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QUARTO CENTENARIO COLOMBIANO.

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Busto oi Gn£itoforo Colombo

all' Università di Pavia.

Fac-simile della firma di Cristoforo Colombo Cristoforo Christum ferens Porta-Cristo,

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PRESENTATI AL POPOLO ITALIANO

per Fr. Marcellino da Vezzano M. O.

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CON PREFAZIONE STORICO-CRITICA

dei PP. M. Da Givezza e T. Domenichelli.

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^ NUEVO Mondo Hallo Colon (qQ

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SOCIETÀ DI SAN GIOVANNI

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ROMA, Via della Minerva 47-48, ROMA

T0URNAI Avenue de Maire

PARIGI rue Saint-Sulpice

LILLE rue du Metz

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LOAN SJACK

Imprimatur. Fr. Raphael Pierotti O. P. S. P. A.

Magister.

Imprimatur. ►J* '^rilìiUS Pati''^'' Constantinopolitanus

Viceso^erens.

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QUEST'ANNO 1892, quarto centenario Ip della scoperta d' America, che mutò pro- fondamente le sorti d' Europa e dell' in- civilimento cristiano, cui s' apersero nuove vie, tutto il mondo si commuove, e s' inchina dinanzi alla grandezza del Colombo, piissimo cristiano ed ardimentoso navigatore, grande nel concepire il vasto suo progetto, più grande nella costanza di at- tuarlo contro le beffe e gli spregi di coloro che non lo potevano intendere, grandissimo nel sopportare gì' immeritati dolori, che n' ebbe durante 1' impresa e dopo fino alla morte. In occasione tanto solenne è difficile il parlare, per 1' altezza e vastità dell' argo- ì mento; difficile il tacere, perchè gli affetti potente- mente eccitati non si frenano facilmente. Nondimeno tra le due, scegliamo la prima, benché col pericolo di riuscire insufficienti; perocché tacendo avremmo il rimprovero di sconoscenti ed ingrati. E diamo tra- dotta dal francese una brevissima vita popolare del grande Eroe scritta dal signor Paolo di Joriaud; vita che va sulle tracce di quella che ne pubblicava parec- chi anni fa 1' insigne biografo del Colombo, Conte Roselly de Lorgues, il quale vi consacrava tanta parte del nobile suo ingegno, con una costanza di affetto commovente. Ma non é traduzione così legata al testo, che dove la necessità lo esigeva, il traduttore

PREFAZIONE STORICO-CRITICA,

noQ se ne sia discostato; che oggi l'autore stesso, crediamo, alcune cose le avrebbe mutate da sé, molte ne avrebbe aggiunte ed altre tolte; sicché il lavoro é in parte nuovo. Si dirà : o perché allora non darcelo interamente di getto? E rispondiamo che ad un la- voro del tutto nuovo, presi quasi all' improvviso, e quando altri dell' Ordine Francescano s' eran tolto r assunto di pubblicare qualcosa, ci sarebbe mancato il tempo; e poi a causa delle gravi e soverchie occu- pazioni che ci tengono intieramente a sé, avendolo affidato sotto la nostra direzione al giovane studente e discepolo nostro Fr. Marcellino da Vezzano dell' Oss. Provincia di Genova, stimammo che, traducendo, do- vesse cominciare a far da sé, pur conservando quella spigliatezza francese dell' originale, che interesse anche alle piccole cose ed ha tante attrattive; così ci parve che gioverebbe al popolo, più che altri parecchi libri venuti fuori in questi ultimi anni; libri che per soperchio di critica, per passioni non rette, gettano sulla grande figura del Colombo piìi fumo che luce di cui appagai:si.

Mentre adunque da una parte Genova, 1' opulenta regina del Mediterraneo, festeggia 1' immortale suo concittadino con feste religiose e civili, con getti di fiori, con esposizioni, con musiche, con teatri e regate; e dall' altra Chicago, di dai mari, risponde con un' esposizione gigantesca; mentre la Spagna in Sivi- glia, in Palos ed altrove apparecchia feste all' insigne Italiano che la levò a non superata grandezza, e il Portogallo rende onore a colui, che ivi dimorando

PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

meditò lungamente V ardimentoso progetto; mentre il governo italiano invia con le proprie navi da guerra in America il monumento che la colonia italiana ivi innal- za al proprio concittadino; e il Pontefice Leone XIII sanziona V avvenimento glorioso con la sacra e solen- ne sua parola; uniamo anche noi alle tante autore- voli voci la nostra umile e popolare, perchè sparga largamente qualche germe di bene, e il popolo v' im- pari che non le teorie socialiste, le quali a forza di to- oliere 1' altrui ci farebbero finir tutti nella miseria, ma r operosità santa e cristiana può dall' umile condi- zione sollevare meritamente e lodevolmente alle più agiate; v' impari che la coscienza del sentirsi puri è unico e vero conforto a qualsivoglia cumulo di dolori che o avversità di casi, o malvagità di uomini, ci faccia incontrare; v' impari che il patire nobilmente e cristia- namente è il contrassegno costante della vera gran- dezza.

Di quest' uomo straordinario male misurerebbe la grandezza, chi volesse giudicarlo soltanto come un fortunato ed ardito scopritore di terre ignote, e come un abile navigatore. Imperocché nella maravigliosa scoperta nulla o quasi fu lasciato all' azzardo ; ma tutto egli calcolò e provò coi più sottili raziocini, levandosi alto sopra 1' orizzonte intellettuale del suo secolo, e squarciando il fumo dei pregiudizi di quell' età, senza lasciarsi sedurre dalla fantasia propria, dagli im- peti altrui. Quando noi vediamo quest' uomo con per- tinacia persistente di anni, senza smarrirsi mai di co- raggio, chiedere di navigare verso occidente, dove egli

PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

teneva certo doversi incontrare la terra, non ci è con- sentito pensare che congetturale fosse il progetto, o di maggiore o minore probabilità; come sarebbe stata, ad esempio, V esistenza stessa dell' America qual con- tinente frapposto tra i lidi occidentali d' Europa ed i lidi orientali dell' Asia. Anzi 1' esistenza dell' America non entrò nei conti del suo severo intelletto; impe- rocché solo dopo aver approdato a quelle coste, e averle esplorate accuratamente, ne acquistò la per- suasione. I suoi ragionamenti invece si poggiavano sopra il fatto della rotondità della terra, che un' espe- rienza più sincera di quel che mostra la prima espe- rienza dei sensi, e congiunta a principj di ragione, dava per dimostrata, ma che pure non riusciva a tirargli il consentimento del volgo, ne quello dei sa- pienti, che perduti in astruserie aristoteliche, avevano confusa la percezione della fisica costituzione dell' u- niverso. Posta la rotondità della terra, egli diceva a stesso, é necessario che sferrando dall' Occidente, dopo un viaggio più o meno lungo, s' incontri certissi- mamente un continente, non foss' altro quello del- l' Asia, di cui non potevasi mettere in dubbio la reale esistenza. Ma questo ragionamento, che ora a noi pare semplice e netto, urtava contro i pregiudizi del tempo; e solo intelletti altissimi potevano capacitarse- ne; i quali se speculativamente, a modo dell' illustre Toscanelli,ne vedevano la ragionevolezza, non tornava facile dedicarvi le forze di un' indomita volontà.

Vi riuscì il Colombo; e nelF impresa ardita, attra- verso il cammino incontrò 1' America, a cui da prin-

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cipio non aveva pensato punto; e fu una ricompensa che ne rese immortale il nome, e ne attossicò la vita per le persecuzioni che gli vennero suscitate contro. Ma in quella che nella sua mente agitava il grande progetto, ne vedeva altresì le relazioni con la civiltà d' Europa, rinnovellata dalle forze di popoli rigene- rati alla fede, e ricca de' tesori di paesi ricchissimi, quali erano descritti dal Polo nella misteriosa Cipan- go; ne vedeva le relazioni con la fede, pericolante per il Turco che, dilagando nella Cristianità, ne minacciava terribilmente anche la sede più centrale, l'Italia, e che dalle nuove conquiste in nuovi popoli, avrebbe ripreso nel mondo un campo incontrastato senza timore di rovine. Sicché il pensiero del Colombo, era tutt' in- sieme un pensiero di religione, di scienza e di civiltà; e quindi ben a ragione ciò che nel grande suo cuore univasi così armoniosamente, oggi vediamo tradursi anco air esterno neh' armonioso tributo di omaggio a lui reso dalla Chiesa, dai dotti, e da tutta quanta la società.

Eppure la vita di quest' uomo, la cui luce si / distende nei secoli, come faro luminoso nelle silen- ^ ziose e cupe distanze dei mari, è insieme un mistero, che gli studj più pazienti e faticosi dell' età nostra non hanno ancora potuto schiarire. Anzi, mentre qualche tempo fa la non compiuta cognizione di tutti i docu- menti nascosti negli archivi potè sembrare dar vinta la causa a questa o quella opinione circa alcune cir- costanze della vita del nostro Eroe, oggi nella copia dei documenti contraddittori, siamo quasi tornati alle

PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

incertezze di prima. Così che oggi non potrebbesi ripetere con altrettanta sicurezza, come fa il nostro autore/ cioè poter noi di presente accertatamente rispondere al quesito, quando egli nascesse, qual fosse la sua famiglia, dove proprio venisse alla luce del mondo. Genovese fu, certo; che rispetto a ciò le testimonianze storiche sono numerose e concordi; ma il nome genovese ha sensi più o meno larghi; ne osterebbe a che fosse nato nelle vicine riviere, o sulle chine degli Appennini soprastanti. E quando si viene alla determinazione precìsa del luogo, cominciano le difficoltà. Il figlio Ferdinando nella storia eh' e' scrisse del suo Padre, accenna alle diverse opinioni circa que- sto luogo; ma si astiene dal risolversi per alcuna. Ales- sandro Geraldini sta per Genova; Galindez di Carva- jal per Savona; il Gomara, il Garibay, il Del Castillo, per Nervi o Cogoleto; per Cogoleto assolutamente sono il Benzoni e l' Interiano; il Roselli accenna ad una cittadella vicino di Genova, da lui stesso visitata nel 1563; il Giovio mise fuori il borgo di Albisola, seguito dal Molina, dal Bizaro, dal Brieto e da pochi altri; per Nervi stanno 1' Illescas, il Castellanos, il San Roman, e via di seguito. In tanta varietà d' opinioni i più si tengono sulle generali, chiamandolo Genovese o di Genova. È chiaro che in tali espressioni chi meno ne guadagna è Genova; perchè se le parole di Genovese o di Genova, possono senza stiracchiatura allargarsi ai luoghi vicini, non potrebbe, certo, ad esempio, dirsi di Nervi uno nato in Genova.

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PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

Bisognava dunque ricorrere ai documenti d' Archi- vio. Ma qui è successo un caso strano. Ben centocin- quanta e più Colombo sono usciti repentinamente alla luce, sparsi per tutta la Liguria e per la Lombar- dia, tutti vissuti ai tempi del magno Cristoforo, e che potrebbero pertanto appartenere alla sua famiglia. Avevamo un' indicazione assai determinata, e con- sisteva nel fatto che Bartolommeo, suo fratello, e Cristoforo stesso si dicevano e si sottoscrivevano di Ter7'a Rubrea, Terra Rossa. Se non che, a farlo ap- posta, le Terre Rosse si moltiplicarono quasi al modo dei Colombo; sicché anche questa notevole coinci- denza perde il valore decisivo.

Un fatto nondimeno risultò dai documenti, detti Salineriani, ai quali crebbero fede ed autenticità le solerti e pazienti ricerche dello Staglieno. E fu r esistenza di un tal Domenico Colombo di Quinto, figlio a Giovanni, tessitore di lane, domiciliato, pare, in Genova sino dal 1439; che ebbe a moglie Susanna di Giacomo di Fontanarossa nel Bisagno, la quale gli dette i figliuoli Cristoforo, Bartolommeo, Giacomo, Gian Pellegrino e Bianchinetta.

Ciò si ha da atti notarili, che non sembrano lasciar luogo a contestazioni. E del pari certo che questo Domenico in atti del 1451 vien chiamato civisj anice; nel 1470 stipula contratti in Savona, dove ha domi- cilio nel 1472; e nel 1477 ne viene detto cittadino, civis Saone. Sarebbe questa la famiglia dell' immor- tale scopritore dell' America? Molti, anzi i più, stanno

PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

per r affermativa, soffrono che se ne osi dubitare; e in verità abbiamo molte ragioni di congruenza che sembrerebbero persuaderlo. E primo, la cor- rispondenza di alcuni nomi, cioè Domenico, Cri- stoforo e Bartolommeo; secondo, il tempo che assai bene corrisponde a quello in cui Cristoforo Colombo sicuramente viveva; terzo, il luogo : Quinto, Ge- nova, Savona, sono luoghi a cui accennano gli storici del Colombo, e V essersi questa famiglia successivamente trasferita in tutti questi luoghi, e fors' anco in altri, spiegherebbe come siansi divisi gli scrittori in più sentenze, tutte plausibili, intorno al paese preciso del nascimento di questo grand' uomo.

Inoltre, da Quinto nel 1496, agli 1 1 di ottobre, Gio- vanni, Matteo ed Amighetto Colombo di Antonio, concertano di fare in comune, ciascuna per una terza parte, le spese di viaggio per un d' essi, Giovanni, il quale va in I spagna ad inveniendttm Doininum Christoforum, Admiratum Regis Ispa7tice ; e questo è senza ombra di dubbio il nostro Cristoforo. Or un Antonio di Quinto, da un atto del 1448 risulta essere fratello a Domenico, figlio di Giovanni di Quinto; ed un Giovanni Colombo, parente dell' Ammiraglio, ac- compagna Cristoforo nella sua terza spedizione in America il 30 maggio del 1498. Se la parentela consisteva nell' essere cugino, la famiglia, ora ben conosciuta pe' documenti rinvenuti dallo Staglieno, è senz' altro la famiglia dello scopritore del Nuovo Mondo.

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Ma d' altra parte il Campi pubblicava sin dal 1659 un documento notevolissimo, che, se autentico, man- derebbe in aria tutte le ragionevoli, ma non necessa- rie induzioni, che possono trarsi dagli atti menzionati di sopra. Ivi tra le altre cose si legge : Et cum sic sit, quod di^2is Bertomis sernper solverti di^UTn fi^lum difio Domìnico, donec tisque vixit (siamo al 1481), nec non et Thomasinus, eius filius, sit in possessione solvendi dicium Jinuin Cristophoro et Bartholoìneo Jiliis di5li quondam Dominici, et qtci iam per annos decem se absentaverunl a difla civilate Janue , et, ut dicilur, iverttnt ad insulas incognilas. Sino alle ultime scoperte dello Staglieno si credette di potere accor- dare le due parti, al modo che fa anche il nostro Sto- rico', dicendo che i Colombo di Piacenza, i quali da altre parole dello stesso strumento apparisce dimo- rassero in Genova (olim habilalorem civitalis J amie et Jiliimi quondam Joannis, habitatorem in difia villa Pradelli) fossero gli stessi dei documenti Salineriani. Ma oggi è impossibile di più sostenere tale opinione. Il Domenico, che nei documenti di Savona è vivo nel 1494 (prcesentibus Dominico de Columbo olim textore)^ trovasi morto avanti il 1481 (quondam Dominici) nA documento del Campi. Saranno parenti? Può darsi; e la congettura sarebbe dimostrata ragionevole dal- l' identità del casato, e dal ricorrere in entrambe fa- miglie gli stessi nomi, Bartolommeo, Cristoforo, An- drea, Giovanni, Antonio; corrispondenza che sarebbe

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PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

troppo Strano riputare casuale. Ammesso ciò, i docu- menti fin ad ora passati a rassegna, si accorderebbero assai : sol caderebbe 1' opinione di chi diede a Cristo- foro Colombo per madre Susanna del Bisagno. Ma i Genovesi non s'adagiano a questa sentenza; ed im- putando di falso il documento campiano, perchè troppo esplicito, gliene contrappongono un altro del pari esplicito, che porta la data del 26 gennaio 1501. Un tal Sebastiano Cuneo, figlio ad un Corrado, che nel 1474 aveva venduto a Domenico de Colmnbo de Qitinto Jamie habitatori Saone, un fondo in Legino, intenta lite agli eredi CristopJiorum , Bartolomeuìn etjacobwn de Cohtmbis.filios et heredes di^i quondam Dominici eoruin patris, jamdiu fore a civitate et posse Saone absentes et tiltra Pisas et Niciam de Proventia et in pa7^tibus Hispmiice commorantes. Le indicazioni sono troppo precise per sospettare che possa trattarsi di altri Cristofori; e quindi siamo costretti a scegliere tra r autenticità del documento campiano, e 1' auten- ticità di questo : ed infatti da entrambe le parti si palleggiano le accuse odiose di falsità. A chi dar fede? È difficile giudicarne con imparzialità; e gli atti ori- ginali, il cui confronto potrebbe dar molto lume, man- cano dall' una e dall' altra parte : quel di Savona ri- posa sulla fede di Giulio Salinero, riputato giurecon- sulto; quello per Pradello ha dalla sua 1' autorità grave del canonico Campi. Non sarà male, prima di pronun- ciare un giudizio definitivo, aspettare che dagli archivi omai aperti a tutti, esca qualche nuovo documento a far traboccar la bilancia.

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Vincano gli uni egli altri, rimarrà non pregiudicata la questione dove proprio nascesse Cristoforo Co- lombo; perchè sia i Colombo di Quinto, sia quelli di Pradello, ebbero per degli anni stanza in Genova e nei circostanti paesi ; talché ciascuno di questi luoghi può ragionevolmente possedere la gloria di avergli dati i natali : a meno che non si voglia credere all' au- tenticità non indiscutibile del testamento Colombiano del 1498, dove, conforme nota il nostro scrittore', si afferma nettamente, Nacqui in Genova, ecc. E di- ciamo autorità non indiscutibile, non soltanto per la ragione estrinseca che molti ne dubitano, ma princi- palmente perchè nel decreto reale che lo conferma ed accompagna, si leggono le seguenti parole : Sobre lo guai mandamos al principe D. Jitan nuestro muy caro e muy amato hijo, etc.\ il qual Giovanni era morto da due anni. Dicono fosse distrazione degli scrivani; ma è distrazione così singolare che pochi vorranno ac- quietarsi a questa spiegazione. Altri tentò sospettarne posticipata per errore la data col facile scambio di una cifra per un' altra; ma ivi sta scritto Jueves en veinte y dos de Febrero de niil ctiatrocientos noventay ocho; e proprio nel 1498 soltanto, il 22 febbraio ca- deva in giovedì.

Le incertezze del luogo di nascita si collegano a quelle della data; la quale, se stiamo al Bernaldez, autorità certo gravissima, deve riporsi al 1435 od al 1436. Vi concorrono altri dati, e principalmente molti

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PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

fatti che abbiamo da Ferdinando e dal Las Casas; fatti che altrimenti dovrebbero in gran parte rigettarsi per falsi, o almeno per molto inverosimili : al che noi non sapremmo davvero addattarci. I più gravi argomenti che di recente si addussero a provar che Cristoforo nascesse un dieci anni appresso, cioè tra il 1446 ed il 1447, sarebbero alcune induzioni dagli atti savonesi del 1470, nei quali non comparendo Cristoforo ad assistere la madre nella sua qualità di maggiore, ed essendosi dovuto ricorrere ad un consiglio di fami- glia, sembrerebbe eh' egli allora fosse minorenne; mentre fa atti di maggiorità il 26 agosto 1472. Se- condo tale ipotesi, egli non potrebbe esser nato prima del 1446, ne dopo del 1447. Ma sono induzioni troppo deboli; che un' assenza probabilissima del Colombo nel 1470, potrebbe spiegare plausibilissima- mente il fatto eh' egli allora non assistesse la madre, e fosse stato necessario il consiglio di famiglia; ne un tale argomento negativo potrebbe prevalere al posi- tivo del Bernaldez, intimo dell' Ammiraglio, che ne fu ospite : d' altronde potrebbero tenersi coni' obbiezione a chi reputa che veramente il nostro Cristoforo ap- partenesse a quella famiglia.

Un punto non di grande rilievo per se medesimo, ma pur importante per le conseguenze che ne deri- vano, è r arrivo del Colombo al Convento della Ra- bida, dal nostro autore fissato con ottime ragioni all' anno 1485', e che certo deve riporsi tra il 1484 ed

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PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

il 1485. È importante, diciamo, per le conseguenze che ne derivano; poiché è una delle circostanze che, negata, scemerebbe molto V attendibilità della storia dell' Ammiraglio scrittane dal figlio Ferdinando, con- tro la quale V Harrisse e più altri, con una critica che per voler essere acuta diventa cieca, accumularono ogni sorta d' accuse, poi, nella massima parte lumino- samente sventate. Nel che sono ammirabili per copia di erudizione e per finissimo e lucido argomentare i volumi varj che n' ebbe a scrivere il nostro Prospero Peragallo. Ferdinando ripone 1' arrivo del Colombo col figlio alla Rabida, nel primo giugnere dal Porto- gallo, mentre altri vorrebbe intendere che ciò avve- nisse soltanto dopo che disperando che i Reali di Spagna accogliessero le sue proposte, volgeva nel- r animo di offrirsi ad altre nazioni. Questi ultimi si fondano sopra V attestazione giurata di Garcia Her- nandez, il quale parlando dell' arrivo del Colombo alla Rabida, non distingue con molta precisione i due arrivi, ma li confonde in uno; benché dalle sue stesse parole ne apparisca un in confuso la distinzione. Oggimai però la luce è fatta. Possiamo asserire per concordi e sincrone testimonianze che il Colombo, venendo di Portogallo, lasciò alla Rabida il figlio Diego, e lo riprese, conducendolo a Cordova, quando le pratiche con la Regina Isabella, per la spedizione neir Atlantico, erano già venute a prospera risolu- zione.

Non si può toccare del Convento della Rabida, senza che il pensiero ricorra al notissimo Padre Gio-

COLOMBO 2

PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

vanni Perez, che ospitò lo straniero umiliato e lo soc- corse d' opera e di consiglio. L' autore francese, segue r errore comune, sol da pochi anni riconosciuto e ret- tificato, di confondere il Perez con il Padre Antonio di Marchena, altro (e fors' anco più entusiasta) favo- reggiatore del Colombo, ed il cui giudizio, come quello eh' era tenuto per molto intendente di cosmo- grafia, servì a dileguar molti sospetti sulla serietà del- l' impresa che dal Colombo veniva proposta. Nel testo stesso il traduttore introdusse fra le altre la distinzione dei due personaggi, che ormai è evidente- mente accertata, benché non forse, quanto sarebbe necessario, sia egualmente conosciuta da tutti. Nelle istruzioni che i sovrani danno all' Ammiraglio per r apparecchio al secondo viaggio, lo consigliano a pigliar seco Fi^ay Antonio de Marchena, porque es buen astrologo, ed aggiungono, tra le altre ragioni a persuadernelo, siempre nos pareciò cpie se confoinnò con vuestro parecer : e forse il Colombo seguì le indi- cazioni savissime dei Reali di Spagna. Certo ebbe sempre a lodarsi di questi due Francescani, che mentre tanti ne mettevano in canzone il progetto, siempre (egli testifica) fueron constantes. Dubbio è invece chi dei due fosse Guardiano al primo giungere del Colombo al Convento di Santa Maria della Rabida e se allora vi dimorassero entrambi. La confusione in una delle due persone, la pro- babilità che entrambi in tempi diversi possano aver avuto il governo di quella comunità religiosa, la scarsezza dei documenti che si conoscono, rendono

PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

per ora impossibile accertare nulla intorno a tali questioni.

Giacché siamo a discorrere dei Francescani che coadiuvarono il Colombo nella scoperta dell' America, non sarà del tutto inutile ricordare una curiosa notizia rinvenuta da noi nella ricca biblioteca di Todi, della quale ninno sin qui tra i biografi dell' Ammiraglio mostrò di aver contezza. ''In questo anno 1492 Cristoforo Colombo, Genovese, andò nelle Indie a scoprire nuova terra e nuovi paesi, e tra gli uomini che seco condusse nella sua caravella, fu il Rdo P. Gióvan Bernardino Monticastri, nobile di Todi, dell' Ordine dei Minori, uomo di gran letteratura e pratico di astronomia, che fu ai^co di lui confessore; onde Gabbriello Monticastri, fratello di detto Reli- gioso, ad uno delli tre figli suoi pose nome Cristoforo. LiH:. patent. et Epistola ci. Columbi olim asservabatur penes haered. Gabrielli per Bernard. Boccardum.

" Come il tutto emerge da un libro intitolato d^o- nache della città di Todi dall' anno 1000 a tutto l' an- no 1499, scritto dall' eruditissimo Antiquario Gio. Batta Canonico Alvi, Patrizio di questa città, alla part. i^ pag. 97.

'' Nel libro delle Genealogie della famiglia di Todi, urbane e forensi et alcune estere, ricavate dalli libri genealogici dell' Archivio segreto in San Fortunato, dalli ms. dell' Antiquario signor Canonico Gio. Batta Alvi, nobile di questa città e da altri antichi e mo- derni documenti collazionati, registrati e quivi fatti

PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

registrare da me Pietro Bolognini con le loro respet-

tive armi, etc. si trova nella Genealogia dei Monti -

castri, pag. 95, la seguente serie :

T462 Honofrius Sutor

DuCulo

1488

1481 I

Fr. Bernard. ^^ (i) Gabriel Vir Io. Moscatus

de Obser% D.ne Aure de Landis

I

Christofura Ux. |

Simon Jacobi. Frane. Anti Atti

1511

I Eufrasia Ux.

Cristo (phorus)

Sanótes Gentiloni

Julia Ux. Petri de Cisis

I Paulus Emilius

Cesius

Io. Hieronimus I. U. D.

Angiola

che morì 1562

(i) Che fu confessore di Cristoforo Colombo e andò con lui in America.

Faustinus |

Fortunatus Stultus Filomena. 1581 Cristophorus Vir Innocentiae

Acciamonti Urbe Veteri quae obiitlnd. die 6. Martii 1613.

" I nobili di Montecastro, che appariscono descritti nel catasto vecchio fatto V anno 1322, secondo l'opi- nione di alcuni, si crede che discendano da qualche ramo di nobili di Acquasparta, diramato in più e di- verse famiglie. Altri credono che discendano da altro ramo di detti nobili di Acquasparta.' "

I Croniche di Gio. Fabrizio di M. Pietro di M. Onofrio Uffreduccio degli Atti, Cancelliere della Repubblica di Todi, scritte nel 14^8, ms. prezioso della Biblioteca di Todi che esisteva ancora il 1762, ora perduto. E forse sono perdute anche le Croniche della città di

PREFAZIONE STORICO-CRITICA. xxi.

Anche le relazioni del Colombo con V Enriquez in Cordova, furono di quest' ultimi anni soggetto di dispute calorose ; ed a rivendicare da macchie la fama del navigatore immortale, sorsero valorosi paladini, principalmente il Roselly de Lorgues, poi, dietro a lui, il primo de' sottoscritti, che ne tradusse in italiano una vita; ed in Genova contro coloro, cui non sembra gravasse 1' onta d' oltraggiare il grande concittadino, ne sostenne virilmente le parti il valente pubblicista Don Antonio Marcone, in cui anch' oggi, nella grave sua età e veneranda canizie, il pensiero dell' amato Colombo risveglia gli entusiasmi ed il calore degli anni suoi giovanili. E veramente chi pesi in equa lance le ragioni che stanno per l' innocenza e l' inte- grità morale di Cristoforo, non può non vedere che la vincono di gran lunga sopra i sospetti e le vaghe voci, le quali vengono loro opposte dagli avversar]. La bella e nobile Enriquez, il cui soave affetto all' Am- miraglio in tanta vicenda d' umiliazioni e d' onori non mancò mai; quella Enriquez, che dal Colombo ai Rie viene ricordata qual moglie eh' egli lasciò diserta per servirli nei viaggi di scoperta; quella Enriquez eh' egli raccomandava al figlio Diego, perchè la tenesse in luogo di madre; quella Enriquez eh' egli ricordò nel suo ultimo testamento con tanto affetto; quella Enri- quez, diciamo, non poteva non essere amata di amore irreprensibile, casto e puro. Se vi sono alcuni e non

Todi dall' anno looo all' anno 1499 scritte dal Canonico Alvi. Il 1877 esistevano ancora : ma nel 1881 non ci fu possibile di rinvenirle.

PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

ispregievoli storici che opinarono in contrario; non mancano storici egualmente autorevoli, i quali sen- tenziarono a suo favore : d' altronde tutte le circo- stanze della vita del Colombo, il carattere suo morale nobilissimo, e il sentimento religioso profondo esclu- dono il sospetto di una macchia grave. Sicché il rac- conto del nostro autore', ci sembra su questo rapporto in tutto conforme a verità.

Non vera invece è la circostanza, narrata pur dal- l' Oviedo, e che ha fatto il giro del mondo, che^ il Co- lombo minacciato di morte dalla ciurma in mare nel primo viaggio, proponesse di navigare verso V occi- dente per altri tre giorni, dopo i quali, se non scopris- sero terra, consentirebbe a dar volta verso 1' Europa. Il caso sarebbe allora stato il vero scopritore d' Ame- rica; ed il Colombo avrebbe dovuto esser profeta; r una e 1' altra ipotesi è del pari senza fondamento; ed è molto più assennato rigettare come favola divulgata dalla fama, che più s' allontana dal vero e più cresce, il racconto dell' Oviedo, che supporre che il Colombo, già persuaso della solidità del suo disegno, e già presso a veder coronato dall' esito il suo sogno di lunghi anni affannosi, volesse poi farne dipendere 1' at- tuazione dal caso. Egli stesso nel suo Giornale, in cui tante minutissime cose segnò diligentemente, questa di tanto rilievo V omise : e il figlio Ferdinando, non che il Las Casas, ne serbano alto silenzio.

Dopo la scoperta d' America la vita del Colombo,

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PREFAZIONE STORICO-CRITICA. xxiii.

al quale si rivolsero gli sguardi di tutti, amici e nemi- ci, non può essere più un mistero; manca in molti il giusto criterio a giudicarne V azioni, ma i fatti sono conosciutissimi : conosciutissime le calunnie che ne amareggiarono i giorni, le difficoltà incontrate nella colonizzazione d' America, nella non dissimulata osti- lità della Corte di Spagna, sospettosa di quello stra- niero, a cui, senz' avvedersene, aveva conceduto poteri tanto più grandi di quelli dello stesso Re, di quanto V America supera in forze ed estensione la Spagna. Quindi non è per noi tema sul quale pos- siamo intrattenere i lettori; che trattato a fondo, richiederebbe un libro; e trattarlo a volo, sarebbe inutile ed inconcludente. In questi ultimi anni, gli studj intorno al Colombo, hanno avuto un risveglio; e così anche la cura amorosa di adunarne le me- morie. Nel che merita onorata menzione il Baldi, il quale in Genova cercò di raccogliere le memorie co- lombiane : acquistò la casa, che, secondo lo Staglieno, sarebbe stata proprietà della famiglia Colombo; con grandi sacrifici riunì una copiosissima biblioteca di stampe concernenti il Colombo, e per fortuita combi- nazione da uno Spagnolo, discendente dalla famiglia nella cui casa il Colombo spirò V anima grande, ebbe le catene, che avvinsero per ordine del Bobadilla lo scopritore dell' America, e che questi solea tenere sempre presso di sé, e voleva (scrive il suo figlio) che fossero seppellite con il proprio cadavere : nel che le sue intenzioni consta che non vennero

eseofuite.

xxiv. PREFAZIONE STORICO-CRITICA.

Alcuni avanzi delle ceneri dell' eroe, tornarono a quella Italia, che gli aveva dati i natali; e Genova che forse lo vide nascere, Pavia dove ricevè insegnamento fruttuoso, poterono alietarsi di rivedere e riverire gli avanzi di quel Colombo, per emulare la cui gloria bisognerebbe che un' altra terra fosse creata. E non- dimeno manca ancora a lui in Italia un monumento che ne sia degno, un monumento intellettuale; voglia- mo dire una raccolta completa dei documenti che lo concernono ed una vita di lui. Benemerito, certo, bene- merentissimo, fu il Roselly de Lorgues, che, primo, aperse la via ad indagini pazienti ; benemerito anche, fra noi, il Tarducci, autore di una vita ricca di molti pregi : nondimeno oggi si potrebbe fare e chiedere di più, moltiplicando le ricerche a schiarire i punti oscuri che ancora rimangono a dilucidare. E ci duole che il Centenario passi tra feste transitorie, senza che forse resti di duraturo nuli' altro che la memoria del grande -Eroe viva scolpita nel cuore degli Italiani.

Roma, Via Merulana, Collegio Sant' Antonio, addì 14 luglio, giorno sacro al Serafico Dottore S. Bona- ventura, del 1892. 4.

Fr. Marcellino da Civezza M. O. Fr. Teofilo Domenichelli M. O.

T A scoperta del Nuovo Mondo è, seitza dttb- -^-^ biOy una delle più maravigliose intra- prese concepite da tmiaìto intelletto e portate a fine. Ad effettuarla occorreva esperienza di navigazione, coraggio a t zitta prova e costanza di proposito che per difficoltà non venisse incito; a dir breve ci voleva un aniìna che al sicuro presentimento del futuro unisse inaschia fede. A meìnorabile avvenimento Dio aveva scelto Cristoforo Colombo.

E veramente un anima grande, rischiarata da viva fede, sostenuta da invitta speranza, ad abbattere la quale non basterebbero ama- rezze, né sventure, ne svanirebbe per trionfi, fu r anima del Colombo.

, Se ci fossimo proposto di scrivere una piena storia di lui, non ce ne sarebbero mancati i docttmenti; /' Herrera, il Las Casas, il Ber- naldez e Giovanni di Ferreras ne hanno quanto basti per ciò, che concerne le relazioni di lui con la Spagna. A ite he il suo figliuolo Ferdinando, che visse alla corte di Carlo V, ne dettò una storia, in cui ci preziosi parti-

COLOMBO.

INTRODUZIONE.

colavi del carattere di lui, e i progetti che divisava, i quali non si potrebbero omettere senza che quella ne rimanesse monca. Vi di- scorre a lungo delle ragioni che iìtdussero il grande navigatore a ciìfientarsi alla scoperta delle Indie Occideìttali; ragioìti tratte da studj geografici ed astroìtomici, da testimo- nianze di antichi scrittori, ed anche contem- poranei, e da relazioni di gente di mare. Ma il lavoro pili autorevole ed importante è il Giornale dello stesso Colombo, dove per notò quanto gli accadde duraìite la lunga sua navigazione, e i varj seìitimeìtti che /' agita- vano.

Ci siamo giovati di questi molti lavori per raccogliere il presente piccolo volume, iìi citi il lettore troverà ammaestramenti di pietà, di umanità e di cristiana rassegnazione. I limiti che ci proponemmo , non ci hanno consentito trattenerci in particolare degli tiltimi viaggi del grande Ammiraglio alle colonie da lui fondate nella Spagìtola; avendo giudicato piit giovevole seguirlo ìielle scoperte fatte, che fer- marci a descrivere gli avanzamenti degli Spa- gnoli, i quali, per soppiantarlo, non rifuggirono dalle pive odiose perfidie.

Il più delle notizie che riguardano il Co- lombo cominciano dalla sua scoperta, e appena

CHRISTOPHER COLUMBUS

After an engraving hy George E. Ferine from a copy of the painting hy Parmigiano in the Royal Gallery at Naples

INTRODUZIONE.

accennano ai fatti che la precedettero; allar- gandosi invece sullo stabilimento dei Casti- gliani nelle Antille e sulle difficoltà che lor suscitò tra gì' isolani la loro barbara cupidi- gia. Noi abbiam fatto /' opposto, scrivendo uìta biografia del Colombo, e non già un stento sto- rico delle colonie spagnole.

Ci siamo profittati di assai lavori recenti, specialmente del Sunto della Storia generale dei viaggi di Laharpe, da cui togliemmo il ristretto del Giornale del Colombo durante la sua prima spedizione, e così della Storia Uni- versale di Cesare Cantù, la quale ci dette non poche preziose notizie al proposito nostro.

dobbiamo in ultimo tacere (che sarebbe ingiustizia) il piit importaìtte libro che sia stato fatto sul Colombo, vogliam dire la Storia de ir illustre Conte Roselly de Lorgues, che n ebbe tanto plauso ed ammirazione dal- l' Europa e dalle due Americhe.

^-

■4?

et-

Monumento al Colombo, in Genova, sua patria.

CristDfain Cnl0mfin

LA SCOPERTA DEL NUOVO MONDO.

Capitolo primo. - sommario.

Cristoforo Colombo. Sua nascita. Parecchie città si contendono 1' onore di avergli d^to i natali. Da ciò che egli dice di stesso, fu Genovese. Suoi umili cominciamenti. Sua fami- glia; suo padre, il tessitore Domenico; sua madre ed i fratelli. Il Colombo era di nobile origine. Domenico Colombo manda il giovane Cristoforo all' università di Pavia, pro- gressi che vi fa negli studj; ritorno alla casa paterna. Al- l' età di 14 anni s' imbarca. Comanda più tardi una galea. La quale rimane incendiata in un combattimento sostenuto, ed egli si salva a nuoto. Tocca le coste del Portogallo.

E nella storia dell' umanità vi è nome [^ celebre, insieme, e popolare, senza dub- bio è il nome di Cristoforo Colombo. ^ Forse ve n' ebbe altri che menarono più alto rumore, e vi furono conquistatori, che lasciarono tali tracce di sangue per dove passarono, che non potranno mai cancellarsi : ma ben altra luce circonda il nome dello scopritore d' un nuovo mondo, che la potenza del suo pensiero indovinava; dell' intrepido navigatore e apostolo della fede cattolica e dell' in- civilimento che da essa deriva; di colui che ne portava e piantava lo stendardo in regioni sconosciute, da lui scoperte. Inspirato a tant' opera dall' alto, fu egli sempre, nonostante tanti disinganni, tante amarezze e ineffabili dolori, il cristiano ammirabile che la Provvi-

CRISTOFORO COLOMBO,

denza aveva scelto all' effettuamento de' suoi consigli divini. Mai non vacillò la sua fede, venne mai meno lo stimolo potente che sentiva di dentro e lo determinava ad operare, perchè Dio stesso gli aveva dato la prima, e messo nell' anima il secondo; ed egli n' era così convinto che da Dio soltanto ripeteva r una e 1' altro, mirava che a Lui, maturando il ri- trovamento di un mondo novello. E per ciò stesso ne fu degno ed ebbe tutta la protezione divina, guidato dalla mano creatrice dell' universo. Quale gloria il poter dire col Salmista, come fu verissimo : ** Dio per mio mezzo ha rinnovata la faccia della terra! "

Non è ancora molto tempo che quasi nulla sape- vasi di certo de' primi anni del Colombo. Dove nac- que egli ? Dove passò i primi suoi anni ? Quale fami- glia fu la sua ? A tutte queste dimande che lo storico doveva fare a stesso, invano avrebbe potuto ri- spondere, non avendo altri dati che affermazioni o negazioni contraddittorie, racconti leggendarj e im- maginarj, aneddoti più da poeti, che da critica storica. Per lo che lo storico trovandosi come in viaggio in mari non conosciuti verso il passato, ben poteva piegare più da un lato che dall' altro, ma nessuna luce soccorreva a dirgli ove si trovasse; onde il Washington Irving che pur aveva fatte molte e pazienti ricerche ebbe a scrivere, che '' tanto affati- cavano le tentate sentenze dei commentatori, che riu- sciva assai diffìcile accostarsi alla verità in tale labi- rinto di congetture. "

Ma di presente si può rispondere con sicurezza ad alcuna di così fatte quistioni. Cristoforo Colombo nacque nel 1435. Ben molte città si studiarono di far propria la gloria di essere state la culla di

CAPITOLO PRIMO.

Gasa dei Colombo in Genova.

questo uomo immortale. Cuccaro, Oneglia, Finale, Quinto, Nervi, Savona ed altri luoghi; togliendola a Genova. Fra tutte le prove che se ne potrebbero

CRISTOFORO COLOMBO.

addurre, la più valevole ed autentica è quella dello stesso Colombo. Egli, grand' Ammiraglio dell' Oceano e Viceré delle Indie, nell' atto con cui istituiva un maggiorascato nella sua famiglia con la data del 2 2 febbraio 1498, afferma nettamente d' essere nato in Genova : Sieìidoyo nacido en Genova, ciudad noble y poderosa por la mar. '' Nacqui in Genova, città nobile e potente sul mare. " Ed aggiunge : " Racco- mando a' miei successori di fare tutto ciò che possa tornar di onore e di profitto alla città in cui nacqui, senza nondimeno recar danno alla corona di Spagna. "

I cominciamenti di colui, che doveva addurre al- l' impero della croce un mondo sconosciuto, furono modesti ; e in tale modestia cercò i mezzi di aiutare il proprio ingegno; e forse ciò contribuì non poco a formarne 1' indole con quella tempra di fermezza che lo rese capace di affrontare ogni maniera di contra- rietà e di pericoli, e restarne vincitore.

II suo genitore chiamavasi Domenico, ed era pos- sessore di alquanti beni di terra, il cui tenue prodotto non gli bastava a vivere; per lo che s' era allogato in una casa fuori le mura di Genova, dove paziente- mente e laboriosamente esercitava il mestiere di tes- sitore in lana. Aveva a sposa una contadina del Bisagno, Susanna Fontanarossa, che se gli portò assai ristretta dote, era pur ricca di buon senso e di virtù. Dio benedisse largamente questa unione, e dette loro cinque figli, una femmina e quattro maschi; cioè Cristoforo, Bartolomeo, Pellegrino e Giacomo, il penultimo dei quali morì prima dei vent' anni.

Ma questa povertà di Domenico non impedisce che fossero di antica prosapia i suoi antenati. Pare eh' egli discendesse da una famiglia lombarda, i cui rami

CAPITOLO PRIMO.

s' erano trapiantati nel Piemonte e nella Liguria. In Genova parecchie famiglie avevano lo stesso casato del Colombo, e forse erano tutte imparentate; ma diver- sità di fortuna le aveva separate; così che mentre i membri di alcune per ingegno e servigi prestati alla Repubblica, occupavano in essa alti posti, i membri di altre, come Domenico, traevano dal lavoro giorna- liero il pane della vita. Non importa qui a noi cercare le prove per le quali apparisca il diritto che può avere alla nobiltà il Colombo. Mettiamo ciò non sia stato; ma ben dal padre suo ricevette nobili tradizioni, per le quali 1' uomo arriva alla verace grandezza. Sia dunque che egli co' fatti della sua vita desse novello splendore al casato, sia eh' egli la creasse a e alla propria famiglia, il certo è che questa n' ebbe una che vince ogni altra; la nobiltà che nasce da elevate facoltà, ricevute da Dio e usate sapientemente.

Domenico ammirato dell' intelligenza che mostrava il suo figliuolo e dei rapidi avanzamenti che faceva, si determinò a nulla omettere di quanto potesse contri- buire a nobilitarne la mente e il cuore. E però come rag- giunse i dieci annijlo inviò nell' università di Pavia,una delle più celebrate a que' dì, perchè vi studiasse di pro- posito filosofia naturale e astronomia. Frequentò Cri- stoforo per qualche tempo quella celebre scuola; ma le non agiate condizioni del padre mal potendo sostenere ulteriori sacrifizj ebbe egli a far di ritorno per aiutare padre e fratelli nella professione di cardatori di lana.

Cristoforo si assoggettò come figliuolo esemplare a quel lavoro, ma non si ristette il suo pensiero dallo spaziare in vaste e misteriose lontananze. Il ceruleo mare, che bagna così amorosamente delle sue onde i piedi della città di Genova, agiva con arcana potenza

10 CRISTOFORO COLOMBO.

suir immaginazione di lui. Oh quante volte T anima ardente spaziava lontano dalle pareti domestiche in cerca di qualcosa di sconosciuto nell' immensità del- l' Oceano, mentre con le mani era macchinalmente nel lavoro da cui traeva il suo sostentamento la fami- glia. Colpi di mano contro i pirati, navigli sbattuti dalla tempesta, mostri marini, isole fortunate, mari tenebrosi, e chi sa, forse anche un continente perduto in spazj senza confini; e quivi vedute incantevoli, immagini terribili, che si succedevano le une alle altre, e ne tenevano straordinariamente accesa la fantasia; tutto questo forse accadeva dentro di lui, senza che alcuno se ne avvedesse.

La vita de' marinai nel Mediterraneo era a que' piena di pericoli. Gli Stati delle sue coste tenevansi come in guerra perenne, ed i navigli di questa o di queir altra nazione erano sempre nell' occasione di attaccare o nel bisogno di difendersi. I capitani di ventura quando non avevano da combattere per qual- che potenza, guerreggiavano per proprio conto, pro- cacciandosi il necessario alla vita. mancavano si- gnori, che sotto pretesto di assicurare i propri diritti e privilegi, armavano delle flottiglie, si facevano scru- polo di saccheggiare i vascelli che incontrassero per via. Altri, veri corsari, si gittavano sopra qualunque naviglio lor venisse fatto di cogliere, a qualsiasi nazione appartenesse, tanto solo che se ne impromettessero un ricco bottino;e così quelli che erano stati risparmia- ti dai venti e dal furore delle procelle trovavano più crudeli nemici. Oltre che i combattimenti continui che accadevano tra cristiani e musulmani, combattimen- ti a morte tra la civiltà e la barbarie, rendevano la na- vigazione una scuola ben penosa e un duro tirocinio.

CAPITOLO PRIMO. 11

Ma tutto ciò non isgomentava il nostro eroe, che alla vita di casa anteponeva quella avventurosa della marina. Uscito dall' università di Pavia, e passati alcuni mesi in seno della famiglia, s' imbarcò contan- do quattordici anni. Quanto aveva imparato non gli tornò utile che appresso, avendo dovuto ora im- barcarsi in condizioni di mozzo. Ma bene possiamo cre- dere che sebbene di così tenera età si determinasse a quella vita, le lezioni che n ebbe non furono perdute, per uno di spirito così grave e meditabondo qual' era.

Dal momento che s' imbarcò fino al 1459, circa dodici anni, non possiamo fare che congetture su quanto operò. Si sa che navigò traversando il Medi- terraneo, che percorse V Arcipelago e i mari di Le- vante, che si battè ripetutamente coi pirati, coi corsari maomettani e di Barberia; in uno de' quali combatti- menti all'arrembaggio ricevette una pericolosa ferita, cicatrizzatasi soltanto dopo lungo tempo, e per cui fu sofferente sino all' ultimo di sua vita.

Solo dal 1459 abbiamo autentici documenti che lo riguardano. In detto anno, Giovanni d' Angiò, duca di Calabria, armava una flotta coli' intendimento di far vela verso Napoli e di ricuperare quel regno a nome di suo padre, Renato, conte di Provenza. Il Colombo avuta notizia di questa spedizione e del- l' aiuto che la città di Genova gli fornirebbe in dena- ro, uomini e galee, andò a pregarlo che lo accettasse a suo servizio; e lo vediamo arruolato sotto il coman- do d' uno de' suoi parenti, Colombo 1' ArchipiratOj ardito corsaro, rendutosi famoso per i suoi colpi di mano contro gli infedeli ; e poi in ufficio di luogote- nente sotto quello di un altro Colombo, detto il Gio- vane, nipote del primo e non meno celebre dello zio.

12 CRISTOFORO COLOMBO.

L' intrepido Colombo il Giovane, avendo saputo che quattro galee veneziane tornavano di Fiandria riccamente cariche, deliberò di assalirle benché a capo di piccola squadra; e ciò fece in vista della costa portoghese, tra Lisbona e il Capo San Vincenzo. Il combattimento durò per un intero giorno con pari furore da ambe le parti. Venuti all' arrembaggio, essendosi intricate le galee le une con le altre, gli equipaggi combattevan corpo a corpo, come avviene in terraferma. Cristoforo Colombo in quel aveva il comando di una galea. Essendosi disgraziatamente incendiata la galea veneziana eh' egli aveva abbor- data, le fiamme si appiccarono alla sua. Si provò a stricare subito la propria dall' altra, ma non vi riuscì; tanto s' erano a vicenda prese coi rampini e le cate- ne di ferro; e quando non fu più possibile di restare sul ponte, perchè la sua galea non era più altro che una vampa, si gettò nelle onde con tutto 1' equi- paggio. Incontratosi con un largo remo, se ne giovò per mantenersi a gala, e con questo aiuto, potè rag- giungere la spiaggia lontana circa due leghe dal luogo dove era avvenuto il combattimento.

Di si rendette tosto a Lisbona, dove incontrò parecchi compatrioti, e tra questi, il suo fratello ca- detto, Bartolomeo.

Se vogliamo stare all' autorità di qualche scrittore, ciò non sarebbe vero; ma la sua gita al Portogallo sa- rebbe avvenuta per il suo amore ai viaggi, per il desi- derio di conoscere altri luoghi ed altre genti, e compiere il suo ammaestramento. Che che ne sia, il certo è che preludiò alla sua grande scoperta del Nuovo Mondo con ripetute spedizioni ne' mari fino all' ora conosciuti.

SOMMARIO.

Le scoperte al secolo XV. Impulso dato a' viaggi di esplorazio- ne dal principe Enrico di Portogallo. Lisbona e que' centro dell' attività scientifica. Il mondo conosciuto avanti Cristoforo Colombo. Egli copia de' manoscritti e forma delle carte marine per provvedere a' suoi bisogni. Suoi costumi, suo carattere; sua pietà sincera e piena di entusia- smo. — Contrae a Lisbona un primo matrimonio. Il suo cognato Pietro Correa. Favole e leggende concernenti i mari non conosciuti. Indizj che n' ebbe il Colombo dai naviga- tori. Vi aggiunge i risultati delle proprie esperienze, e s'im- barca per Porto Santo. Visita successivamente Madera, le Azzore, la Guinea. Si risolve ad una spedizione verso r Ovest, ed espone i suoi divisamenti alla repubblica di Ge- nova e di Venezia: ma senza successo.

U ALCHE tempo prima della nascita del Colombo, arditi navigatori si erano spinti a tentare delle scoperte; le quali spedizioni divennero più frequenti, a mano a mano che i principj della navigazione si svolsero mediante 1' esperienza, e progredì 1' arte di costruire i navigli. Il principe Enrico del Portogallo, figliuolo di Giovanni I, aveva favorito quanto poteva queste difficili, ma gloriose ricerche. Invaghito della scienza nautica, della geografia, della cosmografia e delle matematiche, si era ritirato dalla corte per attendere a lavori ne' quali trovava il suo appaga- mento. Procuravasi le relazioni di quanti viaggi sapesse che erano stati fatti e traduzioni di mano-

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CRISTOFORO COLOMBO.

scritti arabi, usava con piloti e uomini esperti di mare facendo tesoro delle loro cognizioni : così per lui Lisbona, alla fine del secolo XV, addivenne il centro di un movimento scientifico prodigioso, e costruivansi le navi più eccellenti, si disegnavano i planisferi più esatti e le migliori carte marine; finalemente si vendevano le migliori opere, e i mi- gliori strumenti.

Il mondo conosciuto dagli antichi.

Alla morte di questo principe si arrestò per qual- che tempo fatto movimento scientifico da lui iniziato e portato innanzi con tanta sua gloria. Ciò nonostante a Lisbona ne restò la fama; per lo che i piloti i più sperimentati, e i geografi di miglior ripu- tazione continuarono a recarvisi. Bartolomeo Co- lombo, fratello secondogenito di Cristoforo, tenuto giustamente per valente geografo, vi si stabilì per esercitarvi un mestiere a cui sentivasi potentemente chiamato.

Il mondo conosciuto al tempo del principe Enrico era assai ristretto, credendosi che il globo ter-

CAPITOLO SECONDO. 15

racqueo non eccedesse V Europa, le coste d' Africa bagnate dal Mediterraneo, una grande parte del- l' Asia Meridionale : al di era l'immaginario e l' in- cognito. I planisferi appena presentavano una metà dell' antico continente, dove F Africa pigliava la forma bizzarra d' una isola lunga, stretta e paralella al Mediterraneo. E quasi per incutere spavento a coloro che si occupavano dell' incognito, i geografi segnavano i limiti con figure d' ipogrifi e d' antropo- fagi; essendo proprio dell' immaginazione umana di supporre de' mostri, dove ignora che cosa possa tro- varsi.

Ma sotto il principe Enrico, le carte geografiche e marittime vennero assai migliorate; ed inoltre a questo tempo erasi fatto generale F uso del com- passo, le coste d' Africa erano state in parte esplo- rate di dal Capo Bianco, e vennero scoperte le isole di Capo Verde e delle Azzore.

Cristoforo Colombo frequentava Lisbona il più che poteva, da che le scoperte dei Portoghesi si avessero attirata F attenzione di tutta F Europa; sia per desiderio di scienza, sia per appagamento di curiosità e solletico di avventure, molti uomini di mare s' eran raccolti, pronti a far parte di qualun- que spedizione si preparasse.

Il Colombo ospitava quivi in casa del suo fratello Bartolomeo; e per non essergli soverchiamente a carico, buon calligrafo secondo que' tempi e pratico nel disegnare, copiava manoscritti e delineava carte di mare; anche comprava libri e li rivendeva; insom- ma si studiava, per quanto gli era possibile, di prov- vedere a stesso e soccorrere suo padre. E invero commovente la filiale pietà con cui lo sovvenne

16 CRISTOFORO COLOMBO.

avanzato negli anni, mentre non bastava quasi a se medesimo!

Contava allora circa i trentacinque anni, ed era in tutto il vigore delle sue forze fisiche ed intellettuali. Di statura mezzana, ma bene conformata; aveva il naso aquilino, gli occhi bigi tendenti al chiaro, lo sguardo espressivo e vivace, biondi i capelli ma inca- nutiti precocemente per le veglie e i soprapensieri, un carattere focoso, ma temperato a dolcezza. Semplice poi nel vestire, modesto nel tratto e nelle parole ed insieme eloquente, la sua gravità, affabilità e genti- lezza si attiravano facilmente i cuori, conservando nelle povere sue condizioni una nobile dignità che imponeva. Era insomma un vero gentiluomo, e chiun- que trattasse con lui, vi ravvisava qualcosa di non co- mune che lo distingueva da tutti.

Un' altra cosa dobbiamo qui specialmente notare, cioè la scrupolosa esattezza con cui sempre adempì a' suoi doveri religiosi; non già soltanto per ciò che riguardava le pratiche esteriori, ma per la viva ed ammirabile pietà di cui era dentro informato, e che si appalesava in tutte le sue azioni; il che fu parte del nobile suo carattere : fu, in una parola, solenne- mente religioso.

Finché si trattenne in Lisbona, ogni mattina assi- steva alla Messa nella chiesa di Ognissanti addetta al Monastero, e notò la sua divozione e pietà Donna Filippa di Perestrello, che quivi trovavasi ad essere educata.

Era essa figliuola di Bartolomeo Monis di Pere- strello, gentiluomo italiano, navigatore di vaglia, ufficiale della real casa, già molto amato dal principe Enrico, che lo aveva nominato Governatore del-

CAPITOLO SECONDO. 17

r isola di Porto Santo e datagliene una grande parte in proprietà.

Incaricato di colonizzare Porto Santo, Monis di Perestrello vi si adoperò quanto seppe e potè; ma ben presto dovette arrestarsi. Alcuni conigli portati neir isola vi si erano moltiplicati per modo che i co- loni da quel terreno non ebbero più a sperar ricolti. Si provarono a distruggerli; ma non vi riuscirono, per essere essi troppo pochi e radi, e quelli, favoriti dal clima dell' isola, si moltiplicavano senza fine. Da ciò avvenne che quantunque il Monis di Perestrello vi possedesse, morì povero, rovinato dalle gravi spese in quello sperimento infruttuoso, e lasciò tre figliuole con la sola dote delia loro virtù.

11 Colombo non badando a tali loro condizioni, chiese Filippa in isposa e 1' ottenne. Non ne miglio- rò di patrimonio, ne crebbe in riputazione, e conti- nuando tranquillo a disegnar carte e copiare mano- scritti, non andò guari che per il ricordo delle cariche tenute dal Perestrello e l'amicizia che lo aveva unito al principe Enrico, fu ammesso presso il re Alfon- so V, il quale, non ordinò veramente spedizioni alcune, ma si occupava con passione delle scoperte di mare; per lo che gradiva assai la conversazione del piloto genovese di cui rimaneva come incantato.

Sovente trattenendosi egli in vario ragionare con la famiglia, la sua suocera, vedova di Monis, donna di non comune intelletto, come di specchiata pietà, gli parlava de' viaggi fatti dal suo sposo, e delle spe- dizioni a cui aveva preso parte,e gliene dette tutte le carte da lui lasciate e i ricordi scritti di propriamano.

Già una delle due sorelle di Filippa aveva sposato parimente un marinaio, Pietro Correa, governatore

18 CRISTOFORO COLOMBO.

poi di Porto Santo; e il Colombo profittando pari- mente di tutte le osservazioni di questo navigatore e di quanto raccontava, raccolse un tesoro di utili cognizioni; perocché egli notava tutti anche i più minuti fatti, e, così profondo investigatore com' era, da ogni anche minimo particolare traeva costrutto ; benché non ne esagerasse punto Y importanza. Egli, perspicacissimo, sapeva ben distinguere fra le osser- vazioni dell' esperienza i racconti vaghi e favolosi. , Le credenze popolari concernenti V Oceano erano al tempo del Colombo speciose e senza fine. Sovente parlavasi dell' isola delle sette città, nella quale, secondo un'antica leggenda, molti abitanti de' luoghi di Spagna e di Portogallo invasi dai Mori, a fuggire la schiavitù, eransi rifuggiti co' proprj vescovi in numero di sette. Imbarcatisi alla ventura su parecchi navigli, dopo di aver errato di qua e di per qual- che tempo e non senza angoscie finalmente s' avven- nero nella detta isola in mezzo all' oceano; dove discesi, i sette vescovi fecero distruggere i vascelli per togliere a chicchessiasi il ritorno e fondarono le città ricordate.

Parimente si raccontava che alcuni piloti porto- ghesi, avessero ripetutamente toccato terra in que' lon- tani lidi ; ma nessuno d' essi aver fatto più ritorno : ancora dicevasi che al tempo in cui il principe Enrico si faceva gloria di favorire le ricerche per mare, un bel gli si presentarono parecchi naviganti, affer- mando di arrivare da un penoso viaggio in cui in effetto avevano incontrato 1' isola delle sette città e discesivi, trovarono che i suoi abitanti parlavano la stessa loro lingua, dai quali vennero menati subito ad una chiesa, per assicurarli che in verità eran cat-

CAPITOLO SECONDO. 19

tolici com' essi; e per questo incontro con gente della stessa religione, essersi i medesimi mostrati straor- dinariamente commossi : più aver chiesto loro con vivo interesse se Spagna e Portogallo rimanessero ancora soggette a' Mori. Aggiunsero poi che mentre una parte del loro equipaggio visitava la chiesa, gli altri, nel raccogliere della sabbia per uso di zavorra, s' accorsero stupefatti che essa per un terzo era pol- vere d' oro. GÌ' isolani avrebbero voluto che i due navigli dei capitani si fermassero ancora per qualche giorno, fino al ritorno del loro governatore che era assente; ma temendo che potessero rattenerli, salpa- rono con le vele a' venti.

Con questa favola quegli avventurieri provarono ad ottenere dal principe del Portogallo una larga ricompensa; ma egli rispose che facessero ritorno air isola per riportarne più determinati particolari. Temendo essi che 1' impostura venisse scoperta, scomparvero più si udì parlar di loro.

Ma non erano soltanto queste invenzioni fantasti- che che in tal tempo agitavano gli spiriti e ne mo- stravano le preocupazioni ; v' erano eziandio dati d' importanza conosciuti dal Colombo, i quali non diremo influissero su lui quanto da alcuni si è giudi- cato, ma che certo contribuirono al prodigioso divisa- mento che egli veniva maturando in se stesso. Pietro Correa, suo cognato, aveva incontrato nel mare un pezzo di legno lavorato assai bene, che il vento d' Ovest spingeva verso 1' Europa; e i forti venti che spiravano da questo lato, avevano menato alberi sconosciuti alle spiagge delle Azzore. Marinai porto- ghesi eransi avvenuti al largo in grandi navigli di strana forma, montati da uomini di altra schiatta

20 CRISTOFORO COLOMBO.

della nostra, e in conseguenza d' una tempesta, due cadaveri, che non avevano punta somiglianza con gli Europei, erano stati gettati sulle coste dell' isola de' Fiori; finalmente altri particolari aveva ricevuto Colombo da due ufficiali portoghesi, Martino Vin- cente e Antonio Leme, tornati anch' essi da famose ricerche. Il primo, navigando verso 1' Ovest, ritrasse dall' onde un legno artisticamente scolpito, che accen- nava di venire dall' opposta sponda del mare; il se- condo dal lato d' occidente, aveva potuto scorgere a grandissima distanza delle coste d' Europa, le punte di tre isole.

A tutte queste osservazioni altrui il Colombo poteva aggiungere le proprie. Poco dopo il suo spo- salizio imbarcavasi con Donna Filippa per 1' isola di Porto Santo, dove ella possedeva qualche beni pa- terni, e quivi ne' parecchi mesi che vi restò ebbe il suo primogenito, a cui pose nome Diego. Apresso visitò Madera, le Azzore, e costeggiò la Guinea, nulla lasciando di quello che poteva accrescere le sue cono- scenze, e contribuire al suo perfezionamento di pilo- to, per tal modo arricchendo ogni più la sua men- te, e con lo studio e la meditazione secondando le notizie acquistate.

L' anno 1474 si risolvè ad un viaggio di scoperta verso r Ovest; progetto di cui già aveva fatto parola al medico fiorentino Toscanelli che ne rimase in- cantato.

Poi nel 1476, fece ritorno a Genova, deciso a ten- tare ogni mezzo possibile per effettuare il suo dise- gno. Gli parve naturai cosa e doverosa indirizzarsi anzi tutto alla sua patria e giovarsi dell' opera de' suoi concittadini in cose di mare sperimentatis-

CAPITOLO SECONDO. 21

simi affinchè, se fosse riuscito, ne risaltasse la potenza e la gloria per cui era già tanto famosa. E domanda al Senato che gli venissero forniti alquanti piccoli navigli, obbligandosi a partire verso 1' Ovest, navi- gando finché non avesse incontrate le terre dove nascevano le spezie.

Ma la gran città Ligure non era ancora entrata nel cammino delle scoperte; e i risultati assai dubbj d' una spedizione in cui le spese sarebbero certe e probabili i danni, non mossero punto quell' assem- blea, anzi gente di pratica più che di scientifica specu- lazione, ebbero il loro concittadino in conto di sogna- tore. Oltre che la Repubblica in que' momenti tro- vavasi esausta per le spese di armamenti che le biso- gnavano; ed anche contribuì al rifiuto il ricordare che due celebri uomini di mare, di due delle sue più illustri famiglie, Doria e Vivaldi, ducent' anni prima avevano fatto la stessa proposta, e partiti non erano mai più tornati da quel loro folle e temerario viaggio.

Queste cose si dissero in Senato per mostrare la poca o nissuna fede che si aveva a quello che tene- vano per un sogno di lui e a umiliarlo maggiormente si trasse dagli archivj il racconto della suddetta spedi- zione del Doria e del Vivaldi, finita miseramente senza alcun successo.

Allora il Colombo se ne partì per Venezia. Ma la regina dell' Adriatico, rivale di Genova in potenza e in ricchezze, non ne accolse meglio le proposte : perocché raccoltosi il Consiglio terminava con un rifiuto.

SOMMARIO.

Cristoforo Colombo pazientando visita i mari polari e l' Islan- da. Ritornato a Lisbona perde la sua sposa, Donna Filippa. Giovanni II, re del Portogallo. Il Colombo ne ottiene un' udienza, e gli espone il suo divisamento. Il re a poco a poco vi s' interessa e mostrasi disposto a secondarlo. Il Colombo propone condizioni che Giovanni tiene per inac- cettabili. Sante ragioni che giustificano le esigenze di Co- lombo. — Disleale e perfida condotta di Giovanni. Fa chie- dere a Colombo la nota delle sue osservazioni e divisa- menti, e le confida ad un capitano di caravella con ordine di compiere 1' intrapresa. Cattivi successi di questa malvagia azione. Il Colombo, sdegnato di tanta viltà, si rifiuta a più trattare col re; lascia Lisbona e fa ritorno a Genova.

IFIUTATO da Genova e da Venezia il Colombo rimise a tempo più propizio r effettuazione della sua proposta, confi- dato nella Provvidenza divina e armato di nobile pazienza; e frattanto continuò ne' suoi viaggi finché arrivasse V ora della grand' opera che divisava. Adunque negli anni 1476 e 1477, avanza- tosi ne' mari polari, visitò 1' Islanda, e ne fece ritor- no molto affranto dalle fatiche, ma sempre più entu- siasmato del pensiero che nutriva, e che fu la domi- nante sua passione, e lo scopo di quanto fece, insom- ma di tutta la sua vita.

Addivenuto di esperienza consumata nella diffi- cile arte del navigare, il Colombo riprese le sue abitudini usate, copiando libri e costruendo sfere.

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Allora Dio gli mandò una delle più dure prove della travagliata sua vita. Nella morte della nobile e diletta sua Filippa rimase vedovo, senza persona che par- tecipasse alle sue speranze, e che lo confortasse nelle sofferenze colle quali Dio ne sperimenterebbe la virtù.

Alfonso V, re del Portogallo, moriva, succedendo- gli Giovanni II, che si mostrò propenso a' naviga- tori e a favorirli nelle loro imprese. Ripigliate le tradi- zioni da lungo tempo interrotte del suo grande zio Don Enrico, si fece familiari uomini periti di mare, come Diego Cano e Pietro e Bartolomeo Diaz, desi- deroso di portare a fine i divisamenti da quello ini- ziati, inviando i suoi vascelli fino a' mari delle Indie, lungo le coste africane; per lo che facilmente concesse udienza al Colombo da lui conosciuto in corte men- tre viveva re Alfonso, e di cui non ignorava la stretta parentela coi due governatori di Porto Santo, Monis di Perestrello e Pietro Correa.

Introdotto alla presenza del re, il Colombo gli espose con semplicità e brevità il suo progetto lun- gamente studiato, mostrandosi sicuro di quanto asse- riva. Offrivasi, se gli concedesse i navigli de' quali abbisognava, di condurli per V Ovest fino all' Orien- te, e aprire così comunicazioni tra il Portogallo e le ricche contrade che il Gran Khan dell' Asia tene- va a soggette.

Il progetto del Colombo rovesciava tutte le idee allora ammesse in cosmografia. Parecchi uomini di scienza si facevano forti di quel versetto del Salmo : Extendens ccBlu7n sicut pellem, " distende i cieli a mo' di pelle " ad affermare la rotondità della terra. Altri credevano la terra piana e lunga; altri di forma

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quadrata; chi diceva che all' Ovest trovavasi il mare tenebroso, un abisso spaventevole, che occu- pava la metà del mondo; e chi avrebbe volentieri ammesso la rotondità della terra; ma negando la pos- sibilità di un ritorno, se un naviglio fosse giunto agli antipodi. Ma che parliamo noi di antipodi? Di questi negavasi 1* esistenza.

Don Giovanni che sulle prime non istava gran fatto per le vedute del Colombo, poi cominciò a mostrarglisi favorevole; perchè a mano a mano che r udiva interrogandolo, vedeva in qualche modo la possibilità di quanto affermava. Gliene pareva au- dace la proposta, ma lo incantava con la sua gran- dezza; per cui si determinò a tentarla per assicurare al suo regno una gloria ben più invidiabile di quella de' conquistatori.

Ma prima di dare F ordinazione definitiva, volle sapere dal Colombo stesso quale compenso esige- rebbe, se riuscisse. Questi espose le sue condizioni che parvero inaccettabili. Qualche scrittori Porto- ghesi affermano che Don Giovanni prima di abban- donare r idea del Colombo, consultasse alcune per- sone di merito, alle quali espose le ragioni che lo facevano esitare. Esse sarebbero state il vescovo di Ceuta, Ortiz di Calsadiglia, e due suoi medici, Don Roderigo e Giuseppe, i più valenti astronomi e dotti cosmografi del Portogallo, alle ricerche dei quali coadiuvate dal celebre Martino Behain di Norimberga si deve 1' applicazione dell' astrolabio alla nautica; ed esaminato che ebbero in commis- sione il progetto del Colombo, sarebbero stati d' av- viso che non se n' avesse a tener conto.

Pare però che il re vedesse più giusto di quelli che

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aveva chiamati a consiglio; per lo che immediata- mente avrebbe concesso al Genovese i navigli ed i soccorsi necessarj, se questi nobilmente fermo nelle sue esigenze non ne avesse richiesta una ricompensa che pareva esorbitante.

Chiedeva il Colombo di venir nominato Viceré, governatore generale di tutte le terre che discoprirebbe e grande Ammiraglio dell' Oceano ; dignità che do- vrebbero passare a' suoi discendenti; più il decimo dell' oro, dell' argento, de' diamanti e delle perle che si troverebbero nei paesi da lui governati; e pari- mente la decima di tutto quello che il suolo produ- cesse, spezie, piante, frutti e profumi.

Non considerando più che tanto, si è tentati a qualificare tali pretese d' insensatezza, massimamente se si rifletta che eran presentate da un uomo affatto povero e senza apparenze di sorta, fuor quella che gli veniva dall' essersi imparentato con un Portoghese, e che non aveva fiducia altro che in stesso. E nondimeno il Colombo proprio nel momento di ve- dere effettuato il sogno che da lungo tempo lo travagliava, non cedette, checché ne potesse avve- nire.

Invano re Giovanni tenta di piegarlo a patti men gravi. Il Colombo rifiuta titoli, onori, entrate e pri- vilegj, ogni cosa, se non gli venga concesso quanto chiede. Tratti pure con un re, egli costretto a vivere del mestiere di copista e venditore di libri; o quanto chiede o il suo rifiuto é inesorabile. Anzi minaccia fieramente di ritirarsi, menomati che siano quelli che reputa suoi diritti.

Ma a che mirava egli con gravi condizioni, fermo così in esse da mandare a monte ogni con-

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trattazione, se non gli siano ammesse ? s' ingannerebbe chi credesse che fosse stato 1' amore di ricchezze o di potere. Egli aspirava ad immensi tesori per il riscatto a forza d' oro del Santo Sepolcro di Cristo tenuto da' Musulmani; e se l'oro non fosse bastato, allora egli avrebbe raccolto un esercito di cinquecen- tomila uomini, e a capo di esso, novello eroe della croce, r avrebbe conquistato armata mano. Fu questo il secreto delle sue esigenze, ne volle cedere il minimo de' privilegj straordinarj che chiedeva, perchè egli stesso avrebbe contribuito a far dileguare le sue più care speranze.

Scoprire un mondo ed assoggettarlo al regno di Cristo, era questo il suo divisamento magnanimo; poi riscattarne la sacra tomba, e costituirsene guar- diano e custode era il suggello che aspirava di met- tere alla sua missione!

Ma egli aveva tenuto in il segreto; e re Gio- vanni, benché credutosi offeso da tanta fortezza di carattere, che tuttavia non poteva non ammirare, pur non intendendo donde procedesse, non senza pena sentiva sfuggirsi un progetto che grandemente lo rapiva; così che se il Colombo avesse diminuite le sue esigenze, senz' altro gli avrebbe fornito uomini, oro e navigli per effettuarlo. Ma questi si tenne inflessibile, aspettando che la corte cedesse, mentre essa credeva che con un po' di tempo acca- derebbe il contrario.

Uno de' consiglieri del re gli suggerì la maniera di ottenere la scoperta senza cedere parte alcuna delle sue prerogative al Colombo; cioè comunicare a qualche buon piloto i disegni e le note del Colom- bo, e inviarlo alle terre che questi presentiva. Ne

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riscuoterebbe lo stesso onore se V impresa riuscisse, ne si umilierebbe a condizioni con un avventuriere straniero, che i cortigiani trovavano offensive alla dignità regia.

Era la più grande infamia che potesse commet- tersi, rubare a chi 1' aveva concepito e maturato, un progetto di tanta grandezza ed importanza. E nondi- meno re Giovanni vi consentiva!

Di fatti veniva richiesto al Colombo, che deposi- tasse in Corte tutti i particolari concernenti V esecu- zione della sua impresa : il che egli fece prontamente non arrivando a sospettare che si tramasse così ne- ramente contro di lui, e che un re potesse farsene complice; anzi pensò che meglio esaminata in Corte la pratica, gli volessero concedere gli aiuti lunga- mente aspettati.

Invece re Giovanni, sotto pretesto di soccorrere di viveri le colonie di Capo Verde, spediva immedia- tamente una caravella comandata da abile capitano, col secreto incarico di seguire alla lettera le indica- zioni del Colombo. Dio non poteva favorire tanta iniquità! Dopo qualche giorni di cammino 1' equipag- gio della caravella si ribellava, un' orribile tempesta mise tutti in terrore, per lo che rivolsero la prua a Lisbona dove arrivati misero più che mai in deri- sione i progetti del Ligure, navigatore.

Questa condotta del Monarca lo trafisse fiera- mente, ed ulcerato nell' anima deliberò di rimpa- triare. Saputo che il re voleva ripigliare con lui le rotte trattative, giurò che non s' impaccierebbe più mai con un principe così sleale, e messo insieme il poco di sua proprietà, col figliuolo Diego fece vela per Genova.

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CRISTOFORO COLOMBO.

Ma anche questa rifiuterebbe novellamente le sue reiterate proposte, senza ombra di speranze; 1' unica consolazione che vi trovò fu quella di rivedere il vec- chio suo padre e riceverne la sua benedizione. Non sappiamo se con quella chiaroveggenza che talvolta si manifesta in chi si avvicina alla tomba, V umile tessitore di lana intravedesse F avvenire che Dio riservava al suo figliuolo, dopo tante prove dolorose!

SOMMARIO.

Respinto nuovamente dalla sua patria, il Colombo si risolve di offrire i proprj servizi alla Spagna. Isabella la Cattolica, regina di Castiglia, e Ferdinando, re d' Aragona. Il Con- vento di Santa Maria della Rabida. Accoglienza che v' ebbe il Colombo. Il Padre Guardiano, Giovanni Perez, ed il Padre Antonio di Marchena. Giovanni Perez lo raccomanda alla Corte. Ferdinando di Talavera. Il Colombo passa a se- conde nozze in Cordova. Antonio ed Alessandro Geraldini. Il gran Cardinale di Spagna, Gonzalez di Mendoza. Il Co- lombo ottiene udienza dai re. L' assemblea di Salamanca, alla quale espone i suoi divisamenti, non si nnostra punto convinta che possan attuarsi, e li rigetta. Ciononostante viene ripetutamente chiamato alla Corte. Novelle speranze e novelli disinganni. Si risolve ad abbandonare la Spagna.

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|L ritorno del Colombo dal Portogallo a r^ Genova avvenne nel 1484. Quivi dimorato > qualche mesi e convinto che qualunque ^ altra pratica riuscirebbe inutile presso la Repubblica rifinita di forze, non disperò di effettuare la sua impresa, con la sublime confidenza che non r ebbe mai abbandonato; e si determinò a partire per la Spagna. Teneva allora questa nazione uno de' primi posti tra regni cristiani. Il matrimonio di Ferdinando d' Aragona con Isabella di Castiglia, ambedue gloriosamente regnanti, dava alla Spagna una forza e potenza di cui fino allora non s' era veduta 1' uguale. Oltre che per la lotta da essa soste- nuta contro i Mori, vi continuavano le vere tradì-

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zioni della cavallerìa cristiana. Cristoforo Colombo aveva lasciato la patria povero e come sconosciuto; ma sperava in un soccorso più che umano, che non fa mai difetto a chi crede vivamente.

Toccava egli i cinquant' anni, passati nel lavoro, in isperimenti, nella meditazione e nella preghiera; per aver raggiunto tale età, si scoraggiava. Come il gigante San Cristoforo, suo patrono, portava an- ch' egli un mondo, cadeva d' animo, le fatiche sostenute avevano scossa V invitta sua speranza.

Ma dove approdò egli toccando la Spagna? In quale porto, su quale parte di spiaggia ? Noi sappiamo, il certo è che Dio 1' accompagnava.

A qualche distanza dalla città di Palos vedesi un promontorio già tutto verdeggiante, di mezzo ai cui arbusti sorgeva un solitario Convento di Francescani dell' Osservanza, fatto per attendervi alla contempla- zione, dinanzi 1' immensità dell' Oceano che si perde in una lontananza senza confini; e chiamavasi Santa Maria della Rabida, titolo della Vergine Madre, a cui é dedicato.

Il Guardiano che lo reggeva nel 1485 aveva nome Giovanni Perez, religioso di esemplare pietà e umiltà come ad un fervente discepolo del Patriarca Serafico si addiceva; ma la cui fama, per essere appunto Religioso di soda e verace virtù, s' era così diffusa, che la regina Isabella 1' aveva più volte richiesto di consigli : e V avrebbe voluto a confessore. Se non che egli amava passionatamente il suo Convento, e ne anteponeva la vita silenziosa e penitente alla rumo- rosa e seducente delle Corti. Vi era ancora un dotto Cosmografo, il Padre Antonio di Marchena, la cui dottrina era pari alla umiltà : per lo che sulla più

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... un si presenta picchiando alla porta del Convento della Rabida uno straniero poveramente vestito : e pre- gava pane al giovinetto figliuolo che aveva seco. (pag. 32.)

alta vetta del promontorio che dominava V Oceano, aveva fatto costruire una specula, da cui nelle notti

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Stellate dilettavasi, dopo lo studio e la preghiera, ammirare nelF armonico e mirabile loro corso gli astri e interrogarli dei periodici loro giri, benedicendo e lodando Iddio dinanzi a splendido spettacolo della creazione!

Or ecco che un si presenta picchiando alla porta del Convento uno straniero poveramente vestito : aveva errata la strada e pregava per un tozzo di pane al figliuoletto che aveva seco. Mentre il fratello portiere gli faceva la carità, s' incontrò a vederlo il Guardiano, che avvicinatosi, gli doman- dò affettuosamente chi egli fosse e donde venisse. Rispose che si chiamava Cristoforo Colombo, e veniva d' Italia, in via per la Corte spagnola, dove aveva da fare un' importante communicazione a que' sovrani. Il Perez senz' altro 1* invitò ad entrare, ed egli accettò 1' ospitalità con riconoscenza.

Senza dubbio Dio aveva preparato il cuore di questo umile figlio di San Francesco a riceverlo, come aveva menato il Colombo alla porta del Con- vento, dove avrebbe trovato anime capaci d' inten- derlo, e disposte a confortarlo e soccorrerlo, anime insomma degne di lui.

Di fatti, non appena egli entrò con loro in discorso, il Perez col Padre Antonio V ebbero pienamente compreso, e da quel momento si strinse fra essi un affetto, che non verrebbe spezzato neanche dalla morte, perchè non è possibile nominar il Colombo che non si pensi agli illustri Francescani, che gli si addimostrarono padri e fratelli, ospitandolo, consi- gliandolo e porgendogli potente aiuto.

Il Colombo, passati alquanti mesi con quegli illustri uomini e suoi compagni della Rabida, partì

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per la Corte; avendogli quelli fornito una sufficiente somma di danaro per il suo viaggio, con una lettera di calda raccomandazione al Priore di Prado, confessore della Regina; e frattanto ne ritenne il giovine figliuolo Diego, incaricandosi dell' educazione, che non poteva continuare sotto il governo e V autorità del genitore.

Arrivò Cristoforo a Cordova, dove allora risiedeva la Corte di Castiglia 1' anno i486, quando Isabella e Ferdinando erano tutti occupati nella conquista del regno di Granata. Ma le speranze che lo avevano rianimato, e che, mediante V amicizia del Padre Perez, si erano ravvivate, non tardarono a dileguarsi. L' ac- coglimento fattogli dal confessore della Regina fu ben altro da quello che si aspettava. Ferdinando di Tala- vera. Priore di Nostra Donna del Prado in Vallado- lid, era senza dubbio uomo d' ingegno, di sapere e di virtù; ma si guardò bene di parlare al re dell' uomo raccomandatogli; perocché credeva sogni e nulla più gli ardimentosi concetti, co' quali aveva saputo sedurre 1' immaginazione di solitari Frati : la ragione è che il Talavera, uomo di lettere e di erudi- zione, non erasi mai occupato di scienze naturali, e giudicava leggermente di cose, per le quali non aveva sufficienti preparazioni.

Il Colombo si rassegnò ad aspettare, e la Provvi- denza gli inviava nelle sue sofferenze una consola- zione. Una giovine donna della nobile famiglia Cor- dovese degli Arafia, Beatrice Enriquez, sentì pietà di lui e volle alleggerirgli il peso della vita, sposandolo verso la fine del i486; perchè sebbene non posse- desse tutte le avite ricchezze, aveva quanto bastava per restituirlo a stesso. Certo, in quest' unione é da vedere la mano della Provvidenza divina, che in

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tal modo rendeva fermo il soggiorno del Colombo nelle Spagne.

Foco dipoi di questo avvenimento egli fu presen- tato ad un prelato di assai merito, Antonio Geraldini, in quel tempo nunzio del Papa a quella Corte, ed il cui fratello, Alessandro, teneva ufficio di aio a' figliuoli di Ferdinando e di Isabella. Tutti e due si entusiasmarono per i progetti del grand' uomo e per la nobiltà del suo carattere, e a loro mezzo venne ammesso presso di Pietro Gonzalez di Mendoza, arcivescovo di Toledo e gran Cardinale, la cui influenza sopra i Monarchi era tanta, da esser chia- mato il re di Spagna.

Questi, uso coni' era agli affari e conoscitore degli uomini, con una vasta intelligenza capace d' inten- dere la vera grandezza, anziché lasciarsi vincere da pregiudizi, com' era avvenuto al Talavera, intese di quale importanza poteva essere per la Spagna il progetto maturato dal Colombo e promise di par- larne a' Monarchi, come fece; per cui il povero stra- niero potè finalmente conseguir 1' udienza lunga- mente aspettata con eroica rassegnazione.

Presentossi egli dunque così senza albagia come senza esitanze. L' aureola del potente suo intelletto lo rendeva non minore di loro. Modestamente per- tanto e rispettosamente, ma con una dignità che gli accattava rispetto si aprì alla loro presenza; e a mano a mano che esponeva i suoi pensieri, la sua parola prese una forza di eloquenza che rapidamente s' insinuava e commoveva. Toccati in breve i tempo- rali vantaggi a' quali menerebbe la sua scoperta, insistè specialmente sulla gloria che ne verrebbe per il dilatanìento del regno di Cristo. La Spagna

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avrebbe il vanto di togliere dalla schiavitù degli infe- deli r antico mondo e ridurre al mite giogo di Cristo il novello, tuttavia barbaro e selvaggio. In quanto alla parte a lui destinata disse non essere altro che quella di un luogotenente di Dio, un istrumento nelle sue mani, un ambasciatore per far conoscere a novelle genti i disegni divini.

Il re d' Aragona era troppo perspicace per non sentire la superiorità dell' uomo che gli parlava, e non intendere che i disegni esposti posavano sopra dati scientifici lungamente e dottamente meditati. Anche la sua ambizione n' era eccitata, e vagheg- giava la possibilità di scoprire qualche terra lontana, che fosse più ricca ed importante di quelle che avevano creata tanta gloria ai Portoghesi. Con tutto ciò si tenne freddo e riservato. Volle che fossero accuratamente esaminate le ragioni sopra le quali il Colombo si basava, ed incaricò il Talavera che a questo fine radunasse un' assemblea de' più riputati astronomi e cosmografi del regno; dinanzi a' quali il Colombo esporrebbe le teorie proprie, e farebbe co- noscere i mezzi per attuarle. Poi agirebbe secondo il giudizio del Talavera che presiederebbe 1' assemblea.

Specialissima considerazione gli addimostrò la regina Isabella, eh' era rimasta profondamente com- mossa; e Dio disponeva di servirsi appunto di lei per il compimento de' suoi disegni.

L' assemblea, o Giunta, che il Priore del Prado ebbe 1' ordine di convocare, si compose, la più parte, di teologi, tutti uomini virtuosi e per sapere vene- randi, ma poco o nulla versati nelle scienze naturali e nello studio della cosmografia sino allora poco con- siderata. Per quanto il Priore del Prado avesse buona

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volontà di chiamare a queste conferenze uomini da ciò, assai pochi ne aveva allora la Spagna; e lo stesso può dirsi dell' Europa.

Essi si radunarono l' anno i486 in Salamanca dove la Corte doveva passare l' inverno. Il Colombo espose le sue idee con la forza ispiratrice che gli veniva dalla fede, e con 1' eloquenza che aveva naturale. Fu udito con grande gusto e stupore; ma non riuscì a convincere un solo degli adunati. Perchè comunque avessero ret- tissimo e sincero spirito di giustizia, era impossibile che il sistema svolto dal Colombo non urtasse nelle idee allora ammesse e tenute come verità incontrastabili.

Ma non si affanni per ciò la scuola dell' incre- dulità a tacciare di miserabili ignoranti, uomini solo colpevoli di aver vissuto della vita del proprio secolo. Singolarissimo privilegio concesso per rara eccezione ed a cui non manca mai il contrasto, è r antivedere; perchè essendo naturai legge che le ve- rità scientifiche si stabiliscano progressivamente nei tempi designati dalla Provvidenza, non può a meno che chi per singoiar privilegio antivede, non incontri opposizione nel suo cammino. Se ciò non accadesse significherebbe che tutti penserebbero allo stesso modo; e allora non si avrebbero i casi privilegiati. Quando Dio invia un uomo per promulgare qualche grande idea incivilitrice gli il sentimento della propria missione; e tanto gli basta per isperare. importa che non sia di subito inteso; 1' idea fa il suo cammino con lui, e lui disperando, essa resta perchè viene da Dio; e resta anche ad essa unito il nome di chi ne fu lo strumento; ricompensa ne ha in questa vita. Uomini e cose e gli ostacoli stessi servono a Dio per il compimento dei misteriosi suoi disegni.

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Dicemmo in breve quali si fossero i sistemi in voga a que' sulla configurazione della terra; per lo

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Il Colombo espose alla Giunta di Salamanca le sue idee con la forza ispiratrice che gli veniva dalla fede, e con r eloquenza che aveva naturale, (pag. 36.)

che nissuna meraviglia che commissarj scelti da Fer- 'nando d' Aragona riguardassero le teorie del

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Colombo, come innovazioni pericolose, e che nel feb- braio del 1487, la Giunta le respingesse all' unani- mità. Chi le teneva come chimere, e chi, tra' meno avversi al Colombo, le dichiarava impossibili ad effet- tuarsi.

Ma se questo giudizio aggiunse un nuovo ritardo a' suoi divisamenti, quella solenne discussione di Salamanca gli acquistò certa popolarità; il che con- tribuì a procurargli a poco a poco degli aderenti e a tener ferma la pubblica attenzione sopra quest' uomo ardimentoso nelle sue vedute, ma sempre grande e concentrato in stesso e di una costanza che niun avvenimento era sufficiente a scuotere e menomare. Il suo parlare schietto e senza raggiri, la forza del suo ragionare, la vasta erudizione che possedeva, congiunta ad una profonda conoscenza delle cose nautiche, non meno che la nobile fermezza del suo carattere facevano stupire quanti trattassero con esso lui.

Sicché le conferenze di Salamanca riuscirono a suo profitto, rattennero la Corte dal fargli ulterio- ri opposizioni, e gliela mantennero aperta. Di fatti il re lo volle ripetutamente a se, e benché esitante per le spese richieste dalla spedizione, non nascon- deva la speranza che lo agitava di addivenir padrone di terre sconosciute, dove nasceva V oro e si forma- vano i diamanti.

Parecchie volte fu dipoi ripreso 1' esame dei pro- getti del Colombo; ma la Corte trovandosi sempre occupata in affari di grave momento, dovette egli assoggettarsi ad altri ritardi con la solita rassegna- zione„ Disse un celebre scrittore, che il genio é una prolungata pazienza; in nessuno si é tanto verificata

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questa sentenza come in lui. Aspettò senza lamenti, sostenuto dalla sua fede e avvalorato dalla sua pietà!

Ad uscire da queste penose aspettative gli sarebbe bastato il volerlo : perchè il re di Portogallo pentito della slealtà con cui aveva trattato un tant' uomo : e più che altro dolente di non potere trar profitto dalle scoperte che gli aveva proposte, lo fece invitare a patti novelli; ma egli fu inflessibile nel rifiuto, essen- done rimasto offeso con troppa viltà. Gli perdonava come cristiano e di animo naturalmente generoso; ma comunque stimolato, stette fermo a non rispon- dere alle novelle proferte.

La sua pazienza ebbe la dura prova di altri quattro anni, da che in tutto questo tempo i Monarchi spa- gnoli fossero assorbiti dalla guerra contro i Mori. L'assedio di Baza, che durò lungamente, lo teneva in grave pensiero, e si trattava nientemeno che di com- piere i successi ottenuti sotto lo stendardo della croce con la conquista di Granata.

La Giunta di Salamanca non aveva veramente emessa una formale e decisiva sentenza sulle pro- poste di lui, tentò dunque per mezzo di qualche per- sonaggio d' autorità di farla raccogliere di nuovo; ma r opinione de' membri che la componevano non s' era punto mutata, e il suo ricorso venne respinto.

Ma la Regina non accettò come irrevocabile questa decisione, e fece dire al Colombo che non disperasse. Vero è che le spese ne' preparativi della guerra che si allestiva contro i Mori erano così ingenti, da non potersene separare una parte per la spedizione, ed era quella una guerra che si connetteva troppo con gli interessi della cristianità intera. Nondimeno la Regina disse che richiamerebbe immediatamente a 1' affare

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appena ve ne fosse la possibilità; il che piegò il Co- lombo a pazientare ancora.

Notabilissimo è che in questa egli pensò e credette di aver trovato il modo di arricchire la Spagna delle sue scoperte senza che essa vi spendesse pur un soldo. Per nascita, per alte dignità conseguite, per insigni meriti acquistati, e per immensa fortuna di cui usava nobilmente, aveva il primo posto tra i più grandi signori di Castiglia il Duca di Medina-Sidonia, pa- drone fra r altre cose di parecchie flotte e di parecchi porti del paese ; e il Colombo si volse a lui per 1' ef- fettuamento delle sue proposte. Ma o sia che quegli temesse di darsi a simili imprese nel suo nome pri- vato, mentre pareva che la Corte vi aveva rinunziato, o sia che fosse tutto nel pensiero della guerra che stava per aprirsi e a cui piglierebbe parte; fatto sta che quantunque col Colombo si comportasse cortese- mente, non volle secondarlo in quello che credeva illusione.

Invece un altro gran signore, parente al suddetto e non meno ricco, cioè il Duca di Medina-Celi, il quale aveva anch' egli a sua disposizione soldati e navigli, ne accettava 1' offerta, facendogli offrire da uno de' suoi intendenti, chiamato Morales, ospitalità. Il Colombo si recò a Porto- Santa- Maria proprietà del Duca, per sopravegliare la costruzione dei navigli, de' quali il Duca sosteneva le spese; e, prossimo r allestimento, temendo che se al tutto privatamente si assumesse egli 1' effettuazione d' un progetto a lui caro, se ne potesse offendere la Regina, le scrisse per esservi autorizzato.

La Regina rispondendo, dimandò che cedesse a lui i navigli fatti armare, dei quali pagherebbe le spese

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appena finita la guerra contro i Mori, e chiamato presso di il Colombo, lo affidò ad un uomo di nobile carattere e grandemente virtuoso, Alonzo di Quintigliana.

Benché ornai si fosse fatta abito in lui la^rassegna- zione, non gli costò poca pena il veder novellamente differita chi sa quando la sua impresa, e vedendo che invecchiava in una aspettazione senza frutto, che le forze e la vita si logoravano, e che il novello mondo da lui vivamente presentito resterebbe nell' ignoto in cui era avvolto, si risolvè di picchiare ad altre porte, sperando che si aprissero più facilmente. Mandò dun- que il fratello suo Bartolomeo in Inghilterra, mentre egli si dispose a recarsi in Francia per esporre al re Cristianissimo le sue vedute. Che se questi si rifiu- tasse alle sue proposte, il fratello proseguirebbe le trattative con 1' altra nazione.

SOMMARIO.

Giovanni Perez rianima il coraggio del Colombo e lo rattiene dall' abbandonare la Spagna. Frate Giovanni Perez scrive alla Regina che lo invìi a Santa-Fé. Il Colombo è chiamato alla Corte, dove ha udienza da Isabella che gli promette di aiutarlo nella sua intrapresa. Se non che le richieste del Colombo son giudicate inaccettabili; ma egli non cede. Nel momento che stava per lasciare la Spagna, gli viene in soc- corso la Provvidenza. E richiamato e l'impresa vien decisa. Il porto di Palos; i Pinzon; i preparativi del viaggio. Le tre caravelle, la santa-maria, la pinta e la nina.

L Colombo innanzi di uscire dalla Spagna, riprese il cammino della Rabida, non po- ,, tendo lasciar di rivedere il buon Fran- 1^ cescano, Giovanni Perez, da cui era stato accolto con tanta gentile carità; e divisava di quindi ricondurre presso la seconda sua sposa, donna Beatrice Enriquez di Aragna il suo figliuolo Diego lasciato in quel Convento.

Quando il Padre Perez conobbe quella sua risolu- zione sentì vivissima pena; per il poco conto tenuto di un tant' uomo a lui amico, e perchè a causa di tante lentezze ed esitanze porterebbe ad altre nazioni la gloria e 1' utile del grande disegno da lui maturato. E primamente insistette perchè restasse qualche tempo seco; poi avendo anche più accurata- mente esaminato il suo progetto di navigazione col Padre Antonio di Marchena e col medico del Con-

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THE LANDINO OF CHRISTOPHER COLUMBUS

October iith^ i49^

After an en gravina by D. Edwin from the patntin?, by E. Savane

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vento Garcia Hernandez, matematico di valore, si convinsero più che mai che era possibiHssimo ad effettuarsi. Sicuro allora che il suo entusiasmo non lo tradiva, contando sul credito che aveva presso la Regina, di cui non s'era mai profittato per utile alcuno, si determinò a scriverle.

Amante della vera gloria della sua patria, le mostrò come la Provvidenza avesse inviato quella occasione per alzarla sopra tutte le altre nazioni. Qual più nobile desiderio che di recare la fede cattolica e i beni dell' incivilimento da essa creato a selvaggi, abitanti in contrade ancora sconosciute? Certo fu una spe- ciale misericordia divina che questi uomini unici cre- dessero fermamente nelle divinazioni del Colombo, e ne intuissero la missione : questa gloria spetta al- l' Ordine Francescano!

Il Padre Perez, già confessore della Regina, era un santo; la Regina tocca pertanto dalla lettera di lui, mandò a chiamarlo presso di in Santa-Fé, dov' ella in quel momento si trovava. Arrivato, talmente la convinse coli' eloquente sua parola, che entrò piena- mente nelle vedute del grande navigatore, e piena com' era di fede, fece sua la grande idea di conqui- stare un nuovo mondo alla croce.

Da queir istante la causa del Colombo fu vinta : fu vinta da Dio, che parlò per la bocca dell' umile discepolo di Francesco; e, chiamato alla Corte, affin- chè potesse presentarvisi degnamente senza arrossire delle condizioni alle quali la povertà lo aveva ridotto, Isabella gli mandò ventimila maravedis in fiorini d' oro.

Intanto Granata s' era resa, e il giorno dell' Epi- fania, 6 gennaio del 1492, Ferdinando, re d' Aragona,

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e la sua sposa, Isabella di Castìglia, fecero il loro solenne ingresso nella Alambra. Giunto il Colombo, non ostante tanta solennità di feste, fu subito rice- vuto; per lo che il Perez non ebbe soltanto il merito di avergli prestato fede, ma di aver indotta a credergli la Regina. Di fatti come lo vide alla sua presenza non gli chiese già più come pensasse di riuscire, perchè ormai n' era certa. Senz' altro ella vide in lui 1' uomo, che dilatando il regno di Cristo di dai mari, darebbe alla Spagna una gloria unica, e le splendette davanti di viva luce la missione a cui la Provvidenza 1' aveva destinata. E però non più Giunta, non più discus- sioni; ma si metterebbe mano all' opera lunga- mente meditata e combattuta.

Sola una cosa restava a regolare. Riuscendo 1' im- presa, quali compensi chiedeva il Colombo per aver dato alla Spagna un immenso regno d' incalcolabili ricchezze? La Corte voleva conoscerli con chiarezza e precisione. Ora questa che pareva non dover esser altro che una formalità, stava per addivenire un nuovo ostacolo.

Il Colombo espose le sue domande dinanzi alla commissione, presieduta da Ferdinando di Talavera, incaricato di riceverle. Disse dunque di voler essere nominato Viceré, governatore generale delle isole e continenti che riuscirebbe scoprire, e grande Ammi- raglio dell' Oceano; dignità che dovrebbero trasmet- tersi per diritto di primogenitura a suoi eredi. Inoltre, riceverebbe la decima di tutte le produzioni delle regioni scoperte, oro, argento, perle e pietre preziose, spezie e frutti.

Ciò stesso aveva egli già proposto al re di Porto- gallo, Giovanni II, che vi si negò. Ma per quanto

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tempo doloroso fosse passato, e il Colombo vedesse che lasciandosi sfuggire propizia occasione forse non ritornerebbe più, si mantenne inflessibile nelle sue esigenze, ne avvenisse quel che poteva.

La Giunta presieduta da Ferdinando di Talavera si ritrasse indignata; non potendo intendere come uno straniero tante volte respinto,e che non possedeva in proprietà altro che un sogno, ardisse trattare da pari a pari con Sovrani, e così misero com' era, si presen- tasse a chi poteva soccorrerlo con pretese di un' arro- ganza che non pareva senza colpa.

Ma noi che conosciamo i pii sentimenti che lo governavano, noi non sappiamo se sia più da ammi- rare la fede da cui era inspirato, o la grandezza d' animo che non gli consentiva ceder nulla di quanto esigeva per la gloria di Dio.

La Giunta si disciolse; e re Ferdinando mostrossi più che mai avverso ai progetti, com' ei diceva, fanta- stici di uno straniero, che chiedeva regni ed onori sovrani, per una scoperta che non avea alcuna cer- tezza. Il Colombo stette fermo a non cedere, e certo omai di nulla poter avere da una Corte ostile, 'de- liberò di proseguire i negoziati aperti con la Francia. Presa pertanto la via per Cordova, dove aveva qual- che affari da distrigare, e licenziatosi quivi dagli amici, si dispose a lasciar la Castiglia che tanto e lungamente lo aveva fatto soffrire. Allora la divina Provvidenza venne manifestamente in suo soccorso.

Alcune persone di valore, tra le quali il ricevitore dei diritti ecclesiastici in Aragona, Don Luigi di Sant' Angelo, e Alonzo di Quintigliana, si dichiara- rono apertamente per lui. Passionatamente presi della grandezza della loro patria, vedevano con prò-

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fondo dolore fuggirle, con V allontanarsi del Colombo, un' occasione fortunatissima, e perdere i vantaggi che egli prometteva con una certezza di cui erano essi stessi convinti.

Don Luigi dimandò un' udienza alla regina Isa- bella. Ottenutala; pur serbando tutto il rispetto do- vuto ad una donna di cui egli era al servizio, le mostrò la grettezza che era 1' esitare ad una simile offerta, che, insomma, non richiederebbe molte spese; e posto anche che il Colombo non riuscisse, nulla ne perderebbe la Spagna con le condizioni da lui proposte, perchè nulla dovrebbe ricevere senza prima aver dato. Se poi la spedizione avesse felice effetto; che cosa chiedeva egli mai in confronto di un fatto che assicurava alla Spagna ingenti ricchezze con tanta gloria? Avvalorò il suo ragionamento, toc- cando specialmente dei risultati che se ne otterreb- bero per il trionfo del regno di Gesù Cristo, e della responsabilità che ella avrebbe davanti a lui, se per causa sua andassero perduti; il che la commosse pro- fondamente. Alle quali istanze di Don Luigi avendo aggiunto le loro considerazioni Don Alonzo di Quin- tigliana e il Padre Perez, alla fine dichiarò che favo- rirebbe risolutamente 1' impresa, e rimosse le esi- tanze che già ebbe dall' indecisa volontà del suo sposo,dopo il suo colloquio col suddetto illustre Fran- cescano, disse che ella se ne assumeva tutte le spese senza che vi concorresse la corona d' Aragona. Fatto sta che sebbene tutto paresse farsi ugualmente nel nome dell' uno che dell' altro, e in seguito Ferdinan- do, come rappresentante della Regina sua sposa, assu- messe la sovranità del Nuovo Mondo che non gli spettava, e gli atti posteriori portassero la doppia

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denominazione, e talvolta anche quella di lui soltanto; fatto sta, diciamo, che a lei esclusivamente se ne deve la gloria, e la sola Castiglia aveva diritto di pro- fittare d' una conquista che Ferdinando d' Aragona non aveva fatto altro che contrastare e ritardare.

A soccorrere le finanze che la guerra aveva esau- ste, la Regina, affinchè senz' altro si allestisse la spedi- zione, offrì le sue gioie più preziose. " Le disse San- tangelo ciò non esser necessario, che egli fornirebbe tutta la somma del proprio, ed ella, senz' altro, fece richiamare il Colombo, già arrivato al porto di Pi- gnos, a due leghe da Granata." Anima grande e ge- nerosa, subito dimenticò ogni risentimento per ben otto anni di indugi e sofferenze sopportate con tanta rassegnazione. Il subito suo richiamo in Corte da parte della Regina gli faceva credere che omai 1' in- trapresa era certa.

Il segretario di Stato, Don Giovanni di Colonna, ebbe ordine di trattare con lui e spedirgli le lettere patenti che dovevano accreditarlo presso tutti i principi del mondo, affinchè nessuno ostacolo gli si attraversasse nella sua spedizione.

Da quel momento il Colombo non ebbe più riposo finché non giunse a Palos, dove fervevano i lavori per r armamento delle caravelle; il quale porto era stato designato da lui stesso come il più proprio, e perchè quivi erano i più valenti uomini di mare della Spagna. Per una rivoltura quivi avvenuta, quella gente essendo stata condannata a fornire in tre mesi alla corona due caravelle per la guardia delle coste, fu ordinato che le medesime si dessero a lui. " Gli restava a vincere, dice il Cantù, 1' opposizione dei marinai di Palos, che consideravano come inevitabil-

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mente perduti quei che s' arrischiassero ad una spe- dizione, la quale più tardi, per oscurarla, fu dichiarata facile e da nulla. Ci vollero ordini dispotici, ma questi esacerbarono vie più, quasi la spedizione fosse un artifizio dei Re per castigarli della precedente som- mossa. "

Le tre caravelle, la santa-maria, la pinta e la njna.

Anche il Padre Giovanni Perez ed il Padre Anto- nio di Marchena vennero in soccorso del Colombo in questa penosa congiuntura, mettendolo in rapporto con persone marine di Palos, tra le quali coi fratelli Pinzon che erano i più ricchi abitanti della città ed i più abili ed intrepidi navigatori del paese. Questi, specialmente il primogenito, Martin Alonzo, di cui

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r idea d' una spedizione avventurosa seduceva lo spi- rito, promisero d' impegnarvi una parte dei loro beni, ed anche di concorrervi personalmente; ed il loro esempio trasse alquanti marinai; oltre che fornì i mezzi al Colombo per armare un altro naviglio.

Le tre caravelle, piccoli legni scoperti, mal costruiti, mal provveduti e peggio equipaggiati, senza ponte, a mala pena con una specie di " castelli " o baracche di legno a poppa e a prora, dove i marinai potessero ricoverarsi, furono pronti a pigliare il largo sulla hne di luglio del 1492 : è appena credibile che il Colombo con siffatti navigli si azzardasse a traversare l'Atlan- tico. Egli montava la più grande, chiamata la Santa- Maria. Le due altre, cioè la Pinta e la Nina, erano comandate dal Martin Alonzo Pinzon, che aveva preso seco il suo più giovane fratello Franceso- Mar- tino in qualità di piloto, e 1' altro suo fratello secon- dogenito Vincenzo Yaniz, eccellente marinaio. Circa novanta uomini componevano le ciurme, parte volon- tari, tratti dalla passione di viaggiare e riuscire in iscoperte, i più imbarcati a forza; e s' eran provve- duti di viveri per un anno.

SOMMARIO.

Il Colombo inette alla vela nel venerdì 3 agosto del 1492. Gitta r àncora alle Canarie. Tranello del re di Portogallo che egli manda a vuoto affrettando la partenza. Il suo Giornale. Navigazione e incidenti. Variazioni della bussola da lui notate,e si aumentano i timori degli equipaggi a misura che avanza verso 1' Ovest; loro speranze ora cadute, ora riani- mate.— L'Oceano si mostra coperto di erbe e di piante acqua- tiche,talvoltasìfitte danon potersene più distrigare. Cospi- rano contro lui : ma egli frena la rivolta; sua fermezza. Pro- segue il divisato cammino. terrai terrai

ACCOMANDATOSI caldamente a Dio e a lui affidatosi per il governo della spedizione verso la contrada che presen- tiva, il Colombo sciolse da Palos il ve- nerdì 3 agosto del 1492; anno meriif)rabile e per la sua dipartita dalla Spagna e per la scoperta fatta del nuovo continente.

L' 1 1 arrivarono in vista della Grande Canarie da cui ripartì il i" di settembre, e, quattro appresso, gittò r àncora alla Gomera dove fece provvista di acqua e di legna. Quivi avendo saputo che il re di Portogallo gli aveva spedite tre sue caravelle, con ordine di raggiungerlo e farlo tornare indietro,affrettò più che mai il suo cammino. Giovanni II cominciava a pentirsi dei modi tenuti con lui, e non rifuggiva da nessun mezzo per impedirgli una scoperta, di cui, solo per sua colpa, profitterebbe la Spagna.

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Il giovedì 7 settembre, perdette di vista le Canarie e governò ad occidente.

Fin dalla sua partenza da Palos cominciò egli un Giornale rimasto autentica testimonianza delle sue

Colombo sopra la sua nave. {Da un' illustrazione dei Grands Voyages.)

speranze e dei suoi timori, e come intimo confidente delle sue sofferenze. Così possiamo seguirlo passo passo nella sua navigazione.

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" Ben presto alcuni dei suoi marinai, impauriti di vedersi in un mare sconosciuto, si sentirono mancare il coraggio fino a piangere desolati. Gli rimproverò di tanta debolezza, e fece di tutto per confortarli, lor promettendo certo il successo. Ebbe la destrezza di tenerli all' oscuro di una parte del cammino che face- vano, perchè non credessero di essersi allontanati troppo dalle coste della Spagna. "

'' L' 1 1, a centocinquanta leghe dall' isola di Ferro incontrarono un albero di nave trasportato dalla cor- rente. Il Colombo s' accorse che questa menava con gran forza al Nord, e la sera del 14 settembre, cin- quanta leghe più in ad occidente, osservò che r ago declinava d' un grado verso il Nord-Ovest, declinazione che il seguente erasi accresciuta d' un mezzo grado : ne' seguenti poi la vide variare e ne restò sorpreso come d' un fenomeno fino allora non osservato. "

Il 15, a trecento leghe dall' isola del Ferro, cammi- nando, la notte videro cader dal cielo, alla distanza di quattro o cinque leghe da' navigli, nella direzione del Sud- Est, una maravigliosa striscia di fuoco.

La mattina poi, avanti giorno, 1' equipaggio della Nina vide un uccello che venne chiamato rabo de junco, vale a dire '' coda di giunco " perchè aveva la coda lunga e sottile; e il seguente si spaventarono dal vedere alla superficie delle acque " delle erbe di colore tra verde e giallo " che parevano essersi di fresco staccate da qualche isola o scoglio. Più ne vi- dero il giorno dipoi, e tra esse un granchio vivo; il Colombo osservollo e lo tenne come indizio certo di terra vicina. Altri pensarono che erano presso qual- che terra sommersa; il che ridestò bisbiglio e terrore.

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Osservarono anche che ivi 1' acqua del mai e era meno salata.

Nella notte videro molti tonni, che si avvicinarono alle caravelle e la gente della Nina ne prese imo; r aria era dolce e la temperatura tanto tepida che si credettero in Andalusia all' entrar della primavera.

A trecento settanta leghe a Ovest dall' isola del Ferro, videro un altro rabo de junco. Il martedì i8 settembre, Martin Alonzo Pinzon, che con la Pinta era passato molto innanzi alle altre due cara- velle, aspettato il Colombo, gli disse che aveva scorto una grande quantità di uccelli prendere il volo verso ponente, conchiudendone che la terra non poteva essere lontana oltre quindici leghe, e di cui affermava avere intravisto 1' orizzonte. Il Colombo ne lo disin- gannò,assicurandolo che quanto aveva visto non era che una grossa nube; e di fatti, non tardò molto a sparire.

Spirava un fresco venticello, e le caravelle da più di dieci giorni correvano a vele spiegate. Questo con- tinuo spettacolo dell' Oceano e del cielo che si con- fondevano lontano senza mai apparire un picco su cui r occhio potesse riposarsi, faceva rinnovare ad ogni momento i bisbigli ed i lamenti. Il Colombo con- tinuò tranquillo nelle sue osservazioni, annotandole, facendo scandagli, rilevando la posizione degli astri, e consultando le sue carte marine.

Il 19 settembre, videro uno di quegli uccelli, che i Portoghesi chiamano alcantras, svolazzare verso il vascello, e qualche altro ne videro la sera. Fu questo un buon indizio che si avvicinavano alla terra, e ri- presero a fare scandagli ; ma non trovarono fondo, benché scendesse a duecento braccia. Si avvidero bensì che le correnti menavano a Sud- Est.

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Il 20, due nuovi alcantras volarono sopra la Santa- Maria; e al calar della notte presero un grosso uc- cello della famiglia dei palmipedi, che aveva le penne nere ed il capo con una macchia bianca. Videro altresì una grande quantità d'erbe : il che ridestò i bisbigli credendo le genti dell' equipaggio che le caravelle si trovassero in mezzo ad isole fluttuanti; donde non potessero più uscire. Ma, dopo averle attraversate senza alcun pericolo, anche i più timidi si riconforta- rono.

Il appresso, tre piccoli uccelli vennero a posarsi sulle antenne delle caravelle. Credettero che non po- tessero esser venuti di molto lontano, perchè incapaci di lungo volo. " Ma 1' erba frattanto si faceva più spessa quasi fosse mista a del fango. " Ricominciò r agitazione credendo che le caravelle si fossero intri- cate tra piante marine, che ne fermavano il corso. Scorsero anche una balena.

Il 22, videro altri uccelli, e per tre giorni continui il vento soffiò dal Sud-Est in contrario della direzione presa; ciò che mise il Colombo in pena; ma egli finse di non farne conto, anzi tenne che quella mutazione fosse provvidenziale. Con fatti strattagemmi dovette continuamente tener sospesi i suoi compagni, ne' quali ogni più scemavano le speranze.

Fortunatamente il 23 ripigliò il vento da Nord- Est che lo rimise nella via che aveva promesso di segui- re. Continuarono a vedere uccelli di differenti specie ; e i marinai vennero un rassicurati dalla vista di due tortorelle che venivano dall' occidente.

Eran parecchie settimane che navigavano tra spe- ranze e timori, ed ogni sera ** il sole si coricava in un orizzonte senza confini. "

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Il vento sin qui aveva favorito i disegni del Co- lombo; ma la stessa facilità con cui s' erano sempre avanzati all' Ovest, fece temere che continuando così a spirare lo stesso vento non potrebbero più far ritorno alla Spagna. E ruppero in rivolta. I più cre- dettero d' esser giunti in mezzo di un abisso senza fondo e senza confini, che gli inghiottirebbe; e n' eb- bero tale spavento che non parlarono più d'altro che di volgere indietro verso l'Europa. " Si dirà, ragiona- vano i meno sgomenti, che non abbiamo raggiunto il fine della spedizione; ma nessuno ci toglierà il vanto d' essere arrivati ad una lontananza non mai da altri raggiunta. La Corte non potrà ragionevolmente rim- proverarci di aver perduta la fede in una somigliante impresa; condannarci di esserci rifiutati a servire alla pazza ambizione d' un avventuriere. "

Altri giunsero fino a proporre di gettarlo in mare, dicendo poi in Spagna che vi cadde per accidente " mentre stava osservando gli astri. " Finse il Co- lombo di non avvedersi del grave pericolo; mostran- do una calma che certo non corrispondeva al suo interiore.

Nondimeno di tratto in tratto a tranquillare i mari- nai, ricorreva ora a gravi esortazioni, ora a minaccie di castigarli; ora valendosi dell' autorità di cui era rivestito; ed ora sorprendendoli con la dipintura di maraviglie incantevoli, ricorrendo a ragionari speciosi.

Il martedì 25 settembre, sul cadere del giorno, Pinzon gridò : Terra! Terra! e alla distanza di più di venti leghe a Sud- Est, fece notare qualcosa che aveva 1' apparenza d' un' isola. Con ciò solo i lamenti cessarono e si abbandonarono a tante allegrezze che caddero ginocchioni a ringraziarne la bontà divina.

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Non s' avvidero che lannunzio era stato una pura in- venzione del Pinzon e un ardito strattagemma da lui ordito col Colombo per indurli a migliori sentimenti.

Soltanto il seguente seppero che 1' isola pretesa non era stata che una nuvola. Nondimeno continuan- do, poiché gli uccelli ed i pesci veduti ne' giorni pre- cedenti ricomparvero all' Ovest, e continuavano a mostrarsi in gran numero, presero novella lena e avanzarono nel viaggio con meno inquietezze. Videro tra gli altri de' pesci alati e delle orate, e conobbero che le correnti eransi molto rallentate; indizi che grandemente confortavano il Colombo, su cui pesava la responsabilità di quella immensa navigazione.

E però egli tenevasi in continua osservazione del cielo. Notò che, durante la notte, 1' ago variava più d' un quarto di circolo, e che, nel giorno, restava fìsso al Nord. " Le due stelle dette Guardie erano al far della notte presso il braccio in direzione di Po- nente, e allo spuntar del giorno, restavano fisse al Nord- Est, ". egli spiegava tutte queste apparenze ai piloti che ne restavan tra timori e speranze, e con essi anche gli equipaggi ne pigliavan alcun conforto.

Il di ottobre, un d' essi, cioè il piloto dell' Am- miraglio, disse che si era giunti a cinquecento ottan- t'otto leghe dalle Canarie; un altro, a seicentotrenta- quattro, un terzo non meno di seicentocinquanta. Il Colombo sapeva d' averne fatte settecentosette; ma ad impedire novelli sgomenti, disse che al suo calcolo non arrivavano che alle cinquecent' ottanta- quattro.

Ogni giorno di tutta quella settimana ebbero no- velle indicazioni. L' 8 poi di ottobre, allo spuntar del sole, credettero di aver veduto terra; e la piccola ca-

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Tavella che s' era inoltrata più delle altre, sparò un colpo di cannone per avvertirne la Santa-Maria e la Pinta; ma anche questa s' avvidero essere illusione di qualche nuvola : i bisbigli e 1' ammutinazione rico- minciarono. Vide r Ammiraglio che il pericolo era più grave che mai, perocché i medesimi Pinzon si posero dalla parte de' rivoltosi, e fu tale 1' allarme, che il Colombo vedendo a nulla più giovare seve- rità, né sofferenza, lor propose(dicesi)che se in tre giorni non apparisse la terra, consentirebbe di averli ingan- nati e che se ne vendicassero.

La proposta gli acquietò; ma giurarono che non verificandosi in tre la scoperta della terra, ripi- glierebbero il cammino per 1' Europa.

Se non che il Colombo che da qualche giorni scan- dagliava il fondo del mare, era al tutto sicuro. L' avrebbe egli scoperta anche prima, se avesse go- vernato, dove s' indirizzavano tutti i piccoli uccelli ve- duti. E continuavano a vederne degli altri a stormi, de' quali distinguevano anche i colori. Anche i tonni apparivano più numerosi.

Ne' due giorni seguenti ebbero sicuri indizi d' altro genere che toglievano ogni dubbiezza. I marinai della Santa-Maria videro passare un grosso pesce verde, della specie di quelli che non si allontanano mai dalle roccie; quelli della Pinta videro una canna di fresco recisa che galleggiava, un bastone lavorato e una specie di erba che cresce in terra, e pareva es- sere stata testé strappata dal suolo; e quelli final- mente della Nina un ramo di spine con le sue frutta. Si respirava aria più fresca; é quel che principalmen- te assicurava un uomo sperimentato di mare come il Colombo, erano i venti ineguali che sovente mutano

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durante la notte e vicino alle coste. Pertanto, non aspettò il terzo ad annunziare che nella notte toc- cherebbero la terra.

Dispose anzi tutto che in comune si facessero delle preghiere, e poi raccomandò a' piloti di tenersi alla vedetta. Volle che le caravelle avessero le vele rac- colte, eccetto una bassa di trinchetto, e perchè da qualche colpo di vento i tre navigli non potessero essere separati, dette loro dei segni convenuti. Da ultimo promise una ricompensa per chi prima di tutti vedesse la terra; ed era una rendita di diecimila ma- ravedis, più una giubba di velluto.

Verso le dieci ore della sera, trovandosi egli sul castello di poppa, vide un lume, ma attraverso tale oscurità che non osò affermare esser quella la terra. Fatto chiamare Pietro Guttierez, antico servo del guardarobe della Regina, parimente lo vide. Volle poi udire Rodriguez di Salcedo, che stava ai registri della flotta; questi a principio nulla distingueva, ma poco dopo tutti e tre s' avvidero che veramente era un lume oscillante, come quello di una candela; e per il Colombo fu indizio certo della terra.

Alle due dopo mezzanotte, i marinai della Pinta, che precedeva le altre due, gridarono Terra! Terra! Di fatti era la costa, da cui non distavano che un due leghe.

Il primo che pretendeva di aver gridato fu Rodri- guez Triana, che credette aver assicurata la propria fortuna. Ma Guttierez ed il Salcedo protestarono che i diecimila maravedis spettavano al Colombo, e gli ven- nero pagati sulle rendite delle macellerie di Siviglia.

Ai primi raggi del sole conobbero d' esser arrivati a un' isola di circa venti leghe in lunghezza, piana e

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rigogliosa di vegetazione. La Pinta, arrivata per la prima, aspettò le due altre caravelle, e i tre equipag- gi si gittarono ai piedi del Colombo, riparando con trasporti d' ammirazione e di rispetto le amarezze che gli avevano cagionate. Così lo straniero, da essi trat- tato con tanto disprezzo, divenne ai loro occhi il più grande di tutti gli uomini,e le dimostrazioni della loro gioia non conobbero più confini.

ISOMMARIO.

hS^

Esultanze del Colombo e sua riconoscenza verso il cielo. Sua preghiera, mettendo piede sulla terra del Nuovo Mondo. L' isola di 5^ A^s^LF^ro^^; arcipelago delle Lucaje. Fa piantare su quella spiaggia la croce.— Sua dolcezza nel trattar co' na- tivi; particolari che ce ne lasciò nel suo Diario, Ricerca dell' oro. Permutazioni con quelle genti. Navigazione in mezzo alle isole. Scoperta della santa-maria, della concezione, della FERDiNANDiNA e della isabella. I^oto bellezza, il Colombo n' è fuori di per 1' ammirazione. Isole 6.'' arena e cuba, la regina delle antille. Il mare di nostra-signora. Diserzione di Martino Alonzo Pinzon fuggendo con la pinta, con la speran- za di giungere al paese dell' oro prima dell' Ammiraglio.

^^IGNORE Iddio eterno ed onnipotente, che, per il tuo Verbo divino, creasti il cielo, la terra, i mari, da per tutto il tuo *^^ nome venga benedetto e glorificato, poiché ti piacque che, a mezzo dell' umile tuo servo, fosse conosciuto e predicato in quest' altra parte di mondo fin qui sconosciuto! "

Tale fu la preghiera che uscì dalle labbra e dal cuore dello scopritore del Nuovo Mondo, quando vi pose il piede dopo tanti e ardenti desiderj per rinvenirla. Ammirabile preghiera inspirata da vivis- sima fede e pari riconoscenza. Prostratosi al suolo, per tre volte fece atto di abbracciarla, versando la- grime di profonda commozione, tutto assorto in Dio dalla cui infinita bontà ripeteva maraviglioso avve- nimento. Che furono tutte le amarezze patite, tutti i

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contrasti sostenuti a tanto favore della divina beni- gnità e misericordia ? A dir vero, non aveva egli mai dubitato del successo di cui assicuravanlo le sue con- vinzioni e r inspirazione del cielo. Quanto a' suoi emuli e detrattori, aveva sempre risposto non esser egli che il servo di quel Dio, che di David, già guar- diano di armenti, aveva fatto un re glorioso. E la scoperta ne venne a conferma, facendolo oggetto dell' universale ammirazione.

Ringraziato Dio che lo aveva sostenuto in mezzo a tante dure prove, spiegò il suo stendardo coli' inse- gna della croce; e per ricordare come fosse stato mi- racolosamente salvato da tanti pericoli, dette all' isola scoperta il nome di San Salvatoi^e; poi tratta dal fo- dero la sua spada prese possesso della terra per la corona di Castiglia. Tutti i suoi compagni gli rinno- varono la loro sommissione e fedeltà, riconoscendolo per Viceré delle Indie ed Ammiraglio dell' Oceano. E il Colombo a mostrare il diritto che aveva Cristo sopra la maravigliosa scoperta, fece alzare sul lido un' alta croce.

L' isola che eg^li aveva battezzata col nome di San Salvatore, in lingua indigena chiamavasi Guanahani; ed era una delle Lucaje nel centro dell' arcipelago di Bahama. Era essa abitata; ma alla vista delle cara- velle, che i nativi credettero mostri marini, si dettero tutti a fuggire, nascondendosi ne' boschi. A poco a poco però ne uscirono e, facendosi animo, avvicina- rono gli Spagnoli, lor mostrandosi rispettosi. Se non che, quando il notaio prese a redigere 1' atto di pos- sesso, sospettando che si volesse gittar loro addosso qualche malanno, spaventati, rapidamente disparve- ro. L' Ammiraglio li fece inseguire, e presine alcuni

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gli furon menati dinanzi, e regalatili, lasciò che libe- ramente raggiungessero i compagni. Allora tornaro- no più numerosi e senza sospetti, manifestando con gesti e grida a modo loro lo stupore da cui eran colti. Toccavano le vesti e il viso degli Spagnoli, sorpresi di vedere uomini tanto diversi da loro e barbuti.

''Affinchè (scrive il Colombo nel suo giornale,) affinchè ci trattassero amichevolmente, e perchè conobbi ci si darebbero in balìa, e convertirebbonsi alla nostra santa fede più per la dolcezza e persua- sione che per violenza, donai a certuni, de' berretti coloriti e perline di vetro che adattavano al collo, e altre inezie, che a loro cagionarono letizia da non dire, e in modo maraviglioso ce li conciliarono. Venivano a nuoto alle scialuppe nostre, portandoci pappagalli, filo di cotone in gomitoli, zagaglie e altre cose, e le cambiavano con chicchi di vetro, sonaglini, insomma quanto loro offrivasi, dando volentierissimo ciò che possedevano. A tutti i segni mi parver gente molto povera. Uomini e donne vanno ignudi nati : e di quanti io vidi, nessuno passava i trent' anni. Ben conformati, bei corpo, graziosa fisonomia; capelli come crini di cavalli, corti, e cadenti sulle ciglia; die- tro lasciavano una lunga ciocca intonsa. Di tinta era- no come gli abitanti delle Canarie, nera bian- ca; ma colorivansi alcuni di bianco, altri di rosso o di qualunque colore trovassero ; certuni soltanto la fac- cia, altri tutto il corpo; questi gli occhi, quelli il naso.

" Non portavano armi, conoscevanle; e quando

^ mostrai loro delle sciabole, essi, prendendole dal filo

per ignoranza, tagliavansi. Non usano ferro : le loro

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zagaglie sono bastoni, su alcuni de' quali sta fitto un dente di pesce o un corpo duro qualsiasi.

" Generalmente hanno bella statura e graziosi mo- vimenti. Ne vidi alcuni che avevano sui corpi diverse cicatrici, e richiesti col gesto qual ne fosse la cagione, mi fecero comprendere che nella lor isola venivano bande delle isole vicine per farli prigioni, laonde di- fendevansi : e credetti, e credo ancora, che siffatti nemici venissero dalla terraferma. Devono essere eccellenti servi e di buon carattere. Mi accorsi che ripetevano prontamente tutto ciò eh' io loro diceva; credo senza difficoltà si farebbero cristiani, poiché parmi non appartengano ad alcuna setta. Se piace al Signore nostro, al mio ritorno ne condurrò sei alle nostre Altezze, affinchè imparino a parlare. Non ho veduto in quest' isola altra specie d' animali, che alcuni pappagalli.

'' Il domani i nativi vennero, segue a dire il Co- lombo, al mio vascello in piroghe fatte di un solo tronco d'albero come lunghe lancie e lavorate mara- vigliosamente per questo paese; alcune contenevano fin quaranta e quarantacinque uomini, altre più pic- cole, e in alcune non vi capiva che un solo uomo. Il remo è simile ad una pala da forno; e se alcuna di esse vien capovolta, tutti si gittano a nuoto, la rimet- tono a galla, e con zucche che han seco, la vuotano dall' acqua.

'' Mi premeva di conoscere se possedessero oro. Alcuni ne portavano un pezzetto infilzato in un foro che si fanno nel naso; e giunsi per segni a sapere che, girando la loro isola e navigando a mezzodì, tro- verei un paese, il cui re aveva grandi vasi d' oro e quantità di questo metallo. Cercai indurli a guidarmi

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in quella contrada, ma compresi il loro rifiuto; onde feci proponimento d' aspettare il posdomani, e partir quindi alla bass' ora verso libeccio, ove, secondo i loro indizi, tanto a mezzogiorno che a maestrale esisteva una terra; e gli abitanti della contrada in quest' ulti- ma direzione spesso venivano a combatterli, e anda- vano essi pure a libeccio in cerca d' oro e di gemme preziose.

'' Quest' isola è molto grande e piana, vestita di freschissimi alberi; molt' acqua, vastissimo lago in mezzo, nessuna montagna; è si verde che fa piacere a guardarla, e gli abitanti sono docilissimi. Avidi de- gli oggetti che abbiamo, e persuasi di non ottenere da noi alcuna cosa se non hanno da contraccambiarci, rubano se torna in acconcio, e tosto si gettano a nuoto. Ma tutto ciò che hanno, per la minima cosa che loro si offra, lo donano : fin per cocci di scodelle e rottami di vetro; e ho veduto per tre quattrini dar sedici gomitoli di venticinque o trenta libbre di coto- ne filato. Proibii i baratti del cotone, e non permisi ad alcuno di prenderne, riserbandomi d' acquistarlo tutto per le vostre Altezze, se ve ne fosse in quantità. È questo uno dei prodotti dell' isola; ma il breve tempo che io voglio rimanerci, non mi permette di conoscerli tutti. L' oro che tengono sospeso alle na- rici, pur ivi si trova; ma non ne fo cercare per non perdere il mio tempo, volendo raggiungere V isola di Cipango. "

Il 14 ottobre, prima di far vela per il Sud-Ovest dove, secondo le indicazioni avute dagli indigeni, contava di trovarvi parecchie grandi isole, fece arma- re le scialuppe e le inviò a riconoscere le coste di quella di San Salvatore. Scoprirono al Nord-Ovest

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un porto naturale, molto profondo e di facile accesso ai più grandi navigli; e un poco più in una penisola tanto ben situata che con poco lavoro poteva render- si una fortezza inespugnabile. I selvaggi continuano a seguire gli Europei, sia sulla spiaggia come ne loro canotti; e quelli che erano dall' altro lato dell' isola, avvisati di quanto era avvenuto, accorsero recando loro da ristorarsi, come a gente straordinaria inviata dal cielo. Il Colombo notò in più luoghi certe case circondate d' alberi ed arbusti a mo' di giardino; e, nel suo spirito di sincera pietà, notò certe pietre che gli parvero adatte per la costruzione di chiese.

Infine rimandolli tutti quanti, all' infuori di sette che desiderava menare in Castiglia per farli ammae- strare della cattolica religione e della lingua casti- gliana. Pensava che, battezzati, potrebbero efficace- mente aiutarlo come interpreti a ottenere tutto il bene propostosi, mediante la diffusione del Vangelo tra popoli di miti e affabili costumi.

Aveva appena lasciato San Salvatore, che si vide intorno un' infinità di isole, quasi cesti di fiori che a centinaia spuntavano dalle acque, e i nativi, e' aveva sopra la sua caravella, gliene davano i nomi. Colombo credette questo arcipelago le 7488 isole con tanta sicurezza ricordate da Marco Polo, e credute dalla più parte de' navigatori. Impacciato tra gran numero d' isolotti si diresse verso quella che gli parve la più grande, alla distanza di circa sette leghe da donde era partito. Ne prese possesso, e, inalberandovi la croce, la denominò Santa Maiala della Concezione. Le cara- velle gittarono 1' àncora, ma 1' isola essendo sprov- vista di viveri, il domani fecero vela per un' altra, alla quale, per conciliarsi il favore del re di Aragona, dette

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il nome di Ferdinandina. In essa i nativi, di aspetto somiglianti a quelli delle altre isole vicine, si mostra- vano più desti, perchè invece di accettare qualsiasi cosa che lor fosse offerta in cambio di quanto 1' isola produceva, amavano di contrattare; lavoravano in cotone, tessendo drappi di stoffa, di cui si coprivano. Le loro case avevano forma di tenda ed eran tenute con ammirabile pulitezza, coperte dinanzi di rami d' albero a difesa dalla pioggia e da' venti; parecchi tubi v' eran disposti nelF interno per X uscita del fumo, e dormivano in amache.

Alcuni tra essi portavano appeso al naso una lama d' oro, su cui erano scolpili alcuni segni; il Colombo a bella prima credette che fossero lettere; ma poi si persuase che in quell' arcipelago era affatto scono- sciuto r uso della scrittura.

Tutto, in questo paese pittoresco e selvaggio, col- piva r immaginazione dei naviganti : la rigogliosa vegetazione, la quantità e bellezza degli alberi che intrecciavano tra le spesse frondi, i volatili, spe- cialmente le varie specie dei pappagalli a differenti e vivi colori, i pesci dalle squame cangianti d' oro, d' azzurro e di porpora, le lucertole mostruose che a solo vederle mettevano orrore.

Gli abitanti della Ferdinandina fecero conoscere al Colombo che, non lungi dalla loro isola, era una terra più notevole, che essi chiamavano Saometo; e subito egli partì a farne ricerca, arrivandovi il seguente, e la chiamò Isabella. " I miei occhi, scri- veva nel suo Diario, non possono saziarsi di mirare una verdura così bella e diversa dal fogliame de' nostri alberi. I fiori e gli alberi della piaggia esalavano fragranze soavi, che era la cosa più deliziosa del

68 CRISTOFORO COLOMBO.

mondo. " Magnifiche boscaglie ombreggiavano V isola, e miriadi d' uccelli incantevoli a vedere, le abitavano. Grandi laghi di limpidissime acque si estendevano in mezzo alle foreste, e zolle erbose e fresche ne forma- vano i margini. Il Colombo fra il soave olezzo e la luce purissima ammirava estatico 1' opera stupenda del Creatore in tanta diversità d' alberi e di frutta che ne pendevano, e che la mano onnipotente non aveva creati senza fini degni d' una sapienza infinita.

Ma pensava ad un tempo che Dio non lo aveva scelto a quella scoperta perchè s' arrestasse alla con- templazione di quelle meraviglie, il cui esame in par- ticolare avrebbe richiesto funghissimo tempo; talché, come ne scriveva alla Regina, non appena sarebbero bastati cinquant' anni : a lui premeva scoprir terre quanto più potesse, e principalmente trovar dell' oro, in grande quantità, essendo che da questo dipende- rebbe il proseguimento delle sue spedizioni. Egli conosceva bene il re d' Aragona e sapeva che non v' era altro mezzo per averne il favore; la magica attrattiva poi del prezioso metallo sarebbe per la Spagna la prova più convincente della scoperta fatta, e muoverebbe tutta 1' Europa a pigliarvi parte. La sua beli' anima non prevedeva gli eccessi che una tale passione farebbe commettere; egli pensava uni- camente alla conversione alla fede di quei popoli e al loro incivilimento; e dopo questo primo fine, il con- quisto de' santi luoghi della Palestina.

A mezza notte del 25 ottobre, mise alla vela per andare in ricerca di questa ricchezza or vivamente da lui desiderata; certo, com' ei diceva, che coli' aiuto di Nostro Signore arriverebbe dove ne stava la sor- gente. Fece dunque rotta all' Ovest-Sud-Ovest.

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ISOLA

DI

CUBA.

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Il 27 ottobre 1492 Colombo scoprì una grande terra che i nativi chiamavano Cuba. (pag. 70.)

70 CRISTOFORO COLOMBO.

Subito, fatto dì, scoperse otto novelle isole che furono chiamate della Sabbia, ovvero d' Arena, perchè le caravelle vi pescavano poco fondo; e dovettero proseguire con grandi cautele, sia per la poca profon- dità deir acqua, sia per gli scogli che ad ogni passo incontravano. Tenne perciò tutta la notte le navi alla cappa; e il sabbato 2 7 ottobre, verso la sera, si scoprì una grande terra che i nativi, da' quali era accompa- gnato, chiamavano Cuba.

La domenica poi, 28, allo spuntar del giorno, le caravelle entrarono in un grande fiume. Qui lo spet- tacolo vinceva tutto ciò che T immaginazione possa mai creare, e X uomo di Dio confessò che non aveva mai pensato simiglianti meraviglie. Mentre i navigli stavano ancorati nella baia formata dall' imboccatura del fiume, s' avanzavano per scandagliare il passo. I nativi che coprivano la spiaggia si dettero alla fuga, e Colombo, temendo di spaventarli soverchio, vietò agli equipaggi ogni atto nemico. Il 29, sulle indica- zioni de' nativi che aveva seco, levò 1' àncora e navigò verso ponente, penetrando per il fiume nel- r interno, a fine di maggiormente contemplare que- st' isola, che egli stesso dichiarò essere la più bella che mai occhio umano avesse veduta.

A questo punto credette egli d' esser giunto presso il continente asiatico, e che 1' isola fosse quella di Cipango. Per assicurarsene, risolvè d' inviare un messo al re da cui supponeva che fosse governata, e scelse a ciò Luigi di Torres, ebreo convertito e ver- satissimo nella scienza delle lingue, a cui aggiunse un Castigliano e due Indiani. Ei tornarono dopo sei giorni accompagnati da tre dell' isola. Erano stati ricevuti come esseri discesi dal cielo e pregati di

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rimanere nella più schietta e affettuosa ospitalità. Così raccontarono, aggiungendo che gli avevano fatti riposare sopra sedie guarnite d' oro, offrendo loro radici cotte, del sapore delle castagne; che avevano veduto un' immensità di uccelli di varie specie, tra quali oche, pernici e rosignuoli; in tutta r isola essere altri animali, fuor che cani che non abbaiavano; i piani poi essere seminati di mais, qua- lità di grano di cui avevan mangiato con gusto; i nativi servirsi di due pezzi di legno per accendere il fuoco, rapidamente strofinandoli 1' uno contro del- l' altro; e tutti, uomini e donne, aspirare il fumo d' una pianta odorifera, che chiamavano tabago, tabacco, dopo averla avvolta in una foglia secca. Ma indizi che fosse quello il regno del grande Khan non averne incontrati; e neanche che vi fossero miniere d' oro.

Quello pertanto che confortò l' anima del Colombo fu la mitezza degli abitanti, per la quale egli credette che riceverebbero senza difficoltà il Vangelo. '' Sono convinto, serenissimi principi, (scriveva ai Monarchi Spagnoli) che tosto che persone devote e religiose intenderanno il loro linguaggio, queste genti diver- ranno tutte cristiane. Spero, colla grazia di Dio, che le Altezze Vostre si decideranno prontamente ad inviarcene, per riunire alla Chiesa così grandi popoli. " Aggiungeva d' aver fatto riparare i suoi navigli durante quel soggiorno in Cuba, e che or partiva in cerca d' oro e di spezierie, e a scoprir terre novelle.

Il 14 dunque di novembre, s' indirizzò all' Est, tro- vandosi tosto in mezzo ad isole innumerevoli, e chiamò il tratto di mare percorso mare di Nostra Donna, de N^iestra Sehora. Navigò per due giorni

72 CRISTOFORO COLOMBO.

ne' canali formati da queste isole di una vegetazione maravigliosa. Il i6, disceso a terra, vide due grandi pezzi di legno al suolo, 1' uno sovrapposto all' altro a mo' di croce. Credendo che questo incontro gli fosse avvenuto per una speciale disposizione di Dio, fece raccogliere que' due tronchi; e V innalzò come segno della redenzione sopra un' altura nuda di vege- tazione, da cui potevano esser veduti da lontano.

Il lunedì, 19, i tre navigli presero il largo per B o/no o Babèque, verso il Sud- Est. I nativi dicevano che vi si raccoglieva 1' oro in grosse pietre, la notte, al chiarore di fiaccole. Però i venti gli rendettero penosa questa navigazione.

La mattina del 22 la Santa- Maria e la Nina sol- tanto erano rimaste unite, e gli equipaggi invano si affaticarono per scorgere sulF orizzonte le vele della Pinta,

Il capitano Martino Alonzo Pinzon, che la coman- dava, mal sopportava 1' autorità di cui Colombo era rivestito. Pensava che, senza 1' opera sua e de' suoi fratelli, cotesto straniero starebbe ancora aspettando uomini e navigli per \ impresa, e intanto egli si ser- viva di loro, come di strumenti della propria gloria. Infine, dalla sete dell' oro renduto dimentico dei doveri assuntisi e de' giuramenti fatti, abbandonò il proprio capo e partì solo per la scoperta dell' isola di Babèque, che, al riferir dei nativi, risplendeva d' oro e di perle preziose; essendo la Pinta leggerissima al corso, egli sperava di arrivare prima di tutti ad essa.

Questa diserzione afflisse profondamente 1' Ammi- raglio; oltreché lo privava d' una parte delle sue risorse in uomini e del miglior vascello : fu la prima

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ferita con cui Y invidia ne insanguinò il cuore. Non- dimeno proseguì il suo cammino sempre più rapito dallo spettacolo che gli si spiegava davanti delle pro- digiose bellezze del novello mondo da lui scoperto; perocché erano terre di prodigiosa fertilità : qua porti nei quali avrebbero potuto ancorare i più grossi va- scelli; là montagne vestite di maestose foreste, e ogni dì, com' egli diceva, una novella scoperta superava le precedenti.

Temendo di esser troppo rattenuto dall' ammira- zione di queste isole con detrimento del suo fine prin- cipale, determinò di non pigliar terra, confessando che sempre era rattenuto più di quello che si conve- nisse dall' aspetto di quella natura varia, ricca ed incantevole, che lo metteva in entusiasmo.

Il 28, costeggiando Cuba al Sud- Est, le caravelle entrarono in un porto scavato dalle acque d' un fiume profondo. Imponenti montagne levavano gradata- mente le loro cime, che perdevansi nell' aria lumi- nosa. La vegetazione, più assai che in tutte le altre isole fin qui visitate, pigliava gigantesche proporzioni, ed il suolo mostrava ad ogni passo la sua fecondità maravigliosa. L' esuberante natura dei tropici univa quivi bellezza pari alla forza con cui si manifestava.

SOMMARIO.

PORTO SANTO; il Porto di sannicola; scoperta dell' isola d' Haiti, a cui il Colombo il nome di spagnola, più tardi San Domingo. L' isola della tortuga. Relazioni degli Spagnoli con i nativi della Spagnola; il cacico Guacanagari. Naufragio della SANTA maria. Primo stabilimento degli Europei nelle Antille. Il Colombo fa costruire un forte alla Spagnola. Vi lascia una piccola guarnigione sotto gli ordini di Diego di Arana. Parte per 1' Europa con la ni!^a. Arrivo della PINTA; scuse di Alonzo Martino Pinzon. Il Colombo, compor- tandosi con prudenza, le accetta. Terribile tempesta che separa le due caravelle. Voti che fanno gli equipaggi. Il Colombo afflia al mare il racconto della sua scoperta. Ar- rivo alle Azzore; il governatore portoghese vuole e si prova a fermare il Colombo. Altra tempesta che costringe la nina ad approdare in Portogallo.

D un luogo di tanta bellezza ed incanto il Colombo dette il nome di Porto Santo, Puerto Santo, Gli pareva di trovarsi in mezzo a tante e sorprendenti mara- viglie, che temeva gli avesse a mancare il coraggio di uscirne. Provandosi a dirne qualcosa, scriveva che, per quanto avesse fatto, non sarebbe riuscito a dirne la millesima parte, e ne ringraziava commosso Iddio, sopra tutto a lui riconoscente di avergli conservata nelle sofferenze di difficile navigazione, perfetta salute. " Grazie a Dio, nostro Signore, nessuno delle genti del mio equipaggio non ha provato, infino a questo giorno, il minimo male di testa, v' è chi sia stato in letto per causa di malattia; ad eccezione di

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un solo, che pativa del mal della pietra, e ne aveva sofferto tutto il tempo di sua vita, il quale, nondimanco, è risanato dopo i primi due giorni del nostro sog- giorno in questa regione. "

Poi prevedendo che quelle contrade sarebbero lordate dai delitti ai quali la passione dell' oro conduce, supplicava i Sovrani di Spagna a vietare r accesso a tutti coloro che potessero portarvi qual- che germe di corruzione. " Prego le Vostre Altezze di non permettere ad alcuno straniero di porre il pie in questo paese e d' averci la menoma comunica- zione, se non è cristiano e cattolico, poiché tale è stato lo scopo delle scoperte che ho fatto per ordine dell' Altezze Vostre, e non ho intrapresi questi viaggi, che per servire alla propagazione e alla gloria della religione cristiana. "

Queste parole rivelano in tutta la sua schietta verità il disegno del Colombo, e non v' è più da sofisticare sopra i motivi che lo determinarono al- l' impresa, e molto meno di accusarlo d' essersi lasciato muovere dalla passione di ricchezze e dal- l' ambizione di onori. Egli stesso difese 1' opera sua, che era bella davvero, perocché egli voleva che la purità della Religione rendesse queste contrade degne della mano generosa che le aveva create e sparse come tante gemme preziose là, lontano, fra gli abissi dell' Oceano.

Il di decembre, sopra un' altura che dominava il porto, fece alzare il segno sacro di nostra Reden- zione, e in nome di Dio pigliava possesso di quelle isole maravigliose.

Il 4, sesto giorno che era in Puerto Santo, i^c^ levare le àncore, e le caravelle proseguirono verso l'Ovest.

76 CRISTOFORO COLOMBO.

Il 6 poi entrarono in una cala che mise sotto V in- vocazione della Vergine, e dette il nome di Capo della Stella a un promontorio che si allungava in mare; e verso sera avendo riconosciuto un altro bel porto, in onore del Santo di cui la Chiesa celebrava in quel la festa, lo chiamò porto di San Nicola.

La costa seguita dalle caravelle presentava monta- gne e colline, che ricordavano agli equipaggi la fiso- nomia della loro patria. Alcuni, scesi sopra i pali- schermi e gettate le loro reti, presero una gran quan- tità di pesci in tutto simili a quelli del mare di Spagna, sogliole, salmoni, sardine e triglie. Anche le pianure che dalla riva si estendevano nell' interno, fra mezzo a colline coperte di boscaglie, avevano delle so- miglianze con quelle di Castiglia. Cristoforo dette a quest' isola il nome di Hispaniola^ Spagnola, nome caro all' orecchio de' suoi compagni, che si dilettava- no a ripeterlo come un eco di quello della patria lon- tana. Era r isola che 1' Ammiraglio cercava sotto il nome di Bohio, e che gli indigeni chiamavano Haiti.

Il 12 decembre, secondo il pio suo costume, fece inalberare una croce sulla spiaggia, non tanto per confermare i diritti del regno di Castiglia, quanto '' principalmente, egli dice, in segno di Gesù Cristo Signor nostro, ed in onore della Cristianità. "

I nativi a bella prima eransi dati alla fuga, ed in- darno sì il Colombo che i suoi marinari, avevan pro- vato a legar relazione con essi; tanto che pene- trati nell' interno, non incontrarono che abitazioni vuote e deserte. Riuscito a' soldati di afferrarne uno, il Colombo, a cui fu menato, gli dette alquanti regali ; e dopo molte carezze lo fece rilasciare. Il appresso, nove soldati con un Indiano di San Salvatore si

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avanzarono fino alla distanza di cinque leghe nel paese, arrivando ad un villaggio abbastanza ragguar- devole, che contava un ben mille case. Gli abitanti presero la fuga, ma rassicurati dall' Indo che il Co- lombo aveva umanamente accolto e da quello che aveva seco, tornarono, accostandosi ai Castigliani senza diffidenze. Si seppe dipoi la causa del loro spa- vento e della prudenza usata : quelle isole erano spesso desolate dalle scorrerie dei selvaggi di Caniba o Caraibi, gente guerriera e feroce, che sopra canotti armati venivano da isole lontane, e, fatti de' prigio- nieri, se li divoravano.

Finalmente i nove soldati fecero ritorno alle cara- velle. Avevano trovato campi fertili e sparsi d' alberi da frutto, e delle pianure floride come quelle di Ca- stiglia in primavera, benché fosse dicembre; ma nulla che li mettesse alla scoperta dell' oro di cui andavano in cerca.

Dopo ciò il Colombo mise alla vela per scoprire r isola di BabèquCy che gli Indi dicevano essere il paese dell' oro e dell' abbondanza; se non che i venti contrari avendo portato la Santa Maria e la Nina suir isola della Tortuga, egli raggiunse la Spagnola.

Questa volta i nativi accorsero numerosi senza timore. Il Colombo comandò che fossero trattati con affetto e come fratelli " poiché, egli dice, essi sono i migliori popoli del mondo, i più pacifici mortali; e specialmente perchè ho somma speranza nel nostro Signore, che le Altezze Vostre vorranno fare di essi tanti Cristiani, e saran tutti vostri sudditi : ma dal canto mio come tali omai li reputo. "

Il capo del paese avendo udito parlare di questi stranieri, venuti come per prodigio con enormi va-

78 CRISTOFORO COLOMBO.

scelli, e che non facevano punto male a' suoi sudditi, anzi li regalavano, volle visitarli personalmente co- me esseri discesi dal cielo. Seguito da duecento uo- mini, si fermò un tratto sulla spiaggia, poi, dato loro ordine che 1' aspettassero, con due de' suoi principali salì sulla caravella del Colombo. Questi gli offrì de' rinfreschi, ma il cacicOy come lo chiamavano i suoi, vi accostò, per cortesia, soltanto l'estremità delle labbra, e poi gli presentò una cintura ricca di lavori in oro finamente cesellati, e in questo, accortosi il Co- lombo che guardava con grande avidità la coltre che copriva il suo letto, gliene fece dono. Allora il nativo di San Salvatore, che questi aveva seco e cominciava- gli a servire da interprete, spiegò come 1' Ammiraglio fosse il luogotenente dei re di Castiglia e di Leone, i più grandi Monarchi della terra : quegli però non se ne persuase, tenendoli esseri scesi dal cielo. Era questi il capo principale di Haiti e chiamavasi Gua- canagari.

Poi se ne presentarono altri, e il Colombo gli rice- vette con eguale benevolenza, regalandoli di vetrami, di anelli in rame e ottone, e di berretti di stoffa.

Il 2 1 dicembre, Guacanagari lo fece pregare di recarsi alla sua Corte, inviandogli, per alcuni de' suoi, una maschera fatta di legno leggero, i cui occhi, il naso, la lingua e le orecchie erano puro oro. Egli o gli fosse mancato il vento, o la speranza lo consiglias- se, mandò invece alcuni de' suoi ufficiali, che fecero tosto ritorno, maravigliati dell' accoglienza ricevuta e portandogliene ricchi regali, cioè pezzi d' oro e pappa- galli addimesticati; e raccontarono che, ne' villaggi che attraversarono, da per tutto i nativi gittavansi ai loro piedi baciando la terra su cui eran passati.

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Ma la Santa Maria erasi così profondamente incagliata nella sabbia, che egli dovette rassegnarsi ad abbandonar- la, (pag. 80).

80 CRISTOFORO COLOMBO.

Il lunedì, 24 dicembre, la Santa Maria e la Niiìa proffittarono del vento di terra per uscire dal porto, risoluto il Colombo a visitare il gran cacico Guaca- nagari. Ma verso il mezzogiorno il vento cessò d' un tratto, e poco fu il cammino che potettero fare. La Nina era a un miglio circa della Santa Maria, e il Colombo sia che il governo della flottiglia 1' avesse soverchiamente affaticato, o 1' affluenza de' nativi che vollero vederlo, verso le undici della sera, lasciato il ponte, scese nella sua camera e vestito com' era, si abbandonò tutto al riposo. Calmo era il mare pre- sentavansi pericoli di sorta.

L' ufficiale di guardia sentendosi preso dal sonno affidò il timone ad un piloto per scendere anch' egli a coricarsi, e quello, poco pratico delle correnti, lasciò menar la caravella sopra un banco di sabbia. Desta- rono subito il Colombo e il primo dei suoi aiutanti, e quegli salito immediatamente sul ponte, con calma mirabile dette ordine per evitare i pericoli, facendo gittare le scialuppe in mare, che si avanzassero a get- tare r àncora in qualche distanza. Egli pensò che con questo ripiego la Santa Maria alleggerita alquanto tornerebbe a galla. Invece come furono discesi nella scialuppa, non pensando che a campare dal pericolo, si discostarono rapidamente a forza di remi fino alla Nina. Vicenzo Jaiìes Pinzon, che la comandava, si rifiutò a riceverli, e immantinente spedì un canotto in soccorso dell' Ammiraglio. Ma la Santa Maria erasi così profondamente incagliata nella sabbia, che egli dovette rassegnarsi ad abbandonarla; e con gli uomini che gli restavano raggiunse la Niiìa.

Il domani, all' alba, il Colombo mandò dei messi a Guacanagari per informarlo come la caravella si fosse

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perduta. E subito spedì egli buon numero de' suoi con parecchi marinari per aiutarlo a salvarne il con- tenuto; e col loro efficace aiuto, in breve tutto, salvo il naviglio, fu recuperato, gì' isolani rubaro- no la minima cosa, fosse anche un filo di corda.

Guacanagari si mostrò desolato del grave disa- stro, che tanto più riusciva doloroso all' Ammiraglio in quanto che più non gli rimaneva che la Niiìa, a causa della diserzione di Martino Alonzo Pinzon so- pra la Pinta; egli offi-ì quanto possedeva per ripa- rarvi.

L' amicizia che mostrò al Colombo questo capo selvaggio ed il naufragio della Santa Maria, di cui nulla s' era perduto di quanto conteneva, viveri, mercanzie ed armi, fecero credere all' Ammiraglio che Dio avesse quivi appunto permesso questo inca- glio, perchè vi si stabilisse. Per lo che si determinò a costruirvi un forte coli' assentimento di Guacana- gari. E questi se ne mostrò contentissimo; sia perchè aveva preso vero affetto al Colombo e a tutti i suoi, sia perchè vedeva in essi un potente aiuto contro i Caraibi, tribù sanguinarie avide di umana carne, che assali van 1' isola quieta d'Haiti.

Il Colombo a tenere i nativi in tale speranza, ed anche in un salutare timore, fece sparare alla loro presenza alcuni colpi d' artiglieria. Ei credettero che gli Spagnoli avessero in loro potere la folgore. Con queste armi, disse 1' Ammiraglio a Guacanagari, " ti farò vittorioso di quanti osino assalirti.

E subito fu dato principio ad un piccolo forte, di cui egli stesso dette il disegno e diresse il lavoro. Ne ordinarono la difesa con bastioni di terra sopra i quali ricorreva una palizzata tenuta ferma da qual-

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che gomena del perduto naviglio, con un fosso abba- stanza profondo e con alcuni cannoni della Santa Maria,

Ne affrettò quanto era possibile il compimento, impaziente di far ritorno in Ispagna a darvi notizia de' suoi successi. Delle tre caravelle con le quali aveva approdato al Nuovo Mondo, gli rimaneva la Nina, e non era senza pena che qualche incontro, come quello che aveva fatto perdere la Santa Maria, non gli rendesse impossibile il ritorno. Raccolta per- tanto la sua gente ne scelse trentanove de' più forti e risoluti, destinandogli a rimanere nel forte per guarnigione, dei quali affidò il comando a Diego di Arana assistito da due luogotenenti, Pietro Guttierez e Rodrigo di Escobedo; e lasciò loro parecchi stru- menti, un gran numero d' armi, provigioni da bocca per un anno, parecchie mercanzie per continuare il commercio con gli isolani, e diverse qualità di grani da seminare, con alquanti artisti in legno ed in ferro, un sarto ed un calzolaio; insomma una piccola co- lonia.

Premunitili di tutte le necessarie istruzioni, e cal- damente loro raccomandata la concordia e la pace fra medesimi, e molta prudenza e bontà verso i nativi, tra i quali gli lasciava; come ancora d' impra- tichirsi della loro lingua per guadagnarli alla cristia- na religione, di cui dovevano soprattutto dar loro buona idea con la dolcezza e con X esempio, si licenziò dal re Guacanagari, inviandogli novelli "doni e rifer- mando la contratta alleanza, e ne fu ricambiato con la promessa che avrebbe trattato gli Spagnoli come proprj sudditi.

Pertanto il venerdì, 4 gennaio, sulla Nina spiegò

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le vele per 1' Europa, ma con l'intendimento di rico- noscere ad un tempo le coste della Spagnola.

La domenica seguente, la sentinella che stava in vedetta segnalò un naviglio che teneva il medesimo cammino, ed era la Pinta, comandata da Martino Alonzo Pinzon, che sino a quel momento s' era sot- tratto ai severi rimproveri e giusti castighi che meri- tava per la sua condotta. Cercava egli veramente del Colombo, o lo trasse a quell' incontro la mano divi- na? Egli pretese che il cattivo tempo, ne lo avesse tenuto separato e lontano contro la propria volontà, e volle giustificarsene. Il Colombo ne accettò le scuse, benché non vi credesse; in mezzo ad equi- paggi composti di soli Sp^.gnoli, la prudenza lo consi- gliò a pazientare, piuttosto che ridestar le invidie e porgere occasione a nuovi torbidi, e forse ad una piena rivolta.

Ma le caravelle non erano in condizioni di tenere lungamente il mare; di fatti, il lunedì, 7 gennaio, do- vettero chiudere una vena d' acqua nella cala della Nifia. L' 1 1 poi, spirando al ritorno il vento favore- vole, smise r idea di costeggiare la Spagnola e voltò le prue verso la Spagna, sperando, nono- stante la molta acqua che facevano i navigli, che quel Dio da cui sino a quel momento era stato mirabilmente protetto, lo riconducesse al porto; e il gennaio, le due caravelle correvano al Nord- Est.

Il corso che tennero, sebbene a detta de' piloti incerto, fu per un mese prosperevole quanto si pote- va desiderare; nondimeno la Pinta ebbe alcune ava- rie, e la Nina, per aspettarla, fu costretta a diminuire le vele. I viveri però scarseggiavano, alquanti tonni

84 CRISTOFORO COLOMBO.

ed un grosso pescecane che riuscì a pigliare, vi sup- plirono.

Il 1 2 febbraio, avevano percorso circa cinquecento leghe, quando furon sorpresi da terribile tempesta. Il Colombo aveva fatto piegare le vele appena il vento cominciò a rinforzare, ma 1' uragano tosto rad- doppiò così di violenza, che perdettero ogni speranza di salvarsi. La Pinta, incapace di reggere al vento e di manovrare, fu trasportata in lontananza fra mezzo alle onde furiose, e la Nina che si lasciava traspor- tare dal vento, la credette perduta.

Credendo 1' Ammiraglio il naufragio inevitabile, propose al suo equipaggio di fare un voto; e si trasse a sorte, chi in nome di tutti si recherebbe in pellegri- naggio a Nostra Signora di Guadalupa. Ne sortì il nome dell' Ammiraglio. Aumentando il pericolo ne fu proposto un secondo, e poi un terzo e la sorte dette sempre il suo nome. Infine, tutti unitamente fecero voto di recarsi a pie nudi alla chiesa dedicata alla Vergine, che trovassero più vicina al luogo a cui approdassero.

Ma non perciò la forza dell' uragano rimetteva punto; e per tanta persistenza del turbine erano tutti atterriti. Il Colombo credendo certa la morte, soste- neva una vera agonia, non già per la perdita d' una vita che sovente aveva sacrificata; ma perchè niun frutto si avrebbe da tanti sacrifici, e la scoperta fatta si rimarrebbe di nuovo quivi sepolta. Discese allora nel suo gabinetto, tracciò frettolosamente sur una pergamena i particolari principali del suo viaggio; e r avvolse prima in una tela incatramata e poi den- tro uno strato di cera, da ultimo chiudendola erme- ticamente in un barile, che risalito sul ponte fece gittare nelle onde.

CAPITOLO OTTAVO. 85

L' uragano a poco a poco si acquietò, e il venerdì, 15 febbraio, in sul mattino, le sentinelle segnalarono una terra sulla direzione del Nord-Est; ma la violen- za dei marosi lor non consentì di approdare. Cre- dettero alcuni di essere arrivati davanti le scogliere di Cintra, presso Lisbona; altri d' esser piuttosto nelle vicinanze dell' isola di Madera, il Colombo invece annunziò le Azzore. Di fatti, il giorno dopo videro quella di Santa Maria, a cui approdarono il 18 di febbraio. Don Giovanni di Castaneda, che v' era governatore per il re di Portogallo, mandò subito a salutare il Colombo con de' rinfreschi. Rincoratisi alquanto, la prima cosa che ordinò 1' Ammiraglio fu r adempimento del voto fatto, inviando processional- mente una parte degli equipaggi ad una capella vici- na; riservato a e all' altra parte il seguente. Lasciate a bordo le armi incedevano a piedi nudi e pregando, quando fatto un centinaio di passi, venne- ro assaliti da una truppa di Portoghesi e fatti prigioni. Il Colombo sorpreso di non vederli far ritorno, entrò in sospetto, e di fatti seppe che vi era ordine del re di Portogallo che a qualunque costo egli fosse arre- stato ovunque, capitasse nelle sue terre. Indegno pro- cedimento d' un principe sleale, contro chi gli aveva offerta tanto generosamente 1' opera propria, e non ne aveva ricevuto che neri tradimenti.

Il Colombo voleva punire quell' atto infame; ma quel governatore a scusarsi si finse sorpreso e tratto in errore; per lo che il Colombo, riavuti i proprj marinari, e riabbonandosi il tempo, proseguì il suo cammino, pigliando verso 1' Est, con felice naviga- zione fino al 2 di marzo. Se non che il seguente la tempesta essendosi scatenata più furiosa di prima,

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fecero voto che un di loro pellegrinerebbe a Nostra Signora della Cintola, nella provincia d' Huelva; e per la quarta volta la sorte ricadde sopra di lui. Tutta la notte corsero a discrezione del vento senza governo speranza; ma il lunedì, 4 marzo, tra r oscurità scorsero confusamente la terra, e allo spuntar del giorno riconobbero le alte scogliere di Cintra; e quantunque il vento fosse buono a prose- guire per la Spagna, il mare continuava così burra- scoso e grosso, che fu necessario piegar verso Lisbona.

Finalmente non senza gravi difficoltà riuscirono ad ancorare in Rastelo, da dove il Colombo scrisse due lettere, una ai re di Castiglia e d' Aragona per avvertirli del suo arrivo, V altra al re di Portogallo per averne il permesso di riparare nel porto della sua capitale.

SOMMARIO.

Accoglienze fatte al Colombo dal re di Portogallo. Suo arrivo al porto di Palos. Onori che vi riceve. Ritorno della finta. Sdegno di Martino Alonzo Pinzon, quando lo seppe giunto sano e salvo. È colpito dalla morte. Il Colombo è chia- mato alla Corte. Suo cammino trionfale da Siviglia a Barcel- lona. — Udienza che riceve dai Monarchi, ai quali fa la nar- razione del suo viaggio. E da essi colmato di favori, come da tutta la nobiltà. Bolla pontificia per la divisione delle scoperte tra gli Spagnoli ed i Portoghesi. Preparativi per una seconda spedizione. 11 Colombo parte con tre carache e quattro caravelle. Scoperta dell' isola di san Domingo dopo una felice traversata. Le isole dei caraibI; la guadalupa; arrivo alla Spagnola. Desolazione del Colombo come conobbe la rovina della colonia, e il massacro della guarnigione fatto dai selvaggi. Fedeltà di Guacanagari.

pAN veduto i lettori per quali prove e mortali angoscie ebbe a passare il Co- lombo; martirio che Dio tien riserbato '^f( " per tutte le grandi anime a manifesta- zione della loro virtù : basse gelosie e perfìdie, lungo disprezzo e miseria, come se fosse stato il più dozzinale avventuriere di questo mondo, finché quasi per prodigio, non ottenne di potersi mettere air impresa, e dipoi nel momento di poter annun- ziare all' Europa che era pienamente riuscito, in pericolo di restar sepolto negli abissi del mare, senza la soddisfazione di mostrare a' suoi emoli 1' esattezza de' calcoli e delle affermazioni che gli rivelavano un

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Nuovo Mondo, ne giustificare la confidenza de' pochi che gli avevano creduto. Ed ora dunque che, fatto ritorno per la speciale protezione di quel Dio, in cui sempre aveva sperato, trarrebbe a 1' universale ammirazione, pieno di riconoscenza ne lo ringraziava in queste parole : " Benedetto sia Dio, che vit- toria e buon successo a chi segue le sue strade. L' ha egli miracolosamente provato in favor mio. Io tentai un viaggio contro V avviso di tante persone ragguardevoli; e tutti trattavano il mio disegno di chimera. Confido nel Signore che V esito farà grand' onore alla cristianità. "

E veramente la cristianità intera si commoveva all' annunzio di questa scoperta che dilatava prodi- giosamente r orizzonte delle occidentali nazioni. Il re di Portogallo, vinto dall' entusiasmo dei suoi sud- diti, dissimulò il rancore che ne sentiva, e forse anco, sebbene si fosse biasimevolmente condotto contro il grande uomo, si sentì sopraffatto da tanto splendore di virtù e di gloria, che ne riverberava, e pentito di non averne fatto il conto che doveva, lo invitò alla Corte, comandando che fosse provveduto di quanto gli occorreva. Il Colombo accettò senza diffidenze di sorta, e i principali personaggi che eran quivi con la Corte lo accompagnarono dal porto alla reale dimora. Per ben due volte lo accolse re Giovanni con grandi onoranze, e fattolo sedere, ne volle udire tutti i parti- colari del viaggio compito. Poi regalatolo riccamente, gli consentì di approdare a Lisbona e di attraversare il suo regno, se gli piacesse, per raggiungere la Spagna, e farlo inoltre scortare sino alla frontiera; ma egli non accettò, ringraziando per tanta reale degnazione.

CAPITOLO NONO. 89

È voce che alcuni cortigiani, indovinando V invi- dia che dentro doveva rodere il Monarca, si offrisse- ro ad assassinare lo scopritore del Nuovo Mondo; ma Giovanni, checché fosse stato de' proprj risenti- menti passati e delle ingiustizie commesse, vietò seve- ramente ogni offesa contro un uomo di profondo e vasto intelletto, essendo stata tutta sua propria la colpa di non averlo stimato quanto doveva, e profit- tatone a propria gloria.

Tornato il Colombo a bordo della N'inai rimise alla vela per la Spagna, e fu il 13 di marzo del 1493; e il venerdì 1 5 , verso mezzogiorno, entrò nel porto di Palos, da cui in giorno parimente di venerdì, 3 Ago- sto 1492, ne era partito : circa sette mesi e mezzo aveva durata la più grande navigazione che sino a quel fosse stata fatta nel pieno oceano, " impresa nella quale forse egli stesso pensava di avere a spen- dere parecchi anni. " (

Quando la Niiìa fu in vista del porto di Palos, e a quella gente di mare apparve pendente da' suoi alberi lo stendardo della spedizione con quello di Castiglia, ne successe una indescrivibile commozione. Abban- donati i lavori e negozj, tutti si precipitarono alla spiag- gia, mettendo alte acclamazioni; case e botteghe furon chiuse, si sparsero di fiori le vie, suonarono a festa tutte le campane, ed il cannone tuonava come quando annunzia una grande vittoria. Ed era veramente una immensa vittoria, la più splendida vittoria che fino a quel avesse riportato sulla barbarie l' incivilimento cristiano.

'' Sbarcando il Colombo, fu ricevuto coi medesimi onori che si sarebbero fatti ad un re. Tutto il popolo lo accompagnò, unitamente all'intero equipaggio,in so-

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lenne processione alla chiesa, dove trasse a ringrazia- re Dio, che con felice successo avesse coronato il viaggio più importante che mai fosse stato intra- preso. "

Qualche ore dipoi entrava nel porto un' altra cara- vella, cioè la Pinta, che la tempesta aveva divisa dalla Nina, e Martino Alonzo Pinzon che la coman- dava credette che questa si fosse affondata. Spinto dai venti sulle coste di Discaglia, aveva di inviata una relazione al re attribuendosi il merito della sco- perta, e, prima di rendersi alla Corte, veniva a trion- fare nella natia città. Veduta la Nina con lo stendardo parata a festa, ne fremette, e temendo che il Colom- bo, giustamente sdegnato, lo facesse incatenare, prese la fuga; ma poco dopo fece ritorno, così logo- ro dagli stenti e soprattutto dall' invidia che lo divo- rava, che in capo a pochi giorni se ne andò al- l' altra vita.

L'Ammiraglio, prima di partire per Siviglia, volle compiere i voti fatti nel viaggio, e soltanto dopo di aver pagati i debiti che aveva con Dio e con la Ver- gine divina, distese un particolareggiato ragguaglio della spedizione, che inviò a Barcellona dove allora trovavasi la Corte; poi si mise in via con quanto ave- va recato dalle isole scoperte, e con gli Indi da' quali s' era fatto accompagnare, per aspettar in Siviglia gli^ ordini de' Monarchi Spagnoli.

Erano anch' essi impazienti di vederlo giungere alla Corte; e non tardò a ricevere una loro lettera con l'indirizzo, A Don Cristoforo Colombo nostro Ammi- raglio del mare Oceano, Viceré e governatore delle isole scoperte nelle Indie orientali; in cui lo assicura- vano della loro affettuosa riconoscenza, gli facevano

CAPITOLO NONO. 91

premura di recarsi a Barcellona e lo domandavano di ciò che sarebbe da fare per una novella spedizione che compisse 1' impresa.

Da Siviglia a Barcellona il viaggio suo fu un con- tinuo trionfo. Tutte le pubbliche strade e le campa- gne risuonavano delle acclamazioni de' popoli che accorrevano per vederlo nel suo passaggio e da ogni città vicina uscivano a numerose turbe per celebrarne il trionfo.

Lo accompagnavano i marini della Nina, e un de' piloti portava lo stendardo di Castiglia che aveva protetta la spedizione, i rimanenti mostravano alle attonite moltitudini le piante, le armi e gli animali che avevano recato dalle nuove terre rinvenute; le quali meraviglie tutti volevano vedere, mostrandone stupore. Stupivano della grandezza dei vegetali, della singolare configurazione degli arbusti, della pro- digiosa grossezza de' frutti; rabbrividivano de' serpen- ti, degli alligatori e degli iguani impagliati; e soprat- tutto attiravanli le diverse corone di penne, il lavoro delle maschere, de' braccialetti d' oro, e delle cinture. Più (J' ^,uaranta differenti specie di pappagalli frammi- schiava :io le loro grida discordi allo schiamazzo del popolo, che non si saziava di tener fissi gli occhi sopra tanti così diversi e ricchi colori. Segui van sette Indiani tatuati in vermiglio e in bianco, secondo le loro costumanze, adorni de' proprj abbigliamenti, e da ultimo sopra un bel cavallo incedeva 1' Ammiraglio in tutto lo splendore del suo costume. Appena egli compariva, tutto il resto non aveva più importanza, e sopra lui si fermavano tutti gli sguardi, lui solo accla- mavano, lui solo le madri additavano ai proprj bam- bini che avevano in braccio.

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CRISTOFORO COLOMBO.

Veniva per ultimo il Colombo a cavallo, circondato da una brillante schiera di cavalieri spagnoli.

I

CAPITOLO NONO. 93

Arrivò a Barcellona il 13 aprile del 1493, dove tutto era preparato per fargli un' accoglienza corrispondente ai servizi renduti,eche l'entusiasmouniversale esigeva.

Numerosa gente della Corte andarono a riceverlo, e lo condussero al reale palazzo, dove i Monarchi lo aspettavano. Come giunse in loro presenza, Ferdi- nando ed Isabella si avanzarono a riceverlo, ed essendosi piegato per baciar loro la mano, secondo il ceremoniale della Corte di Castiglia, lo rialzarono facendolo sedere presso il loro trono.

Lo ricevettero, dice uno storico, non soltanto come se fosse un grand' uomo, ma un grande di Spagna. La regina l'invitò a coprirsi il capo, e dopo ciò lo pre- garono di far loro il racconto del viaggio e delle otte- nute scoperte. Il Colombo parlò con eloquente sem- plicità, attribuì a Dio, autore di tutti i beni, V onore dell' impresa, mostrando che il risultato ottenuto non era che la ricompensa della pietà e del zelo che ani- mava i Sovrani per la cattolica fede; ed espose le sue religiose speranze nella salvezza di tante migliaia d' anime che fin allora non erano vissute che d' igno- ranza e superstizione. Poi descrisse i paesi trovati e i loro nativi, le ricchezze d' ogni maniera che forni- rebbero, r incredibile fecondità del suolo e la bellezza che vi si accompagnava; e, secondo riferisce il Las Casas, ai Monarchi pareva di prelibare in quel mo- mento qualcosa di paradiso.

Tutta r assemblea che gli circondava, ascoltava estatica il grand' uomo, che aveva vedute tante e si maravigliose cose; e pareva anche ad essi di vederle, sentendosi come trasportati verso contrade di tanto incanto, e dove, come credevano, si poteva raccoglier r oro come altrove le pietre.

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CRISTOFORO COLOMBO.

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CAPITOLO NONO.

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Finalmente i Monarchi s' inginocchiarono; lo stesso fecero tutti gli altri, e da' musici della real cappella fu intonato il Te Dewn, a cui rispondeva di fuori 1' im- menso popolo, dall' entusiasmo quasi fuori di stesso.

Re Ferdinando aveva omai bandite tutte le sue esitazioni e non era più ghiacciato dalla indiffe- renza. Il Colombo mostrava dell' oro e ne faceva sperare in grande abbondanza : questo bastava a mu- tare in tutt' altro da quello che era prima il re d' Ara- gona. Poi a far vedere quanto egli amasse di onorar- lo, non uscì più per la città che col principe suo figliuolo a destra e il grande Ammiraglio alla sinistra; trascurava occasione di altamente onorarlo. Anche il primo ministro di Spagna, Cardinale Pietro Gonzales di Mendoza, lo trattò in un festino con grandi onoranze in cui non soltanto gli assegnò il primo posto, ma volle che quanti piatti si recassero, tutti dovessero essere primamente da lui assaggiati ; onore resogli poi da tutti gli altri signori che lo convitarono. Alcuni storici riferiscono a questo tempo,la concessione

dell'onorifico motto arai- _^

dico,daFerdinandofatto ^^^"^'^^^'^ "^^^^ scrivere sopra la tomba ^^^^^^ del grande Ammiraglio; ^^^^~^^

Por Castilla y por Leon, Nuevo Mundo hallo Colon,

ed aggiungono fosse questo un delicato pen- siero della Regina, la quale avealo inserito a ricamo sopra un ricchis-

y^ NUEVO Mondo Hallo Colon ^

simo drappo, con le ar- mi di Castiglia e di Leone, offerto in quest' occasione

96 CRISTOFORO COLOMBO.

al Colombo. Checché sia della verità di questa onori- ficenza, del che non possiamo ora qui imprendere a criticamente stabilire V attendibilità, certo è che ben conviene al Colombo, ne disconviene al carattere nobile e generoso della regina Isabella.

mancarono altri ricchi doni per i fratelli di lui, Bartolomeo e Diego, chiamati presso di sé, e che d' ora innanzi lo accompagneranno; e vedremo che secondo i capricci della fortuna e degli uomini ne parteciperanno le immeritate sventure.

Ma la grande scoperta del Colombo fece anche nascere qualche disturbo per la Spagna. '' Papa Mar- tino V, dice lo storico Cesare Cantù, aveva concesso al re di Portogallo tutti i paesi che si scoprissero dal capo Bogiador e dal capo Non fin alle Indie. La Spagna dunque col far sue le scoperte del Colombo, violava i diritti del Portogallo, e re Giovanni II mandò una squadra per occuparle. Fernando promise riparazione, e intanto si ricorse a Roma, donde ven- nero bolle di Alessandro Vi, che alla Spagna accor- dava le isole e le terraferma scoperte e da scoprire suir oceano occidentale, come ai Portoghesi i suoi predecessori aveano donato quelle d' Africa e d' Etio- pia. Poi, in altra bolla del 4 maggio 1493, il papa segna una linea dal polo artico all' antartico, distante cento leghe dalle isole Azzore e dal capo Verde, e i paesi di da quella attribuisce alla Spagna.

" Sul momento di vedere infranta 1' autorità ponti- fizia, é pur maestoso 1' osservar il papa, in tutta la grandezza del medio evo, segnare col dito i confini di due grandi potenze, e dire Venite fin qui, come fos- sero ancora i giorni che all' arbitrio di esso rimet- teansi i principi, invece di correr alla guerra.

CAPITOLO NONO. 97

Intanto si pensava a continuare nelle incominciate conquiste, e vi si attese con una attività febbrile. Giovanni di Fonseca, nominato Ordinatore generale della marina, ebbe 1' incarico di disporre 1' arma- mento di una fiotta di cui Giovanni di Soria ebbe la vigilanza, e la carica di tesoriere fu data a Fran- cesco Pinelo. Diciassette ufficiali vennero nominati al comando di altrettanti navigli sotto la dipendenza del Colombo, dichiarato Capitano Generale e munito del real sigillo, con autorità di nominare quanti impie- gati gli occorressero, e confermatigli con lettere pa- tenti tutti i titoli e privilegi già ricevuti. Più, si scel- sero dodici Religiosi per predicare il Vangelo a quelle nazioni selvagge; tra quali il Padre Boyl con breve pontificio nominato Vicario Apostolico, il Padre Antonio di Marchena, e fors' anco 1' altro intimo amico del Colombo, Giovanni Perez.

Verso la fine di luglio, Y Ammiraglio, avendo rice- vuto gli omaggi dei capitani della fiotta, mosse per Siviglia, dove i navigli disponevansi per salpare. Già quattordici caravelle e tre grandi caracche eran state armate con artiglieria e munizioni corrispondenti, e largamente provviste di quanto occorreva non sol- tanto per la durata del viaggio, ma eziandio per le colonie che si volevano stabilire; cioè grano, riso e molte altre specie di semi, che vi potessero fruttare, strumenti per lavorar la terra e per 1' estrazione e la purificazione dell' oro, mercanzie da commutare, cavalli, generi d'animali parecchi, reputati utili e ne- cessarj.

Numerosi avventurieri si offrirono per far parte della spedizione, tra quali molti gentiluomini, chi per passione di viaggiare e veder novelle cose, chi per

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acquistar gloria e rinomanza, i più per sete di ric- chezze e di oro. Ne vennero scelti mille; ed altri cin- quecento s' imbarcarono a proprie spese. L' Ammi- raglio prese seco due suoi fratelli, e nell' accomia- tarsi da' Sovrani, ottenne che i due suoi figliuoli re- stassero in Corte come paggi.

Raccoltasi la fiotta nella baia di Cadice, il 25 set- tembre del 1493 ebbe V ordine di tenersi pronta, e V' Ammiraglio avendo alzata la sua bandiera sulla maggiore delle caracche, la Graziosa Maria, governò verso le Canarie. Il 2 di ottobre arrivarono alla vista della maggiore, e il 15 s' accostarono alla Gomera per fornirsi meglio di provvigioni, e imbar- care vacche, capre, pecore, porci, polli, che il Colombo credeva si feconderebbero ne' climi del Nuovo Mondo.

Il 7 di ottobre rimisero alla vela dopo che F Am- miraglio ebbe consegnato a ciascuno dei capitani una lettera sigillata con le necessarie istruzioni, per il caso che la flotta durante il cammino venisse dispersa da qualche tempesta; ma che fuori di questo caso estre- mo non dovevano aprire. Voleva che nessuno cono- scesse la via da tenere, per timore che non ne venis- sero in conoscenza i Portoghesi.

Avanzando, fece piegare alquanto più al Sud che non nel viaggio precedente, ed ebbero buon mare e prospera navigazione che il 2 novembre annunziò vicina la terra. Di fatti, il mattino seguente, prima domenica dopo Ognissanti, alla distanza di sette leghe si videro dinanzi un' isola con alte montagne, che in omaggio al che correva chiamò Domenica. Tutti ne provarono un' immensa allegrezza, già stanchi del cammin fatto. Avvicinata 1' isola, non vi

CAPITOLO NONO. 99

trovarono porto addatto ad ancorare, ma compar- vero altre isole, e continuando a navigare approda- rono alla principale che il Colombo denominò Gra- ziosa Maria dalla caracca che egli montava; poi vedutane un' altra anche maggiore la battezzò col nome di Nostra Donna di Guadalupa a ricordo del santuario di questo titolo in I spagna: da' nativi chia- mavasi Tumqueira.

Era la principale delle isole dei Caraibi. Il Colom- bo vi fece discendere un nerbo de' suoi per appiccarvi relazioni; ma non s' avvennero che in alcune donne e in un giovane da quella gente fatti prigioni ; bensì trovarono non dubbie prove della ferocia loro; cioè un capo umano cotto dentro una pentola, ed altre umane membra appese di fuori alle capanne come usa nelle macellerie.

Il 5 novembre, costeggiarono un' isola coperta d' alberi, che la barbarie dei cannibali aveva spopo- lata. L' Ammiraglio, dal nome del celebre santuario della Vergine di Monserrato in Catalogna, le dette la stessa denomizione. Alla sera videro un' altra isola^ che chiamò Santa Maria della Rotonda: il mattino seguente, una terza che chiamò Santa Maria Antica, e alla sera una quarta che denominò Santa Croce.

L' 8, ne scoprì un' altra ancora, circondata da pa- recchie minori, e la denominò Santa Orsola e le Undici mila Vergini; e un' altra più grande il giorno di poi, dagli Indigeni chiamata Boriquen, e dal Colombo San Giovan Battista, ed è il presente Porto Rico.

Di si volse verso Haiti. Cosa ammirabile! Niuno conosceva que' mari, e nondimeno il Colombo con la sua scienza e 1' aiuto della grazia divina vi per- venne come se avesse seguito un cammino notissimo!

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Arrivarono ad Haiti, già denominata Spagnola nel primo viaggio, il 22 novembre. Impaziente il Colom- bo di conoscere che cosa fosse avvenuto della gente quivi lasciata sotto la protezione del forte fatto appo- sitamente costruire, credeva di vederseli con gran festa incontro; invece solo alcuni nativi dentro un canotto s' accostarono a' navigli. Subito furono invi- tati a bordo; vi si ricusarono finche non ebbero ve- duto r Ammiraglio. Allora approdando alla sua nave senza alcun timore, lo salutarono da parte di Guaca- nagari ed in suo nome gli presentarono un ricco dono. Domandò il Colombo come mai non fosse con essi alcuno della sua gente. Risposero che alcuni erano morti, gli altri fuggiti. Nonostante il crudele sospetto che gli misero tali risposte, dissimulando gli rimandò con alquanti doni.

Il giorno seguente entrati nel porto, videro il forte incendiato. Il Colombo fece sgombrare X apertura d' un pozzo, in cui aveva ingiunto agli ufficiali della guarnigione di gittar X oro e gli oggetti preziosi che avessero, in caso di qualche sventura; ma lo trovarono vuoto. Avvicinatisi alle abitazioni, non v' era anima viva. Finalmente, avendo fatto scavare in un luogo dove la terra pareva essere di fresco smossa, vi tro- varono sotto parecchi corpi in decomposizione, che dagli abiti apparvero senza nessun dubbio Spagnoli. ,, E non tardarono a conoscere ogni cosa. La colonia, sottrattasi ad ogni autorità del comandante Diego di Arana, con le sue insolenze e sregolatezze aveva irri- tati i pacifici sudditi di Guacanagari; il quale nondi- meno ne tollerò pazientemente il brigantaggio e le violenze, sperando che non tarderebbe il ritorno del- l' Ammiraglio. Ma, un dì, i luogotenenti Pietro

CAPITOLO NONO. lOl

Guttierez ed Escovedo, ucciso un indigeno, con molti de' loro compagni passarono negli stati di Caonabo, di Cibao, che comandava sopra le miniere dell' oro. Questi cacico fattili mettere a morte, si risolse a sterminare tutti i loro compagni, per non perdere le ricchezze che possedeva; e senz' altro, con un gran nu- mero de' suoi, si recò a stringere d' assedio il forte di cui era rimasto a difesa il valoroso Diego di Arana con dieci rimastigli fedeli. Il cacico ne venne ripetu- tamente respinto; ma una notte, già avvistosi che non tenevano sentinelle per la troppa fiducia nel- r artiglieria delle loro trincee, assalitili improvvisa- mente mentre dormivano, li sgozzarono tutti quanti, incendiando dipoi il forte. Guacanagari ne corse tosto alla difesa, ma battuto e ferito in una mano dovette ritirarsi.

Benché il Colombo non»prestasse tutta la fede a questo racconto, e non gli mancassero indìzi per sospettare che fosse stata opera di Guacanagari quanto il medesimo addossava a Caonabo, si rifiutò a farlo imprigionare e punire, come altri ne lo consi- gliava. Gli parve che una subita giustizia potesse colpire r innocente, e che, pazientando, il colpevole si manifesterebbe. pertanto ebbe difficoltà di recarsi alla Corte di lui, dove n' udì il successo e ne vide le ferite, e rifermò la loro alleanza.

Allora pensò che bisognava quivi stabilirsi forte- mente; al quale fine fece rialzare il forte con più soli- dità ed estensione. Temeva però che le acque sta- gnanti, che lo cingevano non rendessero 1' aria mal- sana, né quivi trovandosi buone pietre da costruzione, si risolse a recarsi verso 1' Est, come fece il 7 settem- bre, con r intendimento di sbarcare in un luogo più

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CRISTOFORO COLOMBO.

adatto a quanto si proponeva di fare. Se non che a metà via, colto da subita tempesta, i vascelli non avrebbero potuto evitare di rompere nella costa, se, per buona ventura, non avessero trovato un seno formato da due fiumi, dove si ripararono.

Era questo un porto eccellente, donde si scopri- vano fertili pianure e belle foreste, ed erano eccel- lenti le pietre da costruzione e per fare calce; e qui deliberò di fermarsi.

SOMMARIO.

Fondazione d^ isabella. La colonia manca di provviste. Discor- die suscitate dai malcontenti. L' Ammiraglio ristabilisce la calma nella Spagnola. Si reca a visitare i paesi delle miniere d' oro. ciBAO; fondazione del forte san Tommaso. Ne nomina go- vernatore Pietro di Margarita. Fertilità del suolo del- l' Isabella. Mancando i viveri e aspettando i raccolti, il Co- lombo comanda che vengano diminuite le razioni. Lamenti che ne nacquero; e gli Spagnoli si veggono costretti a co- struire dei molini. Il Colombo tiene ferma la disciplina; e i gentiluomini se ne sdegnano maggiormente. Vien tacciato di crudeltà. Instituiscein Isabella un consiglio, e si rimette in viaggio per novelle scoperte. La giamaica. Ritorno alla Spagnola. Il Boyl e il di Margarita s' impadroniscono di alcune caravelle e fan vela per la Spagna a capo d' una mano di scontenti. Sollevamenti dei cacichi, e misure che prende il Colombo per raprimerli. Arrivo in Ispagna del Boyl e del di Margarita; loro disegni contro 1' Ammira- glio. Sventuratamente sono ascoltati. Que' Monarchi risol- vono d' inviare alla Spagnola un commissario regio per esa- minar gli addebiti fatti al Colombo. Giovanni d' Aguado, sua insolenza. Il Colombo si risolve a partire per Castiglia; e giustificarsi. Arriva a Cadice. Trionfo sopra i suoi accusatori; Confusione de' suoi nemici.

'm

^^feL Colombo si occupò anzitutto di fondare

fc una città, la prima che sorgesse nel Nuovo Mondo, e, grato alle benevolenze che sem- ri'^^^P^; pre gli aveva addimostrato la Regina di Castiglia, la designò col nome d' Isabella.

La prima costruzione a cui pensò fu una chiesa; perocché non ebbe mai abbandonato Y ideale per cui s* era avventurato alla scoperta di queste terre inco-

104 CRISTOFORO COLOMBO.

gnite, e se prima non potè effettuarlo, non ne fu sua la colpa. Ciò era guadagnare anime a Gesù Cristo, e invano cercheresti nella sua vita un fatto, un partico- lare qualunque che non ce lo presenti un cristiano degno di ammirazione.

La chiesa fu costruita di pietre; e così un magaz- zino e qualche altro pubblico edifizio; ma le case per gli Spagnoli si fecero di terra e di legno.

Alla colonia non dovevano mancare fin dal princi- pio dure prove : " sia che le provvisioni non fossero state abbastanza custodite, sia che fossero di cattiva qualità o corrotte, non passò gran tempo senza tro- varsi in bisogno estremo. " Il lavoro, da cui ninno era dispensato, neppure i gentiluomini, la differenza del clima, r estremo calore che vi si sentiva cagionarono molte infermità; talché lo stesso Ammiraglio, che non risparmiava punto stesso, teneva il letto; sempre nondimeno ordinando e vegliando il lavoro. Ad avere il più presto che fosse possibile altre provviste, rin- viò la flotta in I spagna sotto il comando d' Antonio di Torrez, ritenendo sole cinque caravelle; e già aveva mandato, a capo di quindici uomini armati, Alfonso di Ojeda verso Cibao, ove dicevasi che fosser le miniere d' oro, sperando che quella scoperta ridesse animo a suoi compagni scoraggiti. E questi, cioè 1' Ojeda, in verità, tornò portando assai quantità d' oro, la cui vista rianimò i miseri che per la fame e le malattie cominciavano a disperarsi.

La squadra comandata da Antonio di Torrez avendo messo alla vela il 2 febbraio del 1494, il Tor- rez portò seco tutto 1' oro trovato dell' Ojeda in Cibao e quello che già aveva raccolto V Ammiraglio, il quale sperava che in ricambio gli sarebbero subito inviati

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dalla spagna i viveri di cui avevano necessità estrema.

Trovavasi egli ancora a letto, quando gli accadde di dover lottare con un pericolo anche maggiore di quello che lo minacciava, cioè la mancanza delle provviste. Profittando delle condizioni di sua salute, con a capo Bernardo Diaz alcuni malcontenti fecero complotto di abbandonarlo, levandogli le cinque caravelle ri- maste ad Isabella e con esse far ritorno in Europa. Il Colombo, prevenutone in tempo, fece arrestare il Diaz, ma la sua bontà che toccava 1' estremo, si limitò a rinviarlo in Ispagna in uno dei cinque navi- gli, unitamente alle prove del suo tradimento.

A sole dieciotto leghe dal porto d' Isabella erano state scoperte quelle miniere, e per mettere fra quello e queste la necessaria comunicazione, fece innalzare un forte sopra un alto monte quasi intieramente cir- condato da un fiume, parendogli che riuscirebbe fa- cile fortificare un luogo così vantaggiosamente situa- to, a cui il fiume era quasi da ogni lato di difesa; e lo chiamò il forte di San Tommaso, per isvergognare gli increduli che non vollero credere a quanto si rac- contava delle miniere di Cibao, senza averle vedute co' loro propri occhi. Affidatone il comando a Don Pietro di Margarita e lasciatogli cinquantasei uomini ed alcuni cavalli, fece egli affrettatamente ritorno ad Isabella, dove s' incontrerebbe in una sequela di dif- ficoltà dolorose.

Giunto, stupì della fecondità di quel suolo avendo trovato già in ispighe il grano che vi fece seminare appena da due mesi. In tre giorni il seme metteva fuori, e in tre settimane arrivavano a maturità le spi- ghe. Se non che, se tanto rassicurava dell' avvenire,

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nulla valeva a temperare la situazione presente, non essendovi più nulla per vivere, eccetto pochissimo grano, e mancando inoltre i mezzi per ridurlo a farina.

Pertanto comandò che le razioni fossero diminuite, e che si costruissero de' molini per macinare. Ma i soldati ed operai già occupati nella costruzione della città, erano tutti infermi; ed i gentiluomini che volon- tariamente s' erano recati al Nuovo Mondo, crede- vano avvilirsi col lavoro manuale, e si ricusarono a ubbidire. Il loro fine era stato di acquistar ricchezze e gloria. Ma non cedette alle loro pretese il Colombo, reso inflessibile dalla necessità estrema, decretò che chi non si prestasse volonteroso al soccorso della colonia, resterebbe privo di razione. L' orgoglio casti- gliano non poteva perdonare tale comando ad un uomo che per essi era nulla, e che non occupava un posto onorifico che per condiscendenza, o meglio, debolezza de' loro Monarchi.

Disgraziatamente cotesti malcontenti trovarono un prezioso appoggio nel Vicario Apostolico, Padre Boyle. Fino a quel punto erano passate tra loro buone relazioni, meno che quando sollevatisi i sudditi del cacico Guacanagari il Boyl lo voleva severa- mente punito, tenendonelo colpevole; al che il Co- lombo erasi energicamente ricusato ma non v' era stato per ciò tra essi rottura : non fu però così allor- ché quegli vide la misura presa dal Colombo per ob- bligare i fidalghi di Spagna al lavoro : tanto bastò per accusarlo pubblicamente di '' crudeltà! "

E proprio in questi momenti Pietro di Margarita fece avvertito il Colombo delle disposizioni di guerra che pigliava il cacico Caonabo. Ma i timori si dissi-

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parono tosto alla notizia che un solo cavaliere della guarnigione del forte di San Tommaso aveva messo in fuga quattrocento selvaggi, sgominati dai soli mo- vimenti e dalla rapidità del suo cavallo.

Allora il Colombo pensò ad altre scoperte, te- mendo d' essere preceduto da quelli del Portogallo; e siccome prevedeva che resterebbe lunga pezza as- sente, instituì in Isabella un consiglio composto del Padre Boyl, di Pietro Fernandez Corroèl, di Alfonso di Carvajial e di Giovanni Lussan, presieduto dal suo fratello Diego.

Partì il 24 aprile del 1494 con tre caravelle, alzan- do la sua bandiera sulla Nina, piccolo naviglio su cui era tornato alla Spagna nel primo suo viaggio; ma le mutò il nome, chiamandola Santa Chiara- Menò seco il Padre Giovanni Perez, il medico Chan- ca, il piloto Niiìo, il suo scudiere Diego Mendez e il notaro reale Ferdinando Perez di Luna.

Si tenne all' Ovest; e qualche appresso scoprì un' isola di sorprendente bellezza, che i nativi chia- mavano Giamaica, e le conservò questo nome; ma essendosi quelli opposti al suo sbarco, fece ritorno a Cuba, che desiderava esaminare se fosse isola, ovvero terra ferma.

E il 14 maggio n'era in vista. Ad un capo che da essa sporgeva molto innanzi, dette il nome di Santa Croce; e dipoi costeggiandola, si trovò in mezzo ad una infinità di isolette basse, verdeggianti e sabbiose, le quali gli parvero tante che si astenne del nume- rarle e così prese insieme le chiamò il Giardino della Regina. Si trattenne piìi d' un mese in questo peri- coloso arcipelago, poi, cominciando a difettar d' acqua ne' navigli, si ravvicinò a Cuba.

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Racconta V Herrera che il 6 luglio, mentre 1' Am- miraglio faceva celebrare la messa sul lido, un cacico gli si presentò, offrendogli de' frutti, e poi sedutoglisi accanto gli tenne questo discorso, tradotto al Co- lombo dall' interprete Diego " Se voi siate uomini o Dei, non sappiamo; ma mostrate tal forza, che follia sarebbe resistervi, quand' anche il volessimo. Eccoci dunque alla mercè vostra : ma se siete Dei, accette- rete i doni e ci propizierete; se uomini, come noi sottoposti alla morte, dovete sapere che, dopo questa è un' altra vita, differente pei buoni e malvagi. Se v' aspettate di morire un giorno, e credete ad una vita avvenire, ove ciascuno sarà trattato secondo operò nella presente, non farete male a chi non ne fece a voi! "

L' Ammiraglio gli fece rispondere : " essere stato inviato dai suoi sovrani per conoscere se in quelle regioni vi fossero uomini che nuocessero agli altri, come si raccontava dei Caraibi; e aver ordine di re- primerli facendo regnare la giustizia e la pace in tutti gli abitanti di quelle isole. "

A questa risposta il cacico pianse, chiedendo s' ei fossero uomini discesi dal cielo.

Dopo ciò il Colombo si volse di nuovo verso la Spagnola; ma fu terribilmente bersagliato da' venti e dal subbollimento dell' onde, e solò dopo cinque mesi di penosissima navigazione, riguadagnò il porto del- l' Isabella, ma così sfinito di forze che venne calato a terra privo di conoscenza.

Con le premurose cure usategli non tardò a rista- bilirsi, e rivide non senza commozione il fratello Bar- tolomeo, arrivato dalla Spagna con soccorsi per la colonia; a cui pochi appresso tenne dietro Anto-

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nio Torrez con quattro caravelle cariche di provvi- gioni, e portatore d' una lettera della Regina per lui.

" Grazie sian rese a Dio, diceva la Regina, peroc- ché abbiam fiducia in Dio, che per V opera vostra la nostra santa fede cattolica avrà una larga diffusione ... E per tutto questo, ciò che principalmente ci allieta è che il vostro genio abbia concepita mirabile im- presa, la vostra abilità T abbia cominciata, certi che la perseveranza la condurrà a fine. Ora vediamo che quanto preannunziaste si avverò con tanta esattezza, che più non avreste fatto dopo la riuscita. "

Nondimeno de' gravi avvenimenti avevano avuto luogo nella Spagnola durante 1' assenza di lui. Don Pietro di Margarita, a cui affidò il comando di San Tommaso, s' era levato contro il consiglio, e invece di visitare ed esplorare le differenti regioni dell' isola, come n' aveva 1' ordine, campeggiò ne' dintorni d' Isa- bella, lasciando ogni libertà agli uomini posti sotto il suo comando, commettendo ogni maniera violenze, per procurarsi vittuaglie, e depredando di quanto avevano i poveri Indiani. Poi, sia che fosse infermo e stanco del clima della Spagnola, sia che temesse il castigo che aveva meritato, si appigliò al partito di far vela per la Spagna prima che V Ammiraglio fosse di ritorno. Irritato dalle rimostranze fattegli da Diego, fratello del Colombo per la sua condotta, non ebbe più alcun riguardo conobbe più freno. Insultò apertamente 1' uno e 1' altro, e fecesi alquanti parti- giani, tra' quali il Vicario apostolico Padre Boyl. Questi non esitò a pubblicare " che partendo, reca- vasi a sgannare i Monarchi cattolici sulle false idee che r Ammiraglio faceva loro concepire sulle proprie imprese. "

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Essendo ancorati nel porto d' Isabella i navigli comandati da Bartolomeo Colombo, riuscirono ad impadronirsene, e senz' altro fecero vela per la Spa- gna. Noi vedremo il gravissimo danno che i loro lamenti e rapporti cagionarono al Colombo. E nondi- meno da notare che all' avversione mostrata dal Boyl contro di lui non parteciparono in genere i Missionari, dai quali ricevè sempre sincera ed affet- tuosa riverenza.

Tuttavia, egli tenne fermo nel fare rispettare la colonia dai cacichi nemici che la circondavano. Es- sendo stati assassinati parecchi Spagnoli, giudicò che più lunga tolleranza gli avrebbe nuociuto grave- mente, e venuto in conoscenza del complotto che meditava Caonabo facendo alleanza con alcuni dei principali capi, si risolse ad assalirlo.

Non era impresa facile co' pochi soldati de' quali disponeva; e adoperò uno strattagemma. Fattane parola con Alfonso d' Ojeda, che comandava il forte di Cibao, questi accettò di eseguirlo. Partì dunque da Cibao con nove cavaHeri, fatta prima correre la voce che gli Spagnoli desideravano la pace e che portava a Caonabo de' regali da parte del Colombo. Arrivati, *' Il potente signore della casa d' oro "chiese subito di vedere i doni recatigli, e 1' Ojeda, mostrandogli catene e braccialetti di rame risplendente, chiese di metterglieli egli stesso ai piedi e alle mani. Gli fu concesso, e l' incauto senza avvedersene si trovò in prigione. Allora 1' Ojeda presolo sulla groppa del ca- vallo lo trasse prigioniero ad Isabella, dove fu imbar- cato per la Spagna; ma colta la caravella da fiera tempesta restò inghiottita dall' onde, e vinto e vinci- tori rimasero sepolti in fondo all' oceano.

CAPITOLO DECIMO. Ili

Caonabo aveva tre fratelli che tentarono di solle- vare tutta r isola contro coloro che tanto presto n' erano addivenuti oppressori : e raccolsero ben centomila combattenti, ai quali il Colombo non potè opporre che duecento fantaccini e venti cavalieri. Pertanto si raccolse in preghiera, affidato il comando di quel piccolo nerbo al suo fratello Bartolomeo, cui aveva dato il titolo di luogotenente generale, ossia di Adelantad. Scaricata dai nativi una nuvola di frec- cie che offuscò 1' aria, un improviso ed impetuoso vento le deviò dal punto a cui avevano mirato. Gli Spagnoli, gridando al miracolo, si lanciarono loro sopra e li misero in pezzi. Il numero venne meno alla forza della disciplina. Le armi da fuoco colpirono i rimanenti di terrore, e più ancora i cavalli che loro si lanciavano contro, credendoli mostri che volessero divorarli.

Il Colombo, a ringraziare Dio della vittoria con- seguita, fece erigere un altare e celebrarvi una messa.

Parecchie volte ebbe egli a lottare contro le forze disperse degli Indi, e sempre ne restò vincitore. Avendogli assoggettati, impose loro un tributo : cioè una piccola misura d' oro ogni tre mesi, a quelli che erano vicini alle miniere, agli altri venticinque libbre di cotone filato.

Mentre stava così combattendo contro i nativi d' Haiti, gravissime accuse eran deposte contro di lui in I spagna, dove il Padre Boyl e Pietro di Mar- garita avevan raggiunta la Corte. Quivi trovarono piena corrispondenza nell' uffizio della marina, dove Giovanni di Fonseca era incaricato della direzione delle scoperte, il quale si valse della costoro narra- zione per attraversare le spedizioni del Colombo. E

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tosto tutti gli invidiosi del grand' uomo co' malcon- tenti composero un formidabile partito. Declamavano altamente contro V Ammiraglio, spacciando che quanto s' era pubblicato di miniere d' oro non era che invenzione, e che il preteso grand' uomo si riduceva ad un temerario, ed ambizioso, che sacrificava tutti al proprio orgoglio aveva altro mezzo che la cru- deltà. Che cosa erano insomma le famose pretese re- gioni, dalle quali si dovevano ritrarre tanti tesori? Isole malsane dove si mancava d' ogni cosa e dove la fame minacciava di mietere quelli che furono ri- sparmiati dalle malattie. Cotesto miserabile Geno- vese non ebbe orrore di costringere a dure fatiche nobili di Castiglia, assoggettandogli ad una disciplina di ferro, come se non fossero già stati umiliati abba- stanza nel dovergli ubbidire!

Pertanto il credito dell' Ammiraglio scemava; e le spacciate sue crudeltà contro gli Indi, le mormora- zioni dei malcontenti esagerate ogni più da' suoi nemici, le relazioni del Padre Boyl e di Don Pietro di Margarita, 1' ostilità di Giovanni di Fonseca e del registratore Giovanni di Soria, da ultimo misero in tali prevenzioni Ferdinando ed Isabella, che quantun- que inclinassero ad usargli de' riguardi, si affrettarono a ritirargli i privilegi accordatigli, consentendo che altri andassero a stabilirsi nel Nuovo Mondo, e fossero liberi ad intraprendervi quante loro piacesse scoperte.

Deliberarono dunque d' inviare un commissario alla Spagnola coli' incarico d' informarsi sui fatti rim- proveratigli, e scelsero Giovanni d'Aguado, a cui ne dettero pieni poteri.

L' Aguado, gonfio di per questa importante missione ricevuta, partì con quattro caravelle, e con

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buona traversata giunse ad Haiti, dove in assenza del Colombo comandava il suo fratello 1' Adelantado Bartolomeo. Come 1' ebbe dinanzi lo coprì d' invetti- ve e minacele, dicendo d' essersi recato a processare il fratello e a liberarne la colonia.

Questi che era a combattere i cacichi, appena dal fratello seppe quell' arrivo, fece subito ritorno ad Isabella.

E quegli varcando i confini dell' autorità conferita- gli, non contento di presentargli le lettere della commis- sione ricevuta, con tuono arrogante fecegli sapere che era giunto a raccoglierete necessarie informazioni per processarlo. Il Colombo sostenne tante insolenze con grande modestia, assicurandolo della piena sua som- missione acrli ordini dei Monarchi.

Raccolse 1' Aguado quante più potè testimonianze dai più malvagi coloni e soldati, e dagli stessi Indi, coir intendimento di addebitare all' Ammiraglio tutti gli eccessi dei quali dolevansi gli Spagnoli; e il processo fu chiuso a mezzo dicembre del 1495.

Sopportò questi con animo eroico tutte le umilia- zioni alle quali venne sottoposto, pieno di deferenza verso r autorità reale che quegli rappresentava e che senza motivi di sorta gli si era dichiarato nemico, cedendogli il posto e gli onori che a lui solo per diritto spettavano.

Compita che ebbe il miserabile la missione affida- tagli, e che dovendo essere missione di giustizia e di pacificazione fu da lui tramutata in una iniqua inqui- sizione, si dispose a far ritorno; ma proprio nel mo- mento che stava per far vela, scaricandosi su la Spa- gnola un uragano spaventevole, spezzava le quattro caravelle da lui condotte e tre dei navigli del Coloni-

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bo, eccettuata la Nina che, nel suo viaggio, aveva battezzata col nome di Santa Chiara.

Il Colombo volendo arrivare alle coste di Castiglia nel medesimo tempo che il suo accusatore, fece co- struire un' altra caravella col nome di Santa Croce, risoluto di perorare di persona la propria causa presso i Monarchi, e ad un tempo ragguagliarli delle recenti sue scoperte.

L' Aguado non ebbe coraggio di contrastarglielo ed egli, lasciandolo pascersi di frivole onoranze, tenne fermi i diriti essenziali della sua dignità, affidando il governo generale ai due suoi fratelli, Bartolomeo e Diego, finché ne rimanesse lontano, e nominò ammi- nistratore di giustizia Francesco Roldan : a parecchi, altri ufficiali commise il comando delle diverse forze.

Il IO marzo del 1496, le due caravelle fecero vela per r Europa, Aguado sopra la Santa Croce, teste fatta costruire dal Colombo, ed egli sulla Santa Chiara, menando seco duecento venti Spagnoli, '*' che erano i più poveri della colonia, e che da lui ben trattati, come sempre soleva, nel viaggio, si pro- ferirono a sostenerne le parti contro F Aguado. Governando all' Est verso il capo d' Fugano, lo passò il 22 marzo, e il 9 aprile approdò a Maria Galante. Le difficoltà incontrate per provvedersi d' acqua lo costrinsero il seguente ad approdare alla Gua- dalupa. Risciolse le vele al vento il 20 di aprile, ma per causa de' venti contrarj il 20 maggio si trovavan perduti in mezzo all' oceano, e i piloti non indovi- nando più la via, mancando 1' acqua e i viveri essendo per finire, ne furono tutti in grande costernazione!

Aveva egli messo gli uomini e 1' equipaggio alla razione di sei once di pane il giorno, donde nacquero

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vive mormorazioni. Trattavano nientemeno di gittare in mare gli Indi che avevan seco, per avere un tenue aumento di viveri per sé. Ne trattaron da prima in secreto, poi apertamente. L' Ammiraglio richiamò que' disperati a stessi, annunziando fra tre il capo di San Vincenzo, Se ne acquietarono, quantun- que i più intelligenti di mare credevansi ancora lon- tani dalla Spagna per oltre dugento leghe; chi diceva esser quelli i paraggi d' Inghilterra, chi il canale di Fiandra : fatto sta dopo tre dì, cioè \ 1 1 giu- gno 1496, la Santa Chiara riconobbe il capo di San Vincenzo.

Il giorno seguente entrando il Colombo nel porto di Cadice, trovò tre vascelli carichi di vittuaglie e di munizioni, pronti a partire per la Spagnola. Profittò di quest' occasione per mandare a suoi fatelli lettere d' incoraggiamento, poscia, informati i Sovrani del suo ritorno, ne attese quivi gli ordini.

Il 12 luglio del 1596, un ordine reale da Burgos r invitava alla Corte. Vi si recò modestamente, ma non senza mostrare il fiero dolore che lo straziava; lasciatisi crescere capelli e barba e indossando un abito grigio da Francescano. Ma lungi dall' esser stato ricevuto e trattato come un delittuoso di cui si aspetti la giustificazione, non si fece verbo delle informazioni dell' Aguado, delle accuse del Padre Boyl e di Don Pietro di Margarita; al contrario ebbe elogi e ringraziamenti per i suoi novelli servigi ren- duti alla Spagna.

Protetto da Dio continuava a trionfare de' suoi nemici; e per verità, dice uno de' suoi storici, " basta- va il solo suo aspetto alla più ampia e solenne giusti- ficazione! "

SOMMARIO.

Il Colombo propone a' Monarchi Spagnoli di continuare le sue scoperte. Ritardi. Novelle calunnie. Misure prese ed istruzioni date nell' isola d' Isabella per 1' amministrazione della colonia. Colombo parte con sei caravelle. Ne manda tre a vettovagliare di nuovo la Spagnola, e colle altre si volge verso la zona torrida. Sofferenze degli equipaggi. Piglia porto alla trinità. In questo terzo viaggio alle Indie occiden- tali approda al Continente. Donde ritorna alla Spagnola. Condizioni nelle quali rinveniva la colonia. Mentre ristabi- lisce dapertutto 1' ordine e 1' obbedienza, si risolleva contro di lui r opinione in Ispagna. I Monarchi inviano il Boba- dilla alla Spagnola con provvedimenti, de' quali abusa. In- degna sua condotta. Fa mettere in catene il Colombo e i fra- telli di lui. E raccoglie quante può querele e deposizioni per istruirne il loro processo. Il Colombo che alcuni anni prima aveva percorso trionfante 1' Oceano, mostrando all' Europ*^ la via per 1' America, lo riattraversa prigioniero.

EL tripudio d' una accoglienza che copriva i suoi avversar]* di vergogna e di confu- sione, Cristoforo Colombo fece a' Mo- narchi Spagnoli il racconto delle novelle

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sue scoperte; ed insieme loro manifestò apertamente le condizioni della colonia, provando che le misure da lui prese, e tanto da' suoi nemici biasimate, erano assolutamente indispensabili in paese non peranco ordinato; aggiungendo che non dovevano giudicarlo come un governatore ordinario che desse in eccessi, ma come un conquistatore tenuto a farsi rispettare con la forza da popolazioni selvaggie. Essere pronto

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a rifare quanto aveva fatto, non essendo stato mai inspirato da personale ambizione : unicamente dalla vera grandezza della sua patria di adozione; aver mai imposta la propria volontà se non quando era assolutamente richiesto dalla salvezza di coloro che gli erano affidati, e di que' medesimi che n' erano addivenuti accusatori. Poi presentò loro le maschere e cinture dorate, e grani d' oro in quantità che aveva di riportato, alcuni della grossezza di una fava, ed altri di una noce.

Finalmente lor propose di continuare le scoperte cominciate, chiedendo a tal fine otto vascelli; due de' quali fossero subito inviati con provviste e muni- zioni ad Isabella; egli partirebbe con gli altri sei. Fu accettata la proposta, e per ordine della Regina gli vennero subito assegnati sei milioni di maravedis per compiere il novello armamento.

Disgraziatamente negli uffizi di Siviglia si macchi- nava contro di lui. Il reale Consiglio delle Indie, di cui stava a capo Giovanni Rodriguez di Fonseca, come se di ciò nulla fosse, pubblicava editti tirannici per tutte le terre scoperte; così che mentre la Regina di Castiglia facendo proprie le vedute del Colombo, sperava di attirare alla fede cattolica i selvaggi me- diante r umanità e la dolcezza, giungevano ordina- zioni, il cui odio doveva ricadere intieramente sopra di lui. Si è fin detto che Ferdinando, non d' altro avido che d' oro e malcontento che la colonia non gliene fornisse quanto voleva, comandasse di ven- dere i nativi come schiavi.

Il 20 di ottobre, giunge van dalla Spagnola a Ca- dice tre caravelle comandate dal piloto Alonzo Nino, ciascuna delle quali portava Indi prigionieri, e ne

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parvero giustificate le calunnie de' nemici del Colom- bo, il quale, come scrive egli stesso, n' ebbe ogni ma- niere di rimproveri. La sola Regina ne sosteneva il coraggio, dicendo che " non badasse a quanto si andava spacciando, essendo ella risoluta a sostenere e proseguir V impresa, e non se ne avessero a ritrare che pietre : quel che le importava essere la diffusione della fede cristiana, e non credere punto amici della sua corona coloro che a lui si opponevano. " Per- tanto il 23 aprile del 1497, comandò che subito fosse provvisto r armamento della fiotta destinata alle Indie, confermandogliene il comando. Anche voleva dargli un solenne attestato della sua gratitudine creandogli un principato nell' Indie, e che ne avesse il titolo di Duca; ma egli vi si ricusò.

Il 19 di giugno poi gli fece tenere delle novelle istruzioni per il governo della colonia. Se non che tutto questo pareva ridursi ad un giuoco, non essendo provati (opera degli addetti agli ufficj di marina) gli approvigionamenti, alcun de' navigli che doveva partire; oltre di che per le calunnie largamente sparse contro di lui aumentando le prevensioni, ninno si presentava ad iscriversi per la partenza. Il Colombo temendo che un ulteriore ritardo portasse la totale rovina della colonia della Spagnola, propose un riparo estremo; cioè si commutasse ad ogni sorta di delit- tuosi in perpetuo esilio alle Indie la pena a cui ve- nissero condannati; i condannati a morte avrebbero la grazia della vita, quivi servendo due anni senza stipen- dio; gli altri servirebbero un anno soltanto; ed ogni azione di tribunali cesserebbe a patti che i primi non potessero tornar più mai in Europa. E nel me- desimo tempo si dette ordine che fossero condannati

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ai lavori delle miniere tutti i meritevoli di severi ca- stighi. Queste proposte vennero approvate da Mo- narchi in Medina del Campo il 22 giugno 1497.

Fu questo un errore del Colombo, di cui lo scusa unicamente la fretta eh' aveva di raggiungere la Spa- gnola e soccorrere quella colonia abbandonata. Ma meglio sarebbe stato ritardare il ristoramento, che popolar queir isola di ladri e di assassini; e ben doveva prevedere che con tal gente la scoperta di cui s' era impromesse belle cose per la religione, sa- rebbe divenuta *' un flagello per 1' umanità! "

E con tutto ciò r ora di partire non arrivava mai. Egli n' era in desolazione; ma senza prò : i mesi scorrevano, e nulla era mai pronto. Le ottime dispo- sizioni della Regina datavano dal luglio del 1496, e frattanto era passato tutto il 1497 senza alcun prò. A gran fatica potè egli ottenere V armamento di due caravelle entrato il 1498. E siccome le sorti della colonia della Spagnola lo tenevano in gravissima pena, senz' altri indugi ai primi di febbraio le fece partire.

Provveduto così, quanto era possibile, alla colonia, con una energia prodigiosa, cui non valsero a vincere tutte le opposizioni degli uffizi della marina, e spe- cialmente dell' ordinatore generale di essa, tanto si adoperò che nel mese di maggio del 1498 aveva fatte raccogliere nel porto di San Lucar di Barrameda sei caravelle pronte alla partenza.

Finalmente in nome della Santissima Trinità mise alla vela il 30, indirizzandosi con tre de' navigli verso la zona torrida, e dato ordine agli altri di affrettarsi al soccorso di Haiti, ossia della Spagnola.

Diversa dalle precedenti fu la via che egli prese in questo terzo suo viaggio; s' ingannava se dopo la

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scoperta dell' isole, egli andava in cerca del Conti- nente.

Il 27 di luglio cessò il vento, e ad un mare tutto uguale e in color di piombo soprastava un cielo in- fuocato. Non un alito che rinfrescasse V aria soffo- cante, non un movimento d' onde qualsiasi, ma una terribile calma! Il catrame dalle navi si scioglieva, il vino e r acqua spicciavan dalle fessure delle botti, le cui doghe il calore aveva ristrette; le vivande salate si corrompevano, ed il lardo colava come se stesse davanti al fuoco. Nessuno *' vi fu che osasse discen- dere sotto il ponte per mettere in salvo le botti e i viveri, " e nella cala era impossibile respirare. E tutto questo per una settimana; una settimana di sofferenze senza nome; poi ricominciò un buon vento che durò per alcuni giorni.

Il 31 luglio scoprirono terra, e videro tre monta- gne con le cime fra le nebbie del cielo. Il Colombo che aveva posto quel suo viaggio sotto la protezione della Santa Trinità, colpito da tale coincidenza, bat- tezzò questa terra col nome di Trinidad, Trinità; e il seguente ebbe in vista il delta dell' Orenoco; contrada a cui dette il nome di Terra di Grazia, con- vinto che Dio ve lo avesse menato.

Il 5 agosto, essendo in domenica, volle che vi fosse celebrata la messa; ed essendo egli sofferente di do- lorosa oftalmia, incaricò il capitano Pietro di Torre- ros per piantarvi una grande croce.

Il lunedì e martedì bordeggiarono lungo la costa, e alla corrente formata dall' Orenoco, fiume immenso che per sette grandi foci si scarica nell' Oceano, dette il nome di Bocca del Dragone. Egli si trovava nel golfo di Paria, cui chiamò Golfo delle Perle. Le ca-

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Tavelle incontrarono grandissima difficoltà a superare quella corrente, e non essendo punto favorevole il vento, corsero grave perìcolo di affondare. Profit- tando d'un leggiero venticello di terra, il Colombo entrò nello stretto. " Appena i legni, dice 1' Herrera, furono dentro queste terribili gole, il vento si sca- tenò, e fu miracolo se non dettero negli scogli! " Ma la destrezza nel valersi della corrente, li salvò.

A 26 leghe verso il Nord, scoprirono un'isola; e un po' più un' altra. Vennero denominate 1' Asstm- zione e la Concezione.

Dal i°di agosto, le coste che si distendevano verso r Ovest, e sopra tutto la forza del fiume che il Co- lombo aveva riconosciuto e che per 1' abbondanza delle acque che menava, doveva bagnare considere- voli terre, gli fecero credere d' aver scoperto il Con- tinente. Per lo che, venuti meno i viveri e gli equi- paggi essendo sofferenti, fece volgere per la Spa- gnola.

Quivi sbarcato, trovò la colonia in condizioni de- plorevoli. Un gran numero di gentiluomini, *' de' quali chi più sapeva, dice Las Casas, ignorava il Credo e i dieci comandamenti divini, " s' eran fatti padroni di quest' isola bella e rigogliosa, commettendovi ogni maniera di eccessi, che Bartolomeo Colombo, non ostante la sua avvedutezza e prontezza, non aveva potuto reprimere; per lo che ridotti a grandi soffe- renze, le avevano peggio accresciute con la confu- sione, alle quali misero il colmo i complotti de' nativi, spesso promossi dagli Spagnoli stessi o secondati.

E fu questo il tempo, in cui il partito ostile al Co- lombo lavorò a calunniarlo presso la Corte, mediante i lamenti che giungevano senza interruzione. Il ri-

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torno in I spagna di molti ambiziosi che non rinven- nero nel Nuovo Mondo quanto sognavano, e le ca- lunnie che per ciò stesso inventavano contro di lui, servirono maravigliosamente a suoi nemici per ren- derlo '' odioso al popolo e sospetto alla Corte. " Si spacciava che aveva ridotti ad estrema povertà illustri fidalghi, e che ai meschini addetti ai lavori delle mi- niere per la ricerca dell' oro neanche era stato pagato il salario, non riscuotendone che fatiche e malattie incurabili. E di tutto ciò era unica causa 1' orgoglio senza esempio, e la non saziabile avarizia del Colombo.

Ogni volta che il re passava per le vie di Granata, cotesti malcontenti lo seguivano, mettendo grida di vendetta contro V Ammiraglio e chiedendo giustizia; e vedendone i figli ancora paggi della regina Isabella : '* Ecco, dicevano, (come racconta Ferdi- nando suo secondogenito) i figliuoli dell' Ammira- glio de' mosciolini, di colui che ha trovato terre di vanità e d' inganno per sepoltura e miseria de' gen- tiluomini castigliani. " Re Ferdinando, che non aveva mai avuto buon sangue con 1' Ammiraglio, non istentò a credere a queste grida abilmente promosse contro di lui; e la Regina che lo difendeva venne con più fina destrezza sorpresa con far giungere dal Nuovo Mondo, contro la volontà del Colombo, altri schiavi, come prova del violar eh' esso faceva gli ordini da lei tanto caldamente dati rispetto alla libertà di que' meschini : e pur troppo non cauta abbastanza, si lasciò piegare ad una ingiustizia che per stessa non avrebbe mai commessa.

Imperocché avendo creduto il Colombo veramente colpevole di questa violazione, ne argomentò che dunque fossero egualmente vere tutte le altre accuse

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fattegli. Ordinò pertanto sotto pena di morte, che tutti gli Indi fatti prigioni fossero subito restituiti a stessi, e deliberò che a lui fosse subito tolta 1' au- torità di cui era stato rivestito specialmente a scopo religioso, e di cui abusava barbaramente in oppo- sizione alle regie ordinazioni. Se ella si fosse procu- rate migliori informazioni, avrebbe conosciuto che la condotta del Colombo era stata irreprensibile sempre, e la sola sua giusta severità nel mantenere la disci- plina e r invidia della sua gloria avevangli suscitato contro tanti nemici.

Ciononostante continuò 1' opera che s' era propo- sta, e a poco a poco acquietate le rivolte, ne venne riconosciuta V autorità tanto dai Castigliani quanto dagli Indi disposti al battesimo. Egli chiedeva altri tre anni per aumentare di sessanta milioni le rendite della corona col monopolio delle miniere d' oro e con la pesca delle perle. s' ingannava; di fatti, dopo cinque anni i diritti regj sorpassarono i cento milioni; ma allora più non si voleva credere alle sue promesse.

La Regina per mettere termine ai disordini, che le si faceva intendere sarebbero durati quanto il gover- no dell' Ammiraglio, vi mandò Francesco Bobadilla, commendatore di Calatrava, con amplissimi poteri e coi titoli di governatore generale e di intendente su- premo della Giustizia, e coli' incarico di verificare le condizioni della colonia. Ambizioso costui, violento e cupido, si propose di esercitare largamente 1' auto- rità commessagli; e non gliene mancavan appigli, essendo arrivati a dire i nemici del Colombo, che egli divisava nientemeno che di rendersi indipendente dalle corone di Castiglia e d' Aragona, e farsi gridare Sovrano del Nuovo Mondo!

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contenti di fargli perdere il potere di cui era rivestito, fecero anche prova di levargli la gloria delle fatte scoperte. Di fatti, dall' ordinatore generale delle Indie, già era stato incaricato a proseguirle (forse air insaputa de' re cattolici) Alonzo d' Ojeda, quel me- desimo che s' era impadronito del cacico Caonabo; al qual fine aveva chiesto e ottenuto copia dei divi- samenti e ricordi scritti dall' Ammiraglio, e certo n' erano assai diminuite le difficoltà, ora che n' aveva tracciata la via il Colombo. Fece dunque armare quattro vascelli, aiutato per le spese necessarie da un ricco negoziante fiorentino, Amerigo Vespucci, pra- tico di navigazione, che per tali ragioni prese parte al viaggio.

La flottiglia comandata dall' Ojeda e guidata dal piloto Giovanni della Cosa, nativo di Discaglia, mise alla vela il 20 maggio del 1499, e approdò precisa- mente nei luoghi visitati da Cristoforo Colombo r anno precedente. Il Vespucci ne pubblicò la rela- zione, ma come di un viaggio esclusivamente suo, senza nominare X Ojeda. vogliam dire che egli per inganno intendesse attribuirsi una gloria altrui : fatto sta che il suo racconto ebbe un successo immen- so presso gli amici del maraviglioso, e fu tosto tra dotto in varie lingue, donde avvenne che il primo descrittore del Nuovo Mondo ne fosse tenuto ezian- dio primo discopritore, a danno di colui a cui ne spet- tava la gloria.

Intanto Francesco di Bobadilla partito con due caravelle dalla Spagna per San Domingo sulla fine di giugno del 1500, vi giunse il 22 di agosto : questa città fondata sulle coste della Spagnola da Bartolo- meo Colombo secondo il disegno del suo fratello

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Cristoforo, era stata da lui designata per capitale del viceregno delle Indie, e centro da cui si sparge- rebberoi lumi del Cristianesimo su quel vasto mondo della barbarie.

Il Bobadilla nel 24 di agosto sceso a terra, fece quivi leggere le lettere reali di cui era portatore e che lo costituivano intendente di Giustizia, e il seguente le altre, per le quali doveva essere riconosciuto go- vernatore generale di tutte le isole e terraferma, con poteri illimitati.

Diego Colombo aveva il comando della città. Il Bobadilla gli intimò di mettere subito in libertà quanti da lui e dal suo fratello erano stati racchiusi nella fortezza, per rivolta. Diego vi si ricusò, dichiarando che non poteva farlo senza gli ordini del Colombo, alla cui autorità era soggetto. *' Bene! rispose il Bo- badilla, vi farò conoscere se ambedue dobbiate obbe- dirmi ! " E lanciò i marinai menati dalla Spagna in assalto della fortezza.

Avendo egli così cominciato con la forza non si arrestò nell' intrapreso cammino. Fatta propria la casa dell' Ammiraglio, ne sequestrò le carte, ne con- fiscò i mobili, tolse per i cavalli che vi rinvenne, e s' impadronì di tutto 1' oro ed argento che quegli vi aveva raccolto. Poi, senza alcuna formalità, coman- dava r arresto del fratello Diego, facendolo traspor- tare sopra una delle sue caravelle, con ordine di met- terlo ai ferri; e frattanto, per tirarsi il favore de' sol- dati, con un editto ne determinava lo stipendio mili- tare, più la paga per chi s' aggiungesse ne' loro ruoli. Finalmente, ad aver tutti dalla sua parte, dichiarava la ricerca dell' oro nelle miniere libera a chicchesiasi per venti anni, sol che pagassero a' Monarchi la vente-

126 CRISTOFORO COLOMBO.

sima parte di quanto raccoglierebbero. E aggiun- geva che costringerebbe il Colombo a soddisfare quanti avessero contro di lui ragioni di lamento. E aprì un registro per tutte le accuse che gli potes- sero fare, ricevendo tutte le deposizioni più calun- niose, bugiarde e futili ad un tempo, che potessero idearsi.

Diego, avanti d' essere incarcerato, fece avvertire per un messo dell' arrivo del Bobadilla il fratello, il quale appena 1' ebbe ricevuto, si mise in via per San Domingo. Arrivato, gli si presentò un usciere in armi, consegnandogli copia delle lettere di credenza del novello governatore; ma egli dichiarò che erano in formale contraddizione con i privilegi irrevocabili a lui concessi dai Sovrani di Spagna, e pertanto esigerebbe da tutti i sudditi loro in quelle regioni piena sommissione, finché non ne avesse riferito a quelli.

Se non che penetrato dal dovere di rispettare l' au- torità di coloro che considerava come suoi signori, appena il 7 settembre del 1500 ebbe ricevuto da? Velasquez, tesoriere reale, e dal Padre Giovanni di Trasiera, Religioso Francescano, lettera segna- ta di mano del re e della Regina, che gli intimava di eseguire quanto dal Bobadilla gli fosse imposto, cede.

Ferdinando ed Isabella senza dubbio venivano meno alla propria parola; e dando al novello gover- natore tanto potere, violavano la promessa fatta al Viceré delle Indie, spossessandolo di una dignità che gli spettava per giustizia, per i patti conchiusi, per le fatiche e i pericoli sostenuti, e per il diritto che gli veniva per la sua perseveranza in un' impresa senza

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esempio. il Colombo V ignorava, e avrebbe po- tuto resistere a chi talmente calpestava la data paro- la : ma egli amò di sottomettersi.

Chi mai crederebbe che il novello governatore si rifiutasse a riceverlo, anzi lo facesse arrestare e menare in fortezza con ordine di mettergli i ferri ai piedi? Così trattò il Colombo colui che Ferdinando ed Isa- bella avevano inviato in proprio nome a far giustizia alla Spagnola !

Egli, accusato di tanto orgoglio e di tanta prepo- tenza, non fece a' soldati la minima opposizione; ma sereno e tranquillo in tanta sventura, dette a tutti un ammirabile esempio di annegazione e di pazienza, in- somma di eroismo cristiano. Ma se tutti si erano congiurati per infamarlo e perderlo, non si trovò un solo che osasse mettergli i ferri, e incatenare colui, la cui vita non era stata che un' aspirazione a chiamar le anime alla libertà di Cristo! Se non che mentre nessuno degli scherani del Bobadilla si sentì forte abbastanza per compire tanta scelleraggine, incredi- bile, ma vero, vi si offrì un servitore stesso del Colombo in singolarissimo modo da lui beneficato. La storia ad eternarne 1' infamia, ne ha conservato il cognome, ed era E spinosa.

Ne' ferri risplende più che mai la grandezza d' ani- mo del Colombo. Tanto moralmente quanto fisica- mente egli soffrì quanto sia possibile a pensare! Spossessato della conquista da lui fatta di un mondo, nutrito d' alimenti ributtanti, appena coperto d' una misera veste, e stretto di catene, ignorava per quali delitti fosse così terribilmente punito!

L' Adelantado, suo fratello Bartolomeo, che era ancora libero e risoluto, pare che si disponesse a

128 CRISTOFORO COLOMBO.

Strapparlo coli' altro fratello Diego dalle mani del Bobadilla. Del che essendo questi in timore, fece dire all' Ammiraglio che lo invitasse a fare subito ritorno a San Domingo. E il Colombo, scongiuran- do il fratello di sottomettersi agli ordini dei Mo- narchi, '' La nostra rivendicazione, gli diceva, sta nella nostra innocenza. Saremo rimandati in Ispa- gna; nulla di meglio possiamo desiderare per giusti- ficarci!

L' Adelantado, come il fratello gli aveva scritto, venne a San Domingo; ma appena giunto v' ebbe catene come gli altri e la rilegazione sopra una cara- vella. Erano essi gelosamente custoditi in differente prigione; pena la morte a chiunque ardisse di com- municare con essi!

Non arrivò il Bobadilla sino all' assassinio; ma terminata 1' istruzione del processo, ben condannò i tre fratelli a morte, e avrebbe fatto eseguire la sen- tenza, se non avesse pensato V orribile impressione che farebbe un giudice tramutato in carnefice. Per lo che, riflettendo egli che il Colombo era gran- de ufficiale della corona di Spagna, pensò d' in- viarlo coi fratelli e i documenti del processo alla Corte, sperando che que' tribunali confermerebbero il suo giudizio. E ne affidò 1' accompagnamento ad Alonzo di Vallejo, figliuolo di Giovanni di Fonseca, di cui s' era fatto protettore, tenendolo capace di secondarlo nei suoi pravi propositi.

Quando costui entrò a pigliare 1' Ammiraglio nella prigione per condurlo a bordo, questi credette d' es- ser tratto al supplizio.

" Vallejo dove mi meni tu? " gli disse trista- mente. — "A bordo della mia nave, signore, rispose

CAPITOLO DECIMO PRIMO.

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il capitano. Del che il Colombo dubitando, sog- giunse : E' vero? Ed il Vallejo reiteratamente lo assicurò della verità dell' asserto. Allora 1' Ammi- raglio ritrovò la sua calma ordinaria.

Il Colombo in catene.

Le parole dell' ufficiale lo rassicurarono; che se te- meva di morire, ciò non era già per paura della morte, ma per paura dell' ignominia che coprirebbe il suo nome, senza che mai si sapesse il vero de' fatti, e l' in- corruttibile giustizia si levasse a sua difesa.

Finalmente la Gorda levò 1' àncora e fece vela per r Europa.

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CRISTOFORO COLOMBO.

Spettacolo di grandi ammaestramenti e che fa piangere, è questo tragitto del Colombo incatenato sull'Oceano dall' America da lui scoperta, all' Eu- ropa, a cui ne dette notizia e ne mostrava la via per approdarvi. A tanto può giungere 1' umana ingratitu- dine e r iniquità, dove 1 'idea di Dio si affievolisca nelle nostre menti e il sentimento della sua giustizia ne' nostri cuori.

SOMMARIO.

Alla novella dei crudeli trattamenti sofferti dal Colombo Isa- bella se ne mostra dolentissima, ordinando che fosse subito posto in libertà. Udienze che gli dette; consolazioni e pro- messe prodigategli. Un novello governatore provvisorio è nominato nella Spagnola, che fu Nicola di Ovando. Il Colombo sollecita la Corte per un altro viaggio di esplo- razione. È favorito nella sua richiesta. Parte con quattro caravelle. Incredibili accoglienze che ebbe alla Spagnola. Predice una tempesta, scongiura 1' Ovando ad impedire la partenza per 1' Europa della flotta di trenta due vele, che condusse il novello governatore. Si ride della sua predi- zione. La flotta è distrutta da un terribile uragano, e con essa periscono tutti i suoi nemici più accaniti. Novelle scoperte e nuove sofferenze del Colombo. Sue commoventi doglianze. Ritorno in Europa al fine di questo quarto viaggio. Morte d' Isabella la Cattolica. Ingratitudine di Ferdinando. Morte del Colombo.

^^^^^g'ALLEJO era un gentiluomo, e, quantun- que attaccato a Giovanni di Fonseca, non potè non commoversi alla vista del

■— « Colombo in catene. Uscendo dal porto la Gorda, il capitano che la comandava, voleva che si togliessero i ferri a lui che a' fratelli. L' Ammira- glio lo ringraziò della sua umanità, ma rispose che essendogli state messe le catene per ordine de' Mo- narchi di Spagna, a questi spettava toglierle. Egli le conservò poi gelosamente finché visse come prova che gli fossero statemesse; *' ed io, dice suo figlio, le vidi sempre sospese nel suo gabinetto, e volle che con lui fossero sepolte.

132 CRISTOFORO COLOMBO.

La traversata fu rapida. Salpava la Gor-da nel mese d' ottobre ed entrò nel porto di Cadice il 25 no- vembre. Un de' piloti, chiamato Andrea Martino, commosso delle sofferenze dell' Ammiraglio, si offrì a portar le sue lettere a Granata, dove allora trovavasi la Corte, prima che si potesse saperne 1' arrivo.

Isabella udì indegnata il disonorevole abuso che erasi fatto dell' autorità reale, e unitamente a Ferdi- nando inviò pressantissimo ordine che 1' Ammiraglio co' fratelli fosse scarcerato, e gli si sborsassero due mila ducati per recarsi prontamente a Granata.

I tre fratelli si presentarono all' udienza dei Mo- narchi il 17 dicembre del 1500, e ne furono ricevuti con vivi ed affettuosi sentimenti di compassione. Pochi giorni dopo 1' Ammiraglio ebbe dalla Regina una particolare udienza, a' cui piedi prostratosi ruppe in lagrime. Isabella lo rialzò commossa, senza poter profferir parola per qualche istante, e da ultimo dopo di averlo consolato, gli promise di punire 1' oltraggio fattogli, che ricadeva sopra di lei; venendo però al rintegramento che egli chiedeva in tutti i suoi diritti, assicurandolo che resterebbe grande Ammiraglio, disse di non poterlo egualmente assicurare che con- serverebbe gli onori e privilegi accordatigli del gover- no e del viceregnato dell' Indie. E di ciò era causa Fer- dinando, la cui politica sospettosa mal soffriva la gloria del Colombo, e che fosse stato levato così in alto.

Di fatti, la provvisoria sostituzione di un altro nel governo delle Indie, era stata già risoluta, e Ferdi- nando aveva posto il pensiero sopra Nicola di Ovan- do, commendatore di Larez, dell' ordine di Alcantara, già destramente disposta la Regina ad esserne con- tenta, richiamando il Bobadilla.

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L' Ovando godeva il favore della Corte, ed era in Ottime relazioni col comandante generale della mari- na; per lo che in meno di sei mesi gli fu preparata una magnifica flotta di trentadue navigli, abbondan- temente fornita di tutto il necessario, pronta a salpare. L' Ovando menava seco un' armata, due mila cin- quecento uomini, senza computare gli equipaggi; e i suoi poteri dovevano durare due anni. Per le istru- zioni dategli doveva esaminare scrupolosamente la condotta e i conti del Bobadilla, e su la stessa flotta ricondurlo in I spagna; più, risarcirebbe V Ammiraglio e i suoi fratelli di tutti i torti ricevuti e di ogni altro danno.

L' Ovando s' imbarcò il 1 3 di febbraio del 1 502 e approdò alle Canarie dopo aver perduto uno de' suoi più grandi vascelli in una fiera procella; poi assunto il comando delle caravelle più leggere alla vela, lasciò le rimanenti sotto gli ordini di Antonio di Torrez che doveva condurre la flotta nel ritorno; e il 1 5 aprile gettò r àncora nel porto di San Domingo.

Il novello governatore si fece subito riconoscere dagli ufficiali componenti la colonia; poi cominciò il processo del Bobadilla, ma trattandolo molto onore- volmente; soltanto usò rigore contro Fracesco Roldan e suoi complici, che spesso avevano provocate sedi- zioni sanguinose, e per qualche tempo il buon ordine si mantenne.

Frattanto 1' ingratitudine non aveva punto scorag- giato il Colombo, come non lo avevano spossato r età e le fatiche; per lo che dopo di aver vagheg- giato il caro suo progetto d' una crociata, e calcolato le somme che si richiederebbero per un' armata ba- stante alla conquista dei Luoghi Santi, stanco del

134 CRISTOFORO COLOMBO.

riposo, si sentì mosso ad altre conquiste, desideroso di adorare ancora una volta il Creatore nelle bellezze e nella maestà della creazione, e compiere V affidato- gli mandato. *' Di età molto tenera, dice egli stesso, io entrai in mare navigando, e vi ho continuato fino ad oggi, e V istessa arte inclina chi la segue a desiderar di sapere i secreti di questo mondo... Benché io sia un gran peccatore, sempre mi fu larga la pietà e mise- ricordia di Nostro Signore che implorai, e coprì le mie colpe. Una delle mie più grandi consolazioni è stata la contemplazione delle maraviglie sparse sul creato.

Nel suo intuito della natura, egli pensò che il Con- tinente da lui scoperto doveva fornire nel suo mezzo un passaggio per le Molucche, e ne indicava il sito con precisione. In realtà questo passaggio non esi- steva, ma r indicava nel luogo proprio dove avrebbe dovuto essere, tra le due grandi parti dell' America, dove oggi la scienza ha stabilito di aprire la commu- nicazione tra i due Oceani. Ella è veramente nota- bile questa indicazione che egli fece tanti secoli in- nanzi di un canale nello stretto di Panama! Ma, entusiasta ammiratore della natura, non pensò alle modificazioni che 1' umano ingegno vi potrebbe in- trodurre; ciò che vedemmo tentato oggi dall' attività e perseveranza di un Lesseps. Il Colombo credette che quel passaggio esistesse per stesso e lo cercò, perché trovandolo divisava il giro del globo, ritor- nando in Ispagna per 1' Asia e per la costa del- l' Africa.

Isabella e Ferdinando approvarono pienamente il progetto dell' Ammiraglio, e furono dati ordini pe- rentorj per 1' equipaggiamento di quattro piccoli na-

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vigli, che tosto furono pronti. Il Colombo, fornito di viveri per due anni, vi s' imbarcò col fratello Barto- lomeo e col figlio Ferdinando, avuto da Beatrice Enriquez di Arana, dell' età di circa tredici anni. Alzò la sua bandiera sulla Capitana, seguita dal Santiago di Palos, dal Galliziano e dalla Vizcaina, e il totale degli equipaggi sommava a cencinquanta uomini.

I venti contrarj rattennero per qualche la piccola squadra nella rada di Cadice; ma il 20 di maggio del 1502, r Ammiraglio avendo saputo che i Mori attaccavano la fortezza portoghese d' Arcilla sulla costa del Marocco, fece levare 1' àncora, ed uscì dal porto, nonostante che i venti soffiassero dal Sud. Giunse in tempo a sgominare i Mori, che alla vista de* suoi na- vigli si dettero a precipitosa fuga.

II giorno 24 di maggio giunsero alle Canarie, e il IO di giugno air isola de' Caraibi. Poi il 13, arrivati in vista della Martinica, vi si trattenne tre giorni; ed essendosi avveduto che uno de' suoi navigli, il Galli- ziano, era poco atto al corso e stentava a assai, prese il partito di raggiungere la Spagnola per mutare il Galliziano con una delle caravelle che l' Ovando aveva condotte e che Antonio di Torrez doveva ricondurre in I spagna.

Il 29 giugno tutta la squadra gittò 1' àncora in- nanzi a San Domingo, a una lega dal lido; e il Co- lombo mandò a terra Pietro di Torreros, il capitano del Galliziano, per averne permutazione, offrendosi per troncare ogni difficoltà a pagare quanto occor- resse. Inoltre il Torreros in nome di lui doveva chiedere all' Ovando la facoltà di approdare alla Spa- gnola, per mettersi al coperto d' una furiosa tempesta che egli prenunziava imminente.

136 CRISTOFORO COLOMBO.

Mal' Ovando non contento di negarsi alla doman- da, fece inoltre formale divieto che si accostassero air isola, dicendo che non avendo ancora fatto par- tire il Bobadilla; '' temeva che la presenza del Co- lombo cagionasse qualche disordine nella colonia. Della tempesta se ne rise.

Il capitano del Galliziano riferendo all' Ammira- glio r insuccesso della sua missione, disse che aveva veduti nella rada i trentadue navigli che Antonio di Torrez doveva ricondurre in Ispagna. V erano inol- tre uniti due vascelli appartenenti a Rodrigo di Ba- stidas, che navigava per commissione del re.

Al Colombo riuscì pungentissima X ingiuria fattagli dall' Ovando, come se non avesse diritto di approdare in una colonia da lui stesso creata. " Chi mai, da Giob- be in qua, gridava egli amaramente, non saria morto di disperazione nel vedere che, sebben si trattasse della vita mia, di mio figlio, di mio fratello, de miei amici, ne interdicevano la terra e i porti scoperti a prezzo del mio sangue? "

Ma la sua indignazione non gli toglieva di badare ai danni a quali vedeva esposti tutti gli altri. Renden- do egli bene per male, mandò di nuovo ad avvertire il governatore che il terribile uragano preannunziato si avvicinava, pertanto ritenesse la flotta dal partire, affinchè non ne fosse colta in pieno mare, e soggiun- gendo che, poiché gli si rifiutava un approdo che non si sarebbe dovuto negare a chicchesiasi, egli senza ritardo moveva in cerca d' un luogo dove riparare.

Di tutti questi benevoli avvertimenti 1' Ovando non ne fece conto, perocché bellissimo era il tempo, v' era il minimo segno de' pencoli preannunziati. E la flotta levò F àncora sotto il comando del capitano

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generale Antonio di Torrez : sopra una delle cara- velle il Bobadilla e il Roldan avevano tutto 1' oro ottenuto con le loro esazioni.

Ma non tardarono a pentirsi amaramente di non aver dato ascolto all' insigne navigatore. Uno de' più violenti uragani che mai siansi veduti, si scaricava improvviso sui paraggi da essi attraversati, e, dispersi come paglia tutti i navigli, gli abissava nelle onde, con quanto contenevano; salvatesi appena due o tre delle minori caravelle, gittate orribilmente mal- conce alla Spagnola. La sola che restò libera a conti- nuar per la Spagna, fu la piccola e meno atta alla navigazione, '' El Aguja " 1' A£-o, '' che portava i po- chi beni dell' Ammiraglio, consistenti in quattromila pesi d' oro, giungendo felicemente in Castiglia, non senza una speciale disposizione di Dio. "

Salvatosi prodigiosamente Rodrigo di Bastidas, il Bobadilla e ilRoldan,co'nmanenti nemici del Colombo in numero di cinquecento, restarono sepolti coi tesori accumulati in fondo all' Oceano. Questo avvenimento colpì di terrore e di costernazione il Nuovo e V An- tico Mondo; e fu tenuto come un castigo del cielo a punizione de' calunniatori e persecutori dell' inno- cente.

Invece 1' Ammiraglio co' suoi furono salvi, essen- dosi potuti rifugiare con le quattro caravelle in un seno, dove pur fortemente battuti dall' uragano, rimasero tutti salvi sotto la protezione divina.

Cessata la procella, il Colombo, addì 24 luglio del 1502, fece voltare al Sud, dove per parecchie setti- mane corse moltissimi pericoli per una novella tem- pesta che lo sorprese. " Si videro altre tempeste, diceva egli stesso, ma nessuna fu mai così spavente-

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CRISTOFORO COLOMBO.

ijg.-

Commercio.

Musica.

Arti.

Pesca.

■^

statue trovate tra i Chibka, nella Colombia.

■^

Lancia dei Chibka, nella Colombia.

CAPITOLO DECIMO SECONDO.

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%

L'agricoltura.

La bevanda.

La guerra.

Statue trovate tra i Chibka, nella Colombia.

■^

140 CRISTOFORO COLOMBO.

vele e di così grande durata, al punto che i più de' miei, i quali passavano per intrepidi, perdettero affatto il coraggio. " Quello che, in mezzo a tanti pe- ricoli costantemente rinnovati, rianimava il Colombo, era la presenza del suo tenero Ferdinando : *' Id- dio Signor nostro diedegli tale coraggio, scrive r Ammiraglio, che, fatto superiore a stesso, egli sosteneva gli altri; e quando trattavasi di por mano air opera, il faceva come se da ottanta anni ei navi- gasse, ed era lui che mi consolava."

Il 30 luglio scoprì r isola di Giamaica all' entrata della baia di Honduras, e pensò di trovarsi in vici- nanza d' un paese ricco e coltivato, giudicandone dal carico che vide sopra una barca incontrata in questi paraggi; era un grande canotto che trasportava stoffe di cotone, armi e stoviglie. E continuando il suo cammino sempre verso il Sud, finalmente il 14 agosto toccò la terra ferma presso il capo Caxinas, dove fece celebrare la messa. Ripreso il mare tre appresso, costeggiò quella di giorno, tenendosi nella notte all' àncora, perchè non gli sfuggisse lo stretto che, a suo credere, doveva mettere in communicazio- ne r Atlantico co' mari di levante. Penosissimo fu questo suo ultimo vaggio, in cui la violenza de venti, le continue piogge, i pericoli d' un mare sconosciuto e le infermità scoppiate neh' equipaggio, si unirono a sgomentarlo, oltre la grande corrente equatoriale che non gli dava poco pensiero.

Il 14 di settembre, avendo le caravelle felicemente voltato un grande promontorio all' Est, e lasciate le acque della baia di Honduras, per discendere verso il Sud lungo la costa dei Mosquitos, trovarono il mare più calmo; del che si mostrò riconoscente alla mano

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divina che lo guidava, dando al capo il nome di Gra- zie a Dio.

Il 17 mandò un canotto a terra per rifornire di viveri la flottiglia; ma un colpo di mare lo travolse e inghiottì, senza che più riapparisse un solo di coloro che lo guidavano; perdita che tanto più lo desolò, in quanto che gli equipaggi a pena bastavano alla ma- novra. Il 25, trovato un eccellente ancoraggio, ne profittò per racconciare i navigli; e questa sosta gli dette tempo di mettersi in relazione con le popolazio- ni della costa. Furono gli Indi da principio diffidenti, ma poi si lasciarono guadagnare dalle pacifiche dimostrazioni e dai regali degli Spagnoli. Tuttavia, non s' avvicinarono che muniti di amuleti e di talis- mani contro i maleficj. Quello che avevano special- mente di proprio era il culto verso i loro morti, che imbalsamavano, e lor innalzavano de' monumenti, con figure scolpite d' animali e degli stessi trapassati. Proseguendo lungo la costa, 1' Ammiraglio girò la baia di Chiriqui, fermandosi a Veragua, dove fece cambj cogl' indigeni, dai quali ebbe foglie d' oro. Il 2 novembre, arrivato ad un porto maravigliosamente situato, lo chiamò Porto Bello, Puerto Bello, tratte- nendovisi una settimana, e il 9 novembre rimise alla vela per compiere il suo viaggio di esplorazione.

Rifattosi cattivo il tempo, ricominciarono le sue gravissime sofferenze. I venti, le piogge, il brusco mutar della temperatura aveva così sfiniti di forze gli equipaggi, che chiedevano istantemente di far ritorno in I spagna; e non volendo egli ostinarsi mag- giormente nella ricerca dello stretto che supponeva esistere tra i due continenti americani, si risolvè a dare indietro, per visitare il paese di Veragua su

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CRISTOFORO COLOMBO.

r istmo di Darien, dove gli era stato detto che fos- sero ricche miniere d' oro.

Dal 5 dicembre, violenti burrasche si succedettero con tanta persistenza, che il governo dei navigli addi- ventò impossibile. Il mare ingrossò smisuratamente, e preso sinistro aspetto si coprì di schiuma. " Il mare riflettendo il cielo abbruciato, sembrava esser

Monumento funebre scoperto tra i Ghibka, nella Colombia.

di sangue, e pareva bollisse come una caldaia sur un gran fuoco : non mai fu visto il cielo di aspetto così spaventevole, giorno e notte incendiato come accesa fornace. Durante tutto questo tempo 1' acqua del cielo non cessò mai di cadere; si potea dire che pio- vesse, poiché quello era piuttosto come un secondo diluvio; e gli equipaggi erano ridotti a tal segno, che

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desideravano la morte per esser liberati da tanti mali." In mezzo a queste continue tempeste le caravelle non reggevano, le doghe s' aprivano, le vele erano portate via dal furore de' venti, già perdute le àncore e le scialuppe.

Pietre funerarie, scolpite, scoperte in Guatemala.

144 CRISTOFORO COLOMBO.

Frattanto 1' Ammiraglio era infermo e straziato da crudeli dolori per tante fatiche e pericoli. Quan- do il 13 dicembre del 1502, gli equipaggi videro " alzarsi dal mare un' immensa colonna d' acqua, che toccava fino al cielo, e che si avanzava vorticosa per sommergere i navigli. " Le lor grida di spavento avvertirono il Colombo di qualche imminente scia- gura. Alzatosi; salì sul ponte, e, dopo breve pre- ghiera, tracciato nell' aria con la spada il segno della croce, il turbine passò sollevando spaventosamente il mare, con uno scroscio come di fulmine; ma i va- scelli ne restarono salvi.

Se non che non tardarono altri gravissimi travagli; la fame e la sete si fecero crudamente sentire e n' erano sgomenti gli equipaggi. Perocché quanto restava di biscotto, s' era imputridito, era possibile in alcun modo di mangiarlo *' a causa della quantità di vermi che ne sortivano. "

Finalmente il 6 gennaio del 1503, raggiunsero il seno di Veragua, dove 1' Ammiraglio deliberò lasciar riposare la sua gente per qualche mesi, riparando frattanto i navigli, impotenti come eran ridotti ad ulteriori navigazioni. Ma se per tal modo mettevasi egli al coperto dai pericoli di mare, quivi stesso altre disdette gli sovrastavano. Di fatti, avendo mandato il suo fratello Bartolomeo a capo di po- chi uomini a far delle ricognizioni, tosto seppe che internandosi era stato attaccato da un nerbo di Indi, ed egli medesimo ne era rimasto gravemente ferito. Più, un de' suoi navigli, il Galliziano, do- vette essere abbandonato; e continuando sempre infermo, forse non s' era mai trovato in tanta deso- lazione.

CAPITOLO DECIMO SECONDO. 145

Ma Dio non abbandonò il suo servo, ed egli stesso, il Colombo, ci fa conoscere come fu rianimato nella sua confidenza. " Oppresso (egli scrive) da tanti mali, io m' era addormentato, allorché intesi una voce tra di rimprovero e di pietà, che mi disse :

'' Uomo insensato, lento a credere e a servire il tuo Dio ! che fece egli di più per Mosè o per Davide suo servo? Dal tuo nascimento f ebbe sentpre la mag- gior cura : giunto a convenevole età, ha fatto maravi- o^liosamente ristconare del tuo 7iome la terra; le Indie, ricca paiate del mondo, a te ha concedute, lasciandoti arbitro di faj'ne parte a cui ti piacerebbe : le ardue barriere dell' Oceano ti furono aperte; a te sottomessa un infinità di paesi, e reso famoso fra Cristiani il nome ttto. Ha forse fatto di più pel gran popolo d' Israele, traendo lo dall' Egitto, o per Davide di pa- store, facendolo re? Volgiti pertanto a lui, e riconosci il tuo errore : che infinita è la stia misericordia. Se resta a compiere qualche grande impresa, non pia osta- colo / età. A bramo non passava cent' anni allorché generò Isacco? e Sara eì^a forse giovine? Tu giaci di cuore, e chiedi a gran voce soccorso. Rispondi : chi ha cagionate le tue afflizioni, le tue vive e reiterate pene? Dio o il mondo? Dio non f ha fallito mai le pro- messe; ne, dopo accolti i servigi tuoi, disse tale non essere stata la sua inte7izio7ie , 7nal tu averlo compreso. Ciò die promette, egli Tnantiene, e più. Quel che adesso { accade, è ricompensa delle fatiche da te sostenute per altri padroni. Io ascoltai tutte queste cose come uomo semimorto, e non ebbi forza di rispondere a vero linguaggio. Il solo che ho potuto fare, si fu di pian- gere i falli miei. Quegli che parlato m' aveva, chi che si fosse, terminò socrcriunorendo : Non temer nulla; abbi

Colombo. 12

146 CRISTOFORO COLOMBO.

fiducia : tutte codeste tribolazioni sono scritte sul mar- mo, ne mancano di ragione. "

La storia di fatti scolpì sul marmo le tribolazioni da lui sostenute; e queste sue pagine,sono il più splen- dido monumento dell'ammirabile fede che lo sostenne.

Nel mese di aprile del 1 503, salpò per la Spa- gnola; ma le tempeste ricominciarono e non ne fu li- bero un sol giorno, ** Aveva, dice egli stesso, omai perduto tutti i miei attrezzi, i navigli eran pertugiati dai vermi, più che un favo di pecchie, e gli equipaggi totalmente scoraggiati. " Al principiar di maggio lui che i compagni non sapevano più a qual santo far ricorso. Invano tentavano di rattener 1' acqua; co- munque si affaticassero con le pompe, dal fondo de' navigli saliva alla tolda; ** e, dice 1' Ammiraglio, il mio naviglio era sul punto di affondare, quando Iddio Signor nostro miracolosamente mi condusse a salva- mento in terra. " Aveva dato alla Giamaica.

Con tutto ciò non era ancora al termine delle sue sofferenze. '' Malato, dice Cesare Cantù, del corpo e dello spirito, assalito dai naturali, ribellatigli i mari- nai, chiesti invano soccorsi e pane dalla Spagnola, per un anno languì. " Fu allora che scrisse una lunga lettera ai Monarchi di Spagna, pervenutaci, in cui compendia le ultime sue scoperte e supplica la re- gina Isabella e il re Ferdinando di venirgli in aiuto.

*' Credetelo, io sono, dice egli, sventuratissimo : fino ad ora ho pianto su gli altri ; il cielo siami adesso misericordioso, e la terra pianga su me. Io compiva i diciott' anni' quando venni a servizio delle Altezze Vostre, ed ora non ho più un capello in capo che non sia bianco. Sono malaticcio, ho speso quanto mi re-

' Così il testo, ma evidentQniente deve dire quarantotto.

CAPITOLO DECIMO SECONDO. 147

Stava, e mi hanno tolto e venduto, a me come a' miei fratelli, tutto, fino alla giubba; onde sono così all' as- ciutto,che non mi resterebbe una lira da dare periddio. Isolato ne' miei patimenti, infermo,aspettando per la morte,cinto da un milione di selvaggi pieni di crudel- tà e nostri nemici, chiunque ha viscere di carità, chiun- que ama il vero e la giustizia, pianga sopra di me! "

Albergo in Siviglia, dove il Colombo giacque malato.

Soltanto il 28 di giugno del 1504 potè mettere alla vela per la Spagnola, arrivando a San Domingo il 13 agosto, dove questa volta fu ricevuto con riverenza. Di ripartì per 1' Europa il i 2 settembre del mede- simo anno, e " per permissione di Dio " entrava nel porto di San Lucar di Barrameda il 7 di novembre.

148 CRISTOFORO COLOMBO.

Se non che un' ultima sventura doveva mettere il colmo alle tante che aveva provate. Isabella la Cat- tolica, consunta da lento morbo, lasciava questa vita il 26 novembre del 1504. Con essa disparve 1' unica gloria della Spagna, ed ogni speranza del Colombo ebbe fine. Egli la pianse, non tanto perchè perdeva in lei una generosa protettrice, quanto per il disparire di un splendido esempio di fede cristiana.

Che poteva egli più sperare? Ben dopo reiterate istanze Ferdinando consentì che gli si presentasse in Segovia; ma il ricevimento che n' ebbe di simulata stima e benevolenza, bastò a fargli capire che la sua causa era spacciata.

E nondimeno egli " nutriva, dice il Cantù, e desi- derj e divisamenti, " sebbene fosse certo che non po- trebbe più effettuarli. Riscrisse al re, toccando di al- tre intraprese da farsi e chiedendo di avervi parte; ma non ricevè che ipocrite cortesie, che insomma erano disprezzo.

Chiese di essere almeno soccorso nella sua miseria, e, in vista dell' infermità che lo travagliava, Ferdi- nando permise che gli si dessero le rendite che gli spettavano. " Dopo vent' anni di servizj e fatiche e pericoli tanti, non possiedo in Ispagna un tetto ove ricoverare il capo; se voglio mangiare e dormire, mi bisogna andare all' osteria, e più volte non ho di che pagare lo scotto. "

Ma che! al contrario quel re mirò a trarne profitto per indurlo alla rinunzia di tutti i privilegi gih accor- datigli, accettando in cambio alcune terre di Castiglia, alle quali aggiungerebbe una pensione sul tesoro della corona. Il Colombo vi si rifiutò, preferendo la povertà air avvilimento. Se non che tanta iniquità gli cagionò

CAPITOLO DECIMO SECONDO. 149

un penoso affanno, che, logorandogli le poche forze rimaste, lo trasse alla morte.

Ecco il Viceré dell' Indie sopra un misero letto in una povera stanza di un albergo di Valladolid, assi- stito appena da figliuoli e da qualche amico. Senten- dosi presso la fine, volle indossare 1' abito Francesca- no, e chiese 1' estrema unzione, che ricevette unita- mente agli altri Sacramenti con una fede e pietà commovente. Finalmente il 20 maggio del 150Ó, a mezzodì, raccoltosi per V ultima volta e pronunciate le parole '' Signore, nelle vostre mani raccomando r anima mia, " spirò.

T A LE fu la fine del grande uomo, a cui, come diceva r Oviedo a Carlo V, la posterità dovrebbe innal- zare una statua d' oro in attestato di stima e ricono- scenza.Non si sa, se conforme aveva mostrato desiderio, fossero con lui chiuse nella cassa mortuaria le catene messegli dalla Spagna! Forse voleva con 1' espressio- ne di un tal. desiderio che restasse dimentica per sem- pre nel sepolcro 1' ingiuria ricevuta; oppure volle mo- strare che se la potenza dell' ingegno può generar gloria, anche può avvenire che i piìi segnalati servigi siano retribuiti della più nera ingratitudine su questa terra.

Dopo le solenni esequie celebrategli nella catte- drale di Santa Maria 1' Antica, ebbe sepoltura nel Convento de' Francescani. Cosi i figli del Serafico Patriarca che n erano stati gli amici consolatori in vita, ne rimasero affettuosi custodi dopo la morte.

Passarono sett' anni e all' infuori di que pii custodi, parve che da tutti fosse stato dimentico il grand' uo- mo, da cui con tante sofferenze era stata compita.

CAPITOLO DECIMO SECONDO. 151

r opera più memorabile che la storia vanti. Final- mente vi fu chi se ne ricordò, ed estrattp* dal chiostro dell' Osservanza, venne trasportato a Siviglia e quivi tumulato nel Monastero de' Certosini, dove rimase per tredici anni.

Ma come accade, a poco a poco le invidie e le ire contro r uom di Dio s' erano estinte. Re Ferdinando smesse le prevenzioni dalle quali s' era lasciato avvol- gere, comandò che i più grandi onori fossero resi alla memoria di lui, e rimise i figli nelle dignità e di- ritti che loro spettavano. E in fatti il primogenito, cioè Diego, continuava con bella gloria la missione che ereditava da padre illustre.

L'anno 1526 si volle trasportarne il corpo alla Spagnola, parendo giusto che 1' eroe il quale, con la croce in mano, s' era lanciato alla scoperta del Nuovo Mondo, quivi stesso fosse seppellito, e quasi senti- nella avanzata dell' incivilimento cristiano pigliasse il posto di Viceré, che tanto barbaramente eragli stato tolto.

Molti anni dunque restarono le sue spoglie a dor- mir l'ultimo sonno nella cattedrale di San Domingo, alla destra dell' aitar maggiore, e parve che la sua gloria quivi rimanesse di nuovo estinta. Di fatti, Amerigo Vespucci dall' ignoranza de' geografi veniva gridato scopritore del Nuovo Mondo, e da lui piglia- vano la loro denominazione quelle immense regioni.

Nel 1795, avendo gli Spagnoli ceduta l'isola di San Domingo alla Francia, a salvare prezioso te- soro da qualche rapimento, lo trasportarono religiosa- mente all' Avana, isola che lo stesso Colombo aveva chiamata la Regina delle Antille, e la più bella terra che mai si fosse veduta.

152 CRISTOFORO COLOMBO.

Se non che ei s' ingannarono, credendo sua tomba quella che non era. Di fatti, nel 1877 essa venne trovata nella cattedrale dove trecencinquant' anni in- nanzi il suo corpo era stato deposto; e per ordine di Monsignor Rocco-Cocchia, arcivescovo di quell' isola, praticati degli scavi, se ne rinvennero le ceneri dentro un cofano di piombo, unitamente al nome e al titolo di Viceré.

Ma tutto questo non è quel che più importa. La gloria del Colombo è di essere stato quel messo di Dio, che, giusta le parole del Santo Pontefice Pio IX, " acceso di zelo per la diffusione della cattolica fede, si avventurò alla più pericolosa delle navigazioni, ri- soluto ascoprire un Nuovo Mondo, e non già per aggiungere novelle terre alla sovranità della Spa- gna, ma per raccogliere nuovi popoli nel regno di Cristo!"

Abbandonato in fatti da tutti, e fatto segno ad ini- que persecuzioni, egli leva lo sguardo al cielo, e forte della fade che i confessori, e del coraggio che crea i martiri, non d' altro che dal cielo aspettò la retribu- zione di quanto aveva fatto per la dilatazione e per il trionfo del regno di Gesù Cristo.

la Chiesa lo ha dimenticato, anzi lo riconosce come uno de' suoi figli più cari e gloriosi. Sarà egli beatificato.'^ Un mille vescovi di tutto 1' orbe cattolico ne hanno fatto richiesta al supremo lor capo il Pon- tefice Romano. Preghiamo e speriamo!

Prefazione storico-critica. Pag. v-xxiv. Introduzione 1

CAPITOLO PRIMO.

Cristoforo Colombo. Sua nascita. Parecchie città si contendono l'onore di avergli dato i natali. Da ciò che egli dice di stesso, fuGenovese. Suoi umili cominciamenti. Sua famiglia; suo padre, il tessitore Domenico; sua madre ed i fratelli. Il Colombo era di nobile origine. Domenico Colombo manda il giovane Cristoforo all' università di Pavia; progressi che vi fa negli studj; ritorno alla casa paterna. All' età di 14 anni s' imbarca. Comanda più tardi una galea. La quale rimane incendiata in un combattimento sostenuto, ed egli si salva a nuoto. Tocca le coste del Portogallo 5

CAPITOLO SECONDO.

Le scoperte al secolo XV. Impulso dato a' viaggi di esplorazione dal principe Enrico di Portogallo. Lisbona a que' di centro dell' attività scientifica. Il mondo cono- sciuto avanti Cristoforo Colombo. Egli copia de' ma- noscritti e forma delle carte marine per provvedere a' suoi bisogni. Suoi costumi, suo carattere; sua pietà sincera e piena di entusiasmo. Contrae a Lisbona un primo matrimonio. Il suo cognato Pietro Correa. Favole e leggende concernenti i mari non conosciuti. Indizj che n' ebbe il Colombo dai navigatori. Vi aggiunge i risultati delle proprie esperienze, e s' imbarca per Porto Santo. Visita successivamente Madera, le Azzore, la Guinea. Si risolve ad una spedizione verso 1' Ovest, ed espone i suoi divisamenti alla repubblica di Genova e di Venezia; ma senza successo 13

CAPITOLO TERZO.

Cristoforo Colombo, pazientando, visita i mari polari e l'Islanda. Ritornato a Lisbona perde la sua sposa, Donna Filippa. Giovanni II, re del Portogallo. Il Colombo ne ottiene un' udienza, e gli espone il suo divisamento. Il re a poco a poco vi s' interessa e mostrasi disposto a secon-

156 INDICE.

darlo. Il Colombo propone condizioni che Giovanni tiene per inaccettabili. Sante ragioni che giustificano le esigenze del Colombo. Disleale e perfida condotta di Giovanni. Fa chiedere al Colombo la nota delle sue osser- vazioni e divisamenti, e le confida ad un capitano di cara- vella con ordine di compiere l'intrapresa. Cattivi successi di questa malvagia azione. Il Colombo, sdegnato di tanta viltà, si rifiuta a più trattare col re; lascia Lisbona e fa ritorno a Genova 22

CAPITOLO QUARTO.

Respinto nuovamente dalla sua patria, il Colombo si risolve di offrire i proprj servizi alla Spagna. Isabella la Cattolica, regina di Castiglia, e Ferdinando, re d' Aragona. Il Convento di Santa Maria della Rabida. Accoglienza che v' ebbe il Colombo. Il Padre Guardiano, Giovanni Perez, ed il Padre Antonio di Marchena. Giovanni Perez lo raccomanda alla Corte. Ferdinando di Tala- vera. Il Colombo passa a seconde nozze in Cordova. Antonio ed Alessandro Geraldini. Il gran Cardinale di Spagna, Gonzalez di Mendoza. Il Colombo ottiene udienza dai re. L' assemblea di Salamanca, alla quale espone i suoi divisamenti, non si mostra punto convinta che possan attuarsi, e li rigetta. Ciononostante viene ripetutamente chiamato alla Corte. Novelle speranze e novelli disin- ganni. Si risolve ad abbandonare la Spagna 29

CAPITOLO QUINTO.

Giovanni Perez rianima il coraggio del Colombo e lo rattiene dall' abbandonare la Spagna. Frate Giovanni Perez scrive alla Regina che lo invii a Santa-Fé. Il Colombo è chiamato alla Corte, dove ha udienza da Isa- bella che gli promette di aiutarlo nella sua intrapresa. Se non che le richieste del Colombo son giudicate inac- cettabili; ma egli non cede. Nel momento che stava per lasciare la Spagna, gli viene in soccorso la Provvidenza. È richiamato e l'impresa vien decisa. Il porto di Palos; i Pinzon; i preparativi del viaggio. Le tre caravelle,

la S.l.VTA MATTIA, \a PINTA e \a. X/.VA 42

CAPITOLO SESTO.

Il Colombo mette alla vela nel venerdì 3 agosto del 1492. Citta 1' àncora alle Canarie. Tranello del re di Portogallo che egli manda a vuoto affrettando la partenza.

INEVIGE. 157

Il suo Giornale. Navigazione e incidenti. Varia- zioni della bussola da lui notate, e si aumentano i timori degli equipaggi a misura che avanza verso 1' Ovest; loro speranze ora cadute, ora rianimate. L'Oceano si mostra coperto di erbe e di piante acquatiche, talvolta fitte da non potersene più distrigare. Cospirano contro lui : ma egli frena la rivolta; sua fermezza. Prosegue il divisato cammino. terrai terrai 50

CAPITOLO SETTIMO.

Esultanze del Colombo e sua riconoscenza verso il cielo. Sua preghiera, ntiettendo piede sulla terra del Nuovo Mondo. L' isola di san salvatore; arcipelago delle Lucaje. Fa piantare su quella spiaggia la croce. Sua dolcezza nel trattar co' nativi; particolari che ce ne lasciò nel suo Diario. Ricerca dell' oro. Permutazioni con quelle genti. Navigazione in mezzo alle isole. Scoperta della santa maria della concezione^ della ferdinandina e della ISABELLA. Loro bellezza; il Colombo n' è fuori di per r ammirazione. Isole ól'arena e cuba^ la regina delle ANTiLLE. Il mare ùi nostra signora. —■ Diserzione di Martino Alonzo Pinzon fuggendo con la pinta^ con la speranza di giungere al paese dell' oro prima dell' Ammiraglio. ... 60

CAPITOLO OTTAVO.

porto santo; il Porto di san Nicola; scoperta dell' isola d' Haiti, a cui il Colombo il nome di spagnola, più tardi San Domingo. L' isola della tortuga. Relazioni degli Spagnoli con i nativi della Spagnola; il cacico Guacana- gari. Naufragio della santa maria. Primo stabilimento degli Europei nelle Antille. Il Colombo fa costruire un forte alla Spagnola. Vi lascia una piccola guarnigione sotto gli ordini di Diego di Arafia. Parte per 1' Europa con \si NiNA. Arrivo della pinta; scuse di Alonzo Martino Pinzon. Il Colombo, comportandosi con prudenza, le accetta. Terribile tempesta che separa le due caravelle. Voti che fanno gli equipaggi. Il Colomibo affida al mare il racconto della sua scoperta. Arrivo alle Azzore; il governatore portoghese vuole e si prova a fermare il Colombo. Altra tempesta che costringe la nina ad appro- dare in Portogallo 74

CAPITOLO NONO.

Accoglienze fatte al Colombo dal re di Portogallo. Suo arrivo al porto di Palos. Onori che vi riceve. Ritorno

158 INDICE.

della PINTA. Sdegno di Martino Alonzo Pinzon, quando lo seppe giunto sano e salvo. È colpito dalla morte. Il Colombo è chiamato alla Corte. Suo cammino trionfale da Siviglia a Barcellona. Udienza che riceve dai Monarchi, ai quali fa la narrazione del suo viaggio. E da essi colmato di favori, come da tutta la nobiltà. Bolla pontificia per la divisione delle scoperte tra gli Spagnolied i Portoghesi. Preparativi per una seconda spedizione. 11 Colombo parte con tre carache e quattordici caravelle. Scoperta del- l' isola di SAN DOMINGO dopo una felice traversata. Le isole dei CARAiBi; la guadalupa. Arrivo alla Spagnola. Desola- zione del Colombo come conobbe la rovina della colonia, e il massacro della guarnigione fatto dai selvaggi. Fedeltà di Guacanagari 87

CAPITOLO DECIMO.

Fondazione d' isabella. La colonia manca di provviste. Discordie suscitate dai malcontenti. L' Ammiraglio rista- bilisce la calma nella Spagnola. Si reca a visitare i paesi delle miniere d' oro. c/^yic; fondazione del forte san Tommaso. Ne nomina governatore Pietro di Margarita. Fertilità del suolo dell' Isabella. Mancando i viveri e aspettando i raccolti, il Colombo comanda che vengano diminuite le razioni. Lamenti che ne nacquero; e gli Spagnoli si veggono costretti a costruire dei molini. Il Colombo tiene ferma la disciplina; e i gentiluomini se ne sdegnano maggiormente. Vien tacciato di crudeltà. Instituisce in Isabella un consiglio, e si rimette in viaggio per novelle scoperte. La giamaica. Ritorno alla Spagnola. Il Boyl e il di Margarita s'impadroniscono di alcune cara- velle e fan vela per la Spagna a capo d' una mano di scontenti. Sollevamenti dei cacichi, e misure che prende il Colombo per reprimerli. - Arrivo in Ispagna del Boyl e del di Margarita; loro disegni contro 1' Ammiraglio. Sventuratamente sono ascoltati. Que' Monarchi risol- vono d'inviare alla Spagnola un commissario regio per esaminar gli addebiti fatti al Colombo. Giovanni d' A guado; sua insolenza. Il Colombo si risolve a partire per Castiglia, e giustificarsi. Arriva a Cadice. Trionfo sopra i suoi accusatori. Confusione de' suoi nemici 103

CAPITOLO DECIMO PRIMO.

Il Colombo propone a' Monarchi Spagnoli di conti- nuare le sue scoperte. Ritardi. Novelle calunnie. Misure prese ed istruzioni date nell' isola d' Isabella per 1' ammi-

INDICE. 159

nistrazione della colonia. Il Colombo parte con sei cara- velle. Ne manda tre a vettovagliare di nuovo la Spagnola, e colle altre si volge verso la zona torrida. Sofferenze degli equipaggi. Piglia porto alla trinità. In questo terzo viaggio alle Indie occidentali approda al Conti- nente. — Donde ritorna alla Spagnola. Condizioni nelle quali rinveniva la colonia. Mentre ristabilisce dapertutto r ordine e 1' obbedienza, si risolleva contro di lui 1' opi- nione in Ispagna. I Monarchi inviano il Bobadilla alla Spagnola con provvedimenti, de' quali abusa. Indegna sua condotta. Fa mettere in catene il Colombo e i fratelli di lui, e raccoglie quante può querele e deposizioni per istruirne il loro processo. Il Colombo che alcuni anni prima aveva percorso trionfante 1' Oceano, mostrando all' Europa la via per 1' America, lo riattraversa pri- gioniero 116

CAPITOLO DECIMO SECONDO.

Alla novella dei crudeli trattamenti sofferti dal Colombo, Isabella se ne mostra dolentissima, ordinando che fosse subito posto in libertà. Udienze che gli dette; consolazioni e promesse prodigategli. Un novello governatore provvisorio è nominato nella Spagnola, che fu Nicola di Ovando. Il Colombo sollecita la Corte per un altro viaggio di esplorazione. È favorito nella sua richiesta. Parte con quattro caravelle. Incredibili accoglienze che ebbe alla Spagnola. Predice una tempesta, scongiura r Ovando ad impedire la partenza per 1' Europa della flotta di trentadue vele, che condusse il novello gover- natore. — Si ride della sua predizione. La flotta è distrutta da un terribile uragano, e con essa periscono tutti i suoi nemici più accaniti. N ovelle scoperte e nuove sofferenze del Colombo. Sue commoventi doglianze. Ritorno in Europa al fine di questo quarto viaggio. Morte d' Isa- bella la Cattolica. Ingratitudine di Ferdinando. Morte del Colombo 131

I

Imprimatur. Tornaci, die 4 Augusti 1892

J. HU BER LAND

Ca7t. Cens. libr.

Monumento a CRISTOFORO COLOMBO

da erigersi in Xiìw-York per iniziativa della Colonia Italiana. Opera dello scultore Giacomo Russo, {Altezza totale 23 vi. Peso 230 tonnellate.')

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Eravamo alla fine di qtiesto lavoro, e già slam- pavasi r ultimo foglio, quando comparve la stupenda enciclica del Santo Padre Leone XIII, intorno al nostro immortale Colombo, della quale già avevamo dato un cenno nella Prefazioiie : e così anche veniva in Roma esposto il monumento che per il /j ottobre sarà dalla colonia italiana innalzato in New-York alla memoria del grande navigatore, e del qtiale pure nella Prefazione facemmo ricordo.

Giudicammo quindi far cosa gradita ai lettori e crescer pregio a questa pubblicazione col dar per intero tradotta in italiano r enciclica pontificia, e con l'ag- giungere il disegno del jnomcfuento italo-americano.

i

AI VENERABILI FRATELLI

ARCIVESCOVI E VESCOVI DI SPAGNA

D' ITALIA E DELLE AMERICHE

LEONE PP. XIIL

Venerabili Fratelli, Salute ed Apostolica Benedizione.

LLO spirare del quarto secolo dal che, auspice Iddio, T intrepido Ligure approdò, primo di tutti, di dall' Oceano Atlantico a sconosciuti lidi, vanno lieti i popoli di celebrare con sentimenti di gratitudine la memoria di quel fatto, e di esaltarne 1' autore. E certo non si saprebbe agevolmente trovar cagione d' infervorare gli animi e destar entusiasmo più degna di questa. Poiché il fatto è in se stesso il più grande e meravi- glioso di quanti mai se ne videro nell' ordine delle

2 LETTERA ENCICLICA DEL S. P. LEONE XIII

cose umane : e 1' uomo che recollo a compimento non è paragonabile che a pochi di quanti furono grandi per tempra d' animo e altezza d' ingegno. Surse per lui dall' inesplorato grembo dell' Oceano un nuovo mondo : milioni di creature ragionevoli vennero dal- l' obblio e dalle tenebre a integrare la famiglia umana : di barbare, fatte mansuete e civili : e quel che infinitamente più importa, di perdute che erano, rigenerate alla speranza della vita eterna, mercè la partecipazione de' beni sovrannaturali, recati in terra da Gesù Cristo. L' Europa, percossa allora di me- raviglia alla novità e grandezza del subitaneo por- tento, fece poi giusta stima di quanto essa deve a Colombo, mano mano che le colonie stabilite in Ame- rica, le comunicazioni incessanti, la reciprocanza di amichevoli uffizi, e 1' esplicarsi del commercio marit- timo diedero impulso poderosissimo alle scienze natu- rali, alla possanza e alle ricchezze nazionali, con incalcolabile incremento del nome Europeo. Laonde fra varie manifestazioni onorifiche, e in questo conserto di gratulazioni, non vuole rimaner muta la Chiesa cattolica, usa com' è ad accogliere vo- lenterosa e promuovere secondo sua possa ogni onesta e lodevole cosa. Vero è che i sovrani suoi onori la Chiesa li serba all' eroismo delle virtù morali in quanto ordinate alla vita eterna : ma non per que- sto misconosce ne tiene in poco conto gli altri eroismi : che anzi compiacquesi ognora di far plauso ed onore ai benemeriti della civil comunanza, e a quanti vivono gloriosi nella memoria dei posteri. Perchè Iddio è bensì mirabile sovra tutto ne santi suoi; ma Y orma del divino valore rifulge a meravi- glia anco negli uomini di genio, giacché il genio è

INTORNO A CRISTOFORO COLOMBO. 3

pur esso un dono gratuito di Dio creatore e padre nostro.

Ma oltre a queste ragioni di ordine generico, ab- biamo motivi al tutto particolari di voler commemo- rare, gratulando, 1' immortale impresa. Imperocché Colombo è 1' uomo della Chiesa. Per poco che si rifletta al precipuo scopo onde si condusse ad esplo- rare il mar tenebroso, e al modo che tenne, è fuor di dubbio, che nel disegno e nella esecuzione dell' ardua impresa ebbe parte principalissima la fede cattolica : di guisa che eziandio per questo titolo tutto 1' uman genere ha obbligo non lieve alla Chiesa cattolica.

Impavidi e perseveranti esploratori di terre scono- sciute e di più sconosciuti mari, e prima e dopo di Colombo, se ne conta parecchi. Ed è ragione che la fama, memore delle opere benefiche, celebri perenne- mente il nome loro, in quanto che riuscirono ad allargare i confini delle scienze e della civiltà, a cre- scere il pubblico benessere : e ciò non a lieve costo, ma a prezzo di faticosi conati, e sovente- di rischi gra- vissimi. — Ma pure da essi a Colombo è gran diva- \ rio. La nota caratteristica di Colombo sta in questo, V che nel solcare e risolcare gli spazii immensi del- l' Oceano, egli aveva la mira a maggior segno che gli altri non avessero. Non già che nulla potesse in lui la compiacenza nobilissima di avanzar nel sapere, di ben meritare della umana famiglia : non che tenesse in non cale la gloria, i cui stimoli chi è più grande più sente, o che disprezzasse affatto la speranza de' mate- riali vantaggi : ma sovra tutte queste ragioni umane campeggiò in lui il sentimento della religione de' pa- dri suoi, dalla quale ei prese senza dubbio 1' ispira- zione del gran disegno, e sovente nelF ardua opera di

4 LETTERA ENCICLICA DEL S. P. LEONE XIII

eseguirlo ne trasse argomenti di fermezza e conforto. Imperocché è dimostrato eh' egH intese e volle mas- simamente questo : aprir V adito all' Evangelo per mezzo a nuove terre e nuovi mari.

La qual cosa può parere men verosimile a chi, ogni pensiero e ogni cura restringendo entro ai confini del mondo sensibile, ricusa di adergere 1' occhio più in alto. Per contrario a meta più eccelsa amano per lo più di aspirare le anime veramente grandi, perchè sono le meglio disposte ai santi entusiasmi della fede. Colombo, disposato lo studio della natura allo zelo della pietà, avea mente e cuore profondamente for- mati alle credenze cattoliche. Laonde persuaso per argomenti astronomici e antiche tradizioni, che al di del mondo conosciuto doveano pure estendersi dalla parte d' occidente gran tratti di paese non per anco esplorati, la fede rappresentavagli allo spirito popolazioni sterminate, involte in tenebre deplorevoli, perdute dietro cerimonie folli e superstizioni idolatri- che. Infelicità grande, agli occhi suoi, condurre la vita in assuetudini selvagge e costumi ferigni : ma incom- parabilmente più grande 1' ignorare cose di capitale importanza, e non avere pur sentore dell' unico vero Dio. Onde, pieno di tali pensieri, si prefisse più che altro di estendere in Occidente il nome cristiano, i benefizii della cristiana carità, conforme risulta evi- dentemente da tutta la storia della scoperta. Infatti quando ai Re di Spagna, Ferdinando ed Isabella, propose la prima volta di voler assumere 1' impresa, ne chiarisce lo scopo col soggiungere, c/ie la gloria delle Loro Maestà vivrebbe imperittira, ove consentis- sero di recare in remote contrade il nome e la dot- trina di Gesù Cristo. E non molto dopo, fatto pago

INTORNO A CRISTOFORO COLOMBO. 5

de' voti suoi, affida allo scritto eh' egli domanda al Signore di far colla divina sua grazia che i re (di Spagna) siano perseveranti nella volontà di propagare a nuove regioni e nuovi lidi la santa religione cri- stiana. Tutto premuroso d' implorar missionarii da Papa Alessandro VI, gli scrive : spero bene^ col- r aiuto di Dio, di poter ormai spargere in tutto il mondo il santo nome e il Vajtgelo di Gesù Cristo, E crediamo dovesse sovrabbondar di giubilo, allorché, reduce dal primo viaggio, scriveva da Lisbona a Raffaele Sanchez : doversi rendere a Dio grazie im- mortali per avergli largito prospero successo. Che Gesti Cristo s' allieti e trionfi qui sulla terra, come s' allieta e trionfa ne' cieli, prossima essendo la sal- vezza di tanti popoli, il cui retaggio sino ad ora fu la perdizione. Che se a Ferdinando ed Isabella ei sug- gerisce di non permettere se non a cristiani cattolici di navigare al nuovo mondo e piantar traffichi nelle nuove contrade, la ragione si è, che il disegno e r esecuzione della stia impresa non ebbe altro scopo che r incremento e /' onore della religione cristiana, E ciò conobbe appieno Isabella, essa che assai me- glio d' ogni altro seppe leggere nella mente del grande : è anzi fuor di dubbio che quella piissima principessa, di mente virile e di animo eccelso, non ebbe ella medesima altro scopo. Scriveva infatti di Colombo, eh' ei affronterebbe coraggiosamente il vasto Oceano a fin di compiere U7i impresa di gran momento per la gloria di Dio. E a Colombo mede- simo, reduce dal secondo viaggio, scriveva : essere egregiamente impiegate le spese cJi ella avea fatto e che farebbe ancora per la spedizione delle Indie, in qtcanto che ne seguirebbe la diffusione del cattolicismo.

6 LETTERA ENCICLICA DEL S. P. LEONE XIII

Dall' altro canto, se prescinda da un motivo su- periore, d' onde avrebbe potuto egli attingere perse- veranza e fortezza pari alle dure prove, che gli fu forza affrontare e sostenere sino all' ultimo? Intendia- mo r opposizione de' dotti contemporanei, le repulse da parte dei principi, i rischi del mare in fortuna, le veglie incessanti, sino a smarrirne più d' una volta la vista : aggiungansi le fiere tenzoni coi selvaggi, i tra- dimenti di amici e compagni, le scellerate congiure, le perfidie degl' invidiosi, le calunnie de' malevoli, le immeritate catene. All' enorme peso di tante soffe- renze ei doveva senz' altro soccombere, se non r avesse francheggiato la coscienza dell' impresa no- bilissima, feconda di gloria alla cristianità, di salute a milioni di anime. Impresa, intorno alla quale fanno luce gli aggiunti del tempio. Imperocché Colombo svelò r America, mentre una grave procella veniva addensandosi sulla Chiesa : sicché per quanto è lecito a mente umana di congetturar daMi eventi le vie mi- steriose della Provvidenza, 1' opera di quest' uomo, ornamento della Liguria, sembra fosse particolar- mente ordinata da Dio, a ristoro dei danni, che la santa fede avrebbe poco stante patito in Europa.

Chiamare gì' Indiani al cristianesimo, era senza fallo opera e uffizio della Chiesa. La quale sin dai primordi della scoperta, pose mano a far il dover suo, e proseguì e prosegue sempre a farlo col medesimo zelo, inoltratasi, non é molt' anni, sino all' ultima Pa- tagonia. — Nondimeno persuaso di dover percorrere e spianar la via all' evangelizzazione delle nuove con- trade e tutto compreso da questo pensiero, ogni suo atto coordinò Colombo a tal fine, nulla quasi operan- do se non ispirandosi alla religione e alla pietà. Ram-

INTORNO A CRISTOFORO COLOMBO, 7

memoriamo cose a tutti note, ma preziose a chi voglia penetrare ben addentro nella mente e nel cuore di lui. Forzato di abbandonare, senza aver nulla con- chiuso, il Portogallo e Genova, e voltosì alla Spagna, air ombra di un cenobio ei viene maturando 1' alto disegno, confortatovi da un monaco Francescano suo fido. Dopo sette anni, spuntato finalmente il giorno di far vela per V Oceano, s' accosta ai divini sacra- menti; supplica alla Regina del cielo che piacciale di protegger 1' impresa e guidare la rotta : e non co- manda di levar le ancore se non dopo invocata la Santissima Trinità. Avanzatosi quindi nel cammino, fra lo infuriar dei marosi e il tumultuar dell' equipag- gio, mantiene inalterata la serenità della sua fermezza, mercè la fiducia in Dio. Parlano del suo intendimento persino i nomi novellamente imposti alle isole no- velle : a ciascuna delle quali, appena postovi il pie, adora supplichevole Iddio onnipotente, e non ne prende possesso che ut nome di Gesù Cristo. Dovun- que approdi, il primo suo atto è di piantar sulla spiag- gia la Croce : e dopo aver tante volte, al rombo dei flutti mugghianti, inneggiato in alto mare al nome santissimo del Redentore, lo fa risuonare egli pel pri- mo nelle isole da lui scoperte : e però alla Spagnuola il primo edifizio è una Chiesa, la prima festa popolare una solennità religiosa.

Ecco dunque ciò che intese, ciò che volle Colombo neir avventurarsi per tanto spazio di terra e di mare air esplorazione di contrade, ignorate sino a quel tempo ed incolte : le quali per altro in fatto di civiltà, d' influenza, di forza, salirono poi velocemente a quel grado di altezza, che ognuno vede. La grandezza dell' avvenimento e la incommensurabile importanza

8 LETTERA ENCICLICA DEL S. P. LEONE XIII

degli effetti che ne seguirono, rendono doverosa la ricordanza e la glorificazione dell' eroe. Ma è de- bito, innanzi tutto, di riconoscere e venerare singolar- mente gli alti decreti di quella mente eterna, alla quale ubbidì, consapevole stromento, il rivelatore del nuovo mondo.

A celebrar degnamente e in armonia colla verità storica le solennità Colombiane, è dunque duopo che allo splendore delle pompe civili vada compagna la santità della religione. Onde, come già al primo annunzio della scoperta furono rese a Dio immortale, provvidentissimo, pubbliche grazie, primo a darne r esempio il Pontefice : così ora nel festeggiar la me- moria dell' auspicatissimo evento stimiamo doversi fare il medesimo. Disponiamo perciò che il giorno 12 Ottobre, o la Domenica susseguente, se così giu- dicherà espediente 1' ordinario del luogo, nelle Chiese Cattedrali e Collegiate di Spagna, d' Italia e delle Americhe, dopo V Uffizio del giorno, sia cantata so- lennemente la Messa de Santissima Trinitate. Oltre alle regioni sovra mentovavate, confidiamo che per iniziativa dei Vescovi il medesimo si faccia nelle altre, essendo conveniente che tutti concorrano a ce- lebrare con pietà e riconoscenza un avvenimento che tornò profittevole a tutti.

Intanto come auspicio dei divini favori e pegno della Nostra paterna benevolenza a voi, Venerabili Fratelli, e al Clero e popolo vostro impartiamo affet- tuosamente nel Signore la Benedizione apostolica.

Dato a Roma presso S. Pietro, a i6 Luglio 1892, anno decimo- quinto del Nostro Pontificato.

LEO PP. XIII.

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