerbert, del Bonnet, del Bontempi, dello Zarlino e del Martino; in modo, che se da queste ha at- linto il flore, non pero ha pedantescamenle co- piate le ipotesi piu o men fondate, o i giudizii dettati da spirito di parte. Egli ha diviso I'ope- ra in quattro parti, che corrispondono ai quat- tro personaggi formanli epoca nella storia nm- sicale. La prima che s'inccntra in Pitagora, nar- ra con brevi ed oscure notizie quello che dalla creazione deU'uomo si sa o si argomenta avve- nuto per questo rispetlo sino ai tempi del dello filosofo. La seconda si distende perfino a Guido d'Arezzo, monaco di Pomposa, e tratta della ma- sica dei Greei, dei Romaui, di allri popoli, e po-

612 BIBLIOGRAFIA

TRAMBUSTI GIUSEPPE Su la vita della santissima Vergine Maria, discorsl storico-morali pel mese cli Maggio a lei consecrate; del M. R. P. Giuseppe Trambusti, de' CC RR. Ministri degV Infermi, esaminatore sinodale della diocesi di Bagnorea, membro di varie accademie. Napoli 1868, tip. dc'fra- telli Testa, vico BagnaraVZ. Un vol. in 16." di pag. VIll-306.

Due sono i metodi generalmente in Italia se- guiti dai sacri oralori, nei cotidiani sermoni al popolo per la sanlificazione del mese di Maggio in onore di Maria Vergine. Gli uni si attengono strettamente a quello iniziato dal P. Muzzarelli, istitutore della pia pratica, e consiste nello SYO!- gere le massime elerne ed evangeliche ben con- catenate fra loro, sul maestrevole modello degli Esercizii di S. Ignazio. Gli altri prescelgono di esporre argomenti che riguardano piu da vicino la Madre di Dio, e provocano ad imitazione del- le sue eccelse virtu. II ch. P. Trambusli awerte che, in ventidue anni di esperienza, ha trovato che

piu utile al ben comune torna 1'unire i due me- todi per guisa, che alle massime eterne ed evan- geliche sempre s'innesti qualche tratlo spetiante a Maria. Consiglia pero 1'oratore di accomodatsi in cio alia qualifu dell'uditorio. Con questo me- toilo, risultante dai due predetti contemperati in- sieme , ha egli composta e pubbticala la presents collana di discorsi , dalla cui letlura cavcranno profitlo ed ammaestramenlo, non solo i fedeli sem* plici, ma eziandio i banditori della divina pa- rola , che desiderano gloriflcare , con Tantaggio pratico delle anime, la bealissima Vergine Madro di Dio.

VALLAURI TOMMASO II castello della Chiusa ; novella di Tommaso Vallauri. Torino 1868, tip. delVOrat. di S. Francesco di Sales. Un opusc. in 32.° di pag. 57.

Tardi uoi giungiamo per annunziare quesla sa- paesano , che ebbe fama di uno dei piu dolti

porosa novelletta del ch. signor prof. Vallauri , scritlori del secolo decimosesto, e fu un vero n;o-

circa la quale non polremo che ripetere gli elo- dello di cristiane e dvili yirtu. Alia parte slo-

gi datile a huou diritlo dal flore dei giornali one- rica il Vallauri ha bellamenle contesta la parte

sti, e massime dall' Vnila Caltolica di Torino , fantaslica, o la variela dell' intreccio ha sapulo

che per prima ne notiflco la pubblicazione. L'Au- ben accordare colla gaiezza dello stile e colla

tore con quesla scritlura ha inteso principalmen- proprieta della lingua, te di rendere popolare il nome di un suo com-

VENTURINI P, PAOLO Umilta e carita; ragonamenti inediti detti agli student! deiruniversita di Bologna. Bologna 1868, direzione delle pice. lett. catt. via Usberti 696. Un opusc. in 32.° grande di pag. 29.

Altrove annunziammo questi ragionamenti,quan- prezzo di unu lira if., dodici opuscoletti simili a

do appamro per la prima volta. La presente queslo ogni anno. Chi s' associa a 12 copie ne

edizione e stala fatta dalle piccole letlure ratio- riceve una in dono. iichy di Bologna, che scguitano a propagare, al

VERATTI BARTOLOMEO Studii filologici. Strenna pel 1869. Modena 1868. Un opusc.. in 8.° di pag. 80.

Anche al cessare di quest' anno, 1'il lustre sig. diamo che quesla nolizia affliggera parecchi in

prof. Veralti ha regalato all'llalia la sua preziosa Italia, e li mOTera a desiderare maggiormente

Strenna filologica, ricca di osservazioni e di esem- che i celebri Opuscoli di Modena proseguano ad

pii, de'quali faranno certamente tesoro gli stu- uscir in luce; ovvero che, finendo, non traggano

diosi della nostra buona lingta. Nell' ayyiso al seco la sparizione di un laroro fllologico di lanto

lettore pero egli ci da la spiacevole nuova che pregio; il quale potrebbe oltimamentc seguitare a

questa, secondo ogni probability sara 1' ultima companre da se in fascicolo separate. Non ostan-

Slrenna ch'egli pubblica, se il periodico degli te la sua parola si poco dubitaliva, noi conser-

Opuscoli, entro cui fu sempre solilo inserire pur viamo la speranza che egli trovera niodo di DOS

le precedenti, termina di vedere la luce. Noi ere- attenerla.

ZAMBONI CAM1LLO La protezione di Maria. Piccolo racconto del secolo XVI, per D. Camillo Zamboni, parroco bolognese. Bologna 1868, direzione del- le piccole. lett. catt., via Usberti 696. Un opusc. in 32.° grande di pag. 31.

CRONACA

CONTEMPORANEA

' Roma 28 Novcmbre 1868.

I.

COSE ITALIANS.

STATO PONTIFICIO 1 . Editto per la diminuzione delle tarifte sui dazii delle merei straniere 2. Munificenza e doni del S. Padre al Municiplo romano 3. Visila e discorso di Sua Santita all'Arsenale di Belvedere per le armi do- nate da' cattolici 4. Nota del Giornale di Roma contro un finto promo- tore della causa della Yen. Taigi 5. Ravvedimenta e morte di due vittime della setta massonica; lettera di Giuseppe Monti al S. Padre.

1. Nel Giornale di Roma del 13 Noyembre yenne pubblicato TEditto seguente deU'Emo Cardinale Segretario di Stato.

« Per aderire alle richieste del commercio, e promuoverne ognor piu lo syiluppo, la Santita di nostro Signore, sulla proposta del Tesoriere generate Ministro delle Finanze, avuto il parere della Consulta di Stata per le medesime, ed inteso il Consiglio aei Ministri, ci ha ordinato di pubblicare, siccome pubblichiamo nel sovrano suo Nome, quanto appres- sp: 1.° Sono raodificati i dazii doganali e di consume degli articoli descrit- ti nella sottoposta tabella l. 2." Le moditicazioni daziarie avranno il lora pieno effetto dalla promulgazione del presente Editto, anche per le merci giacenti nelle Dogane o entrate per quelle di confine, e non ancora sot- toposte a dazio. 3.° Sono esonerati dalla bollazione a piombo gli articoli riportati neirelenco, che fa seguito alia tabella suddetta. II Tesoriere ge- nerate Ministro delle Finanze e incaricato della esecuzione. Dalla Segre- taria di Stato il 9 Novembre 1868. G. Card. ANTONELLI. »

In un supplemento aggiunto allo stesso numero del diario ufficiale, sono specificate le circa 200 qualita di merci, i cui dazii d'introduzione o

\ La tabella e riportata in un lungo supplemento unito allo stesso foglio.

€14 CRONACA

d'estrazione sono notahilmente attenuati a vantaggio del commercio e deirindustria, e di dodici altre che ne sono exonerate del tutto.

2. « Ci gode Vanimo di amumziare, leggesi nel Giornale di Roma del 14 Novembre, un nuovo tratto di munificenza della Santita di nostro Signore,chevarra a dimpstrare sempremeglio quanto Essa abbia a cuo- re il progresso de'classici studii e la conservazione degli oggetti di arte, do1 quali e si fecondo il suolo etrusco e latino. Noi intcadiamo parlare del prezioso dono di parecchi cimelii, dalla Santita Sua largiti al Comune di Roma, il di primo del corrente Novembre. Questi sono i seguenti:

« Un Yaso di bronzo alto m. 0.415, largo m. 0.360. La sua forma, certo non comune, presenta qualche analogia con quella dei lebeti. E1 mu- nito di due anse, ed ha intorno al collo e nel corpo due fasce guarnite di chiovi a punta rilevata.

« Una Cista di singolare pregio, di forma cilindrica, alta m. 0.165, larga m. 0.140, il cui fodero di legno restaurato appresso gli antichi frammenti, e guarnitq conlamine d'argento. Gli ornati graffiti sul corpo della medesima si dividonp in quattro zone; le tre prime recano animali, parte esistenti, come cervi, tigri, cavalli; parte immaginarii come sfingi, sirene, arpie, ec€. L'ultima zona unitamente al coperchio e composta di ornati a fogliami, analoghi a quelli che veggonsi abbellire il collo delle anfore tirrene. Due protomemuliebri, parimenti d'argento raccomandate a due liste, sulle quali yeggonsi effigiati parecchi genii, reggono il ma- nico, la cui anima e di bronzo.

« Due piccole Tazze d'argento; una con semplici ornati graffiti sul- Torlo, T altra lavorata a globuli a rilievo contenente nel centro una testa muliebre e varii simboli graffiti.

« Una Coppa di bronzo, di forma elegantissima e di perfetta conserva- zione, larga m. 0.65, il corpo della quale e ornato di baccelli a rilievo.

Finalmente uno Specchio di metallo, nel cui disco e graffito un grup- po di cinque personaggi, rappresentanti forse o un fatto mitologico, o ima scena semplice della vita famigliare.

« La rpmana Magistratura dopo aver reso le piu viye azioni di grazie alia Santita Sua, a maggiormente mostrare la sua gratitudine per questq nuovo atto di sovrana munificenza, fara collocare gli oggetti descritti nel Museo Gapitolino, ove riposti in apposito armadio, portando scritto il nome delFaugusto donatore, formeranno uno de1 piu belli ornament! fatti al detto Museo deiramatissimo nostro Padre e Sovrano. »

3. Ai buoni cattolici d'ogni parte d'Europa e d1 America, ma special mente della Francia e del Belgio, non bastava che le masnade garibalde- sche, gia prezzolate e protette dal Governo di Firenze, fossero state re- spinte e costrette ad uscire dall' invaso Patrimonio di S. Pietro, per la fedelta ed il valore delle milizie pontificie che, massime a Mentana, die- dero si alte prove d1 invitta fortezza; essi volevano inoltre mettere, per quanto fosse possibile, al sicuro da un nuovo attentato consimile la Ca- pitale del mondo cattolico. Percio qaelle offerte spontanee e generose, onde varii giornali francesi e belgi registrarono le liste, ed il cui pro- dotto dovea andare in mantenere ed armare le truppe della Santa Sede, munire di opportune fortificazioni le mura di Roma e Civitavecchia.

II giovedi 19 Novembre il Santo Padre scese da' suoi appartamenti nel cortile detto di Belvedere, al Vaticano, dov'erano disposte in bella

CONTEMPORANEA 615

ordinanza una batteria compiuta di cannoni da 12, rigati, col loro tre- no, offerto a Sua Santita dal comitato catlolico di Vandea e Bretagna ; e la batteria pur compiuta di pezzi da montagna a dossp di muli, al dono della quale avea pur partecipato codesto comitato; ed inoltre le ambulan- ze offerte dal comitato de' cattplici di Parigi. Una compagnia di zuaviy armata della carabina del Ramington era attelata a guardia d'onore, e tutto intprno gran numero (Tufficiali e militari d'ogni arma aspettavano sua Santita, al cui apparire scoppiarono vivi plausi di Viva Pio IX, viva il Pontefice Re.

II luogotente colonnello barone Atanasio De Charette si fece innanzi al Santo Padre, ed ebbe Fonore di leggergli un nobilissimo indirizzo, pienp dei piu magnanimi sensi di devozione e d'amore, in nome dei cat- tolici oblatori di quelle armi. 11 testo dell1 indirizzo e riferito nella Corre- spondence de Rome del 21 Novembre, pag. 712.

II Santo Padre rispondeva, come leggesi nel Giornale di Roma del 24 Novembre, in questi sensi :

« Ringraziare tutti per le testimonianze di ampre, di devozione e di

fedelta che gli venivano offerte : esser sempre ministro di pace, anche in

mezzo agli appareccbi di guerra, e ministro del nostro Dio che chiamasi

anche il Dio degli eserciti, e che non vieta a chicchessia di difendere e

Sostenere i proprii diritti, anzi col suo braccio onnipotente corrobora e

sostiene gli pppressi dalle insidie dei tenebrosi nemici. Con questp

principio egli lodare ed ammirare come da ogni parte deiruniverso si

unissero per difendere i sacri diritti del Yicario di Gesu Cristo, difenso-

re della giustizia e della yerita, protettore dei diritti del mondo intero.

Sperare che colFaiuto di quelle armi, e soprattutto colla protezione del

sommo Iddio, sarebbero i nemici arrestali nei lorp disegni e nelle lorp

marcie contro il Vaticano, giacche (aggiungeya) si Deus pro nobis, quiz

contra nos? Desiderare che la pace non sia piu turbata in questa terra:

augurare a tutti quella pace imperitura che sola puo trovarsi in cielo,

ove non saranno piu nJ guerre, ne sedizioni, ne turbamenti di sorta.

« Terminate il discorso, fra la emozione piu yiva destatasi in tutti

gli astanti, loro impartiva Vapostolica benedizione. Dopo cio il Santa

Padre recavasi ad osservare le artiglierie in bella ordinanza disposte,

ed intrattenevasi quindi a lungo ad esaminare colla piu grande attenzio-

ne, ed interessandosi in tutti i piu minuti dettagli, le ambulanze ; le qua-

li, dirette con indefesse ed intelligenti cure dal signor dottore Ozanam,

spno riuscite le p u perfette e le piu complete in tal genere. Prima di

rientrar poi ai suoi appartamenti, S. E. il Generale Pro-Ministro ebbe

Tonore di presentare a Sua Santita un drappello delle sue Talorose mi-

lizie, armato dei riuoyi fucili Ramington, generoso dono anche questo dei

cattolici Franco-Helgi, Olaudesi ed^lnglesi. »

4. E' pure assai rilevante, per impedire che si abusi della buona fede delle persone pie, che si ponga mente alia seguente nota del Giorna- le di Roma del 23 Novembre. « Siamo autorizzati a far conpscere, che niuna incombenza e stata affidata al gia prelate e protonotario apostoli- co, Vittore Laurent, di far colletta di danaro per la causa di beatificazip- ne della ven. serva di Dio Anna Maria Taigi, quantunque si sapnia che esso ne vada indebitamente raccogliendo in diverse citta deiraita Italia. »

616 CRONACA

5. Pur troppo accade assai di rado che i Frammassoni , o gli scherani della loro setta, anchc quando sono ridotti alia stretta tremenda della mprte , e percio impossenti al delitto , diano ascoltp alle voci della co- scienza, accettino i conforti della religione, si mostrino ravveduti since- ramente , e diano segni non dubbii di verace penitenza de' loro misfatti. Percio tornera assai caro a tutti i cattolici Y aver particolareggiate noti- zie intorno al modo, con che due sciagurati, arreticati dalla setta e tratti da essa ad enprmi delitti, e percio colpiti da sentenza capitale, ma tocchi dalla grazia diyina, si disposero alia morte, e la incontrarono poi con sen- si ed atti d1 insigne pieta cristiana. Mentre i diarii della setta toglieyano dalla loro conaanna argomento a sfrenarsi nei piu orribiji eccessi di ca- lunnie e di yrtuperii contro la stessa persona del Vicario di Gesu Cri- sto, e contro la Magistratura ed il Governo pontificio, i due condannati, cpnscri deU'enormezza del loro niisfatto, riconosceyansi rei, e studiayansi di espiarlo anche innanzi alia giustizia diDio col piu sincero pentimento. Laonde crediamo opportune trascriycre innanzi tutto quel che a tal pro- posito leggesi neir Osservatore Romano del 24 Noyembre.

« Non e chi ignori come, il 22 Ottobre dello scorso anno, la riyo- luzione, che tentaya con tutti i modi d'inapadronirsi di questa eterna citta, non s'arresto dinanzi al piu spayentoso eccesso che niente uma- na pqssa immaginare, e, per mano di due disgraziati, faceya saltare in aria la caserma Serristori. Ne questa sola era la caserma cui ye- niya riserbatq si miserando eccidio : se non che le yigili cure della Po- lizia romana riuscivano a syentare le altre consimili macchinazioni. Non pertanto ben yentidue furonq quelli che rimasero incontanente yittime della esplpsione, tra i quali un padre colla sua innocente figlipletta, che transitaya per caso nella sottoposta yia, restando la madre di que- sta prodigiosamente libera da morte. Dodici furono dissotterrati mal yiyi dalle macerie e tre di questi soccombettero poscia alia grayita del- le loro ferite.

« II processo iniziato per si sanguinoso delitto ravvolse 21 indiyi- dui, 10 de1 quali contumaci. Per gli inquisiti assicurati alia giustizia, dopo lunga ed accurata inquisizione, fu pronunziata sentenza il 26 Set- tembre, confermata dal Tribunale supremo della S. Consulta il 16 Otto- bre scorso; colla quale tre degli inquisiti erano condannati a dieci an- ni di ergastolo, guattro a yenti, due alia galera perpetua, e due altri finalmente, i nominati Monti Giuseppe soprastante muratpre, e Tognet- ti Gaetano garzone muratore, air ultimo suppliziq. Pei contumaci e nella sentenza stessa ordinato di proseguire negli atti. La sentenza ayea questa mane il suo pljinario effetto colla morte d' esemplarita, inilitta agli esecutori del terribile misfatto.

« Appena fu annunziata loro la sentenza, ambedue i condannati yen- nero abbracciati ed assistiti dai Confratelli di S. Gioyanni Decollate, e si sono diyotissimamente confessati ad un padre gesuita e ad un padre passionista, che si prestarqno con zelo ammirabile appena furono ri- chiesti dai condannati stessi. Per prepararsi alia comumone , assistette- ro ad una prima messa ed ascoltarono la seconda messa della comu- nione, che riceyettero per yiatico, con compunzione ed edificazione di tutti gli astanti, dopo un commovente fervor inp del sacerdote celebran- te. Finita la messa della comunione, e ristoratisi alquanto, ne ascolta- rono una terza, dopo la quale furono condotti al iuogo del supplizio.

I

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« Tutti due si dimostrarono com pun ti, e specialmentc il Monti, che ha fatto chiamare il colonnello dci zuayi De Charette, e gli chiesc perdo- no pei danni, per Teccidiq e per Toffesa recata al suo Corpo, implo- rando il perdono di tutli gli zuayi al seryizio della Santa Scde. Altret- tanto ha fatto il Tognetti.

« Un sacerdote che lino all'estremo, con tantc altre pie persone, con- forto i condannati, rivolse dal palco di giustizia al numerpso popolo al- cune parole di cdificazione siilla morte cristiana dei pazienti ; dopo di che la folia commossa si ritiro col massimo ordine e con perfetta tran- quillita. »

In tutta lloma parlavasi , non senza gran commozione, delle singolari circostanze ond'era fatta eyidente la yerace e perfetta conyersione di codeste due infelici yittime della perfidia e scelleraggine de'Frammas- soni , quando yenne a notizia del puhblico , sull1 Osservatore Romano del 25 Noyembre, che un d'essi, Giuseppe Monti, prima di incamminar- si al luogo del supplizio, oltre il suo testamento, ayea consegnato una lettera scritta di sua mano al Santo Padre , pnde riconoscersi reo, implo- rare ancora una yolta il nerdono e la benedizione suprema, e raccoman- dare alia paterna sua canta un suo figlioletto.

II Santo Padre riceyette in fatti, dopo eseguita la sentenza, codesta let- tera; e, secondando i yoti in essa dichiarati dal Monti, yolle che si pubbli- casse; e percio noi siamo in grado di recarne qui il testo precise, tratto fedelmente dalFautografo, e copiatp con la stessa interpunzione ed or- tografia, senza mutarne sillaba ne accento ; sicche, riscontrando quello che noi qui pubblichiamo col testo originale delFautografo, niuno possa mettere in dubbio V autenticita delle dichiarazioni del Monti. Le quali sono tanto piu opportune all'intento di lui, di gioyare cioe agli incauti i quali fossero in pericolo di essere accalappiati dalla setta, in quanto furono da lui scritte sapendo di doyer porre il capo sotto la mannaia, e quando gia egli era accertato, come risulta dalla lettera stessa, che sa- rebbesi fatto cio che cgli steeso ayea ordinato, cioe che il suo scritto non peryerrebbe al Santo Padre se non dopo ayer lui espiato colla morte il suo delitto.

Pertanto, come chi conobbe la persona , il modo di parlare, e la for- ma di scriyere del Monti, non puo mettere in dubbio T autenticita del- T autografo; cosi niuno puo sospettare che lo scriyerlo fosse un artilicio per impetrare grazia; e chi yqrra meditarne le parole intendera di leg- geri , quanta ragione abbiasi di confidare che V anima di lui, pienamcnte riconciliata con Dio, goda ora il compenso dell' ayere cosi solennemente detestata, con la propria fellonia, la setta nequitosa che copre di delitti la misera Italia. Ecco il testo della lettera di Giuseppe Monti.

Beatissimo Padre.

« II pentito Gioyane, Giuseppe Monti, natiyo della citta di Fermo. Educate, da Pii e buoni Genitpri, istruito nella sua infanzia nel Colle- gio, dei P. Gesuiti, nella medesima Citta, e guidato fino aU'eta di circa IS. anni dal suo Confessore, Religiose dei medesimi, che Dio ha fatto tro-

yare in Roma in questo terribile mom en to, espone come Circa Teta

di anni 24. si porto a dimorare in questa Dominante, unito con la sua sposa, Lucia Casali Monti e meno, lino al 1863 : yita Cristiana, medio-

€18 CRONACA

eremente col Sto tiinor di Dio. Nell1 anno medesimo, gli fu dato di dover conoscere persone al tutto ignote, che stringendoci leale amicizia, non sapendo che fatale doveva riuscirgli ; quest! voltatagli la Mente, e verso il 1865: 066 : sensa fargli conoscere cio che faceva, o vero sensa che il sudetto penetrasse in qual golfo andava a rompere, 1'agregarono, nella setta de Carbonari. Al sudetto pareagli una buona societa. Ma pe- ro troppo tardi conobbe la sua rovina, ed'uomini, che niillandavano Amor di Patria, e Fratellanza ! Mentre guesti stessi, dopo di aversene servito per eseguire il loro intentp, traditolo e consegnatolo loro stessi in mano al Carnefice, onte salyarsi loro dal giogo del Governo Una piccola devozione fatta ogni giorno alia Madonna mi ha salvato. La let- tura dei buoni Libri fatta nel Carcere mi ha risvegliato, i sentiment! dei Primi anni e mi ha dato la ventura, di avere Tant'ico mio Confessore, di fargli la Confessione generale, e di comunicarmi per le sue mani il 5. 9bre 1868.

« LTumile esponente di vero cupre Abiura, cio che a fatto, ed'umilian- dosi al Suo Trono, ed'a suoi piedi, dimanda yeramente pentito, e con- trito perdono, del gran delitto fatto a Serristori, e di tutto i suoi pec- cati. Chiedendo nell'istesso tempo perdono a tutto il Mondo intero, e a tutti i Parenti di quegrinfelici che perirono a Serristori.

« Pregando la Santita Sua a volergli concedere in nome di Dio il per- dono , e TApostojica Benedizione: Protestando ed'abiurando Tinfame setta, che con falsi pretesti Tiriganno a fare cio che fece. Pregandola an- cora, che quando il miserabbile mio corpo sarra estinto, voglia far co- poscere, il mio pentimento ed'i miei sentimenti in tutto runiverso, col mezzo dei Giornali, accio serva di confusione agii Infami Satelliti nemici della legc di Dio e della S.a Chiesa. E1 di esempio alia gioventu, onde non farsi adescare, da cjuesta iniqua Congiura diabolica, che non altro contiene, se non infamia, tradimenti, ed effeminatezza. Serva ancora questa pubblicita, in espiazione e penitenza del mio grande delitto, di aver mancato di rispetto alia Santita vostra mio Sovrano e Padre, di aver sacrificato tante vittime, di aver portato il pianto e la desolazione in tante famiglie, e in riparazione di tutti gli scandali dati ripeto ; do- mando perdono a vostra Santita, della Fellonia e Assassinio da me com- messo. lo ho gia d'innanzi a due testimony chiesto perdono e mostrato il mio pentimento : ma di nuovo torno ad implorare da vostra Santita che mi benedica e preghi per quest1 uomp che al riceverc di questa sara passato alia eternita e protestandomi, di pregare il Sig.re Iddio: per la conservazione della Sa Fede, Propagazipne della Madre nostra la Sa chie- sa, e la Pace Cattolica, e che congeda il Perdono a tutti i peccatpri con- triti, che voglia tirargli nel numero dei Beati. Umilit^ndomi inanzi a Suoi Piedi Dimandp la S.a Benedizione, per me per i miei, desolati Ge- nitori, e tutta la mia famiglia, e per tutti i fedeli vivi e defunti : e mas- simamente per uno oggettp, per me il piu Sagro, il Pargoletto Giro Monti delVeta di circa, Mesi venti, che ip glielo raccomraando. Bagiando I Suo Sagro Piede, con vero dessiderio, di nuovo dimando Perdono Protestandomi di vera Fede.

« Uffio cd Ubffio, e Demo Figlio e suddito, 11 Pentito di vero Cuore.

Giuseppe Monti. »

CONTEMPORANEA 619

TCSCANA E STATI AKNESSI 1. Diinostrazloni del repubblicani coutro il Governo, per ranniversario della rotta diMenlana 2. Dispaccio contro le mene del repubblicani 3. Assassinio di preti a Siena 4. Riaprimento delle Gamere 5. Tenerezza dei diarii ufficiosi , e pratiche diplomat! che del Governo in i'avore di due omicidi condannati a morte 6. Tumult! e con- flitti sanguinosi fra contadini e truppe, presso Bologna, pel pagamento d'un balzello.

1. Quella falange della setta massonica, che si pregia di militare per la repubblica sotto la direzione del Mazzini, come ebbe veduto riuscire si prosperamente la congiura contro la monarchia nella Spagna, senti raddoppiarsi Taudacia onde da gran pezza va scalzandone le fondamenta anche in Italia; ed il suo capo, come per mettere in mo'stra e passare a rassegna le sue forze, diede un cenno alle sue associazioni operaie, e queste usciro:;o aH'aperlp, spiegando la bandiera repubblicana, in forma d'indirizzi di cpngratulazione agli Spagnuoli pel prqspero esito dell'at- tentato, da cui era distrutto 1' ultimo trono rimasto ai Borboni.

Gominciarpnp pertanto, tin dai primi giorni del passato Ottobre, a stamparsi nei diarii della setta, e furono fedelmente ricopiati eziandio da quelli del Governo, codesti indirizzi, i quali faceano adeguato cpmmento ai bandi del Comitato della Alleanza repubblicana universale, di cui pu^ ayersi bastante concetto, leggendone il regolamento ed il programma re- citato anche wWUnita Cattolica del 4 Ottobre. Ma, quel che piu e da no tarsi, a parer nostro, si e la franchezza con cui la fazione repubblicana manifesto certi suoi disegni gia fatti nel 1854, pei quali fu a un pelo di avere sua complice ed ausiliare niente meno che la formidable potenza dellp Czar, come risulta dal racconto che ne fece T Unita italiana, diario ufficiale del Mazzini, alii 3 Ottobre, trascrittq dalla stessa Unita Cattolica del 4. Si tratto allora, secondo quel diario, di nulla menp che d'una stret- ta alleanza fra la setta repubblicana e la Russia , per isterminare T Au- stria ; il che avrebbe agevolata la stessa opera contro la Francia e la Santa Sede; no ilnora sono tolti del tutto i snspetti, che uii'altra grande Potenza monarch ica abhia fornito largamente di denaro i repubblicani, che abbatterono la monarchia in Spagna , e stia pur soyvenendoli collo stesso in lento in Italia.

Da Geneva i capi deila Garihalderia mandarono a Madrid un indirizzo di plauso e di lieti augurii , con voti per la repubblica , e il Mommento del 13, non omise di copiare altresi dal Dovere, altro diario mazziniano, delF 11 , le seguenti parole: « Ci viene riferito che nella scorsa notte furono affissi nelle strade della citta manifest! rivoluzionarii manoscrittir incitanti alia rivoluzione, con allusioni molto onorewli per Taltissimo perspnaggio. Questa mane le guardie di polizia erano occupate a strac* ciarli. E' un segno dei tempi! »

A codesto indirizzo fa\Y Associazione dei recluci genovesi, teste mento- Tato, fece degno riscoutro un alto solenne di adesione alia repubblica, pubblicato in Torino dal Comitato della Leg a della pace e della liberta, spedito alia democrazia spagnupla, e riprodotto ne« tfm'fei Cattolica del 16 Ottobre, insieme con un indirizzo della Consociazione operaia di Ge- nova agli operai di Spagna. I sensi espressi dai caporioni della democra-

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zia, sottpscritti in quest! diversi document!, dicono troppo chiaro che a monarchia si tollera temporaneamente in Italia, si percne non sono ai- cora in pronto i mezzi di abbatterla, e si perche si spera di poterne ai- cora sfruttare quel poco che le resta di prestigio e di forza.

Perfmo un certo numero di femmine si levarono in Geneva, per ei- trare scopertamente, novelle Amazzoni, nelle file repubblicane; ed ina cotal Elepnora Burelli faceva pubblicare dal Dovere del 14 Ottobre, die la ciUadina Bongioyanni Carolina , rappresentante del Comitato deiiio- cratico femminile di Genova , faceagli dono d' una bandiera , da se rica- mata, rossa, colla stella d' Italia nel mezzo, ed il motto: Viva V Italia, una e Roma capitate! Lo stemma sabaudo a poco a poco sparisce die- tro a quello del Mazzini ; ed una tumultuosa dimostrazione repubblicana avvenuta a Bologna, e narrata dalla Gazzetta d' Italia del 14 Ottobre, 16, avrebbe dovuto poter bastare ad aprire gli occhi del Governo, se questp non e volontariamente cieco. Ma e difficile giudicare se la sua ce- cita sia necessaria o volontaria, attesoche e imica norma di politica pel liberali moderati il consigliarsi solo colla utilita materiale e presente della loro consorteria; e questa ora sembra piu sollecita di stare in buono ac- cordo con la democrazia, cbe non di tutelare la monarcliia.

Cio spiega, se non andiamo errati, la impassibilita e pacatezza mi- rabile, con che il Governo lascio moltiplicarsi ed organizzarsi le squa- dre repubblicane, disseminate in molte citta italiane, e che si disppsero a celebrare Tanniversario della rotta di Mentana, prima coi plausi ai re- pubblicani spagnuoli, poi col rinnovare in forma solenne il giuramento che, o con la monarchia, o senza od eziandio contro la monarchia, com- pirebberp Timpresa di conquistare Boma. Tale e il voto che traspare dall'indirizzo agli Spagnuoli, riferito mWUnita Cattolica del 21 Ottobrc, e sottoscritto dai capi della societd dei volontarii di Torino. Tale e lo scopo che ebbe YUnita italiana pubblicando una lettera del Mazzini, che ringrazia la societa dei volontarii garibaldini d'Ancona, per gli onpri fu- nebri renduti al martire Lupatelli, insistendo sul punto che Y Italia ora, sptto la monarchia, non ha che pnte, danni e vergogne, ma non « voto, ne armi, ne liberta politica o religiosa. » UUnita Cattolica del 22 Ottobre fece spiccare Teloquenza remibblicana della societd dei reduci d'Anco- na; ma il Governo, occupato in tiranneggiare i clerical!, non se ne diede per inteso.

Forse il Governo di Firenze si crede sicuro da ogni pericolo grave, perche vede che YAlleanza repubblicana universale si accinge a cozzare anche coirimpero francese, come risulta da certi bandi riferiti nelYUnita Cattolica del 25 Ottobre; e si ripromette che nel caso di aperto conflittp le baionette ed i chassepots dei campioni deirimpero non imiterebbero i fatti deU'esercito spagnuolo. Di che aspetta a risolversi in favore o con- tro della democrazia, dopo veduto a che approdera in Francia YAlleanza repubblicana, dove essa gia ebbe divulgato un programma si truculentp e sanguinario, contro Tlmperatore stesso, da disgradarne i piu tristi dell'eppca del terrore. Chi vuol averne un saggio, pup vederlp nella piu volte citata Unitd Cattolica del 3 Novembre, che noi alleghiamo come quella che e fprse il piu no to e piu letto tra i buoni giornali italiani.

Disponeansi intanto i repirbblicani a fare cmalche colpo maestro il di 3 Novembre, sotto pretesto di rendere omaggio ai loro commilitoni caduti

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a Mentana , ma in realta per tentare il Governo , ed assicurarsi se lasce- rel)be fare o reprimerebbe. Parecchi del caporioni garibaldescbi dissuase- ro la marmaglia dclla setta dal cimentarsi a quella prova, conoscendone la presente inutilita e fors'anche il pericolo. Altri vollero persistere; ma si contentarono di far processioni funebri, come a Geneva, ed a declamare in loro stile certe furibonde tirate, che riuscivano a rinnovare il giuramen- to di vendicare quella disfatta. A Firenze parye che volesscro fare alcuna cosa di piu. Grosse bande di ribaldaglia e di monelli tentarono di met- tere a rumore la citta nelle sere del 3 e del 4. Ma una pronta e vigorosa repressione militare costrinse i sediziosi a spulezzare ; ed alcime carce- razioni a mmonirono i piii temerarii , che per questa volta il Governo non era m liberta di ripetere la scena di commedia, gia recitata nel Set- tembre e neirpttobre del 1867 col Garibaldi.

La cosa dispiacque tuttavia ai Garibaldini, che pei loro giornali esage- rarono enqrmemente quella repressione, adoperando a tal effetto il pre- ciso frasario e le arti stesse che i diarii del Governo, come la Nazione, V Opinions, la Perseveranza e simili, sogliono praticare contro il Governo pontiiicio. Di che sdegnata la Nazione, del 7 Novembre, usci fuora con. la seguente ironica difesa dei suoi padroni, senza accorgersi che cosi sere- ditava la sua propria mercanzia.

« II corrispondente fiorentino della Gazzetta di Milano, sempre bene informato, ci rimprovera di aver fatto gli indiani, sopprimendo nella Cro- naca la storia vcra ed imparziale dei fatti avvenuti in Firenze la sera del 3 del corrente. E noi emendiamo il fallo, raccogliendo dalla scrupolo- sa descrizione fatta dal detto corrispondente quanto avevamo omesso. - Tutti i negozii prima delle ore 8 erano chiusi in Firenze. Sembra mo- struoso o inverosimile, ma e vero, che il Governo, sapendo come i dimo- stranti si recavano al palazzo liiccardi, intercelto loro le comunicazioni ; vero Govcrno bisantino, dice con felice epiteto la Gazzetta del Popolo di Torino. / questurini e gli agenti assalirono alle spalle il popolp, e piu di 13,000 furono le persone urtate e risospinte (sic) dalle guardie. Aggiungeremo poi, raccogliendolo dalle notizie che ci fornisce il fede- le corrispondente del giornale milanese, che, oltre la truppa la quale ac- campava fuori la porta san Niccolo fino dal %9 Seltembre, alcune com- pagnie di carabinieri stanziavano la mattina del 3 nel cimitero di san Miniato, e, custodendo i cancelli chiu-si, che si veggono nella spianata : ma che? alle II antimeridiane 4000 persone, veri acrobatici a quanto pare, sallarono quei cancelli , precedendo i due drappelli che erano pre- cedati da 2 bandiere. E questo e proprio storia.

« E poiche siamo in via di rettificazioni, attingendo il vero dal corri- spondente fiorentino della Unita Italiana, compiremo la genuina descri- zione di quella giornata, annunziando « che reggimenti intieri di linea, battaglioni di bersaglieri, squadroni di cavalleria, legioni di reali cara- binieri (per obi non lo sapesse pgni legione conta alrneno 15000 tiomini) hande di poliziotti, sbucarono improvvisamente verso la sera da tutte Je parti pcrcprrendo fanfara in testa, niente meno che a baionette spia- natc le vie piii centrali e popolose. » E sapete che effetto fece que- sta carica di intieri reggimenti?... chiamo la gente nelle vie e provoco la curiosita, la folia assunse aspetto di assembramenti e si eruppe in grida di abbasso, fra le quali Evviva la Repubblica ! E ci sembra che

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basti per ora. » Al leggere queste cose, ci panre proprio che fosse co- piata, col solo caiigiameutp di qualche nome, vina delle cento e cento cor- rispondenze romane, fabbricate e pubblicate dalla Nazione, per descrive- re i furori del popolo romano, e le atrocita del Governo pontificio.

2. Tuttayia sembra che il Goyerno cerchi pure qualcbe modo di ri- mettere la museruola alia fiera, ed a tal fine non rifugge da certi mezzi che non sappiamo quanto siano cpstituzionali, e che adoperati dal Go- verno pontiticio contro libri osceni o sovvertitpri d'pgni principio sociale o religioso, sarebbero dai suoi diarii qualiticati per tiranneschi. Tale e il seguente dispaccio telegrafico ai Prefetti contro il catechismo repubbiica- no, spedito dal sig. Gerra, segretario generale del Ontelli ministro so- pra gli aifari interni.

« Firenze, 24 Ottobre. Prefetti Regno. Per norma ed occorrenti dis- ppsizioni , ayyerto che giudice istruzione Firenze con prdmanza ieri or- dina sequestro tutti esemplari, qualun([ue luogo siasi si troyino, ed an- cora ufficio postale, del libercolo teste clandestinamente stampato con titolo : Catechismo del rivoluzionario rcpubblicano democraiico-sodali- sta, che comincia Quale prime delitto deH'aomo si finisce La, rivoluzione mondial?. Firmato : Gerra. »

3. A noi sembra naturalissima la paura che, a forza di studiare il ca- techismo rcpubblicano, la plebe ne possa gustarc i prmcipii, e voler dayycro essere sovrana; il che non tornerebbe a conto della consorteria dei liberali moderati. Ma questi non capiscono che, doye si tiranneggia la Chiesa e il clero, e si yihpende quanto insegna il catechismo cattoli- co, dee di necessita piacere il catechismo repubblicano e prpdurre i suoi frutti; come e fruttp della libera parola del Garibaldi, il quale aizza ognora i suoi masnadieri a pur g are V Italia dalla sozzura pretina, 1'as- sassinio de'preti. E] se n'ebbe troppo chiara la dimostrazione in un fatto avyenuto a Siena, la sera del 6 Novembre, quale saggio della vendetta di Mentana. Due sacerdoti, un Sinibaldi ed un Dpnati, furono pugnalati da tre scherani garibaldini, si che Timo, il Donati, soprayvisse appena sei ore, Taltrp fu in gravissimp pericplp di morte. Erano due virtuosi ecclc- siastici, alieni da ogni partitp politico, si che il loro assassinio desto or- rore in tutta la citta, come risulta da quanto ne scrissero i diarii stessi de' Frammassoni , e che noi trascriyiamo dal n.° 316 fo\V Opinione , non sospetta certamente di troppa tenerezza pei preti.

« Ecco, scriye il Libero Cittadino di Siena del 22, maggipri raggua- gli sulP assassinio dell' infelice Donati e sul tentato assassinio dell1 altro

Erete Sinibaldi. Non fu in via di Termini, come annunziammo, che il de- tto fu commesso, ma precisamente in piazza Tolomei, appie della scala della chiesa di S. Cristoforo, all' imbpcco di via del Moro. I feriti si tra- scinarono nella vicina via dei Termini, per indirizzarsi forse allo speda- le, e fu in quella via che il Donati svenne e fu soccorso da qualcunp che passava. L'ora era tarda e le vie erano quasi deserte per la pioggia. 11 Donati riporto 2 ferite (la terza gli perforo soltanto la veste). Di quellc Tuna gli jperfpro da parte a parte un polmone, V altra poco manco non grinvestisseilcuore.il compagno del Dpnati riporto una sola ferita e siamo lieii di annunziare che ora e fuori di pericolo. Per non intral- ciare il corsp di giustizia ci asteniamo dal dare altre notizie, ed in specie quelle che riguardano gli autori di si inaudito misfatto. Quel che sem-

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l)va certo pero si e die T omicidio fu commesso per spirito di brutale malvagita, e che la polizia ha gia tanto in mano, da poter dare in breve alia societa, in cosi grave modo offesa, quella soddisfazionc che giusta- mente reclama. Lunedi il cadavere del povero Dpnati fu associate dai fratelli deirarciconfYatemita della Misericordia, di cui era vice-cappella- no, ed assisteva al corteo funcbre nna rappresentanza degli ufficiali di quella bcnemerita associazione. II Donati lascia una madre ed una famiglia, di cui era Tuuico sostegno. Nel clero senese il Donati era esempio di vita morigerata e fra quei pochi sacerdoti che attendevano al loro ministerp senza occuparsi in alcun modo di politica. »

Una societa in cui da una parte gli uni sono licenziati ogni giorno a

E medicare 1'assassinio, come fanno il Garibaldi e gli scrittori delle sue ittere contro i preti, e gli altri sono dalla indifferenza o dalla inettezza dell'autorita lasciati senza difesa, puo ella tal societa sostenersi, mentre vanno cosi in rovina tutti i principii fondamentali d'ordine e di convi- venza civile?

4. Ma i liberali, massime poi quelli che si piccanp di essere moderali, hanno in pronto per cotali rovine un riparo saldissimo, un puntello che le sostiene infallihilmente, e che nel concetto loro basta a tutto ; ed e il cbiacchierio d'un certo numero di liberali in una sala arredata con infi- nito lusso, e dove si gipstra con grande maestria di artitlzii per rubarsi Tun Tallro i portafogli del Ministero, e si decretano balzelli sopra bal- zclli ai popoli heatificati della liberta di udire le ciarle dei loro Deputati.

Un Decreto reale del 5 Novembre riconvoco pel 24 di questo mese le Camere che, con altro decreto del 24 Agosto, erano state prorogate. E1 dunque riaperta Tarena, dove scenderanno a caracollare e menarsi colpi da valenti schermidori i Menabrea, i Rattazzi, i Cambray-Digny, i Cri- spi, i Mordini ed altri cotali cavalieri della rivoluzione cosmopolita. Do- po che si saranno tra loro ben esercitati nel mestiere, si daranno un ba- cio in fronte, sederarmo allo stesso desco, mangerannp ad un tagliere, ed i popoli pagheranno le spese dei festino. Si cangino o no i Mini- stri risponsabili, tale e sempre il frutto piu saporoso deiralbero della li- berta: s'ingrassano i rappresentanti e Ministri, e vanno in rovina i p:poli.

5. II re«to della sesslone del 1868 pare che debba riuscire assai tem- pestoso pel Ministero preseduto dal Menabrea , contro del quale sonosi collegati i malcoutcnti delle varie fazioni, in cui suddividesi la Frarn- massoneria democratica. !)i null'altro pare che si ])Hghino costoro, ma pur di ahhattere il Menabrea, cui dpvrebbe sottentrare o il Rattazzi, o qualche altro anche piii ardito di lui e piu sperto nelVarte di mutar •casacca dalVazzurro al rosso, ad ogni voltare di yentp. Tutto vale di mezzo nelle mani di codes ta genia, per oppugnare il Ministero ; e perfi- np gli rocano a colpa di nqn aver saputo o potuto strappare dalla giu- Mizia del Governo pontificip alcuni assassini.

A tutti e noto con quali sensi di profonda ed universale esecrazio- nc siano stati apprezzati dal mondp civile i procedimenti garibaldeschi nella invasione del territorio pontificio, ed i nefandi attentati con che la setta, sussidiata daH'oro e coperta dalla protezione del Governo di Fi- renze, si provo di simnlare una rivoluzione dei Rqmani contro il Papa. Ora, ad accattarsi favore o tolleranza presso i Garibaldini, il Governo di

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Firenze non rifuggi nemmenp , se e vero quanto spacciano i suoi diarir ufficiosi , dair eccesso di professarsi protettore diplomatico cli codesti assassin! .

I principali architetti e direttori di quell e scelleratezzc, salvatisi colla fuga o con mezzi obbrobriosi, pra seggono in Parlamento, come il Fran- cesco Cucchi da Bergamo, ed il Guerzoni, onorevoli Deputati,che inRo- ma capitanayano gli scherani raccoiti da tutte le parti d' Italia e qui man- dati a rapprescntare il popolo romano, con prpmessa di aver libere le mani ad una giornata di saccheggio e di stragi ; ovyero vestono le di- Tise di ufiiciali nel regio esercito , come im Giulio Silvestri ; molti altri campano degli stipendii percio dati loro dal Goycrno. Ma alcuni degli immediati esecutori di que' misfatti non si sottrassero a tempo, furono- consegnati ai Magistral! ordinarii e competent, e condannati a tenorc delle leggi. Tra i delitti piu orribili la storia registrera ccrto (juello della mina, che neirintento del Cucchi e de'suoi complici, dovea far crollare tutta la caserma di Serristori, e schiacciare sotto le sue rovine piu cen- tinaia di quel fior di prodi clie sono gli Zuayi pontiticii. Iddio attenuo gli effetti di quel delitto, e sole 34 furono le vittime Ira le moltissime piu destinate al macello da cjuegli onorevoli assassini. Dei settarii , cbe prestarono a cio T opera diretta ed efficace , due furono condannati a morte. Or ecco quello che sopra questi sciagurati leggevasi neir Opinio- ne, diario del Ministero, nel n. 323, del 20 Novembre.

« Le LL. AA.. RR. il principe e la principessa di Piemonte partiranno domani, sabato, alia yolta di Napoli, pigliando la strada di Foggia, afti- ne di evitare di passare per Roma. Questa determinazione dei principi, che aumenta gl incomodi del yiaggio, sensibili, specialmente per la gioyane principessa, fu consigliata da un pensiero di convenienza e di delicatezza. Era stato annunziato che il Santo Padre ayeva fatto grazia della yita ai due condannati per lo scoppio delle mine della caserma Ser- ristori. Questa notizia non solo non e stata confermata, ma si sa ufficial- inente, che finora la grazia non e accordata, e che si fanno premure per indurre il Papa a riliutarla. Si e per questa incertezza sulla sortc dei due condannati, ed anche per eyitare qualsiasi dimostrazione che po- tesse essere cagione di nuoye insistenze degli avversarii della grazia, che i principi hanno scelto, per recarsi a Napoli, una yia piu lunga e disagiata. » Di qui niuno e che non debba interire, che il principe Um- herto, e la principessa Margherita, erano talmente accesi di desiderio che fosse fatta grazia della yita a que1 due sciagurati, che, per timpre di re- caryi ostacolo, preferirono gravi disagi. Per poco quel Principe non e detto complice de1 condannati !

Ma troppo piu che la Opinione si rendette colpeyole di talc oltraggio ai Reali di Savoia la Nazione del 22 Noyembre, la quale voile ricalcare loro in faccia quell1 impronta, aggiungendovi anche una nuoya dimostra- zione della complicita dal Governo di Firenze negli ^attentati del 22 Ot- tobre 1857 in Roma. Ecco le parole della Nazione.

« Gli insistent! ufficii fatti dal Governo italiano, col mezzo della diplo- miazia estera, a favore degli infelici Monti e Tognetti, condannati dal tri- bunale di Roma alia pena capitale, non sortirono quell1 esito che si aveva tutte le ragioni d1 attendere. La reazione europea, rappresentata in Ro- ma dai piu inesorabili fra i suoi capi, esigeva almeno una vittima e Tot-

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temie. Abbiamo pur troppo la dolorosa notizia die il Papa, dopo lungbe esitanze, ha accordata la gra/ia ad uno soltanlo del condannati, e ratifi- cato la sentenza a carico deiraltro. Per V esecuzione crasi con raffinata nequizia scclta appunto T ora, nella quale i RR. Principi dovevano giun- gere alia stazione di Roma diretti a Napoli. Di cio informato il nostrp (jOYernp consiglio alle LL. AA. RR. di prendere la Yia di Foggia, evi- tando di toccare il territorio pontificio, e cosi si fara. II fatto non ha bi- sognodi commenti.

« II GoYcrnp romano si propose eyidentemente lo scono di suscitare il giusto nsentimento degli Italiani, di rinfocolare le passioni popolari c di recar imbarazzi al Govcrno del Re. Ma non riescira: il senno e il pa- triottismo del paese non si lasceranno sorprendcre, e il nuovo sangue, cbe oggi il Papato temporale pone fra se e 1' Italia, non fara che affret- tare lo scioglimento della grande questione. »

Al leggere questa nota, pubhlicata a grossi caratteri, piu che inde- gnazione per le falsita in essacontenute; piu che orroredel perYertimen- to morale onde si guarda con tanta tenerezza di compassione chi si ren- clette reo di si enorme misfatto; piu che ribrezzo per le scellerate insi- nnazioni contro il Pontefice, come se fosse zimbellp di partigiani astiosi, e contro il GoYerno romano; piu di tutto questo ci invaseT animo un sen- so di profonda e sincera commiserazione per rpiella augusta Casa di Sa- Yoia, i cui antenati riftilsero gia di tanta gloria in tutta Europa, ed i cui eredi vedevamo ora cosi ritratti, dai giprnali del proprio loro Gpyerno, pocp meno che in semhianze di complici e protettori di assassini con- fessi e corrvinti ! Qual e dunque il gran peccato, per cui codesta Casa, che pur diede piu Santi alia Chiesa ed al cielo, ora debba essere tanto Yituperata da cost ignominiosi seryitori, che osanp pubblicamente impu- tare al Principe ereditario una specie di solidarieta cogli scherani d1 un Cucchi e d' un Guerzoni ?

Che poi il GoYerno di Firenze abbia impiegato gli insistenti ufficii della sua diplomazia, per salYare dalla meritatapena i suoi prezzolati assassi- ni, non fa meraviglia; e poiche la Nazione lo dice, npi non abbiamo ra- gione Yeruna di negarle fede a questo proposito. Osiamo quasi dire che a lui ne correva un doYere. Non erano forse que1 condannati gli istru- menti dei Cucchi, del Guerzoni, dei Perfetti, dei SilYestri e consorti, i cruali alia loro yolta eranp esecutori dei disegni fatti col Rattazzi, presi- dente del Consiglio de'Ministri e capo del GoYerno di Firenze? E se an- che non avesse ceduto a tal sentimento, il Menabrea dovea pur curare il suo interesse (che e Tidolo dei liberali moderati] cercando di rabbonire il partito d' azione coll1 assumere le difese de'suoi sicarii. Fin qui tutto e in regola. Ma che la diplomazia straniera siasi aYYilita a segno di farsi niezzana di codesti insistenti ufficii, questa e cosa, non pure falsa, ma impossibile ed assurda. Citi la Nazione, se pup, quali furonp codesti diplomatici stranieri, che a suo dire, non rifuggirono da tale infamia! Noi siamo in grado di aflfermare che T interYento della diplomazia stra- uiera non e che una pretta iiwenzione del diario ufficioso di Firenze, come fu sua pretta invenzione, intesa ad aizzare i furori de'Garibaldini, quella per cui afTerm6 che, per eseguire la sentenza di morte, si fosse ad arte fis- sato il giprno in cui il principe Umbertp sarebbe passato per Roma. I dia- rii del Ministero di Firenze mtorno a cio mentiYano, sapendo di mentire.

Serie VII, wl. IV, fasc. 449. 40 28 Novcmbre 1868.

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A meglio chiarire T enormezza della ribalderia cosi perpetrata da co~ desti moderati, basti accennare che, dato da essi il tono della musiea, tut- to il codazzo del giornalacci liberali d'ogni tinta si sfiato in esagera- re vie Deggio le imposture e le calunnie inventate, a servigio del Ga- ribaldini, dai portavoce de1 moderati ; onde il furore di codesti ener- gumeni tocco il colmo del parossismo. Non e qui luogo dl trascrive- re quel die stamparqno percio la Riforma, il Diritto, e gli altri della stessa setta. Ne ci cagiono senso alcuno di meraviglia che questi si sve- kiiissero coatro la ferocia papale, contro le icne sitibonde di sanyue, per quello che essi dicono oltraggio alia civilta, cioe pel castigo di due loro complici nel meditato assassinio. Nel loro codice sta scritto che Jion e da fare distinzione tra i mezzi, piirche servano al line; e che quando questo fine e politico, cioe per gli interessi della Frammasso- neria, il furto non e furto, la rapina non e rapina, T^ssassinio non c assassinio, ma ogni scelleraggiiie anzi e da levarsi a cielo come opera santa.

Sibbene uon sappiamo con quali termini si possa adeguatamente qua- lillcare la condotta dei moderati, e dei loro diarii, quali sono la Perse- veranza, la Nazione, YOpinione e simili, quando si fingoiio inorriditi del- la condanna c della pena, di cui furono colpiti gli sciagurati che, per obbedire agli ordini e per iscampare alle minacce d'un Francesco Cuc- chi, deputato al Parlamento italiano, d'un Giulio Silvestri, ufficiale dell' esercito italiano, d1 un Perfetti e d1 altri cotali, commisero un ese- crando delitto. onde furono morte 26 persone, e colpite non meno di 34.

Ne vale il dire che questi furono strumenti secondarii, e che, se yanno impuniti i principal! che disegnarono il delitto, doveano trovar mercc quelli che lo eseguirono, siccome men colpeyoli. Chi cosi par- la, disconosce o rinnega i piu vdlgari principii delle leggi penali di tut: ti gli Stati, compreso il Regno d' Italia; tanto piu che, se i Cucchi ed i (juerzpni vanno irapuniti, e solo in virtu dell'egida onde essi , capi di •assassini, sono coperti dal Governo italiano, e dalle 200,000 l)aionet- le, colle quali questo pu6 difendere, come le sue rapine, cosi le sue iniquita.

Ancora meno possono i moderati allegare la qualificazione di reato politico per attenuare la enormezza del misfatto. Se essi avessero sen- so di pudore, non che di probita, si sentirebbero strozzare la parola in Locca, prima di poter biasimare una pena qualsiasi inflitta per tali rca- ti politici! E che? non sono essi che diedero pieni poteri ai Pinelli ed ai Fumel, perche dovessero spffocare, nelle stragi e nel sangue di centinaia e migliaia d'uomini, ogni reazione politica contro Tusurpazione piemontese del regno di Napoli? Dalle macerie fumanti di Pontelan: dolfo e di Casalduni non si levarono forse a gridar vendetta le voci delle centinaia di vittime barbaramente trucidate per un sollevamento politico di quelle borgate, messe percio a ferro e fuoco? E come osano Pcirlare di vittime coloro che sancirono le leggi del Pica, e che le ap- plicarono con barbaric peggio che da turchi ? Essi appellano delitto la pena legale di due sciagurati, rei di 26 omicidii in un colpo solo; e dimenticano che essi faceano fucilare a 10 ed a 15 per volta, senza processo, senza giudizio, senza sentenza, senza aiuti religiosi, i miseri che, per difendere la causa del legittimo re Francesco II, erano ap-

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pellati briyanti? Chi non ricorda i macelli del compagni del Borjes e di quel fiorc di nobilta die era il giovane belga marchese Alfredo di Trazigaies?

Ma pogniamo chc domani gli autonomist siciliani ( i quali hanno per lo meno sullaloro patria quel diritto, die il Governo di Firenze coi degiii suoi satelliti, i Cucchi ed i Guerzoni, pretendono su Roma) tramassero contrq il Governo di Yitlprio Emmanuele, per iscuoterne il giogo, un millesimo di quello che gli onorevoli assassini, che seggono nel Parlamen- to di Firenze, fecero compiere qui in Roma; pogniamo che per riuscirvi prezzolassero due popolani e facessero cosi scoppiare con le mine una Caserma di bersagiieri: con qua! norne si chiamerebbe a Firenze, dai mo- derati della "'azione e dell1 Opinione, tal fatto? Come si vorrebbero da essi traltati i colpevoli? Risponde troppo chiaro la strage ed il bombar- clamcnto di Palermo, cfiiandq questa si sollevo nel Settembre del 1866; e rispondono le centinaia di vittime allora sgozzate. E costpro si levanq ad esecrare la Magistratura romana, perche dono un anno di tempo, laseiato larghissimo campp alle difese, messa in soao la reita dei colpevoli con- fessi e convinti, li ebbe colpiti della meritata pena?

Laonde, non solo fa orrore, ma mette schifo codesta ribalda genia dei vtioderaii, quando, cqlle man! ancora grqndanti del sangite non di cento, ma di mille c mille vittime, latte assassinare nel solo reame delle Dne Sicilie, prorompe in parole, quali sonole seguenti, stampate ndYOpinio- ne del 23 Novembrc. « II tetegrafo ci reca la nptizia che Monti e To- gnetti furono decapitati stamattina a Roma. Noi vorremmo poter cre- dere ancora, che la Corte pontiiicia non abbia commesso un atto che sarel> be un crrore, non meno che uti efferata bartarie...I\ Governo del Papa ayrebbe voluto provare all1Europa, che esso e tanto piit crudele, quanto piu si sente debole c prossimo alia sua*fine? » Ma, sia lode a Diol code- sti furori della selta perversa hanno almeno un lato buono; ed c di met- tere sempre meglio in e\7idenza la complicita della setta dei moderati con quella dei mazziniani nelle sacrileghe nefandezze, onde Roma fu scon- volta Tanno passato. L'avvenire poi di Roma e della Corte di Roma, che essi, quasi minacciando vendette e rappresaglie per la morte di quei due condannati, rappresentano gia abbandonata alia loro merce: TaYvenire sta nelle niani di Dio, ne qui si teme d'essere abbandonati da Dio.

6. Y1 ha tuttavia una circostanza che rende viepiu esecrabili codesti liberali moderati; ed e che nel giorno stesso, in cui essi si levarono a fu- rore coiitro il Santo Padre, perche avea laseiato libero corso alia giusti- zia dccretata con tanta ponderazione dalla Magistratura, in quel giorno stesso sotto le mura di Bologna, le autorita politiche e militari del regno dltalia, per riscuotere il balzello d'un maiale, metteano alia disperaaio- nc mezzo un popolo, e per reprimere il tunnilto, faceano moschettare quella turba alia rinfusa da compagnie di granatieri. II fatto e uarrato ^er disteso nella Gazzetta d'ltalia del 25 Novembre. Non erauo appena iinite le intimaziom legali, che il Comandantc delle truppe comando « ai suoi soldati di far fuoco... Undici persone caddero al suolo, e tutto il resto si diede alia fuga... Di quest! undici, due rimasero morti sul luogo e nove sono feriti piu o meno graveniente. » Or quanti erano i tumul: tuanti? I diarii stessi del Governo dicono che al piii una cinquantina di contadini. E contro questi spianaron le armi e fecero fuoco due compa-

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gnie di granatieri. E il Governo, che, per non lasciar perdere la tassa di poche lire sopra im maiale, ricorre a tali mezzi, codesto Governo psa far minacciare di distruzione il Governo pontificio per essersi eseguita una cpndanna di morte cpntro due rei, confess! e convmti di premeditato omi- cidio di 26 innocenti?

II.

COSE STRANJERE.

( Nostra corrispondenza) \ . Nuove elezioni secondo la nuova leg- ge elettorale 2. Una strana funzione di alcuni Ritualisti anglicani - 3. Opposizione di un Ritualista al Vescovo anglicano 4. tin convento ritualista di pretese adoratrici perpetue 5. Un opuscolo sopra il Papa Onorio contro F infallibilita pontificia 6. Due belle confutazioni 7. II partito razionalistico nell'universita di Oxford.

1. Dacche vi scrissi F ultima volta, non accaddero mold fatti che pos- ?ano interessare i vostri lettori.

Compiutosi il registro de'nomi di quelli che han diritto a votare per Felezione de'membri del Parlamento, le prime elezioni, secondo la nuova legge elettorale, si faranno in Novemhre. La questione intorno la Chiesa anglicana stabilita in Irlanda e quella che avra maggior influen- za -sulle elezioni; e per comun avviso, nel nuovo Parlamento, avremo una decisa pluralita per F abolizione della mentoyata Chiesa. La nuova legge elettorale da il diritto di votare a tutti gli uomini che ahitano in citta e che pagano almeno 150 franchi (sei lire sterl. ) annui di pigione, sia per tutta una casa, sia per una parte o anche solo per una stanza ; mentre prima per aver diritto alia votazione richiedevasi che il votan- te avesse in affitto un'intera casa a prezzo non minore di 10 lire sterl. (250 franchi). Questa mutazione fa che entrino tra i votanti mold piu che prima della classe degli operai.

2. Forse vi sara di maggior interesse saper qualche cosa del partito ritualistico tra gli Anglicani. Dal line della raccolta essi presero occa- sione di far alcune funzioni straordinarie nelle loro Chiese. Ne1 fogli se ne legge una minuta descrizione scritta da una penna del partito. Le ve- sti sacre indossate dai Ministri son descritte in modo curioso; per esem- pio si dice che vi furono due celebrazioni (secondo la loro fraseologia) del SS. Sacramento, e che alia prima si usarono i paramend vecchi, alia seconda i nupvi ; e che al principle di questa venue fuori dalla sacre- stia un fanciullo con una handiera del SS. Sacramento, ovc era dipin- ta Fostia e un gemmato calice d'oro. Appresso veniva il servente in sot- tana paonazza, e cotta can merletto di Fiandra e una specie di pelliccet- ta corale, recando il libro pel servigio delFaltare o, come noi diremmo, il messale; finalmente venne il Ministro celebrante ne'suoi nuovi pa-

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ramenli, recando velati i vasi sacri (come il Sacerdole cattplico reca il calice c la patena). Ma la parte piu curiosa della descrizione e quella che riguarda I1 altare. Oltre fieri e candele , non solo vi erano covoncelli di grano, ma altri vegetabili. Nel corso della funzione furon recate c postc sull' altare varie offerte, e tra 1'altre delle pagnotte, e pani an- cor di butirro, con sopravi IMmpronta A. M. D. G. e canestrelh d'ova, e, cio che e anche piu strano, una testa di maiale. Oh auesta ha provo- cato sdegnose protestazioni anche dal Church Times e da altri fogli che piu generalmente favoriscono il partitp ritualistico', e i medesimi del par- tito per quanto sian desiderosi di rimetter in uso e riti e eeremonie nella Chiesa stabilita, s'accorgono che I'opinione pubblica non e ancor matura per questa esposizione di teste di maiale.

3. Un'altra funzione, alquanto simile alia descritta benche non cosi stra- na, diede occasione a un memoriale di ricorso al Yescovo anglicano, con ccntinaia di firme : pero il Yescovp interdisse al Ministro di ufficiar quindi innanzi nella sua diocesi ; ma il Ministro rispose che quella chie- sa era di sua privata proprieta, e che pero il Vescovo non vi entraya per nulla. Per decidere la questione ci yorrebbe una lite; ma la spe- sa della lite sarebbe grave; e pero il Yescovo si e contentato di far sapere ai memorialist}, che se cnialcuno dVessi volesse assumersi que- sfincarico, non ci sarebbe nulla in cpntrario, e percio la cosa e restate fin *qui indecisa. Ma questo fatto c1 indica una gran mutazione di spirito nel parti to cosi dctto della Chiesa alta a cui appartengono i Ritualisti. La scrie dei famosi trattatelli di Oxford (Tracts for the Times) che puo dirsi dar vita al partito, mirava a sostenere i diritti dei Vescoyi contro lo Sta- to: questo fu lo spirito del Dr. Newman, e de1 primi capi di quella scuo- la. Ma adesso, una porzione di questo partito, come sono i Ritualisti si leva contro i Yescovi colla protezione aella legge civile. I magistral! deir alta corte non se la sentono di dar vittoria a questo p quel partito della Chiesa anglicana, e molto meno se la sentono di dare braccio ai Vescovi nell1 esercizio di lor autorita. II risultato si e che un Yescovo, dopo le spese, le noie, lo scandalo d? una lite, non riesce ad altro che a far piu manifesta la propria debolezza.

4. TJno degli ultimi fatti del partito ritualistico e la fondazione di un convento di donne, che si attribuiscono il nome di Benedettine anglica- ne, e che prpfessano T adorazione perpetua di cio che esse pur ehia- mano Santissimo Sacramento, per ottenere che il Papa possa aver il coraggio di adunare i Yescovi della Chiesa orientale e dell1 anglicana ( che secondo loro sono due rami della vera Chiesa ) insieme coi Yesco- vi della Chiesa cattolica romana al Yaticano, affinche il Concilip pos- sa, secondo esse, dirsi veramente ecumenico. Si dice che un fabbricante cattolico di oggetti di chiesa abbia ricusato la commissione ricevuta di fare un ostensorio di tal forma , che il pane ed il vino vi potessero esse- re esposti per Vadoraziorie nel convento di queste poverette.

5. II sig. Renouf, convertitp da piu anni ed ora uno degli Ispettori governativi delle scuole cattoliche, ha recato molto piacere ai nemici del Cattplicismo in Inghilterra pubblicando un opuscolp contro la infallibilita Pontificia. II sup grande argomcnto c fondato sul fatto di Onorio, da cui il libretto e intitolato : ma in un? appendice si parla altresi brevemente

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della pretesa caduta diLiherio e d'altri soliti argomenti del gallicanismo. A giudicarlo dalle sue previe produzioni, il signer Renouf apparisce iiomo di estese c varie cognizioni ; a giudicar dalla presenle, pare che egli si ten- ga per profondo conoscilore della storia ecclesiastica ; ma in do s'ingan- na a partito. Egli si mette innanzi con grande arroganza, dicendo per esempio di avere studiata tutta la quistione nellc sue fonti, e ch'egli non vuol esscr giudicato da altri che da suoi pari, doe da persone die abbiano attiutc le lor cognizioni ai medesimi fonti original! . Ma il 1'atto si e che la sua erudizione intorno ad Onorio e dovivfa specialmente al Dr.Dolliuger, di cui il sig. Renouf e caldo ammiratore, e in alcuni punts egli ha adottate le sviste e gli error! del suo predecessors. II libro e scritto in un tuono aspro e offensive; e i piii famosi scrittori cattolici a lui contrarii nelle controversie d' Ouorio son da lui trattati con disprezzo, e accusati di slealta, giungendp a dire die un qualdie argomento a favor di Onorio non era possibile che fosse tenuto per buono da quel- li stessi che se ne avvalevano.

6. Pure questo malaugurato libretto ha prodotto qualche bene, dando occasione a varie rispostc : e specialmente il Dottor Ward sulla Rivista di Dublino mette in chiara luce la distinzione che corre tra il Papa consi- derate personalinente come dottore private, e come dottor della Chiesa universale ; sotto il quale rispetto non puo insegnare una falsa dottrina ; e fa manifesto che Onorio non solo non insegno Teresia monotelitica come dottore della Chiesa, il che basterebbe alloscopo; ma neppure come dottore private. Ora poi il P. Bottalla della Compagnia di Gesii ha esau- rita la quistione, citando i documenti originali, spiegandone il sense, e mostrando e confutando gli error! del-sig. Renouf.

7. La pubblica attenzione piii universalmente e stata rivolta ad alcuni indizii di guasto nelFistruzione che si da attualmente nell1 Universita di Oxford. Questa Universita fu sempre riguardata come la prima sede del- Tinsegnamento religiose e ortodosso secondo la Chiesa Stabilita. Dalla Ri forma sine ad era il partito piu forte dei graduati ad Oxford e stato> di quelli tra i prptestanti, che han ritenuto piu degli altri delle dottrine cattoliche. Ma gia da vari anni si e andata aprendo la via nell1 Universita un' al tra scuola di ben altre dottrine, che sono professate e propagate da tali, i quali pel posto che tengono debbono influire assai sui giovani student! che aspirano agli onqri accademtci , che si ottengono special- mente pel merilo di un esame in tilpsofia. Ppiche uno studente, che vi si prepara, dee studiare tutti i sistemi filosofici, die sa esser tenuti in con- to dagli esaminatori, eel e troppo naturale che le menti giovanili senta- no rinfluenza delle opinioni de' lor maestri. Ora tra gli Esaminatori e Professori Ve una buona parte di seguaci del Panteismo in varie forme e della filosoiia positiva di Augusto Comte. Sappiamo dalla Rivisla di Dublino die uno di quest!, non e gran tempo, cpnfesso in chiari termini ad un suo scolare, die i principii da lui spstenuti nclle sue lezioni non si accordano colla fede dell'esistenza di un Dio personale; e un altro disse a caso a persona neppur confidente, ch'egli gia da gran tempo non credea piu air immortalita deiranima. L'eiTetto di un tale insegiiamento sulla inente e sul cuore de'giovani puo bene prevedersi : rincredulita specula- tiva generalmente va congiunta con la pratica corruzione morale. Que-

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sta scuola di aperto ateismo o pantcismo e alYatto nuova in Inghilterra : fmo a quest! ultimi tempi appena potea caderne sospetto ; ma che ora tali dottrine abbian corso ad Oxford e un i'atto innegabile, che ci Tien detto da araenduc i partiti, si da quci die dcplorano que&to stato di cose, come da quei che godono di veder questo progresso di eio che essi chia- mano Libero pcnsicro , benche non ne approvino tutte le conseguenze. Che ne avverra? Ne io, ne altri possiamo dar sieura risposta alia qui- stione, se sara per prevalere il parti to dell' incredulita, o se sia per sue- cedere una reazione dello spirito cristiano nell1 insegnamento.

OLANM (Nostra corrispondensa) 1. Rumori intorno ad mi trattato com- merciale e militare tra la Francia e FOlanda 2. Sguardo sulle sette dissident! nelFOlanda 3. Mandamento collettivo de' Vescovi olandesi sull' insegnamento puibblico 4. Stampa cattolica.

1. Gia sonp parecchi mesi che sui fogli, specialmente del Belgio, cor- rono dicerie intorno ad un trattato diplomatico, che sarebbe conchiuso o starebbe per conchiudersi fra le corti di Parigi e delFAia. Fin qui non me ne sono trattenuto coi nostri lettori, poiche dapprima li considerai come di nessun valore e donati soltanto alle smanie dei giornali, i quali quando lor mancano delle noyelle vere, ne inventano delle false per dar pascolo alia sfrenata cnpidigia di sentir delle cose nuove. Di piii quei rumori erano abbastanza forti sia per la fonte d' onde sorgono, sia per T oggetto loro. Ma ora ban preso una certa consistenza, e non yi ha piu yeruno che non li crcda alquanto fondati almeno nell' intenzione del Ooverno francese.

Qual dunque sarebbe T oggetto di cotesto trattato diplomatico? Se- condo alcuni non sarebbe da principio che solamente commerciale, ma tale che prepara la via per una unione militare, e per conseguenza ad un trattato oflfensivo e difensivo. Altri poi dieeva che sarebbe in un tratto e commerciale e militare.

La medesima varieta dei pareri vi ha intorno allo stato delle tratta- zioni diplomatiche. Me^itre alcuni lo vogliono gia conchiuso e segnato, pensano altri che fin qui non si sono passati i limiti delle conferenze preliminari e confidenziali ; e, per non tacere niente di cio che si dice, y* e chi lo afferma conchiuso e segnato , ma che deve rimanere segreto sino al giorno che una guerra sia scoppiata fra la Prussia e la Francia.

Molte corrispondenze parigine, indirizzate ai giornali del Belgio, ed eziandio ad un giornale olandese, scritto pero in lingua francese, ac- cennano ordinariamente i rumori mentovati. Affermano i corrispondenti d'aver preso le loro informazioni alle sorgenti piu sicure e che non te- mono nessuna contraddizione. Infatti le contraddizioni non mancarono. Cltimamente affermo altamente T officioso Constitutionnel che quei ru- mori erano senza alcun fondamento ; ma, cosa maravigliosa! quella con- traddizione quasi governativa , produsse Tefletto contrario : giacche da quei punto mold giornali della Francia, del Belgio e delFOlanda comin- ciarono a credere che qualche cosa in aria yi doyeya essere. Quanto a

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me non mi pare del tutto improbabile quel trattato ; poiche nei tempi andati il Govcrno olandese ha mostrato la voglia di cercare la protezione della Francia pel caso che la Prussia volesse inghiottirci ; e la Francia dal canto suo diede pruova di prendere vplentieri FClanda sptto la sua protezione. Certo e che T Olanda ebbe ricorso alia corte di Francia , quando nelPanno 1866 la Prussia si annesse gli Stati limitroii. Nee meno certo che la Francia in quel tempo accolse benissimo il ricorso dell' Olanda, e che ,nel notissimp affare del Lussemburgo promise la sua protezione, se mai quella quistione fosse riuscita ad una militare ag- gressione. Se inoltre si consider! la condizione d1 isolamcntp, in cui tro- vasi la Francia e la rivalita che esiste fra essa e la Prussia, non deve recare meraviglia , se queila grande potenza slimi utile per lei una al- leanza cogli Stati di terza grandezza.

Quei corrispondenti francesi, i quali dicono che un trattato gia sia con- chiuso o stia per conchiudersi, sembrano aver dimenticata una circostan- za rilevantissima : cioe che il Governo dell'Aia puo ben fare dei trattati diplomatic!; ma essi debbono averela ratificazione di ambedue le Camere legislative per aver forza di legge. Oraropinione generalmcnte seguita nell' Olanda dagli uomini politici , si e che Y Olanda deve collocare la speranza della sua salvezza in una strettissima neutralita ; e che per conseguenza si ha da,evitare tutto cio che puo in alcun modo offendere qual si sia potenza. E chiaro poi che un trattato militare fra la Francia e T Olanda sarebbe per la Prussia un1 offesa gravissima, la quale potreb- be un giorno costare molto alia debole Olanda. Quindi parmi che il Par- lamento olandese non sara giammai per approvare il detto trattato; che anzi il Ministero, il quale T avesse conchmso, non potrebbe esistere per molto tempo.

Da tutto cio che fin qui ho discorso segue a fil di logica, se non va- do ingannato, che nessun trattato e intervenuto o interverra; e se mai intervenisse, che non sara pubblicato fino al giorno che la Prussia voles- se apertamente impadronirsi deH'Olanda. Ecco cio che mi ware di poter raccogliere come certo da tutti i rumori detti e contradetti sino a que- sto giorno.

2. II Santo Padre, come sapete, ha indirizzatp una lettera apostolica a tutte le sette protestantiche ed ai non cattolici , per invitarli a por mente alia divina unita della Chiesa cattolica, la quale si palesera con nuovo splendpre nei Concilip universale dell' anno prossimo, affmche si affrettino di ritprnare all1 unico ovile. Essa fu tradotta in lingua olandese e pubblicata nei fogli cattolici. Quale ne sara il risultato? Quella chiama- ta misericordiosa del Yicario di Cristo sara ella o accplta o rigettata da tanti cosi miseramente sviati dal cammino della verita? Grandi sono certamente le misericordie del Signore ; grande e la forza della sua gra- zia, la quale in un momento seppe fare un Paolo apostplo da un Saulo, persecutore de1 cristiani ; ma eziandio grande e la cecita, e, diciamolo pure, grande e la superbia dei protestanti moderni nell'Olanda.

Si distinguono in due classi: i moderni e gli ortodossi. I moderni, i quali sonp piu numerosi ed a1 quali appartengono quasi tutti i letterati, sli scienziati e gli uomini di maggior grado, sonp semplicemente incre- fluli. Per loro le sacre Scritture non sono che libri comuni, anzi meno

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che un libro comune, poiche le reputano falsiticate dalla superstizione de' cristiani nel secolo secondo e terzo della Chiesa. Per loro Tunico cri- tcrio del yero e V esperienza e T osservazione ; quindi tutto cio che su- pcra la sfera del fatti e nulla o almeno incerto. Un Dio personale ed indipendente nella sua essenza dalle cose visibili , non e ammesso da parecchi di loro: nemmeno riconoscono un'anima indipendente dalla materia; quindi V immortalita dell1 anima e per loro un problema inso- labile. Yi sono bensi alcuni che ammettono un Dio personale; ma generalmente tutti negano la divina proyvidenza. Dio e un Re co- stituzionale che regna , ma non governa. Dal principio della creazione ha assoggettate le sue creature a leggi fisse ed immutabili, e tutto nel mondp accade a norma di dette leggi. Da cotes to errore segue che e inutile, anzi assurdo il pregare Dio, per qualche favore od aiuto ; stanteche tutto arrivera secondoche le leggi comportano.

Si ricordera forse il lettore di cio che scrissi in una corrispondenza dell1 anno 1866, come in quell' anno mplti si offesero contro il Re, poiche ebbe domandato dai Vescovi pubbliche preghiere nel tempo del cholera. II yero motivo perche alcuni si offesero, fu perche, secondo loro, i mali fisici debbono rimediarsi unicamente rimovendo le cause prossime, alle quali Tuomo e dato in balia dal Creatore.

Giechi sono essi , quanto mai uomo puo essere accecato ; e nondi- meno credonsi essi i piu savi del mondo. Danno i loro errori come i risultati della piu profonda scienza e della piu sublime sapienza. Delle dottrine cattoliche non hanno nessuna contezza ; anzi le tengono in grande disprezzo.

Gli ortodossi poi appartengono alia parte meno colta. Si sono in gran parte separati dalla cniesa riformata officiale, ove oramai domina la piu smaccata incredulita. La cagione della separazione sono i ministri pro- testanti stessi, i quali hanno T ardire ne1 tempi nostri di predicare al- tamente i sopra mentovati errori. Gli ortodossi in luogo di risalire alFunita e all autorita della Chiesa cattolica, fanno ritorno alle pristine confessioni ed ai libri dei primi riformatori: e come questi abbonda- no di calunnie e d1 insulti contro la Chiesa cattolica , quindi si riac- cende Vantico fanatismo contro i cattolici.

Per dire tutto in una sola parqla, la Chiesa cattolica in Olanda e disprezzata da1 protestanti moderni ed odiata dagli ortodossi. Vi pare dunque, che, umanamente parlando, siano disposti ad accogliere rin- vitazione caritatevole del sommo Pontefice?

Con tutto cio quell1 inyitazione non passera senza qualche frutto. Non vi e dubbio che attired sopra di se Tattenzione de1 protestanti : la gazzetta ecclesiastica de1 protestanti ne ha dato contezza, lodando il tono gentile della lettera e concedendo che grande e, come dice il Santo Padre, il disordine fra loro: chi sa se, nel leggere quella pa- rola veramente apostolica, ii Signore non aprira gli occhi ad alcuni?

Restano ancora i giansenisti, de' quali ognuno si dimanda : cosa fa- ranno? Hanno essi sempre fatto appello al Concilio universale. Se yi yanno e si spmmettono alia decisione, che si puo prevedere fin d'ades- so quale sara, il loro scisma e terminato. Se non yi yanno e loro tol- ta Tiiltima scusa e lo scisma e troppo manifesto. Pare dunque impos-

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sibilc die essi restiuo indifferent! relativamente al Concilio. Sin ora pero non han dato segno alcuno, dal quale si possa conghietturare sulla loro futura condotta.

3. La lettera enciclica del Santo Padre, della quale ho discorso fin qui7 mi fa pensare ad una lettera circolare de1 npstri Vescovi sopra V istruzio- ne puhblica, data or sono due mesi, e letta in tutte le chiese deirOlanda, E quest'atto deirautorita vescovile di somma iinportanza per la religione cattolica; il libcralismo stesso sen'e hen accorto. I fogli liberal! ne fanno ancora gran rumore , e nelle Camere stesse legislative i liberal! ne han levato le alte grida. Sono pero costretti di confessare die i prelati par- larono in modo nobile e moderate , e che furono ispirati per uno zelo sincero delle anime. Infatti , i Yescovi non fanno altro che esporre con somma chiarezza i principii cattolici, quali li ha insegnati il glorioso Pon- tefice Pio IX nel Sillabo e Gregorio XVI nella lettera sua del Gennaro 1841, indirizzata a' Yescovi d'lrlanda.

Insegnano dunque, die la Chiesa cattolica desidera per i suoi figli la scienza, della quale essa lu sempre la protettrice; ma che cotesta scienza, specialmente nelle scuole elementari, deve essere religibsa; che rinse- gnamento della religione ha da essere il priricipale nelle scuole popolari; e che Vinsegnamento delle scienze umane deve essere penetrato dair ele- niento cristiano. Da questo principio deducono che im sincero cattolica non puo dare la sua approvaziono al sistema delle scuole mistc, ove non si tiene verun conto della fede cattolica ; che anzi 1$ scuole miste sono inmfficienti , poiche non danno alia gioventu il pascolo piu neccssario; che sono pericolose ne1 nostri tempi di libertinaggio e d'incredulita, poiche i maestri essendo talvolta atei, materialist], increduli, possono iacilmente instillare il veleno nelle tenere menti. In seguito esortano i p^arenti ed i tutori di scegliere, gnanto e possibile, per i fanciulli loro anidati, delle scuole cattoliche e di non mandarli alle scuole miste , se non net caso di manifesta necessita. Se poi sieno costretti di mandarli alle scuole miste, inculcano loro fortemente il dovere di vegliare sopra le dottrine die quivi s'insegnano, e di allontanare i pargoli dalle scuole, se riuscissero- dannose per le anime loro.

Ecco in breve il sunto di quel Mandamento, il quale si puo chiamare con ragione un atto degno dei Yescovi piu zelanti della Chiesa. Esso ha gia prodotto lietissimi frutti ; le scuole cattoliche esisteuti sono col- me, ed in molti luoghi , ove non ancora esistono, si fa tutto il possibile per fondarvele. Ma Terezione ed il mantenimento d'una scuola cattolica costa molto in Olanda. Essa non riceve verun sussidio dal Governo ; e pure sono obbligati i maestri di ricevere dal Governo un diploma di ca- pacita , che non si da se non dopo un esame assai vasto e rigorosp. Bi- sogna poi sostener la gara colle scuole del Governo, ove i maestri som> ben retribuiti dalla Cassa comune ed hanno abbondanza di mezzi.

Dal discorso fin qui, voi potete argpmentare la triste condizione de'cat- tolici olandesi per riguardo airistruzione pubblica. II Governo esige e mantiene coi danari di tutti delle scuole miste, delle quali noi cattolici non possiamo fare uso; poi debbono i cattolici contribuire un1 altra vol- ta, se vogliono, secondo il loro dovere , avere delle scuole cattoliche ; e poi queste scuole, erette e matenute coi denari dei cattolici, rimango-

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no sottoposte all'ispettore del Governo; cd i maestri obbligati ad im esame streldssimo. Cotcsto esame e tanto difficile, che i maestri e le maestre debbono ordinariamente prepararsi per parecchi anni prima di poter presentarsi con qualche speranza di riuscimento.

Dimandano dunquc con molt a istanza e pcrseveranza i cattolici che la legge suirinsegnamentp pubblico sia cambiata in modo, che le scuole cattoliche siano sussidiate daU'erarip pubblico, che 1' esame sia mcno vasto e rigoroso, che le scaole miste si restringano allo stretto necessario, e che siano senza pericolo per la fede ed i costumi.

Si oppongono contro questa inutazione i lil)erali con tutte le forze loro; ed ecco la grande lotta della Chiesa cattolica neirOlanda contro il lihera- lismo e Vincredulita cor rente. Non so a chi spettera la vittoria ; ma posso dire con piena certezza, che i cattolici, sotto la direzione de'Vescovi e del- la Santa Sede, lottcraimo e non depprranno le avmi prima d'aver vintp.

4. II progresso della stampa cattolica e, al mio avviso, un segno lietis- simo della yita vigorosa, deHa quale vive in Olanda la santa Chiesa. Diede la prima mossa, come a tutte le altre grand! imprese del tempo nostro, il glprioso Pontefice Pio IX, quando scrisse a1 yescoyi d1 Italia: « Per comprimere la contagione dei libri cattivi e pestilenziali, sara di somma utilita, se gli uomini di segnalata e sayia dottrina divulgheranno, coirapprovazione delVautprita ecclesiastica, libri anche di piccola mole, per Teducazione ed istruzione del popolo. » (Lilt. Encycl. Nobis et no- biscum 8 Dec. 1849.) I nostri Yescoyi, adunati in Concilio provinciate, €onformandosi alle intenzioni della Santa Sede, racommandarpno a'sacer- doti, cprredati dell1 ingegno e della dottrina necessaria , di difendere co- gli scritti la causa della verita e della religione, e promisero loro tutto F aiuto possibile. La parpla de1 Pastori non fu detta ad orecchi sordi ; e senza esagerazione parmi di poter dire , che proporzionalmente in yerun paese progredisca quanto qui la stampa cattolica.

Gia da piu di venti anni abbiamo il giornale De Tyd, considerate da tutti come Torgano degli interessi cattolici, la quale considerazione me- rita con ogni diritto. Cospira col Tyd nella difesa degli interessi cattolici un altro giornale, scrittp in lingua francese, le Courrier de la Meuse, ben- che nelle quistioni pplitiche sia spesso d'ayyiso diyerso. Fu questo, se non m1 inganno, il primo giornale che Tanno 1860 aperse nelle sue colon- ne una sottoscrizione per il Santo Padre, la qnale rendette quell1 anno piu di 132,000 franchi. Abbiamo inoltre molti altri fogli cattolici, che appa- riscpno una, o due, o tre volte la settimana. Bisogna indicare tra questi, il piu recente, un giornale ebdomadario, de Maasbode, che nel mese d'Ot- tobre e incominciato in Rotterdam, collo scopo di combattere il libera- lismo, il quale in detta citta ha gettato nrofonde radici. Gia si illustra pel suo coraggio e vigpre. Distinguesi eziandio pel suo zelo e per I1 abi- lita un altro foglio settimanale De Kerkelyke Cowdnt , che scrive esclusi- yamente sopra pggetti religiosi ed ecclesiastici.

A1 due periodici, gia da molti anni esistenti, emolto meritevoli DeKat- lolick e de Gods dienstmiend, si aggiunsero negli ultimi tempi quattro altri , che gia fanno un gran bene e ne promettono ancor maggiore. II primo e Ret Dompertje (lo Smorzatoio) il cjuale in forma sarcastica espp- ne alle risate le sciocchezze e le baldorie de' liberali e degli increduli. Si tira a 12,000 copie.

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Yiene poi I'lllustrazione cattolica, tirata a 30, 000 copie c ricercata a\i- damente da qgni classe di persone, si per i suoi buom articoli, si per le leggiadre incisioni onde e adornata.

Due laici , medici ambedue , insieme con alcuni altri uomini di molta riputazione, hannp dato in questi giorni cominciamento ad un' opera uti- lissima , che ha per fine di cpmbattere gli errori correnti in libretti di piceola mole ed a prezzo modico. Per assicurare la sanita delle loro dot- trine hanno inyitato a far parte della loro societa un ragguardevolc ecclesiastico.

Vengono in fine gli Studii intorno ad oygetti appartenenti alia Reli- gione, alia Storia ed alia Scienza. Le tre dissertazioni, pubblicate sinora, sono tutte scritte dai religiosi della Compagnia di Gesu. Benche il titolo di Studii sembri indicare qualche cosa 01 men popolare, apparisce pero dalla terza pubblicazione cne essi trattano le cjuistioni correnti e yitalissi- me del tempo nostro. Essa e una gagliarda difesa del Mandamento de'Ve- scoyi sopra T istruzione, contro gli assalti della stampa liberate, special- mente cfeir Ilandelsblad, Torgano principale deMiberali. Yedete che noii si puo fare a1 sacerdoti olandesi rimprovero d'essere cani muti. Speria- mo che tante voci arnionizzino sempre insieme per la cristiana obbc- dienza e carita.

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AVVISO IMPORTANTE

RELATIVO ALLE NOTIZIE DEL PROSSIMO CONCILIO ECUMENICO

II prossimo anno 1869 sara insigne per 1'apertura del Concilio universale , dal regnante Pontefice Pio IX solen- nemente convocato. L' attenzione del mondo e natural- mente rivolta a questo fatto, il quale desta affezioni diver- se secondo le diverse persone, ma niuna ne lascia indif- ferente e molto meno dispregiatrice. Benedizioni e giubi- lamenli, e congratulazioni altissime, speranze ben fonda- te, timori o giusti o appresi, sdegni male repress!, oppo- sizione or palese or occulta , ingiurie e perfino minacce , furono gli affetti manifestati in ogni parte del mondo civile, ove pervenne la notizia di quella nobilissirna adu- nanza. Ne' parlamenti , nelle note diplomatiche , nei li- bri, nei giornali si videro finora, e si vedranno viepiu nel proseguimento , le impronte di queste cosi diverse anzi cosi contrarie affezioni. Nessuna delle different! chie- se cristiane non fu scossa a quell' annunzio. Gli eretici orientali, gli ortodossi russi, gli scismatici greci, i prote- stanti inglesi e tedeschi, i giansenisti olandesi, non meno die le sette massoniche e liberalesche 7 tulti pendono an-

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cora, quali piu quali meno, indecisi intorno al partito *che debbono prendere in questa gravissima congiuntura. In tanto agitarsi di spirit! la Chiesa cattolica serenamente tranquilla preparasi a compiere degnamente quel cosi ra- ro e cosi solenne suo atto. II sommo Pontefice colla coo- perazione dei Vescovi della Chiesa cattolica e col sussidio dei teologi piu eminenti della cristianita, studia i bisogni dell' immenso suo gregge , gli errori che minacciano la purita della fede, e gli abusi che maculano la santita dei costumi: esamina le cagioni e i pretesti che mantengono separati dall' unico ovile di Cristo tante anime batlezzate, affine di agevolarne la riunione : discute i provvediraenti, che le mutazioni sopravvenute nelle societa civili consi- gliano d'introdurre nella disciplina ecclesiastica. I fedeli cattolici daH'altro lato s'uniscono ai loro paslori, ani- mandoli colla loro adesione, e sovvenendoli delle inces- santi loro preghiere.

Una tale condizione di cose, appena da noi adombra- ta, mantiene naturalmente desta in tutti la curiosita di sapere do che si dice , cid che si fa, cio che si prepara pel Concilio. Legittima curiosita: perche di avvenimento gravissimo, che interessa tutti egualmente, e interessa cio che vi e di piu vivo nell' uomo, la coscienza. II no- stro ufficio di scrittori periodici c'impone adunque Tob- bligo di darle quella piii conveniente soddisfazione che per noi si potra ; e ci6 ci proponiamo di fare nei qua- derni del prossimo anno. Per la qual cosa nostro divi- samento e di nulla omettere di quanto possa importare ai lettori cattolici di conoscere intorno al Concilio ecu- menico. E pero, oltre a quegli argomenti , i quali piu

AVVISO IMPORT A1NTE 639

o meno strettamenle si altengono al Concilio, e che noi svolgeremo negli articoli dottrinali del fasdcolo; e oltre le discussion! cogli avversarii intorno alle obbiezioni che essi possono muovere solto diversi aspetti , e che noi iutraprenderemo, quando ve ne sara bisogno, nelle con- suete Riviste della stampa; vi sara nei nostri quaderni una parte specialmente dedicata alia storia dei fatti die risguar- dano il Condlio, Essa dark in esteso gli atti della S. Se- de, e quelle inaggiori informaziotii che potremo di do che si va preparaudo o facendo in Roma per questoConcilio: riferira o integralmente o in compendio i piu important! atti dei Vescovi cattolid: porra la lista commentata con proporzionata critica dei libri o degli opuscoli, che nelle varie lingud si verranno pubblicando intorno a questo argomento : ed infme a modo di cronaca riferira do che nei varii Stati cristiani accade di piu importante o in espettazione, T) in apparecchio, o in opposizione al Con- cilio stesso. Con do crediamo di abbracciare quanto e piii degno di notizia, o di discussione> e di abbfacciarlo non solo come semplici cronacisti, ma eziandio come critic! investigator! della verita*

Non d e ignoto che un cdmpito > presso a poco somi- gliante al nostro, altri scrittori cattolici si son tolti nei va- rii paesi dell' Europa. Ma oltre a che questo fatto ci ha mostrato piu evidente il dovere clie a noi correva di porgere agli antichi nostri amici e sostenitori, quali sono i nostri associati, quel servigio che tutti dalla stampa catto- lica si aspettano; esso ce ne ha indicato la indispensabile necessita per due capi spedali. II priino si e la circostan- za che noi dimoriamo in Roma, il gran centro donde par-

640 AWISO IMFORTANTE

tono a guisa di altrettanti raggi gli stinioli al moviinento religiose che per tutto si manifesta ; e dove ritornano ad incontrarsi novamente i singoli atti separati di tutti i Ve- scovi e di tutli i fedeli. E pero in Roma sol potendosi ottenere quella pieaezza d'informazioni, che sola puo gio- vare alia giusta estimazione di cosi straordinario avve- niinento : strana cosa parrebbe se chi vi scrive periodi- camente sopra argomenti sociali e religiosi, non s'occu- passe di esso in guisa specialissima, mentre altrove tan- ti altri il fanno con si grande e lode vole sollecitudine. II secondo capo si' e che in Roma come la pienezza , cosi ancora la sicurezza delle informazioni e quale non puo essere altrove. Abbiamo veduto in fatto che varie nofizie inesatte sonosi infiiio ad ora promulgate qua e cola, e sonosi da tutti credute e ripetute, senza che nep- pure un sospetto siasi manifestato della loro inesattezza. Di questa speciale condizione di chi scrive in Roma noi cercheremo di avvantaggiarci, ponendo studio grande e specialissimo ad essere, piu ancora che copiosi, fedelis- simi narratori.

Speriamo che questo disegno sia per essere gradito a tutti i nostri associati , siccome esso e stato da molti di loro desiderato, e in parte anche suggerito. E appun- to per rispondere ai loro inviti, e assicurarli che noi ci prepariamo a pienamente secondarli, conforme alle no- stre forze, abbiam fin d' ora voluto partitamente signifi- care quel tanto, che senza le costoro, a noi non ingrate, impazienze sarebbe bastato di cominciar senz'altro nel futuro quaderno del 1.° Sabbato di Gennaro.

LA TORNATA DEL 25 NOVEMBRE NEL PARLAMENTO DI FIRENZE

Un sozzo e schifoso spettacolo porsero di se in Firenze Deputati e Ministri nella iornala del 25 Novembre : da assertori , eke sareb- bero dovuti essere, e vindici della giustizia, si tramutarono in enco- miatori ed avvocati dell'assassinio. Essi andarono anche piu ollre: fecero causa comune cogli omicidi , e nella loro condanna si dickiara- rono offesi personalmente. Stenteranno i posteri a credere un tanlo eccesso ; eppure esso e cosi, come noi lo diciamo : e percke ne resti memoria ne' nostri quaderni, ne faremo qui un piccolo cenno.

Come prima si seppe in Firenze T esecuzione capitale del Monti e del Tognelti, autori della morte di 27 persone, perite per lo scoppio della Caserma Serristori; i pretesi rappresentanli della nazione, fos- se ira o rimorso che li pungesse , si affrettarono a muoverne inter- pellanza al Ministero. Venutosi pertanto ai ferri, si comincio da un fragoroso battibuglio (esordio obbligato d' ogni discussione in quella grave assemblea), a cagione della contesa sorta Ira il Bonfadini e il Bertani, contendentisi 1' onore di bestemmiare pel primo. II parapi- gliaduro una buona mezz'ora: Rumori, Mormorioprolungato, Ru- mori a destra , Rumori a sinistra , Molti Deputati dimandano di parlare; son queste le postille, di cui abbonda Tesposizione fattane negli Atti ufficiali. Caduta iinalmente la sorte sopra il Bonfadini, questi si conlento del solo proemio, pregando la Camera ad assume- je la solidarieta del dolor nazionale per I'odioso attentato commes- Serie VII, wl IV, fasc. 450. 41 5 Dccembre 1868.

LA TORNATA DEL 25 NOVEMBRE

so dal Governo papale, e commise al Checchetelli il carico di pro- Tare, in qualita di uomo dilegge, 1'intero assunto. L'uomo di legge adunque cominci6 1' arringa, dimostrando che la condanna di quei due infelici fu ingiusta : primieramente, per che nel regolamento pe- nale romano vi e un articolo, che infligge la pena capitale ne' reati politic! ai soli capi, e il Monti e il Tognetti non furono capi ma ese- cutori ; secondariamente, perche il suffragio dei giudici non fu una- nime, e a Roma, per antica consuetudine, non si sanciscono le sen- tenze capitali , se non sieno rese ad unanimita. Al che si aggiunge che nel caso presente la pena inflitta ha ragione non di difesa ma di vendetta, bassissima tra le umane passioni. Falta questa magnifica dimostrazione, 1'oratore passo alia perorazione, sfolgorando la reazion clericale , che e sitibonda di sangue , e la mostruosita del connubio dei due poteri , che produce quesli eccessi , contrarii alia civil ta , all' umanita e alia stessa religione. In fine dimando al Governo, se avesse fatto tutto quello che era in lui per impedire la minacciata catastrofe , e se , non essendo riuscito , associasse il suo sdegno a quello « ond'e compresa la Nazione contro un Governo che e respon- sabile di tali atti , i quali valsero al Governo di Ferdinando II la qualifica di negazione di Dio 1. » Sceso dalla bigoncia il Checche- telli, vi sail il Bertani. II Bertani non e uomo di legge, ma di cerotti : e un cerotto appunto chiese al Governo. Imperocche dopo aver affer- mato che i due condannati non erano rei di altro, che di aver volulo unire 1' Italia a Roma, e dopo aver proferite, secondo 1'usanza sua, le piu villane parole contro il Papa e la religione ; prego la Camera che dovesse recare a tanto male un pronto rimedio : « prendendo quelle - determinazioni che valgano a riparare Toffesa patita, lf insulto fatto air Italia, al Parlamento, alia civilta, air umanita, »

Noi lasciamo stare il medico , alle triviali insolenze del quale per tutta risposta potremmo rinfacciargli la codarda sconoscenza, onde ricambia il Governo pontificio dell' avergli perdonata la vita e re- stituita la liberta , quando fatto prigioniero a Mentana tra le ordo garibaldine, poteva benissimo, secondo il diritto delle Genti, essere

1 Atti ufficMi del Parlamento, Tornata del fcSNoyemb. 1808, foglio 121L

NEL PARLAMENTO DI FIRENZE 643

sottoposlo al rigor delle leggi. II dabben medico era stato uno del capi organizzatori di quelle invaditrici masnade; e pero, dove fosse stato consegnato ai tribunal!, non sappiamo se ne avrebbe riportata jnlcra la lingua a bestemmiare , come ora fa , conlro i suoi gene- rosi perdonatori. Ma queste anime basse non son capaci, die d' odio c di rancore : ogni generositSt con loro e sprecata. Lasciando dun- que stare costui, diciamo qualche cosa del Checchetelli.

E verainente curioso il defmire, che egli fa, per delitto politico la proditoria uccisione di 27 persone! II valentuomo appartiene alia parle moderata della Camera. Or noi vorremnio sapere se, qualora i Deputati della sinistra in uno di quei tumulti parlamentari, si facili a suscitarsi nell'aula dei cinquecento, si scagliassero sopra i Depu- iati della deslra , accoppandoli dal primo all' ultimo , affine di far prevalere la loro politica ; vorremmo sapere, diciamo, se egli qua- lificherebbe tale carnellcina per semplice delitto politico. II caso, chi ben lo mira , e lo stesso : s' intende di far prevalere un' idea , e ac- ciocche prevalga di fatto, si rimuove Y impediment con lo spacciar- si degli oppositori. Ma senza ricorrere ad ipotesi, un fatto simile a quello della Caserma di Serristori, fu operato dai Feniani in Inghil- terra. Yolendo essi, per motivo politico, far saltare in aria, median- te un barile di polvere, il muro d' una career e, cagionarono la morte di varie persone. Or che fece il Governo inglese ? Quivi non era la reazione clericale, chiedente sangue al Sovrano di Roma, non la mostruosita del connubio dei due poteri ; bensi era Y ideale della ci- vilta, della umanita, del progresso, dell' intendimento del verace di- ritto. Non e cosi , sig. Checchetelli ? Eppure quel Governo non ri- sparmio il capestro ai due esecutori dell' orribile attentato , ne la Regina credette spediente al ben pubblico il commutarne la pena. Or perche gli onorevoli di Firenze non dissero allora contro di lei il millesimo di ci6 , che dicono ora contro del Papa ? Forse la giu- slizia mutasi col cambiare de' luoghi, e quel che fu giusto a Londra diviene ingiusto a Roma? Ma senza andare a cercare esempii sto- nier!, ci dicano gli onorevoli di Firenze, se essi qualificano per de- litto politico il brigantaggio delle province meridional!? 0 5 mag- gior delitto fare un ricatto e combattere in carnpo aperto la forza

644 LA TORNATA BEL 25 NOVEMBRE

pubblica, die tramar tra le tenebre la morte di fedeli, quanto valo- rose, milizie, con 1'effelto seguito sopra 27 persone? Rimossa dun- que T arbitraria conversione del delitto comune in delillo politico 7 benche commesso per fine politico (il fine non giustifica i mezzi); il primo argomento del nostro uomo di legge cade per terra. Quan- to al secondo, esso non ha bisogno di cadere, essendo gia in terra, per esser false ambedue le parti dell' asserzione , a cui voleya ap- poggiarsi. E falso che la sentenza non fu data ad unanimiia di suf- fragi ; ed e falso del pari che nella contraria ipotesi non suol darsi corso a pene capitali. La sentenza fu segnata da tulti i giudici : e , sebben in Roma per la mitezza del Principe , mancando 1' unanimita de' suffragi suol farsi grazia, pur non di rado avviene anche il con- trario, dipendendo cio dalla qualita del caso e dalla opportunity del- le circostanze.

Quanto poi a quello, che dice il Checchetelli del doversi fondare la pena nel diritto di difesa e non nella vendetta, bassissima tra le pas- sioni ; rispondiamo che egli non capisce cio che importa la prima , ed equivoca sopra il concetto della seconda. La difesa sociale non e tanto verso il delinquente, quanto e piuttosto verso il delitto, per im- pedir che ritorni. Ond' essa, purche si avveri la debita proporzione, puo stendersi fino al supplizio, quando una pena minore si mostri inefficace. La vendetta poi e passione, e bassissima, nella persona privata e per motivo private ; non gi& nella persona pubblica e per ragion pubblica. Potremmo dimostrar 1' assertiva coU'opinione degli stessi onorevoli di Firenze , non escluso il Presidente del Consiglio, sig. Menabrea; i quali e il quale gridarono a squarciagola che alme- no colla riprovazione si dovesse infligger gastigo al Governo ponti- ficio. Anzi il Bixio , uomo di guerra al modo stesso che il Checche- telli e uomo di legge, e il Bertani uomo d' impiastri, pretese che questo gastigo dovesse essere nientemeno che la guerra immediata, da dichiararsi al Pontefice. Di che il Civinini, con ironico piglio lo- dollo nella seguente foggia : « Rispondero all' onorevole Bixio , che troppo deboli trovava le mie parole, troppo dottrinaria e timida la mia dichiarazione, e vorrebbe si facesse la guerra e subito; Ebbene fatela; Toltraggio stabilisce un incontestabile caso di guerra; di-

NEL PARLAMENTO DI FIRENZE 645

cbiaratela , e svanira naturalmente ogni mia riflessione , ed io saro agli ordini dell' onorevole Generale. » Or che altro e il gastigo in- flittoad alcuno in contracambio d'un' offesa recata, se non appunto do cbe si cbiama vendetta? II sig. Cbeccbetelli, se non crede alle nostre parole, potra consullare il vocabolario; e se trova che la co- sa e cosi, dovra con venire che per giudizio dei suoi stessi colleghi, a cui certamente non vorra ripugnare ; la vendetta quando e fatta dall' ordinatore pubblico e per ragion pubblica, lungi dall' essere bassa passione, e sentimento nobilissimo, inspirato dall'amore della giustizia, e tale, che puo penetrare anche negli animi eccelsi dei Deputati del regno ilalico.

Ma senza cio, 1'idea di pena inchiude essenzialmente 1'idea di vendetta; non essendo altro la pena, nella sua ragion fondamentale, che la reazione dell' ordine contro il disordine. Onde chi ha cura deH'ordine, non puo dispensarsi dall'esercitarla, non potendosi di- spensare dal provvedere alia conservazione di esso ordine e al re- stauro delle sue violate ragioni. E cosi veggiamo che Dante 1'at- tribuisce anche agli Angeli santi,

Yuolsi cosi cola, dove Michele

Fe' la vendetta del superbo strupo l.

Anzi Iddio santissimo, e certamente scevro d'ogni ombra di passio- ne, la richiaraa a se, come cosa sua propria: Mihi vindicta, et Ego retribuam 2. Onde le autorita sociali intanto hanno diritto di eser- citarla, in quanto partecipano T autorita divina. E poiche questa partecipazione deirautorita divina e fatta loro, acciocche veglino al mantenimento dell' ordine e delle ragioni della giustizia ; V esercizio della sociale vendetta e in essi non solo un diritto , ma ancora uno stretto dovere, ne possono ometterla, senza tradire il proprio ufficio e mancare all'intenziorie divina. Di che il Checchetelli potrebbe in- tendere non esser sempre lecito al principe rimetter la pena al reo ; ma solo allorquando lo stesso ben pubblico persuade Tuso di tale indulgenza. Onde il sig. Checchetelli e compagni, invece di schia-

1 Inferno c. 7.

2 Hebr. X, 30.

€46 LA TORNATA DEL 2o NOVEMBRE

mazzare e inverecondamente sgolarsi conlro la piu yeneranda auto- rita che sia sulla terra, quella cioe del Pontefice; avrebbero operate con ineno stoltezza, se. avessero cercato di dimoslrare che il ben pub- blico consigliaya in questo caso clemenza. Ma cio essi non hanno neppur tenlato; perche, oltre a non trovare ragioni a cui appoggiar- si, sentivano d'avere contro di se 1'opinione di tutli i Gabinetti d'Europa. Conciossiache dall'una parte e presumibile che il Governo italiano abbia brigato presso tutte le Corli, per indurle ad interpor- re i loro ufficii per liberare dalla morte i due rei (giacche il sig. Me- nabrea assicura che il Ministero nulla omise di quanto era in suo potere, e se non ha fatto questo, non sappiamo che cosa abbia fatto); e dall'altra parte e certissimo che non trovossi neppure un sol Go- verno, il quale volesse spendere una sola parola d' inter cessione o preghiera per 1'oggetto richiesto. II che dimostra nella piu lampan- te raaniera, che tulli coucordemente giudicarono non essere espe- dientc al bene della sociela, non solo romana ma europea, mitigare il corso della giustizia, conlro un delitto si atroce. E una confer- ma di si fatto giudizio ce la porge ora, che scriviamo , la stampa parigina ; la quale con unanime accordo rimprovera il Parlamento italiano, ed approya la pena inflitta ai due colpeyoli. Per saggio ri- feriremo solamente le parole del Pays. « Si trattaya , egli dice , di due scellerati, i quaii intendevano di ammazzare centinaia di soldati onorati, se la loro congiura non fosse stata scoperta. II Papa e Sa- cerdote, ma e altresi Sovrano ; e come Sovrano ha sudditi da pro- ieggere e da difendere. Quando reprime i cospiratori e punisce il delitto , egli compie un sacro dovere. Abbiano almeno i nostri ay- versarii per la brava gente un po di quella pieta, che mostrano di yoler tenere in serbo pei soli furfantL » E la Liberte alia sua \olta soggiunge : « Non s' innalzi ( ai due condannati ) un piedistallo, che non si meritano ; e si lascino dormire in pace nella fossa comune dei volgari scellerati ; giacche non sono nulla di piu. »

II Debais concede che il Papa, come principe temporale, aveadi- ritto di condannare que' due colpevoli, ed ammette altresi che forse ne ayea auche il dovere. Ma soggiunge die questo e agli occhi suoi la condanna del doppio carattere, di cui il Papa e rivestito, e per

NEL PARLAMKNTO DI FIRENZE 617

cui si trova dall'una paile nella necessita di usare clemenza, come sacerdote, e dall' altra giustizia come sovrano.

Ben si scorge che gli occhi del Debats si abbarbagliano troppo facilmente. L' unione della clemenza colla giustizia, del sacerdozio colla sovranita e colla giudicatura, non e poi im oggetto si difficile a vedersi come egli crede. Per persuadersene, basterebbe conside- rare, che Iddio e giusto insieme e clemente, punisce e perdona, mortifica e yivitica, secondo le diverse esigenze. Basterebbe altresi ricordarsi che Cristo, benche eterno sacerdote, e nondimeno giudicc dei vivi e dei morti. Or perche sara impossibile nel Yicario di Cri- sto T unione di quegli attributi, che si verifica in Cristo stesso ?

Due cose possono qui cercarsi: la compatibilita e la convenienza. Se si cerca la prima, ogni persona di senno capisce facilmente che dove son compatibili i fmi, son compatibili ancora i poteri che ri- spondono ai detti fini. Or la felicita temporale, che e il fine a cui guida T autorita polilica, e compatible si o no colla felicita sempi- terna, che e il fine a cui guida 1' autorita ecclesiastica ? Dire che no, sarebbe un disordinare tutta V economia intesa da Dio, un separare la vita presente dalla futura, uno scindere Y uomo in due parti discor- dant! tra loro. Dunque i due fini armonizzano ; e quindi armonizzano altresi i poteri, che ad essi corrispondono ; e se armonizzano, son compalibili nel soggetto medesimo. Dunque niente vieta che il sa- cerdote sia altresi sovrano, ed eserciti tutte le attribuzioni di sovra- no. E cosi vedemmo in altra eta varii Yescovi, specialmente in Ger- mania, avere altresi principato civile. Cio riguarda la compatibilita,

Ma se e compatibile tale unione , e ancora conveniente ? Rispetto al sommo Ponteticenon solo e conveniente, ma e del tutto necessa- ria ; come & stato dimostrato mille volte, attesa Y indipendenza po- lilica, di cui deve godere il supremo ordinatore delle coscienze e il supremo banditore e interprete della legge divina. E questo un in- teresse non solo religioso, ma ancora sociale, di ordine si elevato, che a fronte di esso ogni altro sparisce e non ha forza, se non presso gl' increduli e difensori del Dio stato , comunque camuffati del nome di Hberali. Ma torniamo al Checchetelli.

Ella e cosa del tutto da forsennato il rimproverare Ferdinan- do II di fierezza, per esecuzioni capitali; mentis si sa che quel

648 LA TORNATA DEL 25 NOYEMBRE

Principe in tutto il suo regno ne avea quasi dismesso 1' uso, e forse oltre i termini d'una ben intesa clemenza; e d' altro lato il Gover- no rivoluzionario d' Italia gronda talmente di sangue, eke nelle sole province meridional!' gli uccisi da lui, in questi otto anni di tiranni- de liberalesca, si fanno ascendere niente meno eke all' orribile cifra di venliquattroinila , oltre a una trentina tra citta e villagi bruciati. E voi, con questo carico addosso, osate di rimproverare altrui? Hy- pocrita, eiice primum trabem de oculo tuo, et tune valebis eiicere festucam ab oculo fratris tui 1.

Senoncke nostro intendimento si e di mostrare non tanto gli sragionamenti degli onorevoli di Firenze, nella difesa dei due giu- stiziati, quanto la turpitudine di far propria la loro causa. In cio fu- rono concordi Deputati e Ministero; e son degne d' infame memoria lo vergognose parole, eke vennero proferite. II Ferrari avendo pro- posto un ordine del giorno, in cui si diceva: La Camera proclama i cittadini Monti e Tognetti martiri della liberta italiana ; nel com- mentarlo dickiaro espressamente eke i due giustiziati erano loro amici, eke bisognava rivendicarli all'Italia, e gloriarsene. « Al ria- prirsi del Parlamento il Papa ka calcolatamente voluto insultare la Rappresentanza italiana col supplizio di due nostri amici, da lui gettati al carnefice come malfattori... Signori, con quest'ordine del giorno da me proposto, noi rivendickiamo i nostri morti, noi li prendiamo sotto la nostra bandiera, sono cosa nostra (Benissimo). Sono sotto la nostra protezione, noi ce ne vantiamo... Sono questi i nostri martiri, i nostri santi... Yera necessita di religione e per noi questa , di proclamare i nostri martiri, » Potea spingersi piu oltre il cinismo e la sfrontatezza? Far V apoteosi dell' assassinio ! ckiamar santi coloro , eke uccisero a tradimento 27 persone , e piu avrebbono voluto ucciderne! Mitriarli della corona di martiri per la morte incorsa, in pena di si orribile eccesso ! 0 noi andiamo ingan- nati, o queste sono enormezze, eke neppure si odono tra le comitive dei briganti e de' ladroni. Ed esse furon proferite tra gli applausi dei pubblici rappresentanti d'una nazione civile e cristiana, e con- senziente il presidente de' Ministri! 0 Italia, o misera Italia, a quan-

1 MATTH. VII, 5.

]NEL PARLAMENTO DI FIRENZE 619

la ignominia ti traggono quest! tuoi, 11011 figli, ma nemici spietati e perfidi svergognatori !

L'ordine del giorno proposto dal Ferrari fn confortalo dai discorsi di raolti oratori; e se non venne sancito dal solenne voto della Ca- mera, fu per la ragione, addolta dal Civinini e dal De Boni, cho cioe esso sarebbe stato un pleonasmo, tanto la cosa era per se eviden- te. / loro meriti ognun li sa, disse il primo; e il secondo : E inuti- le acclamare -martin quelli, che gia lo sono, e eke tutta Italia co- nosce esser martiri. Quest! meriti , che cangiavano in aureola di mar tire Y onta del supplizio , erano , non puo abbastanza ripetersi , 1' aver tramato contro Y autorita del Pontefice, e V avere estinto collo scoppio d' una mina 27 persone, quasi tulti giovanelti e italiani. Or la morte, cosi barbaramente procurata a tanti infelici, non rei d' al- tro che d' essere al soldo del loro legitlimo Sovrano, non trova una parola di commiserazione nelle pietose anime dei rappresentanti del- la ragion sociale in Italia; e per contrario la morte giustamente in- ilitta a quelli che li trucidarono, li muove non che a commiserazione, ad indicibile rammarico, anzi a furore siffatto, che li converle in al- trettanti energumeni. Ci ha di phi. Senliamo dire che quasi nel tem- po stesso, in cui si eseguiva in Roma la pena capitale del Monti e del Tognetti , venivano giustiziati a Marsiglia tre malfattori , tutti e tre piemonlesi. Or perche gli onorevoli di Firenze non muovono nep- pure un lamento di quest' altra funesta catastrofe? Non eran quest! altresi loro connazionali? Non avevano essi altresi qualche gran me- rito, atteso qualche grave misfatto , per cui vennero dannati a mor- te? Qual e la cagione di si diversa contegno? La cagione I'accenno il Civinini, dicendo; che con la esecuzione romana erano state tolte loro due vite preziose. La vita di due sicarii , pronti ad immolare in niassa quante phi vittime si vogliano, e certamente una cosa pre- ziosa agli occhi della setta , oggidi dominanle in Italia ; il che non si avvera dei delinquent! di altro genere. Percio i prelodati Onore- voli niente si curano del supplizio dei second!; ma del supplizio de' primi non possono non sentire atroce cordoglio. Essi incorsero per la morte di quelli una duplice iatlura : lucro cessante , e danno emergente. Lucro cessante, perche perdettero uno strumento, cosi bane sperimentato ; danno emergente , perche il loro supplizio puo

050 LA TORNATA DEL 25 NOVEMBRE

coll' esempio dissuader molti altri dal mettersi a simigliante sba- raglio. II supremo supplizio e propriamente quello, che spaventa i rivoluzionarii. La gal era non gia; perocche essa puo anzi essere scaliho a satire ai piu alti posti social!. Ne siano prova parecchi del Beputati italiani.

Noi non vogliauio stomacar piu i nostri lettori con questo lezzo di discorsi tenuti nel recinto del Parlamenlo di Firenze. Ma non sappia- mo passarci al tutlo di quello del sig. Seisinit-Doda , aileso un suo singolare concetto ; in quanto dice di approvare che i due sicarii giu- sliziati vengano proclamati martlri per questo motivo, acciocche val~ gano di modello ai gio\7ani italiani , invece dei Santi della Chiesa. Parra incredibile tanta impudenza, o, diciam meglio, forsennalezza ; ma ecco le sue parole : « A quell' ordine del giorno dell' onorevole Ferrari , che proclama martiri due patrioti immolati alia vendetta politica del Pontefice, io mi associo di gran cuore, o signori; perche In questa dichiarazione havvi una pro testa del diritlo contro la for- za, dell' idea contro le armi, e perche auguro che oggi, in questo giorno, al quale per una strana coincidenza del caso, si associa nel mondo cattolico il ricordo d' una santa , che F onorevole Menabrea invocava allra volta, santa Gaterina da Siena ; auguro, dico, che oggi uel doloroso libro del lungo martirologio italiano sieno piutiosto iscrit- li i nomi di coloro, che caddero per Roma auspicata all' Italia, e sieno quei nomi come cara tradizione domestica ai nostri figli, meglio di quello possano esserlo le tradizioni del fanatismo cattolico 1. » Co- stui conosce tanto le tradizioni del fanatismo cattolico, che confon- de santa Cater ina da Siena con santa Caterina martire. la cui so- lennita cadeva in quel giorno, 25 Novembre. MaTignoranza appun- to di questo frenetico valga.di scusa prcsso Dio, affinche sperda il nefando augurio che egli fa ai suoi innocenti iigliuoli e a quelli dei suoi colleghi. Ma basti di tanto sozzume ; volgiamoci piuttoslo a qualche considerazione, che sorge spontanea nell'animo di ciascuno.

II conte Grotti giustamente osservo essere strano che un Parla- mento entrasse a discutere gli affari intcrni di un altro Stato. « Io non mi associo , egli disse , a nissuno di quegli oratori che hanno

1 Altiuffidali,}w«o citato.

NEL PARLAMENTO DI FIRE^ZE 651

parlato con im sentimento cosi vivo , per un cosi delto amor di pa- tria che intendono a modo loro. Non solo non posso associarmivi, ma lo rigetlo; e come Deputato credo mio dovere di domandare la questione pregiucliziale , perche noi trattiamo cosa che la Camera non ha diritto di trattare (Bumori). Noi trattiamo una cosa che noi* ci appartiene, cioc la giustizia criminale di un altro paese. Non ah- biamo diritto di farlo (Segni ironici d' approvazione). » Per fermo nella storia dei popoli civili un tal fafto e inaudito; non solo il diritto ma la convenienza altresi vi ripugna. E questa fu una delle ragioni, per cui nessun Gabinetto d' Europa voile aderire alle premurose istanze del Governo Haliano d' interporre i suoi ufficii in tale biso- gna- Ma la grave assemblea rappresentativa del regno italico si ride del pari della convenienza e del dirilto. Essa risponde coir iro- nia e col sogghigno all'osservazione del Crotti ; la quale , messa ai voti, non trove niuno che 1'appoggiasse, neppure tra quei pochi, che quivi continuano a professarsi cattolici , e che taciti assistettero al- T inverecondo baccano. Diciamo taciti, perche le poche e timide pa- role del Conti non esprcssero altro, se non che egli si asteneva dal votare, perche tali discussioni commuovono fieramente il paese, pel quale sono di gravissimo pericolo. Del resto dichiaro che come cat- tolico liber ale anch' egli voleva I'linM d' Italia e che Roma si consi- derasse, anche politicamente, come citta italiana ; e si associo agli altri nel deplorare il fatto di Roma.

Ma per qunnto sconvenevole e fuor d'ogni diritto sia Tingerenza che la Camera di Firenze si arroga nei fatti altrui ; il suo vitupe- ro principale non e questo, bensi e quello che notammo piu volte e qui torniamo a notare, il patrocinio cioe tolto dell' assassinio, Tapo- teosi fatta di due sicarii, la comunanza di causa, voluta coi medesi- mi. Che gli onorevoli esprimessero questi loro nobili sentiment! nel- le conventicolc della setta, a cui i piii di loro appartengono ; do non avea nulla d'irregolare. Che li pubblicassero altresi nella Gazzetta del popolo, nel Diritto, nella Perseveranza, ne\Y Opinions ed allri consimili giornalastri; anche questo potea passare. Ma che li ban- dissero solennemente, in qualita di rappresentanti del paese, in pub- bliclic c legali adunanze; oh questa c inverecondia senza esempio, se pur non vogliamo dirla stupidita manifesta. Diciamo stupidila

052 LA TORNATA DEL 25 NOVEMBRE

manifesta, perche queslo fu non pure un rotolarsi nel fango, ma mi darsi della zappa sui proprii piedi. Imperocche in qual conto la ci- vile Europa dovra quinci appresso avere un Parlamento, die pensa e parla in modo , da disgradarnc gli stessi assassini? Non dovra quinci appresso riputarlo non altro, che un covo di seUarii, e setlarii d'inilma specie? Ne vuol tacersi I'insipienza del Ministero, che, in cambio di dar sulla voce a quei forsennati e cosi salvare al- meno 1'onore del Governo, propriamente delto, per bocca del pro- prio Presidente, si associo loro e si compiacque di vedere sopra un tal punto tanta unanimita nella Camera. « Signori, son parole del Me- nabrea, noi siamo stall tutti contristati dal falto succeduto a Roma, e in questo sentimento ci e stata unanimita, tanto a destra che a si- nistra, salvo poche voci... Alcuno di voi ha detlo benissimo, che il supplizio inflitto a Roma e una sfida allf Italia, e una occasionc datale perche essa si divida. Or bene, signori, facciamo almeno in questa circoslanza che vi sia unanimita nella Camera, quando daperlutto e stala unanime 1' indignazione l. » Si vede chiaro che m questo ci- vilissimo regno d' Italia Ministri e Deputatl valgon lo stesso.

Ma fia pregio dell' opera paragonare da ultimo colesti Deputali e cotesli Ministri con quegli stessi rei, di cui presero scioccamente la difesa. Monti e Tognetti, benche colpevoli di atrocissimo delilto, ripa- rarono con esemplar penlimenlo il loro peccato, e non omisero nulla di quanto era in loro per fame ammeiida. Vegga il lettore il fedele racconto, che noi nc riportiamo in questo medesimo quaderno in capo alia Cronaca delle cose romane. Appena letla a quegl' infelici la sentenza, che li dannava al supplizio, essi invece di querelarsene, ne riconobbero la giustizia, e chiesero di tosto riconciliarsi con Dio nel sacramento della penitenza. II che ripeterono soventi volte nei molti giorni, che corsero fino alia esecuzione. Ne paghi d'aver ese- crata la loro colpa dinanzi a Dio, la esecrarono piu volte dinanzi agli uomini; e chiamato il colonnello Di Charette dimandarono con profuse lagrime a lui, e in lui a tulto il Corpo dei Zuavi, perdono del perfido aitentato commesso contro di loro. Alia presenza di testi- monii abiurarono la setta Hberalesca a cui eransi ascritti, e la qua-

1 Atti nffidali.

NEL PARLAMENTO DI FIRENZE C53

le, come altcsta il Monti nella sua lettera al Pontefice , non altro contiene se non infamia, tradimenti ed effeminatezza. Pregarono il Santo Padre che volesse perdonarli dell' offesa recatagli , acco- glierli a penlimento, e ribenedirli. Supplicaronlo altresi istantemen- te, che volesse far nota all' intero universo questa loro ritrattazione e resipiscenza. « Serva ancora, scriveva il Monli, questa pubblicila in espiazione e penitenza del mio grande delitto di aver mancato di rispetto alia Santita Yostra, mio Sovrano e Padre, di aver sacrificato tante viltime, di aver portato il pianto e la desolaziorie in tante fami- glie; e in riparazione di tulti gli scandali dati 1. » Lo stesso a voce, giacche non sapeva lettere, fece il Tognelti. Si paragonino que- sli sensi con quelli degli onorevoli di Firenze, e si giudichi se tutto ben computato non sieno da pregiarsi meno gli avvocati, che i rei. Quesli da delinquenti che furono si tramutarono, contro loro stessi, in assertori e vindici della giustizia; quelli, come dicemmo fin da prin- eipio, da assertori e vindici, che sarebbero dovuti essere, della giu- stizia si convertirono in patroni e lodatori del delitto. Questi , atteso il loro sincero ravvedimento e il fervore della loro penitenza , con grande probabilita e possiam dire quasi morale certezza, sono stati accolti cfa Dio a salvazione ed han ristorata la loro fama nel mondo; quelli , atteso il patrocinio che tolsero del delitto , e il bestiale fu- rore , onde si rivolsero contro chi dalle ragioni della giustizia era slato costrelto a punirlo , si copersero d' infamia dinanzi agli uomi- ni, e contrassero un grave debito da scontare col sommo Giudice. Questi mostrarono che sebbene nati in basso stato e perverliti da perfidi compagni, nondimeno avevano sortita e conservata un'anima nobile, che seppe sotto i conforti della divina grazia tornare a virtu; quelli , benche posti in assai miglior condizione, mostrarono d'ave- re ricevuto da nalura o fattasi da se per arte un'anima vile, che tut- tavia ama la scelleraggine e si pasce di odio contro Dio e la Chie- sa. Strana opposizione per verita! ma che mostra una volta di phi la differcnza che passa tra Roma papale, ed un regno creato e retto dal liberalismo moderno. La prima sa cambiarti uomini micidiali in fervidi penilenti ; il secondo ti converte in propugnatori deir iniquita coloro, che piii di tulti dovrebbero abborrirla. 1 Vedi il precedente quaderno.

GLI ABUSI DEL SOPPRESSO TRIBUNALE

BELLA REGIA MONARCHIA.

IN SI CILIA1

II S. Padre Pio IX, con le sue Lettere apostoliche del 23 Luglio 1868, dichiaro scomunicato yitando Y infelice prete Cirino Rinal- di, perche nonostante la Bolla di soppressione ed il Monitorio del 15 Ottobre 1867, prosegui ad esercitare le funzioni di Giudice dell'abo- lito tribimale ecclesiastieo, appellate della regia Monarcbia ed apo- stolica Legazia di Sicilia. II Ministro Guardasigilli del Regno alle Lettere apostoliche oppose le sue , per sostenere lo sventurato Ri- naldi. Da cbi sar& egli ubbidito?

Ai 16 Aprile 1868 un illustre Advocate scriyeya da Palermo in questo modo : c< lo mi sono rifiutato a soslenere qualunque causa presso il detto sac. Ciiino, il quale e ritenuto da tutti come scomu- nicato , dopo le espresse ammonizioni del Pontefice , alle cui ripe-

1 Quest' articolo, comunicatoci da persona molto dotta e bene informata in tal argomento, svela molti di quegli abusi che, contro ogni dirilto anche pre- teso, formavano in pratica i canoni regolatori del tribunale, ora abolito, detto della Regia Monarcliia neir isola di Sicilia. Ci e percio paruto degno di essere pubblicato , a sempre maggior dimostrazione della necessita , in cui era il S. Padre Pio IX di prpvvedere a si nobil parte della Chiesa in Italia, e a sem~ pre maggior confusione di coloro, che osano ribellarsi ad alto si legittimo c doveroso di autorita apostolica. (Nota della Compilazionc.)

GLI ABUSI DEL SOPPRESSO TRIBUKALE DELLA REGIA MONARCHIA 65 1>

lule ingiunzioni si mostra ribelle. In Palermo fa maraviglia, die ua nomo come il sac. Cirino, carico di anni e ricco, per 1' ambizione di an potcre eflimero, si ostini a ritenere 1' esercizio di un potere illc- gale. Queslo uomo sciagurato, sotto il peso della pubblica esecrazio- nc, piu non csce di casa, vivenello slato d'isolamento, conuna bile concentrata contro tutli coloro, die da lui si sono allontanati. La su- perbia e 1' orgoglio di rancide dottrine 1'liamio perduto. » Questo, quando ancora il Rinaldi non era slato nominatamente dichiarato •scomunicaio vitando. Chiunque ha buon senso s' immagini die ne sia, c sara dopo di cio.

E da gran tempo che 1' universale dei Sicilian*! , anziclie avere affetlo a queslo tribunale, ne desiderava la soppressione. Fosse o non fosse autentica la Bolla di Urbano II, poco imporla. II certo e che niuno ha poluto rispondere alle ragioni del Card. Baronio, o convin- cere di falso i document! da lui prodolti. Che che ne sia di questo, c ugualmente certo che il suddetto Iribunale ebbe poi legittima isti- tuzione per la Bolla Fideli ac prudenti dispensatori, data da Bene- detto XIII ai 30 Agoslo 1128, Quindi la presente questione sarebbe, se, dopo questa epoca, la S. Sede ebbe nuovi motivi gravissimi per dolersi, e poi di abolirlo a tempi nostri. Reali Rescritti del 1818, il Breve lamdiu di Papa Gregorio XVI , le note istanze di soppres- sione fatte da tutto 1' Episcopate siciliano raccollo in sinodp nel 1850, ed il Breve Pecultaribus moti causis di Pio IX , sono document! autenticissimi degli abusi sempre piu crescent! di cotale istituzione, dell' impegno dei Re e dei Papi a richiamarla ai limili proprii e dell' osiinazione di tali Giudici nel tenere la stessa via d' irregolari- ta e disordine.

Nella Bolla Supremo, del 10 Ottobre 1867, il Pontefice accenna ai gravissimi disordini che 1' indussero all' abolizione di questo tri- bunale , c dei quali non e mestieri addurre prova , baslando la pa- rola del Pontefice. Sarcbbc ad esaminarsi, se mai fossero slati abusi aali e transitorii di tali Giudici, o disordini slabiliti in forma dijsislcma, che viziarono 1'intima sostanza del tribunale. Tutti i Si- cilian!, periti in dritto ed imparziali, che ebbero Toccasione di tratlar- ^\ aiTari, conobbero ch'era in tutlo degenerato dalla sua primitiva

656 GLI ABUSI DEL SOPPRESSO TRIBUNALS

istituzione ; e questo intimo viziamento fondavasi in regie disposizioni provocate dagli stessi Giudici, avidissimi di ampliare la loro autorita. €io appare chiarissimo a chi sappia quali sacri poteri costoro si ar- rogavano, su qual codice ecclesiastico fondavano i proprii giud'zii , con quale procedura si ordinavano , su quanti affari stendevano le loro mani, ed in qual modo.

Era questo un tribunale ecclesiastico, istituito con la Bolla di Be- nedetto XIII, ed i Giudici doveano percio contenersi negli stretti 11- miti della giurisdizione concessa al loro officio. Ma questi limiti era- no sdegnati da essi e dai loro curiali. Ammaliati dai titoli di regia monarchia ed apostolica Legazia, si reputavano come rappresentan- ti la stessa persona del Re, e non solo come forniti dei sacri poteri di pontificii Legati a latere, ma quali altrettanti sommi Pontefici della Sicilia.

I/anno 1840 fu stampato in Palermo nella tipografia del Solli un libro, intitolato: « Cenni sulla giurisdizione ecclesiastica della Mo- narchia di Sicilia, del sac. Giuseppe Laudicina » e ne furono man- date copie a tutte le curie ecclesiastiche. In questo libro , da pa- gina 92 a pagina 101, sono citate le disposizioni del re Giacomo , di Federico III , del capitolo 178 del re Alfonso , la sicola sanzio- ne del 24 Marzo 1734 , dell' imperatore e re Carlo YI , e le Pram- matiche del 1744 e 1748, per le quali s' insegna die, non ostan- te la Bolla Fideli ac prudenti dispensatori , si compete al giudice della regia Monarchia il supremo diritto di avocare a se da tut- te le curie ecclesiastiche tutte le cause, in qualsivoglia stato della lite, anche prima della prolazione della sentenza, laddove le proce- dure fossero illegali, o che ritardato venisse il cor so della giustizia. Le cause dei suffraganei passano immediatamente a lal Giudice quando costoro nel corso di un giudizio regolare dessero qualchc erroneo provvedimento, o le parti si provvedessero dinanzi a questo Giudice per via di ricorso , o per causa di gravame , contro i de- creti dei Vescovi , le sospensioni a divtnis fulminate contro gli ec- clesiastici delle loro rispettive diocesi , e chiamate dai medesimi alle loro corti in qualsiasi maniera , anche estragiudiziaria , e per qualsivoglia motivo anche occulto. I gravami possono portarsi avan-

DELLA REGIA MONARCHIA IN SICILIA 657

ti il Giudice della regia Monarchia anclie per le ordinanze economi- che e pastorali del Vescovi, e per gli atti disciplinary Sebbene non possa il Giudice della R. M. ingerirsi motu proprio et ex officio , ne fare atli primarii negli articoli cli disciplina e dell' interno rego- lamento dei Regolari , pure addivenendo contenziosi siffatti articoli , ed iraplorando la parte gravata di essere soccorsa dal Re, non puo detto Giudice rifiutare Y istanza e negare giuslizia. Ognuno die sia versato in diritto canonico ed abbia letto la suddetta Costituzione di Benedetto XIII , conosce a prima vista che tali pretensioni giuri- diche dei prefati Giudici sono contrarie al diritto comune ed alle disposizioni contenute nei §. 1, 6, 18, 30, 31, 32 e 33 della Bolla Fideli ac prudenti dispensatori. Yale a dire che, con tali regie Prammatiche e sanzioni , venne tutta capovolta la Bolla di Benedet- to XIII, islitutore di questo tribunale e datore della giurisdizione assegnatagli. Ad esempio luculentissimo dello strayolgimento di questa ecclesiastica istituzione basta esaminarne il §. 30 , ove e statuito : Nullatenus quoque idem Index ecclesiasticus nee in pri- ma instantia , nee in gradu appellationis, aut recur sus, aut per 7nodum provisionis sese ingerat in quomodolibet concernentibus di- sciplinam et observantiam regularem personarum utriusque sexus. Queste parole escludono qualunque ingerenza contenziosa; e non solo la cosi delta dal Laudicina « ingerenza motus proprii, ex offi- cio , e di atti primarii. » Contro questo evidente testo canonico si prctesero far yalere le anteriori e posteriori sicole sanzioni e re- gie Praramatiche del regno, per le quali si attribuiva al suddetto Giudice potesta giuridica contenziosa sopra tutta la monastica di- sciplina, abbcnche disdettagli dal sommo Pontefice, fondatore o restitutore di questo tribunale e della sua giurisdizione. I paragra- fi 30, 31, 32, della Bolla di Benedetto XIII, sono connessi e tral- tano della stessa maleria , spiegandola sempre piu. Yero e che ncl §. 32 e anche stabilito: In causis aut em inter Regular es vere con- tent iosis, et in quibus esse potest de iure locus appellationi, expleto cursu iudicii in unoquoque ordine Regulari a suis Constitutionibus praefinito , si succumbentes prosequi intendant , tune causae ad Serle VJI, vol. IV, fasc. 450. 42 5 Decemlre 1868.

C58 GLI ABUSI DEL SOPPRESSO TRIBUNALE

praedictum ludicem ecclesiasticum devolvantur. Ma qui dovea at- tenders! a tre gravissime cose.

La prima e che la facolta di potersi appellare al tribunale della regia Monarchia nelle cause veramente contenziose dei Regolari non era, ne poteva essere distruUrice del $. 30 : Nullatenus se ingerat in quomodolibet concernentibus disciplinam el observantiam regula- rem. Invece era un fatto ordinario e giornaliero che cotali Giudici accettavano e davano corso a qualsiasi ricorso, anche dell'infimo re- golare contro i proprii superior!, anche per inezie. La seconda co- sa da notarsi si e, che nel §. 32 e detto : In causis.vere conten- liosis: ma nel §. 30 e decretato : Nullatenus nee in prima istantia nee in gradu appellationis, aut recur sus, aut per modum provi- sionis sese ingerat in quomodolibet concernentibus disciplinam et observantiam regular em, ed in questo §. 30 e nei susseguenti §§. 31 e 32 sono chiaramente espressi come articoli di disciplina la distribuzione degli officii, la collocazione dei religiosi uei mona- sleri, la celebrazione dei Capitoli, la deputazione dei medesimi ne- gli officii di letlori, maestri e simili e la destituzione dagii stessi posti: rimanendo vietata altamente ai Giudici della regia Monarchia qualsiasi menoma ingerenza , anche provvisionale , o per ricorso di gravame, o per appello. E dunque evidentissimo che queste mate- rie non poteano mai addh'enire contenziose , ed il prefato Giudice dovea astenersi da qualsiasi ingerenza nelle stesse, fosse pure eco- nomica e privata. La terza cosa gravissirna da notarsi e che nel ci- talo §. 30 e prescrilto che, per le cause veramente contenziose dei Hcgolari, possa appellarsi al Giudice della regia Monarchia sola- niente expleto cursu iudicii in unoquoque Ordine Regulari a suis Constitutionibus praefinito. In quasi tutte le Gonstituzioni degli Or- dini regolari lo stabilito corso dei giudizii e che dalla sentenza del- le curie provincial! si appelli alia curia dei padri General! resident! in Roma o altrove : e possono addursi gli esempii di centinala di cause di religiosi Sicilian!, trattate in Roma dai padri General! dei rispeltm Ordinl, prima e dopo la Bolla di Benedetto XIII. Tuttavia quando le parti refraltarie si auguravano migliore sorte in Sicilia, si sotlraevano dalle curie dei proprii General!; e si pretese slabilire

BELLA REGIA MONARCIIIA IN SICILIA 659

come norma che fosse un delitlo di lesa maesla del tribunale della regia Monarchia F appellare ai Padri General! e loro curie, per irre- golarita e nullita di capitoli provincial! , o altrettali materie nelle quali e fatta espressa e peculiare proibizione d' ingerenza al Giu- dice della rcgia Monarchia. Del clie sono evidente prova le Pram- matiche ed i Diplomi recati dal Laudicina, da pag. 105 a pag. 127, e 1' erroneo insegnamento si ripetutamente fat to da esso Laudicina e da altri scrittori siciliani. Stante il procedere di questo tribunale in tale irregolarissimo modo , dopo gravi querele degli Ordinarii , il re Ferdinando I, con real! rescritti del 29 Aprile 1818 e 30 No- yembre 1819, prescrisso al Giudice della regia Monarchia di tener- si negli strelti limit! della Bolla di Benedetto XIII, per I' esercizio della sua giurisdizione. In forza dei richiami del Rifio Fr. Angelo Porta da Cuneo, allora Yisitatore generate delle province sicilianc del suo Ordine e poi confessore del lodato re Ferdinando I, e Ve- scovo di Termopoli, con real rescritto del 24 Gennaro 1820 il Re dichiaro che le disposizioni disciplinari e correzionali, fmche non si riducono ad atti positivi ed irretrattabili, non possono diventar raateria contenziosa , e debbono rimanere esenti da ogni ingerenza del tribunale di Monarchia, secondo il disposlo dalla Bolla benedet- tina. Dichiaro ancora « che non possa dalla stessa disposizione de- sumersi di essere vietato ai padri Generali degenti fuori di Sicilia di conoscere le cause dei loro dipendenti siciliani. » Questo real rescrit- to fu dal real Minis tcro di Napoli comunicato al Ministro di Stato, residente presso il Luogotenente generate di Sicilia , e da costui al Giudice della regia Monarchia, Quanlo qui e esposto per le materie disciplinari c correzionali dei Regolari, vale a capcllo riguardo ai Vescovi c loro preti diocesani per le materie disciplinari, che non possono giammai addivenire materie contenziose ; e ne sono eviden- ti le prescrizioni della Bolla di Benedetto XIII, nei §§. 1, 8, 33. E per tutelare la libera potesta dei Vescovi su queste materie furono emanali i reali rescritti del 28 Aprile 1818 e 30 Novembre 1819. Di questi c del citato rescritto del 24 Gennaro 1820, non mai tennc- ro conto i prefati Giudici, i quali continuarono ad esercitare la loro giurisdizione su tutte le materie disciplinari, che non possono addi-

G60 GLI ABUSI DEL SOPPRESSO TRIBUNALS

venire materie contenziose, fondandosi su le vecchie Prammaliclie del 1733 e 1744, ed altrettali regii dispacci distrultori della Bolla di Benedetto XIII, citati e trascritti dal suddetto Laudicina da pa- gina 93 a pagina 120. Per metier e un freno a tanti abusi e ine- glio lasciare libera la giurisdizione del Yescovi nelle materie cor- rczionali, fu dal Santo Padre Pio IX emanato il Breve Peculia- ribus moti causis del 21 Gennaro 1856. Ma questo, per opera del Rinaldi , ultimo e scomunicato Giudice della regia Monarchia , fu rivocato e gli fu tolto ogni vigore di legge per decreto del prodit- tatore Mordini nel 1860. Dunque, non per abuso personale e tran- sitorio , ma per iniquo ed illegittimissimo sistema , fondato sopra Prammatiche regie del 1734 e susseguenti anni e sopra un decreto del prodittatore Mordini, il prefato Giudice si arrogava drilti e poteri di suprema giurisdizione ecclesiastica, che gli erano negati ed asso- lutamente vietati dal diritlo comune, dalla Bolla di Benedetto XIII e dal Breve Peculiaribus, che erano la vera ed unica legge ecclesia- stica della Sicilia. Sopra questo erroneo ed iniquo sistema abbiamo vedulo trattati in foro contenzioso e condannati come ingiusti , de- creti correzionali fatti dai Yescovi in sacra visita, decreli di so- spensioni a dwinis emanate ad beneplacitum, destituzioni di cap- pellani di monache, e di rettori di seminarii vescovili, ed altre di- sposizioni di simil nalura.

Inoltre per diritto comune cesareo e pontiticio, quando le parti convengono ad eleggersi per giudice quello che per diritto non sa- rebbe proprio ordinario, ma un estraneo, questo tuttavia diviene un loro giudice competente per la loro propria scelta. Questo principio di dritto comune val molto piu pel sommo Pontefice e per la Santa Sede, cui niuno ecclesiastico e estraneo. Sopra questo principio la Giunta dei President e Consullore decise in Palermo ai 16 Genna- ro 1726, che: Quando di accordo ambe le parti agitano le loro cau- se in Roma, non vi e pregiudizio della regia Monarchia. Nondi- meno dai Giudici suddetti e stato riputato un delitto di lesa Maesta il ricorrersi dai Siciliani alia S. Sede per la decisione di loro cause, eleggendo di comune accordo uno di quei sacri Tribunal!. II com- mento a chi legge.

BELLA REGIA MONARCIIIA IN SICILIA 661

Un altro disordine gravissimo di questa sicula specialita era nel Codice peculiare, su cui pretendeva fondare i suoi giudizii e Ic sue sentenze. I Icgulei siciliani ed anche alquanli uomini dotli, affascinati da falso amorc patrio, hanno creduto che la Sicilia abbia un Codice ecclesiastico tutto suo, e possa iure govcrnarsi con esso. Ouesto Codice poi non si ripone nel diilto comuno e nelle pontiflcie costi- tuzioni emanate per la Sicilia, ma in una mollitudine di Prammati- che, Sanzioni, Leggi, Dispacci e reali Rescritti, emanati dai Re di Sicilia sopra materie ecclesiastiche. E volgare storia, che nel se- colo scorso, anche in Toscana e nel regno di Napoli e Sicilia, ad imitazione di Giuseppe II di Austria, si fecero moltissime leg- gi civili sopra materie ecclesiastiche in aperta opposizione ai sa- cri Canoni. La collezione di queste leggi cesaree anticanoniche e stata da parecchi autori proclamata come Codice ecclesiastico si- Colo. Basti per tutti leggere le opere del can. Rosario Grego- rio, del Giampallari , del Diblasi, del can. Stefano Dichiara, e del sig. Andrea Gallo, la memoria del sac. Gioacchino Russo profes- sore dell1 Universita di Catania, ed altre opere slampate in Palermo aigiorni nostri. Nella sua Memoria stampata I'annol862, il profes- sore sac. Russo , a pag. 26 e 27 , pretende che i Yicarii capitolari non possono neppure concedere la facolta ai giovanetti di portare la veste clericale, perche cio e loro proibito dai reali dispacci di Giu- gno e Setlembre 1767, e di Febbraro 1774 e 1775. A pag. 146-1 47 inscgna, che in Sicilia non e necessario il Beneplacito apostolico per Ic alienazioni dei beni ecclesiastici, perche cosi dispongono i reali Dispacci del 1779, 1784 e 1833. A pag. 146, 147, 148 insegna che i Vescovi siciliaui non possono sospendere ex informata conscien- tia i loro preti a divinis, perche cio e loro vietato dai reali Dispacci del 1761, 1768, 1787, 1798, e che sebbene col Breve Peculiartbus molt camis sia stata dichiarata propria dei Vescovi siciliani cotal fa- colta , a questo Breve fu lollo ogni vigore di legge col decreto del proditlalore Mordini. Questa memoria del prof. sac. Russo fu pre- sent ata, per la causa della sua remozione dai rettoralo del Seminario vescovile di Catania, al tribunale dclla regia Monarchia; ed il giudi- cc sac. Rinaldi, nella sentenza pronunziata a favore del sac. Russo

662 GLI ABCSI DEL SOPPRESSO TRIBUNALS

ai 23 Agosto 1862, inyoco questo preteso DriUo canonico siciliano. In specie agitur de destitutione , quae in officiis etiam collatis ad beneplacitum sine temporis limitatione, quidquid sit inspecto lure communi, ex lure pubblico ecclesiastico siculo, sine honesta et ratio- naMli causa, legitime probata etludici regiae Monarchiae et A. L. omnino aperienda , in casu recursus gravaminis ob remedia, mlide ferri non potest. Da quesla sentenza e apertissimo di qual Codice ec- clesiastico sicolo si valessero e il Rinaldi e i suoi antecessori Giudici.

Se questo fu un disordine sistematico in ogni tempo deplorabilis- simo, lo e stato piu a' tempi nostri. A tor re via cotanti abusi e disor- dini fu fatto il Concordato del 1818; e che questo appartenga anche alia Sicilia, e evidentissimo dai suoi articoli 3, 11, 28, 29, 31 e 32, e da molti regii Decreti. In questo Concordato agli art. 30 e 31 e decretato quanto siegue: « Art. 30. Quanto agli altri oggetti eccle- siastici, dei quali non e stata fatta mehzione in questi articoli, le cose saranno regolate a tenore della vegliante disciplina della Chiesa ; e sopravvenendo qualche difficolta, il Santo Padre e Sua Maesta si ri- servano di concertarsi insiemc. Art. 31. II presente Concordato 5 sostituito a tutte le leggi, ordiriazioni e decreti, emanati sinora nel regno delle Due Sicilie, sopra materie di religione. » Questo art. 31 fu testualmente inserito nella susseguente Legge reale del 21 Mar- zo 1818.

Eccone il testo : « Art. 11. Nella pienezza del nostro sovrano Po- tere, dichiariamo che il presente Concordato e sostituito a tutte le leggi, ordinazioni e decreti, emanati finora nel nostro regno delle Due Sicilie sopra materie di Religione. » Yero e che col Decreto reale del 5 Aprile 1818, fu sancito che merce questo Concordato non era- no aboliti i privilegi di questo Tribunale ; ma cio non si disse dei pri- yilegi e poteri, abusivamente ed iniquamente attribuitigli dalle regie ed imperiali Prammatiche e dalle leggi Tanucciane; bensi fu decre- tato nel seguente tenore: « Art. 1. Col suddetto art. 22 (del Concor- dato del 1818) non sono aboliti i legittimi e canonici privilegi del Tribunale della Monarchia di Sicilia, contenuti nella Bolla del sommo Pontefice Benedetto XIII, che lo riguarda. » Dunque per ineluttabilc conseguenza giuridica sono aboliti gl' illegittimi e anticanonici poteri

BELLA REGIA MONARCHIA IN SICILIA 663

e privilegi allribuiligli con Prammatiche eDispacci reali, totalmenle contrarii alia Bolla di Benedelto XIII, ed avversarii del maggior nu- mero delle canoniche disposizioni di questo Pontefice. Dippiu, poiclie coi reali Rescrilti del 29 Aprile e 30 Novernbre 1819, e 24 Gennaro 1820, fu ordinalo al Giudice della regia Mouarchia, « di non oltrepas- sare i confini iissati dalla Bolla del sovrano Pontefice Benedelte XIII, nella quale si contengono i canonic! privilegi di esso Tribunale, ma di contencrsi stretlamente nei limili della sopradetta Bolla Benedet- tina »; ne il prefato Giudice, ne i suoi curiali poteano piu avere pre- testo veruno ad invocare come pubblico Drilto sicolo ecclesiastico un complesso di leggi chili anticanoniche, revocate dal Concordato e dalla Leggc reale del 1818. Che se continuarono perlinacemenle gli abusi da parle dei giudici della Monarchic! , e qualche disposizione governatoria venne fuori abusivamente, per impegno del suddetli Giudici, come quella del 19 Aprile 1838 falta dal Duca di Lauren- zana, luogotenenle generate della Sicilia; a quesli abusi fu provisto da Papa Gregorio XYI, col Breve lamdiu del 3 Marzo 1846, e dal S. Padre Pio IX col Breve Peciiliaribus del 21 Gennaro 1856, ed ogni cosa restiluita al suo posto e vigore canonico.

Dunque slandosi ai veri principii di sacra e civile giurispruden- za, e secondo il metodo del Nomocanone di Giovanni Seolastico, sin dal secolo seslo in onore presso i cattolici, standosi alia Legge reale del 21 Marzo 1818 ed ai reali Rescritli del 29 Aprile e 30 Novem- bre 1819, e 20 Gennaro 1820 e all'articolo 31 del Concordato del 1818, si dec concliiudere che il vero Driilo pubblico e private ecclesiaslico sicolo sino al 1867 costava di due parti ugualmente in- tegrali. l.a Della veglianle disciplina dclla Chiesa universale; cioe, il Dritto comune aulenlicamente inlerpretato ed applicato ai fatti ed alle persone dalle Coslituzioni pontificie e da tulli gli atti solenni del- la S. Sede. 2.a Del Dritto canonico speciale della Sicilia, consistente nella Bolla pontificia di Benedetto XIII, Fideli ac prudenti dispen- satori; della Bolla di Benedetlo XIV Convenit providae Apostolicae Sedis benignitati delV8 Luglio 1*741, e susseguenle Motus proprius del 16 Novembre 1742, dello slesso Pontefice, riguardanti il real Cappellano maggiore, sua curia e giurisdizionc; del Concordato del

664 GLI ABUSI DEL SOPPRESSO TRIBUNALS

16 Aprile 1818 tra Pio YII e Ferdinando I, e di tutte le disposizioni pontiiicie a questo relative; del Concordato del 16 Aprile 1834 tra Papa Gregorio XVI e re Ferdinando II , e di ogni altra Bolla pon- tificia o Breve apostolico emanati per le Chiese e Diocesi siciliane ; del Breve lamdiu di Gregorio XVI; del Breve Peeuliaribus di Pio IX, non che di tutte le legitlime consuetudini ecclesiasticlie, e di tuttc le leggi e reali rescritti, emanati prima e dopo il Concordato del 1818, in pieuissima conformita del Drilto comune e delle pontificie Costi- tuzioni fatte per la Sicilia. Tutto questo e non altro pole formare il legittimo Diritto sicolo ecclesiastico, da servire di legge e di norma per ogni privato e per ogni curia ecclesiaslica di Sicilia. Ma pei Giu- dici della regia Monarchia e pei loro curiali legulei ed insigni liti- ganti , la miglior parte del Codice sicolo ecclesiastico stava nelle regie Prammatiche e reali Diplomi, rivocati da tutle le citate leggi del 1818, e nel decreto del prodittatoreMordini. Chi ha fede e sen- no di cattolico ne giudichi.

» L'altro vizio sistematico e perpetuo, che guastava questo Tribu- nale siciliano, era la slrana pretensione di vantare una procedura ecclesiastica tutta propria. Di questa non esiste verun Codice an- tentico. Nel 1843 il Laudicina pubblico in Palermo im « Manuale ' teorico pratico della procedura ecclesiaslica di Sicilia » , le cui copie furono fatte comprare da tutle le Curie e Conventi dell' Isola. Ma questo non avea ne poteva avere valore di Codice autentico. Era un libro privato , cui il Cancelliere del Tribunale opponeva talvol- ta le disposizioni di un' arcana Prammatica reale , a lui solo nota. Cos! facevasi dagli avvocati e dagli stessi Giudici. Tanlo che un dotlo magistrate della Corte civile avea preparato nel 1862 un la- voro, ed esorlato un canonista siciliano a collaborare contro si stollo sistema. Che cio sia una verita storica, oltre all' esposto, ne sia di prova un falto recentissimo.

E norma giuridica di procedura, statuita dal Drilto civile e cano- nico, che, prommziata una senlenza defmitiva, il giudice ha compito il suo officio, e gli reslano legale le mani. Sarebbe un attenlato con- tro la legge, ed un alto illegale o nullo, da venire dichiarato irrito e ri- vocalo, qualunque allo nuovo che egli facesse conlro il convenulo, o

BELLA REGIA MONARCHIA IN SICILIA 665

reo , o attore condannato , nel corso dei dieci giorni eoncessi dalla legge a potere appellare, dopo la protesta di appello. E altresi norma indubitabile che, trattandosi di sentenze interlocutorie, gli appelli non legano le mani al giudice, se non per gli alti che sarebberodi osta- colo al corso dell' appello ; ma pel tutto della causa il Giudice a quo resta libero a proseguirla. Ove pero il giudice superior e proibisce all' inferiore il proseguimento della causa, costui deve obbidire, e sarebbe un attentato qualunque suo atto nuovo. E una terza norma di pari certezza ed inviolabilita che, negli appelli estragiudiziali fatli per gravami coutro decreti ed atti disciplinari, cotali appelli non le- gano le mano ai giudici o prelati ordinarii , se non per la inibitoria che il prelalo superiore fa aH'inferiore e dal giorno della data proi- bizione. Queste nor me giuridiche di procedura sono evidentemente inculcate nella Bolla di Benedetto XIII, nella Prammatica del 1744 neir istruzioni del \ Gennarol784, an. 15, fatte daMons.Airoldi e nel Manuale del Laudicina a pag. 284, 285. Tuttavia per non si sa quale arcana regia prammatica si teneva una pratica ben diversa. Questa era che alle private proteste di gravame, o appelli estra- giudiziali, falti dai sospesi, o rimossi, o puniti ecclesiastic!, sopra il decreto di sospensione, o simile, per mano dello stesso prete, nel- 1'atto di essergli iutimato il decreto, si attribuiva tutto il vigore del- la protesta di appello dalle sentenze definitive. Questa nor ma illega- lissima fu applicata in casi di preti rimossi da officii manuali, di sospesi a divinis, e di altri simili, in cui non potea aver luogo 1'ap- pello giudiziario, ne il giudizio contenzioso.

Per non allontanarci dai citati libri, che sono di pubblico domi- nio, trascriviamo da quello del professor e D. Gioacchino Russo, quanto sta nella sentenza del 25 Agoslo 1862 dettata a suo favore e da lui pubblicata. Essa e questa : Legalis exsistentia Decreti, quo iste de Russo tterum destituitur est omnino posterior gravaminis protestatione ab eodem de Russo intimata, prout ex actis exhibitis liquido constat. Ex dtctis veluti prono alveo fluit secundam destitu- tionem, de qua agitur, fuisse attentatam. Quibus praemissis... le- sus... Declaretur fuisse et esse illatum gravamen attentato qualifi- catum. I fatli erano questi. Ai 7 Marzo 1862 , il Vicario capitolare

666 GLI ABLSI DEL SOPPMSSO TRIBUNALS

convoco la Deputazione per prender consiglio su la remozione del sac. Russo dall'officio cli reltore. II Russo protesto di gravame con- tro questa adunanza lo stesso di 7 Marzo. L'indomani, con decreto del medesimo giorno 8 Marzo, il lodato Yicario capitolare lo rimos- se dall'officio di Rettore. II Russo riprotesto di gravame, ed ai 10 Marzo la prcsento nelle forme legali. Secondo i principil di qualsia- si legale procedura, come ci entrava in questo caso la legge degli attentati? Cio si faceva per arcane Prammatiche, note al solo ean- celliere. Eccovi adunque die cosa era, per un complesso sistematico di abusi,ilTribunale della regia Monarchia. Eraun tribunale eccle- siastico, di cui il giudice si arrogava anche a'di nostrisommi poteri di ecclesiastica giurisdizionc, disdeltagli dal dritto commie e da spe- cialissime Costituzioni pontificie ; la quale abusiva giurisdizione gli era stata attribuita da abusive ordinazioni reali, legittimamente rivo- cate da solenni leggi civili e canoniche. Essa si regolava con un co- dice ecclesiastico speciale formato di regii Diplomi Anticanonici, so- lennemente rivocati dalla stessa regia Sovranita: e vanlava una pro- cedura tulta propria, non fondata sopra verun codice autentico, ma sul capriccio dei Curiali. Questa era nel fatto la famosa Monarchia ed apostolica Legazia di Sicilia.

A colmo di tutti questi disordini un allro male gravissimo si ag- giungeva, ed era questo. Per gl' incessanti impegni dei Giudici, usi considerarsi come rappresentanti del Re e del Papa in tutte le mate- rie ecclesiastiche , ne sorse il sistema che, ricorrendosi al real Go- verno per qualsiasi affare, i Direttori dei reali Minister! mandava- no tutto al giudice della regia Monarchia ; ed il voto di costui era T oracolo da seguirsi. In Roma la trattazione degli affari ecclesia- stici e sapientissimamente distribuita in piu classi, o generi, ed af- fidataamolte sacre Congregazioni, secondo la differenza delle mate- rie. Ogni Congregazione e composta di otto o dieci Cardinal! pre- sent!, di Vescovi e di consul tori, fra quali i piu sono prestantissimi canonist!, e teologi sommi : e gli affari si discutono in gran consi- glio , dope lette le consulte di peritissimi e dottissimi consulto- ri , dei quali sempre havvi un buon numero in ogni Congregazio- ne. Per lo contrario in Sicilia, sia per via contenziosa, sia per

DELLA REGIA MONARCHIA IN SICILIA 667

T economica governatoria , tulti gli affari ecclesiastic! , giurisdi- zionali, beneficiarii, ceremoniali, disciplinarii di qualsiasi genere erano deferiti al Giudice della regia MonarcMa; ed un uomo so- lo, non assislito da un collegio di suoi pari come i PrefelU delle sa- cre Congregazioni, non coadiuvato da un corpo di doHissimi e pe- ritissimi Consul tori; ma sol circondato da un prelino suo segreta- rio, da un cancellicre e da un attuario, e da avvocati tulti laici, dove* va decidere di ogni genere di cose ecclesiastiche. Yero e che il real Governo negli affari gravissimi richiedeva il voto della consulta di Stato, e talvolta le consulte di Arcivescovi, o di altri prelati, o di ri- putati ecclesiastic!. Ma cio era in casi eccezionali, e per uomini che aveano grand! protezioni, o molto oro da dare agli avvocali. Consta a chi scrive che qualche volta il Direttore del real Minis lero degli affari ecclesiastici accorgendosi , che il -voto del giudice della regia Monarchia non era informato da equo spirito, non lo curava niente e faceva diversamenle. Potrebbe lo scrivente narrare due grand! ca- si relativi ad ecclesiastici, poverissimi di professione e di fatto, in cui ! giudici della Monarchia fecero consulte gravissime a carico di perso- ne probe e zelanti della disciplina, ed in favore di uomini indegnis- simi e tiranni : ed il real Ministero dispose con forte mano ed im- parziale giudizio tutto 1'opposto. Ma quest! erano casi eccezionali. 11 sistema e fatto ordinario era, che lutti gli affari ecclesiastici dipen- dessero da questo unico uomo, appellate Giudice della regia Mo- narchia, circondato da uomini laici, potentemente guidato dai suoi personal! principii, e dalle ispirazioni di avvocati patrocinatori e camerieri suoi confidenli; ed or a la vincevano i prelaliedora i sud- diti secondo la maggior potenza delle ispirazioni. Non vi e uomo ingenuo, pratico di tali materie, che possa mettere in dubbio quest! fatti e questo sistema.

Un altro gravissimo abuso viziava questa istituzione nelle curie secondarie della medesima. Nel g. 3 della Bolla di Benedetto XIII e statuito : Si vero antedictus Index gravamen inferat, tune, ut uppellationis atque extremae provocations remedio christifideles praedicti regni uti et frui possint, idem Siclliae Bex eiusque successores providebunt, ut apertum atque patens sit omni tempore

668 GLI ABTJSI DEL SOPPRESSO TRIBUNALS

tribunal, sive curia, in qua tamen vir etiam in dignitate ecclesia- slica constitutes, cum tribus aim Assessoribus in utroque iure ver- satis ius reddat. Atque primum diligenter expendat, an appellatio reiici, vel admitti debeat. Quoties vero causa fuerit visa digna ulte- riori cognitions , earn primo cognoscat et iudicet idem modo dictus Index , adhibito consilio eorumdem Assessorum. Appare evidente- mente da questa disposizione canonica, ed e fermo presso lull! i giu- risti, asserito in cento canoni, ed insegnato francamente dal dotto avvocato D. Andrea Gallo, nel suo Codice sicolo ecclesiastico a pag. 209, nota 49 del vol. 1, che all' ufficio di cotali Assessor! pos- sono essere assunti uomini laid, purche siano laureati ; ma il loro of- ficio e, e dev' essere di semplice voto consullivo, la sentenza deven- do essere data dal solo Giudice ecclesiaslico. Or qual era il sistema invalso in qu?ste curie secondarie della regia Monarchia ? Tutto V op- posto. Gli Assessor! erano elelti tra i migliori Giudici attuali delle corti laiche civili, ove ciascuno dei Giudici ha voto decisivo. Costo- ro trassero il loro giuridico sistema, dalle curie laiche civili, alle cu- rie ecclesiastiche di appello dalle sentenze del Giudice della regia Monarchia ; e concesso al Giudice ecclesiastico il solo onore della presidenza, si arrogavano a se soli, laici Assessor!, il voto decisivo, escludendone il Giudice -ecclesiastico, cui solo da Benedetto XIII era data la giurisdizione ut cognoscat et iudicet. II lodato dottore Andrea Gallo, Assessore della prima Curia ecclesiastica nel 1862, ebbe la virtuosa sincerita d' insegnare nel suddetto suo libro, che i Giudici ecclesiastic! di queste curie sono obligati a richiedere il voto degli Assessor!, non a seguitarlo: ma essi Giudici ecclesiastic! non ebbe- ro mai il coraggio di abolire Y invalso sistema illegale , benchc nel 1862 uno di essi, il canonico Ragusa, fosse professore di sacri Canoni nella regia University degli studii ; e 1' allro Mons. Calcata, avesse goduto Y onore e la dignita di Yicario generate dell' Arcive- scovo di Palermo. Dicevano che questo era il sistema invalso, e bi- sognava seguitarlo. Erano dunque queste curie ecclesiastiche, o lai- che? Era canonico e legale il loro procedere? Lo dicano i buoni pubblicisti, e chiunque conosce i principii di queste scienze.

BELLA REGIA MONARCHIA IN SICILIA 669

Potrebbe dirsi di altri graYissimi abusi che \iziavano questa isti- tuzione e la rendevano perniciosa, non solo in questi ultimi tempi, ma in ogni tempo. Ma il gia esposto e piu che bastevole, perch e gli imparziali e sayii estimator! di queste cose possano conoscere, so per gravissimi motivi e con giustizia, il Pontefice gloriosamente re- gnante, il gran Pio IX, soppresse ed irrevocabilmente aboli questo famoso tribunale della regia Monarchia ed apostolica Legazia di Sicilia. II yetuslissimo privilegio dato da S. Gregorio Magno allc Chiese siciliane e stato conservato intero alia Sicilia dallo stesso gloriosissimo Pio IX, e non vi sara buon cattolico siciliano, che non gliene sappia grado, e non ne lodi la giuslizia, la prudenza e la saviezza.

SAGGIO CRITICO

BELLA SOCIETA MASSGNICA1

LA LOGGIA

La definizione non rappresenta 1'obbietto vivo, spirante e tutto in atto, sicche 1'anima si vegga come trasfusa per i sensi, ma lo gitta dinanzi , figurato dal semplice contorno delle proprieta essenziali : poiche essa disegna e non colora. Or essendo nostro intendimento di &r conoscere la massoneria lale quale apparisce in se stessa e nel suo operare, ed atanto non potendo bastare la data definizione, con- viene che determiniamo cio che in essa e rimasto indeterminato, vale a dire i principii, onde la societa niassonica si agita e scuote, le forze con che opera, gli strumenti , di che si vale ne' suoi conati: breve, conviene, che incarniamo il disegno, presentatoci dalla definizione. Fatto questo, potremo dire con franchezza : eccovi la massoneria. II luogo ove ella si discopre nelle sue forme piu semplici essendo la loggia, leltor cortese, se pur ti aggrada, entriamovi per vederle. Non ti ritraggano le descrizioni paurose, che per avventura leggesti, In cui la loggia viene rappresentata come un antro cieco , o un covo secreto, profondo, ovt il fioco lume di una fiammella rompe a rnalo stento la tenebria circostante, ed il misero, che vi mette il pie la prima volta, trasalisce di Iratto in tratto, or alia visione repenlina di

1 V. questo volume pag. 39 e segg.

SAGGIO CRITICO DELIA SOCIETA MASSONICA 671

orribili ceffi, or al baleno de' \ibrati pugnali, ed ora al gorgoglio ed al fumar del sangue, chc spiccia da qualche vittima. Nulla di tulto questo s incontra nella loggia moderna. Affidati al proposto iimto con fidanza.

I.

Descrizione delta Loggia.

Loggia in senso massonico importa due significati: « il luogo, in cui i massoni si adunano per farvi lor arte, appararvi i misterii deH'anti- ca sapienza, e rendersene perfetti maestri, e V adunanza dei massoni convenutrvi. » Aprite la Enciclopedia delta Frammassoneria, scritta dal Lenning ed illustrata dal Mossdorf, ed alia pagina 326 troverele la loggia definita per Tappunlo cosi l. Sicche volendo noi pigliarne intera contezza nella \isita , che stiamo in sul punto di fade, e me- stieri che consideriamo : 1.° la forma del luogo; 2.° V adunanza massonica, che ^vi si tiene; 3.° il fine, a cui tvvolto 1'uso della log- gia. Incominciamo dalla prima

A non divagare per le lunghe, teniamoci a cio, che e di ordina- ria necessita per una loggia. Quattro sono le stanze, che ne com- pongono il corpo. Varcata la porta, che mette nel sacro ricinto, apriamo quest' uscio : eccoci nella camera della riflessione. Negro e il parato, che la copre da capo a fondo : cranii, stinchi, costole ed altri ossami, aggruppati e sciolti in diverso modo, rompono qua e la il tristo colore, e di mezzo a cotali fregi spiccano queste ed altre sen- tenze : « Se vana curiosila li ha qui condotto , yattene tosto. Se temi di essere ammonito de' tuoi difetti , non hai che fare in questo luogo. Se tu sei capace di simulare, trema: sarai scoper- to. Se ami le umane distinzioni, esci ; qui non si conoscono. Si potranno richiederti i piu grandi sacrifizii , ed anche quello della Tita. Yi se' tu rassegnato? » Guardiamo 1'arredo. Esso e un roz- zo e piccolo desco e sopravi un yaso d' acqua con un pane secco ,

1 EncyclOpadie der Freimaurerei wn Lenning, durchgesehen und, mit zusatzcn vermehrt, herausgegeben von einem Sachkundigen, Leipzig 1824.

672 SAGGIO CRITICO DELIA SOCIETA MASSONICA

un calamaio e un foglio di carta, e di fianco una bara faneraria. A questo desco, su questa scraima con un lumiccino dinanzi deve 11 nuovo recipiendo rimanersi solo per qualche tempo, scrivere bur- lescamente il proprio testamento e la risposta a tre determinate do- mande 1. Ti pare che si possa immaginare un giuoco piuridicolo in se, o piii noioso ad un giovane malcapitato? Usciamone. Qui siamo nel vestibolo della loggia, detlo altrimenti passo smarrito. Gli ar- madii, che tu vedi, contengono gli arredi e gli ordigni apparterienti alia loggia: che stante il secreto niuno di essi puo essere portato al trove. Di costinci si va alia Camera di mezzo : funerei drappi , tempestati di candide lagrime la rives tono tulta. In essa fanno le loro adunate i Maestri ed iniziano i Compagni al proprio grado. La e T ingresso alia loggia. La porta, che ci si mostra, e a due bat- tenti: cosi porta il sacro rito. Trapassiamone le soglie sicuramente. Eccoci nella loggia. Al primo sguardo si palesa per una sala di forma quadrilunga; i quattro lati rappresentano i quattro punti car- dinali del mondo: il lato della porta si denomina Occidente, 1'oppo- sto Orients; Nord e Sud gli altri due. La linea piu lunga corre tra i due primi. La soflitta , a somiglianza del cielo, gira a tondo, ed e tinta in azzurro e seminata di stelle. Due cave colonne di bronzo di ordine corinzio stanno a guardia dell' entrata, e portano in capo tre mclogranate aprentesi in soave riso : sul fusto 1' una ha il marchio della lettera J e V altra la lettera B ; cinque adornano il fianco Nord e cinque il fianco Sud , e per lo lungo dell' architrave , che su vi poggia , corre ondeggiante un cordone , che a luogo a luogo si an- noda dodici volte in altrettanti laccid'amore e mette colle sue time, terminanti in nappe merlettate, sopra le colonne di bronzo. Su le pareti, se lo comporta 1' architettura, paiono simboleggiate le arti, la industria , V agricoltura e la guerra , ovvero la semplice tinta bianco-azzurra o verde, secondo che la loggia e di rito moderno o scozzese.

1 V. CLAVEL, Histolre pittoresque de la Franc-maconnerie, pag. 3. PA- VIA, II libero Mwatore teorico-pmtico, pag. 40. RAGON, Rttuel de prenti, pag. 21.

SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA 673

La in fondo sul lato di Oriente si leva il trono del Yenerabile o Prc- sidente. E degno di somma considerazione : avviciniamoci. Guar- dati ai pie : sacro e il luogo, che tu calpesli e te lo mostra la scena, die qui a mezzo della sala mill disegnata in sul suolo. Essa conliene il quadro della loggia. Da basso v' e un pammento a mosaico, che iigura quello del portico del tempio di Salomone ; levansi quindi selte gradi, e sopra di quesli apparisce la porta, per cui entravasi nel medesimo. Sorgono ai lati le due colonne mister 'iose, segnate col monogramma J.*. e B.-. e tra 1'una e 1' altra, all' altezza dei ca- pitelli, si apre il compasso colle punte in su. Quel rozzo masso a manca della colonna J.'. e la pietra greggia; quell' altro lavorato a destra della colonna B.*. e la pietra cubica a punta. Tengono il mezzo il traguardo o la livella, la squadra, Y archipenzolo, e 1' alto a diritta il sole sfolgorante, a sinistra la luna accesa poco oltre il quarto : ciascuno dei tre lali Occident e, oriente e mezzodl presenta disegnata una fenestra ed il cordone dalle nappe merlettate compie il pittoresco lavoro , circumcingendo la scena da sommo ad imo. Questo quadro e dipinto in tela, o delineato col gesso sul pavimen- to prima delle riunioni massoniche, cancellato dopo. II secondo modo e consigliato da piu savii massoni, affine di schivare il reo uso, che altii potrebbe fame, se venisse a mano di qualche profano la sacra e misteriosa scena 1. Oltrepassiamola colle ginocchia della mente inchine. ^.,

Siamo dinanzi al trono del Yenerabile. Tre gradi lo. solfevano dal suolo, una balaustrata, girandolo, 1' adorna da pie, e gli procaccia decoro e maesta un baldacchino di color azzurro, se la loggia e del rito moderno , ross^parlatto, se dello scozzese. A sopraccapo del baldacchino fiammeggia il mistico Delta. II sole raggia a destra , a sinistra si alluma la luna bicornuta e da un lato campeggia il vessil- lo della loggia. Davanti al trono levasi su tre gradi 1' altar e , che e

1 A chaque tenue, on y dessinera ce tableau misterieux, avec de la crate, et, apres les travaux, on I'effacera avec line eponge legerement imbibee d'eau. C'est le moyen d'eviter la depense et I'abus d' un tableau peint, qui pent tmber dans des mains profanes. RAGON, Rituel de Vapprenti pag. 22, 23. Pavia ripete la stessa cosa nel lib. cit. pag. 38. Serie VII, vol. IV, fasc. 450. 43 9 Decembre 1868,

674 SAGGIO CRITICO DEUA SOCIETA MASSONICA

nn tavolino, covcrto della slessa maniora di drappo che il baldaechi- no, con sopravi un maglietto, un compasso, la spada fiammeggian- te, il libro degli Statuti general], un candeliere a tre bracci, e so vuoi, in alcuni riti anche la Bibbia. Queste due panclie, condolte a cerchio, e poste qui att'Oftente, servono per i fratelli forestieri.

Le panchette ordinate lungo i lati nord e sud diconsi colonne, e vi s' impancano i fratelli della loggia secondo il loro grado. Ouindi « colonna nord, colonna sud » significa nel linguaggio massonico la colta dei socii, che tiene il lato nord o il lato sud, e « porre o bruciare tra le due colonne » vale nel mezzo della loggia. A mano manca del trono ed a capo della colonna sud siede, presso a quel deschetto, I'Oratore coi Regolamenti e gli Statuti generali dinanzi, il Tesoriere alia sua costa, il Segretario ed il Limosiniere di f rou- te, ossia a capo della colonna nord. In quel seggiolone presso la colonna J.*. sta il prirao Sopravvegliante, e nell'altro presso la co- lonna B.-. il secondo: indi correggono le due colonne a colpi di quel maglietto, che tengono sul proprio tavolino. Nel rilo scozzese v' c tra essi scambio di posto.

Gli autori sopra citati appie di pagina non fanno motto di certa divozione, che usasi nelle logge. Eccola quale ci viene disvelata da- gli Statuti generali, pel rito scozzese, stampati in Napoli nel 1863. I buoni cristiani, come tutti s anno, costumano di tenere accese lam- pane, o bruciar candele avantUe statuette di que' santi, a cui si pro- fessano divoti. I massoni hanno pure i loro santi, e nell'onorarli osservano il costume cattolico. Tre sono quelli, a cui portano sin- golare di\ozione : Minerva, Ercole e Venere. Onde, come tu puoi vedere, tengono esposte le statue perpetuamente in loggia : del pri- mo non guari lontano dal seggio del Yenerabile a mano diritta, del secondo presso al primo Sopravvegliante, del terzo accosto al secon- do, e qual segno di particolare divozione arde innanzi a ciascuna di esse un cereo durante i lavori massonici, come a simboli della Sapienza, della Forza e della Bellezza l.

1 « §. 30. Cio che e comune ai due riti (moderno e scozzese) si e.... 9.° Le statue di Minerva, di Ercole e di Venere rappresentanti la Sapienza, la Forza e la Bellezza, la prima alia diritta delForiente a poca distanza del tro- no, la seconda presso lo scanno del primo sorvegliante, e la terza presso a

jB -

SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA 675

Le singole logge, per distinguersi dalle sorelle, portano un litolo particolare col nome della citta, dove sono aperte, a modo di esem- pio : Dovere-Diritto all' Orienie di Pisa. Da principle traevanlo dalla casa, in cui nascevano. E sic-come questa era una birraria od una taverna, cosi per la piu corta esse distinguevansi dall' insegna, con che e birrai e tavernai sogliono far conoscere il luogo del pro- prio traffico. Sicche la prima loggia di Londra nominossi dalF in- segna « del 1' Oca e della Graticola », la seconda dalla birraria « alia Corona », la terza dalla taverna alia insegna « del Melo » ; la quarta dalla osteria all' impresa « del pieno Bicchiere » e cosi le altre, che venivano a mano a mano nascendo 1. Ma quando la societa sentissi bene a panni, disdegno cotesti luogacci e la vilta dei lore titoli, e prese a pigione o fabbricate ampie starize, iugentili anche i nomi delle logge. Finiamo il quadro con una rarita. Eccoti la formola, ch si usa piu o meno lunga al cominciamento degli atti e delle lettere delle logge «11 gioruo 27.° del 10.° mese, 1'anno della vera luce 5856, il G. Oriente di Francia, regolarmente convo- cato, e fraternamente riunito sotto il punto geometrico, noto ai soli veri massoni, in un luogo cMarissimo, regolarissimo e fortissimo, dove reynano il silenzio, la pace e I'equita ecc. »

Che ti pare di quel punto geometrico, di quei tre aggiunti su- perlativi dati alia loggia, e di quel nuovo regno della pace,. del si- lenzio e della equita? Che ti sembra di tutto il quadro, che ti porge di se stessa la loggia? Quanto a noi la idea, che ci domina, si e che la loggia nel suo esterno apparato raffiguri appuntino la sala del

quello del secondo sorvegliante : 10.° Tre candelabri situati ove sono le sta* tue. » Statuti sopra citati.

\ The Masons in London and its environs... resolved to cement themsel yes under a netc Grand Master, etc. With this view, the Lodges at the Go(h se, and Gridiron; the Crown; the Apple-rce Tavern; and the Rummer and Grapes Tavern... met at the Apple-tree Tavern above mentioned in Februar ry, 1711. PRESTON, Illustrations of Masonry, ed. by Oliver. London 1861, pag. 155, 156. VediK-LOss, Geschichte der Freimaurerei in England , Ir- land und Schottland, presso del quale a pag. 5 leggesi : Die Logen, wel* che zusammentraten, waren: 1 die zur Gans und Rost, in einem Bierhause: •J zur Krone, in einem Bierhause: 3 zum Apfelbaurne, in einem Weinhause: 4 sum Homer (lezione sbagliata) und Trauben, in einem Weinhause.

676 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

giocoliere e del prestigiatore, pcrche ambedue simili nella stranezza degli obbietli, delle loro partizioni e delle rappresentanze e simili ancora nell'effetto di colpire la fantasia in modo parlicolare del gio- vane che vi pone il piede. Per cio die spetta all' onorevolissima no- menclalura acconciatale, ce ne rapportiamo al massone Rebold, il quale, dopo di averla un tantino derisa con qualche sdegno, soggiun- ge : « Quanto al luogo chiarissimo , dove regnano il silenzio, la pace e I'equita ci sia concesso di contestare la verila di cotesta descri- zione : perche non avremmo a far altro, che citare certi fatti acca- duti e menzionare il tempio di Venere, stabilitosi nel ricinto di quello dei frammassoni , per dimostrarla per lo meno fuor di luogo Bella bocca dei massoni di Parigi. 1 » Se lo scandalo duri tuttavia, se sia cosa di altre G. Logge, oppure il contrario, non e qui nostro intendimento di cercarlo. Noiiamo solamente la falsita della magni- fica descrizione in laude ed onoranza della loggia.

II.

Della regQlarita delle adunanze massoniche.

Tale e la loggia massonica al rito simbolico quanto alia sua for- ma. Ma questa con tulle le sue acconciature non basta : conviene che la loggia sia giusta e perfetta in massoneria 2. Senza quesla nola, irregolari sarebbero le adunanze, irregolari i massoni, che ve le lenessero, misconosciuti gli atti, disapproval! altamente gli autori dalla universila massonica. Affinche non manchi alia loggia cotanla qualila, occorrono piu cose. E mestieri prima di tullo che intervenga nella fondazione 1'autorila del G. Oriente, e per ottenerla T' hanno forme da non prelerire. Selte debbono essere i precipui fondatori, e questi lulli massoni, tutti per lo meno graduati mae- stri: debbono riunirsi in loggia temporanea, organarsi in gerarchia massonica, riconoscere i gradi degli altri Fratelli presenti, e scelto il nome da darsi alia loggia, scrivere una petizione al G. Oriente domandandone la fondazione, e con questa inviare il ruolo di lutti

1 Histoire cit. pag. 288, 289.

2 Cf. Allgemeines Handbuch e la Encyclopadie der Freimaurerei del

alia voce Loge.

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quelli, che vogliono pigliarvi parte, con minuta descrizione di cio che essi sono e come massoni e come cittadini. Ricevuto dall'al- tezza del G. Oriente un rescritto favorevole, convien procedere al- T insediamento.

Ouesto si suol fare con grande solennita massonica. II G. Maestro nomina a tale uopo tre commessarii, i quali fissano il di, o per dire il vero, la sera flell' insediamento ; giacche i lavori massonici si fan- no nelie tenebre della nolle, come tempo piu proprio alia lor natura: i fondatori della loggia fanno invili ed apprestamenti. La sera de- terminata e all'ora posla, i fratelli convengono nella loggia; ciascu- no si asside al suo luogo cogli arnesi e colle divise proprie della dignita e del grado. Gli official! portano a modo di collana un na- stro azzurro marezzato; da questo pende un gioiello, die e la squa- dra pel Yenerabile : la livella adorna il primo Sopravvegliante, il regolo il secondo, un libro aperto fregia 1' orator e ecc. : la spada ed il grembiule di pelle bianca legato ai fianchi sono arnesi comum a tutti. Accolli i massoni delle altre logge, delti visitatori, e signi- ficato con brevi parole dal Yenerabile il fine della adunala, inco- mincia la cerimonia. All'annunzio, che i tre commessarii sono ar- rivati nella sala del passo smarrito, eccovi spiccarsi tre Deputati della loggia per riconoscere le patenli della loro autorita. Trovatele a modo e riferitolo all'adunanza, nove fratelli armati Tuna mano di spada, e Taltra di una stella, ossia di un torchio acceso, muo\7ona in divota processione verso i commessarii per introdurli onorata- mente. II Venerabile e i due Sopravyeglianti vengono alia porta, sta loro accanto un Maestro di cerimonie , in atto di offerire tre ma- glietti giacenti sopra un cuscinetto, e le due colonne, fatle due ri- ghe ed iucrociate 1' une coll' altre le spade, formano la volta di ac~ ciaio. Spalancasi la porta della loggia : i commessarii sono intro- messi dal corteo dei nove confratelli, e presentati i maglielti COB ossequiose parole dal Venerabile, si drizzano per la wlta di acciaio verso V Oriente : una melodia accompagna i loro passi e mancando questa, le scariche ripetute delle batterie, ossia un fragoroso siion di mani batlute a legge.

Messosi ognuno al proprio luogo, il Yenerabile si porta appie del- 1'altare e la « giura solennemente di obbedire senza ristringimenlo

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agli Statuti ed ai Regolamenti generali, e di restore inviolabilmenle soggetto al G. Oriente. » Lo giurano a voce i due Sopravveglianti, lo giurano colle sottoscrizioni lutli i fratelli, chiamati ad uno ad uno. II Presidente, uno del tie conimessarii,fa una calorosa allocuzione, « inspirata dalle circostanze e dalla gravita del ministero, che .egli compie. » Finitala, da un colpo di maglietto, ed avverte, che il grande atto della installazione e in sul punto di eseguirsi. II silen- zio e cupo, universale, mentre egli pronunzia d' une voix ferine questa formola : « Alia Gloria del Grande Architetto dell' Universe, a nome e sotto gli auspicii del G. Oriente di Francia, in virtu dei poteri delegatici, noi installiamo in perpetuo all' Oriente di... spar- timeuto di... una loggia di rito... sotlo il titolo... » Pronunziale que- ste gelide parole, batte « i tre colpi misteriosi » col suo maglietto, e soggiunge : « La rispeitabiie Loggia e installata. » I tre colpi e 1'annunzio sono ripetuti dai due Sopravveglianti: la funzione e fornita. E qui altra allocuzione del Presidente, nuova pailata del Venerabile, predica dell' Oratore, discorsi di quanti amano sciorre lo scilingua- gnolo. Le lodi della massoneria, le enumerazioni de' suoi benefizii, le esortazioni a ben vivere in essa, le invettive contro il fanatisnio piovono da tuttte le parti. Stanchi i corpi e gli spiriti a tanto lavoro, conviene riconfortarli. Ghiuso lo spettacolo, eccovi le due colonne comporrc un' altra processione, e col vessillo alia testa, ed al suono di musici istromenti o dei battenti maglietti, entrar difilato nella sala del banchetto, dove un lauto desinare, ossia il lavoro della masticazione, secondo il linguaggio massonico, pone un valido sug- gello alia pia impresa (di quella notte 1 .

La loggia porta ancora il titolo di Tempio, e come tale ha conse- crazione e feste particolari. Abbiamo sott' occhio la descrizione di quest' atto religioso, compitosi a Bordeaux il quindici del Dicembre del 1' anno passato. Sfioriamola. Edificatasi a spese di sei logge un ampla loggia, fu nominate dal G. Oriente a Presidente della sacra funzione massonica il F.\ Hermitte. All'ora fissa, convenuti i fra- telli delle sei logge e con essi da trecento massoni di altri Orienti, ed intromessi i commessarii colle cerimonie della installazione,

1 VediRAGON, Rituel d' Installation d'une Log e: Statuts et Reglements gtntraux de I'Ordre maconnique en France 1859, art. 112-119.

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il Presidente incomincia i lavori. Chiede a die fine sia stato co- struito il IMOYO tempio; il primo Sopravvegliante risponde : « come tutle le opcre massoniche, cosi il nuovo tempio e stato levato alia Gloria del G.*. Architetto dell' U.*. e destinato al perfezionamento deH'umanita. » Domanda qual sia il dome che strmge i present! : risponde il secondo Soprayvegliante : « onorare le insegne del lavoro e raccomandarne la pratica. » Ad un cenno il Maestro di cerimonie porta appie dell'altare cotali insegne: squadra, compasso, regolo ed una spada. Celebrato il lavoro con amplissime laudi, il Presidente interroga, che significhi la spada. E 1'oratore, che qui risponde : « per i massoni la spada e la sanzione della legge, senza la quale niuna societa e possibile:.e la guarentigia della pace, che i tristi sludiano sempre di turbarc 1. » Ottimamente. Ma se e cosi, noi ripigliamo, perche i massoni dell' Italia hanno menato tanto seal- pore per i caduti a Mentana e dentro e fuori delle logge ? perche giurano tante \7endette ? perche tante maledizioni e tante minacce al Governo pontiticio, per la morte di un Monti e di un Tognetti? Non fu forse la spada « sanzione delta legge » e « guarentigia della pace » che si adopero nell'uno e nell'altro caso? Non erano forse i garibaldeschi « tuibatoi i della pace » ; ed il rovesciamento della caserma di Scrristoii, colla ucclsrone di tanti hmocenti, non e forse da riputarsi un atto contro la legge ? Lettor cortese, la spada per i nostri massoni e « la sanzione della legge », e « la guarentigia della pace » ; sai quando? quando eglino sono a capo dello Stato, quando

10 reggono colle proprie leggi ; in questo caso le migliaia di Yittime cadono sotto il ferro, sanzione delta legge e guarentigia della pace.

11 Governo formato alia massonica ha solo il diritto d' imperare : gli altri no: sono usurpatori, sono fuori della legge, e pero il ribellare e dovere di giustizia; 1'assassinare un merito; degni di lode i tradi- menti, le mine; lecito ogni altro mezzo che giovi al fine !

Torniamo alia consacrazione. La loggia si chiama Tempio. Eb- bene, ripiglia il Presidente, « che cosa conviene farvi? » Risposta:

1 Pour les Macons, le glaive est la sanction de la loi, sans laquelle nulle society nest possible. II est la garantie de la paix que les mediants cherchent toujours a troubler et qui est le but principal des societe's. Bulletin de Grand Orient de France, Avril 1868, pag. 68.

680 SAGGIO CRTTICO BELLA SOCIETA MASSONICA

« onorar Dio e studiare i suoi disegni, per fame regola delle nostre azioni , ed apparecchiarci per le opere della vita presente alia ini- ziazione della vita futura, che chiamano morte. » Iniziazione alia vita futura! Di qual grado sara cotale iniziazione, che si chiama morte ? di qual rito ?'I1 Presidente, comeche sia giunto al culmine dell' altezza massonica, dove si fruisce la luce piu limpida, non lo sa di certo ; « la tomba , ei soggiunge , e il cammino misterioso di eo- tanta iniziazione 1. » Questo ei couosce, e non piu. Portera tin tale cammino alia trasmigrazione, portera alia ricompensa il giuslo, ed alia pena 1' iniquo? Ei lo igaora. Quale debba essere la futura vita immortale dell' anima, per lui massone e un' incognita, e un proble- ma avviluppato dalle tenebre piu filte del mislero : ed ecco i suoi uditori e fratelli lanciati nel piu crudele scetticismo circa la sorte fu- tura della parte piu nobile di se medesimi. Checche sia di cio, poco monta. Si passa oltre. Per suo ordine V incenso e giltato a struggersi nel fuoco sacro. Una prece, un voto sale al cielo coll' odoroso fumo e la colonna dell' armonia (i suonatori) tocca gli stromenti con re- ligiose note, au milieu du recueillement general. Si ode quindi una voce alta, che grida: « In pie ; all' ordine, » E obbedita in istante. Siamo all' atto venerando della consecrazione. « A nome del Gran- de Oriente di Francia , il Tempio edificato dalla massoneria bor- delese essendo^stato riconosciuto giusto, perfetto ed al coperto (da ogni sguardo profano) e inaugurato all' Oriente di Bordeaux que- sto di 15° del 10° mese, 1' anno della vera luce 5867. Noi facciamo accesi voti per la felicita dei massoni, che esso accogliera, e per la prosperita dei loro lavori 2. » Chi non sente le ineffabili dolcezze di affelto che sgorgano da questa orazione ? Chi non e rapito dalla sublimita dei suoi concetti? o chi non e rapito dal sentimento di

1 Honorer Dieu et etudier ses desseins pour en faire la regie de nos actions et nous preparerpar les oeuvres de la vie presente a cette initiation a la vie future, qu'on appelle la mort et dont la tombe est le chemin mystc* rieux. Loc. cit, pag. 69.

2 Au nom du Grand Orient de France, le Temple elevepar la Maconneric bordelaise ayant ete reconnu juste, parfait et a convert, est inaugure a V Orient de Bordeaux ce 15C jour du 10C mois de I' an de la vrai lumiere 3867. Nous faisons des voeux ardents pour le bonheur des Macons qu il abritera et pour la prospe'rite de leurs travaux. Ibid.

SAGGIO CRITICO DELL A SOCIETA MASSONICA 681

profonda devozione in questa cerimonia? Essa e degnissima della triplice batter ia o batlimano massonico, delle grida di acclamazioni teatrali, ond' e seguila, e dclla sonata, con die si chiude.

Vcngano ora i massoni a farsi beffe delle cerimonie cattoliche ; chiamino superstizioni le pratiche della Chiesa, ridano delle divo- zioni dei fedeli. Noi additeremo i loro templi, indicheremo le loro feste, rammenteremo la loro istallazio'ne e la consecrazione e il pro- fondo raccoglimento, con che vi assistono. Si puo dare cosa piu grottesca di cotesta? Non sai, se ti trovi ad uno spettacolo profano, o ad una funzione religiosa, ovvero ad una scena comica, strana- mente composta dell' una e dell'altra. Un tempio, che e officina, un Dio, che e un grande Architetto; il G. Oriente, che entra nelle for- mole sacre, geloso del suo diritto di fronte al Dio massonico. Un uomo grave, che presiede ad una grave adunanza, e le parla per altra bocca, che prega, consacra e fa voti senza dire o sapere a chi, cd una grave adunanza in un tempio die ora e piamente raccolta ed ora batte le mani e grida come in teatro; e cento altre insipienze. Giusto giudizio di Dio su 1'umana superbia, la quale, dispettando il sublime culto della Chiesa appropriate alia natura dell' uomo, voile immaginarne uno tutta da se. Ma che? scimmia di cio che fa la Chie- sa, diede nella ridicolaggine e nella contraddizione.

III.

Del fme, per cui i massoni si adunano nelle loyge.

Passiamo dalle cose ridicole alle serie. A quale scopo convengo- no i massoni nelle loggie? Gli statuti inglesi, che nella prima edi- zione del 1717 velaronlo sotto il vocabolo generico « lavorare », la, significarono piu apertamente in quelli del 1815, in cui dicono, che « i massoni si adunano nelle loggie per lavorare , istruirsi , e ren- ders! dolti a perfezione nei misteri deR'antica sapienza. » Dottrina e lavoro , ossia teorica e pratica , secondo Y arte massonica ; ap- prendervi Y una e Y altra fino ad uscirne perfetti maestri : ecco lo scopo delle adunanze massoniche. « E che? scrivea Chemin-Du-

ntes, volete che nelle nostre loggie trattiamo argomenti di astro-

ponlei

682 SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

nomia, di archeologia o di fisica? No, no : bon altro e V oggetto dci nostri intrattenimenti. Esso consiste nei principii, che si contengo- no nei varii gradi massonici, consiste nelle dottrine, che si ricavano dai medesimi, lutte acconce a reggerci nella nostra vita. Da questo trae tutto il suo pregio la massoneria ; in questo e riposto il grando interesse del genere umano e di ciascuno di noi 1 . Chi non vede qui esposto senza velame, come nelle adunanze massoniche si in- segnano dottrine, e dottrine proprie dell' Ordine, e dottrine che ri- guardano non meno I'individuo, che la vita sociale di tutta 1'uma- nita? Yolete ora conoscere in che consiste il lavoro, ossia lo studio della pratica? Leggele questo tratto dello Schleiermacher, applicato dal Findel agli csercizii della loggia. « Tutti i massoni, a guisa di chi attende ad un'arte, si studiano in generate di conformare la vita ai principii della santita e della ragione (net modo inteso dalla massoneria) ed in particolare adoperano ogni sforzo per riu- scire perfetti in certi punti. Regna fra essi una nobile gara, e il desiderio di fare alcun che, degno di tale e tanta societa, sprona ognuno ad assegaire con tulta la diligenza quello scopo, che e piu appropriato alia sua natura. Quanto maggiore e la cura e la buona volonta, che pongono nei comunicarsi e parted par si mutuamente 1'esito fortunato dei loro conati, tanto piu grande e il ravvicina- menlo aquella unita, che deve tutto dominare ». In somma essi de- vono in loggia studiare 1' applicazione dei principii, immaginare, pro- porre e discutere i mezzi piu acconci, fame saggio di fuori, comu- nioarne gli effetti ottenuti e va dicendo. Sicche alia loggia conviene a capello la defmizione, che il Findel deduce dal luogo citato, vale a dire : « esser ella una scuola pratica destinala, non solamente a fe- deli amici che vivono in comunanza secondo la regola della vita so- ciale piu perfetta (in quanto massonica), ma eziandio indirizzata

1 L' objet principal de notre institution ce sont les enseignments, que nous donnent les differcnts grades pour la conduite de la vie. Elle ri a plus de prix que par la; c est le grand intirfo du genre humain et de chacun de nous. Ferons-nous dans nos ateliers des cours d? astrowmlc3 d'archcologie, de physique? Cela ne servirait ni a faire de meilleurs M aeons, ni a reculer les limites de ces sciences, Cours pratique de Franc-maconnerie, I CaMer. Pa- ris 1841, pag. VII.

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partieolarmente all' educazione de suoi membri, ed a formarli m pro del mondo e della umanita 1 . »

Questa medesima sentenza trovasi inculcata e nella Scuola del Frammassone del secolo passato, e nel Manwle per lo stesso del presente 2. Istruzione leorico-pratica nella loggia! - e il grido ripe- tuto dagli scrittori massoni. II Wieland addita in prova del dovere, die ne corre alle logge, cio che simboleggia il Tempio massonico 3: il Krause, sbozzando la forma del Maestro in cattedra o Venerabile, pone come precipuo incarico , che egli islruisca la loggia tanlo nei principii, quanto nella pratica secondolo scopo massonico £. Lade- ficienza di questa istruzione e sfolgorata come il supremo guaio della massoneria dal Boubee 57 dal Dupuis 6, dal Bertrand 7, dal Rebold 8, da Bernard- Acarry 9, i quali nei loro discorsi e nei loro scritti or appuntano amaramente la trascuratezza del G. Oriente, or assegnano mezzi per ovviarvi, or descrivendo il rilasciamento di qualche loggia ne menano alte querele, come se tutta la Societa des- se la volta e sprofondasse nel nulla. La loggia adunque, secondo le testimonianze di tanti valentuomini , e , o almeno deve essere un' ampla scuola dove si appara in teorica ed in pratica la scienza massonica.

Ebbene, in che consiste la teorica, che si apprende, e la pratica, di che si fa pruova in loggia ? Abbiamo veduto negli articoli ante- cedenti, che dalla massoneria e professato il razionalismo piu schiet-

1 La loye est done un instilut pratique destine non senlement a des amis fideles, vivant en societe d'une manure conforme aux donnees de la vie so- ciale la plus parfaite, mais destine surtout a I' education de ses membres, destine a les former pour le monde etpour I' humanite. Histoire de la Franc* maconnerie, v. I, pag. 19.

2 L Ecole des Francs-Macons. Jerusalem 1748^ pag. 2. Manuel macon* nique. Paris 1820, Avant-propos.

3 Analekten, Heft\,yz%. 34.

4 Allgemeines ffandbuch, vedi Meistervom Stuhl

5 Etudes sur la Maconnerie, pag. 179 e segg.

6 La Franc-Maconnerie du G. Orient de France, pag. 26.

7 Bulletin du G. Orient, numero de Mai 1847, pag. 159.

8 Histoire des trois Grandes Loges, pag, 287; 418 ed altrove.

9 La Franc-Maconnerie du G. Orient cit. par BERNARD-AC ARM, PERE, 30.

SAGGIO CRITICO BELLA SOCIETA MASSONICA

to, e la democrazia piu pura, e che 1'uno e 1* altra unit! ne costi- tuiscono la natura ed il fine. Messo a base questo fatto, potrebbero !e dottrine e la pratica della loggia esser diverse da quell e che spac- ciano e cercano di attuare i razionalisli e la democrazia? Impossibi- le: altrimenti la massoneria in loggia non sarebbe piu massoueria. Dunque e uopo conchiudere , che le doltrine predicate nelle adu- nanze massoniche siano fiore di razionalismo e di democrazia, e che gli adunati a poco a poco ne escano razionalisti e democratic! in fino al midollo, ardenti e sperti ad un tempo a propagare ed a prati- care nel mondo profano quanto hanno appreso nella loggia.

Tale e di fatto il loro dovero. Quindi la loggia e scuola istituita won solamente in pro dei massoni, ma eziandio, merce 1'opera del costoro apostolato, a vantaggio dei miseri profani. E pcro il F.\ Ruf- foni, considerandola solto questo riguardo, dicea che « ogni loggia, a guisa di corpo luminoso, dee raggiare la coscienza dell' umani- & 1; » ed il F.-. Frapolli scrivea , che la pura scienza massonica, fiammeggiando dagli alii gradi infmo a minimi delle loggie simboli- ehe, dee riverberare da queste su tulta la nazione 2. Questi sono ap- punlo i voti che fece il F.\ Hermitte nella consecrazione delTempio di Bordeaux 3. Tant' e: giacche « la prima e vera missione della massoneria e quella di rischiarare 1'umanita, di far penetrare la istruzione (secondo i principii massonici) in lutli gli ordini dei cilta- dini, di combaltere e \incere lo spirito invasore d'uomini, che con alto tradimenlo del loro divino mandato (i preti?), yogliono soffocare la intelligenza, affine di dominare piu sicuramente 4. » Che se non

1 Bref, il faut qif on sache que toute loge maconnique est un point hi- mineux, d' on rayonne la conscience de I'humanite. Bulletin du Grand Orient, n. d'Avril 1859, pag. 51. Cf. REBOLD, loc. cit. pag. 311, 312.

2 La Franc-Maconnerie reformee.

3 Que de cette Loge la Maconnerie repande son enseignement et ses bien- faits; qu clle rayonne ait midi, an nord , a I' Occident et a I' orient. Loc. cit.

4 Notre premiere, notre veritable mission, c'est d'eclairer I'humanite, de faire penetrer V instruction dans tous les rangs, de combattre et vaincre I' esprit envahisseur d' hommes, qui trahissant leur divin rnandat, veulent etouffer toute intelligence afin de mieux dominer. Bulletin du Grand Orient n. d'Octobre, Novembre 1856, pag. 246.

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foste ancora persuasi di cotesta missione, aprite gli Statuti della Massoneria italiana alRito simbolico. Leggete: « Art. 1.° La Mass.*. Italiana e una societa di persone riunile insieme da un patto di fede comune nei principii universali della Mass.*. e di mutuo impegno a cooper are in comune al loro trionfo. Art. 3. Suo fine diretto e immediate si e di concorrere efficacemente all' attuazione progres- siva di questi principii nell'Umanita, si che divengano gradual- mente legge effettiva e suprema di tutti gli atti della vita individua- ls, domestica e civile ». Aprite questi altri, pubblicati dal G. Orien- te della Massoneria in Italia 1'anno passato. Eccovi \ articolo 4: « Tutti i membri dell'ordine sono ^ww^'d'istruirsi, perfezionarsi ed aiutarsi reciprocamente; di cooperare con assiduo lavoro a compie- re la missione sua ». Quelli che si osservano dalle logge dipendenti dal Supremo Consiglio di Palermo, favellano nel medesimo metro: « §. 15. Estendendosi lo scopo della istituzione al perfezionamento di tutta la specie umana, il libero muratore impiega tutti i mezzi di fortuna e di talento per giungervi ». Consuona alle voci della mas- soneria italiana la massoneria francese ne' suoi nuovi statuti « rac- comandando a lutti i fratelli la propaganda massonica per la paro- la,per gli scritli e pel buon esempio l.» Debbono dunque i massoni farsi maestri dei principii razionalistici e democratici, che appren- dono in teorica ed in pratica dentro il ricinto della loggia, debbono propagarli, debbono attuarli con tutto 1'ardore e coll' opera di tulti i mezzi, che hanno tra mano, nella societa profana. E questo un do- vere, che sgorga dal fine della loro societa, e un obbligo raccoman- dato e imposto dagli Statuti. Un massone, che non vi si adoperasse, sarebbe un massone da null a, sarebbe reo al cospetto della massone- ria di non compiere il lavoro, a cui si e strettamente obbligato. Se ti rimembri, lettor cortese, non abbiamo noi provato negli articoli ante- cedent!, che tali principii sono anticristiani, e rovesciatori degli ordi- ni sociali present!? Non abbiamo provato, che lo scopo a cui inten- dono tulti gli sforzi della massoneria, si e la distruzione di tutte e

1 Art. 4. La Franc-Maconnerie aspirant a ctendre a tons les membres de I'humaniM les liens fraternels qui unissent les Francs-Macons sur toute la face du globe, lapropagande maconnique, par laparolef les cents et le bon exemple, est recommandee a tons les Macons.

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singole le forme religiose e politiclie esistenti e la ricostruzione pro- gressiva della societa umana, su le basi razionalistiche e democra- tiche secondo le sue dollrine? Ebbene, eccoti la conseguenza, che fila diritta da queste premessc: « La loggia e, e deve essere il centro del moto agitatore del popoli contro tutti gli ordini social! c religiosi ! » Laonde fintantoche MI sara una loggia al mondo, sussistera ancora un focolare, da cui partono gTincentivi, prima di agitazione negli spirit!, e poscia di ribellione nel corpo socialc.

Gravissima conseguenza, ma pur verissima. I massoni si piac- ciono di lumeggiarla descrivendo r opera della massoneria. Cosi un massone di alto grado dicea: « Nel secolo passatole voci Liberia, Eguarjlianza suonavano reamente alle orecchie dei casli depositarii del potere. La loro autorita non era assaltata dalla violenza, della quale la massoneria, checche ne dicano, non ha fatto mai mo, ma invece veniva scalzata la base delle loro pretensioni, delle loro teo- riche e del loro dispotismo politico e religioso , per mezzo di una strumento assai piu terribile, vale a dire per mezzo del pensiero, che a poco a'poco traevasi dal collo il giogo, sotto cui credevasi di poterlo infrenarc. II piu profondo sccreto, che celasse la macchina, era quindi sommamente necessario. E pero con veniva che i parti- giani della nuova fede, allora in picciol numero, avessero ricoveri sicuri ed ignorati, dove potessei o profondere liberamente le proprie credenze, manifestare i proprii voti e le proprie speranze, tenere continuamente acceso il fuoco sacro della Yestale loro confidato: con- veniva che questi pacifici cospiratori avessero un segno incognito ai profani, il quale a guisa di verga magica trasfor masse di tratlo uno straniero in un fratello, e desse cosi 1'agio di parlargli in verita di cuore. I principi si avvidero della forza, che stava nella massone- ria. Alcuni tentarono di farsene strumento alle proprie brame; po- chi la servirono; molti la perseguitarono. Sforzi inutili I II santo contagio della verita, uscito del Tempio, si appicco a poco a poco al mondo profano, invase quegli ordini di cittadini, che a cagione dei loro privilegii doveano piu che verun altro temere lo spirito massonico. E un di, quando il terreno fu apparecchiato a bastanza, la magnitica esplosione del 1789 venne a scrivere nel diritto pub-

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blico della Francia i principii, che noi conosciamo e professiamo da lungo tempo l.» Che bramate di piuevidente? E un fallo dedotto da storiche osservazioni. La teorica, la quale gitto 1' agitazione. negli aniffli e produsse la magnified esplosione del 1789, donde quellc del 1792 e 1793, ebbe a scuola la loggia, a secret! e fidi discepoli i massoni, chc propagandola di fuori ne aceeseroed agitarono fiera- mente le moltUudini. Yolete un esempio della pratica? Ne abbiamo uno di fresca data. Entrata in sospelto la Sezione Concistoriale del Hi to scozzese, sedente nella vallea del Sebeto, ossia in Napoli, che i Paolotti direlli « dai figli tenebrosi del Loyola » avessero formate adunanze in su lo stile massonico , eccovela tutta all' opera per an- nientare gli sforzi dei temuli a^7ersarii. Da il grido di « all'arme » a tulte le logge dipendenti con una lettera circolaro : « le infelicicon- dizioni dell' Italia domandare altamenle, che la massoneria adoperi tulto il suo vigore primitivo, e che ridi^7enga quell' operaia atlivissi- ma, che fa in altri tempi: il pericolo minacciare non solamente V Ita- lia, ma ancora 1'Ordinc. Onde per ripararlo tutte le logge si metta- 110 al lavoro con tutta la forza, cliiudano la porla in faccia a quei f ratelli, che avessero maculato o tentassero di maculare comechessia i principii massonici, rannodino piu strettamente le loro file, le ac- crescano connuovi afruolati, nclla Camera di mezzo fsi propongano e si discutano lull! que' mezzi, che paiono piu opportuni a troncare 1' ordilura tencbrosa, e infine dichiarino al Concistoro quanto repu- tano piu glo\evole all' Alleanza, a jischiarare il popolo ed a com- baltere 1'crrore, ed i pregiudizii. » Avete sentito cio che soglio- no fare i massoni a sostegno delle proprie teoriche ? Spiano i cat- tolici chc haimo in conto di avversarii funesti, ne studiano i divisa- menli: scopei tili, i capi chiamano a consiglio tutti i f ratelli, propon- gono, delibcrano il modo piu acconcio con che attraversarli,render- li inefficaci presso ogni ordine di cittadini.

Tale e la loggia massonica : ridicola nel suo apparato, super sti- ziosamente comica nelle sue cerimonie, centra di agitazione e di ri- beUlone contro T ordine politico ereligioso nellc sue adunanze.

1 Monde ma^onnique 18G3, pag. 145.

LA DOTTRINA DI S. ANTONINO

ARCIYESCOYO DI FIRENZE

INTORNO

«J ALLA INFALLIBILITA DE' PAPI

E LA LORO SUPERIORITA SUI CONCILII 1

VII. t^

Argomento che il Bossuet deduce da alcune parole di S. Antonino riguardo al concilio di Basilea , per inostrarlo favorevole alia sentenza, che i concilii generali sono superiori ai romani Pontefici. Si espongono brevemente gli atli diquel concilio , che porgono il fondamento alia diflicolta.

Dopo die abbiam veduto con quali deboli argomenti il Bossuet si e sforzato di oscurare la dottrina si chiara di S. Antonino intorno- alia infallibilita personale dei romani Pontefici; passiamo ad esami- nare le pruoye che adduce per farlo apparire favor evole alia sentenza analoga, la quale tiene che i concilii generali abbiano suprema au- lorita sopra quelli. Uno de'suoi argomenli e il giudizio che il Santo pronunzia del concilio di Basilea colle seguenti parole: « II simile 6 da dire del Concilio di Basilea, il quale da principio si aduno cano- nicamente ; ma quinci appresso , dopoche fu sciolto o piuttosto tra- sferito dal Papa Eugenio IV nell' anno del Signore 1437 , divenne conciliabolo 2. » Donde cosi argomenta il Bossuet : « Adunque gli

1 V. questo volume, pag. 304 e segg., e pag. 376 e segg.

2 Simile concilium basileense, congregatum prius canonice; sed post dis- solutionenij sen mutationern, per Eugenium Papam IV an. Dom. 1437^ fac- tum est conciliabuhim. Part. Ill, tit. XX11I cap. I, in prooem.

LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE ECC. 689

atti basileesi, anterior! a questo discioglimento o piuttosto trasla- zione, sono per Antonino atti canonicameate compiuti; awegnache in essi yengano raffermati i decreti di Costanza, come a suo luogo yedremo 1 . » In sostanza vuol dire , che come il Concilio di Basi- lea , anche prima di diventare scismatico , avea sancito i celebri decreti del Concilio di Costanza riguardanti la superiorita dei Con- cilii general! sopra i Pontefici, e aveal! sanciti in nn senso assoluto e non gia solamcnte pel caso dei Pontefici dubbii, come da molti erano spiegati que'di Costanza; cosi S. Antonino, riconoscendo come canonici tutli gli atti di Basilea compiuli in tal tempo; veniva a ri- conoscere come canoniche e quindi ad accettare le definiziom, che dichiararono la superiorita dei concilii general! sopra i Papi an- die certi.

II Bossuet ci appella a cio che esso scrive intorno al Sinodo di Basilea, a fine di dimostrare il valore conciliare e, se piace a Dio, anche dommalico di que* Decreti. E noi terremo 1'hrvito, recandoci dal canto nostro ad esaminare i suoi argomenli ; non per vero biso- gno che v' abbia di difendere per tal modo S. Antonino; ma piu ve- ramente perche si vegga a quali ree conseguenze condusse il Bos- suet , e debba per se condurre, la dottrina da lui sostenuta. Ma in- nanzi tratto ci e uopo esporre brevemente gli Atti basileesi, che so- no il fondamento di tutta la quistione.

II Concilio di Basilea 2, benche legittimamente convocato gia tem- po innanzi da Martino V e di poi dal suo successore Eugenio IV ; nondimeno quasi prima che cominciasse fu dichiarato sciolto dallo stesso Eugenio : il quale invece ne intimaYa un altro in Bologna, che sarebbesi aperto quindi a diciotto mesi; e prometteva d'interve- nirvi egli stesso. Gravissime cagioni indussero il S. Padre a questa mutazione : le principal! che accennava, erano : lo scarsissimo nume- ro dei Padri convenuti in Basilea ; i tumulti accaduti e che temeansi

1 Ergo anterlora basileensia ante hanc dissolutlonem, sive potius trans- lationem,pro canonlce attis habet Antoninus; licet in his actis Constantien- sia decreta firmcnlur, ut suo loco videbimus. Append, lib. II, cap. 4.

2 Quesia nostra csposizione e ricavata per la massima parte dalla grande Collezione de' Concilii del Labbe, e degli Annali ecclesiastici del Rainaldo.

Sent VIJ, vol. IV, fasc. 450. il 9 Decembre 1868.

690 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIY. DI FIRENZE

maggiori in questa citta ; le guerre che infierivano nei \icini paesi fra i duchi d' Austria e di Borgogna; e massimamente la promessa dell'imperatore di Costantinopoli, che i Greci ben volentieri inter- verrebbero al Concilio, per trattare della loro riunione colla Cliiesa latina, se questo si celebrasse in una citta dell' Italia. Se nori che il Cardinale legato , Giuliano Cesarini , a cui era indirizzato quest' or- dine del Papa, presso il medesimo tempo avea con sue lettere invi- tato al Concilio, a nome suo e dei Padri, gli eretici ussiti di Boe- mia; vituperando cio che la Chiesa ayea prima d' allora operato con- tro essi, e proponendo condizioni ingiuriose alia causa cattolica. Pero tro\andosi , si per questa e si per altre ragioni , gravemente impe- gnato nella prosecuzione del Concilio, e cio altamente desiderando i Padri adunati ; scrisse al Pontefice una lettera poco rispcttosa, con cui rispondeva alle sue ragioni, dimostrando alia stess' ora la nc- cessila del Concilio in quel luogo : e senz' attendere la risposta del S. Padre intimo o fe' proseguire la prima sessione, com' era sollcci- tato dai piu ardenti.

DaU' allra parte il Pontefice, avuta contezza dclla imprudente let- tera del legato ai Boemi, prima ancora che gli giugnesse la notizia del proseguimento illegale dell' adunanza, die fuori un editto col qnale biasimava la forma dell' invito, fatto dal legato agli erelici boemi; dichiarava sciolto il concilio inBasilea; e promulgava il de- creto della traslazione in Bologna. In quesli medesimi sensi scrisse a Sigismondo, gia eletto imperatore, benche non ancora incoronato ; sollecitandolo insieme a mandare suoi legati all' imperatore greco.

Da quel punto cominciarono i procedimenti apertamente ostili de- gli adunati di Basil ea. Conciossiache persistendo il S. Padre nella presa deter minazione, ne lasciandosi smuovere o sia dalle istanze del Carflinale legato , o sia dalle suppliche di Sigismondo; cio non ostante fu celebrata la seconda sessione 1 ; messovi per fondamento dei futuri atti un decreto, col quale si stabiliva 1'assoluta superiorita dei Concilii general! sopra il Papa, e proponeasi come una fra le opere da compiere la riformazione della Chiesa nel Capo e nelle membra.

1 II di IS Marzo, 1432.

INTORNO ALL! INFALLIBILITA DE* PAPI 691

A quest! si ardiii passi dicdero la spinta varie favorevoli circostan- ze : la risposta de' Boemi, che accettavano le offerte condizioni per trattare nel Concilio I'accordo: il numero de' Padri die veniva ogni di crescendo: 1' asscnso di re Carlo alia doraanda di un' assemblea di 26 prelati della chiesa gallicana ; i quali, dichiarata la necessita di proseguire il Concilio in Basilea, lo pregavano che si facesse in- terceditore presso il S. Padre per la continuazione di quello, c in- tanto desse facolta ai Vescovi francesi di par tire per Basilea: un si- mile favore ottenulo dal re Airigo d' Inghilterra , dopo tre consulte, che per ordine del medesimo furono tenute in tre luoghi diversi da alcuni prelati inglesi : fmalmente Y arrivo di nuovi orator! del Re di Castiglia.

E gli atti di ostilita contro il S. Padre crebbero ancora nelle se- guenti sessioni. Nella terza 1 osarono intimargli, che dovesse prc- sentarsi al Concilio o di persona, o almeno per mezzo di legati. Nella quarta 2 fu dato amplissimo salvocondotto agli eretici di Boemia per venire al Concilio e disputarvi. Quivi pure fu decretato, che se per caso, durante il Concilio, il Papa venisse a morte; non altrove che nello slesso Concilio si dovesse eleggere il successore. II qual de- creto fu confermato in piu altre sessioni, manifes'.andosi, come notano gli storici, e lo stesso Eugenio in una sua lettera, troppo manifesta- mente in taluni la voglia di salire sopra il trono di S. Pietro. Nella stessa sessione fu vietato al Papa di creare nuovi Cardinali. Nella quinta 3 si arrogarono, contra ogni dritto e consuetudine, 1'arbitrio delle cause, nominando a quest' uopo giudici che le dovessero dec!- dere, e stabilendo che non potessero differirsi oltre a tre mesi. Del- la quale usurpazione non fu consigliatrice la superbia soltanto , ma anche Vavarizia, come osservo Eugenio, rimproverando a que' pre- lati di aver cangiato il Concilio in un emporio forense 4.

Dall' altro lato il S. Padre, desideroso di pur ricondurre quell' as- semblea a ragionevoli sentimenti, ne omai polendosi piu fidare del Cardinal Cesarini ; vi spedi suoi legali straordinarii , i principal!

1 II di 29 Aprile.

2 II di 20 Giugno.

3 II di 13 Agosto.

4 In lilt, datis an. 1436, n. 8. Vid. RAIN, ad an. 1432, n. XI.

092 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

de' quali furono Andfea di Costantinopoli areivescovo di Colossi , e Giovanni arcivescovo di Taranto. Parlarono a lungo prima 1' arcive- scovo di Colossi e poi qucllo di Taranto; dall'una parte meltendo in moslra i privilegi del Romano Ponliticato, e dall' altra facendo rilevare con buone maniere il lorto del Concilio. Per rispetto poi al trasferimento in Bologna, ne dimostrarono 1' opportunity, massima- mente per non porre ostacolo alia intervenzione de' Greci , i quali melteano per condizione die il Sinodo fosse celebrato in qualche cit- la dell' Italia. Nofy doversi anteporre alle promesse sincere de' Greci le subdole de' Boemi. Che se questi operano con retto animo, non es- ser per essi, come pe' Greci, buona difficolta la distanza del luogo. Per ogni modo, se ai Padri non piace Bologna, propongano qua- lunque allra citta d' Italia; e il S. Padre senz' altro differimento fara la convocazione del Sinodo ; e vi presedera egli stesso in persona.

Cosi temperate proposizioni furono accolte con dispetto da' congre- gali di Basilea. Nella riunione che fu tenula alcuni giorni appresso, con superbo discorso accusarono il Papa di peccato contro lo Spirito Santo perche brigavasi d' impedire il proseguimento del Sinodo le- gittimamente adunato, e che aveva da Gesu Cristo suprema auto- rita, anche sopra il Pontefice. Dicluararono quindi di avere operato con giuslizia citando Eugenio al Concilio, e di persister tuttora negli stessi sentimenti. Di fatto nella sesta sessione, a cui fu dato princi- pio tre giorni dopo 1, fu mossa solenne accusa contro Eugenio; per- che avvisato di revocare 1'editto di scioglimento del Concilio, e ve- nirvi di persona o mandarvi suoi legati, non avea obbedito. Pro- testarono i Nunzii pontificii ; e \' arcivescovo di Taranto scongiuro eon gravi e amorevoli parole i Padri, che non volessero dar lo scandalo di aprire con teraerario attentato un giudizio contro il Capo della Chiesa. Quelli risposero arrogantemente che avrebbero delibe- rato. Ma poco stante 1' attore delle cause sinodali accuso di contu- macia i Cardinali, che chiamati non erano intervenuti. Nella setti- ma e nell'ottava sessione 2 si confermarono alcuni de' decreti gia fat- ti in onta della potesta pontificia. Nell' otlava segnatamente fu rinno-

1 II di 6 Settembre.

2 A' 6 di Novembre e a' 18 di Decembre.

INTORNO ALL A INFALLIBILITA DE* PAPI 693

vato il monitorio sinodale al Papa, che nel termine di sessanta gior- ni dovesse revocare 1' editto di dissoluzione del Concilio di Basilea, e recarvisi di persona o mandarvi legati : non obbedendo si sarebbe proceduto eontro di lui. Ai Cardinal! poi, che non intervenissero, fu rainacciata la perdita della dignita cardinalizia, e la degradazione se sacerdoti; e eontro a quelli che andassero a Bologna fu pronun- ziata la pena della scomunica e della inabilita di esser ordinati sa- cerdoti anche dal Papa. Presso il medesimo tempo, con altro atto di singolare arbitrio, crearono preside di Avignone e della contea di Yenosa Alfonso Gardinale di S. Eustachio, che si valse della sua nuova potenza per combattere eontro il Sommo Pontefice.

II S. Padre, cosi acerbamente offeso da que' rioltosi, non tralascio di ammonire i fedeli con sue pubbliche lettere della illegalita degli •atli di Basilea, dichiarando sciolto quel concilio, e proibendo ai prelali di accorrervi. Cio non ostante, supplicato vivamente da Sigis- mondo e da altri principi, specialmente di Germania, i quali aveano grande speranza nel Concilio per la riduzione degli eretici di Boe- mia, si Liscio indurre a trattare novamente di accordo, mandando a questo fine come Nunzii straordinarii Gristoforo vescovo di Cervia, Giovanni Mella notario e due abbati. Le principal! fra le istruzioni die diede ad essi, erano: quanto al luogo del Concilio, di offrire ai Padri la scelta di qualunque citla d' Italia, acciocche il S. Padre po- tesse aver agio d' intervenirvi di persona : il die sembrava neces- sario. Che se per ogni modo volessero esclusa 1' Italia, nominasse- ro dello stesso lor numero dodici deputati, i quali di comune accor- do dovessero designare quella citta che lor piu piacesse della Ger- mania, sol che non fosse Basilea. Ouanto poi alle cose da trattare nel Concilio, i capi da proporre erano : la riduzione dei Boemi ; la riforma della disciplina ecclesiastica ; la concordia da procurare Ira i principi cristiani. Intanto i Padri annullassero tutti gli atti giu- diziarii, compiuti in Basilea, com'esso annullava lutli gli alti emana- ti eontro il Concilio. In conformita a quest' ultima condizione , il S. Padre concedeva ai suoi legati ampia facolta di assolvere i con- gregati di Basilea da tutte le censure, incorse per gli attentati com- messi eontro la potesta pontificia.

694 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

Presso il tempo clic decretavasi questa Icgazione, giunsero in Basilea i deputali de'Boemi; e furono con molta solennita e singo- lari dimostrazioni di onore ricevuti dai cittadini e dal Concilio. Circa cinquanta giorni vennero consumati in dispute; le quali, come avea preveduto il S. Padre, non riuscirono ad altro che a scambievoli d- picchi, ed a maggiore ostinazione dalla parte degli eretici. Fu allo- ra deciso di mandare nella Boemia alcuni ambasciatori del Sino- do; i quali, evitando ogni discussione, trattassero co' capi della fa- zione, e concedessero loro, intorno ai quattro articoli stati propo- sti nel Concilio , tutto cio che era possibile senza pregiudizio della fede e scandalo de' fedeli. La missione sorti in buona parte 1' effet- to desiderato; e la speranza, che si sarebbe facilmente venuto ad un felice accordo, ebbe gran forza nell' animo del S. Padre, per farlo condiscendere alle replicate istanze di Sigismondo e di altri principi in favor del Concilio, non ostante le nuove e sempre maggiori inso- lenze di questo.

In effetto i congregati, rigeltata come ingiuriosa V amorevole esibizione del Pontefice, di farli prosciogliere per mezzo de' legati dalle incorse censure (perciocche protestavano d'aver operato con giustizia e santamenle) ; nella decima,sessione 1 rifmtarono anche ogni proposta diconcordia, facendola essi dipendere essenzialmente dalla continuazione delle sessioni in Basilea ; ed anzi rinnovarono il decreto contro il S. Padre per non aver abrogate 1' editto del trasfe- rimenlo in Bologna. Per contrario il S. Padre, longanime nella pa- zienza ed invitto nella carita, non volendo che la persistenza nel suo proposito creasse impedimenti alia conversione de' Boemi, e cedendo alle nuove istanze che gli faceano i principi elettoi i con una legazio- ne straordinaria ; si contento di ristaurarc il Concilio di Basilea con suo Diploma, che comincia Ad sacram Petri Sedpm, ed ha la data del di 16 innanzi alle calende di Marza. In esso espone le ragioni del Decreto anterior e di traslazione, e quelle per cui ora muta pare- re : promette che quanto prima mandera suoi legati a presedere : e stabilisce la materia delle cose da trattare nel Concilio , la qualo

1 II di 19 Febbraio 1433.

INTORNO ALLA INFALLIBILITA DE' PAPI 695

reslringe alia riduzione de' Boemi eretici, ed alia concordia da pro- curare fra i principi cristiani.

Quest' alto del Pontefice, corn' e chiaro per le date, ebbe luogo circa il medesimo tempo, che i suoi Nunzii traltavano co' Padri so- pra il fondamento delle istruzioni avute I'aimo precedente. II nuovo edilto giunse ad essi nel mese di Marzo, e lo mostrarono ad alcuni e forse anche a tutli i prelati di Basil ea. Ma facendo questi difficol- ta sopra cio che diceva il Pontefice, che ei manderebbe nuovi presi- di : il che era come un convocare novamente il Concilio in Basilea, e non riconoscere i suoi atti precedent! ; i legati credettero bene spedire in Roma il vescovo di Cervia per indurre il S. Padre a fare piu larghe concessioni , e tor re cosi ogni pretesto agli scandali. 11 S. Padre tenne una via di mezzo. Scriveva con data de' 9 Maggio, essere stata sua intenzione che il Concilio non patisse indugio ; e percio aver destinato quattro Cardinali , che dovesseio tosto partire per presedervi. Ma poiche al loro pronto viaggio s' erano frapposti impediment!, destinava a surrogarli interinamente quattro prelati che si trovavano in Basilea. A questi con altra lettera de' 10 ag- giunse lo stesso Cardinal Cesarini, statogli cosi infedele. Presenta- te queste scritture dal Cerviese con calda esortazione ai Padri, che finalmente si volessero riconciliare col Capo della Chiesa e loro; non ne fu nulla. Diceano che il Papa non avea punto ubbidito alle ammoniziom del Concilio : avere si veramente provveduto al Conci- lio per 1'avvenire; ma non riconoscere ne confermare gli atti prece- dent]. OHre che restringeva 1' autorita di esso a due capi soltanto ; alia riduzione degli eretici, ed alia pace da conciliare fra i princi- pi: e per contrario era data tal potesta ai Cardinali legati, che se il Concilio alcuna cosa decidesse che quelli non approvassero, il de- creto non avesse valore. E pure non solo i presidi, ma altresi il Pontefice dover soltostare alia potesta anche coattiva del Concilio. Prolestarono dunque di non accettare i nuovi legati coll' autorila, che era ad essi attribuita ; pretendendo inoltre che il Pontefice do- vesse approvare tutte le innovazioni , attentate siri' allora contro la ponlificia autorita.

696 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

Con queste ree disposizioni adunatisi per la undecima sessione 1 , sancirono di nuovo die il Pontefice fosse temito di venire al Concilio o mandarvi legati. Che se tentasse scioglierlo o mutarne il luogo, e passati quattro mesi non si emendasse , rimanesse sospeso dal- 1'esercizio della potesta ponlificia ; il cui uso sarebbe intanlo devo- luto al Concilio. Se poi per altri due mesi persistesse neir ostina- zione, si tralterebbe di deporlo. Rinnovarono il decreto, con cui fa- ceano lecito'ai Cardinali di recarsi al Concilio contro alia volonta del S. Padre, e statuirono che non potesse ne esser sciolto ne trasferi- to, se non concorrendo i voti di due terze parti de' congregati.

Presso il medesimo tempo accadde la incoronazione deirimperatorc Sigismondo in Roma ; e fu compiuta con tutte le solennita che erano di rito. In questa occasione, avendo esso dovuto pronunziare i con- sueti giuramenti a tutela e difesa della S. Sede, si era in particolare impegnato di fare ogn' opera per guarentire i supremi diritti del Pon- tefice contro le macchinazioni di Basilea. Con tutto ci6 , nel tempo istesso che indirizzava in Basilea gravi lettere per distornare i per- versi intendimenti contro il S. Padre ; dall' altro lato facea ogni forza nell* ammo di questo per farlo accondiscendere alle propostc de'Basileesi. Ne cio per infinto animo ne ostile; poiche anzi non avea giammai aderito ai temerarii atti di quell' adunanza : ma egli credea certo che sol per mezzo di un concilio , che si fosse tenuto in Basi- lea, era possibile la soggezione de'Boemi e la pace dell'impero.

Dair altro canto i congregati di Basilea, non facendo nessun caso delle raccomandazioni dell' Imperatore, proseguirono i loro alti con- tro il Pontefice. E pero nella sessione decimaseconda 2 protestarono pubblicamente di aver mandati oratori ad Eugenio per ismoverlo da' suoi propositi ; lo stesso aver tentato V Imperatore , ma inutil- mente : essersi percio istituito il giudizio contro di lui ; ed egli aver- lo eluso. Si esigeva dunque che dichiarasse: Avere il Concilio avuta continuazione sin dal principio, ed aver la tuttavia. Conformemente alia quale dichiarazione , aderisse puramenle e semplicemente ad esso Concilio; notificando la Revocazione de' suoi editti, la sua Di-

1 II di 27 di Aprile.

2 II di 15 di Luglio.

INTORNO ALL! i:\FALLIBILITA DE* PAPI 697

ckiarazione e 1'Adesione al medesimo, per mezzo di Bolle secondo Ie forme consuete; e cio nel termine di 60 giorni a cominciare da quello. Yalico il tissato termine senza un tal alto, lo dichiaravano decaduto dall' esercizio della potesta pontificia. Fecero anche un de- creto intorno alia elezione de' presuli delle chiese, e con esso tolsero al Pontcfice il diritto delle riserve alia S. Sede, se non fosse per ri- spelto a quelle che si trovassero negli Stall pontificii, o venissero espressamente mentovate nelle leggi canoniche.

II S. Padre, sollecitato da Sigismondo a trovar maniera di accor- do per la pace della Ckiesa, che \ersava nel pericolo di un funestis- simo scisma; accelto una transazione, che questi gli proponeva: essa era di ammetter la formola, che il Concilio avesse avuto seguito si- no a quel termine. Diede dunque col 1 di Agosto un Decreto, con cui dichiarava, che non sussistendo oggimai alcune fra le princi- pali cagioni , per cui aveva decretato il trasferimento del Concilio , e niente desiderando meglio, se non che, pacificati gli animi si vol- gesse ogni cura alia eslirpazione dell'eresie, a far cessare le guerre, ed alia riforma de' costumi nel popolo cristiano; secondo il consiglio e per istanza di Sigismondo imperatore, e udito ancora il parere de' Cardinal!, si contentava e voleva che il Concilio di Basilea s'in- lendesse continuato dal suo principio, e dovess'essere conlinuato per rispetto alle malerie accennale. Che pero rivocava tutti i decreti di scioglimento, e dichiarava di accettare puramente e semplicemente c con affelto di carita il Concilio, e gli prometteva ogni suo favore. II Concilio dal canto suo fosse obbligalo, di ammettere i legati pon- tificii alia presidenza , e prima di ogni altra cosa annullare tutti gli atti lesivi dell' autorita pontificia, o emanati contro i Cardinali c qualsivoglia persona, che avesse favorita la causa della Santa Sede.

Ma neppure a quest' ampia adesione si acquetai ono ; trovando ca- gioni di appiglio, massimamente sopra quella espressione « ci con- tentiamo » , la quale a lor parere indicava piuttosto una tolleranza , che una sincera approvazione degli antecedenti del Concilio. E per- cio rifiutate le pontificie concessioni , sarebbero prorotti nella deci- materza sessione 1 a nuoyi atti contro il S. Padre, se il Duca di Ba-

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1 11 di 13 di Settembre.

698 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

viera, che tenea le veci cleir Imperatorc, non si fosse opposto, vo~ lendo che si aspettasse il ritorno di questo. Ritorno di fatto qualche mese appresso Sigismondo, ed intervenne decorate degli abiti e del- le insegne imperial! alia decimaquarta sessione 1. Ma non ostante il prestigio della imperiale maesta e le gravi parole che pronunci6, il meglio che gli venne fatto di ottenere fu, che il termine de' sessanta giorni, iissati al Pontefice per la comparsa al Concilio, venisse pro- rogato a novanta; e intanto ei prometteva di adoperarsi a tutto potere a fine d'indurre il S. Padre ad assentire alia formola d'accordo, che essi stessi proper rebbero, purche tale che fosse accettabile.

La formola che fu proposla da essere presentata al S. Padre c sot- toscritta da lui, si contenea ne' seguenti sensi: « Che, essendo surte gravi dissensioni, e maggiori temendosi, per la dissoluzione intima- ta del sacro e generale Concilio di Basilea, legittimamente adunato per la estirpazione dell'eresie, per la generale riformazione della Chiesa nel Capo e nelle membra, e per altre cose relative alle stesse materie; il S. Padre, avendo sommamente a cuore, che le predette sante opere sortissero il desiderate effetto , decretava che il mento- vato generale Concilio di Basilea dal tempo del suo cominciamenlo era stato legittimamente continuato, che lo era tuttavia, e dovesse aver seguito, pe' fini sopraddelti ed altre cose relative ad essi, non altrimenti che se nessun decreto di dissoluziene fosse stato interposto. Anzi che il S. Padre, dichiarando irrita e nulla la sopraddetta dis- soluzione, accettava lo stesso sacro Concilio di Basilea puramente, semplicemente ed in effetto, e con ogni devozione lo favoriva ed in- tendeva favorirlo. » Seguita la forma della rivocazione de' process!, delle censure, delle sospensioni, delle privazioni contro i membri del Concilio e suoi aderenti, e di lulti gli atti emanati in pregiudizio, lesione e derogazione degli stessi. In particolare si prescriveva 1'an- nullazione delle bolle, Inscrutabilis ed In arcano, emanate negli ultimi mesi contro il Concilio , ed anche di una terza apocrifa Dens novit; esigendosi per cautela che venissero inserite verbo a verbo nel nuovo Atto. Termina il documento colla dichiarazione o promes- sa, che imponeasi al S. Padre, di stare al giudizio del Concilio per

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1 II dl 3 di Novembre.

INTORNO ALL A INFALLIBILITA DE* PAPI 099

quel che concerncva il valore della fattagli citazione e della sua difesa *.

Grandissiraa sin qui era stata la condiscendenza del S. Padre; e chi esamina i molteplici document!, nel tempo delle accennate con- tese, o sia di pubblici atti, o sia di private lettere dirette a principi e cospicui personaggi, specialmente a Francesco Foscari duca di Venezia; vedra facilmente quanto fosse il suo desiderio di ristabilire nella Chiesa la concordia, anche a costo di grandi sagrifizii, purche non fossero della coscienza e dell'onore di Dio.'Or egli era combattu- to fra due contrarii partiti: o accelterebbe la formola; e questo, oltre che tornava a grandc umiliazione della S. Sede, darebbe appiglio ai nemici di essa di dedurne conseguenze in pregiudizio de' diritti, di- vinamente conferiti al Pontificato romano : o esso non accetterebbe; e il pericolo di uno scisma, forse piu funesto dell' estinto poc' anzi, era imminenle.

Di fatto 1'ostinazione e pervicacia de' Basileesi si dimostrava ogni di maggiore: con essi stavano quasi tutti i principi, alcuni per inte- ressi di parte contro la S. Sede, e i piu, come poco intendenti delle ragioni ecclesiastiche, per la opinione concepita, che la importuna resistenza del Pontefice impediva i sommi \antaggi, si religiosi, si pubblici, che il mondo intero si aspettava dal Concilio. Dall'altro canto Eugenio si trovava attorniato da nemici esterni , che da ogni lato lo combatlevano, principale do/ quali era il Duca di Milano; ed inoltrc oppugnato fieramente, nella sua stessa capitale, dalla fazione de' Colonnesi. Di fatto in quest' anno medesimo ei si trovo ridolto a dover fuggire di celato in Firenze, per non esser sorpreso e tradotto \ iolentemente al Concilio , com' era minacciato : e nella detta citt& ebbe quasi miracolosamente a campare da un somigliante pericolo, per le insidie che gli furono tese da alcuni fautori del Duca di Milano.

Adunque il S. Padre, messo dal Concilio a strette cosi crudeli e in cosi fatte condizioni di tempi, credette, secondo anche il censi- glio de' Cardinali, di poter accettare in buona coscienza la formola che gli era proposta, unico mezzo di soffogare lo scisma in sul pri- mo suo nascerc.

cominc

1 Abbiamo tradotto letteralmente le parti sostanziali di questa formola, che cia: Dudum sacrum generate Concilium, etc.

700 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIY. DI FIRENZE

L'Atto del Pontefice fu letto nella decimasesla sessione 1 , ed ac- colto, a parole, assai favorevolmente dall' assemblea. Diciamo a pa- role ; poiche non tardo guari e le ostilita contro il Papa ricomincia- rono come prima : in tanto che i legati , la cui autorita nella XVII sessione 2 fu ridotta alia sola presidenza di onore, a fine di prote- stare piu energicamente , per alquante di quelle riunioni si astenne- ro d'intervenire.

Ma noi non verremo narrando gli altri atti di temerita, die quin- di appresso dopo la ristorazione del Concilio si succedettero senza inter rompimenlo ; poiche non toccano direttamente la nostra quistio- ne. Noteremo soltanto che gli stessi eccessi, a cui era condotta la moltitudine dalla pervicacia e prepotenza del partito avverso alia S. Sede, fecero rinsayire i piu : di guisa che, come attesta Eugenio in una sua lunga apologia falta pubblicare nell'anno 1435, 1& doye col ristaurarsi del Concilio, i Vcscovi che \i convennero toccavano i 150, dopo appena un anno o poc' oltre non vi si contayano piu di 25. Finalmente nel 1437 la miglior parte di quelle reliquie di Con* cilio convenne col S. Padre di trasferirsi in Ferrara, per dare agio ai Greci d' intervening : e cosi fu falto. Se non che gittatasi in quella citta una fiera pestilenza ; il Sinodo nel seguente anno si tramulo in Firenze; e quivi proseguito per circa due lustri, da ultimo fu con- chiuso felicemenle in Roma. Intanto la parte piu fecciosa di Basilea, quasi tutta del minor clero , rimase li a continuare ostinatamente lo scisma, che ebbe suo coronamento colla elezione in an ti papa di Ame- deo di Savoia, il quale prese il nome di Felice.

Sopra la serie di questi fatti argomenta il Bossuet, per molti capi- toli del libro sesto della sua Difesa, a fin di dedurne la conseguenza, che la superiorita del Concilio generale sopra il Papa fu nella Chie- sa esercitata di fatlo , e riconosciuta di dritlo. Donde inferisce nel- YAppendice, che avendo S. Antonino dato il titolo di conciliabolo al Sinodo di Basilea, sol da quel punto che fu trasferito in Ferrara ; egli riconosce come canonici i suoi atti antecedent!, e quindi am- mette il fatto e il dritto della detta dottrina.

1 A' 13 di Gennaio delTanno 1434. 2Ildi28diAprile.

INTORNO ALLA INFALLIBIL1TA DE' PAPI 701

VIII.

Confutazione deyli argomenti, die il Bossuet deduce dal Concilia di Basilea. Soluzione delta difficolta, opposta dal citato passo di S. Antonino.

Prima di rispondere all' argoraento , rica\ralo dalle parole di S. Antonino, ci conviene, come abbiamo promesso, esaminare quel- li, pe' quali il Bossuet crede poter inferire dagli Alt! di Basilea, non sappiamo se come domma di fede cattolica, ma certo come verita teologica, la superiorita de' concilii generali sopra il Papa. Ed ecco il processo della sua dimostrazione.

La prima cosa che fa, nell' entrare in questo arringo, e di met- tere in sodo che il Concilio, sino da' suoi principii, non solo de- fmi la sua superiorita e quella di tutti i concilii generali sopra il Pontefice ; ma diportossi come superiore per tutto il tempo che fu continualo. Non possiamo negare che la sua dimostrazione per que- sto capo concluda: diremo anzi che il Bossuet, per la soverchia fi- ducia che aveva nella tesi, se la passa troppo leggermente sopra le sue pruove, omeltendo le piu rilevanti circostanze , con che avria potuto mettcrla in maggior evidenza. Ma a questo supplisce col tac- ciare che fa, sebbene colle altrui parole, le intenzioni di quel piissi- mo Papa che fu Eugenio, quasi anteponesse i meschini inleressi del- T amor proprio ai vantaggi della Chiesa ; e dall'altra parte coll'esal- tare lo zelo, la prudenza e pur anco la moderazione de'prelati di Basi- lea, come se avessero operate da eroi nel far resistenza al Pontefice.

Se non che il fatto per se non pruova il dritto. E nel casopresente il fatto della superiorita, voluta esercitare dai prelati di Basilea so- pra il Papa, dimostrera usurpazione, violenza, sacrilegio e spirito scismatico, se esso fu scompagnato dal drilto. Laonde il Bossuet fa ogni sforzo, con nove capitoli e piu, di far costarc questo drilto; e cio per la slessa autorita del Pontefice Eugenio. A noi e impossibile metterci a discutere i singoli argomenti , da lui ampiamente svolti per si lungo tratto; a che sarebbe uopo di un libro. Ma neppure e necessario. Tutti cotesti suoi argomenti si tengono sopra un comune fondamento, che e la formola Dudwn sacrum, imposta dal Concilio^e

702 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

mandata al S. Padre, clie dovesse inserirla verbalmenle nella sua Bolla/ Ma noi mostreremo ad evidenza, eke da questo documento non seguita nessun vantaggio alia sentenza del Bossuet ; e con cio solo sara risposlo con sufficienza a lulte le argomentazioni , che vi fa sopra , senza che sia bisogno d' infastidire i leltori colla confuta- zione del singoli sofismi.

Ecco intanto il fondamento di lutti gli argomenti del Bossuet. Le cose, egli dice, che furono dal Concilio proposte al Papa colla formo- la Dudmn sacrum, e che il Papa accetto apponendovi la sua firma, si riducono ai cinque capi seguenti. 1.° Che il Concilio dal suo eomin- ciamento avesse avuto ed avesse continuazione. 2.° Che la dissolu- zione promulgata per Eugenio fosse stata di niun valore. 3.° Che si- milmente niun valore avessero avuto e dovessero avere le tre Bolle, Inscntiabilis, In arcano e Deus nomt, edite conlro il Concilio. 4.° Che ugualmente nullo si dichiarasse qualunque atto pontificio sia con- tro i'membri del Concilio, sia contro i fautori. 5.° Che il Pontefice dovesse stare al giudizio del Sinodo, se la sua citazione e difesa fosse stata legiltima. Ma questi punti sono la piu evidente dimostrazione della superioriia del Concilio generale sopra il Papa anche certo, co- rn' era Eugenio : Adunque, egli conchiude, e cosa indubitata che 1'au- torita del Concilio ecumenico sapra il Papa anche certo, fu non solo dichiarata ma anche messa in pratica dal Sinodo; e che il Papa stes- so la riconobbe per mezzo di un diploma, di cui non puo darsi il piu solenne, perche promulgate nello stesso Sinodo ecumenico, e confer- mato dalla sentenza di questo.

Prima d' ogni altra cosa osserviamo, che il punto principale del Bossuet e di provare, che quei decreti del Concilio, co' quali fu de- finita la superiorita de' sinodi generali sopra il Papa, avessero valore per la confermazione pontificia. Ma una tale confermazione non ri- sulta per nulla dalla detta Bolla. II che si pruova, in primo luogo, per lo stesso tenore della Bolla; giacche in essa non si fa motto dei decreti; ma solo si consenle a dire, che il Concilio legittimamente incominciato, si dovesse intendere aver avuto seguito sino a quel punto. II che non equivale a confermarne gli atti; giacche in tal ca- so ogni concilio generale, per cio solo che riconosciuto legittimo dal Pontefice , non avrebbe altro bisogno perche i suoi decreti s' inten-

INTORNO ALLA INFALLIBILITA DE' PAPI 703

dessero confermati da questo. Anzi sc negli altri concilii, i decreti emanati dai Padi i , anche solto la presidenza e col suffragio del le- gati pontificii, hanno bisogno, per aver valore, della confermazione del Ponlefice; molto piu ne aveano necessita quei decreti basilcesi, i quali furono emanati non pure senza 1' intervento dei legati, ma dopo che il Papa avea intimata la dissoluzione di quell' adunanza. In se- condo luogo si prova coll' autorita dello stesso Concilio di Basilca. Perciocche , come attesta il Cardinale Torrecremata , testimonio di presenza, quei Padri, dopo ottemita la Bolla di cui trattiamo, benche s' adoprassero coi loro orator! e per via di calde supplicazioni , di ottenere da Eugenio 1' appro vazione e confermazione dei lor docreti, non 1'ebbero mai: Numquam tamen talem approbationem aut con- firmationem habere potuerunt 1. Erano dunque persuasi che nella Bolla Dudum non conteneasi una tale confermazione. In terzo luogo si prova coll' autorita del medesimo Eugenio ; poiche come attesta il mentovato Torrecremata, in una pubblica disputa sopra certe tesi, che esso in minore fortuna difendeva in Firenze, essendo presente il Papa e molti Cardinali e prelati, il Cardinal Cesarini, facendo le par- ti di arguente , gli allego contro il Diploma Dudum sacrum di Eu- genio. A questo prese la parola lo stesso Eugenio, e dichiaro pub- blicamente, che esso con quella Bolla avea si bene approvato il pro- cedimento del Concilio, volendo che proseguisse, come avea comin- ciato; ma che non ne avea menomamente approvati i decreti. Nos quidem bene (furono le testuali parole del S. Padre) progressum Con- cilii adprohavimus, volentes ut procederet, sicut inceperat; non ta- men adprobavimus ems decreta.

Non puo dunque farsi quistione, per rispetto a quei decreto ba- sileese , di niuna conferma pontificia , per la quale soltanto possono acquistare valore defmitivo i decreti de' concilii, com' e forza che concedano gli stcssi gallicani se vogliono esser cattolici. E pero e falso cio che tante volte il Bossuet si argomenta d'inferire per 1'ac- cennata Bolla; vale a dire, che la superiorita del Concilio sopra il Papa e una verita appartenente alia fede, ed anzi, se piace a Dio, un domma di fede catlolica.

1 Card. BE TURRECRENATA Sum, de Eccl. lib. II, c. 100.

704 LA BOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

La quistione che puo farsi sul proposito di qaella Bolla riguar- da da prima il riconoscimenlo del Concilio per quel tempo che era stato annullato, dichiarandosi per quest' effetto di niun valore le Bolle che 1'annullavano : ed in secondo luogo la promessa che da il Pontefice stesso di stare alia sentenza del Concilio quanto al valore della citazione che gli fu fatta, e della sua difesa.

Ma fu libera la Bolla Dudum , che il Papa fu obbligato di sotlo- scrivere? Basta di porre mente a tutte le circostanze, si antecedent! come concomitanti, per esser convinto che ben altri erano gl'inten- dimenti del Papa, e che se pose la sua lirma a pie di quelle pagine, lo fece costrettovi da massima violenza morale. Per cio che spetta agli anlecedenti, si dia uno sguardo a tutti gli atti, che esso die fuori liberamente, per intendere quali fossero i suoi veri sentimenti Che se mai per nuove cagioni avesse mutato parere quanto al trasferi- mento del Concilio dalla citta di Basilea in altra qualunque ; avreb* be mai di proprio senno sancito, che durante il tempo dell'annulla- zione, il Concilio continuato contro le sue decretazioni fosse stato legittimamente proseguilo? E pognamo che si fosse accorto, che le cagioni per le quali lo avea disciolto, erano cagioni apprese ma non vere ; non bastava la sua ferma volonta, tante volte manifestata, di non volere la continuazione del Concilio, tingiamo anche per cagioni insussistenti, perche il Concilio cosi continuato contro i suoi voleri fosse illegittimo? E se mancarono altre giuste cagioni, non erano sufficientissimi per volerlo giustamente disperse i temerarii atti, ten- tati contro di lui? E mancando eziandio questi, non era bastante, a far che il Concilio fosse nullo, 1' esser celebrato senza i legati ponti- ficii? Adunque per questi fatti antecedent! e impossibile che il Pon- tefice , di proprio moto e liberamente , volesse sentenziare che il Concilio fosse stato legittimamente continuato , e i suoi editti , che dichiaravanlo sciolto, non avessero avuto valore.

Ma piu direttamente si fa chiara la stessa verita per le circostan- ze concomitanti. In quali condizioni il S. Padre accett6 e fece sua la Bolla Dudum, fattagli presentare dai Basilesi? Quando tutt'i principi, quali per mai animo, e quali in buona fede, si erano ac- costati al Concilio, e i piu devoti della S. Sede, com' erano Sigismon- do imperatore, gli elettori, il Re di Francia, il duca di Baviera e lo

INTORNO ALLA INFALLIBlLITA Dfi' PAPI 705

stesso ambasciatore veneto, il quale in altri tempi s'era mostrato uno de'piu caldi difensori del S. Padre, gli facevano intendere che non ci era altro modo di evitare supremi mali nella Chiesa ; e die, dove fermasse 1'animo a tuttavia resistere, correa pericolo d'esser abban- donato. Quando il S. Padre era circondato, dentro e fuori la sua me- tropoli, da nemici; i quali o in aperta guerra, o per insidia, avreb- bero potuto, come pur troppo minacciavano, mettergli addosso le sacrileghe mani, e trascinarlo come reo innanzi al Concilio. Quando finalmente i convenuii in Basilea si mostravano disposlissimi di ve- nire airultimo eccesso di pronunziare lui decaduto dalla cattedra di S. Pietro, e d'insediarvi un antipapa. Or quali funeste conseguenze doveano rappresentarsi alia mente di lui, compiuto che fosse un tal atto, il quale avrebbe rinnovato e forse superato per intensila ed estensione i mali cagionati dallo scisma, che solo poc' anni addietro dopo un mezzo secolo s' era potuto ammorzare?

Pertanto se 1' apprensione di rnali molto minori e capace di far \iolenza ad animi anche forti; non sara delta violenza, questa che pati il S. Padre, non gia per 1' apprensione ma per I'imminenza di gravissime sciagure, e che non pur riguardavano la sua persona par-, iicolare, ma eran volte a sterminio della Chiesa e rovina eterna di milioni di anime? E pero se la violenza morale , che toglie la pie- nezza della liberta, toglie, siccome e noto per gli elementi del drit- to si civile si ecclesiastico, ogni valore giuridico agli atli che si compiono sotto la sua impressione ; qual valore giuridico puo avere la Bolla Dudum, imposta colla minaccia di estremi mali , pubblici della Chiesa e privati del Pontefice?

A quest' argomento, il quale per la sua evidenza fu subito pro- do tto dagli apologisti della S. Sede 1 appena venne fuori la Bolla, il Bossuet soggiugne la seguente risposta. Egli dice, che la violen- za morale toglie si veramente il valore giuridico, ma solo per que- gli atti che non sono obbligatorii ; e T alto che fu imposto ad Euge- nio T obbligava. Ma esso non vide che una tale risposta suppone proprio quella cosa che e in quistione , e cio ch' e piu la suppone

1 Vedi TORRECREMATA loc. cit. Ser ie VII, vol. IV, fasc. 450. 45 11 Decembre

706 LA DOTTRINA DI S. ANTO.MNO ARCIY. DI FIRENZE

come universalmentc indubitata. Di fatto affermando eke Eugenic era obbligato di obbedire al Concilio, egli nan solo suppone che il Concilio e superiore al Papa ; che e il punto di che si controverte ; ma suppone inoitre che cosi fatta superiorita sia unrversalrnente ri- -conosciuta; essendo questa certezza una condizione necessaria, per- ehe abbia luogo 1' obbligazione di cui si traita. Ora , ecceltuala la scuola gallicana, la universalila de' doltori insegna il contrario. Adunque la risposta del Bossuet pecca dall' una parte per petizione di principio, e dair altra per falso supposto.

Ma non per questo vorremmo essere ingiuriosi alia veneranda memoria di Eugenio, argomentando che egli, all'aspetto de' mali an- che gravissimi che soprastavano a lui ed alia Chiesa, si fosse in- dolto ad un' opera intrinsecamente illecita, come sarebbe stalo men- tire pubblicamente, e con atto cosi solenne, in cosa si grave. No: erano a tulti note le circostanze, sotto 1'impero delle quali egli sot- toscrissc; e ognuno poteva e doveva pigliar la norma da quelle stesse circostanze per dare il giusto valore alle sentenze sotloscritte. E certo fra i punti proposti, ne i'annullamento delle Bolle, per quel- la parte che imponeva la dissoluzione del Concilio, ne 1' assoluzio- ne dalle censure fulminate contro i membri del Concilio e loro fan- tori, possono ammetter difiicolta, benche si dia tutto ilvalore die si voglia all' atto di annullamento e diassoluzione. Ouanto poi a quei capi , che sembravano essere contraddittorii in se stessi e lesivi de' diritti della S. Sede; le terribili strelte a cui fu messo il Pontefice, offerivano quella ragionevole interpretetzione, di cui le parole eran ca- paci. S'imponeva che il S. Padre dichiarasse che il Concilio, benche sciolto da lui, benche senza suoi rappresentanti, fosse stato legitti- mamente continuato. E bene; il S. Padre, anche tenendo, come cer- tamente teneva, che il Concilio proseguito contro la espressa volon- ta del Papa era di niun valore; potea per giuste ragioni, con un atto susseguente legiUimare gli atti preceduti, supplendo cosi a quell'au- torita che di lor natura non a\eano. Ne la materia facea ostacolo a cotesta legittimazione ;" poiche i capi, seeondo i quali gli veniva pro- posto di dichiarare la continuazione del Concilio, erano 1' estirpazio- ne dell' eresie , la riforma de' costumi nella Chiesa , i mezzi di pro- curare la concordia fra i priacipi cristiani , ed altre cose a questo

IKTOBNO ALLA 1NFALLIBILITA DE* PAPI 707

relative : soggetti, ne' quali il Concilio non aveva fallato. Cio posto la interpretazione, che naturalmente poteano avere in quelle circo- stanze le parole del Papa, era chc esso, legiltimando gli atti del Concilio per rispetto ai capi predetti, veniva sotto un tale riguardo acollocarlo nella stessa condizione, che se fosse stato legittimamen- te continuato.

La quale interpretazione ammettevano implicitamente , benche senz'avvedersene, gli stessi Basileesi. Perciocche se essi addiman- darono con tanle istanze, e pretesero finalmente con si aperta vio- lenza quella dichiarazione del Papa; cio fu segno che credevano necessaria i'unione del Papa col Concilio, acciocche gli atti di questo avesser valore. Ma qualsivoglia dichiarazione pontificia non avreb- be giammai potuto fare, che nel passato ci fosse stata' quella unione che in realta non vi fu : solo era possibile, che la pontificia autorita supplisse a cotesto difetto, avvalorando i preteriti alti, non altdmen- ti che se fossero stati compiuti colia debita unione del Concilio col Capo della Chiesa. Quest' ultimo senso era dunque il solo, che la domanda de' Basileesi polesse avere senza contraddizione ; e un tal senso per conseguente poteva e dovea unicaniente esser inteso nella dichiarazione che il S. Padre concedette.

Finalmenle, quanto all' ultimo capo, che il Pontefice Eugenic si limelteva a cio che il ConciUo sentenzierebbe intorno al valore del- la citazione a lui fatta e della sua difesa ; la risposta e anche piu fa- cile. Egli potea benissimo riconoscersi superiore al Concilio (e niu- no puo dubitare che tale non si credesse ) , e intanto per impedire i supremi mali intentati alia Chiesa, rimettersi al giudizio de' suoi m- feriori. In questo non era ne falsita ne contraddizione.

Dalle cose sin qui ragionate conseguita chiaramente, che la Bolla Dudum sacrum, per qualunque verso si consider*, non sancisce per nulla la senlenza gallicana della superior ita del Concilio sopra il Papa; e interpretata nel solo senso, di cui e capace, non contiene nessuna concessione ingiuriosa alia S. Sede. Gli argomenti adun- que, che per uove capitoli vi fabbrica sopra il Bossuet, cadono da se stessi per manco di fondamento.

Per contrario noi ai sofismi ed alle conseguenze del Bossuet op- porremo alcune nostre semplici osservazioni; le quali , a vero direr

708 LA DOTTRINA DI S. ANTONINO 4RCIV. DI FIRENZE

sono il frutto che abbiamo inteso colla presente discussione , per se non necessaria, come abbiamo sin da principle avvertito, per rispon- dere con sufficienza all' argomento dedotto da S. Antonino.

/a Osservazione. II Bossuet qualifica sempre come ecumenico il Concilio di Basilea, anche pel tempo che da Eugenio fu dichiarato sciollo, e prima che venisse rinvalidato dallo stesso Eugenio colla Bolla Dudum sacrum. II che viene a dire, che secondo la sentenza gallicana, fedelmente esposta dal Bossuet, un Goncilio generale, purche legittimamente convocato, se avvenga che si separi dal Pa- pa, potra cio non ostante conservare il suo essere di ecumenico, e, benche senza il Capo, rappresentare adequatamente il corpomistico della Chiesa insegnante.

IP Osservazione. II Concilio di Basilea e tenuto allo stesso modo per ecumenico, dopoche, avvenuta la reintegrazione, si separo di nuoyo dal Pontefice, non volendo ammettere i legati coll' autorita che lor competeva, e fu per questo ed altri dissidii colla S. Sede abbandonato dalla maggior parte de'vescovi, che da 150 , come te- ste ricordavamo, si ridussero a 25. II che viene a dire che 25 ve- scovi , separati dal Papa , possono far leggi che obblighino tulti i fedeli ed anche il Papa.

///a Osservazione. II Bossuet purga dalla taccia non solo di rea doUrina , ma anche di scisma quell' assemblea , ostinatasi a prose- guire le session! pur dopo che pe' voti della parte piu eletta fra loro e per la Bolla ponlilicia , il Concilio fu trasferito in Ferrara. Bond' e lecito inferire, che esso riconosce, almeno implicitamente, come canonica la deposizione di Eugenio, e la elezione di Ame- deo in luogo di quello. E cio logicamente : perciocche era stato sancito nella undecima sessione, che non potesse il Concilio esse- re dal sommo Pontefice trasferito, e molto meno sciollo, se il par- tito non fosse approvato almeno da due terze parti de' voti. Ora le due terze parti non s' ebbero ; perche il clero minore che costituiva la maggioranza si oppose. Adunque secondo la sentenza gallicana (almeno stando alia logica; come par che ci stieno il Bossuet e Na- tale Alessandro 1), il Concilio di Basilea seguito ad esser legitlimo

1 Rechiamo per saggio degli ardiri del Bossuet soltanto T ultima sentenza del capitolo, destinato a difendere i Basileesi e lo stesso antipapa per tutto il

INTORNO ALLA INFALLIBIL1TA DE* PAPI 709

ed ecumenico : e se fu questo; I'altro di Ferrara, tramutatosi poscia in Fircnzc, non pole esser altro eke conciliabolo.

7Ya Osservazione. Coteslo scisrna di Basilea sarebbe stato moral- mente impossibile, sc a quel tempo si fosse trovata defmita, come domma di fede , la infallibility personate del Romano Pontefice e la sua suprema autorita sopra i concilii anche generali. Per fermo, tanto i principi che favorirono il Concilio contro il Papa , quanto , diremo ancora, la maggior parte dei Padri, general mente parlando, erano animati da buone intenzioni. E pero se vennero agli eccessi, che le storie ci ricordano , fu perche applicarono indebitamente al caso di im Pontefice certo i decreti di Costanza, emanati per la con- tingenza di Pontefici dubbii ; avvegnache ne que' decreli sieno stati mai approval! , ne il Concilio di Costanza fosse ecumenico in quel tempo che li sanci. Per contrario se i membri piu autorevoli dcl- 1' adunanza basileese, e poi anche i principi laid a mano a mano se ne staccarono, aderendo alia intimazione pontificia di un nuovo Con- cilio in Ferrara ; fu perche all' aspetto minaccioso di uno scisma imminente, rinunziarono col fatto a questa dottrina. Se dunque la contraria dollrina si fosse trovata definita di fede , sarebbero state senza dubbio respinte sin da principio e la delta senlenza e le sue conseguenze, siccome ereticali e scismatiche.

Dopo le cose riferite, ogni leltore anche inesperto degli sludii teologici puo far la risposta all' argomento dedotto da S. Antonino. Questo santo Dottore, obbiettava il Bossuet, non da al Sinodo basi-

tempo del Siuodo e dopo. Nulli, egli dice, imputalus error, nulli schimati- cm animus, omnes bono animo, bona fide adversm translationem egisse con* stabat (lib. VI, cap. XIV). E quesla rettitudine e buona fede seguito a per- sistere invitta died anni e piu, ancbe dopo la creazione deU'antipapa, contro le scomunicbe di Eugenio e TSiccolo V , e contro lo stesso giudizio di tulta la Chiesa , che teneali per scismatici. Quanto a Natale Alessandro e notabile fra £li altri il seguente tratlo a riguardo dell' antipapa: Tarn religioswn princi- pem schismaticum fuisse qui dixerit, faJeatur homines in schismate sanctos esse posse, et Deum ad eorum inter cessionem miracula patr are (Hist. eccl. torn. XVI11, Diss. VII, art. VII). Ma i miracoli di Felice hanno la stessaauteu- licila di quelli cbe il Bossuet attribuisce al Cardinale arelatese, principale au- tore dello scisma, dicendo di lui cbe obiit clarus miramlis (loc. cit.).

~10 LA BOTTRINA DI S. ANTONINO ARCIV. DI FIRENZE

leese la qualifkazione di conciliabolo, se non da quel tempo che si ostino a persislcre in Basilea, dopo che Eugenio lo voile trasfcrito in Ferrara. Da do inferisce, che S. Anlonino accetta e tiene in conto di canonic! tutti gli Atti di delto Concilio innanzi che fosse tramuta- to. Or siccome tra questi ha principalissimo luogo il decreto , tanle Yolte riconfermato , della superiority de' Concilii general! sopra il Papa; eosi conchiude che S. Antonino ammelte una tal dotlrina, co- vme verita defmita canonicamente e conciliarmente. Ma questo conse- guente e cento raiglia piu lungo e cento piu largo del suo anteceden- te. Conciossiacche tra questi due termini: che un concilio non sia di- chiarato notoriamente conciliabolo; e quest' altro, che tutti i suoi Atti abbiano il necessario valore canonico per obbligare, vi corre infini- ta distanza. E noi abbiam veduto, sopra la fede di ccrtissimi docu- menti, che conto si debba fare, cosi di questo decrelo del Concilio basileese, come <di molti altri di simil tenore prima che diventasse notoriamente scismatico.

Del resto, perche s'intenda in tutta la sua pienezza il giudizio del Santo intorno a questa radunanza, anche rispetto ai tempi che prece- dettero lo stato dichiaratamente scismatico ; rechiamoci a consultarlo iii quel luogo, dove ne discorre posatamente e di proposito. Questo si trova nella Somma delle storie, al titolo XXII, cap. X,$. IV; e noi lo riporteremo fedelmente tradotto in ilaliano. « Avvertendo Euge- nio (cosi il Santo), secondo che gli era fedelmente riferito da mol- ti, che que'congregati (di Basilea) non attendevano punto alia eslirpa- zione dell' eresia de' Boemi , ne alia riformazione della Chiesa; pe' quali fini era stato ordinato il Concilio : ma che piuttosto si briga- vano di disformare la Chiesa e ordire cospirazioni contro la sua per- sona, con intendimento di deporlo siccome fautore di guerre e di- scordie, dissipatore de' beni della Chiesa, uomo di sangue, e scan- dalo alia Chiesa ; per impedire che ne seguisse uno scisma, depu- to alcuni prelati che dovessero recarsi al Concilio in qualita di suoi solenni inviati. Uno di questi fu TAbbate di Sicilia, allora vescovo di Palermo , colui che fu autore di tina notevole scrittura sopra le Decretali : ed esso e i suoi compagni aveano Tincarico di ammonire coloro, che desistessero da' loro divisamenli, convincendoli con ra-

INTORNO ALL A ISFALLIBILITA DE* PAPI 711

gioni a non voler proseguire V opera attentata. Ma ostinandosi essi, il Concilio fu sciclto per T apostolica autorita , ed il Legato fu da quclla presidenza rivocato. Ouei non pertanto si turarono gli orec- chi per non udire la voce del Signore ; e divenuta la loro congrega un conciliabolo senza nessun valore, se non inquanto sinagoga di Sa- tana ; colla sola autorit£ della lor temeraria presunzione , comincia- rono a citare Eugenio, che dovesse comparire innanzi al Concilio : sollecitati a questo dal Duca di Milano, che mal comportava il ponti- ficato di Eugenio, perche non gli era fayorevole. » E qui narrato degli sforzi di Sigismondo per dissuaderli da tanto attentato; della in- tercessione de' Veneti presso il Pontefice per ottenere la reintegrazio- ne di alcuni Cardinal! ; e toccato di altri fatti che al nostro scopo non rilevano, senza punto far parola della Bolla che riabilitava il Conci- lio (poiche in effetto rimase morta per le disorbitanze di questo), in- tramette un breve cenno biografico, niente pero onorevole, di Ame- deo di Savoia ; e conchiude nella seguente maniera : « Pertanto i congregati di Basilea, fra i quali erano non pochi che Eugenio avea privati o sia del Vescovado, o sia di allre dignita per le loro scel- leratezze; dando corso alia propria temerita, deposto Eugenio dal Pontificato, si elessero in idolo il predetto Amedeo duca di Savoia; il quale divenuto apostata denominarono Felice. » Adunque per S. Anlonino il Concilio di Basilea era diventato ccnciliabolo fin da' suoi primi dissidii col Pontefice, e tal si mantenne insino alia fine : altro che accettare come canonici i efecreti da lui fatti !

Oualche altra difficoltli, e specialmunte la pra grave del Bossuet, la riserbiamo per Tultimo artieolo , nel quale esamineremo i luoghi apocrifi di S. Antonino, e il brano rimasto inedito, che pubblicam- mo nel quaderno precedente.

R I V I S T A

BELLA

STAMPA ITALIANA

fi.jfjsi ftNMfc MM dtiaf) j4*y,,.fc- /M'tfiuK-

Monografia statistica, economtca, amministratwa delta provincia di Forli Yol I di pag. XII-340, vol. II di pag. 262, vol. Ill di pag. 407. Edizione di lusso in 4.° gr. con molteplici tavole. Forli, a spese provincial!, tip. Bordandini e Casali 1866-67.

Quesli tre ponderosi volumi riccamente stampati e ricchissima- mente infarcili di minime notiziette , sono dovuti all' impulso ed anco ai sudori di un tal Giuseppe Cam pi, il quale, reggendo come prefetto del Regno d' Italia la provincia di Forli, penso die niiina opera, a spese de' suoi governati, potesse immortalar meglio il no- me suo, di questa, che ridonderebbe altresi in lustro e in fama clella provincia da se amrninistrata. Per lo che, lasciatasene dare commis- sione dal Consiglio provinciale,ed assicuratosi il concorso di parecchi valenti uomini della provincia medesima, si affretto di porre mano al lavoro e di condurlo, con grande alacrita, in due anni, molto pres- so al termine stabilito; poiche delle quattro parti che dee compren- dere, gia tre sono in luce, e la quarta non sembra debba indugiar troppo ad apparirvi, comeche il Campi sia stato tolto a Forli e spe- dito al governo della provincia di Bari.

Quanto al pregio materiale della nitidezza e nobilta del caratteri, della speciosita delle mappe, della diligenza e disposizione delle ta-

RIVISTA BELLA STAMPA 1TALIANA 713

vole e simili, non puo negarsi die c notabile; essendo cotesta una di quelle edizioni di lusso, die raramente in citta di provinciasi soglio- no fare, e die mostra 1'arte tipografica essere in Forli molto piu in- nanzi, che per sorte generalmente non si sarebbe creduto. Del che ci rallegriamo, siccome di cosa onorifica alle Romagne, tanto calunnia- te di barbare dagli araici e dai nemici del presente ordine politico dell' Italia. II qual merito di arte e cosi incontrastabile ed eviden- te, che, il decorso anno 1867, fu riconosciuto persino dai giudici della Esposizione universale di Parigi, i quali pero decretarono agli autori di questa edizione il premio di non sappiarao quali e quante medaglie.

Vero e che 1' opera ed il premio parigino pagaronsi dalla provin- cia di Forli a carissimo prezzo, attesoche risulti da document! an- tentici die flnora, per la sua Monogrtifia, essa ha sborsate ben ven- timila lire: larghezza della quale ci vien riferito essersi fatte e^farsi tuttora vive lagnanze dai For lives! che, nel massimo lor numero, avrebbero prcscello un uso piu modesto e piu utile del comune dena- ro. Tanto piu che, per universale opinione, la bonta e bellezza in- trinseca di questa grandiosa raccolta, non corrisponde niente affatto alia bonta e bellezza materiale dei lipi, del sesto, dell' inchiostro e della carta.

Di tali lagnanze e di tale opinione si ebbe un indizio nel seno pure del Consiglio provincial, sempre cosi « unanime » nell' ap- pro vare nuovi « fondi » per mandar avanti la Nonografia. Ed effet- tivamente leggiamo negli Atti di esso Consiglio, che, nella sessione dei 22 Novembre 1867, il signor avvocato cavaliere PioTeodorani, consigliere del circondario di Cesena, a proposito di un « quarto fondo » che si dimandava per la suddetta opera, dichiaro « di non rammentare se fosse partecipe del voto che valse ad ordire cotesto poderoso lavoro. Se fu, disse che ne proverebbe rimorso. Ne gi^i pel merito che la Monografia s' abbia; che nol giudica e neppure ha tolto in esame: ma perche pensa che il dauaro che costa, meglio poteva darsi alle strade, che ora ci duole condurre si lentamente in- nanzi. Al certo, per piccola provincia come questa e, deggiono pa- rer troppi i volumi ed il sesto, E prenda diletto chi vuolc delle ot-

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tcnute medaglie imperiali. A lui cale chiedere se sia presto la fine, o piuttosto se debbasi aspettare un canone perpetuo 1. » i Al regio Commissario poi, che gravemente si scandalizzo di que- sto linguaggio, si dissono dalla consueta « unanimita » in tale ma- teiia, e si poco ammirativo del premio ottenuto dalla provincia, il sopra mentovato signer car. Teodorani venue replicando, che « egli non avea giudicata la Monografia. Solo voile dolersi della forle spe- sa : la quale poteva menomarsi , sceverando non piccola parte del- le adunate notizie, buone da allogarsi in taluna di quelle strenne c di quegli almanacchi, che poi non sono affalto spregevoli, e che tanto phi speditamente vanno nelle mani di tutti 2 »/.

Ci e piaciuto riportare le parole di questo savio consigliere, per dueragioni. Primieramente perche nianifestano la scontentezza popo- lare, che il frutlo di tanti balzelli, spremuti col sangue della pove- ra gente, si sciupi in impresa di uno sfarzo disdicevole alle condi- zioni della provincia. Secondariamente perche accennano uno del molti grossi difetli dell' opera : cioe il difetto di temperanza e di modo, neiraccumulamento e nello sminuzzamento delle cose onde va carica. E in vero, per grazia di esempio, chi s immaginerebbe che i compilatori avrebbero stimata imperfetta questa Monoyrapa, se non recava anche, fra le altre, la peregrina noiizia che, nella pro- \7incia di Forli, T oncia e di due mezze once, e la mezz' oncia e di due quarti d' oncia 3 ? Questa in verit& e erudizione che moverebbe a riso, avvegnache lelta in una strenna od in un almanacco. Cosi dicasi di molte altre.

Se non che questo e per avventura il minore dei difetti che mac- chiano il bello e il buono di tutta I" opera. L'illustre storico rimine- se sig. cav. Luigi Tonini, ha gia pubblicato un arguto opuscolo cri- tico di una porzione solamente di questa Monografia; cioe di quella « che, die' egli, riguarda principalmente la storia e gl'mteressi del-

1 Atti del Consiglio provinciale di Forli, coavocazione straordinaria 2i, 27 Agosto 1867, e sessione ordinaria 1867, pag. 68. Forli, presso L. Bordan- dinil868.

2 Ivi.

3 Vol. in, pag. 340.

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la cilta e del circondario di Rimini » ; c la sua critica non ha prcteso che fosse « cosa intera e compiuta, ma solo di quel tanto che gli e caduto sott'occhio scorrendo » quella porzione 1. Or si desidera sapere ache somma salgano, per questa unica porzione, gli errori, gli anacronismi, le omissioni,'gli equivoci , le falsita ? Ad oltre ses- santa. E il Tonini ne tesse diligente catabgo, e ne soggiunge'la emendazione, con una esattezza e lucidila che debbono avere falto arrossire il prefetto Campi e vari de' suoi aiutatori. Ma se tanti sono gli spropositi per nna non massima porzione, quanti saranno pel re- sto di tutto il lavoro? Chi si conosce di questa specie di opere, non ignora di qual pregiudizio sia pel loro credito un anteeedente cosi fatto, e come basti a spogliarle di autorita.

Potremmo eziandio fermarci a censurare un altro difetto genera- lissimo e propriamente sconcissimo di questa Monografia, ed e quello della lingua incolta e inforastierata, e dello stile tronfio e sca- pigliato in che e tutta composta. -~ Peccato; abbiam detto piu \olte fra noi e noi, syolgendone i magni tomi; peccato che tanta barbaric sia stampata cosi pomposamcnte, e col pane tolto di bocca al popolo- forlivese! Ci si risponderaforse, che codesti sono difetti di semplicc forma, e quindi appena osservabili in opera di questa natura. Ma noi ripiglieremo, che sono anzi osservabilissimi e biasimeyolissimi, trattandosi di scriltori die nelle loro pagine non esaltano altro che F Italia, la rigcnerazione d' Italia, la nazionalita d' Italia, e buttano fuoco e fiamme contro gli stranieri contaminatori delle italiche bel- lezze. E non e, a dir poco, vergognoso, che uomini tali non sap- piano mngniticare « T Italia » ed anatematizzare il « barbaro », sc non con lingua e stile da veri barbari all' Italia yera?

Per altro la magagna che piu scema valore alia Monoyrafia, non e quella degli assaissimi spropositi della specie notata dal chia- ro sig. cav. Tonini, e neppurc quella di essere scritta in idioma italogalloteutonico ; ma e quella di essere da cima a fondo un libello, dettato da spirito di parte iperbolico, contro il Governo pontificio,

1 Di questo giudizioso e sapiente opuscolo facemmo parola nel vol. HI di questa nostra Serie a pag. 352.

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a cui la provineia di Forli va debilrice di quasi tutto il pubblico bene che ancora gode, ed in glorificazione del Regno d' Italia, eke alia stessa provineia ha portati quasi lulli i mali pubblici da cui e desolata.

Noi ottimamente intendiamo, che un prefetto del nuovo Regno non poleva impiegare le sue fatiche e le migliaia di lire de'suoi am- xninislrati, per giuslificazione ed onore del Governo della Santa Se- de : anzi intendiamo altresi che, con tali spese, dovesse mirare sopra tulto ad innalzare il nuovo Regno e ad abbassare il preceduto Go- verno dei Papi : ma non intendiamo per nulla, che in cio fare avesse da mettere da banda ogni ombra di quel pudore, che, anche retlori- camenle parlando, sarebbegli stato di buon aiuto al line. E in vero a che pro nella Monografia statistica, economica, amministrativa di una provineia, che ha da essere una ponderata e fredda esposizione di falti, di cifre, di computi e di ragguagli, a che pro tante ampol- losita di encomii idolatrici alia rivoluzione italiana del 1859-60, ai suoi aulori, alle sue conseguenze? A che tante prostrazioni servili e tante ridicole incensate ? A che 1' uso persino del carattere maiu- scoletto, quando si nomina Yittorio Emanuele, Cavour, Farini, Ri- casoli, Garibaldi 1? Piu, a che pro, non contento il Campi di intona- re un ditirambo al passato, si e messo a can tare profeticamente nel 1865 « il di in cui le vittoriose schiere dei soldati italiani, guidate alia pugna dal Re soldato, squarcierauno colla punta della loro ba- ionetta le tristi gramaglie di cui tuttora si ammanla la povera Yene- zia » 2? Questa prefezia gli deve pur essere tornata amara la mat- tina dei 25 Giugno 1866, quando udi il bell'esito delle « vittoriose schiere guidate dal Re soldato » alia fazione di Custoza ! E chiaro adunque che. col pretesto della Monografia descriltiva di una pro- vineia, si e voluto canonizzare la rivoluzione, e al tempo stesso fare ostentazione di una spasimata tenerezza alia nuova Italia, per ispi- rito settario e per aver litoli a setlarie ricompense.

Medesimamenle com' entravano in un lavoro di questa fatta tante contumelie e tante villane ingiurie al Governo pontificio? Come gli

1 Vol. Ill, pag. 617. - 2 Ivi pag. 49.

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oltraggi air « oligarchia clericale » che « flagellava le popolazioni»? Come ttnsulto alia « casta privilegiata », cioe al clero, paragonato ai « turchi in Oriente » 1? Se ravvocato Campi, per usare liberamente la lingua dci trecconi e dei beccai contro 1'ordine ecclesiastico, si di- menticava che cgli e chiamato « cavaliere »; si sarebbe dovuto al- mcno ricordare del ne quid nimis, opportune anche nell'infamare e viluperare plebeamente gli avversi: perocche vi ha certe calunnie che recano nella lor propria enormita la mentita : stanteche spesso scor- gesi al prim'occhio, che vincit opinionem sceleris magnitudo. E per cio, come dall'eccesso delle adulazioni fuori di luogo, cosi dall'ec- cesso delle villanie affettate, si deduce, che la presente e opera tutta di parte, e in vero studio compilata per interesse partigiano.

Tuttavia chi sappia leggerla ed interpretarla con buon criterio, trovera che il Campi si e piantata, come dicono, la zappa nel piede, ed ha effettivamente ordita una stupenda apologia alia Santa Sede, ed al suo temporale Governo.

Sarebbe Jroppo lungonegozio addimostrare pei singoli capi, come il maggior numero dei dati statistici e delle notizie amministrative, poslo ancora che gli uni e le altre sieno veraci, conducano a sma- scherare le ipocrisie della rivoluzione, ed a giustificare il reggimento dei Papi nella provincia di Forli. Ed a^vertentemente esprimiamo dubbio circa la veracita : conciossiache per un verso Tignoranza di parecchi compilatori, provata con piena luce dalle censure del si- gnor cav. Tonini, e per 1'altro la loro mala fede, chiarita dalle men- daci lodi ai consorti e dalle manifeste calunnie ai contrarii, conferi- scano diritto di metterne in sospetto la qualita di veraci.

Ci ristringeremo pertanto ad un qualche saggio e nulla phi. Pren- diamo, verbigrazia, la popolazione. Questa nel 1805, per tutta la provincia di Forli, era di 153,792 e nel 1861 di 225,503 anime. Nel corso adunque di 56 anni 1'aumento e stato di 71,711 , pari al 0,83% in media annuale 2. Se non che, eccetto i dieci anni che la provincia visse soggetta al Regno napoleonico fino al 1815, e i due che e stata sotto il dominio del Regno piemontese fino al 1861, gli altri 44 anni e rimasta suddita dei Papi, e quindi il suo crescimento

1 Vol. HI, pag. 89. 2 Vol. I, pag. 570.

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maggiore si e effclluato durante la signoria della Santa Sede : tanto piu che questa non 1'aggravo inai del peso della coscrizione, la quale suole essere cttmpedimento al moltiplicarsi delle famiglie. Ond'e die il benefizio di tali aumenti, significativi per ordinario di abbon- danza e di prosperita, e da meltersi tutto a conlo del Governo pon- tificio, e per niente a quell o del Regno d' Italia.

Prendiamo sirailmente le strade. « Un paese non e incivilito, se non in proporzkme dei mezzi di comunicazione che vi si trovano 1 ». Con questa sentenza del Say si apre il capitolo che rende conto delle strade nella provincia. La loro lunghezza complessiva, tra nazionali, provincial! e comunali, e di chilometri 1,016,286: tale cioe che, da una tabella statistica, pubblicata nel 1863, lisulta la provincia di Forli essere per le strade in « condizioni superior! a moltissime al- tre del Regno, e poco dissimili dalle toscane, le quali (fatta ecce- zione della Lombardia e del compartimento territoriale Emilia-Urn- bria-Marche) fioriscono sopra le altre per estese -vie di comunica- zione 2 ». Ma, soggiungiamo noi, queste « condizioni superior! » chi le ha procurale alia provincia di Forli , non che al « compar- timento territoriale Emilia-Umbria-Marche » ? Non il novello Regno d' Italia, poiche la provincia le possedeva prima che ei nascesse. Dunque gliele ha procurate il Governo pontificio. Dunque, se e vera che la proporzione della civilta di un paese va di pari passo con 1' ampiezza delle sue strade ; e certissimo che la provincia di Forli ha raggiunto il suo alto grado di « civilta » sotto i Pontefici , ed a questi, non punlo al Regno d' Italia, se n'ha da chiamare debitrice.

Nella parte della Monografia che parla dei diritti politici ed espone il movimento elettorale, troviamo alquanti cenni che uon so- no da preterire. Lasciamo andare i preamboli, gonfii come palloni, che si premettono al prospetti, e consideriamo le cifre. Pel celebre plebiscito del 1860, in virtu del quale si aveva ad eleggere in re di Romagna il re di Piemonte, quanti nella provincia di Forli si af- ferma essere stati i votanti? In proporzione degli abitatori furono- II 18,05-%, compresivi 5880 militari stranieri, i quali tutti na- turalmente votarono pel re di Piemonte 3. Eppure quella votazione

1 Vol. J, pag. 103. 2 Ivi pag. 106. 3 Vol. ID, pag. 1& .\<j7 ^

BELLA STAMPA ITALIANA 719

precede a caso, senza sindacato, senza guarcntige c con frodi aper- te, come ne fanno fede nelle Romagne tulti coloro che non hanno Interesse a mentire. Quest' esito, ammessolo anclie vero,non mostra per certo quel furibondo delirio del Forlivesi per lo scetlro del Re sabaudo, che si voile far credere ai sempliciani, e molto meiio mo- stra che i Forlivesi furono tutti concord! neir abborrire la « tiran- nide teocratica» di Roma. Toltine i 5880 militari, speditinella pro- vincia a propagarvi T amoroso delirio per ViUorio Emmanuele, bi- sogna confessare che il reslo dei deliranti era ben poca cosa, ri- spetto al gran numero degl'insensibili.

Per le elezioni poliliche al Parlamento subalpino del 1860, noi abbiamo che, in lutta la provincia, di soli 5915 inscritti nelle liste, concorsero alle urne appena 2498. Per quelle del 1861, di soli 3394 inscriiti, vi concorsero appena 1296. Per quelle del 1865, di 7350 inscritti, vi concorsero appena 1853 1. Con queste cifre sotto gli occhi, puo asserirsi con verita, che la provincia di Forli, popo- lata d'ollre 225,000 anime, sia calda per 1'esercizio dei diritti po- litici, regalatile da chi la soltrasse al reggimento del Santo Padre, solto colore che essa fremeva per ismania di esercitare appunto codesti diritti?

JNulla men magro successo hanno avuto le elezioni dei consiglieri municipal! nei Comuni, e quelle dei consiglieri provincial! nei Man- damenti della provincia. Eccone lo specchio.

ELEZ10NE DEI CONSIGLIERI MUNICIPAL!

ELETTORI

Anno inscritti , votanti per 100 inscritti

Elez. gen. del 1860 . 14,680 5021 34,20

Elez. part, del 1860 .11,783 1493 12,67

it. del 1861 . 5,772 1153 19,98

it. del 1862 . 5,886 1367 23,22

it. del 1863 . 5,939 1541 25,95

it. del 1864 . 6,114 1597. .... 26,12

1 Ivi, Allegato n. 3.

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ELEZIONE DEI CONSIGLIERI PROYINCIALI

ELETTORI

Anno inscritti, votanti per 100 inscritli

Elez. gen. del 1860 . 14,680 5021 34,20

Elez. part, del 1860 . 8,235 934 19,50

it. del 1861 . 3,640 633 17,39

it. del 1862 . 4,143 996 24,04

it. del 1863 . 3,201 885 . .... 27,65

it. del 1864 . 4,108 1074 26,15

it. del 1865 . 6,357 1627 25,59 1.

La Monografia non va oltre il 1864 per le elezioni municipal!, ed il 1865 per le provincial!. Ma le cifre di quest! anni ci porgono suf- ficiente indizio, a giudicare del fervore die agita i petti del Forlivesi per le urne di qualunque specie sieno. « Appunto per che il Comu- ne e proporzionatamente la Provincia (parla il testo illustrative di questi specchi) ottengono cosi viva ed intima parte nel cuore dellc moltitudini, il pensiero si arresto ad un fatto, che e contrario a na- tura, e che pure carapeggia e risulta principalissimo. Dico Y asten- sione delta grande maggioranza degli eleltori, prevalente in tutti i municipii, e venuta a tale, che ben meno di died voti sono bastati piu volte a dar nome di consigliere di Comune, laddove gli elettori Iscritti avanzano i cento; e«talora men di cmquanta a conferire seg- gio di consigliere di Provincia, laddove avanzano gli ottocento ». E come spiegare questo fatto contrario a natural II sig. Angelo Per- ri, che ha illustrato questo capitolo delle elezioni, si leva spaziando pei secoli del medio evo e poscia,calato in piana terra, e costretto di riconoscere che, passate « le prime e purissime gioie del trionfo » della rivoluzione, svanl subito anche 1'ardore per le urne: ed in sua Toce « 1' acre lievito d' intolleranza d'ogni autorita, stillatoci nelle rene dall'alvo materno, ribolli 2 ». Cosi spiega egli il precitato falto contrario a natura. Noi ripuliamo piu naturale spiegazione il dire, che la grande maggioranza si astiene, perocche essa non ha fatta la rivoluzione contro il Papa, ne si cura di partecipare comechessia ad un ordine di cose, che e contraddittorio a giustizia.

1 Ivi pag. 26-34. Alleg. n. 6. 2 Ivi pag. 11-13.

DELLA STAMPA ITALIANA 721

I/'avvocato Campi ha scoperto ed assevera, che il tribute della Leva e « la piu nobile e cavalleresca fra le social! istituzioni ». Al- t' opposto la Santa Sede non ha mai scoperta questa « nobilta » e questa « cavalleria » in un tiibuto di sangue, a cui pagare i popoli tanto ripugnano : e per cio essa non ne ha gravati c non ne grava i suoi sudditi temporal!. Questo sommo benefizio del suo Governo, questo favore agV increment! deiragricoltura e delle art!, questo ri- spetto alia liberta, alia pace ed al riposo delle famiglie, il Camp! schernisce beffardamente, appropriandosi le parole di un non si sachi, il quale ha scritto del contadino suggetto al Pontefice : « Aggiogare i giovenchi, coltivare il campo, custodire la vigna riassumeva il tut- to quanto eragli consentito dai suoi reggitori. Alieno da ogni idea di liberta, di cittadinanza, di patria, educato alia sofferenza ed alia rassegnazione, alimentata da un sensismo di religione sterile ed agghiacciante , egli non andava oltre il desco ed il talamo, il campo e la chiesa 1 ». E par poco questo all' avvocato Campi ed al simile suo? 11 contadino che ha un desco, e soprani un onesto pane ; che ha un talamo, centro delle sue consolazioni domestiche ; che ha un campo, oggetto delle sue cure ; che ha una chiesa, al- bergo d' ogni suo conforto presenle e futuro ; non gode forse quel- la felicita maggiore che gli sia possibile in questo mondo ? Per cre- scergliela, vuole adunque il Campi, che gli sieno slrappati i figli dalle braccia, e gli sieno mandati a farsi fucilare dai briganti del na- politano, o macellare dai cannone di altre Custoze, o annegare nelle acque di altre Lisse ? E cio perche egli ed i par! suoi seguilino ad avere la « liberta » di comandare da-« prefetti », e di alzare la sferza sopra « la cittadinanza », in nome della « patria » ? Oh si, montava appunto il pregio di smungere ventimila lire alia provincia di Forli, per istampare queste insolenze, ed aggiunger la irrisione ai gravami che opprimono i suoi contadini !

Queste ceremonie poi mette egli innanzi per inferirne : « Nessu- na meraviglia quindi, che quest! uomini (i contadini del Forlwese e degliStati pontificii) suiqualila patria rinno\ellata, 1'esercito na-

1 Ivi pag. 37. Serf* VII, wl IV, fasc. 450. 46 11 Deccmbre 1868.

722 RIVISTA BELLA STAMPA ITALIANA

zionale sorto per incanto, come quello di Deucalione, lo straniero fuggente colla sanguinosa sua verga eran frasi vuote di senso, ri- spondessero ai primi appelli con una fuga vergognosa 1 ». Onde re- sta certificaio, che i popoli agricoli, si di quella provincia come del- le altre usurpate alia Santa Sede, agli « appelli » della rivoluzione che chiamavali alle armi, risposero con la fuga. Taut' era 1' odio di que' popoli al Governo dei Papi, e tanto 1'amor loro alia rivoluzione ed alle sue « nobili e cavalleresche istituzioni » !

Ma nonla (Iniremmo cosi presto, se ci pigliasse vaghezza di co- gliere ad una ad una tutte le prove che questa Monografia fornisce, in lode e giustiiicazione del reggimento dei Pontefici. Per non al- lungarci di piu, passeremo in silenzio parecchi altri capi : quello delle parrocchie, che vi si asserisce « eccedere i bisogni spiritual! delle popolazioni 2 » : quello della « riduzione delle Diocesi », sot- to fmta di « compensare piu degnamente il minor clero 3 », spo- gliando al solito questo, dopo.derubato il maggiore : quello curio- sissimo dei tribuiiali e delle cause, con la conseguenza del parados- so comico, che la provincia di Forli, fra le niani della rivoluzione, ha « guadagnato assai in moralita e giustizia 4 » : quello del- T istruzione, che vorrebbesi « obbligatoria », secondo il sistema ti- rannico dei liberali S? e che si dimostra, nella parte classica mas- simamente, in pessime condizioni 6 ; ed intorno alia quale si trag- gono in campo dottrine e metodi da far ridere le telline. Di tutto questo e di altro taceremo per mancanza di spazio, e concluderemo che la Monografia statistica, economica ed amministrativa della provincia di Forli, quanto e laudabile materialmente pei lipi e per le tavole, ed anche scientificamente per vari buoni studii e raggua- gli, altrettanto e condannabile per lo spirito di parte che la deturpa, per gli errori che la bruttano, per lo stile che la guasta, e pei principii politici, moralie religiosi ond' e corrotta.

1 Vol. Ill, pag. 38. 2 Vol. I, pag. 128. 3 Ivi. - 4 Vol. Ill, pag. 115. 5 Ivi pag. 146, 171, 172. 6 Ivi pag. 157.

RELAZIONE DEGLI ULTIM! GIORNI DI GIUSEPPE MONTI E DI GAETANO TOGNETTI

GRSTIZIATI IN ROMA IL DI 24 NOVEMBRE 1868

1. E di publica e uiiiversale notorieta, che nella sera del 22 Ottohre 1867 in Roma fa minata e distrutta gran parte di una caserma delta di Serristori, alloggio di un corpp di Zuavi pontificii. La mina ebbe per ef- fetto la morte di Tenticinque di quei militari, e di due borghesi; e fa da benedire la divina Provvidenza, la quale dispose, che la casuale sortita d'una compagnia salvasse la massima parte di quel fiore di gipyentu de- stinato all'eccidio da uomini malvagi. Di questo e di altri simili misfatti era motore e anima Francesco Cucchi, deputato al Parlamento di Fi- renze, iusieme con piu altri che, dopo lunga dimora in Roma, colla fu- ga camparono al rigore delle leggi : ma Giuseppe Monti e Gaetano To- gitetti, che tra i colpeYoli erano del piu pperosi ed accaniti, caddero in potere della giustizia, e furono giudicati, siccome agenti principali, a quella pena, che ne' tribunal! rpmani dices! morte di esemplaritd, ed e la decollazione con pubblica infamia, onde si atterriscano i popoli daldelitto.

Giuseppe Monti era in eta di anni 33, ammogliato, di professione so- vrastante muratqre. Fu coiwinto da prima, e poi da se diedesi reo con- fesso, di avere di sua mano messo fuoco ai barili di polvere collocati in una stanza terrena al di sotto della caserma. Gaetano Tognetti, in eta di 25 anni (cosi affermo nel testamento, essendqsi prima detto di anni 23), celibe, garzone muratore, fa compagno indivisibile del precedente, e complice fin airullimo, Di questo consta pei processi formati e messi a stampa, e dalla sentenza renduta dal tribunale supremo della sagra Consul ta, nella causa Romana di lesa maesta in primo grado, renduta il giorno 10 di Ottobre 1868, ed eseguita il 24 Novembre susseguente.

Non fu upmo alcuno, che animp e costume umano serbasse, il quale non inorridisse di si atroce assassinamentp. Nel popolo poi di Roma, piu vivamente pltraggiato neironore e nella yita di tanti suoi figli, e nella de- solazione di tante famiglie, regnaya impazieriza somma di vedere bale- nare la giusta vendetta delle leggi; e come awiene nelle moltitudini, che male intendono le lunghe e gravi solennita dovute ai giudizii capi- tali, gia ne andaya attorno scandalo e mormorazione. Fu scritto per con-

724 RELAZIONE DEGLI ULTIMI GIORNI

trario, che si facessero pratiche da uomini di Stato presso la Santa Se- dc, affine di ottenere la clemenza del Principe in favore degli accusati. Ma il vero si fu, che ne pendente il giudizio, ne dopo la sentenza, niun diplomatico si contaminq in causa si obbrobriosa : muno chiese la grazia del Monti e del Tognetti, piii che non si chiedesse pei falsi patriotli fe- niani alia Regina d1 Inghilterra, o pei falsi patriotti Orsini e compagni al- Flmperatore dei Francesi. Lo stesso Governo di Firenze, chealcuni dis- sero, avere accolto in sua tutela i condannati, o non voile o non pote trovare alcun uomo puhblicq, il quale tpgliesse sopra di se di avvocare presso il Sovrano , di Roma in pro degli assassin!, o di scusarne o atte- nuarne le reita. E falso, anzi ridicolo a pensare, che il Reggimento dei Zuavi formasse istanza cqntro alia vita degli assassini dei loro camerati : gran parte dei loro ufficiali sono cavalieri, e molti ancora dei sottouffi- ciali e comuni. Nello stesso modo e falso ancora che i Zuavi si concertas- sero tra loro, e porgessero una supplica al Santo Padre per sottrarli al- ia morte.

Ma se la civile societa fu costretta a rigettare e rccidere colla spada della legge due de1 suoi membri; la Religione, la cui carita si infbrma della divina e infinita, H raccolse tra le braccia; e porgendosi essi di buon grado alia sua materna pieta, ne furono per guisa rinobilitati , che di proscritti ed esecrati dalla citta umana , diventarono degni cittadini, per quanto lice sperare, della patria celeste. Da lungo tempo Roma non avea vedutq due giustiziati lasciare dopo di se tali e tante prove di sin- cere ravyedimento, e cosi preclari esempii di virtii cristiana. Ne furono testimonii, o qculari q auricolari, quanti y1 ha abitanti di questa grande metropoli, e piu specialmente i soprastanti e i custodi delle Carceri Nuq- ve, i varii sacerdoti che visitavano i condannati a fine di aiutarli delPani- ma, i gentiluomini deirArciconfraternita di S. Giovanni Decollate, i mi- litari intervenuti airesecuzione, e il popolo spettatore, che questa volta fu oltre il solito numeroso, e in singolare guisa commosso e compunto.

2. Comunicatasi la sentenza capitale agli inquisiti, Monti e Tognetti, loro non rimase quaggiii altra speranza, fuorche quella di venire gra- ziati della vita per clemenza sovrana. Ma Tautorita ecclesiastica provvi- de incqntanente per ogni eventq, quanto era da se, alia salute eterna di quegli sventurati: e il provvedimento fu incaricare due religiosi, di zelo sperimentato, di prendere specialissima cura, ciascimo di uno dei due. I scelti furono un P. Passionista e un P. Gesuita. II giorno 27 Ottobre il P. Passionista cominci6 le sue visite ad amhedue i condannati, nelle Carceri Nuove; e fece ai segretanti, tanto delle segrete inferiori, ov1 era Gaetano Tognetti, quanto alle superior!, ov'era Giuseppe Monti, un di- scorso sulla Ronta di Dio nelP accogliere fra le braccia della sua miseri- cordia i poveri peccatori pentiti. Nei giorni seguenti prese a dare gli esercizii spiritual! per tutti coloro che erano nelle segrete. L'esito fu che molti si giovarono della grazia offerta ; e T ultimo giorno tra i parteci- panti alia sacra mensa vi furono pure i due condannati a morte, che gia sapevano la loro condanna.

Era nel Tognetti (a detta di quanti lo trattaronq durante questo tem- po) un buon fqndo di religione, e nella estremita in cui vedeyasi, ricqr- reva alle pratiche di pieta, edera tutto in divozione alia Vergine Maria, rifugio degl1 infelici. Ogni sera recitava il rosario, e invitava a recitarlo

DI GIUSEPPE MOMI E DI GAETANO TOGISETTI T25

con se anche gli altii cinque compagni di syentura dannati a yarie pene, che dimoravano nella stessa segreta. Quasi tutta la giornata spendeva sul Jibro delle Massirae eterne, e inaltre letture pie : nello spazio di ven- ticmque giorni lesse tutta la \itadi S. Paolo della Croce.

II sacerdote cercava di disporlo alia rassegnazione per ogni caso, par- landogli molto dell' abbandono nelle braccia di Gesu Cristo, e recandogli esempii e sentenze per indurlo a fare il sacrifizio dell'onore e della yita. Pure poco guadagnava, e il condannato lusingavasi sempredi poteressere graziatp. Pero il sacerdote, il giorno 20 diNovembre, nonvedendo appa- rir novita favorevole, gli confesso che veramente credeva oggimai resta- re poco lumc di speranza. II Tognetti allora dette nelle smanie e prorup- pe un trattp in aspre parole: ma fu uno sfogo passeggero; e subito ri- conoscendo il suo tor to, rientro in migliori sentimenti, chiese scusa del suo eccesso, e prego il Padre di volerlo compatire, dicendo che la pas- sione era quella che cosi Taveva fatta straparlare.

3 . Appressandosi T esecuzione, il sacerdote n' ebbe secreto ayviso , affinche, senza darne mostra, disponesse il condannato al vicino trapas- so. E questo un delicato temperamento e veramente cristiano, usato, af- fmcbe ne T uomo agonizzi soyerchiamente nella espettazione del suppli- zio inevitabile, ne il cristiano sia mandato al tribunale di Dio senza ma- turo e riposato apparecchio. Quella empia filantropia, che oggidi pre- yale in certi paesi, dove un condannato yien preso improyyiso e rapito al supplizio, come bestia air ammazzaloio, in llpma solleyerebbe universa- le e giusta csecrazione. Per tanto presentatqsi al Tognetti, a mezza mat- tina, il buon religioso, non pote tanto dissimulare che quegli non gli leggesse in yolto una disusata turbazione. Eh, P. Giuliano, gli disse, die notizia mi porta ?

Ti porto, Gaetano mio, i saluti e le benedizioni de'tuoi poveri ge- nitori, i quali ieri sera sono yenuti a trovarmi al Ritiro dei santi Gioyan- ni e Paolo.

Come stanno ?

-Eh! lo lascio considerare a te: afflitti e sconsolati, all' ultimo segno.

- Ma dunque non y1 e speranza affatto ?

- Figlio mio, non so che cosa dirti. Solo tidico, che preghi assai, e che ti cerchi rifugio nelle Piaghedi Gesu Crocilisso....Io presto ritorne- ro e ti recherp quajche notizia certa.

Cosi dissc il ministro di Dio, e usci, in grande apprensione, non forse il povero gioyane, in ycdersi poi alia sera tardi, cioe otto ore prima del- la morte, tradurre in confprteria, non avesse a rompere in escandescen- ze. Ma non fu vero. Venuti i carcerieri ad ammanettarlo, dormiya pro- fondamente, e si desto in quella che gli metteyano le manette ai polsi. Diede un grido e disse : « Non mi fate male ; che non mi muoyo. Gia lo so. Sognayp che ero moribondo, e che il padre Giuliano mi racco- mandava I1 anima, e mi daya Tassoluzione... Sia fatta la santissima yo- lonta di Dio !... Andiamo. » Lettagli la sentenza, e inteso della esecu- zione per la mattina seguente, si dolse, senza amarezza, che mentre i caporioni della rivoluzione erano campati, toccasse a lui solo pagarne la pena: ma subito si rassegno. Fu rimesso alle mani della Compagnia del- la Misericordia.

726 RELAZIONE DEGLI ULTIMI GIORM

Aveyano i Confratelli disposta ogni cosa nella conforlcria dclle Carceri Nuoye. II Tognetti cola condotto, dopo la mezza nolle bramoriconfessar- si, e si tralteime lungamente col conlessore. Dopo il sacramento di per- dono dimorandosi tuttayia a ragipnare col sacerdole, usci in qucsle pre- cise parole : P. Giuliano, io mi sen to nel cuore qualche cosa che non so che cosa sia.

Di pure, Tognetti mio, eke cosa senli di nuovo.

Mi senlo nel cuore una quiele , una pace, nna contentezza, che solo un'allra volla mi pare averla provata cosi ; e fu agli esercizii che feci a Ponte Rotto. (Luogo pio, oye mollissimi Romani , special men le del popolo, si ritirano in dali tempi a fare gli esercizii spiriluali, e massime i giovanelti, per apparecchiarsi alia prima Comunione.) E' una conten- tezza lale, che non la so spiegare... e pure devo andare alia morte : ma che sara quesla cosa?

Gaetano mio, rispose il religioso, questa non e forza ne yirtu no- stra, ma e la grazia di Gesu Cristo, che yuole trionfare sppra di le e della natura : e il Signore, che cjuandp con una manp morlifica, sa con 1'altra yiyificare e consolare. Ringrazia di cuore il Signore, che si mo- slra cjsi huono con le.

Fu condotto poscia nella prossima sala per fare quelle disposition! testamenlarie che yolesse. II poveretto non aveva altro di cui testare, che alcuni cenci, i quali lascio pei poyeri; e 22 soldi, che si Irovava in tasca, e consegno al Provveditore della Confralernila, per una Messa in suffragio delle Anime del purgatorio. Con questa occasione si dichiara altamente pentilo del male falto, in nresenza dei Fratelli lestimonii, e insieme manifeslo i piu belli e crisliani sentimenti, che udir si possano iu bocca ad un cristiano, yerso i suoi genitori, parenli ed amici.

Ci piace recarne qui alcuni tratti, che leyiamo dalForiginale, disleso per mano del fratello Provvedilore, D. Giovanni de'principi Chigi, fa- cienle le yeci di nolaio. «... Disse, si facessc preghiera ai medesimi « (parenti) che non si dimenlichino di lui e lo b-enedicano, ed esso non « si dimentichera di loro... Disse di ayere qualche debito, che per la « sua miseria non puo soddisfare, ma che in compenso di questi, si ri- ft cordera di raccomandare i suoi creditori al Signore. Professa di mori- « re da buon cristiano, rassegnalo alia yolonla di Dio, perdonando al « suo prossimo qualunque offesa possa egli aver riceyulo, come spera « che il Signore perdoni a lui i suoi peccati. Questo intende che sia i! « suo ultimo leslamenlo, che di propria mano lirma. (segnato) Gaelano « Tognetti. » Di un altro suo atto, similmente firmalo, diremo piu sottp.

Yolje poi yedere il Capitano delle carceri, signor Alessandro Rosalbi, e tutti i cuslodi delle segrete e delle comuni, e specialmenle i fralelli Angelo e Yincenzo Vinci e Luigi Rergami, i quali con molta umanila ayeyanlo sempre cuslpdito ; e chiese a lutti perdono dei mali esempii dati, e ringraziolli dei buoni trattamenti avuli, e quelli il baciarono. Gli pcchi di ciascuno erano pieni di lagrime di lenerezza. Mando cercare di Pietro Cosla, custode dei cancelli, e di Costanlino De Magistri, cu- slode del carcere aggiunto : a quesl'ullimo fece parlicolari ringraziamen- ti dei buoni avyisi datigli, durante la prigionia, e poi alia sua volta gli disse: « Costantino mio, ecco giuntaTora della mia rcdenzione : senti, amico, lu hai famiglia, bada alia famiglia lua, a le stesso, abbi il santo

DI GIUSEPPE MONTI E DI GAETANO TOGIS'ETTI 127

timor di Dio, c non ti far confondere dai compagni. Vedi tu, come mi trovo io per essermi fatto confondere? Dillo a tutti, sai, affinche il raio esempio serva a tanti poveri giovani. » Queste ed altre parole soggiun- se, mostrando vivo desiderip, che la propria sveiitura e il ravvedimen- to avcssero grande pubWidta a bcne altrui. Di che sono concord! le te- stimonianze de'gentiluomini presenti, in ufficio di confratelli, e di quan- ti altri intervennero.

4. Dopo di che il Tognetti fu condolto alia cappella, ove gia trova- yasi itMoiiti. Questi aveva richiestp di vederlo e di abhracciarlo. Ma il Tognetti, memore delle rivelazioni fatte da colui, che a se erano tor- nate assai nocive, non seppe trattenersi dal dire a chi Tinvitava, che egli avea perdonato di cuore, ma che temeva, !a vista di Monti non lo rimescolasse troppo. Rincorollo il confessore, facendogli notare che ne Dio ne gli uomini Tohbligavano di vedere il Monti : ma che se egli vo- lontariamente lo vedesse e si ' perdonassero a vicenda, sarebhe prezioso merito aggiunto alia corona del paradiso, e ne avrebbe gusto grande Gesu Cristo.

Credete proprio, Padre, che darei gusto a Gesu Cristo? ripigli6 il Tognetti.

- Non ne dubito: sarebbe un belVatto di virtu.

- E hene, andiamo. Ditemi tutto quello che ho da fare.

Al suo cntrarc il Monti leyossi in piedi dal seggiolone ove sedeva , e gli ando incontro: allora il Tognetti disse queste parole: « Peppe, ecco giunta 1'ora della nostra redenzione, e di raccogliere il fruttp del Sangue di Gesu Cristo (espressione divenutagli familiare suU'nUimo) : tra poco speriamo pei meriti di Gesu Cristo, di troyarci insieme in pa- radiso. » E cio dettp si abbracciarono e si diedero il bacip del perdono. Se questi sono modi e parole di settario impenitente, noi preghiamo a noi stessi, e a Mti i huoni cristiani di poter parlare in simil guisa, al punto di comparire al tribunale di Dio.

Quindi si posero in ginocchio alia balaustrata, col Crocifisso in mano, che ciascuno aveva ricevnto dal proprio confessore, ed erano tutti e due grandi e divoti. Non si saziavano di stringerli al petto, tanto il To- gnetti quanto il Monti, e li coprivano di baci, ricercandone le cincme Piaghe : che era una tencrezza per gli astanti. Ascoltarono cosi la prima Messa, che fu celebrata per loro ; ppi una seconda del Cappellano della Confraternita, monsig. Raimondo Pigliacelli, canonico di S. Maria Mag- giore, il quale anche disse un acconcio fervorino, per disporli alia santa Comunione, chefu loro amministrata come viatico deireternita; e dopo questa assistettero ad una terza ancora, e ad una quarta, in ringra- ziamento.

In tuttq qucsto tempo il Tognetti altro non fece che pregare. Aveva per sua diyozione quel libretto tanto comune in Roma, dettp Massime cterne, e ripeteva fervorosamente le belle preghiere che quivi si conten- gono, e tra le altre le sette offerte del Sangue preziosissimo di N.'^S. Gesu Cristo, TOrazione al SS. Croc;tisso, TOrazione alia SS. Yerginc Maria, composta dal Yen. Bartolomeo da Saluzzo. Dimando eziandio la corona, per recitorla ad onore della Madonna, notando egli stesso, che opportunamente correvano quel di i Misteri dolorosi. Due volte repli- co la Via Crucis, sebbene stando al suo posto. A questo modo gli tra-

128 RELAZIONE BEGLI ULTIMI GIORNI

scorsero le ore, insino al punto che, dovendo oggimai muoversi il trislo convoglio, il sacerdote religiose, suo assistente, gli disse, che lo pre- cedeva, e Faspetterebbe nella conforteria presso S. Maria in Cosmedin.

Giunto il paziente a questo luogo, vicinissimo alia piazza de'Cerchi ove si aveva ad eseguire la sentenza, si trattenne in continue preghierc e giaculatorie, e diceva a mente molte orazioni che sapeva, tramezzan- dole con un Pater, Ave, Gloria e con una Salve Regina. E il faceva in voce sensibile, il che ricmpiya di cpnsolazione i sacerdoti circostanti, e quei nobili signori della Conlraternita. Avendo fatto pregare il colon- nello dei Zuavi di venire a lui , e questi avendolo appagato , il pove- ro Tognetti chiese perdono del suo delitto a lui colonnello dei Zua- Yi", e in sua persona a tutto il Reggimento. II che fece con tale mode- stia e sincerita di espressione, che quel generoso cavaliere ne fu com- mosso profondainente , e per segno dell1 accordato perdono gli rispose dandogji il bramato amplessp di pace, e promettendogli che niuno piu teneagli rancore, e che aiizi i Zuavi penserebbero a soccorrere la sua povera madre.

Del resto non fu solo il tenente colonnello dei Zuavi che si lasciassc intenerire: l'attitudine del paziente, la sua rassegnazione, il pieno rav- vedimento ayevano per siffatto modo scancellato in lui il marchio del mal- fattore micidiale, che ciascuno lo riguardava come un' anima benedet- ta, nella quale gia raggiava Famicizia di Dio e la srjeranza della gloria celestiale : era un commoviinento universale. I bupni Conl'ratelli si rac- comandavano pgnuno in particolare alle sue orazioni, per queiristante in cui fosse giunto al cospetto di Dio. Lo stesso fece Tegregio religio so che 1'assisteva. Egli a tutti rispondeva con voce tranquilla, che spe- rava di andar salvo pei meriti del Sangue di Gesu Cristo, e che appe- na giunto in paradiso, si sarebbe ricordato di lorp. A questa scena pie- tosa era presente, per suo doyere, tra i molti altri un Uffiziale superio- re dei Gendarmi, e anch' egli si senti vinto da tale cqnmipzione, che si scoperse il capo, e disse al paziente: « Eh Tognetti mio, ricordati pu- re di me e della mia famiglia: » e cip dicendq lo abbraccio e bacio, e toslo usci dalla presenza cogli occhi pieni di lagrime.

5. Ma la piu tenera scena fu quella che precedette immediatamente il supplizio. II sacerdote gli fece recitare la professione di fede, e for- mare altri atli cristiani, conyenienti al bisogno, lo assolvette sacramen- talmente, e gli applico la indulgenza papale in articulo mortis, come usasi coi moribondi, gli fece venerare il santo Legno della Crpce, e cpn esso formo sopra di lui la benedizione: tinalmente lo ayverti, che si ar masse piu che mai di coraggio e prendesse fiducia nei meriti di Gesu Cristp, e nel patrocinio di Maria santissima.

Che, e ora? dimando il paziente.

Pochi minuti ancora... Adesso viene il ministro di giustizia : pos- so lasciarlo entrare?

Si si, rispose fermo il Tognetti, venga pure.

Entro quegli, e nel legarlo diceva: Non temere, Tognetti, che non ti stringp : fo lento lento.

Stringi, pure: non potrai mai stringer tanto, qnanto fu stretto Gesu Cristo. Oh! ha patito tantp Gesu Cristo pei miei peccati: e non potrp patire un poco io, che merito Vinferno? Che e questo in parago- ne di quello che ha sofferto Gesu Cristo? Fa, fa pure.

DI GIUSEPPE MONTI E DI GAETANO TOGNETTI 729

In dire questo fu legato. II Crocifisso gli fu posto in mano, c Tabi- lino del Carmine. Voile andar bendato, per non distrarsi, diceva es- so. Ne altrimenti sarebbe convenuto, essendo gia il palco insanguinato dal suo compagno, che fu primo a morire. Prego, con ammirabile pre- senza di spirito, il sacerdote, che V accompagnasse nel tragitto dalla conforteria al patibolo, e che prima di cader la mannaia gli desse an- che un volta la sacramentale assoluzione den suoi peccati. Si avvio al supplizio, stampando di bad il Crocifisso, e tutto da se ripetendo le piii tenere e infocate preghiere, tanto che non era d'uopo nulla suggerire. Apple del palco , rendette il Crocifisso al sacerdote, non senza averne novellamente baciate le Piaghe: e mentre il ministro di salute eterna lo esortava a pensare al divin Redentpre e alia Madre di Misericordia, che Faccoglierebbero in paradiso, i ministri della umana giustizia T acconcia- rono alia ferale esecuzione.

Tutto intprrio, con un popolo sterminato, regnava un religiose silen- zio; per guisa che, quando il paziente a yoce alta e distinta invocava i nomi santissimi di Gesu e Maria, sariasi potuto ancor da lungi nove- vare ogni sillaba; e parimenti allorche il sacerdote proferi Festrema for- mola di assoluzione. A\YAmen il Tognetti appena pote soggiungere: Ge- su... e in questo il ferro gli tronco la yoce e la vita. « Cadde recisa la testa (cosi conchiude il sacerdote la sua narrazione), e Tanima si troyo nel seno di Dio, come ho tutto il fondamento di credere. » Noi possia- mo aggiungere che tale fu pure la persuasione di quanti o per carita a per utlicio o per curiosita si trovarono presenti a quegli ultimi e edi- iicantissimi tratti di Gaetano Tognetti.

6. Non meno interessante la storia, ne meno pietosa fu la morte di Giuseppe Monti, che di pochi istanti il precedette sul patibolo. Questi era di piu apertura di mente, di piu spiriti, e nelVarte sua eccellente: nel ragionare poi accorto in modo singolare, e neiresprimere i suoi sen- si facondo e acconcio piu assai che non sembravano comportare le sue poche lettere. Non senza perche, nelle trame deirOttobre 1867, fu seel- to alle imprese piu arrischiate.

Fu avvertito il religiose, che di costui doveva incaricarsi, il di 27 Ot- tobre, dal suo proprio superiore, che gli disse: « Giuseppe Monti, di Fermo, gia condannato a morte, ragionando fece menzione di lei : veg- ga dunque di fargli una yisita, alle Carceri Nuove. » Risppse che vi an- drebbe quanto prima. II giorno appresso interessp varii monisteri di sacre vergini a pregare molto per la piena conversione del po\ero con- dannato. Intanto una pia dama, tutto da se, eraglisi pfferta a colletta- re, per soccorrere il Monti e la desolata famiglia di lui. II di 29 si con- dusse il detto Padre alle Carceri Nuove, ma con molta trepidazione di animp, conoscendo per esperienza, che con gente impigliata in trame politiche poco o nulla si ottiene: e procurava di darsi animo sperando neir aiuto divino e nella mediazione di Maria santissima e di S. Giu- seppe, del quale quell1 infelice portava il nome. Del resto anche il De Felice, giustiziato T 11 Luglip 1855, tuttoche settario, si ravvide, e in presenza di molti testimonii, a voce alta si ritrattb, dicendo : « Ab- borro tutte le sette a cui sono stato ascritto, e mi hanno rovinato. » U atto e (irmato, nei registri della Confraternita di S. Giovanni Dc- collato, dal Proweditore marchese Sacchetti.

730 RELAZIONE DEGLI ULTIMI GIORPrt

11 religioso si yide yenirc incontro un iiomo di trentatre anni, di mez- zana statura, piuttosto di bella persona, il quale gli si accosto con modi molto rispettosi. Si posero a sedere in un angolo del corridoiq fuori della segreta, e il sacerdote aperse il discorso: So che mi avete nominate con ima persona, e che avete mostrato de&iderio di vedermi: in che vi posso seryire?

Ed egli : Ma lei non mi conosce? lo da fanciulio venivo alle scuo- le, (juand'ella era retlore del collegio di Fermo. Se ne ricorda della famiglia Monti ? stavamo in quella casa di fronte al collegio. Non le sovviene che quando ella venne a Roma, io venni a ritrovarla?

II religioso non ricordava nulla di tutto cotesto, ma procure di gio- varsene a bene, e gli disse, che, se gia lo conosceva, era an he me- glio, e doveva percio essere persuaso che il solo desiderio di aiutare lui conducevalo in quel luogo ; pero aprisse liheramente Tanimo suo, ed egli, in cosa che fosse possibile, volentieri 1'aiuterebbe. Allora que- gli, tutto acceso comincio a discorrere della sua condanna, a dolersi che gli fosse fatto torto da un non so quale ufticiale subalterno del tribunale, attenuare il SUQ delittq, e interessare il sacerdote ad im- petrargli la grazia, della quale, si vedeva chiaramente, nutriva forte lusinga. Ma questi essendo mandato dalla potesta ecclesiastica, con uf- ficio di disporlo a ben morire, non yolle entrare nella quistione, e ven- ue dirittamente al punto, dicendogli : Sara tutto quello che dite : ma credete voi di essere colpevole di avere incendiata la mina, e di aver fatto morire ventiquattro persone, e aleune forse in disgrazia di Dio?

II Monti rispose con franchezza senza pari : Padre, non sono ven- tiquattro, ma ventissette le persone che ho sacrificato, questo lo con- fesso.

Or bene, mio caro, sapete pure che chi di coltel ferisce, di col- tel perisce. Vorrei potervi dare migliore speranza, ma io temo forte, che la grazia, nella quale contidate, possa essere un sogno. Non v? il- ludete colla grazia tempo-rale, provvedete alia eterna. Forse Iddio vuo- le che acquistiate la beatitudine del paradiso con questa condanna, che e un mezzo il piii doloroso, il piii umiliante : ma questo e ancora me- glio, che avere la grazia ora, e poi cadere in altri peccati, e dannarvi. Ci credete voi a queste verita?

- Ci credo. Non ho perduta mai la fede: ho sempre, ogni giorno che fui al mondo, recitato una preghiera alia Madonna del Pianto, e spero mi salvera. «**-/;

Allora il religioso, prendendo animo, gli ragiono a lungo, sopra tut- to dipingendogli al vivo la storia di un famoso malfattore, carico di delitti, che, stando in prigione e come lui condannato a morte, fu in- dotto a fare i santi esercizii, e si confesso generalmente e con tale compunzioney che comincio a desiderare il supplizip, in espiazione del suoi peccati; e tanto ardentemente si risolvette di salire al cielo per questa via dolorosa, che essendogli poi offerta la grazia, la ricuso, e prego Iddio di farlq morire almeno in carcere, di che fu esaudito, e mori lasciando opinione di un sarito penitente. II Monti ascoltava con yiva attenzione, e questo esempio gli entraya visibilmente nel cuore. Sul fine piu non potendo resistere alia grazia, ruppe in pianto dirot- to, e disse : Ancora noi abbiamo gli esercizii, e li da il P. Giuliano

DI GIUSEPPE MONTI E DI GAETANO TOGNETTI 731

passionista. Anch1 io voglio farmi una confessione generate, e voglio deporre il pensiero della grazia, voglio espiare il mio delitto colla mor- ie, e voglio fare tutto quello che lei mi dira.

7. Venuto il giorno prefisso, il Monti si trattenne lungamcnte col confessore e con evidenti segni di perfetta conversione. Prima di ri- cevere Fassoluzione ebbe pensiero di chiamare due custodi, Luigi Mon- ti e Colombo Pozzi, coi quali aveva preso contidenza, a cagione del modi umani onde il trattavano, e alia toro presenza voile, per qnanto poteva, emendare lo scandalo dato col suo delitto, dichiarando che lo detestava e pregandoli che essi pubblicassero il suo ravvedimento. Sup- plico in grazia il confessore, che non 1'ahbandonasse ; c non pagp del- le ripetute conferenze anteriori, desiderava essere con lui ogni giorno.

Al 5 Novembre, cadea la chiusa dei santi esercizii dati dal religioso passionista; ed egli avrebbe voluto accostarsi alia sacra mensa cogli altri condannati. Ma non gli fu concesso dai soprastanti. Adunque, per appagarlo, fu celebrata una Messa dal suo confessore, per lui solo, nella cappella detta del Braccio nuovo. II penitente se ne valse per abbandonarsi viepiu liberamente alia sua divozione. Si riconcilio di bel nuovo, e durante il santo Sacrificio oraya con grande fervore, e a certi tratti, colle braccia levate in croce. Giunto F istante della Comunio- ne, recito ad alta voce il Credo, poi si rivolse ad un ufficiale e a tre custodi, e novellamente domando perdono degli scandali suoi, infine si tolse le scarpe e a piedi ignudi, in segno di penitenza, si accosto al- 1'altare. E i present! piangevano di tenerezza.

In quel giorno, merce di qualche soccorso mandatogli da pie per- sone, pote fare piu lauta refezione: i soprastanti gli concessero da in- di in poi alciin cbe piu di liberta, ed egli diceva candidamente, che era stato questo il piu bel giorno della sua vita. Tutti erano mara- vigliati della profonda mutazione, che traspariva in ogni suo atto, in ogni sua parola. Sopra ogni altra cosa era di stupore, che avendo fi- no a pochi giorni prima sempre avuto in bocca la grazia sovrana, da indi in poi non ne fece piu parola: tanto sinceramente fin da prin- cipip aveva rivolto Tanimo a morire cristianamente, in penitenza dei suoi falli!

La sentenza, sebbene fosse stata proferita in tribunale il di 1 6 Otto- bre, com'e scritto nella sentenza stessa, e potesse eseguirsi dopo pochi giorni ; pure non fu compilato F atto, ne presentato al Sovrano se non torse qumdici giorni dopo. Orae stile della giustizia romana, chequando la sentenza e dimorata alquanti giorni sullo scrittoio del Sovrano, e que- sti non e intervenuto a far grazia (giacche il Sovrano di Roma, nei giu- dizii capitaii, non interviene in alcun modo, fuorche, se vi e ragione, per accordare il perdono), e T ha renduta senza osservazioni, sia man- data quanto prima ad effetto. Corse anche voce che dovcsse eseguirsi il di J22 Ottobre, anniversario del delitto, e dirimpetto alle mine tuttayia non ristorate della cascrma Serristori : ma questa non fu che una giu- stificazione della severita, onde il popolo romano aspettava di veder pu- nito un delitto, che lo avea cosi profondaniente commosso.

Ad ogni modo il povero Monti riguardo la dilazione come una prov- videnza , e ne rendeva continue grazie a Dio come di singolare bene- ficio: atteso che a questo modo aveva potuto assistere agli esercizii

RELAZIOSE DEGLI ILTIMI 9IORNI

spiritual!, predicati dal p. Passionista, del quale mostraya grande stima ed affetto. Volentieri trattenevasi con questo yenerabile religiose, col suo confessore e con altri sacerdoti yisitatori amorevoli dei careers ti, e non era mai sazio di conferire con essi. Ne mai era yisitato dal suo pe- culiare assistente, ch1 egli non yolesse rinnoyarsi la grazia della sacra- mentale confessione. Non cqntento di discorrere di cio clie allora gli ca- desse in mente, appuntayasi in iscritto le cose sulle quali yoleya consi- glio. Meditaya la Passione del 'diyino Redentore, e ne traeya conforto inestimabile pel suo bisogno, e feryore a tollerare i suoi patimenti, dei quali non solo non lamentayasi, ma desideraya accrescerli.

La sua conversione era stata generosa, piena e perfetta: e quindi riu- sciva consolante a yedere, come tutti i sentimenti di buonp sposo, di buon figliuolo, di buon cittadino, di buon cristiano fossero rinnoyati in lui e ritipriti per guisa; che anche in qualsiasi altra persona sarebbero paruti piu che ordinarii.

8. Pensava niolto alia sua poyera moglie, che lasciaya senza proyyc- dimento di sorta alcuna, gioyane e con un bambino di yenti mesi. Quan- te yolte yedeva il suo confessore, altrettante parlaya di lei e del tiglio. La raccomandaya, affinche questi prendessene cura, e soprattutto la in- dirizzasse al bene deiranima. La derelitta Lucia (cosi chiamasi) si prc- sentava spesso al religioso, col suo bambino in braccio, ed era diyen- tata come stupida, pel caso fatale del marito. Campaya con otto baioc- chi al giorno, che guadagnaya con porgere seryizio in una casa, e coi soccorsi della carita crisiiana, i quali non le vennero nieno. Desidero il Monti yederla dopp la sua comunione, ma non gli fu permesso dal re- golamento; ed egli disse: « Sia fatta la yolonta di Dio! » L1 ultima yolta che il sacerdote ando a yisitarlo nella segreta, gli disse: « Che yuol es- sere, che mia moglie non mi porto i panni? che stesse ppco bene? che la creatura stia male? Vegga un poco. Le raccomando il mio Giro (nomc del bambino): quando sara grande, s1 impegni lei per farlo mettere in S. Michele e non altrove. » Preferiva S. Michele, ad o^ni altro ospizio di Roma, e questo suo desiderio espresse molte yolte. Ora sappiamo che la carita pubblica e privata gia ha proyveduto e tuttavia proy- yede. II S. Padre manifesto il suo animo benetico di dare alia donna c al bambino un conyeneyole ricoyerp.

Ancora pesayagli grandemente il pensiero de' suoi debiti, sia perche non poteya soddisfarli, sia pel timpre che i creditor! non dessero mole- stia alia sua yedoya. Per mettervi qualche rimedio, scrisse diligente- mente la nota de' suoi creditor! e dell' ayere di ciascheduno (nell'auto- grafo che noi yedemmo, somma il debito totale a scudi 77 e bai. 30); affinche si potesse raccomandare il pagamento alia carita dei benefatto- ri, e ne avesse riposo Tanima sua, e quiete la moglie. II poyero Monti dalla setta malvagia, che 1' aveva adoperato come strumento di assassi- nio, e affidatigli tra gli altri i due orrendi misfatti, uno eseguito a Ser- ristori, el' altro simile, attentato alia caserma di Cimarra, era stato ri- pagato con estrema miseria ; tanto che dal 5 Ottobre, giorrio in cui si levo dal layoro, per mettersi interainente al soldo del Cucchi, non pote ayanzare un centesimo, e in prigione andaya lacero dei panni, come r ul- timo dei pezzenti.

Non avendo altro a lasciare alia redova, le lascio una fotografia (rab- biamo yeduta), che una pia dama ayeva inyiato a lui nel carcere. Rap-

DI GIUSEPPE MONTI E DI GAETAJsO TOGNETTI 733

presenta un Gesu Nazareno e la Madonna del Buon €onsiglio; ed egli vi scrisse sul rovescio queste parole di sua mano : « Lucia ! quest' im- « magine el'eredita che ti lascio. Ricordati di tenerla a caro piii della « rita mia. Ogni yolta che Y avrai in mano, ricordati di pregarla die « ti salvi 1'anima e che salvi e aiuti il nostro piccolo figlio, e ricpr- « dati di me e di chi mi dono la suddetta. Quando Giro sara grandc, « gliela darai. Addio. Sii bupna. Tuo Peppe, 10 Novembre 1868. »

9. II npme del suo piccolo Giro era continuamente sulle sue labhra, e an- che a lui voile lasciare quel solo che poteva, un libretto di Massime eter- ne; inculcando caldamente al sacerdote che lo visitava, di farglielo per- venire, come quegli ibsse giunto all' uso di ragione. Ed ecco le belie parole che il povero padre vi scrisse sopra di suo pugno, e che noi vi leg- gemrao: « Amato figlio, ti prego tenere questo libretto in memoria dcl- « 1'infelice padre tuo, ed ogni volta che leggerai questi sentimenti, « ricordati di recitare una terza parte di rosario in suffragio dell'anima « di tuo padre. Figlio mio! questo libretto e Tunica eredita che ti lascio. « Sappi che ti fruttera il mille per certo. Questo e stato I'ultimo amico « mio piu fedele. Figlio mio, fuggi i compagni cattivi, e rifletti che i « compagni cattivi mi hanno condotto su di un patibolo. A ma e rispetta « dopo Dio e la B. Yergine, la tua cara madre, cosi sarai felice. Confes- « sati spesso, almeno una volta al mese, e la vendetta che devi fare di « tuo padre, sara di non abbandonare mai questo libretto, e non parlare « mai con chicchessia della mia fine, e quando ti faranno questi parlare, « ti prego, anzi ti scongiuro, tu yoltare via senza rispondere. Figlio mio? « quest1 c stato V ultimo mio desiderio, e spero che lo eseguirai. Studia « e vivi da vero cristiano, che Iddio ti aiutera. Prendi la divozione allat « Madonna, e non fare passar giorno che non preghi Maria Santissima « che ti faccia eseguireT ultimo mio desiderio. Rispetta i miei parent^ « se ti troverai con essi. Se tua madre tornera a maritarsi, tu vattene a « Fermo, e quando avrai 21 anni ritorna con tua madre, ma non deyi « mai dimenticarla. lo voglio questo, accio tu, o amato Giro, non stii « sotto la tutela di un padregno che tu rispetteresti piii di tua madre. Ti « prego di un'altra cosa, ed e che questo libretto non lo consegni mai a « nessuno. E la memoria del padre tuo, che tu non hai potuto conoscere, « perche i compagm te ne hanno private. Figlio mio! se il Signpre mi « concede la salvezza deiranima, io preghero per te, e tu esaudisci cio « che ti ho detto, e spero che non vorrai trasgredire gli ultimi sentimenti « del tuo padre. Addio! vivi in pace, e dandoti la S. Benedizione e mille « bagi ogni volta cbe leggerai il suddetto libretto. Addio ! sono tuo pa- « dre Giuseppe Monti. »

10. Travagliavasi di molto dell'acerbissimo dolore, che i suoi vecchi genitori prenderebbcro della sua fine infame, e del dispnore che ne rica- drebbc sopra tutta la famiglia huona e cristiana. A riparazione di che scrisse, la vigilia della comunione, una lettera, che diede aperta al solito sacerdote, allinche per vie private la facesse pervenire alia destinazione, come fu fatto: ed ecco il tenore della lettera, la quale, attesa la espressa volonta dello scrivente, si puo pubblicare: « Amati miei genitori. Padre « mio! questa e Tultima lettera che Tinfelice figlio vostro vi scrive. Que- « sta sara la memoria della infelice mia fine. Tutto ho saputo, quanto « avete camminato per la mia salvezza. Padre mio, io ve ne ringrazio, e

734 RELAZIONE BEGLI ULTIMI GIORNI

« vi prego di consolaryi e di consolare Faddolorata madre mia, mentre « sappiate che moltissimi sono stall gVimpegni che gli uomini hanno avu- « to per me, ma Iddio non vuole che resti impunitp un cosi grave delitto, « e percio vuole che io muoia e salvarmi. Io muoio rassegnatissimo : ho « richiesto il mio confessore il p. Blosi che yoi conoscete, al quale ho fatto « gia la confessione generale, e domani Giovedi 5 Noyembre mi accosto « indegnamente alia mensa eucaristica. Consolate i miei fratelli e la mia « sorella. Yi domando in ginocchio perdono di tutti i dispiaceri e disub- « bidienze che vi ho fatto, e spero che BOD vorrete negarmi tanta grazia. « Cosi domando perdono all'amato mio fratello Filippo, ed io perdono di «-cio che per nulla ci fece irare fra noi. Domando perdono a tutti e tre, « o amati fratelli e sorella, di tutti gli scandali che yi ho dato. Spero che « non vorrete negarmi il perdono che di yero cuore io reciprocameute vi « mando. Yi prego di non abbandonare i nostri amati genitori e conso- « larli in questo gran dispiacere, e aiutarli nella loro vecchiaia. 0 madre « mia! qual contentezza sarebbe stata per me, abbracciarvi per Y ultima. « yolta. Mi consolo pero che ci abbraccieremo iri paradiso. Consolatevi « e pregate Dio, che salvi Tanima deir infeliee yos*ro figlio, e bacio al- « meno col desiderio le yostre mani, o miei genitori, e vi chiedo la S.Be- nedizione. Yi raccomando il mio figlio Giro, Tinfelice Lucia mia con- « sorte. Addio, Addio. Non posso piu scrivere. Yostro figlio Giuseppe « Monti. »

11. Che se il Monti si risoyvenne del debito di buon figliuolo verso i parenti per sangue, molto piu ebbe a cuore il dover suo verso il Padre universale dei fedeli. Non aveva messo mano ai delitti per istudio di parte, e molto meno per odio al suo Sovrano: ma solo trascinatovi daila catena di setta, e per quella crudele necessita, che nasce da un primo passo messo in sul pendio del precipizio; ed e incredibile a dirsi, quanto si affliggesse della fellonia contro il Santo Padre. Pertanto nelle ore dopo la comunione, il giorno o Novembre. senza che niuno ve lo esortasse, penso di chiedere scusa anche a lui. Disse poi di avere cio fatto, anche per rallegrare il cuore del Sauto Padre, dandpgli a conoscere la propria conversione. Mostro in questo un sincero e delicatissimo sentimento: poi- che temendo non forse paresse, che con quell'atto egli dimandasse la gra- zia, deila quale aveva smesso al tutto ogni pensiero, nel consegnare la lettera al sacerdote suo confidente, gli fece promettere che la lettera non sarebbe presentata al Pontcfice prima della morte sua.

Noi gia ne pubblicammo il testo, sulFautografo stesso del Monti, nel quademo antecedente, a pag. 617. Basterebbe questa lettera anche sola a smentire i suoi calunniatori, che tentarono far credere, il Monti essere andato a morire impenitente, e con in bocca discorsi di settario ostinato. Di siffatte cose mostrava anzi un orrore sommo, couoscendo a pray a, che senza la perversita delle sette, non sarebbe dirovinato nel baratro di syen- ture ove gemeva. E non solo parlavane cosi col suo confessore, ma ezian- dio con altri, che ce ne diedero testimonianza. Di spacciare lettere poli- tiche, neppure un1 ombra di pensiero caddcgli in mente: e gli scritti suoi, dopo la sentenza di morte, sono tutti pieni di spirituale rawedi- mento. Quanto alia lettera o piuttosto supplica e ammenda indirizzata al Santo Padre, questa era scritta in foglio aperto. II Sacerdote ritennela nel portafogli lino all' ultimo giorno : e il Monti , poche ore prima di

DI GIUSEPPE MONTI E DI GAETANO TOGNETTI 735

nwoversi dalle career! per andarc al patibolo , gli dimando con viva islanza, se avrebbe poi consegnata la lettera. Allora quest! la trasse t'uo- ri, alia presenza degli astanti, confratelli ed altri, e glicla mostro, dicen- dogli : « Questa mattina, quando tu sarai in cielo, questa lettera sara deposta ai piedi del Santo Padre. » Oi che il Monti si mostro molto sod- disfatto.

La earta fu tosto consegnata a Monsig. Samminiatelli, Cameriere se- creto di Sua Santita, che anch'esso essendo confralello della Misericor- dia, e coneorso cogli altri gentiluomini al pietoso ufh'cio di confortalore, trovayasi presente e colle divise della Confraternita. Questi promise di eseguire la volonta del Monti entro poche ore: e cosi fece. II Santo Padre poi, facendo ragionc al manifestato desiderio del pcnitente, permise che si pubblicasse, per commie ediiicazione.

Alcimi osarono gittar duhbio snir autenticita di questa scrittura : ma noi crederemmo tall ire al decoro, se anche solo tentassimo di addurrc ragioni o altri tcslimonii , mentre abbiamo cogli occbi nostri veduto 1' autografo : autografo rimesso ad un prelato illustre da un venerando uomo, in presenza di persone qualiticate, autografo concorde con gli al- tri atti pubblici dello scrivente, e sportoci con degnazlone sovrana da ima mano, di cui non \i e piu augusta e veiieraricja sulla terra. Non iscriyiamo qui per discutere, molto meno per convincere gli uomini di mala fede : si solo per editicare i fedeli.

12. E certo riusci in tutta Roma di singolare esempio : percioccbe an- cbe yolendo chiedere perdono al Santo Padre, non era necessario che ii Monti si accusasse pubblicamente per Carbonaro. In questo si vide la ge- nerosita del suo animo veramente rayyeduto. E ancora si scorge nello scrittp il desiderio grande che eragli surto nelVanimo, di riparare come che si fosse allo scandalo dato, richiamando altrui dal cattiyo 'senliero. La carita del prossimo brillava in tutte le sue azioni. Go-glieya a yolo Ic occasion! tutte di operar qualche bene, e si angustiaya di non poter ri- meritare quelli che taceyano del bene a lui. Spesso, anche neirultimo e col pensiero della morte giu imminente, diceva: « Non so corne ringra- ziarc i cnstodi dai quali riceyo tanti piaceri : non mi negano cosa alcuna che mi abbisogni, e ci rimettono della borsa, poveretti ! »

Or ecco pcrche costoro mostra\ansi cosi cortesi. Parra incredibile, c pure e certo, cbe tale era redificazione ch'egli daya colla sua condotta, che nelle Carceri Nuove, soprastanti e cnstodi gli ayeyano sul tine posto comeuna specie di venerazione, e non si peritayano di dire: « Poyer'uo- moi non si conosce piu: ora sembra un angelo. » E questo il sappiamo da chi lo intese piu voite dalla loro bocca.

Alcuni mesi addietro era stato airinfermeria delle earceri, e un came- rata condaunato a piu anni di detenzione lo ayeva servile da infermiere con molto affetto. 11 Monti si appenava di non poterlo ricompensare. Percio non cessava di raccomandarlq al confessore, affmche questi si in- isse per eolui. Venuti i signori della Courraternita per confortarlo airestremo defla vita, non si scordo, in si ferale distretta, del suo infer- miere; e conoscendo che essi, principi e prelati, polrebbero di molto giovargli colle loro intercession!, li prego affinche, porgendosi T occa- casione propizia, pagassero essi il suo debito di riconoscenza, impetran- do al povero coridannato una diminuzibne di pena; ne si quieto, tinchc non gli fu promesso, che sarebbe fatto secondo il suo desiderio.

736 RELAZIONE DEGLI LLTIMI GIORNI

Gli era statp aggiunto per compagno di segrcta un giovane inquisito di fur to. Costui era rozzo e ignorante assai. II Monti prese a insegnar- gli la Dottrina cristiaua, clie esso sapeya benissimo ; gli yeniva sugge- rendo buoni consigli; ed esortavalo a confessarsi e confessarsi bene. Ot- tenne pienamente il suo intento. II che gli riusci d' incomparabile conso- lazipne : perciocche gli sembraya con questo di soddisfare alia divina giii- stizia, per coloro ch'egli ayeya cosi scelleratamente (com'egli stesso di- ceya) niesso a morte, privandoli periino dei sacramenti; della quale ul- tima circostanza manifestaya profondo sentimento e dolore. Spesse \olte altresi ripeteva : « Povera Rpsina ! che male ayeyi tu fatto ? » e yoleva compiangere una bambina di sei anni, cosi chiamata, rimasa oppressa sotto le ruine della caserma Serristori.

13. Ma egli anelaya a giovare ancbe piu yastamente, massime alia gioyentu, e pero si pose in cuore di recitare sul palco del supplizio una arringa. La scrisse tutto da se, e tenevala studiosamente apparecchiata, per leggerla in quest1 estremo momento. Di poi riflettendo che forse cio non sarebbegli facilmente riuscito, si risolvette di leggerla alia presen- za di molti assistenti prima della sua Comunione per Viatico ; e a cjuesto fine recayalasi in petto, quando fu tradotto alia prima conforteria. Gli fu fatto osseryare, che non praticandosi altrettanto dal suo compagno di sciagura, questi potrebbe ayerne non so quale dispiacere. Si rendet- te, ma non dismise interamente il pensiero : solo il cambip affidando la carta al suo confessore, e incaricandolo di dare la maggipre pubblici- ta possibile allo scritto, che egli intitolaya; Testamento spirituale. Eccolo fedelmente ricopiato.

« lo Giuseppe Monti da Fermo, d'anni 33, neiratto di salire sul palco « di morte, aove dovro tra poco espiare il mip delittp e comparire tosto « al tribunale deirAltissimo, riyolgo a tutti gli uomini della terra queste « ultime parole, che desidero siano tradotte in tutte le lingue, affinche la « mia morte tragga molti e molti dalla yia della iniquita.

« Condotto dal mio delitto a morire per mano del carnefice, prima « di esalare I1 ultimo spirito, a yoi tutu a cui e arrivato airorecchio « la notizia del mio delitto a Serristori, riyolgo spontaneamente que- « ste mie parole, mestamente nel carcere, doye piu yolte, anche in pre- « senza di testimonii, ho esecrato la mia condotta.

« Se io ayessi seguito la mia coscienza, le yoci della religione , le « prime massime avute nella mia infanzia dai miei buoni yecchi genito- « ri che lascio immersi nel piu acerbo cordoglio, se ayessi fuggito i cat- « tiyi compagni, non mi sarei condotto a questo passo.

« Lo conosco, ma troppo tardi, quindi mi riyolgo a voi che ayele « preso scandalo dal mio operate e vi domando perdono. Deh, siete « amacti della Santa Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana, fuori della « quale non yi e salute.

« Ah, quali consolazioni ha avuto ranima mia da piu giprni, in cui « mi sono accostato ai santi Sacramenti istituiti da nostro Signor Gesu « Cristo ! La sola religione cattolica apre le porte del cielo ai suoi cre- « denti : tutte le sette non hanno che inganno, assassinio e morte.

« Io ho gia scritto al sommo Pontefice mio Sovrano, chiedendogli per* « dono della fellonia e assassinio da me cominessi, e pregandolo che fa- « cesse pubblici i miei sentimenti.

DI GIUSEPPE MONTI E DI GAETANO TOGNETTI 737

v( Dunque voi tutti che mi avete imitato nclla colpa, imitatemi nella « penitenza, praticate la religione cattolica, locche si ottiene colla fre- « quenza ai Sacramenti , coll1 intervenire alia dottrina cristiana , alia « spiegazione del Vangelo, coll1 astenersi dalla raaledetta bestemmia, « coironorarc i superiori, col fuggire le compagnie cattive e cpll'essere « devoti della Madonna del Pianto (Titolo di Santaario divotissimo in « Fermo, e altrove). Una piccola divozione, fatta ogni giorno alia Ma- « donna, mi ha salvato.

« Leggete libri buoni. La lettura dei buoni libri, fatta nell'anno della « mia detenzione, mi ha illuminato rintelletto e mi ha mutato il cuore. « Confortato dai Sacramenti desidero espiare colla morte il mio delittq.

« Spero pei meriti di Gesu Crislo, di Maria Santissima, di S. Giu- « seppe, di cui porto indegnamente il nome, di andar in paradiso. Ma « se Dio benedetto volesse che penassi qualche tempo in purgatorio, « santi sacerdoti, buoni cristiani, mi raccomando alle yostre orazioni.

« Ringrazio i custodi che mi hanno usato lanta carita : ringrazio tutti « quelli che mi hauno prestato assistenza. Perdono a tutti quelli che nil « (hanno) fatto del male, come desidero che loro perdonino a me i miei « mancamenti, e che sopra ogni cosa Dio perdoni a me, povero pecca- « tore. Cosi spero udirmi nel cuore quelle parole che Gesu Cristo (dis- « se) al buon Ladro: Oggi sarai meco in paradiso. Giuseppe Monti. »

Dal contesto medesimo di questo scritto, si scorge ch'egli avevalo con grande studio apparecchiato, per gli estremi momenti. Ma anche senza tale recitazione, riuscirono questi, oltre ogni dire, edificanti.

14. A differenza del Tognetti, il Monti seppe sicuramente la dccretata esecuzione fin dalla mattina del giorno precedente. Fu provvidenza di Dio. II suo confessore, avvertito deirimminente supplizio, si reco da lui il giorno di domenica, 22 Novembre, e il dispose quanto pote, e lascio- gli ancora un buon soccorso in danaro e un regalo di sigari ; ma tacque al tutto la fatale notizia. II giorno seguente non fu possibilc celarla piu oltre. Ed ecco in qual modo egli venne a capo di risapere quello che bramava e temeva al tempo istesso. Quel Yenerabile sacerdpte, che so- pra dicemmo essere stato incaricato di disporre il Tognetti prossima- mente alia morte, dopo dette alcune parole a costui, opportune al bisq- gno, senza svelare cniaramente il segreto ; passo a Yisitare il Monti. Trovollo tuttavia seduto sul letto , e di questa novita chiesegli la cagione.

- Padre rispose quegli, gia da piu ore sono sveglio, ma sono stato cosi per dirmi tutte le mie orazioni e preghiere con piu raccoglimen- to. Poi chiamando piu presso a se il ministro di Dio, gli dimando con- iidentemente : CTe nulla di nuovp ?

- Che vuoi che ti dica, figlio mio? per ora non ti ppsso dir nulla. Ed il Monti, che accqrto era e pronto : Padre ,Giuliano, a me sta in

rapo, che domani mattina si eseguira la sentenza. E vero? C'indo\ino? II religipso si strinse nelle spalle, ne seppe altro rispondere. Allora quegli ripiglio : Via, me lo dica pure, che a me non fa nulla : anzi, se me lo dice, mi fa una carita, perche cosi non mi fara tanto senso <|uando yerranno i custodi ad ammanettarmi, ed anche perche cosi og- gi me ne sto piu racoolto, e passero la notte in orazione c piu iinito con Dio. Serie V/7, vol. IV, fasc. 450, 47 12 Deembre 18C8.

738 RELAZIONE DEGLI ULTIMI GIORNI

II buon sacerdote yedendo si straordinarie disposizioni, credettc pm- dentemeiite poter passarsi delle regole ordinarie, pero soggiunse: - E bene, Monti mio caro stattene, pure raccolto in Dio e in orazione, perch e dimani, come spero nella misericordia del Signore , sarai unito con lui nella beata eternita.

Non fece segno di sbigottimento alcuno il povero condannato : ma pre- se la mano del sacerdote, la strinse fortemente, alzando gli occhi al cie- lo ; e poi baciando replicatamente la mano: Padre, disse, io la rin- grazio tanto, tanto... Mi raccomandi ai Signore.

Interrogato dipoi la mattina della sua morte, se quel terribile annunzio Tavesse messo in agitazione : No, rispose egli, anzi mi e servito per prepararmi. Non sono andato a dormire ier sera, ho fatto orazjone tutta la notte. Fece anche meglio : perciocche dopo la fatale rivelazionc ayendo veduto il custode Luigi Monti, gli disse, che egli presentiva la intima da farsegli nella prossima notte, e lo pregava di volerlo ammanet- tare ad un' ora di notte, e condurlo nella cappella, affine di aspettare il Capitano din anzi air altare, e quiyi ascoltare la lettura della sentenza. 11 custode resto ammirato di tale proposta, ma non ardi esaudirla di suo arbitrio : e il Monti ne ebbe solo il merito dinanzi a Dio. Allorche giunta la Confraternita della Misericordia, e aperta la conforteria, si presenta- rono i custodi per ammanettare il Monti e condurlo ad ascoltare la fatale lettura, il trovarono che gia li attendeva in preghiera. Lascio egli a co- storo compiere il loro dovere, poscia udita la sentenza, disse : « Signore, ti ringrazio : io merito anche peggio... Sia fatta la tua santa yolonta ! »

15. Allora lurimesso nelle mani dei confortatori, econdottp alia con- forteria, per passare poi alia cappella, e farvi le sue divozioni, come si disse di sopra parJando del Tognetti. La prima cosa, entrando in conforteria , fu domandare a yoce alta e con somma ansieta al confra- tello Proweditore , che gli facesse yenire , al piu tosto possibile , il suo confessore. Del resto era tranquillo e rassegnato alia sua sorte. Sola rammaricayasi pensando alia moglie ed al tenero figliuolo : e per sol- leyarlo da cjuesta angoscia, il confessore promisegli che ne prende- rebbe sollecitudine egli medesimo, e attesa la carita romana, non man- cherebbe ospizio per Tuna e per Faltro.

Desidero riconciliarsi noyellamente in confessione : il che fu fatto in pochi istanti, ayendo gia, nei giorni precedent! , spddisfatto a se stesso. Dopo di che il confessore , che ayeya notata la diyozione singolare del penitente yerso la Madonna del Pianto, yeneratissima in Fermo , patria di lui , trasse fuori un quadretto in cui posta ayeya la immagine ap- punto della Madonna del Pianto. Fu come un1 apparizione celeste: il po- yero condannato la prese in mano , se la strinse al petto, la stampaya di caldi baci, e comincio a yoce alta un colloquio tenerissimo, come s& dalla patria fosse yenuta la Vergine benedetta a consolare le sue agonie. « Cara Madre , sclamaya egli pur continuandq a baciare la immagine, quanti anni spno che non ti ho yeduto!... Ah, ti sei ricordata di me, nel mio grande bisogno... Ah, quanto ti ringrazio... Sei proprio yenuta per aiutarmi?... Che sii benedetta, cara Madre del Pianto. » Con queste e simili parole , chn egli proferiya con animq infocato , si trattenne a suo belVagio, e fmalmente si pose T immagine in sent, e quando levossi per assistere ginocchioni alia S. Messa, la colloco a suo fianco sulla baluu- strata, ne piu yolle diyiderla da se, sino all1 ultimo istante della yita.

DI GIUSEPPE MONTI E DI GAETANO TOGNETTI 739

Allora pure ebbe il colloquio col Tognetti, di cui sopra parlammo, e si interesso perche fosse ricapitata dopo la sua morte, la lettera di scusa al S. Padre, e diyulgato, com'esso esprimevasi, per tutto il mondo il sup Testamento spirituale. « Vorrei diceva egli con grande spirito, vorrei che i cattivi cessassero di peryertire i poveri figli di madre ( modo ro- manesco, per significare la giovenlu in generate). Sarebbe tempo di farla finita. » E piii yolte ancora ripete: « Oh potessi convertire tutto 11 mondo 1 »

I Confratelli il condussero in una stanza vicina, dov'era, giusta il con- suetp, il Provveditore, il quale suol fare da notaip, e altri della confra- ternita, che servono come testimonii, a (Fine di ricevere legalmente le sue ultime volonta. Ed ecco alcuni brani dell1 atto, di cui abbiamo vedutp r originate, ed e tutto di pugno del confratello Provveditore, D. Giovanni de1 Drincipi Chigi, e che sara trascritto ne'registri della Confraternita. « Disse, essere suo desiderio, dopo la morte sua, di voler far sapere di « esser morto da buon cristiano; e domanda Ipro ( ai parenti ) perdono « di tutto in che abbia potuto offenderli... Disse non dover dar nulla « ad alcuno ( aveva gia provveduto, come sopra fu detto). Protesto mo- « rire da buon cristiano , rassegnato alia volonta di Dio , domandando a « tutti perdono. Raccomanda alia Confraternita la povera sua infelice « consorte Lucia, e il suo figlio Giro, di 20 mesi, pnde per quello che « dalla Confraternita si potra fare, non manchino di soccorso. »

Questo primo atto e sottoscritto dal paziente, con manp sicura e per Hulla tremante, col solo nome Giuseppe Monti. Ma ppco di poi fu preso da un novello pensiero , e si dovette stendere una giunta in questi ter- mini : « II paziente Giuseppe Monti, prima di ricevere la S. Comunione, « rinnova a tutti il suo animo di peraonare a chiunque gli avesse recato « qualunque offesa ; ed accetta con cristiana rassegnazione anche la « morte ; e prega cbe questo suo atto , se fosse possibile , fosse no to a « tutto il mondo, pnde potesse seryire di lume a quanti Tavessero imi- « tato o volessero imitarlo ne1 suoi falli. Di piu , dichiara essere state « somme le grazie con le quali il Signore T ha aiutato in tutto il tempo « che e stato nella carcere; e specialmente in questi momenti , che per « esso sono gli estremi. » Qui il Monti sottpscrisse con mano egual- mente ferma : « Giuseppe Monti , mano propria confermo quando (sic) sopra. » II quale atto conosciutosi dal Tognetti, che ivi pressp era, voile anch'egli formarne uno somigliante: e fu incontanente copiato quello del Monti a pie del testamento del Tognetti , e da costui sottoscritto. Dopo atti si nobili e cristiani, alle ore due e mezzo, secondo il privilegio dell1 Arcicpnfraternita , comincio la celebrazione delle Messe per la san- ta Comunione.

IB. Prima di muovere per F ultima conforteria fu offerto ai pazienti un convcnevole ristoro. Inoltre avvenne un piccolo incidente, che alcuni malamente trayisarono , e noi , non iscrivendo qui per contrastare, ci contenteremp di ridurlo alia pura verita. Avevano i Confratelli con som- iiia oarita disposto, che 1' ultimo a morire non fosse amareggiato dalla vista del precedence supplizio del compagnp, e neanche il yedesse an- dare al palco. Percio eressero due conforterie sul luogp, situate cosi, che una non vedesse^ Paltra; ei pazienti ci anplarono in due distinte carrozze. Inquella che vi dovean salire i pazienti, due Gendarmi si pre-

740 RELAZI01SE DEGLI ILTIMI GIORNI

sentarono per prender posto al loro fianco. Yi si oppose ilsignor GarineL aiuto del Provveditore della Confraternita , adducendo il contrariq uso della Confraternita, la quale dal punto dell'intimata sentenza in poi, so- la si accosta al condannato, e giudica da se, quando convenga nchiede- re la presenza della forza ^armata, e quando sia superflua. Fu riferita la differenza al Provveditore. E da no tare che T autonta del Provveditore in questi casi e somma. Si vede piu volte colla sua parola fermare eziandio Tesecuzione della giustizia, e sospenderla per piu ore, quando egli lo-reputa necessario alia salute eterna del paziente. Cotale arbilrio gli viene ordinariamente commesso dal Pontetice. II Provveditore adun- que giudico non essere necessaria la presenza dei Gendarmi nelle car- rozze, attese le disposizioni cristiane dei pazienti. DalValtra parte non potevano cedere i Gendarmi, avendo la consegna di accompagnare i pazienti. Onde fu d'uopo ricorrere al superiore loro, il quale , appena accennato del contrario uso della Confraternita, con somma cortesia, desistette.

Molto meno ci tratterremo a smentire la pretesa barbaric, commessa contro i pazienti, nell1 annunzio della loro vicma morte. dato con ipocrite parole sulle cantonate. In Roma tutti conoscono le cosi dette Tavolozze, che non si composerp a bello studio per Monti e Tognetti, ma sono ta- vole di legno, che si conservano nelle Confraternite, sempre le medesi- me, se non in quanto loro si aggiunge un biglietto, manoscritto o stam- pato, col nome del paziente e il delitto per cui va a morire. In esse s1 in- vita il p^polo a pregare per la buona morte de1 pazienti. Ed e uso pie- tosissimo, degno di essere imitato dovunque sicrede cheTuomo, anciie reo di qualsiasi misfatto, ha tuttavia un1 anima redenta col Sangue di Gesu Cristo. Le potesta politiche, giudiziarie, civili, in Roma non ban- no che vedere colle Tavolozze ; queste sono invece tutto opera della pie- ta cristiana, la quale s1 interessa alia salute eterna di coloro, cui la leg- ge ha gia giudicato a perdere la vita temporale. E il buon popolo roma- no in fatti accorre alle chiese per cotesto; e cbi non puo, prega in fami- glia. E quando poi ode dire, cne i pazienti hanno dato segno di ravve- dimento, ciascunq respira e si consola ; laddove se cio non accade, rad- doppia le orazioni con somma ansieta, e si attrista, se non ottiene (caso rarissimo) il suo intento.

17. Appena giunto il Monti alia conforteria presso il patibolo, non avendo veduto quale milizia fosse venuta per assistere, ne dimando ai confratelli assistenti ; e ripostogli cbe i Zuavi erano presenti : Tanto meglio, soggiunse egli; bramerei parlare col loro Capo. E da notare che ve n1 erano due battaglioni, incaricati di formare il quadra to, e non piii, com' altri scrisse ; delle altre armi poi un distaccamento per cia- scheduna, secondo Tordinario. II confratello marchese D. Giovanai Pa- trizi si mbsse adunque per contentare il povero paziente. Comandaya i Zuavi il tenentecolonello di Charette, il quale ayeya fatto il possibile per non intervenire neppure al supplizio, e non vi si era condotto altri- menti che fqrzalo dal regolamento, e per non iscaricare sopr' altri quel penoso ufficio : pure appena udito il desiderio dell1 infelice monbondo, consenti ad appagarlo.

Entro in conforteria in quella che il Monti, avendo gia fatta la profes- sione di fede, e altri atti preparatorii alia morte cristiana, recitava a vo- ce alta, econ incredibile affettodi umilta e di compunzione il famoso Atto

DI GIUSEPPE MONTI E DI GAETANO TOGNETTI 741

di contrizione del Vener. Paolo Segneri : i circostanti erano tutti lacri- mosi, un religioso della Madre di Dio, confratello della Misericordia anch'esso, piangeva come un fanciullo: e il di Charette fu cpmmosso profondamente. E molto piii, allorche il Monti si rivplse a lui suppli- candplo del perdono, e pregandolo replicatamente di far noto il suo pentimento at Reggimento dei Zuavi, Ma nulla tanto T inteneri, quanto il raccomandare che il Monti fece alia pieta dei Zuavi la moglie sua poveretta e il tiglio, e chiedere al colonnejlo, di dargli un segno del suo perdono. Fu allora che il colonnello dei Zuavi lo abbraccio e gli die- de il bacio del perdono, dicendogli : « Noi tutti vi abbiam perdpnato, siatene certo, e ai vostri cari gia i Zuavi hanno pensato. » E usci scla- mando : « Povero disgrazialo ! » E fecc tosto distendere un breve rap-

Sprto, ch'egli gentilniente voile comunicare anche a noi, accompagnato i una lettera autografa: la colletta per via di sottoscrizione era gia co- minciata.

A noi sembra che questo atto del Monti, il quale, condotto presso al palco ferale, non vuole comparire al tribunale di Dio senza il perdono #uavi, e 1' atto del Colonnello di questi che gliel accorda con tali circo- stanze, sieno una sWria sublime, e degna di pennello quanto ogni altra. Sarebbe atta a rivelare i frutti e la bellezza della giuslizia civile, cristia- namente conlbrtata dalla misericordia religiosa; e nel tempo stesso a com- mendare la memoria del ppvero Monti, piii assai che non tutti i gridori di mal cauti complici, per istrappargli di fronte T aureola della peniten- za, suo unico onore.

18. A^enuto il Ministro di giustizia per approntare il Monti airestrema comparsa, questi porse il capo ad essere tosato, e disse: « Unisco questa umiliazione alia Coronazione di spine. » E mentre ii legavano : « Unisco questa umiliazione alle funi onde fu legato Gesii Cristo. » Chiese di sali- re il palco a piedi scalzi, e da se stesso levpssi le scarpe. Dimandp anco- ra se fosse piu mortificazione andare a morire bendato, o libero. Rispose- gli il Cappellano della Confraternita, che certo sarebbe piu acerbita ve- dersi la morte ad occhi aperti: il Monti ritiuto subitp le bende. A questo modo, con passo fermo, ma senza baldanza, si avvio. Gli occhi teneva raccplti sul Crocifisso e sulla Madonna del Pianto, che gli portavano di- nanzi al volto i due sacerdoti che raccompagnavaRp, ed erano il confes- sore e il predetto cappellano, Monsignor Pigliacelli. Spesso ancora vol- gevasi cogli occhi al cielo ; e allorche fu mostra la sua testa al popolo, teneva tuttavia le pupille aperte.

II Cappellano, disse dal palco alcune poche parole, e non altro che in comrnendazipne dei due defunti : e.i pietosi Confratelli levarono i corpi per le esequie e per lasepoltura. Ci disse uno degli assistenti: « Ho do- vutp assistere a molte morti di malfattori : non ho mai yisto si esempla- ri disposizioni nei pazienti, ne mai altrettanto commovimento religioso nie circostanti: fu un vero trionfo della misericordia di Dio, piu che della giustizia degli uomini. II popolo guardava con ansieta i ministri di Dio nel ritorno, e con una specie di spddisfazione pareva dire: Yi ringraziamo del bene fatto a quegli sventurati. » Noi non li chiameremo piii sventu- rali: la fede c insegna che il perdono di Dio, non pure ricopre d'un vela la colpa, ma la scancella e 1 annienta; e il piii colpevole degli uomini, dopo quel perdono onnipotente, non e piu altro che un amico di Dio, e, neir altra vita, un1 anima gloriosa in sempiterno.

GRONACA

CONTEMPORANEA

Roma 12 Decembre 1868.

1.

COSE ITALIANS.

STATO PONTIFICIO 1. Udienza privata, data dal S. Padre al Conte di Trauttmans dorff, nuovo ambasciadpre d' Austria 2. Nota delV Osservatore Ro- mano sopra le dimostraziqni di simpatia e di complicita del Governo di Firenze con settarii omicidii 3. Minacce de'Diarii ministeriali di Firen- ze contro Ja S. Sede; nuove calunnie, e dichiarazioni della ufficiosa Correspondance italienne circa rimpossibilita di ricorrere alVuso della forza contro Roma 4. Nota del uiornale di Roma sopra le calunnie spacciate dai rivoluzionarii a proposito della vedova d'un giustiziato.

1. Sul mezzo giorno del 30 Novembre, S. E. il signor Conte di Trautt- mansdorff ebbe Vonore di essere riceTuto, in udienza privata, dalla San- tita di nostro Signore, per presentare le Lettere sovrane, cbe lo accre- ditano Anibasciadore straordinario di S. M. llmperatore d' Austria e Re cTUngberia, presso la Santa Sede. Sua Beatitudine riceve Tillustre per- sonaggio con ogni benignita, e con gli onori e le formalita solite prati- carsi in simili circostanze. Quindi S. E. passo a far visita aU'Emo Car- dinale Segretario di Stato, che Taccolse con tutti i riguardi dovuti al- Falta sua rappresentanza.

2. L'esperienza del passato ci ha anche troppo persuasi e convinti, cbe neppure Tevidenza del fatto esposto piu sopra da noi, a pag. 723, e notorio in tutta Roma, non varra pun to nulla, ne a temperare i fer- vori del partito d'azionein fare Fapoteosi dell1 esecrando misfatto del deputato Cucchi, di cui i miseri Tognetti e Monti furono ad un tempo strumenti e vittime ; ne ad qttenere dai liberali moderati un po' nieno di cinismo nella professione di quella politica scellerata, che tiene sem- pre il piede in due staffe. Delia quale politica abbiamo chiara prova nella presente condotta del Governo di Firenze. Imperocche possiamo affermare^ senza paura che si possano allegare prove concludenti in con-

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trario, che al Menabrea stesso non premea molio di impetrare la grazia del due condannati, e che i languidissimi ufficii da lui fatti, per mezzo d'un suo agente, aveano tutto il carattere d'una cerimonia compiuta al solo fine di poter ppi dire: abbiamo fatto sforzi grandi, e quanto era pos- sibile, ma tutto fu indarno! E malgrado di cio, egli stesso, oltre alle di- chiarazioni obbrobriose di solidarieta coi decapitati Monti e Tognetti, fatte nella Camera in nome del Governo e di tutta Italia, egli stesso, il sig. generate Menabrea licenzio, se pur anche non spinse, i diarii ufficio- si a spacciare le piu assurde e mostrupse imposture contro il Gpyerno pontificio, onde furono avvalorate le gia inventate dai Garibaldini che egli accarezza, perche ne ha paura.

Ma, come suole accadere, chi si mette a gridare per paura, grida an- che piu forte di chi lo fa per mestiere. Ed in fatti i liberali moderati ban- no questa volta il bel vanto d'aver, non pure superato se stessi, ma gli stessi Garibaldini e Mazziniani, per cio che riguarda e la perfidia delle im- posture e la plebea violenza delle declamazioni.

Appena aveano ricevuta notizia della condanna a morte dei due rei , e gia la Nazione, V Opinions e il resto dei diarii della consorteria re- gnante, senza troppo offendere il Governo pontificio che avea lasciato intera liberta ai Giudici, yituperavano principalmente la Magistratura romana, inventando falsita che dovessero farla apparire iniqua. Pub- blicata la sentenza, e sfatate le imposture spacciate contro i Giudici, i liberali moderati, cplla solita lorp lealta ed onesta, si voltarono a gareg- giare coi Garibaldini piu accesi nelle inyettiye contro il Goyerno pon* tificio, anzi contro la persona stessa del Papa, caricandolo di appella- zioni tanto contumeliose, che peggio non potrebbesi fare contro un san- guinario malfattore. Cosi procedono quei liberali-moderati , coi quali certi liberali-cattolici osano pretendere che il Papa si metta d'accordo, e che sono sempre sul rampognare chi, nel trattar di loro o con loro, non usa tutte le piu profumate squisitezze di cortesia e di amoreyolezza! Ma alcuni di essi, men yillani, non osando al tutto contendere al Papa il diritto di lasciare che si facesse giustizia, sia per rassicurare Finnocenza contro il delitto, sia per omaggip alia integrita e liberta dei Giudici, si die- dero a dimostrare : che almeno il Papa avea commesso uno sbaglio cru- dele, improyvido, imprudente, provocatore, permettendo che si facesse giustizia cost tardi, un anno intero dopo il delitto. Ma a codesti ippcriti rispose molto bene Tegregio corrispondente deWOsservatore Cattolico di Milano del 28 Noyembre, con queste parole. « Ma dopo un anno! Si, dopo un anno, meglio che dopo alcuni di; allora sarebbe apparsa ven- detta ispirata dai recenti misfatti, mVespiazipne piii opportuna che gh> sta; e, diciamolo francamente, renormita dei fatti era tanta, che il sup- porre non intera la liberta deiranimo de1 giudici era facile sospetto. Ora, dopo un anno di esami e d'indagini d'uomini e di cose, dopo confront! accurati, e ripetuti e lunghi silenzii, e cessata ogni apparenza di timore, od ira, o precipitazione, il giudizio presenta anche esternamente ogni guarentigia di sicurezza e imparzialita. Basta leggere con animo spas- sionato la relazione officiale del processo, per essere costretti ad ammet- tere la dolorosa necessita della pena. »

Non vogliamo tuttayia discpnoscere una verita, ed e che i moderati hanno troppa ragione di sentirsi tralitti ancor essi da quella giustizia ;

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ppiche, oltre all' aver comune coi Garibaldini T intento che li spinse al misfatto, ne ricevettero non poco danno al loro interesse. Se col loro gridio strappavano al S. Padre la grazia, essi ottenevano con cio solo niplti intenti. 1.° Di snervare sempre piu f'autorila del Governo pon- tificio, facendolo apparire timido e sotto Tinfluenza della setta; 2.° di rialzare la propria autorita nel concetto del Garibaldini; 3." di guaren- tire in qualche modo rimpunita dei delittiche si tornerebbero ad appre- stare, coU'uso dei mezzi morali, contro Roma ed il Papa; 4.° di autenti- care, persino coir operate della Santa Sede, Tassurdo principio: che i de- litti , anche piu enormi, purche commessi per iscopo politico, non sono piu delitti; 5.° di fare un passo di piu su quella via di conciliazione fra il Papato e Tltalia, che dee riuscire allo spogliamento ed airpppressione delPapato sotto la tiranriia massonica; 6." inline di assicurarsi anticipata- mente il concorso e T opera dei piu arrisicati assassini d'ogni razza euro- pea, pel momento in cui potessero avyalersene, affine di tentare un nuo- vo sollevamento spontaneo dei Romani contro il Papa. Or tutto questo bel disegno andava fallito dal momento che q^Wa giustizia tenea fermo, e dava qualche esempiq onde apparisse, come in Roma non comanda an- cora la setta, e come si sa e si vuole ancora attuare le leggi , per re- primere i sicarii.

Del resto, oh si-davvero che il Governo del Menabrea era proprio quello, a cui richiesta dovea il vindice supremo della verita e della giu- stizia inchinarsiumilmente e dire: a tanlo intercessor nulla si neghi! Non professa forse quel Governo, ogni giorno ed in tutte le forme, di aver comune coi Mazziniani lo scopo di rubare anche Roma al Papa? Egli che vuol ridurre il Vicario di Gesu Cristo e Pontefice sommo a cjuella condizio- ne, a cui stanno in Italia tanti Cardinal!, e Vescovi, cui un giudeo magistra- to qualsiasi puo a ppsta sua far ammanettare, chiudere in carcere, stra- scinare sul banco dei rei e condannare alia galera: egli osava dunque spe- rare che il Papa dovesse a lui immolare la giustizia e la propria uign ta? Puo forse aver diritto ad impetrar favori un Governo, che per bocca dei suoi ministri, e deputati, e coi fatti dei suoi pubblici uificiali, si professa complice di vulgarissimi assassini? Or bene ecco quel che a ial proposito leggesi nella Nazione di Firenze del 2 Dicembre: « Giun- se T altro ieri a Napoli uno dei fratelli dell1 infelice Tognetti. Ricevu- to dal Prefetto, si ebbe da lui per intanto un soccorso di 200 lire, oltre ad un assegno fissp di lire 2 al giorno, ed un impiego sui layori delle ferrovie al tronco di Ariano. » Or chi era questo eroe, che merito di essere ricevuto dal Prefetto di Napoli , e rimunerato cosi generosamente? Un altrp assassino 1 Infatti F Osservatore Romano, che gia ayea saputo tal notizia, stampava il 1* Decembre la nota seguente: « Un giornale ita- liano ci reca la peregrina novella, che uno dei fratelli del giustiziato To- gnetti era giunto in Napoli. Costui implicato, con non minor dolo del fratello, ne1 delitti perpetrati in questa Capitale nel passato autunno, e resosi per soprapiu omicida a tradimento di un pover uomo inerme , che nella sera del 22 Ottobre dell1 anno decorso gli apriva la porta della casa in cui dimorava, si salvaya colla fuga dalle mani della giustizia. Ora questo assassino, ci narra il diario in questione, giunto a Napoli, venne ricevuto dal Prefetto, ne riceveva una sovvenzione di L. 200, un as- segno giornaliero di L. 2 e un impiego nel tronco ferroviario di Aria-

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no. Tal linea di condotta non ci stupisce ; poiche consuona a meraviglia colla condotta che il Governo di Firenze ha tenuto, con sua grande infamia, in questi ultimi giorni ; colla condotta di un Governo che fq r apologia di due assassini, e maledice alia memoria di venticinque zuavisepolti sotto le ruine della Caserma Serristori, quantimque per la maggior parte italiani, e Ipro fratelli. »

Non fa pertanto meraviglia , che, sotto I1 impulso di tal Governo , gia parecchi Municipii che da lui dipendono abbiano votato fondi alle fa- miglie dei sciagurati che espiarono in Roma Tatroce loro delitto; e che siasi giunto a tal grado di cinismo nelFapoleosi delV assassinio, che si vogliono pareggiati nel martirologio settario il Monti ed il Tognetti a Felice Orsini e ad Agesilao Milano. Di che stanno in prova le sottoscri- zioni di offerte per erigere a codesti due infelici un monumento; delle quali parleremo al trove. Ma dai sussidii decretati dai Frammassoni ai congiunti di quei due loro complici, fu ispirata un'altra nota, che ven- ne pure in luce suWOsservatore Romano del 30 Novembre, nei termini seguenti.

« Parecchi giornali italiani, per dare qualche sfogo alFodio infernale che li accende contro questa incrollabile Pietra, su cui Tidra della rivo- luzione cozza invano da tanti secoli, hanno aperto sottoscrizioni in favo- re delle famiglie de'giustiziati Monti e Tognetti. Povere queste fami- glie, se loro non restasse che Ja sola pieta di questi tristi protettori ! Sarebbe infatti per esse saponto il pane porto loro dalle mani di coloro che, dopo aver eccitato quei disgraziati all'infame delitto, non dubitarono poi di abbandonarli alle conseguenze che doveano necessariamenle de- riyarne, conseguenze cui seppero essi lealmenfe sottrarsi. Ma... val me- glio non entrare in queste storie di turpitudini. Avremmo pero delle altre famiglie a raccomandare alia filantropia di questi signori. Non di- ciamo carila, poiche la carita appartiene ai cristiani ; e d'altronde la maggipranza delle firme che abbiam lette sulle esili liste de1 giornali pro- motori sono di ebrei, giornalisti e deputati al Parlamentq. Le famiglic delle quali intendiamo parlare spno quelle dei giovani italiani: Desideri Cesare, Poggi Giacomo, Mancini Pietro, Portanuovo Andrea, Tartavini Domenico, Chiusaroli Fortunato, Soldati Oreste, Flamini Luigi, Carletti Carmine, Cesarini Giuseppe, Deworschek Giovanni (bolognese), Miran- da Francesco, Mancini Michelangelo, Lanni gioyanni, Silvestrelli Nic- cola, giovani italiani, che rimanevano schiacciati sotto le macerie della casernia Serristori, a seguito deH'mmmo di ouesti martin della libertd {non intendiamo con questo epiteto recare offesa ai defonti, ma rispon- dere soltanto ai nostri avversarii); i quali, di notte tempo, proditoriamen- te accendevano le mine che cagionaronp lo spaventpso eccidio. Non ba- sta: v'e una povera donna, che s'aggira tra quei ruderi sanguinosi e fumanti per cercare il marito e la figlia. Ma la povera donna cerca inva- no. La sventurata non e piu moglie, non e piu madre!... Suvyia! que- ste famiglic disgraziate hanno perduto i loro giovani sostegni , hanno perduto Voggetto piu tenero del cuore; e siete voi, e sono i vostri mar- tin che hanno sparso tanto sangue, cagionato tante syenture... ma per queste la rivoluzione non ha viscere di pieta! Che le importano le scia- gure, le stragi, il sangue che semina nella via che percorre? Pero tre- menda responsabilita pesa in faccia all'Europa sul Parlamento di Firen-

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ze, e specialmente sul presidente del Consiglio dei Ministri ! Che la so- lidarieta cogli assassini fosse confessata da un giornalismo senza pudo- re, sta ; ma che si proclamasse cosi sfacciatamente in pieno Parlamento, e dal rappresentante di un Governo costituito, e tale atto, di cui il regno d'ltalia dovra tosto o tardi render conto alfEuropa, al mondo civile. »

3. Ma oltre le sottoscrizioni ed i monumenti ai due assassini, il Go- verno di Firenze giudico doversi pur fare qualche cosa di piu ; cioe a guisa di riparazione d'onore esigere dalla Francia lo sgombero delle sue truppe dal territorio pontificio, e per giunta far sentire a questo le piii gravi minacce di rappresaglie. E di queste riboccano i diarii ministerial! ed ufficiosi, cominciando dalla Perscveranza ; che, in forma di consiglio al Governo, ne manifesto uno dei disegni, di sospendere cioe il pagamento del debitq pubblico pontificio per la parte che gli spetta ; e venendo fino alia Opinione che fa presentire prossimo il giorno della vendetta.

La buona volonta di fare questa vendetta non manca certo a quel Go- verno ; ma pare che ora non si senta in forze da provarvisi, perche la Francia noi permette. Di che la Correspondance italienne del sig. Mena- brea facea esplicita dichiarazione pochi giorni prima che la morte dei due condannati le mettesse in corpo quella giunterella di paura, che essa ha pei furori piu o meno simulati dei Garibaldini. Ecco la fedele versio- ne delle parole uscite pel portavoce del sig. Menabrea ; che cosi pro- fesso ancora una volta a aver comuni co| Garibaldini i disegni ed i pro- positi contro Roma, e di astenersene solo per non esporsi ad una secon- da rotta di Mentana.

« Essendo oggimai posto in sodo, nel conyincimento nostro, che la quistione di Roma non si puo decidere colla violenza, e dovere del Go- verno, anche prescindendo dalla Convenzione del Settembre (1864), di non tollerare, anzi di reprimere con tutta la severita della legge, i ten- tativi estralegali, gli assalti a mano armata contro il territorio pontifi- fieio. H Governo non potrebbe dare a persona veruna privata la facolta di mcttere a repentaglio la sicurezza esterna dello Stato, e di travolgere il paese in una guerra esterna. »

Questo e parlar chiaro ! Si impedira Vassassinio contro il territorio pontificio, ma solo perche e fmche la Francia vi si oppone. Se si potesse, senza rischio di dover cozzare con la Francia, rinnovare T invasione del 1867, la leale Correspondance non ci trqverebbe altra difficolta, che quella Convenzione, di cui fu detto dai diplomatic! italiani, come del Trattato di Zurigo, che tan to vale quanto la carta su cui e scritta. II solo qstacqlo, per codesti onorati uqmini, e la forza armata prevalente; i motivi di lealta sono ad abundantiam. Infatti ecco come prosegue a <iire la Correspondance.

« Che i Frances! siano o non siano a Civitavecchia, poco monta ; e niuno ignora, e sarebbe puerilita il volerlo nascondere, che tra noi e Roma sta, per ora, la Francia. Noi ne abbiamo fattq Tanno scorso la tri- sta esperienza, in un momento di ebbrezza e di delirio. » Sta bene ed^e verissimo. Rattute le bande de'maladrini che doveanq spianare la via ed aprire le porte ai Regii, anche questi, al solo annunzio della marciata di due reggimenti francesi verso Viterbo, dovettero piu che di fretta ri- pararsi al di la delle violate frontiere, come lumaconi che ad ogni mini- mo rumore ritirano le corna e rientrano nella chiocciola. II che per veri-

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ta non e di tal natura chc basti a consolare quel Goycrno del suoi tripnfi di Custozza e di Lissa! Ma se si avesse a farecoi soli 15,000 Pontiticii, i valorosi 200,000 Italiani oh come sarebbero ardimentosi per tentare, in yenti contro vino, la prova di mietere gli allori di un secondo Castel- fidardo in vendetta di Mentana !

Per ora adunque, stando ancora fermo il terribile Jamais, prpferitp so- lennemente dal Rouher in nome di Napoleone III, i campioni invitti del Menabrea devono contentarsi di fucilare briganti o renitenti al pagamento della tassa d'un maiale ; ed il Menabrea si studia di rifarsene coi mezzi morali. Nel che e valorosamente servito dalla sua Correspondence ita- licnne.

Questo diario ufficioso, ayendo letto le fiere parole, onde il Pays, la Patrie, il Constitutionnel ed altri cotali portayoce parigini esecravanp T appteosi delFassassinio, fatta il 25 Novembre dal Menabrea e dai suoi degni colleghi nella Camera dei Deputati di Firenze, per attenuarne 1'ef- 1'etto ebbe ricorso ai soliti suoi mezzi morali, cioe a rifriggere menzo- gne e calunnie. Ecco le sue parole.

« Quando tutte le circpstanze, che banno preceduto ed accompagnato questa sanguinosa tragedia, saranno ben conosciute dal pubblico, quando si sapra che si erano combinate le cose in modo da far coincidere la cse- cuzione degli infelici Monti e Tognetti col passaggio di due giovani prin- cipi (sic], i quali non doveyano che trayersare Roma per recarsi a Na- poli, noi non disperiamo di yedere la Datrie e la France rimettersi dalla prima impressione, e unire le loro yoci alia nostra, per biasimare atti che non sono piu del nostro tempo, e che provano fino alFeyidenza, co- me T unione del pastorale colla spada della giustizia sia oramai diye- tvuta incpmpatibile. »

Ora noi ripetiamo qui altamente che menti il Menabrea, se egli ispiro queste imposture alia Correspondance ; imperocche egli al pari di noi sa Lenissimo che: 1.° e al tutto falso che si fosse studiatamente cercato di far coincidere il giorno dell1 esecuzione, con quello del passaggio dei gio- yani principi di Casa Sayoia per Roma ; 2.° il motivo vero, onde quest! principi mutarono la yia yerso Napoli , fu tutt1 altro, sicche la esecuzio- ne dei due settarii non y'entra per nulla. Tutto adunque in questa nota fo]\ai Correspondance e menzogna e calunnia, Ed il perfidiare anche ora a ribadire tal menzogna mostra tale peryertimento morale, che fa schifo.

i. Posto che con tanto solenne impudenza si mentisce dai diarii ispirati direttamente dal Goyernp, e scritti sotto il dettato di chi regge la cosa pubblica, non e merayiglia che il codazzp de' rivoluzionarii proceda con eguale cinismo nelfuso dei mezzi morali contro la Santa Sede. II Gior- nale di Roma del 10 Dicembre stampo, a questo proposito, la nota se- guente.

« II giornalismo ostile alia Santa Sede, fra le altre menzogne di cui riempie le colonne de' suoi diarii, prendendo occasione dalVarrivo a Fi- renze della moglie del giustiziato Giuseppe Monti, afferma che questa fu sottoposta ad inaudite torture fisiche e morali prima e dopo la esecuzipnc del marito; che i soccorsi a lei promessi non sussistevano; e che nel gior- np Terale le fu perfmo negate di che saziare la fame. Questi scrittori, do- minati come spno notoriamente dallo spirito di calunnia, non si resteran- no giammai di sbrigliare la loro immaginazione sull1 argomento, per in-

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ven tare quanto di piu seducente giovera a trarre in inganno i loro cre- duli leggitori. E invenzioni sono le torture, la fame e le altre notizie che raccompagnanq. 11 yero e che la moglie del Monti non perde mai la sua liherta, e che di questa si valse prima della esecuzione della sentenza per frequentare il lamficio al quale era addetta, e dopo la esecuzione per ac- cordarsi con chi voile trafugarla : che i mezzi rispondenti alia sua condi- zione non furonle giammai negati dalla cristiana carita ; e che se nel giorno, che fu 1'estremo per il Monti, non si gioyo di quelli piu abbondanti che furonle somministrati, cio non si deve attribuire a mancanza dei me- desimi, o a violenza, ma si alia forza del dolore che il suo cuore dovea naturalmente provare: e che intesa la sua intenzione di rimanere a Roma, per ritorla al miserabile abituro in cui dimorava, le fu allestita abitazio- ne, non gia in un monastero, ma in luogo libero, prossimo pero ad un Conservatorio, diretlo da Suore che attendono air esercizio della carita, dal quale all'occorrenza ricevere opportuni soccorsi. »

TOSGANA E STATI ANNESSI 1. Gara di ribalderia fra i moderati ed i democratici .2. Ririunzia del Garibaldi airuflicio di Deputatq; elezione del Man alia presklenza ctella Camera ; interpellate e dichiarazioni del .Miuistero circa la solidarieta del regno italiano con due assassini ; professione di fede dei cattolid-liberali ; voto della Camera 3. Programma del Mazzini, e sua dichiarazione di guerra alia mpnarchia italiana i. Insulti a' membri della Casa reale 5. Sottoscrizioni , per un monumento a due assassini, e sus- sidii alle loro famiglie -- 6. E reietta una proposta di lesge, fatta alia Ca- mera, per dotazione a tali famiglie 7. Legge che concede la cittaclinanza italiana a tutti i siulditi di province non ancora annesse 8. Proposta di legge per toeliere ai chierici rimmunita dal servizio militare 9. Dispac- cio del Menaorea a Parigi.

1. E yeramente merayigliosa la sfrontatezza con che ora, sullc scene della rivqluzione italiana, si ripete per la terza yolta dai comici della consorteria moderata e della garibalderia, la stessa, istessissima scena, che gia fu recitata nel 1860, quando il Cayour diede il La al La Farina, pqco prima della invasions delle Due Sicilie ; e che, con poche varianti, gia erasi ripetuta nel 1867, qnde dare rultinia mano agli apparecchi per V invasione del Patrimonio di san Pietro. Noi siamo persuasi che quando, dietro al sipario, il Menabrea va a dare una cortese stretta di mano al Checchetelli, al Cucchi, al Guerzoni od al Bertani, ed i moderati della Opinione e della Nazione trincano coi furibondi della Ri forma e ddYUni- ta italiana, deono ridere cordialmente della pecoraggine degli spettato- ri, che pigliano sul serio la farsa. Infatti basta non fare professione di scempiaggine, per accorgersi che tutto lo sfuriare di codesti comici per la sentenza di morte eseguita contro due vulgarissimi settarii, non e che risultato d1 un accordo tacito, se cosi vuolsi dire, ma inteso dalle due schierc settarie, onde imperversare contro il Governo pontificiq ; ma con diverso intento sott1 altri aspetti , sapendosi da tutti come in realta quelle si contendono a Firenze la podesta di tqsare le pecore ita- liane, e spremerne quel dolcissimo latte de'quattrini, onde si sono gia cosi ben satolli un discrete numero di Ministri ed onorevoli della Came- ra dei Deputati.

Parliamo fuor di metafora. I democratici delle fazioni garibaldesca e mazziniana stavano alia vedetta di un pretesto qualsiasi per mettere la

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consorteria moderata alle strette fra questi due partiti; o di dichiararsi scopertamente a loro servizio contro Roma, o di cimentarsi ad una lot- ta, in cui la consorteria potesse essere scayalcata. II pretesto si offeri per la morte di due settarii, esecutori degli ordini che, d' accordo col povernq di Firenze, aveanp dato certi onpreyoli capi d'assassini, come il Cucchi, il Guerzoni, il Silvestri, venuti di cola a Roma, a pprtarvi col tradimento le stragi ed il saccheggio. II Menabrea se ne ay vide, e, per cessare il proprio pericolo, si fece egli stessp paladino e campione di quei due sciagurati nel Parlamentp e nelle pagine dei supi giornali uffi- ciosi, come l&Corrcspondanpe italienne, la Nazione, Y Opinions, e simili; e decreto loro 1'apoteosi, e bandi la crociata contro il Goyerno pontificio. Ecco dato il La! Gli emoli, non potendo desiderare meglio, cantarono su cjuel tono, e si sentironp licenziati a far d'ogni erba fascio ; e gia ne pro- (ittano per menare colpi da orbo, non pure al Papa ed alia Francia, ma eziandip alia consorteria, che speraya cosi ammansarli. Quindi il gridiq massonico levarsi da un capo all' altrp d' Italia; quindi le spttoscrizioni per le famiglie dei decapitati; quindi i voti ed i sussidii dei municipii; quindi le liste di offerte per erigere un moniimento ai due eroi e martiri della patria.

Ma il Menabrea per giunta credette che gli si pfferisse uiia felice op- portunita di pigliare due colombi ad una faya ; cioe salvare i portafogli per la consorteria, senza romperla con la fazione garibaldesca ; e per giunta ayer un titolo diplomatico onde insistere aParigi, affine di ottene- re lo sgpmbero delle truppe francesi da Civitavecchia. E pero, dato ai ga- ribaldini il cenno di scatenarsi e far trambusti e chiassi , egli pote met- tersi tutto in aspetto di upmo triste, sgominato,pieno di ansieta; e dices! che scrivesse a Parigi, alii 29 Novembre, dispacci pressantissimi per dire, che gia da ogni parte Tira popolare contro it Goyerno pontificio trabocca come torrente rovinoso; che omai il Goyerno italiano stesso sta per esse- re soverchiato e travoltp; che indarno si cerca qual argine opporre a tan- to infuriare deH'onda minacciosa; che la Francia stessa potrebbe sentirne qualche scossa ; che a rimuovere o ritardare il pericolo forse appena, se pur si facesse subito, potrebbe bastare il togliere al Governo pontificio i puntelli stranieri, che lo sprreggpnp e da cui essp prende baldanza a provocare il sentimento nazipnale italiano ; e cosi via via di questo pas- so. A Parigi si cede? Ecco il Menabrea in odore di santita presso i Ga- ribaldini e divenuto irnmortale. A Parigi si sta saldo sul no? Ed ecco il Menabrea in grado di dimostrare che egli fece imprese erculec, e che se non riusci dee cio recarsi alia prepotente volonta d'un sovrano stranie- ro; e Pilato si lava le mani. ^

Laonde e manifesto a tutti, che Taccordo fra i moderati della consor- teria regnante, cd i Garibaldini, che aspirano a scavalcarla, epienissimo ecordiale, quanto all1 assalire il Governo pontificio; ma ciascuna delle fazioni ha inoltre un suo proprio scopo; appunto come nel 1860 il Cavpur aiutava il Garibaldi alia mvasione della Sicilia, con animo di appropriar- sene poi la conquista; ed il Garibaldi credeva di layorare pel Mazzini, da cui ricevea pure aiuti e direzione. Vinse allora il piu furbo ed il piu for- te, e la monarchia picmontese artiglio la preda rapinata dalla repubblica. Ma ora puo egli supporsi che il Menabrea valga nella pplitica volpesca al pari a un Cavour ? La forza maggiore sta forse a servigio della con-

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sorteria modcr ata ? Per la buona causa y'ha chi desidera, anzi sostiene doyer tornare utilissimo che yincanp i garibaldini; perche i loro eccessi saranno necessariamente passeggieri, ma ayranno per eftetto di riscuo- tere mold, che sonnecchiano allpppiad dalle arti perfidissimc de1 mode- rati; i quali sono tanto piii permciosi, in quanto essi sanno fare il male sistematicamente, con calcoli profondi, e con irreparabili conseguenze.

2. Ma, o yiiicauo i moderati, o trioniino i loro ayyersarii, la Chiesa sara sempre bersaglio ai colpi della setta massonica, la quale ha gia trpp- po chiaramente syelati anche in Italia i suoi disegni, di abbattere cioe non meno rautprita spirituale che la temporale del sommo Pqntefice, e di tuftare lltalia stessa in quel bestiale paganesimo, che oggidi si pre- dica sottq nome di libero pensiero e di positivismo. E in questa impresa la setta riceye poderosissimo aiuto dal Goyerno e dalla Camera di Firenze.

Questa, come accennammo nel precedente quaderno, fu riaperta il 21 Novembre. II Menabrea annnnzio le mutazioni awenute nel Consiglio de'Ministri; cioe la rinunzia del Cadorna alia carica di Ministro per gli affari interni, affidata dal Re al Cantelli; e la nomina di Lodoyico Pasini a ministro sopra i layori pubblici, e del professore Antonio Ciccone a mi- nistro per Tagricpltura, Tindustria ed il commercio. Quindi la Camera, seriza most-rare ne sorpresa ne rammarico, o chiedere spiegazioni, udi leggersi dal yicepresidente Restelli un bigliettino del mazziniano Mattia Montecchi, il quale scriyeya cosi: « Soddisfaeendo oggi al desiderio, che io espressi prima che gli elettori del Collegio di Terni mi onorassero del loro mandate, dichisro di cessare dalle funzioni di Deputato. » Quindi ima lettera anche piu laconica deir^roe del due Mondi, che dal suo olimpo della Caprera fulminaya Tltalia col seguente terribilissimo annun- zio: « Esseridpmi impossibile assistere al Parlamento, io presento a Y. S. la mia dimissione. »

11 resto di quella tornata si passo languidamente in ciarle sopra certe proposte d'interpellanza, ed una appendice al bilancio del 1869, e nella discussione sopra un nuoyo regolamento della Camera stessa da attuarsi temporaneamente. Pel di seguente fu stabilita la elezione del nuoyo pre- sidente della Camera. A questo yarco i sinistri aspettavano il Goyerno per dargli un primo schiaffo, contrapppnendq un dei loro alFayyocato Mari candidato del Goyerno. Ma Ip schiaiTo ricadde sulla loro guancia. I yotanti erano 295; la pluralita richiesta doyea essere di 148 yoti; al primo scrutinio il Mari ne riporto 185; il Crispi, candidato della sinistra, n'ebbe soli 93, mentre a tre degni suoi colleghi tocco il suffragio bef- i'ardo espresso da 8 yoti per G. Ferrari, dilyoto pel Bertani, e di 1 yoto 1^1 Lanza. La sinistra cosi rimase sconiitta. Ma ebbe a consolarsi alquaii- to nella elezione del Yicepresidente. Imperpcche per questa, i yotanti essendo 279, e doyendo la pluralita essere di yoti 140, il Mordini ne ri- porto 158, toceandone soli 106 al suo competitor Ferrari della falange medesima. Sbrigato questo negozio, la Camera s'ingplio nel pelogo scbi- foso delle interpellanze circa la pena capitale inflitta in Roma a due mar- tin della patria, Monti e Tognetti.

Di questa scena infame recitata dalla Frammassoneria, abbiamo detto basteyolmente in ([uesto stessp quaderno, la doye a pag. 641 e seg. abbia- mo preso a disamina i procedimenti delle yarie fazioni nella tornata del 25 INoyembre. Oui ci bastera di registrare alcnne dichiarazioni, tanto dei

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Garibaldini quanto del moderati, di cui sembraci doversi serbare menio- ria. II Bertani, minacciando rappresaglia e vendetta contro il Papa, in- feri dal supplizio di quei due syenturati, strumenti della setta, esserc afiatto inutile il pensare a conciliazione tra lltalia ed il Papalo, od a qual- siasi modus vivendi, giacche da Roma si rispondeva mandando per mes- saggere alia Camera il carncfice. E crediamo che il Bertani, con le forme selvagge che si addicono bene ad un pari suo, abbia detto una verita. La conciliazione fra lltalia massonica ed il Papato e impossibile; e per- €io sono o ipocriti o stglidi quei che la promovono.

II Checchetelli ed il Curti, arnesi ignobili di quei famosq Comitato na- zionale, che avea atteso tanti anni a preparare una riyoluzione in Roma, strinsero i panni addosso al Menabrea, perche dovesse dire 1 ' che cosa ayea fatto « per istornare una talc sciagura »; « che cosa intende Tare il Governo dopo che una tale sciagura e avvenuta » (Atti uff, n. 1211, pag. 4777).

Sqrse allora il Menabrea, e recite un breve discorso che da tutli gli uomini oncsti, non pure d' Italia e Francia, ma di tutta Europa, gia gH merito la patente di insigne vigliacco. Egli si guardo bene dal dire quei che avea latto per impedire, e quei che farebbe per vendicare quella sciagura; ma deluse la domanda col Fare dichiarazioni che esprimono la piu svergognata solidarieta del Governo italiano cogli assassini, che nel- F Ottobre del 1867 insanguinarono le province del poco territoriq non ancora rubato al Papa, e disegnarono ed in parte compierono atrocissimi misfatti uella stessa Roma. « La notizia dell' esecuzione del Monti e del Tognetti ci ha dolorqsamente contristali. Noi speravamo lino air ultimo islante che un alto di clemenza avesse risparmiata la vita a quei due in- felici;... il fatto per cui furono condannati avea un carattere politico, perche esso era principalniente diretto contro quella truppa straniera, che piu d'ogni altra avea suscitato lo sdegno del popolo romano. Gredia- mo che quest'atto sara coasiderato come una inutile vendetta, e non ser- vira certo a rialzare il prestigiq di un'autorita, la quale non si regge che per le influenze straniere. II Ministero, o signori, non ha trascarato nulla <li quanto era nelle sue facolta, per fare in modo che fossero sottratti al- Fultimo supplizio quei due infelici. »

Cosi il Menabrea giustifico gli assassini come infelici, sol perche il falto, non il dditto loro, avea carattere politico ; onde coDsegue che egli autorizzo lin d1 ora i Napolitani ed i Siciljani a far saltare in aria quante caserme di Bersaglieri polranno minare, purche cio facciano coll1 iutento politico di rovesciare il Governo usurpatore, e di appagare il giuramen- to di vendetta, loro dettato dalle migliaia di fuciiate eseguite contro i loro compaesani; onde sono cosi esecrati cola i Piemontesi. Inqltre egli, senza avvcdersene, condanno come aljbominevole sotto ogni riguardo il Governo di cui esso e capo, condannando per indiretto come inutili ven- dctle quelle tante migliaia di pene capitali inflittc, neH' usurpato rcame delle Due Sicilie, a chi per intento politico erasi levato contro gli usur- patori.

Di cio che avea fatto a favore dei due infelici, non voile dir nulla di

o; ed ebbe ragione di far cosi. Perche egli sapea b^ne cho tutlo si

ridusse a lauguide suggestioni fatte a Roma, per mezzo (fun suo ayeule

che non ha verun titolo ufficiale; ed a morLiiicantissimi riliuti incontrati

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presso la diplomazia straniera, che egli cerco di trarre seco nel brago di quella ignominiosa protezione di due yulgari assassin! .

Questo non pptea appagare gli sdegni de'settarii; ed il Ferrari, d'ac- cordo col Cucchi e col Guerzoni (che aveano prezzolato e sospinto al misfatto i due infelici] propose che il Monti ed il Tognetti fossero dalla Camera proclamati « martiri della liberta italiana. » Noi non vediamo perche la Camera ed il Governo non vi ahbiano prontamente cousentito. « Sono quesli i nostri martiri, gridava colla spuma allabocca il Ferrari, 'quest! i nostri santi.... Vera necessita di religione e per noi questa di proclamare i nostri martiri... Noi rispondiamo al pontefice colla profes- sione di fede della nosfra religione... I due cittadini ora immolati a Roma saranno forse i due ultimi martiri nel gran moto che scuptc il mondo. Noi siamo alia vigiliadel trionfo e tremi il pontefice! » (Atiiuff.n. 1211, p. 4777, col. 3). I nostri lettori ora sanno qual e la religione di cqloro, con cui certi cattoiici-liberali vogliono che debba il Papa riconciliarsi , e verso i cjuali essi pretendono che da noi si abbia ad usare ogni riguar- do di squisitissima cortesia ed amorevolezza. Meglio le mille volte aver che fare coi'Musulmani !

II Bixio ed il Seismit-Doda inferocirono principalmente contro la Fran- cia, ma non tralasciarono, con la cortesia propria de1 frammassoni , di appellar canaylia il Governo romano, e principe spietato il Papa PiolX; Indarno'il conte Crotti, il solo tra i Deputati che senz'altri appellatiyi si professa cattolico, fece rilevare che la Camera era incompetente a di- scutere i giudicati de1 tribunali stranieri ed i fatti dvun sovrano indi- pendente. Niuno gli diede retta; e quelli stessi del piccolo manipolctto di cattoliti-liberali, che seggono al Parlamento di Firenze, non trovarono ne parole per sostenere la proposta del Crolti, ne una sillaba per ripro- vare le enormezze del Menabrea e le infamie de1 Garibaldini. Essi nser- yano forse la loro eloquenza per dare addosso a chi non riverisce umi- lissimamente codesti campioni della liberta, e non ne accetta la religio- ne. Tacquerp quando poteano almeno sostenere la proposta del Crotti ,- e Tun d'essi, Augusto Conti, solo disse poche parole che meritano d'es- sere qui riferite, onde si vegga qual pro debm aspettarsi la giustizia ed il ca-ttolicismo da certi catiolici-liberali, in cui nome sembra ch'egli parlasse.

« Noi possiamo dolerci, disse egli, del fatto acccaduto ieri a Roma ; anzi ce ne dogliamo profondaniente... L'animp nostro se ne afflisse yi- vamente. Ma noi ci asteniamo dal votare 1'ordine del giorno Bpnfadini ; non perche non deploriamo quel fatto, non perche non desideriamo che iinalmente si venga a migliori attinenze fra Roma e Tltalia, imperoc- che Roma non puo non essere, anche politicamente, una citta italiana; ma noi ce ne asteniamo, perche tali aiscussioni commovono tieramente il paese, pel quale sono di grayissimo pericolo; poiche noi cattplici, si schiettamente cattolici, pur siamo liberali, ed amiamo e vogliamo questa unild del regno italiano » (Atti uff. 1212). Dip sia laudato! Ab- biamo Iinalmente ben chiaro il programma dei cattolici-liberaU che seg-

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larsi senza consummate lo spodestamento c Tassassinio del Papa, anehe questo essi, i cattolici scliictti, anche questo amano e vogliono. Bravil

II Bpnfadini avca proposto che la Camera sentenziasse cosi : « Udite le dichiarazioni del Ministero, la Camera passa all'ordine del giorno » ; ma poi yi rinunzio ed aderi alia proposta fatta dal Correnti con quat- tro altri, che si dovesse dire cosi : « La Camera, associandosi ai senti- menti di riproyazione espressi dal presidente del Consiglio, passa al- Fprdine del giorno. » La riprovazione del Menabrea andaya a colpire la giustizia delta Santa Sede, qualificata da lui come inutile vendetta contro due infelici, in favore dei quali il Goyerno di Vittorio Emmanuele ayea fatto il possibile. II yoto della Camera sanci questa splenne dichiarazio- ne di sohdarieta del Goyerno cogli assassini decapitati in Roma. Sorse qualche difficolta per le parole passa all'ordine del giorno. Alcuni non ce le Yolevano, per tener aperto il campo a nuoye giostre su tale ar- gomento. Si dovette yotare anche circa queste parole, che furono am- messe da 147, respinte da 119, essendpsi astenuti 9 dei 275 yotanti. Tra gli astinenti erano i cattolici-liberali.

3. Tempo verra che il Regno d1 Italia ayra da scontarc, a prezzo di castighi tremendi, cotali nefandczze; ed il giorno in cui trionfera la setta mazziniana, stanca di essere strumento della monarchia, e servira di flagello tra le mani di Dio sul capo di chi non ebbe ribrezzo di adoperare tale strumento contro la Chiesa ed il Yicario di Gesu Cri- sto: questo giorno e forse troppo piu yicino che non credesi a Firenze.

Inf'atti il 1.* Dicembre Y Unitd italiana, diario ufficiale del Mazzini, registraya Tordine di sequestro contro il suo n.° 331, emanate dal Pro- curatore Generale, pel yoto iyi espresso della distruzione delVordine monarchico ; e per mostrare quanto ne fosse o sgominata o rimossa dai suoi propositi, usci i giorni seguenti, lino al 5 Dicembre, recando in capo alia sua prima colonna, ben incorniciata e in caratteri speciali, la seguen- te lettera di Giuseppe Mazzini.

« Noi yogliamo Roma; ma sappiamo che la sua liberta non puo uscire oggimai da una frazione di partito ; e che essa deye essere ope- ra di un'impresa nazionale. Ayversate dunque deliberatamente, aperta- mente ogni tentativo simile ai passati. Roma si libera in MILAND, PALER- MO, GENOVA, NAPOLI, TORINO, BOLOGNA, FJRENZE. Ottobre 1868. Giuseppe Mazzini. »

Se questo non e un bando solenne di guerra alia monarchia in Italia, che sara egli mai? E come puo liberarsi Roma in Milano, Palermo e via dicendo, se non col rovesciare nelle mentoyate citta quel Goyerno, da cui la setta mazziniaua non ispera (Tavere, a seconda del suoi disegni, su- bito, eflicace aiuto alia conquista di Roma?

11 fiscq di Milano tprnaya a sequestrare V Unitd italiana alii 7 Dicem- bre; ed il diario usciya alii 8 pubblicando un frammento di lettera scrit- ta dal Mazzini, ad un nucleo dei reduci dellepatrie battaglie. In esso le- yasi a cielo quanto si fece finora, poi si tracciano le linee maestre del nuoyo layoro: « Aver Roma ad ogni costo e quanto piu rapidamen- te si pup. » Pertanto disapproya le sottpscriziom, i monumenti, le pro- teste pei morti e pei martin della patria ; c yuole che tutte le forze, la pecunia, le mene, le armi, siano yolte a quest' unico intcnto. Non si pensi ad imprese dirctte contro Roma, come quella che condusse Gari- Serie Vll, vol. IV. fuse. 450. 48 12 Decembre 1868.

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baldi a Mentana. « II nrio profondo conyincimento guarda al presente non a\passato. Era bene tentare; ritcntare sarebbe danno ».

Dimostrato assai diffusamente, perche non si ha piu a fare come pel passato, il Mazzini accenna quel che si ha da fare per « aver Roma e sen- za indugio. » Ecco le sue parole. « La nazione padrona di se; le forze militari, amministrative, tinanziarie che essa possiede, fidate, prima che un'Assemblea costituente ppssa raccogliersi nella metropoli d1 Italia, a pochi ,uomini devoti, capaci, arditi, scelti dal popolo e mallevadori ad esso. E questo il come, at quale piu sopra accennai, come unico proble- ma ora da sciogliersi; ogni altra soluzione e inefficace. »

Ecco spiegata in pieno meriggio la bandiera repubblicana 1 Quanto ci vprra prima che si debba attuare questo programma, o tentare alme- no di attuarlo?

4. 1 diarii del Segno d' Italia, anche ministerial! ed ufficiosi, ridevano saporitamente e si deliziavanp al leggere in certi diarii spagnuoli e fran- cesi appellare col nome di signora Isabella quell' augusta sovrana, che le congiure del Prim e la fellouia del Serrano e del Topete sbalzarono dal trono in esilio. La Camera dei Deputati di Vienna faceane essa pu- re le grasse risate, quando udiva da un Deputato tirolese lamentare cotanta villania, che potea essere presagio di dover fra poco udir par- lare anche in Austria a un certo signor Francesco Giuseppe. Dopo aver riso della signora Isabella, i Deputati di Vienna manifestarono tuttavia la piu viva indegnazione perche supponeasi possibile, con ingiuria al- rimperatore, che si dovesse poi ivi parlare d'un certo signor Francesco Giuseppe. Ma qui in Italia si va piu spacciatamente.

I diarii mazziniani non si sentono punto compresi di orrore, anzi accen- nano apertamente a parlare d1 un certo signor Vitlorio Emmanuele, d1 un certo signor Umberto, ed'una cerla signora Margherita. Non si gridi air esagerazione, perche citiamo la prova. II Dovere, diario mazziniano di Genova, nel suo numero 323 del 19 Novembre, stampo alcune righe, che sono ad un tempo e un insulto a due membri della Casa reale, e pro- gramma di comunismo. Ecco le sue precise parole: « leri sera abbiamo visto air amenissima passeggiata dell1 Acquasola il signor Amedeo rf'Ao- sla e la signora Cistcrna del Pozzo. Un buon operaio s'tava addentando la sua pagnotta; e ci si narra che, vedendo il magnifico treno di quei si- gnori, loro si rivolse gridando: co testa e carrozza pubblica, ancfriopagp le tasse e ci voglio entrare. II cocchiere, sentendo queste parole, sierzo i cavalli e si allontano rapidamente. Non garantiamo T autenticita del fat- to. » II Dovere, facendo capire che questa e una sua invenzione, vuole che si impari la lezione cosi insegnata. La capiranno i moderati!

5. Si noti bene che gia da pezza i diarii di cjuesta setta gettano a piene mani (con licenza poco minore di quella che il Governo di Firenze lascia a tutti, anzi incoraggisce e paga, contro il Papa) ogni ludibrip appcna velato contro il Re e la Casa reale di Savoia; e questi stessi diarii sono ora i piu fervidi nel rivaleggiare con quelli del Governo, quanto all1 im- pegno nel raccogliere sottoscrizioni ed offerte di sussidii per le famiglie del Monti e del Tognetti, e per erigere un monumento a questi due mar- tiri della liberta, la cui morte afflisse tanto anche i cattolm-liberali, in cui nome parlava nella Camera Augusto Conti. Si: non pure si raccol- gono danari col pretesto o con I1 intento di fame dono ai congiunti delle

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Tittime che espiarono col delitto proprio anche quello dei deputati Cuc- chi e Guerzoni; ma per giunta vuplsi pcrpetuare la memoria del glorio- so fatto con un monumento ad essi dedicate .

L'ufficioso Constitutionnel di Parigi, stomacato della condotla del Me- nabrea nella Camera dei Deputati, e del chiasso che faceano i giornali ufficiosi italiani pel Monti e pel Tpgnetti, si yolse loro sdegnato e grido: « Se intendono fare ima dimostrazione politica, noi troviamo che non fan- no abbastanza; perche non erigonp essi una statua agli assassini? » II Constitutionnel non sapeva che gia il monuraento era decretato, e si sta- Tano percio raccqglienqo denari. \&Gazzetta dclpopolo di Torino alii 9 Dicembre avea gia registrato i nomi di oblatori per la sqmma di L. 1493 ; e cosi avea degnamente commentato le parole del Mari, presidente della Camera dei Deputati. II quale, nel prendere possesso del suo seggio alii 26 Novembre avea detto: « Tra un Governo forte e ordinato, che tran- quillamente precede per le vie della liberta e del progresso, onorato dalle simpatie delle genti; ed un Governo. pauroso, che non sa sostenersi se non col presidio di armi straniere, col terrore e col sangue, il giudizio del mondo civile non puo a lungo esitare » (Atti uff, n. 1213, p. 4781, col. 3). Yivi applausi dei Deputati avevano corouato (juelle parole del degnissimo loro Presidente; le qnali il Constitutionnel giudico essere \ a- pologia di quello che « e agli occhi delFEuropa civile un atrocissimo as- sassinio ».

6. Ma alia magnanimita dei rappresentanti del popolo italiano non dovea poter bastare, che spontanee offerte di denarp ed un monumento attestassero la solidarieta della setta regnante con gli assassini prezzolati dal Cucchi e dal Guerzoni. E percio lu propqsto alia Camera, firmato non solo da questi due, ma eziandio dal Cairoli, dal Bertani e da piu al- tri cotali capi di scherani, in . numero di 28, una legge che dovea asse- gnare alia vedova del Monti una pensiqne di annue Lire 2000, che sa- rebbe devoluta per L. 1500 ai ligli di lui, nel caso di morte della vedo- ya o del suo passaggio a seconde npzze; ed inoltre Lire 1000 annue al padre del Tognetti, finche durasse in vita.

Questa legge, il cui testo puo vedersi anche nell1 Unita Cattolica del 4 Dicembre, per essere posta in discussione pubblica alia Camera dovea essere approvata dai tre quarti dei voti del Comitato,cui erane commes- sa la prima disamina, a tenore del nupvo regolamento temporaneo. Non si raggiunse questo numero di voti favorevoli ; e la legge fu messa da parte, con grande rammarico dei suoi promotori, i cui nomi sono tutti registrati neiri/wY« Cattolica del 5 Dicembre.

Per riparare a questo sconcio il Cairoli, ed altri della sua risma, propo- sero nella seduta del 3 Dicembre, che si p'ovesse modih'care quel malau- gurato art. 70 del regolamento, cosi che, invece dei tre quarti, bastassero i due terzi dei voti del Comitato private, affine di poter mettere in di- scussione i disegni di legge d1 iniziativa privata. Cio fu facilmente con- sent! to ; ed il Ferrari, uno dei degni colleghi del Cucchi e del Guerzo- ni, fu sollecito di stendere e presentare subitp un altro schema di legge per dotazione nazionale alle famiglie del Monti e del Tognetti. Ma anche questo fu scartato dal Presidente stesso, poi dalla Camera, che sentenzio non potersi rimettere in deliberazione un punto gia giudicato.

Ma non per questo atra a patirne discapito V onore nazionale ; che c rivendicato dai Municipii di Fermo, di Genova, di Milano ed altri assai

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die decretarono pension!, pfferte, sussidii ai parent!, e contribuzioni al monumento del due giustiziati. II pubblico; compresa quella immensa pluralila che ha ancora in esecrazione Tassassinio orpellato di politica, ne fara le spese. A noi pare die avrebbero iriyece domito far tutto que- sto, a proprie spese, que1 die, dopo ayer sospinto que1 sciagurati al de- litto, come fecero quegli onorewli legislator! di Firenze, poi scappando, 1! abbandonarono, se pur anche, per salvare,se stessi, non li denunzia- rono e yendettero alia Polizia pontificia. E usanza dei capi di assassin! di spacciarsi dei loro scherani, quando hanno fatto qualche colpo ardito!

7. Prcvedevano tuttavia codesti paladini deiV assassinio politico po- ter darsi il caso che qualche nuovo loro attentato fallisse, ed i loro mandatarii cadessero nelle mani della giustizia pontilieia; e sapeano che questa dee ancora dar sentenza contro altri, che essa tiene in car ce- re, come imputati di delitti non meno gravi di quello, onde furono pu- niti il Monti ed il Tognetti. Laonde, per assicurarsi d'aver poi un pre- testo di usare la diplomazia ed anche T esercito regolare per sottrarre alia meritata pena i loro sicarii e masnadieri, proposerq alia Camera una legge, che estende i diritti civili e politic! agli Italiani delle proyin- ce che non fanno ancora parte del Regno. La relazione sopra questo schema di legge e negli Alti ufficiali, n.° 1219 e 1220, pag. 4808-09. La discussione, spacciata in pochi minuti, avvenne nella tornata del 30 Novembre, e gli Atti ufficiali la registrarono nel n.° 1223. II mini- stro Cantelli fece rileyare alcune difficolta che presentereJ^be Tattuazio- ne d'una legge, che non definisce chiaro quali sono le province italia- ne a cui si estende tal favore, ne il modo di fame Tapplicazione ; ma non si oppose.

Pertanto questa legge fu, a grande pluralita di voti, approvata nella stessa seduta. Or resta a yedere come passera in Senato , dove fprse si capira benissimo, che essa yuolsi ora applicare solo pei sudditi dello Stato pontificio , ma tultavia tenere in serbo , senzapero applicarla su- bito, anche per quelli di Nizza, del Tirolo, deiristna, della Dalmazi^, che pur si rivendicano dai mazziniani come province italiane. Onde se il Senato fara come la Camera elettiva, il Re sancira senza dubbio la leg- ge, e questa servira di incoraggiamento e di schermo ad altri assassini, i quali confideranno che essa debbe bastare a sottrarli ad ogni giustizia per delitti perpetrati sul territorio pontificio. Inoltre tal legge avra anco- ra il carattere d'un secondo yoto nazionale per rivendicare il possessp di Roma, e di tutte le altre mentovate province italiane da annettersi al presente Regno d'ltalia. II che non sappiamo quanto possa tornare gra- dito e comportabile ai Gabinetti di Pangi e di Vienna.

8. Ma, come per compenso, il Governo che e si facile a concedere i diritti ciyili e politic! ai Romani, ai Tirolesi, a quei del Cantone Ticino, agli Istriani e Dalmati, ai Nizzardi, anzi, se a Dio piace, anche ai Mal- tesi, si sentiva tratitto a morte dairimmunita della leva militare onde go- devano ancora, in ristrettissimo numero, i chierici delle diverse Diocesi. Percio il ministro sopra la Guerra, jgcnerale Rertole-Yiale, volendo in- graziarsi i Mazziniani, fu sollecito di presenlare alia Camera, nella tor- nata del 18 Novembre, uno schema di legge, che abolisce tale immunita e toglie cosi alia Chiesa ogni modo di rifornirsi di giovani ecclesiastici in vece di quelli che muoiono. La relazione del sig. Ministro e regi-

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strata negli Atti ufficiali n. 1228, pag. 4844 ; e noi siamo persuasi die la sua proposta non incontrera gravi difficolta , attese le qualita religiose e moral! dei legislator! di Firenze.

9. Per quanto ilMcnabrea si destreggi affine di appagare i rivoluziona- rii Italian! senza venire a cozzo col Governo impenale di Parigi, dovette pur capire, almeno dalle gravi parole onde i diarii ufticipsi di cola col- pi ronp (Tinfamia r operate nella Camera e dai Municipii pei settarii Monti e Tognetti , che tali scene e tali insolenze disgustavano chi ha di- rilto ad esigere piii rispetto e gratitudine. Scrisse pertanto il 29 Novem- bre un dispaccio a Parigi , di cui si riferisce in diversa forma la cpnte- ncnza. Altri dice che in esso egli attenuasse 1' importanza delle dichiara- zioni fatte, rappresentandole come pur! spedienti onde calmare T efler- vescenza dei Garibaldini ; altri pretende sapere che con quello si chie- desse alteramente alia Francia lo sgombero dei suoi soldati dal territo- rio pontificio. Ci riserbiamo a parlarne di proposito auando siasi avuta plena certezza sopra Tautenticita di quel documento, die dai giornali del Menabrea e detto apocrifo, almeno nella forma in cui venne pubblicato.

II. COSE STRANIERE.

v 1. Decreto per la liberta delle riunioni 2. Ricompense ai soldati ri- belli 3.11 Prim, create capitano generate, manda divieto all' esercito di occuparsi di cose politiche, racconiandando la disciplina 4. Demolizio- ne di chiese cattoliche; erezione di un tempio protestante a Madrid 5'. Atti deirepiscopato 6. Altri indirizzi e nuove protestazioni di Dame spagnuple sopra gli attentati contro il cattolicismo 7. Legge per la cari- ta iiffidale.

1. I Frammassoni sono sempre coerenti al loro programma politico di bandire amplissime liberta, che tuttavia nella pratica applicazione riescono alia licenza per tutto quel che favorisce gli mteressi della setta, cd alia tirannia piii inesorabile per quello che s'attiene alia religione ed alle morale cattolica. Percip vediamp che in Spagna, in nome di tutte le diverse forme di liberta, si applicano agli ecclesiastic!, ed alle persone religiose, tutte le sevizie cui deve sottostare lo schiayp, cioe sppgliamento , carcerazione, coniische e perfino perdita dei diritti ci- vili; a cio equivalendo Tessere sbandeggiato senza reato veruno, senza processo, senza sentenza.

Lo strazio fatto di migliaia di religiose, strappate ai lorp sacri asili, dcrubate delle loro case e doti, cacciate sul lastrico delle vie come ap- pena farebbesi di mandre di agnelle, e la applicazione fatta in Spagna dai liberali, verso la Chiesa, del gran principio della liberta di associa- zione e di riunione. Ed ognuno vede quanto essa sia filantropica e ri- sppndente ai principii decantati dalla loro setta. Certi araldi della con- ciliazione tra il Papato e la setta niassonica farebbero bene , se hanno a cuore il conservare le appellazioni splendide di cui si paoneggiano, fa- rebbero bene a suggerire a' loro protetti qualche poco di cautela e mo-

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derazione, almeno nelle forme esteriori onde quelli applicano cerli prin- cipii , a cui essi osano pretendere che debba inspirarsi e confprmarsi la Chiesa. Ma se questa e inceppata ed oppressa, sono scioltissimi i Frammassoni; e cio basta, per quanto sembra, se non ad appagare i Toti dei conciliatori, almeno a fare che aspettino con tutta pace dalla munificenza dei Frammassoni quello che vorrannp poi tollerare, col tempo, rispetto alia Chiesa. Sono dispersi i Frati, disperse le Monache? Pazienza! 1 Frammassoni godono pero la liberta di riunirsi a piaci- mento.

Ecco il decreto, in forma di legge, pubblicato percio dal Governo provvisqrio di Madrid.

« 1.° E sanzionato il diritto di pacifica riunione per fmi non riprovati dalle leggi. 2.° Per tenere riunioni pubbliche se ne dara ayyiso alrauto- rita locale 24 ore prima, indicando Toggetto e la localita in cui si ter- ranno. 3.° Le riunioni che avranno luogo airaperto, sono sottoposte alle prescrizioni delle ordinanze municipali in cio che potrebbero intercettare la via pubblica e porre ostacolo alia libera circolazione. 4,° Le riunioni pubbliche perderanno il loro carattere di riunioni pacifiche e rimarran- no escluse dalle disposizioni del presente decreto, dal momento in cui uno o piu cittadini che vi prendessero parte si presentassero colle armi. 5.° II fine delle riunioni pubbliche sara considerate compiuto con esse, e le loro deliberazioni non potranno produrre effetti posteriori d'una na~ tura periodica e permanente. 6.° Sono abrogate tutte le disposizioni amministrative e legali, contrarie in tutto od in parte al presente decre- to. Madrid, 1.° Noyembre 1868. II ministro deirinterno Praxedes Mateo Saqasta. »

Licenziati cosi i liberali d'ogni fazione a raunarsi, come loro pare e piace, per cqstituire in forma di club o meeting altrettante assemblee po- litiche, e chiaro che la influenza di queste sulla cosa pubblica sara di ben altra natura ed importanza, che non poteano essere le raunate delle povere monache negli stalli del loro coro e della lor chiesa a can- tarvi le laudi del Signore e della Vergine santissima. Tuttayia queste, come pericolose per lo Stato e per la liberta, doyeansi divietare a ri- gore di legge; e per meglio assicurarsi da tanto pericolo, si doyeano eziandio abbattere le chiese ed i conyenti! Cqsi yuole lo spirito e la giu- stizia dei liberali; appunto come certi conciliatori non trovano mai una parola seyera di rampogna contro le scelleraggini dei Frammassoni, cui anzi carezzano coi guanti gialli; ma per contrario sono sempre sul dare lezioni di carita e soayita evangelica ai difensori della giustizia e della Chiesa, se mai lasciano trasparire qualche indegnazione contro gli auto- ri di orribilissime scelleratezze.

2. Appagata con la liberta delle riifnioni la yoglia che i Frammassoni, anche di qrdine secondario, pur sentono di guidare, almeno cqlle ciarle e con le strida, le cose dello Stato, bisognaya anche pagare gli strumenti della rivoluzione. IJ Prim ayea gia generosamente fatte le parti sue yersq 1 esercito di terra. Richiamati in patria, e restituiti nei loro gradi, onori e diritti e stipendio tutti gli ufficiali, sottufficiali e soldati, che per le precedenti ribellioni n' erano sbanditi o protughi. Inoltre promossi tutti d'un grado gli ufficiali e graduati delle truppe, che col Serrano eransi dichiarate contro la Regina, yerso cui poco prima aveano rinnoyato il

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solenne giuramento di fedelta. Quindi estesi gli stessi favori agli ufficiali delle truppe, che dopo il fatto al ppnte d'Alcolea erano passate a servizio della rivoluzipne. I soldati semplici consolati d'un po1 di denaro, e della speranza che in altra rivoluzione potranno, se sono destri e arditi, diven- tar anch1 essi Colonnelli, Marchesi, Capitani general! e Duchi! Poteano stare content! .

Ma restavano a ricompensare quei dell'armata di mare, che questa volta erano stati i primi a ribellarsi, ed ai quali principalmente era dovu- to il trionfo della rivoluzione. II Topete, prima trmmmro, poi Ministro del- la marina, non dimentico se stesso; cjuindi pensp agli altri. Pertanto alii 2 Novembre mando un bando a tutti i prodi suoi cooperatori, con un de- creto, nel quale dichiaro la sua riconoscenza « alia patriotica risoluzione con cui tutte le fprze navali dello Stato secondarono la gloriosa solleva- zione nazionale, iniziata nella baia di Cadice il di 18 del passatp Settem- bre. » Quindi, a maniera di compenso e di premio loro signified, che sa- rebbe diminuita di due anni la durata del loro servizio militare, e per giunta assegno un aumentp di soldo a tutti, e fece piovere un diluvio di prompzioni a grado superiore. Qra, finche qualche nuova cospirazione non riesca, e sperabile che F esercitp continuera ad essere quello spec- chio di devozione e di lealta che divenne, dacche ebbe giurato eterna fedelta alia regina Isabella II.

3. Ma le ricompense, le decorazioni, le prompzioni, le larghezze d'ogni sorta erano state profuse a piene mani anche dai diversi Ministeri che, in nome della regina Isabella 11, aveano successivamente governata la Spa- gna; il che non avea impedito pero che si moltiplicassero, in quella ra- gione stessa che le ammstie e le liste di promozipni, le congiure, gli am- mutinamenti,ele sedizioni armata mano di quelli che non ne rimanevano contenti, o perche si credeano posposti ad altri men degni, o perche non erano pervenuti fin dove pretendeano, o perche sperayano che una uuo- va ribellione li porterebbe anche piu alto. II Prim, piu che ogni altrp, dovea sapere quauto tali disposizioni d'animo fossero comuni neireserci- to spagnuolo; e, come si vide giunto al col mo degli onori e del pptere, dopo essere stato un anno innanzi privato d'ogni titolo, grado e dignita per la sua ribellione, cerco modo di rassicurarsi contro un nuovo capi- tombolo, a cui fosse data la spinta da nuova sedizione militare.

A tal effetto il Prim, in sua qualita di Ministro sppra la guerra, indi- rizzo a tutti i capitani generali una circolare, sotto il 6 Novembre, nella quale espose le condizioni della Spagna ancora in piena effervescenza, pel sublime trionfo della causa liberale; e, fatto Telogio di quel che ope- ro T esercito per tale causa, inculca loro di amplificare alle truppe poste sotto i loro ordini la traccia seguente di predica morale : « L esercito dee vedere senza gclosia e puo anzi essere altero della soddisfazione le- gittima del popolo, per la liberta e Y onore del quale esso ha combattu- tp, del popolo da cui egli e uscito, del popolo per cui nutre le sue affe- zioni e con cui dee partecipare al godimento di tutti i diritti , rientran- do nel suo grembo. Ma e mestieri che voi gli facciate comprendere nel medesimo tempo, che per la difesa della patria, la conservazione della legge e la sicurezza deirordme pubblico,!1 esercito non ha altra fprza mo- rale e materiale che quella che gli viene dall1 unita del suo spirito e del suo carattere ; che F unita non ha altra forza che quella della sua disci-

760 CRONACA

plina, e che le manifestazioni e gli atti spontanei, di qualunque nalura essi sieno, sono la sua negazione la piu completa, e mettono il braccio forte della nazione in balia della soggezione dei partiti , delle radunan- ze e fors1 anche delle indrvidualita che le sono piii essenzialmente ostili. E1 dunque necessario che Y. E. non permetta alle classi militari di pren- der parte a nessuna delle associazioni o riunioni piu o meno pubbliche, tendenti ad esprimere un' idea od un oggetto politico qualunque. E' un assioma generalmente riconosciuto nella scienza politica, che, colla som- ma della liberta di cui godono i pppoli , deve essere in relazione precisa la severita e la rigidita della disciplina tra le istituzioni militari incari- cate della loro conseryazione. » Chi fosse va go di leggere il resto4el sermone, ne sara appagato AalYUnita Cattolica del 13 Novemhre, n. 265.

Questa predica non sappiamo precisamente quali affetti destasse in cuore ai capitani generali colleghi del Prim ; ne possiamo ben dire con qual sincere fervore essi ne facessero poi la spiegazione agli nfliciali c soldati, e qual protitto sodo di conversione questi ne abbiano rica^ato. Ben sappiamo che T udire il Prim, stato cospiratore tutta la sua Tita, raccomandare agli ufficiali e soldati di non mescolarsi di politica, e di contentarsi d' essere strumenti docili e disciplinati di chi a furia di co- spirazioni ghermi il supremo potere strappato ai legitimi eredi di Carlo V, questa e cosa che sembra aver dato sui nervi a molti. AI Memorial diplo- matique, che pure non suole patir di scrupoli ed e sempre pronto a tr'o- var ragioni per lodar checchessia, parve certo di udire il lupo che fa la predica alle agnelle , e mastico fra i denti queste parole : « Egli ha un bel yoler passare la spugna sul suo passato. L1 esempip che egli non cesso mai di dare in tutto il corso della sua carriera militare fu troppo funesto, perche la recente snacircolare ne possaattenuarele triste consc- guenze. L' esercito e cangrenato dallo spirito di indipendenza e di am- mutinamento. Egli e d'uopo'o disfarlo del tutto, o lasciare che ciascuno continui a meritarvi gradi e promozioni col merito delle rivolture e delle sedizioni. » (12 Nov.pag. 743.)

k. Non vogliamo dire che realmente tutto T esercito spagnuolo gia sia ridottp in quella condizione che e cosi descritta dal Memorial: e certo augufiamo ben di cuore alia Spagna, che il suo esercito si riorganizzi e riacquisti yigoria di disciplina rigorosamente militare. Imperocche la do- ye si allentano o si troncano i freni si possenti della morale e della re- ligione, se non si vuole che tiranneggi Y anarchia, e d' uopo che regni almeno la forza ordinata deir esercito, onde e siano represse le malvage passioni e si guarentiscano le persone e le robe dei cittadini. Or egli e pur troppo eyidente, che la massoneria in Spagna lavora a tutto po- tere per isneryare il cattqlicismo e stremarlo, se fia possibile, della salu- tare influenza sui popoli. AI quale intento non pure son dirette le continue- demolizioni di chiese e di chiostri, ma la giunta che a questi sacri cdifizii destinati alPesercizio della vera religione si sostituiscono templi protestanti e scuole di razionalismo e di scostumatezza.

Molte ed antiche ed insigni chiese caddero gia sotto il martello mas- sonico; ma, come per compenso, il sig. Ortiz, minis tro sopra le cose di grazia e giustizia e dei culti, fece pubblicare nel diario El Imparcial di Madrid, del 12 Noyembre, un suo decreto del 9, per cui e fondata mm chiesa protestante in quella metropoli. Questo decreto non comparye

CONTEMPORANEA 761

subito sulla Gaceta ufliciale, ma fu riprodottp da tutti gH altri gior- nali di cola, ed e del tenore seguente, cd indirizzalo all'Alcade del Mu- uicipio di Madrid.

« Ministero di grazia e giustizia. - 3a Divisione. Con questa data dico a D. Giorgio Fitch quanto segue : Ragguagliatp il signor Ministro di grazia e giustizia dalla esposizione di yossignoria, che domanda le yenga permesso di erigere in questa capitale un tempio protestante, e pronto a darle la licenza, perche possa incominciarne la costruzione, purche nel compierlo si adatti al prescritto dai regolamenti municipal!. Lo che, d'ordine del suddettp signor Ministro, partecipq a Vossignoria per gli effetti consecutiyi. Dio conservi Y. S. per molti anni. II sotto secretario Trinidad Sicilia. »

5. Cotali enprmezze, onde pur si risen tono ancora la piu gran parte degli Spagnuoli, come d'uno oltraggio troppo intollerabile alia coscien- za ed all'onore nazionale, produssero qua e cola qualche reazione; e yi cbbe luogo dove i proleslanli, avendo cominciato a metier mano ai la- vori per fondare loro sinagoghe, dovettero piu che di fretta fuggire, onde sottrarsi al furore popolare. I Vescoyi non Iralasciarono di fare guanlo era in poter loro onde serbare alia Spagna il prezioso e fin aui inviolato tesoro del cattolicismo. In saggio di che basti accennare alle energiche protestazioni indirizzate dal Vescovo di Cordova alTOrliz Mi- nistro di grazia e giustizia, e dal Vescovo di Astorga al Serrano. I quali atti, riferiti ndYUnivers dell' 11 Novembre, ppsero in pienissima luce le iniquita perpetrate contro i diritti e le proprieta della Chiesa e la vera liberta delta coscienza. Ne sono meno energici i richiami per- cio indirizzati all'O tiz dal Metropolitan e dai suffraganei della provin- cia ecclesiastica di Burgos, la cui esposizione di diritti e di falli, calda di vera eloquenza, e riferita nello stesso Univers del 13 Novembre.

Altri Prelati, o npn serbassero speranza veruna di trovar ascolto presso cotali Ministri e Governanti, o scorgessero piu efficace un ap pello diretto a1 loro diocesani, a questi si yplsero con bellissime, leltere . pastorali, dove con quella gagliardia che da lo zelo evangelico e la co- scienza della giusta causa che si difende, fortemente assalirono a vise scoperto il nemico, ne posero in moslra le scelleraggini e la tirannia, ed invitarono i popoli a custodire il prezioso deposito della loro fede. Tale e T atto pubblicato nel Bollettino ufficiale ecclesiastico delFArcive- scavado di Santiago di Compostella, riprodolto nelF Univers del 24 No- vembre.

6. Ne per avyentura tprnarono meno efficaci gli indirizzi firmati da migliaia e migliaia di gentildonne e popolane cTogni grande citta in dife- sa delle povere religiose, che esse vedeano discacciate da' loro chiostri, derubate delle loro doti, e respinte colla violenza in quel mondo che esse ayeano abbandonalo. Ben 17 mila furono le firme apposte ad un cotale indirizzo dalle donne della citta di Valenza, popolata p"i circa 100,000 anime; ed il Serrano tantp ne sent! la fprza, ed i pericoli del persistere nel consummare quelle inique espulsioni, che mando cola or- dine di sostare.

7. Ma si sa che i Frammassoni, quanto detestano le istitutioni pie ed anche caritatevoli che sono ayvivate da spirito callolico, e percio le vogliono dislrutte, altrettanlo si mostrano rautori delle filantropiche

CRONACA CONTEMPORANEA

od anche puramente caritatevoli, a patto di averle sotto la loro dire- zione ed amministrazione, affine di sfruttarle secondp i loro disegni ed a protitto della setta. Percio il Ministro degli affari interni fu sollecito di mantenere dove esistevano, di promovere che si istituissero dove non esistevano, societa o compagnie dette di carita ; suggettandole tut- tavia senza eccezione veruna alia direzione amministrativa del Gqver- no, ed escludendone con somma cura quanto potesse saper di chiesa. Ecco gli articoli del decreto percio emanato dal sig. Sagasta.

« Art. 1 . ° E consacrata dalla legge la esistenza <Mle antiche associa- zioni di dame, dopo la presentazione e T approvazione dei regolamenti non autorizzati dai Goyerni che hanno esistitq fmora. Art. 2.° I gover- natori civili delle province, dove avrannq esistitq queste associazioni, in- viteranno le dame che le formano a costituirsi di nuovo, offerendo loro tutto Tappoggio e la protezione del Governo provyisorio, per Tesercizio e la pratica deiroggetto esclusivo della loro associazione. Art. 3.' I go- vernatori delle province, dove associazioni sifiatte non avranno esistito, si sforzeranno di cqstituirle, facendo appello ai sentimenti carilatevoli delle dame d'una virtu e d'una filantropia notoria, in nome delle class! sofferenti e bisognose. Art. 4.° Qaesti governatori procureranno di sta- bilire, nelle province affidate alle loro cure, delle associazioni d' uomini per lo stesso oggetto, cipe delFesempio della carita a domicilio, piglian- do per base quelle che si formarqno durante Tultima invasione epidemi- ca, sotto la denominazione tfAmici dei poveri. Art. 5.° Nessuna di que- ste associazioni potra riconoscere, ne dipendere da un1 autorila stabilita in paese straniero Art. 6.8 Alia associazione delle dame, appena sara costituita e in grado di consacrarsi in modo pratico allo scopo della sua creazione, si renderanno le somme in danarp e gli effetti tuttora servibi- li, che appartennero alle conferenze di S. Vincenzo de Paoli, per essere i detti danari ed effetti impiegati e distribuiti conformemente ai regola- menti che le governano. Madrid, 3 Novembre 1868. II ministro dell1 In- ierno Prpssede Matteo Sagasta. »

INDICE

Di tre vizii del regno d' Italia che ne minacciano

la durata pag. 5

11 Codice Vaticano delta Bibbia greca e la sua

Edizione 19

Saggio critico della Societa massonica Natura e

fine, 39 - La Loggia 670

Una recente conferma del saggio critico della socie-

ta massonica 398

Di un giovinetto crociato, morto il giorno dell 'As-

sunzione di Maria, 1868 * . 60

Gli esami de' Licei e il sislema dell' istruzione pub-

blica in Italia , 129

/ Crociati di san Pietro, scene storiche del 4867.

XXXIII. Gli accampamenti dei Crociati, 149-

XXXIV. Monte Libretti, 13 Ottobre, 158 -

XXXV. II domani di Monte Libretti, 286. -

XXXVI. Urbano di Qu&en, 297 - XXXVII. Arturo Guillemin, 415 - XXXVIII. Operazio- ni contro Nerola e Montorio Romano, 423 - XXXIX. La mareiata dei Pontificii alia volta di Nerola, 563 - XL. II campo di Meriotti, 566- XLL Parlamento garibaldese in Nerola. . . 572

La rivoluzione in Ispagna, nuova condanna del

liberalismo moderno 168

La dottrina di S. Antonino Arcivescovo di Firenze intorno alia infallibilita de' Papi e la loro mpe-

riorita sui Concilii 181, 304, 576, 688

Sopra una falsita di dottrina e di lezione introdotta

nella Somma morale di S. Antonino 581

// Cattolicismo e la Liberia religiosa 257

Brevi cenni sul Concilio ecumenico 270, 544

L'invito del Papa ai Protestanti e il giornale il Times . 385

764 INDICE

Delle Costiliizioni moderne. , , pag. 4-29

La stampa liber a ed il liber alismo in Italia. . . . 513 La morale protestante e la morale caltolica. . . . 529 La tornata del 25 Novembre nel Parlamento di Fi- renze , Oil

Gli abusi del soppresso tribunals delta regia Monar-

chia in Sicilia. . . . , , 654

RIVISTE BELLA STAMPA ITALIANS

// Concilia Ecumenico : Diario e Storia. Si pubblica il giovedl in quaderni da 8 a 32 pagine Milano 1868 . . 79

Dell' immortalita dell'anima umana. Discorso della mar- chesa MARUNNA FLORENZI WADDINGTON Firenze 1868. . . 199

Lo Hegelianismo consider ato nel suo svolgimento storico e nel suo rapporto con la scienza, per I'abbate GIUSEPPE PRI- sco, professors prtvato di Filosofia e diEtica nel Liceo arci- vescovile di Napoli Napolil868. Un volume in grande ot- tavo di pag. 245 325

Una Casa fwrentina da vendere, con un Racconto mo- rale e un esercizio lessicografico, di PIETRO FANFANI. Libret- to per le scuole. In 8.° pice, di pag. YI1I-94 -*- Firenze, tip. all insegna di S. Antonino, 1868 336

Saggio di Storia, di Critica e di Politica, per PASQUALE VILLARI 1868 Un volume in 8.° di pag. XV-460 ... 447

Dei cinque regni d' Italia libri cinque, del DUCA DI MAD- DALONI Lugano 1868. Due volumi in dodicesimo; 1.° pa- gine 320, 2.° pag. 276. . . . 462

luris Ecclesiastici Publici Inslitutiones , auctore CAMILLO TARQUINI e Societate lesu , Juris Canonici Professore in Collegio Romano eiusdem Societatis Romae, typis Civili- tatis Calholicae 1868. Un vol. in 8.° di pag. VIII, 152 . . 468

Relazione al Consiglio comunale di Verona sui rapporti del Comune con la Chiesa, e relativa discussione e conside- razione. Verona 1868 . '. 592

Monografia statistica, economica, amministrativa della provincia diForll. Vol. I di pag. XII-340, vol. II di pag. 262, vol. Ill di pag. 407. Edizione di lusso in 4.° gr. con molte- plici tavole Forli, a spese provincial!, tip. Bordandini e Ca- sali 1866-67. 712

INDICE 765

BIBLIOGRAFIA pag. 92, 340, 600

Sanctissimi Domini Nostri Pii divina providentia Papae IX. Lit- terae apostolicae ad omnes Episcopos I cclesiarum ritus orientalis communionem cum Apostolica Sede non habentes 99

ARCHEOLOGIA 1. D'un epitaffio cristiano, che vedesi ora nel Museo del Louvre— 2. Un'iscrizione pagana di Sardegna 210

Sanctissimi Domini Nostri Pii divina Providentia Papae IX. Lit* 'terae Apostolicae ad omnes protestantes, aliosque acatholicos . . . 222

SCIENZE NATURALI 1. Progressi del traforo del Moncenisio; successo della ferrovia a triplice rotaia del Fell 2. Osservazioni dell'eclis- si del 18 Agosto fatte da astronomi inglesi e tedeschi 3. Osserva- zioni di astronomi francesi 4. Scop'erta del Janssen e del Lofajer circa il modo di studiare le protuberanze gazose del sole fuori delle congiunture d'una eclissi 5. Modo di valersi di tale scopertaf ado- perato dal P. A. Secchi 47 i

Relazione degli ultimi giorni di Giuseppe Monti e di Gaetano To- gnetti, giustiziati in Romaildl 24 Novembre 1868 725

CRONACHE CONTEMPORANEE

DAL 12 AL 26 SETTEMBRE

I. COSE ITAUANE STATO PONTIFICIO 1. Pubblicazione dell' End- clica del Santo Padre, che invita al Concilio ecumenico i Vescovi orient ali f separati dalla Chiesa romana 2. Senlenza che dichiara scomUiiicato vilando il pretc Cirino Rinaldi, contumace nell'esercisio dell'abolito Tribunale della MonarchiadiSicilia 3. Visita del San- to I'adre all'Ovpedale militare 4. Imposture dei rivoluzionarii, smentite rfo/rOsservatore Romano 5. IlCardinale Reisach condan- nato a multa dal Governo usurpatore dcgli Stati della Chiesa 6. Nuove dichiarazioni e minacce dei diarii u/ficiosi di Firenze con- tro Roma e contro la Francia 7. Opere inscritte neir Indice dei

libri proibiti 105

II. COSE STRAN1ERE FRANCIA!. Splendide acco,jlie,nze fatte a Fontainebleau al Conte e alia Contessa di Girgenti 2. Ulmpera- tore al campo di Chalons; sue parole di comm'iato 3. Commo -io- ne eccitata in Francia da un discorso del re Gujlielmn a Kiel 4. Giudizio dei giornali ufficiosi parigini sopra una diminuzione temporanea dell'ewrcito prussiano 5. Spiegazione di do data dal Constitutionnel 6. Pericoli chiaritl dalla Liberte 109

AMERICA SRTTENTRIONALE (STATI UnUi) 1. Candidate diversi e lotta dv'partiti per la elezione del Presidente 2. Proposta del: Johnson al Congresso circa la durata ed il modo di elezione del Presidente 3. Provvedimenti pel debito pubblico 4. Con 'izioni deplora- bili degli Stati del bud: turbolenze nella Luigiana 5. Riconci- liazione del Gabinetto ai Washington con quello di Londra 6. Congetture sopra i disegni degli Stati Uniti nel Mediterraneo 1. Qualita e forza dell'armata navale amencana 8. Pratiche di pace fra gli Stati Uniti e gli Indiani, condotte dal P. De Smet - 9. Splendido omaggio renduto dal Maggior Generate Stanley all' influenza dei Missionarii cattolici 116

DAL 26 SETTEMBRE AL 10 OTTOBRE

I. COSE ITALIANS STATO PONTIFICIO!. Concistoro pubblico e se- grelo del 24 Settembre; nomine di Vescovi 2. Testo della sentensa

766 INDICE

di scomunica contro II prele Cirino Rinaldi 3. Circolare spedita dal Guardasigilli del Governo di Firenze in difesa di codesto sco- municato pag. 226

TOSCANA E STATI xmESSil.Proniulgazione del Decreto reale sopra la Convenzione del 31 Luglio con laFrancia,pel Debito pubblico delle province usurpate alia Santa Sede 2. Condizioni dell'erario, del oilancio e del Debito pubblico .— 3. Bandi repubblicani 4. Parla- mento di operai a Genova 5. Minacce del diarii ufficiosi contro la Francia 6. Circolare ai Pretori contro i sommovitori de'popoli 7. Dicerie sopra una nuova Convenzione con la Francia, ed il trasporto delta Capitale a Napoli 8. Dichiarazioni e mentite date dal Mena- Irea nella sua Correspondance italienne 9. Restituzione del beni allodiali a S. A, R. il Duca di Modena 234

II. COSE STRANIERE SPAGNA 1. Indole, elenco e cenni delle ri- voluzioni in Spagna dopo il 1812 2. Prodromi d'una nuova ribcl- lione militare; varii Generali sono mandati a confino; provvedimento contro il Duca e laDuchessa di Montpensier 3. Rivoluzione inizia- ta a Cadice dell'ammiraglio Topete 4. Dimissione del Minister o; la, Regina da S. Sebastiano commette il Governo e la difesa delta Coro- na al maresciallo Concha 5. II Conte di Girgenti accorre da Parigi; rassegna e partenza di truppe da Madrid 6. // generate Calonae rioccupa Santander 7. // generate Paviaf tnarchese di Novalicnes marcia in Andalusia contro i sollevati 8. Governo provvisorio isti- tuito a Siviglia,; il aenerale Serrano, capo supremo delle truppe ribelli, marcia contro Madrid 9. Scontro al Ponte d'Alcolea tra i regii ed i ribelli; il marchese di Novaliches ferito va morire a Madrid 10. II maresciallo Concha rinunzia ai poteri avuti dalla Regina; in Madrid le truppe si dichiarano per la rivoluzione 11. La regina Isabella II rip ar a in Francia; accoglienze a lei f at t e dall' Imp era- tore e dall'Imperatricc IV.Ingresso trionfale del Serrano a Madrid; Governo provvisorio 242

DAL 10 AL 31 OTTOBRE

I. COSE 1TALIANE STATO PONTIFICIO 1. Soccorsi dati e pro- mossi dal Santo Padre pei danneggiati dalle inondazioni nell'alta Italia 2. Visita del Santo Padre a Civitavecchia 357

TOSCANA E STATI ANNESSI 1. 11 Ministero e rattoppato 2. Co^o- fjuio a Torino fra Vittorio Emmanuele ed il principe Napoleone 3. Le condizioni presenti del regno d'Halia descritte dal Monileur du soir 4. Disastri prodotti dalle inondazioni; impertinenti censure de/rindependance Beige contro la f ami alia reale 5. Efficacia del Governo nel riscuotere i balzelli 6. Promessa del Broglio, mini" stro soyra la pubblwa istruzione, che Roma sara presto detr Italia 7. Spieyazioni ufficiose della Nazione circa il modus Vivendi tra il regno d Italia e Roma 362

II. COSE STRANIERE— SPACNA 1. Particolari del fatto d'armi al ponte d'Alcolea; conseguenze della ferita toccata al i\ovaliches 2. Protestazione della regina Isabella II 3. Governo provvisorio e nuovo Gabinetto a Madrid 4. Lista civile della Regina e del popolo sovrano S. Ovazioni fatte al Prim aBarcellona ed a Madrid; sue lettere ed apologie 6. L' Espartero si dichiara per la rivoluzione 7. Don Giovanni di Borbone rinunzia a' suoi diritti in favore del suo primogenito Don Carlos 8. II Serrano mostra di stare per la mpnarchia costituzionale 9. Ovazioni all'Olozaga reduce da Pa- rigi— 10. Decreti della Giunta rivoluzionaria e del Ministro di Gra~ zia e Giustiziaper I'abolizione del corpi religiosi 11. Decreto spe- ciale contro la Compagnia di Gesu 12. JSmancipazione di schiam;

INDICE 767

tftfKcolta percid sollevate a Cuba 13. Screzio fra il Governo prov- visorio & la Giunta rivoluzionaria di Madrid , sopra la competenza a decidere della forma di Governo 14. E sciolta la Giunta rivolur zionaria di Madrid; quindi si sciolgono quasi tutte quelle delle pro- Vince 15. Circolare del Minis tro degli affari esterni sopralari- voluzione e Favvenire della Spagna 16. Varie Potenze entrano in relazioni ufficiali col nuovo Governo pag. 369

DAL 31 OTTOBRE AL 14 NOVEMBRE

I. COSE ITALIANS STATO PONTIFICIO 1. Largizioni del S. Pa- dre pei danneggiali dal iremuoto nell' America meridionale, e dalle inondazioni nella Svizzera 2. Visita di Sua Santita all'Abazia delle Tre Fontane 3. Accoglienze fatte in Civitavecchia al nuovo ambasciadore francese, sig. Banneville;ericevuto in udienza privata dal Santo Padre 4. Ritorno in Roma dell' ambasciadore di Porto- gallo, sig. Saldanha 5. Promesse e mentite della Correspondance italiemie circa la quistione romana . . . 487

II. COSE STRANIERE ALEMA6NA MERIDIONALE (ISostra corrispon- denza) \. Lavorio del frammassoni e del Governi per I'annessione de- gli Staii meridionali a'Alemagna alia Prussia 2. Ripugnanza del popoli a tale annessione 3. Pericoli e danni sofferti o temuti per la Chiesa sotto il dominio prussiano 491

SPAGNA l.Impacci d el Governo provvisorio ; suo bando agli Spa-

fnuoli 2. Lettera del Mazzini al Castelar per la repu'bblica . Circolare di D. Carlos di Borbone per rivendicare i suoi diritti 4. Risposta attribuita a D. Ferdinando re di Portogallo sopra roffer- ta fattagli della corona di Spagna 5. Esposizione delle Finanze; decretoper un imprestito di "200 milioni di scudi effettivi 6./>i/a»t- dazioni delpubblico denaro 7. Calcoli sui beni ecclesiastici 8. Hi- chiami delle Dame di Siviglia e di Madrid sopra le sevizie adoperate contro le religiose 9. Decreto sopra la liberta di stampa 10. De- ereti delle Giunte di Barcellona e di Iteuss contro il culto caltolico. . 498

SVIZZERA (Nostra corrispondenza ) 1. 77 sccondo Congresso della Lega della Pace e della liberta in Berna 2. Principali risoluzioni dei con- gregati 3. Alluvioni 4. // matrimonio civile nella Costituente in Zurigo 5. Cose religiose di Ginevra 6. La quistione diocesana nel cantone Ticino . , 508

DAL 14 AL 28 NOVEMBRE

I. COSE ITALIANS STATO PONTIFICIO 1. Edittoper la diminuzio- ne delle tari/fe sui dazii delle merci straniere 2. Munificenza e do- ni delS. Padre al Municipio romano •'{. Visita e di-scorto di Sua Santm, all'Arsenale di Belvedere per le armi donate da'cattolici 4. Nota del Giornale di Roma contro un finto promotore della causa della Ven.'Taigi 5. Ravvedimento e morte di due viitime della setta massonica; lettera di Giuseppe Monti al S. Padre ...... 613

TOSCANA E STATI ANNESSI 1. Dimostrazione dei repubblicani contro il Governo, per I'anniversario della rotta di Mentana 2. Dispac- cio contro le mene dei repubblicani 3. Assassinio di preti a Siena 4. Riaprimento delle Camere 5. Tenerezza dei diarii ufficiosi, e yratiche diplomatiche del Governo in favore di due omicidi condan- nati a morte 6. Tumulti e conflitti sanguinosi fracontadini e trup- pe, presso Bologna, pel pagamento d'un balzello . ' 619

II. COSE STRANIERE - INGHILTERRA (Nostra corrispondenza) 1. mo- ve elezioni secondo la nuova legge elettorale 2. Una strana funzio- ne di alcuni Ritualisti. anglicani 3. Opposizione di un Ritualista al

768 INDICE

Vescovo anglicano 4. Un convcnto ritualista di pretese adoratrlci perpetue 5. Un opuscolo sopra il Papa Onorio conlro I'infallibili- ta pontificia 6. Due belle confutazioni 7. 11 pariito razionali- stico nell'universita di Oxford ....... .... pag. 628

OLANDA (Nostra corrispondenza) 1. Rumori intor no ad un tratta- to commerciale e militare tra la Francia e I' Olanda 2. Sguardo sullesette dissidenti nell'Olanda 3. Mandamento collettivo de Ve- scorn olandesi sull'insegnamento pubblico 4. Stampa cattolica . . 031

Avviso importante, relativo alle notizie del prossimo Concilio ecu- menico ..... ............ .... 637

4k

DAL 28 NOYEMBRE AL 12 DECEMBRE

I. COSE ITALIANS STATO PONTIFICIO 1 . Udienza privata, data dal S. Padre al Conte Trauttmansdorff, nuovo ambasciadore d' Au- stria — 2. Nota de/fOsservatore Romano sopra le dimostrazioni di slnwatia e di complicila del Goverw di Firenze con settarii omicidi .

o. Minacce dediarii ministeriali di Firenze, contro la S. Sede; nuove calunnie, e dichiarazioni delta ufficiosa Correspondance ita- lienne circa I' impossibility di ricorrere all'uso della forza contro Roma 4. Nota del Giornale di Roma sopra le calunnie spacciate

dai rivoluzionarii a proposito della vedova d'ungiustiziato. . . 742

TOSCANA E STATI ANNESSI 1. Gara di ribalderie fra i moderati ed i democratici 2. Rinunzia del Garibaldi all'uffido di Deputato; elezwne del Mari alia presidenza della Camera; interpellate e di- chiarazioni del Ministero circa la solidarieta del regno italiano con due assassini; professione di fede del cattolici-liberali ; voto della Ca- mera — 3. Pro gramma del Mazzini,esua dichiarazione d< guerra alia monarchia italiana 4. Insulti a membri della Casa reale S. Sotloscrizioni per ,un monumento a due assamni, e sussidii alle loro famiglie 6. E reietta una proposta di legge, fatta alia Ca- mera perdotazione a tali famiglie 7. Legge che concede la cittadi- nanza italiana a tutti i sudditi di province^ non ancora annesse^ 8. Proposta di legge per togliere ai chierici I' immunita dal servizio militare 9. Dispaccio del Menabrea a Parigi ...... . 748

II. COSE STRAJNIERE SPAGNA 1. Decreto per la liberta delle riu- nioni 2. Ricompense ai soldati ribelli 3. II Prim, crealo capita- no generale, manda divieto all'esercilo di occuparsi di cose politiche, raccomandando la disciplina 4. Demolizione di chiese cattoliche, erezione di un tempio protestante a Madrid 5. Atti dell'episcopato-

6. Altri indirizzi e nuove protestazioni di Dame spagnuole sopra yli attentati contro il cattolicismo 7. Legge per la carita ufficiale ..................... 757

ERRATA CORR1GE

Pag. 185 alia fine della npta §.4 §.3

» 194 alia fine della primanota cap. V cap. IV

» » in fine della seconda nota ibid, (senz' altro)

» 213 lin. ult. 668 368

» 229 » 4 Castoira Castoria

» 436 « 3 In questo In quarto _

IMPRIMATUR Fr. Marianus Spada 0. P. S. P. A. Magister-

BX 804 .C58 SMC

La Civi Itaa cattolica AIP-2273 (awab)

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