su Riprese Fan) I ISVSC CETTE ST ERO Ratio POTSS A # SARETE ZI TT Nr KK L4, Gi AAA GG 4 G Gi (9 Za a + ' ts PIREO da, vai è v 7, ) i bal ò i n Ù o RE To x Pa VIII SAGGIO D'UNA GUIDA PER LA RACCOLTA DEI PRODOTTI NATURALI DELLA “PROVINCIA DI PESARO E URBINO PARTE BOTANICA FascicoLo 1.9 \n#H NALAIO A DIVISIONE il. PIANTE FANEROGAME 0 COTILEDONEE —— ct ( Dal greco phareros manifesto e gamos nozze, che è quanto dire piante le quali hanno gli organi del sesso visibili ad occhio nudo; e dal greco Kotyle cavità, vaso, e il francese donné, fornito, cioè piante il cui embrione è accompa- gnato da uno o due pezzi di materia farinosa i quali nel germogliamento si can- giano in altrettante foglie seminali che con la sostanza loro somministrano ali- mento alla tenera pianticella. ) TIPO II. FANEROGAME DICOTILEDONI —_——t=ieoe———— ( Piante con organi sessuali visibili e con embrione accompagnato da due coliledoni opposti, interi, o più o meno profondamente divisi onde appariscono 5-15; fusto con fasci fibro-vascolati che formano un cilindro intorno al midollo centrale, e che cresce in altezza per lo sviluppo di gemme terminali, in grossezza per la formazione di zone concentriche annue. ) Portamento — Nelle piante di questo tipo l’ as- se vegetale rappresenta due coni opposti per le basi, il superiore dei quali si svolge per l’ ordinario nell’ atmosfera, e porta gemme e foglie nelle sue ramificazioni, mentre l’ inferiore quasi sempre si di- stende nel suolo dando origine nel maggior numero di casì a fibre radicali le cui estremità si proten- dono più dei rami del cono aereo per godere il be- neficio della pioggia e della rugiada. sì 2 La Radice perciò è \coniéa o fusiforme, ra- mosa, con rami gradatamente più sottili nel mag- gior numero di specie, e solo in quelle che hanno fusto sotterraneo o in cui il cono della radice fu distrutto, le fibre radicali più grosse appariscono sotto l’ aspetto di una radice in fascio simile a quella tanto frequente nelle specie monocotiledoni. Nelle piante parassite dicotiledoni la radice manca spesso interamente, onde s’impiantano con la base del fusto o sulla radice (Orobancke), o sul fusto di al- tre piante ( VisckRio) ovvero per mezzo di alcune spor- genze, dette succhiatoj, simmedesimano col fusto delle piante erbacee a spese delle quali vivono ( Cuscuta ). Fusto conico, distinto in due sistemi, 1 uno esterno o scorza che si può distaccare più o meno facilmente dall’ altro che vi sta chiuso come in un astuccio, ed è formato di cellule e fasci fibro-va- scolari più o meno numerosi. — Negli alberi di questo tipo il secondo sistema costituisce il legno che sì mostra sotto l’aspetto di strati continui di- sposti circolarmente intorno ad un centro comune, ( canale midollare ) tanto più densi e colorati, quanto più sono vicini ad esso. Nella scorza si osserva la medesima disposizione essendo formata di strati sovrapposti e sottilissimi che costituiscono altrettante zone concentriche applicate le une sopra le altre e corrispondenti per numero a quelle del legno. — Il fusto delle piante dicotiledoni cresce in lunghezza per lo sviluppo delle gemme terminali onde risulta formato di tanti meritalli sovrapposti gli uni sopra gli ‘altri, gli inferiori più grossi e corti, i superiori gradatamente più lunghi e sottili 3 uniti e articolati nei così detti nodi vitali. — Au- menta di grossezza nelle piante legnose per lo svi- luppo annuo di una zona di cellule e fasci fibro-va- scolari fra la scorza ed il legno. La quale poi disdoppiandosi forma un sottile anello di fibre pa- rallele che si applicano alla parte interna della scorza preesistente ( Libro) e di fasci fibro-vascolari divisi da cellule muriformi ( Raggi midollari ) che circondano di un altro anello più grosso il legno dell’ anno precedente. — La base del cono che forma il fusto delle dicotiledoni corrisponde per lo più a livello del terreno, ed il fusto stesso in gran nu- mero di specie è spessissimo ramoso con rami che partono dai nodi vitali, formando vere moltiplica- zioni e non divisioni del fusto. Non di rado però nelle specie perenni il fusto è sotterraneo o raccor- ciato onde i rami allora sembrano fusti o sono ri- dotti al solo peduncolo con le foglie raccolte in fa- scio come nella Carlina, nelle Margherite ecc. Le Foglie sono variamente distribuite sul fusto, ora opposte come nelle Labiate, Cistinee, Ipericine, Valeriane, Dipsacee, ora in giro da tre a molte come nella Robbia, ora alterne come nei Trifogli , ora sparse ed avvicinate come nelle Euforbie, ‘ora rivolte da ogni parte come nel Tasso, ora, per il raccorciamento dei rami, appaiate 2—5 come nel Pino silvestre — Constano in generale 1.° di pic- ciuolo, talora slargato alla base come nelle 0mbdrel- late, in grandissimo numero articolato col caule o col ramo onde poi cadono: 2.° di lembo a margine intero o più o meno frastagliato, e talora diviso in foglioline che hanno il proprio picciuolo articolato d con il picciuolo comune come nelle Leguminose, con nervature che partono dalla costola principale e dalle sue suddivisioni ramificandosi successivamente un gran numero di volte e riunendosi in modo da dar origine ad una rete a maglie numerosissime fine ed irregolari — Poche sono le specie di questo tipo in cui le foglie sieno ridotte a semplici squa- me, come nell’ Orobanche o in un viticcio come nel Latiro afaca , o in wu fillodio come nel Latiro Nissolia, più frequenti i cangiamenti delle ultime foglioline in vitieci come nella Veccia, o in ispine come nelle foglie ramee del Berberis. Fiore in generale formato di 4 verticilli, ca- lice, corolla, stami e pistilli, e spesso di un disco. In alcune famiglie manca la corolla come nelle Cu- pulifere, e Betulinee, in altre manca inoltre anche il calice come nelle Conifere, in alcune gli stami e i pistilli sono contenuti in fiori diversi sullo stesso individuo, come nella Quercia onde sono monoici, in altre i fiori staminiferi sono portati da un indi- viduo, e i fiori pistilliferi da un altro onde le piante come la Canapa sono dioiche. — Nei fiori non for- mati di un sol pezzo il numero delle parti è comu- nemente di 5 o un multiplo di 5. I frutti sono per lo più Cassule, Legumi o Ache- nì; i semi sono carnosi, cornei, farinacei; l'embrione con radichetta che si trasforma in vera radice, è ac- compagnato da 2 cotiledoni integri come nella Fava, lobati più o meno come nella Noce, e nel Pignolo. Il numero delle piante dicotiledoni è molto mag- giore di quello dei due tipi della I.° Divisione ( Aco- tiledoni cellulari e vascolari) e del I° tipo della II®* = () ( Monocotiledoni ) sommati insieme. Infatti ammet- tendo con lo Steudel che nel 1844 le specie di piante conosciute e descritte fossero 95000. ripartite nel seguente modo: ACOFILERONI gl. cori beato ola115000 MonOocOTILEDONI : «. . 15000 FANEROGAME 80000 DICOTILEDONI . . . 65000 95000 si vede chiaramente che le Dicotiledoni rappresen- terebbero 5/6 di tutte le piante Cotiledonee, e 2/8 di tutte le piante conosciute. Siccome però 1’ uomo è ben lontano dal conoscere ancora tutte le piante che come di un tappeto rivestono la nudità del nostro pianeta, onde con un calcolo molto ingegnoso A. Decandolle dimostrò che le specie esistenti potevano ascendere a circa 400,000, è molto probabile che questi rapporti fondati sulle cognizioni attuali col tempo vengano profondamente modificati, tanto più che le parti della terra finora esplorate dall’ uomo sono appunto quelle in cui le Dicotiledoni sono in mag- gior numero, mentre sappiamo che di mano in mano che ci discostiamo dalle zone calde e tempe- rate, sia procedendo verso le regioni polari, di cui tanta parte rimane tuttora inesplorata, sia sa- lendo le alte montagne, aumenta invece la propor- zione delle Monocotiledoni e delle Acotiledoni che finiscono per impadronirsi quasi completamente del terreno. 6 Le piante Dicotiledoni rappresentano poco meno dei 4/5 di tutte le piante Fanerogame, che esi- stono in Italia; nella Provincia di Pesaro e Urbino, traversata dai contrafforti dell’ Appennino che sì pro- tendono fin verso al mare, e posta sul confine set- tentrionale della zona dell’ Ulivo, la proporzione è alquanto minore. Tutte le piante forestali dell’Italia appartengono a questo tipo. La Provincia Metaurense ne possiede il maggior numero. CLASSE IX. PITOIDEE Pari. — so Dal greco pilys, pino e erdos forma, che è quanto dire piante somiglianti greco pilys, p q I Do) al pino, ) Fiori dioici, o monoici, quasi sempre in amento, i maschi costituiti 1.° da una rachide, 2.° da una brattea, o talora vaginula, 3.° di due bratteole con- giunte al margine, 4.° di stami, spesso ridotti alla sola antera, quasi sempre uniloculare , soltanto nelle Gnetacee a 2—3. loggie; i femminei quasi sempre squamosi e formati di un asse che rappresenta il ramo raccorciato ( lepidio Par/. ) e sia di una brattea sia di bratteole variamente disposte, e spesso in modo da formare un involucro 0 cupola con pistilli 2—più, ovario adnato alla base delle squame con stilo e stiema pervio, e frutto in forma di strobilo, galbulo o drupa. Cotiledoni 2 spesso profondamente partiti. 7 In questa classe si comprendono tre famiglie, 1. Cicadee che per la struttura semplice del tronco e la prefogliazione segnano il passaggio dalle mo- nocotiledoni alle dicotiledoni, e della quale l’ Ita- lia non possiede alcuna specie ( Orti Giulii ); 2. Co- nifere di cui l’ Italia possiede quasi tutte le specie europee, trovandosene la maggior parte selvatiche o inselvatichite nella Provincia, 3. le Gnetacee rap- presentata in Italia dal genere EphRedra di cui esiste in Provincia una sola specie. FAMIGLIA XXII. CONIFERE Juss. ( Dal latino conus per allusione alla forma del frutto. ) Alberi o arboscelli di rado sofruttici, in ge- nerale resinosi, con legno privo di vasi e composto di grandi fibre che sulle faccie laterali presentano una o più serie rettilinee di pori circondati da un infossamen- to circolare od elittico. Foglie prive di stipole, quasi sempre persistenti, talora strette e o aghiformi ( Gine- pro) o quasi quadrangolari con uno o due canali su-.. perficiali nella faccia superiore e una carena nell’infe- riore (Pino), o piane e lineari (Abete), talora allargate in una specie di lamina lobata, o laciniàto-lobata alla sommità (Salisburya, esotica), talvolta dimorfe sullo stesso individuo, essendo quelle del fusto e dei erossi rami ridotte a scaglie in forma di perule, dalle cui ascelle partono rami che hanno altre foglie svolte 8 bene (Ginepro), quasi sempre sparse di linee bianche o cineree prodotte da numerosissimi stomi che ap- pariscono come piccoli punti bianchi, distribuite sui rami o sparse o distiche con la base inserita alquanto obbliquamente sopra un cuscinetto sporgente ( Abete) o ternate, fasciculate , verticillate, embricate, in giro a ciascun nodo vitale (Ginepro) o per il rac- corciamento dei rami appaiate 2—3—5 e racchiuse alla base da una guaina ( Pino ). Fiori diclini di- sposti in amenti, monoici o dioici. Amenti ma- schi formati di scaglie anterifere o solitari al- l’ apice dei rametti, e nell’ ascella delle foglie, o raccolti in fascetti nell’ ascella delle foglie scagliose in alto dei rami. Antere 2—più, sessili o a filamento cortissimo, talvolta pendenti, che si aprono per il lungo, di rado trasversalmente. Polline ora com- posto di due vescichette grandi riunite da una cel- lula arcuata, ora formato di granelli piccoli, li- sci, globosi. Amenti femminei terminali, in ge- nerale solitari, talvolta 2—più, composii di 2—più pistilli, con stilo cortissimo, situati. fra brattee disposte sull’ asse in ispira od opposte in croce 0 verticillate 3—4, e la squama inserita nell’ ascella di ciascuna di esse. Frutto consistente in uno stro- bilo secco o carnoso formato dalla riunione delle squame allungate, ingrossate, spesso divenute le- gnose, talvolta lunghe ( Abete, Pino ), talvolta corte come nelle Coccolle o Galbulo del. Cipresso , ora avente l’ aspetto di una drupa per essere il frutto racchiuso dentro involucri composti delle brat- tee superiori saldate fra loro nei margini e spesso carnose ( Ginepro ). Seme nudo, spesso alato, ad 9 albume corneo, carnoso od oleoso, contenente per l’ordinario parecchi embrioni rudimentali dei quali uno solo si sviluppa. Cotiledoni 2 molti-partiti ed op- posti, epigei, raramente ipogei nel germogliamento. Generi ammessi 31, divisi in 3 Tribù. Rappresentati in Italia 7; nella Provincia 5. Caratteri Forestali — Legno unicamente for- mato di fibre e raggi midollari sempre sottili e corti, percorso in tutte le specie italiane da canali speciali ( canali resiniferi ) e sempre privo di false trachee. — Sebbene il legno sia composto di elementi uniformi gli accrescimenti annui appariscono distinti, giacchè le fibre del legno di autunno sono sempre molto più piccole, fitte, grosse, dense e colorate di quelle di primavera. Contengono in generale un succo proprio formato dal miscuglio di acqua ragia che tiene in. solu- zione Colofonia o Pece Greca — Questo succo, conosciuto col nome di Trementina, trovasi in alcune specie solo nella scorza ( Abete bianco ) in altre ( Pino, Abete rosso ) trovasi oltre che nella scorza anche nel legno, quantunque vi sia meno fluido e vi esista quasi allo stato di resina, comunicando perciò al legno maggior potenza calorifica, e ren- dendolo durevole più di quanto si potrebbe arguire dalla densità di esso. Il legno delle Conifere è bianco o rossiccio, o sfumato delle due tinte, com- patto secondo le specie e il modo di accrescimento, giacchè, se fu rapido, il legno riesce leggiero tanto per la maggior proporzione della zona di primavera 10 su quella di autunno in ogni strato annuo, quanto perchè una parte dei canali resiniferi ( è raggiati ) manca nel legno di primavera. La densità, durata, e potere calorifico del legno delle conifere sarà dunque tanto maggiore quanto più lento ne sarà stato l’ accrescimento, e minore la a di re- sina che ne fu estratta. Quanto alla natura del terreno le Conifere in generale si mostrano poco esigenti, giacchè in gra- zia degli stomi numerosi che si aprono sulle foglie possono nudrirsi in gran parte a spese dell’ atmosfera. Per ciò che riguarda il modo di vegetare è bene sapere che le gemme ascellari in queste piante non si sviluppano se non alla base della gemma terminale nelle foglie dell’ ultimo giro della spirale di ogni messe. Ne risulta perciò una ramificazione regolare composta di altrettanti verticilli dal cui numero si può valutare rapidamente |’ età degli alberi. Però la poca disposizione che hanno le Conifere a for- mare gemme è causa che esse non siano atte a rimettere dal pedale dopo che furono tagliate, onde non possono mai essere governate a cedui. Raccolta e disseccamento. Gli esemplari di Co- nifere si disseccano facilmente; però quelli di Abete perdono le foglie a meno che i ramoscelli non siano raccolti giovanissimi. Gli esemplari accompagnati dal frutto si allogano per la grossezza di questi difficilmente negli erbari, onde conviene fendere per lungo i coni quando sono freschi, ovvero prendere esemplari con i coni appena formati e tener a parte la collezione dei frutti ma- turi, il che è anche meglio. ll CHIAVE ANALITICA DEI GENERI 1. Foglie in fascio 2-3-5 circondate alla base da una guaina squamosa; fiori giel- lastri; cono a squame legnose, terminato in mazza a umhone romboidale- G Pino. Foglie solitarie ; . c . . . . È - 2 2. Foglie distiche . . . . - . è 3 Foglie opposte che circondano il fusto in verticilli. Frutto ascellare a squa- me carnose in forma di bacca . . i G GixepRO. Foglie imbricate su 4 file; rami quadrati, galbulo a squame sovrapposte, allar- gate , poligonali, con una punta nel centro e più semi alla base- G-. Cipresso» 5. Frutto carnoso, rosso, che chiude interamente il pistillo G. TAsso- Frutto legnoso o coriaceo in forma di cono oblungo-cilindrico a squame arrotondate alla cima - > : . G. ABETE: TRIBÙ I. ABIETINE Alberi di prima grandezza ( per le specie ita- liane ) con foglie perenni, rigide, lineari, sparse, o in fascetti cinti alla base da una guaina scagliosa (Pino) Fiori monoici, raramente dioici, accompagnati per l’ordinario da una brattea e da una squama più o meno adnate, imbricate, intorno un asse comune. Amenti maschi formati di brattee numerose, inserte sull’ asse o a spirale od opposte in croce o verticillate a 3-3, spesso embricate. Antere 2—più, separate da una cellula allargata. Fiori femminei riuniti in amen- to e formati: 1.° da squame numerose, libere, disposte a spirale sopra un asse comune ; 2.° di una brattea 7 jo le libera o adnata sotto ciascheduna squama; 3.0 di due ovoli collaterali, chiusi fra le squame e la brattea sottoposta e perciò ad un sol tegumento. Frutto in forma di cono costituito dalle squame ingrossate e divenute coriacee o legnose ( strobilo ) che nasconde i semi senza pericarpio, a testa co- riacea o lignea, circondati o muniti lateralmente di un’ala che si distacca alla completa maturità. Embrione nel centro dell’ albume di cui quasi egua- glia la lunghezza, molti-partito. Generi Italiani 4. Nella Provincia 2. G. I. ABETE-Abîes. Endl. ( Dal greco u4ir che vive senza limite, 0 da adios nome greco dell’ abete. ) Foglie piane, di rado subtetragone, picciuolate , a picciuolo scorrente, spesso piccole e poco distin- te. Amenti maschi ascellari. Strobilo legnoso o co- riaceo, in forma di cono oblungo-cilindrico con squa- me arrotondate alla cima e che matura nel primo anno. Brattee adnate o libere alla base della ra- chide che resta spesso attaccata ai rami dopo la caduta delle squame. ( Monoecia Monadelphia. ) Specie Italiane N. 2. Nella Provincia N. 1. ABETE BIANCO-Abies Pectinata, Dee. Albero piramidale alto 25—30—40 m. Rami del tronco orizzontali in basso, raddrizzati ma apertis- 13 simi in alto, distribuiti in giro 3—5, spesso irrego- lari coni palchi molto vicini verso la cima. Rametti opposti, aperti. Scorza di un grigio cinereo, liscia, fino a tardissima età. — Foglie lineari, diritte e piane, intaccate e talora ottuse all’ apice, di un verde scuro e lucido sopra, con striscie bianche lon- gitudinali nella pagina inferiore, molto vicine fra loro, collocate a guisa dei denti di un pettine da ambedue le parti dei rami in due file, luna sopra l’altra, torte alla base, onde sembrano distiche. — Fiori monoici. Amenti maschi, ascellari, solitari, glo- bosi, rossicci, poi gialli, fra le foglie, sui rami del- l’anno precedente. Brattee anterifere, ristrette grada- tamente in basso; antere 2 gialliccie, polline formato di tre cellule unite fra loro, Amenti femminei. visi- bili fin dall’ Agosto precedente sui rami più alti della cima all’ estremità dei rametti laterali che non si sono allungati, sessili, bislungo-cilindrici, verdi, a brattee embricate quasi tonde all’ apice con una lunga punta rivolta in giù. — Squame embricate, strette alla base, scure, con leggeri infossamenti per ricevere-i frutti, e che si distaccano dall’ asse al momento della maturità. — Strobilo o cono oblun- go-cilindrico, verde o verde-scuro, eretto, che ma- tura in Ottobre. — Noci 2 per ogni squama, irre- golari, di un giallo-bruno lucente, munite di un ser- batoio pieno di trementina, e di ali larghe triangolari, aderenti, di color rosso vivo sino alla maturità, brune dopo. — Embrione 4—5 partito, fusticino rosso in basso, verdognolo in alto. Stazione , abitazione e fioritura. — Fonte degli Abeti presso Lamoli sulla Nazionale da Urbania a S. Sepolcro. Fiorisce in Aprile. 14 Caratteri forestali. Albero di prima grandezza potendo anche raggiungere 40 m. di elevazione so- pra 2 di diametro alle base. Trovasi in tutte le mon- tagne di Europa fin dove la temperatura media nel- l’inverno non scende sotto 4—6, e perciò sulle Alpi fra m. 800 ai 1500; nell’ Apennino centrale fra 400 a 1500 e in Sicilia a m. 2000. Predilige i terreni a base argillosa-calcare, freschi, ricchi di terriccio; soffre per l’ azione diretta del sole in gioventù , sop- porta il coperto fino a tarda età senza danno. Ra- dice a fitone; lunga oltre 1 m. con numerose rami- ficazioni laterali, costituisce il 16 0/0 del volume totale del legno. La forma piramidale perdura finchè l’ asse prin- cipale si allunga, ma siccome all’ epoca in cui i semi cominciano ad essere fertili, esso cessa di crescere, mentre i rami laterali continuano ad allungarsi, la cima tende’ a divenir piana. Essendo la disposizione dei rami sul fusto (verticillati) diversa da quella dei ra- moscelli (opposti) avviene che se l’abete perde la frec- cia cessa di allungarsi, giacchè un ramo laterale non — può senza gran fatica abbandonare la direzione pri- mitiva per dirigersi in alto. Il parenchima della scor- za è percorso da numerosi canali resiniferi longi- tudinali, che convergono 2—4 nel medesimo punto dove, per la Trementina che essi elaborano, si forma una specie di grossa ampolla che basta premere con l unghia per vederne sortire la resina che vi sì è raccolta. La scorza rimane liscia e vive fino a 40 anni, ma poi si dissecca e allora la se- crezione della resina cessa. Fruttifica presto, e re- golarmente ma i semi non sono fecondi se. non 15 verso 60 anni; il seme è piccolo quand’ è fresco, e accompagnato dall’ ala; in 1 Cg. se ne contano 22 o 23000; appena maturo vuol essere affidato al ter- reno. Germoglia in capo 3—4 settimane e nei pri- mi 2—3 anni tutta l attività della vegetazione si concentra nella radice che si allunga profondamen- te, mentre il fusto s’ ingrossa, ma non si alza; a 3—4 anni mette 1—2 rami laterali continuando ad allungarsi pochissimo; a 10 anni soltanto comin- ciano a formarsi verticilli regolari di rami, e da. allora in poi il fusto si allunga rapidamente. Il legno dell’abete è di color bianco giallastro, formato di fibre e raggi midollari, senza o con po- chi canali resiniferi, onde non ha l’ odore caratte- ristico del legno di Cipresso e Ginepro. Il cuore del legno e 1’ alburno non presentano colore diverso onde non si riesce a distinguerli. Siccome però l’anello di primavera in ciascun accrescimento an- nuo ha minore densità di quello d’autunno, avviene che il legno d’ abete non presenta consistenza uni- forme. Da ciò deriva la tendenza di questo legno a fendersi circolarmente, diffetto che può dar origine anche al rotolo, se la pianta dopo aver stentato a cre- “scere in principio per un coperto troppo denso, mu- tando le circostanze, siasi sviluppata in seguito rapi- damente. Peso specifico: Verde=0,59. Seccato all’aria—=0;48; alla stufa=0,366. Carbonizzato=0,240. Peso relativo: 1 stero pesa, fresco Cg. 1016; secco, 628. Resistenza orizzontale: superiore a quella degli altri legni re- sinosi. Elasticità: Grandissima, forse per effetto del- essere le fibre serrate del legno d’ autunno tra- 16 mezzate dalle rade del legno di primavera, onde nell’ insieme . costituiscono come fasci di lamine. Durata: breve all’ aria umida per essere privo di resina. Usi: correnti e travi per le fabbriche, assi e tavoloni per mobili domestici, in grazia della leg- gerezza e della facilità con cui si taglia con la sega. Gli alberi più grossi alti e diritti servono per an- tenne di navi. Mediocre combustibile brucia con fiamma viva ma scoppia e svolge molto fumo. Po- tenza calorifica: — preso il faggio come 100=69. Calorie, fusto di 400 anni=1120, di 80=1050, tondello di 40=960. Materie evaporabili: per ogni 100 parti di legno verde, 40,0, legno secco, 60,0. Carbone: per ogni cento di legno 45,2 in volume, 36,9 in peso. Prodotti secondari: la scorza contiene molto Tannino, onde si adopera come materia conciante. Agli alberi di età media foransi le ampolle re- sinifere per farne scolare la trementina che vi si è accumulata. G. JI. PINO. Pino. T. ( Dalgreco Pinos nome dato da Teofrasto al Pino silvestre, o forse derivato dal celtico pen, testa, per allusione al portamento dei rami. ) Alberi, talora arbusti con foglie persistenti, lineari, aghiformi, rigide che nascono 2—3—5. da un ramo abortito, cinte alla base da una guaina scagliosa. Stomi in ogni faccia disposti in serie semplici. — Gem- me perulate — Fiori monoici in amento, su rami differenti; i maschi laterali, alla cima dei rami del- l’anno in una specie di grossa spica composta, ovoide. Brattee numerose, antere 2,, più corte della scaglia 17 che si aprono longitudinalmente; amenti femminei terminali, solitari o aggruppati R—3—più verso l’e- stremità dei rami, composti di squame embricate , numerose, esternamente di una brattea membra- nosa che presto si atrofizza, e di 2 pistilli collaterali inversi e riuniti alla squama. Strobilo che matura nel 2.° e 3.° anno con squame cornee o legnose al- largate all’ apice in un’ apofisi piramidata a umbone centrale. Noci alate. Specie italiane N. 9. Nella Provincia N. 2. PINO DA PIGNOLI. Pinus Pinea. Lin. Albero di prima grandezza. Fusto nudo, cilin- drico, rami disposti a verticilli molto avvicinati onde formano una cima ad ombrello. Foglie numerose, ge- mine, lunghe 1—2 decimetri, di un verde scuro. Amen- ti maschi molti, avvicinati tra loro e formanti una spica grossa e bislunga, di colore giallo. Pina soli- taria o 2 opposte, tonde, eretto-patenti su di un ramo grosso in gioventù, molto grosse, orizzontali e pendenti su di un ramo corto onde quasi pajono sessili in seguito, formate di squame grosse bislungo- cuneate con due fosse profonde per ricevere i frutti, e l’ apofisi rilevata, piramidata, a 4—6 angoli poco sporgenti ma acuti, con 1 umbone quasi quadran- golare, le squame persistenti, ma che si allonta- nano alla maturità del frutto per lasciar cadere le noci che per lo più sono 2 in ciascheduna squama, quasi bistunghe, angolate, ad ala molto corta che si stacca facilmente. Episperma gialliccio, albume car- 2 18 noso, oleoso, bianco sudicio, embrione bislungo, ci- lindrico, molti-partito. Stazione , abitazione, fioritura. Sant’ Angelo in Lizzola, Pesaro, Fano, Urbino; fiorisce in Aprile. Caratteri forestali. Essenza che non si. trova selvatica, ma che da gran tempo introdotta, pro- spera. nelle. arene. littorali e nei. colli per lo più esposti, all’ aria. marina della Provincia, come di tutta la regione mediterranea. Non acquista però grandi dimensioni se non nei terreni freschi e pro- fondi in cui può distendere liberamente le sue ra- dici poderose. Fusto che può arrivare a 30 m. di altezza su 5—6 di circonferenza, ramificato fin dalla base in gioventù, nudo, cilindrico, con cima molto aperta e superiormente piana che talvolta ha 30 m. di diametro. Avviene per ciò che cresca bene sola- mente quando è isolato, onde nella Provincia piantasi spesso per segnare .i confini dei campi, —. Scorza di color bruno rossiccio. che si. stacca a. falde nella vecchiezza. Fruttifica nell’età media, e la pina ma- tura nel 3.° anno. I semi caduti nascono subito; per l'olio che contengono non conservano per lungo tempo la. facoltà. germinativa. Le. giovani piante hanno bisogno di essere riparate dai raggi solari, altrimenti illanguidiscono e muoiono rapidamente. _ Il legno di color biancastro e grana fina è elastico, quantunque non molto compatto, e resistente, Com- pletamente disseccato all’aria ha il peso specifico di.0,57. Usi. Viene adoperato nelle. costruzioni navali e per farne palafitte, corpi di tromba, condotti per acqua, e dove trovasi in abbondanza, viene sostituito al- l’abete nella fabbricazione dei mobili. È medioere combustibile. 19 Prodotti secondari. Dà un prodotto secondario rilevante con i Pignoli da cui si estrae un olio dol- ce, o che si adoperano in natura per far chicche; le pine si vendono per combustibile nei luoghi poveri di legname. - PINO DI ALEPPO-Pinus halepensis. Lin Albero di statura variabile, basso nei terreni poveri, aridi e battuti dai venti, alto in condizioni favorevoli 16—18 m. Tronco spesso contorto con scorza cenerina scura alla superficie; rossa più in dentro, ma che non si sfalda in lamine. Rami sin dalla base, disposti irregolarmente, lunghi, rivolti in alto verso l’ estremità, con rami secondari e ra- metti numerosi, per gran tratto nudi, di colore ce- nerino scuro. Foglie gemine, spesso in maggior nu- mero negli individui giovani, lunghe, liscie, filiformi, di un verde gaio. Amenti maschi molti, avvicinati tra loro all’ apice dei rametti; coni solitari o riu- niti, brevemente peduncolati, langhi 6—12. cm. re- flessi , oblungo-conici, acuminati. Squame quasi bis- lunghe, a scudo romboidale, quasi piane, legger- mente carenate di sotto, appena scannellate di sopra, munite nel centro di un umbone ottuso, che si aprono alla maturità. Noci piccole, grigie, opache da una parte, marmorizzate di nero cupo dall’ altra; ali quattro volte più lunghe che larghe con il mar- gine interno diritto e l esterno convesso, ottuse al- l’apice con vene e sfumature violette. Stazione e fioritura. Imperiale, Villa Baldassini alla Madonna del Monte, Orti Giulii in Pesaro dove 20 ì semi caduti germoglianòo fin nelle mura. — Fiori- sce in Aprile. Caratteri forestali. Pianta originaria delle co- ste di Africa, ma naturalizzata da lungo tempo e che si ripropaga spontaneamente dai semi caduti. Ama le terre asciutte in cui predomina | elemento calcare; in gioventù forma un arbusto a cima co- nica e cresce rapidamente, verso 20 anni l’ acere- scimento si rallenta e la pianta prende il portamento che le è caratteristico. Muta la foglia ogni 2 anni, onde il coperto riesce leggiero. Il legno non ha struttura omogenea come nelle altre conifere, I alburno è abbondante, biancastro mal limitato ; il cuore del legno è compatto e di co- lore più scuro. Usi. Nei paesi in cui abbonda si adopera per iravature e lavori di bianco, ma non resiste all’umido. Prodotti secondari. Contiene sufficiente quan- tità di resina, onde cominciando ad estrarla dopo che le piante hanno raggiunto un diametro di 20—50 cm. e procedendo con moderazione da questi epoca in poi ogni pianta può somministrarne per 15—20 anni 6—8 Cg. all’ anno. TRIBÙ II. CUPRESSINE — L. G. Rich. ( Nome derivato dal genere Cipresso ) Alberi o arbusti con rami sparsi e cilindrici, tal- volta angolari, foglie opposte è verticillate, 0 sparse, 21 persistenti ( eccettuato nel genere esotico Taxrodium ) rigide, strette, piccole, per l’ ordinario embricate. Fiori monoici, di rado dioici, disposti in amento. Fiori maschi costituiti da brattee opposte in croce, o verticillate a 3—3, con antere 8—5 a filamento cortissimo , che si aprono longitudinalmente. Squame dei fiori femminei opposte in croce o in verticilli di 3-4, libere o appena unite alla base. Frutto un ga/- bulo carnoso con 2—3 semi in ciascheduna squama, muniti di ali una delle quali per l’ordinario più grande. Generi italiani 2. Nella Provincia 2. G. III. CIPRESSO. Cupressus. Journ. { Dal greco Cyparis nome mitologico di un giovane gieco amato da A pollo e cangiato da esso in Cipresso. ) Alberi a foglie squamiformi strettamente imbri- cate che cuoprono interamente i rami od ì rametti sottili, e numerosissimi. Fiori monoici su rami differenti. Fiori maschi piccolissimi, terminali, cilindrici. Brattee sull’ asse opposte in croce o embricate in quattro linee, quasi tonde. Antere sotto ogni squama 3—5 ses- sili, gialle o rossiccie che si aprono longitudinalmente. Polline abbondantissimo. Amenti femminei solitari all’ apice di un corto rametto laterale alquanto in- curvato. Squame 6—10 opposte in croce, qua- sì orizzontali, ovate o quasi tonde, le inferiori ste— rili. Pistilli numerosi, posti alla base delle brattee in più file, piccoli, depressi, con stilo corto e stigma cir- 22 colare pervio. Strobilo che matura nel secondo anno composto di squame semilegnose 10—12 o 14—18, diseguali, peltate, quasi quadrilatere nella parte slargata, persistenti e che si aprono per la dissemi- nazione. Noci piccole, molte, distribuite in più file, ovoidi od oblunghe, con pericarpio osseo, spesso mu- nito di ala membranosa, di colore rosso smorto. Seme solitario, oblungo cilindrico, ad albume carnoso con embrione della stessa lunghezza nel mezzo. Cotile- doni 2—4 partiti con radichetta superiore. CIPRESSO SEMPREVERDE QCupressus sempervirens. Lin. Albero alto 20—25 m. che talora acquista m. 2 di circonferenza alla base. Radice ramosa, superficiale, ta- lora anche in parte scoperta. Tronco diritto, gradata- mente conico. Scorza d’un bruno rossastro, filamentosa e screpolata nei vecchi tronchi. Rami numerosi fin dalla base, fitti, diretti in alto, avvicinati al tronco, ramosi nella parte esterna con rametti eretti un po” aperti, formanti una chioma conica o piramidale, quasi acuta all’ apice. In una varietà i rami inferiori sono pendenti e gli altri orizzontali, ramosi da ogni parte onde nell’insieme formano una piramide larga e quasi ottusa. Numerosissime le forme intermedie. Fo- glie piccolissime, opposte, embricate su quattro file, di un verde scuro, col margine guarnito di piccole ciglia bianche. Fiori monoici in amenti, i maschi solitari, lunghi da 5—8 mm. larghi appena 2. Fiori femmi- nei solitari all’ estremità di un corto rametto, al- 23 quanto curvato, lunghi 3-5 mm. larghi 2. Frutto, un galbulo quasi rotondo composto .di squame mu- cronate al centro. Fiorisce in Aprile. I frutti ma- turano nell’ Agosto dell’ anno seguente. Abitazione, e fioritura. Pianta originaria del- l'Oriente, ma ora coltivata e quasi inselvatichita in tutta la regione del Mediterraneo. Santa Marina, Caprile, S. Angelo in Lizzola ( Pe- saro ), Villa Staccoli ecc. ( Urbino ). Caratteri forestali. Bellissimo albero che pian- tasì per ornamento intorno ai sepolcri. In passato si coltivava in tutti i giardini dai quali però oggi è messo in bando per le idee lugubri che risveglia. Cresce vigoroso in tutta la parte. media della Pro- vincia; massime nei terreni asciutti, leggeri e. pro- fondi, a tutte le esposizioni e non teme gran fatto i rapidi cangiamenti di temperatura e 1’ infuriare dei venti, giacchè la più bella e numerosa. pianta- gione di cipressi che esista in tutto il territorio è sulla vetta di un colle a picco sull’ Adriatico. È una delle poche conifere che sopportano la tonditura, onde può servire a formare ottimi ripari per i giardini, e siepi alte e foltissime. Il legno è bianco o sfumato di un giallo scuro, assai duro, di grana fine. Gli ac- crescimenti sono suddivisi da. zone di tessuto più denso e colorato onde riesce difficile dal numero de- gli anelli conoscere l’età dell'albero: si lavora fa- cilmente e tramanda un odore vivo, grato a molti, ma per cui spesso si esclude da molti usi nei quali potrebbe essere adoperato. Si riguarda come incor- ruttibile sott’ acqua, poichè vi resiste più della Ro- vere onde è preferito per formar palizzate; serve 24 per ottime travature. Disseccato all'aria, il suo peso specifico è 0,654. G. IV. GINEPRO. Juniperus. Lin. ( Dal nome celtico Jeneprus, aspro } Fiori dioici, di rado monoici su rami differenti. Amenti maschi piccoli, giallàstri, globuliformi, soli- tari. Brattee opposte in croce sulla rachide o ver- ticillate 3 per 3, appena embricate, spesso munite di una glandola sul dorso. Antere 3—6 sessili, uni- loculari, che si aprono longitudinalmente. Amenti femminei piccolissimi, ascellari. Squame 4—6 opposte in croce, e intimamente saldate. Pistilli alla base delle squame inferiori, doppi, collaterali, quasi sem- pre solitari nelle superiori. Cocolla subglobosa di 3—6 squame saldate tra loro, talora liscia, talora con punte sporgenti ed acute che lasciano vedere l apice delle squame, contenente 1—3, 4—8 noci angolose, non alate. Matura nell’ autunno dell’ anno successivo alla fioritura, e si apre per la dissemina- zione nella primavera seguente. Specie Italiane N. 5. Nella Provincia N. 2. GINEPRO COMUNE. Juniperus communis. Lin. Albero o più spesso arboscello e perfino cespu- glio secondo la natura dei luoghi e 1’ altitudine. Mette molti rami che restano triangolari sino verso i 4 anni, con scorza verde, che nei rami adulti e 25 nei tronchi è bruno rossiccia e si sfalda longitudi- nalmente. — Foglie sessili, verticillate 3—3, lineari, subulate, acute, pungenti e glabre, glauche al di- sotto, verdi sopra. Fiori in amenti sopra rami del» l’anno precedente; appariscono dal maggio all’ apri- le. Frutti consistenti in galbuli sostenuti da ra- metti cortissimi, solitarii, ma avvicinati in gruppi, quando sono giovani, ovali, verdognoli con | apice glauco e a tre punte, e che maturando divengono quasi tondi, di color turchino scuro e quasi nericcio, con una glaucedine all’ apice dove ancora sì distinguono le tre squame, contenenti per lo più tre piccole noci, ovali, bislunghe, triangolari. Matura nell’ autunno del secondo anno dopo la fioritura, che nella Pro- vincia avviene dal Febbrajo all’ Aprile. Stazione. Pesaro ( Selva della Badia e di Ciar- ciano, Siepi del San Bartolo, S. Angelo ) Urbino, Ca- tria, Perticara, Furlo. Caratteri forestali. Comune nei boschi della re- gione del Castagno e del Faggio. Prospera in qua- lunque terreno, purchè non umido; predilige i cal- cari. Cresce lentamente onde non raggiunge che di rado le dimensioni di 4—6 m. Ramificando molto e sopportando benissimo il taglio si presta a far siepi quasi impenetrabili per lo spessore delle sue piccole foglie pungenti. Nasce di seme che germoglia in primavera, se fu sparso in autunno, ma solo dopo un anno se nella primavera successiva. Il legno è compatto, coriaceo, tenace, resistente; disseccato completamente all'aria pesa 058, bianco-giallastro esternamente, è rossa- stro o quasi rossastro nell’interno ; manda un odore 26 piacevole in grazia del quale non è attaccato da ve- run insetto. È adoperato per diversi lavori di tarsìa e di tornio, come cofanetti ed altri oggetti di lusso. Brucia con fiamma viva che manda un odore piace- vole. Le cocolle sono mangiate da diversi uccelli e servono a fare un liquore spiritoso, antiscorbutico chiamato Gin che i marinai consumano in copia. La resina che esce naturalmente dal tronco ha le proprietà di quella che si vende in commercio, quantunque alquanto meno buona. Siccome però il Ginepro cresce poco e lenta- mente ed ha inoltre il tronco tortuoso e scannellato, in Silvicoitura non se ne fa gran conto. Però si procura di moltiplicarlo nei luoghi che sì vogliono mettere a bosco affinchè serva come di riparo alle giovani essenze più delicate. GINEPRO ROSSO. Juniperus Oxycedrus. Lin. Frutice comunemente alto 1 m., ma che in alcuni luoghi d’Italia forma un arboscello di 5-6 m. d’altezza, sopra 2 di circonferenza alla base. Fusto diritto, cilindrico, ora ramoso sin dalla base, ora nudo sino a 3—4 m. di elevazione. Scorza ros- siccio-cenerina nel fusto, verdognola, poi rossiccia nei rametti. Foglie più grandi di quelle del Ginepro co- mune; nascono 3 per 3 in giri vicini, apertissime, li- neari che insensibilmente si assottigliano all’apice in una punta pungente, quasi gialliccia, verdi disotto ed ivi fornite di carena alquanto acuta. Fiori dioici; i maschi più piccoli di un pisello, solitari all’ ascella delle foglie 1—2 in ogni giro. Frutto quasi sessile, tondo, della grossezza di una nocciuola, formato di 27 35—6 squame saldate tra loro che lasciano vedere l estremità della brattea in una punta acuta esi- stente poco sotto |’ apice, carnoso, in principio ver- dognolo, quando è maturo di color fulvo o rossic- cio, pruinoso, contenente 2—3 noci, di rado 1 sola, grosse, quasi triangolari, aderenti alla polpa, che è sottile, fibrosa e quasi gialliccia. Fiorisce in Aprile, Maggio. Il Brignole lo: nomina fra le piante spontanee della Provincia; a me non occorse mai di ritrovarla. Però è probabile che si rinvenga nel Montefeltro verso Pennabilli. Caratteri forestali. Pianta dei boschi della zona marittima della regione mediterranea nella quale cresce consociata alle filiree, ai lentischi ecc. Si pro- paga di seme che matura nel 2.° anno dopo la frut- tificazione. Il legno è omogeneo, a grana finissima, della densità tra 0,67—0,78, di colore tra il giallo e bruno-chiaro, con ondeggiature gradevoli dovu- te all’ andamento serpeggiante delle sue fibre ; prende un bel pulimento e tramanda un odore aro- matico e persistente. È buon combustibile, brucia con fiamma viva, ma scoppia alquanto; ottimo ne è il carbone. Usi. Si adopera per lavori di tarsia e di tornio e specialmente per le asticciuole delle matite. Prodotti secondari. Distillando le coccole, se ne estrae un olio di un odore forte impiegato nella medicina e nelle artì e che in commercio è conosciuto sotto il nome di olio di Cade. 28 TRIBÙ III. TASSINEE. L. (€. Rich. Alberi o arbusti non resinosi coi rami primari talora verticillati, gli altri sparsi. Foglie sparse o distiche, quasi sempre persistenti. Fiori dioici, di rado monoici, i maschi e le femmine sopra rami differenti; ì primi in amenti ascellari con la brattea anterifera più o meno dilatata all’ apice, spesso peltata o semi peltata, antere 2—8 che si aprono longitudinalmen- te; i secondi, solitari o riuniti in ispica corta, al- l’ apice dei peduncoli con brattee spesso carnose saldate totalmente alla base della rachidi in modo da formare un ricettacolo carnoso ehe cìrconda ora in parte, ora del tutto, il pistillo. Frutto in forma di drupa. Seme a testa ossea. Embrione nell’ asse 0 nell’ apice dell’ albume con radichetta cilindrica, su- pera Generi Italiani N.° 1. Nella Provincia N.° 1. G. V. TASSO, Taxus Tourn. Alberi o frutici sempre verdi con scorza sottile che si sfalda in lamine, legno privo di canali resi. niferi con poche cellule areolate, non visibili che con forti ingrandimenti. Rami sparsi, angolari, fo- glie subcoriacee, piane, lineari, solitarie, sparse, che per la torsione della base spesso sembrano di- stiche, con serie numerosa di stomi nella pagina su- periore ed inferiore in prossimità del nervo princi- 29 pale. Amenti maschi subglobosi. cirèondati da una rosetta di squame che verso l’ apice portano alcune brattee peltate con 5+—8. antere, pendule, subglo- _ bose, che si aprono longitudinalmente. Fiori femmi- nei solitari, ascellari, consistenti in un pistillo unico circondato di 6 brattee embricate, sottili, coriacee, piccole in principio, che ingrossano in seguito for- mando una specie di cupola carnosa la quale cir- conda completamente il frutto, che è di forma ovoide, quasi acuto all’apice, turchiniccio scura, legnoso. Em- brione lungo quasi la metà dell’ albume. TASSO. Taxus bacata. Lin. Albero sempre verde, alto da 5+3 m., talvolta, sebben di radò, fino a 15. Fusto coperto di epider- mide fogliacea di colore cinereo che si divide in 1a- mine e lascia scoprire la corteccia sottoposta di co- lore rossiccio. Rami numerosi, avvicinati fra loro, aperti; rametti corti aperti, quasi diretti da due parti. Foglie numerose, lineàri, piane, appuntate, intere, coriacee, ‘di un verde cupo lucente di sopra, di un verde gialliccio ‘al disotto, disposte à ‘pettine sopra due lati opposti. Fiori di rado monoici, spesso dioici, solitari nell’ascella delle foglie dei rametti dell’ anno precedente. Frutto formato da una parte esterna, molle, di un colore rosso più 0 meno cupo, che chiude una piccola noce ovale, legnosa, prima verdognola poi di colore oliva e finalmente turchiniccia scura. Fioriste in Febbrajò e Marzo, e il frutto matura in Settembre, Ottobre dell’ anno stesso. Stazione. Furlo, Catria, Monte Nerone. 30 de Caratteri Forestali. Il Tasso ama i terreni ric- chi di terriccio, e le medie altitudini, predilige i luoghi ombrosi e volti a settentrione. Trovasi sem- pre isolato, cresce con grande lentezza e siccome ramifica molto fin dalla base produce ombra densa, e per il colore e la forma delle foglie assai tetra. Il fusto è diritto ma profondamento solcato; la cor- teccia anche in gioventù non contiene mai canali resiniferi. È munito di numerosi rami ascellari, molti dei quali restano come dormienti, per isvolgersi in circostanze favorevoli, onde può sopportare benis- simo il taglio ed essere foggiato in mille guise di- verse. Fruttifica regolarmente ogni anno, i semi ca- duti in terra germogliano nella primavera successiva, talora 2 anni dopo, ma se passarono l’inverno senza essere seminati non nascono che dopo 3—4 anni. Cre- sce lentissimamente in principio, allungandosi annual- mente 2—3 cm. al più. Gli accrescimenti divengono più rapidi dopo il 6.° anno ma scarsi. Il suo legname può considerarsi come uno dei più duri, compatti, te- naci e belli dei nostri paesi. È duro, a fibra eguale, resistente e, dopo il bossolo, il più pesante dei legni europei. L’alburno è bianchiccio, sottile, distintamente separato dal legno perfetto che è di colore rosso cupo, quasi castagno, con venature più scure prodotte dalla tinta più carica dell’ orlo esterno di ogni strato. La grana è finissima ed omogenea onde pren- de il pulimento e lo conserva meglio di. tutti gli altri legni indigeni. Usi. Si presta benissimo a tutti i lavori di tor- nio; tinto in. nero somiglia quasi. perfettamente all’ ebano. DO 81 I semi sono avidamente mangiati da alcuni uc- celli. È falso che l’ ombra di quest’ albero riesca mortale, come credevano gli antichi; sembra invece ch’ essa sia del tutto innocua. FAMIGLIA XXIII, GNETACEE. Blum. (Nome derivato dal genere gnelum) Alberi, arbusti o soffrutici ramosissimi, spesso sarmentosi, non resiniferi, talora gommosi con vasi areolati. Rami nodoso-articolati, opposti o fasciculati. Foglie squamiformi, ora ovali penninervie, ora ridotte a guaine afille, o divise in foglioline pic- colissime, setacee, ora consistenti in 2 sole foglie radicali, persistenti. Fiori monoici o dioici, di rado poligami in a- mento; i maschi solitari fasciculati, con brattee molte, opposte in croce, saldate in un involucro o in un disco, le scaglie dell'involucro e delle brattee in- grossate e indurate. Embrione nell’ asse, nell’ apice o nella cavità dell’ albume con la radichetta spesso munita di un lungo filo flessuoso. Cotiledoni 2. 0 grandi o quasi dentiformi. Radicula supera. Generi ammessi 3. — 11° Gnetum, 2° Welwitschia , esotici; ,3.° Ephedera rappresentato in Italia. 32 G. EPHEDRA Tourn, ( Dal greco epi, sopra, e Redra, sede sull'acqua, cioè pianta acquatica, nome greco dell’ Equiseto applicato da Linneo a queste piante i cui rami hanno la me- desima disposizione ). Frutici ramosissimi, eretti o sarmentosi, equise- tiformi, legnosi alla base, con scorza che spesso si fende, a rami articolati, i cui pezzi si staccano spesso nelle articolazioni, con foglie minime, 2—4 dentate, nel- le articolazioni dei rami, opposte, coerenti alla base, squamiformi. Fiori dioici, di rado poligami, cogli amenti maschi gialli, quasi tondi, 2—molti, aggruppati a cia- scheduna articolazione, sessili o all’ apice di un ra- metto. Amenti femminei distribuiti quasi come i maschi, formatidi brattee squamiformi opposte in croce. Pistil- li 1-2 accompagnati da bratteole opposte, saldate in- sieme in modo da formare un orciuolo aperto in cima e che chiude il pistillo. Frutto drupiforme costituito dalle brattee ingrossate, divenute carnose e rosse alla matu- razione, contenente 1—2 frutticcini, ciascuno racchiuso inunorciuolo, di rado distinte, con 2 bratteole in cia- schedun fiore in modo da formare un perianzio semplice, membranoso, bifido. Stami 1-8 col filamento sem- plice, ovvero saldati in tubo alla base, liberi in cima. Amenti femminei terminali sopra pedicelli ascellari, gemini in un involucro ia 2 foglie, cinte di brattee opposte in croce, saldate insieme in modo da formare un orciuolo o semplice o doppio. Pistilli solitari o nell’ascella di tutte le brattee o miste ai fiori maschi o sopra un disco carnoso formato dalla saldatura delle brattee. — Ovario uniloculare, mono- 33 spermo, eretto. — Frutto drupiforme formato dalle due bratteole saldate insieme. Specie italiane N. 3. Nella Provincia N. 1. UVA MARINA GRACILE. Ephedra nebrodensis, Lin Frutice alto 5—10 dm., ramosissimo, con rami fitti, legnosi e scuri in basso e ivi variamente torti, diritti, articolati, scabrosetti con internodi brevissimi in alto. Guaine esigue, in principio di colore bian- chiccio con due denti ottusi, poscia scure e divise sino alla base. Amenti maschi piccoli a ciascuna artico- lazione, sessili o quasi, talora solitari. Amenti fem- minei solitari ed opposti a ciascuna articolazione, all’ apice di un peduncolo o rametto cortissimo ta- lora più dell’ amento. Frutto ovale, rosso alla matu- rità, bruno dopo seccato. Nell’ erbario del marchese Petrucci se ne trova un esemplare raccolto nelle rupi di S. Marino, che fu comunicato anche al Bertoloni da cui fu ricordato nella sua Flora. Anche il Brignole la nomina nel suo Catalogo come esistente nella Provincia: a me però non occorse mai d’ incontrarne alcun esemplare. CLASSE X.? DICLINE. Parl. Alberi o arbusti, di rado erbe con succo acqueo, talvolta resinoso o lattescente. Nelle specie legnose 3 34 il tronco per solito è molto ramoso, e presenta sem- pre distinti scorza, strati legnosi, raggi midollari e midollo. Il legno consta di cellule, fibre e vasi. Le foglie sono alterne, di rado opposte o ver- ticillate, picciuolate o sessili, spesso coriacee, sem- plici nel più delle volte, con' forma‘ svariatissima, rarissimamente composte, o ridotte in forma di sem- plice squama. Stipole libere, persistenti o decidue; pochissime le specie che ne siano prive. Fiori monoici 0 dioici, 0: poligami,y rarissime volte ermafroditi in forma di amento:'(0 di racemo o di. glumerolo, o di spica o di capitolo. Gli amenti maschi sono formati di una rachide, di una brattea accompagnata talora da bratteole e da stami nel più delle volte privi di calice. Gli amenti femminei constano di una rachide, di una brattea accompagnata talvolta da bratteole, alcune delle quali saldate con essa ed altre libere; o di un calice, libero ovvero saldato all’ovario, ovvero fiori femminei formati di calice e pistillo e nel più delle volte privi di corolla. Gli stami sono l1—più, con fila- menti liberi o coniventi, semplici o bifidi, con an- tere biloculari e loggie spesso disgiunte all’ estre- mità del filamento. Ovario 1—poliloculare, di rado bi- loculare. Ovuli solitari nelle loggie, di rado 2—più, spesso pendenti dall’ apice del setto o eretti dalla base. Stili due o solitari, o, pochi; talora mancano, stimmatosi, o sormontati da uno stimma globoso 0 piumoso. Il frutto è spesso in forma di strobilo, ed allora consta delle brattee e delle bratteole ingrossate nella 33° maturazione, qualche volta è in forma di nucola o di bacca, talora, ma di rado, in sincarpio costituito dagli acheni racchiusi nei calici carnosi riuniti e in- grossati, nel più delle volte monospermo per aborto. Semi privi o muniti di albume; embrione eretto o cur- “vato, nei semi muniti di albume, incluso, grande in quelli che ne sono privi. Radicola di rado infera o centrifuga, spesso supera. Secondo il concetto dell’illustre Professore Parla- tore questa Classe da esso proposta comprende le Ca- suarineé, le Amentacee, le Salicinee, lè Orticacee e le Aloragee che esso considera « come grandemente affini alle Orticacee medesime e quasi intermedie tra esse e le Euforbiacee che spettano allaClasse seguente, come le Casuarinee e le Amentacee, per le Betulee, legano questa classe alle Conifere e alle Gnetacee della Classe precedente. » i FAMIGLIA XXIV. AMENTACEE.. Parl. ( Dal latino @mentum per allusione alla disposizione dei fiori con petali in ispiche unisessuali, articolate alla base che si distaccano dai rami, i maschi dopo P ? DI la fecondazione, le femmine dopo la maturità. ) Alberi o arbusti con legno quasi sempre duro è compatto, midollo sottile e raggi midollari distintis- simi, scorza ricca di famnino, e d’acido gallico e 34b in alcune specie con lo strato sugheroso molto grosso ( Sovero e Falso Sovero ), in altre con epidermide bianca che si sfoglia in lamine (Betula). Rami sparsi non articolati, per lo più aperti, onde la chioma è ampia. Foglie picciuolate, consistenti, spesso coria- cee, alterne, semplici, tranne nel Noce in cui sono pennate, ‘angolinervie con le nervature più o meno rilevate e pubescenti nella pagina inferiore, quasi sempre larghe, e più o meno smarginate, comune- mente accompagnate da stipole caduche. Fiori mo- noici, raramente dioici. Amenti maschi terminali e laterali, per lo più lunghi o cilindrici, talora subglo- bosi, formati di una rachide in cui sono inserte le brattee squamose, più o meno radamente embri- cate, nell’ ascella delle quali si trovano spessissimo 2—4—6 bratteole saldate in parte tra loro e con la brattea in modo da simulare un calice 4—6—fido. Calice e corolla nulli. Stami 2—più, inseriti alla base della brattea o delle bratteole, con filamenti sem- plici o bifidi, con antere che si aprono longitudi- nalmente, di rado setose all’ apice. Amenti femmi- nei più piccoli dei maschi, spesso alterni alla base di essi, o solitari all'apice dei rametti. Sono com- posti: 1.° di brattee per lo più strettamente embri- cate, ora caduche, ora persistenti; 2.° di due o più bratteole intere o laciniate, libere o saldate insieme tra loro e con la brattea in modo da aver libero soltanto l'apice; 3.° di fiori, talora ridotti al solo ovario, talora forniti di calice dentato, il cui tubo è saldato o con l’ovario solo (Corilee, Quercinee) o an- che con l’involuero formato dalle bratteole ( Juglan- » 35 dee). Ovario piccolo, infero nelle piante che hanno un calice, 1—2 loculare, con ovuli quasi sempre soli- tari e pendenti dall’ apice del setto e anatropi, ora eretti ed ortotropi. Stili 2, lunghi, filiformi, rossicci, e stimmatosi. Frutto il più delle volte uniloculare e monospermo, in forma di piccola o grossa noce protetta, o avvolta, o racchiusa dalle brattee o dalle bratteole, o dalle une e dalle altre, che si accre- scono e divengono membranoso-coriacee e quasi le- gnose nel maturare. Seme quasi sempre solita- rio con embrione privo di albume; cotiledoni piani o emisferici, lisci, o sinuosi, farinacei, od oleosi con radichetta supera. Generi ammessi 17. Rappresentati in Italia 9. Nella Provincia 9. Caratteri forestali. Gli alberi compresi in que- sta Famiglia formano la maggior parte dei boschi italiani, ed esclusivamente quelli della nostra Pro- vincia, nella quale per la natura del clima più freddo nell’inverno, più secco e variabile nell’ estate che a latitudine ed altitudine eguale non sia 1’ aquapen- denza Mediterranea dell’ Apennino, nei monti man- ca la regione dell’ Abete, e nell’ angusta pianura del littorale non esiste la zona del Pino che trovasi quasi sempre lungo le coste del Mediterraneo. Considerando in modo generale la distribuzione di queste essenze nei boschi della Provincia troviamo che i fianchi dei monti più alti (Catria m. 1702; Monte Cucco m. 1566; Monte Nerone m. 1527; Car- pegna m. 1307 ) sono rivestiti di faggi, grami e sten- 36 tati presso la vetta per l’impeto dei venti, belli e smisurati. alquanto più in basso, costituendo l’essenza predominante fino all’ altezza di circa 800 m. Verso questo punto comincia a mostrarsi la Quercia, la quale però non prende tutto il suo sviluppo che molto più in basso, divenendo alla sua volta essenza predomi- nante verso 400 m., e continuando a mantenersi tale fino agli ultimi contrafforti dell’ Apennino che ha- gnano il loro piede nel mare e consociandosi quasi sempre al Carpino bianco, al Nocciuolo, ed al Car- pino rosso. Il Castagno nei nostri monti non ha zona particolare, onde ritrovasi nel più commisto subor- dinatamente al Faggio ed alla Quercia. Similmente il Cerro non trovasi per tutto, ma soltanto nelle esposizioni di N. E., massime nel Montefeltro, e da ultimo la Betula è assai rara in modo da dover con- siderare come eccezione i pochi individui incontrati nelle erborizzazioni. Gli Aceri si spingono sul Catria più alti di tutti dopo i Faggi ( Piccinini ). Raccolta e disseccamento. Il momento favore- vole per la raccolta delle specie comprese in questa famiglia è determinata dall’ epoca della loro fioritura. Siccome però tra la fioritura e la maturità dei frutti corre l'intervallo di parecchi mesi, convien rac- cogliere gli esemplari in diverse epoche. Nel mag- gior numero di specie però, all’ epoca della maturità, i frutti si distaccano dall’involucro, onde gli esemplari fruttiferi non debbono essere raccolti troppo tardi. Nel Noce gli amenti maschi si sviluppano prima delle foglie, le quali perciò si raccolgono più tardi insieme ai giovani frutti. Il disseccamento degli esemplari è facile. 37 CHIAVE ANALITICA DEI GENERI 1- Alberi, arboscelli o frutici con foglie semplici» ‘ . i è 2 Alberi con foglie pennate. ; È . : : 5 : 7 2: Fiori che compariscono molto prima delle foglie; fiori femminei sessili, sormontati da due stipole rosse; frutto duro, circondato da una cupola fogliacea, car- nosa alla base, irregolarmente laciniata in alto, G- NoccivoLo. Fiori che sì svolgono colle foglie o dopo; brattee dei fiori femminei che non formano una cenpola con lembo laciniato: . . . ‘ 3 3. Antefe coronate da un ciuffo di peli. . . ‘ ‘ . 5 Antere nude, $ ) è ‘ " - À È 7, 4 4» Fiori femminei in amenti ovali, eretti, raccolti in grappolo ramoso con brat- tee legnose e persistenti dopo la maturità. G- OntANO- Fiori femminei in amenti cilindrici, solitari, pendenti con brattee membra- nacee e caduche alla maturità. G. BeTULA- 5. Frutto in grappolo formato da larghe brattee membranacee, trilobe; ghiande denticulate all’ apice. G. CarpiNO: Frutto in guisa di strobilo composto di brattee imbricate che formano una specie d’ involucro vescicoloso, contenente alla base le piccole ghiande. G. Carpino Rosso. 6. Fiori maschi in ispica eretta e rigida, seme chiuso in un involucro completo spinoso» G- CASTAGNO» Fiori maschi in codoline pendenti; frutto con involucro squamoso, o circon= dato di spine molli. K 5 . . . . 7 7: Fiori maschi disposti in codoline delicate con brattee rare; frutto circondato nella parte inferiore soltanto da una cupola emisferica formata dalle brat- tee ingrossale, saldate alla base, più o meno libere all’ apice» G- QueRCIA- Fiori maschi in capolini coa lungo picciuolo; semi ravviluppati completa- mente da un involucro che si apre in quattro canti cinto di spine non pungenti. G. Facgio. 8. Fiori maschi con calice 4-6 partito: Frutto uva drupa con buccia verde che disseccandosi si rompe e cuopre una noce rugosa. G. Noce: 38 TRIBÙ I. BETULEE. L. C. Rich. ( Nome derivato dal genere Betula. ) Alberi o arbusti con rami sparsi, gemme squa- mose. Foglie picciuolate, alterne, semplici, dentate al margine, liscie, spesso pubescenti, e tomentose sotto, talora glutinose, accompagnate da stipule caduche. Gemme fiorifere che appariscono in autunno, e sì sviluppano nella primavera seguente prima delle foglie. Fiori monoici, sessili, 2—3 nell’ ascella di brattee, disposte in racemo, terminale o laterale. Amenti maschi 1—pochi, consistenti in squame ester- ne pedicellate, con 2—4—5 bratteole. Sopra ciascuna squama sono 3 fiori accompagnati da altre 4—5—6 bratteole che simulano un calice 4—5—6 partito. Stami 2—4 con filamenti cortissimi, antere grosse con le logge spesso disgiunte. Fiori femminei sotto i maschi, in racemo, formati da brattee strettamente embricate, carnose, accompagnate da 2—4 bratteole saldate alla base contenenti 2—3 fiori. Frutto stro- biliforme, che risulta dalle brattee e bratteole sal- date in basso e ingrossate. Noci ovate, compresse, spesso alate, 1-—loculari per aborto, monosperme. Seme pendente e privo di albume; cotiledoni 2, ge- mula diritta, radicola supera. Generi Italiani 2. Nella Provincia 2. G. I. ONTANO. A/nus. Journ. { Nome forse derivato dalle parole celtiche 4/ tan, vicino i fiumi, per allu- sione alla stazione frequente di queste piante. ) Alberi o arbusti con chioma larga, rami eretti o eretto-patenti, rametti talora alquanto pendenti. Foglie con picciuolo 2—4 volte più corto della lamina, foglie alterne , cuoriformi, subrotonde, elittiche, ovali, con il margine più o meno dentato, accompagnate da stipule larghe, erette, caduche. Fiori in racemo. Amenti maschi cilindrici. Squame pedicellate, per so- lito con 4 bratteole sopra, e nell’ interno con 3 fiori, ognun dei quali è circondato da 4—5—6 bratteole che simulano un piccolo calice. Filamenti 4 più corti delle bratteole. Antere grosse inserite nel mezzo del dorso. Fiori femminei sotto i maschi in coni ovoidi, formati da. brattee strettamente embricate, carnose accompagnate da 4 bratteole più lunghe della brat- tea con cui sono saldate, 2—3 fiore, contenenti un ovario nudo, sermontato da 2 lunghì stili filiformi. Frutto un piccolo cono con squame legnose, persi- stenti, più grosse all’ apice, contenenti 2 noci mono- sperme, compresse, angolose, circondate da un’ ala coriacea. Specie italiane 5. Nella Provincia 1. ONTANO. Alnus glutinosa. Giert. Albero di 10—20 m., talora arbusto. Tronco di- ritto che, isolato; si guarnisce di rami fin dalla base formando una piramide molto simile a quella del- l’Abete, e nel folto resta nudo alquanto sopra terra, 40 coni rami principali eretti, gli altri aperti, onde la chioma riesce allargata. Scorza cenerino-scura, lu- cida, con glandole resinose e grandi lenticelle nei rami giovani, screpolata nei vecchi. Gemme all’apice di rametti corti, grosse, ovali, liscie, vischiose, ros- siccio-verdognole, accompagnate da 2—3 squame. Foglie picciuolate, ovali, o quasi rotonde, breve- mente cuneate alla base, smarginate all’ apice, ine- gualmente dentate, di un verde scuro e liscie nella pagina superiore, nell’inferiore più pallide, con peli di colore leonino nelle nervature e nelle ascelle. Fiori monoici, visibili fin dall’ estate precedente. Amenti maschi 4—5 o 3—6 rossiccio-verdognoli, ci- lindrici, ottusi ed anche pendenti all’ apice di un peduncolo proprio, formati di brattee strette alla base, e bratteole piccole, quasi tonde. Antere gialle, suborbicolari. Amenti femminei 2—1, 3—4 lunga- mente pedicellati su rametti laterali, spesso poco al disotto degli amenti maschi, con squame strettamente embricate e agglutinate prima della maturità. Stro- bili ovati, subglobosi, glutinosi, prima verdi poi quasi nericci, con squame triangolari-deltoidee, per- sistenti, che alla maturità si allargano per lasciar uscire le piccole noci di colore leonino , un po’ schiac- ciate, prive di ali e coronate dalla base degli stili. Stazione , abitazione e fioritura. Comune lun- go le acque correnti ed i luoghi umidi e palustri, da m. 500 presso Belforte dove 1’ ho raccolto io, e dal piano di Gubbio ( Piccinini ) fino a m, 60 sul livello del mare nei fossi dell’ Arzilla, Fiorisce dal Feb- braio al. Marzo, circa un mese prima. della com- parsa delle foglie; i semi maturano sui primi di Ot- tobre. 41 Caratteri forestali. Albero piuttosto da ceduo che da fustaia, poichè 1.° rimette benissimo dai ta- gli; 2.° cresce più rapidamente di tutte le essenze frondifere indigene fino ai 40 anni ( quasi secondo i cubi dei tempi ), lentamente in seguito ( meno che il quadrato dei tempi ). Predilige i terreni freschi e pro- fondi, vegeta abbastanza bene negli umidi, ed anche negl’innondati, nei quali stenterebbero perfino i Salici ed i Pioppi; non alligna nelle marne argillose. Radici rosse, numerose, serpeggianti a poca distanza dalla superficie, specialmente nei terreni umidi, formando una rete fitta che impedisce le corrosioni; in un albero d’ alto fusto rappresentano 12—15 per cento della quantità totale del legno. Rami piuttosto fra- gili, onde difficilmente 1.° si moltiplica di margotta; 2.° sostiene la potatura. Foglie rade onde il coperto è leggero. Fruttificazione dopo il 15.° anno negli individui isolati, fra il 35.° e 40.° in bosco chiuso, ma non regolare per la fioritura precoce: disseminazione o nell’ autunno stesso della maturazione o nella pri- mavera successiva; non tutte le noci germogliano, ma tra il 60—70 per cento, se disseminate natural- mente, e solo tra il 30—40 se raccolte a mano; conser- vano lungamente la facoltà germinativa, ma le piante che provengono di semi vecchi crescono stentate. In gioventù, nei terreni freschi, non ha bisogno di coperto, soffre per le gelate di primavera. Il legno è natu- ralmente bianco, ma appena atterrato prende colore rossiccio somigliante al Magogano. È costituito di vasi eguali, numerosi, piccoli, isolati o riuniti 2—8 in linee divergenti, con parenchima legnoso disse- minato, raggi midollari diseguali, alcuni finissimi, numerosi, altri radi, densi, lunghi ed alti, compo- 42 sti di raggi sottili che alternano con lamine di tes- suto fibroso, sprovvisto di vasi. — Il canale midol- lare è 3—angolare. È tenero, di grana fine, onde si lavora facilmente e riceve un bel pulimento; ma è fragile, si fende o contorce moltissimo. Nel sec- carsi diminuisce. del 10—30 per cento del volume primitivo. Peso specifico: completamente secco=0427; del carbone=0,19. Peso di uno stero fresco Cg. 972, secco Cg. 513. Durata: esposto ad alternative di sec- chezza e umidità nell’ aria si altera rapidamente; sott’ acqua ha durata uguale alla Quercia. Usi. Condotti per l acqua, armatura di pozzi nelle miniere, palafitte ecc. I principali edifizi di Ve- nezia e di molte città di Olanda sono fondati sopra pali di Ontano. È ricercato dai tornitori e scul- tori perchè si taglia di netto collo scalpello e riceve benissimo tutti ì colori e specialmente il nero. Se ne fanno recipienti per mettere a fermentare il pane, pale e zoccoli leggeri quantunque assorbano un poco di acqua. Arde con poco fumo, non iscoppia e non scin- tilla; produce calore dolce e moderato, quale si con- viene all’ uso dei caminetti. Potenza calorifica: ton- dello di 20 anni=93, supposta quella del faggio di 30 anni=100. Carbone: =55. Materie evaporabili : per ogni 100 parti di legno verde=418- Carbone: per ogni 100 di legno 44,2 in volume, 32,5 in peso. Prodotti secondari. La scorza che forma 15—18 per cento nei tronchi di ceduo, 10—15 in quelli di fusta, contiene 164 °/ di Tannino, e perciò molto più di quanto se ne può ricavare dalle migliori scorze di Quercia, onde nell’ Europa Settentrionale si ado- pera nella concia delle-pelli che prendono un colore fulvo molto pregiato. Col solfato di ferro dà un bel 43 nero. Le foglie in caso di penuria di foraggio pos- sono servire di alimento al bestiame. G., II. BETULA. Betula. T. ( Da detu vome celtico della pianta ) Alberi o frutici con scorza bianchiccia che si sfoglia in lamine. Rami alterni, aperti e in parte pendenti; foglie alterne picciuolate, quasi romboi- dali, ovate cuneiformi alla base, prolungate in una punta più o meno lunga all’ apice, doppiamente se- ghettate nel margine. Fiori monoici. Amenti maschi cilindrici pendenti, che escono in numero di 1—3 da gemme terminali, nude alla base, prive di calice e corolla e composti: 1.° di brattee peltate; 2.° di 2 bratteole con 3 fiori, ciascuno dei quali alla sua volta è accompagnato da un’ altra bratteola più piccola; 3.° di stami 2—3, con filamenti bifidi e log- ge dell’antera disgiunte, onde sembrano 4—6 con antere uniloculari. Amenti femminei cilindrici più delicati, solitari e pendenti all’ apice di un corto peduncolo laterale munito di foglie alla base, com- posti di brattee trilobe, ognuna delle quali sostiene 2—3 fiori ridotti al solo ovario e con logge mo- nosperme sormontate da un lungo stilo filiforme. Frutto in forma di piccolo cono, composto di squa- mette trilobe, sottili, membranose, le quali conten- gono nell’ ascella per lo più 2 noci ‘lenticolari, alate, le quali cadono con le squame nell’atto della dis- seminazione. Specie Italiane 2. Nella Provincia 1. 44 BETULA. Betula alba. Lin. Albero alto per lo più 10 m., talora 15—20, di- ritto con scorza liscia, papiracea, scura nella parte superficiale, la quale si screpola e cade presto, la- sciando a nudo lo strato sugheroso, che esternamente, è bianco e si stacca in lamine delicate dalla parte più interna che è rossiccia. Rami principali obbli- quamente ascendenti, e rametti inclinati, onde la chioma riesce larga e leggiera. Gemme all’ apice de- gli ultimi rametti con le perule embricate.. Foglie picciuolate, alterne, romboidali, triangolari e quasi troncate alla base, talora anche leggermente cor- diformi, con lembo più o meno angoloso, intere alla base, in alto doppiamente seghettate, liscie, verdi e quasi lucenti sopra, di un verde chiaro sotto con nervi meno sporgenti che nella pagina superiore e fornite di piccole verruche resinose di color giallo scuro. Amenti maschi 2—3, di rado solitari, cilin- drici, ottusi. Amenti femminei solitari, su peduncoli cortissimi; coni penduli, ottusi, con squame tribole al l'apice, con i due lobi laterali arrotondati e più grandi. Frutto orlato di un’ ala 2—3 volte più larga, e che arriva a toccare gli apici degli stili. Stazione , abitazione e fioritura. Rara nei ho- schi dell’ Apennino, rarissima nella Provincia, dove non fu trovata se non al Catria ( Piccinini ) e presso Carpegna. Fiorisce in Aprile e Maggio; frut- tifica verso la metà di Giugno e la disseminazione segue dalla fine di Giugno al Novembre. Caratteri Forestali. Albero delle regioni setten- trionali dell’ Europa, rimane piuttosto arbusto anche nella parte più ‘alta delle Valli esposte a setten- trione nell’ Apennino centrale. Vegeta in tutti 1 ter- 45 reni, purchè non siano argille compatte, prospera negli sciolti, freschi, e ricchi. Gitta radici numerose, ma presso alla superficie tanto. che a 6—8 anni non si sono addentrate oltre cem. 15—20, in seguito al- cune si profondano di più, non abbastanza però per impedire che le piante vengano facilmente sdra- dicate dai venti. La massa delle radici sta a quella del legno come 12: 88. Il tronco conserva lo stesso portamento tanto isolato quanto nel folto, giacchè non sopportando, come tutte le essenze a coperto leggero, ombra folta, lascia presto dei meriggi, onde in una data estensione di terreno il numero delle betule di 40 anni è appena la metà di quella dei faggi che vi potrebbero esistere. La scorza che co- stituisce il 12—18 per cento del legno, durante tutta la vita della pianta, sì mantiene in attivissima ve- getazione, ed il parenchima se ne modifica sino a tar- dissima età. Sebbene le foglie siano più numerose che nel faggio, nondimeno per essere pendenti, e inserte in modo da presentare il margine del lembo all’ azione del sole, danno un coperto leggerissimo, si decompongono rapidamente, onde non impediscono che la superficie del suolo si dissecchi. Fruttifica, quand’ è isolato, a 10 anni, nel folto, verso i 20. I semi che cadono con le squame nascono solo nella proporzione del 25 per cento, si conservano difficilmente sino alla primavera successiva ; germo- gliano dopo 2—3 settimane, le giovani piante cre- scono presto, e verso 3 anni sono alte circa’cm.”60. Il legno è bianco, leggero, la grana nè grossa nè mi- nuta, è omogenea; consta di abbondante parenchima legnoso, con vasi eguali molto grossi, isolati o aggrup- pati in linee divergenti, mniformemente ripartiti e 46 con raggi eguali, sottili, poco allungati. Seccandosi perde 15—20 del volume primitivo. Peso specifico : Verde=0,790. Seccato all’ a- ria =0,548. Disseccato completamente=0,500. Peso di uno stero fresco Cg. 1025, secco Cg. 767. Durata: All’aria infradicia rapidamente. Usi: utensili domestici, zoccoli, cerchiàmi, pale. Si adopera anche per lavori di tornitore ed ebanista, lavorandosi facilmente quando è fresco; e vien ricer- cato in ispecial modo dai Carradori per essere ela- stico e tenace. Arde con fiamma viva e produce un’elevata temperatura conveniente sopra tutto alle industrie nelle quali si richiede calore di fiamma. Potenza calorifica: a peso eguale col faggio co- me 95: 100 del Carbone: eguaglia quella del Fag- gio. Prodotti secondari. 1.° scorza che contiene 16 per cento di Tannino. Distillandola se ne estrae un olio essenziale che si adopera per comunicare un odore particolare a certo genere di cuojami conosciuto in commercio sotto il nome di Vacchette di Russia. Trattata coll’ alcool somministra circa 50 °/ di una resina ( Betulina ) capace di cristallizzare, e che contribuisce principalmente a rendere la scorza di Betula così resistente, onde nella Svezia ne cuoprono i tetti delle case, e ne rivestono la punta dei pali che debbono conficcarsi in terra: 2.° il suechio che serve a preparare una bevanda spiritosa contenendo circa 8, 7 °/, di zucchero capace di fermentare; da un grosso albero se ne possono estrarre 170—240 litri in 24 ore, forando dal basso in alto il fusto alla base sino alla profondità di 5—6 em. 3.° i rami che servono a far spazzole. 47 "CRIBÙ II. CORILEE. Parl. Alberi o arbusti con foglie brevemente picciuo- late, alterne, ovali, oblunghe o quasi orbicolari, penninervie, accompagnate da stipole caduche. Fiori monoici ; i maschi solitari sui rami laterali in amenti cilindrici, pendenti, formati da brattee nel più dei generi nude, in alcuni accompagnate da due bratteole applicate lateralmente sulla faccia interna della brattea principale. Stami 6—12, inseriti alla base, o nella sutura della brattea, con filamenti corti, divisi, ogni ramo dei quali sostiene un’ antera ne- cessariamente uniloculare, più o meno pelosa al- l’ apice. Fiori femminei in ispica corta, o solitari all’ apice dei rami, o 2—3—4 alterni nella parte in- feriore della rachide che porta gli amenti maschili ( Nocciuolo ), formati di brattee, ognuna delle quali è accompagnata di 2—più bratteole che si accre- scono dopo la fioritura. Calice supero, aderente al- l’ovario, irregolarmente dentato nel lembo. Ovario infero, biloculare, con un sol ovolo pendente, ana- tropo, rivestito di un tegumento semplice. Stilo cor- tissimo diviso in due stigmi allungati, lineari. Frutto composto di una nucola sublignosa od ossea, coro- nata dal lembo del calice, largamente ombellicata alla base, uniloculare, monosperma per aborto, chiusa in un involucro fogliaceo, trilobo o in forma di tubo o d’orciuolo, derivato dall’ accrescimento delle brattee, o delle bratteole, o delle une e delle altre saldate insieme. Embrione diritto; radicula su- pera; cotiledoni 2 carnosi ed oleosi più lunghi della radicula. A Generi Italiani 3. Nella Provincia 3. 48 G., INIT, CARPINO. Carpinus. Tourn. ( Dalle parole celtiche car legno, e per testa, cioè legno atto a far gioghi per i buoi? ) Alberi o arbusti con rami sparsi, numerosi. Fo- glie alterne, ovali od oblunghe, caduche. Amenti maschi sui rami dell’anno precedente, solitari, ci- lindrici, sessili, pendenti, spesso con piccole foglie alla base, formati da brattee radamente embricate, sopra ognuna delle quali sono internamente inse- riti 6—15 stami con filamenti bifidi, con antere uni- loculari, terminate da un ciuffo di peli lunghi e bianchi. Fiori femminei all’ apice di rami laterali in grappoli sempre fogliferi alla base, con brattee este- riori persistenti nella cui ascella sono due bratteole unifiore, trilobe accrescenti in cupole. Calice supero a lembo denticulato. Ovario infero, biloculare, 1-vo- lato. Stili 2 saldati alla base, nel resto stigmatosi. Frutto in grappolo rado e pendente, fogliaceo, for- mato dall’ accrescimento delle brattee e delle brat- teole saldate insieme e che chiudono, come in un involucro trilobo , ghiande ovali, compresse, a costole longitudinali, coronate dal lembo del calice, unilo- culari, monosperme. Pericarpio legnoso, verde; semi con cotiledoni piano-convessi, feculenti ed oleosi. Specie Italiane 2. Nella Provincia 1. CARPINO BIANCO. Carpinus Betulus. Lin. Alberi di media altezza con il tronco diritto, alquanto cannellato longitudinalmente, con la scorza sottile, liscia e cenerina, ramoso fin dalla base, con 49 i rami principali eretto-patenti, e i rametti delicati, e alquanto pelosi. Gemme ovali-bislunghe, circondate di perule embricate, con lunghe ciglia nei margini. Foglie alterne, picciuolate, ovali-appuntate, pieghet- tate in ciascun nervo, dentate inegualmente, sopra di color verde lucido, sotto più pallide e villose nella nervatura. Stipole cigliate, che cadono presto. Fiori in amento che si mostrano colle foglie. Brattee dei maschi, esternamente convesse, giallo-verdognole , rosso-scure verso l’ apice, con ciglia bianche. Stami molto più corti della brattea; antere gialle con peli bianchi, Frutti in grappoli con peduncolo scuro, quasi uguali alle foglie, abbracciati fuori dalla base concava della brattea ingrandita, inegualmente tri- loba, col lobo di mezzo lungo e largo quasi il dop- pio dei laterali. Noce scura, ovato-tonda, schiacciata dall’innanzi all’ indietro, con 7—11 costole sporgenti, longitudinali, un po’ curve, coll’ apice coronato da circa 4—8 piccoli denti. Abitazione e fioritura. In tutti i boschi e ta- lora nelle siepi della regione del Castagno e della Quercia. Selva di San Nicola ( Pesaro ) Scagnetti, del Beato Sante, della Castellana (Cesane), Cagli, Macerata-Feltria, Monte-Nerone dove io stesso 1’ ho raccolta, Catria ( Piccinini. ) Fiorisce in Aprile, Maggio; matura il frutto in Ottobre. Caratteri Forestali. In condizioni favorevoli ar- riva a m. 20 di altezza e 1, 80 dai diametro alla base. Preferisce le esposizioni a settentrione; ama i terreni calcari, pietrosi, e ricchi di terriccio; ve- geta anche negli argillosi, ma stentatamente. Ra- dice nei terreni profondi a fitone , che per l’ ordina- 4 50 rio cessa di crescere, ed è surrogata da numerose ed estese radici laterali, striscianti a 50 cm. di pro- fondità da cui escono talora numerosi polloni. Rami fin quasi dalla base che per la disposizione loro for- mano una chioma larga che dà coperto folto, però inferiore al Faggio. Fra il ramo e la gemma prin- cipale se ne trova sempre una seconda che sì svi- luppa in circostanze favorevoli, per cui sostiene be- nissimo la potatura e forma siepi folte. Fino a tarda età rimette getti vigorosi dal pedale. Fruttifica a 20 anni, e regolarmente sui margini del bosco , più tardi e con meno regolarità nel folto. Seme piccolo; ne occorrono 30,900 per il peso di un chilogramma; per la cupola fogliacea, da cui è accompagnato, i venti lo trasportano lontano. Seminato in autunno ne germoglia parte nella primavera successiva, il resto dopo un anno; dopo due, se fu sparso in pri- mavera. Le piante giovani sopportano meglio i freddi rigorosi dell’inverno che le gelate tardive di primavera; e provano giovamento di essere protette alquanto dal sole. Cresce rapidamente in gioventù eguagliando il Faggio fino a 30—40 anni, dopo se ne rallenta la vegetazione onde a 80 anni la massa del legno non arriva ad % di quella di un Faggio della stessa età. Perciò non si alleva d’ alto fusto, ma a ceduo con un torno di 20—30 anni. Il legno è duro, pe- sante, compatto , interamente bianco, con accresci- menti disuguali e fiessuosi. È formato di tessuto fibroso, omogeneo, grosso, commisto a cellule le- gnose con vasi eguali, piccoli, 2—7, in linee diver- genti, ripartiti uniformemente, mancanti nella zona più esterna e con raggi disuguali, alcuni piccoli e 51 sottili, altri grossi e lunghi, radi, formati da raggi semplici, alternati con lamine sottili di tessuto fibroso sprovvisto di vasi. Peso specifico: Seccato all’ aria=0,696. Carbo- nizzato:= 0,268. Peso relativo: 1 stero pesa fresco Cg. 1073; secco Cg. 875. Resistenza relativa :=1034. Durata: breve. Usi. Si adopera per attrezzi che debbono del con- continuo essere maneggiati, come pure per came, denti d’ingranaggio e altri pezzi di macchine che sono soggetti a forte pressione e attrito continuo a cui reg- ge benissimo per la durezza e tenacità, mentre per l’ intrecciamento delle sue fibre, tagliandosi male con la sega, e per il suo peso, non è adoperato in altri lavori. Ottimo combustibile, brucia con fiamma viva producendo un carbone che resta incandescente fin- chè si è consumato. Potenza calorifica: preso il Faggio come 1500=1600. Materie evaporabili: per ogni 100 parti di legno verde=18,7. Legno sec- co=81,3. Carbone: per ogni 100 di legno in volu- me=50,2; in peso=31,6. Prodotti secondari. Le foglie sono un eccellente foraggio equivalente al fieno per potere nutritivo: da un ceduo di 12 anni se ne potrebbero avere Cg. 16,000 che, seccate, si riducono a 4100. Dalle ghiande potrebbe cavarsi un olio dolce simile a . quello di nocciuola. G. OSTRIA. Ostrya. Mich: ( Dal greco ostreon squama, perallusione alle brattee dell involucro» ) Alberi di seconda grandezza che spesso riman- gono arboscelli o frutici, di chioma larga, foglie dD2 alterne, piegate nella gemma lungo i nervi laterali. Fiori monoici, i maschi in amenti cilindrici, fascico- lati, pendenti in codoline presso l’ apice dei rami la- terali, formati di brattee quasi orbicolari, concave, alla cui base sono inserti 6—12 stami, con filamenti filiformi, bifidi alla sommità, e antere unilocolari, barbate. Amenti femminei solitari all’ apice dei rami, e formati di squame decidue, nell’ ascella di ciascuna delle quali sono due bratteole contenenti un fiore senza corolla, calice supero con lembo denticulato, e ovario infero a 2 loggie, sormontato da 2 stili uniti alla base, nel resto filamentosi. Frutto in forma di cono ovoide e pendente, formato dalle bratteole accresciute e saldate in otricello, contenenti una noce piccola, ovata, compressa, liscia, coronata dal lembo del calice, uniloculare, monosperma. Specie Italiane 1. Nella Provincia 1. CARPINO NERO. Ostrya carpinifolia. Scup- Albero alto 12—15 m. sopra 1 di diametro alla base, comunemente frutice ramoso. Tronco cilindrico , con scorza rosso-cupa, squamosa, che superficialmente si sfalda. Rami alterni, i grossi eretto-patenti, i gio- vani cilindrici, pubescenti, rossicci. Gemme ovoidi, ottuse, con perule embricate, verdi-scure, liscie. Foglie con picciuolo corto, alquanto villoso, ovali, appun- tate, marginate di denti acuti, diseguali. Stipole bianche, membranacee, lanceolate, cigliate, caduche. Amenti maschi visibili dalla fine di Agosto o dal Settembre dell’ anno precedente, con brattee :pube- 53 scenti, verdognole, eccetto nella punta, che è rossic- cia. Stami quasi lunghi quanto la brattea; antere gialliccie, sormontate da un lungo ciuffo di peli bian- chi, ed inserte sui filamenti nel dorso poco sopra la base. Polline giallo, minuto, tondo e liscio. Brattee degli amenti femminei verdognole, più o meno ci- gliate esternamente, liscie dentro le inferiori, più lunghe, rade, e sterili, le superiori più vicine e fe- conde. Bratteole verdognole; calice verde; stigmi pu- bescenti, rosei, che sporgono fuori della brattea. Frutti raccolti in grappolo somigliante allo strobilo del Luppolo, formati 1.° di una rachide verdognola pubescente ; 2.° di involucri, prima bianchi poi bian- co-rossicci, a guisa di otricelli, villosi, reticolati; 3.° di piccole ghiande scure, sormontate da una piccola corona, corta, verdognola, e dalla base persistente dello stilo, con pericarpio duro e coriaceo, mono- sperme. Abitazione e fioritura: Nei boschi consociato alle Quercie da circa 800 m. fino nelle selve di San Nicola e di Ciarciano presso Pesaro. Fiorisce in Aprile, Maggio; matura il frutto in Settembre, Ottobre. Caratteri forestali: analoghi a quelli del Car- pino bianco, dal quale differisce per un accrescimento più rapido in gioventù, e per il legno di color castagno scuro, con fibre grosse, vasi eguali, piccoli, aggrup- pati a guisa di rete dentritica, raggi eguali e sot- tili. Costituisce sempre un’ essenza subordinata. G. AVELLANO. Corylus. Tourn. ( Dal greco Rorys elmo per allusione alla cupola che cuopre il frutto. ) Arboscelli o soffrutici di chioma larga, con rami 54 alterni, stipole caduche, foglie doppiamente dentate. Amenti maschi cilindrici, lunghi e pendenti da ra- metti laterali, con brattee embricate, ciascuna delle quali porta nell’ ascella 2 bratteole saldate fra loro alla base. Stami 5—8 inseriti in due file lungo la nervatura mediana della brattea con antere villose all’ apice. Amenti femminei quasi tondi, alterni, ses- sili, spesso alla base dei rami che portano i maschi, con brattee strettamente embricate, le inferiori ste- rili, le superiori contenenti nell’ ascella bratteole l—flore, di rado 2—flore, accrescenti, e che alla maturità formano una cupola fogliacea contenente un frutto con mesocarpo legnoso, epicarpo liscio, cotiledoni piano-convessi, oleosi ed amidacei, ipogei nel germogliamento. Specie italiane 2. Nella Provincia 1. AVELLANO. Corylus Avellana. Lin Arboscello con tronco quasi diritto, scorza ce- nerino-scura che si screpola. Rami fin dalla base, i principali eretto-patenti, i rametti flessibili, tomen- tosì, e con numerosi peli rossicci, glandoliferi, gli uni e gli altri con scorza rossiccio-scura che nei primi si screpola e sfoglia alla superficie. Gemme piuttosto piccole, coperte di squame embricate a spira, frangiate sui margini, rossiccio-verdognole. Stipole persistenti alla base delle foglie sino im au- tunno. Foglie picciuolate, quasi ovali, scavate in cuore alla base, acuminate , e talora quasi trilobe al- apice, doppiamente dentate, rugose sopra, in gio- 55 ventù pubescenti, più tardi villose solo nella pagina inferiore e nelle nervature che sono pennate. Amenti maschi sessili, giallastri, con rachide rossiccia , coperta di tomento bianco; brattee orizzontali nella metà inferiore, dirette in su nella superiore, conte- nenti nella faccia interna e lateralmente 2 bratteole, ciascuna con 4 stami, con filamento cortissimo, an- tere 1—loculari, gialliccie. Amenti femminei, a guisa di gemme, formati di squame strettamente embricate, contenenti nell’ ascella 2—3 bratteole, cigliate al margine, in basso saldate in modo da formare un involucro entro al quale sono 1—2 fiori composti di un calice aderente ad un ovario piccolissimo e sor- montato da 2 lunghi stami rossi. Frutto 1—5 pen- denti da un rametto cortissimo, accompagnati alla base da brattee corte, verdognole, e, per l’ accre- scimento delle bratteole, circondati da un involucro quasi erbaceo, diviso al margine in lacinie diseguali, e slargate in modo da lasciar vedere quasi tutta la nocciuola che in principio è verdognola, poi rossic- cia, con una punta all’ apice e che contiene per so- lito un seme solo con testa di color cannella. Abitazione e fioritura : In tutti i boschi da circa m. 700 dove lho trovato io a Carpegna, Monte- Nerone, al Catria ( Piccinini), fino nei boschi di Ciarciano presso Pesaro. Fiorisce in Gennaio e Feb- braio. Caratteri forestali: Arboscello di 3—4 m. d’al- tezza, che non cresce di più, giacchè il fusto giunto per solito a tale elevazione si corona, per rimettere dal pedale o dalle radici. Predilige le esposizioni setten- trionali ed i terreni leggieri e freschi, quantunque cre- 56 sca per tutto. Radici in principio a fitone, che verso tre anni cessa di crescere; si sviluppano allora nume- rose radici laterali una delle quali si allunga più delle altre, conservando in tutto il percorso quasi diametro uguale. Cresce lentamente fino verso 6 anni, se nato di seme; ì rampolli si svolgono più rapidamente onde tra i 10—15 anni raggiungono il massimo accrescimento di volume. Fruttifica verso 10 anni, regolarmente sui margini, a lunghi intervalli nel folto. I semi si conservano difficilmente onde conviene porli in terra appena raccolti. Il le- gno è bianco con zone legnose perfettamente cir- eolari, ma tenero e spugnoso onde non prende il pulimento. Consta di fibre consociate a cellule le- gnose, di vasi eguali, piccoli, quasi uniformemente ripartiti, e di raggi ineguali, alcuni sottilissimi, al tri grossi, questi ultimi formati di raggi sottili che alternano con lamine di tessuto fibroso sprovvisto di vasi. — Somiglia molto a quello di Carpino. Peso specifico: fresco=0,92; secco=0,545. Usi: perle piccole dimensioni a cui arriva si ado- pera solo per far cerchiami, o pali che durano poco; l’uso maggiore è per ardere. Potenza calorifica: in peso a quella del Fag- gio=100:: 90. Brucia lentamente, ma acceso produce brace durevole, e che svolge molto calore. Il car- bone delle radiche è assai pregiato per la fabbri- cazione della polvere da fucile. Prodotti secondari: I semi si mangiano secchi e freschi; coll’innesto si ottengono frutti più grossi; se ne può estrarre il 60 °/, di un olio dolce, non siccativo, atto a condire. 57 TRIBÙ III. QUERCINEE. — Parl. Alberi, di rado arboscelli, con chioma larga per la direzione aperta, orizzontale, e talora pendente dei rami. Fiori monoici, di rado androgini. Fiori maschi in amenti cilindrici, di rado in capolini, com- posti 1.° di un calice campaniforme con 5—9 divisioni disuguali ; 2.° di un numero eguale o multiplo di stami inseriti con lunghi filamenti sul fondo del ca- lice; antere quasi sempre glabre. Fiori femminei for- mati di un calice tubuloso aderente ad un ovario di 3—8 loggie, 2—ovolate e posti nel centro di un rametto che non essendosi allungato , rimane un ag- gregato di brattee sterili, tranne 1—3 che portano fiori i quali perciò si trovano come nel fondo di un involucro formato di molte file di brattee saldate fra loro per la base e tardi accrescenti. Frutto costituito 1.° dall’ involucro che abbraccia solo la base ( Quer- cia ) o ricuopre per intero ( Castagno, Faggio ) 1—2, di rado 3 noci con pericarpio sottile e coriaceo quasi sempre 1—loculare e monosperme per aborto, larga mente ombellicate alle base, e terminate dagli stili disseccati; seme senza perisperma con cotiledoni car- nosì, fecolenti. Generi italiani N 3. Nella Provincia N. 3. G. FAGGIO. Fagus. Tour. ( Dal greco fago io mangio ?) Alberi raramente frutici, ramosi con foglie den- 58 ticolate o sinuoso-ondulate; stipole fugaci, svolgi- mento delle foglie e dei fiori contemporaneo, Fiori maschi muniti di brattee caduche in forma di capo- lino; pendono dall’ apice dei rametti sospesi ad un lungo peduncolo e constano di un calice campani- forme diviso in 6 lobi, di 8—12 stami con filamento gracile, inseriti alla base del calice intorno ad un disco glandolifero, e di antere inserte per la base, che sì aprono longitudinalmente. Fiori femminei 1—3 in un involucro accrescente, 4—lobo, col tubo del calice frastagliato all’ apice, saldato alla base con un ovario triangolare, a tre loggie, 1—ovolate. Stili 3 stimma- tosi, riuniti alla base. Frutto formato dall’ involucro accresciuto, coperto esternamente di appendici molli, ovale, che sì apre alla maturità in 4 parti e rac- chiude 2 noci triangolari, superiormente alate, mo- nosperme per aborto, con pericarpio coriaceo, bruno e lucente. Cotiledoni aderenti, irregolarmente pie- gati, oleosi, epigei nel germogliamento. Generi Italiani N. 1. Nella Provincia N. 1. FAGGIO. Fagus sylvatica. Lia. Albero di prima grandezza con tronco diritto, quasi cilindrico, scorza liscia, verde-bruna nei gio- vani fusti, bianco-cinerea e che non si fende ne- gli adulti. Rami aperti, i minori spesso pendenti. Gemme fusiformi, allungate, fornite di perule nu- merose, strettamente embricate, verdi in basso, di colore quasi castagno in alto. Foglie numerosissime con picciuoli brevi ed irsuti, alterne, ovali, appun- 59 tate, leggermente repando-dentate e un poco ondeg- gianti nel margine, di un verde-cupo sopra, più chiaro e quasi lucente sotto, pelose nel margine e nelle nervature rilevate, che in numero di 6—8 paja convergono verso l’ apice. Stipole lunghe, fer- ruginee, fornite nel margine di lunghe ciglia, ca- duche. Fiori maschi in capolini quasi tondi, pendenti in numero di 1—4 da un lungo peduncolo peloso. Brattee piccole simili alle stipole; calice bianchiecio con lobi muniti di lunghi peli bianchi e di 8—10 stami il doppio più lunghi del calice. Antere verdo- gnole-gialliccie; polline giallo. Fiori femminei breve- mente peduncolati in forma di gemme appuntate, di color verde-rossiccio. Involucro del frutto grosso come una ciliegia, coriaceo, con appendici lunghe, lesi- niformi, ricurve, verde e chiuso in principio, alla maturità rossiccio, e che si divide in 4—6 parti, la- sciando cadere ghiande a 3 canti, in alto appuntate » @ con i resti del calice, sotto ottuse e di color bruno splendente, con pericarpio coriaceo contenente un sol sol seme della forma stessa della ghianda. Il resto come nel genere. — Stazione, abitazione e fioritura. In tutti i bo- schi dell’ Appenino da m. 1600 fino a m. 700. Catria ( Piccinini ), Monte Nerone, Carpegna, Monte della Strega, dove l’ ho raccolto io. Fiorisce in Maggio, matura il seme in Ottobre. Caratteri forestali. È una delle essenze più im- portanti dei boschi italiani di cui forma spesso l’in- tera massa. È albero di prima grandezza, quantun- que per la minore longevità non arrivi l’ Abete e la Quercia; se ne sono misurati individui di 35 m. d’ al- 60 tezza, e di 5 m. di circonferenza alla base. Il tronco, quando è cresciuto nel folto, resta nudo fino a grande elevazione (20 e più m. ), e distinto sino all’ estre- mità della cima; negli alberi isolati si ramifica più in basso formando una chioma ampia, ovoide, appun- tata alla sommità. Il colore grigio della scorza è dovuto ai licheni che verso 10 anni la ricuoprono totalmente. Le gemme del Faggio non rimangono quasi mai allo stato dormente , onde si presta male al governo in ceduo. Le foglie danno ombra foltis- sima bastando a coprire in media 11 volte la super- ficie che le ha prodotte. Si calcola che un Ettaro di Faggeto adulto ne produca ogn’ anno Cg. 12000 fresche, che perdono la metà di peso seccandosi ; cadute sul terreno del bosco impiegano circa 6 anni per decomporsi. +— Predilige i climi temperati; nel mez- zogiorno dell’ Europa arriva a grande altezza sui fianchi dei monti, ( fino a 1500 m. nelle Alpi, 1600 nell’ Appenino ); l esposizione di mezzogiorno è ad esso assolutamente contraria per tutto. Preferisce i terreni di consistenza media come gli argilloso-cal- cari; prospera a meraviglia in quelli abbondanti di terriccio vegetale, quand’ anche pietrosij; esige per tutto che la superficie sia coperta dallo strato di foglie morte che in ogni anno si forma al piede di esso. La radice del Faggio giovane è a fitone, con poche ramificazioni le quali verso 12—15 anni divengono più numerose mentre la radice maestra cessa di allungarsi; verso i 30 anni lo sviluppo di questi rami secondari si arresta, e a poca distanza dal pedale spuntano radici superficiali che si disten- dono molto. Il volume del legno del tronco a quello 61 della radice sta ::1: 5. — Fruttifica fra i 60—80 anni nel folto, verso 40—50 sui margini, sempre molto irre- golarmente, onde talora passano 10—15 anni senza che si abbia raccolto pieno. Il seme è piccolo e ne occorre circa 3500 per un €g.; si conserva dif- ficilmente anche sino alla primavera successiva onde conviene spargerlo subito. Nel germogliamento i co- tiledoni spinti fuori del suolo dal fusticino sì svilup- pano in 2 larghe foglie, per cui le pianticelle sono sensibilissime alle variazioni di temperatura da cui le protegge mirabilmente l’ alto strato di foglie che in un Faggeto ricuopre costantemente la super- ficie del terreno. Le piante crescono lentamen- te fino a 5 anni; il massimo allungamento di esse cade a 40—45 anni, a 100 si arresta. Sopportano il coperto folto fino a tarda età onde il Faggio nei boschi tende a sostituirsi alle altre essenze pren- dendo carattere di pianta sociale. La zona legnosa che si forma ogn’ anno e 2—3 volte più grossa in cima che al pedale, onde la forma cilindrica dei tronchi. — Il legno che è naturalmente bianco, dopo che fu atterrato, diviene rossiccio chiaro e omo- geneo. Consta in massima parte di tessuto fi- broso consociato a parenchima ligneo disseminato quasi uniformemente, di vasi eguali, piccoli, iso- lati, e di raggi ineguali, alcuni larghi e indefiniti, poco alti, separati, altri sottilissimi, appena visibili colla lente. Gli strati sono regolarmente circolari, alquanto rientranti nel punto di passaggio dei grossi vasi. È poco elastico, si contorce e fende, si corrompe all’ aria, è alquanto più durevole sott’ acqua; non prende pulimento. 62 Peso specifico: variabilissimo secondo l’ età, e il punto in cui fu reciso: in media—0,80. Carbo- ne :=0,224. Peso relativo: uno stero fresco Ce. 1123, secco Cg. 703. Usi: se ne lavorano utensili domestici, fusi, mestoli, forme per le scarpe, zoccoli ecc. Si è tentato di farlo servire per traversine di strade ferrate preparandolo con pirolignite di ferro. L’ impiego migliore del Fag- gio è come combustibile, giacchè brucia con fiamma viva e chiara, quantunque un po’ rapidamente, e produce un carbone che resta incandescente finchè è tutto consumato. Potenza calorifica: variabile colla densità ; secondo Hartig in un tronco di 120 anni eguale a calorie 1600, in fusto di 80 an- ni=1616, nei rami di 120 anni=1481. Carbone da fusti di 40 anni=1639. La potenza calorifica di que- sto legno è presa come unità di misura quantunque non sia la più elevata. Materie evaporabili:; per ogni 100 parti di legno verde= 37,5. Carbone: per ogni 100 di legno in volume=46,6, in peso=33,6. Prodotti secondari. Dalla Faggiuola si può ri- cavare un olio grasso, non siccativo, commestibile ed ottimo per l'illuminazione; se ne può estrar- re 10—12 °/, del peso del seme. G. CASTAGNO. Castanea. Tourn: ( Dal greco Kastanea contrada della Tessaglia prossima al Peneo della quale, secondo gli Antichi sera originario il Castagno. ) Alberi o arbusti ramosi, con foglie alterne, oblungo-lanceolate oppure ovato-oblunghe, acumi- 63 nate, intere o seghettate, che si svolgono coi fiori, e sono accompagnate da stipole lunghe e fugaci. Fiori monoici, di rado androgini; i maschi numerosi, spesso ravvicinati insieme alla base delle foglie in- feriori dei rami giovani, e disposti su di una rachide quasi cilindrica in gruppetti interrotti di 6—8 fiori, accompagnati da una lunga brattea. Calice 5—6 par- tito; stami 8—15 alla base’ del calice intorno un disco glandoloso con filamenti sottili, semplici, an- tere biloculari, incombenti, con logge opposte che si aprono per il lungo. Fiori femminei in numero di 3 all’ ascella delle foglie o alla base degli amenti maschi, formati da numerose brattee lineari, ine- guali, saldate fra loro alla base. Ciascun fiore è for- mato 1.° di un calice monosepalo, supero, col lembo diviso in 6—8 piccoli denti; 2.° di 6—8 stami oppo- sti; 3.° di un ovario infero di 6—8 logge, biovolate; 4.° di uno stilo corto, con 6—8 stigmi, setiformi, divergenti. Frutto formato dall’ accrescimento del- l'involucro, consistente in una cupola globosa, co- riacea, irta esternamente di spine pungenti, fascico- late e divergenti, che in fine si divide irregolar- mente in 2—4 parti, e che contiene 2—3 noci co- ronate dal lembo disseccato del calice e dello stilo, solitarie, libere, subangolose, monosperme per aborto, con epicarpo coriaceo ed endocarpo fibroso. Seme pendente con testa membranacea, che si insinua con pieghe numerose nelle fessure dei cotiledoni, coe- renti e farinosi. Embrione privo di albume, con 2 cotiledoni grossi e molto grandi, farinacei, spesso ineguali. Specie italiane N. 1. Nella Provincia N. 1. 64 CASTAGNO. Castanea sativa. Milt. Albero di 10—30 m. di altezza con scorza gri- gia, liscia nei fusti giovani, profondamente serepo- lata per lungo nei vecchi. Rami torti, molto aperti, onde la chioma è quasi sempre più larga che alta; i più giovani fragili e coperti di piccole verruche bianche. Gemme che esternamente appaiono coperte da due sole squame, liscie, ovoidi, od ottuse, di un verde giallastro. Foglie caduche, grandi, brevemente picciuolate, oblunghe, negli individui di meschina vegetazione talora lanceolate, acuminate, glabre in ambedue le facce, verdi-chiare, con numerose vene oblique e parallele, da cui partono molte ve- nette laterali che si uniscono tra loro formando nel parenchima una rete, e che terminano al margi- ne a guisa di grossi denti da sega che hanno la punta rivolta verso l apice della foglia. Fiori ma- schi in amenti lunghi, solitari nell’ ascella delle fo- glie prossime all’ estremità dei rami, sessili, avvi- cinati quasi in racemo, nel più delle volte eretti con la rachide coperta di numerosissimi fiori piccoli, ses- sili, raccolti a gruppetti di 6—8, ciascun dei quali è accompagnato da una brattea più corta, lanceo- lata, verdognola, pubescente, e che alla base porta pochi fiori femminei. Calice 6—partito, stami 7—8, 10—12, inseriti nel fondo del calice e molto più lunghi di esso, con antere di color giallo-pallido che | sì aprono per una fessura longitudinale. Mandano odore spiacevole. Gli altri fiori femminei sono -ascel- 65 lari, brevemente peduncolati, in gruppetti forniti di pedicello proprio, con una brattea maggiore di quella degli amenti maschi, e con un involucro irregolare, verde, accrescente, formato di 4 pezzi coriacei, ester- namente rivestito di lunghe spine pungenti, diseguali, intrecciate fra loro, che ingialliscono colla maturità. In ciascun involucro sono per lo più 3 castagne, le due esterne convesse di fuori e quasi piane dalla parte interna, la terza in mezzo piana da ambedue le faccie. Il resto come nel genere. Abitazione e fioritura. Non molto comune nella Provincia, in cui però si trova nei boschi da cir- ca 500 m. sul livello del mare fino nella selva di S. Nicola vicino a Pesaro, della Castellana, e di Montebello (Cesane) e del Beato Sante (Mombaroccio). Fiorisce in Giugno, matura i frutti verso la metà di Ottobre. Caratteri forestali. Il Castagno è una delle es- senze più grandi e longeve dei nostri boschi, come è una delle più preziose per la qualità del legno e la bontà dei frutti, per i quali da alcuno giustamente fu detto il Banano delle montagne. Ama i climi tem- perati, le pendici esposte a Levante o Settentrione piuttosto che le pianure; prospera nei terreni leggieri, e silicei, purchè profondi; non riesce nei compatti, umidi, sottili, od esclusivamente calcari ; vegeta ri- goglioso nelle terre molto fresche, ma il tronco si caria presto e le piante sono molto danneggiate dai freddi di primavera. Le radici sono forti, numerose e sì addentrano sino a quasi 1 m. dalla superficie del terreno; quella di mezzo cessa di crescere quando l’ albero ha terminato di allungarsi; le radici laterali D 66 gittano numerosi polloni che si recidono accurata- mente nelle piante da frutto. Si calcola che le radici rappresentino 18 ;/° della massa totale del legno. Il tronco è conico; nel folto si alza molto, mentre quando è isolato si mantiene basso e invece gitta rami numerosi, dal che dipende l’ apparenza diversa , dei Castagni da frutto e da legna, quantunque non siano che varietà della medesima specie. La scorza in gioventù è olivastra, coperta di lenticelle allun- gate che in seguito si allargano; diventa di color grigio argenteo fra i 15—20 anni; dopo sì serepola profondamente in modo da somigliare a quella che ricuopre i vecchi tronchi di quercia. I rami non sono folti, ma per le foglie grandi, e la disposizione di esse, quasi orizzontali, produce coperto foltissimo. Fruttifica tra i 25—80 anni nei margini, fra i 40—60 nell’interno del bosco, ogni 2—3 anni, regolarmente ed in molta copia. Le Castagne cadono al piede degli alberi onde quest’ essenza non può moltiplicarsi per disseminazione naturale ; germogliano subito nella primavera successiva; le foglie primordiali non differiscono dalle successive. Le pianticelle sono robuste fin da principio, ma temono i freddi intensi e tardivi ed il coperto folto; crescono rapidamente ( secondo i cubi dei tempi ) dal principio fin verso 60 anni; rimettono fino a tardissima età dal pedale, caratteri che, congiunti alla predisposizione che hanno i tronchi grossi a cariarsi, fanno preferire di gover- nare il Castagno a ceduo di ceppata con un torno compreso fra i 3—24 anni. — Il legno di Castagno è di color giallo-bruno, venato di più scuro, molto duro quantunque poco compatto. Consta 1.° di tessuto 67 fibroso, fitto, ed a grosse pareti, in ogni accresci- mento annuo suddiviso in zone concentriche mal circoscritte, e poco appariscenti per } interposizione di parenchima legnoso; 2.° di vasi ineguali, grossi nella zona interna, piccoli, aggruppati in linee rag- giate, sinuose o ramose nella zona media ed esterna; 3.9 di raggi midollari molto sottili. Peso specifico del legno fresco=0,84; seccato a 60.°=0,58. Del Carbone :=0,27. Peso relativo: uno stero fresco=Cg. 1055; secco=Cg. 504. Resistenza media:=Cg. 957. Usi. Essendo il tronco dei Castagni soggetto a cariarsi è difficile trovarne pezzi di qualche mole per le costruzioni alle ‘quali poi si presta male: 1.° per- chè gli strati legnosi non avendo troppa aderenza fra loro sì separano cagionando squarciamenti e rot- ture pericolose; 2.° perchè esposto ad alternative di siccità e di umido infradicia presto. Siccome però si sega facilmente se ne fanno porte ed affissi per le finestre, doghe per le botti e i tini, e la maggior parte dei mobili ed utensili che si adoperano nelle case dei montagnoli. Collocato sott’ acqua o sotto il terreno non imputridisce, onde è ottimo per far pa- lizzate, condotti sotterranei per l’acqua, cerchi di bottame ecc. Come combustibile mantiene difficilmente la fiamma, e scoppia e sfavilla più della Quercia. Il carbone però svolge molto calore e serve benissimo per la bollitura del ferro. Potenza calorifica: alquanto superiore a quella del Faggio. Materie evaporabili: per ogni 100 parti di legno verde=48,8; legno secco=51,2, Carbone: per ogni 100 di legno=51,4 in volume, =37,8 in peso. 68 Prodotti secondari: le Castagne, le Quali diven- gono poi prodotto principale nella maggior parte dei boschi dell’ Apennino centrale. Castagno da frutto. Il Castagno coltivato per il frutto presenta 4 varietà principali nell’ Apennino: 1.° Marrone che produce il frutto più grosso e dolce, ma è pianta di temperamento molto delicato e che non fa par tutto; 2.* Pisftolese precoce e molto apprezzata per la buona farina che se ne trae; 3.° Baggiolana più tardiva; 4.8 TPigolese, varietà precoce, quantunque alquanto meno della Pistolese, da cui si distingue per il frutto cosparso di finissima peluria. Le piante da cui si vuol frutto sono poste almeno alla distanza di m. 10, sapendosi per espe- rienza che la quantità dei fiori è proporzionale al numero dei rami esposti alla luce; vengono zappate due volte l’ anno e concimate con ricci e foglie sot- terrate in conche aperte presso il pedale. La raccolta si fa alla fine di Ottobre abbacchiando i rami con lun- ghe pertiche. Le Castagne si ammucchiano in un monte detto ricciaja, e si tengono così finchè riscaldandosi non si diriccino naturalmente. Si conservano in due modi: 1.° fresche stratificandole con sabbia in luogo asciutto; 2.° seccandole nel metato, che è un piccolo fabbricato costruito ordinariamente nel castagneto e formato di due stanze una sopra l’altra, la supe- riore detta canniccio che ha per pavimento una grata continua composta da piccole mazze larghe due dita e distanti fra loro un dito su cui si distendono le castagne all’ altezza di m. 0,80, mentre in mezzo alla stanza inferiore s° accende un fuoco lento con legne ricoperte di ricci dell’anno avanti appositamente 69 serbati, onde si ha grandissimo fumo. Le castagne co- minciano prima a sudare, per cui si risvoltano spesso affinchè si secchino tutte egualmente. Si giudica l’ ope- razione terminata quando la buccia si separa. facil- mente dalla mandorla divenuta dura sotto il dente. Si mondano mettendole un poco per volta in un sacco di panno rozzo unto col sego, che si picchia forte sopra un ceppo chiamato pestatojo. Finalmente sì vagliano per separarle dalle buccie che macinate con i frammenti di :castagne sono eccellente cibo per i majali. In queste diverse operazioni 3 El, di castagne verdi del peso di Cg. 61 ciascuno si ridu- cono ad 1 El. di secche del peso di Cg. 51. La ca- stagna spogliata dei suoi inviluppi consta di 3 so- stanze principali: 1.8 Amido; 2.8 Materie azotate (albumina e glutine ); 3.° Zucchero che fu tentato di estrarre con qualche successo all’ epoca del blocco continentale senza alterare le altre materie alimen- tari. Le Castagne si mangiano lesse, arrostite, cotte in forno, ovvero ridotte in farina e quindi fattine pane o polenta. Sono assai nutritive, saporite ed anche salubri, ma richiedono aria fina e molto eser- cizio per essere smaltite. Tutte le età dell’uomo ne sono ghiottissime; le mangiano perfino il cane e il gatto che sono carnivori! G. QUERCIA. QUERCUS. Linn. ( Dal greco cerchaleos duro, aspro.) Alberi o frutici con tronco conico, rami sparsi, per lo più aperti, talora pendenti; scorza più o meno 70 profondamente screpolata e in cui talora lo strato sugheroso è molto grosso. Foglie annue o perenni, molli e pubescenti in primavera, coriacee in au- tunno, sessili o con picciuolo breve, nervatura pen- nata, lembo talora integro, talora con lobi e seni più o meno profondi, di rado col margine spinoso- dentato ; variabilissime non solo negli individui della stessa specie ma anche nei rami del medesimo al- bero. Stipole piccolissime, geminate, caduche. Fiori in amenti quasi sempre contemporanei alle foglie, i maschi in alto piccoli, sessili o quasi, solitari 0 in gruppetti, in forma di codoline delicate, lunghe, spesso pendenti, nude in basso. Calice con 6—8 di- visioni, inmeguali, cigliate. Stami 6— 8, che partono dal fondo del calice, con filamenti esili, semplici; an tere inserite nel dorso, biloculari che si aprono longitudinalmente. Fiori femminei quasi sempre so- litari, ascellari o sostenuti da un asse comune; ses- sili o quasi, dentro un involucro composto di un gran numero di squame, eguali, embricate. Calice supero, gamosepalo, con lembo 6—fido o appena dentato; ovario infero con 3 loggie e 2 ovoli, uno dei quali abortisce; stilo corto, grosso, munito di 3 stigmi divergenti; cupola legnosa che circonda la parte infe- riore di una noce monosperma ( Ghrianda ) ovale od ovale-cilindrica, coronata dal lembo del calice e dallo stilo. Pericarpio coriaceo, con testa sottile , membra- nacea, priva di endosperma. Cotiledoni 2, piano-con- vessi, grossi, carnosi: radicola supera, ma chiusa, o quasi, fra essi. Caratteri forestali. Le specie indigene apparte- nenti a questo genere tengono il primo posto fra le 71 piante forestali dell’ Italia tanto per le dimensioni, la qualità del legno e l’ importanza dei prodotti secon- dari, quanto per l’ estensione dell’ area che occu- pano. Si possono dividere in 4 sezioni cioè : 1. Quercie con foglie caduche e che maturano il frutto annual- mente come la Farnia, la Rovere el’ Ischia; 2.° con foglie caduche o persistenti soltanto sino alla prima- vera successiva, e frutti di maturazione biennale; come il Cerro ; 3.8 con foglie persistenti e ghianda che matura annualmente quali il Zeccio ed il Sovero; 4.8 con foglie persistenti e frutto di maturazione biennale come in ultimo il Cerro-Sovero, e la Quer- cia della Cocciniglia. Nei boschi della Provincia esistono rappresen- tanti dei 3 primi gruppi, nessuno del 4.° Sotto il rispetto forestale tutte le specie hanno comuni certi caratteri fra cui sono principali i se- guenti: 1.° radici poderose, in gioventù a fitone, che sì ramifica più o meno presto secondo le spe- cie; 2.° indifferenza per la natura mineralogica del terreno, non per le qualitè fisiche di esso e massime per la freschezza che esigono maggiore ,0 minore secondo che hanno foglie delicate o coriacee; 3.° variabilità grandissima nella forma e il volume delle ghiande le quali contengono molta fecola mista a tannino che diminuisce nelle specie meridionali ; 4.° difficile conservazione delle ghiande anche sino alla primavera successiva alla disseminazione che avviene sempre in autunno; 5.° germogliamento con temperatura molto bassa (+3.°—4.°) e in cui sì svolge prima la radichetta, circa otto giorni dopo la piumetta; la forza vegetativa nei primi anni è rac- 72 colta nella radice; 6.° tutte contengono molta copia di tannino nei diversi loro organi e specialmente nelle cupole, nelle escrescenze che sì producono sulle fo- glie per la puntura di un insetto chiamato Cypmris ( Galle ) e finalmente nella scorza in cui però ne varia la proporzione secondo l’età, essendo più ab- bondante nella giovane che nella vecchia, e sopra- tutto secondo la specie, essendo sempre più ricca quella delle quercie a foglie persistenti; 7.° Legno duro di color lionato scuro con alburno bianco per- fettamente circoscritto. Il tessuto fibroso è fitto con pareti grosse, durissime, diviso in zone concentriche, frastagliato da parenchima legnoso di colore più chiaro visibile specialmente nelle specie meridionali. I vasi sono ineguali, numerosi e grossi nel legno di primavera; decrescono di numero e di dimensioni di mano in mano fino alla zona formata in autunno nella quale sono piccolissimi e radi; quasi sempre disuguali, aggruppati nel parenchima secondo linee raggianti, ondulate. I raggi sono disuguali, alcuni grossi, lunghi o indefiniti, alti, distanti; altri piccoli e fitti. Astuccio midollare, triangolare. Il legno delle quercie è prezioso tanto per le dimensioni quanto per la resistenza all’ azione corrompente dell’aria e dell’acqua. Per la qual cosa è preferito a tutti gli altri legni indigeni, non avendovi anche fra gli eso- tici se non pochi che lo pareggino, per tutti i lavori che nelle costruzioni civili, militari, idrauliche e na- vali esigono forza e durata. Se ne fanno palizzate, membratura delle navi, alberi per la trasmissione del movimento, traversine per lé strade ferrate, e, dopo segato, impiegasi per lavori di carradore , fa- 73 legname, bottami, e impiallacciatura da ebanista. È finalmente adoperato per combustibile, ma sotto que- sto rispetto partecipa dei pregi e dei difetti di tutti i legni molto compatti i quali non bruciano bene se non sono sottoposti a forti correnti di aria. Infatti nei focolari comuni il legno di quercia arde solo alla superficie e non produce fiamma che in prin- cipio, onde, appena cessato lo svolgimento dei gas combustibili provenienti da una specie di distillazione secca a cui vengono sottoposte le parti interne per l’ elevata temperatura della superficie, annerisce e seguita a bruciare senza fiamma, svolgendo molto calore, ma con tale lentezza, che non può essere messo a profitto. Il legno di quercie cresciute in esposizioni solatìe, e in terreni aridi, essendo più compatto è quello che brucia più male. Il legno delle differenti specie di quercie ha qua- lità diverse che saranno esposte partitamente. In generale però si può dire che più è compatto e più è buono, e che per una specie stessa è migliore quello cresciuto in terreno nel quale per siccità precoce la vegetazione non sì è fermata molto presto in primavera. Specie Italiane N. 10. Nella Provincia N. 5. (Quercie di foglie caduche che maturano il frutto ogni anno.) FARNIA. Quercus racemosa, Lam. Albero di 20—40 m. d’altezza e circonferenza pro- porzionata; chioma larga formata di poche, grosse, e 74 tortuose branche principali, nude in basso e da cui in alto partono rami radi e gracili sui quali stanno rac- colti ciuffetti di foglie, separati da larghi spazi vuoti. Scorza di color verde-bruno nei fusti giovani, grigia e profondamente screpolata nei vecchi. Foglie quasi sessili, ovali, -oblunghe, che si restringono fino alla base, terminando sempre in due piccole alette, pro- fondamente incavate e inegualmente dentate, sottili, di color verde opaco, integramente liscie sulle due faccie ed anche nell’ ascella delle nervature. I fiori appariscono nel Maggio; i maschili in mazzetti sui rami dell’ anno antecedente; i femminei 2—3 ses- sili spazieggiati lungo un peduncolo comune, sottile, spesso tortuoso. Stilo cilindrico circondato verso il mezzo dai denti del calice che formano quasi un anello; stiemi 3 profondamente divisi, eretti, rosso- bruni, eguali, e con |’ estremità rivolta in fuori. Ghiande portate da un peduncolo delicato, per solito pendente, lungo 1—3 c. m., in numero di 2—3, ra- damente di più, ovoidi, lunghe mm. 20—40, larghe mm. 7—24, contenute in cupole emisferiche, rive- stite di squame embricate, brune, poco numerose, triangolari all’ estremità. Abitazione e fioritura. Piuttosto rara nella Pro- vincia, più frequente nel Montefeltro, ma quasi sem- pre isolata. Selva della Badia presso Cattabrighe (Pe- saro), Convento di Monte-Giove ( Fano ), Selva del Beato Sante ( Mombaroccio ). Fiorisce in Aprile, Mag- gio, prima delle altre specie; matura il frutto tra la fine di Settembre e i primi di Ottobre. Caratteri forestali. Tra le specie di Quercie in- digene è quella che dà tronchi più alti e grossi i quali TO pervengono a maturità economica tra 150—200 anni. Il fusto poco regolare in gioventù diviene col tempo quasi perfettamente cilindrico. Rimette vigorosamente dal pedale anche in età molto avanzata per lo che so- pra tutte le specie congeneri si presta al governo in ceduo, Le sole gemme terminali danno origine a rami grossi, mentre le laterali producono rametti esili e corti, onde la chioma è rada e il coperto in- sufficiente. Infatti le foglie di Farnia, a superficie uguale , stanno a quelle di Rovere come 35:40. Pre- ferisce le pianure, giunge a minore altitudine della Rovere sui monti, mentre per converso arriva a la- titudini più settentrionali; trovasi piuttosto isolata che in boschi. Predilige i terreni fertili, profondi ed anche umidi, e se trova siffatte condizioni vegeta bene anche nelle argille compatte; stenta e perisce nei terreni aridi, sottili e molto inclinati. Fruttifica tra i 60—100 anni se nata di seme, tra i 20—40 se da un pedale, non molto regolarmente per la fioritura precoce. Le ghiande pesano circa Cg. 50 l El. che ne contiene 22—26,000. Le pianticelle gio- vani temono il coperto dopo il terzo anno, portano una sola radice a fitone che comincia tra i 6—8 anni a gittar radici laterali, le quali tra i 60—70 divengono predominanti. Il legno delle radici sta a quello del fusto come 10—12:100. Il legno è di colore leonino-chiaro, d’ intensità uniforme; | alburno è chiaro e ben definito; nel legno si distinguono ap- pena le zone di parenchima legnoso. Peso specifico: fresco=0,925; seccato all’ a- ria=0,786; asciutto completamente nella stufa=0,596. Carbone:=0,244. Peso relativo: uno stero fresco Cg.-1196; secco Cg. 775. 76 Usi. Per le sue dimensioni somministra i pezzi più pregiati per le costruzioni navali. Nelle costru- zioni civili, quantunque presenti grandissima resi- stenza, è poco adoperato perchè troppo pesante. Si sega facilmente e prende un bel pulimento, ma non si usa neppure in lavori di ebanista per il peso e perchè si contorce e fende. Potenza calorifica: presa quella del Faggio come 100=91 per il legno, =108 per la scorza vec- chia, =91 per il carbone. Materie evaporabili: per 100 parti di legno fresco=64,9. Carbone: per 100, in volume=44, in peso=34,6. Prodotti secondari: 1.° Scorza per la concia, infe- riore però a quella delle altre quercie. La migliore è quella che si raccoglie sopra cedui di 20—30 anni, e che, secondo il vigore della vegetazione, rappre- senta '/»—'/15 del peso del legno; 2.° le ghiande che servono per alimento dei majali, ma che però sono sempre piuttosto aspre. ROVERE Quercus sessiliflora. Smith Albero con tronco sovente tortuoso e che molto di rado raggiunge la grandezza di quello della Farnia, con ramatura numerosa e uniforme- mente disposta. Scorza liscia, e di un verde-grigio in gioventù, grigio-bianchiccia, grossa e profonda- mente screpolata nei fusti vecchi. Foglie con picciuolo lungo, eguale ad '/5—'/g della lunghezza del lembo, ovali-oblunghe, divise all’ orlo in lacune sinuoso- rotonde, più ristrette alla base, dure e quasi co- riacee, liscie, di un verde scuro e lucido sopra, di TI un verde languido e quasi glauco e più o meno pube- scenti nella pagina inferiore con 5—8 paja di ner- vature pennate. Fiori femminei, sessili, agglomerati nell’ ascella delle foglie; stiomi patenti fin dalla base. Ghiande piccole, sessili, solitarie o agglome- rate 2—3 nelle ascelle delle foglie o anche all’ apice di un peduncolo cortissimo parimente ascellare, termi- nate da una punta corta in cui permangono le traccie degli stigmi, contenute in una cupola emisferica formata di squame numerose, piane o tubercolose alla base, triangolari, allungate ed ottuse all’apice , pubescenti o tomentose. Abitazione e fioritura. Im tutti i boschi dei monti e dei colli della nostra Provincia. Garatteri forestali. La Rovere, che è rara nei paesi settentrionali in cui predomina la Farnia, si spinge nei nostri monti più in alto di quella forse in grazia delle poderose radici che la tengono salda contro i più violenti assalti del vento. Cresce più vigorosa nelle terre mezzane, ma si accomoda bene anche nelle ciottolose, calcari o silicee, purchè non mancanti di una certa freschezza. Le esposizioni me- ridionali e le terre aride non le convengono. Fruttifica tra i 50—80 anni, più presto nelle terre secche, a 25—30 anni se il tronco proviene di un pedale. Raggiunge la maturità economica fra 120—150 anni. Le giovani piante soffrono per l’ombra. Il legno ras- somiglia quasi perfettamente a quello della Farnia se non che è un po’ più pesante, meno elastico, ma anche meno nodoso, onde è preferibile come legno da lavoro. Prodotti secondari: La scorza è più ricca di 78 tannino, e le ghiande che servono per alimento dei majali. ISCHIA. Quercus esculus, Linn. Albero di gran mole con rami lunghi, aperti, scorza grossa e profondamente screpolata. Foglie dure, con picciuolo lungo sinuoso-lobate, con lobi ora ottusi, ora acuti, integri o appena dentati, ristrette alla base, ondulate, con lanuggine stellata nella pagina inferiore, finchè giovani, glabre dopo. Amenti maschi pendenti, raccolti in mazzetti sui rami del- l’anno precedente; i femminei in forma di capolini rotondi sui rami giovani. Ghiande ascellari, sessili o brevemente peduncolate, solitarie o raccolte 2—3 all’apice di un peduncolo brevissimo, piuttosto grandi, ovoidi, tumide, pubescenti all’ apice e. chiuse per circa X% in una cupola emisferica rivestita di squame tomentose, compresse. Abitazione e fioritura. Sparsa in tutte le col- line commista alle altre specie, conosciuta volgar- mente col nome di Cerrone e Quercia Castagnola. Fiorisce verso la metà di Maggio. Caratteri forestali. Gli stessi delle altre specie di quercie, e massime della Farnia a cui somiglia per molti rispetti. La ghianda è più dolce che nelle due specie; però la fruttificazione è più fallace che nella Rovere. ( Quercie di foglie caduche e con frutto di maturazione biennale. ) CERRO. Quercus cerris. Linn. Albero alto fino 45 m. sopra un diametro di m. 1 —1'/, alla base, Tronco quasi diritto, rami molto 79 aperti, ‘rametti numerosi e piuttosto delicati onde la chioma è larga e arrotondata. Scorza di un verde bruno nei giovani fusti, cinerina e profondamente serepolata nei vecchi. Foglie alterne, con picciuolo corto, oblunghe, più strette alla base, profondamente sinuate, con lobi ineguali, muniti di piccola punta, come un callo, all’ apice; nella pagina superiore di un verde cupo e liscie , più chiare e pubescenti sotto. Stipole nelle foglie superiori e squame esterne dei bottoni pubescenti, cigliate, rossiccie in alto, verdo- gnole in basso. Amenti maschi gracili, pendenti , formati di una rachide in cui sono disposti fiorì pic- coli accompagnati da una brattea setacea, sessili o quasi, alcuni più vicini tra loro, altri più lontani, onde l’ amento è interrotto, con calice 2—3—4 lobo. Stami 3—6 più lunghi del calice, antere ellittiche, pelose. Amenti femminei, solitari o agglomerati 2—3, col pistillo circondato da una cupola subglobosa e 4 stili saldati alla base, in alto rivolti in fuori ed in giù. Ghiande ovoidi-oblunghe, di dimensioni va- riabili, solitarie o agglomerate 2—4 sovra un pe- duncolo corto e grosso, con cupola grande, le cui squame sono allungate in filamenti molli o pube- scenti, divergenti, e talora reflessi. Abitazione e fioritura. Fiorisce sempre circa 15 giorni dopo le altre specie, onde la fruttificazione è meno incerta: Catria ( Piccinini ), Carpegna, Monte Nerone, Fossombrone (Cappuccini). Caratteri forestali: Analoghi a quelli delle al- tre quercie. Preferisce le esposizioni intermedie fra Levante e Mezzogiorno. Cresce più rapidamente della Farnia e della Rovere, fruttifica regolarmente co- 80 minciando verso 50 anni. Legno duro in cui predo- mina sempre il tessuto fibroso, con raggi stretti e numerosissimi, di tinta scura, talvolta venata. Peso specifico: =0,92. Usi. Per l’ abbondanza dell’ alburno e la facilità con cui sì storce e fende sì adopera principalmente come combustibile eguagliando in potenza calorifica il Faggio, e somministrando un carbone ottimo per le arti fabbrili. Prodotti secondari: La scorza la quale è più ricca di Tannino ; le ghiande che, sebben meno vo- lontieri, sono mangiate dai majali. LECCIO. Quercus ilex. Linn. Albero di 15—18 m. di altezza e 2—3 di circon- ferenza nei luoghi fertili, arboscello nei terreni sas- sosì e sterili. Tronco quasi sempre contorto con scorza bruna e liscia in gioventù che col tempo si screpola finamente per lungo e per traverso. Rami principali eretto-patenti, gli altri aperti con i rametti cilin- drici, tomentosi, talvolta pendenti. Foglie persistenti sino al principio del terzo anno, strettamente elit- tiche, ovali-lanceolate od orbicolari-arrotondate , leg- germente cordiformi o appena attenuate alla base, appuntate od ottuse all’ estremità, dentato-spinose sui margini nei rami giovani, intere negli alberi vecchi, piccole o medie con 7—10 nervature, in una parola variabilissime anche sullo stesso albero, sopra verdi, liscie e lucenti, di sotto verdi-pallide e quasi liscie nelle piante giovani, bianco-tomentose nelle adulte. Stipole erette, più lunghe del picciuolo, li- 81 neari, acute bianchiccie; cadono presto. Amenti ma- schi molti, pendenti in fascetti alla base dei gio- vani rami dell’ anno, accompagnati in basso da una brattea ferruginea. Calice campaniforme 3—4, di rado 5—6 lobato, con 3—5 stami più lunghi di esso; antere ‘ovato-oblunghe inserite nel dorso, gialle, con un ciuffetto di lunghi peli bianchi nel mezzo. Amenti femminei solitari, nell’ascella delle fo- glie mediane dei giovani rami dell’ anno, formati di ?-—3—4 fiori sessili ognun dei quali è accompa- gnato da una brattea stretta, lineare, accuminata e spesso da due bratteole poste lateralmente ad essa. Involucro che abbraccia più della metà dell’ ovario che è quasi tondo, e saldato con il tubo del calice. Stili 3—4 con lo stiema rivolto in giù. Ghiande so- litarie 0 gemine, sessili o sostenute da peduncoli corti, grossi, tomentosi, polimorfe, cilindrico-oblun- ghe, ovali-globose, sormontate da una punta grossa, liscie in basso, lunghe 2—4 cm., con cupola campa- niforme, verdognolo-bianchiccia, coperta da brat- teole, piccole, triangolari, piane o leggermente in- grossate alla base. Seme amaro o dolce, anche sullo stesso albero, con testa delicata non aderente alla ghianda; cotiledoni piano-convessi, radichetta piccola, immersa. Abitazione e fioritura. Nei luoghi riparati di tutti i boschi dell’ Appennino, Furlo, Carpegna, Montenerone, Catria ( Piccinini ), Ginestreto, Bosco Baldassini, Caprile, S. Niccola presso Pesaro nei quali però fu piantato. Fiorisce tra 1’ Aprile e il Maggio; matura il frutto in Ottobre. Caratteri forestali. Albero di lento accrescimento, 6 82 proprio delle regioni meridionali e delle isole, e che nella Provincia trovasi presso il suo limite set- tentrionale. Preferisce i terreni calcari, secchi e profondi; teme più I’ umido che 1’ asciutto; fruttifica verso i 12—15 anni, regolarmente, fino a grande età. Produce coperto folto, del quale non soffrono le tenere pianticelle; rimette male dal pedale. Il legno di Leccio è durissimo e si giudica superiore a quello delle Quercie a foglie caduche; è di colore chiaro uniforme, castagno scuro nell’ interno, omo- geneo, di grana finissima e atto a prendere un bel pulimento. Considerato anatomicamente in ordine alla distribuzione dei tessuti elementari si osserva che ogni strato è essenzialmente composto di tessuto fibroso e suddiviso in zone concentriche strettissime, in cui i vasi eguali e sottili non formano una zona distinta sul margine interno, ma sono aggruppati con cellule legnose in lunghe linee sinuose. diver- genti che si prolungano senza interruzione da uno strato all’ altro per modo che gli accrescimenti sue- cessivi si confondono fra loro e non è possibile di- stinguerli. I raggi midollari sono ineguali, larghis- simi e numerosi. Peso specifico: =0,97. Peso relativo: uno stero fresco pesa Cg. 1225; secco Cg. 1083. Usi: per lavori di falegname, tornitore ed eba- nista, in grazia del pulimento che prende. Siccome però nel disseccarsi si contorce e fende, volendolo adoperare per questi usi, si fa rimanere per qualche tempo sott acqua. Nelle costruzioni si presta benis- simo per tutti quei lavori che devono star esposti alle intemperie. Come legname da ardere è tenuto in gran 83 conto, ed il carbone vien preferito a tutti gli altri per la fusione del ferro; secondo Siemoni, il legno verde non conterrebbe che 11,7°/, di materie evapo- rabili. TRIBÙ IV. JUGLANDEE. DC. ( Nome derivato dal genere Juglans: ) Alberi contenenti un succo astringente che si esala con odore aromatico dalle parti verdi quando vengono stropicciate. Foglie composte, pari o impari- pennate, prive di stipole, alterne, caduche, che si svolgono dopo i fiori. Gemme spesso inserite nel ramo sopra l’ ascella delle foglie, rivestite di due squame opposte che nascondono quasi del tutto le altre. Fiori monoici, di rado androgini od ermafroditi, i maschi in amenti cilindrici, laterali, i femminei sessili, so- litari o riuniti in numero di 2—3—4, radamente di più. Ciascun fioretto maschio consta: 1.° di una brattea squamiforme, semplice, talora trifida; 2.° di un calice saldato alla base conla brattea e diviso all’apice in 2—6 lobi ineguali, concavi; 3.° di numerosi stami inseriti sopra un toro saldato colla nervatura mediana della brattea. Filamenti corti liberi; antere con due loggie, parallele ed obblique sui margini di un connettivo che spesso s’ ingrossa e prolunga al di sopra di esse. La brattea dei fiori femminei conserva la sua forma in pochi generi, più spesso è saldata alla base, ta- lora anche col tubo del calice il cui lembo è sempre 84 diviso più o meno in 4 lobi. L’ovario infero è sor- montato da uno stilo corto, da cui partono 2—4 stigmi, allungati, reflessi, papillosi; contiene un sol ovolo, ortotropo, eretto, in mezzo di una loggia unica, di- visa in basso e sui lati da 4 tramezzi incompleti. Frutto chiuso del tutto in un involucro. carnoso (smallo ) formato dall’ involucro e il calice intimamente sal- dati e che alla maturità si rompe in frammenti ir- regolari. Drupa con mesocarpo fibroso, endocarpo ligneo, di forma globosa od allungata, bivalve, che si apre nel germogliamento. Seme modellato sui com- partimenti interni e perciò quadrilobo alla sommità e alla base, liscio o spesso ineguale alla superficie, con cotiledoni grossi, carnosi, oleosi, bilobi, radicola corta e supera, gemmula con due foglie moltifide. Niun genere di questa Tribù è spontaneo in Italia; uno solo è coltivato da tempo remotissimo, come nel resto dell’ Italia, così nella Provincia, G. NOCE. Juglons. Nutt. { Dallatino Sovis gluns, ghianda di Giove, per allusione alla bontà del frutto, ) Albero grande con tronco diritto, foglie impari- pennate, amenti maschi che si distinguono dai fem- minei fin nella gemma. Fiori maschi all’estremità, dei rami laterali; brattee rade, uniflore ; calice 5—6—par- tito; stami 14—36 con filamenti corti e connettivo più lungo delle antere. Fiori femminei 2—3—4 ag- gregati o solitari all’ apice dei rami, sostenuti da un peduncolo cortissimo. Involucro saldato al tubo del calice, stretto in alto con 3—4 intaccature ; calice 85 saldato esternamente all’involuero ed internamente all’ovario, con lembo quadrifido, allargato alla som- mità. Stili 2 cortissimi, con stigmi allungati e re- flessi, frangiato-papillosi. Drupa con mesocarpo che si rompe, nocciolo inegualmente rugoso, quadri-lo- culare in basso, uniloculare in alto, monosperma. Seme eretto con testa tenue, embrione grande, cotiledoni lobati. Specie comuni in Italia N. 1. Nella Provincia N. 1. NOCE. Juglans regia. Linn Albero di 12—20 m. con tronco cilindrico, nudo, diviso in grossi rami, aperti, per la massima parte, che formano una chioma larga e quasi tonda. Scorza di un bruno scuro e lucente in gioventù, screpolata per il lungo, più o meno profondamente, in vec- chiezza. Foglie con 5—9 foglioline opposte o qua- si gradatamente più grandi dalla base all’ apice della foglia, e ovali-acute, intere o leggermente den- tate, coriacee, liscie, verdi opache sopra, più chiare disotto e che disseccandosi divengono scure. Amenti maschi laterali presso la sommità dei rami di un anno, grossi, con brattee verdognole, filamenti degli stami bianchi, antere gialle. Involucro del frutto ovato, verdognolo, coronato dall’apice degli stimmi per lungo tempo persistenti, con buccia coperta di piccole macchioline a guisa di punti; guscio osseo, quasi piano alla base, acuto all’ apice. Il resto come nel genere. Abitazione e fioritura. In mezzo ai campi colti- 86 vati, s'incontra più di frequente in monte che in pianura, dove ormai fu estirpato perchè con l’ombra folta adduggia le cereali, e per venderne il legno divenuto caro. Fiorisce sui primi di Maggio; matura il frutto in Agosto—Settembre. Caratteri forestali. Non è pianta da bosco perchè cresce e fruttifica regolarmente soltanto se è isolata. È originaria dell’ Oriente, donde fu trasportata in Italia da epoca antichissima. Vegeta in tutti i ter- reni, ma prospera soltanto nei calcari leggieri; cre- sce rapidamente, massime in gioventù, ma la bel- lezza e bontà del legno, e la regolarità della frut- tificazione sono in ragione inversa della rapidità del- l’accrescimento. Riesce in tutte le esposizioni, ma come fiorisce precocemente i frutti allegano con più sicurezza nelle esposizioni di Levante e Mezzogiorno. Il legno è pesante, omogeneo, grigio, di color bruno più o meno venato, e quasi ondulato e fiammeg- giante ; è tenace ed elastico, prende un bel pulimento, per la qual cosa è ricercatissimo dagli stipettaj, in- tagliatori, carradori, meccanici, ed è riguardato come il più bel legno da mobili fra quelli. che cre- scono in Italia. Esaminato al Microscopio apparisce formato di tessuto fibroso, diviso in zone concentriche molto ravvicinate, separate da parenchima. disposto in lamine sottili. I vasi sono grossi, isolati o appena aggruppati, uniformemente ripartiti, i raggi uguali, sottili, corti e fitti. Peso specifico: fresco=0,78; secco=0,62, Peso relativo: di uno stero, fresco Cg. 942; secco Cg. 416. Resistenza media:=900. Brucia bene quantunque a 87 quest’ uso non si adoperino che i rami; il carbone è molto. stimato. Altri prodotti: 1.° le noci che si mangiano fresche e secche, per il qual uso però giova conservarle in recipienti ben chiusi affinchè a contatto dell’ aria l’olio che contengono non irancidisca; 2.° l’ olio che mediante la pressione si estrae dal frutto, e che quantunque sia siccativo, quando è fresco può ser- vire per condimento; le noci ne somministrano la maggior copia 3—4 mesi dopo la raccolta ; 3.° la scorza ed il mallo che contenendo molto tannino si adope- rano dai tintori per il nero. FAMIGLIA XXV. SALICACEE. Parl. { Nome derivato dal genere Salix. ) Alberi, arboscelli o frutici con legno quasi sem- pre bianco, leggiero e poco resistente, tronco eretto o giacente per terra, rami numerosi, cilindrici, più o meno pieghevoli, scorza liscia o screpolata, bian- chiccia o colorata, contenente sostanze o astringenti ed amare ( Salicina ), o odorifere ( Populina), o coloranti. Gemme vischiose. Foglie alterne, picciuo- late, semplici, penninervie, polimorfe, anche sullo stesso individuo, quasi sempre seghettate nel mar- gine. Fiori dioici, i maschi in amenti cilindrici, bis- lunghi, quasi sempre laterali, circondati alla base o di poche giovani foglie, ovvero di squame intere o frangiate, persistenti o caduche, spesso setose e 88 lucenti. Calice e corolla nulli. Stami 2—molti che nascono dal centro di un toro glandoloso od urceolato, e troncato obbliquamente, con filamenti filiformi, liberi, ovvero saldati insieme o alla base, o alla sommità. Antere inserite nel dorso con due loggie paralelle contigue che si aprono longitudinalmente. Amenti femminei, laterali, e terminali, cilindrici, o subglobosi ; pistillo solitario, ovario sessile su di un toro formato da 1—2 glandole, talora disposte a guisa d’orciolo, stili 2, corti, più o meno aderenti, ciascun dei quali è terminato da 1 stimma, 2—3 lobato, papilloso. Capsula monoloculare formata di 2 valve che alla maturità si ripiegano molto infuori ed in giù con l’ apice. Semi piccolissimi, numerosi, avviluppati da una lana, a guisa di cotone, abbon- dante. Embrione privo di albume, eretto; cotiledoni piano-convessi elittici, radichetta corta, infera. Generi ammessi N. 2. Rappresentati in Italia N. 2. Esistenti nella Provincia N. 2. Caratteri forestali. I generi compresi in questa famiglia sono il Salice ed il Pioppo, che racchiu- dono piante proprie dei luoghi umidi o palustri, mercè le quali si può trarre profitto di terreni che altrimenti riuscirebbero improduttivi. Alcune specie sono colti- vate in grazia della pieghevolezza dei rami; soppor- tano benissimo la rimondatura; il legno di tutte è dolce e di poca durata. Raccolta e disseccamento. Le piante di questa Famiglia fioriscono dal Marzo all’ Aprile, prima @ contemporaneamente allo svolgimento delle foglie, 89 2 per cui gli esemplari di ciaschedun sesso debbono essere raccolti in due volte. Per non cadere in er- rore quando si raccoglie il primo esemplare conviene fare alla pianta un segno che permetta di ricono- scerla quando piu tardi si raccoglieranno le frondi, od i frutti. Non s'incontra alcuna difficoltà per dis- seccarli. CHIAVE ANALITICA DEI GENERI t. Alberi e arbusti con gemme ricoperte da una sola squama, foglie allungate amenti eretti; brattee intere; squame glandulifere 1-2 alla base degli stami che per solito sono 2-3-5- G. Salice. 2. Alberi con gemme rivestite di un certo numero di perule embricate, resinose, odorose; foglie più o meno allargate, amenti pendenti, squame frastagliate, toro in forma di orciuolo obliquamente prolungato al difuori, stami 8-più. G: Pioppo G. SALICE. Salix. Tour. ( Nome primitivo derivato forse dalle parole celtiche sal lis, vicino all'acqua ctoè albero che cresce nelle vicinanze dell’acqua» ) Alberi o arbusti con foglie allungate, intere o dentate, alterne, accompagnate da stipole caduche o persistenti. Gemme interamente ricoperte da una sola perula che internamente è lanosa. Fiori dioici. Amenti maschi o all’ apice di ramoscelli laterali, più o meno raccorciati o di un rametto terminale, for- niti alla base di una brattea intera; stami 2—pochi, ora liberi ora monadelfi, ora del tutto saldati in 90 modo da sembrare sormontati da un’ antera unica a 4 loggie, che alla base hanno più spesso 1 di rado 2 glandole. Stili 2, ognun dei quali è terminato da uno stiema bilobo o bifido. Capsula uniloculare con semi numerosi avvolti in peli setosi. La determinazione delle specie di questo genere è molto difficile: 1.° perchè le specie sono numerose; 2.° perchè gli organi che somministrano i caratteri specifici non presentano grandi differenze; 3.° perchè non è possibile di fare contemporaneamente lo studio degli organi stessi che in generale si svolgono ad epoche diverse; 4.° perchè crescendo le specie con- sociate nei luoghi in cui trovano terreno propizio , ed essendo i sessi separati s’ incontrano quasi del con- tinuo degli ibridi. Per agevolarne lo studio ì botanici sogliono suddividerlo in parecchi gruppi. Io ho se- guita quella che il Chiarissimo Prof. Parlatore ha adottata nella sua Flora italiana. Caratteri forestali. Sono piante piuttosto agrarie che forestali, utilissime per le loro numerose radici ad impedire la corrosione delle sponde dei fiumi e rassodare le dighe. Amano in generale terreni leg- gieri, freschi ed umidi, alcuni però come la Salica riescono anche nelle terre aride e compatte. Esigono un terreno scoperto, perchè 1’ ombra delle altre piante è ad esse assolutamente contraria. Si riproducono per l’ ordinario di talea, crescono rapidamente, massime nei primi anni. Il legno è leggiero, ora bianco, ora rosso, in cui dominano i vasi quasi sempre isolati , o di rado aggruppati 1—5, uniformemente ripartiti. Il tessuto fibroso, formato di fibre larghe con pareti sottili è mescolato con parenchima legnoso e disperso 91 nella. massa del legno senza relazione con i vasi. Il canale midollare è pentagonale; i raggi sono sot- tili ed eguali. Il legno delle specie più grosse si adopera per cerchiami, o per scolpire giocattoli da fanciulli. Ridotto colle macchine in fetuccie sottili serve a far panieri od altri lavori analoghi. Bru- cia rapidamente con fiamma viva e chiara, che svolge molto calore ma dura poco. I rami di molte specie si adoperano per far panieri e cesti, quelli di altre per la loro tenacità servono a legare le viti. Dalla scorza di tutte. se ne possono ricavare materie tintorie, gialle, rosse, brune o nere; da quella del Salcio da legare, e di altre specie affini se ne ricava la sali - cina, alcaloide cristalizzabile tanto illustrato dal compianto Prof. Piria, e che si è cercato di sosti- tuire alla China quantunque con poco successo. Specie Italiane N. 28. Nella Provincia N. 4. Divisione 1.° Amenti laterali o all’ apice di rametti laterali più o meno raccorciati. Sezione 1. Brattee di un sol colore ovvero più pallide alla base e cariche alla sommità; caluche o di rado persistenti; stami 2-pochi, glandole per solito 2, una delle quali più indietro della base di essi. A. Brattee caduche. 3 SALCIO DA PERTICHE. Salix alba. Linn. Albero che, in favorevoli condizioni, arriva talvolta 9 a 15—25 m. di altezza sopra uno di diametro alla base, ma che per l ordinario rimane arboscello © frutice. Scorza cenerino-scura esternamente, rossiccia sotto, che invecchiando si fende longitudinalmente ed apparisce fibrosa. Rami principali molto lunghi, eretto-patenti, rametti sparsi, aperti, e talora penden- ti, pieghevolissimi, con scorza rossiccia o verdognola, setosi, verso l’ apice, glabri in basso. Foglie alterne, brevemente picciuolate, accuminate, ristrette alla base, più o meno bianche, setose sulle due faccie ma sopra tutto ‘sull’ inferiore, 5—6 volte più lunghe che larghe, con piccoli denti nel margine, e una glandoletta quasi tonda e scura all’ apice di ciasche- dun dente. Stipole piccole, lanceolate, sericee, e in generale solo nella parte superiore dei rami. Amenti anteriori o coetanei allo svolgimento delle foglie, cilin- drici con brattee sericee, forniti alla base di foglie inte- re; i maschi gracili, arcuati, con 2 stami liberi, antere gialle, polline abbondante, e con glandole che formano il toro o solitaria o Vl una innanzi | altra, Amenti femminei piccoli con molti fiori. Glandola quasi qua- drata, troncata e come smarginata superiormente, molto più corta dell’ ovario e della brattea. Stilo corto, stigmi bifidi, divergenti. Capsule ovoideo- coniche, liscie, sessili da prima, poi con pedicello cortissimo. Semi pochi, avvolti in lana bianca e mollissima. Se ne distinguono due varietà: 1.° Salcio a rami rossi, che è il selvatico; 2.° Salcio a rami gialli che è coltivato e di cui alcuni fecero una specie distinta ( Salia vitellina. ) Abitazione e fioritura. Comune in tutti i luoghi freschi, massime presso le acque correnti in. piano 93 ed in monte. L’ ho raccolto vicino a Pesaro ( Miral- fiore ), S. Angelo in Lizzola, Fossombrone, Urbania. L’ Azzaroli lo trovò a Gesso nel Monte-Feltro. Fio- risce in Febbrajo—Aprile. Caratteri forestali. Il Salcio ‘bianco è la’ specie più importante dell'intero genere sotto il rispetto economico: 1.° per le dimensioni che può acquistare; 2.° per l’ accrescimento rapido che continua fino a tarda età; 3.° per gli usi in cui viene adoperato: Esige per prosperare un terreno leggiero, profondo e piuttosto umido; ma vegeta discretamente anche negli asciutti purchè profondi e leggieri. Rimette fino a tarda età dai tagli fatti sul tronco, onde si pre- ferisce recidere le giovani piante a circa 2 m. dal terreno per forzarle ad emettere una corona di ra- moscelli di cui se ne lasciano crescere in seguito pochi affinchè ingrossino presto e somministrino pali per ripari lungo i fiumi. Il legnò è di colore roseo, uniforme, a grana fine, omogeneo, non si fende e non si ritira per il disseccamento. Si può segarlo con grande facilità. In grazia della poca com- pattezza si corrompe facilmente all’aria. Serve prin- cipalmente per far giocattoli, scattole, zoccoli, e, ridotto che sia in truccioli, se ne fabbricano cesti molto leggieri, panieri, e nel Modanese cappelli da testa leggieri che si dicono di frucciolo. Ridotto in nastri è adoperato per l impagliatura delle seg- giole di Chiavari. La varietà gialla per la. pie- ghevolezza e tenacità dei rami serve principal- mente per legare le viti; i rami grossi sono. ot- timi per cerchiami, i mezzani per formare i cestoni e rivestire gli argini lungo le sponde dei torrenti. 94 Il carbone leggero e poroso serve per la fabbrica- zione della polvere e per disegnare. Peso specifico: fresco=0,86; secco=0,41. Peso relativo: uno stero fresco Cg. 1115; secco Cg. 555. Potenza calorifica: del legno=839; del carbone=935. Materie evaporabili: per 100 di legno fresco=50,6: Carbone: in volume=45,8; in peso =33,7. B. Brattee persistenti. SALCIO DA CESTE. Salix amygdalina. Linw Albero di 4—5 m. di altezza, con rami sottili, un po’ angolosi, flessibili, che in primavera sono molto fragili. Scorza rosso-verdognola che invec- chiando diviene color canella e si sfalda in lamine sottili e larghe. Foglie oblungo-lanceolate, od oblun- go-ellittiche, verdi sopra, più o meno glauche, glabre in ambedue le pagine, seghettate nel margine, con denti ottusi, callosi all’ apice. Stipole lunghe, grandi, persistenti. Amenti peduncolati, accompagnati da molte foglie piccole e sottili, con rachide pubescente e brattee ovate, ottuse, glabre alla sommità, i ma- schi con moltissimi fiori distribuiti in giro, ciascun dei quali consta di 2 glandole, 3 stami liberi con filamenti setosi, apertissimi. Abitazione e fioritura. Comune lungo le rive dei fiumi e dei fossi, nella parte del Subapennino propriamente detto. L’ ho trovato al Ferneto, presso la Chiusa Albani nel territorio di Pesaro, lungo le sponde del Metauro verso Montemaggiore. Fiorisce nel Marzo. 95 Caratteri forestali. Il legno è spungnoso, bruno- seuro, nell’ interno, più chiaro verso l’ esterno del tronco, confondendosi coll’ alburno che è bianco. Pre- senta a quando a quando aureole di colorazione più chiara. Nessun uso particolare. a Sezione 2. Brattee di dure colori, è stami 2 liberi o più o meno saldate insieme» Una sola glandola. VETRICE ROSSA. Salix purpurea. Linn. Arboscello di 2—3 m. quando non viene tagliato, comunemente frutice in folto cespuglio con scorza cenerina nel pedale. Rami lunghi, flessibili, eretto- patenti, cilindrici, cenerini rossicci, talora sfumati di giallo, lisci, gracili, superiormente quasi lucidi. Gemme bislungo-lanceolate, rossiccie, liscie. Foglie opposte, quasi sessili, lanceolate inversamente, piane, opache, liscie, di color verde carico sopra, un po’ pallide e quasi glauchescenti sotto, con il margine seghettato-dentato. e i denti piu finì verso l’ apice. Mancano le stipole. Amenti sessili nudi, o con po- che foglie alla base, spesso opposti, cilindrici; nei maschi i fioretti sono folti, le brattee bianche in basso, rosso-scure in alto, fornite nel dorso e nel margine di lunghi peli bianchi, gli stami 2 com- pletamente saldati in tutta la lunghezza per modo che sembrano sormontati da un’ antera 4—loculare. Amenti femminei verdognolo—rossicci , quasi sessi- li, per lo più con 4 piccole foglie, 2 più grandi e 96 2 più piccole alla base, e con squame tomentose. Capsule ovoidi, sessili, tomentose; stilo corto, quasi nullo, stigmi bifidi con lacinie quasi erette di un rosso carico, e con la glandola molto più corta dell’ ovario. Abitazione e fioritura. Sponde della Foglia, ( Pia- no di Talacchio, Chiusa Albani, Metauro, sotto Montemaggiore, Apse presso Urbino ). Fiorisce da Marzo a Giugno secondo i luoghi. Usi. È adoperato comunemente per far panieri; gabbie da uccelli ed altri lavori consimili. Per la tenacità i rami possono impiegarsi come legami. SALICA. Salix caprea. Linn Albero di 15—20 m. in buon terreno, arbusto o frutice nei luoghi più sterili, con scorza di un verde grigio in gioventù e che diviene col tempo cinerina e sottilmente screpolata. Rami numerosi, aperti; rametti cilindrici, rossicci, o in parte ver- dognoli, leggermente pubescenti. Gemme biancastre con perule embricate del colore stesso e gli stessi peli dei rami. Foglie grandi, brevemente picciuolate , ovali-elittiche , cordiformi alla base, rugose e den- tellate verso l’ apice, di un verde intenso e lucide sulla faccia superiore, tomentose disotto. Stipole piccole, cordate-reniformi, leggermente crenulato- seghettate, caduche. Amenti sessili, nudi alla base, grossi, con brattee numerose, forniti di lunghi peli; appariscono prima delle foglie; i maschi ovoidi. pe- losissimi, odorosi, con la rachide fistolosa, i femmi- nei ovali-oblunghi, più numerosi dei maschi, ma più 97 piecoli. Capsule ovali-coniche, molto allungate, to- mentose, sostenute da un lungo pedicello ; stilo cor- tissimo ; stigma bifido con lacinie ottuse. Abitazione e fioritura. L’ ho raccolto a Monte- ciccardo, Fonte-Corniale, nelle vicinanze di Perticara, tra Fermignano ed Urbino. Fiorisce, secondo i luoghi, dal Marzo all’ Aprile. Caratteri forestali. È una delle piante più comuni nei boschi dei luoghi umidi, ma cresce per tutto, e mi è occorso di raccoglierla presso Fonte-Corniale in una marna silicea delle più aride in estate. Perciò è forse la pianta più acconcia a rivestire i terreni sterili e bonificarli con i detriti. Rimette vigoro- samente dai tagli, onde si governa a ceduo di ca- pitozza. Il legno è di color rosso, uniforme, e di grana fine e però sotto questi rispetti somiglia al melo. Si adopera negli stessi lavori che quello di Salcio bianco. Brucia con fiamma viva e perciò è proprio principalmente per riscaldare i forni; i grossi rami scortecciati e fatti seccare prima per- fettamente, sì adoperano per sostenere le viti, acqui- stando in tal modo durata quasi uguale a quella del Castagno. Peso specifico: del legno fresco=0,74. Del Car- bone=0,20. Nei luoghi umidi il legno crescendo più presto è assai meno denso. Peso relativo: uno stero fresco Cg. 812; secco Ce. 603. Potere calorifico: legno di 70 anni=1222, Carbone=1173 ritenendo quello del Faggio=1600. Materie evaporabili:=66,3 °/,, Car- bone °/, di legno, in volume=48,7, in peso=33,7. Prodotti secondari. Foglie e giovani vermene mangiate con avidità specialmente dalle capre ; ra- " 98 ? metti abbastanza flessibili per farne cesti; le Api trovano gradito nutrimento nei fiori, Sebbene non mi sia occorso di ritrovare nel territo- rio della Provincia che le sole specie antecedentemente descritte, tuttavia molte ragioni mi conducono a supporre che possano esistervene alcune altre le quali si rinvengono tanto nella Provincia di Forlì che in quella di Macerata. Non potendo tuttavia fare per queste le descrizioni sul vero, ho creduto perciò cosa utile porre qui appresso le dia- gnosi di queste specie, come si trovano nella Flora del Bertoloni le quali per brevità rispondevano allo scopo che mi sono proposto di eccitare qualche giovane studioso a ricercarle. VETRICE BIANCA. Sulix incana. Schrank. Foglie lavceolato-lineari o lineari, denticolate, col marginè rovesciato , tomentose sotto; stami 2, capsule pedicellate liscie, stilo lungo, stigmi bifidi. saLcIO cINEROGNOLO» Salix cinered. Linn. Foglie lanceolate o ellittiche, dentate o quasi integre, sotto puberole, in gioventù setose al pari delle gemme; stipole pic- cole, reniformi o nulle; amenti quasi sessili, brevemente pe- dupcolati , fogliferi alla base, squame oblunghe; capsule varia- mente pedicellate, ovate alla base, lungamente subolato-rostrate, tomentose ; stilo di varia lunghezza , stigmi bifidi. saLciaccio. Salix grandifolia. Ser: Foglie oblunghe, accuminate , denticolate, sotto glauche, ma in gioventù mollemevte pubescenti , stipole grandi, semicordato- ovate, dentate o quasi integre ; amenti cilindrici subsessili molto più corti; brattee sempre lanceolate ; capsule pedicellate , colla base ovata, lungamente rostrato-subolate , tomentose ; stilo bre- vissimo , stigma bifido. sALcIO SILVANO. Sulix nigricans. Smith» Foglie ovate, ellittiche, lanceolate, seghettate, glandulose, liscie, glauche sotto; amenti quasi sessili o brevemente pedun- colati , con poche foglie; capsule conico-subolate , pubescenti o glabre; stilo lungo, stigmi smarginati. G. PIOPPO. Populus. Tourn. { Dalgreco paipallo, agitare per allusione all’oscillare continuo delle foglie.) Alberi quasi sempre alti o altissimi, con foglie alterne, munite di picciuolo più o meno lungo, ri- stretto alla base e più o meno compresso lateral- mente in alto, quasi sempre angolose, dentate, ac- compagnate sempre da 2 stipole squamose, caduche. Gemme rivestite di squame numerose, embricate a spirale, talora vischiose ed odorifere. Fiori dioici in amento, anteriori o contemporanei alla comparsa delle foglie, laterali, lunghi, cilindrici, pendenti dopo lo svolgimento. Amenti maschi accompagnati da brattee più o meno frangiate, caduche, nell’ ascella delle quali stanno i fioretti portati da un corto pe- dicello o sessili. Stami 8—42—più, con filamenti li- 100 beri inseriti sul toro. Amenti femminei, simili, con ovario uniloculare, cinto alla base dal toro, conte- nente ovuli numerosi, anatropi, disposti in parecchi placentari parietali, e sormontato da uno stilo corto. Capsula pedicellata, conica, bivalve, con il margine fortemente ripiegato indentro; semi numerosi, esigui, ovati, coronati da lana corta, eretta, densa, setosa, bianca. Caratteri forestali. Sono piante di accrescimento rapido, molto affini ai Salici, anche sotto il rispetto economico. Il legno è formato di vasi grossi, talora riuniti 2—7 in piccole linee raggianti od oblique, circondate di parenchima legnoso, non visibile però ad occhio nudo, con pochissime macchie e vene di tessuto cellulare più scuro. Le piante comprese in questo genere furono divise in due sezioni. Specie ammesse per |’ Italia N. 4. — Nella Provincia N. 4. Sezione 1.° Leuce. Dioscor. ( Dal greco Zeuce nome del Pioppo bianco» ) Messi giovani e gemme cigliate , pubescenti o cotonose, ma von vischiose; foglie cotonose sotto, stami 8, brattee cigliate. GATTICE. Populus-Alba. Linn. Albero alto talora m. 15-30 con 4 m, di dia- 101 metro alla base, per solito di 10—15 soltanto, con tronco diritto, cilindrico, e rami sparsi, patenti, per cui la chioma è ampia. Scorza cinerina o cenerino- verdognola, liscia fino a tarda età poi serepolata con le screpolature larghe e profonde, più o meno rom- boidali, bianco-tomentose nei rami giovani. Gemme piccole, eretto-patenti, ovate, acute con perule em- bricate, rossiccie, bianco-tomentose, non vischiose, Foglie ovali, triangolari, angolose, talora quasi cor- date alla base, dentate, sopra di un verde scuro, sotto bianco-tomentose in gioventù, più pallide e quasi liscie in seguito. Le foglie delle vermene più vigorose, e dei rimessiticci giovani sono molto più grandi, e palminervi. Amenti maschi, sessili, cilindrici con brattee quasi in forma di cuneo, fimbriate, ci- gliate verso l’apice; stami 8, diseguali. Amenti fem- minei delicati; fiori numerosi, patenti, con pedicello breve e con squame dentate e cigliate. Toro assai corto, quasi tondo; stilo corto; stimmi profondamente bifidi; capsule ovoidi, liscie, bivalvi. Abitazione e fioritura. Sponde della Foglia, e del Metauro, quà e là commisto alle altre specie. L’ho raccolto nelle vallate di S. Angelo, Monte S. Maria, Mercatino della Conca. Fiorisce in Marzo—Aprile. Matura il frutto in Maggio. Caratteri forestali. Ama terreni freschi, esposi- zioni temperate; stenta e perisce nei compatti, ne- gli aridi e negli uliginosi ; nei luoghi esposti a venti impetuosi, ed a forti variazioni di temperatura rimane arboscello. Gitta numerose radici superficiali che si allungano moltissimo e mandano numerosi polloni : 102 rappresentano il 14—16 °/, del volume totale del legno, per cui serve, quantunque meno bene dell’ Ontano, a tener legato il terreno affinchè non smotti lungo le sponde dei fiumi. Dà coperto leggiero; rimette vi- gorosamente dai tagli, onde costumasi governarlo a capitozza alta. Cresce rapidamente, sicchè a 30—40 anni ha raggiunto il limite della maturità economica; entra in periodo di decadenza tra i 50—60 anni. Fruttifica tra i 20—25 anni, regolarmente ed in co- pia; però i semi di rado germogliano onde si mol- tiplica sempre di talea. Il legno è bianco, tenero, flessi- bile, nell'interno venato e colorato di bruno chiaro, la grana ne è uniforme per cui si dissecca senza fendersi. Tra per questo e tra per l’ essere privo di nodi gli stipettai ne fanno gli scheletri dei mobili, che poi rivestono con lamine di legnami più pre- giati; con quello del pedale e delle radici anche mo- bili leggieri. Non può essere adoperato nelle costru- zioni all’aperto poichè infradicia facilmente, ma serve a far travi e travicelli, centine per i soffitti ecc. ei PIOPPO GATTERINO. Populus canescens. Smith. Albero di molto minori dimensioni del prece- dente, a cui somiglia in gran parte per la scorza e la disposizione dei rami. Foglie ovali, subrotonde, spesso repando-dentate, verdi, liscie, alquanto lu- centi sopra, sotto appena tomentose. Amenti maschi più densi che quelli del Pioppo bianco, con brattee quasi erose, ferruginee. Amenti femminei lunghi, 103 pendenti, .ovato-ottusi, colle brattee profondamente divise. Abitazione e fioritura. Sui margini dei fiumi e torrenti, nella parte media della Provincia, talora anche sulle marne calcari nell’interno dei boschi, massime nelle ultime diramazioni delle Cesane pres- so Montebello, e Fonte-Corniale. Fiorisce in Marzo. Fruttifica in Maggio. TREMOLO. Populus tremula. Linn. Aibero meno grande del Gattice, ma che in circostanze favorevoli giunge perfino a 25 m. d’al- tezza con diametro proporzionato. Tronco diritto, con rami patenti e chioma larga, ma rada, essendo for- mata di 2—3 branche quasi orizzontali che sosten- gono pochi rametti angolosi, grossi e corti. La scorza nei rami giovani è rossiccia e pubescente, quella dei vecchi cenerino-bianchiccia. Gemme ovato-accumi- nate, rossiccie, quasi liscie, vischiose. Foglie alterne, polimorfe, pressochè orbicolari, alquanto appuntate, dentate, glabre, quasi di un sol colore sulle due faccie, con picciuolo lungo, sottile, schiacciato perpendico- larmente al lembo, per cui tremolano al menomo soffio di vento. Nei rami giovani, e specialmente nelle vermene che partono dal pedale sono 2—6 volte più grandi, brevemente picciuolate, cordiformi alla base, ovali-accuminate all’ apice, crenelate o dentate nel margine, di tinta più o meno cinerea sotto e sopra, e di consistenza quasi erbacea tantochè sì direbbero appartenenti ad un’ altra pianta. Stipole 104 lineari, piuttosto lunghe; mancano spesso. Amenti cilindrici, aggruppati presso l’ apice dei rami, pendenti lunghi, cilindrici, ottusi con brattee rade, profon- damente incise, pelosissime ; fiori maschi con 8 stami, antere ovali-tonde di color rosso. Capsule ovoidi : liscie, stimmi sessili, bifidi. Semi pochi con molta lana. Abitazione e fioritura. L’ ho raccolto nei fossi presso Monte S. Maria, Farneto, Macerata-Feltria, lungo il Metauro, presso Fossombrone. Al Catria non sì trova non alzandosi sopra il piano di Gubbio (Piccinini). Fiorisce in Marzo ed Aprile; matura il frutto verso la fine di Maggio. | Caratteri forestali. Preferisco i climi temperati onde nelle montagne non si alza molto sopra la re- gione delle quercie, degenerando in arbusto ad al- titudine maggiore. Non prospera nei climi caldi, per cui nelle pianure difficilmente accade d’ incon- trarlo in buono stato di vegetazione. Al pari degli altri Pioppi sì accontenta di qualunque terreno, ma lo predilige compatto e discretamente umido. Gitta radici numerose, striscianti, che si estendono lontano ed emettono numerosi polloni. Il fogliame per la mo- bilità e la posizione verticale del lembo produce co- perto molto rado. Cresce rapidamente; fruttifica al- V età di 20—25 anni: i semi per il ciuffetto di lana da cui sono accompagnati, vengono trasportati dal vento a grandi distanze, ma nascono difficilmente, per cui si propaga piuttosto di talea o per polloni emessi dalle radici. Verso i 50—60 anni arriva a maturità; dopo quest’ epoca si caria facilmente nel» l’interno. Il legno è bianco, tenero e poroso, e per 105 conseguenza non può somministrare legname d’ opera. Tuttavia per il rapido accrescimento e la facilità di mol- ‘tiplicarsi è pianta forestale molto acconcia per ri- vestire i terreni poveri e denudati, preparandoli be- nissimo con le spoglie alla vegetazione di essenze più pregiate. Peso specifico : del legno=0,660—0,760; del car- bone=0,184. Peso relativo: uno stero pesa, fresco Cg. 869, secco Cg. 488. Potenza calorifica : del legno di un fusto di 60 anni=1008, di 20=1146; del carbone lasciato da un legno di 60 anni=988, di 20 anni =1017, presa quella del Faggio come confronto e fatta=1600. Materie evaporabili: 44 °/,. Carbo- ne: 100 parti di legname ne contengono, in pe- so 39,5, in volume 44,2. i Prodotti secondari. La scorza che nelle regioni settentrionali d’ Europa serve alla concia del cuojo fine; il carbone che si usa nella fabbricazione della polvere da fucile. Li Sezione 2.° Aigeiros Dioscor. ( Da aigeinos , nome greco del Pioppo nero, ) Vermene giovani è gemme liscie: viscoso-resinose. Foglie e brattee liscic stami 12-50. ALBERACCIO. Populus nigra. Linn. Albero di 20—30 m. con rami lunghi, quasi oriz- zontali; scorza nei fusti giovani verde-giallognola, 106 cenerina e profondamente serepolata nei vecchi. Gem- me odorose, ovato-accuminate, vischiose, erette, e quasi appoggiate sui rami. Foglie glutinose subito dopo lo sviluppo, alterne, picciuolate, triangolari , accuminate e dentate leggermente, liscie, di colore verde oscuro sopra, più languido sotto, quelle in basso grandi, ondeggianti nel margine, di un sol colore sulle due faccie. Amenti cilindrici, densi, con squame liscie, quasi frangiate, cigliate, caduche. Stiemi gialli quasi sessili, bipartiti o bilobati. Antere rosso-Scure. Abitazione e fioriture. È comune lungo i fossi ed i fiumi di tutta la parte media della Provincia. L’ho raccolto a Pesaro lungo il vallato, a S. Angelo, verso la Guastaglia, a Fossombrone, al Ponte in Foglia, e in Urbania. Fiorisce in Febbrajo, Marzo. Secondo i luoghi, sempre prima della comparsa delle foglie. Matura il frutto nel Maggio. Caratteri forestali. Ama i terreni freschi, fuori dei quali intristisce. Presenta tutti i caratteri degli altri Pioppi, dai quali sì distingue: 1.° per tendenza ad emettere succhioni dal pedale; 2.° per coperto alquanto più folto. Il legno è pieghevole e leggiero, bianco, venato di nero nell’ interno, le zone legnose sono grosse, 0 circolari, ma è alquanto nodoso, specialmente se, come per solito fu tenuto, a capi- tozza alta, rimondata ogni 2—8 anni. Per la leg- gierezza si adopera a far casse di spedizione, centine da soffitti, correnti ece. Peso specifico: fresco=Cg. 660—0,760, seccato all’ aria=0,050, alla stufa=0,42—0,30. Peso relativo: 107 uno stero fresco Cg. 874, secco Ce. 418. Potenza calorifica: a quella del Faggio come 49: 100. Ma- terie evaporabili: 52,5; legno secco 47,5. Prodotti secondari. La Resina delle gemme che si adopera in medicina. Le foglie che si fanno ser- vire al nutrimento del bestiame, e specialmente delle pecore nell’ inverno. PIOPPO CIPRESSINO. Populus pyramidalis. Rozier- Albero alto 80—35 m. con tronco prolungato fino alla punta e fin dalla base guarnito di rami gracili, diritti, ascendenti, che tendono a ravvici- narsi al tronco per cui nell'insieme prende forma conica. Scorza cenerino-chiaro opaca, liscia, in gio- ventù, screpolata in vecchiaja. Gemme strettamente avvicinate al rami. Foglie con picciuoli lunghi e depressi, alterne, larghe, deltoidee, appuntate, leg- giermente dentate, glabre da ambedue le parti e lucide. Fiori in amenti come nel Pioppo nero, se non che sono alquanto più precoci. Gli individui os- servati in Francia e in Italia non portano che amenti maschi. Somiglia moltissimo al Pioppo nero, onde al- cuni fra i quali il ch. Prof. Parlatore lo considerano come semplice varietà del Pioppo nero. Abitazione e fioritura. A Pesaro, Fano, Fos- sombrone lungo i fiumi e sopra tutto per ornamento. Fiorisce sui primi di Marzo. Caratteri forestali. Cresce vigoroso nei terreni leggieri ed umidi; vegeta discretamente anche nelle terre aride, per cui alcuni sogliono piantarlo sui mar- 108 gini dei campi per determinarne i confini. A 18—25 anni può essere tagliato con profitto. Si propaga uni- camente di talea, non può crescere in bosco chiuso. Il legno è più leggiero e poroso delle altre specie congeneri. Le zone legnose sono grosse, irregolari ondeggianti, molto nodose per le frequenti rimonda- ture a cui per solito è sottoposto. E siccome in questi punti prende bene il pulimento, gli ebanisti sogliono adoperarlo per impiallacciature , che però conviene tener grosse circa 4 mm. FAMIGLIA XXV. ORTICACEE. Parl. ( Dal genere Ortica. ) Alberi, fratici, soffrutici, o piante erbacee, perenni ovvero annue. Fusto cilindrico o angolato, semplice e di frequente ramoso, eretto, giacente, 0 anche strisciante per terra, di rado volubile. Foglie alterne o distiche, talora opposte, semplici, palmate o pinnatifide, col margine spesso dentato o seghet- tato, per lo più coriacee, ruvide in una o in ambe- due le pagine, pubescenti o pelose, con peli sem- plici o stellati, in alcune specie orticacei, di rado liscie , accompagnate quasi sempre alla base del picciuolo da 2 stipole caduche. Fiori incompleti es- sendo sempre privi di corolla, monoici, di rado dioici o poligami, rarissime volte ermafroditi, disposti in ispica, grappolo, capolino, panocchia; in pochissime specie solitari od ascellari, in tutte le altre o rac- 109 colti sopra un ricettacolo più o meno dilatato, piano o concavo ( Ortica), carnoso e globoso ( Gelso ) alveolato ( Platano ) ovvero chiusi nella cavità di un involucro grande, munito di un orificio all’ api- ce (Fico); quasi sempre accompagnati da brattee le quali talvolta saldandosi fra loro e colla base del calice formano un’ altra specie d’ involucro. Calice per l’ ordinario 4—5, poche volte 1—6 partito; di rado saldato con l ovario; in poche specie le divi- sioni arrivano fino alla base, nella boccia del fiore sono sempre valvate o embricate. Nei fiori femminei dopo la fecondazione talora ingrossa, divenendo mem- branaceo, carnoso o farinaceo. Stami inseriti sul fon- do, di rado nel mezzo del calice; in numero corri- spondente ed opposti alle divisioni di esso. Filamenti curvati in dentro nella boccia del fiore, che talora si raddrizzano con elasticità; antere spesso introrse con connettivo più o meno grosso, talvolta slargate in disco sopra le loggie che quasi sempre sì aprono per il lungo. Stili 2 di rado 1, saldati spesso alla base, stimmatosi con papille per | ordinario assai lunghe. Ovario libero, quasi sempre uniloculare per aborto parziale e totale dell’ aitra loggia. Ovolo so- litario. Frutto consistente il più delle volte in un achenio racchiuso dal calice divenuto membranaceo o carnoso ( Ortica, (Gelso ) di rado in una samara ( Olmo ) 0 in una drupa ( Bagolaro ) o in un sicono ( Fico ) Seme con testa per l’ ordinario membrana- cea e radicola supera. (Generi ammessi N. 42. — Esistenti in Italia N. 10). Nella Provincia N. 8 110 Caratteri forestali ed economici. La sola pianta di questa famiglia che abbia una certa importanza sotto il rispetto forestale è l’ Olmo il quale però non forma mai boschi interi, ma trovasi più o meno con- sociato con altre essenze. Grandissima però è l im- portanza agraria ed economica che hanno la Canapa ed il Gelso per l’Italia centrale, il Fico per il mezzo- giorno, l’ Olmo e fino ad un certo punto anche il Luppolo. Gli altri generi non comprendono piante che finora abbiano avuto particolari applicazioni. Raccolta e disseccamento. Essendo queste pian- te nella massima parte dioiche o monoiche diviene necessario per quasi tutte le specie raccogliere esem- plari doppi e per le femmine nelle due epoche di- verse della fioritura e della fruttificazione. Non s’in- contra alcuna difficoltà nella preparazione e dissec- camento degli esemplari. CHIAVE ANALITICA DEI GENERI 1. Fiori monoici, in ispiche separate c riunile entro un ricettacolo comune, cavo, carnoso, in forma di Pera. G. Fico. Fiori monoici in ispiche con il calice dei fiori femminei che diviene succo- lento alla maturità. G. GeLso Fiorì monoici ascellari col fusto alquanto carnoso. G. CONNINA: a: Fiori dioici, fusto eretto, foglie digitate, opposte in basso, alterne in alto» G. CANAPA, 111 Fiori dioici, fusto volubile, foglie. palmi-lobate o solamente dentate, tutte opposte. G. LuppoLo. 5: Fiori dioici e monoici, calice diviso fino alla base, con peli orticacei, foglie opposte» G. OrtICA. Fiori poligami ed ermafroditi in capolini ascellari con foglie alterne, G- PARIETARIA- Fiori ermafroditi con foglie dentato-seghettate che appariscono dopo i fiori; ovatio biloculare; frutto schiacciato membranaceo . G. OLmo: TRIBÙ I. CANNABINEE. End. ( Dal genere Cannubdis ) 13 Piante con fusto erbaceo che è eretto in quelle che sono annue, volubile nelle specie vivaci. Foglie sempre munite di stipole opposte 0 alterne solamente in alto, picciuolate , talvolta glandolifere. Fiori dioici, i maschi in grappoli o pannocchie; calice pentasepa- lo, stami 5 opposti ai sepali e inseriti sulla base di essi; filamenti sottili e brevi; antere terminali, bi- loculari con loggie opposte. Fiori femminei in ispica 0 in capolini con calice monosepalo squamiforme che abbraccia o chiude l’ovario. Ovario libero, ovoide 0 quasi globoso; ovolo che pende dall’ alto della log- gia, ricurvato sopra se stesso; stilo cortissimo, sti- gmi 2 filiformi. Frutto o un achena abbracciata dal calice accresciuto o una cartosside liscia chiusa nel 112 calice. Seme pendente, con endoplevra carnosa, em- brione privo d’ albume, gemmula curvata in spirale, radichetta supera. Generi italiani N. 2 — Nella Provincia N. 2. G. LUPPOLO. Humulus. Linn. { Nome derivato dal latino humus, tecra , per allusione al fusto strisciante lella specie di questo genere. ) Piante vivaci con fusto volubile a sinistra; foglie quasi sempre opposte, portate da un lungo picciuolo, larghe scavate in cuore alla base, intere o divise in 83—4—5 lobi disuguali, dentate nel margine. Sti- pole membranacee, talvolta saldate insieme in parte o quasi interamente. Fiori maschi in racemo, calice con 5 sepali, uguali, ottusi; patenti, bianoastri, sta- mi 15; antere grosse oblunghe, con un’ apertura verso l’alto dopo la fecondazione. Fiori femminei in amenti corti formati di bratee grandi membranoso- fogliacee, 1—2—fiore. Calice persistente, piccolissi- mo, in forma di una squama ottusa, accartocciata alla base dell’ovario. Stili 2 lunghissimi, stigmi semplici; frutto strobiliforme, formato dalle brattee e dai ca- lici ingrossati che cuoprono acheni piccoli compressi, con pericarpio delicato, munito di numerose glandole contenenti una resina giallastra, amara e molto odo- rosa ( Luppolina ). Seme, lenticolare, embrione con i cotiledoni curvati in ispira. Specie italiane N_1 — Nella Provincia N. 1. 113 LUPPOLO. Humulus lupulus. Linn. Pianta perenne con radici striscianti da cui spun- tano numerosi germogli. Fusto erbaceo, leggermente angolato, fistoloso, munito in ogni articolazione di 2 stipole membranacee, bifide, caduche, scabro, ra- moso e che si alza 4—5—10 m. attenendosi alle siepi ed agli alberi intorno cui si ravvolge da sinistra a destra. Foglie opposte che spuntano dai nodi alla di- stanza di 30—50 cm. Fiori femminei portati da un pe- duncolo lungo che nasce all’ ascella delle foglie su- periori, per cui vi sono 2 amenti opposti e uno al- l’apice del ramo o del fusto. Il resto come nel genere. Abitazione e fioritura. Nelle siepi e nei luoghi freschi ed ombrosi. L’ ho raccolto nella parte supe- riore della valle della Genica presso Pesaro; a Gi- nestreto; Monteciccardo; presso Fossombrone. Fiori- sce verso il Settembre. Usi. Coltivato in grande da tempo antichissimo nell’ Europa centrale per dare il sapore amaro e l aroma alla birra, ristrettamente e quasi per espe- rienza in Italia in cui 1.° incontra clima poco favore- vole; 2.° per il buon mercato del vino si fa poco consu- mo di birra. È pianta molto esigente rispetto al ter- reno che alla sua volta esercita molta influenza sulla forma e colorazione dei coni e sulla qualità della Luppolina. Meglio che in tutte le altre riesce nelle terre di consistenza mezzana, profonde, fresche, fer- tili e ricche di carbonato di calce e potassa che sono i sali preponderanti nelle ceneri del Luppolo. Per il modo di vegetare esige situazioni riparate da venti 8 114 impetuosi; per la natura dei prodotti il clima non dev’ essere umido eccessivamente o piovoso in Ago- sto e Settembre che è l’ epoca della raccolta. Si mol- tiplica per seme, talea o margotta la quale però si preferisce agli altri due modi, ottenendosene piante fruttifere nel primo anno. Si pone in file distanti m. 2, lasciando tra pianta e pianta l’intervallo di altri 2 m. per cui in un Ettare se ne hanno 2500 piante ciascuna delle quali è sostenuta da una lunga pertica. Si con- cimano ogn’ anno con 10—12 Cg. di letame per ceppo. La Luppolaja dura 20—30 anni al termine dei quali però la terra è come esaurita. Il raccolto in media è per Ettare di 900—1000 Cg. di coni, i quali per- dono nel disseccarsi più di 2/3 del peso. I fusti rac- colti in fastelli servono a riscaldare i forni; le messi giovani si mangiano cotte come gli asparagi, e si vendono nei paesi di campagna col nome volgare di Dafni. Il Luppolo nei giardini serve a coprire per- golati; potrebbe anche somministrare una fibra tes- sile tenacissima. (1. CANAPA. Cannabis. Linn. ( Da Kannabis, nome greco della Canapa. ) Comprende una sola specie oriunda delle m- die Orientali e della Persia, coltivata in tutti ì paesi temperati, in grande nelle vicine Romagne, ristret- tamente in tutti i territori della Provincia. CANAPA. Canabis sativa. Linn. Pianta annua con radice lunga a fitone, poco ramificata, biancastra. Fusto eretto, angoloso, sem- plice o ramoso. Foglie inferiori opposte, le superiori alterne, lungamente picciuolate, palmi-partite con foglioline strette, lanceolate, dentate in sega, verdi- scure sopra, più pallide sotto, sparse nella sostanza della lamina di piccole glandole contenenti un prin- cipio odoroso-narcotico. Fiori maschi in racemo nel- l ascella delle foglie. Calice pentasepalo; antere oblungo-lineari. Fiori femminei in capolini ascellari, quasi sessili. Ciascun fioretto è munito di una pic- cola brattea e di un calice gamosepalo a guisa di eartoccio in cui è racchiuso l’ ovario che è quasi ro- tondo, monoloculare, contenente un sol ovolo pen- dente dall’alto della loggia. Stili/2, stimmatosi. Frutto una cariosside monoloculare, bivalve, indejescente, quasi rotonda. Seme pendente, oleifero con testa mem- branacea, verdastra; embrione privo di albume; co- tiledoni incombenti, convessi nel dorso; radicola lunga, supera, opposta al micropilo. Fioritura. Fiorisce dal Giugno all’ Agosto. Caratteri agrari ed usi. La Canapa non è molto esigente rispetto al elima, nondimeno, meglio che altrove, prospera nei paesi caldi e piuttosto umidi, nelle esposizioni non soggette a gelate tardive e a venti impetuosi, ed aridi, che ne rompono i fusti e deteriorano il tiglio. Richiede terreni freschi ma non 116 umidi, calcari piuttosto che argillosi; nei compatti il tiglio riesce grosso e forte, nelle alluvioni leggiere meno lungo e tenace, ma più fino e lucente. La terra deve essere ricchissima di azoto, fosfati, calce e po- tassa, come si deduce facilmente dalle analisi se- quenti : ANALISI ELEMENTARE { KANE } Fusti Foglie «lisseccati a+. 100 disseccale a + 100 Garbonio 59,94 40,50 Jdrogene 5,04 5,53 Ossigene 43,72 29,79 Azolo 1374 1,72 Sali minerali 4,65 22,00 100,90 100,00 ANALISI IMMEDIATA DEI SEMI ( BOUSSINGAULT ) Acqua . i ' . . . ) . . 12,2 Olio . È . ; , è i : . 53,6 Muterie organiche non azotale ° } 4 6 . 25,6 Ligneo . . È . » ; . 2 k 12,1 Materie organiche azotate è . . . . « 16.5 Materie minerali È ‘ 7 : 7 , . 2,2 REI 117 ANALISI DELLE CENERI ( De Bago ) ( LEUCHTIVEIS ) Pianta Semi Potassa T4o 21567 Soda 0.90 0,66 Calce 57,20 26,75 Magnesia 7,45 1,00 Acido fosforico 12,05 54,96 solforico 1,49 0,08 —— silicico 9,25 14,04 Ossidi di ferro e manganese ,, 0,77 Cloraro di sodio (90 0,09 100,00 100,00 Inoltre la terra deve essere resa soffice con ri- petuti lavori. Nel Bolognese che può essere citato in esempio per questa coltura, il Canapajo è lavorato prima in Luglio, poi verso la fine di Agosto per seminarvi Fave o Rughette che in Novembre sì so- vesciano nella ravagliatura, lavoro eseguito con un potente aratro alla profondità di 40—45 cm., poi in Primavera si torna a lavorare di sottile, dispo- nendo la superficie in ajuole larghe m. 2, 50—3 e pianeggiandola con gran cura. Sebbene la filaccia che sì esporta dal terreno sia cellulosi quasi pura (€'? 0'° H'o ) dei cui compo- nenti l’ atmosfera è sorgente gratuita ed inesauri- bile, tuttavia la Canapa è pianta voracissima, an- dando perduta con l’ acqua dei maceri gran copia di materia fertilizzanti come risulta dai lavori del Kane e del ch. Prof. Sestini. — Il quale avendo testè 118 ripreso lo studio di tale importante argomento, con- frontando il residuo ottenuto dall’ acqua che alimen- tava un Maceratojo col deposito lasciato dalla me- desima dopo che aveva servito alla macerazione ri- conobbe che per ogni litro di essa la Canapa aveva abbandonato Organiche - . . x . . ; Gr. 3,855 Minerali > : . . . È : sO, Materìe Totale Gr. 7,028 Determinata poscia la quantità e qualità di que- sta materia trovò che un Litro d’acqua aveva tolto alla Canapa Silfce®', . : : : : : - . 0,049 > di ferro i Fosfati » calce Î - x - s . ; 0,297 » Magnesta Carbonato di Calce con traccie di Magnesia e Solfati . . 1,287 Carbonato di Potassa con traceie di Cloruri e Solfati . . 1,997 Materie organiche . . . : ì : : î i 5,855 Perdita . : ; 7 i J ‘ ‘ . 0,004 7,028 Dal che si vede che 1’ acqua dei Maceratoj con- tiene 7% °/, di materie fertilizzanti. Essendo poi la Canapa pianta di rapido accre- scimento è necessario che gl’ ingrassi, in parte al- meno, siano di facile scomposizione, e perciò oltre al letame di stalla, alle penne, raschiature di cor- na, polvere d’ ossa, si aggiunge pollina, colombina, panello di Lino o Canapa ecc. 119 Si calcola. che. occorrono 4500 Cg. di. concime normale per °/, di tiglio prodotto, il che per la me- dia dei raccolti porterebbe la concimazione a Cg. 80000 per Ettare. Nel Bolognese se ne adoperano in media circa Cg. 40000 a cui convien aggiungere l° effetto prodotto dal sovescio. Se si potessero adoperare le acque dei maceri si restituirebbe al terreno quasi la totalità delle materie costose assorbite da questa coltura. Si semina dopo che il periodo delle gelate è ces- sato; in generale quando la temperatura dell’ aria è giunta a+12, cioè fra noi dalla fine di Marzo alla metà di Aprile. Il buon seme deve essere di color grigio rigato di nero, lucente, pesante, gonfio e del- l’anno precedente, perdendo prestissimo la facoltà germinativa. Per solito si ottiene seminando quà e là alcune piante di Canapa, affinchè isolate possano granir me- glio. Un Ettolitro in media ne contiene 45000 gra- nelli. Si sparge a spaglio in quantità variabile, se- condo la qualità del tiglio che si desidera. Se sì vuole fine, le piante debbono essere folte in modo che in 1 m.q. ve ne siano 260—306; se grossolana, nella stessa superficie non se ne mettono che 400- 200. Per media se ne adoperano litri 90—120 per Ettare. Poscia si cuopre col rastello o coll’ erpice, indi si sparge sulla terra concime grossolano per impe- dire che se ne dissecchi la superficie prima che spun- tino le piante, le quali poi, crescendo con grande rapidità, ombreggiano presto il terreno impedendo 120 che sì indurisca e soffocando | inutile vegetazione spontanea. L'epoca e il modo della raccolta variano se- condo il prodotto ricercato. La Canapa fina vuol es- sere sterpata a mano appena che i fusti maschi hanno perduto il fiore. La Canapa da corda si raccoglie in due epoche; le piante maschili dopo che perdettero il fiore, ma le piante femmine si tagliano al piede, circa un mese dopo, quando i semi sono maturi. Il prodotto medio di un Ettare di terreno a Ca- napa è di Cg. 3—40000 di fusti verdi, nei quali, se le piante sono grosse, il tiglio starà come 22:100, se sono sottili come 39:100, ossia si potranno avere Cg. 800—1800 di filaccia per Ettare, oltre 6—15 El. (48—55 Cg. 1’ El. ) di seme, da cui si può estrar- re 19 per °/, di un olio atto ad ardere, adoperato nelle pitture grossolane, e per la fabbricazione del sapone nero. Il panello che rimane serve per in- grassare i majali: e secondo Soubeiran e J Girardin contiene: Acqua 3 È . . ; 15,8 Olio 7 è s 4 . 6,5 Materie organiche . 3 . 69,4 Cenerì 0 sali minerali. . 7 1035 100,0 Le materie organiche contengono 5,2 di azoto, le minerali 7,10 ‘/, di fosfati, per la qual cosa po- trebbe servire benissimo come ottimo ingrasso. I semi in alcune parti d’ Italia sono mangiati torrefatti: gli steli servono a far zolfanelli o carbone 121 leggierissimo buono per la fabbricazione della. pol- vere. Gli steli e le foglie sono cosparse di piccole glandole che contengono una resina gelatinosa do- tata di proprietà narcotiche superiori a quelle del- Oppio, la quale entra nella preparazione di una sostanza grassa di color verde che i popoli orientali chiamano Aschisch, e della quale sembra che al- l’epoca delle crociate si servisse il Vecchio della Montagna per dominare la fantasia dei giovani ai quali commetteva 1° esecuzione delle sue vendette private. Il Prof. De Luca ne ha sperimentato sovra se stesso gli effetti fisiologici. La Canapa è grandemente danneggiata dal- l Orobanche e dalla Cuscuta, contro le quali non vi è altro rimedio, purchè però non siano molto nu- merose, se non di recidere gli steli nei tratti in cui sì sono manifestate e con gran diligenza trasportarli via dal campo. Inoltre è danneggiata moltissimo dal Verme bianco, ( Melolontha vulgaris ), dalle Luma- che che ne mangiano le foglie, dalla Pyrale della Canapa, mentre i Verdoni ed altri Passeracei, es- sendo ghiottissimi del seme, ne fanno strazio quando comincia a maturare. Nell’ avvicendamento tiene il posto cne le Fave nella Provincia nostra, preparando benissimo il terreno per il frumento. È coltura ricca in sè, ma che non può stabilirsi utilmente se non dove si abbiano condizioni diverse e non facili a trovarsi riunite, cioè popolazione forte, numerosa, abituata a fatiche gravi; facilità di trarre ingrassi dal difuori e grandi capitali accumulati. 122 Le provincie italiane nelle quali la Canapa è coltivata più estesamente sono Bologna, la cui Ca- napa è celebre per bianchezza, finezza, flessibilità, e divisibilità della fibra; Ferrara, Napoli, Piemonte, Bassa Romagna, Ascolano. TRIBÙ II. CINOCRAMBEE. End. | Dal greco Chyon cane e Krambe cavolo, nome specifico della pianta per la quale fu creata questa Tribù che comprende un sol Genere ed una sola Specie. ) G. CONNINA. Thelygonum. Linn. ( Dalle parole greche Zhe/is donna e Gony ginocchio per allusione alla forma del frutto. ) CONNINA. Thelygonum. Cynocrambe. Linn. Erba annua, carnosetta, liscia. Radice bianchie- cia, ramoso—fibrosa. Fusto giacente o decombente, per l’ ordinario diviso fin dalla base; rami cilindrici, al- quanto ingrossati nei nodi vitali, opposti, alti 12—15 cm. Foglie picciuolate , le inferiori opposte, le superiori alterne, penninervie o trinervie , ovate, quasi cordi- formi alla base, col margine intero, ma fornito di ciglia grosse e corte. Stipole incise che abbracciano la base dei picciuoli. Fiori monoici, ascellari, ver- dognolo-bianchicci. I fiori maschi 2—3 sessili, privi di brattee verso | apice dei rami. Calice con tubo corto, lembo più grande, diviso in 2 lacinie bislun- 123 ghe, prima erette e che si toccano per il margine, poi ripiegate al di fuori, oppostamente. Stami 2—20 inse- riti alla base delle lacinie del calice con filamenti capillari, liberi; antere lineari, inserite nel dorso sotto la metà, mobili, biloculari. Fiori femminei per l’ordinario 3, di rado di più, all’ ascella delle foglie sottoposte a quelle dove sono i fiori maschi, sessili, accompagnati da una brattea posteriore più larga e 2 anteriori più strette, bianche, con 2 foglioline fiorali, verdi, piccolissime. Calice saldato con l’ova- rio, tuboloso-clavato; che circonda lo stilo e diviene laterale per 1’ ingrossamento dell’ ovario. Ovario in- fero, monoloculare, contenente un sol ovolo; stilo laterale, stigma filiforme-clavato, indiviso. Frutto una piccola drupa; seme a guisa di ferro di cavallo. Gemmula diritta nell’ asse di un albume carnoso; radicula infera. Abitazione e fioritura. L’ ho trovato verso No- vilara, nell’ Ardizio, a Fano in prossimità della Li- scia, a S. Angelo in Lizzola; il Signor Scagnetti l’ha raccolto in parecchi luoghi verso Muraglia e la strada che conduce alla Cattolica. Fiorisce dall’ Aprile al Mag- gio. Usi. Erba leggermente acre che da alcuni si mangia mescolata ad altre in insalata o cotta. TRIBÙ III. ORTICEE. CD. { Nome derivato dal genere Ortica.) Erbe, frutici, arboscelli, di rado scandenti, ( Ure- ra, esotica ) o alberi, con succo acqueo, di rado 124 lattiginoso ( Nerandia, esotica ). Fusto angoloso con scorza sottile, fornita di fibre tenacissime e rivestita da epidermide contenente spesso nell’ in- terno delle cellule concrezioni di carbonato calcare sospese dall’ alto per una specie di filo, ( cistoliti ) e quasi sempre armata di peli, alcuni semplici, altri accompagnati alla base da un gruppetto di piccole cellule che separano un umore caustico. Foglie al- terne od opposte, picciuolate, penninervie, intere o seghettate. Stipole cauline, picciuolari, laterali od ascellari, libere, o saldate con quelle della foglia opposta. Fiori monoici o dioici, poligami, disposti in ispiche, racemi, capolini, poche volte solitari od ascellari, di rado raccolti sopra un ricettacolo co- mune convesso o concavo. Fiori maschi costituiti da un calice verdognolo, di rado colorato, diviso in 4 sepali, liberi o saldati, quasi eguali fra essi, conca- vi, embricati nella boccia del fiore, persistenti. Sta- mi 4, opposti ai sepali, inseriti alla base di essi; filamenti lesiniformi o dilatati, per l’ ordinario striati trasversalmente, curvati in dentro nella boccia del fiore, poi elasticamente distesi; antere 2—loculari, inserite sul dorso. Rudimento di un ovario. Fiori fem- minei formati 1.° di un calice tuboloso 3—5—den- tato, o di 4 sepali liberi, disuguali, che spesso s’in- grossa dopo la fecondazione, di rado mancante; 2.° in alcune specie di stami rudimentali squamifor- mi; 3.° di un ovario libero, qualche volta aderente al calice, sessile I—loculare, con un sol ovolo, eretto, ortotropo; stilo semplice, corto o nullo; stigma in forma di pennello, Frutto un achenio o una drupa, 125 nudo o incluso o aderente al calice; seme eretto : gemmula diritta nell’ asse dell’ albume, in mancanza del quale riempie tutta la cavità del seme; cotiledoni carnosi, piano-convessi ; radicula, cilindrica 0 conica, supera. Usi. Le fibre corticali delle Orticacee sono tenacis- sime quanto la Canapa, ma più fine e lucenti. Perciò la Bohemeria, che è specie esotica, fu coltivata fin dal 1600 nei Paesi Bassi, ed anche recentemente sì tentò di rimetterla in onore con i nomi di Ramìe e China-grass, con cui è conosciuta nell’ Isole della Sonda, nell’ India e nella Cina. Le Ortiche nostrali sono un buon foraggio specialmente per le vacche da latte; le foglie tenere servono comunemente per nudrire i gallinacci giovani. Generi principali N. 11 — In Italia N. 2. Nella Provincia N. 2. G. ORTICA. URTICA. Tourn. ( Dal latino urere, bruciare, per allusione ai peli della pianta che cagionano sulla pelle piccole vesciche accompagnate da molto prurito: ) Piante annue o perenni, un po’ legnose in basso, per la maggior parte fornite di peli glandoliferi che bucano la pelle in cui, rompendosene l’ apice, ver- sano un umore che cagiona delle vessiche e un pru- rito assai molesto , che è di breve durata nelle specie indigene, e si calma bagnandole con acqua am- moniacale, o col sugo della stessa pianta. Fusto qua- drangolare, ramoso sin dalla base. Foglie picciuo- 126 late, alterne, od opposte, varie di forma, dentate 6 integre, con 4 stipule libere o saldate a 2—2 in cia- scun lato. Fiori monoici o dioici, in racemi ascel- lari o terminali o in capolini, di rado verticillati. Calice dei fiori maschi saldato alla base, quadripar- tito, patente dopo lo sbocciamento, con sepali verdi eguali, quasi rotondi, concavi, ottusi. Calice dei fiori femminei con 4 sepali, gli esteriori piccolissimi ; stigma sessile. Achenio monospermo, ovato, a guisa di dente, coperto dal calice persistente. Specie ammesse in Italia N. 6. Trovate nella Provincia N. 2. ORTICA MASCHIA. Urtica dioica. Linn. Radice perenne, legnosa, orizzontale, bianchic- eia che manda fibre radicali lunghe e in alto; rami alti da 30 cm. a 1 m. per cui forma cespuglio foltis- simo. Fusti quadrangolari con gli angoli ottusì e un solco in ciascheduna faccia. Foglie grandi, cordato- ovate, 0 più piccole oblungo-lanceolate, accumina- te, dentate e seghettate, con picciuoli lunghi ; sti- pule lineari o lanceolato-lineari. Fiori dioici, tal- volta poligami. in racemi che partono a 2—2 al ’ ascella di ciascheduna foglia superiore. I maschi eretti; i femminei incurvati o reflessi. Il resto come nel genere. Abitazione e fioritura. In tutti i luoghi sassosi e abbandonati. Pesaro, Urbino, Fossombrone, Furlo, Carpegna. Fiorisce dal Maggio al Giugno secondo le esposizioni. 127 ORTICA PICCOLA. Urtica urens. Linn Pianta annua con radice a fitone, carnosa, bian- ca; fusto o eretto o ascendente più o meno ramoso, gracile, alto 20—60 cm. Foglie piccole, le inferiori quasi tonde, le superiori ovali-oblunghe, quasi tonde alla base, con 5 nervi e finissimi denti nel margine. Picciuoli gracili, stipole lineari, reflesse. Fiori ascel- lari, in racemi, a 2—2, corti, androgini, su cui i fioretti sono molto fitti. Tutta la pianta è coperta di peli orticacei, pungentissimi. Abitazione e fioritura. Nei luoghi stessi in cui cresce la dioica, sebbene in terreni meno freschi e pingui — Pesaro, sui greppi, S. Angelo, Fano; fiori- risce dal Maggio al Settembre. G. PARIETARIA. Tourn. Erbe appartenenti alla Classe IV.* Ordine 1.° di Linneo, quasi sempre ruvide, con fusti ramosi; fo- ghe alterne, picciuolate, variabilissime di forma, ovali, bislungo-lanceolate, accuminate o rotonde, prive di stipule. Fiori ascellari, in massima parte poligami, alcuni ermafroditi, altri femminei, distri- buiti in cime gemine, piccole, di rado monoici e allora solitari, sempre accompagnati da brattee er- bacee, ora libere, ora saldate in modo da formare un involucro. Calice persistente, nei fiori maschi ed ermafroditi formato di 4 sepali, saldati alla base, quasi eguali e che si allungano in un tubo quadrifido; nei fiori femminei tuboloso, rigonfio, striato longi- 128 tudinalmente, quadridentato. Antere biloculari con le loggie separate da un largo connettivo; ovario ovato; stilo cilindrico; stigma capitato, e coperto di peli. Nei fiori maschi l’ ovario è rudimentale o svi- luppato; nei femminei gli stami mancano interamen- te. Frutto un achenio ovato, compresso, liscio, lu- cente. Generi italiani N. 5. — Nella Provincia N. 1. MURAJOLA. Parietaria officinalis. Linn. Pianta perenne. Fusti erbacei, succolenti, cilin- drici, pubescenti, semplici o ramosi, rossicci; foglie ovato-lanceolate, ovate, accuminate, integre, cigliate, trinervie; fiori in cime ascellari, gemine, che formano spesso un capolino denso, alcuni, più all’ esterno, er- mafroditi, altri verso il mezzo femminei; brattee poco più corte del fiore. Calice dei fiori ermafroditi di- viso fin presso la base in 4 lacinie, ovate, ottuse : quello dei fiori femminei con 4 lacinie, avvicinate, erette, in modo da formare un tubo quadrangolare che nasconde ovario e stilo. Abitazione fioritura. Sui muri, nei rotami. Fio- risce dall’ Aprile al Settembre. Usi. Adoperasi in grazia della ruvidezza delle’fo- glie e dei fusti per ripulire i vetri che si bagnano e si soffregano con manate di questa pianta. Con- tiene quantità enorme di sal nitro, onde in alcuni incontri l’ ho coltivata per determinare quantità te- mnuissime di nitrati esistenti nei calcinacci, non valu- tabili con gli ordinari processi analitici, 129 TRIBÙ IV. OLMEE. Parl. { Dal genere O/mo. ) Alberi o arbusti con rami alterni; foglie alterne, distiche, semplici, picciuolate, penninervie inequi- latere, seghettate o crenelate, scabre. Stipole libere, caduche. Fiori ermafroditi, i maschi in capolini. Ca- lice con 3—8 divisioni che talora arrivano fino alla base, nella boccia del fiore embricate, erette dopo lo svolgimento, persistenti. Stami impiantati nel fondo del calice in numero eguale ed opposti alle divisioni di esso; antere biloculari, introrse, inserite sul dorso. Ovario 1—2—loculare con ovoli solitari in ciasche- duna loggia, pendenti dall’ alto, anatropi. Stili 2, stimmatosi nella faccia interna. Frutto secco consi- stente o in una samara ( Olmo ) o in una noce in- deiescente. Gemmula senza albume: radicula supera. Generi ammessi N. 2. — In Italia N. 2. ‘Nella Provincia N. 1. OLMO. Ulmus. Linn. ( Dal radicale celtico ein, che indica le diverse specie di Olmo? ) Alberi, spesso di prima grandezza, con scorza di color bruno e liscia nei fusti giovani, grossa e scre- polata nei veechi. Tronco diritto, guarnito di molti 9 130 rami alterni; chioma larga. Foglie alterne, picciuo- late, ovali, appuntate, diseguali alla base, di color verde al disopra, scabre e ruvide al tatto, nella pagina inferiore di un verde più delicato e molli. Stipule libere caduche. Fiori ermafroditi in capolini ascellari sui rametti dell’ anno precedente, rossicci , precoci, accompagnati da brattee che cadono presto. Calice, obliquo-conico o campanulato, membranaceo, con 4—5—8 lobi. Stami nel numero stesso dei sepali. Ovario ovale, compresso, con 2 loggie 1—ovulate. Frutto una samara di forma orbicolare. Caratteri forestali. Il legno delle diverse specie di Olmo consta di fibre con parti grosse, di vasi di- seguali, all’interno grossi, fitti, e che perciò for- mano una zona porosa, stretta, continua, verso il margine esterno piccoli, aggruppati in gran numero, commisti a parenchima legnoso, in modo da formare linee concentriche più o meno regolari; raggi mi- dollari lunghi, grossi, e fitti. Specie ammesse in Italia N. 3. — Nella Provincia N. 2. OLMO CAMPESTRE, Ulmus campestris. Linn. Albero di prima grandezza, nei terreni magri ed aridi, frutice ramosissimo. Radice a fitone che alla profondità di 1 m. si divide in 2—83 branche che si profondano obbliquamente, mentre a fior di terra dal pedale si diramano radici numerose, stri- scianti che gittano poloni. Tronco nudo in basso, di rado diritto; rami laterali eretti o ascendenti, 131 rametti eretto-patenti, patenti od anche pendenti; chioma larga quando crebbe all'aperto. La scorza dei tronchi e dei rami in gioventù è cenerino-scura, talora con lamine continue, o interrotte, ovvero con semplici sporgenze sugherose; nei vecchi tronchi gros- sa e screpolata. Gemme eretto-patenti. Foglie alterne, picciuolate, lunghe 8—10 cm., ovali od ellittiche, ineguali alla base, accuminate all’ apice, doppiamen- te dentate a sega con denti diseguali ed ottusi, in generale più larghe che lunghe, scabre e ruvide al tatto, verdi-scure sopra, nella pagina inferiore di un verde più delicato, pubescenti su tutta la lamina e nelle nervature. Fiori ermafroditi anteriori, allo svolgimento delle foglie, in fascetti ascellari, ses- sili, 10—15 nei lati e vicino all’ apice dei rametti. Calice 4—5—lobato. Stami 3—4, con filamenti di co- lor roseo, e antere ovali, appena smarginate al- l’ apice. Pistillo con smerlatura più lunga quasi il doppio del calice. Samara orbicolare ristretta alla base, smarginata all’apice ; con ali delicate, quasi tra- sparenti, e seme ovale, alquanto ristretto alla som- mità, giallastro, piano, posto vicino al seno della smarginatura. Abitazione e fioritura. Trovasi da per tutto nei campi e lungo i margini dei terreni coltivati; l’ho raccolto a Pesaro, Urbino, S. Angelo in Vado, Pergola ecc.; di rado nei boschi. Fiorisce dal Feb- braro all’ Aprile; matura il frutto sui primi di Giugno. Caratteri forestali. L°Olmo vuole clima tempe- rato; prospera nei terreni fertili freschi e profondi ; rimane arboscello nei sottili, aridi e sterili; muore 132 nei troppo umidi; in pianura predilige |’ esposizione di N E ed E, sulle alte montagne di S e di SO. Quest’ essenza non forma mai boschi chiusi, ma in montagna si trova consociata alle Quercie, ed agli Aceri, in pianura è piantata lungo ai margini delle strade, e talora, quantunque di rado nella Provincia, in mezzo ai campi per sostegno vivente delle viti. Sopporta benissimo la potatura, onde prende nei giardini tutte le forme, e comunemente è sottopo- sto ad una rimondatura triennale; per la forma e disposizione delle foglie produce coperto folto; frut- tifica verso i 20 anni ed in copia, ma i semi rie- scono, anche negli individui adulti, in gran parte infecondi. Sono leggierissimi; in 1 Cg. ne esistono circa 30000 per cui la disseminazione è facile. Posti in terra appena raccolti ne nasce circa '/3 subito; aspettando la primavera successiva la levata è assai minore, e le pianticelle riescono meno vigorose. L’ac- crescimento è rapidissimo, 3—5 dm. per anno; il fitone tra i 6—10 anni cessa d’ allungarsi, e mentre si ra- mifica in basso, un altro palco di radici comincia a svilupparsi tra le due terre, onde quando la pianta fra i 100—150 anni raggiunge il limite della ma- turità economica, il legno del ceppo forma dal 15—20 °f della massa totale. Il legno è di colore seuro, | alburno, abbondante, e di colore bianco su- dicio. È molto compatto, duro, elastico, resistente nè viene facilmente attaccato dagli insetti. Per 1° ela- sticità e resistenza è adattatissimo a tutti i lavori da carradore, come ruote, carri rurali, affusti da cannone, torchi, strettoj ecc. Come però si asciuga 133 lentamente, conviene adoperarlo dopo molti anni che fu abbattuto, giacchè nel disseccarsi diminuisce di un12°;, circa del volume primitivo e si fende e storce moltissimo. Quale combustibile arde con poca fiamma, non lascia bracie. Produce molta copia di cenere (11 °/,) la quale è ricchissima di potassa. Col nome di Olmo riccio si denota una varietà di legno formato dall’intrecciarsi dei diversi elementi dei tessuti, onde presenta vaghissime venature. — Sembra che tale qualità sia dipendente dalle condi- zioni in cui il legno si è formato piuttostochè da va- rietà di organamento nella pianta. Peso specifico: del legno, perfettamente seccato all’aria=0,68; del carbone=19,2. Peso relativo: uno stero, fresco Cg. 1079, secco Cg. 636. Resistenza media:=1077. Potenza calorifica : ( essendo quella del Faggio=1600: ) legno d’un fusto di 100 anni=1393; tondello di 30 anni=1313; del Carbone di un tronco di 100 anni=1407, di un tronco di 40 anni=1720. Materie evaporabili: 66,2 °/,. Carbone: °/, di legno, in volume 51,5, in peso 33,8. Usi secondari: Le foglie sono avidamente man- giate dagli animali, e sventuratamente formano quasi il solo foraggio fresco con cui si alimentano i Bovini nei nostri paesi durante buona parte dell’ estate. Secondo |’ analisi del Prof. Sestini 1000 di foglia d’ Olmo contengono: Acqua 4 E - ’ 6 } 2 À 658, 180 Sostanze organiche azcetate (in ragione di toa di azoto) 50, 006 Sostanze organiche non azotate ( per differenza } ” 52, 164 Fibra legnosa È : ; : | . 201, 400 Materie minerali . x i . . : 58, 240 1000, 000 134 Nelle foglie d’Olmo perciò le sostanze plastiche abbondano, e però sotto questo rispetto sono un ottimo foraggio. Ma considerando il tempo necessa- rio per raccoglierle, il danno che ne deriva alle altre colture aduggiate dall’ ombra di esse e l’impedimento frapposto ai lavori con le numerose radici, non sì può dire che l’ Olmo somministri un nutrimento econo- mico. La scorza contiene una fibra tenacissima atta a far corde e stuoje, e una mucilaggine abbon- dante (20°/,) e tannino (6°/,), materie che potreb- bero essere adoperate in molti usi. OLMO PAMPANACCIO. Ulmus montana. Smith. Albero alto 10—15 m. con chioma larga, rami meno addensati che nel campestre, eretti o ascen- denti; scorza in gioventù quasi rossiecia, pelosa. Foglie grandi, lunghe 12—15 cm., larghe 7—10 cm., scabre da ambedue le parti, ovate, mucronate, dop- piamente seghettate nel margine, cuneate o cordi- formi, eguali od ineguali alla base e con un piccolo fascetto di peli bianchi all’ origine delle nervature. Fiori con lunghi peduncoli; calice rosso, 5—7 lobato. Stami 7—5; samare ovali con seme centrale infe- riore alla smarginatura, munito di ala molle, erba- cea, verdognola, ondulata e cigliata nel margine. Abitazione e fioritura. L° ho raccolto nei Monti di Cantiano ed in Carpegna. Fiorisce in Marzo-Apri- le; fruttifica verso la fine di Maggio. Caratteri forestali. Ama i terreni freschi e leg- gieri, ma cresce anche nei calcari aridi. Non arriva 135 mai alle dimensioni dell’ Olmo campestre; la chioma è più larga, ma i rami sono più flessibili e disposti con molto minore regolarità: Come legno d’ opera è inferiore all’ Olmo Campestre; i legnajuoli lo chia- mano Olmo bianco tanto per il colore più chiaro del legno, quanto per l’ abbondanza dell’ alburno. Quale combustibile. presenta gli stessi. difetti dell’ Olmo campestre. Peso specifico: seccato using i all’ aria =0,62. TRIBÙ V. MOREE. Parl. { Dal Genere Moro. ) Piante legnose, spesso grandi alberi, talora arbusti, con succo lattiginoso, di rado erbe acauli ( Dorste- nia esotica ). Rami alterni, foglie alterne, indivise o lobate, con nervature palmi o penninervie, poli- morfe, accompagnate da stipole libere, caduche, che lasciano nei punti da cui si sono distaccate una ci- catrice a mezzaluna. Fiori dioici o monoici. Nelle specie dioiche i maschi sono sempre in forma di spica o di grappolo, i femminei al contrario trovansi rac- colti in capolini sopra ua ricettacolo globoso; nelle specie monoiche i maschi e i femminei ora sono di- sposti in forma di spiche separate ( Ge/so ) ora sono riuniti nella superficie interna di un ricettacolo co- mune in forma di pera, incavato internamente, all’ esterno carnoso, circondato alla base da brattee squamose e munito in alto di un orificio chiuso da 136 piccole squame, con i fioretti maschi in alto, i fem- minei in basso, ( Fico ) ora sono disposti confusa- mente sopra un ricettacolo comune, piano o con- cavo (Dorstenia). Calice nei fiori maschi e femminei ora tuboloso , ora mancante, con 3—4, più di rado 5—6 sepali o lacinie embricate nella boccia del fiore. Stami nello stesso numero delle divisioni del calice; antere biloculari, introrse, poi patenti. Ovario ora sessile con 2 loggie ineguali, monovulate, ora munito di peduncolo con una sola loggia ed un sol ovolo che è sempre pendente, compolitropo; stilo unico late- rale o terminale, di rado 2, stimmatosi. Frutto con- sistente o in un achenio o in una drupa, o in un utricolo, spesso chiuso dal calice divenuto carnoso, talora situato in un ricettacolo carnoso più o meno incavato. Seme pendente; embrione nell’ asse di un albume carnoso; cotiledoni lunghi, piani o incom- benti; radichetta supera. Caratteri economici. In questa tribù si com- prendono piante importantissime anche per le re- gioni nostre e basterà citare il Gelso e il Fico. Generi principali N. 15. Esistenti in Italia N. 2 — Nella Provincia N. 2. G. MORO. MORUS. Tourn. ( Eumologia incerta, forse dal greco morea, nome greco del moro, forse dal celtico mor, nero. ) Alberi, talora fruttici, con succo lattiginoso, rami alterni, patenti, scorza grossa, foglie con pic- 137 ciuolo corto, intere o lobate, dentate, più o meno ruvide, accompagnate da stipole libere, caduche. Fiori monoici, di rado dioici, raccolti in amenti uni- sessuali, ovoidi. Nei maschi il calice è diviso in 4 lacinie, ovate; gli stami sono 4 con filamenti lesi- niformi, elastici, con le antere quasi tonde, inserite nel dorso, biloculari, che si aprono longitudinalmente. Nei femminei il calice è diviso-in 4 sepali, persi- stenti, 2 esterni, 2 piùindentro, ovati, concavi, che ingrossano e diventano succolenti. Ovario sessile con 2 loggie, una delle quali più piccola; stigmi 2, ter- minali, filiformi, nella faccia interna, papilloso-pe- losi. Frutto aggregato formato da molti piccoli frut- tini, ciascuno dei quali consta di un achenio rac- chiuso dentro il calice persistente, divenuto carnoso. Appartiene alla Classe 21.° Ordine 4.° del Sistema sessuale di Linneo. Specie esistenti in Italia N. 2. — Nella Provincia N. 2. MORO NERO: Morus nigra. Linn. Albero dioico, alto 6-10 m., con tronco alquanto torto, scorza grossa, cenerina, che invecchiando si screpola superficialmente in pezzi non grandi; rami eretto-patenti o patenti, tutti torti; chioma larga, quasi tonda. Foglie cordato-ovali, intere, rare volte lobate, dentate sugli orli con denti larghi e ottusi; con picciuolo corto, quasi piano sopra, coriacee, rugose, non lucenti, ruvide nella pagina superiore, alterne, e poco lontane le une dalle altre sui rami, 138 con stipole rossiccie , oblunghe, ottuse, cigliate. Se- pali irsuti sul margine; stami il doppio più lunghi del calice; ovario sessile; frutto grosso, ovale-oblungo con peduncolo cortissimo, da prima di un colore ver- dognolo-bianchiccio, poi a poco a poco rossiccio, da ultimo nella maturazione quasi nero; è dolce, un po’ acidetto, di sapore non isgradevole. Stazione e fioritura. È pianta coltivata, oggi però divenuta piuttosto rara, essendo con ragione preferita ad essa il Gelso bianco per l’ allevamento del Baco da seta. Fiorìsce verso la metà di Maggio; matura i frutti verso l’ Agosto. Caratteri economici e forestali. Il Gelso nero è poco esigente rispetto al terreno; si moltiplica fa- cilmente di seme ed anche di talea. Cresce lenta- mente, entra in vegetazione molto tardi, per cui in genere non conviene che ai climi caldi. Introdotto e coltivato in Italia sin dalle prime conquiste dei Romani per il buon frutto che produce, si adoperò poi anche per nudrire i Filugelli pei quali fu l’ uni- co alimento prima che si diffondesse la coltura del Gelso bianco che lo supera di gran lunga per quantità e qualità di prodotto. Infatti per il nu- mero scarso di rametti e la vegetazione più tardiva da un canto produce minor copia di foglia, la quale, dall altro, sembra che renda il filo più grosso e meno lucente. Il legno simile a quello del gelso bianco è di grana grossa e alquanto spongioso, scuro nel cuore, giallo chiaro di mano in mano che si va. all’ esterno fino ad essere quasi bianco nell’ alburno. Si usa, per 139 far botti e tini per il vino. La radice di questo Gelso contiene in particolare una sostanza molto amara la quale in antico usavasi contro le febbri e la Tenia; il frutto serve a far conserve e sciroppi rinfrescanti. Peso specifico :=0,82. MORO BIANCO. Morus alba, Linn. Albero che, abbandonato a se stesso, acquista 15—18 m, di altezza sopra m. 1—1,50 di diametro alla base, con rami numerosi, gracili, eretto-patenti ; scorza di colore cenerino, chiara, meno grossa e ineguale che nel Gelso nero. Foglie ovali od ovali- oblunghe, quasi sempre rientranti in forma di cuore alla base, accuminate all’ apice, intere, talora, quan- tunque di rado, lobate inegualmente, denticolate nel margine, sottili, lucenti nella pagina superiore, li- scie in ambedue, tranne che nelle nervature infe- riori in cui sono pubescenti, con picciuolo sopra leg- germente canalicolato, accompagnate da stipole ver- dognole, lineari, lanceolate, od oblungo-lanceolate, liscie. Fiori in ispiche lunghe quasi quanto il pedun- colo; sepali lisci sui margini; stami poco più lunghi del calice; frutti piccoli, bianchi, leggermente vi- nosi, od anche rossi, insipidi. Stazione e fioritura. Coltivato per tutto nella Provincia dalle spiaggie del mare fino a Belforte, Fenigli, Carpegna ( m. 787) che è il punto più alto nel quale mi sia occorso d’incontrarlo. Fiorisce verso ì primi di Maggio; matura il frutto tra il Giugno e il Luglio. 140 Caratteri economici. Albero spontaneo della China, introdotto verso il VI secolo a Costantino- poli, di dove pare che lo avesse nel 1130 la Si cilia e verso la metà del secolo XIV l Italia set- tentrionale, da cui sembra che poi nel 1494 lo traessero ì Francesi. Essendo stato quasi sempre molti- plicato per seme, dette origine a numerose varietà fra cui le più importanti sono le seguenti: 1.° Gelso selvatico, con rami sottili, numerosi, stecchiti, foglie intagliate più o meno profondamente, piccole, leggere, consistenti, spesse volte prive di stipole. Si distingue principalmente per vegetazione poco vigoresa, attitudine sufficiente a rimettere dai tagli e resistere al freddo e però, fra le varietà co- nosciute da lungo tempo, è quella preferita per for- mare le siepi che somministrano foglia per nudrire i Bachi nelle prime età. Si trova in tutte le possessioni. 2.° Gelso Morettiano ( foglia maschia vernacolo) precoce nello sbocciare, mette foglie intere e cor- date, piuttosto larghe, alquanto appuntate. La scorza sì mantiene liscia e verde più tardi che nelle altre varietà; i rami sono eretti, con largo midollo; la foglia si stacca facilmente dai rami giovani, mentre è molto resistente sui vecchi. Il Moretti che la stu- diò attentamente opina che essa sia il vero tipo del Gelso bianco; certo è la più robusta; si presta al- l’innesto meglio delle altre varietà, e la foglia, essendo più coriacea, regge abbastanza bene ai tra- sporti. Podere dell’ Accademia. 3.° Gelso spagnuolo (Arancino dei Toscani). Al- bero con rami molto ravvicinati: foglie di media 141 grandezza, intere, accuminate, o rotondate, lucenti nella pagina superiore, che sembra talvolta quasi invetriata, col peduncolo spesso roseo. Le foglie hanno predisposizione distintissima a raccogliersi in ciuffetti. È molto soggetto a macchiarsi, ( Malattia del seccume ). Podere dell’ Accademia; quasi in tutte le possessioni. 4.° Gelso delle Filippine. Molti hanno considerata come specie distinta questo Gelso che nel 1821 il Perotet portò per la prima volta da Manilla in Eu- ropa, ma siccome le dissomiglianze sotto il rispetto botanico non sono rilevantissime, e che da un altro canto il Moretti, seminandone i frutti, ne ottenne talvolta individui, la cui foglia si avvicinava mol- to all’arancina o alla morettiana, sì riguarda dalla maggior parte degli Agronomi come una semplice varietà. È frutice piuttosto che albero, con radici striscianti da cui s° alzano molti fusti sottili, flessi- bili, con foglie lunghe, talvolta fin 30 cm. e larghe 15—20, di un verde chiaro, arrotondate alla base o largamente cordiformi, accuminate all’ apice, ir- regolarmente dentate, in principio molli e ripiegate, poi più consistenti e concave nella pagina inferiore, rigonfie quà e là, ovali, quasi non mai lobate, e sem- pre di tessitura molto floscia. Produce un frutto grosso. rosso-scuro , di sapore acidetto non dispiacevole. È la varietà che entra in vegetazione prima di tutte le altre, e che più di tutte sostiene la potatura e si ripropaga facilmente per talea; però la foglia, grande e tenera, è molto danneggiata dai venti. ( Trovasi agli Orti Giulii, e nei possessi della. Casa Ciacchi a S. Maria delle Fabbrecce presso Pesaro ). 142 5.° Gelso Lhou. Derivato direttamente dal Gelso delle Filippine di cui in genere possiede tutte le qualità, e dal quale non differisce che per la foglia più copiosa e consistente. Forma un albero poco alto, con rami verdi, vigorosi, sfumati di rosso; foglie a cuore accuminate , leggermente dentate, ampie, incavate nel mezzo; nervature rilevate, pe- duncolo cilindrico con solco tondo anche sugli orli; frutto ovale, ottuso, purpureo , più grosso dell’ aran- cino e morettiano. Non si può dire in modo assoluto quale varietà sia preferibile, giacchè nel giudizio debbono entrare diversi criteri, come si rileva dal seguente specchietto in cui sì riassumono le esperienze del compianto mae- stro ed amico Marchese Ridolfi : Parte Rapporto fra la foglia Rapporto tra 100 Cg. di mangia- — prodotta da una stessa foglia consumata e la seta bile 0/0 ampiezza di rami prodotta Arancina 46 8,4 1 Morettiana 51 47 4 Selvatica 55 ivi 2 Filippine 58 3,4 3 il quale opina ,, che per la coltura in albero il van- ,, taggio resti alla foglia arancina, e per quella a ,, frutice di varie forme alla foglia delle Filippine. ,, Il Moro, qualunque sia la varietà, gitta radici poco profonde, e perciò ama le terre sciolte e fre- sche; cresce stentato nelle silicee e nelle tenaci; perisce nelle umide; in generale riesce vigoroso do- vunque allignano bene la Vite ed il Pioppo bianco e nero. Le terre calcari, ricche di fosfati , sono quelle 143 che meglio convengono al Gelso, come facilmente può rilevarsi dai seguenti quadri analitici: ANALISI DELLE CENERI Parte legnosa ( T. SAUSSURRE ) GELSO BIANCO Scorza Legno Sali solubili. . . . . 50,13 41,58 Silice . " x : . o 15,25 56, Carbonati terrosi . ° è ; 45b,— —_- Fosfali terrosi È . . 3 8,50 2,25 Materie diverse . È 4 . 1,12 0,57 ——— cs —_ n 100,00 100,00 Foglie e rami dell’anno ( E. GuermaRD ) Rami Foglia Foglia dell’ anno in Agosto in Ottobre Quantità di materia vegetale disseccata a -+100-° 100 gr. 100 gr- 100 gr. Ceneri oltenule . 1 3,9705 11,6414 15,4524 Sali solubili + . ; . 14615 2,2184 0,9000 Silice - : : . 0,5200 2,5564 434888 Fosfati . È 4 E 0,6000 1.9440 ‘ 1,2508 Carbonato di calce . . 12600 433593 S x ; 8,9528 Carbonato di magnesia - ; 0,3288 0,6333 5,9705 11,6414 15,4524 144 ANALISI IMMEDIATA ( NysTen ) Gelso selvatico Gelso innestato Foglie Tenere Sviluppate Acqua . : " 680,00 784,00 652,00 Fecola verde . . . 20,00 1/,00 16,00 Materie solubili nell'acqua e nell’alcool i 46,00 44,00 50,00 Gomma . : . 7,00 19,00 28,00 Materie proteiche + ‘ 1,50 5,00 1,50 Residuo insolubile» . 250,00 12/,02 208,00 Perdita : 5 : 15,50 12,00 14,50 100,00 100,00 100,00 ANALISI ELEMENTARE ( Dar CORNALIA ) Acqua . - - à 68,000 Carbonio : " . 15,720 I.lrogene Ì : . . 1,760 Ossigeno . ? . . 15,060 Azoto 5 ; | i . 1,580 Cenere a > i È 1,950 100,090 Esaminando i quadri precedenti s° intende altresì come il Gelso, per la sfrondatura a cui è sot- toposto non possa restituire la totalità delle materie minerali assorbite, siccome avviene nelle essenze forestali, per cui ha bisogno di essere concimato. Si calcola che per mantenere una pianta in istato di buona produzione convenga darle annualmente una quantità di letame ( #0rmale ) uguale al doppio peso della foglia raccolta. 145 Soprattutto saranno utili i fosfati che nel ter- reno non si ripristinano, e di cui le foglie esportate contengono circa il 2°/,; proporzione superiore al doppio di quella che se ne trova nel frumento. Gli effetti del concime sul Gelso si possono pa- ragonare a quelli che esso produce sulle leguminose nelle quali eccita la vegetazione, che poi, quando si è sviluppata, continua assorbendo dall’ aria la maggior parte dei principii che entrano nella costi- tuzione dei suoi organi. Infatti ogni misura d’ azoto assorbito dalle radici sviluppa tanta foglia che ne con- tiene il quadruplo, per cui si può dire che un Gelso, per ogni Cg. d’ azoto preso dal terreno, ne assorbe altri 3 dall’ aria. Contenendo. la foglia Cg. 1 % di azoto per "/,, stando a questa proporzione, per ogni Cg. di azoto assorbito dalle radici si svolgerebbero Cg. 266 di foglia. Ora il valore di un Cg. di azoto nei no- stri paesi è in media L. 7,50, che produrrebbero Cg. 266 di foglia da cui, vendendola in ragione di L. 7,50 °/;, si ricaverebbe L. 19. 95, cioè quasi il tri- plo della spesa di produzione. Se poi questa foglia venisse consumata dal proprietario nell’ allevamento dei filugelli occorrendo 3000 Cg. di foglia per nutrire 27 grammi di seme, 266 Cg. di foglia potranno nutrirne grammi 2,39 (3000: 27:: 266:=x ) 27X266 xX=————=2,39 3000 E siccome 27 grammi di seme producono in me- dia 48 di bozzoli, gr. 2, 39 ne produrranno Cg. 4,25 (27: 48::2,39:=x ) 2,39X 48 > ——T ——_=4,25 27 10 146 Finalmente vendendosi in media i bozzoli L. 7 il Cg. si saranno ottenute con L. 7,50, costo del- l’azoto del concime, L. 29. 75, da cui, dedotto l’in- teresse del capitale terra, la quota di perpetuità e le spese d’ allevamento dei filugelli, resterà tuttavia un sufficiente beneficio. Nel far questi calcoli però non si deve dimen- ticare che la foglia cresciuta in terreni troppo pin- gui od a furia d’ ingrassi è meno ricca di quelle ma- terie che concorrono alla formazione della seta. Inoltre adoperando per concime i letti e gli escre- menti dei filugelli si restituisce alla terra più che 1 5/7 dell’ azoto contenuto nella foglia, per modo che un gelsetto, anche senza ingrassi, si mantiene in un prodotto costante restituendogli 0,37 delle lettiere provenienti dai bachi da seta nutriti con foglia in esso raccolta. Il Gelso non regge nei luoghi in cui il termo- metro nell’ inverno scende spesso a —20° se deve essere sfrondato; anche nei climi molto più miti dà prodotti meschini se la temperatura media estiva non si mantiene almeno per 3 mesi superiore a+120, giacchè, avendo le vermene bisogno di 2400° di ca- lore medio dallo sviluppo all’ allegenamento, quelle che si svolgono dopo la sfrondatura sono colte dal gelo prima di essere indurite, e |’ albero non di- venta mai ricco abbastanza di rami per dare pro- dotto abbondante. Soffre molto per le brine di prima - vera e perciò nei luoghi soggetti a tale pericolo non si debbono coltivare le varietà precoci. Nei siti apri- chi, e ventilati, come pure nelle terre leggere la foglia riesce migliore che in quelli ombreggiati e 147 nelle valli umide. L'influenza del clima e dell’ espo- sizione sopra i principî costitutivi della foglia fu messa in evidenza dalla seguente analisi del Gasparin: Foglie di ‘Gelso coltivate all'ombra al sole Acqua < 2 È 73,00 55,00 Parti solubili + È , 4,00 15,00- Pi ‘ Parte legnosa . : - 25,00 50,00 naz gi, ESTESE 100,00 100,00 Il Gelso si può propagare in diversi modi, ma, come si tratta di varietà, non è indifferente. sce- gliere l’ uno piuttosto che l’altro. Si moltiplicano per talea quello delle Filippine ed il Lohu; per in- nesto le numerose variazioni del Gelso bianco, ado- perando per soggetto il Selvatico o piuttosto il Mo- rettiano, che è più acconcio. L’innesto si eseguisce o ad anello o ad occhio. — Per ottenere poi i soggetti convien seminarli. Il seme si ricava da frutta ben mature, che si disfanno e si lavano nell’ acqua, :rac- cogliendo quello che va in fondo, e che, dopo asciugato, si sparge, più presto che si può, in terra sciolta e calcare , inaffiandola spessissimo e cuoprendola di paglia affinchè non formi la. crosta. Un modo ingegnoso di seminarlo è quello di spal- mare vecchie corde di canapa con frutti maturi, e dopo che sono asciutte sotterrarle a pochi centimetri, giacchè |’ umidità conservata dalla corda favorisce il germogliamento dei semi. Il Gelso. può essere allevato in albero, arbusto, boschetto di ceppata, siepe, e nei paesi caldi, se il terreno può essere irrigato, in ceppaia foltissima che si miete ogni anno per raccogliere la fronda. 148 Per le ceppaie e le siepi sono preferibili le varietà delle Filippine, Lohu, e Selvatica; le altre per gli alberi ai quali colla potatura e l’innesto si deve far assumere una forma che renda facile la raccolta della foglia, e lasci una sufficiente ampiezza di rami per produrla. La vita del Gelso nello stato di natura è lunghissima, avendosi esempio di piante di oltre 400 anni; quand’è coltivato, la durata varia secondo il governo a cui le piante sono sottoposte ed inoltre è determinata 1.° dallo spazio in cui si possono di- stendere le radici, 2.° dall’ umidità del terreno. Nelle praterie irrigue la durata è di 5 o 6 anni, trascorsi i quali manca per le radici che crescono a poca distanza dalla superficie l’ aria che è assorbita dalla cotica'er- bosa sovrapposta; per gli arbusti a metri 2 è la mancan- za d’umidità e di spazio per le radici le quali s’ intrec- ciano, sicchè tra 15 o 20 anni periscono; per gli alberi oltre metri 4 è la scarsezza d’ umidità. Esperienze estese mostrarono che in terreno ottimo la durata media del gelso ad albero è di 64 anni divisibili in 22 di gioventù, 20 di di virilità, 22 di vecchiezza. I lavori per il Gelso variano secondo l’età ed il modo di allevamento. Per il semenzaio basta che la terra sia smossa alla profondità di 30 centimetri; per il vivaio di 50 a 60 cm.; per la dimora stabile deh- bono escavarsi formelle profonde m. 1. 20, lar- ghe 1. 70 a 2; peri boschetti fosse larghe m. 1. 20, profonde m. 1. e il medesimo per le siepi. La fo- gnatura delle formelle e dei fossi è utilissima non tanto per l'umidità, quanto per favorire |’ accesso dell’aria a contatto delle radici che se ne giovano 149 moltissimo. Torna utile zappare superficialmente nel- l’estate la terra al piede delle piante per impedire che si inerbisca e asciughi troppo. Le pianticelle di Gelso dopo l’ anno del semenzaio sì mettono in piantonaia alla distanza di m. 0,80—90 le une dalle altre; a 3 anni s’ innestano al piede, nell’anno successivo si mozza la freccia ossia il ger- moglio del nesto, e si comincia subito il palco con 2 0 3 rami secondo la forza dell’ albero; nel 4.? si traspongono e si spuntano i rami per cominciare il 2.° palco, che spesso basta a compiere l’ ossatura della chioma o a cui si aggiunge, 2 anni dopo, il terzo giro di rami. È necessario di procurare che nelle piante giovani la scorza si mantenga sempre flessibile affinchè non impedisca il crescere del legno cagionando talora quello stravaso d’ umori da cui in gran parte proviene il cariarsi del tronco. La qual freschezza della scorza si ottiene fasciando le piante giovani con paglia interamente, o almeno nelle lega- ture, raschiando in ogni età i licheni e spalmando il fusto con latte di calce. Il Gelso deve essere potato ? Per regola generale è meglio piantar rade le varietà di Gelso poco frut- tifere che potare spesso. In ogni caso tale opera- zione dovrà essere regolata nell’ interesse del Gelso e non delle colture vicine, e inoltre dovrà variare se- condo il terreno, non dimenticando mai che si ese- guisce non perchè gli alberi se ne avvantaggino ma 1°. per agevolare la raccolta della foglia; 2.° per reprimere la fruttificazione inutile aumentando lo sviluppo delle foglie; 3.° che per la conservazione delle piante e per aver buona qualità di foglia si deve 150 sempre mantenere in equilibrio la chioma con le radici; 4.° che non tutte le varietà sopportano la stessa potatura, per cui, mentre il Gelso arancino si deve solo. rimondare , dovranno trattarsi. più energica- mente le piante che mettono inutile copia di frutta; ° che per ciascheduna varietà si deve tagliare più nei terreni di piano sciolti, ricchi e fresehi che in quelli di qualità opposta. La potatura per non perdere la foglia dell’anno sì eseguisce in Maggio o Giugno con danno però del raccolto venturo. Infatti gli alberi potati tardi rimettono sempre le foglie molto tardi, e però si. preparano male le gemme per l’ anno venturo. Sa- rebbe assai meglio dunque potare in Marzo, rimon- dando in Luglio i germogli teneri sviluppati fuor di posto. In ogni modo potando in estate converrebbe scorciare soltanto le vermene, non tagliarle sul cal- cio, come si fa comunemente, giacchè i succhi ten- dono sempre a portarsi verso l’ alto. È noto che le foglie fanno nelle piante pres- sa poco l’ ufficio stesso che lo stomaco ed i pol- moni negli animali, per cui la sfrondatura anche nel Gelso, sebbene sia coltivato unicamente per la foglia, è sempre dannosa. Non deve perciò praticarsi sui Gelsi giovani, non si deve far mai 2 volte per allevamenti successivi o per il bestiame, ma per quest’ ultimo può. essere adoperata nel tardo au- tunno quando sta per cadere. Inoltre per il modo di vegetare del Gelso le sfrondature molteplici impe- discono lo svolgersi delle gemme, che debbono pro-: durre la foglia per l’ anno venturo. Il Gelso è soggetto a diverse malattie che at- d. 151 taccano la pianta e la foglia. Le principali per la pianta sono 1.° la carie prodotta dalla tagliatura dei grossi rami sui quali la scorza non si è rifor- mata; 2.° l èdropisia quando vegeta in luoghi umi- di: 3.° la rizotonia , pianta crittogama che dalla radice sale fino ai rami sotto la scorza e la dispone a perire, e si propaga da un Gelso all’ altro, sicchè conviene estirpar subito la pianta ammalata; 4.° le brine ed i geli che fanno perire i rami non ago- stati. La foglia è soggetta 1.° al seccume che con- siste in una crittogama, la quale disorganizza il pa- renchima delle foglie su cui si manifesta con mac- chie brune; 2.° la melata che è il trasudamento d’un umore zuccherato che attira molti insetti e la rende impropria per la nutrizione dei filugelli. — Checchè sì dica nessun fatto mostra che la Pebrina e la malat- tia dei mosciatoli, le quali con carattere epidemico da 15 anni devastano gli allevamenti dei filugelli, traggano origine da un’ alterazione della foglia. Anzi dopo gli stupendi studi del Cornalia e del Pasteur e i risultati pratici a cui essi sono arrivati sembra certo che la malattia risieda unicamente nel filugello e sì propaghi per generazione. Volendo calcolare la rendita del Gelso conviene tener conto del modo d’ allevamento, giacchè muta 1.° il capitale anticipato nei lavori e nelle pianta- gioni; 2.° la quantità del prodotto; 3.° il tempo .d’ aspettativa e durata; 4.° la proporzione degli inte- ressi attivi e passivi, secondochè il Gelso dura 7—20— 40—60 anni, e perciò muta il costo di produzione della foglia, — Secondo le esperienze del Gasparin e del Ridolfi, ripetute in gran parte anche da me 152 sopra terreni diversi, il costo minimo della foglia per il proprietaro è di L. 3,23 per 100 Cg. che sì può cal- colare di vendere in media al prezzo di L. 7, 50. Posti tali estremi, un Gelso in albero, coltivato a m. 11. 67 di distanza per tutti i versi in terreno ottimo, nel quale non si facciano altre colture, potrà dare nei primi 20 anni Cg. 5772 di foglia e da quell’ epoca fino al principio del deperimento , che cade a 60 anni cioè per altri 48 anni, Cg. 20370 di foglia, cioè in tutto Cg. 26142 cioè L. 1307. 10 in denaro. Piantato a questa distanza però il Gelso non rende il massimo prodotto di cui è capace come risulta dalle seguenti Tabelle compilate, secondo il metodo del Gasparin, con i risultati di esperienze locali e dirette fatte da me per il Gelso a boschetto e dedotte dalla conta- bilità di uno dei maggiori possidenti della Provincia per ciò che riguarda i Gelsi in albero. GELSETO A 7 METRI PER OGNI VERSO ( SPESE D’'IMPIANTO ) Lavoro d’ un Ett. di terra a formelle a L. 0,40 l’una L. 81 60 Per 204 Gelsi a L. 0,75 l'uno . : Ì » 153 — Piantagione a L. o,to l'uno . ; e i n 20 go Coltura e concimi durante 3 auni é È n 300 — Fitto della terra per 3 anni a L. 70 per anno » 210 — L. 765 00 SPESE ANNUE Quota di perpetwità supposto che il Gelsetto durì 60 anni . . ; È : È } L.- 355 10 Coltura annua a L. 0,55 per pianta ; i » 71 do Potatura a L. 0,15 per pianta 1 : » 5o 60 Concimi in ragione di Cg. 41 ( gr. 106 di azoto ) a L. 1,29X 224 \ i ì . i ” 225 — Fitto del terreno i ‘ : i < ; » qo — L. 430 10 (en hd) { DI PRODOTTO Cg. 15920 di foglia da cui dedotto it 5/5 di rischi celesti restano Cg. 13224 a L. 7,50 danno; L. gg Se Prodotto netto L. 561 70 BOSCHETTO DI GELSI A METRI © ( IMPIANTO ) Lavoro di 1 Ettare a fossi m. 5000, a L. 0,08. L. oo — Valore di 2500 piante a L. 0,50 l'una ? » 250 — Piantagione a L- 0,19 l’ una È x 1 » 3599 — Coltura durante i primi 5 anni " : . » 260 — Canone della terra nei primi 3 anni È o ”» 20 — L. 1493 — ( SPESE ANNUE ) Quota di perpetuità nel periodo di 15 anni . La 12 — Spesa annua di coltivazione . 4 Li A ” 75 71 Potatura iu ragione di L. o,10 per pianta : » 250 — Concime in ragione di Cg. 12 ( azoto gr. So ) per piavta a L. 0,37 X 2500 : . : "92 So Fitto del terreno } L } } è ” q0o — L 593 21 PRODOTTO Foglia Cg. 8 X 2500—=20,000 da cui dedotto 6 °/, ri- schi celesti restane Cg. 18800 che a L. 7,50°/, L. 1410 — — — —. Prodotto netto L. 811 79 154 G_ FICO. FICUS. Tourn. ( Da un' alterazione della parola SyAe nome greco del Fico» ) Alberi o arboscelli con succo proprio lattescente, ramosissimi, con foglie alterne, di rado opposte, picciuolate, spesso coriacee. Stipole grandi, solitarie o gemine, persistenti o caduche, che formano in- torno alla gemma terminale una specie di guaina. Fiori monoici o dioici, nella superficie interna di un ricettacolo carnoso (sicoro, Mirbel), piriforme, aperto in alto, munito in basso di brattee squamose. I fiori maschi occupano la parte superiore del ricet- tacolo verso il contorno dell’apertura e sono for- mati 1.° di un calice diviso in 3—5 lacinie eguali; 2.° di 83—5 stami, di rado 1, con filamenti capillari e antere biloculari che si aprono longitudinalmente. I fiori femminei che sono più numerosi cuoprono il fondo e tutto il resto della capacità del ricettacolo e constano 1.° di un calice 5—fido, 2.° di un ovario monoloculare, di rado biloculare, sessile o sostenuto da un corto ginnoforo con stilo laterale, stigma corto, bifido. Ricettacolo fruttifero succolento. Utri- coli circondati da calici piccoli, e crostacei, mono- spermi. Seme con testa dura, fragile. — Embrione quasi nel centro di un albume carnoso; radicola supera. — Generi italiani N. 1, — Nella Provincia N. 1. 155 FICO SELVATICO. Ficus carica. Linn: Frutice o alberetto, molto ramoso, quasi in cespu- glio, raramente albero con il tronco torto, coperto di scorza cenerina, sottile, minutamente rugosa. Rami patenti verso l’apice, ascendenti; rametti giovani ver- dognoli, guarniti di peli cortissimi. Foglie caduche, picciuolate, di forma variabile, anche sullo stesso ramo, intaccate a cuore alla base, incise ai mar- gini in 8—5 lobi, verdi cupe di sopra, e un poco ru- vide .al tatto, disotto più ruvide, coperte di molti peli, e con nervi assai prominenti. Stipole lanceo- lato-acuminate, verdognole, cigliate nei margini e terminate da un ciuffetto di peli all’ apice; cadono presto, lasciando una cicatrice in forma di anello: I ricettacoli carnosi che contengono i fiori sono in forma di pera coll’ apice pervio, ma chiuso da squa- mette, 3 delle quali esterne, e sono portati da un picciuolo corto, munito all’estremo di 3 brattee; appa- riscono in diverse epoche onde si distinguono : 1.° in primaticci; 2.° in estivi; 3.° in tardivi. I primaticci 2—4 all’apice dei rami dell’anno precedente, portano fiori femminei e maschi, ovvero tutti femminei, ma sono sempre sterili: gli estivi nascono sui rami svolti nella primavera dello stesso anno, solitari all’ ascella delle foglie nuove, androgini e fecondi; i tardivi spuntano via via che i rami allungandosi mettono foglie e ge- neralmente sono femminei. Stazione e fioritura. L’ ho trovato nelle rupi del Furlo, nelle vecchie mura della Rocca sopra Fossombrone e nelle fessure delle rupi del San Bar- 156 tolo e dell’ Ardizio presso Pesaro. Inclino però a cre- dere che fossero piante derivate da semi delle va- rietà coltivate, inselvatichite per il clima e soprat- tutto per la povertà del terreno. Fiorisce in Marzo, Giugno, e successivamente fino nel Settembre. Caratteri economici. Raro nei boschi, per i quali non ha importanza. Innumerevoli le varietà ottenute con la coltura, che in passato dovette essere molto ‘ estesa nelle colline mioceniche intorno Pesaro e Fano, poichè in tutte le Guide pubblicate sulla fine del se- colo passato si ricordano i fichi di Sant’ Angelo in Lizzola, Ginestreto, Rocco San Baccio ecc. È pianta dei climi caldi in cui le frutta riescono dolcissime, maturano in maggior copia e si possono seccare più facilmente; ma che nei paesi temperati riescono più ‘soavi. Per le pioggie autunnali incontrasi molta difficoltà a seccarli, e però torna meglio consumarli freschi. Il fico predilige i terreni leggeri e calcari, piuttosto aridi; nei piani di alluvione sciolti. e. pin- gui fruttifica copiosamente, ma i fichi sono poco sa- porosi e si seccano con difficoltà; nelle terre umide maturano male e cadono facilmente. Si moltiplica di pollone e di talea fatta di un ramo di due anni; in gioventù cresce rapidamente, ma con molta lentezza in seguito; fino a tarda età rimette dal pedale. Pian- tato che sia esige pochissima cura; una vangatura intorno al piede nell’ inverno ed una zappatura in estate; i concimi nociono alla bontà del frutto; non deve essere potato; se si vuol molta copia di fichi primaticci nell’ anno successivo basta forzar i rami nuovi a rimettere, accecando i germogli o levando i frutticelli; per affrettare il maturamento degli ‘ul- 157 timi fichi basta ungere con olio il piccol foro ch'è in. cima del frutto. I fichi non reggono al trasporto, onde conviene seccarli: il che si fa disponendoli sopra graticci che si pongono al sole, e rivoltandoli di mano in mano che si vanno asciugando. Però non è indu- stria fatta per la Provincia nostra nella quale convien ricorrere per seccarli al calore del forno che spesso li indurisce e guasta. Le principali varietà di fichi coltivati nella Provincia sono 1.° Fico San Pietro : 2.° Matalone (bianco ); 3.° Fico dottato (Matalone nero ) che maturano in estate; 4.° Fico verdino ; 5.° Fico brogiotto ; 6:° Fico dottato, che maturano in Settembre. Il legno di fico è giallo, spongioso, formato in gran parte di parenchima e inzuppato di latice, e però sì corrompe presto ed arde male. Quando è molto vecchio, massime se cresciuto in terreno povero, è migliore. Peso specifico: in un fasto di 100 anni seccato all’ aria completamente—0, 68. FAMIGLIA XXVII. ALORAGEE. Parl. ( Dal Genere Z/alogeris. ) Erbe acquatiche, perenni, di rado annue, 0 soffrutici terrestri, con fusto e rami all’ esterno cilindrici, lisci, articolati; internamente col tessuto in alcune specie mancante di ‘vasi, e in tutte le acqua- tiche interrotto da numerose lacune distribuite in 158 modo diverso nelle differenti specie, uniformemente negli individui della medesima specie. Foglie prive di stipole, (eccetto che nella Gunnera, esotica ) op- poste, verticillate, di rado alterne, dentate, o di- vise in lacinie fine e capillari, quasi sempre diseguali nella parte inferiore e superiore dei fusti e dei rami, Fiori piccoli, solitari, sessili, o quasi, all’ ascella delle foglie, ermafroditi, spesso monoici per aborto, rare volte poligami; ora forniti di calice e corolla. ora di calice solo, ora soltanto di un involucro di- viso in lacinie che cinge la base dell’ ovario e degli stami. Stami, ora in numero eguale, ora mi- nore, ora doppio delle divisioni del calice o dell’ in- volucro, talvolta 2—1 soltanto, con antere ovali, oblunghe, per lo più biloculari, che si aprono o per traverso o per lungo, di rado sessili, il più delle volte sostenute da un filamento filiforme o lesini- forme. Ovario infero, di rado monoloculare, con tante loggie quante sono le divisioni del calice, 0 dell’ invulucro, con un sol ovolo pendente in cia- scheduna loggia che è sormontata da uno stilo le- siniforme, stimmatoso, talora persistente. Frutto con 2—3—4 loggie, talora ridotte ad una sola per aborto, nel più delle specie indejescente, e che in poche si apre trasversalmente in alto. Semi solitari nelle loggie, pendenti, con testa sottile, membra- nosa; albume carnoso, di rado mancante; embrione nell’ asse dell’ albume, ( eccettuato nella Gunnera ) : cotiledoni 2. Generi italiani N. 4. Conosciuti nella Provincia N 2. ° 159 TRIBÙ III. CERCODIANEE. Juss. { Dal Genere esotico Cercodea: ) La Erbe acquatiche o soffrutici terrestri con fusti ramosi e nelle specie acquatiche articolati; foglie verticillate od opposte, di rado alterne, dentate, pinnatifide, rade volte integre. Fiori ermafroditi 0 monoici, piccoli, ascellari, sessili. Calice supero col tubo saldato all’ ovario e il lembo 4—lobo. Petali liberi, inseriti nella parte superiore del tubo del calice, spesso mancanti nei fiori femminei. Stami 4—6—8 inseriti come i petali; antere biloculari,. introrse. Ovario con 2—4 loggie in ciascheduno, con 4 ovoli pendenti, anatropi, stili 2—4, spesso brevi, stimma- tosì. Frutto secco, coronato dal lembo del calice, persistente. Semi pendenti; albume carnoso sottile; radicola supera. Generì italiani N. 1. — Nella Provincia N. 1. G. MILLEFOGLIO, Myriophyllum. Vail. ( Dal greco myrios numerosissimo e phyllon foglia, per allusione alle molte- plici divisioni di Ile foglie di queste piante. ) Piante acquatiche, sommerse in gran parte, con la spica dei fiori talvolta fuori dell’acqua. Fusto poco ra- mificato; foglie verticillate , sessili, divise profonda- mente in lacinie siniili alle barbe di una penna; fiori 160 monoici, disposti in verticilli ravvicinati in modo da formare una spica interrotta, nella quale i fiori maschi sono in alto, i femminei in basso, Calice con tubo cilin- drico o tetragono, aderente all’ ovario , con lembo 4— partito. Petali 4, più lunghi dei fiori maschi, rudimen- tali, e spesso mancanti nei femminei. Stami 8—6—-4, con antere biloculari; ovario 4—loculare; stili 4 cortis- simi, spesso incurvati, piumosi. Frutto diviso in 4-2 cocci, saldati insieme, in ciascheduno dei quali è un seme. Specie in Italia N. 3. Nella Provincia N. 2. MILLEFOGLIO ASCELLARE. Myriophyllum verticillatum. Linn. Pianta perenne con rizoma obliquo, cilindrico, articolato, che manda radici lunghe, capillari, ne- riccie. Fusto ascendente, cilindrico, articolato, leg- germente striato, liscio. Foglie 5, di rado 6—4, di- sposte in verticilli, più vicini verso |)’ estremità dei rami, pinnatifide, con lacinie capillari, opposte. Fiori piccoli, sessili, verticillati, nell’ ascella delle foglie superiori, molto più corti di esse. Stazione e fioritura. Piuttosto rara; l’ ho rac- colta in alcune lagune formate dopo le piene del Metauro e della Fogha in prossimità delle Chiuse Al- bani; a Pesaro nel Guazzo Mamiani. Ricordata an- che dal Brignole come spontanea della Provincia. Fiorisee nel Luglio. 161 MILLEFOGLIO D' ACQUA. Myriophyllum spicatum., Linn: Fusto cilindrico, spesso lunghissimo. Foglie 4, verticillate, pennate, divise, con lacinie lunghe, quasi capillari. Fiori monoici, i superiori maschi, gl’ infe- riori femminei, a 4 a 4 in giri lontani, formando una spica interrotta, nuda all’ apice, sessili, accom- pagnati da brattee che in basso sono simili alle foglie del fusto, in alto più corte, intere. Stazione e fioritura. Fiorisce dal Giugno al- |’ Agosto. L° ho raccolto nei Guazzi di Bordanello alle ultime propagini delle Cesane ed a Miralfiore nelle vasche. Ricordata dal Brignole. TRIBÙ IV. CALLITRICHINEE. Link. { Nome derivato dal Genere Callitriche che è il solo compreso in questa Tribù ) G. CALLITRICHE. Callitriche. Linh. ( Dal greco Kallus bellezza e tlrix capigliatura, per allusione ai fusti fili- formi che somigliano ad una chioma ornata di foglie» ) Piante acquatiche con fusti gracili, glabri, fili- formi, ramosi; talvolta galleggianti colla parte su- periore, ed allora munite di stomi, vasi spirali, e piccoli corpi a guisa di vescichette stellate ; tal’ al- tra interamente sommerse ed allora prive di stomi, di vescichette e con pochissimi vasi. Foglie opposte, in 11 162 basso distanti, e in alto avvicinate, lineari, ovato- oblunghe, od ovato-lineari. Fiori piccoli, ascellari, solitari, per lo più monoici, talvolta poligami, privi di calice e corolla, composti: 1,° di 2 bratteole, latera- li, trasparenti; 2.° di 4—2 stami ipogini, alterni con le bratteole, con filamenti filiformi più lunghi e antere reniformi, monoloculari : 3.° di un ovario con 4 log- gie monovulate con ovuli pendenti, anatropi e 2 stili lesiniformi, stimmatosi, lunghi. Frutto carnoso, mem- branaceo con 4 lobi, che talora si distaccano gli uni dagli altri, e con 4 loggie, spesso per abor- to ridotte a 2, ognuna delle quali contiene un seme pendente, con albume carnoso, cotiledoni piccoli, radicola supera. Specie esistenti in Italia N. 6. — Nella Provincia N. 2 ERBA GAMBERAJA. Callitriche verna. Kitz. Pianta perenne nuotante nelle acque. Ra- dici esili, bianche; fusto ramoso, liscio che dai nodi inferiori manda fibre radicali; foglie opposte, patenti, trinervie ; in basso lineari, o lineari-lanceo- late, saldate tra loro alla base e retuse-bidentate al- l’ apice; in alto bislungo-ovali e molto avvicinate, onde formano come una piccola rosa; fiori monoici, i femminei in basso, i maschi in alto, con bratteole quasi lineari, corte; stilo caduco ; frutto 4—loculare e 4—lobo con costole poco rilevate, ottuse. Abitazione e fioritura. Fiorisce dal Marzo al Maggio ; l ho trovato nei fossi presso Fano, Fos- sombrone, Urbino; presso Pesaro verso Muraglia, dove l ha raccolta anche il Signor Scagnetti.. 163 ERBA GAMBERAJA. Callitriche stagnalis. Scop Differisce dalla specie precedente per avere, 1.° talora fiori poligami, con i femminei in basso , gli ermafroditi in alto; 2.° le bratteole a falce, conver- genti; 3.° gli stili dopo la fioritura curvati in basso ; 4.° i frutti quasi rotondi, e accompagnati da un solco profondamente scannellato nei margini, con ala bianca piuttosto stretta. Abitazione e fioritura. Negli stessi luoghi com- mista spesso alla specie precedente. Fiorisce in estate. CLASSE XI. MALVOIDEE. Pari. Alberi, frutici, soffrutici, di rado erbe annue o perenni, con succo latteo, mucilagginoso, od acqueo, spesso coperte di peli stellati. Foglie alterne, di rado opposte o verticillate, picciuolate o sessili, semplici, dentate o seghettate, lobate o palmate, pochissime volte digitate. Stipole libere, caduche o persistenti, talora in forma di glandola. Fiori ermafroditi, mo- noici o dioici, di rado poligami. Calice libero, mono- bi-poli-sepalo, colle divisioni quasi sempre valvate nella boccia del fiore. Petali in numero eguale alle divisioni del calice, rare volte maggiore o minore, spessissimo ipogini e nella boccia del fiore convoluti, di rado nulli. Stami indefiniti, spesso monadelfi e 164 definiti, talvolta sterili ed allora opposti, o più di rado alterni con le divisioni del calice. Antere bilo- culari, spesso didime o, per la divisione del filamento, uniloculari, che si aprono per il lungo o di traver- so, di rado per mezzo di pori; introrse, estrorse. Ova- rio sessile, rarissime volte stipitato, formato di 3—5 carpelli, di rado 1l-più, disposti intorno un asse cen- trale stilifero e diviso in 1—3—5—più loggie, ciascuna delle quali contiene 1-più ovuli, anfitropi, anatropi, di rado ortotropi. Stili più o meno riuniti fra loro, semplici o bifidi, di rado nulli. Stigmi semplici, ca- pitati, poche volte lobulati o laciniati. Frutto secco, raramente carnoso, ( bacca 0 drupa ) formato di 3—5 cocci disposti in verticillo intorno all’ asse col quale sono saldati, spesso dejescenti con elasticità, di rado indejescenti. I semi conservano la disposizione stessa degli ovuli, spesso sono muniti di caruncola o ac- compagnati da pelurie abbondante ( Cotone ). L’ al- bume talvolta manca, ma quando esiste è più o meno abbondante, mucilagginoso, carnoso od oleoso. Embrione retto o arcuato; cotiledoni piani o piano- convessi; radicola supera, infera o centripeta. FAMIGLIA XXVIII EUFORBIACEE. R. Brown. { Dal Genere Euforbia. ) Alberi, arboscelli, soffrutici, erbe perenni od annue, talvolta cattiformi, con succo lattiginoso ed acre, opalino, ovvero acqueo. Fusto, ora sem- 165 plice e diritto, ora ramoso, talvolta 2—3—cotomo fin dalla base. Foglie sparse, di rado opposte o ver- ticillate, nelle specie carnose attenuatissime, pic- ciuolate o sessili, palmi o penninervie, con lembo in- tero, dentato o lobato, e accompagnate quasi sempre da 2 piccole stipole semplici, membranacee, il più delle volte caduche. Fiori unisessuali, monoici o dioi- ci, spesso incompleti, di rado poligami, piccoli, ora solitari e ascellari, ora raccolti in ispica, panocchia, racemo o falso ombrello, accompagnati da brattee e foglie florali di varia forma e grandezza. La dispo- sizione dei fioretti è svariatissima, ora i due sessi sono sul medesimo asse florale, nel quale i maschili sono in alto, i femminei in basso; ora sono separati su rami e individui diversi, ora i maschi e le fem- mine si trovano raccolti in un involucro comune, spesso glandolifero, e per lo più sono privi o di ca- lice o di corolla, o di ambedue. Inoltre il fiore è ac- compagnato da un disco, di rado interno, più spesso collocato nell’ involucro comune. Il calice, nelle specie che lo posseggono, è libero, gamosepalo, con 4—5—6 divisioni, valvate o imbricate nella boc- cia del fiore; la corolla è polipetala, di rado gamo- petala, ipogina o perigina a prefiorazione condupli- cativa o imbricata. Stami definiti o indefiniti, inse- riti nel centro del fiore, o sotto il rudimento del pi- stillo, con filamenti liberi mono-poli-adelfi. Antere introse o estrorse, arrotondate o didime, libere o coerenti, che si aprono longitudinalmente, obliqua- mente, orizzontalmente, o per mezzo di pori bislun- ghi. Ovario supero, 1-più-loculare, per 1’ ordinario 3-loculare. Carpelli coerenti disposti in verticillo in- 166 torno una colonna centrale. Stili quasi sempre corti, in numero eguale a quello delle loggie, ora distinti, ora riuniti alla base e divisi in alto, frangiato-pa- pillosi, raggiati, lobato-laciniati. Ovoli pendenti dalla sommità dell’ angolo interno delle loggie, sessili. Frutto consistente per l’ ordinario in una capsula quasi tonda che si apre con elasticità in 3—2—più parti che, per essere poco saldate tra loro, sì chia- mano cocci. Semi pendenti con testa crostacea , il più delle volte muniti di caruncola. Albume carnoso più o meno abbondante; cotiledoni piani o piano convessi; radicola supera. Caratteri economici ed usi. Due sole Eufor- biacee spontanee della Provincia possono servire a qualche uso: 1.° 1 Euforbia Cipressina, con i semi della quale si prepara una pasta che serve a inebbriare i pesci, e farli venire sulla sponda dei gorghi nei fiumi; 2.° la Crozofora, il eui succo acido e rosso combinato alla calce somministra la Laccamuffa o Tornasole che si adopera come reagente in tutti i laboratorî di Chi- mica. È poi bene sapere che tutte le piante di questa Famiglia contengono un succo dotato di proprietà acri, ed in alcune oltremodo venefiche, dovute ad una resina liquida e ad un olio essenziale assai volatile, la cui proporzione e attività varia secondo le piante, gli organi e il clima. E sebbene nelle specie indigene tale succo non sia capace, come nell’ Ura crepitans, e nell’ Hippomanes Mancinella dell’ America equa- toriale, di produrre con i soli effluvi pustole dolorose, inttavia sarà bene di maneggiarle sempre con. ri- guardo, e non darle mai confuse con le altre erbe ai bestiami che si nudrono nella stalla. 167 Appartengono a questa Famiglia fra le piante industriali esotiche la Siphonia elastica, albero di 15—20 m. della Gujana e del Brasile da cui si cava principalmente la Gomma elastica; la Stillingia se- bifera della China, dai cui semi si estrae, oltre l’olio, una materia atta a far candele; l’ Elwococca ver- rucosa del Giappone e la Jatropa Curcas dell’ Ame- rica tropicale, che somministrano olio buono per ar- dere o far sapone, mentre meritano di essere men- zionate per le proprietà medicinali l’ Euphorbia Ipecacuanha, il Croton Tiglium, il Ricino; final- mente fra le alimentari, oltre a molte che producono frutta, le due specie di Mawrioc, che sono coltivate in tutta l America e l’ Africa intertropicale, per la fecula contenuta nei loro rizomi ; materia alimentare che per una delle due specie convien prima liberare o con la cottura o con i lavacri dal veleno potente col quale è associata. La Tapioca che vendono i droghieri non è che la fecula del Manioc. Raccolta e disseccamento. Somministrando la forma del frutto caratteri importantissimi per la de- terminazione delle specie di questa Famiglia, convien procurare di raccogliere gli esemplari dopo la frut- tificazione. Siccome però col disseccarsi le capsule sì aprono, per non perdere i semi piccolissimi, si deb- bono porre entro sacchettini di carta che si attac- cano accanto agli esemplari. Non s’ incontra nessuna difficoltà nel seccare le specie indigene; però se ne incontra molta nel pre- servare gli esemplari dagli insetti. Principali Generi ammessi N. 52. In Italia N. 7. Ritrovati nella Provineia N. 3. 168 CHIAVE ANALITICA DEI GENERI . Piante erbacee, con fiori privi di corolla , ovario con 2 loggie. G. MERCORELLA:- Ovario con 3 loggie 5 ; 7 . . . . . 2 2: Piante con succo lattiginoso, fiori senza calice e corolla, i imaschi e le femmine riuniti in una specie di falsa ombrella e protetti da un involucro caliciforme ; i maschi 10—50 composti di un solo stame, e che circondano il fiore femmineo solitario e pedicellato» G. EuroRBia- Piante con succo non lattiginoso ; fiori accompagnati ciascheduno da un calice ; fusto erbaceo; foglie alterne; fiori maschili con 5 petali, e 5—10 stami; fiori femminei senza corolla. G. CrozoroRra. TRIBÙ I. EUFORBIEE. — Miller. Piante erbacee, soffrutici, arboscelli od alberi con succo lattiginoso, talvolta carnose e allora prive di fo- glie, e spinose, ovvero con foglie sparse, di rado opposte. Fiori monoici, raccolti in un involucro co- mune, quasi sempre glandolifero, i maschi numerosi privi di corolla, con calice piccolo o nullo, i fem- minei ridotti ad un solo nel centro con calice pic- colissimo. Ovario triloculare con un sol ovolo per loggia, 3 stili più o meno riuniti alla base, bifidi all’ apice. Capsula fornita di 3 cocci, che quando è matura, per solito si apre con elasticità; semi quasi sempre muniti di caruncola. Generi italiani N, 1. — Nella Provincia N. 1. 169 (G. EUFORBIA. Euphorbium. Linu. ( Dal nome di Lu/ordio, Medico di Giuba re della Mauritania che per privo adoperò queste piante in medicina» ) Piante erbacee o legnose, con succo lattiginoso, bianco, foglie opposte o alterne, nel più accompa- gnate di stipole che però mancano nelle specie carnose cattiformi ( esotiche ). Fiori monoici aggruppati in molti intorno un sol fiore femmineo sovra un invo- lucro comune, campanulato , 4—5—fido, con lacinie membranose, munite di glandole. Fiori maschi pedi- cellati e provvisti di una brattea;. calice e corolla nulla; un solo stame; filamenti articolati col pedi- cello; antere biloculari, didime. Fiore femmineo ac- compagnato da un pedicello più lungo, calice pic- colo, dentato o lobato, ovario sessile, triloculare , stili 3, bifidi; stigmi 6, di rado 3, bilobi; capsula li- scia o verrucosa con 3 noci, elastica, decidua, mo- nosperma. Specie ammesse in Italia N. 62. — Nella Provincia N. 15. Sezione 1.° Anisophyllum. Roep Foglie munite di stipole : glandole dell’ involucro ac- compagnate all’ esterno da un’ ala membranosa ; semi privi di caruncola. PEGLIO. Euphorbia Peplis, Linn. Radice fusiforme, poco ramosa, da. cui partono in giro molti fusti giacenti per terra, carnosetti, cilindrici, rossi, lisci. Foglie opposte, semicordato- 170 ovate, integre, con stipole membranacee alla base dell’ ombrello; fiori solitari, ascellarij; peduncolo cilin- drico, corto; involucro verdognolo, quasi turbinato; glandole oblungo-lineari; capsula quasi tonda, liscia; semi ovoidi, lisci, cenerini. Stazione e fioritura. Sabbie della spiaggia del mare tra Pesaro e Fano. Fiorisce dal Maggio al Set- tembre. ERBA DEI PONDI. Euphorbia Chamaesyce, Linn. Pianta liscia, giacente; fusto filiforme, dicoto- mo; foglie con picciuolo corto, opposte, oblique alla base, quasi tonde, smerlate, verdi e sopra sfumate di rossiccio, accompagnate da stipole piccolissime, divise in 2—3 parti all’ apice. Involucro comune cam- paniforme. Glandole lineari curvate a guisa di mezza luna, rosse. Capsula subglobosa, trigona, liscia o scabra sul dorso dei cocci. Semi rugosi, rosso-scuri. Stazione e fioritura. Comune negli orti e nei campi. Pesaro a Miralfiore; Fano alla Madonna del Ponte; S. Angelo, Fossombrone, Belforte. Fiorisce dal Giugno al Settembre. Sezione 2.° Titimali. Frutici o erbe alquanto carnose. Foglie prive di sti- pole; glandole dell’ involucro senza prolungamento mem- branaceo, orbicolari od ovali per traverso. ( Foglie canline decussate; glandole hicorni. ) CATAPUZIA MINORE. Euphorbia Lathyris. Linn Bienne. Radice fusiforme, fibrosa. Fusto eretto, 171 glauco, per l’ ordinario semplice sino presso 1 om- brella. Foglie carnosette, sessili, oblungo-lineari, decussate, avvicinate in modo da parere opposte, fornite di punta rossiccia all’ apice, verdi, glauche- scenti. Ombrella grande per l’ ordinario con 4 raggi dicotomi, lunghi e patenti, Foglie dell’ ombrello 4-3, lanceolate, alquanto allargate inferiormente; foglie fiorali libere, cordato-ovali od ovali-lanceolate, verdi chiare o gialliccie. Involucro con peduncolo rossic- cio-amaranto, con lobi grandi, convessi fuori, con- cavi dentro, dentato-frangiati nel margine. Glan- dole 4, giallo-verdognole con corna grosse, quasi tonde, corte. Capsula sostenuta da un pedicello, grossa, liscia. Semi coperti di un sottile velo ce- nerino, sotto il quale sono nericci con leggiere ru- ghe in forma di rete, Stazione e fioritura. Negli Orti presso Pesaro, Fano, Fossombrone, Urbino; a Novilara (Scagnetti). Fiorisce dal Maggio al Giugno, ( Foglie cauline sparse; glandole sparse o bicorni. ) A. Erbacee. ( Foglie florali liber» ; capsula verrucosa: ) TITIMALO PALUSTRE. Euphorbia palustris. Linn. Pianta perenne, glabra; con rizoma molto grosso, caule robusto, eretto, rossiccio, e rami numerosi, quasi tutti sterili. Foglie sparse, sessili, quasi mem- branacee, sessili, lanceolate, interamente liscie. Om- brello composto di molti raggi verdognolo-giallicei di- 172 viso all’ apice in 3—4—ò raggi secondari. Foghe della base dell’ombrello ovali, o oblungo-ovali, verdi-glau- che; le florali 3—4—5, ovali, ellitiche, gialle. Invo- lucro turbinato, con lobi retusi o bidentati, gial- lieci. Glandole 4, stipitate, gialle. Capsula coperta di verruche emisferiche o ottuse; semi lisci. Stazione e fioritura. Sponde della Foglia dove piuttosto è rara; guazzi nelle vicinanze di Fano; fossi presso Pesaro. Fiorisce in Maggio e Giugno. TITIMALO DOLCE. Euphorbia verrucosa. Lamk. Perenne, in cespuglio. Rizoma carnoso, scuro. Fusti ramosi, ascendenti, verdognoli, in parte ros- sicci, spesso nudi alla base per la caduta delle fo- glie, le quali in alto sono ovali-lanceolate, col mar- gine finamente seghettato dal mezzo in su, e tal- volta fornito di ciglia bianche, e in basso più piccole e quasi ovate a rovescio. Ombrello formato di 5 raggi 2—3—cotomi con pochi raggi accessori, cir- condato alle base da 5 foglie patenti, o patenti-re- flesse, bislunghe, o quasi ovali. Foglie florali 2, ovali, libere, tondeggianti, e quasi smarginate all’ apice. Involucro quasi turbinato, fornito di peduncolo corto, con lobi alquanto concavi, ottusissimi, gialli. Glan- dole 2—5, fornite di corto stipite, intere, gialle. Capsule quasi tonde , coperte di verruche cilindriche, diseguali, rossiccie. Semi ovoidei, lisci, con carun- cola bianca, tondo-reniforme. Stazione e fioritura. Carpegna, Sassofeltrio. Fio- risce in Marzo e Aprile. i 173 TITIMALO BITORZOLUTO., Euphorbia dulcis, Linn. Pianta perenne con radice tuberoso-carnosa, articolata, caule eretto o ascendente , cilindrico, verde-glauco, liscio. Foglie sparse, le inferiori ova- li, le medie oblungo-lanceolate , sessili, intere o dentate verso l’ apice. Ombrello con 3—5 raggi lun- ghi, delicati, cilindrici, bifidi con 3—5 raggi actes- sori che partono dall’ ascella delle foglie superiori. Foglie alla base dell’ ombrello oblungo-lanceolate , verdi-glauche. Involucro sessile, turbinato, verdo- gnolo, con lobi frangiato-cigliati. Glandole 4 quasi sessili, quasi tonde, verdognolo-gialliccie, poi quasi scure. Capsula eretta, ottusamente triangolata, co- perta nei margini e verso il basso di verruche corte, diseguali, scure. Semi lisci, giallicci con caruncola bianca. Stazione e fioritura. Monte Nerone, Furlo, nei boschi. Fiorisce in Maggio-Giugno. B Annue. TORTOMAGLIO PLATIFILLO. Euphorbia platyphylla. Linn Annua. Radice fusiforme, gracile; fusto ascen- dente, spugnoso all’ interno, rossiccio, giallastro in alto ; foglie alterne; in basso piccole, obovate, ot- ‘ tusissime, assottigliate alla base, seghettate verso l’ apice; in alto, lanceolate a rovescio, seghettate dalla metà all’ apice. Ombrello con 4—5 raggi, molte volte bifidi o trifidi. Foglie della base 3—5, oblungo- lanceolate od ovali-oblunghe; foglie fiorali opposte , 174 libere, ovato-triargolari con sfumature gialliccie. Involucro sessile, gialliccio, quasi troncato in mezzo alle glandole che sono 4, ovali, quasi tonde, intere, gialliccie. Capsula quasi tonda con 3 leggieri solchi longitudinali, coperta di verruche disuguali ed ottuse. Semi lisci, lucenti, di color castagno scuro. Stazione e fioritura. Comune nei campi presso il littorale. L’ ho raccolta a Pesaro, Fano, S. An- gelo e alla Chiusa Albani sulla Foglia. ( B: Foglie florali libere ; capsule liscie o coperte di punti. ) A. Annue. TORTOMAGLIO ELIOSCOPIO. Euphorbia helioscopia. Linn Fusto semplice o ramoso, cilindrico, foglifero in basso, spesso nudo in alto. Foglie sparse, sessili , obovate in cuneo, ottuse, quasi amplessicauli fina- mente seghettate nella parte superiore del margine, verdi liscie, un po’ smarginate all’ apice. Ombrello composto di 5 raggi, di rado 4—3, ciascun dei qua- li porta all’ apice un ombrelletto con 3 raggi se- condari, alla loro volta bifidi. Foglie alla base del- l’ombrello principale 5 più grandi delle cauline; alla ba- se degli ombrelli secondari 8, diseguali; alla base degli involucri 2, tutte verdi, sfumate di gialliccio. In- volucro fornito di un corto peduncolo con lobi pic- coli, bifidi all’ apice. Glandole 4 trasversalmente ovali, intere. Capsule liscie; semi scuri, reticolato-rugosi. Stazione e fioritura; Comune per tutto. nella parte media della Provincia, nelle siepi e nei campi coltivati; incontrata anche al Furlo presso la strada. Fiorisce in Febbrajo-Marzo. 175 CALENZUOLA PICCOLA. Euphorbia peplus. Linn. Radice lunga, fusiforme, bianca; caule eretto 0 ascendente, liscio, cilindrico, semplice o ramoso. Fo- | glie sparse, piccole, obovato-integre, verdi-chiare. Om- brello trifido; raggi dicotomi, eretto-patenti con pochi rami fioriferi accessori. Foglie sotto l’ ombrello 3; foglie fiorali opposte, quasi sessili, piccole, verdi-chia- re. Involucro quasi ovale con lobi cortissimi rivolti in dentro. Glandole 4 orizzontali, sessili, semilunari; capsula pendente, triangolare, con gli angoli profon- damente solcati; semi con 4—8 fossette, quasi tondi. Stazione e fioritura. Non molto comune, ) ho trovata nell’ orto di Miralfiore e presso S. Angelo in Lizzola; fiorisce nella primavera inoltrata. ESOLA SOTTILE. Euphorbia exigua. Linn. Pianta piccola, con radice fusiforme, fusto ci- lindrico, ascendente o sdrajato, gracile. Foglie al- terne, sessili, lineari, acute; le inferiori sono ottuse all’ apice. Ombrello composto di 3—5 raggi dicotomi, accompagnati spesso da pochi raggi accessori. Foglie dell’ ombrello accuminate, un po’ più larghe alla base; foglie fiorali 2, opposte, libere, più piccole. Involucro munito di peduncolo e turbinato, bian- chicecio. Glandole gialle, semilunate, con lunghe corna retuse. Capsule lungamente pedicellate, quasi liscie, semi-triangolari. Stazione e fioritura. S. Angelo, Mombaroccio, Belforte, Carpegna. Fiorisce in Primavera. 176 CALENZUOLA ARISTATA. Euphorbia falcata. Linn. Pianta piccola, glabra, con fusto cilindrico, ascen- dente, talvolta in parte sdrajato, di rado ramoso, con foglie lanceolate a rovescio, le superiori del fu- sto, come quelle alla base dell’ ombrello e le florali, munite di una piccola punta all’ apice. Ombrello for- mato di 5—4—3 raggi dicotomi, accompagnati da raggi accessori che partono dall’ ascella delle foglie. Foglie fiorali ovato-accuminate o cordato-triango- lari, verdi, glauchescenti. Involucro quasi sessile, pal- lido, glabro; lobi piccoli con 2 denti frangiati al- l’ apice. Glandole 4 sessili, bislunghe per traverso. Capsule sostenute da un pedicello lungo, filiforme, ovato-triangolari, con carena ottusa e solco profondo nelle faccie. Semi quadrangolari con 4—6 solchi tra- sversali. Stazione e fioritura. L’ ho raccolta al Furlo e in Carpegna; l’ Azzaroli V ha trovata a Sasso Fel- trio. TITIMALO CAMPESTRE, Euphorbia segetalis. Linn. Pianta annua con il caule eretto o ascendente, appena ramoso; foglie numerose, quasi membrana- cee, avvicinate, sessili, lineari-acute, accuminate, con un leggero solco sopra. Ombrella formata di 5 raggi dicotomi, con 8—8 raggi accessori, corti. Foglie della base dell’ ombrello 5, le florali 2, triangolari o in cuore. Involucro sessile, ovale; glandole 4 a mezzaluna, con capsule lunghe, setacee. Capsule con la faccia munita di un solco longitudinale, e gli an- 177 goli come granulosi. Semi ovoidi, bianchicci, con in- fossature. Stazione e fioritura. Non ho mai incontrata que- sta pianta nella Provincia, sebbene il Brignole l’enu- meri come spontanea. La descrizione è stata fatta so- pra un esemplare raccolto presso il Porto di Recanati. B. Perenni, erbacee, soffruticose o fruticose. TORTOMAGLIO MARINO. Euphorbia Paralias. Linn. Pianta perenne, glabra, in cespuglio. Radice fusiforme, quasi legnosa; fusti eretti, rossicci in bas- so, verdognoli in alto, con molti rami sterili alla base. Foglie numerose, imbricate, sessili, oblungo- lineari o lanceolato-lineari, acute, intere, coriacee, vicinissime, scannalato-concave di sopra, convesse di- sotto. Ombrello composto di 3—5 raggi che in alto si dividono 2—3 volte in 2, con raggi secondari poco divisi, che partono dalle foglie superiori. Foglie della base dell’ ombrello ovato-romboidali; le foglie fiorali, cordato-reniformi e terminate in una piccola punta all’ apice. Involucro sessile, quasi tondo, bian- chiccio. Glandole 4 in forma di mezzaluna, con il margine concavo, irregolarmente smerlato, gialle. Capsule rossiccie con i coni, aventi un soleo longi- tudinale; semi lisci, cenerini. Stazione e fioritura. Comunelungotutte le spiag- gie del mare, dalla Cattolica al Cesano. Fiorisce in Agosto. 12 178 TORTOMAGLIO CIPARISSIA. Kuphorbia Cyparissias. Linn Pianta perenne con rizoma torto, che manda radici fibrose e corti stoloni. Fusti eretti, numerosi, in alto spesso ramosi, ein basso accompagnati da altri più pic- coli e sterili. Foglie lineari nel fusto, lineari-seta- cee nei rami, e talora raccolte in ciuffetto. Om- brello composto di molti raggi piuttosto delicati, bi- fidi, accompagnato da raggi accessori. Foglie del- l ombrello numerose, simili a quelle del fusto; fo- glie florali ovate o reniformi, scavate in cuore alla base, spesso con una punta all’ apice, gialle, poi rossiccie. Involucro tondo, turbinato, con lobi smar- ginati. Glandole a mezzaluna con il margine interno convesso, l’ esterno concavo. Capsula quasi-tonda , un poco schiacciata sopra, con 3 solchi profondi, i cocci convessi, segnati di punti. Semi lisci, scuri, carruncola quasi tonda. Le foglie spesso sono defor- mate per lo sviluppo di una piccola crittogama, a cui appunto fu dato il nome di Ecidium cyparissic. Stazione e fioritura. In tutta la Provincia, mas- sime nelle sabbie fluviali e nelle arenarie mioceni- che. Fiorisce in Febbrajo e Marzo. (€. Foglie florali saldate alla base : capsule verrucose. | TORTOMAGLIO DI SELVA. Euphorbia amygdaloides, Linn. Pianta quasi legnosa, fetida. Radice ramosa da cui spuntano molti fusti, alcuni sterili, altri fertili, ascendenti, fragili, pubescenti, ramosi in alto. Le foglie dei rami sterili sono molto avvicinate, persi- 179 stenti nell’ inverno, ristrette alla base, bislunghe, intere, pubescenti; nei rami fertili sono ovate. Ombrella con 5—8 raggi, bifidi o dicotomi, con un involucro fiorifero sessile nel centro, e molti raggi secondari. Foglie della base dell’ Ombrello in numero eguale ai raggi, ovali od ovate; foglie florali saldate insie- me per quasi 2/3 del margine, per cui gli involucri sono perfogliati e a guisa di una scodella. Glandale a mezzaluna con le corna lunghe, giallo-brune, 0 rosso-purpuree. Capsula liscia, minutamente punteg- giata. Semi lisci, cenerini, scuri; carruncola con corto stipite. Stazione e fioritura. Bosco di S. Nicola e della Badia, presso Pesaro; del Beato Sante, presso Mom- baroccio; di Cianciano nel Monte Feltro. Fiorisce in Marzo-Aprile. TRIBÙ II. ACALIFEE. Mill. ( Dal genere esotico Acalipha cioè somigliante all’ Ortica. ) Piante erbacee, fruticose, od arboree, quasi sempre coperte di peli stellati, monoiche o dioiche. I fiori maschi il più delle volte constano: 1.° di un calice 3—partito a prefiorazione valvata, di rado embricata; 2.° di 3—10, di rado 4, stami con fila- menti liberi e poliadelfi, antere erette; 3.° la co- rolla talora manca; quando esiste è formata di pe- tali in numero eguale, o maggiore delle divisioni del calice, nel più delle volte liberi, di rado saldati 180 fra loro in modo da formare una corolla gamope- tala. Nei fiori femminei il calice è 5—10—-partito; la corolla spesso manca, l’ ovario è 2, di rado 83— lo- culare, con un sol ovolo per loggia. Il frutto è una capsula formata da 2, di rado 3 cocci, contenente ciascuno un sol seme privo di carruncola. Generì italiani N. 3. — Nella Provincia N. 2. G. MERCORELLA. Mercurialis. Tour. ( Dal nome di Mercurio che, secondo i Greci, scoperse le virtù medicinali «li una pianta appartenente a questo Genere. ) Erbe annue o perenni, di rado soffruticose, dioiche, ma con le piante femmine talvolta anche monoiche. Fusto eretto o ascendente, semplice o ra- moso, spesso in alto e nei rami angolato o quadran- golare, alquanto ingrossato nei nodi. Foglie opposte, intere, dentate, consistenti, sostenute da un picciuolo accompagnato da 2 piccole stipole libere alla base. Fiori maschi piccoli, verso l’ apice di un peduncolo ascellare, in gruppetti forniti di una piccola brattea e più o meno avvicinati fra loro, in modo da for- mare una spica più o meno interrotta. Ciascun fio- retto consta: 1.° di un calice trifido; 2.° di stami 8— 12—20 inseriti sul ricettacolo con filamenti filiformi, antere didime, loggie tonde. I fiori femminei sono nel più solitari all’ apice di un peduncolo ascellare e constano: 1.° di un calice simile a quello dei fiori maschi; 2.° di un ovario supero, alquanto compresso, sovrastato da 2 stili divergenti, dentellati e raggia- 181 ti, biloculare; 3.° di 2—4 filamenti privi di antera e come appoggiati ai solchi longitudinali dell’ ovario. Capsula didima con 2 loggie, ciascuna delle quali contiene un seme quasi tondo, con rughe distribuite in modo da dar origine a fossette superficiali. Specie ammesse in Italia N. 3 — Nella Provincia N. 3. MERCORELLA COMUNE. Mercurialis annua. Linn. Pianta annua, dioica, ma con le piante femmine che portano talvolta mescolati pochi fiori maschi. Radice fusiforme, fibrosa e fibrillosa in basso, bian- ca. Fusto eretto, quadrangolare, ingrossato nei nodi, liscio, con rami opposti, lunghi. Foglie ovate od ovato- lanceolate, in basso ottuse, in alto accuminate , den- tate, e con poche ciglia sul margine, liscie, verdi- chiare. Stipole piccole, lanceolato-lesiniformi. Fiori maschi sopra peduncoli asceilari solitari, lunghi, in glomeruli interrotti da bratteole piccole, ovate. Fiori femminei ascellari, solitari, o gemini con peduncoli cortissimi, e quasi sessili. Capsule verdi, coperte di tubercoli lunghi, terminati da una seta lunga e bian- ca. Seme rosso-scuro, fornito di carruncola, bianca, ot- tusa. Stazione e fioritura. Comunissima nei luoghi coltivati dalle spiaggie del mare fino in Carpegna che è il luogo più alto in cui mi sia occorso di 0s- servarla. La presenza di essa nei terreni è indizio di fertilità. Usi. Mangiata solo dalle Capre per mancanza di foraggio migliore. Col seccarsi perde le sue cattive 182 qualità, onde anche i Bovini la mangiano senza danno commista al fieno. MERCORELLA BASTARDA. Mercurialis perennis. Linn. Radice sottile, strisciante, da cui s’ alzano fusti diritti, semplici, cilindrici, striati, con 2 angoli rile- vati, ingrossati nelle articolazioni, nudi in basso, pubescenti. Foglie opposte, le inferiori. ovali, od ovali-lanceolate , le superiori bislungo-lanceolate , accuminate, smerlato-dentate. Stipole piccole, lan- ceolato-accuminate, denticolate. Fiori femminei al- l’ apice di un lungo peduncolo. Stazione e fioritura. Nei boschi del Montefeltro, e di Monte Nerone ed al Furlo ; nella selva dei Casta- gni alla Rocca presso Fonte Corniale. Fiorisce in Aprile-Maggio. Usi. Pianta sospetta, mortale ai lanuti quando è fresca. G. TORNASOLE. Crozophora. Neck. ( Dal greco crosos tinta e foros portare per allusione alla materia colorante che contiene. ) Erbe o arbusti con foglie alterne, picciuolate, ovate, integre o lobate, fornite di stipole, e tutte cosparse di callugine azzurrognola o bianchiccia. Fiori monoici, disposti in racemi ascellari, i maschi con calice 3—partito, petali 5, stami 5—6—10, e fi- lamenti in colonnetta centrale superiormente liberi, antere biloculari, spesso apiculate. Fiori femminei composti: 1.° di un calice 10—partito , con lacinie li- 183 nearìi; 2.» di un ovario sessile con 3 loggie, mono- volate e 3 stili bifidi, stimmatosi nella faccia interna. Capsule globuliformi con 3 cocci che si aprono in 2 valve con elasticità, contenenti un sol seme ovato, globoso, triangolare verso l’ apice, privo di carrun- cola. Cotiledoni grandi; radicola corta. TORNASOLE. Crozophora Tinctoria. Neck. Pianta velutata, erbacea, con peli stellati. Radice semplice, fusiforme, di color giallo cupo. Caule ci- lindrico, eretto, con rami divaricati. Foglie con lungo picciuolo, ovato-romboidali, con 2 glandole alla base, e stipole lineari. Capsule coperte di tubercoli peltati ‘all’ apice. Il resto come nel genere. Usi. Il succo rosso che contiene si usa per co- lorare sciroppi, confetture, liquori, vino, ed alcuni formaggi olandesi, mentre per la proprietà di divenir turchino nel combinarsi con sostanze alcaline e di ri- tornar rosso a contatto di un acido serve a fabbricare i panetti di Laccamuffa che dalla città di Amsterdam vengono spediti in tutti i paesi di Europa come rea- gente chimico, poco costoso e sensibilissimo. È col- tivata in grande da qualche tempo in Francia nelle terre aride, ciottolose, calcari del periodo terziario, che sono tanto comuni nelle colline della Provincia a poca distanza dal mare. Si semina in Febbrajo sopra un lavoro sottile nella proporzione di 4—6 Cg. di seme per Ettare; è sarchiata sui primi di Giugno in cui nasce, e poi di nuovo verso la fine dello stesso mese; viene raccolta nella seconda metà di Luglio, falciando le piante ancor verdi appena che comin- ciano a cadere le foglie inferiori. I fusti si riducono 184 in pasta sotto macine verticali del peso di circa 3000 Cg. analoghe ai frantoi da olive; poi la pasta ottenuta si sottopone al torchio entro sacchi di giunchi. Alle sanse sì aggiunge orina umana nella proporzione di 32 Cg. per 100 Cg. di fusti, e si torchia di nuovo mesco- lando il succo estratto nella prima con quello della seconda torchiatura; sì calcola che 100 Cg. di fusti ne somministrano 50 di liquido che subito. si fa as- sorbire da pezzi di tela grezza, molto rada, lunghi circa 4 m. Queste tele si fanno asciugare rapida- mente al sole; poi nei giorno successivo vengono esposte per qualche tempo all’ azione dell’ ammoniaca sviluppata nella fermentazione delle orine, o di muc- chi di letame coperti di paglia. Bastano poche ore di esposizione affinchè si colorino in azzurro. Il sueco estratto da 100 Cg. di fusti basta a preparare 28 Cg. di tela che si vendono in media L. 440. È coltura limitata dal consumo ristretto, ma assai lucrosa, giacchè, pagate le spese vive, lascia un beneficio di circa L. 360 per Ettare, dalle quali non si deve ricavare che il frutto del capitale im- piegato e le imposte. FAMIGLIA XIX. MALVACEE. ( Dal Genere Malva. ) Piante erbacee annue, perenni , suffruticose , fruticose, o grandi alberi con legno dolce, talvolta spungosò, spesso coperte di peli o tomento stellato, 185 e contenenti un succo muccilaginoso. Fusto giacente, ascendente, di rado scandente, il più delle volte eretto. Foglie alterne, semplici o composte, quasi sempre accompagnate da due stipole grandi per- sistenti o caduche, laterali alla base del picciuo- lo. Fiori ermafroditi, di rado incompleti, regolari, ascellari, solitari, agglomerati qualche volta in grap- polo, in capitolo, o in pannocchia. Calice libero, per l’ ordinario con 3 divisioni o sepali, valvati nella boccia del fiore, assai di rado embricati. Pe- tali nello stesso numero delle divisioni del calice con cui alternano, per consueto convoluti nella boccia del fiore, di rado mancanti. Stami per | ordinario in numero eguale o multiplo di quello degl’ invogli fiorali, talora indefiniti ( Tiglio ), per solito saldati alla base in guaina monodelfa, o in anello, o in falangi più o meno numerose, opposte ai petali. Ovario libero, sessile o stipitato; formato di carpelli, distinti o saldati fra loro, e spesso verticillati in- torno una colonna centrale, in modo da formare un ovario di 4—5—7—12 logge; contenente 1 o più ovoli in ciascheduna loggia o carpello. Stili nello stesso numero che le logge dell’ ovario, liberi o coerenti, ovvero stilo unico diviso superiormente in altrettanti stiemi quante sono le logge dell’ ovario. Fruttò ca- psuliforme, di rado una drupa od una bacca; deje- scene od indejescente, semi sprovvisti di perisperma con cotiledoni fogliacei, curvi o piegati. Caratteri economici. Le Malvacee della Provin- cia sono tutte erbe annue o perenni, fatta eccezio- ne del Tiglio, che fra noi è albero di seconda gran- dezza, non molto comune nei boschi di questa parte 186 dell’ Appennino. Nessuna delle altre specie ha im- portanza economica di qualche momento, giacchè il Cotone, che l’avrebbe grandissima, non può coltivarsi per la siccità che incontra in estate, e le pioggie precoci di autunno che impediscono la maturazione delle noci, e guastano la bambagia. Raccolta e disseccamento. La raccolta degli esemplari si può fare in una sola epoca, trattandosi di piante ermafrodite, in cui per solito, essendo l’in- florescenza indefinita, sull’individuo medesimo si tro- vano fiori e semi. Si badi di prendere anche le fo- glie radicali che spesso sono differenti dalle cauline. Il disseccamento degli esemplari è facilissimo, non alterandosi neppure il colore dei fiori. Principali Generi ammessi N. 49 — Esistenti in Italia N. 6. Nella Provincia N. 4. . CHIAVE ANALITICA DEI GENERÌ + Calice munito esternamente di un calicolo 6 calice accessorio - Calice nudo 2. Frutto consistente in una capsula Frutto consistente in una nucula . . 35. Carpelli agglomerati in capolini sopra un ricettacolo subgloboso . na Sa _ua ia Carpelli verticillati — ‘ Involucello con 3 brattee cordiformi ; sligmi in capolini. G. Matope. Involucello con 8g divisioni più corte del calice ; stigmi setacei. G. ALTEA: 5. Carpelli più di 5; 2—3 uvolati G- Macva. Carpelli 5; capsule con 5 valve. G: Isisco. (ri ‘+ Veduncolo fioriferv verso la metà saldato con una brattea papitacea, G. TicLio. 187 TRIBÙ I. MALVEE. ( Dal Genere Malva» ) Erbe, arbusti, di rado alberi con legno spugnoso o bianco, contenenti una sostanza mucilagginosa da cui derivano le proprietà emollienti che le diverse parti di esse, e specialmente le erbacee, spiegano nelle malattie irritative ed infiammatorie. Foglie al- terne, semplici, palminervie, intere o lobate più o meno profondamente e munite di stipole. Fiori er- mafroditi, regolari, solitari o aggruppati all’ ascella delle foglie; talora però raccolti in grappoli, corim- bi, o in pannocchie terminali per aborto delle foglie intermedie ridotte a semplici stipole. Calice con 5 divisioni, di rado 3—4—5, più o meno profonde, a boc- ciamento valvare e accompagnate quasi sempre da un involucro esteriore formato di una brattea e 2 piccole stipole; corolla conduplicata nella boccia del fiore e composta per l ordinario di 5 petali, ipogi- ni, unguicolati, obliqui, cordiformi a rovescio, e contorti, che per consueto alternano con le divi- sioni del calice, e con l’unghia sono saldati ai fila- menti degli stami. Stami indefiniti, di rado 10, con i filamenti per un tratto riuniti in un cilindro che in basso si salda con la base dei petali, e alla sommità termina in un tubo intero o 3—lobo, ed esternamente si divide in un numero maggiore e minore di filetti, ciascuno dei quali è sormontato da un antera reniforme, semplice, che si divide in due per mezzo di una fessura semicircolare. Polline 188 formato di granelli grossi, globosi, ispidi. Ovario sessile di 3—più carpelli ora disposti a verticil- lo, ora come agglomerati intorno un grosso asse centrale a foggia di colonna, dalla cui sommità par- tono gli stili saldati insieme fin presso l’ apice. Cia- schedun carpello contiene 2—più ovuli, ascendenti, compolitropi. Frutto consistente in una capsula ora multiloculare, che per dejescenza setticida si divide in cocci monospermi, ora di 3—4 logge polisperme che si aprono per dejescenza loculicida in valve, le quali portano il setto nel loro mezzo. Semi reni- formi, attaccati per il lato concavo a una testa cro- stacea. Embrione senza perisperma con la radichetta piegata nei cotiledoni fogliacei-pieghettati. Generi ammessi in Italia N. 6 - Ritrovati nella Provincia N. 5 G. ALCEA. MHibiscus. Linn. ( Dal greco Ribiscos nome dell’ Alcea. ) Piante annue, perenni, fruticose. Caule semplice o ramoso. Foglie polimorfe. Fiori ascellari, solitari, con peduncolo geniculato. Calicolo polifillo. Calice 5—fido o 5—dentato. Petali ovati. Tubo staminifero terminato in filamenti più o meno numerosi. Ovario con 3 logge l-—ovolate. Stilo terminale 5—fido in alto. Stigma capitato. Capsula subglobosa con 5 valve. ALCEA VESCICOSA. Hibiscus Trionum Linn: Pianta annua con radice fusiforme, lunga, da cui parte talora un canule solitario, eretto; tal’ altra 189 ne spuntano molti giacenti per terra o ascendenti, cilindrici, coperti di peli semplici. Foglie dentate, le inferiori quasi indivise, le superiori 5—partite, con lobi lanceolati, le intermedie lunghissime. Peduncoli fioriferi solitari, ascellari, uniflori, più corti della foglia. Calicolo polifillo. Calice membranaceo , rigon- fio dopo la fecondazione. Corolla gialla, con vena- ture purpuree. Stazione e fioritura. Nelle vicinanze di Pesaro, dove l ha raccolta anche il Signor Scagnetti, in Ur- bino e Fano. Fiorisce dall’Agosto alla fine di Autunno. G. MALVA. Malva. Linn. ( Nome derivato da nn alterazione della parola greca mulakos molle, cioè pianta emolliente ) Piante annue , perenni, fruticose. Fusto giacente per terra, ascendente o eretto. Foglie alterne, pic- ciuolate, cordato-rotonde, lobate o palmate, dentate, accompagnate da 2 stipole picciuolari. Fiori ascellari o in ispica, grappolo, capolino. Ciascun fiore è ac- compagnato da una brattea e da 2 piccole stipole distinte, le quali formano un involucretto a guisa di caliculo esterno. Calice monosepalo, 5—fido, a pre- fiorazione valvata. Corolla di 5 petali cuoriformi, aperti, nella boccia del fiore conduplicati e piegati, riuniti alla base e aderenti al tubo staminifero. Stami più o meno numerosi con i filamenti saldati in basso in un tubo cilindrico, liberi, distinti e regolari nella parte superiore. Ovario supero, multiloculare, con log- gie 1—2—3 ovulate; stili in numero corrispondente 190 alle loggie. Frutto una capsula depressa che alla maturità si divide in molti coccì monosperni. Specie ammesse in Italia N. 8. Ritrovate nella Provincia N. 4. MALVA COMUNE. Malva rotundifolia. Linn Pianta perenne con fusto giacente per terra, con foglie cordato-orbicolari, divise in 5 lobi ottusi. Fiori aggruppati 2—5 nell’ ascella delle foglie, sostenuti da peduncoli pubescenti, e dopo la fecondazione incli- nati verso terra. Corolla rosea-pallida, venata di rosso-porpora più intenso, quasi 2 volte più lunga del calice. Stazione e fioritura. Comune presso tutti i luo- ghi abitati, un poco pingui — Pesaro, S. Angelo, Urbino, Fossombrone, Carpegna. Fiorisce in estate. MALVA SELVATICA. Malva sylvestris. Linn. Pianta perenne con radice a fitone, fusto gia- cente od eretto, leggermente pubescente, ramoso. Foglie con lungo picciuolo, cuoriformi alla base, dentate nei margini, con 5—7 lobi profondi. Fiori ascellari, grandi 1—più insieme, con peduncoli di- seguali, pubescenti. Corolla 3 volte più lunga del calice, con petali bilobi e bifidi, rosei, violetti, ve- nati. Capsule mature reticolato-rugose. Stazione e fioritura. Boschi delle Cesane, Car- pegna, Fossombrone, Furlo; delle Pianacce presso Pesaro. Fiorisce in estate. 191 ALCEA. Malva Alcea. Linn. Pianta con radice perenne, fusto cilindrico, eretto, ramoso fin dalla base e coperto di peli stel- lati. Foglie inferiori lungamente picciuolate, ruvide al tatto, divise in 5 lobi rotondi; le superiori con picciuoli più corti e divise in 3—5 lobi più profondi, trifidi, e inciso-dentati. Peduncoli fioriferi unifiorìi, alcuni solitari nell’ ascella delle foglie superiori, al- tri ravvicinati alla sommità del fusto, quasi in ra- cemo terminale. Calice tomentoso. Corolla 3—4 volte più grande, con petali decussati e villosi nel mar- gine dell’ unghia. Capsula liscia o finamente retico- lato-rugosa. Stazione e fioritura. Alle Pianaccie, a San Ni- cola presso Pesaro; S. Angelo, Mombaroccio, Urbino, Maceratafeltria. Ricordata anche dal Brignole. Fio- risce in estate. MALVA ODOROSA. Malva moschata. Linn. Pianta perenne, coperta di peli semplici, con fusto eretto, cilindrico, e con rami alterni, radi. Foglie inferiori piccole, reniformi, incise; le supe- riori più grandi, pinnatifide, con lacinie regolari. Sti- pole lineari, lunghe. Fiori sostenuti da peduncoli più o meno lunghi, ascellari, solitari. Stipole del cali- colo lineari; lacinie del calice ovate. Corolla 3—4 volte più grande del calice, purpurea, con petali bi- fidi e crenati. Carpelli velutati. La pianta secca esala odore di muschio. © Stazione e fioritura. Monte Nerone, Carpegna, Furlo. Menzionata dal Brignole. Fiorisce in Luglio. - 192 G. ALTEA. Althea. Lav. { Dal greco a/thein per la virtù emolliente della pianta). Piante annue, perenni, tomentose o ispide. Caule eretto con rami alterni. Foglie alterne, picciuolate , dentate, lobate, o superiormente palmate. Peduncoli fioriferi ascellari o disposti in grappolo o corimbo, Caliculo che nasce dal peduncolo diviso con 4—9 lacinie. Calice 5—fido. Petali 5 obcordati o troncati. Androforo più corto della corolla, dilatato alla base in modo da ricuoprire gli ovari, poi ristretto in co- lonna, indi all’ apice diviso in filamenti numerosi con antere quasi reniformi, incombenti. Ovari monovu- lati, verticillati intorno l’ asse fiorale, da cui si se- parano alla maturità. Stilo cilindrico con stigmi se- tacei. Carpidii indejescenti. Semi reniformi, com- pressi, glabri. Specie in Italia N. 4 — Nella Provincia N. 2. MALVAVISCO. Althea officinalis. Linn. Pianta perenne con fusto semplice, con tutti gli organi, coperti di tomento mollissimo. Foglie ovate, sub-lobate, angolate, inegualmente dentate. Stipole subolate, caduche. Fiori in racemi ascel- lari più corti della foglia. Involucro con 8—12 laci- nie lanceolate più corte del calice. Calice con lobi eguali, brevemente accuminati. Petali 2 volte più lunghi del calice, obcordati, e come crenati al mar- gine superiore, di colore rosa pallido. Carpidii pu- bescenti, alquanto rugosi. 193 Stazione e fioritura. L’ ho raccolta a Pesaro presso alle sponde della Genica, a S. Angelo alla Guastaglia, a Fano presso l’ Arzilla. Fiorisce nel tardo estate. CANAPA SELVATICA. Althaea cannabina. Linn. Pianta perenne con radice grossa, fusiforme, ra- mosa e fusto ramosissimo alto m. 1—2, coperta di peli stellati che la rendono ruvida al tatto. Foglie infe- riori quinquifide, le medie palmate o cinque-partite, le superiori trilobe, col lobo medio molto allungato, tutte con larghi denti nel margine. Sulla faccia su- periore delle foglie si osservano framezzo i peli stel- lati, molti peli semplici più rigidi. Stipole lanceolato- lineari. Peduncoli fioriferi 1—3 flori. Calicolo con di- visioni lineari-lanceolate più corte del calice. Calice con 5 lobi ovali, accuminati, eretti. Petali rosei con unghia di tinta più scura, ovati, smarginati, il dop- pio più lunghi del calice. Carpelli lisci, rigati di traverso, a dorso piano. Stazione e fioritura. Comune nelle colline e nei monti deila Provincia. San Martino, presso Pesaro, Monte Gaudio, Fossombrone, Pergola, Furlo, Sasso Feltrio, ( Azzaroli ). Fiorisce in Giugno, Luglio. Usi. La scorza contiene fibre tenacissime, le quali potrebbero adoperarsi per far corde uguali per bontà a quelle di Canapa. 185 194 G. MALOPE — Malope. Linn. ( Dal greco mzalos coperto di peli bianchi per allusione alle foglie della pianta» ) Piante perenni, con foglie semplici, oblunghe, integre, sinuate o trifide, dentate, munite di lungo picciuolo. Fiori con peduncoli ascellari, solitari, uni- flori. Calicolo con 3 foglioline cordato-ovate. Calice con 5 lacinie lanceolate. Petali cuneati; stami in colonna monodelfa che alla base cuopre gli ovari, divisa in alto in filamenti capillari, numerosi, sor- montati da antere reniformi, bivalvi, incombenti. Ovari numerosi, in capolino, sopra un ricettacolo semigloboso. Stilo terminale, semplice, moltifido in alto; stigmi capitati. Gli organi sessuali sono più corti della corolla. Carpelli indejescenti. Specie italiane N. 1 — Nella Provincia N. 1. MALACOIDE. Malope malacoides Linn. Pianta perenne di color verde chiaro, con lun- ghi peli ispidi, patenti, inseriti sopra piccoli tuber- coli. Caule eretto, semplice; foglie oblunghe, indi- vise, sinuate o moltifide. Stipole lanceolate-lineari. Pe- duncoli ascellari più lunghi delle foghe. Lacinie del- I’ involucello cordato-accuminate; lobi del calice lan- ceolato-accuminati. Petali in cuneo, arrotondati alla sommità, con una pìccola punta 2—3 volte più lunga del calice, rosei, venati. Carpelli lisci che divengono neri alla maturità, rugosi, con dorso convesso. Stazione e fioritura. L’ ho trovata a Monte Gaudio, Orciano. Il Signor Scagnetti | ha dei din- torni di Pesaro. 195 TRIBÙ II. TIGLIEE (Dal genere Tiglio ) Alberi, arbusti, di rado erbe, con succo muci- lagginoso, peli semplici o stellati. Foglie alterne, di rado opposte, semplici o palmato-lobate , crenelate o dentate, spesso coriacee, con una rete di nervature rilevate nella pagina inferiore, accompagnate alla base dei picciuoli da 2 brattee libere, caduche, di rado persistenti. Fiori ermafroditi, di rado incom- pleti, ascellari o terminali, ora solitari, ora dispo- sti in cime, corimbi, pannocchie, accompagnati ta- lora da una brattea, talvolta anche da un calicolo. Ca- lice di 4—3 foglioline libere o saldate in parte fra loro, con bocciamento valvare caratteristico della famiglia. Petali in numero eguale, talvolta maggiore o mi- nore delle divisioni del calice di rado mancanti, alterni con i sepali unguicolati, spesso incavati alla base in una fossetta, o accompagnati da una squama, interi o fimbriati all’ apice con boc- ciamento conduplicato, talora embricato, o anche valvato. Stami in numero il più delle volte indefi- nito, inseriti sul toro che talora si rialza in disco anche all’ esterno, o tutti fertili; o con gli esteriori sterili; filamenti liberi, ovvero saldati in anello o falangi; antere con due loggie contigue che sì aprono per il lungo, o di traverso per un foro in alto. Ovario libero, sessile, con 2—10 loggie; stilo sem- 196 plice terminato da altrettanti stigmi, quanti sono le logge dell’ ovario. Ovuli solitari o gemini in cia- scuna loggia, anatropi. Frutto secco o carnoso, ru- vido o liscio, con 2—10 loggie, ridotte talvolta ad 1 sola per aborto, dejescente, od indejescente. Semi pendenti, eretti, o orizzontali, con albume carnoso e plantula diritta nell’ asse dell’ albume. Generi italiani N. 1 — Nella Provincia N. 1. G. TIGLIO — Tilîa. Linn. ( Nome primitivo derivato forse da tigilluni. } Alberi di prima grandezza con rami folti, gemme ovali, ottuse, con perule erbacee, verdi o rosse, sti- polari, alterne, la seconda delle quali è più grande e ricuopre le altre. Foglie alterne, cordiformi, ine- quilatere, nelle quali la nervatura principale è pal- mata e i nervetti secondari si suddividono diversa- mente, giacchè quelli che partono dal nervo me- diano sono ternati e si biforcano solo all’ estremità, mentre quelli che spuntano dagli altri restano sottili e semplici. Stipole membranacee. Fiori in corimbo il cui peduncolo comune è per breve tratto saldato con una brattea allungata, squamosa, su rametti del- l’anno stesso, alla base di una foglia, ed accanto alla gemma fiorifera per l’ anno successivo. Ca- lice con 5 sepali lanceolati. Petali 3 stretti alla base, allargati all’ apice, più lunghi del calice. Squame petaloidee 5, opposte ai petali. Stami numerosi con filamenti filiformi liberi; o irregolarmente poliadelfi alla base. Antere didime, ovali, con 3 loggie biovu- 197 late. Stilo semplice. Stigmi muniti di 5 denti. Nucula papiracea o legnosa con 3 costole, monoloculare per aborto. Semi ascendenti. Specie in Italia N. 3 — Nella Provincia N. 2. » TIGLIO SELVATICO. Tilia microphylla. Vent. Grande albero che, se cresce isolato, sì rami- fica a poca distanza dal terreno, e se nel folto, ri- mane col tronco nudo fino a 7—10 metri dal suolo. Scorza grigia, lucida nei rami giovani. Foglie piccole, squamiformi, bruscamente accuminate e seghettate, di un verde scuro, lucide, liscie sopra, liscie anche sotto, ma di un verde languido e quasi giallognolo. Gemme ricoperte in apparenza da 2 sole perule, la seconda delle quali abbraccia completamente l altra. Fiori piccoli, 4—10 in corimbo, eretti ed accompa- gnati da una brattea membranosa, oblunga, nel mezzo di un picciuolo assai lungo. Stigmi divergenti. Nucula globosa, grigio-tomentosa con punti sottili e fragili. Stazione e fioritura. Nei boschi di Frontino, Acqualagna, Carpegna. L’ho del Catria dal Prof. Pic- cinini. Fiorisce verso la fine di Giugno. Matura i frutti in Ottobre. TIGLIO NOSTRALE. Tilia grandifolia. Smith Albero che ha Io stesso portamento del prece- dente, dal quale sì distingue per i rami più robusti, con scorza di colore bruno-rossiccio , ricoperta in gioventù di pelurie rada e delicata, e che si scre- 198 pola finamente in vecchiaja. Foglie grandi, alterne , cuoriformi, appuntate, seghettate al margine, pelose nella pagina superiore, pubescenti nell’ inferiore, e specialmente nelle nervature. Gemme ricoperte di 3 squame visibili, imbricate, e con la terza che ab- braccia le altre due; in estate cotonose, nell’ in- verno quasi glabre. Corimbi di 3—7 fiori, grandi. Frutti molto grossi, di forma varia, globosi, ovoi- di, piciformi, con pareti grosse o legnose, e costole più o meno rilevate nella maturità. Stazione e fioritura. Bosco del Beato Sante presso Mombaroccio; boschi di Cantiano. Fiorisce nella 1.* quindicina di Giugno; matura il frutto in Ottobre. Caratteri forestali. I Tigli sono alberi che in condizioni favorevoli arrivano a grandi dimensioni, 13—18 metri di altezza su 4—5 di diametro, e perven- gono ad età superiore alle altre essenze indigene, non esclusa la rovere. Prosperano tanto in pianura che in montagna nella regione delle Quercie con cui crescono commisti; però il Tiglio selvatico è quello che sale più in alto. Le esposizioni più con- venienti sono quelle di NO e NE; però riescono bene anche nelle altre. Amano i terreni leggeri, calcari, ricchi, profondi, discretamente freschi ; stentano e periscono nelle sabbie aride, nelle argille e nelle marne. — Infatti queste essenze oltre al possedere un fitone che si allunga per oltre 1 metro, mettono numerose radici striscianti, che sì distendono a molta distanza dal pedale, e che non possono crescere in terre troppo compatte. — Cominciano a portare semi fecondi assai per tempo, e in gran copia. Nascono 199 nella primavera successiva alla disseminazione ; in gioventù le pianticelle hanno bisogno di essere di- fese dall’ ardore del sole, crescono con sufficiente rapidità sino a 30—60 anni, onde fra gli 80—100 sono arrivati all’ altezza di 18—25 m. col diametro di 70 cm. od 1 m. alla base. Dopo tale periodo il fusto continua ad ingrossarsi lentamente, ma non cresce più in altezza. Rimettono vigorosamente dal pedale, e però conviene meglio governarle a ceduo di ceppata, che a fustaja quantunque per la buona qualità del terreno che esigono convenga dire che sotto il ri- spetto economico riescono sempre inferiori alle altre essenze, poichè se si governano a fustaja non sosten- gono il confronto col Faggio, mentre nel formare i cedui, sono inferiori al Carpino ed alla Betula per la qualità del legno. Il legno è bianco, tenero, poco durevole, ma facile ad essere tagliato ed inciso, e però si presta alla fabbricazione di una gran quantità di oggetti leggeri, come scattole, zoccoli, giocatoli, cofanetti, ecc. tanto più che prende un bel pulimento. Consta di tessuto fibroso, commisto a numerose cellule. Vi predominano vasi eguali, fini, isolati o disposti in serie semplici, o raggiate, a un dipresso uniforme- mente ripartite. I raggi midollari sono eguali, sottili, lunghi. Peso specifico: del legno fresco=0, 81; seccato perfettamente all’ aria=0, 47; del carbone=0, 19. — Peso relativo: di uno stero fresco Cg. 930; secco Cg. 496. È combustibile mediocre, come risulta dalle esperienze di Hartig. Potenza calorifica del legno, presa quella del 200 ' Faggio = 1600. Tiglio a foglia piccola; fusto di 80 anni — 1070; tondello di 30 anni = 996; del carbone di un fusto di 80 anni = 1089, Materie evaporabili: °/, di legno fresco = 46, 6. Carbone: per 100 in volume = 45. 8; in peso = 39. 3. Prodotti secondari — La scorza che serve a far stuoje assai pregiate, e che, liberata dalle ma- terie eterogenee, potrebbe adoperarsi per far corde. In passato le fibre del libro tenevano anche le veci di papiro. I fiori adoperati in medicina come aperi- tivi, sono assai ricercati dalle api. I semi contengono 40-48 */, di un olio grasso, siccativo, analogo a quello di amandorle. — Le foglie da ultimo pos- sono servire come foraggio, specialmente per i lanuti. Veni: È DES 1) fascicolo che contiene le Acotiledoni e le % I0I7t | —‘’Monocotiledoni è sotto il torchio. TPNERE NARVA RURI, N) n DÒ A ki Lu RIA, MRIPRACGOIE sith Near CEN: cx S Tar RR tà LU. RR A arrtà a eo STE ne a . 3 SS EVE ù N SES LRS ess RETI = \Ò N Ò TT: o Ò \ \ N \ XÎÙ Ò N RIE Ò Ò > Ò